"&M fSfy, ' \?M/r . jy ijyBi '& 13^ • ^^sfrw ■ \ '■■ Jr * l9ta *& IjH 1 1 >J jJ^lSb A T T I DELL' I. R. ISTITUTO VENETO SCIENZE, LETTERE ED ART1 A T T I DELL I. R. ISTITITO VENETO SCIENZE, LETTERE EL) ARTI DAL NOVEMBRE 1855 ALL' OTTORRE 4856 V E \ E Z I A PRESSO LA SEGRETERIA DELL ISTITITO N E I. PlI.AIZO DUCAI.r 1888-56 >TEL PRIV. STABIL. ANTONELLI ED AVVEKTIMENTI i In esecuzione dell' articolo 134 degli Stat uti interni si dichiara che o^ni autore e particolar- mente risponsabile delle opinioni e dei fatti esposti ne' proprii scritti. 2, Per affrettare la stampa delle Memoric £;ia lette e non ancora pubblicate, 1' I. \\. Istituto de- libero che lo siano in ordine di data, parte nel Vol. degli Atti e parte in quello delle Meniorie pel quale erano ^ia slate approvate. AXNOACCAD. I.8S5-56 D1SPENSA PRIM SULL' INFLUENZA DEI 8EGNI NELL A FORMAZIONE DELLE IDEE 1IE1I01I1A DEL DOTT. AMBROGIO FUS1N1EIU Lclht nell' adunanza 50 dicembre 1850. CAPO I L Come si eanosca /' anima c le sue modificazioni, U uomo conosce ad ogni istante di esscre conscit* a se medesimo di moltc sue modificazioni. L' atto di eo- scienza e una propriety esclusiva di eio chc si chiama anima, spirito, merit e. Non si puo in altra maniera cono- scerc T anima, ossia lo spirito, se nonche per mezzo della sua coscienza. Se all' uomo si tolga la eoscienza di se stes- so, resta una macehina tutto al piii organizzata, ehe vive come i vegetabili. I bruti, secondo la opinione di Cartesio, sarebbero privi di eoscienza, bruta agunt sicut oroloyia, il che per altro non e vcro trattandosi di esscri organizzati viventi e scmoventi. In ogni modo la coscienza e il earattere essenziale dell1 anima. Di la questa conseguenzn, die nello spirito nienle piii esisle di quelle modilieazioni ed operazioni delle quali e eonscio a se stesso. L' alto di coscienza essendo il — 8 — suo carattere cssenziale, tuttocio chc in quell' atlo non 6 compreso, alio spirito non appartiene. In una parola, la modificazione dell' anima non e altro che la modificazione della propria coscienza. Qualche filosofo ha sostcnuto chc nelf anima csista una grande quantita di modificazioni, delle quali alcunc soltanto dcllc piii marcate vengano elevate al grado di coscienza, mentretutte lealtrc rimangonoperfettamente occulte. Ma Ic modificazioni dello spirito, delle quali non fosse consapevole, riguardo a lui non sarcbhero modificazioni. Siccome lo spirito senza coscienza non sarebbe spirito, cd ogni modi- ficazione di cui non fosse conscio, a lui non apparterrebbe: una modificazione dello spirito, senza che lo spirito nc fos- se conscio, sarebbe una contraddizione. Malamentc si giudica di eio die nell' anima e passato durante il sonno dopo essersi svegliati. E nella stessa ve- glia malamente si giudica di quelle languide affezioni che non lasciano traccia di memoria quando sono trascorse. Se vi fossero interruzioni nell' atlo di coscienza., con- verrebbe dire che lo spirito fosse soggctto a perire cd a rinascere ; il che e assurdo. Essendo lo spirito un soggetto attivo perinanenle e modilicabile, gli appartiene il vero carattere di sostanza, di cni la essenza eonsiste ad essere conscio di se stesso. Questo suo carattere cssenziale ci conduce alia impor- lantc conclnsione che lo spirilo conosce se medesimo nella maniera la piii immediata e la piii perfetta delle possibili. Essendo suo carattere cssenziale 1' alto di coscienza, tuttocio chc in quell' alto e compreso gli e perietlamentc cognito ; e tuttocio chc in quell' alio non e compreso gli c affatto straniero. E pert) notabile chc I' alto di coscienza c soggctto ad — 9 — aumeato e diminuzione, socondo il grado di attcnzione e cli riflessione che lo spirito esorcila sopra se medesimo col concorso anche della volonta. Da cio le differenze fra I'uo- mo selvaggio e 1' uomo colto ; da cio il progresso nella perfezione degli uomini civilizzati. Da cio la immeasa dif- ferenza fra la mente di Newton e quelia di un selvaggio dell' America. Vi sono insieme gli ajuti dei segni e delle lingue che estendono indefinitameute la forza dell' intellet- to, ossia la intelligenza, del che si parlera in appresso. II principio che sia assolutamente perfetta la eognizio- ne dell' interno dello spirito ci assieura che un' altenta considerazione di quanto avviene nella nostra coscienza ci discoprira le vere leggi che eseguisce lo spirito nelle sue operazioni. Provveduto 1" uomo dei cinque sensi che gli recano le impressioni degli oggetti esterni ; il suo spirito ne riceve cio che si chiama sensazioni. Per una specie d'istinto in- vincibile lo spirito riporta fuori di se quello che sente co- me esistente simile, anzi identico, alle sue sensazioni. Quello che i sensi ci rappresentano come esistente all' esterno dello spirito si chiama fenomeno (I). Quindi i corpi che sono esseri fuori di noi non si conoscono che come feno- meni. L' alto di riferire fuori di se quello che si sente co- me simile, anzi identico alle nostre sensazioni, fu conside- rate dai filosoii un atto meraviglioso del quale nessuno fin' ora ha reso ragione. Finche lo spirito contempla le sue interne modifteazio- ni come sue proprie e senza riferirle fuori di se, non com- mette errore alcund, perche la cognizione di se stesso e (1) Lemedesime idee sulle sensozioni e sni fenomeni furono espres- sse nella Filosofia della fisica. Vol. Ill dello Memorie dell' I. R. Istitulo Veneto, pag. 3 e 4. Scrie 111. T I -J- — 10 — immediata e perfetta. Ma quando riferisce come esistenle luori di so quello che sente, e come aft'atto simile anzi idoit- tico alle sue sensazioni, commetle errore, perche non e possibile sentire le cose esterne in se stesse come sono. Quindi gli errori ilei sensi. Per eonoscere intimamenle una cosa estcrna, converrebbe essere la stessa cosa, ed averne la coscienza. Ci mancano le vero idee delle cose estenie tanto quan- lo ad un uomo manea la idea dell' interno di un altro uo- mo. Quell' io, per cui ciascuno e couscio di se stesso, e im- percettibile ad un altro. E soltanto per analogia della co- scienza die ognuno lia di se slesso, die la suppone negli allri uomini senza esserne a parte. Tale supposizione, senza essere a parte dell' interno di un altro uomo, imporla die un uomo per un altro uomo nun e altro che un fenomeno. Cosi in genere parlando dei sensi, se vediamo un corpo in distanza e da vicino, le sensazioni sono differenti. Un globo, per esempio, a certa distanza ci sembra un piano eircolare. Se armiamo I' ocebio di mieroscopio, vediamo in un corpo eio ebe sfuggiva all' ocebio nudo. Quanto pill forte e il mieroscopio, ci vediamo sempre delle cose nuove, e sempre ne restano di non vedule. Inoltre, le idee che ci danno i corpi per mezzo delle sensazioni sono idee di su- perlicie. Per quanto si prosegua a dividerli e suddividerli, le idee restano sempre superliciali. Niente di cio cb' e ve- ramente interno ossia dei corpi in se stessi. Per avere idea vera ed esatta di un corpo converrebbe essere Io stesso corpo, ed avere inoltre la coscienza di se stesso. Ma con lutto questo le leggi dei fenomeni sono tanto analogbe alle leggi della coscienza, che riescono infallibili D'onde hanno origine le scienze che versano sui fenomeni c<>me esistenti fuori di noi, o che trattate colic resole Io- — 11 — giche sono inlallibili. Cosi la lisica e lutle le verity die banno per basi i due principj di contraddizione e di ragio- ne sufficienle che da quello dipeude, i quali sono applicabili tanto ai fmomeni, ossia alle rappresentazioni delle cose eslcrne, quanto alle interne nostre modificazioni. Sono due generi di verita analoghe fra di Ioro, restando seinpre vero che quello ch' e fuori di noi non e concepibile in se slesso. E da notarsi cbe 1' uomo e talraente composto, che oltre T atto di coscienza di se stesso, ha sensazioni delle varie parti del suo corpo, le quali sono esterne alia co- scienza, e quindi sono fenomeni. Ciascun membro avra anche un interno senso di se stesso, ma eonfuso, e nienle analogo a quel dettaglio di parti organiehe che ci vien nia- nifestato dall' anatomia col mezzo della vista. Sono questi tutli oggetti stranieri all* alto di coscienza, e sono da ri- guardarsi come fenomeni. Se dobbiamo riferire la coscien- za ad un organo del corpo, allora e nella testa. Ma tanto e differente 1' organo dall' atto di coscienza, quanto lo e il fenomeno dall1 atto in se stesso. Cosi le pretese circonvo- iuzioni cerebrali sono tanto different! dai pensieri e dalla intelligenza, quanto lo sono i movimenti corporei in gene- re, ossia quei fenomeni dall' atto di coscienza di se stesso. Locke, nel suo Entendement humain, Libro II, Cap. I, § 3, ha detto che i nostri sensi percossi da certi oggetti esterni {anno entrare nella nostra anima motte percezioni dUlinte dalle cose, secondo le diverse maniere con cui que- sti oggetti agiscono sui nostri sensi. Nel Capitolo VIII del- lo stesso Libro, Locke distingue nei corpi qualitd prime, come cstensionc, solidita, figura, mobilitd, e qualita seeon- de, le quali nei corpi non sono effettivamente altra cosa che la potenza di produrre in noi diverse sensazioni col mezzo delle loro qualita prime: come le sensazioni dei co- — 12 — Ion, degli odori, del calore, ecc. E nel § 15 ne trae questa conseguenza che le idee (telle prime qualitd del corpi ras- somigliano a queste qualitd .... ma le idee prodotte in not dalle seconde qualitd non rassomigliano laro in nessuna man i era. Altri autori non sono d' accordo in quelle distinzioni. E di fatti, la sensazione di flgura dello stesso corpo e varia. Una torre a distanza sembra rotonda. In vicinanza si vede quad rata, o per meglio dire si vede con degli angoli. In ogni modo i sensi hanno la forza rappresentativa di cui sopra ; e la rappresentazione interna di cose esterne con- siste nel riferire fuori di noi cose simili alle nostre sensa- zioni. In quanlo poi alle qualita prime dei corpi, delle quali Locke ha parlato, bisogna in prinio luogo eccepirne le (igu- re, delle quali le sensazioni son varie^ come si e detto. In quanto alia solidita e questa una idea relativa non assolu- ta^ quando non si consideri la impenetrabilita che ho con- siderata in altro mio scrilto, come causa necessaria della comunicazione di moto da un corpo all' altro. Restano quindi da considerare nelle qualita prime dei corpi che Locke considera simili alle nostre sensazioni quel- le della estensione e del moto. Ma la estensione in astratto non esisle, e non e rappresentabile dalle nostre sensazioni, le quali ci rappresentano delle estensioni individuali dotate di qualita diverse, e dissimili certamente, come si e detto, dalle cose esislenti fuori di noi. Quello che si e detto della estensione si dica anche del moto, il quale e vario secondo i diversi corpi che si muovono e secondo le diverse loro celerita e direzioni. La estensione ed il moto sono idee aslratte non rap- presenlabili se non che per mezzo di simboli, dei quali si dira in appresso. — 13 — K pero molto seducente la supposizionc di avere idee dcllo spazio vuoto e del tempo. Qualche filosofo senza la- sciarsi sedurre da tale supposizione ba delinito lo spazio 1' ordine dei eoesistenti, ed il tempo T ordine dei successi- ve Senza cose eoesistenti non vi sarebbe spazio, e senza cose successive non vi sarebbe tempo. Lo spazio vuoto non e allro che una idea negativa, e lo stesso die il niente. Cosi e niente il tempo senza successioni. Sarebbe annichi- lato, inconcepibile ; cioe non vi sarebbe ne prima ne dopo, il cbe e contraddiltorio colla supposizione del tempo. Lo spazio senza corpi, ed il tempo senza successioni sono cose inconcepibili, assurdc ; sono simboli senza idee corrispondenti ; ossia accompagnati da idee negative, le quali non hanno nessuna realta. Se si considera lo spazio vuoto dei cieli cbe vada al- 1' infinito, e lo stesso che considerare un niente infinito. Alcuni matematici hanno riempito lo spazio di un ilui- do sottilissimo elastico che chiamavano etere; e del quale ho dimostrato in altri miei scritti 1' assurdita. Cosicche sono passati dal niente all' assurdo. CAPO II. Sulla origine e sulla natura delle idee singolari, e mil' uso dei segni o simboli anche nella loro formazione. La cognizione di noi medesimi non puo essere fondata, come abbiamo veduto, che sulla nostra coscienza. Per co- noscere le leggi dei nostri pensieri conviene confroutare fra di loro molti stali successivi. Lo stato momentaneo dcllo spirito presenta sempre una moltitudine di affezioni fra loro diverse. E inutile ogni — 14 — sforzo per ridurre affatto semplice lo stato dello spirito in raodo die comprenda una sola affezione. Qualunque sia la moILitudiue e la diversita delle modi- ficazioni clie costituiscono lo stato momenta neo dello spi- rito, sono bensl discernibili, ma non sono fra di loro se- parate o disgiunte. Gostituiscono un tutto reale, I' atto di coscienza unico e indiviso. L' io non e gia diviso in parti ; ma tutto V io e affetto da cadauna delle sue modilieazioni. Si supponga, per esempio, clie io eonlemporaneamente vegga il sole, senta un suono, tocchi una pietra, gusti un frutlo, odori un liore. Sono tutto io che vede, tutto io che tocca, tutto io ehe ascolta, tutto io che gusta, tutto io che odora. La coscienza e dunque sempre unica e semplice ; e siccome costituisce T essenza dell' anima, ne segue che 1' anima e un soggetto unico affetto non per parti, ma per intiero, da cadauna delle sue arttuali modiflcazioni. Le diverse attuali modilieazioni sono divise nei loro oggetli che rappresentano, non gia esislenli in soggetti di- versi. Sono come assieme eompenetrate. Se ognuna esi- stesse fuori delle altre, sarebbero altrettanti spiriti, altret- tante coscienze. Io non sarei piu uno, ma molti. L' atto della menle, in quanto rappresenta una cosa esterna, si chiama idea. La cosa riferita al di fuori che si suppone simile alia idea si chiama oggctto. Percio alia idea si attribuisce una realta ocjgettiva. E se la idea si riguarda semplicemente come una modificazione dell' anima, se le attribuisce una realta subbiettiva. Ma questa distinzione non esiste in natura. Le due realta oggettiva e subbiettiva non esprimono esseri differenti, ma soltanto due different! relazioni fra le nostre modilieazioni e la sostanza dello spirito. Tutti quelli che meditarono sull! anima pensante sco- — 15 — [irirono iii essa due forze : I' una di conoscere, per cui si formano le idee delle cose, I' altra di appetire o di avver- sare per cui tende o alio stato di piacere, od a sfuggire quello di dolore. La facolta di appetire e di avversare ci avvicina ai bruti piu di quello che faccia la facolta cono- scitiva. Ognuno esperimenta in se stesso una forza di ripro- durre le immagini ricevule dalle sensazioni ; e questa for- za si chiama immaginazione. Se vengono riprodotle anche le immagini delle circostanze in cui ebbe luogo la sensa- zione, allora la immaginazione diventa memoria. Peru la immaginazione e la memoria sono sempre piu o meno im- perfette ; perche lo stato primo della sensazione non puo mai essere esattamente riprodotto. Alle volte importa alio spirito di supporre la riprodu- zione affatto identica, quando cioc gl' importa di conser- vare la memoria agli usi fuluri. Allora v' interviene un atto della mente di supporre quella identita esatla che manca, e cio tanlo se si tratta di sensazione quanto se si tratta d' immaginazione. In mezzo alia continua fluttuazione delle sensazioni e delle immagi- nazioni, tluttuazione per cui una immagine non dura iden- tica ollre un istante, lo spirito assume 1' ultimo stato di sensazione o d' immaginazione, e riferendolo al passato lo ritiene come identico. Vale a dire, atlribuisce alia imma- gine ultima il valorc di rappresentarc tutte le altre imma- gini trascorse che piii non esistono. Quest1 atto di dare a un' immagine attuale il valorc di rappresentare tutte le al- tre immagini trascorse^ e un atto simholico, ossia un se- gno rappresentativo del passato che piu non esiste. Ecco 1' arlifizio con cui le idee singolari variabili e ilutluanti diveneono tissc. stabili e tlclerminate. — 16 — Nel die e da considerare che i' atto rappresentativo dellc passato sensazioni o immaginazioni, e piuttosto un compendio die un dettaglio. Tali compendj imperfetti, auzi sfigurati e fuggitivi in gran numero,ognuno gli esperimenta in se stesso massime quando usa un linguaggio per espri- merc Ie proprie idee. E anche da considerare in che con- sisla la similitudine di due idee. La similitudine non e una qualita identica in due individui ; perche una qualita indi- viduate, ch'e in ogni modo determinata, non puo essere la stessa in due. La similitudine non e altro die una equiva- lenza a qualche riguardOj sicche F una possa sostituirsi al- 1' altra senza die la sostituzione sia calcolabile. Veggo, per esempio, due finestre di una facciata, sostituendo quella a sinistra a quella a destra, trovo incalcolabile la varieta. In cio sta la similitudine. E facendo die una rappresenti 1' al- tra, in cio sta il simbolo. Sicche due cose sono simili in quanto possono scanibievohuente simboleggiarsi. Ma seni- pre due cose simili per certi riguardi, non sono piu simili per altri riguardi. Da cio la impossibility di un carattere affatto identico in piu individui. Credo di avere dimoslrato die anche Ie idee singolari, in quanto si voglia considerarle durabili e permanenti identicbe sono lutte simboliclie. Per simbolo s' intende un segno accompagnato dalla supposizione che rappresenti la possibility di una idea non esistente. Nessuno, per quanto mi e noto, di quellichehanno scrit- to sulle idee singolari ha avvertito die siano simboliclie. Tutti hanno supposto una durata affatto identica che non esiste. Senza parlare degli altri, mi limitero a Deyerando che ha tanto scritto prolissamente sul problema proposto dall' Istituto di Francia, sulla influenza dei segni nella for- mazione delle idee — 47 — CAPO III. Sutla origine e sulla natura dellc idee gene rati (l) Se neppure Ic idee singolari esistono intuitive fuorche iiell' ultimo stato momentaneo di sensazione o di immagi- nazione ; se prese in un tempo dato sono sempre variabili Outtuanti e nulla in se stesse hanno di Csso e di determi- nate ; se a renderle fisse, determinate si adoprano dei com- pendj e dei segni rappresentativi una loro permanenza, ed una loro identita anche in passalo, molto mono possiarao avere idee intuitive quando si tratta d' idee general! ed astralte. II segno o simbolo e un mezzo virluale di rappresen- tazione. Col simbolo viene Judicata la possibility ossia la potenza della mente di rappresentarsi gl' individui di un dato gencre. E una specie di vessillo sotto il quale si rac- colgono non in atto, ma in possibility lutlo le rappresen- taziom individual! die hanno una certa somiglianza fra di loro. Ma non si possono distaccare le somiglianze dalle cose simili. Quindi le idee general! o astralte realmente non es.stono, perche non esistono ne possono esistere og- gett. generali. Come non e possibile che esista un triangolo in genere senza determinazione ne di lati ne di angoli cosi non e possibile rappresenlarselo nella mente ; come non e possibile che esista un circolo che non abbia un d.amelro determinalo, cosi non c neppure possibile con- cepirlo colla mente. Quelli che hanno supposla la csistenza delle idee generali hanno versalo in grandissimo errore. (1) Le segued considerazloni suite idee generali e sui simboli "011ll-!r///sp!reT neUa Filos"fi" r,eUa fisica- Vo' m cif-? pag- 4 e !; — 18 — E da notarsi principalmente die quella potenza virluale dell' anima di rappresentarsi gl' individui di un dato gene- re, senza che sia accompagnata dall1 effetto di un atto rap- presentativo, si pu6 assimigliare in qualchemodo alle for- ze virtuali della meccanica, a cio ehe si chiama conato, sen- za che segua in effetto il movimento per essere impedito da una forza in contrario. Vi sono poi due specie di simboli. Per esempio, in geo- metria adopriamo delle figure individuali come simboli dei generi. Un triangolo, un circolo come simboli di tulti i triangoli e di tutti i circoli possibili. Altra specie di simboli ed affatto arbitraria, e si adopera per segnare cose che non hanno somiglianza veruna coi segni adoperati. Cost in tutta T analisi malematica. Le idee contradditorie non si possono esprimere se non che colla seconda specie di simboli. Cosi, per esempio, il bilineo rettilineo. E tanto inconcepibile, come e impos- sibile che esista. Sono tanto iinpossibili due immagini con- tradditorie quanto e impossibile che una cosa sia enon sia nello stesso tempo. Circa la forza virtuale della seconda specie di simboli abbiamo grandi e numerosissimi esempj uell' analisi mate- matica. Si rappresentano con dei segni arbitrarj le quan- tity tutte, le somme, le sottre, le moltipliche, le divisioni, le estrazioni di radici, le elevazioni a potenze, ecc. Nelleequa- zioni oltre i segni arbitrarj delle quantita si esprime con segni arbitrarj la loro eguaglianza, il piii ed il meno. Nella analisi malematica nulla vi e di intuitive Anzi spesso una serie di quantita simbolicamente espresse, si raccoglie sot- to un segno che fa le veci di tulti gli altri. Cosieche vi so- no segni di segni di secondo ordine, di terzo ordine, di quarto, e cosi di seguito. Ma sempre il valore di un segno — 19 — si riduce ad una potenza virtuale di rappresentazione in- tuitiva, senza di che non avrebbe nessun valore. E senza quel valore potenziale si ridurrebbe il segno ad un puro meccanismo materiale senza significato. II valore potenzia- le cbe banno i segni nelle matematiche, ove si tratta di quantita, lo banno pure i segni nel comune linguaggio ove si tratta di tante cose diverse dalle quantita. Sono tutto al piu accompagnati da quei compendj fuggitivi d' idee in- tuitive, dei quali si e parlato di sopra nel Capo II ; com- pendj fuggitivi cbe sono sempre simboli di prima specie delle idee intuitive piu deltagliate, possibili e non attuali. Per dare un esempio del valore virtuale dei segni ar- bitrary nelle matematiche, cominciando dall' aritmetica, si esprimano mille unita colla cifra 1000. E impossibile avere un' idea intuitiva di tante unita. Ma quel segno ha il suo valore virtuale, in quanto alia possibility di rappresentarci intuitivamente tulte quelle unita se non contemporanea- mente almeno successivamente. Lo stesso dicasi di un mi- lione, di dieci milioni, ecc. Si pretende da alcuno cbe lo spirito non possa conce- pire intuitivamente se non cbe il numero di cinque, cb' e quello delle dita di una mano. Ma allora si parla d' idee intuitive contemporanee e non di successive. Negli scritti di Leibnitz ho trovato che qualche volta parla d' idee simboliche, come sono tanto evidenti senza le intuitive nelle matematiche ; ma egli non ha precisato che anche fuori delle matematiche, quando cioe si tratta di qualita e non di quantita, i segni tengono le veci di rappre- sentazioni intuitive. Condillac ha penetrato un poco piii avanti circa la in- fluenza dei segni nella formazione delle idee. Ma non ab- bastanza, sicche 1' Istituto di Francia ha proposto il suo - 20 — problemadarisolvere. Degerando, die fu premiato,ha com- posto un libro voluminoso e prolisso, dove in mezzo ad una folia di dettagli, di dislinzioni e d' idee indeterminate, ha mancato, a mio credere, in alcuni punti principali. I ° Egli non ha fatla distinzione marcala e preeisa, benche naturalissima, fra le idee intuitive e le idee sim- boliche. 2.° Egli ha supposto che senza simboli esistano le idee singolari; ed io ho dimostralo ehe senza simboli non si ot- lengono neppurc le idee singolari precise e determinate, e che si formano invece dei compcndj fuggitivi, come, per esempio, nella rapidita del discorso, i quali sono veri sim- boli delle idee singolari non attuali, ma potenziali. 5.° Egli non ha precisato che idee generali intuitive non esistono, come non esistono i loro oggetti, e che anzi sono impossibili. Invece in molti luoghi ha ammesse espres- samentc, come tanti altri hanno ammesso, che esistano idee intuitive di caratteri generali e comuni ; e basti il dire ehe le dichiaro frammenti dislaccati per decomposizione delle idee scnsibili. Bensi in una sua conclusione dichiaro necessarj i segni per ottenere delle idee astratte, ma il di- re per ottenerle e lo stesso che accordar loro esistenza, come in tanti luoghi del suo libro ha supposto che le idee astratte esistano intuitive, il ehe e un errore come ho di- mostrato. 4.° Egli non ha ravvisato ne precisato il valore vir- tuale o potcnziale dei segni com' e di sopra deflnito in que- sto Capo III. Che se si spogliano i segni dei loro valori potenziali, massime quelli della seconda specie che non hanno somi- glianza veruna colle cose segnale, restano pure voci o suo- ni o caratteri materiali senza significato — M — E da notarsi infine, die i simboli o vocali o seritti ser- vono anche di comunicazionc fra gli uomini delle loro idee, col mezzo dei loro valori virtuali. CAPO IV. Delia origine e delta natura dei giudizj e dei ragionamenti. DalP esposto nel Capo III si scorge che nello spirito nulla esiste di fisso e di determinate fuorche il valore al- tribuito ai segni, e che il valore dei segni consiste non in rappresentazioni attuali, ma in potenze virtuali di rappre- sentazione, del che continui esempj distintissimi abbiamo nelle matematiche. La potenza virtuale di rappresentazione, che sta in luo- go d' infinite rappresentazioni e variabili all' inflnito, e la potenza piu ammirabile dello spirito, non abbastanza no- tata in passato, e che viene esercitata col mezzo di segni. Con quella potenza virtuale esercitata per mezzo di segni si formano non solo le idee astratte o generali, ma ben anco i giudizj ed i ragionamenti, dei quali mi propongo di spiegare in questo Capo la vera indole. Fu supposto in passato che ciascuna delle nostre idee intuitive singolari sia un risultato composto di una molti- tudine di caratteri o di qualita fra loro separabili in modo che di ciascuna si possa avere una particolare idea intui- tiva affatto solitaria. Si e ritenuto inoltre che I' anima ab- bia una forza o facolta chiamata di astrazione, di separare dagli altri un carattere della idea intuitiva, e dopo tale se- parazione di riferirlo di nuovo a tutta la idea, come in essa compreso. Ecco la operazione che viene chiamata — 22 — giudizio intuitivo; dando il nome di soggetto alia totalita della idea intuitiva, e il nome di predicate al carattere che vi si scorge come disgiunto dal rimanente, ma pure com- preso nella totalita. Tutti gli altri giudizj prodotti da pin lunghe operazio- ni, come sono i ragionamenti e le dimostrazioni, non furo- no chiamati intuitivi, e si e eonsiderato che differiscano dagli intuitivi, perche I' idea del predicato non si manifesta nella idea del soggetto, ma vi esista come inclusa ed invo- luta. sicche abbia bisogno di certi artifizj per isvilupparsi e sortire. Si e detto, per esempio, che la idea del sole si puo decomporre nella idea del suo intenso splendore, del suo calore e della sua rolondila, e che per questa via si compongono i giudizj ; il sole e intensamente lucido, il sole manda calore, il sole e di figura rolonda. Al contrario, il giudizio che in ogni triangolo la somma degli angoli sia eguale ai due retti non e giudizio intuitivo, perche la egua- glianza dei tre angoli ai due retti non si manifesta nella idea dei tre angoli, ma ha bisogno d' inter medie operazioni per manifestarsi. Si rifletta intanto che i giudizj intuitivi non sono altro che una ripetizione della stessa idea del soggetto nel pre- dicato, sicche tutta la differenza sta soltanto nei due sim- boli del soggetto e del predicato, oppure una ripetizione nel predicato di una parte della idea del soggetto, sicche il simbolo del predicato e una parte del simbolo del soggetto. Una volta che sono stabiliti i giudizj lanto singolari quanto generali usciti immediatamente dalle nostre idee, ossia intuitivi, accade che il predicato di uno si trovi sog- getto dell' altro ; cosi pure che il predicato del secondo sia soggetto di un terzo giudizio, e cosi che il predicato del terzo giudizio sia soggeltn di un quarto giudizio e cosi di — 23 — seguito. In questo modo la mente forma uu eomposlo di tutti questi giudizj, ossia una serie d' idee ordinate in ma- niera che ognuna sia predicalo della piu vieina die prece- de, e soggetto della piu vieina che segue. In questa com- posizione di giudizj, ossia in questa serie cosi ordinata di idee, consiste il ragionamento. Compiuto il ragionamento, al primo soggetto si unisce 1' ultimo predicato, e si forma un nuovo giudizio che ne e risultato, e che si chiama con- clusione. Ogni predicato essendo o equivalente al suo soggetto, o compreso in questo come parte, ne segue che so tutti i giudizj di un ragionamento sono veri, e se 1' ordine con cui sono distribuiti e legittimo, anche la conclusione che ne risulta dev' essere vera. In conseguenza il giudizio che si forma ragionando ripete tutta la sua forza dai giudizj che sono premessi e dall' ordine della loro disposizioue. Tutto cio essendo stato ahhastanza sviluppato dai logici, e sin- golarmente da Cristiano Wolff, che fra tutti si e distinto, io mi ritengo dispensato dai trattare diffusamente questa materia. Quello che fraltanto risulta di nuovo e questo : che ogni ragionamento e una operazione simholica della mente, perchc non e allro che una serie continua di giudizj, ognu- no dei quali e un atto simbolico per mezzo dei segni come si c dimostrato. La catena dei noslri raziocinj essendo tutta simholica, ne avendo hisogno di essere seguita dalla nostra forza in- tuitiva, il che non sarehhe neppure possihile, percio siamo condotti a delle conclusioni tanto lontane dai nostri sensi, che spesso racchiudono delle cognizioni di oggetti affatto insensibili, come superiori alia nostra capacita intuitiva. Tutta I' analisi matemalica ce ne porge dei saggi continui — 24 — Lc cognizioni di un' indole cosi recondita ai sensi, die si possono anche chiamare trascendenti, non solo non si possono ridurre intuitive nella loro generality ma nem- meno possono verificarsi intuitivamente in nessun caso singolarc ; attesoche ognuna delle idee intuitive corrispon- denti ai segni ci sfuggc del tulto ed e assolutamentc supc- riore alia nostra capacita. Ancora esempj continui di que- sts verita abbiamo nel trattare 1' analisi matematica. Cosi anclie in geometria la iperbola continuata all' inflnito si av- vicina sempre piu all' assinlolo senza mai toccarlo. Nel mondo fisico troviamo osgetti superiori alia nostra facolla intuitiva, tanto cogli oggetti minimi, ai quali non arriva la forza dei microscopj, quanto ncgli oggetti grandi terrestri e celesti. Cbe la materia sia divisibile all' infinito, cbe la luee sia un aggregato di eorpuseoli in moto, e singolar- mentc in chimica, ebe i corpi, i quali appariscono ai sensi non solo, ma anclie alio analisi chimicbe i piu semplici ed i piii omogenei, siano eomposti di corpi fra loro eterogenei ; sono verita eosi recondite ai nostri sensi, ed alia nostra immaginazione cbe s' intendono a perfezione col mezzo di simboli senza poterle mai verifieare intuitivamente. E le medesime cognizioni simbolicbe non possono risultare cbe da lungbi e complicali rag ion amen ti. Cbe la terra, per esempio, sia un gran glubo in gior- naliera rotazione attorno il suo asse, e descrivente un' or- uita annua attorno al sole, e una verita superiore ai no- stri sensi ed alia nostra capacita intuitiva. Si deduce in astronomia dai fenomeni, ma non si puo concepire intui- tivamente. Non potremo avere giammai 1 immagine della terra, ne del suo moto ; ma sollanlo delle piccolo immagi- ni di analogia proporzionate all' attitudine dei sensi. I ca~ ratleri intelleltuali in grande sono lutli simbolici. — 25- L' uso dei segni nei raziocinj e di un effetto ben piii grande o sorprendente di quello che si e notato riella for- mazionc delle idee, c nei giudizj primitivi. I segni rendono fisse Ie nostre idee singolari, le generalizzano, estendono la nostra inlelligenza dall' atluale finito al possibile infinite-, servono alia memoria, dirigono 1' altenzione, decompon- gono lo idee, ne riuniscono lc parti senza piu eonfonderle. Ma nei raziocinj danno, per cosi dire, una nuova potenza alia mente d' intendere quello ch' e tanto esteso c recon- dite) che trascende assolutamente la nostra indole rappre- sentativa. E tutto per mezzo della potenza virtuale e non attuale di rappreseiitazionc per mezzo dei segni. C A P 0 V. Deli arte caratteristica. I due casi di commettere errore sono o componendo una idea contraddittoria fra le sue parti, o ibrmando un falso giudizio. Nell' uno e nell' altro caso 1J atto della men- te e simbolico, cioe a dire, una pura eombinazione dei segni. Al contrario, I' atto intuitivo non puo mai racchiu- dere nessun errore. Regola sicura per evitarlo e quella di non comporre alcuna idea, e di non formare alcun giudi- zio primitivo se un atto intuitivo della mente non vi cor- risponde. Quando son vere le prime idee, le prime proposi- zioni, la connessione dei ragionamenti nei modo spiega- to, secondo Ie regole logiche, non puo mai condurre al- I'errore. Ma la capacita intuitiva della mente e troppo limitala per poter con quella regola esaurire tutti gli oggetti che ha bisogno di conoscere. Sarebbe costretta ad occuparsi di Serie III. T. I. i — 20 — pochi, c dovrebbe ommettere una grandissima parte di quello che ha bisogno di conoscere. Cosi, per evitare 1' er- rore, sarebbe condannata ad una profonda ignoranza. Se e possibile un metodo di non errare, non pud esser fondato che sopra una tale coslruzione e eombinazione di segni, per cui lo lore- apparenze in mancanza delle idee in- tuitive non siano fallaci. Se la costruzione materiale dei segni rappresentasse per esatta analogia gli oggetti segnati, allora le idee simbo- liche potrebbero cssere adopcrate in luogo delle idee intui- tive nella ricerca della verita. Allora le idee siraboliche non servirebbero piu per un valore arbitrario ad esprimere le idee intuitive, ma bensi per un loro valore naturale ; e percio le loro apparenze non riuscirebbero piu fallaci. E siceome i segni per esprimere gli oggetti possono essere scclti ad arbitrio, e indubitabile ciie possano avere tale costruzione, la quale esprima per analogia cio che con essi si vuole indicare. Ecco dimostrata la possibility dell' arte caratlerisiica, cioe di quell' arte con cui, mediante un ma- neggio di caratteri, si possa rendere certe le nostre cogni- zioni e promoverle. Non no possediamo ancora che una specialc per le seienze matematiche ; cd e gran tempo che da questa per imitazione i filosofi banno pensato alia pos- sibility della caratterislica universale. Ma finora questa non e altro che una possibilila, la quale non si poteva ren- dere dimostrata che coi nostri principj. Fratlanto, parlando ancora di quella possibility, e da riflettersi che le classificazioni possono considerarsi come decomposizioni delle idee che ci fanno risalire ad alcuni primitivi elementi, coi quali le idee generali e singolari vengono poi composte. Se alio idee elementari si slabilisco- no dei segni primitivi arbitrarj, possono da questi essere — 27 — dedotti dei segni derivativi per Ic altrc idee che da quelle vengono composte. E possibile, in conseguenza, un sistema di segni ehe nelle loro forme inateriali rappresentino le eomposizioni ossia la natura delle idee eorrispondenti. I mezzi che conducono a piantare questo sistema sono indi- cati nelle regole seguenti : 1 .° Fra tutte le possibili classi- ficazioni si scelgano quelle ehe servono piu direttamentc alia nostra utilila. 2.° Dopo avere subordinate le idee in- tuitive a generi inferiori, questi si rendono subordinati a generi superiori ; e questi ad altri piu elevati, tinche l'uso non richiede un' analisi ulteriore. 5.° Ai generi piu ele- vati si stabiliscauo dei segni primitivi arbitrarj semplici e fra loro differenti. 4.° Questi segni si compongano assie- me nello stesso modo con cui dalle idee che esprimono sono composte le altre. Vale a dire, prima si stabiliscono i segni dei generi superiori ; con questi si compongono i segni dei generi inferiori, e cosi successivamente fino ai generi piu inferiori, ed alle idee singolari. Tuttocio opera- te, la costruzione materiale di ogni segno saru analoga al- 1' oggetto corrispondente, perche dedotta dalla sua natura. I segni cosi formati si possono chiamare rappresentativi delle idee intuitive, perche appunto esprimono natural- mente, e non piu per atto del tutto arbitrario, le idee che vi corrispondono. II sistema di questi segni e la prima parte dell' arte caratteristica, ossia della lingua fdosofica, se sono desunti dalle articolazioni della voce e dalla scrit- tura. La seconda parte e 1' arte di maneggiarli e di combi- narli assieme per la cognizione della verita. Tal parte devc essere dedotta dalle operazioni dell' anima che nel Capo precedente^abbiamo spiegale parlando dei giudizj e dei ra- gionamenti. Senza entrare ora in dettagli ulteriori sopra quest' arte, che non e mio scopo in presente di scoprire — 28 — iici suoi dcttagli, contcnto di avernc mostrata In possibili- In, io frattanto mi trovo in grado di conchiudere che in tiilte le operazioni dell' anima V vso dei segni rappresenta- tivi assicura la cognizione certa delta verita, eche col loro mezzo tulte le scienze si possono rendere esatte. Perehe ho abbastanza dimostrato che le false apparenze dei segni arbitrarj c privi di analogia colle idee intuitive sono Ic prime cause dei nostri errori. II vantaggio recato dall' analisi, ossia dall' arte carat- tcristica, nella sun applicazione alle scienze, e berisi in pri- mo luogo la certezza, ma inoltre vi e la loro eslensione al di In immensamenle delta capacita intuitiva dello spirito. In queste tali scienze la certezza vi era anche prima del- I' applicazione dell' analisi. Le scienze sono esatte in quan- to vi e certezza di cognizioni ; sono analiliche in quanto s-i tratlano con un' arte caratleristica. IIo dimostrato nel capo precedente che dalle idee si fnnno sorlire immediatamente dei gimlizj primitivi, la veri- ta dei quali si conosce inluitivamenle^ e che da questi col mezzo di un retto raziocinio se ne ricavano degli altri con eguale certezza. In conseguenza, sopra gli oggetti che sono rappresentati alle nostre idee intuitive si possono formare delle scienze esnlte, com' e, per esempio, la geometria ele- mentare, senza il mezzo dei segni rnppresentalivi e senza 1' arte caratteristica. Tali sono anche lutte le parti delta fisica che versano sulle qualita sensihili dei corpi. In tali scienze la certezza si puo ottenere, fino a un certo limite, col mezzo delta forza intuitiva delta mente e del retto ra- gionamento. Ma i segni rappresentativi e I' arte caratteri- stica estendono la certezza delle cognizioni al di la di quel limite ; cioe accrescono e reudono analitica la scienza che era gin nalurahnente esalta. Cosi si e fatto delta geome- — 29 — tria, e di tuttc le parti della fisica chc sono suscettibili del- I'analisi matcmatica. Nella chimica si 6 cominciato da molto tempo un lin- guaggio che rappresenta la composizione dei corpi col mezzo di formule. E quello un principio di arte caratte- ristica. Oltre le scienze matematiche, che sono esalle per la na- tura dei loro oggetti, per la forza dei ragionamenti, e che sono estese per 1' applicazione dell' analisi, vi sono dellc al- tre scienze che versano sopra oggetti non soggetti ai sensi, percio non intuitivi, per le quali non e ancora trovata I' arte caralteristica. In tali scienze non puo esservi dun- que certezza di cognizioni, perche abbiamo vedoto che la certezza deriva o dalla forza intuitiva della mente, o dalla natura rapprcsentativa dei segni. Nel numero di queste scienze vi e principalmente la fisica speculativa, nella quale si ricercano le qualita dei corpi che sono occulte ai sensi come cause delle qualita sensibili. ossia dei fenomeni. Nelle scienze morali e politiche, il grande oggetto e di determinare le azioni volontarie dello spirito, in modo chc tendano al bene dell' individuo e della societa con cui e le- gato. E, secondo che hanno o non hanno questa tendenza, si giudica della loro bonta o della loro malizia. Per cono- scere dunque le veriti morali e politiche, bisogna conside- rare gli effelli dello azioni volontarie, che ricadono sul- P individuo, e quelli che riguardano la inlera societa. Ma poiche tali oggetti superano la capaciu'i intuitiva, e non vi ha tinora alcun mezzo di trattarli col mezzo di un' arte ca- ratteristica, perci6 la morale e la politica non sono finora scienze esatte. Lo spirito ha un bisogno continuo di conoscere le re- gole morali e politiche per determinare le proprie azioni — 30 — volontarie. Queste cognizioni non possono cssero di loro natura die simboliche, cioe raffermate nei scgni. E perche manca la relativa arte caratteristica, i segni non rappre- sentano raaterialmente I' indole degli oggetti. Quindi in tali matcrie lo spirito e condannato con ircquenza all' errore. Ma 1' errore non e la sola fnnesta consegucnza die deriva in tali oggetti dalla loro indole e dalla imperfezionc dei se- gni. Vi sono inoltre le discordie e le questioni inlcrmi- nabili. Dal fin qui detto sopra I' uso dei segni nel trattare le scienze, si puo faeilmente rispondere ad altre questioni ebc furon proposfe nella materia dall' Istituto di Francia. Fu proposlo : Se nelle scienze, ove la veriid vicne riccvuta senza contrasto, si riconosca questo dalla pcrfezione dei segni. Queste sono le scienze csatte di cui abbiamo di sopra parlato. Sirispondc adunque che in tali scienze la certezza dipende da due cause. i.° Dalla natura degli oggetti cbc si prendono a trattare, la quale per essere rappresentata nolle noslrc idee intuitive, assicura la verita dei nostri primitivi giudizj, c di tutti gli altri che da quelli possono dedursi per mezzo di ragionamenti. 2." Dalla natura dei senni con cui si esprimono gli oggetti, i quali per essere rappresentativi possono essere trattati in sostituzione alle idee intuitive con tutta la sicurezza; e per essere faeilmente combinabili estendono la certezza dellc nostre cognizioni sopra oggetti che superano la nostra capacita intuitiva. La prima causa di certezza si puo avere in molle scien- ze, ma molto limitata. La seconda causa finora non si ha che col mezzo dell' analisi matemalica, cd e molto estesa. Colla medesima facilita si risponde ancbe all' altra que- stione proposla dall' Istituto di Francia : Se nelle scienze — 34 — che porgono un etcmo alimento allc questioni, sin questo un effetto necessario delta inesattezza dei segni. Le scien- ze ove le questioni si perpetuano son quelle dove gli og- getti che si vuole conoseere non sono raffermati nelle no- strc idee intuitive o per essere reconditi, o per essere troppo complicati ed estesi, o per essere troppo lontani di spazio e di tempo ; e frattanto manca il soccorso dell' arte carat- teristica per esprimere e trattare quesli oggetti col mezzo di segni rappresentativi. La divisione dunque delle opi- nioni in questc scienze dipende da due cause. I .° Dalla natura dei loro oggetti, i quali non potendo essere rappre- scntati intuilivamentc, si esprimono con delle immagini arbitrarie ed imperfette che alimentano le questioni e con- ducono all' errore. 2.° Dalla natura dei segni, i quali per essere affatto arbitrarj e non analoghi agli oggetti segnati, non possono servirc in luogo delle idee intuitive che man- cano alia cogniziono della verita, ne hanno un valore vir- tuale ben determinate e costante, ma bensi mutabilc nello stesso spirito e differente nei varj spirili, dal che nasce la incostanza c la divisione delle opinioni. E certo che qua- lunque cognizione di un oggetto non fondata ne sopra una rappresentazione intuiliva, ne sopra una rappresentazione analoga dei segni, non puo essere conforme alia verita che per azzardo ; e dev' essere tanto varia nelle varie menti che no nasca il contrasto e la discordia. Si ritenga sempre quello che si e detto superiormente, che quelle che chia- miamo idee intuitive sono in grandissima parte non al- tualij ma potenziali per una facolta che abbiamo notala nella mente, di prendcre per altuale quello ch'e soltanto in potenza rappresentativa e che anche questa facolta viene esercitala con dei segni, Finalmenle una ultima questione proposta e questa. S< — 32 — vi sia quale he mezzo di / • ■ /■/// ///s ■///<-■ ?//. y/}//,///r /A'J/ J'/'a/u> Shi _ J —r'^r-'r- < - '/!„„.,///;,„ -J- - ■■ DELLE LEGGI AGRARIE CoNTENlTE NEGLI ANTICHI STATOTI MUNICIPALI E DEM,' L'SO CHE SE NE PUO FARE NELLA COMPILAZIONE DEL COD1CE RURALE, MEMORIA DEL M. E. CAV. AGOSTIINO D.» FAPAIVNI, Leila neWadunansa 18 maggio 1851. S^3 Q, 'uando sorivcndo io la storia tlella giurisprudenza agraria (della quale ebbi I' onore di leggerne un prospetto, cd una parte a questo I. R. Istituto) portai il mio lavoro al secolo XII, mi venne 1' opportunity di ragionare degli anticbi staluti municipali, e ritenni col consenso di accre- ditali storici e giureconsulti, die la loro origine si dovesse stabilire intorno a quell' epoca. II secolo dodicesimo, che nella sua prima eta avea pro- dotto la ristaurazione del jus romano e 1' ordinamento delle leggi canoniche,, maturava nel suo linire strepitosi av- venimenti e grandi mutazioni nell' ordine sociale. L'impe- ratore Federico I, dctto Barbarossa, venuto in Italia per aggravare la mano sopra le suddite citta, forzolle ad agire contro di lui, a stringere quella famosa alleanza detta la lega lombarda, e a contrapporre alle armateimperiali calate — 52 — giii per opprimerle, ultreltante legioni coraposte de'pro- prj loro ligli. Lc quali cosi valorosamente si difesero, da rimanere vincitrici nella grande lotta. Frutto di si bclla yittoria per le collegato cilia lombarde fu la famosa pace da esse con tanta gloria e tanto vantaggio fermata coll'impe- ratore nella cilia di Costanza, correndo gli anni 1185. Stabilitasi per questo memorando Irattalo la liber la di molte citta d' Italia, lepiu ragguardevoli fra le medesimc ordinarono il loro governo a modo di repubbliea, e cia- scbeduna, conquistato il dirilto di autonomia, intese a rac- cogliere in un volume le leggi, che andava di tempo in tempo promulgandOj a seconda dellc peculiari circostanze e degli emergenti bisogui. Di qui ebbero origine i municipali statuti ilaliani ; e non vi fu in appresso citta, terra o borgata, per quantun- que piccola che si fosse, che gelosa della propria indipen- denza non volesse avere leggi sue proprie. Nelle sole pro- vincie del venelo antico dominio vi erano piu di quaranta statuti vigenti al tempo di quella repubbliea: Milano, e tutle le citta lombarde, quelle del Piemonte, di Genova, della Toscana, dello Stalo ponliiicio^ dei regni di Napoli, di Sicilia, di Sardegna c delle isole adjacenti cominciaro- no pur esse in quel torno a regolarsi con particolari leggi municipali, cosicebe a piu di cento polei annoverare gli statuti di citta e terre italiane, che io vidi ed esaminai pub- blicati gia posteriormente colle stampe (I), senza porre a calcolo quelli, che rimasero manoscritti negli arcbivj di molti municipj. (I) Nella precitala mia storia deUa giurisprudenza agraria ho dato la serie cronologica si delle citta, die turono le prime a compilare i pro- prj statuti, e si di quelle die furortu le prime a pubbliearli al prinio dif- fondersi dell' invenzione della stampa. — 53 — Non ando lungo tempo, clie alcune provincie e citta di Francia imitarono I'esempio dclle nostre, ed intraprese- ro di mettere in iscritto le loro consuetudini, o Droit cou- lumier, com1 esse le chiamano nel loro linguaggio, e che i Romani appellavano Jus non scriplum. Queste compilazio- ni statutarie ordinate posteriormente dai re di Francia Carlo VII, Carlo VIII c da Francesco I, crebbero in nimlo, al dire di M.r Ilenrion (I), da snperare il nuinero di sessanta, parlando delle generali, vale a dire di quelle osservate in unJ intiera provincia, ed a piii di trecenlo am- montavano le particolari, ch'' erano quelle osservate nel territorio di una sola citta o distretto. Lo stesso avvenne della successiva compilazione degli statuli municipali in Ingliilterra (2), in Germania (5) ed in Ispagna (4), come ebbi inolivo di riconoscere nelle parziali biblioteche legali di dette nazioni. Questi patrj ordinamenli, parlando pin particolarmente de' nostri italiani, venivano di mano in mano stanziati ora per sopperire al silenzio del jus comune, ora per inter pre- tarne ed applicarne il senso, ove V espressioni del mede- simo erano inestricale, o dubbiose, o troppo concise. Quin- di una grande parte delle ordinazioni contenute negli sta- tuti nostrali erano leggi georgicbe^ accomodate a quell'or- dine di tempi, e di costumanze. Consegue da ci6, che le stesse contengano assai acconci provvedimenti al buon andamento di presso che ogni ramo di economia rusticale, (1) Encyclopedic metkodique, Jurisprudence. Tom. II. artic. Cou- tumes. (2) Bibliotheca juridica Martini Lipeiiii. Lipsiae 17o7, in fol. (3) Langhornius Dan. Chronicun Legum Anglorum. Londini 1670, 8.' (4) Azevedo (de) Alphonsns. Commenfaria Juris Civilis in Hispa- nia. Antuerpiae 1613, fol — 54 — e molto opportuni a impedire e conciliare le questioai tra gli agricoltori. Mi e avvcnuto di osservare sovente, che quanto piu le citla, le provincie, i territorj erano dedicati alia coltura de' campi, e quest'arle forniava la principale loro industria, lanto piii gli statuti, che i singoli paesi andavano di tempo in tempo emanando, si estendevano sopra 1'agricoltura, a preferenza d'ogni allro argomento. Di ci6, per tacere di varj altri, ne sicno esempio gli statuti di Venezia e di Ge- nova, citla e repubblicke tutt'affatto ncgozialrici, in con- fronto di Milano, di Brescia, di Verona, di Padova, di Tre- vigi, citla principalmente agricultrici. INegli statuti delle prime, parlando di Venezia, che non ebbe possedimenti in terraferma se non dopo la mela del secolo \IV, e che era in superior grado mercatantesca, non si Irova alcuna or- dinazione in proposito di beni rustici, come non se ne Irova neppure nelle costituzioni municipali di Genova : mentre negli statuti delle citla, che aceennai da ultimo, vi si leggono in copia le piii belle ordinazioni di georgico di- ritto, che desiderare si possano. INon si puo dire pero che questi agro-economici prov- vedimenti fossero complessi di Ieggi, composte con un in- lento generale, ma sibbene nuove disposizioni provocate dai bisogni, che tratto tralto svolgevansi, e dai disordini che si andavano inlroduccndo: erano talvolta riforme, tal altra supplemenli ed appcndici al diritto comune, riducen- dosi sovente in iscritto cio che di meglio era fondato sulla pratica, sulle tiadizioni e sidle consuetudini de'luoghi. Semhra che al chiudersi del secolo XV abbia avuto line la formazione degli statuti municipali, mentre ne' se- coli susseguenti non vi si fecero che riformazioni cd ag- giunte: ed anche in queste aggiunzioni si opero senza ade- — 55 — renza di principj e senza scoria di sislcmi. Precipuo scopo delle comunita o provincie stalucnti era di mantenere fcr- ma l'osservanza di quegli ordini, e di quelle agrarie con- suetudini, che la lunga esperienza avea diraostrato prolicue e consentanee alio condizioni de' Ioro elimi e delle induslrie agricole, che vi si esercilavano. Se coirenianarsi de' nuovi codici generali civili, dopo la meta del secolo XVIII e sul principio del corrente, de- caddero grandementc le antiche legislazioni muoicipali, tut- tavia non si puo dire, che rirnanessero abolite cd estinte : poiche ad esse si ebbe anche posteriorinente ricorso, come vi si ricorre al di d' oggi, peculiarmente in oggetti di pra- tica economia rusticale, in tulli quei casi, in cui i nuovi codici generali non provvedono speeificatamenle. E qui me d'uopo indicarc in succinlo quali leggi ordi- nariamentc si contengano negli antiehi piu accreditati sta- tuti municipali, ehe riguardano e regolano di proposito le piii rilcvanli materie delta mstica economia. Quesle leggi. io sono d' avviso che si possano accennare solto i segucnti dodici tiloli : l.° Delle regole da osservarsi nello slahilire e man- tenere i confini che separano nolle campagne i posscssi di on proprietario dall' altro ; 2." delle vane servitii rustiche; 5.° delle locazioni e conduzioni tanto di fondi rustici, quanto di opere ed induslrie agrarie; 4." dei contra ttidi compra e vendita ili propriela cam- pestri, nonche di soccida di animali inservicnti all agri- coltura ; 5." delle discipline pel huon governo delle strade pub- bliche e private nelle campagne; (>." dei diritli ed usi di aequo di ogni natura inser- — 50 — vienti nc' fundi rustici ad abbeverameato di uomini e di bestiami, ad irrigazione di terre, a movimento di opificj, a navigazione ed a pesca ; 7." dci beni comunali; 8.° dei diritti e dovei'i del vago pascolo, e del pensio- natico ; 9.° del governo dci bosehi ; t0.° dei diritti dicaccia; II." della polizia rurale politico-araministrativo-sani- laria ; 12.° della polizia giudiziaria per danoi dati ai fondi, ai prodolli cd animali campestri, e per ogni trasgressione e delitto commesso a earico della proprieta e sicnrezza per- sona le nelle campagne. Ora mi si diinandera, se io creda utile, o no, it valersi di queste statularie ordinazioni nella compilazione del co- dice rustico ? Alia quale dimanda io sono di riverente pa- rcre di rispoudere afferinativamente, osservatc pero le modalita che verro esponendo in apjiresso. Le ragioni poi, per le quaii opino, che sia da valersi delle leggi agrarie contenute negli anlichi statuti municipali sono le segneuLi : l.° Uno dei principali caralleri assegnaii da san Tom- maso d'Aquino alio leggi uinane, aflinche rispondano vera- mente al loro ihtenlo, si e quello, che sicno adatte alia qualita varia deiclimi, dei luoghi, dei costumi, degli usi delle rispeltive popolazioni. Ora le dette anliche leggi sta- tutarie, esseudo il risullamento di lante osservazioni fatte per lungo periodo di tempo sul luogo, awalorale da molte esperienze, couvalidale dai volo dei molli interessati rac- colli in forma I i adunanze, e statuenti di proprio diritto e di propria indipendente aulorila, conlengono senza dubbio — 57 - la caratteristica richicsta dal teologo aquinale; e percio sara grandemenle utile il valersi di esse, nella corapilazione del codice rurale. 2.° Perche cssendo i proprietarj ed i coltivatori dei singoli territorj assuefatti ab immemorabili all'osservanza dei predetti Iocali ordinamenti, die tuttora sono in vigore, ove tacquero le moderne legislazioni, diffieilmente ed a mal in cuore si assoggetterebbero essi a disposizioni, che si al- lontanassero sensibilmente, senza un'evidente utilita, dalle regole e consuetudini a cui sempre si attennero. 5.° Perche Pautorita di sommi agronomi e di riputali giureconsulti si nostra li che forestieri avvalorano la mia opinione. Citero fra gli agronomi il piii benemerito ristau- ratore della ilaliana agronomia nel principio di qucsto se- colo, il eonte Filippo Re, il quale ne' suoi Annali d' agri- coltura lasciava scritto (i): « lo desiderai molte volte di avere ozio bastante e di possedere la serie de' varj statuti antichi d' Italia, che avrei voluto formare la sloria della nostra agraria legislazione ; e cosi avrei fatto vedere, die gl'Italiani mai sempre favorirono lagricoltura, ed emana- rono leggi che mostrano la loro intelligenza. » E qui m' e grato il riferire, che in eguale considerazione ed onore te- neansi i venerandi dettati della statutaria legislazione ru- rale italiana dal rinomato giurisperito vivente professore e consigliere prussiano Federico Carlo Savigny, il quale nella sua storia del Diritto romano del medio evo (2) non dubito di affermare, « che gli statuti delle citta italiane, che cominciarono nella meta del secolo XI, ed il cui mime- ro e l'impoi'tanza si accrebbero nei due secoli seguenti. (J) Tomo IV, pas. 12. Milano 1809, in 8.J (2);Vol. 11, pag. 508, troduziuiie di Firenze, 1844. 8" Serie III. T. I — 58 — offrono un tale interessc per la storia, ohe un prospetto comparato di qucsti statuli sarebbe una sorgente feconda d' istruzione. » All' autorita, quantunque gravissima di per se stcssa, di qucsti due chiari ingegni piacemi aggiungerc quella di un terzo non meno chiaro scrittore vivente, per convali- dare l'assunlo, che Io studio dclle antiche agrarie costitu- zioni municipali puo, anzi deve tornare prolicuo alia retta compilazione del nuovo codice rustico. E qucsti l'autorc della storia della legislazione italiana, il piemontcse contc Filippo Sclopis (I) che dice: * La parte economica degli statuli composta a seconda della condizione del comunc, comprendeva rcgolamenti di commercio, tariffe di dazj e bandi di polizia rurale. Questa e la parte che piii di tutte puo giovarc agli studj presenti di economia polilica c di statistica, pcrchc non e raro che dalle passate esperienze si cavino frutli di presente applicazione: e le sorgenti di una ricchezza antica non sono sempre affatto inaridite. » 4.° Ed egli e appunto, che oltrc le riportatc autorita io chiamo 1' esperienza ed il fatlo a raffermare 1' utilita di valersi delle antiche rurali ordinazioni nella compilazione del codice campestre. Nessuna nazione nel periodo di 55 anni, vale a dire dal 1789 al 1824, ha abolilo o riformato tante vecchie leg- gi, e ne ha composto tante di nnove, quanlo la Francia ; di modo che una cominissione incarieala dal re Luigi Filippo della revisione di dctte leggi ebbc ad affermare in agosto 1 844 (2), che le due prime assemblee c la convenzione cma- narono nel sovra indicato periodo ringente numero di oltrc (1) Vol. II, pa^ 107. Torino 1844. 8.' (2) Vol. suddetto. pu^. 110. — 59 — ventimiia leggi ; alia qual congerie di ordinamenti si po- trebbero applicare le espressioni, eon cui Tito Livio dino- tava 1'aumentata farraggine delle leggi romane: Immensum aliarum super alias coacervatamm legum cumulum (1). Questo impulse* violento, questa smania frenetica di tutto distruggere senza peosare a stabilire le basi d' un nuovo edifizio, questo istinto distruggitore, che nianifestossi da poi ovunque scoppiarooo gl' impeti delle rivoluzioni, do- mino ancbe nel primo progetto del codiee rurale fatto estendere dal celebre minislro Chaptal, ed assoggettato per decreto 19 maggio 1808 chill' impcralore Napoleone al voto consultivo di tante Commissioni, quanle erano le cor- ti d' Appello dell' impero francese (2). Questo progetto di codiee rustico, portando I' impronta dell' epoca in cui na- sceva, nou faceva verbo degli antichi slatuti municipali, pei quali questo silenzio era consono a quella assoluta aboli- lizione contenuta nell' artieolo III del decreto imperiale 16 gennaio!80G, premcssoallapubblicazione del Codiee Napo- leone, ove e detto « che le consuetudini generali o locali, » gli staluti o regolamenti cessano di aver forza di legge. » Le appellatorie Commissioni consultive nell' esame del progetto del codiee agrario, su cui erano chiamate a dar parere, trovarono assai manchevole quella proposta ; per- che basandosi essa su principii generali, non dava disposi- zioni bastanti a regola de' coltivatori de' beni rustici nelle different circoslanze di climi, di luogbi, di consuetudini, di usi, di rapporti sociali, che diver sifica no grandemente da provincia a provincia, da dipartimento a dipartimento. Quindi ogni Commissione propose di aggiungere o di rifor- (1) Lib. Ill, cap. 3i. (2) Observations des Commissions donsultalives siw le projet o non si coltivavano in grande ; come pu6 dirsi della cul- tura dc' gclsi e del governo de' bachi da seta, cbe sebbene non ignoti a Crescenzio, ne agli agronomi di quell' epoca, non formavano pert), come in presente, la maggior rendita di alcune provincie, e percid la dilatata loro cultura influi- sce non poco sopra i patti delle altuali contra ttazioni dei litti. E non lascia altresi d' intluire sopra i patti medesimi I'introdotto utile sis tenia delle coltivazioni alterne, dette rolazioni agrarie, cbe gli agronomi antichi non praticavano cosi estesamente, come si pralicano presentcmente da noi. Che se si dia un' occhiata al vecchio sistema di leggi sulfa costruzione e conservazione delle slrade campestri, quanto rilevanti mutazioni non vi produssero i moderni regola- menti ! Parlando poi delle pene, con cui le antiche leggi municipali punivano i danueggianti e i derubatori degli alberij dei prodolti della campagna, degli animali inservienti all' agricoltura, le quali in alcuni vecchi statuti risultano troppo aspre, feroci e sproporzionate ai delitti che mirano a castigare o impedire, sara da mitigarne grandemente I'a- trocita^ liglia de' secoli, in cui ebbero oriigine, riducendo — 63 — tlette punizioni in consonanza ed in giusta proporzione con quelle de' vigenti codici criminali. Ho detto di sopra, che I' intendimento si della potesta imperanle in Francia, che ordino il progetto del codice ru- rale e si de' giurisperiti, che lavorarono intorno al medesi- mo, era sempre quello di puhhlicare un codice, che nel ter- ritorio francese fosse il solo e 1'unico direltivo in materia di agraria legislazione, e che la proposta di esso non avendo riscossa l'approvazione delle Commissioni consultive, chia- mate a darne parere, perche mancante delle pecultari dispo- sizioni, che ogni singola provincia o dipartimento credeva necessarie a ben dirigere, seeondo le locali consueludini, I' andamento della rispetliva economia campestre, si era riconosciuto il hisogno di ricorrere agli antichi slatuti municipali in tutto ci6, in cui gli stessi non fossero in aperta opposizione co' nuovi ordinamenti politici e civili. Ma non essendosi da alcuno di essi suggerito ne il modo di riparare a questo mancamento, ne quello di richiamare in vigore la parte de' vecchi statuti municipali da rendersi accomodata e confacevole alle circostanze de' tempi cor- renti, io mi permetterei di suggerirne una, che mi sembra di assai facile ed agevole esecuzione. Stia pur ferma 1' adottata disposizione, che unico debha essere il Codice agrario di un intero regno, come sarebbe a dire pel Lombardo-Veneto. Siccome poi per la sua uni- cita e conscguente generality di principj non potrebbe que- sto Codice discendere alle particolarita degli usi, delle con- sueludini e delle leggi statutarie richiestedai varj raetodi e sistemi di coltivazione vigenti nelle singole provincie, cosi parrebbemi che sipotcsse soddisfare ai bisogni, alle esigenze ed ai voti delle singole parti costituenti la totalita del re- gno, qualora oltre questo unico Codice agrario ogni pro- — 64 — vincia avessc mi peeuliare staccato suo regolamento, rac- chiudente le leggi e eonsuetudini patrie attenenti all' agri- coltura e derivanti da particolari invariabili sue eondizioni, pei*ci6 nou comuni con altri tcrrilorj e paesi. Delia compilazione di questo provinciate, o per meglio dire col nuovo vocabolo, circolare regolamento, racchiu- dente le sole leggi e consueludini agrarie vigenti ne' singoli territorj, io opinerei, che fosse incarieala una Giunta com- posta di due consiglieri del tribunale di prima istanza della provincia,di due dislinti avvocati, di due accreditati ingegneri civili, di due posscssori di terre nella provincia qualificati per cognizioni tcoriclie e pratiche in agronoinia,presieduta dal magislralo politico-amminislrativo della provincia, dan- do facolta alia Giunta di scegliere e colle norme di sopra indicate riformare quelle leggi statularic e quelle consue- tudini locali, che risultassero evidcntemcnte opportune al rispettivo paese. Questo regolamento dovrebbesi in appres- so sottoporre all' esame ed alle discussioni di una Giunta centrale formata di due consiglieri di Appello, di due mem- bri effeltivi dell' I. R. Istituto di scienze, lettere ed arli, di due assennati giureconsulti, di due ingegneri civili addetli alle pubbliche costruzioni aventi il grado d' ingegneri in eapO; di due proprietarj di latifondi nel regno, ragguarde- voli per sapere ed aniore agli studii georgici, presieduta dal vicc-presideate dell' I. R. Luogotenenza, la quale ne assoggcttasse le prese deliberazioni alia sovrana approva- zione. E qui non lascio di osservare, che questa mia propo- sta sarebbe consona a quanto dispone il § I 1 del Godice civi- le generale austriaco, che dice: « Que' soli statu li di singole » provincic e di singoli distretti avranno t'orza di legge, che » dopo la promulgazione del prescnte codice saranno stali » dal legislatorc espressamente confermati. » — 65 — Per tal modo, senonm'inganno, coll'ajuto delle patrie !eggi statutarie si vcrrebbe a compilare un' opera, die riu- nendo ai principj della scienza le regole dell' applicazione, formerebbe per cosi esprimermi, un Corpus juris gcorgici, utile non menu ad istruire i proprietarj e gli agricoltori, quanto a dirigere i magistrati e gli ufticiali incaricati di giudicare le questioni e sopravvegliare 1' ordine pubblico nelle campagne. E in questo tempo, in cui si tralta di ri- fondere in molte parti, e naigliorare la legislazione, vorrei poter richiamare 1' attenzipne de' riformatori sui bisogni deli'agricoltura. Siccome il concorde parere di uomini sag- gi e la slessa esperienza ammaestrano, die sono durevoli quelle istituzioni cbe si fondano sidle anticlie originate dall' indole e dal lungo spontaneo consentimento de' popoli ; eosi per le sopra enunciate ragioni non esilo a eoneliiu- dere, die lornera assai utile alia nostra campestre econo- mia, solto per6 1 osservanza delle regole preavvisate, il va- lersi nella eonipilazioue del Codiee rustieo delle anliebe leg- gi georgicbe statutarie lasciateci in legato da'noslri mag- giori. Laonde, se eolle norme die mi sono ingegnato di espor- re, e eon quelle cbe ad agrononii e giureconsulti valenti piacesse di aggiungere, si effettuasse la compilazione del tanto desiderato Codiee rustieo, io porterei fidueia, die della nostra nuova legislazione agraria si potrebbe dire cid ♦ lie si racconta aver detto Solone, quando vennc inter- rogato: Se avesse fatto le niigliori leggi ; si, rispose, le nii- gliori pegli Ateuiesi. Serie 111. T I ADHMSZA DEL 610110 25 NOVEIBKE 4855 11 M. e. professore Zambelli lcgge una sua Me- moria in cui si propose di rispondere al quesito : Se nei popoli la miseria si leghi a cause ingenite e fatali; e percib superiori a forza d'uomini e di governi. I progressi dell' economia pralica presso le mag- giori nazioni d' Europa, i fatti principal che li atte- stano, da nessuno oggi contrastati, aprirono il campo al suo discorso. Lamcnto dappoi quella funesta antitesi, che e il pauperismo, contrapposto alia ridente ricchezza nei diversi stati d' Europa. Disse come lo sconforto di tale antitesi special- mente si palesi nelle grandi citta industrial^ dove il proletariate delle otticine e condannato a sopportare il grave pondo della poverty delle privazioni, e perfi- no della intellettuale e morale degradazione. Accenno agli scrittori filantropi, che in diversi — (58 — tempi, e prcsso diverse nazioni sparsero lagrime sui- 1' infausto argomento, e con animo generoso ne stu- diarono le cause, gli andamenti, i danni ed i rimedii, e promettendo di seguirli con altra Memoria, in quc- sta prima laulorc si limitava a piendere in esame la teorica di un inglese, sir Morton Eden, il quale nella sua Opera: « sUito dei poveri » porto un'opinionc (i/~ fermativa intorno al proposto quesito, e si studio di sostenere come la miseria sia una specie di tristo fe- decommesso tram andato dalle antiche alle gencrazioni presenti, siccome queste sono e saranno obbligate a trasmetterlo alle future. H professore Zambclli espose i Ire periodi peiqua- li passu la miseria, secondo Morton, unicamenfc cam- biando di forma, cioe il periodo : 1.° di proprieta sul- l'uomo; 2. di vassallasdo alia fileba: 3.° di liberta da questo vincolo die in mutato in quello di presta- zioni manuali. E noto, come in questa e per questa concatenazionc di avvenimenti, Morton stabilisca la ferrca legge, da cui e soggiogata 1 umanita, o almeno una parte di essa. Sorsc il professore ZambeSli a combattere questa dottrina : osservo, che quasi nessun economista oso di abbracciarla: la chiamo contraria al principio etico della umana perfettibiiita, al principio giuridico, che sempre e ad invocarsi, per non solievare societa e governi dalla malleveria ad essi attribuita : disse per quella dottrina ottenebrato tutto ravvenire della spe- cie umana : avversate le speranzc che ci vengono dal- la religionc. — 69 — Conchiuse col dipartirsi risolutamente da quclla tcorica, e promise di ritornare in altra memoria in piii largo modo snl proposto tenia per rintracciare le cause pin ef'ficaci del male e ad un tempo i migliori possibili rimedii per mitigarlo. Poi il M. e. conte Fcrdinando Gavalli legge un suo scritto intitolato : Studii sui monti di pietd. Dopo alcuni cenni intorno l'usura ed i provvcdi- menti con cui le Ieggi ecclesiastiche e civili tentarono frenarla,rautore discorre l'origine dei monti di pietii, mostra la parte che vi ebbe la religione dei Minori, le riforme adottate dai Capitoli di Firenze e Milano, i ri- chiami che ne derivarono, il decreto del Concilio late- ranense V, che li dcfini. Quindi passa a narrare come e quando la pia opera si stabili nei Paesi Bassi, nella Spagna, in Germania, Francia, Irlanda. .4 qucsto ab- bozzo storico succede 1' inda^ine economica della uti- lita della instituzione ; l'autore riferisce sommaria- mente gli argomenti che in i'avore o contro si adducono, e conchiude che abusi ve ne sono, ma per questi non poter convenire il distruggere l'istituto_, si far d'uopo emendarlo: cosi si apre ladito a prendere in esamc i piani economico-disciplinari dei monti di pieta degli otto capoluoghi delie provincie venete, nota di ca- dauno di essi le imperfezioni, e avvisa i modi per ri- mediarvi. Riunitosi 1' Istituto, dopo questo letture, a tratla- re d'aflari interni, si stabiliscono i giorni per le adu- nanze dell' anno 1855-5(3, che sono i seguenti: 70 TABELL4 dei giorni in ctti si faranno le Adunanze ordinarie nell'anno accademico 1855-56. at > o 9 .3 09 o 09 Q '3 09 o 2 09 o 09 o o tb 3 25 29 27 24 40 27 1 ! 22 20 47 20 30 28 25 17 28 29 30 23 21 18 ~ Adu- II presidente legge il dispaccio dell'I. R. Luogo- tenenza 3 settembre p. p. j\. 7144, con cui e parteci- pato alia presidcnza dell' I. R. Istituto che S. M. I. SI. A. si e graziosamcnte degnata di nominarc a segretario dell1 Istituto mcdesimo il dott. Giacinlo l\a- mias, e di permettere che al cessante segretario dott. Girolamo Vcnanzio sia manifestata la sovrana soddi- sfazionc per li distinti servigi da lui prestati. L' Isti- tuto fa susseguire a questa lettura i proprj ringrazia- menti al cessato segretario medesimo. Indi il M. E. e vice-presidente prof. Menin, rela- tore della Commissionc, che in ordine al dispaccio 2(1 ottobre 4855, N. 2958, dell' I. R. Luogotcncnza — 74 — iii norainata per dare il suo avviso inlorno al musaico non e guari scoperto nella citta di Adria, legge il se- guente rapporto: Da circa un anno in un i'ondo suburbano d' Adria i'u disseppellito un musaico coramesso di pietruzze bianche e nere, disposte in regolare disegno di circoli cbe fra di loro s' intcrsecano formando quella spezic di decorazione die volgarmente si denomina a mandorla. L' opera si vede ter- minata da un lato soltanlo, per lo che dovette una volta eccedere Ie dimensioni attuali. Nondimeno presenta una superlicie di 2'<0 metri quadrati, contandosene diciolto in lungbezza e quattordici in altezza. II sig. Bocchi, il quale come ognun sa possiede in Adria celebrata collezione di iiguline etrusche dissotterrate qua e cola nei contorni di (juella citta, e cbe non e meno ama- tore di si fatte anticaglie, che coltivatore degli studii arcbeo- logici, venne richiesto dall' I. R. Commissario del distretto del suo avviso intorno alia nuova scoperta. La risposta del sig. Bocchi riconosce nel musaico un lavoro romano, cbe per altro non reputa anteriore al terzo secolo dell' era volgare, lasciando desiderare glJ indizii che lo determinarono a defraudare il monumento d' una eta piii reverenda. Ouantunque un notabile avvallamento nel mezzo abbia ridolto il musaico ad una forma concava, tuttavia il sig. Bocchi lo reputa senza esitanza un pavimento, essendosi convinto, merce Ie screpolature degli orli, che la concavita s' 6 lormata per lento cediincnto del suolo. Passando a deciderc sul pregio, il sig. Bocchi non ne fa gran conto, c perche il musaico adriese non c storiato, e perche iratnmenti di musaici in pietre nere e bianche — 72 — sonosene gia trovatiin ogni parte d' Italia. Tuttavolta Don gli nega un' importanza relativa rispetto alia cilia presso alia quale fa rinvenuto. In conseguenza cli tale importanza, il sig. Bocchi pro- pone la conservazione tie I monumenlo, ma si spaventa air idea delle difficolla die si opporrebbero al trasporto del medesimo e del poco vantaggio che si ritrarrebbe da una tettoja, molto piu per essere divisa la proprieta del fondo ove il musaico giace presentemente. Suggerisce in conseguenza, che qualche pezzo nelle maggiori dimensioni possibili, siane asportato in luogo di sicura conservazione, p. e. ncl locale del Municipio. 1/ I. R. Commissario dando conlezza della scoperla all' E. I. Ii. Luogotenenza, accompagno alia sua relazione la lettera del sig. Bocchi ed il disegno del musaico in pic- cola scala. L' I. II. Luogotenenza poi diresse e nota e let- tera e disegno al nostro Istilulo, ond' averne 1' avviso sul trasporto dal sig. Bocchi proposlo. La Commissione eletta a riferire su questo argomento i proprii pensamenti concorda col sig. Boeclii sulla poca importanza del musaico adriese, perche egli e vero abbon- dare in lutta Italia frammenli di pari lavoro, ma soggiunge die le dimensioni del musaico d' Adria essendo uniche nelle nostre provincie merilano particolare riguardo. Sulla forma concava non puo la Commissione pronun- ziare verun giudizio, conciossiache il solo esame sul luogo possa condurre a stabilire se a bella posta sia slato in lal guisa fabbricato il musaico, o veramente se per cedimenlo del sottoposto terreno siasi incurvato. Nel primo caso gli eruditi avrebbero di che occuparsene e converrebbe cou- servarlo intero ad ogni costo. La Commissione non si lascia intimidire dalle dillieolla — 73 — clic spaventarond il sig. Bocchi quando pensava al tras- porto del musaico da luogo a luogo, anzi crede che qua- Iora v' abbia nel palazzo municipale d' Adria stanza abba- stanza capacc, il musaico vi giungera e vi si adagera non avendo sofferto il rainimo danno. La Datura dell' opera musaica e tale, che pu6 dividersi seguendo I' andamento delle pietruzze in porzioni piu o mono estese c ricomporsi da poi, senza ehe eseguita la generale ripulitura resti trac- cia visibile dell' avvenuto sraeinbramento. Ne percio richie- desi erculea fatiea, od esorbitante dispendio. Bastera poco, purche non manebi pazienza e scrupolosa attenzione. Hanvi nel piano nobile del palazzo Torlonia in Roma parecehie stanze pavimentate con bellissimi musaici antichi rinvenuti fra le rovine delle terme Diocleziane, e presso al circo di Caracalla. Spaziose sono le stanze e quali con- vengono a principesca abitazione. Ne di fermo que'preziosi musaici salirono interi la marmorea scalea, ne'interi var- carono gl' ingressi, o s' introdussero per le finestre. Esst vi fui'ono recati a brani, e ricongiunti poscia con tanto di maestria, che non v' e linea, non figura che si rimarchi spostata d' un capello. Nella stessa guisa aveva deciso la Corte di Napoli di far trasportare agli Studii od in altra particolare ediflcazione della capitale il grande musaico scoperto entro la casa del pretore in Pompei. In questa guisa opina la Commissione deva riporsi in luogo di sicurezza il musaico d' Adria, non perche rivaleggi con quello di Pompei o cogli altri delle terme Diocleziane e del circo di Caracalla, ma perche unico lavoro anlico di tal fatta e di lanta estensione nclle provincie lombardo- venete. La Commissione insiste sul trasporto anche per un altro motivo. II sig. Bocchi avvcrli che, battendo in alcune Serk III. T. I. 10 — 7-4 — parti del rausaico, suonava al di sotlo quel rimbombo cupo che manda 1' aria mossa in luoghi vuoti. Importerebbe co- noscere se quei vuoti realinente esistono e diligentemente perlustrarli. Non si puo supporre che un tanto pavimento ivi si trovi a caso. Doveva far parte o di pubblico ediiizio o abitazione magnatizia, per la qual cosa, rirausso che sia, dara occasione d' utili ricerche e fors' anche d' importantissime scoperte. Quest' e quanto la Commissione ha creduto di esporre sul conto del musaico adriese a Iume dell'Islituto. Scarso lume, perche senza 1' ispezione del monumento, la Commis- sione stessa dovette andarsi tentone. L' I. R. Istitulo approva il presente rapporto, che viene quindi accompagnato all' I. R. I^uogote- nenza. ADIINANZA DEL HOMO 26 50IMBRI 1855 JLJopo 1' atto verbale della precedente adunanza privata 13 agosto, il prof. Bellavitis nota che in essa il dott. Nardo non aveva detta neppur una parola della risposta la quale apparisce dal letto processo verbale aver egli fatta a lui, mentre si era anzi riservato di rispondere appresso ; che ove l'avesse veramente fatta, egli, Bellavitis, avrebbe replicato : che esscndovi una inconciliabile distanza fra quei fisiologi, i quali snp- pongono dubbioso il dipingersi capovolto dell'immagine nella retina, ed i fisici che lo ritengono fuor di ogni dubbio, era impossible qualunque discussione. A cio il dott. Nardo rispose : che avendo veduto mandata dal Bellavitis per islamparsi nel processo verbale qualche cosa che gli pareva non aver detta nella ricordata adunanza. ha creduto pur egli di ag- giungere quel tanto che fu inserito nei processo ver- bale medesimo ; che del resto riteneva esser egli d ac- cordo. 11 Bellavitis soggiunse ripetendo che niuna delle cose stampate nella risposta del iXardo furono — 7(i — da lui dette nell " adunanza : ch' egli, Uellavitis, non mando in iscritto niente pin di quanto aveva esposto a voce; e che, ben lungi di trovarsi d'accordo, la di- scnssione gli sembrava impossibilc. Dopo cid la presidenza si e creduta in debito d'an- nunciare all'Islituto che per ragioni dipendenti da on particolare contrattocol tipograib Antonelli, di cui gli dara notizia, essa stimo conveniente per questa sola volta, ed in via di eccezionc, di far precedere la stampa alia lettura dei due processi vcrbali 42 e 13 agosto. II processo verbale e quindi appro vato. e sotto- scritto da! prcsidente e dal segretario. II s. c. dott. Gera (4) torno a intratlenere 1' I.R. Istituto sn la ben nota e funesta nialattia che domina nei bachi da seta, e ch' egli chiama atrofia contagio- sa offerendo ragguagli snlle osservazioni e sugli studj da esso intrapresi. Ei sospetta che Y atrofia dominante non si possa appellar nuova ; perche forse da molt'anni se ne sono veduti qui e qua i tristissimi effetti, specialmente dopo l'anno 1830. E crede che nulla di nuovo abbian detto gli scritlori da Dandolo e da Lomeni in poi ; e che noi italiani da molto tempo prccedemmo i t'rancesi nelle opinioni da essi oggidi esposte ed abbracciate. Primo scopo delle sue ricerche furono la qualita della foglia di gelso, la natura delle razze di filugelli, non che la influenza su di esse esercitata dai diversi nietodi di allevamento. E vide manifesto che, anche (1) Questo sunln t'u compilalo e presentato dnl medesimo antore. — 77 — la ove piu regna la malattia in discorso, la i'oglia era veramcnte squisita e scevra dagli ordinarj parassiti ; gracili e deboli lc razze di filugelli; copioso l'alimento ad esse somministrato., ma non sempre opportune le cure di allevamento. E passando alia descrizione ed agli eflfetti del mor- bo, il dott. Gera ne ricorda i segni caratteristici; e specialmente che il baco prossinio a filare presenta, entro lultima parte dell' intestino, un pigmento o sia una sostanza particolare alterata o prodotta, la quale, mano mano che il baco stesso si contrae e tesse il bozzolo, si porta fiiori dello intestino. e si raccoglie fra la nuova pelle e quella che va ad allontanarsi dal corpo. Guardata aHesterno, tale sostanza si presenta sotto forma di un fjlobetto azzurrognolo simile ad una coccola di caflfe naturale. Ma, aperta la cute, essa si mostra di tinta ciliegio profondo ed anche nerastro, consistente come il cerume ; e quando e secca si fa nera e lucente come pece o catrame. Mentre tale sostanza va raccogliendosi fra le due pelli. tal fiata viene disciolta dagli umori nutritizj che la circondano; e tal altra si addossa tutta o in parte o sulla esterna superficie della nuova pelle o su la inter- na di quella pelle che si allontana: ne manca il caso che si depositi su la interna parete del bozzolo. E vide egli che, ove non venga assorbita, e tutta si depositi o nella pelle che si allontana, o sul bozzolo, la crisa- lide e la farfalla, in cui il baco si cangia, escono belle e senza traccia di malattia. II dott. Gera si mostra sempre piu convinto che — 78 — r atrofia in discorso partecipi della natura del ne- grone, o meglio sia una varieta di esso, e che come questo sia afline alcalcino: e che giovi rite- nerla conic malattia eredilaria e contagiosa. E par- gli che debbasi considerare sotlo due aspetti diversi : cioe quando il contagio si apprende direttamente alio membrane villosa e ghiandolare, o quando esso circola insieme agli umori nulrilizj. i\el primo caso la sostanza mucosa si avvinghia alia membrana inte- s tin ale dei bachi o delle farfalle sane, specialmente al momento della nascita dei bachi, e quando. appena mutati di peile. si trovano con essa sostanza in con- tatto, forse anche quando essi camminano su le feccie emessc dagli individui ammalati. E passa dal baco alia crisalide e da quesla alia farfalla mentre avvengono le metamorfosi, e da farfalla a farfalla durante la co- pula, cosicche la maggior diffusione avviene da padre in figlio, merce le ova che nel deporsi riescono a con- tatto della sostanza nerastra, che trovasi presso l'ano. Quando il contagio limita la sua azione alle membrane intestinali. i bachi della terza e della quarta muta non mostrano soffrire gran fatto; essendo che circo- scritta e la lesione e la forza della potenza morbosa, la quale tende phi che sia a moltipiicarsi, per quindi meglio diflfondersi. Ma nei bachi appena nati o fino alia seconda muta, e quando il contagio venga assor- bito e portalo in circolazionc fra gli umori nutritizj (com' e nei bachi mentre cangiano di pelle) allora le funzioni vilali si alterano rapidamente. Una materia nera si deposita nei condolli aerei. e ne difficulta la — 79 — rospirazione. Le lorze digerenti si mostrano fiacche, perche la membrana ghiandolare presto appalesa una certa inattitudine a svolgere la quantita e la qualita di succo gastrico necessario ad apparecchiare 1 alimen- to; i vasi assorbenti funzionano tardi. e male si ela- bora il chilo; Tumor nulrilizio e nerastro; lie manca il caso die alcuni punti o macchie gangrenose speci- fiche si presentino qua e la sulla pelle. Da tulto que- sto il dott. Gera crede, che Yatrofia contagiosa rechi la morte appunto dietro cosi fatto assorbimento. E vede fenomeni distinti j^iusta il modo e n\i ortfani lesi dal contagio ; non altrimenti vediamo nella sifilide o pin precisamente nella tisi tubercolare. Da quivi il nosho socio corrispondcnte scese ai mezzi per opporsi alia diffusione del morbo e per nie- nomarne i tristissimi effetti. A quest' uopo. die' egli, non sara mai bastantemente inculcato quanto importi che gli educatori de' bachi scelgano razze non sola- mente libere da malattia. ma eziandio le pin robuste ed allevate ad ordinaria temperatura. ISe'luoghi in- feslati dalla malattia, il mezzo che mostrasi meno incerto, o di scegliere i bozzoli da destinarsi a se- mente mentre il baco li tesse, di aprirli ed escludere assolutamente quegl' individui che presentano di sotto le piegature dell' ano un globetto cinereo. o sia la rac- colta della materia nerastro-mucosa sopra ricordata. E meglio di ogni altra cosa e non valersi minima- mente delle partite, le quali abbiano in so qualche baco, qualche crisalide o qualche farfalla ammalata. e ficorrere a quelle allevate in paesi assolutamente sani. — 80 — Nell'attuale stadio dellc sue indagini,, il dolt. Gera non pud assegnarc tulto il valorc che la sopraccennata materia nerastro-mucosa puo avere o come parte es- senziale, o come prodotto delta malattia^ o come causa di uuove irritazioni nel haco da seta : ne osa affer- mare che levandola al baco, si possa quindi ottenere ova scevre da iufezione. Tuttavolta ei spera che , asporlaudola per tempo e accuratamente. cioe innanzi che venga assorbita, e tutta togliendola al baco, cio pos- sa giovare, almeuo quando il morbo presentasi appeua entro le bigattiere, ne abbia assunto la forzaepidemica. E percio, quando il baco abbia emesso quattro quinti circa dell'umor serico di cui e ripieno, allora ei consiglia ad aprire il bozzolo. Se il baco e ammalato, mostra evidentemente il elobetlo o sia la macchia li- vidastra fra le duplicative della pelle dell' ano e le ultime zampe. Allora con una forbicc adunca e ta- glicnte si fenda la pelle tra le ricordate duplicature, tenendo lo strumento ben lontano dalla nuova cute dorsale. Fatla cosi 1" apertura, la sostanza nerastro- mucosa. mediante leggera trazione esce non diilicil- mente. — JNotisi quivi che questa operazione non disturba menomamente le metamorfosi del baco; il quale si cangia egualmente in crisalide, poi in farfalla e depone sue ova, come se non avesse sofferto. La Commissione nominata dalle Auiorita regie in Cone- gliano confermo questa e le altre osservazioni del Gera: solo attende il nuovo raccolto per verificare 1' efficacia della operazione stessa sulla generazione avvenire. — m — A menomare la sciagura varranno poi le buone cure di allevamento, comunemente ahi troppo trascu- rate ! E innanzi tutto il disinfettare opportuncmentc locali c utensili., il mantcncrc ncll' ambiente una co- stantc ventilazione, una certa quantita di i'umo di legna verdi, moltissima luce e la piii scrupolosa net- tezza, pasli regolari non tanto 1'requenti ed eziandio la foglia unita. anzi che staccata dal ramo e tagliuz- zata come si usa. E abbandonare il metodo accelera- te, nei casi in cui sia mestieri procacciarsi ova per semente. Indi il s. c. dott. Pietro Ziliotto legge il seguente rapporto : L' Istituto mi commetteva di i'argii un rapporto sull'o- pera del dott. Francesco Freschi, la quale s' intitola: Storia documentata deW epidemia di cnlera-morfnis in Genova net 1854. 10 trassi da questo libro vokiminoso le cose che ho sli- mato le piu importanli, ed ora mi onoro di leggerne una relazione che sara breve, e di darne un parere del cui va- lore F Istituto giudichera. 11 dott. Freschi ragiona innanzi tutto e lungainente di quattro casi di colera per tali notificati dal corpo medico dello spedale di Pammatone in Genova, nessuno dei quali per altro, a suo credere, fu di vero colera. Egli narra quindi che trentotto giorni dal prime di questi casi, e tre dalf ultimo, e propriamente il 21 luglio, ne furono cola denunciati altri quattro sospetti ; che il co- lera colpi effettivamente il 22 successivo tredici individui ; cbe 1' epidemia ebbe la massima sua forza il primo agosto Serie III. T I 1 1 — 82 — assalendo ducentosessantacinque persone, c ehe I ultimo caso del morbo fu notiiicalo il 16 novembre. Riferiscc il dolt. Freschi, come sopra una popolazione stabile di 100096 abitanti, i colerosi siano stali 53 1 8, dei quali 2468 curat] negli spedali civili o inilitari ; eonie la malallia abbia pigliati piu uomini (21)98) ehe donne, e piu la gentc adulta (5896) ehe d' altre eta, e come il numero dei morti sia stato di 2936. Si ha da questa sloria, cbe la forma, il corso e il line del morbo non diedero materia, dal lato clinico, a speciali e nolevoli osservazioni ; ehe la terapia fu varia, tanto negli spedali, quanto nella pratica medica a domicilio, e ehe sopra 61 easi di colera grave, trattati col solfato di stricni- na senz' altri farmacij furono 58 le guarigioni. II dott. Freschi diseorre distesamcnle intorno alio prov- videnze adottale in Genova per iofrenare ed estinguere la epidemia,e numera le varie spese ehe a tale scopo sostenne quel niunicipio. Quindi l'annona e la nettozza stradale ri- gorosaniente sopravvegliale ; quindi comilati di soeeorso e di benelieenza, spedali sussidiarii, vitlo, vestito, medico e medicine ai poveri ; quindi vietate le fesle,, le sagre, le processioui, i cilladini esortati al buon governo del corpo e alia tranquillita dello spirito, incoraggiati i pusillanimi, intimoriti i tristi e i cerretani perseguilati ; quindi le fa- miglie miserabili dei colerosi trasferite in abitazioni salu- bri, le case dcgl' infermi saniticate, le biancherie mondatc in pubblici lavatoi, e i cadaveri inline custoditi e sepolti in luoghi e tempi determinati. I quali ordinamenti ed opere coslarono 600000 franchi, parte pagati dall' erario comu- nale, parte donati dalla carila ciltadina. E il dolt. Freschi, temendo a ragione non fosse il colera per assalire Genova un' altra volla, raccomanda i prov- — 83 — vcdimenli Bella passala epidemia gia posli in opera o ini- maginati, primi fra i quali il risanamento dei luoghi di patento insalubrila, le visite e cure mediche a domicilio coniro le frequenti diarree cosi detle premonitorie, e il trasferimento in luoghi salubri delle famiglie povere dei colerosi. Da questo sunlo risultano quattro fatti distinti, e sono: Primo : la mortalita grande di colerosi in Genova, se, in generale, 1' intensity del morbo e in ragione inversa della sua estensione. Secondo : 1' utilita prevalenle della cura slimolante, se il solfato di stricnina usato in soli casi gravi diede appena 58 morti su cento infermi, mentre con altre cure in casi gravi e leggieri la mortalita e giunta al 55 per cento. Terzo: la Iarghezza del municipio e dei eitladini di Ge- nova in quella pubblica calamita. Quarto infine : la diligenza, I1 esattezza e 1' ingegno del dott. Freschi nel raccogliere, discernere e commentare tanta materia per la sua storia. Ma questa storia non avrebbe in se stessa che una se- condaria importanza se un elemento lilosofico di grande valore non la informasse. E questo elemento, non die non mancare nel libro scrilto dal Freschi, fa duopo dirlo, vi sovrabbonda. Esso e continuo dalla prima allullima sua parola, onde tutte, e pure ve ne son tante, le corieatena. Questo elemento, o principio, o doltrina e 1' epidemia nel significato puro e semplice di opposizione al contagio. Un tempo, il doll. Freschi affermava il colera essere con- tagioso: ora lo nega, e la nuova sua professione di fede egli la inviscera nella storia documentata di cui favello. Anchc il giudizio del Freschi in siffatta materia era altera auto- revole : cangialo, io non so bene se tale possa piu essere o — 84 — diyenire, e cio per due ragioni : la prima, perche due opi- nion'! opposle proferile dalla stessa persona suit' idenlico oggelto non possono essere egualmentc eredibili ed auto- revoli ; la seconda, perch e i fatti e gli argomenli portati in eampo dal Freschj per 1' epidemia non dislruggono, per quanto io penso, ne indeboliscono quelli addotli da al- tri niediei per il contagio. Ed e propriamente su queslo punto die e mio proposito di Iratlenermi. II dolt. Fresehi, allegando il fatto che, quale.be tempo prima e durante l'epidemia di colera, le popolazioni e prin- cipalnienle i poveri patiscono di basso ventre, ne Irae la conseguenza che il colera sia di nalura epidemico. Qui fa di meslieri distinguere due eose, e sono : il do- minio delle sofferenze addominali, e il piedominio di que- sts sofferenze nei poveri. Rispetlo alle dominant! sofferenze addominali, parlando dell1 epidemia di Genova in luglio, agostoe setlembre 1854, io osserverd, che come V ordinaria inlluenza delta stagione estiva avrebbe potuto indurle, cost esse non valgoao, nel eonereto easo, a dimostrare la tesi del Fresehi. Ne var- rebbero, a mio credere, quand' anche il eolera vi fosse scoppiato in altra stagione, per esempio in inverno, durante il quale sogliono regnare le malattie del petto, e quasi tace- re quelle del basso ventre. Imperciocche non puo esclu- dei'si in generale : Primo, che alcuni individui temendo di non essere presi dal colera esagerino certi lurbamenti gastrici, i quali in al- tri tempi e sotto altre circostanze sarebbcro corsi inosser- vati, od almeno non medicati. Secontlo, die tali altri per la trista impressione fatta nel loi-o aninio dalla nozione volgare del morbo vicino, mi- nacciante o prosenle, riferiscano al cenlro epigaslrieo il — 85 — loco d' ogni qualunquc sofferenz;i anche affatlo straniera ;illo stomaco e agl1 inteslini. Terzo, die sia veramente la diffusione del contagio, anzichr 1' influenza epidemica, la causa de' loro patimenli bencho leggieri. Che poi, a prefcronza, la gente povera sia molestata da lurbamcnti gastrici, o presa da eolera, non e un fallo che oppugni la natura conlagiosa cli questo morbo, sia perehe la gente povera, in generale, costituisce la pluralita A' una popolazione, sia perche predilella mai semprc dalle ma- lattie contagiose. Si obbicttera forse die i poveri, o per- chi' men difesi, o perche piu iucauli, banno una mag- gior disposizione che non gli agiati ed i ricchi a solto- stare alle inOueuze epidemicbe ; ma facihnenle con cio si conl'uta I obbiezione, che per soggiacere ad una malaltia di natura epidemica e necessaria una disposizione princi- palmente intrinseca o propria del corpo, mentrc per con- trarre una malaltia di natura contagiosa occorre una disposizione od un concorso di condizioni estrinseche al coiqio ed intrinseche. Sotto questo punto di vista, i poveri per le condizioni del loro organismo sono presso a poco tan- to disposti ad un morbo epidemico quanto lo sono le allre classi della popolazione ; ma le superano di gran lunga nella c;ipacita esterna a conlrarre una malaltia contagiosa; im- perciocfbc i mcstieri die li portano in lanli luogbi, le ne- cessila cbe li prcmono, le immondezze che li circondano, e le impriulenze inline, che sono loro counaturali, li espon- gono a pericolosi contalti. A sostenere la propria proposizione, il dolt. Freschi ag- giunge, che il colera al primo suo manitestarsi in Genova altacco conlemporaneamente jtarecchi individui. nuesto lallo pero, essendo un'eccezionc alia regola, non c valevole — 8(> — a dimostrare la Datura epidemica del colera. Dissi eccezio- ne alia regola, perche quasi in ogni luogo e in ©gni lempo questo morbo s'appiglio prima a uno o due individui, quin- di a piu, poscia a molti. E rimane poi sempre a conoscere se in Genova quesla eccezione abbia realmente avuto luogo, se cioe la malattia dalla quale furono colpiti alcuni indivi- dui nei trentasette giorni obc precedetlero il 22 luglio, e della quale si occuparono e raedici e magistrati, non sia stata colera. II Freschi nega, che eerto Villantroy, pro- veniente da Marsiglia, ove infieriva il colera, sia morto in Genova da questo morbo. « I fatti anatomici » sono que- ste le parole del dott. Freschi; le quali mi giova qui riferire « i fatti anatomici parvero non lasciar dubbio sulla eselu- » sione del colera asiatico ». Ed altrove « contutloche la i) morte del Villantroy paresse doversi attribuire ad anti- » cbe affezioni gastro-inleslinali ben piu che a colera asia- » tico, ecc. » La parola parere, non a caso ripetuta, addita certamente ad un' incertezza ; e poi se il Villantroy, come asserisce il Freschi medesimo, e morto piu per antiche affezioni gaslro-intestinalicbe per colera, cio vuol dire al- meno che anche il colera ha avuta in quella morte una qualche parte. E non e punto provato che certo Gatti Francesco morto in Genova il 19 luglio, dopoun decubito di circa quattro giorni, non sia caduto vittima del colera. II Freschi, va- lutati i necroscopici risultamenti, afferma che quest' uomo sia morto di peritonite indotta da invaginamenti. Ma se lo stesso dott. Freschi ammctte la possibility, che nel colera avvenga l'invaginamento per causa dei vomiti ripetuti, e se anzi egli cila due colerosi nei cui cadaveri si trovarono degl' invaginamenti, perche dall' invaginamento del Gatti dedurre die questo uomo non sia stato preso da colera? La — 87 — causa prossima della sua morte, 6 d' uopo pur convcnirnc, fu'la peritonite ; ma cio non toglie, che la causa remota di quest' inliamuiazioue sia stato il colera, e tanto menu in— quanloche non e per anco dimoslrato, che questa malaltia faccia morire sempre in un modo. Ma dato anche e non concesso, che i due nominati in- dividui non siano stati colpiti da colera, egli e certo, che gli altri sei di cui fa parola il Freschi, additano chiara- mente, che Genova, anche prima del 22 luglio, abbia avuto dei colerosi. Dice il dott. Freschi, che se il colera fosse effettivamente contagioso e per cio stesso impor labile, la sua introduzione in Genova avrebbe dovuto aver luogo prima del 22 luglio, perche quella citta era in libera comnnicazione molto tem- po innanzi con paesi infetti dalla malaltia. Ma, primaj co- me io gia dissi, non e provato che il colera siasi fatto ve- dere in Genova soltanto il 22 luglio ; e poi, fosse anche stato eosi, cio non deporrebbe contro la nalura contagiosa di questo morbo ; imperciocche se talora qualche paese non fu assalito dal colera, quantunque circondato e non difeso da altri che ne erano infetti, l'esserne stato preso un terzo piii tardi, non e accidente dal quale sia lecilo d' ar- gomentare, che la malattia, anziche di natura contagiosa, sia di epidemica. II colera infieri nei luoghi piii insalubri di Genova e ia- scio intalti quasi tutti i salubri ; ed anzi, se qualche luogo creduto salubre ne fu colpito, si e poi scoperto che effetti- vamente tale non era. II dott. Freschi allega anche questo fatto a prova, che il colera non sia contagioso. Ma poiche il rapporto di questo morbo coi luoghi insalubri non e co- stante, si come ne fanno fede le storie delle varie sue epi- demic, e poiche le condizioni Gsiche d' insalubrita si asso- — 88 — ciano, getieralmente parlando, a quelle sociali di poverta e d' iiuligenza, io credo, che questo argomenlo, dopo quanto io dissi intorno alia maggior attitudine del volgo a con- trarrc le malattie contagiose, non meriti una seria con- futazione. Ne dall' altro fatto, die nessuno degl' individui appar- tenenti alio famiglie povere dei colerosi fu colpito dalla malattia, dopochc tutti furono trasferiti in abitazioni salu- lubri, parmi si possa inferire la Datura epidemica del co- lcra. L' induzione, in questo caso, deriverebbe dalla sola presunzione, cbc se non si fosse effeltuato il trasferimenlo, taluno di quegP individui, pel continuato soggiorno sotto le identicbe eondizioni, avrel)be avulo il eolera. Ma ancbe te- nuta questa presunzione per un fatto, cio non basterebbe a legittimare I' induzione del Frescbi ; percioeche si po- Irebbe sempre opporgli, cbe il prolungaraento della pcrma- nenza a contatto diretto o indiretto di colerosi o
  • . Dal sig. dolt. Giovanni liizio. Sopra vn fenomeno presentato dalla slearina del burro di cocco net rappigliarsi dopo la fusione. Notu. — Di pag. 5 in 4° Venezia, 1855. 37. Dal s. c. prof. Abr. Massalongo. Zoophicos novum genus plantaruni fossilium. Monogra- phia. Verona, 1855, di pag. 52, in 8° con 5 lav. annesse. 38. Dal s. c. nob. Luigi Parravicini. I'rospetlo dell' 1. R. Scuola reale, e naiilica di Venezia per I' anno 1854-55. Venezia, 1855, di pag. 54, in 4.° 31). Dal sig. ing. Francesco Formenlon. Progcllo delta piazza Palladia sull' Isola in Vicenza, e progcllo di ricostruzione delta piazza maggiore. Vicenza, 1855, di pag. 50, in 8." 40. Dall Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei. Alii dell' Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei. — Ro- ma, 1855 ; Sezione I, del 19 dicembre 1852. 4d. Dal sig. prof. Vinccnzo Gallo, di Trieste. Pilotaggio. Analisi completa del mclodo con cui si de- lermina la lat Undine delta nave e I' an goto orario, per mezzo di due allezze del sole prese fuori del meridiano, e dell' inlervallo di tempo die divide le due osscrvazioni, Mcmorie. -- Trieste, 1855, di pag. 50, in 8." — 104 — 42. Dai in. e. cav. Emmanuele Cicogna. Dellc Iscrizioni veneziane per esso raccolte ed illu- strate. Vol. I al V. (Venezia i 824-1812, in 4." ) c fasci- eoli 2 del Vol. VI. 43. Dair I. 11. Ministero doll' interno in Francia ( presentati dal prof. Zantcdeschi ). Exposition universelle de 1851. Travaux tic la Com- mission frangaise sur ^Industrie des nations. — Paris, in 8." -1854 Tonic III, 2." Partie. » Tome IV. » Tome V. » Tome VI. » Tome VII. I. R. ISTffliTO LOMMRDO 1) 1 S C I E N Z E, L E T T E R E E I) A R T 1 PRO GRAMMA PRE.lllU DELLA FOPiDAZIORE CAGNOLA. ±j' I. R. Istituto propone il seguente quesito per il premio fondato dal fu dottore Antonio Cagnola, da aggiudicarsi nell'adu- nanza solenne dell'anno 4858 : 0 Dimostrare storicamente se la malattia scrofolare era co- » mune presso gli antichi, o se realmenteil suo maggior dominio » abbia cominciato in tempi a noi piu vicini. » Descrivere i caratteri dell' abito o della diatesi scrofolosa, » e precisare le forme morbose che si possono strettamente rite- it nere come dipendenti dalla malattia scrofolare. b Determinare, giusta lo stato attuale della scienza, quali si- » stemi organici prediliga essa malattia, quale relazione patolo- » gica abbiano tra loro le sue diverse manifestazioni, e quali » siano le cause che ne promovono lo sviluppo e la rendono si » comune. » Esporre i mezzi igienici piu opportuni a prevenirla. ed i » metodi curativi che meglio valgano sia a correggere 1' abito » scrofoloso, sia a guarire le forme morbose piu pronunciate .» II premio da aggiudicarsi alia Memoria riconosciuta degna e migliore consistera in una medaglia d' oro del valore di Lire COO, c nella somma di Lire 1800 in denaro. 1 dotti uazionali e stranieri, eccettuati i Membri effetti\i del- 1' I. R. Istituto, possono aspirarvi, e servirsi indislintamente nei loro scritti delle lingue italiana, latina o francese. Serie J J J. T. I J \ — JOG — Le Memorie, senza indicazione dell autore, dovranno, entro tutto dicembre 1857, trasmettersi fraache di porta alb Segrete- iia dell' Istituto stesso in Milano nell' I. It. Palazzo di Brera, con- traddistinte con epigrafe posta loro in fronte e ripetuta poi sulla scheda suggellata, pine da unirsi, e contenente il nome, il co- gnoine ed il domicilii) dell'autore. — Si raccomanda I'osservanza delle notate discipline affinche le Memorie possano essere prese in considerazione. Esauriti i giudizj, si apiira la sola scheda unita alio scritto degno di premio e le altre schede si abbruceranno ; i manoscritti rimarranno nell'Archivio dell' Istituto medesimo a giustificazione dei proferiti giudizj. La IVIemoria premiata restera di propriety dell' autore : ma quest i sara obbligato a pubblicarla tnlro un anno, prendendo all' uopo i concerti colla Segreteriu dell' 1. It. Istituto per il for- mato ed i earatteri. e consegnando alia inedesima cinquanta useiiiplari della Memoria stampata, dopo di che soltanto potra conseguire il premio in denaro. Mil. inn, il ;S settembre 1855. // Presidente ROSSI. // Seyrblario Pro!'. Gio. Yklauim. ASSOACCAD. ISob-iifi DISPEMSA SECOKDA SILLE UNITl DELLE VARIE QUANTITA PISIGHE SULL' IMPORTANZA ED USO DELLE T'EORlE PER RACCOGLIERE E tiOOKDINAHE 1 FENOMENI FIS1GI D1SC0RS0 DEL M. E. PIIOF. GIUSTO BELLAVITIS hello nelle adunanzc del 20 luglio J851 e 21 marzo 1852. belle principali unita. 1. liella massima parte delle nostre coguizioni e delle nostre idee entra neeessariamenle la nozione di piii o di meno, la nozione cioe della quantita. E quelle cognizioni, quelle idee non sono bene definite e determinate se non sia determinata quesla quantita, il che richiede che siasi stabi- lity una unita, a cui riferire tutte le cose della sua mede- sima specie. 2. Egii 6 criterio non dubbio per riconoscere se in qualcbe ramo di scienza possa sperarsi precisionedi linguag- gio, esattezza di risultamenti, I' esaminare se siasi potato stabilire precise unita, e se ad esse possano riferirsi le cose, che formano il soggetto della scienza. 5. Scorrcte alcune opere dei tempi andati. e vi vedrete Serie III. T. I. IS — 108 — spicgali i fenomeni lisici, Iracciali i circoli lungo i quafi si vuole che si muovano i corpi celesti, descritti i vortici della materia, spiegato il come siasi formato I' universo ; di lutto resa ragionc, enumerate tulle le cause, indicati gii effetti. i\Ia quelle spiegazioni si riferivano desse ad uuila ben definite? No. Si parlava di furze, si parlava di modi- ficazioni, s' immaginavano iluidi continuamente movenlisi; nessuna unila si stabiliva, nessun numero si pronunciava. Quelle pretese spiegazioni di lutto, nulla spiegavano, per- che di nulla precisavano la quantity. Esse caddero lultc nel meritalo obblio. i. Si comineio a misurare la gravila, e qualche altra forza, e si ebbe la meccanica : si misuro V attrazione uni- versale, e si ebbe una vera astronomia. Lavoisier sollo- pose Ic analisi e le sintesi alio sperimento della bilaneia, e si ebbe la chimica. 5. Anclte in tempi a noi piu vicini abbiamo escmpj di teorie, colle quali inulilmenle si tenlo di spicgare i fenomeni lisici; perche non avendo slabilila alcuna misura alia causa, maneo ogni misura anche agli effetti : e le spiega- zioni fondale soltanto sopra un vago, e non ben determi- nate* ragionamento, valgono bene spesso lanto a rendere ragione del fenomeno reale, quanto valerebbero a dimo- strare il suo opposto. — Cosi il Nobili credette forse imitare il Newton ammeltendo un'altrazione Ira la materia ordina- ria ed un fluido soltilissimo destinato a spiegare i fenome- ni calorilici, luminosi, eleltrici e magnetici, ed ammettendo una repulsione tra le parti di questo fluido. Ma vi fu questa differenza, che il Newton stabili una precisa misura del- 1' attrazione universale; il Nobili lascio indeterminate le misure delle sue atlrazioni e repulsioni ; cosi il primo fece opera, die passera inconcussa alia piu tarda posterita ; il — 109 — secondo non appena ebbe compiuta la sua meccanica della materia, ei suoi tratlati sulla luce, sul calorico, sull' elet- tricismo e sul magnetismo, eh' cgli stesso li lascio in quel- I'obblio, in cui li seguira ogni allra opera, che seuza sta- bilii e precise unita, senza dare le misure delle cause e degli effetli, creda spiegare i fenomeni, menlre nemmeno giunge a descriverli. 0. Egli e quindi argomento importantissimo vedere come si possano misurare le cose lutte, che formano l'og- getto delle nostre considerazioni ; e per misurare, la prima ricerca si e quella di stabilire delle precise unita a cui riferirle. 7. Le unita allre sono fondamcnlali, altrc sono com- plesse e riducibili a quelle prime : lo scomporre queste ultime e spesso cosa utile, poiehe vale a schivare qualche grave errore il notare se le formule soddisfacciano alia legge d' omogeneita. E, per esempio, un' unita complessa quella, che con poco feliee denominazione dicesi chilogram- melro, e che contieneinse 1' unita di massa, I' unita di lun- ghezza ed una unita di forza. 8. La prima delle unita fondamentali e il metro. Perche il lipo ne fosse egualmenle comune a lulti i popoli, esso fu tolto dalla terra. Ma veramente il quarto del meridiano supera i dieci milioni di melri di parecchie migliaja; sicche il nostro metro b minore di quello che doveva essere di quasi un millimetre Inesattezza enorme ove si considerino i dispendii fatli per avere esalla quests unita fondamen- tale; ed inesattezza tanto piu dispiacevole, quanto ch' essa non fu conseguenza delle inevitabili imperfezioni di osser- vazionc, bensi dipendette da due ^rossolani errori di ra- ziocinio commessi da quelli, die presiedettero alia gran- diosa operazione di misurare una base per dedurne la — 110 — grandezza del meridiano terrestre. E fu anche buona ven- tura che i due errori in parte si conipensassero, perche se si fossero sommali insieme avrebbero portato l'inesattezza del metro a due millimctri. Del resto, il metro e ormai le- galmenle stabilito, e niuno vorra mutarlo per porlo d' ac- cordo colla grandezza delta terra, cosa di una importanza affatto seeondaria. 9. Quando sara poi adottata questa misura da tutti i popoli? Nulla ci fa sperare che tat cosa sia vicina. — Bi- sogna cont'essare cbe quelli, che stabilirono le norme pel sistema metrico, passarono troppo leggermente sopra al- cune considerazioni, bensi accessorie, ma che pur molto avrebbero contribuito a farlo adottare: il metro e una units troppo grande:, negli usi comuni non basla tener conto dei suoi decimi, bisogna discendere ai centesimi, ed allora il calcolo menlale diviene incomodo. Se il metro fosse stato la centomilionesima parte deH'inlero meridiano, sarebbe riuscito un'unita piu comoda, e meno differente dai piedi e dalle braccia gia sussistenti. 10. Che se il popolo e ritroso ad adottare una nuova unita di misura, e pur troppo vero che i dotti,ed in ispecie i niatematici, gli diedero il cattivo esempio. — Invano furono calcolate estesissime tavole, invano at matematici ed agli astronomi doveva riuscir palese piu che ad ogni altro il vantaggio del calcolo decimale : la divisione nonagesimale e sessagesimalc rimase vincitrice; e dopoquesto fallilo ten- tativo di toglierle I'antico dominio, cade ogni speranza che il calcolo decimale le sia mai piu sostituito. Sicche forse avverra che il popolo abbandoni i suoi soldi, le sue on- cie, ece., e che intanto il malematico conservi i suoi 90 gradi. 1 1. Niuna difficolta presentano le misure dell'estensione — 114 — di superlicie o di volume. — Passando alia misura della massa, bisogna da prima stabilise che cosa s1 inlenda per massa di un corpo: se si dieesse ch' essa ne e la quantity di materia, nulla si direbbe di preciso e di suscettibile d'osservazione. La sola idea che si possa attribuire a que- sta frase si e che, qualunque eangiamento si faeeia subire ad una unione di corpi, la loro quantita di malcria non verra mai a cangiare. Ma quesla sola idea non sarebbe sufliciente a misurare la massa, a stabilire, per esempio, quando un pezzo d'oro ed uno di ferro abbiano egual massa. Bisogna trovare una proprieta misurabile, che sia proporzionale a questa immaginata massa. — - Ora la velo- eita che una forza in un dalo tempo puo imp rimer e ad un corpo e differenle secondo la grandezza e la nalura di questo corpo; potremo dunque stabilire che due corpi sono di egual massa se in egual tempo ricevono eguali velocita da una stessa forza; cost la proprieta che serve a misurare la massa si e quella che (con denominazione die fu origine di molte malintelligenze) fu detta inerzia. 12. Che poi veramenle niuna rautazione nei corpi valga a cangiarne 1' inerzia; quesla e una di quelle molte leggi, che si ammettono guidati dall' analogia, e da quella conse- guente predisposizione a credere che nella natura tutto sia semplice, cioe conforme alio nostre idee; del resto, poche dirette sperienze si potrel)bero citare per comprovare tal legge, la quale piuttosto risulta da un insieme di fatti complessi. 15. La massa dei corpi polrebbc misurarsi eol mezzo delta bilancia di torsione, che dal rallentamento delle sue oscillazioni potrebbe dedursi la misura della massa, che si movesse insieme coH'astadi ta! bilancia. — Del resto, il peso ci da un mezzo mollo pin comodo per misurare la — 412 — massa ; dacche I'egual caduta dei gravi, c (molto meglio) le oscillazioni isocrone di pendoli formati di sostanze diverse, ci hanno assicurato che in ciaschedun luogo lo sforzo della gravita sui corpi, ossia il peso, e proporzionale alHnerzia, ossia alia massa. E I'astronomia meglio ancora ci assicura della generality di questa legge. 14. L' unita di massa dicesi c kilo gramma, ed e quella di un litro d'acqua alia massima densita. La scelta del- l'acqua fu certamente opportunissima, ma arbitraria. — La natura ci avrebbe dessa presentato un'altra unita di massa indipendente dalla scelta di un corpo, piuttostoche di un altro? Mi pare di si; purche pero si scegliesse da prima T unita di tempo. — Infatti e da tutti ammesso essere una propriety della materia proporzionale alia sua massa quella di attrarsi secondo la legge Newtoniana, quindi poleva prendersi per unita di massa quella die agendo per una unita di tempo sopra un punto materiale posto sempre ad un metro di distanza gli comunichercbbe la velocita di un metro. — Scelto il giorno per unita del tempo, questa ra- zionale unita della massa sarebbe all' incirca di due cbilo- grammi.Del resto, questa determinazione e imperfettissima, percbe per oltenerla direttamente occorre la celebre spe- rienza del Cavendisb sull'attrazione di masse conosciute. 15. La naturale unita del tempo e il giorno solare me- dio, che colla sua centesima parte darebbe pegli usi co- muni una comodissima unita (cronoj, la quale si suddivi- derebbe poi in millesimi. Ma probabilmente rimarra sempre la meno comoda divisione in 24 ore ed in 86 500 minuli- secondi ; ad onta dclle riduzioni die per tal modo si ren- dono necessarie. 16. Dalla unita di lunghezza <• dall' unita di tempo na- scc I' unita di velocita, che e una di quelle unita, che di- — 113 — ciamo complesse, perche risultuno dalla combinazione delle unita fondamentali. Ne viene pure I' unita di quella forza, die dicesi acceleralricc, e clie, mirando all' effetlo piutto- stoche alia causa, meglio direbbesi turbazione del movi- mento.— Col linguaggio matematico la velocita e la deri- vata prima dello spazio rispelto al tempOj e la turbazione ne e la derivala seconda. Egli e sollanto sviluppando l'idea contenula in questa frase cbc si puo dare la vera defini- zione della velocita nel moto vario. 17. Segnando con [m] il metro e con [l"] il minuto secondo, 1' unita della velocita dee segnarsi con |m: I"! per indicare cli' essa dipende da quelle due unita fondamentali, ed e in ragione diretta della prima ed inversa della seconda. — Per le medesime ragioni, l'unita di turba- zione del movimento sara espressa da [mil'V] ; indi- candosi cosi che in \" si lia un accrescimento di velo- cita — [m: I "| . 18. Una forza acceleratrice e per noi sopra ogni altra interessanlissima, poicbe vi siamo continuamente sottopo- sti. Essa e la gravity, il cui effetlo corrisponde a circa 9,8 delle precedenti unita di turbazione del movimento. Porremopcr brevita 9,805 [m: rVj = [g] ; il qualvalore e relativo alia latitudine di mezzo retto. ^9. Parmi cbe come la terra presenta colla sua rota- zione la nalurale unita di tempo, cosi pure desse colla gra- vita la nalurale unita di forza, e quindi anche di lunghez- zo. — Invece si voile prendere quest' ultima da una dimen- sione della terra (molto laboriosamente c molto inesalla- mente misurala), c non e di alcun vantaggio clie il quarto del meridiano si accordi coll' unita di lungbezza ; menlre nella meccanica tornerebbe comodo clie la gravita ( alia latitudine media ed al livedo del mare ) fosse espressa da — m — una o da dieci unita. — Per lal inaniera la piCi naluralo units di lungliezza sarebbe di circa 75 centimetri ; espri- mendo il giorno con 100000 unita di tempo, e la gravila col numero 10. 20. L' unita di forza motrice risulta dalT unita di massa moltiplicala per I' unita di turbazione del movimento. L* unita di massa everamenle quclla di uno stereo o metro- cubo tY acqua purissima ; noi la scgneremo con |s| : ma il piu spesso prendesi per unita di massa quella di un Utro d' acqua |l] , cioe il cbilogramma. La razionale unita di forza e espressa da [Im : \ "\ "\ . II peso e la forza motrice prodotta dalla gravita, quindi la sua unita c 9,805 [ImH'/4//]—tgl] . — Molti intcndono per chilogram- ma questa quantita di peso ; ma invece il cbilogramma e propriamente Y unita di massa: poich6 la massa e cosa assoluta, die non rauta, come il peso, al passare da uno in altro luogo. 21. La vera forza o la forza motrice: la parola forza fu adoperata in pareccbi significati, il cbe produsse lalvolla qualebe confusionc e malinlelligenza. — Le forze motrici, secondo cbe o sono tra loro equilibrate, o producono una turbazione nel movimento, possono dar origine ad essen- ziali differenze. — La stessa regola del nolo parallelogram- mo serve a comporre tanlo due movimenti, quanto due velocita, oppure due turbazioni di movimento; ed.eziandio si compongono nello stesso modo tanto le forze tra loro equilibrate e cbe producono soltanto pressioni, quanto le forze cbe producono turbazioni di movimento. 22. Per mostrare collesperienza la composizione dellc forze, si adoperano talvolta tre funicelle insieme unite in un nodo, le quali dopo essersi distese in piano orizzontale accavallano tre carrucole, e discendono verlicalmenlc por- — 115 — tando tre pesi, per esempio di 8,di 1 5 e di 17 graimni. So le due prime funi sieno ( nei loro tratti orizzoululi ) Ira loro perpendieolari, e la direzione delta terza sia la pro- lungazione della diagonale del parallelogrammo rellangolo, clie ba i lati lungo le prime funi proporzionali ai numeri 8 e 15, il nodo reslera fermo e le forze in equilibrio: perehe 8, 45 e 17 sono proporzionali a due lati ed alia diagonale di un rettangolo. Potrcbbe credersi clie, lagliando la terza fune, il nodo tirato dalle due sole forze 8 e 15 tra loro perpendieolari si muovera eolla direzione esattamenle opposta a quella della forza 17, ebe da prima lo teneva in equilibrio. — Pure la cosa non e cosi : se immaginiamo cbe nel nodo siavi una massa di 6 graimni, e faeciamo aslrazione dalle masse delle funi, ebe supponiamo lunghis- sime e non estensibili,quel nodo si muovera eon moto uni- formemente aceeleratopercorrendo la diagonale diun qua- drilatero, i cui lati anzicbe 8 e 15 saranno 8 e 10. 25. Queslo apparente paradosso si spiega osservando che, quando il nodo si muove, le lensioni delle due funi diminuiseono da quello ch' erano nello stato di quiete; periodic soltanto nel primissimo istante lo sforzo combi- nato delle due funi e direttamente opposto a quello della terza fune, cbe fu tagliata. 24. Tornando alio unita noteremo ebe quando, anzicbe una pressione assoluta, si considera la pressione sopra un elemento di superficie, 1' unita di tal pressione e data da una colonna d' acqua di massima densita delfaltezza di un metro, ed e espressa da [gs:m2] , cioe mille ebilogram- mi per ogni metro-quadrato. Del resto, la vera unita di pressione sarebbe (§20. ) [sm:nrl"l"] , la quale e in- dipendente dal valore di ~+~ V ) fa',nl • G°s' i,llc'lc qucsla volta — 120 — r effello si sara ottenuto col consumo del solo lavoro Iglra]; ma avra occorso da prima prendere a prestito una park' di lavoro, il quale sara restituilo alia fine. - Questo prestito di lavoro puo aversi mediante una mac- china gia in movimento munita di volant e (§ 40). Col suo mezzo si puo senza consumo di alcun lavoro (fatta astra- zione dalle resistenze) trasportare una massa da un punto all'altro egualmente elevato : giacche il lavoro, die si puo riprendere eslinguendo la comunicata velocita e precisa- mente eguale a quello impiegato a produrla. — S' intende che qui si tratla soltanlo di una possibility raziomde, e che rimangono gravissime diflicolla nella cosliluzione della macchina. 58. Supponiamo che un inotore 12 [ghn : T| pro- dtica hensi in I" il lavoro di dodici chilogrammetri, 12 [glm], ma cio sotto la condizione che il punto, a cui csso e applicato si muova, colla sola velocita di due metri per secondo, 2 [in : I'j , csercilando quindi per tutto lo spazio di 2 |mj uno sforzo di G [gl], ed invece ci oc- corra una velocita di 4 [m : l"| . Col mezzo di carru- cole o ruote dentate ( che sono in soslanza combinazioni di leve ) potremo ottenere lo scopo, ma lo sforzo eserci- lato con questa velocita di quattro metri per secondo sara soltanto eguale al peso di Ire chilogrammi, 5 |gl| . 59. Le macchine elementari si possono ridurre alia leva, al piano inclinalo ed alia macchina funicolare; parmi che in cio si dimentichi una macchina affatto da quelle differente, e forse piu di tutte importanle, voglio dire il martello. — Per conficcare un chiodo, per ispezzare una dura piclra, qual vigorosa combinazione di leve non occor- rerebbe egli mai ! Un martello compie facilmcnle la biso- gna. Per sollevare un martello s'impiega un certo lavoro, — 121 — per esempio 0,51 |glm| (circa mezzo chilogrammetro ) ; jl martcllo ricadendo lienc in so aecumulato quel lavoro espresso dalla semiforza-viva 5 [1mm : \"\r] ; se il mar- tello sia molto duro, e tale sia pure ii corpo su cui colpisce, le forze elasticlie, ciie producono la comunicazione del mo- vimento, compiooo il lore- effetto in uno spazio brevissimo, per esempio in un decimo di millimelro, e percio la mas- sima energia di tali forze supera 50000 [lm : \"\"\ — 5100 |gl| (peso di 5100 chilogrammi ) ; e se a tanto non giunga la coesione di quelle porzioni di corpo, sulle quali si distribuisce il colpo del martcllo, il corpo si spezzera. 40. Forse merila pure d essere considerato come una macchina elementare il volante, od altro artilicio per rac- cogliere e serbare una semiforza-viva, ossia un lavoro, onde adoperarlo a tempo opportuno, specialmente per ren- dere regolare il movimento delle macehine. — Quanlo maggiore sara il momento-d'-inerzia q [Imm] di un vo- lante, e quanlo maggiore sara il quadrato a3 della sua velocita angolare co [I : I ''J altrettanto (all'incirca) sara minore il rapporto A A a ( \ -f- ~ ) [Imm : \'\"\ Ci6 inscgna quanto lorni vantaggioso per la uniformita del movimento che il volante sia la parte pin veloce della mac- china. h\. Secondo la diversa natura del motore si devc dif- ferentemenle usarlo onde trarne il massimo lavoro possi- bile. Quando il motore sia, per esempio, un cbilolitro |m'| di aria condeusala sotto la pressione di 18 atmosfere, cioc (5 2S) di 180 |gs : m ) dalla sua espansione nell' atrao- sfera, potra ricavarsene un lavoro di 550 |gsm] , cioe quello di un cavallo-vapore in 78 minuti priini. All'incirca si avra lo stesso lavoro qualunquc sia la legge e la rapidita dell' espansione, perche piccola e la massa dell' aria ; sic- che essa esercita la stessa pressione sia che il corpo, su cui agisee, ceda lentamente o rapidamente, e quella forza non si consuma sc non in quanto produce un lavoro. 42. Ma la cosa e ben altrimenti se il motore sia una inolla ; questa nello svolgersi impiega parte di forza a muo- vere la propria massa, quello e tutto lavoro perdulo e tanlo maggiore quanto piu rapidamente la molla si svi- luppa. — Cio avviene tanto piu nei motor! animati, i quali se si fanno agire con molta celerita si rendono incapaci di produrre anclie un piccolo sforzo, sicche pocliissimo e il lavoro ulilizzato. E d' altra parte, per piccola cbe sia la velocita, con cui si muove un animale, lo sforzo die esso e capace di produrre non puo superare un certo limile, cioe lo sforzo non cresce in ragione inversa della velocita; sicche anche a piccola velocita corrisponde scarsa produ- zionc di lavoro ; quindi bisogua nei casi speciali cercare quella velocita e quella maniera di agire, cbe da il massimo lavoro. Inoltre e da rammenlarsi cbe quantunque una bestia affalicbi pocliissimo, pure non e a dirsi cbe pocliis- simo sia il dispendio, poicbe la sola vita porta un dispen- dio ; ed ogni riposo, cbe non sia ricbieslo dal buon man- lenimento della bestia, c una perdila ; il cbe ordinaria- mente non avviene coi inotori inanimati. 45. La gravita e una forza cbe si comporta ben diver- samente dalle precedenli ; essa non si consuma mai, cd agisee con egual energia qualunque sia la velocita del cor- po ad essa sottoposto. Ma per trar profitto dalla gravita — 123 — bisogna lasciar disccndcre qualche corpo, e sc lo si volcssc poi riportare alia posizione priraitiva, bisognercbbc impie- garc tanto lavoro quanto fu quello ottenuto da quella di- scesa : nasce da cio 1' impossibility di ottenere cid, che di- rebbcsi un moto perpctuo. — In qualcbe caso pud tornar utile, cid che fu ingegnosamentc proposto, di adoperar co- me motore la discesa di sassi dall' alto delle montagne al basso : e del rcsto palese die questo non pud cssere die un mezzo speciale e temporaneo. — E poi volgare 1' iiupiego della discesa delle acque, le quali conlinuamcnte lluiscono, perche mediante 1' evaporazione tornano di per se alle loro fonti. Talvolta si da peraltro un' imporlanza illusoria alia stima della semiforza-viva dell' acqua scorrente pei fiumi ; poiche sarebbe impossibile convertire tal scmiforza- viva in lavoro senza arrestare il corso, forse troppo lento, del fiume : ed a chi ha sue stanze sotto gli alti e pericolosi argini di un fiume, sarebbe amara ironia parlargli del la- voro, che potrebbero dare quelle acque ; poiche invece gli sarebbe bene spesso necessario impiegare del lavoro mec- canico a spingere innanzi le acque che lo minacciano. 44. Egli e peraltro indubitato che dai liumi e da altre cause naturali, si potrebbe utilizzare molto maggior lavoro di quello che soglia farsi. E importantissimo problcma tro- var maniera di trasportare (mediante aria compressa od in altro modo) il lavoro meccanico dal luogO; in cui se ne ottiene una gratuita generazione, a quello in cui torna op- portuno impiegarlo. •55. Se potessimo crcare una forza^ [m : \"\"\ , che come la gravita agisse sui corpi indipeiulentemente dal loro movimento, baslerebbe dare a questi corpi, [l| , una gran- dissimavelocila [m : \'\ , performare cosi un grandissimo motore, \\\m\\ ■. \'i"\"\ , che in un dato tempo, \\"\\ Seric 111. T. I 17 — 424 — darebbe un grande lavoro, [lmm: \"\"\ . — Una forza della predctla natura si e 1' attrazione o la repulsione tra le calamite ; ma I' effetto della prima cessa quando le due calamite sono giunle al contatto, I' effetto della seconda di- viene ben presto piccolissimo. L'elettromagnetismo ci da il modo di cangiare il magnetismo temporaneo di una delle calamite, ed alternando cosi le attrazioni e le repulsioni parrebbe cbe si potesse ottenere un motore, il cui lavoro crescesse indefmitamente aumentandone la velocity. Se non che gli infelici tentativi fatti finora mostrano che le cose non sono quali ordinariamcnte si suppongono. Probabil- mente 1' azionc magnetizzante della corrcnte elettrica non e rapida quanto la corrente stcssa, ed occorre un tempo apprezzabile a mutare la magnetizzazione temporanea ; le azioni reeiprocbe delle calamite mobile ed immobile pro- ducono delle correnti magnetoelettriche, che tendono a rallentare il movimento della calamita e quando si avvieina e quando si allontana dalla calamita immobile ; precisa- mente come avviene nei fenomeni del cosi detto magne- tismo di rotazione scoperti dall' Arago. 46. II cliilogrammetro [gml| puo servire a misurare ogni lavoro puramente meccanico: da cio puo avcrsi un dato per istabilire 1' unita monetaria, e per paragonare i valori delle monete usate in diversi luoghi e specialmente in diversi tempi. Sono comunissimi i ragguagli cbe danno con iscrupolosa esattezza i valori del talento romano o dell' antica dramma ; ma essi non presentano che una pue- rile cognizione sul peso delle monete, colic quali si rappre- sentavano tali valori; e nulla insegnano sui bisogni e sui capricci, cbe con quei valori potevano soddisfarsi. II prez- zo dell' unita meccaniea di lavoro offrirebbe un piii utile ragguaglio tra le varie monete; e cio specialmente se si — 125 — eonsiderasse il lavoro meccanieo fatto da uomini : cdsi quesla unita di prezzo avrebbe una relazione non inolto va- riabile col prezzo di un sufficicnte nutrimento giornaliero di un uomo. 47. Ritorniamo col nostro discorso alle unita iisiche. — Per le differenze di temperatura abbiamo quella unita, che si estcnde dal calore, in cui il ghiaccio si disgela a quello in cui V acqua si vaporizza con tale tensione da uguagliare la pressione atmosferica. — Nel che, come gia (§. 25) avrcm- mo a notare, displace che nel sistema metrico siasi presa per normale pressione atmosferica quella di 76 centimetri di mercurio, c non tO(gs:nv]; ed anzi per istabilire una pressione veramente fissa si dovrebbe (§. \8) pren- dere 98,05 [sm : m24 "\ "], poiche la gravita non e co- stante nei varii paesi, e quindi la sola indicazione barome- trica non e sufficiente a determinare la tensione del vapore dell' acqua bollente. Dall' equatore al polo la gravita au- menta di I : 170 , e percio la temperatura dell'ebollizio- ne aumenta di un sesto di grado centigrade*. 48. Ordinariamente si considerano come unita di tem- peratura i gradi, che sono le ottantesime, o centottantesi- me, o centcsime parti dell' unita precedentemente stabilita, la quale con piii espressiva denominazione potrebbe dirsi un termo [ t ), che si dividerebbe poi in frazioni decimali. 49. La divisione dell' unita termica non e facile e pre- cisa come quella delle unita geometriche, poiche ci con- viene guardarc alia causa, anziche ai soli effetti. Infatti la dilatazione dei corpi, che accompagna I' accrescimento di temperatura, non e a gran pezza effetto cosi costante e re- golare, che possa servire a misurare la temperatura. — II Iramutarsi del calorico da coi'ito a corpo, il suo mante- nersi invaiiato, finche nuovo calore non enlri o non esca ; — 126 — oppure il riprodursi di quel colore, che sembrava essersi distrulto, sono indizii che la varia temperatura dipcnda da different quantila di un corpo sui generis. 50. Se non che qui si presenta una difficolta: e egli lecito ed opportuno immaginare a spiegazione di una serie di fenomeni un corpo sui generis, quantunque la sua esi- stenza non sia lanlo palesemenle indieata da tutti i noslri sensi quanto lo e 1' esistenza dei corpi solidi? — II Comte, autore di un trallato di filosofia positiva, sosLiene che ogni ipotesi deve esclusivamente riferirsi alio leggi dei fenomeni c non ai loro modi di produzione; e che non utile, bensi molto perniciosa sara ogni ipolesi, che non sia per se stes- sa suscettibile d' una verilicazione positiva piu o meno lontana. Egli conseguentemenle a eio rifiuta I' esistenza del calorico, dell' etere luminifero e di ogni altro fluido im- ponderabile. a I . Si dice che 1' esistenza del calorico non ci e pale- sata dai sensi. Poniamo a confronto il calorico coll' aria. La vista, V odorato, il gusto sono per certo inetti a per- suaderci della presenza di quest' ultima ; e lo stesso puo dirsi dell' udilo, poiche e soltanto per una cognizione ra- zionale che noi sappiamo esser Y aria sempre portatrice, e qualche volta genera trice dei suoni: rimangono soltanto le sensazioni tattili. Ma queste sono destate dal calorico in modo molto piii cospicuo che dall' aria : sicche le nostre sensazioni ci avvertono dell' esistenza del calorico meglio che dell' aria. 52. Si dice che il calorico e incoercibile: peraltro esso puo quasi chiudersi dentro di un corpo in maniera che ne esca con molta lentezza. Supponiamo che, come I'aria attra- versa talvolta qualcbe vescica, cosi alia lunga essa altraver- sasse ogni corpo, ne potesse (juindi trattenersi dentro di — 427 — alcun vaso : basterebbe cid ad indurci a ncgare I' esi- stenza dell' aria ? 5i. Si dice che il calorico e imponderabile. Forsc non e irrecusabilmente provalo che csso non abbia qualche peso: sottoporre alia prova della bilancia un corpo freddo o caldo non potrebbe dare che dubbiosissime consegnenze : molto meglio pesare insieme due corpi, poscia il loro mi- scuglio, dopo che ne sia uscila gran quantita di calorico latenle; forsc le sperienze non furono portate abbastanza innanzi. — Del resto, prima che il Torricelli avesse dimo- slrato il peso dell' aria, era forse opporluno ncgare 1' esi- stenza di questa ? 55. Per discutere con qualche maggior fondamento la verisimiglianza, o l'opportunita di ammettere l'esistenza del calorico e di altre ipotcsi, prendiamo ad csarainare i van- taggi ed i danni che le ipotesi recarono o potevano recare all'astronomia, nella qual scienza ormai completa ci e dato di scorgere quali passi avvieinavano od allontanavano dalla meta. Cos! seguiremo quell' ottimo precetto del citato auto- re (§ 50), il quale slabilito I'ordine sistematico delle scienze: inatematica, meccanica, astronomia,, fisica, chimica, bio- logia : ritiene che niuno possa veramente impossessarsi di una scienza senza conoscere sufiicientemente tutte quelle che la precedono, e che gli deggiono offrire cognizioni necessarie ed abitudini nel rigoroso ragionamento c nel metodo scientihco. (continuerd). • RIGERGIIE SPERfBlTllI [KTORKO AL CALORICO DI DILUIZIOJSE MEMBRO EFF. PROF. B. BIZIO letlc nell' adunansa del 2i marzo 1852. (OJC) N< lella tornata del 17 febbraio dell' anno 4 8 i5 io aveva I'onore, illustri colleghi, di leggervi i risultaiuenti di alcnne mie sperienze : Sopra I' azione " delta calce entro I' aequo, conducente a ravvisare in che consista la soluzione (1), e qnivi per divisare di qual maniera io fossi per vedere la solu/ione, a guida della ragione dinamica, mi faccva alio gravi eonsidcrazioni dell' illuslre Gay-Lussac. Questo di- stinlo cbimico in un suo lavoro intitolato : Considerazioni sopra le forze chimiche e quindi sopra la coesione (2), condotlo dal lilo dc' suoi argomenti rinsci col discorso alia solubilila de'eorpi, c quindi alia soluzione. Trovo egli ebe la soluzione di un corpo avviene senza verun rispctto alio slato in cbe il corpo si trova, cioe, sesolido o liquido, (1) Vegg. I'Opuscolo pubblicato cui torchi Cecehini e Naratovich. Ve- lii'zi;) 1845. (2) Vegg. Annates de chimie el de physique, torn. LXX, anno 185&. — 130 — onde la cocsione non inlluiscc menomamentc sopra il cau- giamento, che i corpi quivi incontrario. Trovd, incontrario, che la solubilita e strettamente legata colla temperie ; tal- che la soluzione di un sale saturala ad una data temperie, quando si raffreddi per un certo numero di gradi, abban- dona una proporzionata quantila del sale sciolto ; onde concludeva avvenire delta soluzione de' corpi quel mede- simo che della elasticitd de' vapori, la quale varia colla temperie. Si faceva quindi a comparare la soluzione colla vaporizzazione, dichiarando « che non si potrebbe non » ammettere, cosi egli, die nella soluzione, come nella va- » porizzazione, il prodotto sia essenzialmente limitato a » ciascun grado di temperie pel numero delle molecole, » che possono csistere in una porzione data di solvente. » Esse si separano per la cagione medesima, onde le mo- » lecole elastiche precipitano, cioe, per un abbassamento di » temperie. » Crede che la compressione, come obbliga a precipitare le molecole elastiche de' vapori, cosi faccia del- le molecole saline sciolte. Ilicorda che, come le molecole de' vapori precipitano per la riduzione dello spazio, cosi del pari le molecole sciolte de' sali quando si menoma il volume del solvente, del che, per cosi dire, ci chiarisce la cotidiana sperienza, anche quando facessimo, dopo la sva- porazione di parte del solvente, di ricondurre la temperie della soluzione a quel prcciso termine a che fu operata la saturazione. Finalmente richiama l'attenzione alia confor- mita del fenomeno con che si opera la soluzione e la va- porizzazione, cioe al freddo che si produce in entrambe queste tramutazioni de' corpi di uno in altro stato. Quando il celebre Gay-Lussac fermava tutti quesli punii di analogia esattissima tra la soluzione e la vaporiz- zazione, T esperienza non ci aveva per anche i'ornito I' ul- — 131 — timo ancllo, chc valesse a legarc queste due operaziont fisiche stret'taraente tra se, ch' era il vedere a mano dell' e- sperienza, se, come un vapore ehe satura uno spazio dato, quando si conduce a spargersi in uno spazio piu grande, per la rarefazione che segue, produce freddo, cosi del pari i sali sciolti, messi a diffondersi in una copia maggiore di solvente, a similitudine de' vapori, rendessero anch' essi un abbassamento di temperie. II primo cenno che apriva la via alia verificazione di questo fatto rilevante, senza pero il menomo intendimento, che fosse per valere al piu fedele riscontro della soluzione colla vanorizzazione, io il rinveniva nel Rapport annuel dell' anno 1846, in che il Berzelius ci divisa brevemenle alcuni risultamenti spcri- mentali del Person intorno alia soluzione del cloruro so- dico ; ne' quali 1' autore si preflsse di determinare la quan- tity del calorico assorbito nello sciogliersi di questo sale. Quivi e detto: « II Person attiro I' attenzione sopra la se- » guente partieolarita del sal marino. Quando si scioglie i) un graramo di questo sale in 50 grammi di acqua, esso » assorbe 22 unita di calorico, mentre quattro grammi di » questo medesimo sale fatto sciogliere nella stessa quan- » tita di acqua, non assorbe che dieci unita di calorico. » Che se poi si scioglie un grammo di sal marino in una i) soluzione, la quale contenga % di sale, essa non ne assor- » be che tre unita. Ne segue da cio che, quando si aggiunga » dell' acqua ad una soluzione di sal marino., la temperie » si dee abbassare, e cio avviene elTeUivamente (I). » Dichiaratoci nel modo allegato il predetto singolare av- veniiiKnlo, laceudosi il medesimo autore quattro anni ap- prcsso, cioc nell' anno 1850, a cercare il calorico specified (1) Vegg. Rapport annuel. 51 niarzo 1846, pa£. IS. Serie III. T. 1. IS — 132 — (telle soluzioni, e it latente di soluzione, ieggiamo nci Com- pies rendus del detto anno, qucsle parole : « A priori sa- il remmo condotti a credere, che la quantita di ealorc che n si rende necessaria per isciogliere un sale, dovesse es- » sere minore di quella, che bisogna per fonderlo ; peroc- » che T azionc chimica fra il sale e 1' acqua suscita una » quantita di calorico, che ci toglie porzione dell' effetto » sensibile di quello assorhito a cagione del passaggio dallo » stato solido al liquido ; ma il fatto segue in opposlo alia » predizione. Quarantanove calorie hastano per fondere un » grammo di azotato, o nitrato potassico, e ne occorrono » sessantanove per iscioglierlo- Io suppongo che la solu- » zionc si faccia con cinque parti di acqua ; c se si aumenti » la proporzione dell'acqua, a\ vegnache in tal caso I'azione » chimica fornisca senza dubbio una quantita maggiore di » calorico, pur nondimeno la misura, che ne abbisogna, e » vie piu grande ; conciossiache occorrano allora ottanta » calorie per isciorre il sale in venti parti di acqua. INe » viene da cio evidentemente che la semplice diluizione in i) una quantita di acqua piu grande assorbe una quantita » considerabile di calorico. Si puo verilicare queslo fatto » dircttamentc ; e si trova che il medesimo sal marino » rendc latente piii calorico nell' alto che si allunga la » soluzione che non quando fu sciolto il sale. Ne segue da » cio ch' errerebbe chi slimasse che il freddo osservalo, » quando si scioglie un sale, fosse dovuto semplicemente » al cangiamento dello stato solido in liquido : in questo » passaggio non e assorbita che sola una parte di quel » calorico che scompare. Un' allra parte, sovente piu rag- » guardevole che la prima, imprime alio molecole gia dive- » nute liquide una lnodificazione, che non conosciamo, rna » senza della quale le preilette molecole non si spargereb- o«> — r bono net solvcnte. Di qua siamo condolti a riconoscere » mi calorico latente di diluizione, e quindi non cc no am- » miriamo die la quantita del calorico, die si rende neces- » saria per la soluzione torni piu grande chc per la setn- » plice fusione. » Prima di fermare le considerazioni nostre sopra il calorico di diluizione, ci scmbra dover osservare, alia somma del freddo, die si palesa quando si scioglie on sale, non essernc da aggiungere quantita alcuna maggiore per quel calorico che si presuppone suscitato dall' operamenlo chimico di soluzione, die verrebbe a toglierci una porzione dell' effetlo del freddo prodotto dal cangiamento di statu. Tutti i chimici fin qui, lasciando d' occbio le grandi diffi- colta che si contrappongono, ammettono die la soluzione venga per un alto chimico del solvente verso il corpo che si scioglie, ma nessuno ha immaginato che, quando il corpo che si scioglie sia in condizione idrata, vabbia produzione di calore ; onde attencndosi al fatto visibile, e al solo for- nitoci dall1 espcrienza, si diedero piultosto a credere darsi operazioni chimiche, le quali, anziche accompagnarsi al fe- nomeno del calore, si accompagnino a quello del freddo. Stimiamo adunque doversi ritenere che il freddo prodotto nelT atto in che un sale idrato si scioglie, sia V indicazione dell' effetto intero e preciso del cangiamento di slato incon- trato dal corpo. Ma se attenendoci alio attiludini del calorico vedulo nelle sue qualita di un impondcralnle, abbiamo facile ra- gione del freddo quando un sale si scioglie, perche ha as- sorbimenlo di calorico quando un corpo di solido viene liquido, e di liquido si conduce a condizione elastica ; onde avviene poi che il sale gia messo in istato liquido, seguitando a tenersi nello slalo in che si trova, atleso il — 434 — solo accidente che la soluzione si allunghi, rendc di bel nuovo una manifestazionc di freddo ? II Person ci soggiugne, die questaporzione di calorieosi fa ad imprimcre alle sue molecole, gia divenute liquide, una modificazione sconosciuta, ma senza delta quale lepredette molecole non si sparger.ebbono nel solvente. E noi soggiun- giamo: per qual cosa quando si sono sparse la prima volta nel solvente, giusta il consentimento de' chimici e del Per- son medesimo, che stimo eziandio consenting produci- menlo di calore, fu reputata operazione chimica, non e poi operazione chimica anche lo spargimenlo secondo? E s' e poi operazione chimica, perche rende freddo, anziche ca- lore ? Noi crediamo che, per dilucidare questo nuovo ar- cano che ci e dato innanzi dall' esperienza, sia da richia- marci, come abbiamo detto a principio, lo stretto legame, divisatoci dal Gay-Lussac, Ira la vaporizzazione e la solu- zione, e scorgere quindi nel fatto, messoci innanzi dal Person, 1' ullimo esattissimo riscontro, ch' e quando un vapore saturante uno spazio dato, conducendolo a spar- gcrsi in uno spazio piu grande, produce freddo, come le soluzioni producono freddamento quando si diluiscono. Ora fermatomi col pensiero nella rilevanza di questo fatto al tutto acconcio ad avvalorare 1' idea dinamica della soluzione, in che il corpo che si scioglie, e veduto, a guisa di un vapore, condursi in condizione elastica dentro il solvente, che torna il mezzo in cui le molecole venule ela- stiche si tengono librate, trovai debito il cercare, se rispon- desse cosi al cimento di piu maniere di sali sciolti da po- tersi avcre quale successo in ogni contingenza sicuro e immancabile. Siccome il fine propostomi quello era di raf- frontare la soluzione a un vapore saturante uno spazio, cosi, nello instituire le mie ricerche, stimai bene di partire — 435- eoslantemente da una soluzione satura a una data tempe- rie, come quella che mi rappresentava per punto lo spazio saturato di vapore a quel termine termometrico. Lo di- verse soluzioni saline, ch' io ho cimentato, furono condotte a saturazione tra -+• 8° e -+- 12° del R. Indi avula dentro i limiti aecennali la soluzione satura, di che io cercava di conoscere il freddo, che fosse stato per prodursi ne! diluirla, prendeva quelle lante misure eguali in volume di aequa con che divisava di allungarla, esempligrazia due, tre, quattro e lino a cinque, c condotta 1' acqua diluente alia precisa identica temperie della soluzione da esperi- nientarsi, faceva a un tratto la mescolanza, hadando altentamentc alia misura del freddo, che il termometro mi indicava al tramescolarsi dell' acqua colla soluzione ; non senza portare pianamenle il bottone del termometro negli strati different! del liquido tramescolato, e tenerlo quivi finche si melteva al lutto in quiele. Non ommisi neppure di tener conto, avvegnache non rilevasse essenzialmente al mio proposito, del freddo prodotto nel primo tempo in che il sale era aggiunto all' acqua per apparecchiare la solu- zione satura ; hadando altresi alia misura di questo freddo di soluzione, per iscorgerc, se al piii o al meno di esso fosse legata una qualche relazione col freddo successivo solito prodursi quando si mescc 1' acqua. Tenutomi in ogni sperienza all'osservanza esatta di queste norme, il primo sale a che io posi mano, fu il sal marino, o cloruro sodico, come quello che, nelle mani del Person, valse a fornire questo novello lume alia scienza. La prima quanlita del sale infuso nell' acqua era in peso poco meno di quello domandato alia sua saturazione nei limiti di temperie in che operava ; e cio io faceva appunto per conoscere la misura del freddo rendutomi allatlo della — 13G — soluzione; al gual propositi) mi piace osservare,che il freddb prodotto da un dato sale nel punto in chc si scioglie, e le- gato cost alia rapidita della sua soluzione da potersi notare una differonza.se prima piu o meno rendutoin polvere sottile. Preso adunque un volume di acqua, che corrispondeva sempre a cento parti in peso, ci aggiungeva, operando una rapida agitazione, la predetta quantila di sal marino, o cloruro sodico, e ne aveva un abbassamento di temperie al tormomelro del R. di — 2U. Fatto cio, come il sale era dileguato compiutamente, nc rimetteva succcssivamcnte altre piecole porziuni, finche coglieva il preciso termine della saturazione, indicatomi dell'ultima piccola presa, che, o non si seioglieva, o si scioglieva solo in parte. Allora separata con ogni sienra diligenza la soluzione satura dal poco sale residuo, prendeva tre lanti di acqua in rispetto al volume prima saturato, e conduceva I' acqua da infon- dersi e la soluzione alia precisa identica temperie; al die non mi lusogno in ogni sperienza meno dello spazio di ventiquatlr'ore. Conseguita I'eguaglianzadi temperie, versai T acqua nella soluzione, rimescolando il liquido col bottone medesimo del termomelro, e, come quieto, ebbi un freddo uguale a — 1°. Onde, ossendo aggelati, compresa V acqua della soluzione, quattro tanli di acqua chc dianzi, nesegui un freddo corrispondente a — 4°, cioe il doppio di quollo avuto nella soluzione del sale: senza fare nessuna stima del sale sciolto, ch' e da comprendersi eol liquido nella massa raffreddala di un grado. Rifeci F esperienza con aggiugnere alia soluzione quat- tro volumi di acqua, o ne venne un freddo di — 5°. Final- mente itcrata la medesima pruova con cinque volumi di acqua, no segui un freddo di — 0°, cioe triplo di quollo avuto nella soluzione — 137 — Veriflcato il fenomcno, per altra via conseguito dal Person, stimai di farmi coll' esperienza al eloruro ammo- nico, sale die si scioglie ncll' acqua con possente gagliar- dia. II freddo, venutorai nella soluzione, fu — 10° '/a . Fermato il pensiero nel freddo nolevole prodolto da questo sale nello sciogliersi, mi parve bene di menouiare per la prima volta I' acqua da aggiungersi, onde ne presi solo un doppio volume ; e condotla, come dianzi, a egualita di tem- perie, feci la mescolanza ; e senza grande sorpresa, vidi seguirne nessuna indicazione di freddo. Allora rifeci la pruova con aggiungere tre volumi di acqua, e nc venue un abbassamento di '/$ di grado, cbc corrisponde ad un' ag- gelazione di lulta la massa di solo x/z grado. Ilerai 1' espe- rienza con T aggiunta di quatlro volumi, e n'ebbi una ma- nifeslazione di freddo uguale a Vio , cbc torna a — -8° l/z dell' intcra massa. E per ultimo, rifatta un' altra volta la medesima sperienza con cinque volumi di acqua, il termo- metro si abbasso di — -*/io , die corrisponde ad una som- ma di freddo seguito ne' sei volumi di acqua, uguale — 2° %0 , o 75 , die torna all' incirca il solo quinto del freddo avuto nclla soluzione del sale. Gli sperimenti insti- tuiti sopra questo sale, come sopra altri sali diversi, furono ripetuti pin volte ; onde i risultamenti, eli' io do, sono o i piii prossimi, o i realmente conformi avuli in pin esperienze. Vedulo il procedimenlo di questo sale gagliardamente solnbile, avvisai di melter mano al eloruro calcico cristal- lizzalo, sale, non cbe solo solubilissimo, ma in ccccsso deliquescente. Attesa appunto la deliquescenza grande di questo sale, parendomi difficile il cogliere il punlo della saturazione, reputai per questo sale di variare il modo spcrimenlale in quesla guisa : Seiolsi una slatuita quantita di eloruro cristallizzalo in un peso eguale di acqua. Nc — 138 — scgui un freddo, o un abbassamento di temperie di — 10°, il quale sarebbe stalo viepiu grande, so io avessi adoperata una maggiore quantila di acqua ; conciossiache col poco di acqua adoperata rendendosi la soluzione prontamenle densa, le ultime quantila del sale passano in istalo liquido assai lentamente, e quindi poco o niente contribuiscono a quel produeiraento del freddo, ch' e opera del primo met- lersi del sale nel solvente. Avuta questa soluzione densa, ue pigliai parti cento in peso, e parti trecento di acqua, e, condolte entrambe a egualita di temperie, feci la mesco- lanza, ma non ne segui la menoma produzione di freddo. Veduta questa nullita di effetto, deliberai di servare questa medesima soluzione allungata per istituire un' allra pruova con aggiungervi altre ducenlo parti di acqua. Guardate le consuete cautele, feci V aggiunta, c la temperie mi venne abbassala di '/ di grado ; il qual freddo, essendosi fatto in tulla la massa, che in questa sperienza monta a parti seicenlo, se n' ebbe un freddo eguale a — i" L/3 . Scorto questo piccolo effetto, mi parve bene di rifare la pruova, prendendo, come dianzi, le cento parti di soluzione, e ag- giungervi a un tratto le cinquecento parti di acqua. Cosi operando ne segui un abbassamento di 2/0 , ovvcro di '/5 di grado, die rapportato a tutta la massa ne viene il freddo tli |" y5 , cioe poco piii di un quinto del freddo di so- luzione, ch' e in una coueordanza pressoche csatla co'ri- sultamenti avuti dianzi, sperimentando il cloruro ammonico. Indagata la predetta attitudine ne'mentovati sali aloidi, die sirisolvono in meri composti binarii, passai agli ossi- sali, cioe a1 composti ternarii, e tra quesli per jtrimoscelsi il nilrato od azotato potassico, come il secondo de' sali in che il Person ferrao il singolare fenomeno del freddo di di- luizione. Messo mano a sperimentare anche questo sale — 439 — nel niodo gia divisato, c fattomi ad apparecchiare la solu- zione satura, ne segui un freddo di soluzionc di — 7°. Per questa prima volta foci pruova di allungarla con tre volumi di acqua, c ne venne un abbassamento di — x/x grado, che torna a — 2° in tutta la massa. Rifeci l'esperienza coll'ag- giunta di quattro volumi, e i! freddo venutomi fu di — 3/ di grado, che riferito alia totalita della massa; torna di — 5° y< . Per ultimo, fattomi ad aggiungerne cinque volu- mi, n' ebbi un abbassamento di — '/2 grado, che rende un freddo tolale di — 5°, sicche il massimo freddo avuto in opera di diluizione col nitrato potassico, fu coll'aggiugnere alia soluzione satura quattro volumi di acqua ; e questa somma di freddo non valse che la mela scarsa del freddo di soluzione. Verificato nel modo anzidetto nel nitrato potassico il freddo di diluizione, veduto dal Person per altra via, mi feci a provare il nitrato calcico. Siccome questo sale e de- liquescente all' incirca alia maniera del cloruro calcico, e quindi vedeva difficile il poler cogliere il preciso terminc di saturazione, divisai di prendere un volume d' acqua in peso parti cento, e quivi sciogliere una statuita quantita di questo sale. Ne sciolsi adunque parti quaranta in parti cento di acqua ; ed attesa la predetta deliquescenza, non avendo poluto avere il sale in condizione idrata, trasandai il freddo di soluzione, che non valeva a signilicarmi, che il solo eccesso sopra il calore prodotto nella idratazione del sale : il che niente nuoceva al fine della rioerca, che si fa- ceva solo a verificare la generality del freddo di diluizione, come fenomcno di correlazione alio spargersi de' vapori •in ispazio piu capace. Avuta adunque nella proporzione allegata la predetta soluzione, c' infusi dapprima tre vo- lumi di acqua, e ne segui un abbassamento di — '/ grado, Serie III. T I. 10 ■- 140 — clic risponde a — 2" di In I la la massa. Iterai la medcsima sperienza coll' aggiunta di quattro voliimi, c del pari 1' ab- bassamento si tenne a — /a grado, che rende in tutto un feed do di — 2" '/, . Da questo sale passai al nilralo baritico, dotato di poco gagliarda attitudine a sciogliersi. Fattomi adunquc ad apparecchiare la soluzione satura, nell' opera prima sol- vente ne segui il solo abbassamento di 8/IO di grado. Ado- perate le consuete caulele, feci prima laggiunta di Lre vo- lumi d' acqua, onde ne segui un freddo di — - L/0 , ovvero di '/, , cue, per tutta la massa raffreddata di quel tanto risponde a — y5 . E rifatta con quallro volurai, n' ebbi un freddo totale di — 1° l/x ; e eon cinque di — 2° '/^ . Fattomi ora a un altro genere di sali, eioe. a' solfali, diedi di piglio al solfato sodico, del quale nell'appareccliiar- mi la soluzione satura, segui un freddo di — 7°. Nel primo cimento aggiunti tre volumi, la temperie venne abbassata di — '/ , clie rende un freddo totale di — 2°. Nel secondo fatta I' aggiunta di quattro volumi, 1' aggelazione totale seguitane fu di — 5° y, e non mi venne trovata differenza sensibile col pin di cinque volumi aggiunti. Per fare esperienza di un altro sale di questo genere, posi ma no a sciogliere il solfato magnesico, dal quale ne segui un freddo di soluzione uguale a — 4° '/2. Ed aggiunti dapprima tre volumi di acqua, ne torno una minorazione totale di temperie uguale a — I " ; indi con quattro — 2" '/2; e con cinque soli — o°, che non rende il freddo di solu- zione, come ne aiiche il precedente solfato. Stimato bene di fare qualclie piccolo saggio ancbe coi fosfali, mi diedi a sciogliere il fosfalo sodico, nel clie mi segno un freddo di — 2°. Indi aggiunti alia soluzione sa- lura tre volumi di acqua, ne torno un abbassamento totale — 4 41 —
  • ; ed aggiunti primieramente tre volumi di acqua, n' ebbi un abbassamcnlo totale di — 1°, e con quattro di _ 2° '/a - 142 — Siceorne in questi brevi saggi io mirava di passare dai sali consistent! nella piu semplice composizione a quclli della composizione piu implicata, cosi volendo sperimen- tare anche un sale quadernario, sciolsi I' allume, o solfato alluminico-potassico. II freddo di soluzione venutomi fu lieve tanto da non aver potuto notare cheil solo abbassa- mento di '/ di grado, e con la prima aggiunta di tre volu- mi
  • olo, non ponsando alia sua vera proprieta.Indicare Ie differenze tra famoso e famigerato non puo essere agevole a tutli ; c nulladimeno vi sono. Ma, a non andar dietro alio minime gradazioni nel significalo di questi vocaboli, nelle quali sta infinc tutta la diversita loro, egli e certo che nel massimo numero delle volte poterono indifferentemente sostituirsi I'uno all'altro: e tuttavia, io non direi oggi, p. es., la fami- gerata Elena di Zeusi, come il Firenzuola, volendo accen- nare alia gran fama ond' era celebratissima quell' opera del grande piltore; mentre mi pare ehe l'uso de1 migliori, ritenendo 1' addicltivo famoso per significare in generale una gran fama, si serva oggi piu volentieri del famigerato per una fama altresi larga, ma acquistata in modo non buono. II verbo essere ed il verbo venire servono ambidue a eoslruir quella forma che diciamo passiva ; ma ciascun d' essi imprime lal gradazione di significato nella forma da esso costrutta, che se si pu6 spesso adoperare indifferen- temente I' uno o 1' altro, vi sono molti casi ne' quali il concetto che si ha o si dovrebbe avere non puo essere pro- priamente espresso se non che usando uno piuttosto che T altro di questi due verbi ; mentre il verbo venire deter- mina piu distintamente i due tempi presente e futuro ; quando il verbo essere, come ben nota il Gherardini. im- porta piuttosto stato in luogo ; e Io stato e tal condizione che si associa coll' idea di cosa che abbia gia avuto effetto. Non voglio contendere alia nostra particella si (e che non concederei io ad essa, poiche il sommo poeta la innalzo quasi ad impresa che ci distingua da tutte Ie altro genti del mondo!); non voglio contendere alia nostra particella si di servire ella pure alia costruzionc del significato pas- — 482 — sivo, conic prBtendono i piii dei grammatici ; ma certo, operando queslo, e in essa un potere che non c identico a quello dei verbi csserc e venire usati per lal effetlo ; mentre in molti easi, sostituendola all' uno o all'alti'o, rendereb- besi per lo meno cquivoco il senso. Onde cbi scrivesse, per esempio : i Francesi si stimano i piu valenti in opera di scienze e di lettere, non lascierebbe conoscer bene se giu- slissimamenle egli avesse inleso dire, che i Francesi sti- mano tali se mcdesimi, o pure che vengono stimati tali dagli allri. Difficile studio queslo impadronirsi bene dell' esattissi- mo signilieare delle voci e delle locuzioni, togliendolo dal principio, c non perdendo d' occhio le varieta cui soggia- cque col progredire dei tempi. Difficile anche il tenere la raente si attenta che non cada talvolta in errore, special- mente quando si tratti di voci e locuzioni, le quali abbiano un senso tanto analogo, che sovcnte poco imporli, ripeto, di sostituire le une alle altre. I meglio serittori non valgono sempre ad evitar in cio ogni taccia. Consignor delia Casa, ]>. e., scrisse Del suo Galateo, che lanto e a dire a rilroso come a rovescio. Nei vocabolarj e tutfaltro che ben distin- to il proprio signilicato a ciascuno di questi modi. II Ghe- rardini spiegando anch' egli in un prinio § a rilroso per a rovescio, non fa che aggiungere un esempio che si riferisce a cose intellettuali ; e in un secondo, spiegandolo per dalla parte opposla alia dritta, dalla parte di dietro ( che in so- stanza e il rovescio stesso) allega questo esempio del Botta : « varcato il iiume, e posto piede sulle terre cesariane, si avvid rattamente ad assalire il forte a ritroso » cioc a ro- vescio. Ma rovescio e rilroso non so no due vocaboli che significhino I' identica cosa. Non potrebbesi dire, p. e., il rilroso di una medagiia, come se ne dice il rovescio; e — d83 — quando si dice il rovescio di una vcstc s' intende cio clie piu non s' intenderebbe dicendone il ritroso ; e certo niuno direbbe una fanciulla rovescia, perche si avesse da inlen- dere una fanciulla ritrosa. Se dunque uno dei due elementi ch' entrano a formare la prima di queste locuzioni avver- biali ba un senso che non e identico con uno di quelli ch' entrano a formar l1 altra, non mi par possibile che le locuzioni stesse abbiano poi esse medesime un senso iden- tico, epossano sempre sostituirsi indifferentemente a vicen- da. Dico sempre, poiche dobbiamo ancora ripetere che in lauti casi sara in arbitrio dello scrittore, per la molta ana- logia che e nel loro signiflcato, di valersi senza colpa, delYa ritroso o delfa rovescio, come piii gli torna ; massime quan- do se ne serva in figura, e non voglia esprimere se non ge- nericamenle il contrario tra due cose. Ma se brama evitar la laccia d' impropriety, guarderassi di farlo in alcuni altri; cd in alcuni poi, sostituendo questa locuzione a quella, espri- mera tanto falsamente il concetto, che dira tutt'altro di cio che vorrebbe o dovrebbe dire. Gia il Parenti notava che non saria dato, senza scambiar in tutto 1' idea, di porre a ritroso invece che a rovescio, dove, p. e., il Boccaccio scris- se: messosi in dosso un pelliccion ncro a rovescio : e quanto falsa, per addurre un altro esempio, quanto falsa non usci- rebbe 1'idea, sostituendo a ritroso nei seguenti versi del Demi ! — Come in un campo a pie di qualche macchia — Fa una volpe alle volte il gattone — Quando vuole ac- chiappar qualche cornacchia; — La ribalda a rovescio giu si pone. = II Mallei scrisse un tratto = i nostri odierni dialetti non si sono allronde formati che dal diverso modo di pro- nunziare negli antichi tempi e di parlare popolarmente il latino. = La qua! sentenza chi quanto convenga la allar- — 484 — gasse, sostenendola co' necessarj ragionamenti, e convali- dandola con dpportuni ed abbondanti esempj, verrebbe a dimostrare, ancbc per quelli i quali repugnano tultavia a erederlo, clic la lingua italiana deriva immediatamente dalla iatina; e che colla romana intermedia, o sia colla proven- zale, essa non ha aleun obbligo di figliuolanza, ma solo un tilolo di fraternita. Io per6 non allegavo questa sentcnza del Maffei, se non pel motivo di darmi un solenne ed auto- revole fondamento a chiudere questo poeo che ho delto intorno alia propriety delle voei e loeuzioni, col quale in- tendo di por fine al presente discorso; a chiuderlo, dico, accennando all' utile grande che potra trovarsi in si fatta materia da chi non si contenti di gnardare soltanto alia figlia, ma volga spcsso sua attcnzione ancoalla madre. Ten- gano i giovani da un lato colla Crusca e 1' Alberti anco il Forcellini, e dall'altro, cio che meglio importa, co' piu au- torevoli scrittori dell' Italia moderna quelli dell' antica. Li consiglio a questo; c mi rido dell' abbale Gaume, e di quanti fecero con lui la grande scoperta in Franeia ( e che mai non si scopre, per far parlare di se in Franeia ! e quando mai le scoperte de' Francesi mancarono di ammi- ratori, di plaudenti, di seguaci in Italia! ) la grande scoper- ta, che \i sia un forte pericolo da correre per la giovenlu nello studio dei classici lalini. Se gli scopritori e gridatori di tal vecchia novita; se i loro ammiralori e seguaci si po- tesse'ro persuadere da buoni argomenti, non riuscirebbo nienle difficile a tener loro un discorso, cui desse corpo o forza il pensiero, c gia basteria che Ieggessero la magnifica lettera nella quale ragionava su questo proposito medesimo tre secoli addietro quel grande spiritualista e verissimo cristiano che fu Mareantonio Flaminio. Ma mi avviso che sarebbe tempo pcrduto. Meglio atterrarli d'un colpo, d'un — 185 — colpo solo, e con talc spada contro cui non osjno ne pure alzare il braccio per difendersene. Quell' Agostino, die fu non solo un grand' uomo, ma che veneriamo per un gran sanlo, accennando al guadagno che puo farsi dallo studio de' classic! greci e latini rispetto alio arti della parola: Non solum formidanda non sunt, egli seme, sed ab eis etiam, tanquam ab injustis possessoribus in usum nostrum vindi- canda. Taluno potrebbe forse arrestarsi un poco su quel- V injustis possessoribus, per farsi capace ad inlcndere, co- me mai ingiustamente possedessero quelle arti i classici greci e latini ; ma noi, trapassando queslo, non diremo al- Iro se non che si scolpisca in marmo ed in bronzo, e si ri- peta senza fine : Formidanda non sunt, sed in usum nostrum vindicanda ; non seuza aggiuugere, che se nell' uso loro le sapessero vendicare le cosi fatte arti tanti di que' gridatori che parlano poi si rozzamente dagli altari o dai pergami, tanti di quei gridatori che vergano poi si traseuratamente delle carte inlorno ai coslumi; oh, quanto ne acquisterehhe la rehgione cristiana ! oh quanto la morale evangelica ! 1BBN1MI DEL CICRSO l2!) DIOEIBRE 1855 II membro cfTetlivo dolt. Nardo legge una sua memoria: Introduzione alio studio di alcuni fenomeni oitici osservati guardando atlraverso le frange perife- riche che appariscotw alia superficie dei corjii, sotlo determinate condizioni di luce. Di quel numero e varieta grande di fenomeni intoino a cui volse la sua atlenzionc nell' accennato proposito 1' au I ore, e ch' egli descrisse in questo suo lavoro coi niinutissimi accidenti dai quali li vide ac- compagnali, alcuni gli parvc di poteili attribuire a rcfrazione de' raggi di luce che attraversano le accen- nate frange perifcriche, altri a raggi di luce da esse ri- flessi, altriin fine ad ambedue queste cause opeiantiin- sieme. Noto, fra molti, in particolare un fenomeno di raddoppiamento di linea analogoalla doppia refrazione prodolta dallo spalo d'Islanda: si fermo inlorno a quegli accidentia d onde pud derivare che si spicglii perche i raggi liuninosi attraversando un foro non Serie HI, T. I. 25 — 488 — rolondo, vadano pur a render rotondo lo spazio sopra cui pcrcuotono : si fecc a confutar la dottrina del Pe- clct, sostencndo V obbiettivitd delle frange periferiche che si prcsentano all' occhio; e conchiuse che si riser- vava di rilornar sul medesimo argomcnto, per raiTron- tare i fenomeni da lui osservati con quelli di altri fisi- ci, e 1c sue proprie leoriche con quelle pure di essi medesimi. II menibro elTettivo Bellavitis ha creduto intorno a questa lettura di poter notare : che il fenomeno di doppia immaginc osservato in certe condizioni dal ISardo non e, a suo avviso, da confondersi con quello che i fisici chiamano doppia refrazione : aggiunse che i fenomeni osservati allorquando un corpicciuolo muo- vesi tra Y occhio ed un forellino tenuto vicinissimo a questo, si spiegano per cio che sulla retina, invecc di un' immagine del corpicciuolo, se ne ha 1' ombra; e che la forma rotonda od ovale che presenta la luce solare, attraversando un foro di forma qualunque, deriva evidentemente dalla forma stessa rotonda del sole. — II dott. Nardo rispose, ch'egli si era gia riser- vato, come fece udire nella sua memoria, e puo leg- gersi, di far conoscerc in una seconda parte di essa quale e quanta sia la relazionc che hanno tra di loro i due fenomeni di raddoppiamento ; e ad un tempo di raftrontare la spiegazione ch' egli ne diede con quella datane da altri ; il che pure si era riservato di fare in ogni altro caso in cui le spiegazioni ofl'erte da lui, o ch' egli potessc oiTerirc, di alcuni fenomeni, fossero per avventura piu o mono dalle allrui diverse. — 189 — II mcmbro efleltivo dott. Fario. lodando la sonuna diligenza del Nardo ncll'osservazione dei fenomeni da lui narrati, per quanto spetta alia parte fisica, crede peraltro di do vet* insistere anch' egli intorno alia sonuna importanza di non trascurare in questo pro- posilo ne pure Ie condizioni fisiologiche dell' organo stesso guardatorc ; mentre varie sono questc allorche esso guardi attraverso fori di minima ampiezza da quando il faccia altrimenti; come a non accennarne, p. e., diss' egli, che una sola, quella della continua umctlazione della superficie dell' occhio stesso per opera di un iluido pieno di sali di varia natura, pieno di atomi di materic grasse, mucose, lc quali devono di nccessita modificare la luce che lc attraversa. modifi- carla sensibilmente all' occhio a cui giungono i minimi fascelti di luce passanti pei minimi forellini cosi modi- ficati dalle suddettc sostanzc. II sig. Giuseppe Dalla Torre di Este fu quindi am- messo a leggcrc un suo scritto : Sulla spontanea vo- latilitd dei carpi fissi, scoperta da lui e da I sig. Gio. llatt. Fasoli. Narrata da prima Y occasione che li condussero ad istituirc moltiplici esperienze in questo proposito, la qual occasione fu la pretesa scoperta dei ehimici romani \ialc e Latini del gaz ammoniaco producen- tesi nell'alto respiratorio, e le relative osservazioni ed asserzioni che qucsti ehimici ne traevano; scoperta che da tutti gli argomenti da loro raccolti. cssi Torre — 11)0 — o Fasoli sono stati condolli a negare^ uarrata questa occasionej si fanno a descriverc molti dei lanti esperi- menti che atluarono sopra una grande scala di corpi lanlo semplici. quanto composti nell' accennato pro- posilo. Aon tacciono di mancare finora di prove dirette per attribuire il carattere di volatility agli acidi fissi ; quantunque eredono di poterlo con sienrezza indirettamente argomentare. ISon ommet- teranno d' affaticarvisi nuovamente intorno ; e frat- tanto dai nuovi fenomeni usciti dalle svariate spe- rienzc che istituirono, considerate nelle loro relazioni di causa e di eiTetto, stimano di poter conchiudere che la proprieta di spontaneamente volatilizzarsi appar- tiene anco ai corpi ritenuli fissi, e per loro opinionc e inerente a tutti i corpi] onde in ogni corpo due forze, centripeta e centrifuga; e quindi in ciascuno neces- sario che prenda luogo tra' caratleri di esso quello altresi del grado della sua volatility, e quindi ogni corpo circondato da un' atmosfera della sua propria sostanza. Di qui la ragione del perche ad attuare l'affi- nitanonsia mestieri delliinmediato contatto dei corpi: di qui la conferma della spiegazionc data dal Galileo dell' esscnza del calorico, e quella della sua dottrina intorno agli odori : di qui rappresentata l'aria atmo- sferica che noi respiriamo come un grande serhatoio in cui si raccolgono, nello stato della maggior possi- bile sottigliezza, le molecole vaporizzale da tutti i corpi. Credono pur anche gli aulori, che la loro sco- perta debitamente applicata, possa gettare mollaluce iiello studio delle scienze iisico-naturali; come quella — JIM — die ofli-e un mezzo acconcio di avvisarc alia causa di and fenomeni cosniico-tellurici, e di spiegare tanti lalli che si compiono nell' organismo vivente, il dar ragione de quali e riuscila finora opera vana alluomo. Udite queste Ietture, 1'Istituto si raecoidie in adu- nanza segreta. JDIMSZ1 DEL CIOBM 30 WCEJBBE 1855 11 m. e. cav. Emmanuele Cicogna legge (1) al- cune osservazioni sull'opuscolo intitolato: Le parde, di cui la stanza 69 del canto 39 del poema di Lodovico Ariosto escono dal sasso e non dal lascio, ne dalle lasse o dal lasso. — Lettcre critiche (Milano, Redaelli 1855, in 12.°). Espone agitarsi in quell' operetta la quistione : Se in quella stanza debbansi leggere i due primi versi cosi: Come due belle e generose parde Che fuor del lascio sien di pari uscile, o veramente Come due belle e generose parde Che fuor del sasso sien di pari uscite. E dice che quelli che stanno a favore della voce (I) Questo e il seguente sunto furono preseutati e compilati (lull' autore. — m — lascio o lasso appoggiansi a presso che tulle lc cdi- zioni del Furioso. le quali leggono lascio o lasso; ri- flettendo che anche i pardi, come i cam', erano am- maestrati alia caceia, quindi soggetti al lascio o lasso, cioe al guinzaglio, alia catena, alia corda, o simile. Quelli che sostcntano la voce sasso hanno per autorita la edizione del Furioso eseguita dal France- schi nel 158 \ che pone sasso ; dicouo che tanlo il Ruscelli. quanto il Dolce nelle loro annotazioni o imi- tazioni dell' Arioslo posero la voce sasso, ripetula dal- la edizione deU'Orlandini 1730; c conchiudono essere piu convenient alia pocliea similitudine la dizione sasso anziche lasso, giacche 1 uscir fuori della tana e piu adatto alle generose parde che non L'uscir fuori del guinzaglio, ch' e tullo proprio de' caui da caceia. Per la qual cosa domandano: Quale dellc due lc~ zioni e da credere che fosse dal pacta sostituita alia da lui abbandonata lezione de le lasse? II Cicogna rispoude : Che la voce sasso in cambio di lasso e un errore di slampa od un arbitrio dell'editore Franceschi nella edizione 1584. L' Arioslo non si o mai sognalo di so- stituire la voce sasso alia voce lasso o lascio ; quindi un errore di slampa od un arbitrio altrui non puo dur soggetto ad alcuna quistione, o alia scelta di due di- verse lezioni, giacche la lezione e una sola, cioe lasso, o piuttosto lascio, adottata dallo stesso Ariosto nella edizione 1532. E lo prova : I. Coll' esibire una labella di moltc cdizioni del - 11)5 — Furioso dal 15H) al 1583, lequali o haimo la Iezionc tic le lasse gia abbandonata dali' Ariosto, o hanno la lezione lascio, o lasso, o laccio, non mai sasso. 2. Perche sebbehe il Franceschi abbia per la prima volla adoltala la voce sasso anziche lascio, e die tale sostituzionc sia stata da pochissime altre ri- stampe del secolo XVII accettata, nondimeno la mag- gior parte di esse dal 4585 al 1853 ripete la primitiva voce lascio, o lasso, o laccio: segno evidentc che fu riconosciuto errore tipografico, o arbitrio di chi alia stampa presicdclte, la voce sasso. 3. Perche e del tutto falso che il Ruscelli ed il Dolce abbiano nelle loro illustrazioni o imitazioni ia- serita la voce sasso, come apparisce dall'atlento esa- mc dellc loro edizioni esistenti nella Biblioteca Mar- ciana, fat to dal Cicogna: essendo a riflettere d'avvan- taggio che la edizione del Franceschi 1584 essendo stafa eseguita circa diccisettc anni dopo la morte e del Ruscelli c del Dolce, la sostituzionc di sasso a lasso non puossi a loro attribuire, ma ben si ad una menda tipografica, facilissimo essendo lo scambio tra la L e la S. 4. Perche se le imitazioni del Dolce nella edizione deirOrlandini 1730 copiatc parola per parola dalla edizione del Valvassore 1566, dicono sasso e non lascio (ch" c nella delta stampa 1500)^ questo e uno sbaglio di copia o di tipografla. E in fatti. abbiamo nella Marciana 1' esemplare dell' Orlandini 4730, in cui, avvcdutosi l'cdilore dcH'eirore, muto la voce sasso in laccio, e cio fccc in corsa di stampa, non Serie III. T. I. 26 — 49() — essendovi il cartino rimesso, o corretta a mano la parola sasso. 5. Perche se il Ruscelli, da cui furono curate le edizioni del Valgrisi 1556 in 4.° cd in 8.° sopra un csemplare notato e postillato di nuovo dall'Ariosto, stampava lasso c non sasso, l- cento che non avendo l'Ariosto in quel sito posta mano, voile egli tener ferma la primitiva sua idea, di far uscirc 1c pardc dal lascio ossia dal guinzagliO; c non dal sasso ossia dalla caverna. G. Finalmcnte sc tutti i piu valenti illustratori o editori di quel pocma moderni, il Barotti^ 1' Avcsani, il Ileina, il Morali, il Bolza ritenncro per genuina la voce lascio o lasso, e duopo conchiudere aver essi considerata come error tipografico, o come arbitrio de' correttori la dizione sasso. E qui il Cicogna aggiungeva che malaincnte nel detto opuscolo si tacciava di ncgligenza il Morali per non aver notale le varianli de le lasse, del lasso, del lascio, del sasso: imperciocche nella tabella soggiunla alia sua edizione 1818 non si e proposto di rivedere se non se le varianli delle edizioni corse tra il 1532 eil 1556. Quindi sc avrebbe poluto bensi no tare le tre prime varianli, non potcva la quarta. cioe quella del sasso, la quale fu introdolta soltanto, come si e dctto^ nel 1584. — Per cio poi che riguarda all'altra voce^ della quale parla il Somazzi nella Bilancia 4 diccmbre 1855, cioe ascio, enon lascio, notava esuberantemen- le il Cicogna che a' tempi deH'Arioslo era, per cosi dirc; ignota tal voce ascio invccc di agio, comodo, cc.s — 197 — la quale posta in luce per la prima volta nel 1725 c 1729 fu inserita nel vocabolario del Cesari soltanto nel J80(>. Inoltre, tanto nel Passavanti 1725, p. 34, quanto nei Gradi di s. Girolamo 1729. p. 41, la parola asri o asrio non e nel testo adottato dalla Crusca, ma messa a picdi come una variantc che gli edilori cre- detiero di cscludcre, probabilmonte perche i testi mi- gliori dicono agi o agio, c perche a questo naturale vocabolo dagli amanuensi non fiorenlini fu sostituito linusi'talo vocabolo asrio. In ogni caso poi, proscgue ii Cicogna, asrio in que' codici e preso nel senso pro- pi'io di agio, comodo, riposo ; ne si potrebbc mai ammetterlo nel senso traslato in cui si vorrebbc fosse stato adoperalo dall' Ariosto, cioe di luogo ove uno si adayia e riposa, se non iscaturissero incontraslabili escmpli di classici anlicbi che in questo traslato senso Tavessero usato. Conchiudeva pertanto il Cicogna che non essen- dovi soggetto di quistionc, appunto perche l'Ariosto voile sempre conservare il suo intendimento di fare uscire le parde dal lasrio e non dal sasso, resterebbe 1'esaine se egli avessc dovuto o no. per maggior effetto della poetica sua comparazione, usare la parola sasso o lasrio. Ma in tale quistionc non entra il Cicogna, parendogli assai prosunluosa cosa il voler indagare quali idee, quali frasi, quali parole avrebbero in mi- glior niodo potulo adopcrare non solo T Ariosto, ma c Dante, c Pelrarca, e Tasso, c cent' altri clas- sici aulori, de' quali e piu modcslo partito ammi- rare ed imilar le bellezze, oppure restringersi a — 198 — decifrariie i passi oscuri o suscettibili tit varia inter- pretazione. Lodava pero la combinazione fortunata, che un errore di stampa od un arbitrio, avesse data materia alia singolare erudizione, dimostrata da ainbe lo parti nelT csaminato opuscolo : Le parde. Indi lo stesso m. c. cav. Cicogna lesse eziandio alcune l\ijlessioni sulfa autenticitd della lettera di Antonio Canova da l\oma *del -J 2 febbraio 1803 a Carlo daspari pittore veneziano, da luipubblicata in V enema per le-stampe dlGiambattisla Merlouel 1854, roncernente la prima opera scolpita dal Canova, rap- prese.nl ante una Madonna, della quale inseri nell' o- puscolo r intaglio,, c distribuillo anche all'adunanza dell' I. II. Istiluto. Premessa la letlura del'a lettera canoviana, fece osservare cb' essa ha tre parti. La prima riguarda il catalogo dc'quadri e il palazzo di casa Cornar. La se- conda la Madonna, opera prima scolpita dal Canova. La terza il Grocefisso a tratti di penna. opera di An- drea Rhzo aniico del Canova. Qnanto alia prima e terza parte il Cicogna fa vedere essere comprovala da' document! inseriti e stampati neir opuscolo. Quanto alia seconda, osserva che Ie obbiezioni introdottc a dubitare della auteuticita delta lettera canoviana consistonoin sostanza nel non trovarsi nelle memoric deililluslrc scultore, cojiscrvatc gia da nson- signore Vescovo Giambattista Sartori Canova^ ed oggi — 199 — esistcnti nella btblioteca dclla regia citla di Bassano, alcuna traccia di quella lettera ne di quella scultuia, e il 11011 avere monsismor Yescovo alcuna reminiscen- za su tale argomenlo, sebbene dal 1800 fino alia raorte dello scultore avvcnuta nel 1822 abbia egli semprc scritte le lettere per lui, tranne alcuna di affari. E qui il Cicogna risponde : 1. Che Irattandosi di un lavoro dal Canova ese- guilo della sua prima maniera circa laiino Iredicesimo della eta sua,e ben facile clie non ne abbia conservata nci suoi scrilli alcuna mcmoria; tanto pin che il (Ca- nova sdegnava di ricordare le cose sue giovanili, ben diverse dalle celebri dal suo scalpello prodolle poste- riormcntc. 2. i\on csser vero che monsi»nor Canova scri- vesse scmpre le lettere pel fratello suo dal 1800 al 4822, mentrc piu e piu, tulte vergate di pugno dello scullore, si rinvengono ncllc collezioni. 3. Che se ne di Andrea Rizzo amico dello scul- tore, ne di Carlo Gaspuri pittore, cui e diretta la lellcra, si trovano nella raccoila delle lettere al Cano- va una o piu che parlino della Madonna dal Canova scolpita, il motivo pud certamenle esser quello che ii Canova abbia passate le risposte del Gaspari o del llizzo a sua emincnza il cardinale Consalvi^ cui spe- cialmente interessava sapere 1' csistcnza della Ma- donna scolpita dal giovane artista, e T esistenza del crocifisso disegnalo a penna dal Wizzo. 4. Che dallo slilc trascuralo, ma semplice e<$ — 200 — ingenuo chc usava il Canova nolle lettere di suo pu- gno scriltc ; dalla corrispondenza cpislolare che il Canova ebbs e col Gaspari e col Rizzo, la quale apparisce dalle lettere di ambedue serbate nella anzi- detta biblioteca bassanese, did complesso uguale di tutta la lettera, per cni non e ragioncvole supporre che la seconda parte di essa siavi stata intrusa ed inventata, non essendovi poi alcun motivo d' inganno no per parte del Gaspari no per parte di Andrea Rizzo, che gelosamente conservo fino ai 182(J, in cui niori, ne per parte di Antonio suo figliuolo, che conti- nuo fino al 4842 a conservare In scolpita Madonna. Da lutto queste osservazioni, e dalT altre nella fatta Iettura esposte, conchiudeva il Cicogna non potersi revocare in dubbio la aulenlicita dclla lettera di An- tonio Canova di cui si parla. 11 m. e. prof. Bartolomeo Bizio fa leggere una vola messa a dilucidare il delta dianzi intorno al- rorigine del diamante, la quale sara pubbiicata nclle dispense successive di questi Atti collo scritto che la precede. Poscia il liglio suo dott. Giovanni Bizio comunico le proprie osservazioni sopra V acidificazione del pc- troleo a conlatto dell' aria. Abbandonata a so una piccola quantita di petroleo a coniallo dell' aria per il corso di due anni, trovo che dopo questo tempo la predelta sostanza si addonsava grandomentc per numerose granulazioni cristaliino — i>UI — chc in cssa si origiuavano nclla slagione invcruale, e chu pipigliava la prima sua lluidita col mitigarsi della temperatura. L' antore attribuisce qtteslo fenomeno., pin chc ad altro, alia prcscnza dclia paraliina. la quale avesse potulo esistere in quel petroleo; ma cio ehe ebbe precipuamente a richiamare la sua atlenzione lu 1' acidita die in talc circostanza crasi in esso manife- stala. Per riscontrare evidentemente questo fatlo, egli collocava di quel pctroleo in un piccolo tubo di assag- gio, c chiusa 1 apertura di questo con carta azzurra di tornasole, escaldatolo, avea, per la volatility deUacido, un forte arrossamento della medesima. La carta di tornasole racquislava poi all' ordinaria temperatura il proprio colore azzurro. L' autore non potrebbe adesso affermare se quel- l'acido si fosse prodotto per 1' azione dell' ossigeno sopra gli olii volatili del pctroleo, oppure sopra la soslanza fissa del medesimo, come sarebbe piii vero- simile dielro le altuali opinioni sopra la somma inal- terabilita della nafta. Trovato pero, dielro apposili siiggi da Iui instiluili, che qualche traccia di acidita si risconlra anche nclle varie specie di petroleo messe in commercio, e uotata la grande volatility di quell'a- cido, egli dedusse che neccssariamente dovesse risul- tare acida anche la nafta, ottenuta com' e dalla distil— lazinue del petroleo; e cio fu pienamente confermato daHespcrieuza. Se adunque una tale acidita non erasi giammai sospetlafa nella nafta, ne vieue che tutle le aualisi di questa sostanza furouo instituite sopra un prodotto non avuto a qucllo slato di purezza ch' e — 202 — pichjesto in tali indagini, For cui, collo scopo di riscon- trare sino a quanto i sijoi risultati potessero o no clifferire da quelli degli allri chiniici, voile instituire I'analisielementare della nafta da lui stcsso rettifjcata, e chc posscdcva rcazione acida, cd ebbc die (Irammi 0,2<»0(> di nafta diedero » 0,8220 di acido carbonico » 0.3215 di acqua, e (juindi Trovato Calcofato Carbonio M>.02 85,72 Idrogeno 13,71 14,28 Perdita 0,27 100,00 Passalo allora I'autore ad un confronto collo altro principal! analisi di questa sostanza, non polo nolarvi nessnna differenza maggiore di quella chc lc stessc prelate analisi non proscnlino Ira loro. A rondorc compiuto qucsto sludio sarebbe adosso noccssario lo slabilire: 1." se quell'acido sia realmonto prodolto dalla sostanza fissa del pctrolco, oppurc dai carburi volatili del medesimo; 2.° quale sia la natura dell'acido originatosi. I risultati posilivi cbcgli avesse ad ottenere da qucsto nuove sue ricerche ibrmeranno Fargomcnto di una seconda memoria. 11 s. c. padro B.Sorio fa loggcre sul Traltato della — 203 — Sfera (U Ser Brunetto Latini nel suo Tesoro maggiore lib. % cap. 40 c seg., cdizione Carrer, la seguentc proposta di emendazioni da fare al testo stampato. II Tesoro di Ser Brunetto Latini e la prima Enciclope- dia dello scibile antico, e il corso dei studu, sul quale ven- ue ammaestralo il divino pocta Allighieri; ma, come altrove gia dimostrai, non fu dato ancora da leggere che pieno e gremito dei piu ridicoli strafalcioni commessi dai copiatori e del testo originate francese, e del toscano volgarizzamento. Questo Tesoro almeno nel suo trattato astronomico della Sfera meritava di essere con qualche atlenzione studiato dai nuovi pubblicatori ad emendarne il testo, che abbiamo nelle slampe tulte erratissimo. II maestro di Dante, che dai discepolo fu del suo Tesoro, come di cosa non peritura applaudito, sarebbc forse stato quel zanni ridicolo che nella lezione stampala comparisce ad ogni pie sospinto ? Era dunque da sospettare che Ie lezioni stampate dovessero po- ter leggere nell' originate francese, e nel toscano volgariz- zamento diversamenle, e doveasi cercarc almen dai conte- sto obbligato nelle operazioni astronomiche qual altra lezione di simil suono o figura potesse congetturarsi che fosse la ragionevole in luogo della falsata testuale ; e non era per avventura una cosa troppo difficile a fare con un po' di giudizio e di pratica nella scienza, conciossiache pa- recchie di queste lezioni sono si aperlamente spropositale, che il naturale criterio dovea suggerire la vera lezione da mctterc almeno in poslilla con un forse, flnche coi mss. o con altri argomenti di sana crilica si coufortasse cosi la lezione da doversi introdurre nel testo. Abbiatene un saggio. Si legge nella slampa la piu recentemente, e meglio cor- relta del noslro Luifti Carrer Tom. I, pag. 4 25 : Serie HI. T. I. 27 — 204 — Senza fallo lo cerchio e intorno sei fiate (sic) tanto come il compasso ha di larghezza, cioe a dire, die egli gira ire cotanti, e anche uno settimo (sic), com'egli ha di diametro, cioe mirando (sic) il cerchio per mezzo diritta Iinea di sn in giuso, o di giu. in suso. Innanzi tratlo sarebbe da poter sospctlare varianza le- stualc ne' due kioghi, die denno esser simili, da me nolati. Nell1 un luogo il leslo fa il cerchio sei fiate tanto come il compasso ha di larghezza, cioe nel tirare col compasso il raedesimo cerchio ; ossia fassi qua il cerchio sei volte il raggio, il qual raggio e appunto la larghezza del compasso suddelta. Come dunque si dice appresso cosi ? cioe a dire che egli ( il cerchio ) gira Ire cotanti e anche uno settimo com' egli ha di diametro. In questo secondo valore abbiamo Ire diametri ( i quali fanno sei raggi ), piu un settimo. Non e dunque vero esser questo valore eguale al prime, essen- doci in questo anche iin settimo. A cessarc questa difficolta e da por mente che fu nel primo valore detto : Senza fallo lo cerchio e intorno ( nota bene; non dunque precisamente ) sei fiate tanto, come il compasso ha di larghezza. Fu detto bene intorno ( che qua vale all' incirca ) perche il cerchio e sei voile il raggio, os- sia trc volte il diametro, e anche uno settimo, del qual setti- mo abbiamo il preciso valore nel trattato de Sphaera di Giovanni Sacrobosco, il quale liori poco avanti di Ser Bru- netto, cioe nel 1251, ed il suo testo della sfcra era il teslo delle scuole a que" tempi. Ora abbiamo in questo teslo al lib. I , cap. IX questa proposizione a provarc la circonfe- renza terreslre: Circumferenliae vicesimasecunda parte dempta, residui tcrtia pars est diameter. Adunque il settimo qua ragionalo e uno settimo del diametro, come vuole il costrulto del leslo che dice; Egli (il cerchio) gira Ire co- — 205 — tanti e anche uno settimo, com' egli ha di diametro. \Ia a rigor malcmalico e yeramente da dire chc il diametro sta alia circonferenza nella proporzione di 7 a 22 o di la 5, 1416. Vedi Brunacci, lib. 9, della misurazionedelie quan- tity geometriehe. Volli mandare innanzi questa mia anno- tazione aeciocehe noa si credesse una giunta inlrusa ed apocrifa del testo volgare stampato c anche vno seltimo, ed era lanlo piu facile di cio sospettare quanto chc questo inciso non leggesi ncl ms. capitolarc originate, ne nel ms. bergamasco Marciano. Cosi legge il T. capitolarc francese : Car sans faille li cercles esl environ (nota environ^ /'/ fois lant come li compos a de large. C est a dir qu' il aire ill fois tant come il a d' espes. Cosi senza piu leggesi, seguitandosi a dire Et por cestc raison etc. Cosi ne piu ne manco legge eziandio il nostro lesto bergamasco della Marciana. Adunque il lesto Giamboni stampato nou ha allerazione di lettera, anzi cmenda qua il lesto mss. capitolarc fran- cese ed il bergamasco Marciano. Leggiamo adunque da capo il brano da noi preso in csame. Senza fallo lo cerchio e intorno sei fiate tanto come il com- passo ha di larghezza; cioe a dire, che egli gira tre co- tanti, e anche uno settimo, com' egli ha di diametro. Fin qua la scritlura va bene come e nellc stampe, e fu da noi dichiarata, ma andiamo innanzi, cioe mirando (sic) il cerchio per mezzo diritta linea di su in giuso, o di giu in s>uso. A chi legge anche il passo isolatamente, non che da lulta la tela del discorso, appar manifesto che qua non si — 20(i — tratta tli mirare il cerchio, ma di misurare il cerchio, per mezzo del suo diametro, cioe della linea diritta tiratavi a mezzo o di su in giuso, o di gin in suso. Chi dun que anche un poeo pon mente alia lezione stampata mirando il cerchio, da questa dee sospettare che siavi un error madornale, e che sia da leggere misurando il cerchio, e cost conveniva fare nelle parecchie ristampe pigliate a correggere, notando almeno in postilla cosi : (forse misurando). Ma cio non fu fatto ancor da nessuno, ne giov6 ehe la Crusca, da bene un secolo almeno, alia voce In suso emendasse questa le- zione mirando eolla vera lezione misurando,, e apponessevi questa postilla (cosi nei TT. a penna ; la stampa per crrore legge mirando). Poche linee appresso nclla medesima stampa Carrer con tulte Ie altre alia stessa pagina 123 cosi si legge: Vero e che quelli d' Italia non dicono leglie, anzi dicono mi- glia di terra : per cio che in uno miglio di terra sono mille passi, e ciascun passo contiene dodici ponse (sic) ovvero dita. Che vorrebbe essere questa voce ponse ? Ponce in fran- cese val Pomice, vale anche lo spolverezzo dei disegnalori; ma 1' una voce pomice e l'altra spolverezzo, come potreb- be tare al caso nostro, c come puo corrispondervi il resto testuale ovvero dita ? Certo chi ponea mente al passo dovea sospettare che qua non si parla a quelli d' Italia ragionali dall' autore in terza persona, dicendo: quelli d' Italia non dicono lcll« mini coll' una lezionc. o coll' altra in 305 aiorni ? — 211 — onde /' olio riusci diciotto, come 6 la scrittura presenle- mente d( tutte le stampe. Sia quesla una mia semplicc congctlura, ma cor to e la verita die ncl testo astronomico allora in voga nolle scuole, dico il trattato de Sphaera del Sacrobosco, loco citalo, si recita questo corso della luna in tal forma : Luna vero (fa suo corso) in 27 dicbus el 8 horis. Adunque non e presu- mibile die il maestro Brunetto eommetlesse lo strafalcione di fare 18 le sole olio ore del teslo astronomico allora in voga. Bensi credo essere verisimile che le 8 ore notate per nuniero tondo dal Sacrobosco, Ser Brunetto con maggiore esattezza di calcolo le recasse alle olio ore colla frazione che leggcsi nel suo testo, ma in mono, e col segno meno convenzionale, e cosi recitasse nel suo Tesoro La Luna che gli e di sotto va per gli dodici segni in venti- sette di e otto ore — la terza parte di un'ora ( cioh 20 minuti ). La qual frazione di 20 minuti levata dalle ore 8 fa re- starnc 7 ore c 40 minuti, la qual frazione non \ aria che di soli 5 minuti e 5 secondi dall' ultima cifra astronomica, che si registra di questa rivoluzione luna re periodica, o tropica nel Cagnoli, dove 6 di ventisette giorni, 7 ore, 45 minuti, 5 secondi. Cosi crcderei che fosse da notare la emendazione del testo stampato in postilla flnche non se ne trovi 1' appoggio autentico nei mss. o toscani o francesi. Questo medesimo errore si ripete nel cap. xlvii di que- sto libro ii a pag. 1 58, edizione Carrer, dove altresi crede- rei da ripetere la emendazione proposta; cosi si legge ivi: La Luna va per tutti li dodici segni, e fa il suo corso in tre- cento sessanta gradi che sono in loro cerchio in ventisette di e diciotto ore (sic) e terza parte d' un' ora. Serie III. T. I. IS — 212 — Leggi anche qua : in ventisette di e otto ore — la ter- za parte d' vn' ova. Or seguitando il testo sopra notato cosi si Iegge appresso : Ma il suo yolare (sic) fa ella (la lima) tanto ch' ella appare in ventotto di (sic) e sette ore (sic) e mezza, e quinta parte d' nil' ora. Tre altri solenni slrafalcioni son qua da notare, e da potcrsi per buona ventura correggere nella ragione astro- nomica coi mezzi dell' arte critica. Che vorrebbe dire questo volar e che fa la I una, come fosse u n pallone aereostatico ? Mano al testo francese ori- ginale « Mais la revolucion fait ele etc. » A questa voce originate revolucion la traduzione volare non corrisponde, e credo essere falsa la nostra Iezione slampata, e creder credo il vero se credo die nel testo toscano fosse voluto scrivere non gia volare con una elle sola, ma vbllare con doppia elle, e coll' accento sulla prima sillaba vol: la qual voce vbllare nel dialetto sanese (come in qualche altro della Toscana) valelostesso die VoUjerc. VcdiGigli Vocabolario catariniano alia voce Invdllare. E cosi leggendo : Ma il suo vdllare fa ella (la lima) ecc. corrisponde perfettamente aH'originale francese: Mais la revolucion fait ele etc. Seguita il testo stampato : Ma il suo vollare fa ella tanto ch' ella appare in ventotto di (sic) e sette ore (sic) e mezza, e quinta parte d' un' ora. Questa rivoluziane lunare e la Sinodica fatta dal Ca« gnoli consistere in 29 di, 12 ore, 44 niin. e 5 secondi. — 213 — Lo sbaglio testnale dei giorni ventotto per 29 correg- gesi in qucsto luogo col nostro medesimo tcsto stampato die nel capit. 48 Indus libri, non legge e ventotto di, ma ventinove. Cosi si leggc ivi allegandosi queslo passo consi- mile, che noi qua siam per correggere, onde l'un passo che allega col passo allegato dovrebbero concordare. Udite il passo. E voi avete bene udito dire (ecco la alkgagione del passo or da noi ragionuto) che dull' una accessione (falsa lectio leggi ascensione col T. francese) aU'altra ha ventinove di ( nota bene 29 e non soli 28 ) e sette ore e niezza, e la quinta parte d' un' ora. Qua Ieggesi ventinove di secondo ragione astronomica rettamente, e perche con questo si autentico documenlo del raedesiino tesio non sara da correggere recando alia lezione di questo 1' allro passo, che e qua citato, e che qua s' intende ripetere testualmente? Dalla cifra del Cagnoli alia nostra testuale cosi corretta rlmane un altro divario nel computare le ore. II Cagnoli fa le ore 12, minuti 4 che ripugni al buon senso una si rapida rota- zione del Sole tanto voluminoso ed accompagnato da tanti pianeti : poiche il buon senso e un implicito giudizio fon- dalo sulla conoscenza di falti analoghi, e siccome vi e un solo sistema celeste, cosi 1' analogia ed il buon senso nulla ci possono inscgnare sul medesimo ; ed e ridicola pretesa 1' immaginare che il mondo sia conforme a qualche nostra prediletta idea di semplicita o di ragionevolezza. — Nulla- dimeno non mancherebbero buone ragioni per mostrare 1' improbability di quel sistema che abbiamo trovato essere un' ottima teoria. Tra le altre, quali forze (tolti ormai i cieli solidi) potrebbero trattenere i pianeti nelle loro orbite ? — 229 — 75. E qui sorgerebbe forsc qualche lilosofo a condan- nare quel sistema come chimerico e fondato sopra princi- pii ne dimostrati ne possibili ; c direbbe che 1' astronomia col seguirc un erroneo sistema cessa d' essere una scieuza d' osservaziooe ; — che non possono sperarsi veri pro- gressi, finche essa non si liberi da una falsa teoria ; — che debbono stmliarsi i fenomeni, non vane ipotesi, frutto dclla immaginazione. — Guai se fossero prevaluti tali consigli, la seienza, di cui abbozziamo la storia, sarebbe tornata neir infanzia ; ciascun fenomeno sarebbe un fatto isolato, la osservazione non si sap'rebbe indirizzare ad un utile scopo ; e quasi mancherebbe il linguaggio per esprimere le leggi, e le eccezioni gia discoperte. - — ■ Ma i progressi sof- frirebbero grave danno anebe dal eontrario errore di rite- nere la pseudoipotesi come un fatto, di cui non fosse per- messo dubilare ; e di ncgare o dissimulare tutti i fenomeni che si oppongono all' adottato sistema. 7^. Chi sa tenersi nel giusto mezzo non si appaga di una pseudoipotesi o di una ipotesi; bensi la pone in con- linuo confronlo colle osservazioni, egli nota le piu piccole differenze fra i movimenti degli astri e l'ammesso sistema; e tiene un conto tutto speciale dell' aberrazione dellc stelle, appunto perchc questo fenomeno non trova nella teoria alcuna spiegazione. Tanti materiali bene raggruppati da una teoria si generale, cui appena sfuggono pochi casi par- ticolari, rendono facile 1' impresa di chi s' accinge a ricer- care una piu plausibile ipotesi. Egli sa che essa dee sod- disfare non ad una folia innumerevole di fenomeni, ma ad una teoria abbastanza semplice ; cioe che i movimenti reali dei corpi celesti debbono presentare la stessa apparenza come se i piancti si aggirassero ellitticamente inlorno al Sole, il quale si rivolgesse in modo simile intorno alia Serie III, T. 1. 31 — 230 — Terra, ed inoltre avesseil moto diurnocircolare comune a tutti gli aslri. — Duo felicissirae idee conducono a pensare clie la Terra ruoli intorno al proprio asse e si muova cllil- ticamente intorno al Sole: le conseguenze del sistema sono quelle slesse di prima, cd esso ha molto guadagnato dal lato della semplicita; ma v'e di piii, l'aberrazione delle stelle trova ncl moto della Terra una compiuta spiegazione : quesli motivi sono piu che suflicienli per abbandonare la vecchia ed attenersi alia nuova psoudoipotesi. 75. Noi la ehiamiamo aneora pseudoipotcsi, perehe supponiamo ehc al buon senso comune ripugni rammcllci'o come un fatlo il moto della Terra. Pero in progresso un maggiorc csamc fara conoscere che questo buon senso non c che una vana presunzione, la eaduta dei gravi diligenle- mente osservata ci offrira una prova diretta del moto ro- tatorio della Terra ; siccho i principii della teoria cssendo parte certi parte probabili, cssa prendera il nome d'ipotesi. 70. Un' ipotesi tanto plausibile o che s' aecorda cosl bene coi fenomeni sembra lasciar ben poco a desidcrare. Nulladimeno il vero tilosofo non cessa di accrescere lo osservazioni, e le trova alcun poco discrepanti dallipotcsi; d' allronde egli pur bramerebbe di scoprire una legge da cui scaturissero come corollarii e il moto ellittico dei pia- neti c le mirabili relazioni cspresse dalle leggi del Keplero; vorrebbc pur trovare qual causa impedisca che la Luna cada sulla Terra, e qual forza disturbi continuamente il moto uniforme e rcttilinco dei pianeti c dei salelliti. — Queste due ultimo dimande offrono la risposta 1' una alP altra : la forza di projoziono impedisce alia Luna di cadoro, o la gravita che no sturba il movimenlo rcttilinco e quella stessa che fa cadere i corpi tcrrcslri. II calcolo jlimostra che, per conseguenza, Taltrazione della Terra — 2;u — segue la ragionc inversa del quadrato della distanza ; i mo- vimenti dei piancti mostrano poi che la stessa Icggc vale per l'attrazione solare ; anche Giove e Saturno attraggono i loro satelliti ; cio e piu che sufliciente per far presumere che 1' attrazione sia un' azione reciproca di tutti i corpi. Ed ecco svelato uno dei secreti della natura ; tutte le piii lievi e complicate eccezioni alia precedente ipotesi hanno ormai intcra spiegazione. — Newton fu prescelto a porre P ultima pietra del grande ediflcio, per cui tanti fllosofi soffersero falichc, disinganni e persecuzioni ; f astronomia e compiuta, e la lisica si e arricchita di una indubitata tesi. 77. Da questo abbozzo della strada, per la quale lo spirito umano giunse o potea giungere alia scoperta delle leggi, che reggoao gli astri, parmi emergere alcuni canoni generali rclativi all'oggettodi questo discorso. — Un' ipo- tesi, quantunque sembri scmplicissima e generale quanto quella del moto diurno delle stelle, non dee ritcnersi come un fatlo certissimo, bisogna anzi diligentemente cercare se cssa per avventura ammetta qualche eccezione, e se sia esattissiraa o soltanto approssimata. — Una ipotesi basata su principii molto soddisfacenti, qual era il sistema di To- lomeo nella sua prima semplicila, ma che male corrisponde coi fenomeni, dee abbandonarsi in confronto di una pseu- doipotesi improbabilissima nei principii e complicata, ma che presenta con bastante approssimazione i fenomeni, qual era per esempio il sistema di Tyco-Brahe. — Quesla pseu- doipotesi per quanto fosse assurda sarebbe sempre un prezioso acquislo, perche pu6 supplire ad una intermina- bilc enumerazionc di fatti particolari. Il pensiero di credere una tale pseudoipotesi lesalta espressione della natura, non sarebbe nc meno dannoso ne meno strano di qucllo di sconoscere i vantaggi della pseudoipotesi, e volerla pro- — 232 — scrivere senza saperne sostituire una di migliore. — Quando si conosce una pseudoipotesi, prima cura dev'es- sere di confrontarla accuratamenle coi falli, c non dissi- mulare Ic differenze che si osservano, anzi notare accura- tamenle tutti i fenomeni che sfuggono alia teoria ; cosi si apparecchiano i mezzi per la scoperta di una migliore pseudoipotesi od ipotesi, la quale dovra accordarsi nei ri- sultamcnti generali colla vecchia pseudoipotesi e soddisfare eziandio alle sue eccezioni. 78. So sono utili le ipotesi c le pseudoipotesi, che ser- vono a coordinare i fenomeni, sono semprc dannosi quei principii che si vogliono dare alle scienze : dannosi perche forse falsi, e perche per la loro siessa origine .anteriore alle sperienze si ritengono superior! ad essa ; tali, furono l7 immobility della terra, la forma circolare defle orbite, ed altre leggi di semplieita, che talvolta si ha la semplicita di voler imporre alia naiura. — Per riconoscere quanta fede sia da riporsi in qualche idea, bisogna accuratamenle csaminare dondc ci sia venuta. Del calorico e della costitnzione del corpi. 79. Dopo questa digressione torniamo ad csaminare se veramente sia dannosa ed inopportuna 1' ipotesi dell'esi- stenza del calorico. — Alcuni (isici credono che questa ipotesi sia necessaria per esporre chiaramente i fenomeni e per formarscne una giusta idea : il Comte lo nega asso- lutamente ; ma perche adunque si serve egli delle frasi quantite de chaleur, chaleur degagce, chaleur emise per- pcndiculairemcnt a la surface ? 0 sono esse frasi senza signiflcalo, od includono Tipotcsi dell'esistenza di un corpo sui generis. — 233 — SO. Non so come il Comte possa stabilire olio f aso
  • tQ per ogni tem- peratura, non per questo si conoscerebbe 0 , giaccbe la iutegrazione introduce una costante arbitraria. 99. Se vogliasi parlare della capacita speciGca relativa ad un dato volume, anziche ad una data massa, L' unita invece di [c : It] sari [1000 c : mH] ; e percio il valore di DtQ accennato nel §. precedente si dovri mol- tiplicare pel valore di [s : m3| , cioe per la densita del corpo. 100. Pei gas la quantiti di calorico Q contcnuta in un chilogramma dipende eziandio dalla pressionc p , cui esso e soltoposto. (Sia p un numero indicante quante atmosfere equivalgono a quella pressione). Secondo leggi, die piu accurate sperienze mostrarono soltanto approssi- mate, sarebbe Q=., + „(|H_l)/-1 ; essendo A una costante affatto ignota, cd a k due numeri costanti per ciaschedun gas. Cosi per 1' aria e a = 0,207 fe'i= -± . Ne viene clic la capacita speciGca a pressione i costante & \) (J — npk In quauto alia capacita 242 di un chilogramma di gas rinserrato in un costante volu- me cssa sara ]),(> -f- YirQ \)tp ; ora, quando il volume riinane costante, la pressione od elasticity p varia insieme colla temperatura, ed approssimatamente si mantiene pro- porzionale a ( = -j- l\ , percid d/> ; /> == d£ : ( = -f- / ) . Q iiindi la capacita di un chilogramma a volume costante si Irova D, Q -f- n„(J T),p — esso vo- lersi l'crmare all' esposizione dei fatti e imped ire alia scienza 252 di fare nuove scopei'te, — Da parecehi anni era stato os- servato die i raggi ealorifici altraversano il velro tanto meglio quanto pin clevala e la temperalura della sorgenle, da cui provengono ; e elie i raggi dopo avcro altraversala una lastra di velro acquistano maggior facilita acl attraver- same una seconda. Questa era la nuda esposizione dei fatti e ad essa si fermarono tulli i fisici prima del Melloni. Questi immagino che i raggi ealorifici sieno analoghi ai juminosi, e tale ipolesi lo guido alio sue mirabili scoperte, (conlinua). LA BIBBIA CONSIDIiRATA QUAL MEZZO D' ISTRUZIQNE LETTERARIA MEMORIA DEL CO. GIOVANNI CITTADELLA Lelta all' i. r. Islituto il 22 gennajo 1854. I Ln mezzo alia generate sollccitudine con che all' eta nostra e governanti e sapienti intendono a volgere in rae- glio e ad accordare i nodi piu conducenti al perfeziona- mento della pubblica istruzione, permettetemi o signori, clie io rinserrandomi tra i conflni della letteraria, vi ponga dinanzi agli occhi un bisogno cbe presso noi parvemi sem- pre di scorgere, ed a cui, se non erro, non fu ancora cbi si avvisasse di provvedere. Nelle scuole del bello scrivere an- tica ed utile costumanza ella e di roborare i precetti cogli esempj delle Ire sovrane letterature greca, latina, italiana ; esempj cbe sempre valsero a fecondare le menti degli stu- diosi, e cbe sempre varranno, quali che sieno per essere le variazioni diverse ricbieste nelle lettere dalla mutevole ra- gione dei tempi. Ma s' egli e fuori d' ogni dubbiezza, come fu sempre e sempre sara, che il vero, il buono ed il bello sia materia e scopo della lelteralura, io non veggo perche insieme alle tre mentovate non abbiasi ad accompagnare Serie 11 L T. 1. 31 — 254 — altra talc, cbe quelle, senza forse, soverchia nella sublimits de' suoi veri, nella eccellenza del buono, nella molteplice leggiadria delle forme. Quando e come l'italica letteratura abbia fatto suo pro' della Bibbia non e fra voi cbi nol sappia. A tacere dell'Ali- gbieri, del Tasso, del Manzoni e di altri, la poesia cavalle- resca del medio cvo si valse certamente delle idee cristiane, ma non venne mai condolta a perfetto termine, e le prove dei nominati scrittori menlre altestano la eflicacia dei sa- cri librij onorano bensi cbi seppe giovarsene, senza mo- strare per altro cbe quella norma siasi allargata giammai a beneiizio comuue delle lettere italiane, Ollracbe vuolsi con previsione distinguere la imitazione delle sacre pagine propriamente delta, in ordine cioe a componimenti di sub- bietto religioso, da quello studio largo e generale, con cbe avverlcndone i modi, il colorito, i Gontornij puossene senza pecca di servilita arriccbire ed ornare un argomento di qualsiasi ragione. Ed e appunto di questo studio, a quauto io mi sappia non ancora abbastanza negli effetti suoi pon- derato, cb' io tengo discorso ; e di questo ch' io vorrei ve- dere diffuso 1' esercizio nelle giovanili palestre. Non io pertanto farommi a notomizzare i pregi lette- rarii della Bibbia, e percbe gia notati da scrutatori valenti, e perche scopo di questa mia letlura sia solamente accen- nare il come si possa, giusta 1' avviso mio, trar 1' oro da quella ricca miniera nascosta ai piu, per batterne quindi una moneta di facile e frultuoso commercio. Bensi poche considerazioni basteranno qui sulle prime a cbiarire suc- cintamente il vantaggio cbe da tale studio dcriverebbe, non die a toglicre di mezzo quelle difticolta cbe si presentano a prima fronle nelf adempimenlo della mia proposta. In fatti, certo e il cristiauesimo avere dato al mondo — 255 — ineivilito romano ed alia moderna Eufopa con una rtuova credenza, leggi ed usanze nuove, nuovo modo di vivere e per cio stesso nuovo sistema d1 arli e di scienze, concios- siache dal modo del pensare e del vivere delle nazioni rampollino Y arti e le scienze, ed a quello si attaglino. Egli e dunque da inferirsi per logica deduzione che quel libroj il quale ordinato a preparare il cristianesimo siccome pro- pria sua materia e suo scopo, ne racchiude la semente, ne' accompagna i germogli, Io prenunzia, lo commenta, lo illu- Strdj ne insegna i principj, ne rivela i sentimenti, secondo cui la rinata umanita doveva modilicare se stessa, debba questo libro conformarsi piu cbe altro qualunque alia si- gnificazione di codeste modificazioni ed apprestare, diro cosi, i lineamenti atti a ritrarre il rinovato uomo intellet- tuale e morale. Dond' ecco la Bibbia non d' altro trattarc se non dell' uomo e di Dio, del creato e della eternita, ma della eternita non disgiunta dalla vita e dalle attinenze temporali, come nella mozza lilosolia de' Greci; bensi im- medesimata colla vita stessa del popolo. La Bibbia dunque abbraccia i piu alti concepimenti della mente e le piu vive emozioni del cuore, non mira ad accidenti mutevoli, sfi- da tempo e spazio, pigliando per altro regola e forma dalla natura. Dalla natura, io diceva, perciocche sebbeue i libri sacri appartengano all' ordine soprannaturale, rispetto alia supe- riore inspirazione che li moveva, nondimeno nel modo loro cosi fedelmente a quel semplice tipo si atlennero, che fra i loro autori ne contiamo alcuni non aiutati da presi- dio di arte anteriore, eppure non secondi a coloro cheave- vano nutrimento di buoni studj. E questa abilita, che porge la Bibbia di utile accomo- damento all' arte del dire, si moltiplica svariatamente per — 256 — ogni maniera di stile a molivo delle diverse improntc offer- te da quel sovrano volume. Nel vecchio testamento lianno speciale divisa i libri della legge e speciale hannola que'del- le storie:, ad una guisa si atteggiano i sapienziali, ad altra i profetici : e cosi dicasi del nuovo patto, dove abbiamo la medesima corrispondenza di varieta nei vangeli, negli atti degli apostoli, nell' epistole loro, e nell1 apocalisse. La di- versa materia necessariamente domandava diversila di espressione:, espressione umana di fermo, ma consona per altro alia grandezza delle proposte dottrine e delle rivelate verita, quindi opportuna a farsi modello multiforme nelle ragioni letterarie. Varieta maggiormente manifesta negli scritti poelici, dove abbondano tulte maniere di stile. Per- che la poesia degli Ebrei accoppiando il diletto alia utilita, parlando il mobile linguaggio della fantasia e del sentimento, con mirabile agilita s' innalza e si abbassa, e sa trovare ogni via che mette al cuore senza sedurlo, alia imagina- zione senza ingannarla, all' intelletto senza noiarlo. Se non cbe discendendo alle difiicolta che mostrano attraversarsi al lavoro da me indicato, la Bibbia e pelago troppo vasto percbe i giovani possano tutto discorrerlo. Addiviene in tal caso il medesimo cbe dei classici, i quali per la soverchia mole delle opere loro, non e dato di porli tutti e per inlero sotto agli occbi dei giovani; dond' ecco il bisogno di fare ricorso alia scelta del meglio. Ancbe nello studio delle carte inspirate giova battere la medesima stra- da ; ma in modo diverso dall' usato generalmente fin qui nelle profane collezioni, dove la negligenza della cerna, la stranezza'dei riscontri, la confusione degli stili rimescolati a catafascio inzeppano le giovani intelligenze di forme re- pugnanti ed incompossibili con gravissimo danno del loro buon gusto. — 257 — E qui, prima di accennarc ai particolari della maniera con die per noi si vorrebbe raccolto il fiore letterario della sacra Scrittura, premettiamo come necessario fondamento T avvertenza di procedere sempre col dovulo e necessario riserbo alia religiosity del subbietto cbe abbiamo fra mano, accompagnando cioe il nostro scernimento di quelle inter- pretazioni cbe sanci 1' autorita della Cbiesa. Al quale pro- posito si ricordi cbe le divine scrilture danno simiglianza di armonioso stromento, dove non ogni membro risponde cgualmente sonoro^ma in cui lutto bensi collegasi a modo che anclie i tralti mancbevoli dioscillazione conferiscono all' armonia. Egli e dunque sovra i sonori che noi dobbia- mo fermaro la nostra attenzione, sovra quelli cioe la cui rispondenza alle forme lelterarie chiaramente si appalesa. Sono in particolare le profezie che per la oscurita loro ri- chieggono maggiore circospezione, sotto questo rispetto, da chi si accigne alia scelta ch' io vo divisando; oscurita procedenle da quelle tra le allusioni loro,, che riferisconsi a fatti da compiersi o nella successione dei secoli, o alia fine dei tempi e persino nella medesima eternita. Nel quale sceveramento il mio spigolatore drizzera la mente cola dove sprizza chiaro il pensiero, lasciando il merito delle disputazioni e la delerminazione del significato allegorico ai maestri in religione. Ma non basta. I libri sacri sono f rut to di penne orien- tali « in quella parte ove '1 mondo e piu vivo » secondo che scriveva I' Alighieri. Quella sfolgorata lucentezza di cielo, quell' eslivo raggio di un sole quasi non mai annu- volalo, quella serena eloquenza di limpidissime notti, e la vivilica alaerita di uq aere puro e sottile, ora la pompa maravigliosa di una vegetazione gigante, ora la interminata sterilita dei deserti, il caliginoso silenzio di misteriosi re- — 258 — eessi, la macsta revercnda di que' flumi rogali, ia lunghezza delle arsure, il benefizio delle sospiratissime pioggie, 1' in- vernale fragore di rovinosi torrenti, lo scomraovimento dei facili terremoti, il succedentesi scoppio delle repentine saette, il negro turbinio di grandinose procelle, ed un po- poio di animanti di ogni generazione, agili, iramani, vario- pinti, moltepliei, e verzura di paschi, e freschezza divalli, e P alito di quclla natura tutta olezzi e fragranza, ecco il campo, ecco I' arpa, la tavolozza da cui gl' inspirati di Oriente trassero fiori, trassero Unto e armonie a inghirlan- dare, a dipingere, a malt'mare la primogenita dell1 Eterno, la Verita piii riposta. Di qua pertanto que' subiti e irape- tuosi sbalzi della imaginazione, quclla vibralezza di locu- zioni, quella ricorrenza di sentenze enigmaticbe, di figure, le quali non sempre si affanno all' indole della piu pacata e temperante nostra letteratura ; di qua dunque la neces- sita di segnare ai giovani con precisione i confini, oltre i quali non si pup metier piede senza falseggiare e svisare la naturale sembianza delle lettere noslre. Togliamo si dalla Bibbia le iiuagini, ma vestiamole cosi che si adattino alle prcsenti forme e abitudini ; conciossia- cbe sempre avvenga che la poesia si componga di due parti diverse, cioe delle irnagini e delle loro manifestazioni. Codesta scelta ancbe in tale rispetto risponde a quella da noi usata coi classici, ove al bello si fraiimiiscbiano men- de; mende che gl'islruttori uopo e manifestino agli alunni, afflnche la troppo riverita autorita del modello non li tra- scini a degenerazione di gusto. E codesta scelta dei modi letterarii nella Bibbia verrebbe compensata da non minore profitto che quello nei classici, perciocche la poesia della Bibbia sdegna le trasposizioni, aborre dalla perifrasi, fugge il ribocco di epiteli, si dilunga dagli artificiati asgiramenti. — 259 — offre grandezza, nobilta di pensiero c di stile, llessibilita di maniere vive e patetiche, coiicisionc di dire, eleganza di frase ; adescamenli tutti della pensata parola, che gustali dai gi ovarii possono versar loro noil' animo il sentimento del bello, ed ammaestrarli nel difficile magistero del per- suadere le menti e del commuovere i cuori. Accioeclie poi la mia proposizione non abbia faccia di un desiderio posto innanzi avvenlatamente, senza dare almanco la indicazione dei modi con die ridurlo ad effet- to ; accioeclie la si tolga dalle indeterminate larghezze della generality, vengbiamo ai piu rilevanti particolari die pos- sono mutare la promessa del seme in malurazione di frut- to. Traltasi, e vero, di campo assai vasto ove air altezza della palma c del cedro si alterna la umilta dell' isopo, la freschezza delle rose d'Engaddi, il rezzo dei platani, la rae- lanconia degli ulivi, la fragranza del cinnamomo, la feracita delle viti e mille altre vegetazioni d' uso, di forma e di color differenti ; ma in mezzo a codesta vastita di spazio, in mezzo a codesta dovizia di gcrminanti risovveniamoci sempre che, dopo Dio, Tuomo e il tisso termine della Bib- bia, il cui liuguaggio, come sopra avvertimmo, contempe- randosi alia umana natura, se ne acconcia alle norme. Nella Bibbia pertanto spiccano i Ire caralleri principali dell' umano discorso , la mitezza cioe della- naturale espressioue, la nobile manifestazione del medilato concet- to, 1' aitezza delle concitate passioni ; i quali tutti e tre agevolano sommamentc la scelta da noi proposla, additan- do la partizione del sacro volume seconclo la rispoudenza dei varii suoi libri a questo od a quello dei tre caralteri ricordati. A dir vero io mi accosto a quelli che guardano come di convenzione, anziche di fatto, la distinzione dei Ire sliU — 260 — semplice, medio c sublime, potendosi non di rado aceop- piare la piu facile semplicita alia sublimits piu robusta. Pure mirando il mio divisamento al vantaggio dci giovani, nelle cui scuole codesla dislinzione generalmente si osser- va, e d'altra parte potendosi ad un libro qualunque dare il battesimo del suo stile secondo la precipua ragion del sub- bietto e della dizionc, dividerei in tre parti la biblica cre- stomazia da porsi in mano agli studiosi delle lcttere. Vorrei che nella prima si raccogliessero i tipi del semplice scrive- re ; allogherei nella seconda gli esempj del dire composto, per collocar nella terza le prove del sublime. Divisione codesta di non difficile eseguimenlo, ove abbiasi sott' oc- cbio la varia maniera e natura dei diversi libri che com- pongono 1' inspirato volume. L' amatore, a mo' d'esempio, della semplice narrazione ne trova lo specchio Del Pentateuco, dove Mose, siccome lucido faro sull' abisso dei tempi, manifestasi il biografo dell' uomo, P annalista della natura, il cronista delle geste di Dio, tenendosi lungi dalle fantasticbe ispirazioni di Omero e di Esiodo, dagli oratorii artifizii di Erodoto e di Tucidide,, dal fascino abbagliatore di preconcetto divisa- mento. Pontefice e patriarca egli scrive sotto agli occhi di un popolo quanto la comune tradizionc gli raffermava ; lemperato nella espressione, signiiicanto idee, non imagini, ordinato, perspicuo; stile senza modello, perche narralore di argomento senza escmpio, perche traduzion, direi quasi, della stessa materiale creaziono, dond'eccovi quella sintesi dell' antico mondo, la Genesi, nettamente concisa, e ricco di comparazioni il libro dei Numeri. Ammirabile e quel di Tobia per ingenuita di racconto, per ispontaneita di dialo- go, per pieghevole signiticazionc delle piu blande affezioni, e come a dire, dei piu gentili artificii del cuore, per brevita — 2(il — striugata di moniti, per opportuna scella di aceidonti drammatici. I legami di famiglia, le vicendevoli annegazioni di ogni suo membro a conservarne la unione e la pace, la necessity della misurata corrispondenza fra le obbedienze e i camandi, il coraggib della umilla, le Industrie soltili dclla ospitale benevolenza, la dilicatezza del guiderdone non ostentato, la provvidenza dei consigli, il ricambio della gratitudine, e cento altre casalinghe virtii spiccano con dolcezza di affetto dalle pagine di Ruth. Le meglio soavi, c, per cosi esprimermi, le pastorali imagini dell'amo- rc, la morbidezza di cure affettuose, di teneri sentimenti, la elctla dovizia delle piu mansuelc similitudini stanno nel Cantico dei Cantiei. Mentreil Vangelo, questo maraviglioso libro del popolo, questo prototipo di tutie le successive leggende , anclie nella sua forma rappresenta I' inlima diversity clie corre tra 1' antica alleanza fermata da Dio col solo Israele sul Sinai, e 1' altra slrella da Lui stesso sul Golgota con lutlo il genere umano. La dolcezza e I' amore dovevano pcrcio governare lo stile di quei dettati, ond' e che il Vangelo foggiandosi a quelle impronte offre eserapii di figure e allusioni, secondo la costitmanza degli Orientali : clie nei ragionamcnli loro solevano ritrarre le cose e le dottrine stesse con siniboli e con enigmi. Sislema conducente a perspicuita di discorso, alia rilevala manife- stazione del vero, alia popolare sua dil'fusione, e tanto maggiormente preferito dai banditori del Verbo, per con- trapporlo siccome rimprovero e scuola di sillogistici con- torcimenti dei filosofi contemporanei, alio studiate ricer- calezze dei retori, ai nebulosi alTastellamenli de' Farisei . sislema proficuo sempre, e Corse meglio a' di noslri, nei quali lanla enra si pone alia istruzione del popolo, e se- gnatamente del popolo giovane : sislema tli cui vi porge Serie III. T. I. 55 — 262 — rare ma commendevoli prove la stessa antiea Ictteralura profana, come nolle parole cli Mennenio Agrippa alia plebe romana e nei famosi racconti del favoleggiatore di Frigia. Chi voglia norme del medio stile tolga a leggere I' Ee- clesiasle, dove il Re sapientissimo contempla come dall alio la caducita delle cose terrene, la liacchezza dell'uomo com- battuto dagl' insaziabili suoi desiderii, scandaglia i pcnsieri della umanila, secerne i pensieri della scienza e della sag- gezza da quelli dell'crrore e della follia, seruta le passioni, ne misura la vacuita, annoda insieme i necessarii avvicen- damenti nella vita del saggio, si piace al fratellevole usare dell' uinano consorzio, entra spettatore in quella vasta arena chJ e il mondo, mira la lotta della prepotcnza colla debolczza, delle nequizie colla rettitudine, levasi rincorato ai futuri trionfi di questa, e quasi sospeso fra il cielo e la terra, sembra volcrli insieme congiungere, contemperando fra noi la giustizia delle opere, la verita dei pensieri, la bellezza dei modi coll' archetipa idea che giustizia, verita- de e bellezza in se stessa per eccellenza rauna. II simiglianlepuoi dire deU'Ecclesiaslico, opera di Gesii ligliuolo di Sirach, die I' uomo considera nelle sue depen- denze coll' etica, colla civilta, colla politica ; die mostra le condizioni diverse onde la umana famiglia si compone in ordine ed unila; die alia concisione del precedente seritlo sosliluisce piu regolare c suecessivo progredimento, piu stretto nesso di principii e di subbietti, che s' intrometle periino nelle abitudini [>iu secrete della vita domestica, nelle piu esteriori del costumar conversevole, e sempre con perspicuila di linguaggio, con vivezza d' iinagini, con giusta proporzione d' incisi. II libro dei Giudici in Debora ed in Jaele ti aramaestra a rilevare la morale ed intellettuale suscettivita della don- — 2(53 — na ; la frode c il ricatto trovano parole e colori nei fatti di Sansone. Svolgete i duo primi libri dei Re, e la madre di Samuele vi tocchera tasti che suonano pazienza, dolcezza, umilta, materna sollecitudine; in Saule avrete i concetti della regia possanza usata e abusata ; in Davidde quelli della fanciul- lezza innocente, della coraggiosa adolescenza, della tolle- ranza longanime, della umana fralezza e del pentimento sincere. A dettare le storie seguatamente morali, quelle cioe che non tanlo riguardano i grandi avvenimenti politiei, quanto la vila inlima e la civile condizione di un popolo, possono tarsi guida il terzo ed il quarto libro dell'opera mentovata, dei Re. Uguaglianza di slile, legame di narrazioni, spiega- zione di usi, di cereinonie, di feste, di religione, dipintura di principi, confronto di colpe e di virtu sono i pregi di questo dellato ehe accoppia alia piu dilettevole varieta la piii vantaggiosa islruzione. Altrettanto vuol dirsi delle pagine de' Maccabei e di Esther, ma piu larga scuola daranno i Proverbi di Salo- mone ed il libro della Sapienza. In quelli troverete a gran dovizia similitudini di eose naturali per cavarne signiflcan- za morale: maniera d' insegnamento facile, breve, sicura, acconcia ad ogni ordine di persone, ad ogni argomento di fdosolia, di politica, di cconomia : vi troverete toccate le corde dell' onore, dell' interesse, dell' amor , del timore, della naturale tenerezza, e principe sovra tulto il senti- mento di quella operosa dignita di se stessi,, che sferra 1' uomo dalle jtastoie della volultuosa pigrizia. E cosi pur la Sapienza. Qui non vacuita di slerili speculazioni, non frastagliate norme di morale chimerica, non Utopia di so- iinati diritti, ma la giusta proporzione fra la creatura c il — 204 — Creature, ma il fedele ritratto dell'uomo intelletluale e mo- rale, gli spiccati Iimiti della sua condizione, la dcnudala ragione dei Re, dei grandi, dei giudici della terra, senza le- sione della vera lor dignita : qui la sommessione e il potere, qui I' equiiibrio del civile consorzio;c tutto questo ntani- feslato con chiarezza e concisione frammischiata a quella vivacila di Iraslali die accresce la evidenza e ribadisce le idee. Che se ti eoglie mestizia, se desideri affondarti in rae- lanconiea tenerezza di afletti, volgiti al fisliuolo di Helcia, allaiditto Geremia. Anche questi, al paro di Isaia, annunzia sciagure, specialmente nei Treni, ma sostituiscc al grido della collera la voce della commiserazione : le sue predi- zioni meglio clie minaecia, sono lamenli, gli stessi rimpro- veri, piu clie dalla bocca di giudice, sembrano useire dalle labbra di genitore, e vedi miste ai rimproveri lesortazioni, al rinverdimenlo della virtu; vedi I' idea del perdono disa- cerbare \" affanno delle tribolazioni, e tanto ingentdire ed annobilirsi questa idea geuerosa, da diventare sulle sue labbra un bisogno, da vestir modo ed abito di pregbiera. La i conforti delle speranze, il sorriso della promessa di contro alia costernazione ed ai gemiti ; la spartita in mille vene diverse un' abbondevole fonte di quel sentimento, che apre e serra le porte della vita, e che certo con soverchia nerezza di tinte uno scrittore non ha guari chiamava eter- na unica mensa deli' noma, il dolor e. Finalmente 1' oratore ed il lirico, che vogliono alto pog- giare, si accostinoa Giuditta, nel cui libro echeggiano le ar- nionie di che possono inspirarsi i cantici delle battaglie c grinni della vittoria ; che intanto, d' a lira parte, le miserie della umanila, le illusioni della ipocrisia, la insensalezza della lirannide, le smanie del dolorc, le durezze e i disin- — C2G5 — gaoni dell' avarizia, i conforti del bcnclicio, 1' arcano della vera sapienza, sono tutti pensieri, imagini, senlimenti si- gnilicali con sublimita di concelto dalle calde parole dello sventurato Idumeo. Gompendio di lutla la Scrittura e il Salterio : qui le prove pii'i luminose delle pagine sloriche, qui la pittura delle meraviglic uscite dalla man dell' Eterno, qui la piu alta sublimita dei canti profetici, i piu semplici ed i piu succosi dettami della morale, e le dolcezze allora general- mente ignote del culto interiore, anticipazione de' secoli. Ed a siffatti principali argomenti vedi intrecciarsi, quasi rimessitieei della gran pianta, que'sensi diversi ehe sorgono dair anirao umano; la franca alterezza della virtu, I'umile riserbo della poverla, il rimorso del delitto, la sospension dello spirito, le agonic de'martori, i conforti della rasse- gnazione, i rincoramenti della liducia, le dolcezze della pro- sperity. Vi trova suo linguaggio il conquistatore, ve lo tro- va il benefico, il solitario ed il supplice, il timido e il co- raggioso: e questo linguaggio si variopinge, si tramuta, si piega tra la dispostezza dell' ordine c V apparente divaga- menlo delle digressioni, tra voli e riposi, tra passaggi e ritorni, dove la sublimita^ non bisogncvole d' indulgenza a venire compresa, mostra perdere il freno ma lo conserva, dove si spaventa il pensiero ma non si accascia, dove l'ani- mo trema ma non si atterra, dove I' uomo dai penctrali intimi di se medesimo si allarga con affettuosa effusione al fratcrno consorzio di lutta la umana famiglia. Nulla dircmo dei dodici profeti che si addomandano minor i, per la brevita degli scrilti loro, cbe possono farsi scopo alio ricerche dello scritlorc per la varieta dello stile. I profeti sedetlero fra i sapienli di Israello; filosofi erano le piu volte, teoloiii, addottrinatori del popolo. Nessuno imita — 266 — gli altri con raonotona servilita; nessunn narra nlla distesa e per intero il grande avveoimento dolla Redenzione, ma tutti concorrono insieme a formare il quadro solcnne. I piii antichi ne segnano le prime bozze, ed i succedenti per- fezionano di mano in mano que' (ratti che gli anteeessori avevano lasciati manchevoli, cd accalorano maggiormente le tinte^ come piu si accostano all' accadimento sublime. Percid, quale li prcsenta il fare tronco di Tacito, quale la vivacita della lirica, tal allro la semplicila della georgica, e cosi vie via a seconda della diversa loro indole e condi- zione e del tempo in cui vissero. Abbandoneremo frattanto queste stelle minori per goderne piu diffusa la luce nei raggi loro riverbcrali dagli astri maggiori cui fanno corona. L' eloquenlissimo dei profeti e Isaia dolto nelle scienze naturali, nella morale e nella leologica, di pulltissima lin- gua, magnilico nello slile, veemenle ne'suoi trasportamenti, ricco di figure, ornato, fiorito, vario adegua sempre il suo dire alia dignita del subbietto. I politici rivolgimenti di un popolo, invasioni e sconlltle, le calamita di una intera na- zione, il flagello del servaggio, i conforti della sua reden- zione civile, rampogne e minaccie, raiserie e pompe, lutti e bagordi, il creato e 1' eternita, ecco gli spazii pe' quali splendidamenle grandeggia il principe dei profeti, lasciando vasta orma di esempio alia parola dell' oratore, alia trom- ba e alia lira dell' estasiato poeta. Le profezie di Ezecliiele si aggirano sugli stessi argo- menti trattati da Isaia e da Gcremia, con questa differenza per allro die meglio vi si mostrano le idee della scienza ed anche dell' arcbiletlura accompagnate da riccbezza di traslati e suggellate dal marcbio della vigoria piu robusta. Quando sulTale dei turbini, quando sul dorso dei cberubini vola, tuona, spaventa, atterrisce. e _ 207 — Nei rispetti letterarii, il vaogelo di s. Giovanni si spieca dagli altri per I' altezza delle idee dirette a scoprire e con- vincere gli errori degli stoici o dei platonici, per la subli- me esposizione de' pia gravi e reconditi principii del eri- stianesimo, per la maesta delle espressioni che tratto tratto si appaiano alia eeeellenza dei concelti. La sua parola e luce dell' intelletto, e Gamma del cuore ; il suo pensiero non ha confronto che nel volo dell' aquila ; il suo vaogelo e co- me la primizia di quanlo accolgouo i libri del nuovo Pa Ho. Alio stile di lui possooo bellamente adattarsi le caldo tinte con che s. Girolamo voile rappresentarci I' intimo spirito di lulli qualtro gJ-i storici della Redenzione; la dove ehia- mandoli quadriga di Dio, soggiugne poscia: per totum cor- pus oculati sunt, scintillae emicant, discurrunt fulgura, pe- des habcnl, rectos et in sublime tendentes, terga pcnnala et uliquc volilantia, tencnt se mutuo , sibique perplcxi sunt el quasi rola in rota volvuntur et percjunt quocumque eos flatus Spiritus Sancli perduxerit etc. (Ad Paul.). Ora volgendo rapidamente lo sguardo all' epistole di s. Paolo, possono molto giovare alio studioso della elo- quenza, tanto vi prevale la profondita delle idee, la forza del ragionamenlo, il fervore dei sentimenti, la eopia dei pensieri, la rapidita del discorso. No credasi alio scrittore profano venirne stremato il vantaggio dell' esempio dalla qualita dei subbietti clie predilesse 1' Apostolo di Tarso. Peroccbe menlr' egli da un canto o roborava i dogmi della fede, o combatteva sinerone e future eresie, dalf altro in- dirizzava la meditata ed accesa favella all' uomo conside- rato nolle correlazioni del civile consorzio, in ogni condi- zione s' infra mmetteva, lumeggiava le piii forti e le pid gentili virtu, od ora parlava a pastori ed a popoli, ora a principi cd a soguetli, qua scuoleva i ricchi e i poveri ad- — 268 — dirizzava, la temperava i padroni, e correggeva i domestic! ; e padri, c figliuoli, e eelibi e conjugati, e vergini o vedove, c lilosoli c grossolani, tutti avevano dal suo labbro consigli o rimproveri, esortazioni e conforti: che fu egli veramente tromba del Vangelo, ruggito del Leone di Giuda, fragore di tuono, flume di eloquio, anzi mare immenso e profondo che, a detta del Grisostomo., copre gli abissi della inlinila Sapienza. Cio die trovasi di piu lenero, di piu vivo c di piu mae- stoso, dice Calmet, nella legge e nei profeti, riceve lustro novello nell' Apocalisse. Questo enigma stupendo che rac- chiude quanto deve succedere alia Chiesa sino alia seeonda venula del Verbo, divenne sloria, in gran parte. Spogliane le ligure del velo che lo ravvolve, c vi scorgerai da un canto la Divinita redentrice, dall' altra la Chiesa perseguitala, dove la merelricia impudenza di Romapagana, dove il ri- boceo delle sciagure che la Iravagliano ; qua il linimondo, allusioni cola della vita avvenire. E tutti codesti argomenti espressi dall' inspirato cantore con sublime naturalezza, con magnificenza cospicua. Oielo e terra si faimo teatro a quelle visioni, il Re dei regnanli e i principi delle nazioni vi primeggiano attori: ivi ordine e scelta di falti, rispon- denza di caralleri, brio di racconti, elevatezza di vaticinii, verita religiose ed ornamenli poetici, e quanto in somma fa di meslieri ad erigere 1' anima, a volgere il sentimcnto. E qui, se non temessi abusare la vostra indulgenza, po- trei dei nominali tre stili semplicc, temperato e sublime recarvi in mano gli esempj trascegliendone cadaimo da questo o da quello dei sacri libri che vi ho toccato iinora, e voltandoli nel nostro linguaggio, secondoche per me in- tenderebbesi fosse da compilarsi la proposta crestomazia. Ma nol concedono i termini di questa auehe troppo pro- — 269 — Iralta lettura, alia quale se voi, collegia chiarissimi, farete biion viso, mi si ringagliardira il desiderio die altri piii versato di me nelle sacre pagine e meglio valente a render- ne gli alti sensi nella patria favella, tramuti questo mio di- visamenlo in un fatto. Fatto lanto maggiormente giovevole alia gioventu, che sotto il velame delle differenti forme letterarie da me registrate germogliano, crescono e vigori- scono pensieri della piu robusta sapienza, senlimenti della piu eletta virtii, cibo necessario alia crescente nostra ge- nerazione; perelit! in nobile gara contendano alacremente il nerbo dell' intellctto e le fibre del cuore. Serie 111. T I. 36 ADIUflNZA Mli GlOIliO 27 GlilHUO i85G II m. e. prof. Roberto He Visiani legge le se- gucnti notizie Delia vita e degli studii del dottore Domenico Martinati. Che uomini di qualche ingegno, forniti delle attiludini necessarie ad attendere con successo alio scienze o alle arti e posti in condizioni favorevoli di fortuna, di tempi e di luoghi, aggiungano a grado notevole d'istruzione, sicche dell' una o dell' altra di esse riescano cultori e conoscitori solenni, od anche del Ioro incremenlo promovitori utili e rinomati, non puo essere meraviglia, e lastoria dell'umano sapere ce n' offre esempii numerosi e continui. Ne minor copia ne presenla essa di quelli, che alle scienze o alle arti si dedicano o pel nobile intendimento di segnalarsi dalla comune degli uomini e levar bella fama, o pel men nobile, ma spesso piu necessario fine di procacciarsi coll'esercizio delle medesime onorevole mezzo di sopperire ai bisogni molteplici della vita. >Ia rarissimi e siogolari sono in quella vece gli esempii di coloro, che le scienze amano e studiano per se medesime, e cio vuol dire pel solo affetto purissimo di tutto cio che e vero e buono e bello nella natura o nel- 1' arte, pel solo desiderio di approfondarne e conoscerne o le leggi o le applicazioni^ pel solo amore della intera uma- — 272 — nitd, clie li sospinge ad occuparsi con ardore di tutto che pu6 crescerle vantaggio, coraodo o perfezione. Ora di uno di cotesti eletti spiriti, che non isconfortato al difetto di que'soccorsi e quegli agi, che solo abbondano alio condizioni privilegiate, siasi posto a studiar con ardore e per tutta la vita sua le parti piu praticamente utili del sapere, e non per braraa di gloria ne per sete di lucro, si puramente ed unicamente per V araore delta dottrina e per quello ancor piu sanlo degli uomini, di uno di cotesti mi sembra utile e giusto di narrar brevemente la modesta vita e i [laciiici studii. Ne in quello che io ne diro avra parte alcuna 1' affetto e lu lunga consuetudine che mi stringeva all' egregio naluralista e medico il dottore Domenico Mar- linati, di cui favello, che 1' affetto ispirato dalla riverenza all' ingegno ed al cuore, al sapere ed alia virtu non pu6 cundurre ad inorpellare la verita o a falsa re i giudizii del- F intelletlo. Domenico Martinati nacque in Pontecasale della pro- vincia di Padova a'di 2 giugno nel 1774, di Pietro Marti- nati edi Cristina Belloni. Educato, secondo I'umile fortuna della famiglia, nei rudimenti delle lettere in patria, seguito suoi studii nel collegio del sacerdote Brontura in Padova, ove sorti meno a condiseepoli che ad amici 1' illustre geo- logo Vicenlino Giuseppe Marzari-Pencati, Domenico Ce- roni di Verona, ed altri ancora che onorarono poscia, co- meche in grado diverso, e l'istitutore egregio e se stessi; e di la passo piu tardi nel collegio Graziani della stessa citta. Inclinato lino d' allora agli studii di osservazione, prefer! fra questi la medicina e fu ascritto alia Universita degli artisti. — Ebbe il destro di farsi ospite delle sorelle Medici, nella cui casa la colta e gentile Maria, detta fra gli Arcadi, secondo le vaghezze del tempo, Egle Euganea, rac- — 273 — coglieva presso di se nellc serali conversazioni il fiore elctto dei dotti di Padova. Laureate, colle forme le piu onorifiche die allora si costumassero, in filosofia e medieina nel 1797, pratico per tre anni quest' ultima in Vicenza presso quel protomedico Giuseppe Maria Lupieri, ed in quella citta si lego d' amicizia con Gio. Baltista Quadri, che fu poi chia- ro professore a Napoli di oculistica ed oculista del Re. Si fu con esso, che imprese il Martinati la sua prima corsa od esplorazione scientifica ne' monti vicentini e veronesi, onde iniziarsi nella conoscenza dei prodotti delta natura, alia quale il chiamavano gia le sue inclinazioni ed il ta- lento dell'osservare che in Iui prendeva a manifestarsi. Da questo viaggio, che duro alcuni mesi, data il principio de' suoi studii natural! e delle raccolte che ne provennero, studii e raccolte che poi formarono la prediletta occupa- zione e le piu pure gioje della intera sua vita. Ma a render questa piu lieta ahhisognavano al cuore affettuoso ed all'in- dole medilahonda e casalinga del Martinati altre gioje piu tranquille e piu sante, quelle della famiglia ; periodic scon- tratosi in donna degna di accompagnarglisi, nel 1804 diede fede e niano di sposo a Catterina Piazza, nata in Venezia, ma dalla prima eta tramutatasi a Pontecasale col padre; la quale alle grazie della persona, all' amabilita dignitosa dei modi ed al sentire piu dilicato, accoppiava sodezza e penelrazione d' ingegno, virile senno, coltura letteraria molleplice., rara facilita di stile,, esimia perizia nel disegna- re e colorire piante ed insetti, die meritarono gli elogii e I' ammirazione di quelP ah. Chiereghin die pur n'era si so- lenne maestro; e queste si helle doti velava con si ingenua modeslia da crescerne in mille doppii 1' eccellenza ed il fregio. Parti con essa i piaceri e i pochi affanni di un lun- go e ognor sereno consorzio e n" ehbe Ire figlie, a due delle - 274 — quali dolsogli di sopravviverc, ed un solo figlio che, credo delle virtu e dell' ingegno suo, tutte ne avvero le speranze. Stette colla famiglia in Pontecasale lino alia nicla del 1850, al qual tempo si trasferiva in Gorgo, povero e spicciolato paesello posto lungo il canale di Bovolenta. Ivi perdette nel 1851 la egregia donna, ehc pel lungo spazio di quaran- tasetle anni aveagli fatta dolce c consolata la vita, c que- sla perdita da lui sentita profondamente, turbo per sempre i giorni che gli avanzarono, lo rese piu schivo delle ami- chevoli consuetudini, piu tardo alio hellezze della nalura, men curantc di lullo quello che il dilcttava da prima, onde ehe quatlro anni appresso, e gia piu che ottantenne scio- gliendo il benedetto spirito nel di 10 aprile del 1855, vo- lava a raggiungere V arnica sua, ed a rislringere per sem- pre in cielo quel nodo, che non erasi che allentato mo- menlaneamente quaggiu. Religioso senza ostentazione, la fermezza della creden- za vigoreggio in esso colla maturita del senno e degli anni. Benetico e liberate quanto gliel consentivano le limitate for- tune, fu pronto al commiserare, piu pronto al soccorrere, o no 'I potendo, a consolar 1' infortunio. Nella trattazione degli alTari merito ed ebbe fama d' illibata onesta, di scru- polosa delicatezza, anteponendo sempre nei casi dubbii il proprio danno alia sola possibility dell'altrui. Amo d'amor unico e intemerato, ne meno altamentc stimo, la moglie, che ricambiavalo in eguale misura. Fu figlio csemplarmente amorevole, rispettoso e sommesso anche quando era piu che sessagcnario ; padre e congiunto sollecito cd amoroso, amico fermo e Ieale, cittadino volonteroso e nelle pubbli- che cose, ogni volta che il richiedessero, largo d' opera e di consiglio. Nelle gioje modesto, nelle sventure sereno, ri- servato coi conoscenti, cordialc coi pochi amici, era — 275 — no' modi semplice, parco e lento nel favellare, noil' aspetlo tra il freddo e il severo, talche in sulle prime niuno die nol conoscesse piu addentro avrebbe potato apporsi qual cuor nobile c facile ad agitarsi palpitasse sotto quella brulla cor- teccia ; uomo infine cbe ritraendo piu della ruvida e sehiet- ta natura degli avi nostri, che delle artiiiziate e leziose co- stumanze piovuteci d' oltre monte, pareva appartener piu che a questo ad altro tempo e ad allra generazione. Ci6 delle qualita morali e delle virtu domestiche del Martinati : ora delle intelleltuali e di ci6 che operatosi da lui per la scienza nel suo romito ritiro, era giusto che tollo a un obblio immeritato, fosse tratto qui nella pubhlica luce. Pratico conoscitorc dei classici di quella lingua, che sola un di affratcllava in facile corrispondenza i dotti di tutto il mondo, versato nelle scienze filosofiehe, mediche ed agro- nomiche, della geometria conoscente, della musica appas- sionato coltivatore, a questi studii diede le prime cure come ornamenti e cari conforti dell' uman vivere, o come necessarie guide ed ajuli a quelli che predilesse dappoi, i quali dei prodotti varii della natura si fanno ad indagare e scoprire 1' origine, la struttura, la distribuzione, le rela- zioni, i fenomeni e le utili proprieta. Ora di questi ultimi non e parte ch' egli avidamente non ricercasse, di tutte oc- cupandosi e raccogliendo di tutte con istancabile diligenza quanto offrivasi al cupido c intelligent suo sguardo. Il che, considerata la sterminala vastita presente di tali scienze^ potrebbe far cadeie nel Martinati il sospetto, non forse avesse egli potuto sliorarne appena la superlicie, come suole avvenire a que' tanti, che con fuggitivo labbro di lamhir tutto sollcciti, del sapor vcro e della virtu intima delle cose non possono far giudizio o concetto che lor si avvenga. A francarlo di cotal taccia basti por mente alia — 27(i — strettezza di tali studii a' suoi lempi, per cui nelle opere linnoane, cbe a que'di riempievano il mondo della lor fama, stimavasi accolta, ordinata e descritta pressoche tutta la creazione terrestre: ne piu la di quelle miravaao gli studio- si d' allora, come gia quelli de' tempi auteriori al risorgi- mento delle lettere nelle opere di Aristolele, di Dioscoride e di Plinio. Quale stupore pertanto, cheil Marlinati ammi- ratore venerabondo dell' ingegno osservatore e metodico dell' immoi'tale Svedese, studiasse i naturali prodotti, al pari d' ogni alLro, in quel libro ch' era allora il codice uui- eo della scienza, il sistema della natura, cbe dei medesimi agevolava la conoscenza,, limilandone grandemente il nu- mero, ed oltraccio compendiandone in pocbe parole i ca- ratteri. Cbe se a cio aggiungasi cb' egli ristringeva le sue ricerche ai soli esseri proprii del suo paese, e cio vuol dire del regno venelo, non sara meraviglia com' ei potesse di questi colla necessaria esattezza e profondita, compiere e perl'ezionare lo studio. Ne di tutte le parti che la storia naturale compongono ei si occupava colla medesima in- tensita, per cui quantunque nelle sue corse ai monti delle vicine provincie non rifmisse di fare incetta di tutto che a quella scienza rapportasi, e n'esplorasse la struttura geo- logica, e i minerali ne raccogliesse, e facesse conserva dei resti organici fossili ivi deposti dagli anticbi sconvolgimenti, e di tutto il veduto prendesse nota e compilasse catalogo, pure pose sempre speciale amore alia zoologia ed alia bo- lanica. Delia prima coItiv6 la erpetologia, e ne fanno prova le accurate e nuove sue indagini su quel serpente velenoso indigeno, cbe cbiamano volgarmente Marasso ed e il Pelias Herns del Bonaparte, notandone le differenze specifiche dall' altro cbe e fra noi nolo solto il nome di Marassetto, come apparisce da leltera scrittagli li 15 aprile 1821 dal- — 277 — I amico suo il chiaro naturalista dott. Vincenzo Sette, che pubblicando una sua Notizia sopra una specie di vipera creduta nuova, encomio i merit! del Martinati sullo stesso argomento. Attese pure con diligenza alio studio ed alia raccolta degl'insetti, e scrisse una memoria Sulla struttura dell' occhio delle farfalle, di eui la soverchia diffidenza di se medesimo non gli permise di lasciare che poche traecie ne' manoscritti superstili. Comunied ancora nel marzo del 4 815, col mezzo dell' altro amico suo il dott. Enr. Fr. Trois all' Ateneo veneto, di cui fu socio, alcune osserva- zioni sulla Pavonia major, e mise insieme e preparo accon- ciamente una collezione d' inselti nostrani. Itauno inoltre una mediocre serie di conchiglie dell' Adriatico, e di te- stacei terrestri e fluviatili del veneto, applicandovi con ri- gorosa esaltezza la linneana nomenclatura. E forse non an~ drehbe errato chi si avvisasse che da questa raccolta, ciie dall' infanzia era sempre esposta a' giovinetti suoi sguardi, ricevesse il tiglio suo senz1 addarsene 1' inclinazione e l'ec- citamento a quello studio di tali esseri, a cui deggiamo il ricco e diligente Catalogo del mollusclii delle provincie ve- nete, ch' egli mandava in luce insieme coll' egregio cav. de Belta poco prima di perdere il suo buon padre ( Verona, tip. Antonelli, fcbbrajo 1855, 8.° con lav.). Ne trascuro pure i crostacei, gli echinodermi, i polipi, le spugne e gli altri prodotti animali del nostro mare, i quali insieme coi precedenti si serbano nel suo museo ad atlestarne il vario sapere e la molta sua diligenza. Ma gli animali a lui piu diletti si furono quelli, che di- sparendosi da tull' altri de' vertebrati per originalita di struttura come per 1' aerea lor vita, sembrano nulla aver di lerrestre, e la predilezione del naturalista si attraggono, quali colla leggiadria delle forme o I' altezza maestosa del Serie I/I. 7 /. 37 — 278 — portamento, quali colla soffice morbidezza e il colorilo va- rio del vel clie gl'impiuma: e quesli colla forza o la dol- cezza del canto, che rompe volubile in gruppi, in gorge, in trilli, in gorgheggi dall'esile, ma infatieato lor petto, e quelli colle amorevoli e aceoslereecie abitndini con che all'uom si accompagnano, e tutti colla mondezza e lindura dell'attillato lor vcstimento, colla vivacila e snellezza de' movimenti ra- pidi ed aggraziati, con quella mirabil possa per cui scat- tando a cosi dire dal suolo, s' avventano e libransi e cor- rono a lor lalento nell' aria, quasi sdegnosi di abitar quella terra, clie appena improntano co' gracili e in un robusti lor piedi. Agli augelli pertanto pose studio purlicolare il Martinati, ma in questi nonche cercarne i caratteri esterni che li distinguono e notare la difl'erenza sistematica delle specie, euro lo studio de' lor costumi, studio e piu impor- lante e piii dilettevole, del quale erano in que' giorni mol- to rari i cultori. Ed avvisando a ragione come di tal parte della zoologia si vendichino il primo luogo gli avvedimenli molti e soltili, con cui questi animali intendono alia gene- razione, a questi egli volse 1' occhio di preferenza, e con atlento ed aculo sguardo diedesi a spiare e cogliere quesli esseri irrequieti, ne' mobili loro amori, nelle canore lor nozze, nelle pazienli c vigili covature, nellosgusciar de'pul- cini, nella scella dell' imbeccala, nel mutar delle penue, e piii che tutto nella ingegnosa e provvida fabbricazione dei nidi. Si fu allora che balenatogli al pensiero il i'eliee divi- samento di far raccolta di tali nidi che le ova accolgono degli uccelli nostrani, lo mise in atlo tin dal 180 5, conti- nuandolo poscia con assidua ed indefessa perseveranza. Ora, una cosi falta raccolta, illuslrata dal catalogo de'nomi volgari e scientifici degli uccelli medesimi, ed arricchita di ulili annotazioni sulla strutlura del nido, sulle materie che — 279 — lo compongono, sul numero e eolorito delle ova nolle di- verse specie, e sopra varie particolarita dell' animate die lo architetta, serbasi tuttora nel museo Martinati, ed e cer- tamente la prima che sia slata da noi tentata, e porse il pri- me esempio ad altre di simil genere, che poscia furono falte altrove. Ne, eonsiderando all'epoca in cui fu impresa, sarebbe forse vano il sospetto, ch' essa possa aver dato al- I'illustre naturalista pisano il prof. Paolo Savi, che corri- sptvndeva per ragioni di ornitologia col Martinati, un pri- mo impulse ad una collezione analoga, ma ben piu vasta c porl'etta, che per di lui merito fregia ora di un cospicuo ornamento la Pisana Universita. Gomprende questa cento e quattro nidi diversi, pocbi tie' quali appartengono ad uc- eelli stranicri al Veneto, ma pert) naturali ad altre parti — do spandeasi furtiva dall' oscura e volontaria sua solitu- dine, gli valsc la corrispondenza e la stima di mcdici o naturalisti egregii, quali si furono il Chiereghin, il Bonato,il Marzari-Pencati, il prof. Renier, il prof. Gio. Batt. QuadnV, il Trois, lo Zecchinelli, 1' ab. Romano, il conte da-Rio, il Meneghini, il Parolioi, il Vcnturi, il dott. Sette, il prof. Paolo Savi, il prof. Massalongo, clic conosciutolo appena negli ultimi anni e anunirato di quanlo avea fatto c rac- colto il beneinerito vecchio, glintitolava un nuovo lichenc euganeo, chiamandolo Lecidea Marlinatiana. (he sc a que- sto si bcl novero d' eletti nomi io non mi pcrito dal sog- giungerne un altro ben disugualo, gli e solo perehe,, se da queili trae pure alcun luslro la memoria del Marlinati, il mio invece onorasi e si fa ehiaro di un' amicizia che in quell' anima Candida non ebbe termine che colla vita. No posso, ne potro mai ricordare senza fremilo d' affetto e di gratitudine le parole amorevoli e generose, con che fuo- rao egregio blandiva i miei poveri progredimenti, e severo con se medesimo fin quasi alia ingiustizia, spianava le ru- ghe del volto grave e 1' ispido sopracciglio componeva a serenita allorche gli accadessc di udir motto di lode pel suo Visiani. Frutto pregevole, sebbene sproporzionato, della sua molta dotlrina, sono gli scritti da lui lasciati sopra argo- menti di erpetologia, di ornitologia, di mineralogia, di micologia e di botanica generale; annotazioni pratiche di agricoltura ; storie mediche parecchie, ed una disserta- zione sul sangue. Pure^da quantoio son ito finor divisando, sara agevole il riconoscere qual varieta di cognizioni e quanta versati- lita d' ingegno accogliesse la mente di un uomo, che, posto in condizioni opportune, e francatosi almeno in parte da — 287 — quel I a insupembile timidita die il cosli'insc ad acecnlrarsi tutto in sc stesso per soverchio diffidar di sue furze, avrebbe potuto levar fama pari ai pid illustri naturalist! del Veneto. Fra' quali s'cgli voile rcslar poco notoese, malgrado I'oscu- ritft in cui visse, l'u pure utile alio scienze die coltivo, e singblarmente beneraerito della illustrazione del sup paese, volea giustiziq chc alcuno ne rivelasse i Iunghi e pazienti sludii bra chc la modes tia per sempre inula del trapassato nun puo far tacere la voce imparziale della vindicc poste- rita. Duolrai perb davvero die a me riserbandosi I' inter- pretarla, per cib solo che mcglio d' allri ebbi 1' agio di co- nuscerhe la vita solinga, io non la possa far risuonare come vorrebbesi ncll' animo di tutti quell i che si sentono presi all' amore di quelle nubili discipline, in cui tutto visse il Inion Martinati. Clio se cib fosse, avrebhero eglino in quest1 uomo d' antica tempra, e chc tutto devo a se slesso, un raro e solcnnc c consolante esempio, come anche in non ricca forluna, nel difelto di lontane corrispondenze, nella inopia di nuovi libri, nclla oseurita d' un villaggio, senz' alcuno di quegli stinioli o di quei succursi che altro- ve inutilmente profondonsi, possa alcuno cbltivar con suc- cesso la seienza aincnissima della natura, quando all' ala- crila della mente s' accompagni una pronta e infaticabile volonla. II m. e. dolt. G. Donicnico Nardo da qualche schiarimeulo intorno alia Memoria da lui lctta ncllc adunanze del naese untcccdentc sopra alcuni fenomeni otlici. I fattij ch'egtt destinava a comporro una seconda jiarlc del suo lavoro, espono qui anticipatamentc per — 288 — dure appoggio all'analogia che gli i'u contrastata Ira il raddoppiamento d1 una linea guardata atlraverso due forcllini, c quello che si osserva nello spalo d' Islanda, e vuole anzi ora estenderc la sua tesi, c dice il feno- meno essere identico c diretto dalle medesime leggi, benche prodotto da un mezzo tanto differentc. Ag- giunge, per incidenza, che potrehhe muover dubhio se sia veramentc esatto chiamare doppia rcfrazione il raddoppiamento prodotto dallo spalo d' Islanda. Ouanto poi all'immagine rovesciata che osservasi guardando una testa dago fra l'occhio ed un forellino praticato in un pezzo di carta, non decide per ora se sia da rigettarsi la spiegazione, ch' egli dice esser di Prevost, che il fenomeno derivi dall' ombra dell' ago projettata sulla retina, come sostenne il Bellavilis. II quale aggiunse inoltre contro il Nardo, alia rotondita del disco solare esser dovuto il noto fenomeno, che la luce entrando per un foro angolare forma sempre ad una data distanza un disco rotondo od ovale, e cio diventare manifesto c ben provato in caso d' ecclisse. i\el prcsente suo scritto faceva riflettere il dott. INar- doch' egli non impugnava questa dottrina dei fisici, ma che avea voluto indicare altra causa producente un identico eftetlo, capace di agire anche indipen- dentemente dalla prima. In fatti, egli conchiudeva, il disco rotondo viene formalo a date distanze, non sol- lanto da fonti luminose rotonde, ma anche da altre di forma diflercnte. Risponde il m. e. Bellavitis, riguardo al I.u pun- to: che se pure vi sia identita tra'lenomeni osservali — 289 — diil dolt. Nardo, c quelli conosciuti solto il nome di doppia refrazione, cgli ritiene chc siavi assolula difie- renza nelle cause; e che so il dott. Nardo trova inc- satta la denominazione di doppia refrazione;, potra adoperanie un' altra pci fenomeni da lui osservati c creduti identici a quelli presentati dallo spato d'lslan- da, lasciando ai fisici quella gia da lungo tempo e ge- ncralmente adottata. Pegli ultimi due punti opina il Bellavitis essere vano ricercare altre cause, quando se ne conoscono di sicure che danno evidente ragione dei fenomeni osservati. Soggiunge il m. e. dott. Nardo dell' identita dei fenomeni aver finora parlato non delle cagioni, le quali esser deggiono subbietto di ulleriori suoi sludj. II in. e. prof. Turazza chiede al dott. Nardo se la leggc dei seni si vcrifichi nei fenomeni da lui osser- vati; al che il dott. Nardo rispondc afTermativamcntc. Chiusa cosi questa discussione finisce 1' adunanza privata. Nella riunionc segreta dello stesso giorno si fajmo le proposizioni per sostiluire 1' attuale vicesegretario dott. -Bianchetti, nominato bibliotecario a Treviso,. indi si leggc uno scritto del s. c. prof. A. Massalongo^ che prescnla all' Istilulo 285 specie di licheni delle pro- vineie vcnete c promette le rimanenti che mancano a rendere completa la scrie di quest e critlogame, oltre una collczione delle principali roccie geologiche della provincia Veronese. — 290 — L' Jstituto accoglie il dono con molto gradimento. e incarica il segretario di fame speciali ringraziamenti al prof. Massalongo. Esso lo incarica parimenti di ringraziare il dottor Francesco Pajola pel dono di un Porphifrio Hyacin- thinus. Quest' uccello , apparecchiato lodevolmente dal Pajola, venne ucciso nella nostra provincia presso le porlc grandi del Sile. kWWtt DEL 6MK0 28 CESK1J0 1856 1 1 m. e. cav. Emmanuele Cicogna legge la scguente rclazione. Obbedendo alia deliberazione di questo I. R. Istituto L2 agoslo 1855, mi fo a rifcrirc intorno a due opere in- viate in dono dal doltore Pietro Kandler di Trieste all'Isti- lulo medesimo. La prima ha per titolo: Indicazioni per riconoscere le cose storiche del Morale. Manoscrillo ad uso del Conser- vatore pel lUorale copiato nella lipografia del Lloyd. Trie- ste 1855, in 4.° figurato. La scconda e in lingua tedesca, intitolata: Rapporto sullc opere del dollor Kandler di Trieste inviate all' Acca- demia delle Seienze, 1 850., con trc lavole litografate. Quanto alia prima: II norae del dottore Pietro Kandler suona illustre fra noi, e fra tutli coloro che amano principalmente gli sliulii storici ed archeologici, e che mettono in cima dei Ioro pen- sieri I' amor della patria e tutto ci6 che pud in qualsiasi modo tornar vantaggioso per essa. Ne sono chiarissima pruova le opere varie da lui per lungo corso di anni pub- 292 blicate. Imperocehe, parlando delle cose ccelcsiasliehe al- I' Istria spellanli, abbiamo di lui le: Vicende delta Chiesa Triestina e quelle della Chiesa Emoniense = la Relatione delta Basilica di S. Maria e S. Giuslo di Trieste = il Duo- mo di Trieste con piantc ed appendice delle sue iscrizioni =. ed eziandio : Acta sincera sanctorum Marlijrum Ecclesiae Tergestinae. — - Quanto alia storia profana, pubblico una Guida at forestiero nella cilia di Trieste, cliofu ristampata colla giunta doi Fasti triestini. Similmente sono di lui i Ccnni at forestiero die visita Parenzo, e i Ccnni at fore- stiero die visita Pula. Dobbiamo a lui la Dissertazione della denominazione e delle monete de' vescovi di Trieste del medio tempo, c I' opera de' Documenti die moslrano le con- dizioni polilidie di Trieste dal secolo decimo in poi. Ma infaticabile si e dimoslrato nolle due gran&i raceolte, Tuna : L' Archeografo trieslino, I' altra L' Istria, giornale, opere ambedue die preziosissimi documenti contengono in ogni ramo della Illirica storia, e nelle quali piu e piu artieoli sono del Randier. A questi due lavori aggiungersi ponno gli Staluli municipali per sua cura editi ed illustrate di Trieste, Tola, Parenzo, Cittanova, Iiuje ed il frammento degli Staluti di Pirano. Cortesissimo poi il dottore Kandler comunica le sue cognizioni agli studiosi, e fra i nostri ap- prolittonne spezialmente il ebiarissimo prele Giuseppe Cap- pelletti, il quale inlorno alle Chiese d'ltalia nella parte illi- rica ebbe molte notizie dal Kandler, ed ancbe ultiinamente ripubblicava nel volume IV, a pag. 71 e seguenti, la Leg- ge'nda di san Servolo martirc della citta di Trieste, traen- dola dalla collezione edita dal diligentissimo archeografo Kandler (giuste parole del Cappelletti) in onore del vescovo Bartolommeo Legat. Con tale corredo di storica erudizione il Kandler, av- — 293 — vocalo di grido nel foro triestino, membro effeliivo del- 1' imperiale Accademia delle scicnze in Vienna, c di altri scientific! Istiluti, e gia nominalo Conservatore de pubblici monumenti deW IUirio, aveva approntalo per uso proprio un Repertorio manoseritto delle eose piii interessanti del lilorale in qualsivoglia argomenlo sacro e profano, antico c moderno, c questo diede alio stampc non solo per propria, ma e per utilita de1 successori couservatori, e di ogni uno die voglia approliltarne. E in forma di quarto grande. Trecedono VI pagine nu- merate a caratteri romani, alio quali altre susseguono in numeri arabici dall' una alia 295. In principio e in fine de- eorano 1' opera varie piante eon molta precisione litogra- fate, rappresenlanti il duomo di Trieste antico e moderno, il batlisierio di Pirano, il battisterio di Pola, s. Slefano., c s. Francesco di Pola, s. Michele in monte di Pola, la tomba di s. Salomone re di Ungberia, s. Giovanni e Felicita dei Templari presso Pola, Porto romano di Gedas presso Trieste, la basilica euirasiana di Parenzo, la torre di Boraso presso Rovigno ; 116 manca la figura di un capro, segno antico del- l'lstria divinizzala, tralto da bronzo rinvenuto in Pirano. Tutta 1' opera e una epigrafe ilaliana diretta al dottorc Luigi de Franceschi di Segheto dall' autore, il quale ebbe da Iui conforlo e favore nel compilarla ; il perche devesi assai commendare e il Handler e tutti coloro die rendono al pubblico testimonianza de' gentili che prestano ajuto a' letterali, o clie vi si fanno in qualsiasi modo proteggitori. Gli Annali del litorale, che cominciano dall'anno avanti 1' era volgare 4300 colla spedizionc degli Argonauti nel Ponlo Eusiuo, finiscono coll' epoca 1849, nella quale si enuncia la Guida storica di Aquileja di Vincenzo Zando- nati. Qucsti Annali non cssendo una nuda indicazione delle Seric III. T. I. 59 — 294 — cose, ma, secondo bisogno, alquanto largamente cstesi, rie- scono assai giovevoli per rintracciare nelle istorie la piii diffusa narrazione degli avvenimenti a'quali in sunto si ri- feriscono. Saggiamente fu poscia dal Kandler questo cro- nieo diviso in due, colonne, l1 una col titolo di Cristiano, V altra di profano, assegnata e all' uno e all' altro la com- petent materia. Per la parte cristiana ossia ecclesiasliea vi leggiamo accennate le geste di s. Marco Evangelista in Aquileja, la perseeuzione de' cristiani cola, i martiri dclla Chiesa trie- slina, le azioni piu memorabili de' patriarchi aquilejesi, do' vescovi triestini, la costruzione delle chiesee monasteri, le loro consacrazioni, i corpi santi clie vi si onorano, le decorazioni interne e talora gli artisti clie vi operarono, le fondazioni di abbazie, commendc, confraternile, pii istituti, i sinodi, i privilegi, le quistioni per dirittidi decime od altro, lasopprcssioneo concentrazionedichiese, conventi, diocesi, vescovati. Vi si rammentano fra gli illustri Girolamo Muzio, Matteo Francovich, Pietro Paolo Vergeno, Ireneo dalla Croce, Jacopo Filippo Tommasini, Paolo Naldini, Giuseppe Mainati, Pietro Stancovich, Domenico Rossetti, Otlavio Fontana, ecc. ecc, i quali tulti o per dignila ccclesiasticbe o per opere scrilte si resero benemeriti dclla illirica sacra storia. Per ci6 che spctta alia parte prof ana, cominciasi col descrivere la posizione politica dell' Istria ne' primi anni dell' era volgare, indi le statue e i monumenti eretti in Pola, in Parenzo, in Trieste, in Aquileja ad onore di Nerone Ce- sare figlio di Germanico, di Claudio clie poi divenne im- peralore, di Bcleno, di Nettuno, di trepersonaggi della gentc Sergia, di L. Vario Papirio, di L. Aurelio Vero, deH'impc- ratore Massimiano, dell' impera lore Lieinio, di Ulpia Seve- — 21)5 — rina, ccc. Nolansi ie magistraturc, lo legs' giustinianee pub- blicale e rose valido per I' [stria, gli statuti, i privilegi, Ie scorrerie de' Longobardi per 1' Istria superiore, e degli Slavi noil' Istria interna ; e piii vieine a noi, le scorrerie de'Turchi. Inoltre le guerre, gli assedii, lepaci, i trallati, le pestilenze, i terremoti, le carestie, gl'incendii, l'escrescenze di aequo, i freddi, i gliiacci, le cavallette e niolti allri in- forluuii. Si eonoscono i principali edificii pubblici ci-elli, c le accademic ; e ancbe questa parte e abbellita colla serie de' piu ehiari uomini dell' Istria, alcuni de' quali fnron gia nella parte anteriore ricordati, ed altri sono, a cagion d' esempiOj Pietro Coppo, Ra facie Zovenzonio, Andrea Divo, Giandomenico Tarsia, Nicold Tacco, Andrea Rapicio, San- torio Santorio, Girolamo Yida, Abramo Ortelio, Nicold Man- zttoli, Gianrinaldo Carli, Bartolommeo Ycrgollin, ecc. ecc. E sovcrchio gia il dire che se utile torna per la cogni- zione delle cose illiricbe questo cronico, egli e non nianco per le veoete, conoscendo ognuno le relazioni poliliehc ch' ebbe Venezia con Trieste e il dominio che la repubblioa in gran parte dell' istriano litorale tenne lino alia sua ca- duta. Confessa pero I' autore, sin da principio, che tale raccolta e ancor lontana dalla quantita cui avrcbbe a giungere, e che, spezialmente cio che riguarda Pola, iia bi- sogno di aumento, sendo che in quella citta mancano ar- chivii. alia quale mancanza potrebbcro supplire quell i di Ravenna c di Venezia. Io diro sembrarmi sufticiente quanto tinora ha potuto unire insieme I' autore, il quale mostrasi assai esatto nello stabilise le epoche, scopo principale di un cronista ; e dh'G speltare agli studiosi il ragguaglio con altri storici, e la ri- cerca negli archivii si per maggior quantita di notizie, si per una eventuale piu precisa esattezza negli anni. — 2!)C> — Proseguendo il Handler, ci dh un sillabo dei sommi pontefici, der vescovi e patriarchi di Aquileja, e di Grado, o di Venezia. II primo de' papi e s. Pietro I' anno 42, e I' ultimo il regnante pontefice Pio IX coll' epoca 1840. II primo de'vescovi, arcivescovi e patriarchi aquilejesi e Marco Evangclisla V anno stesso 42, e 1' ultimo o del 1754 Daniele Delfmo cardinale. 11 primo di quelli di Grado notasi al oil Macedonio Macedone, e I' ultimo Domenico Michiel del -1445, al quale ncl 1451 succedette Lorenzo Giustiniano come patriarca di Venezia, la cui serie il Kandler ha cbiusa nel 1820 eon Giovanni Ladislao Pyrcker. A' patriarchi aquilejesi tengon dietro gli arcivescovi di Gorizia e molti altri elenchi, che per non abusare delta sofferenza allrui, diro in breve esscrc de' vescovi dell' [stria, di Trieste, di Capodistria, di Cillanova ossia Emonia, di Parcnzo, di Pola, di Pedena; degli arcidiaconi e decani di Trieste, degli arcipreli di Pirano, dc'prepositi di Pisino, degli abbati, degli inquisitor! per la sanla i'ede. = Si passa poi alia serie degli imperatori romani, e dei correllori o presidi della provincia di Venezia e dell' Islria; a quel la degli imperatori d' Oriente, de' maestri de' militi, de' re dc'Goti, dei re dei Longobardi, dei re d' Italia, de'dogi di Venezia. Susscguita la serie de' sovrani di Trieste e dell' Islria,, della serenissi- ma Casa d' Austria, dei duehi di Cividale o del Friuli, de1 conti di Cividale, d' Istria, di Gorizia. Lungo e 1" elenco dei podesta di Trieste, di Capodistria, di Pirano, dei capilani di Raspo, Pisino, Albona ; dei podesta di llovigno, dei conti o podesta di Pola, de'eapitani di Montecavo e di Moncolano. Tutte qucstc serie,, nolle quali moltissimi nomi di veneti patrizii reggitori s'inconlrano, confessa parimenti lautore abbisognare di ulteriori indagini. Imperciocche quella do' ve- scovi cinoniensi ha uopodirelliflcazionipelsecoloXV,tanto — 2!)7 — scambio e nato Ira i Vcscovi delle due Cittanove, l'istriana e la vencta, die lo stesso Tommasini vescovo della islriana presc gravissimi equivoci. La serie dei vescovi di Pola po- trebbe venire aumentala so uscissero in luce nuovi diplomi fatti sperare dal chiarissimo noslro bibliotecario abate Giuseppe dottor Valentinelli ( I ). Se i documenti clie abbiamo del Frinli fossero pi 11 copiosi, la serie de' govcrnalori del- I' Istria sotto i palriarcbi polrehbe venire ampliata; eosi pure quella de' eonti d' Istria, sebbene dall'aulore sia stata posta insierae coila possibile maggior cura. Ma converreb- be, dice egli, csaminarc le carte del Tirolo, dclla Garintia, del Carnio clie sole possono dare sussidio. Quanto alia serie dei podesta, cbi avesse agio di esaininare ncl generalc archivio di Venezia i libri delle elezioni de' rettori di varie cilta dell' Istria darebbe un grande aumenlo, e una piii prjeeisa indicazione delle epoebe in cui entrarono nel reg- gimento. Ma qui, a giustiiicazione di quanto modestamente osservava I' autore, ripelo clie codesto suo libro non e clie un mezzo per retliticare con piii profonde indagini le cose dette e per rinvenirnc di maggiori; e che rimarra semprc la gloria al dottor Handler dello avere accoppiato in un volume colla possibile diligenza le traccie di tutto cbe in molti volumi trovasi sparso. Preziose inollre sono le Xotizie gcografwhe del litorale cbe alle suddette susseguono dalla pag. 165 alia 192. Conosciam quindi le altczzc nelf Istria c ncl Goriziano, le allezze delle isole del Quarnero, le altezze decrcscenti dell' acquc sopra il livcllo del marc, quelle di citta, borgale, (1) I documenti dei quali parh il Kandler furono posteriormento dal chiarissimo signor abate Giuseppe dottor Valentinelli, bibliotecario della Marciana, resi noli nel Notizenblatt che va pubblicandusi dall' Imp. Acca- demia delle scienze in Vienna. — 298 — o villc abilate, noncbe la popolazione, la superficic e la slima censuaria dell' Islria c dei suoi distretti. E in queste moderne indicazioni geograficbe non sono omesse quelle del tempo antico e medio, comineiando dall' epoca ante- riore ai Romani, poseia venendo alia romana imperialc; indi a quella degli imperatori bizantini, colla nota delle baronie de' veseovi., e de' possessi loro, c dei possessi delle badie e signorie, chiudendosi questa [»arlc colla geografia ecclesiaslica antica e moderna di Trieste. Ci voile poi il bcncmerilo collettore dare un elenco delle medaglie istriane, non cerlamenle completo, com'egli medesimo osservava. Nondimeno fra le rare devono an- noverarsi quelle di Allobello Avcroldo bresciano vescovo di Tola, e cbc fu eziandio nunzio apostolico in Venczia; e fra le storicbc intercssanli quelle in memoria del Lazareto santa Teresa del 1700, quella della presa di Trieste fatla dai Francesi nel 1797; quelle della conquista dell'Istria falta dagii stessi nel I80G e 1809; quelle eziandio del porlofraneo accordato 1828, dell' aperture della nuova slrada di Gcrmania 1830, della ferrovia 1851, e del navale Hoydiano 1855. Pcgli sludiosi dell' araldiea non inanca la nota degli stenvmi blasonici delle cilia e castella deli' Istria ; e per li cultivatori delle scienze, c' e la metrologia islriana, le mi- sure di superfine, le misure cubicbe, c le misure di peso. Opporlunamente quanto agli stcmmi, diceva 1' autore, nes- sun argomento avergli dalo maggior imbarazzo di questo. Imperciocche, cambiatedopo il 1803 le circostanze, cessate le citta ed i comuni di essere corpi politici da sc, gli ar- meggi furono o inusilati o lasciati fra le anticaglie ; senza dire cbc gli slemmi furono acceltati, dimcssi, cambiati a piacimento, e alcuni die spcllavano a private famiglie — 2iM> — vennero adottati come del eomune; it perche si per la for- ma, die per li colori, non puossi prestar luro gran fede, a meno che da indubbii antichi document! non sieno suffra- gati. E per quello pertiene alia melrologia istriana soggiun- geva 1' autore, anclie questa desiderare maleriali migliori, i quali mostrerebbero mirabile coneordanza colle misure romane lungamenle conservate, ma non gli fn possibile di riconoscere le anliehc misure. E qui eruditamente riilette, che i comuni istriani avevano le loro misure cosi di su- perficie, come di cubatura scolpite in pietra, e duravano ancora nei primi decenniidel secolo presenle. Ma noil' Istria veneta prevalsero per oggetto di commercio con Veneziu le misure venete, le quali i successivi governi manlcnnero . lino all' allivazione del sistema metrico, iridi dell'austriaco. Ad imitazione dellc bibliografie inserite nell' opera: Milano e il suo tcrritorio, e ncll'altra: Yenezia e le sue la- gunc, uscite alia occasione della sesta e della nona Riunione degli Scienziali italiani, voile anche il dottore Handler che entrasse in questo suo utilissimo lavoro la Bibliografia Istriana, ossia la nota AiAlcuni scritti che diseorrono dette cose dcW Islria ; e la divise in cose di cliiesa e in cose geo- grafiche e cose profane. Ottimo per verila il divisamenlo; conciossiache sieno lali bibliografie una necessaria scorta a chi vuole comporre la storia di un paese o di una pro- vincia; e a desiderarsi sarebbe che ogni citta e provincia, almeno fra le principal!, una ne avesse. Ma cosi pur troppo non e, anzi (cio ch'e peggio) molle citta non hanno chi si curi di raccogliere i patrii libri pubblicati od inedili, che di grande e neccssario ajuto sarebbero a compilare le par- lieolari storie de'municipii. E questo male conobbe anche il dolto raccoglilore, il quale lamenta, che in Trieste non essendovi Biblioteca , egli nianco di mezzi per portare — 3ai — questa sua Bihliogralia non solo a conipimento, ma nep- pure acl avvicinarla. Aggiungonsi anche ad offenderla alcune mende di nomi, di date c di ripetizioni di libri, gia. altrove in essa notati. Ma di cio nessun carico, a mio pa- rere, 6 a farsi al solerte autore, ma si all'incuria degli amanuensi, cui egli avra dato a trascrivere le schede c i eataloghi, o forse anche degl'impressori. Se non che la moltiplicita de' libri die presenla questo lavoro, combinata eogli antecedent elenchi, ci fornisce esuberanlemenle di material! ad illustrare i fasti illirici, e a conoscere come in ogni tempo chiarissimi uomini ebbe, cd ha attualmente que- sta parte della penisola. Ma a chiudere Pinteressante collczionc, e a chiuderla assai utilinente, veggonsi insieme trascrilte in nuniero 080 L1 inscrizioni romaue dell'Istria. Quindi le inscrizioni ncl- 1' agro colonico di Trieste, quelle nell'agro colonico di Pola, quelle nella provincia, quelle dell'a*gro colonico di Cillano- va, ossia Emouia, quelle nell'agro municipale di Egida, ossia Capodistria, nell'agro di Umago, di Pinguente, di Pi- rano, d" Jsola, di Pedena. Le iscrizioni di Gaslello di Rozzo, di Muggia, dell'agro de' Calali, de' Menocaleni, dell'agro giapidico di Trieste, dell' agro di Castra, dell' agro Carni- co di Trieste; quelle di Albona, Fianone, Fiume. INon sono omesse le iscrizioni sui piombi c sui laterizii. Queste epigrafl, distribute secondo la geografia antica, non sono pero lutte quelle die I' autore, secondo ch'egli stesso dice, si sarebbero potute avere e dalla collezione die il fu canonico Pietro Stancovich avea latta, e dalla scopcr- ta di carte all' autore rimaste ignote, e dal corpo delle iscri- zioni aquilejesi, non die da quegli arcliivii delle provincie, da'quali 1' autore aspetta indieazioni. In effetto non veggo che il Kandler ripeta due iscrizioni, gia dal Grutero slam- — 301 — pate alia pag. cccclxxv, n.°G, e cccclxxxiv, a." 5; luna, che ricorda Lucio Tito Fruentino seviro edaugustale; I'altra Caio Vennonio pur seviro, o Pelronia Marcella; dolle quali due pietre ignoravasi la provenienza, che fu conosciuta sol- tanto da una Iettera di Paolo Ilamusio ad Aldo Manucci, da me per la prima volta pubblicata nel vol. II, a pag. 555 delle Inscrizioni veneziane, ove a lungo parlo de' Manucci. Or questa provenienza e da Aquileja, dicendo il Ramusio: Ho avuto in (juesti giorni tre sassi antichi di Aquileja con iscrizioni, due delle quali intendo io, e la terza non bene, ed e I' infrascritta. — 11 chiarissimo Furlanetto riportd la prima a pag. 28 delle Lapidi Patavine ; ma non avendove- duta la Iettera ramusiana sucidetta, che ne accerta della provenienza, egli saggiamente la conghietturo dalle due di- gnita di seviro e di augustale, che trovansi pur in allre lapidi di quella citti. E riporto parimenti la seconda a pag. 400., ma per lo stesso motivo di non aver esaminato il mio vo- lume, gli rimase ignota la provenienza, e dalla gente vennonia nominatavi, conghietturo che possa essere venuta da Zara. II Kandler poi, sendo di quelli che vogliou a tutti dare cio che loro perliene, e non imita chi si abbellisce delle altrui fatiche senza pur ricordarne il benefattore, cosi ci fa assapere che le iscrizioni di Alboua e Fianona appartenenti alia Liburnia, sono dovute alia diligenza del sig. Tommaso Luciani, dal quale ebbe eziandio la serie completa dei po- destd di que' due luoghi, giu sopra mentovata. Sottoposto ad ogni Iscrizione e un brevissimo cenno o della prove- nienza, o di chi ne parla, o del sito ove oggidi si trova, poiche non tutte certamente poleva 1' autore vederle cogli occhi suoi^ o di suo pugno trascriverle sui marmi. Prove- nienti dalla Vcnczia sono quelle a'numeri I, 2, 5, -i, 8, 17, 575, 496. Serie IU, T. I. 40 — 302 — Ma siami permcsso di dire alcuna cosa intorno alia la^ pide che veggo trascritta al n." 2; lapide veramente prege- volissima, la quale fu seoperla in Concordia sino dall' an- no 1832 da Luigi Jacopo Cicogna mio fratello, amantis- simo della arclieologia. Essa da nove anni addietro giaceva abbandonata sul suolo, e acefala fra altri grandi massi di pielra. Falta svolgere da mio fratello dolente non sapendo a quale pcrsonaggio fosse stata innalzata, voile diligente- menle far rintracciare nel profondo del vicino canale, se ci fossero le parti raaneanli, e con grandesua gioja le trovo. Unilele con cemento, pole chiaraiuente rilevare ossere ad onore di ARRIO . QUIRWO . ANTOMNO, il quale, come dalrimanenteintattodeHinscrizione^tra gli anni 161 e I GO, vennc a Concordia spedito daglimperatori il/. Aurelio An-= tonino, e Lucio Vero, per sollevare quei popoli dalla gran- de carestia di viveri che gli opprimeva. E cotanto in tale occasione fu henemerito, e, come leggesi, VRGENTIS ANNONAE DIFFICVLTATES IVVIT ET CONSVLVIT SECVRITATI FVNDATIS REIPVBLI CAE OPIBVS, che i Concordicsi decretarongli questo monumento, cui altra volta dev'essere stata sovrapposta la statua di lui. 11 pro- prietario di questo, e degli altri marmi, avvocato Benedelti di Fortogruaro, al quale mio fratello diede la prima noti- zia, geuerosamente donollo alio scopritore. Ma siccomo tra ilritrovamento dclfacefala epigrafe, e quello de'frammenti che la compivano, passato era qualcheintcrvallo, e intanto se n'era fatla piu d'una copia, cosi questa riusci imperfet- ta ed anche inesatta. Impercioccho, oltre alia mancanza del prenome, nome e cognome del soggetto, cui era stato de- dicato il marmo^ e'eran alcune laterali abrasioni, per le quali alcune lettere non piu si vedevano, e i vacui avreb- bero dalo materia a varie congelture : e inoltre non era — 303 — slata trascrilta scrupolosaraenle la epigrafe in modo da co- noscere quante lettere potessero maacare. Una di tali ine- satte e aeefalc copic fu a me dal fratello spedita, ed io la comunicai tantosto al chiarissimo die fu dottore Giovanni Laltus aniico mio, il quale inviolla al celebre archcologo di Roma Borghesi per le sue illustrazioni. Questi in fatti a pag. I8S e 22 degli Annali di Corrispondenza archeologica di Roma dell' anno 1835 stese una erudilissima disserta- zione, facendo ingegnose eonghietture a rieinpimento del principio e dclle lettere mancanti. Talune divennero inap- plicabili dopo che si rinvennero i frammenti, e ehe fu piii esattamenle copiata la iscrizione, ma intanto ildotto uomo aveva ottimamente supposto, che non ad altri che ad onore di ARRIO ANTON1NO essa doveva esser stata deltata, come il fatto ehbe posteriormcnte comprovalo. Coutempo- raneamente una copia acefala e non esatta, fu da mo in- viata all'altro illustre archeologo Auguslo Guglielmo Zumpi, il quale parimenti con ampia erudizione commentandola, fece molte eonghietture a supplimento del difetto. Se non che avendogli io poscia accompagnata una completa e fadele copia che dal fratello mio elihi ricevuta dopo i rinveauti frammenti, Io Zumpt abhandono alcune dellc sue eonghiet- ture, e altre ne ritenne, fralle quali quella del nome ARRIO A>"TONINO. E cio fece nel vol. II dell'opera Commentatio- num Epigraphicarum adanliquitates Romanas pertinentium . Rerolini, 1854, 4." — Ceduta poi da mio fratello questa pietra a monsignore canonico Giovanni Muschietli di Por- togruaro, grande ricercatore di concordiesi antichita, que- sti ne pubblicava una sua illustrazione, impressa in quella citla nel 4855, dandone anche una litografla, non pero fe- delissima alia pietra, leggendosi in fatti MAXI.MORVM e CONSVLVIT, anziche MAXIMOR abbreviato, eCOSVLVIT — 304 — senza la N. Delia illustrazione del Muschietti fa data rela- zione dal canonieo Gianfrancesco Bancliieri nell'Alchimista friulano, 25 aprile 1834, anno quinto, n.° \ 7. La impor- tanza di questo monumento consisle principalmente in al- cune fra le dignita sostenute da Arrio Antonino^ cioe : la prima di Seviro delle tonne equestri SEVIR EQVESTRIVM TVRMARVM, la qual formula ilBorghesi chiama rara,enon ne conosce altro esempio, sc non se nel SEVIRO TVRMA- RVM EQVESTRIVM di un frammenlo recato dal Momm- senio nclle Inscrizioni napoletane al n.° 4257; f altra di primo giudice della Transpadana e di primo pretore tute- lare IVRIDICO PER I TALIAM REGIONIS TRANSPADA- NAE PRlMO=PRETO RI CVI PRIMO IVRISDICTIO PV- PILLARIS MANDATA EST: infine quella di membro del Collcgio degli Arvali FRATRI ARVALI, per lo che si ac- creseono di un nome finora ignoto gli atti di que' confra- lelli. Concordano in sostanza con maggiore o minore sfarzo di erudizione questi tre espositori della rarissima lapitle; se non che monsignore Muschietti unisce la voce PRIMO alio susseguenti FRATRI ARVALI, dieendolo Anziano della confraternita degli Arvali, grado di ctii non suolsi senlire parola presso gli antiquary; mentre e il Borghesi e lo Zumpt uniscono la voce PRIMO alf allra IVRIDICO c non all' ARVALI, leggendo questa parte del- 1' epigrafe cosi: IVRIDICO TER ITALIAM REGIONIS TRANSPADANAE PRIMO = FRATRI ARVALI ec. ec. nella quale diversita di opinione io mi appiglierei alia in- terpretazione de' due ultimi. Ma vengo alle altre lapidi islriane in Venezia esistenti o che esistevano notate dal Kandler. Al numero LS e quella consacrala al sole SOLI SACB, la quale scoperta nel LS20 sotto la mcnsa dell' altare nella cappella del battistero di — 305 — s. Marco, fn gia illustrata dal Labus, e die ora esiste non nella Biblioteca Marciana, ma si ncl patriarcale scminario, leggendovisi la voce NOMIMVS, non gia NOMINVS, clio per errore di stampa e in qnesta collozione triestina. AI numero 55 leggesi la iscrizione ricordante la riediflcazione della raura di Trieste fatta da Ottaviano Angusto IMP. CAESAR- della quale iscrizione un apografo scolpito del sccolo XV esisle nel ninseo Marciano, come ho gia detto a p. 197-198 del T. II e 654 del T. IV delle Inscrizioni veneziane. AI numero 57 ce n' e una di Apuleja Zozime D. M. S. APVLEIA ZOSIME, la quale dicesi essere stata Irasportala a Venezia nel -1509; e in vero lapidi varie da Trieste furono in quell' epoca portate a Venezia, come afferma anche Ireneo dalla Croce a p. 107 della sua Storia di Trieste. II Grulero a p. CCCLX num. 1, recando la stcssa epigrafe, dice Irovarsi in Venezia nel palazzo di monsignor vescovo di Torccllo ( era Antonio Grimani che siedetle dal 1587 al 4 618 in che fu promosso a patriarca di Aqui- leja) ; e il dalla Croce aggiunge a p. 219 che tale iscrizione vi si conservava anche del 1 052 come scn've Benedetto Giorgio, ma credo sbagliata quest' epoca, perche il Giorgio nato del 1555 moriva del 4 60-1. Comunque sia egli e certo che da gran anni man cava e manca tuttora quella pictra nel museo Grimani, ne si sa ove esista oggidi. La lapide al num. 193 a Q. C. Petronio, O. C. PETRONIO, scoperta nel 1778 e passata in Venezia in casa Nani, era smarrila fino dal 1815, poiclie non e compresa nella collezione delle lapidi e de' monumenti allora da quella illustre famiglia conservati, impressa in sole cinquanta copie in folio tigurato, e compilata dal fu Francesco Driuzzo prete veneziano. Essa era molto interessante per la notizia del collegio de'purpurarii ossia de' tintori in porpora. La 20 i e quella — ;jug — di Enlielie M. AVREL. EVTICIIE scoperta in Venezia del 1850, la quale fino dal 1 503 (tre) era stata destinata a coprire le ceneri di Francesco Soranzo c di Chiara Cap- pello conjugi interrate nella cliiesa di s. Paolo. lo I' ho co- municata al Labus, ed egli me ne diresse una letters illu- strativa, impressa dal Picotti nel settembre dell' anno slesso 1850 colla flgura del sarcofago, il quale oggidi esiste nel museo Marciano. Quella al numero 218 e veramente ad Antonia Falerna, non PATERNA, come per errore di stampa si leggc in questa collezione. Era gia nel museo Naniano, ed oggi nel Seminario patriarcale. Al num. 281 e'e la epigrafe di Cajo Tnrpilio, C. TVRPIL1VS, la quale per dono di Gaelano de Zanetti leggiamo fra le allre nel prcaccennato Seminario. Quivi pure e la lapide num. 407 spettantea L. Vinusio, L. VINVSIVS, leggendosi nella pre- sence stampa VINIS1AE anziche VINVSIAE die e nel- I' originate. Essa fu illustrata dal Labus nella Gazzelta pri- vilegiata di Venezia 8 marzo 1855 numero 56, e nel nuovo Ricoglitore del maggio anno stesso. Collocasi al num. 41 I una lapide a Volcinia, VOLCINlAE,comeesistentcin s. Gio- vanni di Sterna, la quale e invece nel nostro Seminario descritta a p. 96 del libro la Cliiesa e U Seminario di s. Maria delta Salute. Ven. i842, 8." Nella stampa trieslina leggesi VOLCINIAE e VOLCINIVS, ma veramente I' origi- nale ha VOLGINIAE e VOLGINIVS, e cosi VOLGIMAE leggesi anche nella lapida 412 ehe segue nella Collezione suddetta. Esiste pure nel Seminario nostro l'altra epigrafe num. 475 a C. Petronio, C. PETRONIO, e vi corrisponde la leggenda. La epigrafe 484 di P. Trosio, P. TROSIVS, che il padre Ireneo dalla Croce (p. 551) fino dai 1 086 vide alio porta piccola verso ponente della cliiesa di s. Giovanni in Salvore, e die nella presentc raccolla dicesi passata in — 307 — Venezia, non vi csislc per quanto ho rintracciato. Quella ill num. 50G a Boico, C. BOICO, concorda coll' originate che e al Seminario con altre due lapidi donate da'sacerdoti Giulio ed Alessandro Molin, il cui gcnilore aveale dall'Islria trasportate al suo palazzo nella con trad a di s. Pantaleoue. Che se e lecilo aggiungere qualche cosa pertinente al- 1' Istria, ignola al Handler percb.fi scoperta dopo che egli aveva unita insieme lapresente inleressantissiraa sua opera, diro, che negli ultimi giorni del gennajo e a' primi del feb- hrajo 1855, il veneto tagliapietra Giambattista Geraldon demolendo un antico fabbricato posto a' ss. Ermagora e Fortunato ov'ha la officina sua, per forma re un giardinetto, scoperse nelle fondamenta due lapidi. La prima forma il basainento, o dado di una statua che deve esservi stata sovrapposta, scorgendovisi una incavatura ove dovca pog- giare ; e vi si legge C. LVCBETIVS C. F. PAPIRIA RVFVS B. V. S. L. M. le quali sigle non ponno certamente spiegarsi, se non se BELENO VOTVM SOLVIT LIBENS MERITO. La seconda rappresenta un altro basamento, ma senza incavo superio- re> sul quale dovea probabilmente ergersi un' altra statua, cd ha le parole scolpite: BELINO AVG. V. S. Q. HERENNIVS PAVLLI . LIB POLVBIVS AVGVSTALIS. Coinunicate dallo scalpellino lali lapidi al chiarissimo no- stro collega Giovanni Casoni, e a me, ne passammo subito — 308 — copia all' illustrc Handler, il quale, dietro alle indicazioni somministrategli propenderebbe a ritenere essere la pietra, su cui si leggono lo dette epigrafi, aquilejese. e doversi quindi collocare fra le aquilejesi le due meuiorie. Ed op- portimaraente scriveva, clie le isole dell' estuario veneto no igeote, ne deserte, ne lasciate soltanto agli usi rurali e pescherecci nel tempo roraano, non ebbero pero citta da dare numerosi i monumenti scritti : per la qual cosa il piu delle pietre in Venezia vennero dal di fuori reeatevi per 1' onore in cui si tennero i monumenti della veneran- da antichita ; e meglio, quando venuto il Friuli in do- minio del veneto principe, i patriarchi furono Veneziani ed amanti e dotti dell' antichita e di ogni nobile studio. Che queste due lapidi provengano da Aquileja, e anche ar- gomento quella divinita alia quale fu sciolto il voto, cioe BELENO il sole, in grande onore presso i Celti che tennero il paese fra il Tagliamento e 1' Isonzo, e che i Romani ri- conobbero per Apollo, volendo identiiicare la loro mitolo- gia a quella de' Celti. Ne Istria, ne Venezia, ne altre regioni d' Italia ebbero in onore cotesta deita: 1' ebbero i Celti in tutte loro t'ribu : la colonia romana di Aquileja prese stanza fra i Celti, o, come i Latini dissero, fra i Carni Ci- smontani, non espulsi i Carni, e ne dura la prova nel dialetto usato da quelle popolazioni diverso dal veneto e dall' istriano clie e al veneto, so non identico, poco meno. In Aquileja il culto di BELENO fu insigue, fregialo di al- tissimo onore. II tempio precipuo si era nel sito ove fu poi il tempio di s. Martino della Belinia ; tempio che, arso nel 105, fu da Trajano restituito. Non e nuovo, coalinua il dollo illustratore, 1' esempio nelle lapidi di vedere nella leggenda collocato il nome della divinita alia line del detta- to, ne di vedere segnato il nome di BELENO collasemplice — 309 — sigla B. II voto dev'essere stato seiolto nel sito ove si alzava il lempio e T immagine, ed e probabile che la lapide sia stata ricuperata non dal tempio ma dall' area che circon- dava il tempio e sulla quale si alzavano a centinaja i monu- menti di eulto, di speranze, di timore, di gratitudine nei dedieanli. Dei LVCREZII moltissime memorie si hanno in Aquileja, d'ingenui, come di liberti, cosicche non vi lia difii- colta di ritenere la famiglia aquilejese tanto meglio quanto che non figura nei municipii o nelle provincie contermini. Nuova nelle lapidi aquilejesi e la tribu PAPIRIA, ma que- sta non e tale da rompere la nave in cammino, come s' esprime il Kandler, che le tribu non furono esclusive di tutti gli abitanti di una citta ; meno di quella che acco- gliendo per li traffic! e per le vicissitudini di citta sempre crescente, abitanti venutividaogni parte, si compongono di popolo di ogni provincia e luogo. Le lapidi di Aquileja mostrano innumcrevoli i liberti saliti in dignita e cariche, mostrano genti venule da regioni lontane, ollre Mediter- raneo : cosicche 1' antica colonia di soldati era poi sopra- fatta da genti novelie, che alle armi ed alia custodia dllalia, divenula superflua pei dislocati coufini deirimpero, vennero surrogate allre cure, quelle dei trafGci colla navigazione e con queir altro che suffraga la mercatura. Aquileja segna nelle lapidi tribu varie da dubitare se la Velina fosse poi quella alia quale i primitivi coloni erano ascrilti. Che se pero, meglio esaminata la qualita del masso su cui sono scolpite le epigrafi, si adottasse il parere del collega nostro sig. Casoni, cioe che fosse pietra altinate e non aquilejese, non rechcrobbe maraviglia al Kandler che il culto di BE- LENO venisse accolto dai Veneti nella citta di Altino si prossima per distanza c dignita ad Aquileja, ambedue citta di marc, ambedue della stessa provincia politica, della Serie HI, T. I. 41 — 3 10 — quale Aquileja era meiropoli, E rifle.tteva pur giustamenlo die sc le lapidi dell1 anlica Vcnezia fossero raccolte in uno, edistribuitcsccondo gli agri antichi alio quali appartengono, facile sarebbe la risokizione del quosito, ancheper allra via che non quella della specie di pielra, a quale eitta appar- tcngano le lapidi di BELENO che non vanuo, senza dub- biezze, ascrittc ad Aquileja. E piu particolarmente, quanto alia seconda Iapida, proseguiva il dotto archeologo ad os- servare che un C. IIERENNIO CANDIDO in Aquileja liic- desima scioglieva voto a Qiove Diano ; c die questo nuovo marmo accresce la serie degli AVGVSTALl, e le prove die si prendessero il piu delle cariche o degli ordini (in Aqui- leja) fra i libertini, a causa del commercio, che, come di sopra accennava, accrebbe sinisuralamente la popolazione mediantepersoneuscitedi scrvilu. Quesla loggenda accresce eziandiola scrie dei BELENI, i quali sono unicamente di Aquileja, in qucste regioni dintorno l'Adriatico. II modo di scriverc il nomeBELENO non e costante, e nel piu delle iscrizioni si vede BELENO, ma e persuaso il Kandler che il volgo pronuneiasse BELINO, perche il sito dove sorgeva il massimo tempio, nel medio cvo cd oggidi si disse e si scrisse la Beligna. Passo oggimai a dire alcuna eosa dell' opera seconda che mi si dicde ad esaminare, dietro T iuterpretazione che n' ebbi dal chiarissimo signor professore Samuele Roma- uin, cui io ignaro della lingua alemanna ebbi ricorso. Quest' e un rapporio sulle opere del doltore Tietro Kandler inviale all' Accademia delle scienze in Vienna. Lodansi i meriti acquistalisi neH'archeologia Trieslina e deli' Istria dal dotlor Kandler e dal dottor Rossetti. Ri- cordasi spezialmenle del primo la diligenza nel ricercare _3H_ o I '5 — ol«> k linrjue tutte del fjlobo applicato specialmente alia geografia} che sard continuata nclla seguente adu- nanza. JNella riunione segreta dello siesso giorno il m. on. s. e. co. Cittadella-Yigodarzere, e i m. e. prof. Poli e co. Cavalli reiatore fanno lcggere il voto della Com- missioue da essi formata per la scelta del quesilo scientifico secondo Y art. 103 degii statuti interni. Quindici furono i temi proposti dai membri e dai soei, e la Commissione facendo un cenno di tutti, tre ne ha preferiti da sottoporsi alle votazionideiristituto. d.° Quello al num. 366 di protocollo. Dalle con- dizioni attuali deW agricoltura e dell' induslria nel veneto desumere i mezzi di leaislazione e di eeono- mia opportuni a farle prosperare. — La trattazione di questo argomento dovra essere divisa nelle se- guenti cinque parti. — IVelia prima si esporranno Ie condizioni in cui ora trovasi la proprieta fondiaria. — INella seconda si chiariranno le condizioni in cui slan- no oggidi ie classi agricole.' — INeila terza s' indiche- ranno lc condizioni odierne dei capitali impiegati nel- d'industria. — Nolia quarta si descriveranno le con- dizioni nelle quali presentemente versano Ie classi industrianli. — I\>l!a quinla si proporranno i mezzi eflicaci a promuovere gl' interessi della proprieta fon- diaria; dei capitali impiegati ncll' industria c queili delle classi agricole ed industrianti. 2." Quello al num. 377 di protocollo : Quali ron- serjuenze si jiossotio presaaire pel commercio in (je- nerale e pel commercio veneto in pariicolure dalia — 31 't — apertura di tin canale marittimq allruverso I istmo di Suez; — quail provvidenze in ispecialitd neiri- guardi delle vie di comunicazione dovrehbero e dcn- tro il nostro territorio e mi territorii fiuitimi veriir promosse per ottenere le pit) estese e le pit) pronte influenza del continente europeo nel nostro porto pei mari orientali e viceversaj — quali canoni di dirijto inter nazionaie dovrehbero alia navigazione del nuovo canale venir applicati. 3." Oucllo finalmente al num. 373 di protocollo: Mostrure quali siano, frammezzo alia fanto ere- sciuta Gopia dei beni materiali, le precipue mancanze della odierna civillu sotto i riguardi moralij e quali siano i maggiori difetti delle discipline, delle istitu- zioni e dei melodi che mirano a far migliore e piit contento f noma. Si annunziano i scguenti libri donati all' Istilulo dopo lc adunanze del diccmbre 4855. i. Dal sig. Domenico Andrea Renier, di Chioggia. Studii mcdici. — Vol. I. — Del cholera, preceduto da brevi cenni lopoyrafico-medici della cilia di Chioggia. — llovigo, iS55, un vol. in 8.° 2. Dal sig. Francesco Ambrosi, di Bologna. Elenco sistemalico delle piante (ancrogame del Tirolo italiano. Bologna. — ;u5 — .'5. Dall' I. K. Accademia delle scienze, in Vienna. For/Ho ill notizie, — ( 1 855) n.' 23, e 2 5, c ( I 85G) n. I , 2, 5 (in tedesco). Funics rerum austriacarum, — T. VIII. Vienna, 1855. Ragguagli delle adunanze deW /. Accademia di Vienna. - Classe di nialemalica Tomo XVII. Dispensa 5.' 1855 ( in tedesco ). Archivio di cognizioni risguardanti le fonti sloriche austriache. — Vol. XV, Dispensa I.' 1855 ( in tedesco). 4. Hall' I. II. Accademia di scienze Ictlcrc ed arti in Padova. # Rivista periodica del lav or i dell' I. II. Accademia. — Vol. I, II e III — anni 1851 al 1855. 5. Dal sig. Francesco Filippuzzi, in Vienna. I) Ala parafina. — Vienna, 1855, di pag. 18, in 8.° 0. Dal sig. Giuseppe della Torre, di Este. Cazzelta di [armaria e di chimica. — Dal n.° 27 ul 51 inclusivi (1855). 7. Dall' I. R. Accademia delle scienze in Praga. Osservazioni magnetiohe e meteorologiche. — Dal gen- naio al diceiubrc 1852 (in tedesco). Praga, 1855, UQ vol. in 4.° Esercilazioni accademicke delta R. Accademia doc ma di lie scienze. — ■ Dal 1852 al 185 5, uu vol. in i.° Praga 1855. — 310 — 8. Dal!' I. R. Istituto lombardo. Atti per la distribuzione dei premii d' industria agri- cola e manifalturiera per I' anno 1855. — Milano, 1855. i). Dalla I. ell. Accademia dei georgofdi, in Firenze. Giornale agrario toscano. - — 1855, n.° 8. 40. Dal sig. dolt. Giovanni Bizio. Risposta alia reltificazione del prof. Ragazzini. — Ve- jiezia, 1 850, di pag. 4 8, in 8.° 11. Dall'ccc. I. R. Ministero dell' Interna Bollettino dclle leggi dell" imp ero (in tedesco), Pun- lata 57 alia 49 inclusive. 42. Dair ecc. I. R. Luogotenenza delle prov. venete. Bollettino delle leggi e degli Atti ufficiali per le pro- vincie venete. — Parle I.1 Punlata 1.", e Parte 11. a Pun- tata 7." (1855). 43. Dal sig. co. Girolamo Dandolo. La caduta delta Repubblica di Venezia. — Dispensa 5." 44. Dal prof. Viltorio Angias, di Cagliari. L' auloma aerio, o sviluppo delta soluzione del pro- genia sulla direzione degli aerostati. — Torino, I 855, di pag. 120, iu 8." e con tavole. 45. Dal sig. dott. Achille Desiderio. La vera azione dinamica dei rimedii pitrganti, ricon- — 317 — fermata da sperimenti appositi, — di pag. 24, in 8.° — ■ Roma, 1 855. 16. Dal socio corrisp. cav. Emilio De-Tipaldo. Biografia degli italiani illustri. T. IX e X. Venezia, \ 844-1 845. 47. Dall' ecc. I. R. Luogotenenza delle prov. ven. Programma. — Concours universel d'animaux produ- cteurs, a" instruments et des produits agricoles elrangers, et francais a Paris, en 1856, et 4 857. 48. Dall' Istituto Smithsoniano di Washington. Tributi Smiths oniani alle cognizioni. — Washington, 4 855, in 4.°, vol. 7.°, 8.° e 9.° Rapporto annuale deWVffi- cio dei presidenli deli' Istituto Smithsoniano. Washington, 1854-1855, 2 vol. Stimpson. — Descrizioni di alcuni nuovi invertcbrati marini dei mari delta China e del Giappone. Catatogo di opere pubblicate dall' Istituto Smithsoniano. Gennaio 1855 ( tutti in lingua inglese ). 49. Dal sig. prof. Vincenzo Gallo, in Trieste. Pilot vggio. Metodo dei minimi quadrati, e sua appli- cazione al cronometro. Trieste, 1855, di pag. 24, in 8.° 20. Dalla Societa d' incoraggiamento in Padova. II Raccoglitore, pubblicazione annuale pel 1856. 21. Dal m. e. cav. prof. Zantedeschi. Note sur les courants elects iqucs diriges cikscns oppose Serie III, T. I. 42 — 318 — sur le mane fit, en relation avee la tclegraphie. — Pari- gi, \ 855, dipag. 4, in A.0 Nuovo ele.ttrosaopio per le due elettricitd d' influenza. — Vienna, -1855, di pag. G, in 8." con tavole. Ricerche sulla contemporaneity del passaggio delle op- poste corrcnti cleltriche in un filo metallico. — Vienna, 1855, di pag. 20, in 8." con tavole. 22. Dall' ecc. I. R. Luogotenenza delle prov. ven. Itinerario delle distanze per le provincie venete. — Venezia, 1855, un vol. in 8" 23. Dalla Universita reale di JNorvegia a Cristiania, Descrizione deW edifizio dsW Vniversild. Cristiania, 1852, in 8." con \\ tav. lilogr. c frontisp. di pag. 76 ( 2 esempl. ) ( in ling. norv. ). Cronaca del re Olao Triggesonio, con prefaz. di P. A. Munch. — Cristiania, 4 855, in 8.° di pag. xxjv e 114 con un fac-simile (in lingua norv. ). Cronaca del re Olao it santo. — Cristiania, 4 855,, in 8.° di pag. xlviij e 522 con fac-simile (in lingua norv. ). Grammatica delta lingua Zulu di II. P. S. (Schreuder. — Cristiania, 1850, in 8.° di pag. viij e 88 (in lingua norv.) Registro dc bent fondi dell' arcivescovo Aslak Boll, con prefaz. di P. A. Munch. — Cristiania, 1852, in 8." di pag. viij e 14 5 (in lingua norv.). Rcgolamento accademico pegli sludenli alia R. Univer- sitd Norvega Federiciana a Crisliania. — Cristiania, 1850. Spccchio Reale, con prefaz, — Crisliania, 18 58, in 8." di pag. xxij e 206 con fac-simili (in lingua norv.). Fagrskimia, o Compendia di cronacfic de1 re di Nor- —.349 — vegia, eon prefaz. — Cristiania, 1S47, in 8." di pag. xvj e 218 (in fingua norv. ). Del verbo in lingua norvega antica, paragonato col sanscrito, di C. A. Holmboe. — Cristiania, 1848, in 4.°, di pag. jv e 54 ( in lingua norv. ). Osservazioni sopra i graptoliti, di Cristiano Boeck, con 2 tavolo Iilogr. — Cristiania, 4851, in 4.° di pag. 10, ( in lingua norv.). Sal pronome relativo e suite congiunzioni relative delta lingua antica norvega, pamgonati con parecchic I in gun indo-europee, di C. A. Holmboe. — Cristiania, -1830, in 4." di pag. 12 (in lingua norv. ). Sulla guerra siriaco-cfraimitica fra Jot km cd Alias, drl dott. C. P. Caspar!. — Cristiania, 1849, in 8." di pa- gine 104 ( in tcdesco ). Descrizione e situazione dell'Osservatorio aslronomico drlla Iniversitd a Cristiania^ di Cristof. Hansleen e Carlo Fcarnley. — Cristiania, 1849, in 4.°, di pag. 90, con 5 tav. ( in tedesco ). Jus naulicum reccntius quod inter Norvegos olim valuit, Inline reddidit pauculisque adnotationibus adauxit P. A. Munch. — Chrislianiae, 1858, in4.°picc. di p. 44 (2esempl.) Enumeratioplanlarum vascularium quae circa Cliristia- niam sponte nascuntur, auctore M. N. Blytt. — Clirislia- niae, 1844, in 4.° pice, di pag. 70. Symbolae ad hisioriam antiquiorem rerum Norvegica- rum, edidit suasque aditotationes adjecit, P. A. Munch — Clirislianiae, 1850, in 4.° di pag. viij e 60 con fac-simili. Studii sulla sifilidc di Gugl. Boeck. — Cristiania, 4 835, in 8.° di pag. 212, con molte tavole litogr. (in ling. norv.). Paragone del Norvego col Celtico. di C. A. Holmboe. — Cristiania, 1854, in 4." di pag. 20 (in lingua norv. ). — 320 — Laboratorio chimico deW Lniversitd di Cristiania, e ri- cerche in esso intraprese, pubb. da Adolib Strecker diret- torc dello stesso. — Cristiania, 1854, in 4.° pice, di pagi- ne vj c 4 04, con 2 tav. litogr. (in tedesco). Libra di statuti norvegi di Cristiano IV (1604). — Cri- stiania, 1 855, in 8.° di pag. xxvj e 200 con ritratto ( in lingua norv. ). // bacino siluriano di Cristiania, ricerche chimico-geo- gnostiche di Tcodoro Kjerulf, pubbl. da Adolfo Strecker. — Cristiania, 1855, in 4.° pice, di pag. 62 con carta geolog. (in tedesco ). De prisca re monetaria Norvegiae, et dc numis aliquot et ornamenlis in Norvegia repertis. Seripsit C. A. Holm- boe, accedunt7 tabul. lapidi incisae. — Christianiae, 4 854, in 8.° di pag. 70. Commissione annuale delta R. Universild Federiciana Norvega pel 1855. — Cristiania, -1855, in 8.° di pag. 92 (in lingua norv.). Quattro indici scolastici, tre per 1' Universita di Cri- stiania in latino pel 1854 e 1855 ed uno pel serainario di teologia pratica pel 1854 ( in lingua norv. ). 24. Dairi. c R. Accademia dei Georgofili in Firenze. Alti dei Georgofili, 1855; vol. II, dispensa 4." 25. Dal sig. Alessandro de Marchi, di Padova. Nuova Guida di Padova e suoi dintorni. — Padova, 4 856, un vol. in 8.° pic. 20. Dal sig. T. Zollikofler. Geologic de environs de Sesto Calende, avec carte, par le meme ( exlr. du Bulletin de la Societc vaudoise des . sciences naturclles), in 8.° di pag. -12. IMP. RECIO ISTITUTO FENETO Dl 8CIENZE LETTERE ED ARTI PROGRAMMI Qucsto i. r. I&tituto, per 1' aggiudicazione del preniio scientifico corrispondente all' anno 4857, de- libero di coronarc il migliore lavoro che sciogliera il seguente quesito: « Quali conseguenze si possono presagire pel coramer- cio in generale e pel commercio veneto in particolare dalla apertura di un canale marittimo attraverso 1' istmo di Suez ; » Quali provvidenze in ispecialita nei riguardi delle vie di comunicazione dovrebbero e dentro il nostro terri- torio e nei territorii finitimi venir promosse per ottenere le piu estese e le piu pronte influenze del continente euro- peo nei nostro porto pei mari orientali e viceversa ; » Quali canoni di diritto internazionale dovrebbero alia navigazione del nuovo canale venir applicati. » L' apertura dell' istmo di Suez con si grande colore promossa in questi ullimi tempi puo avere conseguenze di mollo rilicvo pel nostro paese. — Queste conseguenze vennero in termini abbastanza vagbi accennate da chi trat- to 1' argomento (Baude, Cliemin-Dupontes, Talabot, ec). E necessario fame un' analisi accurata. — Siffatta analisi si lega e deve procedere a pari passo con quella delle con- — ;*2°2 — scguenze che Y apcrtura del nuovo canalc puo esercitare sul commercio in generale. — Sotto questo riguardo s' istituirono paragoni delle distanze, si formarono pro- spetti dolle quantita delle merci che passano dall' Occidentc all' Oriente e viceversa, si notarono i porti di carico e sea - j-ico nei mari dell1 Asia ; ma non si lenne conto ne della qualita delle merci spedite, ne dei paesi del continente eu- ropeo, che le producono, o le consumano, ne delle vie di terra e di acqua che le dctle merci in Europa percorrono, ne degli aumenti che dall' accorciamento della via maritti- ma possono derivare nella produzione e nei consumi ri- spettivi, ne di a-ltre cagioni che possono indurre o in via assoluta o in via relativa una differcnlc attivita nellecorri- spondenze dei singoli porti europei coi porti asiatici. — • Laonde a fin di conoscere qual parte possa toccare al commercio veneto nei nuovo indirizzo delle relazioni Ira T Occidente e l1 Oriente, e necessario istituire un diligente e miuulo esame di tutti gli elementi che compongono adesso e possono comporre in seguito il commercio ma- rittimo tra 1' Europa e Y Asia oltre Suez. Ed a rendere compito per noi lo studio di si importanle argomento bi- sogna piu spccialmente aggiunger la indagine sui mezzipiu opportuni per conseguire che questi elementi del commer- cio tra f Europa e 1' Asia preferiscano nei loro movimento il nostro porlo. — Da ultimo, dopo avere determinate la importanza dell1 aperlura dell' istmo rispetto al commercio europeo in generale e al commercio veneto in particolare, e anche mestieri conoscere per quali provvedimenti inter- nazionali si possa ottenere che questa naturale importanza non sia tolta e scemata da ingerenze arbitrarie. Sotto que- sto riguardo F argomento venae sfioralo nei solo inleresso dei capitali chiamati a fare Y impresa. E necessario che la — 32;* — si discuta colic piii auipie vcchitc dell' intercssc general© del eoniniercio. II premio e di austriacbe L. -1800 : — e verra aggiudi- cato nella pubblica solenne adunanza del 50 maggio 1857. II. Non essendo stala data soddislacente soluzione del qucsito scguente, 1 I. II. Jslituto crede conve- niente di riproporlo uei seguenti termini : « Paragonare, in base delle piu fondate teorie, e delle meglio provate sperienze, i varii meecanismi, die toroano maggiorniente acconci ad innalzare l'acqua a piccole aUez- ze (non superiori a tre inetri) ; c dedurre i principj cbe ne' diversi casi di asciugamento e d'iri'igazione possono determinare la scelta. Si dovra avere riguardo ancbe alia natura ed al modo della sua applicazione. » Ancbe per questo il premio e di austriacheL. 1800: — e verra aggiudicato nella predetta solenne adunanza. Nazionali e stranieri, eccettuali i Membri effettivi dclli. r. IstitutOj sono aniraessi al concorso. Le Memorie po- tranno essere scritle in italiano, latino, francese, ledesco ed inglese; e dovranno essere presentate francbe di porto, prima del giorno 15 marzo 4 857, alia Segreteria dell' Isti- tuto niedesinio. Secondo 1' uso accademico, esse porteran- no un' epigrafe, ripetuta sopra un \igbelto sigillato, con- tcnente il nonie, cognome e l'indicazione del domicilio dell' autore. Cosi per I' uno conic per 1' allro dei due proposli quc- sili verra apcrto il solo vigliclto della Memoria premiata, — 324 — la quale rimarra in propriety dell' i. r. Istituto. Le altre Memorie, coi viglietli sigillati, saranno restituite, dietro do- manda e presentazionc della ricevuta di consegna, entro il termine dell' anno 1857. Venezia 10 febOraro 4 856. // Presidente PROF. B. POLI // Segretario DOTT. GIACINTO NAMIAS. ANNO ACCAD. 1855-56 D1SPENSA QUARTA 8DLLE UNITA DELLE VARIE QUANTITA FISICHE SULL'IMPOKTANZA ED USO DELLE TEOIUE PER RACCOGLIERE E COOItDINARE I FENOMEINI FISICl D1SC0RS0 DEL M. E. PROF. GIUSTO BELLAVITJS Letto nelle adunanzc del "20 luglio 1851 e 21 marzo 1852. (Coiitinuaz. della pag. a5a della precedente dispcnsa) Delia luce e del calorico raggiante. 121. V cnendo a parlarc dclla luce, la sua misura, foto- metria, costiluisce, conic tutti sanno, uq problcma molto difficile, e del quale nun ancora puo prescntirsi la possibility di trovare un' esatta soluzione. — 0 ci bisogna giudicare dell' intensita della luce coi nostri sensi, e sotto qucsto ri- guardo 1' occhio e imperfetto, e difficile riesce la compa- razione di due luci, speeialmente se abbiano liute diverse. Oppure noi ricorriamo a qualcbe effetto prodotto dalla luce, e nulla ci assicura die tal effetto sia proporzionale all' intensita luininosa. Cosi noi abbiamo piuttosto motivo per credere che la facolta calorica dei raggi sia indipen- Serie III, T. 1 43 — 320 — dente dalla loro facolta luminosa. — Mirabilissime sono le corrispondenze tra i raggi luminosi e le mutazioni chimi- che, die essi possono promuovere, nulladimeno noa vorrei prendere le seconde come misure delle vibrazioni eteree : lanto piu che queste mi sembranu doversi considerare soltanto come la cagione che sturba quella specie di equi- libria- instabile, in cui si tcnevano i corpi legati da deboli aflinila chimicbe, sicche essi si riducono poscia a piii sta- bile combinazione: si aggiunga cite P azione chimica pro- vocala dalla luce suule apprezzarsi mediante una corrcnte elettrica, e si vedra quanto sia difficile stabilire precise unita e precise misure col fotometro chimico-elettrico. 122. Non faranno maraviglia tali difficolta ove si con- sideri che le stesse si troverebbero nel suono, essendo ben difficile stabilire una misura per la sua intensita. — In quanto al tuono esso esattamente si deflnisce mediante il tempo della durala di una oscillazione, e sarebbe percio conforme alia nostra unita di tempo lo stabilire invariabil- mente per base della scala diatonica il cesolfaut, che compie in un minuto secondo un numero di vibrazioni espresso da 52, da 04, o da altra polenza del due. 125. Cosi le unita nalurali dei luoni sono [l'': 2s], |lv: 26], ec, e per esempio ■= \\": 2,0| esprime quel gesol- reut che fa I55G vibrazioni in \" . -- Similmente 1' unita dei colori e data dal tempo \\" : 2^1 ; ma atteso l'incertez- za che pud rimanere nel tempo delle vibrazioni, potrebbe prendersi invece per individuare ogni colore la lunghezza dell' ondulazione nel vuoto; allora I'unita sarebbe [m: I0c]y e le principali striscie nere dello spettro (alle quali giova riferire ogni colore) sarebbero espresse dai numeri 0,688, 0,056, 0,589, 0,526, 0,485, 0,429, 0,595. 124. Sono gia alcuni secoli che il dominio dell' ottica — 327 — v disputato da tin' ipotesi e da una pseudoipotesi : 1'ipotesi delle ondulazioni e la pseudoipotesi dell' emanazione. Que- st' ultima sostenuta dall' aulorita di un Newton conservo per parecchi anni la proponderanza ; ma la prima ha ormai ripresi i suoi diritti, ne piii cedera il posto che le compete. Vediamo brevemente qual fosse la sua emula. 425. Non e da meravigliarsi se lo scopritore dell'attra- zione era disposto a scorgere in tutla la natura questa for- za, che basta a reggere i corpi celesti ; la sua facilila di spiegare la rifrazione porto che I' inverisimile ipotesi del- I' emanazione facesse dimenticare quella delle ondulazioni molto piii probahile ed appoggiata ad osservabile analogia. Ecco dunque la luce spargersi per lo spazio colla velocita della folgore: qual portentosa forza la spinge, che nessun ostacolo ne possa rallentare il corso ? Essa e emanala a torrenti non solo dagli immensi astri, ma ancora dal mi- croscopico insetto fosforescente. I corpi opachi la assor- bono per secoli, ne mai ne hanno pure un alomo per ema- nare. Questi raggi di luce s'incontrano , s'incrociano in tutte le dirczioni, e ciascuno segue la sua via senz'essere menoma- mente turbato da tanti urti. Cosi la legge della composizione dci movimenti e distrutla dalla [iscudoipolesi dell' emana- zione. •126. Quel fluido, che sembra continuamente crealoed annientato, di cui ogni passo 6 un mislero, venga ora analizzato dal prisma. Non piii abbiamo una sola luce, bensi miriadi di luci tutte different!, esse vanno unite nella rapidissima loro marcia, ed allora soltanto si separano che attralte con differente energia dai corpi si rifrangono a diverso grado, e lasciano scorgere quei variati colori, nella cui unione I' occhio non sapeva scernere che il bianco. 427. Tra le infinite luci se ne scelga una, per esempio — 328 — la piu rosso, ed un raggio di essa entri in una laminetta di vetro, che abbia la grossezza di un milionesimo di pollice; il raggio non uscira per la seconda faccia della lamina, ma sara riflesso all'indentro: che se la grossezza sia di due milionesimi, il raggio altraversera la lamina uscendo per la seeonda superficie : e se quella sia di tre milionesi- mi, il raggio entrato per la prima superficie sara respinto dalla seconda: ai quattro milionesimi corrispondera inveee la libera uscila, e cosi in seguito allernativamente. La pseudoipotesi spiega i fenomeni nel seguente modo: i rag- gi di luce acquistano ncU'enlrare nella laminetta un accesso di facile riflessione, il quale e massimo quando il raggio ha percorso nel vetro la lunghezza di un milionesimo di pollice; a questo accesso sucecde un accesso di facile trasmissione, la cui maggior energia corrisponde alia lunghezza di due milionesimi ; e cosi contiuuano a sempre uguali interval li gli accessi di facile riflessione e di facile trasmissione. \ 28. Passiamo ad altri fenomeni. Ecco un raggio di luce cilindrico, il quale viene compiutamenle riflesso da una laslra di vetro prcsentatagli sotto data inclinazione: se la lastra si fa ruotare di un angolo retto intorno al raggio medesimo, sicche 1' angolo d1 incidenza si conservi costante, il raggio sara trasmesso per enlro la lastra : un allro quarto di rolazione produrra la riflessione: in guisa che nel raggio si distinguono quattro lati, a due dei quali corrisponde la facile riflessione ed agli altri due intermedii tra i primi la facile trasmissione. La pseudoipotesi ne ha conchiuso che le molecole della luce hanno duepoli, quasi fossero piccolo calamite, e che quando i poli di tutte le molecole sono rivolti da uno stesso lato, la luce, che dicesi polarizzata, ha da due lati opposti la facolta di rilletlersi, dagli altri due quella di trasmettersi. — 329 — 129. Accenniamo finalmente un altro fenomeno. Due raggi di una medesima specie di luce scorrono 1' uno ac- canlo all1 allro in direzioni quasi esattaraente parallele, essi vengono ad incrociarsi sotto un angolo aeutissimo: ognu- no si aspetterebbe di veder cola una luce raddoppiata, in- vece apparisce l'oscurita. La pseudoipotesi dell'emanazione non trova mezzo di spiegare come due luci die corrono insieme possano mutuamente distruggersi ; essa rimane abbattuta: il fenomeno delle interferenze fa ritornare al- V ipotesi delle ondulazioni. 130. Arrestiamoci a fare alcune considerazioni. La pseudoipotesi dell' eraanazione, inverisimile nei suoi prin- cipii ed assurda nelle conseguenze, non offri alcuna spie- gazione che in qualche modo la giustificasse. Eccetluati i piu semplici fenomeni di riflessione e di rifrazione, essa non pote superare alcuna difficolta; ad ogni nuovo fenome- no convenne immaginare novella supposizione: ad un solo fluido se ne sostituirono infinili, alle molecule si diedero dei poli, e quasi si dotarono di vita loro attribuendo dei pe- riodic! accessi. Nulladimeno moltissimi fisici la conside- rarono non come una pseudoipotesi, ma come la vera esposizione del secreto della natura : la credulita non e privilegio esclusivo d1 alcuna classe di persone. — Se pel fenomeno delle interferenze si fosse trovato un allro ripie- go anche stranissimo, ed affatto indipendente dalla primi- tiva pseudoipotesi, si sareltbe detlo che 1' emanazione spiega anche le interferenze; giacche si crede di spiegare un fenomeno generale immaginando una supposizione precisamente altretlanto generale e modellata su di esso. Cosi quando si dice che in un dato caso la luce si riflelte, questo si chiama annunciare il fenomeno; e quando si dice che in quel dato caso la luce e nell' accesso di facile — 330 — riflcssione, si pretende averlo spiegato. Quaoto e mai grande il potere delle parole ! 13 1. Ma so da tutto questo alcuno no volesse arguire che i flsici malamenle operarono uel segoire una pseudo- ipotesi cosi slrana ed infeconda, e che senza di essa sa- rebbero stati maggiori e piu sicuri i progress! dell1 ottica, egli sarebbe in un errore piu' dannoso del troppo facile contentamento degli altri dotti. I flsici ebbero torto sol- tanto nel non appigliarsi ad una ipolesi gia conosciuta mollo piu verisimile, e non meno opportuna delta pseudo- ipotesi alia coordinazione dei fatti. Del resto, in mancanza della ipolesi delle ondulazioni avrebbe bisognato atteaersi alia pseudoipotesi dell' emanazione, o ad altre equivalenti supposizioni, senza di che 1' ottica anziche una scienza sarebbe una imbarazzatissima raccolta di fatti. — La teo- ria, esprimendo con una semplice formula i fatti generali, riesce vantaggiosissima per rintelligenza e spiegazione dei fatti particolari e complicati. Cosi, per esempio, dopo aye- re stabilita 1' esistenza d' infinite luci variamente colorate, ed avere attribuito a ciascuna di esse una differente lun- ghezza degli intervalli, a cui competono gli accessi di faci- le riflessione o Irasmissione, si ha naturalmente la spie- gazione dei colori presentati da una lamina sottile illumi- nata dalla luce bianca, cioe da un determinato miscuglio di tutte le specie di luci: questi colori non sono gia sem- plici, come quelli del prisma, ma nascono dall' unione delle differenti specie di luce nelle proporzioui determinate dalle maggiori o minori quantita che di ciascuna di esse sono riflesse dalla seconda superficie. 152. II Comte rifiuta e f ipolesi delle emanazioni e quella delle vibrazioni ; egli dice espressamente che que- st'ultima abusivamente trasportata dall' acustica alio stu- — 331 — dio dei fenomeni luminosi non pu6 condurvi die a con- cezioni ehinieriche ; e tutto qucsto perche 1'etere lumi- nifero e un ente immaginario, la cui esistenza non e pro- vata direttamente. Immaginiamo clie sieno ancora ignoti alcnni poehi dei caratteri che dimostrano (§. 51) T esi- stenza dell' aria: in tal caso, secondo il Comte, iui- maginare I' esistenza dell' aria sarebbe Io stesso come sotloporre la fisica alia metafisica, incagliare ogni pro- gresso di quella coll' introduzione dell' idea di un ente im- maginario. Ma che diverrebbcro la teoria della trasmis- sione dei suoni e 1' acustica senza 1" ipotesi dell' esistenza dell' aria ? 435. Parrebbe che V esistenza dell' etere, alle cui vibrazioni si attribuiscono i fenomeni luminosi, fosse ap- punto dimostrata da quella mirabilissima teoria che i fisici seppero stabilire su quel principio, e ehe cosl bene corri- sponde eon tanti fenomeni particolari. D'allronde, fosse anche improbabile 1' esistenza dell' etere, fosse pur essa in opposizione con qualclie fatto fuori di quelli, che e desti- nata a spiegare, sarebbe sempre cosa ppportuna ammette- re 1' etere come una ipotesi, o, se si voglia, una pseudo- ipotesi, e col suo mezzo riunire i fenomeni dell' oltica ; e formarc cio che costiluisce una vera scienza, vale a dire una teoria col cui mezzo si possa prevedere 1' esito di sperienze non ancora tcntale. — II Comte palesa piii volte il dispiacere che il principio delle interferenze od altri primipii generali non sieno slati ancora sciolti dai chime- rici concepimenti sulla Datura della luce. Cio non fu fatto, perche probabilmente non e possibile farlo; togliele I' ipo- tesi delle vibrazioni, togliete quella dell' emanazione, ed i fenomeni luminosi vi rcslano tutti slegali, ne potrete apprenderli se non se ad uno ad uno; do[io li dimculiche- — 332 — rete colla stessa facility con cui si dimenticano i caralteri di una serie di piante. 1 54. Quello stesso calore, che scorre icntamente nell' interno dei corpi, talvolta si propaga rapidissima- mente, ed i suoi raggi seguono le leggi stesse dei raggi luminosi. Supporre che veramente il calorico sia slanciato dai corpi con quella prodigiosa velocita, sarebbe lo stesso come voler incontrare tulte le opposizioni, a cui e sogget- ta la pseudoipotesi dell' cmanazione della luce : e per so- prappiu bisognerebbe accogliere quella slranissima ipotesi dell' equilibrio mobile. — Parrai adunque necessario am- metlere che il calorico, che esce da un eorpo non sia quello stesso, che quasi nello stesso istante entra in un corpo molto lontano : bensi che il calorico, che usccndo da un corpo entra in un mezzo diatermano, spinga innan- zi il calorico circostante, questo spinga quello che gli sta da presso, e cost in seguito lino a quello che entra nel corpo lontano. Mi pare che cio sia pienamente analogo a quanto avverrebbe alio scoppiare di una mina ; il suono si propaga da lungi, e contemporaneo al suono si prova dall' aria un forte urto, che puo spezzare le invetriate, e che per certo condenserebbe 1' aria contenuta in una stanza se ad essa fosse impedita 1' uscita. — Non ripeterO 1' ipotesi che altra volla abbozzai su questo argomenlo; diro solo potersi supporre che I'etere luminifero ed il ca- lorico sieno uno stesso fluido ; la quale ipotesi potrebbe eccitare a qualche ricerca sperimentale sulla propagazione della luce nei mezzi molto riscaldati; e raccomandero ai tisici, che hanno i mezzi ed il talento di sperimentare, di occuparsi anehe dei raggi frigoriflci ricercandone le pro- priety, forse analoghe a quelle scoperte da I Melloni nei rassi caloriiici. — 333 — DeW elettricismo e del magnetismo. 155. Sarebbe forse una curiosa ricerca ideologica !o spiegare la difficolta die si prova nell' amraettere 1' azioue a distanza. Fino dal nostro nascere scorgiamo i pesi ca- dere al basso senza apparisca alcun corpo obe ve li spinga, e siamo affetti dai suoai e dai colori, bencbe sieno da noi lontani i corpi sonori o colorati ; sembrerebbe percio die non ci dovesse riuscir difficile concepire 1' azione senza alcun intermezzo, giacche a cid fumnio sempre abiluati. — Ma la cosa non e cosi, ed abbenche la causa dell' urto dei corpi non fosse niente meglio conosciuta di quella d' ogni altro fatto elementare, pure molli iisici si studiarono di ridurre ogni fenomeno all' urto di un qualcbe fluido invi- sible. Cosi le attrazioai o repulsioni delle calamite furono attribute ad un fluido, die continuamente usciva e rien- trava nelle calamite: un altro fluido spingeva i corpi non eletlrizzati verso gli eleltrizzati; ed una corrente opposla del medesimo fluido serviva egualmente a spiegare la re- pulsione. Quanto poco filosofica fosse questa maniera di spiegare i fenomeni non v' e orinai cbi nol vegga : non si era fatto die sostituire il moto di un fluido immaginario a quello dei corpi, e la difficolta diveniva maggiore non sa- pendosi qual forza facesse muovere incessantemeute il flui- do magnetico od clettrico. 156. Pure, se con questa erronea supposizione si fos- sero poluti raccogliere in pochi canoni ttitti i fenomeni magnetici od elettrici, si avrebbe avula un'utile pseudoipo- tesi: ma possiamo astenerci dal considerare questa antica Serie 111, T. I. u — 334 — ipotesi, che gia pur troppo anche nelle modei'ne se ne tro- vano parecchie poco probabili nei fondameoti e che sono utili soltanlo per la mancanza di altre migliori. \o7. Siccome le proprieta dot corpi elettrizzati oltre essere, fino ad un eerto puoto, indipendenti dalla speciale Datura di questi corpi, sono anche trasfusibili dagli uni agli altri ; cosi fu molto opportuaa I idea di attribuirle ad un particolar corpo, ehe si disse fluido elollrieo. — Atnmet- tendo uno o meglio due fluidi elcUrici, Ie parti di ognuno dei quali si respingano secondo la ragione inversa del qua- dralo della distanza, e con egual legge attraggano le parti dell' altro fluido, e supponendo cite i corpi, altri lascino passare liberamente quei fluidi, altri quasi ne irapediscano il movimento, si giunge a spiegare tutti i lenomeni di elettricita statica ; e cio in modo preciso cd anche sotto- ponibile al calcolo. 158. Anche su questo argomento dellelettricita statica io non posso accordarmi coH'opinione del Cotnte, che non crede meritevole di alcun riguardo la teoria niateinatica sulla dislribuzione dell' eletlrico alia superficie dei corpi conduttori, e dice che nulla su questo proposito fu fatto dopo le sperienze del Coulomb. Io non voglio per certo porre a confronlo linsigne opera del Fourier sulla distribu- zione del calorico, e le memorie del Poisson sulla distribu- zionc dell' elettrico : il secondo non sara giunlo a risulta- menli egualmente precisi del primo, ne si potranno avere altrettanti risconlri coll' espcrienza. Ma I' idea fondamen- tale e la stessa nei due problerai; si tratta sempre di partire da una semplicissima legge assunta per ipotesi, e di dedurne tutte le conscguenze die possono otlenersi col calcolo: se I'espericnza verifichcra le variatissime conse- guenzc, anche la legge ipotetica reslera verilicata. Le spe- — :«5 — rienze sulla distribuzione dell1 elcttrico sono quindi pre- ziose o necessarie: ma colle sole sperienze non si giun- gerebbe mai a generali conseguenze, ed alia previsione di nuovi fatti ; niente meglio di quello che colle sperienze si polessero stabilire tutti i teoremi della teoria del calore. 159. Sul proposito delle applicazioni della mateinalica alia fisica, noleremo cbe esse sono di differenti nature, e cbe quindi differentemente vanno giudicate. Merita appena far cenno dell' opinione di coloro cbe quando veggono una formula od un segno algebraieo, la considerano come una deplorabile invasione della matcmatica Delia fisica. Fu anclie detto cbe la legge conoseiuta sotto il nome del Mariotte fu slabilila da matematici, e die 1' esperienza mostro erronea quella legge. Non occorre gia esser matematieo per annunciare cbe la densila di un gas e proporzionale alia pressione cui e sottoposto: sono anzi i non-matematici die bene spesso solo die due quantita crescano insieme nededucono die esse sono proporzionali; i matematici sanno troppo quanto variate possano essere Ie dipendenze di due quantita per istabilire di tali azzardate conseguenze. Furono le sperienze e non il calcolo, cbe indicarono al ^Iariotte ed al Boyle la predetta legge; e quand' anche sperienze piu accurate abbiano mostrato che essa non e precisamente esalta^ pure essa rimarra sempre ulilissima come dotata di grande approssimazione. 140. Ogni qual volta da alcuni principii o leggi si vogliono dedurre delle conseguenze relative a quantita, torna sempre opporluno, spesso necessario, il calcolo, che e un ragionamenlo preciso. Dichiarare nocevole il calcolo, sarebbe lo stesso come condannare il ragionamento; cre- dere di polerne fare a meno, sarebbe soslituire a con- seguenze esatte delle conseguenze indeterminate, e per- — 33G — cio suscettibili di mille inlerpretnzioni. Potrebbe servir d' esempio un fisico che volcsso costruire un buon istru- mento oltico aforza di sperienze e di ragionamenti senza ealcolo. 141. Furono i naatematici che da due sole leggi trassero tutta la meccanica celeste; furono matematici die da pochissimi principii ipotetici trassero quella teoria sulla luce, che in qualehc parte puo gareggiare colla meccanica celeste. Spetta ai tisici osservatori verificareleconseguenze, e quindi moslrarc la verisimiglianza od almeno 1' ulilita delle ipotesi. 142. Qualche volta i nialemalici assuniono una ipotesi e adoperando le piu elevate risorse del ealcolo ne traggono tutta una teoria. Per esempio: suppongono che i fenomeni del calore dipendano dalle vibrazioni, e tenlano di crearc una nuova teoria termologica: immaginano 1' etere com- posto di atomi dotati di forze, e studiano le leggi delle loro vibrazioni. Questi lavori sono meritevoli di molta stima, e per le difficolta analitiche che vi sono superate, e pei vantaggi che torse se ne potranno ottenere. — Se le finali risullanze di una teoria matemalica si accorderanno in qualitii, peso e misura coi fenomeni, il geometra avra fatto cosa ulilissima ; se no avra fatto un esercizio di ealcolo non dannoso. — Chi adopera un istrumenlo cosi potente qual e 1'analisi matemalica, puo fare buon' opera anche con trisli maleriali: periodic io cerlamente non condanno le teorie matematiche fondatc sulla pseudoipotesi degli atomi, o di altra maniera di coslituzione dei corpi. — II Corate rimprovera ai fisici di lasciarsi imporre dai mate- matici, anziche seguire la via delle sperienze. Rimprovero ingiustissimo : ogni fisico sa che 1' osservazione e la base della scienza, e piuttostoche attribuire alia materaatica — 337 - una soverchia importanza e disposto a rifiutargliela. Se talvolta cgli ccrca nolle teorie matematiche anche imper- fettissime un filo, die lo diriga nelle sue ricerche, ne e cagione la mancanza d' ogni altra migliore guida ; e nel- 1'oscurita si suole affidarsi ad ogni incerto lume. 145. Le teorie, piultostoche giudicarsi obbiettivamenle dalla verisimiglianza delle ipotesi a cui si appoggiano, vauno giudicate subbiettivamente secondo i vantaggi che ci presenlano per ridurre a poehi principii numerosa serie di fenomeni, — per darci un linguaggio onde descriverli, — per esprimere in numeri 1' intensita dei medesimi. — Sotlo queslo punlo di vista la teoria dei due fluidi elettrici e la piu opportuna ; come lo mostra I'identita, o quasi, dei fenomeni presentati dai corpi eletlrizzati in piu od in meno, e la facilita di spiegarli col solo principio dell1 attrazione e repulsione dei due fluidi secondo la legge Newloniana, e cio senza bisogno di eortsiderare alcuna azione dei corpi conduttori, i quali vengono a far I' uflicio di vasi conte- nenti i fluidi elettrici liberi. — II Comte, che non vorrebbe che nella fisica fosse introdotto alcuo enle, di cui non fosse provala direttamente 1' esistenza , doveva provarsi ad esporre chiaramenle e coordinare i fenomeni di eletlri- cita statica senza far mai alcuna allusionc ai fluidi elettrici. 144. Se mai si giungera (e per ora si puo averne piut- tosto il desiilerio che la speranza) a scoprire la cagione dei fenomeni elettrici; per verilicare I' ipotesi non oceor- rera vedere se essa si accordi con tutti i fenomeni deirelet- tricita statica, bastera esaminare se, almeno approssimata- mente, conduca alle slesse conseguenze delta teoria dei due fluidi elettrici, poiche tali conseguenze sono approssima- tamente conforini ai fenomeni. — Le teorie che danno non vaghe ed indecise spiegazioni dei fenomeni, bensi le — 338 — misure di qucsti, sono utilissime anche per servir di scala a scoprire le vere cagioni. -145. Per unita del fluido elettrico positivo [-f-e] po- trebbe prendersi quella quantita, die riunita in un punto eserciterebbe sulla corrispondente quantita [— e) di fluido elettrico negativo posla alia distanza di un metro la forza attratliva espressa da [lm: \"\"\, cioe quella ehe in \" e capaee di comunieare ad un chilogramma la veloeita di un metro per l". liG. Le teorie diverrebbero dannose soltanto a chi ciecamente le ritenesse come csprimenti le vere cause, e ne volesse dedurre altra serie di fenomeni oltre quelli, cui esse sono capaci di esprimere. Le pseudoipotesi dei due fluidi elettrici e dei due fluidi magnetici erano suffi- cienti a rappresentare buona parte dei fenomeni dell' elet- tricila statica e del magnetismo puro. Ma quando il fluido elettrico scorre incessantemente pei conduttori; quando queste correnti elettriche si pongono in conditio o col magnetismo, o fra di loro, o con altre azioni fisiche o chimiche, sorgono tali classi di fenomeni, ehe non si sarebbe saputo dedurre da quelle teorie, c die con esse difiieilmente si collegano. 147. Perspicaci osservatori pongono a calcolo alcune di quelle nmlue azioni e ne deducono delle speciali teorie, ehe riducono a poche e semplicissime leggi le azioni tra le calamite e le correnti elettriche, e di queste tra di loro : azioni ehe coi loro variatissimi effetti sembrerebbero sfuggire ad ogni legge.se non si facesse il dovuto conto delle moltiplici circostanze, die nascono dalle variate forme delle correnti. Se non ehe queste teorie non for- mano gia un solo tutto, e, quel ehe e peggio, parecchie classi di fenomeni rimangono senza alcuna teoria, ehe li — 339 — colleghi e li riduca a pochi priacipii. Cosi la scienza diventa quasi una storia, ossia una descrizione di fenomeni, olie mutano colle circosianze, senza che si possa prevedere qual sara la vera misura del fatto; e molto meno indovi- nare quali altri fenomeni si potranno senprire combinando in altro toodo le forze della Datura. i 18. Di quesla insufiicienza delle teorie noi ne abbia- ino una prova nella maneanza di unita, che servano a misurare le cause e gli el't'etli. In che una correlate elettrica differisce da un' altra ? Nella sola quaotita di eletlrieo che passa pel reoforo in un dalo tempo, oppure eziandio in una proprieta per qualcbe maniera analoga alia lensione ? Quali sono le relazioni tra gli elemeoti dell'intensitadi una corrente elettrica, e i varii effetli che puo produrre ? Que- sti, se si considera l'azione conlinuata della corrente, sono : attrazione o repulsione sopra una corrente parallels, — spinla perpendicolare al piauo sopra il polo di una cala- mita, — riscaldamcnto, — scintilla luininosa, — azione chimica, — magnetizzazione: e se si consideri i primi e gli ullimi istanti dell' esislenza della corrente sono: correnti indotte, — commozioni iisiologiche, ec. La lisica aspetla se non una teoria generale, che abbracci tutti quesli feno- meni, almeno un sufliciente numero di teorie parziali, che servano a prevederli e calcolarli. Ne a cio si potra giun- gere se da prima non siasi riuscito a stabilise unita e misure delle cause e degli effetti. 149. Forse che laholta si da troppa importanza all'os- servazione di un nuovo fenomeno: e non si darebbe pro- porzionata lode al lungo lavoro di un diligente, conscien- zioso e perspicace sperimentatore, che osservasse e discu- tesse molte misure di fenomeni gia conosciuti. Pure questi sono i lavori, dai quali puo trarsi buon frutto di scienza. — 340 — 150. llelativainente all' origine delle correnti voltaichc due opinioni dividono il campo. Ma tale questione non ispetta all' argomento del presenle discorso ; poiche non si tratta di scernere quale di due ipotesi sia la meno invert- simile o la piu opportuna, bensi di decidere un fa I to con- troverso, di stabilise quale tra due opposte sentenze sia la vera ; e questo e ufflcio dell' esperienza molto meglio che del ragionamento. — Ed infatti, non rade volte fu asserito da un fisico di scorgere qualehe leggera tensione elettrica ove altri negava che si palesasse ; ed ancbe le piccolissirae azioni chimiche furono sostenute o combattute seeondo che cid favoriva o contrariava 1' opinione adottata. — Se fosse veramente stabilito che I' oro ed il platino non dessero alcuna corrente voltaica mediante 1' acido nitrico, ed essa si generasse tosto che per 1' aggiuuta del cloro si rende possihile I' azione chimica : questo fenomeno, e 1' altro della scintilla otlenuta dal Faraday prima del con- tatto, lascierebbero ben poca speranza ai sostenilori dell' azione elettromotrice del contatlo. — D' altronde e pur vero che se si trovassero correnti elettriclie senza alcuna azione chimica rimarrebhe da cercare la causa che le produsse; poiche il contatto dei metalli potra essere l'oc- casione, non mai la vera causa di un fenomeno, che non consiste in disequilibrio momentaneo, bensi in una cor- rente perpetua. 151. Sicche, seeondo la data defmizione (§ 5G), la dottrina dell' azione chimico-elettrica potrebbe essere una ipotesi, quella del contatto soltanto una pseudoipotesi; e perche essa fosse veramenle utile bisognerebbe che, sta- bilite le forze elettromotrici dei metalli e le facolta con- duttrici dei liquidi, se ne potesse dedurre la intensita della corrente che esse producono. — 341 — Delle vicendevoli azioni tra gli ((genii fisici. 152. K eosa singolare che i iisici don abbiauo preve- dute niolto classi di fenomeni, clie pur I' analogia avrebbe dovuto far presenile: cosi le scoperle si sono invece falte tardi e quasi aecidcntalmente. — Ormai si conoscouo molte delle vicendevoli influenzc a due a due tra quesli agenli: Calorico, luce, elettrico, magnetico, azioni chimi- che, azioni fisiologiehe ; ma come Ientamente esse si andarono discoprendo ! — Fino dai primordii dell' elellri- cismo e del galvanismo si dovellero osservare i fenomeni clettrolermici (I) e galvanotermici (2); poscia si scoper- sero i fenomeni IcrmoeleUrici (5) (4), i quali si dividono in due classi secondo che producono sollanlo tensione clctti'ica, come nella tormalina, oppure corrente galvanica. 155. Quesli ullimi fenomeni non potcvano essere scorti se non dopo che I' eletlromagnelismo avea dalo un deli- calissimo galvanomelro magnetico. Anchc i fenomeni elettromagnettci possono distinguersi in elettromagnetici propi'iamenle detli (5), che sono quelli di calamilazione, ec. prodotli da scintille elellriche, ed in galvanomagneli- ci (G). — Si conoscevano gia i fenomeni elellroclilmici (7) e galvanochimici (8) : le eorrenti vollaiche sono viceversa fenomeni chimicogalvanici (0), e probabilmenle anche la macchina eletlrica a sfregamento e unapparecchio chimico- elettrico (10). Non ho bisogno di ricordare i fenomeni ckimicotermici (II) e termochimici (12), chimicoluminosi (15) e fotochimici (1-5), termofisiologici (15) e fisiolermici (16), ottici nonche folofisiologici (17), e fisioluminosi (18) qual e il lucicare di alcimi animalucci. •15 5. Ad onta di lanle vicendevoli azioni, passarouo Serie 111. T. I. 4S — 342 — alcuni anui dopo la scopertadei fenomeni galvanomagnetici, scnza die si pensasse di ricercare, so a sua volta il ma- gaetisrao polesse dar origine a qualche corrente galvanica. Per fare la scoperta delle correnti magneto galvanic he (10) bisognava essere penetrati di queslo principio, diro cosi logico, che una correnle non potra aversi da uno stato di permanenza. ma soltanto da uo qualche mutamento: ritenendo adunque il reoforo ravvollo a spira, eol quale una correnle elettrica magnetizza il ferro eontenuto den- Iro la spira, bisognava viceversa mutarc lo stato raagnetico di queslo ferro, e si sarebbero scoperti i fenomeni magne- togalvanici. Ci voile invcee tanlo tempo per fare un passo cosi facile e ualurale, indieato eziandio dai fenomeni del magnetismo di rotazione (m). II magnetogalvanismo (19) combinato coll' ingegnosissima teoria dell' Ampere di rap- prcsentare una calamila mediantc correnti elettriche circolari, gli apri il campo alia scoperta delle correnti per induzione (g). 155. Nell' accennare le predette vicendevoli azioni mi sono servito delta voce galvanismo per indicare le correnti elettriche; avrei volenlieri preferito reoelellricismo o vol- laismo, ma quesle parole hanno suono sgradcvole e ven- gono poco usitate. — Sembrami che sarebbe molto op- portuno di stabilire un linguaggio uniformc per indicare tante azioni e tanti istrumcnti. Cosi, per esempio, vi sono i (jalvanometri magnetici, il galvanometro termico (facendo passarc la corrente per una spirale del Iireguet), Wtermome- tro galvanomagnetico del Melloni, il telegrafo galvanochi- mico del Bain, ecc. 156. Non sara forsc inutile scorrere col pensiero su tutle le altre vicendevoli azioni Ira le predette cause, il die si rendera ancora pi li palese nelia seguenle tavoletla: — 343 Calor. Luce Chiiii. 12 14 55 7 III 25 Fisiol. Elettr. 5 50 Galv. 4 Magn. 20 28 | Calorico 51 11 52 15 18 29 15 17 Luce 50 Chimica oo 56 56 10 55 21 9 57 54 9 19 24 Fisiologia 16 III -2 26 1 -H 6 ! Elettricita Galvanismo 29 Magnetismo cr poco clic non proponesse di sosli- tuirvi il sistcma iluodccinialc. Mi pare che anche in qucsto propositi! (§. q) .si passasse troppo leggermenle sopra una considcrazione dclla maggiore iniporianza : il sostituire la numerazionc duodecimale alia decimate sarebbe slata una dannosissima innovazione. L'abbaco, o lavola di molliplicazione, c nel sistema decimalc troppo difficile perchc esso si prescnli alia memoria di chi non c mollo abitualo nel calcolo con quella spontaneila e sicurezza, die sarebbero necessarii a rendcrc Ic operazioni aiilmeliclie facilmente accessibili a lutti. Nel calcolo duodecimale la dif- ficolla dell' abbaco diventerebbc piu die doppia, ne credo d1 csagerarc dicendo die di qiiatlro personc capaci di calcolarc senz'averc^olt'occhio la lavola di molliplicazione, appena una acquislcrcbbc (ale abiludinc se il sistema duodecimale fosse sostituito al decimalc. — Nel nuovo sistc- ma dovrebbesi introdurre I' uso di due cif're di piu del decimalc; il van- taggio poi di esprimcre le quantita col mezzo di un minor n timer o di cifre sarebbe trascurabile, giaccbe per una quantila die ora si csprime con tredici cifre nc basterebbero allora dodici. Fu arbitraria, c soltanto f'ondala sul numero delle dila, la scelta del dieci per base della numerazionc, dandosi la prefereaza al cinque in conironto del piu semplicc tre. II sistema di numerazionc piu oppor- tune c nalurale e il scnurio; csso vale ad esprimcre esattaincnle lutlc. le I'razioni, per Ic quali cio e possibile nel sistema duodecimale ed ha grandissimo vantaggio di facilita anche in conironto del decimalc; in guisa die ogni piu scarsa intelligenza nc apprendcrebbe I' abbaco. — Se ndlo stabilire le nuovc misurc si losscro adollalclc division! scnaric, il calcolo ad esse relalivo avrebbc poco a poco i'alla nascere I' abiludinc del calcolo senario ; c lorsc clic col tempo ([iicslo calcolo sarebbe en- Iralo anche nell' arilmetica aslratta, cd avrebbc potuto ulilmente sosli- tiiiisi al calcolo decimalc. Si noli die il calcolo senario nun abbisogna Serie III. T. I. 47 — 358 — ill alcuna nuova cilia, the anzi non piu occorrono Ic qaaltro 6, 7, 8, 9. Baslcrebbe 1111 segno per indicare clic si segue il sislema senario : cosi, per escmpio, 3, 4' -' 5' potrel>l>e esprimerc Ire inleri, quallro scsti, due sesli di seslo c cinque scsti di seslo di seslo. II calcolo di qucsle divi- sion! delle nuove misure sarebbe 1 iuscilo piu facile di quello delie gia usilale divisioni in pollici, linee, soldi, ec. Sarebbe stalo nccessario im- maginare tin buon sislema di nomenclalura per denominare Ic divisioni cd i multipli, sempre per sei, di ciascheduna unita di misura. L'unita del letnpo e il giorno \< ; le sue frazioni piu usual! sarebbcro slate la o',oV corrispondente a quaranla ininuti, e la o',o'o'o'o'o'i ', die non giunge a due tninuli-secondi. La misura della gravila me- dia sarebbe slala di mctri 33,b25, c divisa per trentasei avrebbe data I' unila di lunghezza (m) poco minore del melro altualc. La lunghezza del pendolo, clic avrebbe lalle due oscillazioni nclla prcdella frazione unitaria di tempo, sarebbe slala di oltanlacinque ccnlimclri, cioe di o,5V5' della nuova unila di lunghezza. II quarto del mcridiano terre- slrc sarebbe di 1'0'2'1'3'oVo'o'o' di quesle unila. Segnando con t la scsla parte della prcdella frazione unilaria di tempo, cioe ponendo t— o',o'o'o'o'o'o'i, I' unita di forza accelcralrice .sarebbe la gravila media (§ 18) esprcssa da (m : tt) Presa per unila di massa quella (s) di (m?l) d'acqua, I' unila di lavoro (§ 38) sarebbe (smm : it), circa Ire quarti dell'atluale fjgsm], c quesla unila di lavoro sarebbe uguale alia corrispondente unila di semiforia-viva. II cavallo-vaporc (§ 33) produrrebbe in un giorno 85i3^z i'o'3'2'2'3 di quesle unita di lavoro, c diminuendolo di un undecimo si avrebbe la nalurale unila di motore i'o'o'o'o'o (smm : tt/) zz 0,0 i' (smm : tt). Anche il sislema monetario sarebbe riuscilo semplice e naturale ; uicnlre ncl sislema l'ranccse furono giuslamcnte nolale alcunc anomalie (Mem. de V Institut. Acad, des sciences, T. XII, 1 833). Ogni moneta sarebbe slala od una unita del sislema senario, od il stio triplo, cioe la nieta dell' unila d' ordine superiorc. Per csempio, slahilendo chc una massa (,v) d' argcnlo fiuo coslassc i'o'o'o'o'o' o'o (ossia 279936) unita monetarie ; quesla unita sarebbe slala di circa sessantacinquc ccntesimi di banco. Le moncte, formate con opporluna lega, sarebbcro stale, in argento, di mezza unila o,3' , di una unila monelaria, del suo triplo :>, e del suo sesluplo i'o (franchi 3,88); c, in oro, di trentasei unila 1 'o'o (Ir. 23,29), e dei suoi triplo 3'o'u , e sesluplo i'o'o'o. HIllM'Zt DEL GIORHO 24 FEBBRAJO 1856 llm.e. Antonio Oalvani legge uno seritlo intito- lato Nuovi sperimenti e nuove ipotesi intorno aljodio. Annunzia da prima quelli istituiti su lo sferococo confervoide alio scopo di conoscere so il jodio vi si contencsse in condizione metalloidoa o salina. e fosse trattenuto dal tessnto cellulare, o dalla materia azo- tata di quel vegetabile. Colle moltepliei sue indagini non solo ginnse ad escluderc il pen.siero ehe alia cellu- losa fosse il jodio aderente, ma non trovo indizj di esso disgregando affatto i sali dalla materia azotata, e cimentando quesia e quelli separatamente coi piii squisiti reattivi. A.1 riconoscimento del jodio torna necessario il concorso dellc sostanze inorganiche e dclla predetla materia. \H ehe 1' antorc si convinse riducendo a carbone la materia or^anica mescolata ai sali, sperimentando su le putrefatte decozioni acquose dello sferococo c usando il metodo di sposta- nienlOj col carbone animale o il ncro fumo, aggiunto il protossido di ferro idrato. o la sollilissima polveic di limatura marziale. Le pruove di s])ostaaiento ven- nero falte su le lavature di qnella pianta acidulate — 3(il I — o naturali, trasparenti e lorbide, recenti e putrefatte. Gl' indizj del jodio erano piu cospicui quando al pro- lossido si preferiva la limatura di ferro. 11 sig. Galva- ni ])oi mescolando tutti i materiali dello slerococo. secondo 1 analisi dei dott. Bizio c Pazienti, csclusi i joduri c bromuri, e sostiluita alia silice e alia posta- sa la radice del triticum repens e alia soslanza vegcto- animale la gelatina tratta dalla pelle recente del vi- tello. li abbrucio, e lisciviatone il carbone trovo nel liquido concentralo mediante T evaporazione indizj di jodio. II quale era palese eziandio allorche lautorc, per riconoscere a quale principio doveasi attribuire la manifestazione del jodio, rendea piu scmplici le mc- scolanze. Dopo aver unita alia gelatina la sola radice del triticum, sostitui a questa la silice precipitata col- I' acido acetico dal silicato potassico aggiuntovi poco carbonato di potassa. Vbbrucialo quest1 ultimo miscu- glio, nel liscivio del suo carbone si riscont.ro jodio, ma segui |)oi improvviso intorbidamento per precipita- zione di silice, e cesso allora di comparire 1' intenso colore azzurro sotto le cbimiche reazioni. All'.azione del fuoco. chc lacea pcrdere jodio ga- zoso, quando non era alio stato nasccntc la base per tissarlo, anteponendo il predetto mctodo di sposla- mento, ottenne il Galvani joduro di calcc. adoperando la limatura di ferro. ne ottenne mai. come il Becchi, il joduro di codesto metallo. J\oto inoltre che la temperatura essendo, in luglio, a 4- 25 \\. poteasi tnttavia reputare prccoce la putre- fazione dclla selatina stante I unione di essa alia — 3(>1 — silice, al i'orro. al carhone, c che da principle non trovava segno di jodio, il quale si manifestava piena- inente quando era pressoche completa la distruzione dclia materia animate. Esposti alcuni pensieri su I' influenza eleltro-chi- mica per I'azione dei due etementi ferro e carhone. il sig. Galvani aggiunge la supposizione che il carbonio. il nitrogene e 1' idrogeno della materia organica rca- gendo sopra 1'acidosilicicoproducano il jodio non prc- esistente, ma invoca la cooperazione de chimici in que- sti gravissimi studj, prestando egli riverenza all' opi- nione tuttavia dominante che il jodio non si produca. ma precsista. II m. e. cav. Agostino Fapanni legge uno scritto SU L' ITIL1TV n i ESTENDERE PRESENTEMEfiTE NELLE I'ROVINCIE VEPTE LA COLTIVAZIONE PEL LINO e sul motJo
  • 2 — provenga in origine dall' Egillo. Certo e, cho la collura e luso economico del medeslmo era conosciulo dagliEbrei, parlandone Mose nell'Esodo (I) o Salamone ne' suoi Pio- verbii (2), ove con quelle enfatiche ed espressive parole loda la donna folic, ntutier fortis quaesivit lanam., etlinum, el operata est consilio manuum suarumi ed Isaia (5) ancor pid chiaramente accenna, chc il lino non solamente si la- vorava a' suoi tempi, ma so ne faccvano tessuli fini c sotli- li: confwAdantur, egli dice., qui operabantur linum ,peelenlc$ , el texentes subtilia. Che il lino si collivasse anche dai Greci, ne abbiamo memorie specialmente in Teofrasto (4) ed in altri. Ma che i Romani ne faeessero estesa cd accurata coltivazione, cc ne assicurano piu ampiamentc Varrone (5), Virgilio (0) e Columella (7): c piu di ogni altro Cajo Plinio Secondo nel- la sua storia naturale (8), in cui di quanlo appartiene al collivamcnlo, ed ai prodolti di questa pianta, non solamen- te si costituisce storico c maestro, ma eloquente encomia- lore. Egli ci narra quali popoli la coltivassero di prefe- renza in Europa; e venendo a parlare dei lini d' Italia, accorda la palma seconda ai lini di Faenza, e la terza a quelli, die si raccoglievano Ira il Po ed il Ticino. Gli scrittori ruslici ilaliani, die vennero dappoi, come il trecenlista Pier Crescenzio, ed i cinquecentisti Viltorio Soderini, Agoslino Gallo e gli altri, che serissero inlorno (1) Cap. 9. 31. (2) Cap. 51, 15. (5) Cap. 19. 9. (4) De causis planlarum, lib. 111. cap. VI. (5) Lib. 1, c. 9. (6) Georg.j lib. 1, v. 77. (7) Lib. 1, c. 11 (8) Lib. XIX, Proem. — 3<>3 — ii questa coltivazione, copiarono mollo da Plinio, aggiuu- gendovi le prdprie esperienze. Queste testimonialize bastano a forma re Pelogiad'una piaota cosi preziosa', ed a mostrarne I' utility fornendoci essa due rilevanti prodotti ; cioe quello del filo per la fabbri- cazione delle tele e dei panni lini, elie servono a tanli usi e comodi della vita domestica^ e della navigazionc; e quel- lo parimente del seme, da cui rieavasi prima 1' olio, che viene adoperato e per la inedicina, e per la dipintura, e per le arti industriali: e poi rieavasi la linosa, che ser- ve d'alimento ai bestiami. Quindi il succitato Soderini, pa- rafrasando Plinio, gli fa dire, « che il lino e un'erba, clie » in quallro o cinque giorni ci trasporta da Gades ad i) Ostia, ci veste^ ci calza, ci ammanta e ci fa dormire. » Le sumnientovate circompadane provincie mantennero anchc ne'secoli posteriori quclla gloria acquislatasi nella cultnra del lino, per cui meritarono gli elogii del latino sto- rico naluralisla: cosi fecero anchc le provincie lombarde di Cremona, di Lodi, di Crema e di Pavia, alle qu.ali e da aggiungersi parimente quella di Brescia, ch' ebbe nel succi- tato suo concitladino Agostino Gallo un appassionato pre- cettore. Non e che le provincie venele al di qua dell' Adige ab- biano trascurato del tutto di collivare il lino;poiche le an- tiche memorie ci avvisano, che nelle provinqie di Padova e di Trcviso lo si coltivava anche nel medio evo, come lo si coltiva oggidi in que' luoglii specialmente, ove la natura del lerreno leggero, e formalo inmolta parte da pingue sabhia, lo rende opportune) a dare soddisfacente ricolta. Dopo la meta del sccolo decimottavo le accademie agrarie fondate dalla venela repubblica rithiamarono con iuvili e premii i proprielarii di terre ad occuparsi di — 364 — propositi) iulorno al coltivamento del lino: e tra queste So- cieta agrononiiche, quella che si distinse partieolarraente lu la vicentina, che promosse e premio la pubblicazione di Ire Meinorie sopra questo argomcnto: la prima delle quali scritta dal dottor Antonio Turra venne in luce nel 1785 col titolo: Sopra la collivazione del lino (1); la scconda del- tala dal P. Gaetano Ilarasti intilolata: Delia pi it utile col- livazione c manipolazione del lino (2); la terza., elf era ope- ra dell'Ab. Giambattisla Trecco, intitolavasi: Collivazione e govemo del lino marzuolo, con dodici tavole in rame (3). Pubblicossi cziandio in quel lorno dall' aceademia di Greraa mi' istruzione sulla cultura del lino, composla da quel bencmerilo presidente conte Annibale Vimercati San- severino (4), eposteriormente a questa, il bresciano France- sco Ugoni diede in luce nel vol. VIII degli annali d'agricol- tura del regno d' Italia, compilali dal celebre cav. Filippo lie (5), una memoria sal metodo di coltivare i lint, e del- I'uso, eke se ne pud fare nel dipartimenlo del Mella. Ma ad onta di queste istruzioni e di questi eccilanienli la collivazione del lino non si e fra noi dilalala, e tutto quel piu die si pole ottenere dalle accennale memorie, si fu il correggere alcun poco i metodi dell' antico trascurato coltivamento. Poco tempo dopo qucHepoca di negbitlosa tranquillity, venne, quasi lorrenlc, il cotone coloniale ad invadere tutti i porli e le piazze d'Europa, sopercluando co' suoi lilali e (1) Venezia, Nuovo Giorn. Milucco, vol. VII. (2) Vicenza, 1783, in 8." (o) Vicenza, 1792. con lav., in 4." (4) Crenia, lip. Konna, senza anno. (5) Milano. 1810. Silveslii. pag. Tl. — ffih — tessuti le manifatlure del lino, il quale, sebbeue pianta qua- si nostra le cd indigena, non pole reggere alia concorrenza della slraniera batnbagia. La feracita di questa pianta meri- dionale, la singolai-e economia della sua eultura nei cliini caldi, T immensa estensione die puo prbdurla, e piu di tutlo la singolare sua suscettibilitu ad essere lavorala colle macehine, I' hanno renduta cosi comune, e di si vile prez- zo, da potersi vantaggiosamente sostituire in inlinila di usi ai lili, ai tessuti, ed alle mollepliei telerie del lino. E seb.bene la guefrd dell' impero franeese, e la pro- clainazione del liloeco contineutale, isolando in qualche modo la Francia e I' Italia dal mondo commerciale, desse- roalla nostra industria manifatturiei'a un iinmensoimpulso, pure non si poterono ottenere dalle nostre lerfe que' pro- dotli, che I' estero eselusivamenle forniva alia nostra con- sumazione. Quindi 1' imperatore e re d' Italia Napoleooe I vedendo, che le guerre mariltiine polevano per l.ungo tem- po privare della materia prima le manifatture del eotone nel continente, e che era da tentarsi che il lino e la eanapa raceolti in Francia ed in allre parti d'Europa polessero sostituirvisi di preferenza, propose nel 1810 larglii premii tanlo a quelli, che collivassero in grande il eotone, ed in- ventassero macehine per tilarlo e lesserlo, quanto a que- gli alti'i che dilatassero il collivamento del lino, e si faces- sero trovatori di nuovi ordigni opportuni alia facile, solle- cita ed accurala filatura del medesimo. Se il colone, nella maggior parte de1 paesi in cui tentossi d' introdurlOj trovo contrarii ai suo prosperamenlo il cielo, i climi e le terre, fu pero piu fortunato del lino, per cio che riguarda I' in- venzione di macehine ingegnose, di lilatoi e telai maravi- gliosi, da produr tele sottili e linissime. La scoperla e I'ap- plicazione di tali macehine avendo prevenulo I' invenzione Serie III. T. I '(S — 300 — ed alluazione delle macchine per Glare e tessere il lino, rallenlo, specialmente presso di noi, i progressi del coltiva- menlo del lino e delle manifatture die con esso si creano. Ad (tnta pero che questo vamo d'industria siasi largamen- te aumentato in Inghilterra, nel Belgio, in Francis, in Ger- mania, in Polonia (I) per opera delle macchine di Girard, Marshall, Ueeosler, e di altri benemeriti arlefici, noi rela- tivamente alia collnra del lino ed alio manifatture de'pan- ni lini, siamo rimasti, se non del tutlo relrogradi, certa- nienle slazionarj. E questa, per vero dire, non grata notizia traggo dal prospetto slatistico delle provincie venete, compilato dal fu Antonio Quadri (2), che dice:« II lino ed il canape scar- seggiano sominainente nel veneto terrilorio, e quindi co- slituiseono una vistosa passivila, in quanto a tiglio di lino di quintali melrici 7200: ed in quanto a lin-seuie diquinlali 912: passivita, che potrebhe togliersi, poiche il nostro suo- lo ed il nostro cliraa sono coid'acenti abbastanza a simili produzioni. Le accademie di agricoltura, soggiunge, fece- ro degli esperimenti e pubhlicarono delle opere in tale proposito, ma la deficienza, che lultavia sussiste di questo genere, mostra il bisogno di provvedervi con efficacia, on- de liberarsi da simile passivita ». Per effettuare quest' utile proYvedimento, per miglio- rare ed estendere si la collivazione del lino, come la suc- cessiva di lui manipolazione in opera di lilali e tessuti, le circostanze presenti sono, per verita, le piii opportune e favorevoli. In presente e da pochi anni a questa parte si la materia teslile, come la semente del lino e cresciuta piii di un ter- (1) Dizion. tecnol. vol. XXII, 1859, e vol. XXX11. 1845. Venezia. 8." (2) Venezin. 1826, vol. 11, in 12." — 367 — zo in valore. Giacche parlando dol tiglio, il raaggior con- sumo, che scne fa in presente per ridurlo in refe, c in tele, in confronto di qucllo, che consumavasi ncl tempo passato, nefece accrescere le ricerche, equindiil prezzo, mancando- ci a motivo della guerra orientale i fili e lessuti di lino, die ei venivano dall' esterp. Lo stesso dicasi del lin-seme, giacche quello che si raccoglie nelle nostre terre non hasta a supplire agli annul hisogni nostrali: di che ne fa prova il sunto della statistica; teste riportato, donde rilevasi la passivita, che in questo genere ci aggrava, e si va giornal- mente accrescendo in ragione dell' accresciuto impiego, che fassi di delta semente nelF eslrazione dell' olio, che ser- ve pegli usi della medicina, nonehe in piu eslese mi-sure per la coloritura artistica e materiale di tanti oggetli, che una volta non si assoggettavano a colorimento, come si usa in presente, per assicurare la loro piu lunga durability. E parlando particolarmente del seme del lino, avanti la presente guerra colla Russia, traevasi in gran parte da Riga, ove il medesimo faceva capo dalle provincie di quel vasto impero, dedito grandemenle alia coltura del lino, perche producente in quel clima ed in quei terreni una ri- colta non solamente abbondante, ma di una qualita supe- riore a quella di ogni altro paese. Per lo che impedita e sospesa per quasi tutta Europa 1' importazione di detta se- mente, adoperata si per la fabbricazione dell' olio, che per seminarne le terre, ne derivo, come di sopra si e detto, che il valore dei semi medesimi sia grandemenle cresciuto, nonehe quello del tiglio stesso, e percid T agricoltore trovi nella coltivazione del lino un piu largo compenso, ed un piii forte stimolo ad impiegarvi le sue fatiche. Che se mi si obbiettasse, che sperandosi ora prossima la conclusione della pace fra le potenze belligeranti, la so- — 368 — spesa imporlazione di idetlo genere anderebbe a cessare e rimetterebbesi in cprso, conic prima: io rispondo, che non puo calcolarsi tanto breve il periodo di tempo, in cui gli agricollori moseoviti ridurranho a cultura di lino le loro immense eampagne lasciate in abbandono ed incolte per mancanza d' uoinini gia chiamati al servizio delle anni. Ma coneedasi pure che fra non lungo inlervallo la eoltivazio- ne del lino lorni a iiorire in Russia, ed il eonimercio di quella semente riprenda in Riga I' anlico suo spaccio, db- vremo pereio noi conlinuare a coltivare in piecole misure e con imperfezione di melodi cosi utile pianla, invece che approiitlarc deH'oceasione favorevole, che altualmenle pre- sentasi, di alTranearci del trihuto, che ci aggrava in tale ar- gomento ? Rechiamoci sempre alia memoria quel grande prineipio agronomieo, « che 1' agricollura non e nella sua ibrza, se non cjiiando puo far a meno dei prodolti e dei soccorsi dell' cstero. » 11 lino crescc e prospera in ognuna delle nostre pro- vincie, e n' e eonosciula e provata fra noi ab immemorabili la pratiea di lui coltivazione, come abbiamo delto di so- pra: ha la proprieta inollre, che non hanno molle altre pianle, di potersi seminare in due tempi, vale a dire si avanli inverno, che di primavera, e didare anehe, volendo, due ricolle in un anno nel medesimo campo, e di eompen- sare ordinariamcnle le spese di collura e manipolazione col solo prodotlo delta semente, anchc allor quando questa non e salita all' odicrno alto prezzo. E da osservarsi ezian- dio, che la collura e la preparazione del lino impiega un gran numero di braccia, e puo o.ccupare ogni eta, ed ogni sesso della popolazione agricola, parlicolarmente nell' in- verno, e nei tempi di carestia, quando le donne della cam- pagna mancano di lavoro. — 3()9 — E qui son lieto di poter annunciarc agli agricoltori di buona volonla una nuova favorevole circostanza, che puo rendere piu vantaggiosa in prescnto la collivazione del lino. Quest a fe la scoperla reccntemente fat la dall' inglese Dick- son, di preparare il lino senza il processo della macera- zione (I). Con questo mezzo meeeanieo si spoglia netto Io stelo del lino dalla lisca, e non se ne perde una fibra del liglio. Dagli esperimenti istiluiti enierse, che i lini trattati col vecchio metodo rendono dal 10 al 12 per cento; e col sistema meceanico rendono il 20 al 28 per cento. La so- cieta piemontese ha fatto i suoi calcoli solle entita delle im- portazioni del lino greggio pel consumo del paese, e venne a sapere, che ainmonta a trentamila chilogrammi all1 anno dei quali non asporla die I J05 ehilogrammi. L' industria del lino e della canapa pei soli hisoghi del Piemonte cfca ogni anno pel eomplessivo valore di 2o milioni di lire. Col- T inlroduzione del sistema Dickson, che raddoppia il pro- dotlo, il Piemonte trovera una nuova ricchczza di 50 mi- lioni di lire all' anno. « Noi desideriamo ( cost il sig. Giu- seppe Sacchi chiude la comunicazione di tale nolizia ) che questa utile scoperta vcnga presto introdotta in Lomhardia.» Al qual desiderio dell' illuslre stalista anch'io di buon gra- do associandomi, fo voli che cio parimente si effettui nelle venete provincie. E si eft'ettuera senza duhbio, se noi segui- remo in cio I' esempio non solarnente del Piemonte, ma di due altre delle piu illuminate nazioni del mondo; le quali avendo di recenle deliheralo t'ormalmente di ampliare c vanlagi;iare nei loro dominii i prodolti agrarii ed industria- li del lino, convalidano luminosamenle il mio assunto. Un messaggio del 12 novemhre deH'anno I8">0di Luigi (1) Amiali di stulistica. Vol. IV. sprie 1. 18S4. Alilano. 8. — 370 — Napoleone Bonaparte, in allora prestdente della repubblica, cd ora imperatore de'francesi,e cosi concepito (I): « I me- todi nolabili di cuHura, di macerazione e di preparazione del lino, die sono stati di recente introdotti in Inghiltcrra, in Irlanda e nel Belgio non potevano essere osservati con indifferenza dal governo francese. Esso no ha fatto stu- dii profondi , i cui risultati vi saranno sottoposli nella motivazione di una legge, che vi sara proposta, per libera- re da ogni dazio d" entrata il seine del lino aduso di semen- le provenienle da Riga ». L' effemeridi di questo stesso mese di noveml)re 1850 ei riferiscono, che l'uflicio del commercio di Londra ha da- to la sua approvazione agli staluti di una societa, che si e formata in quella citta col capilalc di un rnilione di lire di slerlini ( 25 milioni di franelii ), il cui oggetlo si e d' inco- raggiare la coltivazione del lino in Irlanda col mezzo del- 1' acquisto dei raccolti in erba ad un prezzo convcnuto per aero. Tutli si accordano nel riguardare la fondazione di tal compagnia, come un grandissimo benelicio per I' Irlanda. Appoggiato io pertanto a queste chiare deduzioni, ed a questi fatti innegabili, credo di poter conchiudere la prima parte della mia memoria, coirasserire^ che deve tornare at- lualmente utilissimo 1' estendere e migliorare nelle venete provincie la coltivazione del lino. (t) Gazzetta pYivilegiata di Venezia 20 novembre 1850, N. 510. — 371 — PARTE II. Del modo di liberare il lino dalla pianta che lo infesta, delta da' bolanici silenc linicola. Non vi e alcuno, che melta in dubbio, clie per rendere piu vantaggiosa la coltivazione di una pianta, non basti il dilatare il terrene che deve accoglierla, ma checonvenga contempo- raneamente adottare il piu diligente ed approvato sistema di buon governo della niedesima. Affidato a quesla massima, era mid desiderio, nel tr at tare dell' utilita di estendere at- tuahnente presso di noi il coltivamento del lino, di dettare ( come meglio avessero consentito le mie forze) una istruzio- ne, in cui fossero compilati i precetti dei piu riputati agro- nomi si antichi che moderni su tale proposito: sottoponen- dovi le osservazioni ed espcrienze da me fatte pel corso di circa 40 auni nelle mie terre in Martellago presso Meslre nella provincia di Venezia; corredando lutto cio colle no- tizie da raccogliersi dagli autori dei recenti metodi di pre- parare il lino senza macerazione, riportando la descrizio- ne e i disegni delle premiate macchine inventale all' estero colle quali, come di supra accennai, si ottiene con tanto profit to la lina, esatta c sollecita Idatura della materia te- stile di delta pianta. Ma il tempo e le pubbliche e private mie occupazioni non consentendomi ora di cio effettuare, mi limito ad indicare il modo ( da nessuno, per quanto io mi sappia, avvisato ) di liberare il lino dalla pianta che lo danneggia, detta da' botanici silenc linicola: il che forma la seconda parte dell' argomenlo propostomi. Nell' anno 1830 atteudendo io nel mio podere a far rac- cogliere il lino vernio verso la line di giugno, mi avvidi, — 37^ — i' he assieme col lino era eresciuia una grande ed insolita quantila di lino matto, come volgarmente presso di noi si ehiama, ed avea rigogliosamenle oceupato quasi la mela del linclo. Le raccoglitrici, die per pralica conoscevano il lino buono clal falso, avevano avuto f avvertenza o di non istrapparlo dal campo, o so loro avveniva di slrapparlo in- sieme eol buono, di separarlo dal inedesimo nel comporre i manipoli, lasciando abbandonalo sul suolo il linastro. Queslo a prima vista ha luftta I' apparenza del vero lino, linum usitoLtissimum , Lin., e lo rassomiglfa eosi, e per tal modo nell'altezza, nel colore e portamento dello stelo, nel- la forma e grandezza delta coccola o bacca rolonda con- tenente i semi, che non metlendovi Lin attento esame, non lo si riconosee diverso dal vero lino. Due pero sono le differenze es'lerne, che diversilicano 1' uno dall'altro. La prima consisle nell' essere il gamho del linastro nodoso e composto da cinque a sei nodelli, al superiore de'quali sor- gono i rami., che portano da Ire a qiiattro baccelli. La se- conda differenza consisle nell- essere i baccelli del lino fal- so piriform! ed ottusi alia sommila, e meno lucidi di quelli del lino vero. Un' altra differenza interna dei baccelli del linastro in confronlo del lino vero si ravvisa in cio, che i baccelli di quest' ultimo contengouo da cinque a sei, ed an- che da ottd a dieci semi di color marrone, di forma bislunga, conlenuti in tante separate caselle, in ciaschcduua delle quali sla un seme, mcnlre il baccello del linastro non e di- viso in cavita, e conliene da 50 a 40 semi di color nero, reniformi, e due terzi piu piceoli dei semi del lino. IVotai anche una visibile diversita fra 1' una e l'allra di queste due piante, quando sono in (iore; ed e che il lino vero porta i petali tinti di un bel colore eilestro, ed il linastro li spiega tiiili in color roseo lanauido. — 373 — Fatle queste pratjehe osservazioni sul campo, rivolsi i uaiei sludii sopra gli autori, di rimota non meno die di re- cente data, che Irallano della coltivazione del lino, per ri- conoscere se alcuno di essi porgesse circostanziate nolizie di questa pianta ; il che non mi venne fatto di riscontrare in alcuno. Trovai soltanto due vaghe indtcazioni della me- desima ; primieramente neir islruzione, che ho eitata di sopra del cremasco conte Annihale Vimercati San Severi- no, nella quale e detto, le sementi, ossiano erbe cattive. che infestano il linosono lalirga, I'erba presta, che assomi- glia in tnlte le sue parti al lino, la vittola, i barbisotti, le rape selvaggie, gli spinosi garzoni, ed il crine eke signifi- ed la cuscuta. In secondo luogo, nella parimente sopra ci- tata memoriadel bresciaoo Francesco Ugoni trovai, « chela semenza di lino serve per niolti anni, ne si cambia, quando non si mescolino semi di erbe cattive, come la dorella}mia- grum sativum, il di cui seme giallo rolondo, schiacciato e minutissimo pud a stcnto separarsi dalla linosa, e la lirga pure diversa dalla larghelta, o loglierella, lolium perennc Lin., ed altre. » RatTrontando i cenni di questi due autori intorno ai nomi volgari delle mal1 erbe infeste al lino, mi pa ne, che il solo Vimercati abbia in qualche modo segna- lato col nome volgare di erba presta, quella che io indicai colla volgare denominazione trivigiana di .lino matto. Se non che volendo io dalla popolare nomenclatura sa- lire alia scientilica, cio conseguii colla gentile assistenza de- gli onorevoli noslri colleghi professore Visiani e dotfore Zanardini, dai quali venni accertato, che la pianta iufesta da me ossenala, era la silene linicola di Gmelin (\). 11 Bertoloni cosi la descrive: *< Caule erecto, scabrido, fo~ (1) Fl. Bad.. 4." |>. 301 Scric HI. T I 49 — 374 — » His glabris irais oblungo-spatbulatis, superioribus Ianceo- i) lato-linearibus, bracteis flores brevissirne pedicellatos su- » perantibus; calycibus fructus ovoideo elevatis: petalorum » lancina exigua, emarginata ; capsulis thecaphoro longiori- » bus. » Accennando poscia il prefato Bertoloni (I) i luoghi, ove la silene Iinicola cresce e vegeta, appellala in alcuni luo- ghi d' Italia linastro a lancmola, dice : « Habui ex campis » deGallio in septem communibus Vicenlinorum a Montinio, » ex arvis Tarvisinis inter linum a Majero, ex viciniis de » Dolina in ditivae Tergestina a Tomasinio; Floret Majo et n Junio. » Secondo il prelodalo botanieo questa pianta presenta, oltre gli antidetti, li caratteri seguenti : « Radice gracile, fusto rotondo, lungo un piede a un piede e mezzo, rami alterni. Foglie acute od acuminate, verdi, liscie. I fiori in pannoccbia dicotoma, rada. Brattee lineari, piu lunghe del fiore, ch' e sempre sostenuto da corto gambetto. Calice del fiore tubuloso e piu stretto alia base, lungo 5 linee., con dieci nervature verdi, e divise in vene, fra le quali e bian- chiccio, e membranaceo ; liscio; nel margine dividesi in cin- que denti triangolari; nel frutto il calice diviene ovoideo- clavato. La corolla e piccola, cornea, coronala alle facce da squame bifide alquanto lunglie. I petali sporgono fuori colla loro lamina, ch' e corta, fatta a conio ed intaccata nell' apice. II suo frutto e sostenuto da un piede grosso, lungo una meta del medesimo, ed ba forma ovoidea, e gon- fio, e s'apre per volve diritte. I semi sono minuti,sottilmen- 1e granulati, e di colore bruno rossiccio . » Esposta la descrizione scientifica della pianta in discor- so, ed alia volgare di lei dcnominazione applicata la nomen- clatura botanica, ora m' e duopo adempiere le parti del- (1) FI. Hal. IV, p. 611, — 375 — T agrieoltore, sponendo in breve da prima i danni, ch' essa apporta al lino, e indicando dappoi i modi, con cui poter- sene liberare. La silene linicola, colla somiglianza dell'esterno suo abi- lo e del suo contemporaneo sviluppo, nasce e cresce inos- servata col lino, e vi si associa furtiva, vivendo ingorda- menle a carico di lui, invadendogli lerrcno e alimento. Ne i danni recati dalla silene al lino si limitano solamente al tempo, in cui le due piante crescono e vivono insieme sul campo, ma si estendono bensi questi danni anche quando ambedue vengono staccate dal suolo, sempre cbe V occhio vigile e V accuralezza delle raccoglitrici non separi 1' una dalF altro nella eompositura dei manipoli. Se non cbe que- sta diligenza nel cavare il lino dal campo e nel comporlo in fascetti, non e facile usarsi da mietitrici pel solito giova- ni ed avventate, le quali d'altronde, se facciano diligenle- mente il lavoro, devono impiegarvi il doppio di tempo, cbe non ispenderebbero, se il lino fosse netto dalla infesta pian- ta; donde avviene un maggiore spendio nella messe. Conviene osservare altresi, cbe se la silene si e estesa per tutto il lineto, e crebbe ardita e rigogliosa tra mezzo alle piante del lino, divenla assai difficile, nell' atto del rac- coglierlo, il separarlo esattamente dalla silene, la quale anche in piccola quautita rimasta nei manipoli, non lascia di essere nociva al lino ; poicbe posta con esso a macerare nell' acqua, per essere ella di libra piu fragile, presto si cor- rompe, e guasta ed annerisce il tiglio del lino. Vengo ora ad indicare i modi da me usati per liberare il lineto da questa vorace pianta^ e dai danni che vi arre- ca. Per ottenere cio io avvisai di rimontare all'origine, va- le a dire a purgare la semente del lino dai semi della sile- ne, il che giunsi a conseguire, valendomi, per nettarla, di — 3 7G — due vagli di pelle. Feci fare il primo di essi crivelli con fo- ri tanto grandi a un di presso quanto la grandezza dei se- nd del lino, e possibilmente della loro forma: a questo va- glio ne soltoposi un secondo chiuso e aderente al primo con cerniera a modo di scatola, forato con buchi piu pic- coli, tali pero da lasciare passare i minuti semi della silene, affinche scuolendo contemporaneamenle i due crivelli ne consegua, clie il seme del lino rimanga netto nella superfi- cie del secondo vaglio, non permeltendogli di oltrepassarla i ristretti fori della medesima, pei quali pero trapassano le semenli della silene., che sono piu minute e vanno tutte a raccogliersi nel fondo chiuso del secondo vaglior da cui si eslraggono per gettarle at fuoco, od in allro modo di- struggerle. Con questo doppio vaglio si possono libcrare i semi del lino ancbe dalle sementi di altre mal'erbe e zizzanie, se so- no piu minuti del lino : come sono appunto quelli della cu- scuta, o grongo, pei quali, perche minutissimi, gioveru adoperare il crivello suggerito dal vicentino sig. Bissari, nella sua Memoria sopra la cuscuta (I). Ma siccome spesso avviene che dei detti minuti semi della silene linicola maturati prima che si raceolga il lino ne rimanga una parte nel campo, e questa nasca di per se nel campo medesimo nelT anno successivo, e sorga ad infe- stare il lino, sebbene prodotto da semenle nella e rimonda ; cosi per evitare questa nuova dannosa emergenza, adottai di non seminare mai due aimi di seguito il lino nelle me- desime terrc^ poiche cambiando cultura e prodotto, la se- mente della silene va ordinariamenle dispcrsa ed estinta: il ijual rimedio,ollre die da me sperimenlato giovevoleper li- (I) MilailO 1809. Cairo, ron fig., in 8." — 377 — berarsi dalla silene mcdesima, viene suggerito dai piu accre- ditati maestri delta cullura del lino, i quali avvisano di la- sciar passare alcuni onni prima di riseminare it lino in quel campo, etie to ha prodotto di recente, appoggiali a quel notissimo virgiliano precetto (I) urit enim lini cam- pum seges, ed atle teoriche delle rotazioni agrarie. Non devo tralaseiare di suggerire un altro mezzo di ti- berare it lino dalla silene linicola, ed e quello di curarlo a mano dalle erbe cattive, quando it lino stesso e giunlo all' attezza di circa cinque centimetri : ma per eseguir bene questa operazione, £ necessariodi usare molta cautela, per non isterpare colleerbacce, e col lino fatso anche it buon li- no. Giovommi ad evitare si fatto pericolo, il seminare il li- no in ajuole meno larglie di quelle, che ordinariamente si sogliono praticare, limiiandole alia larghezza di poco piu di un metro: e cio ad oggetto di poter effettuare comodamen- te la curazione delle male erbe, camminando nel solco, senza calpestare co' piedi 1' ajuola, nella quale e nato e va crescendo il lino semtnatovi. Adoperando tali caulele, ed usando tali diligenze posso assicurare di avere da qualtro anni a questa parte libera- to le mie coltivazioni a lino dalla infesta silene linicola. E mi faccio un grato dovere di conumicare tali avvertenze agli agricoltori miei buoni confratelli, colla speranza, die ne vogliano approfittare. kSecondo t'art. 8." del regolamcnto intcrno, il prof. Raflaclo Molin fu ammesso a conumicare le sue Ricer- che anatomico-fisiologiche sul cuore c sul sistoma san- guifero (hi boa constrictor. (I) Georg., lil). I. v. 77. — 378 — Allorche M. J. Weber nel \ 852 pubblicava le sue ag- giunle all' anatomia e fisiologia (I), scriveva nell' introdu- zione di quell' opera le scguenti parole : « Se si considera che gia da un lungo decorso d' anni » possediamo un' anatomia degli amflbi, che con questo » oggetto non s'occuparono allri che dotti di primo rango, » che l'acquisto di quegli animali, non che le loro disse- i) zioni anatomiche non devono supcrare grandi difficolla, » e che finahnente i risultamenti attuali dell' anatomia del » cuore degli amflbi vennero adoperati in ispecie come » fatti inconcussi per la piu esatta determinazione fisiolo- » gica degli stati fetali, e per le abnormi formazioni del » cuore dell' uomo ; si stupira certamente se io asserisco » che, ad onla di tulto cio, appunto nell' anatomia del » cuore di questi animali vi sono molte lacune da riem- » pire, e molli errori da correggere. » Eppure Weber era stato preceduto nelle sue investiga- zioni sul cuore degli ofidiani soltanto da Schlemm (2)_, Cu- vier (5), Meckel (4), Retzius (5),Blumenbach (6) e Cams (7). A ben maggior ragione adunque stupira il mondo scientifico udendo annunziate nel 1 850 nuove invesligazioni sul cuore e il sistema sanguifero del boa constrictor, che appunto il (1) Beitriige zur Analomie unci Physiologic. Herausgegeben von Doc/. M. J. Weber offenll. ordenll. Professor an der Universitcitzu Bonn. Erslen Bandcs ersfe Numer. Bonn bei Henry el Cohen. 1832. (2) Annfomische Beschreibung des Blut'gp fas s systems der Schlan- gtn. In der Zeilschrifl fiir Physiologic von Trevh'anus und Tiedemann. 2 Bd. II. 1. (3) Vorlesungen iibcr vergleichendc Analomie. 4. Theil. (4) System der vergleichenden Anatomie, 5 Theil. S. 219. (5) Vcrhandlungen der schwedischen Akademie der Wissenschaflen fiir das Jahr 1830 Uebers. in Okens Isis. 1832 Heft V. (G) Handbuch der vergleichenden Analomie. Gottingen 180.'). (7) Lehrbnch der Zootomic. Leipzig 1818. — 379 — cuore di un boa 6 quello studiato da Weber, e Brucke, il mio venerato maestro, V esaltissimo fra gli esatti osservatori, nel 4 850 pubblicava negli atti dell' i. accadeniia delle scien- ze di Vienna un classico lavoro sulla meccanica della circo- lazione degli ofldiani (1). Brucke per6 non aveva a sua disposizione ofldiani di dimensioni grandi, che, come risulta dalla sua esposizione, egli pote investigare soltanto i cuori del coluber Aesculapii e del tropidonotus matrix ; e dalle tavole di Weber si puo facilmenle riconoscere che il boa, su cui questo natu- ralista faceva lavorare il coltello anatornico, doveva essere stato una miniatura del boa constrictor lungo circa tre metri che io ebbi occasione di esaminare. II cuore del mio animale misurava dall' apice del ventricolo a quello del- I' atrio sinistro, pei quali due punti passa I' asse longiludi- nale dell' organo, otto centimetri, ed il suo raaggior dia- metro era di quattro centimetri. Da ci6 soltanto credo poter spiegare le differenze di non piccolo momento, per le quali la mia descrizione anatomica contraddira a quella dei due suddetti maestri, non che le conclusioni fisiologiche disparate alle quali mi condurra l'anatoraica eonsiderazione. II cuore del boa constrictor, che formo l'oggetto de'miei studj, era certamente tre volte piu grande dei cuori d' ofl- diani esaminati da Brucke e almeno quattro volte piu grande del cuore di boa disegnato da Weber. L'animale, il cui sistema sanguifero mi faccio a descrivere, era appena morto da poche ore quando ne feci l'acquisto, e la fortuna mi favori oltre a cio, che le sue cavita cardiache erano asso- (t) Beylr&ge zur ueryleichenden Anatomic unci Physiologie des Ge- f&ssystemes: Von Ernst Briicke wircklichem Mitgliededer Kaiserliehen Akadetnie der Wissenschaflen. Ill Bund der D'enkschriflen der mulhe- tiKtlisch nalurwissensckafilicften Clause. I8.'i2. — 380 — lutamente vuote di sangue coagulate lo ho injettato il cuo- recon sevo, e divisolo quindi in tre parti mediante duese- zioni parallele all' asse longitudinale e perpendicolari al sepimento dei due atrii, nc estrassi la sostanza injettala dapprima con spirilo di trementina caldo, poi con etere solforico freddo. La prima di quelle sezioni divideva in due mela eguali le due valvole semilunari die separano gli atrii dal ventrieolo, e la seconda separava l1 una dall' allra le due valvole cbe si trovano nellarteria polmonale. Dirigendo i tagli in quesle due direzioni, nella speranza di ottenere un preparato islruttivo, la fortuna mi ha favorito piu die l'arte, perche soltanto in un cuore aperlo in tal modo si puo studiare esattamente ogui particolarita dell' interna strut- ting ne v' ha un punto d' appoggio alia superticie esterna dell' organo il quale serva di guida alio scalpello del disset- tore. Come mi sono piu volte assicurato tagliando cuori d' altri ofidiani, a una sola linea di maggiore o minore profondita che cada la sezioue, i rapporti interni diventano tanto complicati, che e molto difficile, direi quasi impos- sibile, 1' oricntarsi in un tal cuore senza il confrouto d' un altro aperto esattamente nei due sensi che piu sopra de- scrissi. I. Parti esterne. Aperto 1' animate alia superticie ventrale e denudati il cuore ed i vasi maggiori del pericardio, si nota a colpo d1 occhio una differenza essenziale nei rapporti di posizione delle singolc parti di questo organo daH'immagine che ne da Weber alia tavola I, fig. IX. Come si vede nella mia I figura, i due margini inferiori degli atrii concorrono a formare un angolo, che ha l'apice verso la parte anteriore e 1' apertura — 381 — verso la posteriore. In queslo angoln si veggono collocati i vasi arleriosi naaggiari, e preeisamente nel centro, alia base del ventrieolo, 1' origine dell' arteria pulmonale, la quale conlina a sinistra col margine inferiore libero dell' atrio sinistra, ed a dejstra coll' origine dell' aorta sinistra', in parte nascosla dal margine inferiore dell atrio destro. Dell' arteria polmonale non si vede ehe una piccola parte somigliante ad un Iriangolo sferico; perehe queslo vaso si rivolge hen tosto all' insu, approfondandosi nell'angolo clie- dro formato dalla porzione inferiore delle pareti interne dei due atrii, per comparire alia faccia superiore nel soleo che separa i due apiei di quesli. Qui lia luogo la suddivi- sione nei due rami polmonali. L' arco sinistro dell' aorta, ehe trae origine a destra e un momenlo piu insu dell' ar- teria pulmonale, proletlo in parte dall' atrio destro, si ri- volge dapprima all' ingiu ed a sinistra, eopre ohliquamenle l' arteria polmonalc fino ehe arriva al margine inferiore del loho sinistro, ed adercndo quindi ai due margin! infe- riori dei due lobij procede sotlo l'arteria pohnonale all'innari- zi, per ripiegarsi, quando e giunto nel soleo che separa gli apiei dei due atri, inlorno all'apiee dcH'atrio sinistro verso la faccia superiore, e eontinuare il suoeorsoal lalo sinistro della faringe. Verso F eslremita anteriore dell' alrio destro, protetta dal margine inferiore libero di questo, e confinanle a sinistra coll' arco aortico sinislro si vede 1' aorta destra, la quale si spinge all'innanzi hen piu in la di quello, prima di l'ormare I' arco, per cui ritorna in dietro ed a sinistra lungo il lalo destro e sopra la faringe. Essa manda, dopo d' avere oltrepassalo gli apiei degli atrii, I' arteria caroiis, quindi superiormente e aderente a questa I' arteria khyreoi- dea e dal ramo posteriore appena /' arteria collaris die- tro il lerzo anteriore dell' atrio sinistro. Alia faccia inferio- Seria III. T I 50 — 382 — re del la trio destro, dall'apice verso la base^dirigendosi obbli- quaniente verso il lato sinistro, per poi percorrere nel solco orizzonlaleeliesepara la faccia superiore di questo atrio dal ventricolo, passa la vena jugularis sinistra. L'apice dell'atrio sinistro si spinge tanto piu innanzideHatrio destro quanto la porzione eslerna dell'a base di questo si spinge piu indietro verso la punta del ventricolo, mcnt;e la base dell' atrio de- stro e limitata alia faccia inferiore da una curva, la quale nel suo culmine arriva appena alia linea di demareazionc dell' origine dei vasi arteriosi farteria pulmonalis et aorta sinistra). Le linee di demarcazione dei margini liberi infe- riori degli atrii sono determinate dai vasi maggiori, e pereio il margine del lobo destro ba inimcdiatamente dietro 1 apice un' incisura semilunare, die lambe il tubo dell' aorta sini- stra; forma quindi una curva colla convessita aderente alia concavita formata dalla porzione anteriore deli' aorta de- stra, poi una curva colla concavita adagiata alia convessita dell' origine dello stesso vaso, e tlnalmente un'obbliqua die si dirige postcriormente ed a destra. E pereio die la faccia inferiore dell' atrio destro seinbra formare una prolube- ranza, che si spinge fino al lato destro della destra aorta, e somiglia ad un' oreccbietta ; ma qiuintunque io avessi sott'occbio un cuore gonfio per la massa d injezione non potei riscontrare alcuna traccia di quell' oreccliictla della quale parla Weber, e die secondo questo maestro si deve spingere a sinistra e ricoprire I' origine dei vasi anteriori. II margine inferiore dell' atrio sinistro e limitato da due curve concave, I'anteriore delle quali lambe la convessita sinistra dell' aorta destra, e la posteriore tocca la stessa convessita dell' arteria pulmonale. Questa ultima curvatura si congiunge colla linea convessa che determina la base dell'atrio; e pereio dalf atrio sinistro si vede spingersi — 383 — piulloslo verso destra una orecchietta. Se si pone un piano langenle alia faccia eslerna dell' atrio destro, queslo piano e parallelo all' asse del cuore., meat re un piano tangenle alia faccia esterna dell' atrio sinistro forma coll' asse un angolo che lia 1' apice diretto all' innanzi; e 1' alrio sinistro sembra percio adagiato obbliquamente dall'arco dell' aorla destra alia base del ventricolo. Questo, osservato dalla su- perticie ventrale, somiglia ad una berretta frigia piutloslo che a un cono; la sua base e determinata esattamente nel centro dall' origine deWarteria pulmonalis ed aorta dexlra, ed a sinistra dal solco die la separa dall' alrio sinistro. A destra pero e nascosla sotto 1' alrio destro. La sua proje- zione ci presenta due margin i, vale a dire: il sinistro leg- germente convesso dalla base alia punta e d' un terzo piii lungo; il destro, un terzo piu corto, e determinato da una linea quasi retta. La punta del cuore del boa trovasi a destra del piano dell' asse. La figura I rappresenta il cuore veduto dalla faccia ventrale. I, Atrio destro. 2, Alrio sini- stro. 5, Ventricolo. 4, Origine dell'arteria polmonale. 5, 5, Vasa coronaria cordis. 6, Aorta destra. 7, Aorta sinistra 8, Arteria carotis. 9, Arteria thyreoidea. 10, Arteria collar is. I >, Vena jugularis sinistra. Osservando il cuore dalla faccia dorsalesi vede il solco, che separa anteriormenle i due atrii, occupato dall' arteria polmonale, la quale in questo sito si divide nei due rami destro e sinistro. Difficile pero e a distinguersi il confine tra gli atrii destro e sinistro: che al primo islante sembrerebbe questo confine determinato dal lato sinistro della vena cava. Ma, esaminaudo piu esattamente, si vede che I' alrio sini- stro a quesla faccia presenta I' aspetto d' un rene separato dalla base del ventricolo mediante la vena jugularis sini- stra e coll' ilo aderente all' atrio destro. Un solco leggiero — 384 — somigliante a una mezza lima si estende dal solco profondo che separa gli assi dei dueatrii fino all'estremila posteriore doll' alrio sinistro, e segna i eonl'mi fra 1' atrio destro ed il sinistro. Quest© solco e forma to dal sepimento interno dei duo atrii, il quale (ion e una parole verticale, ma una lami- na a spira. All' eslremila del eorno posteriore di questo solco semilunare entra nell'atrio sinistro la vena polmonalo, la eui lonaea si estende in quella dell' alrio stesso forman- done un piccolo rigonfiamento. L' atrio dosti'o semhra di- viso dal decorso della vena cava posteriore in due porzioni, vale a dire nolla porzianc a destra della vena cava, la quale ha una forma ovale e si estende col suo a pice posteriore lino alia terza parte del ventrieolo piu al di la della base, e nella parte a sinistra della vena cava, la quale e un'emi- nenza emisferica compresa fra la vena cava stessa ed il solco semilunare. II ventrieolo lia pure a questa faccia 1' aspetto d' una berretta frigia ; ma dal margine sinistro di projezione, a un terzo di distanza dalla punla, comincia un solco il quale si dirigo obbliquamente verso I'asse e la base fino alia mela della lunghezza del ventrieolo, e si ripiega quindi indietro ad angolo oltuso verso il lato destro di projezione. Come gia sopra acoennai, la vena jugularis si- nisti'a, die discendeva lungo la faccia inferiore dell' atrio sinistro, arrivafa al limite fra I' atrio o il ventrieolo, si ri- volge verso la faccia dorsale, seguita nel suo corso quel solco il quale separa I' alrio sinistro dalla base del ventri- eolo, o va a naseondersi sollo la vena polmonale e la vena cava posterior, per sboccare noil' alrio destro all' estremita posteriore dell' imboccatura del sacco venoso o della cava posterior. Sopra I alrio destro, dall' apice alia sua estre- mita posteriore, si Irova un sacco venoso ; il quale, ad onta clie Welter contraddica in questo punlo Schlemm e Retzius, — 385 — e nn voro sacco venoso forma to dal concorso delta vena azygas anterior dextra, dalla azygos posterior, vena ju- gularis dextra } e vena ihyreoklea dextra ahteriormente e posteriortne.il te dalla vena cava posterior. Questo reci- picnte sanguigno acquista non solo nn diamolro mol- (o grande rispetto a quello dei vasi, dal cui oonoorso e formato specialmente in tutto quel (ratio oho oonlina colla proluberanza emisferica dell' alrio doslro; ma la porziono inforiore della sua parete o aderenle, direi quasi immede- simata colla pavete doll' alrio stesso in Inlta la sua esten- sione dall' apice dell'alrio doslro lino alio sboeco delta vona polnibnale Del sinistra. Questa porzione del sisloma venoso credo si possa senza scrupolo considerate come un saoco venoso, poiche, raeoogliendo ossa il sangue di cinque vasi vonosi, non si pu6 determinare a quali appartenga pin 6 mono, taoto piu oho anohe i suoi rapporti anatomioi diffe- riscono da quelli doi vasi che concorrono a forrnarlo, no e voro, come vedromo piu lardi, cid oho assorisoo Weber, vale a dire ohe dollo due valvolo, lo quali proteggono lo sboeco di questo saooo, la doslra appartenga alia vena jugularis dextra, o la sinistra alia vena cava posterior. So intanlo 1' injezionc fu praticata dalla vena (favia, posterior, si vodo oho quella rienipie perfetlamente tutto lecavita ear- diaoho o ponolra in tutto Ic arlerie the partono dal euore nonche in lulto lo vene lo quali vi oonlluiseono. Essa per6 viono ai'reslala da valvolo un po' piu in la dogli apici degli atrii, tanlo nolla vena jugularis sinistra quanto nol saooo venoso della cava posterior. Al di la di questo valvolo del sacco venoso si oslcndo un'ampia vona, ohe semhra ossero la continuazione della cava posterior o dalla presenza dollo suddotto valvole viene caratlerizzala per la jugularis dextra. Immediatamenle presso alio suddette valvolo a doslra met- — 380 — te foce nel sacco venoso la vena thyreoidea dextra, ed a sinistfa, piu in dietro un istante dall'apice dell'atrio d'estro, la azygos anterior dextra e la azygos posterior. Al lato sini- slro della eava posterior, ed aderente alia sua parete, per- corre dall'indietrq all' innanzi la vena polmonale, la quale, appena scavalcata \ajugularis sjhistra,s\ piega a sinistra per ishoccare sotto un angolo retto nell'atrio sinistro, immedia- tamente sotto I'estremita posteriore del solco semilunare, che separa I'uno dallaltro i due atrii. Qua seinbra die la ve- na polmonale si gonfi, e la sua parete si confonda con quella dell'atrio in cui sbocca. Se si spaeea la vena cava posterior ed il saeco venoso nella Innghezza dell'asse, si puo assieu- rarsi dell'aderenza del saeco venoso all'alrio deslro e si ve- de oltre a cio un'aperlura ovale collocata obbliquamente da destra a sinistra. Questa apertura si trova iunnediatumente innanzi la base del ventricolo, distante percio dallo sbocco della eava anterior di tulta la Innghezza dell'atrio, ed il suo polo anteriore e nascosto solto una duplicatura semilunare formala dalla tonaca interna del sacco, la quale pero non si estende piu in la della porzione del sacco aderente. La figura II rappresenta il cuore osservato dalla faccia dorsale. I, Atrio sinistro. 2, 2, Alrio deslro. 5, Ventricolo. 4, Soleo semilunare che separa i due atri. 5, Solco del ventricolo corrispondente al sepimento impert'etto. 6, Vena cava posterior. 7, Vena polmonale. 8, Jugularis sinistra. 9, 9, Vasa coronaria cordis. 10, 10, Arteriae pulmonales nel punto dove si dividono dal truncus communis. I I, Vena azygos anterior dextra. A, Rigonfiamento alio sboeeo della vena polmonale. B, II sacco venoso chiuso dalle valvole della jugularis dextra. C, Sacco venoso. Figura III rappresenta la stessa immagine colla vena cava posterior aperta. — 387 — I , Atrio sinistro. 2, Atrio destro. 3, Venlricolo. 4, Sac- co venoso, parte aderente all' atrio. 5, Jiujularis sinistra. 6, 6, Vasa coronaria cordis.', 7, Arleriepolmonali. 8, Vena azygos anterior dextra. 9, Solco corrispo'ndente al sepi- mento ventricolare. 10, Solco semilunare die separa gli alri. A, Fondo anteriore del saeco venoso chiuso dalle val- vole. B, B, Lemhi della cava posterior. C, Duplicatura semilunare. D, Apertura che melte nell'atrio. Paragonando ora quanto esposi circa I' abito eslerno del cuore del boa constrictor coi pochi cenni die fa Briicke intorno al cuore degli ofidiani, e paragonando le rale im- magini a quelle date dal raio illustre maestro si noteranno facilmente delle differenze essenziali, le quali risalteranno ancor piu se si paragonano le immagini delle corrispondenli sezioni. Io devo pero ricordare di nuovo die Briicke stu- diava soltanto il cuore del coluber Aesculapii e del tropi- (lonolus natri.r. ch-' egli accennava appena appena allana- tomia di questo organo quanto era necessario per venir fa- cilmente inleso nell'esposizione deH'azione meccanica, e die paragonando le mie immagini con quelle del mio maestro e colle immagini di Weber, il quale riproduceva cuori di un serpente indiano e di un boa, si riconoscera come quan- lunque differiscano le mie da quelle di Briicke, pure le no- stre ci rammenlano a colpo d'occhio Io stesso tipo, menlre quelle di Weber, quantunque sieno tolte da un animale dello stesso genere die io studiava, moslrano ci6 non per- tanto differenze tali da rendere veramente necessaria questa mia descrizione. In fatli FJriicke dice: « Dal venlricolo del cuore spun- ») lano Ire vasi arteriosi collocati in triangolo uno presso » 1' altro, ciascuno de' quali c provvcduto dun pajo di val- » vole semilunari. Fra questi, quello che giace piu verso — 388 - » sinistra e {arleria puhnonalis, quelle che spunta a destra » c solto e P aorta sinistra, e quello die serge a destra e » sopra e Y aorta dextra. Questa, prima d'arrivare all'estre- » mita anteriore degli atrii, da la cdrotis communis, si ripie- ») ga quindi per dare un ramo ascendente, clie manda rami » aesopliagei, intercostales c rami pei muscoli della nuca, i) e diseende fmalmenle in giu per congiugnersi coll' aorta » sinistra a for mare I' aorta communis descendens. » Co- me e bella questa breve descrizione ! Poche parole palesano T insigne maestro ! Da quaolo ho citato per allro risulta che Ira il more del boa constrictor c quelli del tropido- notus natrix e del coluber Aesculapii hanno luogo le se- guenti differenze: Nelprimo V urtcria carotis spunta pill innanzi degli apiei degli atrii, e non prima che V aorta dex- Ira arrivi all'estremila anteriore di quesli ; 2." in esso, so- pra T arleria carol ule, spunta dalT aorta stessa come ramo indipendente [urtcria thyreoidea; la quale negli esemplari studiati da Brucke dcrivera probabilmente dalla carolide; 5.° I' arleria collaris di Muller, che corrisponde al ramo ascendente di Brik-ke, nel boa constrictor deriva dal ramus regrediens o posterior dell" aorta destra e non dall'arco slesso. Paragonando pero i'ra loro le immagini, si rileva che anche ne' cuori studiati da Brucke 1' apice dell' alrio sini- stro si spinge pin innanzi di quello del destro, die 1' aorta sinistra estende il suo arco intorno all' apice dell' atrio si- nistro per arrivare alia faccia superiore del euoiv, die r atrio destro non arriva anteriormeute a spingersi tattto innanzi quanto il sinistro, ma die invece si estende assai piii indietro in niodo da coprire quasi la uieta del lato cor- rispondente del venlricolo. "Ma quesle comparazioni ci rao- strano pure delle differenze essenziali nel rapporto degli atrii eol venlricolo. Se ci rappresenliamo il cuore diviso in — 389 — due meta mediante un piano il quale passi pel sepimento degli atrii, vedrcmo die nel cuore riporlato da Brucke la ineta sinistra del ventricolo si estende innanzi verso l'atrio sinistro cV un tratto eguale alia lungbezza delta destra meta del ventricolo, e ebe la base dell' atrio sinistro e quasi del tutlo separata da quella del ventricolo, mentre nel boa con- strictor le basi dell' atrio sinistro e della corrispondente meta del ventricolo si innnedesimano in un piano di semi- cercbio quasi perpendicolare all' asse, la cui curva e se- gnata eslernamentc da un solco alia faccia ventrale, e dal ramo orizzonlale della jugularis sinistra alia faccia dorsale. II confine fra 1' atrio sinistro e la corrispondente meta del ventricolo non si estende nel boa constrictor piu in la del- V origine dei vasi arteriosi. Devo notare oltre a cio che neir immagine di Brucke non si trova accennata la vena jugularis sinistra. Fermiamoci ora colla stessa critica im- parziale a studiare le immagini di Weber. Questo dotto riporta alia figura IX il cuore d' un coluber delle Indie orienlali (I), senza determinarne la specie, vedulo dalla faccia ventrale; e alia figura X (Tavola I) lo stesso cuore veduto dalla faccia dorsale. Nella prima immagine si trova segnalo quasi esatlamente il decorso della jugularis sinistra; ma falsa del tutto e la forma dell' atrio deslro cbe sembra spingersi coll'apice piii innanzi del sinistro, arrivare col mar- gine inferiore a coprire tutti i vasi maggiori ed il margine corrispondente dell' atrio sinistro, e la cui oreccbietta e disegnata sotto 1' origine dell' arleria polmonale. Differenze ancora piu essenziali si osservano nel decorso dei vasi ar- teriosi. L' aorta destra in quella figura forma il suo arco appena giunta alia meta degli atrii, si ripiega sulla linea di (.1) Weber, I c. pag. 1(1 .Seric 111. T. J. :,\ - 390 — mezzo della faccia inferiore dell' arco sinislro, e coulinua il suo corso come ramus posterior Iungo il lato sinistro del cuore non ehe aderente a questo, sembrando spingersi, piuttosto verso la faecia ventrale che verso la dorsale. L' arteria carotis sembra nella stessa figura un vaso dim calibro maggiore dell' aorta dalla quale deriva, e spunta da questa prima lien che arrivi a sorpassare gli apici degli atrii. Manca del tutto 1' arteria tlujreoidea. Varteria verte- bralis di Weber, corrispondente alia nostra arteria collaris, sorge dal punto del ramus anterior aortae dextrae, dal quale nel boa constrictor spunta la carotide invece di spuntare dal ramus posterior. Non meno essenziali sono le differenze che ci si affacciano considerando la figura X di Weber. II rapporlo degli apici degli atrii ed il decorso ulteriore del- 1' aorta sinistra non possono corrispondere perehe devono stare in relazione colla figura IX. La jugularis sinistra per- corre una linea obbliqua discendcndo dalla parte anleriore, e da sinistra verso la parte poslcriore 1' asse, invece di percorrere una direzione orizzontale: e percio falsamente disegnati risultano i confini fra 1'atrio sinislro ed il ventri- colo. Non si trova indicato il solco semilunare che dinota i confini fra i dueatri, e percio risulta il diametro orizzontale delTalrio sinistro maggiore di quello del destro, mentre alia faccia dorsale ha luogo il rapporto inverse La vena pol- monale sembra sboccare nell' angolo posteriore dell' atrio sinistro in direzione parallela alia corrente del sangue nel sacco venoso, mentre la corrente alio sbocco della vena pohuonale si rivolge a sinistra sotto un angolo retlo. Dalla stessa figura di Weber sembra che v'esisla una sola arteria pohuonale la quale comparisce alia faccia dorsale fra i due atrii al punto di mezzo della loro lunghezza, e si estende posteriormente fra la cava posterior o la vena pulmonalis EfI FyE bum - 391 — fino al di la della punta del cuore; e sembra per conse- guenza die i due atrii sieno separati in tutta la Ioro meta anteriore, tnentre in fatto soltanto i Ioro apiei sono sepa- rati da un breve solco, ed il tronco comune dell' arteria pulmonalis appena arrivato alia faccia dorsalesi divide nei due rami arteria pulmonalis dextra ed arteria pulmonalis sinistra, che si dirigono ai relativi polmoni. Ollrc a cio non e indicato il punto dove si trovano le valvole della jugularis dextra, non lo sbocco o la presenza della azygos anterior dextra, ne il solco del ventrieolo corrispondente all'inferno sepimenlo. Le irregolarita che presenta il cuore del boa con- strictor, P impossibility di ridurle a tipi particolari di cono- sciuta denominazione perche facile ne riesca ed intelligibile la descrizione, mi determinarono ad allontanarmi fino ad ora dal metodo descritlivo seguito dai notomisti e adesporre piuttosto i rapporti anatomici quali si presentano all'oechio osservati sotto different! punli di vista. lo credo oltre a cio di rendere in tal maniera pin sensibili le immagini delle tavole. Nella descrizione dell' interno del cuore seguiro lo stesso metodo di prima. (continue) IthiBi'tosi 1* Istiluto in adunanza sesreta si \eaac uno scritto con cui s. e. il Luogotenente co : di Bis- singen ringrazia per la sua nomina a IVlembro onora- rio di esso. man del giorro 25 ribiuo 4856 1 1 m. e. prof. Santini annunzia che sol tan lo nella notte 24 corrente, dopo lunga scrie di giorni piovosi e nebulosi. pote ricercarsi all' i. r. Osservatorio di Padova il 39." pianeta recentemente scoperto a Pa- rigi dal sig. Chacornac, e venne osservato dal dill — gentissimo sig. Trattenero, tanto alia macchina para- lattica, quanto al circolo meridiano nel modo che ri- ferisce a notizia comune. 23 febb. 1850 T. medio in ) Padova = 8A. 54'. 3". 3 f u , . , '.. vitkpp.4i\iy.dr/9ijfMehma^Tdaltl?s,L deel. = -f-6°.37/.59'V8 ) 2. Oss. T. medio = 13A. 0'. 7 ", 3 ] . . . , IK.app. :,!lM2'.25",30rVlc,,;CO,° deck = : + 6/ 39'. 40", 9 \ mendlano- II pianeta e di 10/ grandezza, difficile a vedersi anche all' equatoriale per lo splendore della lima. II m. e. dott. Paolo Fario ritornando sni nuovi esperimenti e nnove ipolrsi intorno al jodto ndite jeri — 394 — nella leltura del m. e. Galvani comunica varie pruove da lui fatte in ospedale colle sostanze iuedesime, nolle quali il Galvani non trovo indizio di jodio esaminan- dole separatamente, e lo riscontro dopo averle poste nelle condizioni indicate nell' alto verbale dell' adu- nanza di jeri. Narra di aver colle ordinarie reazioni riscontrato essere prive affatto di jodio Ie urine di al- cuni suoi infermi, nelle quali esso immediaiamente discoprivasi, aggiungendo poche goccie di una tenue soluzione d' idrojodato di potassa. \ questi suoi infer- mi egli lece ingollare alcune pillole composte di gela- tina animale, aeido silicico, ferro e carbone. e alcu- ne ore dopo trovo nelle urine gli stessi segni di jodio che avea veduti mescolando con esse direttamente la predetta soluzione d'idrojodato di potiissa. Conchiude, invitando il in. e. secretario dott. Namias di ripetere ne' suoi ammalati dell' ospedale codesti speriinenli, ch' egli reputa una ripruova di quanto fu addolto dal Galvani a mettere in luce che il jodio non preesista in quelle sostanze ma si produca per le reciproche loro azioni. Risponde il dott. Namias non esservi motivo di dubitare che le dissoluzioni di quel miscuglio deri- vanti dalle forze digerenli e assimilatrici del corpo umano non lo pongano in analoghe circostanze a quelle in cui lo ponevano gli esperimenti del Galvani, non aggiungere codesti fatti alcuna efficacia alle argo- mentazioni di lui, perche le forze digerenti e assimila- trici operando su quelle materie potrebbero svinco- lare il jodio da legami organici che lo rendessero — 395 — occulto alle coniuni reazioni, anziche sccondo l'ipotesi del Galvani produrlo, e quindi non aversi in cio ri- pruova alcuna chc il jodio si generi, essere anzi dal Galvani medesimo csposta come semplice ipotesi la produzione del jodio. II m. e. dolt. Fario aggiunge non doversi consi- derare conformi a qnelli che si osservano nel corpo umano gli efletti delle reazioni che fiiori di esso suc- cedono alia mescolanza di alcune materie. II in. e. Hellavitis domanda al Galvani se nella gelatina vi potesse essere jodio, al che egli risponde aversi rassicurato non contenerne. Ouanto alia mu- tazione del bromo in jodio jeri annnnziata, continua il Galvani, era stato preparato a belia posta T idro- bromato di potassa che col reattivo del Gantu mani- festava il giallo-dorato colore suo proprio^ ma quello stcsso idrobromato sciolto nell acqua si faceva assor- bire dal carbone vegetabile. Incenerito questo sc ne cimentava il liscivio col reattivo anzidetto e si avea prima la rcazione del jodio poi qnella del bromo. Pud supporsi, dice il Galvani. incomplela disossidazione di un radicale comune ad ambedue, e adduce in appoggio altri argomenti; fra' quali per e. vapori di jodio otte- nuti dccomponendo con nitrato d" argento una solu- zione di bromo scolorata dal gas nitroso e reagendo poi sul precipitato d argento con biossido di manga- nese c acido solforico. II Bcllavilis soggiunge di riconoscere limportanza degli esperimenti con cui operando su la gelatina o gul bromuro di potassio. il Galvani otteune segni di — 390 — jodio. ma che a rendere decisiva la pruova brame- rebbe die veramente si ottenesse il jodio, anziche il colore violetto. Egli ricorda gli esperimenti del dott. Bizio figlio, da cui scmbra risultare chc la vegetazione valga a convertire il bromo in jodio. II socio eorrispondente co. Francesco Miniscalchi. che doveva proseguire la sua comunicazione sul sistema universale di trascrizione per le lingue tutte del globo applicate specialmente alia al qual fatto si con- ferma la opinione del grande cbimico Liebig: derivar cioe I' azione del presame da una sostanza azotata in istalo di metamorfosi, e quindi di movimento molecolarc, capace di trasfondcre il disquilibrio nelle molecole di altri corpi che le sieno in intimo contatto (2). (1) Si e trovato utile unire anche chilogrammi 5 di ollume polveriz- zato: altri villici non si niostrarouo contenti. (2) Devonsi guardare scrup:3losaii>eiite i ventricini dalle mosche e da qualaiasi allro insetto. Ed ove sembrassero infracidire si accresea la cjnan- — 409 — Ciuscuno dei tre metodi di preparazione ora rieordati offre i suoi particolari vantaggi. La ehimosina sciolta in una soluzione acida vale pel latle fresco. Le altre due, ma specialmente I1 ultima o sia la pasta animate coagnlatrice, tornano piu aceette ai paslori, i quali non vogliono eoagu- lare ehe il latte maturo, cioe quando lia gia dato sviluppo ad alquanto di acido. E fra queste due il presame liquido e piu facile a prepararsi e piu economico : ma esso riesce di una efficacia alquanto debole. L' altra e di preparazione difficile, ma assai piu alliva. E, come dissi, e possibde ap- prolittare di essa come di lievito, per accrescere, forse a piacere, la quantita di presame e cosi avvene in molta copia. Dal poco che vi dissi rileverete il desiderio mio di cor- rispondere ai voti ed alle ricerche dell Isliluto lombardo, antecipandouna qualche luce valevole almeno ad accennare la via da seguirsi nel difficile soggetto. E poiche, come disse il valentissimo Landriani puo anche il piu piccolo miglioramento, in questo riuscire di qualche rilievo, cosi oso sperare che cotesli miei studii vengan da voi incorag- giali e sorrelti. titd di fnmo. e in qualche caso del calore : quest' ultimo sia pent modera- tissimo, che altrimenti nuoce togliendo loro la forza. Lo studio deve esse- redi far percorrere ai ventriciiii una fermentazione diversa dal vero infra- cidimento, il quale e causa prima ed unica della poca efficacia che prespn- tano assai spesso nel cagliare il latte. La materia caciosa in istato di scomposizione unita al presame acquista la facolla di determinare il coagulamento del latle ossia si fa essa pure presame. E operata nel latte, merce del presame, 1' alterazione di piccola dose di caseina questa trasfonde I' impulso ricevuto alle molecole della lattina e la costringe a metamorfosarsi. Tali osservazioni danno luogr> a hegli studii sull' argompp.to. — 410 — Secondo I'arfcicolo 8." del regolamcnlo internes, in letta la seguente comunicazione divisa in due parti del sig. Francesco Regnani, prof, di fisica a Roma. Parte I. // teorema fondame-ntale deW induzione elettrostatica, or. Principiando dalle conclusion! del Melloni, io nego rictsamente die debba ntodificarsi essenzialmente, come ogli propone, il teorema fondamentale deW induzione : per la semplieissima ragione, die le esperienze, le quali hanno tratto il Melloni a tal proposizione non sono alte a com- provarla. [hiperpcche il Melloni ha creduto trovare, su di un cilindro inlluenzafo, I'eleltricila distribuita in lult'al- tra guisa da quello die e in realta (i), perche ha argomen- talo questa distribuzione da qnella die esiste sui pendoli annessi al cilindro. Ora nelle esperienze del Melloni, qucsti pendoli sono riparati e difesi dallinduzione, e appunto per questa condizione speciale, nella quale essi si trovano, e non il cilindro, la distribuzione dell' elettricita su di loro e lull' altra da quella del cilindro influcnzato. Infatti i pen- doli del lato remoto dull' influsso si caricano di elettricita omonoma all' induttrice, perche essa e libera : i pendoli del lato prossiino all' influsso non si caricano della etero- (I) Solamente jen ho saputo con mio motto piacere che il prof. Fr. Zan- tedeschi (come consta da un suo fascicoletto da esso insieme ad altri gra- ziosamente invialomi) con una ingegnosissima esperienza ha net maggio soorso dimostrato di nuovo il teorema fondamentale dell' induzione. Inten- do fare qui i miei rallegramenti col dotto professore : sebbene io non sia d'accordo con lui nel credere che la eleltricild dissimulata o legola sia priva affalto di tensions. — 411 — noma porclic essa 6 legata sul cilindro, ma inveee della omonoma essi pure, perehe questa e libera ; insomnia (ntli i pendoli si caricano, qual piii qual meno, della sola elettri- cita oiiioiioina all' induttriee; perehe, difesi come sono dal- I'inllusso, si ritrovano pet* riguardo all' induzione a un di- prcsso nella eondizionc medesima, in eui si rilrbva if lato men prossimo all' inducente. Dunque queste esperienze non sono atle a moslrare che sia falso il leorema fondamenlale dell' induzione. Prendo questa occasione per ricordare due cose, le quali non da tutti i fisici, ma certo da inoltissimi son tra- scurate. I.' Siccome ogni induzione e reeiproca o bilalerale, e lion v' 6 induzione unilaterale; cosi in ogni induzione, senza eccezione di sorta, la eleltricita eleronoma all' indul- Irice e legata, o, sc vuolsi, dissimulala. Delle fogliettinc d' oro collocate sopra un piano metallico comunieante col lerrenosonoatlirate con un assaggialore. Cio significa che, delle due eletlricitu svolte in esse fogliette per f induzione del saggiatore, la omonoma a quella del saggiatore ( come quella che e libera ) ritlui nel lerreno, la eteronoma rimase legata li: quindi 1' attrazione. 2." Questa eletlrieila e legata, o, per dir cosi, dissimulata non nel senso che sia priva di tensione, ineapace di eser- citare o soffrire attrazione e ripulsione, latenle come il calorico, immobile, insensibile: ma nel senso che essa non puo scaricarsi nel suolo, e non put) muoversi che verso 1' inducente. Perciocche se v' e eletlrieila legata o dissi- mulata, essa e certamente quella delle due armature di un quadro niagico caricate eteronomamenle fra loro c poi messe sueeessrvamente in comunicazione*ol suolo. Ebbenc, se i\ vclro Irapposlo e sottile e disuguale, sail tutti die esse — 4*2 — danno il massimo segnale di se col romperlo c ricombinarsi per una scintilla. II che vuol dire die la elettricita dissimu- lata o legata ha lensione, esercita o soffre attrazioni e ri- pulsioni, si manifesta e si muove. Parte II. // raggiamcnto elettrico. Venendqi ora alio vere conclusioni die dalle sue espe- rienze mi serabra che avrebbe dovuto trarre il Melloni, principio dallo stabilire: 1 ,° Che un corpo metallieo comunicante col terreao im- pedisce il passaggio dell' azionc induttrice, e che anzi le parti stesse sporgenti del cilindro influenzalo sono talniente opachc per quesla, che dietro di esse potra ben riduire della elettricita per conducimento, ma non mai esservene altratta o respinta per induzione. 2.° Che questa azione e arrestala nel suo cammino verso un certo sito, purche una lamina metallica comuni- cante col terreno sia frapposta nella retta di congiunzione fra questo c il punto elettrico induttore. Solito criterio con cui in fisica si dimostra il cammino rettilineo della luce e del calorico raggianlc. 5.° Siccome un punto elettrico produce induzione indi- slintamente per ogni lato: e siccome le induzioni non acca- dono se non in virtu della attrazione che esercita il punto elettrico per la elettricita eteronoma (la quale e nell' indu- cendo) e della ripulsione che esso stesso fa per la omonoma (la quale unita colla prima costiluiva lo stato nalurale di esso inducendo );#cosi il potere inducente della elettricita non sara che la virtu attrattiva e ripulsiva della elettricita — il3 — stessa, o la sua azione. In quella guisa medesima che nclla relta, intercetta fra un punto di calorico raggiante, e un corpo riscaldato da esso, non v' e veramente il calorico, nel sistema delle vibrazioni, uia la sua azione, la quale per uq certo veicolo si propaga tutlo iotorno : cosi tra il corpo inducente e 1' indolto non si diffonde proprio I' elettrico, purche il mezzo sia perfettamente dielettrico, ma 1' azione sua di attrazione e ripulsione. Dopo tutto cio mi sembra cbe si possa a buon diritto venire alle seguenti couclusioni. I ." Dunque vi sono delle sostanze adielettriche, come vi sono delle sostanze adiafane ed adiatermiche, le quali arre- stano ogni azione elettrica, e producon dietro di loro dei coni troncati di ombre etettriche, per cbiamarle cosi. E come frapponendo fra una sfera metallica e un punto di fuoco un disco di sostanza adiatermica, per es: di allume, quelle parti della sfera, d' onde non si vede il punto calori- fico, non si riscaldano per raggiamcnto, ma solo per con- ducimento : in una maniera analoga frapponendo un disco metallico comunicante col terreno o una sostanza adielet- Irica fra un punto elettrico e un corpo metallico isolato, quelle porzioni di questo, dalle quali non si vede il punto elettrico, non potrebbero elettrizzarsi direttamente per in- ilusso, ma solo per conducimento. 2° Dunque f elettrico } non men die la luce e il calorico agisee per linee relte. Io non intendo con questo ricordare che i corpi attratti vanno verso 1' attraente per la via piu breve, ma cbe 1' attrazione cbe esercita V elettricita per al- tra elettriciti'i eteronoma, e la ripulsione per la omonoma ( d'onde gli effelli della induzione ), si estende la, dove dal punto elettrico posson condursi delle relic. Non nego nep- pure cbe il non perfetlo dielettricismo dell' aria possa dale Serin 111. T. I 54 — 414 — luogo ad un conducimento di clettricila, il quale dislurbi il fcnomcno, come il non perfefto diatermanismo dell' aria dislurbu il fcnomcno del raggiamento caloriflco. Maritengo che in un mezzo perfettamente dielettrico, l'azione dell'elet- trico la quale cmana da un punto, e, per esempio, la indu- zione, non si propaga per linee curve, e che essa non puo investire una sfcra (come asseriva il sig. Faraday) anche nelT emisfero nascosto al punto elettrico d' onde 1' azione cmana. 5.° Dunque da un punto elettrizzato I' azione elettrica diffondendosi per ogni verso, diminuisce col quadrato delta distanza. Legge die sarebbe dimostrata cosi, come per la luce, anche piu rigorosamente che non colla nola espe- rienza della bilancia di Coulomb; epero superiore a tuttc le obbiczioni del sig. Harris, ed assai piii spedita di quella inge- gnosissima del sig, Plana., il quale per giungere alia mela ha bisogno di partire da qualche poslulato non tanto sem- plice, e trapassare per un' anaiisi matematica sufiiciente- mente complicata. 10 in questa seconda parte sopra tutto ho cercalo stu- diatamente di evitare il tuono dommatico, perchc coll' af- frettarmi ad annunciare questi corollarii, tali quali ml si sono presenlati alia mente nella lettura delle ricercbe del Melloni, ho avuto in animo d1 invitare i fisici a vcrificarli con altre esperienze, e confermarli quindi o correggerli. Accogliero pertanto con piacere le osservazioni che si faranno in proposito. 11 m. e. cav. prof. Zanledeschi dice sembrargli che « 1' anaiisi fa I la all' esperimento del Melloni sia » degna dell' attenzione del lisico. come pure le dedu- » zioni su 1' irrasdamenlo elettrico, o mei*lio su la — 415 — » direzione della virtu indnltiva, ina noil portare » eguale giudizio su 1' esistenza de'corpi adialettrici, » e su le illazioni die ne rieava il Regnani. E qucsla, » soggiunge il prof. Zantedeschi, la parte al tut to ipo- » tetica, su la quale non convieue ne pure il sig. prof. » Lorenzo della Casa, che si e occupato dello stesso » argomento, e che ha sostenuta 1' insufficienza degli » sperimenti del Mellon! per abhattere il teoreina » elcttro-stalico. Non posso, ei continua, ugualmente » convenire col sig. prof. Regnani sul significato dato » all' elettricita dissimulata. Secondo le dottrine del »> Reccaria e del Volta 1' elettricita dissimulata e » quella che non dispiega ne attrazione, ne ripulsione, » ma e occultata come ncll' elettricita vindice. Per » converso 1' elettricita ncgativa non e scorrente, » ne affluisce nel lerreno, ma dispiega le attrazioni » e le ripulsioni sui corpi vicini leggieri. ISel mio » nuovo elettroscopio delle due elettricita per influen- » za, del quale mi onoro di rassegnarne in omaggio » un esemplare, non ho confusa 1' elettricita dissimu- » lata colla elettricita eteronoma, e ne pure ho par- » lato della questione se 1' elettricita negaliva possa » affluire nel terreno come la posiliva. » Dopo cid llstituto si ristringe in adunanza secreta. Siannunziano i seguenti donifatti all'I.R.Istituto, 1. Dal sig. prof. Lelio della Torre. // Rabbinato e i Rabbini. — Orazionc inaugurate. — Pailova, I85(» — di pag. 18, in 8." — 416 — 2. Dal sig. Giuseppe dalla Torre, di Este. Gazzetta di farmacia c di chimica, il n.° 52 dell'an- no 1855, c i n.1 dal 1.° al 7.° del 1856. 3. Dal m. e. caval. Emmanuele Cicogna. Sopra una variant e delta stanza 69 del canto XXIX, del Furioso. — Osservazioni. — Venezia 1855, di pag. 4 6, in 8.° Intorno alia chiesa di S. Marco. — Lettera a Francesco Gaffi. — Venezia, 4 855, di pag. 20, in 8.° 4. Dal sig. prof. Ignazio Cantu. Cronaca, (/inmate di scienze, lettere ed arti, ecc. Anno j 855. — Dispense II." e III." 5. Dal sig. Cesare M. Noy, i. r. consigl. minisle- riale doll' interno. Proposta di un'associazione caltolica net Regno Lomb.- Veneto. — Vienna, 1856, di pag. 48, in 8.° 6. Dair ecc. I. R. Luogotenenza delle prov. veiiete. Bulletlino delle leggi per te provincie venete. — Parle I." Puntata VIII." (1855) e Parle II." Puntata VIII.1 7. Dalla R„ Societa sassone delle scienze in Lipsia. Mcmorie delta classe matematico-fisica delta slessa Societa. — Vol. I, e II con lavole. — Lipsia 4854-1855, in 4." (in ledesco). Drobiscli M. W. — Appendiee alia leoria dei rapporti dei luoni musicali (in tedeseo). Lipsia, di pag. 40, in 4.° — - (estr. dal Vol. V delle Meniorie) 1850 » 1 al 5 1 85 1 » 1 al 2 1 852 i) 1 al 2 4 855 » 4 al 5 1854 » I al 5 4 855 » 1 — 417 — Ragguagli sopra le adunanze delta Reg. Societd sets- seme delle scienze in Lipsia. T.° I, in 8.° — fascic. 1 a 42 (18 56-48) (in tedesco), T.° II id. fascic. I a 0 (1848). Class, stor. fdol. e fisic. nat., con tavole (in tedesco). Ragguagli sopra le adunanze delta Regia Societd sas- sone delle scienze in Lipsia. Anno 4 849 i'ascic. 4 al 5 ^Classe fisico-malcmatica, con lav. (in tedesco). Memorie delta classe storico-fdologica. T.° I, in 4.° — Lipsia 1850, con carte (in tedesco). Sulla storia delta dottrina economica inglese nei secoli 40 e 47, di Guglielmo Roscher. Lipsia 1851, in 4.°, di pag. 4 24, con appendice dcllo stesso. — Lipsia 1852, di pag. 22, in 4.° (in tedesco). Everardo Winded;, di Giov. Gustavo Droysen. — Lip- sia 4 853, di pag. 74, in 4.° (estrat. dal T.° III delle Me- morie). Due cataloghi concernenli i possedimenli dell' impera- tor Carlo F, e sue grandi rendite, ecc, di Gio. Gust. Droy- sen. — Lipsia 1854, in 4.°, di pag. 04 (in tedesco). Polemii Silvii Laterculus, pubblic. da Teodoro Momm- sen, con commenti. — Lipsia 4 853, di pag. 48, in 4.° ( in tedesco). Volusii Macciani distributio partium, pubbl. da Teo- doro Momrasen, con traduz. (in tedesco). — Lipsia I 853, di pag. 4 8, in 4.° Gli statu li delle Comuni laiine Salpcnsa , e Malaca — 418 — nella provincia Betica, in latino, pubbl. da Tend. Momnisen, con annotazioni, ed appendice, (in tedesco). Lipsia 1855, di pag. ^48 in 4.° Ragguagli delle adunanze delta Regia Societd sas- sone. id. id. Anno 1849 fascic. 1 al 5 1850 » I al 4 1851 » I al 5 4 852 » i al 4 1855 » I al 5 1854 -. I al 6 1 855 ») 1 e 2 Classe storieo-filologica, con tav. (in ledesco) . 8. Dall' Accadeniia Reale delle scienze di Madrid. Memorie delta R. Accadeniia delle scienze di Madrid, in 4.° (in ling, spagnuola). -1855 — Scienze esatte. — T.° I, Parte I.' -1854 — Scienze naturali — T.° I, Parle 5." Estratto degli Atti dell' Accadeniia stessa ; in 8.° Anno 1851-52 — di pag. 44. — Madrid 1855. Anno 1852-55 — di pag. 52. — id. -1854. 9. Dal Sig. Fortunato Sceriman. Osservazioni intomo ad un giudizio pubblicalo dal Crepuscolo, sopra il Giornale di giurisprudenza ammini- strativa. — Venezia 1856, di pag. 8, in 8.° 40. Dall' I. R. Accadeniia in Vienna. Foglio di notizic (in tedesco). Anno 1856 — n.' 4-5-6. Ragguagli delle adunanze dell' I. R. Accadeniia di Vienna (in tedesco). — 419 — Classe di filosofia e storia — T.° XVII, 1855. Punt. 5.' Classe di matematica — T.° XVIII id. Punt. 1." 14. Dalla Societu d' incoraggiamento della provincia di Padova. • Scritti raccolti e pubblicati dalla Socield medcsima. — Padova 1855. Vol. II, Parti I." II.' e III." in due tomi. 42. Dal sig. Enrico Cornet di Vienna. Le guerre dci Yeneli nell' Asia 1470-1474. — Docu- ment! cavati dallArchivio dei Frari in Venezia — Vienna 1850, di pag. 52, in 8.° 13. Dall' Ecc. I. R. Luogotenenza delle prov. ven. Prospetto dcgli stitdii dell' I. R. Universild di Padova per I' anno 1855-50. Venezia 1850, di pag. 42, in 4.° Bollettino delle Leggi, e degli Atti ufficiali per le pro- vincie Venete, i850. — Tarte I." Puntata IX. Parte II.' Puntata IX. 44. Dal tipografo Antonelli editore_, e Federico Fe- derigo compilatore. Supplimento al Dizionario tecnologico. — Fascicoli 100 e 101. 45. Dal sig. dott. Andrea Verga, di Milano. Rendiconto della beneficenza dell' ospilale maggiore, e degli annessi pit Istituli in Milano per I' anno 1854. — Milano 1855, di pag. 90, in 4.° — 420 — dG. Dalla Societa medico-ehirurgica di Bologna. Bulleltino dcllc Scienzc mediche, I85G. — Gennajo. \1. Dal sig. L. A. Giordani, di Parma. Questioni di economia ruralc, in risposta ad un quc- sito delta Camera di agricollura di Parma. — Parma 1 855, di pag. 62, in 8.° 18. Dal dott. M. Benvcnisti. Gangliorum Analomia. Dissertatio inauguralis. — Pa- dova 18 ;0, di pag. 50 in 8.° Saggio di umana pneumatologia — Venezia 1840, di pag. 52, in 8." Studj sopra le produzioni morbose accidentalineW ani- mate economia. — Padova 1845, di pag. 50, in 4.° ASM ACCAD. 1 85H 56 DISPENSA QUINTA BKEVI COrVSIDERAZIONI INTORNO ALL'ORIGINE DEL DIAMANTE DEL PROF. li. BIZIO lelle nell' adunanza dell' I. R. IstUuto veneto di scienze, lettere ed urti il 25 giugno 1884. JL^a Datura combuslibile (lei diamante e il suo rinve- nimento ne' terreni di trasporto., trasviarono i ricercato- ri della sua origine da essersene trovati le mille miglia da lungi, allorche credevano di averla accertata. Lasciando qui di ricordare le vane speranze di que' globicini diafani avuti dal cimento del carbone a quel calore piu intenso, clic la mano sperimentale basti a produrre, ci ferraererao solo a discutere I' idea del Liebig circa 1'ullimo risultamento a che si conduce il legno secco col lungo andare del tem- po in opera della lenta, spontanea scomposizione. Egli os- servava che questo modo di alterazione lenta incontrata dal legno, che si risolve in una misurata progressiva com- hustionc, onde P ossigeno dell' aria gli sotlrae pianamente tutlo 1'idrogeno, ch'esala a forma di acqua, mentre al tempo stesso I' ossigeno del legno si parte in condizione di gas aeido carbonico, dava per ultimo risultamento un avanzo di carbonio puro ; anzi fermato 1' occhio in que- sto procedimento, egli accertava, che di 100 parti di legno Serie III. T. 1. 85 — 422 — di querela, ne rimangono 37 di puro carbonio. E di qua che, per rispetto all'origine del diamante, egli diseorre co- si: « Pi tutti i fatti sperimenlali, a che la scienza perven- i) ne, niuno ve n'ha, che si acconciamente valga a svelarei » la formazione dci diamanti, quanto la pulrefazione (cre- » macausia) delle matcrie organiclie e delle altre soslanze » carboniose, che incontriamo in natura. Sappiamo, egli » dice, accertalamente che i diamanti non sono di forma- » zione ignea ; perocche la temperie elevata e la presenza » dell'ossigeno sono circostanze incompatibili colla com- » bustibilila del carbonio, onde i diamanti si compongono. i) Si pu6, in contrario, addur ragioni capacitanti in appog- » gio della produzione loro per via umida; anzi ogui ar- » gomento ci porta a credere ch' essi siensi realmente for- » mati in sono di un liquido. I fenomeni della pulrefazione » (eremacausio) ponno fornirci intorno a cio degli schia- » rimenti, che assai valgono. L' ambra gialla o succino, le » resine fossili e I'aeido mellilieo aceompagnano ordina- i) riamente i vegetabili, che soggiacquero alia pulrefazione. » Tali materie si rinvengono altresi nelle ligniti, onde ap- » parisee essersi prodolte di una maniera analoga, cioe a ■■> mano di certe soslanze, che esistono nelle piante viventi » solto lutt'altra forma. Elieno si dislinguono per una » proporzione d'idrogeno cccessivamente piecola per ri- » spelto agli altri element! (1) ; » e in ei6 egli si fonda per dtvisarci la formazione del diamante per via umida. Di questa idea del Liebig, anehe quando le nostre co- gnizioni nou uscivano da' termini mcntovati, non ho mai saputo capaeitarmi. Ad aeeettare il pensamenlo di lui mi faceva di primo tratto oslacolo la densita e durezza del diamante; la quale non aveva al ccrto ragione nella ga- (I) ^^egL^ finite de Chimie organique, t. 1. Prefazione. png LVll. - 423 — gliardia attrattiva delle moleoole di qtiesto elomento, men- trc inconlriamo assai fievole coesione nei earboni piu puri, che ci si dannu innanzi in Datura, e la grafile medesima e cosi mal legata nelle parti, ch' esse si staccano, al piu leg- gero toecamento, o al pi ii . languido stropiccio. D'onde fu messo adunque, io diceva, nei diamante un legamento nelle sue parti eosi serrato, e, per cosi dire, invincibile? For- se dall'essersi prodotto in grembo di un liquido, come opina il Liebig ? Lasciando in non cale, che questo modo di formazione non basti a fornirci verun scbiarimento cir- ca la sua durezza, io dico per giunta, mancarci per asso- lulo 1'idea di un liquido in che il carbonio puro si sciolga. E poscia che il diamante ci venga sempre in forma cristal- lina, e noi non conosciamo allri modi con che mettere un corpo nell'acconcio a cristallizzare, che o la soluzione sua, o la fusione, cosi dal vedere il carbonio puro ineapace a squagliarsi in alcun liquido, ci parvc sempre di poter esclu- dere per cio solo il pensamento del Liebig, che il diamante si produca per via umida. Questo idee ci eorrevano per la menle, quando dei diamanti in natura allro non si sapeva che solo trovarsi ne' terrcni di trasporto, onde il giacimento loro poteva an- che confarsi col pensamento deH'alemanno; ma al presente i nostri dubbii riescono pienamente convalidali, posciache. al Brasile siasi trovato il diamante in una roccia delta dai geologhi itacolamite (gialumite) ch'e lerreno di cristallizza- zione. La sola difticolla adunque, che ora ci resta, quella si e d'intendere di qual maniera il carbonio puro possa es- sersi trovato ad una temperie elevatissima, presente P os- sigeno, senza avere incontrala combinazione, anzi cosi squagliato e fuso, com' era, abbia avuto campo di accoz- zarsi in cristalli, e fornirci la piu vaga delle gemme, il — 424 — diamante. Per dare adunque a veilerc nel modo piu accon- cio il come cid avvenisse, mi si eonsenta di accennare brevemente all' idea, che credo audi' essere quella de' geo- loghi moderni, onde io tengo, che i maleriali inorganici si producessero, insiememenle a quello sformato affocamenlo di ch' e accalorito anche adesso il centro e le parti piu interne di questo globo. Noi adunque diremo, con quella timida riverenza, con che la curiosita dell' uomo ardisce talvolta slanciarsi a vedere i modi onde il Creatore die' cssere a questa gran mole del mondo, di non sapersi tin- gere il caos precorrente I' ordinala condizion delle cose, se non quale il tramischiamcnto confuso degli elemeaji privi delle forze onde sono portati ad operare. A quel cen- no poi onnipotente con die le forze l'urono infuse, ecco suscitato quello sformato incendio, onde ebbe origine, per rispetto ai materiali inorganici, quanto la terra in se ac- coglie, e di qua quella fusione candcnte in che venne a principio. Tutto questo primo operamento degli clementi fra s6 ad altro non si riduce, che ad un complesso di simultanee azioni chimiche degli uni verso gli allri. Se noi fermiamo 1' occhio a petto di quella, nelle molto csigue operazioni de' nostri laboratorii, noi veggiamo pressoche sempre l'a- zione grande a principio e di mano in niano afflevolirsi vie piii fino ad essere languidissinia o nulla in fine. Que- sto che veggiamo nelle nostre assai (imitate sperienze, non puo non essere avvenuto a piu gagliarda ragione in quel grande atto chimico, onde dall' accozzamento degli clementi fu plasmato questo globo quale venne a principio. Piceva a piu gagliarda ragione; perocche ci bisogna massima mente avere 1' occhio a quella in eccesso guande quantita d' idrogeno, che allora brucio, onde ne segui tulta 1' acqua — 425 — attualmente adunata ne* mari e ne' laghi, scorrente nei fiumi, penetrante nelle viscere della terra e rampollante dalle fonti e lulta a quel tempo sospinta nella presenle atmosfera a forma di un fluido elaslico invisibile; al quale pure si aggiunse simullaneamente una sformata quantita di gas acido carbonico venuto appunto dal bruciamento di quel carbonio in cbe ora ci occupiamo. Da questi avvenimenti impugnabili ebiaro apparisce, che di ma no in mano cbe procedeva Tatto cbimico ope- rante la formazione del globo, la pressione atmosferica o ii peso si rendeva progressivamente piu grande sino a di- venire in cccesso cnorme. Ora, se vero e cbe all' atlo cbi- jnico si reputi assolutamente indispensabile la speditezza de'movimenti molecolari; cbe dee essere avvenuto quando la pressione atmosferica divenne esorbilante ? Essa gravi- tando sopra i corpi candenti cbe, per non essere idonei ad assumere lo stato elastico, giacevano fusi e divampanti alia superficie del globo, ne arreslo di tal forma, col ser- ramento della pressura, ogni movimento molecolare, che quelli eziandio dotati della piu gagliarda azione cbimica, quali il carbonio e fossigeno, si lennero presenti senza operazione cbimica di sorte. Ecco di qual modo agevole dispare quella imponente difficolta, ondc il Liebig trovava incompaliOile la combustibility del carbonio e la presenza dell' ossigeno colla formazione ignea del diamante, si cbe fu condolto a cavarlo dalla eremacausia delle materie organicbe con quel successo, che accompagna sempre Ie deduzioni nostre, quando si traggono da'voli della fantasia, piultostocbe (lall'operare certo e coslante della nalura. La necessita de'movimenti molecolari alia effetluazione del- 1'atto chimico e oggimai un fatto comprovalissimo ; e se altro non fosse, la nullita di ogni operazione cbimica Ira — m\ — corpi dotati delta piu gpande lendenza alia combinazione solo perchc contlolli ad una temperie di — 100°, onde la notevolissima contrazione moleeolare spcgncndo ogni mo to, ogrii vibrazioite delie molecole, ci loglie altresl ogni effetto di combinazione. Ala senza lambicearci in allegaf ragioni, certa cosa e che il rinvenimonto del diamante nel- lo roccie di cristallizzazione, ci da irrepugnabile la sua formazione ignea, onde del non essersi allora abbrneiato, non ostante la presenza dell'ossigeno, non abbiamo altro die al presente ci manchi, che la sformata pressionc, onde a quel tempo fa caricata la terra, e da qnesta pressionc non puo derivarsi altra fatta d' impedimento all' unione chimica, che la sospensione de' movimenti molecolari, con- ciossiache dove la combinazione procedesse unicamente dagf ingagliardili contatti molecolari, niente di piu age- vole al fuori delle combinazioni, che sotto l'enormezza di quel peso atmosferico: il che non essendo avvenuto, ci da provatissima la cagione per noi assegnata all' origine del diamante, e forse anche ci svela la ragione di quel forte serramento moleoolare, che lo costituisce il piu duro dei corpi. N 0 T A a dilncidare i! dftto dianzi intorna alt origine del diamante del prof. B. liizio. Leita neir adlinjnz*a 3o dice'mbre iS55. So la chiarezza cssere principalissiraa qualila di uno scritlore, onde per quanlo il consenlirono le debili inie forke, mi sono sempre adope- ralo per conseguirla; pur nondimeno ebbi cagione di avvedcrmi, rbe sempre non ho raggiunlo il mio inlendimenlo. Hue anni or sono, dopo la scoperta stala f'alta del diamante nelle rocce primitive, mi I'aceva a — \Tl — dichiarare diuanzi a questo ragguardeyole consesso, *.l ■ qual modo fosse avvenulo, che il diamante, corpo combustibilc, ayesse poluto sostcnerc la comlizione candente delta terra a I'ronle dell' ossigcno senza brucia- rc. Nel render ragionc di queslo fallo consistc lulla la novita, ond' io mi faceva a discorrere a tjuesli illuslri accademici ; perocche il bellissi- mo Irovamenlo del diamante ne' terreni primilivi non avea lallo cbe gilt are un mislcro di piu nel cainpo della scienza, non potendosi con- ciliare la eminente sua combuslibilita, la presenza dcH'ossigcno e la tem- perie elevatissima della Irrra col rimanersi integro e non bruciare. Nes- suna ragione polcva dedursi dalla dollrina della scienza, cbe valesse a dichiararci questo fallo. Fo, in quel mio scrillo, mi faceva bcnissimo a nolare la cccessiva e stragrande pressione, onde la terra era aggravala a (juel tempo; ma quel carico stragrande cbe a me valeva la chiave, onde aprirmi la via alia dilucidazjone dell arcano, valeva nulla agli ocelli de' cbiinici ; peroccbe essi affermano, cbe quanto piu gagliardamenle, Ira' coipi da combinarsi, si avvalora il contatlo, e lanlo piu facilmenle la combfnazione avviene. Tanlo e cio vero, cbe, non ha guari di tempo, il celebre Pelouze in alcune sue singolari spcrienze, avendo trovalo I'a- cido acelico monoidralo non bastarc a decomporrc il carbonato calcico alia pressione ordinaria ne freddo, ne scaldalo sino al bollorc; per vin- ccre la prova di pur decomporlo, soltoponeva la mescolanza alia ga- gliarda pressione di dieci atmosfere. La ragione dinamica dclle combi- nazioni diccva, cbe se 1' acido monoidralo non decompose il carbonato alia pressione ordinaria, niollo meno poteva decomporlo caricato di quel peso. II fallo adunque del Peloirze, cb'io allegai, prova incontroverlibil- mcnle, cbe i chimici ritcngono, cbe quanto meglio si avvalora il con- tallo e tanto piu facilmenle si effettuino le combinazioni ; siccbe il dia- mante rimaso inlatlo in quelle circoslanze, in cbe ebbe a trovarsi nell'o- riginc del globo, e realmenlc un mislero; giacche quell'eccesso di enor- nie pressione, doveva anzi cbe no, esserc condizionc propizia percbe piii facilmenle abbruciasse. Ma cio in fatto non avvenne, dunque doe esserci una cagione, la quale enlro innanzi a impedire I' effelto. Quc- sla cagione io diceva, dover esserc gl' impcditi movimcnli moleeolai i, appunto da quell'eccesso slrabocrbcvolc di enormc pressione, cbe, a misura delle combinazioni, cbe allora si cffcttuavano, fu prodotla; pe- roccbe io affenno, cbe senza liberla di movimento iholecolare c senza urlo non avvcngono combinazioni, e pare sin qui, cbe i falti medesimi, — 428 — che di mano in mano si van scoprendo, concorrano a rafferfnarc la dot- trina. In falti io oserei manlenere, die senza accettare la ragione dina- mica dclle combinazioni, il diamante, conlemporanco all originc drlla lerra, rcsla un arcano : talche neU'essermi adoperalo a tor di mezzo qnesla lencbra, io To consistent quel qualunque merito, o deracrilo, on- dc mi accinsi a scrivere del diamanle. SUL CUORE E SLL SISTE1IA ARTERIOSO DEL BOA CONSTRICTOR RICERCHE A NATOMICO-FISIOLOGICHE DI RAFFAELE M O L ■ N JADRENSE, lette neir adunanza del 24 febbraio 185G. (Contimiazioue della pag. 3gi della precedents disponsa) II. Parte interna. A) Atrii. R .appresentiainoci a tal uopo il cuore diviso con un piano longiludinale, il quale cssendo perpendicolare al sepi- mento degli atrii divida ad un tempo per ineta le valvole che separano quelli del venlricolo. Noi avremo in tal maniera il cuore diviso in una meta dorsale ed una meta ventrale. Ed ora vedremo: cucun solco obbliquo e molto ampio, anzi largo quanto e il diamclro della arleria polmonale, il quale dalla meta ventrale comincia a I lerzo posleriore, e si eslen- de lino agli apiei degli atrii alia dorsale, li tiene separati an- teriormenle ed inferiormente; cbe ciascun alrio alia porzio- ne dorsale somiglia a un mezzo cono rcciso con un piano il quale passa per T asse, ma die la forma regolare dei coni 6 slurbala tlal decorso del sepimento, il quale si eslendc soltan- lo Delia meta inferiore, e somiglia ad una lamina spirale col Serie 11/, T. 1. 56 — 43U — margine inferiore attaccata in linea retla alia parte venlrale, e il cui margine superiore aderendo alle porzioni dursali si ricurva come una S rovesciala. La j.orzione dellalrio destro anteriore al sepimento, nella meta dorsale e alloppezzala da una relo di trabecule, le quali alia faccia dorsale sono direl- le orizzontalmenle, alia faccia interna, ineominciando dal li- inite del sepimento, vanno in direzione obbliqua e divergeudo verso la faccia dorsale e I' apice. Le trabecule delle pareli dorsali e quelle delta parete eslerna cunfluiscono a forma re una striscia eminente faleifurme, la quale dall apice, aderen- do alia parete eslerna, si eslende obbliquamente sinu al cen- tru della parete dui'sale la dove e il limite delle trabecole orizzonlali, per diyidersi prima ancora d'arrivare a queslo punto in due lamine principalis le quali dirigendosi obbliqua- mente a deslra ed a sinistra aderiscuno cume due mezze lu- ne alia parete dursale ed alia eslerna dejf atrio, furmano coi luru margini liberi una fessura obbliqua diretla da destra e dall'innanzi a sinistra ed indietro nella meta posleriore della parete dorsale, c si riuniscono in vicinanza del sepimenlo. A destra della loro congiunzione pusteriore, la parete deslra del ventricolu penetra dalla base nella cavita dell'atriu deslro sotlo la forma di un'eminenza piramidale colla punta dirella verso I'apice dellalrio. La fessura forma la dai margini liberi delle due lamine semilunari metle nel saceo venoso. Ma la lamina sinistra, arrivals alia meta del suo corso, si sud- divide nuovamenle in due foglielte, I' eslerna delle quali, un momenti) piCi grossa del!" interna, staccandosi da questa, die- tro il margine iibero si dirige a deslra ed eslernamente del punlu di congiunzione posleriore delle due Limine principali c corre allu spigulu callusu formato dall'eminenza pirami- dale della parete del ventricolu, rivolto verso la faccia dor- sale. Dal concorso di queste laminclle risulla un1 apcrlura — 431 — Iriangolare, la quale e lo sbocco della vena jugularc sini- stra, ed ha per base I' estremita posleriore della laminella deslra ed i due lati dclerminali dalle due foglietle della la- minella sinistra. La faccia interna, eomprcsa fra il sepimento e la laminctta sinistra deH'apcrlura venosa, c assolutamente liscia, non e soleata da nessuna Irabecola carnea, ma non va a perdersi direttamente nclle retieelle orizzontali; clie anzi presso alia laminetta sinistra, slaceandosi da quella, de- termina un1 apertura per la quale si penetra in un pic- colo seno secondario, clie viene a stare sopra le suddette re- tieelle. Al di la della laminella deslra si estendono delle tra- becole falciformi parallele a questa, che comincianoun poco pin in dietro del polo anleriore della fessura e si perdono nella faecia deslra deifeminenza piramidale del venlricolo. II resto della parele eslerna e anleriorrnente solcato da reti- eelle a maglie orizzontali, 6 posteriormente liscia, meno cbe all' estremita la quale si eslende al di la della base del ven- lricolo, dove inlricandosi le maglie formano varie piccole cavila. Nella stessa sezione Tatrio sinislro ci niostra le seguenti parlicolarita. Esso sembra diviso in due cavila principal!, una delle quali occupa il terzo anleriore e l'allra il resto della cavita tolale. Questa separazione apparenle viene ef- fettuala da alcune trabeeole, le quali parlendo da una stri- scia falciforme, che si eslende orizzontalmenle lungo la pa- rele esterna., vanno ad attaccarsi alia parele interna. La cavita anleriore, che forma I'apice dell'atrio sinislro, e sol- eata in tulta la sua faccia interna da Irabecole cornee, che la percorrono inlrecciandosi lanlo in dirczione orizzontale che in direzione verlicale. La cavila posleriore somiglia ad una mezza lima colle estremita delle corna direlle verso T alrio destro. II corno anleriore e diviso da sepimenti oriz- — 432 — zontali in (re piccole cavita, le quali comunicano colla cavita cenfrale, e I' estremita del corno posteriore e lo sbocco della vena polmonale. La parete esterna e sulcata da esili trabecole longitudinali. II reslo della faceia inter- na e liscio, come pure liscic sono le superficie del sepi- mento, del quale soltanto il marginc anleriore e segnato in arabedue le faceie da una leggiera eminenza falciforme. Par- ticolar menzione merita pero il scpimento, e specialmenle pel modo Del quale s'attacea alia parete degli atrii co! suo margine superiore, perche da questo modo di congiunzione dipende la funzione fisiologica, die impedisce durante la sistole degli atrii il riflusso del sangue nella vena polmonale. Gia sopra dissi che in quel punto la linea di congiunzione non e gia una relta, ma una curva doppia simile ad una S rovesciata. Da cio deriva che il sepimento forma imperfetta- menle due tasche, delle quali la superiore guarda la cavita dell' alrio deslro e I' inferiore quella dell' atrio sinistro. E in questa tasca si trova lo sbocco della vena polmonale. Quanlo flno ad ora descrissi c rappresentato dalla fig. IV. I, Atrio destro. 2, Atrio sinistro. 4, Sepimento degli atrii. 6, Sbocco del sacco venoso. 7, Sbocco della vena jugularis sinistra. 8,8., Suddivisione dcba arleria pulmonalis communis in arteria pulmonalis dextra et sinistra. 9, Vena cava regre- diens. 12, Vena jugularis sinistra, a, Mela anleriore dell'atrio destro solcala da retieelle di trabecole orizzonlali. />, Cavila mi- nore dell'atrio sinistro, solcala da trabecole intrecciate. c, La- minetta interna della valvola del seno venoso. d, Laminetta esterna. e, Foglietta esterna della laminetta sinistra, f, Emi- nenza piramidale del ventricolo. g, Tasca posteriore forraata dal sepimento degli atrii. h, Tasca anleriore formala dallo stesso sepimento. i, Sbocco della vena pulmonalis. n, Slri- scia falciforme, dalla quale traggono origine le due Iamine — 433 — clie proteggono lo sbocco del seno venoso. o, Arleria pul- monalis communis recisa p, Orecchiella dell' atrio deslro. 0, Cercine del venlricolo che circonda la comunicazione di queslo cogli atrii. Considcrando bra la veduta opposla della slossa sczionc, vedremo die il diamctro orizzonlalc dell' alrio destro e triplo di quello del sinislro, che i due atrii sono separati anlerior- menle incominciando dal lerzo posteriore medianle la vena polmonale, c che I'eminenza piramidale del venlricolo e ade- rente alia parete interna dell'atrio deslro, e si cslende coll'a- pice un momento piu innanzi dell'origine dell' aorta deslra. Se congiungiamo ora, medianle una rella, I'apice di questa eminenza piramidale col margine deslro della vena polmo- nale, vedremo che lulta quella porzione del cuore, la quale resla a deslra di questa linea, e solcala da reticelle di tra- becole cornee orizzontali, e la porzione a sinistra della sud- detta linea (ino al sepimento, e liscia. Nella porzione a destra si nota posleriormenle una piccola cavita speciale, la quale e la cavita dell' orecchielta, e nella sinistra immediatamente sopra la valvola che separa I' alrio deslro dal venlricolo una apertura a semicerchio che mette nelFaorta deslra, e I' arco della quale e determinato dal margine dell' origine dell'aorta sinistra ed il diamctro dalla valvola alrio-ventricolare sini- stra. Sopra la curvatura di questo foro a semicerchio si Irova una linea orizzontale eminenlc che dal sepimento si estende all'apice deU'eminenza piramidale del venlricolo. La slessa sezione ci dimostra che la parte inferiore dell' alrio sinislro, medianle sepimenti orizzontali, e divisa in sei cavita parziali somiglianli a sei tasche, le quali comunicano colle cavita centrali, delle quali la posteriore e la piu ampia, c quella all'apice sembra una massa spugnosa. Congiungendo ora, medianle una linea, il lume della vena jugularis sinistra — 434 — fecisa in questa sczione coll'.apice dell'eminenza piramidale del ventricolo che penetra ncll' atrio dcslro, si divide I'atrio sinislro in due porzioni, delle quali I'anteriore e occupata da quelle sei lasche che sopra deserissi, e la posleriore, simile ad un imbuto che penelra nella cavita del ventricolo ed egualo alia sesla parte dell' anteriore, e perfeltamente liscia. La comunicazione degli alrii col ventricolo ha la forma dun imbuto, o a meglio dire, di un cono tronco col cerchio minore rivolto verso il ventricolo, e il cui ccrchio maggiore non e parallclo a quello, ma ha una posizione obbliqtia dalla fuccia infcriore del cuore e dal lalo dcslro alia superiore ed a sinistra. lia periferia di questo cerchio 6 delerminata da un cercino di diametro egtiale alia ineta del diametro della base del ventricolo, e formato da questa. Nel cerchio minore del cono tronco e lesa una lamina, la quale nella direzione del suo diametro minore e appesa al lalo posleriore del scpiuienlo degli alrii, e colla periferia s'immedesima alia faccia interna dell'imbulo, meno in due archie i quali permettono la comu- nicazionc degli alrii colle cavita ventricolari. Questa lamina e alia faccia anteriore divisa in due porzioni dall' inserzione del sepimento degli alrii, epercio sembra chevi esislano dne valfole, una delle quali chiude il passaggio dall'alrio deslro nel cavim venosum vcntriculi, e T altra il passaggio dall' a- trio deslro net cavum arleriosum. La faccia inferiore pero della suddella lamina non e divisa in due parti; ma c pei'fet- tamenle piana, guarda in gran parte la cavita arteriosa del ventricolo ed il canale di comunicazione fra questa e la ca- vila venosa superiore, ed ha soltanto un piccolo segmento rivolto alia cavita venosa anteriore. Come risulta, confron- tando le due porzioni delle lamine separate dalla sezione, essa e mollo piu grossa nel mezzo che verso la periferia, anzi, nienlre la ha una consislenza cartilaginea, qua s'atle- — 435 — nun, simile ad una culc esilissima. Gia prima dissi die que- sta lamina non aderisce con lulla la periferia alia faocia in- terna delTimbulo, od ora nggiugnero che sollo I'origiae del- l' aorta des'tra nuota libera e spinge il suo margine pi li in la della periferia di quesla, in modo die durante la sislole del cuore poggiando col margine libero sul bordo dell" ori- gine di quel vaso inlercetta il riflusso del sanguc hell' ati io deslro; e die all' estremila sinistra del suo diamelro mag- giore, in vece d' immedesimarsi col cercine forma un lembo libero rivolto verso la cavila arteriosa del ventricolo ; il quale durante la sislole poggiando sul cercine, inlerrompe la comunicazione della cavila arteriosa coll' alrio sinislro. La Ggura V rappresenla la veduta interna della porzione ventrale del cuore tagliata media nie un piano perpendicolare alle valvole alrio-venlricolari. I, Atrio deslro. 2, Alrio sini- slro. 5, Sepimenlo degli alrii. 5, Aperlura dell'arleria pol- monale troncala. G, Aorta dexlra. 7, Aorta sinistra. 8, Vena jugularis dexlra. 9, Arleria carolis. 10, Arteria l/njreoidea. -II, Vena jugularis sinistra. 13, Lamina die separa gli alrii dalle cavila ventricolari. a,a,a,a, Tasche formate dai sepi- menti orizzonlali nell'atrio sinislro. (>,/>,(>, Reticelle formate da Irabecole orizzonlali. c, Aperlura emisferica die motto neir aorta deslra. d, Comunicazione delTalrio sinislro colla cavila arteriosa del ventricolo. e, Porzione piu sollile della lamina alrio-venlricolare corrispondenle alia valvola atrio- venlrieolare sinistra, f, Porzione ingrossala della lamina alrio-venlricolare corrispondenle alia valvola alrio-venlri- colare deslra. g, Margine libero della lamina alrio-ventrico- lare^ die durante la sislole adagiandosi sul cercine cliiude la comunicazione in d. h, Confine Ira il ventricolo e I'alrio si- nislro. i, Em'nenza piramidale della base del ventricolo die va a immedesimarsi nella parelc interna dellatriu deslro. k, — 436 — Orecehiella dell'atrio destro. p, Linca seraicircolare etni- nente. Si deve confrontare oltre a cio nella figura IV: II, La- mina atrio-ventricularis. A, Porzione ingrossata della lamina atriovenfricularis, corrisgondenle alia valvola alrio-ventri- colare destra. /, Porzione piu esile della stessa lamina cor- rispondente alia valvola alrio-venlricolare sinistra, m, Mar- gine della slessa valvola che durante la sistole va a poggiare sul cercine Nell'alrio destro sboeca al confine posteriore della pa- » rete dorsale, ben presso al septum atriorum il Ironco co- » raune della vena pulmonalis. Qui non v'lia valvola alcuoa. » Anche qui si sviluppa dal septum atriorum una valvola » grande scmilunarc cbe si estendc pella camera destra del » cuore, ed e pure eollocata in roodo che puo chiudere » t' ostium venosum sinislri lateris, ma non mai del tulto » I'ap.erlura nelle pareti del venlricolo', come lo puo la val- » vula semilunaris dell' ostium venosum dextri lateris. » Le valvole intanlo non sono due, le quali si estendono a destra ed a sinistra dal sepimento degli atrii, ma, come ve- demmo, una sola lamina di forma circolare e aderenle colla sua periferia al cerchio minore dell'imbulo die mette dagli atrii nel venlricolo, e soltanto a destra ed inferiormenle solto larco dell'aorta^ ed a sinistra e superiormente ha due piccoli archi liberi. La parte destra di quesla lamina non ha biso- gno di adagiarsi alia circonferenza de\\' ostium venosum de- xtri lateris per inlercellare la comunieazione fra 1'atrio de- stro ed il cavum venosum, ma soltanto larco libero s'ada- gia a tal uopo sul margine inferiore libero de\Y aorta dextra. La porzione sinistra della lamina intercelta la comunieazione fra I' a trio sinistro ed il cavum arteriosum, adagiandosi pure solamente coll'arco libero al cereine della base del venlrico- lo. Avendo per altro (ulle e due le porzioni la superficie an- (eriore convessa e la posteriore concava, allor che gli atrii si contraggono, possono ciascuna d'esse, ed inclipendenlemente una dall'altra interrompere la comunieazione fra cavum ar- teriosum el venosum ventriculi. A tal uopo la porzione destra s' appoggia colla sua periferia alia trabecola principale che — 439 — suddivide perfeltamente in due cavita il cavum venosum, c colla sua faccia eoncava, prendendo una posizione obliqua dair innanzi all' indieiro, ollura le aperture desire dei due canali di conuinicazione fra atrium venosum ct arteriosum. La porzione sinistra compie lo slesso uffizio, adagiandosi col margine libero alia parete destra della tasca principale cavi arteriosi, ed otlurando colla faccia inferiore le aperture sini- stre dei canali di conuinicazione. B). Venlricoli. Esaminando la sezione dorsale si vede die il venlricolo e diviso median te un sepimeoto in una porzione destra, la quale s'eslende a due terzi dcll'intero ventricolo, ed una por- zione sinistra die occupa I' allra lerza parte. In quesla si distingue una cavita maggiore al centro del- la base del ventricolo, sulla quale e tesa la lamina eartilagi- nosa die la separa dagli atrii. II diaframma, il quale segna il confine fra la cavita sinistra, die potremo denominare cavum arteriosum, e la porzione destra, die possiamo appellare ca- vum venosum, si eslende dalla faccia interna delTemineoza pi- raraidale obbliquamente verso sinistra, ed all'indielro lino die arriva ad incontrare, a un terzo di distanza dalTapice, la pa- rete sinistra del ventricolo. La sezione ventrale ci dimostra pero die il sepimeoto ventricolare sotto la porzione destra della lamina cartilaginea ha un' incisione semilunare, per la quale, mediante due canali, il cavum arteriosum pud comii- nicare col cavum venosum. II cavum venosum e diviso in due loggie, mediante un secondo tramezzo longitudinale, e que- ste due loggie comunicano assieme mediante una fessura parimenli longitudinale. Questo secondo sepimenlo comincia fra I'origine delle due aorte, e sopra I'origine dell' arteria — 440 — pulmonale, e aderente olla parcle sinistra del ventricolo, ha la forma id'uDa lamina ravvolla a spira, e simile a im venla- glio, s'iinmedesima coll'apice alia linea ehe segna il confine dell' ultimo (erzo della parte superiore. Noil s" immedesima pero eolla parcte deslra, meno ehe nella terza parte di mezzo. Esso forma percio eolla parete destra una fessura longltudi- nale, la quale e lunga un terzo della lunghezza dell'asse. Si confrontino le figure IV e V. Fig. IV, 5 ventricolo, 5 cavum arteriosum, 10 sepimento die divide il cavum arte- riosum dal cavum venosum venlriculi. Fig. V, 4 ventricolo, 12 sepimento cavi venosi et arleriosi, q primo canale maggio- re no secondo canale minore, pel quale ledue cavila venosa e arleriusa comunicano assieme, n tasca ecntrale del cavum arteriosum, I incisura semilnnare sepimenti cavi venosi el arleriosi ; I i sepimento ehe suddivide in due loggie il cavum venosum, m parete destra del ventricolo, r fessura di coimmi- cazione fra le due loggie del cavum venosum. Paragonando la sezione ehe abbiamo considerato fino ad ora con quella ehe divide F una dall altra le due valvole semilunari dell' arleria pulmonalis, risulta ehe il cavum venosum consiste di una log- gia inferiore al sepimento longitudinale e di un' altra loggia superiore, la quale occupa la porzione deslra e posteriorc del ventricolo; die la prima consiste di un'unica cavila conica principale eolla base rivolta all'origine dell' art'eria polmonale e di poche taschetle, le quali occupano I' apice del euore, e penelrando nel tramezzo comunicano eolla loggia superiore: mentre questa e suddivisa in molte tasche irregolari, fra le quali se ne distingue una maggiore centrale collocala supe- riormenle a deslra verso la esfremita posteriore della fessura di eomunicazione. Risulta ollre a cio die il margine libero del sepimeuto dclle loggie e molto rigido, die nel silo dove s'incrocia col bordo libero dell' incisura semilnnare del se- — 444 — pimenlum cavi venosi et arteriosi e provedulo d' una linea aspera, su cui qucslo bordo va ad appoggiarsi durante la si- slole del cuore, e die I'origine dell" arteria polmonale viene a stare sotlo di lui, sopra di lui I'origine deWaorta dextra, ed a destra della sua origine I'origine deWaorta sinistra. Si confronlino le figure VI, VII. VIII e IX. Fig. VI, sezione che separa le due valvule scmilunari dell' arteria polmonale. Vedula della porzione dorsale, I atrio deslro, 2 atrio sinistro, 5 ventricolo, J aorta destra, 5 aorta sinistra, G arteria pol- monale, 7 vena jitgitlaris sinistra, 8 arteria caeplialica,1.) ar- teria tlujreoidea, 10 arteria collaris, I I loggia inferiore della cavita venosa, a parele superiore dell' aorta sinistra, b una valvola semilunare dell' arteria polmonale, c sepimentum cavi venosi et arteriosi, d margine libero del sepimento delle log- gie, e fessura di comunicazione delle due loggie, f trabecole carnee dell'atrio destro, g trabecole carnee dell'alrio sinistro. Fig. VII. Vedula opposta della slessa sezione. I Atrio sini- stro, 2 atrio destro, 5 ventricolo, 4 arteria polmonale, 5 aorta sinistra, a loggia inferiore della cavita venosa, b una valvola semilunare dell' arteria polmonale. Fig. VIII La slessa vedula della tig. V, nella quale pero e aperlo il sepimento delle ca- vita venosa ed arteriosa, non che le due aorte. a a, I due leinbi del sepimentum cavi venosi et arteriosi, b faccia inter- na della parte destra del ventricolo, c fessura di comunica- zione delle due loggie che dietro la parele dell'aorta destra si esiende piu in la del ventricolo, d linea aspera del tramezzo, su cui viene a poggiare il. bordo libero della incisura semilu- nars. Fig. IX. La stessa veduta della fig. VI, nella quale e aperta I'origine dell'aorta sinistra. 5. Ventricolo, II loggia inferiore del cavum venosum, c faccia interna della parete de- stra del ventricolo, d bordo libero del tramezzo delle loggie, e fessura di comunicazione fra le due loggie. _ M2 — So vogliamo ora aprire Poriginc dclle chic aorte vedrerao, che tanlo I'tina die I'allra e provveduta di due valvole serai- luuari, la direzionc delle quail per allro s'incrocia, vale a dire, che mentre i bordi liberi delle valvole semilunari dell' aorta deslra corrono paralleli a quelli delle semilunari dell arteria polmonale, i bordi delle stesse valvole nell'aorla sinistra vi corrono perpendicolari; die un' arteria coronaria Irae ori- gine dall" aorta deslra, mentre I'altra dalla sinistra; che i tre tronchi arleriosi principal! non banno in tutto il loro deeor- so nessun punto di comunicazione: cbe finalmenle 1' origine di tulle e due le coronarie comincia in una tascbelta, la quale vien cbiusa durante la sislole. Si consultino le figure VII, VIII, IX. Fig. VII, A arteria polmonale, 5 aorta sinistra, b valvola semilunare dell' arte- ria polmonale. Fig. VIII, 7 aorta deslra aperla, c lembo delta slessa rovesciato a sinistra, f f\e due valvole semilunari dello stesso vaso, (j apcrtura d' un' arteria coronaria. Fig. IX, 5 aorta sinistra, 6 arteria polmonale, a faccia interna del Paorta sinistra, b valvola semilunare deH'arleria polmonale, // valvole semilunari dell1 aorta sinistra. Se ora paragoniamo questa descrizione con quella degli altri anatomisti che si occuparono di questa parte tanto im- portante dell'organismo dei reltili, vedremo che Brack e sol- tanto conobbe esattamenle la sua struttura anatomica. E in fa I to bene osserva Weber che Cuvier c Scldemm non distin- sero ilsetto dei ventricoli, epercionon conobbero abbastanza la cavila sinistra; die considerarono per setto dei venlrieoli il tramezzo delle due log^ie; e cbe finalmenle Cuvier ando erralo, come nolava lo stesso Scldemm, nel determinare I'o- rigine dell' aorta sinistra. Ma senza essere parziali non si pud a meno di confessare die tanto Cuvier che Schlemm nolarono le maglie, per cui — 443 — ollre alia fessura ovale eomunieano assiemo le duo logge, e chc qucsli piu speciahnente non laseio inosservala lemineu- za piramidale, nolo la spessczza maggiore delle pareti della cavila superiore, delermino ben piu approssimalivamente di Cuvier lorigine delle due aorte e dell' arleria polmonale, ne ignoro die ognuna di quesle tre aperture arleriose e provve- dula di due valvule sefnil.UD.ari: poiche egli scriveva quesli dali iroportaotissimi pel noloiuisla alia « parte sinistra della base si spinge innanzi un'eminenza » eonica, la quale si estende a sinistra presso all'origine delle o grandi arlerie, e sulle quali poggia leslreinita posteriore b dell' alrio destro Le pareti del venlricolo » sono considerevolmenle piu grosse alia cellula superiore b che alTinferiore Le aperture arteriose » dell' aorta destra e sinistra si trovano pure nella cellula a superiore a destra presso I' imboccatura venosa e vicine » al bordo libero del setto delle cellule » If ostium arteriosum pulmonale si moslraalla parte sinistra » nella base della cellula inferiore, giace peicio solto il selto » Ogni aperlura arteriosa die melte in uno » dei tre vasi principali e fornita di due valvole semiluuari. Schlcmm pero s'inganna quaudo asserisce: « ebe ['ostium » arteriosum pulmonale e piu lontano delle a It re due aper- •) ture arleriose dal bordo libero del sepimento delle cellule », e la dove sosliene cbe dall' aorta des'lra « viciuo alle valvole » semiluuari traggono origine le arterie coronarie destra e » sinistra. » Gonsultando Retzius dovremo riconoscere che questi avendo co'nfermato le preeedenli osservazioni di Schlemm intorno al venlricolo, distinse primo esallamente la cavila arteriosa dalla venosa, e, a dispetto della confulazione di Weber, ben a ragione asserisce chc quesle due cavila co- — 444 — munieano per un eauale, e non per una sempliee aperlura. Ad onla che Weber ascriva a Meckel I'onore d'aver per pri- ino disliolo il vero sepimenlum venlriculorum, io credo clie il suddelto notomista eonfouda il sepimenlo col Ira mezzo delle due loggie, perche a questo non accenna, e a quello da una falsa direzione o piultoslo la direzione di questo. E so Meckel non ha pure scambiato (|uesti clue tra-mezzi, gli e eerto che incorse uell' errore di Weber, spostando dal suo sito il vero sepimenlo. Meckel errava ollre a cio nel deler- minare Torigine dei vasi arleriosi, c nclTassegnare ad una aorta una sola valvola semilunare. A Weber spelta il merilo di aver dislinto esaltaitienle le Ire cavita principali del ventrieolo. Ma egli pure non conob- be bene il septum venlriculorum, poiche dice: « clie dall'api- » ce del cuore si estende verso la base i septum i) atriorum e venlriculorum non si loccano ne si congiungo- » no Lotalmente; resla percio i'ra il bordo libero posteriore » del septum alriorum, ed il eireuilo anleriore del septum » venlriculorum un' aperlura ovale, per la quale si puo pe- » netrar dal ventrieolo deslro nel sinislro, e viceversa. » Ne so comprendere come Weber soslenga clie queslo selto abbia una maggiore estensione nella camera sinistra, che nella deslra. Quasi die una parele, che suddivide una cavita in due altre, polesse essere piu grande in una faccia che nell' allra. Ne so comprendere come Io slesso nolomisla Io faccia specialmenle nel cuore del boa, del quale da un pajo d' immagini curiose (NB. Weber, fig. XI, XII), nella camera sinistra: « molto piu corto, e che termina arrotondato in » diclro: » e descrive una [)arte della sua faccia « assolula- » mente liscia. » Ne piu forlunato e Weber quando scrive: « dall' ostium arleriosum inferius Irae origine I' aorta sini- i) stra, o qui non si Irova che una sola valvola semilunare, — 445 — » die gunrda col bordo libero verso il lume dell'arteria », no quando nola: « L' arteria pulmonalis sla in eomunicazione n coll arteria aorta sinistra mcdianle un ductus arteriosus, » e procede quindi al polmone ollre questo condotlo. » E queslo errore di Weber, il quale vien pure confermalo dalla sua figura N. XIII, mcrita particular altcnzione, perclie, conic vedremo piii lardi, lo condussc a sognare un cerlo ineccanismo curioso della circolazione del boa. Ecco finalmenlc Briickc, I'unico osservalorc, al quale non si puo rinfacciare un errore, quegli clie anchc in quests oc- casione si moslro csallissimo. Egli scrive: « Dal ventricolo del cuorc partono Ire tron- » chi arteriosi strcllamcnlc stipati insiemc in forma di » triangolo, ciascuno de' quali e provvedulo di un pajo di » valvole scmilunari. Quello cbe si trova piii di lutli gli allri » a sinistra e V arteria pulmonalis, quello clie spunta a de- B stra cd inferiormente e I' aorta sinistra^ e quello clie spun- » la a destra e superioruicnle o I' aorta destra p) Se a sinistra dcH'origine dell' arteria pol- » monale simmagina un piano, il quale a Iravcrso al ven- » tricolo, dall'origine dell' arteria polmonalc e leso obliqua- " mente dall'iniianzi e da destra indietro e a sinistra, que- » sto verra percio diviso in due nieta disuguali, la maggiore » delle quali giace indietro, e la rninore a destra delle origi- B ni delle grand! arlerie. L'ullima e quella clie, come si puo » riconoscei'e dalla posizione deW ostium venosum sinistntm, » riceve il sanguc rubicondo dell'atrio siriislro. lo nominero » percio qucsla porzionc della cavila del cuorc per analogia » della denominazione adoperala nolle tarlarughe, cavum y> artcriosum. Da numerose trabecole carnee e allraversalo » in tutte le dirczioni, in modo die non v'esiste allro die » una cavita cenlrale proporzioiialamenle pictola ed eslrc- Scrie III, T. I. b8 — 446 — >■ mamenlc irrcgolare. II cavum venosum piu ampio vien di- » viso imperfcttamentc da un Iramezzo muscolare in una » meta superiore ed una mela inferiore, cd il Iramezzo parte » come nolle tartarugbe dairinterslizio fra i trevasi maggio- n ri, e scorre indielro, fino a tanto die dopo d'aver percorso » due terzi di strada dalla sua origine fino all' apiee del euo- » re, si allacca alia parete destra del ventricolo. In lal modo » la sua faceia inferiore forma in tutla la luoghezza colla pa- » rcte anteriore del ventricolo una grondaja, la quale con- » duce all' imboccatura dell'arleria polmonale. A questo tra- i) mezzo muscolare, clie, come vedremo in seguito, serve ad » inlercettare il passaggio del sangue nell'arleria polmonale, >• durante lultimo istanle della sistole, alcuni anatomici im- » posero il nome di sepimcnto imperfelto del ventricolo. Non » si deve per6 dimenticare, clie non separa sangue venoso » da sangue arterioso, ma clie si estende in una parte della » cavita del cuore, la quale durante la diastole non contiene » che sangue turchino. » Ed ora: chi conosceva prima di Brilcke con lanla esatlezza il sepimeuto del ventricolo? Chi 1' ha distinto con tanla chia- rezza dal tramezzo delle loggie? Non verificava forse queslo grande maestro la prcsenza di due valvole in ciascun tronco arterioso, come laveva notata Sehlemm, e come io pure ho dovuto assicurarmi?... Meccanismo della circolazione. Se tanto disparate trovammo le descrizioni anatoraiche del cuore del boa c degli altri serpenti, non stupiremo del- le differenli maniere nellc quali i piu volte sopra citati au- tori lenlarono di spiegare 1' azione di queH'organo uel mec- _ 447 — canismo della cireolazione. E qui devo notare prima d'ogni altra cosa, che fra tutti i notomisti, i quali si oceuparono della cireolazione dogli ofidiani, Weber e Briicke saltan to la studiarono dircttamente giovandosi delle vivisezioni, mentre gli allri no dorivarono il meccanismo come conse- gucnza dell' anatomica ispezione. Cuvier, non eonoseendo la divisione del ventricolo in cavum arlcriosum et venosum, ammelte una miseela dirella del sangue del corpo e del sangue dei polmoni. Schlemm, al conlrario, il quale conobbe piu esattamente di Cuvier il tramezzo delle Ioggie non ebe 1' origine dei tronehi arteriosi principali, ammelte gia nel ventricolo una separazione assoluta del sangue venoso dal sangue arterioso, la qual separazione si manliene in tutto 1' organismo. Egli ragiona nel modo seguente: « Se, dopo questa considerazione della strutlura del » cuore, si paragonano fra loro le origini dei grandi tronehi » arteriosi e la imboccatura degli atrii del ventricolo, si puo » presso a poco dimostrare che il solo sangue dell' atrium » pulmonale occupa la cella superiore del ventricolo; men- » tre, al conlrario, il sangue dell5 atrio venoso scorre nella » cella inferiore lungo il margine libero del scpimcuto. Nella » sistole del ventricolo il sangue polmonale della cella supe- » riore verra spinto principalmente nelle due aorte che da » essa traggono origine ; mentre al contrario il sangue ve- il noso della cella venosa scorre n,ell' arteria pulmonalis. » Cio e tanto piu verosimile, in quanto che si puo ammel- » tere che in ogni contrazione del ventricolo la sua paretc » si appoggia al bordo libero del sepimento delle celle, e le » celle per conseguenza sieno in questo stalo quasi intera- » mente separate una dull' altra. Ma ad onta di questa di- » moslrazione non voglio assolutamente negare una miscc- — 448 — » la parziale del sangue arterioso c del sanguc vonoso nolle » celle del vehtricolo. » Gli e certo ehe la spiegazione fisiologica del meecanismo circolatorio secondo Scldemm non e giusla; ma non si puo negare ehe egli fu il primo, il quale asseri che nei polmoni degli ofldiani non pehelra ehe sangue venoso, ehe avendo potulo esaminare il cuore di un vero boa e di dimension! assai maggiori dei cuori d' ofldiani esaminali da altfi noto- raisti sospetto ehe la parete del ventrieolo durante la sislole viene a combaciare col bordo libero del tramezzo delle log- gie, e ehe finahnenle non nulri il sogno invenlato pin tardi da Weber che il sanguc dell' arteria pohnonale si mischi anche dopo sortito dal ventricolo con quello dell'aorta sini- stra per tin canale immaginario. Falso e pero il teorema di queslo notomista che nelle due aorte penelri soltanto san- gue arterioso, e che soltanto la loggia inferiore venga occu- pata da sangue venoso. A Schlemm suecesse Retzius, il quale spiega il meccani- smo dclla circolazione nel Pijlhon bivittatus (Kubl) colle se- guenti parole: « to scopo del sepimento imperfetto e senza dubbio di » formare un eanale chiuso, il quale conduca il sangue ar- » terioso dalla cavita suddetta nella porzione giossa e spu- » gnosa verso le imboccature delle arlerie del corpo: e ci6 » dimostrano lanto la sua forma e posizione quanto i margini » callosi. Nell' istantc ehe il sangue arterioso scorre per » queslo canale, esso spinge la valvola semilunare innanzi » all' aperlura dell' ostium dell' atrio destro, il quale in tal » modo vien chiuso. iNell istantc sui eessivo si ritira indietro » il sepimento; la valvola semilunare, la quale appunlo in- » tereettava 1' imboccatura verso la trio destro, eliiude ora » il canale che conduce alia porzione grossa, e il sangue — 449 — » venoso scorre pereio nella cella inferiore. Nello stesso i) istanle il sepimento si adagia alia parole esterna, e la cella » inferiore vien separata dalla superiore, mentro la colonna >> sanguigna viene spinta noil' arleria polmonale, c cosi di » seguito. Una tale organizzazione rende pid cbe probabile » die le correnti venosa e arteriosa vengano spinte in tem- >• pi different'! senza mescolarsi, dal ehe si potrebbe deriva- » re in gran parte la lenlezza delta cireolazione. » A quest a spiegazione pero s'opponeva eon ragione We- ber quando riportando il passo succitato soggiugne: « Ret- » zius erra sollanto in cio, ehe sostiene essere piu ebe pro- » babile ehe le correnti venosa e arteriosa vengano spinte » in tempi diffcrenli. Io ritengo cio impossibile, poiche am- » bo i venlricoli si conlraggono contemporaneamente, e » perche ancbe gli atrii \uolano contemporaneamentc il loro » sang ue nelle camere corrispondenti. Oltrc a cio si trova » nn" altra impossibilita considerando ehe se pure il sangue » polmonale seorresse un momento piu tardi net venlricolo ii destro di quello die il sangue del corpo nel conns arle- i) riosus e verso X arteria pulmonalis, questo sangue ^ap- d punto, perche il ventricolo destro si rienipie immediala- i> mente di nuovo e la valvula semilunaris del septum n alriorum si pone innanzi all' apertura di comunicazioue >i delle camere, non si potrebbe mai vuotare dal ventricolo ii destro; oppure, se cio ancbe avvenir potesse, il sau- » gue polmonale si dovrebbe mescolare di necessita col ii sangue del corpo, il quale si vuota contemporaneamonle ii dall' atrio destro. » A ragione si opponeva Weber alia teoria di Rctzius, ma non sapeva confularla. Briicke pure s'opponeva a Bet- sins srrivondo: n non posso accordare la mia teoria a » qunnlo dice Ret zius inlorno alia meccanica cireolazione — 450 — » so io oso (li eontraslare » F esattezza tli questa interpretazione, Io faccio appoggiato » in prinio luogo su cio die la mecoanica della circolaziono » nel coluber, sccondo F esperienza clie io ho a Uinta nolle » vivisezioni dalF osservazione imraediata e che bo esposta » piu sopra, e assolutamenle diversa, e quindi sulle mie » esperienze fatte sugli altri anfibii a squame lequali dimo- » strano, come vedremo in seguilo, che in lutti quegli ani- » mali mono che nel cbccodrillo, la circolaziono viene effet- » tnala secondo il medesimo prineipio; eperfinola circola- » zione dei balraciani anuri non differisce lanto da quel » prineipio, quanlo dovrehhe differire la circolaziono del » python da quella del coluber se si vcrificasso in fatlo la » supposizione di Retzius. A me sembra per6 che F crrore principale di Retzius consisla nel sostenere che il sangnc venoso ocenpi sollanlo la loggia inferiore che mette all' arteria polmonale. Meckel dice in generale: " Gli anfibii hanno una circo- » lazione grande e piccola meno perfotlamenle separate « che la maggior parte degli animali inferiori e tutti i sn- » periori, poiche Ie varie snddivisioni del cnoro e del siste- i) ma vascolare sono meno esatlamonte separate. » Meckel non considera specialmontc la circolaziono degli ofidiani, ma sollanto quella dei cheloniani. Percio credo che polremo passare a quanlo opina Weber slesso sulF argo- menlo suddetto. Ecco le sue parole: « I) II sangue del corpo arriva ncgli animali di cui » tralliamo (olidiani, sauriani e cheloniani) all' atrio de- » stro, e da questo al ventricolo destro per mezzo dellc ve- » no jngnlari e delle vene cave. 2) II sangue polmonale ar- » riva all' atrio sinistro e quindi nel ventricolo sinistro, — 451 — » 3) Nell' islante che i due atrii vuotano il loro sangue nei » ventricoli corrispondenti, si accostano le due valvule so- il milunari del sclto degli atrii e ehiudono pereio in quel- » 1' islante 1' apertura di comunicazione fra la camera de- » stra e la sinistra, per guisa oho allora esistono due eamere » perfettamente separate ed e impossibile che si mcscolino » insieme sangue venoso e sangue arterioso. 'i) Nell' islante >» che si conlraggono lc due eamere, si staccano in primo » luogo le due valvole semilunari del septum atriorum e si ') collocano innanzi agli ostia venosa cordis e in tal modo » interceltano il riflusso del sangue; quindi passa il sangue » venoso dalla camera destra nella eavila del conns axle » riosus e di la dell' arteria pulmonalis e pereio nei polmo- » ni; ma nello stesso tempo scorre il sangue ossidalo allra- » verso 1' apertura di comunicazione delle eamere del euoro » dal venlricolo sinistro alle origini delle aorte e da quesle » agli organi del corpo. 5) NeJ tempo adunque che il san- » gue venoso viene espulso dalla camera destra, scorre il » sangue ossidato nella camera destra cd e costretto a di- » rigersi soltanto alle aorte perehe il tramezzo muscolare » nei coitus arteriosus si adagia alia parete del venlricolo, » nello stesso rapporlo che la camera destra si vuota di » sangue oppure si conlrae, ed in tal modo intercetta tolal- » mente la circolazione del sangue ossidato verso I' arteria » pulmonalis. Questa c adunque la funzione del tramezzo » muscolare, ovvcro per questo motivo ha luo^o la divi- )) sione delta camera destra del cuore in due cavitd. Ollre » a cio non dobhiamo dimenlicare che nella stessa propor- » zione nella quale le eamere si contraggono, le aperture » arteriose delle aorte vengono avvicinale all' apertura di » comunicazione delle eamere, e pereio anche alio stesso » venlricolo sinistro; ne dobbiamo dimenlicare che il tra- — 452 — » mezzo muscolare del conus arteriosus forma egli slcsso » una grondaja alia sua faccia superiore per cui la corren- » le del sangue ossidato conserva la sua determinata dire- » zione, c percio nei ventricoli non pud aver luogo una mi- » scela di sangue venoso ed artcrioso. C) Questi dati diven- 11 la no leoremi ineoncussi dimoslrati dalle vivesezioni. Se it si denuda il cuore nei serpeiiti, per esaminare la circola- n zione del sangue, si osserva: » I) che nell'atrio destro, nei ventrieolo destro c nell'ar- n teria pulmonalis non cireola ehe sangue nero ovvero » venoso ; al conlrario. » 2) neir atrio sinistro, nei ventrieolo sinistro e in am- » bedue le aorle non seorre che sangue rosso ovvero ossi- » dato; » 5) se si raccoglie qneslo sangue dopo aver aperto » caulamenle le cavila del cuore, si puo assicurarsi aneor » meglio che non ha luogo alcuna miseela dette due specie ii mentre I' atrio sinistro e 1' arteria polmonale restano di » colore turchino. Per quanlo evidente sia il eolorito piii » chiaro delle arterie del corpo, il loro sangue non diventa » pero mai tanto rubicondo come quello dell'atrio sinistro, » e cio dipende dalla circostanza ehe 1' atrio sinistro piu » piccolo non capisce tanto sangue quanlo vi e necessario » alia circolazione maggiore, in modo che una porzionc del » sangue spinto nel corpo deriva daU'atrio destro piu gran- » de. Noi inconlriamo qui adunque gli stessi rapporti che » incontrinmo nei serpenti. II ventricolo ricevenella diastole — 450 — » una quantity maggiore cli sangUe turchino, edunaquanlita » minore tli sangue rubicondo. Durante la sistolo scorre )> nell'arteria polmonale una quantita di sangue turchino, » eguale a quella di sangue rubicondo ricevuto nella dia- h stole, ed il resto del sangue turchino va unitainenle al » sangue rubicondo nella circolazione maggiore. » Se si pratica quindi una piceola apertura in una delle » aorte, non che nell'arteria polmonale, si osservanoglistessi » fenomeni che furono descritti nelle lesluggini sotto le stes- » se circostanze. Poiehe si osserva ebe anche in questo caso » le due cireolazioni, grande e piceola, vengono tcnute in » azione da forze impellent! differenli, e die anzi cio ha liio- » go raediante un meccanismo, il quale e simile a quellb )> delle lesluggini, ma non qguale del tutto. Egli e facile a ve- » dersi, ebe siccome lutti i tronchi ai-leriosi traggono ori- )) gine feriore del ventricolo, in modo che esso cbiude la gron- » daja che forma con questa, e che conduce all' arteria M polmonale; e percio il sangue rubicondo arriva esclusi- » vamenle nella grande circolazione; ed anche I'effetto mec- » canico dell' ultima parte della sislole del ventricolo viene » adoperato esclusivanienle per questa. Se si separa da un — 457 — » cuore vivo la parele inferiore del ventricolo alio slesso » modo die viene rappresentato dalla fig. 5, iiopp d'aver al- » lacciato, ovvcro reciso per lo innanzi i grossi tronchi, » affinche non arrivi pin sangue al cuore; si vede molto » bene die il tramezzo muscolarc eseguisee il movimento, » pel quale si effeltua la separazione, alquanlo prima di quello » che si contragga il caviim arlcriosicm, in modo elie aftche » qui, come nelle lesluggini, la conlrazione non e perfetla in » lulle le parti del ventricolo, se e pure quasi eonlem » poi'anea ». Onesla e la leoria di Briiclie, che io cercai di eonfronlare coll'osservazione analomica del cuore del boa constrictor, rilenendola per vera in lulti i parlicolari, dove questa non dimostrasse assoluta contraddizione. Iofacendo questi esalti confronli lio vedulo che il tramezzo delle log- gie, dipendendo la risultante della sua conlrazione dal poslo che occupa e dalla direzione delle fibre di cui e composlo, non puo andarsi ad appoggiare col bordo libero alia parele inferiore del cuore, perchc in primo luogo e troppo distan- te da questa, e le sue fibre sono oltre a cio longitudinali, parallele, lese dalla base all'apice del ventricolo. llo veduto ollre a cio che la separazione della loggia inferiore dalla superiore viene effetiuata dal ravvicinarsi della parele de- stra del ventricolo al bordo libero calloso del tramezzo; per clie durante la sistole conlraendosi la parele suddetta si deve ingrossare; ed ingrossandosi, la faccia sua interna si accosta al bordo del tramezzo ; ed altaccandosi il septum cavi venosi el artcriosi obbliquamcnte allcminenza pirami- dale che forma la suddetta parele alia base del ventricolo, quando durante la sistole questo sepimenlo si conlrae, deve ravvicinare la parete destra al tramezzo delle loggie. Ho ve- duto oltre a cio, che quando e chiusa perfetlamcnte la fes- sura principale di comunicazionc fra la loggia superiore e — 458 — f iaferiore, non o per anco intercettalo il passaggio del san- gue da qiiella a questa, p'erche restano libere le aperture delle taschetle del Iramezzo, e elie percio il sangue arterio- so, se non trovasSe un allro impedimento potrebbe, anzi do- vrebbe, durante la sistole del ventricolo sinistro entrare non s!>lo neivasi arteriosi del corpo, ma ben anco nella loggia su- perjdre del cavum venosum,&ove non ha resistenza da vince- re, e da qui mescolandosi col sangue venoso penetrare nella loggia inferiore, e quindi nell'arteria polmonale. Finalmente lio polulo conehiudere die l' aorta sinistra, avendo la sua origine nell'mterstizio Iriangolare fra la parole destra, il scpimento delle cavil;! venosa e arteriosa, ed il sepimerilo delle loggie,. nell' ultimo istante della sisiole del venlrieolo dove reslar impermeabile all'onda sauguigna. (ili e percio che in conscguenza di (iiianlo sopra esposi, c ritenendo i momenti del meeeanismo indicati da Briieke, la circolaziorie AelOoa constrictor haluogo nelmodoseguente: SI sangue arlerioso, che riiorna dai polmoni, incite foce nel ventricolo sinistro mediante la vena polmonale, ed il venoso che riiorna dal corpo nell' atrio destro per mezzo del sacco venoso eomune e dell' arteria jugularis sinistra. Gli altri ripieni di sangue, ma in inodo che l'alrio destro ne capisce una quantitu ben maggiore del sinistro, si contr-ag- gono. Nel primo istante della contrazione le due lamine pro- rninenti die determinano la fessura del sacco venoso si ri- piegano coi loro bordi liberi a combaciare nell' asse della fessura destra, ed intercettano il regresso del sangue nolle vene del corpo, la parele supcriore dell'atrio sinistro al suo angolo posterioro combaeia coll'estremita corrispondente del sepimentum atrioram, ed impedisce al sangue arlerioso di retrocedere nci polmoni, il bordo libero dell aorta destra vien compresso contro la base del sepimento delle loggie — 45!) — dallonda sanguigna premente; i due lembi liberi del sepi- raento atrio-ventrieolare spinti dall'onda sanguigna irrom- pente dall'innanzi all'indietro cambiano la loro posizione orizzontale in posizione verticale, ed apppggiandosi la por- zione destra contro i fori deslri dei duo caiiali di corauni- eazione fra il cavo venoso e l'arterioso, e la porzione sini- stra sulla faecia destra del cavum arteriosum, interrompono la comunicazione fra quelle due cavita principali del ven- tricolo. II ventrieolo adunque e diviso in questo istanle nel cavum arteriomm e nel cavum venosuvi, senza che |c due cavita possano comunicare insieme alio stesso modo, come sono divisi l'uno dalfajtro i due atrii. Contraendosi gli atrii, spingono il sangue venoso nella cavita destra e l'ar terioso nella sinistra. Ora comincia la contrazione ventri- colare. L'onda sanguigna, che nell'islante della sistole degli atrii prese la direzione dairinnanzi all'indietro, s'invertc per la contrazione del ventrieolo dall'apicc verso 1' angolo de stro della base. Briicke ci ha dimostrato pero, che il cavum venosum si contrae prima del cavum arteriosum, Le pareli adunque di quella cavita, vale a dire, la porzione destra e inferiore del ventrieolo conlraenlesi comunicherannoaquel- lostratodeliluido sanguigno che leunietta, I'impulso iirverso, il quale con movimento ondulalorio si comunichera al re- slo del sangue cpnupreso nel ventrieolo, e si propagheru lino ai sepinienti atrio-venlricolari. Qnesti, cedendo, passata la contrazione degli atrii, la forza impellente dall'innanzi all'in- dietro, per la loro elasticity prendono nuovamente una po- sizione orizzontale. L'onda sanguigna adunque che rieevelte l"urto dalla parete destra del ventrieolo, incontrando in quei sepinienti un ostacolo, li spinge verso gli atrii, e allora viene inlerrollo assolutainenle ogni passaggio dagli atrii al ven- trieolo, poiche il bordo libero del sepimento alrio-ventrico- — 460 — lare destro va a poggiarsi sul bordo libero deHoriginc del- l'aorta sinistra, e il bordo libero del sepimento sinistro sulla porzione corrisporidente delcercine. II sangue venoso intan- to comineia a vuotarsi nell' arteria polmonale e nelle due aorte, e precisamenle nell'arteria polmonale il sangue veno- so della loggia inferiore e nelle due aorle quello delta loggia superiore. Mano mano pero che si contraggono le pareti della eavita venosa, e ehe si vuota il sangue, si contrae nella direzione dell'asse del vcnlrieolo il sepimento delle loggie, e linalmente nella direzione della diagonale da destra a si- nistra, il scpimentum ventriculorum . II tramezzo delle loggie cresce percio in larghezza, e quindi il suo bordo libero si ac- costa alia parete destra, questa vien eompressa eontro di quel- Ia, e tenuta ferma in silo dal scpimentum ventriculorum co.n- Iratto, il quale aderisce col suo margine semilunare alia striscia eminenle transversa del sepimento delle loggie. Ora appena comineia la eontrazione del cavum venosum, seeon- do Brilcke. In questo istanle pero e tolta ogni eomunieazione per la fessura ovale fra le due loggie superiore ed inferiore della cavila venosa, e quanlunque queste comunichino in- sieme per le maglie del Iramezzo delle loggie, pure e tolta ogni eomunieazione tra loro ed il cavum arteriosum, a 1110- livo della eontrazione del scpimentum ventriculare. Tolto per altro questo passaggio, e tolta pure ogni eomunieazione dell' arteria polmonale colla eavita arteriosa non solo, ma venendo eompressa la parete destra del ventrieolo eontro il bordo libero del tramezzo delle loggie, viene pure chiusa 1' origine dell' aorta sinistra a guisa d'un tubo cbe venga couipresso al suo eapo nella direzione d'un diameiro. Da cio ne deriva eliel'onda del sangue arlerioso, quando vien spinta dalla eontrazione delle pareli della eavita sinistra passa pei due eanali eomimieanli fra il cavo venoso e arte- — 461 — rioso, arriva sotto il sepimento alrio-ventricolare deslro, e qui, non trovando aperta altra via die [aorta destra, deve entrare soltanto in questa. II roeccanismo adunque della cir- colazione del sangue nel boa constrictor differisce da quello scoperto da Brilclie nel ropidonosus matrix e nel coluber aesculapi pei due seguenti raomenli : I. Nel boa constrictor il tramezzo delle loggie, in veee di fare un movimento rotatorio da su in giu per portarsi a toe- care col suo bordo libcro la parete inferiore del cuore, re- sta fermo nel suo silo, ed invece la parete destra viene av- vicinata a lui dal sepimcnlum cavi vcnosi et artcriosi, il qua- le si coatrae da destra e anteriormenle verso sinistra e po- steriormenle. II. II sangue arterioso del cavum arteriosum non si pro- paga nel corpo per tutte e due le aorte, ma soltanto per raor- ta destra, poiche durante la contrazione di quella cavita lorigine dell' aorta sinistra resla chiusa per la compressio- ne della parete sinistra del ventrieolo conlro il Ijordo libero del tramezzo deile loggie. Da cio ne deriva, ehe l'aorta sinistra non eondurni nella sua porzione anteriore al eongiungimento colla sinistra al- tro ehe sangue venoso, che l'arteria coronaria, derivante da questo tronco, conduce parimenti soltanto sangue veno- so, e che in tutto il resto del sistema arterioso del corpo si trova sangue misto. Frammenti sul sistema samjuifero del boa constrictor. Qui debbo avvertire il lettore che intitolo frammenti questa parte del mio lavoro, percbe, quantunque una feli- cissima injezione abbia penelrato lino quasi alle eslremita capillar! le arterie deU'animale che sludiavo, cio non per- Serie III, T. I. on _ 4G2 — tanto non ho potuto proseguire colla preparazionc lo dira mazioni arterioso fin denlro nella tosla del serpente, perch6 dovendo conservare lo scheletro pel mio museo (e chi me no fara undelitto sapendo quanlo rari e preziosi sono gli schele- tri di qucsto animale !...), non potei staccare le mascclle dalle Joro artieolazioni, ne distruggere la teca eraniale. Egli e per- cio ehe la raia descrizione del sistema arterioso del boa con- strictor si estende a tulti i vasi, mono quelli della testa. Ma aleuno dira : perehe pubbjicare un lavoro inconiplelo?... E a questi rispondo : perehe anche qnesti framuienli sono pie- ni di verita, e rettilieano molli errori invalsi nella seienza, Del sistema arterioso del boa constrictor s' e occupato speeialmente Schlemm, il quale ci eomijniea le sue osserva- zioni nella suecitala opera dalla pag. I0G alia pag. 120, Ma quante differenze fra la sua descrizione e 1'ispezione imme- diata del preparato ! Schlemm considera ad un tempo il si- stema arterioso del boa constrictor del coluber nalrix, etc, Quanto per altro scrive questo autore non si puo certo riferire al boa, come risultera dalla mia descrizione, ma si dimostra col fatto bensi una fedele descrizione del sistema arterioso del nalrix lorquata. Gia Weber sembra essersi ac- corto degli errori di Schlemm, poiche alia pag. 7 della suin- mentovala opera scrive: « Retains segue in gran » parte Schlemm nella descrizione del cuore del Python bi-> » vittalus, e sostiene oltre a cio ehe Schlemm ha dato una » descrizione del sistema vascojaredeiserpenti distintamen- » le corretta, cio ehe io non vorrei incondizionalamentc » sotloscrivcre. » Schlemm intanto siesprime nel modo segucnle: n a) Decorso e distribuzione dell' aorta deslra, ovvcro » anler lore. » L' aorta destra dopo essere sorlita dalla base della eel- — 403 — ■ lula superiore del ventrlcolo a sinistra presso I' aorta si- » nistra, va in direzione qbbliqua oltre i'aorta sinistra al- »- 1'Innanzi ed ;i destra, in raodd che ossa ha presso di se nel » decorso ulteriore a sinistra I'aorta sinistra, ed a destra » I'estremita anteriore dell'atrio deslro. In„anzi l'estremita •> anteriore dell'atrio destro forma, scorrendo indietro sopra » il cuore, nn arco die ha la sua parete convessa rivolta al » l'innanzi, e la sua parte concava all' indietro. Si estende » quindi obbliquamente oltre la trachea e l'esofago indietro, » al lato sinistro di quest'ultimo, dove essa ediventatamollo' » pin piccola, avendo ceduto pin rami, e si congiunge colla » aorta sinistra, che scorre di dietro. Lo spazio lihero die- » troal euore, dove sicongiungono assieme amhedue lc aor- » te, varia nei varii serpenti. Cosi, p. e., nel coluber natrixb » tli qualehe linea, nel boa constrictor di qualche pollice, ec. » L'aorta destra da nel suo dceorso fino alia suaeongiun- » zione colla sinistra i seguenli rami: » I) Presso alle valvole semi-Innari le due arterie coro- » narie del cuore destra e sinistra. » 2) Prima d'aver forma to 1'arco, Yarleria cephalic a » (carotis communis di Cuvier). » 5) Dopo d'aver formato Tarco, ed accostatasi a de- » stra delta colonna vertebrate, Yarleria collaris (arteria » verlebralis di Cuvier). » 4) Ritornando indietro, da fino al conginngimento col- » I'aorta sinistra alcune arterie intercostali. » V arteria coronaria cordis dexlra va nel solco Ira » I'atrio destro e la camera del cuore alia parte superiore ». del cuore, e qui si dirama; la sinistra gira intorno all'ori- » gine dell' aorta sinistra alia parte inferiore del cuore dove »> si dirama. » V arteria cephalica e il tronco arterioso comune, nel — 404 — » unale sono conlenute tulle e due le carotides communes, » ambedue le arteriae vertebrates, e I' arteria thyreoidea )> inferior. Siccorae ai serpenti mancano le eslremita, man- i) cano loro pure le arteriae subclaviac come tronchi spe- » ciali ; ed i rami che nei poppanti derivano dalle arterie » subclavie, e si diramano nel collo nella parte posleriore » del eervcllo, e nel midollo spinale, in quelli traggono ori- » gine in parte daW arteria cephalica, ed in parte AaWarte- » via coUaris. — Quantunque quesla arteria cephaticaman- » di gia nel sue- decorso dei rami a quegli organi che sono » collocati fra la testa ed il cuore, mi sembra ad onta di » tutlo cio, che non le sconvenga il nome di cephalica, per- » cbe conduce il suo sangue in tutte le parti della testa. » Essa va dopo la sua origine dall' aorta destra obbliqua- M mente all'innanzi verso sinistra, e passa fra l'arco del- » T aorta sinistra e la trachea alia parte inferiore dell'eso- » fago, sotlo il quale scorre tino alia testa presso il lato » sinistro della trachea. Essa e accompagnala in questo n decorso dalla vena jugularis sinistra e dal nervus vagus, » e congiunta con loro da tela congiunliva. » Subito dopo la sua origine da\Y aorta dextra manda » un forte ramus glandularis ad una glandula rotonda, che » giace innanzi al cuore sotto i grandi tronchi vascolari ; » quindi partono da lei in questo silo rami piu piccoli ad » ambedue le glandule allungale che giacciono presso le ve- il ne del collo. Cuvier fa derivarc quel ramo glandulare )> maggiore direttamente dalla aorta destra, cio che io non » trovo verilicarsi ne nel coluber nalrix, ne nel capistra- )) tus, ne nel boa constrictor, ne nel trigonocephaly niu- » tus. Questo ramo corrispomle all' arteria thyreoidea in- » ferior dei mammiferi, oppure ad una thymica, so si con- » sidera quella glandula per thymus. — 465 — » La cephalica dopo d'esse're arrivata oltre larco aor » tico sinislro alia trachea, da uo ramus trqehealis recur » reus che provvede di rami la trachea, oltre al cuore ed al » pericardio. — Oltre a cio traggono origine dalla cephali- » ca nel suo decorso fino alia testa pi it rami minori ehe si » rivolgono a destra alia trachea ; poi da dieci a dodicira- » mi alquanto piu grossi (rami desophagei) che alia parete » inferiore dell'esofago, medianle ramoscelli scorrcnti in- » nanzi e indietro, si uniscono in tal maniera fra luro che n formano una rete arleriosa, la quale circonda tutto 1' e- » sofago. » Nclla regione dove la mascella inferiore si annoda » coll'osso quadralo, la cephalica manda Yarteriainframa- » xillaris, la quale si osserva dislinlaniente dopo d'aver ri- » piegato indietro i! muscolo lato del collo che lira indielro » la mascella inferiore. EsSa viene accompagnata dal ncrvo i) linguale, da' rami a quel muscolo., alia faringe, alle corde » vocali alia lingua e alia vagina cutanea di qucsla, e sotto » Peslremita anteriore delle due hranche soltomascellari si » congiugne con quella dell'altra parte. » LacepAa/«coabhandoDailsuo corso innanzi all'origine » dell' arteria inframaxillaris, si ripiega inlorno all'angolo a della mascella inferiore, ed ascende in alto al lato destro » della testa. In questo decorso da ancora dei piccoli ramo- » scelli all'esofagoed un ramo maggiore ai muscoli plcrigo;- » dei, si suddivide poi prima di passare sotto la columella in i) due tronchi principali, 1'uno dei quali e la carotis comrnu- » nis sinistra e^Taltro il Irvncvs anonym us , ovvero commu- » nis per tutte e due le arleriae vertebrates, e per la carotis » communis della parte destra Schlemm continua quindi a descrivere le arterie della testa. Io li'ovo inutile di riportare quesla descrizione, per- — 4G6 — die, come esposi poc'anzi, non avendo io poluto ncl boa constrictor proseguire il decorso di queste arlerie, non pos- so per ora ne adottare, ne contraddire alia descrizione di Schlemm. Questo maestro soggiugne quindi : « V after ia collaris (verteOralis di Cuvier) raanda i) rami a quelle parti, ehe nei poppanti rieevono il loro san- » gue dalle arlerie intercostalis prima, cervicalis ascen- i) dens, e transversa ccrvicis, Corrisponde pereio a queste i) tre arlerie. Dopo la sua origine dull' aorta destra va in- » nanzi al lato deslro delta colonna verlebrale sopra la tra- il chea e 1' esofago, sotto i muscoli attaeeali ai processi spi- » nosi inferiori degli ossi vertebrali, penetra nello strato » inuseolare circa otto o dieci ossi vertebrali innanzi al o cuore e seorre al lato deslro dei processi spinosi inferiori » giacendo imniedialamente alia colonna vertebrale innan- i) zi fino alia testa. Prima ch' entri nello strato muscolare » derivano dalla sua porzione inferiore rami aesophagei » ehe vanno alia parete superiore dell' esofago ; dalla sua » porzione superiore sortono da tre in quattro arteriae in- » trrcostales, die non derivano appajalc una presso lallra, » ma in tronehi unici, una innanzi all' altra. Ogni arteria » intercostale, sotto il punto di mezzo della colonna verle- » bralej si suddivide in un ramo deslro ed in un ramo sini- » stro, ciascuno dei quali va alia costola della sua parte, c »> per solito provvede di rami Ire o quattro eostole, dai quali » rami perforanli vanno alia cute e alia radiee delle squam- » me, si congiungono a rete eon 1' antecedenle e col susse- » guenle. — Anche nella simia sabaea e ncl porco ho ve- » duto die le arteriae intercostales traggono origine da un » tronco comune dell' aorta, il quale appena in vicinanza » della colonna verlebrale si biforca in un' arteria interco- » stale destra ed in una sinistra. — Dopo die 1' arteria — 467 — » collaris e entrata nel suddetto strato muscolare, lo » avlovie intcrcostales traggono origine da lei a clue a due, » una delle quali va alia costola destra e 1' altra alia sini- » stra, fin clie termina alia testa nei rauscoli inferior! della » nuea, » Decorso dell' aorta sinistra, ovvero, perclte conduce » ilsungue a quel tratto chegia.ee dietro al cuore, aorta po- » steriore, L'aorta sinistra ovvero posteriqre, dqpo d'esser sortita » dalla cella suporiore del venlrieolo del euore, copre dap -) prima I' origiiie dt>\\' aorta dexlra e procedendo quindi » innanzi si trova al suo lato destro, Rivolgendosi indietro » innanzi al euore, forma un areo, ( lie, come quello del- » l'aorta destra rivolge la sua convessila all' innanzi; scorre » quindi indietro giacendo allaparete inferiore dell'esofago n lungo il lato sinislro del cuore. Dietro al cuore si uniscc » all' aorta destra clie passa oltre X esofago, e nel suo de- » corso ulleriore lino al fegato, si adagia al lato sinislro del- » 1' esofago. Nel suo decorso ulteriore verso la coda giace i) sollo 1' asse della colonna verlebrale e del polmone e so- li pra il tubo inteslinale, lino a tanto die presso I ultima » vertebra addominale sorte dalla cavita delle interiora e » finisee come arteria caudalis all' ultima vertebra della co-r » da. Da (piesla aorta traggono origine dall'uniono coll'aorta » destra lino all'ano, tronebi impari clie ascendono alia co- » lonna vertebrate., entrano nello stralo muscolare inferiore » di questa, e quindi si suddividono in un' arteria interco^- » stale destra ed in una sinistra. — Dajla sua parte inferio- » re derivano Je arlerie delle interiora, Essendo per allro » mollo allungati tanto lo stomaco cbe il fegato, ed essen- i) do quest' organo contemporancamente mollo piu innan- » zi dello stomaco, manca ai serpenti 1' arteria cocliaca, — 408 — » oppui'e si dovrebbc ammetlerc che sia decomposta in » molti rami. » Lo arteriae hepaticae traggono origine, in numero di » dicci o dodici, dall'aorta che scorre dietro al Iato s ini- » stro del fegato. Vanno verso destra all' hilus del fegato, c » si uniscono fra loro in tutta la lungliezza del fegato me- » diante rami che vanno innanzi e indietro formando archi, » dai quali i rami epatici penetrano nella sostanza del fegato. » Da queste arterie epatiche partono oltre a cio rami bron- » chiales pel polmone, c rami per 1' esofago. » L' esofago si dilata gradalamente nello stomaco al- ii 1' estremita posteriore del fegato in modo che e indeter- » ininato il confine di quello, eviene indicato soltanto dal » principio dell' omento. — Lo stomaco riceve quattro ar- » terie dall'aorta, 1' ultima delle quali, che lo raggiugne al » principio del pylorus, sorpassa le a lire in grossczza. Que » sle arterie ventricolari si suddividono in vicinanza dello » stomaco in rami inferiori e superiori, che si estendono » da ambedue i lati dello stesso organo, e ad im tempo » mandano rami alia parte superiore dell' omento. » Le arteriae mesentericae superior ed inferior ( nei » serpenti pin propriamente anterior e posterior), essendo » molto lunga la cavita addominale di questi animali, trag- » gono origine a grandi distanze una dall' altra. >* L' arteria mesenterica superior Irae origine dall'aorta » in faccia al pancreas e al duodeno. Essa c il ramo piu »:grosso dell' aorta sinistra, e molto piu grossa della me- » senteriea posterior. Dal suo lato che guarda il tubo inte- » slinale traggono origine una dietro 1' altra le arterie del » budello, ciascuna delle qiiali si biforca in un ramo anlc- » riore e posteriore per riunirsi ciascuna in un arco coi » rami piu prossimi delle anterior! e posteriori, dai quali — 469 — » poi vanno i rami iiilestinates alia parte superiore ed infe- » riore deH'intestino. 11 rarao anteriore delYarteria mesen- » terica anterior, la vena arteria duodenalis, da rami al » duodeno, al pancreas e alia cistifelea, e si congiunge » colla grande arteria posteriore dello stomaco. i) L' arteria mesenterica posterior deriva dall' aorta iu » faccia al punlo di mezzo del reae destro. Si biforca in » due rami principali, l'anteriore dei quali va alia porzione ii posteriore del tenue (e da notarsi che ai serpenti manea i) il crasso) e, come sopra nolammo, si anaslomizza eolla » mesenterica anterior ; mentre il ramo posteriore va alia ii porzione anteriore del retlo. ii Oltre ai rami della mesenterica posterior, il relto ri- » eeve dall' aorta selte e perlino otto arterie proprie, che Io » circondano a rete. Due arteriae cloacales derivano dal- M 1' aorta, una in faccia all' allra, dove questa diventando » arteria caudalis sorte dalla cavita addominale. Una di i) esse va al Iato destro, e 1' allra al sinistro della cloaca. ii Le arteriae renales sono sei per ciascun rene, deriva- ii no dal lato relativo dell' aorta e propriamenle quelle del i) rene destro piu innanzi di quelle del sinistro, perche quel i) rene giace pin innanzi di questo. Per soldo vanno due •I arterie all' eslremila anteriore del rene, due nel mezzo e m » due nil' eslremila posteriore. Tulte si eongiungono nell'ilo i> del rene per rami anteriori e posteriori. — Gli ureteri » ricevono nel loro decorso dai reni alia cloaca piccoli ra » moscelli dall' aorta e dalle arterie del relto. ii Ogni ovajo riccve un' arteria dall' aorta. Siccome ii pero gli ovarj alio stesso modo dei reni non si trovano ii uuo in faccia all'allro, ma il destro giace molto piu innan- ii zi del sinistro, cosl i>ur(.' le loro arterie derivano dall'aorla ii in modo che la deslra spimla molto |iiii innanzi della si- Serie 111. T. I fil — 470 — » nislra. — Le arterie degli ovidotti non sono nello stesso » numero da ambedue le parti, ma dal Ialo destro ve ne » sono eontemporaneamente tante di piii quanto I'ovidotto » destro, in conseguenza delta posizione del suo ovario, e » piu lungo del sinistro. Esse derivano in parte immedia- » taniente dall' aorta e in parte sono rami delle arterie re » nali e di quelle del relto. Quelle che derivano direltamente ii dall' aorta sono piu grandi delle altre, e vanno aH'cstre- i) mita anleriore di ciascun ovidotto, il quale giace al Ialo ii interno del suo ovario. II loro deeorso lungo gli ovidotti ii e molto lorluoso, per poter cedere sufticienteraente, i> quando devono estendersi di molto per capirc le nova » Boa constrictor. L' arteria polmonale, in questo scrpe, il »i quale lia due polmoni separati da uu sepimento, si sud- » divide dietro al cuore in due rami principali, ciascuno » dei quali va alia regione inferiore del suo polmone. — - In » questo boa ho trovato il ductus arteriosus Botallii, ehe ii era gia cangiato in uu ligamento rolondo. Esso trae ori- -i gine presso alia suddivisione dell' arteria polmonale dal .) ramo destro delta medesima, c va alia parte concava d dell' arco aorlico destro nel quale s'immerge. (conl inuaj EyW Fw J I * FyW FiyM FuJX IDVH1RZ1 DEL GIOMO 46 1AKZO 4856 II m. c. prof. Zantedeschi leggo il scguente STUDIO PRIMO SULL' ESP0SIZ10NE UNIVERSALE DI PARICI IS RELAZIORE AI BISOGNI AGRICOLO-INDI STUIALI DELLE PROYINCIE VENETE. Nei bassi tempi nci quali dominava 1' ignoranza, che aveva a neeessaria compagna la superstizione, die non ri- conosce che il diritto della forza brutale, lc orde dei popoli selvaggi si rovesciarono sopra Ie colte incivilitc nazioni, ar- restando il crescente sviluppo e quasi soppriraendo la vita dellinlelligenza c della ragione. I popoli selvaggi tullavia era- no vi nci tori cvinli, come vinlic vincitori rimanevano i popoli culti; i primi colla prepotenza della forza soperchiavano i secondi, ma perdevano della Ioro fierezza, appropriandosi i costumi, le lettere e la religione de 'popoli oppress!; e que- st! sotto il peso della barbaric, che li faceva gemere, colla loro forza morale trionfavano de" barbari, rendendo meno fieri i loro costumi. La forza morale, che aveva perduto uegli uni, veniva a guadagnarc nesli allri. La forza morale — 472 — perdendo nell'intenstta, guadagnava nell'estensione, ed i po- poli per quesla legge, die imponc al vinto e al vincilore, ri- manevano meno disgiunti fra loro, ed ineominciavano a riconoscersi fralclli d' inlelligenza, e iigli di un padre co- raune, per la ragione. Nel nostro sceolo di progresso e di civilla erescente, si compirono alii di meraviglia, che onorano l'umanita, e die dimostrano, che non esistono privilegi di easte, ma die esi- stono diritti e doveri dell' uomo verso dell' uomo. — Le nazioni piu eolle impongono alle nazioni men colte la legge imperscrittibile del Iibero esercizio della ragione degl' indi- vidui, c della perfettibilita dei popoli. — L' impongono ehiamando Inlle le nazioni ad un coinnne eonvilo, ehe rap- presenti il dominio della inlelligenza dell' uomo sulle forze della nalura. Le nazioni per tal guisa si sono ravvicinale alle nazioni viemmaggiormenle, e le scoperte e le invenzioni delle unc e delle altre divennero palrimonio di lulle; e 1' impero dell' uomo sulla nalura si accrebbe inirabilraenle. — L'Inghilterraj per la prima, fece questo nobilissimo invi- to all' intiera umana famiglia, e I' intiera umana famiglia eon lielo e pronto animo vi rispose. — Fatto di una im- mensa importanza, che dimostra elie ci avviciniamo sempre pin al valieinio profetico della formazione di un solo ovile sotto un solo pastore. — L' esempio dell'Inghilterra fu lo- sto imilato dai popoli dell' America, ed ora la Francia ne offerse un nuovo splendido esempio. Narrare e descrivere quanto si raccolse nel palazzo dell' Esposizione universale, porta re un adequato giudizio sul merito comparativo di tutti i prodotti industrial!, e im- presa piu difficile e laboriosa che allri non crcda. — !/ esten- sione e la profondita delle cognizioni che si riehiedono, c palrimonio di pochi. II grande Giury dispenso corone e ri- — 473 — compense; ma il pubblico ancora porl6 un rigoroso esarae sulIa distribUzione de'premj, ed una severa censura sui giudizj die furono pronunciati. — In questa mcinoria non intendo di levarmi a giudice in argomenti cosi svariali e difficilissimi, ne' quali furono mcssi alia prova i genii in- ventivi i piu eminenli. -- E solo mio avviso manifestare alcuni miei desiderj ed alcuni bisogni che lianno le arli nostre e la nostra agricoltura; possano essi essere asse- condati a vantaggio dcllc popolazioni delle provincie vene- le, e al crescente onore di questo Istiluto. L1 uniaiia famiglia clio si produsse all' Esposizione universale di Parigi, si presento colla ricca e svariata pro- duzione degli oggetti nalurali elie fornisce la terra e 1'agri- coltura, e colla maravigliosa ricchezza delle molteplici in- dustrie che dimostrano la polenza dell' uomo sulla forma della materia. — Dio creatore, c I' uomo Irasformalore delle materie prime, presentate alia sua inlelligenza dalla natura. — La collezione de'eombustibili, de' marmi, de'me- talli sorprcse 1' ammirazione de' visit atori, e la raccolta dei legnami ad uso di costruzioni, e dei mobili di lusso ecec- dettc T aspettazione di tutti. L' agricoltura si moslro colla riccliozza de' suoi istromenli e colla liellezza de1 suoi pro- dolti, die comprovarono il suo sviluppo in tutte le nazioni della terra. — La sagace industria dell1 uomo volse le ma- terie prime alia costruzione di maccliine e alia plasmazione di tutli quegli oggetti die rendono coraoda la vita, chel'ab- belliscono e confortano I' uomo ne" suoi bisogni.-- Le opere periodiche della Francia, come il Moniteur, la Patrie, la Presse, il Siecle, il Costitutionel, il Pays, il Globe inilu- striel, In Science, la Revue Franco-Italienne, la Visite deAI. Tresea, e de S.A. le Prince Napoleon, ne lianno nmpiamen- te parlalo, ne abbisogna, dottissimi colleglii, ch'io venga al — 474 — vostro cospollo a riprothirre, a compendiarc, c magnificats il gia fallo. II pcnsiero clic naluralmenle surso in nic alia vista di tanle naturali produzioni, di (ante industrie dcll'uo- rao, si fu di ricercare in quale parte della scala ascendenlc dell' industriale sviluppo sianio noi. Che cosa abbiamo fatto in confronto delle altre nazioni ? Clie cosa ci rimane ancora a fare? Come potremo noi, nel ISGO, presentarci all' universale convilo di tutti i popoli all' Esposizione di Vienna ? Con quali crescenti perfezionamenti potfemo noi produrci dopo 1' esposizioni del 1851 e del 1855 precipua- nientc? II nostro Islitulo e chiamato dalla Sapienza Sovra- na a coltivare le scienze e le lettcre, a coltivare le arti e T agricoltura. — Gli atti cd i volumi delle memorie ban dimostrato al mondo scientifico 1' attivita di questo insigne corpo dellostato; ma hanno queste raccolte ugualmente eomprovato 1' attivita per lo sviluppo della nostra agricol- tura, per 1' ineremento delle arti noslre ? L' Istitulo non ha mancalo di dispensare corone ai pin valorosi neH'induslrie del regno, non ha mancato di confortare gli uni, di eonsi- gliare gli altri nelle loro imprese, nolle loro manifallure, ma pareche tutlo questo non basli allesigenze della soeicla c ai bisogni crescenti del suolo. — L' Isliluto non bisogna die si limiti ad un gahinetto (cenologico-scientifico, egli non e corpo insegnanle o doecnle, ma e necessario che mctta in- nanzi gli apparati, che segnano i perfezionamenti c le nuo- ve industrie delle eslere nazioni. Cost potrebhec dovrebhe, invocandone alluopo i mezzi dalla munificenza governativa, che ccrto non manehera, fornire le migliori macchine rurali per scminarc^pcr miclcre, per trebbiare, unilamenle agli al- tri migliori islrumcnti rurali, aratri, erpici, sgranaloi, ecc, che negli esperimenli di Trapp furono riconosciuti i mi- gliori, conic fu pubhlicato. Per (al modo si moltiplichereb- — 475 — hero anche tra noi lc forzc eon vantaggio notabile della nostra agricoltUra. — Si avrebbe anche Ira noi a migliora- re la condizione del colono, risparmiando 1' esaurimentb delle forze iisiehe, clic infievolisee ancora 1' inlellettuale, si avrebbe ancora il vantaggio di promuovere f induslria delle noslre oflieine, c di accrescere lapotenza meccanica del pae- se rendendolo scniprc piu attivo e frutlifero. L' arte della fabbrieazione delle tegole e de' matloni colli e ancora nclla sua inl'anzia. L' inlroduzione di un modello operalivo sup plirebbe polenlcmenle alia mancanza dei raaleriali comuni da costruzione, e concorrerebbe efficacemente afarsparire fra noi tanli miserabili casolari, ehe sono piultosto abitazio- ni del bruto ehe dell'uomo. — 1 possessori potrebbero ave- re i materiali ad un prezzo ehe non sarebbe neppure un terzo di quello eh' e in corso. — E questo voto lo manife- sto tanto piii efficacemente, quanto piu ne veggo crescente il bisogno anche pei terreni paludosi, ehe si vanno di anno in anno aseiugando e eollivando nelle varie parti di queslc provineie. — Mi reco ad onore di presentare all'I. R. Isti- luto una sorie di disegni di queste maeehine ehe furono ri eonoseiute le piu perfelle, perelie si voglia delerrainare di fame 1' aequislo, onde i possidenti possano essere istruiti ed illuminati. — Un tale voto l'ebbi pure a cbmunicare al- 1' inelita camera di commereio e d' industria di Venezia, alia quale ho rassegnato varj esemplari di disegni, e varj manuali cbe credetti poter riescire utilissimi tra noi. — Le migliori memorie sul drenaggic, sulla fabbrieazione dei ce- menti i piu resistenti subacquei e solto marint; i manuali della coltivazione e fecondazione artificiale dei pesci, della paniGcazionc, della conservazione delle sostarizc alimentari, del eonservaineiilo dei grani, dell' agricoltura, della costru- zione dei forni, di agricoltura, del giardinaggio, dell' arbo- — 476 — ricoltura, deglUngrassi, c le spcciali traltazioni della barba- bielola dell' holcus saccharatus si trovano nella serie dei munuali, che io ho presentali alia nostra camera cli com- mercio, ad istruzione e vantaggio eornune. Ho amalo di uni- re le opere ilella eolonizzazione dell' Algeria e dei lavori fatti nel Canada, per destare un nobile senliraento a far pur qualehe eosa a iniglioramenio e eoltura del veneto estuario. — Venezia potrebbe divenire centro di orti i piii ridenti e frultiferi, come speriamo elie possa divenir centro, almeno parziale, d' un nuovo coramercio colic Indie. Se la serie dei manuali presenlati alia camera di commercio venisse pubblicala, io credo die formerebbe una piccola biblioteca domeslico-rurale ulilissima per noi. In quesla parte io non posso cbe manifestare dei voti, perehe pari ai desiderj non sono le forze; io pero non bo mancalo alia mia missionc proponendo c fornendo ancora le opere mi- gliori all' economia domestica e rurale del mio paese, che desidero rimangano come un documento de' miei sforzi, che troveranno un giorno compimenlo, io lo spero, e ser- virauno di prova di quel vivo inleressamento cb'io sempre presi alio condizioni migliori del commercio, dell' agricol- tura e dell' industria della Venezia. — • iXelle magniflche raccolte di cerealij che presento 1' industria universale, io vidi una sorgente di esperimenti e di vantaggi aH'agricoItu- ra delle provincie venete. — Io feci appello, in nome del vencto Istituto, in nome di quesla classica terra, ai rappre- senlanli e commissarj dei varj stali e govcrni; risposero ben volentierij, e in una maniera nobile e generosa alia mia preghiera, forqendorni semi delle varie c» 1 Peruso di minestre esalseN.°79, cioe: Riso ...» a Piselli ...» 20 Orzo ...» ~ Lenti ...» ■2 Fagiuoli . . » i"< Fave ...» 0 Salse ...» 1 Per olio N.0 6 cioe: Fer uso domesti- co . . . » 1 Per uso delle ar- ti . . . » 5 Per foraggi N.° :i . . . . cioe: Avena ...» 2 - Tecia ...» 2 Timotis grass. » 1 1 I Per Pestrazione dello zucchero 1 1 Totale N.° 125 479 A r/itesti 123 debbo aggiungere gli allri ch io m' ebbi daglistabilimenti e da'particolari a compimento delta somma judicata . S P E C I F I C A del semi avitti, dei qnali si e indicato it sommario, Dal Commissario di Algeri, Orano e Costantina. Fagiuoli VarietS N. 7 Orzo „ I Frumento » 5 Pisclli » 3 Semi del cotonc » \ Ai'achidc » 2 Fave » 2 Leati » \ N.° 22 Dal Commissario del Canada. Fagiuoli Varieta N.° 7 Orzo » I Frumento » 2 Piselli » 5 Avena » -1 Semi per foraggio (timolis gr.) » \ Ceresioo » I N.° 18 — 480 — Dai Commismrio del Messico. Fagiuoli Varieta N.° Pisclli » Frumcntone » Fave )) Comino pci colombi » Oliia per bibile rinfrescanti » K.° 17 Dal Commissario delta Giammaiea e s. Domingo. Fagiuoli Varieta N.° PiselU » Moringa per 1'estrazione dell' olio » Noce per 1'estrazione dell' olio ad uso delle arti . » Sessamum orientalc, per salse » Divo div. per olio da mangiare » N.° i: Dal Commissario del Granducato di Toscana. Fagiuoli Varieta N Frumento Fruraenlonc Piselli Fave nere d' Olanda Lenti JN 9 2 2 \ I •2(1 — 481 — Dal Commissario dclle Colonie frmicesi, Riunione, Martinica e Guadatuppa. Fagiuoli Varieta N.° 4 Frumentone (Riunione) » 5 Riso (Martinica e Riunione) "2 Piselli (Riuniono) ». 5 Arachide (Martinica) » I Veccia (Guadaluppa e Riunione) . ...» 2 N.° -15 Dal Commissario di Spagna. Fagiuoli Varieta N.° I Frumento » I Frumentone » 2 Piselli » 2 Avena » I N.° 7 Dal Commissario dell' Australia. Frumento (victoria) Varieta N.° I Dal Commissario dell' Egitto. Frumento (dell'alto Egitto) Varieta N.° \ Kabbebasis (bulbo zuccherato, ossia per lestrazione dello zucchero) » I Frumentone l)ianco (pell' estate) » 1 Piselli » \ N.° 4 — 482 — Dal Commissario delta Norvegia. Orzo celoslc ......... Varieta N.° I Dal Commissario dell' Islanda. Fruniento Variola N.° 2 Dal sig. Abate Berlese. Semi pei filati Specie TN.° 2 cioe Urtica Nivea. Sida Tillacea. Semi per l'estrazione dell' olio » \ introdolli in Francia dal sig. Montigny nel 185"). Potiron rondylat brode excellens . ...... I Fagiuoli della China trasportati in Francia nel 1855 dal sig. Montigny » I Mellon de Cavaillon, a cliaire verte » \ Gros Cantaloup, d'ete, a fond Mane » I Persil dc Smilh » I N.° 8 Dallo Slabilimcnlo Tripet di Parigi. Pomi di terra primaticci, die s'impiantanoinfebbrajo e clic maturano in aprile c maggio, cioe mazzo- Iin, elie matura alia fine d' aprile. — 483 — Chaw, rognon m — in Milano a sopperire a qucsli bisogni. K uecessario con- fessare die nell' odierna civilizzazione de' popoli, le arli aon possono svilupparsi ove manca la potenza del vapore o la forza del combustibile. lo non converro colla senten- za di quelli che pronunciarono essere piii colto quel po- polo e star innanzi nel progresso, che consuma maggior quantita di carbon fossile, e cbe impiega maggior copia di ferro. Io non converro colla sentenza di quelli cbe pronun- ciarono essere quel popolo piu civile cbe piu impiega di prodotli cbimici. Diro solo essere piu attivo o piu indu- strioso quel popolo cbe piu consuma di carbon fossile, piii impiega di ferro e di cbimici prodotli. 11 grado di civilizza- zione di un popolo non e cosliluito dal solo elemento indu- siriale, ma e eerto pero cbe e un elemento ai nostri giorni potente, cbe anima il commercio, cbe da vita novella al- 1' agricoltura, cbe moltiplica le forze dell' uomo, cbe rende piu interessanti e piu perfette le arli meccanicbe, e cbe uno stato abbisogna della potenza del vapore e della potenza delleleltrico^ se non vuole rimaner isolalo e degradarsi in faccia alia crescente potenza degli altri stati, cbe, pari alio sviluppo intellettuale, trovano neeessario l'incremento delle forze fisiche, per trarne tutto 1' utile partilo dai prodotti naturali dei proprj territorj, e per sostenere la loro nazio- nale grandezza in faccia agli stranieri. II m. e. cav. Zigno fa leggere Ja sua memoria su la flora fossile dell oolite: Accennata 1' importanza dello studio delle piante lbssili per la conoscenza delle condizioni del suolo e della temperatura nelle varie epochc geologiche, 1' autore mostra che i lavori gene- rali su ques.to argomento non raggiunsero la ncces- — 493 — saria perfezione, e che quindi giova meglio invesli- garc parlitamente la flora di cadaun pcriodo geologi- co. Egli intraprese un talc lavoro pel pcriodo oolitico, avendo potulo determinare 1' appartenenza a questa forniazione di alcuni depositi fitoliliferi delle Alpi ve- nete. Si fa quindi ad aimoverare i varii punli del glo- l)Oj in cui trovaronsi avanzi della flora oolilica, e po- scia la sua distribuzione ne' varii piani dell' oolite, di- niostrando come sia numerosa nell' oolite inferiore, searseggi nclla media, e ancora piu nclla supcriore. Aggiunge piu minute osservazioni, dalle quali trae conscguenzc relative alia temperatura del globo in alcune cpoche geologiche, e confrontando la flora e la fauna dell' oolite colic specie viventi nellc regioni tro- pical i ed australi. conchiude che le terre emerse nel- T epoca oolitica fosscro circondate come 1c australi da un vasto oceano, il quale mantcneva le condizioni di temperatura e umidita favorevoli alia vita di quelle specie, le cui spoglie trovansi ncgli strati di quel pe- riodo. I rappresentanti di esse veggonsi ora principal- mente dominare lungo i lidi e nclle isole delle au- slrali regioni. II m. e. prof. Zantedeschi prescntando i Iavori del prof. Poey, che sono indicati nell' elenco de'doni ri- ccvuli dall' Istituto, aggiunge: 11 sig. Poey c professorc di fisiea e storia naturale all' Avana nell isola di Cuba; i suoi sludii sulla metco- rologia gli hanno procurato un nome dislinlo fra i cultori di questa scienza, e le primipali socicta scien- Serie II I. T. I. 6 1 — 494 — tlfiche dell* InghiUerra e dclla Francia, come la so- cieta meteorologica, la societa geologica lo hanno ag- gregalo a loro socio, per avcre una corrispondenza scienliiica fra quelle region i e 1' Europa. Le serie deile ineinorie, die ho I' onore di rasse- gnare all' i. r. Istituto, dimostrano che i problerai i piii interessanti formarono argomento di riccrchc e di studii al sig. Poey. La materia elcltrica alio stato globularc o sferoidale, la relazione fra gli uragani ed i tremuoti, la temperatura deile gragnuolc, il numero deile vitlimc dei fulmini nell' isola di Cuba sono ar- gomcnticlicinteressano la meteorologiacome scienza, e la societa pci prbvvedimenti che deve adottare. La climatologia va ora ad occupare quell' aJto posto che le e dovuto. E essa indispcnsabile per I'igiene, pel commercio, per 1' agricoltura. Ad \vana sara stabilito un nuovo osservatorio, cogii sludj del quale potian- no essere mcsse in chiaro le leggi della climatologia di quell' isola. Noi abbiamo bisogno di collegnrc le osscrvazioni dei principal! paesi della terra se vogliamo risalire alio cagioni dei fenomcni, se vogliamo avcre la scienza dclla climatologia universale del globo. L'i. r. Istituto ha adotfato un programma per la statistica fisico-mo- rale deile provincie venete, ma. a meno che non voglia rcstringerc il suo lavoro a questo territorio, ed iso- larsi dagli sludj che si fan no nell' antico e ncl nuovo continente. c ncccssario che si coileghino le sue ri- ccrche con quelle deile altre nazioni. E tin bisogno ben sentito di stabilirc le piii ampie comunicazioni coi — 405 — dotti dei varii paesi. El sig. Pocy. giovine professore mdefesso nelle sue invcsligazioni, ci offre una bella occasione per aprire rapporli scientifici coll" isola di Cuba, e con tuttc lo Ahtille, pacse eminentemente in- teressante, come osserva lHumboldt. Dopo cio L'Istituto si riunisce in adunanza segreta. Secondo l'urticolo 84 degli statuii interni^ si pro- cede alia nomina dei 5 membri, i quali in unione alia presidenza destinano 1c comraissioni speciali per l'esa- nie degli oggetii presentali al concorso industrialc. Halle schedc risullarono eletli a maggiorita di voti il conle Cavalli, conte Sagredo, prof, de Yisiani, prof. Zanibra, prof. Uellavilis. II m. e. cav. prof. Zantedescbi comunica in copia una lettera del ministro del commcrcio ecc. di Fran- cia. cbe promettc di mandare a quest' i. r. Istituto i volumi cbe si pubblicheranno successivamente a quelli presentali dal prof. Zantedescbi, a nome dello stesso ministro, per compiere V opera dei lavori dclla commissione francese su la esposizione universale di Londra del 1851. Indi I' adunanza fu sciolta. ADI Mffl BEL CIORSO 17 11120 1856 ll id. c. Fario leggc la sua memoria sui fenomeni prodotti dalla colesterina neWocchio umano. Esposla la succcssionc dclle noslre cognizioni intorno la ma- lattia die dalla presenza della colesterina deriva, c clie il Desmarres chiame sinchisi scintillante, e il Si- chel spinteropia, nota il dott. Fario la circostanza cfa'e il male dal 4844 al 1850 fu al tempo slesso osservalo in molle different] region!, e che ora sembra farsi piut- tosto raro. Crede che a produrre la coleslerina sia necessaria una condizionc morbosa dellc membrane dell' occhio, la jaloidea, la cristalloidea e la cornea stessa, la quale condizione sia un' csagerazione di al- cune fisiologiche e costanti funzioni di esse. Dietro que- sto pensiero ilnostro collega, facendo 1'analisi di tulte e tre le dette membrane, riconobbe essere fisiologica la presenza, in quelle, della colesterina. Supponc pro- babile che a questa sia dovula la Ioro trasparenza, e — 498 — deduce da parecchi fat ti che, in determinate condizioni di malattia,cotestc membrane producanoun eccesso di coleslerina entro ai proprj tessuti e talora traboccan- le fuori dc" medesimi, liquida, o scmisolida, o erislal- lizzala, secondo il grado del rnorbo. I\Ioslra pure essere verosimile cbe le apparizioni di fili, mosche. ragnatelc, aggirantisi innanzi agli oc- elli dopo I' operazione dclia calaratta, derivino da frammenii di coleslerina secrela durante quello stalo che succedc all' operazione. Colle attitudini della cornea a secernere la colesterinagli sembra esplicabile la formazionc del cberatocele c dello slaiiloma pellu- cido, inlorno a cui richiama lc proprie idee pubblicale fino dal 1839. Chiude l'autore il suo lavoro accennando alia diifi- colla dello sludio dell' ottalmologia, alle cui specialita deggiono applicarsi lc generali leggi della medicina. SI m. e. Antonio Galvani leggc i suoi nuovi studj suljodio applicato all" acqua marina. Annunzia aver oltenulo joduro di calce colla feltrazione dell' acqua marina allraverso il carbonc animate lavato., od il nero fnmo, compiendo la feltrazione con acqua distil- lata, lino a che lutti i sali solubili fossero slali tolli inleramcnte da esso. Dal deposito che raccoglieva dall' evaporazionc dell' acqua salata, unito al carbone animalc lavato ed al ferro, aveva col modo suo consuc- to di a^ire il joduro di calce escludente, a suo avviso, la preesistenza dci joduri, e perdu- essendo questi so- hibili non potevano scpararsi unilamente ai sali inso- lubiii e alle basi tcrrose, e perche nelT acqua rimasla — 499 — dopo 1' evaporazione non si conoseevano joduri, ne bromuri. Supponendo preesistenti i joduri ne bro- inuri. Supponendo preesistenti i joduri a base o di polassa, o di soda, o di magnesia, o di calce, basi che si trovano nel mare, faceva le seguenti riflessioni. 1.° Anunessa 1' influenza elcttrica capace di di- struggere 1' unione de'principj. dovrebbesi ottenere, come ultimo prodotto, Io stesso joduro die si contie- ne neir acqua natur.de, menlre invece ottenne sem- pre (jucllo di calce. 2.° Supposto cbe per questa influenza si scompo- nesse uno de' tre primi joduri, unilamente al carbo- nato di calce, nella produzione del joduro di calce non avrebbe dovuto esservi gonliamento della mate- ria, null' altro dovendo succedere che il cambiamento delle basi, e quindi avrebbe dovuto mancare lo svol- gimento dell' acido carbonico che produce quel gon- fiamcnto, !$.° Oltre il joduro calcico avrebbe dovuto trovarsi anche un carbonato, avcnte la stessa base del prc- esislenle joduro, e il Galvani non lo trovo mai. Supponendo preesistente il joduro calcico, ricor- dava esserc questo un sale deliquesccnle, che non puo quindi resistere all' aziorie dell' acqua salata e pura. e quindi non potrebbe aderire al carbone. Da quesle deduzioni trac appoggio alia sua ipotesi su la formazionc del jodio per la reazionc eleltro-chimica sopra I'acido silicico unito alia materia vegeto-anima- le. Finisce narrando che il sig. Betz osservo, secondo che rifcrisce il Becquefel, che passando una corrente — 500 — eleltrica fra due lamine diplatino immerse ivtel jodio fu- so, succede laloro polarizzazione, loche indicbercbbc, a parere del cbimico fraucese, la mescolanza col jodio di una materia decomponibile dall' elettricita, ed il Galvani ammetterebbe invece la decomposizione del jodio, supponendo ragionevolmente che queslo sia sta- to prcscelto puro per eseguire 1' esperimento. )o cid 1 Istituto si riunisce in adunanza so- grcta. PROSPETTO. TRIBUTI ALL\ STORIA NATURALE DEGLI STAT1 DNITI hi died votumi in 4.° DI LUIGI AGASSIZ da pubblicarsi Jji sigj. Little, Brown e C." di Boston, Stati-Uniti. Piu di otto anni sono omai che dimoro in questo paese, rivolgendo principahnenle la mia altcnzione alio studio di quelle classi del regno animate, le quali furono, sebbene mollo, non completamente pero investigate dai naturalisli aniericani. La quantila de' materiali da me gia raccolti in- sieme e si grande, che sembra esser venuto il tempo di procederc alia pubblicazione del piii importanti risultamenti di codeslc investigazioni. Desideroso di contribuire la mia quota ai rapidi prbgressi che le scienze naturali van faeendo presentemente in quesla parte del mondo, bramo di presen- tar la mia opera a'miei compagni di lavoro in questo campo, nella forma a loro piu faeilmente aceessibile. Mi e sembrato percio opporluno di pubblicarla in una serie di volumi in- dipendenti, piuttoslo ehe sparpagliare i miei scritti nelle transazioni dellc nostre aecademie e dellc dotlo soeieta. Questo piano soprallulto mi laseiera interamenlc libero di presentare i miei tributi alia seienza con lutte quelle minu- te particolarita, e con (utla quell' estensione che giudicbero necessaria alia piu completa illustrazione del mio soggelto. Senza entrare in una particolareggiata descrizione di quest'. opera, baslera qui dire ch'cssa conlcrra i risultamenti Serie III. T. I. 6S — 502 — delle mic ricerche cmbriologicho, die abbracciano circa sessanta mpnografie di tutte le classi di animali, special- mente scelte fra quelle meglio conoseiute quali caratteristi- clie di questo eontinenle, quindi descrizioni di un gran numero di nuovi generi e specie di polipi, acalefi, echi- nodermi, briozoi, ascidiani, ed altri molluschi ignudi, ver- mi, gl' infimi crostacei e pesci accompagnati da accurate figure, e siffatte analomiche particolarita da poter contribui- re alia illuslrazione delle loro natural! aflinita e della loro interna strullura. Non estendero le mie pubblicazioni alio classi gin illu- strate da altri, ma limiterommi ad offrire tali aggiunte alia sloria nalurale degli stali da me visitali, da poter costituire reali conlribuzioni all' avanzamento delle nostre cognizioni, Dietro un accurato calcolo dei maleriali die ora bo per mano, sono soddisfatto di potere incbiudere la massima parte delle mie ricerche di qualcbc imporlanza in dieci vo- lumi in quarto, contenendo ciascun volume circa 500 pa- gine, con almeno venti tavole. Ogni volume sara completo per se stesso, comprendendo una o piu monografie indi- pendenti, in guisa clie se alcune imprevedute difficolta so- pravvenissero ad interrompere la pubblicazione della intera opera, le parti gia pubblicate non rimarranno imperfette. Fer quanlo fia possibile scegliero seuipre primi fra miei materiali quelli che conterranno la maggior quanlila di nuovi argomenli, o quelli che possono contribuire piii di- rettamente all' avanzamento della scienza. Ayendo dedicalo la massima parte del mio tempo nella ricerca dello sviluppo embnonico dei nostri animali, faro coininciamenlo dalla embriologia; per parecchi di essi bo tracciati tulli i can- giamenti, e francamente procedero ad una piena illustra- zione dei fenomeni altamente complicati di gcncrazioui — 50,3 — alternate, sviluppi e metamorfdsi de1 nostri idroidi, avendo scguito per piu anni molli di ossi in tutte le loro trasforaaa- zionij tanto nell'allo mare, die nelle coste. Spero die quesle mondgrafie porgeranno ai nostri mediei sludenti una bella opportunity di rendersi familiari coi moderni risultamenti di un ramo di fisiologia che ha la piu diretta attinenza alia loro scienza, c per la quale diverse specie tro'vate in ciascuna parte degli Stati Uniti offrira loro una migliore occasione anche di quella dell' artifieiale incubazione degli uovi di gallina. Inoltre la estensione delle mie ricerclie embriologi- elie, abbraceiando, come fanno, tutte le elassi del regno animate, confido clie forniranno un nuovo l'ondamento per una migliore valutazione delle verc affmita, e per una piu naturale classilieazione degli animali. Preveggo la possibi- lila, sopra queste basi, di detenninare ton notevole preci- sione, il relalivo posto di tulli gli prdini di ciascuna classe degli animali, e di fornire un punto plii conveniente di con- fronto fra i tipi estinti delle passale eta geologicbe e gli animali ora viventi sopra la terra. D'altra parte le mie mo- nogratie de' nostri polipi, acalefi, ecbinodermi, verani, ero- stacci, pesci, ccc, spero che forniranno i mezzi d' una mi- gliore valutazione del generale caraltere della nostra fauna che si da lungi e stata unicamente paragonata con quella degli altri continenti nelle sue piu alte elassi. Avro frequenti occasioni di riconoscere i parecehi fa- vori ricevuti dai naluralisti di tutte le parti del paese, dalle coste allantiche alle pacitiche, e dalle spiaggie de' nostri grandi laghi a quelle del golfo del Messico ; e quindi di raenzionare i parecehi sperimenti statimi forniti da ciascuna parte dell' L'nione, e di cui pubblichei'tS la descrizione. Egli c naturale che un' opera di lal falta, illustrata da un eopioso numero di tavole, non jtossa esser pubblicata — 504 — senza una protezione liberale ed estesa. Esscndo stala pre- parata unicamente in vista di spargere novella luce supra la maravigliosa diversita della creazione animale di qnesto eonlinente, la sua struttura e la sua generale relazione con quella delle altrc parti del niondo, senza la minima speranza di compcnso per me stesso, eonlido di poter incontrarc 1' approvazione di coloro die sono familiari eolHmportanza del soggetto, e di ricevere sufficiente incoraggiamento dalla parte illuminata dell' universality del paese per abilitarmi a porlare a fortunato compimenlo una intrapresa nella quale ora entro, ed in questa forma, per non altro oggetto che di contribuire la mia quota verso 1' accrescimento dell' amore della nalura fra di noi. Siceome la stampa di quest'opera non puo essere inco- minciata lino a che una sufficiente guarentigia non sia assi- curata per l'inlera pubblicazione, oso far appello agliamatori della scienza di mandareagli editori Ie loro propriesoiloscri- zioni ed altre clie potessero procurare, al pin presto die sa- ra loro in acconcio e, se possibile, innanzi il primo di agosto prossimo, aflinehe possa essere in istalo di procederc ad un tempo ad un'opera che, riferendosi agli animali particolari all' America, desidero in ogni rispelto di rendere un tribuio amerieano alia scienza, sostenuto dalla protezione della uni- versalita del paese nel pin ampio modo. Spero in questa gui- sa di mostrare a'miei amici d'Europa, che i naluralisti ame- ricani sono entrati in una bella gara coi lavori scientifici del vecchio mondo, e che aspirano con generosa ambizione di compiere la loro scienlilica indipendenza, e di ricambiare liberalmente i doni intelleltuali die sono stall si copiosa- mente versati sopra di loro. Per rendere quest'opera pin generalmente accessibile, e stabilito di pubblicarla in ragione di circa un volume allan- — 505 — no. Tale disposizione la mettera a portata di ogni stu- dente di storia nalurale c di ogni amico del progresso della scienza nel paese. I periodi di pubblieazione tnttavia non possono essere pin delinilivamenle iissati in causa della ri- chiesta uniformita di esecuzione delle tavole, alle qualideve esser prostata partioplarc altenzione, e ehe riehieggono di esser affidale agli stessi artisli, ehe hanno disegnalo in pic- tra la massiina parte delle lavole delle mie prime opere. Io quindi apro la soscrizione per quest" opera in dieci voluini, legali in tela a. I. 2 e 10 seellini per ogni volume, pagabili alia consegna. L' Istituto smitsoniano, tolla sua solita liberalila, si olTerse di prender I' inearico della dislri- buzione dci successivi volumi ai soscriltori in Europa, ehe possono trasmettere le loro firme ad II. Bailliere a Londra, Ettore Cossange a Parigi, Weslermann a Lipsia, od all' aii lore a Cambridge, Mass. U. S., od agli cditori a Boston, Stati Uniti, o direttamente o eol mezzo degli agenti deiristiluto smithsoniano. Ricordero nondimeno ehe, aven- do riguardo alle grandi spese oeeorrenli in qucsla pubbli- eazione, poche copie possono essere slampate oltre il nume- ro degli atluali soscrittori, ed una solieeila applicazione rendesi necessaria per assicurare I' opera. Cambridge , Mass . V. S. 28 maygio 1855. L. AOASSIZ. PIIOGKAMMA DELL' ACIDEMIA DELLE 8C1ENZE DELL' ISTITUTU Dl BOLOGNA PEL CONCORSO AL PKEMIO ALDINI SUL GALVAMSMO per V anno 1857. L'Aceademia do|)o aver premiato ncl 1 8 iS una ])cn dot- to memoria del eh. prof. Geminiano Grimelli sulla cosi delta Corrente delta rana, e sui fenomeni ad essa strellamente attinenti, ed aveila inserila nel tomo X de'suoi Novi Com- mentarii, proponeva a conlinuuzionc pel 1 80 5 il tenia se- gucnte: « Esporre tulto ehe di l>en avverato e importanle e stato » seoperlo suila correlate rriuscolare, oltre a quello che ne n disse il sig. prof. Grimelli nella suceitata sua memoria; » e porre in chiaro, se si debbn ammettere o no 1' ultra » corrente ehe, secdndo il sig. Du Bois-Keyrnond, si svolgo i) nell'alto della contrazione dei muscoli, e se vi abbia ma- il nifeslazione di libera eleilrieila nel sistema nervoso degli » animali vivi. » E vcniva soggiungendo — Inlorno a quesle ricerche, sotloposle a eriliea rigorosa I'esperienze addotte pro e eon- tro dai fisici e dai fisiologi italiani e stranieri, si riehieggono nuovi esperimenti valevoli a ehiarirc i fatti ehe sono aneo- ra eontroversi. Sopraltutto e necessaria la piu sciupolosa cautcla per isfcabilire, quanlo e possibile, 1'origine vera di I nt ti gl'indieati fenomeni e le leggi Ioro, e per dedurre, die- tro le piu eonfermate esperienze, e per quanlo consente lo — 507 — slalo altualc delle scicnze fisiclic e fisiologiclre, quale parle od azione possa assegnarsi all' elettrieita neH'eseguimenlo delle fimzioni dellOrganismo animate, Non essendo stato aggiudicalo il premio all'iinica me- raoria pervenuta al concorso, quantunque riconosciula de- gna d'onorevol menzione, avuto riguardo al molto ingcgno e alia dotlrina spiegatavi dallaulorc, 1' Accaderaia stessa, persuasa dell'impoftanza del tenia, si fa a riproporh) pel 1857 con proniessa di premio duplicate Si relribuira dun- quo la soninia di scudi rumani duecento aH'antorc dello scrilto che, colle suddelte avvcrtenze e condizioiii, presenli, a giudizio deH'Accademia, la miglior soluzionedel proposto I em a. Le memorie per questo concorso dovranno pervenire franche a Bologna entro il niese di dicernbre 1 857 con que- sto preciso indirizzo : Al segrctario dell' Accademia delle science dell' Islituto di Bologna: un tale lerniinc e di ri- gore, e percio non sarebbero ricevute pel concorso le mc- morie che giungessero all' Accademia, spiralo rultimo di dell'mdiealo mese. Dovranno essere scrilte o in italiano, o in latino, o in francese, e in caratleri cliiaramente leggibili, L' Accademia richiede la maggiore esatlezza nelle citazioni di opcre stampate, e la maggiore aulenlieita ne' documenti in iscritto, che agli autori torni di menzionare a prova, o conforto diloro asserzioni. Ciascun coiicorrenledovraeon- Irassegnarc con un'epigrafe qualsiasi la sua memoria, ed accompagnare questa d'una scheda suggellata, la quale rac cliiuda il nome, cognome ed indirizzo di Ini, ed abbia ri- pelula all' ester no la predetla epigrafe. I coneorrenti avran- n<> tulla la cura di non farsi eonoscere; poiche quegli, die per qualchc espressione della sua memoria, o in quafeivo- — 508 — glia altra maniora si facesse conoseere, verrebbe escluso dal concorso. Spirato il sopraddetlo teroaine, e sueceduto il giudizio dclle fnemorie di concorso, secondo 1'analogo re golamento dell' Accademia, verra aperta la sola scheda della inemoria meritevole del premio, c del premiato si pubbli- chera tosto il nome. Bologua daila residenza dell' Istiluto il di 21 febbraio 1 850. IL PRESIDENTE Prof. GIOVANNI BATTISTA FABBRI // Se.gretario Dott. DOMEN1CO PIAJXI. SiaiiiHinzianoisegiientidoni fattiall'I. R. Istiluto. 4. Dair Accademia fisio-mod co-statistiea di Milano, Diai'io ed Atti. n.° 2i; 21 febbraio ^850, ed Indice delle materie dell' anno 1854, 2. Dal sig. Luigi TofToli,, di Bassano. IdrofoOia, cholera indiano, e mali venerei. Padova, 1856, di pag. 28, in 8,° 3. Dal m. e. dott. Giuseppe Bianchetti. Dcllo Sctittore italiano, — Discorsi nove, Degli uomini di lettere. — Libri quatlro. Fireuze, 1855, in un vol. — (Nuova edizione riveduta.) — 509 — 4. Dal m. e. prof. cav. Ab. F. Zantedeschi. Poey. Andrea. Tableau chronologique des tremblements dc terre ressentis a T lie de Cuba de 1551, a (855. Parigi, -1855, di pag. 26, in 8." id. Supplement au tableau chronologique, ec. di pag. 42. — Parigi 1855. id. Sur les tempetes electriques, et la quantile de viclimesy que la foudre fait annuclle- ment aux Etats-Vnis d' Amerique, et a T He de Cuba. — Versaglia, -1855, di pa- gine 10, in 8.° id. Memoire sur la frequence des chutes de gril- les a T lie de Cuba, des cas qui eurent lieu dc -1784 a 1854. Parigi, 1855, di pag. 20, in 8.° id. Des caracteres physiques des eclairs ou boules, et de leur af finite avec I'clat sphe- roidal de la matiere. Parigi, 4 855, di pa- gine 8, in 8.° id. Tableau chronologique comprenanl 565 cas a" ouragans cycloniques qui eurent lieu aux Indes occidentales. Parigi, di pag. 6, in 8.° 5. Dal sig. prof. Ignazio Cantu. Cronaca, giornale di scienzc, lettereed arli, ecc. 4 856. — Dispense IV e V. G. Dal sig. Giuseppe della Torre, di Este. Gazzetta di (armaria c di chimica, i n.' 9 e 10, 1856. Serie III, T. I. 66 — 510 — 7. Dal!' I. R. Accademia di Vienna. Ragguagli delle adunanze dell' 1. R. Accademia (in ted.) Classe di filosoGa e storia. — T.° XVIII, Punt. I ." Classe di maleraatica — T.° id. Punt. 2.* 8. Dall' I. 11. Istituto Lombardo. Giomale deW I. II. Istituto. — Fasc. 43-44. — 1856. 9. Dal sig. dott. Gaetano Strambio, di Milano. Cronaca del cholera indiano in Italia, durante yli anm -1854-55. Milano, I85J-5G. — 2 vol. in 8.° 10. Dal s. c. A.b. Giuseppe Valentincllj. Bibliografia delta Dalmazia e del Montenegro. Saggio, — Zagabria, 1853. — Un vol. in 8.° 11. Dal sii* dott. Giovanni Bizio. Sopra Caeidificazione del pelroleo a contatto deW aria. — Venezia, 1850, di pag. 12, in S.° 12. Dall' I. R. Istituto Lombardo. Alii delta dislribuzionc dci premii all' indualria agri- cola e manifatturiera per I' anno 1855. — Milano, 1855, di pag. 12 5, in 4.° 13. Dalla Societa medico-chirurgica di Bologna. Bulleltino delle scierize mediche. — Febbrajo 1856. 14. Dal m. c. prof. cav. Zantedescbi. Catalogue illusive des islruments d' agriculture da — 5H — messieurs R. Garrett et fits fabriques a Leiston Works pres de Saumxndham, Suffolk. Londra, 1855, di pag. 50, in 4." p. Caractcrislique des instruments aratoircs et semoirs (en modelles sur l'eehelle d' un sixieme) envoy e's a I' expo- sition universelle de Paris par I'inventeur Francois Horsky. Praga, 1855, di pag. 24, in 4.° Catalogue des objeis exposes dans la section britani- (jue de I exposition, en franc ais et anglais. — Londra 1 855 Un vol. in 8.° con figure inserle.) \ 5. Dal sig. Francesco Ambrosi di Bologna. Flora del Tirolo meridioftale. — Vol. I." Punfala V." APPENDICE \j Istituto neiradimanza 28 aprile delibero die la seguente relazione venga pubblicata in quesia di- spensa, anzicbe neila successiva cui spetterebbe, e cio al line chc si diffonda prima die sia compiula 1'educazione de' bacbi da seta dell' anno corrente. llapporlo sulla malatlia nuova dei baehi da seta, L' eecelsa I. R. Luogotenenza, a far pago un volo del- T Islitulo, si compiacque di raceogliere eol mezzo delle R. Delegazioni provineiali lo nolizie intorno alia nuova mulal- lia che offende i baehi da sela, e di eomuniearne all'Istituto le I'elazioni. — 512 — Da qtiestc apparisce che il Friuii fu immune dalla ma- lattia. Nella provincia di Belluno si nolo solo una fiacchezza straordinaria in alcune partite di bachi. Nella provincia di Rovigo due allevatori ebbero Le farfalle fiacche, terree, spar- se di puoti neri. La Rcgia Delegazione di Treviso dice die il morbo colse pocbe bigattiere, ma awerte che gli studii in proposilo fu- rono incomplete e non condussero ad alcuna positiva os- servazione. Nella provincia di Vcnezia, a Portogruaro le farfalle erano macchiate di nero nelle parti deretane, e furono get- late, A San Dona di Piave molle larve morirono, e le po- chissime farfalle uscite porlavano i segni del morbo e die- dero poco seme e eattivo. Nel territorio di Vicenza la malaltia domino in alcuni paesi al mezzodi di Bassano e nei distretti occidentali di Montecchio maggiore, di Valdagno, di Arzignano, conlinan- ti col Veronese. Molti ovi non diedero bachi, e molli bachi morirono ; quindi il raccollo de'bozzoli fu scarso ; le far- falle, essendo malate, diedero pochissimo seme. Alcuni pos- sidenti non lidando nei proprii bozzoli, ne acquistarono allri d' aspetto sano per fare la semente, ma tocco anche a loro il danno. Nella provincia di Verona il morbo meno gran gnasto ; il prodollo dell'annata fu appena la meta dellordinario. Per la provincia di Padova si ha una relazione con pill particolari, fatta dalla benemcrita Societa d'incoraggiamento di Padova. Parecchie partite di bachi andarono a male. Nel distretto di Cittadella I'agente di S. E. il conle Cittadella Vigodarzere aveva notato gia l'anno innanzi che molte far- falle erano torpide e, o non si prestavano alia copula, o pe- jivano dopo deposti pochi semi. Egli seevero i semi delle — 513 — farfalle stente da quei delle vispe e per cagione di studio fece nascere gli uni e gli allri, ma ebbe lo sconforto di ve- dere colpiti dal naorbo tulti i bachi del paro, Nella relazione dolla societa d'ineoraggiamento di Pado- va stimiamo che merit! particolare attenzione queslo passo: — La queslione se la malattia sia o no contagiosa rioeve qualehe lume da un rapporto del sig. Lorigiola, il quale, allovando in Bertiseaglia nel 1 854 once 16 di semente ve nuta da Bergamo, ebbe a vedersela colpita dal morbo a lui prima incognito ; e qucst'anno, allevando 1 1 once di se- niente dei tilugelli infetti dell' anno scorso, ebbe pure il dolorc di vederli in gran parte consunti dall' atrofia. Fa egli notare cbe insieme a quesle I I once ne allevava altre 7 di provenienza diversa, e cbe i bachi di quesle, tenuli nei me- desimi locali con gli allri, nudriti con foglia uguale, allevali con lo stesso mctodo, diedero un prodotlo soddisfacente : il quale fatlo condurrebbe a dire che il morbo non e con- tagioso. — Le relazioni provano essere credenza generale cbe il morbo sia ereditario, perclie tutli consigliano di rimoverlo col procacciare buona semente. In questo slato di cose la Commissione dell'Istiluto sti- hia opporluno difi'ondere, principalmenle col mezzo delle Accademie residenti nelle cilia della Venezia, una circolare cbe dica a un dipresso cosi : II desiderio di trovare qualche provvedimenlo contro la malattia di nuova forma che infesfa i bacbi da seta an- cbe nelle provincie Lombardo-Venele, (delta) epidemia, o contngio delle farfalle, o atrofia contagiosa, move la Com- missione nominata dall' I. R. Istituto Veneto per lo studio di questa malattia, a domandare nella prossima slagione il sussidio delle osservazioni degli allevatori di bachi. La Com- — 514 — mission? pertanlo fa qui un eenno dei principal! caratteri esterni della malaltia, esoggiunge quali notizie roputa utili nello studio della nalura di essa, per avvisare ai rimedii, I hozzoli dei bachi ammalati non appariscono ben di- versi all' esterno da quelli dei bachi sani, ma se tagliansi, mostrano alcuui in la sezione ehe gli strati del filo non sono bene stretti insieme, sono alqnanlo disgiunti gli uni dagli altri, e come fosscro stati composli a piii riprese. Le crisalidi ammalate si danno a vedere per tali a pri- mo aspetlo con la condizione generate del loro corpo; lianno ai rnclimenti delle ali eerie linee trasverse ncrastre, ed allre linee nere longitudinali sulla pelle che cop re le an- tenne; il derelano die nelle sane e teso e termina in punta, in queste e floscio e eonfuso. Si vede die alcune in sul di- ventare farfalle, non possono spogliarsi della cute, la quale si trova incollata all' ano e alio ali, e talvolta anche a lie articolazioni degli anelli, per mezzo di una materia nerastra che vi e in queste parti. Le farfalle malate forano bensi quasi lutte il loro boz- zolo, tiugendolo spesso di nero, ma parecchie non lianno forza di uscirne; alcune di quelle che ne escono sono mac- chiate di nero alia testa. Tali farfalle poi, c maschi c fem- inine, lianno ali piccine, sono povere di lanugine e floscie, con istrisce nere alia commettitura degli anelli, il colore dei quali e molto sbiadalo; portano all' ingiro dell ano un cer- chio oscuro. La malatlia ha diversa forza ne' diversi individui ; alcuni sono ridolti all' impolenza gia nei primi stadii della vita ; molto larve dopo T ultima inula cadono dai fuscclli, senza poter cominciare il bozzolo; altri bachi infelti pervengono fino all' ultimo sladio e danno anche la semente. Pare che la malaltia sia eredilaria, e da tenui principii — 515 — sia oresciuta nolle successive gcnerazioni e siasi propagata con le ova. A poter dire circa la Datura del male qualche cosa die abbia boon fondamento gioveranno forso le notizie che dopo la prossima stagione fossero comunicate all' Istituto intorno ai capi che si distinguono qui sotto. Son necessarie per uno studio comparativo e concludente le notizie e le osservazio- ni si degli allevatori che avranno avuto un raccolto felice, come di quelli che lo avranno avuto disgraziato. Le notizie che ci pare di ehiedere sono: l.° In quanto al seme: se venne da farfallc di una famiglia lutta sana e vigo- rosa, o da farfallc d' aspetlo sano, scclle in una famiglia dove alcune fossero malale, od anche da farfalle con qual- che segno di malattia; se da coppie lasciate libere nella copula al loro nalurale talenlo, o da coppie che, secondo un uso ancora tenuto da alcuni, furono disgiunte dopo un certo numero di ore; se le ova osscrvale alia lentc apparivano liscie o in qual- che parte muffate. 2.° In quanto all' allevamento : quale fu la maniera d' incuhazionc e il tempo della nascita ; se lutti gli ovi diedero il haco, o ve ne furono di vani, se in alcuni ovi il haco mori in sulf escire; se i hachi furono custoditi sempre a calore tempera- to, o se lalvolta a calore piu alto, secondo il inodo di Bcauvais ; quale fu la durata di ciascuno stadio di vita dei hachi; quale metodo si c seguilo nelf allevamento; che fenomeni straordinarii si osservarono nella condi- zione dei hachi in ogni stadio; — 510 — se i locali dove furono custoditi accolsero negli anni anteriori, o non accolsero mai, bachi infetti; se bachi sani furono presi dal morbo dapo il contatto o la vicinanza di bachi ammalati, o ne furono presi fuori di quesle circostanze; se allra malatlia dei bachi finisce in questa nuova, sicche questa si possa dire una fase ulleriore di quella; quali caralleri offerse il morbo ne' diversi periodi ; quali provvedimenti e quali rimedii si adottarono per impedirlo o per toglierlo, c quali risultati so ne ebbero. 5.° In quanlo alio influenze esterne: quali vicende atmosferiche (umidita, calore, venlo...) siano occorse ne' diversi sladii dell' allevamento. 4.° In quanto alia foglia: quale sia stato 1' andamento della vegetazione dei gelsi; con che diligenze siasi conservala la foglia colta ; se la foglia fosse in ogni tempo sana, o presentasse mac- chie, od alt re alterazioni. Cavalli presiderde Nardo Farto Gera MlNISCALCHI Zambra relatore NO ACCAD. 185 5-56 D1SPENSA SESTA SUL CUORE E SLL S1STEMA ARTER10S0 DEL BOA CONSTRICTOR RICERCHE A NATOiMICO-FISIOLOGICHE D 1 RAFFAELE M O L 1 ^1 JADRENSE, lette ncir adunanza del %\j'tbbruio 1850. (Continuazione delta pag. t\-jo delta precedents dispensa) J? in qui Schlemm. Io aveva gia da quasi un anno injet- lato e descritto il sistcma arterioso de\boa, quando appunto, mentre m'apparecchiava a pubblicare quel lavoro, polei in- jettare in un altro esemplare tanto il sistema arterioso che il venoso. Questa injezione in un individuo, quasi meta pin grande dell' altro, e riuseita in raodo mirabile, mi aecerto che le differenze ehe avevo notate la prima volta, e che ave- votrovate tanto importanti da poler diehiarare quasi del lutto erronea la descrizione di Schlemm, non erano ueeccezioni proprie ad un solo individuo, ne errori di osservazione, ma sibbene earatteri proprii del sistema arterioso del boa. Ecco i risultamenti di quelle investigazioni le quali, per brevita, ho accorciato in modo che piuttosto di formarc una descri- zione complela del sistema sanguifero del boa constrictor, sieno una rcttiticazionedci punti che in Schlemm nons'ac- Serie III, T. I. 67 — 518 — cordano pel suddetto animalc. Dappcrtutto adunque dove questa descrizione non contraddiee a quel la di Schlemm, si deve ammettere che i falti notati da quel maestro si verifi- chino anclte nel boa. II cuore si estende dalla sessantesima quarta fino a circa la settantesima vertebra, e dalla sua faccia inferiore manda le due aorte. I due arcni dell'aorla, i quali sortouO dal ven- tricolo del cuore, si rivolgono verso la parete posteriore re- stando separati 1' uno dall'altro, solto i nomi di arco destro ed arco sinistro, per comprendere in mezzo I' esofago e la trachea, ed unirsi poi dietro a questi a forraare l'aorla ad- dominale. Mentre che 1' arco sinistro non manda altro che un' arteria coronaria immetliatamente sopra le sue valvole semilunar!, prima del suo punlo di congiunzione coll' arco destro, questo emette i rami scgucnti : La seconda arteria coronaria. L' arteria thyreoidea, la quale arrivata all'estremita po- steriore della glandula dello stesso nome, si divide in due rami, vale a dire, inun ramus anterior, che dividendosiulte- riormenle in Ire rami superficiali, ne manda due alia faccia inferiore della glandula ed uno al pericardio nella regione, dove questo si ripiega sopra i vasi maggiori, ed un ramus posterior, il quale percorre la faccia superiore della glan- dula tiroidea, e nella regione del lerzo superiore, si appro- fond a in questo organo. Immediatamente al lalo deli'. arteria thyreoidea spunla larteria carotide, la quale accompagnata da\\a jugularis si- nistra, nonche dal nervo vago, si colloca immediatamente al lato sinistro della trachea, e nella regione della quaranlesi- ma ottava vertehra, dopo aver mandato in questo decorso alcuni piccoli ramoscelli nulrienti alia guaina, nella quale si trova avvolla colla vena jugulare sinistra, manda un ramus — 549 — recurrens, il quale potria venir denominato subcutaneus, per- che si puo proseguire nel tessulo solloculaneo lino al di la dell'estremita anlerioredclfegato; procedequindi il suocorso, mandando continuamente ramoscelli tracheales et aesopha- gei flno alia regione della quinta vertebra, dove si suddi- vide in tre rami: uno, il piu piccolo di tiitti, die si sparge nel tcssuto sotlocutaneo della regione del collo; quindi un secondo di un calibro alquanto maggiore, che corre alia base della bocca, e finalmente un lerzo piu grande di tulti, cbe nell'angolo sotto mascellare sinistro penetra nella testa. La slessa aorta, dopo d'aver formato il suo arco nella regione circa della sessantesima setlima vertebra, manda 1' artcria collaris, la quale poggiando immedialamente sui corpi delle vertebre, e parallela al loro asse, prosegue sino nella regione della sesta vertebra, mandando continuamente a ciascuna vertebra un ramus vcrtebralis, che poi si subdi- vide in due inlercostales, nonche rami ae&ophagei. L' aor- ta sinistra abbracciando quindi trachea, polmoni ed esofa- go, si rivolge alia parte superiore, ed arriva a poggtare a mezzo pollice di distanza dall' asse dei corpi delle vertebre a sinistra della colonna vertebrale, fino che si unisce al- T aorta sinistra nella regione deirotlaritesima seconda ver- tebra. In questo decorso manda ad ogni vertebra un ramus vertebralis, il quale, restando semplice per la lungiiezza dun pollice, si dirige verso 1' asse del corpo della respettiva ver- tebra, e qui si divide nelle due arlerie intercostales. L' aorta addominale formata dalla congiunzione dei due arebi aortici continua a mandare alia distanza di ogni ver- tebra un' artcria vertehralis, nonche ad ogni quinta osesla vertebra rami aesophar/ei ed epatici, i primi dei quali for- mano una rete inlorno all'esofago, e gfi ultimi penetrano nell'ilo del fegato. — 520 — Nella regione, dove l'esofago si dilata a formare lo sto- macb, manda un tronco arlerioso di un ealibro molto gran de, arteria aesophagea ultima, che percorrendo buon tralto dall'innanzi aU'indietro fin quasi al primo terzo dello sto- maeo, manda continuamente rami aesophagei, nel punto dove ragguinge la faccia superiore del ventricolo si divide in un ramus anterior sen ramus aesophageus, ed in un ra- mus posterior, sen ramus ventricularis. Questo percorre al lato destro dello stomaeo per congiungersi colYarteria ven- tricularis posterior. Nella regione del primo lerzo dello stomaeo I'aorta ad- dominale manda Yarteria ventricularis anterior, la quale percorrendo semplice nel peri toneo, manda alcuni ramoscelli aesophagei posteriorcs, che si spargonq nell'esofago, e giun- ta al Ialo sinislro dello stomaeo, la dove 1' aesophagea ulti- ma si suddivide in aesophagea e ventricularis, si suddivide essapure indue rami: anterior e posterior, die si diramano ulteriormente biforcandosi nella mela anteriore dello sto- maeo. Nella regione del terzo posteriore dello stomaeo Yaorta ahdominalis manda Y arteria ventricularis posterior, arteria coeliaca, la quale emette due ramoscelli per la milza, arte- riae lienales, si suddivide quindi in un ramus dexter e in ramus sinister, che abbracciano da destra e da sinistra lo stomaeo. II primo di questi pero si suddivide inun ramus ventricularis anterior e uno posterior. II secondo si suddivi- de parimenti nei due rami corrisponJenli, ma il ramus ante- rior manda oltre a cio un' arteria recurrens che, biforcan dosi piu volte, si sparge nel mesenterio e nel corpo adiposo, e manda oltre a cio un ramo ali'estremila anteriore dell'o- vario destro. AH'origine del teuue I'aorta addominale manda Y arteria duodenalis, la quale arrivata alPinlestino percor- — 521 — rendu buon tratto dall'innanzi all'indietro, si divide in tre rami; il primo provvededisangue principahyieiite il.pancreas e la cislifellea, nonclie la parte anteriore del duodeno, co- stiluendo il ramus anterior ; il secondo, d'un ealibro eguale al precedente, percorre indietro alia faecia superiore dell'in- testino, e lungo il suo asse fino al rene destro, mandando eontinuamente vasi che si spargono alia superficie dell'inle- stino; il terzo fmalmenle, piii piccolo di tulti, si dirama all'e- stremita anteriore dell'ovario sinistro. Nella regione dell' estremita anteriore del rene destro in and a 1' aorta un tronco mollo grande (arteria ovario-re- natds dextraj, dal quale parte un'arteria per I'ovario destro che va dall'indielro all iimanzi (ramus ad ovarium dexlrum); poi si dirige alia faecia inferiore del rene destro ; percorre nell'ilo del rene il terzo anteriore; e qui si suddivide in tin ramus renalis, che continua il decorso dell'ilo del rene tino all' estremita posteriore, ed in un ramus mcsenterialis, il quale arrivato allintestino si suddivide in ramus anterior et posterior. 11 primodiquesti forma unanaslomosi col ra mus posterior deWarteria duodenalis, ed il secondo procede alia faecia superiore dell' intestino e lungo il suo asse sem- pre all'indietro. L' aorta addominale manda quindi cinque arlerie per I'ovario sinistro, ciascuna delle quali si stacca dall' aorta alia distanza di tre o quattro verlebre. Nella regione deirestre- mita anteriore del rene sinistro parte una seconda arteria mesenterialis, la quale suddividendosi dopo lungo decorso nel mesenterio in un ramus posterior ed un ramus anterior forma un' anastomosi, imilando il decorso della prima, con questa e colla terza. Nella regione del quinto anteriore del rene sinistro spunta I' arteria renalis sinistra anterior, la quale arrivala — 522 — nll'ilo del reno si divide in un ramus anterior ed uno po- sterior, il primo de'quali va lungo I'estrertiita anteriore del- lilo del rene all'ovario sinistro, e Paltro percorre l'ilo del I'ene lino alia mela di quest' organo. Derivano quindi altre due arteriae mesenteriales, le quali imitano il deeorso della mesenterialis secunda, ma mandano ollre a cio dei ramo- scelli all'uretere ed all' ovidotto destro. Nella regione del terzo posteriore del rene sinistro de- riva Y arteria renalis sinistra posterior, la quale arrivata all'ilo del rene si suddivide in un ramus anterior, che forma anastomosi col ramus posterior dell" ultra renalis, ed in un ramus regredicns, il quale si prosegue fino all'estremita po- steriore del rene sinistro. Derivano quindi dall' aorta deslra verso la coda a di- stanze regolari dodici altre arteriae mesenteriales, che, di minuendo sempre di volume quanto piu si avvicinano alia coda, si dirigono verso l'inlestino retto, e si spargono su questo organo, nonchc sugli ureteri e gli ovidotti. Finalmente prima di penetrare nella coda come arteria caudalis manda 1' arteria cloachalis, die subito si divide in un ramus dexter et sinister. Da ciascuno di quesli due rami, che abbracciano la cloaca, deriva un' arteria cloachalis, pro- priamente detta, un' arteria pel rudimento deU'eslremita posteriore, ed un rudimento per la relativa glandula anale. Sistema venoso. Anche nel sistema venoso, paragonando il mio prepai'a- to colla descrizione di Schlemm, trovai essenziali differenze. Gli e per cio che sono costrelto a riportare, oltre le mie osserYazioni, anche le parole di quel maestro. Schlemm de- scrive alia p. 119 del suo trattato: -523 — a Nei serpen ti il uumero delle vene, in confrouto a quello » delle arterie, e non solo aunientato, ma i tronelii venosi » sorpassano oltre a cio eonsiderevolmenle in grossezza le i) arterie. i) II sangue venoso delle regioni del corpo anteriori al » cuore vien ricondolto all'atrio destro mediante due ve- » nae jugulares ; e quello delle regioni posteriori al euore, » mediante la vena cava posterior. » Ogni vena jugularis si forma al lato corrispondente » della testa, la dove la mascella inferiore si articola col- li Tosso quadrato, congiungendosi in questo punto la vena » inframaxillaris, la vena palalina ed il tronco comune » delle vene della faccia e del eervello. — Da questo sito » vanno indietro verso il cuore tanto la vena jugulare de- » stra che la sinistra, e raccolgono in questo decorso i * rami venosi della trachea, delfesofago e dei muscoli. — o La vena jugularis sinistra entra nel pericardio al lato si- i) nistro sotto I' aorta sinistra, va nel sulcus alrio-ventricu- » laris intorno al cuore verso il lato destro di questo or- )> gano, e sbocca presso la vena cava posteriore nell'a- » trium dextrum. » La vena jugularis dextra riceve, prima di entrare dal- » la sua parte nel pericardio, la vena azggos anterior epo- » sterior. La vena azijgos anterior giace innanzi al cuore, » presso l' arteria collaris a destra fra I' esofago e la colon- i> na vertebrale. Essa trae origine all'angolo della mascella i) inferiore dalla vena jugularis dextra, e riceve nel suo de » corso tino al cuore le vene inleivostali, ed i rami venosi » della parete superiore dell' esofago. — l,a vena azygos » posterior piu piccola della anterior, si forma a poca di- rt stanza dielro al cuore dad'unione delle vene intercostali, » e va inconlro titt'anteribr lungo il lato destro del pericar- — 524 — » dio. Anibedue versauo il loro sangue nella jugulare destra, » dopo d'essersi congiunle innanzi a! cuore. — La vena i) jugulare destra entra quindi nel pericardio, e forma, con- i) giungendosi colla vena cava che le viene inconlro dalla » regione posteriorc, a destra presso Y atrium dextrum, la n dilalazione venosa (saccus venarumj. » Quel sistema venoso partieolare della cavita addomi- » naledialcuneelassi dianimali, che venne seoperto dal pro- ii fessore Jacol/son, si comporta nei serpenti nella seguente .) nianiera: La vena caudalis, collocata sotto 1'arteria dello » stesso nome, comincia all' estremita della coda, diventa i) piii grossa nel suo decorso mediante rami laterali, ed en- i) Ira sopra la cloaca nella cavita addominale, qui riceve » alcune vene inlercostali e si suddivide al di la dell'estre ii mita posteriore dell'intestino retto nelle due venae renales » posteriores, ovvero advehentes. Dalla destra di queste due ii vene trae origine poco innanzi al punto di biforcazione ii della vena caudalis la vena portae. Ogni vena renalis ad- » vehens va unita all'uretere medianle tessuto cellulare, dal ii lato corrispondenle dell'intestino retto all' estremita po- » steriore del rene dalla sua parte, scorre lungo il margine ii inlerno, rivolto alquanto airingiu dello stesso, all'innan- 11 zi, e diventa tanto pifi piccola, quanlo piu procedendo ii innanzi da rami al rene, lino a tanto che essa lermina » linalmenle all' estremita anteriore di questo. ii La vena portae trae origine, come venne osservato » piii sopra, dalla vena renalis advehens destra, e va allin- i) nanzi, al fegato sopra il luho intestinale. Per questa via ii riceve le vene del tuho intestinale, dello stomaco, della » milza, del pancreas, dell'omento, ovvero corpo adiposo, ii e vene Lntercostali. La vena portae, arrivata quindi al » fegato entra in un solco, che si trova alia faccia sinistra — 525 — » di questo organo rivolla verso l'esofago, procede in quel » solco lino allestremita anteriore del fegato, riceve anco- h ra alcune vene intercostali ed alcune vene esofagee, » raanda all'incontro in tulto il suo decorso vene al legato, « tin che lermina raolto attenuata allestremita anteriore di » quest' organo. » La vena renalis reve/iens trac origine all' estreraita * posteriore del reue della sua parte, riceve il sangue del » rene, procedendo innanzi al suo margine superiore, e si » congiunge, sotlo un angolo acuto, con quella dell' altra » parte, innanzi ai reni per form a re la vena cava . » La vena cava posterior, fonualasi innanzi ai reni dal- » lunione delle vene renali reveenti, va innanzi verso il » fegato scorrendo sotto la colonna vertebrale al lalo de- » slro della vena porlae. Essa riceve in questo decorso le » venedeiteslicoli, ovvero uei serpenti fenimine, le vene de- » gli ovarii e degli ovidotti. Arrivata al fegato procede in- » nauzi in un solco che si trova alia faccia destra di que- » sto viscere, giace percio in faccia alia vena portae, ed alia » parte sinistra del fegato, e riceve le vene epatiche, per n mezzo delle quali ingrossatasi considerevolmenle arriva » verso lestremita anteriore del fegato, procede quindi in- » nanzi sotlo l'esofago dal fegato verso V atrium dextrum, » dove si unisce alia vena jugulare sinistra nel sacco delle » vene. » La vena pulmonalis corrisponde nel suo decorso al- Yarteria pulmonalis : cssa conduce all'atrio sinistro il san- m gue del polmone. » Quali e quante differenze present! il sistema venoso del boa constrictor paragonato con questa descrizione, lo dirao- strano le parole seguenti : Serie III, T. I. W — 526 — \el cuore mettono foce la vena jugulare sinistra ed il saccus venarum ioviwalo dal concorso della jugulafis dextra della cava posterior e deile due azygos anterior dextra e posterior. La jugularis sinistra deriva dall'angolo mascel- lare sinistro , ed accoinpagnando la carotis s' ingrossa col sangue venoso, che deriva dalla faccia inferiore del- T esofago, dalla faccia superiore della trachea, da alcu- ni rami sottocutanei, dalla vena thyreoidea sinistra, c dalle vene del sacco pericardiale , noncbe dalla azygos anterior sinistra, die raccoglie il sangue venoso deile in- tercostales sinistrae dalla trentesima a circa la cinquan- tesima. La jugularis dextra deriva dall'angolo mascellare deslro, raccoglie il sangue venoso della base della bocca, e percorrendo al lato deslro della trachea raccoglie il sangue venoso dalla faccia superiore dell' esofago e dalP inferiore della trachea, noncbe dal tessuto soltocutaneo ventrale,ed il sangue della vena thyreoidea dextra. In essa melte foce prima che formi la sua valvola la vena azygos anterior dextra, la quale percorre nell'angolo forma to dalla maggior curvatu- ra deile coste destre, raccoglie il sangue di tiitte le venae intercostales dalla prima lino alia cinquantesima ottava; e precisamente: deile prime trenta, tanto le intercostales de- xterae, chele sinistrae ; deile altrepero soltanto le de.vterae ; e fornita essa pure di un'apposila valvola va a sboccare ne\la.jugularis dextra, nelsito dove questa e provveduta del- la valvola. La vena azygos posterior sbocca nel sacco venoso senza valvola, e raccoglie il sangue deile venae intercostales dalla cinquantesima ottava alia settanlesima quarta, e risulta lormata da quallro troncbi: uno anterior di diametro mez- zano, uno posterior di diametro mollo ampio, e due inter- in edii di piccolo diametro. — 527 — La vena cava posterior si forma nel raodo seguente: La vena caudalis enfrata nella eavita addominale, rac- coglie ingrossandosi sempre maggiormente, mediante'rami di caJibrp considerevolc, che parlono alia dislauza di 5 o ', vertebre I'una dall'allra, il sangue venoso ddle inlercosta- tes lino all'estremita posterior del rene sinistro, nonche da alcuoi rami sbttoculanei parimenti cpnsiderevoli il sangue venoso del tessulo spttocutaneo. In tutto il sno decorso seguita a seorrcre parallela aU'uretere sinistro, ed arrivata al reno sinistro, scorrendo lungo I'ilo di questo, si perde nella soslanza renale. Alia meta dell'uretere manda un ra- mo, il quale percorrendo sot to la cute, e raeeogliendo ij sangue venoso dai corpi adiposi, e dalla pare'te inferiore della eavita addominale, un po'pi'ii insii dellcslremita poste- riore dello stomaco sbocca nella vena porta. Questo ramo venoso aveva nell'individiio che ho esaminato il diametro doppio duna penna d'oca, e pereio credo ck'essa Bon e. come voleva Schlemm, lorigine della vena porta, ma un ra- mo di comunieazione a questa, lanto piu die in vieinanza della eloaea si vede la vena porta trarre originc eon vasi molti esili, e percorrendo lungo la parele superiore dell'in- lestino sempre maggiormente ingrossarsi. AH'ocigine della coda parte pure un'altra vena dalla caudalis, la quale per- correndo parallela allurelere destro, e raeeogliendo sangue venoso dalle pareli del tubo inlestinale, nonche dai tessulo congiunlivo, va all'ilo del rene destro, e si perde nella so- slanza di questo. Dai due reni..sorgono le due venae reve- hentes, delle quali la sinistra e molto piu lunga della deslra, purche ancl.e il rene sinistro e collocato assai |.iu indietro del destro. Nella regione del quinto anteriore del rene si- nistro qucsle diw vene si congiungono insieme a formare la vena cava, la quale raeeogliendo sangue venoso in tutto — 5!28 — ii suo decorso, va a perdefsi nel fegato in un solco che si trova alia faccia interna dell' eslreniita posteriore. La vena porta giaee sopra il tubo intestinale, lo accompagna in tntto il suo decorso raceogliendo eontinuamente sangue dalle pareti dell intestine, si congiunge nella regione del duodeno con un ramo che deriva dalla cava, e va a perdersi nel fe- gato in un solco alia faccia sinistra. Sulla faccia esterna del fegato si orrono cinque o sei vene minori che si approfon- dano nella sua sostanza. INDICE DELLE TAVOLE Fig. I. II cuore dalla facciainferiore. i. Atrio destro. 2. Atrio sinistro. 3. Ventricolo. 4. Arteria polmonale. 5. 5. Vosa eoronaria. 6. Aorta sinistra. 7. Aorta dextra. 8. Arteria carotis. 9. Arteria tkyreoidea. 40. Arteria collaris. \ 1 . Vena jugular is sin istra . Fig. II. II cuore dalla faccia superiore. \. Atrio sinistro. 2, 2. Atrio destro. 5. Ventricolo. 4. Solco semilunare che gegna il decorso del setto degli atrii. 5. Solco che segna il decorso del sepimentum cavi venosi el ar- teriosi. 6. Vena cava posterior. 7. Vena pulmonalis. 8. Vena jttgularis sinistra. 9. 9. Vasa eoronaria. 10. 10. I due rami dell' arteria pol- monale. 1 1. Vena azygos anterior sinistra. A. Rigonfiamento della vena pol- monale. B. Sito dove si trovano le valvole della jugulare destra. C. Sacco venoso. Fig. HI. La stessa immagine della figura II, ma col sacco venoso aperto longitudinalmente ac- ciocche si possa vedere l'aper- lura per la quale il sangue ve- noso penetra nell' atrio destro. 1. Atrio sinistro. 2. Atrio destiv. •1. Ventricolo. 4. Porzione del sacco venoso at- taccata alia parete dell' atrio. — 529 — 6. Vena jugularis sinistra. 6. Vas'a corona ria. 7. Le duo suddivisioni dell'arte- ria polmonale. \ ena azygos anterior sinistra. Solco che segna il decorso del sepimentum caui venosi et ar- teriosi. '. Solco che segna il decorso del sepimentum at riorum. Valvole semilunar! della vena jugularis dextra. B. Lembi rovescia'ti dal sacco venoso. Plica semilunare. Apertura ovale che mette dal sacco venoso nell' atrio destro. Fig. IV. Veduta interna della porzio- ne superiore del otiore t;iuli;tio con un piano perpendiGOlare al sepimento atrio-ventricolare^ 1. Air io destro. 2. Atrio sinistra. 3. Pars venosa venlricyXi. 4. Sepimentum vcn/riculorum. 5; Cavum arteriosum ventriculi. fi. Imboccatura del sacco venoso. 7. Imboccatura della jugulare si- nistra. 8,8. I due rami dell'afteria pcl- raonale. 9. Jugularis dextra. 10. Sepimentum caui venosi et arteriosi ventriculi. 11. Sepimento atrio-ventricolare. 12. Lume della jugulare sinistra recisa. a. Reticejlecarnee orizzonteli della parte anteriore dell'atrio destro. I>. Reticeile dell5 atrio sinistra. c Lamina interna della fessura ovale. (I. Lamina esterna della fessura ovale. e. Foglietta esterna della lamina interna. f. Eminenza piramidale del ven- tricolo. g. Seconda curvatura del sepimen- to degli atrii. Ii. Prima curvatura del sepimento degli atri. i. Sbocco della vena pulmonale. k. Porzione destra del setto atrio- ventricoltfre. I. Porzione sinistra del setto atrio- ventricolare. »<■■ Leinbo libera della porzione sinistra rivolto verso la cavita arteriosa del ventricolo. n. Trabecola longitudinale forma- ta dall'unione delle due valve c, d. o. Ca\ita del tronco comune del- 1' arteria polmonale. p. Orecchietta dell'atrio destro. . Aorta sinistra. 6. Arteria polmonale. 7. Vena jugularis -sinistra. 8. A'rferia carotis. 9. Art er ia tlujreoidca. 10. Arteria collaris. 11. Loggia inferiore della cavita venosa. a. Interno dell'aorta sinistra recisa. b. Valvola semilunare dell' arteria polmonale. c. Sepimentum cavi venosi el ar- teriosi ventriculi. d. Margine Iibero del tramezzo delle loggie. e. Fessura ovale per eui la loggia superiore comunica coll' infe- riore. ■ /! Reticello dell" atrio destro. g. Taschette dell' atrio sinistro. Fig. VII. La porzione inferiore della stessa sezione. 1. Porzione dell'atrio sinistro. 2. Porzione dell'atrio destro. 3. Parete inferiore del ventricolo. 4. Parete inferiore dell' arteria pulmonale. .S. Parete inferiore dell' aorta si- nistra. a. Loggia inferiore della cavita venosa. b. Valvola semilunare dell'arteria polmonale. Fig. VIII. La stessa immagine della fig. V. nella quale e aperto il sepimentum eavi venosi el arteriosi, iron che il principio dell' aorta destra. 1 . Atrio sinistro. 2. Atrio destro. 5. Ventricolo. 4. Setto degli atrii. 5: Vena jugularis sinistra recisa. 0. Sepimento atrio ventricolare. 7. 7. Aorta dextra aperta. 8. Arteria polmonale recisa. 9. Aorta dextra. 10. Aorta sinistra. \ 1. Vena jugulare sinistra. 12. Arteria thyreoidea. 13. Arteria carotis. 14. 14. Setto delle loggie. a. a. Due lembi del setto arterio- so venoso aperto. b. Fessura di comnnicazione fra le due loggie. c. Continuazione della detta fessura. d. Linea aspera del setto delle loggie. e. Un lembo roveseiato dell' aorta destra aperta. f. f. Valvole semilunari dell' aorta destra. g. Apertura d'un'arteria coronaria. Fig. IX. L' identica immagine della figura VI, nella quale e aperta l'nrigine dell' aorta sinistra. — oM — I. Mrio destro. h. Vaivola seiniluiiare dell' arteria ± Atrio sinistra pulmonale. 3. Ventricolo. ,■. Lembo del sepimentum cavi 4. Aorta destra. venosi el arteriosi ventriculi 5- Aorta sinistra. (/. Margine libero del setto delle (i. Arteria polmonale. loagie. 7. Vena jugolare sinislra. ,.. Fessiira di conuinicazione delle 8. Arteria carotide. lo^aie. 9 Arteria thyreoidea. f. /; Le due valvole semilunari del- 10. Arteria collare. 1' aorta sinistra. II. Loggia infa-iore del cavo ve- g. Reticelle dell' atrio destro. nos0- h. Reticelle dell' atrio sinistra. Farete supenore dell' aorta si- j. Origine della seconda arteria nistra taaliata coronaria. MM.I ML GIOH'50 27 lPfiHll856 ll m. e. vicepresidente prof. Menin (1) espose brevemente la storia delle navigazioni normanne dai tempi dell' imperatore Augusto fino all' epoca in cui i settentrionali conquistarono signorie in Francia e la corona d' Inghilterra, per coneludere che furono piu arditi che ammirati navigatori. Accenno i libri cui le nazioni settentrionali eonse- gnarono le loro inemorie. gli eddas cioe, in cui si con- tengono i dogmi e le ceremonie religiose, e le sagas. in cui si leggono conservate le tradizioni e le relazioni storiche. Colla scorta delle saghe fin ora pubblicate dalla societa archeologica del \ord, diede conto di parecchi viaggi fatti da" Normanni verso occidente. 11 primo si fu dalla Xorvegia all' Islanda. che i Norvegiajii scopersero nell' anno 801 e vi tradussero (i) Questo sunt" fu presentato e compilatn <\M' autore. Serie III. T I 69 K3A 0,14 — colonie e vi fondacono fiorente repubblica. Qui V auto- re inter rogo, se queil'isola, die molti pretesero essere 1' ultima Thule degli antichi Roinani, veraniente lo losse, deduce, dal non avervi i iNorvegiani rinvenuto verun indizio di soggiorno o di visita anlerioro. che col nome di Thule i Latini intendessero lisole Schet- landj cui dovevano conoseore per le loro relazioui colla Bretagna ed anche per le navigazioni de'Fenicii alle Cassiteridi. II sccondo fu quello di Eurico il Uosso, che sco- perse la Groenlandia nel 985, a proposito del quale riferi aver ivi pure i iNorvegiani maudalo colonie ed avervi introdotto la religione cristiana, la quale tan to vi si estese, che si riputo necessario erigervi il vesco- vato di Gardar. La Groenlandia divenne allora il punto di partenza dei Normanni per le navigazioni occidentali. 11 primo a far vela si fu Biarne, il quale tocco nioltc coste, vi- de isole e terre ignote, ma troppo voglioso di ritor- narenella Groenlandia, nonvi reco di sue scoperte che nozioni vaghe ed imperfette. Queste bastaronp ad ani- niare Leivo^ liglio di Enrico il Ilosso, perche piu posa- tarnenle esplorasse le con trade da Biarne poc' anzi vedute. Leivo scese in una terra, cui dalle viti rinvenu- tevi, denomino Vinland e vi fondo una borgata. Ivi, durante il verno. non cadde mai neve, ne hrina. Ivi nelle giornate piu brevi il sole restava sull' orizzonte novo ore, che quanto dire, la latitudine del paese era di quarantaun grado, ventiquattro minuli.dieci secondi. — 535 — V Lcivo lion avvenne d incontrare abitalori. ma bensi a TorvaIdo3 che navigo al > inland dopo di hri, il quale anzi combatte cogli indigeni. ch'erano gli Esqui- mesi, e raortalmente t'erito ordino si piantassero croci alle eslremita del suo Lumulo. Torfinio Karlsefne si spinse piii avanti. porlando seco quant1 era necessario per fondare una colonia. Egli discese in una terra ancora pin meridionalc, vi si i'ermo tre anni. combaite e commercio eogli indigeni. i quali davano pelliccierie e legname da costruzione in canibio di drappi rossi e del ferro. I iNorinanni con- tinnarono per Ire secoli a IVeqnentare la contrada. Esaminandoattenlamente le relazioni delle saghe, e con quelle paragonandole dei moderni viaggiatori, gli arcbeologi del Nord non hanno dubbio che i navi- gatorinormanni partendo dalla (iroenlandia non abbia- no scoperto Terra \uova, la IXuova Scozia, la Carolina, la Georgia, le Floride. Colle nolizie di qnesli viaggi il in. e. Menin ado- pero di riscbiarare alcnni punti luttora oscnri della sloria americana. Avvisa egli : Che il sopravvenire dei Norman-ni ed il loro pro- lungalo soggiorno sul conlinente settentrionale del- 1 America esercito una pressione sngli Ksqnimesi e sull* altre popolazioni spingendole ad invadere succes- sivamente le contrade meridional]; f'atto comprovato dalla storia messicana. Che il sopravvenire dei Norman ui ed il loro sog- giornare nel conlinente americano origin 6 presso i Messicani I opinione che una popolazionc sarebbe ve- — 536 — nuta d Oriente a soggiogarli. opinione che senza di cio dovrebbe riteuersi un' ispirazionc ed odorercbbe di prodigio. Che il commercio dei Nbrmanni diede agli Ameri- cani il ferro per lavorare i marmi e le pietrc dure che sonosi diseppellite fra le rovine di Palenque; concios- siache non si possa provare che con altri metalli quei lavori eseguissero. Che se gli Spagnuoli non rinvennero ferro al Messico, cio mostra che tale merce non eravi ancora introdolta, e che venne nieno, fino a perdersi del tutto presso Faltre genti americane, quando cesso del tutto il traffico coi Normanni. Che le croci introdotte nel Vinland, colla religione cristiana, spiegano come la croce siasi rinvenuta nel principale palazzo di Palenque decorata e collocata in modo da doversi riputare, se non oggetto di adorazione. certamente come un segno meritevole di rispetlo. Che finalmente le colonie normanne della Groen- landia e del \ inland rendono non solo probabile^ ma cerlo quanto si leggc nella relazione dei viaggi dei fratelli Zeno, desiderandosi pero che gli antiquarii del Nord pubblicando altre sagh<; ci somministrino luce bastevole per ehidrir alcuni punti, i quali dal Pa- dre Zurla, nella sua memoria su quella relazione. non sembrano illustrati abbastanza. Si legge la seguente PROPOSTA DI UN PIAi\0 DI OSSERVAZION1 METEOROLOGICHE E DEI FEiNOMEN'I PEIUOMCI in rehzione all' ctgrie'oHura, ulle aril, ed al commercio delle prouincie venete DELHI. E. PROF. CAY. FR. ZAINTEDESCHI J_Ja climatologia fu eoltivata con ardore e con suceesso nolle Venezie nel secolo scorso, e i nomi di Pol en i, di Toal- do, di Chiminello e di altri ci furoao tramandati con onore, e le osservazioni loro vennero aneora inserite ncgli aimali delle scienze di oltremonle. Ma a questi somnii non succe- dettero altri die li eiaulassero nelio zelo, e nella knporlan- za delle osservazioni meteorologiche; donde ne deriyo che la scienza del clima in queste provincie cadde in una non merilata trascuranza, mentre presso le nazioni stranierc fu portata ad im grado di sviluppo e di perfezionamenlo da recare stupore ai medesiini cultori delle scienze fisiche. Fu preeipuaniente a' nostri giorni rieonosciuto 1 alto impdr- tare tli questi sludii per 1* agricoltura, per l'igiene, pel com- mercio e per le arti. LI. R. Istilulo desiderando di avere una statistics, che fosse, per quanto e possibile, la pill csatta e complela delle Venezie, mi diede 1 onorevole incartco di redigere un prospetto quanto senipliee, altrettanto sicuro per giugnere all' acquisto di cognizioni sul clima di queste — 538 — provincie. II lavoro, per quanto facile sembri a prima vista, uon e pern tale per elii conosca la sorama delle diffieolta ohc lo circondanOj eel i uiolteplici studi che furono falli in Europa ed in America. Le istituzioni si siiccedcllero nell'ln- ghilterra, nel Belgio, nella Germania, hell' Italia, nella Fran- eia e nelle stesse con trade di America. Esse sole bastano a coslituire dei grossi voliimi; e le societa speciali di meteo- rologia ne aggiunsero di nuove, come fece la societa meleo- rologica di Francia. lo mi limilero ad alcuni cenni brevis- simi, che ammettano una pronta ed utile esecuzione, la quale possa essere duralura Ira noi. Noi dobbiamo da nn lato raccogliere le sparse notizie, che si trovano negli alii accadeniici di qneste provincie, e nelle opere di alcuni shuliosi die si presero cura speeialis- sima degli sludii meteorologies dalPaltra dobbiamo presen- tare un piano seiuplice e sicuro, che ci possa riuscire uti- lissimo per Y avvenire. Per quanto spetla al passato, quali osservazioni ci offrono Ldine, Belluno, Feltre, Treviso, Ceneda, Portpgruaro, Venezia, Chioggia, Adria, Rovigo, Padova, Bassano, Viccnza, c Verona ? Possiamo noi avere di tulle quesle citta e territori alr.ieno le medie termomelri- che e baromelriche ? lo ne dubito grayemente : e solo Pa dova die ci puo offrire la serie di un seeolo e piu di osser- vazioni, eseguite all' osservatorio astronomico, le quali in- spirano una buona liducia. Furono ancora fade, per periodi piu brevi, osservazioni mcteorologiclie a Verona, a cura di quell' accademia di commereio, d'agricoltura e di arti. Altre ne furono eseguite a Venezia dal Traversi, e in parte esi- slono manoscritte nel gabinetto di fisica dell' I. W. Ficeo di Santa Catterina, e in parte furono pubblicate nei commen- tarj del veneto aleneo. Si proseguono ancora nelseminario palriarcale per uso della veneta gazzetta; e per un periodo — 539 — aurora piii breve furono eseguile dejle accurate osservazio^ ni in Udine. Che cosa impertanto dobbiamo noi faro per cio die spetta al passato ? Raccogliere dalle opere ricordale le me- dic, e presenlarle in un prospetto diviso per provincie, le quali ci vengano ad offrire come la tisonomia delle varia- zioni del clima delle differenti provincie venele. A questo oggelto dobbiamo fare appello agli studiosi, alle accademie, agli atenei, ed ai direttori di ospilali provinciali. Io sono cerlo die noi potreind raccogliere importanti nolizie sulle pressioni atmosfericlie, sulle temperature, sulle direzioni dei venti, e sullo slalo del cido; e in relazione a quesli dali meteorologici polremo avere notizic interessantissime sul passaggio degli uccelli, sulla fiorilura di varre piante, sulla malurazione de' frulti, e sullo stato igienico delle popolazio- ni sparse in queste terre. Cosi V. osservatorio astronomico di Padova potra fornirci le medio annuali baromdriche e termomelricbe, ed i giorni sereni, coperti, o piovosi di un anno, code direzioni dei venti e la quantita della pioggia caduta; e le cliniche e gli ospilali le dominanli malaltie. Per egual modo ci potranno esser cortesi altri islituti, come T accademia Veronese e di Udine, e gli atenei. Una circolaie impertanto d' invito e di pregbiera io proporrei die venisse indirizzata a lulti questi corpi scienlitici ed industriali, assicurandoli di tulta la nostra riconosoenza, die non ver- rebbe meno giammai negli atti del veneto Istituto. A questo moclo si potranno raccogliere le sparse notizie sul clima della Venezia, e sui fenomeni principali periodici dei vege- tabili e degli animali. E necessario impertanto preparaic delle tabelle, die comprendano lutli gl' indicati fenomeni, che potranno essere riempiute dalla cortesia di coloro, ai quali no sara latta istanza e preghiera. Questa parte del — 540 — noslro prospetto pore ciie non possa oflrire gravi diiticolla, perche i material] esistono e boh devono essere che raccolli con intelligente pazienza e distribuili con online. La diiticolla che naturalmente ci si presenta, ch'e grave per I' avvenire, si e d' istituire tra noi un sislema di osser- vazioni regolare scientifico, elic possa riuscire duraturo e per la seel la degl' istituti a' quali si dovra aflidare, e per T economia de niezzi, e per la facilita dell'eseguimento. Noi possiamo rivolgerei a colle persone, che si assuniercbbero, sono cerlo, 1" incarico dellc osservazioni nieleorologiche nella terra che abitano; ma queste non potrebbero baslare a lulte le provineie, e gli ostaeoli di malallie e di occupa- zioni, che possono loro presenlai-si, niellono in grave peri- colo la regolare contiiiuazioiic delle iacominciale osserva- zioni. La morte ancora, che nessuno risparmia, obblighe- rebbe 1' I. R. Islituto a pensaresovente a delle soslituzioni, che non sono sempre le piii facili a farsi. Polremo noi ri- volgerei alle accademie ed agli atenei della Venezia: ma questi pure non hanno sede in tutte le provineie, e la loro organizzazione, com' e nolo, difficilraenle si potrebbe pre- stare ad «n regolare e costanle piano tli osservazioni rao- teorologiche. Chi e che non sappia che la sede di questi istituti letterarii e scientitici c ordinariamenle deserla ed abbandonata dagli accademici, i quali solo vi accorrono nei giorni delle loro esercitazioni e tornale ? Le fabbriche ancora che possiedono questi corpi accademici, non sono in generale adatte a delle osservazioni, ne cosi facilmente si potrebbero ridurre alio scopo. Bisogna conoscere con pre- cisione i luoghi per convincersi di questo vero, e non la- sciarsi illudere dalle apparenze accademiche. Abbiamo Ira noi gl istituti regi di pubblica istruzione, i ginnasi liceali che sono for niti di gabinetti di fisica: ma — 641 — clij conosce la topografica posizione dei medesiini e piena- mente convinlo che non si potrebbero avere da essi che delle osservazioni imperfellissime e salluarie, avvegnache mancano in generate della plaga la piii adatla, e libera dalle irradiazioni dei circoslanti abilali, ne lianno un personale che possa con tuUa regolarita occupai si delle osservazioni meteorologicbe. I professori, dato il corso delle loro lezioni, si ritirano, e gl' isliluti medesinii, ollrepassato 1'orariosco- lastico, vengono cliinsi per niancanza di abilazione speciale di residenza. Le diflicolla che ancor qui s' incontrano sono gravissime, ne si potrebbero cosi faeilmente superare, anche concorrendo la munificenza del regio governo. >"on si pos- sono rie si devono prelendere radicali riforme ed appre- stamenli per lo scopo noslro. — Non rimangono Ira noi che gli islilnli clarieali, voglio dire i seminarii che sono sparsi in tutle le vencle provincie. La perpetuita di questi istituti scientifico-lelterari, la loro ampiezza, e posizione, la ciistodia non mai interrolta di colle persone, ci permet- tono di poter concepire la piii fondata speranza di quesla istituzione. >*oi non avremo che fare appello ai retlori dei seminarii ed ai professori di fisiea, perche si abhiano a pre- stare con regolarita al sistema di osservazioni che venisse loro proposto e rappresenlalo in apposite tabelle. In tulle le slagioni dell' anno e nella nolle essi non ahhandonano inlieramente 1' istiluto. \: ha sempre un qualche preposto, anche nel tempo antunnale, che polrehbe essere incaricalo di osservazioni semplicissime e piane, cioe dell' altezza baro- inetrica, della temperatura, della direzione dei venti, edello slalo del cielo. Non v' ha persona che abbia fatto un corso di fisiea che non possa rilevare e registrare nelle tabelle questi dati sperimenlali. Tutla la diftieolla consisle nellave- re islrumenti uniformi e paragonabili, e bene applicati nella Serie HI. T. I 70 — 542 — regione settenlriouale ad uguale altezza, in tulii i luoghi di osservazione, dal suolo. Per I' applicazione le difficoll.a nun sono gravi. Tutti gT istiluti clericali lianno posizioni die si pregtano alio scopo desiderato, o senza alcun dispendio, o con lievi modificazioni da ititrodursi nel locale destinato alle osservazioni meteorologiche. La difficolta piu grave consiste nella qualila degl' istrumenli, ma questa pure e facile a superarsi, perche io credo, che almeno per ora, dobbiamo limitafci alle osservazioni barometriche e lermo- me trie be', colle direzioni dei venti e stalo del cielo. Per le due ultime non abbisognano i seminarii di alcun sussidio : essi pure per costume lianno i loro anemomelri, c tutto il dispendio consisterebbe nel I'ornir loro un eccellente baro- metro con un esatto termometografo a niassiina ed a mini- ma, ed un terinometro a mercurio. Questi tre istrumenli dovrebbero e'ssere costruiti nella medesima officina, ed csaminali accuralamente prima di essere consegnati ai sin- goli istituti. Cliiamare d' allra parte anche il clero a concor- rere nello stabilimento dei dati che abbiano a creare Ira noi la climalologia credo proposta utilissima, perche siver- rebbe a trasfondere in esso uno spirito di osservazione che avrebbe ad essere fecondo d' interessanti risultamenti per I' agricoltura, die il clero bene istrutto non dovrebbe mai perdere di vista. LI. R. Islitulo non avrebbe che a sosle- nere il dispendio di quindici barometri, di quindici termo- metografi, e di quindici termometri, dispendio che non e grave. — Io slesso non manchero di ocuparmi della corri- spondenza, perche il noslro piano abbia a collcgarsi colle osservazioni che si fanno nelle varie parti della valle del P6, sulle Alpi che ne cireondano, e sull' Appenino che ne divide dal mezzodi dell' Italia, onde possa corrispondere a quelli dei principal! osservatorii di Europa. — 543 — Non dobbiamo lutlavia lasciare in ohblio le forze delle noslre aceademie, dei noslri atonei, e degfisliluti regi. Dob- biamo fare appello a tutli, perche porlino, per quanto e loro permesso, il tributo tlelle loro cognizioni all'edificio scien- tific© che ci proponiamo d' innalzare. Dagli atenei e dalle aceademie che eontano nel loro seno persone istrutte e dot- tissime nella zoologia, e nell' agrieoltura, noi possiamo pro- rnetterei notizie le piu precise sulla emigrazione e rilorno degli uccelli, sulla fogliazione, lioritura, e frultificazione di molte piante, come del mandorlo, del pesco, del ciriegio, della vile, e de' eereali frumento e frumenlone. Per tal mo- do i feaomeni periodici si Iroveranno aimualmenle colle- gati cogli elementi fondamentali del clima. I professori di storia naturale e di fisica potranno dal lato lord sommini- strarci i risultamenti di quelle osservazioni, che nei limiti dei loro mezzi c dei loro studii fosse loro dato di averc. I diretlori degli ospifeali potrebbero ancora esserci utilissimi con una brevissima nola snl numero e qualila delle malat- tie dominanli in ciascun mese negli ospitali alia loro cura affidati. Non dimentichero di ricordare gli oflicii delle pubbliche costruzioni di qiieste provincie, i quali potrebbero concor- rere nel fornirci i dati idromelrici dei nostri fiumi, colle indicazioni dei giorni e delle ore, nelle quali furono eseguite le ispezioni fluviali alle varie stazioni. — Io m' avviso che tulte le indicate osservazioni debbano essere accompagnate giornalraenle coll' indicazione dell* eta della luna, dell* ora del suo passaggio pel meridiano del luogo, e delle congiun- zioni ed opposizioni col sole. I fenomeni meteorologici studiati in relazione alle cause che li producono, addiman- dano la notizia della posizione degli astri del nostro sisle- ma solare, perch e a quest' ora 1 osservazipne ci ha dimo- — 544 — strato esservi una stretla colleganza, della quale ci rimane ancora a gcbprire le leggi che vi presiedono. L' osservaLorio meleorologico da istituirsi in Venezia, solto 1' immediata direzione dell' I. H. Istituto, dovrebbe es- sere piu esteso e piii eompleto degl'i osservatorii clerical!, do' quali abbiamo p aria to. II seminario patriarcale di Venezia e henemerito di averci continuata la serie delle osservazioni barometriche, teruiometriche, dello stato del cielo, della direzione ed in- tensity dci venli, e della quantita della pioggia, che viene raceolta nel pluviometro cbe vi fu annesso. Trovo ora che furono aggiunte le osservazioni ozonometriche e del ter- moraetro uinido, le quali vengono giornalmente pubblieate in uno specchietto della gazzetta ufficiale di Venezia. Ma noi non dobbiamo rimanerei contenti a queste osservazioni, potendo fare altrettanto e piu in uno stabilimento regio. Abbiamo al settentrione della cilia f i. r. orto botanico sgombrp da caseggiati, e fornito di un personale perma- nente, e sotto la custodia di un professoredi seienze nalu- rali: noi potrennno dare iosto incominciamentp colle os- servazioni baromelriche e termoraetriche, estendendo suecessivamente gli elementi. Non credo che le ore di osservazioni eseguile di nolte- tempo col sussidio di lumi sieno da preferirsi. Crederei op- portuno di fissare le ore 8 del mattino per ogni stagione, il mezzogiorno, e le ore i della sera : ma desidererei che a queste venissero aggiunte quelle del passaggio della luna dal meridiano, e delle congiunzioni ed opposizioni del sole e della luna. Troverei opportunissimo che ai dati delle alte e basse maree, che possiamo ritrarre dalla cortesia dei regi officii, venissero associate le sineroniche osservazioni baro- metriche, le quali verrebbero a rilevare le relazioni tra le — 545 — alle e basse marcje e le pressioni baronielridic. Per racco- gliere tutti questi dati in un modo regolare ordinato, io presentero una modula di t a belle, che dovranno essere in duplo distribute alia line di ciascun anno a tutti gli osser- vatori ed isliluti, die graziosamente si presteranno eon noi alia determinazione del clinia dello provincie venete. I nomi di tutti i benefnerili dovranno essere registrati a dimostrazio- ne della nostra riconoscenza,ed a perpetuila tlolla istituzione. Per la stazione della citta di Venezia, ebe andra a pren- dere uno sviluppo commerciale sempre piu crescente pel taglio di Suez, non dobbiamo rimanerei content] al gia detto. L' I. R. Is tit u to deve avere un osservatorio meteoro- logico, per cosi dire^ tipo e modello, che possa presentarsi eon onore e con vantaggio della scienza o del eoniiuercio in colleganza eogli altri istituti di Europa. I porti di Aneona e di Civitavecchia vanno ora ad essere tornili di osservatorii meteorologici e magnetici, a cura del pontilioio governo, e per cura privala ue furono eretti an- cora in Pesaro ed L'rbino : e noi in Venezia rimarremo forse indietro in eonfronlo dei limitroli paesi ? E noi ci mostreremo poco curanti di una istituzione che va di giorno in giorno piu a prendere un' estensione tnondiale ? Io ho cercato da dieci anni, die i fenomeni periodici delle piante in piena terra dell' orto botanico in s. Giobbe in Venezia, avessero a figurare coi fenomeni periodici di varie contrade di Europa, e le memorie della reale Acca- demia delle scienze di Brusselles raccolgono i dati di os- servazione die inviai a quel corpo scientifico, die sotto I' inipulso del celebre Quetelet ba tanto meritato della scien- za del clima e della statistica. La navigazione ne ba rac- colto frutti preziosi: uierce gli studi dell' indefesso Maury le navi mercantili die salpano dai porti di America giun- — 54ti — gono ai porti di Europa in un periodo miiiore di (fuattordici 0 sedici giorni: La direzioue dei vonti studiata eon lanlo zelo dal dotto arnericaho fu la sorgente di questo utilissimo effetto : e il commercio araericatio in un raodo condegno o.doi'6 la scieoza e Y insigne suo cultore. Un osservatorio meteorologico, die risponda perfetta- mente alld slato attuale della seienza, dovrebbe essere for- nito dei seguenti islrunienli: I. Termometografo a mussima e a minima. II.Termom(3lro,perdelermiiiarela tempera I lira dell'aria, 1 irraggiamento notlurno, il raffreddaniento per eontatlo degli strati aerei aseendenli e diseendenti, 1' intensila del ealorico solare, la lemperalura della terra, alia sua super- licie e a differenli profondita, la lemperalura dellc cave e miniere, dei pozzi, delle sorgenti, delleacque piovane, della neve e della gragnuola. III. Termometro coperlo di una niussulina costante- mente bagaata di aequa eomune per delerminare la umi dita dell1 aria. IV. Igrometro a condensaziorje del signor Regriault. V. Apparati destinati alia dirctta determinazione della quanlila del vapore aequco esistente nell" aria. VI. Igrometro a eapello di Saussure. VII. Baromclro. VII. Simpiezomelro. I\. Termometro ipsomelrico. X. Pluviometri a differenti altezze. XI. Apparati per raccogliere e misurare la quantilii della neve e della rugiada. XII. lkiciuo od udomelro di evaporazione. XIII. Apparati per delerminare la direzione e la for/a dei venli, come le banderuole n j;li anemoseopi. — 547 — XIV. Apparati per determinate I' altezza, la velo.cita e la dirozione delle nubi. \V. Elettrometri statici e dinamici, cioe per raisurare Kelettricita di tensione e I' eletfrieita dinamica. XVI. Ozonometro. XVII. Cianometro, od altro islrumcnto destiuato a mi- surare I'intensita della luce nei varii puuli del cielo perfet- tamente sereno. XVIII. Istrumenti proprii a misurare gli aogoH (go- niometri) nei fenomeiii di otttca atmosferica. \I\. Polariscopi di Arago e di Savart ecc. \\. Apparali idonei a comprovare i movimenti della crosta terrestre, ed i tremuoti. XXI. Apparati per raceogliere ed analizzare I1 aria, I' aequa di pioggia, la brina, i vapori delle uebbie, la rugia- da, la neve la gragnuola ecc. XXII. Apparati magnetici per detcrminare la intensita delle forze magneticbe, la declinazione e 1' inclinazione. XX1U. Apparali meccanici ad orologeria, come quelli di Kreil, o foto^ratici come quelli di Greenvicli, per registrare in un modo non inlerrotlo le osservazioni ineleorolo^riche. XXIV. Telescopio per delerminare con precisione la posizione della slella polare, e il passaggio degli astri pel meridiano dell' osservatorio. \\V. Un cronometro, e pendolo a compeusazione, di- pleidoscopio, ed altri apparati per avere I' ora precisa nella quale avvengoQO i tremuoti, appariscono fe stelle caderrtTj le meteore luininose, le aurore boreal i <■<•<•. XXVI. Apparati per fare il gbiaccio, nei paso cheman- ehi il naturale di una gbiacclaja. XXVII. Per un osservatorio di primo ordine occorre una tone elevata da 50 a (no meti'i, per avere un orizzon- — 548 — te sgombro da tutti gli oggelli eircostantij sulla quale po- ter collocare istrumenti e fare osscrvazioni nelle varie direzioni dell' atmosfera. A tutto questo devc ess'ere aggiunto un piccolo labora- torio fornito de' principal! istrumenti meccanici, onde ese- guire le piu coniuni riparazioni de' guasti, che a quando a quando acoadono negl' istrumenti di osservazione. Io non propongo all'I, R. Istifuto la creazione di un os- servatorio meteorplogico eosi completo in Venezia. Conoseo che gravissime diilicolta starebbero conlro, e dal lato dei mezzi e dal lato ancora dell' esecuzione. iNon debbo prcten- dere, che si faccia nclla sede dell' Istituto venefo, quello che non si e eseguito ancora eompletamente ne in Parigi, ne in Vienna, ne in Monaco, ne in Brusselles e Berlino, e che solo I' Ingliillerra ha eseguito sopra una scala la piii estesa e perfetta : ma debbo chiedere e fare la piu fervorosa preghiera, che al registro dei fenomeni periodici dei vege- tabili, ch' e in corso all' i. r. orto bolanico in s. Giohbe, si aggiuogano le regolari osscrvazioni barometriche, termo- melriche, igromelriche, dello slalo del cielo, della quanlita della nioggia che cade, e della neve, colle mensili delermi- nazioni della declinazione dell' ago magnetico : e 1' on ore- vole noslro collega signor professor Zambra, od allro pre- poslo cuslode e direllore dell'i. r. orlo hotanico, potrebbe essere interessato alia sorveglianza della regolarita la piu precisa nelle osscrvazioni che all'orto hotanico verrebbero fatte. Successivamenle trovandosi II. R. Istituto in condi- zioni economiche migliori, coadhivato ancora dalla camera di commercio, potrebbe ampliare un'istituzionecherispon- da ai bisogni del crescente sviluppo commerciale ed indu- slriale, che noi atlendiamo per la citta di Venezia. 41lorquando questa proposta avra a trovare favorevole — 549 — accogltenza dull' I. R. Istitulo, una label la sara redatta per I' uniformity delle osservazioni da farsi nelle Venezie, come abbiaui detto., con una breve islruzione sul collocamento e sull' uso degli istrumenti. Qui soltanto io diro, die le osser- vazioni meteorologiehe non avranno a riuscire o superflue o slerili per la nostra agricoltura, pel nostro commereio, per le nostre arti. V agricoltura illuminata dalle condizioni del clima potra avere una sicura e fedele scorta delle epo- che le piu lavorevoli alle semine ed alio raccolte, una re- gola per 1' acelimatizzazione di nuove piante, e di animali che possano prosperare nei climi di queste provincie. Annuali istruzioni sui varii oggetti che inleressano 1' agri- coltura dovranno essere pubblicate ad esetnpio delle pi u cospicue accademie, le quali serviranno ad un tempo di eccitamento e di guida ai possidenti a far meglio, e ai co- loni per ispogliarsi di antichi pregiudizi, e di un cieco em- pirismo tradizionale. Vi sono industrie, esistono arti Ira noi, che abbisogna- no di condizioni almosferiche bene determinate, onde as- sicurare la ricchezza e bonta dei loro prodolti. Un pro- spetto che metla in chiaro le stagioni e i periodi delle mag- giori temperature, dei freddi piu intensi, dello stato del cielo, sara di norma, se non sicura al tutto, almeno pro- babile, per I' intrapresa di annuali lavori, come in modo speciale sono quelli delle nostre saline, delle cererie, della concia de cuoi ecc. Le inlraprese delle esportazioni fluvia- tili hanno bisogno di dati regolatori, le epoche delle medie almeno dei fiumi, delle alte e basse maree, della profondila del mare nell' entrale dei nostri porti, e nel corso degli interni canali. Non dobbiamo abbandonare queste interes- santi notizie o agli stranieri, come attualmente si pratica, o alia speculazione di alcuni privati. 1' I. R. 1st it u to, racco- Serie III. T.I. 71 — 550- gliendo i dati dagli officii, potra presentarli in un inodo franco e sicuro al eommercio ed alia camera di questa citta, a direzione di tutti, e I' onorevole nostro collega signor ingegnere Casoni, potra prestarci 1' opera la piu utile e la piu efficace coll' estese sue cognizioni. II eom- mercio e la navigazione verranno assicurate della premura e dell' attivita di questo corpo scientiQco, perehe non man- chino notizie le piu certe e le piu fedeli, a lume de'naviganti che dirigono i loro legni nel tranquillo e protetto seno di queste lagune. Per tal guisa io ho la piu ferma fiducia cbe tutti do- vranno convincersi dell' utilita di questa istituzione, e do- vranno colla prova dei tatti assicurarsi, che la scienza bene applicata, non solo accresce la potenza nostra sulle forze della natura, ma ancora estende il dominio delle no- stre industries della nostra agricoltura e del nostro eom- mercio ; e che nel nostro secolo la scienza c divenuta una vera polenza delle nazioni \\)\Um ML (ilORM) ?8 tPRILHIMi ^H legge questa memoria intitolata : L' urgente problema delT oro e la sua soluzione del m. e. dott. G. B. Zannini. Siamo d' improvviso arrivati alia eta dell' oro : che non e pero quella del regno di Saturno co' frutti spontanei e copiosi della terra, e cogli uomini giusti, pacilici, felici. L' oro uella eta storica ci si appresenta (per seguitare il linguaggio dei miti antichi) in tigura a due fronti e di doppio carattere: tenente in una mano il eorno d'Amaltea. versante coll' allra il vaso di Pandora. Suasore dei piii de' delitti, corruttore d' ogni men fer- ma virtu^ compratore di voti nolle repubbliche e nei parla- menti, e talvolta nelle aule della giustizia e in quelle de'prin- cipi, violatore di talami, seduttore di vergini, eccitatore di conquisle ,minislro di tirannidi,obbrorioso ai molti cbe assi- dui e infatieabili a ogni costolo cercano, e glorioso ai pocbi — 552 — die nobilmenle lo rifiutano: I'oro ha macchiato pagine innu- merevoli delle slorie umane, e nc ha ben pocbe onorale. Rivolgendo la faceia di queslo metallo, ee ne lampeggia una meraviglia, una luce, un prestigio, generatore di beni grandissimi. L'oro iniquamente predalo, quasi ministro d' una giustizia superna, punisce i predatori colla perdila d' ogni virtu. Cosi avvenne ai piii gloriosi tra gli antichi, ai nostri romani. L' oro lucrato colle onorale faliche e nobile sementa d'ogni grandezza e potenza. E senza useire d Italia, abbiamo i chiari esempj delle noslre repubbliehe del me- dio evo. L'oro tradotto in moneta fa nel mondo economico gli effetti mirabili, che nel lisico lo elettricismo. Tantocche senza esso riuscendo difficilissimi i cambj, e pella malage- volezza loro maneando i consumi e col difelto di questi lo stiraolo alia riproduzione, saremmo perpetuamenle rimasti nella infanzia delle arti e nella rozzezza: come eel provano le prime eta di tulti i popoli noti. Ond' e che delle (ante meraviglie, per le quali risplende il create, non e da met- (ersi colle minori, e le men degne della nostra ammirazione e graliludine, quesla deU'essersi dall ordinatore supremo della umana vita poslo nel cuore ai piii un lanto, e si tena- ce e quasi matto affetto alia materia, che diciamo oro: dal che poi venne 1' eccitamenlo alle piu ardue fatiche, la in- venzione e il progresso dell' Industrie, il conseguente inci- vilimento de' popoli, ed ogni grandezza e gloria del genere umano. Ora la sovi-abbondanza improvvisa di questa materia, cosi potente sulle condizioni degli uomini, sara ella una buona o una mala ventura ? II ponderoso problema tien lurbate e divise le menti dei governi, non meno che dei dotti: i quali dividonsi, come al solito, ne'due partiti estre- — 553 — mi e nel media no. I)i che non dobbiamo meravigliare: poi- che I'argomento della moneta e tanto sottile, ch' ebbe il nome di metafisica della economia polilica. Tra i dotti y' a chi benedice la nuova abbondanza del- I' oro, dicendolo la ricchezza per eccellenza. Di questa schiera in Francia sono Micbele Poisat, Vittore Lanjuinais, Paolo de Leobardy ed altri: e in Francia, e fuori tutte le moltitudini; nel cui novero per questo riguardo e da porre molti dottissimi. I quali tutti, traendo i principj universali dal proprio borsello, non sanno capacitarsi, che 1" oro pos- sa mai essere Iroppo. Lo veggono il rappresentante d' ogni agiatezza: veggono potenti nella eta di mezzo Venezia, Ge- nova e le citta dell' Ansa, che lo possedevano, e potentissi- rae Inghilterra e Francia, che posseggono in gran copia og- gidi; veggono o credono vedere beati i popoli, che piu ne abbondano, e burleseamente ricordano la moneta ferrea di Sparta e le Ieggi suutuarie di Catone. AH' altro estremo v' ha un drappello di pochi, che ara- meltendo la utilita d" un qualche aumento dell' oro, come promovitore di piu gagliarde e generali industrie c piii va sti e poderosi commerci, tremano alia idea troppo probabi- le d' un augumento smodalo: per cui con turbazione grave, continua, crescente scompiglisi 1' armonia delle leggi eco- nomiche, nella cui stabilila posa 1' edifizio della prosperita, della potenza e della pace de' popoli. Finalmente il partilo mediano, poco men numeroso del primo, perche di tutti piii comodo, componesi dei moderati e degli apatisti: de quali i moderati non aspettano una so- vrabbondanza d' oro cosi stragrande da riuscire dannosa in mezzo alio industrie e commerci tanto aumenlati e tanto in ogni parte aumenlabili pegli effetti dell' oro medesimo; e gli apatisti, che sogliono a tulto anteporre la dolcezza della — 554 — inazione, confidano tranquilli nella provvidenza delle leggi mondiali. De'governi, gli stati uniti d1 America, die lino al 1848 avean posta la unita monetaria nel dollaro d1 argento, al- I' apparirc dei nuo\i lesori di California, la trasposero nel dollaro d' oro. Olanda invece, impaurita dell' oro, con leg- ge \1 setlembre 1849 pianto la unita monetaria nel tiorino d' argento in guisa tanto assoluta da levare ogni carallere di moneta aJ suoi liorini d' oro e a' suoi guglielmi. II Belgio e il Porlogallo imitarono 1' esempio: se non ehe quest' ulti- mo feee una eccezione alle doppie inglesi, sacrilicando il principio al fatto della nota dipendenza di quello stato dalla [nghilterra. Russia con un ukase 29 dicembre 1850 vieto la esportazione dell' argento ; ehe e tra' prodolti notabili delle sue miniere. Finalmente in Francia una ministeriale 14 dicembre dell' anno stesso nominava una commissione coll' incarico di studiare il problema dell' impiego simulta- neo dei due metalli come moneta legale: ma questa com- missione il 1 5 gennajo suecessivo, poco credendo alia con- linuazione della straordinaria produzione aurifera, si sciol- se concliiudendo di non far nulla. E Francia stessa, e tutti gli altri governi, o moderati o apatisti, seguitarono a vivere e vivono, come se nulla fosse avvenuto di nuovo nel mon- do economico. Quale veramente fu tra essi il piu savio? 0 lo fu anco- ra pienamente alcuno ? Quesli dubbii d'importanza supre- ma sugli interessi piu vivi delle nazioni civili cesserebbero tutti colla soluzione adequata del grande quesito, ehe in Francia dicono il problema dell' oro. L' offerire questa soluzione fondala, lucida, precisa, e 1' arduo assunto di questo breve scritto. Nel quale per pro- cedere con ordine logico esaminer(,>: l.° se questa straor- — 555 — diuaria produzione aurifera nelle presenti condizioni del mondo economico tragga necessariamente e prestainenle al deprezzamento dell'oro; 2.° se buont o sinistri sienogli effetli di questa produzione straordinaria nell' ordine economico e nel giuridico ; 5.° se siaci e quale il modo di soluzione del grave problema. I. La nionela e misura e insieme equivalenle di valore: eioe segno a un tempo e merce. L" oi'o e I' argento, clie la compongono, seguitanu come merce le leggi indeclinabili della offerta e della dimanda. La offerta poi e regolata dalle spese di produzione: giacche minorandosi queste o pella scoperta di riccbe miniere, o pel miglioramento de' melodi metallurgici, aumentasi necessariamente la massa dei me talli offerti. E la dimanda e regolata dall'uso maggiore o minore, che pelle accresciute industrie, pegli ampliati com- merci, o pel progrediente incivilimeuto da un canto, o pella maggiore o minore consuetudine dei meecanismi del credito dair altro, si fa dei metalli nobili ne' servigi del lusso, o nel- f offlzio della moneta. Questi principii sono confermati dalla sloria: di cui locclieremo i punti eminenti nelle varie eta, cosi della re- lazione tra 1' oro e I' argento, come di quella tra i due me- lalli e le cose permutabili con essi. Nella Baltriana e in quella parte dell' Asia, cbe si com- prende tra 1' lmaus e il Paropamiso, la relazione dell' oro all' argento tra il quintodecimo e il sesto secolo avanti Lera volgare sarebbe stata dell' I al 6, dell' I all' 8: relazione. che nella China e al Giappone si mantenne Pino al principle del secolo corrente, e che ci spiega il correre cola del no- stro argento a preferenza dell' oro. — 556 — Tra' greci alia eta di Senofonte H), secondo ci narra egli stesso, questa relazione era dell' I al 10: ne" quali ter- mini si ravvisa anche cent' anni dopo nel trattalo seguilo fra gli etolj e i romani. A giorni di Demoslene i trecento einquanta un mila talenti d'oro (quasi esuiali a due mila mi-, lioni di franchi) che Alessandro rapiva all' Asia e versava in Greeia, lo feeero subitamente seadere (di fronte all' ar- gento) di qualtro quinti del pregio, che aveva alia eta di Solone. Tra' Romani prima di Giulio Cesare la relazione del- 1 oro all' argento duro dall' I al 10. dall' I al 12 ed anche al 13 in commercio: e nella monetazionedell' oro sali fino al 17. per un peccato molto antico ne' governi. Due fatti di Cesare alterarono poi d' improvviso e gra- vemente la relazione tra i due metalli. Con una mano spo- gliava le Gallie dell' oro: melteva l'altra nell'erario romano, e da questa sola traeva in oro un valsente di due mila mi- lioni di franchi. Con che comperava la liberta della patria. e sviliva 1' oro verso 1' argento al ragguaglio dall' I all' 8. II lusso immoderato dei susseguenti tempi imperiali, mosse una corrente perenne dell' argento verso 1' Oriente, per la quale questo melallo scadetle a balzi, o rialzossi di pregio, seeondoeche la buona fortuna di qualche grandioso saccheggio lo rimetteva nell" esausta Roma. In Plinioil na- turalista leggiamo le seguenti parole: a fare un compito ben discreto 1' India, i Seri c 1' Arabia levano ogni anno al nostro impero cento milioni di sesterzj : tanto ci costano le delizie e le donne. » Quest' annua esportazione, secondo le tavole d' Arbutbnot, equivale a 18 milioni di franchi. i qua- li nei tre secoli e mezzo, corsi da Ottavio Auguslo a Co- i ! i -"'iri anni prima 'it'll' e. \ . — 00/ — slanlino, monlano a sei miliardi: somma esorbilaute ma non maggiore del vero. Cesare Canlu, Delia sua storia uni- versale (I) tassa di esagerali questi 100 niilioni di Plinio : ma egli ne sbagliava il valore, portandolo ai 190 niilioni di iranchi. Quesle continue uscite dell1 argento verso lOriente m> aveano vuotato I'impcro alia eta di Gallieno (2). E se po- chi anni dopo, cioe solto Diocleziano, ricomparvero le mo- nete di puro argento, se ne debbe il merito all'iinmenso bot - tino cLe Aureliano raccolse da Palmira distrutta, ed alle of- ferte dell' Asia. II ehe pero non impediva, che il rapporto dell' oro all' argento, lenutosi sotto Vespasia.no dalF I al 10, essendo a' tempi di Costantino novellamenle sparito I' argento, calasse al non piii veduto rapporto del 12 al 14, come troviamo in una sua legge. E 70 anni dopo di lui piu non si ebbe nell' impero che un biglione abbieltissimo. Nella eta di mezzo, per quanto si pud conoscere, l'oro si mantenne verso I' argento, con variazioni di poca impor- tanza, nel ragguaglio dell' I al 10, dell' I al 12. Dopo sco- perte le Americhe, queslo ragguaglio elevossi al 44, al 15, al 15 l|2, al 15 5|4 e per brevi tratli al IG. Oggidi non ar- riva al 14. Tali sono le vicende principali di valore apparite finora in questa prima relazione, che e Ira l'oro e 1' argento. Veg- giamo nella storia or l- altra fra i due met a Hi nobili da un canto, e le allre cose mercatabili dall' altro. Non rinnovero la noja d' un giro pel mondo antico. Nel quale pero troveremmo, che quando i due sopraccen- nati miliardi dell' Asia si travasarono in Grecia. vi crebhe 1 1 ) Vol. .'>. paij. 509. prima ediz. (2) Vnni 260-268 dell* e v. Serie III. T I T2 — 558 — (i iuipi'ovviso e motto il prezzo di tutte !e cose. E quando Vugusto dal vinto Egitto recava a Roma i lesori,che viave- va ammassati la terra piu fecoada e il commercio piu ener- gico dell' era antica, il prezzo delle cose vi si doppio. Ci ri- durremo invece a no tare le alterazioni portate ne'prezzi della eta moderna dalle nuove miniere d' America e di Rus- sia, e dagli strati nuriferi di California e Australia. Alia seoperta d' America era poca la quanlila dei me- lalli nobili esistenti in Europa. Dinanzi alle irruzioni dei barbari e fra le guerre fraterne, tanto frequenli per ogni parte nel preceduto medio evo, la paura ue avera sepolto non poco, che tutto poi nori riappariva al giorno: mollo in tanti secoli se n' era consunto pel logoramento (I) delle nionete e pell' uso degli oggetli lavorati: piu ancora n' era partito pella via consueta d' Orienle. D' altronde la indu- slria mettallifera era venuta meno per guisa, che dal 000 al 1500, giusta i calcoli di M. Jacob (2), non avrebbe pro- dolto oltrc ai due annui milioni di franchi in oro e argen- to. II londo antico, secondo lo stesso Jacob, non sarebbe stato maggiore di 860 milioni di franchi: fondo, che altri l»orta al numero rotondo di mille milioni, e cbe Alberto Gallatin forse eccessivamente eleva a 1000 milioni. In que- st© compito tanto difficile pella moltiplicita e complicazione dei suoi eleinenti, e pella loro distanza da noi di Ire secoli e mezzo, e forse molto non discordare di piu. Dal 1500 al 1550, secondo le osservazioni di Adamo Smith, non apparvero alterazioni nei prezzi delle cose, che e quanto dire nessun abbassamento nel prezzo dei due me- (1) M, Jacob. On Precions metals. T. I. Capit. XIV, valuta una 360/ parte la perdita annuale portata nei metalli nobili 7 — unico nel mondo. K questo il Clearingg-House, o camera diliquidazioiie inLondra. Ogni di,dopole dodici, lutti i ban- chieri di quella capitale, col mezzo de'loro cornmessi, eon- vengono in questa camera ; dove compensano le tratte, che hanno a ricevcre, con quelle che debbon pagare, e pareg- giano la differenza con note di banca. Da un documento parlamentario si ha, che I' anno 1859 si e fatto in questa camera senza alcun uso di numerario il giro di 258G0 mi- lioni di franchi (I). Cou eio si spiega il miraculo, onde lughilterra puo, col- I' impiego di circa mille milioni di franchi in moneta, com- piere tuti gl' immensi affari proprii, e forse la mela dei commercial! di tutto il mondo (2). II meecanismo medesimo del Clearingg-House e ripetu- to a Londra e a Parigi nel giro delle cambiali dei due pae- si. Le cambiali si traggono dalle varie citla sopra Parigi e Londra. Qui o si compensano con tratte della capitale so- pra quelle cilia, o si pagano con giri presso la banca, o con biglietti di questa : e vi si girano senza uso di denaro presso ai dieci mila milioni di franchi. Yenne osservato dagli economist!, che piu studiarono in questa materia, che i paesi poco industriali, mancando di movimento, abbisognano di poca moneta ; che i paesi me- diani Ira il poco e il grande progresso, usano piii moneta che credito-, e che i paesi prossimani al progresso supre- mo, quanto meglio innalzansi verso la cima di questo, ven- gono usando piu credito e meno moneta. Il che ci e con- fermato dalle storie commerciali d' Inghilterra, delle Provin- ce unite e di Francia ; e lo sara ben presto da quelle di (1) M. Chevalier, Cuurs d'eronom. polif.. Ediz. di Bruxelles. Vol. Ill, pag. 349. (2) Lo stnsso. pag. 1276. — 568 — Olanda, del Belgk) e della lega doganale alemanna; che eontinuando negli rneoati progressi sapranno appropriarsi ognor pin T uso tanto lucroso di questi meccauismi. In qualche stato la consuetudine popolare alia carta puo Tare le veci degli indtistriali progressi, e citoremo f Au- stria i cuisuddili (adeccezione degli italiani) priniache la banca di Vienna sospendesse i suoi pagainenli, preferi- vano sempre la carta al metallo: e appena sieno ripresi, li vedremo tornare al punto medesimo. E fu per questa consuetudine, che Tegoborski, nel 1840, non trovava di numerario in questo vaslo impero cbe dai 550 ai 575 milium di franchi, de' quali forse la meta nelle proyincie italiane (I ). Per questi esami ci si la dimostrata e manifesta una opinione conlraria alia generale., che tiene farsi maggiore la dimanda e l'impiego dell' oro novello a misura degli industriali e commerciali progressi : laddove inveee e vero, che crescendo con questi sempre piu luso del credito, si lara progressivamente minore il bisogno della moneta metallica. La terza causa, cooperante al deprezzamenlo dell' oro ncH'offieio di moneta, e la mirabilissima mobilita di questa neir era or corrente. Coll' esca de' guadagni nelle azioni di tante imprese sociali, che ogni giorno appariscono in ogni canto del raondo civile, e alio quali sono ormai connesse tulte le opere pubbliche e private di qualche rilevanza, i denari escono dagli scrigni de' capitalist! ; dove in altro tempo gia- ceano lunghi anni immoli. Lanciati una volta nella cor- rente commerciale, fanno in un anno cento giri, cioe cento voile rappresentano e moltiplicano se' stessi. ( I ) Finances de VAutriche. Vol. 1. pog. 91. — 509 — Tutte queste cause, reslringendo la dimanda deil' oro oovello, debbono inevitabilmente auinentarne I'offerta, e'eon essa peggiqrare il suo presente valore come monela. Queslo peggioramento potra egli impedirsi o sospen- dersi dalla dimanda dell' oro come merce, cioe pe' servigi di lusso? La dimanda dell' oro per questi non potra farsi maggiore della presente, se non in quanlo il prezzo se ne faccia rainore: poiche solamentc in quesla nuova e digra- data sua condizione potra diventare accessibile a quelli, die presentemente non ne usano. Prima adunque che tale maggior dimanda possa mitigare gli effetli della maggiore offerta dell'oro, e d'uopo che queslo abbia perdulo almeno la me la del suo presente pregio. In queste condizioni del mondo altuale economico, che abbiamo csposte, lo scadimento inevitabile dell' oro, che sovrabbonda, sara graduale e a giusta mi sura, come quello d" ambo i metalli nobili, che precedette la scoperta di Ca- lifornia e Australia, o impetuoso e a balzi, e quasi precipi- te? A questa seconda sentenza ci fa piegare la esorbi- tanza delle masse ogni anno ammontate, e la potenza im- mensa e ognor crescente delle tre cause, che ponemmo in luce. Siamo all' ultima ricerca: quella del probabile periodo d' un deprezzamento di rilevanza. II massimo, che sarebbe, come vedemmo, di quattro quinti, dipendendo dalla maggiore o minore persistenza ed accorrimento dei cercatori d' oro in quelle lonlane e disa- i^iate regioni, che per piii cause puo perturbarsi,venir meno o interrompersi, non si saprebbe slringere a un termine. Ma un deprezzamento gravissimo, per esempio della meta, dove non venga allentalo da carestie, che affliggauo vasta - mente I' fiuropa, o da guerre del pondo della orientale, lo — 570 — credo possibile, e forse inevitabile nel giro di died in do- diei anni. Ne faccio il profela di fantasia o abbaccinato dalla paura : ma intendo dedurre la previsione con logico argo- mento da un reccntc passalo. Vedemmo che nel periodo dal 1500 al 1750, quantun- qne I' annua produzione dei inetalli nobili fosse salita dai due railioni di franchi agli otlantacinque, i prezzi delle cose non eransi che raddoppiati. Ma vedemmo ancora, che nel- T altro breve periodo dal 1750 al 1800, essendosi la pro- duzione sollanlo raddoppiata, i prezzi si quadruplicarono. Tal differenza evidenteinenle provenne dal doppio effetto delle masse, ognor piu grosse, versate sul mercato generate, e dal!' essere questo quasi saturato di moneta col sempre piu allargato uso del credilo. Ora se una massa metallica duplicala nel giro di 50 anni pote aumenlare del quadruplo il prezzo delle cose, una massa quintuplicat'a deve caeteris paribus portare al prezzo delle cose, nel giro di dieci, l'aumento del duplo. La dimo- strazione arilmelica sta nella nota (I). Potrebbesi opporre, che nei primi 50 anni del secolo correnle, quantunque la produzione dei metalli nobili sia progressivamente montala dai 225 milioni di franchi ai 46 5, i prezzi delle cose (cioe delle terre, che con norme meno dipendenti dagli accidenli naturali o arlifiziali rappresen- tano i valori) non giunsero a triplicarsi. Ma qui dobbiamo osservare: l.° che le guerre napoleoniche dei primi tre lustri impiegarono per tulta Europa immensa quantita di denaro in dispendj bellici: 2.° che il nuovo metodo assunlo dai governi europei nel secolo presente di levare imposte 1 i'X50~ 100 _ 2 " — 571 — ognor piu grosse, per consecrarle al mantenimenlo di mili- zio occessive e ad opeie di grandissiino costo, seguito a trovare a' denari 1' impiego, che sacebbesi diminuito al ces- sare di quelle guerre; 3." che le miniere di Russia fino al 1823 non davano che 985 chilogrammi in oro; che fino al 1833 non ne diedero piu che 65 1 8, che soltanto il 1842 lo crebbero a chilogrammi I492G; e che linalmenle nei soli anni 1846-1847-1848, loelevarono alpresenle prodotto di 28252. D'altra parte la produzione amerieana dal 1810 al 1848 erasi diminuita di 20 milioni di franchi. Ma nella seconda meta del secolo, che or percorriamo, le societa induslriali assunsero o sono per assumere lulti i grandi lavorl delle comunicazioni: e queste sociela, come vedemmo, non usano la moneta metallica, ma imeccanisnii del crcdito. Nella nuova era, in augur at a colla pace, una parte non piccola delle truppe stanziali sara congedata, e ne cessera la spesa. In questa l'Oriente mandera somme ognor maggiori alia compra delle merci occidentali. In questa l'an- nua produzione aurifera, peiraccorrimento sempre piu gros- so dei cercatori, potra presto montare ai due mila milioni di franchi. Or chi non vede in tultocio, che le cagioni traenti al deprezzamento dell oro sono piu potenti nella seconda meta del secolo decimonono, che non furono nella seconda del decimottavo? Con piena convinzione mi e forza quindi ripetere, che nel breve periodo d' un decennio \edremo scadulo 1' oro della meta del suo pregio presenle. Ora, in grembo a questo avvenire, che gia ci stende le hraccia ineluttahili, quali vicendeaspettanci nellordine eco- nomico, e quali nel giuridico? 572 I! Preraetto due avvertenze: I' iimf, die la niia lesi non tocca le situazioni d' Olanda e del Belgio, dove I'oro non e nionela. L' altra, ch'io suppongonegli altri stati libera e senza freno 1' azione dell1 oro. In primo effetto di quest'azione, nonostanti le Ire gran- di esportazioni d' oro gia rieordate, si e sentito nella mo- neta c si compula un 5 /a per 100. Qneslo disagio, bench 'c si minimo, baslo per l'opera del couamercio a yuolare d'ar- gento" Le provincie unite d' America c I' impero di Francia. Napoleone 111 voile ajutare la circolazione mefallica, imba- razzalo dallo sparire dei 5 franchi d'argento, sostituendoli d' oro: ma ineglio avrebbe operato, se con un tratlo di penna correggeva I'.errato rapporlo dell' I al 15 '/„, che tuttavia sussiste in quello stato per la legge monelaria del- I'anno undecimo.. Sopra quasi i tre miliardi d'argento nio- netato, die altribuisconsi a quell' impero, egli avrebbe evi- tato una perdita di presso a 100 milioni di franchi, causata dall' crrore di quella legge. Tanto importa in eeonomia, e soprattullo nella materia quasi volatica delle mpnete, saper tirare giustanienle e prontamente una linea. Noi pine, che abbiamo ancora il vecchio e non piu vero rapporto dell'l al 15 stabilito dalla legge I novembre 1825. perdemmo i napoleoni d'argento, perdemmo i talleri, e per- deremo i pezzi da 20 carantani, appena il progrediente de- prezzamento dell'oro viriea il vanlaggio gia tanto attenuate del cambio di quelli con questo, e e' intluca tulti a pagaro in oro andic le casse pubbliche. Ma Lutto questo e un nonnulla al paragone dei i'atli, che m'aecingo a mettere in luce. — 573 — Adolfo Thiers, in un discorso celebre, tonuto il 18'iH all assemblea di Francia, diccva che i prezzi piu cari dimo- strano i paesi piu ricchi. Ed e sentcnza di quasi tutle le J)ocche. A qucsta stregua niun paese sarebbepiu ricco d'una piazza bloccata. La ricchczza pcrd non consiste neh" abbondanza della moneta, ma in quella delle cose che servono alle necessity, ai bisogni, ai piaceri degli uomini. In questo novero 1' oro, come cosa, non serve che a I piacere del lusso ; e come mo- nela e un agenle della ricchezza, e non la ricchezza. E vero che come agente esso abbisogna in una quantila sufflcientc: come abbisogna no le strode e le macchine. Ma se mollipli- cate quesle ollre mi sura, qual pro ne fate al paese, e quale aumento alia ricchezza? E se molliplicate oltre misura il denaro, che potele fare di meglio? Non altro che aecrescere i prezzi delle cose, elevare le cifre dei conti, aggravare la inutile fatica della monclazione, e il nojoso incomodo della numerazione e dei trasporti. E a questo solo incomodo soggiaceranno d'ora innanzi i beati posscssori delle terre, delle fabbriche, degli animali: i quali colla stessa misura venderanno frulli e sostanze, e compreranno il bisognevole. Un solo danno pu6 coglicrli, ma lemporaneo e di pochi. E sara di quelli, die avendo aflittalo i poderi a termini lunghi, come costumano gl1 ln- glesi, rice\eranno d' ora innanzi le mercedi ogni anno piu assolligliale. Nell'avvenire pero sta per essi pronto il rime- dio del palluire le mercedi in generi. Ma i possessor! sono sempre la parte minore d' ogni paese: e la maggiore, quella che vive del lavoro e del ere- dito, riccvera percosse gravissime e ingiuste. Nato in gi-em- bo alia scuola ilaliana,, che mette innanzi a lutlo la mora- litu, notero prima le ingiuste. Serie III. T 1 74 — 574 — II codicc austriaco (§ 988), c il codice di Francia (art. \ 895) contengono a questo proposito una disposizione, die presuppone in quelli che la dettavano poca conosccnza della dotlrina economica sulla moneta. Pel codice austriaco, ad estinguere un debito basta la stessa quantita di metallo, eh1 era sufficiente il giorno della sua origine. Pel codice di Francia, basta la stessa cifra nu- m erica. Ma siccome in Francia e vielala ogni alterazione nella moneta, cosi la stessa cifra numerica ivi equivale alia stessa quantita di metallo. Perlocche su questo puntoidue codici sono concordi. Ma e ben piu strano vedere, che i piii cbiari economi- sti, forse trascinati dall' autorita delle idee giuridicbe cor- renti, tengano lutti ancb' essi (almeno i letti da me) che un mutuo di cinque anni addietro si possa legittimamente restiluire oggidi colla stessa quantita di metallo. La moneta, come dicemmo, e segno di valore e insie- me eqvivalente. Ed e conseguenza logica di tal definizione, che il segno non puo essere elevato sopra 1' eqvivalente (oro e argento, come merce) senzache questo diventi una menzogna , una frode . Ond' e , che chi avendo ricevuto prima del 1850 un prestito di 100 napoleoni d' oro in- lenda soddisfarlo al presente colla reslituzione daltreltanti napoleoni, commette la frode medesima, che se pagasse un giusto debito con moneta peggiorata,o tosata del 5 '/ per 100. E seguilando in si fatta guisa, tale frode potra pi- gliare misure incredibili c ributtanti: poiche tutti i de- bitori, certamente pagando colla moneta piii favorevole a loro , eslingueranno le precedenti obbligazioni colla metd del valore giustamente dovuto. Applicale il facile ( o in apparenza lecito ) abuso alia immensa mole del — 575 — debito pubblico tli tulta Europa ed America, e di lulti i debit! privati di non recente data, e ne scoppia una ruberia universale tanto poderosa e sterminata da vin- cere tulte insieme quelle dei piu gloriiicati saccheggialori de' popoli. Passiamo a notare le principal! percosse economiche. I 750 niila milioni difranchi, cbc dopo la guerra or ces- sala compongono il prcsente debito pubblico europeo (per tacere deil'americano), non meno ebe i raolli milioni di pri- vati mutui, sono tutli una proprietd privata, di cui gran parte appartiene a stabilimenti di religione, di benefieenza, di utilita pubblica. Levate loro, col deprezzamento dell'oro, la meta delle rendite die raccolgono in denaro dallo stato e dai privati, e i piii ne resteranno gravemente estenuati, non pocbi ancbe abbatluti. Da costa ai quali cadranno (se- gnatamente nelle cittu capitali) famiglie innumerevoli e one ste, principalmente d' impiegati pubblici, che avranno col- locato i risparmii di lungbe fatiche nei pubblici fondi, o nelle mani private. Alcunidiben larga cintola fra gli econoinisti osservarono, che tutta questa rovina sarebbe largamente compensata dalla piu facile estinzione del debito pubblico e privato: il qual effelto amano paragonare al giubileo cbrai- co. Ma quel giubileo, finche fu manlenulo^ fu causa preci- pua della rozzezza e poverta dei primi tempi di quel popolo: poiche attutava la energia dell' interesse individual, ed impediva l'uso fecondo del credito. Questa estinzione inol- tre, procacciata a tal prezzo, vantaggiando lo stato di alcuni coll'annientare la proprieta degli altri, sarebbe opera nefan- da di comunismo. E tutte le tramutazioni di questa pro- prieta, che non sieno il frutlo deH'onoralo lavoro, riescono a cancellare tra gli uomini il principio morale per inlroniz- zare al suo poslo finganno, il furto, la conquista. — 57G — 'La secomla percossa eadra sulla potenza del creditor a cui dobbiamo quasi tulle le meraviglie eeonomiche della eta correote. I eapitali primitiyi delle vecchie banche pcrderan- no la meta del loro valore: niuna banca novella potra fon- darsi sul pendio di questa declinazione perpetua. Ogni ca- pitalists pubblico e privato sara sollecito a riehiamare il suo denaro per collocarlo eon piu sicurezza in acquisti di terre: ondc la rovina dci debitori presenti. II denaro non pi'eslerassi piu ehe a termini brevi: gli affari si Iratteranno tutti con soli giri di partite, o con pagamenti immediati. Le stesse imprcse per azioni, ehe al nostro tempo elevaronsi a ministre quasi onnipotcnli d' opere, ehe in altra eta sareb- bersi credutc impossibili, pel vacillare dell'oggetlo, rappre- sentatorc di tutti i valori, perderanno tulte 1' iudirizzo po- silivo e il coraggio, e non poche la vita. E la speculazione, quest' aquila ardita della nuova era eeonomiea, prcveggen- do ehe i suoi voli, quanlo piu si allargassero nel tempo, tan to piu correrebbero per un acre assottigliato e mortale, dismettera lo slaneio animoso, e con dan no incalcolabile della umana famiglia sara costrelta nuovamente camminar terra terra. Volgendoci ad altre parti, troveremo nuovi tormenli e nuovi tormentati. Non potendo i salarii degii operai cresce- re paralleli aU'aumenlo de'prezzi de' genert di prima neces- sity c degli affilti delle abitazioni, saranno con tin ui e cru- deli i patimenli di questa elasse tanto numerosa in ogni slato civile, e tanto degna della universale alfezione. Ne moltnmen aspra sara la sorte de'funzionarii pubblici,segna- tamente dei moltissimi di minor gi'ado, e di tutti i profes- sori di liberali discipline. Piu deplorabile sara la condizione d<' ministri del sail- tuario, ehe ricevono in denaro i soltili slipendi: c depIOra- — 577 — bilissima quella dt'gli infelici, a'quali Soccorre la earitu pubblica c privata. Necessitali i governi a spese maggiori nel costo elevato dclle opero pubbliche, e neiraccresciinento del soldo a'loro funzionarii e alio nhlizie, dovranno equilibrarsi coll'aume.n- tare ognor piu la cifra delle presenti imposte. Dal die nuovi dolori, e ognor piu acuti, no' popoli: ed incessanlc fomite di crescente disaffcziuno a' governi. Sotlo il quale rispctto |b scadimcnto dell' oro piglia il grave carallere di una vicenda politico. Stimano i piu, che a bilaociare con usura lutli qaesli turbainenti social! basti il muvimenlo generafore di mag- giori industrie e speculazioni, cheloro inoltiplieato e tras- formato in nioneta non manchera di suscilare in ogni pac- se. Indefinito, essi dicono, e il canipo della umana indu- strial dale a questa f agenle monetario in quanlila indefi- nila ; e ne avrete i prodolti d' egual misura, eioe smisurali. Generalita chimeriche, troppo frequenti negii seriltori di Francia, che sfumano al tocco della osservazione e del- 1' analisi. Dicemmo gia, col noslro Antonio Serra, che 1- oro e l'argenlo corrono a' paesi, dove sono piu in fiore 1c indu- dustrie e i commerci: perehe quesli metalli non ci si recano per nienle, ma verso il correspetlivo d'allrellanli e cercali prodolti. Quindi V oro novello inondcra dapprima Inghil- terra, Francia, Svizzera, Prussia ccc; mettera quale he vena in altri paesi, come Lombardia, INapoli, Pieraonte, Venezia, Allemagna ecc; non entrcra che scarso in quclli, che nun abbiano prodolti domandali e sovrabbondanti. Or quali sotto il dominio di questa legge, considcrati in una veduta piu elevata e piu anipla, che non e quella finora osservala, saranno gli effetli e i movimenti causati doll' oro sovercbioS — 578 — Appena gli slati, die or primeggiano nella ricchezza in- dustriale, saranno saturati o sovrappieni d' oro, vi cresce- ranno a dismisura i prezzi dc' generi di prima necessity, e gli affitti delle abitazioni. Bisognera crescere le paghe ai manifattori, e crescere i prezzi alio manifallure. Ma queste ne' paesi, non sovrappieni d'oro, non troveraiino piu com- pralori. Sorgera quindi il fantasraa lerribile dell' ingombro delle merci a desolare improvviso e inesorato i paesi pro- dultori : dai quali la fame caccera il soverchio degli abitanti colla niorle, e colla emigrazione. Gli stali, or di secondo grado, cioe meno industrial! e meno pieni d' oro, piglieranno allora lena: poiche molti ca- pitalisti, tirativi dal tornaconto del minor costo della man d' opera e delle materie prime, emoltissimi operai, allettati dal minor prezzo de' viveri e delle abitazioni, dai paesi di primo grado Irasmigreranno in questi, e vi rimarranno, linche, pei motivi medesimi, soggiacciano come i primi alia vicenda dell' oro soverchio. II quale trapassera da ultimo ne' paesi di terzo grado, e ripelera gli stessi eventi : giacche la causa identica portera sempre 1' identico effetto. A primo aspetto parra, cbe per questo trascorrimento dell' oro di pacse in paese, recando seco le industrie e i commercii, egli assuma il nobile carattere e le funzioni di incivibtore. Ma, in primo luogo, il paese cbe lascia alle spal- le, resta desolato e povero d' art; : come avvenne alia Spa- gna inondata dai tesori d' America. Per secondo, se l'inci- vilimento, condolto dalla intelligeuza e dai razionali pro- gressi, va sempre innanzi di bene in meglio, procedendo sur una via seminata di fiori e di frutta, rincivilimento por- lato dab' oro, caccia innanzi, come vedemmo, e travasa le popolazioni coi tormenti della fame, e coi dolori della emi- grazione. Per terzo, non potendo dar frutli diversi dall'in- — 579 — dole sua, reca una civilta tutta impregnata di raateriali in- teressi, e ben lontana dalf altezza e dalla idealila dei pro- gress! della ragione. E chi vuol seernere questo vero nei fatli della storia, raffronti la cospicua natura delle colonie di Grecia antica a quelle tanto diverse della moderna In- ghilterra. Perloeche da qualunque lato si guardino queste masse esorbilanti d'oro, che ogni anno raonlano sulle antecedent!*, e vengono ingombrando il generale mereato, e nelle condi- zioni presenti del mondo economieo e delle leggi ebe abbia- mo, se ne pesino gli effetli iramediali e mediati sulle bilance della economia, della politiea e del giure, chiunque non 6 straniero a' principii di queste discipline dee rimanere grandemente atterrito alia immensita dei mali imminenti, e piii ancora stupefatto alia presenle inazione dei piu dei governi. Ma questa accusa e poi veramentc meritata ? Prima di lanciarla, vuole giustizia cbe veggasi se nella scienza siaei, e quale, un rimedio. III. Se si trovasse una merce di pieciol volume e di grande e immutabile prcgio, sarebbe trovala la misura del valore di tutti i luoghi e di tutti i tempi, cioe la monela perfetta. Ma questa in economia e la quadra lura del circolo. Non ci rimane adunque altro compenso, che di trovare tal merce del pregio meno possibilmemtc variabile, e collocare in que sta la miglior m on eta possibile. L' oro e I' argenlo soddisfano alle due prime condizioni del pieciol volume, e del grande valore. Ma quale dei due — 580 — adempie meglio aH'altra della maggiore stabilild?E questo il piimo passo'alla soluzione del probletna. L' oro, tranno eceeziphi di nessun con to, si trova in islato nativo, cioe non mischiato ad altre sostanze. L' oro si trova quasi lutto nelle terre d' alluvione: ond' e die a raccorlo bastano braccia, e a purgarLo un semplice lavaoro. Quindi la spcsa minima di produzione : (jiiihdi T arbitrio in- tero della fortuna sulla rnaggiore o minore sua quantlta, sul subilaneo apparire o disparire di esso. Qual soslanza adun- que e meno atta di questa a rappresentare la stabUitd del valori? Per vcrita non si sa in lend ere, come due nazioni tanto provette nelle doltrine economiche, cioe le province unite d* America, all' apparizione dell' oro di California tras- ferissero dall' argento all' oro la misura legale dei loro \alori; e come Inghilterra seguiti a mantenerla in questo. Ne piu scientifico o men dannoso 6 il sistema di Fran- eia, e degli allri stati, che adoltarono I'uso commie dei due melalli, come vedremo piu avanti. Osserviamo ora 1' argento. Questo trovasi sempre, salvo qualche eccezione raris- sima dentro a filoni sprofondati, e mescolato a tante so- stanze, che per consuelo al Messico e al Peril non se ne cava che i Ire millesimi. E quantunque in Russia, e molto piu nelle Americhe, v'abbian filoni di meravigliosa potenza, vi s' impiegano tanti capitali in pozzi, gallerie di scolo e di prolungamenlo, coslruzioni, macchine, braccia, trasporti, e matcrie (compreso in queste il mercurio per I 12(1000 di valore) die la spcsa complessiva di produzione lascia di rado un bel prodotto netto. E ben sel seppero gli specula- tori inglesi, die gli anni 1825-1824 eransi dati con lanto ardore all' opera di queste miniere: dal che usciva (con al- tre cause di minor conto) la crisi commerciale del 4 825, — 581 — cioo la piu terribile di quante abbiano minaeeiata la flori- dezza di quella ricca nazione. — Quella spesa di produzio- ne polra diminuire o col piu assennalo indirizzo di alcuni lavori, o colfuso di macchine idonee, o con qualcbe Irovato chimico: ma lutlocio considerato e calcolato, non potrebbe superare il margine d'un veriti o yenticinque per cento, die non e di seria importanza ncH'ampio giro del rnovimento mondiale: tanlo meno, die quantunque sia vero, come ve- demmo, cbe la corrente dei metalli nobili sia dall' oriente invertita verso l'occidente, e vero ancora, ebe quella del- l'argento verso 1' oriente non cessera. Poicbe eercandosi dagli orientali con predilezione largento, seguiteranno a procacciarselo come una merce. E infatli, ne racconta IMF. Newmarck (I) cbe, ancbe dal settembre 1831 a luglio 1835 tramutossi da Londra alio Indie e alia Cbina una massa d'argento del valore di tre milioni ottocento sessanta mila sterlini. E siccome la grande, n6 facilmente allerabile spesa di produzione, e il miglior cardine della stabilila del costo dclla cosa prodolta (2), cosi e manifesto, cbe neH'offizio di mo- neta, l'argento, fuor d'ogni dubbio, 6 preferibile all'oro. Qual posto nel sistema monetario assegoerassi all'ar- gento, aflincbe possa realmente e stabilmente rappresentare i valori? Sara unico, principale coll'oro ausiliare, o com li- ne con queslo? Queste tre, con qualcbe modificazione, sono le sue sole posizioni possibili: queste tre sono quindi Ie vie, per le quali arrivare alia soluzione del problema. Noi le batteremo. (1) The new supplies of Gold, facts and statements relative to their actual amount, and their present and prohable affects. Lond., 18'!3. (2) 11 processo di produzione dell'argento e descritto alia pag. 160, 407 del Corso di econ. polit. di M. Chevalier. Vol. Ill, Edizione di Brusselle. Serie 111. T. I. 75 — 582 — 11 noslro Cesare Beccaria, staecandosi da Guglielrao Petty, da Giovanni Locke, e da allri teoriei anlichi, amuiise luso coraune dei due metalli noli' officio della monela. E M. Chevalier, che eonsecr6 tutto il lerzo volume del suo Corso di economia politico, pubblicato Tanno 1851, alio studio delle doltriae sulla moneta, seguitava il Beccaria. I teoriei antichi pero aveano ragione. Due tipi moneta- rii a rappresentare la quantita dei valori non sono migliori che due raelri a misurare le quantita lineari. Sia pure, che i goverui tenendo conto delle variazioni occorribili nell'uno e nelfaltro melallo (come propongono i detti scrittori) ten- tino mantenere in sodo un inisuratore del prczzo delle cose: mal si potrebbe trovare i ubi consistam nella mobilila per- petua di quesla altalena. Tanlo meno lo si potrebbe, che le quantita rispeltivamenle prodotle non portano seco una proporzionale eommisurazione del rispettivo prezzo. E in effetlo., prima di California e Australia, l'oro prodotlo rim- petto all'argenlo era nella proporzione di 1 a iO. Oggi e in quella d' I a 4. Ma i prezzi loro non sono che nel raggua- glio d' I a quasi \4. Questo rapporto adunque fra Targento e l'oro, introducendo nel compito un secondo dato, penden- te dal capriccio degli uomini, piucehe dalla realla delle cose, farebbe piu vacillante la misura dei valori. La quale per prestare i servigii del metro deve, come questo, consistere e concretarsi in un oggetto materiale ed unico. La seeonda posizione deirargento nel sistema monetario c quella di principale coll'oro ausiliarc. Quesla, benche alia parola della legge (qual1 e la fran- cese dell'anno XI, e l'austriaca del primo novembre 1825) possa parere diversa dairanzidetta (dell'argento ed oro co- inuni) in effetto e la medesimn. Poiche quand'anche la lcg- ge diea essere la unila monetaria rnppresentata dall'nrgen- — 583 — to, ovvero dall'oro, se ambidue hanno un vafore tariffato e uncofso forzato, funzionano in realta come comuni. Quin- di appena f uno scadra di pregio, elevera i prezzi di tutte lo cose colla misura del proprio scadimento ; e al tempo stesso farafuggirc rapidamente l'altro dal paese: come awenne alia Francia, alio Provincie Unite e a tutti gli slati, che non tro- vansi nelle situazioni fin oggi eccezionali d'Olanda e del Belgio. II distinlo economista franccse Courcelle Seneuil vede nel presents sistema monetario di Francia il migliore pos- sibile: siccome quello, nel quale levariazioni, che avvengono in un metallo, sono mitigate da quelle dell'altro, onde risul- ta una media di valore meno possibilmente mutabile, quasi un pendolo eompensatore. Ma queste sono parole da retore, piueche da filosofo. E lo speculatore va diritto al guadagno. Senza badare a compensazioni, abbraccia energicamente il piu, esclude rigorosamente il meno. E valga d'esempio la sua stessa Francia, ormai vuotata d'argento. Giuseppe Molinari, professore assai dotto d' economia politica a Brusselle, colla vista di far funzionare i due metalli, propone un piano singolarmente blzzarro: il quale attuato che fosse, trarrebbe presto a rovina qualunque sta- to. Vorrebbe, che I'argento fosse monela priniaria, e che l'oro corresse quasi un biglione. E vorrebbe poi, che se I'oro scapitasse di pregio, lo slato fosse pronto a permu- tarlo coll' argento. In questo piano se lo slato ammetla nel corso le monele d'oro straniere, queste ne caccieranno pre- stamente I'argento: se lo stato non ammetla che le monete d'oro nazionali, il coramercio portera l'oro alia zecca dello slato, enecacciera del pari I'argento: se, tinalmenle, la zecca dello stato ritiula coniare pel commercio, questo usera delle zecche straniere per conseguire I'effetto medesimo. In ogni — 584 — lpotesi la uscila dell'argento sarebbe inevitabile e indeflnita : e lo stato, die volesse tcncre la sua parola, e rattenerlo, capiterebbe male. Michele Chevalier nel 1854 mul6 la prima opinione. E in un articolo, 1 1 aprile del giornale il Debut, commentan- do la legge francese dell' anno XI, richiamo come posto da essa il prineipio: cbe I' argento sia la base ferma e immu- tabile del valore, e che il eosto dell' oro sia tenuto dal go- verno in tariffa come pedissequo a quello dell' argento. Qnesto piano e una modiflcazione essenziale dell'anle- cedente in cio, ehe al carattere di principale introduce nel- T argento quello di campione unico: al quale ragguaglian- dosi il subordinate prezzo dell'oro, evitansi i mali grandis- simi, die abbiamo avvisati, come causabili dal deprezza- menlo di questo. Ma questi mali sono poi tutti evitati? Cortamente che no. Sia pure, infatti, che il governo vigili a tener l'oro rag- guagliato al campione dell'argento; il commercio sara sem- pre piu vigilanto di lui. E un breve inlervallo di abbassa- mento dell'oro, causato dagli accidenli di produzione con- tinuata o accresciuta, o di esportazione alterata, e non avvisato sul momento e regolato dal governo nella tariffa, lasciera la occasione a'debitori di pagare iniquamenle colla moneta peggiore e dara modo agli speculatori di lucrare colla importazione del metallo scaduto e colla esportazione del prevalente la differenza del pregio tra 1' uno e 1' allro. Questa differenza sara sempre perduta dal paese: al cui danno fara ogni volta I' effetto d' una imposta novella. Per questi esami e dimostralo, che nelle due posizioni dell' argento coll1 oro iinora osservate non si trova soddi- sfacente e piena la soluzione del problema discusso. Ilestaci a ricouoscere, se la si possa rinvenire nella terza, — 585 — E questa, come dicemmo, la posizione deH'argento co- me moneta unica. E il sistema adottato c vigente nell' O- landa e nel Bclgio. Guardato in leoria, e perfettamcnte scientifico: poiche come mis ura di valore ba la unicild riehiesla dalla ragione in ogni misura. E come stabilila di valore ne ha tanta, die nessun altro metallo polrebbe offerire la uguale nelle attuali e note condizioni del globo, e nel presente stato dclla me- tallurgia. D' allronde, sc accidenli naturali, o scoperle chimiclie non previsibili ne raddoppiassero la produzione o ne di mezzassero le spese, i! sistema medesimo, senza perdere la propria eccellenza scienlifica, prcsenterebbe pronto e age- volissimo il modo del rimedio. Essendo nnico il metallo da regolare, non si avra chc a bilanciare il prezzo di questo, paragonandolo ai dati della quantila e delta spesa di pro- duzione anteriore. Anzi la spesa sara forse il solo dato rego- latore : giacche essendo vaslissime le miniere d' argento gia note, non diperide die dalle spese 1'aumentarne i pro- dotti: i quali conseguenlemente suranno sempre commisu- rati da quelle. Rilevato pertanto il prodotto aumentato deH'argento e il suo prezzo diminuito in commercio, non si avra die a crescere d'egual misura il peso della unita monelaria, adot- tata dallo stato. E sc vogliasi risparmiare la spesa di nuove monetazioni, non si avra die a dichiarare, die 1' anteriore moneta, rappresentante la unita monelaria, seguita a rap- presentarla,coldisagio pero di tanli cenlesimi per lira, quanti corrispondono al deprezzamcnlo avvenulo e riconosciuto. In questo sistema la unita monetaria, serbata al solo argento, non e una parola (come in lutti gli altri) ma una verita. In questo 1' oro ridotto alia condizione di merce, — 586 — quand' anche scapitasse i nove decimi del suo preglo pre- sente, non portercbbe alraondo econornico peggiore scompi- glio che l'abbondare e sovrabbondare d'ogni altra mcrce. In questo e lolto agli speculatori il trafficare in oro a danno del paese. In queslo finalmente levandosi all' oro la pre- rogativa di moneta, e digradandosi alio stalo di merce, se ne fara piu sollecito il deprezzamento fino al punto, che 1' induslria aurifera, al pari d'ogni allra, si regga e moderi con nn prezzo di rimunerazione non esagerato. Nella qual estrema sua condizione non dara piu prodotti in quantita maggiore della opportuna. E lc mani, che a questa rimar- ranno superflue, saranno dal tornaconto rivolte a opere piu ulili al genere uraano, che non sia la ricerca immode- rata dell' oro. Ma questo sistema, teoricamente perfelto, presenta nella pratica Ire svantaggi di gran rilevanza: che dove non fos- sero tolli, lascierebbero mollo incompiula la soluzione che mi sono proposta. L' uno e il gran volume e pondo della moneta d' ar- gento, ineomodissima nei grandi pagamenti e ne' trasporti, e quasi da ricordare la moneta di Sparta: tanto piu che le imprese del nostro tempo domandano e uumerano valori ben grossi. II secondo potrebbe essere la insufflcienza materiale dell" argenlo all' oflizio di moneta unica, quando il sistema fosse fatto universale nei mondo civile. II terzo e 1' abbandono delle tante leggiere e comode monete d' oro. I due primi svantaggi si tolgono col soslituire, quanto e piii possibile, I'uso del credito a quello della moneta. Mol- tiplicate ne' paesi le banche al modo di Scozia e delle pro- vincie unite d'America : e avrete forse per otto decimi rim- — 587 — piazzato la necessity dell'argento. II quale rimanendo negii scrigni delle banche,fara, senza incomodo di nessuno, J'offi- zio di assicuralore, e lasciera alle note F altra funzione di inoneta corrente. Ma come si potra, senza snaturare I' indole scientifica del sisteuia, togliere il terzo piu gravoso svanlaggio, e non perdere I'uso delle monele d'oro? Qui sla I' ultima diffi- colta, e il compimento della soluzione. Gabriele Onorato Mirabeau (1 nostro Riebelti) I'uomo piii insigne della prima repubblica di Francia e il piu ver- sato nelle dotlrine economiche, propose all'assemblea nazio- nale l'argento come moneta unica, danclole il nome di eoslitu- zionale: e aggiunse che loro si coniasse in pezzi di 1 0 grammi con 9 decimi di fino, senza delerminazione di valore. Egli intendeva, che i privati all' atto di conlrallare avessero eglino stessi ad attribuire a questi pezzi un prezzo, secondo il valore che l'oro portava al momenlo in commercio. Ma con ciopresupponeva l'impossibile; presupponeva, cioe, che la notizia quotidiana di questo valore potesse essere alia portata di tutti. La legge 28 Termidoro dell'anno III, adot- tava questi principj : ma nessuno arrischiossi di far coniare di questi pezzi; e Francia si rimase co'suoi soli vecchi luigi fino all' altra legge dell' anno XI. E infatti, il popolo (e da! popolo sotto questo rispetto non vanno sceverali che i pri mi banchieri) ha bisoguo per contrattare con fiducia ed esattezza d' essere guidato dai numeri : e un valore non numerato non puo dargli ne 1' una, ne 1' altra. Siamo adunque pervenuti al bivio o di dare ai pezzi d' oro la indicazione numeriea del loro valore, senzacche ne resti loro il sistema dell' argento, o di confessare che il problema e veramenle insolubile. A sgomitolare quest' ultimo nodo io parto da un uso — 588 — die alia eta di Ferdinando Galliani, era generale nel regno di Napoli, e portava il nome di Voce. La Voce era un prezzo di molle cose di prima neeessita: grani, vini, olio, cacio, ec. che in esame diligente delle eondizioni dell' annata racco- glievasi e dichiaravasi da un magistrato speciale, senza obbligare nessuno. « Nonsi potrebbe (scriveil Galliani nclla sua opera sulla moneta) esprimere a parole la grande utilila e comodita della Voce, a cui dobbiamo il giro del nostro commercio; il quale senza I' uso di questa Voce, mancan- doci il numerariOj non si potrebbe moverc. » Applichiamo I' uso medesimo ai pezzi d' oro ; ene avrenio indubitala- mente gli stessi vantaggi. I pezzi d'oro non abbiano, come quclli di Francia e Pie monte, un valore determinato nel conio, ma un valore di- cliiarato dal governo, nella lariffa. E tale dichiarazione con vigilanza si reltilichi ad ogni variazione, che avvenga nel commercio dell' oro. Questa dichiarazione pero non abbia chel'effetto della Voce di Napoli: avverta cioe tutti, che possono senza sea- pi to acceltare i pezzi d'oro al valore indicato, ma non obbli- ghi nessuno a riceverli. In questo sistema I'argento avra solo il corso forzato, e T oro un corso volontario. Quello avra la prerogativa di moneta unica legale: questo le qualita d' un'ottima nota di banca. E se accettausi al pari le note di banche, le quali non sieno discreditate, si accelteranno con piii sicurezza i pezzi d' oro, portanti insilo sempre il proprio pregio. In questa combinazione il sistema esaltamente scienti- fico dellJ unico argento rimane intatto e perfetto. In questa al tempo stesso raccogliesi intero il benefizio del movimento dell' oro come moneta. D'altronde ogni creditore, che sap- pia o sospetti qualsiasi deprezzamento anche tenue dclloro. — 589 — senz'aspetlare i deereti governativi, come gli avverrebbc nel sistema di Chevalier, puo fuggirc fin I' ombra d'ogni pefi- colo, non accettando die il solo argento. In questo piano resta impedito per sempre anclie il mal giuoco delf altalena fra loro e 1' argento, ehe i cambialori di valutc, segnatamcnlc nelle Venezie, sanno mantenere nei listini di borsa a inlero loro, e non piccolo, profilto, e con allreltanlo danno de' nostri paesi. Poiche I'oro in realta <* bensi un valorc nnmerato, ma non e piu che una meree. Lo spingerlo qualche poco in su, come fan ho oggidi, per vantaggiarnc il valore dell'argenlo, e quindi su queslo ordi- re i loro guadagni, diventa loro impossibile : perche nessuno lia legale neeessita dell'oro; tutto il sistema impernasi sul- T unieo argento; e la unicitd della moneta esclude ne- cessariamente ogni rapporlo con altro. Che se nel commer- cio esterno tornera conto 1' una piuttosto che F altra, sari questa una speculazione particolare, una speculazione del solo commercio, ma non pigliera a gabbo tuttoquanto fl paese (I). Queslo nuovo piano ha F importante vantaggio di po- tersi attuare in ogni stato, senza il grave dispendio d' una demonetazione. Poiche le monete d' argento, se hanno nel disco il valore coniato, lo serbano. E a regolare tutle quelle, che non F hanno, bastano pochi giri di.penna nella tariffa. Per mettere ad effetto questo piano medesimo non ri- chiedesi il concorso d' altri governi, o un congresso mon- diale. Chi Ira gli slranieri non vuol vedere la luce, suo (1) Una ordinanza del governo di Vcnezia dell' anno 1851 tento levare questi danni del mercato pnbblico, ma non ci riusci : perche in ma- teria di monete le parole governative non valgono. ne si muta lo stato delle cose, se non si muta la loro realta. Questa e corretta dal nuovo piano; il cui effetto non potra quindi fallire. Serie III, T. 1 76 — 590 — thinno : o un buon sistema monetario basta sempre a se slcsso. E il governo, che dentroi termini del proprio statq, fa mantencre le buone regole della moneta, non solo salva se e i sudcliti da ogni sinislro, ma da modo a qucsti di pro- flttare degli errori altrui. Tal e la soluzionc del grande c instante problema del- l'oro, che abbandonato a se stesso e per aprircisolto a'pie- di un abisso. Ma gli sara poi dato dalla opinione pubbliea la raeritata importanza, o non sard invece io creduto ed additato come profeta affannoso. di sciagurc fantasliche? Sogliono le moltitudini lanciar la pietra a quelli, che antiveggono diqualche giorno i fatti dolorosi, che appajono poi nelle storie umane. Ma io metto la mia fede nei savj, a' quali e nolo, che il mondo economico, del pari che il lisico, ha le sue leggi, soggette entrambe a turbamenti inaltesi, vasti, gravissimi. Di fronte a' quali, quando impedirne o atlenuarne il dunno soverchia il breve tratto della umana potepza, non resta agli uomini che il coraggio della rasse- gnazione. Ma se prevenirip o evitarlo e nell'arbitrio loro, tentarlo c debito, soprattutto nei retlori de'popoli; epre- terirlo non troverebbe scusa dinanzi alle storie. Si legge il seguentc scritto del s. c. padre Sorio : SDL TMTTATO DELM SFERA EMENDAZIONI PROPOSTE DA BART. SO RIO P. D. 0. ol testo stampalo nel lib. II del cap. XL in poi del Tesoro di ser Brunetlo. oo()oo L E Z I 0 N E II. a VJonlinuandomiall'altra lezione sul Traltatcllo della sfera di ser Brunetto Latini, ho detto nel fine di quella clie rima- neano da dicifrare alcuni altri dubbii nel (ratio medesimo da me pigliato ad illuminare, ed in postilla avea fatto alcu- nc dimande, o quesili astronomiei, i quali ho poi trovato da sciogliergli col valorc degli epicieli, che corrispondono veramente ai periodi astronomii-i di Saturno, di Giove e di Marte dall'una lor congiunzione col sole all'altra (e ditc il medesimo delle opposizioni), e confermai queslo valorc di ciascun cpiciclo dei tre suddeltij colle clfemeridi a piu ri- prese. Ho pubblicalo per npbili nozze la lezione, e quesle postille a corredo della medesima, e non rimanc ora da lor- nare nel cerco in qnesta lezione, che dec trattcnervi di a lire invesligazioni, forsediqnalchcrilievo%adillustrareaHripassi di ser Brunetto snl suo Trattato della sfera, cziamlio rifa- cendomi dal capo quarantcsimo, che pure in parte ho illu- strato colla prima lezione. E cosi tanlo meglio vedrele provata la vcrita ch'io vi recitava, non essere Tieve faccen- — 5i>2 — da, no da soli grannnatiei questa di recare alia vera le- zione il Tesoro di ser Briinetto Latini. Nel cap. XL a pag. t25 della cdizione Carrer in Cnc di pagina ieggo : a Che 1 firmamento corre tra di e notte, da Oriente in Ce- rt cidenle una fiata si rattamente e si forte, che'l suo peso e la » sua grandezza lo farebbero trasalire, se non fosseroli sette » pianeti. ehe corrono contra al firniamento lemperatamentc » (sic) secondo suo corso e secondo suo ordine.* Qua si accenna alia troppa velocita die doveasi supporre dai Tolemaici nel loro sistema che faceva centro dell' uni- verso la terra ; e voi ben sapete quanta maggiore velocita, ne punto ragionevole, sarebbe a dovere il sole ed il firnia- mento girare attorno alia terra, anzi che riconoscere la ro- lazione diurna della terra sul proprio asse, la quale soppe- risce con somma facilita a quella esorbitante rattezza e ve- locita diurna del firniamento attorno alia terra, che e qua ragionata dal maestro Brunelto. Ed acciocche il firmamento in tanta velocita di corso diurno non trasalisse, cioe non trascorresse (trasalire e parola nostra comune coi Provenzali) ser Brunetto fa qui che il contrario corso da Occidente in Oriente dei sette pia- neti rattemprino la foga del firmamento; ma questa loro influenza non e ragionevole; anzi voi ben sapete non essere che apparente queslo lor corso come e apparente 1' avvici- narsi della sponda a chi corre per nave, o favvicinarsi de- gli alberi a chi li incontra da lato per via conendo in car- lozza. Se non che queslo e certo il concetto autograft), peroc- *'hc l'originale fraiicese recita cosi: « Sa pesator, et sa grandor les ieroit tos trasailir se ne fus- — 593 — » sent le vn planetes, qui vont autresi come al rencontre don » fermement, et atemprent son cors selons son ordre(et attem- » prano il suo corso secondo sno or dine). Cosi pure il MS. Bergamasco. Ho volulo recitarvi I'originale francese, e notarvi in ita- liano il branetto, che nella slampa toscana e guasto mira- bilmenle. Ripetiamo il testo toscano delle stampe. a II firmamento corre tra di e notte da Oriente in Occiden- » te una fiata si rattamente, e si forte, che '1 sno peso, e la sua » grandezza lo farebbero trasalire, se non fossero li sette » pianeti, che corrono contra'l firmamento (or viene la gnasta » lezione) temperalamente secondo suo corso e secondo suo » 01 dine (sic). Sarcbbe forse stato da leggerc non temp eratamente, ma tcmpcramento? Ecco il brano come riesce eorretto: « Se non fossero li sette pianeti, che corrono contra'l firma- » mento, temperamento secondo suo corso, e secondo suo » online. » Simile affatto di concetto alf originale francese: « Se ne fussent le vti planetes, qui vont autresi come al ren- » contre dou fermement, et atemprent son cors selons son » ordre. » La crusca legge tcmpcratamenlc alia voce Trasalire. Nel capo XLH al principio la stampa Carrer, con le al- tre, legge un goffo sproposito sulla scrittura, che pure e da poter leggerc bene con molla facilita: « Voi potete intendere che 'I sole; che e il pin hello, e'lpiii » degno degli astri (pianeti) e ordinato ad essere in mezzo del- » li pianeti, che li van tre di (sic) sopra da lui, e tre di (sic) >» sotto. » — 594 — Clie mai sarcbbcro quesli sei di, Ire dei quali i pianeti van sopra il sole, c trc gli van no di sotto? Se cost non leg- gesse il testo stampato, nei MSS. la vocedi non sarebbe col sno bravo accento, cd ogni persona anclie idiota leggereb- be c ordinate) ad essere in mezzo delli pianeti, clie li van ire (sic) di sopra da lui, e Ire (sic) di sotto. E cbi abbia al- men salutata la seuola astronomica anlica sa essere i tre pianeti superiori al sole Saturno, Giove e Marte; e gli altri tre die gli vanno di sotto Venerc, Mercurio e la Luna. Og- gimai dunque e da leggere: « Voi potete intendere che '1 sole, ch' e il pin bello, e '1 piu » degno degli altri, e ordinato ad essere in mezzo delli pianeti, » che li van tre di sopra, e tre di sotto. » Tcsto orig. franccse. Car il en a hi de sos Iui et m de sovra. MS. Bergamasco. Che el ne a m de sora e m de solo lui. Poco appresso nelle stampe si recitailpiu solennestra- falcione cbe la goffa ignoranza dei menanti potesse dare alia luce, e che fu dai testi stampali religiosamente serba- toci in bella lettera tesluale come fosse un gioiello. « E per le sei ore che sono in ciascun anno nel corso del » sole oltra alii detti di interi, si avviene che di quattro in » quattro anni fanno un di intero, che e ventiquattro ore. Ed » allora ha quello anno trecento sessantasei di, che noi appel- » liamo bisesto. E quello di si e messo nel mese di febbraio » cinque di all' uscita, ed allora febbraio ha ventinove di. E » per cio conviene dimorare nel calendario undid (sic) di in » una lettera. » Undid di In una lettera convien dimorare per amor del bisesto nel calendario a cinque di dall' uscita di febbraio? Ouesta c bene marchiana. Voi sapete che due di soli, e non — 595 — undid e da dimorarvi in tal caso. E come raai venue in mente ai copisti di scrivere in bella lettera dicifrato undid quello che dovette essere due ? La metamorfosi strana e facile a imaginare come vcnisse. Ne'MSS. antichi giacea la cifra romana II come al solito, e l'un copiatore franlese la cifra romana dalle due aste verticali, pigliandola per le due astc della cifra arabica 1 1 , e dieifrando in lettera il suo valore fu interpretala la cifra arabica nel suo valore undid, e cosi venne die undid giorni, non soli due sarebbe testualmente da dimorar nel bisesto contro alia ragione astronomica, e contro al coraune buon senso, cbe ne'correttori doveva aver qualche luogo, ma pur troppo non ebbe sinora. Paullo post medium. In questo capitolo XLII si legge una sentenza cbe deve inleudersi a discrezione e non a rigore di lettera. « E sappiate che '1 primo di del secolo entid il sole nello » primo segno, cioe in Ariete. E cio fu quattordici di all'uscita » di marzo, ed altresi fa egli ancora. » Non e qua esatto il maestro nella sua lettera lestuale. II primo di del secolo appunto fu quattordici di all'uscita di marzo secondo molti dottori, cioe fu quattordici giorni pri- ma della uscita di marzo, che vale ai diciolto di marzo. Ma se e cosi, non e dunque il maestro coerente a se stesso in quel luogo del cap. 48 huius libri, ove dice: tutte le stelle furono fatte al quarto di (non dunque nel primo di del se- colo) cioe a di XI aW uscita di marzo (vale ai 21 di marzo) ; non dunque a XIV di dall' uscita di marzo, che vale ai 18 di marzo, ossia nel primo di del secolo. Ed e vero colla Ge- nesi che le stelle col sole furono fatte nel quarto di del se- colo, e non prima. Come dunque entro il sole in ariete nel primo di del secolo, e cio fu quattordici di all'uscita di mar- — 596 — zo, se lino al quarto di ne sole ne stclle non vi erano an- cora ? Ma forse I' aiitore e da inlendersi a discrezione, e recita la sua scnlenza cosi in forma eomputi enon a rigore di iet- tera ; ed il suo discepolo inlerprelo la scntenza per discre- zione, omettendo la data precisa e aecennando un po'lar- gamente la cosa Temp' era dal principle del mattino, E 'I soi montava in sn con quelle stelle Ch' eran con lui quando l'Ainor divino Mosse da prima quelle cose belle. Finisce il capitolo XLII con uno svarione di scrittura falsata o dai copiatori, o dal Iraduttorc. « A lui (al Sole) conviene in ogni segnale (del Zodiaco) di- » morare »>n mese, cioe trenta di, o poco pin. Ma per ci6 che » egli e si grave alle comune genti a sapere quel poco ch'e ol- » tie li trenta di, fu ordinato per li savi antichi, che una parte » di mesi ne avesse trenta di, e un'altra n'avesse trent' uno ; » lutto che febbraio non abbia che ventotto, quando non e bi- » sesto. E cio fu fatto per lo dispensamenlo (sic) de'di salvare.» II testo originale non recita dispensamenlo, ma et ce fu fail por le despecement des iors sanver. E dal contesto si vede aperto che fu voluto salvare lo spezzamento dei gior- ni, e non altrimenti il dispensamenlo de'giorni. II seguente capitolo XLIU ci porge tre luoghi del testo che paiono a me da nolare in rugione astronomica, e per cio nc trattengo la voslra attenzione. II primo e questo: « Li ovunque tu seJ sulla terra, o qua, o la, tu dei sapere, » che da te infino al tuo Oriente ha novanta gradi, e altrettanto » ha da te infino al tuo Occidente; e dal tuo Occidente infino » di sotto rincontro a1 tuoi piedi dirittamente, ha altresi novanta — 597 — » gradi, ed altrettanto avrebbc da ivi aU'Oriente (sic) the e !o » tuo levant e. » Nel branetto ultimo da ivi aW Oricnte, che e lo luo Le- vante, chi ponga sottile considerazione c'.e manco di esat- lezza. Si ragiona qua degli antipodi c del lorb Occidente, che risponde appunto al nostro Levante, pcrocche cssendo gli antipodi a noi contrappiede, il nostro Levante e il loro Oc- cidente, ed il nostro Occidente e il loro Levante, e l'Autore assai bene nolo e distinse nel nostro emisfero il luo Oricn- te, il.tuo Occidente. Vcnendo dunque a parlare dcll'opposlo emisfero avrebbe da nominare Occidente rispetlo aglianli- podi il nostro Levante, aggiungendovi come fa egli, che que- slo loro Occidente e il nostro Levante; ma recitando da ivi alVOriente, eke e to tuo Levante, e un superfluo ripetere ■idem per idem. II testo originate conferma questa verita ch'io notai, recitando : da ivi al loro Occidente, che e lo luo Levante ; ccco il testo francese: Et aulretant jnsques a lor Occident, qui est le tien Orient. Simile crrore di valor relativo agli antipodi e a noi, fuggilo forse alia mente del traduttore toscano, ma che deesi notare nel leslo^e correggere sulhi scoria del MS. originate e nel passo seguente poche linee piii giii: « E per cio dovete credere, che tutta fiata e di e notte: che » quando il sole e di sopra a noi, egli allumina qui ove noi » siamo. Ma egli non puo alluminare dall'altra parte della ter- » ra; e quando egli allumina di qua egli non pud alluminare » di Id (sic) per la terra che .in mezzo tra noi, cioe tra noi e » quelli che sono di la di sotto da noi. » L' autore descrive qua come il sole alluminando il no- stro emisfero, non puo nel medesimo tempo alluminare lal- Serie III. T. I. 77 — 598 — tro emisfero antipodo, ed il testo ha le due parti distinle del quando il sole allumina di qua, ehe non puo alluminare di la, e per conseguenza la seconda parte deve essere, che quando egli allumina la non puo egli alluminare di qua. E nel testo stampato ragionando di questa seconda parte non si fa che ripelere identicarnenle la prima, con istucchevole ripetizione, e lasciando scemo il discorso. II testo originale francese recita hone la seconda parte cosi: Et quant il alume la, il ne puet alumer capor la ter- re, qui est enlre nos et enus. Ripetero il testo stampato colle sue correzioni a suo luogo, e vedrete la verita ad evidenza. »E per eiu dovete credere che tutta fiata e di enotte: che » quando il sole e di sopra a noi, egli allumina qui ove noi sia- » mo; ma egli allora uon puo alluminare dall'altra parte della » terra: e quando egli allumina di la (alias di qua) egli non » puo alluminare diqua (alias di la) per la terra ch'e in mezzo » tra noi, cioe tra noi e quelli che sono di la di sotto da noi.» II valor rispettivo di questi avverhi e pronomi relativi trasse in errori i studiosi altresi del Petrarca in un passo, che fu percio male inteso finora da tutti, ed e queslo del capilolo I nel Trionfo d'Amore: Que' duo pien' di paura e di sospetto L' un e Dionisio, e l'altro e Alessandro, Ma quel del suo temer ha degno effetto. Dionisio liranno di Siracusa era si pieno di paura e di sospetto, eziandio della moglie, che passava alia camera per un ponticello, il quale, entrato lui, levavasi dietro, accioc- che nessun altro polesse piu enlrare. Alessandro Fereo fu si pieno anch'egli di paura e di sospetto della sua mcdesima moglie Tebe, la quale focosa- — 599 — mente egli amava, che mai non si coricava una nolle, che non avesse prima ben cerco la camera tuthi, e lei stessa: del che noiala e ristucca iinalmente la moglie penso di le- varsi d'attorno quel fracidume, mandandolo all'altro mon- do. Onde cosi ebbe Alessandro Fereo degno effetto del suo lemere, cioe, fu trattato secondo che meritava il suo teme- rario sospetto, conciossiaehe la troppo sottil guardia e af- fannosa ch'egli prendea della moglie innocenle porlo, e fu causa che pensasse la moglie a quello, di che non le sareb- be pur caduto il pensiero se non ne avesse ella avuta ca- gione dal marito geloso. Nella lezione del testo, il lettore vedra che il pronome relalivo quel, mostra avere rapporto, non gia ad Alessan- dro, ma all'altro tiranno Dionisio contro alia verita storica. Que' duo pien* di paura e di sospetto L'un e Dionisio, e l'altro e Alessandro, Ma quel del suo tenier ha degno effetto. La qual cosa e notata comunemente dai chiosatori. Alessandro Tassoni dice « la voce quel di ragione savreb- » be da riferire a Dionisio, nondimeno ad Alessandro Fe- » reo si riferisce. » Ed il Castelvetro cosi nota. « Quel ri- » guar da il piii vicino, cioe, Alessandro. » Si direbbe forse che quel ha significato di questi, come nel Forcellini si nota hie per Me con molle autorili classiche. Ma, a dire il vero, non c' e mestieri di queste capresterie e rarita della lingua in questo passo del Petrarca che non fu ancora inleso dai studiosi. Hanno tutti creduto buonamente che questa terzina sia recilata dal Petrarca al lettore, e che parli TAutore siccome storico al suo lettore, e da questo sbaglio ne viene per con- seguenza, che si fa avere al pronome quel il rapporlo che — GOO — suite scrittura del libro e'mostra di avere cosi aragiond'oc- chio colle altre voci che ci sono scritte; e conciossiache nella scrittura la voce Alessandro e la piu vicina, la voce Dionisio e la piu lontana, a ragione di scrittura e scambia- to, o sembra, questi con qucllo. Ma qua bisogna conside- rare die queslo discorso non e recitato al lettore dal Pe- trarca storicamente ; ma draiumatieamente e messo dal Pe- trarca in bocca a messer Cino da Fistoia., ed e fattolsi re- citare da lui, quando per una tinzione poetica in visionefu dal Petrarca trovato eon allri inumerabili prigionieri le- gnti al carro trionfale d'Amore ; e cosi, poi che ragiono d'A- raore, venne ser Cino a dire di Cesare, di Cleopatra e d'Au- gusto e diNerone e di Marco Aurelio, secondo cbe erano in Ida 1' un dopo Taltro, facendosi dal piu vicino a venire Quel che 'n si signorile e si superba Vista vlen prima, e Cesar, ec. e poi dice degli altri piii in la da lui verso Amore Que due pien di paura e di sospetto, L'un e Dionisio, e l'altro e Alessandro Dionisio era meno in la da Cino cbe ragionava, e l'al- tro seguente, Alessandro, era piu in la verso Amore Ma quel suo tenier ha degno effetto. Dei due quel e Alessandro piii in la da Cino che non era l'altro, il quale era men vicino ad Amore, ma piu vicino a Cino cbe qua ragiona. Onde ben disse il Petrarca Ma quel del suo temer ha degno effetto. volendo indicare dei due Alessandro, bensi piii vicino nella scrittura, ma nella visione drainmatic^ piii lontano da Cino the ragionava. — (101 — Or leggetevi il testo a vostro dilelto e son certo che al ohiosatore co'suoi ghiribizzi direte in cuor vostro oggimai con Dante l)i vera luce tenebre dispicchi. Ma da qucsta digressione tornando al mio tenia, il cap. XL1II nella stampa Carrer cosi termina: « Dall' ultra parte come il sole si tira piu verso mezzodi e si » dilunga da noi tanto avemo noi piu grande freddo e piu » grande notte. Ragione come (sic) in quelle parti di sotto si e » allora piccola notte e caldo grande. » Lealmente ci avverle il Carrer, che Tinciso ragione co- me era in fine, come e in tutti i testi e stampati e MSS. Cre- dette il correttore far bene, a trasporlo, ma bene non fece a gran pezza;anzi e da leggere cogli altri testi cosi: tanto avemo noi piu grande freddo, e piu grande nolle, come 'n quelle parti di sotto si e allora piccola notte e caldo grande. Loscampolo di lezione finale ragione come (franc, raison comcnt) e forse rappieco di lezione al seguente capo che nei testi ilaliani cosi si intitola: Ancora di cid medesimo, ma nel testo francese s' intitola: Don cercles des XII signaus. Ed all'uopo del brano che qui pigliamo in disamina il testo francese capitolare legge cosi: « Tant avons nous plus grant froit, et grandres nuis. Et eel » part a les nuis petites, et la froidur graignor (sic).» Dice qua dunquel'originale francese capitolare che quan- to il sole si tira piu verso mezzodi nella eclittica, e si dilunga da noi, cioe, quanto dal nostro tropico di cancro si lira piu verso il tropico di capricorno, tanto avemo noi piu grande freddo e gran notte: Ed e cid verissimo, e va in cio d'accor- do anche il testo toscano, ed il MS. bergamasco. — 602 — Ma seguita il testo eapitolare francesce cosi: « E quella » parte (cioe fallra di la, cioe del capricorno) ha le notti » piccolc ed il freddo maggiore » el la froidur graignor. Anche il MS. bergamasco ha cosi letto il francese: « Ed en quella parte la notte e piccola e la freddura mag- » giore. » Di questa lezione bergamasca va bene la voce maggiore corrispondente alia voce francesce antica graignor, o grain- gncur, che viene dal comparativo latino grandior ed e regi- strata nel Glossario antico francese dell' Herschel in appen- dice al Dn-Cange, Paris J 850; e non avendo questa voce Tesempio, sarebbe da metterci questo del Latini, ed ecco un bravo comparativo francese fra i rari in questa lingua. Ma della lezione bergamasca il concetto e altresi errato come e nel testo capitolare francese, e si dee correggere coi TT. toscani cosi : » Dall'altra parte, cornel sole si ritira pin verso il mezzodi, » e si dilunga da noi, tanto avemo noi piii grande freddo, e piu » grande notte, come in quelle parti di solto si e allora piccola » notte, e caldo grande (meglio il testo francese graignor, ed il » bergamasco, e caldo maggiore).* Clii non sa che laddove le notti son piccole il caldo e grande, e che a mano a mano che si fanno piii brevi le notti il freddo diventa minore, e non altrimenti maggiore? Ed a proposito della lezione autografa, che come in quelle parti di sotto si e allora piccola notte, ed il caldo maggiore, mi ricordo aver letto nella nota della Basviliana di Vincenzo Monti, al ca nto 2.°, v. 1 94, una lettera dell'ab. Gioachino Pes- suli a voler dimostrare in difesa della frase dal freddo al caldo polo, che nel 21 geonaio, come nel stropolo articono — 603 — e il inaggior freddo, cosi nel polo antartico allora e il'mag- gior caldo del mondo, ed 6 converso ai 21 di luglio. La sua teoria e un estratto deileDissertazioni del De-Mairan, e del P. Gregorio Fontana, non chc delle dottrine dell' Ilalley, del De-Duiller, di Simpson, di Kastner, di Mallet e di Eulero, a dimostrare questa proposizione che ai 2 1 digennaio il polo antartico e caldo, anzi piu caldo di quanto esser possa nel colmo della state qualunquc paese eziandio della zona torri- da. Queste prove, da lui dette geometriche, sono tcorie, che se reggono in matematica aslratta, non so poi quanto reg- gano in fatto, conciossiache non serapre i fenoineni della natura si accordano colle astratte geometriche dimostra- zioni, e coi calcoli eziandio matematici; e no e chiara la prova di falto colle linee isotermiche non paralclle, come esser dovrebbono, anzi girovaghe stranamente, e voiben vel sapete. La ragione di questa incertezza scientifica ne' cal- coli pur matematici e giusti vuol essere, secondo che osser- va il principe della geografia fisica universale V Humboldt, da questa causa che i dotti ne'loro calcoli astratti, e nelle teorie generali, a priori non possono aneora far capitale che di un solo elemento conosciuto nelle sue leggi fisiche, il calore immediato del sole, quando oggimai sapele doversi far capitale, come di cause perturbatrici, di tanti allri de- menti notati dall' Humboldt, e fra tulti in ispezielta della azione magnetica, il cui polo scoperto, e fissato mostra gia avere altenenza regolare nelle sue influenli con uno almeno dei due poli termici boreali; non essendo ancor noto se due ve ne abbiano anche d'australi, ne conoseendosi aneora le leggi intluenli termometriche dell' uno gia nolo auslrale. In somma questi sistemi teoretici a priori sono, mi si con- ceda il proverbio (che e la sapienza del senso comune), e un voler fare i conti senza l'osie, onde e un errar certamente — 604 — a dover poi rifarc la fatta ragionc, perche mancava dei dali precisi, non gia di matematica deduzione. Ma quail to al caldo polo del Monti, eke fu copiato dal verso di Bernardo Tasso: Or solto il freddo, or sotto il cat- do polo, e tutti due forse dal verso 54 del i.° della Farsaglia: Nee polus ddversi calidus qua mergitur austri, mi sembra ehe sia da difendere colla seguenle osscrvazione meglio con- cludente che le teorie malematiche ch'io chiamerei orretti- zie, come manehcvoli dei necessarii dati a conchiudere ra- gionevolmente. Mancano le osservazioni locali del termometro in ser- vigio dei poll e delle regioni polari. Credo per altro non es- sere eziandio da lenere in contrario che i poli e le regioni polari, linora ignote, sieno perpetuamente gelate. Di ma no in mano che siam piii vicini al polo come la nolle inverna- le e piu lunga, cosi piu lungo e il giorno eslivo, e nel dirilto polo sa ognuno che per sei mesi continuali vi baltc il sole senza mai Iramontare, e per due mesi continui vi batle da una costante altezza di piu che 20 gradi; la cui forza inces- sante per sei mesi continui dee poter molto a portare alto il grado del caldo; ma per contrario sotto la zona torrida l'immedialo cadere del sole verticalmente sotto l'orizzonte, c la nolle costante di dodici ore molto influisce a temperar- •vi l'estrema calura. Se fosse vero che le terre polari sieno perpetuamente gelate, i viaggiatori delle scoperte polari, a qual fine tenlare di penetrarvi con lanlo spendio e con lanli pericoli? Ma appunto i viaggiatori delle scoperte arti- clie, meglio che le teorie lisiche e geomelriche a priori, danno a sperare quel caldo dei poli altcrnativo per gran parte dell' anno, che noi ragioniamo. Abbiamo nel Prevot ( Recueil des Voyages au Nord) le relazioni e i giornali di questi inlrepidi naviganti, i quali — G05 — cercando un passaggio alio Indie orientali pci mari del nord si sono avanzati sino al grado 75, 80, 82 ed anehc 85 gradi di latitudine boreale, c trovarono come, a misura che si ac- costavano al polo, il mare riuseiva sempre piu aperto e pro- fondo, e che in esso di estate libero affatto da ghiacci vi si respirava un'aria anzi dolce ecalda, che temperata. (Vedi la lettera suddetta dell'ab. Pessuti.) Anche nella dotla opera del nostro nob. collega conic Minisealchi, delle scoperte arliche, a p. 462, leggo questo passo notabile. « II dotto antore de' Viaggi di scopcrta nella » regioni arliche osserva : e siccome Perry aveva detto che » prima della meta di agosto un legno avrebbe potuto giu- )) gnere alia latitudine di 82° senza toccar ghiaccio, esservi » dunque ragione da credere, che al di la di questo paralello » anche fino al polo stesso, il mare sarchbe stato sciolto e » libero ne'sei mesi estivi di sole continuo, il quale coll'aiu- » to delle correnti avrebbe distrutto e dissipato il ghiac- » cio polare. » Questi fatti e queste deduzioni dal fatto promettono quella scoperta ch'e il desiderio di tanti secoli, e che se fosse fatta sarebbe non meno notabile che la scoperta del Nuovo mondo, e come quesla non sarebbesi fatta se fosse stato supposto da tutti non abitalo I'altro emisfero, cosi la scoperta delle terre artiche non si farebbe, se non ci con- fortasse la soda speranza, che non sieno perpetuamente ge- late da non polervi in eterno arrivare, ne fame alcun ca- pilale poi che sieno trovate. Ho detto. Si legge la srgucnlc 3Icmoria: Serie 111. T. I 78 NU0V1 MEZZl PER ISCOPRIRE TRACCE D'JODIO IN COMIZME iGLI ALOIDI PEL PROF. FRANC. RAGAZZIM Votti ed iliustri accademici. N el levare la voce al cospetto vostro, non posso ce- lare, ne vinccre la timidezza del mio animo, riflettendo da un lato la molta dottrina di che suona ilhistre e riverito il vostro nome, e dall' altro la dolorosa coscieoza del mio pochissimo e oullo meritare. Ma io Don ignoro che geoeroso ed iodulgeDte portate il cuore: sicche mi giova pigliar fiducia che sarete per acco- gliere di huon grado gli sforzi di una volonta, la quale a' coosigli di alcuni dei vostri piii ragguardevoli colleghi, ha stimato suo debito, dod che rendersi viola, farsi iocontro volonterosa. Voi dunque, dotti del paro e cortesi, porgete benevola attenzione al mio dire. Allorquando una bene apparecchiata combinazione di me tod i condusse passo a passo i cultori della chimica nel- l'incerta via dellindagini, e raffermarono i cardiai di ogui Qsica scienza coll' osservazione, coll' csperienza e coll'ana- logia, precipui mezzi per iDlerrogare i piu riposti secreti della natura, sempre modesta nelle stesse sue grandi crea- — 607 — zioni, e fuggenle o ritfosa a chi tenta sorprenderla nell'ele- mentare sua nudita, que' cultori io dissi si portarono diffi- lati alia scoperta di sorprendenti vori, a cui nulla e che si oppon^a. Ma quanti altri rcstano ancora a scoprirsi nella infinita varieh'i delle sue opere, negli animali, nelle piante one' minerali ? Quanti corpi ad altri corpi legati, non si occultano an- cora ai piu diligenti ricercalori? In quanti altri non si sco- pri cio che per nuove vie e con raezzi novelli si venne dipoi a mettere in evidenza? Di falto rivolgendo le nostre osservazioni sui moltiplici composti che rappresentano le combinazioni dell' jodio e del bromo, composti tanto profusamente disseminati in molti esseri organici ed inorganici, Iroviamo di che per- suaderci, non essere per alcuni di quei composti agevolc isolarne i rispcttivi loro elementi per modo che, quantun- que i reagenti scoperti in quest' ultimi giorni per rintrac- ciare 1' jodio nell'acqua di pioggia dei pozzi, dei fiumi, delle fontane, non che nelle minerali fredde e calde, poscia nel- l1 aria, e finalmente di niiovo nell'acqua dall'Adriatico, sono tanti e si svariati da sembrare quasi inutile la conoscenza di altri ; tuttavolta in qualche caso la scienza non possedeva mezzi per agevolmente riconoscerlo, come allorche esisleva in combinazione a nolabile quantita di bromo e di cloro, e qualora contemporaneamente era combinato all' uno ed all' altro dei due aloidi. In vero anche il chiarissimo Usi- glio (I) ricordando la somma difficolta indicata da valenti chimici per dimostrare la presenza dell' jodio nell'acqua marina, poneva in chiaro nel suo sospetto ci6 essere uni- camente dovuto al bromo^ suo fedele compagno, avendo (!) Vedi Annali di ehimica del dolt. (I. Pdli. v. X. serie o. pag. ol'.'> — 008 — coQosciuto con inoppugnabili sperienze, oho I'jodio cessa di manifestarsi in un liquido in cui per ogni 10 centimelri cubici si conlonga piu di 0 gr, 6G di bromo e 0 gr. 0002 del detlo aloide. Comprovata ripetute voile coU'espcrienza cotesla veri- ta, mi prese desiderio di fare aleuni studj sopra combina- zioni arlifiziali di pochissimo jodio e molto cloro o bromo, o eon ambedue contemporaneamente, ed a mia compia- eenza venni a conoseere, che i metalli si prestano in arnbi i easi alia sua scoperta in un periodo di tempo ora mag- giore ora minore. Riflettendo da solo, sull' azione che potevano avcre i metalli sopra i delti composti, presi da prima 1'ottone, nella lusinga che il rame e lo zinco, benche in lega, potessero agire nel medesimo tempo sopra i due corpi ed in modo di poler vedere fenomeni Aarj e different. Ecco pertanlo cio che ebbi a notare: Un milligrammo d jodio sciolto ncll' alcool, unito un grammo di bromo, iu il liquido che chiamo di prova, c col quale operando ebbi ad ottenere i seguenti fenomeni. Due gocce del detto liquido poste sopra lamine di ollo- ne originarono una macchia nera, la quale tosto venendo coperla con polvere d' atnido, tinse questo in giallo, indi a poco a poco lo volse al lurchino in tut fa la sua circonfe- renza; invertendo I' ordine dell' esperienza, ossia meltendo due stille della soluzione d'amido sopra la lamina d'otione, ed aggiungendovi una goccia del liquore di prova, tranne la macchia nera, mi si manifeslarono gli stessi fenomeni: notasi in ogni caso che il colore giallo, primo a manife- starsi, e pure il primo a scomparire. Le reazioni indicate precisamente corrispondono anche con una lamina pulitis- sima di rame oppur di zinco, per cui ebbi convincimento, — 609 — che questi corpi si in lega che disgiunti non mutarono d'azione. In seguito datomi a prove comparative con altri me- talli, ottenni fenomeni meno sensibili col platino, coll'ar- gento, col palladio, ed in progresso ebbi a pcrsuadcrmi, che il ferro, cosi in fili come in lamine pulitissime, il piombo e principalmente lo stagno, sono i preferibili, offerendo sem- pre coslanti e marcati fenomeni di coloramento dopo 2 fore di riposo, scbbene I'aloide trovasi per cosi dire undo a quanlo si voglia di cloro o di bromo in proporzioni indeterminate. Confortato da si lusinghiere reazioni mi prcse volontu di rivolgcrmi alia ricerca dell'jodio nell' acqua dell'Adria- tico che in altri miei tebtativi, in un con quelli di piii va- lenti chimici, tornarono inutili. A tale scopopresi due Iibbre metriche d' acqua marina attinta alia distanza di un lA di miglio dal porto di Chiog- gia, e prccisamentc presso il forte s. Felice sotto-marina. L'acqua di questa localita, che viene prescelta per fuso medico nella cilta di Padova, era limpida cd inodorosa; la posi ad evaporazionc a bagno di sabbia, in capsula di porcellana fino alia riduzione della meta del suo volume; a tal punto vi aggiunsi del carbonato di potassa, di gia di- gerito nell' alcool, fin che l'acqua diede segno di alcalinita; allora fattala bollire per pochi minuli, la versai su filtro preparato, e ripelulamente Iavatii sali lerrosi raccolli, posi nuovamente all' evaporazionc 1'assieme dei liquid! ottenuli, fino ad averne una sostanza secca. Raffreddato il residuo salino, vi aggiunsi dell' alcool a 45° ar. B. triturandolo sotto queslo Iiquido nella medesi- ma capsula in cui era conlenuto, indi lo lasciai in digestione a bagno maria, lo filtrai, e trattai la sostanza indisciolta con alcool rcltificatissimo. — GdO — Riimiti i liquidi filtrali li evaporai a mite colore fino a secchezza per cui ottenni un residuo salino gialliccio che trattai con alcune goccie d'acido acetico, onde decomporre il poco carbonato di potassa che potea rinvenirsi commisto. Evaporato di nuovo il liquore per volatilizzare 1' acido acetico eccedente, sciolsi il residuo in cosi poca acqua da ottenere una sola oncia di liquido giallognolo, nel quale mi fu dalo scoprire 1'jodio col semplicissimo modo seguente. Posi in un cannello d'assaggio tre gocce del detto liqui- do giallo eoncentratissimo,, indi vi aggiunsi poca e densa soluzione amidacea immergendovi loslo un filo di ferro. Coll'aggiunta di una giocciolina di soluzione di cloro, com- pari all' istante una zona color giallo, e sotto essa un'altra linta in turchino; egualmentc mi fu dato osservare con fill di piombo, e piu distintamente con fdi di stagno. II me- desimo liquido undo a colla d'amido e molto cloro si tinse in giallo-arancio ; versato sopra a lamine di ferro, di piom- bo, di stagno, dopo tre in quattro ore, il giallo si dileguo, sostituendosi gradatamente un coloramenlo turchino , jodu- ro d' amido. Trascorse 24 ore 1' amido riaquislo il pri- miero colore ; all' addizione del cloro, il liquido riassunse la tinta gialla, e col dileguamento di questa ricomparve il colore turchino. Per vedere completo l'lillimo citato fenomeno si richie- dono talvolla quaranta e piu ore, specialmente operando sopra composti che racchiudouo minime quantita d'jodio. Coll'usodegl indicati reagenli ho potuto scoprire in alcu- ni pezzi di colla di pesce, piu che traccie d'jodio, e percio sciolsi la detta colla in baslevole quantita d' acqua tepida, indi mescolatavi salda d'amido e soluzione di cloro, v' im- mcrsi dentro due lamine di stagno. Trascorse 24 ore si appalesarono intorno agli s;dgoli delle lamine alcune slri- — 611 — scielte d' amido colorato in turcbino. Dielro queslo feno- meqo potrebbesi da taluno congctturare che il cloro in prc- senza dell'amido e dello stagno si trasmutasse in jodio, ma 1' esperienza guida o maestra d'ogni verita, piega, convin- cendo, ogni volo di nostra fantasia, e ci pone nella eer- tezza, che ove non sia precsistentc I' jodio, non appai'isce giannnai il sopracitato fenomeno, per quanto cloro si tenga in presenza dell' amido e dello stagno. Ora quale sara l'azione chimiea adoperata dalle lamine e lib raetallici nel cloruro di jodio o di brorao? Noi siaino d' avviso dover essere elettro-cbimica, e tale da originare la decomposizione dell' acqua, il cui ossigeno ossida il melallo, e l'idrogeno nascente acidiiica il cloro ed il broino a preferenza dell' jodio, il quale liberatosi dell'uno e dell' allro, produce ipso-fatto joduro d' amido linto del rosso dei fiori di rosmarino, od in turcbino piu o meno intenso, a seconda della minore o maggiore quantita di esso presente. In questi ultimi giorni il ch. dott. Cerato comunico all'i. r. aeeademia di Padova un nuovo reagenle per dhno- strare la minima quantita di jodio in grembo a mollo bro- ino e cloro. Tale rcaltivo e il sollito di soda, di cui secondo mie esperienze, eccedeudo alquanto, scompare la reazione, ne vi ha piu alcun mezzo di uso comune, chevalga a ridouarla; ma in quella vece si fa rivivere, direi quasi, mellendolo per alcune ore in contallo dJ una lamina di piombo o di stagno. Cosi del pari venne commendato l'uso del cloroformio per iscoprire T jodio accompagnato dal bromo. Messa mano all'opera delle sperienze, ebbi a convincer- mi, che qualora una parted' jodio si trovi dcutroa 10 mil. — Cd2 — parti di bromo p. e. il cloroformio e impotenie a dimo- strarlo, mentre si da a conoscere, dopo alcuni istanti, coi mezzi di cut parliamo. Cotesti inetalli sono adunque come ancore di salvezza, in tutti quei casi die, per troppa dose di reagente adope- rato, non fosse piu possibile con agevolezza discoprire 1' aloide in discorso. Qui mi cade in acconcio di aggiungnere alcuni fatti, nuovi a mio avviso, sul modo di comportarsi delljodio, bromo c cloro, sul nero fumo calcinalo. Una soluzione appena fatla d'jodio nell' acqua, posta in presenza del nero fumo, e dopo un quarto dora filtrata, somminislra un liquido senza colore, cue non contiene ato- mo veruno d'jodio. All' ineontro la stessa soluzione per alcune ore lascia pur essa al nero fumo dell'jodio; ma il liquido tiltrato da segni manifesti d' joduro di calcio, e cio per essersi formato dell' acido jodoidrico nel poco tempo trascorso dalla ese- guila soluzione al traltamento col carbone. Tale falto non credo disutile d' aver ricordato, per mettere in sull' avviso quell' analizzatore, cbe avesse in animo di determinare la quantila d'jodio libero in qualunque liquido si sia, dopo averlo lasciato a se per qualcbe tempo. Rispetto al bromo ed al cloro cbe io repulava arre- starsi nel nero fumo, a simiglianza dell'jodio, ebbi in vece a scoprire cbe soluzioni di essi, anche appena falte, lasciano filtrare pel carbone un liquido cbe ritienegli acidi bromoi- drico e cloroidrico. Tornando all1 acqua dell' Adriatico diremo, cbe quella da me scandagliata la prima volta venne attinla presso il forte san Felice nel maggio 4 854, e conservata in un reci- pientc di velro ben cbiuso fu quella che nell' agosto sue- — 643 — cessivo, mi diede marcatissirai e sorprendcnti fenomcni del l'esistenza dell'jodio, a segno da poternc ammeltcre un mil- ligrammo per ogiii litro d' acqua, senza tenia di trascorere il vero. Altrettanto posso asserire ■ dcll'acqua marina attinta nel maggio 1855, ed analizzata nel Iuglio. Meno sensibili reazioni d' jodio mi offeri 1' acqua rac- eolla ncllo stesso sito Tagosto 1854, e che posi poehigior- ni appresso ad analitico esame; nessun indizio qnella rac- colta la meta circa dell' ultimo agosto; quest' acqua oltre la mancanza anche dell' jodio accusava anche in confronto alio allrc una dcficienza di sostanze saline. In epoclie diverse, a prqfondita varie cd in posizioni different!, quali sarebbero il lido, il canale di san Domenico, nonche in quello che scorre presso la Salute, presi replicate volte in esame 1' acqua dell'Adriatico ed ebbi ora maggiori ora minori reazioni d' jodio, e talvolta nessuna. Gia varie cagioni, e probabilmente molte ancora ignote e forse anche non considerate, possono offrire jodio all' a cqua di mare; come l'esistenza d' innumerevoli animali, i quali, secondo le osservazioni di alcuni sapienti, stemperan- dosi in liquida sostanza, restano nell' acqua senza influire nella sua trasparenza e limpidezza. Fenomeni non facilmente spiegabili si osservano colle piantc marine e spccialmente collo sphaerococcus recente, secondo che queste rimangono piu o meno nell' acqua sia salsa che distillafa. Diffatto menlrc e agcvole scoprire 1' jodio dopo breve tempo d immersione, non vi si ravvisa piu la primiera faci- lila di discoprirlo in progresso di tempo. Si csamini 1' acqua medesima dopo un anno o piu coi melodi primitivi, e I' jodio non si da a vedcre piu che in Serie 111, T. 1. 79 — 614 — seguito alia concentrazione e riduzione a pociie goceie del liquido. Chi ne pu6 dare conveniente ragione? Si potrebbe forse, a non molta distanza dal verp, con- getturare non essere l'jodio costanle principio dell' acqua dell'Adriatico, nia bensi quando gli venga offerto da quegli esseri viventi o tolti alia vita. SiiU' argoraento dello sphaerococcus infuso nell'acqua marina sono gia avanzate nuove mie ricerche, per le quali mi riprometto di potere con piu fondamento spiegare quelle anomalie, clie ora presento come sospelti, Dall'insieme pertanto delle esposte osservazioui ed espe- rienze sono indotlo a concludere: I .° Che i metalli ferro, piombo, stagno insieme alia colla d'amido sono agevoli mezzi a scoprire traccie d'jodio com- binato e mescolato a quanlo si voglia di cloro e bromo, o ad enlrambi. 2.° Che il jodio puo essere isolato, cntro la compage organica degli esseri vegetabili ed animali, dal cloro in eccesso e successivamente appalesarsi coif amido e lamine metalliche. 5." Che neir acqua marina non sempre rinviensi un joduro nella medesima dose, ma quando piu e quando me- no a seconda de' siti da cui si attinge. 4.° Che non solo nell'acqua in ragionamento Irovasi varia la quantita dell'aloide, ma varia e pur quella degli altri prin- cipii mineralizzatori. 5.° Che neU'cpoche del disfacimento delle nevi, o delle prolungate pioggie, si trova nell'acqua marina notevole dif- ferenza rispetto alia densita e quantita de' sali in cssa di- sciolti, di quella de' tempi dclla maggiore siccita. (j.° Che 1' acqua dell'Adriatico in conlo dcll'altezza sua, — 615 — conliene piii cloruri, joduri e bromufi presso al fondo, tli quella di mezzo e della superfieie. 7.° Finalmente eh' e sempre piu ricca d'jodio I' acqua attinta nel maggio di quella raecolta nei successivi mesi, e per conseguenza preferibile per uso di medicamenlo potabile. Possano gli studii altrui eonfermarequcsleosservazioni, e particolarmente gli studii allenti e continui di quelli cbe banno l'agio di esaminare tutto di I'aequa deirAdrialico: la pertinaee interrogazione della Datura e la concorde risposta dei falti e il piu sieuro mezzo di proeurare, cbe le opinioni si trasmutino in dogma. Nelle mie diligenti e circospctle indagini seguii quanto piii fedelmente bo potulo le orme del mio chiaro maestro, il Melandri, il nome del quale mi e dolee ricordare in ogni mio tentalivo, perebe parmi trarne ineoraggiamento. Un rapido progresso arricchisce si di giorno in giorno le scien- tificbe discipline, ma non rende percio mono certa quella via retta, cbe fu camminata dagli scopritori del vero. A ras- sicurarmi cbe tenni pur nel mio modesto e lento cammino questa via, osai sporre le mie idee a voi, illustri membri del celebrato e primario capo scientifico, cb' e attuale, splen- dida gloria alia sponda faniosa di quel mare, di cui mi feci a scandagliare cbimicamente le acque. Finita questa lettura, il membro effettivo cavalie- re Zantedeschi dice lui pure, aver lino dal 1844 no- tat a nell' acqua marina la presenza dell'jodio e del bromo, eom'e indicato alia p. 318 del vol. 3.° de'no- stri Atti, e ripetuta 1' esperienza col prof. Bizio. sotto- ponendo 1' acqua medesima all'azione di un elettromo- tore composto di 40 elementi alia Daniell. — 046 — II mcmbi'o eft'cttivo dott. ISardo soggiunge, di aver nei mesi seorsi comunieato al collesa Galvani e ai professori Pisancllo e Bizio la seguente osscrvazione. In tempo di estate abbandono all' aria poca colla d'a- mido fatta bollire in un vase di ferro stagnato. Dopo 24 ore la vide tinta d'azzurro, ch'egli si assicuro de- rivare dalla presenza delljodio. Ripetuta la pruova in un vaso di terra inverniciato, il coloramento non si prescnto. Ei crede die qnesto fenomeno abbia atti- nenza coi fatti esposti dal prof. Ragazzini, rispctto alio osservazioni del quale intorno all' acqua marina, il dott. Nardo richiama gli antecedenti suoi Savori, e qucllo principalmente letto a qnesto Istiluto nel 4844, sull'utilita medica de bagni algosi nelle malattie sero- folose, e dell'acqua marina, in cui siasi fatta infusione dello sferococco^ non chc la lcttera indirizzata al prof. T addei, ietta al nono eongresso degli scienziati italiani il giorno 23 scttembre 1847; nella quale dicbiarava non trovarsi il jodio neiracqua marina, quando questa sia estratta nei sili mancanli di algbe, e scoprirsi in- vece nell'acqua pregna di algosi prineipii, come quella dellc nostrepaludi. in que' tempi deHanno, in cui mag- giormente abbonda la vegetazione dello sferocor.co corifervoide. La Comniissionc incaricata dell'esame dei cementi idraulici, di cui e fat to cenno a pag. i)(i di qnesto vo- lume, leggc la seguente relazione: Dall' analisi istituita intorno al cefnento idraulico che — CI7 — mi venne porlo dal m. e. ingegner Casoni, risultano conte- nersi in ogni cento parti : Silice .... parti 28 Allumina . . . » 40 Garbonato calcico » 58 Perdite . . . » 4 too II metodo analitico era quello di reagirlo con I' acido cloridrico, onde separare la silice,, sciogliendo cosi gli altri principii insierae alia poca magnesia ed al poco protossido di ferro. Usate le pratiche opportune separava la seconda con ammoniaca, e con carbonato potassico raccoglieva il carbo- nato di calce. Si trascuravano la magnesia e il ferro, c per- che sostanze poco concludenti all'oggetto, cui si rivolgono queste analisi, e perche contenute in iscarsissime quantita. A senso del Vicat, queslo cemento idraulico spetta a quelli sommamente idraulici, il perche contiene oltre il tcrzo di silicato di allumina. Secondo 1' art. 8.° del reg. int.,, i sig.ri Fasoli e Dalla Torre sono ammessi a leggere le loro osserva- zioni intorno all'arhmoniogenesi dell' acido nitrico per opera di corpi ridattori. Si riportano le stesse conclusioni degli autori col- le loro parole : \.° Che i corpi riduttori, come la limaglia di zinco, di ferro, di stagno, di piombo, il protossido di ferro, il solfuro — 018 — (li calcio, non tramulano lacido nitrico in ammoniaca, che quindi non pud essere accettato il proposto modo di rea- zione per discoprire la presenza dei nitrati, fondalo sopra un prcsnnto svolgimcnto di gas ammoniaco. 2.° Che l'azzurramento delle carte rosse alia laccamuf- fa, operato coi surriferiti sperimenti, e puramente e sem- plicemente atlribuibile alia spontanea volatilizzazione del- 1' alcali e del sale alcalino. 5.° Che anche ammessa la possibile convcrsione dei ni- trati in ammoniaca, come erroneamente annunziaronoi si- gnori Tassinari e Piazza, pure la reazione da loro suggerita riposerebbe sempre sopra un criterio indiretto e raediato, e quindi la constatazione dellacido nitrico dovrebbe essere comprovata preferibilmente coi molli mezzi diretli e imme- diati che possiede la scienza ; fra i quali primeggia la reazio- ne sensibilissima del cristallo di zolfato ferroso, operata nella raiscella inassaggio, prevenUvamente acidulata con un quarto del suo volume di acido solforico. 4.° Che finalmente questo fatto rafferma luminosamcnte il valore e 1' imporlanza del fcnomeno da noi discoperto, della volatilizzabilila spontanea dei corpi fissi, e piu special- mente degli alcali, terre, sali alcalini c terrosi. Ma questo nuovo fenomeno reclama in pari tempo la nccessila ch'esso venga preso in matura considerazione dai dotti, che invitia- mo, in nome della scienza e della via ch'esso addita per isfuggire qualche errore, continuando, come si continua, a ritenere qual caraltere individuale e speciflcodeirammonia- ca, cio che noi abbiamo dimostrato essere in quelle vece un aKributo generico e comune a tutti gli alcali, terre, sali alcalini e terrosi. Si annunziano i soc;uonti doni fatti all"!. H. Istituto: — (ill) — 1. Dall' Accademia delle scienze dell' Istitulo di Bo- logna. Memorie delta detta Accademia. — Fasc. 2 e 5 del Tomo IV. 2. Dal sig. Giuseppe Rota, di Lodi. Gli schiavi. — Dramma del sig. Federieo Halm, tra- dotto in sciolti italiani. — Lodi, 1856, in 8.°. 3. Dall'Ecc. I. R. Luogotenenza. Manuale del Regno Lombardo Yeneto -per l" anno 1856. 4. Dall'Ab. Gaetano Sorgato., di Padova. Memorie funebri, antiche e recenti. — Padova, 4 856. — Puntata I.". 5. Dal sig. Giuseppe della Torre, di Este. Gazzetta di farmacia e di cliimica. — Anno 1 856, dal n.° 1 1 al 1 5 inclusivi. 6. Dalla redazione del giornale la Bilancia di Milano. Anno 1856. — dal n.° I al 45 inclusivi. 7. Dal sig. prof. Ignazio Cantii, di Milano. Cronaca, giornale di scienze, lellere, ecc. — i 856. — > Dispense 6." e 7.\ 8. Dalla Societa di fisica c storia naturale di Ginevra. Memoires de la Socictc dc physique et d' histoire na- turellc de Geneve. — Ginevra, 1855. — T.n XIV, parle I.". — 620 — I). Dall' Accadcmia dei Gcorgofili di Firenze. Giomale agrario toscano. — Nuova serie J 856,, n.° D. 40. Dalla Societa dell' archivio-storico italiano. Firenze, 1 855. — Nuova seric. — T.° II.0, dispcnsa 2." dell' Archivio storico. 11. Dall'l. R. Accademia di Vienna. Memorie dell' 1. R . Accademia delle scienze (in ledesco) Classc di matematica e scienze naturali. — T.° IX.0 Foglio di notizie (in ted.) — n.1 7-8-9-10 del 1856. Ragguagli delle adunanze dell' I. R. Accademia di Vien- na (in ted.) — T.° XIX, Punt. I.1 del 1850. Archivio ris guar dante. le cognizioni delle fonli sloriche austriache (in ted.) — T." XV, fasc. 2.° del 1 850. 12. Dair I. II. Istiluto geologico di Vienna. Annuario dell' I. R. Istituto geologico (in ted.) — Iugl. agoslo, sett. 1855. 13. Dalla reale Accademia dei georgofili di Firenze. Alti della reale Accademia. — Nuova serie, vol III.0, dispcnsa I." 1850. 14. Dall'Ecc. I. R. Ministero dell' Interne Bulleltino delle leggi dell' Imp ero Austriaco (in ted.) — Puntata V alia XII; 1850. 15. Dalla Societa medico-chirurgica di Bologna. Bulleltino delle scienze mediche. — Marzo \ 850. — 62 i — 16. Da! sig. Vladimiro Jakschitch, prof, in Serbia, Statistique de Serbie (in lingua francese c serbica) pre- miere livraison — Belgrado 1855, di pag. 7 5, in S.° 17. Dall'I. II. Istituto Lombardo. Memorie dell-Istitulo Lombardo. — Volume If.", Milano IS 55, in ;.'J 18. Dal sig. prof. Filippo Parlatore. Elogio di Filippo Burker-Webb. — Firenze 1850, di pag. I 14, in 4.° 19. Dal sig. Antonio Ciccone^ di IVapoli. Delia coltivazione del gelso e del governo del fdugello. Trattato teorico-pratico — Torino 1854, un volume. Sur les symptdmes, le diagnostic, I' anatomic patholo- gique, et la mc'thode prcservatricc des epidemics de muscar- dinc. — Parigi 1855 di pag. 4, in 4." 20. Dal sig. cav. dott. Cayol. direttore della Rivista medica in Parigi. Defense de I' Hippocratisme modcnie contre les attaques de M. le prof. Lordal. — Parigi 1850, di pag. 54, in 8." 21. Dal s. c. dott. Francesco Gera. Guida del coltivatore, ossia Raccolta rf' istruzioni pra- liche risguardanli le faccendc campestri. — Venezia 1850. Puntata prima. Serie III, T. I 80 ACCAD. 1855-56 DISPESSA SETTIMA GIOMI 15, 16, 17, 18 E 29 MAGGIO 1856 &i leggono le relazioni delle Giuntc speciali desti- nate ad esaminare gli oggetli presentati al concorso per l'agricoltura c rindustria. Dopo le opportune di- scussioni Tlstituto delibcra intorno ad essi ed approva i'estratto de' giudizii da pubblicarsi nell'adunanza so- lenne. Si comunica il seguente articolo del socio cav. Cesarc Cantu intorno agli Archivii dall'autore de- dicato ALL ISTIXITO VENETO. Ch'io venga a parlarvi de'voslri Archivii non parra strano se non a chi non l ispetti la religionc delle tradizio- ni, non sen la la poesia delle memorie, non ricordi come le nazioni presero serapre cura dei docuraenti della lor vita civile, e i lcgislatori romani vollcro in ogni cilia un archivio con un cuslode, per modo chc si eonserviuo incorrolti, e Serie III, T. I. 8! — (m — facilmenle si rilrovino (I); formola elegantissima di quel cho oggi si desidera c in parte si pratica. E Benedetto XIV al vostro Marco Foscarini scrivcva: « Agli uomini che nulla » fanno sembra piccola cosa il ricavar notizie dai document! » anticlii; ma chi ha falto e va facendo qualehe cosa, co- » nosce il pregio dell1 opera. » Ben fu tempo che si vilipendeano queste indagini sopra un passato che, diceano, non ha tampoco il merito d'antici- pare 1' csperienza perche i fatti non si riproducono mai colle identiche forme. E fu dietro a tali concetti che la sloria si sviso in generalita ed astrazioni, dalle quali era necessario rcvocarla all' amor dei fatti, alia diligenza dei particolari ; e dopo tanto forestierume ricondurla a indagar I'elementa indigeno nelle leggi e ne'coslumi de1 paesi che piu lo man- ten nero. A rinsanichirla colla verita e col positivo, pare a me supremamente giovino lericerche negli archivii, e pero volli venirvi ad esporre, onorevoli colleghi, quanta meraviglia io traessi dalle ricchezze riposte nci voslri, e con quanta gen- tilezza fossi ajutato a cercarvi qualehe hriciola della storia del mio paese. Pubblicandole, volli stimolare chi con piu agio e miglior ordine potrebhe attendervi ; e di gran eonso- lazione mi fu, tra f odierna indifferenza di quanto non e politico e atluale, il vedcre quelle poche notizie aecolle pas- sionatamenle, ripetute e indicate negiornali, eccello i vene- li, e venirne risposte, ampliazioni,reltilicazioni; quell'alten- zione insomnia ch'io cercava eccitare. Perocche gran hiso- (1) In civitatibus habitatio quaedam publica distribuatur, in qua cvn- veniens ost monuments recondere; eligendo quemdam qui horum ha- beat custodiam, qualiter incorrupta maneant haec, et velociter inve- niantur a requirentibus: ct sit apud ens orchivium Ji stiiniam Anth. III. flu difens. civit. — 025 — gno noi abbiamo di conoscer noi stcssi e di farci conoscere : e a lal uopo io ricorro a voi, e della vostra autorita volli valermi per acquistarne alia mia parola. Se si fossero conosciuti gli afchiVii e la loro importan- za, sarebbonsi veduti a volta a volta derubati quelli di Milano, di Torino, i vostri? abbandonati al caso quelli di Roma due volte ehe la rivoluzione li spalanco? Ma essi son piuttosto un teatro di curiosi, ehe una palestra di studiosi. Alciini, in aria di viaggiatore, ehe parlano come si fa delle gallerie, secondo l'impressione ehe un quadro lascio o la curiosita ehe desto. Ne basta tampoco la parti- colareggiata descrizione, dovendosi scorrerli con idee pro- prie, e vedervi qualche punto da chiarire, qualche verita da provare. Fan noja quc'saputi ehe, per moda capitati in un archi- vio, si lagnano ehe non poterono vedervi nulla; ehe vi sieno regolamenti e caulele; ehe i custodi sono gelosi. Gelosi sono siuslamente del loro tempo e dei loro tesori in faccia al semplice curioso, al quale e abbastanza, e troppo se mo- strano gli scaffali, le cartelle, qualche autografo, qualche lettera della Bianca Cappello e della Caterina de Medici. Dei regolamenti si quereli chi non conosce l'importanza del proteggere dall'indiscretezza ; chi non sa come il miglior modo di usufruttare la Iiberta sia il frenarla. E poi natu- rale ehe non trovi nulla chi non sa cercare. E per saperlo e nceessario primamente d'essere ben informato della storia in generale; ehe, semai qualche gal- lo razzolando imbatte un corpo lucido^ noi creda suhito un diamante, non ne levi rumore, e presuma darlo in regalo al pubblico, a cui non da ehe imbarazzo o borra. Seconda condizione e il pretiggersi un punto speciale; ed essendo impossibile conoscer lutto, coneentrare l'attenzione sopra — ()26 — qualche fatto di cui siasi bene istruiti, e sul quale si vedran- no scattrrire abbondevoli parlicolarita. Ne certo noi llaliani dobbiamo esser gelosi, che gli stra- nieri si occupino inlorno a cose noslre; ben vorremo anzi all' Accademia Imperiale di Vienna che il fa nei Fontes re- rum Austriacarum, al Fieker cbe diefuori i documenti ira- periali di Pisa, all' Hepf cbe illustro Karislo di Negroponte, al Sickel cbe informo inlorno all'acquisto di Milano, fatto da Francesco Sforza. Solo e desiderabile che non tardiarao a conoscere le ric- chezze patrie tin quando ci arrivano di Germania, d'lnghil- terra, di Francia. Cosi se le carte pubblicateda esso Sickel fossero state conosciute alio storico della Repubblica di Mi- lano dopo la mortc di Fitippo M. Visconti, avrebbe potuto render completo un lavoro, cbe e buono ancbe cessale le allusioni del 1848; e dove pure confessa non aver tampoco veduto nell'arcbivio milanese l'istromento di dedizione del- la cilta. Dal vostro archivio generale il recente storico di Casliglione delle Stiviere avrebbe potuto ritrarre novissime particolarita, c dal carteggio del residente di Milano, una pianta colla lettera 24 giugno 1 600, e molte notizie in quel- la del G inaggio F778, ove sono addotti i privilegi conceduli a quella terra fin dal doge Foscari. Ne al Mazzetti, tessendo la vita del Firraian, sarieno stati inulili i carteggi del resi- dente in Lombardia, cui vanno unile tanle carte firmale da quel ministro. II signor Celesia vi avrebbe colto un'intinita di particolari sopra la sollevazione di Genova del 1746 e la eonseguente guerra; il Canestrini molti altri per la sua/>o- litica della casa di Savoja, e il cav. Carutti pel regno di Vit- torio Amedeo II. II sig. Bartolmess avrebbe potuto giovar- sene per la sloria di Giordano Bruno, del quale si ha qui il processo. Or ora Pastoret al Comilato della lingua e della — 027 — storia delle arti diFrancia eomunico, siccomepreziosita, un proclama del senato di Genova contro il romanzesco re Teodoro del 4 756: ma qui molti altri potea raccorne. II signor Odorie.i potra utilizzare uno scaffale inlero di carte concernenli Brescia, e non soltanto dopo unita alia Serenissima. Carlo Cocchetti aecennd lo zelo spiegalo in bre- sciana dal celebre padre Segneri; ebbene ne'Pregadi, al M giugno 1 074, egli troverebbe una missiva ai rellori di Brescia, in cui si da lode al vescovo di aver obbedito aipub- blici ordini « col dispouere e comandare la partenza del pa- dre Segneri gesuita », colla certezza die « non vi saranno piu in avvenirc tali insolile funzioni, al die stara intenta la vigilanza vostra » ; donde avrebbe compreso die la citla dei Pozzi o del Baffo s'adombrava delle processioni e d'un san- to prete. Ma perehe le ricercbe non sieno interminabili e a caso, da per tutto or vien agevolata con indici e regesti, nel cbe principahnente e a lodarsi il Sillabus membranorum die si pubblica a Napoli, dove si stampano ancbe le pergamene piii antiche di que' preziosi archivii. E di recente abbiamo avuto il Codice Longobardo dal Troja, il Codice Diplomatic o Sar- do dal Tola ; gli statuti di Pisa dal Bonaini, il quale ora mette ordine all'arcbivio toscano. Al desiderio cbe il vostro archivio generale sia falto co noscere, non solo parzialmente, ma nella sua integrity, aju- terebbe non poco lo zelo e le cognizioni di questa insigne societa. E la prima cura mi sembra dovrebbe dirigersi a com- pletarlo. Troppo e noto come gran parte ne sia andala di- spersa, massime al tempo della prima rivoluzione clie Ve- nezia subi, la quale, dopo aver essa sola in Italia istiluito un egovrno cbe tutelasse lutti, e impedissc il predominio delle — ()°28 — fazioni, socconibette soltanto, allorche queste T assalsefd appoggiale a forza straniera. Al tempo chel'Austria acqhi- stava e riprendeva quella citta, poi quando Milano, fatta ca^ pitale del « bcllo Italo regno » v'esercitava una superiority baldanzosa, moltissime carte, e serie intere fuijono tolte a questi archivii, le quali ora la piii parte giaciono a Vienna. In tempi che la pace non si crede durevole se non diasi il bacio colla giustizia, e che si parla di restituire al Tirolola preziosa raccolta di Ambras, perche sarebbe audacia il do- mandare che a voi fossero restituiti que' documenti ? per- che non potrebbesi proVocare la generosita iraperiale a re- galare pur quelli che furono comprati dalla eredita Fosea- rini? qnal suddito fara oso di dire, La munificenza sovrana nnn pud arrivare che fin qua? E si fallisse anche, ottengasi almeno copia diessi il che non sarebbe che un ricambio del- le molte copie che di qui si mandano per soddisfare alle ri- cerche di quell' Accademia Tmpcriale, la cui operosita e le cui pubblicazioni devono essere e sprone ed esempio agli Istituti italiani. Inoltre, al tempo della soppressione de'conventi, nonpo- co materiale dovette esser preso dai monaci, che cosi pen- savano sottrarlo alia dispersione; e come alcuna cosa gia ne fu recuperato, cosi sarebbe a sollecitare il ritrovo anche del resto. A tacere cio che l'ignoranza o Tavidita mandarono al pizzicagnolo o a macero, nessuno ha veduto archivii parti- colari senza accorgersi come siansi impinguati colle spoglie de'pubblici; e quante serie in questi riruangono interrotte, il cui compimento s'indica presso il tale o tal altroprivato, sia qui, sia in paesi lontani ; che fin oggi gli stranieri dispo- sti a non isparagnar danaro, possono recarsi opime prede. Ora di cio tutto importerebbe d'avere, sc non il possesso, — 629 — almen la cognizione, c completo rendere quel ricambio di notizio c documcnti, che oggi si fa eontinuo fra 1' archivio generale, e la sempre crescente raccolta della Marciana. Dopo di cio si potrebbe dar opera allapubblicazione dun eatalogo ragionalo. A quest' ora ogni eosa e disposta sotto le proprie categorie, in modo dJ agevolare la rieerca e agli impiegati e agli studiosi: rua bisognera pure ripigliar da ca- po f esame, per eonoscere le partieolarita di quanto viene sotto le distribuzioni generali. Questa falica non potrebbe eonvenire ebe agli impiegati medesimi , ma bisognerebbe fos- ser tanli quanti bastino per servire al pubblico e ai curiosi, ed insieme atlendere a iudagini scientiiicbe. Ad ogni modo quesli non sarebber che lavori prepara- torii. Di pubblicar ogni carta non puu venire in mente se non a cbi non ne vide la quautita. Lopo e dunque seeglie- re, e a cio intese gia il diretlore desso archivio, proponen- do di pubblicare i documcnti pill imporlanti; e tali sono sempre i pin veccbi. II governo accondisccsc alia proposta e ai modi suggeriti, e voi certo ne aspettate con impazienza lattuazione. Impazienza, dico, ma proporzionata all'opera: cbe nessuno di voi e si nuovo in tali materie da non sapere quanto lavoro preliminare domandi; catalogare cronologi- camenle esse carte, il che gia importa spesso lunga indagine e critica ; leggere e trascrivere i documcnti stcssi, impresa tutt'altro che materiale ; accertarsi se inediti, e in caso di- verso eonoscere le varianti offerte dagli apografi, Sol dopo questi preliminari si potra determinare qua I sistema seguire, in quali categorie distribuir la pubblicazio- ne; a quali intenti coordinarla. E noto come al « padre mio e degli alfri miei migliom il Muratori, sieno stati chiusi gli archivii di Venczia, di Ge- nova, di Torino. Torino v'ha riparato splcndidamcnte coi — 630 — Monumenla historiae patriae ; e come gia alia gran raccolta si hanno supplement per la Sicilia, per Napoli, per Firenze, e quelli del Zaccaria, del Mitlarelli, del Fantuzzi, cosi sta- rebbe bene un volume delle cose venete avanti il 4 500; tanto piii se potesse aver corpo il progetlo che or vediamo annunziato da Firenze di ripubblicare quella gran collezio- ne, conmolte altre; progetti della cui attuazione fa dubitare la troppa vastita. Poiche e nobil piacere il proclamare leglorie delproprio paese quando i tempi o 1' incapacity ci escludono dall' ac- crescerle, noi volgiamo perseverantemente le cure alia sto- ria italiana. Nel qual proposilo ci parrebbe lodevole un la- voro sifatto. Prender un anno d' essa storia: fare il sunto de'patrii avvenimenti, ajutandosi cogli Annali del Muratori; poi soggiungervi le informazioiii clie sui fatti stessi trasmet- tevano i rappresentanti veneti, narralori contemporanei, e spesso testimonj oculari. Io parlo dell' Italia soltanto, che altrimenli la falica toccherebbe all' infinito: e poi i lora- stieri facciano per la loro quel cbe noi per la palria nostra. In tante fulilita cbe si stampano all' occasione del capo d' anno, percbe non potrebbc alcuno cominciare un sifatto lavoro per un anno almeno ? Io mi persuado che l'interes- se ne apparirebbe tale, che molti vorrebbero divisare i mo- di di sollecitarlo. Certo intanto, ollre il piacere d'una storia narrata lutta da contemporanei, si avrebbe modo di cor- regger molte date del Muratori, il quale in tal fatto scivola spesso, e di aggiungervi, per aver poi e sicuri e compiuti annali della patria. Questo e lavoro, non diro manuale, che lo scernere importa quel senso comune che e tanto raro; ma non ri- chiede gran profondita nel la storia. Fcr chi questa abbia sullc dita e tengasi iunanzi alia — 631 — nieule il quadro di lulli i fatti eontemporanei d Europa, altro tenia grandioso offrirel)be la politica di Venezia. Oue- sta dovrebbe risultare, non tanto dalle relazioni d' amba- sciatori, quanlo dai Secreti e dalle deliberc delSenalo, dalle coinunicazioni dei principi, dalle connnissioni agli ageoti: ed esser risconlrata da opere conlcmporanee, come pel 000 sarebbero il Mercnrio e le altre opere di Vitlorio Siri ; la Vita arcana di fra Paolo, ed altre monografie, di cui avete cenno nella ricca Bibliografia dell' instancabile noslro col- lege Cieogna. Lavori sulla polizia interna, vale a dire storie civili, pos- siede gia Venezia, massime per opera del coseienzoso Gal- liciolli e deH'argiito Tenlori, sicche dalle esplorazioni degli atti ufliciali non potra aspetlarsi opera nuova; benche sia vero che molto resta a cbiarire, a correggere e connelte- re, riparando iguasti faltivi dai forestieri, non mono che dai nostrali. Bensi opera nuova, anebe dopo la falica del Marini, riuscirebbe la storia del eonnnereio, presa nell'ampio signi iicato delle diverse transazioni economiche colle potenze; giacche in nessun altro arcbivio, neppur nel genovese, tanti abbondano i document! per la politica, la navigazione, la geografla, le arti dell' Oriente e dei paesi attorno al Medi- terraneo, per ben sette sccoli. Io vorrei vitenessero grandissimo luogo gli ordinamcnti interni delle maestranzc c delle scuole d'arti, ciascuna delle quali costiluiva un corpo distinto, e dai complesso de1 sin- goli derivava (che che so ne pensi in contrario) quello spi- rilo pubblico, che risulta da spirito di corpo, spirito di fa- miglia, spirito di paese; e la cui forniazione e irapossibile nello sbriciolameoto che oggi ci colpisce in rcalla, sot to I'apparente accentramento della burocrazia e della forza. E Serie III. T. I. 8-' — 632 — hi quelle sferre, teste derise e ributtate, s' avra a studiare e imparare, e tors' anehe imitare, quando al cozzo demago- gico vogliano opporsi altri ripari che bajonette e prigioni, alia miseria altri rimedii che case d'industria e workhouse : e dopo faticato a svincolar l'uorao fin a ridurlo all'impo- tenza dell'isolauiento, si pensi a dargli forme e discipline restauratrici, che non ripongano il liberalismo nell'opposi- zione, i rimedii nella rivoluzione. Campo di gran pazienza e poca apparenza avra chi da- gli archivii vostri deduca aggiunte al Lessico delta bassa ed infima latinitd del Ducange, che, anche dopo le ricchissime aggiunte delle edizioni tedesche e francesi, rimane difettivo troppo nel linguaggio legale de'nostri comuni, e special- menle del veneto. Che se alcuno vorra una volta compier una lacuna, e regalarci la storia della legislazione italiana, in nessun luogo trovera materiali piii abbondevoli che nella vostra cilta, si pei tempi barbarici, si pei feudali o co- munali. Simili lavori esigono tempo, e il tempo e danaro. E percio vuolsi esortarvi la ricca gioventii, aftinche non venga meno all'usanze di que' palrizii, che proteggeano e dolti e artisti; che, come di suppellettili e quadri, cosi fregiavano i palazzi di carte e documenti, e che, anche negliultimi tem- pi imputati di poltroueria e di marasmo, sapeano allevare Canova, e luslro nuovo aggiungere ai nomi di Foscarini, di Dandolo, di Farsetti, di Gorrer, di Zeno, di Albrizzi, di 'Memmo^ di Gradenigo. Un giornale storico e lungo desiderio in Italia. II bene- merito Vieusseux starapa a Firenze il suo Archivio, e nn1- rita lode di perseverare in opera, che non e secondata da lanti compratori, che bastino a fame una speculazione. ."Ma qualtro fascicoli in un anno sono scarso sl'ogo; e viep — 633 — piu chi pensi die i teatri han tanti giornali, o tanli \o fri- volezze, e tanti quella critica, patologa della lelteratura e della scienza, impresaria di ciancie, d' ire, di declamazioni, che non vuol accorgersi come una rivoluzione passata so- pra un paese abbia eambiato, se non le politiche, le condi- zioni intellettuali e morali. Un giornale slorico e diplomatico del Lombardo-Veneto njuterebbe a pubblicare, se non altro, a far conoscere ric- chezze ora sepolte e sparpagliate, a stimolare 1'operosita del- la studiosa gioventu, ad avvicinare piu sempre i Lombardi ai Veneziani, nel ehe parrai deva cpnsistere gran parte de- gl' intenti, come consiste la miglior speranza dell' a v venire. Quelle stesse pubblicazioni che si fanno qui per nozze, per preti, per vescovi, mostrano il bisogno e il piacere di sludii siffatti : ma prodotti in poche copie, e per essere do- nate, non vanno in commercio, e i lontani le ignorano, spesso i vicini non possono procurarsele; oltre che scon- nesse, non ottengono ne importanza, ne effetto. Dissi d'eccitar la gioventu; ma come fra i Romani ai giuochi presedevano, o almeno assistcvano i canuti, cosi sarebbe degno, che le fatiche de'giovani fossero direlte da voi, persone assennatc e riverite. Che sempre bello e no- bile e il vedere coloro che son in possesso della gloria, o almeno della reputazione, tender la mano a quelli che vi aspirano faticosamente. Ne il merilo sarebbe soltanto lelterario, avvegiiache i guasti nella storia portano a ben maggiore serieta che non un deperimento intellettuale, e della grandczza di Venezia non fu certo ultima cagione il rispetto ch'essa ebbepel suo passato, e la gelosia del mantenere le proprie memorie. Poi nel secolo passato il patriotisms e la fede rcligiosa illangui- dirono: si perde il secreto delle emozioni passionate e dei — G.Vi — sentimenti sinceri, surrogandoviil sareasmo e I'epigramma, il hello spirito o l1 arido ragionamcnto sottenlrando all'a- more, secondo la moda francese, sicche parve debolezza f entusiasmo, e talento il fischio; non si vollcro passioni, ma soltanto progelti; I'amor della patria si distempero nel- 1'amore dell' unianita ; falti eattivi per debolezza, imitatori per vanita, paralizzati di cuore, gli uomini si prepararono snervati a quei tempi, in cui la spada ruppe la bilancia colla verita e colla ragione. Venezia no soffri fino a morirne; c la storia di quel de- eadimento giace in gran parte anch'essa negli arcbivii vo- stri e principalmente nel democratic^, e aspelta clii la rav- vivi senza denigrazione no eonnivenza, bensi con quell' im- parziulila scientilica, ch'e I'arma piu potente contro tutti i partiti, con quella luce e ardenza che vien da passione uni- la a giustizia, e con quella unita, connessione, chiarezza e dignita, die danno alle opere vita piu luflga die quella d'un giorno o d'un partilo. Quella storia che, in un secolo infatuato d' amor pro- prio, sostituiva la propria ragione alia Datura delle cose, e impersonali astrazioni alia vera creatura umana ; che, ridot- la a pura scienza amministrativa c ragione speculativa, per- dea di vista ogni dilicalo organismo dell1 uomo effeltivo, so- <-iale, morale, inlelletluale, ne comprendeva quel giuoco del- la vita, die delle parti compone un tutto nella autonomia dun popolo libero, soccombette alle mine chella medesima avea cagionate. Dal contemplar le quali senza ira dopo che aveano cessato d'esser minacciose, rampollo una storia, che e teologica, Glosofica, giurisprudente, artistica, senza ces- sare di esser politica ; riferendosi alio credenze come alle opinioni degli uomini, ai costumi privati come ai pubblici de'popoli, e su queslo gran leatro osservando le inodilica- — (>35 — zioni interne dell'anima umana, seguendo traverso ai secoli i fenomeni della coscienza, raisurando alle eta delta specie i passi che verso il fine supremo fa luomo, di eui essa e iramagine. Con tali elementi la storia divieneevoluzionaria, eper- cio avversa agli appetiti rivoluzionarii. In questa bufera de- magogiea, dene non la equita si cerca, ma Feguaglianza, fino ad nn materiale livellamento de'euori e dell'intelligen- za, che repugna al genio de'popoli e alia natura dell'uomo, e solo giova all'invidia e ai malevoli istinti; in questo am- biente amministrativo, che priva 1'individuo d'ogni movi- inento proprio, ci rinserra nellasfera degl' inleressi, ci toglie di mostrarci uomini e cittadini, la storia cosi concepita con- tribuisce meglio d'ogni altro studio a restituire luomo a se slesso, facendolo conoscere non quale lo foggiarono quei romanzi che di storia usurparono il nome, quelle diatribe che sistematicamenle denigravano la soeicta e I'inil viduo, <[uelle tilze di aneddoli che, sconoscendo la solidarieta di tulto il genere umano, non vedeano che Taccidente negli avveniraenti, non l'esponeano che coll' epigramma e 1' apo- ftegma, ma presentandolo nella vera sua natura sociale c religiosa, negli affetti, ne' raziocinii, nell'arte, nell'intelli- genza ; avezzandolo a prendere tutte le dimensioni dell'oriz- zonte, e in tulti i tempi e i luoghi dclla tradizione. Cosi sol- lanto si pud ottenere quella atluosa comparazione del pre- senle col passato, la quale si abitua a ravvisar le cause e le conscguenze, a conoscere il carattere e la tendenza dei fatli, iu modo di non trovarci attonili, non irapacciati, non afflitti allorche si riproducono. E in un'eta, dove molti ancora stanno impigliati ncl pas- sato, mentre allri si avventano sconslderatamente DeH'avve- niie; dove alcuni sono ossessi da virtigine sopingeute, allri — 636 — da repellente, sta bene che voi, o Signori, raccomandiate la storia, la quale ponga vele agli uni, zavorra agli altri, mo- strando che il presenle non puo comprendersi se non in di- pendenza del passato e in vista dell'avvenire; che le ribra- me e le speranze bisogna distinguere dalla realita delle cose colTelevarsi a quell' altezza, dove gli orizzonti appajono sgotnbrati dalle personali preoccupazioni, e si riconosce la providenziale destinazione della societa, che procede sempre a maggiore acquisto o diffusione di liberla, di giustizia, di dignita. 1DUNANZ1 PUBBLICA E SOLENNE DEL GIORNO 30 M1GGI0 1856. In adempimento delle sovrane risoluzioni si ton- ne in questo giorno 30 maggio 185 II DITTA TERREGGIA PIETRO E CO.MP di Milami IMITAZIONE 1)1 MARMI MEDIANTE IMP ASTO 1)1 SEGATURA HI LEGNO. <=r/c ///. '/' / 85 © AN 'o^rxo. A N AN IV. BIGAGLIA PIETRO di Venezia m A NY A W MAGGIOR ESTENSIONE DATA AL COMMERCIO DELl/ AVVENTURINA i ARTIFICULE E MIGLIORAMENTO DEI MCSA1CI LAVORATI CON ESSA E CON ALTRI SMALTI. A NY A NY ; i /• NY A i V. SOCIETA' BORTOLAN di Treviso PRODOTTl DI METALLO. AN NY 1 A NY A A NY A NY A NY A NY AN A A NY A NY <>^:i^, ^ iieidmiliiie rMMSir© v) (0) (0) MOZZONI F. IONAZIO w) z1 k LITO-TIPOGRAFIA PERFEZIONATA ED AMTLIATA rft 5. Geo. rfi Dfo (Qi -oj>o- II. rffl frj) RAMPIN LEOPOLDO (Q) Ak \7 MIGLIORAMENTO NELL ARTE DI DORARE ED ARGENTARE [H] OGGETTI DI LEGNO. [Q] rt\ * (ft (o) "'• /jA PIO ISTITUTO CANAL, DELLE FIGLIE \V DEL SACRO CUORE in Venezia [{] OGGETTI DI RICAMO ED ALTRI LAVORI. °) GD^c3^c3^c3^CD^C3^c3^cD^=:c3rrc3 C3>^CDZ^C3ZlCCD>-^CD>^C3^^CD~^C3^^CDi DAL MISTRO, ERRERA E OOMP /f! di Venezia MIGUORATA FABBRICAZIONE PEL LITARGIRIO. fa (») I VENEGONI LUIGT (Q) rfz Milano /A \7 1MITAZI0NF. A I'ENNELLO I) I OGNI STECIF. t) I Ur.Ml 3) Vl (0) DE LORENZI GIOVANNI k V di Vicenza \/ (8) NIIOVA ARMONIf.A A SIONT ESPRESSIVI OENOMIN AT A HAM," Al'TORE FONOCBOMIO. VII. CARLO P O N T 1 ! di Venezia kj STRFMENTl OTTIf.I. (r\\ fa ^ iu; vm. OJ MARANGONI BIAGIO j{ ET.EVATORE MECCANICO 1>EGL (NFERM1 A LETTO m/ E1) AM'RI CONGEGN1 MECCANICI. (Q) fn °o— (rt\ rrS>^S>^S^rfc3^ r^/ fa fa w m (0; ((j) MAURIN GREG0R10 (Qj V ^ EAVORI DI BRONZO. j [ V — ^— sty (ft roS \7 xiii. \7 Vj-jj DITTA GENTILI, ASSERETTO E COMP. \.u) z1 k FABBRICA Dl CREMOR DI TARTARO. > C ^ oOo— S0^ © © (o) xiv (o) fa VIANELLO GIUSEPPE /n\ • rYl f n ' Y/' AMPLIAMENTO E MIGLIORAMENTO PELLA SEA TIPOORAFIA. \y \\jl — =0° MM (0) xv. (0) (0; il di Venezia j i •^ GIOVANNI ED ORSOLA CONJUGI ROSSI fa 1 (ft \y APPARECCHI ORTOPEDICI ED ISTREMENTI CHIRIRGICI. /n\ (ft \7 \u' :c^^=fCD):^C3):ifC3>):^CI)):^CDZ:^CD^C3):^CZ)):z:c3 :^ MFNZIOM 0 \ 0 R E V 0 L 1. VERDARI GIACOMO di Venezia MIGLIORAMEMI 1NEL SUO SXABILIMEMO DI BUCATO A VAPORE. o<>o II PADERNELLO GIOVANNI di Sacilc MACCHI>A PER VARJ ISI SERICI. — =♦= ^5 III. TOFFOLI PIETRO di C a do re STRUMENTI CHIRIRGICI ED ArPARATI ORTOPEDICI. .£ ^w ■;©¥:'>■•;' • •■ ■ ■ «f§$>.&$®f- ■ ■-■ ■• ■ - ,■ ?@®©.®©©©®©»CqC\ ^ IV. CAMPLOY. GIUSEPPE rfz Venezia VERNICE PEGLI STlUME.Vll MCSICALl. o(Vo rh VIANZONI GIOVANNI di Venezia M1GLIORAMENTI NELLA FATTURA DELLE SCARPE. VI. PlINCHERLE MORAVIA GIACOMO di Venezia METOOO CELEUE 1)1 CONCIA PER LE PELLI 1)1 BUE. VII. GAETANO GROPELLO di Venezia LAVORl DI TARSIA E d' INTAGLIO. &w-_-__. 3. r 7 OB ^,s^^^^^;i^^@@^(i^(^©o X. PROSPERINI P1ETRO di Padova I W OR1 LITOGRAFICI. XI. ZANJNONI GIUSEPPE ANTONIO di Verona INGEGNOSE SERRATI BE. Seric 111. T. I. 84 s XII F ERE T T 0 G I U S E P P E di Treviso FABBRlCAZIOMi DI KObOLJ. XIII. DAL DEGAN AB. NICOLO di Asiaffo COLTIVAZIONE DELLE PATATE. XIV. BEDINA GIOVANNI di Cremona MIGLIORAMENTO DELLE SCARPE A BULLETTE. i I ^(M^(£S5fe£-Jfe: w 1 $5 ! S oXj-^'Cr^h^^zii,^-.^. ... ■--.,._ ■•^V*^^.^^'^j^) ;io*immjor» — rnfifttjjtjoogiir-.rgo'. bbbb« ESPOSIZIONE DECRETATA i. GIOVANNI LICER di Venezia NIOVO STRIMENTO PER LA PENTURA DELLA VESCICA. (con giudizio sospeso per premioj II. CARLO VETSZI di Lanzada nel Lombardo ISCIUGATOIO PER LA BUISCHERIA. III. C A R L 0 TO F F 0 L I di Venezia SAGf.I CALLIGRAFIf.I. j®S^aeesggw ■»»'* woegBoocBBQgq «»ui jih- *>ui ssbbw «»wegraTw IV. FRANCESCO B0NALD1, e GIUSEPPE TARGHETTA di Venezia \, I T O - T I r O G R A F I A . GIUSEPPE VIANKLLn di Venezia 1.AY0RI \)\ CAPELLI. VI. DITTA WEBER, erede SWAYER di Venezia CREMOR DI TARTARO. VII GIUSEPPE BATTISTELLA di Lovadina I.AVORI l)' INTAGLIO. •JS&SQ »— i±J8 . , , ■* Q^nrrst c >eKuL_i__LMao4-j._,-f> I. D I T T A II A V E x\ N A di Adria E SULLAM di Venezia. r^ ino dair anno 1840 erano alle foci del Po di Gaoeea vaste superficie di terra formate dalle torbide condolte da quel flume: scauui di pretta sabbia, paludi limacciose; niu- na abilazione; rado assai cbe vi apparisse I' orma di piede umano. La ditla Ravenna Felice e Sullam Giuseppe, fattasi acquirente di quel latifoudo di pertiche 20.097,76, si pose all' impresa di donarlo all' agricoltura. Esso e diviso in tre parti; una a destra del Po di Gnocca; un' allra a sinistra; la terza e un'isoletta formata da due rami minori, ne' quali il flume si sparte poco sopra dello sbocco in mare. Un ar- gine di melri 22.870 cinge il podere; lo difende dalle piene delPo, dall'alta marea ; ed e largo al di sopra tre metri, onde serve pure di strada carreggiabile. A fine di dare scolo alle acque interiori sono scavali 28.080 melri di fossi muniti alia foce in mare di cbiaviclie con porte a vento e seraci- nescbe; e per la continuazione di questi scoli sotto a quello pubblico di Ariano ed al privato di Sfregavalle, si costrus- sero due bolti a sifone di mural struttura latericia, I' una lunga 50 metri, 1' altra 15. La bonificazione si e operata col mezzo delle colmate, o introducendo fe torbide del Po,e largamente spagliandole Serie III, T. I 88 — 056 — sulla superficie ; ovvero, scavando larghi fossati, per elevare il suolo compreso fra essi collo slerro, e coll'inlrodurre Ie torbide nelle fosse scavate ; ed allorche ricolme, collo spur- gaiie di nuovo, impiegando lo sterro a rialzare ancor piii le aje interposte; c cosi progressivamente, finche il suolo abbia raggiunta la desiderata altezza. Gli acquidotti e le fosse per Ie cohnate haiino la lun- ghezza di 1 8.02 4 raetri. Per eseguirle, oltre alio acque del Po di Gnocca, vi si condussero, mediante una botte a sifone, per i fondi della M. Trolli, quelle del Po di Garo. Quattro macehine idrofore di ruote a schiaffo, mosse da cavalli ne sollecitano V essicazione. A giovarsi deile irrigazioni si fe- cero 21.9 .8 melri di adacquatrici, e 27.528 di braceiuoli per distribuire le acque irrigue alle colture. Cento e selte abilazioni vi si trovano gia costruite, oltre una casa dominieale con adiacenze, vasti granai; e cinque aje ammattonate in piano della superficie cotoplessiva di 25.4 06 melri quadrati. Quattro niila cento e venlidue perti- che censuarie sono seminale a riso; un ^ran numero a fru- mento, a grano turco; luolle ridotte a prato ; assai fornite di piantagioni; allre a vigna ed orto, a frutteto; e bene corrispondono alle cure dei proprietary, i quali da tulte le circostanze del luogo seppero trarre un giudicioso partito. La colonia dei lavoratori, die vi si e gia stabilita,e di circa 400 individui; moltissimi sono poi, die vi si chia- mano secondo le occorrenze; il latifondo e ben provveduto di animali bovini, non solo da Iavoro, ma anehe da razza. Per lanti dispendii e tantc cure impiegale inlorno ad opera si lunga v si proficua, II. II. Islituto crede giusto di rimerilare la Dilla Ravenna e Sullam col maggior premio. — G57 — ii. DITTA TERRUGGIA e COMPAGNO di Milano. Questa Dilta, col solo nome allora del sig. Luigi Fratti- ni, chc adesso n' e uno dei compononti, aveva gia ottenuto nel 1851 e Iodi e il maggior premio dall' 1. R. Istiluto di Milano, per aver rilrovato il modo d'impiegare quei minuz- zoli ehe la sega fa cascar giu dal legno, e elie 1' aria disper- de od il fuoco eonsuma, d' impiegarli a comporre dei pa- vimenli intavolali non meno belli di quelli, ehe Iroppo so- vente ci proeuriamo dall' estero. Ora, di quel suo mirabile impasto di segature, si valseparticolarmenleadimpellicciare mobili per le stanze: eon aleuni saggi dei quali si presento all' attuale concorso. Sono due lavoli, I'uno di breccia sem- plice, l'altro con intarsiature di lapislazzoli foggiati in fiori e rabeschi, ad itnitazioue di quelli ehe si lavorano a musaico in Firenze. So si guardano, sorprende invero la lucentezza ehe mandano di niarmo eon diligenza pulito: la tinta e forse un po' troppo viva, ma e difetto facile a correggersi, ed anche vi basta il solo tempo. Se si toccano, danno seu- sazione di una durezza lapidea. Il prezzo, quando si pensa alia materia prima, non pud essere ehe molto inferiore alia bellezza dell' apparenza; e gia la Ditla ha presentato uu do- cumenlo provante le molle coramissioni, ehe le furono date anche direcente. I mobili impellieeiati di marmoverocostano assail sono incomodi a potersi muovere, incomodi per la sensazione di freddo ehe producono, e difficilmente si rac- conciano, se spezzati o guasti. Questi marmi, a dir cosi Ii- — G58 — gnei, vanno scevri da ciascuno di tali difetti, e son cosi belli che possono servire all'adornamento dei palazzi, ed alia de- corazione delle chiese. L' I. R. Istituto ha reputato degna la Ditta Terruggia Pielro e Comp. della maggior corona. III. ODOARDO COLLALTO di Venezia. L' ingegnere meccanico sig. Odoardo Collalto fu il pri- moch'eressee fe'prosperare in questa citta, flno dal 18-16, una fonderi'a di ferro, die poi trasporto in Mestre. La sag- gia e lodevole disposizione di essa lo melte al caso di sop- perire a tutti i bisogni, anclic per le pin importanti costru- zioni. Ha pereio quanlo e mestieri; e tra altro, due forni, che il maggiore puo conlenere fino a 6000 chilogrammi di ghisa. Molte sono lc opere che uscirono dalla sua officina nel breve spazio da che esiste. Ricorderemo sette macchine a vapore, tra cui una della forza di 25 cavalli, per lasciuga- mento della palude Benvenuti nel Consorzio foresto. Ma, se la costruzione di queste macchine esige una piena cogni- zione della loro complicata forma e delle non facili teori- che a cui si appoggiano i loro perfezionamenti ed effetti, non domanda pero il maneggio di grandi masse di ferro fuso, in cui e riposta un'altra specie di difficoltc,i, a supe- rare la quale richiedesi molta diligenza e somraa perizia nella fusione, affincht* si operino a tempo opportuno i raf- — 051) — freddamenti, e non insorgano quindi di.sconlinuita, irrego- larita , o mancanze di omogeneita nei grandi pezzi. Or, quanlo valga a cio in teorica ed in pratica, il Collalto lo di- mostro nei ponti di ferro i'nso. Lo diinostro ne' sei ponti ch'eresse in qnesta eitta, nei quali ciascuno ha potuto am- mirare la leggerczza, la varieta e il buon gusto degli orna- menti. Lo dimostro specialmente nei ponte ch' eresse a Lonigo sopra il torrente Gua; ponte, il quale Iia una luee, valutandola daJl'origine deli'arco, di metri 20, ed una lar- ghezza di 8; e nella cui costruzione dovette certo superare le maggiori difllcolta derivanti dal maneggio di piu grandi masse di ferro fuso, c dalla rigidila della gliisa die richiede particolari avvertenze e parlicolari condizioni, allorche i ponti sieno destinali ad attraversare grandi iiumi o torren- ti, e a dar passaggio a carri eon gravissimi pesi. Queste avvertenze furono tutle avule, e queste condizioni lutte at- tuate dal Collalto; il quale riusci a coslruire il delto ponte in modo che la necessaria solidita si troy a eongiunla a quella leggerezza ed eleganza che oramai devono sempre accom- pagnare un simil genere di costruzioni. Chi lo vegga od esa- mini, se ne potra persuadere ; ed ognuno pud farsene un'i- dea dal disegno che si conserva dall'I. R. Istitulo. Non e da tacere che nell' operosa oflicina del Collalto, non solo si da mano a grandi produzionij ma vi si lavo- rano ulensili ed ornamenti di ogni genere per lc case, ed ogni specie di attrezzi rurali: onde grande e il numero degli artefici, degli operanti, a cui essa porge col lavoro il vitlo. Per tuttoci6 Y T. R. Istituto ha stimato giusto di rime- ritare la sua attivita, intelligenza e diligenza col maggior premio. — 660 — IV. B I G A G L I A PIE T R 0 di Ven-ezia, I! sig. Pietro Bigaglia, il cui nome e un bel van to delle industrie venete, oltcnnc gia., pel suo commercib dell' av- venturina artificial e pei suoi musaici, da questo I. R. Istitu- to, negli anni 18 52 e 1844, il secondo premio. II progresso di codesto suo commercio divento ora molto nolevole, come il dimoslrano gli e&aminati documenli; e cosi doveva essere, giacche I'avventurina ch'egli sa produrre e ammirata nelle prime capital! d'Europa. E notevolissirni sono pure i mi- glioramenti desuoi musaici; i quali, so anche prima erano assai pregevoli, apparivanb pero di men difficile esccuzione, come quelli che si componevano di linee rette o leggerissi- mamenle curve. \1a ora alle rette egli ha sostituito linee curve, obblique, convesse tagliate e eongiunte in innumere- voli pezzetti, ridotle tal fiata ad una quasi impereettibile sottigliezza. Il sig. Bigaglia, per giungere a tanto, ha doviito applicare a'suoi musaici, un lavoro affallo diverso del primo, e da niu- noinnanzi tentato, un lavoro di mollissime difllcoUa,per cui gli convenne accrescere d' assai il numero delle mani d' o- pera, ed impiegarne uno grande d'ingegnosi tornii, di tra- pani e di altri ordigni. I saggi ch'egli presents e quelli che furono veduti sul luogo, sono tali da poter appagare qualunque esigenza in questo proposito. Ij1 I. B. Istiluto lo fregia della medaglia d'oro. — mi — V. SOCIETA' B-OILTOL-AN di Treviso. La Societa Bortolan, rappresentata dal direttore signor Angelo Giacoraelli, impiega l'opera sua intorno ad una in- dustria, che si dirama in quattro parti; le quali, considerate in complesso, danno una delle Industrie piu grandiose del regno Lombardo-Veneto; e considerate poi in ciascuna di esse, danno quaiche importante prodotlo che non esce da alcun altro luogo del regno. Nel villaggio di CarOoncra due doppii magli, Ire fucine da colare e due macchine da sofflo servono a far vasi di rame, di cui e ingenlissimo rannuale smercio e nel Veneto e fuori. In quello di SamOur/ole sono di continuo in azione due laminatoi per rame, pioinbo ezinco, mossi da una gran- de ruota idraulica, costruita nelle oflicine delta Societa me- desima, due doppii magli per foggiar grandi caldaie di rame, e fondi sino al diametro di otto piedi ; le competenti fucine da colare con t'orni a riverbero e ventilatore, e iiliere per rame e piombo. Quattrocentomila libbre circa del rame roseita ; di Agordo, vi si lavorano ogni anno, riducendolo in Iamine di grand' estensione, ad uso principalmenle della marina regia. Queste Iamine gareggiano per durata colle inglesi, e i due laminatoi, da cui escono^ sono i soli che si adoperino per lal effetto nel regno Lombardo-Veneto; co- me sara il primo che vi comparisca, un terzo che si sta ora mettendo in opera perroltono. Nel villaggio di s. Giuseppe con due magli, quattordici fucine, due grandi forni aggiunti — 662 — di quovo per la riduzione della ferrareccia, si lavorario og- getli di ogui genere, per gli usi agricoli, per I' arraamento delle strade ferrate, e pezzi in ferro battuto, come ancore, lusi di trasmissione, incudini, ec, ec. In quello di s. Maria del Roverc, la Societa possede tre forni, atti ad ogni ope- ra in ferraceio (ghisa); vi sono raodelli per ogni sorla di mobili, e vi si fa il getto di grandi pezzi, come p. e., di eilindri die riescono poi dalla tornitura perfetti. Ella vi ha, da ultimo, aggiunta un'oflicinameccanica, con mollo agio di locali pci fabbri, disegnatori, intagliatori, modellalori, con tre forni, due macchine da forare, una da spianare, e molte allre accessorie, quasi tutte costruite nelf oflicina medesi- ma, e dirette da un ingegnere tecnico; onde puo assu- mere 1'esecuzione di qualuuque lavoro meccanico le sia do- mandato. Queste qualtro parti di una grande industria, o piutto- sto queste quatlro grandi induslrie, fabbrica di rame, fon deria di seconda fusione, ferriera ed officina meccanica, che si connetlono e sorregono reciprocamente, che furono nei due trascorsi anni notahilmente ampliate, che danno lavoro continuo, epercioalimento a piu che duecento famiglie, i cui prodotti sono si importanli, ed alcuni anclie tali, che non si oltengono in alcun altro luogo del regno Lombardo-Yene- to, ben meritavano che la Societa da cui ricevono una vita cosi utile, fosse onorata da queslo I.R.Istiluto col premio della medaglia d'oro. iiDMMi wmwm MOZZONI I" R A IGNAZIO di s. Gio. di bio. II padre Mozzoni, con molto ingegno e floo raioore per- severanza, valse a renderc pid perfetta, piu sollecita e meno dispendiosa la lito-tipografia ; adoperando un suo metodo di stampa con tipi neri od a colori trasportati sulla pietra, e intercalati con disegni e fae-simili d'ogni maniera, spedi- tamente eseguiti sulla pietra slessa, siche possano stamparsi insiemc ai tipi; e cio con quclla variola di tinte die si vo- glia, anche sovrapposte lima aifaltra. Molli sono i vantag- gi di questo suo metodo: si ottengono trasportati sulla pie- tra tipi tali, da poter gareggiare con qualunque stampa ti- pografica, anche di lusso: si puo levare dal primo un sccon- do trasporto, potenle a dar oltre un migliaio di esemplari: merce il secondo trasporto si ottengono tutli i vantaggi del- la stereo tipi a; perche i secondi trasporti si possono molti- plicar a piacere e con piccola spesa, eseguenduli sulle pictre di Bassano, delle quali, per conservare un foglio in J." stra- grande di8pagine, non ne occorrono se non due del valore di circa L.5.50 ciascuna. Questo metodo poi di lito-tipogra- fia si avvantaggia sopra la lipogratia, perche si possono ad tin tempo intercalare tipi e disegui che si eseguiseono spe dilamente a mano sulla pietra ; perche lecopie appeaa stam- pale, si puo suhilo distrihuirle; perche si possono Irapporre Serie III. T. 1 86 — 064 — ai tipi disegoi colorati d'ogni maniera ; alfe quali cose e im- potente la tipografia a causa dclla bagnatura della carta ; ed in fine perche, trattandosi specialmcnte di piccole produ- zioni, come lettere, aflissi, ec, ll metodo di cui si parla, su- pera d'ollre il doppio in ispcditezza di liratura il tipografico. Per tali raotivi, I'l. R. Istiluto ha assegnato al tanto be- nemerito p. Mozzoni il primo luogo tra i premiati colla medaglia d'argento. II RAMPIJ) LEOPOLDO di Padova. L'arte detdorare in legno, quantunque antichissima, era nulladimeno lontana dal metlersi in via di maggior perfe- zione, perche, continuando co'metodi usati di vestire di ges- so il legno, e spianare quindi I'intonaco con mano o con qualche perno d'appoggio, doveano necessariamente risultar- necerti ritlessi manifestanli V irregolaritu dclla superficie, od una lucentezza grassa ed ontuosa non puntosomigliante al lume crudo e tagliente die riverherano i metalli. Nella via di molto miglioramento mise quest' arte il sig. Leopol- do Rampin, applicando invece le superficie di rivoluzione che vuol dorare od inargentare, od anche solo rendere li- scie e brillanti, applicandole ad un tornio, non deiconnmi, raa senza appoggio, maneggiabile a mano volante, onde il ferro adoperato leggermente e docile ad ogni soltile esigen- za. Da cid un perfetto spianamento deH'inlonaco di gesso. — 665 — che prende aspetto marmoreo; da cio lo splendore di quella luce viva e spiccata che propria del metallo ; da cio tutta la precisione nelle modanature e nei listelli, lo cbe non si ot tiene mai col dorar comune, die sempre lascia sugli orli certe barbiocie, e quasi una specie di frangie; da cio il po ter ridurre, volcndo, le dette modanature e listelli alia sot- tigliezza di iinissima linea, cosa riputata fino a qui non pos- sible. E ben vero che il metodo suo il Rampin non pote appliearlo per anco, se non alle sole superficie di rivoluzio- ne; ma gia queste son numerose; ma gia egli mise con cio solo l'arte in una larga via di progresso, e ve la mise col notabile vantaggio di renderla anche meno dispendiosa per la sollecitudine del lavoro; e poi sperabile che le cure da lui poste intorno ad essa lo condurranno a poter applicare il suo metodo altresi alle gole dritte e rovescie delle cor- nici, ed a qualunque altro genere di superficie, dando cosi una nuova vita air arte medesima. L' I. R. Istituto gli decreto il premio della medaglia d'ar- gento. III. PIO ISTITUTO CANAL DELLE FIGLIE DEL SACRO CUORE in Yenezia. E riverito e caro il nome del cavaliere ab. Daniele Ca- nal, che si fece promotore in questa citta del suddetto Isti- tuto ch'egli dirige, e nel quale stanno attualmente raccolte circa 70 fanciulle, tolte per la maggior parte all inopia, e — 066 — alle Iroppo agevoli conscguenze di essa. Sono istruile, oltre a ci() che piii importa, in tulli i lavori femminili, dai pin tenui, piu comuni ed ordinarii Qno ai piu iini e squisiti; ne' quali secondi si occupano specialmente inlorno alia parte che riguarda gli arredi di chiesa, gl'indumenti sa- cerdotali; onde per si faLta loro industria, puo dirsi aperta in quel luogo un' operosa oflicina, a cui il conosciutcy me- rito va gia procurando frequeuti commission!. In generate i lavori sono condotti con si bella accuratezza, che nulla piii; singolarmente un ritratto di S. M. copiato in seta, e i grandi trapunti in seta, in argento ed in oro sono eseguiti con diligenza maravigliosa, con nitore e con eleganza. L' ab. Canal presento al concorso 1' industria del luogo da lui promosso e diretto; e I' I. R. Istituto, aggiudicando- le il premio delta medaglia d'argento, si compiace di poter dare insieme un segno di lode e di stima al degnissimo promotore e direttore. IV. DAL !YIISTRO,.ERRERA e COMP. di Venezia. La Ditta suddelta, conoscendo come importi di estendere ineglio presso di noi la fabbricazione del litargirio, pel quale tributiamo all'estero non piccola sorama, conobbe ancora la necessita di costruire un f'orno migliore degli usati fin qui, percbe la protossidazione del piombo riesca economica, sol- lecita, uniform©. L'ingegeere dott. Michele Treves immaginA — mi — e diresse la costruzione del forno e vi adempi tuttelo condi- zioni opportune. Era mestieri che fosse separata affatto T aja di esso dal focolajo, aeciocehe le ceneri vegetabili non s' immischiassero al prolossido; era mestieri che, per vie diverse, due correnti dell'aria esterna venissero ad alimen- tare la comhuslione della legna e a promovere T ossidazio- ne del metallo, perchc uniformi fossero le azioni, solleeito il lavoro, e poeo o nulla impure di minio il prodotto; era mestieri inQne di eliminar prontamente i gaz residui della combustione e della ossidazione, affinche il proeesso chi- mico non avesse a scadere di forza. Tutto questo fu bene effettuato; il litargirio cbe in tal modo viene raccolto e del migliore che si abbia. L' I. I\. Islituto decreto alia Ditta Dal Mistro il preraio della medaglia d' argento. \. VENEGONI LUIGl di Milano. E antica I' arte nei dipinlori di slanze d'imitare all' oc- correnza qualunque specie di legno. II sig. Venegoni appli- ed a quest' arte uno studio particolare ; e nell' anno scorso ne presentava alcuni saggi all' Islituto lombardo, che gli meritarono la medaglia di rame. Questo premio fu da lui riguardato per cio ch' era veramente, cioe per un eccita- mento ad andare piu innanzi: ed egli vi ando in guisa da generare tal illusione che locchio del legnajuolo, dell ebani- — (JG8 — sta non varrebbe a discernere l'imitato dal vero. Onde pud dirsi, ch'egli abbia elevala 1' imitazione dei legni ad un'arte speciale. La effettua sulla tela, sul cartone, sulla tavola, sul muro, sulla pietra e sempre colla stessa precisione, e sein- pre con mirabile solleciludine e con poco dispendio. L' Istitulo lo reputo degno dclla seconda corona. VI. DE LORENZI GIOVANNI di Vicenza. V espressione, o come suol dirsi il colorito, c la filatu- ra de' suoni negli Harmonium si ottenne finora colla varia pressione sul pedale de' mantici, e col mezzo di appositi re- gistri. Ora, I' abile ed opcroso coslruttore d' organi musi- cali sig. Gio. Battisla de Lorcnzi presenta una nuova fog- gia d' armonica a suoni espressivi, in cui si modifica la forza ed il colorito del suono, merce la maggiore o minor pressione dei tasti, agendo per ogni tuono e semituono so- pra un sistema di piu leve, che schiudono di mano in mano i ventilabri di piu linguctte libere vibranti all' unisono. Si- mile meccanismo e un' applicazione di quel sistema espres- sivo gia introdotto dal De Lorenzi negli organi da chiesa detti percid fonocromici, la cui invenzione premiala nel 1851, dall'I. R. Istituto di Milano colla maggior corona, fu pure meritamente apprezzata nella recente esposizione industrial di Parigi. Sebbene la graduazione o filatura del suono in questa nuova forma d' armonica lasci qualcbe de- — 669 — siderio di maggior perfezione, e richiegga almeno uno spe- ciale esereizio nella mano del suonatore, nondlmeno, per la no vita dell' applicazione e dell'effetto rausicale, per la faci- lity e 1' economia del mcccanismo, ed anco per 1'agevolczza e quasi uniformita dell' azione sul pedale, clie eoinpensa la necessaria leggerezza del tocco nel suonatore, 1' I. R. Isti- tuto trovo di rimunerare 1' autore col premio della meda- glia d' argento. VII. CARLO PONTI di Venezia. II Sig. Carlo Ponti si presento all' attuale concorso con un doppio cannocchiale da tealro, a cui ( togliendo Tocu- lare Galileano) si possono applicare due canne oculari a quattro lenti, che danuo un otlimo cannocchiale capace di un ingrandimento di circa 20 volte per gli oggetti lontani: si presento allresi coll' applicazione della camera lucida del Wollaston ad un cannocchiale per disegnare gli oggetti lon- tani chiari ed ingrandili, come si potrehbe farlo nella loro vicinanza. Questo artelice fu gia, nel precedente concorso del 1854, premiato colla medaglia d'argento, per la costru- zione di lenti destinate ad usi t'otografici, nella quale mani- festo una singolare diligenza c perizia. Si dimoslra non meno istruito e diligente in codeste due produzioni. LI. R. Istituto, considerando come importa d'incoraggiare sempre piii fra noi Parte chegli professa, cosi delicala e difficile, — 070 — dJ iucoraggiarla specialmenle in una cilia, in cui fu rivollo al cielo il primo cannocchiale, e che nou dee venir ineno alia ripulazione acquistatale dai lavori del Selva, gli decre- to pur questa vojta la secouda corona. VIII. MARANGONI BIAGIO di Udine. II Sig. Marangoni aveva gia presenlalo il disegno del suo elevalore mcccanieo per gl'infermi nel i854, ed oltenne da questo I. R. Istituto che ne fosse decretata l'esposizione. Ora presenta lelevalore mcdesimo ; il quale, esaminalo ed espcri mentato, si trovacorrispondere pienamente air utilissimo ed umanissirao scopo di poter sollevare per qualunque siasi bi- sogno, in qualunque stato di grave malattia, e dopo qualun- que siasi tempo di giacenza,gli annnalali dal loroletto,senza scossa, e quindi senza alcun disagio o nocumento. Anche gli altri suoi congegni meccanici, che servono a portare esatlamente nellasse di rotazione i pezzi da lavorarsi al tornio, sono stati giudicati commendevoli. L' I. R. Istituto, a premiare la solerzia del Marangoni e la grande utilita che puo ritrarsi dal detlo suo elevalore, lo frcsjia della medaglia d'argento. — 071 - IX. LORENZO RADI di M urn no. Lorenzo Radi, aiutato da una ferma volonta, e diretlo dall' csperienza acquislata in tanti anni in cui si occupa nclla composizione dello smalto d'oro a musaico, ond'ebbe la medaglia d' oro nel 1846, valse da ultimo a rieondurre l'arle vetraria ad un'applioazione, di cui si erano perdute le traeciegia da piu cue due secoli. Egli compose una pasta cbe, modellata o sofilata, imita perfettamente la calcedonia. Ne basta ; essa puo imitare con egual perfezione anche le altre specie di agata ; e questo a volonta, secondo che si regola diversamente la temperatura del forno. Come ne fan prova i saggi presentali, belli ed imitanti il vero sono que- sti prodotti dell' arte, se avuti col softio, piii belli ancora, se modellati e pubti. L' I. R. Istituto giudico meritevole questo abde arte- lice del secondo premio. X P I S A N I iN I C O L 0' di Venezia. II Sig. Pisani, eonoseendo quanlo sia irragiouevole e daunoso il metodo ordinario della pilatura del riso coi pi- Serie III. T I K7 — 672 — stoni, che par quasi Irovalo per ridurre i grani in polvere ; ed avvisando che, in quesla operazione, e pi 11 che altro lo sfregaraento dei grani del riso tra essi e colla prima pelle quello che poi li spoglia anco della seconda pellicola che tanto vi aderisce, immagini) di costruire una macchina, in cui codesto sfregamento venisse effettuato da un moto cir- colare continuo e senza percossa, affinche i grani uscissero interi e netti. La sua macchina, costruita alia norma di huoni prin- cipii teorici, e attuata in Venezia colla forza del vapore; essa da invero il riso shucciato, bianco, lucido e senza farina: fa tutto in una sola operazione; ed essendo affatto chiusa, non manda quella polvere ch'e tanto dannosa agli operai. Fu premiato colla medaglia d'argento. XI. TERRENATI GIUSEPPE di Venezia. L'invenzione del Sig. Terrenati consisle nella composi- zione di una cote artificiale, che messa alia prova nei con- gegni da lui presentati, si vide intaccare presto e molto il piu duro acciaio inglese e il vetro. La composizione che si presta cosi bene all'uopo coll' uso dell'acqua, prende poi di leggieri, ogni forma, quando la si tratta a secco con lima inglese. Si spera che il Sig. Terrenati possa riuscire, sia a dare il suo composto a prezzo piu modico., sia ad estenderne le applicazioni. L' I. R. Istituto lo rimunera colla medaglia d' argento. _ t>73 — XII. MAURIN GREGORIO di Venezia. II Mauria, le ore die gli avauzano dopo avere adem piuto al debitosuo nell'I. R. Arsenate, in cui presta opera qual fonditore di metalli, le occupa in una officina, che si e fatta egli stesso nella sua propria casa, dove si va eserci- fando in lavori di piccola o mediocre mole in bronzo, Iratti da coucetti altrui. Di essi presento alcuni saggi; due cavalli di diversa grandezza, medaglioni, flgure giacenli, busti, un astaco, ee, i quali hanno ben fatto conoscere, ch'egli e vera- mente abilissimo in tal arte, avendo superate felicemente le molte difficolta di essa; tanto piu notevoli pel Maurin in quanto i suoi lavori sono fatti con una sola fusione, di un sol pezzo senza giunture, e senza posteriori levigazioni ; cid che manifesta la sua perizia, non solo nel modellare, ma altresi nel saper dare il grado opportuno di calore al me tallo fuso: anche la grande difficolta delta sottosquadra venne da lui superala con eccellente riuscita. L'incuorare Ira noi questo genere d' industria non puo tornare che grandemente utile quando si pensa alia tanta quantila de'suoi prodotti, che ora ritiriamo dall'estero,e specialmen- te dalla Francia. L'l. R. Istituto ha reputato giusto conferire al Mmrin lamedaglia dargento. o— — 074 — XIII. J)ITTA GENTILI, ASSERETTO e COMP. di Padova. La Ditta Gentili, Asseretto di Padova da un anno circa attivo la depurazione del tartaro delle botti, ed offre al comraercio quantita ingente di cremor di tartaro purissi- mo. L'attivazione di tal raino d' industria e tanlo piuvan- taggiosa in quauto die, essendovi da prima un solo labora- torio a cio rivolto mancava quella emulazione che pur con- corrc a perfezionaro le arti. Si rimunera con la medaglia d' argento. XIV. VIANELLO GIUSEPPE di Adria. II Sig. Vianello, per avere introdotta e bene avviata 1' industria tipografica in Adria, ottenne il terzo premio da questo Islituto nell'anno 185-5. f/amore sempre crescenle per l'arte lo animd a dare un grande amplamento alia sua tipografia e ad elevarla ad uno stato di molto migliore. La trasport6 in un altro locale assai piii esteso, e fabbricato appositamente per essa: la forni di torchi in maggior nu- mero, di maggior costo e di maggior offetto: l'arriccbi di — 075 — caratteri in ogni genere, e di svariate guise di lregi ; la rese atla, in breve, ad ogni sorla di produzioni, dalle minori allc piii grandi; tra le quali accennererao solo ad una impres- sione,che si sta attualmente effettuando, di due mila copie del messale romano. F, poi necessaria eonseguenza di cio. Paver egli procurato modo a lavoro, e quindi ad alimento, a molto numero d'individui. L'Istituto to fregia della uierta- glia d"argento. XV. GIOVANNI ed ORSOLA conjigi ROSSI di I cnezia. I conjugi Rossi, assuntori della iabbrica, con deposito di struuienti cbirurgici, gia appartenente alia Ditta Rerlan, piii voile premiata da questo I. R. Istituto, si presentarono aU'attuale eoneorso per un notevole ampliamento nella loro industria, e non meno notevoli miglioramenti da essi fatti ad apparecchi ortopediei e ad istrumenti cbirurgici d'ogni maniera. Tra primi meritano particolare attenzione quelli di soccorso pegli asfitici, e le calze compressive di gomma elastica, a maglia, di un pezzo solo; le quali sono, per piu ragioni, preferibili a quelle provenienti dall'estero. I loro strumenti cbirurgici furono trovati di lodevole esecuzione, L' I. R. Istituto li rimerita colla inedaglia d' argento. o — 670 — MENZIONI OXOREVOLI i VERDARl G1ACOMO di Venezia. 11 sig. Verdari attivo in Venezia uno stabilimenlo di bu- cato a vapore. Un ben consigliato uso del earbonato di soda in diversi gradi di forza, secondo la quajita delle biancherie, una ben regolata sommioistraziojie del vapore ai tini, nei quali sono chiuse dopo levate dalla soluzione del earbonato, un loeale lonlano da case e da altre fabbricbe industrial!, dominalo dall'aria e dal sole, un buon ealorifero a venlila- tore hanno dato alio stabilimento del Sig. Verdari un gran numero di coneorrenti tra le piu distinte famiglie di questa eitta. L' I. R. Istituto repulo esser meritevole della menzione onorevole. II. PADERNEI ,LO GIOVANNI di Sacile. Colla maccliina per varii usi serici, di cui il concorrente presentd il modello, egli si e proposto di eseguire tutte ad un tempo le operazioni neeessarie alia trama. Lo seopo non e — 677 — nuovo; ed il Sig. Avesani tra gli altri, per siinili apparecchi, venne premiato negli anni 1 81 5 e 1 8 1 6 da questo stesso Isti- luto. Ma nella macchina,di cui si tratta, vi e qualchc parte es- senziale che spettain ispecialita al Sig. Padernello: essa e lo- devoleassaipcr la semplicita dclla costruzione.per alcimino- tevoli congegni ; c non meno per la qualita dell' effetto che produce, il quale oltenne l'approvazione di persone aeeredi- tate nel setilicio. L' I. R. Islituto, avuto riguardo anche alia grande iniportanza che ha uelle nostre proviucie il lavoro della trama, premio il Sig. Padernello colla menzione ono- revole g j_ III. TOFFOLI PIETRO di Cadore. Alcuni degli strumenti chirurgici presenlati dal Sig. Toffoli hanno il xnerito di una esecuzione molto accurata. L' I. R. Istiluto, riconoscendo nel Sig. Toffoli un artefice diligente, volonleroso^ e che si merilo per diversi lavori 1' approvazione di chirurghi distinti, gli aggiudica la lerza corona — 678 — IV. CAMPLOY GIUSEPPE di Venezia. La vcrnice del Sig. Camploy per gli slrumenti mu- sicali non e soltanto superficial©, ma entra, dove piu dove meno, pei pori del legno ; in qualche luogo ne at- traversa anche tutta la grossezza , e lo rende consi- stente dove prima era cedevole; e pero, soccorrendo alia ineguaglianza di tessitura del legno, fa che la eassa degli strumenti a corde si metta prontamentc all'unissono nel suo complesso con le corde stesse, in tutti i loro tuoni, e comunichi spedile le vibrazioui alia massa d'aria che vi e contenuta. II Sig. Camploy ha offerta una piena prova di quesli buoni effetti ; e 1' I. R. Istituto lo rimerita colla men- zione onorevole. V. M A N Z 0 N I GIOVANNI di Venezia. L'arle di fare con eleganza e solidita le calzature da uo- mo e speciahnente quelle da donna , non e ancora cosi avanzata o diffusa tra noi, che non si vedano ben di fre- quente codesti oggetti venire da luoghi lontani, con danno della nostra industria. A cessare la qual cosa, il Manzoni — 679 — offre alcuni saggi di proprie manifatture, die non temono confronti, ne per eletta materia, ne per accurata squisitezza di lavoro e di forme. 11 prezzo non supera quelle- delle buonc calzalure ordinarie, ed e ben al di sotto del costo delle piu ricercate, ma non migliori, che ci vengono d'altri paesi. Gli (u aggiudieata la menzione onorevole. VI. GIACOMO PINCHEULE MORAVIA di Venezia. 11 metodo di concia per le pelli di buc proposlo da questa Ditta, oltre il pregio della celerita, ba pur quello di esclu- dere luso della calce e dell'aeido zolforieo, per apparec- chiar la pelle ad essere facilmente spogliata dai peli, e per fare che, gonliandosi, diventi capace di ricevere in se il tannino. Era gia applicato una volla un metodo simile, che fu poi lasciato, perche le pelli pigliavano una ten- denza a putrefarsi. Le variazioni introdotte dalla Ditta suddetla e da credere che bastino ad impedire il danno ; menlre il suo stabilimento posto alia Giudecca, e lenuto col metodo in discorso, e assai prospero e gode di buon nome. L' I. R. Istitulo le decreto la menzione onorevole. Serie HI. 7. / ss — 680 — VII. GAE T A iN 0 G R <> P E I, I, O di Venezia. Questo abile artefice present6 ul concorso un leggio di sua invenzione, da altare, di legni iinissimi, ricco di accu- rati lavori di tarsia in ebano ed avorio, e di belli ornamenti scolpiti in legno ; di cui la parte centrale rappresenta Cristo circondato dai simboli de' Vangelisti, di stile bisanlino, ed e dipinta a simulare la tarsia. Presenlo altresi il modello, in acero e abete, della famosa scala del palazzo gia Minelli in s. Paterniano, e di quell'angolo di esso a cui doveva servire, sostituendo alia sua cupola, die or piu non esiste, una cella arebiacuta. ouesti lavori sono belli di esattezza e diligenza ; ed il secondo e ancbe opportuno, perche conserva il modello di un edificio che va di giorno in giorno sempre piu depe- rendo. Vien premialo colla menzione onorevole. Mil PEGORETTI (Ho V A.N1N \ di Venezia L I.R. Istituto, considerando die mancava tra noi una fabbrica di tubi in piombo di tutte le diraensioni pei niolli — 68 1 — plici usi u cui vengono applicati, e die quindi, per provve- dere ai bisogni di queste provincie, era mestieri sovente ricorrere a fabbriche lontane, non pote cbe dare molta lode allintcndimento del sig. Pegoretli, che neistitui una qui in Venezia, fornendola di un poderoso lorcbio idraulico, e di- rigendola con buone regole. Ha quindi creduto giusto di ri- meritarlo colla menzione onorevole. IX. MARTINENGHI PASQUALE di Campocroce. Tra quelli che si diedero negli ultimi anni, a cercar mo- di di sopperire con una od altra bevanda alia mancanza del vino, e il sig. Martinenghi, gia benemerito, per molti rispetti,degli studii agricoli. Si accinse egli alia fabbricazio- ne del sidro, bevanda tanto usata in Francia ed in Inghil- terra, e cosi poco tra noi. II sidro che presenlo e limpido, e si manliene tale per piu giorni anche in bocce scenie; e di bel colore, piacevolmente spiritoso, e di una fermenta- zione che prosegue Ienta, come ne'buoni vini, a migliorar- lo col tempo. L'Istitulo premia lesue cure con la menzione onorevole. — 08c2 - x. PROSPERING PIETRO di Padova. It litografo Sig. Pietro Prosperini, che prima ritirava anch'egli daU'estero, pel suo comraercio, alcuni lavori lito- grafici, come carta ornata per lettere, per viglietti di visita, ed altro, ecc, studio it modo di ottenerlicoll'opera delta sua propria ofticina. Vi riusci, in guisa da far paghi i desiderii del lusso odierno. L' I. R. Islituto lo premia con la lerza corona. XI. ZANNONI GIUSEPPE di Verona. Nelle cinque serrature presentate dat Sig. Zannoni non e da notarsi atcuna partieolarita, che non sia stata o non possa essere da altri messa in opera in tal genere di serra- ture che si dicono di sicurezza. Ma egli e perd riuscito ad ottenere molti svariati movimenti e funzioni con huona disposizione, semplieita e solidiia di meccanismo; ed it la- voro suo e assaifrancamente e precisamenteeseguito; on- d'e a credere che, progredendo, egli potra dare le serrature di sicurezza a prezzi modici, ed estendcre 1' opera sua anche ad altre costruzioni meccaniche. L' I. R. Istituto o;li ha de- crctata ronorevolo menzionc. - 683 — XII. FERETTO GIOVANNI di Trcviso. Un saggio di 2-5 diverse sorta di rosolii present al con- corso il Sig. Feretto, e commendevoli tutte. Le materie adoperate da lui per colorire variamente i liquori sono af- fatto innocue. L' I. R. Istituto gli conferisce il terzo premio. XIII. DAL DEGAN ab. NFCOLO di Asia go. Lab. Nicolo dalDegan e arciprete nel villaggio di Gallio, Distretto di Asiago, duve il massimo Dimiero de'parroc- chiani traggono I'unico o principale alimento dalle patate. E facile iraniaginare a die inisera condizione li riducesse la malattia, che da aleuni anni offende questo prodotto. II buon arciprete si affretlo di soccorrerli. Raccolse le prati- che di miglior effetto nella coltura delle patate e le insegno: scegliere un terreno leggero ed inclinato, concimare con la fuliggine, rincalzare le piante come si fa col grano turco, qbolire il solco. II frutto fu buono, e valse I' alimento di molte famiglie. L' Istituto e lieto di rimeritarc con la menzione onorevole questa diffusione delle utili pratiche agrarie, ch' e pure un beH'esempio d'illuminata carita. — ()84 — XIV. BEDINA GIOVANNI di Cremona. Sostituire le bulletle alia cucitura per congiungere la suola delle scarpe al tomaio e cosa gia praticata. La novita introdolta dal Sig. Bedina consisto nel far andare le bullet- te dall'interno all'esterno, inveec die da questo a quelle-; con cio egli lolse i molti inconvcnienli dell'altro modo; le bulletle attraversano lulta la suola, e la punta cbe riesce al di fuori vi e ribattuta e compressa per guisa cbe, oltre al congiungere piu strettamente la suola al tomaio, rende assai difficile il distacco delle bullette, fa la ealzatura solidissima, impermeabile all'acqua, economica; il prezzo non c supe- riore all' ordinario. Questa raaniera di scarpe torna oppor- tuna per le genti del contado, pei viaggiatori, pei solclati. L' I. R. Islituto lo premi6 collonorevole menzione. ELENCO id mm ©Miami riiaiDiaaiBaa K S V O S T I ALLA PIBBLICA MOSTRA NEL PALAZZO DLCALE OLTRE QUELLI Ul GUI FU DECRETATA L' ES POS1ZI ONE — o<58$>°— UMM <»«« Modelli cli costruttura pegli edilizii eseguiti dalla scuola FESTIVA PEGLI ARTIGIAM, pi'CSSO I' I. R. SCUOLA REALK Dl vEjfEziA. — S. Giovanni Laterano. Paliotlo da altare, ricamato in oro e seta a colori, para- menti di chiesa ricamati ; quadri di punto di arazzo in seta a colori; quadri di trapunlo in seta e lana di ogni specie; ricami in bianco; cucito; rinaendature di ogni SOl'te. — I. R. SCUOLA elementare maggiore di vexezia. — S. Leone. Slilacci di gomona per calefature di bastimenti (volg. taroz- zi) ; paglia di segala tagliata per sigari ; segatura a mac- china di legnami per impiallacciature ; taglio di legni per linlure; stuoje di giunco ; tessuti di aloe per cappel- lini da signora ; filatura di lino; tele di lino e baiubagia. — Riparto I.0, lavoro volontario della civica casa d'in- distria. — S. Lorenzo. Lavori di maccbinista, iabbro-ierraio, intagliatore, stipe- taio, intarsiatore, doratore, lornilore, calzolaio. - Ri- parto II.0, casa di educazione pei fanciulli, istituita nel 1850 nella civica casa dindustria. — S. Lorenzo. Lelto di ferro, lavori di stipelaio, di calzolaio, di sarto. ORFAiSOTROFIO MASCUILE DI VEXEZIA, dil'etlo deli RR. PP. Somaschi. Ai Gesuali. Paliotto d'altare, ricamato in oro e seta a colori; parainenli Serie III, T. 1. X9 — 688 — da chiesa per messa solenne, ricamati in seta a colori; lavori di cucito fino; ricami in bianco; trine di maglia ; rimendatura col metodo Barcelto. — orfanotrofio FEMMINILE IN VENEZIA. Alle TerCSC. Lavori di maglia a ferri e uncinelto; di cucito; trapunti; stuoini di paglia. — asili di carita' fer l'infanzia. — In Venezia. Tappezzerie di carta, di carlo oggioni, di Milano, piu volte premiato dagl'ii. rr. Istituti di Venezia e Milano, con negozio in Venezia, in merceria di s. Giuliano. Quadro di ricamo in seta, simulante la stampa, della signora GIISEPPINA MAZZARO. Quadro di ricamo, simulante la stampa, della signora enri- CHETTA CARPANETTI. Ombrelli di ogni sorta, della fabbrica, pin volte prcmiata dal II. R. Istituto, noncbe all'esposizione di Parigi, di lo- renzo chitarin, di Venezia. — Merceria a s. Salvatore. Candele steariche, stearina ; sapone di oleina ; acido zolfo- rico, della privilegiala fabbrica della mira, rappresen- tata in Venezia dal sig. G. Valatelli. Lavori di capelli, di g.b. bettoni, di Venezia, parrucchiere, in bocca di Piazza. Pianla della Salina di s. Felice, premiata in Parigi colla grande medaglia, rappresentata in Venezia dal sig. cav. carlo astritc. ■ — S. Silvestro. Guanti epelli preparate, di pietro mazzoleni, di Venezia. — Merceria s. Giuliano. Vedute topogratiche di Venezia, del signor gicseppe coen, di Ferrara, premiatc a Parigi, vendibili presso il sig. Carlo Ponti ottico, in Venezia. — Riva degli Scliiavoni. Lastre e bottiglie di ogni sorta e grandezza, premiate a Pa- rigi, della Ditta cessionark marietti, della labbrica in — 689 — Murano, rappresenlata in Venezia dal sig. Antonio Col- li. — S. Canciano, calle della Posla. Conterie e perle a lume, della Societa fabbriche ricnite, in Venezia. — S. Zacearia, palazzo Grimani. SLoffe d'oro e d'argento, e daraaschi di seta, di G. B. e fra- telli agnixo, negozianti e fabbricatori di ogni sorla di stoffe di seta c passamanteria. — Venezia, Merceria dell'orologio, e campo di s. Bortolorameo. Seta lavorata nella filatura in Campo di Pietra nel Trivigia- no, del co. giovanni qderini del fu Alvise, di Venezia, premialo a Londra e Parigi. Mascbere, premiate a Londra e Monaco, della fabbrica di serafino palatini, di Venezia. — S. Leone. Compasso elissigrafo, cbe ottenne nel 1834 la esposizione decretata dall'I. R. Istituto, di angelo segiso, di Vene- zia. — S. Samuele, corte del Duca. Strumenti diagnostici, premiati dall'I. R. Istituto, del dott. antonio berti, di Venezia. — S. Samuele, corte del Duca. Tappeto all arlecebina, di giacomo giacomim, di Venezia. Olio di ricino e amido, della fabbrica di pietro tosi, in Ve- nezia. — Ss. Apostoli, rio terra del ponte di Barba- fruttarol. Laccbe e smerigli, della fabbrica weber erepe swajer, di Venezia, premiata piu volte dall'I. R. Istituto,, nonche a Londra e Monaco. — Al ponte di s. Canciano. Confetlure della fabbrica, premiata piu volte dall' I. R. Isti- tuto, di liigi rosa, di Venezia. — Ponte dei Berretteri. Cere di compimento, premiate a Londra e Monaco, della fabbrica di gioseppe reali ed eredi gavazzi, di Venezia. — S. Andrea. Zuceheri raftinati, della fabbrica di gioseppe reali, q. An- tonio, di Venezia, premiato a Parigi. — S. Marziale. — 690 — Zuccheri raftinati, della fabbrica di g. b. giuruto e c.', di Venezia. — S. Girolamo. Teriaca, della farmacia della Testa d'Oro, Ditta eredi sii- vestrini, di Venezia. — Al ponte di Bialto. Teriaca, della farmacia alia Madonna, Ditta antonio cente- nari, di Venezia. — Carapo s. Bartolommeo. Teriaca ed altri mcdicinali preparati, della farmacia alia Vec- chia e Cedro imperiale, Ditta nurro ongarato e C, di Venezia. — Campo s. Lnca. Teriaca, della farmacia alio Struzzo d'oro, Porno d'argen- to e due Mori, della Ditta Pietro Pozzetto, di Venezia. — Ponte dei Berretteri. Stipo di legni orientali, nella parte esterna composto di antiche tarsie unite insieme, lavoro per comuiissione del sig. co. Francesco Dolflu-Boldu, invenlato ed ese- guitoda amonio pEscAROLo,di Venezia. — Campo s.Toma. Lavori di coltellinaio, di antomo moras, di Dosson, provin- cia di Treviso. - Sul Terraglio. Lavori ceramici per edifizii, della fornace di Loreggia, di- stretto di Campo san Piero, provincia diPadova, diretta dall'ingegnere g. b. romano, di Venezia. Lavori della tipografia, piu volte premiata dall'I.R. Istituto veneto e a Parigi, del cav. gii seppe antonelli, di Vene zia. — Alia Misericordia, palazzo Lezze. Lavori della tipograQa, premiata dall'I.R. Istituto veneto, di pietro naratovicb, di Venezia. — S. Apollinare, palaz- zo Bernardo. Lavori della tipografia di g.b. merlo, di Venezia. — Cam- po s. Apollinare. Lavori di \ilogralia, ad uso delle tipogralie, di r.. b. zamrelm, di Milano, premiato dell' I. B. Istituto lombardo. — ()94 — Wodello di ponte in legno, dell'ingegnere bartolommeo pas- ciera, di Belluno. Stipo riccamente intarsiato e, nell'interno, rappresentante il palazzo Ghiericati di Vicenza in tutto rilievo, e corni- ce da specchio di legni orientali, intagliata; della Ditta GicsEPPE gibele, rappresentata da Francesca Piasenti, vedova Gibele, di Vicenza. Lavori di ogni sorta di passamenteria in seta, premiati a Parigi, dei fratelli rellatin, di Venezia. — Calle larga, s. "Marco. Due contorni di cammino scolpiti, e tavole di marmi orien- tali lisci e a mosaico ; della ofticina, premiata dall'I. R. Istituto, di vincenzo fadiga, di Venezia. — S. Maurizio, calle del Doge. Strumenti rurali belgi, introdottidalsig.cav. giiseppe ream, presidente della Camera di Commercio in Venezia, con- sole di S. M. il re dei Belgi, ec. Stoviglie con riporti ad uso inglese, della nnova societa1 foxtebasso di Treviso, avente negozio in Venezia. — Salizzada del Fondaco de'Tedeschi. Macchine idrauliche; apparecchi per gas, ed altri lavori di metallo, della fabbrica premiata nel 185 4, con medaglia di rame dalf I. R. Istituto veneto (con riserva di premio maggiore) della Ditta beaufre e faido, di Venezia. — Fondamenta dell'Osmarin. Ritratti fotografici di . . Levis di Venezia. — S.Gallo. Ritratto fotografico; fotografie tratte da dipinli, di o. boxal- ni e tarreghetta, di Venezia. — In Frezzeria. Fitografie con oro e colori, di marco prosperim, di Padova. Fiori artificial!, di maria vianello, di Venezia. Fiori artificial di conchi^lie. di eigf.mo monet, ora dimo- rante a Napoli. — 692 — Prodotti diversi della litografia kirc.iimajer, di Venezia. Prove di dipinto sopra fincotlo, o sotto coperta, di ldigi consolati, di Verona. Dipinto sul vetro, di antonio borghese, di Venezia. Specchio mobile con figure intagliate di tutto tondo, in bos- so, di l. ripamonti, di Milano, da lui donato al co. Mat- teo Persico. Lavoro di scultura in marrao di Carrara, di gaetaso fer- rari. Oemento idraulico ed altri prodotti, dello stabilimento asfal- tico, premiato in Parigi della grande medaglia, rappre- senlato dal sig.Schultze, in Venezia. — Isola della Giu- decca, al Ss. Redentore. Pelli conciate per guanti, di lorknzo cerletti, di Chiaven- na, provineia di Sondrio. Avventurina artifiziale, di colore eomune, e avventurina in tinta oscura ; calcedonia artifiziale e smalto porpora, di giuseppe zEccm:\,fu Lorenzo, di Venezia. — Rio ter- ra, san Leonardo. SU LA PARTE CHI SPBItA ALU HDICIIA IGLI STUDI E IGL1 UFFICI DELL' ISTITITO Diecorso recitato nella solenne e pubblica adunanza 30 maggio 1856 dell' lstituto veneto di scienze_. letlere ed arti DAL DOTT. GIACIIYTO NAMIAS MEMBRO E SECRETARIO DELL'lSTITUTO STESSO S2 3SS232S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2 Nc lelle pubbliche adunanze di queslo Istituto dettero gli anni scorsi materia a speciali ragionamenli la geologia, I' astronomia, la botanica, la letteratura. Non parmi oggi doversi lasciare addietro la medicina, benche ipotetiche e straniere alia comune intelligenza le sue speculazioni si estimino, aridi e tristi subietti poco dicevoli a cosi falte solennita. Tali meschine vedute risguardanti una scienza sperimentale, nata, direi quasi, coll'uomo, io eombattero in questa occasione, in cui mi prefiggo cercare quale parte spelti alia medicina negli studi ed uftici del nostro Istituto. Eccellentissimo sig. Luogoteneute che rappresentate in questo luogo la Sovrana munificenza, onorevoli colleghi, spettabilissimi signori, non dubito di aver errato nella scelta di un lema, che sia poco degno di voi, di queslo giorno, di questa sala, dove 1' efligiate sembianze di Leonardo Lo- redano e di Lorenzo Priuli, non meno che di guerriere gesta, di civili provvedimenti venerande memorie riehia- mano; ma volgeudo Io sguardo ai dipinti di codesla Serie III. T. I 90 — 696 — tribuna (I), che clue miracoli onorano di greca c latina eloquenza, e pensando che severi esercizii mi tolsero ognora alio amenita delle leltere, che rairano le pubbliche adunanze a rendere fainiliari i principii scicnliiiei e allettarne I' uni- versity degli uomini coll'esposizione de'benefizii che ne deri- vano, mi affaccio qui trepidante che nel cospetto di tanta solennit5 venga meno 1' umile mia locuzione. Possano alle disadorne parole sopperire I'indulgenza vostra, o signori, e l'eflicacia degli argomeati! Promuovere gli studii, diffonderne I'amore, raccogliere modelli, macchine, naturali corpi per fame mostra a gene- rale utilila, recare al pubblico il frutto di lunghe investiga- zioni, al Governo lumi e consigli in cio che a dottrina si riferisce, furono gli uflici dalla Imperiale potesta agl'Isti- tuti di Venezia e Milano afiidati. Particolari sollecitudini dovea I'uno e l'altro rivolgere alia scientiiica cultura del proprio paese, alia storia, alia topografia di esso, alle pra- tiche discipline concernenti il suo Iraflico, le sue arti, la sua agricollura. In queste avvedutissime leggi largo cauipo si apre, o signori, alia medicina, la quale non e, come greltamente avvisano alcuni, il solo magistero di combattere i morhi, ma quel piu vaslo e sublime che I' uomo protegge On nel- l'alvo materno, e nelle fragili ela durante 1' accrescimenlo e la decadenza del corpo, in ogni materiale esercizio della vita e contro gli agguati della nequizia, che alle intere na- zioni estendendo il suo patrocinio le ripara da germi mor- bifici, e fa proposito delle sue indagini la prolungazione della vita media, laccrescimento delle popolazioni e tullo ci6 che (1) Su la paiete dnv' e il tronu, nella sala del Senato ossia Pregadi, i due inferior! dipinti rappresentano Marco Tullio perorante e Demostene eorouato. — (>97 — risguarda i lisici inigliorameati della society. Fu sagace con- siglio del venelo Istifuto, che lo studio delle locali condi- zioni spettanti alia geologia, alia sloria naturale, all'agro- nomia, alia medicina, alia statistica, si raccoraandasse ad alcuni suoi raembri, che all' una o all'allra di tali materie piu specialmente si dedicano. E il prospero stalo dell' uomo nel nostro paese essendo precipuo line di tale lavoro, dalle collegate seienze spetta alia medicina trarre illazioni di pra- tica utilita. Perehe nel dominio di quella sta veraraeute la statistica umana, che col nome di demografia raccoglie le nalurali leggi delle popolazioni. Di tale scienza nuova,nuova se non nella idea, almeno nella vastita ed applicazione, la quale chiede altamente le sollecitudini de' governi e delle nazioni, venne fallo anche in questa citta pregevole esperi- mento. Nel comporre il libro: Venezia e le sue lagune (1), anche intorno al clima e alia pubblica salute si raccolsero gravissimi documenti, che i liniiti assegnati a quell' opera non concedevano allora di dare in luce. Studiando un de- cennio dal 1 857 al \ 840, i mesi piu favorevoli alia vita degli uomini si trovarono il caaggio ed il giugno, i piu sfavorevoli decemhre e gennaio, ne fa uopo che io dica quanto importi codeste indagini proseguire ed ampliare. Conosciuta la media mortalita de1 singoli mesi, risultano senz' altro gli accrescimenti che per fortuite cagioni sor- gessero, e possihili i mezzi a rimuoverle che perdono effi- cacia se troppo tardi si oppongono. La giunta che vol- ge neiristituto gli studii statistic! alle sopraindicate disci- pline, raccogliendo da tutte le venete provincie queste ed (1) Fu puiiblicato in occasionedelln IX adunanza degli scienzati italiani a Venezia. e parecchi materiali inediti ad esso spettanti saranno argo- mento di nuovi lavori. — 098 — altre nozioni, sopravvegghierebbe scientiiicamente alia loro salubrita. Determinata la piu mortifera malattia, ponnosi trovareespedienli per attenuarnc frequenza e vigore, o rin- francare gli animi sbigottiti dall' apprensione di raorbi, che non sogliono per ordinario estinguere la vita (I). In questi e somiglianli propositi dell'Istituto son ne- cessarie l'associazione de' cultori di varie scienze, e l'auto- rita de' Magistrati, avvegnache a questi soltanto venga fatto di porgere cifre non dubbie e imporne la faticosa ricerca. Crebbe in Europa la vita media delPuomo cogli avan- zaraenti della civilta (2); il qual fatto brevemente risponde ai caldi amatori della barbarie, appassionatamente retrogradi, che nella diffusione de' lumi e dellc sociali comodita paven- tano nuove sorgenti di morbi abbreviatori de' nostri giorni. Dai compuli venuti in luce nel liltro anzidetto trovasi la vita media piu lunga a Venezia che a Milano, Firenze, Napoli, Vienna e altre fiorenti metropoli. Ma questa piu lunga vita de' Veneziani e forse un anlico benefizio delle locali condi- zioni, e specialmente della poca frequenza di alterazioni me- teorologiche ? Anche ne' passati tempi si notarono in Ve- nezia longevi. Francesco Contarini, arabasciatore della (1) Per es., il morbo migliare miete qui un numero assai scarso di vittinie, circa 55 individui ogni anno dal 184G al 1855, 555 nelf intero decennio. E tenuissima questa cifra di 55 rispetto all' annua mortality di 5977 (Venezia e le sue lagune, T. II, p. 279); poche malattie adunqne menauo strage minore del morbo migliare, eppure di poche si paveuta a Venezia quanlo di esso. Si trascurano invece le infiammazioni degli organi del respiro, che ne' loro principii si dicono comunalmente reumi e cedono a leggieri soccorsi ; neglette degenerano spesso in morbi letiferi piu di quanti troncano i giorni de' nostri concittadini. La couo- scenza di tali osservazioni tranquillerebbe i loro animi da vani ti- mori, e gioverebbe grandemente a farli vigilare in cio che importa per la propria salute. (2) Gaz. des hop,, N. 82, aim. 1855, pag. 528. — ()<)<) — rcpubblica, desorivendo al suo principe, nel dispaccio N. 56, la sacra cerimonia veduta il giovedi sanlo alia corte di Fer- dinando I re de' Romani, soggiungeva: )» S. M .... Mi disse die hora un anno lavo li piedi ad uno » povero che havea anni 100, parendo dirme una cosa » grande in effetto in questa parte, lo li dissi ehe Vostra » sei*enita havea hora uno suo Conseglier che anche lui » havea il medemo tempo, et era piu gagliardo di uie, et » havea quel intellecto et memoria, come quando 1' havea » 40 anni: volse saper il suo norae et parse a S. M. la piu » hella cosa delmondo (I). » Ora in Venezia enelle sue pro vincie cresce progressivamente la vita media, come in altri parti di Europa ? Ecco un'inchiesta, che potra fare la nostra giunta, investigando se qui speciali cagioni impediscano che i giorni dell'uomo arrivino al naturale loro prolungamento. II grande restauratore della fisiologia, Alberto Haller, dalle comparazioni dell'iiomo cogli animali, rispetto ad ogni circostanza corporea entro e fuori del venire malerno, e dall' enumerazione de' longevi nelle varie contrade esserc ingiuste deduceva (2) le querimoniesu la brevita della nostra vita, il cui estremo termine oltrepassando un secolo, potersi estendere al secondo. II rinomalo britanno, che defraudo in gran parte all' Italia e ad un nostro concittadino la sco- perta della circolazione del sangue, altesta che Tommaso Parre morto nell'eta di 152 anni sarebbe forse piu a Iungo (1) II mio chiariss. amico Rawdon Brawn trasse questo brano dal co- dice DCCCI! (classe VII dei MSS. italiani della Biblioteca Marciana) che forma parte della importante raccolta, con esenipio degno d'imitazione, legata a questa biblioteca nel 1843 dal fa n. u. Gerolamo Contarini dei Scrigni. (2) Albeiti Haller, Elementa physiologiac. T. VIII, I'. II, pag. 95. Ber- ime 1766. — 7U0 — vissuto, so incauiamenle non mutava a troppo tarda eta (I) le abitudini della lunga sua vita. Nel 185 5 il Flourens, secretario dell'Istituto di Francia, uno do' piii celebri naturalisti vivonli, prese a eonsiderare accuratamente questo subietto della vita umaua. Avea gia (1) 11 diligentissimo Halter parlando di questo caso uel vol. cit. dell'op. cit. a pag. 97 nota k, acoenna un opuscolo sul sangue dell' Harveo in pro- prio Harveii libello. qui cum D. Betlus opuscolo de sanguine prodiit. Furono vane lemiesollecitndini per ritrovarlo, ma nella Biographie medic. del Diet, des sciences medic. Paris, Panckoucke T. II, p. 221-222 ris- contrai la seguente indicazione: Belts Jean, medecin anglais De ortu et natura sanguinis. Londres 1669 in 8.° On trouve a la suite eelui qui a pour litre : Anatomia Thomae Parri annum cenlesimum quinqua- gesimum secundum et novem menses agentis, cum clarissimi viri Gui- lielmi Harvei aliorumque adstantium medicorum regiorum observatio- nibus. Le notevoli circostanze di questo caso m' inducono a riportarlo qui tradotto dalla seguente opera : The philosoph. transact- and collect, to the end of the year MDCC abridged and disposed under general heads Vol. 111. p. 302 London 1749 Chap. VIJI, The period of human life. (An anatomical account of The Parre : by D. Hervey N. 44, pag. 886). Tomaso Parre era un povero contadino della contea di Shrop d'onde fu eondotto a Londra da Tomaso conte d' Anundel e di Surrey, e mori in eta di anni 152 e mesi 9. II suo corpo essendo stato aperto dopo la sua niorte (novembre 16, 1635) si rinvenne ancora molto carnoso ; il suo petto peloso, i genitali senza alterazione, e cio valse non poco a confermare la relazione ch'eglisubi una pubblica censura per la sua incontinenza, speeialmente vedendo che dopo quell' epoca, vale a dire, all' eta di 120 anni sposo una vedova, che confess^ eum cum ipsa rem habuisse^ ut alii marili solent et usque ad 12 annos retroactos solitum cum ea con- gressum frequenfasse. Inoltre egli aveva il petto ampio, i polmoni non erano fungosi, ma aderenti alle costole e dilatati da molto sangue; la fac- cia era livida essendo preso un po' prima della sua morte da difficolta di respiro, ed il calore perduro lungamente al petto ed alle ascelle dopo che quella fit segnita (i quali segnali insieme ad altri erano in lui cosi evi- denti, come sogliono essere in coloro che muoiono per soffocazione). II suo cuore era grande, consistente, fibroso e pingue. II sangue nel more nerastro e diluto. Le cartilagini dello sterno niente piu ossee, che negli altri, ma flessibili e molli. 1 visceri molto sani e forti, speeialmente In stomaco, e fu osservato ch' egli usava mangiar di frequente. tanto nel — 704 — determinata Button una relazione (I) tra laccresciraentd dei corpi e la vita degli aoimali ; e il termine di quello essere indicato dalla riunione delle ossa colle loro eslremita venne staluito dal Flourens (2). Nell'uomo si compie a vent' anni l'osseo congiungimento ; un secolo adunque, ei conchiude, e I'ordinaria sua vita. Osservazioni raccolte sopra gli animali diuiostrano la vita di qualche individuo estendersi al doppio della naturale durata. Sono veramente privilegi accordali con raolta distanza I'uno dall'altro, ma siccome il tempo giorno quanto uella notte, sebbene s'accontentasse di formaggio veechio, di latte, pane bigin, birra Ieggera e siero, e cio che piu inerita osserva- zione mangio sulla mezzanotte poco prima di niorire. 1 reni erano cuperti di grasso ed affatto sani. soltanto nella superficie anteriore si riu- vennero degli abscessi, acquei o sierosi chefossero; uno di questi era della grossezza di un ovo di gallina e eonteneva uu'acqna giallognola, ed aveva impressa in quell' arniune una cavita rotonda. — Alcuni pensarono che da cio procedesse la soppressione delle urine accaduta poco innanzi alia sua niorte, sebbene altri fossero persuasi, che la soppressione delle urine fosse dovuta al rigurgito di tutta la sierusita uei polmoni. Non si tro- \6 la minima tracciadi materia pietrosa ne' reni o nella vescica. 1 suoi in- testini erano pure sani, un poco biancastri all' esterno. II suoceryello era intero e consistente, e sebbene il Parre fosse privo dell' uso degli occhi e quasi affatto anche della memoria alquanti anni prima della sua morte, pure aveva buonissimi 1' udib> e I'intelligenza, ed era capace fino all'anno centesimo trigesimo della sua eta di eseguire ogui sorta di lavoro campe- stre, Moo la battitura del grano. In fine tutte le sue parti interne apparivano cosi sane, che se egli non avesse mutato dieta e aria avrebbe forse potuto vivere ancora un buon tratto. Ma passando da un'aria pura. Ieggera e libera, nell'aria pesante di Londra, e dopo 1' uso costanle di alimeoti semplici e grossolani, essendo accolto in una famiglia ove faceva una dieta splendida e beveva copiosa- menle dei piu eletti vini, le funzioni natural) delle varie parti del suo corpo divennero eccessive, i polmoni si ostruirono, el'intero abito del suo eorpo fu disordinato. Da cio doveva pmcedere una rapida dissoluzione. (1) Osservd che gli animali sogliono vivere cinque o sei volte il tem- po che il loro corpo impiega a svilupparsi. (2) De la longevite humaine et de la quantite de vie sur le globe par F. Flourens. Paris 1855. — 702 — delf accrescimento del corpo moltiplicato per cinque da cent' anni di vita, cosi I' analogia degli anzidetti privilegi, dice il Flourens, lascia all'uomo speranza che per quasi un secondo secolo, o meta almen di un secondo, si prolunghino insolilamente i suoi giorni. E perche crederemmo che una legge dalla Provvidenza fissata per tutti gli animali della creazione dovesse raancare solo a danno dell' uomo, ch' e il pin perfetto e dominatore di essi ? Men robusto che molti di quelli, ei scopri il fuoco, la- voro il ferro, costrinse la terra a porgere saluhre alimento ; e facendosi armato e forte col lume del suo intelletto lotto co' piu feroci, soggiogo e respinse i nocevoli, si accosto a quanti gli poteano dar giovamento. Nelle prime epoche del raondo le specie inferiori predominavano, poile formidabili e gigantesche, di cui molte andaron perdute (I). Ma negli ultimi tempi mirabdmente si moltiplicarono quelle tulelate da lui: esse per numero d'individui vincono l'altre, come l'uomo rimarra anclie per queslo rispetto al di sopra d'ogni animale. E tutto cio mediante lingegno con cui la Provvi- denza gli confcriva 1' impero della creazione. Rivogliamolo dunque eflicacemente a raggiungere nella maggiore interez- za tale beneiizio, cioe il piu lungo termine della vita. ISotava I' Haller una quarta parte di bambini perire nel primo anno, e all' ottavo dopo la nascita esserne spenla quasi meta (2). Pochi uomini iiniscono di vecchiaja, gli al- tri mietono le malaltie; e i selvaggi o per fame, o per ferite, o per altre violente cagioni incontrano antecipata la morle. A mano a mano pero che la medicina porge lumi ai governi, nelle tavole delle popolazioni diminuisce quel triste pro- (1) Per es. quelle del mastodonte e degli enormi mammouth rappre- seutati dalle settentrionali immaginazioni cou favolosi culori. (2) Op. cit., v. cit., p. 100. — 703 — spetlo, e si allunga lu vila media dclfuomo. Esaininaudo gli ullimi ragguagli di Parigi (I) non veggo nel primo anno di vila, durante il 1 855 c il 1 854, la spavenlcvole mortality ac- cennata dal tisiologo di Berna nel secolo XVIII. E Ja Francia Iroverebbesi anche a migliore partito se rispello alia pubbli- ca salute non rimanea kingamente inoperosa. Con decrelo 18 dicembre 1 8 58 (2) instiluivansi i primi consigli igienici nei suoi Dipartimenti. Non pensate, o signori, che raggiungendosi piii comu- nemente gli anni dalla nalura tissati, eon sociale scompiglio crescerebbero i popoli a dismisura. L1 uomo che nasce in un moodo oceupato, diceva il Malthus, se la famiglia non puo nutrirlo, o la soeiela giovarsi del suo lavoro, non ha diritto di chiedere alimento, e soverchio sulla terra, non ammesso al grande convilu; e la nalura che gP impoue di andarsene, si fa in breve eseculrice del suo stesso decreto. Iniqua dottrina ella e questa, esagerata dal pedanlesco an- dazzo di niolti scltarii (5), successivamente dal Malthus di- seonfessata, avvegnache logliesse egli medesimo quelle du- (1) A Harigi nel 1852 furouvi 35284 \\a$u\\v( Annuuire public' pur le bu- reau des longitudes pour V an 1854 p. 175>. Nel 1853 dalla nascita a en anno morin.no 4926 (Annuuire pour Van. 1855 p. 177.) Nel 1853 nacque- io 34048 (Annuuire pour V an. 1855 p. 175) Nel 1854 peril ono dalla na- scita sino all' eta di un anno 6164 (Annuuire pour V un. 1856/). 255). (2) Encyclope'die du XIX siecle, Puris 1852 art. Hygiene. T. XIV} P. I, p. 234. (5) Si pubblico a Londra solto il nome di Marcos un libro in cui, per prevenire l' eccedenza delhi popolazione, proponesi I'asfissia senza dolme (painless extinction) dei neonati. Alt ri barbari mezzi vennero proposti dal Weinhold consigliere di rQggeuza in Sassoiiia. V. I' ultima nota a pie- di della p. XV della Notice sur la vie et les travaux de Malthus di Car- lo Comte. secietario pei petuo dell' accademia delle scienze morali di Francia neU'Essai sur le principe de lu population pur Multhus. Puris, (juilluumin. 184b. Serie III, T. I. 91 — 704 — re parole nel ristampare il suo Saggio sul principio delta popolazione (I). lo non entro nella eeonomica e morale questione, se nelle contrade traboccanti cli abitatori sia giusto aramonire il volgo di astenersi dagli incauti matri- monii, o si possa dire crudele un linguaggio cbe ogni assen- nalo uomo usa a coloro cui lia diritto di porger consiglio. All' eceesso delle nascite principalmente, non ai longevi, devesi l'esorbitanza delle popolazioni, e fu anzi avvisato che tendessero piuttosto a diminuirla gli stessi provvedimenti, che migliorando le sorti degli uomini ne diminuiscono la mortalita (2). Ad ogni modo in queste provineie, cui vo- glionsi a preferenza indirizzale le ricerche dell'Istituto, non sopravvanza la popolazione. L' aumento di essa in Venezia e minore che in altre metropoli (3) sebbene piu che in quelle duri a lungo la vila. La fecondita mostrasi scarsa nelle nostre lagune (4) e cresce quiodi lentamente il numc- ro degli stabili abitatori (-5). Ma fuori di Venezia e nelle ([) Op. cit. p. 652 e notizia cit. di C. Conite che la precede, nota c it (2) Elements de statislique humaine^ ou demographie comparee par Achille Guillard. Paris 1855, p. 84. (5) V. la cit. up. Venezia e le sue lagune3 T. II, pag. 283. (4) Iii una recentissima opera del sig. Husson Les consummations de Paris e notato che in questa citta, crescendo la durata della vita media, scema un poco di 10 in 10 anni dul 1751 al 1850 il nuniero delle na- scite. A Venezia fa contrasto ai niolti longevi tale nuniero di nascite die non e testimonio di grande fecondita (Venezia e le sue lagune I. cit.) (5) Negli anni 1851, 1852 e 1853, dopo i flagelli del 1849 crebbe estra- ordinariamente la popolazione, secondoche sou! avvenire dopo catastrufi apportatrici d' un nuniero insolitodi morti. (V. il Malthus op. cit. p. 311). Eccone precisamente le cifre: Nel 1851 nacquero a Venezia 4277, niorirono 5909. » 1852 » » 5952, » 3424. » 1853 » » 4222, » 4054. Non ostante I' eccedenza in questi tie anui delle nascite sti le niorti, il nuniero totale degli estinti supero un pocoquello de'nali dal 1847 ai 1855. cum' era avvenuto nel precedente decennio. — 705 — sue provincie un perenne disastro, che toglie robuste brac- cia all' agricoltura e tronca i giorni, o per lo meno le fisi che forze, o il tome dell' intellelto ad una parte, non saprei se piu utile o piu infelice, della nazione. Stenti e miserie circondano la vita del colono dalle poeticbe imaginazioni pennelleggiata come lipo dell' umana prosperita. Quel su- dore con cui i villici inaffiano, lavorando, la terra non ba- sta a procaceiar Ioro salubre alimento, e male difesi dalle ingiurie della fredda stagione, affatieando oltremodo in estate sotto i cocenti raggi del sole, estinguendo con Iimac- ciose acque la sete, dimorando nelle stalle o in anguste e sozze capanne, incontrano quella falalissima infermita che si nomo la pellagra. II male non si restringe ad una sola generazione ; non basta che i meschini, perdute le forze, a stento reggansi i piedi, o iiniscano fra dolori la vita, o ten- tiuo privarsene in quegl' impeti convulsi che partono dalle alienazioni del loro intellelto, se a lanlo non arrivo la sventura, anche nel principio del morbo procreano figli in- fermicci che ne porta n nascendo il i'unestissimo germe. Su tale piaga del nostro paese il Governo ricerco lumi e eonsi- gli dall' Istitulo, e si giovo de' suoi studii, spargendo istru- zioni in ogni Comune, affulandone l'eseguimento a medici, sacerdoti e altre sagaci persone che nel conlado riunissero i loro sforzi a provocare in vantaggio di tanta e si merite- vole parte dell' umana famiglia la pubblica e privata bene- licenza, e la dirigessero al fine di arrestare il morbo nei suoi primi passi e allontanarne o alleggerirne, quanta mai sia possibile, le cagioni. Perche 1' Istituto pose dinanzi gli occhi della pubblica amministrazione essere fuori di dubbio che dispongono alia pellagra le umide e ristrette abitazioni, corrotte acque, cibi guasti, o scarsi, o poco riparatori, un aere appestalo da putride emanazioni, soverchie fatiche, — 700 — morali afflizioni, dalle quali tristi influenze logorati i corpi incontrano sotto i lavori campestri e la sferza del sole quella disperatissima inferraita. Fanno, o signori, testimonianza di eompassionevole animo le recenti istituzioni, die per dar pane alle madri aprooo caritatevoli asili ad allaftanti bambini, e fin cercano addolcire gli umani coslumi, ispirando pieta per gli animali ed impedendo su essi ogni crudele azione. Ma sarebbe assai pin urgente e proficu'a ne' tenimenti desolati dalla pellagra un' assoeiazione de' possessor! per ajulare le miserande famiglie di coloni esterrainali da quel flagello. E se vuolsi impedire ehe a gli animali vengano imposte f a tiche superio- rs alle (isiehe loro forze, non troveranno eguale misericor- «1 in uomini die per deficiente alimenlo e troppo duri eser- cizii muoiono od impazziseono, e (ramandano la propria sventura alle future generazioni ? Oh sorga questa beneli- ca soeieta a pro demiseri pellagrosi cbe incontrano il loro inforlunio traendo ad altrui benelicio i prodotti della terra; poehe volte la medieina polra gloriarsi di aver piu utilmen- te preso parte negli ut'fiei dell' Istituto. Eppure e grandissima quella che le spetta ne'piu sottili quesiti toccanti lumana felicita! La medieina, che coll' in- nesto vaccino strappo molte prede alia morte, e guarenti leggiadri volti da schifose brutture, nelle nuove industrie de' nostri tempi puo sottrarre a nocevolissime influenze i poveri lavoratori. Per chi maneggia la gomma elastica, il fosforo, il piombo, il mercurio studia i mezzi di evitare il danno o di ripararlo (I). E i'attasi maestra degli stessi go- verni procura in pubblici stabilimenli per la salute dei po- verelli quegli stessi conforti che trovano i ricchi ne'sontuosi (1) lid Liguria medico n. 2 e Gas, des hopilaux, Decembrc 1855. — 707 — palazzi, concilia I'incokunila de' viventi colla riverenza alio salme de1 Irapassati, impedisce die le carceri destinale a salvare onesli eittadini da violenze di mall'altori, e a risa- nare di questi lo morali infermita non no estinguano la vita con maggiore strazio cho i patiboli. Su ci6e piu ancora che non ho detto, porgeodo lumi e consigli, l'lslitulo abbisogna di quelli dclla medicina. Questa poi al pari di ogni scienza, ncll' associazionc dogli studii cho si coltivano in seno ad csso da c riceve insegnamenti, divulgando i suoi priucipii, clie le moltitudini ancora poco apprezzano c conoscono. Ma se in tale riguardo la medicina sta al disotlo dogli allri studii, la colpa e anche di noi che lo spirito regolatore delle noslre investigazioni non poniauio dinanzi alia so- ciela. Spesse fiate noi modici orgogliosamente ci rin- chiudiamo nel sanluario dclla scienza, e coprendo di un denso velo 1' area dclla dottrina, vogliamo soltrarla alio sguardo de' profani. Col gergo di parole tralte dal greco idioma noi ci allontaniamo dal pubblico, e il pubblico si allontana da noi, erroneamente pigliando come principii di nostra scienza le interpretazioni de'fcnomeni, le ipotesi per abbracciarli divolgate doll' una o dallallra scuola secondo le progredienti osservazioni. Sa ognuno essere guariti antichi morbi reumatici col- I' acqua fredda in varie guise applicata, col mctodo del Le- Roy, idropi che si lenean disperate; ma dando a questi fatli troppo ampla interpretazione tutte le malattie si vollero de- rivare da sbilanci di traspirazione cutanea o da alterazioni di umori. Le inattese scoperte dclla chimica arricchirono la medicina di parecchie sostanze, la cui efticacia dispiega- si anche a frazioni di grano (I). In parte coll'appoggio di (1) La digitatina, per es., si prescrive efficaccinenle alia dose di un — 708 — tali osservazioni, in parte con qucllo di strane fantasie, sorse una scuola a statuire fra altre Icggi anche questa, che i farmachi operano piu gagliardamente in minime die in grandi quantila. Sinaili interpretazioni, o meglio esagera- zioni di falti parlicolari, non sono principii di medicina, i quali nascendo dall' esperienza passano immutati (I) di generazione in generazione fra le dispute de' dottrinanti. Le dispute, o signori, non si agitano sni propositi di medicina piu die su qnelli delPaltre scienze, spesso si ridu- cono a questioni di parole, nella cui definizione e proprieta ponendo maggior diligenza finirebbe pin presto la contro- versia. Percio in mezzo alio severe occnpazioni scienti- fiche dell' Istiluto non e trascurata la lingua; si fa studio delle voci e se ne impinguano i dizionarii. Nella quale lodevolissima opera ai medici pure eorre obbligo di dar mano, perche quanlo e piu ardua una scienza, quanto piii funeste conseguenze ponno generare i mal compresi suoi insegnamenti, tanto piu fa mestieri dettarli con precisi ed acconci vocaboli. E non dobbiamo dimenticare averci pre- cedulo in queslo onorevole aringo il Coccbi, il Redi, il Pa- sta insigni neilo scrivere e nel medicare, e un retaggio di milligrammo, ch' e circa la cinquantesima parte di nn grano veneto, e in cosi tenue quantila giova contro malattie, che meno faeilmente avrebbero ceduto a molta digitale da cui essa e tratta. (1) Anche in mezzo all' esagerazioni dell' omopatia, dell'idropatia,del metudo del Le-Rny trovansi fatfi di cui puo avvantaggiarsi la scienza. Si prescrivono a dosi minimissime od omeopatiche la stricnina, 1' atropina, la veratrina, la digitalina. Con metodi idropatici rendesi spesse volte la cute menu suscettiva di tarbarsi nelle sue funzioni, piii resistente alie impressioni esteriori, e quindi gli umani corpi mcno proclivi ad incontrare i reumatismi. Coll1 elisire del Le-Roy o con analoghi farmachi ponnosi vincere alcune specie d' idropisie. Parrebbemi utile opera determinare quanto di vero si nasconda fra le assurdita di parecchi sistemi di medicina. — 709 — glorie essere ignominia tlci ncgliitlosi nipoti, che dormendo sugli allori degli avi non s'ingegnano ad imitarne l'esempio. Colle indagini sopra la vita dell uomo, coi lumi porti al governo negli alti propositi dell'igiene, cogli studii della propria materia, col renderne noli generalmente pin che non siano i principii, col distruggere errori dominanli nelle moltitudioi, non finisce la parte che deve pigliare lamedicina negli uffici dell' Islituto. Una giunta di cinque merabri occu- pandosi di studii storici e di erudizione, massime intorno a Venezia, dara tratto tratto argomenti alle sue ordinarie discussioni e pubblicazioni. Ala la storia non e un semplice trastullo dello spirito, un passalempo da fanciulli, non si limila alia narrazione di ballaglie, di strani casi, di vivaci dialoghi avvenuti o perspicuamente imaginati; essa distende le sue ricerche ai costumi^alle istiluzioni, giudica severamente i principi, come i popoli, deiinisce per quali cagioni rispetto ai loro tempi alcuni di qucsli avanzasscro gli altri nel viver civile, e raffrontando il passato col presente deduce per l'avvenire utili conseguenze al miglioramcnto sociale. L'antico governo di Venezia aveva posleparecchieprov- videnze intorno alia pubblica salute, che stimerei degne d'imi- tazione anche nello splendore delle odicrne cognizioui. Gra- vissimi documenti tutlora inedili aspettano nel nostro gene- rale Archivio, che l'amore deHarlesanatrice e della gloria di questo pacse li porti a pubblica conoscenza. I termini del mio discorso mi vietano di enlrare in parlicolarita, cui trascinerebbemi un cenno anche rapido delle leggi, che dal 1485 lino al I7i)3 slanno ordinalamente raccolte all' Ar- cbivio stesso ne'quattro volumi chiamati Rubrica delle leggi del Magistrate della Sanitd. Era operoso quel Magistrato in Venezia nel 1485, e voi sentiste, o signori, quanto tardi la Francia iraitasse i suoi memorabili esempii. Nell' End- — 710 — clopedia di quella Qazione pel secolo \l\ sia scrillo (I) con lodevolissima ingenuita, nulla per lungo tempo essersi i'atlo, Iranne Iocali ccczeioni, intorno alia pubblica salute al tine di assicurarne un profittcvole reggimento. Ma a Venezia, per imped ire 1' introduzionc di morbi ne' suoi stati, il supremo iMagistrato di sanita adoperavasi con mirabile solerzia in cssi, e stipendiava negli estranei paesi chi gli porgesse noti- zia so dominavano sospetti di malattie attaccaticcie. Quel supremo Magistralo, temendorinvasione di morbid preseri- veva cautele ne' seppellimenti e visile quolidiane per rico- noscere la salute de' poverelli e se cadauno di questi avesse all' uopo invocati i necessarii soccorsi (2). In quel supremo Magistrate eleggevasi un protomedico nel 152 5, cui era imposto con ispeciali decreti che nelle morti repentine, o (1) T. XIV, p. 254. (2) Riferisco qui la scrittura gentilmente collazionata da! chiar. sig. C. Foucard dobente nella scuola di pulevgrafia coll' autentica determina- zioue trascritta a carte 99 del Nutat. N. 1 dell' Archivio degli ex-Provve- ditori alia Sanita. » Die XXI Angus fi 1504. « I Magnifici Signori Provveditori a la Sanita havendo respeto ale ur- gentiu de i presenti tempi per posser segondo el bisogno far le debite, et opportune provvision per leuir la terra sana da siinel infection de niorbo apresso el divino auxilio hano delibera, et cussi se fa enmandamento a tuti li piuvanj de questa terra che debino ogui zorno inquirir per tute le case de le luro parochie li ainalati che sono in quella a casa per casa et quelli notar sopra el suo libereto a questo deputadu: E quello la niatina seguente appreseutar al Scrivan dell'Offitio ayanti terza, inquirendo che condition de malatie sono, se hano medeci, o nou, tolendo tutte quelle information che possibel sia, et inaximede quelli che potessenoprosumer che fosseno de suspeto, et che tandem algun che vegni a morte, etsia chi esser se vogli uou sia sepulti o suspeti o non senza licemia dell' Olfitio, et quelli che pretereano in far le inquisition de li amalati inandara le Case, et la matina seguente portarli in nota che cbasino ogni volta a la pena deducati X da esser applicadi ai lazareti, in reliquis sue Magni- ficentie se resservano a darli quella mazer pena, over peue li parerano. » — 711 - dopo rapida malatlia, egli medesimo particolari esami pra- ticasse sui cadavcri. Bene lia detlo il eons. Giovanni Rossi nell' opera incdila (I) sui coslumi e le leggi dc veneziani, ehe se alenni principii pel Irascorrere de' tempi in allri argomenti illanguidirono, in queslo della puhbliea salute durarono robusti e ineoneussi, e ehe larchivio di quel su- premo Magistrate stara pruova irrefragabile e perenne di stupeuda sapienza e smisurata carita. TVel 1682 ad una domanda fatta il 12 novenibre da quel supremo Magistrate per dislribuire maggior eopia d'acqua agl'indigenti in vantaggio della loro salute aceonsentiva, deliberando il Senalo due giorni dopo, eioe ai 14 del mese slesso. Fino negli ultimi tempi della repubblica ad una scrit- tura (2) del Magistrate in data 25 novembre t79o, per emergenza di epizoozie, rispondevano i senatori nel giorno 26 eoi deerelati provvedimeuti. Mirabile sollecitudine non mai abbastanza encomiata in argomenti ehe risguardano la puhbliea sanita. Perete sic- come nelle singole malattie e' bisogna ostare ai principii, ehe altrimenti troppo tarda giunge la medicina, eosi nel riparare alle popolari calami ta, e perniciosissimo I'indugio, I'occasione sfuggevole, vano il provvedimento quando le cagioni morbiiiche estesero la distruggitriee loro intluenza. Ne temo ehe a me veneziano si faeeia aecusa di essere affascinato dall'amore di patria, se alzo franeamente la vo- ce acciocche si eoltivino anehe intorno alia medicina ali (1) Uuesto benemerito uomo laseio V rpera sua alia Bibliuteca Marciana di Venezia perche re approtittassero gli studiosi. ai quali pero non permetteva di pubblicarla. (2) La trovai fra manoscritti del chiar. mio collega cav. Em. Cicognu ehe li porge cortesemente a tutti gli amatori di questi studii. Serie ///. T. I. 92 — 712 — studj d' erudizione e di storia del nostro paese. La sapien- za della veneta repubblica rispetto a' suoi. tempi e piu grande ehe eonosciuta, e mi piaee che chiudaiio il mio di- scorso le parole di un aculo scrittore (I) del seculo XVI, il quale con enfatico stile, ma con retto giudizio, sotto no- rae di una congregazione di storici, non esitava a procla- marla asilo di virtuosi, antemurale contro i barbari, fucina detle biblioteche, sale della sapienza tmana, gloria della nazione italiana. { I) Trajano Boccalini de' ragguagli di Parnaso. Veu. 1624, p. ^49. ASM AMAH. IJbS-56 DISPH1SA OITAVA ADIIHlllZl DEL GI(M0 li ClliGKO 1856 1 1 m. e. prof. Catullo legge le seguenti CONSIDERAZIONI INTOHNO AD 4LCUWE RECENT! MEM0R1E DI GEOGNOSU PALEOZOIGA Dietro gli scritti publicati sulla geognosia delle Alpi lombarde dopo il 4 844, il prestantissimo geologo sig. Ora- boni, in scguilo alle osservazioni per lui fatte in compagnia del prof. Balsamo Crivelli, lesse alia Societa geologica di Francia una Memoria sulla condizione geognostica della Lombardia (Seance du 7 mai 4 853) ; ed e appunlo intorno ad alcunc parti dell'interessante scritto dell'Oinboni e di altri autori, ch'io prendo a fare le seguenti consideraziooi. E noto a tutti, die all'epoca della riunione degli scien- ziali in Milano (1844), nessuno de'geologi loeali ammetteva il Musckelkalk nelle Alpi lombarde ; cbe molto si disputo sopra quello ch'io dichiarava di aver veduto in diverse con- trade alpine dell1 alto Bellunese (Giornale dell' i. r. Istituto lombardo, 4 842, torn. II): sia per convincer d'errore chi oso arguire clYesso nianca nclla piu gran parte d'Europa Serie Ul, T. I. 95 — 714 — (Bulletin de In Societe gcologi/pie, toni. XIV, pag. 65) ; sia per persuadere il cav. Collegno, uno degl' intervenuti a quel Congresso, della presenza di rocce piu antiche del lias nel- I'Agordino, nel Cadore, e lungo la valle del Boite da Tai lino al Campo di Toblac, ove ha sua sorgente la Drava (Geogno- sia palcozoica dcllc Alpi venete, pag. 53, 54, e seg.). Un anno dopo (1845) lo Studer di Berna si abbatte di scorgere in valle Brembana nel Bergamasco un' Argillite (Keuper) triasica ; c deBuch, nello stesso tonio di tempo, illustro una Trigonia tratta dalla calcaria sottop'osta all'ar- gilla Keuperiana, la quale per piu rispetti aecennava all'esi- stenza del Musehelkalk (Bulletin de la Societe geologigue de France, seance du 17 mars, 1845). Questo fatto diede iui- pulso alio indagini poco stante praticate per discoprire in altri luoglii deil'Agro lombardo la calcaria conchigliare dianzi nominala ( Geognosia paleozoica delle Alpi venete, pag. 40); e per cio stesso il valcntissimo geologo e mio amico, sig. G. Curioni, vide nel trias di Goveno gli stessi crinoidi ch'io aveva descritti e figurati nel 1845 (Memorie della Societd italiana, torn. XXIV); so nonche invece di ravvicinarb a quelli del Musehelkalk di Becoaro, paese da lui molto bene conosciuto, arao conguagliarli agli analoghi del Wiirlemberg, illustrati da Bornemann nel giornale di Bronn e Leonhard (1852): del die mi piace far menziono, non gia perche io slimi gran cosa I'essere stato il prirao ad offerire a'raiei connazionali una ben rice a serie di fossili triasici, ma perche parmi nocevolissimo alia storia della gcologia italiana, ricordare le figure di specie dislaccate da monti di estranie contrade, quando ne abbiamo di noslrali egualmente bene eseguile da' nostri disegnatori di Venczia e di Padova. Anche lo svizzero sig. Escher cadde nello stes- so difetto (Geologischc Bemcrkungen, ec), e si lascio pren- — 745 — dere dalla vaghczza di volere comparir solo nolle propria pubblicazioni, fuggendo di recare innanzi quanlo di analogo era stato osservato nel Veneto, e di fare poscia i dovuti confronli, cb'e pur lunico mezzo per dare alia geologia un conveniente indirizzo verso la sua perfezione. Non cosi piacque perd di fare al cav. Scauroth di Coburgo, il quale, avuta eonlezza dell'analogia dei terreni del suo paese con quelli dell'alto Vieentino, si reco a Recoaro; e dopo esplo- rate le Alpi del Tretto, di Civillina, di Scandolara e di Spitz con quella spassionatezza ch'esser dovrebbe compagna in- divisa d'ogni indagatore del vero, raccolse la serie de'fos- sili die piu gl'importava di studiare; e consultando ad un tempo le opere anteriormente scritte sulla stessa eontrada, quelle in particoiare corredate di spaccati e figure di fossili, non ommise di notare specificalamenle le scoperte di coloro che lo precedettero nello stesso arringo (Vbersicht der Geo- gnoslischen Vcrhdllnisse der Gecnd von Recoaro in Viccn- tiniscken. Mil I. Karl und I 1 1 taflen, april IS53). In pro- posilo di fossili recoaresi, noi dobbiamo aspettarci la stessa giustizia dai prestantissimi paleonlologi Davidson di Brigh- ton e Buchar di Boulogne sur-mer, i quali accudiscono da piu anni alia compilazione di una monografia dei Brachio- podi fossili, die dovra spargere gran luce nella scienza. Dobbiamo al primo una Infroduzione alia sloria nalurale dei Brackiopodivivcnti e fossili, gia publicata in lingua francese, edicuiresimioaulore in una sua leltera (I) teste direttami, (1) Le domande che Davidson mi muove in questa lettera hanno moi- ta attenenza coll'argomento del prcsente scritti), e sono delseguente te- nore:« Bramo sapere, se la Tercbralulu ^oneHa,tantocopiosanel Mu- » schelkalk di Recoaro, sia provveduta nel suo inter no di spire simili a » quelle che si osservano nel genere Spirifer, e se in cio si conformi agli » individui analoghi trovati nel teneno jurese dellaGermania. La vostra » Terebratula aculeata del Recoarese avrebhe per avventura lo Scheie- — 740 — dichiara di avermi tcnuto in serbo un esemplare; il secondo mi rende avvisato di averc finora raccolti ben duecento esemplari della Terebratula antinomia, di cui probabilmenlc adottera il genere che perquesta mia vecchia specie mi par- ve di dover proporre nella Memoria sulle calcarie rosse del Veneto, impressa nel 1853. Debl)o anchefar osservare, che una interessante raccoltina di fossili Iriasici mi fu inviala, Ire anni or sono, con lctlera dal prof. sig. Federico dott. Venanzio di Bergamo, il quale, in unione al s'kj. Escher ed al giovane sig. Zollikofer di s. Gallo, ebbe la venlura di as- sicurarsi d' un San Cassiano nella Lombardia (sono parole del Venanzio) molto diffusa, ed eslendentesi da Gazzaniga nella Valle del Serio, fino in Yallc Brembilla, ed in Valle Imaga. Di falto questo terreno e principalmente eostituilo di calcarie schistose nericcic, che contengono abbastanza frequenti i fossili del San Cassiano tirolese, e sono (luesli: Baclryllnm,Cardita crenata, Gervillia inOata, Plicatula obli- qua, Avieula Escheri, Spondylus obliquus, ed altre specie che carattcrizzano le roccie analoghe di San Cassiano in Levinallongo (Bnchenstein). La c ale ar ia cone hi g Hare pass a in marne nere, evidrntemente ad essa sottoposte, nelle r/uali trovammo altri fossili, cui I' Escher non ha saputo deler- minare. Di questi ullimi glie ne mando alquanti per mezzo » tro interne aneb'essa, come pens3 de Bnch, che la vorrebbe simile alia » trigoneUa di Schlotheim?» — lnrli prosegue: aLa nomenclatura di » questi Brachiopodi ha gran bisogno di essere depurata.onde toglieredi » mezzo le confusioni che la offuscano. Nell1 ultimo catalogo de'Brachio- » podi, pnbblicato nel 1S53, veggo accomunate le Terebratule trigoneUa » e aculeala con li fussili Jnresi, benche, secondo le osservazioni vostre » e di de Buch, esse appartengano ad un altro terreno. » Le due specie, di cui parla Davidson, sono indicate nella citata operetta di Schauroth, il quale le pose nel genere Spirigera, confessando di averle raccolte nel Muschalkalk di Rovealiana, non molto lungi da Recoaro. — 717 — del Zollikofer. Essi provengono precisamente dal Comune di Sellino in Valle Imaga. Le aggiungo ancora allri pelre- fatti caratteristici del nostro Musc/ialkalk, intorno at quale le saranno ben noli gli stuilii di Cnrioni e di Studer. I fossili anonimi, aecompagnati da un vigliettino iiuli- cante i Iuoghi e il terreno da cui furono dal buon Venanzio distaccati, e de quali mi studiai di riconoscere le specie, sono i segucnti: MyophorJa Vulgaris Briontt. (Tab.XI, Gg.G.Lclhaea 1857). — Gruppo di Mioforie unite in un solo pezzo di Muschel- kalk di Dossena, dislretto di Zogno, le quali si raffronlano bene con la specie predetta, mentre alcune altre dcllo stesso gruppo combinano con la descrizione data da Sowerb del- X Axinus angulalus, ma non gia pienaraente con la rozza figura cb'ei ne offre alia tav. 515 deH'edizibne francese da- laci dall'Agassiz. Altri due individui isolati dalla roccia.ma tolti dalla stessa locality ho sotto gli occhi, i quali si ade- guano bene alia figura a, n.° G, della eitata tavola diBronn, rappresentante un individuo adulto della specie chc ho re- gis trata. Trigonia Whartelye Buck. — t un terzo piu piccola dell'individuo scoperto e descritto da de Buch nel BolleUi- no della Societd geologiea di Francia per I' anno 1845, -/uno, essendo io ora oeeupato a studiare i rapport/ che qui nel Bergatnasco le calcarie stesse presenlano co' sovrapposli — 719 — trascurd di avvisarmi quanto iva osservando sulle Alpi lombarde, non senza raffrontare le proprie con le osser- vazioni ch'ei trovava registrate ncllc opere e nei giornali inglesi c tedeschi, giacche appicno conosceva queste duo linguo, e sapeva con singolare maestria fare suo pro delle dottrine dei geologi stranieri. Vissuto famigliarmentecol Ve- nanzio tulto quel tempo ch'ei passd a Padova accudendo agli studii medici, posso dire non essermi occorso mai gio- vane che accoppiasse (anto ardore per le scienze naturali con tanto ingegno e buon discernimento, e con si bell' ani- rao, quanto in lui mi fu dato di conoscere. Ahi perche non ebbe longevita pari a doti si belle ! che Bergamo non pian- gefebbe sulla memoria d' un suo caro figlio, il quale non aveva che di poco passato i sei lustri quando fu tolto alia scienza ed a'suoi. Ma il lavoro piu recente sulle Alpi lombarde e dovuto al sig. Omboni, che percorsc, come ho detto, le valli ber- strali eretacei, e collet calcaria liusicu. Gliene sono riconoscen/e olire ogni dire. Quando poi saranno condotle a (ermine le mie osservazioni3 mi faro un dovere di subordinate a Lei, pregandola a retlificare se per avvenlura non le paressero giuste. Infant o le diro, che le partico- ticoloriid geognostiche da Lei indicate per riguardo allc calcarie rosse Oxfordiane del Venelo si verificano unc/ie presso di noi. Ad Entratico, per esempio, e manifest a la presenza di due calcarie diuerse: Vuna scissile e tcrrosa. marnosain sommo grado, com' ella dice; I' ultra in quella vece compatta, durissima e snscettibile di essere ridotta in marmo. Senonehe quest' ultima e quasi sproveduta di fossili. Aon e ?/iot/o tempo che VI. R. Islitulo Gcologico di Vienna ha chiesto ufficial- mentc alia Direzionc di questo Liceo i fossili ondy era fornito il nostro Gubinetto. per sottoporli all' esame del cav. Haner, promettendo (ben s' intende) di restituirli in scguito. Io glieli ho mandati lut/i qnanti, cotnpresi gli Ammoniti di Entratico, la maggior parte de' quali perd furono gid da Lei esaminati. Quando i fossili mi saranno resi, Le par- tecipero le dclerminazioni di quel dotto, che m' imagino combineranno con le sue. — 720 — garaasche, c molto importanti sono le specie fossili ch' egli produce, fra cui si cercherebbero invano quelle di Entra- lieo e di Trascorre, da me descritte e disegnate nel- 1' opera sopra indicata. Pure al cbiarissimo professore, cbe il sig. Omboni ebbe a compagno in quel suo viaggio, non erano ignoli gli origiuali delle specie fossili cui intendo di alludere, giacche veduti li aveva nella raia collezione pa- leontologica, riposta nel GabinettO di Padova, uella quale occasiouc ricordo di averlo presentato d' un esemplare della Geogiiosia paleozoica, cb1 era anche l'uiiico di cui polessi in quel momenta dispone (I). Due sole osscrvazioni mi permello di fare alia Mcmoria del sig. Omboni: la prima sopra alcune specie di Ammo- nites, cb'egli crede forse acceltale come buone dal comune dei paleontologi (Ammonites fmbriatus, Ammonites mucro- natus), delle quali doVro occuparmi nel corso di questo scritto; la seconda sul nuovo terreno per lui ammesso nelle Alpi lombarde. Le roccic scdimentarie, coricate al di sotto del trias, erano stale intravedute da Curioni e da Yenanzio ^ ma il sig. Omboni fu il primo a conguagliarle al terreno per- miano, tuttocbe si mostrino destituitc di fossili. Curioni vi si oppose, osservando cbe il tentalivo altrove fatto di stac- care dal trias la parte inferiore dell'arenaria variegala, e particolarraente dallJarenaria dei monti Voghesi, per unirla al sistema permiano, non sarebbc baslantemente giustiticato neppure dai pocbi avanzi vegctabili die vi furono scoperti; e in appoggio del suo giudicio reca Topinione di Sanderberg, (I) Di (juest' opera non furono tirale a parte se non ISOcopie, che TAutore distribui agli scienziati dei Congresso di Veuezia (1847), e nes- suua ne fu posta in conimeicio. — 721 — che melte in dubbio la legittimila della separazione proposta da Wurchison della parte piu bassa dell' arenaria Voghese per associarla al lerreno permiano, soggiungendo che I'applicazione di questo smembramento non si potrebbe effettuare in nessun paese della Germania ( Curioni, Sulla successione normale dei divcrsi memOri del tcrreno tria sico nella Lombardia). Di fatto i ravvicinamenti finora proposti al terrcno permiano di Russia, scoperto da Mur- chison e Verneuil, non conseguirono Tapprovazione di co- loro che ricusano di sottoserivere a quel cbe altri dicono di avere osservato, quando prima non si assicurino essi medesimi della verita dei fatli riferili nci giornali. Cosi i fossili trovati negli schisti bituminosi della Turingia, e quelli dell1 ardesia di Lodeve, enlrambe comprese nel permiano, differiscono effettivamente dai fossili del gres di Russia, da cui pure si scoslano i fossili dell' arenaria Voghese dianzi citata: dal che e ragionevole dedurre essere quattro i pe- riodi di formazione a cui spettano le roccie delle nominate localita, non gia uno solo, come altri ha cercato di per- suadere. Non si puo dire abbastanza quanto abbia ritardatoanche tra noi i progressi della geologia l'incocciarsi a voler tro- vare nei terreni del Veneto cio clie fu scoperto in estrauie cOntrade; e ne sia prova quanto diro qui appresso circa un giudizio ch'io portava gia anni, e che fu da questo stesso luogo combaltuto da un valoroso nostro collega, che per piu riguardi stimo ed onoro grandemente, ma che tralascio di nominare, perche nelle discussioni scientiliehe nulla rileva il iioinc delle persone. Al tempo in cui agitavasi la quest ione deiraccomuna- mento di specie fossili di una zona con quelle di un 'ultra, io non poteva recare a sostegno d<'l mi<> assunto se non i Serie 111. T I M im talli ollertinu dalle mie proprie osservazioni, in causa delle troppe incognito die in addietro oscuravano aucora la teoria della divisione dei fossili per terreni. Ora pero che abba- stanza copiose osservazioni i'urono fatte in proposito si in Francia cbe in Germania, le quali convengono mirabilinenle con quanto io esponeva da piu anni in diverse opere, mi sembra opportuno tornare su quel mio argomenlo, per rivendicarlo dalle appostegli censure. Esso riducesi a questo: Se la natnra nella composizione dei terreni di sedimento siasi astenuta dal promiscuare le specie organichc fossili di una zona con quelle di un ultra come pensa il censore ; ovvero se una proposizione cosi arrischiala merili di essere esctusa, come io sono di opinione. Vedianio perlanto quale delle due opposte sentenze venga contradetta dalla evidenza dei latti messi in luce negli anni che succedettero al I 846, nel quale iii pubblicata la cri- tica, e scritla la risposta (qui appiedi citale (I). La scienza non puo che vantaggiare, allorquando le question! si trat- tano con quella moderazione ed urbanita con cui e agitata la presente, c fra persone che non hanno altro scopo, che il ritrovamento del vero. La paleontologia, come tutte le altre scienze, ha prin- cipii suoi proprii che servir debbono al suo avauzamento ; ammessi i quali, altro non rimane alia critica, fuorchc T esaminare se le conseguenze sieuo da quelli conveniente- mente ricavate. Che i fossili d' una zona antica spettino ad un periodo geoJogico egualmente antico, e fatlo che nessuno polrebbe (1) Inlomo alia nun promiscuUd dei fossili fra il biancone e In cnl- caria ammonitiea delle Alpi venete. Atli dell' Istitulo venefo per !' utt- no 1846, pag. S73. — Catullo. Osservazioni into mo alio scrifto pre- flelfo. AUi stessi. Novembre 1840. — 723 — conlrastare; ma non coglierebbe egualmente nel vero chi volesse escludere la possibilita di Irovarne anche fuori del- lordinaria lor sede ; e quegli il quale dicosse che le specie nicchialc nelle zone inferiori, del terreno juresc non si Iro- vano mai nelle zone memo antichc dello slesso terreno, direbbe il falso, e si opporrebbe ai progressi della scieaza, anziehe favorirlt; come lo dimostrano le seguenti conside- razioni dell opponente del eensorc, messe a faccia con altre piu signifieanli e decisive. Egli confessa di non aver mai osservato pro.miscuild di specie Ira i fossili del biancone e quelii della calcaria ammonitica ; laddove nella Zoologia fossile (pag. 169-205), ed in altri miei scritti anterior) al 1824, sosteneva esservi fossili neocomiani che si ripelono nella calcaria epiolitica superiore, e cio in un lempo che non ancora si erano gran fatto divulgate le osservazioni di Sehlosteim, inserite nel Taschenbuch di Leonhard (1813), e riprodotte poscia nel 1820-22 (I) : osservazioni die val- sero non poco a volgere gl'ingegni alio studio della geogno- sia paleozoica, e a promuoverne gli avanzamenti. Benche il mio censore asserisca non essergli incontralo di vedere i fossili del biancone misti a quelii della calcaria ammonitica, non osa pero credere improbabile che qualche individuo d'una specie possa essere sopravissuto idle cause eke dislrussero gli altri, ed abbia conlinuato a vivere in un' epoca piu recentc di quella, della quale e ritenuto ca- rat teristico : concetto che gli piacque esprimere con le me- desime nostre frasi ove parlo delle cause che possono aver cooperato alia produzione del fenomeno di cui si tratta. Senonclic dal contesto della censura si apprendeche di mala (I) Die Petrefactenkunde, ec. Golho. 1820. — Nachti'age zitr Pe- Ircfac/cvhundc. ec. Gotha, 1822. — 724 — voglia si aeeoiicia il crilico alia suespressa probability ; anzi perche non si creda averegli dato qualche peso ad una proposizione non ancora dimostrata, e quasi.che non dissi surrettizia, se ne disdice ben toslo, ed eeco come. Egli vuole ehe le poche localita, nelle quail si dice esistere i fossili di una zona misti a quelli di vnallra, non sieno ancora bene studiate, e ehe un esame meglio accurato del detti fossili dileguerd si falle anomalie, dipendenti dalla mancanza di esatte osservazioni, anziche dull' avere la na- tura derogato in alcune circoscritte regioni aile ler/f/i ehe la guidarono nel comporre i terreni del piu eslesi tralti delta superficie terrestre. A questa supposizione non oontrappongo per ora se non il giudizio da un grandegeo- logo pronunciato in una delle ordinarie adunanze dellu Soeiela geologiea di Parigi, nel quale e antiveduta la molli- plicita delle osservazioni oggiraai pubblicate sul controverso argomento, e ehe sono in perfetta antitesi con la dottrina dell' Orbigny. Messa in disputa la queslione sul sincronismo di eerie zone cretacee, credute dall' Orbigny (I) paleozoicamente dissimili; fuvvi in quell' adunanza elii reco ben tosto gli esempii di specie fossili mescolate con le specie di allre zone piu o uieno anliclie; e fu allora olio il celebre Constant Pre- vost, cIT e appunlo il geologo sopracilato, insinuo alia So- (1) Ventimila, od in quel torno, sono le specie fossili elassificate e ri- partite per terreni dall' Orbigny nelle sue pregevoli opere ; e questo solo riflesso pud bastare per convincersi deU'impossibilita ehe tutte occupino il posto die lore- fu assegnato, ne alcune sieno slate dalla natura collocate t'nori di luogo, come vorrebbe il critico; menlre gli stessi airiici del- l'autoresi mostrarono solleciti di mettergli in veduta gli errori gravissimi, nei quali e inciampato, onde volesse raddrizzarli in una seconda edizioiic- (Bulletin de la Socie'te' geologique de France. Seance de juin 18IW. pag. 488). — 725 — eieta geologiea non doversi accordare lulia la fidacia alia gid prnposla divisione del fossili per tcrrcni, senza the vi sin mescolanza di specie d'una zona con le specie di un' ul- tra zona ; fermo nel pensiero, die quanto piu crescano le indagini e le osservazioni, piu si accresca eziandio il numero de' luoghi in cui si ricettano fossili promiscui (Bulletin de la Societe geologique de France. Seance du 20 raai 1844). Queste parole, useite dalla bocca di lant' uomo, valgono assai piu ditutti i ragionamenli die ordir si volesse per sosle- nere lassunto contrario, essendo stale aVverate dalle poste- riori scoperte. E nel vero, Fitton aveva annunziatO che i fossili contenuti nelle diverse zone di mi lerreno non vi stanno nellordine di successione ehe loro assegnava Orbi- gny, e ne aveva recato gli eserapi (Bulletin de la Societe geologique de France. Seance du 20 mai 1 8 '<4) ; e Leymerie, dando rilievo alle osservazioni da lui fatte nella Francia e nel Brabante olandese, dimoslrava poler esislere in una sola zona i fossili attribuili a piu piani del terreno cretaceo ; e sebbene Heberl abbia trovato di che appunlare quelle sue conclusion!, fuvvi d'allro canto clii seppe appurarle d'ogni sospetto d'illusione, recando in mezzo nuove osservazioni che piu ne avvalorarono la veracila. Nell' anno medesimo (18 50) si tenlo d'inlrodurre fra noi la divisione dei terreni proposta dall'Orbigny; divul- gando col mezzo di giornali slranieri la notizia, polersi ve- dere net Veneto il complesso delle successioni cretacee, quale lo ha trace iato il paleontotogo franiccse ; cioe le zonr neocomiane, alhiane, turoniane , sennnianc, ec. ( Uibliolhe- que universelle. Ottobre 18 1',)). Ma siccome FaulOf-e om- mise di enumerare i fossili speciali che presumibilriienle lo condtissero a stabitire i limili d'ogni singola /.una, in'- fece tampoco verun cenno dei luoghi ik-' quali uli In dalo di scor- — 72G — gere il navrato fenomeno ; cosi non v'ha chi si dia per inteso di quesla scoperta, e noi stessi crediamo giustificata la nostra rcnitenza ad aeceltarlacome una dimoslrata verita. Nello stesso torno di tempo Baylle rendeva avvisata la Societa geologica di Francia d'uno sconcio di raaggiore momento circa le specie promiscue, le quali, tutloche iden- liche fra loro, vengono distinte con nome specifico diverso, solo perche diverso e I' orizzonte geognostico delle zone in cui si trovano nicchiate, quasiche la slratigralia, non gia la paleontologia, dovesse servire di guida a ben delerminare I' epoca a cui esse zone appartengono. Diffatti Baylle assi- curava che Y Ammonites helerophillus puo trovarsi nel lias, e puo altresi moslrarsi nelle zone del terreno oxfordiano, ed in quelle del neocomiano c del gault; nei quali ultimi terreni quell' Ammonites. perde il primitivo suo nome in causa della diversa sua giacitura, e ne riceve un altro. E questo il caso delY Ammonites Thetys, Ammonites Velledae, come pure dell' Ammonites tri partitas di Raspail, e dell' Ammo- nites tatricus di Pusch, che trovati da prima nel lias supe- riore di Digne, furono scoperti da poi anche nell'Oolile inferiore di Montieri, e nell' oxfordiano di Clauden ; e del- T Ammonites infundilmlum, che si promiscua co' fossili del- 1' oxfordiano parimente di Clauden, e con quelli del neoco- miano di Bareme (Bulletin de la Societe geolo(ji(\ue de France. Seance du 5 mai 1849). E qui ci giova notare come alia scuola Orbignyana faccia eco la dottrina del crilico, lendente anchessa a dislruggere ogni idea di coesistenza di fossili juresi e di fossili crelacei. Egli rivoco in dubbio la [)resenza dell' Ammonites fascicularis, veriiicata da me nel- I Oxfordiano superiore del Bellunese (etage toarcien), sul rillesso che la slazione di questa specie sia circoscritta denlro i limili dallOrbigny assegnali alle zone del lerreim — 727 — ncocomiano, e tenli persuadere essere quella specie piii prossima a\Y Ammonites variabilis, ehe al fascicular is .• se- nonche le ragioni prodotleper avvalorare questo suo so- spetto sono tali,, che meritarono d" essere piii divisalameiite ehiamate ad esame alle faccie 9-10 delle Osservazioni che ho registrate poc' anzi appie di facciata. Da quelle apparisce ehe il eensore non siasi dato gran cura ne d'instituire di- ligenti coufronli fra i caratleri delle specie in questione, ne di ponderare la forza delle sue asserzioni : e hasta leggere le sopra indicate faccie 9-10 della risposta alia critica, per convincersi quanto male egli abbia adempiuto le parti di esatlo e coscienzioso osservalore. II terreno jurese e stato diviso dall'Orbigny in dieci zone o formazioni speciali, ciascuna contrassegnata da un epiteto particolare, nel falso supposto che ogni singola zona dovesse coutenere una fauna fossile ad essa peculiare. Co- deste innovazioni, che sortirono una favorevole accoglienza presso la gioventu di alcuni paesi, risvegliarono nei paleon- tology di prol'essionc, che mai giurano in verba magistri, il desiderio di riconoscere le stazioni de' fossili juresi di va- rie contrade; ne tardarono ad accorgersi che le propostc divisioni non sono capaci di un'applicazione generale, per- che presentano ovunque le anonialie, delle quali altrovesi e detto. E nolo che I' Ammonites funbrialus di Souverbv e Y Am- monites cornucopiae di Young non sono, per senlimento di Bronn, di Zieten, e di Quenstendt, die una sola emedesima specie, tuttoche Orbigny, atteuendosi alia diversa eta delle zone in cui fu rinvenuta (Lisiana e Toarciana), creda che rappresenti due specie distinte. II giudizio de'eitati paleonto- logi fu poi non ha guari corroborato dalle osservazioni di Koeclin, il quale con singolare perspicacia e mirabile pa- — 728 — zienza lolse a considerare altri molti Ammonites, e'd oppo nendosi allopinione di colore che li reputavano inedili, reco innanzi i motivi che lo indusscro a crederli, specie illustrate gia prima (Bulletin de la Societc geotogique de France. To- mo XI, pag. 625). Davidson (I), animate- egli pure dal desi- derio di giovare alia scienza, impugna, sotto la scorta del- I'osservazione, le dottrine delf Orbigny, e segna le tracce, dielro le quali potrebbesi stabilire principii piu consentanei alia vera geognosia paleozoica (Bulletin de la Societc geo- logiijuc de France. Seance du 16 Janvier 1854). L' Ammo- nites mueronatns d'Orbigny non sarebbe che un indi.viduo giovane dell' Ammonites Raqinianus dello stesso paleonto- logo; e piu altri Ammonites creduti nuovi, noi li vedremo ragguagliati da Koeclin a specie conosciute nel suo lavoro sopra i cefalopodi, di cui promette darci la continuazione. I limiti di questo articolo non ci consentono tli tener dietro aH'autore ovunque si studia di provare la verita delle sue conclusion^ dedotte dall' esamc e misurazione dei Iobi: solo possiamo ripelere, che ne rilevo i carattcri con tanla scrupolosa esattezza da escludere peiTmo la pos- sibilita deH'errore. Gli esempii di specie promiscue a piu formazioni ci sono offerti ancbe dai fossili riferibili ad altre famiglie di teslacei, e Koeclin stabili che oltre sessanta sono le specie dei generi Lima, Petlinc, Trigonia, Terebratola, cc, che polerono mi- grare in ciascuna delle dieci zone fabbrieate a spese del (1) Davidson e nho dei pochi naturalisti luglesiche meglio con la fiae- cola della filusufia edeli' osservazione, eheco' precetti deiraulorita,ponRi ad invjestigare le ragioni delle cose e i fondamenti dello diverse ed e-ppo- ste dottrine, ne si acquets se non quando le ha osservate in lutti i loro rispelti, e posle nel vero lor lunie. lo dovro p'arlare di lui in altrn mi" SCIttt". — 729 — terreno del jura (Bulletin dela Societe geologique de Prance, Tom. XI,pag. 64 9 eseg.). Da tutto questo apparisce: I." Che le esatte osservaziooi invoeate dal critico a toglier di mezzo le anomalie, clelle quali parlammo, servirono invece ad aumentarle, e a porlare gli esempii di specie promiscue ad un numerp ben trenta volte maggiore di quello cui io le faceva ascendere nel 1827. — 2.° Che nella presente que- stione il torto e dalla parte di qtielR ehe, ammettendd couie intangibile la slazione normale dei fossili, quale I'ha ima- ginata Orbigny, credettero di adottare le stesse dottrine, applicandole alia spiegazione dei fenomeni ehe offrono le Alpi venete, senza rifleltere ehe la inoltiplicita di divisioni e suddivisioni dei terreni, stando a quel sistema, non eorri- sponde alle scoperle di molti e piu ehe molti illustri pa- leontologi, perche fondate sopra differenze individuali, o proprie solo di qualche contrada, e quiudi da non potere adattarsi all' universalita dei monti di sedimento. Tali sono le riflessioni a cui ci aperse I'adito la critiea ai Cenni sopra il sistema cretaceo dclle Alpi venete, alle quali terranno dletro le altre ehe in seguito mi sara dato di publicare sul medesimo argomento. 11 m. e. prof. Bellavitis presenta una memoria sulla risoluzione numerica delle equazioni : accenna- to le precedent sue inemorie su queslo importantis- simo argomento dell' algebra inferior e (\o\. ill e IV delle Memorie dell Jstituto, ed Atli per la sessions dell aprile 1852) e notalo come tratto tralto sieno proposti altri metodi di risoluzione^ ehe in pratica tornano troppo labor iosi, egli si propone di esporre le vie, ehe gli sembrano pin spedite per hovare o Serie III. T. I OS — 73U — le soluzioni reali di una sola equazione anche tra- scendente., o le soluzioni immaginarie, o le soluzio- ni reali di pin equazioni simultanee. Fra i metodi d' approssimazione per le radici reali 1' autore prc- ferisce 1' approssimazione lineare ; quando si tratti di parecchie radici vicine, puo molto utilmente ser- vire la risoluzione di un' equazione ausiliaria alge- brica ottenuta mediante le fonnule d' interpola- zione. Come criterii per iscorgere la presenza delle radici servono i teoremi di Cartesio-Fourier e quelli di Sturm, che 1' autore deduce dalla teoria degli indici. Lo stesso prof. Bellavitis legge poi, intorno alle consefjuenze di un abbondante prodotto d" oro, le se- guenti osservazioni. Nel § 46 della mia memoria sulle unita (teste pubbli eata negli Atti dell' I. R. Islituto) io accennai come il lavoro meceanico prodotto da uomini potesse offrire una unita monetaria scevra, od almeno non molto soggetta al- le vicissitudini, eui il variare dei costumi dell' industria e delle circostanze rende sottoposto i! prezzo delle cose, e piu ancora 1' unita monetaria. Le merci che hanno una piu stretta relazione coi bisogni degli uomini, quali sono le so- stanzealimentari, offrono unqualche giusto fondamento ad apprezzare le cose ; ma la loro rapida consumazione e la variabilissima produzione ne rendono la ricerca e l'ofiferta cost differenti da un anno ed anche da un momento all'al- tro, che divengono inopportunissime a dare 1' unita mone- taria: ne da questi difetli, comunque in minor grado, va osenle ii lavoro meceanico da me proposto. — 73 1 — Egli fu per questo die in tutti i paesi eivilizzati I' unite monetaria fu presa da una merce, die non risentisse de- ferioraniento, soltanto assai lentamente si consumasse e si producesse, e per la sua rarita si prestasse alia comoda rappresentazione di tutti i valori realmente appartenenli alle cose utili. Ma se queste qualita dei nietalli danno alia moneta una certa eoslanza in tempi poco discosti, non le tolgouo il gravissiino difetto d'essere una misura puramen- te convenzionale. E impossibile che I' eccesso della produ- zione dei nietalli in confronto della consutnazione corri- sponda esatlamente colla maggior ricerca di moneta, die nasce dall' ampliata eivilizzazione e dali' aecreseiuta quan- tity delle cose da rappresentarsi. E forse sarebbe ancbe dubbioso, se restando eguali le quantita delle cose e della moneta il loro prezzo relativo rimanesse invariabile ad on- ta della differente tendenza alia speculazione e della diffe- rente fiducia nel future Confrontando nei varii tempi i valori dei nietalli pre- ziosi con quelli delle cose, die meno imperfettamente cor- rispoudouo coi bisogni e coi desiderii degli uomini (quali sono le sostanze alimenlari, il lavoro meccanico prodotto dair uomo, ec), si fa palese V enorme avvilimento sofferto dai primi. Ac cio nei tempi andati diede origine ad alcuna apprensione; si penso, e forse non a torto, die in questa cosa, come in lante altre, V equilibrio si stabilirebbe da se. Tulte le cose crebbero insieme di prezzo nominale, i salarii si aumentarono in proporzione., ne le gabelle rima- sero indietro ; solamente audarono gradatamente impove- rendo coloro, le cui riccbezze, anziche dal possesso di cose fi-uttanli, dipendevano dalla parola credito. Ma questa come una delle minori Ira le cagioni di mutamento nella ricchez- za delle famiglie, non fu gran fatto avvertita. — 732 — Al presente 1' aspettazione di una grand issima pfodu- zione d'oro fa nascerc un timore fondato forse in cio, che i suaccennati mezzi di rimedio non sieno sufGcicnti ad equilibrate in pochi anni una differenza eguale a quella che nel tempo passato si compie in aleuni seeoli; ed e cer- to che qualehe sensil)ile disagio nascerehbe dal non proee- dere tutti i eangiamenti di prezzo con eguale rapidita. L' invocare provvedimenti legislalivi sembra poeo oppor- tuno, quando si pensa quanto dannoso torni alia liberta e spontaneila del commereio ogni cambiamenlo, che non sia necessariamente prodotto dalla natura delle cose, e sopra tulto ogni opinione che le cose possano venir mutate per I' azione dei governi. E certamente in questi paesi non si polrebbe dimandare che fosse cangiato il rapporto legale tra T oro e l'argento; poiche ognuno scorge di leggeri che tra noi l'oro, anziche perdere un tre per cento sull'argento, guadagna ancora il due per cento: e quando si veggono le pubbliche casse tulte riempiute di piccola moneta d' ar- gento, che torna si incomoda nei pagamenti ; se dovesse farsi una preghiera sarebbe quella dellemissione di monete d'oro per servire al palesc desiderio del commereio. Quan- do il facile acquisto delle verghe d' oro, meglio che il desi- derio del commereio, consigliera i governi a molta emis- sione di monete d' oro, il pubblico togliera a queste quella preferenza che presentemenle loro accorda ; poscia i biso- gni delle contrattazioni consiglieranno, come in Francia, Teniissione di piccole monete d'oro ; e quando pur queste si troveranno insuflicienti, se il valore relalivo dell' argen- to e delT oro impedira di continuare a coniare le monete d' argento nel loro peso atluale, poiche tosto coniate ver- rebbero fuse dal commereio, i Governi saranno natural- menle condolti a diminuirle di peso. — 733 — Questo e a mio credere il neeessario procedimenlodel- le cose; ed e del tutto vano ogni opposlo desiderio. Spe- rare che 1' argenlo imponga la legge all' oro, e lo stesso co- me spcrare clie il debole comandi al forte, e com audi ci6 che e conlro quelle cagioni, clie diedero e daranno sempre gli stessi effetti. II Governo Austriaco e l'ultimo che dovra diminuirc il rapporto legale di prezzo Ira 1' oro e 1' argen- to, poiche esso e altuahnente iissato a 15 e ~*/l0o centre presso altre nazioni si avvicina al 10. La diminuzione delle rendite nominali e quasi sempre espressa non solamente daH'avvilimenlo dei metalli mone- tarii in confronto delle cose necessarie alia vita, ma aneora piu dalla diminuzione dell' unita monetaria in confronto dei metalli. Cosi, per esempio, nei sei ultimi secoli l'oro di- minui di pregio in confronto delle cose piii necessarie nel rapporto di 4 ad t, e la lira veneta diminui in confronto dello stesso oro nel rapporto di 7 ad 1. sicche la lira ve- neta perdelte in 600 anni -' /%% del suo valore reale. Ne questo e effetto soltanto di poco opportuna misura finan- ziaria; ma si aneora del naturale procedere del commer- cio, nel quale chi ha il denaro nelle mani, cioe il debitore, impone la legge al creditore. Cio noi vedemmo anche nel breve corso di questa meta di secolo, in cui la cosi detta lira veneta diminui alia meta del franco, poi a qualtro set- timi della lira austriaca, ossia ai /^ del fiorino melallica- mente Iissato da una convenzione germanica, poscia nelle ordinarie contratlazioni al quarantadueskno del pezzo da venli franchi : ne valse che le leggi di quest] ultimi tempi abbiano conservato alia lira veneta il suo valore metalli- co, o poco diminuitolo; I'uso e prepotente; e vi fu qualche autorevole sentenza che condanno il creditore a conten- larsi delln lira veneta cosi arbilrariamente diminuita dal- — 734 — I' uso di piazza, quantunque il suo credilo rimontasse al- Pcpoca, in cui non si conosccva allra lira vcneta fuori delta legale. Cosi non solamente l'oro, die uno riceve a restituzione, ha un prezzo reale minore di quello die ave- va l'oro prestato, ma spesso esso e anehe in quanlita mi- nore. La cooseguenza di questa graduata diminuzione si e die i beni dati ad enfiteusi vanno liberandosi nelle mani del possessore, il che dal la to ddla pubblica economia puo considerarsi come un vantaggio piultoslo che un danno. Ma se l'oro perdera parte del suo valore, vi e poi qual- che altra cosa che abbia un valore piu eostante ? Certa- mente niuna cosa materiale ; e se si tratla di cosa morale, il credito non potra esser rappresentato che dalla carta : in tal caso mi par preferibile che i governi attribuiscano un valore superiore deH'intrinseco ad un pezzo d'oro, piuttostoche ad un pezzo di carta. Se si volesse adoltare tal legge di giustizia che i valo- ri rimanessero invariati, bisognerebbe stabilire un' unila monetaria nominale, ossia legale, a cui s'in'tendessero rife- rili tutti i documenti, nei quali non fosse espressamente dichiarato il contrario. Le monete d' oro e d' argento re- sterebbero invariale in peso, ed il governo pubblicherebbe di tempo in tempo i ragguagli tra le loro due uniti e l'uni- ta legale. Ma troppo sono palesi le difficolta di fondare tali ragguagli su dati die bene corrispondessero alio scopo, e che fossero scevri da ogni arbitrio. E se pure fosse facile stabilire giuste basi alia determinazione, sarebbe impossi- bile che essa godesse una generale fiducia, e che il dubbio nelle tassazioni future non rendesse peritosa ogni con- trattazione. Pare adunque che il miglior parlito sia quello di lascia- re che lunita monetaria si accomodi secondo fandamento — 735 — naluralc all'abbondanza deM'oro. E coloro che, possedendo molto oro, anziehe adoperarlo al maggiore prosperamentd dell' agricoKura e delle industries lo lasciauo deposrtato ne- gli scrigni, fossero avvertiti che quell' oro oltreche essere infruttifero, andra mano a mano perdendo del suo valore reale. Ne sara piu ingiusta conseguenza se coloro che ri- corrono aH'altrui solerzia per utilizzare il proprio denaro, o per collivare le loro campagne, o per infondere attivita delle Industrie, vedranno a quesli solerli aumentare le ren- dite, ed a se scemare I' avilo retaggio. II m. e. co: Agostino Sagredo, sul Giornale dello assedio di Costantinopoli, legge il seguente suo stu- dio storico. I. Piu che mezzo secolo e passalo dacche la Repubhli- ca di Venezia venne sehiacciata sotto a quel roteare del tempo pel quale la Provvidenza concede abbiano, o termiue o mutamenti, ognuno alia sua volta, gl' imperii del mondo, tanto se siano dei minori, quanto se siano di quelli la sal- dezza de' quali dovrebbe tenersi siccome incrollabile. Pure egli e soltanto al presente che il governo della Repubblica di Venezia e i suoi fatti s' incominciano a giudicare colla equita e imparzialita, le quali sono comnagne di quella gran giustiziera degli uomini e delle nazioni, che e la storia. Allorche un principe o un popolo sono potenti, ricchi, in grado di largire favori o incutere timore, trovano sempre panegeristi. Enon e principe, non popolo, per buoni e giusti che pur siano, i quali finche sono grandi non vedano ap- puntarsi contro di loro le armi aperle, e le fraudolenti e nascose, della invidia e della malevoglienza per osleggiarli, per menomarne la lama ed i meriti, per iscreditarli, e quindi — 736 — recare noeumento al pot ere e la forza che hauno, e di cui si vorrebbe la distruzione. Forse nessuu governo ebbe maggior numeru di pane- geristi e detrattori di quauti trov6 la Repubblica di Veuezia, tinche ne durava la vita. I primi proelamavano il suo go- verno come inconlamiuato noil solo dal marchio di servitu primitiva, ma anche dal piu lieve vassallaggio verso imperii maggiori, in tempi remoti ; lo dieeano il piu mite e provvi- dente pel bene dei soggetti; come il piii generoso co' nemi- ci, cosi il piu fidalo fra gli amici ; robusto nel guerreggia- re ; previdente e acuto negli avvedimenti politici, crisliano e catlolico con sincerity e per convinzione. I detrattori, per lo contrario, lo cbiamarono scliiavo dalle origini , ribella- tosi a'signori legittimi; lo hanno posto fra i piu tiranneschi e arbitrarii cbe abbiano conlristato il genere umano. Le guerre vinte dai Veneziani, mal lidi amici e ingenerosi ini- mici,si dissero mero capriccio di forluua; si disse doversi chiamare contesto di astuzie e I'raudi i consigli e le opere della politica loro ; e (vedi a quali balordaggini giungono le menli umane quando siano concitateda cieca ira o abbiet- ti interessi ! ) si udi cbiamarlo peggio che eretico, perche meritevole della cappa fuor d' oro ed entro di piombo, che Dante impose perpetuamente agli ipocrili. II. Che codesteglodi e codesti biasimi suonassero lin- che la repubblica era viva, e, o potente, o coll' apparenza del potere, la mi pare cosa naturalissima; e allrettanlo co- sa naturalissima il cessare de' panegirici poiche fu spen- ta. Ma le esorbitanze dei dettrattori suoi crebbero a dismi- sura, quando spenta, non le riinase altro che il crescere I patrimonio della storia colla ricordanza della sua vita e dei suoi fatti. Sennonche a chi scruta nelle condizioni preseuli del — 737 — civile consorzio nun e pun to difficile lo scernere le ragiom di questa continuazione e accrescimento di biasimi. Ai giorni nostri nel civile consorzio due parti lottano 1' una contro l' altra, e s'aiutano con ogni arte e modo a supe- rarsi. E cadauna di esse per ottenere gl'intenti proprii non dubita adoperare anche sozzura di mezzi, e ardisce contra- stare alia volonta d' Iddio, il quale si degnava ordinare cbe umanita e civilta progrediscano gradataraente sempre ver- so il meglio, quantunque nel caminino sorgano inciampi ed ostacoli. L'una delle due parti crede fare suo pro collo sforzarsi a ricacciarc il genere umano nei secoli passati, e crede sia possibile ridonare vita a quella bellezza e bonta che fu lo evo medio; l'altra vorrebbe che il genere umano corresse di galoppo senza punto pigliarsi pensiero se la via sia secura e liscia, o se irta di triboli e circondata da pre- cipizi, che lalvolta si potrebbero evitare, e non volendoli evitare spesso si guasta l'opera tranquilla della ragione. Fu tempo, e non molto discosto, nel quale le due parti non osavano battagliare fra loro apertamente, e faceva comodo a ciascheduna il gittarsi sul cadavere del leone di san Mar- co, e squatrarlo, e brancicarne le ossa e le polpe,e metterlo scandolo e ludibrio alle genti. Infatti la era una manna per esse: scendendo entrambein codesta ignobile arena, trova- vano un avversario, il quale non poteva piu sorgere in giudizio e trarre vendetta delle offese, e cosi sfogavano le mutue ire senza pericoli, locche forse non era facile il fare altrimenti con liberta e sicurezza. III. Giunse poi il tempo nel quale le due parti, alzata la visiera, sono venute a baltaglia aperla. Si rese inutile i! mezzo termine del tone a pretesto, per isfogare le ire mutue, la Flepubblica di Venezia e i suoi reggitori, od altre nazioni e uomini trapassafi, e codesto miserabile ufticio fu Serie III, T. /. 96 ■— 738 — lascialo a qualche imbecille, spregiato fino dalle due parti contendenti. Quando lc due parti si servivano del mezzo termine, le avventatezze e ingiustizie di loro, almeno avea- no un fine logieo, il proprio vantaggio. Gl'imbecilli non han- no line logieo di sorte alcuna. Intanto per6 quella die ve- glia al sepolcro degli uomini e delle nazioni, la storia, ri- prese i suoi diritti per la Repubblica di Venezia, quei dirilti, ehe le da la sua potenza irresistibile, e vi si oppongono in- darno le passioni e le cupidigie dci tristi, i quali alia verita storica, sfolgorante una luce distruggitrice delle tenebre che tanto giovano loro, reputano poler sostituire un fan- tasinia. F gli danno le sembianze della storia, e non e al- tro che una specie di Zanni con vesti a toppe, coraposte di frammenti storici qua e cola razzolali, spesso inesatti, talvolta falsati. E sebbeuc, frammessi, possano esservi dei frammenti di storia vera, vengonodislocati o si accomodauo a talento, e, giusta i propositi di chi raffazzona quella sem- bianza di storia per far parere cio die veramente non fu, e quello che fu veramente lo travisano, lo stiracchiano sicco- me giova agli intendimcnli loro. Ma alio apparire della storia vera il fantasima arlccchinesco svanisce, i frammenti storici dislocati tornano al posto assegnatoloro dalla verita. 11 passato risorge, e se il Profeta di Giuda alia voce del Signorc vide le ossa aride e sparse riunirsi e rivestirsi di fibre e muscoli, la storia fa rivivere uomini e popoli che non sono piii, in ispirito e verita, li fa rivivere quali furono realmente, e presentarsi al giudizio delle genera zioni che succedettero. Egli e in tal modo che la storia della Repubblica di Vene- zia s' incomincia a conoscere, e la s' intende, e si libra con equita quello dissero panegiristi c detrattori, si dimoslra- no le sue glorie, il bene che reco alia civilta, le sue leggi. — 739 — i suoi costumi, la sua religione tutt'altro eke poco cristia- na e cattolica. E vengono in luce i suoi errori e talune colpe, ehe pero di certo non soverchiano gli errori e le colpe di quanli furono, souo, e saranno, uominie nazioni. Non ha guari tempo parecchi Italiani quasi disdegnavano professare che la storia di Veuezia fosse parte della storia nazionale, e fra questi anche qualche onorato amatore del- la palria, c ehe nel resto non pativa di traveggole. Al pre- sente tulti gl' Italiani se ne tengono, e 1! hauno siccome gloria eoniune ; e gli stranieri, e basti ricordare il Micbe- let, proclamano la Repubblica di Venezia come validissima aiutatrice della ingrata civilla europea. IV. Percbe la storia racquisti i diritli suoi e la poten- za, (la storia non operando mai miracoli) ci vuol tempo, pazienza ci vuole. E pero vero cbe giovo anche alia storia quello amore del positivo cbe e del nostro secolo, e che fu causa principalissima per lo incremento delle scienze che traggono i fondamenli e i progressi dalla sodezza di razio- cinii sicuri, e dalla esperienza. II quale amore del positivo non reca noja cbe a taluni ingegni pusilli cbe piangono sui bei tempi passati del miagolare e guaire d' Arcadia, dei bei concetti e delle vagbe frasi a compasso ond'erano con- teste le cicalaleaccademiche. Ossivero a certi filosofi, i quali s'allielano dello ire a cavalcioni delle nubi e pescare nel torbido ; scimmie di allre genti che vivono sotto lo in- tlusso di climi diversi dal nostro, e banno memorie istori- che interamente diverse da quelle che noi abbiamo. Dal bisogno del positivo, per ritrovarlo anche nella storia, per delinirlo, per esser sicuri cosi dei fondamenti che lo reggono come delle illazioni che ne sono conseguenza, venne la necessita di slatuire la quidita dei fatti con docu- menti irrefragabili, al presente nella storia non essendo piu — 740 — comportabili Ic ipotesi, le astrazioni, il divinare il passato a mo' di sibilla quando si puo slatuirne la quidita, quasi colla certezza del matematico. La storia, a' di nostri,trae da studii diligenli conseguenze inescogitate da molti storici anlichi, a' quali parve prima dote della sloria la magni- ioquenza, o a molti fdosofi della sloria cheformata la cor- nice del quadro voleano adagiarvi un dipinto, coslretti ora a stiracchiare le figure, ora a storccrle ora a rimpiccolirle, perche stessero entro ai limili della idea preconcepula ehe s'erano forma ta nella mente. Al presente ci vogliono docu- menti per iserivere storie, e i documenti bisogna cercarli, saperli leggere, e, piii, saperli intendere,constatarne l'auten- ticita, illustrarli accid servano a fondamento e argo- menlo di storia. E poiche gli studii storici si fanno a questo modo, tale pergamena la quale, sepolta in uno archivio, alia prima lezione pareva roba disutile o con pocbissima attenenza al soggetto, e quindi da lasciarsi da un canto, quella pergamena col solo recare una data, un nome, una circo- stanza, a proposito di una donazione a un convento o di una transazioned'interessidomestici,venne a scompaginaro l'or- dito di storie scritte a' tempi passati. Noi connazionali del Muratori, del Maffei, del Fumagalli,del Foscarini,del Cornaro se vediamo fiorire presso gl'Inglesi, i Francesi, i Tedeschi codesta rnaniera d'investigazioni, noi possiamo fiancamcnte asserirc cbe ferventissimo e anche appo noi il seguire le orme dei sommi Italiani teste nominal!, c di allri famosi connazionali noslri. Ne gli studii storici, le invesligazioni degli archivi avvengono solamtMile nci cenlri maggiori e diversi, nei quali dopo la caduta dello impero romano la nostra nazione ebbe piu forte il molo di quella vita, die fu mozza e non mai quale poteva essere, perche sempre irre- quieta e incerta, e spessoillogica, e piu spesso trambaseiata — 741 — ila sventure. Le quali non s'avrebbero palite, se Ic forze di quella vita non si disgregavano a ogni piii lieve concita- menlo di mini me invidie c inleressi di municipio. Vediamo fiorire gli sludii slorici, operarsi assiduc investigazioni anchc in ogni castcllo o borgo della terra Italica. La qua! oosa mostra come da noi tutli s'intenda il debito e la im- portanza del conoscere cost le glorie e le imprese dei mag- giori,, come gli errori e le colpe, die ricaddero sui nepoti. Per qnello spetta alia Repubblica di Vrenezia i document i abbondano, e non poteva essere altrimenti, percbe fu uno dei centri principali di quella tal vita die Italia ebbe, poiche I'AquilaRomana fu snidiata dal Cainpidoglio. E codesta vita, Venezia, la mantenne lungamente; fu la piu concitata alio esterno, ebbe i maggiori contatti colle altre nazioni, percbe vasto il dominio suo e stendentesi a regioni lontane; e nello interno impinguato da commerci riccbissimi e splen- dore di arti e studii, che al solito vigoreggiano e splendono dov' e potenza, ricchezza, amore di patria. Noi Veneziani dobbiamo sincera gratitudine a parecchi slraniericbe banno posto in luce documenti nostri: lo dobbiamo a parecchi connazionali, i quali banno fatto altretlanto. Ma possiamo affermarc con verila non essere noi rimasli da sezzo ; ne tale affermazione la o punto boriuzza di municipio. I docu- menti da noi pubblicati banno giovalo grandemente a rad- dirizzare le idee e i giudizii dei nostri connazionali e degli stranicri inlorno alia sloria della Repubblica e al suo governo. V. Io eliicdo scusa agl'illustri Colleghi miei del non avcre potuto in questo anno sdebitarmi del mio compilo con un lavoro che mi ero proposlo ; il tempo mi mancava per mandarlo ad atto. Per mostrare almeno il mio buon volere ho pensalo di sottoporre loro quesle rillessioni fatte — 742 — nel leggere un prezioso documento istorico pubblicato in Vienna da] oostro connazionale signor Enrico Cornel, il qua- le da molli anni ha posta la diuiora in quella citla. Codesto noto, perche penso tornare in onore di lui, nel quale ne tempo ne assenza sminuirono la carita della patria e la riverenza verso Venezia dove passo la giovinezza, e non dubita imprendere gravi studi ed incontrare spese, per cre- scere il tesoro dei documenti storici ebe servono alio illu- strare i falti dei maggiori nostri. II documento s' intitola Giornale dello assedio di Co- stantinopoli (1455) di Nicold Barbaro, corredato da docu- menti e note. Io ne porgerei un sunto se non fossi stato preceduto da una splendida seriltura che ha lo intento me- desimo; ed anziche dolermene, me ne rallegro colla terra materna, perche quella splendida scrittura moslra lo affetto fraterno dei nostri connazionali, e onora il giornale mila- nese intitolato il Crepuscolo, il quale fa nobile prova die la sapienza italiana e tull'allro chespenta. Poiche questo mio discorso non e una dissertazione si bene un semplice studio, lasciai libero corso ai pensieri che mi fece nascere la lezio- ne del Giornale scritto dal Barbaro. E conlido ottenere I'indulgenza dei Collegbi se conlinuo il mio discorso signi- ficando le riflessioni che mi occorse fare inlorno alle con- seguenze venute dalla caduta di Coslantinopoli in mano dei Turchi. Prima pero di proseguire, devo notare che il signore Cornet otlenne per la sua buona opera le lodi dei conna- zionali. II suo merito non si stringe alio aver dato in luce il Giornale dello assedio di Costantinopoli; egli avca pubbli- cato anteriormcnte i dispacci di Giosafat Barbaro, amba- sciatore dei Veneziani al re di Persia collegato loro contro a Maometto II; e dopo ha messi in luce altri documenti tratli — 743 — dallo archivio di Venezia, ed ebbe aiutatore il nno valoroso amico abale Pielro Mugna da Vicenza. Di piu, il Cornet in- tende raccogliere tuttii documenti ineditispettanti alia prima guerra dei Veneziani contro a' Turchi, e quando lo abbia fatto, e dci cilati c dei futuri suoi lavori daro conto alio Istituto. Per le sue pubblicazioni ebbe segni della gratitudine dagli studiosi Italiani, e confido non male appormi semi to interprete della gratitudine speciale dei Collegbi miei verso un egregio uomo, il quale ha dato si nobili prove dello a mare la patria e la sua storia. VI. Proseguendo ora nel discorso, ripeto quello ho no- tato altrove sulla educazione pratiea dalla quale venivano formati al reggimento civile gli statisti veneziani, coloro i quali erano chiamati alia sommita del potere avviando- visi per diverse strade. Taluno si dedicava a severi studi, altri alio armi, i piii ai traftici; e in tal modo la esperienza degli uomini e delle cose s' univano al coraggio e alia sa- pienza, nel dettare le leggi e nel ministrarle. E la vita del capitano, del mercadante era cosi connessa alia vita del popolo dal tenere il popolo quasi l'ralello, anche quando di- venne soggetto. Nicolo Barbaro fu patrizio e medico del navile, uomo di senno e di cuore, siccome apparisce dalla sua scrittura dettata con rara semplicita, nel volgare vene- ziano. Egli si mostra osservatore attento, descrive con veri- ta e se lascia talvolta intravedere le predilezioni che sono dell'uomo, non e mai che gli rabbuino il lume dello intelletlo, o siano figlie di abbietlo inleresse. II Barbaro si trovo presente ad uno dei piu importanti awenimenli che siano rcgistrati nella storia del genere umano; avvenimenlo d quale recava con se la minaccia del vedere di nuovola umanila travolta nella barbaric, e distrug- gcrsi la civilta dallo inompere in Eur op a di una moltitu- — 7 44 — dine composta di uomini robustissimi, feroci, concitati dal- 10 entusiasmo di una religionc immaginosa a un tempo e sensualc, la quale imponcva il precetto di propagarla, vin- cendo ogni resislenza eolle arnii. Aveva a capo il sultano Maometto II, figlio di Amu rat, mente gagliarda quanlo il legislatore del quale portava il norae, e braccio piu forte. 11 quale conobbe la necessita del conquisto di Costantino- poli per attuare quel medesimo proposito dell'ottenere il predominio sulla piu bella parte del mondo, pensiero ebe avea condotto Costantino a diredarc 1' Italia del seggio imperiale e della sovranita diulurna sull'orbe, lasciando i sette colli della Citta Elerna pei sette colli del Bosforo. II Barbaro narra gli sforzi generosi della colonia vene ziana in Costantinopoli, per difendere l'impero cadente e ridotto alia sola capitale. Dobbiamo a lui se la storia della nostra penisola cresce il numero dei martiri per la patria, col nome di Giacomo Cocco. II quale divisato che l'unico partito per danneggiare il nemico era incendiarne il navile, per Ie impazienze cbe sono dei valorosi, fatta arrancare la voga della sua galea e scagliatosi fra i nemici, v'incontro morte gloriosa. Impresa fallita, e il Barbaro accenna per tradimento dei Genovesi. Nel favellare dei quali forse il cro- nista trasmoda per quella brutta anzi vergognosa rivalita delle due maggiori repul)bliche della Penisola, rivalita che fu danno pcssimo della patria comune ad entrambe. Egli e pero vero che la fede dei Genovesi in tutta la grande cata- slrofe non polrebbe aversi, per lo meno, che come dubbia. Ma se Giacomo Gocco fu un prode, sulle rovine deirimpero bisantino sorge come gigante la gran figura dell' ultimo dei Paleologi. i\ato lioppo tardi, Goslantino Paleologo visse in mezzo ad una generazione marcia; trovo l'impero scalzalo nelle — 745 — fondamenta dalli assalti esteriori; eorroso nell interuo, per- cbe i eittadini non sapevano che cosa fosse a more di palria. Dominava un clero, il quale prelendeva ben governaree ren- dere felici e potenti i popoli ove la sua autorita fosse tale da rivaleggiare coll'autorita civile, la quale aveagliincautameute lasciato stendere la mano sopra di se stessa per padro- neggiare. II clero tenea rivolle le menti a He eeremonie, e piii ancora alle sottigliezze teo!ogiche,esi pensava,si studiava,si combattevaoo risse citladine per la mistica luce del Tabor, men Ire la funerea luce dei proietti delle artiglierie inimiche e i faI6 degli assedialori illuminavano di ben altra luce le notti degli assediati. E il Barbaro descrive lagloriosa morte del Paleologo con quesle semplici parole: Plmperatorepre- gava che i sui lo amazzasse, e si mosse dov' era la furia con la spado, el cased, el rilevo, el cost mori. Non fu cerlo giorno come quello della presa di Costan- tinopoli nel quale si polesse sclamare : Guai a'vinti ! El san- gue , dice il Barbaro., testimone oculare, se coreva per la tera come el fosse pioveslo e che I' aqua se fusse andada per i gatoli, cusi feva el sangue. I vincitori abusarono bar- baramente della vitloria salisfacendo a ogni libidine, e a quella in ispezie dell'avarizia, e raccolsero lesori immensi. Mentre il grande e svenluratissimo Paleologo si trovo in tale dislretta da meudicare soccorso di danaro dai suoi baroni, ed essi ricusarono soccorrerlo, presso uno solo si rinven- nero trentamila ducati di conlanti. Un allro per ingraziarsi col conquistatore gl' invio due liglie giovinelle, cadauna con unbacilein manopienodioro.E poicbe era stalo accollo con favore il duplice douo obbrobrioso, alti'i lo hanno imilato ; ma cessati i presenti, il Sultano lece a tutti i donalori moz- zare il capo dicendo : cli erano stall gran cant a non avere voluto prestarli al suo signore, el avere lasciato per- Serie III, T I 97 — 74G — Here la cittd. Cruda sorte di que' codardi, morte e scherno ; ma nell' amaro detto di un barbaro era una solenne giusti- zia eonlro chi potendo giovare alia patria le anteponeva lo amore della vita, e peggio aucora Ip amore delle ric- chezze, quasi che la vita e le ricchezze non fossero nella patria, alia quale soprastava il fato supremo. VII. Che i signori Veneziani sentissero e mostrassero immensa ambascia per la caduta di Costantinopoli e lo in- sediarsi gli Osmanli in Europa, non e punlo da stupire. Antivedevano quello segui, posti come erano i primi sui quali doveva pesare la pressura della potenza lurchesca. Nella spartizione dello imperio di Romania, dopo la grande, ma al certo non laudabile, impresa dei Latini, non chiesero del boltino che lerre riv'erasche al mare ed isole, dallo Egeo al Bosforo, che assecuravano la signoria dei commerei ed erano facilmente difese da chi avea sempre pronto formida- bile navile. E quasi interi questi l'rulti del conquisto li hanno potuto conservare alio sfasciarsi lo el'limeroimpero dei Lati- ni; e in Costantinopoli stessa,se non ebberopiii una parte della sovranita ottennero dagli Imperatori Greei tali prrvilegi che erano quasi sovranita. Questi privilegi sinmarono;le lerre e le isole possedule dalla Repubblica doveano essere ago- gnate dal vineitore, il quale non poteva concedere allri fosse padrone dei mari circondanti il sno potenle impero. I Ve- neziani avevano comballuto virilmente lino all' ultima ora di Costantinopoli cristiana; aveanorichiesto aiuto a Nicolo V Pontefice, ai Prineipi cristiani, come consta da atti che il Cornet trovo nello Archivio di Venezia, ed altri che vengono citati dal Crepuscolo, esistenti in quello di Milano. Ma, a che pro ? II Pontefice spediva un cardinale a Costantinopoli e 1 imperatore, sperando soccorsi, soscrisse un alto di unione della chiesa orientale colla occidental^ e nessun soccorso — 747 — poi ebbe ; i Principi cristiani rimasero sordi alle inchieste dei Veneziani, ai preghi disperati del Paleologo. Ebbe allora principio la gran lot la secolare fra la po- lenza mussulmana e la eivilla europca ; la quale non fu ingoiata principalmente perche (re popoli I'hanno difesa combatlendo pet- essa a tutta oltranza, sagrificandole la propria fort una, eon prodigiose annegazioni e spargimento di sangue e lesori. Nelle pugne ebbero talvolta eonsorli allri popoli, ma assai spesso furono abbandonati e vi- dero infranto il sagramenlo di alleanze, le quali pareva dovessero essere mantenute santamente. Ebbe ragione chi disse, ehe senza i Polaeebi, i Maggiari, i Veneziani, (a' quali si pui> aggiungere un allro popolo Latino di origine, i Ru- meni), il vessillo della mezza luna svenlolerebbe sulle lorri delle piu illustri capitali di Europa. Per poco non fu, e nel 1529 fu per incautela dei Turebi, che Vienna non abbia dovuto sottostare la prima alle sorti clie nel 1455 erano toccate a Costantinopoli; e, nel 1085, Vienna dovelle la sua salvezza alio ardimenlo e valore di Giovanni Sobieski. VIII. Saviamenles'apposeGirolamo Dandolo nel signili- care ileonquisto di Maometto II come la prima sorgentedello scadimento della Repubblica. Ne poteva essere allramente, la Repubblica, tanlo spesso abbandonata dai suoi collegali, non valendo sola a contendere co' suoi nemici potenlissimi. Una volta, Pio V con fede sieura si pose a capo della Iega sacra; parve che con fede sieura vi accedesse Filippo II allora il primo polentato della Cristianita, e i Veneziani ap- prestarono formidabili offese; e quella volta si combatte e si vinse. Capitano dell' armata fu posto don Giovanni d' Au- stria, e il principe fiammingo valorosissimo ebbe a com- pagni nella impresa due Italiani non meno valorosi di lui, Sebastiano Veniero e Marco Antonio Colonna. Ma la — 748 — famosa giornala del di 7 ottobre 1571, ollre a slragrande inacello d'uomini, non cbhe pei Oisliani die le conseguenze istesse, le quali avrebbe avuto una holla di sapone. Nessuno credo avere piu acutamente dimostrato la causa di codeslo e averla francamente svelata di quello fece Ser Francesco Lpngo nel Commentariq sulla guerra con Sultan Selim che io ebbi la Ventura di pubblicare neljo Archivio Storico Italia- no. Causa fu la gelosia domestica di Filippo II, e vi si aggiun- sero gli scaltrimenti di quella sua oseura ipocrita ragione di stalo alia quale baslava Io avere avuto 1' onore di una vit- loria non sua. E perche, per la ragione di stalo che usava non penso mai al fuluro, fece soslare la inipresa, la quale poteva recare, temporaneamenle, vahtaggi maggiori che a se stesso, ai suoi alleali. I Veneziani ebbero guerre continue per piu di due se- coli contro ai Turchi; ogni guerra terminava colla perdila di una delle provincie suggette alia Repubblica, e cre- seeva la potenza dei vincitori. Alle quali sventure si aggiun- sero le guerre d' Italia, e la prima lega contro Venezia per le presa di Ferrara, lega iniziata e henedetta dal Pontetice Sisto IV; la seconda lega, soscrilta a Cambrai dai monarchi principal! di Europa, inaugarata e henedetta dal Pontetice Giulio II. E nelluna e nell' altra codesti due Papi^ i quali nello stesso tempo erano capi del Cristianesimo e principi italianij per cause non ispeltanti ne punto ne poco alia re- ligione divina del Salvatore, per cause che recavano danno stragrande al bene della patria comune, hanno scaraventato adosso alia Repubblica di Venezia, principalo Cristiano e connazionale, il bando che la privo della comunione dei Santi. lntanto crescevano per essa i danni recati dalla sco- perta de' nuovi mari e dai nuovi tramiti del cotnmercio t-uropeo, onde prima ebbero sosta, poi si disseccarono le — 749 — to ii l i tlella sua rieehczza. La batlaglia di Pavia hacompiuto ia rovina di Venezia. Spagna e Francia I'hanno combaltuta, prevalse la prima ; la forluna di Francia sempre precaria e disastrosa in Italia venne tolla di mezzo per due secoli. Spagna nella Italia settentrionale si pose a cavaliere degli stati di San Marco, ebbe una costa imporlanle dell'Adria- tico. E fu allora die sJ inizio quella fase novella tlella poli- tica eufopea, per ia quale le sorti delle nazioni si slrinsero nelle mani di potentati, pochi e grandi, forniti di eserciti stanziali, numerosi, compalti, discipliaati, agguerriti, ubbi- dienli a una volonta unica e assoluta. E agli stati mediant e minori, ehe allre volte valevano a far traboccare la bi- lancia in favore di quello stato maggiore a] quale aderiva- no, non rimase allro fuorche il vedersi in balia delli stati maggiori, e nelle contese che questi avevano fra loro es- sere coslretti a saldare i contendenti a spese proprie, e talvolta perdere I' autonomia. Tale fu il deslino della Re- pubblica. I\. In fa Hi, covala lungamente, nel 1789 si svolse una di quelle grandi trasformazioni del civile consorzio, le quali quando arrivano, non e menle d' uomo die possa determi- nare il tempo nel quale avranno compimenlo^ lante cause e cosi diversi interessi opppnendosi al rincandinarsi del civile consorzio in modo sicuro, conforme a giustizia, analogo alle origini, alia nalura, ai bisogni, alle lendenze delle di- verse nazioni die lo compongono, conforme ai tempi che corrono. Nel principio del gran moto, un popolo grande si Iev6 e sfracellava il trono velusto dal quale era slato go- vernato per lungbi secoli. Quindi guerre feroci, e aUorcbe si venne agli accordi^ la Repubblica di Venezia dovette sottostare alia legge segnala sui campi di Pavia. Questo avvenimento e la serie di altri avvenimenti — 751) — che succedettero,porgono argomento alle medilazioni dello storico, perche da quando cominei6 il gran moto di Francia e avvenne la caduta di Venezia, la sloria del genere umano presenla tale una sequela di falli stranissimi, la quale, di eerto, non trovasi nei tempi antiehi e nei maggiori perieoli antiehi della umanita e della civilta. Uno alternarsi eontinuo di forme nei reggimento appo quel popolo che ha dato co- minciamento alia gran trasformazione del civile consorzio, e furono tanle ed ebhero breve durata. E intanto fragore di battaglie da gisranti, il levarsi, il eadere, lo spostarsi, il mu- tarsijl rimestare regoi e dorainazioni sulle genti,unicamenle giusta il voleredichi ebbe la fortuna delle armi. Quindi ire di principi, moti dei popoli, tramestio di passioni, disorbitanze di parti, e la povera umanita eontristata da ogni maniera di tlagelli. E eogliendo il deslro dagli errori di taluni, dalle insensataggini di altri, dalle colpe di poehi,si lento. perDno sgomentare la umanita con un vano spauraccbio, col ten- tare di farle credere possibile, a' tempi nostri, la pessima delle tirannidi, quella delle moltitudini, nulla tenenti, sbran- cantisi furibonde per ispossessare chi possiede, e infrangere i vincoli formuti, per istabilire gli ordinamenti civili dei po- poli cristiani, da religione, natura, reciprocazione dinte- ressi, amore di patria. E perche nulla mancbi che sia veramente singolare in questa eta memoranda, vi ha anche una analogia, anzi quasi una concordanza, che sarei per dire misteriosa, fra i destini della Repubblica di Venezia e quelli dello Impero Osmano.Di questi stati, il primo da oscure e povere origini sali a tanto da poter fare aseoltata la sua voce nei concilio dei princi- pal della terra. II secondo ugualmcnte da oscure e povere origini venne in quanta grandezza oltennero pochi altri imperii, e si rese formidabile a tutti i principati della terra. — 751 — A Passarowitz ebbe line la potcnza dei Veneziani col sagri- lizio dell' ultimo de' suoi conquisti, frutlo delle viltorie del grande Peloponesiaco ; e dopo Passarowitz la Repubblica non ebbe cbe tre quarli di secolo di vita arlitiziale e pre- caria. Ma da Passarowitz in qua, e il racquistare la Morea, cesso ogui grandezza dell' Impero Osraano, cbe dopo non ba potuto crescere di un palmo di terreno il suo territorio. L Impero Osmano ebbe guerre molte dopo la pace di Pas- sarowitz, pocbe vittorie, assai sconfitte, e, come la Repub- blica, soscrivendo ogni pace col Sullano soscriveva la per- dita di una provincia, cosi ad ogni pace soscritta dal Sultano dopo queila di Passarowitz egli vide ristringersi i conlini del suo impero, tiacearsene la potenza. Contro ai Turchi sera preparato validissimo e ineal- zanle inimico, anch'esso venulo da origini inosservate nei tempi anlicbi. Viveva nel mondo un popolo cbe aveva la lingua medesima o quasi la medesima, credenze islesse o analogbe, disperse sopra tanta parte dell'orbe, dal mare del Settentrione all' Adriatico, e dalla Germania quasi sino alia Tartaria. Sebbene frammisto a genti di slirpe e lingue diverse, conservo sempre il proprio carattere nazionale; lo trasmise da una generazione all'altra, quantunque provasse lo intlusso di climi difi'erenti e dilferenli leggi; lo inilusso delle parenlele conlratte con allre nazioni. Codesto popolo raccolse molte delle sue parti, e ne formo uno stalo giovane fra stali veccbi; e percbe nel rigoglio della vita, robusto, iiero, in gran parte servo, coslretto quindi a lidarc cie- camente nella volouta del suo capo. Sarebbe slato tenuto come uno scemo cbi ai tempi di .Nicolo Barbaro avesse pro- felato a Maomelto II cbe il Gran Duca di Mosca e Novo- gorod, il quale pagava tributo ai Tarlari, avesse potuto cre- scere lanlo mia cinque Ionian dove i feze la inlrada die fu da San » Bomano, zonti che i fu a la piazza, suhito quelli de lor w Turchi si mont6 sopra una tore dove che iera levado San » Marco e la insegna del Serenissimo Imperator e subito i » taid zoso la insegna de San Marco, e tiro zoso quela del » Serenissimo Imperador e poi suxo quela tore medema si » levo l'insegna del signor turco. » La insegna di San Mar- co noi vivi non la si poteva piu vedere sulla tor re di Costa uti- nopoli ; ma per poco non fu che da noi vivi non si vedesse piii la insegna del signor turco, e si levasse solto ai nostri occhi in suo luogo laquila bicipite che, fra le ali ferme e spiegate, ha san Giorgio che schiaccia il dragone. E perche codesto non avvenisse fu necessario che nazioni robustis- sime mellessero in atto lutta la polenza loro e facessero sciupio di sangue e tesori, fu necessario che, tulti gli altri principi grandi d' Europa stessero armati da capo a piecli colla mano sull'elsa, quale interponendo parole di pace, nessuno sguainando la spada a pro di coloro che guerreg- giavano. Per quanta sodczza e durability possano avere i patti teste fermati in Parigi, per quante modiiicazioni pos- sano subire gli prdinamenti dello Impero Osmano, I'ora che — 753 — scocco per la Repubb. di Vcnezia a Passarowilz, facilmente, e scoccata per lo Impero Osmano. In ogni casopero eghe in- dubilabileessere impossible che maipiiipossa riavere quella grandezza e forza per le quali sulla torrc di Costantinopoli ai tempi di Nicolo Barbaro l'u levata la insegna di Maometlo If, ne quando conquisto Psegroponte, Cipro, Candia, il Pelopo- neso, rainacciava del continuo i Veueziani sui conlini della Dalmazia e lino nel Friuli, inculeva spavento alia inlera Cri- slianita. E di cerlo la Provvidenza ne' suoi arcani ordina- menti statuiva ancbe codesto, perche umanita e civil ta faeessero un passo di piii per raggiungere lo scopo nobi- lissinio al quale tendono incessautemente. X. Allorche, nei tempi antichi, grandi calaclismi minae- ciaroDO tranghiottire la umanita e la civilta nei fiolli irrom penti della barbarie, I' area nella quale trovarono ricovero vi galleggio sopra, e, imperversasse pure la tempesta, non avvenne giammai cbe rimanesse affondala. Qualcbe nazione periva, ma la umana famiglia alia fin line vide comparire la colomba recanle il ramoscello d' olivo, simbplo di pace, vide incurvarsi sul firmamenlo il segno dell' alleanza d'Iddio colla piu perfella delle sue creature. Oggimai, come a ra- gione nolo il Gioberti, nessuna nazione cristiana e civile puo perire; e la umanita, e le nazioni crisliane e civili che la compongono, si volgono al rassodarsi sopra sicuri e razionali fondamenti. Pure, talvolta avvienecbe nel motoprogrediente della umanita e delle nazioni cristiane e civili vi siauo delle soste cbe pare arreslino quel mo to, vi siano degli urti cbe sembrioo spingerlo a relrorso. Galileo disse della terra : rppur si move ; la umanita e quindi le nazioni cristiane e civili possono dire allrellanlo del mondo morale. E lo possono dire ancbe in quei pericoli e danni che vengono per le soste cbe sembrano arrestarneil moto progredienle, Seric III. T. I. 03 — 754 — pegli urti die sembrano potere retropignerle. Soste piu o meno luughe, ma sempre temporanee; urti piu o meno gravi, ma sempre superabili. Ed anzi e nelle sosle e negli urti la Provvidenza fa sempre sorgere un elemento di piu al moto progrediente della umanita e delle nazioni cristiane e civili. Verita la e questa incontraslabile, e fra le testimo- nialize tante che sorgono a provarla, amplissima e quella che ci presenta la caduta di Costantinopoli descritta da JNicolo Barbaro. Conseguenza di queslo fatto parve po- tesse essere che una terza barbaric per opera della scirai- tarra turchesca, allora tcnula come invincibile, valesse a stringere con ceppi indestruttibili la umanita. E la civilta dovesse essere annicliilata, od almeno cacciata in abisso tanto profondo, da non potere risorgerne so non dopo lun- ghi secoli e dolori inliniti. Iddio nol voile; e al primo fen- dcnte che la scimitarra calb} le reliquie dell'antica scienza greca abbandonando la terra profanata dai barbari, si spar- sero per tutla la Europa. Unitesi alio elemento latino, alle dottrine che Y Orientc aveva trasmesse e andava trasmet- tendo all' Occidente, hanno fatto il prodigio di cacciare nel caos del passato, il declinante e scassinato medio evo. Ed era serbato all1 eta nostra chiudervelo con porte eterna- mente adamantine; contro le quali indarno fanno spreco di forze taluni poveri di spirito per infrangerle, sperando che il medio evo possa rivivcre e soddisfare alia superbia e alle cupidigie loro. La caduta di Costantinopoli in balia dei Turchi, e gli studi sparsi per tutta Europa, e il fcrvore col quale si coltivarono, e la sapienza die si allargo, eilrifarsi e il corroborarsi della ragione, colla quale il Creatore di- slinse la sua prediletta dalle altre creature, hanno fatto am- pliare alle menti umane la potenza loro. E trionfalmente si racquistaroQo dall' uomo quei diritti j quali nel medio evo — 755 — erano conculcati dal predominio della forza brutale,coadiu- vata da ignoranze c superstizioni. E il medio evo non potra risorgere mai piu ; e la uinanita e le nazioni cristiane e ci- vili progrediranno sempre nel camniino prescritto e pro- tetto dalla Provvidenza. II m. e. dott. G. D. IXardo legge la segucnte NOTA sugli scritti relativi alia struttura del cuore ed alia circolazione dei rettili, pubblicati dal prof. Weber nel 1832, dal dott. Olivieri nel 1846, dal prof. Briike nel 1851 e dal prof. Molin nel 1856. Nell' adunanza 24 febbrajo p. p. il sig. prof. Raffaelo Molin comunicava verbalraente, colla scoria di figure raolto accuratamente eseguite., un breve sunto delle sue Ricerclie anatomico-fisiologiche sul cuore e sul sisiema sanguifero del boa constrictor. Abbenche dalle conclusioni di tale lavoro fosse facile riconoscere aver le ricercbe in esso contenute strelta rela zione colle due memorie del fu dott. Antonio Olivieri, gia assistente di anatomia nella padovana universita, giovine di veramente elette speranze, di cui la scienza deplora an- cora la perdita immatura (Memorie che si leggevano in que- sto i. r. Istituto nell'anno 18 56, col titolo Osservazioni anatomico-fisiologiche sul cuore delle tesiuggini e delle chelonie in generate, e nuove ricerclie sulla struttura e sulle funzioni del cuore de rettili e parlicolarmente degli ordinarii, e che poscia sinserivano per disteso con figure miniate negli atti delle adunanze tenute in queU'anno), tut- tavia mi astenni dal fame avvertenza, supponendo che il — 75(> — sig. prof. Molin ne avrebbe debitaruenle discorso in qualche punto dell'intiera memoria. Ora essendosi lale memoria stampata per disteso nei nostri alii, ne trovando in aleun luogo di essa fatto cenno dei lavori del dolt. Olivieri, come lo fece di altri anatomic! di ollr'Alpe, che si occnparono precedentemente e poste- riormente di tale argomento, devo credere non sieno essi giunti a di lui conoscenza, ed e per tal motivo che soddisfo oggi al sacro obbligo di ci6 avvertire, trattandosi di cosa tutta nostra, perche rignardanle memorie lette fra noi, e da noi divulgate, locche torna a decoro di queslo i. r. Isti- tuto, e tanto faccio, non per diminuire il merito del sig. prof. Molin, che si mostro diligente nelle osservazioni ana- tomiche da esso praticate sul boa constrictor, ma perche si compiaccia di completare anehe la parte storica del proprio lavorOj notando quanto si e operato fra noi sullo stesso soggetlo, cinque anni prima dello scritto pubblicalo dal chiarissimo prof. Briike relativamente alia struttura del cuore dei retlili, ed al meccanismo della loro circolazione, scritto, che tenne il prof. Molin come punto di parlenza nelle indagini proprie, giacclie se si possono trovar ragioni per condonare al professore di Vienna suo maestro il non aver mossa parola dell' Olivieri, cio non polrebbe farsi con esso a cui gli alti dell'i. r. Istituto, presso il quale leggeva le proprie osservazioni, non potevano essere ignoti. Io non m' inlratlerro nel confrontare dettagliatamente le osservazioni e le conelusioni avanzale dal dolt. Olivieri sulla struttura del cuore de' rettili, e sul meccanismo della loro circolazione con quelle del prof. Briike, dal sig. prof. Molin confermate, poiche il far queslo riuscira ad esso molto piii agevole, fresco com' e nella trattazione di tale argomento; mi basta sollanto notare come gli scritli del - 757 — dott. Olivieri Irovinsi conformi alia verila-, e servano a con- futare alcuni errori, ed a togliere alcune incertezze, prima esistenti in tal ramodi scienza analomico-fisiologica ;eome le principali fra le proposizioni die in essi si leggono, spc- cialmentc relative al framezzo che divide in due le cavili del euore dei rettili, alia separata origine de1 suoi vasi, alia qualita del sangue che contengono, ed al non aver luogo miscella di esso nelle eainere di quel viscere, coineidano con quelle avanzate dal prof. Weber sullo stesso soggetto nelle sue Aggiunte aW analomia ed alia ftsiologia, pubblicale a Bona nel 1832, bencbe dall' Olivieri non conoseiute, locche serve di sieura eonferma su quanto asseriin esse di veroil prof, prussiano, ed a correggere in pari tempo alcuni errori ed alcune inesattezze in cui esso e caduto, su di cbe mi basla citare, ommettendo altre, 1- opinione del tutto falsa dallo stesso sig. prof. Molin rifiutata, cbe abbia luogo la mi- scella del sangue nel euore de' retlili nel tempo in cui essi nonrespirano, vale a dire quando si trattcngono sotto acqua, oppure se appositamente sinicrrompein essi la rcspirazione, e come le osservazioni e le conclusioni del fu assistente di anatomia in Padova coineidano pure con quelle pubblicale dal prof. Briike cinque anni dopo, e citale dal sig. professor Molin comele sole cbe insegnino il vero meceanismo della circolazione degli ofOdiani ; mentre tale meceanismo viene riguardato da enlrambi simile a quello delle testuggini se non del tutto eguale. I quali pocbi punti, a cui bo limitato il mio dire, sono piii cbe sufticienti a dimostrare esser ben meritevole il dott. Olivieri di occupare un posto distinlo nella storia dei progress! fatti Dell' anatomia e nella fisiolo- gia de' rettili, e come in tale occasione era debito di giusli- zia ridestarsene in seno di questo nostro corpo scienlitico onorevolmente la ricordanza. — 758 — Si legge il Dispaccio j\. -?- 3 giugno 1856 dell' i. r. Luogotenenza veneta, che partecipa !a so- vrana risoluzione 28 aprile 4850, colla quale le tre pensioni vacanti presso questo veneto Istituto furono conferite ai m. e. dott. Giovanni Zanardini, ing. An- tonio Cappelletto e cav. Emmanuele Cicogna, nomi- nando al tempo stesso m. effettivi non pensionarii i prof. Gustavo Bucchia, Antonio Pazienti e il co. Fran- cesco Miniscalchi. ADDMSZi DEL GIORSO 23 (illiGUO 1856 oi Ieggono le osservazioni intorno ad ana con- dizionata particolaritd delta grandine, del m. e. prof. Bizio, le quali saranno pubblicate nel Vol. VI, parte II delle memorie dell' i. r. Istituto. Questa particolarita da lui veduta consiste nella forma di pallottoline soffi- cij i cui strati esterni struggendosi al calor della mano lasciavano un nucleo di ghiaccio precisamente tetrae- drico. Del fat to, che il nostro collega due volte verified in molti grani di grandine, egli cerca dare spiega- zione, raffrontando le circostanze della particolarita sopraddetta con quelle della grandine comune. Si comunica una memoria del m. e. Sandri su lo stato sanitario di Verona, che, secondo 1' articolo 429 degli statuti interni, si pubblica in appendice di questa dispensa degli Atti. Indi la Commissione per Iamalat- tia delle viti legge la seguente relazione : — 7GU — Sol per adempier.e all'obbligo impostoci di cualinuare a riferire sullo stato della malattia clic da piu anni distrug- ge le nostre uvo, e non gia per dire alcun che di piu, oltre quel da noi gia delto nolle relazioni auteriori, le quali non possiamo che raffermare, dobbiamo intrattenere ancor questa volta I'i. r. Istituto su questo triste argoinento. Aoche nel 1 800 la fatale crittogama invase e diserto i vigneti del Venclo, ne valsero a frenarne le stragiivecchi e i nuovi mezzi successivamente proposti per prevenirla o com- batterla. Ne furono particolarmente desolati I'alto Friuli, il Vieentino ed il Veronese, ne' quali la vendemmia pote dirsi nulla; scarsissimo frutto colsero qui e cola le provincie di Treviso, Rovigo, ed il basso Friuli, un po' maggiore quelle di Belluno, di Venezia c di Padova. I rimedii che si vanno encomiando gia da piu anni vennero ritentati anche in que- sto, come i lavacri deU'uva infetla o prima dell' infezione con bollilura di robinia, mallo di noce, giusquiamo, quercia, olmo ec, con lisciva di cenere e sapone, con acqua pura e salata, la solforazione de' grnppoli, ed il coricare i tralci rasente il suolo. Gli effetti ne furono diversi ne' varii luo- ghi, talvolla anche opposti, e percio i risultamenli assai parziali e di pochissima utilita. Fermarono pero sopra gli altri l'atlenzione del pubblico per la miglior riuscita i me- todi adoperati per preservar l'uva dal sig. Gio. Batt. Ber- tolini nel distretto di Dolo, e quello dei sigg. Albanese e Rinaldi a Cimadolmo nel distretto di Oderzo. II Berlolini giunse anche nel 1855, come gli era venuto fatto nel 1854, a salvare tutta l'uva d'un suo vigneto coll'applicarvi un lavacro composto di un secchio di lisciva comune bollita con una libbra metrica di sal comune, ed allungata con acqua correnle, nella quantita di un mastello a misura di Pa- dova. Questa lavatura fu fatta subilo dopo la fioritura della — 761 — vile, e ripelula due o Ire voile secondo il bisogno. Lascio avvertilamente il Berlolini nello stesso tralcio alcuni grap- poli non medicati, e la Commissione, a cio delegala da quel commie, constato la presenza della muffa in questi soli, benclie frapposti agli altri del tralcio stesso lasciali indenni dal morbo, per la medicatura applieatavi. Ii sig. Angelo Albanese adotto invece lo sdrajamento dei tralci fruttiferi rasenti il suolo, eseguendolo tin dalla potatura, e tenendo a tal One la vite scarsa di tralci, e que- sti piu limghi dell'ordinario. Lo stesso metodo era stato gia praticato in Francia lino dal 1849 e raccomaandato ed at- tuato fra noi tin dal 1851 con risultamenti diversi, ma nel maggior numero favorcvoli. La Commissione incaricata dal municipio di Oderzo di riconoscere lo stato delle uve del- I' Albanese, ve le trovo sane ma scarsissime, ed attribui tale scarsezza aH'aver egli sdrajale le vili troppo presto, per cui soffersero assai dalle brine. Ma recatasi la medesima ad esaminare ivi presso un podere di circa 500 perliche di estensione del nob. sig. Alessandro Rinaldi, die non feee sdrajare i tralci se non dopo passato il perieolo delle brine, e ne condusse la potagione in guisa da facililare Tabbassa- mento del fusto, vi trovo i grappoli assai sviluppati, gli acini grossi, e questi, bencbe allora colorali soltanto nelle parti superiori e laterali piu esposte alia luce, pur arros- sarono compiutamente e giunsero a perfetta maturita in otto di, poi cbe i tralci furono rialzati. Questo si e forse il primo esempio del risultaincnlo completo di un metodo con tro la muffa dell' uva eseguilo in grande estensione. Tra i rimedii, cbe piii esercitarono in quest' anno le peune degli scritlori di tal materia e le mani deJ vignajuoli, vuolsi nominar primo la soluzione di colla proposta dal dott. Vulcano di Eppau. Se ne fecero numerosissime prove Serie 111, T. I. 99 — 762 — nel Veneto, nel Lombardo ed altrove, ma non se n' ebbero gli sperati vantaggi. La muffa riapparve sull'uva che aveva abbandonalo sol pel momento, e talor anco si generd sulla colla medesima. Fu ripetuto ancora il consiglio dato gia da piu anni di zolforare Ie uve, ma pochi il seguirono perche scoraggiati dalle infrutluose prove lentate prima, ne Ie nuove furono piii fortunate, quantunque la grande diffusione data in Francia a queslo rimedio abbia prodotto cola risulta- menti assai favorevoli. Essendosi piaciuti alcimi di ribadire ancor la queslionese linfezione dell'uva origini da condizioni interne e morbose della vite,o dalla sola azione eslerioredella infesta crittogama, ed avendo allri esposto non forse l'oidio potesse entrar nella pianta colla linfa assorbita per Ie radici, il sig. Giovanni Roccina di Quinlo Romano sperimenlo 1' applicazione alle radici di viti infette gia l'anno innanzi, di gesso polverizzato, zolfo polverizzato, calce, fuliggine, ec.; ma questi mezzi da esso riprovati con Iodevole perseveranza per tre anni non inflnirono nolle viti che un' istantanea vigoria di vegeta- zione, ne punto valsero a salvarle dalla parassita, che nel luglio vi ricomparve. Al medesimo infausto risultamenlo giunse eziandio, durando nelle Iodevoli sue prove contro T oidio, il sig. ing. Emmanuele Bonzanini, medicando le ra- dici dei viligni con calce estinta, con acqua salata o lisciva di ceneri, o con zolfo. I quali sperimenti, fatti gia pubblici per le slampe, abbiamo voluto qui ricordare perche porgono nuovi argomcnli ad afforzare 1' opinione ormai generale, T infezioue dell' uve venir dal di fuori e dipendere essen- zialmente dai seminuli dell' oidio depostisi sulle parti verdi della vite. Alia quale sentenza, se pure occorresse maggior cou- ferma, la siavrebbe e chiarissima dalla introduzione e dil'fu- — 703 — sione della malattia dell' uva nell'isola di Madera, quale venue narrata da un naturalista Icstimonio oculare del fatto, e capace di asservare e giudicare con non comune accorgimento, clie trascriviamo come assai concludente dagli Annali di agricoltura di Milano del 20 febbraio teste passato, p. 105. o L'isola di Madera c, come tutti sanno, una montagna elevata di origine vulcanica, che sceode da un lato verso mezzodi, daN'altro a tramontana, bagnata al piede da ogni parte ed isolata dall'Oceano. La ricchezza sua principale sla appunto nella vite, e vi si fan no vini squisiti e di gran prezzo. Non vi si conoseeva ne punto ne poco l'oidio o altra muffa, ne manco di nome, quando un anno, non sappiamo se nel 4 851 o 1852, ma certo dopo eh' ell' erasi diffusa nel conti- nente d1 Europa, un francese, venne a Madera a vender piante, e iisso il suo vivajo in una casa presso il porto suI canto di una via che va dirilto verso il centro. Fra le molte piante aveva anche delle viti, e bisogna dire che tenessero in se la malattia, percio che nell'anno stesso per la prima volta quelle del suo vivajo non solo, ma tutti i pergolati delle case e de' giardini circostanti furono coperli di pol- vere biancacon meraviglia degliabilatori. Non ci si bado piu che tanto, non si conoseeva ancora 1'importanza di quella peste, ma ben presto tutti videro chiaro che la dove era apparsa quella novita, I' uva era perduta. L'anno dopo il male progredi, cosi che grandissima parte della costiera di mezzogiorno ne rimase colpita e si perde la vendemmia: il terz' anno piii ancora, ma quello che vi apparve di singo- lare si e che la crittogama andava estendendosi dai lati a destra ed a sinistra dai centro primitivo, cosi che fini per invadere anche la porzione di tramontana, senza sormontar mai la montagna per discender dall' altra parte: lunghesso — 764 — le rive si, ma non le riusci mai di elevarsi. Intanlo Madera rimane come un esempio luminoso del modo eol quale si porta, si attacea, si diffonde la malattia della vite^ ed ora tutte quelle coltivazioni sono in pessimo slalo condotte: ma c' e qualche cosa di piu concludente. Nelle isole Azzore, che stanno esse pure in quel mare, si fa vino da per lullo, e n'e la rendita principale. Quegli abilanli persuasi dall'esem- pio di Madera, che vi ci si potrebbe porter 1'oidio, e fatti forse piu eauli ed avveduti dalla vicrnanza del litorale afri- eano per tanti altri guai, respiosero e rispingono risoluta- menle ogn' inlroduzione di viti di qualsivoglia paesc. Si fa cosli contrabbando d' ogni sorta a dispetto di tutte le Ieggi di linanza e di (utte le pcne, ma di viti non c' e verso in- trodurne una sola, lanlo la popolazione tutta quanta veglia all' osservanza di quella nuova Iegge; e se ne compajono sulle navi, si gettano senza misericordia in mare con un sasso appeso perche non galleggino. Con questa sola pre- cauziope non vi e segno di mal di muffa in quell' isola, e vi si fa vino eccellenle ed abbondantissimo. » Fin qui narra e cosi ragiona quel benemerilo che fe' pub- bliche queste notizie, le quali non han d'uopo di alcun co- mento perche possa dedursene da chi che sia, la malattia dell' uva consistcre, come soslenemmo gia (in dal 1855, nella sola azione disorganizzalrice esteriore dell' oidium Tuckeri. E cosi fossero chiari e sicuri i mezzi di debellarla, come n' e evidente 1' origine, V indole e il modo della cala- mitosa sua diffusione! Sull' avvenirc de' nostri vigneti, che pur anche in que- sto anno, meno quelli colpiti dal gelo, danno gia segni di vivace vegetazione, non ci possiamo permettere verun pro- nostico, resi accorli daHesperienza falta non potersene t'ondar alcuno. Ma perche non vogliamo arrendrci a di- — 705 — sperare con alcuni anche illustri agronomi della lotal ecs- sazione di lal flagello, e perche eonfidiamo non pocd nella sagacia della mente umana quando perseveri instancabile negli studii e oei tentativi, insistiaino nell'eccitamento altra volta dalo di provare e riprovare in diversi modi tutto che ci offra una qualche probability di successo conlro la sven- tura cho ci percote, e speriamo pure die la scienza od il easo ei rilevino, o presto o tardi, il modo di liberarcene. A. Fatanni G. Zanardini G. Sandri De Visiani relatore. Dopo tale letlura il segretario annunzia con dolore la recente perdita del dott. Ignazio Penolazzi, socio dell' Istituto, che piu volte comunico a questo important] lavori, e che fu tra i medici d' Italia rino- matissimo per vasta dottrina e specchiala probita. Si annunziano i segnenti doni fatti all'I. R. Istituto. i. Dal m. e. cav. T. Catullo. Trattato sopra la costituzione geognostico-fisica ilei terreni allaviali e post-diluviani (telle provincie venete. - Un Vol. in 8.° Padova, 1844 (edizionenotevolraente accre- sciuta ). 2. Dal sig. dott. Giuseppe Maroni. Delia trascrizione dei registri ipotecarii e della rinno- vazione delle iscrizioni. — Studii. Venezia, 4 855, di pa- gine 4 54, in 8." — 766 — 3. Dal sig. prof. Ignazio Cantii. Cronaca, giornale di scienze, leltcre, ecc. — Disp. 8." 4. Dalla R. Accademia dei Georgofili di Firenze. Atli della R. Accademia. — Vol. III.0, Dispensa i. 5. Dal m. e. cav. Emmanuele Cicogna. Due discorsi pvonunziati al popolo dal serenissimo doge di Venezia Pietro Grimani il \.° htglio 1741, prece- diiti da notizie biografiche sullo stesso doge. — Venezia, 1856, di pag. 24, in 8.° Relazione del N. II. Marco Antonio Grimani podesta di Padova dal 6 novembre 1552 al 28 febbraio 1554. — Ve- nezia, 1856, di pag. 52, in 8.° Orazione di Leonardo Piovenc, nella partenza di Pietro Grimani dal reggimento di Vicenza I' anno -1 550. — Vene- zia, 1856, di pag. 28, in 8." Relazioni slorico-politiche delle isole del mare Jonio suddite della serenissima Repubblica di Venezia, di S. E. Francesco Grimani provveditore generale da mar I' anno 4760. — - Venezia, 1856, di pag. 110, in 8.° 6. Dal sig. prof. Samuele Romanin. Storia documentata di Venezia. — T.° IV. Punt. I.' e II. a Venezia, 1855-56. 7. Dall' I. R. Accademia delle scienze, in Vienna. Archivio risguardante le cognizioni delle fonti storiche anstriache (in ted.). — T.° XVI, fasc. I.0 Ragguagli delle adunanze dell' I. R. Accademia di Vien- — 767 — nu (in tedesco). — Classe di filosofia e storia. — T." Will. Punt. 2'. e T.° XIX, Punt. I.' 8. Dal sig. cav. Giuseppe Console Sulla convenienza cd utilitd d' istituire nelle provincie venete una sneietd contro it maltrattamento degli animali, — Padova, 1856, di pag. 16, in 8.° 9. Dal sig. G. B. Ascoli,, di Firenze. Studii orientali e linguistici. — Fasc. 2.° Gorizia, 1855. 10. Dall' Accademia fisio-medico-statistica di Milano. Alii dell Accademia. ■ — Vol. I.0, Disp. I." Milano, 1856. 11. Dal sig. ab. Francesco iSardi. Stalislica teoretica, c degli Stall d' Europa. — T.° l.° Puntata I." Padova, 1856. 12. Dal sig. G. B. Malacarne. Rettificazione geometrica e rigorosa della periferia del circolo colla geometria elementare. — Vicenza, 1856, di pag. 16, in 8.°, e una tavola. 13. Dall' I. R. Istituto Lombardo. Rapporto delta Commissione per lo studio della ntalat- tia della uva dell" anno 1855. — Milano, 1856, di pag. 24, in 8.° 14. Dal sig. E. llubieri di Firenze. La Pieve S. Slefano, da I 14 febbraio 1855, al marzo 1856. — Cenni sloriei. Firenze, 1856, di pag. 40, in 16 " — 768 — 15. Dalla Societa medico-chirurgica di Bologna. Bullellino dclle scienze me die he. — Apr. e Mag. 1850. 16. Dal sig. colonnello L. F. Menabrea, di Torino. Lois generates de divers ordres de phenomenes donll'a- nalyse depend d 'equations lineaires aux differences part id- les, lets que ceux des vibrations ct de la propagation de la chaleur. — Torino, 1855, di pag. 48, in 4.° 47. Dal s. c. sig. Giovanni Velndo. Due Capitoti di Lodovico Arioslo, Iratli da un codice raiscellaneo dclla Marciana. — Venezia, 1850, in 8.° 18. Dal sig. prof. Ignazio Cantii, di Milano. Cronaca, giornale di scienze, tellere, ecc. — Dispen- se IX, X, XI del 1856. 49. Dall'ecc. I. R. Luogotenenza delle prov. ven. Rapporto delta Commissione dell' i. r. Istituto Lombar- ds sulla malatlia delle uve. — Milano, 1855, in 8.° Istruzione popolare pel trattamento e govemo delle ca- vallc madri, e dci puledri, e sulle coudizioni e tenuta delle stalle a tali beslie dcslinale, — di pag. 21, in 4." Bolletlino delle leggi dell' Imp ero Austriaco (in ted.) Dalla Puntata XIII alia XXIV inclusive del 1850. 20. Dal sig. profess. Carlini in. e. dell'i. r. Istituto Lombardo. Documenti relalivi alia costruzione del baromelro cam- pione, esistente net gabinetlo lecnologico dell i. r. Istituto lombardo. — Milano, 1850, di pag. 24, in 4.°, con una lav. — 7G9 — Detcrizione di due Oarometri di nuova forma costruiti per uso deir osservatorio di Milano. — Milano, 4 855, di pag. 16, in 8.°, con tavole. 21. Dalla Commissione internazionale del canale di Suez. Extraits des proccs.verbaux de la Commission Internatio- nale du Canal de Suez. — Parigi, 4 856, di pag. 94, in 8.° Tl. Dal s. c. P. Bartolommeo Sorio. II sistema di crcnologia tratto dal Tcsoro di ser Bru- uetto Latini. — Verona, 1856, di pag. 24, in 8.° — ( tre esemplari). 23. Dal m. e. prof. cav. ab. Zantedeschi. Del Deniscopio differentiate di aicuni liquidi. — Vien- na, -1856; di pag. 4, in 8.°, con tavole. 24. Dallo stesso. e dall' ingegncre dott. Luigi Borli- netto. Serie di memorie risguardanti la stalica e la dinamica fisico-chimica-molceolare. — Memoria \ .' — Vienna, \ 856, di pag. 8, in 8.° 25. Dal sig. dott Angelo Leonesio, di Milano. Rendiconto delta beneficenza delle pia casa detjli espo- sti, e delle partorienli in S. Catterina a la ruota in Milano neW anno 4 854, con osservazioni riassunte pel decennio -1845-1854. — Milano, 1856, di pag. 50, in 4." 26. Dal s. c. ab. Giuseppe Valeutinelli. Degli stndii sul Friuli. — rraga, 1 856, di pag. 24, in 4." Serie III. T.I. 100 — 770 — 27. Dal sig. prof. Francesco Lanza. Dell' antico palazzo di Dioclesiano in Spalato. — IIlu- strazione. — Trieste, 1 855, di pag. 50, in 4.°, con 12 tav. Note sur les formations geognostiques de la Dalmatie, -par M. Francois Lanza. — Parigi, 1854, di pag. 4, in 4.° Monumenti Salonitani inediti illustrati. — Vienua, 4 856, con 12 iav. litograf. 28. Dal Municipio di Venezia. Sul colcra di Venezia dell' anno 1855. — Cenni della Giunla centrale di sanita. — Venezia, 1856, di pag. 98, in 8." 29. Dall' I. R. [stituto Lombardo. Giornale dell' I. R. Istituto Lombardo e Biblioteca ita- liana. — Fasc. XLV e XL VI. — Milano, 1856. 30. Dal sig. E. Alberi, di Firenze. Dell' orologio a pendolo di Galileo Galilei, e di due rc+ centi divinazioni del meccanismo da lui immaginato. — Firenze, -1856, di pag. 28, in 8.°, con tavole. 31. Dal sig. Eugenio Jialbi, di Venezia. Gea, ossia la terra descritta. — Dispensa III." Trieste, 4 856. 32. Dal sig. prof. Giuseppe Belli, di Pavia. Sulfa possibilitd di conlrarie correnti elettriche simul- tanee, in nn medesimo filo condutlore. — Considerazioni. Pisa, 1856, in 8.° 33. Dal Collegio dei Conservatori dellOspitale mag- giore e dei luoghi pii uniti, in Milano. Sopra un viaggio a'piu rinomati manicomii di ollr'alpi e di oltre mare. — Relazione del doll. Cesare Casfiglioni. — Milano, 1856, di pag. 88, in ».°, con 4 tavole. I. R. ISTITUTO LOHBiRDO DI SCIENZE, LETTERE ED ART! PRO GRAMMA. L'i. r. Istituto aprc il concorso all' ordinario preraio biennale da conferirsi nell'anno 4 858 all'autore della rne- moria che dia la piii adequata e soddisfacente risposta al seguente quesito : « Eseguite che saranno le strade ferrate nel regno Lombardo-Veneto : » I.° Quali eambiaraenti conveogano al comtuercio, » all' industria, all'agricoltura? » 2.° Dato l'attuale sistema doganale, quali raodifica- » zioni si possano introdurre? » 5.° la quali localita del Regno siano piu opportuni » gli emporii franchi ; e se non convenga piuttosto il chia- » mare a quest' ufflcio intere citta, anzi che parziali stabi- » limenti? » A.0 Quali vantaggi conseguentemente saranno per de- » rivare alia pubblica e privata economia ? » II premio e di lire 1800. I dotti nazionali e slranieri, eccettuati i membri effettivi dell' Istituto, sono ammessi al concorso, e potranno valersi indifferentemente delle lingue italiana, latina, o francese. Gli scritti dovranno essere rimessi franchi di porto entro tulto il 51 dicembre 1857 alia scgreteria di quest' Istituto resi- dente in Milanonell'i. r. palazzo di Brera, e, giusta le norrae accademiche, saranno contraddistinti da un'epigrafe posta in fronte ai raedesimi, e ripetuta su di una scheda suggel- lata che li accompagni e contenga il norae, cognome e il domicilio dell'autore. — Si racconianda l'osservanza delle — 772 — not ate discipline, afiincbe le memorie possano essere prese in considcrazione. Verra aperta, colle dovute formalita, la sola scheda unita alio scritto premiato, il quale rimarra di proprieta dell'Isti- tuto ; gli altri scritti non premiati saranno deposti ncll'Ar- chivio a giustiflcazione dei proferiti giudizii, e le relative schede suggellate verranno abbruciate colle consuete pre- cauzioni. L' asgiudicazione del premio avru luogo nel giorno della solenne adunanza dell' anno 4 858. Milano, il 50 maggio I85G. 77 Presidente ROSSI. II Segrctario Prof. Gio. Veladini. I. R. ISTITUTO LOMBARDO DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI PROGRAMMA. PREMIO DI FONDAZIONE CAGNOLA. II quesito proposto col Programma 20 maggio 1854 per il concorso d' istituzione Cagnola, cbe dovevasi confe- rire nella solenne adunanza di quest'anno, non ottenne una soluzionc abbastanza soddisfacente. Perci6 l'i. r. Istiluto di scienze, lettere ed arti ba giudicato opportuno di ripro- porre il quesito stesso cbe qui si ripete. « I. Stabilire i fatti della elettro-fisiologia che devono » costituire il fondamento scientiflco degli usi mediei deHa — 773 — » clettricita ; — II. Indieare i casi patologici nei quali si » puo consigliare 1' applicazione della elellricita, esponea- » done le ragioni e lc analogic scientifiche; — III. Descri- » vere i melodi e gli apparati da preferirsi nei singoli casi » di detla applicazione, adducendone le regole ben dimo- » strate e rigorosamcnte dedotte dagli altrui e dai proprii » esperimenti ». II premio da aggiudicarsi nella solenne adunanza del- l'anno 1859 alia meraoria che verra riconosciuta degna e inigliore, consistera in una raedaglia d' oro del valore di lire 600, e nella somina di lire 1800 in denaro. I dotti nazionali e stranieri, eccettuati i membri effettivi delli. r. Istituto, possono aspirarvi e servirsi indistinta- mente nei loro scritti dellc lingue italiana, Iatina o francese. Le meraorie dovranno, entro tulto dicembre 1 838, ri- raettersi franche di porto alia segreteria dell' Istituto slesso in Milano nell' i. r. palazzo di Brera, contraddistinte con epigrafe posta loro in fronte e ripetuta poi sulla scheda sug- gellata, pure da unirsi, e contenente il nome, il cognome e il domicilio delf autore. — Si raccomanda l'osservanza dellc notate discipline affinche le memorie possano essere prese in considerazione, Esauriti i giudizii, si aprira la sola scheda unita alio scritto degno di premio, e le altre schede si abbrucieranno colle consuete formalita; i manoscritti rimarranno nell'ar- chivio a giustilicazione dei proferiti giudizii. Milano, il 50 maggio I85G. ■ // Prcsidenle ROSSI. // Segrelario Prof. Gin. Yeladiiw. 774 I. R. ACC1DEHU DI SCIENZE, LETTBRB ED ARTI IN PADOVA. Quest' Accadernia, alio scopo di favorire maggiormente il progredimento dei buoni studii e di eslenderne la pubblica utilita, richiamando in vigore un'antica sua consuetudine, slatui, nolle tornate 2 marzo e 20 aprile del corrente anno, di conferire una medaglia d'oro del valore di zecchini se- dici all'autore della memoria che sciogliera piu compiuta- rnente in ogni sua parte il seguente quesito : Dei veleni usati nelle varie Industrie ve n'ha di non necessarii? 0 da quali sostanze innocenti potrebbero venire surrogati? II preraio sara aggiudicato nell'ultima tornata dell'anno accademico ^857. Nazionali e stranieri, eccettuati i membri ordinarii del- 1' Accadernia^ sono ammessi al concorso. Le memorie do- vranno essere presentate senza spesa alia segretaria della medesima dentro il maggio del 4 857. Ognuna di esse por- tera una epigrafe, ripetuta sopra un viglietto chiuso a sug- gello, contenente il nome e cognome, e la indicazione del doraicilio del concorrente. Giudicati gli scritti presentati al concorso, verra aperto il viglietto solo di quello stimato degno di premio, il quale rimarra in possesso dell' Accadernia, e pubblicato ne' suoi — 775 — volami periodici. Gli altri co' viglietti suggeJIati, che li ac compagnano, saranno resi a chi ne fara domanda, presen- tando la ricevuta di consegna dentro 1'anno 1857. Dalle stanzc della I. R. Accademia, Padova 24 aprile 4 856. // Presidente ROBERTO prof. DE VISUM Ab. L. Menin ' Segretario per le scienze. APPENDICE secondo V articolo 429 degli statuti interni CEMI SULLO STATO S1NITARI0 DI VERONA DEL M. E. G. SANDKI. 1 . lion e a dire di qual vautaggio sarebbero alia inlera umana societa le incdiche statistiche se si facessero da per lutto, e si formassero con quella diligenza ed esattezza che soglionsi usare per altri sludii anehe di assai rainore im- portanza. Conoscendosi dappresso, e ne' snoi parlicolari, i! vero stato deila pubblica salute, potrebbesi eziandio veder modo di cessar raolti mali, e di altri almeno sceinare il danno o 1' incomodo. Egli fu con tal vista cb'io mi diedi a raccozzar questo cenno sulla sanitaria condizion di Verona, sperando cbe altri, pur tenero del comunbene, vorrebbe poi colorir quel disegno ch'io non fo che imperfettamenle ab- bozzare. Dato cominciamento con alcune idee generali, miro quindi la cosa piu da vicino ; e finalmente ne vengo ad esprimere alcuni miei desiderii. 2. E dalle idee generali toslo facendomi, innanzi tratlo considero trovarsi in Verona, come probabilmente in qua- lunque altro luogo, c morti senza malattie, e malallic senza morli, e malattie che di tempo in tempo riescon mortali Morti senza malattie sono quelle che avvengono per nasci- Serie III. T.I. |()l — 778 — men to immaluro od altrimenti iufelice, e per estrema vec- chiaja, se pur la vecchiaja stessa dir non vogliasi malattia ; quelle che per forsennatezza altri procacciano a se mede- simi, o vengono lor procurate dall'altrui malvagita, o dalla punitrice giustizia, o da sinistri accidenti impreveduti e che appellansi comunemente casi fortuiti (i); a cui ponno ag giungersi anche le morti improvvise, che pur succedono quando piu e quando meno frequenli. 5. Malattie senza morti sono di per se stesse le mili o leggiere, e tutte quelle che non attaccano parti essenziali alia vita, sehhene anche producano imperfezioni o patimenti di varia guisa. Intorno alle quali giova qui solo avvertire, che potendo esse regnare e lungamente e copiose dando grave molestia, non e sempre giusto criterio quello di misurare la salubrita d' un luogo dalla sola quantita di sue morti. 4. I morbi poi atti a troncare la vita, i quali affliggouo la citta di Verona, ponno venire considerali sotto diversi aspetti ; vale a dire, per la varia specie loro, per la causa, per la sede, la costanza, la frequenza, la durata, il tempo di loro precipua dominazione, leta piu preferila da essi, e la mortalita ch1 e lor propria. E quanto al primp rispello, di moltissime fatte essendo queste malattie, e a un dipresso le medesime di parecchi altri luoghi, non ci occorre di tes- serne il lungo nojoso catalogo, hastando alio scopo nostro presente cio che verra in taglio accennarne traltando §h altri ragguardamenli. 5. Lc cause e nostro inlendimento di toccarle qui solo (1) Casi fortuiti dicousi gli omicidii, suicidii, gli annegameati in fiumi od altrove, i bruciamenti ; le asfissie pel gas acido carbonico od altro irrespirabile ; gli avvelenamenti di funghi, od altri involontarii o pre- nieditati ; gli schiacciamenti sotto cani, ruiue, pesanti moli; o infortnnii di somigliante nianieia capaci di recar morte. — 779 — nt generate, dislribuile in (re classi, vale a dire: l.° eause che possono avere una relazione diretta colle vicissiludini delle stagioni, ehe diremo eziandio cause atmosferiche o estrinseche, atte a ingenerare piutlosto morbi actiti, inliam- matorii, ed operanti assai piu negli abbassamenti di tempe- ralura, e passaggi da caldo a freddo, che negli alzamenti, per quanto forti e rapidi questi sieno. I mali moventi da tali cause sono encefaliti, meningiti, mieliti, polmoniti, pleuriti, angine, bronchiti, catarri, gastriti, enteriti,affezioni reumatiche e somiglievnli ; e ne possono aver occasionc anche gli asmi e le febbri intermittent!; 2." cause, che col- I'esterno andaraento atmosferico non hanno relazione, al- meno diretta o vicina, ma sono proprie d' una particolaro condizione dell'individuo, c chiamerem cause intrinseche, peculiar! o individuali ; del cui genere sono, per esempio, quelle de' morbi cronici od abituali, le apoplessie, le asfis- sie in nascendo, le idropi, gli apostemi, la rachitide, le celampsie, le tisi, le tabi, le scrofole, ec; 5.° cause specifi- che, le quali a specifici morbi porgon origine, come forse alcuni degli ullimi sopraccennati, e massimamente poi if vajuolo, il morbillo, la scarlaltina, il tifo, la inigliare.il co- lera asiatico, la pertosse ed allri siffatti. 6. Le malattie di cui trattiamo, altre hanno sede ben determinata, ed altre no. Fra le ultime si possono trovare tanto quelle che vengono ora qua ed ora la, come i flem- moni, le risipole, gli aneurismi, gli scirri, i cancri, le gan grene, ecc; quanto quelle delle quali non si conosce pro- priamente il focolare, il luogo, il sislema di preferenza assa- lito, come le intermittenti, e quelle che affliggono or piu una parte ed or laltra, o pur I' intero organismo. E tra le pri- me, ollre le puramente cutanee, come la scabbia, Irovansi quelle cho noi qui sopratlutto intendiamo appunlare, cioe — 780 — !e aniiggenli gli organi alloggiali nelle cavita viscerali, di- vise quinci in tre classi ; vale a dire, 1 ." del capo o cere- bral!, o del sistema nervoso in genere, come eneefaliti, meningiti, mieliti o spiniti, idrocefali, apoplessie, cmiplegie, paralisi e convulsioni di vario modo; 2.° del pelto o siste- ma respiratorio e principal ministro di circolazione, cui speltano le polmoniti, le bronchili, le angine, catarri pol- monali, polmonari tisi, vomiche, carditi, arterocarditi, idro- toraei, idrocardili, e quel male organico il quale comune- mente vizii precordials addomandasi; 5." del basso venire ovvero addome, danneggianli principalmente gli organi della digestione; alle quali apparlengono le varie generazioni di gastriti ed enteriti; le epatiti, spleniti, pancreatiti, elmin- ziasi o verminazioni; la labe epalica, la mesenterica, l'ascite, la colica, le diarree e dissenlerie, die pur flussi addominali, o di ventre, si dicono.E in questa cavita la sede loro anche tengono quelle degli organi urinarii, come nefrili, cistiti. 7. Le malattie che abbiam qui aceennate (N. 6) in Ve- rona sono costanti, vale a dire, dal piu al meno si moslrano in ogni stagione, e, slarei per dire cziandio, in ogni mese, onde ponno chiamarsi ancbe solite od ordinarie; ma ve n'ha pur (Yincostanti, insolite o straordinarie, le quali ora insor- gono ed ora no, vestendo pur nou di rado la forma di epi- demie, come le quattro piu proprie de' fanciulli, vajuolo, morbillo, scarlallina, pertosse, e parecehie altre che abbiam nominato (N. 5), o saremo per nominare, come specifiche. 8. Ne vuolsi confondere la costanza, toccata qui sopra, colla frequenza ; poiche alcune malattie sebbene costanti in ogni stagione, tuttavia non sono in lutte ugualmente fre- quenti; ma nell'una piu e nell'altra mono: il die va spesso a seconda dello stato d' aria o di cielo. Ed altre in vece sono sempre a un dipresso le stesse, o il loro variar sembra non — 781 — aver troppo oho fare coll' andamento della stagione, ma piuttosto dipendere dall' accidente, per noii dir meglio, da cagioni ignote o non bene determinate. Anclie rispelto alle incostanti addivien similmenle; poiche, quanlunque tulle ripetano 1' invasione a periodi varii e indefinite pure alcune usano farlo a inlervalli piu, ed altre men lunghi. «). La durata delle malatlie puo riguardarsi in due guise: durata della stessa malatlia no' singoli individui, e durata del dominio di malatlie della specie medesima. Pel primo ragguardamento hassi la dislinzione delle acute e delle ero- niche. E pel secondo abbiamo a considcrare lanto le ma- laltic costituziouali, die sogliono prolungare piu o meno la loro dominazione, secondoche piu o meno si prolunga quella lal condizione atmosferica di sccco od umido, di caldo o freddo, o di altra colale eslerna cagione morbifera : quanto le specifiche, sul dominar delle quali la costituzione atmosferica puo avere pur qualcbe parte rendendolo piu <> meno grave o prolratlo, benche esse non si generino mai senza lo specifico loro principio, e solo cessino col cessar esso di agire. 10. Riguardale le malatlie pel tempo, in cui special- mente regnano, abbiam quelle clic piii si addicono alle loro stagioni, perci6 dctte anche iemali, vernali, estive, aulun- nali; abbiamo quelle clie sono piii o meno propriedi tutti i tempi; e quelle clie sollanto alle volte si manifestano. Le acute e le intermittenli possono in generale appartener alle prime, le cronicbe alle seconde, e alle ultime le speciticbe. \ i . Anche per leta si puo dare molta differenza di ma- latlie, essendovi quelle piu proprie de bambini, dell' infan- zia, della puberta, della virilila e della vecchiaja. Noi pero, per non discendere a troppo minuti particolari, in questo riguardo faremo sola una partizione, cioe, degT infnnti e — 782 — - degli adulti; gl' infanti sino al settimo anno compiuto; e gli adulti dopo questo sino all'estrema decrepitezza. E dove nomineremo distintamente anche i vecchi, intenderemo quelli die hanno valico il quattordicesimo lustro. 12. Quanto alia mortality rispettiva, o si considera eosi assolutamente il numero dellc morti prodotte da una la I malallia, o pure il numero di esse in proporzione di quello degl'individui clie ne vengon colpiti ; imperciocehe puo do- minar mollo una malattia recando assai moleslia senza loroar micidiale, e dominar anche poco, uccidendo pero molli degli assaliti. II perche, siceome toceossi pur dianzi (N. 5), la salubrita d' im paese vuolsi riguardare solto en- trambi quesli rispelti, dominio delle malattie, e numero delle morti. 15. De1 quali sotto il secondo ci e dato di esaminar qui specialmenlc Verona, seegliendo a lema del nostro esameil deecnnio dal I8i0 al 1850, essendo queslo 1' ultimo ter- raine cui vanno le finora pubblicale mediehe osservazioni di essa citta, clie all' esame nostro offrono la prineipale ma- teria ; non omettendo per altro, quando venga in acconcio, di allegare, in via di confronto, alcuna cosa degli anni ante- cedent! che valga a rendere meno imperfetto il presente ragguaglio. 4 4. E primieramente ci si affaccia la considerazione che le malattie, quanto alia sede, variano in predominio se- condo I' eta, poiche negli adulti Than piu le toraciche afflig- genti gli organi del respiro e della circolazione, indi le cere- brali, ed ultime quelle del basso venire: laddove nell'in- fanzia 1' hanno maggiore quelle del basso ventre o sia degli organi digerenli e sistema nutritivo, minor di esse le tora- tiche, e ancor minore di quesle le cerebrali. 15. K quanto alia stagione, sugli adulti neU'inverno piu — 783 — reguano Je loraciche, la state le cerebral, e quelle d! basso ventre: e in questo conto puo dirsi che anche rispetto alia umaua salute gli estremi si tocchino, tornandole pressoche ugualmenle funesti il gran freddo e il gran caldo, col diva- no soltanto degli organi dipreferenza assaliti. E sull'infan- zia net verno regnano piu le addominali, e piu ancor nella state. Le addominali sono piu infeste all1 infanzia anebe in primavera. In complesso poi agh adulti riesce piu dannosa la stagione del freddo e massime ai veccbi, de' quali ne'tre mesi freddi muore quasi il doppio cbe nei tre caldi; ondeil verno suolsi anche dire il carnelice della veccbiaja : e agli infanti daunosissiuio e il freddo nel primo mese di vita • e Judi il caldo, nel quale ne muore forse un decimo piu che nel freddo. Sicche le due eta non si conveugono nel provar in Verona gli stessi effetti dalle medesime influenze atmo- sferiche. De' piu salubri fu, verbigrazia, per gli adulti il seltembre del 4 842, e per I' infanzia de' piu letali. 16. E ne anche pare che in do si corrispondano ap- pieno i due sessi, facendosi talora assai piu vittime dell' un chedell'altro. Cosi nel gennaio del 1841 i morti maschi turono 95, e le femine 151 ; nel gennaio 1842, 100 i ma- schi e i 57 le femine ; nel gennaio 1846, 124 i maschi e 1 02 le femine ; e nel marzo 1 842, 87 i maschi e 6 1 le femine. 1-7. E riguardo a questa influenza atmosferica pur addi- vieiie che la stagione medesima, le identiche vicissitudini, non sempre adducano i morbi stessi ne anche nella mede- sima eta, nel medesimo sesso ; ma non di rado si veggou variare. Mentre nell'autunno del 1845 crescevano i danni pe' mali cronici negli adulti, e gli addominali si couserva- vano come in estate, quesli si mitigavano mollo per gl' in- fanti ; onde 1' infanzia soffriva men degli adulti per malattie eui essa e di preferenza disposla. E talvolta sotlo una con- — 1U — dizione di cielo scorgonsi mancar i suoi morbi, e eompanrc di quelli die piu sembrano proprii d' un' altra. E veggonsi pure alle fiate succeder morti, anche assai numerose, senza che se ne possa ben assegnare la compelente ragione; come di quelle che avvennero negl' infanti I' agosto e il settembre del 1 842, che fecero erescer di molto la cifra di quell' anno. 18. Non avvieue pertanto che i mesi nella quantity di lor prede serbino regola, sebbene alcuni usino esser piu, ed allri meno rapaci. Nel 1841 la maggiore mortalita fu in gennaio, e la minore in aprile; nel 1842 la maggiore in gennajo ed agosto, e la minore in maggio e giugno ; nel 1 845 la maggiore in marzo e la minore in giugno; nel 1844 la maggiore in gennajo, e in maggio e giugno la minore ; nel 1845 i piii infesti furono il marzo e il febbraio, e meno il settembre e il novembre; nel 1846 piu il gennajo e meno I' aprile; nel 1847 piu il dicembre, e meno l'ottobre e il settembre; nel 1848 piu T agosto e meno I1 aprile; nel 1849 (tranne 1' agosto, in cui vi fu grossa giunta pel colera) il piu fu settembre, e il meno aprile e maggio; e nel 1850 il piu gennaio e il meno giugno. Quest' ultimo suol essere per Verona un mese salubre, e dopo di esso, aprile, maggio, settembre, otlobre; e mortifero gennajo, e dopo esso, ago- sto, marzo, luglio . . . Fin qui rispetto alia mortalita in generale. 19. Or venendo a quella delle malattie in particolare, si puo dire che delle morti in complesso dai 25 ai 50 cen- tesimi avvengono in Verona per le sole infiammazioni delle varie falte; alle quali e specialmente applicabile cio che si disse teste (N. 14, 15) sulla differenza di sede secondo Yelk e secondo le stagioni. Sebbene il piu delle infiammazioni sieno acute, pure n' avvengono anche parecchie di croniehe, — 785 — massiuic de' broncbi, degl'intestini, del fegato, delle artieo- lazioni e della vescica soprallutto ne' veechi. 20. Secondo il predominio, dopo le polmonili che so- gliono raaggiormente regnare nella raffreddata stagione dal dicerabre al febbraio, le quali rapiscono un medio di 87 adulti per anno, ma che nel 1849 ne rapirono J55, di cui 55 nel solo gennaio; dopo le broncbjti coi lor catarri, pur esse pin frequenti in inverno ; dopo le pleuriti piii dominanti in primavera dal marzo al maggio; dopo le gaslriti e le enleriti di varia forma che spesseggiano piii in estate, in cui pure le meningiti; dopo queste, io diceva, pare che nella mortifera scala discendendo, le allre sien cusi collocate : epatiti, mieliti, risipole, dermiti, flebiti, arteriti, cardili, arte- rocarditi, cistiti, artrili, nefriti, peritoniti, pancreatiti; la- cendo quelle che, quantunque non iufrequenti, non usano recar morte, come sono le ottalmie, di cui a lie volte pur corre andazzo (N. 49). 2\. Dalle inflammazioni considerate in ambe le eta, pas- sando alle altre malattie, sembra acconcio distinguere le piii proprie degli adulti da quelle che son piu dell'infanzia, os- servando prima cosi in generale, che negli adulti piu nume- rose son quelle che ponno aver cause estrinseche od atmo- sferiche (N. 5), stando queste al complesso di tutte, forse come 59 a 100; ed in vece nell'infanzia elle sono assai meno, stando al complesso di tutte forse come 58 a 4 00. 22. E facendoci dalle malattie che piu degli adulti son proprie, tre numerosissime schiere se ne presentan dappri- ma, che gran quantita ogni anno mieton di vile, e non sera- brano avere troppa relazione, almeno immediata, collan- damento atmosferico, e piii a quelle di causa intrinseca spettano, che a quelle di causa estrinseca. Sono queste le tisi, le idropi c le apoplessie. Serie III, T. I. I0L> — 786 — 25. Le tisichezze che, com' e ben chiaro, appartengouo ai ruorbi cronici, spesseggiano inolto in Verona ;forse a mo- tivo dell'aria fina, e ancor piu delle frequenti sue muta- zioni o passaggi repentini dall'una aH'allra temperatura (N. 5. 75), trovandosi questa citta fra i raonti edil piano. Le quali cagioni se atte non sono a produrre di pianta la ma~ lattia, giovano perd certamente a svilupparla ed a crescerla. E osservazione che in questo clima eziandio le piu semplici costipazioni, quando attacchino il petto e non partano in breve, e in cambio vadano accompagnate dalla tosse, allor- che non sieno in tempo curate, assai spesso finiscono in tisichezza. Questo morbo non ha tempo nell'anno in cui si possa dire meno o piu raicidiale, facendo buon numero di vittime per ogni mese; e se piu nell'uno che nell'altro, ci6 succede senza veruna costanza. Nel 1841 il meno fu di i\, in marzo, e il piu in luglio ed agosto, avendone 50 ciascuno ; nel 1842 il meno pur in marzo e il piu in seltembre; nel 1850 il meno in giugno e dicembre, e il piii in marzo. 24. Ne anche le idropisie, conseguenza non infrequente delle infiammazioni, hanno tempo determinato, in cui rapire piu vite agl'infermi ; cio succedendo or nell'un mese ed or nell'altro e non ne lasciando veruno immune. Esse non sono tuttecroniche; havvene pure di acute, leggendosi non di rado ne' cataloghi de' trapassati, che alcuno mori, per esempio, di acuto idrocefalo. In ordine di prevalenza ponno aver forse questa distribuzione: idrotoraci, asciti ed anasarchi, idro- cefali, idrocarditi, o, per dir meglio, idropericarditi. I quali ultimi sono spesso confusi con quelli che appellansi comu- neinente vizii organici precordiali (N. 6, 30). 25. Ai raorbi acuti spettano apoplessie che, alle volte, in poche ore mandano agli eterni riposi. Benche ne meno esse in Verona abbiano tempo o stagione in cui moslrarsi — 787 — piu micidiali, gli estremi del freddo e spesso anche del caldo, sembrano favoriiie maggiormente. Nel J 842 se n'ebbe il piii ne' mesi di gennajo, novembre e dicembre, che furono 4 2 per ciaseuno, e 19 in marzo; e il rueno in quelli di feb- brajo ed agosto, in cui furono 5. Nel 1841 furono 12 in gennajo e febbrajo, e 4 sole in agosto, 4 sole in aprile fu- rono nel 1845, 9 in gennaio, 12 in agosto; e il piu, 15 in dicembre. Quanto alia distribuzione, quelle del 1848 sono in gennaio 17, in febbrajo 7, in marzo 8, in aprile 5, in maggio 8, in giugno 11 , in luglio 1 0, in agosto 5, in settem- bre 10, in ottobre 6, in novembre 14, in dicembre 20. In tutto 119. 26. Le apoplessie piii ordinarie in Verona son cerebrali, ma ve n'ha pure di polmonari; per esempio, nel 1844 tro- viamo 91 delle prime, e 5 delle seconde. E sebbene spettino specialmente agli adulti, ponno averne anche gl'infanti: delle \ 19 notale di sopra pel 1848, questi n'ebbero 25, di cui 7 in gennajo, 5 in febbrajo, 2 in marzo, I in giugno, 2 in luglio, 2 in settembre,5 iu novembre, e 5 anche in dicembre. 27. Quanto al numero delle prede, l'idropisia ne fa circa 6 centesimi del totale; e circa 8 l'apoplessia, aggiungendovi le emiplegie, le paralisi, le asfissie, il delirio tremebondo, e le altre infermita di simil genere ; vale a dire, 5 per le semplici apoplessie, che spesso non oHrepassano il 100, quantita che puo tenersi per media; e 5 per. gli altri morbi qui nominati. La tisichezza conta 7 altri centesimi, e pu6 andar verso i 9 aggiungendovi le non troppo dissimili tabi epatiche, mesenteriche, eel ostruzioni, piii parlicolari per6 all'infanzia. Sicche le Ire classi ora dette colle loro appen- dici prendono quasi un quarto dellintero numero, e non molto meno delle infiammazioni soprammentovate (N. ^9). 28. 1 flussi di ventre, diarree e dissenterie, parte acute — 788 — e parte croniche, conuini ad enlrambe le eta, e I'elminziasi piu frequenle nell'adolescenza, e che spesso co' ilussi mede- simi si accompagna, e non di rado eziandio colle enleriti, cui anche puo cagionare; rapiscono pure buon numero di vittirae, e forse non minore di 5 centesimi del totale, domi- nando senza regola deterrainata, benche i flussi imperver- sino specialmente nel caldo, e talor in guisa di epidernia. Nel 1841 il numero maggiore delle morti reeate da essi fu dm in luglio, e di 1 4 in agosto ; e in agosto pure nel \ 842. L'elniinziasi poi nel 1841 feee il maggior numero di prede in settembre e in dicembre; e nel 1842 il feee in settembre e in agosto. 29. Cogli antidelti malori gareggiano in recar morti i calarri, massime cronici (poiche gli aeuli se nestanno cal- eolati eolle inliammazioni specialmente toraeiche), i quali in un col marasmo senile, ed alcuni altri mali, o senza nome o non bene determinate di cui veggiamo, esempigrazia, notata una dozzina sotto il nome di cronico nel gennaio 1841, danno circa un 4 centesimi dell'inlera soinma de' tra- passati. 50. Gli aneurismi, gli asmi, e quegli altri organici vizii die appellansi precordial^ perche aftliggono il cuore e le parti clie gli stanno d'intorno, possono pur occupare a un di presso 4 centesimi della totale perdita. Essi non banno tempo flsso,in cui fare piu vittime; sebbene gli asmi sogliano fame piu nel freddo. E qui osserviam di passaggio come non ci sia possibile determinare precisamente il numero delle morti avvenute per ciascuno di questi mali, perche nelle fonti da cui dobbiamo atlingere soveutemenle sotto la stessa cifra se no uniscono di varie specie. Cosi nel gennajo 4 842 ci si danno 1 1 Ira vizii precordiali, aneurismi ed asmi; nel febbrajo ci si danno 16 tra asmi e catarri piu o raeno acuti; — 789 — oel gennajo 4 845, 15 per pneumonite, bronehite, oatarro e pertosse (1). 5i. II cancro e lo scirro proprii del gentil sesso, che attaccano I'utero e il petto, fanno un buon centesimo del numero total delle vitlime : e 2 ne predano tormentosi mali comuni anche ai maschi, come gli scirri o cancri in altre parti e specialmente al piloro, i funghi midollari, le gangre- ne, le earie, le ulceri sifilitiehe, o le piaghe maligne di qual- siasi genere, le afte, gli erpeti, I'ernia, lapostema, l'emoftisi, il pedartrocace; raorbi che a quando a quando pur veggiam nominati ne' cataloghi dei defunti. 52. Men d'un centesimo puo assegnarsi al parto sfor- tunato ed al puerperio, vale a dire, alle prede che si fan delle madri o nel dare altrui la vita, o dopo alcuni giorni, in conseguenza de' mali che in tal occasione sogliono sopraggiungere. E men d' un altro puo venir assegnato a quei casi fortuiti, i quali non mancano di rapire all'impen- sata persone di entrambi i sessi e di entrambe le eta, senza che veruna malattia vi preceda, come altrove si e ricor- dato (N. 2). 55. II detto tin qui risguarda gli adulti, e glinfanli per quello che cogli adulti hanno in comune; ed ora venendo a cio che linfanzia ha di piu particolare a se stessa, ci si affac- ciano pure tre classi di mali che ne fanno il piu aspro go- verno. Sono questi la rachitide in un colla scrofola, la eclampsia o convulsione infantile, volgarmente detta rioma (I) Cinque pure in luglio per angina, pertosse, pneumonite. Ne sap- piamo se le morti fossero ripartite tra esse malattie, o le cagionassero insieme. E parinienti nel maggio del 1848 si dice che 4 furono prodotte da bronchite, catarro e pertosse; nel febbrajo 1846 si dice 2 per angina e pertosse; nel novembre 4 per pneumonite e pertosse; nel maggio del 1850 si dice 4 per arterocardite e tosse convWlsiva ; essendovi cosi34 per- tossi poste insieme con altri mali. — 790 — uel Veronese, e gli accidenti del nascere e del primo tempo di vita. 54. E facendo principio dalla rachitide, veggiarao in essa una peste, che non solo or deform a grandemente in Verona per varie guise la nostra specie; ma ella pur fa copiosa messe di vite, alcune adulte, e il pieno della prima eta. Ne saprebbesi ben dire in quale slagione, in qual mese piu ne mieta, vedendosi, esempigrazia, nel 1841 il maggior nume- ro in gennajo e febbrajo, ognuno contandone 15, e in no- vembre e dicembre, contandone ciascuno 18. Nel 1842 in vece il gennajo fu eguale all' ottobre, avendone ciascuno 4 4; piu F agosto, vale a dire 21, e piu ancora il settembre, cioe 26 ; e nel 1 845, 26 il marzo ed 8 soltanto il dicembre. Che che poi ne sia di tal variazione, la perdita annuale per questo disastro pu6 aver uri medio di 154, giungendo presso ai 7 cenlesimi della totale, e formando circa il sesto di quella propria della sola infanzia. 55. Come appendice della rachitide mettiamo la forse congenere scrofola, che troviamo non di rado ad essa con- giunta nella medesima cifra, o insieme colla tisi, e piu spesso ancora colle ostruzioni addominali o colla tabe mesenterica, sia che aftliggessero insiememente lo stesso individuo,opure soltanto si unissero poscia nello stesso numero da chi ebbe a registrarle. Per la qual unione impossibile torna l'asse- gnare a questo male il suo quanto di prede; ma per cio che apparisce dove e notalo distintamenle, non sarebbe forse fuor di ragione I' attribuirgli tra uno e due cenlesimi della totalita. 56. I danni dell' eclampsia non sono in complesso mollo minori di quelli della rachitide, se anzi talvolta non li sor- passino, come nel 184 I, in cui le perdite per la rachitide furono 158, p quelle dell' eclampsia 184. Bench*1' predi an- — 791 — ch'essa eziandio qualche adulto, egli e sull'infanzia che mena strage in Verona sotto il nome volgare di rioma (N. 33). E un morbo cotanto distruggitore non si conosce bene in che consists, sia che per se medesimo torni impenetral)ile, o piu veraraente che i medici non l'abbiano per anco a suf- ficienza esaminalo; anche forse a motivo che per esso ven- gono di rado chiamati, affidandosi l'intera cura di quella priraissiraa eta, specialmente alle balie e alle mammane. Quantunque sembri piu giovarsi degli estremi del caldo, e massime del freddo, ne men esso ha tempo determinato nell'anno in cui maggiormente infierire. INel 1 84 1 troviamo aver piu infierito in luglio con 24 vittime, e in gennajo con 27, e il meno in aprile e maggio con 8 ciascuno ; ne 1 1 842 il piii in dicembre con 16 vittime e in gennajo con 23, e il meno in ottobre con sole 4 ; e nel i 845 il piu in aprile con vittime 25, e il meno in maggio e giugno con sole 5 per ognuno. Ma quali che sieno i mesi piii o men danneggiati, moltissime ogni anno sono le perdite per questa cagione; e tali da formare 6 centesimi del numero totale, e circa un settimo di quello deglinfanti. 57. Ma rispetto ai morbi ora detti, e da notare come le morti recate dalla rachilide erano un tempo assai scarse, 4 2 sole vedendosene ricordate nel 1808; piu numerose si fecero poscia, trovandosene 192 nel 1825; ed ora superano quasi ogni anno il 100; e il piu del nostro decennio fu ihb nel 1842. Quelle poi della rioma, che in un anno del nostro decennio giunsero a 1 84, le scorgiamo anche piii numerose in addietro, vedendosene ricordate fino a 697 nel 18H (N. 67). 58. Gli accidenti che troncan la vita in sul principio di essa, possono avere cinque centesimi, o in quel torno, del- lintera somma delle morti annuali; vale a dire, 5 il parto — 792 — immature) e I'aborto; e 2 tra il parto disastroso clie uccide in nascendo, e la difficile dentizione col malagevole allatta- mento. II maggior numero mensile di vittime che troviam rammentato pel parto nel nostro decennio si e quello del- 1' aprile del 1842 che n'ebbe 15; e 42 quel settembre. 39. Finora abbiamo toccato le malattie piu ordinarie che sempre regnauo facendo prede, e dipendendo, in gene- rale, o da cagioni estrinseche di atmosfera, o da intrinseche peculiari agl' individui. Rimane adesso a far cenno delle specifiche dipendenti da principio lor proprio, che sola- mente si manifestano sotto I' influenza di esso. E qui non faremo pun to parola della sifilide, la quale ognor douii- nando per essere divenuta nostrale, va solamente facendo qualche preda che fu computata dianzi (N. 51), e ne men delle scrofole, che essendosi rendute pur terrazzane, fu- rono calcolate di sopra, parte distintamente (N. 55), e parte in un colle ostruzioni e la tabe ch' esse non di rado cagio- nano (N. 27) ; ne della scabbia, per cui non troviam regi- strato che morte alcuna avvenisse. (Conlinua.) MiflO ACCAD. 1855-56 DISPENSE NONA E1)E(:IMA ADIMSZ1 DEL GIORSO 20 LRiLIO 1856 11 m. e. cav. prof. Zantedeschi comnnica la sua de- scrizione di uno spettrometro ed esperimenti eseguiti con esso. Quello struraeato e formato di due lenti convesso-convesse della dislanza focale di lm.80. equi- distant] dal prisma, che ha 1'angolo rifrangente di 501, per centimetri 5 all'incirca. Levato il prisma e de- viata una lente, si eolloca laltra a tale dislanza dalla fenditura del portaluce da trovarsi eollocata al fuoco della lenle, che, come sidisse, e di lm,8U. Guardando attraverso la lente vedesi netta e precisa la fenditura, e su di questa una candela accesa che vi sia disposta. Collocata sul medesimo asse della prima anche la se- conda lente, o l'oculare, le imagini appariscono sulla medesima linea retta. Fermato allora ii prisma sul sostegno mediante vite di pressione, i raggi luminosi della fenditura che cadono divergenti sull' obbiettivo escono parallel! , come paralleli entrano ed escono Serie HI. T. I. 103 — 71)4 — dalle faccie del prisma, e percio entrando parallel! nell' oculare devono convergere alia distanza focale di I '",80. Le linec longitudinali apparvero distinte alia distanza dell' oculare di 0",G45 e le linee trasversali o di Fraunhofer alia distanza di 0™j435 projeltate so- pra un piano. Dalla sede deSSa genesi dei due sistemi delle linee dello spettro deduce 1' autore aver errato tutfci i fisici chc le attribuirono o al prisma, o alia fen- ditura, o alio specchio del portaluce, il quale nel caso suo trovasi al di la della fenditura di U '".40. Egli os- serva le linee dello spettro non poter essere costanti in numero ne fisse in posizione, e afterma che questa proposizione annunziata nelle sue ricerche sulla luce e corredata di osservazioni dirette venne poi emessa come nuova recentemente dai giornali d7 Inghilterra e di Francia. Poi chiedc se oltre le variazioni diurne ve ne siano di mensili, annue e secolari. e fa voti che a cio si spingano le investigazioni dei fisici e delle accademie. Hicorda il fatlo avvertito dal Crookes che mezz'ora dopo il mezzogiorno si affievolisce la virtu fologenica dello spettro. il decremento agginnto rapi- damente il massimo grado alle 2 pom., torna a mani- festarsi con ritmo inverso, e di questo c degli altri fatti suesposti indaga le probabili cagioni e addita i mezzi per poterlc confermare. II m. e. prof. Minich presenla il seguente estratto d'una Memoria, sopra un nuovo metodo dintegrazio- ne delle equazioni differenziali di primo online a pit) di due variabilis che hanno per integrate completo una sola equazione }>riinifiva. — 795 — Debbo presenlare a questo onorevole IsuTulo scienti- lico una memoria di pura analisi, e quantunque mi giovi aslenermi da una particolareggiata relazionedelle questioni analitiche contenule nel mio lavoro, e pur d'uopo ch'io porga almeno un breve sunto, e quasi un sommario degli oggetli die vi sono trattati. Allorche un'equazione differenziale del I." ordine a piu di due variabili sia inlegrabilc, vale a dire, abbia un inle- grale completo espresso da una sola equazione iinita, il me- lodo elic si suole adoprare per eonseguirne la primiti- va riesce in generale lungo ed inlralcialo. [roperocche, supposlo n il numero delle variabili (x, x , x% . . . x _ ), e ritenuta la prima di esse come dipendente dall'altre, con- siste nell' integrare T equazione data rapporto ad una indi- pendenle xt , differenziare tolalmente queslo inlegrale par- ziale, che ha per costanle arbitraria c, una funzione arbi- traria deH'altre n — 2 indipendenti {x% , . . . xn__l ), parago- nare il risultato coll' equazione proposta, e quindi eliminare la x , merce I'ollenuto integrate, nel qual modo si trova si- mullaneamente eliminala la x/ , e si giunge ad una equa- zione differenziale del l.° ordine Ira le n — I variabili c/ , xx , . . . x/l_l. In simil guisa sarebbe d' uopo trattare questa equazione per giungere ad una equazione di l.° or- dine ad n — 2 variabili (ca , x3 . . . xn_l ), e cosi di seguito, finch e si pervenga ad una equazione differenziale fra due sole variabili, il cui integrate esibisce la primitiva richiesta. Questo melodo non viene esposto ed usato se non pel caso di tre sole variabili anco ne' piu estesi Trattati di cal- colo inlegrale. Si tralascia altresi nell' appli carlo 1'avver- tenza, che colla eliminazione successiva d' una variabile di- pendente dovendo insieme sparire laltra da cui dipende, si puo a quest' ultima attribuire un valore particolare che — 79(i — rend a pin semplici le due equazioni fra cui si eseguisce leli- minazione, come ebbi gia ad osservare in aleune note corau- nicate alfAccademia di Padova nel 1841. Ora il nuovo metodo eh'io propongo ha il vantaggio di non richiedere veruna differenziazione ne eliminazione pre- ventiva, e fa dipendere immedialamente fintegrazione della dataequazione da quelladin — I equazioni a due sole varia- l)ili costituile dal tennine o gruppo affctlo dalla differen- ziale della variabile dipendente x separatamenle sommalo eon ciascuno degli altri termini o gruppi affetti dagli de- menti dell'altre n — I variabili. Integrata col metodo del mol- tiplieatore la prima equazione ausiliaria fra a*, xt , esottratta da questo integrate 1' equazione ehe ne risulta ponendo in luogo di x, un valore particolare, clie giovera ordinaria- mente assumere eguale a zero., e quindi altnbuendo ad x il valore corrispondente vt , sparisce la costante arbitraria che polrebb'essere funzione dell'altre variabili (a?a,. . . #„_,), e si ha un'equazione finita fra x, vt e le rimanenti n — 2 va- riabili. In analoga guisa integrando la seconda equazione ausiliaria a due variabili, delto v.± il valore di x corrispon- dente al valore dianzi attribuito ad xt , e ad un valore par- ticolare di ,r2 , si ha una seconda equazione finita fravy,va ele rimanenti n — I variabili (x3 . . . ^„_,), e cosi di seguito; di maniera che coif integrazione dell' ultima equazione ausi- liaria si giunge infine ad una equazione finita fra il valore vn_„ di x corrispondente a' parlicolari valori atlribuiti ad x , xz . . . xn_A , e l'ultima variabile indipendente xn_y con una costante arbitraria. Fra le n - \ equazioni Unite cosi dedotle eliminando v / , v.x . . . vn_x , si avra f equazione esprimente la primitiva, ossia I' integrate completo della data equazione differenziale di l.° ordine ad n variabili. Fincbr si Irovano soddisfalie le condizioni per cui si — 797 — rilcva che x e esprimibile in funzione delle varie indipen- denti as, , *2 , ec, merce una sola equazione finita, si puo col metodo ora proposto ridurre I' inlegrazionc della data equazione a dipendere da quella dell' equazione pin sempliee che se ne ottiene coll' attribuire particolari valori a quelle variabili indipendenti, a cui si riferiscono le awe- rate condizioni d'inlegrabilila, lo che non era conccsso dal metodo linora usilato. La dimostrazione del nuovo metodo e quasi intuitiva, e vale a provare ch'esso polrebbe applicarsi all'integrazione delle equazioni differenziali superiori ul I .n ordine fra piu di due variabili. Non si ristringe all'esposizionc di questo metodo la presente memoria, ma contiene altre teorie, di cui mi limito a soggiungere un rapido cenno. Nella prima delle due sezioni, in cui essa e divisa, viene premessa la di- mostrazione del metodo odierno d'integrazione delle fun- zioni di \° ordine a piu variabili, e si deducono le condi- zioni necessarie e suflicienli di loro integrahilila ridotte alia piu sempliee forma. Indi si dimostrano alcuni teoremi intorno agl'intcgrali delle funzioni omogenee. Esposto dipoi nella seconda sezione il nuovo metodo gia riferito d'inte- grazione delle equazioni differenziali di I .° ordine a piu va- riabili che ammettono una primitiva completa, si ottengono le condizioni d'inlegrabilila della proposta equazione sotto una forma piu sempliee dell' ordin aria. Poscia aggiunle al- cune osservazioni su'easi di maggior facilita, ed intorno al fattore che rende differenziale esatla la data equazione, si estende alle equazioni omogenee a pin variabili, quando sieno integrahili, la regola Euleriana, per cui si assegna il molliplicalorc delle formule omogenee di i.° ordine a due variabili. Inline si dimostra un leorema di N. Fuss (Nova Acta Accademiae Petropolitanae, T. VII), pel quale e facili- — 798 — lala I' integrazione delle equazioni omogenee ridolte ehe sieno differeoziali esatte. Polro in altro scrilto trattare dell'applicazione del me- todo qui proposto all' integrazione delle equazioni supe- riori al l.° ordioe fra piu variabili. Frattanto il presenle argomenlo m'indurra a presenlare in una prossima tor- nata qualcbe parte d' un diffuso lavoro sulle condizioni d' integrabilita delle formule e delle equazioni differenziali ed alio differenze finite, ch'io tenni finora inedito, perche, raalgrado la non lieve sua mole, ed aleuni artieoli ehe gia ne Irassi, mi parve tultora iucompleto, e lontano dal cor- rispondere alia estensione del soggetto. Premcsse le pratiche fissale dull' art. 8." del reg. int., il prof. R. iVlolin e ammesso a leggere una sua risposta alia nota del m. e. dott. ISardo comunicata a questo i. r. Istituto nella precedente adunanza. Ci- tando le parole delnostro coilega, egli dice contenersi in quelle le seguenti proposizioni : « Dovere il Molin » completare la parte storica del propiio lavoro con- » fronlando i risultamenti da lui ottenuti e da altri » investigatori con quelli dell Olivieri, ehe sono con- » formi alia verita. — Questi risultamenti delT Oli- » vieri, il quale non conosceva le osservazioni del » Weber, coincidcre colic osservazioni del prof. Brii- » eke e confermare le conclusioni delio stcsso AVeber, » correggcrne anzi aleuni errori ed alcune inesattez- » ze. — II Molin confermare le osservazioni e con- » clusioni del Briicke. » — 11 prof. INSolin combatte quesle proposizioni, e tiene per fermo aver dimostrato ehe quanto di vero e ne' lavori dellOlivieri fu preso — 79!) — dal Meckel, e gli errori del Weber essere stati dai- 1 "Olivieri confermati, per lo che egli prefer! di non citare ic sue Meraorie, lette a quest' Istitulo e pub- biicate negli Atti di esso, e soltanto il fece presente- mente eccitato dallanola (1) del dolt. iXardo, senza la quale, passaudole sotto silenzio. non sarebbe slato in obbligo di sottoporle a censura. Si riportano aicuni brani colle parole stesse del prof. Molin. » II cuore dei rettili e diviso in cinque cavila comuni- eanti fra loro. Quesle sono l'atrio sinistro in cui sbocca il sanguc arterioso ; l'atrio destro in cui sbocca il sangue ve- noso; c il ventricolo diviso da due sepimenti imperfetti in tre cavita. Una corrispondente all'atrio sinistro e il ventri- colo sinistro; e mediante un sepimento imperfetto e divisa dalle altre due corrispondenti alTatrio destro e formanti il ventricolo destro, che da un secondo sepimento imperfetto e diviso nelle due loggie da me denominate loggia aortica o superiore I'una, loggia polmonale o inferiore I'altra. Dal ventricolo sinistro nontraeorigine nessun vaso ne arterioso ne venoso, ma dal ventricolo destro traggono origine le due aorle e larteria polmonale. » Ora riandando la storia della scienza troviamo che tut- li i zootomi anteriori a Meckel, e Meckel stesso, da quanto risulla clalla sua opera d'anatomia comparata compiulanel 1821, conoscevano i due alrii pcrfettamente separali I'uno dall" allro da un perfetto sepimento, che non conosce- vano pero i due sepimenti, i quali si trovano nel ventricolo, (1) V. 1 1 precedente dispensa p. 755. — 800 — ma sulo quello che separa la loggia aorlica dalla polmonale e che percid considcravano quest' organo divisoimperfetta- mente in due sole cavita, vale a dire, nel ventricolo sinistro e nel destro. Ma sotto la prima denominazione comprendeva- no non solo il vero ventricolo sinistro, ma ben anco la log- gia aortica del ventricolo destro, e sotto il ventricolo destro non comprendevano che la loggia polmonale. Sostenevano oltre a cio che le due aorle traessero la loro origine sopra, e I'arteria polmonale sotto il delto sepiraento. Weber di- moslro per primo la presenza d' un secondo sepimento uel ventricolo de' retlili e per conseguenza la suddivisione in Ire cavita e segno allri confini al ventricolo destro c al si- nistro, quantunque questi confini sieno inesatti e il nuovo sepimento falsamente descrilto. Cio nel 1852. Nel -18-io comparverolememoriedeiroiivieri, ma in queste nemmeno un cenno del sepimento di Weber nonche delle tre cavita ventricolari ; che anzi egli parla di due sole cavita. » Gli e ben vero che alia pag. 1 1 della prima memoria dell'Olivieri, nella quale tratta delle tarlarughe, si trovano le seguenli parole: « Giunti in prossimila alia base, incontrasi » una cavita concamerala in tre,per cui il Mery non a torlo, » al dire di Cams, considero nel cuore delle tartarughe oltre » il ventricolo destro e sinistro una terza loggia per 1'arte- ii ria polmonale e 1' aorta, e cio dipendentemente da tralci )) muscolari che in ogni direzione dividono quel cavo ». ii Ouesle parole pero, delle quali confesso di non compren- dere che cosasignilichino, perche nemmeno nelletai'tarughe nessuno ha liovato questa loggia comuueper I'arteria pol- monale e laorta, vengono contraddette dallo stesso Olivieri quattro linee piu sotto colle parole seguenli: « Fra liutrec- » ciatura cosi serrata, da smarirne non ch'altro la via, in- ii contrasi, circa ad un terzo del diametro trasverso del — 801 — « cuofe clio riguarda a destra, una specie di tramezzo mu » scolare. Esso e formalo di fibre mollo compatte e verti- » caii, continua in tutta la sua eslensione, ed accenna ad » una divisione in cavita destra e sinistra eomunieanli fra » loro nel tratto superiore e posteriore. Cio non dipende » da smagliamento della continuity, ma dalla mancante ade- » renza del tramezzo col piano dorsale del ventricolo. fe i) questo lapparalo mu scolare, die nei trattati d'anatomia » comparata passa sotto il nome di setto incorapleto inter- » ventricolare dei rettili. — II nome, come accade sovenle, « preoccupo lindagine e ne tradi il risultamento. Col titolo » di setto incomplelo pareva di avere esaurito tutto cio » che lo risguardava; si trov6 una via di comunicazione )) fra le due cavita e se ne dedusse quindi la mescolanza » del sangue arterioso e venoso, e fu canone sancito nella » scienza che in questi animali sia come fusa la circola- »> zione polmonale e l'aortica. Mai surse il.dubbio, giusti- » ficato dalle anatomiche condizioni, che ben altro uflizio » che di sepimento incompleto adempia quel piano mu- » scolare. La descrizione che sono per fare appoggera, io » spero, un mio sospetto sulla sua vera importanza fisio- » logica. » » Qui ne da la descrizione. A maggior prova che 1' Oli- vier! non conosceva che due sole cavita ventricolari, quelle stesse degli antichi notomisti ed anleriori a Weber^ ed un solo sepimento intervenlricolare citero tutt' i passi delle sue memorie che vi si riferiscono. i) Allapag. 15 «l'artcria polmonale^ ilpiu grosso di que- » sti tubi, trovasi sul dinanzi degli aortici, un po' a sinistra » rispcllivamentc a quelli, ed e fornito di aiupia apertura » circonvallata per i due terzi dal tramezzo muscolare. » Trovasi diretta un po' obhliquamente per il tratto che sta Serie HI. T. I lOi __ 802 — " rinchiuso entro il pericardio in modo che introducendo " nel suo lume una cannula, cssa percorre l'asse della ca- » vita destra ventricolare per un angolo acnto col piano » tangente I'apiee del cuore. » » Cio diraoslra che Olivieri considera la sola loggia pol- inonale come ventricolo destro. » Alia pag. 17: « Gli oriliziaortici si trovano in un piano » posteriore alia polmonale e da quella divisi per la valvola » muscolosa. Riguardano essi il cavo ventricolare sinistro » bensi, ma il lume e perpendicolare in modo cheintrodu- " cendo il cannello, come si fece dell'altra, non percorre » l'asse di questo, ma ne rasenta soltanto un'eslremita. » E qui dimoslra che per lui il ventricolo sinistro com- prendeva anche la loggia aortica. » Alia pag. 2G: « II sepimcnto imperfetfonon trovasi lungo » I' asse del viscere in corrispondenza della tramezza dei » seni, la quale non e distante di un pollice. Non e prodotto » da fibre trasverse proprie che queste veggonsi tutte con- » tinue fasciare il cuore da destra a sinistra senza riflet- » tersi nell interno. S'interpone bensi fra le cavita, ma il » piano che tagliasse lungo la sua direzione il cuore ci da- » rebbe gli osculi auricolo-ventrieolari e gli aortici aperti » nel ventricolo sinistro, il solo orilicio della polmonale 11 nel destro. » i> Da questo brano si vede meglio che da ogni allro che I Olivieri non conosceva nemmeno una liljra di piii di quello che avessero conosciuto i zootomi anterioria Weber circa 1 anatomia del cuore dei reltili. Fin qui parla T Olivieri delle tartarughe. Parlando poi nella seconda memoria di altri reltili especialmente degli ofidiani, dice a pag. 59 « ilnu- » mero degli oriticii arteriosi e triplice in tultigli ordini^e n ricorre coslanle la disposizione ed il rapporto del pol- — 803 — • mone coH'aortico, e il distacco della valvola muscolare • dalla linea del loro cpntatto. La fessura interventricolare » nou e tanlo ampia quanto vien eredulo, poiche essendo ■ immutata I'origine del setlo in tutte Ire le faimglie, il rap- • PortQ del suo lembo libero colla parete del ventrieolo « e costante nella distanza, e la rima proporzionale al vo- » lume del viscere ». » Fin qui si vede ehe le cognizioni del lii assislenle d'ana- tomia in Padova nun si estendevano piu in la di quelle di Meckel; anzi restavano indielro a quelle di Weber, e a con- fermarci maggionuente di eio soggiugne: « Negli oficliani, per la circostanza che la porzione ven- » tricolare del cuore e obbliqua dall'alto in basso, da sini » slra a destra , ne risulla ehe la valvola muscolare e •> direlta un po' orizzontalmeute, e che la loggia polmo- » nale rimane senza uscita al fondo, e posta ad un livello » molto piu basso del ventrieolo sinislro per cui da un » canto ne e piu agevole la discesa del sangue venoso, ed • impedito il regresso. Nei sauriani ordinarii la disposi • zione e analoga ai cheloniani. Quella valvola ventricolare » descritta dai zoolomi, e che formerebbe una specie di » canale trasverso, che seeondo loro conduce il sangue dal » ventrieolo sinistro nel destro.e appuuto I'apparecchioin » discorso. » » Soggiunsequindialla pag. 40: «Iforami delleaurieole » sono ristretti ed aperti nella parte sinistra della base del » cuore. L'intreccio delle fibre nelle interne cavita egual- ». mente serralo, la cavita ventricolare destra meno ampia » seeondo si degrada dagli ordini superiori. ■ ■ Io non trovo parola delle memorie dell'Olivieri, da cui si potesseconchiudereoalmenosospettareche egli couosces- se il sepimento di Weber; io non veggo nelle tavole dell'Oli- — 804 — vieri disegnati altri sepimenti ed altre cavita meno quelle conosoiute dai piu antichi notomisti. » Nol 1851 continuava Briickcle invesligazioni su que- sto argomenlo, ma siccome egli s' occupava piu del pro- blema fisiologico che delle deserizioni anatomiehe, accen- nava soltanto all' esistenza del sepimento di Weber. » Nel I83G sono stato il primo che avesse descritto e disegnato quel sepimento quale si trova nel boa constrictor, io ho segnato il limite esatlo del ventricolo del destro e del sinistro, io ho dimostralo che nel boa constrictor le due aorte non traggono tutte e dueocigine dalla loggia aortica, ma che una sola trae origine in questosilo e l'aUra al con- fine fra la loggia aortica e la polmonale. » Ed ora, illustri accademici, non era meglio che io la- cessi piuttosto che parlare dell' Olivieri ? » Passiamo alia seconda parte della quistione, vale a dire, eonsidcriamola dal lato fisiologico. » Tutti izootomianteriori a Meckel leneva no per fermo che sangue arlerioso e venoso nei reltili arrivati dagli atrii nei venlricoli si mescolassero assieme e che sangue misto venisse portato in circolazione tanto nel corpo che nei pol- moni. Meckel pero gia prima del 1821 nelle venti linee che nel suo trattato d'anatomia precedono le quattro righe cita- te da Olivieri allapag.27 della sua seconda memoria diceva: » Le sang, apres avoir traverse les poumons, penetre « dans T oreillelte gauche, d' oil il arrive le venlricule du « memo nom, en passant par I' orifice veineux. Celte der- « niere cavite, en se conlractant le chasse par I' ouverture « inter-ventriculaire danx les deux aortes^ les orifices de « ces deux vaissaux etant places immediatement au devant « de celle ouverture. Quant au sang qui est renvoye par « tons les organes, il entre dans le venlricule droit, apres — 805 — <« avoir passe egalement par 1' oreilletle correspondante ; « tie la il est pousse en totalite ou en majeure parlie dans (i 1' artere poulmonairc, phenomenc qui resulte dc la dispo- « sition de la valvule musculeuse dont nous avons parle, « valvule qui obstruil l'ouverture interventriculaire durant « les lemps de la contraction de ces cavites, en nieme temps « qu' elle abaisse 1' oriiiee de 1' aorte du poumon. » » Da cio risulta che Meckel fu il primo il quale dimo- stro che nei cuori dei rettili non ha luogo nessuna o pres- soche nessuna miscela dei due saugui. » Weber nel 1852 in conseguenza della sua scoperta del secondo scpimento inlerventricolare e delle vivisezioni ci insegnava : « 1.° Che nell'atrio destro, nel ventricolo dcslro e nel- « l'arteria polmonaie non circola che sangue nero ovvero « sangue venoso. « 2.° Che nell' atrio sinistro, nel ventricolo sinistro e « nelle due aorte non scorre che sangue rosso ovvero os- « sidalo. « 5.° Che raccogliendo il sangue dalle varie cavita si « puo assicurarsi eke nelle camere del cuore non ha luogo « nessuna miscela delle due specie di sangue. « 4.° Che nemmeno nei vasi sanguiferi non ha luogo « questa miscela. » » Dopo cio alia pag. 55 della sua prima memoria TOli- vieri c' insegnava : « l.° Esservi grave sospetto ( cito le identiche parole ) « che entro la cavita del cuore della tcstuggine caretta e » delle chelonie congeneri, non succeda mescolanza di san- « gue arterioso e venoso. Se cio avvenisse avremo coudi- « zioni anatomiche da opporvisi di continuo e da renderla « spesso irrila. — 806 — « 2." Oho la mescolanza di sangue in quesli animali, se « dovesse effettuarsi nel cuoreper la fessuradella tramez- <« za, no risulterebbe una complicanza di eongegni seuza « uno scopo determinate « 5.° A soslenere il nessun mescolamento nel cuore « vengono in aiulo le condizioui lutle anatomiche dell'or- « gano, il raeccanismo delle sue valvule, la distinta e sepa- « rata origine dei suoi tubi arteriosi h 4.° Che la trarnezza uauscolare e . . . alio sQopo pre- « slabilito d' impedire il miscuglio dei due sangui. » h Dunque I' Olivieri nulla cJ insegnava di piu die non ci fosse slato tramandato da Meckel. » Ma I'Olivieri alia pag. 51 ci racconta unapiena prova dell' assunto argomento delta nessuna mescolanza del san- gue entro i ventricoli . . . . e concSiiude die non e a conce- dcrsi la miscela di alcune molecole neppure aW inoculaz to- ne dei nasi. Ma queste cose identiclie non ce le ba raccon- iali Weber 15 anni prima dell' Olivieri, non sono idenliei gli esperiinenti ed il niodo di esperimentare di Weber a quelli dell'Olivieri ?. ..Ed avendo io nel raio scrilto confu- late le conclusioni di Weber, non feci meglto lacere dell'Oli- vieri?. . .0 forse avrei dovulo pronunciare le parole : Oli- vieri ripele gli errori, lacque le veritd di Weber e quelli ci diede per buona moneta?... E cbe la leoria del Weber sia del lutlo erronea lo provanogb sperimenti di Briicke, i quali dimoslrarono die il venlricolo del cuore de' rettili conlraendosi in due tempi, caccia nel priino tempo sangue venoso tanto nolle due aorte cho nell'arteria polinonale, e nel sccondo sangue arterioso solo nello due aorte; in modo che nell'arteria polmonale si trova soltanto sangue venoso e nello aorte sangue misto. Esperimenti che Briicke, di cui io stesso lui lestimonio, verifico in animali idenliei a — 807 — quelli sludiati dall' Olivieri, ma com risultameoti lanlo disparati. » Io finalmente studiaodo i dati anatomiei del cuore del boa constrictor ho conchiuso (e qui ripeto die mi rendo risponsabile della mia teoria solum to per queslo animale) ehe effettuaodosi Io slesso meccanismo scoperto da Briicke in forza della distribuzione dei vasi saoguiferi , nel boa circola nel cuore e Dell' aorta sinistra sangue venoso e sol- tanto neir aorta destra sangue misto. » Ora concliiudero rispelto alle suesposte proposizioni del dottor Nardo. I .° Io non confermava le osservazioni e le eonclusioni del prof. Briicke; io dissi die quelle osservazioni e eonclu- sioni sodo esatte per le testuggini pel Tropidonotus Natrix epel Coluber Aesculapi; ma dissi die se in questi animali scorre nell'arteria polmonale sangue venoso e nelle due aorte sangue misto, nel boa constrictor, il quale non ven- ue esaminalo da Briicke, scorre sangue venoso neirarleria polmonale e nell' aorta sinistra, e sangue misto nella sola aorta destra. 2.° Le osservazioni dell' Olivieri non coincidono con quelle di Briicke. perche questi conosceva il sepimento di Weber e sostiene la miscela del sangue nelle due aorte, mentre I' Olivieri non conosceva die il solo tramezzo delle loggie e sostiene la separazione assoluta del sangue tanto nel cuore die nei vasi. 5." Le osservazioni delf Olivieri nonconfermano cbe gli errori, ma non le verila di Weber, mentre l'unico fatto ve- ro scoperto da Weber, vale a dire il secondo sepimento in terventricolare, e assolutamenle sconosciuto all' Olivieri. Che T Olivieri non conoscesse i lavori di Weber mi permet- tera il dottor Nardo di dubitarne, e cio, in primo luogo, — 808 — perehc non so comprendere come si possano confutare le proposizioni di Weber, e cio fu assorito dal dottor Nardo, senza conoscerle ; ed in secondo luogo, perch e I'Olivieri si scaglia alia pag. 50 della sua prima Memoria contro coloro i (juali trassero argomenlo a paragonare le fisiologiche con- dizioni del rettili mentre vivono sott'acqua, a quelli del fe- to net mammiferi durante it soggiorno neW utero, e Weber solo portd in campo questa teoria, della quale dissi riden- do clie conviene piii a uno studente di fisiologia chc ad un maestro. 4.° 1 risultamenti ottenuti dall1 Olivieri non trovansi conformi alia verita ; chc anzi sono lisieamenle impossibili. E cio per le seguenti ragioni. Per T Olivieri era venlrico- lo destro la sola loggia polmonale, c ventricolo sinistro la loggia aortica unitamente al ventricolo sinistro. Ora la loggia polmonale si comporta verso le altre due cavita ventricolari prese insieme, vale a dire, il ventricolo destro dell' Olivieri al ventricolo sinistro nelle proporzioni di cir- ca 1:2, cioe il ventricolo sinistro dell' Olivieri e quasi il doppio pi li grande del ventricolo destro. !\Ia il ventricolo sinistro riceve il sangue dell'atrio sinistro, e il destro quello dell'atrio destro. Briicke dimostro clie l'atrio destro sta al sinistro nelle proporzioni di 19 a I I , vale a dire che il de- stro ha una capacila presso chc doppia del sinistro. Slando per fermo quanto asseri I'Olivieri, un recipiente uguale al- ia meta d' un altro dovrcbbe capirc una pressoche doppia quanlila del fluido clie puo essere contcnuta nel secondo. Cio pero tengo per fermo che in buona logica sia lisica- mente impossibile. 5.° To ho completalo la parte storica del mio lavoro nel senso desideralo dal dott. Nardo, e tengo per fermo aver di- mostrato che I' Olivieri nulla seppe insegnarci di buono — 809 — che non I avesse egli stesso appreso da Meckel e ehe con- form 6 gli errori di Weber e si dimentico dei falli veri ma- nifeslati da questo notomista. » Dopo questa lettura il in. e. dott. i\ardo disse al- cunc parole che riferi poi in iscritio prima che si scio- gliesse l'adunanza, e sono Ic seguenti: « Quanlo ha » esposto il sig. prof. Molin in relazione all' invito che » io lui faceva nella mia nota, cioe di aver la compia- » cenza di complctarc anche la parte storica del pro- is prio lavoro prendendo ad esame quello che se n'o » scritlo fra noi dal dott. Olivieri snllo stesso argo- » mento, cioe sul cuore dei rettili e sul meccanismo » della loro circolazione, mostra 1' accuratezza colla » quale ei vi rispose. Le di lui conclusioni togliereb- » hero ogni piu piccolo merito di novita3 c di esattezza » neH'osservare, al fu assistente di anatomia, locche » non corrisponderehbe certamente al sentimento mio, » ne di quei distinti soggetti che apprezzano tuttavia » le memorie dall' Olivieri pubblicale. Se pero i fatti » in tutlo rispondessero a quanto asseri il prof. Molin » dietro l'analisi di confronto da esso praticata fra i » lavori del Mekel; del Weber, dell' Olivieri e del » Briike nulla sarebbe piu a dirsi, locche potra rile- » varsi soltanto dopo la pubblicazione del lavoro » analitico quest' oggi a noi fallo conoscere. Le con- » clusioni dd quale non dovea taccre il sig. prof. Serie III. T. I. in;; — 810 — » per speciali riguardi, come fece nella sua memoria » sul boa constrictor, poiche la verita non puo mai » sotto alcun pretesto in guisa alcuna celarsi, special- » mente in argomenti scientific^ c quando il tacerlo » puo pregiudicare alia storia dclla scienza », 1DMUM DEL GIOIKO 21 LIIGLIO 1856 S i leggono le seguenti RICERCHE SDLLE LEGGI DELL.4 G.4PILL.IRITA M E M 0 R I A DEL M. E. CAV. PROF. FRANC. ZANTEDESCHI. Newton nella questione XXXI dell' Ottica ha notatn un gran numero di fenomeni fisico-chimiei, die sembrano es- sere operati da forze attrallive, la legge del decrescimento delle quali e cosi rapida, ch'esse non producono effetli sen- sibili, cbe a picciolissime distanze dagli elementi materiali, dai quali esse emanano. Si attribuisce speculativamente a delle azioni di questo genere V innalzamento dell'acqua al di sopra del suo livello nei lubi di vetro di un piccolo dia- nietro, la sua ascensione fra I a mine di vetro assai vicine, e niolli allri effetti analoghi, che si producono per 1' inlillra- zione attraverso le polveri dei corpi inerti, o attraverso gli organi degli animali ; effetli che avendo per caraltere co- mune di manifestarsi specialmente in ispazii assai ristretti, si distinguono sotto il nome generico di fenomeni capilla- ri. Cosi incominciano la sloria dei fenomeni capillar! nel — 842 — 1852 i signori Cauchy, Binet, Lames Lionville, e Biot (Com- ptes rendus, T. XXXV, pag. 917, an. 1852, seance du 20 decembre J. Frattanto io redigero la storia: e I'istoria mostrera quali fisiei furono osservatori della Datura i piu esatti e fedeli. to non ripelero col Libri Y origine dello studio dei fe- noraeni capillar! da Leonardo da Vinci; perche, per confes- sione dello stesso Libri, quesla scoperta giace tuttavia se- polta nei manoscritti di queslo soramo (Histoire des scien- ces mathematiques en Italic, T. Ill, pag. 54 ). Io riferisco in quclla vece la notizia positiva agli Accademici del Ci- menlo. L'Aggiunti nel 1054 li studio con molte e variate esperienze (Notizie storiette relative aWAccademia del Ci- menlo di Vincenzo Antinori aggiunte ai Saggi di naturali esperienze. Firenze 1841 ). Appresso il marchese di Arena in Napoli ebbe a ripetere questi fenomeni ed a variarli. Ve- nuta questa notizia ollre Alpi, Boyle inglese se ne impos- sesso, e 1' ebbe a pubblieare come suo ritrovalo ne' suoi Esperimenli Fisico-meccanici. Egli non fece menzione dei prinii osservatori. II Grimaldi n' ebbe a trattare nella sua opera De Lumine ; il padre Fabri ne' suoi Dialoghi slam- pati a Lionc; Fabrizio Guastaferri nelle sue lettere de1 Trat- tenimenti Virtuosi; e Geminiano Montanari ne'suoi Pensieri Fisico-matematici, edizione di Bologna del 1667. II Montanari tuttavia e slato quegli die piu sottil- mente disamino questi fenomeni, c piu addentro penetro nella cagione: seguiamolo diligentemente nella sua parte sperimentale, seguiamolo scrupolosamente nella sua parte teorica. — 813 — Serie delle espenenze lath1 . Se*dopo aver lasciato uscir quella chc da si' nc viene, il cannellino si rimette perpendicojare sopra 1' acqua, al toccare la di lei superficie ne scende dell' a lira sine ad un (lelcnninalo luogo, ove rimane poi sompre, c alio slesso se- gno rilorna tutLc le voile, che con lo stesso cannellino si rifa P esperienza. 10. Dopo avere adoperalo un cannellino assai lungo e nolata P allezza, ove si riduco P acqua per la nona espe- rienza, rompendo parte del cannellino medesimo lino a ridurlo poco pill lungo di quanto si alzava P acqua la pri- ma volla, ella sempre vi sale alia raedesima allezza. I I. Se un cannellino sara sostcnulo in aria ohliquamen- te, potra sostener dentro maggior quantila di acqua die a perpendicolo. 12. So lenendolo a perpendicolo in aria sino clic ne csca una gocciola, chc pero resti ancora atlaccata all' estremila del cannellino, prima ch' ella se ne slacchi, si pieghera obliquamente il cannello, ella rilornera dentro in gran parte. 13. Preso un vaso come il presenle (Fig. I.) die ab- bia il cannellino a canto assai sotlile, poslavi P acqua non si livella altrimenti del pari, ma resta piu alia nel cannelli- no che nel vaso ; e cio sempre con maggior differenza quanto e piu sottile. 14. Se la canna maggiore del vaso sara lunga duo, Ire braccia, o quanto si vuole, ponendoci in fondo un poco di acqua, v. g. all'altezza di un dito, o due, si che il rimanen- te resti vuolo, si solleva nel cannellino sottile sopra il li- vello del vaso con altrettanla differenza quanto ne fa poi lagliando via lulta la canna lunga. 15. Tenuto un cannellino vuoto in aria sospeso a per- pendicolo, e sparsavi acqua sopra per Banco (Fig. II) in — 815 — inuilo die nel cadere passi dall' orificio inferiore del can- nellioo, I' acqua enlra nel caunollino all' insu sponlanea- mento. I<>. Si e preso un cannellino sottile, e Irovato un lilo cli oltone di traflla die precisamente empiva 1' interno cavo tli esso; poi si e trovato un cannellino piu grosso, nel foro del quale entravano precisamente due dei suddetti fib del pari, onde il diametro di questo si giudico doppio del pri- mo, e provati ambidue con diligenza, l'acqua saliva nel piu sottile precisamente il doppio in altezza di quello die faces- se nell' altro piu grosso. 17. Fatto un cannellino inearvato in modo di sifonci- no posto con un capo nell' acqua di uu vaso (Fig. HI) e con 1' altro fuori del vaso, ma in modo die T incurvatura non sia piu alta sopra la superficie dell' acqua, di quanlo ella ordinariamente possa per quel cannellino salire, essa vi sale, e discende dall' altro capo da se, e se I' altro capo sara piu basso del livcllo del vaso ne uscira 1' acqua con- linuamenle, o in gocciole come fa nei sifoni ordinarii. 18. Nell' uscir I1 acqua da' cannelli sottili, prima di ca- dere la gocciola, ella sale cslernamente per lo cannellino, formandosi quivi a modo di perla traforala dallo slesso cannellino, c ivi crescendo, quando giuoge a peso da non potersi sostencre, cade e di nuovo se ne forma un' altra, come nella Fig. III. 19. Prese due lastre di vetro piane, legate insieme con un foglio di carta framezzato, e adattale in modo, cbe le- vandonc il foglio deslramcnle restino senza accostarsi di piu, applicato poi il fesso perpendicolarmenle all' acqua, essa vi s' innalza come ne' cannellini, e il simile fa per qual si voglia fessura di corpi solidi, purche piccola ella sia. 20. Nello stesso modo sale csteriormente fra due cannd- — 81 (i — lini adattali a poca distanza fra loro, auzi legati insieme molti caonellini asciuttl, oppure prcso uno di que' pennelli di vetro, die fan no in Venezia per ornamento di donne, di fdi sottilissimi, si come pennelli di setole, ed altri, toccando I' acqua con Y estremita inferiore, cssa vi sale fra 1' uno e I'altro cannello, o pelo, a molta allezza. 21. Si sono provati molti legni, de' quali, ponendone un pezzo lagliato, come si dice, per testa su un piano hagnalo di acqua, si veggono comparire d'improvviso nella parte su- periore gocciole d' acqua in diversi luoghi, salita per li pori del legno, come fu ne' cannellini, ed in breve s'inumidiscc lutlo il legno dcnti'O c fuori. 22. Tultc lesuddette esperienzesuccedono anchecon altri liquidi, come acque slillate, vino, aceto, acquavite,olii diver- si, e li piii leggeri salgono piu ulto, e I' olio di sasso piu di lutli. 25. II mercurio la 1' opposto dcgli altri, perclie profon- dandovi il cannellino, egli resta piii basso di livello interio- re, chc dclT esteriore, e nel vaso (Fig. I) rimane piu basso ncl cannellino soltilc che nel vaso talora piu di un dito, e spingendolo per forza in alto, ad ogni modo ritorna a bas- so come prima. 2 \. Nondimeno facendo cannellini d oro, d' argento, o di stagno sottili, e facendoli stare un poco immersi in esso mercurio, accio egli si sia attaccalo alia loro superlicie al- quanto, poscia adoprandoli, lo succhiano, come fanno l'ac- qua que'di vetro, e facendo al vaso ( Fig. I ) il cannellino d' oro, il mercurio vi sta piu alto di livello che nel vaso. 25. Ne' vasi maggiori I' acqua ascende alquanto presso le sponde, lasciando la sua superlicie concava, purche non siano untuosi, e non sia pieno il vaso, che in lal caso re- slera convessa come fa il mercurio. — 817 — 26. Che se c pieno, la superficie verso -li orli e con- vessa. 27. II tondeggiamento eolmo, o eoneavo dell'acqua pres- so le spoode, ne' vasi ebe non passino un' oncia in circa, di piedc bolognese di diametro, giunge lino al mezzo della su- perficie, non lasciandone parte alcuna piana, ma in vasi di maggior larghezza, ne lascia porzione piana. 28. L' alzameiilo dell' acqua alle sponde., ne' vasi larglii suol essere circa uu quarto di un dilo sopra il livello di mezzo, e lo stesso il eolmeggiare ne1 vasi pieni. 29. Ponendo ne' vasi pieni alcun pezzelto piccolo di le gno, o altra cosa galleggiante, e lasciandola arrivarc dove I' acqua comincia a sollevarsi verso le sponde, salgono da se in alto verso la sponda, come se fossero atlralti da virtu magnetica. 50. Se si pongono i medesimi corpicciuoli sulla superfi- cie dell' acqua di un vaso colmo, ancorche s' applicassero alia parte bassa del liquido vicina all' orlo, montano in al- to, ne di la discendono. 51. Se si pone in delli vasi bambagia, laua, o altro cor- po, che non cosi facilmente s' inumidisea, fan no contrario effello, scendendo in mezzo ne'vasi non pieni, e cadendo dal colmo verso 1'orlo ne'vasi colmeggianti ed unluosi. 52. A' corpi i'acili da inumidirsi I' acqua ascende dinlor- no, nel modo cite fa alle sponde del vaso, ed il simile fa il mercurio all' oro, argento, o stagno, e ne' vasi di tali ma- terie sta eoneavo. 55. Posti in acqua piana piu corpicciuoli galleggianti in certa distanza fra loro, corrono un conlro I'altro ad acco- starsi come se avessero virtu magnetica. 54. Accostando un fuscello alle suddetle cose alto a ba- gnarsi, esse vi corrono, e lo seguono ovunque si muove. Serie 1H. T. I. 106 — 8d8 — 55. Se cletti corpicciuoli non saranno facili ad inumidirsi esteriormente, in vece di accostarsi, si scostano d' insieme, e fuggono il contatto di un fuscello clie Ioro si accosli. 56. Lo stesso segue di cose, che se bene facilmente si ba- gnano, siano contorte all' ingiii in modo, che I' acqua fac- cia presso Ioro come una fossetta, che pero s' e provato con foglie di lauro, o d' arancio tagliate in diverse figure, che alcune correvano al fuscello, altre lo sfuggivano, altre da un capo lo sfuggivano, e dalf allro no, fuggendolo sem- pre ove 1' acqua faceva fossetla, e seguendolo, ove 1' acqua presso Ioro s'alzava (Montanari, Pensieri Fisico-malemati- ci, etc., pag. 7-15 ; Bologna 1667, per li Manolessi ). Io non posso a verbo trascrivere la teoria, che degli osservali fenomeni diede il Montanari; perch' essa e fram- mista a molte opinioni, che ci dilungherebbcro di troppo nel riferirle. Diro solo che il Montanari diligentemenle no- to, che i liquidi che bagnano i solidi s' innalzano al di so- pra dell' esterno livello, e terminano in superficie concava, presenlando all' ingiro delle pareti del cannellino come una specie di cuneo o di prisma col tagliente rivolto all'insu; e che fu incerto nell' assegnare la curva della superficie concava, parendoli piuttosto assomigliarsi a curva parabo- lica, che a segmento di sfera. Vide in questo fenomeno del- 1' innalzamento de' liquidi I' esercizio di due forze ch'erano state ancora indicate dal Grimaldi, la viscosita cioe delle parlicelle del liquido, che noi diciamo coesione; e l'aderen- za del liquido alio pareti del solido. II liquido non puo spin- gersi all'insu senza lirar seco gli strati soltoposti del me- desimo, e la esso deve fermarsi nella salita, dove 1' eccesso della colonna sopra 1' esterno livello faccia cquilibrio alia diminuzione di peso dovuta alia virtu adesiva. E di questo vero si convinse dall' esperienza che gli ebbe a raostrare — 819 — che la colonna di liquido nel cannellino rimane perfetta- mente coslante, ancorch'esso coli' apertura inferiore pin non tocchi la superficie del liquido sottoposto. Nel fenomcno impertanto dell'ascensione de' liquidi ehe bagnano i solidi riconobbe il Montanari non una eccezione, ma una eonferma della legge idrostatica dei liquidi in tubi comunicanti stabilita dal padre Gastelli. Quale poi sia la forza che spinge all' insu il liquido nel tubo capillare, non venne determinato dal Montanari, di essa si trova tracciao menzione nella dissertazione del Gulielmini De Salibus, cbe riconobbe una forza inlrinseca ne'liquidi, per la quale essi si espandono, o s' inseriscono nei meati o nei pori dei eor- pi. Essa fu detta nisus. E questa e la forza sulla quale in modo specialissimo insistette il Fusinieri nella Teorica che diede dei fenomeni capillari. Ugualmente fu il Montanari incerto ed imbarazzato nel rendere ragione della depres- sione del raercurio ne'tubi capillari. Lascio incerla la for- ma della curva che prende il menisco convesso,, lascio pure incerta 1' indole o la nalura di quella forza per la quale il mercurio e spinto al basso. Io non riferiro le idee ch'ebbe intorno all' influenza ch' esercita I' aria atraosferica nella produzioue di questi fenomeni ; esse si risentono dellc dot- trine del vuoto, ancora almeno in parte dominanti a quei di, dclle quali non pote intieramente spogliarsi il Monta- nari. La teorica impertanto dei fenomeni capillari rimase imperfetta, ancorche avesse per esperienza riconosciuto che I' innalzamento o la depressione de' liquidi era in ra- gione reciproca dei diametri dei cannelli, purche fossero ben mondi c tersi, cd ancora bagnati i tubi del liquido, co- me nel caso del vetro c dell' acqua. L' esperimento dclle due lamine parallele eseguito dal Montanari, come abbiamo riferito al N. 19, aperse la via — 820 — ad Hauksbec a modificarlo nel seguente modo: egli inclino le due lastre di vetro in guisa die avessero a formare un angolo fra di loro, e vide che fra quesle famine il liquido s'innalzava, o si deprimeva, assumendo la forma di una curva iperbolica col concavo rivolto all' insu nel caso del- I' aequa che bagna il vetro, e col convesso per converso ri- volto all' insu, nel caso clie il liquido non bagna il solido, come e del mereurio e del vetro. In sul principio di questo secolo si e occupato speri- menlalmenle il celebre Gay-Lussac dei fenomeni capillari. Le sue ricerche pero non furono di troppo eslese, e si li- mitarono ai diametri di 2 a 10 millimetri, come viene as- serito anche in tutti i trattati di fisica, che si pubblicano in Francia. Ecco le leggi che si attribuiscono per universa- le consentimento al (isicn francese: I. Vi ha iunalzamento quando il liquido bagna i tubi, ed abbassamento se non li bagna. II. Questo innalzamento e questo abbassamento e in ragione inversa dei diametri dei tubi. III. L 'innalzamento e I' abbassamento variano secondo la natura del liquido, e secondo la temperatura, ma sono indipendeuti dalla sostanza dei tubi, e dalla grossezza delle loro pareti, purche siano state precedentemenle bagnate. Confrontando questi risullamenti con quelli del Mon- tanari chiaramcnle si scorge, come il fisico italiano aves- se veduto al di la dei limili descrilti dallo sperimentatorc francese. Eppure nei trattati che si pubblicarono nella pe- nisola viene intieramente dimenticato il Montanari, e tutto I' onorc e attribuito in queste ricerche al Gay-Lussac. ft dolorosa cosa vedere come i tisici della penisola siano cosi poeo curanli delle glorie della palria comime, e cosi poco riconoscenti agli studii di que'sommi, che hanno aperta la — 821 — via alle ricerche degli stranieri. E merilo tuttavia del Ga\ Lussac di averebene determinate die rinnalzamentoo I'ab- bassaraento dei liquidi nei Uibi capillari e indipendeote dalla pressione dell' aria atmosferiea ; avcndo egli eostanle- mente veduto non esservi differenza scnsibile fra I'espe- rienze eseguite nol vuoto e sotlo la pressione ordinaria. La forma del menisco per il Gay-Lussac fu emisferica, senza che pero I' avesse graficamente determinata. Ammi- se il fenomeno della capillarity come una conseguenza della forza altrattiva tra le molecole del liquido, e quelle del liquido e del solido. II Gay-Lussac avviso, che nelle la- mine di vetro collocate a piccola distanza parallelamente fra di Ioro 1' innalzamento e I' abbassamento sono in ra- gione inversa della distanza che le separa, ma clie pero questo innalzamento o depressione e la meta di quella che ha luogo nei tubi di un diametro uguale all' intervallo che separa le lamine. Io qui riferiro la labella delle depressioni del mercurio nei tubi capillari quali furono determinate dal iisico fran- cese, e che vengono riferite in tutti i trattati di fisica come ind ubit ate. — 822 — TABELLA dclle depressioni del mercurio net tubi capillari di 2 a 10 millimetri. Diamelri dei tubi in millimetri Depressione in millimetri Diamelri dei lubi in millimetri Depressione in millimetri 9 2,6 3 3,5 4 4.5 5 5,5 6 4,454 3,568 2,918 2,442 2,068 1,774 1,534 1,337 4,171 6,5 7 7,5 8 8,5 9 9,5 40 4,030 0,909 0,803 0,712 0,632 0,562 0,500 0,445 A questa tabella possiamo noi far tener dietro qualche risultamento dello stesso fisico fraocese sopra I' innalza- meoto de' liquidi. Comunemente nei trattali si riferiscono 1'esperienze fatle sull'acqua, sull'alcool, e suli'esscnza di trementina in tubi di diametri poco differenti fra di loro, come di lmm,2944 a im,n, 9058. L'acqua presa alia tempera- tura di 8°,5centig., nel primo lubo s'innalzo di 23""", 1654, e nel secondo si sollevo di I5mm, 5861 ,sccondo Gay-Lussac. L'alcool alia tempera tura 8° C. e della densita di 0,8196 si sarebbe innalzato di 9mm, 1825 e nel secondo tubo di 6'"m, 4012. Nelle esperienze di Gay-Lussac si riscontra di- fetto di estensione a diamelri mollo differenti, e difetlo an- — 823 — cora di una rigorosa precisione nel calcolo dei risultamenti oltenuti. Queste imperfezioni non furono tenute ncl dovu- to conto dai fisici contemporanei, i quali anzicbe occuparsi della parte positiva e sperimentale si abbandonarono alle astratte speculazioni. Noi infalti dobbiam rieordare cbe non mancarono 1' equazioni d' insigni geometri, cbe stabi- lirono eon tutta sieurezza le condizioni di equilibrio uei fenomcni capillari. Essi furono teoricamente discussi da Hauksbee davanti alia Socielti reale di Londra (Sperienze Fisico-meccaniche, Firenze 1712); da Newton (Optices, quaestio 51), da Jurin (Lecons de physique experimentale, par Cotes pag. 410); da Vietbreckt (Tentamen theoriae qua asccnsus aquae in tubis capillaribus explicatur, Commen- tarii Act. Petrop. T. VIII e IX); da Segner (Commentaria Societalis reijiae scicniiarum Gottinguensis T. I); da Clai- raut (Theorie de la terre) ecc. Questo autore ba per il pri- nio determinate ed analizzale le direzioni delle risultanti, e il modo di azione delle forze particolari, cbe coinbinan- dosi colla gravita produeono questa derogazione alle leggi abituali dell' equilibrio dei fluidi incompressibili. Sopra que- sto insieine di dati, cbe avviso essere bene stabiliti,, formd esattamente l'equazione cbe avesse ad assicurare 1' equili- brio interno del liquido in questo caso complesso ; ed indi- co non meno esattamente la condizione che dovesse espri- mere quella, die lo avesse a stabilire alia sua superficie li- bera (Theorie de la figure de la terre pag. 105 ecc.). Ap- presso Young in Ingbilterra ( An essay on the cohes. of fluids. Phil. Trans. Dec. 20, 1807); e Laplace in Francia si studiarono di fornire una teoria generale dei fenomeni ca- pillari. Questi applicando al presente problema meccanico dei processi di analisi divenuti piu potenti, penetro molto piii profondamente oegl' intimi particolari, e facendolo di- — 824 — peodere da forze molecolari, 1'effelto delle quali 6 iuscnsi- bile atl ogni distanza sensibile, nclla medesima ipotesi della incompressibilitadei iluidi, elf esse sollecitano, giunsc a col- legare colle sue formole 1' insieme di tutti i fenomeni ca- pillari osservati fino allora, e precipuamente da Gay-Lus- sac, con una sicurezza di connessionc eosi fedele, da po- lerli rappresentare in nunieri lino agli ulluni limiti di pre- cisione, chc Ic esperienze del suo tempo avevano fornito. Egli risguardo la densita della massa fluida perfettamente uniforme ( Stir faction capillaire supplement etc. du Traite de mecaninue celeste, et supplement a la thcorie de V action capillaire. - Mecanique celeste, T. IV, Paris 1805), per eui Biot ebbe a scrivere: « allorche una serie nume- rosa di fenomeni si trova ricondotta a una medesima cau- sa naturale, Y esistenza della quale e incontrastabile, e die ella risponde perfettamente in tutti i suoi particolari col mezzo di un calcolo il piii rigoroso, ella esce dal dominio della fisica volgare, e forma un insieme di verita matema- tiche. Tale deve ora essere considerata la teoria dei feno- meni capillari (Biot, Extrait du supplement a la Iheorie de taction capillaire; Journal de physique T.LXV,an. 1807); » ma frattanto Brunacci in Italia ebbe a combattere la teo- ria di Laplace, come quesli si oppose a quella di Clairaut, e Clairaut al metodo di Jnrin (Giornale di fisica di Pa- via, 1825). Gauss riprese appresso laquestibne sotto il pun- to di vista di un problema generale idroslatico, come ave- va fatlo Clairaut, improntando da Laplace il carattere spe- ciale della forza_, e la condizione d' incompressibilita; poi, avendola sottoposta in quesli termini ad una analisi chc lullo intiero lo abbracciava nella sua astrazione la piu eompleta, egli giunse a tutti i risultamenli di Laplace, ma scevri delle diffieolta dei detlagli, che (jucsto gran genio — 825 — avcva riscontrate nel medesimo, e lo ebbe a depurare da lulle le obbiezioni die si sarebbero polute muovere conlro il procediraento del calcolo che egli avcva impiegato nello sviluppo delle diverse parti (Gauss, Principia generalia theoriae fluidorum in statu equUibrii. Comment. Soc. scient. Gottingensis, Vol. VII, an. 1820). Non ostante questa ge- neralissima matematica risoluzione del problema, Gauss nobilmenle ebbe a dire : Vastus adhuc campus supcrest, novum messcm pollicens. A questi memorandi lavori suc- cedettero quelli di Poisson, che in un' opera cstcsissima speciale di un grosso volume ha prcsenlato una nuova Icoria dell' azion capillare, nclla quale amnicUc, come i suoi prcdecessori, 1'eslinguimcnto sensibilc di quest'azionc, ad ogni sensibile distanza. Egli aggiunse la variability della densita del fluido prcsso alia sua supcrficie limite, variabi- lity eh' egli riguarda cosi essenziale ai fenomeni capillari, cbc in sua sentenza questi fenomeni non potrebbero aver luogo se non esistcsse: « Tuttavia, dice il relatore IJiot, sia che per una singolare combinazione di circostanze, della quale abbiamo altri esempii, che da principii cosi diffe- rent! si sieno potute dedurre conseguenze matematiche si- mili, o che la condizione inlrodotta da Poisson non sia ef- fettivamente cosi indispensabile quale egli la suppose, le formole flnali ch' egli ottenne sono identicamente le stesse di quelle di Laplace. » Che Poisson sia giunto alle identichc formole di La- place, a me non reca meraviglia di sorta. I principii che chiama Biot cosi differenti, non lo sono che in apparenza, perche lanto Poisson che Laplace risguardarono le varia- zioni di densita come un effetto delle variazioni di tempe- ratura. II calcolo fu conseguente a se stesso, non cosi i malemalici che I'hanno interprelalo. II calcolo ha detto, Serie 111. T. 1. 107 — 820 — che si e prcso il calorico come funzionc di variazione di densita da ambedue gli scrittori. L' innalzamento di un fluidoj scrisse Laplace, eke bagna perfeltamente le pareti di un tubo capillare, e, a diverse temperature, in ragione diretta delta densitd del fluido; e Poisson, che net medesi- mo liquido a differenti temperature I' innalzamento del punto inferiore del menisco cresce proporzionalmente alia densitd. Cio che fa credere che la forza ripulsiva del calo- rico, o almeno la sua variazione non ha che un' influenza insensibile suit' innalzamento capillare (Nouvelle thcorie de I" action capillaire). In mezzo a lanle teorie, nessuna delle quail risponde esattamente ai risullamenti sperimenlali, l'accademia delle scienze delfistiluto di Francia propose a prernio pel 1854 il seguente quesito: « Riprendere Tesame comparative delle teorie relative ai fenomeni capillari; discutere i principii matematici e fisici sopra dei quali furono fondate; indicare le modifica- zioni ch'esse possono richiedere per adattarsi alle circo- stanze reali^ nelle quali questi fenomeni avvengono;e con- frontare i risultamenti del calcolo con esperienze precise fatte enlro i limiti dello spazio misurabili in tali condizio- ni, che gli effetti ottenuti in ciascuna di loro sieno co- stanti. II premio e una medaglia d' oro di 5000 franchi^ e le inemorie devono giugnere alia segreleria dell'accademia in- nanzi al l.°di aprile 1 85 i ( Comptes rendus, T. XXXV, pag. 917, seance du 20 decembre 1852). » La disamina di una tale questione deve certo apportare degli utili risulta- menti; e sotto questo punto di vista abbiam fatto e faccia- mo applausi alia proposta dell' accademia; ma di una teo- ria perfetla raatematica, die risponda esattamente ad ogni — 827 — singolo fenomeno io bo disperalo e luttavia dispero asso- lulamente. La capillar! ta e una funzione di molte influenzo variale; di clettricita, di calorico, die si svolge noil' alto che il liquido bagna il solido, e di piu evapora, e il vapore sovrastante meccanicamente premendo diminuisce lascen- sione del liquido. Bisognerebbe malemalicamenle determi- nare la forma di qncsla funzione, per trovare il valore di quesla forza. Ecco dove dovcvano e devono essere rivolti gli studii di que'valorosi ehe desiderano trovare le coslanti del problema, addimandate dall'accademia. Quesle costanti sono tutlavia un desiderio dell' accademia delle scienze di Francia, perche nessuno ancora vi corrispose degnamenle, e il programma si trova tutlavia aperto pel 1857 a quei valenti che credono poterlo sciogliere, il quale ha il suo fond amen lo nell' azione reciproca molecolare dei solidi e de' liquidi, che e susseguita da que' Iavori meccanici che noi sogliamo contraddislinguere colle denominazioni di ca- lorico c di elettricita. Bisogna che sia sperimentalmente da prima ripreso in- tieramenle il lavoro; altrimenti manchera esso di solida base, e per elegante che fosse per essere la sistematica co- struzione, sarebbe essa sempre vacillante e contraddetta. Le leggi dale comunemente in tutti i tratlati sull' autorita de1 fisici e de' calcolatori sono veramente inconlrastabili ? Possiamo noi dire, secondo lo stato attuale della scienza: /' altczza dell' ascensione c in ragione invcrsa dei diame- tri dei tiibi, e dello spostamento nelle lastre par allele ? E il liquido s' innalza la meld meno fra quesle che nei tubi di un diametro ugualc alia loro distanza? Le espe- rienze che fece Simon di Metz, ahi troppo improvvisamen- te rapito alia scienza! hanno dimostrato I'inesattezza di queste leggi, sulle quali tanti inulili sforzi comparvero del- — 828 — la polcnza del calcolo. Le formole si succedettero le une alle altre; I' edificio pareva completo; ma in un istante fu rovesciato da Simon. Egli ha verificato, che i ascensione e sensibile nei tubi di 28 a 50 millimetri di diametro; che il rapporto del diametro del tubo all' altezza delta colonna non e costante, vale a dire che I' altezza non e in ragione inversa del diametro, e che, per conseguente, la legge am- messa fino al prescnte non e esatta ; che paragonando i grandi diametri ai piccoli, la colonna aumenta sempre di altezza di una c/uanlild piii grande che non indica i/uesta legge, ma di una quantitd che va sempre decrescendo a misura che si fa trapasso dai piii grandi ai minori diame- tri; e per esprimere 1' andamento in una maniera piu esat- ta, bisognerebbe dire in senlenza di Simon : che I' ascen- sione e in ragione inversa del diametri, aggiungendo alia colonna di acqua una quantitd, che decrcsce a misura, die la si considera in tubi piii slrelti. Peecato che Simon ab- bia fatto uso di un procedimento indiretto, vale a dire, che abbia dcdolle le altezze delle colonne liquide da un altro fenomeno strettamente legato con esse. Per I' ascensione fra due lamine parallele Simon ha ritrovato, che comincia a rendersi sensibile alia distanza di 23 a 24 millimetri, che ella cresce piu rapidamente che non indica il rapporto in- verso della distanza ail' altezza; ch'ella segue una progres- sione simile a quella che ha luogo pei tubi, e che questa ascensione e molto minore della meta di quella dei tubi di un diametro uguale alia distanza delle lastre. Tra lenume- I'ose esperienze non ha potuto avere neppure una sola me- dia che sia stala rapporto all1 ascensione nei tubi : : I : 2; per cui Simon conchiude: che i altezza alia quale s'innal- za nn liquido fra due lamine parallele, paragonata a quel- la alia quale s' innalza nei tubi, in luogo di essere net — 829 — mpporto di I a 2, come si ammette, e in quello di una a tre, o meglio ntl rapporto del diamelro alia circonfe- renza: : I : 5,-14-1592. Era importante di verificare se I'iperbola costituita dal- I' ascensione del liquido fra due laraine formanti un angolo fra di Ioro, riproducesse ancora la progressione, cli' ebbe riscontrata nei lubi e nelle lastre parallele. Dopo avere ge- nerate questa iperbola, n'ebbe fedelmenle a disegnare la cur- va sopra una delle lastre, e il livello dell' acqua esleriore ; delermino l'angolo clie facevano le lastre, a f fine di conch iu- dere alia distanza eorrispondenle ai different! punli, pei qua- il si misurava l'elevazione dell'acqua : si e potulo per ugual raodo assicurarsi, clie 1' ascensione presentava ancora la medesima progressione. Ma egli qui scoperse, che per la medesiina distanza, l'altezza varia in pari tempo, che 1'an- golo formato dalle lamine. Si deve osservare, che questa progressione e digia in- dicata nelle tavole che Hauksbee diede intorno a questo argomento. Tuttavia questo fisico non dedusse questa con- clusione dalle esperienze, che fece sull' innalzanienlo del- F acqua fra le laraine, come risulta evidenteraenle dalle esperienze e dai numeri, che egli ha riferiti nella sua Memoria sopra questa questione. (Recherches sur la capil- larity par M. Simon de Melz ; Comptes rendus, torn. XII , pug. 892, seance du 17 mai 1844. Annates de chimie et de physique, serie 5, t. XXXII, pag. 5, an. 1851.) La temperalura avendo un' influenza notabile nei feno- meni intermolecolari, Simon trovo necessario di ricercare quale sia la legge di questa influenza sull' ascensione eapil- lare. Per raggiungere questo scopo, Simon adopero una lampada a spirito di vino, collocata sotlo la capsula che eonteneva I' acqua, nella quale faceva pescare il tubo, e 4a — 830 — Gamma era regolata in modo, die I' acqua conservava il medesimo grado di temperatura per 1' inliero corso di una esperienza. Da un numero stragrande di esperimenti, olio Simon fece con tubi di diametri differenti, ha concbiuso, che 1' asccnsionc dell' acqua e in rapporto mverso alfin- nalzamenlo di temperatura, presa tanto in prossimila al- l' ebollizione, che al massimo di densita dell' acqua. L'altez- zadella colonna a 0° ca quella, die si osserva a 100° : : 4 : 5; in modo che conoscendosi 1' allezza per un grado qualun- que di temperatura, sara sempre facile di conchiudere quella propria a 0°, o a qualsivoglia altro grado, poiche rappresentandosi con 400 1' elevazione a zero e con 500 quella a 100°. C, l'elevazione per un grado qualunque sa- rebbe sempre 400, meno questo medesimo numero di que- sti gradi centigradi. Questo rapporto di 4: 5; di 1,55 cbe da 1' esperienza, conduce a pensare che la densita dell' acqua e la causa, che produce questa differenza di ascensione ; infatli, prosegue Simon,, un volume di acqua aumentando di 0,0 4GG per 100 gradi di temperatura, ne risulla, che una colonna d' acqua essendo 1 a zero gradi, sara 1,56 a 100°. cv rapporto as- sai vicino al rapporto medio delle esperienze di Simon, die e 1,545. L' ascensione e adunque, conchiude Simon, in ra- gione direlta dalla densita, o in ragione inversa dello spos- tamento dalle molecole liquide. Tuttavia non bisogna con- chiudere da cio, prosegue Simon, che sia la stessa differen- za di densita, die produca la differenza di elevazione a di- verse temperature, perche si puo ancora notare, che la viscosita, o meglio che la proprieta che hanno i liquidi di estendersi in veli, e ancora legata alia loro densita e alia loro temperatura. D'altronde cio che prova non avere una influenza esclusiva nel fenomeno e, che per far variare la — 831 — colonna di ascensione, bas'ta cangiare la tempera tura dell a parte la piu elevata di questa colonna. So, per esempio, si avvicini un corpo incandescente, o si diriga sopra di questo punto un gelto di liamnia eol mezzo di un cannello ferru- minatorio, si vede toslo, clie la colonna discende rapida- mentc lino al punto in cui essa rimane immobile, anche allorquando I' acqua della parte superiore del tubo pare in ebollizione. Risulla da questo die 1' ascensione dipende principalmenle dallo stato delle molccole die forniano la sommila della colonna d' acqua. II procedimento indiretto di Simon lascio il dubbio nelle menti dei lisici, cbe possa esscre intervenuta ['influenza di qualche cagioue perturba trice sconosciuta. Brunner, nel 1 847, ritrovo die per un dalo innalzamen- to di teuiperalura, 1' innalzamento capillare diminuisce in un rapporto maggiore di quello voluto dalla densita. Egli scopri la proporzionalitd tra le variazioni di capillarild e quelle della temperalura, e da tutte le sue esperienze de- dusse questo fatto importantissimo : che il calorico eserci- la un1 altra axiom sulla ascensione dei liquidi divers a da quella delle variazioni di densita. Ma Brunner, ancorcbe abbia riconosciuto die la coesione e 1' effetto di due forze ben different!, altrattiva I' una, ripulsiva I1 altra, cbe ope- ra in direzione opposta alia prima., e cresce di energia colla temperature, non seppe applicarla nella teoria dei fenomeni capillari. Biconobbe pero che in certi casi il rap- porto fra queste due component] soggiace ad un cangiamen- to eosi considerable, che i fenomeni non si accostano piii al calcolo fondalo sull' ipotesi della sola forza attrattiva molecolare (Archives des sciences physiques T. IV, pag. 121, an. 1847. Recherches sur les variations de la cohesion des liquides a differentes temperatures, par C. Brunner fds. — 832 — Danger Del 1 848 riconobbe la disarnionia (ra i risul- tamenli del calcolo e quelli positivi ne' suoi esperimenti sulla depressione del mercurio (Comptes rcndus T. XXVII, pag. 581; an 1848. — ■ Note sur la hauteur des menisques que presente la surface du mcrcurc contenu dans les vases en verre, par Banger). Simon ne' suoi esperimenti non aveva studiato, clie il caso dell1 innalzamento, c non quello delle depressioni. Es- se adunque pei teorici Iasciarono ancora posto ad un dub- bio, e percio era sommamente a desiderarsi, che nuove misure dirclte delle altezze dei liquidi nei tubi assai ristret- ti fossero istiluite nel doppio caso della depressione e del- T aseensione. Ora e cio ehe Bede venue ad eseguirc con molla sagacita (Sur /' ascension de I' eau et la depression du mercure dans les tubes capillaires par M. Emile Bede. — Rapport de M. Plateau. — Bulletin de I'acadcmie de Bruxelles, t. XIX, n.° 8, Seance du 7 aout 1852). Le esperienze di Bede fiirono fatte sul mercurio e sull'acqua in tubi divelro in nu- mero di 25 ; per il mercurio il maggior diametro fu di 5n,m,028, e il piii piccolo di 0""",075 ; per 1' acqua il mag- gior diametro fu ancora di 5mm,028, e il piu piccolo di 0mm,09-4. «i 1 risultamenti , scrisse il relatore Plateau, clie Tautore otlenne riguardo al mercurio, dopo avere eseyuite le piccole correzioni) che indica la teoria, banno compro- vato che quanto ai fenomeni di depressione si puo riguar- dare la legge della ragione inversa del diametro come sen- sibilmente soddisfatta, parlando del diametro massimo di un millimelro. Infatti, se questa legge e rigorosa, il prodotto della depressione per il diametro, o per il raggio, dovrebbe essere una quantita costanle; ora moltiplicando ciascuna depi'essione pel raggio corrispondente, 1' autorc ha Irovato dei numeri che non presentano fra di loro che delle difl'e- — 833 — renze jioco considerabili, e dislribuite in una maniera irre- golare, aluieno fino clie il diametro e ioferiore al limite massimo anzidetto, o che lo oltrepassi di poco. Per ricono- scere se questi prodotli, che sono in numero di dodici, han- no una tendenza all' accrescimento procedendo dal mag- gior diametro al piu piccolo, 1' aulorc ha calcolato le me- die rispettive dei sei primi e dei sei secondi, cio clie gli diede i numeri 4,808, e J,886. V ha dunque, come e chia- ro, un aurnento, ma egli e picciolissimo, e non eccede pro- babilmente quello, che si dedurrebbe dalla teoria, se si po- tesse integrare la equazione della siiperficie capillare. » lo osservo qui in queslo brano lo spirito sistematico, dal quale e guidalo Plateau. Per la depressione delle colonnc liquide e inchinevole ad ammettere la legge della ragione inversa dei diametri ; ma luttavia conl'essa, die e limilala al diametro massimo di un millimetro, die ancke in quel limiti bisogna fare quale he correzione, e die ad onta di queste correzioni non si ha una verificazione esalla e precisa della legge. L'esat- lezza della teoria non e giudicata dai risultamenti speri- mentali ; e l'esattezza dei risultamenti sperimentali, eh' 6 giudicata al tribunate dell' inflessibile teoria. Non ostante tali sforzi prosegue a dire: « Che eosa si deve pensare fratlanlo di questo disaccordo fra la teoria e f osservazione, disaccordo che non puo derivarsi dal modo di sperimentare, poiche i due iisici che V hanno osservato procedettero con inetodi assolutamente difterenli? Bisogna ammettere un difelto nella teoria, o bisogna credere che v' abbia nella esperienza qualche causa di errore insepa- rabile da questo genere di ricerche e indipendente dalla leoria ? II principio fondamentale di La-Place concernente la pressione esercitala da un liquido sopra se stesso in vir- Seric HI. T. 1. lOS — 834 — iii dell' attrazione reciproea delle sue molecole e cosi pie- namente verificata dalle mie stesse esperienze sulle masse liquide sottratte all' azione del peso, ch' egli mi e impossi- bile di concepire il piu piccolo dubbio riguardo questo principio e alia sua applicazione ai fenomeni capillari; io sono convinto, die il disaccordo, del quale si Iratta, non sia che apparenle. » « Ora una considerazione sommamente semplice, cbe io ebbi a comunicare a Bede, e della quale egli rende conto nella sua memoria, suggerisce infatli una nuova correzio- ne, cbe devono necessariamente subire i risultamenti os- servati, e che li puo far rientrare sotlo il dominio della leoria. » Ecco questa considerazione .- « La conseguenza che si deduce immedialamente dalla leoria si e, che 1 altezza della colonna sollevata in un tubo suflicienlcmenle slretlo, e precedentemente bagnato, e in ragione inversa del raggio dell' emisfero cavo, che conter- mina superiormenle questa colonna. Ora questo emisfero essendo langente col suo contorno alio slrato liquido, che bagna la superficie interna del tubo al di sopra della colon- na, il suo raggio e evidentemenle quello del tubo diminuito della grossezza dello slrato bagnanle. Perchts 1' altezza della colonna sia in ragione inversa del raggio, o del dia- melro del tubo stesso, bisogna adunque considerare se la grossezza dello slrato di cui si tralla sia al lutto Irascu- rabile, e niente ci aulorizza ad amineltere questo; questa grossezza e certainente assai piccola, ma in fine, essa non e nulla, ed ammeltendo, ci6 che e ben probabile, ch' ella sia sensibilmenleindipendenle dal diametro del tubo, egli e chiaro, che prendendo dei tubi di piii in piu slrelti si giungera sempre a dei valori del diametro, al dissollo dei — 835 — quali essa non potra essere trascurata : poi ad allri, al di sotto dei quali essa avra una grandissima influenza. Ebbe- ne, basta supporre la grossezza in questione uguale ad un millesiino di millimetro, cid che e eertamente ammissibi- lissimo, perche effetluando i prodotti delle altezze osserva- te da Bede pei raggi corrispondenti calcolati in quella ipo- tesi, si otlengano dei risullaraenti, 1' accrescimenlo dei quali sia debole come nel mercuric Per vero dire Bede fece pure una serie di osservazioni sull' ascensione del- I' acqua nei tubi non preccdentemente bagnali, ed i pro- dotti risultanti lianno dinioslrato un acerescimento con- siderabile; ma, come fa notare 1' autore, e come puree conosciuto, v' l>a qui in questo genere di esperienze una causa perlurbatrice proveniente dalla difflcolta, che incon- tra l' acqua ad eslendersi sulla superficie del vetro, quando questa super6cie non c tutta fresca, come sarebbe quella prodotta da una frattura. Fu per garanlirsi da questa cau- sa perturbatrice, die Gay-Lussac bagno i tubi, dei quali si valse. Bede propose di ritornare su questo argomento. V ha ancora nella memoria di Bede un altro punto notabilissimo, che sarebbe ben degno che venisse conl'er- mato. Nella serie delle esperienze relative al mercurio, e in quella che si riporta all' acqua nei tubi bagnati, oltre ai tubi che hanno fornito dei prodotti regolari, dei quali si e detto, ve ne sono alcuni che danno dei prodotti notabil- mente troppo i'orli o Iroppo deboli; ora, questi tubi aven- do delle pareti mollo pi 11 grosse o molto piu sotlili di quelli, ai quali corrispondono i prodotti regolari, I'autore ha con- chiuso, che contrariamente a cio,ch e ommesso, lo spessore delle pareti abbia un' influenza apprezzabile sopra i fcno- meni. Plateau si mostra inchinevolissimo ad ammelbMv, che il valore del ra^io ,li attivita sensibile dell' attrazione — 836 — molecolare non e cosi miaimo come si pensa ; fratlanto, come i risultamenti eccezionali di Bede condurrebbero ad estendere questi valori a' varii millimetri, cio che mi sem- bra ben difficile ad ammeltere, e come d' altra parte questi medesimi risultamenti sono in picciolissimo numero., mi sembra probabile che Ie anomalie die presentano, siano dovute a qualche causa accidenlale. Cosi Bede ammetle la conclusione con riserva, ed annunzia I' inlenzionc di solto- porla piii tardi a nuove prove. » Aggiungeremo noi qui che per quei fisici, che ammet- tono che 1' attrazione molecolare si eserciti in ragione in- versa delta potenza della distanza ben superiore al qua- drato un raggio di attivita di piu millimetri e completa- mente inammissibile; ma peri partitanti della teoria di Se- guin, che non ammelte che le sole altrazioni, in ragione inversa del quadrato della distanza, questa inammissibilita non si presenta cosi grave. Frattanlo che cosa io debbo soggiungere? Che la dot- trina dei lubi capillari e tuttavia circondata da gravissime difilcolla, difflcolla che io non ho poluto far svanire nep- pure coi miei esperimenli, che ora vengo a descrivere. Io feci eostruire due apparali capillari, I' uno pei liquidi, che bagnano i solidi, e l'allro pei liquidi che non bagnano i solidi. II primo apparato e formalo di 18 cannelli, il primo dei quali ba il diametro di 9 millimetri, e I' ultimo di un deci- mo di millimetre I loro diametri furono misurati coi mez- zi migliori, che forniscono Parte e la scienza. E furono tutti fissali ad un'asta, i quali, mediante il movimento di una vile mierometrica, potevano tutti simultaneamente es- sere alzati ed abbassati da poler tutti pescare in una va- schctta di vetro collocala orizzontahnente , ripiena di acqua dislillata. — 837 — Con replica ti esperimenti mi sono convinto dei segucnti fatti : I. Che costantemente I' ascensione del liquido eresee at diminuirsi del diametro del tubo. II. Che il diametro del tubo eoll' ascensione rispettiva del liquido non da tin prodotto costante. III. Che il prodotto e crescenle dal diametro di nove millimetri fino a quatlro millimetri inclusivamente. IV. Che il prodotto nei limili di una approssimazione si pud risguardare costante tra it diametro di ire millime- tri e quattro decimi di millimetro. V. Che il prodotto e decrescente da Ire decimi di milli- metro adun decimo di millimetro, limite de'miei esperimenti. II secondo apparato e formato ugualmenle di 18 tubi ; ma essi sono tubi comunicanti, V uno dei quali ha il dia- metro costante di 9 millimetri, e gli altrivan decrescendo lino a 7 centesimi di millimetro. Da replicati saggi ho potuto qui pure raccogliere: I. Che la depressione del mercurio cresce a mano a ma- no, che il diametro del tubo diminuisce. II. Che il prodotto formato dal due fattori, diametro del tubo, e depressione del mercurio, non e costante. III. Che il prodotto e crescente dal diametro di 8 mil- limetri a due millimetri. IV. Che il prodotto e decrescente dal diametro di tre de- cimi di millimetro a selte centesimi di millimetro, limite minimo de' miei esperimenti. Le prove di queste deduzioni sono rappreseutale dai numeri delle segucnti tabelle, nelle quali e espresso, che gli esperimenti furono fatti alia temperatura di -+- lo° C, e gli apparati indieati fanno ora parte della collezione de- gli strumenti fisici dell' i. r. Universita di Padova. 838 — o -C^IO JO 1 E o E tO l°~ £ t- t^ E O — 1 — i — i ©■*< o 94 CO 1 « o 1 » JO^ £ E f- CO* t- eq — < O S-l ■«■" O 00 o 1 - SO B"ao„ CD to E •* C5S 00—. "•" _ ?i — o a> OO | E. E o o g CM E si" O) — o> 1 ©in — I r_> ■ ) d • h> ._" o ■~ I + X3 + a a o TO o !« a. ! ~ a. - •— g "2 o 3D o /- u — cd T3 a> « s CD TO TO o - TO — — CD •r 3 CD i — 'w a> -2-g CD ^ C — Q-'CS .— JO CD ^ "-§ £; ° -a CD la o •S 5 3 -c 5 Q- -a T3 3 T3 ■^ 5 CD CU N TO -2 O -a o a-* °- I Q< ^1 o Bfl E P O "g + _2 CD CD rr *o a =.= ._, to g^ u " ca a> 'Ja '? S 5 o .2 ,_ O T3 CD •— • — -a 3 cd ■-.2 ^ s o | CO cb ©" o CD to" p o o % JO JO t» cf to" ®1jo JO £ ^ Ol E CO JO — ?1 w„© 1 o s o t> E OJ JO O— 1 ®o © . CD CD o 1* t- c " - JO E :- CD O C5 CD 00 e'o O E :- 00 O00 CD + sa =- £» .^i/// ~, // — 839 — La legge imperlanlo stabilita dal Montanari e dal Ga)- Lussac della ragione inversa dei diametri ri inane confer- mata nei limiti ristretti di tre millimetri a quattru decimi di millimelro pei liquid! che bagnano i solidi ; e di un mil- limelro a quattro decimi di millimelro pei liquidi che non bagnano i solidi. La figura IV rappreseuta la disposizione dei lubi capil- lari bagnati dal liquid o. La fig lira V la disposizione dei lubi eapillari ehe non vengono bagnati dal liquido. II in. e. prof. Pietro Canal legge la seguente Me- nioria inlitolata : COISCORDIA DE MIT1 CON LA STOMA QUANTO AI PBINCIPH DI ROMA. Tentar nuovamenle il cupo fondo dun pelago gia rimeslato c Dio non voglia intorbidato da molti, per ripe- scarvi dopo tanti secoli quali sieno slate le stirpi, le sedi, i legami de' varii popoli che edificarono e tennero I'antica Roma, puo sembrar opera o disperala o poco riuscibile, non pero inutile o poco fruttuosa in se stessa. Certo chi voglia vedere per quali scale quella maravigliosa citta sia salita a tanta sapienza di ordinamenti e a lanta potenza didomina- zione, dee aflissare innanzi a tulto lo sguardo nelle sue ori- gini; perche quella scuola di sapienza civile ch'ebbe Roma da poi nel cozzo de' proprii ordini, l'ebbe da prima e, senza dubbio, maggiore, nel concorso e nel cozzo delle diverse sue stirpi, e di qui le vennero sin dal principio le frequcnti occa- — 840 — sioni delle piccole guerre e delle opportune alleanze che le apersero la via a tanta grandezza. Ne e da credere ehe la comun cerehia d' un solo muro sia stata suflicienle a can- cellar cosi presto, com' altri disse, ogni distinzione di stirpe; poiche, non ostantc i! comune comizio, e quel pugno di pa- tria terra che ciascuna stirpe vi avea giltalo per dichiararla patria e terra comune (1); non ostante il tempio di Vesta falto da Numa religioso vincolo di civile unila, quasi foco- lare comune d'una sola famiglia (2); la distinzione delle stirpi tuttavia appare spiccatamente nelle vicende del trono, durante i re, e piu tardi ancora negli aiuti prestati c dentro e fuori di Roma agli scacciati Tarquinii. Che anzi da que- ste tracce cosi profonde che non baslarono due secoli e mezzo per canccllarle, cosi solenni clie stanno impresse nel fatli piii grandi e piu cerli dellintera citta, dee pur venire qualche buona speranza di cogliere il vero sin nell' origine. Basta non volgersi ad ogni ciancia, massimamenle di quei greci scriltori clie delle cose romane toeearono solo per transilo; e rispetto a' miti in cui e involta la piu anlica sto- ria, cio che importa innanzi a tutlo e distinguere il puro simbolo, ch'e testimonianza anticliissima e pubblica, dai falsi fregi che vi appiccarono poi le fantasie del popolo e dei poeti, e dalle audaci opinioni d'aleuni storici che, per to- gliere ogni faccia di menzogna a cio che narravano, diedero in cambio di tradizioni patrie le proprie interpretazioni. Ne i< gran fatlo difficile nella piu parte de' miti a poter discer- nere 1'antica e schietta tradizione dai novi fregi; perocche i! posticcio non ha mai intimo e necessario legame, e si con- fessa da se per un certo studio d'abbellimenlo che ne tras- (d) Plutarco in Romolo. (2) Plutarco in Numa. — 844 — pare: quanto 6 poi agli storici che sostituirono ai raiti le proprie interpretazioni, per buona ventura furono quasi sempre di si buona fede da renderoe avvisato il lettore; e poniam pure die qualche volta non I'abbiano fallo, tanta fu universalmente la loro imperizia nella spiegazione dei simboli, ch'e quasi impossibile esserne tratti in errore. Del resto, i loro sforzi per diciferarli, mentre sarebbe stata cosa piu sbrigativa ed agevole ancbe per loro, come per alcuni modern!, giudicarli fole e beffarsene, ci lascia vedere su che ferme basi di antica e universale credenza li conosceano fondati ; e la stessa loro insufficicnza nel dar colore di ve- rita a' miti, ci rende insieme testimonianza della lor buona fede. Ora il promettersi a' di nostri di passar dentro a quei veli piii facilmente, e meglio che non avvenne agli antichi, non e vana presunzione dopo tanti esami e riscontri delle storie miliche di quasi tutti i popoli: solo sarebbe follia pensare che il linguaggio assimilativo e pero generico dei miti potesse recarsi a narrazione certa e compiuta, dove non sia una convenzione gia nota, o un necessario legame con la storia narrata che lo determini. Che se la storia ondeggia fra incertczze e variola di racconti, chi non vede qual pre- valenza d'autorita possa acquistare da' miti quel racconto che piu consuona con essi? Non sara adunque senza ra- gione se in tanta discordia d'opinioni, quanta fu tra gli antichi ed e piu assai Ira' moderni, intorno ai principii di Roma, chiamero in aiulo anche i miti, e avro per suggello di verita la concordia del racconto con essi e coi fatti piu accertati e piu grandi dei tempi da poi. L'opinione, a cui giungeremo per queste vie, non e nuova nella sostanza : alcun che di nuovo potra forse avere in qualche sua parte; ma non ardisco dire no in quali ne quanto ; che in tanta copia di scritli intorno a questa materia chi puo assicurare Scrie III, T. I. 409 — 842 — d'aver detto cusa non delta prima da allri? A ogni modo noi non cerchiamo il nuovo, ma il vero; e Io stesso vero in si fatte indagini 6 pur troppo simile al Proteo virgiliano, che, quando credesi averlo ben ben legato e costretto per viva forza a parlare, si trasforma per mille aspetti e ci fugge. Coneedetemi innanzi tratto che, Iasciando per un istante da parte tutto cio che narrasi o favoloso o vero chesiaiu- torno ai principii di Roma, io imagini ora d'aver sottocchi una carta ove sia disegnala la positura di quella citta e dei paesi che la circondano; e considerata solo la natura dei luoghi e la condizione de' popoli che li tenevano, domandi ineeo a me stesso, chi furono i fondatori di Roma? Ne vi paia troppo subita e presuntuosa questa domanda; ch'io non iqtendo che la risposta abbia a passaro in giudicato; ne pretendo acquistarmi con si picciol costo piena certezza,' ma tanto o quanto di probability ; ne creare indovinando la storia, ma esaminarla. Or bene, ehiediamo pur franca- mente seguendo con gli occhi le tracce di quella carta, quali fossero i fondatori di Roma. Tulto il paese di sopra e a po- nente veggo diviso fra due popoli numcrosi c forti, semina- lori ambidue di lontane colonie, dico i Sabini e gli Etruschi; poiche la teslimonianza di Livio e di Festo (I), e il fatto dei sette patji di la dal Tevere tolti da Romolo a' Veienti paiono assicurare abbastanza che tutta la regione trastiberina, pri- ma che sorgesse Roma, era in poter degli Etruschi. Veggo il Tevere che segando quel paese e accogliendo in se l'Aniene, dovea formare una via che conducesse ambedue quei popoli a trovar nei colli di Roma un naturale confine e una tal- e si nomano i figli dal padre, le case dal possessore: al qual vezzo diedero pur qual- che appicc potremo noi dubitare cbe nel mito dei due gemelli non sia narrata eon altri nomi la sloria stessa cbe narrasi in Romolo e Tazio? Chi non confessera cbe il falto delle mura di Romolo, saltale da Remo, e una cosa con f occupazione di una parte della romulea cilta, opera- ta dalle armi sabiue sotto la guida di Tazio ;e cbe la ven- detta presane, oltre ad ogni termine di giustizia e di fratel- levole amorc, dull1 irato Romolo, non e altra cosa dalf uc- cisione di Tazio, per cui riscuotesi la parte latina e Romo- lo siede solo nel doppio trono? Veroechea Tazio non par convenirc ne il dirsi gemello, cioe coetaneo di Romolo, ne I' assegnarglisi a stanza I' Aventino, ne I' affermarci cbe primo vi abbia avuto gli auspicii, tuttoehe men numerosi. (l)Diouis. II, 48. (2) Le arti usate da Numa per espiare i fulniini del Giove Elicio, e te difficulta trovate per riuseiivi, ci attestant aneh'esse, come ho gia nota- to, che la prima Koma era latina e parte della confederazione latina, e fu per esserne esclusa quando si uui co' Sabini. — 802 — Ma che ? Preteaderemo adunque die in una novella affi da- ta per molte eta alia memoria del popolo e a pochi e scarsi monument! di canti religiosi, donde poi la raccolsero ed ordinarono a loro senno i poeti e gli storici, non abbiavi ad esser nulla di alterato, nulla di trasposto, nulla di ag- giunto ? E poi quali son finalmente queste diserepanze fra la storia e il inito? — Tazio si fa coetaneo di Romolo; e pure entro piu tardi a dividere con esso il regno. — Ma ce lo dice ancbe il raito ; se uon \ogliam credere cbe Ptemo abbia sallato le mura di Romolo prima cbe fossero edifi- cate. Del resto se ne fa gemellOj perche tal mostrava nel simbolo dei due poppanti, die raescolossi goffamenle con la sua cbiosa. — • Or bene, come poteva attribuirsi a Tazio anteriorila d' auspicii, cioe di possesso, nell' Aventino? — Qui manca ogni fondamento a disputare, perocche Ennio ci descrive invece Romolo su 1' Aventino, e Remo sul Pala- tino (I): tanlo e vero cbe gli scriltori, nell' assegnar loro la sede e il luogo degli augurii, si laseiarono condurre dal- 1' opinione cbe, dicendosi ligli d' Ilia, fossero ambeduc lati- ni^ e pero scelsero quei monti cbe la tradizione faceva prin- cipalmente abitati da genti latine, ne si curarono gran fatto quale assegnassero all' uno e quale all' altro. A ogni modo, nel fatto di auspicii, non parve loro cbe I' Aventino, noman- dosi forsc dagli uccelli, potesse omettersi. Teniamo adun- que fermo cio che da tanti riscontri ci e fatto toccar con mano ne da piccole diserepanze pud esser tolto, che il mito di Romolo e Remo e la storia stessa di Romolo e Tazio, spacciata poi come storia d' un' eta anteriorc, perche non s' intese. Ora, se si tien fermo queslo, non si puo neppur dubitare che i due poppanti del simulaero non siano In due (I) In Cicer. de Divin. II, 33, 70. — 863 — stirpi rappresentate in Romolo e Tazio, e die la lupa non sia la nuova tribu, cioe 1' aiulo di Tarquinia che entra in luogodi madre alia giovinctta Roma condannata a moriresu la sponda del Tevere. Fatlo sta che il milo ci dice sepol- ta viva la madre dci due bambini, quando s' aecosto loro quella pietosa nutrice. Alba era adunquc distrutta : forse si aggiunse viva, perche il suo popolo fu tradolto in Roma ; ciocche pur sembra signifieato dall' altro racconlo che la fa annegata c divenula sposa del Tevere (I). Aggiungesi che i due bambini furono rigettati e destinali a morire dal re dal re albano, per timore che gli fosse da lor tolto il re- gno. Roma adunque avea gia tentato di tirare a siii odiose e stucchevoli, giovera meglio studiare con — 897 — accuratezza c scnza prevenzioni la Datura, o cosi com- pletare in modo pid degno della scienza, nel scno slcsso cli qucsto i. r. Istiluto, un lavoro incominciato fra noi dal fu dott. Olivicri, proseguito dal sig. professorc Mulin c dal- la presente polemica dinioslrato maggiorraente ncccssario. 11 socio corrispondcntc dott. Valentino Pasini leg- ge il seguente Esame di alcuni scritli recentemente pubblicati in Fruncia sulla filosofia del diritto penale. Frequcntcmentc mi accaddc d' intcnderc acerbi lagni mossi da scrittori nostri contro scrittori doltr'alpc, e spe- cialmente franeesi, perche questi in poco conto tcnesscro od anchc dissimulassero le opere in Italia pubblicate. Ma ben di rado io potei consentire in siffatti rimpro- veri. Qualebc volta mi si prcsentava affalto conforme a ragione clie ad un medcsimo Irovato sperimentale o ad uno stesso principio speculativo potessero riuscire in telle tti diversi, specialmente se eguale fosse il corredo delle cogni- zioni preparatorie e analogo il processo ideologico. Piu spesso sembravami clie ne un trovato realmente nuovo, nd un principio veramente sconosciulo fosse quello cbe si Iamentava dispregiato o dissimulate Trovava poi cbe le opere italiane, le quali o avevano impresso o polevano aju- tare ad imprimere un' orma di piu sul cammino dello sci- bile umano, furono quasi sempre c studiate e lodate e tra- dottc e commeutale nei paesi slranieri, specialmente in Francia, e lo furono con devozione ammirabilc da uomini soman i quali in osscquio di tali opere lasciarono per poco Serie HI, T.I. 116 — 898 — lc parti di aulore c quelle vestirono di traduttore o cli espositore. Cosi, per non uscirc dal campo dellc scienze morali, fece Voltaire con Beccaria, cosi Benjamin Con- slant con Filangeri, cosi Michelet con Vico. Che se qualche volta un' opera scicntiflca italiana, sebbene degna di essere diffusa, o ritnase ignota o tardo ad essere conosciuta nei paesi stranieri e specialmente in Francia, anche queslo ra- ro accidente mi parve a colpa dei noslri piu presto die a trascuranza degli stranieri doversi attribuire. Conciossia- che avvenga talora presso noi die la forma adoperata da alcuni autori d'opere scientifiche sia tale da renderc mala- gevole ai foresticri la Iellura o la traduzione dellc medesi- me. E valga il vero ; noi stessi lalvolta a compierne la let- fura duriamo fatiea. E io credo da cio dipendere cbe Ie operc di G. Domenico Romagnosi poco o nulla sieno stale studiate in Francia quantimquc per P inlrinseco loro va- lore assai pi 6 di allre lo meritassero. Ouesle osservazioni ricevono conferma da un fatto rc- cente cbe molto onora 1' Italia e la Francia insieme. In quesl' anno medesimo I'Accademia dellc scienze morali e polilicbc, nella quale siedono Berangcr, Dupin il seniore, Odillon Barrot, Faustino llolie, ed altri luminari della Iegislatura e della magistratura francese, ha rivollo una particolare altenzione ai gravissimo argomento della giu- stizia punitiva guardata o ne' suoi fondamentali principj o nolle sue piu difficili applicazioni. E cio facendo quell' illu- stre corpo scientifico dedico accurali sludj alio opere di Cesare Beccaria e di Pellegrino Rossi. Dell' opera di Bec- caria Faustino Helic fece una nuova traduzione e un nuo- vo comenlo premeltendovi una nuova introduzione (I). (i) Des cle'lils cl des peines par Beccaria. Nouvclle edition pre'ee- dce d'une introduction cl accompagne'e d' un Commentairc par M. — 85)9 — Siill' opera di Uossi, ripubblicatasi pur questa con una in- troduzione del medesimo Helie, Odillon Barrot ha lotto un lungo rapporto (!). Questi divcrsi scritti possono a buon dirilto considerarsi come T ultima parola detta in Francia sulle qucstioni piu vitali e piu ardue del penale diritto. Ma sono poi giuste tutte le idee cho in questi scritti vennero espresse? E sc a noi Italian] paresse cbc qualcbc volla i principj professati nciristituto di Francia non fos- sero conformi alia vcrita, ci rimarremo dal rilcvarli quan tunquc si appoggino all' autorita di seriltori noslri? La risposta per me non e dubbia. Parmi anzi che il phi conveniente modo di mostrarci riconoscenti alia giustizia onorevole che viene fatta al nostro paese, debba eonsistere neir esporrc francamente ci6 che o dagli stessi scrittori illuslrati de' quali io diccva, p da altri scrittori nostri, o dalla meditazione di questi c di quelli la scienza potrebbe dedurre. Solo avrei dovuto dubitarc di meltermi io stesso a di- scutcrc materic si astruse di contro a gius pubblicisti ri- nomati cotanto. Ma pensai che la indulgenza vostra soc- corrcrcbbc alia buona volonta mia. Troppo lungo io riuscirei sc volessi a parfe a parte csaminarc tutte le questioni che i sig.' Fauslino Helie e Odillon Barrot andarono sollevando. Io mi restringero a Fauslin Helie membre del' Institut, Conseiller a la Cour de Cas- sation. Paris 1856. (1) Traile de droit penal par P. Rossi , Beuxicmc edition revue el pre'ee'dee d' une introduction par M. Fauslin Helie Conseiller a la Cour de Cassation. Paris 1855. Rapport sur le Traite' de droit penal de Rossi par M. Odillon Rar- rat. Seances ct travaux de VAcade'mie de sciences morales el politi- gue.t. Comple rendu, max 18a(i et suivants. — 900 — due die mi sembrano principalissime e tali da influire potentcmente su tulte le altre. Ricerchero in primo luogo quali sieno e fin dove pos- sano venir approvali i fondamenti chc in quegli scritti e nelle opere eoi mcdcsimi commentate si assegnano al diritto di punire. E toccbero in secondo luogo dei principj ehe in- torno alia misura delle pcne in quegli scritti c nelle opere eoi medesimi comcntate vengono esposti. Gia prima di Bcccaria era assai eontroverso quale fos- se il fondamento del diritto di punire. Alcuni autori vede- vano in questo diritto una pura e scmplice applicazionc della giustizia universale,, assoluta, preesistentc ai convegni degli uomini e indipendentc dagli umani inlcressi. Cosi avevano pensato Platonc fra gli antichi, Grozio e Leibnizio fra i moderni. Altri inveee ne trovavano la prima origine in un patto sociale ehe lo avesse conferito al corpo politi- co e per esso al potere sovrano. Hobbes, Vattel e GG. Rousseau avevano piu specialmente assegnata qucsla origi- ne convenzionale al diritto punitivo. Cesare Beccaria vcnulo subito dopo Rousseau adott6 assai volentieri il principio cbc ii diritto di punire dipen- desse dal patto sociale. Aecoglicndo questo principio Bcc- caria si prcparava facile la via a separare la giustizia uma- na dalla giustizia divina e a respingero fuor della cerchia delle leggi criminali i delitli religiosi. In virlii di questo principio Beccaria si apriva ancbe il campo a mctlere in dubbio la legalita della pena di morte cb'era tanto abusata c cb' egli voleva veder cassa per sempre. Soprattutto poi col kune di questo principio Beccaria si faceva forte nel — 901 — propugoare la mitezza delle pene. So il dirilto penale non mirava a ristabilire le esigenze della giuslizia assoluta, ma solo ad atluarc il diritto dei singoli ch' era dirilto di con- servaziono, era facile a Beccaria stabilire che le pene non avevano alfro scopo che quello di prevenirc i delitti fuluri c die a qneslo solo fine si dovcano commisurarc (I). Ma la separazione della giustizia umana dalla giuslizia divina Beccaria se 1' era proposla al solo oggcllo di miti- gare il sistema. Egli temelle un islanle che di qucsta sepa- razione potesse abusarsi per dare al potere sovrano la fa- colla di risguardare siccome delitti e di sottometterc a pe- na azioni che per avventura non fossero dalla legge morale riprovale. Ed ecco annunziarsi da Beccaria 1' altro prinei- pio, reslritlivo anch' esso del diritto penale, cioe il princi- pio che la pena non deve colpire se non quelle azioni le quali, ollreche dannose alia sociela, sono contrarie alia legge morale (2). In somma Beccaria sentiva la iniquita dclle leggi penali che alia meta del secolo decimo ollavo opprimevano tutta- via l'Europa intera. A promuovcrc la riforma di quelle leggi egli trovava piu d' ogni allra cosa necessario fame sbandire le esorbitanze che faceano dclitto una opinionc e intliggevano pene alrocissimc a fatti poco o nulla dannosi alia societa. A riuscir nel suo intento egli parti dal princi- pio che il diritto punitive avesse per sua fonte immediata il patto sociale c per sua base rimota il diritto singolare degli uomini insieme conviventi. Secondo queste premesse le azioni che non erano dannose socialmente non erano punibili. Secondo queste premesse le azioni dannose so- cialmente dovevano punirsi solo in modo conforme alio (1) Cap. xv. (2) Cap. XXV, XXII. — 902 — scopo ch'era d'impcdirle. Beccaria avrebbe potuto pipetere la ingiustizia morale tleH'azione come condizione di quel dirilto singolare che, secondo lui, e la originc rimola del diritto di punire sociale. Ma Beccaria prefer! esigerla come neccssaria al buon effetto dclla giustizia penale. Quest' era la teoria ehe il filosofo milanese in pochis- sime paginc accennava. II progresso della scienza fece a qucsla teoria vilali modilicazioni. Fu principalmcnte falto certo : l.° che il diritto dei singoli si arrestava alia difesa eontro le violazioni attuali o ccrtamento future, non si eslendeva alia punizionc ne ncl riguardo d'impedire all'of- fensore la ripelizione degli alii offensivi, ne nel riguardo di rimuovereda alii simili gli altri uomini con lui convivenli; 2.° ehe quindi il diritto di punire non poteva originarsi da un diritto individuale; 5.° che ad ogni modo non si poteva ricorrerc ad un patto sociale il quale rarissimc volte ha esistito di falto, e se pur ha esislito non ha potuto regolare so non nelle cose mutahili quclla sociela la quale non e d'ordine volontario ma dordine neccssario. E facile avvedcrsi che questi nuovi principj erano da quelli di Beccaria abhaslanza diseordi. — Ma rcstava sem- pro nel sistcma di Beccaria una gran parte di vcro. E cio ehe rcslava di vero portava 1' impronta della riforma, e aveva anzi servito di guida a disvelare le vcrita piu recen- ti. — Ncl sistcma di Beccaria restava sempre vero che la giustizia umana non ha ne diritto ne possibility di occu- parsi della giustizia assoluta, restava sempre vero che le pene al solo bisogno sociale devono servire. Si sostituiva, diro cosi, la giustificazion del sislema, ma il sistcma nella sua imporlanza riformatrice rimaneva lo stesso. II progresso della scienza si e anehe rivollo a svilup- pare il sistcma che Beccaria aveva pareamentc dclineato, — 903 — c a rilesserc coi principj nuovi tullo f ordito della scienza penale. Sarebbe queslo il luogo di osservare come restando serapre Delia soslanza dei principj di Beccaria, diversa- mente procedessero negli sviluppi G. Domenico Romagnosi in Italia, la scuolu psicologica in Alemagna, G. Bentham in Inghilterra. Io non istituir6 adesso uu esame coraparativo di queste tre scuole cho pur hanno punli Dotabili di divcr- genza. — Qui mi bastera notare come la severa analisi di G. D. Romagnosi, fiuo dall' anno 1791, dimostrasse I." la csislenza delf aggregazione sociale come stato necessario indipendentemente da qualsiasi palto coslitutivo; 2.° la esistenza del dirilto di punire come dirilto di difesa pro- prio del corpo sociale indipendentemente dai diritli do" suoi siugoli membri. Qui mi bastera notare come cio che solo faceva in Italia il potenle ingegno di Romagnosi, Io faccsse quasi eontemporancamenle in Alemagna una scbiera di scrittori. E mi restringero ad avvertire come gia faccia presumer assai della verita della teoria neila parte essenzia lequesto aceordo, ignoto a'suoi autori, della scuola che fioriva in Italia dal I7UI al 18(5, e della scuola alemanna. In tale stato era la scienza quando Pellegrino Ilossi venne cbiamato a professarla in Bologna. Non e quindi meravigiia se il Rossi seguisse allora le dottrine di Roma- gnosi e dichiarasse dalla cattedra la Genesi del dirilto penale. II Rossi dagli avvenimenli del 1815 fu trabalzato nel- T Ateue elvelica. — Quivi il suo modo di considerare le question! di dirilto sofferse una prima variazione. Viveva a Gincvra Stefano Dumont, il sagaceespositore delle teorie di Bentham. E Pellegrino Rossi o poco o niolto si avvicino in quel pri mo per iodo della sua vita d' esule alia scuola chiamala Ulilitaria, — 904 — Piu tardi P. Rossi trovd in quella terra ospilale la simpatia e l'amicizia dun elctto stuolo di scrittori fran- cesi chc sullc sponde del Leman Iraevano a visilare un castello ormai celebre. Questi scrittori chepubblicavano in quel lorno di tempo la Rivista Franccse erano devoti alia filosofia inaugurata in Francia dal sig. Cousin e ne facc- vano applieazione alle teoric politiche. Ed ccco Pellegrino Rossi con quella versatility d'ingegno, onde offri tanle pro- ve nella sua vita, trasformarsi ancora una volta, a dot tare i principj della filosofia dominante in Francia, c scriverc ncl 1829 il Trattato del diritto penale segucndo la nuova stclla dcllc sue idee. In quest' opera il Rossi respinse di botto gl' insegna- menli di Romagnosi, e dedico un opposito capitolo a con- fulare la teoria cbc addimanda il diritto di punire, diritto di difesa indirelta (I). — In quest' opera il Rossi si rivolse come per lo innanzi avea fatto Cousin, alia scuola cbc pri- ma di Reccaria appoggiava il diritto di punire sulla giusti- zia assolula : con questa sola differenza, cbe per non venire in quelle concbiusioni mostruose cui Beccaria aveva voluto evitare, il Rossi fecc delf utilita sociale cio stesso cbe Bec- caria fatto aveva della giustizia morale. Beccaria pur fon- dando il diritto di punire al diritto di conservazione dei singoli e al patio sociale, avea poslo per condizione della punibilita di un atto la sua ingiustizia morale. Rossi di converso fondando il diritto di punire sulla giustizia mo- rale pose per condizione della punibilita di un alto il suo danno sociale. L' opera di Rossi fu mollo lodata in Francia e doveva esscrlo perche in mollc parti e giustamente pensala e con (1) Liv. I. Ch, IX. — 905 — opportiino metodo condotta. Ma in allre parti, c special- niente in questa che s' occupa del fondainento del diritto di punire, il Rossi smarri, ne io esito ad affermarlo, il ret- to cammino. — Io non diro che rinnegando e combaltendo le dottrine di Roraagnosi e preferendo 1' applicazione ai problenii del diritto penale delta lilosoiia da Cousin predi- cata, ii Rossi mirasse a ingraziarsi quella plejade di scrit- tori, i quali gia fin d' allora erano potenti e che divenuti piu tardi uomini politic! tanto piu agevohnente gli diedero mano a salire ai prinai onori di Pari, di Professore dell'llni- versita, di Membro dell' Istiluto di Francia. Diro invece che evidenteinente questa parte astratla della sua opera attribuiscc all' uomo un mandato, un' aulorita di mantene- re la giustizia morale, mandato ed autorila della quale sa- rebbe assai difficile rilevare la traccia. Laonde per voler dare al diritto penale un fondamenfo di giustizia morale si corrc pericolo di provocar le dubbiezze sulla sua esi- stenza. Ho creduto necessario premettere questa breve sposi- zione del processo della scienza nel periodo corso tra Rec- caria e Rossi, affinche riuscissero piu chiare le osscrvazio- ui che ora mi propongo di presenlarvi sulle dottrine discus- se ultimamenle dai signori Faustino Ilelie c Odillon Rar- rol nell' Istiluto di Francia. Nel riguardo istorico gli accademici franccsi non altro videro dopo Beccaria fuorche le opere di Filangeri, di Ren- tham e di Fcucrbach da una parte, e dall' allra quelle di Kanl e di Rossi, il qual ultimo in se riassumeva le piu vecchie opinioni di Grozio e di Leibnitz e le piu recenli di Cousin, Guizot e de Rroglie. Nel riguardo hlosofico, gli accademici francesi alio opere dei Ire primi, cioe alio opere di Filangeri, di Bcntham c
  • cusata d' usurpare le altribuzioni della divinita, e non 8 » dubbio che il pieno escrcizio della giustizia assoluta s'ap- (l)lQtrod. [». LXXIIld XC. — 920 — » parteaga a Dio solo. La society esercita in parte e nella » misura dellc sue facolla e de'suoi bisogni quesla giustizia » morale cho il Crcalore non ha ne alienata ne deleya- » ta, ma oh' egli ha permesso all'uomo di esercitare in fac- » cia a'suoi simili, poiche gliene diede il sentimento e I'in- » telligenza, c poiche fece dello stato sociale uno stato inc- » rente alia nalura umana. Sarebbe temeraria cosa after- » mare, che la pena inflitta dal poter sociale, ottcnga, in mo- » do assoluto e al pari del castigo di Dio, 1' espiazione. INT a « non sarebbe del pari contrario alia verita affermare, ehe i) la pena inflitta dall' uomo all' uomo non sia neppure un » principio di espiazione? Qucgli accenti cosi cristiani, eoi » quali il giudice o il sacerdote esorta il condannalo ad » aceeltare il suo castigo con rassegnazione e a mo' di » espiazione del suo dclitlo, hanno forse offeso il nostro » inlimo senso o la ragione nostra (1) ? Queste sono parole che molta importanza ricevono dalla grande autorita di colui che le pronunciava or son poclii mesi, e dall'autorita ancora maggiore del corpo scien- tilico per incarico e alia presenza del quale venivano pro- nuueiate. II sig. Bar rot riconosce adunque che al poter sociale non appartiene il pieno esercizio della giustizia morale as- soluta, che questa giustizia morale assoluta compete al solo Enle supremo, e che I'Ente supremo non l'ha ne alie- nata ne delegala% ma egli afferma cheDiopermise all'uomo di esercitarla sopra i suoi simili, perche ne diede loro il sentimento e la inlclligenza, e fece dello stato sociale uno stato inerente alia umana nalura. La qual maniera di ar- gomentare molto si assomiglia a quella onde il Rossi Us6, ( 1 ) Se ances el Travauv de V Accade'mie des sciences morales et poli/iques. Mai 18tiG, pag. 206, — 921 — quando affermava traltarsi qui di una verita d' intuizione. Certamente Dio ha istillato nell' uomo il senlimcnto e la intelligcnza del giusto e dell' ingiusto. Ma cio egli feee per- che l'uomo ncl suo contegno al giusto si attemperasse e dall' ingiusto aborrisse, non inai perche si arrogasse sugli altri uoinini up potcre tapto coutrario alia eguaglianza, alia indipendenza e alia liberta di tutti. Certamente lo stato sociale e stato neeessario, non volontario. Ma da quesla prcmessa si dee venire ad una eonchiusione diversa da quella che il sig. Barrot ne ricava, si deve inferire che il corpo sociale ha diritto alia propria conservazione, ch' egli ha quindi diritto a tutti i mezzi i quali per la sua conser- vazione tornano necessarii, che il solo limite imposto al corpo sociale nella scelta e neH'inipiego di quesli mezzi e l'incolumita dei diritti altrui, che la minaccia e I' npplica- zione della pena sono cntrambe mezzo neeessario alia con- servazione del corpo sociale, che inline questa minaccia e quest' applicazione non ledono i diritti del punito, percio appunto che il punito non aveva diritto alcuno di commet- tere 1' azione vietatagli, e commctlcndola dopo conosciula la minaccia della pena, egli non ha diritto alcuno di sottrarsi all' applicazione della medesima. In altre parole anche il sig. Odillon Barrot confonde, cosl come e stata confusa dal Bossi, la contraddizione tra il fatto punito c la giustizia morale colla contraddizione Ira il fatto stesso e la giustizia sociale. La giustizia sociale e parte della giustizia morale. — La contraddizione tra il fatto punito e la giustizia sociale e necessaria perche la legge umana possa, senza restringere la lihcrla competente ai singoli, proibire una data azione, accompagnare il divieto colla minaccia di una pena, far seguire alia minaccia I' ap- plicazione. Ma la giustiflcazione della pena non riposa tanto Seric III,T. 1. 119 — 922 — sul!a malvagita morale clell'atlo, quanto riposa sulla incom-* patibilila di quest' alto coi dirilti degli altri. La ingiustizia vuol dunque essere relaliva agli altri uomini, noa assoluta. Essa non genera per se il diritto punitivo, si e condizione perche la proibizione dell' alto, la rainaccia della pena, o la sua irrogazione possano aver luogo quali uiezzi necessa- rii ed efficaci ad ottenere che Patto non si rinnovi. II sig. Ilelie eamminando sulle orme di Beecaria, non solo avea contrastato ai poteri umani la facolta di chiama- re ad effetto la giustizia assoluta, ma aveva posto in dubbio cb'essi ne avessero i mezzi. II sig. Barrot riconosce che torna difficile agli uomini giudieare la moralita degli atli dei loro simili, ma erede vincere la difficolla affermando che la morale non ha mai sostanzialmenle variato, che non si muto mai la morale di Socrate, ne mai si mutera quella del cristianesimo. E sia. Non pertanto il sig. Barrot con- fonde la immutabilita della regola morale colla varieta im- mensa del grado di colpa in chi la viola. — La difiieolta non e di sapere se un alto sia contrario alia legge mora- le. — La difiieolta e di penelrare nei recessi del cuore uma- no, di paragonarvi e ponderare la maggiore o minore re- sponsabilita cui soggiacciono, per aver materiahnente com- messo un medesimo fallo, uomini diversi. Finalmente il sig. Barrot trova che colla dottrina della giustizia assoluta il legislatore sa di avere sopra il suo ca- po un altro potere che lo guarda e lo giudica, dove nella dottrina dell' utile niente v' ha oltre o sopra la legge posi- tiva. Al quale proposito piu che I' indole dell' argomenla- zione astratta e vaga anziche no, mi affrettero a nolarc come, per essergli ignoli i lumi della scuola italiana florita tra Beecaria e Bossi, 1' accademico di Francia non vegga oltre la dottrina della giustizia assoluta clic quella dell'uti- — 923 — lila. Ora e verila incontrastabile che, pur considerando ii diritto di punire quale un diritto sociale di difesa indiretta, si lien conto della qualita dell' atto contraria al diritto c percio alia morale, lanto quanto se ne tien conto trattando della difesa individuate e diretta. Eppero io nou credo di andar lungi dal vero affermando che neppure il sig. Odillon Barrot rafforzo e rese piu ac- cettabile la opinione che fonda il diritto di punire sulla giustizia assoluta. Vengo ora a toccare piu brevementc delle opinioni che in Francia prevalgono sulla misura delle pene. Beccaria getto alquanta luce su queslo oscurissimo te- nia. Innanzi tratlo egli pose il principio generale che le pene deggiooo misurarsi per gradi e secondo i delitti. Quindi accenn6 il principio che la vera misura dei delitti e il danno per essi recato alia societa, onde venire che la quantila della peoa dee porsi del pari col danno della so- cieta. In lerzo luogo egli abbozzo il principio che nella lo- ro natura o qualita le pene devono accostarsi alia natura dell'atto criminoso, e accostarvisi non gia tenendo dell'an- tico taglione, cioe come a pareggiare piu equamente il ma- le morale, ma bensi come a bilanciarc con efficacia mag- giore la tendenza al delilto (I). In sostanza Beccaria vuole equiparata la pena al danno sociale. A cio egli intende in quella parte della sua celebre opera nella quale tratta direttamenle di questa ma- teria. Ma in altra parte, e precisamente la dove parla della moderazione delle pene, Beccaria annunzia quasi per inci- denza un' altra gran verila — bastare cioe che il male del- la pena superi il bene del delitto (2). — Quesla asserzioue (1) Beccaria §§. XXIII, XXIV, XIX. (2) Beccaria §. XV. — 924 — di Beccaria fu sufficient perche Romagnosi modificasse la teoria relativa alia misura delle pcnc, sosliluendo al danno sociale la spinta criminosa. E anche qui la teoria della spinta criminosa nasceva to Italia contemporaneamentc o poco prima delle teorie delle psicologichc, e specialmenle della teoria detta della minaccia in Alemagna. Anche qui vediamo Benlham soslencre, quasi in quel lorno, la massi- ma die la pena dee farsi tcmere piu che il delitto deside- rare. Ne e mestieri ch'io mi arresti ora a paragonare que- ste diverse teorie, uscitc o sullo scorcio del decimottavo o sul principio del secolo presente, teorie che tutte trovano la loro ragion d1 essere noil' opera di Beccaria, ma che nel loro sviluppo differiscono assai le une dalle altre. Per ora mi basta avvertire piu specialmentc che la teoria della spin- ta criminosa, appena dagli altri addityta, fu ampiamentc svolta da Romagnosi, e che la terza edizione da lui fatta della sua Genesi nell' anno 1825, ha prcceduto T opera del Rossi pubblicala la prima volta nel 1820. Ed il Rossi anche in questa parte essenzialissima della scienza abbandono le orme di Romagnosi. — Anche ri- spelto alia misura delle pene egli voile far capo alia giusti- zia morale. E poiche l'uomo non pu6 con norme di ragio- ne stabilire quale e quanta sia la violazione della giustizia morale, il Rossi sentcnzi6 che in difetto di quantita certe e di dati fissi il problema manca di soluzione. La pena, die' egli, davanli la giustizia morale dovrebbe esattamentc misurarsi suIla natura del dovere violato e sulla moralita dell' agente. Or bene : quegli che polesse stimare con esat- tezza questi due elementi in ciascun caso particolare, e che potesse in pari tempo suggerire un principio alto a deter- minare il genere e il grado della sofferenza corrispondcnle, qual mezzo espialorio, a ciascun delitto, quegli potrebbe — 925 — nsolvere in raodo positivo il problcma tlclla misura della pena morale. Dobbiamo pertanto riconoscere clio fin qui non abbiamo fatlo altro die annunciarlo, e cbe la sua so- luzione e ben lontana (I). E quella soluzione clie il sig. Rossi non osa domanda- re alio norme della ragione, quella soluzione egli la do- manda alle ispirazioni della coscienza. Egli vuole ebe per cadauna specie almeno di delitto s'interroghi I'inlimo senso non gia di un solo individuo, ma della universality, sulla eonvenienlc misura morale della pena rispettiva. Cio prc- messo il Rossi considera questa misura morale come il maximum della pena ehe la giustizia umana pu6 infiiggerc senza violare la giustizia assoluta. Poi, e sempre dentro il limite assegnato dalla giustizia assoluta, il Rossi vuole clie le pene ch' ei cbiama Icjali, rispondano per gradi al danno della societa ed alia probability cbe questo danno s'avveri. Finalmente il Rossi vuole ancora lener conto della diversa spinta criminosa. Io ho gia delto, parlando dei fondamenti del diritfo pu- nitivo, cbe dopo aver assunta a giustificazione delle pene la giustizia morale, era arbitrario limitarne 1' applicazione ai soli fatti sociahnente dannosi. — Ora debbo ripelere che nella teoria del Rossi 6 egualmente arbitrario soltoporre la misura morale della pena ad una misura legale cbe si dice dover essere piu rislrctta. Quanto poi alia spinta criminosa, sarebbc difficile determinare per quale ordine di principj e con quale intendimento il Rossi voglia avervi riguardo. Probabibnente egli intese cbe la diversa spinta criminosa si leghi alia diversa probability che il danno sociale abbia luogo. (1) Rossi, L. Ill, Cfi. IV. — 926 — In somma quesla teoria del Rossi sulla misiira delle" pene, dove si allonlana dalle teorie di Beccaria e di Iloma- gnosi, e tanto vana quanto e vano il fondaraento di giusli- zia assoluta dal Rossi attribuito al diritto di puoire, ed e tanto arbitraria quant' e arbitrario il domandaro alia co- scienza della univcrsalila, che ne dia la mistira del male mo- rale commesso dall' autor del delilto e la misura del corri- spondente male morale ehe gli dev' essere irrogato. Cio che rcsta nella doltrina di Rossi appartiene o alia dottrina di Beccaria, o a quella di Romagnosi troppo insiemc confuse. II sig. Faustino Ilelie non vede tra Beccaria e Rossi so non le opinioni di Filangeri, di Bentliam e di Kant ; di Fi- langeri che ha in sostanza ripetuto le idee di Beccaria, di Bentham che si limito ad accennare la necessita che la pena superi nelle cspeltative dolorose il vantaggio promesso dal delitto, di Kant che propugno la legge del taglione come la sola che possa servire a determinare la quantita e la qua- lita delle pene. E il sig. Faustino Ilelie, considerando che lutte queste, al pari di quella del Rossi, non sono soluzioni del problema che in apparenza,fa ritorno alle idee di Bec- caria, csprimo il principio che la pena debba essere una sofferenza materiale egualc in gravita al male sociale, e cio sosticne pur confessando che il paragone fra questi due termini non e anche fornito. , II sig. Ilelie accenna, e vero, che la quoslionc sulla mi- sura delle pene e stata per allri trattala, e specialmente per Renazzi, Bomagnosi e Carmignani, ma secondo il sig. Ilelie questi scrittori non allro fecero fuorche additare le diflicolta del problema (I). Non parlero di Renazzi e di Carmignani, i quali certo (1) Introduct. an. Trait e des delils el des peines § IX et Commen- taire au §. XX 111. — 927 — uon parteggiarono per la misura delle pone dedotla dallq spinta criminosa. — E restrigcndomi a Romagnosi diro die la forma sotto la quale egli espone le propria meditazioni sulla misura delle pene, e stata anche questa volta, come assai spesso, di ostaeolo al prolitto die altrimenli il sig, Helie avrebbe poluto dedurno. Poiche non e vero die Romagnosi si limilasse ad indi- care le difficolla del problema. Romagnosi pose per fonda- mento il principio die il delitto trae la sua origine dall' in- teresse a commelterlo ; chiamo questo interesse spinta cri- minosa ; dirnostro che la pena ben lungi dal cercare la sua misura in una specie di taglione materiale o morale, dove^ va cercarla in ciu die a formare una spinta contraria si ri- cbiedesse, e sovrattutlointraprese a notomizzare con sicura logica gli elementi dei quali la spinta criminosa componesi,e ch'egli determine esser tre e ben dislinti, cioe il desiderio dell'atto corrispondente alia sua utilita, la sperauza di riu- scire nella sua esecuzione e la lusinga di evitare la pena. N6 qui si arrestava, die proseguendo nell'arduo cammino face- vasi adindagaredaH'uri canto sollo quali forme, se cioe indi- viduali e lemporanee, ogenerali e coslanti, la spinta crimi- nosa dovesse essere considerata ; e a cercare dall'altro per quale modo in vista dei diversi appetiti criminosi, si possa e si debba delerminare la diversa qualita e la diversa quau- tila delle pene (I). Come si pud dunque affermare cbe gli scritlori i quali nel tempo corso tra Reccaria e Rossi diedero opera alia scienza, siensi limitati ad esporre le diflicolla del problema? E come concliiudernc che il problema o non possa scio- glicrsi, siccbe si debba gittarsi ad un cieco empirismo, o (I) Generi del DiritloPenah\$$. 13. 86 e se^. — 028 — ■ nun possa avere una soluzione migliore di quel fa data da Beccaria, che pure si confessa insut'licicnte ? Io credo invece che in questa difficilissima materia neppur Ilomagnosi abbia detto lullima parola. Scnza dub- bio quel sistema penale, il quale nel distribute e misurare le pene non tenga conto delta spinta criminosa, e non pro- curi a se con diligenti stalistiche i dati necessarii per cal- colare le medie dei singoli elernenti di cui la spinta -com- ponesi, quel sistema penale, sia che obbedisca alio idee di Kant cercando di eguagliare colla pena il male morale del delitlo, sia che obbedisca alle idee di Beccaria procurando di pareggiare colla pena il danno sociale, manehera mai sempre alio scopo che solo e fondato in diritto e solo e possibile in pratica, voglio dire Io scopo di difendere la so- eieta dai delilti fuluri. Ma sara poi bastante aver tenuto conto della spinta criminosa ? A me pare che gli scritti di Beccaria e di Bomagnosi conlengano il germe di un' ulteriore sviluppo, che alia teo- ria della misura delle pene non fu dato pcranco. Certamcnte una prima parte della pena deve risponde- re alia spinta criminosa. Ma a questa prima parte della pena se ne deve aggiungere una seconda. E cio per due ra- gioni. La prima e, che la soeieta ha interesse e diritto di non lasciare dubbioso nella scelta chi medita 1' azione criminale; la seconda, che la soeieta ha interesse e diritto di allargare la sfera attiva della pena per comprendervi un maggior numcro di casi. Poiche la spinta criminosa non puo e non deve essere calcolata ( Bomagnosi slesso ce lo insegna ) se non come media generate e pre- sunliva secondo il corso consuelo enolo delle cose e degli uomini. Laonde molti casi particolari resterebbcro fuori della sfera di azione della pena, misurata su questa media — 929 — generate o presuntiva. E di qui il bisogno di fare alia pena cosi misurata un' aggiunta. Che alia pena debbasi far questa aggiunta, lo hanno sup- posto e Beccaria e Romagnosi. — Becearia lo suppose in quelle stesse parole, nelle quali tanto raecomanda la dolcez- za delle pene. « Perche una pena, die' eglij, ottenga il suo » effetto, basta ehe il male della pena ccceda il bene che » nasce dal delitto ». Romagnosi trovo nccessario « cbe la forza repellenle della pena vinca la forza impellenle del delitto immaginato. » Come pcrlanto si dovra misurare quest' aggiunta ? Se lo scopo di quest' aggiunta e di meglio assicurare la societa seemando il numero dei delitti, so d'altro canto la societa ha interesse che i delitti sieno piu rari seeondo che le sono piu dannosi, chiaro si scorge come questa seconda parte della pena, ma solo essa debba misurarsi sul maggior o minor interesse ehe il delitto non venga commesso, ossia sul maggiore o minor danno ch'ei reca alia societa. Ed e appunto a questa seconda parte di pena che de- vono applicarsi, perche restino vere, due belle sentenze di Montesquieu e di Beccaria, le quali, se rapportar si voles- sero a tutta in generale la pena, peccherebbero di troppo esteso significato. « E cosa essenziale, dice il primo, chefra » le pene regni 1' accordo, perche e cosa essenziale che si i) schivi piii presto un male maggiore che un minore, cid » che piu turba la societa, di cio che le reca minor nocu- )) mento ». II seeondo : « Non solamente e interesse comu- i) ne che non si commettano delitti, ma che sieno piu rari » a proporzione del male che arrecano alia societa ; percio » piii forli debbono essere gli ostacoli che risospingono gli » uomini dai delitti, a misura che questi sono contrarii al » bene pubblico. » Scric UL T. I. 1 20 — 930 — Tulto cio quanto alia inisura relativa Ira i diversi delilti. Quanto alia misura assoluta, bisogna invece guardare al maggiore o minor bisogno politico cbe la societa sente di questa parte di pena. Una societa nascente ne ha grande bisogno, perche in- certe ed inesatte sono le sue cognizioni per calcolare la media della spinta criminosa, perche ha giusto motivo di temerc frequenti abcrrazioni dalla media stabilita, perche debole e la sua forza, poco estesa la sua vigilanza, assai difettoso il metodo delle prove, e per tutto cio grande e fondato il timore, che una particolare spinta piu forte seemi e distrugga piu di frequcnte 1' effetto della pena misurata in forma generale e presuutiva sulla spinta cri- minosa. Per contrario una societa avanzata nel civile progres- so conosce assai meglio le circostanze necessarie a ben de- lermmare la spinta criminosa, ha minori molivi di temerc frequeuli traviamenti dall' ordinario andamento degl' inte- ressi, ha maggior vigilanza e forza politica, ha ricchezza piu grande di mezzi processuali; ecco quindi minore per essa il bisogno di questa seconda parte di pena, perche la prima ando di mano in mano acquistando una forza sem- pre piu regolare ed universale. — E queslo il principale motivo per cui 1' incivilimento portando maggior uniformi- td negli elemcnti della spinta criminosa, e offrendo al legi- slatore maggiori mezzi di conoscerla, porta seco necessa- riamente la mitigazione generale delle pene. Questi pochi cenni mi sembrano sufticienti a mostrare, come i principj segnati da Beccaria e da Romagnosi pos- sano condurre ad un razionale sviluppo della teoria che la misura delle pene risguarda. Ma evidenlemenle chi rin- — 931 — nega le premesse poste degli accennati scrittori, quegli ri- fiula cziandio le conscguenze o gift dedotle, o che polreb- bero esserlo. E qui pongo line al mio discorso per avventura troppo 1 ungo. Io vi csposi quale sia !o stato odierno della filosofia del diritto penale in Francia, e lo feci discorrcndo special- mente sulle due piu difficili e piii important qucslioni della scienza. Qua e la conelusione che da questo studio si dee rica- vare? Pur troppo essa non e confortante. La filosofia del diritto penale ha risentito in Francia 1'in- flusso degli studj iniziati da Cousin sulla filosofia generalc. Sono quaranl' anni che la filosofia di Cousin ha legato in quel paese al suo carro la scienza del diritto penale. E sono quarant' anni che la scienza del diritto penale non vi pro- gredisce. — Rossi avrebbe potuto rendere popolari in Francia le dottrinc piu consentanee ai veri principj, e piu adatle alio rifornie pratiche. Ma Rossi, e dobbiam credere in buona fede, mise la sua magica penna al servizio delle idee douiinanti, contribul anzi a fame piu durevole I'im- perio, e riusci per la scienza di tanto maggiore pericolo, in quanto che col suo ingcgno diede a quelle idee una forma piu completa e uno sviluppo piu esteso. — Se l'importan- za della materia fosse men grave, se fosse meno decisiva la influenza che lo stato delle scienze morali in Francia csei'cila sullo stato delle scienze medesime nelle altre parti del mondo civile, io mi sarei rimasto dalP esame critico che ho lentalo di fare. Ma poiche lo studio del diritto pe- nale deve anch'egli avere gran parte nei fulmi migliora- menti delle socicla moderne, e poiche in queslo, come in tutti gli altri rami della scienza di stato, il progresso dei — 932 — paesi nostri e strettamente legato eon quello dolla Francia, jo ho credulo adempiere ad uii debilo combattendo quella clie mi apparisce una pcricolosa tendenza. lo non mi fer- mero a dirvi a quali effetti diversi, anzi contrarii, conduca- no i due sisterai che abbiamo eonfronlalo. Mi basta rieor- darvi clie colesta contraddizione di effetti e riconosciuta da lulti coloro cbe presero parte alia disputa. — Piullosto io concbiudero con una osservazione, cbe tutto vi rivelera del mio scrilto V inlendimento. — Quando con Cousin e con Rossi avremo affermato: cbe la giustizia penale e una giustizia di espiazione; clie il rapporto tra il delilto e la pena si sente ma non si dimoslra; cbe le pene non devono ragguagliarsi ne aH'interesse di commeltere i delitii, ne al- 1' interesse di allontanarli, ma alia giustizia assoluta ; che esse devono consistere in un male equivalente al male mo- rale; cbe questo male morale non polendosi misurare con norme di ragione deve indovinarsi con aspirazioni di sen- timenlo; quando avremo detto tutto questo, a clie avremo ridollo la scienza ? E come sfuggiremo al dominio di quel cieco empirismo cbe di tali premesse e illazione inevitabile? E come avremo il coraggio di rivolgere le nostre medita- zioui a quei miglioramenli del sistema penale, dei quali il bisogno e da tutti sentito ? In verila io credo cbe lo studio della tilosolia del diritto penale debba in Francia mutar indirizzo. Si annunziano i seguenli doni fatti all' i. r. Isli- tuto, dopo le ultime adunanze di giugno decorso : t. Dali' Vccademia fisio-mcdico-statistica di Milano. Alii dell' Accademia stessa. — Vol. I, dispensa 2.° Milano, 1 850. — 933 — 2. Dal sig. Giacomo Zambelli di Udine. Sulla pellagra e sui mezzi di prevenirla. — Udine, 1856, di p. 96, in 8.° 3. Dal!a Societa Reale Borbonica di Napoli. Rendiconto della societa Reale Borbonica. — Annata 1 855. Eruzioni vesuviane del 1850 e 1855. — Napoli, 1855, un vol. in 4.° Alcxine osservazioni sopra laluni rimedii proposti con- tra la malallia delle viti. — Psapoli, 1856, di pag. 18, in 4.° 4. Dal sig. E. Fabri-Scarpcllini, di Roma. Pontificia corrispondenza meteorologica tclegrafica in Roma a mezzodi, diretla dal P. A. Secclii. — Anno, I.0 Roma, 1856, in 4.° 5. Dalla Societa Reale di Dublino. Giornale della delta Societa (in inglese), in 8.° Dublino, 1856, n.° I.0 G. Dal sig. co. Girolamo Dandolo. La caduta delta Rcpubblica di Venczia (conlinuazione) Dispensa A.' Vcnezia, 1856. 7. Dal sig. prof. Ignazio Cantu. Cronaca, giornale di scirnze letlcre ecc. Dispense XII e XIII, 4 856. 8. Dalla R. Accademia dei Georgofili di Firenze. Alti delta R. Accademia. — Vol. III. Disp.. 2.' 1856. — 934 — 1). Daisig. Franc, ftagalta e G.dott. Ganz, di Verona. Storia, e quadri statistici delta invasione cholerka in Verona net 1855. — Verona, 1856, di pag. 16, in 8.°, e 4 quadri. 40. Dal sig. dott. Adolfo Targioni-Tozzetti di Firenze. Sulla malallia delle uve. — Rapporto generale delta Commissioner dell' Accad. dei Gcorgofili. — Firenze 1856, un vol. in 8.°, con lavole. H. Dal sig. Giuseppe Ferrario di Milano. Cenni storici, e stalistica del cholera-morbus in Lom- bardia, ed in alive regioni, per V anno 4 855, di pag. 16, in AG.0, con tavole. 42. Dalla Societa mcdico-chirurgica di Rologna. Bulleltino delle scienze mediche. — Giugno, 1856. 43. Dal Municipio della R. Citta di Venezia. Istruzione popolare pel trallamento e governo delle cavalle madri, e dei poledri, e sidle condizioni e tenula delle stalle. — Venezia, 1856, di pag. 21, in fogl. 44. Dalla Riunione zoologico-botanica in Vienna. Alii della stessa Riunione. — Tomo V, con tavole (in tedesco). Vienna, 1855. Relazione sopra la bibliografia austriaca della zoologia, botanica, c palconiologia pegli ami 4 850 51-52-55 (in tedesco). Un vol. in 8.° Vienna, 1855. — 935 — 15. Dal m. e. dott. Antonio Pazienti. Nozioni clemcntari di oltica. — Vicenza, 1850, di pag. 90, in 8.°, con tav. Nozioni clemcntari di elctlrometria , e di reomelria clcltrica. — Vicenza, 1850, di pag. 58, in 8.° 16. Dai sigg. Antonio e G. B. fralelli Villa, di Milano. Intorno alia malattia delle vili. — Milano, 1855, di pag. 10, in 8.° Necessild dei boschi nclla Lombardia, ecc. id. di pa- gine 58, in 8.° Lc cctonie ( insetti scarafaggi ) — di pag. 2, in 8." Le epocke geologiche. — di pag. 2, in foglio. 17. Dalla R. Accadcmia dei Georgofili, di Firenze. Giomale agrario toscano. — 1850, nuova seric, disp.2.a 18. DalF F. R. Istituto Lombardo. Memorie dell' I. R. Istituto Lombardo. — Volume V, Milano, 1856. 19. Dal sig. dott. Giuseppe Biihrn, di Praga. Osservazioni magnetic he j e meteorologichc, dal gennaio al dicembre 1855. — Praga, ^50 (in tedesco). 20. Dalla Redazione del Giornale la Rivista Vcneta. La Rivista Vcneta, Giornale ebdomadario — in 4.°, 1850. Dal n.° 1 al n.° 10. 21. DalP I. \\. Commissione centrale per la rieerca e conservazione dei monumenti. Giornale delta stessa Commissione (in tedesco). Vienna 1850, un vol. in 5.° con tav. — 93(> — 22. Daila R. Accademia di agricoltura in Torino. Giornale (/' agricoltura pratica cd arti accessories e rivista orticola. — Torino, 1856, in 8.° T. I, Fase. I.0 23. Dal sig. dott. Francesco Formcnton, di Vicenza. Dialog hi sulla manulcnzione delle slrade a ghiaia, e proposta per organizzame la direzione e sorvcglianza. — Vicenza, 1850, di pag. 02, in 8.° 24. Dal sig. prof. Ignozio Cantu. Cronaca giornale di scienze leltere cdarti, ecc. — Anno [1850, dispensa XIV. 25. Dall' I. 11. Accademia delle scienze in Vienna. Foglio di notizie (in ledesco) n.' 1 1, 12, 15, 14. Ragguagli delle adunanze dell'I. R. Accademia (in ted.) Classe di filosofia Tomo XIX (1850) Puntata 2.° » Tomo XX (id.) Puntata i.' Classe di maternal. Tomo XX (id.) Puntata 1 ." Fontes rerun auslriacarum. — T. XII (id.) della sez. II. a Memorie della stessa I. II. Accademia. Cdassc di matematica e scienze naturali — 1850, T. XI. 2b\ Dalla Congcegazione dei Padri Mcchitaristi^ in Venezia. Poliistore. Giornale di scienze morali, Cloiogiche, eco- nomiche e naturali (in lingua armena) in 8.° gr. — Anno I85G, fascicoli I al 12. 27. Dal sig. Camillo dotL Corner. La scuola di ostetricia del Collegio medico-chirurgico di Venezia tralla dagli alti priori dello stcsso. — Disser- tazione. Padova, 1 8i I, di pag. GO, in 8." PROGRAMMA Dl PREMIO. La Sezionc raedica della Societa d' Incoraggiamento di scienze, Ictlerc ed arti accetto da ua benemerito medico ItaUano stabilito in Oriente la seguente proposta di premio: « Fare la monografia dclle nevralgie brae Mail, non dimcnlicando la diagnosi diffcrenziale dclle nevralgie del varil Ironchi nervosi che possono esserne sede, ed insist endo spccialmente sul loro trattamento curatlvo. — Premio 1000 franc hi. « Nella soluzione del quesito proposto, i concorrenli dovranno avere speciale riguardo al caso di nevralgia brachiale, che 6 soggetto dell' Hlstoire d' une nevralgie re- ccntemente pubblicata in Milano coi tipi di Giuseppe Chin- si, pronnnciando se debba considerarsi quale una nevrite, o quale una nevrosi, ed indicando i mezzi atti a domarla o mitigarla. a II detto opuscolo verra gratuitamente distribuito a quanti concorrenti ne faranno domanda alia sezione rae- dica della Societa d' Incoraggiamenlo di scienze, lettcre ed arti, od al dott. Gaetano Strambio, compilatore della Gazzetta medica I tali ana Lombarda. « Le Memorie, leggibilmente scritte in italiano, in fran- cesc od in latino, debbono dirigersi colic consuete forme accademicbe alia sezione medica della Societa d' Incorag- giamenlo in Milano ( Contrada del Durino N. 432) pel 30 seltembre 1857. « La Meraoria premiata rimane propriela dell' autore Serielll.T.I. J 21 — 938 — die ne fara eseguire la stampa entro sci mesi daH'avvenula aggiudicazione, e lascera una copia del manoscrillo nello mani del dott. Gaetano Strambio. » Milano, il 25 agosto 1 850. // Conservatore pott. c. SACCDI It Segretario DOTT. FIETRO BOSISIO. — 93!) — PROGRA M M A C E R T A M I N I S P O E T I C I A B ACADEMIA REGIA SC1ENTIARUM PROPOSITI. A.° 18 5 6. Academiae Regiae Scientiarum Ordo qui Literarum, philosophiae ct historiae disciplines tuendis destinalus est, obscquens mandato, quo cura Legati Hoeufftiani ad se de- lata est, de seplem Carminibus, quorum auctores de pras- mio certabant, hoc pronunciavit in Consessu d. XIII Maji liuius anni: — ca, quae bis indicibus ornata esseut, I .° Ode Ueroica Cicero pro Sex. Roscio Amerino: 2.° Epiplwnesis. 5.° Guilielmo Tacitumo. 4.° adPatriam a. 1848. 5.° In J. D. van Lennep, neque ab ingenio, neque al) orationis poe- ticae facilitate ita commendari, ut praeraio digna videren- tur : turn in reliquis duobus carminibus, quorum alteri pracponeretur titulus Musae invocatio, alteri LtjcidasyEclo- ga, non eas quidem iuesse praestantis irigenii poclici dotes quibus praemiura deberetur, sed laudabilia in primis de- prehendi vestigia Iaudis, ita ut utrique praemium secun- dum decernerct. Itaque quinque superiorum schedulis, quibus nomina auctorum continebantur, integris combustis, duorum po- s tremor um, venia impetrata, scbedulae apertae sunt, et utriusque Garminis unus auctor prodiit johannes va?j leec- wen, V. D. M. in Pago zegwaart. — 940 — Denuo Acadeiaia Regia Scientiarum invitat omnes, exteros pariter ac cives, ut composito carmine Latino tie praemio Hoeufftiano certcnt. Certaminis praemium est numisraa aureum valens cen- tum et viginti llorenos, tribueturque ei, cuius carmen La- tinum, versuum baud minus quinquaginta, nee privati ar- gumenti, et nondum prius vulgatum, iudicibus, quos Aca- demia designabil, dignum eo bonorc videbitur. Carmina buic ccrtamini destinata, ante d. \.° Januarii a. 1857 mitti necesse est ad Virum Consult. H. J. Koenen, Ordini supra dicto Academiae Scientiarum ab Actis, lem- mate insignita, additaque scbedula obsignata, qua nomen aucloris contincatur, quaeque eodem Icmmate distincta sit, Certaminis evenlus pronunciabilur in publico Acade- miae consessu mense Majo a. 1837. Praemio digna babita carmina sumtibus Academiae typis descripta edentur. Quae praemio non digna babita fuerint, una cum scbedulis obsignatis, auctoribus acquis conditionibus reddenlur. J. BARE Ordinls Jcademiae Regiae Scientiarum Lite phllosoph'tae et hisloriae Fraeses. Amstelodumi d. X Julii. A. MDCCCLVI. APPENDICE secondo /' articolo 429 degli statuti interni. CENNI SULLO STATO SA1TARI0 DI WMk DEL M. E. G. SANDRI (Continuazioue della pag. 79.1 della precedente dispensa) 40. Pel numero si scarso di vittime, che in Verona fa la pellagra, giungente in questo decennio a un poco piii di 2 millesimi delle totali, io non dovrei ricordar qui distin- tumente ne meno essa : ma piacemi ricordarla per altro motivo. Da quanto se ne discusse ne' congressi scientifici, e massime in quello di Milano, risulta: \.° come essa regni anchc in luoghi ove non si usa a nutrimento solito il mats o sia grano turco o formentone; 2.° come in luoghi nei quali il detto grano usasi a comun cibo, ella sia sconosciuta; 5.° come ne vengano, bencbe piu di rado, prese anche pcr- sone agiate; 4.° come siasi riconosciuta eziandio ereditaria ; 5.° com' ella passi lentamente da luogo a luogo, e si vada insinuando in provincie e distretti ove prima era al lulto ignota ; e cio faccia senza cbe in essi avvenga verun sensi- bile cambiamenlo nel viverc degli abitanti, nelle cii'costanze topografiebe, atmosfericbe, od altre. Molte delle quali cose sono pur confermate dal prege- vole scritto del sig. doit. Facen, il quale considerando la pellagra nel tcrritorio di Feltre, accenna come vi comparisse — 942 — unicamenle verso il 1770, come vi si mostri ereditaria, come vi si prendano anche agiate persone. Nel quale scritlo pur accennasi il dubbio die mosse forse pel primoil signor dolt. Zecchiuelli sul poter essere eziandio contagiosa, e si aggiugne che il sig. dolt. Nobili di Como adduce di conlagio i casi di due fanciulle sanissime, le quali infellaronsi poi coabitando con pellagrosi mariti, e die il sig. prof. 13 olio ne pose in campo la contagione ancbe al congresso scientifico di Genova. Dalle quali considerazioni fondate su fatti asserili da pcrsonaggi si chiari, si numerosi, di si diverse contrade, conformi eziandio a ci6 che vien osscrvato in Verona, dove si poco rcgna la pellagra fin anche nella piu misera pove- raglia, che tanto stenta c lanto usa di grano turco; ci sem- bra che non da miseria, non dal cibare lal grano propria- mente essa provenga, ma bensi da principio specifico alto a serbarsi identico dovunque ella si manifesta; imperciocche si spiega solamcnle con esso 1'inlero procedimento di lei. S' intende con esso la lenta diffusione della pellagra da luogo a luogo senza che pun to vi si mutino le circostanze ; s' intende il suo regnar anche dove non usasi a comun ciho il mais; e il suo poter non regnare ove questo grano forma quasi I'esclusivo alimento degli abitanti ; s' intende con esso, come senza risparmiare appieno la classe comoda, la pella gra afiligga di preferenza l'indigenle, siccome usan fare eziandio allri morhi specifici, la fliriasi, pogniam caso, e la scabbia ; perciocche la misera classe, vivendo per ogni conlo slivata, e non potcndo mulare gran fatto lini e vestimenti, e non molto essendo curante della nellezza, assai piii si trova in istato di riceverne i gcrmi e trasmetterli. Intendesi come il male esscr possa eredilario, e a quando a quando, presentandoglisi il deslro, eziandio contagioso, siccome sono — 943 — pur altri di simil tempera; conciossiache Tuna di tali qua- nta non escluda l'allra, ed enlrarabe possano vantar gerine proprio. Questa causa e uon allra, rendendo ragione del niorbo in tutto il suo procedimenlo, noi pensiarao che sola ne sia la vera causa efficient^ e se qualcbe altra vi ha parte, come la vita slentata, il triste alimento, non sia che occasionale o coadiuvante. 41. Assai piu della pellagra dannosa in Verona e la migliare, che le si rese malaltia pressoche ordinaria;eben- che veggasi trascorrere qualche mese o qualche stagione senz' essa, o almanco senza che faecia prede, in nissun anno pero non manca di fame, ora sola ed ora accompa- gnata ad altre malattie, massime infiammatorie ; e benche sempre non taceia del tutto in inverno, infierisce ordina- riamente piu ncl caldo che nel freddo. Cosi nel i84Si! maggior numero di sue prede fu in luglio ; nel 1849 in seltembre, e negli altri otto anni in agosto. E come nel decennio da noi consideralo se n' ebbero 544, pud dirsi che sia I'annua media di circa 54; quantunque fra un anno e l'altro v'abbia grandissima sproporzione, offrendo per esempio il I 845 soli 15 casi, e 70 il IS $8. Colla media ora detta la migliare porterebbe meno di 2 ccutcsimi del totale delle morli annuali. 42. Ma piu ancora della migliare si resero famigliari in Verona le febbri intermit ten ti. Endemiche per lo innanzi e crcdute proprie dei siti bassi, umidi e paludosi, ascesero poscia, sembra non ha guari, anche all'alta aridissima pia- nura, al colle, al monte e nella stessa citta, ove trattotratto mostransi pure epidemiche. E sebbene in essa regnino spe- cialmente l' aulunno, per cui anche autunnali si appellano, e spesso eziandio in primavera col risvegliarvisi le autun- nali che tacquero durante il verno, o coll' insorgerne di — 944 — novelle; pure, o ridestandosi anche 1g due, le tre, le quattro volte dopo essere state per intervallo piu o meno lungo assopite dal loro febbrifugo, o di nuova presa, mostransi non di rado eziandio in altro tempo: sicehe non saprebbesi ben dire in qual mese in un anno o nell1 altro esse non faccian comparsa, quantunque usino piu oecultarsi nel freddo. Ordinariaraente scmplici c non perigliose, talora complicate con allri morbi, e qualche fiata pur malignanti e prepense a divenir pernicioso od apopletiche. Cotale an- damenlo delle periodiche nel Veronese piu non permette die lor diasi per causa il palustre miasma, chi non vuol cadere nella slranezza di porre 1' effetto dove la causa non trovasi; ma fa sospeltare cio chemaggiormentc mostrammo in un altro lavoro (I), die la vera causa efficiente sia un principio specifico d' ignoto procedimento, atto a serbarsi identico in tante e si svariate circoslanze di luogo c di tempo : il quale dal febbrifugo ora si eslinguc, ora soltanto si assopisce per risvegliarsi di poi : e qualche volta e pure si pertinace da non sen time la forza. Le periodiche per altro, quantunque dieno molto incomodo, non sogliono esser mortali se non quando vanno associate ad altre ma- lattic perigliose, o pur divenute perniciose od apopletiche deludono la viyilanza del medico, il quale non e pronto a prevenirne il letale accesso coll'apposito farmaco. II perehe le lor prede qui non segnansi con cifra distinta. 45. I quattro malori che di tempo in tempo regnano anche epidemici, massime tra i fanciulli, vale a dire il va- juolo, i morbilli, la pertosse e la scarlallina, ben non sa- premmo se dirli solili o vero insoliti; conciossiache pos- sono Irascorrere stagioni inlere, ed anche anni senza che (I) Guida alio studio de' contagi, ecc, Capo XIII, p. 164. — 945 — quello o questo si manifesti, almeno sensibilmente col far qualcbe preda, Nel deccnnio da noi preso in esame ne fe- cero insieme di nominate distintamente 527 ( N. 50.): il che porterebbe la media di circa 52 -/6 per ciascun anno, se avessero a serbare qualchc misura di distribuzione, ma in fatlo non ne serban veruna per nissun conto. Ove le prede di questi morbi si volessero far entrare nel novero ordi- nario, colla media sovraccennala importcrebbero poco piii dun centesimo e mezzo delle totalis a un di presso come quelle della migliare (N. 41). 44. Nell' ordinario nnmero pero non debbono entrare le vittimc di ccrti morbi al tutto straordinarii, eome il lifo ed il colera asiatico. Per buona sorte quelle del primo nel nostro decennio non furono si numerose, cssendosi contro di esso presi in tempo i necessarii provvedimcnli. Ci rapi egli soltanto 42 vite nell' ultima parte del 1849, comin- ciando da una involala in agosto; e 18 nel 1850, vale a dire 1 in gennaio, 1 in febbraio, I in marzo, 4 in apri- le, 8 in maggio, 2 in giugno, ed I in settembre. Egli epoi da ricordare cbe oltre il propriamente detto peteccbiale, cbe attacca piii specialmente la testa, qualcbe morbo ne veste de'sintomi, attaccando di preferenza alcun altra parte, come una febbre gastrico-nervosa., che rapi ben 146 vitti- mc nel 1 84 I , cioe 10 in gennaio, 12 in febbraio, 9 in mar- zo, 7 in aprile, 12 in maggio, I I in giugno, 22 in luglio, 19 in agosto, 16 in settembre, 9 in ottobre, 15 in novem- bre, e 14 in dicembre. E ne veggiam pure alcun raro ve- stigio anche di poi. 45. Delle tre volte che il morbo asiatico visito fmora Verona, tocca al nostro decennio la piii mite che fu quella del 1849. Comparso in luglio vi fece 14 prede, 214 in agosto, 56 in settembre, 16 in ottobre, e 2 in novembre, Seric III, T. I. 122 — 946 — colic quali ebbe termine, involando cosi 502 vitc, presso- cbe tutte adulte, cinque sole essendo state d'infanti. 46. Di aleuni altri mali specifici non troviam rieordato die qualche rarissiino caso in questo decennio. Dello scor- buto veggiamo una preda in gennaio, una in maggio ed una in giugno del 1842; ed una del marzo del 1845: delta varicella una preda nel febbraio 1844, due nel raaggio del 4 845, ed una nel novembre del IS4G. Altri poi in questo decennio punto non veggiam nominali, sia die non vi cora- parissero, o non tornasser mortiferi ; benche recassero molto danno od incomodo in anni anterior!. Talisarebbero il grippe, gli orccchioni, il fuoco sacro, 1' ottalmia, ed una specie di risipola che mostrossi epidemica. 47. Del grippe, o sia calarro russo, ci si ricordano pareccbie invasioni, rappresentandocelo conlagioso, sia pel modo con cui ci veniva recato, sia per quello di sua diffusione. Cosi ci si dice p. e. come nelf aprile del 1805 ci giugnesse da Milano, dove eapito dalla Francia, in cui fu 1' anno prima; come nel maggio erasi fatto assai frequente ed epidemico invadendo per conlagio le interc famiglie ; e come ancbe nel novembre del 1800 si vedesse attacca- ticcio di famiglia in famiglia. 48. Gli orecchioni o parolidi, spcsso ricordati colnome di galtoni, e cbe piii comuncmente chiamansi in Verona mal del moltone, troviamo aver dominato sporadic! nel- 1' aprile del 1795, ed epidemici nell' agosto, nel maggio e giuguo 1794 ; nel febbraio 1790 ; nel marzo del 1800. E nel gennaio del 1801 ci si presenlano con suppurazioni lunghe ai genitali, e nel febbraio eziandio come apportatori di morte a molti individui. 49. II fuoco sacro scorgiamo aver molestato Verona nel 1801, e averne ancbe fatta epidemia nel 4799 ; e ca- — 947 — ratterizzarsi come assai doloroso neirapriledeU805. LTot- talmia noli' aprile del 1805 ci si dice esser passata ad infe- stare quasi tutti i fanciulli della citta, avendo cominciato in marzo, e indi cssendo stata epidemica, e quasi univer- sale in qualche monastero di monache : e nel maggio del 4795 se ne ricorda una tale da indurre ne' veccbi la ceci- ta. E quanto alia risipola., se ne ricordano quasi epidemic specialmente alia faccia, come nel novembre del 4 795, nel maggio del 4 795, nel gennaio del 4 799, nellottobre del 4 800 ; e notasi pure essere tal volta stata facile a degene- rare in gangrena, o in ulceri gangrenose, come nell' ora detto gennaio del 4799. 50. Ma le morti cagionate da quesfi o somiglievoli mali straordinarii in Verona, non entrerebbero nel computo della soiita sua mortality. Vuolsi dunque dislinguere la mortality ordinaria dalla straordinaria. Questa pud suc- cedere o per causa non bene apparente come quella degli infanti nel 4 842, (N. 4 7.74) ; o per gravi turbamenli dei popoli, per politicbe calamila, come quella del 1 848; o per contagiose epidemie, come nel 4 849. Anno oltre modo mortifero per cagione simile a quella del 4 848, sifu in Ve- rona il 1796 nella seconda sua parte, e mortiferi per ca- gion simile a quella del 4 849 si furono il 1801, il 1829, e il 4 856. 51. E rispetto a quest' ultima cagione, viene in taglio osservare, come nel mentre che infieriva un' epidemia, il vajuolo, per esempio, il tifo, il colera, non solo non tace- vano i morbi soliti, ma dominavano pure altre contagioni ; siccbe 1' eccesso della mortatila di quesli anni, non ad una sola, ma piuttosto ad un complesso di epidemie o semi-epi- demie tra lor diverse, le quali rcgnavano al tempo stesso, e dovilto. — 948 — 52. Considerate) quali morbi tronchino le vite in Vero- na, e in quale proporzion rispettiva soglian trOncarle, a rendere questo cenno manco imperfetto, avvisammo di aggiungervi alcuni prospetti statistici cbe ci venne fatto di raecozzare, senza poter luttavia troppo garantire sull'esat- lezza delle singole cifre, sia perche nol comporti la natura stessa della materia, sia perche il miglior modo ancor non s' adoperi nel tessere quei registri, da cui elle si pren- dono. 55. In un prospetto si da prima la popolazion di Ve- rona co' due sobborghi di Tomba e di s. Lucia, la quale nel menzionato decennio, benche non se nescorga sempre ebiaro il motivo, ondeggia tra il 51,400 e il 52,529, di cui circa 2500 pe' sobborghi, e il rimanente per la citti, non bomprendendovi ne la milizia ne i foreslieri ; e vi si vede ancbe le feminine superare alquanto i maschi, non giungen- do mai gli uni alle 20 mila, e le altre sempre passandole. In esso prospetto appaiono poscia i matrimonii celebrati per ciascun anno, i quali porgono 1' annuo medio numero di quasi 594. 54. Poi nel prospetto medesimo viene in vista il nu- mero de' nati distinti in maschi ed in feminine, in legittimi ed illegi ttimij, cbe in complesso danno un medio annuo di 4 957. Indi scorgesi quello de' morti che porge un annuo medio di pressocbe 2155, mentre l'ordinario sarebbe da 1800 a 1900: ma v'ebbe in questo decennio, come fu ri- cordato di sopra (N. 50), tre anni straordinarii ; vale a dire il 1842 che ne diede 2176, il 4 848 cbe ne die poco meno di 2700, e il 1849 che ne ha dalo soltanto una qua- rantina men di 5000. Dondcapparisce 1'annua perdita me- dia d' individui 177. (Continua.J IRDH1E BELLE 1DEI1HZ1 D E L L' A N N 0 ACCADEMICO 1855-56. Adhnanza del giorno 25 Novembre 1855 — » — 26 Novembre a — » — 29 Dicembre » — » — 50 Dicemdre » — » — 27 Gennajo 1856 — » — 28 Gennajo » — » — 24 Febbrajo » — » — '25 Febbrajo » — » — 16 Marzo » — » — 17 Marzo » — » — 27 Apr He » — » — 28 4/m7e » Adunanze dei giorni 15, 16, 17, 1 8 e 29 Maggio Adhnanza solenne del giorno 50 Maggio Adi'nanza del giorno 22 Giugno » — » — 23 Giugno » — » — 20 Luglio » — » ■ — '21 luglio » — » — \1 Agosto » . pag. 67 )) 75 » 187 i) 195 » 271 » 291 » 559 » 595 » 471 H 497 )> 555 » 551 Maggio. H 625 » 657 » 715 )) 759 )) 795 )) 811 » 885 IHDICI ALFABETICO Adunanza solenne del giorno 30 maggio, pag. 037. Afl'ari interni. — Tabella delle adunanze dell' anno accade- mico 1855-1850, nag. 70. — Nomina del dott. Giacinto Namias a segretario dell'i. r. Istituto, io i. — Nomina di una Commiss. per Jesame dun ce- mento idraulico, pag. 97. — ■ Commissioni per la nomina de' soci corrisp. e per la bi- blioteca dell' Istituto, pagina 217. — Si propone la sosti- Luzione del vice-segretario BianeUetti, pag. 289. — Te- ini proposti pel quesito scien- tiflco, pag. 313. — S. E. il Luogotenente Bissingen rin- grazia per la sua nomina a Membro onorario dell' Istitu- to, pag. 391. — Si procede alia nomina di cinque membri affinche destinino le Commis- sion! speciali per I' esame de- gli oggetti presentati al con- corso industriale, pag. 495. — ■ Approvazioue deU'estratto dei giudicj pei premj d'industria da pubblicarsi nell' adunanza solenne, pag. 023. — Annun- ciasi la morte del s. c. dott. Penolazzi. — Indicasi il con- lenuto della I. parte gia pub- blicata del VI volume delle Memorie, e la risposta ad una Nota del prof. Carlini sulla camera lucida di /f'olfaslon, pag. 880-881. Alii Vtrbali. — Discussione su quello dell' adunanza privata 13 agosto tra i m. e. Bellavi- tis e Nardo pag. 75. Bellvvitis prof. Giusto. — Sul- le unita delle varie quantita lisiche, c sull' importanza ed uso delle teorie per racco- gliere e coordinare i fenoine- nifisici, Discorso, pag. 107. — Continuazione, pag. 221, pag. 325. — Sulla risoluzioue nu- merica delle equazioni, pag. 729. — Intorno alle conse- guenze dun abbondante pro- dotto d' oro, pag. 730. Biainchetti dott. Giuseppe. — — 0K9 — Intorno ad alcune cuse spet- tanti alia lingua ml alio stile, Discorso, pag, -149. Bizio prof. Bartolomeo. — Ri- cerclie sperimentali intorno al calorico di diluizione, pag. -120. — ■ Intorno al calorico di diluizione,l\ota,pag. 1 40. — Considerazioni intorno all' o- riginedel diamante, pag'. 421. — Dilucidazione sol detto dianzij Nota, pag. 420. — In- torno ad una condizionata particolarita della grandine, Mcmoria, pag. 759. Bizio dott. Giovanni. — ■ Osscr- vazioni sopra 1'acidiOcazione del petroleo a contatto del- 1 aria, pag. 200. BucCHU prof. Gustavo. ■ — Sua nomina a m. e. dell' i. r. Isti- tuto, pag. 758. Canal prof. Pietro. — Concor- dia dei initi colla storia quan- lo ai principii di Roma, Mc- moria, pag. 839. Cai\tl' Cesare. — Intorno agli arehivii, pag. 023. Casoki ingegn. Giovanni. — So- pra im singolare apparato di fondazione scoperto nell' oc- casione die fu disfatta un'aii- tica tone in Venezia, Mcmo- ria, pag. 33. — ■ Di un cemen- to idraulico, impiegabile tan- to in lavori subacquei marit- timi e fluviali, quanto in lavo- ri esposti all' aria ed alle in- fluenze atmosfericlie, Comu- nicazione, pag. 90. — Intor- no ad una seconda appendice del commendatore Cialdi di Roma alia sua opera intitola- ta -. Risullato disludj idrodi- numicij naulicie commercia- li sul porlo di Livomo, ecc. Ragguaglio, pag. 390. Cati'llo cav.Tom. Ant. — Con- siderazioni intorno ad alcune recenti memorie di geognosia paleozoica, pag. 713. Cayalu co. Ferdinvnoo. — stu- dii sul monti di pieta, p. 09. Cicog^a cav. Emmanucle — Sull'opuscolo intitolato: he purde (di cui la stanza 09 del canto 39 del poema di Lodovico Ariosto) escuiio dal sasso e non dal Uistio, ne dalle lasse o dal lasso. Osser- vazioni, pag. 193. — Sull'au- tentieita della lettera di An- tonio Canova da Roma del 12 febbraio 1803 a Carlo Ga- spari pittore veneziano, con- cernente la prima opera scol- pita dal Canova rappresen- tante una Madonna, Rifles- sioni, pag. 198. — Relazioni intorno a due opuscoli del dolt. Kamiler p. 291. — del- I'ab. Valentinelli nella p. 870. Cittadllla co. Giovanni. — La Bibbia considerata qual mez- zo d' istruzione letteraria, Mcmoria, pag. 253. Dall.v Torre Giuseppe e Fa- soli G. R. — Sulla spontanea volatilita dei corpi iisici, Mc- moria, pag. 489. — Intorno all' ammoniogenesi dell' acido niti ico per opera di corpi ri- d ut tori, Osservazioni, pag. 017. *»53 Discussioni.— p. 188, p. 288. Doui. -- pag. 97, 217, 289, 290, 814, 415, 508, 618, 765. Esposizione degli oggetti d'in- dustria alia pubblica raostra nel palazzo Ducale, oltre quelli premiati, pag. 685. Faparwi cav. Agostino. — Delle leggi agrarie contenute negli antichi statuti municipal^ e deHJuso che se ne pud fare nella coinpilazione del codice rurale, Memoria, pag. 51. — Su 1' utilita di estentlere pre- sentempnte nelle provincie venete la coltivazione del li- no, e sul niodo di liberarlo dall' infesta silene linicola, Memoria, pag. 361. Fario dott. Leovigildo. — Sui fenomeni prodotti dalla cole- sterina nell' occhio umano , Memoria, pag. 497. Fusiimkri dott. Ambrogio. — SuH' influenza dei segni nella formazione delle idee, Memo- ria, pag. 7. Galvaim Antonio. — Nuovi spe- rimenti e nuova ipotesi intor- no al jodio, pag. 359. — Nuo- vi studii sul jodio applicati all'acqua marina, pag. 498. Cera dott. Francesco. — Sul- I'atrofia contagiosa dei bachi da seta, nuove osservazioni, pag. 76. — Alcuui studii sul- la materia piu adatta ad ap- pareccbiare il caglio vitellino o sia il presame, che serve a coagnlare la massa del latte destinata a dare il formaggio, pag. 404. Serie 111. T. I Giurlizii. — Sopra gli oggetti presentnti al concorso per 1' agricoltura e I' industria pag. 653. Jodio. — Varie prove fatte in ospedale col jodio dal dott. Fario, e discussioni succes- sive sull'argomento, pag. 393. Mems ab. Lodovico. — Intorno ad un musaico non ha guari scoperto nella citia di Adria, pagina 74. — Sulla navigazio- ne deilVormanni dai tempi del- 1' imperatore Augusto in se- guito, Considerazioni, p. 533. — Sulle piu recenti esplora- zioni dell' Africa, e sulla pos- sible esistenza di popolazio- ni bianche nelle regioni cen- trali della medesima, Memo- ria, pag. 883. Munich prof. Seraf. Raff. — So- pra un nuovo metodo d' inte- grazione delle equazioni dif- ferenziali di 1." ordine a piu di due variabili, che hanno per integrale completo una sola equazione primitive, Me- moria, pag. 794. MmiscALCHI co. Francesco. — Intorno al sorgo zuccherino, Comunicazione, pag. 216. — Di un sistema universale di trascrizione per Ie lingue tut- te del globo, applicato spe- cialmente alia geografia, Me- moria, pag. 312 e 396. — Sua nomina a membro effettho dell' i. r. Istituto, pag. 7o8. Moliin prof. Raffaele. — Ricer- che anatomico - fisiologiche sul cuore, e sul sistema san- 123 1)54 guifero del boa constrictor, pag. 377, 429, 517. 528.— Risposta ad una i\ota del m. e. dott. NardOj pag. 708. Na'mias dott. Giacinto. — Nomi- na a segretario dell' i. r. Isti- tuto, pag. 70. — Sulla parte che spetta alia medicina negli studii ed officii dell'Istituto, Discorso, pag. 093. I\ardo dott. G. Domenico. — Sopra il potere di alcuni olii essenziali facilmente ossige- nabili di togliere il rancido ad alcuni olii grassi, e sulla presenza della solanina nella corteccia dellepatate, Nota, pag. 90. — Introduzione al- io studio di alcuni fenomeni oltici, Memoria, pag. -187, 287. — Sugli scritti relativi alia st'ruttura del cuore, ed alia circolazione del sangue nei rettili, Nota, pag. 755. — Parole intorno ad uno scritto del prof. Molin, pag. 809. — Risposta al detto scritto,pag. 883. Pasim Valentino. — Esame di alcuni scritti recentemente pubblicati in Francia sulla fi- losofia del diritto penale, Me- nioria, pag. 897. Pazienti dott. Antonio. — Sua nomina a membro effettivo dell' i. r. Istituto, p. 758. Pensioni . — Pensioni accorda- te ai m. e. Zanardini. Cappel- lelto e Cicogna, pag. 758. Premj. — Distribuzione dei pre- mj d'industria, pag. 037. 039, 041,045. 649, 053. Programmi. — pag. 108, 321, 501. 506, 771. Quesilo scientifico. — p. 313. R&gazzini prof. Francesco. — IVnovi mezzi per iscoprire traccie di jodio in combina- zione agli aloidi, Memoria, pag. 000. Rapporli. — pag. 71.81, 291, 511, 646, 700,870, 870. Regnani. — Sopra il teorema dell' induzione elettro-stati- ca,ecc, p. 410. Sagredo co. Agostino. — Sol giornale dell' assedio di Co- stantinopoli di Nicold Barba- ro , con documenti e note, pubblieato dal sig. Enrico Cornet, Studio-storico, pag. 735. Sandri dott. Giulio. — Sullo stato sanitario di Verona, Cenni, pag. 759, 777. Saktini prof, commend. Giovan- ni. — Del pianeta scoperto a Parigi dal sig. Chacornac, ed osservato a Padova nel 23 febbraio 1850, Animnzio, pag. 393. Sorio padre Bartolommeo. — Sul Trattato della Sfera di ser Brunelto Latini nel sno Ttsoro maggiorej Proposta di emendazioni da fare al te- sto stampato,*pag. 203, 591. Visum prof. Roberto. — Delia vita e degli studii del dott. Domenico Martinati, IVotizie, pag. 271. Zambelli prof. Barnaba. — Se nei popoli la niiseria si leghi a cause ingenite e fatali, « 1)55 percio superior! a forza rt'uo- inini e di governi, Memoria, pag. 67. — Sopra un opusco- lo del dott. Marom ddla tra- scrizione ipotecaria,ecc.} pa- gina 870. Zvnnim dott. G. B. — L'urgen- te problema dell' oro e la sua soltizione, Memoria, pag. 551. Zantedeschi prof. ab. cav. Francesco. — Sopra il teore- ma fondamentale dell induzio- ne-elettro statica, ed il rag- giamento elettrico del prof. Regnani di Roma, Osserva- zioni, pag. 414.— Su l'espo- sizione universale di Parigi, in relazione ai bisogni agri- coli industriali delleprovincie venete, Studio \.° pag. 471. Cenno sui libri presentati al- I'lstituto dal prof. Poev, pag. 493. — Promessa del mlni- i'.ro del commercio di Fran- cia di manduro il corapimento dell' opera della Commissione fiaricese per la esposizione universale di Londra, pagina 595. — Proposta d' un piano d' osservazioni meteorologi- che e dei fenomeni periodici in relazione all' agricoltura, arli e commercio delle pro- vincie venete, pag. 537. — D' uno spettrometro ed espe- rimenti eseguiti con esso, De- scrizione, pag. 793. — Sulle leggi della capillarita , Ri- cercbe, pag. 811. — Intorno ad un apparecchio elettro- tellurico, lettera al Zantede- schi del prof. Giardini di l\a- poli, pag. 806. Ziga'o (cav. Achille de) Su la flora fossile dell' oolite, Me- moria, pag. 492. Ziliotto dott. Pietro. — Rela- zione sola storia documenta- ta del colera-morbus del dott. Freschi, p. 8 J. .