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DELL' I. R.
ISTITUTO VENETO
SCIENZE, LETTERE ED ART1
A T T I
DELL I. R.
ISTITITO VENETO
SCIENZE, LETTERE EL) ARTI
DAL NOVEMBRE 1855 ALL' OTTORRE 4856
V E \ E Z I A
PRESSO LA SEGRETERIA DELL ISTITITO
N E I. PlI.AIZO DUCAI.r
1888-56
>TEL PRIV. STABIL. ANTONELLI ED
AVVEKTIMENTI
i
In esecuzione dell' articolo 134 degli Stat uti
interni si dichiara che o^ni autore e particolar-
mente risponsabile delle opinioni e dei fatti esposti
ne' proprii scritti.
2,
Per affrettare la stampa delle Memoric £;ia
lette e non ancora pubblicate, 1' I. \\. Istituto de-
libero che lo siano in ordine di data, parte nel
Vol. degli Atti e parte in quello delle Meniorie
pel quale erano ^ia slate approvate.
AXNOACCAD. I.8S5-56 D1SPENSA PRIM
SULL' INFLUENZA DEI 8EGNI
NELL A FORMAZIONE DELLE IDEE
1IE1I01I1A
DEL DOTT. AMBROGIO FUS1N1EIU
Lclht nell' adunanza 50 dicembre 1850.
CAPO I
L
Come si eanosca /' anima c le sue modificazioni,
U uomo conosce ad ogni istante di esscre conscit*
a se medesimo di moltc sue modificazioni. L' atto di eo-
scienza e una propriety esclusiva di eio chc si chiama
anima, spirito, merit e. Non si puo in altra maniera cono-
scerc T anima, ossia lo spirito, se nonche per mezzo della
sua coscienza. Se all' uomo si tolga la eoscienza di se stes-
so, resta una macehina tutto al piii organizzata, ehe vive
come i vegetabili. I bruti, secondo la opinione di Cartesio,
sarebbero privi di eoscienza, bruta agunt sicut oroloyia, il
che per altro non e vcro trattandosi di esscri organizzati
viventi e scmoventi.
In ogni modo la coscienza e il earattere essenziale
dell1 anima. Di la questa conseguenzn, die nello spirito
nienle piii esisle di quelle modilieazioni ed operazioni delle
quali e eonscio a se stesso. L' alto di coscienza essendo il
— 8 —
suo carattere cssenziale, tuttocio chc in quell' atlo non 6
compreso, alio spirito non appartiene. In una parola, la
modificazione dell' anima non e altro che la modificazione
della propria coscienza.
Qualche filosofo ha sostcnuto chc nelf anima csista una
grande quantita di modificazioni, delle quali alcunc soltanto
dcllc piii marcate vengano elevate al grado di coscienza,
mentretutte lealtrc rimangonoperfettamente occulte. Ma Ic
modificazioni dello spirito, delle quali non fosse consapevole,
riguardo a lui non sarcbhero modificazioni. Siccome lo
spirito senza coscienza non sarebbe spirito, cd ogni modi-
ficazione di cui non fosse conscio, a lui non apparterrebbe:
una modificazione dello spirito, senza che lo spirito nc fos-
se conscio, sarebbe una contraddizione.
Malamentc si giudica di eio die nell' anima e passato
durante il sonno dopo essersi svegliati. E nella stessa ve-
glia malamente si giudica di quelle languide affezioni che
non lasciano traccia di memoria quando sono trascorse.
Se vi fossero interruzioni nell' atlo di coscienza., con-
verrebbe dire che lo spirito fosse soggctto a perire cd a
rinascere ; il che e assurdo.
Essendo lo spirito un soggetto attivo perinanenle e
modilicabile, gli appartiene il vero carattere di sostanza,
di cni la essenza eonsiste ad essere conscio di se stesso.
Questo suo carattere cssenziale ci conduce alia impor-
lantc conclnsione che lo spirilo conosce se medesimo nella
maniera la piii immediata e la piii perfetta delle possibili.
Essendo suo carattere cssenziale 1' alto di coscienza,
tuttocio chc in quell' alto e compreso gli e perietlamentc
cognito ; e tuttocio chc in quell' alio non e compreso gli
c affatto straniero.
E pert) notabile chc I' alto di coscienza c soggctto ad
— 9 —
aumeato e diminuzione, socondo il grado di attcnzione e
cli riflessione che lo spirito esorcila sopra se medesimo col
concorso anche della volonta. Da cio le differenze fra I'uo-
mo selvaggio e 1' uomo colto ; da cio il progresso nella
perfezione degli uomini civilizzati. Da cio la immeasa dif-
ferenza fra la mente di Newton e quelia di un selvaggio
dell' America. Vi sono insieme gli ajuti dei segni e delle
lingue che estendono indefinitameute la forza dell' intellet-
to, ossia la intelligenza, del che si parlera in appresso.
II principio che sia assolutamente perfetta la eognizio-
ne dell' interno dello spirito ci assieura che un' altenta
considerazione di quanto avviene nella nostra coscienza
ci discoprira le vere leggi che eseguisce lo spirito nelle sue
operazioni.
Provveduto 1" uomo dei cinque sensi che gli recano le
impressioni degli oggetti esterni ; il suo spirito ne riceve
cio che si chiama sensazioni. Per una specie d'istinto in-
vincibile lo spirito riporta fuori di se quello che sente co-
me esistente simile, anzi identico, alle sue sensazioni. Quello
che i sensi ci rappresentano come esistente all' esterno
dello spirito si chiama fenomeno (I). Quindi i corpi che
sono esseri fuori di noi non si conoscono che come feno-
meni. L' alto di riferire fuori di se quello che si sente co-
me simile, anzi identico alle nostre sensazioni, fu conside-
rate dai filosoii un atto meraviglioso del quale nessuno
fin' ora ha reso ragione.
Finche lo spirito contempla le sue interne modifteazio-
ni come sue proprie e senza riferirle fuori di se, non com-
mette errore alcund, perche la cognizione di se stesso e
(1) Lemedesime idee sulle sensozioni e sni fenomeni furono espres-
sse nella Filosofia della fisica. Vol. Ill dello Memorie dell' I. R. Istitulo
Veneto, pag. 3 e 4.
Scrie 111. T I -J-
— 10 —
immediata e perfetta. Ma quando riferisce come esistenle
luori di so quello che sente, e come aft'atto simile anzi idoit-
tico alle sue sensazioni, commetle errore, perche non e
possibile sentire le cose esterne in se stesse come sono.
Quindi gli errori ilei sensi. Per eonoscere intimamenle una
cosa estcrna, converrebbe essere la stessa cosa, ed averne
la coscienza.
Ci mancano le vero idee delle cose estenie tanto quan-
lo ad un uomo manea la idea dell' interno di un altro uo-
mo. Quell' io, per cui ciascuno e couscio di se stesso, e im-
percettibile ad un altro. E soltanto per analogia della co-
scienza die ognuno lia di se slesso, die la suppone negli
allri uomini senza esserne a parte. Tale supposizione, senza
essere a parte dell' interno di un altro uomo, imporla die
un uomo per un altro uomo nun e altro che un fenomeno.
Cosi in genere parlando dei sensi, se vediamo un corpo
in distanza e da vicino, le sensazioni sono differenti. Un
globo, per esempio, a certa distanza ci sembra un piano
eircolare. Se armiamo I' ocebio di mieroscopio, vediamo
in un corpo eio ebe sfuggiva all' ocebio nudo. Quanto pill
forte e il mieroscopio, ci vediamo sempre delle cose nuove,
e sempre ne restano di non vedule. Inoltre, le idee che ci
danno i corpi per mezzo delle sensazioni sono idee di su-
perlicie. Per quanto si prosegua a dividerli e suddividerli,
le idee restano sempre superliciali. Niente di cio cb' e ve-
ramente interno ossia dei corpi in se stessi. Per avere idea
vera ed esatta di un corpo converrebbe essere Io stesso
corpo, ed avere inoltre la coscienza di se stesso.
Ma con lutto questo le leggi dei fenomeni sono tanto
analogbe alle leggi della coscienza, che riescono infallibili
D'onde hanno origine le scienze che versano sui fenomeni
c<>me esistenti fuori di noi, o che trattate colic resole Io-
— 11 —
giche sono inlallibili. Cosi la lisica e lutle le verity die
banno per basi i due principj di contraddizione e di ragio-
ne sufficienle che da quello dipeude, i quali sono applicabili
tanto ai fmomeni, ossia alle rappresentazioni delle cose
eslcrne, quanto alle interne nostre modificazioni. Sono due
generi di verita analoghe fra di Ioro, restando seinpre vero
che quello ch' e fuori di noi non e concepibile in se slesso.
E da notarsi cbe 1' uomo e talraente composto, che
oltre T atto di coscienza di se stesso, ha sensazioni delle
varie parti del suo corpo, le quali sono esterne alia co-
scienza, e quindi sono fenomeni. Ciascun membro avra
anche un interno senso di se stesso, ma eonfuso, e nienle
analogo a quel dettaglio di parti organiehe che ci vien nia-
nifestato dall' anatomia col mezzo della vista. Sono questi
tutli oggetti stranieri all* alto di coscienza, e sono da ri-
guardarsi come fenomeni. Se dobbiamo riferire la coscien-
za ad un organo del corpo, allora e nella testa. Ma tanto
e differente 1' organo dall' atto di coscienza, quanto lo e il
fenomeno dall1 atto in se stesso. Cosi le pretese circonvo-
iuzioni cerebrali sono tanto different! dai pensieri e dalla
intelligenza, quanto lo sono i movimenti corporei in gene-
re, ossia quei fenomeni dall' atto di coscienza di se stesso.
Locke, nel suo Entendement humain, Libro II, Cap. I,
§ 3, ha detto che i nostri sensi percossi da certi oggetti
esterni {anno entrare nella nostra anima motte percezioni
dUlinte dalle cose, secondo le diverse maniere con cui que-
sti oggetti agiscono sui nostri sensi. Nel Capitolo VIII del-
lo stesso Libro, Locke distingue nei corpi qualitd prime,
come cstensionc, solidita, figura, mobilitd, e qualita seeon-
de, le quali nei corpi non sono effettivamente altra cosa
che la potenza di produrre in noi diverse sensazioni col
mezzo delle loro qualita prime: come le sensazioni dei co-
— 12 —
Ion, degli odori, del calore, ecc. E nel § 15 ne trae questa
conseguenza che le idee (telle prime qualitd del corpi ras-
somigliano a queste qualitd .... ma le idee prodotte in not
dalle seconde qualitd non rassomigliano laro in nessuna
man i era.
Altri autori non sono d' accordo in quelle distinzioni.
E di fatti, la sensazione di flgura dello stesso corpo e varia.
Una torre a distanza sembra rotonda. In vicinanza si vede
quad rata, o per meglio dire si vede con degli angoli. In
ogni modo i sensi hanno la forza rappresentativa di cui
sopra ; e la rappresentazione interna di cose esterne con-
siste nel riferire fuori di noi cose simili alle nostre sensa-
zioni. In quanlo poi alle qualita prime dei corpi, delle quali
Locke ha parlato, bisogna in prinio luogo eccepirne le (igu-
re, delle quali le sensazioni son varie^ come si e detto. In
quanto alia solidita e questa una idea relativa non assolu-
ta^ quando non si consideri la impenetrabilita che ho con-
siderata in altro mio scrilto, come causa necessaria della
comunicazione di moto da un corpo all' altro.
Restano quindi da considerare nelle qualita prime dei
corpi che Locke considera simili alle nostre sensazioni quel-
le della estensione e del moto. Ma la estensione in astratto
non esisle, e non e rappresentabile dalle nostre sensazioni,
le quali ci rappresentano delle estensioni individuali dotate
di qualita diverse, e dissimili certamente, come si e detto,
dalle cose esislenti fuori di noi. Quello che si e detto della
estensione si dica anche del moto, il quale e vario secondo
i diversi corpi che si muovono e secondo le diverse loro
celerita e direzioni.
La estensione ed il moto sono idee aslratte non rap-
presenlabili se non che per mezzo di simboli, dei quali si
dira in appresso.
— 13 —
K pero molto seducente la supposizionc di avere idee
dcllo spazio vuoto e del tempo. Qualche filosofo senza la-
sciarsi sedurre da tale supposizione ba delinito lo spazio
1' ordine dei eoesistenti, ed il tempo T ordine dei successi-
ve Senza cose eoesistenti non vi sarebbe spazio, e senza
cose successive non vi sarebbe tempo. Lo spazio vuoto
non e allro che una idea negativa, e lo stesso die il niente.
Cosi e niente il tempo senza successioni. Sarebbe annichi-
lato, inconcepibile ; cioe non vi sarebbe ne prima ne dopo,
il cbe e contraddiltorio colla supposizione del tempo.
Lo spazio senza corpi, ed il tempo senza successioni
sono cose inconcepibili, assurdc ; sono simboli senza idee
corrispondenti ; ossia accompagnati da idee negative, le
quali non hanno nessuna realta.
Se si considera lo spazio vuoto dei cieli cbe vada al-
1' infinito, e lo stesso che considerare un niente infinito.
Alcuni matematici hanno riempito lo spazio di un ilui-
do sottilissimo elastico che chiamavano etere; e del quale ho
dimostrato in altri miei scritti 1' assurdita. Cosicche sono
passati dal niente all' assurdo.
CAPO II.
Sulla origine e sulla natura delle idee singolari, e mil' uso
dei segni o simboli anche nella loro formazione.
La cognizione di noi medesimi non puo essere fondata,
come abbiamo veduto, che sulla nostra coscienza. Per co-
noscere le leggi dei nostri pensieri conviene confroutare
fra di loro molti stali successivi.
Lo stato momentaneo dcllo spirito presenta sempre
una moltitudine di affezioni fra loro diverse. E inutile ogni
— 14 —
sforzo per ridurre affatto semplice lo stato dello spirito in
raodo die comprenda una sola affezione.
Qualunque sia la moILitudiue e la diversita delle modi-
ficazioni clie costituiscono lo stato momenta neo dello spi-
rito, sono bensl discernibili, ma non sono fra di loro se-
parate o disgiunte. Gostituiscono un tutto reale, I' atto di
coscienza unico e indiviso. L' io non e gia diviso in parti ;
ma tutto V io e affetto da cadauna delle sue modilieazioni.
Si supponga, per esempio, clie io eonlemporaneamente
vegga il sole, senta un suono, tocchi una pietra, gusti un
frutlo, odori un liore. Sono tutto io che vede, tutto io che
tocca, tutto io ehe ascolta, tutto io che gusta, tutto io che
odora. La coscienza e dunque sempre unica e semplice ; e
siccome costituisce T essenza dell' anima, ne segue che
1' anima e un soggetto unico affetto non per parti, ma per
intiero, da cadauna delle sue arttuali modiflcazioni.
Le diverse attuali modilieazioni sono divise nei loro
oggetli che rappresentano, non gia esislenli in soggetti di-
versi. Sono come assieme eompenetrate. Se ognuna esi-
stesse fuori delle altre, sarebbero altrettanti spiriti, altret-
tante coscienze. Io non sarei piu uno, ma molti.
L' atto della menle, in quanto rappresenta una cosa
esterna, si chiama idea. La cosa riferita al di fuori che si
suppone simile alia idea si chiama oggctto. Percio alia idea
si attribuisce una realta ocjgettiva. E se la idea si riguarda
semplicemente come una modificazione dell' anima, se le
attribuisce una realta subbiettiva. Ma questa distinzione
non esiste in natura. Le due realta oggettiva e subbiettiva
non esprimono esseri differenti, ma soltanto due different!
relazioni fra le nostre modilieazioni e la sostanza dello
spirito.
Tutti quelli che meditarono sull! anima pensante sco-
— 15 —
[irirono iii essa due forze : I' una di conoscere, per cui si
formano le idee delle cose, I' altra di appetire o di avver-
sare per cui tende o alio stato di piacere, od a sfuggire
quello di dolore. La facolta di appetire e di avversare ci
avvicina ai bruti piu di quello che faccia la facolta cono-
scitiva.
Ognuno esperimenta in se stesso una forza di ripro-
durre le immagini ricevule dalle sensazioni ; e questa for-
za si chiama immaginazione. Se vengono riprodotle anche
le immagini delle circostanze in cui ebbe luogo la sensa-
zione, allora la immaginazione diventa memoria. Peru la
immaginazione e la memoria sono sempre piu o meno im-
perfette ; perche lo stato primo della sensazione non puo
mai essere esattamente riprodotto.
Alle volte importa alio spirito di supporre la riprodu-
zione affatto identica, quando cioc gl' importa di conser-
vare la memoria agli usi fuluri.
Allora v' interviene un atto della mente di supporre
quella identita esatla che manca, e cio tanlo se si tratta di
sensazione quanto se si tratta d' immaginazione. In mezzo
alia continua fluttuazione delle sensazioni e delle immagi-
nazioni, tluttuazione per cui una immagine non dura iden-
tica ollre un istante, lo spirito assume 1' ultimo stato di
sensazione o d' immaginazione, e riferendolo al passato lo
ritiene come identico. Vale a dire, atlribuisce alia imma-
gine ultima il valorc di rappresentarc tutte le altre imma-
gini trascorse che piii non esistono. Quest1 atto di dare a
un' immagine attuale il valorc di rappresentare tutte le al-
tre immagini trascorse^ e un atto simholico, ossia un se-
gno rappresentativo del passato che piu non esiste.
Ecco 1' arlifizio con cui le idee singolari variabili e
ilutluanti diveneono tissc. stabili e tlclerminate.
— 16 —
Nel die e da considerare che i' atto rappresentativo
dellc passato sensazioni o immaginazioni, e piuttosto un
compendio die un dettaglio. Tali compendj imperfetti, auzi
sfigurati e fuggitivi in gran numero,ognuno gli esperimenta
in se stesso massime quando usa un linguaggio per espri-
merc Ie proprie idee. E anche da considerare in che con-
sisla la similitudine di due idee. La similitudine non e una
qualita identica in due individui ; perche una qualita indi-
viduate, ch'e in ogni modo determinata, non puo essere la
stessa in due. La similitudine non e altro die una equiva-
lenza a qualche riguardOj sicche F una possa sostituirsi al-
1' altra senza die la sostituzione sia calcolabile. Veggo, per
esempio, due finestre di una facciata, sostituendo quella a
sinistra a quella a destra, trovo incalcolabile la varieta. In
cio sta la similitudine. E facendo die una rappresenti 1' al-
tra, in cio sta il simbolo. Sicche due cose sono simili in
quanto possono scanibievohuente simboleggiarsi. Ma seni-
pre due cose simili per certi riguardi, non sono piu simili
per altri riguardi. Da cio la impossibility di un carattere
affatto identico in piu individui.
Credo di avere dimoslrato die anche Ie idee singolari,
in quanto si voglia considerarle durabili e permanenti
identicbe sono lutte simboliclie. Per simbolo s' intende un
segno accompagnato dalla supposizione che rappresenti la
possibility di una idea non esistente.
Nessuno, per quanto mi e noto, di quellichehanno scrit-
to sulle idee singolari ha avvertito die siano simboliclie.
Tutti hanno supposto una durata affatto identica che non
esiste. Senza parlare degli altri, mi limitero a Deyerando
che ha tanto scritto prolissamente sul problema proposto
dall' Istituto di Francia, sulla influenza dei segni nella for-
mazione delle idee
— 47 —
CAPO III.
Sutla origine e sulla natura dellc idee gene rati (l)
Se neppure Ic idee singolari esistono intuitive fuorche
iiell' ultimo stato momentaneo di sensazione o di immagi-
nazione ; se prese in un tempo dato sono sempre variabili
Outtuanti e nulla in se stesse hanno di Csso e di determi-
nate ; se a renderle fisse, determinate si adoprano dei com-
pendj e dei segni rappresentativi una loro permanenza, ed
una loro identita anche in passalo, molto mono possiarao
avere idee intuitive quando si tratta d' idee general! ed
astralte.
II segno o simbolo e un mezzo virluale di rappresen-
tazione. Col simbolo viene Judicata la possibility ossia la
potenza della mente di rappresentarsi gl' individui di un
dato gencre. E una specie di vessillo sotto il quale si rac-
colgono non in atto, ma in possibility lutlo le rappresen-
taziom individual! die hanno una certa somiglianza fra di
loro. Ma non si possono distaccare le somiglianze dalle
cose simili. Quindi le idee general! o astralte realmente
non es.stono, perche non esistono ne possono esistere og-
gett. generali. Come non e possibile che esista un triangolo
in genere senza determinazione ne di lati ne di angoli
cosi non e possibile rappresenlarselo nella mente ; come
non e possibile che esista un circolo che non abbia un
d.amelro determinalo, cosi non c neppure possibile con-
cepirlo colla mente. Quelli che hanno supposla la csistenza
delle idee generali hanno versalo in grandissimo errore.
(1) Le segued considerazloni suite idee generali e sui simboli
"011ll-!r///sp!reT neUa Filos"fi" r,eUa fisica- Vo' m cif-? pag- 4 e !;
— 18 —
E da notarsi principalmente die quella potenza virluale
dell' anima di rappresentarsi gl' individui di un dato gene-
re, senza che sia accompagnata dall1 effetto di un atto rap-
presentativo, si pu6 assimigliare in qualchemodo alle for-
ze virtuali della meccanica, a cio ehe si chiama conato, sen-
za che segua in effetto il movimento per essere impedito
da una forza in contrario.
Vi sono poi due specie di simboli. Per esempio, in geo-
metria adopriamo delle figure individuali come simboli dei
generi. Un triangolo, un circolo come simboli di tulti i
triangoli e di tutti i circoli possibili. Altra specie di simboli
ed affatto arbitraria, e si adopera per segnare cose che non
hanno somiglianza veruna coi segni adoperati. Cost in tutta
T analisi malematica.
Le idee contradditorie non si possono esprimere se
non che colla seconda specie di simboli. Cosi, per esempio,
il bilineo rettilineo. E tanto inconcepibile, come e impos-
sibile che esista. Sono tanto iinpossibili due immagini con-
tradditorie quanto e impossibile che una cosa sia enon sia
nello stesso tempo.
Circa la forza virtuale della seconda specie di simboli
abbiamo grandi e numerosissimi esempj uell' analisi mate-
matica. Si rappresentano con dei segni arbitrarj le quan-
tity tutte, le somme, le sottre, le moltipliche, le divisioni, le
estrazioni di radici, le elevazioni a potenze, ecc. Nelleequa-
zioni oltre i segni arbitrarj delle quantita si esprime con
segni arbitrarj la loro eguaglianza, il piii ed il meno. Nella
analisi malematica nulla vi e di intuitive Anzi spesso una
serie di quantita simbolicamente espresse, si raccoglie sot-
to un segno che fa le veci di tulti gli altri. Cosieche vi so-
no segni di segni di secondo ordine, di terzo ordine, di
quarto, e cosi di seguito. Ma sempre il valore di un segno
— 19 —
si riduce ad una potenza virtuale di rappresentazione in-
tuitiva, senza di che non avrebbe nessun valore. E senza
quel valore potenziale si ridurrebbe il segno ad un puro
meccanismo materiale senza significato. II valore potenzia-
le cbe banno i segni nelle matematiche, ove si tratta di
quantita, lo banno pure i segni nel comune linguaggio ove
si tratta di tante cose diverse dalle quantita. Sono tutto al
piu accompagnati da quei compendj fuggitivi d' idee in-
tuitive, dei quali si e parlato di sopra nel Capo II ; com-
pendj fuggitivi cbe sono sempre simboli di prima specie
delle idee intuitive piu deltagliate, possibili e non attuali.
Per dare un esempio del valore virtuale dei segni ar-
bitrary nelle matematiche, cominciando dall' aritmetica, si
esprimano mille unita colla cifra 1000. E impossibile avere
un' idea intuitiva di tante unita. Ma quel segno ha il suo
valore virtuale, in quanto alia possibility di rappresentarci
intuitivamente tulte quelle unita se non contemporanea-
mente almeno successivamente. Lo stesso dicasi di un mi-
lione, di dieci milioni, ecc.
Si pretende da alcuno cbe lo spirito non possa conce-
pire intuitivamente se non cbe il numero di cinque, cb' e
quello delle dita di una mano. Ma allora si parla d' idee
intuitive contemporanee e non di successive.
Negli scritti di Leibnitz ho trovato che qualche volta
parla d' idee simboliche, come sono tanto evidenti senza le
intuitive nelle matematiche ; ma egli non ha precisato che
anche fuori delle matematiche, quando cioe si tratta di
qualita e non di quantita, i segni tengono le veci di rappre-
sentazioni intuitive.
Condillac ha penetrato un poco piii avanti circa la in-
fluenza dei segni nella formazione delle idee. Ma non ab-
bastanza, sicche 1' Istituto di Francia ha proposto il suo
- 20 —
problemadarisolvere. Degerando, die fu premiato,ha com-
posto un libro voluminoso e prolisso, dove in mezzo ad
una folia di dettagli, di dislinzioni e d' idee indeterminate,
ha mancato, a mio credere, in alcuni punti principali.
I ° Egli non ha fatla distinzione marcala e preeisa,
benche naturalissima, fra le idee intuitive e le idee sim-
boliche.
2.° Egli ha supposto che senza simboli esistano le idee
singolari; ed io ho dimostralo ehe senza simboli non si ot-
lengono neppurc le idee singolari precise e determinate, e
che si formano invece dei compcndj fuggitivi, come, per
esempio, nella rapidita del discorso, i quali sono veri sim-
boli delle idee singolari non attuali, ma potenziali.
5.° Egli non ha precisato che idee generali intuitive
non esistono, come non esistono i loro oggetti, e che anzi
sono impossibili. Invece in molti luoghi ha ammesse espres-
samentc, come tanti altri hanno ammesso, che esistano
idee intuitive di caratteri generali e comuni ; e basti il dire
ehe le dichiaro frammenti dislaccati per decomposizione
delle idee scnsibili. Bensi in una sua conclusione dichiaro
necessarj i segni per ottenere delle idee astratte, ma il di-
re per ottenerle e lo stesso che accordar loro esistenza,
come in tanti luoghi del suo libro ha supposto che le idee
astratte esistano intuitive, il ehe e un errore come ho di-
mostrato.
4.° Egli non ha ravvisato ne precisato il valore vir-
tuale o potcnziale dei segni com' e di sopra deflnito in que-
sto Capo III.
Che se si spogliano i segni dei loro valori potenziali,
massime quelli della seconda specie che non hanno somi-
glianza veruna colle cose segnale, restano pure voci o suo-
ni o caratteri materiali senza significato
— M —
E da notarsi infine, die i simboli o vocali o seritti ser-
vono anche di comunicazionc fra gli uomini delle loro idee,
col mezzo dei loro valori virtuali.
CAPO IV.
Delia origine e delta natura dei giudizj e dei
ragionamenti.
DalP esposto nel Capo III si scorge che nello spirito
nulla esiste di fisso e di determinate fuorche il valore al-
tribuito ai segni, e che il valore dei segni consiste non in
rappresentazioni attuali, ma in potenze virtuali di rappre-
sentazione, del che continui esempj distintissimi abbiamo
nelle matematiche.
La potenza virtuale di rappresentazione, che sta in luo-
go d' infinite rappresentazioni e variabili all' inflnito, e la
potenza piu ammirabile dello spirito, non abbastanza no-
tata in passato, e che viene esercitata col mezzo di segni.
Con quella potenza virtuale esercitata per mezzo di segni
si formano non solo le idee astratte o generali, ma ben
anco i giudizj ed i ragionamenti, dei quali mi propongo di
spiegare in questo Capo la vera indole.
Fu supposto in passato che ciascuna delle nostre idee
intuitive singolari sia un risultato composto di una molti-
tudine di caratteri o di qualita fra loro separabili in modo
che di ciascuna si possa avere una particolare idea intui-
tiva affatto solitaria. Si e ritenuto inoltre che I' anima ab-
bia una forza o facolta chiamata di astrazione, di separare
dagli altri un carattere della idea intuitiva, e dopo tale se-
parazione di riferirlo di nuovo a tutta la idea, come in
essa compreso. Ecco la operazione che viene chiamata
— 22 —
giudizio intuitivo; dando il nome di soggetto alia totalita
della idea intuitiva, e il nome di predicate al carattere che
vi si scorge come disgiunto dal rimanente, ma pure com-
preso nella totalita.
Tutti gli altri giudizj prodotti da pin lunghe operazio-
ni, come sono i ragionamenti e le dimostrazioni, non furo-
no chiamati intuitivi, e si e eonsiderato che differiscano
dagli intuitivi, perche I' idea del predicato non si manifesta
nella idea del soggetto, ma vi esista come inclusa ed invo-
luta. sicche abbia bisogno di certi artifizj per isvilupparsi
e sortire. Si e detto, per esempio, che la idea del sole si
puo decomporre nella idea del suo intenso splendore, del
suo calore e della sua rolondila, e che per questa via si
compongono i giudizj ; il sole e intensamente lucido, il sole
manda calore, il sole e di figura rolonda. Al contrario, il
giudizio che in ogni triangolo la somma degli angoli sia
eguale ai due retti non e giudizio intuitivo, perche la egua-
glianza dei tre angoli ai due retti non si manifesta nella
idea dei tre angoli, ma ha bisogno d' inter medie operazioni
per manifestarsi.
Si rifletta intanto che i giudizj intuitivi non sono altro
che una ripetizione della stessa idea del soggetto nel pre-
dicato, sicche tutta la differenza sta soltanto nei due sim-
boli del soggetto e del predicato, oppure una ripetizione
nel predicato di una parte della idea del soggetto, sicche il
simbolo del predicato e una parte del simbolo del soggetto.
Una volta che sono stabiliti i giudizj lanto singolari
quanto generali usciti immediatamente dalle nostre idee,
ossia intuitivi, accade che il predicato di uno si trovi sog-
getto dell' altro ; cosi pure che il predicato del secondo sia
soggetto di un terzo giudizio, e cosi che il predicato del
terzo giudizio sia soggeltn di un quarto giudizio e cosi di
— 23 —
seguito. In questo modo la mente forma uu eomposlo di
tutti questi giudizj, ossia una serie d' idee ordinate in ma-
niera che ognuna sia predicalo della piu vieina die prece-
de, e soggetto della piu vieina che segue. In questa com-
posizione di giudizj, ossia in questa serie cosi ordinata di
idee, consiste il ragionamento. Compiuto il ragionamento,
al primo soggetto si unisce 1' ultimo predicato, e si forma
un nuovo giudizio che ne e risultato, e che si chiama con-
clusione.
Ogni predicato essendo o equivalente al suo soggetto,
o compreso in questo come parte, ne segue che so tutti i
giudizj di un ragionamento sono veri, e se 1' ordine con cui
sono distribuiti e legittimo, anche la conclusione che ne
risulta dev' essere vera. In conseguenza il giudizio che si
forma ragionando ripete tutta la sua forza dai giudizj che
sono premessi e dall' ordine della loro disposizioue. Tutto
cio essendo stato ahhastanza sviluppato dai logici, e sin-
golarmente da Cristiano Wolff, che fra tutti si e distinto,
io mi ritengo dispensato dai trattare diffusamente questa
materia.
Quello che fraltanto risulta di nuovo e questo : che
ogni ragionamento e una operazione simholica della mente,
perchc non e allro che una serie continua di giudizj, ognu-
no dei quali e un atto simbolico per mezzo dei segni come
si c dimostrato.
La catena dei noslri raziocinj essendo tutta simholica,
ne avendo hisogno di essere seguita dalla nostra forza in-
tuitiva, il che non sarehhe neppure possihile, percio siamo
condotti a delle conclusioni tanto lontane dai nostri sensi,
che spesso racchiudono delle cognizioni di oggetti affatto
insensibili, come superiori alia nostra capacita intuitiva.
Tutta I' analisi matemalica ce ne porge dei saggi continui
— 24 —
Lc cognizioni di un' indole cosi recondita ai sensi, die
si possono anche chiamare trascendenti, non solo non si
possono ridurre intuitive nella loro generality ma nem-
meno possono verificarsi intuitivamente in nessun caso
singolarc ; attesoche ognuna delle idee intuitive corrispon-
denti ai segni ci sfuggc del tulto ed e assolutamentc supc-
riore alia nostra capacita. Ancora esempj continui di que-
sts verita abbiamo nel trattare 1' analisi matematica. Cosi
anclie in geometria la iperbola continuata all' inflnito si av-
vicina sempre piu all' assinlolo senza mai toccarlo. Nel
mondo fisico troviamo osgetti superiori alia nostra facolla
intuitiva, tanto cogli oggetti minimi, ai quali non arriva la
forza dei microscopj, quanto ncgli oggetti grandi terrestri
e celesti. Cbe la materia sia divisibile all' infinito, cbe la
luee sia un aggregato di eorpuseoli in moto, e singolar-
mentc in chimica, ebe i corpi, i quali appariscono ai sensi
non solo, ma anclie alio analisi chimicbe i piu semplici ed
i piii omogenei, siano eomposti di corpi fra loro eterogenei ;
sono verita eosi recondite ai nostri sensi, ed alia nostra
immaginazione cbe s' intendono a perfezione col mezzo di
simboli senza poterle mai verifieare intuitivamente. E le
medesime cognizioni simbolicbe non possono risultare cbe
da lungbi e complicali rag ion amen ti.
Cbe la terra, per esempio, sia un gran glubo in gior-
naliera rotazione attorno il suo asse, e descrivente un' or-
uita annua attorno al sole, e una verita superiore ai no-
stri sensi ed alia nostra capacita intuitiva. Si deduce in
astronomia dai fenomeni, ma non si puo concepire intui-
tivamente. Non potremo avere giammai 1 immagine della
terra, ne del suo moto ; ma sollanlo delle piccolo immagi-
ni di analogia proporzionate all' attitudine dei sensi. I ca~
ratleri intelleltuali in grande sono lutli simbolici.
— 25-
L' uso dei segni nei raziocinj e di un effetto ben piii
grande o sorprendente di quello che si e notato riella for-
mazionc delle idee, c nei giudizj primitivi. I segni rendono
fisse Ie nostre idee singolari, le generalizzano, estendono
la nostra inlelligenza dall' atluale finito al possibile infinite-,
servono alia memoria, dirigono 1' altenzione, decompon-
gono lo idee, ne riuniscono lc parti senza piu eonfonderle.
Ma nei raziocinj danno, per cosi dire, una nuova potenza
alia mente d' intendere quello ch' e tanto esteso c recon-
dite) che trascende assolutamente la nostra indole rappre-
sentativa. E tutto per mezzo della potenza virtuale e non
attuale di rappreseiitazionc per mezzo dei segni.
C A P 0 V.
Deli arte caratteristica.
I due casi di commettere errore sono o componendo
una idea contraddittoria fra le sue parti, o ibrmando un
falso giudizio. Nell' uno e nell' altro caso 1J atto della men-
te e simbolico, cioe a dire, una pura eombinazione dei
segni. Al contrario, I' atto intuitivo non puo mai racchiu-
dere nessun errore. Regola sicura per evitarlo e quella di
non comporre alcuna idea, e di non formare alcun giudi-
zio primitivo se un atto intuitivo della mente non vi cor-
risponde. Quando son vere le prime idee, le prime proposi-
zioni, la connessione dei ragionamenti nei modo spiega-
to, secondo Ie regole logiche, non puo mai condurre al-
I'errore.
Ma la capacita intuitiva della mente e troppo limitala
per poter con quella regola esaurire tutti gli oggetti che ha
bisogno di conoscere. Sarebbe costretta ad occuparsi di
Serie III. T. I. i
— 20 —
pochi, c dovrebbe ommettere una grandissima parte di
quello che ha bisogno di conoscere. Cosi, per evitare 1' er-
rore, sarebbe condannata ad una profonda ignoranza.
Se e possibile un metodo di non errare, non pud esser
fondato che sopra una tale coslruzione e eombinazione di
segni, per cui lo lore- apparenze in mancanza delle idee in-
tuitive non siano fallaci.
Se la costruzione materiale dei segni rappresentasse
per esatta analogia gli oggetti segnati, allora le idee simbo-
liche potrebbero cssere adopcrate in luogo delle idee intui-
tive nella ricerca della verita. Allora le idee siraboliche non
servirebbero piu per un valore arbitrario ad esprimere le
idee intuitive, ma bensi per un loro valore naturale ; e
percio le loro apparenze non riuscirebbero piu fallaci. E
siceome i segni per esprimere gli oggetti possono essere
scclti ad arbitrio, e indubitabile ciie possano avere tale
costruzione, la quale esprima per analogia cio che con essi
si vuole indicare. Ecco dimostrata la possibility dell' arte
caratlerisiica, cioe di quell' arte con cui, mediante un ma-
neggio di caratteri, si possa rendere certe le nostre cogni-
zioni e promoverle. Non no possediamo ancora che una
specialc per le seienze matematiche ; cd e gran tempo che
da questa per imitazione i filosofi banno pensato alia pos-
sibility della caratterislica universale. Ma finora questa
non e altro che una possibilila, la quale non si poteva ren-
dere dimostrata che coi nostri principj.
Fratlanto, parlando ancora di quella possibility, e da
riflettersi che le classificazioni possono considerarsi come
decomposizioni delle idee che ci fanno risalire ad alcuni
primitivi elementi, coi quali le idee generali e singolari
vengono poi composte. Se alio idee elementari si slabilisco-
no dei segni primitivi arbitrarj, possono da questi essere
— 27 —
dedotti dei segni derivativi per Ic altrc idee che da quelle
vengono composte. E possibile, in conseguenza, un sistema
di segni ehe nelle loro forme inateriali rappresentino le
eomposizioni ossia la natura delle idee eorrispondenti. I
mezzi che conducono a piantare questo sistema sono indi-
cati nelle regole seguenti : 1 .° Fra tutte le possibili classi-
ficazioni si scelgano quelle ehe servono piu direttamentc
alia nostra utilila. 2.° Dopo avere subordinate le idee in-
tuitive a generi inferiori, questi si rendono subordinati a
generi superiori ; e questi ad altri piu elevati, tinche l'uso
non richiede un' analisi ulteriore. 5.° Ai generi piu ele-
vati si stabiliscauo dei segni primitivi arbitrarj semplici e
fra loro differenti. 4.° Questi segni si compongano assie-
me nello stesso modo con cui dalle idee che esprimono
sono composte le altre. Vale a dire, prima si stabiliscono
i segni dei generi superiori ; con questi si compongono i
segni dei generi inferiori, e cosi successivamente fino ai
generi piu inferiori, ed alle idee singolari. Tuttocio opera-
te, la costruzione materiale di ogni segno saru analoga al-
1' oggetto corrispondente, perche dedotta dalla sua natura.
I segni cosi formati si possono chiamare rappresentativi
delle idee intuitive, perche appunto esprimono natural-
mente, e non piu per atto del tutto arbitrario, le idee che
vi corrispondono. II sistema di questi segni e la prima
parte dell' arte caratteristica, ossia della lingua fdosofica,
se sono desunti dalle articolazioni della voce e dalla scrit-
tura. La seconda parte e 1' arte di maneggiarli e di combi-
narli assieme per la cognizione della verita. Tal parte devc
essere dedotta dalle operazioni dell' anima che nel Capo
precedente^abbiamo spiegale parlando dei giudizj e dei ra-
gionamenti. Senza entrare ora in dettagli ulteriori sopra
quest' arte, che non e mio scopo in presente di scoprire
— 28 —
iici suoi dcttagli, contcnto di avernc mostrata In possibili-
In, io frattanto mi trovo in grado di conchiudere che in
tiilte le operazioni dell' anima V vso dei segni rappresenta-
tivi assicura la cognizione certa delta verita, eche col loro
mezzo tulte le scienze si possono rendere esatte. Perehe
ho abbastanza dimostrato che le false apparenze dei segni
arbitrarj c privi di analogia colle idee intuitive sono Ic
prime cause dei nostri errori.
II vantaggio recato dall' analisi, ossia dall' arte carat-
tcristica, nella sun applicazione alle scienze, e berisi in pri-
mo luogo la certezza, ma inoltre vi e la loro eslensione al
di In immensamenle delta capacita intuitiva dello spirito.
In queste tali scienze la certezza vi era anche prima del-
I' applicazione dell' analisi. Le scienze sono esatte in quan-
to vi e certezza di cognizioni ; sono analiliche in quanto s-i
tratlano con un' arte caratleristica.
IIo dimostrato nel capo precedente che dalle idee si
fnnno sorlire immediatamente dei gimlizj primitivi, la veri-
ta dei quali si conosce inluitivamenle^ e che da questi col
mezzo di un retto raziocinio se ne ricavano degli altri con
eguale certezza. In conseguenza, sopra gli oggetti che sono
rappresentati alle nostre idee intuitive si possono formare
delle scienze esnlte, com' e, per esempio, la geometria ele-
mentare, senza il mezzo dei segni rnppresentalivi e senza
1' arte caratteristica. Tali sono anche lutte le parti delta
fisica che versano sulle qualita sensihili dei corpi. In tali
scienze la certezza si puo ottenere, fino a un certo limite,
col mezzo delta forza intuitiva delta mente e del retto ra-
gionamento. Ma i segni rappresentativi e I' arte caratteri-
stica estendono la certezza delle cognizioni al di la di quel
limite ; cioe accrescono e reudono analitica la scienza che
era gin nalurahnente esalta. Cosi si e fatto delta geome-
— 29 —
tria, e di tuttc le parti della fisica chc sono suscettibili del-
I'analisi matcmatica.
Nella chimica si 6 cominciato da molto tempo un lin-
guaggio che rappresenta la composizione dei corpi col
mezzo di formule. E quello un principio di arte caratte-
ristica.
Oltre le scienze matematiche, che sono esalle per la na-
tura dei loro oggetti, per la forza dei ragionamenti, e che
sono estese per 1' applicazione dell' analisi, vi sono dellc al-
tre scienze che versano sopra oggetti non soggetti ai sensi,
percio non intuitivi, per le quali non e ancora trovata
I' arte caralteristica. In tali scienze non puo esservi dun-
que certezza di cognizioni, perche abbiamo vedoto che la
certezza deriva o dalla forza intuitiva della mente, o dalla
natura rapprcsentativa dei segni. Nel numero di queste
scienze vi e principalmente la fisica speculativa, nella quale
si ricercano le qualita dei corpi che sono occulte ai sensi
come cause delle qualita sensibili. ossia dei fenomeni.
Nelle scienze morali e politiche, il grande oggetto e di
determinare le azioni volontarie dello spirito, in modo chc
tendano al bene dell' individuo e della societa con cui e le-
gato. E, secondo che hanno o non hanno questa tendenza,
si giudica della loro bonta o della loro malizia. Per cono-
scere dunque le veriti morali e politiche, bisogna conside-
rare gli effelli dello azioni volontarie, che ricadono sul-
P individuo, e quelli che riguardano la inlera societa. Ma
poiche tali oggetti superano la capaciu'i intuitiva, e non vi
ha tinora alcun mezzo di trattarli col mezzo di un' arte ca-
ratteristica, perci6 la morale e la politica non sono finora
scienze esatte.
Lo spirito ha un bisogno continuo di conoscere le re-
gole morali e politiche per determinare le proprie azioni
— 30 —
volontarie. Queste cognizioni non possono cssero di loro
natura die simboliche, cioe raffermate nei scgni. E perche
manca la relativa arte caratteristica, i segni non rappre-
sentano raaterialmente I' indole degli oggetti. Quindi in tali
matcrie lo spirito e condannato con ircquenza all' errore.
Ma 1' errore non e la sola fnnesta consegucnza die deriva
in tali oggetti dalla loro indole e dalla imperfezionc dei se-
gni. Vi sono inoltre le discordie e le questioni inlcrmi-
nabili.
Dal fin qui detto sopra I' uso dei segni nel trattare le
scienze, si puo faeilmente rispondere ad altre questioni
ebc furon proposfe nella materia dall' Istituto di Francia.
Fu proposlo : Se nelle scienze, ove la veriid vicne riccvuta
senza contrasto, si riconosca questo dalla pcrfezione dei
segni.
Queste sono le scienze csatte di cui abbiamo di sopra
parlato. Sirispondc adunque che in tali scienze la certezza
dipende da due cause. i.° Dalla natura degli oggetti cbc si
prendono a trattare, la quale per essere rappresentata nolle
noslrc idee intuitive, assicura la verita dei nostri primitivi
giudizj, c di tutti gli altri che da quelli possono dedursi per
mezzo di ragionamenti. 2." Dalla natura dei senni con cui
si esprimono gli oggetti, i quali per essere rappresentativi
possono essere trattati in sostituzione alle idee intuitive
con tutta la sicurezza; e per essere faeilmente combinabili
estendono la certezza dellc nostre cognizioni sopra oggetti
che superano la nostra capacita intuitiva.
La prima causa di certezza si puo avere in molle scien-
ze, ma molto limitata. La seconda causa finora non si ha
che col mezzo dell' analisi matemalica, cd e molto estesa.
Colla medesima facilita si risponde ancbe all' altra que-
stione proposla dall' Istituto di Francia : Se nelle scienze
— 34 —
che porgono un etcmo alimento allc questioni, sin questo
un effetto necessario delta inesattezza dei segni. Le scien-
ze ove le questioni si perpetuano son quelle dove gli og-
getti che si vuole conoseere non sono raffermati nelle no-
strc idee intuitive o per essere reconditi, o per essere troppo
complicati ed estesi, o per essere troppo lontani di spazio
e di tempo ; e frattanto manca il soccorso dell' arte carat-
teristica per esprimere e trattare quesli oggetti col mezzo
di segni rappresentativi. La divisione dunque delle opi-
nioni in questc scienze dipende da due cause. I .° Dalla
natura dei loro oggetti, i quali non potendo essere rappre-
scntati intuilivamentc, si esprimono con delle immagini
arbitrarie ed imperfette che alimentano le questioni e con-
ducono all' errore. 2.° Dalla natura dei segni, i quali per
essere affatto arbitrarj e non analoghi agli oggetti segnati,
non possono servirc in luogo delle idee intuitive che man-
cano alia cogniziono della verita, ne hanno un valore vir-
tuale ben determinate e costante, ma bensi mutabilc nello
stesso spirito e differente nei varj spirili, dal che nasce la
incostanza c la divisione delle opinioni. E certo che qua-
lunque cognizione di un oggetto non fondata ne sopra una
rappresentazione intuiliva, ne sopra una rappresentazione
analoga dei segni, non puo essere conforme alia verita che
per azzardo ; e dev' essere tanto varia nelle varie menti
che no nasca il contrasto e la discordia. Si ritenga sempre
quello che si e detto superiormente, che quelle che chia-
miamo idee intuitive sono in grandissima parte non al-
tualij ma potenziali per una facolta che abbiamo notala
nella mente, di prendcre per altuale quello ch'e soltanto in
potenza rappresentativa e che anche questa facolta viene
esercitala con dei segni,
Finalmenle una ultima questione proposta e questa. S<
— 32 —
vi sia quale he mezzo di / • ■ /■/// ///s ■///<-■ ?//. y/}//,///r /A'J/
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DELLE LEGGI AGRARIE
CoNTENlTE
NEGLI ANTICHI STATOTI MUNICIPALI
E DEM,' L'SO
CHE SE NE PUO FARE NELLA COMPILAZIONE
DEL COD1CE RURALE,
MEMORIA
DEL M. E. CAV. AGOSTIINO D.» FAPAIVNI,
Leila neWadunansa 18 maggio 1851.
S^3
Q,
'uando sorivcndo io la storia tlella giurisprudenza
agraria (della quale ebbi I' onore di leggerne un prospetto,
cd una parte a questo I. R. Istituto) portai il mio lavoro
al secolo XII, mi venne 1' opportunity di ragionare degli
anticbi staluti municipali, e ritenni col consenso di accre-
ditali storici e giureconsulti, die la loro origine si dovesse
stabilire intorno a quell' epoca.
II secolo dodicesimo, che nella sua prima eta avea pro-
dotto la ristaurazione del jus romano e 1' ordinamento
delle leggi canoniche,, maturava nel suo linire strepitosi av-
venimenti e grandi mutazioni nell' ordine sociale. L'impe-
ratore Federico I, dctto Barbarossa, venuto in Italia per
aggravare la mano sopra le suddite citta, forzolle ad agire
contro di lui, a stringere quella famosa alleanza detta la
lega lombarda, e a contrapporre alle armateimperiali calate
— 52 —
giii per opprimerle, ultreltante legioni coraposte de'pro-
prj loro ligli. Lc quali cosi valorosamente si difesero, da
rimanere vincitrici nella grande lotta. Frutto di si bclla
yittoria per le collegato cilia lombarde fu la famosa pace da
esse con tanta gloria e tanto vantaggio fermata coll'impe-
ratore nella cilia di Costanza, correndo gli anni 1185.
Stabilitasi per questo memorando Irattalo la liber la
di molte citta d' Italia, lepiu ragguardevoli fra le medesimc
ordinarono il loro governo a modo di repubbliea, e cia-
scbeduna, conquistato il dirilto di autonomia, intese a rac-
cogliere in un volume le leggi, che andava di tempo in
tempo promulgandOj a seconda dellc peculiari circostanze
e degli emergenti bisogui.
Di qui ebbero origine i municipali statuti ilaliani ; e
non vi fu in appresso citta, terra o borgata, per quantun-
que piccola che si fosse, che gelosa della propria indipen-
denza non volesse avere leggi sue proprie. Nelle sole pro-
vincie del venelo antico dominio vi erano piu di quaranta
statuti vigenti al tempo di quella repubbliea: Milano, e
tutle le citta lombarde, quelle del Piemonte, di Genova,
della Toscana, dello Stalo ponliiicio^ dei regni di Napoli,
di Sicilia, di Sardegna c delle isole adjacenti cominciaro-
no pur esse in quel torno a regolarsi con particolari leggi
municipali, cosicebe a piu di cento polei annoverare gli
statuti di citta e terre italiane, che io vidi ed esaminai pub-
blicati gia posteriormente colle stampe (I), senza porre a
calcolo quelli, che rimasero manoscritti negli arcbivj di
molti municipj.
(I) Nella precitala mia storia deUa giurisprudenza agraria ho dato
la serie cronologica si delle citta, die turono le prime a compilare i pro-
prj statuti, e si di quelle die furortu le prime a pubbliearli al prinio dif-
fondersi dell' invenzione della stampa.
— 53 —
Non ando lungo tempo, clie alcune provincie e citta
di Francia imitarono I'esempio dclle nostre, ed intraprese-
ro di mettere in iscritto le loro consuetudini, o Droit cou-
lumier, com1 esse le chiamano nel loro linguaggio, e che i
Romani appellavano Jus non scriplum. Queste compilazio-
ni statutarie ordinate posteriormente dai re di Francia
Carlo VII, Carlo VIII c da Francesco I, crebbero in
nimlo, al dire di M.r Ilenrion (I), da snperare il nuinero
di sessanta, parlando delle generali, vale a dire di quelle
osservate in unJ intiera provincia, ed a piii di trecenlo am-
montavano le particolari, ch'' erano quelle osservate nel
territorio di una sola citta o distretto.
Lo stesso avvenne della successiva compilazione degli
statuli municipali in Ingliilterra (2), in Germania (5) ed in
Ispagna (4), come ebbi inolivo di riconoscere nelle parziali
biblioteche legali di dette nazioni.
Questi patrj ordinamenli, parlando pin particolarmente
de' nostri italiani, venivano di mano in mano stanziati ora
per sopperire al silenzio del jus comune, ora per inter pre-
tarne ed applicarne il senso, ove V espressioni del mede-
simo erano inestricale, o dubbiose, o troppo concise. Quin-
di una grande parte delle ordinazioni contenute negli sta-
tuti nostrali erano leggi georgicbe^ accomodate a quell'or-
dine di tempi, e di costumanze. Consegue da ci6, che le
stesse contengano assai acconci provvedimenti al buon
andamento di presso che ogni ramo di economia rusticale,
(1) Encyclopedic metkodique, Jurisprudence. Tom. II. artic. Cou-
tumes.
(2) Bibliotheca juridica Martini Lipeiiii. Lipsiae 17o7, in fol.
(3) Langhornius Dan. Chronicun Legum Anglorum. Londini 1670, 8.'
(4) Azevedo (de) Alphonsns. Commenfaria Juris Civilis in Hispa-
nia. Antuerpiae 1613, fol
— 54 —
e molto opportuni a impedire e conciliare le questioai tra
gli agricoltori.
Mi e avvcnuto di osservare sovente, che quanto piu le
citla, le provincie, i territorj erano dedicati alia coltura
de' campi, e quest'arle forniava la principale loro industria,
lanto piii gli statuti, che i singoli paesi andavano di tempo
in tempo emanando, si estendevano sopra 1'agricoltura, a
preferenza d'ogni allro argomento. Di ci6, per tacere di
varj altri, ne sicno esempio gli statuti di Venezia e di Ge-
nova, citla e repubblicke tutt'affatto ncgozialrici, in con-
fronto di Milano, di Brescia, di Verona, di Padova, di Tre-
vigi, citla principalmente agricultrici. INegli statuti delle
prime, parlando di Venezia, che non ebbe possedimenti in
terraferma se non dopo la mela del secolo \IV, e che era
in superior grado mercatantesca, non si Irova alcuna or-
dinazione in proposito di beni rustici, come non se ne
Irova neppure nelle costituzioni municipali di Genova :
mentre negli statuti delle citla, che aceennai da ultimo, vi
si leggono in copia le piii belle ordinazioni di georgico di-
ritto, che desiderare si possano.
INon si puo dire pero che questi agro-economici prov-
vedimenti fossero complessi di Ieggi, composte con un in-
lento generale, ma sibbene nuove disposizioni provocate
dai bisogni, che tratto tralto svolgevansi, e dai disordini
che si andavano inlroduccndo: erano talvolta riforme, tal
altra supplemenli ed appcndici al diritto comune, riducen-
dosi sovente in iscritto cio che di meglio era fondato sulla
pratica, sulle tiadizioni e sidle consuetudini de'luoghi.
Semhra che al chiudersi del secolo XV abbia avuto
line la formazione degli statuti municipali, mentre ne' se-
coli susseguenti non vi si fecero che riformazioni cd ag-
giunte: ed anche in queste aggiunzioni si opero senza ade-
— 55 —
renza di principj e senza scoria di sislcmi. Precipuo scopo
delle comunita o provincie stalucnti era di mantenere fcr-
ma l'osservanza di quegli ordini, e di quelle agrarie con-
suetudini, che la lunga esperienza avea diraostrato prolicue
e consentanee alio condizioni de' Ioro elimi e delle induslrie
agricole, che vi si esercilavano.
Se coirenianarsi de' nuovi codici generali civili, dopo
la meta del secolo XVIII e sul principio del corrente, de-
caddero grandementc le antiche legislazioni muoicipali, tut-
tavia non si puo dire, che rirnanessero abolite cd estinte :
poiche ad esse si ebbe anche posteriorinente ricorso, come
vi si ricorre al di d' oggi, peculiarmente in oggetti di pra-
tica economia rusticale, in tulli quei casi, in cui i nuovi
codici generali non provvedono speeificatamenle.
E qui me d'uopo indicarc in succinlo quali leggi ordi-
nariamentc si contengano negli antiehi piu accreditati sta-
tuti municipali, ehe riguardano e regolano di proposito le
piii rilcvanli materie delta mstica economia. Quesle leggi.
io sono d' avviso che si possano accennare solto i segucnti
dodici tiloli :
l.° Delle regole da osservarsi nello slahilire e man-
tenere i confini che separano nolle campagne i posscssi di
on proprietario dall' altro ;
2." delle vane servitii rustiche;
5.° delle locazioni e conduzioni tanto di fondi rustici,
quanto di opere ed induslrie agrarie;
4." dei contra ttidi compra e vendita ili propriela cam-
pestri, nonche di soccida di animali inservicnti all agri-
coltura ;
5." delle discipline pel huon governo delle strade pub-
bliche e private nelle campagne;
(>." dei diritli ed usi di aequo di ogni natura inser-
— 50 —
vienti nc' fundi rustici ad abbeverameato di uomini e di
bestiami, ad irrigazione di terre, a movimento di opificj, a
navigazione ed a pesca ;
7." dci beni comunali;
8.° dei diritti e dovei'i del vago pascolo, e del pensio-
natico ;
9.° del governo dci bosehi ;
t0.° dei diritti dicaccia;
II." della polizia rurale politico-araministrativo-sani-
laria ;
12.° della polizia giudiziaria per danoi dati ai fondi, ai
prodolli cd animali campestri, e per ogni trasgressione e
delitto commesso a earico della proprieta e sicnrezza per-
sona le nelle campagne.
Ora mi si diinandera, se io creda utile, o no, it valersi
di queste statularie ordinazioni nella compilazione del co-
dice rustico ? Alia quale dimanda io sono di riverente pa-
rcre di rispoudere afferinativamente, osservatc pero le
modalita che verro esponendo in apjiresso.
Le ragioni poi, per le quaii opino, che sia da valersi
delle leggi agrarie contenute negli anlichi statuti municipali
sono le segneuLi :
l.° Uno dei principali caralleri assegnaii da san Tom-
maso d'Aquino alio leggi uinane, aflinche rispondano vera-
mente al loro ihtenlo, si e quello, che sicno adatte alia
qualita varia deiclimi, dei luoghi, dei costumi, degli usi
delle rispeltive popolazioni. Ora le dette anliche leggi sta-
tutarie, esseudo il risullamento di lante osservazioni fatte
per lungo periodo di tempo sul luogo, awalorale da molte
esperienze, couvalidale dai volo dei molli interessati rac-
colli in forma I i adunanze, e statuenti di proprio diritto e
di propria indipendente aulorila, conlengono senza dubbio
— 57 -
la caratteristica richicsta dal teologo aquinale; e percio
sara grandemenle utile il valersi di esse, nella corapilazione
del codice rurale.
2.° Perche cssendo i proprietarj ed i coltivatori dei
singoli territorj assuefatti ab immemorabili all'osservanza
dei predetti Iocali ordinamenti, die tuttora sono in vigore,
ove tacquero le moderne legislazioni, diffieilmente ed a mal
in cuore si assoggetterebbero essi a disposizioni, che si al-
lontanassero sensibilmente, senza un'evidente utilita, dalle
regole e consuetudini a cui sempre si attennero.
5.° Perche Pautorita di sommi agronomi e di riputali
giureconsulti si nostra li che forestieri avvalorano la mia
opinione. Citero fra gli agronomi il piii benemerito ristau-
ratore della ilaliana agronomia nel principio di qucsto se-
colo, il eonte Filippo Re, il quale ne' suoi Annali d' agri-
coltura lasciava scritto (i): « lo desiderai molte volte di
avere ozio bastante e di possedere la serie de' varj statuti
antichi d' Italia, che avrei voluto formare la sloria della
nostra agraria legislazione ; e cosi avrei fatto vedere, die
gl'Italiani mai sempre favorirono lagricoltura, ed emana-
rono leggi che mostrano la loro intelligenza. » E qui m' e
grato il riferire, che in eguale considerazione ed onore te-
neansi i venerandi dettati della statutaria legislazione ru-
rale italiana dal rinomato giurisperito vivente professore
e consigliere prussiano Federico Carlo Savigny, il quale
nella sua storia del Diritto romano del medio evo (2) non
dubito di affermare, « che gli statuti delle citta italiane,
che cominciarono nella meta del secolo XI, ed il cui mime-
ro e l'impoi'tanza si accrebbero nei due secoli seguenti.
(J) Tomo IV, pas. 12. Milano 1809, in 8.J
(2);Vol. 11, pag. 508, troduziuiie di Firenze, 1844. 8"
Serie III. T. I
— 58 —
offrono un tale interessc per la storia, ohe un prospetto
comparato di qucsti statuli sarebbe una sorgente feconda
d' istruzione. »
All' autorita, quantunque gravissima di per se stcssa,
di qucsti due chiari ingegni piacemi aggiungerc quella di
un terzo non meno chiaro scrittore vivente, per convali-
dare l'assunlo, che Io studio dclle antiche agrarie costitu-
zioni municipali puo, anzi deve tornare prolicuo alia retta
compilazione del nuovo codice rustico. E qucsti l'autorc
della storia della legislazione italiana, il piemontcse contc
Filippo Sclopis (I) che dice: * La parte economica degli
statuli composta a seconda della condizione del comunc,
comprendeva rcgolamenti di commercio, tariffe di dazj e
bandi di polizia rurale. Questa e la parte che piii di tutte
puo giovarc agli studj presenti di economia polilica c di
statistica, pcrchc non e raro che dalle passate esperienze
si cavino frutli di presente applicazione: e le sorgenti di
una ricchezza antica non sono sempre affatto inaridite. »
4.° Ed egli e appunto, che oltrc le riportatc autorita
io chiamo 1' esperienza ed il fatlo a raffermare 1' utilita di
valersi delle antiche rurali ordinazioni nella compilazione
del codice campestre.
Nessuna nazione nel periodo di 55 anni, vale a dire
dal 1789 al 1824, ha abolilo o riformato tante vecchie leg-
gi, e ne ha composto tante di nnove, quanlo la Francia ; di
modo che una cominissione incarieala dal re Luigi Filippo
della revisione di dctte leggi ebbc ad affermare in agosto
1 844 (2), che le due prime assemblee c la convenzione cma-
narono nel sovra indicato periodo ringente numero di oltrc
(1) Vol. II, pa^ 107. Torino 1844. 8.'
(2) Vol. suddetto. pu^. 110.
— 59 —
ventimiia leggi ; alia qual congerie di ordinamenti si po-
trebbero applicare le espressioni, eon cui Tito Livio dino-
tava 1'aumentata farraggine delle leggi romane: Immensum
aliarum super alias coacervatamm legum cumulum (1).
Questo impulse* violento, questa smania frenetica di tutto
distruggere senza peosare a stabilire le basi d' un nuovo
edifizio, questo istinto distruggitore, che nianifestossi da
poi ovunque scoppiarooo gl' impeti delle rivoluzioni, do-
mino ancbe nel primo progetto del codiee rurale fatto
estendere dal celebre minislro Chaptal, ed assoggettato per
decreto 19 maggio 1808 chill' impcralore Napoleone al
voto consultivo di tante Commissioni, quanle erano le cor-
ti d' Appello dell' impero francese (2). Questo progetto di
codiee rustico, portando I' impronta dell' epoca in cui na-
sceva, nou faceva verbo degli antichi slatuti municipali, pei
quali questo silenzio era consono a quella assoluta aboli-
lizione contenuta nell' artieolo III del decreto imperiale 16
gennaio!80G, premcssoallapubblicazione del Codiee Napo-
leone, ove e detto « che le consuetudini generali o locali,
» gli staluti o regolamenti cessano di aver forza di legge. »
Le appellatorie Commissioni consultive nell' esame del
progetto del codiee agrario, su cui erano chiamate a dar
parere, trovarono assai manchevole quella proposta ; per-
che basandosi essa su principii generali, non dava disposi-
zioni bastanti a regola de' coltivatori de' beni rustici nelle
different circoslanze di climi, di luogbi, di consuetudini,
di usi, di rapporti sociali, che diver sifica no grandemente
da provincia a provincia, da dipartimento a dipartimento.
Quindi ogni Commissione propose di aggiungere o di rifor-
(1) Lib. Ill, cap. 3i.
(2) Observations des Commissions donsultalives siw le projet
o non si coltivavano in grande ; come pu6 dirsi della cul-
tura dc' gclsi e del governo de' bachi da seta, cbe sebbene
non ignoti a Crescenzio, ne agli agronomi di quell' epoca,
non formavano pert), come in presente, la maggior rendita
di alcune provincie, e percid la dilatata loro cultura influi-
sce non poco sopra i patti delle altuali contra ttazioni dei
litti. E non lascia altresi d' intluire sopra i patti medesimi
I'introdotto utile sis tenia delle coltivazioni alterne, dette
rolazioni agrarie, cbe gli agronomi antichi non praticavano
cosi estesamente, come si pralicano presentcmente da noi.
Che se si dia un' occhiata al vecchio sistema di leggi sulfa
costruzione e conservazione delle slrade campestri, quanto
rilevanti mutazioni non vi produssero i moderni regola-
menti ! Parlando poi delle pene, con cui le antiche leggi
municipali punivano i danueggianti e i derubatori degli
alberij dei prodolti della campagna, degli animali inservienti
all' agricoltura, le quali in alcuni vecchi statuti risultano
troppo aspre, feroci e sproporzionate ai delitti che mirano
a castigare o impedire, sara da mitigarne grandemente I'a-
trocita^ liglia de' secoli, in cui ebbero oriigine, riducendo
— 63 —
tlette punizioni in consonanza ed in giusta proporzione con
quelle de' vigenti codici criminali.
Ho detto di sopra, che I' intendimento si della potesta
imperanle in Francia, che ordino il progetto del codice ru-
rale e si de' giurisperiti, che lavorarono intorno al medesi-
mo, era sempre quello di puhhlicare un codice, che nel ter-
ritorio francese fosse il solo e 1'unico direltivo in materia
di agraria legislazione, e che la proposta di esso non avendo
riscossa l'approvazione delle Commissioni consultive, chia-
mate a darne parere, perche mancante delle pecultari dispo-
sizioni, che ogni singola provincia o dipartimento credeva
necessarie a ben dirigere, seeondo le locali consueludini,
I' andamento della rispetliva economia campestre, si era
riconosciuto il hisogno di ricorrere agli antichi slatuti
municipali in tutto ci6, in cui gli stessi non fossero in
aperta opposizione co' nuovi ordinamenti politici e civili.
Ma non essendosi da alcuno di essi suggerito ne il modo
di riparare a questo mancamento, ne quello di richiamare
in vigore la parte de' vecchi statuti municipali da rendersi
accomodata e confacevole alle circostanze de' tempi cor-
renti, io mi permetterei di suggerirne una, che mi sembra
di assai facile ed agevole esecuzione.
Stia pur ferma 1' adottata disposizione, che unico debha
essere il Codice agrario di un intero regno, come sarebbe
a dire pel Lombardo-Veneto. Siccome poi per la sua uni-
cita e conscguente generality di principj non potrebbe que-
sto Codice discendere alle particolarita degli usi, delle con-
sueludini e delle leggi statutarie richiestedai varj raetodi e
sistemi di coltivazione vigenti nelle singole provincie, cosi
parrebbemi che sipotcsse soddisfare ai bisogni, alle esigenze
ed ai voti delle singole parti costituenti la totalita del re-
gno, qualora oltre questo unico Codice agrario ogni pro-
— 64 —
vincia avessc mi peeuliare staccato suo regolamento, rac-
chiudente le leggi e eonsuetudini patrie attenenti all' agri-
coltura e derivanti da particolari invariabili sue eondizioni,
pei*ci6 nou comuni con altri tcrrilorj e paesi.
Delia compilazione di questo provinciate, o per meglio
dire col nuovo vocabolo, circolare regolamento, racchiu-
dente le sole leggi e consueludini agrarie vigenti ne' singoli
territorj, io opinerei, che fosse incarieala una Giunta com-
posta di due consiglieri del tribunale di prima istanza della
provincia,di due dislinti avvocati, di due accreditati ingegneri
civili, di due posscssori di terre nella provincia qualificati
per cognizioni tcoriclie e pratiche in agronoinia,presieduta
dal magislralo politico-amminislrativo della provincia, dan-
do facolta alia Giunta di scegliere e colle norme di sopra
indicate riformare quelle leggi statularic e quelle consue-
tudini locali, che risultassero evidcntemcnte opportune al
rispettivo paese. Questo regolamento dovrebbesi in appres-
so sottoporre all' esame ed alle discussioni di una Giunta
centrale formata di due consiglieri di Appello, di due mem-
bri effeltivi dell' I. R. Istituto di scienze, lettere ed arli, di
due assennati giureconsulti, di due ingegneri civili addetli
alle pubbliche costruzioni aventi il grado d' ingegneri in
eapO; di due proprietarj di latifondi nel regno, ragguarde-
voli per sapere ed aniore agli studii georgici, presieduta
dal vicc-presideate dell' I. R. Luogotenenza, la quale ne
assoggcttasse le prese deliberazioni alia sovrana approva-
zione. E qui non lascio di osservare, che questa mia propo-
sta sarebbe consona a quanto dispone il § I 1 del Godice civi-
le generale austriaco, che dice: « Que' soli statu li di singole
» provincic e di singoli distretti avranno t'orza di legge, che
» dopo la promulgazione del prescnte codice saranno stali
» dal legislatorc espressamente confermati. »
— 65 —
Per tal modo, senonm'inganno, coll'ajuto delle patrie
!eggi statutarie si vcrrebbe a compilare un' opera, die riu-
nendo ai principj della scienza le regole dell' applicazione,
formerebbe per cosi esprimermi, un Corpus juris gcorgici,
utile non menu ad istruire i proprietarj e gli agricoltori,
quanto a dirigere i magistrati e gli ufticiali incaricati di
giudicare le questioni e sopravvegliare 1' ordine pubblico
nelle campagne. E in questo tempo, in cui si tralta di ri-
fondere in molte parti, e naigliorare la legislazione, vorrei
poter richiamare 1' attenzipne de' riformatori sui bisogni
deli'agricoltura. Siccome il concorde parere di uomini sag-
gi e la slessa esperienza ammaestrano, die sono durevoli
quelle istituzioni cbe si fondano sidle anticlie originate
dall' indole e dal lungo spontaneo consentimento de' popoli ;
eosi per le sopra enunciate ragioni non esilo a eoneliiu-
dere, die lornera assai utile alia nostra campestre econo-
mia, solto per6 1 osservanza delle regole preavvisate, il va-
lersi nella eonipilazioue del Codiee rustieo delle anliebe leg-
gi georgicbe statutarie lasciateci in legato da'noslri mag-
giori.
Laonde, se eolle norme die mi sono ingegnato di espor-
re, e eon quelle cbe ad agrononii e giureconsulti valenti
piacesse di aggiungere, si effettuasse la compilazione del
tanto desiderato Codiee rustieo, io porterei fidueia, die
della nostra nuova legislazione agraria si potrebbe dire
cid ♦ lie si racconta aver detto Solone, quando vennc inter-
rogato: Se avesse fatto le niigliori leggi ; si, rispose, le nii-
gliori pegli Ateuiesi.
Serie 111. T I
ADHMSZA DEL 610110 25 NOVEIBKE 4855
11 M. e. professore Zambelli lcgge una sua Me-
moria in cui si propose di rispondere al quesito : Se
nei popoli la miseria si leghi a cause ingenite e fatali;
e percib superiori a forza d'uomini e di governi.
I progressi dell' economia pralica presso le mag-
giori nazioni d' Europa, i fatti principal che li atte-
stano, da nessuno oggi contrastati, aprirono il campo
al suo discorso.
Lamcnto dappoi quella funesta antitesi, che e il
pauperismo, contrapposto alia ridente ricchezza nei
diversi stati d' Europa.
Disse come lo sconforto di tale antitesi special-
mente si palesi nelle grandi citta industrial^ dove il
proletariate delle otticine e condannato a sopportare
il grave pondo della poverty delle privazioni, e perfi-
no della intellettuale e morale degradazione.
Accenno agli scrittori filantropi, che in diversi
— (58 —
tempi, e prcsso diverse nazioni sparsero lagrime sui-
1' infausto argomento, e con animo generoso ne stu-
diarono le cause, gli andamenti, i danni ed i rimedii,
e promettendo di seguirli con altra Memoria, in quc-
sta prima laulorc si limitava a piendere in esame la
teorica di un inglese, sir Morton Eden, il quale nella
sua Opera: « sUito dei poveri » porto un'opinionc (i/~
fermativa intorno al proposto quesito, e si studio di
sostenere come la miseria sia una specie di tristo fe-
decommesso tram andato dalle antiche alle gencrazioni
presenti, siccome queste sono e saranno obbligate a
trasmetterlo alle future.
H professore Zambclli espose i Ire periodi peiqua-
li passu la miseria, secondo Morton, unicamenfc cam-
biando di forma, cioe il periodo : 1.° di proprieta sul-
l'uomo; 2. di vassallasdo alia fileba: 3.° di liberta
da questo vincolo die in mutato in quello di presta-
zioni manuali. E noto, come in questa e per questa
concatenazionc di avvenimenti, Morton stabilisca la
ferrca legge, da cui e soggiogata 1 umanita, o almeno
una parte di essa.
Sorsc il professore ZambeSli a combattere questa
dottrina : osservo, che quasi nessun economista oso
di abbracciarla: la chiamo contraria al principio etico
della umana perfettibiiita, al principio giuridico, che
sempre e ad invocarsi, per non solievare societa e
governi dalla malleveria ad essi attribuita : disse per
quella dottrina ottenebrato tutto ravvenire della spe-
cie umana : avversate le speranzc che ci vengono dal-
la religionc.
— 69 —
Conchiuse col dipartirsi risolutamente da quclla
tcorica, e promise di ritornare in altra memoria in piii
largo modo snl proposto tenia per rintracciare le
cause pin ef'ficaci del male e ad un tempo i migliori
possibili rimedii per mitigarlo.
Poi il M. e. conte Fcrdinando Gavalli legge un
suo scritto intitolato : Studii sui monti di pietd.
Dopo alcuni cenni intorno l'usura ed i provvcdi-
menti con cui le Ieggi ecclesiastiche e civili tentarono
frenarla,rautore discorre l'origine dei monti di pietii,
mostra la parte che vi ebbe la religione dei Minori, le
riforme adottate dai Capitoli di Firenze e Milano, i ri-
chiami che ne derivarono, il decreto del Concilio late-
ranense V, che li dcfini. Quindi passa a narrare come
e quando la pia opera si stabili nei Paesi Bassi, nella
Spagna, in Germania, Francia, Irlanda. .4 qucsto ab-
bozzo storico succede 1' inda^ine economica della uti-
lita della instituzione ; l'autore riferisce sommaria-
mente gli argomenti che in i'avore o contro si adducono,
e conchiude che abusi ve ne sono, ma per questi non
poter convenire il distruggere l'istituto_, si far d'uopo
emendarlo: cosi si apre ladito a prendere in esamc
i piani economico-disciplinari dei monti di pieta degli
otto capoluoghi delie provincie venete, nota di ca-
dauno di essi le imperfezioni, e avvisa i modi per ri-
mediarvi.
Riunitosi 1' Istituto, dopo questo letture, a tratla-
re d'aflari interni, si stabiliscono i giorni per le adu-
nanze dell' anno 1855-5(3, che sono i seguenti:
70
TABELL4
dei giorni in ctti si faranno le Adunanze ordinarie nell'anno
accademico 1855-56.
at
>
o
9
.3
09
o
09
Q
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3
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27
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27
1
! 22
20
47
20
30
28
25
17
28
29
30
23
21
18
~
Adu-
II presidente legge il dispaccio dell'I. R. Luogo-
tenenza 3 settembre p. p. j\. 7144, con cui e parteci-
pato alia presidcnza dell' I. R. Istituto che S. M.
I. SI. A. si e graziosamcnte degnata di nominarc a
segretario dell1 Istituto mcdesimo il dott. Giacinlo l\a-
mias, e di permettere che al cessante segretario dott.
Girolamo Vcnanzio sia manifestata la sovrana soddi-
sfazionc per li distinti servigi da lui prestati. L' Isti-
tuto fa susseguire a questa lettura i proprj ringrazia-
menti al cessato segretario medesimo.
Indi il M. E. e vice-presidente prof. Menin, rela-
tore della Commissionc, che in ordine al dispaccio
2(1 ottobre 4855, N. 2958, dell' I. R. Luogotcncnza
— 74 —
iii norainata per dare il suo avviso inlorno al musaico
non e guari scoperto nella citta di Adria, legge il se-
guente rapporto:
Da circa un anno in un i'ondo suburbano d' Adria i'u
disseppellito un musaico coramesso di pietruzze bianche e
nere, disposte in regolare disegno di circoli cbe fra di loro
s' intcrsecano formando quella spezic di decorazione die
volgarmente si denomina a mandorla. L' opera si vede ter-
minata da un lato soltanlo, per lo che dovette una volta
eccedere Ie dimensioni attuali. Nondimeno presenta una
superlicie di 2'<0 metri quadrati, contandosene diciolto in
lungbezza e quattordici in altezza.
II sig. Bocchi, il quale come ognun sa possiede in Adria
celebrata collezione di iiguline etrusche dissotterrate qua e
cola nei contorni di (juella citta, e cbe non e meno ama-
tore di si fatte anticaglie, che coltivatore degli studii arcbeo-
logici, venne richiesto dall' I. R. Commissario del distretto
del suo avviso intorno alia nuova scoperta.
La risposta del sig. Bocchi riconosce nel musaico un
lavoro romano, cbe per altro non reputa anteriore al terzo
secolo dell' era volgare, lasciando desiderare glJ indizii che
lo determinarono a defraudare il monumento d' una eta
piii reverenda.
Ouantunque un notabile avvallamento nel mezzo abbia
ridolto il musaico ad una forma concava, tuttavia il sig.
Bocchi lo reputa senza esitanza un pavimento, essendosi
convinto, merce Ie screpolature degli orli, che la concavita
s' 6 lormata per lento cediincnto del suolo.
Passando a deciderc sul pregio, il sig. Bocchi non ne
fa gran conto, c perche il musaico adriese non c storiato,
e perche iratnmenti di musaici in pietre nere e bianche
— 72 —
sonosene gia trovatiin ogni parte d' Italia. Tuttavolta Don
gli nega un' importanza relativa rispetto alia cilia presso
alia quale fa rinvenuto.
In conseguenza cli tale importanza, il sig. Bocchi pro-
pone la conservazione tie I monumenlo, ma si spaventa
air idea delle difficolla die si opporrebbero al trasporto
del medesimo e del poco vantaggio che si ritrarrebbe da
una tettoja, molto piu per essere divisa la proprieta del
fondo ove il musaico giace presentemente. Suggerisce in
conseguenza, che qualche pezzo nelle maggiori dimensioni
possibili, siane asportato in luogo di sicura conservazione,
p. e. ncl locale del Municipio.
1/ I. R. Commissario dando conlezza della scoperla
all' E. I. Ii. Luogotenenza, accompagno alia sua relazione
la lettera del sig. Bocchi ed il disegno del musaico in pic-
cola scala. L' I. II. Luogotenenza poi diresse e nota e let-
tera e disegno al nostro Istilulo, ond' averne 1' avviso sul
trasporto dal sig. Bocchi proposlo.
La Commissione eletta a riferire su questo argomento
i proprii pensamenti concorda col sig. Boeclii sulla poca
importanza del musaico adriese, perche egli e vero abbon-
dare in lutta Italia frammenli di pari lavoro, ma soggiunge
die le dimensioni del musaico d' Adria essendo uniche
nelle nostre provincie merilano particolare riguardo.
Sulla forma concava non puo la Commissione pronun-
ziare verun giudizio, conciossiache il solo esame sul luogo
possa condurre a stabilire se a bella posta sia slato in lal
guisa fabbricato il musaico, o veramente se per cedimenlo
del sottoposto terreno siasi incurvato. Nel primo caso gli
eruditi avrebbero di che occuparsene e converrebbe cou-
servarlo intero ad ogni costo.
La Commissione non si lascia intimidire dalle dillieolla
— 73 —
clic spaventarond il sig. Bocchi quando pensava al tras-
porto del musaico da luogo a luogo, anzi crede che qua-
Iora v' abbia nel palazzo municipale d' Adria stanza abba-
stanza capacc, il musaico vi giungera e vi si adagera non
avendo sofferto il rainimo danno. La Datura dell' opera
musaica e tale, che pu6 dividersi seguendo I' andamento
delle pietruzze in porzioni piu o mono estese c ricomporsi
da poi, senza ehe eseguita la generale ripulitura resti trac-
cia visibile dell' avvenuto sraeinbramento. Ne percio richie-
desi erculea fatiea, od esorbitante dispendio. Bastera poco,
purche non manebi pazienza e scrupolosa attenzione.
Hanvi nel piano nobile del palazzo Torlonia in Roma
parecehie stanze pavimentate con bellissimi musaici antichi
rinvenuti fra le rovine delle terme Diocleziane, e presso
al circo di Caracalla. Spaziose sono le stanze e quali con-
vengono a principesca abitazione. Ne di fermo que'preziosi
musaici salirono interi la marmorea scalea, ne'interi var-
carono gl' ingressi, o s' introdussero per le finestre. Esst
vi fui'ono recati a brani, e ricongiunti poscia con tanto di
maestria, che non v' e linea, non figura che si rimarchi
spostata d' un capello. Nella stessa guisa aveva deciso la
Corte di Napoli di far trasportare agli Studii od in altra
particolare ediflcazione della capitale il grande musaico
scoperto entro la casa del pretore in Pompei.
In questa guisa opina la Commissione deva riporsi in
luogo di sicurezza il musaico d' Adria, non perche rivaleggi
con quello di Pompei o cogli altri delle terme Diocleziane
e del circo di Caracalla, ma perche unico lavoro anlico di
tal fatta e di lanta estensione nclle provincie lombardo-
venete.
La Commissione insiste sul trasporto anche per un
altro motivo. II sig. Bocchi avvcrli che, battendo in alcune
Serk III. T. I. 10
— 7-4 —
parti del rausaico, suonava al di sotlo quel rimbombo cupo
che manda 1' aria mossa in luoghi vuoti. Importerebbe co-
noscere se quei vuoti realinente esistono e diligentemente
perlustrarli. Non si puo supporre che un tanto pavimento
ivi si trovi a caso. Doveva far parte o di pubblico ediiizio o
abitazione magnatizia, per la qual cosa, rirausso che sia, dara
occasione d' utili ricerche e fors' anche d' importantissime
scoperte.
Quest' e quanto la Commissione ha creduto di esporre
sul conto del musaico adriese a Iume dell'Islituto. Scarso
lume, perche senza 1' ispezione del monumento, la Commis-
sione stessa dovette andarsi tentone.
L' I. R. Istitulo approva il presente rapporto,
che viene quindi accompagnato all' I. R. I^uogote-
nenza.
ADIINANZA DEL HOMO 26 50IMBRI 1855
JLJopo 1' atto verbale della precedente adunanza
privata 13 agosto, il prof. Bellavitis nota che in essa
il dott. Nardo non aveva detta neppur una parola della
risposta la quale apparisce dal letto processo verbale
aver egli fatta a lui, mentre si era anzi riservato di
rispondere appresso ; che ove l'avesse veramente fatta,
egli, Bellavitis, avrebbe replicato : che esscndovi una
inconciliabile distanza fra quei fisiologi, i quali snp-
pongono dubbioso il dipingersi capovolto dell'immagine
nella retina, ed i fisici che lo ritengono fuor di ogni
dubbio, era impossible qualunque discussione.
A cio il dott. Nardo rispose : che avendo veduto
mandata dal Bellavitis per islamparsi nel processo
verbale qualche cosa che gli pareva non aver detta
nella ricordata adunanza. ha creduto pur egli di ag-
giungere quel tanto che fu inserito nei processo ver-
bale medesimo ; che del resto riteneva esser egli d ac-
cordo. 11 Bellavitis soggiunse ripetendo che niuna
delle cose stampate nella risposta del iXardo furono
— 7(i —
da lui dette nell " adunanza : ch' egli, Uellavitis, non
mando in iscritto niente pin di quanto aveva esposto
a voce; e che, ben lungi di trovarsi d'accordo, la di-
scnssione gli sembrava impossibilc.
Dopo cid la presidenza si e creduta in debito d'an-
nunciare all'Islituto che per ragioni dipendenti da on
particolare contrattocol tipograib Antonelli, di cui gli
dara notizia, essa stimo conveniente per questa sola
volta, ed in via di eccezionc, di far precedere la stampa
alia lettura dei due processi vcrbali 42 e 13 agosto.
II processo verbale e quindi appro vato. e sotto-
scritto da! prcsidente e dal segretario.
II s. c. dott. Gera (4) torno a intratlenere 1' I.R.
Istituto sn la ben nota e funesta nialattia che domina
nei bachi da seta, e ch' egli chiama atrofia contagio-
sa offerendo ragguagli snlle osservazioni e sugli studj
da esso intrapresi.
Ei sospetta che Y atrofia dominante non si possa
appellar nuova ; perche forse da molt'anni se ne sono
veduti qui e qua i tristissimi effetti, specialmente dopo
l'anno 1830. E crede che nulla di nuovo abbian detto
gli scritlori da Dandolo e da Lomeni in poi ; e che noi
italiani da molto tempo prccedemmo i t'rancesi nelle
opinioni da essi oggidi esposte ed abbracciate.
Primo scopo delle sue ricerche furono la qualita
della foglia di gelso, la natura delle razze di filugelli,
non che la influenza su di esse esercitata dai diversi
nietodi di allevamento. E vide manifesto che, anche
(1) Questo sunln t'u compilalo e presentato dnl medesimo antore.
— 77 —
la ove piu regna la malattia in discorso, la i'oglia era
veramcnte squisita e scevra dagli ordinarj parassiti ;
gracili e deboli lc razze di filugelli; copioso l'alimento
ad esse somministrato., ma non sempre opportune le
cure di allevamento.
E passando alia descrizione ed agli eflfetti del mor-
bo, il dott. Gera ne ricorda i segni caratteristici; e
specialmente che il baco prossinio a filare presenta,
entro lultima parte dell' intestino, un pigmento o sia
una sostanza particolare alterata o prodotta, la quale,
mano mano che il baco stesso si contrae e tesse il
bozzolo, si porta fiiori dello intestino. e si raccoglie
fra la nuova pelle e quella che va ad allontanarsi dal
corpo. Guardata aHesterno, tale sostanza si presenta
sotto forma di un fjlobetto azzurrognolo simile ad una
coccola di caflfe naturale. Ma, aperta la cute, essa si
mostra di tinta ciliegio profondo ed anche nerastro,
consistente come il cerume ; e quando e secca si fa
nera e lucente come pece o catrame.
Mentre tale sostanza va raccogliendosi fra le due
pelli. tal fiata viene disciolta dagli umori nutritizj che
la circondano; e tal altra si addossa tutta o in parte o
sulla esterna superficie della nuova pelle o su la inter-
na di quella pelle che si allontana: ne manca il caso
che si depositi su la interna parete del bozzolo. E vide
egli che, ove non venga assorbita, e tutta si depositi
o nella pelle che si allontana, o sul bozzolo, la crisa-
lide e la farfalla, in cui il baco si cangia, escono belle
e senza traccia di malattia.
II dott. Gera si mostra sempre piu convinto che
— 78 —
r atrofia in discorso partecipi della natura del ne-
grone, o meglio sia una varieta di esso, e che
come questo sia afline alcalcino: e che giovi rite-
nerla conic malattia eredilaria e contagiosa. E par-
gli che debbasi considerare sotlo due aspetti diversi :
cioe quando il contagio si apprende direttamente
alio membrane villosa e ghiandolare, o quando esso
circola insieme agli umori nulrilizj. i\el primo caso
la sostanza mucosa si avvinghia alia membrana inte-
s tin ale dei bachi o delle farfalle sane, specialmente
al momento della nascita dei bachi, e quando. appena
mutati di peile. si trovano con essa sostanza in con-
tatto, forse anche quando essi camminano su le feccie
emessc dagli individui ammalati. E passa dal baco alia
crisalide e da quesla alia farfalla mentre avvengono
le metamorfosi, e da farfalla a farfalla durante la co-
pula, cosicche la maggior diffusione avviene da padre
in figlio, merce le ova che nel deporsi riescono a con-
tatto della sostanza nerastra, che trovasi presso l'ano.
Quando il contagio limita la sua azione alle membrane
intestinali. i bachi della terza e della quarta muta
non mostrano soffrire gran fatto; essendo che circo-
scritta e la lesione e la forza della potenza morbosa,
la quale tende phi che sia a moltipiicarsi, per quindi
meglio diflfondersi. Ma nei bachi appena nati o fino
alia seconda muta, e quando il contagio venga assor-
bito e portalo in circolazionc fra gli umori nutritizj
(com' e nei bachi mentre cangiano di pelle) allora le
funzioni vilali si alterano rapidamente. Una materia
nera si deposita nei condolli aerei. e ne difficulta la
— 79 —
rospirazione. Le lorze digerenti si mostrano fiacche,
perche la membrana ghiandolare presto appalesa una
certa inattitudine a svolgere la quantita e la qualita di
succo gastrico necessario ad apparecchiare 1 alimen-
to; i vasi assorbenti funzionano tardi. e male si ela-
bora il chilo; Tumor nulrilizio e nerastro; lie manca
il caso die alcuni punti o macchie gangrenose speci-
fiche si presentino qua e la sulla pelle. Da tulto que-
sto il dott. Gera crede, che Yatrofia contagiosa rechi
la morte appunto dietro cosi fatto assorbimento. E
vede fenomeni distinti j^iusta il modo e n\i ortfani lesi
dal contagio ; non altrimenti vediamo nella sifilide o
pin precisamente nella tisi tubercolare.
Da quivi il nosho socio corrispondcnte scese ai
mezzi per opporsi alia diffusione del morbo e per nie-
nomarne i tristissimi effetti. A quest' uopo. die' egli,
non sara mai bastantemente inculcato quanto importi
che gli educatori de' bachi scelgano razze non sola-
mente libere da malattia. ma eziandio le pin robuste
ed allevate ad ordinaria temperatura. ISe'luoghi in-
feslati dalla malattia, il mezzo che mostrasi meno
incerto, o di scegliere i bozzoli da destinarsi a se-
mente mentre il baco li tesse, di aprirli ed escludere
assolutamente quegl' individui che presentano di sotto
le piegature dell' ano un globetto cinereo. o sia la rac-
colta della materia nerastro-mucosa sopra ricordata.
E meglio di ogni altra cosa e non valersi minima-
mente delle partite, le quali abbiano in so qualche
baco, qualche crisalide o qualche farfalla ammalata. e
ficorrere a quelle allevate in paesi assolutamente sani.
— 80 —
Nell'attuale stadio dellc sue indagini,, il dolt. Gera
non pud assegnarc tulto il valorc che la sopraccennata
materia nerastro-mucosa puo avere o come parte es-
senziale, o come prodotto delta malattia^ o come causa
di uuove irritazioni nel haco da seta : ne osa affer-
mare che levandola al baco, si possa quindi ottenere
ova scevre da iufezione. Tuttavolta ei spera che ,
asporlaudola per tempo e accuratamente. cioe innanzi
che venga assorbita, e tutta togliendola al baco, cio pos-
sa giovare, almeuo quando il morbo presentasi appeua
entro le bigattiere, ne abbia assunto la forzaepidemica.
E percio, quando il baco abbia emesso quattro
quinti circa dell'umor serico di cui e ripieno, allora ei
consiglia ad aprire il bozzolo. Se il baco e ammalato,
mostra evidentemente il elobetlo o sia la macchia li-
vidastra fra le duplicative della pelle dell' ano e le
ultime zampe. Allora con una forbicc adunca e ta-
glicnte si fenda la pelle tra le ricordate duplicature,
tenendo lo strumento ben lontano dalla nuova cute
dorsale. Fatla cosi 1" apertura, la sostanza nerastro-
mucosa. mediante leggera trazione esce non diilicil-
mente. — JNotisi quivi che questa operazione non
disturba menomamente le metamorfosi del baco; il
quale si cangia egualmente in crisalide, poi in farfalla
e depone sue ova, come se non avesse sofferto. La
Commissione nominata dalle Auiorita regie in Cone-
gliano confermo questa e le altre osservazioni del
Gera: solo attende il nuovo raccolto per verificare
1' efficacia della operazione stessa sulla generazione
avvenire.
— m —
A menomare la sciagura varranno poi le buone
cure di allevamento, comunemente ahi troppo trascu-
rate ! E innanzi tutto il disinfettare opportuncmentc
locali c utensili., il mantcncrc ncll' ambiente una co-
stantc ventilazione, una certa quantita di i'umo di
legna verdi, moltissima luce e la piii scrupolosa net-
tezza, pasli regolari non tanto 1'requenti ed eziandio
la foglia unita. anzi che staccata dal ramo e tagliuz-
zata come si usa. E abbandonare il metodo accelera-
te, nei casi in cui sia mestieri procacciarsi ova per
semente.
Indi il s. c. dott. Pietro Ziliotto legge il seguente
rapporto :
L' Istituto mi commetteva di i'argii un rapporto sull'o-
pera del dott. Francesco Freschi, la quale s' intitola: Storia
documentata deW epidemia di cnlera-morfnis in Genova
net 1854.
10 trassi da questo libro vokiminoso le cose che ho sli-
mato le piu importanli, ed ora mi onoro di leggerne una
relazione che sara breve, e di darne un parere del cui va-
lore F Istituto giudichera.
11 dott. Freschi ragiona innanzi tutto e lungainente di
quattro casi di colera per tali notificati dal corpo medico
dello spedale di Pammatone in Genova, nessuno dei quali
per altro, a suo credere, fu di vero colera.
Egli narra quindi che trentotto giorni dal prime di
questi casi, e tre dalf ultimo, e propriamente il 21 luglio,
ne furono cola denunciati altri quattro sospetti ; che il co-
lera colpi effettivamente il 22 successivo tredici individui ;
cbe 1' epidemia ebbe la massima sua forza il primo agosto
Serie III. T I 1 1
— 82 —
assalendo ducentosessantacinque persone, c ehe I ultimo
caso del morbo fu notiiicalo il 16 novembre.
Riferiscc il dolt. Freschi, come sopra una popolazione
stabile di 100096 abitanti, i colerosi siano stali 53 1 8, dei
quali 2468 curat] negli spedali civili o inilitari ; eonie la
malallia abbia pigliati piu uomini (21)98) ehe donne, e piu
la gentc adulta (5896) ehe d' altre eta, e come il numero
dei morti sia stato di 2936.
Si ha da questa sloria, cbe la forma, il corso e il line
del morbo non diedero materia, dal lato clinico, a speciali
e nolevoli osservazioni ; ehe la terapia fu varia, tanto negli
spedali, quanto nella pratica medica a domicilio, e ehe
sopra 61 easi di colera grave, trattati col solfato di stricni-
na senz' altri farmacij furono 58 le guarigioni.
II dott. Freschi diseorre distesamcnle intorno alio prov-
videnze adottale in Genova per iofrenare ed estinguere la
epidemia,e numera le varie spese ehe a tale scopo sostenne
quel niunicipio. Quindi l'annona e la nettozza stradale ri-
gorosaniente sopravvegliale ; quindi comilati di soeeorso
e di benelieenza, spedali sussidiarii, vitlo, vestito, medico e
medicine ai poveri ; quindi vietate le fesle,, le sagre, le
processioui, i cilladini esortati al buon governo del corpo
e alia tranquillita dello spirito, incoraggiati i pusillanimi,
intimoriti i tristi e i cerretani perseguilati ; quindi le fa-
miglie miserabili dei colerosi trasferite in abitazioni salu-
bri, le case dcgl' infermi saniticate, le biancherie mondatc
in pubblici lavatoi, e i cadaveri inline custoditi e sepolti in
luoghi e tempi determinati. I quali ordinamenti ed opere
coslarono 600000 franchi, parte pagati dall' erario comu-
nale, parte donati dalla carila ciltadina.
E il dolt. Freschi, temendo a ragione non fosse il colera
per assalire Genova un' altra volla, raccomanda i prov-
— 83 —
vcdimenli Bella passala epidemia gia posli in opera o ini-
maginati, primi fra i quali il risanamento dei luoghi di
patento insalubrila, le visite e cure mediche a domicilio
coniro le frequenti diarree cosi detle premonitorie, e il
trasferimento in luoghi salubri delle famiglie povere dei
colerosi.
Da questo sunlo risultano quattro fatti distinti, e sono:
Primo : la mortalita grande di colerosi in Genova, se,
in generale, 1' intensity del morbo e in ragione inversa
della sua estensione.
Secondo : 1' utilita prevalenle della cura slimolante, se
il solfato di stricnina usato in soli casi gravi diede appena
58 morti su cento infermi, mentre con altre cure in casi
gravi e leggieri la mortalita e giunta al 55 per cento.
Terzo: la Iarghezza del municipio e dei eitladini di Ge-
nova in quella pubblica calamita.
Quarto infine : la diligenza, I1 esattezza e 1' ingegno del
dott. Freschi nel raccogliere, discernere e commentare
tanta materia per la sua storia.
Ma questa storia non avrebbe in se stessa che una se-
condaria importanza se un elemento lilosofico di grande
valore non la informasse. E questo elemento, non die non
mancare nel libro scrilto dal Freschi, fa duopo dirlo,
vi sovrabbonda. Esso e continuo dalla prima allullima sua
parola, onde tutte, e pure ve ne son tante, le corieatena.
Questo elemento, o principio, o doltrina e 1' epidemia nel
significato puro e semplice di opposizione al contagio.
Un tempo, il doll. Freschi affermava il colera essere con-
tagioso: ora lo nega, e la nuova sua professione di fede egli
la inviscera nella storia documentata di cui favello. Anchc
il giudizio del Freschi in siffatta materia era altera auto-
revole : cangialo, io non so bene se tale possa piu essere o
— 84 —
diyenire, e cio per due ragioni : la prima, perche due opi-
nion'! opposle proferile dalla stessa persona suit' idenlico
oggelto non possono essere egualmentc eredibili ed auto-
revoli ; la seconda, perch e i fatti e gli argomenli portati
in eampo dal Freschj per 1' epidemia non dislruggono,
per quanto io penso, ne indeboliscono quelli addotli da al-
tri niediei per il contagio. Ed e propriamente su queslo
punto die e mio proposito di Iratlenermi.
II dolt. Fresehi, allegando il fatto che, quale.be tempo
prima e durante l'epidemia di colera, le popolazioni e prin-
cipalnienle i poveri patiscono di basso ventre, ne Irae la
conseguenza che il colera sia di nalura epidemico.
Qui fa di meslieri distinguere due eose, e sono : il do-
minio delle sofferenze addominali, e il piedominio di que-
sts sofferenze nei poveri.
Rispetlo alle dominant! sofferenze addominali, parlando
dell1 epidemia di Genova in luglio, agostoe setlembre 1854,
io osserverd, che come V ordinaria inlluenza delta stagione
estiva avrebbe potuto indurle, cost esse non valgoao, nel
eonereto easo, a dimostrare la tesi del Fresehi. Ne var-
rebbero, a mio credere, quand' anche il eolera vi fosse
scoppiato in altra stagione, per esempio in inverno, durante
il quale sogliono regnare le malattie del petto, e quasi tace-
re quelle del basso ventre. Imperciocche non puo esclu-
dei'si in generale :
Primo, che alcuni individui temendo di non essere presi
dal colera esagerino certi lurbamenti gastrici, i quali in al-
tri tempi e sotto altre circostanze sarebbcro corsi inosser-
vati, od almeno non medicati.
Secontlo, die tali altri per la trista impressione fatta
nel loi-o aninio dalla nozione volgare del morbo vicino, mi-
nacciante o prosenle, riferiscano al cenlro epigaslrieo il
— 85 —
loco d' ogni qualunquc sofferenz;i anche affatlo straniera
;illo stomaco e agl1 inteslini.
Terzo, die sia veramente la diffusione del contagio,
anzichr 1' influenza epidemica, la causa de' loro patimenli
bencho leggieri.
Che poi, a prefcronza, la gente povera sia molestata da
lurbamcnti gastrici, o presa da eolera, non e un fallo che
oppugni la natura conlagiosa cli questo morbo, sia perehe
la gente povera, in generale, costituisce la pluralita A' una
popolazione, sia perche predilella mai semprc dalle ma-
lattie contagiose. Si obbicttera forse die i poveri, o per-
chi' men difesi, o perche piu iucauli, banno una mag-
gior disposizione che non gli agiati ed i ricchi a solto-
stare alle inOueuze epidemicbe ; ma facihnenle con cio si
conl'uta I obbiezione, che per soggiacere ad una malaltia
di natura epidemica e necessaria una disposizione princi-
palmente intrinseca o propria del corpo, mentrc per con-
trarre una malaltia di natura contagiosa occorre una
disposizione od un concorso di condizioni estrinseche al
coiqio ed intrinseche. Sotto questo punto di vista, i poveri
per le condizioni del loro organismo sono presso a poco tan-
to disposti ad un morbo epidemico quanto lo sono le allre
classi della popolazione ; ma le superano di gran lunga nella
c;ipacita esterna a conlrarre una malaltia contagiosa; im-
perciocfbc i mcstieri die li portano in lanli luogbi, le ne-
cessila cbe li prcmono, le immondezze che li circondano,
e le impriulenze inline, che sono loro counaturali, li espon-
gono a pericolosi contalti.
A sostenere la propria proposizione, il dolt. Freschi ag-
giunge, che il colera al primo suo manitestarsi in Genova
altacco conlemporaneamente jtarecchi individui. nuesto
lallo pero, essendo un'eccezionc alia regola, non c valevole
— 8(> —
a dimostrare la Datura epidemica del colera. Dissi eccezio-
ne alia regola, perche quasi in ogni luogo e in ©gni lempo
questo morbo s'appiglio prima a uno o due individui, quin-
di a piu, poscia a molti. E rimane poi sempre a conoscere
se in Genova quesla eccezione abbia realmente avuto luogo,
se cioe la malattia dalla quale furono colpiti alcuni indivi-
dui nei trentasette giorni obc precedetlero il 22 luglio, e
della quale si occuparono e raedici e magistrati, non sia
stata colera. II Freschi nega, che eerto Villantroy, pro-
veniente da Marsiglia, ove infieriva il colera, sia morto in
Genova da questo morbo. « I fatti anatomici » sono que-
ste le parole del dott. Freschi; le quali mi giova qui riferire
« i fatti anatomici parvero non lasciar dubbio sulla eselu-
» sione del colera asiatico ». Ed altrove « contutloche la
i) morte del Villantroy paresse doversi attribuire ad anti-
» cbe affezioni gastro-inleslinali ben piu che a colera asia-
» tico, ecc. » La parola parere, non a caso ripetuta, addita
certamente ad un' incertezza ; e poi se il Villantroy, come
asserisce il Freschi medesimo, e morto piu per antiche
affezioni gaslro-intestinalicbe per colera, cio vuol dire al-
meno che anche il colera ha avuta in quella morte una
qualche parte.
E non e punto provato che certo Gatti Francesco morto
in Genova il 19 luglio, dopoun decubito di circa quattro
giorni, non sia caduto vittima del colera. II Freschi, va-
lutati i necroscopici risultamenti, afferma che quest' uomo
sia morto di peritonite indotta da invaginamenti. Ma se lo
stesso dott. Freschi ammctte la possibility, che nel colera
avvenga l'invaginamento per causa dei vomiti ripetuti, e
se anzi egli cila due colerosi nei cui cadaveri si trovarono
degl' invaginamenti, perche dall' invaginamento del Gatti
dedurre die questo uomo non sia stato preso da colera? La
— 87 —
causa prossima della sua morte, 6 d' uopo pur convcnirnc,
fu'la peritonite ; ma cio non toglie, che la causa remota di
quest' inliamuiazioue sia stato il colera, e tanto menu in—
quanloche non e per anco dimoslrato, che questa malaltia
faccia morire sempre in un modo.
Ma dato anche e non concesso, che i due nominati in-
dividui non siano stati colpiti da colera, egli e certo, che
gli altri sei di cui fa parola il Freschi, additano chiara-
mente, che Genova, anche prima del 22 luglio, abbia avuto
dei colerosi.
Dice il dott. Freschi, che se il colera fosse effettivamente
contagioso e per cio stesso impor labile, la sua introduzione
in Genova avrebbe dovuto aver luogo prima del 22 luglio,
perche quella citta era in libera comnnicazione molto tem-
po innanzi con paesi infetti dalla malaltia. Ma, primaj co-
me io gia dissi, non e provato che il colera siasi fatto ve-
dere in Genova soltanto il 22 luglio ; e poi, fosse anche
stato eosi, cio non deporrebbe contro la nalura contagiosa
di questo morbo ; imperciocche se talora qualche paese
non fu assalito dal colera, quantunque circondato e non
difeso da altri che ne erano infetti, l'esserne stato preso un
terzo piii tardi, non e accidente dal quale sia lecilo d' ar-
gomentare, che la malattia, anziche di natura contagiosa,
sia di epidemica.
II colera infieri nei luoghi piii insalubri di Genova e ia-
scio intalti quasi tutti i salubri ; ed anzi, se qualche luogo
creduto salubre ne fu colpito, si e poi scoperto che effetti-
vamente tale non era. II dott. Freschi allega anche questo
fatto a prova, che il colera non sia contagioso. Ma poiche
il rapporto di questo morbo coi luoghi insalubri non e co-
stante, si come ne fanno fede le storie delle varie sue epi-
demic, e poiche le condizioni Gsiche d' insalubrita si asso-
— 88 —
ciano, getieralmente parlando, a quelle sociali di poverta e
d' iiuligenza, io credo, che questo argomenlo, dopo quanto
io dissi intorno alia maggior attitudine del volgo a con-
trarrc le malattie contagiose, non meriti una seria con-
futazione.
Ne dall' altro fatto, die nessuno degl' individui appar-
tenenti alio famiglie povere dei colerosi fu colpito dalla
malattia, dopochc tutti furono trasferiti in abitazioni salu-
lubri, parmi si possa inferire la Datura epidemica del co-
lcra. L' induzione, in questo caso, deriverebbe dalla sola
presunzione, cbc se non si fosse effeltuato il trasferimenlo,
taluno di quegP individui, pel continuato soggiorno sotto le
identicbe eondizioni, avrel)be avulo il eolera. Ma ancbe te-
nuta questa presunzione per un fatto, cio non basterebbe
a legittimare I' induzione del Frescbi ; percioeche si po-
Irebbe sempre opporgli, cbe il prolungaraento della pcrma-
nenza a contatto diretto o indiretto di colerosi o . Dal sig. dolt. Giovanni liizio.
Sopra vn fenomeno presentato dalla slearina del burro
di cocco net rappigliarsi dopo la fusione. Notu. — Di pag. 5
in 4° Venezia, 1855.
37. Dal s. c. prof. Abr. Massalongo.
Zoophicos novum genus plantaruni fossilium. Monogra-
phia. Verona, 1855, di pag. 52, in 8° con 5 lav. annesse.
38. Dal s. c. nob. Luigi Parravicini.
I'rospetlo dell' 1. R. Scuola reale, e naiilica di Venezia
per I' anno 1854-55. Venezia, 1855, di pag. 54, in 4.°
31). Dal sig. ing. Francesco Formenlon.
Progcllo delta piazza Palladia sull' Isola in Vicenza, e
progcllo di ricostruzione delta piazza maggiore. Vicenza,
1855, di pag. 50, in 8."
40. Dall Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei.
Alii dell' Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei. — Ro-
ma, 1855 ; Sezione I, del 19 dicembre 1852.
4d. Dal sig. prof. Vinccnzo Gallo, di Trieste.
Pilotaggio. Analisi completa del mclodo con cui si de-
lermina la lat Undine delta nave e I' an goto orario, per
mezzo di due allezze del sole prese fuori del meridiano, e
dell' inlervallo di tempo die divide le due osscrvazioni,
Mcmorie. -- Trieste, 1855, di pag. 50, in 8."
— 104 —
42. Dai in. e. cav. Emmanuele Cicogna.
Dellc Iscrizioni veneziane per esso raccolte ed illu-
strate. Vol. I al V. (Venezia i 824-1812, in 4." ) c fasci-
eoli 2 del Vol. VI.
43. Dair I. 11. Ministero doll' interno in Francia
( presentati dal prof. Zantcdeschi ).
Exposition universelle de 1851. Travaux tic la Com-
mission frangaise sur ^Industrie des nations. — Paris, in 8."
-1854 Tonic III, 2." Partie.
» Tome IV.
» Tome V.
» Tome VI.
» Tome VII.
I. R. ISTffliTO LOMMRDO
1) 1 S C I E N Z E, L E T T E R E E I) A R T 1
PRO GRAMMA
PRE.lllU DELLA FOPiDAZIORE CAGNOLA.
±j' I. R. Istituto propone il seguente quesito per il premio
fondato dal fu dottore Antonio Cagnola, da aggiudicarsi nell'adu-
nanza solenne dell'anno 4858 :
0 Dimostrare storicamente se la malattia scrofolare era co-
» mune presso gli antichi, o se realmenteil suo maggior dominio
» abbia cominciato in tempi a noi piu vicini.
» Descrivere i caratteri dell' abito o della diatesi scrofolosa,
» e precisare le forme morbose che si possono strettamente rite-
it nere come dipendenti dalla malattia scrofolare.
b Determinare, giusta lo stato attuale della scienza, quali si-
» stemi organici prediliga essa malattia, quale relazione patolo-
» gica abbiano tra loro le sue diverse manifestazioni, e quali
» siano le cause che ne promovono lo sviluppo e la rendono si
» comune.
» Esporre i mezzi igienici piu opportuni a prevenirla. ed i
» metodi curativi che meglio valgano sia a correggere 1' abito
» scrofoloso, sia a guarire le forme morbose piu pronunciate .»
II premio da aggiudicarsi alia Memoria riconosciuta degna e
migliore consistera in una medaglia d' oro del valore di Lire COO,
c nella somma di Lire 1800 in denaro.
1 dotti uazionali e stranieri, eccettuati i Membri effetti\i del-
1' I. R. Istituto, possono aspirarvi, e servirsi indislintamente nei
loro scritti delle lingue italiana, latina o francese.
Serie J J J. T. I J \
— JOG —
Le Memorie, senza indicazione dell autore, dovranno, entro
tutto dicembre 1857, trasmettersi fraache di porta alb Segrete-
iia dell' Istituto stesso in Milano nell' I. It. Palazzo di Brera, con-
traddistinte con epigrafe posta loro in fronte e ripetuta poi sulla
scheda suggellata, pine da unirsi, e contenente il nome, il co-
gnoine ed il domicilii) dell'autore. — Si raccomanda I'osservanza
delle notate discipline affinche le Memorie possano essere prese
in considerazione.
Esauriti i giudizj, si apiira la sola scheda unita alio scritto
degno di premio e le altre schede si abbruceranno ; i manoscritti
rimarranno nell'Archivio dell' Istituto medesimo a giustificazione
dei proferiti giudizj.
La IVIemoria premiata restera di propriety dell' autore : ma
quest i sara obbligato a pubblicarla tnlro un anno, prendendo
all' uopo i concerti colla Segreteriu dell' 1. It. Istituto per il for-
mato ed i earatteri. e consegnando alia inedesima cinquanta
useiiiplari della Memoria stampata, dopo di che soltanto potra
conseguire il premio in denaro.
Mil. inn, il ;S settembre 1855.
// Presidente
ROSSI.
// Seyrblario
Pro!'. Gio. Yklauim.
ASSOACCAD. ISob-iifi DISPEMSA SECOKDA
SILLE UNITl DELLE VARIE QUANTITA PISIGHE
SULL' IMPORTANZA ED USO DELLE T'EORlE
PER RACCOGLIERE
E tiOOKDINAHE 1 FENOMENI FIS1GI
D1SC0RS0
DEL M. E. PIIOF. GIUSTO BELLAVITIS
hello
nelle adunanzc del 20 luglio J851 e 21 marzo 1852.
belle principali unita.
1. liella massima parte delle nostre coguizioni e delle
nostre idee entra neeessariamenle la nozione di piii o di
meno, la nozione cioe della quantita. E quelle cognizioni,
quelle idee non sono bene definite e determinate se non sia
determinata quesla quantita, il che richiede che siasi stabi-
lity una unita, a cui riferire tutte le cose della sua mede-
sima specie.
2. Egii 6 criterio non dubbio per riconoscere se in
qualcbe ramo di scienza possa sperarsi precisionedi linguag-
gio, esattezza di risultamenti, I' esaminare se siasi potato
stabilire precise unita, e se ad esse possano riferirsi le cose,
che formano il soggetto della scienza.
5. Scorrcte alcune opere dei tempi andati. e vi vedrete
Serie III. T. I. IS
— 108 —
spicgali i fenomeni lisici, Iracciali i circoli lungo i quafi
si vuole che si muovano i corpi celesti, descritti i vortici
della materia, spiegato il come siasi formato I' universo ;
di lutto resa ragionc, enumerate tulle le cause, indicati gii
effetti. i\Ia quelle spiegazioni si riferivano desse ad uuila
ben definite? No. Si parlava di furze, si parlava di modi-
ficazioni, s' immaginavano iluidi continuamente movenlisi;
nessuna unila si stabiliva, nessun numero si pronunciava.
Quelle pretese spiegazioni di lutto, nulla spiegavano, per-
che di nulla precisavano la quantity. Esse caddero lultc
nel meritalo obblio.
i. Si comineio a misurare la gravila, e qualche altra
forza, e si ebbe la meccanica : si misuro V attrazione uni-
versale, e si ebbe una vera astronomia. Lavoisier sollo-
pose Ic analisi e le sintesi alio sperimento della bilaneia, e
si ebbe la chimica.
5. Anclte in tempi a noi piu vicini abbiamo escmpj di
teorie, colle quali inulilmenle si tenlo di spicgare i fenomeni
lisici; perche non avendo slabilila alcuna misura alia
causa, maneo ogni misura anche agli effetti : e le spiega-
zioni fondale soltanto sopra un vago, e non ben determi-
nate* ragionamento, valgono bene spesso lanto a rendere
ragione del fenomeno reale, quanto valerebbero a dimo-
strare il suo opposto. — Cosi il Nobili credette forse imitare
il Newton ammeltendo un'altrazione Ira la materia ordina-
ria ed un fluido soltilissimo destinato a spiegare i fenome-
ni calorilici, luminosi, eleltrici e magnetici, ed ammettendo
una repulsione tra le parti di questo fluido. Ma vi fu questa
differenza, che il Newton stabili una precisa misura del-
1' attrazione universale; il Nobili lascio indeterminate le
misure delle sue atlrazioni e repulsioni ; cosi il primo fece
opera, die passera inconcussa alia piu tarda posterita ; il
— 109 —
secondo non appena ebbe compiuta la sua meccanica della
materia, ei suoi tratlati sulla luce, sul calorico, sull' elet-
tricismo e sul magnetismo, eh' cgli stesso li lascio in quel-
I'obblio, in cui li seguira ogni allra opera, che seuza sta-
bilii e precise unita, senza dare le misure delle cause e degli
effetli, creda spiegare i fenomeni, menlre nemmeno giunge
a descriverli.
0. Egli e quindi argomento importantissimo vedere
come si possano misurare le cose lutte, che formano l'og-
getto delle nostre considerazioni ; e per misurare, la prima
ricerca si e quella di stabilire delle precise unita a cui
riferirle.
7. Le unita allre sono fondamcnlali, altrc sono com-
plesse e riducibili a quelle prime : lo scomporre queste
ultime e spesso cosa utile, poiehe vale a schivare qualche
grave errore il notare se le formule soddisfacciano alia
legge d' omogeneita. E, per esempio, un' unita complessa
quella, che con poco feliee denominazione dicesi chilogram-
melro, e che contieneinse 1' unita di massa, I' unita di lun-
ghezza ed una unita di forza.
8. La prima delle unita fondamentali e il metro. Perche
il lipo ne fosse egualmenle comune a lulti i popoli, esso fu
tolto dalla terra. Ma veramente il quarto del meridiano
supera i dieci milioni di melri di parecchie migliaja; sicche
il nostro metro b minore di quello che doveva essere di
quasi un millimetre Inesattezza enorme ove si considerino
i dispendii fatli per avere esalla quests unita fondamen-
tale; ed inesattezza tanto piu dispiacevole, quanto ch' essa
non fu conseguenza delle inevitabili imperfezioni di osser-
vazionc, bensi dipendette da due ^rossolani errori di ra-
ziocinio commessi da quelli, die presiedettero alia gran-
diosa operazione di misurare una base per dedurne la
— 110 —
grandezza del meridiano terrestre. E fu anche buona ven-
tura che i due errori in parte si conipensassero, perche se
si fossero sommali insieme avrebbero portato l'inesattezza
del metro a due millimctri. Del resto, il metro e ormai le-
galmenle stabilito, e niuno vorra mutarlo per porlo d' ac-
cordo colla grandezza delta terra, cosa di una importanza
affatto seeondaria.
9. Quando sara poi adottata questa misura da tutti i
popoli? Nulla ci fa sperare che tat cosa sia vicina. — Bi-
sogna cont'essare cbe quelli, che stabilirono le norme pel
sistema metrico, passarono troppo leggermente sopra al-
cune considerazioni, bensi accessorie, ma che pur molto
avrebbero contribuito a farlo adottare: il metro e una
units troppo grande:, negli usi comuni non basla tener
conto dei suoi decimi, bisogna discendere ai centesimi, ed
allora il calcolo menlale diviene incomodo. Se il metro
fosse stato la centomilionesima parte deH'inlero meridiano,
sarebbe riuscito un'unita piu comoda, e meno differente
dai piedi e dalle braccia gia sussistenti.
10. Che se il popolo e ritroso ad adottare una nuova
unita di misura, e pur troppo vero che i dotti,ed in ispecie
i niatematici, gli diedero il cattivo esempio. — Invano furono
calcolate estesissime tavole, invano at matematici ed agli
astronomi doveva riuscir palese piu che ad ogni altro il
vantaggio del calcolo decimale : la divisione nonagesimale
e sessagesimalc rimase vincitrice; e dopoquesto fallilo ten-
tativo di toglierle I'antico dominio, cade ogni speranza che
il calcolo decimale le sia mai piu sostituito. Sicche forse
avverra che il popolo abbandoni i suoi soldi, le sue on-
cie, ece., e che intanto il malematico conservi i suoi 90
gradi.
1 1. Niuna difficolta presentano le misure dell'estensione
— 114 —
di superlicie o di volume. — Passando alia misura della
massa, bisogna da prima stabilise che cosa s1 inlenda per
massa di un corpo: se si dieesse ch' essa ne e la quantity
di materia, nulla si direbbe di preciso e di suscettibile
d'osservazione. La sola idea che si possa attribuire a que-
sta frase si e che, qualunque eangiamento si faeeia subire
ad una unione di corpi, la loro quantita di malcria non
verra mai a cangiare. Ma quesla sola idea non sarebbe
sufliciente a misurare la massa, a stabilire, per esempio,
quando un pezzo d'oro ed uno di ferro abbiano egual
massa. Bisogna trovare una proprieta misurabile, che sia
proporzionale a questa immaginata massa. — - Ora la velo-
eita che una forza in un dalo tempo puo imp rimer e ad un
corpo e differenle secondo la grandezza e la nalura di
questo corpo; potremo dunque stabilire che due corpi sono
di egual massa se in egual tempo ricevono eguali velocita
da una stessa forza; cost la proprieta che serve a misurare
la massa si e quella che (con denominazione die fu origine
di molte malintelligenze) fu detta inerzia.
12. Che poi veramenle niuna rautazione nei corpi valga
a cangiarne 1' inerzia; quesla e una di quelle molte leggi,
che si ammettono guidati dall' analogia, e da quella conse-
guente predisposizione a credere che nella natura tutto sia
semplice, cioe conforme alio nostre idee; del resto, poche
dirette sperienze si potrel)bero citare per comprovare tal
legge, la quale piuttosto risulta da un insieme di fatti
complessi.
15. La massa dei corpi polrebbc misurarsi eol mezzo
delta bilancia di torsione, che dal rallentamento delle sue
oscillazioni potrebbe dedursi la misura della massa, che si
movesse insieme coH'astadi ta! bilancia. — Del resto, il
peso ci da un mezzo mollo pin comodo per misurare la
— 412 —
massa ; dacche I'egual caduta dei gravi, c (molto meglio) le
oscillazioni isocrone di pendoli formati di sostanze diverse,
ci hanno assicurato che in ciaschedun luogo lo sforzo della
gravita sui corpi, ossia il peso, e proporzionale alHnerzia,
ossia alia massa. E I'astronomia meglio ancora ci assicura
della generality di questa legge.
14. L' unita di massa dicesi c kilo gramma, ed e quella
di un litro d'acqua alia massima densita. La scelta del-
l'acqua fu certamente opportunissima, ma arbitraria. — La
natura ci avrebbe dessa presentato un'altra unita di massa
indipendente dalla scelta di un corpo, piuttostoche di un
altro? Mi pare di si; purche pero si scegliesse da prima
T unita di tempo. — Infatti e da tutti ammesso essere una
propriety della materia proporzionale alia sua massa quella
di attrarsi secondo la legge Newtoniana, quindi poleva
prendersi per unita di massa quella die agendo per una
unita di tempo sopra un punto materiale posto sempre ad
un metro di distanza gli comunichercbbe la velocita di un
metro. — Scelto il giorno per unita del tempo, questa ra-
zionale unita della massa sarebbe all' incirca di due cbilo-
grammi.Del resto, questa determinazione e imperfettissima,
percbe per oltenerla direttamente occorre la celebre spe-
rienza del Cavendisb sull'attrazione di masse conosciute.
15. La naturale unita del tempo e il giorno solare me-
dio, che colla sua centesima parte darebbe pegli usi co-
muni una comodissima unita (cronoj, la quale si suddivi-
derebbe poi in millesimi. Ma probabilmente rimarra sempre
la meno comoda divisione in 24 ore ed in 86 500 minuli-
secondi ; ad onta dclle riduzioni die per tal modo si ren-
dono necessarie.
16. Dalla unita di lunghezza <• dall' unita di tempo na-
scc I' unita di velocita, che e una di quelle unita, che di-
— 113 —
ciamo complesse, perche risultuno dalla combinazione delle
unita fondamentali. Ne viene pure I' unita di quella forza,
die dicesi acceleralricc, e clie, mirando all' effetlo piutto-
stoche alia causa, meglio direbbesi turbazione del movi-
mento.— Col linguaggio matematico la velocita e la deri-
vata prima dello spazio rispelto al tempOj e la turbazione
ne e la derivala seconda. Egli e sollanto sviluppando l'idea
contenula in questa frase cbc si puo dare la vera defini-
zione della velocita nel moto vario.
17. Segnando con [m] il metro e con [l"] il
minuto secondo, 1' unita della velocita dee segnarsi con
|m: I"! per indicare cli' essa dipende da quelle due unita
fondamentali, ed e in ragione diretta della prima ed inversa
della seconda. — Per le medesime ragioni, l'unita di turba-
zione del movimento sara espressa da [mil'V] ; indi-
candosi cosi che in \" si lia un accrescimento di velo-
cita — [m: I "| .
18. Una forza acceleratrice e per noi sopra ogni altra
interessanlissima, poicbe vi siamo continuamente sottopo-
sti. Essa e la gravity, il cui effetlo corrisponde a circa
9,8 delle precedenti unita di turbazione del movimento.
Porremopcr brevita 9,805 [m: rVj = [g] ; il qualvalore
e relativo alia latitudine di mezzo retto.
^9. Parmi cbe come la terra presenta colla sua rota-
zione la nalurale unita di tempo, cosi pure desse colla gra-
vita la nalurale unita di forza, e quindi anche di lunghez-
zo. — Invece si voile prendere quest' ultima da una dimen-
sione della terra (molto laboriosamente c molto inesalla-
mente misurala), c non e di alcun vantaggio clie il quarto
del meridiano si accordi coll' unita di lungbezza ; menlre
nella meccanica tornerebbe comodo clie la gravita ( alia
latitudine media ed al livedo del mare ) fosse espressa da
— m —
una o da dieci unita. — Per lal inaniera la piCi naluralo
units di lungliezza sarebbe di circa 75 centimetri ; espri-
mendo il giorno con 100000 unita di tempo, e la gravila
col numero 10.
20. L' unita di forza motrice risulta dalT unita di massa
moltiplicala per I' unita di turbazione del movimento.
L* unita di massa everamenle quclla di uno stereo o metro-
cubo tY acqua purissima ; noi la scgneremo con |s| : ma
il piu spesso prendesi per unita di massa quella di un Utro
d' acqua |l] , cioe il cbilogramma. La razionale unita
di forza e espressa da [Im : \ "\ "\ . II peso e la forza
motrice prodotta dalla gravita, quindi la sua unita c
9,805 [ImH'/4//]—tgl] . — Molti intcndono per chilogram-
ma questa quantita di peso ; ma invece il cbilogramma e
propriamente Y unita di massa: poich6 la massa e cosa
assoluta, die non rauta, come il peso, al passare da uno in
altro luogo.
21. La vera forza o la forza motrice: la parola forza
fu adoperata in pareccbi significati, il cbe produsse lalvolla
qualebe confusionc e malinlelligenza. — Le forze motrici,
secondo cbe o sono tra loro equilibrate, o producono una
turbazione nel movimento, possono dar origine ad essen-
ziali differenze. — La stessa regola del nolo parallelogram-
mo serve a comporre tanlo due movimenti, quanto due
velocita, oppure due turbazioni di movimento; ed.eziandio
si compongono nello stesso modo tanto le forze tra loro
equilibrate e cbe producono soltanto pressioni, quanto le
forze cbe producono turbazioni di movimento.
22. Per mostrare collesperienza la composizione dellc
forze, si adoperano talvolta tre funicelle insieme unite in
un nodo, le quali dopo essersi distese in piano orizzontale
accavallano tre carrucole, e discendono verlicalmenlc por-
— 115 —
tando tre pesi, per esempio di 8,di 1 5 e di 17 graimni. So
le due prime funi sieno ( nei loro tratti orizzoululi ) Ira
loro perpendieolari, e la direzione delta terza sia la pro-
lungazione della diagonale del parallelogrammo rellangolo,
clie ba i lati lungo le prime funi proporzionali ai numeri 8
e 15, il nodo reslera fermo e le forze in equilibrio: perehe
8, 45 e 17 sono proporzionali a due lati ed alia diagonale
di un rettangolo. Potrcbbe credersi clie, lagliando la terza
fune, il nodo tirato dalle due sole forze 8 e 15 tra loro
perpendieolari si muovera eolla direzione esattamenle
opposta a quella della forza 17, ebe da prima lo teneva in
equilibrio. — Pure la cosa non e cosi : se immaginiamo
cbe nel nodo siavi una massa di 6 graimni, e faeciamo
aslrazione dalle masse delle funi, ebe supponiamo lunghis-
sime e non estensibili,quel nodo si muovera eon moto uni-
formemente aceeleratopercorrendo la diagonale diun qua-
drilatero, i cui lati anzicbe 8 e 15 saranno 8 e 10.
25. Queslo apparente paradosso si spiega osservando
che, quando il nodo si muove, le lensioni delle due funi
diminuiseono da quello ch' erano nello stato di quiete;
periodic soltanto nel primissimo istante lo sforzo combi-
nato delle due funi e direttamente opposto a quello della
terza fune, cbe fu tagliata.
24. Tornando alio unita noteremo ebe quando, anzicbe
una pressione assoluta, si considera la pressione sopra un
elemento di superficie, 1' unita di tal pressione e data da
una colonna d' acqua di massima densita delfaltezza di un
metro, ed e espressa da [gs:m2] , cioe mille ebilogram-
mi per ogni metro-quadrato. Del resto, la vera unita di
pressione sarebbe (§20. ) [sm:nrl"l"] , la quale e in-
dipendente dal valore di ~+~ V ) fa',nl • G°s' i,llc'lc qucsla volta
— 120 —
r effello si sara ottenuto col consumo del solo lavoro
Iglra]; ma avra occorso da prima prendere a prestito
una park' di lavoro, il quale sara restituilo alia fine. -
Questo prestito di lavoro puo aversi mediante una mac-
china gia in movimento munita di volant e (§ 40). Col suo
mezzo si puo senza consumo di alcun lavoro (fatta astra-
zione dalle resistenze) trasportare una massa da un punto
all'altro egualmente elevato : giacche il lavoro, die si puo
riprendere eslinguendo la comunicata velocita e precisa-
mente eguale a quello impiegato a produrla. — S' intende
che qui si tratla soltanlo di una possibility raziomde, e che
rimangono gravissime diflicolla nella cosliluzione della
macchina.
58. Supponiamo che un inotore 12 [ghn : T| pro-
dtica hensi in I" il lavoro di dodici chilogrammetri,
12 [glm], ma cio sotto la condizione che il punto, a cui
csso e applicato si muova, colla sola velocita di due metri
per secondo, 2 [in : I'j , csercilando quindi per tutto lo
spazio di 2 |mj uno sforzo di G [gl], ed invece ci oc-
corra una velocita di 4 [m : l"| . Col mezzo di carru-
cole o ruote dentate ( che sono in soslanza combinazioni
di leve ) potremo ottenere lo scopo, ma lo sforzo eserci-
lato con questa velocita di quattro metri per secondo sara
soltanto eguale al peso di Ire chilogrammi, 5 |gl| .
59. Le macchine elementari si possono ridurre alia
leva, al piano inclinalo ed alia macchina funicolare; parmi
che in cio si dimentichi una macchina affatto da quelle
differente, e forse piu di tutte importanle, voglio dire il
martello. — Per conficcare un chiodo, per ispezzare una
dura piclra, qual vigorosa combinazione di leve non occor-
rerebbe egli mai ! Un martello compie facilmcnle la biso-
gna. Per sollevare un martello s'impiega un certo lavoro,
— 121 —
per esempio 0,51 |glm| (circa mezzo chilogrammetro ) ;
jl martcllo ricadendo lienc in so aecumulato quel lavoro
espresso dalla semiforza-viva 5 [1mm : \"\r] ; se il mar-
tello sia molto duro, e tale sia pure ii corpo su cui colpisce,
le forze elasticlie, ciie producono la comunicazione del mo-
vimento, compiooo il lore- effetto in uno spazio brevissimo,
per esempio in un decimo di millimelro, e percio la mas-
sima energia di tali forze supera 50000 [lm : \"\"\ —
5100 |gl| (peso di 5100 chilogrammi ) ; e se a tanto non
giunga la coesione di quelle porzioni di corpo, sulle quali
si distribuisce il colpo del martcllo, il corpo si spezzera.
40. Forse merila pure d essere considerato come una
macchina elementare il volante, od altro artilicio per rac-
cogliere e serbare una semiforza-viva, ossia un lavoro,
onde adoperarlo a tempo opportuno, specialmente per ren-
dere regolare il movimento delle macehine. — Quanlo
maggiore sara il momento-d'-inerzia q [Imm] di un vo-
lante, e quanlo maggiore sara il quadrato a3 della sua
velocita angolare co [I : I ''J altrettanto (all'incirca) sara
minore il rapporto A A a ( \ -f- ~ ) [Imm : \'\"\
Ci6 inscgna quanto lorni vantaggioso per la uniformita del
movimento che il volante sia la parte pin veloce della mac-
china.
h\. Secondo la diversa natura del motore si devc dif-
ferentemenle usarlo onde trarne il massimo lavoro possi-
bile. Quando il motore sia, per esempio, un cbilolitro |m'|
di aria condeusala sotto la pressione di 18 atmosfere, cioc
(5 2S) di 180 |gs : m ) dalla sua espansione nell' atrao-
sfera, potra ricavarsene un lavoro di 550 |gsm] , cioe
quello di un cavallo-vapore in 78 minuti priini. All'incirca
si avra lo stesso lavoro qualunquc sia la legge e la rapidita
dell' espansione, perche piccola e la massa dell' aria ; sic-
che essa esercita la stessa pressione sia che il corpo, su cui
agisee, ceda lentamente o rapidamente, e quella forza non
si consuma sc non in quanto produce un lavoro.
42. Ma la cosa e ben altrimenti se il motore sia una
inolla ; questa nello svolgersi impiega parte di forza a muo-
vere la propria massa, quello e tutto lavoro perdulo e
tanlo maggiore quanto piu rapidamente la molla si svi-
luppa. — Cio avviene tanto piu nei motor! animati, i quali
se si fanno agire con molta celerita si rendono incapaci di
produrre anclie un piccolo sforzo, sicche pocliissimo e il
lavoro ulilizzato. E d' altra parte, per piccola cbe sia la
velocita, con cui si muove un animale, lo sforzo die esso
e capace di produrre non puo superare un certo limile,
cioe lo sforzo non cresce in ragione inversa della velocita;
sicche anche a piccola velocita corrisponde scarsa produ-
zionc di lavoro ; quindi bisogua nei casi speciali cercare
quella velocita e quella maniera di agire, cbe da il massimo
lavoro. Inoltre e da rammenlarsi cbe quantunque una
bestia affalicbi pocliissimo, pure non e a dirsi cbe pocliis-
simo sia il dispendio, poicbe la sola vita porta un dispen-
dio ; ed ogni riposo, cbe non sia ricbieslo dal buon man-
lenimento della bestia, c una perdila ; il cbe ordinaria-
mente non avviene coi inotori inanimati.
45. La gravita e una forza cbe si comporta ben diver-
samente dalle precedenli ; essa non si consuma mai, cd
agisee con egual energia qualunque sia la velocita del cor-
po ad essa sottoposto. Ma per trar profitto dalla gravita
— 123 —
bisogna lasciar disccndcre qualche corpo, e sc lo si volcssc
poi riportare alia posizione priraitiva, bisognercbbc impie-
garc tanto lavoro quanto fu quello ottenuto da quella di-
scesa : nasce da cio 1' impossibility di ottenere cid, che di-
rebbcsi un moto perpctuo. — In qualcbe caso pud tornar
utile, cid che fu ingegnosamentc proposto, di adoperar co-
me motore la discesa di sassi dall' alto delle montagne al
basso : e del rcsto palese die questo non pud cssere die un
mezzo speciale e temporaneo. — E poi volgare 1' iiupiego
della discesa delle acque, le quali conlinuamcnte lluiscono,
perche mediante 1' evaporazione tornano di per se alle
loro fonti. Talvolta si da peraltro un' imporlanza illusoria
alia stima della semiforza-viva dell' acqua scorrente pei
fiumi ; poiche sarebbe impossibile convertire tal scmiforza-
viva in lavoro senza arrestare il corso, forse troppo lento,
del fiume : ed a chi ha sue stanze sotto gli alti e pericolosi
argini di un fiume, sarebbe amara ironia parlargli del la-
voro, che potrebbero dare quelle acque ; poiche invece gli
sarebbe bene spesso necessario impiegare del lavoro mec-
canico a spingere innanzi le acque che lo minacciano.
44. Egli e peraltro indubitato che dai liumi e da altre
cause naturali, si potrebbe utilizzare molto maggior lavoro
di quello che soglia farsi. E importantissimo problcma tro-
var maniera di trasportare (mediante aria compressa od in
altro modo) il lavoro meccanico dal luogO; in cui se ne
ottiene una gratuita generazione, a quello in cui torna op-
portuno impiegarlo.
•55. Se potessimo crcare una forza^ [m : \"\"\ , che
come la gravita agisse sui corpi indipeiulentemente dal loro
movimento, baslerebbe dare a questi corpi, [l| , una gran-
dissimavelocila [m : \'\ , performare cosi un grandissimo
motore, \\\m\\ ■. \'i"\"\ , che in un dato tempo, \\"\\
Seric 111. T. I 17
— 424 —
darebbe un grande lavoro, [lmm: \"\"\ . — Una forza
della predctla natura si e 1' attrazione o la repulsione tra
le calamite ; ma I' effetto della prima cessa quando le due
calamite sono giunle al contatto, I' effetto della seconda di-
viene ben presto piccolissimo. L'elettromagnetismo ci da il
modo di cangiare il magnetismo temporaneo di una delle
calamite, ed alternando cosi le attrazioni e le repulsioni
parrebbe cbe si potesse ottenere un motore, il cui lavoro
crescesse indefmitamente aumentandone la velocity. Se non
che gli infelici tentativi fatti finora mostrano che le cose
non sono quali ordinariamcnte si suppongono. Probabil-
mente 1' azionc magnetizzante della corrcnte elettrica non
e rapida quanto la corrente stcssa, ed occorre un tempo
apprezzabile a mutare la magnetizzazione temporanea ; le
azioni reeiprocbe delle calamite mobile ed immobile pro-
ducono delle correnti magnetoelettriche, che tendono a
rallentare il movimento della calamita e quando si avvieina
e quando si allontana dalla calamita immobile ; precisa-
mente come avviene nei fenomeni del cosi detto magne-
tismo di rotazione scoperti dall' Arago.
46. II cliilogrammetro [gml| puo servire a misurare
ogni lavoro puramente meccanico: da cio puo avcrsi un
dato per istabilire 1' unita monetaria, e per paragonare i
valori delle monete usate in diversi luoghi e specialmente
in diversi tempi. Sono comunissimi i ragguagli cbe danno
con iscrupolosa esattezza i valori del talento romano o
dell' antica dramma ; ma essi non presentano che una pue-
rile cognizione sul peso delle monete, colic quali si rappre-
sentavano tali valori; e nulla insegnano sui bisogni e sui
capricci, cbe con quei valori potevano soddisfarsi. II prez-
zo dell' unita meccaniea di lavoro offrirebbe un piii utile
ragguaglio tra le varie monete; e cio specialmente se si
— 125 —
eonsiderasse il lavoro meccanieo fatto da uomini : cdsi
quesla unita di prezzo avrebbe una relazione non inolto va-
riabile col prezzo di un sufficicnte nutrimento giornaliero
di un uomo.
47. Ritorniamo col nostro discorso alle unita iisiche. —
Per le differenze di temperatura abbiamo quella unita, che
si estcnde dal calore, in cui il ghiaccio si disgela a quello
in cui V acqua si vaporizza con tale tensione da uguagliare
la pressione atmosferica. — Nel che, come gia (§. 25) avrcm-
mo a notare, displace che nel sistema metrico siasi presa
per normale pressione atmosferica quella di 76 centimetri
di mercurio, c non tO(gs:nv]; ed anzi per istabilire
una pressione veramente fissa si dovrebbe (§. \8) pren-
dere 98,05 [sm : m24 "\ "], poiche la gravita non e co-
stante nei varii paesi, e quindi la sola indicazione barome-
trica non e sufficiente a determinare la tensione del vapore
dell' acqua bollente. Dall' equatore al polo la gravita au-
menta di I : 170 , e percio la temperatura dell'ebollizio-
ne aumenta di un sesto di grado centigrade*.
48. Ordinariamente si considerano come unita di tem-
peratura i gradi, che sono le ottantesime, o centottantesi-
me, o centcsime parti dell' unita precedentemente stabilita,
la quale con piii espressiva denominazione potrebbe dirsi
un termo [ t ), che si dividerebbe poi in frazioni decimali.
49. La divisione dell' unita termica non e facile e pre-
cisa come quella delle unita geometriche, poiche ci con-
viene guardarc alia causa, anziche ai soli effetti. Infatti la
dilatazione dei corpi, che accompagna I' accrescimento di
temperatura, non e a gran pezza effetto cosi costante e re-
golare, che possa servire a misurare la temperatura. — II
Iramutarsi del calorico da coi'ito a corpo, il suo mante-
nersi invaiiato, finche nuovo calore non enlri o non esca ;
— 126 —
oppure il riprodursi di quel colore, che sembrava essersi
distrulto, sono indizii che la varia temperatura dipcnda
da different quantila di un corpo sui generis.
50. Se non che qui si presenta una difficolta: e egli
lecito ed opportuno immaginare a spiegazione di una serie
di fenomeni un corpo sui generis, quantunque la sua esi-
stenza non sia lanlo palesemenle indieata da tutti i noslri
sensi quanto lo e 1' esistenza dei corpi solidi? — II Comte,
autore di un trallato di filosofia positiva, sosLiene che ogni
ipotesi deve esclusivamente riferirsi alio leggi dei fenomeni
c non ai loro modi di produzione; e che non utile, bensi
molto perniciosa sara ogni ipolesi, che non sia per se stes-
sa suscettibile d' una verilicazione positiva piu o meno
lontana. Egli conseguentemenle a eio rifiuta I' esistenza del
calorico, dell' etere luminifero e di ogni altro fluido im-
ponderabile.
a I . Si dice che 1' esistenza del calorico non ci e pale-
sata dai sensi. Poniamo a confronto il calorico coll' aria.
La vista, V odorato, il gusto sono per certo inetti a per-
suaderci della presenza di quest' ultima ; e lo stesso puo
dirsi dell' udilo, poiche e soltanto per una cognizione ra-
zionale che noi sappiamo esser Y aria sempre portatrice, e
qualche volta genera trice dei suoni: rimangono soltanto
le sensazioni tattili. Ma queste sono destate dal calorico in
modo molto piii cospicuo che dall' aria : sicche le nostre
sensazioni ci avvertono dell' esistenza del calorico meglio
che dell' aria.
52. Si dice che il calorico e incoercibile: peraltro esso
puo quasi chiudersi dentro di un corpo in maniera che ne
esca con molta lentezza. Supponiamo che, come I'aria attra-
versa talvolta qualcbe vescica, cosi alia lunga essa altraver-
sasse ogni corpo, ne potesse (juindi trattenersi dentro di
— 427 —
alcun vaso : basterebbe cid ad indurci a ncgare I' esi-
stenza dell' aria ?
5i. Si dice che il calorico e imponderabile. Forsc non
e irrecusabilmente provalo che csso non abbia qualche
peso: sottoporre alia prova della bilancia un corpo freddo
o caldo non potrebbe dare che dubbiosissime consegnenze :
molto meglio pesare insieme due corpi, poscia il loro mi-
scuglio, dopo che ne sia uscila gran quantita di calorico
latenle; forsc le sperienze non furono portate abbastanza
innanzi. — Del resto, prima che il Torricelli avesse dimo-
slrato il peso dell' aria, era forse opporluno ncgare 1' esi-
stenza di questa ?
55. Per discutere con qualche maggior fondamento la
verisimiglianza, o l'opportunita di ammettere l'esistenza del
calorico e di altre ipotcsi, prendiamo ad csarainare i van-
taggi ed i danni che le ipotesi recarono o potevano recare
all'astronomia, nella qual scienza ormai completa ci e dato
di scorgere quali passi avvieinavano od allontanavano dalla
meta. Cos! seguiremo quell' ottimo precetto del citato auto-
re (§ 50), il quale slabilito I'ordine sistematico delle scienze:
inatematica, meccanica, astronomia,, fisica, chimica, bio-
logia : ritiene che niuno possa veramente impossessarsi di
una scienza senza conoscere sufiicientemente tutte quelle
che la precedono, e che gli deggiono offrire cognizioni
necessarie ed abitudini nel rigoroso ragionamento c nel
metodo scientihco. (continuerd).
•
RIGERGIIE SPERfBlTllI
[KTORKO
AL CALORICO DI DILUIZIOJSE
MEMBRO EFF. PROF. B. BIZIO
letlc nell' adunansa del 2i marzo 1852.
(OJC)
N<
lella tornata del 17 febbraio dell' anno 4 8 i5 io aveva
I'onore, illustri colleghi, di leggervi i risultaiuenti di alcnne
mie sperienze : Sopra I' azione " delta calce entro I' aequo,
conducente a ravvisare in che consista la soluzione (1), e
qnivi per divisare di qual maniera io fossi per vedere la
solu/ione, a guida della ragione dinamica, mi faccva alio
gravi eonsidcrazioni dell' illuslre Gay-Lussac. Questo di-
stinlo cbimico in un suo lavoro intitolato : Considerazioni
sopra le forze chimiche e quindi sopra la coesione (2),
condotlo dal lilo dc' suoi argomenti rinsci col discorso
alia solubilila de'eorpi, c quindi alia soluzione. Trovo egli
ebe la soluzione di un corpo avviene senza verun rispctto
alio slato in cbe il corpo si trova, cioe, sesolido o liquido,
(1) Vegg. I'Opuscolo pubblicato cui torchi Cecehini e Naratovich. Ve-
lii'zi;) 1845.
(2) Vegg. Annates de chimie el de physique, torn. LXX, anno 185&.
— 130 —
onde la cocsione non inlluiscc menomamentc sopra il cau-
giamento, che i corpi quivi incontrario. Trovd, incontrario,
che la solubilita e strettamente legata colla temperie ; tal-
che la soluzione di un sale saturala ad una data temperie,
quando si raffreddi per un certo numero di gradi, abban-
dona una proporzionata quantila del sale sciolto ; onde
concludeva avvenire delta soluzione de' corpi quel mede-
simo che della elasticitd de' vapori, la quale varia colla
temperie. Si faceva quindi a comparare la soluzione colla
vaporizzazione, dichiarando « che non si potrebbe non
» ammettere, cosi egli, die nella soluzione, come nella va-
» porizzazione, il prodotto sia essenzialmente limitato a
» ciascun grado di temperie pel numero delle molecole,
» che possono csistere in una porzione data di solvente.
» Esse si separano per la cagione medesima, onde le mo-
» lecole elastiche precipitano, cioe, per un abbassamento di
» temperie. » Crede che la compressione, come obbliga a
precipitare le molecole elastiche de' vapori, cosi faccia del-
le molecole saline sciolte. Ilicorda che, come le molecole
de' vapori precipitano per la riduzione dello spazio, cosi
del pari le molecole sciolte de' sali quando si menoma il
volume del solvente, del che, per cosi dire, ci chiarisce la
cotidiana sperienza, anche quando facessimo, dopo la sva-
porazione di parte del solvente, di ricondurre la temperie
della soluzione a quel prcciso termine a che fu operata la
saturazione. Finalmente richiama l'attenzione alia confor-
mita del fenomeno con che si opera la soluzione e la va-
porizzazione, cioe al freddo che si produce in entrambe
queste tramutazioni de' corpi di uno in altro stato.
Quando il celebre Gay-Lussac fermava tutti quesli
punii di analogia esattissima tra la soluzione e la vaporiz-
zazione, T esperienza non ci aveva per anche i'ornito I' ul-
— 131 —
timo ancllo, chc valesse a legarc queste due operaziont
fisiche stret'taraente tra se, ch' era il vedere a mano dell' e-
sperienza, se, come un vapore ehe satura uno spazio dato,
quando si conduce a spargersi in uno spazio piu grande,
per la rarefazione che segue, produce freddo, cosi del pari
i sali sciolti, messi a diffondersi in una copia maggiore di
solvente, a similitudine de' vapori, rendessero anch' essi
un abbassamento di temperie. II primo cenno che apriva
la via alia verificazione di questo fatto rilevante, senza
pero il menomo intendimento, che fosse per valere al piu
fedele riscontro della soluzione colla vanorizzazione, io il
rinveniva nel Rapport annuel dell' anno 1846, in che il
Berzelius ci divisa brevemenle alcuni risultamenti spcri-
mentali del Person intorno alia soluzione del cloruro so-
dico ; ne' quali 1' autore si preflsse di determinare la quan-
tity del calorico assorbito nello sciogliersi di questo sale.
Quivi e detto: « II Person attiro I' attenzione sopra la se-
» guente partieolarita del sal marino. Quando si scioglie
i) un graramo di questo sale in 50 grammi di acqua, esso
» assorbe 22 unita di calorico, mentre quattro grammi di
» questo medesimo sale fatto sciogliere nella stessa quan-
» tita di acqua, non assorbe che dieci unita di calorico.
» Che se poi si scioglie un grammo di sal marino in una
i) soluzione, la quale contenga % di sale, essa non ne assor-
» be che tre unita. Ne segue da cio che, quando si aggiunga
» dell' acqua ad una soluzione di sal marino., la temperie
» si dee abbassare, e cio avviene elTeUivamente (I). »
Dichiaratoci nel modo allegato il predetto singolare av-
veniiiKnlo, laceudosi il medesimo autore quattro anni ap-
prcsso, cioc nell' anno 1850, a cercare il calorico specified
(1) Vegg. Rapport annuel. 51 niarzo 1846, pa£. IS.
Serie III. T. 1. IS
— 132 —
(telle soluzioni, e it latente di soluzione, ieggiamo nci Com-
pies rendus del detto anno, qucsle parole : « A priori sa-
il remmo condotti a credere, che la quantita di ealorc che
n si rende necessaria per isciogliere un sale, dovesse es-
» sere minore di quella, che bisogna per fonderlo ; peroc-
» che T azionc chimica fra il sale e 1' acqua suscita una
» quantita di calorico, che ci toglie porzione dell' effetto
» sensibile di quello assorhito a cagione del passaggio dallo
» stato solido al liquido ; ma il fatto segue in opposlo alia
» predizione. Quarantanove calorie hastano per fondere un
» grammo di azotato, o nitrato potassico, e ne occorrono
» sessantanove per iscioglierlo- Io suppongo che la solu-
» zionc si faccia con cinque parti di acqua ; c se si aumenti
» la proporzione dell'acqua, a\ vegnache in tal caso I'azione
» chimica fornisca senza dubbio una quantita maggiore di
» calorico, pur nondimeno la misura, che ne abbisogna, e
» vie piu grande ; conciossiache occorrano allora ottanta
» calorie per isciorre il sale in venti parti di acqua. INe
» viene da cio evidentemente che la semplice diluizione in
i) una quantita di acqua piu grande assorbe una quantita
» considerabile di calorico. Si puo verilicare queslo fatto
» dircttamentc ; e si trova che il medesimo sal marino
» rendc latente piii calorico nell' alto che si allunga la
» soluzione che non quando fu sciolto il sale. Ne segue da
» cio ch' errerebbe chi slimasse che il freddo osservalo,
» quando si scioglie un sale, fosse dovuto semplicemente
» al cangiamento dello stato solido in liquido : in questo
» passaggio non e assorbita che sola una parte di quel
» calorico che scompare. Un' allra parte, sovente piu rag-
» guardevole che la prima, imprime alio molecole gia dive-
» nute liquide una lnodificazione, che non conosciamo, rna
» senza della quale le preilette molecole non si spargereb-
o«> —
r bono net solvcnte. Di qua siamo condolti a riconoscere
» mi calorico latente di diluizione, e quindi non cc no am-
» miriamo die la quantita del calorico, die si rende neces-
» saria per la soluzione torni piu grande chc per la setn-
» plice fusione. »
Prima di fermare le considerazioni nostre sopra il
calorico di diluizione, ci scmbra dover osservare, alia
somma del freddo, die si palesa quando si scioglie on sale,
non essernc da aggiungere quantita alcuna maggiore per
quel calorico che si presuppone suscitato dall' operamenlo
chimico di soluzione, die verrebbe a toglierci una porzione
dell' effetlo del freddo prodotto dal cangiamento di statu.
Tutti i chimici fin qui, lasciando d' occbio le grandi diffi-
colta che si contrappongono, ammettono die la soluzione
venga per un alto chimico del solvente verso il corpo che
si scioglie, ma nessuno ha immaginato che, quando il corpo
che si scioglie sia in condizione idrata, vabbia produzione
di calore ; onde attencndosi al fatto visibile, e al solo for-
nitoci dall1 espcrienza, si diedero piultosto a credere darsi
operazioni chimiche, le quali, anziche accompagnarsi al fe-
nomeno del calore, si accompagnino a quello del freddo.
Stimiamo adunque doversi ritenere che il freddo prodotto
nelT atto in che un sale idrato si scioglie, sia V indicazione
dell' effetto intero e preciso del cangiamento di slato incon-
trato dal corpo.
Ma se attenendoci alio attiludini del calorico vedulo
nelle sue qualita di un impondcralnle, abbiamo facile ra-
gione del freddo quando un sale si scioglie, perche ha as-
sorbimenlo di calorico quando un corpo di solido viene
liquido, e di liquido si conduce a condizione elastica ;
onde avviene poi che il sale gia messo in istato liquido,
seguitando a tenersi nello slalo in che si trova, atleso il
— 434 —
solo accidente che la soluzione si allunghi, rendc di bel
nuovo una manifestazionc di freddo ?
II Person ci soggiugne, die questaporzione di calorieosi
fa ad imprimcre alle sue molecole, gia divenute liquide, una
modificazione sconosciuta, ma senza delta quale lepredette
molecole non si sparger.ebbono nel solvente. E noi soggiun-
giamo: per qual cosa quando si sono sparse la prima volta
nel solvente, giusta il consentimento de' chimici e del Per-
son medesimo, che stimo eziandio consenting produci-
menlo di calore, fu reputata operazione chimica, non e poi
operazione chimica anche lo spargimenlo secondo? E s' e
poi operazione chimica, perche rende freddo, anziche ca-
lore ? Noi crediamo che, per dilucidare questo nuovo ar-
cano che ci e dato innanzi dall' esperienza, sia da richia-
marci, come abbiamo detto a principio, lo stretto legame,
divisatoci dal Gay-Lussac, Ira la vaporizzazione e la solu-
zione, e scorgere quindi nel fatto, messoci innanzi dal
Person, 1' ullimo esattissimo riscontro, ch' e quando un
vapore saturante uno spazio dato, conducendolo a spar-
gcrsi in uno spazio piu grande, produce freddo, come le
soluzioni producono freddamento quando si diluiscono.
Ora fermatomi col pensiero nella rilevanza di questo
fatto al tutto acconcio ad avvalorare 1' idea dinamica della
soluzione, in che il corpo che si scioglie, e veduto, a guisa
di un vapore, condursi in condizione elastica dentro il
solvente, che torna il mezzo in cui le molecole venule ela-
stiche si tengono librate, trovai debito il cercare, se rispon-
desse cosi al cimento di piu maniere di sali sciolti da po-
tersi avcre quale successo in ogni contingenza sicuro e
immancabile. Siccome il fine propostomi quello era di raf-
frontare la soluzione a un vapore saturante uno spazio,
cosi, nello instituire le mie ricerche, stimai bene di partire
— 435-
eoslantemente da una soluzione satura a una data tempe-
rie, come quella che mi rappresentava per punto lo spazio
saturato di vapore a quel termine termometrico. Lo di-
verse soluzioni saline, ch' io ho cimentato, furono condotte
a saturazione tra -+• 8° e -+- 12° del R. Indi avula dentro
i limiti aecennali la soluzione satura, di che io cercava di
conoscere il freddo, che fosse stato per prodursi ne!
diluirla, prendeva quelle lante misure eguali in volume
di aequa con che divisava di allungarla, esempligrazia due,
tre, quattro e lino a cinque, c condotta 1' acqua diluente
alia precisa identica temperie della soluzione da esperi-
nientarsi, faceva a un tratto la mescolanza, hadando
altentamentc alia misura del freddo, che il termometro mi
indicava al tramescolarsi dell' acqua colla soluzione ; non
senza portare pianamenle il bottone del termometro negli
strati different! del liquido tramescolato, e tenerlo quivi
finche si melteva al lutto in quiele. Non ommisi neppure
di tener conto, avvegnache non rilevasse essenzialmente al
mio proposito, del freddo prodotto nel primo tempo in che
il sale era aggiunto all' acqua per apparecchiare la solu-
zione satura ; hadando altresi alia misura di questo freddo
di soluzione, per iscorgerc, se al piii o al meno di esso fosse
legata una qualche relazione col freddo successivo solito
prodursi quando si mescc 1' acqua.
Tenutomi in ogni sperienza all'osservanza esatta di
queste norme, il primo sale a che io posi mano, fu il sal
marino, o cloruro sodico, come quello che, nelle mani del
Person, valse a fornire questo novello lume alia scienza.
La prima quanlita del sale infuso nell' acqua era in peso
poco meno di quello domandato alia sua saturazione nei
limiti di temperie in che operava ; e cio io faceva appunto
per conoscere la misura del freddo rendutomi allatlo della
— 13G —
soluzione; al gual propositi) mi piace osservare,che il freddb
prodotto da un dato sale nel punto in chc si scioglie, e le-
gato cost alia rapidita della sua soluzione da potersi notare
una differonza.se prima piu o meno rendutoin polvere sottile.
Preso adunque un volume di acqua, che corrispondeva
sempre a cento parti in peso, ci aggiungeva, operando una
rapida agitazione, la predetta quantila di sal marino, o
cloruro sodico, e ne aveva un abbassamento di temperie
al tormomelro del R. di — 2U. Fatto cio, come il sale era
dileguato compiutamente, nc rimetteva succcssivamcnte
altre piecole porziuni, finche coglieva il preciso termine
della saturazione, indicatomi dell'ultima piccola presa, che,
o non si seioglieva, o si scioglieva solo in parte. Allora
separata con ogni sienra diligenza la soluzione satura dal
poco sale residuo, prendeva tre lanti di acqua in rispetto
al volume prima saturato, e conduceva I' acqua da infon-
dersi e la soluzione alia precisa identica temperie; al die
non mi lusogno in ogni sperienza meno dello spazio di
ventiquatlr'ore. Conseguita I'eguaglianzadi temperie, versai
T acqua nella soluzione, rimescolando il liquido col bottone
medesimo del termomelro, e, come quieto, ebbi un freddo
uguale a — 1°. Onde, ossendo aggelati, compresa V acqua
della soluzione, quattro tanli di acqua chc dianzi, nesegui
un freddo corrispondente a — 4°, cioe il doppio di quollo
avuto nella soluzione del sale: senza fare nessuna stima
del sale sciolto, ch' e da comprendersi eol liquido nella
massa raffreddala di un grado.
Rifeci F esperienza con aggiugnere alia soluzione quat-
tro volumi di acqua, o ne venne un freddo di — 5°. Final-
mente itcrata la medesima pruova con cinque volumi di
acqua, no segui un freddo di — 0°, cioe triplo di quollo
avuto nella soluzione
— 137 —
Veriflcato il fenomcno, per altra via conseguito dal
Person, stimai di farmi coll' esperienza al eloruro ammo-
nico, sale die si scioglie ncll' acqua con possente gagliar-
dia. II freddo, venutorai nella soluzione, fu — 10° '/a .
Fermato il pensiero nel freddo nolevole prodolto da questo
sale nello sciogliersi, mi parve bene di menouiare per la
prima volta I' acqua da aggiungersi, onde ne presi solo un
doppio volume ; e condotla, come dianzi, a egualita di tem-
perie, feci la mescolanza ; e senza grande sorpresa, vidi
seguirne nessuna indicazione di freddo. Allora rifeci la
pruova con aggiungere tre volumi di acqua, e nc venue un
abbassamento di '/$ di grado, cbc corrisponde ad un' ag-
gelazione di lulta la massa di solo x/z grado. Ilerai 1' espe-
rienza con T aggiunta di quatlro volumi, e n'ebbi una ma-
nifeslazione di freddo uguale a Vio , cbc torna a — -8° l/z
dell' intcra massa. E per ultimo, rifatta un' altra volta la
medesima sperienza con cinque volumi di acqua, il termo-
metro si abbasso di — -*/io , die corrisponde ad una som-
ma di freddo seguito ne' sei volumi di acqua, uguale
— 2° %0 , o 75 , die torna all' incirca il solo quinto del
freddo avuto nclla soluzione del sale. Gli sperimenti insti-
tuiti sopra questo sale, come sopra altri sali diversi, furono
ripetuti pin volte ; onde i risultamenti, eli' io do, sono o i
piii prossimi, o i realmente conformi avuli in pin esperienze.
Vedulo il procedimenlo di questo sale gagliardamente
solnbile, avvisai di melter mano al eloruro calcico cristal-
lizzalo, sale, non cbe solo solubilissimo, ma in ccccsso
deliquescente. Attesa appunto la deliquescenza grande di
questo sale, parendomi difficile il cogliere il punlo della
saturazione, reputai per questo sale di variare il modo
spcrimenlale in quesla guisa : Seiolsi una slatuita quantita
di eloruro cristallizzalo in un peso eguale di acqua. Nc
— 138 —
scgui un freddo, o un abbassamento di temperie di — 10°,
il quale sarebbe stalo viepiu grande, so io avessi adoperata
una maggiore quantila di acqua ; conciossiache col poco
di acqua adoperata rendendosi la soluzione prontamenle
densa, le ultime quantila del sale passano in istalo liquido
assai lentamente, e quindi poco o niente contribuiscono a
quel produeiraento del freddo, ch' e opera del primo met-
lersi del sale nel solvente. Avuta questa soluzione densa,
ue pigliai parti cento in peso, e parti trecento di acqua, e,
condolte entrambe a egualita di temperie, feci la mesco-
lanza, ma non ne segui la menoma produzione di freddo.
Veduta questa nullita di effetto, deliberai di servare questa
medesima soluzione allungata per istituire un' allra pruova
con aggiungervi altre ducenlo parti di acqua. Guardate le
consuete cautele, feci V aggiunta, c la temperie mi venne
abbassala di '/ di grado ; il qual freddo, essendosi fatto
in tulla la massa, che in questa sperienza monta a parti
seicenlo, se n' ebbe un freddo eguale a — i" L/3 . Scorto
questo piccolo effetto, mi parve bene di rifare la pruova,
prendendo, come dianzi, le cento parti di soluzione, e ag-
giungervi a un tratto le cinquecento parti di acqua. Cosi
operando ne segui un abbassamento di 2/0 , ovvcro di '/5
di grado, die rapportato a tutta la massa ne viene il freddo
tli |" y5 , cioe poco piii di un quinto del freddo di so-
luzione, ch' e in una coueordanza pressoche csatla co'ri-
sultamenti avuti dianzi, sperimentando il cloruro ammonico.
Indagata la predetta attitudine ne'mentovati sali aloidi,
die sirisolvono in meri composti binarii, passai agli ossi-
sali, cioe a1 composti ternarii, e tra quesli per jtrimoscelsi
il nilrato od azotato potassico, come il secondo de' sali in
che il Person ferrao il singolare fenomeno del freddo di di-
luizione. Messo mano a sperimentare anche questo sale
— 439 —
nel niodo gia divisato, c fattomi ad apparecchiare la solu-
zione satura, ne segui un freddo di soluzionc di — 7°. Per
questa prima volta foci pruova di allungarla con tre volumi
di acqua, c ne venne un abbassamento di — x/x grado, che
torna a — 2° in tutta la massa. Rifeci l'esperienza coll'ag-
giunta di quattro volumi, e i! freddo venutomi fu di — 3/
di grado, che riferito alia totalita della massa; torna di
— 5° y< . Per ultimo, fattomi ad aggiungerne cinque volu-
mi, n' ebbi un abbassamento di — '/2 grado, che rende un
freddo tolale di — 5°, sicche il massimo freddo avuto in
opera di diluizione col nitrato potassico, fu coll'aggiugnere
alia soluzione satura quattro volumi di acqua ; e questa
somma di freddo non valse che la mela scarsa del freddo
di soluzione.
Verificato nel modo anzidetto nel nitrato potassico il
freddo di diluizione, veduto dal Person per altra via, mi
feci a provare il nitrato calcico. Siccome questo sale e de-
liquescente all' incirca alia maniera del cloruro calcico, e
quindi vedeva difficile il poler cogliere il preciso terminc
di saturazione, divisai di prendere un volume d' acqua in
peso parti cento, e quivi sciogliere una statuita quantita
di questo sale. Ne sciolsi adunque parti quaranta in parti
cento di acqua ; ed attesa la predetta deliquescenza, non
avendo poluto avere il sale in condizione idrata, trasandai
il freddo di soluzione, che non valeva a signilicarmi, che il
solo eccesso sopra il calore prodotto nella idratazione del
sale : il che niente nuoceva al fine della rioerca, che si fa-
ceva solo a verificare la generality del freddo di diluizione,
come fenomcno di correlazione alio spargersi de' vapori
•in ispazio piu capace. Avuta adunque nella proporzione
allegata la predetta soluzione, c' infusi dapprima tre vo-
lumi di acqua, e ne segui un abbassamento di — '/ grado,
Serie III. T I. 10
■- 140 —
clic risponde a — 2" di In I la la massa. Iterai la medcsima
sperienza coll' aggiunta di quattro voliimi, c del pari 1' ab-
bassamento si tenne a — /a grado, che rende in tutto un
feed do di — 2" '/, .
Da questo sale passai al nilralo baritico, dotato di
poco gagliarda attitudine a sciogliersi. Fattomi adunquc ad
apparecchiare la soluzione satura, nell' opera prima sol-
vente ne segui il solo abbassamento di 8/IO di grado. Ado-
perate le consuete caulele, feci prima laggiunta di Lre vo-
lumi d' acqua, onde ne segui un freddo di — - L/0 , ovvero
di '/, , cue, per tutta la massa raffreddata di quel tanto
risponde a — y5 . E rifatta con quallro volurai, n' ebbi un
freddo totale di — 1° l/x ; e eon cinque di — 2° '/^ .
Fattomi ora a un altro genere di sali, eioe. a' solfali,
diedi di piglio al solfato sodico, del quale nell'appareccliiar-
mi la soluzione satura, segui un freddo di — 7°. Nel primo
cimento aggiunti tre volumi, la temperie venne abbassata
di — '/ , clie rende un freddo totale di — 2°. Nel secondo
fatta I' aggiunta di quattro volumi, 1' aggelazione totale
seguitane fu di — 5° y, e non mi venne trovata differenza
sensibile col pin di cinque volumi aggiunti.
Per fare esperienza di un altro sale di questo genere,
posi ma no a sciogliere il solfato magnesico, dal quale ne
segui un freddo di soluzione uguale a — 4° '/2. Ed aggiunti
dapprima tre volumi di acqua, ne torno una minorazione
totale di temperie uguale a — I " ; indi con quattro — 2" '/2;
e con cinque soli — o°, che non rende il freddo di solu-
zione, come ne aiiche il precedente solfato.
Stimato bene di fare qualclie piccolo saggio ancbe coi
fosfali, mi diedi a sciogliere il fosfalo sodico, nel clie mi
segno un freddo di — 2°. Indi aggiunti alia soluzione sa-
lura tre volumi di acqua, ne torno un abbassamento totale
— 4 41 —
; ed aggiunti primieramente tre volumi di acqua,
n' ebbi un abbassamcnlo totale di — 1°, e con quattro
di _ 2° '/a
- 142 —
Siceorne in questi brevi saggi io mirava di passare dai
sali consistent! nella piu semplice composizione a quclli
della composizione piu implicata, cosi volendo sperimen-
tare anche un sale quadernario, sciolsi I' allume, o solfato
alluminico-potassico. II freddo di soluzione venutomi fu
lieve tanto da non aver potuto notare cheil solo abbassa-
mento di '/ di grado, e con la prima aggiunta di tre volu-
mi olo,
non ponsando alia sua vera proprieta.Indicare Ie differenze
tra famoso e famigerato non puo essere agevole a tutli ; c
nulladimeno vi sono. Ma, a non andar dietro alio minime
gradazioni nel significalo di questi vocaboli, nelle quali sta
infinc tutta la diversita loro, egli e certo che nel massimo
numero delle volte poterono indifferentemente sostituirsi
I'uno all'altro: e tuttavia, io non direi oggi, p. es., la fami-
gerata Elena di Zeusi, come il Firenzuola, volendo accen-
nare alia gran fama ond' era celebratissima quell' opera
del grande piltore; mentre mi pare ehe l'uso de1 migliori,
ritenendo 1' addicltivo famoso per significare in generale
una gran fama, si serva oggi piu volentieri del famigerato
per una fama altresi larga, ma acquistata in modo non
buono. II verbo essere ed il verbo venire servono ambidue
a eoslruir quella forma che diciamo passiva ; ma ciascun
d' essi imprime lal gradazione di significato nella forma da
esso costrutta, che se si pu6 spesso adoperare indifferen-
temente I' uno o 1' altro, vi sono molti casi ne' quali il
concetto che si ha o si dovrebbe avere non puo essere pro-
priamente espresso se non che usando uno piuttosto che
T altro di questi due verbi ; mentre il verbo venire deter-
mina piu distintamente i due tempi presente e futuro ;
quando il verbo essere, come ben nota il Gherardini. im-
porta piuttosto stato in luogo ; e Io stato e tal condizione
che si associa coll' idea di cosa che abbia gia avuto effetto.
Non voglio contendere alia nostra particella si (e che non
concederei io ad essa, poiche il sommo poeta la innalzo
quasi ad impresa che ci distingua da tutte Ie altro genti
del mondo!); non voglio contendere alia nostra particella
si di servire ella pure alia costruzionc del significato pas-
— 482 —
sivo, conic prBtendono i piii dei grammatici ; ma certo,
operando queslo, e in essa un potere che non c identico a
quello dei verbi csserc e venire usati per lal effetlo ; mentre
in molti easi, sostituendola all' uno o all'alti'o, rendereb-
besi per lo meno cquivoco il senso. Onde cbi scrivesse, per
esempio : i Francesi si stimano i piu valenti in opera di
scienze e di lettere, non lascierebbe conoscer bene se giu-
slissimamenle egli avesse inleso dire, che i Francesi sti-
mano tali se mcdesimi, o pure che vengono stimati tali
dagli allri.
Difficile studio queslo impadronirsi bene dell' esattissi-
mo signilieare delle voci e delle locuzioni, togliendolo dal
principio, c non perdendo d' occhio le varieta cui soggia-
cque col progredire dei tempi. Difficile anche il tenere la
raente si attenta che non cada talvolta in errore, special-
mente quando si tratti di voci e locuzioni, le quali abbiano
un senso tanto analogo, che sovcnte poco imporli, ripeto,
di sostituire le une alle altre. I meglio serittori non valgono
sempre ad evitar in cio ogni taccia. Consignor delia Casa,
]>. e., scrisse Del suo Galateo, che lanto e a dire a rilroso
come a rovescio. Nei vocabolarj e tutfaltro che ben distin-
to il proprio signilicato a ciascuno di questi modi. II Ghe-
rardini spiegando anch' egli in un prinio § a rilroso per a
rovescio, non fa che aggiungere un esempio che si riferisce
a cose intellettuali ; e in un secondo, spiegandolo per dalla
parte opposla alia dritta, dalla parte di dietro ( che in so-
stanza e il rovescio stesso) allega questo esempio del Botta :
« varcato il iiume, e posto piede sulle terre cesariane, si
avvid rattamente ad assalire il forte a ritroso » cioc a ro-
vescio. Ma rovescio e rilroso non so no due vocaboli che
significhino I' identica cosa. Non potrebbesi dire, p. e., il
rilroso di una medagiia, come se ne dice il rovescio; e
— d83 —
quando si dice il rovescio di una vcstc s' intende cio clie
piu non s' intenderebbe dicendone il ritroso ; e certo niuno
direbbe una fanciulla rovescia, perche si avesse da inlen-
dere una fanciulla ritrosa. Se dunque uno dei due elementi
ch' entrano a formare la prima di queste locuzioni avver-
biali ba un senso che non e identico con uno di quelli
ch' entrano a formar l1 altra, non mi par possibile che le
locuzioni stesse abbiano poi esse medesime un senso iden-
tico, epossano sempre sostituirsi indifferentemente a vicen-
da. Dico sempre, poiche dobbiamo ancora ripetere che in
lauti casi sara in arbitrio dello scrittore, per la molta ana-
logia che e nel loro signiflcato, di valersi senza colpa, delYa
ritroso o delfa rovescio, come piii gli torna ; massime quan-
do se ne serva in figura, e non voglia esprimere se non ge-
nericamenle il contrario tra due cose. Ma se brama evitar
la laccia d' impropriety, guarderassi di farlo in alcuni altri;
cd in alcuni poi, sostituendo questa locuzione a quella, espri-
mera tanto falsamente il concetto, che dira tutt'altro di cio
che vorrebbe o dovrebbe dire. Gia il Parenti notava che
non saria dato, senza scambiar in tutto 1' idea, di porre a
ritroso invece che a rovescio, dove, p. e., il Boccaccio scris-
se: messosi in dosso un pelliccion ncro a rovescio : e quanto
falsa, per addurre un altro esempio, quanto falsa non usci-
rebbe 1'idea, sostituendo a ritroso nei seguenti versi del
Demi ! — Come in un campo a pie di qualche macchia
— Fa una volpe alle volte il gattone — Quando vuole ac-
chiappar qualche cornacchia; — La ribalda a rovescio giu
si pone. =
II Mallei scrisse un tratto = i nostri odierni dialetti
non si sono allronde formati che dal diverso modo di pro-
nunziare negli antichi tempi e di parlare popolarmente il
latino. = La qua! sentenza chi quanto convenga la allar-
— 484 —
gasse, sostenendola co' necessarj ragionamenti, e convali-
dandola con dpportuni ed abbondanti esempj, verrebbe a
dimostrare, ancbc per quelli i quali repugnano tultavia a
erederlo, clic la lingua italiana deriva immediatamente dalla
iatina; e che colla romana intermedia, o sia colla proven-
zale, essa non ha aleun obbligo di figliuolanza, ma solo un
tilolo di fraternita. Io per6 non allegavo questa sentcnza
del Maffei, se non pel motivo di darmi un solenne ed auto-
revole fondamento a chiudere questo poeo che ho delto
intorno alia propriety delle voei e loeuzioni, col quale in-
tendo di por fine al presente discorso; a chiuderlo, dico,
accennando all' utile grande che potra trovarsi in si fatta
materia da chi non si contenti di gnardare soltanto alia
figlia, ma volga spcsso sua attcnzione ancoalla madre. Ten-
gano i giovani da un lato colla Crusca e 1' Alberti anco il
Forcellini, e dall'altro, cio che meglio importa, co' piu au-
torevoli scrittori dell' Italia moderna quelli dell' antica. Li
consiglio a questo; c mi rido dell' abbale Gaume, e di
quanti fecero con lui la grande scoperta in Franeia ( e che
mai non si scopre, per far parlare di se in Franeia ! e
quando mai le scoperte de' Francesi mancarono di ammi-
ratori, di plaudenti, di seguaci in Italia! ) la grande scoper-
ta, che \i sia un forte pericolo da correre per la giovenlu
nello studio dei classici lalini. Se gli scopritori e gridatori
di tal vecchia novita; se i loro ammiralori e seguaci si po-
tesse'ro persuadere da buoni argomenti, non riuscirebbo
nienle difficile a tener loro un discorso, cui desse corpo o
forza il pensiero, c gia basteria che Ieggessero la magnifica
lettera nella quale ragionava su questo proposito medesimo
tre secoli addietro quel grande spiritualista e verissimo
cristiano che fu Mareantonio Flaminio. Ma mi avviso che
sarebbe tempo pcrduto. Meglio atterrarli d'un colpo, d'un
— 185 —
colpo solo, e con talc spada contro cui non osjno ne pure
alzare il braccio per difendersene. Quell' Agostino, die fu
non solo un grand' uomo, ma che veneriamo per un gran
sanlo, accennando al guadagno che puo farsi dallo studio
de' classic! greci e latini rispetto alio arti della parola: Non
solum formidanda non sunt, egli seme, sed ab eis etiam,
tanquam ab injustis possessoribus in usum nostrum vindi-
canda. Taluno potrebbe forse arrestarsi un poco su quel-
V injustis possessoribus, per farsi capace ad inlcndere, co-
me mai ingiustamente possedessero quelle arti i classici
greci e latini ; ma noi, trapassando queslo, non diremo al-
Iro se non che si scolpisca in marmo ed in bronzo, e si ri-
peta senza fine : Formidanda non sunt, sed in usum nostrum
vindicanda ; non seuza aggiuugere, che se nell' uso loro le
sapessero vendicare le cosi fatte arti tanti di que' gridatori
che parlano poi si rozzamente dagli altari o dai pergami,
tanti di quei gridatori che vergano poi si traseuratamente
delle carte inlorno ai coslumi; oh, quanto ne acquisterehhe
la rehgione cristiana ! oh quanto la morale evangelica !
1BBN1MI DEL CICRSO l2!) DIOEIBRE 1855
II membro cfTetlivo dolt. Nardo legge una sua
memoria: Introduzione alio studio di alcuni fenomeni
oitici osservati guardando atlraverso le frange perife-
riche che appariscotw alia superficie dei corjii, sotlo
determinate condizioni di luce.
Di quel numero e varieta grande di fenomeni
intoino a cui volse la sua atlenzionc nell' accennato
proposito 1' au I ore, e ch' egli descrisse in questo suo
lavoro coi niinutissimi accidenti dai quali li vide ac-
compagnali, alcuni gli parvc di poteili attribuire a
rcfrazione de' raggi di luce che attraversano le accen-
nate frange perifcriche, altri a raggi di luce da esse ri-
flessi, altriin fine ad ambedue queste cause opeiantiin-
sieme. Noto, fra molti, in particolare un fenomeno di
raddoppiamento di linea analogoalla doppia refrazione
prodolta dallo spalo d'Islanda: si fermo inlorno a
quegli accidentia d onde pud derivare che si spicglii
perche i raggi liuninosi attraversando un foro non
Serie HI, T. I. 25
— 488 —
rolondo, vadano pur a render rotondo lo spazio sopra
cui pcrcuotono : si fecc a confutar la dottrina del Pe-
clct, sostencndo V obbiettivitd delle frange periferiche
che si prcsentano all' occhio; e conchiuse che si riser-
vava di rilornar sul medesimo argomcnto, per raiTron-
tare i fenomeni da lui osservati con quelli di altri fisi-
ci, e 1c sue proprie leoriche con quelle pure di essi
medesimi.
II menibro elTettivo Bellavitis ha creduto intorno
a questa lettura di poter notare : che il fenomeno di
doppia immaginc osservato in certe condizioni dal
ISardo non e, a suo avviso, da confondersi con quello
che i fisici chiamano doppia refrazione : aggiunse che
i fenomeni osservati allorquando un corpicciuolo muo-
vesi tra Y occhio ed un forellino tenuto vicinissimo a
questo, si spiegano per cio che sulla retina, invecc di
un' immagine del corpicciuolo, se ne ha 1' ombra; e
che la forma rotonda od ovale che presenta la luce
solare, attraversando un foro di forma qualunque,
deriva evidentemente dalla forma stessa rotonda del
sole. — II dott. Nardo rispose, ch'egli si era gia riser-
vato, come fece udire nella sua memoria, e puo leg-
gersi, di far conoscerc in una seconda parte di essa
quale e quanta sia la relazionc che hanno tra di loro
i due fenomeni di raddoppiamento ; e ad un tempo di
raftrontare la spiegazione ch' egli ne diede con quella
datane da altri ; il che pure si era riservato di fare in
ogni altro caso in cui le spiegazioni ofl'erte da lui, o
ch' egli potessc oiTerirc, di alcuni fenomeni, fossero
per avventura piu o mono dalle allrui diverse.
— 189 —
II mcmbro efleltivo dott. Fario. lodando la sonuna
diligenza del Nardo ncll'osservazione dei fenomeni da
lui narrati, per quanto spetta alia parte fisica, crede
peraltro di do vet* insistere anch' egli intorno alia
sonuna importanza di non trascurare in questo pro-
posilo ne pure Ie condizioni fisiologiche dell' organo
stesso guardatorc ; mentre varie sono questc allorche
esso guardi attraverso fori di minima ampiezza da
quando il faccia altrimenti; come a non accennarne,
p. e., diss' egli, che una sola, quella della continua
umctlazione della superficie dell' occhio stesso per
opera di un iluido pieno di sali di varia natura, pieno
di atomi di materic grasse, mucose, lc quali devono di
nccessita modificare la luce che lc attraversa. modifi-
carla sensibilmente all' occhio a cui giungono i minimi
fascelti di luce passanti pei minimi forellini cosi modi-
ficati dalle suddettc sostanzc.
II sig. Giuseppe Dalla Torre di Este fu quindi am-
messo a leggcrc un suo scritto : Sulla spontanea vo-
latilitd dei carpi fissi, scoperta da lui e da I sig. Gio.
llatt. Fasoli.
Narrata da prima Y occasione che li condussero
ad istituirc moltiplici esperienze in questo proposito,
la qual occasione fu la pretesa scoperta dei ehimici
romani \ialc e Latini del gaz ammoniaco producen-
tesi nell'alto respiratorio, e le relative osservazioni
ed asserzioni che qucsti ehimici ne traevano; scoperta
che da tutti gli argomenti da loro raccolti. cssi Torre
— 11)0 —
o Fasoli sono stati condolli a negare^ uarrata questa
occasionej si fanno a descriverc molti dei lanti esperi-
menti che atluarono sopra una grande scala di corpi
lanlo semplici. quanto composti nell' accennato pro-
posilo. Aon tacciono di mancare finora di prove
dirette per attribuire il carattere di volatility agli
acidi fissi ; quantunque eredono di poterlo con
sienrezza indirettamente argomentare. ISon ommet-
teranno d' affaticarvisi nuovamente intorno ; e frat-
tanto dai nuovi fenomeni usciti dalle svariate spe-
rienzc che istituirono, considerate nelle loro relazioni
di causa e di eiTetto, stimano di poter conchiudere che
la proprieta di spontaneamente volatilizzarsi appar-
tiene anco ai corpi ritenuli fissi, e per loro opinionc e
inerente a tutti i corpi] onde in ogni corpo due forze,
centripeta e centrifuga; e quindi in ciascuno neces-
sario che prenda luogo tra' caratleri di esso quello
altresi del grado della sua volatility, e quindi ogni
corpo circondato da un' atmosfera della sua propria
sostanza. Di qui la ragione del perche ad attuare l'affi-
nitanonsia mestieri delliinmediato contatto dei corpi:
di qui la conferma della spiegazionc data dal Galileo
dell' esscnza del calorico, e quella della sua dottrina
intorno agli odori : di qui rappresentata l'aria atmo-
sferica che noi respiriamo come un grande serhatoio
in cui si raccolgono, nello stato della maggior possi-
bile sottigliezza, le molecole vaporizzale da tutti i
corpi. Credono pur anche gli aulori, che la loro sco-
perta debitamente applicata, possa gettare mollaluce
iiello studio delle scienze iisico-naturali; come quella
— JIM —
die ofli-e un mezzo acconcio di avvisarc alia causa di
and fenomeni cosniico-tellurici, e di spiegare tanti
lalli che si compiono nell' organismo vivente, il dar
ragione de quali e riuscila finora opera vana alluomo.
Udite queste Ietture, 1'Istituto si raecoidie in adu-
nanza segreta.
JDIMSZ1 DEL CIOBM 30 WCEJBBE 1855
11 m. e. cav. Emmanuele Cicogna legge (1) al-
cune osservazioni sull'opuscolo intitolato: Le parde,
di cui la stanza 69 del canto 39 del poema di
Lodovico Ariosto escono dal sasso e non dal lascio,
ne dalle lasse o dal lasso. — Lettcre critiche (Milano,
Redaelli 1855, in 12.°).
Espone agitarsi in quell' operetta la quistione : Se
in quella stanza debbansi leggere i due primi versi
cosi:
Come due belle e generose parde
Che fuor del lascio sien di pari uscile,
o veramente
Come due belle e generose parde
Che fuor del sasso sien di pari uscite.
E dice che quelli che stanno a favore della voce
(I) Questo e il seguente sunto furono preseutati e compilati
(lull' autore.
— m —
lascio o lasso appoggiansi a presso che tulle lc cdi-
zioni del Furioso. le quali leggono lascio o lasso; ri-
flettendo che anche i pardi, come i cam', erano am-
maestrati alia caceia, quindi soggetti al lascio o lasso,
cioe al guinzaglio, alia catena, alia corda, o simile.
Quelli che sostcntano la voce sasso hanno per
autorita la edizione del Furioso eseguita dal France-
schi nel 158 \ che pone sasso ; dicouo che tanlo il
Ruscelli. quanto il Dolce nelle loro annotazioni o imi-
tazioni dell' Arioslo posero la voce sasso, ripetula dal-
la edizione deU'Orlandini 1730; c conchiudono essere
piu convenient alia pocliea similitudine la dizione
sasso anziche lasso, giacche 1 uscir fuori della tana e
piu adatto alle generose parde che non L'uscir fuori
del guinzaglio, ch' e tullo proprio de' caui da caceia.
Per la qual cosa domandano: Quale dellc due lc~
zioni e da credere che fosse dal pacta sostituita alia
da lui abbandonata lezione de le lasse? II Cicogna
rispoude :
Che la voce sasso in cambio di lasso e un errore
di slampa od un arbitrio dell'editore Franceschi nella
edizione 1584. L' Arioslo non si o mai sognalo di so-
stituire la voce sasso alia voce lasso o lascio ; quindi
un errore di slampa od un arbitrio altrui non puo dur
soggetto ad alcuna quistione, o alia scelta di due di-
verse lezioni, giacche la lezione e una sola, cioe lasso,
o piuttosto lascio, adottata dallo stesso Ariosto nella
edizione 1532.
E lo prova :
I. Coll' esibire una labella di moltc cdizioni del
- 11)5 —
Furioso dal 15H) al 1583, lequali o haimo la Iezionc
tic le lasse gia abbandonata dali' Ariosto, o hanno la
lezione lascio, o lasso, o laccio, non mai sasso.
2. Perche sebbehe il Franceschi abbia per la
prima volla adoltala la voce sasso anziche lascio, e
die tale sostituzionc sia stata da pochissime altre ri-
stampe del secolo XVII accettata, nondimeno la mag-
gior parte di esse dal 4585 al 1853 ripete la primitiva
voce lascio, o lasso, o laccio: segno evidentc che fu
riconosciuto errore tipografico, o arbitrio di chi alia
stampa presicdclte, la voce sasso.
3. Perche e del tutto falso che il Ruscelli ed il
Dolce abbiano nelle loro illustrazioni o imitazioni ia-
serita la voce sasso, come apparisce dall'atlento esa-
mc dellc loro edizioni esistenti nella Biblioteca Mar-
ciana, fat to dal Cicogna: essendo a riflettere d'avvan-
taggio che la edizione del Franceschi 1584 essendo
stafa eseguita circa diccisettc anni dopo la morte
e del Ruscelli c del Dolce, la sostituzionc di sasso a
lasso non puossi a loro attribuire, ma ben si ad una
menda tipografica, facilissimo essendo lo scambio tra
la L e la S.
4. Perche se le imitazioni del Dolce nella edizione
deirOrlandini 1730 copiatc parola per parola dalla
edizione del Valvassore 1566, dicono sasso e non
lascio (ch" c nella delta stampa 1500)^ questo e uno
sbaglio di copia o di tipografla. E in fatti. abbiamo
nella Marciana 1' esemplare dell' Orlandini 4730, in
cui, avvcdutosi l'cdilore dcH'eirore, muto la voce
sasso in laccio, e cio fccc in corsa di stampa, non
Serie III. T. I. 26
— 49() —
essendovi il cartino rimesso, o corretta a mano la
parola sasso.
5. Perche se il Ruscelli, da cui furono curate le
edizioni del Valgrisi 1556 in 4.° cd in 8.° sopra un
csemplare notato e postillato di nuovo dall'Ariosto,
stampava lasso c non sasso, l- cento che non avendo
l'Ariosto in quel sito posta mano, voile egli tener
ferma la primitiva sua idea, di far uscirc 1c pardc dal
lascio ossia dal guinzagliO; c non dal sasso ossia dalla
caverna.
G. Finalmcnte sc tutti i piu valenti illustratori o
editori di quel pocma moderni, il Barotti^ 1' Avcsani,
il Ileina, il Morali, il Bolza ritenncro per genuina la
voce lascio o lasso, e duopo conchiudere aver essi
considerata come error tipografico, o come arbitrio
de' correttori la dizione sasso.
E qui il Cicogna aggiungeva che malaincnte nel
detto opuscolo si tacciava di ncgligenza il Morali per
non aver notale le varianli de le lasse, del lasso, del
lascio, del sasso: imperciocche nella tabella soggiunla
alia sua edizione 1818 non si e proposto di rivedere
se non se le varianli delle edizioni corse tra il 1532 eil
1556. Quindi sc avrebbe poluto bensi no tare le tre
prime varianli, non potcva la quarta. cioe quella del
sasso, la quale fu introdolta soltanto, come si e dctto^
nel 1584. — Per cio poi che riguarda all'altra voce^
della quale parla il Somazzi nella Bilancia 4 diccmbre
1855, cioe ascio, enon lascio, notava esuberantemen-
le il Cicogna che a' tempi deH'Arioslo era, per cosi
dirc; ignota tal voce ascio invccc di agio, comodo, cc.s
— 197 —
la quale posta in luce per la prima volta nel 1725
c 1729 fu inserita nel vocabolario del Cesari soltanto
nel J80(>. Inoltre, tanto nel Passavanti 1725, p. 34,
quanto nei Gradi di s. Girolamo 1729. p. 41, la parola
asri o asrio non e nel testo adottato dalla Crusca, ma
messa a picdi come una variantc che gli edilori cre-
detiero di cscludcre, probabilmonte perche i testi mi-
gliori dicono agi o agio, c perche a questo naturale
vocabolo dagli amanuensi non fiorenlini fu sostituito
linusi'talo vocabolo asrio. In ogni caso poi, proscgue
ii Cicogna, asrio in que' codici e preso nel senso pro-
pi'io di agio, comodo, riposo ; ne si potrebbc mai
ammetterlo nel senso traslato in cui si vorrebbc fosse
stato adoperalo dall' Ariosto, cioe di luogo ove uno si
adayia e riposa, se non iscaturissero incontraslabili
escmpli di classici anlicbi che in questo traslato senso
Tavessero usato.
Conchiudeva pertanto il Cicogna che non essen-
dovi soggetto di quistionc, appunto perche l'Ariosto
voile sempre conservare il suo intendimento di fare
uscire le parde dal lasrio e non dal sasso, resterebbe
1'esaine se egli avessc dovuto o no. per maggior effetto
della poetica sua comparazione, usare la parola sasso
o lasrio. Ma in tale quistionc non entra il Cicogna,
parendogli assai prosunluosa cosa il voler indagare
quali idee, quali frasi, quali parole avrebbero in mi-
glior niodo potulo adopcrare non solo T Ariosto,
ma c Dante, c Pelrarca, e Tasso, c cent' altri clas-
sici aulori, de' quali e piu modcslo partito ammi-
rare ed imilar le bellezze, oppure restringersi a
— 198 —
decifrariie i passi oscuri o suscettibili tit varia inter-
pretazione.
Lodava pero la combinazione fortunata, che un
errore di stampa od un arbitrio, avesse data materia
alia singolare erudizione, dimostrata da ainbe lo parti
nelT csaminato opuscolo : Le parde.
Indi lo stesso m. c. cav. Cicogna lesse eziandio
alcune l\ijlessioni sulfa autenticitd della lettera di
Antonio Canova da l\oma *del -J 2 febbraio 1803 a
Carlo daspari pittore veneziano, da luipubblicata in
V enema per le-stampe dlGiambattisla Merlouel 1854,
roncernente la prima opera scolpita dal Canova, rap-
prese.nl ante una Madonna, della quale inseri nell' o-
puscolo r intaglio,, c distribuillo anche all'adunanza
dell' I. II. Istiluto.
Premessa la letlura del'a lettera canoviana, fece
osservare cb' essa ha tre parti. La prima riguarda il
catalogo dc'quadri e il palazzo di casa Cornar. La se-
conda la Madonna, opera prima scolpita dal Canova.
La terza il Grocefisso a tratti di penna. opera di An-
drea Rhzo aniico del Canova.
Qnanto alia prima e terza parte il Cicogna fa
vedere essere comprovala da' document! inseriti e
stampati neir opuscolo.
Quanto alia seconda, osserva che Ie obbiezioni
introdottc a dubitare della auteuticita delta lettera
canoviana consistonoin sostanza nel non trovarsi nelle
memoric deililluslrc scultore, cojiscrvatc gia da nson-
signore Vescovo Giambattista Sartori Canova^ ed oggi
— 199 —
esistcnti nella btblioteca dclla regia citla di Bassano,
alcuna traccia di quella lettera ne di quella scultuia,
e il 11011 avere monsismor Yescovo alcuna reminiscen-
za su tale argomenlo, sebbene dal 1800 fino alia
raorte dello scultore avvcnuta nel 1822 abbia egli
semprc scritte le lettere per lui, tranne alcuna di
affari.
E qui il Cicogna risponde :
1. Che Irattandosi di un lavoro dal Canova ese-
guilo della sua prima maniera circa laiino Iredicesimo
della eta sua,e ben facile clie non ne abbia conservata
nci suoi scrilli alcuna mcmoria; tanto pin che il (Ca-
nova sdegnava di ricordare le cose sue giovanili, ben
diverse dalle celebri dal suo scalpello prodolle poste-
riormcntc.
2. i\on csser vero che monsi»nor Canova scri-
vesse scmpre le lettere pel fratello suo dal 1800 al
4822, mentrc piu e piu, tulte vergate di pugno dello
scullore, si rinvengono ncllc collezioni.
3. Che se ne di Andrea Rizzo amico dello scul-
tore, ne di Carlo Gaspuri pittore, cui e diretta la
lellcra, si trovano nella raccoila delle lettere al Cano-
va una o piu che parlino della Madonna dal Canova
scolpita, il motivo pud certamenle esser quello che ii
Canova abbia passate le risposte del Gaspari o del
llizzo a sua emincnza il cardinale Consalvi^ cui spe-
cialmente interessava sapere 1' csistcnza della Ma-
donna scolpita dal giovane artista, e T esistenza del
crocifisso disegnalo a penna dal Wizzo.
4. Che dallo slilc trascuralo, ma semplice e<$
— 200 —
ingenuo chc usava il Canova nolle lettere di suo pu-
gno scriltc ; dalla corrispondenza cpislolare che il
Canova ebbs e col Gaspari e col Rizzo, la quale
apparisce dalle lettere di ambedue serbate nella anzi-
detta biblioteca bassanese, did complesso uguale di
tutta la lettera, per cni non e ragioncvole supporre
che la seconda parte di essa siavi stata intrusa ed
inventata, non essendovi poi alcun motivo d' inganno
no per parte del Gaspari no per parte di Andrea
Rizzo, che gelosamente conservo fino ai 182(J, in cui
niori, ne per parte di Antonio suo figliuolo, che conti-
nuo fino al 4842 a conservare In scolpita Madonna.
Da lutto queste osservazioni, e dalT altre nella fatta
Iettura esposte, conchiudeva il Cicogna non potersi
revocare in dubbio la aulenlicita dclla lettera di An-
tonio Canova di cui si parla.
11 m. e. prof. Bartolomeo Bizio fa leggere una
vola messa a dilucidare il delta dianzi intorno al-
rorigine del diamante, la quale sara pubbiicata nclle
dispense successive di questi Atti collo scritto che la
precede.
Poscia il liglio suo dott. Giovanni Bizio comunico
le proprie osservazioni sopra V acidificazione del pc-
troleo a conlatto dell' aria.
Abbandonata a so una piccola quantita di petroleo
a coniallo dell' aria per il corso di due anni, trovo che
dopo questo tempo la predelta sostanza si addonsava
grandomentc per numerose granulazioni cristaliino
— i>UI —
chc in cssa si origiuavano nclla slagione invcruale, e
chu pipigliava la prima sua lluidita col mitigarsi della
temperatura. L' antore attribuisce qtteslo fenomeno.,
pin chc ad altro, alia prcscnza dclia paraliina. la quale
avesse potulo esistere in quel petroleo; ma cio ehe
ebbe precipuamente a richiamare la sua atlenzione lu
1' acidita die in talc circostanza crasi in esso manife-
stala. Per riscontrare evidentemente questo fatlo, egli
collocava di quel pctroleo in un piccolo tubo di assag-
gio, c chiusa 1 apertura di questo con carta azzurra di
tornasole, escaldatolo, avea, per la volatility deUacido,
un forte arrossamento della medesima. La carta di
tornasole racquislava poi all' ordinaria temperatura il
proprio colore azzurro.
L' autore non potrebbe adesso affermare se quel-
l'acido si fosse prodotto per 1' azione dell' ossigeno
sopra gli olii volatili del pctroleo, oppure sopra la
soslanza fissa del medesimo, come sarebbe piii vero-
simile dielro le altuali opinioni sopra la somma inal-
terabilita della nafta. Trovato pero, dielro apposili
siiggi da Iui instiluili, che qualche traccia di acidita si
risconlra anche nclle varie specie di petroleo messe
in commercio, e uotata la grande volatility di quell'a-
cido, egli dedusse che neccssariamente dovesse risul-
tare acida anche la nafta, ottenuta com' e dalla distil—
lazinue del petroleo; e cio fu pienamente confermato
daHespcrieuza. Se adunque una tale acidita non erasi
giammai sospetlafa nella nafta, ne vieue che tutle le
aualisi di questa sostanza furouo instituite sopra un
prodotto non avuto a qucllo slato di purezza ch' e
— 202 —
pichjesto in tali indagini, For cui, collo scopo di riscon-
trare sino a quanto i sijoi risultati potessero o no
clifferire da quelli degli allri chiniici, voile instituire
I'analisielementare della nafta da lui stcsso rettifjcata,
e chc posscdcva rcazione acida, cd ebbc die
(Irammi 0,2<»0(> di nafta diedero
» 0,8220 di acido carbonico
» 0.3215 di acqua,
e (juindi
Trovato Calcofato
Carbonio M>.02 85,72
Idrogeno 13,71 14,28
Perdita 0,27
100,00
Passalo allora I'autore ad un confronto collo altro
principal! analisi di questa sostanza, non polo nolarvi
nessnna differenza maggiore di quella chc lc stessc
prelate analisi non proscnlino Ira loro.
A rondorc compiuto qucsto sludio sarebbe adosso
noccssario lo slabilire: 1." se quell'acido sia realmonto
prodolto dalla sostanza fissa del pctrolco, oppurc dai
carburi volatili del medesimo; 2.° quale sia la natura
dell'acido originatosi. I risultati posilivi cbcgli avesse
ad ottenere da qucsto nuove sue ricerche ibrmeranno
Fargomcnto di una seconda memoria.
11 s. c. padro B.Sorio fa loggcre sul Traltato della
— 203 —
Sfera (U Ser Brunetto Latini nel suo Tesoro maggiore
lib. % cap. 40 c seg., cdizione Carrer, la seguentc
proposta di emendazioni da fare al testo stampato.
II Tesoro di Ser Brunetto Latini e la prima Enciclope-
dia dello scibile antico, e il corso dei studu, sul quale ven-
ue ammaestralo il divino pocta Allighieri; ma, come altrove
gia dimostrai, non fu dato ancora da leggere che pieno e
gremito dei piu ridicoli strafalcioni commessi dai copiatori
e del testo originate francese, e del toscano volgarizzamento.
Questo Tesoro almeno nel suo trattato astronomico della
Sfera meritava di essere con qualche atlenzione studiato
dai nuovi pubblicatori ad emendarne il testo, che abbiamo
nelle slampe tulte erratissimo. II maestro di Dante, che dai
discepolo fu del suo Tesoro, come di cosa non peritura
applaudito, sarebbc forse stato quel zanni ridicolo che nella
lezione stampala comparisce ad ogni pie sospinto ? Era
dunque da sospettare che Ie lezioni stampate dovessero po-
ter leggere nell' originate francese, e nel toscano volgariz-
zamento diversamenle, e doveasi cercarc almen dai conte-
sto obbligato nelle operazioni astronomiche qual altra
lezione di simil suono o figura potesse congetturarsi che
fosse la ragionevole in luogo della falsata testuale ; e non
era per avventura una cosa troppo difficile a fare con un
po' di giudizio e di pratica nella scienza, conciossiache pa-
recchie di queste lezioni sono si aperlamente spropositale,
che il naturale criterio dovea suggerire la vera lezione da
mctterc almeno in poslilla con un forse, flnche coi mss. o
con altri argomenti di sana crilica si coufortasse cosi la
lezione da doversi introdurre nel testo. Abbiatene un saggio.
Si legge nella slampa la piu recentemente, e meglio cor-
relta del noslro Luifti Carrer Tom. I, pag. 4 25 :
Serie HI. T. I. 27
— 204 —
Senza fallo lo cerchio e intorno sei fiate (sic) tanto come il
compasso ha di larghezza, cioe a dire, die egli gira ire
cotanti, e anche uno settimo (sic), com'egli ha di diametro,
cioe mirando (sic) il cerchio per mezzo diritta Iinea di sn
in giuso, o di giu. in suso.
Innanzi tratlo sarebbe da poter sospctlare varianza le-
stualc ne' due kioghi, die denno esser simili, da me nolati.
Nell1 un luogo il leslo fa il cerchio sei fiate tanto come il
compasso ha di larghezza, cioe nel tirare col compasso il
raedesimo cerchio ; ossia fassi qua il cerchio sei volte il
raggio, il qual raggio e appunto la larghezza del compasso
suddelta. Come dunque si dice appresso cosi ? cioe a dire
che egli ( il cerchio ) gira Ire cotanti e anche uno settimo
com' egli ha di diametro. In questo secondo valore abbiamo
Ire diametri ( i quali fanno sei raggi ), piu un settimo. Non
e dunque vero esser questo valore eguale al prime, essen-
doci in questo anche iin settimo.
A cessarc questa difficolta e da por mente che fu nel
primo valore detto : Senza fallo lo cerchio e intorno ( nota
bene; non dunque precisamente ) sei fiate tanto, come il
compasso ha di larghezza. Fu detto bene intorno ( che qua
vale all' incirca ) perche il cerchio e sei voile il raggio, os-
sia trc volte il diametro, e anche uno settimo, del qual setti-
mo abbiamo il preciso valore nel trattato de Sphaera di
Giovanni Sacrobosco, il quale liori poco avanti di Ser Bru-
netto, cioe nel 1251, ed il suo testo della sfcra era il teslo
delle scuole a que" tempi. Ora abbiamo in questo teslo al
lib. I , cap. IX questa proposizione a provarc la circonfe-
renza terreslre: Circumferenliae vicesimasecunda parte
dempta, residui tcrtia pars est diameter. Adunque il settimo
qua ragionalo e uno settimo del diametro, come vuole il
costrulto del leslo che dice; Egli (il cerchio) gira Ire co-
— 205 —
tanti e anche uno settimo, com' egli ha di diametro. \Ia a
rigor malcmalico e yeramente da dire chc il diametro sta
alia circonferenza nella proporzione di 7 a 22 o di la
5, 1416. Vedi Brunacci, lib. 9, della misurazionedelie quan-
tity geometriehe. Volli mandare innanzi questa mia anno-
tazione aeciocehe noa si credesse una giunta inlrusa ed
apocrifa del testo volgare stampato c anche vno seltimo,
ed era lanlo piu facile di cio sospettare quanto chc questo
inciso non leggesi ncl ms. capitolarc originate, ne nel ms.
bergamasco Marciano. Cosi legge il T. capitolarc francese :
Car sans faille li cercles esl environ (nota environ^ /'/ fois
lant come li compos a de large. C est a dir qu' il aire ill
fois tant come il a d' espes.
Cosi senza piu leggesi, seguitandosi a dire Et por cestc
raison etc. Cosi ne piu ne manco legge eziandio il nostro
lesto bergamasco della Marciana.
Adunque il lesto Giamboni stampato nou ha allerazione
di lettera, anzi cmenda qua il lesto mss. capitolarc fran-
cese ed il bergamasco Marciano. Leggiamo adunque da
capo il brano da noi preso in csame.
Senza fallo lo cerchio e intorno sei fiate tanto come il com-
passo ha di larghezza; cioe a dire, che egli gira tre co-
tanti, e anche uno settimo, com' egli ha di diametro.
Fin qua la scritlura va bene come e nellc stampe, e fu
da noi dichiarata, ma andiamo innanzi,
cioe mirando (sic) il cerchio per mezzo diritta linea di su
in giuso, o di giu in s>uso.
A chi legge anche il passo isolatamente, non che da
lulta la tela del discorso, appar manifesto che qua non si
— 20(i —
tratta tli mirare il cerchio, ma di misurare il cerchio, per
mezzo del suo diametro, cioe della linea diritta tiratavi a
mezzo o di su in giuso, o di gin in suso. Chi dun que anche
un poeo pon mente alia lezione stampata mirando il cerchio,
da questa dee sospettare che siavi un error madornale, e
che sia da leggere misurando il cerchio, e cost conveniva
fare nelle parecchie ristampe pigliate a correggere, notando
almeno in postilla cosi : (forse misurando). Ma cio non fu
fatto ancor da nessuno, ne giov6 ehe la Crusca, da bene
un secolo almeno, alia voce In suso emendasse questa le-
zione mirando eolla vera lezione misurando,, e apponessevi
questa postilla (cosi nei TT. a penna ; la stampa per crrore
legge mirando).
Poche linee appresso nclla medesima stampa Carrer
con tulte Ie altre alia stessa pagina 123 cosi si legge:
Vero e che quelli d' Italia non dicono leglie, anzi dicono mi-
glia di terra : per cio che in uno miglio di terra sono mille
passi, e ciascun passo contiene dodici ponse (sic) ovvero
dita.
Che vorrebbe essere questa voce ponse ? Ponce in fran-
cese val Pomice, vale anche lo spolverezzo dei disegnalori;
ma 1' una voce pomice e l'altra spolverezzo, come potreb-
be tare al caso nostro, c come puo corrispondervi il resto
testuale ovvero dita ? Certo chi ponea mente al passo dovea
sospettare che qua non si parla a quelli d' Italia ragionali
dall' autore in terza persona, dicendo: quelli d' Italia non
dicono lcll« mini coll' una lezionc.
o coll' altra in 305 aiorni ?
— 211 —
onde /' olio riusci diciotto, come 6 la scrittura presenle-
mente d( tutte le stampe.
Sia quesla una mia semplicc congctlura, ma cor to e la
verita die ncl testo astronomico allora in voga nolle scuole,
dico il trattato de Sphaera del Sacrobosco, loco citalo, si
recita questo corso della luna in tal forma : Luna vero (fa
suo corso) in 27 dicbus el 8 horis. Adunque non e presu-
mibile die il maestro Brunetto eommetlesse lo strafalcione
di fare 18 le sole olio ore del teslo astronomico allora in
voga. Bensi credo essere verisimile che le 8 ore notate per
nuniero tondo dal Sacrobosco, Ser Brunetto con maggiore
esattezza di calcolo le recasse alle olio ore colla frazione
che leggcsi nel suo testo, ma in mono, e col segno meno
convenzionale, e cosi recitasse nel suo Tesoro
La Luna che gli e di sotto va per gli dodici segni in venti-
sette di e otto ore — la terza parte di un'ora ( cioh 20
minuti ).
La qual frazione di 20 minuti levata dalle ore 8 fa re-
starnc 7 ore c 40 minuti, la qual frazione non \ aria che di
soli 5 minuti e 5 secondi dall' ultima cifra astronomica,
che si registra di questa rivoluzione luna re periodica, o
tropica nel Cagnoli, dove 6 di ventisette giorni, 7 ore, 45
minuti, 5 secondi. Cosi crcderei che fosse da notare la
emendazione del testo stampato in postilla flnche non se ne
trovi 1' appoggio autentico nei mss. o toscani o francesi.
Questo medesimo errore si ripete nel cap. xlvii di que-
sto libro ii a pag. 1 58, edizione Carrer, dove altresi crede-
rei da ripetere la emendazione proposta; cosi si legge ivi:
La Luna va per tutti li dodici segni, e fa il suo corso in tre-
cento sessanta gradi che sono in loro cerchio in ventisette
di e diciotto ore (sic) e terza parte d' un' ora.
Serie III. T. I. IS
— 212 —
Leggi anche qua : in ventisette di e otto ore — la ter-
za parte d' vn' ova.
Or seguitando il testo sopra notato cosi si Iegge
appresso :
Ma il suo yolare (sic) fa ella (la lima) tanto ch' ella appare in
ventotto di (sic) e sette ore (sic) e mezza, e quinta parte
d' nil' ora.
Tre altri solenni slrafalcioni son qua da notare, e da
potcrsi per buona ventura correggere nella ragione astro-
nomica coi mezzi dell' arte critica.
Che vorrebbe dire questo volar e che fa la I una, come
fosse u n pallone aereostatico ? Mano al testo francese ori-
ginale « Mais la revolucion fait ele etc. » A questa voce
originate revolucion la traduzione volare non corrisponde,
e credo essere falsa la nostra Iezione slampata, e creder
credo il vero se credo die nel testo toscano fosse voluto
scrivere non gia volare con una elle sola, ma vbllare con
doppia elle, e coll' accento sulla prima sillaba vol: la qual
voce vbllare nel dialetto sanese (come in qualche altro della
Toscana) valelostesso die VoUjerc. VcdiGigli Vocabolario
catariniano alia voce Invdllare. E cosi leggendo :
Ma il suo vdllare fa ella (la lima) ecc.
corrisponde perfettamente aH'originale francese:
Mais la revolucion fait ele etc.
Seguita il testo stampato :
Ma il suo vollare fa ella tanto ch' ella appare in ventotto di
(sic) e sette ore (sic) e mezza, e quinta parte d' un' ora.
Questa rivoluziane lunare e la Sinodica fatta dal Ca«
gnoli consistere in 29 di, 12 ore, 44 niin. e 5 secondi.
— 213 —
Lo sbaglio testnale dei giorni ventotto per 29 correg-
gesi in qucsto luogo col nostro medesimo tcsto stampato
die nel capit. 48 Indus libri, non legge e ventotto di, ma
ventinove. Cosi si leggc ivi allegandosi queslo passo consi-
mile, che noi qua siam per correggere, onde l'un passo che
allega col passo allegato dovrebbero concordare. Udite il
passo.
E voi avete bene udito dire (ecco la alkgagione del passo or
da noi ragionuto) che dull' una accessione (falsa lectio
leggi ascensione col T. francese) aU'altra ha ventinove di
( nota bene 29 e non soli 28 ) e sette ore e niezza, e la
quinta parte d' un' ora.
Qua Ieggesi ventinove di secondo ragione astronomica
rettamente, e perche con questo si autentico documenlo
del raedesiino tesio non sara da correggere recando alia
lezione di questo 1' allro passo, che e qua citato, e che qua
s' intende ripetere testualmente? Dalla cifra del Cagnoli alia
nostra testuale cosi corretta rlmane un altro divario nel
computare le ore.
II Cagnoli fa le ore 12, minuti 4 che ripugni al buon senso una si rapida rota-
zione del Sole tanto voluminoso ed accompagnato da tanti
pianeti : poiche il buon senso e un implicito giudizio fon-
dalo sulla conoscenza di falti analoghi, e siccome vi e un
solo sistema celeste, cosi 1' analogia ed il buon senso nulla
ci possono inscgnare sul medesimo ; ed e ridicola pretesa
1' immaginare che il mondo sia conforme a qualche nostra
prediletta idea di semplicita o di ragionevolezza. — Nulla-
dimeno non mancherebbero buone ragioni per mostrare
1' improbability di quel sistema che abbiamo trovato essere
un' ottima teoria. Tra le altre, quali forze (tolti ormai i
cieli solidi) potrebbero trattenere i pianeti nelle loro
orbite ?
— 229 —
75. E qui sorgerebbe forsc qualche lilosofo a condan-
nare quel sistema come chimerico e fondato sopra princi-
pii ne dimostrati ne possibili ; c direbbe che 1' astronomia
col seguirc un erroneo sistema cessa d' essere una scieuza
d' osservaziooe ; — che non possono sperarsi veri pro-
gressi, finche essa non si liberi da una falsa teoria ; — che
debbono stmliarsi i fenomeni, non vane ipotesi, frutto dclla
immaginazione. — Guai se fossero prevaluti tali consigli,
la seienza, di cui abbozziamo la storia, sarebbe tornata
neir infanzia ; ciascun fenomeno sarebbe un fatto isolato,
la osservazione non si sap'rebbe indirizzare ad un utile
scopo ; e quasi mancherebbe il linguaggio per esprimere le
leggi, e le eccezioni gia discoperte. - — ■ Ma i progressi sof-
frirebbero grave danno anebe dal eontrario errore di rite-
nere la pseudoipotesi come un fatto, di cui non fosse per-
messo dubilare ; e di ncgare o dissimulare tutti i fenomeni
che si oppongono all' adottato sistema.
7^. Chi sa tenersi nel giusto mezzo non si appaga di
una pseudoipotesi o di una ipotesi; bensi la pone in con-
linuo confronlo colle osservazioni, egli nota le piu piccole
differenze fra i movimenti degli astri e l'ammesso sistema;
e tiene un conto tutto speciale dell' aberrazione dellc stelle,
appunto perchc questo fenomeno non trova nella teoria
alcuna spiegazione. Tanti materiali bene raggruppati da
una teoria si generale, cui appena sfuggono pochi casi par-
ticolari, rendono facile 1' impresa di chi s' accinge a ricer-
care una piu plausibile ipotesi. Egli sa che essa dee sod-
disfare non ad una folia innumerevole di fenomeni, ma ad
una teoria abbastanza semplice ; cioe che i movimenti reali
dei corpi celesti debbono presentare la stessa apparenza
come se i piancti si aggirassero ellitticamente inlorno al
Sole, il quale si rivolgesse in modo simile intorno alia
Serie III, T. 1. 31
— 230 —
Terra, ed inoltre avesseil moto diurnocircolare comune a
tutti gli aslri. — Duo felicissirae idee conducono a pensare
clie la Terra ruoli intorno al proprio asse e si muova cllil-
ticamente intorno al Sole: le conseguenze del sistema sono
quelle slesse di prima, cd esso ha molto guadagnato dal
lato della semplicita; ma v'e di piii, l'aberrazione delle stelle
trova ncl moto della Terra una compiuta spiegazione :
quesli motivi sono piu che suflicienli per abbandonare la
vecchia ed attenersi alia nuova psoudoipotesi.
75. Noi la ehiamiamo aneora pseudoipotcsi, perehe
supponiamo ehc al buon senso comune ripugni rammcllci'o
come un fatlo il moto della Terra. Pero in progresso un
maggiorc csamc fara conoscere che questo buon senso non
c che una vana presunzione, la eaduta dei gravi diligenle-
mente osservata ci offrira una prova diretta del moto ro-
tatorio della Terra ; siccho i principii della teoria cssendo
parte certi parte probabili, cssa prendera il nome d'ipotesi.
70. Un' ipotesi tanto plausibile o che s' aecorda cosl
bene coi fenomeni sembra lasciar ben poco a desidcrare.
Nulladimeno il vero tilosofo non cessa di accrescere lo
osservazioni, e le trova alcun poco discrepanti dallipotcsi;
d' allronde egli pur bramerebbe di scoprire una legge da
cui scaturissero come corollarii e il moto ellittico dei pia-
neti c le mirabili relazioni cspresse dalle leggi del Keplero;
vorrebbc pur trovare qual causa impedisca che la Luna
cada sulla Terra, e qual forza disturbi continuamente il
moto uniforme e rcttilinco dei pianeti c dei salelliti. —
Queste due ultimo dimande offrono la risposta 1' una
alP altra : la forza di projoziono impedisce alia Luna di
cadoro, o la gravita che no sturba il movimenlo rcttilinco
e quella stessa che fa cadere i corpi tcrrcslri. II calcolo
jlimostra che, per conseguenza, Taltrazione della Terra
— 2;u —
segue la ragionc inversa del quadrato della distanza ; i mo-
vimenti dei piancti mostrano poi che la stessa Icggc vale
per l'attrazione solare ; anche Giove e Saturno attraggono
i loro satelliti ; cio e piu che sufliciente per far presumere
che 1' attrazione sia un' azione reciproca di tutti i corpi.
Ed ecco svelato uno dei secreti della natura ; tutte le piii
lievi e complicate eccezioni alia precedente ipotesi hanno
ormai intcra spiegazione. — Newton fu prescelto a porre
P ultima pietra del grande ediflcio, per cui tanti fllosofi
soffersero falichc, disinganni e persecuzioni ; f astronomia
e compiuta, e la lisica si e arricchita di una indubitata tesi.
77. Da questo abbozzo della strada, per la quale lo
spirito umano giunse o potea giungere alia scoperta delle
leggi, che reggoao gli astri, parmi emergere alcuni canoni
generali rclativi all'oggettodi questo discorso. — Un' ipo-
tesi, quantunque sembri scmplicissima e generale quanto
quella del moto diurno delle stelle, non dee ritcnersi come
un fatlo certissimo, bisogna anzi diligentemente cercare se
cssa per avventura ammetta qualche eccezione, e se sia
esattissiraa o soltanto approssimata. — Una ipotesi basata
su principii molto soddisfacenti, qual era il sistema di To-
lomeo nella sua prima semplicila, ma che male corrisponde
coi fenomeni, dee abbandonarsi in confronto di una pseu-
doipotesi improbabilissima nei principii e complicata, ma
che presenta con bastante approssimazione i fenomeni, qual
era per esempio il sistema di Tyco-Brahe. — Quesla pseu-
doipotesi per quanto fosse assurda sarebbe sempre un
prezioso acquislo, perche pu6 supplire ad una intermina-
bilc enumerazionc di fatti particolari. Il pensiero di credere
una tale pseudoipotesi lesalta espressione della natura, non
sarebbe nc meno dannoso ne meno strano di qucllo di
sconoscere i vantaggi della pseudoipotesi, e volerla pro-
— 232 —
scrivere senza saperne sostituire una di migliore. —
Quando si conosce una pseudoipotesi, prima cura dev'es-
sere di confrontarla accuratamenle coi falli, c non dissi-
mulare Ic differenze che si osservano, anzi notare accura-
tamenle tutti i fenomeni che sfuggono alia teoria ; cosi si
apparecchiano i mezzi per la scoperta di una migliore
pseudoipotesi od ipotesi, la quale dovra accordarsi nei ri-
sultamcnti generali colla vecchia pseudoipotesi e soddisfare
eziandio alle sue eccezioni.
78. So sono utili le ipotesi c le pseudoipotesi, che ser-
vono a coordinare i fenomeni, sono semprc dannosi quei
principii che si vogliono dare alle scienze : dannosi perche
forse falsi, e perche per la loro siessa origine .anteriore
alle sperienze si ritengono superior! ad essa ; tali, furono
l7 immobility della terra, la forma circolare defle orbite,
ed altre leggi di semplieita, che talvolta si ha la semplicita
di voler imporre alia naiura. — Per riconoscere quanta
fede sia da riporsi in qualche idea, bisogna accuratamenle
csaminare dondc ci sia venuta.
Del calorico e della costitnzione del corpi.
79. Dopo questa digressione torniamo ad csaminare
se veramente sia dannosa ed inopportuna 1' ipotesi dell'esi-
stenza del calorico. — Alcuni (isici credono che questa
ipotesi sia necessaria per esporre chiaramente i fenomeni
e per formarscne una giusta idea : il Comte lo nega asso-
lutamente ; ma perche adunque si serve egli delle frasi
quantite de chaleur, chaleur degagce, chaleur emise per-
pcndiculairemcnt a la surface ? 0 sono esse frasi senza
signiflcalo, od includono Tipotcsi dell'esistenza di un corpo
sui generis.
— 233 —
SO. Non so come il Comte possa stabilire olio f aso tQ per ogni tem-
peratura, non per questo si conoscerebbe 0 , giaccbe la
iutegrazione introduce una costante arbitraria.
99. Se vogliasi parlare della capacita speciGca relativa
ad un dato volume, anziche ad una data massa, L' unita
invece di [c : It] sari [1000 c : mH] ; e percio il
valore di DtQ accennato nel §. precedente si dovri mol-
tiplicare pel valore di [s : m3| , cioe per la densita del
corpo.
100. Pei gas la quantiti di calorico Q contcnuta in
un chilogramma dipende eziandio dalla pressionc p , cui
esso e soltoposto. (Sia p un numero indicante quante
atmosfere equivalgono a quella pressione). Secondo leggi,
die piu accurate sperienze mostrarono soltanto approssi-
mate, sarebbe
Q=., + „(|H_l)/-1 ;
essendo A una costante affatto ignota, cd a k due numeri
costanti per ciaschedun gas. Cosi per 1' aria e a = 0,207
fe'i= -± . Ne viene clic la capacita speciGca a pressione
i
costante & \) (J — npk In quauto alia capacita
242
di un chilogramma di gas rinserrato in un costante volu-
me cssa sara ]),(> -f- YirQ \)tp ; ora, quando il volume
riinane costante, la pressione od elasticity p varia insieme
colla temperatura, ed approssimatamente si mantiene pro-
porzionale a ( = -j- l\ , percid d/> ; /> == d£ : ( = -f- / ) .
Q iiindi la capacita di un chilogramma a volume costante si
Irova
D, Q -f- n„(J T),p — esso vo-
lersi l'crmare all' esposizione dei fatti e imped ire alia scienza
252
di fare nuove scopei'te, — Da parecehi anni era stato os-
servato die i raggi ealorifici altraversano il velro tanto
meglio quanto pin clevala e la temperalura della sorgenle,
da cui provengono ; e elie i raggi dopo avcro altraversala
una lastra di velro acquistano maggior facilita acl attraver-
same una seconda. Questa era la nuda esposizione dei
fatti e ad essa si fermarono tulli i fisici prima del Melloni.
Questi immagino che i raggi ealorifici sieno analoghi ai
juminosi, e tale ipolesi lo guido alio sue mirabili scoperte,
(conlinua).
LA BIBBIA
CONSIDIiRATA
QUAL MEZZO D' ISTRUZIQNE LETTERARIA
MEMORIA
DEL CO. GIOVANNI CITTADELLA
Lelta
all' i. r. Islituto il 22 gennajo 1854.
I
Ln mezzo alia generate sollccitudine con che all' eta
nostra e governanti e sapienti intendono a volgere in rae-
glio e ad accordare i nodi piu conducenti al perfeziona-
mento della pubblica istruzione, permettetemi o signori,
clie io rinserrandomi tra i conflni della letteraria, vi ponga
dinanzi agli occhi un bisogno cbe presso noi parvemi sem-
pre di scorgere, ed a cui, se non erro, non fu ancora cbi si
avvisasse di provvedere. Nelle scuole del bello scrivere an-
tica ed utile costumanza ella e di roborare i precetti cogli
esempj delle Ire sovrane letterature greca, latina, italiana ;
esempj cbe sempre valsero a fecondare le menti degli stu-
diosi, e cbe sempre varranno, quali che sieno per essere le
variazioni diverse ricbieste nelle lettere dalla mutevole ra-
gione dei tempi. Ma s' egli e fuori d' ogni dubbiezza, come
fu sempre e sempre sara, che il vero, il buono ed il bello
sia materia e scopo della lelteralura, io non veggo perche
insieme alle tre mentovate non abbiasi ad accompagnare
Serie 11 L T. 1. 31
— 254 —
altra talc, cbe quelle, senza forse, soverchia nella sublimits
de' suoi veri, nella eccellenza del buono, nella molteplice
leggiadria delle forme.
Quando e come l'italica letteratura abbia fatto suo pro'
della Bibbia non e fra voi cbi nol sappia. A tacere dell'Ali-
gbieri, del Tasso, del Manzoni e di altri, la poesia cavalle-
resca del medio cvo si valse certamente delle idee cristiane,
ma non venne mai condolta a perfetto termine, e le prove
dei nominati scrittori menlre altestano la eflicacia dei sa-
cri librij onorano bensi cbi seppe giovarsene, senza mo-
strare per altro cbe quella norma siasi allargata giammai
a beneiizio comuue delle lettere italiane, Ollracbe vuolsi
con previsione distinguere la imitazione delle sacre pagine
propriamente delta, in ordine cioe a componimenti di sub-
bietto religioso, da quello studio largo e generale, con cbe
avverlcndone i modi, il colorito, i Gontornij puossene senza
pecca di servilita arriccbire ed ornare un argomento di
qualsiasi ragione. Ed e appunto di questo studio, a quauto
io mi sappia non ancora abbastanza negli effetti suoi pon-
derato, cb' io tengo discorso ; e di questo ch' io vorrei ve-
dere diffuso 1' esercizio nelle giovanili palestre.
Non io pertanto farommi a notomizzare i pregi lette-
rarii della Bibbia, e percbe gia notati da scrutatori valenti,
e perche scopo di questa mia letlura sia solamente accen-
nare il come si possa, giusta 1' avviso mio, trar 1' oro da
quella ricca miniera nascosta ai piu, per batterne quindi
una moneta di facile e frultuoso commercio. Bensi poche
considerazioni basteranno qui sulle prime a cbiarire suc-
cintamente il vantaggio cbe da tale studio dcriverebbe, non
die a toglicre di mezzo quelle difticolta cbe si presentano
a prima fronle nelf adempimenlo della mia proposta.
In fatti, certo e il cristiauesimo avere dato al mondo
— 255 —
ineivilito romano ed alia moderna Eufopa con una rtuova
credenza, leggi ed usanze nuove, nuovo modo di vivere e
per cio stesso nuovo sistema d1 arli e di scienze, concios-
siache dal modo del pensare e del vivere delle nazioni
rampollino Y arti e le scienze, ed a quello si attaglino. Egli
e dunque da inferirsi per logica deduzione che quel libroj
il quale ordinato a preparare il cristianesimo siccome pro-
pria sua materia e suo scopo, ne racchiude la semente, ne'
accompagna i germogli, Io prenunzia, lo commenta, lo illu-
Strdj ne insegna i principj, ne rivela i sentimenti, secondo
cui la rinata umanita doveva modilicare se stessa, debba
questo libro conformarsi piu cbe altro qualunque alia si-
gnificazione di codeste modificazioni ed apprestare, diro
cosi, i lineamenti atti a ritrarre il rinovato uomo intellet-
tuale e morale. Dond' ecco la Bibbia non d' altro trattarc
se non dell' uomo e di Dio, del creato e della eternita, ma
della eternita non disgiunta dalla vita e dalle attinenze
temporali, come nella mozza lilosolia de' Greci; bensi im-
medesimata colla vita stessa del popolo. La Bibbia dunque
abbraccia i piu alti concepimenti della mente e le piu vive
emozioni del cuore, non mira ad accidenti mutevoli, sfi-
da tempo e spazio, pigliando per altro regola e forma
dalla natura.
Dalla natura, io diceva, perciocche sebbeue i libri sacri
appartengano all' ordine soprannaturale, rispetto alia supe-
riore inspirazione che li moveva, nondimeno nel modo
loro cosi fedelmente a quel semplice tipo si atlennero, che
fra i loro autori ne contiamo alcuni non aiutati da presi-
dio di arte anteriore, eppure non secondi a coloro cheave-
vano nutrimento di buoni studj.
E questa abilita, che porge la Bibbia di utile accomo-
damento all' arte del dire, si moltiplica svariatamente per
— 256 —
ogni maniera di stile a molivo delle diverse improntc offer-
te da quel sovrano volume. Nel vecchio testamento lianno
speciale divisa i libri della legge e speciale hannola que'del-
le storie:, ad una guisa si atteggiano i sapienziali, ad altra
i profetici : e cosi dicasi del nuovo patto, dove abbiamo la
medesima corrispondenza di varieta nei vangeli, negli atti
degli apostoli, nell' epistole loro, e nell1 apocalisse. La di-
versa materia necessariamente domandava diversila di
espressione:, espressione umana di fermo, ma consona per
altro alia grandezza delle proposte dottrine e delle rivelate
verita, quindi opportuna a farsi modello multiforme nelle
ragioni letterarie. Varieta maggiormente manifesta negli
scritti poelici, dove abbondano tulte maniere di stile. Per-
che la poesia degli Ebrei accoppiando il diletto alia utilita,
parlando il mobile linguaggio della fantasia e del sentimento,
con mirabile agilita s' innalza e si abbassa, e sa trovare
ogni via che mette al cuore senza sedurlo, alia imagina-
zione senza ingannarla, all' intelletto senza noiarlo.
Se non cbe discendendo alle difiicolta che mostrano
attraversarsi al lavoro da me indicato, la Bibbia e pelago
troppo vasto percbe i giovani possano tutto discorrerlo.
Addiviene in tal caso il medesimo cbe dei classici, i quali
per la soverchia mole delle opere loro, non e dato di porli
tutti e per inlero sotto agli occbi dei giovani; dond' ecco
il bisogno di fare ricorso alia scelta del meglio. Ancbe nello
studio delle carte inspirate giova battere la medesima stra-
da ; ma in modo diverso dall' usato generalmente fin qui
nelle profane collezioni, dove la negligenza della cerna, la
stranezza'dei riscontri, la confusione degli stili rimescolati
a catafascio inzeppano le giovani intelligenze di forme re-
pugnanti ed incompossibili con gravissimo danno del loro
buon gusto.
— 257 —
E qui, prima di accennarc ai particolari della maniera
con die per noi si vorrebbe raccolto il fiore letterario della
sacra Scrittura, premettiamo come necessario fondamento
T avvertenza di procedere sempre col dovulo e necessario
riserbo alia religiosity del subbietto cbe abbiamo fra mano,
accompagnando cioe il nostro scernimento di quelle inter-
pretazioni cbe sanci 1' autorita della Cbiesa. Al quale pro-
posito si ricordi cbe le divine scrilture danno simiglianza
di armonioso stromento, dove non ogni membro risponde
cgualmente sonoro^ma in cui lutto bensi collegasi a modo
che anclie i tralti mancbevoli dioscillazione conferiscono
all' armonia. Egli e dunque sovra i sonori che noi dobbia-
mo fermaro la nostra attenzione, sovra quelli cioe la cui
rispondenza alle forme lelterarie chiaramente si appalesa.
Sono in particolare le profezie che per la oscurita loro ri-
chieggono maggiore circospezione, sotto questo rispetto,
da chi si accigne alia scelta ch' io vo divisando; oscurita
procedenle da quelle tra le allusioni loro,, che riferisconsi
a fatti da compiersi o nella successione dei secoli, o alia
fine dei tempi e persino nella medesima eternita. Nel quale
sceveramento il mio spigolatore drizzera la mente cola
dove sprizza chiaro il pensiero, lasciando il merito delle
disputazioni e la delerminazione del significato allegorico
ai maestri in religione.
Ma non basta. I libri sacri sono f rut to di penne orien-
tali « in quella parte ove '1 mondo e piu vivo » secondo
che scriveva I' Alighieri. Quella sfolgorata lucentezza di
cielo, quell' eslivo raggio di un sole quasi non mai annu-
volalo, quella serena eloquenza di limpidissime notti, e la
vivilica alaerita di uq aere puro e sottile, ora la pompa
maravigliosa di una vegetazione gigante, ora la interminata
sterilita dei deserti, il caliginoso silenzio di misteriosi re-
— 258 —
eessi, la macsta revercnda di que' flumi rogali, ia lunghezza
delle arsure, il benefizio delle sospiratissime pioggie, 1' in-
vernale fragore di rovinosi torrenti, lo scomraovimento
dei facili terremoti, il succedentesi scoppio delle repentine
saette, il negro turbinio di grandinose procelle, ed un po-
poio di animanti di ogni generazione, agili, iramani, vario-
pinti, moltepliei, e verzura di paschi, e freschezza divalli,
e P alito di quclla natura tutta olezzi e fragranza, ecco il
campo, ecco I' arpa, la tavolozza da cui gl' inspirati di
Oriente trassero fiori, trassero Unto e armonie a inghirlan-
dare, a dipingere, a malt'mare la primogenita dell1 Eterno,
la Verita piii riposta. Di qua pertanto que' subiti e irape-
tuosi sbalzi della imaginazione, quclla vibralezza di locu-
zioni, quella ricorrenza di sentenze enigmaticbe, di figure,
le quali non sempre si affanno all' indole della piu pacata
e temperante nostra letteratura ; di qua dunque la neces-
sita di segnare ai giovani con precisione i confini, oltre i
quali non si pup metier piede senza falseggiare e svisare
la naturale sembianza delle lettere noslre.
Togliamo si dalla Bibbia le iiuagini, ma vestiamole cosi
che si adattino alle prcsenti forme e abitudini ; conciossia-
cbe sempre avvenga che la poesia si componga di due
parti diverse, cioe delle irnagini e delle loro manifestazioni.
Codesta scelta ancbe in tale rispetto risponde a quella da
noi usata coi classici, ove al bello si fraiimiiscbiano men-
de; mende che gl'islruttori uopo e manifestino agli alunni,
afflnche la troppo riverita autorita del modello non li tra-
scini a degenerazione di gusto. E codesta scelta dei modi
letterarii nella Bibbia verrebbe compensata da non minore
profitto che quello nei classici, perciocche la poesia della
Bibbia sdegna le trasposizioni, aborre dalla perifrasi, fugge
il ribocco di epiteli, si dilunga dagli artificiati asgiramenti.
— 259 —
offre grandezza, nobilta di pensiero c di stile, llessibilita
di maniere vive e patetiche, coiicisionc di dire, eleganza di
frase ; adescamenli tutti della pensata parola, che gustali
dai gi ovarii possono versar loro noil' animo il sentimento
del bello, ed ammaestrarli nel difficile magistero del per-
suadere le menti e del commuovere i cuori.
Accioeclie poi la mia proposizione non abbia faccia
di un desiderio posto innanzi avvenlatamente, senza dare
almanco la indicazione dei modi con die ridurlo ad effet-
to ; accioeclie la si tolga dalle indeterminate larghezze della
generality, vengbiamo ai piu rilevanti particolari die pos-
sono mutare la promessa del seme in malurazione di frut-
to. Traltasi, e vero, di campo assai vasto ove air altezza
della palma c del cedro si alterna la umilta dell' isopo, la
freschezza delle rose d'Engaddi, il rezzo dei platani, la rae-
lanconia degli ulivi, la fragranza del cinnamomo, la feracita
delle viti e mille altre vegetazioni d' uso, di forma e di
color differenti ; ma in mezzo a codesta vastita di spazio,
in mezzo a codesta dovizia di gcrminanti risovveniamoci
sempre che, dopo Dio, Tuomo e il tisso termine della Bib-
bia, il cui liuguaggio, come sopra avvertimmo, contempe-
randosi alia umana natura, se ne acconcia alle norme.
Nella Bibbia pertanto spiccano i Ire caralleri principali
dell' umano discorso , la mitezza cioe della- naturale
espressioue, la nobile manifestazione del medilato concet-
to, 1' aitezza delle concitate passioni ; i quali tutti e tre
agevolano sommamentc la scelta da noi proposla, additan-
do la partizione del sacro volume seconclo la rispoudenza
dei varii suoi libri a questo od a quello dei tre caralteri
ricordati.
A dir vero io mi accosto a quelli che guardano come
di convenzione, anziche di fatto, la distinzione dei Ire sliU
— 260 —
semplice, medio c sublime, potendosi non di rado aceop-
piare la piu facile semplicita alia sublimits piu robusta.
Pure mirando il mio divisamento al vantaggio dci giovani,
nelle cui scuole codesla dislinzione generalmente si osser-
va, e d'altra parte potendosi ad un libro qualunque dare il
battesimo del suo stile secondo la precipua ragion del sub-
bietto e della dizionc, dividerei in tre parti la biblica cre-
stomazia da porsi in mano agli studiosi delle lcttere. Vorrei
che nella prima si raccogliessero i tipi del semplice scrive-
re ; allogherei nella seconda gli esempj del dire composto,
per collocar nella terza le prove del sublime. Divisione
codesta di non difficile eseguimenlo, ove abbiasi sott' oc-
cbio la varia maniera e natura dei diversi libri che com-
pongono 1' inspirato volume.
L' amatore, a mo' d'esempio, della semplice narrazione
ne trova lo specchio Del Pentateuco, dove Mose, siccome
lucido faro sull' abisso dei tempi, manifestasi il biografo
dell' uomo, P annalista della natura, il cronista delle geste
di Dio, tenendosi lungi dalle fantasticbe ispirazioni di
Omero e di Esiodo, dagli oratorii artifizii di Erodoto e di
Tucidide,, dal fascino abbagliatore di preconcetto divisa-
mento. Pontefice e patriarca egli scrive sotto agli occhi
di un popolo quanto la comune tradizionc gli raffermava ;
lemperato nella espressione, signiiicanto idee, non imagini,
ordinato, perspicuo; stile senza modello, perche narralore
di argomento senza escmpio, perche traduzion, direi quasi,
della stessa materiale creaziono, dond'eccovi quella sintesi
dell' antico mondo, la Genesi, nettamente concisa, e ricco
di comparazioni il libro dei Numeri. Ammirabile e quel di
Tobia per ingenuita di racconto, per ispontaneita di dialo-
go, per pieghevole signiticazionc delle piu blande affezioni,
e come a dire, dei piu gentili artificii del cuore, per brevita
— 2(il —
striugata di moniti, per opportuna scella di aceidonti
drammatici. I legami di famiglia, le vicendevoli annegazioni
di ogni suo membro a conservarne la unione e la pace, la
necessity della misurata corrispondenza fra le obbedienze
e i camandi, il coraggib della umilla, le Industrie soltili
dclla ospitale benevolenza, la dilicatezza del guiderdone
non ostentato, la provvidenza dei consigli, il ricambio
della gratitudine, e cento altre casalinghe virtii spiccano
con dolcezza di affetto dalle pagine di Ruth. Le meglio
soavi, c, per cosi esprimermi, le pastorali imagini dell'amo-
rc, la morbidezza di cure affettuose, di teneri sentimenti,
la elctla dovizia delle piu mansuelc similitudini stanno nel
Cantico dei Cantiei. Mentreil Vangelo, questo maraviglioso
libro del popolo, questo prototipo di tutie le successive
leggende , anclie nella sua forma rappresenta I' inlima
diversity clie corre tra 1' antica alleanza fermata da Dio
col solo Israele sul Sinai, e 1' altra slrella da Lui stesso
sul Golgota con lutlo il genere umano. La dolcezza e
I' amore dovevano pcrcio governare lo stile di quei dettati,
ond' e che il Vangelo foggiandosi a quelle impronte offre
eserapii di figure e allusioni, secondo la costitmanza degli
Orientali : clie nei ragionamcnli loro solevano ritrarre le
cose e le dottrine stesse con siniboli e con enigmi. Sislema
conducente a perspicuita di discorso, alia rilevala manife-
stazione del vero, alia popolare sua dil'fusione, e tanto
maggiormente preferito dai banditori del Verbo, per con-
trapporlo siccome rimprovero e scuola di sillogistici con-
torcimenti dei filosofi contemporanei, alio studiate ricer-
calezze dei retori, ai nebulosi alTastellamenli de' Farisei .
sislema proficuo sempre, e Corse meglio a' di noslri, nei
quali lanla enra si pone alia istruzione del popolo, e se-
gnatamente del popolo giovane : sislema tli cui vi porge
Serie III. T. I. 55
— 262 —
rare ma commendevoli prove la stessa antiea Ictteralura
profana, come nolle parole cli Mennenio Agrippa alia plebe
romana e nei famosi racconti del favoleggiatore di Frigia.
Chi voglia norme del medio stile tolga a leggere I' Ee-
clesiasle, dove il Re sapientissimo contempla come dall alio
la caducita delle cose terrene, la liacchezza dell'uomo com-
battuto dagl' insaziabili suoi desiderii, scandaglia i pcnsieri
della umanila, secerne i pensieri della scienza e della sag-
gezza da quelli dell'crrore e della follia, seruta le passioni,
ne misura la vacuita, annoda insieme i necessarii avvicen-
damenti nella vita del saggio, si piace al fratellevole usare
dell' uinano consorzio, entra spettatore in quella vasta
arena chJ e il mondo, mira la lotta della prepotcnza colla
debolczza, delle nequizie colla rettitudine, levasi rincorato
ai futuri trionfi di questa, e quasi sospeso fra il cielo e la
terra, sembra volcrli insieme congiungere, contemperando
fra noi la giustizia delle opere, la verita dei pensieri, la
bellezza dei modi coll' archetipa idea che giustizia, verita-
de e bellezza in se stessa per eccellenza rauna.
II simiglianlepuoi dire deU'Ecclesiaslico, opera di Gesii
ligliuolo di Sirach, die I' uomo considera nelle sue depen-
denze coll' etica, colla civilta, colla politica ; die mostra le
condizioni diverse onde la umana famiglia si compone in
ordine ed unila; die alia concisione del precedente seritlo
sosliluisce piu regolare c suecessivo progredimento, piu
stretto nesso di principii e di subbietti, che s' intrometle
periino nelle abitudini [>iu secrete della vita domestica,
nelle piu esteriori del costumar conversevole, e sempre
con perspicuila di linguaggio, con vivezza d' iinagini, con
giusta proporzione d' incisi.
II libro dei Giudici in Debora ed in Jaele ti aramaestra
a rilevare la morale ed intellettuale suscettivita della don-
— 2(53 —
na ; la frode c il ricatto trovano parole e colori nei fatti
di Sansone.
Svolgete i duo primi libri dei Re, e la madre di Samuele
vi tocchera tasti che suonano pazienza, dolcezza, umilta,
materna sollecitudine; in Saule avrete i concetti della regia
possanza usata e abusata ; in Davidde quelli della fanciul-
lezza innocente, della coraggiosa adolescenza, della tolle-
ranza longanime, della umana fralezza e del pentimento
sincere.
A dettare le storie seguatamente morali, quelle cioe che
non tanlo riguardano i grandi avvenimenti politiei, quanto
la vila inlima e la civile condizione di un popolo, possono
tarsi guida il terzo ed il quarto libro dell'opera mentovata,
dei Re. Uguaglianza di slile, legame di narrazioni, spiega-
zione di usi, di cereinonie, di feste, di religione, dipintura
di principi, confronto di colpe e di virtu sono i pregi di
questo dellato ehe accoppia alia piu dilettevole varieta la
piii vantaggiosa islruzione.
Altrettanto vuol dirsi delle pagine de' Maccabei e di
Esther, ma piu larga scuola daranno i Proverbi di Salo-
mone ed il libro della Sapienza. In quelli troverete a gran
dovizia similitudini di eose naturali per cavarne signiflcan-
za morale: maniera d' insegnamento facile, breve, sicura,
acconcia ad ogni ordine di persone, ad ogni argomento di
fdosolia, di politica, di cconomia : vi troverete toccate le
corde dell' onore, dell' interesse, dell' amor , del timore,
della naturale tenerezza, e principe sovra tulto il senti-
mento di quella operosa dignita di se stessi,, che sferra
1' uomo dalle jtastoie della volultuosa pigrizia. E cosi pur
la Sapienza. Qui non vacuita di slerili speculazioni, non
frastagliate norme di morale chimerica, non Utopia di so-
iinati diritti, ma la giusta proporzione fra la creatura c il
— 204 —
Creature, ma il fedele ritratto dell'uomo intelletluale e mo-
rale, gli spiccati Iimiti della sua condizione, la dcnudala
ragione dei Re, dei grandi, dei giudici della terra, senza le-
sione della vera lor dignita : qui la sommessione e il potere,
qui I' equiiibrio del civile consorzio;c tutto questo ntani-
feslato con chiarezza e concisione frammischiata a quella
vivacila di Iraslali die accresce la evidenza e ribadisce
le idee.
Che se ti eoglie mestizia, se desideri affondarti in rae-
lanconiea tenerezza di afletti, volgiti al fisliuolo di Helcia,
allaiditto Geremia. Anche questi, al paro di Isaia, annunzia
sciagure, specialmente nei Treni, ma sostituiscc al grido
della collera la voce della commiserazione : le sue predi-
zioni meglio clie minaecia, sono lamenli, gli stessi rimpro-
veri, piu clie dalla bocca di giudice, sembrano useire dalle
labbra di genitore, e vedi miste ai rimproveri lesortazioni,
al rinverdimenlo della virtu; vedi I' idea del perdono disa-
cerbare \" affanno delle tribolazioni, e tanto ingentdire ed
annobilirsi questa idea geuerosa, da diventare sulle sue
labbra un bisogno, da vestir modo ed abito di pregbiera.
La i conforti delle speranze, il sorriso della promessa di
contro alia costernazione ed ai gemiti ; la spartita in mille
vene diverse un' abbondevole fonte di quel sentimento, che
apre e serra le porte della vita, e che certo con soverchia
nerezza di tinte uno scrittore non ha guari chiamava eter-
na unica mensa deli' noma, il dolor e.
Finalmente 1' oratore ed il lirico, che vogliono alto pog-
giare, si accostinoa Giuditta, nel cui libro echeggiano le ar-
nionie di che possono inspirarsi i cantici delle battaglie c
grinni della vittoria ; che intanto, d' a lira parte, le miserie
della umanila, le illusioni della ipocrisia, la insensalezza
della lirannide, le smanie del dolorc, le durezze e i disin-
— C2G5 —
gaoni dell' avarizia, i conforti del bcnclicio, 1' arcano della
vera sapienza, sono tutti pensieri, imagini, senlimenti si-
gnilicali con sublimita di concelto dalle calde parole dello
sventurato Idumeo.
Gompendio di lutla la Scrittura e il Salterio : qui le
prove pii'i luminose delle pagine sloriche, qui la pittura
delle meraviglic uscite dalla man dell' Eterno, qui la piu
alta sublimita dei canti profetici, i piu semplici ed i piu
succosi dettami della morale, e le dolcezze allora general-
mente ignote del culto interiore, anticipazione de' secoli.
Ed a siffatti principali argomenti vedi intrecciarsi, quasi
rimessitieei della gran pianta, que'sensi diversi ehe sorgono
dair anirao umano; la franca alterezza della virtu, I'umile
riserbo della poverla, il rimorso del delitto, la sospension
dello spirito, le agonic de'martori, i conforti della rasse-
gnazione, i rincoramenti della liducia, le dolcezze della pro-
sperity. Vi trova suo linguaggio il conquistatore, ve lo tro-
va il benefico, il solitario ed il supplice, il timido e il co-
raggioso: e questo linguaggio si variopinge, si tramuta, si
piega tra la dispostezza dell' ordine c V apparente divaga-
menlo delle digressioni, tra voli e riposi, tra passaggi e
ritorni, dove la sublimita^ non bisogncvole d' indulgenza a
venire compresa, mostra perdere il freno ma lo conserva,
dove si spaventa il pensiero ma non si accascia, dove l'ani-
mo trema ma non si atterra, dove I' uomo dai penctrali
intimi di se medesimo si allarga con affettuosa effusione al
fratcrno consorzio di lutta la umana famiglia.
Nulla dircmo dei dodici profeti che si addomandano
minor i, per la brevita degli scrilti loro, cbe possono farsi
scopo alio ricerche dello scritlorc per la varieta dello stile.
I profeti sedetlero fra i sapienli di Israello; filosofi erano le
piu volte, teoloiii, addottrinatori del popolo. Nessuno imita
— 266 —
gli altri con raonotona servilita; nessunn narra nlla distesa
e per intero il grande avveoimento dolla Redenzione, ma
tutti concorrono insieme a formare il quadro solcnne. I
piii antichi ne segnano le prime bozze, ed i succedenti per-
fezionano di mano in mano que' (ratti che gli anteeessori
avevano lasciati manchevoli, cd accalorano maggiormente
le tinte^ come piu si accostano all' accadimento sublime.
Percid, quale li prcsenta il fare tronco di Tacito, quale la
vivacita della lirica, tal allro la semplicila della georgica,
e cosi vie via a seconda della diversa loro indole e condi-
zione e del tempo in cui vissero. Abbandoneremo frattanto
queste stelle minori per goderne piu diffusa la luce nei
raggi loro riverbcrali dagli astri maggiori cui fanno corona.
L' eloquenlissimo dei profeti e Isaia dolto nelle scienze
naturali, nella morale e nella leologica, di pulltissima lin-
gua, magnilico nello slile, veemenle ne'suoi trasportamenti,
ricco di figure, ornato, fiorito, vario adegua sempre il suo
dire alia dignita del subbietto. I politici rivolgimenti di un
popolo, invasioni e sconlltle, le calamita di una intera na-
zione, il flagello del servaggio, i conforti della sua reden-
zione civile, rampogne e minaccie, raiserie e pompe, lutti
e bagordi, il creato e 1' eternita, ecco gli spazii pe' quali
splendidamenle grandeggia il principe dei profeti, lasciando
vasta orma di esempio alia parola dell' oratore, alia trom-
ba e alia lira dell' estasiato poeta.
Le profezie di Ezecliiele si aggirano sugli stessi argo-
menti trattati da Isaia e da Gcremia, con questa differenza
per allro die meglio vi si mostrano le idee della scienza
ed anche dell' arcbiletlura accompagnate da riccbezza di
traslati e suggellate dal marcbio della vigoria piu robusta.
Quando sulTale dei turbini, quando sul dorso dei cberubini
vola, tuona, spaventa, atterrisce.
e
_ 207 —
Nei rispetti letterarii, il vaogelo di s. Giovanni si spieca
dagli altri per I' altezza delle idee dirette a scoprire e con-
vincere gli errori degli stoici o dei platonici, per la subli-
me esposizione de' pia gravi e reconditi principii del eri-
stianesimo, per la maesta delle espressioni che tratto tratto
si appaiano alia eeeellenza dei concelti. La sua parola e
luce dell' intelletto, e Gamma del cuore ; il suo pensiero non
ha confronto che nel volo dell' aquila ; il suo vaogelo e co-
me la primizia di quanlo accolgouo i libri del nuovo Pa Ho.
Alio stile di lui possooo bellamente adattarsi le caldo tinte
con che s. Girolamo voile rappresentarci I' intimo spirito
di lulli qualtro gJ-i storici della Redenzione; la dove ehia-
mandoli quadriga di Dio, soggiugne poscia: per totum cor-
pus oculati sunt, scintillae emicant, discurrunt fulgura, pe-
des habcnl, rectos et in sublime tendentes, terga pcnnala
et uliquc volilantia, tencnt se mutuo , sibique perplcxi sunt
el quasi rola in rota volvuntur et percjunt quocumque eos
flatus Spiritus Sancli perduxerit etc. (Ad Paul.).
Ora volgendo rapidamente lo sguardo all' epistole di
s. Paolo, possono molto giovare alio studioso della elo-
quenza, tanto vi prevale la profondita delle idee, la forza
del ragionamenlo, il fervore dei sentimenti, la eopia dei
pensieri, la rapidita del discorso. No credasi alio scrittore
profano venirne stremato il vantaggio dell' esempio dalla
qualita dei subbietti clie predilesse 1' Apostolo di Tarso.
Peroccbe menlr' egli da un canto o roborava i dogmi della
fede, o combatteva sinerone e future eresie, dalf altro in-
dirizzava la meditata ed accesa favella all' uomo conside-
rato nolle correlazioni del civile consorzio, in ogni condi-
zione s' infra mmetteva, lumeggiava le piii forti e le pid
gentili virtu, od ora parlava a pastori ed a popoli, ora a
principi cd a soguetli, qua scuoleva i ricchi e i poveri ad-
— 268 —
dirizzava, la temperava i padroni, e correggeva i domestic! ;
e padri, c figliuoli, e eelibi e conjugati, e vergini o vedove,
c lilosoli c grossolani, tutti avevano dal suo labbro consigli
o rimproveri, esortazioni e conforti: che fu egli veramente
tromba del Vangelo, ruggito del Leone di Giuda, fragore
di tuono, flume di eloquio, anzi mare immenso e profondo
che, a detta del Grisostomo., copre gli abissi della inlinila
Sapienza.
Cio die trovasi di piu lenero, di piu vivo c di piu mae-
stoso, dice Calmet, nella legge e nei profeti, riceve lustro
novello nell' Apocalisse. Questo enigma stupendo che rac-
chiude quanto deve succedere alia Chiesa sino alia seeonda
venula del Verbo, divenne sloria, in gran parte. Spogliane le
ligure del velo che lo ravvolve, c vi scorgerai da un canto
la Divinita redentrice, dall' altra la Chiesa perseguitala,
dove la merelricia impudenza di Romapagana, dove il ri-
boceo delle sciagure che la Iravagliano ; qua il linimondo,
allusioni cola della vita avvenire. E tutti codesti argomenti
espressi dall' inspirato cantore con sublime naturalezza,
con magnificenza cospicua. Oielo e terra si faimo teatro a
quelle visioni, il Re dei regnanli e i principi delle nazioni
vi primeggiano attori: ivi ordine e scelta di falti, rispon-
denza di caralleri, brio di racconti, elevatezza di vaticinii,
verita religiose ed ornamenli poetici, e quanto in somma
fa di meslieri ad erigere 1' anima, a volgere il sentimcnto.
E qui, se non temessi abusare la vostra indulgenza, po-
trei dei nominali tre stili semplicc, temperato e sublime
recarvi in mano gli esempj trascegliendone cadaimo da
questo o da quello dei sacri libri che vi ho toccato iinora,
e voltandoli nel nostro linguaggio, secondoche per me in-
tenderebbesi fosse da compilarsi la proposta crestomazia.
Ma nol concedono i termini di questa auehe troppo pro-
— 269 —
Iralta lettura, alia quale se voi, collegia chiarissimi, farete
biion viso, mi si ringagliardira il desiderio die altri piii
versato di me nelle sacre pagine e meglio valente a render-
ne gli alti sensi nella patria favella, tramuti questo mio di-
visamenlo in un fatto. Fatto lanto maggiormente giovevole
alia gioventu, che sotto il velame delle differenti forme
letterarie da me registrate germogliano, crescono e vigori-
scono pensieri della piu robusta sapienza, senlimenti della
piu eletta virtii, cibo necessario alia crescente nostra ge-
nerazione; perelit! in nobile gara contendano alacremente
il nerbo dell' intellctto e le fibre del cuore.
Serie 111. T I. 36
ADIUflNZA Mli GlOIliO 27 GlilHUO i85G
II m. e. prof. Roberto He Visiani legge le se-
gucnti notizie Delia vita e degli studii del dottore
Domenico Martinati.
Che uomini di qualche ingegno, forniti delle attiludini
necessarie ad attendere con successo alio scienze o alle
arti e posti in condizioni favorevoli di fortuna, di tempi e
di luoghi, aggiungano a grado notevole d'istruzione, sicche
dell' una o dell' altra di esse riescano cultori e conoscitori
solenni, od anche del Ioro incremenlo promovitori utili e
rinomati, non puo essere meraviglia, e lastoria dell'umano
sapere ce n' offre esempii numerosi e continui. Ne minor
copia ne presenla essa di quelli, che alle scienze o alle arti
si dedicano o pel nobile intendimento di segnalarsi dalla
comune degli uomini e levar bella fama, o pel men nobile,
ma spesso piu necessario fine di procacciarsi coll'esercizio
delle medesime onorevole mezzo di sopperire ai bisogni
molteplici della vita. >Ia rarissimi e siogolari sono in quella
vece gli esempii di coloro, che le scienze amano e studiano
per se medesime, e cio vuol dire pel solo affetto purissimo
di tutto cio che e vero e buono e bello nella natura o nel-
1' arte, pel solo desiderio di approfondarne e conoscerne o
le leggi o le applicazioni^ pel solo amore della intera uma-
— 272 —
nitd, clie li sospinge ad occuparsi con ardore di tutto che
pu6 crescerle vantaggio, coraodo o perfezione.
Ora di uno di cotesti eletti spiriti, che non isconfortato
al difetto di que'soccorsi e quegli agi, che solo abbondano
alio condizioni privilegiate, siasi posto a studiar con ardore
e per tutta la vita sua le parti piu praticamente utili del
sapere, e non per braraa di gloria ne per sete di lucro, si
puramente ed unicamente per V araore delta dottrina e per
quello ancor piu sanlo degli uomini, di uno di cotesti mi
sembra utile e giusto di narrar brevemente la modesta vita
e i [laciiici studii. Ne in quello che io ne diro avra parte
alcuna 1' affetto e lu lunga consuetudine che mi stringeva
all' egregio naluralista e medico il dottore Domenico Mar-
linati, di cui favello, che 1' affetto ispirato dalla riverenza
all' ingegno ed al cuore, al sapere ed alia virtu non pu6
cundurre ad inorpellare la verita o a falsa re i giudizii del-
F intelletlo.
Domenico Martinati nacque in Pontecasale della pro-
vincia di Padova a'di 2 giugno nel 1774, di Pietro Marti-
nati edi Cristina Belloni. Educato, secondo I'umile fortuna
della famiglia, nei rudimenti delle lettere in patria, seguito
suoi studii nel collegio del sacerdote Brontura in Padova,
ove sorti meno a condiseepoli che ad amici 1' illustre geo-
logo Vicenlino Giuseppe Marzari-Pencati, Domenico Ce-
roni di Verona, ed altri ancora che onorarono poscia, co-
meche in grado diverso, e l'istitutore egregio e se stessi;
e di la passo piu tardi nel collegio Graziani della stessa
citta. Inclinato lino d' allora agli studii di osservazione,
prefer! fra questi la medicina e fu ascritto alia Universita
degli artisti. — Ebbe il destro di farsi ospite delle sorelle
Medici, nella cui casa la colta e gentile Maria, detta fra gli
Arcadi, secondo le vaghezze del tempo, Egle Euganea, rac-
— 273 —
coglieva presso di se nellc serali conversazioni il fiore elctto
dei dotti di Padova. Laureate, colle forme le piu onorifiche
die allora si costumassero, in filosofia e medieina nel 1797,
pratico per tre anni quest' ultima in Vicenza presso quel
protomedico Giuseppe Maria Lupieri, ed in quella citta si
lego d' amicizia con Gio. Baltista Quadri, che fu poi chia-
ro professore a Napoli di oculistica ed oculista del Re. Si
fu con esso, che imprese il Martinati la sua prima corsa
od esplorazione scientifica ne' monti vicentini e veronesi,
onde iniziarsi nella conoscenza dei prodotti delta natura,
alia quale il chiamavano gia le sue inclinazioni ed il ta-
lento dell'osservare che in Iui prendeva a manifestarsi. Da
questo viaggio, che duro alcuni mesi, data il principio de'
suoi studii natural! e delle raccolte che ne provennero,
studii e raccolte che poi formarono la prediletta occupa-
zione e le piu pure gioje della intera sua vita. Ma a render
questa piu lieta ahhisognavano al cuore affettuoso ed all'in-
dole medilahonda e casalinga del Martinati altre gioje piu
tranquille e piu sante, quelle della famiglia ; periodic scon-
tratosi in donna degna di accompagnarglisi, nel 1804 diede
fede e niano di sposo a Catterina Piazza, nata in Venezia,
ma dalla prima eta tramutatasi a Pontecasale col padre;
la quale alle grazie della persona, all' amabilita dignitosa
dei modi ed al sentire piu dilicato, accoppiava sodezza e
penelrazione d' ingegno, virile senno, coltura letteraria
molleplice., rara facilita di stile,, esimia perizia nel disegna-
re e colorire piante ed insetti, die meritarono gli elogii e
I' ammirazione di quelP ah. Chiereghin die pur n'era si so-
lenne maestro; e queste si helle doti velava con si ingenua
modeslia da crescerne in mille doppii 1' eccellenza ed il
fregio. Parti con essa i piaceri e i pochi affanni di un lun-
go e ognor sereno consorzio e n" ehbe Ire figlie, a due delle
- 274 —
quali dolsogli di sopravviverc, ed un solo figlio che, credo
delle virtu e dell' ingegno suo, tutte ne avvero le speranze.
Stette colla famiglia in Pontecasale lino alia nicla del 1850,
al qual tempo si trasferiva in Gorgo, povero e spicciolato
paesello posto lungo il canale di Bovolenta. Ivi perdette
nel 1851 la egregia donna, ehc pel lungo spazio di quaran-
tasetle anni aveagli fatta dolce c consolata la vita, c que-
sla perdita da lui sentita profondamente, turbo per sempre
i giorni che gli avanzarono, lo rese piu schivo delle ami-
chevoli consuetudini, piu tardo alio hellezze della nalura,
men curantc di lullo quello che il dilcttava da prima, onde
ehe quatlro anni appresso, e gia piu che ottantenne scio-
gliendo il benedetto spirito nel di 10 aprile del 1855, vo-
lava a raggiungere V arnica sua, ed a rislringere per sem-
pre in cielo quel nodo, che non erasi che allentato mo-
menlaneamente quaggiu.
Religioso senza ostentazione, la fermezza della creden-
za vigoreggio in esso colla maturita del senno e degli anni.
Benetico e liberate quanto gliel consentivano le limitate for-
tune, fu pronto al commiserare, piu pronto al soccorrere,
o no 'I potendo, a consolar 1' infortunio. Nella trattazione
degli alTari merito ed ebbe fama d' illibata onesta, di scru-
polosa delicatezza, anteponendo sempre nei casi dubbii il
proprio danno alia sola possibility dell'altrui. Amo d'amor
unico e intemerato, ne meno altamentc stimo, la moglie,
che ricambiavalo in eguale misura. Fu figlio csemplarmente
amorevole, rispettoso e sommesso anche quando era piu
che sessagcnario ; padre e congiunto sollecito cd amoroso,
amico fermo e Ieale, cittadino volonteroso e nelle pubbli-
che cose, ogni volta che il richiedessero, largo d' opera e
di consiglio. Nelle gioje modesto, nelle sventure sereno, ri-
servato coi conoscenti, cordialc coi pochi amici, era
— 275 —
no' modi semplice, parco e lento nel favellare, noil' aspetlo
tra il freddo e il severo, talche in sulle prime niuno die nol
conoscesse piu addentro avrebbe potato apporsi qual cuor
nobile c facile ad agitarsi palpitasse sotto quella brulla cor-
teccia ; uomo infine cbe ritraendo piu della ruvida e sehiet-
ta natura degli avi nostri, che delle artiiiziate e leziose co-
stumanze piovuteci d' oltre monte, pareva appartener piu
che a questo ad altro tempo e ad allra generazione.
Ci6 delle qualita morali e delle virtu domestiche del
Martinati : ora delle intelleltuali e di ci6 che operatosi da
lui per la scienza nel suo romito ritiro, era giusto che tollo
a un obblio immeritato, fosse tratto qui nella pubhlica luce.
Pratico conoscitorc dei classici di quella lingua, che sola
un di affratcllava in facile corrispondenza i dotti di tutto il
mondo, versato nelle scienze filosofiehe, mediche ed agro-
nomiche, della geometria conoscente, della musica appas-
sionato coltivatore, a questi studii diede le prime cure
come ornamenti e cari conforti dell' uman vivere, o come
necessarie guide ed ajuli a quelli che predilesse dappoi, i
quali dei prodotti varii della natura si fanno ad indagare e
scoprire 1' origine, la struttura, la distribuzione, le rela-
zioni, i fenomeni e le utili proprieta. Ora di questi ultimi
non e parte ch' egli avidamente non ricercasse, di tutte oc-
cupandosi e raccogliendo di tutte con istancabile diligenza
quanto offrivasi al cupido c intelligent suo sguardo. Il che,
considerata la sterminala vastita presente di tali scienze^
potrebbe far cadeie nel Martinati il sospetto, non forse
avesse egli potuto sliorarne appena la superlicie, come
suole avvenire a que' tanti, che con fuggitivo labbro di
lamhir tutto sollcciti, del sapor vcro e della virtu intima
delle cose non possono far giudizio o concetto che lor si
avvenga. A francarlo di cotal taccia basti por mente alia
— 27(i —
strettezza di tali studii a' suoi lempi, per cui nelle opere
linnoane, cbe a que'di riempievano il mondo della lor fama,
stimavasi accolta, ordinata e descritta pressoche tutta la
creazione terrestre: ne piu la di quelle miravaao gli studio-
si d' allora, come gia quelli de' tempi auteriori al risorgi-
mento delle lettere nelle opere di Aristolele, di Dioscoride
e di Plinio. Quale stupore pertanto, cheil Marlinati ammi-
ratore venerabondo dell' ingegno osservatore e metodico
dell' immoi'tale Svedese, studiasse i naturali prodotti, al
pari d' ogni alLro, in quel libro ch' era allora il codice uui-
eo della scienza, il sistema della natura, cbe dei medesimi
agevolava la conoscenza,, limilandone grandemente il nu-
mero, ed oltraccio compendiandone in pocbe parole i ca-
ratteri. Cbe se a cio aggiungasi cb' egli ristringeva le sue
ricerche ai soli esseri proprii del suo paese, e cio vuol dire
del regno venelo, non sara meraviglia com' ei potesse di
questi colla necessaria esattezza e profondita, compiere e
perl'ezionare lo studio. Ne di tutte le parti che la storia
naturale compongono ei si occupava colla medesima in-
tensita, per cui quantunque nelle sue corse ai monti delle
vicine provincie non rifmisse di fare incetta di tutto che a
quella scienza rapportasi, e n'esplorasse la struttura geo-
logica, e i minerali ne raccogliesse, e facesse conserva dei
resti organici fossili ivi deposti dagli anticbi sconvolgimenti,
e di tutto il veduto prendesse nota e compilasse catalogo,
pure pose sempre speciale amore alia zoologia ed alia bo-
lanica. Delia prima coItiv6 la erpetologia, e ne fanno prova
le accurate e nuove sue indagini su quel serpente velenoso
indigeno, cbe cbiamano volgarmente Marasso ed e il Pelias
Herns del Bonaparte, notandone le differenze specifiche
dall' altro cbe e fra noi nolo solto il nome di Marassetto,
come apparisce da leltera scrittagli li 15 aprile 1821 dal-
— 277 —
I amico suo il chiaro naturalista dott. Vincenzo Sette, che
pubblicando una sua Notizia sopra una specie di vipera
creduta nuova, encomio i merit! del Martinati sullo stesso
argomento. Attese pure con diligenza alio studio ed alia
raccolta degl'insetti, e scrisse una memoria Sulla struttura
dell' occhio delle farfalle, di eui la soverchia diffidenza di
se medesimo non gli permise di lasciare che poche traecie
ne' manoscritti superstili. Comunied ancora nel marzo del
4 815, col mezzo dell' altro amico suo il dott. Enr. Fr.
Trois all' Ateneo veneto, di cui fu socio, alcune osserva-
zioni sulla Pavonia major, e mise insieme e preparo accon-
ciamente una collezione d' inselti nostrani. Itauno inoltre
una mediocre serie di conchiglie dell' Adriatico, e di te-
stacei terrestri e fluviatili del veneto, applicandovi con ri-
gorosa esaltezza la linneana nomenclatura. E forse non an~
drehbe errato chi si avvisasse che da questa raccolta, ciie
dall' infanzia era sempre esposta a' giovinetti suoi sguardi,
ricevesse il tiglio suo senz1 addarsene 1' inclinazione e l'ec-
citamento a quello studio di tali esseri, a cui deggiamo il
ricco e diligente Catalogo del mollusclii delle provincie ve-
nete, ch' egli mandava in luce insieme coll' egregio cav. de
Belta poco prima di perdere il suo buon padre ( Verona,
tip. Antonelli, fcbbrajo 1855, 8.° con lav.).
Ne trascuro pure i crostacei, gli echinodermi, i polipi,
le spugne e gli altri prodotti animali del nostro mare, i
quali insieme coi precedenti si serbano nel suo museo ad
atlestarne il vario sapere e la molta sua diligenza.
Ma gli animali a lui piu diletti si furono quelli, che di-
sparendosi da tull' altri de' vertebrati per originalita di
struttura come per 1' aerea lor vita, sembrano nulla aver
di lerrestre, e la predilezione del naturalista si attraggono,
quali colla leggiadria delle forme o I' altezza maestosa del
Serie I/I. 7 /. 37
— 278 —
portamento, quali colla soffice morbidezza e il colorilo va-
rio del vel clie gl'impiuma: e quesli colla forza o la dol-
cezza del canto, che rompe volubile in gruppi, in gorge, in
trilli, in gorgheggi dall'esile, ma infatieato lor petto, e quelli
colle amorevoli e aceoslereecie abitndini con che all'uom si
accompagnano, e tutti colla mondezza e lindura dell'attillato
lor vcstimento, colla vivacila e snellezza de' movimenti ra-
pidi ed aggraziati, con quella mirabil possa per cui scat-
tando a cosi dire dal suolo, s' avventano e libransi e cor-
rono a lor lalento nell' aria, quasi sdegnosi di abitar quella
terra, clie appena improntano co' gracili e in un robusti
lor piedi. Agli augelli pertanto pose studio purlicolare il
Martinati, ma in questi nonche cercarne i caratteri esterni
che li distinguono e notare la difl'erenza sistematica delle
specie, euro lo studio de' lor costumi, studio e piu impor-
lante e piii dilettevole, del quale erano in que' giorni mol-
to rari i cultori. Ed avvisando a ragione come di tal parte
della zoologia si vendichino il primo luogo gli avvedimenli
molti e soltili, con cui questi animali intendono alia gene-
razione, a questi egli volse 1' occhio di preferenza, e con
atlento ed aculo sguardo diedesi a spiare e cogliere quesli
esseri irrequieti, ne' mobili loro amori, nelle canore lor
nozze, nelle pazienli c vigili covature, nellosgusciar de'pul-
cini, nella scella dell' imbeccala, nel mutar delle penue, e
piii che tutto nella ingegnosa e provvida fabbricazione dei
nidi. Si fu allora che balenatogli al pensiero il i'eliee divi-
samento di far raccolta di tali nidi che le ova accolgono
degli uccelli nostrani, lo mise in atlo tin dal 180 5, conti-
nuandolo poscia con assidua ed indefessa perseveranza.
Ora, una cosi falta raccolta, illuslrata dal catalogo de'nomi
volgari e scientifici degli uccelli medesimi, ed arricchita di
ulili annotazioni sulla strutlura del nido, sulle materie che
— 279 —
lo compongono, sul numero e eolorito delle ova nolle di-
verse specie, e sopra varie particolarita dell' animate die
lo architetta, serbasi tuttora nel museo Martinati, ed e cer-
tamente la prima che sia slata da noi tentata, e porse il pri-
me esempio ad altre di simil genere, che poscia furono
falte altrove. Ne, eonsiderando all'epoca in cui fu impresa,
sarebbe forse vano il sospetto, ch' essa possa aver dato al-
I'illustre naturalista pisano il prof. Paolo Savi, che corri-
sptvndeva per ragioni di ornitologia col Martinati, un pri-
mo impulse ad una collezione analoga, ma ben piu vasta c
porl'etta, che per di lui merito fregia ora di un cospicuo
ornamento la Pisana Universita. Gomprende questa cento
e quattro nidi diversi, pocbi tie' quali appartengono ad uc-
eelli stranicri al Veneto, ma pert) naturali ad altre parti
—
do spandeasi furtiva dall' oscura e volontaria sua solitu-
dine, gli valsc la corrispondenza e la stima di mcdici o
naturalisti egregii, quali si furono il Chiereghin, il Bonato,il
Marzari-Pencati, il prof. Renier, il prof. Gio. Batt. QuadnV,
il Trois, lo Zecchinelli, 1' ab. Romano, il conte da-Rio, il
Meneghini, il Parolioi, il Vcnturi, il dott. Sette, il prof.
Paolo Savi, il prof. Massalongo, clic conosciutolo appena
negli ultimi anni e anunirato di quanlo avea fatto c rac-
colto il beneinerito vecchio, glintitolava un nuovo lichenc
euganeo, chiamandolo Lecidea Marlinatiana. (he sc a que-
sto si bcl novero d' eletti nomi io non mi pcrito dal sog-
giungerne un altro ben disugualo, gli e solo perehe,, se da
queili trae pure alcun luslro la memoria del Marlinati, il
mio invece onorasi e si fa ehiaro di un' amicizia che in
quell' anima Candida non ebbe termine che colla vita. No
posso, ne potro mai ricordare senza fremilo d' affetto e
di gratitudine le parole amorevoli e generose, con che fuo-
rao egregio blandiva i miei poveri progredimenti, e severo
con se medesimo fin quasi alia ingiustizia, spianava le ru-
ghe del volto grave e 1' ispido sopracciglio componeva a
serenita allorche gli accadessc di udir motto di lode pel
suo Visiani.
Frutto pregevole, sebbene sproporzionato, della sua
molta dotlrina, sono gli scritti da lui lasciati sopra argo-
menti di erpetologia, di ornitologia, di mineralogia, di
micologia e di botanica generale; annotazioni pratiche di
agricoltura ; storie mediche parecchie, ed una disserta-
zione sul sangue.
Pure^da quantoio son ito finor divisando, sara agevole
il riconoscere qual varieta di cognizioni e quanta versati-
lita d' ingegno accogliesse la mente di un uomo, che, posto
in condizioni opportune, e francatosi almeno in parte da
— 287 —
quel I a insupembile timidita die il cosli'insc ad acecnlrarsi
tutto in sc stesso per soverchio diffidar di sue furze, avrebbe
potuto levar fama pari ai pid illustri naturalist! del Veneto.
Fra' quali s'cgli voile rcslar poco notoese, malgrado I'oscu-
ritft in cui visse, l'u pure utile alio scienze die coltivo, e
singblarmente beneraerito della illustrazione del sup paese,
volea giustiziq chc alcuno ne rivelasse i Iunghi e pazienti
sludii bra chc la modes tia per sempre inula del trapassato
nun puo far tacere la voce imparziale della vindicc poste-
rita. Duolrai perb davvero die a me riserbandosi I' inter-
pretarla, per cib solo che mcglio d' allri ebbi 1' agio di co-
nuscerhe la vita solinga, io non la possa far risuonare
come vorrebbesi ncll' animo di tutti quell i che si sentono
presi all' amore di quelle nubili discipline, in cui tutto visse
il Inion Martinati. Clio se cib fosse, avrebhero eglino in
quest1 uomo d' antica tempra, e chc tutto devo a se slesso,
un raro e solcnnc c consolante esempio, come anche in
non ricca forluna, nel difelto di lontane corrispondenze,
nella inopia di nuovi libri, nclla oseurita d' un villaggio,
senz' alcuno di quegli stinioli o di quei succursi che altro-
ve inutilmente profondonsi, possa alcuno cbltivar con suc-
cesso la seienza aincnissima della natura, quando all' ala-
crila della mente s' accompagni una pronta e infaticabile
volonla.
II m. e. dolt. G. Donicnico Nardo da qualche
schiarimeulo intorno alia Memoria da lui lctta ncllc
adunanze del naese untcccdentc sopra alcuni fenomeni
otlici.
I fattij ch'egtt destinava a comporro una seconda
jiarlc del suo lavoro, espono qui anticipatamentc per
— 288 —
dure appoggio all'analogia che gli i'u contrastata Ira il
raddoppiamento d1 una linea guardata atlraverso due
forcllini, c quello che si osserva nello spalo d' Islanda,
e vuole anzi ora estenderc la sua tesi, c dice il feno-
meno essere identico c diretto dalle medesime leggi,
benche prodotto da un mezzo tanto differentc. Ag-
giunge, per incidenza, che potrehhe muover dubhio
se sia veramentc esatto chiamare doppia rcfrazione
il raddoppiamento prodotto dallo spalo d' Islanda.
Ouanto poi all'immagine rovesciata che osservasi
guardando una testa dago fra l'occhio ed un forellino
praticato in un pezzo di carta, non decide per ora se
sia da rigettarsi la spiegazione, ch' egli dice esser di
Prevost, che il fenomeno derivi dall' ombra dell' ago
projettata sulla retina, come sostenne il Bellavilis. II
quale aggiunse inoltre contro il Nardo, alia rotondita
del disco solare esser dovuto il noto fenomeno, che la
luce entrando per un foro angolare forma sempre ad
una data distanza un disco rotondo od ovale, e cio
diventare manifesto c ben provato in caso d' ecclisse.
i\el prcsente suo scritto faceva riflettere il dott. INar-
doch' egli non impugnava questa dottrina dei fisici,
ma che avea voluto indicare altra causa producente
un identico eftetlo, capace di agire anche indipen-
dentemente dalla prima. In fatti, egli conchiudeva, il
disco rotondo viene formalo a date distanze, non sol-
lanto da fonti luminose rotonde, ma anche da altre di
forma diflercnte.
Risponde il m. e. Bellavitis, riguardo al I.u pun-
to: che se pure vi sia identita tra'lenomeni osservali
— 289 —
diil dolt. Nardo, c quelli conosciuti solto il nome di
doppia refrazione, cgli ritiene chc siavi assolula difie-
renza nelle cause; e che so il dott. Nardo trova inc-
satta la denominazione di doppia refrazione;, potra
adoperanie un' altra pci fenomeni da lui osservati c
creduti identici a quelli presentati dallo spato d'lslan-
da, lasciando ai fisici quella gia da lungo tempo e ge-
ncralmente adottata.
Pegli ultimi due punti opina il Bellavitis essere
vano ricercare altre cause, quando se ne conoscono
di sicure che danno evidente ragione dei fenomeni
osservati.
Soggiunge il m. e. dott. Nardo dell' identita dei
fenomeni aver finora parlato non delle cagioni, le
quali esser deggiono subbietto di ulleriori suoi sludj.
II in. e. prof. Turazza chiede al dott. Nardo se la
leggc dei seni si vcrifichi nei fenomeni da lui osser-
vati; al che il dott. Nardo rispondc afTermativamcntc.
Chiusa cosi questa discussione finisce 1' adunanza
privata.
Nella riunionc segreta dello stesso giorno si fajmo
le proposizioni per sostiluire 1' attuale vicesegretario
dott. -Bianchetti, nominato bibliotecario a Treviso,. indi
si leggc uno scritto del s. c. prof. A. Massalongo^ che
prescnla all' Istilulo 285 specie di licheni delle pro-
vineie vcnete c promette le rimanenti che mancano
a rendere completa la scrie di quest e critlogame,
oltre una collczione delle principali roccie geologiche
della provincia Veronese.
— 290 —
L' Jstituto accoglie il dono con molto gradimento.
e incarica il segretario di fame speciali ringraziamenti
al prof. Massalongo.
Esso lo incarica parimenti di ringraziare il dottor
Francesco Pajola pel dono di un Porphifrio Hyacin-
thinus. Quest' uccello , apparecchiato lodevolmente
dal Pajola, venne ucciso nella nostra provincia presso
le porlc grandi del Sile.
kWWtt DEL 6MK0 28 CESK1J0 1856
1
1 m. e. cav. Emmanuele Cicogna legge la scguente
rclazione.
Obbedendo alia deliberazione di questo I. R. Istituto
L2 agoslo 1855, mi fo a rifcrirc intorno a due opere in-
viate in dono dal doltore Pietro Kandler di Trieste all'Isti-
lulo medesimo.
La prima ha per titolo: Indicazioni per riconoscere le
cose storiche del Morale. Manoscrillo ad uso del Conser-
vatore pel lUorale copiato nella lipografia del Lloyd. Trie-
ste 1855, in 4.° figurato.
La scconda e in lingua tedesca, intitolata: Rapporto
sullc opere del dollor Kandler di Trieste inviate all' Acca-
demia delle Seienze, 1 850., con trc lavole litografate.
Quanto alia prima:
II norae del dottore Pietro Kandler suona illustre fra
noi, e fra tutli coloro che amano principalmente gli sliulii
storici ed archeologici, e che mettono in cima dei Ioro pen-
sieri I' amor della patria e tutto ci6 che pud in qualsiasi
modo tornar vantaggioso per essa. Ne sono chiarissima
pruova le opere varie da lui per lungo corso di anni pub-
292
blicate. Imperocehe, parlando delle cose ccelcsiasliehe al-
I' Istria spellanli, abbiamo di lui le: Vicende delta Chiesa
Triestina e quelle della Chiesa Emoniense = la Relatione
delta Basilica di S. Maria e S. Giuslo di Trieste = il Duo-
mo di Trieste con piantc ed appendice delle sue iscrizioni =.
ed eziandio : Acta sincera sanctorum Marlijrum Ecclesiae
Tergestinae. — - Quanto alia storia profana, pubblico una
Guida at forestiero nella cilia di Trieste, cliofu ristampata
colla giunta doi Fasti triestini. Similmente sono di lui i
Ccnni at forestiero die visita Parenzo, e i Ccnni at fore-
stiero die visita Pula. Dobbiamo a lui la Dissertazione della
denominazione e delle monete de' vescovi di Trieste del
medio tempo, c I' opera de' Documenti die moslrano le con-
dizioni polilidie di Trieste dal secolo decimo in poi. Ma
infaticabile si e dimoslrato nolle due gran&i raceolte, Tuna :
L' Archeografo trieslino, I' altra L' Istria, giornale, opere
ambedue die preziosissimi documenti contengono in ogni
ramo della Illirica storia, e nelle quali piu e piu artieoli
sono del Randier. A questi due lavori aggiungersi ponno
gli Staluli municipali per sua cura editi ed illustrate di
Trieste, Tola, Parenzo, Cittanova, Iiuje ed il frammento
degli Staluti di Pirano. Cortesissimo poi il dottore Kandler
comunica le sue cognizioni agli studiosi, e fra i nostri ap-
prolittonne spezialmente il ebiarissimo prele Giuseppe Cap-
pelletti, il quale inlorno alle Chiese d'ltalia nella parte illi-
rica ebbe molte notizie dal Kandler, ed ancbe ultiinamente
ripubblicava nel volume IV, a pag. 71 e seguenti, la Leg-
ge'nda di san Servolo martirc della citta di Trieste, traen-
dola dalla collezione edita dal diligentissimo archeografo
Kandler (giuste parole del Cappelletti) in onore del vescovo
Bartolommeo Legat.
Con tale corredo di storica erudizione il Kandler, av-
— 293 —
vocalo di grido nel foro triestino, membro effeliivo del-
1' imperiale Accademia delle scicnze in Vienna, c di altri
scientific! Istiluti, e gia nominalo Conservatore de pubblici
monumenti deW IUirio, aveva approntalo per uso proprio
un Repertorio manoseritto delle eose piii interessanti del
lilorale in qualsivoglia argomenlo sacro e profano, antico
c moderno, c questo diede alio stampc non solo per propria,
ma e per utilita de1 successori couservatori, e di ogni uno
die voglia approliltarne.
E in forma di quarto grande. Trecedono VI pagine nu-
merate a caratteri romani, alio quali altre susseguono in
numeri arabici dall' una alia 295. In principio e in fine de-
eorano 1' opera varie piante eon molta precisione litogra-
fate, rappresenlanti il duomo di Trieste antico e moderno,
il batlisierio di Pirano, il battisterio di Pola, s. Slefano., c
s. Francesco di Pola, s. Michele in monte di Pola, la tomba
di s. Salomone re di Ungberia, s. Giovanni e Felicita dei
Templari presso Pola, Porto romano di Gedas presso Trieste,
la basilica euirasiana di Parenzo, la torre di Boraso presso
Rovigno ; 116 manca la figura di un capro, segno antico del-
l'lstria divinizzala, tralto da bronzo rinvenuto in Pirano.
Tutta 1' opera e una epigrafe ilaliana diretta al dottorc
Luigi de Franceschi di Segheto dall' autore, il quale ebbe
da Iui conforlo e favore nel compilarla ; il perche devesi
assai commendare e il Handler e tutti coloro die rendono
al pubblico testimonianza de' gentili che prestano ajuto
a' letterali, o clie vi si fanno in qualsiasi modo proteggitori.
Gli Annali del litorale, che cominciano dall'anno avanti
1' era volgare 4300 colla spedizionc degli Argonauti nel
Ponlo Eusiuo, finiscono coll' epoca 1849, nella quale si
enuncia la Guida storica di Aquileja di Vincenzo Zando-
nati. Qucsti Annali non cssendo una nuda indicazione delle
Seric III. T. I. 59
— 294 —
cose, ma, secondo bisogno, alquanto largamente cstesi, rie-
scono assai giovevoli per rintracciare nelle istorie la piii
diffusa narrazione degli avvenimenti a'quali in sunto si ri-
feriscono. Saggiamente fu poscia dal Kandler questo cro-
nieo diviso in due, colonne, l1 una col titolo di Cristiano,
V altra di profano, assegnata e all' uno e all' altro la com-
petent materia.
Per la parte cristiana ossia ecclesiasliea vi leggiamo
accennate le geste di s. Marco Evangelista in Aquileja, la
perseeuzione de' cristiani cola, i martiri dclla Chiesa trie-
slina, le azioni piu memorabili de' patriarchi aquilejesi,
do' vescovi triestini, la costruzione delle chiesee monasteri,
le loro consacrazioni, i corpi santi clie vi si onorano, le
decorazioni interne e talora gli artisti clie vi operarono, le
fondazioni di abbazie, commendc, confraternile, pii istituti,
i sinodi, i privilegi, le quistioni per dirittidi decime od altro,
lasopprcssioneo concentrazionedichiese, conventi, diocesi,
vescovati. Vi si rammentano fra gli illustri Girolamo Muzio,
Matteo Francovich, Pietro Paolo Vergeno, Ireneo dalla
Croce, Jacopo Filippo Tommasini, Paolo Naldini, Giuseppe
Mainati, Pietro Stancovich, Domenico Rossetti, Otlavio
Fontana, ecc. ecc, i quali tulti o per dignila ccclesiasticbe
o per opere scrilte si resero benemeriti dclla illirica sacra
storia.
Per ci6 che spctta alia parte prof ana, cominciasi col
descrivere la posizione politica dell' Istria ne' primi anni
dell' era volgare, indi le statue e i monumenti eretti in Pola,
in Parenzo, in Trieste, in Aquileja ad onore di Nerone Ce-
sare figlio di Germanico, di Claudio clie poi divenne im-
peralore, di Bcleno, di Nettuno, di trepersonaggi della gentc
Sergia, di L. Vario Papirio, di L. Aurelio Vero, deH'impc-
ratore Massimiano, dell' impera lore Lieinio, di Ulpia Seve-
— 21)5 —
rina, ccc. Nolansi ie magistraturc, lo legs' giustinianee pub-
blicale e rose valido per I' [stria, gli statuti, i privilegi,
Ie scorrerie de' Longobardi per 1' Istria superiore, e degli
Slavi noil' Istria interna ; e piii vieine a noi, le scorrerie
de'Turchi. Inoltre le guerre, gli assedii, lepaci, i trallati, le
pestilenze, i terremoti, le carestie, gl'incendii, l'escrescenze
di aequo, i freddi, i gliiacci, le cavallette e niolti allri in-
forluuii. Si eonoscono i principali edificii pubblici ci-elli, c
le accademic ; e ancbe questa parte e abbellita colla serie
de' piu ehiari uomini dell' Istria, alcuni de' quali fnron gia
nella parte anteriore ricordati, ed altri sono, a cagion
d' esempiOj Pietro Coppo, Ra facie Zovenzonio, Andrea Divo,
Giandomenico Tarsia, Nicold Tacco, Andrea Rapicio, San-
torio Santorio, Girolamo Yida, Abramo Ortelio, Nicold Man-
zttoli, Gianrinaldo Carli, Bartolommeo Ycrgollin, ecc. ecc.
E sovcrchio gia il dire che se utile torna per la cogni-
zione delle cose illiricbe questo cronico, egli e non nianco
per le veoete, conoscendo ognuno le relazioni poliliehc
ch' ebbe Venezia con Trieste e il dominio che la repubblioa
in gran parte dell' istriano litorale tenne lino alia sua ca-
duta. Confessa pero I' autore, sin da principio, che tale
raccolta e ancor lontana dalla quantita cui avrcbbe a
giungere, e che, spezialmente cio che riguarda Pola, iia bi-
sogno di aumento, sendo che in quella citta mancano ar-
chivii. alia quale mancanza potrebbcro supplire quell i di
Ravenna c di Venezia.
Io diro sembrarmi sufticiente quanto tinora ha potuto
unire insieme I' autore, il quale mostrasi assai esatto nello
stabilise le epoche, scopo principale di un cronista ; e dh'G
speltare agli studiosi il ragguaglio con altri storici, e la ri-
cerca negli archivii si per maggior quantita di notizie, si
per una eventuale piu precisa esattezza negli anni.
— 2!)C> —
Proseguendo il Handler, ci dh un sillabo dei sommi
pontefici, der vescovi e patriarchi di Aquileja, e di Grado,
o di Venezia. II primo de' papi e s. Pietro I' anno 42, e
I' ultimo il regnante pontefice Pio IX coll' epoca 1840. II
primo de'vescovi, arcivescovi e patriarchi aquilejesi e
Marco Evangclisla V anno stesso 42, e 1' ultimo o del 1754
Daniele Delfmo cardinale. 11 primo di quelli di Grado notasi
al oil Macedonio Macedone, e I' ultimo Domenico Michiel
del -1445, al quale ncl 1451 succedette Lorenzo Giustiniano
come patriarca di Venezia, la cui serie il Kandler ha cbiusa
nel 1820 eon Giovanni Ladislao Pyrcker. A' patriarchi
aquilejesi tengon dietro gli arcivescovi di Gorizia e molti
altri elenchi, che per non abusare delta sofferenza allrui,
diro in breve esscrc de' vescovi dell' [stria, di Trieste, di
Capodistria, di Cillanova ossia Emonia, di Parcnzo, di
Pola, di Pedena; degli arcidiaconi e decani di Trieste, degli
arcipreli di Pirano, dc'prepositi di Pisino, degli abbati,
degli inquisitor! per la sanla i'ede. = Si passa poi alia serie
degli imperatori romani, e dei correllori o presidi della
provincia di Venezia e dell' Islria; a quel la degli imperatori
d' Oriente, de' maestri de' militi, de' re dc'Goti, dei re dei
Longobardi, dei re d' Italia, de'dogi di Venezia. Susscguita
la serie de' sovrani di Trieste e dell' Islria,, della serenissi-
ma Casa d' Austria, dei duehi di Cividale o del Friuli,
de1 conti di Cividale, d' Istria, di Gorizia. Lungo e 1" elenco
dei podesta di Trieste, di Capodistria, di Pirano, dei capilani
di Raspo, Pisino, Albona ; dei podesta di llovigno, dei conti
o podesta di Pola, de'eapitani di Montecavo e di Moncolano.
Tutte qucstc serie,, nolle quali moltissimi nomi di veneti
patrizii reggitori s'inconlrano, confessa parimenti lautore
abbisognare di ulteriori indagini. Imperciocche quella do' ve-
scovi cinoniensi ha uopodirelliflcazionipelsecoloXV,tanto
— 2!)7 —
scambio e nato Ira i Vcscovi delle due Cittanove, l'istriana
e la vencta, die lo stesso Tommasini vescovo della islriana
presc gravissimi equivoci. La serie dei vescovi di Pola po-
trebbe venire aumentala so uscissero in luce nuovi diplomi
fatti sperare dal chiarissimo noslro bibliotecario abate
Giuseppe dottor Valentinelli ( I ). Se i documenti clie abbiamo
del Frinli fossero pi 11 copiosi, la serie de' govcrnalori del-
I' Istria sotto i palriarcbi polrehbe venire ampliata; eosi
pure quella de' eonti d' Istria, sebbene dall'aulore sia stata
posta insierae coila possibile maggior cura. Ma converreb-
be, dice egli, csaminarc le carte del Tirolo, dclla Garintia,
del Carnio clie sole possono dare sussidio. Quanto alia
serie dei podesta, cbi avesse agio di esaininare ncl generalc
archivio di Venezia i libri delle elezioni de' rettori di varie
cilta dell' Istria darebbe un grande aumenlo, e una piii
prjeeisa indicazione delle epoebe in cui entrarono nel reg-
gimento. Ma qui, a giustiiicazione di quanto modestamente
osservava I' autore, ripelo clie codesto suo libro non e
clie un mezzo per retliticare con piii profonde indagini le
cose dette e per rinvenirnc di maggiori; e che rimarra
semprc la gloria al dottor Handler dello avere accoppiato
in un volume colla possibile diligenza le traccie di tutto
cbe in molti volumi trovasi sparso.
Preziose inollre sono le Xotizie gcografwhe del litorale
cbe alle suddette susseguono dalla pag. 165 alia 192.
Conosciam quindi le altczzc nelf Istria c ncl Goriziano, le
allezze delle isole del Quarnero, le altezze decrcscenti
dell' acquc sopra il livcllo del marc, quelle di citta, borgale,
(1) I documenti dei quali parh il Kandler furono posteriormento dal
chiarissimo signor abate Giuseppe dottor Valentinelli, bibliotecario della
Marciana, resi noli nel Notizenblatt che va pubblicandusi dall' Imp. Acca-
demia delle scienze in Vienna.
— 298 —
o villc abilate, noncbe la popolazione, la superficic e la
slima censuaria dell' Islria c dei suoi distretti. E in queste
moderne indicazioni geograficbe non sono omesse quelle
del tempo antico e medio, comineiando dall' epoca ante-
riore ai Romani, poseia venendo alia romana imperialc;
indi a quella degli imperatori bizantini, colla nota delle
baronie de' veseovi., e de' possessi loro, c dei possessi delle
badie e signorie, chiudendosi questa [»arlc colla geografia
ecclesiaslica antica e moderna di Trieste.
Ci voile poi il bcncmerilo collettore dare un elenco
delle medaglie istriane, non cerlamenle completo, com'egli
medesimo osservava. Nondimeno fra le rare devono an-
noverarsi quelle di Allobello Avcroldo bresciano vescovo di
Tola, e cbc fu eziandio nunzio apostolico in Venczia; e fra
le storicbc intercssanli quelle in memoria del Lazareto
santa Teresa del 1700, quella della presa di Trieste fatla
dai Francesi nel 1797; quelle della conquista dell'Istria
falta dagii stessi nel I80G e 1809; quelle eziandio del
porlofraneo accordato 1828, dell' aperture della nuova
slrada di Gcrmania 1830, della ferrovia 1851, e del navale
Hoydiano 1855.
Pcgli sludiosi dell' araldiea non inanca la nota degli
stenvmi blasonici delle cilia e castella deli' Istria ; e per li
cultivatori delle scienze, c' e la metrologia islriana, le mi-
sure di superfine, le misure cubicbe, c le misure di peso.
Opporlunamente quanto agli stcmmi, diceva 1' autore, nes-
sun argomento avergli dalo maggior imbarazzo di questo.
Imperciocche, cambiatedopo il 1803 le circostanze, cessate
le citta ed i comuni di essere corpi politici da sc, gli ar-
meggi furono o inusilati o lasciati fra le anticaglie ; senza
dire cbc gli slemmi furono acceltati, dimcssi, cambiati a
piacimento, e alcuni die spcllavano a private famiglie
— 2iM> —
vennero adottati come del eomune; it perche si per la for-
ma, die per li colori, non puossi prestar luro gran fede, a
meno che da indubbii antichi document! non sieno suffra-
gati. E per quello pertiene alia melrologia istriana soggiun-
geva 1' autore, anclie questa desiderare maleriali migliori,
i quali mostrerebbero mirabile coneordanza colle misure
romane lungamenle conservate, ma non gli fn possibile di
riconoscere le anliehc misure. E qui eruditamente riilette,
che i comuni istriani avevano le loro misure cosi di su-
perficie, come di cubatura scolpite in pietra, e duravano
ancora nei primi decenniidel secolo presenle. Ma noil' Istria
veneta prevalsero per oggetto di commercio con Veneziu
le misure venete, le quali i successivi governi manlcnnero .
lino all' allivazione del sistema metrico, iridi dell'austriaco.
Ad imitazione dellc bibliografie inserite nell' opera:
Milano e il suo tcrritorio, e ncll'altra: Yenezia e le sue la-
gunc, uscite alia occasione della sesta e della nona Riunione
degli Scienziali italiani, voile anche il dottore Handler che
entrasse in questo suo utilissimo lavoro la Bibliografia
Istriana, ossia la nota AiAlcuni scritti che diseorrono dette
cose dcW Islria ; e la divise in cose di cliiesa e in cose geo-
grafiche e cose profane. Ottimo per verila il divisamenlo;
conciossiache sieno lali bibliografie una necessaria scorta
a chi vuole comporre la storia di un paese o di una pro-
vincia; e a desiderarsi sarebbe che ogni citta e provincia,
almeno fra le principal!, una ne avesse. Ma cosi pur troppo
non e, anzi (cio ch'e peggio) molle citta non hanno chi si
curi di raccogliere i patrii libri pubblicati od inedili, che di
grande e neccssario ajuto sarebbero a compilare le par-
lieolari storie de'municipii. E questo male conobbe anche
il dolto raccoglilore, il quale lamenta, che in Trieste non
essendovi Biblioteca , egli nianco di mezzi per portare
— 3ai —
questa sua Bihliogralia non solo a conipimento, ma nep-
pure acl avvicinarla. Aggiungonsi anche ad offenderla
alcune mende di nomi, di date c di ripetizioni di libri, gia.
altrove in essa notati. Ma di cio nessun carico, a mio pa-
rere, 6 a farsi al solerte autore, ma si all'incuria degli
amanuensi, cui egli avra dato a trascrivere le schede c i
eataloghi, o forse anche degl'impressori. Se non che la
moltiplicita de' libri die presenla questo lavoro, combinata
eogli antecedent elenchi, ci fornisce esuberanlemenle di
material! ad illustrare i fasti illirici, e a conoscere come in
ogni tempo chiarissimi uomini ebbe, cd ha attualmente que-
sta parte della penisola.
Ma a chiudere Pinteressante collczionc, e a chiuderla
assai utilinente, veggonsi insieme trascrilte in nuniero 080
L1 inscrizioni romaue dell'Istria. Quindi le inscrizioni ncl-
1' agro colonico di Trieste, quelle nell'agro colonico di Pola,
quelle nella provincia, quelle dell'a*gro colonico di Cillano-
va, ossia Emouia, quelle nell'agro municipale di Egida,
ossia Capodistria, nell'agro di Umago, di Pinguente, di Pi-
rano, d" Jsola, di Pedena. Le iscrizioni di Gaslello di Rozzo,
di Muggia, dell'agro de' Calali, de' Menocaleni, dell'agro
giapidico di Trieste, dell' agro di Castra, dell' agro Carni-
co di Trieste; quelle di Albona, Fianone, Fiume. INon sono
omesse le iscrizioni sui piombi c sui laterizii.
Queste epigrafl, distribute secondo la geografia antica,
non sono pero lutte quelle die I' autore, secondo ch'egli
stesso dice, si sarebbero potute avere e dalla collezione die
il fu canonico Pietro Stancovich avea latta, e dalla scopcr-
ta di carte all' autore rimaste ignote, e dal corpo delle iscri-
zioni aquilejesi, non die da quegli arcliivii delle provincie,
da'quali 1' autore aspetta indieazioni. In effetto non veggo
che il Kandler ripeta due iscrizioni, gia dal Grutero slam-
— 301 —
pate alia pag. cccclxxv, n.°G, e cccclxxxiv, a." 5; luna, che
ricorda Lucio Tito Fruentino seviro edaugustale; I'altra
Caio Vennonio pur seviro, o Pelronia Marcella; dolle quali
due pietre ignoravasi la provenienza, che fu conosciuta sol-
tanto da una Iettera di Paolo Ilamusio ad Aldo Manucci,
da me per la prima volta pubblicata nel vol. II, a pag. 555
delle Inscrizioni veneziane, ove a lungo parlo de' Manucci.
Or questa provenienza e da Aquileja, dicendo il Ramusio:
Ho avuto in (juesti giorni tre sassi antichi di Aquileja con
iscrizioni, due delle quali intendo io, e la terza non bene,
ed e I' infrascritta. — 11 chiarissimo Furlanetto riportd la
prima a pag. 28 delle Lapidi Patavine ; ma non avendove-
duta la Iettera ramusiana sucidetta, che ne accerta della
provenienza, egli saggiamente la conghietturo dalle due di-
gnita di seviro e di augustale, che trovansi pur in allre lapidi
di quella citti. E riporto parimenti la seconda a pag. 400.,
ma per lo stesso motivo di non aver esaminato il mio vo-
lume, gli rimase ignota la provenienza, e dalla gente vennonia
nominatavi, conghietturo che possa essere venuta da Zara.
II Kandler poi, sendo di quelli che vogliou a tutti dare
cio che loro perliene, e non imita chi si abbellisce delle
altrui fatiche senza pur ricordarne il benefattore, cosi ci fa
assapere che le iscrizioni di Alboua e Fianona appartenenti
alia Liburnia, sono dovute alia diligenza del sig. Tommaso
Luciani, dal quale ebbe eziandio la serie completa dei po-
destd di que' due luoghi, giu sopra mentovata. Sottoposto
ad ogni Iscrizione e un brevissimo cenno o della prove-
nienza, o di chi ne parla, o del sito ove oggidi si trova,
poiche non tutte certamente poleva 1' autore vederle cogli
occhi suoi^ o di suo pugno trascriverle sui marmi. Prove-
nienti dalla Vcnczia sono quelle a'numeri I, 2, 5, -i, 8, 17,
575, 496.
Serie IU, T. I. 40
— 302 —
Ma siami permcsso di dire alcuna cosa intorno alia la^
pide che veggo trascritta al n." 2; lapide veramente prege-
volissima, la quale fu seoperla in Concordia sino dall' an-
no 1832 da Luigi Jacopo Cicogna mio fratello, amantis-
simo della arclieologia. Essa da nove anni addietro giaceva
abbandonata sul suolo, e acefala fra altri grandi massi di
pielra. Falta svolgere da mio fratello dolente non sapendo
a quale pcrsonaggio fosse stata innalzata, voile diligente-
menle far rintracciare nel profondo del vicino canale, se ci
fossero le parti raaneanli, e con grandesua gioja le trovo.
Unilele con cemento, pole chiaraiuente rilevare ossere ad
onore di ARRIO . QUIRWO . ANTOMNO, il quale, come
dalrimanenteintattodeHinscrizione^tra gli anni 161 e I GO,
vennc a Concordia spedito daglimperatori il/. Aurelio An-=
tonino, e Lucio Vero, per sollevare quei popoli dalla gran-
de carestia di viveri che gli opprimeva. E cotanto in tale
occasione fu henemerito, e, come leggesi, VRGENTIS
ANNONAE DIFFICVLTATES IVVIT ET CONSVLVIT
SECVRITATI FVNDATIS REIPVBLI CAE OPIBVS, che i
Concordicsi decretarongli questo monumento, cui altra
volta dev'essere stata sovrapposta la statua di lui. 11 pro-
prietario di questo, e degli altri marmi, avvocato Benedelti
di Fortogruaro, al quale mio fratello diede la prima noti-
zia, geuerosamente donollo alio scopritore. Ma siccomo tra
ilritrovamento dclfacefala epigrafe, e quello de'frammenti
che la compivano, passato era qualcheintcrvallo, e intanto
se n'era fatla piu d'una copia, cosi questa riusci imperfet-
ta ed anche inesatta. Impercioccho, oltre alia mancanza del
prenome, nome e cognome del soggetto, cui era stato de-
dicato il marmo^ e'eran alcune laterali abrasioni, per le
quali alcune lettere non piu si vedevano, e i vacui avreb-
bero dalo materia a varie congelture : e inoltre non era
— 303 —
slata trascrilta scrupolosaraenle la epigrafe in modo da co-
noscere quante lettere potessero maacare. Una di tali ine-
satte e aeefalc copic fu a me dal fratello spedita, ed io la
comunicai tantosto al chiarissimo die fu dottore Giovanni
Laltus aniico mio, il quale inviolla al celebre archcologo di
Roma Borghesi per le sue illustrazioni. Questi in fatti a
pag. I8S e 22 degli Annali di Corrispondenza archeologica
di Roma dell' anno 1835 stese una erudilissima disserta-
zione, facendo ingegnose eonghietture a rieinpimento del
principio e dclle lettere mancanti. Talune divennero inap-
plicabili dopo che si rinvennero i frammenti, e ehe fu piii
esattamenle copiata la iscrizione, ma intanto ildotto uomo
aveva ottimamente supposto, che non ad altri che ad onore
di ARRIO ANTON1NO essa doveva esser stata deltata,
come il fatto ehbe posteriormcnte comprovalo. Coutempo-
raneamente una copia acefala e non esatta, fu da mo in-
viata all'altro illustre archeologo Auguslo Guglielmo Zumpi,
il quale parimenti con ampia erudizione commentandola,
fece molte eonghietture a supplimento del difetto. Se non
che avendogli io poscia accompagnata una completa e fadele
copia che dal fratello mio elihi ricevuta dopo i rinveauti
frammenti, Io Zumpt abhandono alcune dellc sue eonghiet-
ture, e altre ne ritenne, fralle quali quella del nome ARRIO
A>"TONINO. E cio fece nel vol. II dell'opera Commentatio-
num Epigraphicarum adanliquitates Romanas pertinentium .
Rerolini, 1854, 4." — Ceduta poi da mio fratello questa
pietra a monsignore canonico Giovanni Muschietli di Por-
togruaro, grande ricercatore di concordiesi antichita, que-
sti ne pubblicava una sua illustrazione, impressa in quella
citla nel 4855, dandone anche una litografla, non pero fe-
delissima alia pietra, leggendosi in fatti MAXI.MORVM e
CONSVLVIT, anziche MAXIMOR abbreviato, eCOSVLVIT
— 304 —
senza la N. Delia illustrazione del Muschietti fa data rela-
zione dal canonieo Gianfrancesco Bancliieri nell'Alchimista
friulano, 25 aprile 1834, anno quinto, n.° \ 7. La impor-
tanza di questo monumento consisle principalmente in al-
cune fra le dignita sostenute da Arrio Antonino^ cioe : la
prima di Seviro delle tonne equestri SEVIR EQVESTRIVM
TVRMARVM, la qual formula ilBorghesi chiama rara,enon
ne conosce altro esempio, sc non se nel SEVIRO TVRMA-
RVM EQVESTRIVM di un frammenlo recato dal Momm-
senio nclle Inscrizioni napoletane al n.° 4257; f altra di
primo giudice della Transpadana e di primo pretore tute-
lare IVRIDICO PER I TALIAM REGIONIS TRANSPADA-
NAE PRlMO=PRETO RI CVI PRIMO IVRISDICTIO PV-
PILLARIS MANDATA EST: infine quella di membro del
Collcgio degli Arvali FRATRI ARVALI, per lo che si ac-
creseono di un nome finora ignoto gli atti di que' confra-
lelli. Concordano in sostanza con maggiore o minore
sfarzo di erudizione questi tre espositori della rarissima
lapitle; se non che monsignore Muschietti unisce la voce
PRIMO alio susseguenti FRATRI ARVALI, dieendolo
Anziano della confraternita degli Arvali, grado di ctii non
suolsi senlire parola presso gli antiquary; mentre e il
Borghesi e lo Zumpt uniscono la voce PRIMO alf allra
IVRIDICO c non all' ARVALI, leggendo questa parte del-
1' epigrafe cosi: IVRIDICO TER ITALIAM REGIONIS
TRANSPADANAE PRIMO = FRATRI ARVALI ec. ec.
nella quale diversita di opinione io mi appiglierei alia in-
terpretazione de' due ultimi.
Ma vengo alle altre lapidi islriane in Venezia esistenti
o che esistevano notate dal Kandler. Al numero LS e quella
consacrala al sole SOLI SACB, la quale scoperta nel LS20
sotto la mcnsa dell' altare nella cappella del battistero di
— 305 —
s. Marco, fn gia illustrata dal Labus, e die ora esiste non
nella Biblioteca Marciana, ma si ncl patriarcale scminario,
leggendovisi la voce NOMIMVS, non gia NOMINVS, clio
per errore di stampa e in qnesta collozione triestina. AI
numero 55 leggesi la iscrizione ricordante la riediflcazione
della raura di Trieste fatta da Ottaviano Angusto IMP.
CAESAR- della quale iscrizione un apografo scolpito del
sccolo XV esisle nel ninseo Marciano, come ho gia detto
a p. 197-198 del T. II e 654 del T. IV delle Inscrizioni
veneziane. AI numero 57 ce n' e una di Apuleja Zozime
D. M. S. APVLEIA ZOSIME, la quale dicesi essere stata
Irasportala a Venezia nel -1509; e in vero lapidi varie
da Trieste furono in quell' epoca portate a Venezia, come
afferma anche Ireneo dalla Croce a p. 107 della sua Storia
di Trieste. II Grulero a p. CCCLX num. 1, recando la stcssa
epigrafe, dice Irovarsi in Venezia nel palazzo di monsignor
vescovo di Torccllo ( era Antonio Grimani che siedetle
dal 1587 al 4 618 in che fu promosso a patriarca di Aqui-
leja) ; e il dalla Croce aggiunge a p. 219 che tale iscrizione
vi si conservava anche del 1 052 come scn've Benedetto
Giorgio, ma credo sbagliata quest' epoca, perche il Giorgio
nato del 1555 moriva del 4 60-1. Comunque sia egli e certo
che da gran anni man cava e manca tuttora quella pictra
nel museo Grimani, ne si sa ove esista oggidi. La lapide
al num. 193 a Q. C. Petronio, O. C. PETRONIO, scoperta
nel 1778 e passata in Venezia in casa Nani, era smarrila
fino dal 1815, poiclie non e compresa nella collezione delle
lapidi e de' monumenti allora da quella illustre famiglia
conservati, impressa in sole cinquanta copie in folio tigurato,
e compilata dal fu Francesco Driuzzo prete veneziano.
Essa era molto interessante per la notizia del collegio
de'purpurarii ossia de' tintori in porpora. La 20 i e quella
— ;jug —
di Enlielie M. AVREL. EVTICIIE scoperta in Venezia del
1850, la quale fino dal 1 503 (tre) era stata destinata a
coprire le ceneri di Francesco Soranzo c di Chiara Cap-
pello conjugi interrate nella cliiesa di s. Paolo. lo I' ho co-
municata al Labus, ed egli me ne diresse una letters illu-
strativa, impressa dal Picotti nel settembre dell' anno
slesso 1850 colla flgura del sarcofago, il quale oggidi esiste
nel museo Marciano. Quella al numero 218 e veramente
ad Antonia Falerna, non PATERNA, come per errore di
stampa si leggc in questa collezione. Era gia nel museo
Naniano, ed oggi nel Seminario patriarcale. Al num. 281
e'e la epigrafe di Cajo Tnrpilio, C. TVRPIL1VS, la quale
per dono di Gaelano de Zanetti leggiamo fra le allre nel
prcaccennato Seminario. Quivi pure e la lapide num. 407
spettantea L. Vinusio, L. VINVSIVS, leggendosi nella pre-
sence stampa VINIS1AE anziche VINVSIAE die e nel-
I' originate. Essa fu illustrata dal Labus nella Gazzelta pri-
vilegiata di Venezia 8 marzo 1855 numero 56, e nel nuovo
Ricoglitore del maggio anno stesso. Collocasi al num. 41 I
una lapide a Volcinia, VOLCINlAE,comeesistentcin s. Gio-
vanni di Sterna, la quale e invece nel nostro Seminario
descritta a p. 96 del libro la Cliiesa e U Seminario di
s. Maria delta Salute. Ven. i842, 8." Nella stampa trieslina
leggesi VOLCINIAE e VOLCINIVS, ma veramente I' origi-
nale ha VOLGINIAE e VOLGINIVS, e cosi VOLGIMAE
leggesi anche nella lapida 412 ehe segue nella Collezione
suddetta. Esiste pure nel Seminario nostro l'altra epigrafe
num. 475 a C. Petronio, C. PETRONIO, e vi corrisponde
la leggenda. La epigrafe 484 di P. Trosio, P. TROSIVS,
che il padre Ireneo dalla Croce (p. 551) fino dai 1 086 vide
alio porta piccola verso ponente della cliiesa di s. Giovanni
in Salvore, e die nella presentc raccolla dicesi passata in
— 307 —
Venezia, non vi csislc per quanto ho rintracciato. Quella
ill num. 50G a Boico, C. BOICO, concorda coll' originate
che e al Seminario con altre due lapidi donate da'sacerdoti
Giulio ed Alessandro Molin, il cui gcnilore aveale dall'Islria
trasportate al suo palazzo nella con trad a di s. Pantaleoue.
Che se e lecilo aggiungere qualche cosa pertinente al-
1' Istria, ignola al Handler percb.fi scoperta dopo che egli
aveva unita insieme lapresente inleressantissiraa sua opera,
diro, che negli ultimi giorni del gennajo e a' primi del feb-
hrajo 1855, il veneto tagliapietra Giambattista Geraldon
demolendo un antico fabbricato posto a' ss. Ermagora e
Fortunato ov'ha la officina sua, per forma re un giardinetto,
scoperse nelle fondamenta due lapidi. La prima forma il
basainento, o dado di una statua che deve esservi stata
sovrapposta, scorgendovisi una incavatura ove dovca pog-
giare ; e vi si legge
C. LVCBETIVS
C. F. PAPIRIA
RVFVS
B. V. S. L. M.
le quali sigle non ponno certamente spiegarsi, se non se
BELENO VOTVM SOLVIT LIBENS MERITO. La seconda
rappresenta un altro basamento, ma senza incavo superio-
re> sul quale dovea probabilmente ergersi un' altra statua,
cd ha le parole scolpite:
BELINO AVG. V. S.
Q. HERENNIVS
PAVLLI . LIB
POLVBIVS
AVGVSTALIS.
Coinunicate dallo scalpellino lali lapidi al chiarissimo no-
stro collega Giovanni Casoni, e a me, ne passammo subito
— 308 —
copia all' illustrc Handler, il quale, dietro alle indicazioni
somministrategli propenderebbe a ritenere essere la pietra,
su cui si leggono lo dette epigrafi, aquilejese. e doversi
quindi collocare fra le aquilejesi le due meuiorie. Ed op-
portimaraente scriveva, clie le isole dell' estuario veneto no
igeote, ne deserte, ne lasciate soltanto agli usi rurali e
pescherecci nel tempo roraano, non ebbero pero citta da
dare numerosi i monumenti scritti : per la qual cosa il piu
delle pietre in Venezia vennero dal di fuori reeatevi per
1' onore in cui si tennero i monumenti della veneran-
da antichita ; e meglio, quando venuto il Friuli in do-
minio del veneto principe, i patriarchi furono Veneziani
ed amanti e dotti dell' antichita e di ogni nobile studio.
Che queste due lapidi provengano da Aquileja, e anche ar-
gomento quella divinita alia quale fu sciolto il voto, cioe
BELENO il sole, in grande onore presso i Celti che tennero
il paese fra il Tagliamento e 1' Isonzo, e che i Romani ri-
conobbero per Apollo, volendo identiiicare la loro mitolo-
gia a quella de' Celti. Ne Istria, ne Venezia, ne altre regioni
d' Italia ebbero in onore cotesta deita: 1' ebbero i Celti
in tutte loro t'ribu : la colonia romana di Aquileja prese
stanza fra i Celti, o, come i Latini dissero, fra i Carni Ci-
smontani, non espulsi i Carni, e ne dura la prova nel
dialetto usato da quelle popolazioni diverso dal veneto e
dall' istriano clie e al veneto, so non identico, poco meno.
In Aquileja il culto di BELENO fu insigue, fregialo di al-
tissimo onore. II tempio precipuo si era nel sito ove fu
poi il tempio di s. Martino della Belinia ; tempio che, arso
nel 105, fu da Trajano restituito. Non e nuovo, coalinua
il dollo illustratore, 1' esempio nelle lapidi di vedere nella
leggenda collocato il nome della divinita alia line del detta-
to, ne di vedere segnato il nome di BELENO collasemplice
— 309 —
sigla B. II voto dev'essere stato seiolto nel sito ove si alzava
il lempio e T immagine, ed e probabile che la lapide sia
stata ricuperata non dal tempio ma dall' area che circon-
dava il tempio e sulla quale si alzavano a centinaja i monu-
menti di eulto, di speranze, di timore, di gratitudine nei
dedieanli. Dei LVCREZII moltissime memorie si hanno in
Aquileja, d'ingenui, come di liberti, cosicche non vi lia difii-
colta di ritenere la famiglia aquilejese tanto meglio quanto
che non figura nei municipii o nelle provincie contermini.
Nuova nelle lapidi aquilejesi e la tribu PAPIRIA, ma que-
sta non e tale da rompere la nave in cammino, come
s' esprime il Kandler, che le tribu non furono esclusive di
tutti gli abitanti di una citta ; meno di quella che acco-
gliendo per li traffic! e per le vicissitudini di citta sempre
crescente, abitanti venutividaogni parte, si compongono di
popolo di ogni provincia e luogo. Le lapidi di Aquileja
mostrano innumcrevoli i liberti saliti in dignita e cariche,
mostrano genti venule da regioni lontane, ollre Mediter-
raneo : cosicche 1' antica colonia di soldati era poi sopra-
fatta da genti novelie, che alle armi ed alia custodia dllalia,
divenula superflua pei dislocati coufini deirimpero, vennero
surrogate allre cure, quelle dei trafGci colla navigazione e
con queir altro che suffraga la mercatura. Aquileja segna
nelle lapidi tribu varie da dubitare se la Velina fosse poi
quella alia quale i primitivi coloni erano ascrilti. Che se
pero, meglio esaminata la qualita del masso su cui sono
scolpite le epigrafi, si adottasse il parere del collega nostro
sig. Casoni, cioe che fosse pietra altinate e non aquilejese,
non rechcrobbe maraviglia al Kandler che il culto di BE-
LENO venisse accolto dai Veneti nella citta di Altino si
prossima per distanza c dignita ad Aquileja, ambedue citta
di marc, ambedue della stessa provincia politica, della
Serie HI, T. I. 41
— 3 10 —
quale Aquileja era meiropoli, E rifle.tteva pur giustamenlo
die sc le lapidi dell1 anlica Vcnezia fossero raccolte in uno,
edistribuitcsccondo gli agri antichi alio quali appartengono,
facile sarebbe la risokizione del quosito, ancheper allra via
che non quella della specie di pielra, a quale eitta appar-
tcngano le lapidi di BELENO che non vanuo, senza dub-
biezze, ascrittc ad Aquileja. E piu particolarmente, quanto
alia seconda Iapida, proseguiva il dotto archeologo ad os-
servare che un C. IIERENNIO CANDIDO in Aquileja liic-
desima scioglieva voto a Qiove Diano ; c die questo nuovo
marmo accresce la serie degli AVGVSTALl, e le prove die
si prendessero il piu delle cariche o degli ordini (in Aqui-
leja) fra i libertini, a causa del commercio, che, come di
sopra accennava, accrebbe sinisuralamente la popolazione
mediantepersoneuscitedi scrvilu. Quesla loggenda accresce
eziandiola scrie dei BELENI, i quali sono unicamente di
Aquileja, in qucste regioni dintorno l'Adriatico. II modo di
scriverc il nomeBELENO non e costante, e nel piu delle
iscrizioni si vede BELENO, ma e persuaso il Kandler che
il volgo pronuneiasse BELINO, perche il sito dove sorgeva
il massimo tempio, nel medio cvo cd oggidi si disse e si
scrisse la Beligna.
Passo oggimai a dire alcuna eosa dell' opera seconda
che mi si dicde ad esaminare, dietro T iuterpretazione che
n' ebbi dal chiarissimo signor professore Samuele Roma-
uin, cui io ignaro della lingua alemanna ebbi ricorso.
Quest' e un rapporio sulle opere del doltore Tietro
Kandler inviale all' Accademia delle scienze in Vienna.
Lodansi i meriti acquistalisi neH'archeologia Trieslina
e deli' Istria dal dotlor Kandler e dal dottor Rossetti. Ri-
cordasi spezialmenle del primo la diligenza nel ricercare
_3H_
o I '5
— ol«>
k linrjue tutte del fjlobo applicato specialmente alia
geografia} che sard continuata nclla seguente adu-
nanza.
JNella riunione segreta dello siesso giorno il m.
on. s. e. co. Cittadella-Yigodarzere, e i m. e. prof. Poli
e co. Cavalli reiatore fanno lcggere il voto della Com-
missioue da essi formata per la scelta del quesilo
scientifico secondo Y art. 103 degii statuti interni.
Quindici furono i temi proposti dai membri e dai
soei, e la Commissione facendo un cenno di tutti, tre
ne ha preferiti da sottoporsi alle votazionideiristituto.
d.° Quello al num. 366 di protocollo. Dalle con-
dizioni attuali deW agricoltura e dell' induslria nel
veneto desumere i mezzi di leaislazione e di eeono-
mia opportuni a farle prosperare. — La trattazione
di questo argomento dovra essere divisa nelle se-
guenti cinque parti. — IVelia prima si esporranno Ie
condizioni in cui ora trovasi la proprieta fondiaria. —
INella seconda si chiariranno le condizioni in cui slan-
no oggidi ie classi agricole.' — INeila terza s' indiche-
ranno lc condizioni odierne dei capitali impiegati nel-
d'industria. — Nolia quarta si descriveranno le con-
dizioni nelle quali presentemente versano Ie classi
industrianli. — I\>l!a quinla si proporranno i mezzi
eflicaci a promuovere gl' interessi della proprieta fon-
diaria; dei capitali impiegati ncll' industria c queili
delle classi agricole ed industrianti.
2." Quello al num. 377 di protocollo : Quali ron-
serjuenze si jiossotio presaaire pel commercio in (je-
nerale e pel commercio veneto in pariicolure dalia
— 31 't —
apertura di tin canale marittimq allruverso I istmo
di Suez; — quail provvidenze in ispecialitd neiri-
guardi delle vie di comunicazione dovrehbero e dcn-
tro il nostro territorio e mi territorii fiuitimi veriir
promosse per ottenere le pit) estese e le pit) pronte
influenza del continente europeo nel nostro porto pei
mari orientali e viceversaj — quali canoni di dirijto
inter nazionaie dovrehbero alia navigazione del nuovo
canale venir applicati.
3." Oucllo finalmente al num. 373 di protocollo:
Mostrure quali siano, frammezzo alia fanto ere-
sciuta Gopia dei beni materiali, le precipue mancanze
della odierna civillu sotto i riguardi moralij e quali
siano i maggiori difetti delle discipline, delle istitu-
zioni e dei melodi che mirano a far migliore e piit
contento f noma.
Si annunziano i scguenti libri donati all' Istilulo
dopo lc adunanze del diccmbre 4855.
i. Dal sig. Domenico Andrea Renier, di Chioggia.
Studii mcdici. — Vol. I. — Del cholera, preceduto da
brevi cenni lopoyrafico-medici della cilia di Chioggia. —
llovigo, iS55, un vol. in 8.°
2. Dal sig. Francesco Ambrosi, di Bologna.
Elenco sistemalico delle piante (ancrogame del Tirolo
italiano. Bologna.
— ;u5 —
.'5. Dall' I. K. Accademia delle scienze, in Vienna.
For/Ho ill notizie, — ( 1 855) n.' 23, e 2 5, c ( I 85G) n. I ,
2, 5 (in tedesco).
Funics rerum austriacarum, — T. VIII. Vienna, 1855.
Ragguagli delle adunanze deW /. Accademia di Vienna.
- Classe di nialemalica Tomo XVII. Dispensa 5.' 1855
( in tedesco ).
Archivio di cognizioni risguardanti le fonti sloriche
austriache. — Vol. XV, Dispensa I.' 1855 ( in tedesco).
4. Hall' I. II. Accademia di scienze Ictlcrc ed arti in
Padova. #
Rivista periodica del lav or i dell' I. II. Accademia. —
Vol. I, II e III — anni 1851 al 1855.
5. Dal sig. Francesco Filippuzzi, in Vienna.
I) Ala parafina. — Vienna, 1855, di pag. 18, in 8.°
0. Dal sig. Giuseppe della Torre, di Este.
Cazzelta di [armaria e di chimica. — Dal n.° 27 ul
51 inclusivi (1855).
7. Dall' I. R. Accademia delle scienze in Praga.
Osservazioni magnetiohe e meteorologiche. — Dal gen-
naio al diceiubrc 1852 (in tedesco). Praga, 1855, UQ vol.
in 4.°
Esercilazioni accademicke delta R. Accademia doc ma
di lie scienze. — ■ Dal 1852 al 185 5, uu vol. in i.° Praga
1855.
— 310 —
8. Dal!' I. R. Istituto lombardo.
Atti per la distribuzione dei premii d' industria agri-
cola e manifalturiera per I' anno 1855. — Milano, 1855.
i). Dalla I. ell. Accademia dei georgofdi, in Firenze.
Giornale agrario toscano. - — 1855, n.° 8.
40. Dal sig. dolt. Giovanni Bizio.
Risposta alia reltificazione del prof. Ragazzini. — Ve-
jiezia, 1 850, di pag. 4 8, in 8.°
11. Dall'ccc. I. R. Ministero dell' Interna
Bollettino dclle leggi dell" imp ero (in tedesco), Pun-
lata 57 alia 49 inclusive.
42. Dair ecc. I. R. Luogotenenza delle prov. venete.
Bollettino delle leggi e degli Atti ufficiali per le pro-
vincie venete. — Parle I.1 Punlata 1.", e Parte 11. a Pun-
tata 7." (1855).
43. Dal sig. co. Girolamo Dandolo.
La caduta delta Repubblica di Venezia. — Dispensa 5."
44. Dal prof. Viltorio Angias, di Cagliari.
L' auloma aerio, o sviluppo delta soluzione del pro-
genia sulla direzione degli aerostati. — Torino, I 855, di
pag. 120, iu 8." e con tavole.
45. Dal sig. dott. Achille Desiderio.
La vera azione dinamica dei rimedii pitrganti, ricon-
— 317 —
fermata da sperimenti appositi, — di pag. 24, in 8.° — ■
Roma, 1 855.
16. Dal socio corrisp. cav. Emilio De-Tipaldo.
Biografia degli italiani illustri. T. IX e X. Venezia,
\ 844-1 845.
47. Dall' ecc. I. R. Luogotenenza delle prov. ven.
Programma. — Concours universel d'animaux produ-
cteurs, a" instruments et des produits agricoles elrangers,
et francais a Paris, en 1856, et 4 857.
48. Dall' Istituto Smithsoniano di Washington.
Tributi Smiths oniani alle cognizioni. — Washington,
4 855, in 4.°, vol. 7.°, 8.° e 9.° Rapporto annuale deWVffi-
cio dei presidenli deli' Istituto Smithsoniano. Washington,
1854-1855, 2 vol.
Stimpson. — Descrizioni di alcuni nuovi invertcbrati
marini dei mari delta China e del Giappone.
Catatogo di opere pubblicate dall' Istituto Smithsoniano.
Gennaio 1855 ( tutti in lingua inglese ).
49. Dal sig. prof. Vincenzo Gallo, in Trieste.
Pilot vggio. Metodo dei minimi quadrati, e sua appli-
cazione al cronometro. Trieste, 1855, di pag. 24, in 8.°
20. Dalla Societa d' incoraggiamento in Padova.
II Raccoglitore, pubblicazione annuale pel 1856.
21. Dal m. e. cav. prof. Zantedeschi.
Note sur les courants elects iqucs diriges cikscns oppose
Serie III, T. I. 42
— 318 —
sur le mane fit, en relation avee la tclegraphie. — Pari-
gi, \ 855, dipag. 4, in A.0
Nuovo ele.ttrosaopio per le due elettricitd d' influenza.
— Vienna, -1855, di pag. G, in 8." con tavole.
Ricerche sulla contemporaneity del passaggio delle op-
poste corrcnti cleltriche in un filo metallico. — Vienna,
1855, di pag. 20, in 8." con tavole.
22. Dall' ecc. I. R. Luogotenenza delle prov. ven.
Itinerario delle distanze per le provincie venete. —
Venezia, 1855, un vol. in 8"
23. Dalla Universita reale di JNorvegia a Cristiania,
Descrizione deW edifizio dsW Vniversild. Cristiania,
1852, in 8." con \\ tav. lilogr. c frontisp. di pag. 76 ( 2
esempl. ) ( in ling. norv. ).
Cronaca del re Olao Triggesonio, con prefaz. di P. A.
Munch. — Cristiania, 4 855, in 8.° di pag. xxjv e 114 con
un fac-simile (in lingua norv. ).
Cronaca del re Olao it santo. — Cristiania, 4 855,, in
8.° di pag. xlviij e 522 con fac-simile (in lingua norv. ).
Grammatica delta lingua Zulu di II. P. S. (Schreuder.
— Cristiania, 1850, in 8.° di pag. viij e 88 (in lingua norv.)
Registro dc bent fondi dell' arcivescovo Aslak Boll,
con prefaz. di P. A. Munch. — Cristiania, 1852, in 8." di
pag. viij e 14 5 (in lingua norv.).
Rcgolamento accademico pegli sludenli alia R. Univer-
sitd Norvega Federiciana a Crisliania. — Cristiania, 1850.
Spccchio Reale, con prefaz, — Crisliania, 18 58, in 8."
di pag. xxij e 206 con fac-simili (in lingua norv.).
Fagrskimia, o Compendia di cronacfic de1 re di Nor-
—.349 —
vegia, eon prefaz. — Cristiania, 1S47, in 8." di pag. xvj e
218 (in fingua norv. ).
Del verbo in lingua norvega antica, paragonato col
sanscrito, di C. A. Holmboe. — Cristiania, 1848, in 4.°, di
pag. jv e 54 ( in lingua norv. ).
Osservazioni sopra i graptoliti, di Cristiano Boeck,
con 2 tavolo Iilogr. — Cristiania, 4851, in 4.° di pag. 10,
( in lingua norv.).
Sal pronome relativo e suite congiunzioni relative delta
lingua antica norvega, pamgonati con parecchic I in gun
indo-europee, di C. A. Holmboe. — Cristiania, -1830, in 4."
di pag. 12 (in lingua norv. ).
Sulla guerra siriaco-cfraimitica fra Jot km cd Alias,
drl dott. C. P. Caspar!. — Cristiania, 1849, in 8." di pa-
gine 104 ( in tcdesco ).
Descrizione e situazione dell'Osservatorio aslronomico
drlla Iniversitd a Cristiania^ di Cristof. Hansleen e Carlo
Fcarnley. — Cristiania, 1849, in 4.°, di pag. 90, con 5 tav.
( in tedesco ).
Jus naulicum reccntius quod inter Norvegos olim valuit,
Inline reddidit pauculisque adnotationibus adauxit P. A.
Munch. — Chrislianiae, 1858, in4.°picc. di p. 44 (2esempl.)
Enumeratioplanlarum vascularium quae circa Cliristia-
niam sponte nascuntur, auctore M. N. Blytt. — Clirislia-
niae, 1844, in 4.° pice, di pag. 70.
Symbolae ad hisioriam antiquiorem rerum Norvegica-
rum, edidit suasque aditotationes adjecit, P. A. Munch —
Clirislianiae, 1850, in 4.° di pag. viij e 60 con fac-simili.
Studii sulla sifilidc di Gugl. Boeck. — Cristiania, 4 835,
in 8.° di pag. 212, con molte tavole litogr. (in ling. norv.).
Paragone del Norvego col Celtico. di C. A. Holmboe.
— Cristiania, 1854, in 4." di pag. 20 (in lingua norv. ).
— 320 —
Laboratorio chimico deW Lniversitd di Cristiania, e ri-
cerche in esso intraprese, pubb. da Adolib Strecker diret-
torc dello stesso. — Cristiania, 1854, in 4.° pice, di pagi-
ne vj c 4 04, con 2 tav. litogr. (in tedesco).
Libra di statuti norvegi di Cristiano IV (1604). — Cri-
stiania, 1 855, in 8.° di pag. xxvj e 200 con ritratto ( in
lingua norv. ).
// bacino siluriano di Cristiania, ricerche chimico-geo-
gnostiche di Tcodoro Kjerulf, pubbl. da Adolfo Strecker. —
Cristiania, 1855, in 4.° pice, di pag. 62 con carta geolog.
(in tedesco ).
De prisca re monetaria Norvegiae, et dc numis aliquot
et ornamenlis in Norvegia repertis. Seripsit C. A. Holm-
boe, accedunt7 tabul. lapidi incisae. — Christianiae, 4 854,
in 8.° di pag. 70.
Commissione annuale delta R. Universild Federiciana
Norvega pel 1855. — Cristiania, -1855, in 8.° di pag. 92
(in lingua norv.).
Quattro indici scolastici, tre per 1' Universita di Cri-
stiania in latino pel 1854 e 1855 ed uno pel serainario di
teologia pratica pel 1854 ( in lingua norv. ).
24. Dairi. c R. Accademia dei Georgofili in Firenze.
Alti dei Georgofili, 1855; vol. II, dispensa 4."
25. Dal sig. Alessandro de Marchi, di Padova.
Nuova Guida di Padova e suoi dintorni. — Padova,
4 856, un vol. in 8.° pic.
20. Dal sig. T. Zollikofler.
Geologic de environs de Sesto Calende, avec carte, par
le meme ( exlr. du Bulletin de la Societc vaudoise des .
sciences naturclles), in 8.° di pag. -12.
IMP. RECIO ISTITUTO FENETO Dl 8CIENZE LETTERE ED ARTI
PROGRAMMI
Qucsto i. r. I&tituto, per 1' aggiudicazione del
preniio scientifico corrispondente all' anno 4857, de-
libero di coronarc il migliore lavoro che sciogliera il
seguente quesito:
« Quali conseguenze si possono presagire pel coramer-
cio in generale e pel commercio veneto in particolare dalla
apertura di un canale marittimo attraverso 1' istmo di
Suez ;
» Quali provvidenze in ispecialita nei riguardi delle
vie di comunicazione dovrebbero e dentro il nostro terri-
torio e nei territorii finitimi venir promosse per ottenere
le piu estese e le piu pronte influenze del continente euro-
peo nei nostro porto pei mari orientali e viceversa ;
» Quali canoni di diritto internazionale dovrebbero
alia navigazione del nuovo canale venir applicati. »
L' apertura dell' istmo di Suez con si grande colore
promossa in questi ullimi tempi puo avere conseguenze di
mollo rilicvo pel nostro paese. — Queste conseguenze
vennero in termini abbastanza vagbi accennate da chi trat-
to 1' argomento (Baude, Cliemin-Dupontes, Talabot, ec).
E necessario fame un' analisi accurata. — Siffatta analisi
si lega e deve procedere a pari passo con quella delle con-
— ;*2°2 —
scguenze che Y apcrtura del nuovo canalc puo esercitare
sul commercio in generale. — Sotto questo riguardo
s' istituirono paragoni delle distanze, si formarono pro-
spetti dolle quantita delle merci che passano dall' Occidentc
all' Oriente e viceversa, si notarono i porti di carico e sea -
j-ico nei mari dell1 Asia ; ma non si lenne conto ne della
qualita delle merci spedite, ne dei paesi del continente eu-
ropeo, che le producono, o le consumano, ne delle vie di
terra e di acqua che le dctle merci in Europa percorrono,
ne degli aumenti che dall' accorciamento della via maritti-
ma possono derivare nella produzione e nei consumi ri-
spettivi, ne di a-ltre cagioni che possono indurre o in via
assoluta o in via relativa una differcnlc attivita nellecorri-
spondenze dei singoli porti europei coi porti asiatici. — •
Laonde a fin di conoscere qual parte possa toccare al
commercio veneto nei nuovo indirizzo delle relazioni Ira
T Occidente e l1 Oriente, e necessario istituire un diligente
e miuulo esame di tutti gli elementi che compongono
adesso e possono comporre in seguito il commercio ma-
rittimo tra 1' Europa e Y Asia oltre Suez. Ed a rendere
compito per noi lo studio di si importanle argomento bi-
sogna piu spccialmente aggiunger la indagine sui mezzipiu
opportuni per conseguire che questi elementi del commer-
cio tra f Europa e 1' Asia preferiscano nei loro movimento
il nostro porlo. — Da ultimo, dopo avere determinate la
importanza dell1 aperlura dell' istmo rispetto al commercio
europeo in generale e al commercio veneto in particolare,
e anche mestieri conoscere per quali provvedimenti inter-
nazionali si possa ottenere che questa naturale importanza
non sia tolta e scemata da ingerenze arbitrarie. Sotto que-
sto riguardo F argomento venae sfioralo nei solo inleresso
dei capitali chiamati a fare Y impresa. E necessario che la
— 32;* —
si discuta colic piii auipie vcchitc dell' intercssc general©
del eoniniercio.
II premio e di austriacbe L. -1800 : — e verra aggiudi-
cato nella pubblica solenne adunanza del 50 maggio 1857.
II.
Non essendo stala data soddislacente soluzione
del qucsito scguente, 1 I. II. Jslituto crede conve-
niente di riproporlo uei seguenti termini :
« Paragonare, in base delle piu fondate teorie, e delle
meglio provate sperienze, i varii meecanismi, die toroano
maggiorniente acconci ad innalzare l'acqua a piccole aUez-
ze (non superiori a tre inetri) ; c dedurre i principj cbe
ne' diversi casi di asciugamento e d'iri'igazione possono
determinare la scelta. Si dovra avere riguardo ancbe alia
natura ed al modo della sua applicazione. »
Ancbe per questo il premio e di austriacheL. 1800: —
e verra aggiudicato nella predetta solenne adunanza.
Nazionali e stranieri, eccettuali i Membri effettivi dclli.
r. IstitutOj sono aniraessi al concorso. Le Memorie po-
tranno essere scritle in italiano, latino, francese, ledesco
ed inglese; e dovranno essere presentate francbe di porto,
prima del giorno 15 marzo 4 857, alia Segreteria dell' Isti-
tuto niedesinio. Secondo 1' uso accademico, esse porteran-
no un' epigrafe, ripetuta sopra un \igbelto sigillato, con-
tcnente il nonie, cognome e l'indicazione del domicilio
dell' autore.
Cosi per I' uno conic per 1' allro dei due proposli quc-
sili verra apcrto il solo vigliclto della Memoria premiata,
— 324 —
la quale rimarra in propriety dell' i. r. Istituto. Le altre
Memorie, coi viglietli sigillati, saranno restituite, dietro do-
manda e presentazionc della ricevuta di consegna, entro il
termine dell' anno 1857.
Venezia 10 febOraro 4 856.
// Presidente
PROF. B. POLI
// Segretario
DOTT. GIACINTO NAMIAS.
ANNO ACCAD. 1855-56 D1SPENSA QUARTA
8DLLE UNITA DELLE VARIE QUANTITA FISICHE
SULL'IMPOKTANZA ED USO DELLE TEOIUE
PER RACCOGLIERE
E COOItDINARE I FENOMEINI FISICl
D1SC0RS0
DEL M. E. PROF. GIUSTO BELLAVITJS
Letto
nelle adunanzc del "20 luglio 1851 e 21 marzo 1852.
(Coiitinuaz. della pag. a5a della precedente dispcnsa)
Delia luce e del calorico raggiante.
121. V cnendo a parlarc dclla luce, la sua misura, foto-
metria, costiluisce, conic tutti sanno, uq problcma molto
difficile, e del quale nun ancora puo prescntirsi la possibility
di trovare un' esatta soluzione. — 0 ci bisogna giudicare
dell' intensita della luce coi nostri sensi, e sotto qucsto ri-
guardo 1' occhio e imperfetto, e difficile riesce la compa-
razione di due luci, speeialmente se abbiano liute diverse.
Oppure noi ricorriamo a qualcbe effetto prodotto dalla
luce, e nulla ci assicura die tal effetto sia proporzionale
all' intensita luininosa. Cosi noi abbiamo piuttosto motivo
per credere che la facolta calorica dei raggi sia indipen-
Serie III, T. 1 43
— 320 —
dente dalla loro facolta luminosa. — Mirabilissime sono le
corrispondenze tra i raggi luminosi e le mutazioni chimi-
che, die essi possono promuovere, nulladimeno noa vorrei
prendere le seconde come misure delle vibrazioni eteree :
lanto piu che queste mi sembranu doversi considerare
soltanto come la cagione che sturba quella specie di equi-
libria- instabile, in cui si tcnevano i corpi legati da deboli
aflinila chimicbe, sicche essi si riducono poscia a piii sta-
bile combinazione: si aggiunga cite P azione chimica pro-
vocala dalla luce suule apprezzarsi mediante una corrcnte
elettrica, e si vedra quanto sia difficile stabilire precise
unita e precise misure col fotometro chimico-elettrico.
122. Non faranno maraviglia tali difficolta ove si con-
sideri che le stesse si troverebbero nel suono, essendo ben
difficile stabilire una misura per la sua intensita. — In
quanto al tuono esso esattamente si deflnisce mediante il
tempo della durala di una oscillazione, e sarebbe percio
conforme alia nostra unita di tempo lo stabilire invariabil-
mente per base della scala diatonica il cesolfaut, che
compie in un minuto secondo un numero di vibrazioni
espresso da 52, da 04, o da altra polenza del due.
125. Cosi le unita nalurali dei luoni sono [l'': 2s],
|lv: 26], ec, e per esempio ■= \\": 2,0| esprime quel gesol-
reut che fa I55G vibrazioni in \" . -- Similmente 1' unita
dei colori e data dal tempo \\" : 2^1 ; ma atteso l'incertez-
za che pud rimanere nel tempo delle vibrazioni, potrebbe
prendersi invece per individuare ogni colore la lunghezza
dell' ondulazione nel vuoto; allora I'unita sarebbe [m: I0c]y
e le principali striscie nere dello spettro (alle quali giova
riferire ogni colore) sarebbero espresse dai numeri 0,688,
0,056, 0,589, 0,526, 0,485, 0,429, 0,595.
124. Sono gia alcuni secoli che il dominio dell' ottica
— 327 —
v disputato da tin' ipotesi e da una pseudoipotesi : 1'ipotesi
delle ondulazioni e la pseudoipotesi dell' emanazione. Que-
st' ultima sostenuta dall' aulorita di un Newton conservo
per parecchi anni la proponderanza ; ma la prima ha ormai
ripresi i suoi diritti, ne piii cedera il posto che le compete.
Vediamo brevemente qual fosse la sua emula.
425. Non e da meravigliarsi se lo scopritore dell'attra-
zione era disposto a scorgere in tutla la natura questa for-
za, che basta a reggere i corpi celesti ; la sua facilila di
spiegare la rifrazione porto che I' inverisimile ipotesi del-
I' emanazione facesse dimenticare quella delle ondulazioni
molto piii probahile ed appoggiata ad osservabile analogia.
Ecco dunque la luce spargersi per lo spazio colla velocita
della folgore: qual portentosa forza la spinge, che nessun
ostacolo ne possa rallentare il corso ? Essa e emanala a
torrenti non solo dagli immensi astri, ma ancora dal mi-
croscopico insetto fosforescente. I corpi opachi la assor-
bono per secoli, ne mai ne hanno pure un alomo per ema-
nare. Questi raggi di luce s'incontrano , s'incrociano in tutte
le dirczioni, e ciascuno segue la sua via senz'essere menoma-
mente turbato da tanti urti. Cosi la legge della composizione
dci movimenti e distrutla dalla [iscudoipolesi dell' emana-
zione.
•126. Quel fluido, che sembra continuamente crealoed
annientato, di cui ogni passo 6 un mislero, venga ora
analizzato dal prisma. Non piii abbiamo una sola luce,
bensi miriadi di luci tutte different!, esse vanno unite nella
rapidissima loro marcia, ed allora soltanto si separano che
attralte con differente energia dai corpi si rifrangono a
diverso grado, e lasciano scorgere quei variati colori, nella
cui unione I' occhio non sapeva scernere che il bianco.
427. Tra le infinite luci se ne scelga una, per esempio
— 328 —
la piu rosso, ed un raggio di essa entri in una laminetta di
vetro, che abbia la grossezza di un milionesimo di pollice;
il raggio non uscira per la seconda faccia della lamina,
ma sara riflesso all'indentro: che se la grossezza sia di
due milionesimi, il raggio altraversera la lamina uscendo
per la seeonda superficie : e se quella sia di tre milionesi-
mi, il raggio entrato per la prima superficie sara respinto
dalla seconda: ai quattro milionesimi corrispondera inveee
la libera uscila, e cosi in seguito allernativamente. La
pseudoipotesi spiega i fenomeni nel seguente modo: i rag-
gi di luce acquistano ncU'enlrare nella laminetta un accesso
di facile riflessione, il quale e massimo quando il raggio ha
percorso nel vetro la lunghezza di un milionesimo di pollice;
a questo accesso sucecde un accesso di facile trasmissione,
la cui maggior energia corrisponde alia lunghezza di due
milionesimi ; e cosi contiuuano a sempre uguali interval li
gli accessi di facile riflessione e di facile trasmissione.
\ 28. Passiamo ad altri fenomeni. Ecco un raggio di
luce cilindrico, il quale viene compiutamenle riflesso da
una laslra di vetro prcsentatagli sotto data inclinazione:
se la lastra si fa ruotare di un angolo retto intorno al
raggio medesimo, sicche 1' angolo d1 incidenza si conservi
costante, il raggio sara trasmesso per enlro la lastra : un
allro quarto di rolazione produrra la riflessione: in guisa
che nel raggio si distinguono quattro lati, a due dei quali
corrisponde la facile riflessione ed agli altri due intermedii
tra i primi la facile trasmissione. La pseudoipotesi ne ha
conchiuso che le molecole della luce hanno duepoli, quasi
fossero piccolo calamite, e che quando i poli di tutte le
molecole sono rivolti da uno stesso lato, la luce, che dicesi
polarizzata, ha da due lati opposti la facolta di rilletlersi,
dagli altri due quella di trasmettersi.
— 329 —
129. Accenniamo finalmente un altro fenomeno. Due
raggi di una medesima specie di luce scorrono 1' uno ac-
canlo all1 allro in direzioni quasi esattaraente parallele, essi
vengono ad incrociarsi sotto un angolo aeutissimo: ognu-
no si aspetterebbe di veder cola una luce raddoppiata, in-
vece apparisce l'oscurita. La pseudoipotesi dell'emanazione
non trova mezzo di spiegare come due luci die corrono
insieme possano mutuamente distruggersi ; essa rimane
abbattuta: il fenomeno delle interferenze fa ritornare al-
V ipotesi delle ondulazioni.
130. Arrestiamoci a fare alcune considerazioni. La
pseudoipotesi dell' eraanazione, inverisimile nei suoi prin-
cipii ed assurda nelle conseguenze, non offri alcuna spie-
gazione che in qualche modo la giustificasse. Eccetluati i
piu semplici fenomeni di riflessione e di rifrazione, essa
non pote superare alcuna difficolta; ad ogni nuovo fenome-
no convenne immaginare novella supposizione: ad un solo
fluido se ne sostituirono infinili, alle molecule si diedero dei
poli, e quasi si dotarono di vita loro attribuendo dei pe-
riodic! accessi. Nulladimeno moltissimi fisici la conside-
rarono non come una pseudoipotesi, ma come la vera
esposizione del secreto della natura : la credulita non e
privilegio esclusivo d1 alcuna classe di persone. — Se pel
fenomeno delle interferenze si fosse trovato un allro ripie-
go anche stranissimo, ed affatto indipendente dalla primi-
tiva pseudoipotesi, si sareltbe detlo che 1' emanazione
spiega anche le interferenze; giacche si crede di spiegare
un fenomeno generale immaginando una supposizione
precisamente altretlanto generale e modellata su di esso.
Cosi quando si dice che in un dato caso la luce si riflelte,
questo si chiama annunciare il fenomeno; e quando si
dice che in quel dato caso la luce e nell' accesso di facile
— 330 —
riflcssione, si pretende averlo spiegato. Quaoto e mai
grande il potere delle parole !
13 1. Ma so da tutto questo alcuno no volesse arguire
che i flsici malamenle operarono uel segoire una pseudo-
ipotesi cosi slrana ed infeconda, e che senza di essa sa-
rebbero stati maggiori e piu sicuri i progress! dell1 ottica,
egli sarebbe in un errore piu' dannoso del troppo facile
contentamento degli altri dotti. I flsici ebbero torto sol-
tanto nel non appigliarsi ad una ipolesi gia conosciuta
mollo piu verisimile, e non meno opportuna delta pseudo-
ipotesi alia coordinazione dei fatti. Del resto, in mancanza
della ipolesi delle ondulazioni avrebbe bisognato atteaersi
alia pseudoipotesi dell' emanazione, o ad altre equivalenti
supposizioni, senza di che 1' ottica anziche una scienza
sarebbe una imbarazzatissima raccolta di fatti. — La teo-
ria, esprimendo con una semplice formula i fatti generali,
riesce vantaggiosissima per rintelligenza e spiegazione dei
fatti particolari e complicati. Cosi, per esempio, dopo aye-
re stabilita 1' esistenza d' infinite luci variamente colorate,
ed avere attribuito a ciascuna di esse una differente lun-
ghezza degli intervalli, a cui competono gli accessi di faci-
le riflessione o Irasmissione, si ha naturalmente la spie-
gazione dei colori presentati da una lamina sottile illumi-
nata dalla luce bianca, cioe da un determinato miscuglio
di tutte le specie di luci: questi colori non sono gia sem-
plici, come quelli del prisma, ma nascono dall' unione
delle differenti specie di luce nelle proporzioui determinate
dalle maggiori o minori quantita che di ciascuna di esse
sono riflesse dalla seconda superficie.
152. II Comte rifiuta e f ipolesi delle emanazioni e
quella delle vibrazioni ; egli dice espressamente che que-
st'ultima abusivamente trasportata dall' acustica alio stu-
— 331 —
dio dei fenomeni luminosi non pu6 condurvi die a con-
cezioni ehinieriche ; e tutto qucsto perche 1'etere lumi-
nifero e un ente immaginario, la cui esistenza non e pro-
vata direttamente. Immaginiamo clie sieno ancora ignoti
alcnni poehi dei caratteri che dimostrano (§. 51) T esi-
stenza dell' aria: in tal caso, secondo il Comte, iui-
maginare I' esistenza dell' aria sarebbe Io stesso come
sotloporre la fisica alia metafisica, incagliare ogni pro-
gresso di quella coll' introduzione dell' idea di un ente im-
maginario. Ma che diverrebbcro la teoria della trasmis-
sione dei suoni e 1' acustica senza 1" ipotesi dell' esistenza
dell' aria ?
435. Parrebbe che V esistenza dell' etere, alle cui
vibrazioni si attribuiscono i fenomeni luminosi, fosse ap-
punto dimostrata da quella mirabilissima teoria che i fisici
seppero stabilire su quel principio, e ehe cosl bene corri-
sponde eon tanti fenomeni particolari. D'allronde, fosse
anche improbabile 1' esistenza dell' etere, fosse pur essa in
opposizione con qualclie fatto fuori di quelli, che e desti-
nata a spiegare, sarebbe sempre cosa ppportuna ammette-
re 1' etere come una ipotesi, o, se si voglia, una pseudo-
ipotesi, e col suo mezzo riunire i fenomeni dell' oltica ;
e formarc cio che costiluisce una vera scienza, vale a dire
una teoria col cui mezzo si possa prevedere 1' esito di
sperienze non ancora tcntale. — II Comte palesa piii volte
il dispiacere che il principio delle interferenze od altri
primipii generali non sieno slati ancora sciolti dai chime-
rici concepimenti sulla Datura della luce. Cio non fu fatto,
perche probabilmente non e possibile farlo; togliele I' ipo-
tesi delle vibrazioni, togliete quella dell' emanazione, ed i
fenomeni luminosi vi rcslano tutti slegali, ne potrete
apprenderli se non se ad uno ad uno; do[io li dimculiche-
— 332 —
rete colla stessa facility con cui si dimenticano i caralteri
di una serie di piante.
1 54. Quello stesso calore, che scorre icntamente
nell' interno dei corpi, talvolta si propaga rapidissima-
mente, ed i suoi raggi seguono le leggi stesse dei raggi
luminosi. Supporre che veramente il calorico sia slanciato
dai corpi con quella prodigiosa velocita, sarebbe lo stesso
come voler incontrare tulte le opposizioni, a cui e sogget-
ta la pseudoipotesi dell' cmanazione della luce : e per so-
prappiu bisognerebbe accogliere quella slranissima ipotesi
dell' equilibrio mobile. — Parrai adunque necessario am-
metlere che il calorico, che esce da un eorpo non sia
quello stesso, che quasi nello stesso istante entra in un
corpo molto lontano : bensi che il calorico, che usccndo
da un corpo entra in un mezzo diatermano, spinga innan-
zi il calorico circostante, questo spinga quello che gli sta
da presso, e cost in seguito lino a quello che entra nel
corpo lontano. Mi pare che cio sia pienamente analogo a
quanto avverrebbe alio scoppiare di una mina ; il suono si
propaga da lungi, e contemporaneo al suono si prova
dall' aria un forte urto, che puo spezzare le invetriate, e
che per certo condenserebbe 1' aria contenuta in una
stanza se ad essa fosse impedita 1' uscita. — Non ripeterO
1' ipotesi che altra volla abbozzai su questo argomenlo;
diro solo potersi supporre che I'etere luminifero ed il ca-
lorico sieno uno stesso fluido ; la quale ipotesi potrebbe
eccitare a qualche ricerca sperimentale sulla propagazione
della luce nei mezzi molto riscaldati; e raccomandero ai
tisici, che hanno i mezzi ed il talento di sperimentare, di
occuparsi anehe dei raggi frigoriflci ricercandone le pro-
priety, forse analoghe a quelle scoperte da I Melloni nei
rassi caloriiici.
— 333 —
DeW elettricismo e del magnetismo.
155. Sarebbe forse una curiosa ricerca ideologica !o
spiegare la difficolta die si prova nell' amraettere 1' azioue
a distanza. Fino dal nostro nascere scorgiamo i pesi ca-
dere al basso senza apparisca alcun corpo obe ve li spinga,
e siamo affetti dai suoai e dai colori, bencbe sieno da noi
lontani i corpi sonori o colorati ; sembrerebbe percio die
non ci dovesse riuscir difficile concepire 1' azione senza
alcun intermezzo, giacche a cid fumnio sempre abiluati. —
Ma la cosa non e cosi, ed abbenche la causa dell' urto dei
corpi non fosse niente meglio conosciuta di quella d' ogni
altro fatto elementare, pure molli iisici si studiarono di
ridurre ogni fenomeno all' urto di un qualcbe fluido invi-
sible. Cosi le attrazioai o repulsioni delle calamite furono
attribute ad un fluido, die continuamente usciva e rien-
trava nelle calamite: un altro fluido spingeva i corpi non
eletlrizzati verso gli eleltrizzati; ed una corrente opposla
del medesimo fluido serviva egualmente a spiegare la re-
pulsione. Quanto poco filosofica fosse questa maniera di
spiegare i fenomeni non v' e orinai cbi nol vegga : non si
era fatto die sostituire il moto di un fluido immaginario a
quello dei corpi, e la difficolta diveniva maggiore non sa-
pendosi qual forza facesse muovere incessantemeute il flui-
do magnetico od clettrico.
156. Pure, se con questa erronea supposizione si fos-
sero poluti raccogliere in pochi canoni ttitti i fenomeni
magnetici od elettrici, si avrebbe avula un'utile pseudoipo-
tesi: ma possiamo astenerci dal considerare questa antica
Serie 111, T. I. u
— 334 —
ipotesi, che gia pur troppo anche nelle modei'ne se ne tro-
vano parecchie poco probabili nei fondameoti e che sono
utili soltanlo per la mancanza di altre migliori.
\o7. Siccome le proprieta dot corpi elettrizzati oltre
essere, fino ad un eerto puoto, indipendenti dalla speciale
Datura di questi corpi, sono anche trasfusibili dagli uni agli
altri ; cosi fu molto opportuaa I idea di attribuirle ad un
particolar corpo, ehe si disse fluido elollrieo. — Atnmet-
tendo uno o meglio due fluidi elcUrici, Ie parti di ognuno
dei quali si respingano secondo la ragione inversa del qua-
dralo della distanza, e con egual legge attraggano le parti
dell' altro fluido, e supponendo cite i corpi, altri lascino
passare liberamente quei fluidi, altri quasi ne irapediscano
il movimento, si giunge a spiegare tutti i lenomeni di
elettricita statica ; e cio in modo preciso cd anche sotto-
ponibile al calcolo.
158. Anche su questo argomento dellelettricita statica
io non posso accordarmi coH'opinione del Cotnte, che non
crede meritevole di alcun riguardo la teoria niateinatica
sulla dislribuzione dell' eletlrico alia superficie dei corpi
conduttori, e dice che nulla su questo proposito fu fatto
dopo le sperienze del Coulomb. Io non voglio per certo
porre a confronlo linsigne opera del Fourier sulla distribu-
zione del calorico, e le memorie del Poisson sulla distribu-
zionc dell' elettrico : il secondo non sara giunlo a risulta-
menli egualmente precisi del primo, ne si potranno avere
altrettanti risconlri coll' espcrienza. Ma I' idea fondamen-
tale e la stessa nei due problerai; si tratta sempre di partire
da una semplicissima legge assunta per ipotesi, e di
dedurne tutte le conscguenze die possono otlenersi col
calcolo: se I'espericnza verifichcra le variatissime conse-
guenzc, anche la legge ipotetica reslera verilicata. Le spe-
— :«5 —
rienze sulla distribuzione dell1 elcttrico sono quindi pre-
ziose o necessarie: ma colle sole sperienze non si giun-
gerebbe mai a generali conseguenze, ed alia previsione di
nuovi fatti ; niente meglio di quello che colle sperienze si
polessero stabilire tutti i teoremi della teoria del calore.
159. Sul proposito delle applicazioni della mateinalica
alia fisica, noleremo cbe esse sono di differenti nature, e
cbe quindi differentemente vanno giudicate. Merita appena
far cenno dell' opinione di coloro cbe quando veggono una
formula od un segno algebraieo, la considerano come una
deplorabile invasione della matcmatica Delia fisica. Fu
anclie detto cbe la legge conoseiuta sotto il nome del
Mariotte fu slabilila da matematici, e die 1' esperienza
mostro erronea quella legge. Non occorre gia esser
matematieo per annunciare cbe la densila di un gas e
proporzionale alia pressione cui e sottoposto: sono anzi i
non-matematici die bene spesso solo die due quantita
crescano insieme nededucono die esse sono proporzionali;
i matematici sanno troppo quanto variate possano essere
Ie dipendenze di due quantita per istabilire di tali azzardate
conseguenze. Furono le sperienze e non il calcolo, cbe
indicarono al ^Iariotte ed al Boyle la predetta legge; e
quand' anche sperienze piu accurate abbiano mostrato che
essa non e precisamente esalta^ pure essa rimarra sempre
ulilissima come dotata di grande approssimazione.
140. Ogni qual volta da alcuni principii o leggi si
vogliono dedurre delle conseguenze relative a quantita,
torna sempre opporluno, spesso necessario, il calcolo, che
e un ragionamenlo preciso. Dichiarare nocevole il calcolo,
sarebbe lo stesso come condannare il ragionamento; cre-
dere di polerne fare a meno, sarebbe soslituire a con-
seguenze esatte delle conseguenze indeterminate, e per-
— 33G —
cio suscettibili di mille inlerpretnzioni. Potrebbe servir
d' esempio un fisico che volcsso costruire un buon istru-
mento oltico aforza di sperienze e di ragionamenti senza
ealcolo.
141. Furono i naatematici che da due sole leggi trassero
tutta la meccanica celeste; furono matematici die da
pochissimi principii ipotetici trassero quella teoria sulla
luce, che in qualehc parte puo gareggiare colla meccanica
celeste. Spetta ai tisici osservatori verificareleconseguenze,
e quindi moslrarc la verisimiglianza od almeno 1' ulilita
delle ipotesi.
142. Qualche volta i nialemalici assuniono una ipotesi
e adoperando le piu elevate risorse del ealcolo ne traggono
tutta una teoria. Per esempio: suppongono che i fenomeni
del calore dipendano dalle vibrazioni, e tenlano di crearc
una nuova teoria termologica: immaginano 1' etere com-
posto di atomi dotati di forze, e studiano le leggi delle loro
vibrazioni. Questi lavori sono meritevoli di molta stima, e
per le difficolta analitiche che vi sono superate, e pei
vantaggi che torse se ne potranno ottenere. — Se le finali
risullanze di una teoria matemalica si accorderanno in
qualitii, peso e misura coi fenomeni, il geometra avra fatto
cosa ulilissima ; se no avra fatto un esercizio di ealcolo
non dannoso. — Chi adopera un istrumenlo cosi potente
qual e 1'analisi matemalica, puo fare buon' opera anche
con trisli maleriali: periodic io cerlamente non condanno
le teorie matematiche fondatc sulla pseudoipotesi degli
atomi, o di altra maniera di coslituzione dei corpi. — II
Corate rimprovera ai fisici di lasciarsi imporre dai mate-
matici, anziche seguire la via delle sperienze. Rimprovero
ingiustissimo : ogni fisico sa che 1' osservazione e la base
della scienza, e piuttostoche attribuire alia materaatica
— 337 -
una soverchia importanza e disposto a rifiutargliela. Se
talvolta cgli ccrca nolle teorie matematiche anche imper-
fettissime un filo, die lo diriga nelle sue ricerche, ne e
cagione la mancanza d' ogni altra migliore guida ; e nel-
1'oscurita si suole affidarsi ad ogni incerto lume.
145. Le teorie, piultostoche giudicarsi obbiettivamenle
dalla verisimiglianza delle ipotesi a cui si appoggiano,
vauno giudicate subbiettivamente secondo i vantaggi che
ci presenlano per ridurre a poehi principii numerosa serie
di fenomeni, — per darci un linguaggio onde descriverli,
— per esprimere in numeri 1' intensita dei medesimi. —
Sotlo queslo punlo di vista la teoria dei due fluidi elettrici
e la piu opportuna ; come lo mostra I'identita, o quasi, dei
fenomeni presentati dai corpi eletlrizzati in piu od in meno,
e la facilita di spiegarli col solo principio dell1 attrazione e
repulsione dei due fluidi secondo la legge Newloniana, e
cio senza bisogno di eortsiderare alcuna azione dei corpi
conduttori, i quali vengono a far I' uflicio di vasi conte-
nenti i fluidi elettrici liberi. — II Comte, che non vorrebbe
che nella fisica fosse introdotto alcuo enle, di cui non
fosse provala direttamente 1' esistenza , doveva provarsi
ad esporre chiaramenle e coordinare i fenomeni di eletlri-
cita statica senza far mai alcuna allusionc ai fluidi elettrici.
144. Se mai si giungera (e per ora si puo averne piut-
tosto il desiilerio che la speranza) a scoprire la cagione
dei fenomeni elettrici; per verilicare I' ipotesi non oceor-
rera vedere se essa si accordi con tutti i fenomeni deirelet-
tricita statica, bastera esaminare se, almeno approssimata-
mente, conduca alle slesse conseguenze delta teoria dei due
fluidi elettrici, poiche tali conseguenze sono approssima-
tamente conforini ai fenomeni. — Le teorie che danno
non vaghe ed indecise spiegazioni dei fenomeni, bensi le
— 338 —
misure di qucsti, sono utilissime anche per servir di scala
a scoprire le vere cagioni.
-145. Per unita del fluido elettrico positivo [-f-e] po-
trebbe prendersi quella quantita, die riunita in un punto
eserciterebbe sulla corrispondente quantita [— e) di fluido
elettrico negativo posla alia distanza di un metro la forza
attratliva espressa da [lm: \"\"\, cioe quella ehe in \" e
capaee di comunieare ad un chilogramma la veloeita di
un metro per l".
liG. Le teorie diverrebbero dannose soltanto a chi
ciecamente le ritenesse come csprimenti le vere cause, e
ne volesse dedurre altra serie di fenomeni oltre quelli,
cui esse sono capaci di esprimere. Le pseudoipotesi dei
due fluidi elettrici e dei due fluidi magnetici erano suffi-
cienti a rappresentare buona parte dei fenomeni dell' elet-
tricila statica e del magnetismo puro. Ma quando il fluido
elettrico scorre incessantemente pei conduttori; quando
queste correnti elettriche si pongono in conditio o col
magnetismo, o fra di loro, o con altre azioni fisiche o
chimiche, sorgono tali classi di fenomeni, ehe non si
sarebbe saputo dedurre da quelle teorie, c die con esse
difiieilmente si collegano.
147. Perspicaci osservatori pongono a calcolo alcune
di quelle nmlue azioni e ne deducono delle speciali teorie,
ehe riducono a poche e semplicissime leggi le azioni tra le
calamite e le correnti elettriche, e di queste tra di loro :
azioni ehe coi loro variatissimi effetti sembrerebbero
sfuggire ad ogni legge.se non si facesse il dovuto conto
delle moltiplici circostanze, die nascono dalle variate
forme delle correnti. Se non ehe queste teorie non for-
mano gia un solo tutto, e, quel ehe e peggio, parecchie
classi di fenomeni rimangono senza alcuna teoria, ehe li
— 339 —
colleghi e li riduca a pochi priacipii. Cosi la scienza
diventa quasi una storia, ossia una descrizione di fenomeni,
olie mutano colle circosianze, senza che si possa prevedere
qual sara la vera misura del fatto; e molto meno indovi-
nare quali altri fenomeni si potranno senprire combinando
in altro toodo le forze della Datura.
i 18. Di quesla insufiicienza delle teorie noi ne abbia-
ino una prova nella maneanza di unita, che servano a
misurare le cause e gli el't'etli. In che una correlate elettrica
differisce da un' altra ? Nella sola quaotita di eletlrieo che
passa pel reoforo in un dalo tempo, oppure eziandio in
una proprieta per qualcbe maniera analoga alia lensione ?
Quali sono le relazioni tra gli elemeoti dell'intensitadi una
corrente elettrica, e i varii effetli che puo produrre ? Que-
sti, se si considera l'azione conlinuata della corrente, sono :
attrazione o repulsione sopra una corrente parallels, —
spinla perpendicolare al piauo sopra il polo di una cala-
mita, — riscaldamcnto, — scintilla luininosa, — azione
chimica, — magnetizzazione: e se si consideri i primi e gli
ullimi istanti dell' esislenza della corrente sono: correnti
indotte, — commozioni iisiologiche, ec. La lisica aspetla
se non una teoria generale, che abbracci tutti quesli feno-
meni, almeno un sufliciente numero di teorie parziali, che
servano a prevederli e calcolarli. Ne a cio si potra giun-
gere se da prima non siasi riuscito a stabilise unita e
misure delle cause e degli effetti.
149. Forse che laholta si da troppa importanza all'os-
servazione di un nuovo fenomeno: e non si darebbe pro-
porzionata lode al lungo lavoro di un diligente, conscien-
zioso e perspicace sperimentatore, che osservasse e discu-
tesse molte misure di fenomeni gia conosciuti. Pure questi
sono i lavori, dai quali puo trarsi buon frutto di scienza.
— 340 —
150. llelativainente all' origine delle correnti voltaichc
due opinioni dividono il campo. Ma tale questione non
ispetta all' argomento del presenle discorso ; poiche non si
tratta di scernere quale di due ipotesi sia la meno invert-
simile o la piu opportuna, bensi di decidere un fa I to con-
troverso, di stabilise quale tra due opposte sentenze sia la
vera ; e questo e ufflcio dell' esperienza molto meglio che
del ragionamento. — Ed infatti, non rade volte fu asserito
da un fisico di scorgere qualehe leggera tensione elettrica
ove altri negava che si palesasse ; ed ancbe le piccolissirae
azioni chimiche furono sostenute o combattute seeondo
che cid favoriva o contrariava 1' opinione adottata. —
Se fosse veramente stabilito che I' oro ed il platino non
dessero alcuna corrente voltaica mediante 1' acido nitrico,
ed essa si generasse tosto che per 1' aggiuuta del cloro si
rende possihile I' azione chimica : questo fenomeno, e
1' altro della scintilla otlenuta dal Faraday prima del con-
tatto, lascierebbero ben poca speranza ai sostenilori
dell' azione elettromotrice del contatlo. — D' altronde e
pur vero che se si trovassero correnti elettriclie senza
alcuna azione chimica rimarrebhe da cercare la causa che
le produsse; poiche il contatto dei metalli potra essere l'oc-
casione, non mai la vera causa di un fenomeno, che non
consiste in disequilibrio momentaneo, bensi in una cor-
rente perpetua.
151. Sicche, seeondo la data defmizione (§ 5G), la
dottrina dell' azione chimico-elettrica potrebbe essere una
ipotesi, quella del contatto soltanto una pseudoipotesi; e
perche essa fosse veramenle utile bisognerebbe che, sta-
bilite le forze elettromotrici dei metalli e le facolta con-
duttrici dei liquidi, se ne potesse dedurre la intensita della
corrente che esse producono.
— 341 —
Delle vicendevoli azioni tra gli ((genii fisici.
152. K eosa singolare che i iisici don abbiauo preve-
dute niolto classi di fenomeni, clie pur I' analogia avrebbe
dovuto far presenile: cosi le scoperle si sono invece falte
tardi e quasi aecidcntalmente. — Ormai si conoscouo
molte delle vicendevoli influenzc a due a due tra quesli
agenli: Calorico, luce, elettrico, magnetico, azioni chimi-
che, azioni fisiologiehe ; ma come Ientamente esse si
andarono discoprendo ! — Fino dai primordii dell' elellri-
cismo e del galvanismo si dovellero osservare i fenomeni
clettrolermici (I) e galvanotermici (2); poscia si scoper-
sero i fenomeni IcrmoeleUrici (5) (4), i quali si dividono
in due classi secondo che producono sollanlo tensione
clctti'ica, come nella tormalina, oppure corrente galvanica.
155. Quesli ullimi fenomeni non potcvano essere scorti
se non dopo che I' eletlromagnelismo avea dalo un deli-
calissimo galvanomelro magnetico. Anchc i fenomeni
elettromagnettci possono distinguersi in elettromagnetici
propi'iamenle detli (5), che sono quelli di calamilazione,
ec. prodotli da scintille elellriche, ed in galvanomagneli-
ci (G). — Si conoscevano gia i fenomeni elellroclilmici (7) e
galvanochimici (8) : le eorrenti vollaiche sono viceversa
fenomeni chimicogalvanici (0), e probabilmenle anche la
macchina eletlrica a sfregamento e unapparecchio chimico-
elettrico (10). Non ho bisogno di ricordare i fenomeni
ckimicotermici (II) e termochimici (12), chimicoluminosi
(15) e fotochimici (1-5), termofisiologici (15) e fisiolermici
(16), ottici nonche folofisiologici (17), e fisioluminosi (18)
qual e il lucicare di alcimi animalucci.
•15 5. Ad onta di lanle vicendevoli azioni, passarouo
Serie 111. T. I. 4S
— 342 —
alcuni anui dopo la scopertadei fenomeni galvanomagnetici,
scnza die si pensasse di ricercare, so a sua volta il ma-
gaetisrao polesse dar origine a qualche corrente galvanica.
Per fare la scoperta delle correnti magneto galvanic he (10)
bisognava essere penetrati di queslo principio, diro cosi
logico, che una correnle non potra aversi da uno stato di
permanenza. ma soltanto da uo qualche mutamento:
ritenendo adunque il reoforo ravvollo a spira, eol quale
una correnle elettrica magnetizza il ferro eontenuto den-
Iro la spira, bisognava viceversa mutarc lo stato raagnetico
di queslo ferro, e si sarebbero scoperti i fenomeni magne-
togalvanici. Ci voile invcee tanlo tempo per fare un passo
cosi facile e ualurale, indieato eziandio dai fenomeni del
magnetismo di rotazione (m). II magnetogalvanismo (19)
combinato coll' ingegnosissima teoria dell' Ampere di rap-
prcsentare una calamila mediantc correnti elettriche
circolari, gli apri il campo alia scoperta delle correnti per
induzione (g).
155. Nell' accennare le predette vicendevoli azioni mi
sono servito delta voce galvanismo per indicare le correnti
elettriche; avrei volenlieri preferito reoelellricismo o vol-
laismo, ma quesle parole hanno suono sgradcvole e ven-
gono poco usitate. — Sembrami che sarebbe molto op-
portuno di stabilire un linguaggio uniformc per indicare
tante azioni e tanti istrumcnti. Cosi, per esempio, vi sono
i (jalvanometri magnetici, il galvanometro termico (facendo
passarc la corrente per una spirale del Iireguet), Wtermome-
tro galvanomagnetico del Melloni, il telegrafo galvanochi-
mico del Bain, ecc.
156. Non sara forsc inutile scorrere col pensiero su
tutle le altre vicendevoli azioni Ira le predette cause, il
die si rendera ancora pi li palese nelia seguenle tavoletla:
— 343
Calor.
Luce
Chiiii.
12
14
55
7
III
25
Fisiol.
Elettr.
5
50
Galv.
4
Magn.
20
28 |
Calorico
51
11
52
15
18
29
15
17
Luce
50
Chimica
oo
56
56
10
55
21
9
57
54
9
19
24
Fisiologia
16
III
-2
26 1
-H
6
! Elettricita
Galvanismo
29
Magnetismo
cr poco clic non proponesse di sosli-
tuirvi il sistcma iluodccinialc. Mi pare che anche in qucsto propositi!
(§. q) .si passasse troppo leggermenle sopra una considcrazione dclla
maggiore iniporianza : il sostituire la numerazionc duodecimale alia
decimate sarebbe slata una dannosissima innovazione. L'abbaco, o lavola
di molliplicazione, c nel sistema decimalc troppo difficile perchc esso si
prescnli alia memoria di chi non c mollo abitualo nel calcolo con quella
spontaneila e sicurezza, die sarebbero necessarii a rendcrc Ic operazioni
aiilmeliclie facilmente accessibili a lutti. Nel calcolo duodecimale la dif-
ficolla dell' abbaco diventerebbc piu die doppia, ne credo d1 csagerarc
dicendo die di qiiatlro personc capaci di calcolarc senz'averc^olt'occhio
la lavola di molliplicazione, appena una acquislcrcbbc (ale abiludinc se
il sistema duodecimale fosse sostituito al decimalc. — Nel nuovo sistc-
ma dovrebbesi introdurre I' uso di due cif're di piu del decimalc; il van-
taggio poi di esprimcre le quantita col mezzo di un minor n timer o di
cifre sarebbe trascurabile, giaccbe per una quantila die ora si csprime
con tredici cifre nc basterebbero allora dodici.
Fu arbitraria, c soltanto f'ondala sul numero delle dila, la scelta del
dieci per base della numerazionc, dandosi la prefereaza al cinque in
conironto del piu semplicc tre. II sistema di numerazionc piu oppor-
tune c nalurale e il scnurio; csso vale ad esprimcre esattaincnle lutlc.
le I'razioni, per Ic quali cio e possibile nel sistema duodecimale ed ha
grandissimo vantaggio di facilita anche in conironto del decimalc; in
guisa die ogni piu scarsa intelligenza nc apprendcrebbe I' abbaco. —
Se ndlo stabilire le nuovc misurc si losscro adollalclc division! scnaric,
il calcolo ad esse relalivo avrebbc poco a poco i'alla nascere I' abiludinc
del calcolo senario ; c lorsc clic col tempo ([iicslo calcolo sarebbe en-
Iralo anche nell' arilmetica aslratta, cd avrebbc potuto ulilmente sosli-
tiiiisi al calcolo decimalc. Si noli die il calcolo senario nun abbisogna
Serie III. T. I. 47
— 358 —
ill alcuna nuova cilia, the anzi non piu occorrono Ic qaaltro 6, 7, 8, 9.
Baslcrebbe 1111 segno per indicare clic si segue il sislema senario : cosi,
per escmpio, 3, 4' -' 5' potrel>l>e esprimerc Ire inleri, quallro scsti, due
sesli di seslo c cinque scsti di seslo di seslo. II calcolo di qucsle divi-
sion! delle nuove misure sarebbe 1 iuscilo piu facile di quello delie gia
usilale divisioni in pollici, linee, soldi, ec. Sarebbe stalo nccessario im-
maginare tin buon sislema di nomenclalura per denominare Ic divisioni
cd i multipli, sempre per sei, di ciascheduna unita di misura.
L'unita del letnpo e il giorno \< ; le sue frazioni piu usual! sarebbcro
slate la o',oV corrispondente a quaranla ininuti, e la o',o'o'o'o'o'i ',
die non giunge a due tninuli-secondi. La misura della gravila me-
dia sarebbe slala di mctri 33,b25, c divisa per trentasei avrebbe data
I' unila di lunghezza (m) poco minore del melro altualc. La lunghezza
del pendolo, clic avrebbe lalle due oscillazioni nclla prcdella frazione
unitaria di tempo, sarebbe slala di oltanlacinque ccnlimclri, cioe di
o,5V5' della nuova unila di lunghezza. II quarto del mcridiano terre-
slrc sarebbe di 1'0'2'1'3'oVo'o'o' di quesle unila.
Segnando con t la scsla parte della prcdella frazione unilaria di
tempo, cioe ponendo t— o',o'o'o'o'o'o'i, I' unita di forza accelcralrice
.sarebbe la gravila media (§ 18) esprcssa da (m : tt)
Presa per unila di massa quella (s) di (m?l) d'acqua, I' unila di
lavoro (§ 38) sarebbe (smm : it), circa Ire quarti dell'atluale fjgsm],
c quesla unila di lavoro sarebbe uguale alia corrispondente unila di
semiforia-viva. II cavallo-vaporc (§ 33) produrrebbe in un giorno
85i3^z i'o'3'2'2'3 di quesle unita di lavoro, c diminuendolo di un
undecimo si avrebbe la nalurale unila di motore
i'o'o'o'o'o (smm : tt/) zz 0,0 i' (smm : tt).
Anche il sislema monetario sarebbe riuscilo semplice e naturale ;
uicnlre ncl sislema l'ranccse furono giuslamcnte nolale alcunc anomalie
(Mem. de V Institut. Acad, des sciences, T. XII, 1 833). Ogni moneta
sarebbe slala od una unita del sislema senario, od il stio triplo, cioe la
nieta dell' unila d' ordine superiorc. Per csempio, slahilendo chc una
massa (,v) d' argcnlo fiuo coslassc i'o'o'o'o'o' o'o (ossia 279936) unita
monetarie ; quesla unita sarebbe slala di circa sessantacinquc ccntesimi
di banco. Le moncte, formate con opporluna lega, sarebbcro stale, in
argento, di mezza unila o,3' , di una unila monelaria, del suo triplo
:>, e del suo sesluplo i'o (franchi 3,88); c, in oro, di trentasei unila
1 'o'o (Ir. 23,29), e dei suoi triplo 3'o'u , e sesluplo i'o'o'o.
HIllM'Zt DEL GIORHO 24 FEBBRAJO 1856
llm.e. Antonio Oalvani legge uno seritlo intito-
lato Nuovi sperimenti e nuove ipotesi intorno aljodio.
Annunzia da prima quelli istituiti su lo sferococo
confervoide alio scopo di conoscere so il jodio vi si
contencsse in condizione metalloidoa o salina. e fosse
trattenuto dal tessnto cellulare, o dalla materia azo-
tata di quel vegetabile. Colle moltepliei sue indagini
non solo ginnse ad escluderc il pen.siero ehe alia cellu-
losa fosse il jodio aderente, ma non trovo indizj di esso
disgregando affatto i sali dalla materia azotata, e
cimentando quesia e quelli separatamente coi piii
squisiti reattivi. A.1 riconoscimento del jodio torna
necessario il concorso dellc sostanze inorganiche e
dclla predetla materia. \H ehe 1' antorc si convinse
riducendo a carbone la materia or^anica mescolata
ai sali, sperimentando su le putrefatte decozioni
acquose dello sferococo c usando il metodo di sposta-
nienlOj col carbone animale o il ncro fumo, aggiunto
il protossido di ferro idrato. o la sollilissima polveic
di limatura marziale. Le pruove di s])ostaaiento ven-
nero falte su le lavature di qnella pianta acidulate
— 3(il I —
o naturali, trasparenti e lorbide, recenti e putrefatte.
Gl' indizj del jodio erano piu cospicui quando al pro-
lossido si preferiva la limatura di ferro. 11 sig. Galva-
ni ])oi mescolando tutti i materiali dello slerococo.
secondo 1 analisi dei dott. Bizio c Pazienti, csclusi
i joduri c bromuri, e sostiluita alia silice e alia posta-
sa la radice del triticum repens e alia soslanza vegcto-
animale la gelatina tratta dalla pelle recente del vi-
tello. li abbrucio, e lisciviatone il carbone trovo nel
liquido concentralo mediante T evaporazione indizj di
jodio. II quale era palese eziandio allorche lautorc, per
riconoscere a quale principio doveasi attribuire la
manifestazione del jodio, rendea piu scmplici le mc-
scolanze. Dopo aver unita alia gelatina la sola radice
del triticum, sostitui a questa la silice precipitata col-
I' acido acetico dal silicato potassico aggiuntovi poco
carbonato di potassa. Vbbrucialo quest1 ultimo miscu-
glio, nel liscivio del suo carbone si riscont.ro jodio, ma
segui |)oi improvviso intorbidamento per precipita-
zione di silice, e cesso allora di comparire 1' intenso
colore azzurro sotto le cbimiche reazioni.
All'.azione del fuoco. chc lacea pcrdere jodio ga-
zoso, quando non era alio stato nasccntc la base per
tissarlo, anteponendo il predetto mctodo di sposla-
mento, ottenne il Galvani joduro di calcc. adoperando
la limatura di ferro. ne ottenne mai. come il Becchi,
il joduro di codesto metallo.
J\oto inoltre che la temperatura essendo, in luglio,
a 4- 25 \\. poteasi tnttavia reputare prccoce la putre-
fazione dclla selatina stante I unione di essa alia
— 3(>1 —
silice, al i'orro. al carhone, c che da principle non
trovava segno di jodio, il quale si manifestava piena-
inente quando era pressoche completa la distruzione
dclia materia animate.
Esposti alcuni pensieri su I' influenza eleltro-chi-
mica per I'azione dei due etementi ferro e carhone. il
sig. Galvani aggiunge la supposizione che il carbonio.
il nitrogene e 1' idrogeno della materia organica rca-
gendo sopra 1'acidosilicicoproducano il jodio non prc-
esistente, ma invoca la cooperazione de chimici in que-
sti gravissimi studj, prestando egli riverenza all' opi-
nione tuttavia dominante che il jodio non si produca.
ma precsista.
II m. e. cav. Agostino Fapanni legge uno scritto
SU L' ITIL1TV
n i
ESTENDERE PRESENTEMEfiTE NELLE I'ROVINCIE VEPTE LA COLTIVAZIONE PEL LINO
e sul motJo 2 —
provenga in origine dall' Egillo. Certo e, cho la collura e
luso economico del medeslmo era conosciulo dagliEbrei,
parlandone Mose nell'Esodo (I) o Salamone ne' suoi Pio-
verbii (2), ove con quelle enfatiche ed espressive parole
loda la donna folic, ntutier fortis quaesivit lanam., etlinum,
el operata est consilio manuum suarumi ed Isaia (5) ancor
pid chiaramente accenna, chc il lino non solamente si la-
vorava a' suoi tempi, ma so ne faccvano tessuli fini c sotli-
li: confwAdantur, egli dice., qui operabantur linum ,peelenlc$ ,
el texentes subtilia.
Che il lino si collivasse anche dai Greci, ne abbiamo
memorie specialmente in Teofrasto (4) ed in altri. Ma che
i Romani ne faeessero estesa cd accurata coltivazione, cc
ne assicurano piu ampiamentc Varrone (5), Virgilio (0) e
Columella (7): c piu di ogni altro Cajo Plinio Secondo nel-
la sua storia naturale (8), in cui di quanlo appartiene al
collivamcnlo, ed ai prodolti di questa pianta, non solamen-
te si costituisce storico c maestro, ma eloquente encomia-
lore. Egli ci narra quali popoli la coltivassero di prefe-
renza in Europa; e venendo a parlare dei lini d' Italia,
accorda la palma seconda ai lini di Faenza, e la terza a
quelli, die si raccoglievano Ira il Po ed il Ticino.
Gli scrittori ruslici ilaliani, die vennero dappoi, come
il trecenlista Pier Crescenzio, ed i cinquecentisti Viltorio
Soderini, Agoslino Gallo e gli altri, che serissero inlorno
(1) Cap. 9. 31.
(2) Cap. 51, 15.
(5) Cap. 19. 9.
(4) De causis planlarum, lib. 111. cap. VI.
(5) Lib. 1, c. 9.
(6) Georg.j lib. 1, v. 77.
(7) Lib. 1, c. 11
(8) Lib. XIX, Proem.
— 3<>3 —
ii questa coltivazione, copiarono mollo da Plinio, aggiuu-
gendovi le prdprie esperienze.
Queste testimonialize bastano a forma re Pelogiad'una
piaota cosi preziosa', ed a mostrarne I' utility fornendoci
essa due rilevanti prodotti ; cioe quello del filo per la fabbri-
cazione delle tele e dei panni lini, elie servono a tanli usi
e comodi della vita domestica^ e della navigazionc; e quel-
lo parimente del seme, da cui rieavasi prima 1' olio, che
viene adoperato e per la inedicina, e per la dipintura, e
per le arti industriali: e poi rieavasi la linosa, che ser-
ve d'alimento ai bestiami. Quindi il succitato Soderini, pa-
rafrasando Plinio, gli fa dire, « che il lino e un'erba, clie
» in quallro o cinque giorni ci trasporta da Gades ad
i) Ostia, ci veste^ ci calza, ci ammanta e ci fa dormire. »
Le sumnientovate circompadane provincie mantennero
anchc ne'secoli posteriori quclla gloria acquislatasi nella
cultnra del lino, per cui meritarono gli elogii del latino sto-
rico naluralisla: cosi fecero anchc le provincie lombarde
di Cremona, di Lodi, di Crema e di Pavia, alle qu.ali e da
aggiungersi parimente quella di Brescia, ch' ebbe nel succi-
tato suo concitladino Agostino Gallo un appassionato pre-
cettore.
Non e che le provincie venele al di qua dell' Adige ab-
biano trascurato del tutto di collivare il lino;poiche le an-
tiche memorie ci avvisano, che nelle provinqie di Padova e
di Trcviso lo si coltivava anche nel medio evo, come lo si
coltiva oggidi in que' luoglii specialmente, ove la natura del
lerreno leggero, e formalo inmolta parte da pingue sabhia,
lo rende opportune) a dare soddisfacente ricolta.
Dopo la meta del sccolo decimottavo le accademie
agrarie fondate dalla venela repubblica rithiamarono
con iuvili e premii i proprielarii di terre ad occuparsi di
— 364 —
propositi) iulorno al coltivamento del lino: e tra queste So-
cieta agrononiiche, quella che si distinse partieolarraente
lu la vicentina, che promosse e premio la pubblicazione di
Ire Meinorie sopra questo argomcnto: la prima delle quali
scritta dal dottor Antonio Turra venne in luce nel 1785
col titolo: Sopra la collivazione del lino (1); la scconda del-
tala dal P. Gaetano Ilarasti intilolata: Delia pi it utile col-
livazione c manipolazione del lino (2); la terza., elf era ope-
ra dell'Ab. Giambattisla Trecco, intitolavasi: Collivazione e
govemo del lino marzuolo, con dodici tavole in rame (3).
Pubblicossi cziandio in quel lorno dall' aceademia di
Greraa mi' istruzione sulla cultura del lino, composla da
quel bencmerilo presidente conte Annibale Vimercati San-
severino (4), eposteriormente a questa, il bresciano France-
sco Ugoni diede in luce nel vol. VIII degli annali d'agricol-
tura del regno d' Italia, compilali dal celebre cav. Filippo
lie (5), una memoria sal metodo di coltivare i lint, e del-
I'uso, eke se ne pud fare nel dipartimenlo del Mella.
Ma ad onta di queste istruzioni e di questi eccilanienli
la collivazione del lino non si e fra noi dilalala, e tutto
quel piu die si pole ottenere dalle accennale memorie, si
fu il correggere alcun poco i metodi dell' antico trascurato
coltivamento.
Poco tempo dopo qucHepoca di negbitlosa tranquillity,
venne, quasi lorrenlc, il cotone coloniale ad invadere tutti
i porli e le piazze d'Europa, sopercluando co' suoi lilali e
(1) Venezia, Nuovo Giorn. Milucco, vol. VII.
(2) Vicenza, 1783, in 8."
(o) Vicenza, 1792. con lav., in 4."
(4) Crenia, lip. Konna, senza anno.
(5) Milano. 1810. Silveslii. pag. Tl.
— ffih —
tessuti le manifatlure del lino, il quale, sebbeue pianta qua-
si nostra le cd indigena, non pole reggere alia concorrenza
della slraniera batnbagia. La feracita di questa pianta meri-
dionale, la singolai-e economia della sua eultura nei cliini
caldi, T immensa estensione die puo prbdurla, e piu di
tutlo la singolare sua suscettibilitu ad essere lavorala colle
macehine, I' hanno renduta cosi comune, e di si vile prez-
zo, da potersi vantaggiosamente sostituire in inlinila di usi
ai lili, ai tessuti, ed alle mollepliei telerie del lino.
E seb.bene la guefrd dell' impero franeese, e la pro-
clainazione del liloeco contineutale, isolando in qualche
modo la Francia e I' Italia dal mondo commerciale, desse-
roalla nostra industria manifatturiei'a un iinmensoimpulso,
pure non si poterono ottenere dalle nostre lerfe que' pro-
dotli, che I' estero eselusivamenle forniva alia nostra con-
sumazione. Quindi 1' imperatore e re d' Italia Napoleooe I
vedendo, che le guerre mariltiine polevano per l.ungo tem-
po privare della materia prima le manifatture del eotone
nel continente, e che era da tentarsi che il lino e la eanapa
raceolti in Francia ed in allre parti d'Europa polessero
sostituirvisi di preferenza, propose nel 1810 larglii premii
tanlo a quelli, che collivassero in grande il eotone, ed in-
ventassero macehine per tilarlo e lesserlo, quanto a que-
gli alti'i che dilatassero il collivamento del lino, e si faces-
sero trovatori di nuovi ordigni opportuni alia facile, solle-
cita ed accurala filatura del medesimo. Se il colone, nella
maggior parte de1 paesi in cui tentossi d' introdurlOj trovo
contrarii ai suo prosperamenlo il cielo, i climi e le terre,
fu pero piu fortunato del lino, per cio che riguarda I' in-
venzione di macehine ingegnose, di lilatoi e telai maravi-
gliosi, da produr tele sottili e linissime. La scoperla e I'ap-
plicazione di tali macehine avendo prevenulo I' invenzione
Serie III. T. I '(S
— 300 —
ed alluazione delle macchine per Glare e tessere il lino,
rallenlo, specialmente presso di noi, i progressi del coltiva-
menlo del lino e delle manifatture die con esso si creano.
Ad (tnta pero che questo vamo d'industria siasi largamen-
te aumentato in Inghilterra, nel Belgio, in Francis, in Ger-
mania, in Polonia (I) per opera delle macchine di Girard,
Marshall, Ueeosler, e di altri benemeriti arlefici, noi rela-
tivamente alia collnra del lino ed alio manifatture de'pan-
ni lini, siamo rimasti, se non del tutlo relrogradi, certa-
nienle slazionarj.
E questa, per vero dire, non grata notizia traggo dal
prospetto slatistico delle provincie venete, compilato dal
fu Antonio Quadri (2), che dice:« II lino ed il canape scar-
seggiano sominainente nel veneto terrilorio, e quindi co-
slituiseono una vistosa passivila, in quanto a tiglio di lino
di quintali melrici 7200: ed in quanto a lin-seuie diquinlali
912: passivita, che potrebhe togliersi, poiche il nostro suo-
lo ed il nostro cliraa sono coid'acenti abbastanza a simili
produzioni. Le accademie di agricoltura, soggiunge, fece-
ro degli esperimenti e pubhlicarono delle opere in tale
proposito, ma la deficienza, che lultavia sussiste di questo
genere, mostra il bisogno di provvedervi con efficacia, on-
de liberarsi da simile passivita ».
Per effettuare quest' utile proYvedimento, per miglio-
rare ed estendere si la collivazione del lino, come la suc-
cessiva di lui manipolazione in opera di lilali e tessuti, le
circostanze presenti sono, per verita, le piii opportune e
favorevoli.
In presente e da pochi anni a questa parte si la materia
teslile, come la semente del lino e cresciuta piii di un ter-
(1) Dizion. tecnol. vol. XXII, 1859, e vol. XXX11. 1845. Venezia. 8."
(2) Venezin. 1826, vol. 11, in 12."
— 367 —
zo in valore. Giacche parlando dol tiglio, il raaggior con-
sumo, che scne fa in presente per ridurlo in refe, c in tele,
in confronto di qucllo, che consumavasi ncl tempo passato,
nefece accrescere le ricerche, equindiil prezzo, mancando-
ci a motivo della guerra orientale i fili e lessuti di lino,
die ei venivano dall' esterp. Lo stesso dicasi del lin-seme,
giacche quello che si raccoglie nelle nostre terre non hasta
a supplire agli annul hisogni nostrali: di che ne fa prova
il sunto della statistica; teste riportato, donde rilevasi la
passivita, che in questo genere ci aggrava, e si va giornal-
mente accrescendo in ragione dell' accresciuto impiego,
che fassi di delta semente nelF eslrazione dell' olio, che ser-
ve pegli usi della medicina, nonehe in piu eslese mi-sure per
la coloritura artistica e materiale di tanti oggetli, che una
volta non si assoggettavano a colorimento, come si usa in
presente, per assicurare la loro piu lunga durability.
E parlando particolarmente del seme del lino, avanti la
presente guerra colla Russia, traevasi in gran parte da
Riga, ove il medesimo faceva capo dalle provincie di quel
vasto impero, dedito grandemenle alia coltura del lino,
perche producente in quel clima ed in quei terreni una ri-
colta non solamente abbondante, ma di una qualita supe-
riore a quella di ogni altro paese. Per lo che impedita e
sospesa per quasi tutta Europa 1' importazione di detta se-
mente, adoperata si per la fabbricazione dell' olio, che per
seminarne le terre, ne derivo, come di sopra si e detto,
che il valore dei semi medesimi sia grandemenle cresciuto,
nonehe quello del tiglio stesso, e percid T agricoltore trovi
nella coltivazione del lino un piu largo compenso, ed un
piii forte stimolo ad impiegarvi le sue fatiche.
Che se mi si obbiettasse, che sperandosi ora prossima
la conclusione della pace fra le potenze belligeranti, la so-
— 368 —
spesa imporlazione di idetlo genere anderebbe a cessare e
rimetterebbesi in cprso, conic prima: io rispondo, che non
puo calcolarsi tanto breve il periodo di tempo, in cui gli
agricollori moseoviti ridurranho a cultura di lino le loro
immense eampagne lasciate in abbandono ed incolte per
mancanza d' uoinini gia chiamati al servizio delle anni. Ma
coneedasi pure che fra non lungo inlervallo la eoltivazio-
ne del lino lorni a iiorire in Russia, ed il eonimercio di
quella semente riprenda in Riga I' anlico suo spaccio, db-
vremo pereio noi conlinuare a coltivare in piecole misure
e con imperfezione di melodi cosi utile pianla, invece che
approiitlarc deH'oceasione favorevole, che altualmenle pre-
sentasi, di alTranearci del trihuto, che ci aggrava in tale ar-
gomento ? Rechiamoci sempre alia memoria quel grande
prineipio agronomieo, « che 1' agricollura non e nella sua
ibrza, se non cjiiando puo far a meno dei prodolti e dei
soccorsi dell' cstero. »
11 lino crescc e prospera in ognuna delle nostre pro-
vincie, e n' e eonosciula e provata fra noi ab immemorabili
la pratiea di lui coltivazione, come abbiamo delto di so-
pra: ha la proprieta inollre, che non hanno molle altre
pianle, di potersi seminare in due tempi, vale a dire si
avanli inverno, che di primavera, e didare anehe, volendo,
due ricolle in un anno nel medesimo campo, e di eompen-
sare ordinariamcnle le spese di collura e manipolazione
col solo prodotlo delta semente, anchc allor quando questa
non e salita all' odicrno alto prezzo. E da osservarsi ezian-
dio, che la collura e la preparazione del lino impiega un
gran numero di braccia, e puo o.ccupare ogni eta, ed ogni
sesso della popolazione agricola, parlicolarmente nell' in-
verno, e nei tempi di carestia, quando le donne della cam-
pagna mancano di lavoro.
— 3()9 —
E qui son lieto di poter annunciarc agli agricoltori di
buona volonla una nuova favorevole circostanza, che puo
rendere piu vantaggiosa in prescnto la collivazione del lino.
Quest a fe la scoperla reccntemente fat la dall' inglese Dick-
son, di preparare il lino senza il processo della macera-
zione (I). Con questo mezzo meeeanieo si spoglia netto Io
stelo del lino dalla lisca, e non se ne perde una fibra del
liglio. Dagli esperimenti istiluiti enierse, che i lini trattati
col vecchio metodo rendono dal 10 al 12 per cento; e col
sistema meceanico rendono il 20 al 28 per cento. La so-
cieta piemontese ha fatto i suoi calcoli solle entita delle im-
portazioni del lino greggio pel consumo del paese, e venne
a sapere, che ainmonta a trentamila chilogrammi all1 anno
dei quali non asporla die I J05 ehilogrammi. L' industria
del lino e della canapa pei soli hisoghi del Piemonte cfca
ogni anno pel eomplessivo valore di 2o milioni di lire. Col-
T inlroduzione del sistema Dickson, che raddoppia il pro-
dotlo, il Piemonte trovera una nuova ricchczza di 50 mi-
lioni di lire all' anno. « Noi desideriamo ( cost il sig. Giu-
seppe Sacchi chiude la comunicazione di tale nolizia ) che
questa utile scoperta vcnga presto introdotta in Lomhardia.»
Al qual desiderio dell' illuslre stalista anch'io di buon gra-
do associandomi, fo voli che cio parimente si effettui nelle
venete provincie. E si eft'ettuera senza duhbio, se noi segui-
remo in cio I' esempio non solarnente del Piemonte, ma di
due altre delle piu illuminate nazioni del mondo; le quali
avendo di recenle deliheralo t'ormalmente di ampliare c
vanlagi;iare nei loro dominii i prodolti agrarii ed industria-
li del lino, convalidano luminosamenle il mio assunto.
Un messaggio del 12 novemhre deH'anno I8">0di Luigi
(1) Amiali di stulistica. Vol. IV. sprie 1. 18S4. Alilano. 8.
— 370 —
Napoleone Bonaparte, in allora prestdente della repubblica,
cd ora imperatore de'francesi,e cosi concepito (I): « I me-
todi nolabili di cuHura, di macerazione e di preparazione
del lino, die sono stati di recente introdotti in Inghiltcrra,
in Irlanda e nel Belgio non potevano essere osservati con
indifferenza dal governo francese. Esso no ha fatto stu-
dii profondi , i cui risultati vi saranno sottoposli nella
motivazione di una legge, che vi sara proposta, per libera-
re da ogni dazio d" entrata il seine del lino aduso di semen-
le provenienle da Riga ».
L' effemeridi di questo stesso mese di noveml)re 1850
ei riferiscono, che l'uflicio del commercio di Londra ha da-
to la sua approvazione agli staluti di una societa, che si e
formata in quella citta col capilalc di un rnilione di lire di
slerlini ( 25 milioni di franelii ), il cui oggetlo si e d' inco-
raggiare la coltivazione del lino in Irlanda col mezzo del-
1' acquisto dei raccolti in erba ad un prezzo convcnuto per
aero. Tutli si accordano nel riguardare la fondazione di tal
compagnia, come un grandissimo benelicio per I' Irlanda.
Appoggiato io pertanto a queste chiare deduzioni, ed a
questi fatti innegabili, credo di poter conchiudere la prima
parte della mia memoria, coirasserire^ che deve tornare at-
lualmente utilissimo 1' estendere e migliorare nelle venete
provincie la coltivazione del lino.
(t) Gazzetta pYivilegiata di Venezia 20 novembre 1850, N. 510.
— 371 —
PARTE II.
Del modo di liberare il lino dalla pianta che lo infesta,
delta da' bolanici silenc linicola.
Non vi e alcuno, che melta in dubbio, clie per rendere piu
vantaggiosa la coltivazione di una pianta, non basti il dilatare
il terrene che deve accoglierla, ma checonvenga contempo-
raneamente adottare il piu diligente ed approvato sistema di
buon governo della niedesima. Affidato a quesla massima,
era mid desiderio, nel tr at tare dell' utilita di estendere at-
tuahnente presso di noi il coltivamento del lino, di dettare
( come meglio avessero consentito le mie forze) una istruzio-
ne, in cui fossero compilati i precetti dei piu riputati agro-
nomi si antichi che moderni su tale proposito: sottoponen-
dovi le osservazioni ed espcrienze da me fatte pel corso di
circa 40 auni nelle mie terre in Martellago presso Meslre
nella provincia di Venezia; corredando lutto cio colle no-
tizie da raccogliersi dagli autori dei recenti metodi di pre-
parare il lino senza macerazione, riportando la descrizio-
ne e i disegni delle premiate macchine inventale all' estero
colle quali, come di supra accennai, si ottiene con tanto
profit to la lina, esatta c sollecita Idatura della materia te-
stile di delta pianta. Ma il tempo e le pubbliche e private
mie occupazioni non consentendomi ora di cio effettuare,
mi limito ad indicare il modo ( da nessuno, per quanto io
mi sappia, avvisato ) di liberare il lino dalla pianta che lo
danneggia, detta da' botanici silenc linicola: il che forma
la seconda parte dell' argomenlo propostomi.
Nell' anno 1830 atteudendo io nel mio podere a far rac-
cogliere il lino vernio verso la line di giugno, mi avvidi,
— 37^ —
i' he assieme col lino era eresciuia una grande ed insolita
quantila di lino matto, come volgarmente presso di noi si
ehiama, ed avea rigogliosamenle oceupato quasi la mela
del linclo. Le raccoglitrici, die per pralica conoscevano il
lino buono clal falso, avevano avuto f avvertenza o di non
istrapparlo dal campo, o so loro avveniva di slrapparlo in-
sieme eol buono, di separarlo dal inedesimo nel comporre
i manipoli, lasciando abbandonalo sul suolo il linastro.
Queslo a prima vista ha luftta I' apparenza del vero lino,
linum usitoLtissimum , Lin., e lo rassomiglfa eosi, e per tal
modo nell'altezza, nel colore e portamento dello stelo, nel-
la forma e grandezza delta coccola o bacca rolonda con-
tenente i semi, che non metlendovi Lin attento esame, non
lo si riconosee diverso dal vero lino. Due pero sono
le differenze es'lerne, che diversilicano 1' uno dall'altro. La
prima consisle nell' essere il gamho del linastro nodoso e
composto da cinque a sei nodelli, al superiore de'quali sor-
gono i rami., che portano da Ire a qiiattro baccelli. La se-
conda differenza consisle nell- essere i baccelli del lino fal-
so piriform! ed ottusi alia sommila, e meno lucidi di quelli
del lino vero. Un' altra differenza interna dei baccelli del
linastro in confronlo del lino vero si ravvisa in cio, che i
baccelli di quest' ultimo contengouo da cinque a sei, ed an-
che da ottd a dieci semi di color marrone, di forma bislunga,
conlenuti in tante separate caselle, in ciaschcduua delle
quali sla un seme, mcnlre il baccello del linastro non e di-
viso in cavita, e conliene da 50 a 40 semi di color nero,
reniformi, e due terzi piu piceoli dei semi del lino. IVotai
anche una visibile diversita fra 1' una e l'allra di queste due
piante, quando sono in (iore; ed e che il lino vero porta i
petali tinti di un bel colore eilestro, ed il linastro li spiega
tiiili in color roseo lanauido.
— 373 —
Fatle queste pratjehe osservazioni sul campo, rivolsi i
uaiei sludii sopra gli autori, di rimota non meno die di re-
cente data, che Irallano della coltivazione del lino, per ri-
conoscere se alcuno di essi porgesse circostanziate nolizie
di questa pianta ; il che non mi venne fatto di riscontrare
in alcuno. Trovai soltanto due vaghe indtcazioni della me-
desima ; primieramente neir islruzione, che ho eitata di
sopra del cremasco conte Annihale Vimercati San Severi-
no, nella quale e detto, le sementi, ossiano erbe cattive.
che infestano il linosono lalirga, I'erba presta, che assomi-
glia in tnlte le sue parti al lino, la vittola, i barbisotti, le
rape selvaggie, gli spinosi garzoni, ed il crine eke signifi-
ed la cuscuta. In secondo luogo, nella parimente sopra ci-
tata memoriadel bresciaoo Francesco Ugoni trovai, « chela
semenza di lino serve per niolti anni, ne si cambia, quando
non si mescolino semi di erbe cattive, come la dorella}mia-
grum sativum, il di cui seme giallo rolondo, schiacciato e
minutissimo pud a stcnto separarsi dalla linosa, e la lirga
pure diversa dalla larghelta, o loglierella, lolium perennc
Lin., ed altre. » RatTrontando i cenni di questi due autori
intorno ai nomi volgari delle mal1 erbe infeste al lino, mi
pa ne, che il solo Vimercati abbia in qualche modo segna-
lato col nome volgare di erba presta, quella che io indicai
colla volgare denominazione trivigiana di .lino matto.
Se non che volendo io dalla popolare nomenclatura sa-
lire alia scientilica, cio conseguii colla gentile assistenza de-
gli onorevoli noslri colleghi professore Visiani e dotfore
Zanardini, dai quali venni accertato, che la pianta iufesta
da me ossenala, era la silene linicola di Gmelin (\). 11
Bertoloni cosi la descrive: *< Caule erecto, scabrido, fo~
(1) Fl. Bad.. 4." |>. 301
Scric HI. T I 49
— 374 —
» His glabris irais oblungo-spatbulatis, superioribus Ianceo-
i) lato-linearibus, bracteis flores brevissirne pedicellatos su-
» perantibus; calycibus fructus ovoideo elevatis: petalorum
» lancina exigua, emarginata ; capsulis thecaphoro longiori-
» bus. » Accennando poscia il prefato Bertoloni (I) i luoghi,
ove la silene Iinicola cresce e vegeta, appellala in alcuni luo-
ghi d' Italia linastro a lancmola, dice : « Habui ex campis
» deGallio in septem communibus Vicenlinorum a Montinio,
» ex arvis Tarvisinis inter linum a Majero, ex viciniis de
» Dolina in ditivae Tergestina a Tomasinio; Floret Majo et
n Junio. »
Secondo il prelodalo botanieo questa pianta presenta,
oltre gli antidetti, li caratteri seguenti : « Radice gracile,
fusto rotondo, lungo un piede a un piede e mezzo, rami
alterni. Foglie acute od acuminate, verdi, liscie. I fiori
in pannoccbia dicotoma, rada. Brattee lineari, piu lunghe
del fiore, ch' e sempre sostenuto da corto gambetto. Calice
del fiore tubuloso e piu stretto alia base, lungo 5 linee., con
dieci nervature verdi, e divise in vene, fra le quali e bian-
chiccio, e membranaceo ; liscio; nel margine dividesi in cin-
que denti triangolari; nel frutto il calice diviene ovoideo-
clavato. La corolla e piccola, cornea, coronala alle facce
da squame bifide alquanto lunglie. I petali sporgono fuori
colla loro lamina, ch' e corta, fatta a conio ed intaccata
nell' apice. II suo frutto e sostenuto da un piede grosso,
lungo una meta del medesimo, ed ba forma ovoidea, e gon-
fio, e s'apre per volve diritte. I semi sono minuti,sottilmen-
1e granulati, e di colore bruno rossiccio . »
Esposta la descrizione scientifica della pianta in discor-
so, ed alia volgare di lei dcnominazione applicata la nomen-
clatura botanica, ora m' e duopo adempiere le parti del-
(1) FI. Hal. IV, p. 611,
— 375 —
T agrieoltore, sponendo in breve da prima i danni, ch' essa
apporta al lino, e indicando dappoi i modi, con cui poter-
sene liberare.
La silene linicola, colla somiglianza dell'esterno suo abi-
lo e del suo contemporaneo sviluppo, nasce e cresce inos-
servata col lino, e vi si associa furtiva, vivendo ingorda-
menle a carico di lui, invadendogli lerrcno e alimento. Ne
i danni recati dalla silene al lino si limitano solamente al
tempo, in cui le due piante crescono e vivono insieme sul
campo, ma si estendono bensi questi danni anche quando
ambedue vengono staccate dal suolo, sempre cbe V occhio
vigile e V accuralezza delle raccoglitrici non separi 1' una
dalF altro nella eompositura dei manipoli. Se non cbe que-
sta diligenza nel cavare il lino dal campo e nel comporlo
in fascetti, non e facile usarsi da mietitrici pel solito giova-
ni ed avventate, le quali d'altronde, se facciano diligenle-
mente il lavoro, devono impiegarvi il doppio di tempo, cbe
non ispenderebbero, se il lino fosse netto dalla infesta pian-
ta; donde avviene un maggiore spendio nella messe.
Conviene osservare altresi, cbe se la silene si e estesa
per tutto il lineto, e crebbe ardita e rigogliosa tra mezzo
alle piante del lino, divenla assai difficile, nell' atto del rac-
coglierlo, il separarlo esattamente dalla silene, la quale
anche in piccola quautita rimasta nei manipoli, non lascia
di essere nociva al lino ; poicbe posta con esso a macerare
nell' acqua, per essere ella di libra piu fragile, presto si cor-
rompe, e guasta ed annerisce il tiglio del lino.
Vengo ora ad indicare i modi da me usati per liberare
il lineto da questa vorace pianta^ e dai danni che vi arre-
ca. Per ottenere cio io avvisai di rimontare all'origine, va-
le a dire a purgare la semente del lino dai semi della sile-
ne, il che giunsi a conseguire, valendomi, per nettarla, di
— 3 7G —
due vagli di pelle. Feci fare il primo di essi crivelli con fo-
ri tanto grandi a un di presso quanto la grandezza dei se-
nd del lino, e possibilmente della loro forma: a questo va-
glio ne soltoposi un secondo chiuso e aderente al primo
con cerniera a modo di scatola, forato con buchi piu pic-
coli, tali pero da lasciare passare i minuti semi della silene,
affinche scuolendo contemporaneamenle i due crivelli ne
consegua, clie il seme del lino rimanga netto nella superfi-
cie del secondo vaglio, non permeltendogli di oltrepassarla
i ristretti fori della medesima, pei quali pero trapassano
le semenli della silene., che sono piu minute e vanno tutte
a raccogliersi nel fondo chiuso del secondo vaglior da cui
si eslraggono per gettarle at fuoco, od in allro modo di-
struggerle.
Con questo doppio vaglio si possono libcrare i semi del
lino ancbe dalle sementi di altre mal'erbe e zizzanie, se so-
no piu minuti del lino : come sono appunto quelli della cu-
scuta, o grongo, pei quali, perche minutissimi, gioveru
adoperare il crivello suggerito dal vicentino sig. Bissari,
nella sua Memoria sopra la cuscuta (I).
Ma siccome spesso avviene che dei detti minuti semi
della silene linicola maturati prima che si raceolga il lino
ne rimanga una parte nel campo, e questa nasca di per se
nel campo medesimo nelT anno successivo, e sorga ad infe-
stare il lino, sebbene prodotto da semenle nella e rimonda ;
cosi per evitare questa nuova dannosa emergenza, adottai
di non seminare mai due aimi di seguito il lino nelle me-
desime terrc^ poiche cambiando cultura e prodotto, la se-
mente della silene va ordinariamenle dispcrsa ed estinta: il
ijual rimedio,ollre die da me sperimenlato giovevoleper li-
(I) MilailO 1809. Cairo, ron fig., in 8."
— 377 —
berarsi dalla silene mcdesima, viene suggerito dai piu accre-
ditati maestri delta cullura del lino, i quali avvisano di la-
sciar passare alcuni onni prima di riseminare it lino in
quel campo, etie to ha prodotto di recente, appoggiali a
quel notissimo virgiliano precetto (I) urit enim lini cam-
pum seges, ed atle teoriche delle rotazioni agrarie.
Non devo tralaseiare di suggerire un altro mezzo di ti-
berare it lino dalla silene linicola, ed e quello di curarlo
a mano dalle erbe cattive, quando it lino stesso e giunlo
all' attezza di circa cinque centimetri : ma per eseguir bene
questa operazione, £ necessariodi usare molta cautela, per
non isterpare colleerbacce, e col lino fatso anche it buon li-
no. Giovommi ad evitare si fatto pericolo, il seminare il li-
no in ajuole meno larglie di quelle, che ordinariamente si
sogliono praticare, limiiandole alia larghezza di poco piu di
un metro: e cio ad oggetto di poter effettuare comodamen-
te la curazione delle male erbe, camminando nel solco,
senza calpestare co' piedi 1' ajuola, nella quale e nato e va
crescendo il lino semtnatovi.
Adoperando tali caulele, ed usando tali diligenze posso
assicurare di avere da qualtro anni a questa parte libera-
to le mie coltivazioni a lino dalla infesta silene linicola. E
mi faccio un grato dovere di conumicare tali avvertenze
agli agricoltori miei buoni confratelli, colla speranza, die
ne vogliano approfittare.
kSecondo t'art. 8." del regolamcnto intcrno, il prof.
Raflaclo Molin fu ammesso a conumicare le sue Ricer-
che anatomico-fisiologiche sul cuore c sul sistoma san-
guifero (hi boa constrictor.
(I) Georg., lil). I. v. 77.
— 378 —
Allorche M. J. Weber nel \ 852 pubblicava le sue ag-
giunle all' anatomia e fisiologia (I), scriveva nell' introdu-
zione di quell' opera le scguenti parole :
« Se si considera che gia da un lungo decorso d' anni
» possediamo un' anatomia degli amflbi, che con questo
» oggetto non s'occuparono allri che dotti di primo rango,
» che l'acquisto di quegli animali, non che le loro disse-
i) zioni anatomiche non devono supcrare grandi difficolla,
» e che finahnente i risultamenti attuali dell' anatomia del
» cuore degli amflbi vennero adoperati in ispecie come
» fatti inconcussi per la piu esatta determinazione fisiolo-
» gica degli stati fetali, e per le abnormi formazioni del
» cuore dell' uomo ; si stupira certamente se io asserisco
» che, ad onla di tulto cio, appunto nell' anatomia del
» cuore di questi animali vi sono molte lacune da riem-
» pire, e molli errori da correggere. »
Eppure Weber era stato preceduto nelle sue investiga-
zioni sul cuore degli ofidiani soltanto da Schlemm (2)_, Cu-
vier (5), Meckel (4), Retzius (5),Blumenbach (6) e Cams (7).
A ben maggior ragione adunque stupira il mondo scientifico
udendo annunziate nel 1 850 nuove invesligazioni sul cuore
e il sistema sanguifero del boa constrictor, che appunto il
(1) Beitriige zur Analomie unci Physiologic. Herausgegeben von
Doc/. M. J. Weber offenll. ordenll. Professor an der Universitcitzu Bonn.
Erslen Bandcs ersfe Numer. Bonn bei Henry el Cohen. 1832.
(2) Annfomische Beschreibung des Blut'gp fas s systems der Schlan-
gtn. In der Zeilschrifl fiir Physiologic von Trevh'anus und Tiedemann.
2 Bd. II. 1.
(3) Vorlesungen iibcr vergleichendc Analomie. 4. Theil.
(4) System der vergleichenden Anatomie, 5 Theil. S. 219.
(5) Vcrhandlungen der schwedischen Akademie der Wissenschaflen
fiir das Jahr 1830 Uebers. in Okens Isis. 1832 Heft V.
(G) Handbuch der vergleichenden Analomie. Gottingen 180.').
(7) Lehrbnch der Zootomic. Leipzig 1818.
— 379 —
cuore di un boa 6 quello studiato da Weber, e Brucke, il mio
venerato maestro, V esaltissimo fra gli esatti osservatori,
nel 4 850 pubblicava negli atti dell' i. accadeniia delle scien-
ze di Vienna un classico lavoro sulla meccanica della circo-
lazione degli ofldiani (1).
Brucke per6 non aveva a sua disposizione ofldiani di
dimensioni grandi, che, come risulta dalla sua esposizione,
egli pote investigare soltanto i cuori del coluber Aesculapii
e del tropidonotus matrix ; e dalle tavole di Weber si
puo facilmenle riconoscere che il boa, su cui questo natu-
ralista faceva lavorare il coltello anatornico, doveva essere
stato una miniatura del boa constrictor lungo circa tre
metri che io ebbi occasione di esaminare. II cuore del mio
animale misurava dall' apice del ventricolo a quello del-
I' atrio sinistro, pei quali due punti passa I' asse longiludi-
nale dell' organo, otto centimetri, ed il suo raaggior dia-
metro era di quattro centimetri. Da ci6 soltanto credo
poter spiegare le differenze di non piccolo momento, per
le quali la mia descrizione anatomica contraddira a quella
dei due suddetti maestri, non che le conclusioni fisiologiche
disparate alle quali mi condurra l'anatoraica eonsiderazione.
II cuore del boa constrictor, che formo l'oggetto de'miei
studj, era certamente tre volte piu grande dei cuori d' ofl-
diani esaminati da Brucke e almeno quattro volte piu
grande del cuore di boa disegnato da Weber. L'animale, il
cui sistema sanguifero mi faccio a descrivere, era appena
morto da poche ore quando ne feci l'acquisto, e la fortuna
mi favori oltre a cio, che le sue cavita cardiache erano asso-
(t) Beylr&ge zur ueryleichenden Anatomic unci Physiologie des Ge-
f&ssystemes: Von Ernst Briicke wircklichem Mitgliededer Kaiserliehen
Akadetnie der Wissenschaflen. Ill Bund der D'enkschriflen der mulhe-
tiKtlisch nalurwissensckafilicften Clause. I8.'i2.
— 380 —
lutamente vuote di sangue coagulate lo ho injettato il cuo-
recon sevo, e divisolo quindi in tre parti mediante duese-
zioni parallele all' asse longitudinale e perpendicolari al
sepimento dei due atrii, nc estrassi la sostanza injettala
dapprima con spirilo di trementina caldo, poi con etere
solforico freddo. La prima di quelle sezioni divideva in due
mela eguali le due valvole semilunari die separano gli atrii
dal ventrieolo, e la seconda separava l1 una dall' allra le
due valvole cbe si trovano nellarteria polmonale. Dirigendo
i tagli in quesle due direzioni, nella speranza di ottenere un
preparato islruttivo, la fortuna mi ha favorito piu die l'arte,
perche soltanto in un cuore aperlo in tal modo si puo
studiare esattamente ogui particolarita dell' interna strut-
ting ne v' ha un punto d' appoggio alia superticie esterna
dell' organo il quale serva di guida alio scalpello del disset-
tore. Come mi sono piu volte assicurato tagliando cuori
d' altri ofidiani, a una sola linea di maggiore o minore
profondita che cada la sezioue, i rapporti interni diventano
tanto complicati, che e molto difficile, direi quasi impos-
sibile, 1' oricntarsi in un tal cuore senza il confrouto d' un
altro aperto esattamente nei due sensi che piu sopra de-
scrissi.
I. Parti esterne.
Aperto 1' animate alia superticie ventrale e denudati il
cuore ed i vasi maggiori del pericardio, si nota a colpo
d1 occhio una differenza essenziale nei rapporti di posizione
delle singolc parti di questo organo daH'immagine che ne da
Weber alia tavola I, fig. IX. Come si vede nella mia I figura,
i due margini inferiori degli atrii concorrono a formare un
angolo, che ha l'apice verso la parte anteriore e 1' apertura
— 381 —
verso la posteriore. In queslo angoln si veggono collocati i
vasi arleriosi naaggiari, e preeisamente nel centro, alia base
del ventrieolo, 1' origine dell' arteria pulmonale, la quale
conlina a sinistra col margine inferiore libero dell' atrio
sinistra, ed a dejstra coll' origine dell' aorta sinistra', in
parte nascosla dal margine inferiore dell atrio destro.
Dell' arteria polmonale non si vede ehe una piccola parte
somigliante ad un Iriangolo sferico; perehe queslo vaso si
rivolge hen tosto all' insu, approfondandosi nell'angolo clie-
dro formato dalla porzione inferiore delle pareti interne
dei due atrii, per comparire alia faccia superiore nel soleo
che separa i due apiei di quesli. Qui lia luogo la suddivi-
sione nei due rami polmonali. L' arco sinistro dell' aorta,
ehe trae origine a destra e un momenlo piu insu dell' ar-
teria pulmonale, proletlo in parte dall' atrio destro, si ri-
volge dapprima all' ingiu ed a sinistra, eopre ohliquamenle
l' arteria polmonalc fino ehe arriva al margine inferiore
del loho sinistro, ed adercndo quindi ai due margin! infe-
riori dei due lobij procede sotlo l'arteria pohnonale all'innari-
zi, per ripiegarsi, quando e giunto nel soleo che separa gli
apiei dei due atri, inlorno all'apiee dcH'atrio sinistro verso
la faccia superiore, e eontinuare il suoeorsoal lalo sinistro
della faringe. Verso F eslremita anteriore dell' alrio destro,
protetta dal margine inferiore libero di questo, e confinanle
a sinistra coll' arco aortico sinislro si vede 1' aorta destra,
la quale si spinge all'innanzi hen piu in la di quello, prima
di l'ormare I' arco, per cui ritorna in dietro ed a sinistra
lungo il lalo destro e sopra la faringe. Essa manda, dopo
d' avere oltrepassalo gli apiei degli atrii, I' arteria caroiis,
quindi superiormente e aderente a questa I' arteria khyreoi-
dea e dal ramo posteriore appena /' arteria collaris die-
tro il lerzo anteriore dell' atrio sinistro. Alia faccia inferio-
Seria III. T I 50
— 382 —
re del la trio destro, dall'apice verso la base^dirigendosi obbli-
quaniente verso il lato sinistro, per poi percorrere nel solco
orizzonlaleeliesepara la faccia superiore di questo atrio dal
ventricolo, passa la vena jugularis sinistra. L'apice dell'atrio
sinistro si spinge tanto piu innanzideHatrio destro quanto la
porzione eslerna dell'a base di questo si spinge piu indietro
verso la punta del ventricolo, mcnt;e la base dell' atrio de-
stro e limitata alia faccia inferiore da una curva, la quale
nel suo culmine arriva appena alia linea di demareazionc
dell' origine dei vasi arteriosi farteria pulmonalis et aorta
sinistra). Le linee di demarcazione dei margini liberi infe-
riori degli atrii sono determinate dai vasi maggiori, e pereio
il margine del lobo destro ba inimcdiatamente dietro 1 apice
un' incisura semilunare, die lambe il tubo dell' aorta sini-
stra; forma quindi una curva colla convessita aderente alia
concavita formata dalla porzione anteriore deli' aorta de-
stra, poi una curva colla concavita adagiata alia convessita
dell' origine dello stesso vaso, e tlnalmente un'obbliqua die
si dirige postcriormente ed a destra. E pereio die la faccia
inferiore dell' atrio destro seinbra formare una prolube-
ranza, che si spinge fino al lato destro della destra aorta,
e somiglia ad un' oreccbietta ; ma qiuintunque io avessi
sott'occbio un cuore gonfio per la massa d injezione non
potei riscontrare alcuna traccia di quell' oreccliictla della
quale parla Weber, e die secondo questo maestro si deve
spingere a sinistra e ricoprire I' origine dei vasi anteriori.
II margine inferiore dell' atrio sinistro e limitato da due
curve concave, I'anteriore delle quali lambe la convessita
sinistra dell' aorta destra, e la posteriore tocca la stessa
convessita dell' arteria pulmonale. Questa ultima curvatura
si congiunge colla linea convessa che determina la base
dell'atrio; e pereio dalf atrio sinistro si vede spingersi
— 383 —
piulloslo verso destra una orecchietta. Se si pone un piano
langenle alia faccia eslerna dell' atrio destro, queslo piano
e parallelo all' asse del cuore., meat re un piano tangenle
alia faccia esterna dell' atrio sinistro forma coll' asse un
angolo che lia 1' apice diretto all' innanzi; e 1' alrio sinistro
sembra percio adagiato obbliquamente dall'arco dell' aorla
destra alia base del ventricolo. Questo, osservato dalla su-
perticie ventrale, somiglia ad una berretta frigia piutloslo
che a un cono; la sua base e determinata esattamente nel
centro dall' origine deWarteria pulmonalis ed aorta dexlra,
ed a sinistra dal solco die la separa dall' alrio sinistro. A
destra pero e nascosla sotto 1' alrio destro. La sua proje-
zione ci presenta due margin i, vale a dire: il sinistro leg-
germente convesso dalla base alia punta e d' un terzo piii
lungo; il destro, un terzo piu corto, e determinato da una
linea quasi retta. La punta del cuore del boa trovasi a
destra del piano dell' asse. La figura I rappresenta il cuore
veduto dalla faccia ventrale. I, Atrio destro. 2, Alrio sini-
stro. 5, Ventricolo. 4, Origine dell'arteria polmonale. 5, 5,
Vasa coronaria cordis. 6, Aorta destra. 7, Aorta sinistra
8, Arteria carotis. 9, Arteria thyreoidea. 10, Arteria collar is.
I >, Vena jugularis sinistra.
Osservando il cuore dalla faccia dorsalesi vede il solco,
che separa anteriormenle i due atrii, occupato dall' arteria
polmonale, la quale in questo sito si divide nei due rami
destro e sinistro. Difficile pero e a distinguersi il confine tra
gli atrii destro e sinistro: che al primo islante sembrerebbe
questo confine determinato dal lato sinistro della vena cava.
Ma, esaminaudo piu esattamente, si vede che I' alrio sini-
stro a quesla faccia presenta I' aspetto d' un rene separato
dalla base del ventricolo mediante la vena jugularis sini-
stra e coll' ilo aderente all' atrio destro. Un solco leggiero
— 384 —
somigliante a una mezza lima si estende dal solco profondo
che separa gli assi dei dueatrii fino all'estremila posteriore
doll' alrio sinistro, e segna i eonl'mi fra 1' atrio destro ed il
sinistro. Quest© solco e forma to dal sepimento interno dei
duo atrii, il quale (ion e una parole verticale, ma una lami-
na a spira. All' eslremila del eorno posteriore di questo
solco semilunare entra nell'atrio sinistro la vena polmonalo,
la eui lonaea si estende in quella dell' alrio stesso forman-
done un piccolo rigonfiamento. L' atrio dosti'o semhra di-
viso dal decorso della vena cava posteriore in due porzioni,
vale a dire nolla porzianc a destra della vena cava, la quale
ha una forma ovale e si estende col suo a pice posteriore
lino alia terza parte del ventrieolo piu al di la della base,
e nella parte a sinistra della vena cava, la quale e un'emi-
nenza emisferica compresa fra la vena cava stessa ed il
solco semilunare. II ventrieolo lia pure a questa faccia
1' aspetto d' una berretta frigia ; ma dal margine sinistro di
projezione, a un terzo di distanza dalla punla, comincia un
solco il quale si dirigo obbliquamente verso I'asse e la base
fino alia mela della lunghezza del ventrieolo, e si ripiega
quindi indietro ad angolo oltuso verso il lato destro di
projezione. Come gia sopra acoennai, la vena jugularis si-
nisti'a, die discendeva lungo la faccia inferiore dell' atrio
sinistro, arrivafa al limite fra I' atrio o il ventrieolo, si ri-
volge verso la faccia dorsale, seguita nel suo corso quel
solco il quale separa I' alrio sinistro dalla base del ventri-
eolo, o va a naseondersi sollo la vena polmonale e la vena
cava posterior, per sboccare noil' alrio destro all' estremita
posteriore dell' imboccatura del sacco venoso o della cava
posterior. Sopra I alrio destro, dall' apice alia sua estre-
mita posteriore, si Irova un sacco venoso ; il quale, ad onta
clie Welter contraddica in questo punlo Schlemm e Retzius,
— 385 —
e nn voro sacco venoso forma to dal concorso delta vena
azygas anterior dextra, dalla azygos posterior, vena ju-
gularis dextra } e vena ihyreoklea dextra ahteriormente
e posteriortne.il te dalla vena cava posterior. Questo reci-
picnte sanguigno acquista non solo nn diamolro mol-
(o grande rispetto a quello dei vasi, dal cui oonoorso e
formato specialmente in tutto quel (ratio oho oonlina colla
proluberanza emisferica dell' alrio doslro; ma la porziono
inforiore della sua parete o aderenle, direi quasi immede-
simata colla pavete doll' alrio stesso in Inlta la sua esten-
sione dall' apice dell'alrio doslro lino alio sboeco delta vona
polnibnale Del sinistra. Questa porzione del sisloma venoso
credo si possa senza scrupolo considerate come un saoco
venoso, poiche, raeoogliendo ossa il sangue di cinque vasi
vonosi, non si pu6 determinare a quali appartenga pin 6
mono, taoto piu oho anohe i suoi rapporti anatomioi diffe-
riscono da quelli doi vasi che concorrono a forrnarlo, no e
voro, come vedromo piu lardi, cid oho assorisoo Weber,
vale a dire ohe dollo due valvolo, lo quali proteggono lo
sboeco di questo saooo, la doslra appartenga alia vena
jugularis dextra, o la sinistra alia vena cava posterior.
So intanlo 1' injezionc fu praticata dalla vena (favia, posterior,
si vodo oho quella rienipie perfetlamente tutto lecavita ear-
diaoho o ponolra in tutto Ic arlerie the partono dal euore
nonche in lulto lo vene lo quali vi oonlluiseono. Essa per6
viono ai'reslala da valvolo un po' piu in la dogli apici degli
atrii, tanlo nolla vena jugularis sinistra quanto nol saooo
venoso della cava posterior. Al di la di questo valvolo del
sacco venoso si oslcndo un'ampia vona, ohe semhra ossero
la continuazione della cava posterior o dalla presenza dollo
suddotto valvole viene caratlerizzala per la jugularis dextra.
Immediatamenle presso alio suddette valvolo a doslra met-
— 380 —
te foce nel sacco venoso la vena thyreoidea dextra, ed a
sinistfa, piu in dietro un istante dall'apice dell'atrio d'estro,
la azygos anterior dextra e la azygos posterior. Al lato sini-
slro della eava posterior, ed aderente alia sua parete, per-
corre dall'indietrq all' innanzi la vena polmonale, la quale,
appena scavalcata \ajugularis sjhistra,s\ piega a sinistra per
ishoccare sotto un angolo retto nell'atrio sinistro, immedia-
tamente sotto I'estremita posteriore del solco semilunare,
che separa I'uno dallaltro i due atrii. Qua seinbra die la ve-
na polmonale si gonfi, e la sua parete si confonda con quella
dell'atrio in cui sbocca. Se si spaeea la vena cava posterior
ed il saeco venoso nella Innghezza dell'asse, si puo assieu-
rarsi dell'aderenza del saeco venoso all'alrio deslro e si ve-
de oltre a cio un'aperlura ovale collocata obbliquamente da
destra a sinistra. Questa apertura si trova iunnediatumente
innanzi la base del ventricolo, distante percio dallo sbocco
della eava anterior di tulta la Innghezza dell'atrio, ed il suo
polo anteriore e nascosto solto una duplicatura semilunare
formala dalla tonaca interna del sacco, la quale pero non
si estende piu in la della porzione del sacco aderente.
La figura II rappresenta il cuore osservato dalla faccia
dorsale. I, Atrio sinistro. 2, 2, Alrio deslro. 5, Ventricolo.
4, Soleo semilunare che separa i due atri. 5, Solco del
ventricolo corrispondente al sepimento impert'etto. 6, Vena
cava posterior. 7, Vena polmonale. 8, Jugularis sinistra.
9, 9, Vasa coronaria cordis. 10, 10, Arteriae pulmonales
nel punto dove si dividono dal truncus communis. I I, Vena
azygos anterior dextra. A, Rigonfiamento alio sboeeo della
vena polmonale. B, II sacco venoso chiuso dalle valvole
della jugularis dextra. C, Sacco venoso.
Figura III rappresenta la stessa immagine colla vena
cava posterior aperta.
— 387 —
I , Atrio sinistro. 2, Atrio destro. 3, Venlricolo. 4, Sac-
co venoso, parte aderente all' atrio. 5, Jiujularis sinistra.
6, 6, Vasa coronaria cordis.', 7, Arleriepolmonali. 8, Vena
azygos anterior dextra. 9, Solco corrispo'ndente al sepi-
mento ventricolare. 10, Solco semilunare die separa gli
alri. A, Fondo anteriore del saeco venoso chiuso dalle val-
vole. B, B, Lemhi della cava posterior. C, Duplicatura
semilunare. D, Apertura che melte nell'atrio.
Paragonando ora quanto esposi circa I' abito eslerno
del cuore del boa constrictor coi pochi cenni die fa Briicke
intorno al cuore degli ofidiani, e paragonando le rale im-
magini a quelle date dal raio illustre maestro si noteranno
facilmente delle differenze essenziali, le quali risalteranno
ancor piu se si paragonano le immagini delle corrispondenli
sezioni. Io devo pero ricordare di nuovo die Briicke stu-
diava soltanto il cuore del coluber Aesculapii e del tropi-
(lonolus natri.r. ch-' egli accennava appena appena allana-
tomia di questo organo quanto era necessario per venir fa-
cilmente inleso nell'esposizione deH'azione meccanica, e die
paragonando le mie immagini con quelle del mio maestro e
colle immagini di Weber, il quale riproduceva cuori di un
serpente indiano e di un boa, si riconoscera come quan-
lunque differiscano le mie da quelle di Briicke, pure le no-
stre ci rammenlano a colpo d'occhio Io stesso tipo, menlre
quelle di Weber, quantunque sieno tolte da un animale
dello stesso genere die io studiava, moslrano ci6 non per-
tanto differenze tali da rendere veramente necessaria questa
mia descrizione.
In fatli FJriicke dice: « Dal venlricolo del cuore spun-
») lano Ire vasi arteriosi collocati in triangolo uno presso
» 1' altro, ciascuno de' quali c provvcduto dun pajo di val-
» vole semilunari. Fra questi, quello che giace piu verso
— 388 -
» sinistra e {arleria puhnonalis, quelle che spunta a destra
» c solto e P aorta sinistra, e quello die serge a destra e
» sopra e Y aorta dextra. Questa, prima d'arrivare all'estre-
» mita anteriore degli atrii, da la cdrotis communis, si ripie-
») ga quindi per dare un ramo ascendente, clie manda rami
» aesopliagei, intercostales c rami pei muscoli della nuca,
i) e diseende fmalmenle in giu per congiugnersi coll' aorta
» sinistra a for mare I' aorta communis descendens. » Co-
me e bella questa breve descrizione ! Poche parole palesano
T insigne maestro ! Da quaolo ho citato per allro risulta
che Ira il more del boa constrictor c quelli del tropido-
notus natrix e del coluber Aesculapii hanno luogo le se-
guenti differenze: Nelprimo V urtcria carotis spunta pill
innanzi degli apiei degli atrii, e non prima che V aorta dex-
Ira arrivi all'estremila anteriore di quesli ; 2." in esso, so-
pra T arleria carol ule, spunta dalT aorta stessa come ramo
indipendente [urtcria thyreoidea; la quale negli esemplari
studiati da Brucke dcrivera probabilmente dalla carolide;
5.° I' arleria collaris di Muller, che corrisponde al ramo
ascendente di Brik-ke, nel boa constrictor deriva dal ramus
regrediens o posterior dell" aorta destra e non dall'arco
slesso. Paragonando pero i'ra loro le immagini, si rileva che
anche ne' cuori studiati da Brucke 1' apice dell' alrio sini-
stro si spinge pin innanzi di quello del destro, die 1' aorta
sinistra estende il suo arco intorno all' apice dell' atrio si-
nistro per arrivare alia faccia superiore del euoiv, die
r atrio destro non arriva anteriormeute a spingersi tattto
innanzi quanto il sinistro, ma die invece si estende assai
piii indietro in niodo da coprire quasi la uieta del lato cor-
rispondente del venlricolo. "Ma quesle comparazioni ci rao-
strano pure delle differenze essenziali nel rapporto degli
atrii eol venlricolo. Se ci rappresenliamo il cuore diviso in
— 389 —
due meta mediante un piano il quale passi pel sepimento
degli atrii, vedrcmo die nel cuore riporlato da Brucke la
ineta sinistra del ventricolo si estende innanzi verso l'atrio
sinistro cV un tratto eguale alia lungbezza delta destra meta
del ventricolo, e ebe la base dell' atrio sinistro e quasi del
tutlo separata da quella del ventricolo, mentre nel boa con-
strictor le basi dell' atrio sinistro e della corrispondente
meta del ventricolo si innnedesimano in un piano di semi-
cercbio quasi perpendicolare all' asse, la cui curva e se-
gnata eslernamentc da un solco alia faccia ventrale, e dal
ramo orizzonlale della jugularis sinistra alia faccia dorsale.
II confine fra 1' atrio sinistro e la corrispondente meta del
ventricolo non si estende nel boa constrictor piu in la del-
V origine dei vasi arteriosi. Devo notare oltre a cio che
neir immagine di Brucke non si trova accennata la vena
jugularis sinistra. Fermiamoci ora colla stessa critica im-
parziale a studiare le immagini di Weber. Questo dotto
riporta alia figura IX il cuore d' un coluber delle Indie
orienlali (I), senza determinarne la specie, vedulo dalla
faccia ventrale; e alia figura X (Tavola I) lo stesso cuore
veduto dalla faccia dorsale. Nella prima immagine si trova
segnalo quasi esatlamente il decorso della jugularis sinistra;
ma falsa del tutto e la forma dell' atrio deslro cbe sembra
spingersi coll'apice piii innanzi del sinistro, arrivare col mar-
gine inferiore a coprire tutti i vasi maggiori ed il margine
corrispondente dell' atrio sinistro, e la cui oreccbietta e
disegnata sotto 1' origine dell' arleria polmonale. Differenze
ancora piu essenziali si osservano nel decorso dei vasi ar-
teriosi. L' aorta destra in quella figura forma il suo arco
appena giunta alia meta degli atrii, si ripiega sulla linea di
(.1) Weber, I c. pag. 1(1
.Seric 111. T. J. :,\
- 390 —
mezzo della faccia inferiore dell' arco sinislro, e coulinua
il suo corso come ramus posterior Iungo il lato sinistro
del cuore non ehe aderente a questo, sembrando spingersi,
piuttosto verso la faecia ventrale che verso la dorsale.
L' arteria carotis sembra nella stessa figura un vaso dim
calibro maggiore dell' aorta dalla quale deriva, e spunta
da questa prima lien che arrivi a sorpassare gli apici degli
atrii. Manca del tutto 1' arteria tlujreoidea. Varteria verte-
bralis di Weber, corrispondente alia nostra arteria collaris,
sorge dal punto del ramus anterior aortae dextrae, dal quale
nel boa constrictor spunta la carotide invece di spuntare
dal ramus posterior. Non meno essenziali sono le differenze
che ci si affacciano considerando la figura X di Weber. II
rapporlo degli apici degli atrii ed il decorso ulteriore del-
1' aorta sinistra non possono corrispondere perehe devono
stare in relazione colla figura IX. La jugularis sinistra per-
corre una linea obbliqua discendcndo dalla parte anleriore,
e da sinistra verso la parte poslcriore 1' asse, invece di
percorrere una direzione orizzontale: e percio falsamente
disegnati risultano i confini fra 1'atrio sinislro ed il ventri-
colo. Non si trova indicato il solco semilunare che dinota i
confini fra i dueatri, e percio risulta il diametro orizzontale
delTalrio sinistro maggiore di quello del destro, mentre alia
faccia dorsale ha luogo il rapporto inverse La vena pol-
monale sembra sboccare nell' angolo posteriore dell' atrio
sinistro in direzione parallela alia corrente del sangue nel
sacco venoso, mentre la corrente alio sbocco della vena
pohuonale si rivolge a sinistra sotto un angolo retlo. Dalla
stessa figura di Weber sembra che v'esisla una sola arteria
pohuonale la quale comparisce alia faccia dorsale fra i due
atrii al punto di mezzo della loro lunghezza, e si estende
posteriormente fra la cava posterior o la vena pulmonalis
EfI
FyE
bum
- 391 —
fino al di la della punta del cuore; e sembra per conse-
guenza die i due atrii sieno separati in tutta la Ioro meta
anteriore, tnentre in fatto soltanto i Ioro apiei sono sepa-
rati da un breve solco, ed il tronco comune dell' arteria
pulmonalis appena arrivato alia faccia dorsalesi divide nei
due rami arteria pulmonalis dextra ed arteria pulmonalis
sinistra, che si dirigono ai relativi polmoni. Ollrc a cio non
e indicato il punto dove si trovano le valvole della jugularis
dextra, non lo sbocco o la presenza della azygos anterior
dextra, ne il solco del ventrieolo corrispondente all'inferno
sepimenlo. Le irregolarita che presenta il cuore del boa con-
strictor, P impossibility di ridurle a tipi particolari di cono-
sciuta denominazione perche facile ne riesca ed intelligibile
la descrizione, mi determinarono ad allontanarmi fino ad
ora dal metodo descritlivo seguito dai notomisti e adesporre
piuttosto i rapporti anatomici quali si presentano all'oechio
osservati sotto different! punli di vista. lo credo oltre a
cio di rendere in tal maniera pin sensibili le immagini delle
tavole. Nella descrizione dell' interno del cuore seguiro lo
stesso metodo di prima. (continue)
IthiBi'tosi 1* Istiluto in adunanza sesreta si \eaac
uno scritto con cui s. e. il Luogotenente co : di Bis-
singen ringrazia per la sua nomina a IVlembro onora-
rio di esso.
man del giorro 25 ribiuo 4856
1 1 m. e. prof. Santini annunzia che sol tan lo nella
notte 24 corrente, dopo lunga scrie di giorni piovosi
e nebulosi. pote ricercarsi all' i. r. Osservatorio di
Padova il 39." pianeta recentemente scoperto a Pa-
rigi dal sig. Chacornac, e venne osservato dal dill —
gentissimo sig. Trattenero, tanto alia macchina para-
lattica, quanto al circolo meridiano nel modo che ri-
ferisce a notizia comune.
23 febb. 1850 T. medio in )
Padova = 8A. 54'. 3". 3 f u , . , '..
vitkpp.4i\iy.dr/9ijfMehma^Tdaltl?s,L
deel. = -f-6°.37/.59'V8 )
2. Oss. T. medio = 13A. 0'. 7 ", 3 ] . . . ,
IK.app. :,!lM2'.25",30rVlc,,;CO,°
deck = : + 6/ 39'. 40", 9 \ mendlano-
II pianeta e di 10/ grandezza, difficile a vedersi
anche all' equatoriale per lo splendore della lima.
II m. e. dott. Paolo Fario ritornando sni nuovi
esperimenti e nnove ipolrsi intorno al jodto ndite jeri
— 394 —
nella leltura del m. e. Galvani comunica varie pruove
da lui fatte in ospedale colle sostanze iuedesime, nolle
quali il Galvani non trovo indizio di jodio esaminan-
dole separatamente, e lo riscontro dopo averle poste
nelle condizioni indicate nell' alto verbale dell' adu-
nanza di jeri. Narra di aver colle ordinarie reazioni
riscontrato essere prive affatto di jodio Ie urine di al-
cuni suoi infermi, nelle quali esso immediaiamente
discoprivasi, aggiungendo poche goccie di una tenue
soluzione d' idrojodato di potassa. \ questi suoi infer-
mi egli lece ingollare alcune pillole composte di gela-
tina animale, aeido silicico, ferro e carbone. e alcu-
ne ore dopo trovo nelle urine gli stessi segni di jodio
che avea veduti mescolando con esse direttamente la
predetta soluzione d'idrojodato di potiissa. Conchiude,
invitando il in. e. secretario dott. Namias di ripetere
ne' suoi ammalati dell' ospedale codesti speriinenli,
ch' egli reputa una ripruova di quanto fu addolto dal
Galvani a mettere in luce che il jodio non preesista
in quelle sostanze ma si produca per le reciproche
loro azioni.
Risponde il dott. Namias non esservi motivo di
dubitare che le dissoluzioni di quel miscuglio deri-
vanti dalle forze digerenli e assimilatrici del corpo
umano non lo pongano in analoghe circostanze a
quelle in cui lo ponevano gli esperimenti del Galvani,
non aggiungere codesti fatti alcuna efficacia alle argo-
mentazioni di lui, perche le forze digerenti e assimila-
trici operando su quelle materie potrebbero svinco-
lare il jodio da legami organici che lo rendessero
— 395 —
occulto alle coniuni reazioni, anziche sccondo l'ipotesi
del Galvani produrlo, e quindi non aversi in cio ri-
pruova alcuna chc il jodio si generi, essere anzi dal
Galvani medesimo csposta come semplice ipotesi la
produzione del jodio.
II m. e. dolt. Fario aggiunge non doversi consi-
derare conformi a qnelli che si osservano nel corpo
umano gli efletti delle reazioni che fiiori di esso suc-
cedono alia mescolanza di alcune materie.
II in. e. Hellavitis domanda al Galvani se nella
gelatina vi potesse essere jodio, al che egli risponde
aversi rassicurato non contenerne. Ouanto alia mu-
tazione del bromo in jodio jeri annnnziata, continua
il Galvani, era stato preparato a belia posta T idro-
bromato di potassa che col reattivo del Gantu mani-
festava il giallo-dorato colore suo proprio^ ma quello
stcsso idrobromato sciolto nell acqua si faceva assor-
bire dal carbone vegetabile. Incenerito questo sc ne
cimentava il liscivio col reattivo anzidetto e si avea
prima la rcazione del jodio poi qnella del bromo. Pud
supporsi, dice il Galvani. incomplela disossidazione di
un radicale comune ad ambedue, e adduce in appoggio
altri argomenti; fra' quali per e. vapori di jodio otte-
nuti dccomponendo con nitrato d" argento una solu-
zione di bromo scolorata dal gas nitroso e reagendo
poi sul precipitato d argento con biossido di manga-
nese c acido solforico.
II Bcllavilis soggiunge di riconoscere limportanza
degli esperimenti con cui operando su la gelatina o
gul bromuro di potassio. il Galvani otteune segni di
— 390 —
jodio. ma che a rendere decisiva la pruova brame-
rebbe die veramente si ottenesse il jodio, anziche il
colore violetto. Egli ricorda gli esperimenti del dott.
Bizio figlio, da cui scmbra risultare chc la vegetazione
valga a convertire il bromo in jodio.
II socio eorrispondente co. Francesco Miniscalchi.
che doveva proseguire la sua comunicazione sul sistema
universale di trascrizione per le lingue tutte del globo
applicate specialmente alia al qual fatto si con-
ferma la opinione del grande cbimico Liebig: derivar cioe
I' azione del presame da una sostanza azotata in istalo di
metamorfosi, e quindi di movimento molecolarc, capace di
trasfondcre il disquilibrio nelle molecole di altri corpi che
le sieno in intimo contatto (2).
(1) Si e trovato utile unire anche chilogrammi 5 di ollume polveriz-
zato: altri villici non si niostrarouo contenti.
(2) Devonsi guardare scrup:3losaii>eiite i ventricini dalle mosche e da
qualaiasi allro insetto. Ed ove sembrassero infracidire si accresea la cjnan-
— 409 —
Ciuscuno dei tre metodi di preparazione ora rieordati
offre i suoi particolari vantaggi. La ehimosina sciolta in
una soluzione acida vale pel latle fresco. Le altre due, ma
specialmente I1 ultima o sia la pasta animate coagnlatrice,
tornano piu aceette ai paslori, i quali non vogliono eoagu-
lare ehe il latte maturo, cioe quando lia gia dato sviluppo
ad alquanto di acido. E fra queste due il presame liquido
e piu facile a prepararsi e piu economico : ma esso riesce di
una efficacia alquanto debole. L' altra e di preparazione
difficile, ma assai piu alliva. E, come dissi, e possibde ap-
prolittare di essa come di lievito, per accrescere, forse a
piacere, la quantita di presame e cosi avvene in molta
copia.
Dal poco che vi dissi rileverete il desiderio mio di cor-
rispondere ai voti ed alle ricerche dell Isliluto lombardo,
antecipandouna qualche luce valevole almeno ad accennare
la via da seguirsi nel difficile soggetto. E poiche, come
disse il valentissimo Landriani puo anche il piu piccolo
miglioramento, in questo riuscire di qualche rilievo, cosi
oso sperare che cotesli miei studii vengan da voi incorag-
giali e sorrelti.
titd di fnmo. e in qualche caso del calore : quest' ultimo sia pent modera-
tissimo, che altrimenti nuoce togliendo loro la forza. Lo studio deve esse-
redi far percorrere ai ventriciiii una fermentazione diversa dal vero infra-
cidimento, il quale e causa prima ed unica della poca efficacia che prespn-
tano assai spesso nel cagliare il latte.
La materia caciosa in istato di scomposizione unita al presame
acquista la facolla di determinare il coagulamento del latle ossia si fa essa
pure presame. E operata nel latte, merce del presame, 1' alterazione di
piccola dose di caseina questa trasfonde I' impulso ricevuto alle molecole
della lattina e la costringe a metamorfosarsi. Tali osservazioni danno luogr>
a hegli studii sull' argompp.to.
— 410 —
Secondo I'arfcicolo 8." del regolamcnlo internes, in
letta la seguente comunicazione divisa in due parti
del sig. Francesco Regnani, prof, di fisica a Roma.
Parte I.
// teorema fondame-ntale deW induzione elettrostatica, or.
Principiando dalle conclusion! del Melloni, io nego
rictsamente die debba ntodificarsi essenzialmente, come
ogli propone, il teorema fondamentale deW induzione : per
la semplieissima ragione, die le esperienze, le quali hanno
tratto il Melloni a tal proposizione non sono alte a com-
provarla. [hiperpcche il Melloni ha creduto trovare, su
di un cilindro inlluenzafo, I'eleltricila distribuita in lult'al-
tra guisa da quello die e in realta (i), perche ha argomen-
talo questa distribuzione da qnella die esiste sui pendoli
annessi al cilindro. Ora nelle esperienze del Melloni, qucsti
pendoli sono riparati e difesi dallinduzione, e appunto per
questa condizione speciale, nella quale essi si trovano, e
non il cilindro, la distribuzione dell' elettricita su di loro e
lull' altra da quella del cilindro influcnzato. Infatti i pen-
doli del lato remoto dull' influsso si caricano di elettricita
omonoma all' induttrice, perche essa e libera : i pendoli
del lato prossiino all' influsso non si caricano della etero-
(I) Solamente jen ho saputo con mio motto piacere che il prof. Fr. Zan-
tedeschi (come consta da un suo fascicoletto da esso insieme ad altri gra-
ziosamente invialomi) con una ingegnosissima esperienza ha net maggio
soorso dimostrato di nuovo il teorema fondamentale dell' induzione. Inten-
do fare qui i miei rallegramenti col dotto professore : sebbene io non sia
d'accordo con lui nel credere che la eleltricild dissimulata o legola sia
priva affalto di tensions.
— 411 —
noma porclic essa 6 legata sul cilindro, ma inveee della
omonoma essi pure, perehe questa e libera ; insomnia (ntli
i pendoli si caricano, qual piii qual meno, della sola elettri-
cita oiiioiioina all' induttriee; perehe, difesi come sono dal-
I'inllusso, si ritrovano pet* riguardo all' induzione a un di-
prcsso nella eondizionc medesima, in eui si rilrbva if lato
men prossimo all' inducente.
Dunque queste esperienze non sono atle a moslrare che
sia falso il leorema fondamenlale dell' induzione.
Prendo questa occasione per ricordare due cose, le
quali non da tutti i fisici, ma certo da inoltissimi son tra-
scurate.
I.' Siccome ogni induzione e reeiproca o bilalerale, e
lion v' 6 induzione unilaterale; cosi in ogni induzione,
senza eccezione di sorta, la eleltricita eleronoma all' indul-
Irice e legata, o, sc vuolsi, dissimulala. Delle fogliettinc
d' oro collocate sopra un piano metallico comunieante col
lerrenosonoatlirate con un assaggialore. Cio significa che,
delle due eletlricitu svolte in esse fogliette per f induzione
del saggiatore, la omonoma a quella del saggiatore ( come
quella che e libera ) ritlui nel lerreno, la eteronoma rimase
legata li: quindi 1' attrazione.
2." Questa eletlrieila e legata, o, per dir cosi, dissimulata
non nel senso che sia priva di tensione, ineapace di eser-
citare o soffrire attrazione e ripulsione, latenle come il
calorico, immobile, insensibile: ma nel senso che essa non
puo scaricarsi nel suolo, e non put) muoversi che verso
1' inducente. Perciocche se v' e eletlrieila legata o dissi-
mulata, essa e certamente quella delle due armature di un
quadro niagico caricate eteronomamenle fra loro c poi
messe sueeessrvamente in comunicazione*ol suolo. Ebbenc,
se i\ vclro Irapposlo e sottile e disuguale, sail tutti die esse
— 4*2 —
danno il massimo segnale di se col romperlo c ricombinarsi
per una scintilla. II che vuol dire die la elettricita dissimu-
lata o legata ha lensione, esercita o soffre attrazioni e ri-
pulsioni, si manifesta e si muove.
Parte II.
// raggiamcnto elettrico.
Venendqi ora alio vere conclusioni die dalle sue espe-
rienze mi serabra che avrebbe dovuto trarre il Melloni,
principio dallo stabilire:
1 ,° Che un corpo metallieo comunicante col terreao im-
pedisce il passaggio dell' azionc induttrice, e che anzi le
parti stesse sporgenti del cilindro influenzalo sono talniente
opachc per quesla, che dietro di esse potra ben riduire
della elettricita per conducimento, ma non mai esservene
altratta o respinta per induzione.
2.° Che questa azione e arrestala nel suo cammino
verso un certo sito, purche una lamina metallica comuni-
cante col terreno sia frapposta nella retta di congiunzione
fra questo c il punto elettrico induttore. Solito criterio
con cui in fisica si dimostra il cammino rettilineo della
luce e del calorico raggianlc.
5.° Siccome un punto elettrico produce induzione indi-
slintamente per ogni lato: e siccome le induzioni non acca-
dono se non in virtu della attrazione che esercita il punto
elettrico per la elettricita eteronoma (la quale e nell' indu-
cendo) e della ripulsione che esso stesso fa per la omonoma
(la quale unita colla prima costiluiva lo stato nalurale di
esso inducendo );#cosi il potere inducente della elettricita
non sara che la virtu attrattiva e ripulsiva della elettricita
— il3 —
stessa, o la sua azione. In quella guisa medesima che nclla
relta, intercetta fra un punto di calorico raggiante, e un
corpo riscaldato da esso, non v' e veramente il calorico,
nel sistema delle vibrazioni, uia la sua azione, la quale per
uq certo veicolo si propaga tutlo iotorno : cosi tra il corpo
inducente e 1' indolto non si diffonde proprio I' elettrico,
purche il mezzo sia perfettamente dielettrico, ma 1' azione
sua di attrazione e ripulsione.
Dopo tutto cio mi sembra cbe si possa a buon diritto
venire alle seguenti couclusioni.
I ." Dunque vi sono delle sostanze adielettriche, come vi
sono delle sostanze adiafane ed adiatermiche, le quali arre-
stano ogni azione elettrica, e producon dietro di loro dei
coni troncati di ombre etettriche, per cbiamarle cosi. E
come frapponendo fra una sfera metallica e un punto di
fuoco un disco di sostanza adiatermica, per es: di allume,
quelle parti della sfera, d' onde non si vede il punto calori-
fico, non si riscaldano per raggiamcnto, ma solo per con-
ducimento : in una maniera analoga frapponendo un disco
metallico comunicante col terreno o una sostanza adielet-
Irica fra un punto elettrico e un corpo metallico isolato,
quelle porzioni di questo, dalle quali non si vede il punto
elettrico, non potrebbero elettrizzarsi direttamente per in-
ilusso, ma solo per conducimento.
2° Dunque f elettrico } non men die la luce e il calorico
agisee per linee relte. Io non intendo con questo ricordare
che i corpi attratti vanno verso 1' attraente per la via piu
breve, ma cbe 1' attrazione cbe esercita V elettricita per al-
tra elettriciti'i eteronoma, e la ripulsione per la omonoma
( d'onde gli effelli della induzione ), si estende la, dove dal
punto elettrico posson condursi delle relic. Non nego nep-
pure cbe il non perfetlo dielettricismo dell' aria possa dale
Serin 111. T. I 54
— 414 —
luogo ad un conducimento di clettricila, il quale dislurbi
il fcnomcno, come il non perfefto diatermanismo dell' aria
dislurbu il fcnomcno del raggiamento caloriflco. Maritengo
che in un mezzo perfettamente dielettrico, l'azione dell'elet-
trico la quale cmana da un punto, e, per esempio, la indu-
zione, non si propaga per linee curve, e che essa non puo
investire una sfcra (come asseriva il sig. Faraday) anche
nelT emisfero nascosto al punto elettrico d' onde 1' azione
cmana.
5.° Dunque da un punto elettrizzato I' azione elettrica
diffondendosi per ogni verso, diminuisce col quadrato delta
distanza. Legge die sarebbe dimostrata cosi, come per la
luce, anche piu rigorosamente che non colla nola espe-
rienza della bilancia di Coulomb; epero superiore a tuttc le
obbiczioni del sig. Harris, ed assai piii spedita di quella inge-
gnosissima del sig, Plana., il quale per giungere alia mela
ha bisogno di partire da qualche poslulato non tanto sem-
plice, e trapassare per un' anaiisi matematica sufiiciente-
mente complicata.
10 in questa seconda parte sopra tutto ho cercalo stu-
diatamente di evitare il tuono dommatico, perchc coll' af-
frettarmi ad annunciare questi corollarii, tali quali ml si
sono presenlati alia mente nella lettura delle ricercbe del
Melloni, ho avuto in animo d1 invitare i fisici a vcrificarli
con altre esperienze, e confermarli quindi o correggerli.
Accogliero pertanto con piacere le osservazioni che si
faranno in proposito.
11 m. e. cav. prof. Zanledeschi dice sembrargli
che « 1' anaiisi fa I la all' esperimento del Melloni sia
» degna dell' attenzione del lisico. come pure le dedu-
» zioni su 1' irrasdamenlo elettrico, o mei*lio su la
— 415 —
» direzione della virtu indnltiva, ina noil portare
» eguale giudizio su 1' esistenza de'corpi adialettrici,
» e su le illazioni die ne rieava il Regnani. E qucsla,
» soggiunge il prof. Zantedeschi, la parte al tut to ipo-
» tetica, su la quale non convieue ne pure il sig. prof.
» Lorenzo della Casa, che si e occupato dello stesso
» argomento, e che ha sostenuta 1' insufficienza degli
» sperimenti del Mellon! per abhattere il teoreina
» elcttro-stalico. Non posso, ei continua, ugualmente
» convenire col sig. prof. Regnani sul significato dato
» all' elettricita dissimulata. Secondo le dottrine del
»> Reccaria e del Volta 1' elettricita dissimulata e
» quella che non dispiega ne attrazione, ne ripulsione,
» ma e occultata come ncll' elettricita vindice. Per
» converso 1' elettricita ncgativa non e scorrente,
» ne affluisce nel lerreno, ma dispiega le attrazioni
» e le ripulsioni sui corpi vicini leggieri. ISel mio
» nuovo elettroscopio delle due elettricita per influen-
» za, del quale mi onoro di rassegnarne in omaggio
» un esemplare, non ho confusa 1' elettricita dissimu-
» lata colla elettricita eteronoma, e ne pure ho par-
» lato della questione se 1' elettricita negaliva possa
» affluire nel terreno come la posiliva. »
Dopo cid llstituto si ristringe in adunanza secreta.
Siannunziano i seguenti donifatti all'I.R.Istituto,
1. Dal sig. prof. Lelio della Torre.
// Rabbinato e i Rabbini. — Orazionc inaugurate. —
Pailova, I85(» — di pag. 18, in 8."
— 416 —
2. Dal sig. Giuseppe dalla Torre, di Este.
Gazzetta di farmacia c di chimica, il n.° 52 dell'an-
no 1855, c i n.1 dal 1.° al 7.° del 1856.
3. Dal m. e. caval. Emmanuele Cicogna.
Sopra una variant e delta stanza 69 del canto XXIX,
del Furioso. — Osservazioni. — Venezia 1855, di pag. 4 6,
in 8.°
Intorno alia chiesa di S. Marco. — Lettera a Francesco
Gaffi. — Venezia, 4 855, di pag. 20, in 8.°
4. Dal sig. prof. Ignazio Cantu.
Cronaca, (/inmate di scienze, lettere ed arti, ecc. Anno
j 855. — Dispense II." e III."
5. Dal sig. Cesare M. Noy, i. r. consigl. minisle-
riale doll' interno.
Proposta di un'associazione caltolica net Regno Lomb.-
Veneto. — Vienna, 1856, di pag. 48, in 8.°
6. Dair ecc. I. R. Luogotenenza delle prov. veiiete.
Bulletlino delle leggi per te provincie venete. — Parle
I." Puntata VIII." (1855) e Parle II." Puntata VIII.1
7. Dalla R„ Societa sassone delle scienze in Lipsia.
Mcmorie delta classe matematico-fisica delta slessa
Societa. — Vol. I, e II con lavole. — Lipsia 4854-1855,
in 4." (in ledesco).
Drobiscli M. W. — Appendiee alia leoria dei rapporti
dei luoni musicali (in tedeseo). Lipsia, di pag. 40, in 4.° — -
(estr. dal Vol. V delle Meniorie)
1850
»
1
al
5
1 85 1
»
1
al
2
1 852
i)
1
al
2
4 855
»
4
al
5
1854
»
I
al
5
4 855
»
1
— 417 —
Ragguagli sopra le adunanze delta Reg. Societd sets-
seme delle scienze in Lipsia.
T.° I, in 8.° — fascic. 1 a 42 (18 56-48) (in tedesco),
T.° II id. fascic. I a 0 (1848). Class, stor. fdol. e fisic.
nat., con tavole (in tedesco).
Ragguagli sopra le adunanze delta Regia Societd sas-
sone delle scienze in Lipsia.
Anno 4 849 i'ascic. 4 al 5
^Classe fisico-malcmatica,
con lav. (in tedesco).
Memorie delta classe storico-fdologica.
T.° I, in 4.° — Lipsia 1850, con carte (in tedesco).
Sulla storia delta dottrina economica inglese nei secoli
40 e 47, di Guglielmo Roscher. Lipsia 1851, in 4.°, di pag.
4 24, con appendice dcllo stesso. — Lipsia 1852, di pag.
22, in 4.° (in tedesco).
Everardo Winded;, di Giov. Gustavo Droysen. — Lip-
sia 4 853, di pag. 74, in 4.° (estrat. dal T.° III delle Me-
morie).
Due cataloghi concernenli i possedimenli dell' impera-
tor Carlo F, e sue grandi rendite, ecc, di Gio. Gust. Droy-
sen. — Lipsia 1854, in 4.°, di pag. 04 (in tedesco).
Polemii Silvii Laterculus, pubblic. da Teodoro Momm-
sen, con commenti. — Lipsia 4 853, di pag. 48, in 4.° ( in
tedesco).
Volusii Macciani distributio partium, pubbl. da Teo-
doro Momrasen, con traduz. (in tedesco). — Lipsia I 853, di
pag. 4 8, in 4.°
Gli statu li delle Comuni laiine Salpcnsa , e Malaca
— 418 —
nella provincia Betica, in latino, pubbl. da Tend. Momnisen,
con annotazioni, ed appendice, (in tedesco). Lipsia 1855, di
pag. ^48 in 4.°
Ragguagli delle adunanze delta Regia Societd sas-
sone. id. id.
Anno 1849 fascic. 1 al 5
1850 » I al 4
1851 » I al 5
4 852 » i al 4
1855 » I al 5
1854 -. I al 6
1 855 ») 1 e 2
Classe storieo-filologica,
con tav. (in ledesco) .
8. Dall' Accadeniia Reale delle scienze di Madrid.
Memorie delta R. Accadeniia delle scienze di Madrid,
in 4.° (in ling, spagnuola).
-1855 — Scienze esatte. — T.° I, Parte I.'
-1854 — Scienze naturali — T.° I, Parle 5."
Estratto degli Atti dell' Accadeniia stessa ; in 8.°
Anno 1851-52 — di pag. 44. — Madrid 1855.
Anno 1852-55 — di pag. 52. — id. -1854.
9. Dal Sig. Fortunato Sceriman.
Osservazioni intomo ad un giudizio pubblicalo dal
Crepuscolo, sopra il Giornale di giurisprudenza ammini-
strativa. — Venezia 1856, di pag. 8, in 8.°
40. Dall' I. R. Accadeniia in Vienna.
Foglio di notizic (in tedesco).
Anno 1856 — n.' 4-5-6.
Ragguagli delle adunanze dell' I. R. Accadeniia di
Vienna (in tedesco).
— 419 —
Classe di filosofia e storia — T.° XVII, 1855. Punt. 5.'
Classe di matematica — T.° XVIII id. Punt. 1."
14. Dalla Societu d' incoraggiamento della provincia
di Padova.
•
Scritti raccolti e pubblicati dalla Socield medcsima. —
Padova 1855. Vol. II, Parti I." II.' e III." in due tomi.
42. Dal sig. Enrico Cornet di Vienna.
Le guerre dci Yeneli nell' Asia 1470-1474. — Docu-
ment! cavati dallArchivio dei Frari in Venezia — Vienna
1850, di pag. 52, in 8.°
13. Dall' Ecc. I. R. Luogotenenza delle prov. ven.
Prospetto dcgli stitdii dell' I. R. Universild di Padova
per I' anno 1855-50. Venezia 1850, di pag. 42, in 4.°
Bollettino delle Leggi, e degli Atti ufficiali per le pro-
vincie Venete, i850. — Tarte I." Puntata IX.
Parte II.' Puntata IX.
44. Dal tipografo Antonelli editore_, e Federico Fe-
derigo compilatore.
Supplimento al Dizionario tecnologico. — Fascicoli
100 e 101.
45. Dal sig. dott. Andrea Verga, di Milano.
Rendiconto della beneficenza dell' ospilale maggiore, e
degli annessi pit Istituli in Milano per I' anno 1854. —
Milano 1855, di pag. 90, in 4.°
— 420 —
dG. Dalla Societa medico-ehirurgica di Bologna.
Bulleltino dcllc Scienzc mediche, I85G. — Gennajo.
\1. Dal sig. L. A. Giordani, di Parma.
Questioni di economia ruralc, in risposta ad un quc-
sito delta Camera di agricollura di Parma. — Parma 1 855,
di pag. 62, in 8.°
18. Dal dott. M. Benvcnisti.
Gangliorum Analomia. Dissertatio inauguralis. — Pa-
dova 18 ;0, di pag. 50 in 8.°
Saggio di umana pneumatologia — Venezia 1840, di
pag. 52, in 8."
Studj sopra le produzioni morbose accidentalineW ani-
mate economia. — Padova 1845, di pag. 50, in 4.°
ASM ACCAD. 1 85H 56 DISPENSA QUINTA
BKEVI COrVSIDERAZIONI
INTORNO ALL'ORIGINE DEL DIAMANTE
DEL
PROF. li. BIZIO
lelle nell' adunanza dell' I. R. IstUuto veneto di scienze,
lettere ed urti il 25 giugno 1884.
JL^a Datura combuslibile (lei diamante e il suo rinve-
nimento ne' terreni di trasporto., trasviarono i ricercato-
ri della sua origine da essersene trovati le mille miglia da
lungi, allorche credevano di averla accertata. Lasciando
qui di ricordare le vane speranze di que' globicini diafani
avuti dal cimento del carbone a quel calore piu intenso,
clic la mano sperimentale basti a produrre, ci ferraererao
solo a discutere I' idea del Liebig circa 1'ullimo risultamento
a che si conduce il legno secco col lungo andare del tem-
po in opera della lenta, spontanea scomposizione. Egli os-
servava che questo modo di alterazione lenta incontrata
dal legno, che si risolve in una misurata progressiva com-
hustionc, onde P ossigeno dell' aria gli sotlrae pianamente
tutlo 1'idrogeno, ch'esala a forma di acqua, mentre al
tempo stesso I' ossigeno del legno si parte in condizione di
gas aeido carbonico, dava per ultimo risultamento un
avanzo di carbonio puro ; anzi fermato 1' occhio in que-
sto procedimento, egli accertava, che di 100 parti di legno
Serie III. T. 1. 85
— 422 —
di querela, ne rimangono 37 di puro carbonio. E di qua
che, per rispetto all'origine del diamante, egli diseorre co-
si: « Pi tutti i fatti sperimenlali, a che la scienza perven-
i) ne, niuno ve n'ha, che si acconciamente valga a svelarei
» la formazione dci diamanti, quanto la pulrefazione (cre-
» macausia) delle matcrie organiclie e delle altre soslanze
» carboniose, che incontriamo in natura. Sappiamo, egli
» dice, accertalamente che i diamanti non sono di forma-
» zione ignea ; perocche la temperie elevata e la presenza
» dell'ossigeno sono circostanze incompatibili colla com-
» bustibilila del carbonio, onde i diamanti si compongono.
i) Si pu6, in contrario, addur ragioni capacitanti in appog-
» gio della produzione loro per via umida; anzi ogui ar-
» gomento ci porta a credere ch' essi siensi realmente for-
» mati in sono di un liquido. I fenomeni della pulrefazione
» (eremacausio) ponno fornirci intorno a cio degli schia-
» rimenti, che assai valgono. L' ambra gialla o succino, le
» resine fossili e I'aeido mellilieo aceompagnano ordina-
i) riamente i vegetabili, che soggiacquero alia pulrefazione.
» Tali materie si rinvengono altresi nelle ligniti, onde ap-
» parisee essersi prodolte di una maniera analoga, cioe a
■■> mano di certe soslanze, che esistono nelle piante viventi
» solto lutt'altra forma. Elieno si dislinguono per una
» proporzione d'idrogeno cccessivamente piecola per ri-
» spelto agli altri element! (1) ; » e in ei6 egli si fonda per
dtvisarci la formazione del diamante per via umida.
Di questa idea del Liebig, anehe quando le nostre co-
gnizioni nou uscivano da' termini mcntovati, non ho mai
saputo capaeitarmi. Ad aeeettare il pensamenlo di lui mi
faceva di primo tratto oslacolo la densita e durezza del
diamante; la quale non aveva al ccrto ragione nella ga-
(I) ^^egL^ finite de Chimie organique, t. 1. Prefazione. png LVll.
- 423 —
gliardia attrattiva delle moleoole di qtiesto elomento, men-
trc inconlriamo assai fievole coesione nei earboni piu puri,
che ci si dannu innanzi in Datura, e la grafile medesima e
cosi mal legata nelle parti, ch' esse si staccano, al piu leg-
gero toecamento, o al pi ii . languido stropiccio. D'onde fu
messo adunque, io diceva, nei diamante un legamento nelle
sue parti eosi serrato, e, per cosi dire, invincibile? For-
se dall'essersi prodotto in grembo di un liquido, come
opina il Liebig ? Lasciando in non cale, che questo modo
di formazione non basti a fornirci verun scbiarimento cir-
ca la sua durezza, io dico per giunta, mancarci per asso-
lulo 1'idea di un liquido in che il carbonio puro si sciolga.
E poscia che il diamante ci venga sempre in forma cristal-
lina, e noi non conosciamo allri modi con che mettere un
corpo nell'acconcio a cristallizzare, che o la soluzione sua,
o la fusione, cosi dal vedere il carbonio puro ineapace a
squagliarsi in alcun liquido, ci parvc sempre di poter esclu-
dere per cio solo il pensamento del Liebig, che il diamante
si produca per via umida.
Questo idee ci eorrevano per la menle, quando dei
diamanti in natura allro non si sapeva che solo trovarsi
ne' terrcni di trasporto, onde il giacimento loro poteva an-
che confarsi col pensamento deH'alemanno; ma al presente
i nostri dubbii riescono pienamente convalidali, posciache.
al Brasile siasi trovato il diamante in una roccia delta dai
geologhi itacolamite (gialumite) ch'e lerreno di cristallizza-
zione. La sola difticolla adunque, che ora ci resta, quella si
e d'intendere di qual maniera il carbonio puro possa es-
sersi trovato ad una temperie elevatissima, presente P os-
sigeno, senza avere incontrala combinazione, anzi cosi
squagliato e fuso, com' era, abbia avuto campo di accoz-
zarsi in cristalli, e fornirci la piu vaga delle gemme, il
— 424 —
diamante. Per dare adunque a veilerc nel modo piu accon-
cio il come cid avvenisse, mi si eonsenta di accennare
brevemente all' idea, che credo audi' essere quella de' geo-
loghi moderni, onde io tengo, che i maleriali inorganici si
producessero, insiememenle a quello sformato affocamenlo
di ch' e accalorito anche adesso il centro e le parti piu
interne di questo globo. Noi adunque diremo, con quella
timida riverenza, con che la curiosita dell' uomo ardisce
talvolta slanciarsi a vedere i modi onde il Creatore die'
cssere a questa gran mole del mondo, di non sapersi tin-
gere il caos precorrente I' ordinala condizion delle cose,
se non quale il tramischiamcnto confuso degli elemeaji
privi delle forze onde sono portati ad operare. A quel cen-
no poi onnipotente con die le forze l'urono infuse, ecco
suscitato quello sformato incendio, onde ebbe origine, per
rispetto ai materiali inorganici, quanto la terra in se ac-
coglie, e di qua quella fusione candcnte in che venne a
principio.
Tutto questo primo operamento degli clementi fra s6
ad altro non si riduce, che ad un complesso di simultanee
azioni chimiche degli uni verso gli allri. Se noi fermiamo
1' occhio a petto di quella, nelle molto csigue operazioni
de' nostri laboratorii, noi veggiamo pressoche sempre l'a-
zione grande a principio e di mano in niano afflevolirsi
vie piii fino ad essere languidissinia o nulla in fine. Que-
sto che veggiamo nelle nostre assai (imitate sperienze, non
puo non essere avvenuto a piu gagliarda ragione in quel
grande atto chimico, onde dall' accozzamento degli clementi
fu plasmato questo globo quale venne a principio. Piceva
a piu gagliarda ragione; perocche ci bisogna massima
mente avere 1' occhio a quella in eccesso guande quantita
d' idrogeno, che allora brucio, onde ne segui tulta 1' acqua
— 425 —
attualmente adunata ne* mari e ne' laghi, scorrente nei
fiumi, penetrante nelle viscere della terra e rampollante
dalle fonti e lulta a quel tempo sospinta nella presenle
atmosfera a forma di un fluido elaslico invisibile; al quale
pure si aggiunse simullaneamente una sformata quantita
di gas acido carbonico venuto appunto dal bruciamento
di quel carbonio in cbe ora ci occupiamo.
Da questi avvenimenti impugnabili ebiaro apparisce,
che di ma no in mano cbe procedeva Tatto cbimico ope-
rante la formazione del globo, la pressione atmosferica o
ii peso si rendeva progressivamente piu grande sino a di-
venire in cccesso cnorme. Ora, se vero e cbe all' atlo cbi-
jnico si reputi assolutamente indispensabile la speditezza
de'movimenti molecolari; cbe dee essere avvenuto quando
la pressione atmosferica divenne esorbilante ? Essa gravi-
tando sopra i corpi candenti cbe, per non essere idonei
ad assumere lo stato elastico, giacevano fusi e divampanti
alia superficie del globo, ne arreslo di tal forma, col ser-
ramento della pressura, ogni movimento molecolare, che
quelli eziandio dotati della piu gagliarda azione cbimica,
quali il carbonio e fossigeno, si lennero presenti senza
operazione cbimica di sorte. Ecco di qual modo agevole
dispare quella imponente difficolta, ondc il Liebig trovava
incompaliOile la combustibility del carbonio e la presenza
dell' ossigeno colla formazione ignea del diamante, si cbe
fu condolto a cavarlo dalla eremacausia delle materie
organicbe con quel successo, che accompagna sempre Ie
deduzioni nostre, quando si traggono da'voli della fantasia,
piultostocbe (lall'operare certo e coslante della nalura. La
necessita de'movimenti molecolari alia effetluazione del-
1'atto chimico e oggimai un fatto comprovalissimo ; e se
altro non fosse, la nullita di ogni operazione cbimica Ira
— m\ —
corpi dotati delta piu gpande lendenza alia combinazione
solo perchc contlolli ad una temperie di — 100°, onde la
notevolissima contrazione moleeolare spcgncndo ogni mo
to, ogrii vibrazioite delie molecole, ci loglie altresl ogni
effetto di combinazione. Ala senza lambicearci in allegaf
ragioni, certa cosa e che il rinvenimonto del diamante nel-
lo roccie di cristallizzazione, ci da irrepugnabile la sua
formazione ignea, onde del non essersi allora abbrneiato,
non ostante la presenza dell'ossigeno, non abbiamo altro
die al presente ci manchi, che la sformata pressionc, onde
a quel tempo fa caricata la terra, e da qnesta pressionc
non puo derivarsi altra fatta d' impedimento all' unione
chimica, che la sospensione de' movimenti molecolari, con-
ciossiache dove la combinazione procedesse unicamente
dagf ingagliardili contatti molecolari, niente di piu age-
vole al fuori delle combinazioni, che sotto l'enormezza di
quel peso atmosferico: il che non essendo avvenuto, ci da
provatissima la cagione per noi assegnata all' origine del
diamante, e forse anche ci svela la ragione di quel forte
serramento moleoolare, che lo costituisce il piu duro dei
corpi.
N 0 T A
a dilncidare i! dftto dianzi intorna alt origine del diamante
del prof. B. liizio.
Leita neir adlinjnz*a 3o dice'mbre iS55.
So la chiarezza cssere principalissiraa qualila di uno scritlore, onde
per quanlo il consenlirono le debili inie forke, mi sono sempre adope-
ralo per conseguirla; pur nondimeno ebbi cagione di avvedcrmi, rbe
sempre non ho raggiunlo il mio inlendimenlo. Hue anni or sono, dopo
la scoperta stala f'alta del diamante nelle rocce primitive, mi I'aceva a
— \Tl —
dichiarare diuanzi a questo ragguardeyole consesso, *.l ■ qual modo fosse
avvenulo, che il diamante, corpo combustibilc, ayesse poluto sostcnerc
la comlizione candente delta terra a I'ronle dell' ossigcno senza brucia-
rc. Nel render ragionc di queslo fallo consistc lulla la novita, ond' io
mi faceva a discorrere a tjuesli illuslri accademici ; perocche il bellissi-
mo Irovamenlo del diamante ne' terreni primilivi non avea lallo cbe
gilt are un mislcro di piu nel cainpo della scienza, non potendosi con-
ciliare la eminente sua combuslibilita, la presenza dcH'ossigcno e la tem-
perie elevatissima della Irrra col rimanersi integro e non bruciare. Nes-
suna ragione polcva dedursi dalla dollrina della scienza, cbe valesse a
dichiararci questo fallo. Fo, in quel mio scrillo, mi faceva bcnissimo a
nolare la cccessiva e stragrande pressione, onde la terra era aggravala
a (juel tempo; ma quel carico stragrande cbe a me valeva la chiave,
onde aprirmi la via alia dilucidazjone dell arcano, valeva nulla agli ocelli
de' cbiinici ; peroccbe essi affermano, cbe quanto piu gagliardamenle,
Ira' coipi da combinarsi, si avvalora il contatlo, e lanlo piu facilmenle
la combfnazione avviene. Tanlo e cio vero, cbe, non ha guari di tempo,
il celebre Pelouze in alcune sue singolari spcrienze, avendo trovalo I'a-
cido acelico monoidralo non bastarc a decomporrc il carbonato calcico
alia pressione ordinaria ne freddo, ne scaldalo sino al bollorc; per vin-
ccre la prova di pur decomporlo, soltoponeva la mescolanza alia ga-
gliarda pressione di dieci atmosfere. La ragione dinamica dclle combi-
nazioni diccva, cbe se 1' acido monoidralo non decompose il carbonato
alia pressione ordinaria, niollo meno poteva decomporlo caricato di
quel peso.
II fallo adunque del Peloirze, cb'io allegai, prova incontroverlibil-
mcnle, cbe i chimici ritcngono, cbe quanto meglio si avvalora il con-
tallo e tanto piu facilmenle si effettuino le combinazioni ; siccbe il dia-
mante rimaso inlatlo in quelle circoslanze, in cbe ebbe a trovarsi nell'o-
riginc del globo, e realmenlc un mislero; giacche quell'eccesso di enor-
nie pressione, doveva anzi cbe no, esserc condizionc propizia percbe
piii facilmenle abbruciasse. Ma cio in fatto non avvenne, dunque doe
esserci una cagione, la quale enlro innanzi a impedire I' effelto. Quc-
sla cagione io diceva, dover esserc gl' impcditi movimcnli moleeolai i,
appunto da quell'eccesso slrabocrbcvolc di enormc pressione, cbe, a
misura delle combinazioni, cbe allora si cffcttuavano, fu prodotla; pe-
roccbe io affenno, cbe senza liberla di movimento iholecolare c senza
urlo non avvcngono combinazioni, e pare sin qui, cbe i falti medesimi,
— 428 —
che di mano in mano si van scoprendo, concorrano a rafferfnarc la dot-
trina. In falti io oserei manlenere, die senza accettare la ragione dina-
mica dclle combinazioni, il diamante, conlemporanco all originc drlla
lerra, rcsla un arcano : talche neU'essermi adoperalo a tor di mezzo
qnesla lencbra, io To consistent quel qualunque merito, o deracrilo, on-
dc mi accinsi a scrivere del diamanle.
SUL CUORE
E SLL SISTE1IA ARTERIOSO DEL BOA CONSTRICTOR
RICERCHE A NATOMICO-FISIOLOGICHE
DI RAFFAELE M O L ■ N
JADRENSE,
lette neir adunanza del 24 febbraio 185G.
(Contimiazioue della pag. 3gi della precedents disponsa)
II. Parte interna.
A) Atrii.
R
.appresentiainoci a tal uopo il cuore diviso con un
piano longiludinale, il quale cssendo perpendicolare al sepi-
mento degli atrii divida ad un tempo per ineta le valvole che
separano quelli del venlricolo. Noi avremo in tal maniera
il cuore diviso in una meta dorsale ed una meta ventrale.
Ed ora vedremo: cucun solco obbliquo e molto ampio, anzi
largo quanto e il diamclro della arleria polmonale, il quale
dalla meta ventrale comincia a I lerzo posleriore, e si eslen-
de lino agli apiei degli atrii alia dorsale, li tiene separati an-
teriormenle ed inferiormente; cbe ciascun alrio alia porzio-
ne dorsale somiglia a un mezzo cono rcciso con un piano il
quale passa per T asse, ma die la forma regolare dei coni 6
slurbala tlal decorso del sepimento, il quale si eslendc soltan-
lo Delia meta inferiore, e somiglia ad una lamina spirale col
Serie 11/, T. 1. 56
— 43U —
margine inferiore attaccata in linea retla alia parte venlrale,
e il cui margine superiore aderendo alle porzioni dursali si
ricurva come una S rovesciala. La j.orzione dellalrio destro
anteriore al sepimento, nella meta dorsale e alloppezzala da
una relo di trabecule, le quali alia faccia dorsale sono direl-
le orizzontalmenle, alia faccia interna, ineominciando dal li-
inite del sepimento, vanno in direzione obbliqua e divergeudo
verso la faccia dorsale e I' apice. Le trabecule delle pareli
dorsali e quelle delta parete eslerna cunfluiscono a forma re
una striscia eminente faleifurme, la quale dall apice, aderen-
do alia parete eslerna, si eslende obbliquamente sinu al cen-
tru della parete dui'sale la dove e il limite delle trabecole
orizzonlali, per diyidersi prima ancora d'arrivare a queslo
punto in due lamine principalis le quali dirigendosi obbliqua-
mente a deslra ed a sinistra aderiscuno cume due mezze lu-
ne alia parete dursale ed alia eslerna dejf atrio, furmano coi
luru margini liberi una fessura obbliqua diretla da destra e
dall'innanzi a sinistra ed indietro nella meta posleriore della
parete dorsale, c si riuniscono in vicinanza del sepimenlo.
A destra della loro congiunzione pusteriore, la parete deslra
del ventricolu penetra dalla base nella cavita dell'atriu deslro
sotlo la forma di un'eminenza piramidale colla punta dirella
verso I'apice dellalrio. La fessura forma la dai margini liberi
delle due lamine semilunari metle nel saceo venoso. Ma la
lamina sinistra, arrivals alia meta del suo corso, si sud-
divide nuovamenle in due foglielte, I' eslerna delle quali, un
momenti) piCi grossa del!" interna, staccandosi da questa, die-
tro il margine iibero si dirige a deslra ed eslernamente del
punlu di congiunzione posleriore delle due Limine principali
c corre allu spigulu callusu formato dall'eminenza pirami-
dale della parete del ventricolu, rivolto verso la faccia dor-
sale. Dal concorso di queste laminclle risulla un1 apcrlura
— 431 —
Iriangolare, la quale e lo sbocco della vena jugularc sini-
stra, ed ha per base I' estremita posleriore della laminella
deslra ed i due lati dclerminali dalle due foglietle della la-
minella sinistra. La faccia interna, eomprcsa fra il sepimento
e la laminctta sinistra deH'apcrlura venosa, c assolutamente
liscia, non e soleata da nessuna Irabecola carnea, ma non
va a perdersi direttamente nclle retieelle orizzontali; clie
anzi presso alia laminetta sinistra, slaceandosi da quella, de-
termina un1 apertura per la quale si penetra in un pic-
colo seno secondario, clie viene a stare sopra le suddette re-
tieelle. Al di la della laminella deslra si estendono delle tra-
becole falciformi parallele a questa, che comincianoun poco
pin in dietro del polo anleriore della fessura e si perdono
nella faecia deslra deifeminenza piramidale del venlricolo.
II resto della parele eslerna e anleriorrnente solcato da reti-
eelle a maglie orizzontali, 6 posteriormente liscia, meno cbe
all' estremita la quale si eslende al di la della base del ven-
lricolo, dove inlricandosi le maglie formano varie piccole
cavila.
Nella stessa sezione Tatrio sinislro ci niostra le seguenti
parlicolarita. Esso sembra diviso in due cavila principal!,
una delle quali occupa il terzo anleriore e l'allra il resto
della cavita tolale. Questa separazione apparenle viene ef-
fettuala da alcune trabeeole, le quali parlendo da una stri-
scia falciforme, che si eslende orizzontalmenle lungo la pa-
rele esterna., vanno ad attaccarsi alia parele interna. La
cavita anleriore, che forma I'apice dell'atrio sinislro, e sol-
eata in tulta la sua faccia interna da Irabecole cornee, che
la percorrono inlrecciandosi lanlo in dirczione orizzontale
che in direzione verlicale. La cavila posleriore somiglia ad
una mezza lima colle estremita delle corna direlle verso
T alrio destro. II corno anleriore e diviso da sepimenti oriz-
— 432 —
zontali in (re piccole cavita, le quali comunicano colla
cavita cenfrale, e I' estremita del corno posteriore e lo
sbocco della vena polmonale. La parete esterna e sulcata
da esili trabecole longitudinali. II reslo della faceia inter-
na e liscio, come pure liscic sono le superficie del sepi-
mento, del quale soltanto il marginc anleriore e segnato in
arabedue le faceie da una leggiera eminenza falciforme. Par-
ticolar menzione merita pero il scpimento, e specialmenle
pel modo Del quale s'attacea alia parete degli atrii co! suo
margine superiore, perche da questo modo di congiunzione
dipende la funzione fisiologica, die impedisce durante la
sistole degli atrii il riflusso del sangue nella vena polmonale.
Gia sopra dissi che in quel punto la linea di congiunzione
non e gia una relta, ma una curva doppia simile ad una S
rovesciata. Da cio deriva che il sepimento forma imperfetta-
menle due tasche, delle quali la superiore guarda la cavita
dell' alrio deslro e I' inferiore quella dell' atrio sinistro. E
in questa tasca si trova lo sbocco della vena polmonale.
Quanlo flno ad ora descrissi c rappresentato dalla fig. IV.
I, Atrio destro. 2, Atrio sinistro. 4, Sepimento degli atrii.
6, Sbocco del sacco venoso. 7, Sbocco della vena jugularis
sinistra. 8,8., Suddivisione dcba arleria pulmonalis communis
in arteria pulmonalis dextra et sinistra. 9, Vena cava regre-
diens. 12, Vena jugularis sinistra, a, Mela anleriore dell'atrio
destro solcala da retieelle di trabecole orizzonlali. />, Cavila mi-
nore dell'atrio sinistro, solcala da trabecole intrecciate. c, La-
minetta interna della valvola del seno venoso. d, Laminetta
esterna. e, Foglietta esterna della laminetta sinistra, f, Emi-
nenza piramidale del ventricolo. g, Tasca posteriore forraata
dal sepimento degli atrii. h, Tasca anleriore formala dallo
stesso sepimento. i, Sbocco della vena pulmonalis. n, Slri-
scia falciforme, dalla quale traggono origine le due Iamine
— 433 —
clie proteggono lo sbocco del seno venoso. o, Arleria pul-
monalis communis recisa p, Orecchiella dell' atrio deslro. 0,
Cercine del venlricolo che circonda la comunicazione di
queslo cogli atrii.
Considcrando bra la veduta opposla della slossa sczionc,
vedremo die il diamctro orizzonlalc dell' alrio destro e triplo
di quello del sinislro, che i due atrii sono separati anlerior-
menle incominciando dal lerzo posteriore medianle la vena
polmonale, c che I'eminenza piramidale del venlricolo e ade-
rente alia parete interna dell'atrio deslro, e si cslende coll'a-
pice un momento piu innanzi dell'origine dell' aorta deslra.
Se congiungiamo ora, medianle una rella, I'apice di questa
eminenza piramidale col margine deslro della vena polmo-
nale, vedremo che lulta quella porzione del cuore, la quale
resla a deslra di questa linea, e solcala da reticelle di tra-
becole cornee orizzontali, e la porzione a sinistra della sud-
detta linea (ino al sepimento, e liscia. Nella porzione a destra
si nota posleriormenle una piccola cavita speciale, la quale
e la cavita dell' orecchielta, e nella sinistra immediatamente
sopra la valvola che separa I' alrio deslro dal venlricolo una
apertura a semicerchio che mette nelFaorta deslra, e I' arco
della quale e determinato dal margine dell' origine dell'aorta
sinistra ed il diamctro dalla valvola alrio-ventricolare sini-
stra. Sopra la curvatura di questo foro a semicerchio si
Irova una linea orizzontale eminenlc che dal sepimento si
estende all'apice deU'eminenza piramidale del venlricolo. La
slessa sezione ci dimostra che la parte inferiore dell' alrio
sinislro, medianle sepimenti orizzontali, e divisa in sei cavita
parziali somiglianli a sei tasche, le quali comunicano colle
cavita centrali, delle quali la posteriore e la piu ampia, c
quella all'apice sembra una massa spugnosa. Congiungendo
ora, medianle una linea, il lume della vena jugularis sinistra
— 434 —
fecisa in questa sczione coll'.apice dell'eminenza piramidale
del ventricolo che penetra ncll' atrio dcslro, si divide I'atrio
sinislro in due porzioni, delle quali I'anteriore e occupata da
quelle sei lasche che sopra deserissi, e la posleriore, simile
ad un imbuto che penelra nella cavita del ventricolo ed
egualo alia sesla parte dell' anteriore, e perfeltamente liscia.
La comunicazione degli alrii col ventricolo ha la forma
dun imbuto, o a meglio dire, di un cono tronco col cerchio
minore rivolto verso il ventricolo, e il cui ccrchio maggiore
non e parallclo a quello, ma ha una posizione obbliqtia dalla
fuccia infcriore del cuore e dal lalo dcslro alia superiore ed a
sinistra. lia periferia di questo cerchio 6 delerminata da un
cercino di diametro egtiale alia ineta del diametro della base
del ventricolo, e formato da questa. Nel cerchio minore del
cono tronco e lesa una lamina, la quale nella direzione del
suo diametro minore e appesa al lalo posleriore del scpiuienlo
degli alrii, e colla periferia s'immedesima alia faccia interna
dell'imbulo, meno in due archie i quali permettono la comu-
nicazionc degli alrii colle cavita ventricolari. Questa lamina
e alia faccia anteriore divisa in due porzioni dall' inserzione
del sepimento degli alrii, epercio sembra chevi esislano dne
valfole, una delle quali chiude il passaggio dall'alrio deslro
nel cavim venosum vcntriculi, e T altra il passaggio dall' a-
trio deslro net cavum arleriosum. La faccia inferiore pero
della suddella lamina non e divisa in due parti; ma c pei'fet-
tamenle piana, guarda in gran parte la cavita arteriosa del
ventricolo ed il canale di comunicazione fra questa e la ca-
vila venosa superiore, ed ha soltanto un piccolo segmento
rivolto alia cavita venosa anteriore. Come risulta, confron-
tando le due porzioni delle lamine separate dalla sezione,
essa e mollo piu grossa nel mezzo che verso la periferia,
anzi, nienlre la ha una consislenza cartilaginea, qua s'atle-
— 435 —
nun, simile ad una culc esilissima. Gia prima dissi die que-
sta lamina non aderisce con lulla la periferia alia faocia in-
terna delTimbulo, od ora nggiugnero che sollo I'origiae del-
l' aorta des'tra nuota libera e spinge il suo margine pi li in
la della periferia di quesla, in modo die durante la sislole
del cuore poggiando col margine libero sul bordo dell" ori-
gine di quel vaso inlercetta il riflusso del sanguc hell' ati io
deslro; e die all' estremila sinistra del suo diamelro mag-
giore, in vece d' immedesimarsi col cercine forma un lembo
libero rivolto verso la cavila arteriosa del ventricolo ; il
quale durante la sislole poggiando sul cercine, inlerrompe
la comunicazione della cavila arteriosa coll' alrio sinislro.
La Ggura V rappresenla la veduta interna della porzione
ventrale del cuore tagliata media nie un piano perpendicolare
alle valvole alrio-venlricolari. I, Atrio deslro. 2, Alrio sini-
slro. 5, Sepimenlo degli alrii. 5, Aperlura dell'arleria pol-
monale troncala. G, Aorta dexlra. 7, Aorta sinistra. 8, Vena
jugularis dexlra. 9, Arleria carolis. 10, Arteria l/njreoidea.
-II, Vena jugularis sinistra. 13, Lamina die separa gli alrii
dalle cavila ventricolari. a,a,a,a, Tasche formate dai sepi-
menti orizzonlali nell'atrio sinislro. (>,/>,(>, Reticelle formate
da Irabecole orizzonlali. c, Aperlura emisferica die motto
neir aorta deslra. d, Comunicazione delTalrio sinislro colla
cavila arteriosa del ventricolo. e, Porzione piu sollile della
lamina alrio-venlricolare corrispondenle alia valvola atrio-
venlrieolare sinistra, f, Porzione ingrossala della lamina
alrio-venlricolare corrispondenle alia valvola alrio-venlri-
colare deslra. g, Margine libero della lamina alrio-ventrico-
lare^ die durante la sislole adagiandosi sul cercine cliiude la
comunicazione in d. h, Confine Ira il ventricolo e I'alrio si-
nislro. i, Em'nenza piramidale della base del ventricolo die
va a immedesimarsi nella parelc interna dellatriu deslro. k,
— 436 —
Orecehiella dell'atrio destro. p, Linca seraicircolare etni-
nente.
Si deve confrontare oltre a cio nella figura IV: II, La-
mina atrio-ventricularis. A, Porzione ingrossata della lamina
atriovenfricularis, corrisgondenle alia valvola alrio-ventri-
colare destra. /, Porzione piu esile della stessa lamina cor-
rispondente alia valvola alrio-venlricolare sinistra, m, Mar-
gine della slessa valvola che durante la sistole va a poggiare
sul cercine Nell'alrio destro sboeca al confine posteriore della pa-
» rete dorsale, ben presso al septum atriorum il Ironco co-
» raune della vena pulmonalis. Qui non v'lia valvola alcuoa.
» Anche qui si sviluppa dal septum atriorum una valvola
» grande scmilunarc cbe si estendc pella camera destra del
» cuore, ed e pure eollocata in roodo che puo chiudere
» t' ostium venosum sinislri lateris, ma non mai del tulto
» I'ap.erlura nelle pareti del venlricolo', come lo puo la val-
» vula semilunaris dell' ostium venosum dextri lateris. »
Le valvole intanlo non sono due, le quali si estendono a
destra ed a sinistra dal sepimento degli atrii, ma, come ve-
demmo, una sola lamina di forma circolare e aderenle colla
sua periferia al cerchio minore dell'imbulo die mette dagli
atrii nel venlricolo, e soltanto a destra ed inferiormenle solto
larco dell'aorta^ ed a sinistra e superiormente ha due piccoli
archi liberi. La parte destra di quesla lamina non ha biso-
gno di adagiarsi alia circonferenza de\\' ostium venosum de-
xtri lateris per inlercellare la comunieazione fra 1'atrio de-
stro ed il cavum venosum, ma soltanto larco libero s'ada-
gia a tal uopo sul margine inferiore libero de\Y aorta dextra.
La porzione sinistra della lamina intercelta la comunieazione
fra I' a trio sinistro ed il cavum arteriosum, adagiandosi pure
solamente coll'arco libero al cereine della base del venlrico-
lo. Avendo per altro (ulle e due le porzioni la superficie an-
(eriore convessa e la posteriore concava, allor che gli atrii si
contraggono, possono ciascuna d'esse, ed inclipendenlemente
una dall'altra interrompere la comunieazione fra cavum ar-
teriosum el venosum ventriculi. A tal uopo la porzione destra
s' appoggia colla sua periferia alia trabecola principale che
— 439 —
suddivide perfeltamente in due cavita il cavum venosum, c
colla sua faccia eoncava, prendendo una posizione obliqua
dair innanzi all' indieiro, ollura le aperture desire dei due
canali di conuinicazione fra atrium venosum ct arteriosum.
La porzione sinistra compie lo slesso uffizio, adagiandosi col
margine libero alia parete destra della tasca principale cavi
arteriosi, ed otlurando colla faccia inferiore le aperture sini-
stre dei canali di conuinicazione.
B). Venlricoli.
Esaminando la sezione dorsale si vede die il venlricolo
e diviso median te un sepimeoto in una porzione destra, la
quale s'eslende a due terzi dcll'intero ventricolo, ed una por-
zione sinistra die occupa I' allra lerza parte.
In quesla si distingue una cavita maggiore al centro del-
la base del ventricolo, sulla quale e tesa la lamina eartilagi-
nosa die la separa dagli atrii. II diaframma, il quale segna il
confine fra la cavita sinistra, die potremo denominare cavum
arteriosum, e la porzione destra, die possiamo appellare ca-
vum venosum, si eslende dalla faccia interna delTemineoza pi-
raraidale obbliquamente verso sinistra, ed all'indielro lino die
arriva ad incontrare, a un terzo di distanza dalTapice, la pa-
rete sinistra del ventricolo. La sezione ventrale ci dimostra
pero die il sepimeoto ventricolare sotto la porzione destra
della lamina cartilaginea ha un' incisione semilunare, per la
quale, mediante due canali, il cavum arteriosum pud comii-
nicare col cavum venosum. II cavum venosum e diviso in due
loggie, mediante un secondo tramezzo longitudinale, e que-
ste due loggie comunicano assieme mediante una fessura
parimenli longitudinale. Questo secondo sepimenlo comincia
fra I'origine delle due aorte, e sopra I'origine dell' arteria
— 440 —
pulmonale, e aderente olla parcle sinistra del ventricolo, ha
la forma id'uDa lamina ravvolla a spira, e simile a im venla-
glio, s'iinmedesima coll'apice alia linea ehe segna il confine
dell' ultimo (erzo della parte superiore. Noil s" immedesima
pero eolla parcte deslra, meno ehe nella terza parte di mezzo.
Esso forma percio eolla parete destra una fessura longltudi-
nale, la quale e lunga un terzo della lunghezza dell'asse.
Si confrontino le figure IV e V. Fig. IV, 5 ventricolo,
5 cavum arteriosum, 10 sepimento die divide il cavum arte-
riosum dal cavum venosum venlriculi. Fig. V, 4 ventricolo,
12 sepimento cavi venosi et arleriosi, q primo canale maggio-
re no secondo canale minore, pel quale ledue cavila venosa
e arleriusa comunicano assieme, n tasca ecntrale del cavum
arteriosum, I incisura semilnnare sepimenti cavi venosi el
arleriosi ; I i sepimento ehe suddivide in due loggie il cavum
venosum, m parete destra del ventricolo, r fessura di coimmi-
cazione fra le due loggie del cavum venosum. Paragonando la
sezione ehe abbiamo considerato fino ad ora con quella ehe
divide F una dall altra le due valvole semilunari dell' arleria
pulmonalis, risulta ehe il cavum venosum consiste di una log-
gia inferiore al sepimento longitudinale e di un' altra loggia
superiore, la quale occupa la porzione deslra e posteriorc del
ventricolo; die la prima consiste di un'unica cavila conica
principale eolla base rivolta all'origine dell' art'eria polmonale
e di poche taschetle, le quali occupano I' apice del euore, e
penelrando nel tramezzo comunicano eolla loggia superiore:
mentre questa e suddivisa in molte tasche irregolari, fra le
quali se ne distingue una maggiore centrale collocala supe-
riormenle a deslra verso la esfremita posteriore della fessura
di eomunicazione. Risulta ollre a cio die il margine libero
del sepimeuto dclle loggie e molto rigido, die nel silo dove
s'incrocia col bordo libero dell' incisura semilnnare del se-
— 444 —
pimenlum cavi venosi et arteriosi e provedulo d' una linea
aspera, su cui qucslo bordo va ad appoggiarsi durante la si-
slole del cuore, e die I'origine dell" arteria polmonale viene
a stare sotlo di lui, sopra di lui I'origine deWaorta dextra, ed
a destra della sua origine I'origine deWaorta sinistra.
Si confronlino le figure VI, VII. VIII e IX. Fig. VI, sezione
che separa le due valvule scmilunari dell' arteria polmonale.
Vedula della porzione dorsale, I atrio deslro, 2 atrio sinistro,
5 ventricolo, J aorta destra, 5 aorta sinistra, G arteria pol-
monale, 7 vena jitgitlaris sinistra, 8 arteria caeplialica,1.) ar-
teria tlujreoidea, 10 arteria collaris, I I loggia inferiore della
cavita venosa, a parele superiore dell' aorta sinistra, b una
valvola semilunare dell' arteria polmonale, c sepimentum cavi
venosi et arteriosi, d margine libero del sepimento delle log-
gie, e fessura di comunicazione delle due loggie, f trabecole
carnee dell'atrio destro, g trabecole carnee dell'alrio sinistro.
Fig. VII. Vedula opposta della slessa sezione. I Atrio sini-
stro, 2 atrio destro, 5 ventricolo, 4 arteria polmonale, 5 aorta
sinistra, a loggia inferiore della cavita venosa, b una valvola
semilunare dell' arteria polmonale. Fig. VIII La slessa vedula
della tig. V, nella quale pero e aperlo il sepimento delle ca-
vita venosa ed arteriosa, non che le due aorte. a a, I due
leinbi del sepimentum cavi venosi et arteriosi, b faccia inter-
na della parte destra del ventricolo, c fessura di comunica-
zione delle due loggie che dietro la parele dell'aorta destra si
esiende piu in la del ventricolo, d linea aspera del tramezzo,
su cui viene a poggiare il. bordo libero della incisura semilu-
nars. Fig. IX. La stessa veduta della fig. VI, nella quale e
aperta I'origine dell'aorta sinistra. 5. Ventricolo, II loggia
inferiore del cavum venosum, c faccia interna della parete de-
stra del ventricolo, d bordo libero del tramezzo delle loggie,
e fessura di comunicazione fra le due loggie.
_ M2 —
So vogliamo ora aprire Poriginc dclle chic aorte vedrerao,
che tanlo I'tina die I'allra e provveduta di due valvole serai-
luuari, la direzionc delle quail per allro s'incrocia, vale a dire,
che mentre i bordi liberi delle valvole semilunari dell' aorta
deslra corrono paralleli a quelli delle semilunari dell arteria
polmonale, i bordi delle stesse valvole nell'aorla sinistra vi
corrono perpendicolari; die un' arteria coronaria Irae ori-
gine dall" aorta deslra, mentre I'altra dalla sinistra; che i tre
tronchi arleriosi principal! non banno in tutto il loro deeor-
so nessun punto di comunicazione: cbe finalmenle 1' origine
di tulle e due le coronarie comincia in una tascbelta, la quale
vien cbiusa durante la sislole.
Si consultino le figure VII, VIII, IX. Fig. VII, A arteria
polmonale, 5 aorta sinistra, b valvola semilunare dell' arte-
ria polmonale. Fig. VIII, 7 aorta deslra aperla, c lembo
delta slessa rovesciato a sinistra, f f\e due valvole semilunari
dello stesso vaso, (j apcrtura d' un' arteria coronaria. Fig. IX,
5 aorta sinistra, 6 arteria polmonale, a faccia interna del
Paorta sinistra, b valvola semilunare deH'arleria polmonale,
// valvole semilunari dell1 aorta sinistra.
Se ora paragoniamo questa descrizione con quella degli
altri anatomisti che si occuparono di questa parte tanto im-
portante dell'organismo dei reltili, vedremo che Brack e sol-
tanto conobbe esattamenle la sua struttura anatomica. E in
fa I to bene osserva Weber che Cuvier c Scldemm non distin-
sero ilsetto dei ventricoli, epercionon conobbero abbastanza
la cavila sinistra; die considerarono per setto dei venlrieoli
il tramezzo delle due log^ie; e cbe finalmenle Cuvier ando
erralo, come nolava lo stesso Scldemm, nel determinare I'o-
rigine dell' aorta sinistra.
Ma senza essere parziali non si pud a meno di confessare
die tanto Cuvier che Schlemm nolarono le maglie, per cui
— 443 —
ollre alia fessura ovale eomunieano assiemo le duo logge, e
chc qucsli piu speciahnente non laseio inosservala lemineu-
za piramidale, nolo la spessczza maggiore delle pareti della
cavila superiore, delermino ben piu approssimalivamente di
Cuvier lorigine delle due aorte e dell' arleria polmonale, ne
ignoro die ognuna di quesle tre aperture arleriose e provve-
dula di due valvule sefnil.UD.ari: poiche egli scriveva quesli
dali iroportaotissimi pel noloiuisla alia
« parte sinistra della base si spinge innanzi un'eminenza
» eonica, la quale si estende a sinistra presso all'origine delle
o grandi arlerie, e sulle quali poggia leslreinita posteriore
b dell' alrio destro Le pareti del venlricolo
» sono considerevolmenle piu grosse alia cellula superiore
b che alTinferiore Le aperture arteriose
» dell' aorta destra e sinistra si trovano pure nella cellula
a superiore a destra presso I' imboccatura venosa e vicine
» al bordo libero del setto delle cellule
» If ostium arteriosum pulmonale si moslraalla parte sinistra
» nella base della cellula inferiore, giace peicio solto il selto
» Ogni aperlura arteriosa die melte in uno
» dei tre vasi principali e fornita di due valvole semiluuari.
Schlcmm pero s'inganna quaudo asserisce: « ebe ['ostium
» arteriosum pulmonale e piu lontano delle a It re due aper-
•) ture arleriose dal bordo libero del sepimento delle cellule »,
e la dove sosliene cbe dall' aorta des'lra « viciuo alle valvole
» semiluuari traggono origine le arterie coronarie destra e
» sinistra. »
Gonsultando Retzius dovremo riconoscere che questi
avendo co'nfermato le preeedenli osservazioni di Schlemm
intorno al venlricolo, distinse primo esallamente la cavila
arteriosa dalla venosa, e, a dispetto della confulazione di
Weber, ben a ragione asserisce chc quesle due cavila co-
— 444 —
munieano per un eauale, e non per una sempliee aperlura.
Ad onla che Weber ascriva a Meckel I'onore d'aver per pri-
ino disliolo il vero sepimenlum venlriculorum, io credo clie
il suddelto notomista eonfouda il sepimenlo col Ira mezzo
delle due loggie, perche a questo non accenna, e a quello da
una falsa direzione o piultoslo la direzione di questo. E so
Meckel non ha pure scambiato (|uesti clue tra-mezzi, gli e
eerto che incorse uell' errore di Weber, spostando dal suo
sito il vero sepimenlo. Meckel errava ollre a cio nel deler-
minare Torigine dei vasi arleriosi, c nclTassegnare ad una
aorta una sola valvola semilunare.
A Weber spelta il merilo di aver dislinto esaltaitienle le
Ire cavita principali del ventrieolo. Ma egli pure non conob-
be bene il septum venlriculorum, poiche dice: « clie dall'api-
» ce del cuore si estende verso la base i septum
i) atriorum e venlriculorum non si loccano ne si congiungo-
» no Lotalmente; resla percio i'ra il bordo libero posteriore
» del septum alriorum, ed il eireuilo anleriore del septum
» venlriculorum un' aperlura ovale, per la quale si puo pe-
» netrar dal ventrieolo deslro nel sinislro, e viceversa. »
Ne so comprendere come Weber soslenga clie queslo
selto abbia una maggiore estensione nella camera sinistra,
che nella deslra. Quasi die una parele, che suddivide una
cavita in due altre, polesse essere piu grande in una faccia
che nell' allra. Ne so comprendere come Io slesso nolomisla
Io faccia specialmenle nel cuore del boa, del quale da un pajo
d' immagini curiose (NB. Weber, fig. XI, XII), nella camera
sinistra: « molto piu corto, e che termina arrotondato in
» diclro: » e descrive una [)arte della sua faccia « assolula-
» mente liscia. » Ne piu forlunato e Weber quando scrive:
« dall' ostium arleriosum inferius Irae origine I' aorta sini-
i) stra, o qui non si Irova che una sola valvola semilunare,
— 445 —
» die gunrda col bordo libero verso il lume dell'arteria », no
quando nola: « L' arteria pulmonalis sla in eomunicazione
n coll arteria aorta sinistra mcdianle un ductus arteriosus,
» e procede quindi al polmone ollre questo condotlo. » E
queslo errore di Weber, il quale vien pure confermalo dalla
sua figura N. XIII, mcrita particular altcnzione, perclie, conic
vedremo piii lardi, lo condussc a sognare un cerlo ineccanismo
curioso della circolazione del boa.
Ecco finalmenlc Briickc, I'unico osservalorc, al quale non
si puo rinfacciare un errore, quegli clie anchc in quests oc-
casione si moslro csallissimo.
Egli scrive: « Dal ventricolo del cuorc partono Ire tron-
» chi arteriosi strcllamcnlc stipati insiemc in forma di
» triangolo, ciascuno de' quali e provvedulo di un pajo di
» valvole scmilunari. Quello cbe si trova piii di lutli gli allri
» a sinistra e V arteria pulmonalis, quello clie spunta a de-
B stra cd inferiormente e I' aorta sinistra^ e quello clie spun-
» la a destra e superioruicnle o I' aorta destra
p) Se a sinistra dcH'origine dell' arteria pol-
» monale simmagina un piano, il quale a Iravcrso al ven-
» tricolo, dall'origine dell' arteria polmonalc e leso obliqua-
" mente dall'iniianzi e da destra indietro e a sinistra, que-
» sto verra percio diviso in due nieta disuguali, la maggiore
» delle quali giace indietro, e la rninore a destra delle origi-
B ni delle grand! arlerie. L'ullima e quella clie, come si puo
» riconoscei'e dalla posizione deW ostium venosum sinistntm,
» riceve il sanguc rubicondo dell'atrio siriislro. lo nominero
» percio qucsla porzionc della cavila del cuorc per analogia
» della denominazione adoperala nolle tarlarughe, cavum
y> artcriosum. Da numerose trabecole carnee e allraversalo
» in tutte le dirczioni, in modo die non v'esiste allro die
» una cavita cenlrale proporzioiialamenle pictola ed eslrc-
Scrie III, T. I. b8
— 446 —
>■ mamenlc irrcgolare. II cavum venosum piu ampio vien di-
» viso imperfcttamentc da un Iramezzo muscolare in una
» meta superiore ed una mela inferiore, cd il Iramezzo parte
» come nolle tartarugbe dairinterslizio fra i trevasi maggio-
n ri, e scorre indielro, fino a tanto die dopo d'aver percorso
» due terzi di strada dalla sua origine fino all' apiee del euo-
» re, si allacca alia parete destra del ventricolo. In lal modo
» la sua faceia inferiore forma in tutla la luoghezza colla pa-
» rcte anteriore del ventricolo una grondaja, la quale con-
» duce all' imboccatura dell'arleria polmonale. A questo tra-
i) mezzo muscolare, clie, come vedremo in seguito, serve ad
» inlercettare il passaggio del sangue nell'arleria polmonale,
>• durante lultimo istanle della sistole, alcuni anatomici im-
» posero il nome di sepimcnto imperfelto del ventricolo. Non
» si deve per6 dimenticare, clie non separa sangue venoso
» da sangue arterioso, ma clie si estende in una parte della
» cavita del cuore, la quale durante la diastole non contiene
» che sangue turchino. »
Ed ora: chi conosceva prima di Brilcke con lanla esatlezza
il sepimeuto del ventricolo? Chi 1' ha distinto con tanla chia-
rezza dal tramezzo delle loggie? Non verificava forse queslo
grande maestro la prcsenza di due valvole in ciascun tronco
arterioso, come laveva notata Sehlemm, e come io pure ho
dovuto assicurarmi?...
Meccanismo della circolazione.
Se tanto disparate trovammo le descrizioni anatoraiche
del cuore del boa c degli altri serpenti, non stupiremo del-
le differenli maniere nellc quali i piu volte sopra citati au-
tori lenlarono di spiegare 1' azione di queH'organo uel mec-
_ 447 —
canismo della cireolazione. E qui devo notare prima d'ogni
altra cosa, che fra tutti i notomisti, i quali si oceuparono
della cireolazione dogli ofidiani, Weber e Briicke saltan to
la studiarono dircttamente giovandosi delle vivisezioni,
mentre gli allri no dorivarono il meccanismo come conse-
gucnza dell' anatomica ispezione.
Cuvier, non eonoseendo la divisione del ventricolo in
cavum arlcriosum et venosum, ammelte una miseela dirella
del sangue del corpo e del sangue dei polmoni.
Schlemm, al conlrario, il quale conobbe piu esattamente
di Cuvier il tramezzo delle Ioggie non ebe 1' origine dei
tronehi arteriosi principali, ammelte gia nel ventricolo una
separazione assoluta del sangue venoso dal sangue arterioso,
la qual separazione si manliene in tutto 1' organismo. Egli
ragiona nel modo seguente:
« Se, dopo questa considerazione della strutlura del
» cuore, si paragonano fra loro le origini dei grandi tronehi
» arteriosi e la imboccatura degli atrii del ventricolo, si puo
» presso a poco dimostrare che il solo sangue dell' atrium
» pulmonale occupa la cella superiore del ventricolo; men-
» tre, al conlrario, il sangue dell5 atrio venoso scorre nella
» cella inferiore lungo il margine libero del scpimcuto. Nella
» sistole del ventricolo il sangue polmonale della cella supe-
» riore verra spinto principalmente nelle due aorte che da
» essa traggono origine ; mentre al contrario il sangue ve-
il noso della cella venosa scorre n,ell' arteria pulmonalis.
» Cio e tanto piu verosimile, in quanto che si puo ammel-
» tere che in ogni contrazione del ventricolo la sua paretc
» si appoggia al bordo libero del sepimento delle celle, e le
» celle per conseguenza sieno in questo stalo quasi intera-
» mente separate una dull' altra. Ma ad onta di questa di-
» moslrazione non voglio assolutamente negare una miscc-
— 448 —
» la parziale del sangue arterioso c del sanguc vonoso nolle
» celle del vehtricolo. »
Gli e certo ehe la spiegazione fisiologica del meecanismo
circolatorio secondo Scldemm non e giusla; ma non si puo
negare ehe egli fu il primo, il quale asseri che nei polmoni
degli ofldiani non pehelra ehe sangue venoso, ehe avendo
potulo esaminare il cuore di un vero boa e di dimension!
assai maggiori dei cuori d' ofldiani esaminali da altfi noto-
raisti sospetto ehe la parete del ventrieolo durante la sislole
viene a combaciare col bordo libero del tramezzo delle log-
gie, e ehe finahnenle non nulri il sogno invenlato pin tardi
da Weber che il sanguc dell' arteria pohnonale si mischi
anche dopo sortito dal ventricolo con quello dell'aorta sini-
stra per tin canale immaginario. Falso e pero il teorema di
queslo notomista che nelle due aorte penelri soltanto san-
gue arterioso, e che soltanto la loggia inferiore venga occu-
pata da sangue venoso.
A Schlemm suecesse Retzius, il quale spiega il meccani-
smo dclla circolazione nel Pijlhon bivittatus (Kubl) colle se-
guenti parole:
« to scopo del sepimento imperfetto e senza dubbio di
» formare un eanale chiuso, il quale conduca il sangue ar-
» terioso dalla cavita suddetta nella porzione giossa e spu-
» gnosa verso le imboccature delle arlerie del corpo: e ci6
» dimostrano lanto la sua forma e posizione quanto i margini
» callosi. Nell' istantc ehe il sangue arterioso scorre per
» queslo canale, esso spinge la valvola semilunare innanzi
» all' aperlura dell' ostium dell' atrio destro, il quale in tal
» modo vien chiuso. iNell istantc sui eessivo si ritira indietro
» il sepimento; la valvola semilunare, la quale appunlo in-
» tereettava 1' imboccatura verso la trio destro, eliiude ora
» il canale che conduce alia porzione grossa, e il sangue
— 449 —
» venoso scorre pereio nella cella inferiore. Nello stesso
i) istanle il sepimento si adagia alia parole esterna, e la cella
» inferiore vien separata dalla superiore, mentro la colonna
>> sanguigna viene spinta noil' arleria polmonale, c cosi di
» seguito. Una tale organizzazione rende pid cbe probabile
» die le correnti venosa e arteriosa vengano spinte in tem-
>• pi different'! senza mescolarsi, dal ehe si potrebbe deriva-
» re in gran parte la lenlezza delta cireolazione. »
A quest a spiegazione pero s'opponeva eon ragione We-
ber quando riportando il passo succitato soggiugne: « Ret-
» zius erra sollanto in cio, ehe sostiene essere piu ebe pro-
» babile ehe le correnti venosa e arteriosa vengano spinte
» in tempi diffcrenli. Io ritengo cio impossibile, poiche am-
» bo i venlricoli si conlraggono contemporaneamente, e
» perche ancbe gli atrii \uolano contemporaneamentc il loro
» sang ue nelle camere corrispondenti. Oltrc a cio si trova
» nn" altra impossibilita considerando ehe se pure il sangue
» polmonale seorresse un momento piu tardi net venlricolo
ii destro di quello die il sangue del corpo nel conns arle-
i) riosus e verso X arteria pulmonalis, questo sangue ^ap-
d punto, perche il ventricolo destro si rienipie immediala-
i> mente di nuovo e la valvula semilunaris del septum
n alriorum si pone innanzi all' apertura di comunicazioue
>i delle camere, non si potrebbe mai vuotare dal ventricolo
ii destro; oppure, se cio ancbe avvenir potesse, il sau-
» gue polmonale si dovrebbe mescolare di necessita col
ii sangue del corpo, il quale si vuota contemporaneamonle
ii dall' atrio destro. »
A ragione si opponeva Weber alia teoria di Rctzius,
ma non sapeva confularla. Briicke pure s'opponeva a Bet-
sins srrivondo: n non posso accordare la mia teoria a
» qunnlo dice Ret zius inlorno alia meccanica cireolazione
— 450 —
» so io oso (li eontraslare
» F esattezza tli questa interpretazione, Io faccio appoggiato
» in prinio luogo su cio die la mecoanica della circolaziono
» nel coluber, sccondo F esperienza clie io ho a Uinta nolle
» vivisezioni dalF osservazione imraediata e che bo esposta
» piu sopra, e assolutamenle diversa, e quindi sulle mie
» esperienze fatte sugli altri anfibii a squame lequali dimo-
» strano, come vedremo in seguilo, che in lutti quegli ani-
» mali mono che nel cbccodrillo, la circolaziono viene effet-
» tnala secondo il medesimo prineipio; eperfinola circola-
» zione dei balraciani anuri non differisce lanto da quel
» prineipio, quanlo dovrehhe differire la circolaziono del
» python da quella del coluber se si vcrificasso in fatlo la
» supposizione di Retzius.
A me sembra per6 che F crrore principale di Retzius
consisla nel sostenere che il sangnc venoso ocenpi sollanlo
la loggia inferiore che mette all' arteria polmonale.
Meckel dice in generale: " Gli anfibii hanno una circo-
» lazione grande e piccola meno perfotlamenle separate
« che la maggior parte degli animali inferiori e tutti i sn-
» periori, poiche Ie varie snddivisioni del cnoro e del siste-
i) ma vascolare sono meno esatlamonte separate. »
Meckel non considera specialmontc la circolaziono degli
ofidiani, ma sollanto quella dei cheloniani. Percio credo che
polremo passare a quanlo opina Weber slesso sulF argo-
menlo suddetto.
Ecco le sue parole:
« I) II sangue del corpo arriva ncgli animali di cui
» tralliamo (olidiani, sauriani e cheloniani) all' atrio de-
» stro, e da questo al ventricolo destro per mezzo dellc ve-
» no jngnlari e delle vene cave. 2) II sangue polmonale ar-
» riva all' atrio sinistro e quindi nel ventricolo sinistro,
— 451 —
» 3) Nell' islante che i due atrii vuotano il loro sangue nei
» ventricoli corrispondenti, si accostano le due valvule so-
il milunari del sclto degli atrii e ehiudono pereio in quel-
» 1' islante 1' apertura di comunicazione fra la camera de-
» stra e la sinistra, per guisa oho allora esistono due eamere
» perfettamente separate ed e impossibile che si mcscolino
» insieme sangue venoso e sangue arterioso. 'i) Nell' islante
>» che si conlraggono lc due eamere, si staccano in primo
» luogo le due valvole semilunari del septum atriorum e si
') collocano innanzi agli ostia venosa cordis e in tal modo
» interceltano il riflusso del sangue; quindi passa il sangue
» venoso dalla camera destra nella eavila del conns axle
» riosus e di la dell' arteria pulmonalis e pereio nei polmo-
» ni; ma nello stesso tempo scorre il sangue ossidalo allra-
» verso 1' apertura di comunicazione delle eamere del euoro
» dal venlricolo sinistro alle origini delle aorte e da quesle
» agli organi del corpo. 5) NeJ tempo adunque che il san-
» gue venoso viene espulso dalla camera destra, scorre il
» sangue ossidato nella camera destra cd e costretto a di-
» rigersi soltanto alle aorte perehe il tramezzo muscolare
» nei coitus arteriosus si adagia alia parete del venlricolo,
» nello stesso rapporlo che la camera destra si vuota di
» sangue oppure si conlrae, ed in tal modo intercetta tolal-
» mente la circolazione del sangue ossidato verso I' arteria
» pulmonalis. Questa c adunque la funzione del tramezzo
» muscolare, ovvcro per questo motivo ha luo^o la divi-
)) sione delta camera destra del cuore in due cavitd. Ollre
» a cio non dobhiamo dimenlicare che nella stessa propor-
» zione nella quale le eamere si contraggono, le aperture
» arteriose delle aorte vengono avvicinale all' apertura di
» comunicazione delle eamere, e pereio anche alio stesso
» venlricolo sinistro; ne dobbiamo dimenlicare che il tra-
— 452 —
» mezzo muscolare del conus arteriosus forma egli slcsso
» una grondaja alia sua faccia superiore per cui la corren-
» le del sangue ossidato conserva la sua determinata dire-
» zione, c percio nei ventricoli non pud aver luogo una mi-
» scela di sangue venoso ed artcrioso. C) Questi dati diven-
11 la no leoremi ineoncussi dimoslrati dalle vivesezioni. Se
it si denuda il cuore nei serpeiiti, per esaminare la circola-
n zione del sangue, si osserva:
» I) che nell'atrio destro, nei ventrieolo destro c nell'ar-
n teria pulmonalis non cireola ehe sangue nero ovvero
» venoso ; al conlrario.
» 2) neir atrio sinistro, nei ventrieolo sinistro e in am-
» bedue le aorle non seorre che sangue rosso ovvero ossi-
» dato;
» 5) se si raccoglie qneslo sangue dopo aver aperto
» caulamenle le cavila del cuore, si puo assicurarsi aneor
» meglio che non ha luogo alcuna miseela dette due specie
ii / sangue nelle camere del cuore;
» 4) eke nemmeno nei vasi vha una miseela del sangue
» si puo in parte assicurarsi a prima vista, ma aneor me-
» glio se si raccoglie sangue dai seguenti vasi e si confronta.
» E precisamente : a) dalla vena cava posterior ; b) dalla
u aorta sinistra oppure dalla deatra presso alia loro origi-
» ne; c) dall' aorta sinistra la dove quesla ha di gia abban-
)) donato il cuore; d) dall' art cria pulmonalis, ed e) dalla
» vena pulmonalis. Da cio si potra riconoscere:
» 1) che il sangue della vena cava e idenlico a quello
i) dell' arl'eria pulmonalis ;
)» 2) die il sangue delle aorle tanlo alia loro origine,
ii quanlo nei decorso ulleriore e della slessa natura di
» quello della vena pulmonalis.
Weber poi continiia a ragionare al §.2: « Ma se non
— 453 —
» v' ha nessuiia miscella del sangue ar-terioso e venoso ne
» nel ctiore diquesti animali, n6 nei lord vasi, perche adun-
» que tanto il cuore ojio i vasi sono costruiti in modo che
» possaaver luogo una tale miscella, in modo che essa veniva
i) ammessa fino ad ora da tutti gli zootomi nonche da lutli
m i fisiplogi? La risposta e mollo semplice. I na miscella del
» sangue ha luogo certamente nel modo che la rendono
» possihile tanto la slruttura del cuore che la congiunzionc
» dci vari vasi arteriosr, ma soltanto nel tempo che questi
» animali nan respirano, e percio se si traltcngono sotto
i) acijua, oppure se appositamente s1 interrompe in essi la
» rcspirazione.
» In tali casi dopo qualche tempo non scorre piu ai
» polmoni alcun sangue per 1' qrteria pubnonalis, ma da
» questa passa nell' aorta sinistra. L' atrio ed il ventricolo
» sinislro si vuolano del sangue ossidato, e percio succede
») ehe anche il sangue venoso si apre una via nel ventricolo
» sinislro. Tutti i yam' del cuore, non che i vasi, sono ripie-
» ni di sangue nero. E su cid sollanlo e fondala la forma-
» zione del cuore degli anfil/i, difference da quetta deiver-
» tcbrati piu alii. Perche se il sangue venoso durante il
» tempo che la respirazione e interrotta non avesse altro
i) sgorgo che ai polmoni, questi animali dovrchhero neces-
» sariamente soffocarsi, come succede in pari circostanzc
» con T uomo, i poppanti c gli uccelli.
» Le vivisezioni dimostrano ad evidenza questi dati, c
» lasciando respirare questi animali di tempo in tempo si
» ristahilisce hen presto la cireolazione alio stalo ori-
» ginario. »
Weber ragionava esattamente tino al numero 4, ma
s' ingannava a gran parlito sosleneiulo che il sangue venoso
passa dal ventricolo deslro nel tonus arteriosus e quindi al
Scric ///. T. L 59
— 454 —
polmpne, e clio il sangue arterioso passa dalla camera sini-
stra nella camera deslra prima di entrare nelle aorte, per-
ehe il sangue venoso non passa soltanto nellarteria polmo-
nale, ma ben anco nelle aorte, e il sangue arterioso non en-
tra mai nella camera deslra. Egli erra del pari ascrivendo
al tramezzo delle loggie 1' unica funzione d' impedire 1' en
trata del sangue arterioso nella loggia inferiore, che esso ha
per oggetto d' impedire alia porzione del sangue venoso che
si trova nella loggia superiore di penetrare nell' inferiore
durante la sistole. Del tutto falsa e del pari 1' idea che si fa
Weber della circolazione degli anfibi ijuando quesli animali
si trovano sotto aqua, oppure quando in essi e interrotla
la respirazione. Che in tal caso non vi sara differenza fra
sangue arterioso c venoso, ma che tutto il sangue sara di
colore turchino omogeneo, lo sa a priori ogni studente di
medicina, ma che nelle circoslanze suesposte non scorra
sangue al polmone, e un sogno di Weber, conseguenza legit-
tima dell' aver sognato un' apertura di comunicazione fra la
arteria polmonale ed un' aorta.
Ed ora mi gode l'animo di citare Briicke, perche questo
maestro e il primo che ci abbia inscgnato il vero meecani-
smo nella circolazione degli ofidiani. Le osservazioni ana-
tomiche mi dimoslrano che la macchina centrale della cir-
colazione nel boa constrictor agisce in modo differente dalla
maniera nella quale agiscono i cuori del coluber e del tro-
pidonotus studiali da Briicke in animali vivi, ma che cio non
pertanto il principio sul quale si fonda il meccanismo e
sempre lo stesso, e che leffetlo non e modilicato che quanto
esige lo la slruttura anatomica. Le mie eonchiusioni, tratle
dall' ispezione anatomica d' un cuorc molto sviluppato, e di
animate ben di gran lunga differente da quelli esaminati dal
mio maestro, giusto a molivo delle varianti che contengono,
— 455 —
non sono altro che una conferrria della tcoria del fisiologo
mentre I' atrio sinistro e 1' arteria polmonale restano di
» colore turchino. Per quanlo evidente sia il eolorito piii
» chiaro delle arterie del corpo, il loro sangue non diventa
» pero mai tanto rubicondo come quello dell'atrio sinistro,
» e cio dipende dalla circostanza ehe 1' atrio sinistro piu
» piccolo non capisce tanto sangue quanlo vi e necessario
» alia circolazione maggiore, in modo che una porzionc del
» sangue spinto nel corpo deriva daU'atrio destro piu gran-
» de. Noi inconlriamo qui adunque gli stessi rapporti che
» incontrinmo nei serpenti. II ventricolo ricevenella diastole
— 450 —
» una quantity maggiore cli sangUe turchino, edunaquanlita
» minore tli sangue rubicondo. Durante la sistolo scorre
)> nell'arteria polmonale una quantita di sangue turchino,
» eguale a quella di sangue rubicondo ricevuto nella dia-
h stole, ed il resto del sangue turchino va unitainenle al
» sangue rubicondo nella circolazione maggiore.
» Se si pratica quindi una piceola apertura in una delle
» aorte, non che nell'arteria polmonale, si osservanoglistessi
» fenomeni che furono descritti nelle lesluggini sotto le stes-
» se circostanze. Poiehe si osserva ebe anche in questo caso
» le due cireolazioni, grande e piceola, vengono tcnute in
» azione da forze impellent! differenli, e die anzi cio ha liio-
» go raediante un meccanismo, il quale e simile a quellb
)> delle lesluggini, ma non qguale del tutto. Egli e facile a ve-
» dersi, ebe siccome lutti i tronchi ai-leriosi traggono ori-
)) gine feriore del ventricolo, in modo che esso cbiude la gron-
» daja che forma con questa, e che conduce all' arteria
M polmonale; e percio il sangue rubicondo arriva esclusi-
» vamenle nella grande circolazione; ed anche I'effetto mec-
» canico dell' ultima parte della sislole del ventricolo viene
» adoperato esclusivanienle per questa. Se si separa da un
— 457 —
» cuore vivo la parele inferiore del ventricolo alio slesso
» modo die viene rappresentato dalla fig. 5, iiopp d'aver al-
» lacciato, ovvcro reciso per lo innanzi i grossi tronchi,
» affinche non arrivi pin sangue al cuore; si vede molto
» bene die il tramezzo muscolarc eseguisee il movimento,
» pel quale si effeltua la separazione, alquanlo prima di quello
» che si contragga il caviim arlcriosicm, in modo elie aftche
» qui, come nelle lesluggini, la conlrazione non e perfetla in
» lulle le parti del ventricolo, se e pure quasi eonlem
» poi'anea ». Onesla e la leoria di Briiclie, che io cercai di
eonfronlare coll'osservazione analomica del cuore del boa
constrictor, rilenendola per vera in lulti i parlicolari, dove
questa non dimostrasse assoluta contraddizione. Iofacendo
questi esalti confronli lio vedulo che il tramezzo delle log-
gie, dipendendo la risultante della sua conlrazione dal poslo
che occupa e dalla direzione delle fibre di cui e composlo,
non puo andarsi ad appoggiare col bordo libero alia parele
inferiore del cuore, perchc in primo luogo e troppo distan-
te da questa, e le sue fibre sono oltre a cio longitudinali,
parallele, lese dalla base all'apice del ventricolo. llo veduto
ollre a cio che la separazione della loggia inferiore dalla
superiore viene effetiuata dal ravvicinarsi della parele de-
stra del ventricolo al bordo libero calloso del tramezzo; per
clie durante la sistole conlraendosi la parele suddetta si
deve ingrossare; ed ingrossandosi, la faccia sua interna si
accosta al bordo del tramezzo ; ed altaccandosi il septum
cavi venosi el artcriosi obbliquamcnte allcminenza pirami-
dale che forma la suddetta parele alia base del ventricolo,
quando durante la sistole questo sepimenlo si conlrae, deve
ravvicinare la parete destra al tramezzo delle loggie. Ho ve-
duto oltre a cio, che quando e chiusa perfetlamcnte la fes-
sura principale di comunicazionc fra la loggia superiore e
— 458 —
f iaferiore, non o per anco intercettalo il passaggio del san-
gue da qiiella a questa, p'erche restano libere le aperture
delle taschetle del Iramezzo, e elie percio il sangue arterio-
so, se non trovasSe un allro impedimento potrebbe, anzi do-
vrebbe, durante la sistole del ventricolo sinistro entrare non
s!>lo neivasi arteriosi del corpo, ma ben anco nella loggia su-
perjdre del cavum venosum,&ove non ha resistenza da vince-
re, e da qui mescolandosi col sangue venoso penetrare nella
loggia inferiore, e quindi nell'arteria polmonale. Finalmente
lio polulo conehiudere die l' aorta sinistra, avendo la sua
origine nell'mterstizio Iriangolare fra la parole destra, il
scpimento delle cavil;! venosa e arteriosa, ed il sepimerilo
delle loggie,. nell' ultimo istante della sisiole del venlrieolo
dove reslar impermeabile all'onda sauguigna.
(ili e percio che in conscguenza di (iiianlo sopra esposi,
c ritenendo i momenti del meeeanismo indicati da Briieke, la
circolaziorie AelOoa constrictor haluogo nelmodoseguente:
SI sangue arlerioso, che riiorna dai polmoni, incite foce
nel ventricolo sinistro mediante la vena polmonale, ed il
venoso che riiorna dal corpo nell' atrio destro per mezzo
del sacco venoso eomune e dell' arteria jugularis sinistra.
Gli altri ripieni di sangue, ma in inodo che l'alrio destro ne
capisce una quantitu ben maggiore del sinistro, si contr-ag-
gono. Nel primo istante della contrazione le due lamine pro-
rninenti die determinano la fessura del sacco venoso si ri-
piegano coi loro bordi liberi a combaciare nell' asse della
fessura destra, ed intercettano il regresso del sangue nolle
vene del corpo, la parele supcriore dell'atrio sinistro al suo
angolo posterioro combaeia coll'estremita corrispondente
del sepimentum atrioram, ed impedisce al sangue arlerioso
di retrocedere nci polmoni, il bordo libero dell aorta destra
vien compresso contro la base del sepimento delle loggie
— 45!) —
dallonda sanguigna premente; i due lembi liberi del sepi-
raento atrio-ventrieolare spinti dall'onda sanguigna irrom-
pente dall'innanzi all'indietro cambiano la loro posizione
orizzontale in posizione verticale, ed apppggiandosi la por-
zione destra contro i fori deslri dei duo caiiali di corauni-
eazione fra il cavo venoso e l'arterioso, e la porzione sini-
stra sulla faecia destra del cavum arteriosum, interrompono
la comunicazione fra quelle due cavita principali del ven-
tricolo. II ventrieolo adunque e diviso in questo istanle
nel cavum arteriomm e nel cavum venosuvi, senza che |c
due cavita possano comunicare insieme alio stesso modo,
come sono divisi l'uno dalfajtro i due atrii. Contraendosi
gli atrii, spingono il sangue venoso nella cavita destra e l'ar
terioso nella sinistra. Ora comincia la contrazione ventri-
colare. L'onda sanguigna, che nell'islante della sistole degli
atrii prese la direzione dairinnanzi all'indietro, s'invertc per
la contrazione del ventrieolo dall'apicc verso 1' angolo de
stro della base. Briicke ci ha dimostrato pero, che il cavum
venosum si contrae prima del cavum arteriosum, Le pareli
adunque di quella cavita, vale a dire, la porzione destra e
inferiore del ventrieolo conlraenlesi comunicherannoaquel-
lostratodeliluido sanguigno che leunietta, I'impulso iirverso,
il quale con movimento ondulalorio si comunichera al re-
slo del sangue cpnupreso nel ventrieolo, e si propagheru lino
ai sepinienti atrio-venlricolari. Qnesti, cedendo, passata la
contrazione degli atrii, la forza impellente dall'innanzi all'in-
dietro, per la loro elasticity prendono nuovamente una po-
sizione orizzontale. L'onda sanguigna adunque che rieevelte
l"urto dalla parete destra del ventrieolo, incontrando in quei
sepinienti un ostacolo, li spinge verso gli atrii, e allora viene
inlerrollo assolutainenle ogni passaggio dagli atrii al ven-
trieolo, poiche il bordo libero del sepimento alrio-ventrico-
— 460 —
lare destro va a poggiarsi sul bordo libero deHoriginc del-
l'aorta sinistra, e il bordo libero del sepimento sinistro sulla
porzione corrisporidente delcercine. II sangue venoso intan-
to comineia a vuotarsi nell' arteria polmonale e nelle due
aorte, e precisamenle nell'arteria polmonale il sangue veno-
so della loggia inferiore e nelle due aorle quello delta loggia
superiore. Mano mano pero che si contraggono le pareti
della eavita venosa, e ehe si vuota il sangue, si contrae nella
direzione dell'asse del vcnlrieolo il sepimento delle loggie,
e linalmente nella direzione della diagonale da destra a si-
nistra, il scpimentum ventriculorum . II tramezzo delle loggie
cresce percio in larghezza, e quindi il suo bordo libero si ac-
costa alia parete destra, questa vien eompressa eontro di quel-
Ia, e tenuta ferma in silo dal scpimentum ventriculorum co.n-
Iratto, il quale aderisce col suo margine semilunare alia
striscia eminenle transversa del sepimento delle loggie. Ora
appena comineia la eontrazione del cavum venosum, seeon-
do Brilcke. In questo istanle pero e tolta ogni eomunieazione
per la fessura ovale fra le due loggie superiore ed inferiore
della cavila venosa, e quanlunque queste comunichino in-
sieme per le maglie del Iramezzo delle loggie, pure e tolta
ogni eomunieazione tra loro ed il cavum arteriosum, a 1110-
livo della eontrazione del scpimentum ventriculare. Tolto
per altro questo passaggio, e tolta pure ogni eomunieazione
dell' arteria polmonale colla eavita arteriosa non solo, ma
venendo eompressa la parete destra del ventrieolo eontro il
bordo libero del tramezzo delle loggie, viene pure chiusa
1' origine dell' aorta sinistra a guisa d'un tubo cbe venga
couipresso al suo eapo nella direzione d'un diameiro. Da
cio ne deriva eliel'onda del sangue arlerioso, quando vien
spinta dalla eontrazione delle pareli della eavita sinistra
passa pei due eanali eomimieanli fra il cavo venoso e arte-
— 461 —
rioso, arriva sotto il sepimento alrio-ventricolare deslro, e
qui, non trovando aperta altra via die [aorta destra, deve
entrare soltanto in questa. II roeccanismo adunque della cir-
colazione del sangue nel boa constrictor differisce da quello
scoperto da Brilclie nel ropidonosus matrix e nel coluber
aesculapi pei due seguenti raomenli :
I. Nel boa constrictor il tramezzo delle loggie, in veee di
fare un movimento rotatorio da su in giu per portarsi a toe-
care col suo bordo libcro la parete inferiore del cuore, re-
sta fermo nel suo silo, ed invece la parete destra viene av-
vicinata a lui dal sepimcnlum cavi vcnosi et artcriosi, il qua-
le si coatrae da destra e anteriormenle verso sinistra e po-
steriormenle.
II. II sangue arterioso del cavum arteriosum non si pro-
paga nel corpo per tutte e due le aorte, ma soltanto per raor-
ta destra, poiche durante la contrazione di quella cavita
lorigine dell' aorta sinistra resla chiusa per la compressio-
ne della parete sinistra del ventrieolo conlro il Ijordo libero
del tramezzo deile loggie.
Da cio ne deriva, ehe l'aorta sinistra non eondurni nella
sua porzione anteriore al eongiungimento colla sinistra al-
tro ehe sangue venoso, che l'arteria coronaria, derivante
da questo tronco, conduce parimenti soltanto sangue veno-
so, e che in tutto il resto del sistema arterioso del corpo si
trova sangue misto.
Frammenti sul sistema samjuifero del boa constrictor.
Qui debbo avvertire il lettore che intitolo frammenti
questa parte del mio lavoro, percbe, quantunque una feli-
cissima injezione abbia penelrato lino quasi alle eslremita
capillar! le arterie deU'animale che sludiavo, cio non per-
Serie III, T. I. on
_ 4G2 —
tanto non ho potuto proseguire colla preparazionc lo dira
mazioni arterioso fin denlro nella tosla del serpente, perch6
dovendo conservare lo scheletro pel mio museo (e chi me no
fara undelitto sapendo quanlo rari e preziosi sono gli schele-
tri di qucsto animale !...), non potei staccare le mascclle dalle
Joro artieolazioni, ne distruggere la teca eraniale. Egli e per-
cio ehe la raia descrizione del sistema arterioso del boa con-
strictor si estende a tulti i vasi, mono quelli della testa.
Ma aleuno dira : perehe pubbjicare un lavoro inconiplelo?...
E a questi rispondo : perehe anche qnesti framuienli sono pie-
ni di verita, e rettilieano molli errori invalsi nella seienza,
Del sistema arterioso del boa constrictor s' e occupato
speeialmente Schlemm, il quale ci eomijniea le sue osserva-
zioni nella suecitala opera dalla pag. I0G alia pag. 120, Ma
quante differenze fra la sua descrizione e 1'ispezione imme-
diata del preparato ! Schlemm considera ad un tempo il si-
stema arterioso del boa constrictor del coluber nalrix, etc,
Quanto per altro scrive questo autore non si puo certo
riferire al boa, come risultera dalla mia descrizione, ma si
dimostra col fatto bensi una fedele descrizione del sistema
arterioso del nalrix lorquata. Gia Weber sembra essersi ac-
corto degli errori di Schlemm, poiche alia pag. 7 della suin-
mentovala opera scrive: « Retains segue in gran
» parte Schlemm nella descrizione del cuore del Python bi->
» vittalus, e sostiene oltre a cio ehe Schlemm ha dato una
» descrizione del sistema vascojaredeiserpenti distintamen-
» le corretta, cio ehe io non vorrei incondizionalamentc
» sotloscrivcre. »
Schlemm intanto siesprime nel modo segucnle:
n a) Decorso e distribuzione dell' aorta deslra, ovvcro
» anler lore.
» L' aorta destra dopo essere sorlita dalla base della eel-
— 403 —
■ lula superiore del ventrlcolo a sinistra presso I' aorta si-
» nistra, va in direzione qbbliqua oltre i'aorta sinistra al-
»- 1'Innanzi ed ;i destra, in raodd che ossa ha presso di se nel
» decorso ulteriore a sinistra I'aorta sinistra, ed a destra
» I'estremita anteriore dell'atrio deslro. In„anzi l'estremita
•> anteriore dell'atrio destro forma, scorrendo indietro sopra
» il cuore, nn arco die ha la sua parete convessa rivolta al
» l'innanzi, e la sua parte concava all' indietro. Si estende
» quindi obbliquamente oltre la trachea e l'esofago indietro,
» al lato sinistro di quest'ultimo, dove essa ediventatamollo'
» pin piccola, avendo ceduto pin rami, e si congiunge colla
» aorta sinistra, che scorre di dietro. Lo spazio lihero die-
» troal euore, dove sicongiungono assieme amhedue lc aor-
» te, varia nei varii serpenti. Cosi, p. e., nel coluber natrixb
» tli qualehe linea, nel boa constrictor di qualche pollice, ec.
» L'aorta destra da nel suo dceorso fino alia suaeongiun-
» zione colla sinistra i seguenli rami:
» I) Presso alle valvole semi-Innari le due arterie coro-
» narie del cuore destra e sinistra.
» 2) Prima d'aver forma to 1'arco, Yarleria cephalic a
» (carotis communis di Cuvier).
» 5) Dopo d'aver formato Tarco, ed accostatasi a de-
» stra delta colonna vertebrate, Yarleria collaris (arteria
» verlebralis di Cuvier).
» 4) Ritornando indietro, da fino al conginngimento col-
» I'aorta sinistra alcune arterie intercostali.
» V arteria coronaria cordis dexlra va nel solco Ira
» I'atrio destro e la camera del cuore alia parte superiore
». del cuore, e qui si dirama; la sinistra gira intorno all'ori-
» gine dell' aorta sinistra alia parte inferiore del cuore dove
»> si dirama.
» V arteria cephalica e il tronco arterioso comune, nel
— 404 —
» unale sono conlenute tulle e due le carotides communes,
» ambedue le arteriae vertebrates, e I' arteria thyreoidea
)> inferior. Siccorae ai serpenti mancano le eslremita, man-
i) cano loro pure le arteriae subclaviac come tronchi spe-
» ciali ; ed i rami che nei poppanti derivano dalle arterie
» subclavie, e si diramano nel collo nella parte posleriore
» del eervcllo, e nel midollo spinale, in quelli traggono ori-
» gine in parte daW arteria cephalica, ed in parte AaWarte-
» via coUaris. — Quantunque quesla arteria cephaticaman-
» di gia nel sue- decorso dei rami a quegli organi che sono
» collocati fra la testa ed il cuore, mi sembra ad onta di
» tutlo cio, che non le sconvenga il nome di cephalica, per-
» cbe conduce il suo sangue in tutte le parti della testa.
» Essa va dopo la sua origine dall' aorta destra obbliqua-
M mente all'innanzi verso sinistra, e passa fra l'arco del-
» T aorta sinistra e la trachea alia parte inferiore dell'eso-
» fago, sotlo il quale scorre tino alia testa presso il lato
» sinistro della trachea. Essa e accompagnala in questo
n decorso dalla vena jugularis sinistra e dal nervus vagus,
» e congiunta con loro da tela congiunliva.
» Subito dopo la sua origine da\Y aorta dextra manda
» un forte ramus glandularis ad una glandula rotonda, che
» giace innanzi al cuore sotto i grandi tronchi vascolari ;
» quindi partono da lei in questo silo rami piu piccoli ad
» ambedue le glandule allungale che giacciono presso le ve-
il ne del collo. Cuvier fa derivarc quel ramo glandulare
)> maggiore direttamente dalla aorta destra, cio che io non
» trovo verilicarsi ne nel coluber nalrix, ne nel capistra-
)) tus, ne nel boa constrictor, ne nel trigonocephaly niu-
» tus. Questo ramo corrispomle all' arteria thyreoidea in-
» ferior dei mammiferi, oppure ad una thymica, so si con-
» sidera quella glandula per thymus.
— 465 —
» La cephalica dopo d'esse're arrivata oltre larco aor
» tico sinislro alia trachea, da uo ramus trqehealis recur
» reus che provvede di rami la trachea, oltre al cuore ed al
» pericardio. — Oltre a cio traggono origine dalla cephali-
» ca nel suo decorso fino alia testa pi it rami minori ehe si
» rivolgono a destra alia trachea ; poi da dieci a dodicira-
» mi alquanto piu grossi (rami desophagei) che alia parete
» inferiore dell'esofago, medianle ramoscelli scorrcnti in-
» nanzi e indietro, si uniscono in tal maniera fra luro che
n formano una rete arleriosa, la quale circonda tutto 1' e-
» sofago.
» Nclla regione dove la mascella inferiore si annoda
» coll'osso quadralo, la cephalica manda Yarteriainframa-
» xillaris, la quale si osserva dislinlaniente dopo d'aver ri-
» piegato indietro i! muscolo lato del collo che lira indielro
» la mascella inferiore. EsSa viene accompagnata dal ncrvo
i) linguale, da' rami a quel muscolo., alia faringe, alle corde
» vocali alia lingua e alia vagina cutanea di qucsla, e sotto
» Peslremita anteriore delle due hranche soltomascellari si
» congiugne con quella dell'altra parte.
» LacepAa/«coabhandoDailsuo corso innanzi all'origine
» dell' arteria inframaxillaris, si ripiega inlorno all'angolo
a della mascella inferiore, ed ascende in alto al lato destro
» della testa. In questo decorso da ancora dei piccoli ramo-
» scelli all'esofagoed un ramo maggiore ai muscoli plcrigo;-
» dei, si suddivide poi prima di passare sotto la columella in
i) due tronchi principali, 1'uno dei quali e la carotis comrnu-
» nis sinistra e^Taltro il Irvncvs anonym us , ovvero commu-
» nis per tutte e due le arleriae vertebrates, e per la carotis
» communis della parte destra
Schlemm continua quindi a descrivere le arterie della
testa. Io li'ovo inutile di riportare quesla descrizione, per-
— 4G6 —
die, come esposi poc'anzi, non avendo io poluto ncl boa
constrictor proseguire il decorso di queste arlerie, non pos-
so per ora ne adottare, ne contraddire alia descrizione di
Schlemm. Questo maestro soggiugne quindi :
« V after ia collaris (verteOralis di Cuvier) raanda
i) rami a quelle parti, ehe nei poppanti rieevono il loro san-
» gue dalle arlerie intercostalis prima, cervicalis ascen-
i) dens, e transversa ccrvicis, Corrisponde pereio a queste
i) tre arlerie. Dopo la sua origine dull' aorta destra va in-
» nanzi al lato deslro delta colonna verlebrale sopra la tra-
il chea e 1' esofago, sotto i muscoli attaeeali ai processi spi-
» nosi inferiori degli ossi vertebrali, penetra nello strato
» inuseolare circa otto o dieci ossi vertebrali innanzi al
o cuore e seorre al lato deslro dei processi spinosi inferiori
» giacendo imniedialamente alia colonna vertebrale innan-
i) zi fino alia testa. Prima ch' entri nello strato muscolare
» derivano dalla sua porzione inferiore rami aesophagei
» ehe vanno alia parete superiore dell' esofago ; dalla sua
» porzione superiore sortono da tre in quattro arteriae in-
» trrcostales, die non derivano appajalc una presso lallra,
» ma in tronehi unici, una innanzi all' altra. Ogni arteria
» intercostale, sotto il punto di mezzo della colonna verle-
» bralej si suddivide in un ramo deslro ed in un ramo sini-
» stro, ciascuno dei quali va alia costola della sua parte, c
»> per solito provvede di rami Ire o quattro eostole, dai quali
» rami perforanli vanno alia cute e alia radiee delle squam-
» me, si congiungono a rete eon 1' antecedenle e col susse-
» guenle. — Anche nella simia sabaea e ncl porco ho ve-
» duto die le arteriae intercostales traggono origine da un
» tronco comune dell' aorta, il quale appena in vicinanza
» della colonna verlebrale si biforca in un' arteria interco-
» stale destra ed in una sinistra. — Dopo die 1' arteria
— 467 —
» collaris e entrata nel suddetto strato muscolare, lo
» avlovie intcrcostales traggono origine da lei a clue a due,
» una delle quali va alia costola destra e 1' altra alia sini-
» stra, fin clie termina alia testa nei rauscoli inferior! della
» nuea,
» Decorso dell' aorta sinistra, ovvero, perclte conduce
» ilsungue a quel tratto chegia.ee dietro al cuore, aorta po-
» steriore,
L'aorta sinistra ovvero posteriqre, dqpo d'esser sortita
» dalla cella suporiore del venlrieolo del euore, copre dap
-) prima I' origiiie dt>\\' aorta dexlra e procedendo quindi
» innanzi si trova al suo lato destro, Rivolgendosi indietro
» innanzi al euore, forma un areo, ( lie, come quello del-
» l'aorta destra rivolge la sua convessila all' innanzi; scorre
» quindi indietro giacendo allaparete inferiore dell'esofago
n lungo il lato sinislro del cuore. Dietro al cuore si uniscc
» all' aorta destra clie passa oltre X esofago, e nel suo de-
» corso ulleriore lino al fegato, si adagia al lato sinislro del-
» 1' esofago. Nel suo decorso ulteriore verso la coda giace
i) sollo 1' asse della colonna verlebrale e del polmone e so-
li pra il tubo inteslinale, lino a tanto die presso I ultima
» vertebra addominale sorte dalla cavita delle interiora e
» finisee come arteria caudalis all' ultima vertebra della co-r
» da. Da (piesla aorta traggono origine dall'uniono coll'aorta
» destra lino all'ano, tronebi impari clie ascendono alia co-
» lonna vertebrate., entrano nello stralo muscolare inferiore
» di questa, e quindi si suddividono in un' arteria interco^-
» stale destra ed in una sinistra. — Dajla sua parte inferio-
» re derivano Je arlerie delle interiora, Essendo per allro
» mollo allungati tanto lo stomaco cbe il fegato, ed essen-
i) do quest' organo contemporancamente mollo piu innan-
» zi dello stomaco, manca ai serpenti 1' arteria cocliaca,
— 408 —
» oppui'e si dovrebbc ammetlerc che sia decomposta in
» molti rami.
» Lo arteriae hepaticae traggono origine, in numero di
» dicci o dodici, dall'aorta che scorre dietro al Iato s ini-
» stro del fegato. Vanno verso destra all' hilus del fegato, c
» si uniscono fra loro in tutta la lungliezza del fegato me-
» diante rami che vanno innanzi e indietro formando archi,
» dai quali i rami epatici penetrano nella sostanza del fegato.
» Da queste arterie epatiche partono oltre a cio rami bron-
» chiales pel polmone, c rami per 1' esofago.
» L' esofago si dilata gradalamente nello stomaco al-
ii 1' estremita posteriore del fegato in modo che e indeter-
» ininato il confine di quello, eviene indicato soltanto dal
» principio dell' omento. — Lo stomaco riceve quattro ar-
» terie dall'aorta, 1' ultima delle quali, che lo raggiugne al
» principio del pylorus, sorpassa le a lire in grossczza. Que
» sle arterie ventricolari si suddividono in vicinanza dello
» stomaco in rami inferiori e superiori, che si estendono
» da ambedue i lati dello stesso organo, e ad im tempo
» mandano rami alia parte superiore dell' omento.
» Le arteriae mesentericae superior ed inferior ( nei
» serpenti pin propriamente anterior e posterior), essendo
» molto lunga la cavita addominale di questi animali, trag-
» gono origine a grandi distanze una dall' altra.
>* L' arteria mesenterica superior Irae origine dall'aorta
» in faccia al pancreas e al duodeno. Essa c il ramo piu
»:grosso dell' aorta sinistra, e molto piu grossa della me-
» senteriea posterior. Dal suo lato che guarda il tubo inte-
» slinale traggono origine una dietro 1' altra le arterie del
» budello, ciascuna delle qiiali si biforca in un ramo anlc-
» riore e posteriore per riunirsi ciascuna in un arco coi
» rami piu prossimi delle anterior! e posteriori, dai quali
— 469 —
» poi vanno i rami iiilestinates alia parte superiore ed infe-
» riore deH'intestino. 11 rarao anteriore delYarteria mesen-
» terica anterior, la vena arteria duodenalis, da rami al
» duodeno, al pancreas e alia cistifelea, e si congiunge
» colla grande arteria posteriore dello stomaco.
i) L' arteria mesenterica posterior deriva dall' aorta iu
» faccia al punlo di mezzo del reae destro. Si biforca in
» due rami principali, l'anteriore dei quali va alia porzione
ii posteriore del tenue (e da notarsi che ai serpenti manea
i) il crasso) e, come sopra nolammo, si anaslomizza eolla
» mesenterica anterior ; mentre il ramo posteriore va alia
ii porzione anteriore del retlo.
ii Oltre ai rami della mesenterica posterior, il relto ri-
» eeve dall' aorta selte e perlino otto arterie proprie, che Io
» circondano a rete. Due arteriae cloacales derivano dal-
M 1' aorta, una in faccia all' allra, dove questa diventando
» arteria caudalis sorte dalla cavita addominale. Una di
i) esse va al Iato destro, e 1' allra al sinistro della cloaca.
ii Le arteriae renales sono sei per ciascun rene, deriva-
ii no dal lato relativo dell' aorta e propriamenle quelle del
i) rene destro piu innanzi di quelle del sinistro, perche quel
i) rene giace pin innanzi di questo. Per soldo vanno due
•I arterie all' eslremila anteriore del rene, due nel mezzo e
m
» due nil' eslremila posteriore. Tulte si eongiungono nell'ilo
i> del rene per rami anteriori e posteriori. — Gli ureteri
» ricevono nel loro decorso dai reni alia cloaca piccoli ra
» moscelli dall' aorta e dalle arterie del relto.
ii Ogni ovajo riccve un' arteria dall' aorta. Siccome
ii pero gli ovarj alio stesso modo dei reni non si trovano
ii uuo in faccia all'allro, ma il destro giace molto piu innan-
ii zi del sinistro, cosl i>ur(.' le loro arterie derivano dall'aorla
ii in modo che la deslra spimla molto |iiii innanzi della si-
Serie 111. T. I fil
— 470 —
» nislra. — Le arterie degli ovidotti non sono nello stesso
» numero da ambedue le parti, ma dal Ialo destro ve ne
» sono eontemporaneamente tante di piii quanto I'ovidotto
» destro, in conseguenza delta posizione del suo ovario, e
» piu lungo del sinistro. Esse derivano in parte immedia-
» taniente dall' aorta e in parte sono rami delle arterie re
» nali e di quelle del relto. Quelle che derivano direltamente
ii dall' aorta sono piu grandi delle altre, e vanno aH'cstre-
i) mita anleriore di ciascun ovidotto, il quale giace al Ialo
ii interno del suo ovario. II loro deeorso lungo gli ovidotti
ii e molto lorluoso, per poter cedere sufticienteraente,
i> quando devono estendersi di molto per capirc le nova
» Boa constrictor. L' arteria polmonale, in questo scrpe, il
»i quale lia due polmoni separati da uu sepimento, si sud-
» divide dietro al cuore in due rami principali, ciascuno
» dei quali va alia regione inferiore del suo polmone. — - In
» questo boa ho trovato il ductus arteriosus Botallii, ehe
ii era gia cangiato in uu ligamento rolondo. Esso trae ori-
-i gine presso alia suddivisione dell' arteria polmonale dal
.) ramo destro delta medesima, c va alia parte concava
d dell' arco aorlico destro nel quale s'immerge.
(conl inuaj
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IDVH1RZ1 DEL GIOMO 46 1AKZO 4856
II m. c. prof. Zantedeschi leggo il scguente
STUDIO PRIMO
SULL' ESP0SIZ10NE UNIVERSALE DI PARICI
IS RELAZIORE
AI BISOGNI AGRICOLO-INDI STUIALI DELLE
PROYINCIE VENETE.
Nei bassi tempi nci quali dominava 1' ignoranza, che
aveva a neeessaria compagna la superstizione, die non ri-
conosce che il diritto della forza brutale, lc orde dei popoli
selvaggi si rovesciarono sopra Ie colte incivilitc nazioni, ar-
restando il crescente sviluppo e quasi soppriraendo la vita
dellinlelligenza c della ragione. I popoli selvaggi tullavia era-
no vi nci tori cvinli, come vinlic vincitori rimanevano i popoli
culti; i primi colla prepotenza della forza soperchiavano i
secondi, ma perdevano della Ioro fierezza, appropriandosi
i costumi, le lettere e la religione de 'popoli oppress!; e que-
st! sotto il peso della barbaric, che li faceva gemere, colla
loro forza morale trionfavano de" barbari, rendendo meno
fieri i loro costumi. La forza morale, che aveva perduto
uegli uni, veniva a guadagnarc nesli allri. La forza morale
— 472 —
perdendo nell'intenstta, guadagnava nell'estensione, ed i po-
poli per quesla legge, die imponc al vinto e al vincilore, ri-
manevano meno disgiunti fra loro, ed ineominciavano a
riconoscersi fralclli d' inlelligenza, e iigli di un padre co-
raune, per la ragione.
Nel nostro sceolo di progresso e di civilla erescente, si
compirono alii di meraviglia, che onorano l'umanita, e die
dimostrano, che non esistono privilegi di easte, ma die esi-
stono diritti e doveri dell' uomo verso dell' uomo. — Le
nazioni piu eolle impongono alle nazioni men colte la legge
imperscrittibile del Iibero esercizio della ragione degl' indi-
vidui, c della perfettibilita dei popoli. — L' impongono
ehiamando Inlle le nazioni ad un coinnne eonvilo, ehe rap-
presenti il dominio della inlelligenza dell' uomo sulle forze
della nalura. Le nazioni per tal guisa si sono ravvicinale
alle nazioni viemmaggiormenle, e le scoperte e le invenzioni
delle unc e delle altre divennero palrimonio di lulle; e
1' impero dell' uomo sulla nalura si accrebbe inirabilraenle.
— L'Inghilterraj per la prima, fece questo nobilissimo invi-
to all' intiera umana famiglia, e I' intiera umana famiglia
eon lielo e pronto animo vi rispose. — Fatto di una im-
mensa importanza, che dimostra elie ci avviciniamo sempre
pin al valieinio profetico della formazione di un solo ovile
sotto un solo pastore. — L' esempio dell'Inghilterra fu lo-
sto imilato dai popoli dell' America, ed ora la Francia ne
offerse un nuovo splendido esempio.
Narrare e descrivere quanto si raccolse nel palazzo
dell' Esposizione universale, porta re un adequato giudizio
sul merito comparativo di tutti i prodotti industrial!, e im-
presa piu difficile e laboriosa che allri non crcda. — !/ esten-
sione e la profondita delle cognizioni che si riehiedono, c
palrimonio di pochi. II grande Giury dispenso corone e ri-
— 473 —
compense; ma il pubblico ancora porl6 un rigoroso esarae
sulIa distribUzione de'premj, ed una severa censura sui
giudizj die furono pronunciati. — In questa mcinoria non
intendo di levarmi a giudice in argomenti cosi svariali e
difficilissimi, ne' quali furono mcssi alia prova i genii in-
ventivi i piu eminenli. -- E solo mio avviso manifestare
alcuni miei desiderj ed alcuni bisogni che lianno le arli
nostre e la nostra agricoltura; possano essi essere asse-
condati a vantaggio dcllc popolazioni delle provincie vene-
le, e al crescente onore di questo Istiluto.
L1 uniaiia famiglia clio si produsse all' Esposizione
universale di Parigi, si presento colla ricca e svariata pro-
duzione degli oggetti nalurali elie fornisce la terra e 1'agri-
coltura, e colla maravigliosa ricchezza delle molteplici in-
dustrie che dimostrano la polenza dell' uomo sulla forma
della materia. — Dio creatore, c I' uomo Irasformalore
delle materie prime, presentate alia sua inlelligenza dalla
natura. — La collezione de'eombustibili, de' marmi, de'me-
talli sorprcse 1' ammirazione de' visit atori, e la raccolta dei
legnami ad uso di costruzioni, e dei mobili di lusso ecec-
dettc T aspettazione di tutti. L' agricoltura si moslro colla
riccliozza de' suoi istromenli e colla liellezza de1 suoi pro-
dolti, die comprovarono il suo sviluppo in tutte le nazioni
della terra. — La sagace industria dell1 uomo volse le ma-
terie prime alia costruzione di maccliine e alia plasmazione
di tutli quegli oggetti die rendono coraoda la vita, chel'ab-
belliscono e confortano I' uomo ne" suoi bisogni.-- Le
opere periodiche della Francia, come il Moniteur, la Patrie,
la Presse, il Siecle, il Costitutionel, il Pays, il Globe inilu-
striel, In Science, la Revue Franco-Italienne, la Visite deAI.
Tresea, e de S.A. le Prince Napoleon, ne lianno nmpiamen-
te parlalo, ne abbisogna, dottissimi colleglii, ch'io venga al
— 474 —
vostro cospollo a riprothirre, a compendiarc, c magnificats
il gia fallo. II pcnsiero clic naluralmenle surso in nic alia
vista di tanle naturali produzioni, di (ante industrie dcll'uo-
rao, si fu di ricercare in quale parte della scala ascendenlc
dell' industriale sviluppo sianio noi. Che cosa abbiamo
fatto in confronto delle altre nazioni ? Clie cosa ci rimane
ancora a fare? Come potremo noi, nel ISGO, presentarci
all' universale convilo di tutti i popoli all' Esposizione di
Vienna ? Con quali crescenti perfezionamenti potfemo noi
produrci dopo 1' esposizioni del 1851 e del 1855 precipua-
nientc? II nostro Islitulo e chiamato dalla Sapienza Sovra-
na a coltivare le scienze e le lettcre, a coltivare le arti e
T agricoltura. — Gli atti cd i volumi delle memorie ban
dimostrato al mondo scientifico 1' attivita di questo insigne
corpo dellostato; ma hanno queste raccolte ugualmente
eomprovato 1' attivita per lo sviluppo della nostra agricol-
tura, per 1' ineremento delle arti noslre ? L' Istitulo non ha
mancalo di dispensare corone ai pin valorosi neH'induslrie
del regno, non ha mancato di confortare gli uni, di eonsi-
gliare gli altri nelle loro imprese, nolle loro manifallure,
ma pareche tutlo questo non basli allesigenze della soeicla c
ai bisogni crescenti del suolo. — L' Isliluto non bisogna die
si limiti ad un gahinetto (cenologico-scientifico, egli non e
corpo insegnanle o doecnle, ma e necessario che mctta in-
nanzi gli apparati, che segnano i perfezionamenti c le nuo-
ve industrie delle eslere nazioni. Cost potrebhec dovrebhe,
invocandone alluopo i mezzi dalla munificenza governativa,
che ccrto non manehera, fornire le migliori macchine rurali
per scminarc^pcr miclcre, per trebbiare, unilamenle agli al-
tri migliori islrumcnti rurali, aratri, erpici, sgranaloi, ecc,
che negli esperimenli di Trapp furono riconosciuti i mi-
gliori, conic fu pubhlicato. Per (al modo si moltiplichereb-
— 475 —
hero anche tra noi lc forzc eon vantaggio notabile della
nostra agricoltUra. — Si avrebbe anche Ira noi a migliora-
re la condizione del colono, risparmiando 1' esaurimentb
delle forze iisiehe, clic infievolisee ancora 1' inlellettuale, si
avrebbe ancora il vantaggio di promuovere f induslria delle
noslre oflieine, c di accrescere lapotenza meccanica del pae-
se rendendolo scniprc piu attivo e frutlifero. L' arte della
fabbrieazione delle tegole e de' matloni colli e ancora nclla
sua inl'anzia. L' inlroduzione di un modello operalivo sup
plirebbe polenlcmenle alia mancanza dei raaleriali comuni
da costruzione, e concorrerebbe efficacemente afarsparire
fra noi tanli miserabili casolari, ehe sono piultosto abitazio-
ni del bruto ehe dell'uomo. — 1 possessori potrebbero ave-
re i materiali ad un prezzo ehe non sarebbe neppure un
terzo di quello eh' e in corso. — E questo voto lo manife-
sto tanto piii efficacemente, quanto piu ne veggo crescente
il bisogno anche pei terreni paludosi, ehe si vanno di anno
in anno aseiugando e eollivando nelle varie parti di queslc
provineie. — Mi reco ad onore di presentare all'I. R. Isti-
luto una sorie di disegni di queste maeehine ehe furono ri
eonoseiute le piu perfelle, perelie si voglia delerrainare di
fame 1' aequislo, onde i possidenti possano essere istruiti
ed illuminati. — Un tale voto l'ebbi pure a cbmunicare al-
1' inelita camera di commereio e d' industria di Venezia,
alia quale ho rassegnato varj esemplari di disegni, e varj
manuali cbe credetti poter riescire utilissimi tra noi. — Le
migliori memorie sul drenaggic, sulla fabbrieazione dei ce-
menti i piu resistenti subacquei e solto marint; i manuali
della coltivazione e fecondazione artificiale dei pesci, della
paniGcazionc, della conservazione delle sostarizc alimentari,
del eonservaineiilo dei grani, dell' agricoltura, della costru-
zione dei forni, di agricoltura, del giardinaggio, dell' arbo-
— 476 —
ricoltura, deglUngrassi, c le spcciali traltazioni della barba-
bielola dell' holcus saccharatus si trovano nella serie dei
munuali, che io ho presentali alia nostra camera cli com-
mercio, ad istruzione e vantaggio eornune. Ho amalo di uni-
re le opere ilella eolonizzazione dell' Algeria e dei lavori
fatti nel Canada, per destare un nobile senliraento a far
pur qualehe eosa a iniglioramenio e eoltura del veneto
estuario. — Venezia potrebbe divenire centro di orti i piii
ridenti e frultiferi, come speriamo elie possa divenir centro,
almeno parziale, d' un nuovo coramercio colic Indie. Se la
serie dei manuali presenlati alia camera di commercio
venisse pubblicala, io credo die formerebbe una piccola
biblioteca domeslico-rurale ulilissima per noi. In quesla
parte io non posso cbe manifestare dei voti, perehe pari ai
desiderj non sono le forze; io pero non bo mancalo alia
mia missionc proponendo c fornendo ancora le opere mi-
gliori all' economia domestica e rurale del mio paese, che
desidero rimangano come un documento de' miei sforzi,
che troveranno un giorno compimenlo, io lo spero, e ser-
virauno di prova di quel vivo inleressamento cb'io sempre
presi alio condizioni migliori del commercio, dell' agricol-
tura e dell' industria della Venezia. — • iXelle magniflche
raccolte di cerealij che presento 1' industria universale, io
vidi una sorgente di esperimenti e di vantaggi aH'agricoItu-
ra delle provincie venete. — Io feci appello, in nome del
vencto Istituto, in nome di quesla classica terra, ai rappre-
senlanli e commissarj dei varj stali e govcrni; risposero
ben volentierij, e in una maniera nobile e generosa alia mia
preghiera, forqendorni semi delle varie c»
1
Peruso di minestre esalseN.°79, cioe:
Riso ...»
a
Piselli ...»
20
Orzo ...»
~
Lenti ...»
■2
Fagiuoli . . »
i"<
Fave ...»
0
Salse ...»
1
Per olio N.0 6 cioe:
Fer uso domesti-
co . . . »
1
Per uso delle ar-
ti . . . »
5
Per foraggi N.° :i . . . . cioe:
Avena ...»
2
- Tecia ...»
2
Timotis grass. »
1
1
I
Per Pestrazione dello zucchero
1
1
Totale N.° 125
479
A r/itesti 123 debbo aggiungere gli allri ch io m' ebbi
daglistabilimenti e da'particolari a compimento delta somma
judicata .
S P E C I F I C A
del semi avitti, dei qnali si e indicato it sommario,
Dal Commissario di Algeri, Orano e Costantina.
Fagiuoli VarietS N. 7
Orzo „ I
Frumento » 5
Pisclli » 3
Semi del cotonc » \
Ai'achidc » 2
Fave » 2
Leati » \
N.° 22
Dal Commissario del Canada.
Fagiuoli Varieta N.° 7
Orzo » I
Frumento » 2
Piselli » 5
Avena » -1
Semi per foraggio (timolis gr.) » \
Ceresioo » I
N.° 18
— 480 —
Dai Commismrio del Messico.
Fagiuoli Varieta N.°
Pisclli »
Frumcntone »
Fave ))
Comino pci colombi »
Oliia per bibile rinfrescanti »
K.° 17
Dal Commissario delta Giammaiea e s. Domingo.
Fagiuoli Varieta N.°
PiselU »
Moringa per 1'estrazione dell' olio »
Noce per 1'estrazione dell' olio ad uso delle arti . »
Sessamum orientalc, per salse »
Divo div. per olio da mangiare »
N.° i:
Dal Commissario del Granducato di Toscana.
Fagiuoli Varieta N
Frumento
Fruraenlonc
Piselli
Fave nere d' Olanda
Lenti
JN
9
2
2
\
I
•2(1
— 481 —
Dal Commissario dclle Colonie frmicesi, Riunione,
Martinica e Guadatuppa.
Fagiuoli Varieta N.° 4
Frumentone (Riunione) » 5
Riso (Martinica e Riunione) "2
Piselli (Riuniono) ». 5
Arachide (Martinica) » I
Veccia (Guadaluppa e Riunione) . ...» 2
N.° -15
Dal Commissario di Spagna.
Fagiuoli Varieta N.° I
Frumento » I
Frumentone » 2
Piselli » 2
Avena » I
N.° 7
Dal Commissario dell' Australia.
Frumento (victoria) Varieta N.° I
Dal Commissario dell' Egitto.
Frumento (dell'alto Egitto) Varieta N.° \
Kabbebasis (bulbo zuccherato, ossia per lestrazione
dello zucchero) » I
Frumentone l)ianco (pell' estate) » 1
Piselli » \
N.° 4
— 482 —
Dal Commissario delta Norvegia.
Orzo celoslc ......... Varieta N.° I
Dal Commissario dell' Islanda.
Fruniento Variola N.° 2
Dal sig. Abate Berlese.
Semi pei filati Specie TN.° 2
cioe Urtica Nivea.
Sida Tillacea.
Semi per l'estrazione dell' olio » \
introdolli in Francia dal sig. Montigny nel 185").
Potiron rondylat brode excellens . ...... I
Fagiuoli della China trasportati in Francia nel 1855
dal sig. Montigny » I
Mellon de Cavaillon, a cliaire verte » \
Gros Cantaloup, d'ete, a fond Mane » I
Persil dc Smilh » I
N.° 8
Dallo Slabilimcnlo Tripet di Parigi.
Pomi di terra primaticci, die s'impiantanoinfebbrajo
e clic maturano in aprile c maggio, cioe mazzo-
Iin, elie matura alia fine d' aprile.
— 483 —
Chaw, rognon m —
in Milano a sopperire a qucsli bisogni. K uecessario con-
fessare die nell' odierna civilizzazione de' popoli, le arli
aon possono svilupparsi ove manca la potenza del vapore
o la forza del combustibile. lo non converro colla senten-
za di quelli che pronunciarono essere piii colto quel po-
polo e star innanzi nel progresso, che consuma maggior
quantita di carbon fossile, e cbe impiega maggior copia di
ferro. Io non converro colla sentenza di quelli cbe pronun-
ciarono essere quel popolo piu civile cbe piu impiega di
prodotli cbimici. Diro solo essere piu attivo o piu indu-
strioso quel popolo cbe piu consuma di carbon fossile, piii
impiega di ferro e di cbimici prodotli. 11 grado di civilizza-
zione di un popolo non e cosliluito dal solo elemento indu-
siriale, ma e eerto pero cbe e un elemento ai nostri giorni
potente, cbe anima il commercio, cbe da vita novella al-
1' agricoltura, cbe moltiplica le forze dell' uomo, cbe rende
piu interessanti e piu perfette le arli meccanicbe, e cbe uno
stato abbisogna della potenza del vapore e della potenza
delleleltrico^ se non vuole rimaner isolalo e degradarsi in
faccia alia crescente potenza degli altri stati, cbe, pari alio
sviluppo intellettuale, trovano neeessario l'incremento delle
forze fisiche, per trarne tutto 1' utile partilo dai prodotti
naturali dei proprj territorj, e per sostenere la loro nazio-
nale grandezza in faccia agli stranieri.
II m. e. cav. Zigno fa leggere Ja sua memoria su
la flora fossile dell oolite: Accennata 1' importanza
dello studio delle piante lbssili per la conoscenza delle
condizioni del suolo e della temperatura nelle varie
epochc geologiche, 1' autore mostra che i lavori gene-
rali su ques.to argomento non raggiunsero la ncces-
— 493 —
saria perfezione, e che quindi giova meglio invesli-
garc parlitamente la flora di cadaun pcriodo geologi-
co. Egli intraprese un talc lavoro pel pcriodo oolitico,
avendo potulo determinare 1' appartenenza a questa
forniazione di alcuni depositi fitoliliferi delle Alpi ve-
nete. Si fa quindi ad aimoverare i varii punli del glo-
l)Oj in cui trovaronsi avanzi della flora oolilica, e po-
scia la sua distribuzione ne' varii piani dell' oolite, di-
niostrando come sia numerosa nell' oolite inferiore,
searseggi nclla media, e ancora piu nclla supcriore.
Aggiunge piu minute osservazioni, dalle quali trae
conscguenzc relative alia temperatura del globo in
alcune cpoche geologiche, e confrontando la flora e la
fauna dell' oolite colic specie viventi nellc regioni tro-
pical i ed australi. conchiude che le terre emerse nel-
T epoca oolitica fosscro circondate come 1c australi da
un vasto oceano, il quale mantcneva le condizioni di
temperatura e umidita favorevoli alia vita di quelle
specie, le cui spoglie trovansi ncgli strati di quel pe-
riodo. I rappresentanti di esse veggonsi ora principal-
mente dominare lungo i lidi e nclle isole delle au-
slrali regioni.
II m. e. prof. Zantedeschi prescntando i Iavori del
prof. Poey, che sono indicati nell' elenco de'doni ri-
ccvuli dall' Istituto, aggiunge:
11 sig. Poey c professorc di fisiea e storia naturale
all' Avana nell isola di Cuba; i suoi sludii sulla metco-
rologia gli hanno procurato un nome dislinlo fra i
cultori di questa scienza, e le primipali socicta scien-
Serie II I. T. I. 6 1
— 494 —
tlfiche dell* InghiUerra e dclla Francia, come la so-
cieta meteorologica, la societa geologica lo hanno ag-
gregalo a loro socio, per avcre una corrispondenza
scienliiica fra quelle region i e 1' Europa.
Le serie deile ineinorie, die ho I' onore di rasse-
gnare all' i. r. Istituto, dimostrano che i problerai i
piii interessanti formarono argomento di riccrchc e
di studii al sig. Poey. La materia elcltrica alio stato
globularc o sferoidale, la relazione fra gli uragani ed
i tremuoti, la temperatura deile gragnuolc, il numero
deile vitlimc dei fulmini nell' isola di Cuba sono ar-
gomcnticlicinteressano la meteorologiacome scienza,
e la societa pci prbvvedimenti che deve adottare. La
climatologia va ora ad occupare quell' aJto posto che
le e dovuto. E essa indispcnsabile per I'igiene, pel
commercio, per 1' agricoltura. Ad \vana sara stabilito
un nuovo osservatorio, cogii sludj del quale potian-
no essere mcsse in chiaro le leggi della climatologia
di quell' isola.
Noi abbiamo bisogno di collegnrc le osscrvazioni
dei principal! paesi della terra se vogliamo risalire
alio cagioni dei fenomcni, se vogliamo avcre la scienza
dclla climatologia universale del globo. L'i. r. Istituto
ha adotfato un programma per la statistica fisico-mo-
rale deile provincie venete, ma. a meno che non voglia
rcstringerc il suo lavoro a questo territorio, ed iso-
larsi dagli sludj che si fan no nell' antico e ncl nuovo
continente. c ncccssario che si coileghino le sue ri-
ccrche con quelle deile altre nazioni. E tin bisogno
ben sentito di stabilirc le piii ampie comunicazioni coi
— 405 —
dotti dei varii paesi. El sig. Pocy. giovine professore
mdefesso nelle sue invcsligazioni, ci offre una bella
occasione per aprire rapporli scientifici coll" isola di
Cuba, e con tuttc lo Ahtille, pacse eminentemente in-
teressante, come osserva lHumboldt.
Dopo cio L'Istituto si riunisce in adunanza segreta.
Secondo l'urticolo 84 degli statuii interni^ si pro-
cede alia nomina dei 5 membri, i quali in unione alia
presidenza destinano 1c comraissioni speciali per l'esa-
nie degli oggetii presentali al concorso industrialc.
Halle schedc risullarono eletli a maggiorita di voti il
conle Cavalli, conte Sagredo, prof, de Yisiani, prof.
Zanibra, prof. Uellavilis.
II m. e. cav. prof. Zantedescbi comunica in copia
una lettera del ministro del commcrcio ecc. di Fran-
cia. cbe promettc di mandare a quest' i. r. Istituto i
volumi cbe si pubblicheranno successivamente a
quelli presentali dal prof. Zantedescbi, a nome dello
stesso ministro, per compiere V opera dei lavori dclla
commissione francese su la esposizione universale di
Londra del 1851. Indi I' adunanza fu sciolta.
ADI Mffl BEL CIORSO 17 11120 1856
ll id. c. Fario leggc la sua memoria sui fenomeni
prodotti dalla colesterina neWocchio umano. Esposla
la succcssionc dclle noslre cognizioni intorno la ma-
lattia die dalla presenza della colesterina deriva, c
clie il Desmarres chiame sinchisi scintillante, e il Si-
chel spinteropia, nota il dott. Fario la circostanza cfa'e
il male dal 4844 al 1850 fu al tempo slesso osservalo
in molle different] region!, e che ora sembra farsi piut-
tosto raro. Crede che a produrre la coleslerina sia
necessaria una condizionc morbosa dellc membrane
dell' occhio, la jaloidea, la cristalloidea e la cornea
stessa, la quale condizione sia un' csagerazione di al-
cune fisiologiche e costanti funzioni di esse. Dietro que-
sto pensiero ilnostro collega, facendo 1'analisi di tulte
e tre le dette membrane, riconobbe essere fisiologica
la presenza, in quelle, della colesterina. Supponc pro-
babile che a questa sia dovula la Ioro trasparenza, e
— 498 —
deduce da parecchi fat ti che, in determinate condizioni
di malattia,cotestc membrane producanoun eccesso di
coleslerina entro ai proprj tessuti e talora traboccan-
le fuori dc" medesimi, liquida, o scmisolida, o erislal-
lizzala, secondo il grado del rnorbo.
I\Ioslra pure essere verosimile cbe le apparizioni
di fili, mosche. ragnatelc, aggirantisi innanzi agli oc-
elli dopo I' operazione dclia calaratta, derivino da
frammenii di coleslerina secrela durante quello stalo
che succedc all' operazione. Colle attitudini della
cornea a secernere la colesterinagli sembra esplicabile
la formazionc del cberatocele c dello slaiiloma pellu-
cido, inlorno a cui richiama lc proprie idee pubblicale
fino dal 1839.
Chiude l'autore il suo lavoro accennando alia diifi-
colla dello sludio dell' ottalmologia, alle cui specialita
deggiono applicarsi lc generali leggi della medicina.
SI m. e. Antonio Galvani leggc i suoi nuovi studj
suljodio applicato all" acqua marina. Annunzia aver
oltenulo joduro di calce colla feltrazione dell' acqua
marina allraverso il carbonc animate lavato., od il
nero fnmo, compiendo la feltrazione con acqua distil-
lata, lino a che lutti i sali solubili fossero slali tolli
inleramcnte da esso. Dal deposito che raccoglieva
dall' evaporazionc dell' acqua salata, unito al carbone
animalc lavato ed al ferro, aveva col modo suo consuc-
to di a^ire il joduro di calce escludente, a suo avviso,
la preesistenza dci joduri, e perdu- essendo questi so-
hibili non potevano scpararsi unilamente ai sali inso-
lubiii e alle basi tcrrose, e perche nelT acqua rimasla
— 499 —
dopo 1' evaporazione non si conoseevano joduri, ne
bromuri. Supponendo preesistenti i joduri ne bro-
inuri. Supponendo preesistenti i joduri a base o
di polassa, o di soda, o di magnesia, o di calce, basi
che si trovano nel mare, faceva le seguenti riflessioni.
1.° Anunessa 1' influenza elcttrica capace di di-
struggere 1' unione de'principj. dovrebbesi ottenere,
come ultimo prodotto, Io stesso joduro die si contie-
ne neir acqua natur.de, menlre invece ottenne sem-
pre (jucllo di calce.
2.° Supposto cbe per questa influenza si scompo-
nesse uno de' tre primi joduri, unilamente al carbo-
nato di calce, nella produzione del joduro di calce
non avrebbe dovuto esservi gonliamento della mate-
ria, null' altro dovendo succedere che il cambiamento
delle basi, e quindi avrebbe dovuto mancare lo svol-
gimento dell' acido carbonico che produce quel gon-
fiamcnto,
!$.° Oltre il joduro calcico avrebbe dovuto trovarsi
anche un carbonato, avcnte la stessa base del prc-
esislenle joduro, e il Galvani non lo trovo mai.
Supponendo preesistente il joduro calcico, ricor-
dava esserc questo un sale deliquesccnle, che non
puo quindi resistere all' aziorie dell' acqua salata e
pura. e quindi non potrebbe aderire al carbone. Da
quesle deduzioni trac appoggio alia sua ipotesi su la
formazionc del jodio per la reazionc eleltro-chimica
sopra I'acido silicico unito alia materia vegeto-anima-
le. Finisce narrando che il sig. Betz osservo, secondo
che rifcrisce il Becquefel, che passando una corrente
— 500 —
eleltrica fra due lamine diplatino immerse ivtel jodio fu-
so, succede laloro polarizzazione, loche indicbercbbc,
a parere del cbimico fraucese, la mescolanza col jodio
di una materia decomponibile dall' elettricita, ed il
Galvani ammetterebbe invece la decomposizione del
jodio, supponendo ragionevolmente che queslo sia sta-
to prcscelto puro per eseguire 1' esperimento.
)o cid 1 Istituto si riunisce in adunanza so-
grcta.
PROSPETTO.
TRIBUTI ALL\ STORIA NATURALE DEGLI STAT1 DNITI
hi died votumi in 4.°
DI LUIGI AGASSIZ
da pubblicarsi Jji sigj. Little, Brown e C." di Boston, Stati-Uniti.
Piu di otto anni sono omai che dimoro in questo paese,
rivolgendo principahnenle la mia altcnzione alio studio di
quelle classi del regno animate, le quali furono, sebbene
mollo, non completamente pero investigate dai naturalisli
aniericani. La quantila de' materiali da me gia raccolti in-
sieme e si grande, che sembra esser venuto il tempo di
procederc alia pubblicazione del piii importanti risultamenti
di codeslc investigazioni. Desideroso di contribuire la mia
quota ai rapidi prbgressi che le scienze naturali van faeendo
presentemente in quesla parte del mondo, bramo di presen-
tar la mia opera a'miei compagni di lavoro in questo campo,
nella forma a loro piu faeilmente aceessibile. Mi e sembrato
percio opporluno di pubblicarla in una serie di volumi in-
dipendenti, piuttoslo ehe sparpagliare i miei scritti nelle
transazioni dellc nostre aecademie e dellc dotlo soeieta.
Questo piano soprallulto mi laseiera interamenlc libero di
presentare i miei tributi alia seienza con lutte quelle minu-
te particolarita, e con (utla quell' estensione che giudicbero
necessaria alia piu completa illustrazione del mio soggelto.
Senza entrare in una particolareggiata descrizione di
quest'. opera, baslera qui dire ch'cssa conlcrra i risultamenti
Serie III. T. I. 6S
— 502 —
delle mic ricerche cmbriologicho, die abbracciano circa
sessanta mpnografie di tutte le classi di animali, special-
mente scelte fra quelle meglio conoseiute quali caratteristi-
clie di questo eontinenle, quindi descrizioni di un gran
numero di nuovi generi e specie di polipi, acalefi, echi-
nodermi, briozoi, ascidiani, ed altri molluschi ignudi, ver-
mi, gl' infimi crostacei e pesci accompagnati da accurate
figure, e siffatte analomiche particolarita da poter contribui-
re alia illuslrazione delle loro natural! aflinita e della loro
interna strullura.
Non estendero le mie pubblicazioni alio classi gin illu-
strate da altri, ma limiterommi ad offrire tali aggiunte alia
sloria nalurale degli stali da me visitali, da poter costituire
reali conlribuzioni all' avanzamento delle nostre cognizioni,
Dietro un accurato calcolo dei maleriali die ora bo per
mano, sono soddisfatto di potere incbiudere la massima
parte delle mie ricerche di qualcbc imporlanza in dieci vo-
lumi in quarto, contenendo ciascun volume circa 500 pa-
gine, con almeno venti tavole. Ogni volume sara completo
per se stesso, comprendendo una o piu monografie indi-
pendenti, in guisa clie se alcune imprevedute difficolta so-
pravvenissero ad interrompere la pubblicazione della intera
opera, le parti gia pubblicate non rimarranno imperfette.
Fer quanlo fia possibile scegliero seuipre primi fra miei
materiali quelli che conterranno la maggior quanlila di
nuovi argomenli, o quelli che possono contribuire piii di-
rettamente all' avanzamento della scienza. Ayendo dedicalo
la massima parte del mio tempo nella ricerca dello sviluppo
embnonico dei nostri animali, faro coininciamenlo dalla
embriologia; per parecchi di essi bo tracciati tulli i can-
giamenti, e francamente procedero ad una piena illustra-
zione dei fenomeni altamente complicati di gcncrazioui
— 50,3 —
alternate, sviluppi e metamorfdsi de1 nostri idroidi, avendo
scguito per piu anni molli di ossi in tutte le loro trasforaaa-
zionij tanto nell'allo mare, die nelle coste. Spero die quesle
mondgrafie porgeranno ai nostri mediei sludenti una bella
opportunity di rendersi familiari coi moderni risultamenti
di un ramo di fisiologia che ha la piu diretta attinenza alia
loro scienza, c per la quale diverse specie tro'vate in ciascuna
parte degli Stati Uniti offrira loro una migliore occasione
anche di quella dell' artifieiale incubazione degli uovi di
gallina. Inoltre la estensione delle mie ricerclie embriologi-
elie, abbraceiando, come fanno, tutte le elassi del regno
animate, confido clie forniranno un nuovo l'ondamento per
una migliore valutazione delle verc affmita, e per una piu
naturale classilieazione degli animali. Preveggo la possibi-
lila, sopra queste basi, di detenninare ton notevole preci-
sione, il relalivo posto di tulli gli prdini di ciascuna classe
degli animali, e di fornire un punto plii conveniente di con-
fronto fra i tipi estinti delle passale eta geologicbe e gli
animali ora viventi sopra la terra. D'altra parte le mie mo-
nogratie de' nostri polipi, acalefi, ecbinodermi, verani, ero-
stacci, pesci, ccc, spero che forniranno i mezzi d' una mi-
gliore valutazione del generale caraltere della nostra fauna
che si da lungi e stata unicamente paragonata con quella
degli altri continenti nelle sue piu alte elassi.
Avro frequenti occasioni di riconoscere i parecehi fa-
vori ricevuti dai naluralisti di tutte le parti del paese, dalle
coste allantiche alle pacitiche, e dalle spiaggie de' nostri
grandi laghi a quelle del golfo del Messico ; e quindi di
raenzionare i parecehi sperimenti statimi forniti da ciascuna
parte dell' L'nione, e di cui pubblichei'tS la descrizione.
Egli c naturale che un' opera di lal falta, illustrata da
un eopioso numero di tavole, non jtossa esser pubblicata
— 504 —
senza una protezione liberale ed estesa. Esscndo stala pre-
parata unicamente in vista di spargere novella luce supra
la maravigliosa diversita della creazione animale di qnesto
eonlinente, la sua struttura e la sua generale relazione con
quella delle altrc parti del niondo, senza la minima speranza
di compcnso per me stesso, eonlido di poter incontrarc
1' approvazione di coloro die sono familiari eolHmportanza
del soggetto, e di ricevere sufficiente incoraggiamento dalla
parte illuminata dell' universality del paese per abilitarmi a
porlare a fortunato compimenlo una intrapresa nella quale
ora entro, ed in questa forma, per non altro oggetto che di
contribuire la mia quota verso 1' accrescimento dell' amore
della nalura fra di noi.
Siceome la stampa di quest'opera non puo essere inco-
minciata lino a che una sufficiente guarentigia non sia assi-
curata per l'inlera pubblicazione, oso far appello agliamatori
della scienza di mandareagli editori Ie loro propriesoiloscri-
zioni ed altre clie potessero procurare, al pin presto die sa-
ra loro in acconcio e, se possibile, innanzi il primo di agosto
prossimo, aflinehe possa essere in istalo di procederc ad un
tempo ad un'opera che, riferendosi agli animali particolari
all' America, desidero in ogni rispelto di rendere un tribuio
amerieano alia scienza, sostenuto dalla protezione della uni-
versalita del paese nel pin ampio modo. Spero in questa gui-
sa di mostrare a'miei amici d'Europa, che i naluralisti ame-
ricani sono entrati in una bella gara coi lavori scientifici del
vecchio mondo, e che aspirano con generosa ambizione di
compiere la loro scienlilica indipendenza, e di ricambiare
liberalmente i doni intelleltuali die sono stall si copiosa-
mente versati sopra di loro.
Per rendere quest'opera pin generalmente accessibile, e
stabilito di pubblicarla in ragione di circa un volume allan-
— 505 —
no. Tale disposizione la mettera a portata di ogni stu-
dente di storia nalurale c di ogni amico del progresso della
scienza nel paese. I periodi di pubblieazione tnttavia non
possono essere pin delinilivamenle iissati in causa della ri-
chiesta uniformita di esecuzione delle tavole, alle qualideve
esser prostata partioplarc altenzione, e ehe riehieggono di
esser affidale agli stessi artisli, ehe hanno disegnalo in pic-
tra la massiina parte delle lavole delle mie prime opere.
Io quindi apro la soscrizione per quest" opera in dieci
voluini, legali in tela a. I. 2 e 10 seellini per ogni volume,
pagabili alia consegna. L' Istituto smitsoniano, tolla sua
solita liberalila, si olTerse di prender I' inearico della dislri-
buzione dci successivi volumi ai soscriltori in Europa,
ehe possono trasmettere le loro firme ad II. Bailliere a
Londra, Ettore Cossange a Parigi, Weslermann a Lipsia,
od all' aii lore a Cambridge, Mass. U. S., od agli cditori a
Boston, Stati Uniti, o direttamente o eol mezzo degli agenti
deiristiluto smithsoniano. Ricordero nondimeno ehe, aven-
do riguardo alle grandi spese oeeorrenli in qucsla pubbli-
eazione, poche copie possono essere slampate oltre il nume-
ro degli atluali soscrittori, ed una solieeila applicazione
rendesi necessaria per assicurare I' opera.
Cambridge , Mass . V. S. 28 maygio 1855.
L. AOASSIZ.
PIIOGKAMMA
DELL' ACIDEMIA DELLE 8C1ENZE DELL' ISTITUTU Dl BOLOGNA
PEL
CONCORSO AL PKEMIO ALDINI SUL GALVAMSMO
per V anno 1857.
L'Aceademia do|)o aver premiato ncl 1 8 iS una ])cn dot-
to memoria del eh. prof. Geminiano Grimelli sulla cosi delta
Corrente delta rana, e sui fenomeni ad essa strellamente
attinenti, ed aveila inserila nel tomo X de'suoi Novi Com-
mentarii, proponeva a conlinuuzionc pel 1 80 5 il tenia se-
gucnte:
« Esporre tulto ehe di l>en avverato e importanle e stato
» seoperlo suila correlate rriuscolare, oltre a quello che ne
n disse il sig. prof. Grimelli nella suceitata sua memoria;
» e porre in chiaro, se si debbn ammettere o no 1' ultra
» corrente ehe, secdndo il sig. Du Bois-Keyrnond, si svolgo
i) nell'alto della contrazione dei muscoli, e se vi abbia ma-
il nifeslazione di libera eleilrieila nel sistema nervoso degli
» animali vivi. »
E vcniva soggiungendo — Inlorno a quesle ricerche,
sotloposle a eriliea rigorosa I'esperienze addotte pro e eon-
tro dai fisici e dai fisiologi italiani e stranieri, si riehieggono
nuovi esperimenti valevoli a ehiarirc i fatti ehe sono aneo-
ra eontroversi. Sopraltutto e necessaria la piu sciupolosa
cautcla per isfcabilire, quanlo e possibile, 1'origine vera di
I nt ti gl'indieati fenomeni e le leggi Ioro, e per dedurre, die-
tro le piu eonfermate esperienze, e per quanlo consente lo
— 507 —
slalo altualc delle scicnze fisiclic e fisiologiclre, quale parle
od azione possa assegnarsi all' elettrieita neH'eseguimenlo
delle fimzioni dellOrganismo animate,
Non essendo stato aggiudicalo il premio all'iinica me-
raoria pervenuta al concorso, quantunque riconosciula de-
gna d'onorevol menzione, avuto riguardo al molto ingcgno
e alia dotlrina spiegatavi dallaulorc, 1' Accaderaia stessa,
persuasa dell'impoftanza del tenia, si fa a riproporh) pel
1857 con proniessa di premio duplicate Si relribuira dun-
quo la soninia di scudi rumani duecento aH'antorc dello
scrilto che, colle suddelte avvcrtenze e condizioiii, presenli,
a giudizio deH'Accademia, la miglior soluzionedel proposto
I em a.
Le memorie per questo concorso dovranno pervenire
franche a Bologna entro il niese di dicernbre 1 857 con que-
sto preciso indirizzo : Al segrctario dell' Accademia delle
science dell' Islituto di Bologna: un tale lerniinc e di ri-
gore, e percio non sarebbero ricevute pel concorso le mc-
morie che giungessero all' Accademia, spiralo rultimo di
dell'mdiealo mese. Dovranno essere scrilte o in italiano, o
in latino, o in francese, e in caratleri cliiaramente leggibili,
L' Accademia richiede la maggiore esatlezza nelle citazioni
di opcre stampate, e la maggiore aulenlieita ne' documenti
in iscritto, che agli autori torni di menzionare a prova, o
conforto diloro asserzioni. Ciascun coiicorrenledovraeon-
Irassegnarc con un'epigrafe qualsiasi la sua memoria, ed
accompagnare questa d'una scheda suggellata, la quale rac
cliiuda il nome, cognome ed indirizzo di Ini, ed abbia ri-
pelula all' ester no la predetla epigrafe. I coneorrenti avran-
n<> tulla la cura di non farsi eonoscere; poiche quegli, die
per qualchc espressione della sua memoria, o in quafeivo-
— 508 —
glia altra maniora si facesse conoseere, verrebbe escluso
dal concorso. Spirato il sopraddetlo teroaine, e sueceduto il
giudizio dclle fnemorie di concorso, secondo 1'analogo re
golamento dell' Accademia, verra aperta la sola scheda della
inemoria meritevole del premio, c del premiato si pubbli-
chera tosto il nome.
Bologua daila residenza dell' Istiluto il di 21 febbraio
1 850.
IL PRESIDENTE
Prof. GIOVANNI BATTISTA FABBRI
// Se.gretario
Dott. DOMEN1CO PIAJXI.
SiaiiiHinzianoisegiientidoni fattiall'I. R. Istiluto.
4. Dair Accademia fisio-mod co-statistiea di Milano,
Diai'io ed Atti. n.° 2i; 21 febbraio ^850, ed Indice
delle materie dell' anno 1854,
2. Dal sig. Luigi TofToli,, di Bassano.
IdrofoOia, cholera indiano, e mali venerei. Padova,
1856, di pag. 28, in 8,°
3. Dal m. e. dott. Giuseppe Bianchetti.
Dcllo Sctittore italiano, — Discorsi nove,
Degli uomini di lettere. — Libri quatlro.
Fireuze, 1855, in un vol. — (Nuova edizione riveduta.)
— 509 —
4. Dal m. e. prof. cav. Ab. F. Zantedeschi.
Poey. Andrea. Tableau chronologique des tremblements dc
terre ressentis a T lie de Cuba de 1551,
a (855. Parigi, -1855, di pag. 26, in 8."
id. Supplement au tableau chronologique, ec.
di pag. 42. — Parigi 1855.
id. Sur les tempetes electriques, et la quantile
de viclimesy que la foudre fait annuclle-
ment aux Etats-Vnis d' Amerique, et a
T He de Cuba. — Versaglia, -1855, di pa-
gine 10, in 8.°
id. Memoire sur la frequence des chutes de gril-
les a T lie de Cuba, des cas qui eurent
lieu dc -1784 a 1854. Parigi, 1855, di
pag. 20, in 8.°
id. Des caracteres physiques des eclairs ou
boules, et de leur af finite avec I'clat sphe-
roidal de la matiere. Parigi, 4 855, di pa-
gine 8, in 8.°
id. Tableau chronologique comprenanl 565 cas
a" ouragans cycloniques qui eurent lieu
aux Indes occidentales. Parigi, di pag. 6,
in 8.°
5. Dal sig. prof. Ignazio Cantu.
Cronaca, giornale di scienzc, lettereed arli, ecc. 4 856.
— Dispense IV e V.
G. Dal sig. Giuseppe della Torre, di Este.
Gazzetta di (armaria c di chimica, i n.' 9 e 10, 1856.
Serie III, T. I. 66
— 510 —
7. Dal!' I. R. Accademia di Vienna.
Ragguagli delle adunanze dell' 1. R. Accademia (in ted.)
Classe di filosoGa e storia. — T.° XVIII, Punt. I ."
Classe di maleraatica — T.° id. Punt. 2.*
8. Dall' I. 11. Istituto Lombardo.
Giomale deW I. II. Istituto. — Fasc. 43-44. — 1856.
9. Dal sig. dott. Gaetano Strambio, di Milano.
Cronaca del cholera indiano in Italia, durante yli anm
-1854-55. Milano, I85J-5G. — 2 vol. in 8.°
10. Dal s. c. A.b. Giuseppe Valentincllj.
Bibliografia delta Dalmazia e del Montenegro. Saggio, —
Zagabria, 1853. — Un vol. in 8.°
11. Dal sii* dott. Giovanni Bizio.
Sopra Caeidificazione del pelroleo a contatto deW aria.
— Venezia, 1850, di pag. 12, in S.°
12. Dall' I. R. Istituto Lombardo.
Alii delta dislribuzionc dci premii all' indualria agri-
cola e manifatturiera per I' anno 1855. — Milano, 1855,
di pag. 12 5, in 4.°
13. Dalla Societa medico-chirurgica di Bologna.
Bulleltino delle scierize mediche. — Febbrajo 1856.
14. Dal m. c. prof. cav. Zantedescbi.
Catalogue illusive des islruments d' agriculture da
— 5H —
messieurs R. Garrett et fits fabriques a Leiston Works pres
de Saumxndham, Suffolk. Londra, 1855, di pag. 50, in 4." p.
Caractcrislique des instruments aratoircs et semoirs
(en modelles sur l'eehelle d' un sixieme) envoy e's a I' expo-
sition universelle de Paris par I'inventeur Francois Horsky.
Praga, 1855, di pag. 24, in 4.°
Catalogue des objeis exposes dans la section britani-
(jue de I exposition, en franc ais et anglais. — Londra 1 855
Un vol. in 8.° con figure inserle.)
\ 5. Dal sig. Francesco Ambrosi di Bologna.
Flora del Tirolo meridioftale. — Vol. I." Punfala V."
APPENDICE
\j Istituto neiradimanza 28 aprile delibero die la
seguente relazione venga pubblicata in quesia di-
spensa, anzicbe neila successiva cui spetterebbe, e
cio al line chc si diffonda prima die sia compiula
1'educazione de' bacbi da seta dell' anno corrente.
llapporlo sulla malatlia nuova dei baehi da seta,
L' eecelsa I. R. Luogotenenza, a far pago un volo del-
T Islitulo, si compiacque di raceogliere eol mezzo delle R.
Delegazioni provineiali lo nolizie intorno alia nuova mulal-
lia che offende i baehi da sela, e di eomuniearne all'Istituto
le I'elazioni.
— 512 —
Da qtiestc apparisce che il Friuii fu immune dalla ma-
lattia. Nella provincia di Belluno si nolo solo una fiacchezza
straordinaria in alcune partite di bachi. Nella provincia di
Rovigo due allevatori ebbero Le farfalle fiacche, terree, spar-
se di puoti neri.
La Rcgia Delegazione di Treviso dice die il morbo colse
pocbe bigattiere, ma awerte che gli studii in proposilo fu-
rono incomplete e non condussero ad alcuna positiva os-
servazione.
Nella provincia di Vcnezia, a Portogruaro le farfalle
erano macchiate di nero nelle parti deretane, e furono get-
late, A San Dona di Piave molle larve morirono, e le po-
chissime farfalle uscite porlavano i segni del morbo e die-
dero poco seme e eattivo.
Nel territorio di Vicenza la malaltia domino in alcuni
paesi al mezzodi di Bassano e nei distretti occidentali di
Montecchio maggiore, di Valdagno, di Arzignano, conlinan-
ti col Veronese. Molti ovi non diedero bachi, e molli bachi
morirono ; quindi il raccollo de'bozzoli fu scarso ; le far-
falle, essendo malate, diedero pochissimo seme. Alcuni pos-
sidenti non lidando nei proprii bozzoli, ne acquistarono allri
d' aspetto sano per fare la semente, ma tocco anche a loro
il danno.
Nella provincia di Verona il morbo meno gran gnasto ;
il prodollo dell'annata fu appena la meta dellordinario.
Per la provincia di Padova si ha una relazione con pill
particolari, fatta dalla benemcrita Societa d'incoraggiamento
di Padova. Parecchie partite di bachi andarono a male.
Nel distretto di Cittadella I'agente di S. E. il conle Cittadella
Vigodarzere aveva notato gia l'anno innanzi che molte far-
falle erano torpide e, o non si prestavano alia copula, o pe-
jivano dopo deposti pochi semi. Egli seevero i semi delle
— 513 —
farfalle stente da quei delle vispe e per cagione di studio
fece nascere gli uni e gli allri, ma ebbe lo sconforto di ve-
dere colpiti dal naorbo tulti i bachi del paro,
Nella relazione dolla societa d'ineoraggiamento di Pado-
va stimiamo che merit! particolare attenzione queslo passo:
— La queslione se la malattia sia o no contagiosa rioeve
qualehe lume da un rapporto del sig. Lorigiola, il quale,
allovando in Bertiseaglia nel 1 854 once 16 di semente ve
nuta da Bergamo, ebbe a vedersela colpita dal morbo a lui
prima incognito ; e qucst'anno, allevando 1 1 once di se-
niente dei tilugelli infetti dell' anno scorso, ebbe pure il
dolorc di vederli in gran parte consunti dall' atrofia. Fa egli
notare cbe insieme a quesle I I once ne allevava altre 7 di
provenienza diversa, e cbe i bachi di quesle, tenuli nei me-
desimi locali con gli allri, nudriti con foglia uguale, allevali
con lo stesso mctodo, diedero un prodotlo soddisfacente : il
quale fatlo condurrebbe a dire che il morbo non e con-
tagioso. —
Le relazioni provano essere credenza generale cbe il
morbo sia ereditario, perclie tutli consigliano di rimoverlo
col procacciare buona semente.
In questo slato di cose la Commissione dell'Istiluto sti-
hia opporluno difi'ondere, principalmenle col mezzo delle
Accademie residenti nelle cilia della Venezia, una circolare
cbe dica a un dipresso cosi :
II desiderio di trovare qualche provvedimenlo contro
la malattia di nuova forma che infesfa i bacbi da seta an-
cbe nelle provincie Lombardo-Venele, (delta) epidemia, o
contngio delle farfalle, o atrofia contagiosa, move la Com-
missione nominata dall' I. R. Istituto Veneto per lo studio
di questa malattia, a domandare nella prossima slagione il
sussidio delle osservazioni degli allevatori di bachi. La Com-
— 514 —
mission? pertanlo fa qui un eenno dei principal! caratteri
esterni della malaltia, esoggiunge quali notizie roputa utili
nello studio della nalura di essa, per avvisare ai rimedii,
I hozzoli dei bachi ammalati non appariscono ben di-
versi all' esterno da quelli dei bachi sani, ma se tagliansi,
mostrano alcuui in la sezione ehe gli strati del filo non sono
bene stretti insieme, sono alqnanlo disgiunti gli uni dagli
altri, e come fosscro stati composli a piii riprese.
Le crisalidi ammalate si danno a vedere per tali a pri-
mo aspetlo con la condizione generate del loro corpo;
lianno ai rnclimenti delle ali eerie linee trasverse ncrastre,
ed allre linee nere longitudinali sulla pelle che cop re le an-
tenne; il derelano die nelle sane e teso e termina in punta,
in queste e floscio e eonfuso. Si vede die alcune in sul di-
ventare farfalle, non possono spogliarsi della cute, la quale
si trova incollata all' ano e alio ali, e talvolta anche a lie
articolazioni degli anelli, per mezzo di una materia nerastra
che vi e in queste parti.
Le farfalle malate forano bensi quasi lutte il loro boz-
zolo, tiugendolo spesso di nero, ma parecchie non lianno
forza di uscirne; alcune di quelle che ne escono sono mac-
chiate di nero alia testa. Tali farfalle poi, c maschi c fem-
inine, lianno ali piccine, sono povere di lanugine e floscie,
con istrisce nere alia commettitura degli anelli, il colore dei
quali e molto sbiadalo; portano all' ingiro dell ano un cer-
chio oscuro.
La malatlia ha diversa forza ne' diversi individui ; alcuni
sono ridolti all' impolenza gia nei primi stadii della vita ;
molto larve dopo T ultima inula cadono dai fuscclli, senza
poter cominciare il bozzolo; altri bachi infelti pervengono
fino all' ultimo sladio e danno anche la semente.
Pare che la malaltia sia eredilaria, e da tenui principii
— 515 —
sia oresciuta nolle successive gcnerazioni e siasi propagata
con le ova.
A poter dire circa la Datura del male qualche cosa die
abbia boon fondamento gioveranno forso le notizie che dopo
la prossima stagione fossero comunicate all' Istituto intorno
ai capi che si distinguono qui sotto. Son necessarie per uno
studio comparativo e concludente le notizie e le osservazio-
ni si degli allevatori che avranno avuto un raccolto felice,
come di quelli che lo avranno avuto disgraziato.
Le notizie che ci pare di ehiedere sono:
l.° In quanto al seme:
se venne da farfallc di una famiglia lutta sana e vigo-
rosa, o da farfallc d' aspetlo sano, scclle in una famiglia
dove alcune fossero malale, od anche da farfalle con qual-
che segno di malattia;
se da coppie lasciate libere nella copula al loro nalurale
talenlo, o da coppie che, secondo un uso ancora tenuto da
alcuni, furono disgiunte dopo un certo numero di ore;
se le ova osscrvale alia lentc apparivano liscie o in qual-
che parte muffate.
2.° In quanto all' allevamento :
quale fu la maniera d' incuhazionc e il tempo della
nascita ;
se lutti gli ovi diedero il haco, o ve ne furono di vani,
se in alcuni ovi il haco mori in sulf escire;
se i hachi furono custoditi sempre a calore tempera-
to, o se lalvolta a calore piu alto, secondo il inodo di
Bcauvais ;
quale fu la durata di ciascuno stadio di vita dei hachi;
quale metodo si c seguilo nelf allevamento;
che fenomeni straordinarii si osservarono nella condi-
zione dei hachi in ogni stadio;
— 510 —
se i locali dove furono custoditi accolsero negli anni
anteriori, o non accolsero mai, bachi infetti;
se bachi sani furono presi dal morbo dapo il contatto
o la vicinanza di bachi ammalati, o ne furono presi fuori
di quesle circostanze;
se allra malatlia dei bachi finisce in questa nuova, sicche
questa si possa dire una fase ulleriore di quella;
quali caralleri offerse il morbo ne' diversi periodi ;
quali provvedimenti e quali rimedii si adottarono per
impedirlo o per toglierlo, c quali risultati so ne ebbero.
5.° In quanlo alio influenze esterne:
quali vicende atmosferiche (umidita, calore, venlo...)
siano occorse ne' diversi sladii dell' allevamento.
4.° In quanto alia foglia:
quale sia stato 1' andamento della vegetazione dei gelsi;
con che diligenze siasi conservala la foglia colta ;
se la foglia fosse in ogni tempo sana, o presentasse mac-
chie, od alt re alterazioni.
Cavalli presiderde
Nardo
Farto
Gera
MlNISCALCHI
Zambra relatore
NO ACCAD. 185 5-56 D1SPENSA SESTA
SUL CUORE
E SLL S1STEMA ARTER10S0 DEL BOA CONSTRICTOR
RICERCHE A NATOiMICO-FISIOLOGICHE
D 1 RAFFAELE M O L 1 ^1
JADRENSE,
lette ncir adunanza del %\j'tbbruio 1850.
(Continuazione delta pag. t\-jo delta precedents dispensa)
J? in qui Schlemm. Io aveva gia da quasi un anno injet-
lato e descritto il sistcma arterioso de\boa, quando appunto,
mentre m'apparecchiava a pubblicare quel lavoro, polei in-
jettare in un altro esemplare tanto il sistema arterioso che
il venoso. Questa injezione in un individuo, quasi meta pin
grande dell' altro, e riuseita in raodo mirabile, mi aecerto
che le differenze ehe avevo notate la prima volta, e che ave-
votrovate tanto importanti da poler diehiarare quasi del lutto
erronea la descrizione di Schlemm, non erano ueeccezioni
proprie ad un solo individuo, ne errori di osservazione, ma
sibbene earatteri proprii del sistema arterioso del boa. Ecco
i risultamenti di quelle investigazioni le quali, per brevita,
ho accorciato in modo che piuttosto di formarc una descri-
zione complela del sistema sanguifero del boa constrictor,
sieno una rcttiticazionedci punti che in Schlemm nons'ac-
Serie III, T. I. 67
— 518 —
cordano pel suddetto animalc. Dappcrtutto adunque dove
questa descrizione non contraddiee a quel la di Schlemm, si
deve ammettere che i falti notati da quel maestro si verifi-
chino anclte nel boa.
II cuore si estende dalla sessantesima quarta fino a circa
la settantesima vertebra, e dalla sua faccia inferiore manda
le due aorte. I due arcni dell'aorla, i quali sortouO dal ven-
tricolo del cuore, si rivolgono verso la parete posteriore re-
stando separati 1' uno dall'altro, solto i nomi di arco destro
ed arco sinistro, per comprendere in mezzo I' esofago e la
trachea, ed unirsi poi dietro a questi a forraare l'aorla ad-
dominale. Mentre che 1' arco sinistro non manda altro che
un' arteria coronaria immetliatamente sopra le sue valvole
semilunar!, prima del suo punlo di congiunzione coll' arco
destro, questo emette i rami scgucnti :
La seconda arteria coronaria.
L' arteria thyreoidea, la quale arrivata all'estremita po-
steriore della glandula dello stesso nome, si divide in due
rami, vale a dire, inun ramus anterior, che dividendosiulte-
riormenle in Ire rami superficiali, ne manda due alia faccia
inferiore della glandula ed uno al pericardio nella regione,
dove questo si ripiega sopra i vasi maggiori, ed un ramus
posterior, il quale percorre la faccia superiore della glan-
dula tiroidea, e nella regione del lerzo superiore, si appro-
fond a in questo organo.
Immediatamente al lalo deli'. arteria thyreoidea spunla
larteria carotide, la quale accompagnata da\\a jugularis si-
nistra, nonche dal nervo vago, si colloca immediatamente al
lato sinistro della trachea, e nella regione della quaranlesi-
ma ottava vertehra, dopo aver mandato in questo decorso
alcuni piccoli ramoscelli nulrienti alia guaina, nella quale si
trova avvolla colla vena jugulare sinistra, manda un ramus
— 549 —
recurrens, il quale potria venir denominato subcutaneus, per-
che si puo proseguire nel tessulo solloculaneo lino al di la
dell'estremita anlerioredclfegato; procedequindi il suocorso,
mandando continuamente ramoscelli tracheales et aesopha-
gei flno alia regione della quinta vertebra, dove si suddi-
vide in tre rami: uno, il piu piccolo di tiitti, die si sparge
nel tcssuto sotlocutaneo della regione del collo; quindi un
secondo di un calibro alquanto maggiore, che corre alia
base della bocca, e finalmente un lerzo piu grande di tulti,
cbe nell'angolo sotto mascellare sinistro penetra nella testa.
La slessa aorta, dopo d'aver formato il suo arco nella
regione circa della sessantesima setlima vertebra, manda
1' artcria collaris, la quale poggiando immedialamente sui
corpi delle vertebre, e parallela al loro asse, prosegue sino
nella regione della sesta vertebra, mandando continuamente
a ciascuna vertebra un ramus vcrtebralis, che poi si subdi-
vide in due inlercostales, nonche rami ae&ophagei. L' aor-
ta sinistra abbracciando quindi trachea, polmoni ed esofa-
go, si rivolge alia parte superiore, ed arriva a poggtare a
mezzo pollice di distanza dall' asse dei corpi delle vertebre
a sinistra della colonna vertebrale, fino che si unisce al-
T aorta sinistra nella regione deirotlaritesima seconda ver-
tebra. In questo decorso manda ad ogni vertebra un ramus
vertebralis, il quale, restando semplice per la lungiiezza dun
pollice, si dirige verso 1' asse del corpo della respettiva ver-
tebra, e qui si divide nelle due arlerie intercostales.
L' aorta addominale formata dalla congiunzione dei due
arebi aortici continua a mandare alia distanza di ogni ver-
tebra un' artcria vertehralis, nonche ad ogni quinta osesla
vertebra rami aesophar/ei ed epatici, i primi dei quali for-
mano una rete inlorno all'esofago, e gfi ultimi penetrano
nell'ilo del fegato.
— 520 —
Nella regione, dove l'esofago si dilata a formare lo sto-
macb, manda un tronco arlerioso di un ealibro molto gran
de, arteria aesophagea ultima, che percorrendo buon tralto
dall'innanzi aU'indietro fin quasi al primo terzo dello sto-
maeo, manda continuamente rami aesophagei, nel punto
dove ragguinge la faccia superiore del ventricolo si divide
in un ramus anterior sen ramus aesophageus, ed in un ra-
mus posterior, sen ramus ventricularis. Questo percorre al
lato destro dello stomaeo per congiungersi colYarteria ven-
tricularis posterior.
Nella regione del primo lerzo dello stomaeo I'aorta ad-
dominale manda Yarteria ventricularis anterior, la quale
percorrendo semplice nel peri toneo, manda alcuni ramoscelli
aesophagei posteriorcs, che si spargonq nell'esofago, e giun-
ta al Ialo sinislro dello stomaeo, la dove 1' aesophagea ulti-
ma si suddivide in aesophagea e ventricularis, si suddivide
essapure indue rami: anterior e posterior, die si diramano
ulteriormente biforcandosi nella mela anteriore dello sto-
maeo.
Nella regione del terzo posteriore dello stomaeo Yaorta
ahdominalis manda Y arteria ventricularis posterior, arteria
coeliaca, la quale emette due ramoscelli per la milza, arte-
riae lienales, si suddivide quindi in un ramus dexter e in
ramus sinister, che abbracciano da destra e da sinistra lo
stomaeo. II primo di questi pero si suddivide inun ramus
ventricularis anterior e uno posterior. II secondo si suddivi-
de parimenti nei due rami corrisponJenli, ma il ramus ante-
rior manda oltre a cio un' arteria recurrens che, biforcan
dosi piu volte, si sparge nel mesenterio e nel corpo adiposo,
e manda oltre a cio un ramo ali'estremila anteriore dell'o-
vario destro. AH'origine del teuue I'aorta addominale manda
Y arteria duodenalis, la quale arrivata alPinlestino percor-
— 521 —
rendu buon tratto dall'innanzi all'indietro, si divide in tre
rami; il primo provvededisangue principahyieiite il.pancreas
e la cislifellea, nonclie la parte anteriore del duodeno, co-
stiluendo il ramus anterior ; il secondo, d'un ealibro eguale
al precedente, percorre indietro alia faecia superiore dell'in-
testino, e lungo il suo asse fino al rene destro, mandando
eontinuamente vasi che si spargono alia superficie dell'inle-
stino; il terzo fmalmenle, piii piccolo di tulti, si dirama all'e-
stremita anteriore dell'ovario sinistro.
Nella regione dell' estremita anteriore del rene destro
in and a 1' aorta un tronco mollo grande (arteria ovario-re-
natds dextraj, dal quale parte un'arteria per I'ovario destro
che va dall'indielro all iimanzi (ramus ad ovarium dexlrum);
poi si dirige alia faecia inferiore del rene destro ; percorre
nell'ilo del rene il terzo anteriore; e qui si suddivide in tin
ramus renalis, che continua il decorso dell'ilo del rene tino
all' estremita posteriore, ed in un ramus mcsenterialis, il
quale arrivato allintestino si suddivide in ramus anterior
et posterior. 11 primodiquesti forma unanaslomosi col ra
mus posterior deWarteria duodenalis, ed il secondo procede
alia faecia superiore dell' intestino e lungo il suo asse sem-
pre all'indietro.
L' aorta addominale manda quindi cinque arlerie per
I'ovario sinistro, ciascuna delle quali si stacca dall' aorta alia
distanza di tre o quattro verlebre. Nella regione deirestre-
mita anteriore del rene sinistro parte una seconda arteria
mesenterialis, la quale suddividendosi dopo lungo decorso
nel mesenterio in un ramus posterior ed un ramus anterior
forma un' anastomosi, imilando il decorso della prima, con
questa e colla terza.
Nella regione del quinto anteriore del rene sinistro
spunta I' arteria renalis sinistra anterior, la quale arrivala
— 522 —
nll'ilo del reno si divide in un ramus anterior ed uno po-
sterior, il primo de'quali va lungo I'estrertiita anteriore del-
lilo del rene all'ovario sinistro, e Paltro percorre l'ilo del
I'ene lino alia mela di quest' organo. Derivano quindi altre
due arteriae mesenteriales, le quali imitano il deeorso della
mesenterialis secunda, ma mandano ollre a cio dei ramo-
scelli all'uretere ed all' ovidotto destro.
Nella regione del terzo posteriore del rene sinistro de-
riva Y arteria renalis sinistra posterior, la quale arrivata
all'ilo del rene si suddivide in un ramus anterior, che forma
anastomosi col ramus posterior dell" ultra renalis, ed in un
ramus regredicns, il quale si prosegue fino all'estremita po-
steriore del rene sinistro.
Derivano quindi dall' aorta deslra verso la coda a di-
stanze regolari dodici altre arteriae mesenteriales, che, di
minuendo sempre di volume quanto piu si avvicinano alia
coda, si dirigono verso l'inlestino retto, e si spargono su
questo organo, nonchc sugli ureteri e gli ovidotti.
Finalmente prima di penetrare nella coda come arteria
caudalis manda 1' arteria cloachalis, die subito si divide in
un ramus dexter et sinister. Da ciascuno di quesli due rami,
che abbracciano la cloaca, deriva un' arteria cloachalis, pro-
priamente detta, un' arteria pel rudimento deU'eslremita
posteriore, ed un rudimento per la relativa glandula anale.
Sistema venoso.
Anche nel sistema venoso, paragonando il mio prepai'a-
to colla descrizione di Schlemm, trovai essenziali differenze.
Gli e per cio che sono costrelto a riportare, oltre le mie
osserYazioni, anche le parole di quel maestro. Schlemm de-
scrive alia p. 119 del suo trattato:
-523 —
a Nei serpen ti il uumero delle vene, in confrouto a quello
» delle arterie, e non solo aunientato, ma i tronelii venosi
» sorpassano oltre a cio eonsiderevolmenle in grossezza le
i) arterie.
i) II sangue venoso delle regioni del corpo anteriori al
» cuore vien ricondolto all'atrio destro mediante due ve-
» nae jugulares ; e quello delle regioni posteriori al euore,
» mediante la vena cava posterior.
» Ogni vena jugularis si forma al lato corrispondente
» della testa, la dove la mascella inferiore si articola col-
li Tosso quadrato, congiungendosi in questo punto la vena
» inframaxillaris, la vena palalina ed il tronco comune
» delle vene della faccia e del eervello. — Da questo sito
» vanno indietro verso il cuore tanto la vena jugulare de-
» stra che la sinistra, e raccolgono in questo decorso i
* rami venosi della trachea, delfesofago e dei muscoli. —
o La vena jugularis sinistra entra nel pericardio al lato si-
i) nistro sotto I' aorta sinistra, va nel sulcus alrio-ventricu-
» laris intorno al cuore verso il lato destro di questo or-
)> gano, e sbocca presso la vena cava posteriore nell'a-
» trium dextrum.
» La vena jugularis dextra riceve, prima di entrare dal-
» la sua parte nel pericardio, la vena azggos anterior epo-
» sterior. La vena azijgos anterior giace innanzi al cuore,
» presso l' arteria collaris a destra fra I' esofago e la colon-
i> na vertebrale. Essa trae origine all'angolo della mascella
i) inferiore dalla vena jugularis dextra, e riceve nel suo de
» corso tino al cuore le vene inleivostali, ed i rami venosi
» della parete superiore dell' esofago. — l,a vena azygos
» posterior piu piccola della anterior, si forma a poca di-
rt stanza dielro al cuore dad'unione delle vene intercostali,
» e va inconlro titt'anteribr lungo il lato destro del pericar-
— 524 —
» dio. Anibedue versauo il loro sangue nella jugulare destra,
» dopo d'essersi congiunle innanzi a! cuore. — La vena
i) jugulare destra entra quindi nel pericardio, e forma, con-
i) giungendosi colla vena cava che le viene inconlro dalla
» regione posteriorc, a destra presso Y atrium dextrum, la
n dilalazione venosa (saccus venarumj.
» Quel sistema venoso partieolare della cavita addomi-
» naledialcuneelassi dianimali, che venne seoperto dal pro-
ii fessore Jacol/son, si comporta nei serpenti nella seguente
.) nianiera: La vena caudalis, collocata sotto 1'arteria dello
» stesso nome, comincia all' estremita della coda, diventa
i) piii grossa nel suo decorso mediante rami laterali, ed en-
i) Ira sopra la cloaca nella cavita addominale, qui riceve
» alcune vene inlercostali e si suddivide al di la dell'estre
ii mita posteriore dell'intestino retto nelle due venae renales
» posteriores, ovvero advehentes. Dalla destra di queste due
ii vene trae origine poco innanzi al punto di biforcazione
ii della vena caudalis la vena portae. Ogni vena renalis ad-
» vehens va unita all'uretere medianle tessuto cellulare, dal
ii lato corrispondenle dell'intestino retto all' estremita po-
» steriore del rene dalla sua parte, scorre lungo il margine
ii inlerno, rivolto alquanto airingiu dello stesso, all'innan-
11 zi, e diventa tanto pifi piccola, quanlo piu procedendo
ii innanzi da rami al rene, lino a tanto che essa lermina
» linalmenle all' estremita anteriore di questo.
ii La vena portae trae origine, come venne osservato
» piii sopra, dalla vena renalis advehens destra, e va allin-
i) nanzi, al fegato sopra il luho intestinale. Per questa via
ii riceve le vene del tuho intestinale, dello stomaco, della
» milza, del pancreas, dell'omento, ovvero corpo adiposo,
ii e vene Lntercostali. La vena portae, arrivata quindi al
» fegato entra in un solco, che si trova alia faccia sinistra
— 525 —
» di questo organo rivolla verso l'esofago, procede in quel
» solco lino allestremita anteriore del fegato, riceve anco-
h ra alcune vene intercostali ed alcune vene esofagee,
» raanda all'incontro in tulto il suo decorso vene al legato,
« tin che lermina raolto attenuata allestremita anteriore di
» quest' organo.
» La vena renalis reve/iens trac origine all' estreraita
* posteriore del reue della sua parte, riceve il sangue del
» rene, procedendo innanzi al suo margine superiore, e si
» congiunge, sotlo un angolo acuto, con quella dell' altra
» parte, innanzi ai reni per form a re la vena cava .
» La vena cava posterior, fonualasi innanzi ai reni dal-
» lunione delle vene renali reveenti, va innanzi verso il
» fegato scorrendo sotto la colonna vertebrale al lalo de-
» slro della vena porlae. Essa riceve in questo decorso le
» venedeiteslicoli, ovvero uei serpenti fenimine, le vene de-
» gli ovarii e degli ovidotti. Arrivata al fegato procede in-
» nauzi in un solco che si trova alia faccia destra di que-
» sto viscere, giace percio in faccia alia vena portae, ed alia
» parte sinistra del fegato, e riceve le vene epatiche, per
n mezzo delle quali ingrossatasi considerevolmenle arriva
» verso lestremita anteriore del fegato, procede quindi in-
» nanzi sotlo l'esofago dal fegato verso V atrium dextrum,
» dove si unisce alia vena jugulare sinistra nel sacco delle
» vene.
» La vena pulmonalis corrisponde nel suo decorso al-
Yarteria pulmonalis : cssa conduce all'atrio sinistro il san-
m gue del polmone. »
Quali e quante differenze present! il sistema venoso del
boa constrictor paragonato con questa descrizione, lo dirao-
strano le parole seguenti :
Serie III, T. I. W
— 526 —
\el cuore mettono foce la vena jugulare sinistra ed il
saccus venarum ioviwalo dal concorso della jugulafis dextra
della cava posterior e deile due azygos anterior dextra e
posterior. La jugularis sinistra deriva dall'angolo mascel-
lare sinistro , ed accoinpagnando la carotis s' ingrossa
col sangue venoso, che deriva dalla faccia inferiore del-
T esofago, dalla faccia superiore della trachea, da alcu-
ni rami sottocutanei, dalla vena thyreoidea sinistra, c
dalle vene del sacco pericardiale , noncbe dalla azygos
anterior sinistra, die raccoglie il sangue venoso deile in-
tercostales sinistrae dalla trentesima a circa la cinquan-
tesima. La jugularis dextra deriva dall'angolo mascellare
deslro, raccoglie il sangue venoso della base della bocca, e
percorrendo al lato deslro della trachea raccoglie il sangue
venoso dalla faccia superiore dell' esofago e dalP inferiore
della trachea, noncbe dal tessuto soltocutaneo ventrale,ed il
sangue della vena thyreoidea dextra. In essa melte foce prima
che formi la sua valvola la vena azygos anterior dextra, la
quale percorre nell'angolo forma to dalla maggior curvatu-
ra deile coste destre, raccoglie il sangue di tiitte le venae
intercostales dalla prima lino alia cinquantesima ottava; e
precisamente: deile prime trenta, tanto le intercostales de-
xterae, chele sinistrae ; deile altrepero soltanto le de.vterae ;
e fornita essa pure di un'apposila valvola va a sboccare
ne\la.jugularis dextra, nelsito dove questa e provveduta del-
la valvola.
La vena azygos posterior sbocca nel sacco venoso senza
valvola, e raccoglie il sangue deile venae intercostales dalla
cinquantesima ottava alia settanlesima quarta, e risulta
lormata da quallro troncbi: uno anterior di diametro mez-
zano, uno posterior di diametro mollo ampio, e due inter-
in edii di piccolo diametro.
— 527 —
La vena cava posterior si forma nel raodo seguente:
La vena caudalis enfrata nella eavita addominale, rac-
coglie ingrossandosi sempre maggiormente, mediante'rami
di caJibrp considerevolc, che parlono alia dislauza di 5 o ',
vertebre I'una dall'allra, il sangue venoso ddle inlercosta-
tes lino all'estremita posterior del rene sinistro, nonche da
alcuoi rami sbttoculanei parimenti cpnsiderevoli il sangue
venoso del tessulo spttocutaneo. In tutto il sno decorso
seguita a seorrcre parallela aU'uretere sinistro, ed arrivata
al reno sinistro, scorrendo lungo I'ilo di questo, si perde
nella soslanza renale. Alia meta dell'uretere manda un ra-
mo, il quale percorrendo sot to la cute, e raeeogliendo ij
sangue venoso dai corpi adiposi, e dalla pare'te inferiore
della eavita addominale, un po'pi'ii insii dellcslremita poste-
riore dello stomaco sbocca nella vena porta. Questo ramo
venoso aveva nell'individiio che ho esaminato il diametro
doppio duna penna d'oca, e pereio credo ck'essa Bon e.
come voleva Schlemm, lorigine della vena porta, ma un ra-
mo di comunieazione a questa, lanto piu die in vieinanza
della eloaea si vede la vena porta trarre originc eon vasi
molti esili, e percorrendo lungo la parele superiore dell'in-
lestino sempre maggiormente ingrossarsi. AH'ocigine della
coda parte pure un'altra vena dalla caudalis, la quale per-
correndo parallela allurelere destro, e raeeogliendo sangue
venoso dalle pareli del tubo inlestinale, nonche dai tessulo
congiunlivo, va all'ilo del rene destro, e si perde nella so-
slanza di questo. Dai due reni..sorgono le due venae reve-
hentes, delle quali la sinistra e molto piu lunga della deslra,
purche ancl.e il rene sinistro e collocato assai |.iu indietro
del destro. Nella regione del quinto anteriore del rene si-
nistro qucsle diw vene si congiungono insieme a formare
la vena cava, la quale raeeogliendo sangue venoso in tutto
— 5!28 —
ii suo decorso, va a perdefsi nel fegato in un solco che si
trova alia faccia interna dell' eslreniita posteriore. La vena
porta giaee sopra il tubo intestinale, lo accompagna in tntto
il suo decorso raceogliendo eontinuamente sangue dalle
pareti dell intestine, si congiunge nella regione del duodeno
con un ramo che deriva dalla cava, e va a perdersi nel fe-
gato in un solco alia faccia sinistra. Sulla faccia esterna del
fegato si orrono cinque o sei vene minori che si approfon-
dano nella sua sostanza.
INDICE DELLE TAVOLE
Fig. I. II cuore dalla facciainferiore.
i. Atrio destro.
2. Atrio sinistro.
3. Ventricolo.
4. Arteria polmonale.
5. 5. Vosa eoronaria.
6. Aorta sinistra.
7. Aorta dextra.
8. Arteria carotis.
9. Arteria tkyreoidea.
40. Arteria collaris.
\ 1 . Vena jugular is sin istra .
Fig. II. II cuore dalla faccia superiore.
\. Atrio sinistro.
2, 2. Atrio destro.
5. Ventricolo.
4. Solco semilunare che gegna il
decorso del setto degli atrii.
5. Solco che segna il decorso del
sepimentum cavi venosi el ar-
teriosi.
6. Vena cava posterior.
7. Vena pulmonalis.
8. Vena jttgularis sinistra.
9. 9. Vasa eoronaria.
10. 10. I due rami dell' arteria pol-
monale.
1 1. Vena azygos anterior sinistra.
A. Rigonfiamento della vena pol-
monale.
B. Sito dove si trovano le valvole
della jugulare destra.
C. Sacco venoso.
Fig. HI. La stessa immagine della
figura II, ma col sacco venoso
aperto longitudinalmente ac-
ciocche si possa vedere l'aper-
lura per la quale il sangue ve-
noso penetra nell' atrio destro.
1. Atrio sinistro.
2. Atrio destiv.
•1. Ventricolo.
4. Porzione del sacco venoso at-
taccata alia parete dell' atrio.
— 529 —
6.
Vena jugularis sinistra.
6. Vas'a corona ria.
7. Le duo suddivisioni dell'arte-
ria polmonale.
\ ena azygos anterior sinistra.
Solco che segna il decorso del
sepimentum caui venosi et ar-
teriosi.
'. Solco che segna il decorso del
sepimentum at riorum.
Valvole semilunar! della vena
jugularis dextra.
B. Lembi rovescia'ti dal sacco
venoso.
Plica semilunare.
Apertura ovale che mette dal
sacco venoso nell' atrio destro.
Fig. IV. Veduta interna della porzio-
ne superiore del otiore t;iuli;tio
con un piano perpendiGOlare al
sepimento atrio-ventricolare^
1. Air io destro.
2. Atrio sinistra.
3. Pars venosa venlricyXi.
4. Sepimentum vcn/riculorum.
5; Cavum arteriosum ventriculi.
fi. Imboccatura del sacco venoso.
7. Imboccatura della jugulare si-
nistra.
8,8. I due rami dell'afteria pcl-
raonale.
9. Jugularis dextra.
10. Sepimentum caui venosi et
arteriosi ventriculi.
11. Sepimento atrio-ventricolare.
12. Lume della jugulare sinistra
recisa.
a. Reticejlecarnee orizzonteli della
parte anteriore dell'atrio destro.
I>. Reticeile dell5 atrio sinistra.
c Lamina interna della fessura
ovale.
(I. Lamina esterna della fessura
ovale.
e. Foglietta esterna della lamina
interna.
f. Eminenza piramidale del ven-
tricolo.
g. Seconda curvatura del sepimen-
to degli atrii.
Ii. Prima curvatura del sepimento
degli atri.
i. Sbocco della vena pulmonale.
k. Porzione destra del setto atrio-
ventricoltfre.
I. Porzione sinistra del setto atrio-
ventricolare.
»<■■ Leinbo libera della porzione
sinistra rivolto verso la cavita
arteriosa del ventricolo.
n. Trabecola longitudinale forma-
ta dall'unione delle due valve
c, d.
o. Ca\ita del tronco comune del-
1' arteria polmonale.
p. Orecchietta dell'atrio destro.
• Cercine che circonda il limite
tra gli atrii ed il ventricolo.
Fig. V. V altra meta della stessa se-
zione.
1- Atrio sinislro.
2. Atrio destro.
5. Sepimento deyli atrii.
4. Cavum venosum ventriculi.
•'). Tronco comune dell'arteria" pol-
monale reciso.
ti. Aorta destra.
7. Aon a sinistra.
8. Vena Jugularis sinistra.
il- Arteria carol is.
10. Arteria thgreoideu.
11. Arteria jugularis sinistra
recisa.
12. Sepimentum cavi venosi et
arteriosi ventriculi.
•J- Sepimento atrio-ventricolare.
14, 14. Setto delle luggie.
"' /''/': "• Tasche dell' atrio sinistra.
b, b, 6, b. Reticelle dell'atrio destro.
c Maxgine semilunare delPorigine
dell' aorta destra.
'/. Comunicazione dell'atrio sini-
stro col cavum venosum.
e. Porzione sinistra del setto atrio-
ventricolare.
/"• Porzione destra del setto atrio-
ventricolare.
g. Lembo del margine libera del-
la porzione sinistra del setto
atrio-ventricolare.
— 530
h. Cercine che segna il limite fra
gli atrii ed il ventricolo.
/. Eminenza piramidale del ven-
tricolo,
k. Orecchietta dell5 atrio destro.
/. Margine semiliinare del setto
del In en vita venosa e arteriosa
del ventricolo.
m. Parete destra del ventric lo.
n. Tasca maggiore del cavum ar-
teriosum.
0. o. Le due aperture del eanale
minore per eui comunica il
cavum venosum coWarterio-
sum.
p. Linea eminente semicircolare.
'/. Parete inferiore del eanale mag-
giore per cui comunica il ca-
vum venosum co\V artcriusum.
r. Fessura iongitudinale per cui
coniunicano fra di loro le due
loggie.
Fig. VI. Parte superiore del enure
tagliato con un piano che passa
pei punti di contatto delle due
valvule semilanari dell'arteria
polmonale.
1. Atrio destro.
2. Atrio sinistro.
o. Ventricolo.
4. Aorta destra.
f>. Aorta sinistra.
6. Arteria polmonale.
7. Vena jugularis -sinistra.
8. A'rferia carotis.
9. Art er ia tlujreoidca.
10. Arteria collaris.
11. Loggia inferiore della cavita
venosa.
a. Interno dell'aorta sinistra recisa.
b. Valvola semilunare dell' arteria
polmonale.
c. Sepimentum cavi venosi el ar-
teriosi ventriculi.
d. Margine Iibero del tramezzo
delle loggie.
e. Fessura ovale per eui la loggia
superiore comunica coll' infe-
riore.
■ /! Reticello dell" atrio destro.
g. Taschette dell' atrio sinistro.
Fig. VII. La porzione inferiore della
stessa sezione.
1. Porzione dell'atrio sinistro.
2. Porzione dell'atrio destro.
3. Parete inferiore del ventricolo.
4. Parete inferiore dell' arteria
pulmonale.
.S. Parete inferiore dell' aorta si-
nistra.
a. Loggia inferiore della cavita
venosa.
b. Valvola semilunare dell'arteria
polmonale.
Fig. VIII. La stessa immagine della
fig. V. nella quale e aperto il
sepimentum eavi venosi el
arteriosi, iron che il principio
dell' aorta destra.
1 . Atrio sinistro.
2. Atrio destro.
5. Ventricolo.
4. Setto degli atrii.
5: Vena jugularis sinistra recisa.
0. Sepimento atrio ventricolare.
7. 7. Aorta dextra aperta.
8. Arteria polmonale recisa.
9. Aorta dextra.
10. Aorta sinistra.
\ 1. Vena jugulare sinistra.
12. Arteria thyreoidea.
13. Arteria carotis.
14. 14. Setto delle loggie.
a. a. Due lembi del setto arterio-
so venoso aperto.
b. Fessura di comnnicazione fra
le due loggie.
c. Continuazione della detta fessura.
d. Linea aspera del setto delle
loggie.
e. Un lembo roveseiato dell' aorta
destra aperta.
f. f. Valvole semilunari dell' aorta
destra.
g. Apertura d'un'arteria coronaria.
Fig. IX. L' identica immagine della
figura VI, nella quale e aperta
l'nrigine dell' aorta sinistra.
— oM —
I. Mrio destro. h. Vaivola seiniluiiare dell' arteria
± Atrio sinistra pulmonale.
3. Ventricolo. ,■. Lembo del sepimentum cavi
4. Aorta destra. venosi el arteriosi ventriculi
5- Aorta sinistra. (/. Margine libero del setto delle
(i. Arteria polmonale. loagie.
7. Vena jugolare sinislra. ,.. Fessiira di conuinicazione delle
8. Arteria carotide. lo^aie.
9 Arteria thyreoidea. f. /; Le due valvole semilunari del-
10. Arteria collare. 1' aorta sinistra.
II. Loggia infa-iore del cavo ve- g. Reticelle dell' atrio destro.
nos0- h. Reticelle dell' atrio sinistra.
Farete supenore dell' aorta si- j. Origine della seconda arteria
nistra taaliata
coronaria.
MM.I ML GIOH'50 27 lPfiHll856
ll m. e. vicepresidente prof. Menin (1) espose
brevemente la storia delle navigazioni normanne dai
tempi dell' imperatore Augusto fino all' epoca in cui i
settentrionali conquistarono signorie in Francia e la
corona d' Inghilterra, per coneludere che furono piu
arditi che ammirati navigatori.
Accenno i libri cui le nazioni settentrionali eonse-
gnarono le loro inemorie. gli eddas cioe, in cui si con-
tengono i dogmi e le ceremonie religiose, e le sagas.
in cui si leggono conservate le tradizioni e le relazioni
storiche.
Colla scorta delle saghe fin ora pubblicate dalla
societa archeologica del \ord, diede conto di parecchi
viaggi fatti da" Normanni verso occidente.
11 primo si fu dalla Xorvegia all' Islanda. che i
Norvegiajii scopersero nell' anno 801 e vi tradussero
(i) Questo sunt" fu presentato e compilatn <\M' autore.
Serie III. T I 69
K3A
0,14 —
colonie e vi fondacono fiorente repubblica. Qui V auto-
re inter rogo, se queil'isola, die molti pretesero essere
1' ultima Thule degli antichi Roinani, veraniente lo
losse, deduce, dal non avervi i iNorvegiani rinvenuto
verun indizio di soggiorno o di visita anlerioro. che
col nome di Thule i Latini intendessero lisole Schet-
landj cui dovevano conoseore per le loro relazioui
colla Bretagna ed anche per le navigazioni de'Fenicii
alle Cassiteridi.
II sccondo fu quello di Eurico il Uosso, che sco-
perse la Groenlandia nel 985, a proposito del quale
riferi aver ivi pure i iNorvegiani maudalo colonie ed
avervi introdotto la religione cristiana, la quale tan to
vi si estese, che si riputo necessario erigervi il vesco-
vato di Gardar.
La Groenlandia divenne allora il punto di partenza
dei Normanni per le navigazioni occidentali. 11 primo
a far vela si fu Biarne, il quale tocco nioltc coste, vi-
de isole e terre ignote, ma troppo voglioso di ritor-
narenella Groenlandia, nonvi reco di sue scoperte che
nozioni vaghe ed imperfette. Queste bastaronp ad ani-
niare Leivo^ liglio di Enrico il Ilosso, perche piu posa-
tarnenle esplorasse le con trade da Biarne poc' anzi
vedute.
Leivo scese in una terra, cui dalle viti rinvenu-
tevi, denomino Vinland e vi fondo una borgata. Ivi,
durante il verno. non cadde mai neve, ne hrina. Ivi
nelle giornate piu brevi il sole restava sull' orizzonte
novo ore, che quanto dire, la latitudine del paese era
di quarantaun grado, ventiquattro minuli.dieci secondi.
— 535 —
V Lcivo lion avvenne d incontrare abitalori. ma
bensi a TorvaIdo3 che navigo al > inland dopo di hri, il
quale anzi combatte cogli indigeni. ch'erano gli Esqui-
mesi, e raortalmente t'erito ordino si piantassero croci
alle eslremita del suo Lumulo.
Torfinio Karlsefne si spinse piii avanti. porlando
seco quant1 era necessario per fondare una colonia.
Egli discese in una terra ancora pin meridionalc, vi si
i'ermo tre anni. combaite e commercio eogli indigeni.
i quali davano pelliccierie e legname da costruzione in
canibio di drappi rossi e del ferro. I iNorinanni con-
tinnarono per Ire secoli a IVeqnentare la contrada.
Esaminandoattenlamente le relazioni delle saghe,
e con quelle paragonandole dei moderni viaggiatori,
gli arcbeologi del Nord non hanno dubbio che i navi-
gatorinormanni partendo dalla (iroenlandia non abbia-
no scoperto Terra \uova, la IXuova Scozia, la Carolina,
la Georgia, le Floride.
Colle nolizie di qnesli viaggi il in. e. Menin ado-
pero di riscbiarare alcnni punti luttora oscnri della
sloria americana. Avvisa egli :
Che il sopravvenire dei Norman-ni ed il loro pro-
lungalo soggiorno sul conlinente settentrionale del-
1 America esercito una pressione sngli Ksqnimesi e
sull* altre popolazioni spingendole ad invadere succes-
sivamente le contrade meridional]; f'atto comprovato
dalla storia messicana.
Che il sopravvenire dei Norman ui ed il loro sog-
giornare nel conlinente americano origin 6 presso i
Messicani I opinione che una popolazionc sarebbe ve-
— 536 —
nuta d Oriente a soggiogarli. opinione che senza di cio
dovrebbe riteuersi un' ispirazionc ed odorercbbe di
prodigio.
Che il commercio dei Nbrmanni diede agli Ameri-
cani il ferro per lavorare i marmi e le pietrc dure che
sonosi diseppellite fra le rovine di Palenque; concios-
siache non si possa provare che con altri metalli quei
lavori eseguissero. Che se gli Spagnuoli non rinvennero
ferro al Messico, cio mostra che tale merce non eravi
ancora introdolta, e che venne nieno, fino a perdersi
del tutto presso Faltre genti americane, quando cesso
del tutto il traffico coi Normanni.
Che le croci introdotte nel Vinland, colla religione
cristiana, spiegano come la croce siasi rinvenuta nel
principale palazzo di Palenque decorata e collocata in
modo da doversi riputare, se non oggetto di adorazione.
certamente come un segno meritevole di rispetlo.
Che finalmente le colonie normanne della Groen-
landia e del \ inland rendono non solo probabile^ ma
cerlo quanto si leggc nella relazione dei viaggi dei
fratelli Zeno, desiderandosi pero che gli antiquarii
del Nord pubblicando altre sagh<; ci somministrino
luce bastevole per ehidrir alcuni punti, i quali dal Pa-
dre Zurla, nella sua memoria su quella relazione. non
sembrano illustrati abbastanza.
Si legge la seguente
PROPOSTA
DI UN PIAi\0 DI OSSERVAZION1 METEOROLOGICHE
E DEI FEiNOMEN'I PEIUOMCI
in rehzione all' ctgrie'oHura, ulle aril, ed al commercio
delle prouincie venete
DELHI. E. PROF. CAY. FR. ZAINTEDESCHI
J_Ja climatologia fu eoltivata con ardore e con suceesso
nolle Venezie nel secolo scorso, e i nomi di Pol en i, di Toal-
do, di Chiminello e di altri ci furoao tramandati con onore,
e le osservazioni loro vennero aneora inserite ncgli aimali
delle scienze di oltremonle. Ma a questi somnii non succe-
dettero altri die li eiaulassero nelio zelo, e nella knporlan-
za delle osservazioni meteorologiche; donde ne deriyo che
la scienza del clima in queste provincie cadde in una non
merilata trascuranza, mentre presso le nazioni stranierc fu
portata ad im grado di sviluppo e di perfezionamenlo da
recare stupore ai medesiini cultori delle scienze fisiche. Fu
preeipuaniente a' nostri giorni rieonosciuto 1 alto impdr-
tare tli questi sludii per 1* agricoltura, per l'igiene, pel com-
mercio e per le arti. LI. R. Istilulo desiderando di avere
una statistics, che fosse, per quanto e possibile, la pill csatta
e complela delle Venezie, mi diede 1 onorevole incartco di
redigere un prospetto quanto senipliee, altrettanto sicuro
per giugnere all' acquisto di cognizioni sul clima di queste
— 538 —
provincie. II lavoro, per quanto facile sembri a prima vista,
uon e pern tale per elii conosca la sorama delle diffieolta
ohc lo circondanOj eel i uiolteplici studi che furono falli in
Europa ed in America. Le istituzioni si siiccedcllero nell'ln-
ghilterra, nel Belgio, nella Germania, hell' Italia, nella Fran-
eia e nelle stesse con trade di America. Esse sole bastano a
coslituire dei grossi voliimi; e le societa speciali di meteo-
rologia ne aggiunsero di nuove, come fece la societa meleo-
rologica di Francia. lo mi limilero ad alcuni cenni brevis-
simi, che ammettano una pronta ed utile esecuzione, la
quale possa essere duralura Ira noi.
Noi dobbiamo da nn lato raccogliere le sparse notizie,
che si trovano negli alii accadeniici di qneste provincie, e
nelle opere di alcuni shuliosi die si presero cura speeialis-
sima degli sludii meteorologies dalPaltra dobbiamo presen-
tare un piano seiuplice e sicuro, che ci possa riuscire uti-
lissimo per Y avvenire. Per quanto spetla al passato, quali
osservazioni ci offrono Ldine, Belluno, Feltre, Treviso,
Ceneda, Portpgruaro, Venezia, Chioggia, Adria, Rovigo,
Padova, Bassano, Viccnza, c Verona ? Possiamo noi avere
di tulle quesle citta e territori alr.ieno le medie termomelri-
che e baromelriche ? lo ne dubito grayemente : e solo Pa
dova die ci puo offrire la serie di un seeolo e piu di osser-
vazioni, eseguite all' osservatorio astronomico, le quali in-
spirano una buona liducia. Furono ancora fade, per periodi
piu brevi, osservazioni mcteorologiclie a Verona, a cura di
quell' accademia di commereio, d'agricoltura e di arti. Altre
ne furono eseguite a Venezia dal Traversi, e in parte esi-
slono manoscritte nel gabinetto di fisica dell' I. W. Ficeo di
Santa Catterina, e in parte furono pubblicate nei commen-
tarj del veneto aleneo. Si proseguono ancora nelseminario
palriarcale per uso della veneta gazzetta; e per un periodo
— 539 —
aurora piii breve furono eseguile dejle accurate osservazio^
ni in Udine.
Che cosa impertanto dobbiamo noi faro per cio die
spetta al passato ? Raccogliere dalle opere ricordale le me-
dic, e presenlarle in un prospetto diviso per provincie, le
quali ci vengano ad offrire come la tisonomia delle varia-
zioni del clima delle differenti provincie venele. A questo
oggelto dobbiamo fare appello agli studiosi, alle accademie,
agli atenei, ed ai direttori di ospilali provinciali. Io sono
cerlo die noi potreind raccogliere importanti nolizie sulle
pressioni atmosfericlie, sulle temperature, sulle direzioni dei
venti, e sullo slalo del cido; e in relazione a quesli dali
meteorologici polremo avere notizic interessantissime sul
passaggio degli uccelli, sulla fiorilura di varre piante, sulla
malurazione de' frulti, e sullo stato igienico delle popolazio-
ni sparse in queste terre. Cosi V. osservatorio astronomico
di Padova potra fornirci le medio annuali baromdriche e
termomelricbe, ed i giorni sereni, coperti, o piovosi di un
anno, code direzioni dei venti e la quantita della pioggia
caduta; e le cliniche e gli ospilali le dominanli malaltie.
Per egual modo ci potranno esser cortesi altri islituti, come
T accademia Veronese e di Udine, e gli atenei. Una circolaie
impertanto d' invito e di pregbiera io proporrei die venisse
indirizzata a lulti questi corpi scienlitici ed industriali,
assicurandoli di tulta la nostra riconosoenza, die non ver-
rebbe meno giammai negli atti del veneto Istituto. A questo
moclo si potranno raccogliere le sparse notizie sul clima
della Venezia, e sui fenomeni principali periodici dei vege-
tabili e degli animali. E necessario impertanto preparaic
delle tabelle, die comprendano lutli gl' indicati fenomeni,
che potranno essere riempiute dalla cortesia di coloro, ai
quali no sara latta istanza e preghiera. Questa parte del
— 540 —
noslro prospetto pore ciie non possa oflrire gravi diiticolla,
perche i material] esistono e boh devono essere che raccolli
con intelligente pazienza e distribuili con online.
La diiticolla che naturalmente ci si presenta, ch'e grave
per I' avvenire, si e d' istituire tra noi un sislema di osser-
vazioni regolare scientifico, elic possa riuscire duraturo e
per la seel la degl' istituti a' quali si dovra aflidare, e per
T economia de niezzi, e per la facilita dell'eseguimento. Noi
possiamo rivolgerei a colle persone, che si assuniercbbero,
sono cerlo, 1" incarico dellc osservazioni nieleorologiche
nella terra che abitano; ma queste non potrebbero baslare
a lulte le provineie, e gli ostaeoli di malallie e di occupa-
zioni, che possono loro presenlai-si, niellono in grave peri-
colo la regolare contiiiuazioiic delle iacominciale osserva-
zioni. La morte ancora, che nessuno risparmia, obblighe-
rebbe 1' I. R. Islituto a pensaresovente a delle soslituzioni,
che non sono sempre le piii facili a farsi. Polremo noi ri-
volgerei alle accademie ed agli atenei della Venezia: ma
questi pure non hanno sede in tutte le provineie, e la loro
organizzazione, com' e nolo, difficilraenle si potrebbe pre-
stare ad «n regolare e costanle piano tli osservazioni rao-
teorologiche. Chi e che non sappia che la sede di questi
istituti letterarii e scientitici c ordinariamenle deserla ed
abbandonata dagli accademici, i quali solo vi accorrono
nei giorni delle loro esercitazioni e tornale ? Le fabbriche
ancora che possiedono questi corpi accademici, non sono in
generale adatte a delle osservazioni, ne cosi facilmente si
potrebbero ridurre alio scopo. Bisogna conoscere con pre-
cisione i luoghi per convincersi di questo vero, e non la-
sciarsi illudere dalle apparenze accademiche.
Abbiamo Ira noi gl istituti regi di pubblica istruzione,
i ginnasi liceali che sono for niti di gabinetti di fisica: ma
— 641 —
clij conosce la topografica posizione dei medesiini e piena-
mente convinlo che non si potrebbero avere da essi che
delle osservazioni imperfellissime e salluarie, avvegnache
mancano in generate della plaga la piii adatla, e libera dalle
irradiazioni dei circoslanti abilali, ne lianno un personale
che possa con tuUa regolarita occupai si delle osservazioni
meteorologicbe. I professori, dato il corso delle loro lezioni,
si ritirano, e gl' isliluti medesinii, ollrepassato 1'orariosco-
lastico, vengono cliinsi per niancanza di abilazione speciale
di residenza. Le diflicolla che ancor qui s' incontrano sono
gravissime, ne si potrebbero cosi faeilmente superare, anche
concorrendo la munificenza del regio governo. >"on si pos-
sono rie si devono prelendere radicali riforme ed appre-
stamenli per lo scopo noslro. — Non rimangono Ira noi
che gli islilnli clarieali, voglio dire i seminarii che sono
sparsi in tutle le vencle provincie. La perpetuita di questi
istituti scientifico-lelterari, la loro ampiezza, e posizione,
la ciistodia non mai interrolta di colle persone, ci permet-
tono di poter concepire la piii fondata speranza di quesla
istituzione. >*oi non avremo che fare appello ai retlori dei
seminarii ed ai professori di fisiea, perche si abhiano a pre-
stare con regolarita al sistema di osservazioni che venisse
loro proposto e rappresenlalo in apposite tabelle. In tulle
le slagioni dell' anno e nella nolle essi non ahhandonano
inlieramente 1' istiluto. \: ha sempre un qualche preposto,
anche nel tempo antunnale, che polrehbe essere incaricalo
di osservazioni semplicissime e piane, cioe dell' altezza baro-
inetrica, della temperatura, della direzione dei venti, edello
slalo del cielo. Non v' ha persona che abbia fatto un corso
di fisiea che non possa rilevare e registrare nelle tabelle
questi dati sperimenlali. Tutla la diftieolla consisle nellave-
re islrumenti uniformi e paragonabili, e bene applicati nella
Serie HI. T. I 70
— 542 —
regione settenlriouale ad uguale altezza, in tulii i luoghi di
osservazione, dal suolo. Per I' applicazione le difficoll.a nun
sono gravi. Tutti gT istiluti clericali lianno posizioni die si
pregtano alio scopo desiderato, o senza alcun dispendio, o
con lievi modificazioni da ititrodursi nel locale destinato
alle osservazioni meteorologiche. La difficolta piu grave
consiste nella qualila degl' istrumenli, ma questa pure e
facile a superarsi, perche io credo, che almeno per ora,
dobbiamo limitafci alle osservazioni barometriche e lermo-
me trie be', colle direzioni dei venti e stalo del cielo. Per le
due ultime non abbisognano i seminarii di alcun sussidio :
essi pure per costume lianno i loro anemomelri, c tutto il
dispendio consisterebbe nel I'ornir loro un eccellente baro-
metro con un esatto termometografo a niassiina ed a mini-
ma, ed un terinometro a mercurio. Questi tre istrumenli
dovrebbero e'ssere costruiti nella medesima officina, ed
csaminali accuralamente prima di essere consegnati ai sin-
goli istituti. Cliiamare d' allra parte anche il clero a concor-
rere nello stabilimento dei dati che abbiano a creare Ira
noi la climalologia credo proposta utilissima, perche siver-
rebbe a trasfondere in esso uno spirito di osservazione che
avrebbe ad essere fecondo d' interessanti risultamenti per
I' agricoltura, die il clero bene istrutto non dovrebbe mai
perdere di vista. LI. R. Islitulo non avrebbe che a sosle-
nere il dispendio di quindici barometri, di quindici termo-
metografi, e di quindici termometri, dispendio che non e
grave. — Io slesso non manchero di ocuparmi della corri-
spondenza, perche il noslro piano abbia a collcgarsi colle
osservazioni che si fanno nelle varie parti della valle del
P6, sulle Alpi che ne cireondano, e sull' Appenino che ne
divide dal mezzodi dell' Italia, onde possa corrispondere a
quelli dei principal! osservatorii di Europa.
— 543 —
Non dobbiamo lutlavia lasciare in ohblio le forze delle
noslre aceademie, dei noslri atonei, e degfisliluti regi. Dob-
biamo fare appello a tutli, perche porlino, per quanto e loro
permesso, il tributo tlelle loro cognizioni all'edificio scien-
tific© che ci proponiamo d' innalzare. Dagli atenei e dalle
aceademie che eontano nel loro seno persone istrutte e dot-
tissime nella zoologia, e nell' agrieoltura, noi possiamo pro-
rnetterei notizie le piu precise sulla emigrazione e rilorno
degli uccelli, sulla fogliazione, lioritura, e frultificazione di
molte piante, come del mandorlo, del pesco, del ciriegio,
della vile, e de' eereali frumento e frumenlone. Per tal mo-
do i feaomeni periodici si Iroveranno aimualmenle colle-
gati cogli elementi fondamentali del clima. I professori di
storia naturale e di fisica potranno dal lato lord sommini-
strarci i risultamenti di quelle osservazioni, che nei limiti
dei loro mezzi c dei loro studii fosse loro dato di averc. I
diretlori degli ospifeali potrebbero ancora esserci utilissimi
con una brevissima nola snl numero e qualila delle malat-
tie dominanli in ciascun mese negli ospitali alia loro cura
affidati.
Non dimentichero di ricordare gli oflicii delle pubbliche
costruzioni di qiieste provincie, i quali potrebbero concor-
rere nel fornirci i dati idromelrici dei nostri fiumi, colle
indicazioni dei giorni e delle ore, nelle quali furono eseguite
le ispezioni fluviali alle varie stazioni. — Io m' avviso che
tulte le indicate osservazioni debbano essere accompagnate
giornalraenle coll' indicazione dell* eta della luna, dell* ora
del suo passaggio pel meridiano del luogo, e delle congiun-
zioni ed opposizioni col sole. I fenomeni meteorologici
studiati in relazione alle cause che li producono, addiman-
dano la notizia della posizione degli astri del nostro sisle-
ma solare, perch e a quest' ora 1 osservazipne ci ha dimo-
— 544 —
strato esservi una stretla colleganza, della quale ci rimane
ancora a gcbprire le leggi che vi presiedono.
L' osservaLorio meleorologico da istituirsi in Venezia,
solto 1' immediata direzione dell' I. H. Istituto, dovrebbe es-
sere piu esteso e piii eompleto degl'i osservatorii clerical!,
do' quali abbiamo p aria to.
II seminario patriarcale di Venezia e henemerito di
averci continuata la serie delle osservazioni barometriche,
teruiometriche, dello stato del cielo, della direzione ed in-
tensity dci venli, e della quantita della pioggia, che viene
raceolta nel pluviometro cbe vi fu annesso. Trovo ora che
furono aggiunte le osservazioni ozonometriche e del ter-
moraetro uinido, le quali vengono giornalmente pubblieate
in uno specchietto della gazzetta ufficiale di Venezia. Ma
noi non dobbiamo rimanerei contenti a queste osservazioni,
potendo fare altrettanto e piu in uno stabilimento regio.
Abbiamo al settentrione della cilia f i. r. orto botanico
sgombrp da caseggiati, e fornito di un personale perma-
nente, e sotto la custodia di un professoredi seienze nalu-
rali: noi potrennno dare iosto incominciamentp colle os-
servazioni baromelriche e termoraetriche, estendendo
suecessivamente gli elementi.
Non credo che le ore di osservazioni eseguile di nolte-
tempo col sussidio di lumi sieno da preferirsi. Crederei op-
portuno di fissare le ore 8 del mattino per ogni stagione, il
mezzogiorno, e le ore i della sera : ma desidererei che a
queste venissero aggiunte quelle del passaggio della luna
dal meridiano, e delle congiunzioni ed opposizioni del sole
e della luna. Troverei opportunissimo che ai dati delle alte
e basse maree, che possiamo ritrarre dalla cortesia dei regi
officii, venissero associate le sineroniche osservazioni baro-
metriche, le quali verrebbero a rilevare le relazioni tra le
— 545 —
alle e basse marcje e le pressioni baronielridic. Per racco-
gliere tutti questi dati in un modo regolare ordinato, io
presentero una modula di t a belle, che dovranno essere in
duplo distribute alia line di ciascun anno a tutti gli osser-
vatori ed isliluti, die graziosamente si presteranno eon noi
alia determinazione del clinia dello provincie venete. I nomi
di tutti i benefnerili dovranno essere registrati a dimostrazio-
ne della nostra riconoscenza,ed a perpetuila tlolla istituzione.
Per la stazione della citta di Venezia, ebe andra a pren-
dere uno sviluppo commerciale sempre piu crescente pel
taglio di Suez, non dobbiamo rimanerei content] al gia
detto. L' I. R. Is tit u to deve avere un osservatorio meteoro-
logico, per cosi dire^ tipo e modello, che possa presentarsi
eon onore e con vantaggio della scienza o del eoniiuercio
in colleganza eogli altri istituti di Europa.
I porti di Aneona e di Civitavecchia vanno ora ad essere
tornili di osservatorii meteorologici e magnetici, a cura del
pontilioio governo, e per cura privala ue furono eretti an-
cora in Pesaro ed L'rbino : e noi in Venezia rimarremo
forse indietro in eonfronlo dei limitroli paesi ? E noi ci
mostreremo poco curanti di una istituzione che va di
giorno in giorno piu a prendere un' estensione tnondiale ?
Io ho cercato da dieci anni, die i fenomeni periodici
delle piante in piena terra dell' orto botanico in s. Giobbe
in Venezia, avessero a figurare coi fenomeni periodici di
varie contrade di Europa, e le memorie della reale Acca-
demia delle scienze di Brusselles raccolgono i dati di os-
servazione die inviai a quel corpo scientifico, die sotto
I' inipulso del celebre Quetelet ba tanto meritato della scien-
za del clima e della statistica. La navigazione ne ba rac-
colto frutti preziosi: uierce gli studi dell' indefesso Maury
le navi mercantili die salpano dai porti di America giun-
— 54ti —
gono ai porti di Europa in un periodo miiiore di (fuattordici
0 sedici giorni: La direzioue dei vonti studiata eon lanlo
zelo dal dotto arnericaho fu la sorgente di questo utilissimo
effetto : e il commercio araericatio in un raodo condegno
o.doi'6 la scieoza e Y insigne suo cultore.
Un osservatorio meteorologico, die risponda perfetta-
mente alld slato attuale della seienza, dovrebbe essere for-
nito dei seguenti islrunienli:
I. Termometografo a mussima e a minima.
II.Termom(3lro,perdelermiiiarela tempera I lira dell'aria,
1 irraggiamento notlurno, il raffreddaniento per eontatlo
degli strati aerei aseendenli e diseendenti, 1' intensila del
ealorico solare, la lemperalura della terra, alia sua super-
licie e a differenli profondita, la lemperalura dellc cave e
miniere, dei pozzi, delle sorgenti, delleacque piovane, della
neve e della gragnuola.
III. Termometro coperlo di una niussulina costante-
mente bagaata di aequa eomune per delerminare la umi
dita dell1 aria.
IV. Igrometro a condensaziorje del signor Regriault.
V. Apparati destinati alia dirctta determinazione della
quanlila del vapore aequco esistente nell" aria.
VI. Igrometro a eapello di Saussure.
VII. Baromclro.
VII. Simpiezomelro.
I\. Termometro ipsomelrico.
X. Pluviometri a differenti altezze.
XI. Apparati per raccogliere e misurare la quantilii
della neve e della rugiada.
XII. lkiciuo od udomelro di evaporazione.
XIII. Apparati per delerminare la direzione e la for/a
dei venli, come le banderuole n j;li anemoseopi.
— 547 —
XIV. Apparati per determinate I' altezza, la velo.cita e
la dirozione delle nubi.
\V. Elettrometri statici e dinamici, cioe per raisurare
Kelettricita di tensione e I' eletfrieita dinamica.
XVI. Ozonometro.
XVII. Cianometro, od altro islrumcnto destiuato a mi-
surare I'intensita della luce nei varii puuli del cielo perfet-
tamente sereno.
XVIII. Istrumenti proprii a misurare gli aogoH (go-
niometri) nei fenomeiii di otttca atmosferica.
\I\. Polariscopi di Arago e di Savart ecc.
\\. Apparali idonei a comprovare i movimenti della
crosta terrestre, ed i tremuoti.
XXI. Apparati per raceogliere ed analizzare I1 aria,
I' aequa di pioggia, la brina, i vapori delle uebbie, la rugia-
da, la neve la gragnuola ecc.
XXII. Apparati magnetici per detcrminare la intensita
delle forze magneticbe, la declinazione e 1' inclinazione.
XX1U. Apparali meccanici ad orologeria, come quelli di
Kreil, o foto^ratici come quelli di Greenvicli, per registrare
in un modo non inlerrotlo le osservazioni ineleorolo^riche.
XXIV. Telescopio per delerminare con precisione la
posizione della slella polare, e il passaggio degli astri pel
meridiano dell' osservatorio.
\\V. Un cronometro, e pendolo a compeusazione, di-
pleidoscopio, ed altri apparati per avere I' ora precisa nella
quale avvengoQO i tremuoti, appariscono fe stelle caderrtTj
le meteore luininose, le aurore boreal i <■<•<•.
XXVI. Apparati per fare il gbiaccio, nei paso cheman-
ehi il naturale di una gbiacclaja.
XXVII. Per un osservatorio di primo ordine occorre
una tone elevata da 50 a (no meti'i, per avere un orizzon-
— 548 —
te sgombro da tutti gli oggelli eircostantij sulla quale po-
ter collocare istrumenti e fare osscrvazioni nelle varie
direzioni dell' atmosfera.
A tutto questo devc ess'ere aggiunto un piccolo labora-
torio fornito de' principal! istrumenti meccanici, onde ese-
guire le piu coniuni riparazioni de' guasti, che a quando a
quando acoadono negl' istrumenti di osservazione.
Io non propongo all'I, R. Istifuto la creazione di un os-
servatorio meteorplogico eosi completo in Venezia. Conoseo
che gravissime diilicolta starebbero conlro, e dal lato dei
mezzi e dal lato ancora dell' esecuzione. iNon debbo prcten-
dere, che si faccia nclla sede dell' Istituto venefo, quello che
non si e eseguito ancora eompletamente ne in Parigi, ne
in Vienna, ne in Monaco, ne in Brusselles e Berlino, e
che solo I' Ingliillerra ha eseguito sopra una scala la piii
estesa e perfetta : ma debbo chiedere e fare la piu fervorosa
preghiera, che al registro dei fenomeni periodici dei vege-
tabili, ch' e in corso all' i. r. orto bolanico in s. Giohbe, si
aggiuogano le regolari osscrvazioni barometriche, termo-
melriche, igromelriche, dello slalo del cielo, della quanlita
della nioggia che cade, e della neve, colle mensili delermi-
nazioni della declinazione dell' ago magnetico : e 1' on ore-
vole noslro collega signor professor Zambra, od allro pre-
poslo cuslode e direllore dell'i. r. orlo hotanico, potrebbe
essere interessato alia sorveglianza della regolarita la piu
precisa nelle osscrvazioni che all'orto hotanico verrebbero
fatte. Successivamenle trovandosi II. R. Istituto in condi-
zioni economiche migliori, coadhivato ancora dalla camera
di commercio, potrebbe ampliare un'istituzionecherispon-
da ai bisogni del crescente sviluppo commerciale ed indu-
slriale, che noi atlendiamo per la citta di Venezia.
41lorquando questa proposta avra a trovare favorevole
— 549 —
accogltenza dull' I. R. Istitulo, una label la sara redatta per
I' uniformity delle osservazioni da farsi nelle Venezie, come
abbiaui detto., con una breve islruzione sul collocamento e
sull' uso degli istrumenti. Qui soltanto io diro, die le osser-
vazioni meteorologiehe non avranno a riuscire o superflue
o slerili per la nostra agricoltura, pel nostro commereio,
per le nostre arti. V agricoltura illuminata dalle condizioni
del clima potra avere una sicura e fedele scorta delle epo-
che le piu lavorevoli alle semine ed alio raccolte, una re-
gola per 1' acelimatizzazione di nuove piante, e di animali
che possano prosperare nei climi di queste provincie.
Annuali istruzioni sui varii oggetti che inleressano 1' agri-
coltura dovranno essere pubblicate ad esetnpio delle pi u
cospicue accademie, le quali serviranno ad un tempo di
eccitamento e di guida ai possidenti a far meglio, e ai co-
loni per ispogliarsi di antichi pregiudizi, e di un cieco em-
pirismo tradizionale.
Vi sono industrie, esistono arti Ira noi, che abbisogna-
no di condizioni almosferiche bene determinate, onde as-
sicurare la ricchezza e bonta dei loro prodolti. Un pro-
spetto che metla in chiaro le stagioni e i periodi delle mag-
giori temperature, dei freddi piu intensi, dello stato del
cielo, sara di norma, se non sicura al tutto, almeno pro-
babile, per I' intrapresa di annuali lavori, come in modo
speciale sono quelli delle nostre saline, delle cererie, della
concia de cuoi ecc. Le inlraprese delle esportazioni fluvia-
tili hanno bisogno di dati regolatori, le epoche delle medie
almeno dei fiumi, delle alte e basse maree, della profondila
del mare nell' entrale dei nostri porti, e nel corso degli
interni canali. Non dobbiamo abbandonare queste interes-
santi notizie o agli stranieri, come attualmente si pratica,
o alia speculazione di alcuni privati. 1' I. R. 1st it u to, racco-
Serie III. T.I. 71
— 550-
gliendo i dati dagli officii, potra presentarli in un inodo
franco e sicuro al eommercio ed alia camera di questa
citta, a direzione di tutti, e I' onorevole nostro collega
signor ingegnere Casoni, potra prestarci 1' opera la piu
utile e la piu efficace coll' estese sue cognizioni. II eom-
mercio e la navigazione verranno assicurate della premura
e dell' attivita di questo corpo scientiQco, perehe non man-
chino notizie le piu certe e le piu fedeli, a lume de'naviganti
che dirigono i loro legni nel tranquillo e protetto seno di
queste lagune.
Per tal guisa io ho la piu ferma fiducia cbe tutti do-
vranno convincersi dell' utilita di questa istituzione, e do-
vranno colla prova dei tatti assicurarsi, che la scienza
bene applicata, non solo accresce la potenza nostra sulle
forze della natura, ma ancora estende il dominio delle no-
stre industries della nostra agricoltura e del nostro eom-
mercio ; e che nel nostro secolo la scienza c divenuta una
vera polenza delle nazioni
\\)\Um ML (ilORM) ?8 tPRILHIMi
^H legge questa memoria intitolata : L' urgente
problema delT oro e la sua soluzione del m. e. dott.
G. B. Zannini.
Siamo d' improvviso arrivati alia eta dell' oro : che
non e pero quella del regno di Saturno co' frutti spontanei
e copiosi della terra, e cogli uomini giusti, pacilici, felici.
L' oro uella eta storica ci si appresenta (per seguitare
il linguaggio dei miti antichi) in tigura a due fronti e di
doppio carattere: tenente in una mano il eorno d'Amaltea.
versante coll' allra il vaso di Pandora.
Suasore dei piii de' delitti, corruttore d' ogni men fer-
ma virtu^ compratore di voti nolle repubbliche e nei parla-
menti, e talvolta nelle aule della giustizia e in quelle de'prin-
cipi, violatore di talami, seduttore di vergini, eccitatore di
conquisle ,minislro di tirannidi,obbrorioso ai molti cbe assi-
dui e infatieabili a ogni costolo cercano, e glorioso ai pocbi
— 552 —
die nobilmenle lo rifiutano: I'oro ha macchiato pagine innu-
merevoli delle slorie umane, e nc ha ben pocbe onorale.
Rivolgendo la faceia di queslo metallo, ee ne lampeggia
una meraviglia, una luce, un prestigio, generatore di beni
grandissimi. L'oro iniquamente predalo, quasi ministro
d' una giustizia superna, punisce i predatori colla perdila
d' ogni virtu. Cosi avvenne ai piii gloriosi tra gli antichi, ai
nostri romani. L' oro lucrato colle onorale faliche e nobile
sementa d'ogni grandezza e potenza. E senza useire d Italia,
abbiamo i chiari esempj delle noslre repubbliehe del me-
dio evo.
L'oro tradotto in moneta fa nel mondo economico gli
effetti mirabili, che nel lisico lo elettricismo. Tantocche
senza esso riuscendo difficilissimi i cambj, e pella malage-
volezza loro maneando i consumi e col difelto di questi lo
stiraolo alia riproduzione, saremmo perpetuamenle rimasti
nella infanzia delle arti e nella rozzezza: come eel provano
le prime eta di tulti i popoli noti. Ond' e che delle (ante
meraviglie, per le quali risplende il create, non e da met-
(ersi colle minori, e le men degne della nostra ammirazione
e graliludine, quesla deU'essersi dall ordinatore supremo
della umana vita poslo nel cuore ai piii un lanto, e si tena-
ce e quasi matto affetto alia materia, che diciamo oro: dal
che poi venne 1' eccitamenlo alle piu ardue fatiche, la in-
venzione e il progresso dell' Industrie, il conseguente inci-
vilimento de' popoli, ed ogni grandezza e gloria del genere
umano.
Ora la sovi-abbondanza improvvisa di questa materia,
cosi potente sulle condizioni degli uomini, sara ella una
buona o una mala ventura ? II ponderoso problema tien
lurbate e divise le menti dei governi, non meno che dei
dotti: i quali dividonsi, come al solito, ne'due partiti estre-
— 553 —
mi e nel media no. I)i che non dobbiamo meravigliare: poi-
che I'argomento della moneta e tanto sottile, ch' ebbe il
nome di metafisica della economia polilica.
Tra i dotti y' a chi benedice la nuova abbondanza del-
I' oro, dicendolo la ricchezza per eccellenza. Di questa
schiera in Francia sono Micbele Poisat, Vittore Lanjuinais,
Paolo de Leobardy ed altri: e in Francia, e fuori tutte le
moltitudini; nel cui novero per questo riguardo e da porre
molti dottissimi. I quali tutti, traendo i principj universali
dal proprio borsello, non sanno capacitarsi, che 1" oro pos-
sa mai essere Iroppo. Lo veggono il rappresentante d' ogni
agiatezza: veggono potenti nella eta di mezzo Venezia, Ge-
nova e le citta dell' Ansa, che lo possedevano, e potentissi-
rae Inghilterra e Francia, che posseggono in gran copia og-
gidi; veggono o credono vedere beati i popoli, che piu ne
abbondano, e burleseamente ricordano la moneta ferrea di
Sparta e le Ieggi suutuarie di Catone.
AH' altro estremo v' ha un drappello di pochi, che ara-
meltendo la utilita d" un qualche aumento dell' oro, come
promovitore di piu gagliarde e generali industrie c piii va
sti e poderosi commerci, tremano alia idea troppo probabi-
le d' un augumento smodalo: per cui con turbazione grave,
continua, crescente scompiglisi 1' armonia delle leggi eco-
nomiche, nella cui stabilila posa 1' edifizio della prosperita,
della potenza e della pace de' popoli.
Finalmente il partilo mediano, poco men numeroso del
primo, perche di tutti piii comodo, componesi dei moderati
e degli apatisti: de quali i moderati non aspettano una so-
vrabbondanza d' oro cosi stragrande da riuscire dannosa
in mezzo alio industrie e commerci tanto aumenlati e tanto
in ogni parte aumenlabili pegli effetti dell' oro medesimo; e
gli apatisti, che sogliono a tulto anteporre la dolcezza della
— 554 —
inazione, confidano tranquilli nella provvidenza delle leggi
mondiali.
De'governi, gli stati uniti d1 America, die lino al 1848
avean posta la unita monetaria nel dollaro d1 argento, al-
I' apparirc dei nuo\i lesori di California, la trasposero nel
dollaro d' oro. Olanda invece, impaurita dell' oro, con leg-
ge \1 setlembre 1849 pianto la unita monetaria nel tiorino
d' argento in guisa tanto assoluta da levare ogni carallere
di moneta aJ suoi liorini d' oro e a' suoi guglielmi. II Belgio
e il Porlogallo imitarono 1' esempio: se non ehe quest' ulti-
mo feee una eccezione alle doppie inglesi, sacrilicando il
principio al fatto della nota dipendenza di quello stato dalla
[nghilterra. Russia con un ukase 29 dicembre 1850 vieto
la esportazione dell' argento ; ehe e tra' prodolti notabili
delle sue miniere. Finalmente in Francia una ministeriale
14 dicembre dell' anno stesso nominava una commissione
coll' incarico di studiare il problema dell' impiego simulta-
neo dei due metalli come moneta legale: ma questa com-
missione il 1 5 gennajo suecessivo, poco credendo alia con-
linuazione della straordinaria produzione aurifera, si sciol-
se concliiudendo di non far nulla. E Francia stessa, e tutti
gli altri governi, o moderati o apatisti, seguitarono a vivere
e vivono, come se nulla fosse avvenuto di nuovo nel mon-
do economico.
Quale veramente fu tra essi il piu savio? 0 lo fu anco-
ra pienamente alcuno ? Quesli dubbii d'importanza supre-
ma sugli interessi piu vivi delle nazioni civili cesserebbero
tutti colla soluzione adequata del grande quesito, ehe in
Francia dicono il problema dell' oro.
L' offerire questa soluzione fondala, lucida, precisa, e
1' arduo assunto di questo breve scritto. Nel quale per pro-
cedere con ordine logico esaminer(,>: l.° se questa straor-
— 555 —
diuaria produzione aurifera nelle presenti condizioni del
mondo economico tragga necessariamente e prestainenle al
deprezzamento dell'oro; 2.° se buont o sinistri sienogli effetli
di questa produzione straordinaria nell' ordine economico
e nel giuridico ; 5.° se siaci e quale il modo di soluzione
del grave problema.
I.
La nionela e misura e insieme equivalenle di valore:
eioe segno a un tempo e merce. L" oi'o e I' argento, clie la
compongono, seguitanu come merce le leggi indeclinabili
della offerta e della dimanda. La offerta poi e regolata dalle
spese di produzione: giacche minorandosi queste o pella
scoperta di riccbe miniere, o pel miglioramento de' melodi
metallurgici, aumentasi necessariamente la massa dei me
talli offerti. E la dimanda e regolata dall'uso maggiore o
minore, che pelle accresciute industrie, pegli ampliati com-
merci, o pel progrediente incivilimeuto da un canto, o pella
maggiore o minore consuetudine dei meecanismi del credito
dair altro, si fa dei metalli nobili ne' servigi del lusso, o nel-
f offlzio della moneta.
Questi principii sono confermati dalla sloria: di cui
locclieremo i punti eminenti nelle varie eta, cosi della re-
lazione tra 1' oro e I' argento, come di quella tra i due me-
lalli e le cose permutabili con essi.
Nella Baltriana e in quella parte dell' Asia, cbe si com-
prende tra 1' lmaus e il Paropamiso, la relazione dell' oro
all' argento tra il quintodecimo e il sesto secolo avanti Lera
volgare sarebbe stata dell' I al 6, dell' I all' 8: relazione.
che nella China e al Giappone si mantenne Pino al principle
del secolo corrente, e che ci spiega il correre cola del no-
stro argento a preferenza dell' oro.
— 556 —
Tra' greci alia eta di Senofonte H), secondo ci narra
egli stesso, questa relazione era dell' I al 10: ne" quali ter-
mini si ravvisa anche cent' anni dopo nel trattalo seguilo
fra gli etolj e i romani. A giorni di Demoslene i trecento
einquanta un mila talenti d'oro (quasi esuiali a due mila mi-,
lioni di franchi) che Alessandro rapiva all' Asia e versava
in Greeia, lo feeero subitamente seadere (di fronte all' ar-
gento) di qualtro quinti del pregio, che aveva alia eta di
Solone.
Tra' Romani prima di Giulio Cesare la relazione del-
1 oro all' argento duro dall' I al 10. dall' I al 12 ed anche
al 13 in commercio: e nella monetazionedell' oro sali fino
al 17. per un peccato molto antico ne' governi.
Due fatti di Cesare alterarono poi d' improvviso e gra-
vemente la relazione tra i due metalli. Con una mano spo-
gliava le Gallie dell' oro: melteva l'altra nell'erario romano,
e da questa sola traeva in oro un valsente di due mila mi-
lioni di franchi. Con che comperava la liberta della patria.
e sviliva 1' oro verso 1' argento al ragguaglio dall' I all' 8.
II lusso immoderato dei susseguenti tempi imperiali,
mosse una corrente perenne dell' argento verso 1' Oriente,
per la quale questo melallo scadetle a balzi, o rialzossi di
pregio, seeondoeche la buona fortuna di qualche grandioso
saccheggio lo rimetteva nell" esausta Roma. In Plinioil na-
turalista leggiamo le seguenti parole: a fare un compito
ben discreto 1' India, i Seri c 1' Arabia levano ogni anno al
nostro impero cento milioni di sesterzj : tanto ci costano le
delizie e le donne. » Quest' annua esportazione, secondo le
tavole d' Arbutbnot, equivale a 18 milioni di franchi. i qua-
li nei tre secoli e mezzo, corsi da Ottavio Auguslo a Co-
i ! i -"'iri anni prima 'it'll' e. \ .
— 00/ —
slanlino, monlano a sei miliardi: somma esorbilaute ma
non maggiore del vero. Cesare Canlu, Delia sua storia uni-
versale (I) tassa di esagerali questi 100 niilioni di Plinio :
ma egli ne sbagliava il valore, portandolo ai 190 niilioni di
iranchi.
Quesle continue uscite dell1 argento verso lOriente m>
aveano vuotato I'impcro alia eta di Gallieno (2). E se po-
chi anni dopo, cioe solto Diocleziano, ricomparvero le mo-
nete di puro argento, se ne debbe il merito all'iinmenso bot -
tino cLe Aureliano raccolse da Palmira distrutta, ed alle of-
ferte dell' Asia. II ehe pero non impediva, che il rapporto
dell' oro all' argento, lenutosi sotto Vespasia.no dalF I al
10, essendo a' tempi di Costantino novellamenle sparito
I' argento, calasse al non piii veduto rapporto del 12 al
14, come troviamo in una sua legge. E 70 anni dopo di lui
piu non si ebbe nell' impero che un biglione abbieltissimo.
Nella eta di mezzo, per quanto si pud conoscere, l'oro
si mantenne verso I' argento, con variazioni di poca impor-
tanza, nel ragguaglio dell' I al 10, dell' I al 12. Dopo sco-
perte le Americhe, queslo ragguaglio elevossi al 44, al 15,
al 15 l|2, al 15 5|4 e per brevi tratli al IG. Oggidi non ar-
riva al 14.
Tali sono le vicende principali di valore apparite finora
in questa prima relazione, che e Ira l'oro e 1' argento. Veg-
giamo nella storia or l- altra fra i due met a Hi nobili da un
canto, e le allre cose mercatabili dall' altro.
Non rinnovero la noja d' un giro pel mondo antico.
Nel quale pero troveremmo, che quando i due sopraccen-
nati miliardi dell' Asia si travasarono in Grecia. vi crebhe
1 1 ) Vol. .'>. paij. 509. prima ediz.
(2) Vnni 260-268 dell* e v.
Serie III. T I T2
— 558 —
(i iuipi'ovviso e motto il prezzo di tutte !e cose. E quando
Vugusto dal vinto Egitto recava a Roma i lesori,che viave-
va ammassati la terra piu fecoada e il commercio piu ener-
gico dell' era antica, il prezzo delle cose vi si doppio. Ci ri-
durremo invece a no tare le alterazioni portate ne'prezzi
della eta moderna dalle nuove miniere d' America e di Rus-
sia, e dagli strati nuriferi di California e Australia.
Alia seoperta d' America era poca la quanlila dei me-
lalli nobili esistenti in Europa. Dinanzi alle irruzioni dei
barbari e fra le guerre fraterne, tanto frequenli per ogni
parte nel preceduto medio evo, la paura ue avera sepolto
non poco, che tutto poi nori riappariva al giorno: mollo
in tanti secoli se n' era consunto pel logoramento (I) delle
nionete e pell' uso degli oggetli lavorati: piu ancora n' era
partito pella via consueta d' Orienle. D' altronde la indu-
slria mettallifera era venuta meno per guisa, che dal 000
al 1500, giusta i calcoli di M. Jacob (2), non avrebbe pro-
dolto oltrc ai due annui milioni di franchi in oro e argen-
to. II londo antico, secondo lo stesso Jacob, non sarebbe
stato maggiore di 860 milioni di franchi: fondo, che altri
l»orta al numero rotondo di mille milioni, e cbe Alberto
Gallatin forse eccessivamente eleva a 1000 milioni. In que-
st© compito tanto difficile pella moltiplicita e complicazione
dei suoi eleinenti, e pella loro distanza da noi di Ire secoli
e mezzo, e forse molto non discordare di piu.
Dal 1500 al 1550, secondo le osservazioni di Adamo
Smith, non apparvero alterazioni nei prezzi delle cose, che
e quanto dire nessun abbassamento nel prezzo dei due me-
(1) M, Jacob. On Precions metals. T. I. Capit. XIV, valuta una 360/
parte la perdita annuale portata nei metalli nobili 7 —
unico nel mondo. K questo il Clearingg-House, o camera
diliquidazioiie inLondra. Ogni di,dopole dodici, lutti i ban-
chieri di quella capitale, col mezzo de'loro cornmessi, eon-
vengono in questa camera ; dove compensano le tratte, che
hanno a ricevcre, con quelle che debbon pagare, e pareg-
giano la differenza con note di banca. Da un documento
parlamentario si ha, che I' anno 1859 si e fatto in questa
camera senza alcun uso di numerario il giro di 258G0 mi-
lioni di franchi (I).
Cou eio si spiega il miraculo, onde lughilterra puo, col-
I' impiego di circa mille milioni di franchi in moneta, com-
piere tuti gl' immensi affari proprii, e forse la mela dei
commercial! di tutto il mondo (2).
II meecanismo medesimo del Clearingg-House e ripetu-
to a Londra e a Parigi nel giro delle cambiali dei due pae-
si. Le cambiali si traggono dalle varie citla sopra Parigi e
Londra. Qui o si compensano con tratte della capitale so-
pra quelle cilia, o si pagano con giri presso la banca, o
con biglietti di questa : e vi si girano senza uso di denaro
presso ai dieci mila milioni di franchi.
Yenne osservato dagli economist!, che piu studiarono
in questa materia, che i paesi poco industriali, mancando
di movimento, abbisognano di poca moneta ; che i paesi me-
diani Ira il poco e il grande progresso, usano piii moneta
che credito-, e che i paesi prossimani al progresso supre-
mo, quanto meglio innalzansi verso la cima di questo, ven-
gono usando piu credito e meno moneta. Il che ci e con-
fermato dalle storie commerciali d' Inghilterra, delle Provin-
ce unite e di Francia ; e lo sara ben presto da quelle di
(1) M. Chevalier, Cuurs d'eronom. polif.. Ediz. di Bruxelles. Vol. Ill,
pag. 349.
(2) Lo stnsso. pag. 1276.
— 568 —
Olanda, del Belgk) e della lega doganale alemanna; che
eontinuando negli rneoati progressi sapranno appropriarsi
ognor pin T uso tanto lucroso di questi meccauismi.
In qualche stato la consuetudine popolare alia carta
puo Tare le veci degli indtistriali progressi, e citoremo f Au-
stria i cuisuddili (adeccezione degli italiani) priniache
la banca di Vienna sospendesse i suoi pagainenli, preferi-
vano sempre la carta al metallo: e appena sieno ripresi, li
vedremo tornare al punto medesimo. E fu per questa
consuetudine, che Tegoborski, nel 1840, non trovava di
numerario in questo vaslo impero cbe dai 550 ai 575
milium di franchi, de' quali forse la meta nelle proyincie
italiane (I ).
Per questi esami ci si la dimostrata e manifesta una
opinione conlraria alia generale., che tiene farsi maggiore
la dimanda e l'impiego dell' oro novello a misura degli
industriali e commerciali progressi : laddove inveee e vero,
che crescendo con questi sempre piu luso del credito, si
lara progressivamente minore il bisogno della moneta
metallica.
La terza causa, cooperante al deprezzamenlo dell' oro
ncH'offieio di moneta, e la mirabilissima mobilita di questa
neir era or corrente.
Coll' esca de' guadagni nelle azioni di tante imprese
sociali, che ogni giorno appariscono in ogni canto del
raondo civile, e alio quali sono ormai connesse tulte le
opere pubbliche e private di qualche rilevanza, i denari
escono dagli scrigni de' capitalist! ; dove in altro tempo gia-
ceano lunghi anni immoli. Lanciati una volta nella cor-
rente commerciale, fanno in un anno cento giri, cioe cento
voile rappresentano e moltiplicano se' stessi.
( I ) Finances de VAutriche. Vol. 1. pog. 91.
— 509 —
Tutte queste cause, reslringendo la dimanda deil' oro
oovello, debbono inevitabilmente auinentarne I'offerta, e'eon
essa peggiqrare il suo presente valore come monela.
Queslo peggioramento potra egli impedirsi o sospen-
dersi dalla dimanda dell' oro come merce, cioe pe' servigi
di lusso? La dimanda dell' oro per questi non potra farsi
maggiore della presente, se non in quanlo il prezzo se ne
faccia rainore: poiche solamentc in quesla nuova e digra-
data sua condizione potra diventare accessibile a quelli,
die presentemente non ne usano. Prima adunque che tale
maggior dimanda possa mitigare gli effetli della maggiore
offerta dell'oro, e d'uopo che queslo abbia perdulo almeno
la me la del suo presente pregio.
In queste condizioni del mondo altuale economico, che
abbiamo csposte, lo scadimento inevitabile dell' oro, che
sovrabbonda, sara graduale e a giusta mi sura, come quello
d" ambo i metalli nobili, che precedette la scoperta di Ca-
lifornia e Australia, o impetuoso e a balzi, e quasi precipi-
te? A questa seconda sentenza ci fa piegare la esorbi-
tanza delle masse ogni anno ammontate, e la potenza im-
mensa e ognor crescente delle tre cause, che ponemmo in
luce.
Siamo all' ultima ricerca: quella del probabile periodo
d' un deprezzamento di rilevanza.
II massimo, che sarebbe, come vedemmo, di quattro
quinti, dipendendo dalla maggiore o minore persistenza ed
accorrimento dei cercatori d' oro in quelle lonlane e disa-
i^iate regioni, che per piii cause puo perturbarsi,venir meno
o interrompersi, non si saprebbe slringere a un termine.
Ma un deprezzamento gravissimo, per esempio della meta,
dove non venga allentalo da carestie, che affliggauo vasta -
mente I' fiuropa, o da guerre del pondo della orientale, lo
— 570 —
credo possibile, e forse inevitabile nel giro di died in do-
diei anni.
Ne faccio il profela di fantasia o abbaccinato dalla
paura : ma intendo dedurre la previsione con logico argo-
mento da un reccntc passalo.
Vedemmo che nel periodo dal 1500 al 1750, quantun-
qne I' annua produzione dei inetalli nobili fosse salita dai
due railioni di franchi agli otlantacinque, i prezzi delle cose
non eransi che raddoppiati. Ma vedemmo ancora, che nel-
T altro breve periodo dal 1750 al 1800, essendosi la pro-
duzione sollanlo raddoppiata, i prezzi si quadruplicarono.
Tal differenza evidenteinenle provenne dal doppio effetto
delle masse, ognor piu grosse, versate sul mercato generate,
e dal!' essere questo quasi saturato di moneta col sempre
piu allargato uso del credilo.
Ora se una massa metallica duplicala nel giro di 50
anni pote aumenlare del quadruplo il prezzo delle cose, una
massa quintuplicat'a deve caeteris paribus portare al prezzo
delle cose, nel giro di dieci, l'aumento del duplo. La dimo-
strazione arilmelica sta nella nota (I).
Potrebbesi opporre, che nei primi 50 anni del secolo
correnle, quantunque la produzione dei metalli nobili sia
progressivamente montala dai 225 milioni di franchi ai 46 5,
i prezzi delle cose (cioe delle terre, che con norme meno
dipendenti dagli accidenli naturali o arlifiziali rappresen-
tano i valori) non giunsero a triplicarsi. Ma qui dobbiamo
osservare: l.° che le guerre napoleoniche dei primi tre
lustri impiegarono per tulta Europa immensa quantita di
denaro in dispendj bellici: 2.° che il nuovo metodo assunlo
dai governi europei nel secolo presente di levare imposte
1 i'X50~ 100 _ 2 "
— 571 —
ognor piu grosse, per consecrarle al mantenimenlo di mili-
zio occessive e ad opeie di grandissiino costo, seguito a
trovare a' denari 1' impiego, che sacebbesi diminuito al ces-
sare di quelle guerre; 3." che le miniere di Russia fino al
1823 non davano che 985 chilogrammi in oro; che fino al
1833 non ne diedero piu che 65 1 8, che soltanto il 1842
lo crebbero a chilogrammi I492G; e che linalmenle nei
soli anni 1846-1847-1848, loelevarono alpresenle prodotto
di 28252. D'altra parte la produzione amerieana dal 1810
al 1848 erasi diminuita di 20 milioni di franchi.
Ma nella seconda meta del secolo, che or percorriamo,
le societa induslriali assunsero o sono per assumere lulti
i grandi lavorl delle comunicazioni: e queste sociela, come
vedemmo, non usano la moneta metallica, ma imeccanisnii
del crcdito. Nella nuova era, in augur at a colla pace, una
parte non piccola delle truppe stanziali sara congedata, e ne
cessera la spesa. In questa l'Oriente mandera somme ognor
maggiori alia compra delle merci occidentali. In questa l'an-
nua produzione aurifera, peiraccorrimento sempre piu gros-
so dei cercatori, potra presto montare ai due mila milioni di
franchi. Or chi non vede in tultocio, che le cagioni traenti
al deprezzamento dell oro sono piu potenti nella seconda
meta del secolo decimonono, che non furono nella seconda
del decimottavo? Con piena convinzione mi e forza quindi
ripetere, che nel breve periodo d' un decennio \edremo
scadulo 1' oro della meta del suo pregio presenle.
Ora, in grembo a questo avvenire, che gia ci stende le
hraccia ineluttahili, quali vicendeaspettanci nellordine eco-
nomico, e quali nel giuridico?
572
I!
Preraetto due avvertenze: I' iimf, die la niia lesi non
tocca le situazioni d' Olanda e del Belgio, dove I'oro non e
nionela. L' altra, ch'io suppongonegli altri stati libera e
senza freno 1' azione dell1 oro.
In primo effetto di quest'azione, nonostanti le Ire gran-
di esportazioni d' oro gia rieordate, si e sentito nella mo-
neta c si compula un 5 /a per 100. Qneslo disagio, bench 'c
si minimo, baslo per l'opera del couamercio a yuolare d'ar-
gento" Le provincie unite d' America c I' impero di Francia.
Napoleone 111 voile ajutare la circolazione mefallica, imba-
razzalo dallo sparire dei 5 franchi d'argento, sostituendoli
d' oro: ma ineglio avrebbe operato, se con un tratlo di
penna correggeva I'.errato rapporlo dell' I al 15 '/„, che
tuttavia sussiste in quello stato per la legge monelaria del-
I'anno undecimo.. Sopra quasi i tre miliardi d'argento nio-
netato, die altribuisconsi a quell' impero, egli avrebbe evi-
tato una perdita di presso a 100 milioni di franchi, causata
dall' crrore di quella legge. Tanto importa in eeonomia, e
soprattullo nella materia quasi volatica delle mpnete, saper
tirare giustanienle e prontamente una linea.
Noi pine, che abbiamo ancora il vecchio e non piu vero
rapporto dell'l al 15 stabilito dalla legge I novembre 1825.
perdemmo i napoleoni d'argento, perdemmo i talleri, e per-
deremo i pezzi da 20 carantani, appena il progrediente de-
prezzamento dell'oro viriea il vanlaggio gia tanto attenuate
del cambio di quelli con questo, e e' intluca tulti a pagaro
in oro andic le casse pubbliche.
Ma Lutto questo e un nonnulla al paragone dei i'atli,
che m'aecingo a mettere in luce.
— 573 —
Adolfo Thiers, in un discorso celebre, tonuto il 18'iH
all assemblea di Francia, diccva che i prezzi piu cari dimo-
strano i paesi piu ricchi. Ed e sentcnza di quasi tutle le
J)ocche. A qucsta stregua niun paese sarebbepiu ricco d'una
piazza bloccata.
La ricchczza pcrd non consiste neh" abbondanza della
moneta, ma in quella delle cose che servono alle necessity,
ai bisogni, ai piaceri degli uomini. In questo novero 1' oro,
come cosa, non serve che a I piacere del lusso ; e come mo-
nela e un agenle della ricchezza, e non la ricchezza. E vero
che come agente esso abbisogna in una quantila sufflcientc:
come abbisogna no le strode e le macchine. Ma se mollipli-
cate quesle ollre mi sura, qual pro ne fate al paese, e quale
aumento alia ricchezza? E se molliplicate oltre misura il
denaro, che potele fare di meglio? Non altro che aecrescere
i prezzi delle cose, elevare le cifre dei conti, aggravare la
inutile fatica della monclazione, e il nojoso incomodo della
numerazione e dei trasporti.
E a questo solo incomodo soggiaceranno d'ora innanzi
i beati posscssori delle terre, delle fabbriche, degli animali:
i quali colla stessa misura venderanno frulli e sostanze, e
compreranno il bisognevole. Un solo danno pu6 coglicrli,
ma lemporaneo e di pochi. E sara di quelli, die avendo
aflittalo i poderi a termini lunghi, come costumano gl1 ln-
glesi, rice\eranno d' ora innanzi le mercedi ogni anno piu
assolligliale. Nell'avvenire pero sta per essi pronto il rime-
dio del palluire le mercedi in generi.
Ma i possessor! sono sempre la parte minore d' ogni
paese: e la maggiore, quella che vive del lavoro e del ere-
dito, riccvera percosse gravissime e ingiuste. Nato in gi-em-
bo alia scuola ilaliana,, che mette innanzi a lutlo la mora-
litu, notero prima le ingiuste.
Serie III. T 1 74
— 574 —
II codicc austriaco (§ 988), c il codice di Francia (art.
\ 895) contengono a questo proposito una disposizione, die
presuppone in quelli che la dettavano poca conosccnza
della dotlrina economica sulla moneta.
Pel codice austriaco, ad estinguere un debito basta la
stessa quantita di metallo, eh1 era sufficiente il giorno della
sua origine. Pel codice di Francia, basta la stessa cifra nu-
m erica. Ma siccome in Francia e vielala ogni alterazione
nella moneta, cosi la stessa cifra numerica ivi equivale alia
stessa quantita di metallo. Perlocche su questo puntoidue
codici sono concordi.
Ma e ben piu strano vedere, che i piii cbiari economi-
sti, forse trascinati dall' autorita delle idee giuridicbe cor-
renti, tengano lutti ancb' essi (almeno i letti da me) che un
mutuo di cinque anni addietro si possa legittimamente
restiluire oggidi colla stessa quantita di metallo.
La moneta, come dicemmo, e segno di valore e insie-
me eqvivalente. Ed e conseguenza logica di tal definizione,
che il segno non puo essere elevato sopra 1' eqvivalente
(oro e argento, come merce) senzache questo diventi una
menzogna , una frode . Ond' e , che chi avendo ricevuto
prima del 1850 un prestito di 100 napoleoni d' oro in-
lenda soddisfarlo al presente colla reslituzione daltreltanti
napoleoni, commette la frode medesima, che se pagasse
un giusto debito con moneta peggiorata,o tosata del 5 '/
per 100.
E seguilando in si fatta guisa, tale frode potra pi-
gliare misure incredibili c ributtanti: poiche tutti i de-
bitori, certamente pagando colla moneta piii favorevole
a loro , eslingueranno le precedenti obbligazioni colla
metd del valore giustamente dovuto. Applicale il facile
( o in apparenza lecito ) abuso alia immensa mole del
— 575 —
debito pubblico tli tulta Europa ed America, e di lulti
i debit! privati di non recente data, e ne scoppia una
ruberia universale tanto poderosa e sterminata da vin-
cere tulte insieme quelle dei piu gloriiicati saccheggialori
de' popoli.
Passiamo a notare le principal! percosse economiche.
I 750 niila milioni difranchi, cbc dopo la guerra or ces-
sala compongono il prcsente debito pubblico europeo (per
tacere deil'americano), non meno ebe i raolli milioni di pri-
vati mutui, sono tutli una proprietd privata, di cui gran
parte appartiene a stabilimenti di religione, di benefieenza,
di utilita pubblica. Levate loro, col deprezzamento dell'oro,
la meta delle rendite die raccolgono in denaro dallo stato
e dai privati, e i piii ne resteranno gravemente estenuati,
non pocbi ancbe abbatluti. Da costa ai quali cadranno (se-
gnatamente nelle cittu capitali) famiglie innumerevoli e one
ste, principalmente d' impiegati pubblici, che avranno col-
locato i risparmii di lungbe fatiche nei pubblici fondi, o nelle
mani private. Alcunidiben larga cintola fra gli econoinisti
osservarono, che tutta questa rovina sarebbe largamente
compensata dalla piu facile estinzione del debito pubblico e
privato: il qual effelto amano paragonare al giubileo cbrai-
co. Ma quel giubileo, finche fu manlenulo^ fu causa preci-
pua della rozzezza e poverta dei primi tempi di quel popolo:
poiche attutava la energia dell' interesse individual, ed
impediva l'uso fecondo del credito. Questa estinzione inol-
tre, procacciata a tal prezzo, vantaggiando lo stato di alcuni
coll'annientare la proprieta degli altri, sarebbe opera nefan-
da di comunismo. E tutte le tramutazioni di questa pro-
prieta, che non sieno il frutlo deH'onoralo lavoro, riescono
a cancellare tra gli uomini il principio morale per inlroniz-
zare al suo poslo finganno, il furto, la conquista.
— 57G —
'La secomla percossa eadra sulla potenza del creditor a
cui dobbiamo quasi tulle le meraviglie eeonomiche della eta
correote. I eapitali primitiyi delle vecchie banche pcrderan-
no la meta del loro valore: niuna banca novella potra fon-
darsi sul pendio di questa declinazione perpetua. Ogni ca-
pitalists pubblico e privato sara sollecito a riehiamare il
suo denaro per collocarlo eon piu sicurezza in acquisti di
terre: ondc la rovina dci debitori presenti. II denaro non
pi'eslerassi piu ehe a termini brevi: gli affari si Iratteranno
tutti con soli giri di partite, o con pagamenti immediati. Le
stesse imprcse per azioni, ehe al nostro tempo elevaronsi a
ministre quasi onnipotcnli d' opere, ehe in altra eta sareb-
bersi credutc impossibili, pel vacillare dell'oggetlo, rappre-
sentatorc di tutti i valori, perderanno tulte 1' iudirizzo po-
silivo e il coraggio, e non poche la vita. E la speculazione,
quest' aquila ardita della nuova era eeonomiea, prcveggen-
do ehe i suoi voli, quanlo piu si allargassero nel tempo,
tan to piu correrebbero per un acre assottigliato e mortale,
dismettera lo slaneio animoso, e con dan no incalcolabile
della umana famiglia sara costrelta nuovamente camminar
terra terra.
Volgendoci ad altre parti, troveremo nuovi tormenli e
nuovi tormentati. Non potendo i salarii degii operai cresce-
re paralleli aU'aumenlo de'prezzi de' genert di prima neces-
sity c degli affilti delle abitazioni, saranno con tin ui e cru-
deli i patimenli di questa elasse tanto numerosa in ogni
slato civile, e tanto degna della universale alfezione. Ne
moltnmen aspra sara la sorte de'funzionarii pubblici,segna-
tamente dei moltissimi di minor gi'ado, e di tutti i profes-
sori di liberali discipline.
Piu deplorabile sara la condizione d<' ministri del sail-
tuario, ehe ricevono in denaro i soltili slipendi: c depIOra-
— 577 —
bilissima quella dt'gli infelici, a'quali Soccorre la earitu
pubblica c privata.
Necessitali i governi a spese maggiori nel costo elevato
dclle opero pubbliche, e neiraccresciinento del soldo a'loro
funzionarii e alio nhlizie, dovranno equilibrarsi coll'aume.n-
tare ognor piu la cifra delle presenti imposte. Dal die
nuovi dolori, e ognor piu acuti, no' popoli: ed incessanlc
fomite di crescente disaffcziuno a' governi. Sotlo il quale
rispctto |b scadimcnto dell' oro piglia il grave carallere di
una vicenda politico.
Stimano i piu, che a bilaociare con usura lutli qaesli
turbainenti social! basti il muvimenlo generafore di mag-
giori industrie e speculazioni, cheloro inoltiplieato e tras-
formato in nioneta non manchera di suscilare in ogni pac-
se. Indefinito, essi dicono, e il canipo della umana indu-
strial dale a questa f agenle monetario in quanlila indefi-
nila ; e ne avrete i prodolti d' egual misura, eioe smisurali.
Generalita chimeriche, troppo frequenti negii seriltori di
Francia, che sfumano al tocco della osservazione e del-
1' analisi.
Dicemmo gia, col noslro Antonio Serra, che 1- oro e
l'argenlo corrono a' paesi, dove sono piu in fiore 1c indu-
dustrie e i commerci: perehe quesli metalli non ci si recano
per nienle, ma verso il correspetlivo d'allrellanli e cercali
prodolti. Quindi V oro novello inondcra dapprima Inghil-
terra, Francia, Svizzera, Prussia ccc; mettera quale he vena
in altri paesi, come Lombardia, INapoli, Pieraonte, Venezia,
Allemagna ecc; non entrcra che scarso in quclli, che nun
abbiano prodolti domandali e sovrabbondanti. Or quali
sotto il dominio di questa legge, considcrati in una veduta
piu elevata e piu anipla, che non e quella finora osservala,
saranno gli effetli e i movimenti causati doll' oro sovercbioS
— 578 —
Appena gli slati, die or primeggiano nella ricchezza in-
dustriale, saranno saturati o sovrappieni d' oro, vi cresce-
ranno a dismisura i prezzi dc' generi di prima necessity, e
gli affitti delle abitazioni. Bisognera crescere le paghe ai
manifattori, e crescere i prezzi alio manifallure. Ma queste
ne' paesi, non sovrappieni d'oro, non troveraiino piu com-
pralori. Sorgera quindi il fantasraa lerribile dell' ingombro
delle merci a desolare improvviso e inesorato i paesi pro-
dultori : dai quali la fame caccera il soverchio degli abitanti
colla niorle, e colla emigrazione.
Gli stali, or di secondo grado, cioe meno industrial! e
meno pieni d' oro, piglieranno allora lena: poiche molti ca-
pitalisti, tirativi dal tornaconto del minor costo della man
d' opera e delle materie prime, emoltissimi operai, allettati
dal minor prezzo de' viveri e delle abitazioni, dai paesi di
primo grado Irasmigreranno in questi, e vi rimarranno,
linche, pei motivi medesimi, soggiacciano come i primi alia
vicenda dell' oro soverchio. II quale trapassera da ultimo
ne' paesi di terzo grado, e ripelera gli stessi eventi : giacche
la causa identica portera sempre 1' identico effetto.
A primo aspetto parra, cbe per questo trascorrimento
dell' oro di pacse in paese, recando seco le industrie e i
commercii, egli assuma il nobile carattere e le funzioni di
incivibtore. Ma, in primo luogo, il paese cbe lascia alle spal-
le, resta desolato e povero d' art; : come avvenne alia Spa-
gna inondata dai tesori d' America. Per secondo, se l'inci-
vilimento, condolto dalla intelligeuza e dai razionali pro-
gressi, va sempre innanzi di bene in meglio, procedendo
sur una via seminata di fiori e di frutta, rincivilimento por-
lato dab' oro, caccia innanzi, come vedemmo, e travasa le
popolazioni coi tormenti della fame, e coi dolori della emi-
grazione. Per terzo, non potendo dar frutli diversi dall'in-
— 579 —
dole sua, reca una civilta tutta impregnata di raateriali in-
teressi, e ben lontana dalf altezza e dalla idealila dei pro-
gress! della ragione. E chi vuol seernere questo vero nei
fatli della storia, raffronti la cospicua natura delle colonie
di Grecia antica a quelle tanto diverse della moderna In-
ghilterra.
Perloeche da qualunque lato si guardino queste masse
esorbilanti d'oro, che ogni anno raonlano sulle antecedent!*,
e vengono ingombrando il generale mereato, e nelle condi-
zioni presenti del mondo economieo e delle leggi ebe abbia-
mo, se ne pesino gli effetli iramediali e mediati sulle bilance
della economia, della politiea e del giure, chiunque non 6
straniero a' principii di queste discipline dee rimanere
grandemente atterrito alia immensita dei mali imminenti, e
piii ancora stupefatto alia presenle inazione dei piu dei
governi.
Ma questa accusa e poi veramentc meritata ? Prima di
lanciarla, vuole giustizia cbe veggasi se nella scienza siaei,
e quale, un rimedio.
III.
Se si trovasse una merce di pieciol volume e di grande
e immutabile prcgio, sarebbe trovala la misura del valore
di tutti i luoghi e di tutti i tempi, cioe la monela perfetta.
Ma questa in economia e la quadra lura del circolo. Non ci
rimane adunque altro compenso, che di trovare tal merce
del pregio meno possibilmemtc variabile, e collocare in que
sta la miglior m on eta possibile.
L' oro e I' argenlo soddisfano alle due prime condizioni
del pieciol volume, e del grande valore. Ma quale dei due
— 580 —
adempie meglio aH'altra della maggiore stabilild?E questo
il piimo passo'alla soluzione del probletna.
L' oro, tranno eceeziphi di nessun con to, si trova in
islato nativo, cioe non mischiato ad altre sostanze. L' oro
si trova quasi lutto nelle terre d' alluvione: ond' e die a
raccorlo bastano braccia, e a purgarLo un semplice lavaoro.
Quindi la spcsa minima di produzione : (jiiihdi T arbitrio in-
tero della fortuna sulla rnaggiore o minore sua quantlta, sul
subilaneo apparire o disparire di esso. Qual soslanza adun-
que e meno atta di questa a rappresentare la stabUitd del
valori? Per vcrita non si sa in lend ere, come due nazioni
tanto provette nelle doltrine economiche, cioe le province
unite d* America, all' apparizione dell' oro di California tras-
ferissero dall' argento all' oro la misura legale dei loro
\alori; e come Inghilterra seguiti a mantenerla in questo.
Ne piu scientifico o men dannoso 6 il sistema di Fran-
eia, e degli allri stati, che adoltarono I'uso commie dei due
melalli, come vedremo piu avanti.
Osserviamo ora 1' argento.
Questo trovasi sempre, salvo qualche eccezione raris-
sima dentro a filoni sprofondati, e mescolato a tante so-
stanze, che per consuelo al Messico e al Peril non se ne
cava che i Ire millesimi. E quantunque in Russia, e molto
piu nelle Americhe, v'abbian filoni di meravigliosa potenza,
vi s' impiegano tanti capitali in pozzi, gallerie di scolo e di
prolungamenlo, coslruzioni, macchine, braccia, trasporti,
e matcrie (compreso in queste il mercurio per I 12(1000
di valore) die la spcsa complessiva di produzione lascia di
rado un bel prodotto netto. E ben sel seppero gli specula-
tori inglesi, die gli anni 1825-1824 eransi dati con lanto
ardore all' opera di queste miniere: dal che usciva (con al-
tre cause di minor conto) la crisi commerciale del 4 825,
— 581 —
cioo la piu terribile di quante abbiano minaeeiata la flori-
dezza di quella ricca nazione. — Quella spesa di produzio-
ne polra diminuire o col piu assennalo indirizzo di alcuni
lavori, o colfuso di macchine idonee, o con qualcbe Irovato
chimico: ma lutlocio considerato e calcolato, non potrebbe
superare il margine d'un veriti o yenticinque per cento, die
non e di seria importanza ncH'ampio giro del rnovimento
mondiale: tanlo meno, die quantunque sia vero, come ve-
demmo, cbe la corrente dei metalli nobili sia dall' oriente
invertita verso l'occidente, e vero ancora, ebe quella del-
l'argento verso 1' oriente non cessera. Poicbe eercandosi
dagli orientali con predilezione largento, seguiteranno a
procacciarselo come una merce. E infatli, ne racconta IMF.
Newmarck (I) cbe, ancbe dal settembre 1831 a luglio 1835
tramutossi da Londra alio Indie e alia Cbina una massa
d'argento del valore di tre milioni ottocento sessanta mila
sterlini.
E siccome la grande, n6 facilmente allerabile spesa di
produzione, e il miglior cardine della stabilila del costo dclla
cosa prodolta (2), cosi e manifesto, cbe neH'offizio di mo-
neta, l'argento, fuor d'ogni dubbio, 6 preferibile all'oro.
Qual posto nel sistema monetario assegoerassi all'ar-
gento, aflincbe possa realmente e stabilmente rappresentare
i valori? Sara unico, principale coll'oro ausiliare, o com li-
ne con queslo? Queste tre, con qualcbe modificazione, sono
le sue sole posizioni possibili: queste tre sono quindi Ie
vie, per le quali arrivare alia soluzione del problema. Noi
le batteremo.
(1) The new supplies of Gold, facts and statements relative to their
actual amount, and their present and prohable affects. Lond., 18'!3.
(2) 11 processo di produzione dell'argento e descritto alia pag. 160,
407 del Corso di econ. polit. di M. Chevalier. Vol. Ill, Edizione di
Brusselle.
Serie 111. T. I. 75
— 582 —
11 noslro Cesare Beccaria, staecandosi da Guglielrao
Petty, da Giovanni Locke, e da allri teoriei anlichi, amuiise
luso coraune dei due metalli noli' officio della monela. E
M. Chevalier, che eonsecr6 tutto il lerzo volume del suo
Corso di economia politico, pubblicato Tanno 1851, alio
studio delle doltriae sulla moneta, seguitava il Beccaria.
I teoriei antichi pero aveano ragione. Due tipi moneta-
rii a rappresentare la quantita dei valori non sono migliori
che due raelri a misurare le quantita lineari. Sia pure, che
i goverui tenendo conto delle variazioni occorribili nell'uno
e nelfaltro melallo (come propongono i detti scrittori) ten-
tino mantenere in sodo un inisuratore del prczzo delle cose:
mal si potrebbe trovare i ubi consistam nella mobilila per-
petua di quesla altalena. Tanlo meno lo si potrebbe, che le
quantita rispeltivamenle prodotle non portano seco una
proporzionale eommisurazione del rispettivo prezzo. E in
effetlo., prima di California e Australia, l'oro prodotlo rim-
petto all'argenlo era nella proporzione di 1 a iO. Oggi e in
quella d' I a 4. Ma i prezzi loro non sono che nel raggua-
glio d' I a quasi \4. Questo rapporto adunque fra Targento
e l'oro, introducendo nel compito un secondo dato, penden-
te dal capriccio degli uomini, piucehe dalla realla delle cose,
farebbe piu vacillante la misura dei valori. La quale per
prestare i servigii del metro deve, come questo, consistere
e concretarsi in un oggetto materiale ed unico.
La seeonda posizione deirargento nel sistema monetario
c quella di principale coll'oro ausiliarc.
Quesla, benche alia parola della legge (qual1 e la fran-
cese dell'anno XI, e l'austriaca del primo novembre 1825)
possa parere diversa dairanzidetta (dell'argento ed oro co-
inuni) in effetto e la medesimn. Poiche quand'anche la lcg-
ge diea essere la unila monetaria rnppresentata dall'nrgen-
— 583 —
to, ovvero dall'oro, se ambidue hanno un vafore tariffato
e uncofso forzato, funzionano in realta come comuni. Quin-
di appena f uno scadra di pregio, elevera i prezzi di tutte lo
cose colla misura del proprio scadimento ; e al tempo stesso
farafuggirc rapidamente l'altro dal paese: come awenne alia
Francia, alio Provincie Unite e a tutti gli slati, che non tro-
vansi nelle situazioni fin oggi eccezionali d'Olanda e del
Belgio.
II distinlo economista franccse Courcelle Seneuil vede
nel presents sistema monetario di Francia il migliore pos-
sibile: siccome quello, nel quale levariazioni, che avvengono
in un metallo, sono mitigate da quelle dell'altro, onde risul-
ta una media di valore meno possibilmente mutabile, quasi
un pendolo eompensatore. Ma queste sono parole da retore,
piueche da filosofo. E lo speculatore va diritto al guadagno.
Senza badare a compensazioni, abbraccia energicamente il
piu, esclude rigorosamente il meno. E valga d'esempio la
sua stessa Francia, ormai vuotata d'argento.
Giuseppe Molinari, professore assai dotto d' economia
politica a Brusselle, colla vista di far funzionare i due
metalli, propone un piano singolarmente blzzarro: il quale
attuato che fosse, trarrebbe presto a rovina qualunque sta-
to. Vorrebbe, che I'argento fosse monela priniaria, e che
l'oro corresse quasi un biglione. E vorrebbe poi, che se
I'oro scapitasse di pregio, lo slato fosse pronto a permu-
tarlo coll' argento. In questo piano se lo slato ammetla nel
corso le monele d'oro straniere, queste ne caccieranno pre-
stamente I'argento: se lo stato non ammetla che le monete
d'oro nazionali, il coramercio portera l'oro alia zecca dello
slato, enecacciera del pari I'argento: se, tinalmenle, la zecca
dello stato ritiula coniare pel commercio, questo usera delle
zecche straniere per conseguire I'effetto medesimo. In ogni
— 584 —
lpotesi la uscila dell'argento sarebbe inevitabile e indeflnita :
e lo stato, die volesse tcncre la sua parola, e rattenerlo,
capiterebbe male.
Michele Chevalier nel 1854 mul6 la prima opinione. E
in un articolo, 1 1 aprile del giornale il Debut, commentan-
do la legge francese dell' anno XI, richiamo come posto da
essa il prineipio: cbe I' argento sia la base ferma e immu-
tabile del valore, e che il eosto dell' oro sia tenuto dal go-
verno in tariffa come pedissequo a quello dell' argento.
Qnesto piano e una modiflcazione essenziale dell'anle-
cedente in cio, ehe al carattere di principale introduce nel-
T argento quello di campione unico: al quale ragguaglian-
dosi il subordinate prezzo dell'oro, evitansi i mali grandis-
simi, die abbiamo avvisati, come causabili dal deprezza-
menlo di questo.
Ma questi mali sono poi tutti evitati? Cortamente che
no. Sia pure, infatti, che il governo vigili a tener l'oro rag-
guagliato al campione dell'argento; il commercio sara sem-
pre piu vigilanto di lui. E un breve inlervallo di abbassa-
mento dell'oro, causato dagli accidenli di produzione con-
tinuata o accresciuta, o di esportazione alterata, e non
avvisato sul momento e regolato dal governo nella tariffa,
lasciera la occasione a'debitori di pagare iniquamenle colla
moneta peggiore e dara modo agli speculatori di lucrare
colla importazione del metallo scaduto e colla esportazione
del prevalente la differenza del pregio tra 1' uno e 1' allro.
Questa differenza sara sempre perduta dal paese: al cui
danno fara ogni volta I' effetto d' una imposta novella.
Per questi esami e dimostralo, che nelle due posizioni
dell' argento coll1 oro iinora osservate non si trova soddi-
sfacente e piena la soluzione del problema discusso. Ilestaci
a ricouoscere, se la si possa rinvenire nella terza,
— 585 —
E questa, come dicemmo, la posizione deH'argento co-
me moneta unica. E il sistema adottato c vigente nell' O-
landa e nel Bclgio.
Guardato in leoria, e perfettamcnte scientifico: poiche
come mis ura di valore ba la unicild riehiesla dalla ragione
in ogni misura. E come stabilila di valore ne ha tanta, die
nessun altro metallo polrebbe offerire la uguale nelle attuali
e note condizioni del globo, e nel presente stato dclla me-
tallurgia.
D' allronde, sc accidenli naturali, o scoperle chimiclie
non previsibili ne raddoppiassero la produzione o ne di
mezzassero le spese, i! sistema medesimo, senza perdere la
propria eccellenza scienlifica, prcsenterebbe pronto e age-
volissimo il modo del rimedio. Essendo nnico il metallo da
regolare, non si avra chc a bilanciare il prezzo di questo,
paragonandolo ai dati della quantila e delta spesa di pro-
duzione anteriore. Anzi la spesa sara forse il solo dato rego-
latore : giacche essendo vaslissime le miniere d' argento
gia note, non diperide die dalle spese 1'aumentarne i pro-
dotti: i quali conseguenlemente suranno sempre commisu-
rati da quelle.
Rilevato pertanto il prodotto aumentato deH'argento e
il suo prezzo diminuito in commercio, non si avra die a
crescere d'egual misura il peso della unita monelaria, adot-
tata dallo stato. E sc vogliasi risparmiare la spesa di nuove
monetazioni, non si avra die a dichiarare, die 1' anteriore
moneta, rappresentante la unita monelaria, seguita a rap-
presentarla,coldisagio pero di tanli cenlesimi per lira, quanti
corrispondono al deprezzamcnlo avvenulo e riconosciuto.
In questo sistema la unita monetaria, serbata al solo
argento, non e una parola (come in lutti gli altri) ma una
verita. In questo 1' oro ridotto alia condizione di merce,
— 586 —
quand' anche scapitasse i nove decimi del suo preglo pre-
sente, non portercbbe alraondo econornico peggiore scompi-
glio che l'abbondare e sovrabbondare d'ogni altra mcrce. In
questo e lolto agli speculatori il trafficare in oro a danno
del paese. In queslo finalmente levandosi all' oro la pre-
rogativa di moneta, e digradandosi alio stalo di merce,
se ne fara piu sollecito il deprezzamento fino al punto, che
1' induslria aurifera, al pari d'ogni allra, si regga e moderi
con nn prezzo di rimunerazione non esagerato. Nella qual
estrema sua condizione non dara piu prodotti in quantita
maggiore della opportuna. E lc mani, che a questa rimar-
ranno superflue, saranno dal tornaconto rivolte a opere
piu ulili al genere uraano, che non sia la ricerca immode-
rata dell' oro.
Ma questo sistema, teoricamente perfelto, presenta nella
pratica Ire svantaggi di gran rilevanza: che dove non fos-
sero tolli, lascierebbero mollo incompiula la soluzione che
mi sono proposta.
L' uno e il gran volume e pondo della moneta d' ar-
gento, ineomodissima nei grandi pagamenti e ne' trasporti,
e quasi da ricordare la moneta di Sparta: tanto piu che le
imprese del nostro tempo domandano e uumerano valori
ben grossi.
II secondo potrebbe essere la insufflcienza materiale
dell" argenlo all' oflizio di moneta unica, quando il sistema
fosse fatto universale nei mondo civile.
II terzo e 1' abbandono delle tante leggiere e comode
monete d' oro.
I due primi svantaggi si tolgono col soslituire, quanto
e piii possibile, I'uso del credito a quello della moneta. Mol-
tiplicate ne' paesi le banche al modo di Scozia e delle pro-
vincie unite d'America : e avrete forse per otto decimi rim-
— 587 —
piazzato la necessity dell'argento. II quale rimanendo negii
scrigni delle banche,fara, senza incomodo di nessuno, J'offi-
zio di assicuralore, e lasciera alle note F altra funzione di
inoneta corrente.
Ma come si potra, senza snaturare I' indole scientifica
del sisteuia, togliere il terzo piu gravoso svanlaggio, e non
perdere I'uso delle monele d'oro? Qui sla I' ultima diffi-
colta, e il compimento della soluzione.
Gabriele Onorato Mirabeau (1 nostro Riebelti) I'uomo
piii insigne della prima repubblica di Francia e il piu ver-
sato nelle dotlrine economiche, propose all'assemblea nazio-
nale l'argento come moneta unica, danclole il nome di eoslitu-
zionale: e aggiunse che loro si coniasse in pezzi di 1 0 grammi
con 9 decimi di fino, senza delerminazione di valore. Egli
intendeva, che i privati all' atto di conlrallare avessero
eglino stessi ad attribuire a questi pezzi un prezzo, secondo
il valore che l'oro portava al momenlo in commercio. Ma
con ciopresupponeva l'impossibile; presupponeva, cioe, che
la notizia quotidiana di questo valore potesse essere alia
portata di tutti. La legge 28 Termidoro dell'anno III, adot-
tava questi principj : ma nessuno arrischiossi di far coniare
di questi pezzi; e Francia si rimase co'suoi soli vecchi luigi
fino all' altra legge dell' anno XI. E infatti, il popolo (e da!
popolo sotto questo rispetto non vanno sceverali che i pri
mi banchieri) ha bisoguo per contrattare con fiducia ed
esattezza d' essere guidato dai numeri : e un valore non
numerato non puo dargli ne 1' una, ne 1' altra.
Siamo adunque pervenuti al bivio o di dare ai pezzi
d' oro la indicazione numeriea del loro valore, senzacche
ne resti loro il sistema dell' argento, o di confessare che il
problema e veramenle insolubile.
A sgomitolare quest' ultimo nodo io parto da un uso
— 588 —
die alia eta di Ferdinando Galliani, era generale nel regno
di Napoli, e portava il nome di Voce. La Voce era un prezzo
di molle cose di prima neeessita: grani, vini, olio, cacio, ec.
che in esame diligente delle eondizioni dell' annata racco-
glievasi e dichiaravasi da un magistrato speciale, senza
obbligare nessuno. « Nonsi potrebbe (scriveil Galliani nclla
sua opera sulla moneta) esprimere a parole la grande utilila
e comodita della Voce, a cui dobbiamo il giro del nostro
commercio; il quale senza I' uso di questa Voce, mancan-
doci il numerariOj non si potrebbe moverc. » Applichiamo
I' uso medesimo ai pezzi d' oro ; ene avrenio indubitala-
mente gli stessi vantaggi.
I pezzi d'oro non abbiano, come quclli di Francia e Pie
monte, un valore determinato nel conio, ma un valore di-
cliiarato dal governo, nella lariffa. E tale dichiarazione con
vigilanza si reltilichi ad ogni variazione, che avvenga nel
commercio dell' oro.
Questa dichiarazione pero non abbia chel'effetto della
Voce di Napoli: avverta cioe tutti, che possono senza sea-
pi to acceltare i pezzi d'oro al valore indicato, ma non obbli-
ghi nessuno a riceverli.
In questo sistema I'argento avra solo il corso forzato,
e T oro un corso volontario. Quello avra la prerogativa di
moneta unica legale: questo le qualita d' un'ottima nota di
banca. E se accettausi al pari le note di banche, le quali
non sieno discreditate, si accelteranno con piii sicurezza i
pezzi d' oro, portanti insilo sempre il proprio pregio.
In questa combinazione il sistema esaltamente scienti-
fico dellJ unico argento rimane intatto e perfetto. In questa
al tempo stesso raccogliesi intero il benefizio del movimento
dell' oro come moneta. D'altronde ogni creditore, che sap-
pia o sospetti qualsiasi deprezzamento anche tenue dclloro.
— 589 —
senz'aspetlare i deereti governativi, come gli avverrebbc nel
sistema di Chevalier, puo fuggirc fin I' ombra d'ogni pefi-
colo, non accettando die il solo argento.
In questo piano resta impedito per sempre anclie il mal
giuoco delf altalena fra loro e 1' argento, ehe i cambialori
di valutc, segnatamcnlc nelle Venezie, sanno mantenere nei
listini di borsa a inlero loro, e non piccolo, profilto, e con
allreltanlo danno de' nostri paesi. Poiche I'oro in realta <*
bensi un valorc nnmerato, ma non e piu che una meree.
Lo spingerlo qualche poco in su, come fan ho oggidi, per
vantaggiarnc il valore dell'argenlo, e quindi su queslo ordi-
re i loro guadagni, diventa loro impossibile : perche nessuno
lia legale neeessita dell'oro; tutto il sistema impernasi sul-
T unieo argento; e la unicitd della moneta esclude ne-
cessariamente ogni rapporlo con altro. Che se nel commer-
cio esterno tornera conto 1' una piuttosto che F altra, sari
questa una speculazione particolare, una speculazione del
solo commercio, ma non pigliera a gabbo tuttoquanto fl
paese (I).
Queslo nuovo piano ha F importante vantaggio di po-
tersi attuare in ogni stato, senza il grave dispendio d' una
demonetazione. Poiche le monete d' argento, se hanno nel
disco il valore coniato, lo serbano. E a regolare tutle quelle,
che non F hanno, bastano pochi giri di.penna nella tariffa.
Per mettere ad effetto questo piano medesimo non ri-
chiedesi il concorso d' altri governi, o un congresso mon-
diale. Chi Ira gli slranieri non vuol vedere la luce, suo
(1) Una ordinanza del governo di Vcnezia dell' anno 1851 tento
levare questi danni del mercato pnbblico, ma non ci riusci : perche in ma-
teria di monete le parole governative non valgono. ne si muta lo stato delle
cose, se non si muta la loro realta. Questa e corretta dal nuovo piano; il
cui effetto non potra quindi fallire.
Serie III, T. 1 76
— 590 —
thinno : o un buon sistema monetario basta sempre a se
slcsso. E il governo, che dentroi termini del proprio statq,
fa mantencre le buone regole della moneta, non solo salva
se e i sudcliti da ogni sinislro, ma da modo a qucsti di pro-
flttare degli errori altrui.
Tal e la soluzionc del grande c instante problema del-
l'oro, che abbandonato a se stesso e per aprircisolto a'pie-
di un abisso. Ma gli sara poi dato dalla opinione pubbliea
la raeritata importanza, o non sard invece io creduto ed
additato come profeta affannoso. di sciagurc fantasliche?
Sogliono le moltitudini lanciar la pietra a quelli, che
antiveggono diqualche giorno i fatti dolorosi, che appajono
poi nelle storie umane. Ma io metto la mia fede nei savj, a'
quali e nolo, che il mondo economico, del pari che il lisico,
ha le sue leggi, soggette entrambe a turbamenti inaltesi,
vasti, gravissimi. Di fronte a' quali, quando impedirne o
atlenuarne il dunno soverchia il breve tratto della umana
potepza, non resta agli uomini che il coraggio della rasse-
gnazione. Ma se prevenirip o evitarlo e nell'arbitrio loro,
tentarlo c debito, soprattutto nei retlori de'popoli; epre-
terirlo non troverebbe scusa dinanzi alle storie.
Si legge il seguentc scritto del s. c. padre Sorio :
SDL TMTTATO DELM SFERA
EMENDAZIONI
PROPOSTE DA BART. SO RIO P. D. 0.
ol testo stampalo nel lib. II del cap. XL in poi
del Tesoro di ser Brunetlo.
oo()oo
L E Z I 0 N E II. a
VJonlinuandomiall'altra lezione sul Traltatcllo della sfera
di ser Brunetto Latini, ho detto nel fine di quella clie rima-
neano da dicifrare alcuni altri dubbii nel (ratio medesimo
da me pigliato ad illuminare, ed in postilla avea fatto alcu-
nc dimande, o quesili astronomiei, i quali ho poi trovato
da sciogliergli col valorc degli epicieli, che corrispondono
veramente ai periodi astronomii-i di Saturno, di Giove e di
Marte dall'una lor congiunzione col sole all'altra (e ditc il
medesimo delle opposizioni), e confermai queslo valorc di
ciascun cpiciclo dei tre suddeltij colle clfemeridi a piu ri-
prese. Ho pubblicalo per npbili nozze la lezione, e quesle
postille a corredo della medesima, e non rimanc ora da lor-
nare nel cerco in qnesta lezione, che dec trattcnervi di a lire
invesligazioni, forsediqnalchcrilievo%adillustrareaHripassi
di ser Brunetto snl suo Trattato della sfera, cziamlio rifa-
cendomi dal capo quarantcsimo, che pure in parte ho illu-
strato colla prima lezione. E cosi tanlo meglio vedrele
provata la vcrita ch'io vi recitava, non essere Tieve faccen-
— 5i>2 —
da, no da soli grannnatiei questa di recare alia vera le-
zione il Tesoro di ser Briinetto Latini.
Nel cap. XL a pag. t25 della cdizione Carrer in Cnc di
pagina ieggo :
a Che 1 firmamento corre tra di e notte, da Oriente in Ce-
rt cidenle una fiata si rattamente e si forte, che'l suo peso e la
» sua grandezza lo farebbero trasalire, se non fosseroli sette
» pianeti. ehe corrono contra al firniamento lemperatamentc
» (sic) secondo suo corso e secondo suo ordine.*
Qua si accenna alia troppa velocita die doveasi supporre
dai Tolemaici nel loro sistema che faceva centro dell' uni-
verso la terra ; e voi ben sapete quanta maggiore velocita,
ne punto ragionevole, sarebbe a dovere il sole ed il firnia-
mento girare attorno alia terra, anzi che riconoscere la ro-
lazione diurna della terra sul proprio asse, la quale soppe-
risce con somma facilita a quella esorbitante rattezza e ve-
locita diurna del firniamento attorno alia terra, che e qua
ragionata dal maestro Brunelto.
Ed acciocche il firmamento in tanta velocita di corso
diurno non trasalisse, cioe non trascorresse (trasalire e
parola nostra comune coi Provenzali) ser Brunetto fa qui
che il contrario corso da Occidente in Oriente dei sette pia-
neti rattemprino la foga del firmamento; ma questa loro
influenza non e ragionevole; anzi voi ben sapete non essere
che apparente queslo lor corso come e apparente 1' avvici-
narsi della sponda a chi corre per nave, o favvicinarsi de-
gli alberi a chi li incontra da lato per via conendo in car-
lozza.
Se non che queslo e certo il concetto autograft), peroc-
*'hc l'originale fraiicese recita cosi:
« Sa pesator, et sa grandor les ieroit tos trasailir se ne fus-
— 593 —
» sent le vn planetes, qui vont autresi come al rencontre don
» fermement, et atemprent son cors selons son ordre(et attem-
» prano il suo corso secondo sno or dine).
Cosi pure il MS. Bergamasco.
Ho volulo recitarvi I'originale francese, e notarvi in ita-
liano il branetto, che nella slampa toscana e guasto mira-
bilmenle. Ripetiamo il testo toscano delle stampe.
a II firmamento corre tra di e notte da Oriente in Occiden-
» te una fiata si rattamente, e si forte, che '1 sno peso, e la sua
» grandezza lo farebbero trasalire, se non fossero li sette
» pianeti, che corrono contra'l firmamento (or viene la gnasta
» lezione) temperalamente secondo suo corso e secondo suo
» 01 dine (sic).
Sarcbbe forse stato da leggerc non temp eratamente, ma
tcmpcramento? Ecco il brano come riesce eorretto:
« Se non fossero li sette pianeti, che corrono contra'l firma-
» mento, temperamento secondo suo corso, e secondo suo
» online. »
Simile affatto di concetto alf originale francese:
« Se ne fussent le vti planetes, qui vont autresi come al ren-
» contre dou fermement, et atemprent son cors selons son
» ordre. »
La crusca legge tcmpcratamenlc alia voce Trasalire.
Nel capo XLH al principio la stampa Carrer, con le al-
tre, legge un goffo sproposito sulla scrittura, che pure e da
poter leggerc bene con molla facilita:
« Voi potete intendere che 'I sole; che e il pin hello, e'lpiii
» degno degli astri (pianeti) e ordinato ad essere in mezzo del-
» li pianeti, che li van tre di (sic) sopra da lui, e tre di (sic)
>» sotto. »
— 594 —
Clie mai sarcbbcro quesli sei di, Ire dei quali i pianeti
van sopra il sole, c trc gli van no di sotto? Se cost non leg-
gesse il testo stampato, nei MSS. la vocedi non sarebbe col
sno bravo accento, cd ogni persona anclie idiota leggereb-
be c ordinate) ad essere in mezzo delli pianeti, clie li van
ire (sic) di sopra da lui, e Ire (sic) di sotto. E cbi abbia al-
men salutata la seuola astronomica anlica sa essere i tre
pianeti superiori al sole Saturno, Giove e Marte; e gli altri
tre die gli vanno di sotto Venerc, Mercurio e la Luna. Og-
gimai dunque e da leggere:
« Voi potete intendere che '1 sole, ch' e il pin bello, e '1 piu
» degno degli altri, e ordinato ad essere in mezzo delli pianeti,
» che li van tre di sopra, e tre di sotto. »
Tcsto orig. franccse. Car il en a hi de sos Iui et m de
sovra.
MS. Bergamasco. Che el ne a m de sora e m de solo lui.
Poco appresso nelle stampe si recitailpiu solennestra-
falcione cbe la goffa ignoranza dei menanti potesse dare
alia luce, e che fu dai testi stampali religiosamente serba-
toci in bella lettera tesluale come fosse un gioiello.
« E per le sei ore che sono in ciascun anno nel corso del
» sole oltra alii detti di interi, si avviene che di quattro in
» quattro anni fanno un di intero, che e ventiquattro ore. Ed
» allora ha quello anno trecento sessantasei di, che noi appel-
» liamo bisesto. E quello di si e messo nel mese di febbraio
» cinque di all' uscita, ed allora febbraio ha ventinove di. E
» per cio conviene dimorare nel calendario undid (sic) di in
» una lettera. »
Undid di In una lettera convien dimorare per amor del
bisesto nel calendario a cinque di dall' uscita di febbraio?
Ouesta c bene marchiana. Voi sapete che due di soli, e non
— 595 —
undid e da dimorarvi in tal caso. E come raai venue in mente
ai copisti di scrivere in bella lettera dicifrato undid quello
che dovette essere due ? La metamorfosi strana e facile a
imaginare come vcnisse. Ne'MSS. antichi giacea la cifra
romana II come al solito, e l'un copiatore franlese la cifra
romana dalle due aste verticali, pigliandola per le due astc
della cifra arabica 1 1 , e dieifrando in lettera il suo valore fu
interpretala la cifra arabica nel suo valore undid, e cosi
venne die undid giorni, non soli due sarebbe testualmente
da dimorar nel bisesto contro alia ragione astronomica, e
contro al coraune buon senso, cbe ne'correttori doveva
aver qualche luogo, ma pur troppo non ebbe sinora.
Paullo post medium. In questo capitolo XLII si legge una
sentenza cbe deve inleudersi a discrezione e non a rigore
di lettera.
« E sappiate che '1 primo di del secolo entid il sole nello
» primo segno, cioe in Ariete. E cio fu quattordici di all'uscita
» di marzo, ed altresi fa egli ancora. »
Non e qua esatto il maestro nella sua lettera lestuale.
II primo di del secolo appunto fu quattordici di all'uscita di
marzo secondo molti dottori, cioe fu quattordici giorni pri-
ma della uscita di marzo, che vale ai diciolto di marzo. Ma
se e cosi, non e dunque il maestro coerente a se stesso in
quel luogo del cap. 48 huius libri, ove dice: tutte le stelle
furono fatte al quarto di (non dunque nel primo di del se-
colo) cioe a di XI aW uscita di marzo (vale ai 21 di marzo) ;
non dunque a XIV di dall' uscita di marzo, che vale ai 18
di marzo, ossia nel primo di del secolo. Ed e vero colla Ge-
nesi che le stelle col sole furono fatte nel quarto di del se-
colo, e non prima. Come dunque entro il sole in ariete nel
primo di del secolo, e cio fu quattordici di all'uscita di mar-
— 596 —
zo, se lino al quarto di ne sole ne stclle non vi erano an-
cora ?
Ma forse I' aiitore e da inlendersi a discrezione, e recita
la sua scnlenza cosi in forma eomputi enon a rigore di iet-
tera ; ed il suo discepolo inlerprelo la scntenza per discre-
zione, omettendo la data precisa e aecennando un po'lar-
gamente la cosa
Temp' era dal principle del mattino,
E 'I soi montava in sn con quelle stelle
Ch' eran con lui quando l'Ainor divino
Mosse da prima quelle cose belle.
Finisce il capitolo XLII con uno svarione di scrittura
falsata o dai copiatori, o dal Iraduttorc.
« A lui (al Sole) conviene in ogni segnale (del Zodiaco) di-
» morare »>n mese, cioe trenta di, o poco pin. Ma per ci6 che
» egli e si grave alle comune genti a sapere quel poco ch'e ol-
» tie li trenta di, fu ordinato per li savi antichi, che una parte
» di mesi ne avesse trenta di, e un'altra n'avesse trent' uno ;
» lutto che febbraio non abbia che ventotto, quando non e bi-
» sesto. E cio fu fatto per lo dispensamenlo (sic) de'di salvare.»
II testo originale non recita dispensamenlo, ma et ce fu
fail por le despecement des iors sanver. E dal contesto si
vede aperto che fu voluto salvare lo spezzamento dei gior-
ni, e non altrimenti il dispensamenlo de'giorni.
II seguente capitolo XLIU ci porge tre luoghi del testo
che paiono a me da nolare in rugione astronomica, e per
cio nc trattengo la voslra attenzione. II primo e questo:
« Li ovunque tu seJ sulla terra, o qua, o la, tu dei sapere,
» che da te infino al tuo Oriente ha novanta gradi, e altrettanto
» ha da te infino al tuo Occidente; e dal tuo Occidente infino
» di sotto rincontro a1 tuoi piedi dirittamente, ha altresi novanta
— 597 —
» gradi, ed altrettanto avrebbc da ivi aU'Oriente (sic) the e !o
» tuo levant e. »
Nel branetto ultimo da ivi aW Oricnte, che e lo luo Le-
vante, chi ponga sottile considerazione c'.e manco di esat-
lezza. Si ragiona qua degli antipodi c del lorb Occidente,
che risponde appunto al nostro Levante, pcrocche cssendo gli
antipodi a noi contrappiede, il nostro Levante e il loro Oc-
cidente, ed il nostro Occidente e il loro Levante, e l'Autore
assai bene nolo e distinse nel nostro emisfero il luo Oricn-
te, il.tuo Occidente. Vcnendo dunque a parlare dcll'opposlo
emisfero avrebbe da nominare Occidente rispetlo aglianli-
podi il nostro Levante, aggiungendovi come fa egli, che que-
slo loro Occidente e il nostro Levante; ma recitando da ivi
alVOriente, eke e to tuo Levante, e un superfluo ripetere
■idem per idem.
II testo originate conferma questa verita ch'io notai,
recitando : da ivi al loro Occidente, che e lo luo Levante ;
ccco il testo francese: Et aulretant jnsques a lor Occident,
qui est le tien Orient.
Simile crrore di valor relativo agli antipodi e a noi,
fuggilo forse alia mente del traduttore toscano, ma che deesi
notare nel leslo^e correggere sulhi scoria del MS. originate
e nel passo seguente poche linee piii giii:
« E per cio dovete credere, che tutta fiata e di e notte: che
» quando il sole e di sopra a noi, egli allumina qui ove noi
» siamo. Ma egli non puo alluminare dall'altra parte della ter-
» ra; e quando egli allumina di qua egli non pud alluminare
» di Id (sic) per la terra che .in mezzo tra noi, cioe tra noi e
» quelli che sono di la di sotto da noi. »
L' autore descrive qua come il sole alluminando il no-
stro emisfero, non puo nel medesimo tempo alluminare lal-
Serie III. T. I. 77
— 598 —
tro emisfero antipodo, ed il testo ha le due parti distinle del
quando il sole allumina di qua, ehe non puo alluminare di
la, e per conseguenza la seconda parte deve essere, che
quando egli allumina la non puo egli alluminare di qua. E
nel testo stampato ragionando di questa seconda parte non
si fa che ripelere identicarnenle la prima, con istucchevole
ripetizione, e lasciando scemo il discorso.
II testo originale francese recita hone la seconda parte
cosi: Et quant il alume la, il ne puet alumer capor la ter-
re, qui est enlre nos et enus.
Ripetero il testo stampato colle sue correzioni a suo
luogo, e vedrete la verita ad evidenza.
»E per eiu dovete credere che tutta fiata e di enotte: che
» quando il sole e di sopra a noi, egli allumina qui ove noi sia-
» mo; ma egli allora uon puo alluminare dall'altra parte della
» terra: e quando egli allumina di la (alias di qua) egli non
» puo alluminare diqua (alias di la) per la terra ch'e in mezzo
» tra noi, cioe tra noi e quelli che sono di la di sotto da noi.»
II valor rispettivo di questi avverhi e pronomi relativi
trasse in errori i studiosi altresi del Petrarca in un passo,
che fu percio male inteso finora da tutti, ed e queslo del
capilolo I nel Trionfo d'Amore:
Que' duo pien' di paura e di sospetto
L' un e Dionisio, e l'altro e Alessandro,
Ma quel del suo temer ha degno effetto.
Dionisio liranno di Siracusa era si pieno di paura e di
sospetto, eziandio della moglie, che passava alia camera per
un ponticello, il quale, entrato lui, levavasi dietro, accioc-
che nessun altro polesse piu enlrare.
Alessandro Fereo fu si pieno anch'egli di paura e di
sospetto della sua mcdesima moglie Tebe, la quale focosa-
— 599 —
mente egli amava, che mai non si coricava una nolle, che
non avesse prima ben cerco la camera tuthi, e lei stessa:
del che noiala e ristucca iinalmente la moglie penso di le-
varsi d'attorno quel fracidume, mandandolo all'altro mon-
do. Onde cosi ebbe Alessandro Fereo degno effetto del suo
lemere, cioe, fu trattato secondo che meritava il suo teme-
rario sospetto, conciossiaehe la troppo sottil guardia e af-
fannosa ch'egli prendea della moglie innocenle porlo, e fu
causa che pensasse la moglie a quello, di che non le sareb-
be pur caduto il pensiero se non ne avesse ella avuta ca-
gione dal marito geloso.
Nella lezione del testo, il lettore vedra che il pronome
relalivo quel, mostra avere rapporto, non gia ad Alessan-
dro, ma all'altro tiranno Dionisio contro alia verita storica.
Que' duo pien* di paura e di sospetto
L'un e Dionisio, e l'altro e Alessandro,
Ma quel del suo tenier ha degno effetto.
La qual cosa e notata comunemente dai chiosatori.
Alessandro Tassoni dice « la voce quel di ragione savreb-
» be da riferire a Dionisio, nondimeno ad Alessandro Fe-
» reo si riferisce. » Ed il Castelvetro cosi nota. « Quel ri-
» guar da il piii vicino, cioe, Alessandro. » Si direbbe forse
che quel ha significato di questi, come nel Forcellini si nota
hie per Me con molle autorili classiche. Ma, a dire il vero,
non c' e mestieri di queste capresterie e rarita della lingua
in questo passo del Petrarca che non fu ancora inleso dai
studiosi.
Hanno tutti creduto buonamente che questa terzina sia
recilata dal Petrarca al lettore, e che parli TAutore siccome
storico al suo lettore, e da questo sbaglio ne viene per con-
seguenza, che si fa avere al pronome quel il rapporlo che
— GOO —
suite scrittura del libro e'mostra di avere cosi aragiond'oc-
chio colle altre voci che ci sono scritte; e conciossiache
nella scrittura la voce Alessandro e la piu vicina, la voce
Dionisio e la piu lontana, a ragione di scrittura e scambia-
to, o sembra, questi con qucllo. Ma qua bisogna conside-
rare die queslo discorso non e recitato al lettore dal Pe-
trarca storicamente ; ma draiumatieamente e messo dal Pe-
trarca in bocca a messer Cino da Fistoia., ed e fattolsi re-
citare da lui, quando per una tinzione poetica in visionefu
dal Petrarca trovato eon allri inumerabili prigionieri le-
gnti al carro trionfale d'Amore ; e cosi, poi che ragiono d'A-
raore, venne ser Cino a dire di Cesare, di Cleopatra e d'Au-
gusto e diNerone e di Marco Aurelio, secondo cbe erano in
Ida 1' un dopo Taltro, facendosi dal piu vicino a venire
Quel che 'n si signorile e si superba
Vista vlen prima, e Cesar, ec.
e poi dice degli altri piii in la da lui verso Amore
Que due pien di paura e di sospetto,
L'un e Dionisio, e l'altro e Alessandro
Dionisio era meno in la da Cino cbe ragionava, e l'al-
tro seguente, Alessandro, era piu in la verso Amore
Ma quel suo tenier ha degno effetto.
Dei due quel e Alessandro piii in la da Cino che non era
l'altro, il quale era men vicino ad Amore, ma piu vicino
a Cino cbe qua ragiona. Onde ben disse il Petrarca
Ma quel del suo temer ha degno effetto.
volendo indicare dei due Alessandro, bensi piii vicino nella
scrittura, ma nella visione drainmatic^ piii lontano da Cino
the ragionava.
— (101 —
Or leggetevi il testo a vostro dilelto e son certo che al
ohiosatore co'suoi ghiribizzi direte in cuor vostro oggimai
con Dante
l)i vera luce tenebre dispicchi.
Ma da qucsta digressione tornando al mio tenia, il
cap. XL1II nella stampa Carrer cosi termina:
« Dall' ultra parte come il sole si tira piu verso mezzodi e si
» dilunga da noi tanto avemo noi piu grande freddo e piu
» grande notte. Ragione come (sic) in quelle parti di sotto si e
» allora piccola notte e caldo grande. »
Lealmente ci avverle il Carrer, che Tinciso ragione co-
me era in fine, come e in tutti i testi e stampati e MSS. Cre-
dette il correttore far bene, a trasporlo, ma bene non fece
a gran pezza;anzi e da leggere cogli altri testi cosi: tanto
avemo noi piu grande freddo, e piu grande nolle, come 'n
quelle parti di sotto si e allora piccola notte e caldo grande.
Loscampolo di lezione finale ragione come (franc, raison
comcnt) e forse rappieco di lezione al seguente capo che nei
testi ilaliani cosi si intitola: Ancora di cid medesimo, ma
nel testo francese s' intitola: Don cercles des XII signaus.
Ed all'uopo del brano che qui pigliamo in disamina il
testo francese capitolare legge cosi:
« Tant avons nous plus grant froit, et grandres nuis. Et eel
» part a les nuis petites, et la froidur graignor (sic).»
Dice qua dunquel'originale francese capitolare che quan-
to il sole si tira piu verso mezzodi nella eclittica, e si dilunga
da noi, cioe, quanto dal nostro tropico di cancro si lira piu
verso il tropico di capricorno, tanto avemo noi piu grande
freddo e gran notte: Ed e cid verissimo, e va in cio d'accor-
do anche il testo toscano, ed il MS. bergamasco.
— 602 —
Ma seguita il testo eapitolare francesce cosi: « E quella
» parte (cioe fallra di la, cioe del capricorno) ha le notti
» piccolc ed il freddo maggiore » el la froidur graignor.
Anche il MS. bergamasco ha cosi letto il francese:
« Ed en quella parte la notte e piccola e la freddura mag-
» giore. »
Di questa lezione bergamasca va bene la voce maggiore
corrispondente alia voce francesce antica graignor, o grain-
gncur, che viene dal comparativo latino grandior ed e regi-
strata nel Glossario antico francese dell' Herschel in appen-
dice al Dn-Cange, Paris J 850; e non avendo questa voce
Tesempio, sarebbe da metterci questo del Latini, ed ecco un
bravo comparativo francese fra i rari in questa lingua.
Ma della lezione bergamasca il concetto e altresi errato
come e nel testo capitolare francese, e si dee correggere coi
TT. toscani cosi :
» Dall'altra parte, cornel sole si ritira pin verso il mezzodi,
» e si dilunga da noi, tanto avemo noi piii grande freddo, e piu
» grande notte, come in quelle parti di solto si e allora piccola
» notte, e caldo grande (meglio il testo francese graignor, ed il
» bergamasco, e caldo maggiore).*
Clii non sa che laddove le notti son piccole il caldo e
grande, e che a mano a mano che si fanno piii brevi le notti
il freddo diventa minore, e non altrimenti maggiore? Ed a
proposito della lezione autografa, che come in quelle parti
di sotto si e allora piccola notte, ed il caldo maggiore, mi
ricordo aver letto nella nota della Basviliana di Vincenzo
Monti, al ca nto 2.°, v. 1 94, una lettera dell'ab. Gioachino Pes-
suli a voler dimostrare in difesa della frase dal freddo al
caldo polo, che nel 21 geonaio, come nel stropolo articono
— 603 —
e il inaggior freddo, cosi nel polo antartico allora e il'mag-
gior caldo del mondo, ed 6 converso ai 21 di luglio. La sua
teoria e un estratto deileDissertazioni del De-Mairan, e del
P. Gregorio Fontana, non chc delle dottrine dell' Ilalley, del
De-Duiller, di Simpson, di Kastner, di Mallet e di Eulero,
a dimostrare questa proposizione che ai 2 1 digennaio il polo
antartico e caldo, anzi piu caldo di quanto esser possa nel
colmo della state qualunquc paese eziandio della zona torri-
da. Queste prove, da lui dette geometriche, sono tcorie, che
se reggono in matematica aslratta, non so poi quanto reg-
gano in fatto, conciossiache non serapre i fenoineni della
natura si accordano colle astratte geometriche dimostra-
zioni, e coi calcoli eziandio matematici; e no e chiara la
prova di falto colle linee isotermiche non paralclle, come
esser dovrebbono, anzi girovaghe stranamente, e voiben vel
sapete. La ragione di questa incertezza scientifica ne' cal-
coli pur matematici e giusti vuol essere, secondo che osser-
va il principe della geografia fisica universale V Humboldt,
da questa causa che i dotti ne'loro calcoli astratti, e nelle
teorie generali, a priori non possono aneora far capitale
che di un solo elemento conosciuto nelle sue leggi fisiche,
il calore immediato del sole, quando oggimai sapele doversi
far capitale, come di cause perturbatrici, di tanti allri de-
menti notati dall' Humboldt, e fra tulti in ispezielta della
azione magnetica, il cui polo scoperto, e fissato mostra gia
avere altenenza regolare nelle sue influenli con uno almeno
dei due poli termici boreali; non essendo ancor noto se due
ve ne abbiano anche d'australi, ne conoseendosi aneora le
leggi intluenli termometriche dell' uno gia nolo auslrale.
In somma questi sistemi teoretici a priori sono, mi si con-
ceda il proverbio (che e la sapienza del senso comune), e un
voler fare i conti senza l'osie, onde e un errar certamente
— 604 —
a dover poi rifarc la fatta ragionc, perche mancava dei dali
precisi, non gia di matematica deduzione.
Ma quail to al caldo polo del Monti, eke fu copiato dal
verso di Bernardo Tasso: Or solto il freddo, or sotto il cat-
do polo, e tutti due forse dal verso 54 del i.° della Farsaglia:
Nee polus ddversi calidus qua mergitur austri, mi sembra
ehe sia da difendere colla seguenle osscrvazione meglio con-
cludente che le teorie malematiche ch'io chiamerei orretti-
zie, come manehcvoli dei necessarii dati a conchiudere ra-
gionevolmente.
Mancano le osservazioni locali del termometro in ser-
vigio dei poll e delle regioni polari. Credo per altro non es-
sere eziandio da lenere in contrario che i poli e le regioni
polari, linora ignote, sieno perpetuamente gelate. Di ma no
in mano che siam piii vicini al polo come la nolle inverna-
le e piu lunga, cosi piu lungo e il giorno eslivo, e nel dirilto
polo sa ognuno che per sei mesi continuali vi baltc il sole
senza mai Iramontare, e per due mesi continui vi batle da
una costante altezza di piu che 20 gradi; la cui forza inces-
sante per sei mesi continui dee poter molto a portare alto il
grado del caldo; ma per contrario sotto la zona torrida
l'immedialo cadere del sole verticalmente sotto l'orizzonte,
c la nolle costante di dodici ore molto influisce a temperar-
•vi l'estrema calura. Se fosse vero che le terre polari sieno
perpetuamente gelate, i viaggiatori delle scoperte polari, a
qual fine tenlare di penetrarvi con lanlo spendio e con
lanli pericoli? Ma appunto i viaggiatori delle scoperte arti-
clie, meglio che le teorie lisiche e geomelriche a priori,
danno a sperare quel caldo dei poli altcrnativo per gran
parte dell' anno, che noi ragioniamo.
Abbiamo nel Prevot ( Recueil des Voyages au Nord) le
relazioni e i giornali di questi inlrepidi naviganti, i quali
— G05 —
cercando un passaggio alio Indie orientali pci mari del nord
si sono avanzati sino al grado 75, 80, 82 ed anehc 85 gradi
di latitudine boreale, c trovarono come, a misura che si ac-
costavano al polo, il mare riuseiva sempre piu aperto e pro-
fondo, e che in esso di estate libero affatto da ghiacci vi si
respirava un'aria anzi dolce ecalda, che temperata. (Vedi la
lettera suddetta dell'ab. Pessuti.)
Anche nella dotla opera del nostro nob. collega conic
Minisealchi, delle scoperte arliche, a p. 462, leggo questo
passo notabile. « II dotto antore de' Viaggi di scopcrta nella
» regioni arliche osserva : e siccome Perry aveva detto che
» prima della meta di agosto un legno avrebbe potuto giu-
)) gnere alia latitudine di 82° senza toccar ghiaccio, esservi
» dunque ragione da credere, che al di la di questo paralello
» anche fino al polo stesso, il mare sarchbe stato sciolto e
» libero ne'sei mesi estivi di sole continuo, il quale coll'aiu-
» to delle correnti avrebbe distrutto e dissipato il ghiac-
» cio polare. »
Questi fatti e queste deduzioni dal fatto promettono
quella scoperta ch'e il desiderio di tanti secoli, e che se
fosse fatta sarebbe non meno notabile che la scoperta del
Nuovo mondo, e come quesla non sarebbesi fatta se fosse
stato supposto da tutti non abitalo I'altro emisfero, cosi la
scoperta delle terre artiche non si farebbe, se non ci con-
fortasse la soda speranza, che non sieno perpetuamente ge-
late da non polervi in eterno arrivare, ne fame alcun ca-
pilale poi che sieno trovate. Ho detto.
Si legge la srgucnlc 3Icmoria:
Serie 111. T. I 78
NU0V1 MEZZl
PER ISCOPRIRE TRACCE D'JODIO IN COMIZME iGLI ALOIDI
PEL PROF. FRANC. RAGAZZIM
Votti ed iliustri accademici.
N
el levare la voce al cospetto vostro, non posso ce-
lare, ne vinccre la timidezza del mio animo, riflettendo da
un lato la molta dottrina di che suona ilhistre e riverito il
vostro nome, e dall' altro la dolorosa coscieoza del mio
pochissimo e oullo meritare.
Ma io Don ignoro che geoeroso ed iodulgeDte portate
il cuore: sicche mi giova pigliar fiducia che sarete per acco-
gliere di huon grado gli sforzi di una volonta, la quale a'
coosigli di alcuni dei vostri piii ragguardevoli colleghi, ha
stimato suo debito, dod che rendersi viola, farsi iocontro
volonterosa.
Voi dunque, dotti del paro e cortesi, porgete benevola
attenzione al mio dire.
Allorquando una bene apparecchiata combinazione di
me tod i condusse passo a passo i cultori della chimica nel-
l'incerta via dellindagini, e raffermarono i cardiai di ogui
Qsica scienza coll' osservazione, coll' csperienza e coll'ana-
logia, precipui mezzi per iDlerrogare i piu riposti secreti
della natura, sempre modesta nelle stesse sue grandi crea-
— 607 —
zioni, e fuggenle o ritfosa a chi tenta sorprenderla nell'ele-
mentare sua nudita, que' cultori io dissi si portarono diffi-
lati alia scoperta di sorprendenti vori, a cui nulla e che si
oppon^a. Ma quanti altri rcstano ancora a scoprirsi nella
infinita varieh'i delle sue opere, negli animali, nelle piante
one' minerali ?
Quanti corpi ad altri corpi legati, non si occultano an-
cora ai piu diligenti ricercalori? In quanti altri non si sco-
pri cio che per nuove vie e con raezzi novelli si venne dipoi
a mettere in evidenza?
Di falto rivolgendo le nostre osservazioni sui moltiplici
composti che rappresentano le combinazioni dell' jodio e
del bromo, composti tanto profusamente disseminati in
molti esseri organici ed inorganici, Iroviamo di che per-
suaderci, non essere per alcuni di quei composti agevolc
isolarne i rispcttivi loro elementi per modo che, quantun-
que i reagenti scoperti in quest' ultimi giorni per rintrac-
ciare 1' jodio nell'acqua di pioggia dei pozzi, dei fiumi, delle
fontane, non che nelle minerali fredde e calde, poscia nel-
l1 aria, e finalmente di niiovo nell'acqua dall'Adriatico, sono
tanti e si svariati da sembrare quasi inutile la conoscenza
di altri ; tuttavolta in qualche caso la scienza non possedeva
mezzi per agevolmente riconoscerlo, come allorche esisleva
in combinazione a nolabile quantita di bromo e di cloro,
e qualora contemporaneamente era combinato all' uno ed
all' altro dei due aloidi. In vero anche il chiarissimo Usi-
glio (I) ricordando la somma difficolta indicata da valenti
chimici per dimostrare la presenza dell' jodio nell'acqua
marina, poneva in chiaro nel suo sospetto ci6 essere uni-
camente dovuto al bromo^ suo fedele compagno, avendo
(!) Vedi Annali di ehimica del dolt. (I. Pdli. v. X. serie o. pag. ol'.'>
— 008 —
coQosciuto con inoppugnabili sperienze, oho I'jodio cessa
di manifestarsi in un liquido in cui per ogni 10 centimelri
cubici si conlonga piu di 0 gr, 6G di bromo e 0 gr. 0002 del
detlo aloide.
Comprovata ripetute voile coU'espcrienza cotesla veri-
ta, mi prese desiderio di fare aleuni studj sopra combina-
zioni arlifiziali di pochissimo jodio e molto cloro o bromo,
o eon ambedue contemporaneamente, ed a mia compia-
eenza venni a conoseere, che i metalli si prestano in arnbi
i easi alia sua scoperta in un periodo di tempo ora mag-
giore ora minore.
Riflettendo da solo, sull' azione che potevano avcre i
metalli sopra i delti composti, presi da prima 1'ottone, nella
lusinga che il rame e lo zinco, benche in lega, potessero
agire nel medesimo tempo sopra i due corpi ed in modo di
poler vedere fenomeni Aarj e different.
Ecco pertanlo cio che ebbi a notare:
Un milligrammo d jodio sciolto ncll' alcool, unito un
grammo di bromo, iu il liquido che chiamo di prova, c
col quale operando ebbi ad ottenere i seguenti fenomeni.
Due gocce del detto liquido poste sopra lamine di ollo-
ne originarono una macchia nera, la quale tosto venendo
coperla con polvere d' atnido, tinse questo in giallo, indi a
poco a poco lo volse al lurchino in tut fa la sua circonfe-
renza; invertendo I' ordine dell' esperienza, ossia meltendo
due stille della soluzione d'amido sopra la lamina d'otione,
ed aggiungendovi una goccia del liquore di prova, tranne
la macchia nera, mi si manifeslarono gli stessi fenomeni:
notasi in ogni caso che il colore giallo, primo a manife-
starsi, e pure il primo a scomparire. Le reazioni indicate
precisamente corrispondono anche con una lamina pulitis-
sima di rame oppur di zinco, per cui ebbi convincimento,
— 609 —
che questi corpi si in lega che disgiunti non mutarono
d'azione.
In seguito datomi a prove comparative con altri me-
talli, ottenni fenomeni meno sensibili col platino, coll'ar-
gento, col palladio, ed in progresso ebbi a pcrsuadcrmi, che
il ferro, cosi in fili come in lamine pulitissime, il piombo e
principalmente lo stagno, sono i preferibili, offerendo sem-
pre coslanti e marcati fenomeni di coloramento dopo 2 fore
di riposo, scbbene I'aloide trovasi per cosi dire undo a quanlo
si voglia di cloro o di bromo in proporzioni indeterminate.
Confortato da si lusinghiere reazioni mi prcse volontu
di rivolgcrmi alia ricerca dell'jodio nell' acqua dell'Adria-
tico che in altri miei tebtativi, in un con quelli di piii va-
lenti chimici, tornarono inutili.
A tale scopopresi due Iibbre metriche d' acqua marina
attinta alia distanza di un lA di miglio dal porto di Chiog-
gia, e prccisamentc presso il forte s. Felice sotto-marina.
L'acqua di questa localita, che viene prescelta per fuso
medico nella cilta di Padova, era limpida cd inodorosa;
la posi ad evaporazionc a bagno di sabbia, in capsula di
porcellana fino alia riduzione della meta del suo volume;
a tal punto vi aggiunsi del carbonato di potassa, di gia di-
gerito nell' alcool, fin che l'acqua diede segno di alcalinita;
allora fattala bollire per pochi minuli, la versai su filtro
preparato, e ripelulamente Iavatii sali lerrosi raccolli, posi
nuovamente all' evaporazionc 1'assieme dei liquid! ottenuli,
fino ad averne una sostanza secca.
Raffreddato il residuo salino, vi aggiunsi dell' alcool a
45° ar. B. triturandolo sotto queslo Iiquido nella medesi-
ma capsula in cui era conlenuto, indi lo lasciai in digestione
a bagno maria, lo filtrai, e trattai la sostanza indisciolta
con alcool rcltificatissimo.
— GdO —
Riimiti i liquidi filtrali li evaporai a mite colore fino a
secchezza per cui ottenni un residuo salino gialliccio che
trattai con alcune goccie d'acido acetico, onde decomporre
il poco carbonato di potassa che potea rinvenirsi commisto.
Evaporato di nuovo il liquore per volatilizzare 1' acido
acetico eccedente, sciolsi il residuo in cosi poca acqua da
ottenere una sola oncia di liquido giallognolo, nel quale mi
fu dalo scoprire 1'jodio col semplicissimo modo seguente.
Posi in un cannello d'assaggio tre gocce del detto liqui-
do giallo eoncentratissimo,, indi vi aggiunsi poca e densa
soluzione amidacea immergendovi loslo un filo di ferro.
Coll'aggiunta di una giocciolina di soluzione di cloro, com-
pari all' istante una zona color giallo, e sotto essa un'altra
linta in turchino; egualmentc mi fu dato osservare con
fill di piombo, e piu distintamente con fdi di stagno. II me-
desimo liquido undo a colla d'amido e molto cloro si tinse
in giallo-arancio ; versato sopra a lamine di ferro, di piom-
bo, di stagno, dopo tre in quattro ore, il giallo si dileguo,
sostituendosi gradatamente un coloramenlo turchino , jodu-
ro d' amido. Trascorse 24 ore 1' amido riaquislo il pri-
miero colore ; all' addizione del cloro, il liquido riassunse la
tinta gialla, e col dileguamento di questa ricomparve il
colore turchino.
Per vedere completo l'lillimo citato fenomeno si richie-
dono talvolla quaranta e piu ore, specialmente operando
sopra composti che racchiudouo minime quantita d'jodio.
Coll'usodegl indicati reagenli ho potuto scoprire in alcu-
ni pezzi di colla di pesce, piu che traccie d'jodio, e percio
sciolsi la detta colla in baslevole quantita d' acqua tepida,
indi mescolatavi salda d'amido e soluzione di cloro, v' im-
mcrsi dentro due lamine di stagno. Trascorse 24 ore si
appalesarono intorno agli s;dgoli delle lamine alcune slri-
— 611 —
scielte d' amido colorato in turcbino. Dielro queslo feno-
meqo potrebbesi da taluno congctturare che il cloro in prc-
senza dell'amido e dello stagno si trasmutasse in jodio, ma
1' esperienza guida o maestra d'ogni verita, piega, convin-
cendo, ogni volo di nostra fantasia, e ci pone nella eer-
tezza, che ove non sia precsistentc I' jodio, non appai'isce
giannnai il sopracitato fenomeno, per quanto cloro si tenga
in presenza dell' amido e dello stagno.
Ora quale sara l'azione chimiea adoperata dalle lamine
e lib raetallici nel cloruro di jodio o di brorao?
Noi siaino d' avviso dover essere elettro-cbimica, e tale
da originare la decomposizione dell' acqua, il cui ossigeno
ossida il melallo, e l'idrogeno nascente acidiiica il cloro ed
il broino a preferenza dell' jodio, il quale liberatosi dell'uno
e dell' allro, produce ipso-fatto joduro d' amido linto del
rosso dei fiori di rosmarino, od in turcbino piu o meno
intenso, a seconda della minore o maggiore quantita di esso
presente.
In questi ultimi giorni il ch. dott. Cerato comunico
all'i. r. aeeademia di Padova un nuovo reagenle per dhno-
strare la minima quantita di jodio in grembo a mollo bro-
ino e cloro.
Tale rcaltivo e il sollito di soda, di cui secondo mie
esperienze, eccedeudo alquanto, scompare la reazione, ne vi
ha piu alcun mezzo di uso comune, chevalga a ridouarla;
ma in quella vece si fa rivivere, direi quasi, mellendolo
per alcune ore in contallo dJ una lamina di piombo o di
stagno.
Cosi del pari venne commendato l'uso del cloroformio
per iscoprire T jodio accompagnato dal bromo.
Messa mano all'opera delle sperienze, ebbi a convincer-
mi, che qualora una parted' jodio si trovi dcutroa 10 mil.
— Cd2 —
parti di bromo p. e. il cloroformio e impotenie a dimo-
strarlo, mentre si da a conoscere, dopo alcuni istanti, coi
mezzi di cut parliamo.
Cotesti inetalli sono adunque come ancore di salvezza,
in tutti quei casi die, per troppa dose di reagente adope-
rato, non fosse piu possibile con agevolezza discoprire
1' aloide in discorso.
Qui mi cade in acconcio di aggiungnere alcuni fatti,
nuovi a mio avviso, sul modo di comportarsi delljodio,
bromo c cloro, sul nero fumo calcinalo.
Una soluzione appena fatla d'jodio nell' acqua, posta
in presenza del nero fumo, e dopo un quarto dora filtrata,
somminislra un liquido senza colore, cue non contiene ato-
mo veruno d'jodio.
All' ineontro la stessa soluzione per alcune ore lascia
pur essa al nero fumo dell'jodio; ma il liquido tiltrato da
segni manifesti d' joduro di calcio, e cio per essersi formato
dell' acido jodoidrico nel poco tempo trascorso dalla ese-
guila soluzione al traltamento col carbone. Tale falto non
credo disutile d' aver ricordato, per mettere in sull' avviso
quell' analizzatore, cbe avesse in animo di determinare la
quantila d'jodio libero in qualunque liquido si sia, dopo
averlo lasciato a se per qualcbe tempo.
Rispetto al bromo ed al cloro cbe io repulava arre-
starsi nel nero fumo, a simiglianza dell'jodio, ebbi in vece
a scoprire cbe soluzioni di essi, anche appena falte, lasciano
filtrare pel carbone un liquido cbe ritienegli acidi bromoi-
drico e cloroidrico.
Tornando all1 acqua dell' Adriatico diremo, cbe quella
da me scandagliata la prima volta venne attinla presso il
forte san Felice nel maggio 4 854, e conservata in un reci-
pientc di velro ben cbiuso fu quella che nell' agosto sue-
— 643 —
cessivo, mi diede marcatissirai e sorprendcnti fenomcni del
l'esistenza dell'jodio, a segno da poternc ammeltcre un mil-
ligrammo per ogiii litro d' acqua, senza tenia di trascorere
il vero.
Altrettanto posso asserire ■ dcll'acqua marina attinta nel
maggio 1855, ed analizzata nel Iuglio.
Meno sensibili reazioni d' jodio mi offeri 1' acqua rac-
eolla ncllo stesso sito Tagosto 1854, e che posi poehigior-
ni appresso ad analitico esame; nessun indizio qnella rac-
colta la meta circa dell' ultimo agosto; quest' acqua oltre
la mancanza anche dell' jodio accusava anche in confronto
alio allrc una dcficienza di sostanze saline.
In epoclie diverse, a prqfondita varie cd in posizioni
different!, quali sarebbero il lido, il canale di san Domenico,
nonche in quello che scorre presso la Salute, presi replicate
volte in esame 1' acqua dell'Adriatico ed ebbi ora maggiori
ora minori reazioni d' jodio, e talvolta nessuna.
Gia varie cagioni, e probabilmente molte ancora ignote
e forse anche non considerate, possono offrire jodio all' a
cqua di mare; come l'esistenza d' innumerevoli animali, i
quali, secondo le osservazioni di alcuni sapienti, stemperan-
dosi in liquida sostanza, restano nell' acqua senza influire
nella sua trasparenza e limpidezza.
Fenomeni non facilmente spiegabili si osservano colle
piantc marine e spccialmente collo sphaerococcus recente,
secondo che queste rimangono piu o meno nell' acqua sia
salsa che distillafa.
Diffatto menlrc e agcvole scoprire 1' jodio dopo breve
tempo d immersione, non vi si ravvisa piu la primiera faci-
lila di discoprirlo in progresso di tempo.
Si csamini 1' acqua medesima dopo un anno o piu coi
melodi primitivi, e I' jodio non si da a vedcre piu che in
Serie 111, T. 1. 79
— 614 —
seguito alia concentrazione e riduzione a pociie goceie del
liquido.
Chi ne pu6 dare conveniente ragione?
Si potrebbe forse, a non molta distanza dal verp, con-
getturare non essere l'jodio costanle principio dell' acqua
dell'Adriatico, nia bensi quando gli venga offerto da quegli
esseri viventi o tolti alia vita.
SiiU' argoraento dello sphaerococcus infuso nell'acqua
marina sono gia avanzate nuove mie ricerche, per le quali
mi riprometto di potere con piu fondamento spiegare quelle
anomalie, clie ora presento come sospelti,
Dall'insieme pertanto delle esposte osservazioui ed espe-
rienze sono indotlo a concludere:
I .° Che i metalli ferro, piombo, stagno insieme alia colla
d'amido sono agevoli mezzi a scoprire traccie d'jodio com-
binato e mescolato a quanlo si voglia di cloro e bromo, o
ad enlrambi.
2.° Che il jodio puo essere isolato, cntro la compage
organica degli esseri vegetabili ed animali, dal cloro in
eccesso e successivamente appalesarsi coif amido e lamine
metalliche.
5." Che neir acqua marina non sempre rinviensi un
joduro nella medesima dose, ma quando piu e quando me-
no a seconda de' siti da cui si attinge.
4.° Che non solo nell'acqua in ragionamento Irovasi varia
la quantita dell'aloide, ma varia e pur quella degli altri prin-
cipii mineralizzatori.
5.° Che neU'cpoche del disfacimento delle nevi, o delle
prolungate pioggie, si trova nell'acqua marina notevole dif-
ferenza rispetto alia densita e quantita de' sali in cssa di-
sciolti, di quella de' tempi dclla maggiore siccita.
(j.° Che 1' acqua dell'Adriatico in conlo dcll'altezza sua,
— 615 —
conliene piii cloruri, joduri e bromufi presso al fondo, tli
quella di mezzo e della superfieie.
7.° Finalmente eh' e sempre piu ricca d'jodio I' acqua
attinta nel maggio di quella raecolta nei successivi mesi,
e per conseguenza preferibile per uso di medicamenlo
potabile.
Possano gli studii altrui eonfermarequcsleosservazioni,
e particolarmente gli studii allenti e continui di quelli cbe
banno l'agio di esaminare tutto di I'aequa deirAdrialico: la
pertinaee interrogazione della Datura e la concorde risposta
dei falti e il piu sieuro mezzo di proeurare, cbe le opinioni
si trasmutino in dogma.
Nelle mie diligenti e circospctle indagini seguii quanto
piii fedelmente bo potulo le orme del mio chiaro maestro,
il Melandri, il nome del quale mi e dolee ricordare in ogni
mio tentalivo, perebe parmi trarne ineoraggiamento. Un
rapido progresso arricchisce si di giorno in giorno le scien-
tificbe discipline, ma non rende percio mono certa quella
via retta, cbe fu camminata dagli scopritori del vero. A ras-
sicurarmi cbe tenni pur nel mio modesto e lento cammino
questa via, osai sporre le mie idee a voi, illustri membri del
celebrato e primario capo scientifico, cb' e attuale, splen-
dida gloria alia sponda faniosa di quel mare, di cui mi feci
a scandagliare cbimicamente le acque.
Finita questa lettura, il membro effettivo cavalie-
re Zantedeschi dice lui pure, aver lino dal 1844 no-
tat a nell' acqua marina la presenza dell'jodio e del
bromo, eom'e indicato alia p. 318 del vol. 3.° de'no-
stri Atti, e ripetuta 1' esperienza col prof. Bizio. sotto-
ponendo 1' acqua medesima all'azione di un elettromo-
tore composto di 40 elementi alia Daniell.
— 046 —
II mcmbi'o eft'cttivo dott. ISardo soggiunge, di aver
nei mesi seorsi comunieato al collesa Galvani e ai
professori Pisancllo e Bizio la seguente osscrvazione.
In tempo di estate abbandono all' aria poca colla d'a-
mido fatta bollire in un vase di ferro stagnato. Dopo
24 ore la vide tinta d'azzurro, ch'egli si assicuro de-
rivare dalla presenza delljodio. Ripetuta la pruova in
un vaso di terra inverniciato, il coloramento non si
prescnto. Ei crede die qnesto fenomeno abbia atti-
nenza coi fatti esposti dal prof. Ragazzini, rispctto
alio osservazioni del quale intorno all' acqua marina,
il dott. Nardo richiama gli antecedenti suoi Savori, e
qucllo principalmente letto a qnesto Istiluto nel 4844,
sull'utilita medica de bagni algosi nelle malattie sero-
folose, e dell'acqua marina, in cui siasi fatta infusione
dello sferococco^ non chc la lcttera indirizzata al prof.
T addei, ietta al nono eongresso degli scienziati italiani
il giorno 23 scttembre 1847; nella quale dicbiarava
non trovarsi il jodio neiracqua marina, quando questa
sia estratta nei sili mancanli di algbe, e scoprirsi in-
vece nell'acqua pregna di algosi prineipii, come quella
dellc nostrepaludi. in que' tempi deHanno, in cui mag-
giormente abbonda la vegetazione dello sferocor.co
corifervoide.
La Comniissionc incaricata dell'esame dei cementi
idraulici, di cui e fat to cenno a pag. i)(i di qnesto vo-
lume, leggc la seguente relazione:
Dall' analisi istituita intorno al cefnento idraulico che
— CI7 —
mi venne porlo dal m. e. ingegner Casoni, risultano conte-
nersi in ogni cento parti :
Silice ....
parti
28
Allumina . . .
»
40
Garbonato calcico
»
58
Perdite . . .
»
4
too
II metodo analitico era quello di reagirlo con I' acido
cloridrico, onde separare la silice,, sciogliendo cosi gli altri
principii insierae alia poca magnesia ed al poco protossido
di ferro.
Usate le pratiche opportune separava la seconda con
ammoniaca, e con carbonato potassico raccoglieva il carbo-
nato di calce. Si trascuravano la magnesia e il ferro, c per-
che sostanze poco concludenti all'oggetto, cui si rivolgono
queste analisi, e perche contenute in iscarsissime quantita.
A senso del Vicat, queslo cemento idraulico spetta a quelli
sommamente idraulici, il perche contiene oltre il tcrzo di
silicato di allumina.
Secondo 1' art. 8.° del reg. int.,, i sig.ri Fasoli e
Dalla Torre sono ammessi a leggere le loro osserva-
zioni intorno all'arhmoniogenesi dell' acido nitrico per
opera di corpi ridattori.
Si riportano le stesse conclusioni degli autori col-
le loro parole :
\.° Che i corpi riduttori, come la limaglia di zinco, di
ferro, di stagno, di piombo, il protossido di ferro, il solfuro
— 018 —
(li calcio, non tramulano lacido nitrico in ammoniaca, che
quindi non pud essere accettato il proposto modo di rea-
zione per discoprire la presenza dei nitrati, fondalo sopra
un prcsnnto svolgimcnto di gas ammoniaco.
2.° Che l'azzurramento delle carte rosse alia laccamuf-
fa, operato coi surriferiti sperimenti, e puramente e sem-
plicemente atlribuibile alia spontanea volatilizzazione del-
1' alcali e del sale alcalino.
5.° Che anche ammessa la possibile convcrsione dei ni-
trati in ammoniaca, come erroneamente annunziaronoi si-
gnori Tassinari e Piazza, pure la reazione da loro suggerita
riposerebbe sempre sopra un criterio indiretto e raediato,
e quindi la constatazione dellacido nitrico dovrebbe essere
comprovata preferibilmente coi molli mezzi diretli e imme-
diati che possiede la scienza ; fra i quali primeggia la reazio-
ne sensibilissima del cristallo di zolfato ferroso, operata
nella raiscella inassaggio, prevenUvamente acidulata con un
quarto del suo volume di acido solforico.
4.° Che finalmente questo fatto rafferma luminosamcnte
il valore e 1' imporlanza del fcnomeno da noi discoperto,
della volatilizzabilila spontanea dei corpi fissi, e piu special-
mente degli alcali, terre, sali alcalini c terrosi. Ma questo
nuovo fenomeno reclama in pari tempo la nccessila ch'esso
venga preso in matura considerazione dai dotti, che invitia-
mo, in nome della scienza e della via ch'esso addita per
isfuggire qualche errore, continuando, come si continua, a
ritenere qual caraltere individuale e speciflcodeirammonia-
ca, cio che noi abbiamo dimostrato essere in quelle vece un
aKributo generico e comune a tutti gli alcali, terre, sali
alcalini e terrosi.
Si annunziano i soc;uonti doni fatti all"!. H. Istituto:
— (ill) —
1. Dall' Accademia delle scienze dell' Istitulo di Bo-
logna.
Memorie delta detta Accademia. — Fasc. 2 e 5 del
Tomo IV.
2. Dal sig. Giuseppe Rota, di Lodi.
Gli schiavi. — Dramma del sig. Federieo Halm, tra-
dotto in sciolti italiani. — Lodi, 1856, in 8.°.
3. Dall'Ecc. I. R. Luogotenenza.
Manuale del Regno Lombardo Yeneto -per l" anno 1856.
4. Dall'Ab. Gaetano Sorgato., di Padova.
Memorie funebri, antiche e recenti. — Padova, 4 856.
— Puntata I.".
5. Dal sig. Giuseppe della Torre, di Este.
Gazzetta di farmacia e di cliimica. — Anno 1 856, dal
n.° 1 1 al 1 5 inclusivi.
6. Dalla redazione del giornale la Bilancia di Milano.
Anno 1856. — dal n.° I al 45 inclusivi.
7. Dal sig. prof. Ignazio Cantii, di Milano.
Cronaca, giornale di scienze, lellere, ecc. — i 856. — >
Dispense 6." e 7.\
8. Dalla Societa di fisica c storia naturale di Ginevra.
Memoires de la Socictc dc physique et d' histoire na-
turellc de Geneve. — Ginevra, 1855. — T.n XIV, parle I.".
— 620 —
I). Dall' Accadcmia dei Gcorgofili di Firenze.
Giomale agrario toscano. — Nuova serie J 856,, n.° D.
40. Dalla Societa dell' archivio-storico italiano.
Firenze, 1 855. — Nuova seric. — T.° II.0, dispcnsa 2."
dell' Archivio storico.
11. Dall'l. R. Accademia di Vienna.
Memorie dell' 1. R . Accademia delle scienze (in ledesco)
Classc di matematica e scienze naturali. — T.° IX.0
Foglio di notizie (in ted.) — n.1 7-8-9-10 del 1856.
Ragguagli delle adunanze dell' I. R. Accademia di Vien-
na (in ted.) — T.° XIX, Punt. I.1 del 1850.
Archivio ris guar dante. le cognizioni delle fonli sloriche
austriache (in ted.) — T." XV, fasc. 2.° del 1 850.
12. Dair I. II. Istiluto geologico di Vienna.
Annuario dell' I. R. Istituto geologico (in ted.) — Iugl.
agoslo, sett. 1855.
13. Dalla reale Accademia dei georgofili di Firenze.
Alti della reale Accademia. — Nuova serie, vol III.0,
dispcnsa I." 1850.
14. Dall'Ecc. I. R. Ministero dell' Interne
Bulleltino delle leggi dell' Imp ero Austriaco (in ted.)
— Puntata V alia XII; 1850.
15. Dalla Societa medico-chirurgica di Bologna.
Bulleltino delle scienze mediche. — Marzo \ 850.
— 62 i —
16. Da! sig. Vladimiro Jakschitch, prof, in Serbia,
Statistique de Serbie (in lingua francese c serbica) pre-
miere livraison — Belgrado 1855, di pag. 7 5, in S.°
17. Dall'I. II. Istituto Lombardo.
Memorie dell-Istitulo Lombardo. — Volume If.", Milano
IS 55, in ;.'J
18. Dal sig. prof. Filippo Parlatore.
Elogio di Filippo Burker-Webb. — Firenze 1850, di
pag. I 14, in 4.°
19. Dal sig. Antonio Ciccone^ di IVapoli.
Delia coltivazione del gelso e del governo del fdugello.
Trattato teorico-pratico — Torino 1854, un volume.
Sur les symptdmes, le diagnostic, I' anatomic patholo-
gique, et la mc'thode prcservatricc des epidemics de muscar-
dinc. — Parigi 1855 di pag. 4, in 4."
20. Dal sig. cav. dott. Cayol. direttore della Rivista
medica in Parigi.
Defense de I' Hippocratisme modcnie contre les attaques
de M. le prof. Lordal. — Parigi 1850, di pag. 54, in 8."
21. Dal s. c. dott. Francesco Gera.
Guida del coltivatore, ossia Raccolta rf' istruzioni pra-
liche risguardanli le faccendc campestri. — Venezia 1850.
Puntata prima.
Serie III, T. I 80
ACCAD. 1855-56 DISPESSA SETTIMA
GIOMI 15, 16, 17, 18 E 29 MAGGIO 1856
&i leggono le relazioni delle Giuntc speciali desti-
nate ad esaminare gli oggetli presentati al concorso
per l'agricoltura c rindustria. Dopo le opportune di-
scussioni Tlstituto delibcra intorno ad essi ed approva
i'estratto de' giudizii da pubblicarsi nell'adunanza so-
lenne. Si comunica il seguente articolo del socio cav.
Cesarc Cantu intorno agli Archivii dall'autore de-
dicato
ALL ISTIXITO VENETO.
Ch'io venga a parlarvi de'voslri Archivii non parra
strano se non a chi non l ispetti la religionc delle tradizio-
ni, non sen la la poesia delle memorie, non ricordi come le
nazioni presero serapre cura dei docuraenti della lor vita
civile, e i lcgislatori romani vollcro in ogni cilia un archivio
con un cuslode, per modo chc si eonserviuo incorrolti, e
Serie III, T. I. 8!
— (m —
facilmenle si rilrovino (I); formola elegantissima di quel
cho oggi si desidera c in parte si pratica. E Benedetto XIV
al vostro Marco Foscarini scrivcva: « Agli uomini che nulla
» fanno sembra piccola cosa il ricavar notizie dai document!
» anticlii; ma chi ha falto e va facendo qualehe cosa, co-
» nosce il pregio dell1 opera. »
Ben fu tempo che si vilipendeano queste indagini sopra
un passato che, diceano, non ha tampoco il merito d'antici-
pare 1' csperienza perche i fatti non si riproducono mai colle
identiche forme. E fu dietro a tali concetti che la sloria si
sviso in generalita ed astrazioni, dalle quali era necessario
rcvocarla all' amor dei fatti, alia diligenza dei particolari ;
e dopo tanto forestierume ricondurla a indagar I'elementa
indigeno nelle leggi e ne'coslumi de1 paesi che piu lo man-
ten nero.
A rinsanichirla colla verita e col positivo, pare a me
supremamente giovino lericerche negli archivii, e pero volli
venirvi ad esporre, onorevoli colleghi, quanta meraviglia io
traessi dalle ricchezze riposte nci voslri, e con quanta gen-
tilezza fossi ajutato a cercarvi qualehe hriciola della storia
del mio paese. Pubblicandole, volli stimolare chi con piu
agio e miglior ordine potrebhe attendervi ; e di gran eonso-
lazione mi fu, tra f odierna indifferenza di quanto non e
politico e atluale, il vedcre quelle poche notizie aecolle pas-
sionatamenle, ripetute e indicate negiornali, eccello i vene-
li, e venirne risposte, ampliazioni,reltilicazioni; quell'alten-
zione insomnia ch'io cercava eccitare. Perocche gran hiso-
(1) In civitatibus habitatio quaedam publica distribuatur, in qua cvn-
veniens ost monuments recondere; eligendo quemdam qui horum ha-
beat custodiam, qualiter incorrupta maneant haec, et velociter inve-
niantur a requirentibus: ct sit apud ens orchivium Ji stiiniam Anth. III.
flu difens. civit.
— 025 —
gno noi abbiamo di conoscer noi stcssi e di farci conoscere :
e a lal uopo io ricorro a voi, e della vostra autorita volli
valermi per acquistarne alia mia parola.
Se si fossero conosciuti gli afchiVii e la loro importan-
za, sarebbonsi veduti a volta a volta derubati quelli di
Milano, di Torino, i vostri? abbandonati al caso quelli
di Roma due volte ehe la rivoluzione li spalanco? Ma
essi son piuttosto un teatro di curiosi, ehe una palestra
di studiosi. Alciini, in aria di viaggiatore, ehe parlano come
si fa delle gallerie, secondo l'impressione ehe un quadro
lascio o la curiosita ehe desto. Ne basta tampoco la parti-
colareggiata descrizione, dovendosi scorrerli con idee pro-
prie, e vedervi qualche punto da chiarire, qualche verita
da provare.
Fan noja quc'saputi ehe, per moda capitati in un archi-
vio, si lagnano ehe non poterono vedervi nulla; ehe vi sieno
regolamenti e caulele; ehe i custodi sono gelosi. Gelosi sono
siuslamente del loro tempo e dei loro tesori in faccia al
semplice curioso, al quale e abbastanza, e troppo se mo-
strano gli scaffali, le cartelle, qualche autografo, qualche
lettera della Bianca Cappello e della Caterina de Medici. Dei
regolamenti si quereli chi non conosce l'importanza del
proteggere dall'indiscretezza ; chi non sa come il miglior
modo di usufruttare la Iiberta sia il frenarla. E poi natu-
rale ehe non trovi nulla chi non sa cercare.
E per saperlo e nceessario primamente d'essere ben
informato della storia in generale; ehe, semai qualche gal-
lo razzolando imbatte un corpo lucido^ noi creda suhito un
diamante, non ne levi rumore, e presuma darlo in regalo
al pubblico, a cui non da ehe imbarazzo o borra. Seconda
condizione e il pretiggersi un punto speciale; ed essendo
impossibile conoscer lutto, coneentrare l'attenzione sopra
— ()26 —
qualche fatto di cui siasi bene istruiti, e sul quale si vedran-
no scattrrire abbondevoli parlicolarita.
Ne certo noi llaliani dobbiamo esser gelosi, che gli stra-
nieri si occupino inlorno a cose noslre; ben vorremo anzi
all' Accademia Imperiale di Vienna che il fa nei Fontes re-
rum Austriacarum, al Fieker cbe diefuori i documenti ira-
periali di Pisa, all' Hepf cbe illustro Karislo di Negroponte,
al Sickel cbe informo inlorno all'acquisto di Milano, fatto
da Francesco Sforza.
Solo e desiderabile che non tardiarao a conoscere le ric-
chezze patrie tin quando ci arrivano di Germania, d'lnghil-
terra, di Francia. Cosi se le carte pubblicateda esso Sickel
fossero state conosciute alio storico della Repubblica di Mi-
lano dopo la mortc di Fitippo M. Visconti, avrebbe potuto
render completo un lavoro, cbe e buono ancbe cessale le
allusioni del 1848; e dove pure confessa non aver tampoco
veduto nell'arcbivio milanese l'istromento di dedizione del-
la cilta. Dal vostro archivio generale il recente storico di
Casliglione delle Stiviere avrebbe potuto ritrarre novissime
particolarita, c dal carteggio del residente di Milano, una
pianta colla lettera 24 giugno 1 600, e molte notizie in quel-
la del G inaggio F778, ove sono addotti i privilegi conceduli
a quella terra fin dal doge Foscari. Ne al Mazzetti, tessendo
la vita del Firraian, sarieno stati inulili i carteggi del resi-
dente in Lombardia, cui vanno unile tanle carte firmale da
quel ministro. II signor Celesia vi avrebbe colto un'intinita
di particolari sopra la sollevazione di Genova del 1746 e la
eonseguente guerra; il Canestrini molti altri per la sua/>o-
litica della casa di Savoja, e il cav. Carutti pel regno di Vit-
torio Amedeo II. II sig. Bartolmess avrebbe potuto giovar-
sene per la sloria di Giordano Bruno, del quale si ha qui il
processo. Or ora Pastoret al Comilato della lingua e della
— 027 —
storia delle arti diFrancia eomunico, siccomepreziosita, un
proclama del senato di Genova contro il romanzesco re
Teodoro del 4 756: ma qui molti altri potea raccorne.
II signor Odorie.i potra utilizzare uno scaffale inlero di
carte concernenli Brescia, e non soltanto dopo unita alia
Serenissima. Carlo Cocchetti aecennd lo zelo spiegalo in bre-
sciana dal celebre padre Segneri; ebbene ne'Pregadi, al
M giugno 1 074, egli troverebbe una missiva ai rellori di
Brescia, in cui si da lode al vescovo di aver obbedito aipub-
blici ordini « col dispouere e comandare la partenza del pa-
dre Segneri gesuita », colla certezza die « non vi saranno
piu in avvenirc tali insolile funzioni, al die stara intenta la
vigilanza vostra » ; donde avrebbe compreso die la citla dei
Pozzi o del Baffo s'adombrava delle processioni e d'un san-
to prete.
Ma perehe le ricercbe non sieno interminabili e a caso,
da per tutto or vien agevolata con indici e regesti, nel cbe
principahnente e a lodarsi il Sillabus membranorum die si
pubblica a Napoli, dove si stampano ancbe le pergamene piii
antiche di que' preziosi archivii. E di recente abbiamo avuto
il Codice Longobardo dal Troja, il Codice Diplomatic o Sar-
do dal Tola ; gli statuti di Pisa dal Bonaini, il quale ora
mette ordine all'arcbivio toscano.
Al desiderio cbe il vostro archivio generale sia falto co
noscere, non solo parzialmente, ma nella sua integrity, aju-
terebbe non poco lo zelo e le cognizioni di questa insigne
societa.
E la prima cura mi sembra dovrebbe dirigersi a com-
pletarlo. Troppo e noto come gran parte ne sia andala di-
spersa, massime al tempo della prima rivoluzione clie Ve-
nezia subi, la quale, dopo aver essa sola in Italia istiluito un
egovrno cbe tutelasse lutti, e impedissc il predominio delle
— ()°28 —
fazioni, socconibette soltanto, allorche queste T assalsefd
appoggiale a forza straniera. Al tempo chel'Austria acqhi-
stava e riprendeva quella citta, poi quando Milano, fatta ca^
pitale del « bcllo Italo regno » v'esercitava una superiority
baldanzosa, moltissime carte, e serie intere fuijono tolte a
questi archivii, le quali ora la piii parte giaciono a Vienna.
In tempi che la pace non si crede durevole se non diasi il
bacio colla giustizia, e che si parla di restituire al Tirolola
preziosa raccolta di Ambras, perche sarebbe audacia il do-
mandare che a voi fossero restituiti que' documenti ? per-
che non potrebbesi proVocare la generosita iraperiale a re-
galare pur quelli che furono comprati dalla eredita Fosea-
rini? qnal suddito fara oso di dire, La munificenza sovrana
nnn pud arrivare che fin qua? E si fallisse anche, ottengasi
almeno copia diessi il che non sarebbe che un ricambio del-
le molte copie che di qui si mandano per soddisfare alle ri-
cerche di quell' Accademia Tmpcriale, la cui operosita e le
cui pubblicazioni devono essere e sprone ed esempio agli
Istituti italiani.
Inoltre, al tempo della soppressione de'conventi, nonpo-
co materiale dovette esser preso dai monaci, che cosi pen-
savano sottrarlo alia dispersione; e come alcuna cosa gia
ne fu recuperato, cosi sarebbe a sollecitare il ritrovo anche
del resto.
A tacere cio che l'ignoranza o Tavidita mandarono al
pizzicagnolo o a macero, nessuno ha veduto archivii parti-
colari senza accorgersi come siansi impinguati colle spoglie
de'pubblici; e quante serie in questi riruangono interrotte,
il cui compimento s'indica presso il tale o tal altroprivato,
sia qui, sia in paesi lontani ; che fin oggi gli stranieri dispo-
sti a non isparagnar danaro, possono recarsi opime prede.
Ora di cio tutto importerebbe d'avere, sc non il possesso,
— 629 —
almen la cognizione, c completo rendere quel ricambio di
notizio c documcnti, che oggi si fa eontinuo fra 1' archivio
generale, e la sempre crescente raccolta della Marciana.
Dopo di cio si potrebbe dar opera allapubblicazione dun
eatalogo ragionalo. A quest' ora ogni eosa e disposta sotto
le proprie categorie, in modo dJ agevolare la rieerca e agli
impiegati e agli studiosi: rua bisognera pure ripigliar da ca-
po f esame, per eonoscere le partieolarita di quanto viene
sotto le distribuzioni generali. Questa falica non potrebbe
eonvenire ebe agli impiegati medesimi , ma bisognerebbe fos-
ser tanli quanti bastino per servire al pubblico e ai curiosi,
ed insieme atlendere a iudagini scientiiicbe.
Ad ogni modo quesli non sarebber che lavori prepara-
torii. Di pubblicar ogni carta non puu venire in mente se
non a cbi non ne vide la quautita. Lopo e dunque seeglie-
re, e a cio intese gia il diretlore desso archivio, proponen-
do di pubblicare i documcnti pill imporlanti; e tali sono
sempre i pin veccbi. II governo accondisccsc alia proposta
e ai modi suggeriti, e voi certo ne aspettate con impazienza
lattuazione. Impazienza, dico, ma proporzionata all'opera:
cbe nessuno di voi e si nuovo in tali materie da non sapere
quanto lavoro preliminare domandi; catalogare cronologi-
camenle esse carte, il che gia importa spesso lunga indagine
e critica ; leggere e trascrivere i documcnti stcssi, impresa
tutt'altro che materiale ; accertarsi se inediti, e in caso di-
verso eonoscere le varianti offerte dagli apografi,
Sol dopo questi preliminari si potra determinare qua I
sistema seguire, in quali categorie distribuir la pubblicazio-
ne; a quali intenti coordinarla.
E noto come al « padre mio e degli alfri miei migliom
il Muratori, sieno stati chiusi gli archivii di Venczia, di Ge-
nova, di Torino. Torino v'ha riparato splcndidamcnte coi
— 630 —
Monumenla historiae patriae ; e come gia alia gran raccolta
si hanno supplement per la Sicilia, per Napoli, per Firenze,
e quelli del Zaccaria, del Mitlarelli, del Fantuzzi, cosi sta-
rebbe bene un volume delle cose venete avanti il 4 500;
tanto piii se potesse aver corpo il progetlo che or vediamo
annunziato da Firenze di ripubblicare quella gran collezio-
ne, conmolte altre; progetti della cui attuazione fa dubitare
la troppa vastita.
Poiche e nobil piacere il proclamare leglorie delproprio
paese quando i tempi o 1' incapacity ci escludono dall' ac-
crescerle, noi volgiamo perseverantemente le cure alia sto-
ria italiana. Nel qual proposilo ci parrebbe lodevole un la-
voro sifatto. Prender un anno d' essa storia: fare il sunto
de'patrii avvenimenti, ajutandosi cogli Annali del Muratori;
poi soggiungervi le informazioiii clie sui fatti stessi trasmet-
tevano i rappresentanti veneti, narralori contemporanei, e
spesso testimonj oculari. Io parlo dell' Italia soltanto, che
altrimenli la falica toccherebbe all' infinito: e poi i lora-
stieri facciano per la loro quel cbe noi per la palria nostra.
In tante fulilita cbe si stampano all' occasione del capo
d' anno, percbe non potrebbc alcuno cominciare un sifatto
lavoro per un anno almeno ? Io mi persuado che l'interes-
se ne apparirebbe tale, che molti vorrebbero divisare i mo-
di di sollecitarlo. Certo intanto, ollre il piacere d'una storia
narrata lutta da contemporanei, si avrebbe modo di cor-
regger molte date del Muratori, il quale in tal fatto scivola
spesso, e di aggiungervi, per aver poi e sicuri e compiuti
annali della patria.
Questo e lavoro, non diro manuale, che lo scernere
importa quel senso comune che e tanto raro; ma non ri-
chiede gran profondita nel la storia.
Fcr chi questa abbia sullc dita e tengasi iunanzi alia
— 631 —
nieule il quadro di lulli i fatti eontemporanei d Europa,
altro tenia grandioso offrirel)be la politica di Venezia. Oue-
sta dovrebbe risultare, non tanto dalle relazioni d' amba-
sciatori, quanlo dai Secreti e dalle deliberc delSenalo, dalle
coinunicazioni dei principi, dalle connnissioni agli ageoti:
ed esser risconlrata da opere conlcmporanee, come pel 000
sarebbero il Mercnrio e le altre opere di Vitlorio Siri ; la
Vita arcana di fra Paolo, ed altre monografie, di cui avete
cenno nella ricca Bibliografia dell' instancabile noslro col-
lege Cieogna.
Lavori sulla polizia interna, vale a dire storie civili, pos-
siede gia Venezia, massime per opera del coseienzoso Gal-
liciolli e deH'argiito Tenlori, sicche dalle esplorazioni degli
atti ufliciali non potra aspetlarsi opera nuova; benche sia
vero che molto resta a cbiarire, a correggere e connelte-
re, riparando iguasti faltivi dai forestieri, non mono che dai
nostrali.
Bensi opera nuova, anebe dopo la falica del Marini,
riuscirebbe la storia del eonnnereio, presa nell'ampio signi
iicato delle diverse transazioni economiche colle potenze;
giacche in nessun altro arcbivio, neppur nel genovese, tanti
abbondano i document! per la politica, la navigazione, la
geografla, le arti dell' Oriente e dei paesi attorno al Medi-
terraneo, per ben sette sccoli.
Io vorrei vitenessero grandissimo luogo gli ordinamcnti
interni delle maestranzc c delle scuole d'arti, ciascuna delle
quali costiluiva un corpo distinto, e dai complesso de1 sin-
goli derivava (che che so ne pensi in contrario) quello spi-
rilo pubblico, che risulta da spirito di corpo, spirito di fa-
miglia, spirito di paese; e la cui forniazione e irapossibile
nello sbriciolameoto che oggi ci colpisce in rcalla, sot to
I'apparente accentramento della burocrazia e della forza. E
Serie III. T. I. 8-'
— 632 —
hi quelle sferre, teste derise e ributtate, s' avra a studiare
e imparare, e tors' anehe imitare, quando al cozzo demago-
gico vogliano opporsi altri ripari che bajonette e prigioni,
alia miseria altri rimedii che case d'industria e workhouse :
e dopo faticato a svincolar l'uorao fin a ridurlo all'impo-
tenza dell'isolauiento, si pensi a dargli forme e discipline
restauratrici, che non ripongano il liberalismo nell'opposi-
zione, i rimedii nella rivoluzione.
Campo di gran pazienza e poca apparenza avra chi da-
gli archivii vostri deduca aggiunte al Lessico delta bassa ed
infima latinitd del Ducange, che, anche dopo le ricchissime
aggiunte delle edizioni tedesche e francesi, rimane difettivo
troppo nel linguaggio legale de'nostri comuni, e special-
menle del veneto. Che se alcuno vorra una volta compier
una lacuna, e regalarci la storia della legislazione italiana,
in nessun luogo trovera materiali piii abbondevoli che nella
vostra cilta, si pei tempi barbarici, si pei feudali o co-
munali.
Simili lavori esigono tempo, e il tempo e danaro. E
percio vuolsi esortarvi la ricca gioventii, aftinche non venga
meno all'usanze di que' palrizii, che proteggeano e dolti e
artisti; che, come di suppellettili e quadri, cosi fregiavano i
palazzi di carte e documenti, e che, anche negliultimi tem-
pi imputati di poltroueria e di marasmo, sapeano allevare
Canova, e luslro nuovo aggiungere ai nomi di Foscarini, di
Dandolo, di Farsetti, di Gorrer, di Zeno, di Albrizzi, di
'Memmo^ di Gradenigo.
Un giornale storico e lungo desiderio in Italia. II bene-
merito Vieusseux starapa a Firenze il suo Archivio, e nn1-
rita lode di perseverare in opera, che non e secondata da
lanti compratori, che bastino a fame una speculazione.
."Ma qualtro fascicoli in un anno sono scarso sl'ogo; e viep
— 633 —
piu chi pensi die i teatri han tanti giornali, o tanli \o fri-
volezze, e tanti quella critica, patologa della lelteratura e
della scienza, impresaria di ciancie, d' ire, di declamazioni,
che non vuol accorgersi come una rivoluzione passata so-
pra un paese abbia eambiato, se non le politiche, le condi-
zioni intellettuali e morali.
Un giornale slorico e diplomatico del Lombardo-Veneto
njuterebbe a pubblicare, se non altro, a far conoscere ric-
chezze ora sepolte e sparpagliate, a stimolare 1'operosita del-
la studiosa gioventu, ad avvicinare piu sempre i Lombardi
ai Veneziani, nel ehe parrai deva cpnsistere gran parte de-
gl' intenti, come consiste la miglior speranza dell' a v venire.
Quelle stesse pubblicazioni che si fanno qui per nozze,
per preti, per vescovi, mostrano il bisogno e il piacere di
sludii siffatti : ma prodotti in poche copie, e per essere do-
nate, non vanno in commercio, e i lontani le ignorano,
spesso i vicini non possono procurarsele; oltre che scon-
nesse, non ottengono ne importanza, ne effetto.
Dissi d'eccitar la gioventu; ma come fra i Romani ai
giuochi presedevano, o almeno assistcvano i canuti, cosi
sarebbe degno, che le fatiche de'giovani fossero direlte da
voi, persone assennatc e riverite. Che sempre bello e no-
bile e il vedere coloro che son in possesso della gloria, o
almeno della reputazione, tender la mano a quelli che vi
aspirano faticosamente.
Ne il merilo sarebbe soltanto lelterario, avvegiiache i
guasti nella storia portano a ben maggiore serieta che non
un deperimento intellettuale, e della grandczza di Venezia
non fu certo ultima cagione il rispetto ch'essa ebbepel suo
passato, e la gelosia del mantenere le proprie memorie. Poi
nel secolo passato il patriotisms e la fede rcligiosa illangui-
dirono: si perde il secreto delle emozioni passionate e dei
— G.Vi —
sentimenti sinceri, surrogandoviil sareasmo e I'epigramma,
il hello spirito o l1 arido ragionamcnto sottenlrando all'a-
more, secondo la moda francese, sicche parve debolezza
f entusiasmo, e talento il fischio; non si vollcro passioni,
ma soltanto progelti; I'amor della patria si distempero nel-
1'amore dell' unianita ; falti eattivi per debolezza, imitatori
per vanita, paralizzati di cuore, gli uomini si prepararono
snervati a quei tempi, in cui la spada ruppe la bilancia colla
verita e colla ragione.
Venezia no soffri fino a morirne; c la storia di quel de-
eadimento giace in gran parte anch'essa negli arcbivii vo-
stri e principalmente nel democratic^, e aspelta clii la rav-
vivi senza denigrazione no eonnivenza, bensi con quell' im-
parziulila scientilica, ch'e I'arma piu potente contro tutti i
partiti, con quella luce e ardenza che vien da passione uni-
la a giustizia, e con quella unita, connessione, chiarezza e
dignita, die danno alle opere vita piu luflga die quella d'un
giorno o d'un partilo.
Quella storia che, in un secolo infatuato d' amor pro-
prio, sostituiva la propria ragione alia Datura delle cose, e
impersonali astrazioni alia vera creatura umana ; che, ridot-
la a pura scienza amministrativa c ragione speculativa, per-
dea di vista ogni dilicalo organismo dell1 uomo effeltivo, so-
<-iale, morale, inlelletluale, ne comprendeva quel giuoco del-
la vita, die delle parti compone un tutto nella autonomia
dun popolo libero, soccombette alle mine chella medesima
avea cagionate. Dal contemplar le quali senza ira dopo che
aveano cessato d'esser minacciose, rampollo una storia, che
e teologica, Glosofica, giurisprudente, artistica, senza ces-
sare di esser politica ; riferendosi alio credenze come alle
opinioni degli uomini, ai costumi privati come ai pubblici
de'popoli, e su queslo gran leatro osservando le inodilica-
— (>35 —
zioni interne dell'anima umana, seguendo traverso ai secoli
i fenomeni della coscienza, raisurando alle eta delta specie
i passi che verso il fine supremo fa luomo, di eui essa e
iramagine.
Con tali elementi la storia divieneevoluzionaria, eper-
cio avversa agli appetiti rivoluzionarii. In questa bufera de-
magogiea, dene non la equita si cerca, ma Feguaglianza,
fino ad nn materiale livellamento de'euori e dell'intelligen-
za, che repugna al genio de'popoli e alia natura dell'uomo,
e solo giova all'invidia e ai malevoli istinti; in questo am-
biente amministrativo, che priva 1'individuo d'ogni movi-
inento proprio, ci rinserra nellasfera degl' inleressi, ci toglie
di mostrarci uomini e cittadini, la storia cosi concepita con-
tribuisce meglio d'ogni altro studio a restituire luomo a se
slesso, facendolo conoscere non quale lo foggiarono quei
romanzi che di storia usurparono il nome, quelle diatribe
che sistematicamenle denigravano la soeicta e I'inil viduo,
<[uelle tilze di aneddoli che, sconoscendo la solidarieta di
tulto il genere umano, non vedeano che Taccidente negli
avveniraenti, non l'esponeano che coll' epigramma e 1' apo-
ftegma, ma presentandolo nella vera sua natura sociale c
religiosa, negli affetti, ne' raziocinii, nell'arte, nell'intelli-
genza ; avezzandolo a prendere tutte le dimensioni dell'oriz-
zonte, e in tulti i tempi e i luoghi dclla tradizione. Cosi sol-
lanto si pud ottenere quella atluosa comparazione del pre-
senle col passato, la quale si abitua a ravvisar le cause e le
conscguenze, a conoscere il carattere e la tendenza dei fatli,
iu modo di non trovarci attonili, non irapacciati, non afflitti
allorche si riproducono.
E in un'eta, dove molti ancora stanno impigliati ncl pas-
sato, mentre allri si avventano sconslderatamente DeH'avve-
niie; dove alcuni sono ossessi da virtigine sopingeute, allri
— 636 —
da repellente, sta bene che voi, o Signori, raccomandiate la
storia, la quale ponga vele agli uni, zavorra agli altri, mo-
strando che il presenle non puo comprendersi se non in di-
pendenza del passato e in vista dell'avvenire; che le ribra-
me e le speranze bisogna distinguere dalla realita delle cose
colTelevarsi a quell' altezza, dove gli orizzonti appajono
sgotnbrati dalle personali preoccupazioni, e si riconosce la
providenziale destinazione della societa, che procede sempre
a maggiore acquisto o diffusione di liberla, di giustizia, di
dignita.
1DUNANZ1 PUBBLICA E SOLENNE DEL GIORNO 30 M1GGI0 1856.
In adempimento delle sovrane risoluzioni si ton-
ne in questo giorno 30 maggio 185
II
DITTA TERREGGIA PIETRO E CO.MP
di Milami
IMITAZIONE 1)1 MARMI MEDIANTE IMP ASTO 1)1 SEGATURA
HI LEGNO.
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PADERNELLO GIOVANNI
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MACCHI>A PER VARJ ISI SERICI.
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III.
TOFFOLI PIETRO
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STRUMENTI CHIRIRGICI ED ArPARATI ORTOPEDICI.
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IV.
CAMPLOY. GIUSEPPE
rfz Venezia
VERNICE PEGLI STlUME.Vll MCSICALl.
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VIANZONI GIOVANNI
di Venezia
M1GLIORAMENTI NELLA FATTURA DELLE SCARPE.
VI.
PlINCHERLE MORAVIA GIACOMO
di Venezia
METOOO CELEUE 1)1 CONCIA PER LE PELLI 1)1 BUE.
VII.
GAETANO GROPELLO
di Venezia
LAVORl DI TARSIA E d' INTAGLIO.
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3.
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7 OB ^,s^^^^^;i^^@@^(i^(^©o
X.
PROSPERINI P1ETRO
di Padova
I W OR1 LITOGRAFICI.
XI.
ZANJNONI GIUSEPPE ANTONIO
di Verona
INGEGNOSE SERRATI BE.
Seric 111. T. I.
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XII
F ERE T T 0 G I U S E P P E
di Treviso
FABBRlCAZIOMi DI KObOLJ.
XIII.
DAL DEGAN AB. NICOLO
di Asiaffo
COLTIVAZIONE DELLE PATATE.
XIV.
BEDINA GIOVANNI
di Cremona
MIGLIORAMENTO DELLE SCARPE A BULLETTE.
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I
^(M^(£S5fe£-Jfe:
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oXj-^'Cr^h^^zii,^-.^. ... ■--.,._ ■•^V*^^.^^'^j^)
;io*immjor» — rnfifttjjtjoogiir-.rgo'. bbbb«
ESPOSIZIONE DECRETATA
i.
GIOVANNI LICER
di Venezia
NIOVO STRIMENTO PER LA PENTURA DELLA VESCICA.
(con giudizio sospeso per premioj
II.
CARLO VETSZI
di Lanzada nel Lombardo
ISCIUGATOIO PER LA BUISCHERIA.
III.
C A R L 0 TO F F 0 L I
di Venezia
SAGf.I CALLIGRAFIf.I.
j®S^aeesggw ■»»'* woegBoocBBQgq «»ui jih- *>ui ssbbw «»wegraTw
IV.
FRANCESCO B0NALD1, e GIUSEPPE TARGHETTA
di Venezia
\, I T O - T I r O G R A F I A .
GIUSEPPE VIANKLLn
di Venezia
1.AY0RI \)\ CAPELLI.
VI.
DITTA WEBER, erede SWAYER
di Venezia
CREMOR DI TARTARO.
VII
GIUSEPPE BATTISTELLA
di Lovadina
I.AVORI l)' INTAGLIO.
•JS&SQ »— i±J8 . , , ■* Q^nrrst c
>eKuL_i__LMao4-j._,-f>
I.
D I T T A II A V E x\ N A di Adria
E
SULLAM di Venezia.
r^ ino dair anno 1840 erano alle foci del Po di Gaoeea
vaste superficie di terra formate dalle torbide condolte da
quel flume: scauui di pretta sabbia, paludi limacciose; niu-
na abilazione; rado assai cbe vi apparisse I' orma di piede
umano. La ditla Ravenna Felice e Sullam Giuseppe, fattasi
acquirente di quel latifoudo di pertiche 20.097,76, si pose
all' impresa di donarlo all' agricoltura. Esso e diviso in tre
parti; una a destra del Po di Gnocca; un' allra a sinistra;
la terza e un'isoletta formata da due rami minori, ne' quali
il flume si sparte poco sopra dello sbocco in mare. Un ar-
gine di melri 22.870 cinge il podere; lo difende dalle piene
delPo, dall'alta marea ; ed e largo al di sopra tre metri, onde
serve pure di strada carreggiabile. A fine di dare scolo alle
acque interiori sono scavali 28.080 melri di fossi muniti
alia foce in mare di cbiaviclie con porte a vento e seraci-
nescbe; e per la continuazione di questi scoli sotto a quello
pubblico di Ariano ed al privato di Sfregavalle, si costrus-
sero due bolti a sifone di mural struttura latericia, I' una
lunga 50 metri, 1' altra 15.
La bonificazione si e operata col mezzo delle colmate,
o introducendo fe torbide del Po,e largamente spagliandole
Serie III, T. I 88
— 056 —
sulla superficie ; ovvero, scavando larghi fossati, per elevare
il suolo compreso fra essi collo slerro, e coll'inlrodurre Ie
torbide nelle fosse scavate ; ed allorche ricolme, collo spur-
gaiie di nuovo, impiegando lo sterro a rialzare ancor piii
le aje interposte; c cosi progressivamente, finche il suolo
abbia raggiunta la desiderata altezza.
Gli acquidotti e le fosse per Ie cohnate haiino la lun-
ghezza di 1 8.02 4 raetri. Per eseguirle, oltre alio acque del Po
di Gnocca, vi si condussero, mediante una botte a sifone,
per i fondi della M. Trolli, quelle del Po di Garo. Quattro
macehine idrofore di ruote a schiaffo, mosse da cavalli ne
sollecitano V essicazione. A giovarsi deile irrigazioni si fe-
cero 21.9 .8 melri di adacquatrici, e 27.528 di braceiuoli
per distribuire le acque irrigue alle colture.
Cento e selte abilazioni vi si trovano gia costruite, oltre
una casa dominieale con adiacenze, vasti granai; e cinque
aje ammattonate in piano della superficie cotoplessiva di
25.4 06 melri quadrati. Quattro niila cento e venlidue perti-
che censuarie sono seminale a riso; un ^ran numero a fru-
mento, a grano turco; luolle ridotte a prato ; assai fornite
di piantagioni; allre a vigna ed orto, a frutteto; e bene
corrispondono alle cure dei proprietary, i quali da tulte
le circostanze del luogo seppero trarre un giudicioso
partito. La colonia dei lavoratori, die vi si e gia stabilita,e
di circa 400 individui; moltissimi sono poi, die vi si chia-
mano secondo le occorrenze; il latifondo e ben provveduto
di animali bovini, non solo da Iavoro, ma anehe da razza.
Per lanti dispendii e tantc cure impiegale inlorno ad
opera si lunga v si proficua, II. II. Islituto crede giusto di
rimerilare la Dilla Ravenna e Sullam col maggior premio.
— G57 —
ii.
DITTA TERRUGGIA e COMPAGNO
di Milano.
Questa Dilta, col solo nome allora del sig. Luigi Fratti-
ni, chc adesso n' e uno dei compononti, aveva gia ottenuto
nel 1851 e Iodi e il maggior premio dall' 1. R. Istiluto di
Milano, per aver rilrovato il modo d'impiegare quei minuz-
zoli ehe la sega fa cascar giu dal legno, e elie 1' aria disper-
de od il fuoco eonsuma, d' impiegarli a comporre dei pa-
vimenli intavolali non meno belli di quelli, ehe Iroppo so-
vente ci proeuriamo dall' estero. Ora, di quel suo mirabile
impasto di segature, si valseparticolarmenleadimpellicciare
mobili per le stanze: eon aleuni saggi dei quali si presento
all' attuale concorso. Sono due lavoli, I'uno di breccia sem-
plice, l'altro con intarsiature di lapislazzoli foggiati in fiori
e rabeschi, ad itnitazioue di quelli ehe si lavorano a musaico
in Firenze. So si guardano, sorprende invero la lucentezza
ehe mandano di niarmo eon diligenza pulito: la tinta e
forse un po' troppo viva, ma e difetto facile a correggersi,
ed anche vi basta il solo tempo. Se si toccano, danno seu-
sazione di una durezza lapidea. Il prezzo, quando si pensa
alia materia prima, non pud essere ehe molto inferiore alia
bellezza dell' apparenza; e gia la Ditla ha presentato uu do-
cumenlo provante le molle coramissioni, ehe le furono date
anche direcente. I mobili impellieeiati di marmoverocostano
assail sono incomodi a potersi muovere, incomodi per la
sensazione di freddo ehe producono, e difficilmente si rac-
conciano, se spezzati o guasti. Questi marmi, a dir cosi Ii-
— G58 —
gnei, vanno scevri da ciascuno di tali difetti, e son cosi belli
che possono servire all'adornamento dei palazzi, ed alia de-
corazione delle chiese. L' I. R. Istituto ha reputato degna
la Ditta Terruggia Pielro e Comp. della maggior corona.
III.
ODOARDO COLLALTO
di Venezia.
L' ingegnere meccanico sig. Odoardo Collalto fu il pri-
moch'eressee fe'prosperare in questa citta, flno dal 18-16,
una fonderi'a di ferro, die poi trasporto in Mestre. La sag-
gia e lodevole disposizione di essa lo melte al caso di sop-
perire a tutti i bisogni, anclic per le pin importanti costru-
zioni. Ha pereio quanlo e mestieri; e tra altro, due forni,
che il maggiore puo conlenere fino a 6000 chilogrammi
di ghisa.
Molte sono lc opere che uscirono dalla sua officina nel
breve spazio da che esiste. Ricorderemo sette macchine a
vapore, tra cui una della forza di 25 cavalli, per lasciuga-
mento della palude Benvenuti nel Consorzio foresto. Ma, se
la costruzione di queste macchine esige una piena cogni-
zione della loro complicata forma e delle non facili teori-
che a cui si appoggiano i loro perfezionamenti ed effetti,
non domanda pero il maneggio di grandi masse di ferro
fuso, in cui e riposta un'altra specie di difficoltc,i, a supe-
rare la quale richiedesi molta diligenza e somraa perizia
nella fusione, affincht* si operino a tempo opportuno i raf-
— 051) —
freddamenti, e non insorgano quindi di.sconlinuita, irrego-
larita , o mancanze di omogeneita nei grandi pezzi. Or,
quanlo valga a cio in teorica ed in pratica, il Collalto lo di-
mostro nei ponti di ferro i'nso. Lo diinostro ne' sei ponti
ch'eresse in qnesta eitta, nei quali ciascuno ha potuto am-
mirare la leggerczza, la varieta e il buon gusto degli orna-
menti. Lo dimostro specialmente nei ponte ch' eresse a
Lonigo sopra il torrente Gua; ponte, il quale Iia una luee,
valutandola daJl'origine deli'arco, di metri 20, ed una lar-
ghezza di 8; e nella cui costruzione dovette certo superare
le maggiori difllcolta derivanti dal maneggio di piu grandi
masse di ferro fuso, c dalla rigidila della gliisa die richiede
particolari avvertenze e parlicolari condizioni, allorche i
ponti sieno destinali ad attraversare grandi iiumi o torren-
ti, e a dar passaggio a carri eon gravissimi pesi. Queste
avvertenze furono tutle avule, e queste condizioni lutte at-
tuate dal Collalto; il quale riusci a coslruire il delto ponte
in modo che la necessaria solidita si troy a eongiunla a quella
leggerezza ed eleganza che oramai devono sempre accom-
pagnare un simil genere di costruzioni. Chi lo vegga od esa-
mini, se ne potra persuadere ; ed ognuno pud farsene un'i-
dea dal disegno che si conserva dall'I. R. Istitulo.
Non e da tacere che nell' operosa oflicina del Collalto,
non solo si da mano a grandi produzionij ma vi si lavo-
rano ulensili ed ornamenti di ogni genere per lc case, ed
ogni specie di attrezzi rurali: onde grande e il numero degli
artefici, degli operanti, a cui essa porge col lavoro il vitlo.
Per tuttoci6 Y T. R. Istituto ha stimato giusto di rime-
ritare la sua attivita, intelligenza e diligenza col maggior
premio.
— 660 —
IV.
B I G A G L I A PIE T R 0
di Ven-ezia,
I! sig. Pietro Bigaglia, il cui nome e un bel van to delle
industrie venete, oltcnnc gia., pel suo commercib dell' av-
venturina artificial e pei suoi musaici, da questo I. R. Istitu-
to, negli anni 18 52 e 1844, il secondo premio. II progresso
di codesto suo commercio divento ora molto nolevole, come
il dimoslrano gli e&aminati documenli; e cosi doveva essere,
giacche I'avventurina ch'egli sa produrre e ammirata nelle
prime capital! d'Europa. E notevolissirni sono pure i mi-
glioramenti desuoi musaici; i quali, so anche prima erano
assai pregevoli, apparivanb pero di men difficile esccuzione,
come quelli che si componevano di linee rette o leggerissi-
mamenle curve. \1a ora alle rette egli ha sostituito linee
curve, obblique, convesse tagliate e eongiunte in innumere-
voli pezzetti, ridotle tal fiata ad una quasi impereettibile
sottigliezza.
Il sig. Bigaglia, per giungere a tanto, ha doviito applicare
a'suoi musaici, un lavoro affallo diverso del primo, e da niu-
noinnanzi tentato, un lavoro di mollissime difllcoUa,per cui
gli convenne accrescere d' assai il numero delle mani d' o-
pera, ed impiegarne uno grande d'ingegnosi tornii, di tra-
pani e di altri ordigni.
I saggi ch'egli presents e quelli che furono veduti sul
luogo, sono tali da poter appagare qualunque esigenza in
questo proposito.
Ij1 I. B. Istiluto lo fregia della medaglia d'oro.
— mi —
V.
SOCIETA' B-OILTOL-AN
di Treviso.
La Societa Bortolan, rappresentata dal direttore signor
Angelo Giacoraelli, impiega l'opera sua intorno ad una in-
dustria, che si dirama in quattro parti; le quali, considerate
in complesso, danno una delle Industrie piu grandiose del
regno Lombardo-Veneto; e considerate poi in ciascuna di
esse, danno quaiche importante prodotlo che non esce da
alcun altro luogo del regno.
Nel villaggio di CarOoncra due doppii magli, Ire fucine
da colare e due macchine da sofflo servono a far vasi di
rame, di cui e ingenlissimo rannuale smercio e nel Veneto
e fuori. In quello di SamOur/ole sono di continuo in azione
due laminatoi per rame, pioinbo ezinco, mossi da una gran-
de ruota idraulica, costruita nelle oflicine delta Societa me-
desima, due doppii magli per foggiar grandi caldaie di rame,
e fondi sino al diametro di otto piedi ; le competenti fucine
da colare con t'orni a riverbero e ventilatore, e iiliere per
rame e piombo. Quattrocentomila libbre circa del rame
roseita ; di Agordo, vi si lavorano ogni anno, riducendolo in
Iamine di grand' estensione, ad uso principalmenle della
marina regia. Queste Iamine gareggiano per durata colle
inglesi, e i due laminatoi, da cui escono^ sono i soli che si
adoperino per lal effetto nel regno Lombardo-Veneto; co-
me sara il primo che vi comparisca, un terzo che si sta ora
mettendo in opera perroltono. Nel villaggio di s. Giuseppe
con due magli, quattordici fucine, due grandi forni aggiunti
— 662 —
di quovo per la riduzione della ferrareccia, si lavorario og-
getli di ogui genere, per gli usi agricoli, per I' arraamento
delle strade ferrate, e pezzi in ferro battuto, come ancore,
lusi di trasmissione, incudini, ec, ec. In quello di s. Maria
del Roverc, la Societa possede tre forni, atti ad ogni ope-
ra in ferraceio (ghisa); vi sono raodelli per ogni sorla
di mobili, e vi si fa il getto di grandi pezzi, come p. e., di
eilindri die riescono poi dalla tornitura perfetti. Ella vi ha,
da ultimo, aggiunta un'oflicinameccanica, con mollo agio di
locali pci fabbri, disegnatori, intagliatori, modellalori, con
tre forni, due macchine da forare, una da spianare, e molte
allre accessorie, quasi tutte costruite nelf oflicina medesi-
ma, e dirette da un ingegnere tecnico; onde puo assu-
mere 1'esecuzione di qualuuque lavoro meccanico le sia do-
mandato.
Queste qualtro parti di una grande industria, o piutto-
sto queste quatlro grandi induslrie, fabbrica di rame, fon
deria di seconda fusione, ferriera ed officina meccanica, che
si connetlono e sorregono reciprocamente, che furono nei
due trascorsi anni notahilmente ampliate, che danno lavoro
continuo, epercioalimento a piu che duecento famiglie, i cui
prodotti sono si importanli, ed alcuni anclie tali, che non si
oltengono in alcun altro luogo del regno Lombardo-Yene-
to, ben meritavano che la Societa da cui ricevono una vita
cosi utile, fosse onorata da queslo I.R.Istiluto col premio
della medaglia d'oro.
iiDMMi wmwm
MOZZONI I" R A IGNAZIO
di s. Gio. di bio.
II padre Mozzoni, con molto ingegno e floo raioore per-
severanza, valse a renderc pid perfetta, piu sollecita e meno
dispendiosa la lito-tipografia ; adoperando un suo metodo
di stampa con tipi neri od a colori trasportati sulla pietra,
e intercalati con disegni e fae-simili d'ogni maniera, spedi-
tamente eseguiti sulla pietra slessa, siche possano stamparsi
insiemc ai tipi; e cio con quclla variola di tinte die si vo-
glia, anche sovrapposte lima aifaltra. Molli sono i vantag-
gi di questo suo metodo: si ottengono trasportati sulla pie-
tra tipi tali, da poter gareggiare con qualunque stampa ti-
pografica, anche di lusso: si puo levare dal primo un sccon-
do trasporto, potenle a dar oltre un migliaio di esemplari:
merce il secondo trasporto si ottengono tutli i vantaggi del-
la stereo tipi a; perche i secondi trasporti si possono molti-
plicar a piacere e con piccola spesa, eseguenduli sulle pictre
di Bassano, delle quali, per conservare un foglio in J." stra-
grande di8pagine, non ne occorrono se non due del valore
di circa L.5.50 ciascuna. Questo metodo poi di lito-tipogra-
fia si avvantaggia sopra la lipogratia, perche si possono ad
tin tempo intercalare tipi e disegui che si eseguiseono spe
dilamente a mano sulla pietra ; perche lecopie appeaa stam-
pale, si puo suhilo distrihuirle; perche si possono Irapporre
Serie III. T. 1 86
— 064 —
ai tipi disegoi colorati d'ogni maniera ; alfe quali cose e im-
potente la tipografia a causa dclla bagnatura della carta ; ed
in fine perche, trattandosi specialmcnte di piccole produ-
zioni, come lettere, aflissi, ec, ll metodo di cui si parla, su-
pera d'ollre il doppio in ispcditezza di liratura il tipografico.
Per tali raotivi, I'l. R. Istiluto ha assegnato al tanto be-
nemerito p. Mozzoni il primo luogo tra i premiati colla
medaglia d'argento.
II
RAMPIJ) LEOPOLDO
di Padova.
L'arte detdorare in legno, quantunque antichissima, era
nulladimeno lontana dal metlersi in via di maggior perfe-
zione, perche, continuando co'metodi usati di vestire di ges-
so il legno, e spianare quindi I'intonaco con mano o con
qualche perno d'appoggio, doveano necessariamente risultar-
necerti ritlessi manifestanli V irregolaritu dclla superficie,
od una lucentezza grassa ed ontuosa non puntosomigliante
al lume crudo e tagliente die riverherano i metalli. Nella
via di molto miglioramento mise quest' arte il sig. Leopol-
do Rampin, applicando invece le superficie di rivoluzione
che vuol dorare od inargentare, od anche solo rendere li-
scie e brillanti, applicandole ad un tornio, non deiconnmi,
raa senza appoggio, maneggiabile a mano volante, onde il
ferro adoperato leggermente e docile ad ogni soltile esigen-
za. Da cid un perfetto spianamento deH'inlonaco di gesso.
— 665 —
che prende aspetto marmoreo; da cio lo splendore di quella
luce viva e spiccata che propria del metallo ; da cio tutta la
precisione nelle modanature e nei listelli, lo cbe non si ot
tiene mai col dorar comune, die sempre lascia sugli orli
certe barbiocie, e quasi una specie di frangie; da cio il po
ter ridurre, volcndo, le dette modanature e listelli alia sot-
tigliezza di iinissima linea, cosa riputata fino a qui non pos-
sible. E ben vero che il metodo suo il Rampin non pote
appliearlo per anco, se non alle sole superficie di rivoluzio-
ne; ma gia queste son numerose; ma gia egli mise con cio
solo l'arte in una larga via di progresso, e ve la mise col
notabile vantaggio di renderla anche meno dispendiosa per
la sollecitudine del lavoro; e poi sperabile che le cure da lui
poste intorno ad essa lo condurranno a poter applicare
il suo metodo altresi alle gole dritte e rovescie delle cor-
nici, ed a qualunque altro genere di superficie, dando cosi
una nuova vita air arte medesima.
L' I. R. Istituto gli decreto il premio della medaglia d'ar-
gento.
III.
PIO ISTITUTO CANAL DELLE FIGLIE
DEL SACRO CUORE
in Yenezia.
E riverito e caro il nome del cavaliere ab. Daniele Ca-
nal, che si fece promotore in questa citta del suddetto Isti-
tuto ch'egli dirige, e nel quale stanno attualmente raccolte
circa 70 fanciulle, tolte per la maggior parte all inopia, e
— 066 —
alle Iroppo agevoli conscguenze di essa. Sono istruile, oltre
a ci() che piii importa, in tulli i lavori femminili, dai pin
tenui, piu comuni ed ordinarii Qno ai piu iini e squisiti;
ne' quali secondi si occupano specialmente inlorno alia
parte che riguarda gli arredi di chiesa, gl'indumenti sa-
cerdotali; onde per si faLta loro industria, puo dirsi aperta
in quel luogo un' operosa oflicina, a cui il conosciutcy me-
rito va gia procurando frequeuti commission!. In generate
i lavori sono condotti con si bella accuratezza, che nulla
piii; singolarmente un ritratto di S. M. copiato in seta, e i
grandi trapunti in seta, in argento ed in oro sono eseguiti
con diligenza maravigliosa, con nitore e con eleganza.
L' ab. Canal presento al concorso 1' industria del luogo
da lui promosso e diretto; e I' I. R. Istituto, aggiudicando-
le il premio delta medaglia d'argento, si compiace di poter
dare insieme un segno di lode e di stima al degnissimo
promotore e direttore.
IV.
DAL !YIISTRO,.ERRERA e COMP.
di Venezia.
La Ditta suddelta, conoscendo come importi di estendere
ineglio presso di noi la fabbricazione del litargirio, pel quale
tributiamo all'estero non piccola sorama, conobbe ancora la
necessita di costruire un f'orno migliore degli usati fin qui,
percbe la protossidazione del piombo riesca economica, sol-
lecita, uniform©. L'ingegeere dott. Michele Treves immaginA
— mi —
e diresse la costruzione del forno e vi adempi tuttelo condi-
zioni opportune. Era mestieri che fosse separata affatto
T aja di esso dal focolajo, aeciocehe le ceneri vegetabili non
s' immischiassero al prolossido; era mestieri che, per vie
diverse, due correnti dell'aria esterna venissero ad alimen-
tare la comhuslione della legna e a promovere T ossidazio-
ne del metallo, perchc uniformi fossero le azioni, solleeito
il lavoro, e poeo o nulla impure di minio il prodotto; era
mestieri inQne di eliminar prontamente i gaz residui della
combustione e della ossidazione, affinche il proeesso chi-
mico non avesse a scadere di forza. Tutto questo fu bene
effettuato; il litargirio cbe in tal modo viene raccolto e del
migliore che si abbia.
L' I. I\. Islituto decreto alia Ditta Dal Mistro il preraio
della medaglia d' argento.
\.
VENEGONI LUIGl
di Milano.
E antica I' arte nei dipinlori di slanze d'imitare all' oc-
correnza qualunque specie di legno. II sig. Venegoni appli-
ed a quest' arte uno studio particolare ; e nell' anno scorso
ne presentava alcuni saggi all' Islituto lombardo, che gli
meritarono la medaglia di rame. Questo premio fu da lui
riguardato per cio ch' era veramente, cioe per un eccita-
mento ad andare piu innanzi: ed egli vi ando in guisa da
generare tal illusione che locchio del legnajuolo, dell ebani-
— (JG8 —
sta non varrebbe a discernere l'imitato dal vero. Onde pud
dirsi, ch'egli abbia elevala 1' imitazione dei legni ad un'arte
speciale. La effettua sulla tela, sul cartone, sulla tavola, sul
muro, sulla pietra e sempre colla stessa precisione, e sein-
pre con mirabile solleciludine e con poco dispendio.
L' Istitulo lo reputo degno dclla seconda corona.
VI.
DE LORENZI GIOVANNI
di Vicenza.
V espressione, o come suol dirsi il colorito, c la filatu-
ra de' suoni negli Harmonium si ottenne finora colla varia
pressione sul pedale de' mantici, e col mezzo di appositi re-
gistri. Ora, I' abile ed opcroso coslruttore d' organi musi-
cali sig. Gio. Battisla de Lorcnzi presenta una nuova fog-
gia d' armonica a suoni espressivi, in cui si modifica la
forza ed il colorito del suono, merce la maggiore o minor
pressione dei tasti, agendo per ogni tuono e semituono so-
pra un sistema di piu leve, che schiudono di mano in mano
i ventilabri di piu linguctte libere vibranti all' unisono. Si-
mile meccanismo e un' applicazione di quel sistema espres-
sivo gia introdotto dal De Lorenzi negli organi da chiesa
detti percid fonocromici, la cui invenzione premiala nel
1851, dall'I. R. Istituto di Milano colla maggior corona,
fu pure meritamente apprezzata nella recente esposizione
industrial di Parigi. Sebbene la graduazione o filatura del
suono in questa nuova forma d' armonica lasci qualcbe de-
— 669 —
siderio di maggior perfezione, e richiegga almeno uno spe-
ciale esereizio nella mano del suonatore, nondlmeno, per la
no vita dell' applicazione e dell'effetto rausicale, per la faci-
lity e 1' economia del mcccanismo, ed anco per 1'agevolczza
e quasi uniformita dell' azione sul pedale, clie eoinpensa la
necessaria leggerezza del tocco nel suonatore, 1' I. R. Isti-
tuto trovo di rimunerare 1' autore col premio della meda-
glia d' argento.
VII.
CARLO PONTI
di Venezia.
II Sig. Carlo Ponti si presento all' attuale concorso con
un doppio cannocchiale da tealro, a cui ( togliendo Tocu-
lare Galileano) si possono applicare due canne oculari a
quattro lenti, che danuo un otlimo cannocchiale capace di
un ingrandimento di circa 20 volte per gli oggetti lontani:
si presento allresi coll' applicazione della camera lucida del
Wollaston ad un cannocchiale per disegnare gli oggetti lon-
tani chiari ed ingrandili, come si potrehbe farlo nella loro
vicinanza. Questo artelice fu gia, nel precedente concorso
del 1854, premiato colla medaglia d'argento, per la costru-
zione di lenti destinate ad usi t'otografici, nella quale mani-
festo una singolare diligenza c perizia. Si dimoslra non
meno istruito e diligente in codeste due produzioni. LI. R.
Istituto, considerando come importa d'incoraggiare sempre
piii fra noi Parte chegli professa, cosi delicala e difficile,
— 070 —
dJ iucoraggiarla specialmenle in una cilia, in cui fu rivollo
al cielo il primo cannocchiale, e che nou dee venir ineno
alia ripulazione acquistatale dai lavori del Selva, gli decre-
to pur questa vojta la secouda corona.
VIII.
MARANGONI BIAGIO
di Udine.
II Sig. Marangoni aveva gia presenlalo il disegno del suo
elevalore mcccanieo per gl'infermi nel i854, ed oltenne da
questo I. R. Istituto che ne fosse decretata l'esposizione. Ora
presenta lelevalore mcdesimo ; il quale, esaminalo ed espcri
mentato, si trovacorrispondere pienamente air utilissimo ed
umanissirao scopo di poter sollevare per qualunque siasi bi-
sogno, in qualunque stato di grave malattia, e dopo qualun-
que siasi tempo di giacenza,gli annnalali dal loroletto,senza
scossa, e quindi senza alcun disagio o nocumento. Anche
gli altri suoi congegni meccanici, che servono a portare
esatlamente nellasse di rotazione i pezzi da lavorarsi al
tornio, sono stati giudicati commendevoli.
L' I. R. Istituto, a premiare la solerzia del Marangoni
e la grande utilita che puo ritrarsi dal detlo suo elevalore,
lo frcsjia della medaglia d'argento.
— 071 -
IX.
LORENZO RADI
di M urn no.
Lorenzo Radi, aiutato da una ferma volonta, e diretlo
dall' csperienza acquislata in tanti anni in cui si occupa
nclla composizione dello smalto d'oro a musaico, ond'ebbe
la medaglia d' oro nel 1846, valse da ultimo a rieondurre
l'arle vetraria ad un'applioazione, di cui si erano perdute
le traeciegia da piu cue due secoli. Egli compose una pasta
cbe, modellata o sofilata, imita perfettamente la calcedonia.
Ne basta ; essa puo imitare con egual perfezione anche le
altre specie di agata ; e questo a volonta, secondo che si
regola diversamente la temperatura del forno. Come ne fan
prova i saggi presentali, belli ed imitanti il vero sono que-
sti prodotti dell' arte, se avuti col softio, piii belli ancora,
se modellati e pubti.
L' I. R. Istituto giudico meritevole questo abde arte-
lice del secondo premio.
X
P I S A N I iN I C O L 0'
di Venezia.
II Sig. Pisani, eonoseendo quanlo sia irragiouevole e
daunoso il metodo ordinario della pilatura del riso coi pi-
Serie III. T I K7
— 672 —
stoni, che par quasi Irovalo per ridurre i grani in polvere ;
ed avvisando che, in quesla operazione, e pi 11 che altro lo
sfregaraento dei grani del riso tra essi e colla prima pelle
quello che poi li spoglia anco della seconda pellicola che
tanto vi aderisce, immagini) di costruire una macchina, in
cui codesto sfregamento venisse effettuato da un moto cir-
colare continuo e senza percossa, affinche i grani uscissero
interi e netti.
La sua macchina, costruita alia norma di huoni prin-
cipii teorici, e attuata in Venezia colla forza del vapore;
essa da invero il riso shucciato, bianco, lucido e senza
farina: fa tutto in una sola operazione; ed essendo affatto
chiusa, non manda quella polvere ch'e tanto dannosa agli
operai. Fu premiato colla medaglia d'argento.
XI.
TERRENATI GIUSEPPE
di Venezia.
L'invenzione del Sig. Terrenati consisle nella composi-
zione di una cote artificiale, che messa alia prova nei con-
gegni da lui presentati, si vide intaccare presto e molto il
piu duro acciaio inglese e il vetro. La composizione che
si presta cosi bene all'uopo coll' uso dell'acqua, prende
poi di leggieri, ogni forma, quando la si tratta a secco con
lima inglese. Si spera che il Sig. Terrenati possa riuscire,
sia a dare il suo composto a prezzo piu modico., sia ad
estenderne le applicazioni.
L' I. R. Istituto lo rimunera colla medaglia d' argento.
_ t>73 —
XII.
MAURIN GREGORIO
di Venezia.
II Mauria, le ore die gli avauzano dopo avere adem
piuto al debitosuo nell'I. R. Arsenate, in cui presta opera
qual fonditore di metalli, le occupa in una officina, che si
e fatta egli stesso nella sua propria casa, dove si va eserci-
fando in lavori di piccola o mediocre mole in bronzo, Iratti
da coucetti altrui. Di essi presento alcuni saggi; due cavalli
di diversa grandezza, medaglioni, flgure giacenli, busti, un
astaco, ee, i quali hanno ben fatto conoscere, ch'egli e vera-
mente abilissimo in tal arte, avendo superate felicemente le
molte difficolta di essa; tanto piu notevoli pel Maurin in
quanto i suoi lavori sono fatti con una sola fusione, di un
sol pezzo senza giunture, e senza posteriori levigazioni ; cid
che manifesta la sua perizia, non solo nel modellare, ma
altresi nel saper dare il grado opportuno di calore al me
tallo fuso: anche la grande difficolta delta sottosquadra
venne da lui superala con eccellente riuscita. L'incuorare
Ira noi questo genere d' industria non puo tornare che
grandemente utile quando si pensa alia tanta quantila
de'suoi prodotti, che ora ritiriamo dall'estero,e specialmen-
te dalla Francia.
L'l. R. Istituto ha reputato giusto conferire al Mmrin
lamedaglia dargento.
o—
— 074 —
XIII.
J)ITTA GENTILI, ASSERETTO e COMP.
di Padova.
La Ditta Gentili, Asseretto di Padova da un anno circa
attivo la depurazione del tartaro delle botti, ed offre al
comraercio quantita ingente di cremor di tartaro purissi-
mo. L'attivazione di tal raino d' industria e tanlo piuvan-
taggiosa in quauto die, essendovi da prima un solo labora-
torio a cio rivolto mancava quella emulazione che pur con-
corrc a perfezionaro le arti. Si rimunera con la medaglia
d' argento.
XIV.
VIANELLO GIUSEPPE
di Adria.
II Sig. Vianello, per avere introdotta e bene avviata
1' industria tipografica in Adria, ottenne il terzo premio da
questo Islituto nell'anno 185-5. f/amore sempre crescenle
per l'arte lo animd a dare un grande amplamento alia sua
tipografia e ad elevarla ad uno stato di molto migliore. La
trasport6 in un altro locale assai piii esteso, e fabbricato
appositamente per essa: la forni di torchi in maggior nu-
mero, di maggior costo e di maggior offetto: l'arriccbi di
— 075 —
caratteri in ogni genere, e di svariate guise di lregi ; la rese
atla, in breve, ad ogni sorla di produzioni, dalle minori allc
piii grandi; tra le quali accennererao solo ad una impres-
sione,che si sta attualmente effettuando, di due mila copie
del messale romano. F, poi necessaria eonseguenza di cio.
Paver egli procurato modo a lavoro, e quindi ad alimento,
a molto numero d'individui. L'Istituto to fregia della uierta-
glia d"argento.
XV.
GIOVANNI ed ORSOLA conjigi ROSSI
di I cnezia.
I conjugi Rossi, assuntori della iabbrica, con deposito
di struuienti cbirurgici, gia appartenente alia Ditta Rerlan,
piii voile premiata da questo I. R. Istituto, si presentarono
aU'attuale eoneorso per un notevole ampliamento nella loro
industria, e non meno notevoli miglioramenti da essi fatti
ad apparecchi ortopediei e ad istrumenti cbirurgici d'ogni
maniera. Tra primi meritano particolare attenzione quelli
di soccorso pegli asfitici, e le calze compressive di gomma
elastica, a maglia, di un pezzo solo; le quali sono, per piu
ragioni, preferibili a quelle provenienti dall'estero. I loro
strumenti cbirurgici furono trovati di lodevole esecuzione,
L' I. R. Istituto li rimerita colla inedaglia d' argento.
o
— 670 —
MENZIONI OXOREVOLI
i
VERDARl G1ACOMO
di Venezia.
11 sig. Verdari attivo in Venezia uno stabilimenlo di bu-
cato a vapore. Un ben consigliato uso del earbonato di soda
in diversi gradi di forza, secondo la quajita delle biancherie,
una ben regolata sommioistraziojie del vapore ai tini, nei
quali sono chiuse dopo levate dalla soluzione del earbonato,
un loeale lonlano da case e da altre fabbricbe industrial!,
dominalo dall'aria e dal sole, un buon ealorifero a venlila-
tore hanno dato alio stabilimento del Sig. Verdari un gran
numero di coneorrenti tra le piu distinte famiglie di questa
eitta. L' I. R. Istituto repulo esser meritevole della menzione
onorevole.
II.
PADERNEI
,LO GIOVANNI
di
Sacile.
Colla maccliina per varii usi serici, di cui il concorrente
presentd il modello, egli si e proposto di eseguire tutte ad un
tempo le operazioni neeessarie alia trama. Lo seopo non e
— 677 —
nuovo; ed il Sig. Avesani tra gli altri, per siinili apparecchi,
venne premiato negli anni 1 81 5 e 1 8 1 6 da questo stesso Isti-
luto. Ma nella macchina,di cui si tratta, vi e qualchc parte es-
senziale che spettain ispecialita al Sig. Padernello: essa e lo-
devoleassaipcr la semplicita dclla costruzione.per alcimino-
tevoli congegni ; c non meno per la qualita dell' effetto che
produce, il quale oltenne l'approvazione di persone aeeredi-
tate nel setilicio. L' I. R. Islituto, avuto riguardo anche alia
grande iniportanza che ha uelle nostre proviucie il lavoro
della trama, premio il Sig. Padernello colla menzione ono-
revole
g j_
III.
TOFFOLI PIETRO
di Cadore.
Alcuni degli strumenti chirurgici presenlati dal Sig.
Toffoli hanno il xnerito di una esecuzione molto accurata.
L' I. R. Istiluto, riconoscendo nel Sig. Toffoli un artefice
diligente, volonleroso^ e che si merilo per diversi lavori
1' approvazione di chirurghi distinti, gli aggiudica la lerza
corona
— 678 —
IV.
CAMPLOY GIUSEPPE
di Venezia.
La vcrnice del Sig. Camploy per gli slrumenti mu-
sicali non e soltanto superficial©, ma entra, dove piu
dove meno, pei pori del legno ; in qualche luogo ne at-
traversa anche tutta la grossezza , e lo rende consi-
stente dove prima era cedevole; e pero, soccorrendo alia
ineguaglianza di tessitura del legno, fa che la eassa degli
strumenti a corde si metta prontamentc all'unissono nel
suo complesso con le corde stesse, in tutti i loro tuoni, e
comunichi spedile le vibrazioui alia massa d'aria che vi e
contenuta. II Sig. Camploy ha offerta una piena prova di
quesli buoni effetti ; e 1' I. R. Istituto lo rimerita colla men-
zione onorevole.
V.
M A N Z 0 N I GIOVANNI
di Venezia.
L'arle di fare con eleganza e solidita le calzature da uo-
mo e speciahnente quelle da donna , non e ancora cosi
avanzata o diffusa tra noi, che non si vedano ben di fre-
quente codesti oggetti venire da luoghi lontani, con danno
della nostra industria. A cessare la qual cosa, il Manzoni
— 679 —
offre alcuni saggi di proprie manifatture, die non temono
confronti, ne per eletta materia, ne per accurata squisitezza
di lavoro e di forme. 11 prezzo non supera quelle- delle buonc
calzalure ordinarie, ed e ben al di sotto del costo delle piu
ricercate, ma non migliori, che ci vengono d'altri paesi. Gli
(u aggiudieata la menzione onorevole.
VI.
GIACOMO PINCHEULE MORAVIA
di Venezia.
11 metodo di concia per le pelli di buc proposlo da questa
Ditta, oltre il pregio della celerita, ba pur quello di esclu-
dere luso della calce e dell'aeido zolforieo, per apparec-
chiar la pelle ad essere facilmente spogliata dai peli, e per
fare che, gonliandosi, diventi capace di ricevere in se il
tannino. Era gia applicato una volla un metodo simile,
che fu poi lasciato, perche le pelli pigliavano una ten-
denza a putrefarsi. Le variazioni introdotte dalla Ditta
suddetla e da credere che bastino ad impedire il danno ;
menlre il suo stabilimento posto alia Giudecca, e lenuto col
metodo in discorso, e assai prospero e gode di buon nome.
L' I. R. Istitulo le decreto la menzione onorevole.
Serie HI. 7. / ss
— 680 —
VII.
GAE T A iN 0 G R <> P E I, I, O
di Venezia.
Questo abile artefice present6 ul concorso un leggio di
sua invenzione, da altare, di legni iinissimi, ricco di accu-
rati lavori di tarsia in ebano ed avorio, e di belli ornamenti
scolpiti in legno ; di cui la parte centrale rappresenta Cristo
circondato dai simboli de' Vangelisti, di stile bisanlino, ed e
dipinta a simulare la tarsia. Presenlo altresi il modello, in
acero e abete, della famosa scala del palazzo gia Minelli in
s. Paterniano, e di quell'angolo di esso a cui doveva servire,
sostituendo alia sua cupola, die or piu non esiste, una cella
arebiacuta. ouesti lavori sono belli di esattezza e diligenza ;
ed il secondo e ancbe opportuno, perche conserva il modello
di un edificio che va di giorno in giorno sempre piu depe-
rendo.
Vien premialo colla menzione onorevole.
Mil
PEGORETTI (Ho V A.N1N \
di Venezia
L I.R. Istituto, considerando die mancava tra noi una
fabbrica di tubi in piombo di tutte le diraensioni pei niolli
— 68 1 —
plici usi u cui vengono applicati, e die quindi, per provve-
dere ai bisogni di queste provincie, era mestieri sovente
ricorrere a fabbriche lontane, non pote cbe dare molta lode
allintcndimento del sig. Pegoretli, che neistitui una qui in
Venezia, fornendola di un poderoso lorcbio idraulico, e di-
rigendola con buone regole. Ha quindi creduto giusto di ri-
meritarlo colla menzione onorevole.
IX.
MARTINENGHI PASQUALE
di Campocroce.
Tra quelli che si diedero negli ultimi anni, a cercar mo-
di di sopperire con una od altra bevanda alia mancanza
del vino, e il sig. Martinenghi, gia benemerito, per molti
rispetti,degli studii agricoli. Si accinse egli alia fabbricazio-
ne del sidro, bevanda tanto usata in Francia ed in Inghil-
terra, e cosi poco tra noi. II sidro che presenlo e limpido,
e si manliene tale per piu giorni anche in bocce scenie; e
di bel colore, piacevolmente spiritoso, e di una fermenta-
zione che prosegue Ienta, come ne'buoni vini, a migliorar-
lo col tempo. L'Istitulo premia lesue cure con la menzione
onorevole.
— 08c2 -
x.
PROSPERING PIETRO
di Padova.
It litografo Sig. Pietro Prosperini, che prima ritirava
anch'egli daU'estero, pel suo comraercio, alcuni lavori lito-
grafici, come carta ornata per lettere, per viglietti di visita,
ed altro, ecc, studio it modo di ottenerlicoll'opera delta sua
propria ofticina. Vi riusci, in guisa da far paghi i desiderii
del lusso odierno. L' I. R. Islituto lo premia con la lerza
corona.
XI.
ZANNONI GIUSEPPE
di Verona.
Nelle cinque serrature presentate dat Sig. Zannoni non
e da notarsi atcuna partieolarita, che non sia stata o non
possa essere da altri messa in opera in tal genere di serra-
ture che si dicono di sicurezza. Ma egli e perd riuscito ad
ottenere molti svariati movimenti e funzioni con huona
disposizione, semplieita e solidiia di meccanismo; ed it la-
voro suo e assaifrancamente e precisamenteeseguito; on-
d'e a credere che, progredendo, egli potra dare le serrature
di sicurezza a prezzi modici, ed estendcre 1' opera sua anche
ad altre costruzioni meccaniche. L' I. R. Istituto o;li ha de-
crctata ronorevolo menzionc.
- 683 —
XII.
FERETTO GIOVANNI
di Trcviso.
Un saggio di 2-5 diverse sorta di rosolii present al con-
corso il Sig. Feretto, e commendevoli tutte. Le materie
adoperate da lui per colorire variamente i liquori sono af-
fatto innocue. L' I. R. Istituto gli conferisce il terzo premio.
XIII.
DAL DEGAN ab. NFCOLO
di Asia go.
Lab. Nicolo dalDegan e arciprete nel villaggio di Gallio,
Distretto di Asiago, duve il massimo Dimiero de'parroc-
chiani traggono I'unico o principale alimento dalle patate.
E facile iraniaginare a die inisera condizione li riducesse
la malattia, che da aleuni anni offende questo prodotto. II
buon arciprete si affretlo di soccorrerli. Raccolse le prati-
che di miglior effetto nella coltura delle patate e le insegno:
scegliere un terreno leggero ed inclinato, concimare con la
fuliggine, rincalzare le piante come si fa col grano turco,
qbolire il solco.
II frutto fu buono, e valse I' alimento di molte famiglie.
L' Istituto e lieto di rimeritarc con la menzione onorevole
questa diffusione delle utili pratiche agrarie, ch' e pure un
beH'esempio d'illuminata carita.
— ()84 —
XIV.
BEDINA GIOVANNI
di Cremona.
Sostituire le bulletle alia cucitura per congiungere la
suola delle scarpe al tomaio e cosa gia praticata. La novita
introdolta dal Sig. Bedina consisto nel far andare le bullet-
te dall'interno all'esterno, inveec die da questo a quelle-;
con cio egli lolse i molti inconvcnienli dell'altro modo; le
bulletle attraversano lulta la suola, e la punta cbe riesce al
di fuori vi e ribattuta e compressa per guisa cbe, oltre al
congiungere piu strettamente la suola al tomaio, rende assai
difficile il distacco delle bullette, fa la ealzatura solidissima,
impermeabile all'acqua, economica; il prezzo non c supe-
riore all' ordinario. Questa raaniera di scarpe torna oppor-
tuna per le genti del contado, pei viaggiatori, pei solclati.
L' I. R. Islituto lo premi6 collonorevole menzione.
ELENCO
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K S V O S T I
ALLA PIBBLICA MOSTRA NEL PALAZZO DLCALE
OLTRE QUELLI
Ul GUI FU DECRETATA L' ES POS1ZI ONE
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Modelli cli costruttura pegli edilizii eseguiti dalla scuola
FESTIVA PEGLI ARTIGIAM, pi'CSSO I' I. R. SCUOLA REALK Dl
vEjfEziA. — S. Giovanni Laterano.
Paliotlo da altare, ricamato in oro e seta a colori, para-
menti di chiesa ricamati ; quadri di punto di arazzo in
seta a colori; quadri di trapunlo in seta e lana di ogni
specie; ricami in bianco; cucito; rinaendature di ogni
SOl'te. — I. R. SCUOLA elementare maggiore di vexezia.
— S. Leone.
Slilacci di gomona per calefature di bastimenti (volg. taroz-
zi) ; paglia di segala tagliata per sigari ; segatura a mac-
china di legnami per impiallacciature ; taglio di legni
per linlure; stuoje di giunco ; tessuti di aloe per cappel-
lini da signora ; filatura di lino; tele di lino e baiubagia.
— Riparto I.0, lavoro volontario della civica casa d'in-
distria. — S. Lorenzo.
Lavori di maccbinista, iabbro-ierraio, intagliatore, stipe-
taio, intarsiatore, doratore, lornilore, calzolaio. - Ri-
parto II.0, casa di educazione pei fanciulli, istituita nel
1850 nella civica casa dindustria. — S. Lorenzo.
Lelto di ferro, lavori di stipelaio, di calzolaio, di sarto.
ORFAiSOTROFIO MASCUILE DI VEXEZIA, dil'etlo deli RR. PP.
Somaschi. Ai Gesuali.
Paliotto d'altare, ricamato in oro e seta a colori; parainenli
Serie III, T. 1. X9
— 688 —
da chiesa per messa solenne, ricamati in seta a colori;
lavori di cucito fino; ricami in bianco; trine di maglia ;
rimendatura col metodo Barcelto. — orfanotrofio
FEMMINILE IN VENEZIA. Alle TerCSC.
Lavori di maglia a ferri e uncinelto; di cucito; trapunti;
stuoini di paglia. — asili di carita' fer l'infanzia. —
In Venezia.
Tappezzerie di carta, di carlo oggioni, di Milano, piu volte
premiato dagl'ii. rr. Istituti di Venezia e Milano, con
negozio in Venezia, in merceria di s. Giuliano.
Quadro di ricamo in seta, simulante la stampa, della signora
GIISEPPINA MAZZARO.
Quadro di ricamo, simulante la stampa, della signora enri-
CHETTA CARPANETTI.
Ombrelli di ogni sorta, della fabbrica, pin volte prcmiata dal
II. R. Istituto, noncbe all'esposizione di Parigi, di lo-
renzo chitarin, di Venezia. — Merceria a s. Salvatore.
Candele steariche, stearina ; sapone di oleina ; acido zolfo-
rico, della privilegiala fabbrica della mira, rappresen-
tata in Venezia dal sig. G. Valatelli.
Lavori di capelli, di g.b. bettoni, di Venezia, parrucchiere,
in bocca di Piazza.
Pianla della Salina di s. Felice, premiata in Parigi colla
grande medaglia, rappresentata in Venezia dal sig. cav.
carlo astritc. ■ — S. Silvestro.
Guanti epelli preparate, di pietro mazzoleni, di Venezia. —
Merceria s. Giuliano.
Vedute topogratiche di Venezia, del signor gicseppe coen, di
Ferrara, premiatc a Parigi, vendibili presso il sig. Carlo
Ponti ottico, in Venezia. — Riva degli Scliiavoni.
Lastre e bottiglie di ogni sorta e grandezza, premiate a Pa-
rigi, della Ditta cessionark marietti, della labbrica in
— 689 —
Murano, rappresenlata in Venezia dal sig. Antonio Col-
li. — S. Canciano, calle della Posla.
Conterie e perle a lume, della Societa fabbriche ricnite, in
Venezia. — S. Zacearia, palazzo Grimani.
SLoffe d'oro e d'argento, e daraaschi di seta, di G. B. e fra-
telli agnixo, negozianti e fabbricatori di ogni sorla di
stoffe di seta c passamanteria. — Venezia, Merceria
dell'orologio, e campo di s. Bortolorameo.
Seta lavorata nella filatura in Campo di Pietra nel Trivigia-
no, del co. giovanni qderini del fu Alvise, di Venezia,
premialo a Londra e Parigi.
Mascbere, premiate a Londra e Monaco, della fabbrica di
serafino palatini, di Venezia. — S. Leone.
Compasso elissigrafo, cbe ottenne nel 1834 la esposizione
decretata dall'I. R. Istituto, di angelo segiso, di Vene-
zia. — S. Samuele, corte del Duca.
Strumenti diagnostici, premiati dall'I. R. Istituto, del dott.
antonio berti, di Venezia. — S. Samuele, corte del Duca.
Tappeto all arlecebina, di giacomo giacomim, di Venezia.
Olio di ricino e amido, della fabbrica di pietro tosi, in Ve-
nezia. — Ss. Apostoli, rio terra del ponte di Barba-
fruttarol.
Laccbe e smerigli, della fabbrica weber erepe swajer, di
Venezia, premiata piu volte dall'I. R. Istituto,, nonche
a Londra e Monaco. — Al ponte di s. Canciano.
Confetlure della fabbrica, premiata piu volte dall' I. R. Isti-
tuto, di liigi rosa, di Venezia. — Ponte dei Berretteri.
Cere di compimento, premiate a Londra e Monaco, della
fabbrica di gioseppe reali ed eredi gavazzi, di Venezia.
— S. Andrea.
Zuceheri raftinati, della fabbrica di gioseppe reali, q. An-
tonio, di Venezia, premiato a Parigi. — S. Marziale.
— 690 —
Zuccheri raftinati, della fabbrica di g. b. giuruto e c.', di
Venezia. — S. Girolamo.
Teriaca, della farmacia della Testa d'Oro, Ditta eredi sii-
vestrini, di Venezia. — Al ponte di Bialto.
Teriaca, della farmacia alia Madonna, Ditta antonio cente-
nari, di Venezia. — Carapo s. Bartolommeo.
Teriaca ed altri mcdicinali preparati, della farmacia alia Vec-
chia e Cedro imperiale, Ditta nurro ongarato e C, di
Venezia. — Campo s. Lnca.
Teriaca, della farmacia alio Struzzo d'oro, Porno d'argen-
to e due Mori, della Ditta Pietro Pozzetto, di Venezia.
— Ponte dei Berretteri.
Stipo di legni orientali, nella parte esterna composto di
antiche tarsie unite insieme, lavoro per comuiissione
del sig. co. Francesco Dolflu-Boldu, invenlato ed ese-
guitoda amonio pEscAROLo,di Venezia. — Campo s.Toma.
Lavori di coltellinaio, di antomo moras, di Dosson, provin-
cia di Treviso. - Sul Terraglio.
Lavori ceramici per edifizii, della fornace di Loreggia, di-
stretto di Campo san Piero, provincia diPadova, diretta
dall'ingegnere g. b. romano, di Venezia.
Lavori della tipografia, piu volte premiata dall'I.R. Istituto
veneto e a Parigi, del cav. gii seppe antonelli, di Vene
zia. — Alia Misericordia, palazzo Lezze.
Lavori della tipograQa, premiata dall'I.R. Istituto veneto, di
pietro naratovicb, di Venezia. — S. Apollinare, palaz-
zo Bernardo.
Lavori della tipografia di g.b. merlo, di Venezia. — Cam-
po s. Apollinare.
Lavori di \ilogralia, ad uso delle tipogralie, di r.. b. zamrelm,
di Milano, premiato dell' I. B. Istituto lombardo.
— ()94 —
Wodello di ponte in legno, dell'ingegnere bartolommeo pas-
ciera, di Belluno.
Stipo riccamente intarsiato e, nell'interno, rappresentante il
palazzo Ghiericati di Vicenza in tutto rilievo, e corni-
ce da specchio di legni orientali, intagliata; della Ditta
GicsEPPE gibele, rappresentata da Francesca Piasenti,
vedova Gibele, di Vicenza.
Lavori di ogni sorta di passamenteria in seta, premiati a
Parigi, dei fratelli rellatin, di Venezia. — Calle larga,
s. "Marco.
Due contorni di cammino scolpiti, e tavole di marmi orien-
tali lisci e a mosaico ; della ofticina, premiata dall'I. R.
Istituto, di vincenzo fadiga, di Venezia. — S. Maurizio,
calle del Doge.
Strumenti rurali belgi, introdottidalsig.cav. giiseppe ream,
presidente della Camera di Commercio in Venezia, con-
sole di S. M. il re dei Belgi, ec.
Stoviglie con riporti ad uso inglese, della nnova societa1
foxtebasso di Treviso, avente negozio in Venezia. —
Salizzada del Fondaco de'Tedeschi.
Macchine idrauliche; apparecchi per gas, ed altri lavori di
metallo, della fabbrica premiata nel 185 4, con medaglia
di rame dalf I. R. Istituto veneto (con riserva di premio
maggiore) della Ditta beaufre e faido, di Venezia. —
Fondamenta dell'Osmarin.
Ritratti fotografici di . . Levis di Venezia. — S.Gallo.
Ritratto fotografico; fotografie tratte da dipinli, di o. boxal-
ni e tarreghetta, di Venezia. — In Frezzeria.
Fitografie con oro e colori, di marco prosperim, di Padova.
Fiori artificial!, di maria vianello, di Venezia.
Fiori artificial di conchi^lie. di eigf.mo monet, ora dimo-
rante a Napoli.
— 692 —
Prodotti diversi della litografia kirc.iimajer, di Venezia.
Prove di dipinto sopra fincotlo, o sotto coperta, di ldigi
consolati, di Verona.
Dipinto sul vetro, di antonio borghese, di Venezia.
Specchio mobile con figure intagliate di tutto tondo, in bos-
so, di l. ripamonti, di Milano, da lui donato al co. Mat-
teo Persico.
Lavoro di scultura in marrao di Carrara, di gaetaso fer-
rari.
Oemento idraulico ed altri prodotti, dello stabilimento asfal-
tico, premiato in Parigi della grande medaglia, rappre-
senlato dal sig.Schultze, in Venezia. — Isola della Giu-
decca, al Ss. Redentore.
Pelli conciate per guanti, di lorknzo cerletti, di Chiaven-
na, provineia di Sondrio.
Avventurina artifiziale, di colore eomune, e avventurina
in tinta oscura ; calcedonia artifiziale e smalto porpora,
di giuseppe zEccm:\,fu Lorenzo, di Venezia. — Rio ter-
ra, san Leonardo.
SU LA PARTE
CHI SPBItA ALU HDICIIA
IGLI STUDI E IGL1 UFFICI DELL' ISTITITO
Diecorso
recitato nella solenne e pubblica adunanza 30 maggio 1856
dell' lstituto veneto di scienze_. letlere ed arti
DAL DOTT. GIACIIYTO NAMIAS
MEMBRO E SECRETARIO DELL'lSTITUTO STESSO
S2 3SS232S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2S2
Nc
lelle pubbliche adunanze di queslo Istituto dettero gli
anni scorsi materia a speciali ragionamenli la geologia,
I' astronomia, la botanica, la letteratura. Non parmi oggi
doversi lasciare addietro la medicina, benche ipotetiche e
straniere alia comune intelligenza le sue speculazioni si
estimino, aridi e tristi subietti poco dicevoli a cosi falte
solennita. Tali meschine vedute risguardanti una scienza
sperimentale, nata, direi quasi, coll'uomo, io eombattero in
questa occasione, in cui mi prefiggo cercare quale parte
spelti alia medicina negli studi ed uftici del nostro Istituto.
Eccellentissimo sig. Luogoteneute che rappresentate in
questo luogo la Sovrana munificenza, onorevoli colleghi,
spettabilissimi signori, non dubito di aver errato nella scelta
di un lema, che sia poco degno di voi, di queslo giorno, di
questa sala, dove 1' efligiate sembianze di Leonardo Lo-
redano e di Lorenzo Priuli, non meno che di guerriere
gesta, di civili provvedimenti venerande memorie riehia-
mano; ma volgeudo Io sguardo ai dipinti di codesla
Serie III. T. I 90
— 696 —
tribuna (I), che clue miracoli onorano di greca c latina
eloquenza, e pensando che severi esercizii mi tolsero ognora
alio amenita delle leltere, che rairano le pubbliche adunanze
a rendere fainiliari i principii scicnliiiei e allettarne I' uni-
versity degli uomini coll'esposizione de'benefizii che ne deri-
vano, mi affaccio qui trepidante che nel cospetto di tanta
solennit5 venga meno 1' umile mia locuzione. Possano alle
disadorne parole sopperire I'indulgenza vostra, o signori,
e l'eflicacia degli argomeati!
Promuovere gli studii, diffonderne I'amore, raccogliere
modelli, macchine, naturali corpi per fame mostra a gene-
rale utilila, recare al pubblico il frutto di lunghe investiga-
zioni, al Governo lumi e consigli in cio che a dottrina
si riferisce, furono gli uflici dalla Imperiale potesta agl'Isti-
tuti di Venezia e Milano afiidati. Particolari sollecitudini
dovea I'uno e l'altro rivolgere alia scientiiica cultura del
proprio paese, alia storia, alia topografia di esso, alle pra-
tiche discipline concernenti il suo Iraflico, le sue arti, la sua
agricollura.
In queste avvedutissime leggi largo cauipo si apre, o
signori, alia medicina, la quale non e, come greltamente
avvisano alcuni, il solo magistero di combattere i morhi,
ma quel piu vaslo e sublime che I' uomo protegge On nel-
l'alvo materno, e nelle fragili ela durante 1' accrescimenlo
e la decadenza del corpo, in ogni materiale esercizio della
vita e contro gli agguati della nequizia, che alle intere na-
zioni estendendo il suo patrocinio le ripara da germi mor-
bifici, e fa proposito delle sue indagini la prolungazione della
vita media, laccrescimento delle popolazioni e tullo ci6 che
(1) Su la paiete dnv' e il tronu, nella sala del Senato ossia Pregadi, i
due inferior! dipinti rappresentano Marco Tullio perorante e Demostene
eorouato.
— (>97 —
risguarda i lisici inigliorameati della society. Fu sagace con-
siglio del venelo Istifuto, che lo studio delle locali condi-
zioni spettanti alia geologia, alia sloria naturale, all'agro-
nomia, alia medicina, alia statistica, si raccoraandasse ad
alcuni suoi raembri, che all' una o all'allra di tali materie
piu specialmente si dedicano. E il prospero stalo dell' uomo
nel nostro paese essendo precipuo line di tale lavoro, dalle
collegate seienze spetta alia medicina trarre illazioni di pra-
tica utilita. Perehe nel dominio di quella sta veraraeute la
statistica umana, che col nome di demografia raccoglie le
nalurali leggi delle popolazioni. Di tale scienza nuova,nuova
se non nella idea, almeno nella vastita ed applicazione, la
quale chiede altamente le sollecitudini de' governi e delle
nazioni, venne fallo anche in questa citta pregevole esperi-
mento.
Nel comporre il libro: Venezia e le sue lagune (1),
anche intorno al clima e alia pubblica salute si raccolsero
gravissimi documenti, che i liniiti assegnati a quell' opera
non concedevano allora di dare in luce. Studiando un de-
cennio dal 1 857 al \ 840, i mesi piu favorevoli alia vita
degli uomini si trovarono il caaggio ed il giugno, i piu
sfavorevoli decemhre e gennaio, ne fa uopo che io dica
quanto importi codeste indagini proseguire ed ampliare.
Conosciuta la media mortalita de1 singoli mesi, risultano
senz' altro gli accrescimenti che per fortuite cagioni sor-
gessero, e possihili i mezzi a rimuoverle che perdono effi-
cacia se troppo tardi si oppongono. La giunta che vol-
ge neiristituto gli studii statistic! alle sopraindicate disci-
pline, raccogliendo da tutte le venete provincie queste ed
(1) Fu puiiblicato in occasionedelln IX adunanza degli scienzati italiani
a Venezia. e parecchi materiali inediti ad esso spettanti saranno argo-
mento di nuovi lavori.
— 098 —
altre nozioni, sopravvegghierebbe scientiiicamente alia loro
salubrita. Determinata la piu mortifera malattia, ponnosi
trovareespedienli per attenuarnc frequenza e vigore, o rin-
francare gli animi sbigottiti dall' apprensione di raorbi,
che non sogliono per ordinario estinguere la vita (I).
In questi e somiglianli propositi dell'Istituto son ne-
cessarie l'associazione de' cultori di varie scienze, e l'auto-
rita de' Magistrati, avvegnache a questi soltanto venga fatto
di porgere cifre non dubbie e imporne la faticosa ricerca.
Crebbe in Europa la vita media delPuomo cogli avan-
zaraenti della civilta (2); il qual fatto brevemente risponde ai
caldi amatori della barbarie, appassionatamente retrogradi,
che nella diffusione de' lumi e dellc sociali comodita paven-
tano nuove sorgenti di morbi abbreviatori de' nostri giorni.
Dai compuli venuti in luce nel liltro anzidetto trovasi la vita
media piu lunga a Venezia che a Milano, Firenze, Napoli,
Vienna e altre fiorenti metropoli. Ma questa piu lunga vita
de' Veneziani e forse un anlico benefizio delle locali condi-
zioni, e specialmente della poca frequenza di alterazioni me-
teorologiche ? Anche ne' passati tempi si notarono in Ve-
nezia longevi. Francesco Contarini, arabasciatore della
(1) Per es., il morbo migliare miete qui un numero assai scarso di
vittinie, circa 55 individui ogni anno dal 184G al 1855, 555 nelf intero
decennio. E tenuissima questa cifra di 55 rispetto all' annua mortality di
5977 (Venezia e le sue lagune, T. II, p. 279); poche malattie adunqne
menauo strage minore del morbo migliare, eppure di poche si paveuta
a Venezia quanlo di esso. Si trascurano invece le infiammazioni degli
organi del respiro, che ne' loro principii si dicono comunalmente
reumi e cedono a leggieri soccorsi ; neglette degenerano spesso in morbi
letiferi piu di quanti troncano i giorni de' nostri concittadini. La couo-
scenza di tali osservazioni tranquillerebbe i loro animi da vani ti-
mori, e gioverebbe grandemente a farli vigilare in cio che importa per
la propria salute.
(2) Gaz. des hop,, N. 82, aim. 1855, pag. 528.
— ()<)<) —
rcpubblica, desorivendo al suo principe, nel dispaccio N. 56,
la sacra cerimonia veduta il giovedi sanlo alia corte di Fer-
dinando I re de' Romani, soggiungeva:
)» S. M .... Mi disse die hora un anno lavo li piedi ad uno
» povero che havea anni 100, parendo dirme una cosa
» grande in effetto in questa parte, lo li dissi ehe Vostra
» sei*enita havea hora uno suo Conseglier che anche lui
» havea il medemo tempo, et era piu gagliardo di uie, et
» havea quel intellecto et memoria, come quando 1' havea
» 40 anni: volse saper il suo norae et parse a S. M. la piu
» hella cosa delmondo (I). » Ora in Venezia enelle sue pro
vincie cresce progressivamente la vita media, come in altri
parti di Europa ? Ecco un'inchiesta, che potra fare la nostra
giunta, investigando se qui speciali cagioni impediscano che
i giorni dell'uomo arrivino al naturale loro prolungamento.
II grande restauratore della fisiologia, Alberto Haller,
dalle comparazioni dell'iiomo cogli animali, rispetto ad ogni
circostanza corporea entro e fuori del venire malerno, e
dall' enumerazione de' longevi nelle varie contrade esserc
ingiuste deduceva (2) le querimoniesu la brevita della nostra
vita, il cui estremo termine oltrepassando un secolo, potersi
estendere al secondo. II rinomalo britanno, che defraudo in
gran parte all' Italia e ad un nostro concittadino la sco-
perta della circolazione del sangue, altesta che Tommaso
Parre morto nell'eta di 152 anni sarebbe forse piu a Iungo
(1) II mio chiariss. amico Rawdon Brawn trasse questo brano dal co-
dice DCCCI! (classe VII dei MSS. italiani della Biblioteca Marciana) che
forma parte della importante raccolta, con esenipio degno d'imitazione,
legata a questa biblioteca nel 1843 dal fa n. u. Gerolamo Contarini dei
Scrigni.
(2) Albeiti Haller, Elementa physiologiac. T. VIII, I'. II, pag. 95. Ber-
ime 1766.
— 7U0 —
vissuto, so incauiamenle non mutava a troppo tarda eta (I)
le abitudini della lunga sua vita.
Nel 185 5 il Flourens, secretario dell'Istituto di Francia,
uno do' piii celebri naturalisti vivonli, prese a eonsiderare
accuratamente questo subietto della vita umaua. Avea gia
(1) 11 diligentissimo Halter parlando di questo caso uel vol. cit. dell'op.
cit. a pag. 97 nota k, acoenna un opuscolo sul sangue dell' Harveo in pro-
prio Harveii libello. qui cum D. Betlus opuscolo de sanguine prodiit.
Furono vane lemiesollecitndini per ritrovarlo, ma nella Biographie medic.
del Diet, des sciences medic. Paris, Panckoucke T. II, p. 221-222 ris-
contrai la seguente indicazione: Belts Jean, medecin anglais De ortu
et natura sanguinis. Londres 1669 in 8.° On trouve a la suite eelui qui
a pour litre : Anatomia Thomae Parri annum cenlesimum quinqua-
gesimum secundum et novem menses agentis, cum clarissimi viri Gui-
lielmi Harvei aliorumque adstantium medicorum regiorum observatio-
nibus. Le notevoli circostanze di questo caso m' inducono a riportarlo qui
tradotto dalla seguente opera : The philosoph. transact- and collect, to the
end of the year MDCC abridged and disposed under general heads
Vol. 111. p. 302 London 1749 Chap. VIJI, The period of human life. (An
anatomical account of The Parre : by D. Hervey N. 44, pag. 886).
Tomaso Parre era un povero contadino della contea di Shrop d'onde
fu eondotto a Londra da Tomaso conte d' Anundel e di Surrey, e mori
in eta di anni 152 e mesi 9. II suo corpo essendo stato aperto dopo la sua
niorte (novembre 16, 1635) si rinvenne ancora molto carnoso ; il suo petto
peloso, i genitali senza alterazione, e cio valse non poco a confermare
la relazione ch'eglisubi una pubblica censura per la sua incontinenza,
speeialmente vedendo che dopo quell' epoca, vale a dire, all' eta di 120
anni sposo una vedova, che confess^ eum cum ipsa rem habuisse^ ut
alii marili solent et usque ad 12 annos retroactos solitum cum ea con-
gressum frequenfasse. Inoltre egli aveva il petto ampio, i polmoni non
erano fungosi, ma aderenti alle costole e dilatati da molto sangue; la fac-
cia era livida essendo preso un po' prima della sua morte da difficolta di
respiro, ed il calore perduro lungamente al petto ed alle ascelle dopo che
quella fit segnita (i quali segnali insieme ad altri erano in lui cosi evi-
denti, come sogliono essere in coloro che muoiono per soffocazione). II
suo cuore era grande, consistente, fibroso e pingue. II sangue nel more
nerastro e diluto. Le cartilagini dello sterno niente piu ossee, che negli
altri, ma flessibili e molli. 1 visceri molto sani e forti, speeialmente In
stomaco, e fu osservato ch' egli usava mangiar di frequente. tanto nel
— 704 —
determinata Button una relazione (I) tra laccresciraentd
dei corpi e la vita degli aoimali ; e il termine di quello essere
indicato dalla riunione delle ossa colle loro eslremita venne
staluito dal Flourens (2). Nell'uomo si compie a vent' anni
l'osseo congiungimento ; un secolo adunque, ei conchiude, e
I'ordinaria sua vita. Osservazioni raccolte sopra gli animali
diuiostrano la vita di qualche individuo estendersi al doppio
della naturale durata. Sono veramente privilegi accordali
con raolta distanza I'uno dall'altro, ma siccome il tempo
giorno quanto uella notte, sebbene s'accontentasse di formaggio veechio,
di latte, pane bigin, birra Ieggera e siero, e cio che piu inerita osserva-
zione mangio sulla mezzanotte poco prima di niorire. 1 reni erano
cuperti di grasso ed affatto sani. soltanto nella superficie anteriore si riu-
vennero degli abscessi, acquei o sierosi chefossero; uno di questi era
della grossezza di un ovo di gallina e eonteneva uu'acqna giallognola, ed
aveva impressa in quell' arniune una cavita rotonda. — Alcuni pensarono
che da cio procedesse la soppressione delle urine accaduta poco innanzi
alia sua niorte, sebbene altri fossero persuasi, che la soppressione delle
urine fosse dovuta al rigurgito di tutta la sierusita uei polmoni. Non si tro-
\6 la minima tracciadi materia pietrosa ne' reni o nella vescica. 1 suoi in-
testini erano pure sani, un poco biancastri all' esterno. II suoceryello era
intero e consistente, e sebbene il Parre fosse privo dell' uso degli occhi e
quasi affatto anche della memoria alquanti anni prima della sua morte,
pure aveva buonissimi 1' udib> e I'intelligenza, ed era capace fino all'anno
centesimo trigesimo della sua eta di eseguire ogui sorta di lavoro campe-
stre, Moo la battitura del grano.
In fine tutte le sue parti interne apparivano cosi sane, che se egli non
avesse mutato dieta e aria avrebbe forse potuto vivere ancora un buon
tratto. Ma passando da un'aria pura. Ieggera e libera, nell'aria pesante di
Londra, e dopo 1' uso costanle di alimeoti semplici e grossolani, essendo
accolto in una famiglia ove faceva una dieta splendida e beveva copiosa-
menle dei piu eletti vini, le funzioni natural) delle varie parti del suo
corpo divennero eccessive, i polmoni si ostruirono, el'intero abito del suo
eorpo fu disordinato. Da cio doveva pmcedere una rapida dissoluzione.
(1) Osservd che gli animali sogliono vivere cinque o sei volte il tem-
po che il loro corpo impiega a svilupparsi.
(2) De la longevite humaine et de la quantite de vie sur le globe par
F. Flourens. Paris 1855.
— 702 —
delf accrescimento del corpo moltiplicato per cinque da
cent' anni di vita, cosi I' analogia degli anzidetti privilegi,
dice il Flourens, lascia all'uomo speranza che per quasi un
secondo secolo, o meta almen di un secondo, si prolunghino
insolilamente i suoi giorni. E perche crederemmo che una
legge dalla Provvidenza fissata per tutti gli animali della
creazione dovesse raancare solo a danno dell' uomo, ch' e
il pin perfetto e dominatore di essi ?
Men robusto che molti di quelli, ei scopri il fuoco, la-
voro il ferro, costrinse la terra a porgere saluhre alimento ;
e facendosi armato e forte col lume del suo intelletto lotto
co' piu feroci, soggiogo e respinse i nocevoli, si accosto a
quanti gli poteano dar giovamento. Nelle prime epoche del
raondo le specie inferiori predominavano, poile formidabili
e gigantesche, di cui molte andaron perdute (I). Ma negli
ultimi tempi mirabdmente si moltiplicarono quelle tulelate
da lui: esse per numero d'individui vincono l'altre, come
l'uomo rimarra anclie per queslo rispetto al di sopra d'ogni
animale. E tutto cio mediante lingegno con cui la Provvi-
denza gli confcriva 1' impero della creazione. Rivogliamolo
dunque eflicacemente a raggiungere nella maggiore interez-
za tale beneiizio, cioe il piu lungo termine della vita.
ISotava I' Haller una quarta parte di bambini perire nel
primo anno, e all' ottavo dopo la nascita esserne spenla
quasi meta (2). Pochi uomini iiniscono di vecchiaja, gli al-
tri mietono le malaltie; e i selvaggi o per fame, o per ferite,
o per altre violente cagioni incontrano antecipata la morle.
A mano a mano pero che la medicina porge lumi ai governi,
nelle tavole delle popolazioni diminuisce quel triste pro-
(1) Per es. quelle del mastodonte e degli enormi mammouth rappre-
seutati dalle settentrionali immaginazioni cou favolosi culori.
(2) Op. cit., v. cit., p. 100.
— 703 —
spetlo, e si allunga lu vila media dclfuomo. Esaininaudo gli
ullimi ragguagli di Parigi (I) non veggo nel primo anno di
vila, durante il 1 855 c il 1 854, la spavenlcvole mortality ac-
cennata dal tisiologo di Berna nel secolo XVIII. E Ja Francia
Iroverebbesi anche a migliore partito se rispello alia pubbli-
ca salute non rimanea kingamente inoperosa. Con decrelo
18 dicembre 1 8 58 (2) instiluivansi i primi consigli igienici
nei suoi Dipartimenti.
Non pensate, o signori, che raggiungendosi piii comu-
nemente gli anni dalla nalura tissati, eon sociale scompiglio
crescerebbero i popoli a dismisura. L1 uomo che nasce in
un moodo oceupato, diceva il Malthus, se la famiglia non
puo nutrirlo, o la soeiela giovarsi del suo lavoro, non ha
diritto di chiedere alimento, e soverchio sulla terra, non
ammesso al grande convilu; e la nalura che gP impoue di
andarsene, si fa in breve eseculrice del suo stesso decreto.
Iniqua dottrina ella e questa, esagerata dal pedanlesco an-
dazzo di niolti scltarii (5), successivamente dal Malthus di-
seonfessata, avvegnache logliesse egli medesimo quelle du-
(1) A Harigi nel 1852 furouvi 35284 \\a$u\\v( Annuuire public' pur le bu-
reau des longitudes pour V an 1854 p. 175>. Nel 1853 dalla nascita a en
anno morin.no 4926 (Annuuire pour Van. 1855 p. 177.) Nel 1853 nacque-
io 34048 (Annuuire pour V an. 1855 p. 175) Nel 1854 peril ono dalla na-
scita sino all' eta di un anno 6164 (Annuuire pour V un. 1856/). 255).
(2) Encyclope'die du XIX siecle, Puris 1852 art. Hygiene. T. XIV}
P. I, p. 234.
(5) Si pubblico a Londra solto il nome di Marcos un libro in cui, per
prevenire l' eccedenza delhi popolazione, proponesi I'asfissia senza dolme
(painless extinction) dei neonati. Alt ri barbari mezzi vennero proposti
dal Weinhold consigliere di rQggeuza in Sassoiiia. V. I' ultima nota a pie-
di della p. XV della Notice sur la vie et les travaux de Malthus di Car-
lo Comte. secietario pei petuo dell' accademia delle scienze morali di
Francia neU'Essai sur le principe de lu population pur Multhus. Puris,
(juilluumin. 184b.
Serie III, T. I. 91
— 704 —
re parole nel ristampare il suo Saggio sul principio delta
popolazione (I). lo non entro nella eeonomica e morale
questione, se nelle contrade traboccanti cli abitatori sia
giusto aramonire il volgo di astenersi dagli incauti matri-
monii, o si possa dire crudele un linguaggio cbe ogni assen-
nalo uomo usa a coloro cui lia diritto di porger consiglio.
All' eceesso delle nascite principalmente, non ai longevi,
devesi l'esorbitanza delle popolazioni, e fu anzi avvisato che
tendessero piuttosto a diminuirla gli stessi provvedimenti,
che migliorando le sorti degli uomini ne diminuiscono la
mortalita (2). Ad ogni modo in queste provineie, cui vo-
glionsi a preferenza indirizzale le ricerche dell'Istituto, non
sopravvanza la popolazione. L' aumento di essa in Venezia
e minore che in altre metropoli (3) sebbene piu che in
quelle duri a lungo la vila. La fecondita mostrasi scarsa
nelle nostre lagune (4) e cresce quiodi lentamente il numc-
ro degli stabili abitatori (-5). Ma fuori di Venezia e nelle
([) Op. cit. p. 652 e notizia cit. di C. Conite che la precede, nota c it
(2) Elements de statislique humaine^ ou demographie comparee
par Achille Guillard. Paris 1855, p. 84.
(5) V. la cit. up. Venezia e le sue lagune3 T. II, pag. 283.
(4) Iii una recentissima opera del sig. Husson Les consummations de
Paris e notato che in questa citta, crescendo la durata della vita media,
scema un poco di 10 in 10 anni dul 1751 al 1850 il nuniero delle na-
scite. A Venezia fa contrasto ai niolti longevi tale nuniero di nascite die
non e testimonio di grande fecondita (Venezia e le sue lagune I. cit.)
(5) Negli anni 1851, 1852 e 1853, dopo i flagelli del 1849 crebbe estra-
ordinariamente la popolazione, secondoche sou! avvenire dopo catastrufi
apportatrici d' un nuniero insolitodi morti. (V. il Malthus op. cit. p. 311).
Eccone precisamente le cifre:
Nel 1851 nacquero a Venezia 4277, niorirono 5909.
» 1852 » » 5952, » 3424.
» 1853 » » 4222, » 4054.
Non ostante I' eccedenza in questi tie anui delle nascite sti le niorti,
il nuniero totale degli estinti supero un pocoquello de'nali dal 1847 ai
1855. cum' era avvenuto nel precedente decennio.
— 705 —
sue provincie un perenne disastro, che toglie robuste brac-
cia all' agricoltura e tronca i giorni, o per lo meno le fisi
che forze, o il tome dell' intellelto ad una parte, non saprei
se piu utile o piu infelice, della nazione. Stenti e miserie
circondano la vita del colono dalle poeticbe imaginazioni
pennelleggiata come lipo dell' umana prosperita. Quel su-
dore con cui i villici inaffiano, lavorando, la terra non ba-
sta a procaceiar Ioro salubre alimento, e male difesi dalle
ingiurie della fredda stagione, affatieando oltremodo in
estate sotto i cocenti raggi del sole, estinguendo con Iimac-
ciose acque la sete, dimorando nelle stalle o in anguste e
sozze capanne, incontrano quella falalissima infermita che
si nomo la pellagra. II male non si restringe ad una sola
generazione ; non basta che i meschini, perdute le forze, a
stento reggansi i piedi, o iiniscano fra dolori la vita, o ten-
tiuo privarsene in quegl' impeti convulsi che partono dalle
alienazioni del loro intellelto, se a lanlo non arrivo la
sventura, anche nel principio del morbo procreano figli in-
fermicci che ne porta n nascendo il i'unestissimo germe. Su
tale piaga del nostro paese il Governo ricerco lumi e eonsi-
gli dall' Istitulo, e si giovo de' suoi studii, spargendo istru-
zioni in ogni Comune, affulandone l'eseguimento a medici,
sacerdoti e altre sagaci persone che nel conlado riunissero
i loro sforzi a provocare in vantaggio di tanta e si merite-
vole parte dell' umana famiglia la pubblica e privata bene-
licenza, e la dirigessero al fine di arrestare il morbo nei
suoi primi passi e allontanarne o alleggerirne, quanta mai
sia possibile, le cagioni. Perche 1' Istituto pose dinanzi gli
occhi della pubblica amministrazione essere fuori di dubbio
che dispongono alia pellagra le umide e ristrette abitazioni,
corrotte acque, cibi guasti, o scarsi, o poco riparatori, un
aere appestalo da putride emanazioni, soverchie fatiche,
— 700 —
morali afflizioni, dalle quali tristi influenze logorati i corpi
incontrano sotto i lavori campestri e la sferza del sole
quella disperatissima inferraita.
Fanno, o signori, testimonianza di eompassionevole
animo le recenti istituzioni, die per dar pane alle madri
aprooo caritatevoli asili ad allaftanti bambini, e fin cercano
addolcire gli umani coslumi, ispirando pieta per gli animali
ed impedendo su essi ogni crudele azione. Ma sarebbe assai
pin urgente e proficu'a ne' tenimenti desolati dalla pellagra
un' assoeiazione de' possessor! per ajulare le miserande
famiglie di coloni esterrainali da quel flagello. E se vuolsi
impedire ehe a gli animali vengano imposte f a tiche superio-
rs alle (isiehe loro forze, non troveranno eguale misericor-
«1 in uomini die per deficiente alimenlo e troppo duri eser-
cizii muoiono od impazziseono, e (ramandano la propria
sventura alle future generazioni ? Oh sorga questa beneli-
ca soeieta a pro demiseri pellagrosi cbe incontrano il loro
inforlunio traendo ad altrui benelicio i prodotti della terra;
poehe volte la medieina polra gloriarsi di aver piu utilmen-
te preso parte negli ut'fiei dell' Istituto.
Eppure e grandissima quella che le spetta ne'piu sottili
quesiti toccanti lumana felicita! La medieina, che coll' in-
nesto vaccino strappo molte prede alia morte, e guarenti
leggiadri volti da schifose brutture, nelle nuove industrie
de' nostri tempi puo sottrarre a nocevolissime influenze i
poveri lavoratori. Per chi maneggia la gomma elastica, il
fosforo, il piombo, il mercurio studia i mezzi di evitare il
danno o di ripararlo (I). E i'attasi maestra degli stessi go-
verni procura in pubblici stabilimenli per la salute dei po-
verelli quegli stessi conforti che trovano i ricchi ne'sontuosi
(1) lid Liguria medico n. 2 e Gas, des hopilaux, Decembrc 1855.
— 707 —
palazzi, concilia I'incokunila de' viventi colla riverenza alio
salme de1 Irapassati, impedisce die le carceri destinale a
salvare onesli eittadini da violenze di mall'altori, e a risa-
nare di questi lo morali infermita non no estinguano la vita
con maggiore strazio cho i patiboli. Su ci6e piu ancora che
non ho detto, porgeodo lumi e consigli, l'lslitulo abbisogna
di quelli dclla medicina.
Questa poi al pari di ogni scienza, ncll' associazionc
dogli studii cho si coltivano in seno ad csso da c
riceve insegnamenti, divulgando i suoi priucipii, clie
le moltitudini ancora poco apprezzano c conoscono. Ma
se in tale riguardo la medicina sta al disotlo dogli allri
studii, la colpa e anche di noi che lo spirito regolatore
delle noslre investigazioni non poniauio dinanzi alia so-
ciela. Spesse fiate noi modici orgogliosamente ci rin-
chiudiamo nel sanluario dclla scienza, e coprendo di un
denso velo 1' area dclla dottrina, vogliamo soltrarla alio
sguardo de' profani. Col gergo di parole tralte dal greco
idioma noi ci allontaniamo dal pubblico, e il pubblico si
allontana da noi, erroneamente pigliando come principii di
nostra scienza le interpretazioni de'fcnomeni, le ipotesi per
abbracciarli divolgate doll' una o dallallra scuola secondo
le progredienti osservazioni.
Sa ognuno essere guariti antichi morbi reumatici col-
I' acqua fredda in varie guise applicata, col mctodo del Le-
Roy, idropi che si lenean disperate; ma dando a questi fatli
troppo ampla interpretazione tutte le malattie si vollero de-
rivare da sbilanci di traspirazione cutanea o da alterazioni
di umori. Le inattese scoperte dclla chimica arricchirono
la medicina di parecchie sostanze, la cui efticacia dispiega-
si anche a frazioni di grano (I). In parte coll'appoggio di
(1) La digitatina, per es., si prescrive efficaccinenle alia dose di un
— 708 —
tali osservazioni, in parte con qucllo di strane fantasie,
sorse una scuola a statuire fra altre Icggi anche questa,
che i farmachi operano piu gagliardamente in minime die
in grandi quantila. Sinaili interpretazioni, o meglio esagera-
zioni di falti parlicolari, non sono principii di medicina, i
quali nascendo dall' esperienza passano immutati (I) di
generazione in generazione fra le dispute de' dottrinanti.
Le dispute, o signori, non si agitano sni propositi di
medicina piu die su qnelli delPaltre scienze, spesso si ridu-
cono a questioni di parole, nella cui definizione e proprieta
ponendo maggior diligenza finirebbe pin presto la contro-
versia. Percio in mezzo alio severe occnpazioni scienti-
fiche dell' Istiluto non e trascurata la lingua; si fa studio
delle voci e se ne impinguano i dizionarii. Nella quale
lodevolissima opera ai medici pure eorre obbligo di dar
mano, perche quanlo e piu ardua una scienza, quanto piii
funeste conseguenze ponno generare i mal compresi suoi
insegnamenti, tanto piu fa mestieri dettarli con precisi ed
acconci vocaboli. E non dobbiamo dimenticare averci pre-
cedulo in queslo onorevole aringo il Coccbi, il Redi, il Pa-
sta insigni neilo scrivere e nel medicare, e un retaggio di
milligrammo, ch' e circa la cinquantesima parte di nn grano veneto, e in
cosi tenue quantila giova contro malattie, che meno faeilmente avrebbero
ceduto a molta digitale da cui essa e tratta.
(1) Anche in mezzo all' esagerazioni dell' omopatia, dell'idropatia,del
metudo del Le-Rny trovansi fatfi di cui puo avvantaggiarsi la scienza. Si
prescrivono a dosi minimissime od omeopatiche la stricnina, 1' atropina,
la veratrina, la digitalina. Con metodi idropatici rendesi spesse volte la
cute menu suscettiva di tarbarsi nelle sue funzioni, piii resistente alie
impressioni esteriori, e quindi gli umani corpi mcno proclivi ad incontrare
i reumatismi. Coll1 elisire del Le-Roy o con analoghi farmachi ponnosi
vincere alcune specie d' idropisie. Parrebbemi utile opera determinare
quanto di vero si nasconda fra le assurdita di parecchi sistemi di medicina.
— 709 —
glorie essere ignominia tlci ncgliitlosi nipoti, che dormendo
sugli allori degli avi non s'ingegnano ad imitarne l'esempio.
Colle indagini sopra la vita dell uomo, coi lumi porti
al governo negli alti propositi dell'igiene, cogli studii della
propria materia, col renderne noli generalmente pin che
non siano i principii, col distruggere errori dominanli nelle
moltitudioi, non finisce la parte che deve pigliare lamedicina
negli uffici dell' Islituto. Una giunta di cinque merabri occu-
pandosi di studii storici e di erudizione, massime intorno a
Venezia, dara tratto tratto argomenti alle sue ordinarie
discussioni e pubblicazioni. Ala la storia non e un semplice
trastullo dello spirito, un passalempo da fanciulli, non si
limila alia narrazione di ballaglie, di strani casi, di vivaci
dialoghi avvenuti o perspicuamente imaginati; essa distende
le sue ricerche ai costumi^alle istiluzioni, giudica severamente
i principi, come i popoli, deiinisce per quali cagioni rispetto
ai loro tempi alcuni di qucsli avanzasscro gli altri nel viver
civile, e raffrontando il passato col presente deduce per
l'avvenire utili conseguenze al miglioramcnto sociale.
L'antico governo di Venezia aveva posleparecchieprov-
videnze intorno alia pubblica salute, che stimerei degne d'imi-
tazione anche nello splendore delle odicrne cognizioui. Gra-
vissimi documenti tutlora inedili aspettano nel nostro gene-
rale Archivio, che l'amore deHarlesanatrice e della gloria di
questo pacse li porti a pubblica conoscenza. I termini del
mio discorso mi vietano di enlrare in parlicolarita, cui
trascinerebbemi un cenno anche rapido delle leggi, che dal
1485 lino al I7i)3 slanno ordinalamente raccolte all' Ar-
cbivio stesso ne'quattro volumi chiamati Rubrica delle leggi
del Magistrate della Sanitd. Era operoso quel Magistrato
in Venezia nel 1485, e voi sentiste, o signori, quanto tardi
la Francia iraitasse i suoi memorabili esempii. Nell' End-
— 710 —
clopedia di quella Qazione pel secolo \l\ sia scrillo (I) con
lodevolissima ingenuita, nulla per lungo tempo essersi i'atlo,
Iranne Iocali ccczeioni, intorno alia pubblica salute al tine
di assicurarne un profittcvole reggimento. Ma a Venezia, per
imped ire 1' introduzionc di morbi ne' suoi stati, il supremo
iMagistrato di sanita adoperavasi con mirabile solerzia in
cssi, e stipendiava negli estranei paesi chi gli porgesse noti-
zia so dominavano sospetti di malattie attaccaticcie. Quel
supremo Magistralo, temendorinvasione di morbid preseri-
veva cautele ne' seppellimenti e visile quolidiane per rico-
noscere la salute de' poverelli e se cadauno di questi avesse
all' uopo invocati i necessarii soccorsi (2). In quel supremo
Magistrate eleggevasi un protomedico nel 152 5, cui era
imposto con ispeciali decreti che nelle morti repentine, o
(1) T. XIV, p. 254.
(2) Riferisco qui la scrittura gentilmente collazionata da! chiar. sig. C.
Foucard dobente nella scuola di pulevgrafia coll' autentica determina-
zioue trascritta a carte 99 del Nutat. N. 1 dell' Archivio degli ex-Provve-
ditori alia Sanita.
» Die XXI Angus fi 1504.
« I Magnifici Signori Provveditori a la Sanita havendo respeto ale ur-
gentiu de i presenti tempi per posser segondo el bisogno far le debite, et
opportune provvision per leuir la terra sana da siinel infection de niorbo
apresso el divino auxilio hano delibera, et cussi se fa enmandamento a
tuti li piuvanj de questa terra che debino ogui zorno inquirir per tute le
case de le luro parochie li ainalati che sono in quella a casa per casa et
quelli notar sopra el suo libereto a questo deputadu: E quello la niatina
seguente appreseutar al Scrivan dell'Offitio ayanti terza, inquirendo che
condition de malatie sono, se hano medeci, o nou, tolendo tutte quelle
information che possibel sia, et inaximede quelli che potessenoprosumer
che fosseno de suspeto, et che tandem algun che vegni a morte, etsia chi
esser se vogli uou sia sepulti o suspeti o non senza licemia dell' Olfitio,
et quelli che pretereano in far le inquisition de li amalati inandara le
Case, et la matina seguente portarli in nota che cbasino ogni volta a la
pena deducati X da esser applicadi ai lazareti, in reliquis sue Magni-
ficentie se resservano a darli quella mazer pena, over peue li parerano. »
— 711 -
dopo rapida malatlia, egli medesimo particolari esami pra-
ticasse sui cadavcri. Bene lia detlo il eons. Giovanni Rossi
nell' opera incdila (I) sui coslumi e le leggi dc veneziani,
ehe se alenni principii pel Irascorrere de' tempi in allri
argomenti illanguidirono, in queslo della puhbliea salute
durarono robusti e ineoneussi, e ehe larchivio di quel su-
premo Magistrate stara pruova irrefragabile e perenne di
stupeuda sapienza e smisurata carita.
TVel 1682 ad una domanda fatta il 12 novenibre da quel
supremo Magistrate per dislribuire maggior eopia d'acqua
agl'indigenti in vantaggio della loro salute aceonsentiva,
deliberando il Senalo due giorni dopo, eioe ai 14 del mese
slesso.
Fino negli ultimi tempi della repubblica ad una scrit-
tura (2) del Magistrate in data 25 novembre t79o, per
emergenza di epizoozie, rispondevano i senatori nel giorno
26 eoi deerelati provvedimeuti.
Mirabile sollecitudine non mai abbastanza encomiata in
argomenti ehe risguardano la puhbliea sanita. Perete sic-
come nelle singole malattie e' bisogna ostare ai principii,
ehe altrimenti troppo tarda giunge la medicina, eosi nel
riparare alle popolari calami ta, e perniciosissimo I'indugio,
I'occasione sfuggevole, vano il provvedimento quando le
cagioni morbiiiche estesero la distruggitriee loro intluenza.
Ne temo ehe a me veneziano si faeeia aecusa di essere
affascinato dall'amore di patria, se alzo franeamente la vo-
ce acciocche si eoltivino anehe intorno alia medicina ali
(1) Uuesto benemerito uomo laseio V rpera sua alia Bibliuteca
Marciana di Venezia perche re approtittassero gli studiosi. ai quali pero
non permetteva di pubblicarla.
(2) La trovai fra manoscritti del chiar. mio collega cav. Em. Cicognu
ehe li porge cortesemente a tutti gli amatori di questi studii.
Serie ///. T. I. 92
— 712 —
studj d' erudizione e di storia del nostro paese. La sapien-
za della veneta repubblica rispetto a' suoi. tempi e piu
grande ehe eonosciuta, e mi piaee che chiudaiio il mio di-
scorso le parole di un aculo scrittore (I) del seculo XVI,
il quale con enfatico stile, ma con retto giudizio, sotto no-
rae di una congregazione di storici, non esitava a procla-
marla asilo di virtuosi, antemurale contro i barbari, fucina
detle biblioteche, sale della sapienza tmana, gloria della
nazione italiana.
{ I) Trajano Boccalini de' ragguagli di Parnaso. Veu. 1624, p. ^49.
ASM AMAH. IJbS-56 DISPH1SA OITAVA
ADIIHlllZl DEL GI(M0 li ClliGKO 1856
1
1 m. e. prof. Catullo legge le seguenti
CONSIDERAZIONI
INTOHNO
AD 4LCUWE RECENT! MEM0R1E DI GEOGNOSU PALEOZOIGA
Dietro gli scritti publicati sulla geognosia delle Alpi
lombarde dopo il 4 844, il prestantissimo geologo sig. Ora-
boni, in scguilo alle osservazioni per lui fatte in compagnia
del prof. Balsamo Crivelli, lesse alia Societa geologica di
Francia una Memoria sulla condizione geognostica della
Lombardia (Seance du 7 mai 4 853) ; ed e appunlo intorno
ad alcunc parti dell'interessante scritto dell'Oinboni e di
altri autori, ch'io prendo a fare le seguenti consideraziooi.
E noto a tutti, die all'epoca della riunione degli scien-
ziali in Milano (1844), nessuno de'geologi loeali ammetteva
il Musckelkalk nelle Alpi lombarde ; cbe molto si disputo
sopra quello ch'io dichiarava di aver veduto in diverse con-
trade alpine dell1 alto Bellunese (Giornale dell' i. r. Istituto
lombardo, 4 842, torn. II): sia per convincer d'errore chi
oso arguire clYesso nianca nclla piu gran parte d'Europa
Serie Ul, T. I. 95
— 714 —
(Bulletin de In Societe gcologi/pie, toni. XIV, pag. 65) ; sia
per persuadere il cav. Collegno, uno degl' intervenuti a quel
Congresso, della presenza di rocce piu antiche del lias nel-
I'Agordino, nel Cadore, e lungo la valle del Boite da Tai lino
al Campo di Toblac, ove ha sua sorgente la Drava (Geogno-
sia palcozoica dcllc Alpi venete, pag. 53, 54, e seg.).
Un anno dopo (1845) lo Studer di Berna si abbatte di
scorgere in valle Brembana nel Bergamasco un' Argillite
(Keuper) triasica ; c deBuch, nello stesso tonio di tempo,
illustro una Trigonia tratta dalla calcaria sottop'osta all'ar-
gilla Keuperiana, la quale per piu rispetti aecennava all'esi-
stenza del Musehelkalk (Bulletin de la Societe geologigue de
France, seance du 17 mars, 1845). Questo fatto diede iui-
pulso alio indagini poco stante praticate per discoprire in
altri luoglii deil'Agro lombardo la calcaria conchigliare
dianzi nominala ( Geognosia paleozoica delle Alpi venete,
pag. 40); e per cio stesso il valcntissimo geologo e mio
amico, sig. G. Curioni, vide nel trias di Goveno gli stessi
crinoidi ch'io aveva descritti e figurati nel 1845 (Memorie
della Societd italiana, torn. XXIV); so nonche invece di
ravvicinarb a quelli del Musehelkalk di Becoaro, paese da
lui molto bene conosciuto, arao conguagliarli agli analoghi
del Wiirlemberg, illustrati da Bornemann nel giornale di
Bronn e Leonhard (1852): del die mi piace far menziono,
non gia perche io slimi gran cosa I'essere stato il prirao ad
offerire a'raiei connazionali una ben rice a serie di fossili
triasici, ma perche parmi nocevolissimo alia storia della
gcologia italiana, ricordare le figure di specie dislaccate da
monti di estranie contrade, quando ne abbiamo di noslrali
egualmente bene eseguile da' nostri disegnatori di Venczia
e di Padova. Anche lo svizzero sig. Escher cadde nello stes-
so difetto (Geologischc Bemcrkungen, ec), e si lascio pren-
— 745 —
dere dalla vaghczza di volere comparir solo nolle propria
pubblicazioni, fuggendo di recare innanzi quanlo di analogo
era stato osservato nel Veneto, e di fare poscia i dovuti
confronli, cb'e pur lunico mezzo per dare alia geologia
un conveniente indirizzo verso la sua perfezione. Non cosi
piacque perd di fare al cav. Scauroth di Coburgo, il quale,
avuta eonlezza dell'analogia dei terreni del suo paese con
quelli dell'alto Vieentino, si reco a Recoaro; e dopo esplo-
rate le Alpi del Tretto, di Civillina, di Scandolara e di Spitz
con quella spassionatezza ch'esser dovrebbe compagna in-
divisa d'ogni indagatore del vero, raccolse la serie de'fos-
sili die piu gl'importava di studiare; e consultando ad un
tempo le opere anteriormente scritte sulla stessa eontrada,
quelle in particoiare corredate di spaccati e figure di fossili,
non ommise di notare specificalamenle le scoperte di coloro
che lo precedettero nello stesso arringo (Vbersicht der Geo-
gnoslischen Vcrhdllnisse der Gecnd von Recoaro in Viccn-
tiniscken. Mil I. Karl und I 1 1 taflen, april IS53). In pro-
posilo di fossili recoaresi, noi dobbiamo aspettarci la stessa
giustizia dai prestantissimi paleonlologi Davidson di Brigh-
ton e Buchar di Boulogne sur-mer, i quali accudiscono da
piu anni alia compilazione di una monografia dei Brachio-
podi fossili, die dovra spargere gran luce nella scienza.
Dobbiamo al primo una Infroduzione alia sloria nalurale dei
Brackiopodivivcnti e fossili, gia publicata in lingua francese,
edicuiresimioaulore in una sua leltera (I) teste direttami,
(1) Le domande che Davidson mi muove in questa lettera hanno moi-
ta attenenza coll'argomento del prcsente scritti), e sono delseguente te-
nore:« Bramo sapere, se la Tercbralulu ^oneHa,tantocopiosanel Mu-
» schelkalk di Recoaro, sia provveduta nel suo inter no di spire simili a
» quelle che si osservano nel genere Spirifer, e se in cio si conformi agli
» individui analoghi trovati nel teneno jurese dellaGermania. La vostra
» Terebratula aculeata del Recoarese avrebhe per avventura lo Scheie-
— 740 —
dichiara di avermi tcnuto in serbo un esemplare; il secondo
mi rende avvisato di averc finora raccolti ben duecento
esemplari della Terebratula antinomia, di cui probabilmenlc
adottera il genere che perquesta mia vecchia specie mi par-
ve di dover proporre nella Memoria sulle calcarie rosse del
Veneto, impressa nel 1853. Debl)o anchefar osservare, che
una interessante raccoltina di fossili Iriasici mi fu inviala,
Ire anni or sono, con lctlera dal prof. sig. Federico dott.
Venanzio di Bergamo, il quale, in unione al s'kj. Escher ed
al giovane sig. Zollikofer di s. Gallo, ebbe la venlura di as-
sicurarsi d' un San Cassiano nella Lombardia (sono parole
del Venanzio) molto diffusa, ed eslendentesi da Gazzaniga
nella Valle del Serio, fino in Yallc Brembilla, ed in Valle
Imaga. Di falto questo terreno e principalmente eostituilo
di calcarie schistose nericcic, che contengono abbastanza
frequenti i fossili del San Cassiano tirolese, e sono (luesli:
Baclryllnm,Cardita crenata, Gervillia inOata, Plicatula obli-
qua, Avieula Escheri, Spondylus obliquus, ed altre specie
che carattcrizzano le roccie analoghe di San Cassiano in
Levinallongo (Bnchenstein). La c ale ar ia cone hi g Hare pass a
in marne nere, evidrntemente ad essa sottoposte, nelle r/uali
trovammo altri fossili, cui I' Escher non ha saputo deler-
minare. Di questi ullimi glie ne mando alquanti per mezzo
» tro interne aneb'essa, come pens3 de Bnch, che la vorrebbe simile alia
» trigoneUa di Schlotheim?» — lnrli prosegue: aLa nomenclatura di
» questi Brachiopodi ha gran bisogno di essere depurata.onde toglieredi
» mezzo le confusioni che la offuscano. Nell1 ultimo catalogo de'Brachio-
» podi, pnbblicato nel 1S53, veggo accomunate le Terebratule trigoneUa
» e aculeala con li fussili Jnresi, benche, secondo le osservazioni vostre
» e di de Buch, esse appartengano ad un altro terreno. »
Le due specie, di cui parla Davidson, sono indicate nella citata operetta
di Schauroth, il quale le pose nel genere Spirigera, confessando di averle
raccolte nel Muschalkalk di Rovealiana, non molto lungi da Recoaro.
— 717 —
del Zollikofer. Essi provengono precisamente dal Comune
di Sellino in Valle Imaga. Le aggiungo ancora allri pelre-
fatti caratteristici del nostro Musc/ialkalk, intorno at quale
le saranno ben noli gli stuilii di Cnrioni e di Studer.
I fossili anonimi, aecompagnati da un vigliettino iiuli-
cante i Iuoghi e il terreno da cui furono dal buon Venanzio
distaccati, e de quali mi studiai di riconoscere le specie,
sono i segucnti:
MyophorJa Vulgaris Briontt. (Tab.XI, Gg.G.Lclhaea 1857).
— Gruppo di Mioforie unite in un solo pezzo di Muschel-
kalk di Dossena, dislretto di Zogno, le quali si raffronlano
bene con la specie predetta, mentre alcune altre dcllo stesso
gruppo combinano con la descrizione data da Sowerb del-
X Axinus angulalus, ma non gia pienaraente con la rozza
figura cb'ei ne offre alia tav. 515 deH'edizibne francese da-
laci dall'Agassiz. Altri due individui isolati dalla roccia.ma
tolti dalla stessa locality ho sotto gli occhi, i quali si ade-
guano bene alia figura a, n.° G, della eitata tavola diBronn,
rappresentante un individuo adulto della specie chc ho re-
gis trata.
Trigonia Whartelye Buck. — t un terzo piu piccola
dell'individuo scoperto e descritto da de Buch nel BolleUi-
no della Societd geologiea di Francia per I' anno 1845, -/uno, essendo io ora oeeupato a studiare i rapport/
che qui nel Bergatnasco le calcarie stesse presenlano co' sovrapposli
— 719 —
trascurd di avvisarmi quanto iva osservando sulle Alpi
lombarde, non senza raffrontare le proprie con le osser-
vazioni ch'ei trovava registrate ncllc opere e nei giornali
inglesi c tedeschi, giacche appicno conosceva queste duo
linguo, e sapeva con singolare maestria fare suo pro delle
dottrine dei geologi stranieri. Vissuto famigliarmentecol Ve-
nanzio tulto quel tempo ch'ei passd a Padova accudendo
agli studii medici, posso dire non essermi occorso mai gio-
vane che accoppiasse (anto ardore per le scienze naturali
con tanto ingegno e buon discernimento, e con si bell' ani-
rao, quanto in lui mi fu dato di conoscere. Ahi perche non
ebbe longevita pari a doti si belle ! che Bergamo non pian-
gefebbe sulla memoria d' un suo caro figlio, il quale non
aveva che di poco passato i sei lustri quando fu tolto alia
scienza ed a'suoi.
Ma il lavoro piu recente sulle Alpi lombarde e dovuto
al sig. Omboni, che percorsc, come ho detto, le valli ber-
strali eretacei, e collet calcaria liusicu. Gliene sono riconoscen/e olire
ogni dire. Quando poi saranno condotle a (ermine le mie osservazioni3
mi faro un dovere di subordinate a Lei, pregandola a retlificare se
per avvenlura non le paressero giuste. Infant o le diro, che le partico-
ticoloriid geognostiche da Lei indicate per riguardo allc calcarie rosse
Oxfordiane del Venelo si verificano unc/ie presso di noi. Ad Entratico,
per esempio, e manifest a la presenza di due calcarie diuerse: Vuna
scissile e tcrrosa. marnosain sommo grado, com' ella dice; I' ultra
in quella vece compatta, durissima e snscettibile di essere ridotta in
marmo. Senonehe quest' ultima e quasi sproveduta di fossili. Aon e
?/iot/o tempo che VI. R. Islitulo Gcologico di Vienna ha chiesto ufficial-
mentc alia Direzionc di questo Liceo i fossili ondy era fornito il nostro
Gubinetto. per sottoporli all' esame del cav. Haner, promettendo (ben
s' intende) di restituirli in scguito. Io glieli ho mandati lut/i qnanti,
cotnpresi gli Ammoniti di Entratico, la maggior parte de' quali perd
furono gid da Lei esaminati. Quando i fossili mi saranno resi, Le par-
tecipero le dclerminazioni di quel dotto, che m' imagino combineranno
con le sue.
— 720 —
garaasche, c molto importanti sono le specie fossili ch' egli
produce, fra cui si cercherebbero invano quelle di Entra-
lieo e di Trascorre, da me descritte e disegnate nel-
1' opera sopra indicata. Pure al cbiarissimo professore, cbe
il sig. Omboni ebbe a compagno in quel suo viaggio, non
erano ignoli gli origiuali delle specie fossili cui intendo di
alludere, giacche veduti li aveva nella raia collezione pa-
leontologica, riposta nel GabinettO di Padova, uella quale
occasiouc ricordo di averlo presentato d' un esemplare della
Geogiiosia paleozoica, cb1 era anche l'uiiico di cui polessi
in quel momenta dispone (I).
Due sole osscrvazioni mi permello di fare alia Mcmoria
del sig. Omboni: la prima sopra alcune specie di Ammo-
nites, cb'egli crede forse acceltale come buone dal comune
dei paleontologi (Ammonites fmbriatus, Ammonites mucro-
natus), delle quali doVro occuparmi nel corso di questo
scritto; la seconda sul nuovo terreno per lui ammesso nelle
Alpi lombarde.
Le roccic scdimentarie, coricate al di sotto del trias,
erano stale intravedute da Curioni e da Yenanzio ^ ma il
sig. Omboni fu il primo a conguagliarle al terreno per-
miano, tuttocbe si mostrino destituitc di fossili. Curioni vi
si oppose, osservando cbe il tentalivo altrove fatto di stac-
care dal trias la parte inferiore dell'arenaria variegala, e
particolarraente dallJarenaria dei monti Voghesi, per unirla
al sistema permiano, non sarebbc baslantemente giustiticato
neppure dai pocbi avanzi vegctabili die vi furono scoperti;
e in appoggio del suo giudicio reca Topinione di Sanderberg,
(I) Di (juest' opera non furono tirale a parte se non ISOcopie, che
TAutore distribui agli scienziati dei Congresso di Veuezia (1847), e nes-
suua ne fu posta in conimeicio.
— 721 —
che melte in dubbio la legittimila della separazione proposta
da Wurchison della parte piu bassa dell' arenaria Voghese
per associarla al lerreno permiano, soggiungendo che
I'applicazione di questo smembramento non si potrebbe
effettuare in nessun paese della Germania ( Curioni, Sulla
successione normale dei divcrsi memOri del tcrreno tria
sico nella Lombardia). Di fatto i ravvicinamenti finora
proposti al terrcno permiano di Russia, scoperto da Mur-
chison e Verneuil, non conseguirono Tapprovazione di co-
loro che ricusano di sottoserivere a quel cbe altri dicono
di avere osservato, quando prima non si assicurino essi
medesimi della verita dei fatli riferili nci giornali. Cosi i
fossili trovati negli schisti bituminosi della Turingia, e quelli
dell1 ardesia di Lodeve, enlrambe comprese nel permiano,
differiscono effettivamente dai fossili del gres di Russia, da
cui pure si scoslano i fossili dell' arenaria Voghese dianzi
citata: dal che e ragionevole dedurre essere quattro i pe-
riodi di formazione a cui spettano le roccie delle nominate
localita, non gia uno solo, come altri ha cercato di per-
suadere.
Non si puo dire abbastanza quanto abbia ritardatoanche
tra noi i progressi della geologia l'incocciarsi a voler tro-
vare nei terreni del Veneto cio clie fu scoperto in estrauie
cOntrade; e ne sia prova quanto diro qui appresso circa un
giudizio ch'io portava gia anni, e che fu da questo stesso
luogo combaltuto da un valoroso nostro collega, che per
piu riguardi stimo ed onoro grandemente, ma che tralascio
di nominare, perche nelle discussioni scientiliehe nulla rileva
il iioinc delle persone.
Al tempo in cui agitavasi la quest ione deiraccomuna-
mento di specie fossili di una zona con quelle di un 'ultra,
io non poteva recare a sostegno d<'l mi<> assunto se non i
Serie 111. T I M
im
talli ollertinu dalle mie proprie osservazioni, in causa delle
troppe incognito die in addietro oscuravano aucora la teoria
della divisione dei fossili per terreni. Ora pero che abba-
stanza copiose osservazioni i'urono fatte in proposito si in
Francia cbe in Germania, le quali convengono mirabilinenle
con quanto io esponeva da piu anni in diverse opere, mi
sembra opportuno tornare su quel mio argomenlo, per
rivendicarlo dalle appostegli censure. Esso riducesi a questo:
Se la natnra nella composizione dei terreni di sedimento
siasi astenuta dal promiscuare le specie organichc fossili
di una zona con quelle di un ultra come pensa il censore ;
ovvero se una proposizione cosi arrischiala merili di essere
esctusa, come io sono di opinione.
Vedianio perlanto quale delle due opposte sentenze
venga contradetta dalla evidenza dei latti messi in luce negli
anni che succedettero al I 846, nel quale iii pubblicata la cri-
tica, e scritla la risposta (qui appiedi citale (I). La scienza
non puo che vantaggiare, allorquando le question! si trat-
tano con quella moderazione ed urbanita con cui e agitata
la presente, c fra persone che non hanno altro scopo, che
il ritrovamento del vero.
La paleontologia, come tutte le altre scienze, ha prin-
cipii suoi proprii che servir debbono al suo avauzamento ;
ammessi i quali, altro non rimane alia critica, fuorchc
T esaminare se le conseguenze sieuo da quelli conveniente-
mente ricavate.
Che i fossili d' una zona antica spettino ad un periodo
geoJogico egualmente antico, e fatlo che nessuno polrebbe
(1) Inlomo alia nun promiscuUd dei fossili fra il biancone e In cnl-
caria ammonitiea delle Alpi venete. Atli dell' Istitulo venefo per !' utt-
no 1846, pag. S73. — Catullo. Osservazioni into mo alio scrifto pre-
flelfo. AUi stessi. Novembre 1840.
— 723 —
conlrastare; ma non coglierebbe egualmente nel vero chi
volesse escludere la possibilita di Irovarne anche fuori del-
lordinaria lor sede ; e quegli il quale dicosse che le specie
nicchialc nelle zone inferiori, del terreno juresc non si Iro-
vano mai nelle zone memo antichc dello slesso terreno,
direbbe il falso, e si opporrebbe ai progressi della scieaza,
anziehe favorirlt; come lo dimostrano le seguenti conside-
razioni dell opponente del eensorc, messe a faccia con altre
piu signifieanli e decisive. Egli confessa di non aver mai
osservato pro.miscuild di specie Ira i fossili del biancone e
quelii della calcaria ammonitica ; laddove nella Zoologia
fossile (pag. 169-205), ed in altri miei scritti anterior) al
1824, sosteneva esservi fossili neocomiani che si ripelono
nella calcaria epiolitica superiore, e cio in un lempo che
non ancora si erano gran fatto divulgate le osservazioni di
Sehlosteim, inserite nel Taschenbuch di Leonhard (1813),
e riprodotte poscia nel 1820-22 (I) : osservazioni die val-
sero non poco a volgere gl'ingegni alio studio della geogno-
sia paleozoica, e a promuoverne gli avanzamenti.
Benche il mio censore asserisca non essergli incontralo
di vedere i fossili del biancone misti a quelii della calcaria
ammonitica, non osa pero credere improbabile che qualche
individuo d'una specie possa essere sopravissuto idle cause
eke dislrussero gli altri, ed abbia conlinuato a vivere in
un' epoca piu recentc di quella, della quale e ritenuto ca-
rat teristico : concetto che gli piacque esprimere con le me-
desime nostre frasi ove parlo delle cause che possono aver
cooperato alia produzione del fenomeno di cui si tratta.
Senonclic dal contesto della censura si apprendeche di mala
(I) Die Petrefactenkunde, ec. Golho. 1820. — Nachti'age zitr Pe-
Ircfac/cvhundc. ec. Gotha, 1822.
— 724 —
voglia si aeeoiicia il crilico alia suespressa probability ;
anzi perche non si creda averegli dato qualche peso ad una
proposizione non ancora dimostrata, e quasi.che non dissi
surrettizia, se ne disdice ben toslo, ed eeco come. Egli
vuole ehe le poche localita, nelle quail si dice esistere i
fossili di una zona misti a quelli di vnallra, non sieno
ancora bene studiate, e ehe un esame meglio accurato del
detti fossili dileguerd si falle anomalie, dipendenti dalla
mancanza di esatte osservazioni, anziche dull' avere la na-
tura derogato in alcune circoscritte regioni aile ler/f/i ehe
la guidarono nel comporre i terreni del piu eslesi tralti
delta superficie terrestre. A questa supposizione non
oontrappongo per ora se non il giudizio da un grandegeo-
logo pronunciato in una delle ordinarie adunanze dellu
Soeiela geologiea di Parigi, nel quale e antiveduta la molli-
plicita delle osservazioni oggiraai pubblicate sul controverso
argomento, e ehe sono in perfetta antitesi con la dottrina
dell' Orbigny.
Messa in disputa la queslione sul sincronismo di eerie
zone cretacee, credute dall' Orbigny (I) paleozoicamente
dissimili; fuvvi in quell' adunanza elii reco ben tosto gli
esempii di specie fossili mescolate con le specie di allre zone
piu o uieno anliclie; e fu allora olio il celebre Constant Pre-
vost, cIT e appunlo il geologo sopracilato, insinuo alia So-
(1) Ventimila, od in quel torno, sono le specie fossili elassificate e ri-
partite per terreni dall' Orbigny nelle sue pregevoli opere ; e questo solo
riflesso pud bastare per convincersi deU'impossibilita ehe tutte occupino
il posto die lore- fu assegnato, ne alcune sieno slate dalla natura collocate
t'nori di luogo, come vorrebbe il critico; menlre gli stessi airiici del-
l'autoresi mostrarono solleciti di mettergli in veduta gli errori gravissimi,
nei quali e inciampato, onde volesse raddrizzarli in una seconda edizioiic-
(Bulletin de la Socie'te' geologique de France. Seance de juin 18IW.
pag. 488).
— 725 —
eieta geologiea non doversi accordare lulia la fidacia alia
gid prnposla divisione del fossili per tcrrcni, senza the vi
sin mescolanza di specie d'una zona con le specie di un' ul-
tra zona ; fermo nel pensiero, die quanto piu crescano le
indagini e le osservazioni, piu si accresca eziandio il numero
de' luoghi in cui si ricettano fossili promiscui (Bulletin de
la Societe geologique de France. Seance du 20 raai 1844).
Queste parole, useite dalla bocca di lant' uomo, valgono
assai piu ditutti i ragionamenli die ordir si volesse per sosle-
nere lassunto contrario, essendo stale aVverate dalle poste-
riori scoperte. E nel vero, Fitton aveva annunziatO che i
fossili contenuti nelle diverse zone di mi lerreno non vi
stanno nellordine di successione ehe loro assegnava Orbi-
gny, e ne aveva recato gli eserapi (Bulletin de la Societe
geologique de France. Seance du 20 mai 1 8 '<4) ; e Leymerie,
dando rilievo alle osservazioni da lui fatte nella Francia e
nel Brabante olandese, dimoslrava poler esislere in una
sola zona i fossili attribuili a piu piani del terreno cretaceo ;
e sebbene Heberl abbia trovato di che appunlare quelle sue
conclusion!, fuvvi d'allro canto clii seppe appurarle d'ogni
sospetto d'illusione, recando in mezzo nuove osservazioni
che piu ne avvalorarono la veracila.
Nell' anno medesimo (18 50) si tenlo d'inlrodurre fra
noi la divisione dei terreni proposta dall'Orbigny; divul-
gando col mezzo di giornali slranieri la notizia, polersi ve-
dere net Veneto il complesso delle successioni cretacee,
quale lo ha trace iato il paleontotogo franiccse ; cioe le zonr
neocomiane, alhiane, turoniane , sennnianc, ec. ( Uibliolhe-
que universelle. Ottobre 18 1',)). Ma siccome FaulOf-e om-
mise di enumerare i fossili speciali che presumibilriienle lo
condtissero a stabitire i limili d'ogni singola /.una, in'- fece
tampoco verun cenno dei luoghi ik-' quali uli In dalo di scor-
— 72G —
gere il navrato fenomeno ; cosi non v'ha chi si dia per
inteso di quesla scoperta, e noi stessi crediamo giustificata
la nostra rcnitenza ad aeceltarlacome una dimoslrata verita.
Nello stesso torno di tempo Baylle rendeva avvisata la
Societa geologica di Francia d'uno sconcio di raaggiore
momento circa le specie promiscue, le quali, tutloche iden-
liche fra loro, vengono distinte con nome specifico diverso,
solo perche diverso e I' orizzonte geognostico delle zone in
cui si trovano nicchiate, quasiche la slratigralia, non gia la
paleontologia, dovesse servire di guida a ben delerminare
I' epoca a cui esse zone appartengono. Diffatti Baylle assi-
curava che Y Ammonites helerophillus puo trovarsi nel lias,
e puo altresi moslrarsi nelle zone del terreno oxfordiano,
ed in quelle del neocomiano c del gault; nei quali ultimi
terreni quell' Ammonites. perde il primitivo suo nome in causa
della diversa sua giacitura, e ne riceve un altro. E questo
il caso delY Ammonites Thetys, Ammonites Velledae, come
pure dell' Ammonites tri partitas di Raspail, e dell' Ammo-
nites tatricus di Pusch, che trovati da prima nel lias supe-
riore di Digne, furono scoperti da poi anche nell'Oolile
inferiore di Montieri, e nell' oxfordiano di Clauden ; e del-
T Ammonites infundilmlum, che si promiscua co' fossili del-
1' oxfordiano parimente di Clauden, e con quelli del neoco-
miano di Bareme (Bulletin de la Societe geolo(ji(\ue de
France. Seance du 5 mai 1849). E qui ci giova notare come
alia scuola Orbignyana faccia eco la dottrina del crilico,
lendente anchessa a dislruggere ogni idea di coesistenza di
fossili juresi e di fossili crelacei. Egli rivoco in dubbio la
[)resenza dell' Ammonites fascicularis, veriiicata da me nel-
I Oxfordiano superiore del Bellunese (etage toarcien), sul
rillesso che la slazione di questa specie sia circoscritta
denlro i limili dallOrbigny assegnali alle zone del lerreim
— 727 —
ncocomiano, e tenli persuadere essere quella specie piii
prossima a\Y Ammonites variabilis, ehe al fascicular is .• se-
nonche le ragioni prodotleper avvalorare questo suo so-
spetto sono tali,, che meritarono d" essere piii divisalameiite
ehiamate ad esame alle faccie 9-10 delle Osservazioni che
ho registrate poc' anzi appie di facciata. Da quelle apparisce
ehe il eensore non siasi dato gran cura ne d'instituire di-
ligenti coufronli fra i caratleri delle specie in questione, ne
di ponderare la forza delle sue asserzioni : e hasta leggere
le sopra indicate faccie 9-10 della risposta alia critica, per
convincersi quanto male egli abbia adempiuto le parti di
esatlo e coscienzioso osservalore.
II terreno jurese e stato diviso dall'Orbigny in dieci
zone o formazioni speciali, ciascuna contrassegnata da un
epiteto particolare, nel falso supposto che ogni singola zona
dovesse coutenere una fauna fossile ad essa peculiare. Co-
deste innovazioni, che sortirono una favorevole accoglienza
presso la gioventu di alcuni paesi, risvegliarono nei paleon-
tology di prol'essionc, che mai giurano in verba magistri,
il desiderio di riconoscere le stazioni de' fossili juresi di va-
rie contrade; ne tardarono ad accorgersi che le propostc
divisioni non sono capaci di un'applicazione generale, per-
che presentano ovunque le anonialie, delle quali altrovesi e
detto.
E nolo che I' Ammonites funbrialus di Souverbv e Y Am-
monites cornucopiae di Young non sono, per senlimento di
Bronn, di Zieten, e di Quenstendt, die una sola emedesima
specie, tuttoche Orbigny, atteuendosi alia diversa eta delle
zone in cui fu rinvenuta (Lisiana e Toarciana), creda che
rappresenti due specie distinte. II giudizio de'eitati paleonto-
logi fu poi non ha guari corroborato dalle osservazioni di
Koeclin, il quale con singolare perspicacia e mirabile pa-
— 728 —
zienza lolse a considerare altri molti Ammonites, e'd oppo
nendosi allopinione di colore che li reputavano inedili, reco
innanzi i motivi che lo indusscro a crederli, specie illustrate
gia prima (Bulletin de la Societc geotogique de France. To-
mo XI, pag. 625). Davidson (I), animate- egli pure dal desi-
derio di giovare alia scienza, impugna, sotto la scorta del-
I'osservazione, le dottrine delf Orbigny, e segna le tracce,
dielro le quali potrebbesi stabilire principii piu consentanei
alia vera geognosia paleozoica (Bulletin de la Societc geo-
logiijuc de France. Seance du 16 Janvier 1854). L' Ammo-
nites mueronatns d'Orbigny non sarebbe che un indi.viduo
giovane dell' Ammonites Raqinianus dello stesso paleonto-
logo; e piu altri Ammonites creduti nuovi, noi li vedremo
ragguagliati da Koeclin a specie conosciute nel suo lavoro
sopra i cefalopodi, di cui promette darci la continuazione.
I limiti di questo articolo non ci consentono tli tener
dietro aH'autore ovunque si studia di provare la verita
delle sue conclusion^ dedotte dall' esamc e misurazione
dei Iobi: solo possiamo ripelere, che ne rilevo i carattcri
con tanla scrupolosa esattezza da escludere peiTmo la pos-
sibilita deH'errore.
Gli esempii di specie promiscue a piu formazioni ci sono
offerti ancbe dai fossili riferibili ad altre famiglie di teslacei,
e Koeclin stabili che oltre sessanta sono le specie dei generi
Lima, Petlinc, Trigonia, Terebratola, cc, che polerono mi-
grare in ciascuna delle dieci zone fabbrieate a spese del
(1) Davidson e nho dei pochi naturalisti luglesiche meglio con la fiae-
cola della filusufia edeli' osservazione, eheco' precetti deiraulorita,ponRi
ad invjestigare le ragioni delle cose e i fondamenti dello diverse ed e-ppo-
ste dottrine, ne si acquets se non quando le ha osservate in lutti i loro
rispelti, e posle nel vero lor lunie. lo dovro p'arlare di lui in altrn mi"
SCIttt".
— 729 —
terreno del jura (Bulletin dela Societe geologique de Prance,
Tom. XI,pag. 64 9 eseg.). Da tutto questo apparisce: I." Che
le esatte osservaziooi invoeate dal critico a toglier di mezzo
le anomalie, clelle quali parlammo, servirono invece ad
aumentarle, e a porlare gli esempii di specie promiscue ad
un numerp ben trenta volte maggiore di quello cui io le
faceva ascendere nel 1827. — 2.° Che nella presente que-
stione il torto e dalla parte di qtielR ehe, ammettendd couie
intangibile la slazione normale dei fossili, quale I'ha ima-
ginata Orbigny, credettero di adottare le stesse dottrine,
applicandole alia spiegazione dei fenomeni ehe offrono le
Alpi venete, senza rifleltere ehe la inoltiplicita di divisioni e
suddivisioni dei terreni, stando a quel sistema, non eorri-
sponde alle scoperle di molti e piu ehe molti illustri pa-
leontologi, perche fondate sopra differenze individuali, o
proprie solo di qualche contrada, e quiudi da non potere
adattarsi all' universalita dei monti di sedimento.
Tali sono le riflessioni a cui ci aperse I'adito la critiea
ai Cenni sopra il sistema cretaceo dclle Alpi venete, alle
quali terranno dletro le altre ehe in seguito mi sara dato di
publicare sul medesimo argomento.
11 m. e. prof. Bellavitis presenta una memoria
sulla risoluzione numerica delle equazioni : accenna-
to le precedent sue inemorie su queslo importantis-
simo argomento dell' algebra inferior e (\o\. ill e IV
delle Memorie dell Jstituto, ed Atli per la sessions
dell aprile 1852) e notalo come tratto tralto sieno
proposti altri metodi di risoluzione^ ehe in pratica
tornano troppo labor iosi, egli si propone di esporre
le vie, ehe gli sembrano pin spedite per hovare o
Serie III. T. I OS
— 73U —
le soluzioni reali di una sola equazione anche tra-
scendente., o le soluzioni immaginarie, o le soluzio-
ni reali di pin equazioni simultanee. Fra i metodi
d' approssimazione per le radici reali 1' autore prc-
ferisce 1' approssimazione lineare ; quando si tratti
di parecchie radici vicine, puo molto utilmente ser-
vire la risoluzione di un' equazione ausiliaria alge-
brica ottenuta mediante le fonnule d' interpola-
zione. Come criterii per iscorgere la presenza delle
radici servono i teoremi di Cartesio-Fourier e quelli
di Sturm, che 1' autore deduce dalla teoria degli
indici.
Lo stesso prof. Bellavitis legge poi, intorno alle
consefjuenze di un abbondante prodotto d" oro, le se-
guenti osservazioni.
Nel § 46 della mia memoria sulle unita (teste pubbli
eata negli Atti dell' I. R. Islituto) io accennai come il
lavoro meceanico prodotto da uomini potesse offrire una
unita monetaria scevra, od almeno non molto soggetta al-
le vicissitudini, eui il variare dei costumi dell' industria e
delle circostanze rende sottoposto i! prezzo delle cose, e piu
ancora 1' unita monetaria. Le merci che hanno una piu
stretta relazione coi bisogni degli uomini, quali sono le so-
stanzealimentari, offrono unqualche giusto fondamento ad
apprezzare le cose ; ma la loro rapida consumazione e la
variabilissima produzione ne rendono la ricerca e l'ofiferta
cost differenti da un anno ed anche da un momento all'al-
tro, che divengono inopportunissime a dare 1' unita mone-
taria: ne da questi difetli, comunque in minor grado, va
osenle ii lavoro meceanico da me proposto.
— 73 1 —
Egli fu per questo die in tutti i paesi eivilizzati I' unite
monetaria fu presa da una merce, die non risentisse de-
ferioraniento, soltanto assai lentamente si consumasse e si
producesse, e per la sua rarita si prestasse alia comoda
rappresentazione di tutti i valori realmente appartenenli
alle cose utili. Ma se queste qualita dei nietalli danno alia
moneta una certa eoslanza in tempi poco discosti, non le
tolgouo il gravissiino difetto d'essere una misura puramen-
te convenzionale. E impossibile che I' eccesso della produ-
zione dei nietalli in confronto della consutnazione corri-
sponda esatlamente colla maggior ricerca di moneta, die
nasce dall' ampliata eivilizzazione e dali' aecreseiuta quan-
tity delle cose da rappresentarsi. E forse sarebbe ancbe
dubbioso, se restando eguali le quantita delle cose e della
moneta il loro prezzo relativo rimanesse invariabile ad on-
ta della differente tendenza alia speculazione e della diffe-
rente fiducia nel future
Confrontando nei varii tempi i valori dei nietalli pre-
ziosi con quelli delle cose, die meno imperfettamente cor-
rispoudouo coi bisogni e coi desiderii degli uomini (quali
sono le sostanze alimenlari, il lavoro meccanico prodotto
dair uomo, ec), si fa palese V enorme avvilimento sofferto
dai primi. Ac cio nei tempi andati diede origine ad alcuna
apprensione; si penso, e forse non a torto, die in questa
cosa, come in lante altre, V equilibrio si stabilirebbe da
se. Tulte le cose crebbero insieme di prezzo nominale, i
salarii si aumentarono in proporzione., ne le gabelle rima-
sero indietro ; solamente audarono gradatamente impove-
rendo coloro, le cui riccbezze, anziche dal possesso di cose
fi-uttanli, dipendevano dalla parola credito. Ma questa come
una delle minori Ira le cagioni di mutamento nella ricchez-
za delle famiglie, non fu gran fatto avvertita.
— 732 —
Al presente 1' aspettazione di una grand issima pfodu-
zione d'oro fa nascerc un timore fondato forse in cio, che
i suaccennati mezzi di rimedio non sieno sufGcicnti ad
equilibrate in pochi anni una differenza eguale a quella
che nel tempo passato si compie in aleuni seeoli; ed e cer-
to che qualehe sensil)ile disagio nascerehbe dal non proee-
dere tutti i eangiamenti di prezzo con eguale rapidita.
L' invocare provvedimenti legislalivi sembra poeo oppor-
tuno, quando si pensa quanto dannoso torni alia liberta e
spontaneila del commereio ogni cambiamenlo, che non sia
necessariamente prodotto dalla natura delle cose, e sopra
tulto ogni opinione che le cose possano venir mutate per
I' azione dei governi. E certamente in questi paesi non si
polrebbe dimandare che fosse cangiato il rapporto legale
tra T oro e l'argento; poiche ognuno scorge di leggeri che
tra noi l'oro, anziche perdere un tre per cento sull'argento,
guadagna ancora il due per cento: e quando si veggono le
pubbliche casse tulte riempiute di piccola moneta d' ar-
gento, che torna si incomoda nei pagamenti ; se dovesse
farsi una preghiera sarebbe quella dellemissione di monete
d'oro per servire al palesc desiderio del commereio. Quan-
do il facile acquisto delle verghe d' oro, meglio che il desi-
derio del commereio, consigliera i governi a molta emis-
sione di monete d' oro, il pubblico togliera a queste quella
preferenza che presentemenle loro accorda ; poscia i biso-
gni delle contrattazioni consiglieranno, come in Francia,
Teniissione di piccole monete d'oro ; e quando pur queste
si troveranno insuflicienti, se il valore relalivo dell' argen-
to e delT oro impedira di continuare a coniare le monete
d' argento nel loro peso atluale, poiche tosto coniate ver-
rebbero fuse dal commereio, i Governi saranno natural-
menle condolti a diminuirle di peso.
— 733 —
Questo e a mio credere il neeessario procedimenlodel-
le cose; ed e del tutto vano ogni opposlo desiderio. Spe-
rare che 1' argenlo imponga la legge all' oro, e lo stesso co-
me spcrare clie il debole comandi al forte, e com audi ci6
che e conlro quelle cagioni, clie diedero e daranno sempre
gli stessi effetti. II Governo Austriaco e l'ultimo che dovra
diminuirc il rapporto legale di prezzo Ira 1' oro e 1' argen-
to, poiche esso e altuahnente iissato a 15 e ~*/l0o centre
presso altre nazioni si avvicina al 10.
La diminuzione delle rendite nominali e quasi sempre
espressa non solamente daH'avvilimenlo dei metalli mone-
tarii in confronto delle cose necessarie alia vita, ma aneora
piu dalla diminuzione dell' unita monetaria in confronto
dei metalli. Cosi, per esempio, nei sei ultimi secoli l'oro di-
minui di pregio in confronto delle cose piii necessarie nel
rapporto di 4 ad t, e la lira veneta diminui in confronto
dello stesso oro nel rapporto di 7 ad 1. sicche la lira ve-
neta perdelte in 600 anni -' /%% del suo valore reale. Ne
questo e effetto soltanto di poco opportuna misura finan-
ziaria; ma si aneora del naturale procedere del commer-
cio, nel quale chi ha il denaro nelle mani, cioe il debitore,
impone la legge al creditore. Cio noi vedemmo anche nel
breve corso di questa meta di secolo, in cui la cosi detta
lira veneta diminui alia meta del franco, poi a qualtro set-
timi della lira austriaca, ossia ai /^ del fiorino melallica-
mente Iissato da una convenzione germanica, poscia nelle
ordinarie contratlazioni al quarantadueskno del pezzo da
venli franchi : ne valse che le leggi di quest] ultimi tempi
abbiano conservato alia lira veneta il suo valore metalli-
co, o poco diminuitolo; I'uso e prepotente; e vi fu qualche
autorevole sentenza che condanno il creditore a conten-
larsi delln lira veneta cosi arbilrariamente diminuita dal-
— 734 —
I' uso di piazza, quantunque il suo credilo rimontasse al-
Pcpoca, in cui non si conosccva allra lira vcneta fuori
delta legale. Cosi non solamente l'oro, die uno riceve a
restituzione, ha un prezzo reale minore di quello die ave-
va l'oro prestato, ma spesso esso e anehe in quanlita mi-
nore. La cooseguenza di questa graduata diminuzione si e
die i beni dati ad enfiteusi vanno liberandosi nelle mani
del possessore, il che dal la to ddla pubblica economia puo
considerarsi come un vantaggio piultoslo che un danno.
Ma se l'oro perdera parte del suo valore, vi e poi qual-
che altra cosa che abbia un valore piu eostante ? Certa-
mente niuna cosa materiale ; e se si tratla di cosa morale,
il credito non potra esser rappresentato che dalla carta :
in tal caso mi par preferibile che i governi attribuiscano
un valore superiore deH'intrinseco ad un pezzo d'oro,
piuttostoche ad un pezzo di carta.
Se si volesse adoltare tal legge di giustizia che i valo-
ri rimanessero invariati, bisognerebbe stabilire un' unila
monetaria nominale, ossia legale, a cui s'in'tendessero rife-
rili tutti i documenti, nei quali non fosse espressamente
dichiarato il contrario. Le monete d' oro e d' argento re-
sterebbero invariale in peso, ed il governo pubblicherebbe
di tempo in tempo i ragguagli tra le loro due uniti e l'uni-
ta legale. Ma troppo sono palesi le difficolta di fondare tali
ragguagli su dati die bene corrispondessero alio scopo, e
che fossero scevri da ogni arbitrio. E se pure fosse facile
stabilire giuste basi alia determinazione, sarebbe impossi-
bile che essa godesse una generale fiducia, e che il dubbio
nelle tassazioni future non rendesse peritosa ogni con-
trattazione.
Pare adunque che il miglior parlito sia quello di lascia-
re che lunita monetaria si accomodi secondo fandamento
— 735 —
naluralc all'abbondanza deM'oro. E coloro che, possedendo
molto oro, anziehe adoperarlo al maggiore prosperamentd
dell' agricoKura e delle industries lo lasciauo deposrtato ne-
gli scrigni, fossero avvertiti che quell' oro oltreche essere
infruttifero, andra mano a mano perdendo del suo valore
reale. Ne sara piu ingiusta conseguenza se coloro che ri-
corrono aH'altrui solerzia per utilizzare il proprio denaro,
o per collivare le loro campagne, o per infondere attivita
delle Industrie, vedranno a quesli solerli aumentare le ren-
dite, ed a se scemare I' avilo retaggio.
II m. e. co: Agostino Sagredo, sul Giornale dello
assedio di Costantinopoli, legge il seguente suo stu-
dio storico.
I. Piu che mezzo secolo e passalo dacche la Repubhli-
ca di Venezia venne sehiacciata sotto a quel roteare del
tempo pel quale la Provvidenza concede abbiano, o termiue
o mutamenti, ognuno alia sua volta, gl' imperii del mondo,
tanto se siano dei minori, quanto se siano di quelli la sal-
dezza de' quali dovrebbe tenersi siccome incrollabile. Pure
egli e soltanto al presente che il governo della Repubblica di
Venezia e i suoi fatti s' incominciano a giudicare colla
equita e imparzialita, le quali sono comnagne di quella gran
giustiziera degli uomini e delle nazioni, che e la storia.
Allorche un principe o un popolo sono potenti, ricchi, in
grado di largire favori o incutere timore, trovano sempre
panegeristi. Enon e principe, non popolo, per buoni e giusti
che pur siano, i quali finche sono grandi non vedano ap-
puntarsi contro di loro le armi aperle, e le fraudolenti e
nascose, della invidia e della malevoglienza per osleggiarli,
per menomarne la lama ed i meriti, per iscreditarli, e quindi
— 736 —
recare noeumento al pot ere e la forza che hauno, e di cui
si vorrebbe la distruzione.
Forse nessuu governo ebbe maggior numeru di pane-
geristi e detrattori di quauti trov6 la Repubblica di Veuezia,
tinche ne durava la vita. I primi proelamavano il suo go-
verno come inconlamiuato noil solo dal marchio di servitu
primitiva, ma anche dal piu lieve vassallaggio verso imperii
maggiori, in tempi remoti ; lo dieeano il piu mite e provvi-
dente pel bene dei soggetti; come il piii generoso co' nemi-
ci, cosi il piu fidalo fra gli amici ; robusto nel guerreggia-
re ; previdente e acuto negli avvedimenti politici, crisliano
e catlolico con sincerity e per convinzione. I detrattori, per
lo contrario, lo cbiamarono scliiavo dalle origini , ribella-
tosi a'signori legittimi; lo hanno posto fra i piu tiranneschi
e arbitrarii cbe abbiano conlristato il genere umano. Le
guerre vinte dai Veneziani, mal lidi amici e ingenerosi ini-
mici,si dissero mero capriccio di forluua; si disse doversi
chiamare contesto di astuzie e I'raudi i consigli e le opere
della politica loro ; e (vedi a quali balordaggini giungono le
menli umane quando siano concitateda cieca ira o abbiet-
ti interessi ! ) si udi cbiamarlo peggio che eretico, perche
meritevole della cappa fuor d' oro ed entro di piombo, che
Dante impose perpetuamente agli ipocrili.
II. Che codesteglodi e codesti biasimi suonassero lin-
che la repubblica era viva, e, o potente, o coll' apparenza
del potere, la mi pare cosa naturalissima; e allrettanlo co-
sa naturalissima il cessare de' panegirici poiche fu spen-
ta. Ma le esorbitanze dei dettrattori suoi crebbero a dismi-
sura, quando spenta, non le riinase altro che il crescere I
patrimonio della storia colla ricordanza della sua vita e
dei suoi fatti.
Sennonche a chi scruta nelle condizioni preseuli del
— 737 —
civile consorzio nun e pun to difficile lo scernere le ragiom
di questa continuazione e accrescimento di biasimi. Ai
giorni nostri nel civile consorzio due parti lottano 1' una
contro l' altra, e s'aiutano con ogni arte e modo a supe-
rarsi. E cadauna di esse per ottenere gl'intenti proprii non
dubita adoperare anche sozzura di mezzi, e ardisce contra-
stare alia volonta d' Iddio, il quale si degnava ordinare cbe
umanita e civilta progrediscano gradataraente sempre ver-
so il meglio, quantunque nel caminino sorgano inciampi
ed ostacoli. L'una delle due parti crede fare suo pro collo
sforzarsi a ricacciarc il genere umano nei secoli passati, e
crede sia possibile ridonare vita a quella bellezza e bonta
che fu lo evo medio; l'altra vorrebbe che il genere umano
corresse di galoppo senza punto pigliarsi pensiero se la via
sia secura e liscia, o se irta di triboli e circondata da pre-
cipizi, che lalvolta si potrebbero evitare, e non volendoli
evitare spesso si guasta l'opera tranquilla della ragione. Fu
tempo, e non molto discosto, nel quale le due parti non
osavano battagliare fra loro apertamente, e faceva comodo
a ciascheduna il gittarsi sul cadavere del leone di san Mar-
co, e squatrarlo, e brancicarne le ossa e le polpe,e metterlo
scandolo e ludibrio alle genti. Infatti la era una manna per
esse: scendendo entrambein codesta ignobile arena, trova-
vano un avversario, il quale non poteva piu sorgere in
giudizio e trarre vendetta delle offese, e cosi sfogavano le
mutue ire senza pericoli, locche forse non era facile il
fare altrimenti con liberta e sicurezza.
III. Giunse poi il tempo nel quale le due parti, alzata
la visiera, sono venute a baltaglia aperla. Si rese inutile i!
mezzo termine del tone a pretesto, per isfogare le ire
mutue, la Flepubblica di Venezia e i suoi reggitori, od altre
nazioni e uomini trapassafi, e codesto miserabile ufticio fu
Serie III, T. /. 96
■— 738 —
lascialo a qualche imbecille, spregiato fino dalle due parti
contendenti. Quando lc due parti si servivano del mezzo
termine, le avventatezze e ingiustizie di loro, almeno avea-
no un fine logieo, il proprio vantaggio. Gl'imbecilli non han-
no line logieo di sorte alcuna. Intanto per6 quella die ve-
glia al sepolcro degli uomini e delle nazioni, la storia, ri-
prese i suoi diritti per la Repubblica di Venezia, quei dirilti,
ehe le da la sua potenza irresistibile, e vi si oppongono in-
darno le passioni e le cupidigie dci tristi, i quali alia verita
storica, sfolgorante una luce distruggitrice delle tenebre
che tanto giovano loro, reputano poler sostituire un fan-
tasinia. F gli danno le sembianze della storia, e non e al-
tro che una specie di Zanni con vesti a toppe, coraposte
di frammenti storici qua e cola razzolali, spesso inesatti,
talvolta falsati. E sebbeuc, frammessi, possano esservi dei
frammenti di storia vera, vengonodislocati o si accomodauo
a talento, e, giusta i propositi di chi raffazzona quella sem-
bianza di storia per far parere cio die veramente non fu, e
quello che fu veramente lo travisano, lo stiracchiano sicco-
me giova agli intendimcnli loro. Ma alio apparire della
storia vera il fantasima arlccchinesco svanisce, i frammenti
storici dislocati tornano al posto assegnatoloro dalla verita.
11 passato risorge, e se il Profeta di Giuda alia voce del
Signorc vide le ossa aride e sparse riunirsi e rivestirsi di
fibre e muscoli, la storia fa rivivere uomini e popoli che
non sono piii, in ispirito e verita, li fa rivivere quali
furono realmente, e presentarsi al giudizio delle genera
zioni che succedettero.
Egli e in tal modo che la storia della Repubblica di Vene-
zia s' incomincia a conoscere, e la s' intende, e si libra con
equita quello dissero panegiristi c detrattori, si dimoslra-
no le sue glorie, il bene che reco alia civilta, le sue leggi.
— 739 —
i suoi costumi, la sua religione tutt'altro eke poco cristia-
na e cattolica. E vengono in luce i suoi errori e talune
colpe, ehe pero di certo non soverchiano gli errori e le
colpe di quanli furono, souo, e saranno, uominie nazioni.
Non ha guari tempo parecchi Italiani quasi disdegnavano
professare che la storia di Veuezia fosse parte della storia
nazionale, e fra questi anche qualche onorato amatore del-
la palria, c ehe nel resto non pativa di traveggole. Al pre-
sente tulti gl' Italiani se ne tengono, e 1! hauno siccome
gloria eoniune ; e gli stranieri, e basti ricordare il Micbe-
let, proclamano la Repubblica di Venezia come validissima
aiutatrice della ingrata civilla europea.
IV. Percbe la storia racquisti i diritli suoi e la poten-
za, (la storia non operando mai miracoli) ci vuol tempo,
pazienza ci vuole. E pero vero cbe giovo anche alia storia
quello amore del positivo cbe e del nostro secolo, e che fu
causa principalissima per lo incremento delle scienze che
traggono i fondamenli e i progressi dalla sodezza di razio-
cinii sicuri, e dalla esperienza. II quale amore del positivo
non reca noja cbe a taluni ingegni pusilli cbe piangono
sui bei tempi passati del miagolare e guaire d' Arcadia, dei
bei concetti e delle vagbe frasi a compasso ond'erano con-
teste le cicalaleaccademiche. Ossivero a certi filosofi, i
quali s'allielano dello ire a cavalcioni delle nubi e pescare
nel torbido ; scimmie di allre genti che vivono sotto lo in-
tlusso di climi diversi dal nostro, e banno memorie istori-
che interamente diverse da quelle che noi abbiamo.
Dal bisogno del positivo, per ritrovarlo anche nella
storia, per delinirlo, per esser sicuri cosi dei fondamenti che
lo reggono come delle illazioni che ne sono conseguenza,
venne la necessita di slatuire la quidita dei fatti con docu-
menti irrefragabili, al presente nella storia non essendo piu
— 740 —
comportabili Ic ipotesi, le astrazioni, il divinare il passato
a mo' di sibilla quando si puo slatuirne la quidita, quasi
colla certezza del matematico. La storia, a' di nostri,trae
da studii diligenli conseguenze inescogitate da molti storici
anlichi, a' quali parve prima dote della sloria la magni-
ioquenza, o a molti fdosofi della sloria cheformata la cor-
nice del quadro voleano adagiarvi un dipinto, coslretti ora
a stiracchiare le figure, ora a storccrle ora a rimpiccolirle,
perche stessero entro ai limili della idea preconcepula ehe
s'erano forma ta nella mente. Al presente ci vogliono docu-
menti per iserivere storie, e i documenti bisogna cercarli,
saperli leggere, e, piii, saperli intendere,constatarne l'auten-
ticita, illustrarli accid servano a fondamento e argo-
menlo di storia. E poiche gli studii storici si fanno a questo
modo, tale pergamena la quale, sepolta in uno archivio,
alia prima lezione pareva roba disutile o con pocbissima
attenenza al soggetto, e quindi da lasciarsi da un canto, quella
pergamena col solo recare una data, un nome, una circo-
stanza, a proposito di una donazione a un convento o di una
transazioned'interessidomestici,venne a scompaginaro l'or-
dito di storie scritte a' tempi passati. Noi connazionali del
Muratori, del Maffei, del Fumagalli,del Foscarini,del Cornaro
se vediamo fiorire presso gl'Inglesi, i Francesi, i Tedeschi
codesta rnaniera d'investigazioni, noi possiamo fiancamcnte
asserirc cbe ferventissimo e anche appo noi il seguire le
orme dei sommi Italiani teste nominal!, c di allri famosi
connazionali noslri. Ne gli studii storici, le invesligazioni
degli archivi avvengono solamtMile nci cenlri maggiori e
diversi, nei quali dopo la caduta dello impero romano la
nostra nazione ebbe piu forte il molo di quella vita, die fu
mozza e non mai quale poteva essere, perche sempre irre-
quieta e incerta, e spessoillogica, e piu spesso trambaseiata
— 741 —
ila sventure. Le quali non s'avrebbero palite, se Ic forze di
quella vita non si disgregavano a ogni piii lieve concita-
menlo di mini me invidie c inleressi di municipio. Vediamo
fiorire gli sludii slorici, operarsi assiduc investigazioni
anchc in ogni castcllo o borgo della terra Italica. La qua!
oosa mostra come da noi tutli s'intenda il debito e la im-
portanza del conoscere cost le glorie e le imprese dei mag-
giori,, come gli errori e le colpe, die ricaddero sui nepoti.
Per qnello spetta alia Repubblica di Vrenezia i document i
abbondano, e non poteva essere altrimenti, percbe fu uno
dei centri principali di quella tal vita die Italia ebbe, poiche
I'AquilaRomana fu snidiata dal Cainpidoglio. E codesta vita,
Venezia, la mantenne lungamente; fu la piu concitata alio
esterno, ebbe i maggiori contatti colle altre nazioni, percbe
vasto il dominio suo e stendentesi a regioni lontane; e
nello interno impinguato da commerci riccbissimi e splen-
dore di arti e studii, che al solito vigoreggiano e splendono
dov' e potenza, ricchezza, amore di patria. Noi Veneziani
dobbiamo sincera gratitudine a parecchi slraniericbe banno
posto in luce documenti nostri: lo dobbiamo a parecchi
connazionali, i quali banno fatto altretlanto. Ma possiamo
affermarc con verila non essere noi rimasli da sezzo ; ne
tale affermazione la o punto boriuzza di municipio. I docu-
menti da noi pubblicati banno giovalo grandemente a rad-
dirizzare le idee e i giudizii dei nostri connazionali e degli
stranicri inlorno alia sloria della Repubblica e al suo
governo.
V. Io eliicdo scusa agl'illustri Colleghi miei del non
avcre potuto in questo anno sdebitarmi del mio compilo
con un lavoro che mi ero proposlo ; il tempo mi mancava
per mandarlo ad atto. Per mostrare almeno il mio buon
volere ho pensalo di sottoporre loro quesle rillessioni fatte
— 742 —
nel leggere un prezioso documento istorico pubblicato in
Vienna da] oostro connazionale signor Enrico Cornel, il qua-
le da molli anni ha posta la diuiora in quella citla. Codesto
noto, perche penso tornare in onore di lui, nel quale ne
tempo ne assenza sminuirono la carita della patria e la
riverenza verso Venezia dove passo la giovinezza, e non
dubita imprendere gravi studi ed incontrare spese, per cre-
scere il tesoro dei documenti storici ebe servono alio illu-
strare i falti dei maggiori nostri.
II documento s' intitola Giornale dello assedio di Co-
stantinopoli (1455) di Nicold Barbaro, corredato da docu-
menti e note. Io ne porgerei un sunto se non fossi stato
preceduto da una splendida seriltura che ha lo intento me-
desimo; ed anziche dolermene, me ne rallegro colla terra
materna, perche quella splendida scrittura moslra lo affetto
fraterno dei nostri connazionali, e onora il giornale mila-
nese intitolato il Crepuscolo, il quale fa nobile prova die la
sapienza italiana e tull'allro chespenta. Poiche questo mio
discorso non e una dissertazione si bene un semplice studio,
lasciai libero corso ai pensieri che mi fece nascere la lezio-
ne del Giornale scritto dal Barbaro. E conlido ottenere
I'indulgenza dei Collegbi se conlinuo il mio discorso signi-
ficando le riflessioni che mi occorse fare inlorno alle con-
seguenze venute dalla caduta di Coslantinopoli in mano dei
Turchi.
Prima pero di proseguire, devo notare che il signore
Cornet otlenne per la sua buona opera le lodi dei conna-
zionali. II suo merito non si stringe alio aver dato in luce
il Giornale dello assedio di Costantinopoli; egli avca pubbli-
cato anteriormcnte i dispacci di Giosafat Barbaro, amba-
sciatore dei Veneziani al re di Persia collegato loro contro
a Maometto II; e dopo ha messi in luce altri documenti tratli
— 743 —
dallo archivio di Venezia, ed ebbe aiutatore il nno valoroso
amico abale Pielro Mugna da Vicenza. Di piu, il Cornet in-
tende raccogliere tuttii documenti ineditispettanti alia prima
guerra dei Veneziani contro a' Turchi, e quando lo abbia
fatto, e dci cilati c dei futuri suoi lavori daro conto alio
Istituto. Per le sue pubblicazioni ebbe segni della gratitudine
dagli studiosi Italiani, e confido non male appormi semi to
interprete della gratitudine speciale dei Collegbi miei verso
un egregio uomo, il quale ha dato si nobili prove dello
a mare la patria e la sua storia.
VI. Proseguendo ora nel discorso, ripeto quello ho no-
tato altrove sulla educazione pratiea dalla quale venivano
formati al reggimento civile gli statisti veneziani, coloro i
quali erano chiamati alia sommita del potere avviando-
visi per diverse strade. Taluno si dedicava a severi studi,
altri alio armi, i piii ai traftici; e in tal modo la esperienza
degli uomini e delle cose s' univano al coraggio e alia sa-
pienza, nel dettare le leggi e nel ministrarle. E la vita del
capitano, del mercadante era cosi connessa alia vita del
popolo dal tenere il popolo quasi l'ralello, anche quando di-
venne soggetto. Nicolo Barbaro fu patrizio e medico del
navile, uomo di senno e di cuore, siccome apparisce dalla
sua scrittura dettata con rara semplicita, nel volgare vene-
ziano. Egli si mostra osservatore attento, descrive con veri-
ta e se lascia talvolta intravedere le predilezioni che sono
dell'uomo, non e mai che gli rabbuino il lume dello intelletlo,
o siano figlie di abbietlo inleresse.
II Barbaro si trovo presente ad uno dei piu importanti
awenimenli che siano rcgistrati nella storia del genere
umano; avvenimenlo d quale recava con se la minaccia del
vedere di nuovola umanila travolta nella barbaric, e distrug-
gcrsi la civilta dallo inompere in Eur op a di una moltitu-
— 7 44 —
dine composta di uomini robustissimi, feroci, concitati dal-
10 entusiasmo di una religionc immaginosa a un tempo e
sensualc, la quale imponcva il precetto di propagarla, vin-
cendo ogni resislenza eolle arnii. Aveva a capo il sultano
Maometto II, figlio di Amu rat, mente gagliarda quanlo il
legislatore del quale portava il norae, e braccio piu forte.
11 quale conobbe la necessita del conquisto di Costantino-
poli per attuare quel medesimo proposito dell'ottenere il
predominio sulla piu bella parte del mondo, pensiero ebe
avea condotto Costantino a diredarc 1' Italia del seggio
imperiale e della sovranita diulurna sull'orbe, lasciando i
sette colli della Citta Elerna pei sette colli del Bosforo.
II Barbaro narra gli sforzi generosi della colonia vene
ziana in Costantinopoli, per difendere l'impero cadente e
ridotto alia sola capitale. Dobbiamo a lui se la storia della
nostra penisola cresce il numero dei martiri per la patria,
col nome di Giacomo Cocco. II quale divisato che l'unico
partito per danneggiare il nemico era incendiarne il navile,
per Ie impazienze cbe sono dei valorosi, fatta arrancare la
voga della sua galea e scagliatosi fra i nemici, v'incontro
morte gloriosa. Impresa fallita, e il Barbaro accenna per
tradimento dei Genovesi. Nel favellare dei quali forse il cro-
nista trasmoda per quella brutta anzi vergognosa rivalita
delle due maggiori repul)bliche della Penisola, rivalita che
fu danno pcssimo della patria comune ad entrambe. Egli e
pero vero che la fede dei Genovesi in tutta la grande cata-
slrofe non polrebbe aversi, per lo meno, che come dubbia.
Ma se Giacomo Gocco fu un prode, sulle rovine deirimpero
bisantino sorge come gigante la gran figura dell' ultimo dei
Paleologi.
i\ato lioppo tardi, Goslantino Paleologo visse in mezzo
ad una generazione marcia; trovo l'impero scalzalo nelle
— 745 —
fondamenta dalli assalti esteriori; eorroso nell interuo, per-
cbe i eittadini non sapevano che cosa fosse a more di palria.
Dominava un clero, il quale prelendeva ben governaree ren-
dere felici e potenti i popoli ove la sua autorita fosse tale da
rivaleggiare coll'autorita civile, la quale aveagliincautameute
lasciato stendere la mano sopra di se stessa per padro-
neggiare. II clero tenea rivolle le menti a He eeremonie, e piii
ancora alle sottigliezze teo!ogiche,esi pensava,si studiava,si
combattevaoo risse citladine per la mistica luce del Tabor,
men Ire la funerea luce dei proietti delle artiglierie inimiche
e i faI6 degli assedialori illuminavano di ben altra luce le
notti degli assediati. E il Barbaro descrive lagloriosa morte
del Paleologo con quesle semplici parole: Plmperatorepre-
gava che i sui lo amazzasse, e si mosse dov' era la furia
con la spado, el cased, el rilevo, el cost mori.
Non fu cerlo giorno come quello della presa di Costan-
tinopoli nel quale si polesse sclamare : Guai a'vinti ! El san-
gue , dice il Barbaro., testimone oculare, se coreva per la
tera come el fosse pioveslo e che I' aqua se fusse andada
per i gatoli, cusi feva el sangue. I vincitori abusarono bar-
baramente della vitloria salisfacendo a ogni libidine, e a
quella in ispezie dell'avarizia, e raccolsero lesori immensi.
Mentre il grande e svenluratissimo Paleologo si trovo in tale
dislretta da meudicare soccorso di danaro dai suoi baroni,
ed essi ricusarono soccorrerlo, presso uno solo si rinven-
nero trentamila ducati di conlanti. Un allro per ingraziarsi
col conquistatore gl' invio due liglie giovinelle, cadauna con
unbacilein manopienodioro.E poicbe era stalo accollo con
favore il duplice douo obbrobrioso, alti'i lo hanno imilato ;
ma cessati i presenti, il Sultano lece a tutti i donalori moz-
zare il capo dicendo : cli erano stall gran cant a non
avere voluto prestarli al suo signore, el avere lasciato per-
Serie III, T I 97
— 74G —
Here la cittd. Cruda sorte di que' codardi, morte e scherno ;
ma nell' amaro detto di un barbaro era una solenne giusti-
zia eonlro chi potendo giovare alia patria le anteponeva
lo amore della vita, e peggio aucora Ip amore delle ric-
chezze, quasi che la vita e le ricchezze non fossero nella
patria, alia quale soprastava il fato supremo.
VII. Che i signori Veneziani sentissero e mostrassero
immensa ambascia per la caduta di Costantinopoli e lo in-
sediarsi gli Osmanli in Europa, non e punlo da stupire.
Antivedevano quello segui, posti come erano i primi sui
quali doveva pesare la pressura della potenza lurchesca.
Nella spartizione dello imperio di Romania, dopo la grande,
ma al certo non laudabile, impresa dei Latini, non chiesero
del boltino che lerre riv'erasche al mare ed isole, dallo Egeo
al Bosforo, che assecuravano la signoria dei commerei ed
erano facilmente difese da chi avea sempre pronto formida-
bile navile. E quasi interi questi l'rulti del conquisto li hanno
potuto conservare alio sfasciarsi lo el'limeroimpero dei Lati-
ni; e in Costantinopoli stessa,se non ebberopiii una parte della
sovranita ottennero dagli Imperatori Greei tali prrvilegi che
erano quasi sovranita. Questi privilegi sinmarono;le lerre
e le isole possedule dalla Repubblica doveano essere ago-
gnate dal vineitore, il quale non poteva concedere allri fosse
padrone dei mari circondanti il sno potenle impero. I Ve-
neziani avevano comballuto virilmente lino all' ultima ora
di Costantinopoli cristiana; aveanorichiesto aiuto a Nicolo V
Pontefice, ai Prineipi cristiani, come consta da atti che il
Cornet trovo nello Archivio di Venezia, ed altri che vengono
citati dal Crepuscolo, esistenti in quello di Milano. Ma, a che
pro ? II Pontefice spediva un cardinale a Costantinopoli e
1 imperatore, sperando soccorsi, soscrisse un alto di unione
della chiesa orientale colla occidental^ e nessun soccorso
— 747 —
poi ebbe ; i Principi cristiani rimasero sordi alle inchieste
dei Veneziani, ai preghi disperati del Paleologo.
Ebbe allora principio la gran lot la secolare fra la po-
lenza mussulmana e la eivilla europca ; la quale non fu
ingoiata principalmente perche (re popoli I'hanno difesa
combatlendo pet- essa a tutta oltranza, sagrificandole la
propria fort una, eon prodigiose annegazioni e spargimento
di sangue e lesori. Nelle pugne ebbero talvolta eonsorli
allri popoli, ma assai spesso furono abbandonati e vi-
dero infranto il sagramenlo di alleanze, le quali pareva
dovessero essere mantenute santamente. Ebbe ragione chi
disse, ehe senza i Polaeebi, i Maggiari, i Veneziani, (a' quali
si pui> aggiungere un allro popolo Latino di origine, i Ru-
meni), il vessillo della mezza luna svenlolerebbe sulle lorri
delle piu illustri capitali di Europa. Per poco non fu, e nel
1529 fu per incautela dei Turebi, che Vienna non abbia
dovuto sottostare la prima alle sorti clie nel 1455 erano
toccate a Costantinopoli; e, nel 1085, Vienna dovelle la sua
salvezza alio ardimenlo e valore di Giovanni Sobieski.
VIII. Saviamenles'apposeGirolamo Dandolo nel signili-
care ileonquisto di Maometto II come la prima sorgentedello
scadimento della Repubblica. Ne poteva essere allramente,
la Repubblica, tanlo spesso abbandonata dai suoi collegali,
non valendo sola a contendere co' suoi nemici potenlissimi.
Una volta, Pio V con fede sieura si pose a capo della Iega
sacra; parve che con fede sieura vi accedesse Filippo II
allora il primo polentato della Cristianita, e i Veneziani ap-
prestarono formidabili offese; e quella volta si combatte e si
vinse. Capitano dell' armata fu posto don Giovanni d' Au-
stria, e il principe fiammingo valorosissimo ebbe a com-
pagni nella impresa due Italiani non meno valorosi di
lui, Sebastiano Veniero e Marco Antonio Colonna. Ma la
— 748 —
famosa giornala del di 7 ottobre 1571, ollre a slragrande
inacello d'uomini, non cbhe pei Oisliani die le conseguenze
istesse, le quali avrebbe avuto una holla di sapone. Nessuno
credo avere piu acutamente dimostrato la causa di codeslo
e averla francamente svelata di quello fece Ser Francesco
Lpngo nel Commentariq sulla guerra con Sultan Selim che
io ebbi la Ventura di pubblicare neljo Archivio Storico Italia-
no. Causa fu la gelosia domestica di Filippo II, e vi si aggiun-
sero gli scaltrimenti di quella sua oseura ipocrita ragione di
stalo alia quale baslava Io avere avuto 1' onore di una vit-
loria non sua. E perche, per la ragione di stalo che usava
non penso mai al fuluro, fece soslare la inipresa, la quale
poteva recare, temporaneamenle, vahtaggi maggiori che a
se stesso, ai suoi alleali.
I Veneziani ebbero guerre continue per piu di due se-
coli contro ai Turchi; ogni guerra terminava colla perdila
di una delle provincie suggette alia Repubblica, e cre-
seeva la potenza dei vincitori. Alle quali sventure si aggiun-
sero le guerre d' Italia, e la prima lega contro Venezia per
le presa di Ferrara, lega iniziata e henedetta dal Pontetice
Sisto IV; la seconda lega, soscrilta a Cambrai dai monarchi
principal! di Europa, inaugarata e henedetta dal Pontetice
Giulio II. E nelluna e nell' altra codesti due Papi^ i quali
nello stesso tempo erano capi del Cristianesimo e principi
italianij per cause non ispeltanti ne punto ne poco alia re-
ligione divina del Salvatore, per cause che recavano danno
stragrande al bene della patria comune, hanno scaraventato
adosso alia Repubblica di Venezia, principalo Cristiano e
connazionale, il bando che la privo della comunione dei
Santi. lntanto crescevano per essa i danni recati dalla sco-
perta de' nuovi mari e dai nuovi tramiti del cotnmercio
t-uropeo, onde prima ebbero sosta, poi si disseccarono le
— 749 —
to ii l i tlella sua rieehczza. La batlaglia di Pavia hacompiuto
ia rovina di Venezia. Spagna e Francia I'hanno combaltuta,
prevalse la prima ; la forluna di Francia sempre precaria e
disastrosa in Italia venne tolla di mezzo per due secoli.
Spagna nella Italia settentrionale si pose a cavaliere degli
stati di San Marco, ebbe una costa imporlanle dell'Adria-
tico. E fu allora die sJ inizio quella fase novella tlella poli-
tica eufopea, per ia quale le sorti delle nazioni si slrinsero
nelle mani di potentati, pochi e grandi, forniti di eserciti
stanziali, numerosi, compalti, discipliaati, agguerriti, ubbi-
dienli a una volonta unica e assoluta. E agli stati mediant
e minori, ehe allre volte valevano a far traboccare la bi-
lancia in favore di quello stato maggiore a] quale aderiva-
no, non rimase allro fuorche il vedersi in balia delli stati
maggiori, e nelle contese che questi avevano fra loro es-
sere coslretti a saldare i contendenti a spese proprie, e
talvolta perdere I' autonomia. Tale fu il deslino della Re-
pubblica.
I\. In fa Hi, covala lungamente, nel 1789 si svolse una
di quelle grandi trasformazioni del civile consorzio, le quali
quando arrivano, non e menle d' uomo die possa determi-
nare il tempo nel quale avranno compimenlo^ lante cause e
cosi diversi interessi opppnendosi al rincandinarsi del civile
consorzio in modo sicuro, conforme a giustizia, analogo
alle origini, alia nalura, ai bisogni, alle lendenze delle di-
verse nazioni die lo compongono, conforme ai tempi che
corrono. Nel principio del gran moto, un popolo grande si
Iev6 e sfracellava il trono velusto dal quale era slato go-
vernato per lungbi secoli. Quindi guerre feroci, e aUorcbe
si venne agli accordi^ la Repubblica di Venezia dovette
sottostare alia legge segnala sui campi di Pavia.
Questo avvenimento e la serie di altri avvenimenti
— 751) —
che succedettero,porgono argomento alle medilazioni dello
storico, perche da quando cominei6 il gran moto di Francia
e avvenne la caduta di Venezia, la sloria del genere umano
presenla tale una sequela di falli stranissimi, la quale, di
eerto, non trovasi nei tempi antiehi e nei maggiori perieoli
antiehi della umanita e della civilta. Uno alternarsi eontinuo
di forme nei reggimento appo quel popolo che ha dato co-
minciamento alia gran trasformazione del civile consorzio,
e furono tanle ed ebhero breve durata. E intanto fragore di
battaglie da gisranti, il levarsi, il eadere, lo spostarsi, il mu-
tarsijl rimestare regoi e dorainazioni sulle genti,unicamenle
giusta il voleredichi ebbe la fortuna delle armi. Quindi ire di
principi, moti dei popoli, tramestio di passioni, disorbitanze
di parti, e la povera umanita eontristata da ogni maniera
di tlagelli. E eogliendo il deslro dagli errori di taluni, dalle
insensataggini di altri, dalle colpe di poehi,si lento. perDno
sgomentare la umanita con un vano spauraccbio, col ten-
tare di farle credere possibile, a' tempi nostri, la pessima
delle tirannidi, quella delle moltitudini, nulla tenenti, sbran-
cantisi furibonde per ispossessare chi possiede, e infrangere
i vincoli formuti, per istabilire gli ordinamenti civili dei po-
poli cristiani, da religione, natura, reciprocazione dinte-
ressi, amore di patria.
E perche nulla mancbi che sia veramente singolare in
questa eta memoranda, vi ha anche una analogia, anzi quasi
una concordanza, che sarei per dire misteriosa, fra i destini
della Repubblica di Venezia e quelli dello Impero Osmano.Di
questi stati, il primo da oscure e povere origini sali a tanto
da poter fare aseoltata la sua voce nei concilio dei princi-
pal della terra. II secondo ugualmcnte da oscure e povere
origini venne in quanta grandezza oltennero pochi altri
imperii, e si rese formidabile a tutti i principati della terra.
— 751 —
A Passarowitz ebbe line la potcnza dei Veneziani col sagri-
lizio dell' ultimo de' suoi conquisti, frutlo delle viltorie del
grande Peloponesiaco ; e dopo Passarowitz la Repubblica
non ebbe cbe tre quarli di secolo di vita arlitiziale e pre-
caria. Ma da Passarowitz in qua, e il racquistare la Morea,
cesso ogui grandezza dell' Impero Osraano, cbe dopo non
ba potuto crescere di un palmo di terreno il suo territorio.
L Impero Osmano ebbe guerre molte dopo la pace di Pas-
sarowitz, pocbe vittorie, assai sconfitte, e, come la Repub-
blica, soscrivendo ogni pace col Sullano soscriveva la per-
dita di una provincia, cosi ad ogni pace soscritta dal Sultano
dopo queila di Passarowitz egli vide ristringersi i conlini
del suo impero, tiacearsene la potenza.
Contro ai Turchi sera preparato validissimo e ineal-
zanle inimico, anch'esso venulo da origini inosservate nei
tempi anlicbi. Viveva nel mondo un popolo cbe aveva la
lingua medesima o quasi la medesima, credenze islesse o
analogbe, disperse sopra tanta parte dell'orbe, dal mare
del Settentrione all' Adriatico, e dalla Germania quasi sino
alia Tartaria. Sebbene frammisto a genti di slirpe e lingue
diverse, conservo sempre il proprio carattere nazionale; lo
trasmise da una generazione all'altra, quantunque provasse
lo intlusso di climi difi'erenti e dilferenli leggi; lo inilusso
delle parenlele conlratte con allre nazioni. Codesto popolo
raccolse molte delle sue parti, e ne formo uno stalo giovane
fra stali veccbi; e percbe nel rigoglio della vita, robusto,
iiero, in gran parte servo, coslretto quindi a lidarc cie-
camente nella volouta del suo capo. Sarebbe slato tenuto
come uno scemo cbi ai tempi di .Nicolo Barbaro avesse pro-
felato a Maomelto II cbe il Gran Duca di Mosca e Novo-
gorod, il quale pagava tributo ai Tarlari, avesse potuto cre-
scere lanlo mia cinque Ionian dove i feze la inlrada die fu da San
» Bomano, zonti che i fu a la piazza, suhito quelli de lor
w Turchi si mont6 sopra una tore dove che iera levado San
» Marco e la insegna del Serenissimo Imperator e subito i
» taid zoso la insegna de San Marco, e tiro zoso quela del
» Serenissimo Imperador e poi suxo quela tore medema si
» levo l'insegna del signor turco. » La insegna di San Mar-
co noi vivi non la si poteva piu vedere sulla tor re di Costa uti-
nopoli ; ma per poco non fu che da noi vivi non si vedesse
piii la insegna del signor turco, e si levasse solto ai nostri
occhi in suo luogo laquila bicipite che, fra le ali ferme e
spiegate, ha san Giorgio che schiaccia il dragone. E perche
codesto non avvenisse fu necessario che nazioni robustis-
sime mellessero in atto lutta la polenza loro e facessero
sciupio di sangue e tesori, fu necessario che, tulti gli altri
principi grandi d' Europa stessero armati da capo a piecli
colla mano sull'elsa, quale interponendo parole di pace,
nessuno sguainando la spada a pro di coloro che guerreg-
giavano. Per quanta sodczza e durability possano avere i
patti teste fermati in Parigi, per quante modiiicazioni pos-
sano subire gli prdinamenti dello Impero Osmano, I'ora che
— 753 —
scocco per la Repubb. di Vcnezia a Passarowilz, facilmente,
e scoccata per lo Impero Osmano. In ogni casopero eghe in-
dubilabileessere impossible che maipiiipossa riavere quella
grandezza e forza per le quali sulla torrc di Costantinopoli ai
tempi di Nicolo Barbaro l'u levata la insegna di Maometlo If,
ne quando conquisto Psegroponte, Cipro, Candia, il Pelopo-
neso, rainacciava del continuo i Veueziani sui conlini della
Dalmazia e lino nel Friuli, inculeva spavento alia inlera Cri-
slianita. E di cerlo la Provvidenza ne' suoi arcani ordina-
menti statuiva ancbe codesto, perche umanita e civil ta
faeessero un passo di piii per raggiungere lo scopo nobi-
lissinio al quale tendono incessautemente.
X. Allorche, nei tempi antichi, grandi calaclismi minae-
ciaroDO tranghiottire la umanita e la civilta nei fiolli irrom
penti della barbarie, I' area nella quale trovarono ricovero
vi galleggio sopra, e, imperversasse pure la tempesta, non
avvenne giammai cbe rimanesse affondala. Qualcbe nazione
periva, ma la umana famiglia alia fin line vide comparire la
colomba recanle il ramoscello d' olivo, simbplo di pace,
vide incurvarsi sul firmamenlo il segno dell' alleanza d'Iddio
colla piu perfella delle sue creature. Oggimai, come a ra-
gione nolo il Gioberti, nessuna nazione cristiana e civile
puo perire; e la umanita, e le nazioni crisliane e civili che la
compongono, si volgono al rassodarsi sopra sicuri e razionali
fondamenti. Pure, talvolta avvienecbe nel motoprogrediente
della umanita e delle nazioni cristiane e civili vi siauo delle
soste cbe pare arreslino quel mo to, vi siano degli urti cbe
sembrioo spingerlo a relrorso. Galileo disse della terra :
rppur si move ; la umanita e quindi le nazioni cristiane
e civili possono dire allrellanlo del mondo morale. E lo
possono dire ancbe in quei pericoli e danni che vengono
per le soste cbe sembrano arrestarneil moto progredienle,
Seric III. T. I. 03
— 754 —
pegli urti die sembrano potere retropignerle. Soste piu o
meno luughe, ma sempre temporanee; urti piu o meno
gravi, ma sempre superabili. Ed anzi e nelle sosle e negli
urti la Provvidenza fa sempre sorgere un elemento di piu
al moto progrediente della umanita e delle nazioni cristiane
e civili. Verita la e questa incontraslabile, e fra le testimo-
nialize tante che sorgono a provarla, amplissima e quella
che ci presenta la caduta di Costantinopoli descritta da
JNicolo Barbaro. Conseguenza di queslo fatto parve po-
tesse essere che una terza barbaric per opera della scirai-
tarra turchesca, allora tcnula come invincibile, valesse a
stringere con ceppi indestruttibili la umanita. E la civilta
dovesse essere annicliilata, od almeno cacciata in abisso
tanto profondo, da non potere risorgerne so non dopo lun-
ghi secoli e dolori inliniti. Iddio nol voile; e al primo fen-
dcnte che la scimitarra calb} le reliquie dell'antica scienza
greca abbandonando la terra profanata dai barbari, si spar-
sero per tutla la Europa. Unitesi alio elemento latino, alle
dottrine che Y Orientc aveva trasmesse e andava trasmet-
tendo all' Occidente, hanno fatto il prodigio di cacciare nel
caos del passato, il declinante e scassinato medio evo. Ed
era serbato all1 eta nostra chiudervelo con porte eterna-
mente adamantine; contro le quali indarno fanno spreco di
forze taluni poveri di spirito per infrangerle, sperando che
il medio evo possa rivivcre e soddisfare alia superbia e alle
cupidigie loro. La caduta di Costantinopoli in balia dei
Turchi, e gli studi sparsi per tutta Europa, e il fcrvore col
quale si coltivarono, e la sapienza die si allargo, eilrifarsi
e il corroborarsi della ragione, colla quale il Creatore di-
slinse la sua prediletta dalle altre creature, hanno fatto am-
pliare alle menti umane la potenza loro. E trionfalmente si
racquistaroQo dall' uomo quei diritti j quali nel medio evo
— 755 —
erano conculcati dal predominio della forza brutale,coadiu-
vata da ignoranze c superstizioni. E il medio evo non potra
risorgere mai piu ; e la uinanita e le nazioni cristiane e ci-
vili progrediranno sempre nel camniino prescritto e pro-
tetto dalla Provvidenza.
II m. e. dott. G. D. IXardo legge la segucnte
NOTA sugli scritti relativi alia struttura del cuore
ed alia circolazione dei rettili, pubblicati dal prof.
Weber nel 1832, dal dott. Olivieri nel 1846, dal
prof. Briike nel 1851 e dal prof. Molin nel 1856.
Nell' adunanza 24 febbrajo p. p. il sig. prof. Raffaelo
Molin comunicava verbalraente, colla scoria di figure raolto
accuratamente eseguite., un breve sunto delle sue Ricerclie
anatomico-fisiologiche sul cuore e sul sisiema sanguifero
del boa constrictor.
Abbenche dalle conclusioni di tale lavoro fosse facile
riconoscere aver le ricercbe in esso contenute strelta rela
zione colle due memorie del fu dott. Antonio Olivieri, gia
assistente di anatomia nella padovana universita, giovine
di veramente elette speranze, di cui la scienza deplora an-
cora la perdita immatura (Memorie che si leggevano in que-
sto i. r. Istituto nell'anno 18 56, col titolo Osservazioni
anatomico-fisiologiche sul cuore delle tesiuggini e delle
chelonie in generate, e nuove ricerclie sulla struttura e
sulle funzioni del cuore de rettili e parlicolarmente degli
ordinarii, e che poscia sinserivano per disteso con figure
miniate negli atti delle adunanze tenute in queU'anno), tut-
tavia mi astenni dal fame avvertenza, supponendo che il
— 75(> —
sig. prof. Molin ne avrebbe debitaruenle discorso in qualche
punto dell'intiera memoria.
Ora essendosi lale memoria stampata per disteso nei
nostri alii, ne trovando in aleun luogo di essa fatto cenno
dei lavori del dolt. Olivieri, come lo fece di altri anatomic!
di ollr'Alpe, che si occnparono precedentemente e poste-
riormente di tale argomento, devo credere non sieno essi
giunti a di lui conoscenza, ed e per tal motivo che soddisfo
oggi al sacro obbligo di ci6 avvertire, trattandosi di cosa
tutta nostra, perche rignardanle memorie lette fra noi, e
da noi divulgate, locche torna a decoro di queslo i. r. Isti-
tuto, e tanto faccio, non per diminuire il merito del sig.
prof. Molin, che si mostro diligente nelle osservazioni ana-
tomiche da esso praticate sul boa constrictor, ma perche si
compiaccia di completare anehe la parte storica del proprio
lavorOj notando quanto si e operato fra noi sullo stesso
soggetlo, cinque anni prima dello scritto pubblicalo dal
chiarissimo prof. Briike relativamente alia struttura del
cuore dei retlili, ed al meccanismo della loro circolazione,
scritto, che tenne il prof. Molin come punto di parlenza
nelle indagini proprie, giacclie se si possono trovar ragioni
per condonare al professore di Vienna suo maestro il non
aver mossa parola dell' Olivieri, cio non polrebbe farsi con
esso a cui gli alti dell'i. r. Istituto, presso il quale leggeva
le proprie osservazioni, non potevano essere ignoti.
Io non m' inlratlerro nel confrontare dettagliatamente
le osservazioni e le conelusioni avanzale dal dolt. Olivieri
sulla struttura del cuore de' rettili, e sul meccanismo della
loro circolazione con quelle del prof. Briike, dal sig. prof.
Molin confermate, poiche il far queslo riuscira ad esso
molto piii agevole, fresco com' e nella trattazione di tale
argomento; mi basta sollanto notare come gli scritli del
- 757 —
dott. Olivieri Irovinsi conformi alia verila-, e servano a con-
futare alcuni errori, ed a togliere alcune incertezze, prima
esistenti in tal ramodi scienza analomico-fisiologica ;eome
le principali fra le proposizioni die in essi si leggono, spc-
cialmentc relative al framezzo che divide in due le cavili
del euore dei rettili, alia separata origine de1 suoi vasi, alia
qualita del sangue che contengono, ed al non aver luogo
miscella di esso nelle eainere di quel viscere, coineidano con
quelle avanzate dal prof. Weber sullo stesso soggetto nelle
sue Aggiunte aW analomia ed alia ftsiologia, pubblicale a
Bona nel 1832, bencbe dall' Olivieri non conoseiute, locche
serve di sieura eonferma su quanto asseriin esse di veroil
prof, prussiano, ed a correggere in pari tempo alcuni errori
ed alcune inesattezze in cui esso e caduto, su di cbe mi
basla citare, ommettendo altre, 1- opinione del tutto falsa
dallo stesso sig. prof. Molin rifiutata, cbe abbia luogo la mi-
scella del sangue nel euore de' retlili nel tempo in cui essi
nonrespirano, vale a dire quando si trattcngono sotto acqua,
oppure se appositamente sinicrrompein essi la rcspirazione,
e come le osservazioni e le conclusioni del fu assistente di
anatomia in Padova coineidano pure con quelle pubblicale
dal prof. Briike cinque anni dopo, e citale dal sig. professor
Molin comele sole cbe insegnino il vero meceanismo della
circolazione degli ofOdiani ; mentre tale meceanismo viene
riguardato da enlrambi simile a quello delle testuggini se
non del tutto eguale. I quali pocbi punti, a cui bo limitato
il mio dire, sono piii cbe sufticienti a dimostrare esser ben
meritevole il dott. Olivieri di occupare un posto distinlo
nella storia dei progress! fatti Dell' anatomia e nella fisiolo-
gia de' rettili, e come in tale occasione era debito di giusli-
zia ridestarsene in seno di questo nostro corpo scienlitico
onorevolmente la ricordanza.
— 758 —
Si legge il Dispaccio j\. -?- 3 giugno 1856
dell' i. r. Luogotenenza veneta, che partecipa !a so-
vrana risoluzione 28 aprile 4850, colla quale le tre
pensioni vacanti presso questo veneto Istituto furono
conferite ai m. e. dott. Giovanni Zanardini, ing. An-
tonio Cappelletto e cav. Emmanuele Cicogna, nomi-
nando al tempo stesso m. effettivi non pensionarii i
prof. Gustavo Bucchia, Antonio Pazienti e il co. Fran-
cesco Miniscalchi.
ADDMSZi DEL GIORSO 23 (illiGUO 1856
oi Ieggono le osservazioni intorno ad ana con-
dizionata particolaritd delta grandine, del m. e. prof.
Bizio, le quali saranno pubblicate nel Vol. VI, parte II
delle memorie dell' i. r. Istituto. Questa particolarita
da lui veduta consiste nella forma di pallottoline soffi-
cij i cui strati esterni struggendosi al calor della mano
lasciavano un nucleo di ghiaccio precisamente tetrae-
drico. Del fat to, che il nostro collega due volte verified
in molti grani di grandine, egli cerca dare spiega-
zione, raffrontando le circostanze della particolarita
sopraddetta con quelle della grandine comune.
Si comunica una memoria del m. e. Sandri su lo
stato sanitario di Verona, che, secondo 1' articolo 429
degli statuti interni, si pubblica in appendice di questa
dispensa degli Atti. Indi la Commissione per Iamalat-
tia delle viti legge la seguente relazione :
— 7GU —
Sol per adempier.e all'obbligo impostoci di cualinuare
a riferire sullo stato della malattia clic da piu anni distrug-
ge le nostre uvo, e non gia per dire alcun che di piu, oltre
quel da noi gia delto nolle relazioni auteriori, le quali non
possiamo che raffermare, dobbiamo intrattenere ancor
questa volta I'i. r. Istituto su questo triste argoinento.
Aoche nel 1 800 la fatale crittogama invase e diserto i
vigneti del Venclo, ne valsero a frenarne le stragiivecchi e i
nuovi mezzi successivamente proposti per prevenirla o com-
batterla. Ne furono particolarmente desolati I'alto Friuli, il
Vieentino ed il Veronese, ne' quali la vendemmia pote dirsi
nulla; scarsissimo frutto colsero qui e cola le provincie di
Treviso, Rovigo, ed il basso Friuli, un po' maggiore quelle
di Belluno, di Venezia c di Padova. I rimedii che si vanno
encomiando gia da piu anni vennero ritentati anche in que-
sto, come i lavacri deU'uva infetla o prima dell' infezione
con bollilura di robinia, mallo di noce, giusquiamo, quercia,
olmo ec, con lisciva di cenere e sapone, con acqua pura e
salata, la solforazione de' grnppoli, ed il coricare i tralci
rasente il suolo. Gli effetti ne furono diversi ne' varii luo-
ghi, talvolla anche opposti, e percio i risultamenli assai
parziali e di pochissima utilita. Fermarono pero sopra gli
altri l'atlenzione del pubblico per la miglior riuscita i me-
todi adoperati per preservar l'uva dal sig. Gio. Batt. Ber-
tolini nel distretto di Dolo, e quello dei sigg. Albanese e
Rinaldi a Cimadolmo nel distretto di Oderzo. II Berlolini
giunse anche nel 1855, come gli era venuto fatto nel 1854,
a salvare tutta l'uva d'un suo vigneto coll'applicarvi un
lavacro composto di un secchio di lisciva comune bollita
con una libbra metrica di sal comune, ed allungata con
acqua correnle, nella quantita di un mastello a misura di Pa-
dova. Questa lavatura fu fatta subilo dopo la fioritura della
— 761 —
vile, e ripelula due o Ire voile secondo il bisogno. Lascio
avvertilamente il Berlolini nello stesso tralcio alcuni grap-
poli non medicati, e la Commissione, a cio delegala da quel
commie, constato la presenza della muffa in questi soli,
benclie frapposti agli altri del tralcio stesso lasciali indenni
dal morbo, per la medicatura applieatavi.
Ii sig. Angelo Albanese adotto invece lo sdrajamento
dei tralci fruttiferi rasenti il suolo, eseguendolo tin dalla
potatura, e tenendo a tal One la vite scarsa di tralci, e que-
sti piu limghi dell'ordinario. Lo stesso metodo era stato gia
praticato in Francia lino dal 1849 e raccomaandato ed at-
tuato fra noi tin dal 1851 con risultamenti diversi, ma nel
maggior numero favorcvoli. La Commissione incaricata dal
municipio di Oderzo di riconoscere lo stato delle uve del-
I' Albanese, ve le trovo sane ma scarsissime, ed attribui tale
scarsezza aH'aver egli sdrajale le vili troppo presto, per cui
soffersero assai dalle brine. Ma recatasi la medesima ad
esaminare ivi presso un podere di circa 500 perliche di
estensione del nob. sig. Alessandro Rinaldi, die non feee
sdrajare i tralci se non dopo passato il perieolo delle brine,
e ne condusse la potagione in guisa da facililare Tabbassa-
mento del fusto, vi trovo i grappoli assai sviluppati, gli
acini grossi, e questi, bencbe allora colorali soltanto nelle
parti superiori e laterali piu esposte alia luce, pur arros-
sarono compiutamente e giunsero a perfetta maturita in
otto di, poi cbe i tralci furono rialzati. Questo si e forse il
primo esempio del risultaincnlo completo di un metodo con
tro la muffa dell' uva eseguilo in grande estensione.
Tra i rimedii, cbe piii esercitarono in quest' anno le
peune degli scritlori di tal materia e le mani deJ vignajuoli,
vuolsi nominar primo la soluzione di colla proposta dal
dott. Vulcano di Eppau. Se ne fecero numerosissime prove
Serie 111, T. I. 99
— 762 —
nel Veneto, nel Lombardo ed altrove, ma non se n' ebbero
gli sperati vantaggi. La muffa riapparve sull'uva che aveva
abbandonalo sol pel momento, e talor anco si generd sulla
colla medesima. Fu ripetuto ancora il consiglio dato gia da
piu anni di zolforare Ie uve, ma pochi il seguirono perche
scoraggiati dalle infrutluose prove lentate prima, ne Ie nuove
furono piii fortunate, quantunque la grande diffusione data
in Francia a queslo rimedio abbia prodotto cola risulta-
menti assai favorevoli.
Essendosi piaciuti alcimi di ribadire ancor la queslionese
linfezione dell'uva origini da condizioni interne e morbose
della vite,o dalla sola azione eslerioredella infesta crittogama,
ed avendo allri esposto non forse l'oidio potesse entrar nella
pianta colla linfa assorbita per Ie radici, il sig. Giovanni
Roccina di Quinlo Romano sperimenlo 1' applicazione alle
radici di viti infette gia l'anno innanzi, di gesso polverizzato,
zolfo polverizzato, calce, fuliggine, ec.; ma questi mezzi da
esso riprovati con Iodevole perseveranza per tre anni non
inflnirono nolle viti che un' istantanea vigoria di vegeta-
zione, ne punto valsero a salvarle dalla parassita, che nel
luglio vi ricomparve. Al medesimo infausto risultamenlo
giunse eziandio, durando nelle Iodevoli sue prove contro
T oidio, il sig. ing. Emmanuele Bonzanini, medicando le ra-
dici dei viligni con calce estinta, con acqua salata o lisciva
di ceneri, o con zolfo. I quali sperimenti, fatti gia pubblici
per le slampe, abbiamo voluto qui ricordare perche porgono
nuovi argomcnli ad afforzare 1' opinione ormai generale,
T infezioue dell' uve venir dal di fuori e dipendere essen-
zialmente dai seminuli dell' oidio depostisi sulle parti verdi
della vite.
Alia quale sentenza, se pure occorresse maggior cou-
ferma, la siavrebbe e chiarissima dalla introduzione e dil'fu-
— 703 —
sione della malattia dell' uva nell'isola di Madera, quale
venue narrata da un naturalista Icstimonio oculare del
fatto, e capace di asservare e giudicare con non comune
accorgimento, clie trascriviamo come assai concludente
dagli Annali di agricoltura di Milano del 20 febbraio teste
passato, p. 105.
o L'isola di Madera c, come tutti sanno, una montagna
elevata di origine vulcanica, che sceode da un lato verso
mezzodi, daN'altro a tramontana, bagnata al piede da ogni
parte ed isolata dall'Oceano. La ricchezza sua principale sla
appunto nella vite, e vi si fan no vini squisiti e di gran prezzo.
Non vi si conoseeva ne punto ne poco l'oidio o altra muffa,
ne manco di nome, quando un anno, non sappiamo se nel
4 851 o 1852, ma certo dopo eh' ell' erasi diffusa nel conti-
nente d1 Europa, un francese, venne a Madera a vender
piante, e iisso il suo vivajo in una casa presso il porto suI
canto di una via che va dirilto verso il centro. Fra le molte
piante aveva anche delle viti, e bisogna dire che tenessero
in se la malattia, percio che nell'anno stesso per la prima
volta quelle del suo vivajo non solo, ma tutti i pergolati
delle case e de' giardini circostanti furono coperli di pol-
vere biancacon meraviglia degliabilatori. Non ci si bado piu
che tanto, non si conoseeva ancora 1'importanza di quella
peste, ma ben presto tutti videro chiaro che la dove era
apparsa quella novita, I' uva era perduta. L'anno dopo il
male progredi, cosi che grandissima parte della costiera di
mezzogiorno ne rimase colpita e si perde la vendemmia: il
terz' anno piii ancora, ma quello che vi apparve di singo-
lare si e che la crittogama andava estendendosi dai lati a
destra ed a sinistra dai centro primitivo, cosi che fini per
invadere anche la porzione di tramontana, senza sormontar
mai la montagna per discender dall' altra parte: lunghesso
— 764 —
le rive si, ma non le riusci mai di elevarsi. Intanlo Madera
rimane come un esempio luminoso del modo eol quale si
porta, si attacea, si diffonde la malattia della vite^ ed ora
tutte quelle coltivazioni sono in pessimo slalo condotte:
ma c' e qualche cosa di piu concludente. Nelle isole Azzore,
che stanno esse pure in quel mare, si fa vino da per lullo,
e n'e la rendita principale. Quegli abilanli persuasi dall'esem-
pio di Madera, che vi ci si potrebbe porter 1'oidio, e fatti
forse piu eauli ed avveduti dalla vicrnanza del litorale afri-
eano per tanti altri guai, respiosero e rispingono risoluta-
menle ogn' inlroduzione di viti di qualsivoglia paesc. Si fa
cosli contrabbando d' ogni sorta a dispetto di tutte le Ieggi
di linanza e di (utte le pcne, ma di viti non c' e verso in-
trodurne una sola, lanlo la popolazione tutta quanta veglia
all' osservanza di quella nuova Iegge; e se ne compajono
sulle navi, si gettano senza misericordia in mare con un
sasso appeso perche non galleggino. Con questa sola pre-
cauziope non vi e segno di mal di muffa in quell' isola, e
vi si fa vino eccellenle ed abbondantissimo. »
Fin qui narra e cosi ragiona quel benemerilo che fe' pub-
bliche queste notizie, le quali non han d'uopo di alcun co-
mento perche possa dedursene da chi che sia, la malattia
dell' uva consistcre, come soslenemmo gia (in dal 1855,
nella sola azione disorganizzalrice esteriore dell' oidium
Tuckeri. E cosi fossero chiari e sicuri i mezzi di debellarla,
come n' e evidente 1' origine, V indole e il modo della cala-
mitosa sua diffusione!
Sull' avvenirc de' nostri vigneti, che pur anche in que-
sto anno, meno quelli colpiti dal gelo, danno gia segni di
vivace vegetazione, non ci possiamo permettere verun pro-
nostico, resi accorli daHesperienza falta non potersene
t'ondar alcuno. Ma perche non vogliamo arrendrci a di-
— 705 —
sperare con alcuni anche illustri agronomi della lotal ecs-
sazione di lal flagello, e perche eonfidiamo non pocd nella
sagacia della mente umana quando perseveri instancabile
negli studii e oei tentativi, insistiaino nell'eccitamento altra
volta dalo di provare e riprovare in diversi modi tutto che
ci offra una qualche probability di successo conlro la sven-
tura cho ci percote, e speriamo pure die la scienza od il
easo ei rilevino, o presto o tardi, il modo di liberarcene.
A. Fatanni
G. Zanardini
G. Sandri
De Visiani relatore.
Dopo tale letlura il segretario annunzia con
dolore la recente perdita del dott. Ignazio Penolazzi,
socio dell' Istituto, che piu volte comunico a questo
important] lavori, e che fu tra i medici d' Italia rino-
matissimo per vasta dottrina e specchiala probita.
Si annunziano i segnenti doni fatti all'I. R. Istituto.
i. Dal m. e. cav. T. Catullo.
Trattato sopra la costituzione geognostico-fisica ilei
terreni allaviali e post-diluviani (telle provincie venete. -
Un Vol. in 8.° Padova, 1844 (edizionenotevolraente accre-
sciuta ).
2. Dal sig. dott. Giuseppe Maroni.
Delia trascrizione dei registri ipotecarii e della rinno-
vazione delle iscrizioni. — Studii. Venezia, 4 855, di pa-
gine 4 54, in 8."
— 766 —
3. Dal sig. prof. Ignazio Cantii.
Cronaca, giornale di scienze, leltcre, ecc. — Disp. 8."
4. Dalla R. Accademia dei Georgofili di Firenze.
Atli della R. Accademia. — Vol. III.0, Dispensa i.
5. Dal m. e. cav. Emmanuele Cicogna.
Due discorsi pvonunziati al popolo dal serenissimo
doge di Venezia Pietro Grimani il \.° htglio 1741, prece-
diiti da notizie biografiche sullo stesso doge. — Venezia,
1856, di pag. 24, in 8.°
Relazione del N. II. Marco Antonio Grimani podesta di
Padova dal 6 novembre 1552 al 28 febbraio 1554. — Ve-
nezia, 1856, di pag. 52, in 8.°
Orazione di Leonardo Piovenc, nella partenza di Pietro
Grimani dal reggimento di Vicenza I' anno -1 550. — Vene-
zia, 1856, di pag. 28, in 8."
Relazioni slorico-politiche delle isole del mare Jonio
suddite della serenissima Repubblica di Venezia, di S. E.
Francesco Grimani provveditore generale da mar I' anno
4760. — - Venezia, 1856, di pag. 110, in 8.°
6. Dal sig. prof. Samuele Romanin.
Storia documentata di Venezia. — T.° IV. Punt. I.' e II. a
Venezia, 1855-56.
7. Dall' I. R. Accademia delle scienze, in Vienna.
Archivio risguardante le cognizioni delle fonti storiche
anstriache (in ted.). — T.° XVI, fasc. I.0
Ragguagli delle adunanze dell' I. R. Accademia di Vien-
— 767 —
nu (in tedesco). — Classe di filosofia e storia. — T." Will.
Punt. 2'. e T.° XIX, Punt. I.'
8. Dal sig. cav. Giuseppe Console
Sulla convenienza cd utilitd d' istituire nelle provincie
venete una sneietd contro it maltrattamento degli animali,
— Padova, 1856, di pag. 16, in 8.°
9. Dal sig. G. B. Ascoli,, di Firenze.
Studii orientali e linguistici. — Fasc. 2.° Gorizia, 1855.
10. Dall' Accademia fisio-medico-statistica di Milano.
Alii dell Accademia. ■ — Vol. I.0, Disp. I." Milano, 1856.
11. Dal sig. ab. Francesco iSardi.
Stalislica teoretica, c degli Stall d' Europa. — T.° l.°
Puntata I." Padova, 1856.
12. Dal sig. G. B. Malacarne.
Rettificazione geometrica e rigorosa della periferia del
circolo colla geometria elementare. — Vicenza, 1856, di
pag. 16, in 8.°, e una tavola.
13. Dall' I. R. Istituto Lombardo.
Rapporto delta Commissione per lo studio della ntalat-
tia della uva dell" anno 1855. — Milano, 1856, di pag. 24,
in 8.°
14. Dal sig. E. llubieri di Firenze.
La Pieve S. Slefano, da I 14 febbraio 1855, al marzo
1856. — Cenni sloriei. Firenze, 1856, di pag. 40, in 16 "
— 768 —
15. Dalla Societa medico-chirurgica di Bologna.
Bullellino dclle scienze me die he. — Apr. e Mag. 1850.
16. Dal sig. colonnello L. F. Menabrea, di Torino.
Lois generates de divers ordres de phenomenes donll'a-
nalyse depend d 'equations lineaires aux differences part id-
les, lets que ceux des vibrations ct de la propagation de
la chaleur. — Torino, 1855, di pag. 48, in 4.°
47. Dal s. c. sig. Giovanni Velndo.
Due Capitoti di Lodovico Arioslo, Iratli da un codice
raiscellaneo dclla Marciana. — Venezia, 1850, in 8.°
18. Dal sig. prof. Ignazio Cantii, di Milano.
Cronaca, giornale di scienze, tellere, ecc. — Dispen-
se IX, X, XI del 1856.
49. Dall'ecc. I. R. Luogotenenza delle prov. ven.
Rapporto delta Commissione dell' i. r. Istituto Lombar-
ds sulla malatlia delle uve. — Milano, 1855, in 8.°
Istruzione popolare pel trattamento e govemo delle ca-
vallc madri, e dci puledri, e sulle coudizioni e tenuta delle
stalle a tali beslie dcslinale, — di pag. 21, in 4."
Bolletlino delle leggi dell' Imp ero Austriaco (in ted.)
Dalla Puntata XIII alia XXIV inclusive del 1850.
20. Dal sig. profess. Carlini in. e. dell'i. r. Istituto
Lombardo.
Documenti relalivi alia costruzione del baromelro cam-
pione, esistente net gabinetlo lecnologico dell i. r. Istituto
lombardo. — Milano, 1850, di pag. 24, in 4.°, con una lav.
— 7G9 —
Detcrizione di due Oarometri di nuova forma costruiti
per uso deir osservatorio di Milano. — Milano, 4 855, di
pag. 16, in 8.°, con tavole.
21. Dalla Commissione internazionale del canale di
Suez.
Extraits des proccs.verbaux de la Commission Internatio-
nale du Canal de Suez. — Parigi, 4 856, di pag. 94, in 8.°
Tl. Dal s. c. P. Bartolommeo Sorio.
II sistema di crcnologia tratto dal Tcsoro di ser Bru-
uetto Latini. — Verona, 1856, di pag. 24, in 8.° — ( tre
esemplari).
23. Dal m. e. prof. cav. ab. Zantedeschi.
Del Deniscopio differentiate di aicuni liquidi. — Vien-
na, -1856; di pag. 4, in 8.°, con tavole.
24. Dallo stesso. e dall' ingegncre dott. Luigi Borli-
netto.
Serie di memorie risguardanti la stalica e la dinamica
fisico-chimica-molceolare. — Memoria \ .' — Vienna, \ 856,
di pag. 8, in 8.°
25. Dal sig. dott Angelo Leonesio, di Milano.
Rendiconto delta beneficenza delle pia casa detjli espo-
sti, e delle partorienli in S. Catterina a la ruota in Milano
neW anno 4 854, con osservazioni riassunte pel decennio
-1845-1854. — Milano, 1856, di pag. 50, in 4."
26. Dal s. c. ab. Giuseppe Valeutinelli.
Degli stndii sul Friuli. — rraga, 1 856, di pag. 24, in 4."
Serie III. T.I. 100
— 770 —
27. Dal sig. prof. Francesco Lanza.
Dell' antico palazzo di Dioclesiano in Spalato. — IIlu-
strazione. — Trieste, 1 855, di pag. 50, in 4.°, con 12 tav.
Note sur les formations geognostiques de la Dalmatie,
-par M. Francois Lanza. — Parigi, 1854, di pag. 4, in 4.°
Monumenti Salonitani inediti illustrati. — Vienua,
4 856, con 12 iav. litograf.
28. Dal Municipio di Venezia.
Sul colcra di Venezia dell' anno 1855. — Cenni della
Giunla centrale di sanita. — Venezia, 1856, di pag. 98, in 8."
29. Dall' I. R. [stituto Lombardo.
Giornale dell' I. R. Istituto Lombardo e Biblioteca ita-
liana. — Fasc. XLV e XL VI. — Milano, 1856.
30. Dal sig. E. Alberi, di Firenze.
Dell' orologio a pendolo di Galileo Galilei, e di due rc+
centi divinazioni del meccanismo da lui immaginato. —
Firenze, -1856, di pag. 28, in 8.°, con tavole.
31. Dal sig. Eugenio Jialbi, di Venezia.
Gea, ossia la terra descritta. — Dispensa III." Trieste,
4 856.
32. Dal sig. prof. Giuseppe Belli, di Pavia.
Sulfa possibilitd di conlrarie correnti elettriche simul-
tanee, in nn medesimo filo condutlore. — Considerazioni.
Pisa, 1856, in 8.°
33. Dal Collegio dei Conservatori dellOspitale mag-
giore e dei luoghi pii uniti, in Milano.
Sopra un viaggio a'piu rinomati manicomii di ollr'alpi
e di oltre mare. — Relazione del doll. Cesare Casfiglioni.
— Milano, 1856, di pag. 88, in ».°, con 4 tavole.
I. R. ISTITUTO LOHBiRDO DI SCIENZE, LETTERE ED ART!
PRO GRAMMA.
L'i. r. Istituto aprc il concorso all' ordinario preraio
biennale da conferirsi nell'anno 4 858 all'autore della rne-
moria che dia la piii adequata e soddisfacente risposta al
seguente quesito :
« Eseguite che saranno le strade ferrate nel regno
Lombardo-Veneto :
» I.° Quali eambiaraenti conveogano al comtuercio,
» all' industria, all'agricoltura?
» 2.° Dato l'attuale sistema doganale, quali raodifica-
» zioni si possano introdurre?
» 5.° la quali localita del Regno siano piu opportuni
» gli emporii franchi ; e se non convenga piuttosto il chia-
» mare a quest' ufflcio intere citta, anzi che parziali stabi-
» limenti?
» A.0 Quali vantaggi conseguentemente saranno per de-
» rivare alia pubblica e privata economia ? »
II premio e di lire 1800.
I dotti nazionali e slranieri, eccettuati i membri effettivi
dell' Istituto, sono ammessi al concorso, e potranno valersi
indifferentemente delle lingue italiana, latina, o francese. Gli
scritti dovranno essere rimessi franchi di porto entro tulto
il 51 dicembre 1857 alia scgreteria di quest' Istituto resi-
dente in Milanonell'i. r. palazzo di Brera, e, giusta le norrae
accademiche, saranno contraddistinti da un'epigrafe posta
in fronte ai raedesimi, e ripetuta su di una scheda suggel-
lata che li accompagni e contenga il norae, cognome e il
domicilio dell'autore. — Si racconianda l'osservanza delle
— 772 —
not ate discipline, afiincbe le memorie possano essere prese
in considcrazione.
Verra aperta, colle dovute formalita, la sola scheda unita
alio scritto premiato, il quale rimarra di proprieta dell'Isti-
tuto ; gli altri scritti non premiati saranno deposti ncll'Ar-
chivio a giustiflcazione dei proferiti giudizii, e le relative
schede suggellate verranno abbruciate colle consuete pre-
cauzioni.
L' asgiudicazione del premio avru luogo nel giorno
della solenne adunanza dell' anno 4 858.
Milano, il 50 maggio I85G.
77 Presidente
ROSSI.
II Segrctario
Prof. Gio. Veladini.
I. R. ISTITUTO LOMBARDO DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI
PROGRAMMA.
PREMIO DI FONDAZIONE CAGNOLA.
II quesito proposto col Programma 20 maggio 1854
per il concorso d' istituzione Cagnola, cbe dovevasi confe-
rire nella solenne adunanza di quest'anno, non ottenne una
soluzionc abbastanza soddisfacente. Perci6 l'i. r. Istiluto di
scienze, lettere ed arti ba giudicato opportuno di ripro-
porre il quesito stesso cbe qui si ripete.
« I. Stabilire i fatti della elettro-fisiologia che devono
» costituire il fondamento scientiflco degli usi mediei deHa
— 773 —
» clettricita ; — II. Indieare i casi patologici nei quali si
» puo consigliare 1' applicazione della elellricita, esponea-
» done le ragioni e lc analogic scientifiche; — III. Descri-
» vere i melodi e gli apparati da preferirsi nei singoli casi
» di detla applicazione, adducendone le regole ben dimo-
» strate e rigorosamcnte dedotte dagli altrui e dai proprii
» esperimenti ».
II premio da aggiudicarsi nella solenne adunanza del-
l'anno 1859 alia meraoria che verra riconosciuta degna e
inigliore, consistera in una raedaglia d' oro del valore di
lire 600, e nella somina di lire 1800 in denaro.
I dotti nazionali e stranieri, eccettuati i membri effettivi
delli. r. Istituto, possono aspirarvi e servirsi indistinta-
mente nei loro scritti dellc lingue italiana, Iatina o francese.
Le meraorie dovranno, entro tulto dicembre 1 838, ri-
raettersi franche di porto alia segreteria dell' Istituto slesso
in Milano nell' i. r. palazzo di Brera, contraddistinte con
epigrafe posta loro in fronte e ripetuta poi sulla scheda sug-
gellata, pure da unirsi, e contenente il nome, il cognome e
il domicilio delf autore. — Si raccomanda l'osservanza
dellc notate discipline affinche le memorie possano essere
prese in considerazione,
Esauriti i giudizii, si aprira la sola scheda unita alio
scritto degno di premio, e le altre schede si abbrucieranno
colle consuete formalita; i manoscritti rimarranno nell'ar-
chivio a giustilicazione dei proferiti giudizii.
Milano, il 50 maggio I85G.
■
// Prcsidenle
ROSSI.
// Segrelario
Prof. Gin. Yeladiiw.
774
I. R. ACC1DEHU DI SCIENZE, LETTBRB ED ARTI
IN PADOVA.
Quest' Accadernia, alio scopo di favorire maggiormente
il progredimento dei buoni studii e di eslenderne la pubblica
utilita, richiamando in vigore un'antica sua consuetudine,
slatui, nolle tornate 2 marzo e 20 aprile del corrente anno,
di conferire una medaglia d'oro del valore di zecchini se-
dici all'autore della memoria che sciogliera piu compiuta-
rnente in ogni sua parte il seguente quesito :
Dei veleni usati nelle varie Industrie ve n'ha di non necessarii?
0 da quali sostanze innocenti potrebbero venire surrogati?
II preraio sara aggiudicato nell'ultima tornata dell'anno
accademico ^857.
Nazionali e stranieri, eccettuati i membri ordinarii del-
1' Accadernia^ sono ammessi al concorso. Le memorie do-
vranno essere presentate senza spesa alia segretaria della
medesima dentro il maggio del 4 857. Ognuna di esse por-
tera una epigrafe, ripetuta sopra un viglietto chiuso a sug-
gello, contenente il nome e cognome, e la indicazione del
doraicilio del concorrente.
Giudicati gli scritti presentati al concorso, verra aperto
il viglietto solo di quello stimato degno di premio, il quale
rimarra in possesso dell' Accadernia, e pubblicato ne' suoi
— 775 —
volami periodici. Gli altri co' viglietti suggeJIati, che li ac
compagnano, saranno resi a chi ne fara domanda, presen-
tando la ricevuta di consegna dentro 1'anno 1857.
Dalle stanzc della I. R. Accademia,
Padova 24 aprile 4 856.
// Presidente
ROBERTO prof. DE VISUM
Ab. L. Menin '
Segretario per le scienze.
APPENDICE
secondo V articolo 429 degli statuti interni
CEMI SULLO STATO S1NITARI0 DI VERONA
DEL M. E. G. SANDKI.
1 . lion e a dire di qual vautaggio sarebbero alia inlera
umana societa le incdiche statistiche se si facessero da per
lutto, e si formassero con quella diligenza ed esattezza che
soglionsi usare per altri sludii anehe di assai rainore im-
portanza. Conoscendosi dappresso, e ne' snoi parlicolari, i!
vero stato deila pubblica salute, potrebbesi eziandio veder
modo di cessar raolti mali, e di altri almeno sceinare il
danno o 1' incomodo. Egli fu con tal vista cb'io mi diedi a
raccozzar questo cenno sulla sanitaria condizion di Verona,
sperando cbe altri, pur tenero del comunbene, vorrebbe poi
colorir quel disegno ch'io non fo che imperfettamenle ab-
bozzare. Dato cominciamento con alcune idee generali,
miro quindi la cosa piu da vicino ; e finalmente ne vengo
ad esprimere alcuni miei desiderii.
2. E dalle idee generali toslo facendomi, innanzi tratlo
considero trovarsi in Verona, come probabilmente in qua-
lunque altro luogo, c morti senza malattie, e malallic senza
morli, e malattie che di tempo in tempo riescon mortali
Morti senza malattie sono quelle che avvengono per nasci-
Serie III. T.I. |()l
— 778 —
men to immaluro od altrimenti iufelice, e per estrema vec-
chiaja, se pur la vecchiaja stessa dir non vogliasi malattia ;
quelle che per forsennatezza altri procacciano a se mede-
simi, o vengono lor procurate dall'altrui malvagita, o dalla
punitrice giustizia, o da sinistri accidenti impreveduti e che
appellansi comunemente casi fortuiti (i); a cui ponno ag
giungersi anche le morti improvvise, che pur succedono
quando piu e quando meno frequenli.
5. Malattie senza morti sono di per se stesse le mili o
leggiere, e tutte quelle che non attaccano parti essenziali alia
vita, sehhene anche producano imperfezioni o patimenti di
varia guisa. Intorno alle quali giova qui solo avvertire, che
potendo esse regnare e lungamente e copiose dando grave
molestia, non e sempre giusto criterio quello di misurare
la salubrita d' un luogo dalla sola quantita di sue morti.
4. I morbi poi atti a troncare la vita, i quali affliggouo
la citta di Verona, ponno venire considerali sotto diversi
aspetti ; vale a dire, per la varia specie loro, per la causa,
per la sede, la costanza, la frequenza, la durata, il tempo di
loro precipua dominazione, leta piu preferila da essi, e la
mortalita ch1 e lor propria. E quanto al primp rispello, di
moltissime fatte essendo queste malattie, e a un dipresso
le medesime di parecchi altri luoghi, non ci occorre di tes-
serne il lungo nojoso catalogo, hastando alio scopo nostro
presente cio che verra in taglio accennarne traltando §h
altri ragguardamenli.
5. Lc cause e nostro inlendimento di toccarle qui solo
(1) Casi fortuiti dicousi gli omicidii, suicidii, gli annegameati in fiumi
od altrove, i bruciamenti ; le asfissie pel gas acido carbonico od altro
irrespirabile ; gli avvelenamenti di funghi, od altri involontarii o pre-
nieditati ; gli schiacciamenti sotto cani, ruiue, pesanti moli; o infortnnii
di somigliante nianieia capaci di recar morte.
— 779 —
nt generate, dislribuile in (re classi, vale a dire: l.° eause
che possono avere una relazione diretta colle vicissiludini
delle stagioni, ehe diremo eziandio cause atmosferiche o
estrinseche, atte a ingenerare piutlosto morbi actiti, inliam-
matorii, ed operanti assai piu negli abbassamenti di tempe-
ralura, e passaggi da caldo a freddo, che negli alzamenti,
per quanto forti e rapidi questi sieno. I mali moventi da
tali cause sono encefaliti, meningiti, mieliti, polmoniti,
pleuriti, angine, bronchiti, catarri, gastriti, enteriti,affezioni
reumatiche e somiglievnli ; e ne possono aver occasionc
anche gli asmi e le febbri intermittent!; 2." cause, che col-
I'esterno andaraento atmosferico non hanno relazione, al-
meno diretta o vicina, ma sono proprie d' una particolaro
condizione dell'individuo, c chiamerem cause intrinseche,
peculiar! o individuali ; del cui genere sono, per esempio,
quelle de' morbi cronici od abituali, le apoplessie, le asfis-
sie in nascendo, le idropi, gli apostemi, la rachitide, le
celampsie, le tisi, le tabi, le scrofole, ec; 5.° cause specifi-
che, le quali a specifici morbi porgon origine, come forse
alcuni degli ullimi sopraccennati, e massimamente poi if
vajuolo, il morbillo, la scarlaltina, il tifo, la inigliare.il co-
lera asiatico, la pertosse ed allri siffatti.
6. Le malattie di cui trattiamo, altre hanno sede ben
determinata, ed altre no. Fra le ultime si possono trovare
tanto quelle che vengono ora qua ed ora la, come i flem-
moni, le risipole, gli aneurismi, gli scirri, i cancri, le gan
grene, ecc; quanto quelle delle quali non si conosce pro-
priamente il focolare, il luogo, il sislema di preferenza assa-
lito, come le intermittenti, e quelle che affliggono or piu una
parte ed or laltra, o pur I' intero organismo. E tra le pri-
me, ollre le puramente cutanee, come la scabbia, Irovansi
quelle cho noi qui sopratlutto intendiamo appunlare, cioe
— 780 —
!e aniiggenli gli organi alloggiali nelle cavita viscerali, di-
vise quinci in tre classi ; vale a dire, 1 ." del capo o cere-
bral!, o del sistema nervoso in genere, come eneefaliti,
meningiti, mieliti o spiniti, idrocefali, apoplessie, cmiplegie,
paralisi e convulsioni di vario modo; 2.° del pelto o siste-
ma respiratorio e principal ministro di circolazione, cui
speltano le polmoniti, le bronchili, le angine, catarri pol-
monali, polmonari tisi, vomiche, carditi, arterocarditi, idro-
toraei, idrocardili, e quel male organico il quale comune-
mente vizii precordials addomandasi; 5." del basso venire
ovvero addome, danneggianli principalmente gli organi della
digestione; alle quali apparlengono le varie generazioni di
gastriti ed enteriti; le epatiti, spleniti, pancreatiti, elmin-
ziasi o verminazioni; la labe epalica, la mesenterica, l'ascite,
la colica, le diarree e dissenlerie, die pur flussi addominali,
o di ventre, si dicono.E in questa cavita la sede loro anche
tengono quelle degli organi urinarii, come nefrili, cistiti.
7. Le malattie che abbiam qui aceennate (N. 6) in Ve-
rona sono costanti, vale a dire, dal piu al meno si moslrano
in ogni stagione, e, slarei per dire cziandio, in ogni mese,
onde ponno chiamarsi ancbe solite od ordinarie; ma ve n'ha
pur (Yincostanti, insolite o straordinarie, le quali ora insor-
gono ed ora no, vestendo pur nou di rado la forma di epi-
demie, come le quattro piu proprie de' fanciulli, vajuolo,
morbillo, scarlallina, pertosse, e parecehie altre che abbiam
nominato (N. 5), o saremo per nominare, come specifiche.
8. Ne vuolsi confondere la costanza, toccata qui sopra,
colla frequenza ; poiche alcune malattie sebbene costanti in
ogni stagione, tuttavia non sono in lutte ugualmente fre-
quenti; ma nell'una piu e nell'altra mono: il die va spesso
a seconda dello stato d' aria o di cielo. Ed altre in vece sono
sempre a un dipresso le stesse, o il loro variar sembra non
— 781 —
aver troppo oho fare coll' andamento della stagione, ma
piuttosto dipendere dall' accidente, per noii dir meglio, da
cagioni ignote o non bene determinate. Anclie rispelto alle
incostanti addivien similmenle; poiche, quanlunque tulle
ripetano 1' invasione a periodi varii e indefinite pure alcune
usano farlo a inlervalli piu, ed altre men lunghi.
«). La durata delle malatlie puo riguardarsi in due guise:
durata della stessa malatlia no' singoli individui, e durata
del dominio di malatlie della specie medesima. Pel primo
ragguardamento hassi la dislinzione delle acute e delle ero-
niche. E pel secondo abbiamo a considcrare lanto le ma-
laltic costituziouali, die sogliono prolungare piu o meno la
loro dominazione, secondoche piu o meno si prolunga
quella lal condizione atmosferica di sccco od umido, di
caldo o freddo, o di altra colale eslerna cagione morbifera :
quanto le specifiche, sul dominar delle quali la costituzione
atmosferica puo avere pur qualcbe parte rendendolo piu <>
meno grave o prolratlo, benche esse non si generino mai
senza lo specifico loro principio, e solo cessino col cessar
esso di agire.
10. Riguardale le malatlie pel tempo, in cui special-
mente regnano, abbiam quelle clic piii si addicono alle loro
stagioni, perci6 dctte anche iemali, vernali, estive, aulun-
nali; abbiamo quelle clie sono piii o meno propriedi tutti i
tempi; e quelle clie sollanto alle volte si manifestano. Le
acute e le intermittenli possono in generale appartener alle
prime, le cronicbe alle seconde, e alle ultime le speciticbe.
\ i . Anche per leta si puo dare molta differenza di ma-
latlie, essendovi quelle piu proprie de bambini, dell' infan-
zia, della puberta, della virilila e della vecchiaja. Noi pero,
per non discendere a troppo minuti particolari, in questo
riguardo faremo sola una partizione, cioe, degT infnnti e
— 782 —
- degli adulti; gl' infanti sino al settimo anno compiuto; e gli
adulti dopo questo sino all'estrema decrepitezza. E dove
nomineremo distintamente anche i vecchi, intenderemo
quelli die hanno valico il quattordicesimo lustro.
12. Quanto alia mortality rispettiva, o si considera eosi
assolutamente il numero dellc morti prodotte da una la I
malallia, o pure il numero di esse in proporzione di quello
degl'individui clie ne vengon colpiti ; imperciocehe puo do-
minar mollo una malattia recando assai moleslia senza
loroar micidiale, e dominar anche poco, uccidendo pero
molli degli assaliti. II perche, siceome toceossi pur dianzi
(N. 5), la salubrita d' im paese vuolsi riguardare solto en-
trambi quesli rispelti, dominio delle malattie, e numero
delle morti.
15. De1 quali sotto il secondo ci e dato di esaminar qui
specialmenlc Verona, seegliendo a lema del nostro esameil
deecnnio dal I8i0 al 1850, essendo queslo 1' ultimo ter-
raine cui vanno le finora pubblicale mediehe osservazioni
di essa citta, clie all' esame nostro offrono la prineipale ma-
teria ; non omettendo per altro, quando venga in acconcio,
di allegare, in via di confronto, alcuna cosa degli anni ante-
cedent! che valga a rendere meno imperfetto il presente
ragguaglio.
4 4. E primieramente ci si affaccia la considerazione
che le malattie, quanto alia sede, variano in predominio se-
condo I' eta, poiche negli adulti Than piu le toraciche afflig-
genti gli organi del respiro e della circolazione, indi le cere-
brali, ed ultime quelle del basso venire: laddove nell'in-
fanzia 1' hanno maggiore quelle del basso ventre o sia degli
organi digerenli e sistema nutritivo, minor di esse le tora-
tiche, e ancor minore di quesle le cerebrali.
15. K quanto alia stagione, sugli adulti neU'inverno piu
— 783 —
reguano Je loraciche, la state le cerebral, e quelle d! basso
ventre: e in questo conto puo dirsi che anche rispetto alia
umaua salute gli estremi si tocchino, tornandole pressoche
ugualmenle funesti il gran freddo e il gran caldo, col diva-
no soltanto degli organi dipreferenza assaliti. E sull'infan-
zia net verno regnano piu le addominali, e piu ancor nella
state. Le addominali sono piu infeste all1 infanzia anebe in
primavera. In complesso poi agh adulti riesce piu dannosa
la stagione del freddo e massime ai veccbi, de' quali ne'tre
mesi freddi muore quasi il doppio cbe nei tre caldi; ondeil
verno suolsi anche dire il carnelice della veccbiaja : e agli
infanti daunosissiuio e il freddo nel primo mese di vita • e
Judi il caldo, nel quale ne muore forse un decimo piu che
nel freddo. Sicche le due eta non si conveugono nel provar
in Verona gli stessi effetti dalle medesime influenze atmo-
sferiche. De' piu salubri fu, verbigrazia, per gli adulti il
seltembre del 4 842, e per I' infanzia de' piu letali.
16. E ne anche pare che in do si corrispondano ap-
pieno i due sessi, facendosi talora assai piu vittime dell' un
chedell'altro. Cosi nel gennaio del 1841 i morti maschi
turono 95, e le femine 151 ; nel gennaio 1842, 100 i ma-
schi e i 57 le femine ; nel gennaio 1846, 124 i maschi e
1 02 le femine ; e nel marzo 1 842, 87 i maschi e 6 1 le femine.
1-7. E riguardo a questa influenza atmosferica pur addi-
vieiie che la stagione medesima, le identiche vicissitudini,
non sempre adducano i morbi stessi ne anche nella mede-
sima eta, nel medesimo sesso ; ma non di rado si veggou
variare. Mentre nell'autunno del 1845 crescevano i danni
pe' mali cronici negli adulti, e gli addominali si couserva-
vano come in estate, quesli si mitigavano mollo per gl' in-
fanti ; onde 1' infanzia soffriva men degli adulti per malattie
eui essa e di preferenza disposla. E talvolta sotlo una con-
— 1U —
dizione di cielo scorgonsi mancar i suoi morbi, e eompanrc
di quelli die piu sembrano proprii d' un' altra. E veggonsi
pure alle fiate succeder morti, anche assai numerose,
senza che se ne possa ben assegnare la compelente ragione;
come di quelle che avvennero negl' infanti I' agosto e il
settembre del 1 842, che fecero erescer di molto la cifra di
quell' anno.
18. Non avvieue pertanto che i mesi nella quantity di
lor prede serbino regola, sebbene alcuni usino esser piu,
ed allri meno rapaci. Nel 1841 la maggiore mortalita fu in
gennaio, e la minore in aprile; nel 1842 la maggiore in
gennajo ed agosto, e la minore in maggio e giugno ; nel 1 845
la maggiore in marzo e la minore in giugno; nel 1844 la
maggiore in gennajo, e in maggio e giugno la minore ; nel
1845 i piii infesti furono il marzo e il febbraio, e meno il
settembre e il novembre; nel 1846 piu il gennajo e meno
I' aprile; nel 1847 piu il dicembre, e meno l'ottobre e il
settembre; nel 1848 piu T agosto e meno I1 aprile; nel 1849
(tranne 1' agosto, in cui vi fu grossa giunta pel colera) il piu
fu settembre, e il meno aprile e maggio; e nel 1850 il piu
gennaio e il meno giugno. Quest' ultimo suol essere per
Verona un mese salubre, e dopo di esso, aprile, maggio,
settembre, otlobre; e mortifero gennajo, e dopo esso, ago-
sto, marzo, luglio . . . Fin qui rispetto alia mortalita in
generale.
19. Or venendo a quella delle malattie in particolare,
si puo dire che delle morti in complesso dai 25 ai 50 cen-
tesimi avvengono in Verona per le sole infiammazioni delle
varie falte; alle quali e specialmente applicabile cio che si
disse teste (N. 14, 15) sulla differenza di sede secondo Yelk
e secondo le stagioni. Sebbene il piu delle infiammazioni
sieno acute, pure n' avvengono anche parecchie di croniehe,
— 785 —
massiuic de' broncbi, degl'intestini, del fegato, delle artieo-
lazioni e della vescica soprallutto ne' veechi.
20. Secondo il predominio, dopo le polmonili che so-
gliono raaggiormente regnare nella raffreddata stagione dal
dicerabre al febbraio, le quali rapiscono un medio di 87
adulti per anno, ma che nel 1849 ne rapirono J55, di cui
55 nel solo gennaio; dopo le broncbjti coi lor catarri, pur
esse pin frequenti in inverno ; dopo le pleuriti piii dominanti
in primavera dal marzo al maggio; dopo le gaslriti e le
enleriti di varia forma che spesseggiano piii in estate, in cui
pure le meningiti; dopo queste, io diceva, pare che nella
mortifera scala discendendo, le allre sien cusi collocate :
epatiti, mieliti, risipole, dermiti, flebiti, arteriti, cardili, arte-
rocarditi, cistiti, artrili, nefriti, peritoniti, pancreatiti; la-
cendo quelle che, quantunque non iufrequenti, non usano
recar morte, come sono le ottalmie, di cui a lie volte pur
corre andazzo (N. 49).
2\. Dalle inflammazioni considerate in ambe le eta, pas-
sando alle altre malattie, sembra acconcio distinguere le piii
proprie degli adulti da quelle che son piu dell'infanzia, os-
servando prima cosi in generale, che negli adulti piu nume-
rose son quelle che ponno aver cause estrinseche od atmo-
sferiche (N. 5), stando queste al complesso di tutte, forse
come 59 a 100; ed in vece nell'infanzia elle sono assai
meno, stando al complesso di tutte forse come 58 a 4 00.
22. E facendoci dalle malattie che piu degli adulti son
proprie, tre numerosissime schiere se ne presentan dappri-
ma, che gran quantita ogni anno mieton di vile, e non sera-
brano avere troppa relazione, almeno immediata, collan-
damento atmosferico, e piii a quelle di causa intrinseca
spettano, che a quelle di causa estrinseca. Sono queste le
tisi, le idropi c le apoplessie.
Serie III, T. I. I0L>
— 786 —
25. Le tisichezze che, com' e ben chiaro, appartengouo
ai ruorbi cronici, spesseggiano inolto in Verona ;forse a mo-
tivo dell'aria fina, e ancor piu delle frequenti sue muta-
zioni o passaggi repentini dall'una aH'allra temperatura
(N. 5. 75), trovandosi questa citta fra i raonti edil piano. Le
quali cagioni se atte non sono a produrre di pianta la ma~
lattia, giovano perd certamente a svilupparla ed a crescerla.
E osservazione che in questo clima eziandio le piu semplici
costipazioni, quando attacchino il petto e non partano in
breve, e in cambio vadano accompagnate dalla tosse, allor-
che non sieno in tempo curate, assai spesso finiscono in
tisichezza. Questo morbo non ha tempo nell'anno in cui si
possa dire meno o piu raicidiale, facendo buon numero di
vittime per ogni mese; e se piu nell'uno che nell'altro, ci6
succede senza veruna costanza. Nel 1841 il meno fu di i\,
in marzo, e il piu in luglio ed agosto, avendone 50 ciascuno ;
nel 1842 il meno pur in marzo e il piu in seltembre; nel
1850 il meno in giugno e dicembre, e il piii in marzo.
24. Ne anche le idropisie, conseguenza non infrequente
delle infiammazioni, hanno tempo determinato, in cui rapire
piu vite agl'infermi ; cio succedendo or nell'un mese ed or
nell'altro e non ne lasciando veruno immune. Esse non sono
tuttecroniche; havvene pure di acute, leggendosi non di rado
ne' cataloghi de' trapassati, che alcuno mori, per esempio,
di acuto idrocefalo. In ordine di prevalenza ponno aver forse
questa distribuzione: idrotoraci, asciti ed anasarchi, idro-
cefali, idrocarditi, o, per dir meglio, idropericarditi. I quali
ultimi sono spesso confusi con quelli che appellansi comu-
neinente vizii organici precordiali (N. 6, 30).
25. Ai raorbi acuti spettano apoplessie che, alle volte,
in poche ore mandano agli eterni riposi. Benche ne meno
esse in Verona abbiano tempo o stagione in cui moslrarsi
— 787 —
piu micidiali, gli estremi del freddo e spesso anche del caldo,
sembrano favoriiie maggiormente. Nel J 842 se n'ebbe il
piii ne' mesi di gennajo, novembre e dicembre, che furono
4 2 per ciaseuno, e 19 in marzo; e il rueno in quelli di feb-
brajo ed agosto, in cui furono 5. Nel 1841 furono 12 in
gennajo e febbrajo, e 4 sole in agosto, 4 sole in aprile fu-
rono nel 1845, 9 in gennaio, 12 in agosto; e il piu, 15 in
dicembre. Quanto alia distribuzione, quelle del 1848 sono
in gennaio 17, in febbrajo 7, in marzo 8, in aprile 5, in
maggio 8, in giugno 11 , in luglio 1 0, in agosto 5, in settem-
bre 10, in ottobre 6, in novembre 14, in dicembre 20. In
tutto 119.
26. Le apoplessie piii ordinarie in Verona son cerebrali,
ma ve n'ha pure di polmonari; per esempio, nel 1844 tro-
viamo 91 delle prime, e 5 delle seconde. E sebbene spettino
specialmente agli adulti, ponno averne anche gl'infanti: delle
\ 19 notale di sopra pel 1848, questi n'ebbero 25, di cui 7
in gennajo, 5 in febbrajo, 2 in marzo, I in giugno, 2 in
luglio, 2 in settembre,5 iu novembre, e 5 anche in dicembre.
27. Quanto al numero delle prede, l'idropisia ne fa circa
6 centesimi del totale; e circa 8 l'apoplessia, aggiungendovi
le emiplegie, le paralisi, le asfissie, il delirio tremebondo,
e le altre infermita di simil genere ; vale a dire, 5 per le
semplici apoplessie, che spesso non oHrepassano il 100,
quantita che puo tenersi per media; e 5 per. gli altri morbi
qui nominati. La tisichezza conta 7 altri centesimi, e pu6
andar verso i 9 aggiungendovi le non troppo dissimili tabi
epatiche, mesenteriche, eel ostruzioni, piii parlicolari per6
all'infanzia. Sicche le Ire classi ora dette colle loro appen-
dici prendono quasi un quarto dellintero numero, e non
molto meno delle infiammazioni soprammentovate (N. ^9).
28. 1 flussi di ventre, diarree e dissenterie, parte acute
— 788 —
e parte croniche, conuini ad enlrambe le eta, e I'elminziasi
piu frequenle nell'adolescenza, e che spesso co' ilussi mede-
simi si accompagna, e non di rado eziandio colle enleriti,
cui anche puo cagionare; rapiscono pure buon numero di
vittirae, e forse non minore di 5 centesimi del totale, domi-
nando senza regola deterrainata, benche i flussi imperver-
sino specialmente nel caldo, e talor in guisa di epidernia.
Nel 1841 il numero maggiore delle morti reeate da essi fu
dm in luglio, e di 1 4 in agosto ; e in agosto pure nel \ 842.
L'elniinziasi poi nel 1841 feee il maggior numero di prede
in settembre e in dicembre; e nel 1842 il feee in settembre
e in agosto.
29. Cogli antidelti malori gareggiano in recar morti i
calarri, massime cronici (poiche gli aeuli se nestanno cal-
eolati eolle inliammazioni specialmente toraeiche), i quali
in un col marasmo senile, ed alcuni altri mali, o senza nome
o non bene determinate di cui veggiamo, esempigrazia,
notata una dozzina sotto il nome di cronico nel gennaio
1841, danno circa un 4 centesimi dell'inlera soinma de' tra-
passati.
50. Gli aneurismi, gli asmi, e quegli altri organici vizii
die appellansi precordial^ perche aftliggono il cuore e le
parti clie gli stanno d'intorno, possono pur occupare a un
di presso 4 centesimi della totale perdita. Essi non banno
tempo flsso,in cui fare piu vittime; sebbene gli asmi sogliano
fame piu nel freddo. E qui osserviam di passaggio come non
ci sia possibile determinare precisamente il numero delle
morti avvenute per ciascuno di questi mali, perche nelle
fonti da cui dobbiamo atlingere soveutemenle sotto la stessa
cifra se no uniscono di varie specie. Cosi nel gennajo 4 842
ci si danno 1 1 Ira vizii precordiali, aneurismi ed asmi; nel
febbrajo ci si danno 16 tra asmi e catarri piu o raeno acuti;
— 789 —
oel gennajo 4 845, 15 per pneumonite, bronehite, oatarro e
pertosse (1).
5i. II cancro e lo scirro proprii del gentil sesso, che
attaccano I'utero e il petto, fanno un buon centesimo del
numero total delle vitlime : e 2 ne predano tormentosi mali
comuni anche ai maschi, come gli scirri o cancri in altre
parti e specialmente al piloro, i funghi midollari, le gangre-
ne, le earie, le ulceri sifilitiehe, o le piaghe maligne di qual-
siasi genere, le afte, gli erpeti, I'ernia, lapostema, l'emoftisi,
il pedartrocace; raorbi che a quando a quando pur veggiam
nominati ne' cataloghi dei defunti.
52. Men d'un centesimo puo assegnarsi al parto sfor-
tunato ed al puerperio, vale a dire, alle prede che si fan
delle madri o nel dare altrui la vita, o dopo alcuni giorni,
in conseguenza de' mali che in tal occasione sogliono
sopraggiungere. E men d' un altro puo venir assegnato a
quei casi fortuiti, i quali non mancano di rapire all'impen-
sata persone di entrambi i sessi e di entrambe le eta, senza
che veruna malattia vi preceda, come altrove si e ricor-
dato (N. 2).
55. II detto tin qui risguarda gli adulti, e glinfanli per
quello che cogli adulti hanno in comune; ed ora venendo a
cio che linfanzia ha di piu particolare a se stessa, ci si affac-
ciano pure tre classi di mali che ne fanno il piu aspro go-
verno. Sono questi la rachitide in un colla scrofola, la
eclampsia o convulsione infantile, volgarmente detta rioma
(I) Cinque pure in luglio per angina, pertosse, pneumonite. Ne sap-
piamo se le morti fossero ripartite tra esse malattie, o le cagionassero
insieme. E parinienti nel maggio del 1848 si dice che 4 furono prodotte
da bronchite, catarro e pertosse; nel febbrajo 1846 si dice 2 per angina e
pertosse; nel novembre 4 per pneumonite e pertosse; nel maggio del
1850 si dice 4 per arterocardite e tosse convWlsiva ; essendovi cosi34 per-
tossi poste insieme con altri mali.
— 790 —
uel Veronese, e gli accidenti del nascere e del primo tempo
di vita.
54. E facendo principio dalla rachitide, veggiarao in essa
una peste, che non solo or deform a grandemente in Verona
per varie guise la nostra specie; ma ella pur fa copiosa
messe di vite, alcune adulte, e il pieno della prima eta. Ne
saprebbesi ben dire in quale slagione, in qual mese piu ne
mieta, vedendosi, esempigrazia, nel 1841 il maggior nume-
ro in gennajo e febbrajo, ognuno contandone 15, e in no-
vembre e dicembre, contandone ciascuno 18. Nel 1842 in
vece il gennajo fu eguale all' ottobre, avendone ciascuno 4 4;
piu F agosto, vale a dire 21, e piu ancora il settembre,
cioe 26 ; e nel 1 845, 26 il marzo ed 8 soltanto il dicembre.
Che che poi ne sia di tal variazione, la perdita annuale per
questo disastro pu6 aver uri medio di 154, giungendo presso
ai 7 cenlesimi della totale, e formando circa il sesto di quella
propria della sola infanzia.
55. Come appendice della rachitide mettiamo la forse
congenere scrofola, che troviamo non di rado ad essa con-
giunta nella medesima cifra, o insieme colla tisi, e piu spesso
ancora colle ostruzioni addominali o colla tabe mesenterica,
sia che aftliggessero insiememente lo stesso individuo,opure
soltanto si unissero poscia nello stesso numero da chi ebbe
a registrarle. Per la qual unione impossibile torna l'asse-
gnare a questo male il suo quanto di prede; ma per cio che
apparisce dove e notalo distintamenle, non sarebbe forse
fuor di ragione I' attribuirgli tra uno e due cenlesimi della
totalita.
56. I danni dell' eclampsia non sono in complesso mollo
minori di quelli della rachitide, se anzi talvolta non li sor-
passino, come nel 184 I, in cui le perdite per la rachitide
furono 158, p quelle dell' eclampsia 184. Bench*1' predi an-
— 791 —
ch'essa eziandio qualche adulto, egli e sull'infanzia che
mena strage in Verona sotto il nome volgare di rioma (N. 33).
E un morbo cotanto distruggitore non si conosce bene in
che consists, sia che per se medesimo torni impenetral)ile,
o piu veraraente che i medici non l'abbiano per anco a suf-
ficienza esaminalo; anche forse a motivo che per esso ven-
gono di rado chiamati, affidandosi l'intera cura di quella
priraissiraa eta, specialmente alle balie e alle mammane.
Quantunque sembri piu giovarsi degli estremi del caldo, e
massime del freddo, ne men esso ha tempo determinato
nell'anno in cui maggiormente infierire. INel 1 84 1 troviamo
aver piu infierito in luglio con 24 vittime, e in gennajo con
27, e il meno in aprile e maggio con 8 ciascuno ; ne 1 1 842
il piii in dicembre con 16 vittime e in gennajo con 23, e il
meno in ottobre con sole 4 ; e nel i 845 il piu in aprile con
vittime 25, e il meno in maggio e giugno con sole 5 per
ognuno. Ma quali che sieno i mesi piii o men danneggiati,
moltissime ogni anno sono le perdite per questa cagione; e
tali da formare 6 centesimi del numero totale, e circa un
settimo di quello deglinfanti.
57. Ma rispetto ai morbi ora detti, e da notare come
le morti recate dalla rachilide erano un tempo assai scarse,
4 2 sole vedendosene ricordate nel 1808; piu numerose si
fecero poscia, trovandosene 192 nel 1825; ed ora superano
quasi ogni anno il 100; e il piu del nostro decennio fu ihb
nel 1842. Quelle poi della rioma, che in un anno del nostro
decennio giunsero a 1 84, le scorgiamo anche piii numerose
in addietro, vedendosene ricordate fino a 697 nel 18H
(N. 67).
58. Gli accidenti che troncan la vita in sul principio di
essa, possono avere cinque centesimi, o in quel torno, del-
lintera somma delle morti annuali; vale a dire, 5 il parto
— 792 —
immature) e I'aborto; e 2 tra il parto disastroso clie uccide
in nascendo, e la difficile dentizione col malagevole allatta-
mento. II maggior numero mensile di vittime che troviam
rammentato pel parto nel nostro decennio si e quello del-
1' aprile del 1842 che n'ebbe 15; e 42 quel settembre.
39. Finora abbiamo toccato le malattie piu ordinarie
che sempre regnauo facendo prede, e dipendendo, in gene-
rale, o da cagioni estrinseche di atmosfera, o da intrinseche
peculiari agl' individui. Rimane adesso a far cenno delle
specifiche dipendenti da principio lor proprio, che sola-
mente si manifestano sotto I' influenza di esso. E qui non
faremo pun to parola della sifilide, la quale ognor douii-
nando per essere divenuta nostrale, va solamente facendo
qualche preda che fu computata dianzi (N. 51), e ne men
delle scrofole, che essendosi rendute pur terrazzane, fu-
rono calcolate di sopra, parte distintamente (N. 55), e parte
in un colle ostruzioni e la tabe ch' esse non di rado cagio-
nano (N. 27) ; ne della scabbia, per cui non troviam regi-
strato che morte alcuna avvenisse.
(Conlinua.)
MiflO ACCAD. 1855-56 DISPENSE NONA E1)E(:IMA
ADIMSZ1 DEL GIORSO 20 LRiLIO 1856
11 m. e. cav. prof. Zantedeschi comnnica la sua de-
scrizione di uno spettrometro ed esperimenti eseguiti
con esso. Quello struraeato e formato di due lenti
convesso-convesse della dislanza focale di lm.80. equi-
distant] dal prisma, che ha 1'angolo rifrangente di 501,
per centimetri 5 all'incirca. Levato il prisma e de-
viata una lente, si eolloca laltra a tale dislanza dalla
fenditura del portaluce da trovarsi eollocata al fuoco
della lenle, che, come sidisse, e di lm,8U. Guardando
attraverso la lente vedesi netta e precisa la fenditura,
e su di questa una candela accesa che vi sia disposta.
Collocata sul medesimo asse della prima anche la se-
conda lente, o l'oculare, le imagini appariscono sulla
medesima linea retta. Fermato allora ii prisma sul
sostegno mediante vite di pressione, i raggi luminosi
della fenditura che cadono divergenti sull' obbiettivo
escono parallel! , come paralleli entrano ed escono
Serie HI. T. I. 103
— 71)4 —
dalle faccie del prisma, e percio entrando parallel!
nell' oculare devono convergere alia distanza focale di
I '",80. Le linec longitudinali apparvero distinte alia
distanza dell' oculare di 0",G45 e le linee trasversali
o di Fraunhofer alia distanza di 0™j435 projeltate so-
pra un piano. Dalla sede deSSa genesi dei due sistemi
delle linee dello spettro deduce 1' autore aver errato
tutfci i fisici chc le attribuirono o al prisma, o alia fen-
ditura, o alio specchio del portaluce, il quale nel caso
suo trovasi al di la della fenditura di U '".40. Egli os-
serva le linee dello spettro non poter essere costanti
in numero ne fisse in posizione, e afterma che questa
proposizione annunziata nelle sue ricerche sulla luce
e corredata di osservazioni dirette venne poi emessa
come nuova recentemente dai giornali d7 Inghilterra
e di Francia. Poi chiedc se oltre le variazioni diurne
ve ne siano di mensili, annue e secolari. e fa voti che
a cio si spingano le investigazioni dei fisici e delle
accademie. Hicorda il fatlo avvertito dal Crookes che
mezz'ora dopo il mezzogiorno si affievolisce la virtu
fologenica dello spettro. il decremento agginnto rapi-
damente il massimo grado alle 2 pom., torna a mani-
festarsi con ritmo inverso, e di questo c degli altri fatti
suesposti indaga le probabili cagioni e addita i mezzi
per poterlc confermare.
II m. e. prof. Minich presenla il seguente estratto
d'una Memoria, sopra un nuovo metodo dintegrazio-
ne delle equazioni differenziali di primo online a pit)
di due variabilis che hanno per integrate completo
una sola equazione }>riinifiva.
— 795 —
Debbo presenlare a questo onorevole IsuTulo scienti-
lico una memoria di pura analisi, e quantunque mi giovi
aslenermi da una particolareggiata relazionedelle questioni
analitiche contenule nel mio lavoro, e pur d'uopo ch'io
porga almeno un breve sunto, e quasi un sommario degli
oggetli die vi sono trattati.
Allorche un'equazione differenziale del I." ordine a piu
di due variabili sia inlegrabilc, vale a dire, abbia un inle-
grale completo espresso da una sola equazione iinita, il me-
lodo elic si suole adoprare per eonseguirne la primiti-
va riesce in generale lungo ed inlralcialo. [roperocche,
supposlo n il numero delle variabili (x, x , x% . . . x _ ),
e ritenuta la prima di esse come dipendente dall'altre, con-
siste nell' integrare T equazione data rapporto ad una indi-
pendenle xt , differenziare tolalmente queslo inlegrale par-
ziale, che ha per costanle arbitraria c, una funzione arbi-
traria deH'altre n — 2 indipendenti {x% , . . . xn__l ), parago-
nare il risultato coll' equazione proposta, e quindi eliminare
la x , merce I'ollenuto integrate, nel qual modo si trova si-
mullaneamente eliminala la x/ , e si giunge ad una equa-
zione differenziale del l.° ordine Ira le n — I variabili
c/ , xx , . . . x/l_l. In simil guisa sarebbe d' uopo trattare
questa equazione per giungere ad una equazione di l.° or-
dine ad n — 2 variabili (ca , x3 . . . xn_l ), e cosi di seguito,
finch e si pervenga ad una equazione differenziale fra due
sole variabili, il cui integrate esibisce la primitiva richiesta.
Questo melodo non viene esposto ed usato se non pel
caso di tre sole variabili anco ne' piu estesi Trattati di cal-
colo inlegrale. Si tralascia altresi nell' appli carlo 1'avver-
tenza, che colla eliminazione successiva d' una variabile di-
pendente dovendo insieme sparire laltra da cui dipende, si
puo a quest' ultima attribuire un valore particolare che
— 79(i —
rend a pin semplici le due equazioni fra cui si eseguisce leli-
minazione, come ebbi gia ad osservare in aleune note corau-
nicate alfAccademia di Padova nel 1841.
Ora il nuovo metodo eh'io propongo ha il vantaggio di
non richiedere veruna differenziazione ne eliminazione pre-
ventiva, e fa dipendere immedialamente fintegrazione della
dataequazione da quelladin — I equazioni a due sole varia-
l)ili costituile dal tennine o gruppo affctlo dalla differen-
ziale della variabile dipendente x separatamenle sommalo
eon ciascuno degli altri termini o gruppi affetti dagli de-
menti dell'altre n — I variabili. Integrata col metodo del mol-
tiplieatore la prima equazione ausiliaria fra a*, xt , esottratta
da questo integrate 1' equazione ehe ne risulta ponendo in
luogo di x, un valore particolare, clie giovera ordinaria-
mente assumere eguale a zero., e quindi altnbuendo ad x il
valore corrispondente vt , sparisce la costante arbitraria
che polrebb'essere funzione dell'altre variabili (a?a,. . . #„_,),
e si ha un'equazione finita fra x, vt e le rimanenti n — 2 va-
riabili. In analoga guisa integrando la seconda equazione
ausiliaria a due variabili, delto v.± il valore di x corrispon-
dente al valore dianzi attribuito ad xt , e ad un valore par-
ticolare di ,r2 , si ha una seconda equazione finita fravy,va
ele rimanenti n — I variabili (x3 . . . ^„_,), e cosi di seguito;
di maniera che coif integrazione dell' ultima equazione ausi-
liaria si giunge infine ad una equazione finita fra il valore
vn_„ di x corrispondente a' parlicolari valori atlribuiti ad
x , xz . . . xn_A , e l'ultima variabile indipendente xn_y con
una costante arbitraria. Fra le n - \ equazioni Unite cosi
dedotle eliminando v / , v.x . . . vn_x , si avra f equazione
esprimente la primitiva, ossia I' integrate completo della data
equazione differenziale di l.° ordine ad n variabili.
Fincbr si Irovano soddisfalie le condizioni per cui si
— 797 —
rilcva che x e esprimibile in funzione delle varie indipen-
denti as, , *2 , ec, merce una sola equazione finita, si puo
col metodo ora proposto ridurre I' inlegrazionc della
data equazione a dipendere da quella dell' equazione pin
sempliee che se ne ottiene coll' attribuire particolari valori
a quelle variabili indipendenti, a cui si riferiscono le awe-
rate condizioni d'inlegrabilila, lo che non era conccsso dal
metodo linora usilato.
La dimostrazione del nuovo metodo e quasi intuitiva,
e vale a provare ch'esso polrebbe applicarsi all'integrazione
delle equazioni differenziali superiori ul I .n ordine fra piu
di due variabili. Non si ristringe all'esposizionc di questo
metodo la presente memoria, ma contiene altre teorie, di
cui mi limito a soggiungere un rapido cenno. Nella prima
delle due sezioni, in cui essa e divisa, viene premessa la di-
mostrazione del metodo odierno d'integrazione delle fun-
zioni di \° ordine a piu variabili, e si deducono le condi-
zioni necessarie e suflicienli di loro integrahilila ridotte
alia piu sempliee forma. Indi si dimostrano alcuni teoremi
intorno agl'intcgrali delle funzioni omogenee. Esposto dipoi
nella seconda sezione il nuovo metodo gia riferito d'inte-
grazione delle equazioni differenziali di I .° ordine a piu va-
riabili che ammettono una primitiva completa, si ottengono
le condizioni d'inlegrabilila della proposta equazione sotto
una forma piu sempliee dell' ordin aria. Poscia aggiunle al-
cune osservazioni su'easi di maggior facilita, ed intorno al
fattore che rende differenziale esatla la data equazione, si
estende alle equazioni omogenee a pin variabili, quando
sieno integrahili, la regola Euleriana, per cui si assegna il
molliplicalorc delle formule omogenee di i.° ordine a due
variabili. Inline si dimostra un leorema di N. Fuss (Nova
Acta Accademiae Petropolitanae, T. VII), pel quale e facili-
— 798 —
lala I' integrazione delle equazioni omogenee ridolte ehe
sieno differeoziali esatte.
Polro in altro scrilto trattare dell'applicazione del me-
todo qui proposto all' integrazione delle equazioni supe-
riori al l.° ordioe fra piu variabili. Frattanto il presenle
argomenlo m'indurra a presenlare in una prossima tor-
nata qualcbe parte d' un diffuso lavoro sulle condizioni
d' integrabilita delle formule e delle equazioni differenziali
ed alio differenze finite, ch'io tenni finora inedito, perche,
raalgrado la non lieve sua mole, ed aleuni artieoli ehe gia
ne Irassi, mi parve tultora iucompleto, e lontano dal cor-
rispondere alia estensione del soggetto.
Premcsse le pratiche fissale dull' art. 8." del reg.
int., il prof. R. iVlolin e ammesso a leggere una sua
risposta alia nota del m. e. dott. ISardo comunicata a
questo i. r. Istituto nella precedente adunanza. Ci-
tando le parole delnostro coilega, egli dice contenersi
in quelle le seguenti proposizioni : « Dovere il Molin
» completare la parte storica del propiio lavoro con-
» fronlando i risultamenti da lui ottenuti e da altri
» investigatori con quelli dell Olivieri, ehe sono con-
» formi alia verita. — Questi risultamenti delT Oli-
» vieri, il quale non conosceva le osservazioni del
» Weber, coincidcre colic osservazioni del prof. Brii-
» eke e confermare le conclusioni delio stcsso AVeber,
» correggcrne anzi aleuni errori ed alcune inesattez-
» ze. — II Molin confermare le osservazioni e con-
» clusioni del Briicke. » — 11 prof. INSolin combatte
quesle proposizioni, e tiene per fermo aver dimostrato
ehe quanto di vero e ne' lavori dellOlivieri fu preso
— 79!) —
dal Meckel, e gli errori del Weber essere stati dai-
1 "Olivieri confermati, per lo che egli prefer! di non
citare ic sue Meraorie, lette a quest' Istitulo e pub-
biicate negli Atti di esso, e soltanto il fece presente-
mente eccitato dallanola (1) del dolt. iXardo, senza
la quale, passaudole sotto silenzio. non sarebbe slato
in obbligo di sottoporle a censura.
Si riportano aicuni brani colle parole stesse del
prof. Molin.
» II cuore dei rettili e diviso in cinque cavila comuni-
eanti fra loro. Quesle sono l'atrio sinistro in cui sbocca il
sanguc arterioso ; l'atrio destro in cui sbocca il sangue ve-
noso; c il ventricolo diviso da due sepimenti imperfetti in
tre cavita. Una corrispondente all'atrio sinistro e il ventri-
colo sinistro; e mediante un sepimento imperfetto e divisa
dalle altre due corrispondenti alTatrio destro e formanti il
ventricolo destro, che da un secondo sepimento imperfetto
e diviso nelle due loggie da me denominate loggia aortica o
superiore I'una, loggia polmonale o inferiore I'altra. Dal
ventricolo sinistro nontraeorigine nessun vaso ne arterioso
ne venoso, ma dal ventricolo destro traggono origine le due
aorle e larteria polmonale.
» Ora riandando la storia della scienza troviamo che tut-
li i zootomi anteriori a Meckel, e Meckel stesso, da quanto
risulla clalla sua opera d'anatomia comparata compiulanel
1821, conoscevano i due alrii pcrfettamente separali I'uno
dall" allro da un perfetto sepimento, che non conosce-
vano pero i due sepimenti, i quali si trovano nel ventricolo,
(1) V. 1 1 precedente dispensa p. 755.
— 800 —
ma sulo quello che separa la loggia aorlica dalla polmonale
e che percid considcravano quest' organo divisoimperfetta-
mente in due sole cavita, vale a dire, nel ventricolo sinistro
e nel destro. Ma sotto la prima denominazione comprendeva-
no non solo il vero ventricolo sinistro, ma ben anco la log-
gia aortica del ventricolo destro, e sotto il ventricolo destro
non comprendevano che la loggia polmonale. Sostenevano
oltre a cio che le due aorle traessero la loro origine sopra,
e I'arteria polmonale sotto il delto sepiraento. Weber di-
moslro per primo la presenza d' un secondo sepimento uel
ventricolo de' retlili e per conseguenza la suddivisione in
Ire cavita e segno allri confini al ventricolo destro c al si-
nistro, quantunque questi confini sieno inesatti e il nuovo
sepimento falsamente descrilto. Cio nel 1852. Nel -18-io
comparverolememoriedeiroiivieri, ma in queste nemmeno
un cenno del sepimento di Weber nonche delle tre cavita
ventricolari ; che anzi egli parla di due sole cavita.
» Gli e ben vero che alia pag. 1 1 della prima memoria
dell'Olivieri, nella quale tratta delle tarlarughe, si trovano le
seguenli parole: « Giunti in prossimila alia base, incontrasi
» una cavita concamerala in tre,per cui il Mery non a torlo,
» al dire di Cams, considero nel cuore delle tartarughe oltre
» il ventricolo destro e sinistro una terza loggia per 1'arte-
ii ria polmonale e 1' aorta, e cio dipendentemente da tralci
)) muscolari che in ogni direzione dividono quel cavo ».
ii Ouesle parole pero, delle quali confesso di non compren-
dere che cosasignilichino, perche nemmeno nelletai'tarughe
nessuno ha liovato questa loggia comuueper I'arteria pol-
monale e laorta, vengono contraddette dallo stesso Olivieri
quattro linee piu sotto colle parole seguenli: « Fra liutrec-
» ciatura cosi serrata, da smarirne non ch'altro la via, in-
ii contrasi, circa ad un terzo del diametro trasverso del
— 801 —
« cuofe clio riguarda a destra, una specie di tramezzo mu
» scolare. Esso e formalo di fibre mollo compatte e verti-
» caii, continua in tutta la sua eslensione, ed accenna ad
» una divisione in cavita destra e sinistra eomunieanli fra
» loro nel tratto superiore e posteriore. Cio non dipende
» da smagliamento della continuity, ma dalla mancante ade-
» renza del tramezzo col piano dorsale del ventricolo. fe
i) questo lapparalo mu scolare, die nei trattati d'anatomia
» comparata passa sotto il nome di setto incorapleto inter-
» ventricolare dei rettili. — II nome, come accade sovenle,
« preoccupo lindagine e ne tradi il risultamento. Col titolo
» di setto incomplelo pareva di avere esaurito tutto cio
» che lo risguardava; si trov6 una via di comunicazione
)) fra le due cavita e se ne dedusse quindi la mescolanza
» del sangue arterioso e venoso, e fu canone sancito nella
» scienza che in questi animali sia come fusa la circola-
»> zione polmonale e l'aortica. Mai surse il.dubbio, giusti-
» ficato dalle anatomiche condizioni, che ben altro uflizio
» che di sepimento incompleto adempia quel piano mu-
» scolare. La descrizione che sono per fare appoggera, io
» spero, un mio sospetto sulla sua vera importanza fisio-
» logica. »
» Qui ne da la descrizione. A maggior prova che 1' Oli-
vier! non conosceva che due sole cavita ventricolari, quelle
stesse degli antichi notomisti ed anleriori a Weber^ ed un
solo sepimento intervenlricolare citero tutt' i passi delle
sue memorie che vi si riferiscono.
i) Allapag. 15 «l'artcria polmonale^ ilpiu grosso di que-
» sti tubi, trovasi sul dinanzi degli aortici, un po' a sinistra
» rispcllivamentc a quelli, ed e fornito di aiupia apertura
» circonvallata per i due terzi dal tramezzo muscolare.
» Trovasi diretta un po' obhliquamente per il tratto che sta
Serie HI. T. I lOi
__ 802 —
" rinchiuso entro il pericardio in modo che introducendo
" nel suo lume una cannula, cssa percorre l'asse della ca-
» vita destra ventricolare per un angolo acnto col piano
» tangente I'apiee del cuore. »
» Cio diraoslra che Olivieri considera la sola loggia pol-
inonale come ventricolo destro.
» Alia pag. 17: « Gli oriliziaortici si trovano in un piano
» posteriore alia polmonale e da quella divisi per la valvola
» muscolosa. Riguardano essi il cavo ventricolare sinistro
» bensi, ma il lume e perpendicolare in modo cheintrodu-
" cendo il cannello, come si fece dell'altra, non percorre
» l'asse di questo, ma ne rasenta soltanto un'eslremita.
» E qui dimoslra che per lui il ventricolo sinistro com-
prendeva anche la loggia aortica.
» Alia pag. 2G: « II sepimcnto imperfetfonon trovasi lungo
» I' asse del viscere in corrispondenza della tramezza dei
» seni, la quale non e distante di un pollice. Non e prodotto
» da fibre trasverse proprie che queste veggonsi tutte con-
» tinue fasciare il cuore da destra a sinistra senza riflet-
» tersi nell interno. S'interpone bensi fra le cavita, ma il
» piano che tagliasse lungo la sua direzione il cuore ci da-
» rebbe gli osculi auricolo-ventrieolari e gli aortici aperti
» nel ventricolo sinistro, il solo orilicio della polmonale
11 nel destro. »
i> Da questo brano si vede meglio che da ogni allro che
I Olivieri non conosceva nemmeno una liljra di piii di quello
che avessero conosciuto i zootomi anterioria Weber circa
1 anatomia del cuore dei reltili. Fin qui parla T Olivieri
delle tartarughe. Parlando poi nella seconda memoria di
altri reltili especialmente degli ofidiani, dice a pag. 59 « ilnu-
» mero degli oriticii arteriosi e triplice in tultigli ordini^e
n ricorre coslanle la disposizione ed il rapporto del pol-
— 803 —
• mone coH'aortico, e il distacco della valvola muscolare
• dalla linea del loro cpntatto. La fessura interventricolare
» nou e tanlo ampia quanto vien eredulo, poiche essendo
■ immutata I'origine del setlo in tutte Ire le faimglie, il rap-
• PortQ del suo lembo libero colla parete del ventrieolo
« e costante nella distanza, e la rima proporzionale al vo-
» lume del viscere ».
» Fin qui si vede ehe le cognizioni del lii assislenle d'ana-
tomia in Padova nun si estendevano piu in la di quelle di
Meckel; anzi restavano indielro a quelle di Weber, e a con-
fermarci maggionuente di eio soggiugne:
« Negli oficliani, per la circostanza che la porzione ven-
» tricolare del cuore e obbliqua dall'alto in basso, da sini
» slra a destra , ne risulla ehe la valvola muscolare e
•> direlta un po' orizzontalmeute, e che la loggia polmo-
» nale rimane senza uscita al fondo, e posta ad un livello
» molto piu basso del ventrieolo sinislro per cui da un
» canto ne e piu agevole la discesa del sangue venoso, ed
• impedito il regresso. Nei sauriani ordinarii la disposi
• zione e analoga ai cheloniani. Quella valvola ventricolare
» descritta dai zoolomi, e che formerebbe una specie di
» canale trasverso, che seeondo loro conduce il sangue dal
» ventrieolo sinistro nel destro.e appuuto I'apparecchioin
» discorso. »
» Soggiunsequindialla pag. 40: «Iforami delleaurieole
» sono ristretti ed aperti nella parte sinistra della base del
» cuore. L'intreccio delle fibre nelle interne cavita egual-
». mente serralo, la cavita ventricolare destra meno ampia
» seeondo si degrada dagli ordini superiori. ■
■ Io non trovo parola delle memorie dell'Olivieri, da cui
si potesseconchiudereoalmenosospettareche egli couosces-
se il sepimento di Weber; io non veggo nelle tavole dell'Oli-
— 804 —
vieri disegnati altri sepimenti ed altre cavita meno quelle
conosoiute dai piu antichi notomisti.
» Nol 1851 continuava Briickcle invesligazioni su que-
sto argomenlo, ma siccome egli s' occupava piu del pro-
blema fisiologico che delle deserizioni anatomiehe, accen-
nava soltanto all' esistenza del sepimento di Weber.
» Nel I83G sono stato il primo che avesse descritto e
disegnato quel sepimento quale si trova nel boa constrictor,
io ho segnato il limite esatlo del ventricolo del destro e del
sinistro, io ho dimostralo che nel boa constrictor le due
aorte non traggono tutte e dueocigine dalla loggia aortica,
ma che una sola trae origine in questosilo e l'aUra al con-
fine fra la loggia aortica e la polmonale.
» Ed ora, illustri accademici, non era meglio che io la-
cessi piuttosto che parlare dell' Olivieri ?
» Passiamo alia seconda parte della quistione, vale a
dire, eonsidcriamola dal lato fisiologico.
» Tutti izootomianteriori a Meckel leneva no per fermo
che sangue arlerioso e venoso nei reltili arrivati dagli atrii
nei venlricoli si mescolassero assieme e che sangue misto
venisse portato in circolazione tanto nel corpo che nei pol-
moni. Meckel pero gia prima del 1821 nelle venti linee che
nel suo trattato d'anatomia precedono le quattro righe cita-
te da Olivieri allapag.27 della sua seconda memoria diceva:
» Le sang, apres avoir traverse les poumons, penetre
« dans T oreillelte gauche, d' oil il arrive le venlricule du
« memo nom, en passant par I' orifice veineux. Celte der-
« niere cavite, en se conlractant le chasse par I' ouverture
« inter-ventriculaire danx les deux aortes^ les orifices de
« ces deux vaissaux etant places immediatement au devant
« de celle ouverture. Quant au sang qui est renvoye par
« tons les organes, il entre dans le venlricule droit, apres
— 805 —
<« avoir passe egalement par 1' oreilletle correspondante ;
« tie la il est pousse en totalite ou en majeure parlie dans
(i 1' artere poulmonairc, phenomenc qui resulte dc la dispo-
« sition de la valvule musculeuse dont nous avons parle,
« valvule qui obstruil l'ouverture interventriculaire durant
« les lemps de la contraction de ces cavites, en nieme temps
« qu' elle abaisse 1' oriiiee de 1' aorte du poumon. »
» Da cio risulta che Meckel fu il primo il quale dimo-
stro che nei cuori dei rettili non ha luogo nessuna o pres-
soche nessuna miscela dei due saugui.
» Weber nel 1852 in conseguenza della sua scoperta del
secondo scpimento inlerventricolare e delle vivisezioni ci
insegnava :
« 1.° Che nell'atrio destro, nel ventricolo dcslro e nel-
« l'arteria polmonaie non circola che sangue nero ovvero
« sangue venoso.
« 2.° Che nell' atrio sinistro, nel ventricolo sinistro e
« nelle due aorte non scorre che sangue rosso ovvero os-
« sidalo.
« 5.° Che raccogliendo il sangue dalle varie cavita si
« puo assicurarsi eke nelle camere del cuore non ha luogo
« nessuna miscela delle due specie di sangue.
« 4.° Che nemmeno nei vasi sanguiferi non ha luogo
« questa miscela. »
» Dopo cio alia pag. 55 della sua prima memoria TOli-
vieri c' insegnava :
« l.° Esservi grave sospetto ( cito le identiche parole )
« che entro la cavita del cuore della tcstuggine caretta e
» delle chelonie congeneri, non succeda mescolanza di san-
« gue arterioso e venoso. Se cio avvenisse avremo coudi-
« zioni anatomiche da opporvisi di continuo e da renderla
« spesso irrila.
— 806 —
« 2." Oho la mescolanza di sangue in quesli animali, se
« dovesse effettuarsi nel cuoreper la fessuradella tramez-
<« za, no risulterebbe una complicanza di eongegni seuza
« uno scopo determinate
« 5.° A soslenere il nessun mescolamento nel cuore
« vengono in aiulo le condizioui lutle anatomiche dell'or-
« gano, il raeccanismo delle sue valvule, la distinta e sepa-
« rata origine dei suoi tubi arteriosi
h 4.° Che la trarnezza uauscolare e . . . alio sQopo pre-
« slabilito d' impedire il miscuglio dei due sangui. »
h Dunque I' Olivieri nulla cJ insegnava di piu die non
ci fosse slato tramandato da Meckel.
» Ma I'Olivieri alia pag. 51 ci racconta unapiena prova
dell' assunto argomento delta nessuna mescolanza del san-
gue entro i ventricoli . . . . e concSiiude die non e a conce-
dcrsi la miscela di alcune molecole neppure aW inoculaz to-
ne dei nasi. Ma queste cose identiclie non ce le ba raccon-
iali Weber 15 anni prima dell' Olivieri, non sono idenliei
gli esperiinenti ed il niodo di esperimentare di Weber a
quelli dell'Olivieri ?. ..Ed avendo io nel raio scrilto confu-
late le conclusioni di Weber, non feci meglto lacere dell'Oli-
vieri?. . .0 forse avrei dovulo pronunciare le parole : Oli-
vieri ripele gli errori, lacque le veritd di Weber e quelli
ci diede per buona moneta?... E cbe la leoria del Weber
sia del lutlo erronea lo provanogb sperimenti di Briicke, i
quali dimoslrarono die il venlricolo del cuore de' rettili
conlraendosi in due tempi, caccia nel priino tempo sangue
venoso tanto nolle due aorte cho nell'arteria polinonale, e
nel sccondo sangue arterioso solo nello due aorte; in modo
che nell'arteria polmonale si trova soltanto sangue venoso
e nello aorte sangue misto. Esperimenti che Briicke, di
cui io stesso lui lestimonio, verifico in animali idenliei a
— 807 —
quelli sludiati dall' Olivieri, ma com risultameoti lanlo
disparati.
» Io finalmente studiaodo i dati anatomiei del cuore del
boa constrictor ho conchiuso (e qui ripeto die mi rendo
risponsabile della mia teoria solum to per queslo animale)
ehe effettuaodosi Io slesso meccanismo scoperto da Briicke
in forza della distribuzione dei vasi saoguiferi , nel boa
circola nel cuore e Dell' aorta sinistra sangue venoso e sol-
tanto neir aorta destra sangue misto.
» Ora concliiudero rispelto alle suesposte proposizioni
del dottor Nardo.
I .° Io non confermava le osservazioni e le eonclusioni
del prof. Briicke; io dissi die quelle osservazioni e eonclu-
sioni sodo esatte per le testuggini pel Tropidonotus Natrix
epel Coluber Aesculapi; ma dissi die se in questi animali
scorre nell'arteria polmonale sangue venoso e nelle due
aorte sangue misto, nel boa constrictor, il quale non ven-
ue esaminalo da Briicke, scorre sangue venoso neirarleria
polmonale e nell' aorta sinistra, e sangue misto nella sola
aorta destra.
2.° Le osservazioni dell' Olivieri non coincidono con
quelle di Briicke. perche questi conosceva il sepimento di
Weber e sostiene la miscela del sangue nelle due aorte,
mentre I' Olivieri non conosceva die il solo tramezzo delle
loggie e sostiene la separazione assoluta del sangue tanto
nel cuore die nei vasi.
5." Le osservazioni delf Olivieri nonconfermano cbe gli
errori, ma non le verila di Weber, mentre l'unico fatto ve-
ro scoperto da Weber, vale a dire il secondo sepimento in
terventricolare, e assolutamenle sconosciuto all' Olivieri.
Che T Olivieri non conoscesse i lavori di Weber mi permet-
tera il dottor Nardo di dubitarne, e cio, in primo luogo,
— 808 —
perehc non so comprendere come si possano confutare le
proposizioni di Weber, e cio fu assorito dal dottor Nardo,
senza conoscerle ; ed in secondo luogo, perch e I'Olivieri si
scaglia alia pag. 50 della sua prima Memoria contro coloro
i (juali trassero argomenlo a paragonare le fisiologiche con-
dizioni del rettili mentre vivono sott'acqua, a quelli del fe-
to net mammiferi durante it soggiorno neW utero, e Weber
solo portd in campo questa teoria, della quale dissi riden-
do clie conviene piii a uno studente di fisiologia chc ad un
maestro.
4.° 1 risultamenti ottenuti dall1 Olivieri non trovansi
conformi alia verita ; chc anzi sono lisieamenle impossibili.
E cio per le seguenti ragioni. Per T Olivieri era venlrico-
lo destro la sola loggia polmonale, c ventricolo sinistro la
loggia aortica unitamente al ventricolo sinistro. Ora la
loggia polmonale si comporta verso le altre due cavita
ventricolari prese insieme, vale a dire, il ventricolo destro
dell' Olivieri al ventricolo sinistro nelle proporzioni di cir-
ca 1:2, cioe il ventricolo sinistro dell' Olivieri e quasi il
doppio pi li grande del ventricolo destro. !\Ia il ventricolo
sinistro riceve il sangue dell'atrio sinistro, e il destro quello
dell'atrio destro. Briicke dimostro clie l'atrio destro sta al
sinistro nelle proporzioni di 19 a I I , vale a dire che il de-
stro ha una capacila presso chc doppia del sinistro. Slando
per fermo quanto asseri I'Olivieri, un recipiente uguale al-
ia meta d' un altro dovrcbbe capirc una pressoche doppia
quanlila del fluido clie puo essere contcnuta nel secondo.
Cio pero tengo per fermo che in buona logica sia lisica-
mente impossibile.
5.° To ho completalo la parte storica del mio lavoro nel
senso desideralo dal dott. Nardo, e tengo per fermo aver di-
mostrato che I' Olivieri nulla seppe insegnarci di buono
— 809 —
che non I avesse egli stesso appreso da Meckel e ehe con-
form 6 gli errori di Weber e si dimentico dei falli veri ma-
nifeslati da questo notomista. »
Dopo questa lettura il in. e. dott. i\ardo disse al-
cunc parole che riferi poi in iscritio prima che si scio-
gliesse l'adunanza, e sono Ic seguenti: « Quanlo ha
» esposto il sig. prof. Molin in relazione all' invito che
» io lui faceva nella mia nota, cioe di aver la compia-
» cenza di complctarc anche la parte storica del pro-
is prio lavoro prendendo ad esame quello che se n'o
» scritlo fra noi dal dott. Olivieri snllo stesso argo-
» mento, cioe sul cuore dei rettili e sul meccanismo
» della loro circolazione, mostra 1' accuratezza colla
» quale ei vi rispose. Le di lui conclusioni togliereb-
» hero ogni piu piccolo merito di novita3 c di esattezza
» neH'osservare, al fu assistente di anatomia, locche
» non corrisponderehbe certamente al sentimento mio,
» ne di quei distinti soggetti che apprezzano tuttavia
» le memorie dall' Olivieri pubblicale. Se pero i fatti
» in tutlo rispondessero a quanto asseri il prof. Molin
» dietro l'analisi di confronto da esso praticata fra i
» lavori del Mekel; del Weber, dell' Olivieri e del
» Briike nulla sarebbe piu a dirsi, locche potra rile-
» varsi soltanto dopo la pubblicazione del lavoro
» analitico quest' oggi a noi fallo conoscere. Le con-
» clusioni dd quale non dovea taccre il sig. prof.
Serie III. T. I. in;;
— 810 —
» per speciali riguardi, come fece nella sua memoria
» sul boa constrictor, poiche la verita non puo mai
» sotto alcun pretesto in guisa alcuna celarsi, special-
» mente in argomenti scientific^ c quando il tacerlo
» puo pregiudicare alia storia dclla scienza »,
1DMUM DEL GIOIKO 21 LIIGLIO 1856
S
i leggono le seguenti
RICERCHE SDLLE LEGGI DELL.4 G.4PILL.IRITA
M E M 0 R I A
DEL M. E. CAV. PROF. FRANC. ZANTEDESCHI.
Newton nella questione XXXI dell' Ottica ha notatn un
gran numero di fenomeni fisico-chimiei, die sembrano es-
sere operati da forze attrallive, la legge del decrescimento
delle quali e cosi rapida, ch'esse non producono effetli sen-
sibili, cbe a picciolissime distanze dagli elementi materiali,
dai quali esse emanano. Si attribuisce speculativamente a
delle azioni di questo genere V innalzamento dell'acqua al
di sopra del suo livello nei lubi di vetro di un piccolo dia-
nietro, la sua ascensione fra I a mine di vetro assai vicine, e
niolli allri effetti analoghi, che si producono per 1' inlillra-
zione attraverso le polveri dei corpi inerti, o attraverso gli
organi degli animali ; effetli che avendo per caraltere co-
mune di manifestarsi specialmente in ispazii assai ristretti,
si distinguono sotto il nome generico di fenomeni capilla-
ri. Cosi incominciano la sloria dei fenomeni capillar! nel
— 842 —
1852 i signori Cauchy, Binet, Lames Lionville, e Biot (Com-
ptes rendus, T. XXXV, pag. 917, an. 1852, seance du 20
decembre J.
Frattanto io redigero la storia: e I'istoria mostrera
quali fisiei furono osservatori della Datura i piu esatti e
fedeli.
to non ripelero col Libri Y origine dello studio dei fe-
noraeni capillar! da Leonardo da Vinci; perche, per confes-
sione dello stesso Libri, quesla scoperta giace tuttavia se-
polta nei manoscritti di queslo soramo (Histoire des scien-
ces mathematiques en Italic, T. Ill, pag. 54 ). Io riferisco
in quclla vece la notizia positiva agli Accademici del Ci-
menlo. L'Aggiunti nel 1054 li studio con molte e variate
esperienze (Notizie storiette relative aWAccademia del Ci-
menlo di Vincenzo Antinori aggiunte ai Saggi di naturali
esperienze. Firenze 1841 ). Appresso il marchese di Arena
in Napoli ebbe a ripetere questi fenomeni ed a variarli. Ve-
nuta questa notizia ollre Alpi, Boyle inglese se ne impos-
sesso, e 1' ebbe a pubblieare come suo ritrovalo ne' suoi
Esperimenli Fisico-meccanici. Egli non fece menzione dei
prinii osservatori. II Grimaldi n' ebbe a trattare nella sua
opera De Lumine ; il padre Fabri ne' suoi Dialoghi slam-
pati a Lionc; Fabrizio Guastaferri nelle sue lettere de1 Trat-
tenimenti Virtuosi; e Geminiano Montanari ne'suoi Pensieri
Fisico-matematici, edizione di Bologna del 1667.
II Montanari tuttavia e slato quegli die piu sottil-
mente disamino questi fenomeni, c piu addentro penetro
nella cagione: seguiamolo diligentemente nella sua parte
sperimentale, seguiamolo scrupolosamente nella sua parte
teorica.
— 813 —
Serie delle espenenze lath1 . Se*dopo aver lasciato uscir quella chc da si' nc viene,
il cannellino si rimette perpendicojare sopra 1' acqua, al
toccare la di lei superficie ne scende dell' a lira sine ad un
(lelcnninalo luogo, ove rimane poi sompre, c alio slesso se-
gno rilorna tutLc le voile, che con lo stesso cannellino si
rifa P esperienza.
10. Dopo avere adoperalo un cannellino assai lungo e
nolata P allezza, ove si riduco P acqua per la nona espe-
rienza, rompendo parte del cannellino medesimo lino a
ridurlo poco pill lungo di quanto si alzava P acqua la pri-
ma volla, ella sempre vi sale alia raedesima allezza.
I I. Se un cannellino sara sostcnulo in aria ohliquamen-
te, potra sostener dentro maggior quantila di acqua die a
perpendicolo.
12. So lenendolo a perpendicolo in aria sino clic ne csca
una gocciola, chc pero resti ancora atlaccata all' estremila
del cannellino, prima ch' ella se ne slacchi, si pieghera
obliquamente il cannello, ella rilornera dentro in gran
parte.
13. Preso un vaso come il presenle (Fig. I.) die ab-
bia il cannellino a canto assai sotlile, poslavi P acqua non
si livella altrimenti del pari, ma resta piu alia nel cannelli-
no che nel vaso ; e cio sempre con maggior differenza
quanto e piu sottile.
14. Se la canna maggiore del vaso sara lunga duo, Ire
braccia, o quanto si vuole, ponendoci in fondo un poco di
acqua, v. g. all'altezza di un dito, o due, si che il rimanen-
te resti vuolo, si solleva nel cannellino sottile sopra il li-
vello del vaso con altrettanla differenza quanto ne fa poi
lagliando via lulta la canna lunga.
15. Tenuto un cannellino vuoto in aria sospeso a per-
pendicolo, e sparsavi acqua sopra per Banco (Fig. II) in
— 815 —
inuilo die nel cadere passi dall' orificio inferiore del can-
nellioo, I' acqua enlra nel caunollino all' insu sponlanea-
mento.
I<>. Si e preso un cannellino sottile, e Irovato un lilo cli
oltone di traflla die precisamente empiva 1' interno cavo tli
esso; poi si e trovato un cannellino piu grosso, nel foro
del quale entravano precisamente due dei suddetti fib del
pari, onde il diametro di questo si giudico doppio del pri-
mo, e provati ambidue con diligenza, l'acqua saliva nel piu
sottile precisamente il doppio in altezza di quello die faces-
se nell' altro piu grosso.
17. Fatto un cannellino inearvato in modo di sifonci-
no posto con un capo nell' acqua di uu vaso (Fig. HI) e
con 1' altro fuori del vaso, ma in modo die T incurvatura
non sia piu alta sopra la superficie dell' acqua, di quanlo
ella ordinariamente possa per quel cannellino salire, essa
vi sale, e discende dall' altro capo da se, e se I' altro capo
sara piu basso del livcllo del vaso ne uscira 1' acqua con-
linuamenle, o in gocciole come fa nei sifoni ordinarii.
18. Nell' uscir I1 acqua da' cannelli sottili, prima di ca-
dere la gocciola, ella sale cslernamente per lo cannellino,
formandosi quivi a modo di perla traforala dallo slesso
cannellino, c ivi crescendo, quando giuoge a peso da non
potersi sostencre, cade e di nuovo se ne forma un' altra,
come nella Fig. III.
19. Prese due lastre di vetro piane, legate insieme con
un foglio di carta framezzato, e adattale in modo, cbe le-
vandonc il foglio deslramcnle restino senza accostarsi di
piu, applicato poi il fesso perpendicolarmenle all' acqua,
essa vi s' innalza come ne' cannellini, e il simile fa per qual
si voglia fessura di corpi solidi, purche piccola ella sia.
20. Nello stesso modo sale csteriormente fra due cannd-
— 81 (i —
lini adattali a poca distanza fra loro, auzi legati insieme
molti caonellini asciuttl, oppure prcso uno di que' pennelli
di vetro, die fan no in Venezia per ornamento di donne, di
fdi sottilissimi, si come pennelli di setole, ed altri, toccando
I' acqua con Y estremita inferiore, cssa vi sale fra 1' uno e
I'altro cannello, o pelo, a molta allezza.
21. Si sono provati molti legni, de' quali, ponendone un
pezzo lagliato, come si dice, per testa su un piano hagnalo
di acqua, si veggono comparire d'improvviso nella parte su-
periore gocciole d' acqua in diversi luoghi, salita per li pori
del legno, come fu ne' cannellini, ed in breve s'inumidiscc
lutlo il legno dcnti'O c fuori.
22. Tultc lesuddette esperienzesuccedono anchecon altri
liquidi, come acque slillate, vino, aceto, acquavite,olii diver-
si, e li piii leggeri salgono piu ulto, e I' olio di sasso piu di
lutli.
25. II mercurio la 1' opposto dcgli altri, perclie profon-
dandovi il cannellino, egli resta piii basso di livello interio-
re, chc dclT esteriore, e nel vaso (Fig. I) rimane piu basso
ncl cannellino soltilc che nel vaso talora piu di un dito, e
spingendolo per forza in alto, ad ogni modo ritorna a bas-
so come prima.
2 \. Nondimeno facendo cannellini d oro, d' argento, o
di stagno sottili, e facendoli stare un poco immersi in esso
mercurio, accio egli si sia attaccalo alia loro superlicie al-
quanto, poscia adoprandoli, lo succhiano, come fanno l'ac-
qua que'di vetro, e facendo al vaso ( Fig. I ) il cannellino
d' oro, il mercurio vi sta piu alto di livello che nel vaso.
25. Ne' vasi maggiori I' acqua ascende alquanto presso
le sponde, lasciando la sua superlicie concava, purche non
siano untuosi, e non sia pieno il vaso, che in lal caso re-
slera convessa come fa il mercurio.
— 817 —
26. Che se c pieno, la superficie verso -li orli e con-
vessa.
27. II tondeggiamento eolmo, o eoneavo dell'acqua pres-
so le spoode, ne' vasi ebe non passino un' oncia in circa, di
piedc bolognese di diametro, giunge lino al mezzo della su-
perficie, non lasciandone parte alcuna piana, ma in vasi di
maggior larghezza, ne lascia porzione piana.
28. L' alzameiilo dell' acqua alle sponde., ne' vasi larglii
suol essere circa uu quarto di un dilo sopra il livello di
mezzo, e lo stesso il eolmeggiare ne1 vasi pieni.
29. Ponendo ne' vasi pieni alcun pezzelto piccolo di le
gno, o altra cosa galleggiante, e lasciandola arrivarc dove
I' acqua comincia a sollevarsi verso le sponde, salgono da
se in alto verso la sponda, come se fossero atlralti da
virtu magnetica.
50. Se si pongono i medesimi corpicciuoli sulla superfi-
cie dell' acqua di un vaso colmo, ancorche s' applicassero
alia parte bassa del liquido vicina all' orlo, montano in al-
to, ne di la discendono.
51. Se si pone in delli vasi bambagia, laua, o altro cor-
po, che non cosi facilmente s' inumidisea, fan no contrario
effello, scendendo in mezzo ne'vasi non pieni, e cadendo dal
colmo verso 1'orlo ne'vasi colmeggianti ed unluosi.
52. A' corpi i'acili da inumidirsi I' acqua ascende dinlor-
no, nel modo cite fa alle sponde del vaso, ed il simile fa il
mercurio all' oro, argento, o stagno, e ne' vasi di tali ma-
terie sta eoneavo.
55. Posti in acqua piana piu corpicciuoli galleggianti in
certa distanza fra loro, corrono un conlro I'altro ad acco-
starsi come se avessero virtu magnetica.
54. Accostando un fuscello alle suddetle cose alto a ba-
gnarsi, esse vi corrono, e lo seguono ovunque si muove.
Serie 1H. T. I. 106
— 8d8 —
55. Se cletti corpicciuoli non saranno facili ad inumidirsi
esteriormente, in vece di accostarsi, si scostano d' insieme,
e fuggono il contatto di un fuscello clie Ioro si accosli.
56. Lo stesso segue di cose, che se bene facilmente si ba-
gnano, siano contorte all' ingiii in modo, che I' acqua fac-
cia presso Ioro come una fossetta, che pero s' e provato
con foglie di lauro, o d' arancio tagliate in diverse figure,
che alcune correvano al fuscello, altre lo sfuggivano, altre
da un capo lo sfuggivano, e dalf allro no, fuggendolo sem-
pre ove 1' acqua faceva fossetla, e seguendolo, ove 1' acqua
presso Ioro s'alzava (Montanari, Pensieri Fisico-malemati-
ci, etc., pag. 7-15 ; Bologna 1667, per li Manolessi ).
Io non posso a verbo trascrivere la teoria, che degli
osservali fenomeni diede il Montanari; perch' essa e fram-
mista a molte opinioni, che ci dilungherebbcro di troppo
nel riferirle. Diro solo che il Montanari diligentemenle no-
to, che i liquidi che bagnano i solidi s' innalzano al di so-
pra dell' esterno livello, e terminano in superficie concava,
presenlando all' ingiro delle pareti del cannellino come una
specie di cuneo o di prisma col tagliente rivolto all'insu;
e che fu incerto nell' assegnare la curva della superficie
concava, parendoli piuttosto assomigliarsi a curva parabo-
lica, che a segmento di sfera. Vide in questo fenomeno del-
1' innalzamento de' liquidi I' esercizio di due forze ch'erano
state ancora indicate dal Grimaldi, la viscosita cioe delle
parlicelle del liquido, che noi diciamo coesione; e l'aderen-
za del liquido alio pareti del solido. II liquido non puo spin-
gersi all'insu senza lirar seco gli strati soltoposti del me-
desimo, e la esso deve fermarsi nella salita, dove 1' eccesso
della colonna sopra 1' esterno livello faccia cquilibrio alia
diminuzione di peso dovuta alia virtu adesiva. E di questo
vero si convinse dall' esperienza che gli ebbe a raostrare
— 819 —
che la colonna di liquido nel cannellino rimane perfetta-
mente coslante, ancorch'esso coli' apertura inferiore pin
non tocchi la superficie del liquido sottoposto.
Nel fenomcno impertanto dell'ascensione de' liquidi ehe
bagnano i solidi riconobbe il Montanari non una eccezione,
ma una eonferma della legge idrostatica dei liquidi in tubi
comunicanti stabilita dal padre Gastelli. Quale poi sia la
forza che spinge all' insu il liquido nel tubo capillare, non
venne determinato dal Montanari, di essa si trova tracciao
menzione nella dissertazione del Gulielmini De Salibus, cbe
riconobbe una forza inlrinseca ne'liquidi, per la quale essi
si espandono, o s' inseriscono nei meati o nei pori dei eor-
pi. Essa fu detta nisus. E questa e la forza sulla quale in
modo specialissimo insistette il Fusinieri nella Teorica che
diede dei fenomeni capillari. Ugualmente fu il Montanari
incerto ed imbarazzato nel rendere ragione della depres-
sione del raercurio ne'tubi capillari. Lascio incerla la for-
ma della curva che prende il menisco convesso,, lascio pure
incerta 1' indole o la nalura di quella forza per la quale il
mercurio e spinto al basso. Io non riferiro le idee ch'ebbe
intorno all' influenza ch' esercita I' aria atraosferica nella
produzioue di questi fenomeni ; esse si risentono dellc dot-
trine del vuoto, ancora almeno in parte dominanti a quei
di, dclle quali non pote intieramente spogliarsi il Monta-
nari. La teorica impertanto dei fenomeni capillari rimase
imperfetta, ancorche avesse per esperienza riconosciuto
che I' innalzamento o la depressione de' liquidi era in ra-
gione reciproca dei diametri dei cannelli, purche fossero
ben mondi c tersi, cd ancora bagnati i tubi del liquido, co-
me nel caso del vetro c dell' acqua.
L' esperimento dclle due lamine parallele eseguito dal
Montanari, come abbiamo riferito al N. 19, aperse la via
— 820 —
ad Hauksbec a modificarlo nel seguente modo: egli inclino
le due lastre di vetro in guisa die avessero a formare un
angolo fra di loro, e vide che fra quesle famine il liquido
s'innalzava, o si deprimeva, assumendo la forma di una
curva iperbolica col concavo rivolto all' insu nel caso del-
I' aequa che bagna il vetro, e col convesso per converso ri-
volto all' insu, nel caso clie il liquido non bagna il solido,
come e del mereurio e del vetro.
In sul principio di questo secolo si e occupato speri-
menlalmenle il celebre Gay-Lussac dei fenomeni capillari.
Le sue ricerche pero non furono di troppo eslese, e si li-
mitarono ai diametri di 2 a 10 millimetri, come viene as-
serito anche in tutti i trattati di fisica, che si pubblicano
in Francia. Ecco le leggi che si attribuiscono per universa-
le consentimento al (isicn francese:
I. Vi ha iunalzamento quando il liquido bagna i tubi,
ed abbassamento se non li bagna.
II. Questo innalzamento e questo abbassamento e in
ragione inversa dei diametri dei tubi.
III. L 'innalzamento e I' abbassamento variano secondo
la natura del liquido, e secondo la temperatura, ma sono
indipendeuti dalla sostanza dei tubi, e dalla grossezza delle
loro pareti, purche siano state precedentemenle bagnate.
Confrontando questi risullamenti con quelli del Mon-
tanari chiaramcnle si scorge, come il fisico italiano aves-
se veduto al di la dei limili descrilti dallo sperimentatorc
francese. Eppure nei trattati che si pubblicarono nella pe-
nisola viene intieramente dimenticato il Montanari, e tutto
I' onorc e attribuito in queste ricerche al Gay-Lussac. ft
dolorosa cosa vedere come i tisici della penisola siano cosi
poeo curanli delle glorie della palria comime, e cosi poco
riconoscenti agli studii di que'sommi, che hanno aperta la
— 821 —
via alle ricerche degli stranieri. E merilo tuttavia del Ga\
Lussac di averebene determinate die rinnalzamentoo I'ab-
bassaraento dei liquidi nei Uibi capillari e indipendeote
dalla pressione dell' aria atmosferiea ; avcndo egli eostanle-
mente veduto non esservi differenza scnsibile fra I'espe-
rienze eseguite nol vuoto e sotlo la pressione ordinaria.
La forma del menisco per il Gay-Lussac fu emisferica,
senza che pero I' avesse graficamente determinata. Ammi-
se il fenomeno della capillarity come una conseguenza
della forza altrattiva tra le molecole del liquido, e quelle
del liquido e del solido. II Gay-Lussac avviso, che nelle la-
mine di vetro collocate a piccola distanza parallelamente
fra di Ioro 1' innalzamento e I' abbassamento sono in ra-
gione inversa della distanza che le separa, ma clie pero
questo innalzamento o depressione e la meta di quella che
ha luogo nei tubi di un diametro uguale all' intervallo che
separa le lamine.
Io qui riferiro la labella delle depressioni del mercurio
nei tubi capillari quali furono determinate dal iisico fran-
cese, e che vengono riferite in tutti i trattati di fisica come
ind ubit ate.
— 822 —
TABELLA dclle depressioni del mercurio net tubi
capillari di 2 a 10 millimetri.
Diamelri
dei tubi
in millimetri
Depressione
in
millimetri
Diamelri
dei lubi
in millimetri
Depressione
in
millimetri
9
2,6
3
3,5
4
4.5
5
5,5
6
4,454
3,568
2,918
2,442
2,068
1,774
1,534
1,337
4,171
6,5
7
7,5
8
8,5
9
9,5
40
4,030
0,909
0,803
0,712
0,632
0,562
0,500
0,445
A questa tabella possiamo noi far tener dietro qualche
risultamento dello stesso fisico fraocese sopra I' innalza-
meoto de' liquidi. Comunemente nei trattali si riferiscono
1'esperienze fatle sull'acqua, sull'alcool, e suli'esscnza di
trementina in tubi di diametri poco differenti fra di loro,
come di lmm,2944 a im,n, 9058. L'acqua presa alia tempera-
tura di 8°,5centig., nel primo lubo s'innalzo di 23""", 1654,
e nel secondo si sollevo di I5mm, 5861 ,sccondo Gay-Lussac.
L'alcool alia tempera tura 8° C. e della densita di 0,8196
si sarebbe innalzato di 9mm, 1825 e nel secondo tubo di
6'"m, 4012. Nelle esperienze di Gay-Lussac si riscontra di-
fetto di estensione a diamelri mollo differenti, e difetlo an-
— 823 —
cora di una rigorosa precisione nel calcolo dei risultamenti
oltenuti. Queste imperfezioni non furono tenute ncl dovu-
to conto dai fisici contemporanei, i quali anzicbe occuparsi
della parte positiva e sperimentale si abbandonarono alle
astratte speculazioni. Noi infalti dobbiam rieordare cbe
non mancarono 1' equazioni d' insigni geometri, cbe stabi-
lirono eon tutta sieurezza le condizioni di equilibrio uei
fenomcni capillari. Essi furono teoricamente discussi da
Hauksbee davanti alia Socielti reale di Londra (Sperienze
Fisico-meccaniche, Firenze 1712); da Newton (Optices,
quaestio 51), da Jurin (Lecons de physique experimentale,
par Cotes pag. 410); da Vietbreckt (Tentamen theoriae qua
asccnsus aquae in tubis capillaribus explicatur, Commen-
tarii Act. Petrop. T. VIII e IX); da Segner (Commentaria
Societalis reijiae scicniiarum Gottinguensis T. I); da Clai-
raut (Theorie de la terre) ecc. Questo autore ba per il pri-
nio determinate ed analizzale le direzioni delle risultanti,
e il modo di azione delle forze particolari, cbe coinbinan-
dosi colla gravita produeono questa derogazione alle leggi
abituali dell' equilibrio dei fluidi incompressibili. Sopra que-
sto insieine di dati, cbe avviso essere bene stabiliti,, formd
esattamente l'equazione cbe avesse ad assicurare 1' equili-
brio interno del liquido in questo caso complesso ; ed indi-
co non meno esattamente la condizione che dovesse espri-
mere quella, die lo avesse a stabilire alia sua superficie li-
bera (Theorie de la figure de la terre pag. 105 ecc.). Ap-
presso Young in Ingbilterra ( An essay on the cohes. of
fluids. Phil. Trans. Dec. 20, 1807); e Laplace in Francia si
studiarono di fornire una teoria generale dei fenomeni ca-
pillari. Questi applicando al presente problema meccanico
dei processi di analisi divenuti piu potenti, penetro molto
piii profondamente oegl' intimi particolari, e facendolo di-
— 824 —
peodere da forze molecolari, 1'effelto delle quali 6 iuscnsi-
bile atl ogni distanza sensibile, nclla medesima ipotesi della
incompressibilitadei iluidi, elf esse sollecitano, giunsc a col-
legare colle sue formole 1' insieme di tutti i fenomeni ca-
pillari osservati fino allora, e precipuamente da Gay-Lus-
sac, con una sicurezza di connessionc eosi fedele, da po-
lerli rappresentare in nunieri lino agli ulluni limiti di pre-
cisione, chc Ic esperienze del suo tempo avevano fornito.
Egli risguardo la densita della massa fluida perfettamente
uniforme ( Stir faction capillaire supplement etc. du
Traite de mecaninue celeste, et supplement a la thcorie de
V action capillaire. - Mecanique celeste, T. IV, Paris 1805),
per eui Biot ebbe a scrivere: « allorche una serie nume-
rosa di fenomeni si trova ricondotta a una medesima cau-
sa naturale, Y esistenza della quale e incontrastabile, e die
ella risponde perfettamente in tutti i suoi particolari col
mezzo di un calcolo il piii rigoroso, ella esce dal dominio
della fisica volgare, e forma un insieme di verita matema-
tiche. Tale deve ora essere considerata la teoria dei feno-
meni capillari (Biot, Extrait du supplement a la Iheorie de
taction capillaire; Journal de physique T.LXV,an. 1807); »
ma frattanto Brunacci in Italia ebbe a combattere la teo-
ria di Laplace, come quesli si oppose a quella di Clairaut,
e Clairaut al metodo di Jnrin (Giornale di fisica di Pa-
via, 1825). Gauss riprese appresso laquestibne sotto il pun-
to di vista di un problema generale idroslatico, come ave-
va fatlo Clairaut, improntando da Laplace il carattere spe-
ciale della forza_, e la condizione d' incompressibilita; poi,
avendola sottoposta in quesli termini ad una analisi chc
lullo intiero lo abbracciava nella sua astrazione la piu
eompleta, egli giunse a tutti i risultamenli di Laplace, ma
scevri delle diffieolta dei detlagli, che (jucsto gran genio
— 825 —
avcva riscontrate nel medesimo, e lo ebbe a depurare da
lulle le obbiezioni die si sarebbero polute muovere conlro
il procediraento del calcolo che egli avcva impiegato nello
sviluppo delle diverse parti (Gauss, Principia generalia
theoriae fluidorum in statu equUibrii. Comment. Soc. scient.
Gottingensis, Vol. VII, an. 1820). Non ostante questa ge-
neralissima matematica risoluzione del problema, Gauss
nobilmenle ebbe a dire : Vastus adhuc campus supcrest,
novum messcm pollicens. A questi memorandi lavori suc-
cedettero quelli di Poisson, che in un' opera cstcsissima
speciale di un grosso volume ha prcsenlato una nuova
Icoria dell' azion capillare, nclla quale amnicUc, come i
suoi prcdecessori, 1'eslinguimcnto sensibilc di quest'azionc,
ad ogni sensibile distanza. Egli aggiunse la variability della
densita del fluido prcsso alia sua supcrficie limite, variabi-
lity eh' egli riguarda cosi essenziale ai fenomeni capillari,
cbc in sua sentenza questi fenomeni non potrebbero aver
luogo se non esistcsse: « Tuttavia, dice il relatore IJiot, sia
che per una singolare combinazione di circostanze, della
quale abbiamo altri esempii, che da principii cosi diffe-
rent! si sieno potute dedurre conseguenze matematiche si-
mili, o che la condizione inlrodotta da Poisson non sia ef-
fettivamente cosi indispensabile quale egli la suppose, le
formole flnali ch' egli ottenne sono identicamente le stesse
di quelle di Laplace. »
Che Poisson sia giunto alle identichc formole di La-
place, a me non reca meraviglia di sorta. I principii che
chiama Biot cosi differenti, non lo sono che in apparenza,
perche lanto Poisson che Laplace risguardarono le varia-
zioni di densita come un effetto delle variazioni di tempe-
ratura. II calcolo fu conseguente a se stesso, non cosi i
malemalici che I'hanno interprelalo. II calcolo ha detto,
Serie 111. T. 1. 107
— 820 —
che si e prcso il calorico come funzionc di variazione di
densita da ambedue gli scrittori. L' innalzamento di un
fluidoj scrisse Laplace, eke bagna perfeltamente le pareti
di un tubo capillare, e, a diverse temperature, in ragione
diretta delta densitd del fluido; e Poisson, che net medesi-
mo liquido a differenti temperature I' innalzamento del
punto inferiore del menisco cresce proporzionalmente alia
densitd. Cio che fa credere che la forza ripulsiva del calo-
rico, o almeno la sua variazione non ha che un' influenza
insensibile suit' innalzamento capillare (Nouvelle thcorie
de I" action capillaire).
In mezzo a lanle teorie, nessuna delle quail risponde
esattamente ai risullamenti sperimenlali, l'accademia delle
scienze delfistiluto di Francia propose a prernio pel 1854
il seguente quesito:
« Riprendere Tesame comparative delle teorie relative
ai fenomeni capillari; discutere i principii matematici e
fisici sopra dei quali furono fondate; indicare le modifica-
zioni ch'esse possono richiedere per adattarsi alle circo-
stanze reali^ nelle quali questi fenomeni avvengono;e con-
frontare i risultamenti del calcolo con esperienze precise
fatte enlro i limiti dello spazio misurabili in tali condizio-
ni, che gli effetti ottenuti in ciascuna di loro sieno co-
stanti.
II premio e una medaglia d' oro di 5000 franchi^ e le
inemorie devono giugnere alia segreleria dell'accademia in-
nanzi al l.°di aprile 1 85 i ( Comptes rendus, T. XXXV,
pag. 917, seance du 20 decembre 1852). » La disamina di
una tale questione deve certo apportare degli utili risulta-
menti; e sotto questo punto di vista abbiam fatto e faccia-
mo applausi alia proposta dell' accademia; ma di una teo-
ria perfetla raatematica, die risponda esattamente ad ogni
— 827 —
singolo fenomeno io bo disperalo e luttavia dispero asso-
lulamente. La capillar! ta e una funzione di molte influenzo
variale; di clettricita, di calorico, die si svolge noil' alto
che il liquido bagna il solido, e di piu evapora, e il vapore
sovrastante meccanicamente premendo diminuisce lascen-
sione del liquido. Bisognerebbe malemalicamenle determi-
nare la forma di qncsla funzione, per trovare il valore di
quesla forza. Ecco dove dovcvano e devono essere rivolti
gli studii di que'valorosi ehe desiderano trovare le coslanti
del problema, addimandate dall'accademia. Quesle costanti
sono tutlavia un desiderio dell' accademia delle scienze di
Francia, perche nessuno ancora vi corrispose degnamenle,
e il programma si trova tutlavia aperto pel 1857 a quei
valenti che credono poterlo sciogliere, il quale ha il suo
fond amen lo nell' azione reciproca molecolare dei solidi e
de' liquidi, che e susseguita da que' Iavori meccanici che
noi sogliamo contraddislinguere colle denominazioni di ca-
lorico c di elettricita.
Bisogna che sia sperimentalmente da prima ripreso in-
tieramenle il lavoro; altrimenti manchera esso di solida
base, e per elegante che fosse per essere la sistematica co-
struzione, sarebbe essa sempre vacillante e contraddetta.
Le leggi dale comunemente in tutti i tratlati sull' autorita
de1 fisici e de' calcolatori sono veramente inconlrastabili ?
Possiamo noi dire, secondo lo stato attuale della scienza:
/' altczza dell' ascensione c in ragione invcrsa dei diame-
tri dei tiibi, e dello spostamento nelle lastre par allele ? E
il liquido s' innalza la meld meno fra quesle che nei
tubi di un diametro ugualc alia loro distanza? Le espe-
rienze che fece Simon di Metz, ahi troppo improvvisamen-
te rapito alia scienza! hanno dimostrato I'inesattezza di
queste leggi, sulle quali tanti inulili sforzi comparvero del-
— 828 —
la polcnza del calcolo. Le formole si succedettero le une
alle altre; I' edificio pareva completo; ma in un istante fu
rovesciato da Simon. Egli ha verificato, che i ascensione e
sensibile nei tubi di 28 a 50 millimetri di diametro; che il
rapporto del diametro del tubo all' altezza delta colonna
non e costante, vale a dire che I' altezza non e in ragione
inversa del diametro, e che, per conseguente, la legge am-
messa fino al prescnte non e esatta ; che paragonando i
grandi diametri ai piccoli, la colonna aumenta sempre di
altezza di una c/uanlild piii grande che non indica i/uesta
legge, ma di una quantitd che va sempre decrescendo a
misura che si fa trapasso dai piii grandi ai minori diame-
tri; e per esprimere 1' andamento in una maniera piu esat-
ta, bisognerebbe dire in senlenza di Simon : che I' ascen-
sione e in ragione inversa del diametri, aggiungendo alia
colonna di acqua una quantitd, che decrcsce a misura, die
la si considera in tubi piii slrelti. Peecato che Simon ab-
bia fatto uso di un procedimento indiretto, vale a dire, che
abbia dcdolle le altezze delle colonne liquide da un altro
fenomeno strettamente legato con esse. Per I' ascensione
fra due lamine parallele Simon ha ritrovato, che comincia
a rendersi sensibile alia distanza di 23 a 24 millimetri, che
ella cresce piu rapidamente che non indica il rapporto in-
verso della distanza ail' altezza; ch'ella segue una progres-
sione simile a quella che ha luogo pei tubi, e che questa
ascensione e molto minore della meta di quella dei tubi di
un diametro uguale alia distanza delle lastre. Tra lenume-
I'ose esperienze non ha potuto avere neppure una sola me-
dia che sia stala rapporto all1 ascensione nei tubi : : I : 2;
per cui Simon conchiude: che i altezza alia quale s'innal-
za nn liquido fra due lamine parallele, paragonata a quel-
la alia quale s' innalza nei tubi, in luogo di essere net
— 829 —
mpporto di I a 2, come si ammette, e in quello di una
a tre, o meglio ntl rapporto del diamelro alia circonfe-
renza: : I : 5,-14-1592.
Era importante di verificare se I'iperbola costituita dal-
I' ascensione del liquido fra due laraine formanti un angolo
fra di Ioro, riproducesse ancora la progressione, cli' ebbe
riscontrata nei lubi e nelle lastre parallele. Dopo avere ge-
nerate questa iperbola, n'ebbe fedelmenle a disegnare la cur-
va sopra una delle lastre, e il livello dell' acqua esleriore ;
delermino l'angolo clie facevano le lastre, a f fine di conch iu-
dere alia distanza eorrispondenle ai different! punli, pei qua-
il si misurava l'elevazione dell'acqua : si e potulo per ugual
raodo assicurarsi, clie 1' ascensione presentava ancora la
medesima progressione. Ma egli qui scoperse, che per la
medesiina distanza, l'altezza varia in pari tempo, che 1'an-
golo formato dalle lamine.
Si deve osservare, che questa progressione e digia in-
dicata nelle tavole che Hauksbee diede intorno a questo
argomento. Tuttavia questo fisico non dedusse questa con-
clusione dalle esperienze, che fece sull' innalzanienlo del-
F acqua fra le laraine, come risulta evidenteraenle dalle
esperienze e dai numeri, che egli ha riferiti nella sua
Memoria sopra questa questione. (Recherches sur la capil-
larity par M. Simon de Melz ; Comptes rendus, torn. XII ,
pug. 892, seance du 17 mai 1844. Annates de chimie et de
physique, serie 5, t. XXXII, pag. 5, an. 1851.)
La temperalura avendo un' influenza notabile nei feno-
meni intermolecolari, Simon trovo necessario di ricercare
quale sia la legge di questa influenza sull' ascensione eapil-
lare. Per raggiungere questo scopo, Simon adopero una
lampada a spirito di vino, collocata sotlo la capsula che
eonteneva I' acqua, nella quale faceva pescare il tubo, e 4a
— 830 —
Gamma era regolata in modo, die I' acqua conservava il
medesimo grado di temperatura per 1' inliero corso di una
esperienza. Da un numero stragrande di esperimenti, olio
Simon fece con tubi di diametri differenti, ha concbiuso,
che 1' asccnsionc dell' acqua e in rapporto mverso alfin-
nalzamenlo di temperatura, presa tanto in prossimila al-
l' ebollizione, che al massimo di densita dell' acqua. L'altez-
zadella colonna a 0° ca quella, die si osserva a 100° : : 4 : 5;
in modo che conoscendosi 1' allezza per un grado qualun-
que di temperatura, sara sempre facile di conchiudere
quella propria a 0°, o a qualsivoglia altro grado, poiche
rappresentandosi con 400 1' elevazione a zero e con 500
quella a 100°. C, l'elevazione per un grado qualunque sa-
rebbe sempre 400, meno questo medesimo numero di que-
sti gradi centigradi.
Questo rapporto di 4: 5; di 1,55 cbe da 1' esperienza,
conduce a pensare che la densita dell' acqua e la causa, che
produce questa differenza di ascensione ; infatli, prosegue
Simon,, un volume di acqua aumentando di 0,0 4GG per 100
gradi di temperatura, ne risulla, che una colonna d' acqua
essendo 1 a zero gradi, sara 1,56 a 100°. cv rapporto as-
sai vicino al rapporto medio delle esperienze di Simon, die
e 1,545. L' ascensione e adunque, conchiude Simon, in ra-
gione direlta dalla densita, o in ragione inversa dello spos-
tamento dalle molecole liquide. Tuttavia non bisogna con-
chiudere da cio, prosegue Simon, che sia la stessa differen-
za di densita, die produca la differenza di elevazione a di-
verse temperature, perche si puo ancora notare, che la
viscosita, o meglio che la proprieta che hanno i liquidi di
estendersi in veli, e ancora legata alia loro densita e alia
loro temperatura. D'altronde cio che prova non avere una
influenza esclusiva nel fenomeno e, che per far variare la
— 831 —
colonna di ascensione, bas'ta cangiare la tempera tura dell a
parte la piu elevata di questa colonna. So, per esempio, si
avvicini un corpo incandescente, o si diriga sopra di questo
punto un gelto di liamnia eol mezzo di un cannello ferru-
minatorio, si vede toslo, clie la colonna discende rapida-
mentc lino al punto in cui essa rimane immobile, anche
allorquando I' acqua della parte superiore del tubo pare in
ebollizione. Risulla da questo die 1' ascensione dipende
principalmenle dallo stato delle molccole die forniano la
sommila della colonna d' acqua. II procedimento indiretto
di Simon lascio il dubbio nelle menti dei lisici, cbe possa
esscre intervenuta ['influenza di qualche cagioue perturba
trice sconosciuta.
Brunner, nel 1 847, ritrovo die per un dalo innalzamen-
to di teuiperalura, 1' innalzamento capillare diminuisce in
un rapporto maggiore di quello voluto dalla densita. Egli
scopri la proporzionalitd tra le variazioni di capillarild e
quelle della temperalura, e da tutte le sue esperienze de-
dusse questo fatto importantissimo : che il calorico eserci-
la un1 altra axiom sulla ascensione dei liquidi divers a da
quella delle variazioni di densita. Ma Brunner, ancorcbe
abbia riconosciuto die la coesione e 1' effetto di due forze
ben different!, altrattiva I' una, ripulsiva I1 altra, cbe ope-
ra in direzione opposta alia prima., e cresce di energia
colla temperature, non seppe applicarla nella teoria dei
fenomeni capillari. Biconobbe pero che in certi casi il rap-
porto fra queste due component] soggiace ad un cangiamen-
to eosi considerable, che i fenomeni non si accostano piii
al calcolo fondalo sull' ipotesi della sola forza attrattiva
molecolare (Archives des sciences physiques T. IV, pag. 121,
an. 1847. Recherches sur les variations de la cohesion des
liquides a differentes temperatures, par C. Brunner fds.
— 832 —
Danger Del 1 848 riconobbe la disarnionia (ra i risul-
tamenli del calcolo e quelli positivi ne' suoi esperimenti
sulla depressione del mercurio (Comptes rcndus T. XXVII,
pag. 581; an 1848. — ■ Note sur la hauteur des menisques
que presente la surface du mcrcurc contenu dans les vases
en verre, par Banger).
Simon ne' suoi esperimenti non aveva studiato, clie il
caso dell1 innalzamento, c non quello delle depressioni. Es-
se adunque pei teorici Iasciarono ancora posto ad un dub-
bio, e percio era sommamente a desiderarsi, che nuove
misure dirclte delle altezze dei liquidi nei tubi assai ristret-
ti fossero istiluite nel doppio caso della depressione e del-
T aseensione. Ora e cio ehe Bede venue ad eseguirc con
molla sagacita (Sur /' ascension de I' eau et la depression
du mercure dans les tubes capillaires par M. Emile Bede. —
Rapport de M. Plateau. — Bulletin de I'acadcmie de Bruxelles,
t. XIX, n.° 8, Seance du 7 aout 1852). Le esperienze di Bede
fiirono fatte sul mercurio e sull'acqua in tubi divelro in nu-
mero di 25 ; per il mercurio il maggior diametro fu di
5n,m,028, e il piii piccolo di 0""",075 ; per 1' acqua il mag-
gior diametro fu ancora di 5mm,028, e il piu piccolo di
0mm,09-4. «i 1 risultamenti , scrisse il relatore Plateau, clie
Tautore otlenne riguardo al mercurio, dopo avere eseyuite
le piccole correzioni) che indica la teoria, banno compro-
vato che quanto ai fenomeni di depressione si puo riguar-
dare la legge della ragione inversa del diametro come sen-
sibilmente soddisfatta, parlando del diametro massimo di un
millimelro. Infatti, se questa legge e rigorosa, il prodotto
della depressione per il diametro, o per il raggio, dovrebbe
essere una quantita costanle; ora moltiplicando ciascuna
depi'essione pel raggio corrispondente, 1' autorc ha Irovato
dei numeri che non presentano fra di loro che delle difl'e-
— 833 —
renze jioco considerabili, e dislribuite in una maniera irre-
golare, aluieno fino clie il diametro e ioferiore al limite
massimo anzidetto, o che lo oltrepassi di poco. Per ricono-
scere se questi prodotli, che sono in numero di dodici, han-
no una tendenza all' accrescimento procedendo dal mag-
gior diametro al piu piccolo, 1' aulorc ha calcolato le me-
die rispettive dei sei primi e dei sei secondi, cio clie gli
diede i numeri 4,808, e J,886. V ha dunque, come e chia-
ro, un aurnento, ma egli e picciolissimo, e non eccede pro-
babilmente quello, che si dedurrebbe dalla teoria, se si po-
tesse integrare la equazione della siiperficie capillare. »
lo osservo qui in queslo brano lo spirito sistematico,
dal quale e guidalo Plateau.
Per la depressione delle colonnc liquide e inchinevole
ad ammettere la legge della ragione inversa dei diametri ;
ma luttavia conl'essa, die e limilala al diametro massimo
di un millimetro, die ancke in quel limiti bisogna fare
quale he correzione, e die ad onta di queste correzioni non
si ha una verificazione esalla e precisa della legge. L'esat-
lezza della teoria non e giudicata dai risultamenti speri-
mentali ; e l'esattezza dei risultamenti sperimentali, eh' 6
giudicata al tribunate dell' inflessibile teoria.
Non ostante tali sforzi prosegue a dire: « Che eosa si
deve pensare fratlanlo di questo disaccordo fra la teoria e
f osservazione, disaccordo che non puo derivarsi dal modo
di sperimentare, poiche i due iisici che V hanno osservato
procedettero con inetodi assolutamente difterenli? Bisogna
ammettere un difelto nella teoria, o bisogna credere che
v' abbia nella esperienza qualche causa di errore insepa-
rabile da questo genere di ricerche e indipendente dalla
leoria ? II principio fondamentale di La-Place concernente
la pressione esercitala da un liquido sopra se stesso in vir-
Seric HI. T. 1. lOS
— 834 —
iii dell' attrazione reciproea delle sue molecole e cosi pie-
namente verificata dalle mie stesse esperienze sulle masse
liquide sottratte all' azione del peso, ch' egli mi e impossi-
bile di concepire il piu piccolo dubbio riguardo questo
principio e alia sua applicazione ai fenomeni capillari; io
sono convinto, die il disaccordo, del quale si Iratta, non
sia che apparenle. »
« Ora una considerazione sommamente semplice, cbe
io ebbi a comunicare a Bede, e della quale egli rende conto
nella sua memoria, suggerisce infatli una nuova correzio-
ne, cbe devono necessariamente subire i risultamenti os-
servati, e che li puo far rientrare sotlo il dominio della
leoria. »
Ecco questa considerazione .-
« La conseguenza che si deduce immedialamente dalla
leoria si e, che 1 altezza della colonna sollevata in un tubo
suflicienlcmenle slretlo, e precedentemente bagnato, e in
ragione inversa del raggio dell' emisfero cavo, che conter-
mina superiormenle questa colonna. Ora questo emisfero
essendo langente col suo contorno alio slrato liquido, che
bagna la superficie interna del tubo al di sopra della colon-
na, il suo raggio e evidentemenle quello del tubo diminuito
della grossezza dello slrato bagnanle. Perchts 1' altezza
della colonna sia in ragione inversa del raggio, o del dia-
melro del tubo stesso, bisogna adunque considerare se la
grossezza dello slrato di cui si tralla sia al lutto Irascu-
rabile, e niente ci aulorizza ad amineltere questo; questa
grossezza e certainente assai piccola, ma in fine, essa non
e nulla, ed ammeltendo, ci6 che e ben probabile, ch' ella
sia sensibilmenleindipendenle dal diametro del tubo, egli
e chiaro, che prendendo dei tubi di piii in piu slrelti si
giungera sempre a dei valori del diametro, al dissollo dei
— 835 —
quali essa non potra essere trascurata : poi ad allri, al di
sotto dei quali essa avra una grandissima influenza. Ebbe-
ne, basta supporre la grossezza in questione uguale ad un
millesiino di millimetro, cid che e eertamente ammissibi-
lissimo, perche effetluando i prodotti delle altezze osserva-
te da Bede pei raggi corrispondenti calcolati in quella ipo-
tesi, si otlengano dei risullaraenti, 1' accrescimenlo dei
quali sia debole come nel mercuric Per vero dire Bede
fece pure una serie di osservazioni sull' ascensione del-
I' acqua nei tubi non preccdentemente bagnali, ed i pro-
dotti risultanti lianno dinioslrato un acerescimento con-
siderabile; ma, come fa notare 1' autore, e come puree
conosciuto, v' l>a qui in questo genere di esperienze una
causa perlurbatrice proveniente dalla difflcolta, che incon-
tra l' acqua ad eslendersi sulla superficie del vetro, quando
questa super6cie non c tutta fresca, come sarebbe quella
prodotta da una frattura. Fu per garanlirsi da questa cau-
sa perturbatrice, die Gay-Lussac bagno i tubi, dei quali si
valse. Bede propose di ritornare su questo argomento.
V ha ancora nella memoria di Bede un altro punto
notabilissimo, che sarebbe ben degno che venisse conl'er-
mato. Nella serie delle esperienze relative al mercurio, e
in quella che si riporta all' acqua nei tubi bagnati, oltre ai
tubi che hanno fornito dei prodotti regolari, dei quali si e
detto, ve ne sono alcuni che danno dei prodotti notabil-
mente troppo i'orli o Iroppo deboli; ora, questi tubi aven-
do delle pareti mollo pi 11 grosse o molto piu sotlili di quelli,
ai quali corrispondono i prodotti regolari, I'autore ha con-
chiuso, che contrariamente a cio,ch e ommesso, lo spessore
delle pareti abbia un' influenza apprezzabile sopra i fcno-
meni. Plateau si mostra inchinevolissimo ad ammelbMv,
che il valore del ra^io ,li attivita sensibile dell' attrazione
— 836 —
molecolare non e cosi miaimo come si pensa ; fratlanto,
come i risultamenti eccezionali di Bede condurrebbero ad
estendere questi valori a' varii millimetri, cio che mi sem-
bra ben difficile ad ammeltere, e come d' altra parte questi
medesimi risultamenti sono in picciolissimo numero., mi
sembra probabile che Ie anomalie die presentano, siano
dovute a qualche causa accidenlale. Cosi Bede ammetle la
conclusione con riserva, ed annunzia I' inlenzionc di solto-
porla piii tardi a nuove prove. »
Aggiungeremo noi qui che per quei fisici, che ammet-
tono che 1' attrazione molecolare si eserciti in ragione in-
versa delta potenza della distanza ben superiore al qua-
drato un raggio di attivita di piu millimetri e completa-
mente inammissibile; ma peri partitanti della teoria di Se-
guin, che non ammelte che le sole altrazioni, in ragione
inversa del quadrato della distanza, questa inammissibilita
non si presenta cosi grave.
Frattanlo che cosa io debbo soggiungere? Che la dot-
trina dei lubi capillari e tuttavia circondata da gravissime
difilcolla, difflcolla che io non ho poluto far svanire nep-
pure coi miei esperimenli, che ora vengo a descrivere. Io
feci eostruire due apparali capillari, I' uno pei liquidi, che
bagnano i solidi, e l'allro pei liquidi che non bagnano i solidi.
II primo apparato e formalo di 18 cannelli, il primo dei
quali ba il diametro di 9 millimetri, e I' ultimo di un deci-
mo di millimetre I loro diametri furono misurati coi mez-
zi migliori, che forniscono Parte e la scienza. E furono
tutti fissali ad un'asta, i quali, mediante il movimento di
una vile mierometrica, potevano tutti simultaneamente es-
sere alzati ed abbassati da poler tutti pescare in una va-
schctta di vetro collocala orizzontahnente , ripiena di
acqua dislillata.
— 837 —
Con replica ti esperimenti mi sono convinto dei segucnti
fatti :
I. Che costantemente I' ascensione del liquido eresee at
diminuirsi del diametro del tubo.
II. Che il diametro del tubo eoll' ascensione rispettiva
del liquido non da tin prodotto costante.
III. Che il prodotto e crescenle dal diametro di nove
millimetri fino a quatlro millimetri inclusivamente.
IV. Che il prodotto nei limili di una approssimazione
si pud risguardare costante tra it diametro di ire millime-
tri e quattro decimi di millimetro.
V. Che il prodotto e decrescente da Ire decimi di milli-
metro adun decimo di millimetro, limite de'miei esperimenti.
II secondo apparato e formato ugualmenle di 18 tubi ;
ma essi sono tubi comunicanti, V uno dei quali ha il dia-
metro costante di 9 millimetri, e gli altrivan decrescendo
lino a 7 centesimi di millimetro.
Da replicati saggi ho potuto qui pure raccogliere:
I. Che la depressione del mercurio cresce a mano a ma-
no, che il diametro del tubo diminuisce.
II. Che il prodotto formato dal due fattori, diametro
del tubo, e depressione del mercurio, non e costante.
III. Che il prodotto e crescente dal diametro di 8 mil-
limetri a due millimetri.
IV. Che il prodotto e decrescente dal diametro di tre de-
cimi di millimetro a selte centesimi di millimetro, limite
minimo de' miei esperimenti.
Le prove di queste deduzioni sono rappreseutale dai
numeri delle segucnti tabelle, nelle quali e espresso, che
gli esperimenti furono fatti alia temperatura di -+- lo° C,
e gli apparati indieati fanno ora parte della collezione de-
gli strumenti fisici dell' i. r. Universita di Padova.
838 —
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— 839 —
La legge imperlanlo stabilita dal Montanari e dal Ga)-
Lussac della ragione inversa dei diametri ri inane confer-
mata nei limiti ristretti di tre millimetri a quattru decimi
di millimelro pei liquid! che bagnano i solidi ; e di un mil-
limelro a quattro decimi di millimelro pei liquidi che non
bagnano i solidi.
La figura IV rappreseuta la disposizione dei lubi capil-
lari bagnati dal liquid o.
La fig lira V la disposizione dei lubi eapillari ehe non
vengono bagnati dal liquido.
II in. e. prof. Pietro Canal legge la seguente Me-
nioria inlitolata :
COISCORDIA DE MIT1 CON LA STOMA
QUANTO AI PBINCIPH DI ROMA.
Tentar nuovamenle il cupo fondo dun pelago gia
rimeslato c Dio non voglia intorbidato da molti, per ripe-
scarvi dopo tanti secoli quali sieno slate le stirpi, le sedi, i
legami de' varii popoli che edificarono e tennero I'antica
Roma, puo sembrar opera o disperala o poco riuscibile, non
pero inutile o poco fruttuosa in se stessa. Certo chi voglia
vedere per quali scale quella maravigliosa citta sia salita a
tanta sapienza di ordinamenti e a lanta potenza didomina-
zione, dee aflissare innanzi a tulto lo sguardo nelle sue ori-
gini; perche quella scuola di sapienza civile ch'ebbe Roma
da poi nel cozzo de' proprii ordini, l'ebbe da prima e, senza
dubbio, maggiore, nel concorso e nel cozzo delle diverse sue
stirpi, e di qui le vennero sin dal principio le frequcnti occa-
— 840 —
sioni delle piccole guerre e delle opportune alleanze che le
apersero la via a tanta grandezza. Ne e da credere ehe la
comun cerehia d' un solo muro sia stata suflicienle a can-
cellar cosi presto, com' altri disse, ogni distinzione di stirpe;
poiche, non ostantc i! comune comizio, e quel pugno di pa-
tria terra che ciascuna stirpe vi avea giltalo per dichiararla
patria e terra comune (1); non ostante il tempio di Vesta
falto da Numa religioso vincolo di civile unila, quasi foco-
lare comune d'una sola famiglia (2); la distinzione delle
stirpi tuttavia appare spiccatamente nelle vicende del trono,
durante i re, e piu tardi ancora negli aiuti prestati c dentro
e fuori di Roma agli scacciati Tarquinii. Che anzi da que-
ste tracce cosi profonde che non baslarono due secoli e
mezzo per canccllarle, cosi solenni clie stanno impresse nel
fatli piii grandi e piu cerli dellintera citta, dee pur venire
qualche buona speranza di cogliere il vero sin nell' origine.
Basta non volgersi ad ogni ciancia, massimamenle di quei
greci scriltori clie delle cose romane toeearono solo per
transilo; e rispetto a' miti in cui e involta la piu anlica sto-
ria, cio che importa innanzi a tutlo e distinguere il puro
simbolo, ch'e testimonianza anticliissima e pubblica, dai
falsi fregi che vi appiccarono poi le fantasie del popolo e dei
poeti, e dalle audaci opinioni d'aleuni storici che, per to-
gliere ogni faccia di menzogna a cio che narravano, diedero
in cambio di tradizioni patrie le proprie interpretazioni. Ne
i< gran fatlo difficile nella piu parte de' miti a poter discer-
nere 1'antica e schietta tradizione dai novi fregi; perocche
i! posticcio non ha mai intimo e necessario legame, e si con-
fessa da se per un certo studio d'abbellimenlo che ne tras-
(d) Plutarco in Romolo.
(2) Plutarco in Numa.
— 844 —
pare: quanto 6 poi agli storici che sostituirono ai raiti le
proprie interpretazioni, per buona ventura furono quasi
sempre di si buona fede da renderoe avvisato il lettore; e
poniam pure die qualche volta non I'abbiano fallo, tanta
fu universalmente la loro imperizia nella spiegazione dei
simboli, ch'e quasi impossibile esserne tratti in errore. Del
resto, i loro sforzi per diciferarli, mentre sarebbe stata cosa
piu sbrigativa ed agevole ancbe per loro, come per alcuni
modern!, giudicarli fole e beffarsene, ci lascia vedere su che
ferme basi di antica e universale credenza li conosceano
fondati ; e la stessa loro insufficicnza nel dar colore di ve-
rita a' miti, ci rende insieme testimonianza della lor buona
fede. Ora il promettersi a' di nostri di passar dentro a quei
veli piii facilmente, e meglio che non avvenne agli antichi,
non e vana presunzione dopo tanti esami e riscontri delle
storie miliche di quasi tutti i popoli: solo sarebbe follia
pensare che il linguaggio assimilativo e pero generico dei
miti potesse recarsi a narrazione certa e compiuta, dove non
sia una convenzione gia nota, o un necessario legame con
la storia narrata che lo determini. Che se la storia ondeggia
fra incertczze e variola di racconti, chi non vede qual pre-
valenza d'autorita possa acquistare da' miti quel racconto
che piu consuona con essi? Non sara adunque senza ra-
gione se in tanta discordia d'opinioni, quanta fu tra gli
antichi ed e piu assai Ira' moderni, intorno ai principii di
Roma, chiamero in aiulo anche i miti, e avro per suggello
di verita la concordia del racconto con essi e coi fatti piu
accertati e piu grandi dei tempi da poi. L'opinione, a cui
giungeremo per queste vie, non e nuova nella sostanza :
alcun che di nuovo potra forse avere in qualche sua parte;
ma non ardisco dire no in quali ne quanto ; che in tanta
copia di scritli intorno a questa materia chi puo assicurare
Scrie III, T. I. 409
— 842 —
d'aver detto cusa non delta prima da allri? A ogni modo
noi non cerchiamo il nuovo, ma il vero; e Io stesso vero in
si fatte indagini 6 pur troppo simile al Proteo virgiliano,
che, quando credesi averlo ben ben legato e costretto per
viva forza a parlare, si trasforma per mille aspetti e ci fugge.
Coneedetemi innanzi tratto che, Iasciando per un istante
da parte tutto cio che narrasi o favoloso o vero chesiaiu-
torno ai principii di Roma, io imagini ora d'aver sottocchi
una carta ove sia disegnala la positura di quella citta e dei
paesi che la circondano; e considerata solo la natura dei
luoghi e la condizione de' popoli che li tenevano, domandi
ineeo a me stesso, chi furono i fondatori di Roma? Ne vi
paia troppo subita e presuntuosa questa domanda; ch'io
non iqtendo che la risposta abbia a passaro in giudicato;
ne pretendo acquistarmi con si picciol costo piena certezza,'
ma tanto o quanto di probability ; ne creare indovinando
la storia, ma esaminarla. Or bene, ehiediamo pur franca-
mente seguendo con gli occhi le tracce di quella carta, quali
fossero i fondatori di Roma. Tulto il paese di sopra e a po-
nente veggo diviso fra due popoli numcrosi c forti, semina-
lori ambidue di lontane colonie, dico i Sabini e gli Etruschi;
poiche la teslimonianza di Livio e di Festo (I), e il fatto dei
sette patji di la dal Tevere tolti da Romolo a' Veienti paiono
assicurare abbastanza che tutta la regione trastiberina, pri-
ma che sorgesse Roma, era in poter degli Etruschi. Veggo il
Tevere che segando quel paese e accogliendo in se l'Aniene,
dovea formare una via che conducesse ambedue quei popoli
a trovar nei colli di Roma un naturale confine e una tal-
e si nomano
i figli dal padre, le case dal possessore: al qual vezzo diedero pur qual-
che appicc potremo noi dubitare cbe nel mito dei
due gemelli non sia narrata eon altri nomi la sloria stessa
cbe narrasi in Romolo e Tazio? Chi non confessera cbe il
falto delle mura di Romolo, saltale da Remo, e una cosa
con f occupazione di una parte della romulea cilta, opera-
ta dalle armi sabiue sotto la guida di Tazio ;e cbe la ven-
detta presane, oltre ad ogni termine di giustizia e di fratel-
levole amorc, dull1 irato Romolo, non e altra cosa dalf uc-
cisione di Tazio, per cui riscuotesi la parte latina e Romo-
lo siede solo nel doppio trono? Veroechea Tazio non par
convenirc ne il dirsi gemello, cioe coetaneo di Romolo, ne
I' assegnarglisi a stanza I' Aventino, ne I' affermarci cbe
primo vi abbia avuto gli auspicii, tuttoehe men numerosi.
(l)Diouis. II, 48.
(2) Le arti usate da Numa per espiare i fulniini del Giove Elicio, e te
difficulta trovate per riuseiivi, ci attestant aneh'esse, come ho gia nota-
to, che la prima Koma era latina e parte della confederazione latina, e fu
per esserne esclusa quando si uui co' Sabini.
— 802 —
Ma che ? Preteaderemo adunque die in una novella affi da-
ta per molte eta alia memoria del popolo e a pochi e scarsi
monument! di canti religiosi, donde poi la raccolsero ed
ordinarono a loro senno i poeti e gli storici, non abbiavi
ad esser nulla di alterato, nulla di trasposto, nulla di ag-
giunto ? E poi quali son finalmente queste diserepanze
fra la storia e il inito? — Tazio si fa coetaneo di Romolo;
e pure entro piu tardi a dividere con esso il regno. — Ma
ce lo dice ancbe il raito ; se uon \ogliam credere cbe Ptemo
abbia sallato le mura di Romolo prima cbe fossero edifi-
cate. Del resto se ne fa gemellOj perche tal mostrava nel
simbolo dei due poppanti, die raescolossi goffamenle con
la sua cbiosa. — • Or bene, come poteva attribuirsi a Tazio
anteriorila d' auspicii, cioe di possesso, nell' Aventino? —
Qui manca ogni fondamento a disputare, perocche Ennio
ci descrive invece Romolo su 1' Aventino, e Remo sul Pala-
tino (I): tanlo e vero cbe gli scriltori, nell' assegnar loro
la sede e il luogo degli augurii, si laseiarono condurre dal-
1' opinione cbe, dicendosi ligli d' Ilia, fossero ambeduc lati-
ni^ e pero scelsero quei monti cbe la tradizione faceva prin-
cipalmente abitati da genti latine, ne si curarono gran fatto
quale assegnassero all' uno e quale all' altro. A ogni modo,
nel fatto di auspicii, non parve loro cbe I' Aventino, noman-
dosi forsc dagli uccelli, potesse omettersi. Teniamo adun-
que fermo cio che da tanti riscontri ci e fatto toccar con
mano ne da piccole diserepanze pud esser tolto, che il mito
di Romolo e Remo e la storia stessa di Romolo e Tazio,
spacciata poi come storia d' un' eta anteriorc, perche non
s' intese. Ora, se si tien fermo queslo, non si puo neppur
dubitare che i due poppanti del simulaero non siano In due
(I) In Cicer. de Divin. II, 33, 70.
— 863 —
stirpi rappresentate in Romolo e Tazio, e die la lupa non
sia la nuova tribu, cioe 1' aiulo di Tarquinia che entra in
luogodi madre alia giovinctta Roma condannata a moriresu
la sponda del Tevere. Fatlo sta che il milo ci dice sepol-
ta viva la madre dci due bambini, quando s' aecosto loro
quella pietosa nutrice. Alba era adunquc distrutta : forse si
aggiunse viva, perche il suo popolo fu tradolto in Roma ;
ciocche pur sembra signifieato dall' altro racconlo che la
fa annegata c divenula sposa del Tevere (I). Aggiungesi
che i due bambini furono rigettati e destinali a morire dal
re dal re albano, per timore che gli fosse da lor tolto il re-
gno. Roma adunque avea gia tentato di tirare a siii odiose e stucchevoli, giovera meglio studiare con
— 897 —
accuratezza c scnza prevenzioni la Datura, o cosi com-
pletare in modo pid degno della scienza, nel scno slcsso cli
qucsto i. r. Istiluto, un lavoro incominciato fra noi dal
fu dott. Olivicri, proseguito dal sig. professorc Mulin c dal-
la presente polemica dinioslrato maggiorraente ncccssario.
11 socio corrispondcntc dott. Valentino Pasini leg-
ge il seguente
Esame di alcuni scritli recentemente pubblicati in
Fruncia sulla filosofia del diritto penale.
Frequcntcmentc mi accaddc d' intcnderc acerbi lagni
mossi da scrittori nostri contro scrittori doltr'alpc, e spe-
cialmente franeesi, perche questi in poco conto tcnesscro
od anchc dissimulassero le opere in Italia pubblicate.
Ma ben di rado io potei consentire in siffatti rimpro-
veri. Qualebc volta mi si prcsentava affalto conforme a
ragione clie ad un medcsimo Irovato sperimentale o ad
uno stesso principio speculativo potessero riuscire in telle tti
diversi, specialmente se eguale fosse il corredo delle cogni-
zioni preparatorie e analogo il processo ideologico. Piu
spesso sembravami clie ne un trovato realmente nuovo, nd
un principio veramente sconosciulo fosse quello cbe si
Iamentava dispregiato o dissimulate Trovava poi cbe le
opere italiane, le quali o avevano impresso o polevano aju-
tare ad imprimere un' orma di piu sul cammino dello sci-
bile umano, furono quasi sempre c studiate e lodate e tra-
dottc e commeutale nei paesi slranieri, specialmente in
Francia, e lo furono con devozione ammirabilc da uomini
soman i quali in osscquio di tali opere lasciarono per poco
Serie HI, T.I. 116
— 898 —
lc parti di aulore c quelle vestirono di traduttore o cli
espositore. Cosi, per non uscirc dal campo dellc scienze
morali, fece Voltaire con Beccaria, cosi Benjamin Con-
slant con Filangeri, cosi Michelet con Vico. Che se qualche
volta un' opera scicntiflca italiana, sebbene degna di essere
diffusa, o ritnase ignota o tardo ad essere conosciuta nei
paesi stranieri e specialmente in Francia, anche queslo ra-
ro accidente mi parve a colpa dei noslri piu presto die a
trascuranza degli stranieri doversi attribuire. Conciossia-
che avvenga talora presso noi die la forma adoperata da
alcuni autori d'opere scientifiche sia tale da renderc mala-
gevole ai foresticri la Iellura o la traduzione dellc medesi-
me. E valga il vero ; noi stessi lalvolta a compierne la let-
fura duriamo fatiea. E io credo da cio dipendere cbe Ie
operc di G. Domenico Romagnosi poco o nulla sieno stale
studiate in Francia quantimquc per P inlrinseco loro va-
lore assai pi 6 di allre lo meritassero.
Ouesle osservazioni ricevono conferma da un fatto rc-
cente cbe molto onora 1' Italia e la Francia insieme. In
quesl' anno medesimo I'Accademia dellc scienze morali e
polilicbc, nella quale siedono Berangcr, Dupin il seniore,
Odillon Barrot, Faustino llolie, ed altri luminari della
Iegislatura e della magistratura francese, ha rivollo una
particolare altenzione ai gravissimo argomento della giu-
stizia punitiva guardata o ne' suoi fondamentali principj o
nolle sue piu difficili applicazioni. E cio facendo quell' illu-
stre corpo scientifico dedico accurali sludj alio opere di
Cesare Beccaria e di Pellegrino Rossi. Dell' opera di Bec-
caria Faustino Helic fece una nuova traduzione e un nuo-
vo comenlo premeltendovi una nuova introduzione (I).
(i) Des cle'lils cl des peines par Beccaria. Nouvclle edition pre'ee-
dce d'une introduction cl accompagne'e d' un Commentairc par M.
— 85)9 —
Siill' opera di Uossi, ripubblicatasi pur questa con una in-
troduzione del medesimo Helie, Odillon Barrot ha lotto un
lungo rapporto (!). Questi divcrsi scritti possono a buon
dirilto considerarsi come T ultima parola detta in Francia
sulle qucstioni piu vitali e piu ardue del penale diritto.
Ma sono poi giuste tutte le idee cho in questi scritti
vennero espresse? E sc a noi Italian] paresse cbc qualcbc
volla i principj professati nciristituto di Francia non fos-
sero conformi alia vcrita, ci rimarremo dal rilcvarli quan
tunquc si appoggino all' autorita di seriltori noslri?
La risposta per me non e dubbia. Parmi anzi che il phi
conveniente modo di mostrarci riconoscenti alia giustizia
onorevole che viene fatta al nostro paese, debba eonsistere
neir esporrc francamente ci6 che o dagli stessi scrittori
illuslrati de' quali io diccva, p da altri scrittori nostri, o
dalla meditazione di questi c di quelli la scienza potrebbe
dedurre.
Solo avrei dovuto dubitarc di meltermi io stesso a di-
scutcrc materic si astruse di contro a gius pubblicisti ri-
nomati cotanto. Ma pensai che la indulgenza vostra soc-
corrcrcbbc alia buona volonta mia.
Troppo lungo io riuscirei sc volessi a parfe a parte
csaminarc tutte le questioni che i sig.' Fauslino Helie e
Odillon Barrot andarono sollevando. Io mi restringero a
Fauslin Helie membre del' Institut, Conseiller a la Cour de Cas-
sation. Paris 1856.
(1) Traile de droit penal par P. Rossi , Beuxicmc edition revue
el pre'ee'dee d' une introduction par M. Fauslin Helie Conseiller a la
Cour de Cassation. Paris 1855.
Rapport sur le Traite' de droit penal de Rossi par M. Odillon Rar-
rat. Seances ct travaux de VAcade'mie de sciences morales el politi-
gue.t. Comple rendu, max 18a(i et suivants.
— 900 —
due die mi sembrano principalissime e tali da influire
potentcmente su tulte le altre.
Ricerchero in primo luogo quali sieno e fin dove pos-
sano venir approvali i fondamenti chc in quegli scritti e
nelle opere eoi mcdcsimi commentate si assegnano al diritto
di punire. E toccbero in secondo luogo dei principj ehe in-
torno alia misura delle pcne in quegli scritti c nelle opere
eoi medesimi comcntate vengono esposti.
Gia prima di Bcccaria era assai eontroverso quale fos-
se il fondamento del diritto di punire. Alcuni autori vede-
vano in questo diritto una pura e scmplice applicazionc
della giustizia universale,, assoluta, preesistentc ai convegni
degli uomini e indipendentc dagli umani inlcressi. Cosi
avevano pensato Platonc fra gli antichi, Grozio e Leibnizio
fra i moderni. Altri inveee ne trovavano la prima origine
in un patto sociale ehe lo avesse conferito al corpo politi-
co e per esso al potere sovrano. Hobbes, Vattel e GG.
Rousseau avevano piu specialmente assegnata qucsla origi-
ne convenzionale al diritto punitivo.
Cesare Beccaria vcnulo subito dopo Rousseau adott6
assai volentieri il principio cbc ii diritto di punire dipen-
desse dal patto sociale. Aecoglicndo questo principio Bcc-
caria si prcparava facile la via a separare la giustizia uma-
na dalla giustizia divina e a respingero fuor della cerchia
delle leggi criminali i delitli religiosi. In virlii di questo
principio Beccaria si apriva ancbe il campo a mctlere in
dubbio la legalita della pena di morte cb'era tanto abusata
c cb' egli voleva veder cassa per sempre. Soprattutto poi
col kune di questo principio Beccaria si faceva forte nel
— 901 —
propugoare la mitezza delle pene. So il dirilto penale non
mirava a ristabilire le esigenze della giuslizia assoluta, ma
solo ad atluarc il diritto dei singoli ch' era dirilto di con-
servaziono, era facile a Beccaria stabilire che le pene non
avevano alfro scopo che quello di prevenirc i delitti fuluri
c die a qneslo solo fine si dovcano commisurarc (I).
Ma la separazione della giustizia umana dalla giuslizia
divina Beccaria se 1' era proposla al solo oggcllo di miti-
gare il sistema. Egli temelle un islanle che di qucsta sepa-
razione potesse abusarsi per dare al potere sovrano la fa-
colla di risguardare siccome delitti e di sottometterc a pe-
na azioni che per avventura non fossero dalla legge morale
riprovale. Ed ecco annunziarsi da Beccaria 1' altro prinei-
pio, reslritlivo anch' esso del diritto penale, cioe il princi-
pio che la pena non deve colpire se non quelle azioni le
quali, ollreche dannose alia sociela, sono contrarie alia
legge morale (2).
In somma Beccaria sentiva la iniquita dclle leggi penali
che alia meta del secolo decimo ollavo opprimevano tutta-
via l'Europa intera. A promuovcrc la riforma di quelle
leggi egli trovava piu d' ogni allra cosa necessario fame
sbandire le esorbitanze che faceano dclitto una opinionc e
intliggevano pene alrocissimc a fatti poco o nulla dannosi
alia societa. A riuscir nel suo intento egli parti dal princi-
pio che il diritto punitive avesse per sua fonte immediata
il patto sociale c per sua base rimota il diritto singolare
degli uomini insieme conviventi. Secondo queste premesse
le azioni che non erano dannose socialmente non erano
punibili. Secondo queste premesse le azioni dannose so-
cialmente dovevano punirsi solo in modo conforme alio
(1) Cap. xv.
(2) Cap. XXV, XXII.
— 902 —
scopo ch'era d'impcdirle. Beccaria avrebbe potuto pipetere
la ingiustizia morale tleH'azione come condizione di quel
dirilto singolare che, secondo lui, e la originc rimola del
diritto di punire sociale. Ma Beccaria prefer! esigerla come
neccssaria al buon effetto dclla giustizia penale.
Quest' era la teoria ehe il filosofo milanese in pochis-
sime paginc accennava. II progresso della scienza fece a
qucsla teoria vilali modilicazioni. Fu principalmcnte falto
certo : l.° che il diritto dei singoli si arrestava alia difesa
eontro le violazioni attuali o ccrtamento future, non si
eslendeva alia punizionc ne ncl riguardo d'impedire all'of-
fensore la ripelizione degli alii offensivi, ne nel riguardo di
rimuovereda alii simili gli altri uomini con lui convivenli;
2.° ehe quindi il diritto di punire non poteva originarsi da
un diritto individuale; 5.° che ad ogni modo non si poteva
ricorrerc ad un patto sociale il quale rarissimc volte ha
esistito di falto, e se pur ha esislito non ha potuto regolare
so non nelle cose mutahili quclla sociela la quale non e
d'ordine volontario ma dordine neccssario.
E facile avvedcrsi che questi nuovi principj erano da
quelli di Beccaria abhaslanza diseordi. — Ma rcstava sem-
pro nel sistcma di Beccaria una gran parte di vcro. E cio
ehe rcslava di vero portava 1' impronta della riforma, e
aveva anzi servito di guida a disvelare le vcrita piu recen-
ti. — Ncl sistcma di Beccaria restava sempre vero che la
giustizia umana non ha ne diritto ne possibility di occu-
parsi della giustizia assoluta, restava sempre vero che le
pene al solo bisogno sociale devono servire. Si sostituiva,
diro cosi, la giustificazion del sislema, ma il sistcma nella
sua imporlanza riformatrice rimaneva lo stesso.
II progresso della scienza si e anehe rivollo a svilup-
pare il sistcma che Beccaria aveva pareamentc dclineato,
— 903 —
c a rilesserc coi principj nuovi tullo f ordito della scienza
penale. Sarebbe queslo il luogo di osservare come restando
serapre Delia soslanza dei principj di Beccaria, diversa-
mente procedessero negli sviluppi G. Domenico Romagnosi
in Italia, la scuolu psicologica in Alemagna, G. Bentham in
Inghilterra. Io non istituir6 adesso uu esame coraparativo
di queste tre scuole cho pur hanno punli Dotabili di divcr-
genza. — Qui mi bastera notare come la severa analisi di
G. D. Romagnosi, fiuo dall' anno 1791, dimostrasse I." la
csislenza delf aggregazione sociale come stato necessario
indipendentemente da qualsiasi palto coslitutivo; 2.° la
esistenza del dirilto di punire come dirilto di difesa pro-
prio del corpo sociale indipendentemente dai diritli do" suoi
siugoli membri. Qui mi bastera notare come cio che solo
faceva in Italia il potenle ingegno di Romagnosi, Io faccsse
quasi eontemporancamenle in Alemagna una scbiera di
scrittori. E mi restringero ad avvertire come gia faccia
presumer assai della verita della teoria neila parte essenzia
lequesto aceordo, ignoto a'suoi autori, della scuola che
fioriva in Italia dal I7UI al 18(5, e della scuola alemanna.
In tale stato era la scienza quando Pellegrino Ilossi
venne cbiamato a professarla in Bologna. Non e quindi
meravigiia se il Rossi seguisse allora le dottrine di Roma-
gnosi e dichiarasse dalla cattedra la Genesi del dirilto
penale.
II Rossi dagli avvenimenli del 1815 fu trabalzato nel-
T Ateue elvelica. — Quivi il suo modo di considerare le
question! di dirilto sofferse una prima variazione. Viveva
a Gincvra Stefano Dumont, il sagaceespositore delle teorie
di Bentham. E Pellegrino Rossi o poco o niolto si avvicino
in quel pri mo per iodo della sua vita d' esule alia scuola
chiamala Ulilitaria,
— 904 —
Piu tardi P. Rossi trovd in quella terra ospilale la
simpatia e l'amicizia dun elctto stuolo di scrittori fran-
cesi chc sullc sponde del Leman Iraevano a visilare un
castello ormai celebre. Questi scrittori chepubblicavano in
quel lorno di tempo la Rivista Franccse erano devoti alia
filosofia inaugurata in Francia dal sig. Cousin e ne facc-
vano applieazione alle teoric politiche. Ed ccco Pellegrino
Rossi con quella versatility d'ingegno, onde offri tanle pro-
ve nella sua vita, trasformarsi ancora una volta, a dot tare
i principj della filosofia dominante in Francia, c scriverc
ncl 1829 il Trattato del diritto penale segucndo la nuova
stclla dcllc sue idee.
In quest' opera il Rossi respinse di botto gl' insegna-
menli di Romagnosi, e dedico un opposito capitolo a con-
fulare la teoria cbc addimanda il diritto di punire, diritto
di difesa indirelta (I). — In quest' opera il Rossi si rivolse
come per lo innanzi avea fatto Cousin, alia scuola cbc pri-
ma di Reccaria appoggiava il diritto di punire sulla giusti-
zia assolula : con questa sola differenza, cbe per non venire
in quelle concbiusioni mostruose cui Beccaria aveva voluto
evitare, il Rossi fecc delf utilita sociale cio stesso cbe Bec-
caria fatto aveva della giustizia morale. Beccaria pur fon-
dando il diritto di punire al diritto di conservazione dei
singoli e al patio sociale, avea poslo per condizione della
punibilita di un atto la sua ingiustizia morale. Rossi di
converso fondando il diritto di punire sulla giustizia mo-
rale pose per condizione della punibilita di un alto il suo
danno sociale.
L' opera di Rossi fu mollo lodata in Francia e doveva
esscrlo perche in mollc parti e giustamente pensala e con
(1) Liv. I. Ch, IX.
— 905 —
opportiino metodo condotta. Ma in allre parti, c special-
niente in questa che s' occupa del fondainento del diritto
di punire, il Rossi smarri, ne io esito ad affermarlo, il ret-
to cammino. — Io non diro che rinnegando e combaltendo
le dottrine di Roraagnosi e preferendo 1' applicazione ai
problenii del diritto penale delta lilosoiia da Cousin predi-
cata, ii Rossi mirasse a ingraziarsi quella plejade di scrit-
tori, i quali gia fin d' allora erano potenti e che divenuti
piu tardi uomini politic! tanto piu agevohnente gli diedero
mano a salire ai prinai onori di Pari, di Professore dell'llni-
versita, di Membro dell' Istiluto di Francia. Diro invece
che evidenteinente questa parte astratla della sua opera
attribuiscc all' uomo un mandato, un' aulorita di mantene-
re la giustizia morale, mandato ed autorila della quale sa-
rebbe assai difficile rilevare la traccia. Laonde per voler
dare al diritto penale un fondamenfo di giustizia morale
si corrc pericolo di provocar le dubbiezze sulla sua esi-
stenza.
Ho creduto necessario premettere questa breve sposi-
zione del processo della scienza nel periodo corso tra Rec-
caria e Rossi, affinche riuscissero piu chiare le osscrvazio-
ui che ora mi propongo di presenlarvi sulle dottrine discus-
se ultimamenle dai signori Faustino Ilelie c Odillon Rar-
rol nell' Istiluto di Francia.
Nel riguardo istorico gli accademici franccsi non altro
videro dopo Beccaria fuorche le opere di Filangeri, di Ren-
tham e di Fcucrbach da una parte, e dall' allra quelle di
Kanl e di Rossi, il qual ultimo in se riassumeva le piu
vecchie opinioni di Grozio e di Leibnitz e le piu recenli di
Cousin, Guizot e de Rroglie.
Nel riguardo hlosofico, gli accademici francesi alio opere
dei Ire primi, cioe alio opere di Filangeri, di Bcntham c cusata d' usurpare le altribuzioni della divinita, e non 8
» dubbio che il pieno escrcizio della giustizia assoluta s'ap-
(l)lQtrod. [». LXXIIld XC.
— 920 —
» parteaga a Dio solo. La society esercita in parte e nella
» misura dellc sue facolla e de'suoi bisogni quesla giustizia
» morale cho il Crcalore non ha ne alienata ne deleya-
» ta, ma oh' egli ha permesso all'uomo di esercitare in fac-
» cia a'suoi simili, poiche gliene diede il sentimento e I'in-
» telligenza, c poiche fece dello stato sociale uno stato inc-
» rente alia nalura umana. Sarebbe temeraria cosa after-
» mare, che la pena inflitta dal poter sociale, ottcnga, in mo-
» do assoluto e al pari del castigo di Dio, 1' espiazione. INT a
« non sarebbe del pari contrario alia verita affermare, ehe
i) la pena inflitta dall' uomo all' uomo non sia neppure un
» principio di espiazione? Qucgli accenti cosi cristiani, eoi
» quali il giudice o il sacerdote esorta il condannalo ad
» aceeltare il suo castigo con rassegnazione e a mo' di
» espiazione del suo dclitlo, hanno forse offeso il nostro
» inlimo senso o la ragione nostra (1) ?
Queste sono parole che molta importanza ricevono
dalla grande autorita di colui che le pronunciava or son
poclii mesi, e dall'autorita ancora maggiore del corpo scien-
tilico per incarico e alia presenza del quale venivano pro-
nuueiate.
II sig. Bar rot riconosce adunque che al poter sociale
non appartiene il pieno esercizio della giustizia morale as-
soluta, che questa giustizia morale assoluta compete al
solo Enle supremo, e che I'Ente supremo non l'ha ne alie-
nata ne delegala% ma egli afferma cheDiopermise all'uomo
di esercitarla sopra i suoi simili, perche ne diede loro il
sentimento e la inlclligenza, e fece dello stato sociale uno
stato inerente alia umana nalura. La qual maniera di ar-
gomentare molto si assomiglia a quella onde il Rossi Us6,
( 1 ) Se ances el Travauv de V Accade'mie des sciences morales et
poli/iques. Mai 18tiG, pag. 206,
— 921 —
quando affermava traltarsi qui di una verita d' intuizione.
Certamente Dio ha istillato nell' uomo il senlimcnto e la
intelligcnza del giusto e dell' ingiusto. Ma cio egli feee per-
che l'uomo ncl suo contegno al giusto si attemperasse e
dall' ingiusto aborrisse, non inai perche si arrogasse sugli
altri uoinini up potcre tapto coutrario alia eguaglianza,
alia indipendenza e alia liberta di tutti. Certamente lo stato
sociale e stato neeessario, non volontario. Ma da quesla
prcmessa si dee venire ad una eonchiusione diversa da
quella che il sig. Barrot ne ricava, si deve inferire che il
corpo sociale ha diritto alia propria conservazione, ch' egli
ha quindi diritto a tutti i mezzi i quali per la sua conser-
vazione tornano necessarii, che il solo limite imposto al
corpo sociale nella scelta e neH'inipiego di quesli mezzi e
l'incolumita dei diritti altrui, che la minaccia e I' npplica-
zione della pena sono cntrambe mezzo neeessario alia con-
servazione del corpo sociale, che inline questa minaccia e
quest' applicazione non ledono i diritti del punito, percio
appunto che il punito non aveva diritto alcuno di commet-
tere 1' azione vietatagli, e commctlcndola dopo conosciula
la minaccia della pena, egli non ha diritto alcuno di sottrarsi
all' applicazione della medesima.
In altre parole anche il sig. Odillon Barrot confonde,
cosl come e stata confusa dal Bossi, la contraddizione tra
il fatto punito c la giustizia morale colla contraddizione Ira
il fatto stesso e la giustizia sociale. La giustizia sociale e
parte della giustizia morale. — La contraddizione tra il
fatto punito e la giustizia sociale e necessaria perche la
legge umana possa, senza restringere la lihcrla competente
ai singoli, proibire una data azione, accompagnare il divieto
colla minaccia di una pena, far seguire alia minaccia I' ap-
plicazione. Ma la giustiflcazione della pena non riposa tanto
Seric III,T. 1. 119
— 922 —
sul!a malvagita morale clell'atlo, quanto riposa sulla incom-*
patibilila di quest' alto coi dirilti degli altri. La ingiustizia
vuol dunque essere relaliva agli altri uomini, noa assoluta.
Essa non genera per se il diritto punitivo, si e condizione
perche la proibizione dell' alto, la rainaccia della pena, o
la sua irrogazione possano aver luogo quali uiezzi necessa-
rii ed efficaci ad ottenere che Patto non si rinnovi.
II sig. Ilelie eamminando sulle orme di Beecaria, non
solo avea contrastato ai poteri umani la facolta di chiama-
re ad effetto la giustizia assoluta, ma aveva posto in dubbio
cb'essi ne avessero i mezzi. II sig. Barrot riconosce che
torna difficile agli uomini giudieare la moralita degli atli
dei loro simili, ma erede vincere la difficolla affermando
che la morale non ha mai sostanzialmenle variato, che non
si muto mai la morale di Socrate, ne mai si mutera quella
del cristianesimo. E sia. Non pertanto il sig. Barrot con-
fonde la immutabilita della regola morale colla varieta im-
mensa del grado di colpa in chi la viola. — La difiieolta
non e di sapere se un alto sia contrario alia legge mora-
le. — La difiieolta e di penelrare nei recessi del cuore uma-
no, di paragonarvi e ponderare la maggiore o minore re-
sponsabilita cui soggiacciono, per aver materiahnente com-
messo un medesimo fallo, uomini diversi.
Finalmente il sig. Barrot trova che colla dottrina della
giustizia assoluta il legislatore sa di avere sopra il suo ca-
po un altro potere che lo guarda e lo giudica, dove nella
dottrina dell' utile niente v' ha oltre o sopra la legge posi-
tiva. Al quale proposito piu che I' indole dell' argomenla-
zione astratta e vaga anziche no, mi affrettero a nolarc
come, per essergli ignoli i lumi della scuola italiana florita
tra Beecaria e Bossi, 1' accademico di Francia non vegga
oltre la dottrina della giustizia assoluta clic quella dell'uti-
— 923 —
lila. Ora e verila incontrastabile che, pur considerando ii
diritto di punire quale un diritto sociale di difesa indiretta,
si lien conto della qualita dell' atto contraria al diritto c
percio alia morale, lanto quanto se ne tien conto trattando
della difesa individuate e diretta.
Eppero io nou credo di andar lungi dal vero affermando
che neppure il sig. Odillon Barrot rafforzo e rese piu ac-
cettabile la opinione che fonda il diritto di punire sulla
giustizia assoluta.
Vengo ora a toccare piu brevementc delle opinioni che
in Francia prevalgono sulla misura delle pene.
Beccaria getto alquanta luce su queslo oscurissimo te-
nia. Innanzi tratlo egli pose il principio generale che le
pene deggiooo misurarsi per gradi e secondo i delitti.
Quindi accenn6 il principio che la vera misura dei delitti
e il danno per essi recato alia societa, onde venire che la
quantila della peoa dee porsi del pari col danno della so-
cieta. In lerzo luogo egli abbozzo il principio che nella lo-
ro natura o qualita le pene devono accostarsi alia natura
dell'atto criminoso, e accostarvisi non gia tenendo dell'an-
tico taglione, cioe come a pareggiare piu equamente il ma-
le morale, ma bensi come a bilanciarc con efficacia mag-
giore la tendenza al delilto (I).
In sostanza Beccaria vuole equiparata la pena al
danno sociale. A cio egli intende in quella parte della sua
celebre opera nella quale tratta direttamenle di questa ma-
teria. Ma in altra parte, e precisamente la dove parla della
moderazione delle pene, Beccaria annunzia quasi per inci-
denza un' altra gran verila — bastare cioe che il male del-
la pena superi il bene del delitto (2). — Quesla asserzioue
(1) Beccaria §§. XXIII, XXIV, XIX.
(2) Beccaria §. XV.
— 924 —
di Beccaria fu sufficient perche Romagnosi modificasse la
teoria relativa alia misura delle pcnc, sosliluendo al danno
sociale la spinta criminosa. E anche qui la teoria della
spinta criminosa nasceva to Italia contemporaneamentc o
poco prima delle teorie delle psicologichc, e specialmenle
della teoria detta della minaccia in Alemagna. Anche qui
vediamo Benlham soslencre, quasi in quel lorno, la massi-
ma die la pena dee farsi tcmere piu che il delitto deside-
rare. Ne e mestieri ch'io mi arresti ora a paragonare que-
ste diverse teorie, uscitc o sullo scorcio del decimottavo o
sul principio del secolo presente, teorie che tutte trovano
la loro ragion d1 essere noil' opera di Beccaria, ma che nel
loro sviluppo differiscono assai le une dalle altre. Per ora
mi basta avvertire piu specialmentc che la teoria della spin-
ta criminosa, appena dagli altri addityta, fu ampiamentc
svolta da Romagnosi, e che la terza edizione da lui fatta
della sua Genesi nell' anno 1825, ha prcceduto T opera del
Rossi pubblicala la prima volta nel 1820.
Ed il Rossi anche in questa parte essenzialissima della
scienza abbandono le orme di Romagnosi. — Anche ri-
spelto alia misura delle pene egli voile far capo alia giusti-
zia morale. E poiche l'uomo non pu6 con norme di ragio-
ne stabilire quale e quanta sia la violazione della giustizia
morale, il Rossi sentcnzi6 che in difetto di quantita certe
e di dati fissi il problema manca di soluzione. La pena,
die' egli, davanli la giustizia morale dovrebbe esattamentc
misurarsi suIla natura del dovere violato e sulla moralita
dell' agente. Or bene : quegli che polesse stimare con esat-
tezza questi due elementi in ciascun caso particolare, e che
potesse in pari tempo suggerire un principio alto a deter-
minare il genere e il grado della sofferenza corrispondcnle,
qual mezzo espialorio, a ciascun delitto, quegli potrebbe
— 925 —
nsolvere in raodo positivo il problcma tlclla misura della
pena morale. Dobbiamo pertanto riconoscere clio fin qui
non abbiamo fatlo altro die annunciarlo, e cbe la sua so-
luzione e ben lontana (I).
E quella soluzione clie il sig. Rossi non osa domanda-
re alio norme della ragione, quella soluzione egli la do-
manda alle ispirazioni della coscienza. Egli vuole ebe per
cadauna specie almeno di delitto s'interroghi I'inlimo senso
non gia di un solo individuo, ma della universality, sulla
eonvenienlc misura morale della pena rispettiva. Cio prc-
messo il Rossi considera questa misura morale come il
maximum della pena ehe la giustizia umana pu6 infiiggerc
senza violare la giustizia assoluta. Poi, e sempre dentro il
limite assegnato dalla giustizia assoluta, il Rossi vuole clie
le pene ch' ei cbiama Icjali, rispondano per gradi al danno
della societa ed alia probability cbe questo danno s'avveri.
Finalmente il Rossi vuole ancora lener conto della diversa
spinta criminosa.
Io ho gia delto, parlando dei fondamenti del diritfo pu-
nitivo, cbe dopo aver assunta a giustificazione delle pene
la giustizia morale, era arbitrario limitarne 1' applicazione
ai soli fatti sociahnente dannosi. — Ora debbo ripelere che
nella teoria del Rossi 6 egualmente arbitrario soltoporre la
misura morale della pena ad una misura legale cbe si dice
dover essere piu rislrctta. Quanto poi alia spinta criminosa,
sarebbc difficile determinare per quale ordine di principj e
con quale intendimento il Rossi voglia avervi riguardo.
Probabibnente egli intese cbe la diversa spinta criminosa si
leghi alia diversa probability che il danno sociale abbia
luogo.
(1) Rossi, L. Ill, Cfi. IV.
— 926 —
In somma quesla teoria del Rossi sulla misiira delle"
pene, dove si allonlana dalle teorie di Beccaria e di Iloma-
gnosi, e tanto vana quanto e vano il fondaraento di giusli-
zia assoluta dal Rossi attribuito al diritto di puoire, ed e
tanto arbitraria quant' e arbitrario il domandaro alia co-
scienza della univcrsalila, che ne dia la mistira del male mo-
rale commesso dall' autor del delilto e la misura del corri-
spondente male morale ehe gli dev' essere irrogato. Cio che
rcsta nella doltrina di Rossi appartiene o alia dottrina di
Beccaria, o a quella di Romagnosi troppo insiemc confuse.
II sig. Faustino Ilelie non vede tra Beccaria e Rossi so
non le opinioni di Filangeri, di Bentliam e di Kant ; di Fi-
langeri che ha in sostanza ripetuto le idee di Beccaria, di
Bentham che si limito ad accennare la necessita che la pena
superi nelle cspeltative dolorose il vantaggio promesso dal
delitto, di Kant che propugno la legge del taglione come la
sola che possa servire a determinare la quantita e la qua-
lita delle pene. E il sig. Faustino Ilelie, considerando che
lutte queste, al pari di quella del Rossi, non sono soluzioni
del problema che in apparenza,fa ritorno alle idee di Bec-
caria, csprimo il principio che la pena debba essere una
sofferenza materiale egualc in gravita al male sociale, e cio
sosticne pur confessando che il paragone fra questi due
termini non e anche fornito. ,
II sig. Ilelie accenna, e vero, che la quoslionc sulla mi-
sura delle pene e stata per allri trattala, e specialmente
per Renazzi, Bomagnosi e Carmignani, ma secondo il sig.
Ilelie questi scrittori non allro fecero fuorche additare le
diflicolta del problema (I).
Non parlero di Renazzi e di Carmignani, i quali certo
(1) Introduct. an. Trait e des delils el des peines § IX et Commen-
taire au §. XX 111.
— 927 —
uon parteggiarono per la misura delle pone dedotla dallq
spinta criminosa. — E restrigcndomi a Romagnosi diro die
la forma sotto la quale egli espone le propria meditazioni
sulla misura delle pene, e stata anche questa volta, come
assai spesso, di ostaeolo al prolitto die altrimenli il sig,
Helie avrebbe poluto dedurno.
Poiche non e vero die Romagnosi si limilasse ad indi-
care le difficolla del problema. Romagnosi pose per fonda-
mento il principio die il delitto trae la sua origine dall' in-
teresse a commelterlo ; chiamo questo interesse spinta cri-
minosa ; dirnostro che la pena ben lungi dal cercare la sua
misura in una specie di taglione materiale o morale, dove^
va cercarla in ciu die a formare una spinta contraria si ri-
cbiedesse, e sovrattutlointraprese a notomizzare con sicura
logica gli elementi dei quali la spinta criminosa componesi,e
ch'egli determine esser tre e ben dislinti, cioe il desiderio
dell'atto corrispondente alia sua utilita, la sperauza di riu-
scire nella sua esecuzione e la lusinga di evitare la pena. N6
qui si arrestava, die proseguendo nell'arduo cammino face-
vasi adindagaredaH'uri canto sollo quali forme, se cioe indi-
viduali e lemporanee, ogenerali e coslanti, la spinta crimi-
nosa dovesse essere considerata ; e a cercare dall'altro per
quale modo in vista dei diversi appetiti criminosi, si possa
e si debba delerminare la diversa qualita e la diversa quau-
tila delle pene (I).
Come si pud dunque affermare cbe gli scritlori i quali
nel tempo corso tra Reccaria e Rossi diedero opera alia
scienza, siensi limitati ad esporre le diflicolla del problema?
E come concliiudernc che il problema o non possa scio-
glicrsi, siccbe si debba gittarsi ad un cieco empirismo, o
(I) Generi del DiritloPenah\$$. 13. 86 e se^.
— 028 — ■
nun possa avere una soluzione migliore di quel fa data da
Beccaria, che pure si confessa insut'licicnte ?
Io credo invece che in questa difficilissima materia
neppur Ilomagnosi abbia detto lullima parola. Scnza dub-
bio quel sistema penale, il quale nel distribute e misurare
le pene non tenga conto delta spinta criminosa, e non pro-
curi a se con diligenti stalistiche i dati necessarii per cal-
colare le medie dei singoli elernenti di cui la spinta -com-
ponesi, quel sistema penale, sia che obbedisca alio idee di
Kant cercando di eguagliare colla pena il male morale del
delitlo, sia che obbedisca alle idee di Beccaria procurando
di pareggiare colla pena il danno sociale, manehera mai
sempre alio scopo che solo e fondato in diritto e solo e
possibile in pratica, voglio dire Io scopo di difendere la so-
eieta dai delilti fuluri. Ma sara poi bastante aver tenuto
conto della spinta criminosa ?
A me pare che gli scritti di Beccaria e di Bomagnosi
conlengano il germe di un' ulteriore sviluppo, che alia teo-
ria della misura delle pene non fu dato pcranco.
Certamcnte una prima parte della pena deve risponde-
re alia spinta criminosa. Ma a questa prima parte della
pena se ne deve aggiungere una seconda. E cio per due ra-
gioni. La prima e, che la soeieta ha interesse e diritto
di non lasciare dubbioso nella scelta chi medita 1' azione
criminale; la seconda, che la soeieta ha interesse e diritto
di allargare la sfera attiva della pena per comprendervi
un maggior numcro di casi. Poiche la spinta criminosa
non puo e non deve essere calcolata ( Bomagnosi
slesso ce lo insegna ) se non come media generate e pre-
sunliva secondo il corso consuelo enolo delle cose e degli
uomini. Laonde molti casi particolari resterebbcro fuori
della sfera di azione della pena, misurata su questa media
— 929 —
generate o presuntiva. E di qui il bisogno di fare alia pena
cosi misurata un' aggiunta.
Che alia pena debbasi far questa aggiunta, lo hanno sup-
posto e Beccaria e Romagnosi. — Becearia lo suppose in
quelle stesse parole, nelle quali tanto raecomanda la dolcez-
za delle pene. « Perche una pena, die' eglij, ottenga il suo
» effetto, basta ehe il male della pena ccceda il bene che
» nasce dal delitto ». Romagnosi trovo nccessario « cbe
la forza repellenle della pena vinca la forza impellenle del
delitto immaginato. »
Come pcrlanto si dovra misurare quest' aggiunta ?
Se lo scopo di quest' aggiunta e di meglio assicurare
la societa seemando il numero dei delitti, so d'altro canto la
societa ha interesse che i delitti sieno piu rari seeondo che
le sono piu dannosi, chiaro si scorge come questa seconda
parte della pena, ma solo essa debba misurarsi sul maggior
o minor interesse ehe il delitto non venga commesso, ossia
sul maggiore o minor danno ch'ei reca alia societa.
Ed e appunto a questa seconda parte di pena che de-
vono applicarsi, perche restino vere, due belle sentenze di
Montesquieu e di Beccaria, le quali, se rapportar si voles-
sero a tutta in generale la pena, peccherebbero di troppo
esteso significato. « E cosa essenziale, dice il primo, chefra
» le pene regni 1' accordo, perche e cosa essenziale che si
i) schivi piii presto un male maggiore che un minore, cid
» che piu turba la societa, di cio che le reca minor nocu-
)) mento ». II seeondo : « Non solamente e interesse comu-
i) ne che non si commettano delitti, ma che sieno piu rari
» a proporzione del male che arrecano alia societa ; percio
» piii forli debbono essere gli ostacoli che risospingono gli
» uomini dai delitti, a misura che questi sono contrarii al
» bene pubblico. »
Scric UL T. I. 1 20
— 930 —
Tulto cio quanto alia inisura relativa Ira i diversi
delilti.
Quanto alia misura assoluta, bisogna invece guardare
al maggiore o minor bisogno politico cbe la societa sente
di questa parte di pena.
Una societa nascente ne ha grande bisogno, perche in-
certe ed inesatte sono le sue cognizioni per calcolare la
media della spinta criminosa, perche ha giusto motivo di
temerc frequenti abcrrazioni dalla media stabilita, perche
debole e la sua forza, poco estesa la sua vigilanza, assai
difettoso il metodo delle prove, e per tutto cio grande e
fondato il timore, che una particolare spinta piu forte
seemi e distrugga piu di frequcnte 1' effetto della pena
misurata in forma generale e presuutiva sulla spinta cri-
minosa.
Per contrario una societa avanzata nel civile progres-
so conosce assai meglio le circostanze necessarie a ben de-
lermmare la spinta criminosa, ha minori molivi di temerc
frequeuli traviamenti dall' ordinario andamento degl' inte-
ressi, ha maggior vigilanza e forza politica, ha ricchezza
piu grande di mezzi processuali; ecco quindi minore per
essa il bisogno di questa seconda parte di pena, perche la
prima ando di mano in mano acquistando una forza sem-
pre piu regolare ed universale. — E queslo il principale
motivo per cui 1' incivilimento portando maggior uniformi-
td negli elemcnti della spinta criminosa, e offrendo al legi-
slatore maggiori mezzi di conoscerla, porta seco necessa-
riamente la mitigazione generale delle pene.
Questi pochi cenni mi sembrano sufticienti a mostrare,
come i principj segnati da Beccaria e da Romagnosi pos-
sano condurre ad un razionale sviluppo della teoria che
la misura delle pene risguarda. Ma evidenlemenle chi rin-
— 931 —
nega le premesse poste degli accennati scrittori, quegli ri-
fiula cziandio le conscguenze o gift dedotle, o che polreb-
bero esserlo.
E qui pongo line al mio discorso per avventura troppo
1 ungo.
Io vi csposi quale sia !o stato odierno della filosofia
del diritto penale in Francia, e lo feci discorrcndo special-
mente sulle due piu difficili e piii important qucslioni della
scienza.
Qua e la conelusione che da questo studio si dee rica-
vare? Pur troppo essa non e confortante.
La filosofia del diritto penale ha risentito in Francia 1'in-
flusso degli studj iniziati da Cousin sulla filosofia generalc.
Sono quaranl' anni che la filosofia di Cousin ha legato in
quel paese al suo carro la scienza del diritto penale. E sono
quarant' anni che la scienza del diritto penale non vi pro-
gredisce. — Rossi avrebbe potuto rendere popolari in
Francia le dottrinc piu consentanee ai veri principj, e piu
adatle alio rifornie pratiche. Ma Rossi, e dobbiam credere
in buona fede, mise la sua magica penna al servizio delle
idee douiinanti, contribul anzi a fame piu durevole I'im-
perio, e riusci per la scienza di tanto maggiore pericolo, in
quanto che col suo ingcgno diede a quelle idee una forma
piu completa e uno sviluppo piu esteso. — Se l'importan-
za della materia fosse men grave, se fosse meno decisiva
la influenza che lo stato delle scienze morali in Francia
csei'cila sullo stato delle scienze medesime nelle altre parti
del mondo civile, io mi sarei rimasto dalP esame critico
che ho lentalo di fare. Ma poiche lo studio del diritto pe-
nale deve anch'egli avere gran parte nei fulmi migliora-
menti delle socicla moderne, e poiche in queslo, come in
tutti gli altri rami della scienza di stato, il progresso dei
— 932 —
paesi nostri e strettamente legato eon quello dolla Francia,
jo ho credulo adempiere ad uii debilo combattendo quella
clie mi apparisce una pcricolosa tendenza. lo non mi fer-
mero a dirvi a quali effetti diversi, anzi contrarii, conduca-
no i due sisterai che abbiamo eonfronlalo. Mi basta rieor-
darvi clie colesta contraddizione di effetti e riconosciuta
da lulti coloro cbe presero parte alia disputa. — Piullosto
io concbiudero con una osservazione, cbe tutto vi rivelera
del mio scrilto V inlendimento. — Quando con Cousin e
con Rossi avremo affermato: cbe la giustizia penale e una
giustizia di espiazione; clie il rapporto tra il delilto e la
pena si sente ma non si dimoslra; cbe le pene non devono
ragguagliarsi ne aH'interesse di commeltere i delitii, ne al-
1' interesse di allontanarli, ma alia giustizia assoluta ; che
esse devono consistere in un male equivalente al male mo-
rale; cbe questo male morale non polendosi misurare con
norme di ragione deve indovinarsi con aspirazioni di sen-
timenlo; quando avremo detto tutto questo, a clie avremo
ridollo la scienza ? E come sfuggiremo al dominio di quel
cieco empirismo cbe di tali premesse e illazione inevitabile?
E come avremo il coraggio di rivolgere le nostre medita-
zioui a quei miglioramenli del sistema penale, dei quali il
bisogno e da tutti sentito ? In verila io credo cbe lo studio
della tilosolia del diritto penale debba in Francia mutar
indirizzo.
Si annunziano i seguenli doni fatti all' i. r. Isli-
tuto, dopo le ultime adunanze di giugno decorso :
t. Dali' Vccademia fisio-mcdico-statistica di Milano.
Alii dell' Accademia stessa. — Vol. I, dispensa 2.°
Milano, 1 850.
— 933 —
2. Dal sig. Giacomo Zambelli di Udine.
Sulla pellagra e sui mezzi di prevenirla. — Udine,
1856, di p. 96, in 8.°
3. Dal!a Societa Reale Borbonica di Napoli.
Rendiconto della societa Reale Borbonica. — Annata
1 855.
Eruzioni vesuviane del 1850 e 1855. — Napoli, 1855,
un vol. in 4.°
Alcxine osservazioni sopra laluni rimedii proposti con-
tra la malallia delle viti. — Psapoli, 1856, di pag. 18, in 4.°
4. Dal sig. E. Fabri-Scarpcllini, di Roma.
Pontificia corrispondenza meteorologica tclegrafica in
Roma a mezzodi, diretla dal P. A. Secclii. — Anno, I.0
Roma, 1856, in 4.°
5. Dalla Societa Reale di Dublino.
Giornale della delta Societa (in inglese), in 8.° Dublino,
1856, n.° I.0
G. Dal sig. co. Girolamo Dandolo.
La caduta delta Rcpubblica di Venczia (conlinuazione)
Dispensa A.' Vcnezia, 1856.
7. Dal sig. prof. Ignazio Cantu.
Cronaca, giornale di scirnze letlcre ecc. Dispense XII e
XIII, 4 856.
8. Dalla R. Accademia dei Georgofili di Firenze.
Alti delta R. Accademia. — Vol. III. Disp.. 2.' 1856.
— 934 —
1). Daisig. Franc, ftagalta e G.dott. Ganz, di Verona.
Storia, e quadri statistici delta invasione cholerka in
Verona net 1855. — Verona, 1856, di pag. 16, in 8.°, e 4
quadri.
40. Dal sig. dott. Adolfo Targioni-Tozzetti di Firenze.
Sulla malallia delle uve. — Rapporto generale delta
Commissioner dell' Accad. dei Gcorgofili. — Firenze 1856,
un vol. in 8.°, con lavole.
H. Dal sig. Giuseppe Ferrario di Milano.
Cenni storici, e stalistica del cholera-morbus in Lom-
bardia, ed in alive regioni, per V anno 4 855, di pag. 16, in
AG.0, con tavole.
42. Dalla Societa mcdico-chirurgica di Rologna.
Bulleltino delle scienze mediche. — Giugno, 1856.
43. Dal Municipio della R. Citta di Venezia.
Istruzione popolare pel trallamento e governo delle
cavalle madri, e dei poledri, e sidle condizioni e tenula
delle stalle. — Venezia, 1856, di pag. 21, in fogl.
44. Dalla Riunione zoologico-botanica in Vienna.
Alii della stessa Riunione. — Tomo V, con tavole
(in tedesco). Vienna, 1855.
Relazione sopra la bibliografia austriaca della zoologia,
botanica, c palconiologia pegli ami 4 850 51-52-55 (in
tedesco). Un vol. in 8.° Vienna, 1855.
— 935 —
15. Dal m. e. dott. Antonio Pazienti.
Nozioni clemcntari di oltica. — Vicenza, 1850, di
pag. 90, in 8.°, con tav.
Nozioni clemcntari di elctlrometria , e di reomelria
clcltrica. — Vicenza, 1850, di pag. 58, in 8.°
16. Dai sigg. Antonio e G. B. fralelli Villa, di Milano.
Intorno alia malattia delle vili. — Milano, 1855, di
pag. 10, in 8.°
Necessild dei boschi nclla Lombardia, ecc. id. di pa-
gine 58, in 8.°
Lc cctonie ( insetti scarafaggi ) — di pag. 2, in 8."
Le epocke geologiche. — di pag. 2, in foglio.
17. Dalla R. Accadcmia dei Georgofili, di Firenze.
Giomale agrario toscano. — 1850, nuova seric, disp.2.a
18. DalF F. R. Istituto Lombardo.
Memorie dell' I. R. Istituto Lombardo. — Volume V,
Milano, 1856.
19. Dal sig. dott. Giuseppe Biihrn, di Praga.
Osservazioni magnetic he j e meteorologichc, dal gennaio
al dicembre 1855. — Praga, ^50 (in tedesco).
20. Dalla Redazione del Giornale la Rivista Vcneta.
La Rivista Vcneta, Giornale ebdomadario — in 4.°,
1850. Dal n.° 1 al n.° 10.
21. DalP I. \\. Commissione centrale per la rieerca e
conservazione dei monumenti.
Giornale delta stessa Commissione (in tedesco). Vienna
1850, un vol. in 5.° con tav.
— 93(> —
22. Daila R. Accademia di agricoltura in Torino.
Giornale (/' agricoltura pratica cd arti accessories e
rivista orticola. — Torino, 1856, in 8.° T. I, Fase. I.0
23. Dal sig. dott. Francesco Formcnton, di Vicenza.
Dialog hi sulla manulcnzione delle slrade a ghiaia, e
proposta per organizzame la direzione e sorvcglianza. —
Vicenza, 1850, di pag. 02, in 8.°
24. Dal sig. prof. Ignozio Cantu.
Cronaca giornale di scienze leltere cdarti, ecc. — Anno
[1850, dispensa XIV.
25. Dall' I. 11. Accademia delle scienze in Vienna.
Foglio di notizie (in ledesco) n.' 1 1, 12, 15, 14.
Ragguagli delle adunanze dell'I. R. Accademia (in ted.)
Classe di filosofia Tomo XIX (1850) Puntata 2.°
» Tomo XX (id.) Puntata i.'
Classe di maternal. Tomo XX (id.) Puntata 1 ."
Fontes rerun auslriacarum. — T. XII (id.) della sez. II. a
Memorie della stessa I. II. Accademia.
Cdassc di matematica e scienze naturali — 1850, T. XI.
2b\ Dalla Congcegazione dei Padri Mcchitaristi^ in
Venezia.
Poliistore. Giornale di scienze morali, Cloiogiche, eco-
nomiche e naturali (in lingua armena) in 8.° gr. — Anno
I85G, fascicoli I al 12.
27. Dal sig. Camillo dotL Corner.
La scuola di ostetricia del Collegio medico-chirurgico
di Venezia tralla dagli alti priori dello stcsso. — Disser-
tazione. Padova, 1 8i I, di pag. GO, in 8."
PROGRAMMA Dl PREMIO.
La Sezionc raedica della Societa d' Incoraggiamento di
scienze, Ictlerc ed arti accetto da ua benemerito medico
ItaUano stabilito in Oriente la seguente proposta di premio:
« Fare la monografia dclle nevralgie brae Mail, non
dimcnlicando la diagnosi diffcrenziale dclle nevralgie del
varil Ironchi nervosi che possono esserne sede, ed insist endo
spccialmente sul loro trattamento curatlvo. — Premio 1000
franc hi.
« Nella soluzione del quesito proposto, i concorrenli
dovranno avere speciale riguardo al caso di nevralgia
brachiale, che 6 soggetto dell' Hlstoire d' une nevralgie re-
ccntemente pubblicata in Milano coi tipi di Giuseppe Chin-
si, pronnnciando se debba considerarsi quale una nevrite,
o quale una nevrosi, ed indicando i mezzi atti a domarla
o mitigarla.
a II detto opuscolo verra gratuitamente distribuito a
quanti concorrenti ne faranno domanda alia sezione rae-
dica della Societa d' Incoraggiamenlo di scienze, lettcre
ed arti, od al dott. Gaetano Strambio, compilatore della
Gazzetta medica I tali ana Lombarda.
« Le Memorie, leggibilmente scritte in italiano, in fran-
cesc od in latino, debbono dirigersi colic consuete forme
accademicbe alia sezione medica della Societa d' Incorag-
giamenlo in Milano ( Contrada del Durino N. 432) pel 30
seltembre 1857.
« La Meraoria premiata rimane propriela dell' autore
Serielll.T.I. J 21
— 938 —
die ne fara eseguire la stampa entro sci mesi daH'avvenula
aggiudicazione, e lascera una copia del manoscrillo nello
mani del dott. Gaetano Strambio. »
Milano, il 25 agosto 1 850.
// Conservatore
pott. c. SACCDI
It Segretario
DOTT. FIETRO BOSISIO.
— 93!) —
PROGRA M M A
C E R T A M I N I S P O E T I C I
A B
ACADEMIA REGIA SC1ENTIARUM
PROPOSITI.
A.° 18 5 6.
Academiae Regiae Scientiarum Ordo qui Literarum,
philosophiae ct historiae disciplines tuendis destinalus est,
obscquens mandato, quo cura Legati Hoeufftiani ad se de-
lata est, de seplem Carminibus, quorum auctores de pras-
mio certabant, hoc pronunciavit in Consessu d. XIII Maji
liuius anni: — ca, quae bis indicibus ornata esseut, I .° Ode
Ueroica Cicero pro Sex. Roscio Amerino: 2.° Epiplwnesis.
5.° Guilielmo Tacitumo. 4.° adPatriam a. 1848. 5.° In J.
D. van Lennep, neque ab ingenio, neque al) orationis poe-
ticae facilitate ita commendari, ut praeraio digna videren-
tur : turn in reliquis duobus carminibus, quorum alteri
pracponeretur titulus Musae invocatio, alteri LtjcidasyEclo-
ga, non eas quidem iuesse praestantis irigenii poclici dotes
quibus praemiura deberetur, sed laudabilia in primis de-
prehendi vestigia Iaudis, ita ut utrique praemium secun-
dum decernerct.
Itaque quinque superiorum schedulis, quibus nomina
auctorum continebantur, integris combustis, duorum po-
s tremor um, venia impetrata, scbedulae apertae sunt, et
utriusque Garminis unus auctor prodiit johannes va?j leec-
wen, V. D. M. in Pago zegwaart.
— 940 —
Denuo Acadeiaia Regia Scientiarum invitat omnes,
exteros pariter ac cives, ut composito carmine Latino tie
praemio Hoeufftiano certcnt.
Certaminis praemium est numisraa aureum valens cen-
tum et viginti llorenos, tribueturque ei, cuius carmen La-
tinum, versuum baud minus quinquaginta, nee privati ar-
gumenti, et nondum prius vulgatum, iudicibus, quos Aca-
demia designabil, dignum eo bonorc videbitur.
Carmina buic ccrtamini destinata, ante d. \.° Januarii
a. 1857 mitti necesse est ad Virum Consult. H. J. Koenen,
Ordini supra dicto Academiae Scientiarum ab Actis, lem-
mate insignita, additaque scbedula obsignata, qua nomen
aucloris contincatur, quaeque eodem Icmmate distincta sit,
Certaminis evenlus pronunciabilur in publico Acade-
miae consessu mense Majo a. 1837.
Praemio digna babita carmina sumtibus Academiae
typis descripta edentur. Quae praemio non digna babita
fuerint, una cum scbedulis obsignatis, auctoribus acquis
conditionibus reddenlur.
J. BARE
Ordinls Jcademiae Regiae Scientiarum Lite
phllosoph'tae et hisloriae Fraeses.
Amstelodumi d. X Julii.
A. MDCCCLVI.
APPENDICE
secondo /' articolo 429 degli statuti interni.
CENNI SULLO STATO SA1TARI0 DI WMk
DEL M. E. G. SANDRI
(Continuazioue della pag. 79.1 della precedente dispensa)
40. Pel numero si scarso di vittime, che in Verona fa
la pellagra, giungente in questo decennio a un poco piii di
2 millesimi delle totali, io non dovrei ricordar qui distin-
tumente ne meno essa : ma piacemi ricordarla per altro
motivo. Da quanto se ne discusse ne' congressi scientifici,
e massime in quello di Milano, risulta: \.° come essa regni
anchc in luoghi ove non si usa a nutrimento solito il mats
o sia grano turco o formentone; 2.° come in luoghi nei
quali il detto grano usasi a comun cibo, ella sia sconosciuta;
5.° come ne vengano, bencbe piu di rado, prese anche pcr-
sone agiate; 4.° come siasi riconosciuta eziandio ereditaria ;
5.° com' ella passi lentamente da luogo a luogo, e si vada
insinuando in provincie e distretti ove prima era al lulto
ignota ; e cio faccia senza cbe in essi avvenga verun sensi-
bile cambiamenlo nel viverc degli abitanti, nelle cii'costanze
topografiebe, atmosfericbe, od altre.
Molte delle quali cose sono pur confermate dal prege-
vole scritto del sig. doit. Facen, il quale considerando la
pellagra nel tcrritorio di Feltre, accenna come vi comparisse
— 942 —
unicamenle verso il 1770, come vi si mostri ereditaria,
come vi si prendano anche agiate persone. Nel quale scritlo
pur accennasi il dubbio die mosse forse pel primoil signor
dolt. Zecchiuelli sul poter essere eziandio contagiosa, e si
aggiugne che il sig. dolt. Nobili di Como adduce di conlagio
i casi di due fanciulle sanissime, le quali infellaronsi poi
coabitando con pellagrosi mariti, e die il sig. prof. 13 olio ne
pose in campo la contagione ancbe al congresso scientifico
di Genova.
Dalle quali considerazioni fondate su fatti asserili da
pcrsonaggi si chiari, si numerosi, di si diverse contrade,
conformi eziandio a ci6 che vien osscrvato in Verona, dove
si poco rcgna la pellagra fin anche nella piu misera pove-
raglia, che tanto stenta c lanto usa di grano turco; ci sem-
bra che non da miseria, non dal cibare lal grano propria-
mente essa provenga, ma bensi da principio specifico alto a
serbarsi identico dovunque ella si manifesta; imperciocche
si spiega solamcnle con esso 1'inlero procedimento di lei.
S' intende con esso la lenta diffusione della pellagra da
luogo a luogo senza che pun to vi si mutino le circostanze ;
s' intende il suo regnar anche dove non usasi a comun ciho
il mais; e il suo poter non regnare ove questo grano forma
quasi I'esclusivo alimento degli abitanti ; s' intende con esso,
come senza risparmiare appieno la classe comoda, la pella
gra afiligga di preferenza l'indigenle, siccome usan fare
eziandio allri morhi specifici, la fliriasi, pogniam caso, e la
scabbia ; perciocche la misera classe, vivendo per ogni conlo
slivata, e non potcndo mulare gran fatto lini e vestimenti,
e non molto essendo curante della nellezza, assai piii si
trova in istato di riceverne i gcrmi e trasmetterli. Intendesi
come il male esscr possa eredilario, e a quando a quando,
presentandoglisi il deslro, eziandio contagioso, siccome sono
— 943 —
pur altri di simil tempera; conciossiache Tuna di tali qua-
nta non escluda l'allra, ed enlrarabe possano vantar gerine
proprio. Questa causa e uon allra, rendendo ragione del
niorbo in tutto il suo procedimenlo, noi pensiarao che sola
ne sia la vera causa efficient^ e se qualcbe altra vi ha
parte, come la vita slentata, il triste alimento, non sia che
occasionale o coadiuvante.
41. Assai piu della pellagra dannosa in Verona e la
migliare, che le si rese malaltia pressoche ordinaria;eben-
che veggasi trascorrere qualche mese o qualche stagione
senz' essa, o almanco senza che faecia prede, in nissun
anno pero non manca di fame, ora sola ed ora accompa-
gnata ad altre malattie, massime infiammatorie ; e benche
sempre non taceia del tutto in inverno, infierisce ordina-
riamente piu ncl caldo che nel freddo. Cosi nel i84Si!
maggior numero di sue prede fu in luglio ; nel 1849 in
seltembre, e negli altri otto anni in agosto. E come nel
decennio da noi consideralo se n' ebbero 544, pud dirsi
che sia I'annua media di circa 54; quantunque fra un anno
e l'altro v'abbia grandissima sproporzione, offrendo per
esempio il I 845 soli 15 casi, e 70 il IS $8. Colla media
ora detta la migliare porterebbe meno di 2 ccutcsimi del
totale delle morli annuali.
42. Ma piu ancora della migliare si resero famigliari in
Verona le febbri intermit ten ti. Endemiche per lo innanzi e
crcdute proprie dei siti bassi, umidi e paludosi, ascesero
poscia, sembra non ha guari, anche all'alta aridissima pia-
nura, al colle, al monte e nella stessa citta, ove trattotratto
mostransi pure epidemiche. E sebbene in essa regnino spe-
cialmente l' aulunno, per cui anche autunnali si appellano,
e spesso eziandio in primavera col risvegliarvisi le autun-
nali che tacquero durante il verno, o coll' insorgerne di
— 944 —
novelle; pure, o ridestandosi anche 1g due, le tre, le quattro
volte dopo essere state per intervallo piu o meno lungo
assopite dal loro febbrifugo, o di nuova presa, mostransi
non di rado eziandio in altro tempo: sicehe non saprebbesi
ben dire in qual mese in un anno o nell1 altro esse non
faccian comparsa, quantunque usino piu oecultarsi nel
freddo. Ordinariaraente scmplici c non perigliose, talora
complicate con allri morbi, e qualche fiata pur malignanti
e prepense a divenir pernicioso od apopletiche. Cotale an-
damenlo delle periodiche nel Veronese piu non permette
die lor diasi per causa il palustre miasma, chi non vuol
cadere nella slranezza di porre 1' effetto dove la causa non
trovasi; ma fa sospeltare cio chemaggiormentc mostrammo
in un altro lavoro (I), die la vera causa efficiente sia un
principio specifico d' ignoto procedimento, atto a serbarsi
identico in tante e si svariate circoslanze di luogo c di
tempo : il quale dal febbrifugo ora si eslinguc, ora soltanto
si assopisce per risvegliarsi di poi : e qualche volta e pure
si pertinace da non sen time la forza. Le periodiche per
altro, quantunque dieno molto incomodo, non sogliono
esser mortali se non quando vanno associate ad altre ma-
lattic perigliose, o pur divenute perniciose od apopletiche
deludono la viyilanza del medico, il quale non e pronto a
prevenirne il letale accesso coll'apposito farmaco. II perehe
le lor prede qui non segnansi con cifra distinta.
45. I quattro malori che di tempo in tempo regnano
anche epidemici, massime tra i fanciulli, vale a dire il va-
juolo, i morbilli, la pertosse e la scarlallina, ben non sa-
premmo se dirli solili o vero insoliti; conciossiache pos-
sono Irascorrere stagioni inlere, ed anche anni senza che
(I) Guida alio studio de' contagi, ecc, Capo XIII, p. 164.
— 945 —
quello o questo si manifesti, almeno sensibilmente col far
qualcbe preda, Nel deccnnio da noi preso in esame ne fe-
cero insieme di nominate distintamente 527 ( N. 50.): il
che porterebbe la media di circa 52 -/6 per ciascun anno, se
avessero a serbare qualchc misura di distribuzione, ma in
fatlo non ne serban veruna per nissun conto. Ove le prede
di questi morbi si volessero far entrare nel novero ordi-
nario, colla media sovraccennala importcrebbero poco piii
dun centesimo e mezzo delle totalis a un di presso come
quelle della migliare (N. 41).
44. Nell' ordinario nnmero pero non debbono entrare
le vittimc di ccrti morbi al tutto straordinarii, eome il lifo
ed il colera asiatico. Per buona sorte quelle del primo nel
nostro decennio non furono si numerose, cssendosi contro
di esso presi in tempo i necessarii provvedimcnli. Ci rapi
egli soltanto 42 vite nell' ultima parte del 1849, comin-
ciando da una involala in agosto; e 18 nel 1850, vale a
dire 1 in gennaio, 1 in febbraio, I in marzo, 4 in apri-
le, 8 in maggio, 2 in giugno, ed I in settembre. Egli epoi
da ricordare cbe oltre il propriamente detto peteccbiale,
cbe attacca piii specialmente la testa, qualcbe morbo ne
veste de'sintomi, attaccando di preferenza alcun altra parte,
come una febbre gastrico-nervosa., che rapi ben 146 vitti-
mc nel 1 84 I , cioe 10 in gennaio, 12 in febbraio, 9 in mar-
zo, 7 in aprile, 12 in maggio, I I in giugno, 22 in luglio,
19 in agosto, 16 in settembre, 9 in ottobre, 15 in novem-
bre, e 14 in dicembre. E ne veggiam pure alcun raro ve-
stigio anche di poi.
45. Delle tre volte che il morbo asiatico visito fmora
Verona, tocca al nostro decennio la piii mite che fu quella
del 1849. Comparso in luglio vi fece 14 prede, 214 in
agosto, 56 in settembre, 16 in ottobre, e 2 in novembre,
Seric III, T. I. 122
— 946 —
colic quali ebbe termine, involando cosi 502 vitc, presso-
cbe tutte adulte, cinque sole essendo state d'infanti.
46. Di aleuni altri mali specifici non troviam rieordato
die qualche rarissiino caso in questo decennio. Dello scor-
buto veggiamo una preda in gennaio, una in maggio ed
una in giugno del 1842; ed una del marzo del 1845: delta
varicella una preda nel febbraio 1844, due nel raaggio del
4 845, ed una nel novembre del IS4G. Altri poi in questo
decennio punto non veggiam nominali, sia die non vi cora-
parissero, o non tornasser mortiferi ; benche recassero
molto danno od incomodo in anni anterior!. Talisarebbero
il grippe, gli orccchioni, il fuoco sacro, 1' ottalmia, ed una
specie di risipola che mostrossi epidemica.
47. Del grippe, o sia calarro russo, ci si ricordano
pareccbie invasioni, rappresentandocelo conlagioso, sia
pel modo con cui ci veniva recato, sia per quello di sua
diffusione. Cosi ci si dice p. e. come nelf aprile del 1805 ci
giugnesse da Milano, dove eapito dalla Francia, in cui fu
1' anno prima; come nel maggio erasi fatto assai frequente
ed epidemico invadendo per conlagio le interc famiglie ;
e come ancbe nel novembre del 1800 si vedesse attacca-
ticcio di famiglia in famiglia.
48. Gli orecchioni o parolidi, spcsso ricordati colnome
di galtoni, e cbe piii comuncmente chiamansi in Verona
mal del moltone, troviamo aver dominato sporadic! nel-
1' aprile del 1795, ed epidemici nell' agosto, nel maggio e
giuguo 1794 ; nel febbraio 1790 ; nel marzo del 1800. E
nel gennaio del 1801 ci si presenlano con suppurazioni
lunghe ai genitali, e nel febbraio eziandio come apportatori
di morte a molti individui.
49. II fuoco sacro scorgiamo aver molestato Verona
nel 1801, e averne ancbe fatta epidemia nel 4799 ; e ca-
— 947 —
ratterizzarsi come assai doloroso neirapriledeU805. LTot-
talmia noli' aprile del 1805 ci si dice esser passata ad infe-
stare quasi tutti i fanciulli della citta, avendo cominciato
in marzo, e indi cssendo stata epidemica, e quasi univer-
sale in qualche monastero di monache : e nel maggio del
4795 se ne ricorda una tale da indurre ne' veccbi la ceci-
ta. E quanto alia risipola., se ne ricordano quasi epidemic
specialmente alia faccia, come nel novembre del 4 795, nel
maggio del 4 795, nel gennaio del 4 799, nellottobre del
4 800 ; e notasi pure essere tal volta stata facile a degene-
rare in gangrena, o in ulceri gangrenose, come nell' ora
detto gennaio del 4799.
50. Ma le morti cagionate da quesfi o somiglievoli mali
straordinarii in Verona, non entrerebbero nel computo
della soiita sua mortality. Vuolsi dunque dislinguere la
mortality ordinaria dalla straordinaria. Questa pud suc-
cedere o per causa non bene apparente come quella degli
infanti nel 4 842, (N. 4 7.74) ; o per gravi turbamenli dei
popoli, per politicbe calamila, come quella del 1 848; o per
contagiose epidemie, come nel 4 849. Anno oltre modo
mortifero per cagione simile a quella del 4 848, sifu in Ve-
rona il 1796 nella seconda sua parte, e mortiferi per ca-
gion simile a quella del 4 849 si furono il 1801, il 1829, e
il 4 856.
51. E rispetto a quest' ultima cagione, viene in taglio
osservare, come nel mentre che infieriva un' epidemia, il
vajuolo, per esempio, il tifo, il colera, non solo non tace-
vano i morbi soliti, ma dominavano pure altre contagioni ;
siccbe 1' eccesso della mortatila di quesli anni, non ad una
sola, ma piuttosto ad un complesso di epidemie o semi-epi-
demie tra lor diverse, le quali rcgnavano al tempo stesso,
e dovilto.
— 948 —
52. Considerate) quali morbi tronchino le vite in Vero-
na, e in quale proporzion rispettiva soglian trOncarle, a
rendere questo cenno manco imperfetto, avvisammo di
aggiungervi alcuni prospetti statistici cbe ci venne fatto di
raecozzare, senza poter luttavia troppo garantire sull'esat-
lezza delle singole cifre, sia perche nol comporti la natura
stessa della materia, sia perche il miglior modo ancor
non s' adoperi nel tessere quei registri, da cui elle si pren-
dono.
55. In un prospetto si da prima la popolazion di Ve-
rona co' due sobborghi di Tomba e di s. Lucia, la quale
nel menzionato decennio, benche non se nescorga sempre
ebiaro il motivo, ondeggia tra il 51,400 e il 52,529, di cui
circa 2500 pe' sobborghi, e il rimanente per la citti, non
bomprendendovi ne la milizia ne i foreslieri ; e vi si vede
ancbe le feminine superare alquanto i maschi, non giungen-
do mai gli uni alle 20 mila, e le altre sempre passandole.
In esso prospetto appaiono poscia i matrimonii celebrati
per ciascun anno, i quali porgono 1' annuo medio numero
di quasi 594.
54. Poi nel prospetto medesimo viene in vista il nu-
mero de' nati distinti in maschi ed in feminine, in legittimi
ed illegi ttimij, cbe in complesso danno un medio annuo di
4 957. Indi scorgesi quello de' morti che porge un annuo
medio di pressocbe 2155, mentre l'ordinario sarebbe da
1800 a 1900: ma v'ebbe in questo decennio, come fu ri-
cordato di sopra (N. 50), tre anni straordinarii ; vale a
dire il 1842 che ne diede 2176, il 4 848 cbe ne die poco
meno di 2700, e il 1849 che ne ha dalo soltanto una qua-
rantina men di 5000. Dondcapparisce 1'annua perdita me-
dia d' individui 177.
(Continua.J
IRDH1E BELLE 1DEI1HZ1
D E L L' A N N 0 ACCADEMICO 1855-56.
Adhnanza del giorno 25 Novembre 1855
— » — 26 Novembre a
— » — 29 Dicembre »
— » — 50 Dicemdre »
— » — 27 Gennajo 1856
— » — 28 Gennajo »
— » — 24 Febbrajo »
— » — '25 Febbrajo »
— » — 16 Marzo »
— » — 17 Marzo »
— » — 27 Apr He »
— » — 28 4/m7e »
Adunanze dei giorni 15, 16, 17, 1 8 e 29 Maggio
Adhnanza solenne del giorno 50 Maggio
Adi'nanza del giorno 22 Giugno »
— » — 23 Giugno »
— » — 20 Luglio »
— » ■ — '21 luglio »
— » — \1 Agosto »
.
pag.
67
))
75
»
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Maggio.
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795
))
811
»
885
IHDICI ALFABETICO
Adunanza solenne del giorno
30 maggio, pag. 037.
Afl'ari interni. — Tabella delle
adunanze dell' anno accade-
mico 1855-1850, nag. 70. —
Nomina del dott. Giacinto
Namias a segretario dell'i. r.
Istituto, io i. — Nomina di una
Commiss. per Jesame dun ce-
mento idraulico, pag. 97. — ■
Commissioni per la nomina
de' soci corrisp. e per la bi-
blioteca dell' Istituto, pagina
217. — Si propone la sosti-
Luzione del vice-segretario
BianeUetti, pag. 289. — Te-
ini proposti pel quesito scien-
tiflco, pag. 313. — S. E. il
Luogotenente Bissingen rin-
grazia per la sua nomina a
Membro onorario dell' Istitu-
to, pag. 391. — Si procede
alia nomina di cinque membri
affinche destinino le Commis-
sion! speciali per I' esame de-
gli oggetti presentati al con-
corso industriale, pag. 495. — ■
Approvazioue deU'estratto dei
giudicj pei premj d'industria
da pubblicarsi nell' adunanza
solenne, pag. 023. — Annun-
ciasi la morte del s. c. dott.
Penolazzi. — Indicasi il con-
lenuto della I. parte gia pub-
blicata del VI volume delle
Memorie, e la risposta ad una
Nota del prof. Carlini sulla
camera lucida di /f'olfaslon,
pag. 880-881.
Alii Vtrbali. — Discussione su
quello dell' adunanza privata
13 agosto tra i m. e. Bellavi-
tis e Nardo pag. 75.
Bellvvitis prof. Giusto. — Sul-
le unita delle varie quantita
lisiche, c sull' importanza ed
uso delle teorie per racco-
gliere e coordinare i fenoine-
nifisici, Discorso, pag. 107. —
Continuazione, pag. 221, pag.
325. — Sulla risoluzioue nu-
merica delle equazioni, pag.
729. — Intorno alle conse-
guenze dun abbondante pro-
dotto d' oro, pag. 730.
Biainchetti dott. Giuseppe. —
— 0K9 —
Intorno ad alcune cuse spet-
tanti alia lingua ml alio stile,
Discorso, pag, -149.
Bizio prof. Bartolomeo. — Ri-
cerclie sperimentali intorno
al calorico di diluizione, pag.
-120. — ■ Intorno al calorico
di diluizione,l\ota,pag. 1 40. —
Considerazioni intorno all' o-
riginedel diamante, pag'. 421.
— Dilucidazione sol detto
dianzij Nota, pag. 420. — In-
torno ad una condizionata
particolarita della grandine,
Mcmoria, pag. 759.
Bizio dott. Giovanni. — ■ Osscr-
vazioni sopra 1'acidiOcazione
del petroleo a contatto del-
1 aria, pag. 200.
BucCHU prof. Gustavo. ■ — Sua
nomina a m. e. dell' i. r. Isti-
tuto, pag. 758.
Canal prof. Pietro. — Concor-
dia dei initi colla storia quan-
lo ai principii di Roma, Mc-
moria, pag. 839.
Cai\tl' Cesare. — Intorno agli
arehivii, pag. 023.
Casoki ingegn. Giovanni. — So-
pra im singolare apparato di
fondazione scoperto nell' oc-
casione die fu disfatta un'aii-
tica tone in Venezia, Mcmo-
ria, pag. 33. — ■ Di un cemen-
to idraulico, impiegabile tan-
to in lavori subacquei marit-
timi e fluviali, quanto in lavo-
ri esposti all' aria ed alle in-
fluenze atmosfericlie, Comu-
nicazione, pag. 90. — Intor-
no ad una seconda appendice
del commendatore Cialdi di
Roma alia sua opera intitola-
ta -. Risullato disludj idrodi-
numicij naulicie commercia-
li sul porlo di Livomo, ecc.
Ragguaglio, pag. 390.
Cati'llo cav.Tom. Ant. — Con-
siderazioni intorno ad alcune
recenti memorie di geognosia
paleozoica, pag. 713.
Cayalu co. Ferdinvnoo. — stu-
dii sul monti di pieta, p. 09.
Cicog^a cav. Emmanucle —
Sull'opuscolo intitolato: he
purde (di cui la stanza 09
del canto 39 del poema di
Lodovico Ariosto) escuiio dal
sasso e non dal Uistio, ne
dalle lasse o dal lasso. Osser-
vazioni, pag. 193. — Sull'au-
tentieita della lettera di An-
tonio Canova da Roma del 12
febbraio 1803 a Carlo Ga-
spari pittore veneziano, con-
cernente la prima opera scol-
pita dal Canova rappresen-
tante una Madonna, Rifles-
sioni, pag. 198. — Relazioni
intorno a due opuscoli del
dolt. Kamiler p. 291. — del-
I'ab. Valentinelli nella p. 870.
Cittadllla co. Giovanni. — La
Bibbia considerata qual mez-
zo d' istruzione letteraria,
Mcmoria, pag. 253.
Dall.v Torre Giuseppe e Fa-
soli G. R. — Sulla spontanea
volatilita dei corpi iisici, Mc-
moria, pag. 489. — Intorno
all' ammoniogenesi dell' acido
niti ico per opera di corpi ri-
d ut tori, Osservazioni, pag.
017.
*»53
Discussioni.— p. 188, p. 288.
Doui. -- pag. 97, 217, 289,
290, 814, 415, 508, 618, 765.
Esposizione degli oggetti d'in-
dustria alia pubblica raostra
nel palazzo Ducale, oltre
quelli premiati, pag. 685.
Faparwi cav. Agostino. — Delle
leggi agrarie contenute negli
antichi statuti municipal^ e
deHJuso che se ne pud fare
nella coinpilazione del codice
rurale, Memoria, pag. 51. —
Su 1' utilita di estentlere pre-
sentempnte nelle provincie
venete la coltivazione del li-
no, e sul niodo di liberarlo
dall' infesta silene linicola,
Memoria, pag. 361.
Fario dott. Leovigildo. — Sui
fenomeni prodotti dalla cole-
sterina nell' occhio umano ,
Memoria, pag. 497.
Fusiimkri dott. Ambrogio. —
SuH' influenza dei segni nella
formazione delle idee, Memo-
ria, pag. 7.
Galvaim Antonio. — Nuovi spe-
rimenti e nuova ipotesi intor-
no al jodio, pag. 359. — Nuo-
vi studii sul jodio applicati
all'acqua marina, pag. 498.
Cera dott. Francesco. — Sul-
I'atrofia contagiosa dei bachi
da seta, nuove osservazioni,
pag. 76. — Alcuui studii sul-
la materia piu adatta ad ap-
pareccbiare il caglio vitellino
o sia il presame, che serve a
coagnlare la massa del latte
destinata a dare il formaggio,
pag. 404.
Serie 111. T. I
Giurlizii. — Sopra gli oggetti
presentnti al concorso per
1' agricoltura e I' industria
pag. 653.
Jodio. — Varie prove fatte in
ospedale col jodio dal dott.
Fario, e discussioni succes-
sive sull'argomento, pag. 393.
Mems ab. Lodovico. — Intorno
ad un musaico non ha guari
scoperto nella citia di Adria,
pagina 74. — Sulla navigazio-
ne deilVormanni dai tempi del-
1' imperatore Augusto in se-
guito, Considerazioni, p. 533.
— Sulle piu recenti esplora-
zioni dell' Africa, e sulla pos-
sible esistenza di popolazio-
ni bianche nelle regioni cen-
trali della medesima, Memo-
ria, pag. 883.
Munich prof. Seraf. Raff. — So-
pra un nuovo metodo d' inte-
grazione delle equazioni dif-
ferenziali di 1." ordine a piu
di due variabili, che hanno
per integrale completo una
sola equazione primitive, Me-
moria, pag. 794.
MmiscALCHI co. Francesco. —
Intorno al sorgo zuccherino,
Comunicazione, pag. 216. —
Di un sistema universale di
trascrizione per Ie lingue tut-
te del globo, applicato spe-
cialmente alia geografia, Me-
moria, pag. 312 e 396. — Sua
nomina a membro effettho
dell' i. r. Istituto, pag. 7o8.
Moliin prof. Raffaele. — Ricer-
che anatomico - fisiologiche
sul cuore, e sul sistema san-
123
1)54
guifero del boa constrictor,
pag. 377, 429, 517. 528.—
Risposta ad una i\ota del m.
e. dott. NardOj pag. 708.
Na'mias dott. Giacinto. — Nomi-
na a segretario dell' i. r. Isti-
tuto, pag. 70. — Sulla parte
che spetta alia medicina negli
studii ed officii dell'Istituto,
Discorso, pag. 093.
I\ardo dott. G. Domenico. —
Sopra il potere di alcuni olii
essenziali facilmente ossige-
nabili di togliere il rancido
ad alcuni olii grassi, e sulla
presenza della solanina nella
corteccia dellepatate, Nota,
pag. 90. — Introduzione al-
io studio di alcuni fenomeni
oltici, Memoria, pag. -187,
287. — Sugli scritti relativi
alia st'ruttura del cuore, ed
alia circolazione del sangue
nei rettili, Nota, pag. 755. —
Parole intorno ad uno scritto
del prof. Molin, pag. 809. —
Risposta al detto scritto,pag.
883.
Pasim Valentino. — Esame di
alcuni scritti recentemente
pubblicati in Francia sulla fi-
losofia del diritto penale, Me-
nioria, pag. 897.
Pazienti dott. Antonio. — Sua
nomina a membro effettivo
dell' i. r. Istituto, p. 758.
Pensioni . — Pensioni accorda-
te ai m. e. Zanardini. Cappel-
lelto e Cicogna, pag. 758.
Premj. — Distribuzione dei pre-
mj d'industria, pag. 037. 039,
041,045. 649, 053.
Programmi. — pag. 108, 321,
501. 506, 771.
Quesilo scientifico. — p. 313.
R&gazzini prof. Francesco. —
IVnovi mezzi per iscoprire
traccie di jodio in combina-
zione agli aloidi, Memoria,
pag. 000.
Rapporli. — pag. 71.81, 291,
511, 646, 700,870, 870.
Regnani. — Sopra il teorema
dell' induzione elettro-stati-
ca,ecc, p. 410.
Sagredo co. Agostino. — Sol
giornale dell' assedio di Co-
stantinopoli di Nicold Barba-
ro , con documenti e note,
pubblieato dal sig. Enrico
Cornet, Studio-storico, pag.
735.
Sandri dott. Giulio. — Sullo
stato sanitario di Verona,
Cenni, pag. 759, 777.
Saktini prof, commend. Giovan-
ni. — Del pianeta scoperto a
Parigi dal sig. Chacornac, ed
osservato a Padova nel 23
febbraio 1850, Animnzio, pag.
393.
Sorio padre Bartolommeo. —
Sul Trattato della Sfera di
ser Brunelto Latini nel sno
Ttsoro maggiorej Proposta
di emendazioni da fare al te-
sto stampato,*pag. 203, 591.
Visum prof. Roberto. — Delia
vita e degli studii del dott.
Domenico Martinati, IVotizie,
pag. 271.
Zambelli prof. Barnaba. — Se
nei popoli la niiseria si leghi
a cause ingenite e fatali, «
1)55
percio superior! a forza rt'uo-
inini e di governi, Memoria,
pag. 67. — Sopra un opusco-
lo del dott. Marom ddla tra-
scrizione ipotecaria,ecc.} pa-
gina 870.
Zvnnim dott. G. B. — L'urgen-
te problema dell' oro e la sua
soltizione, Memoria, pag. 551.
Zantedeschi prof. ab. cav.
Francesco. — Sopra il teore-
ma fondamentale dell induzio-
ne-elettro statica, ed il rag-
giamento elettrico del prof.
Regnani di Roma, Osserva-
zioni, pag. 414.— Su l'espo-
sizione universale di Parigi,
in relazione ai bisogni agri-
coli industriali delleprovincie
venete, Studio \.° pag. 471.
Cenno sui libri presentati al-
I'lstituto dal prof. Poev, pag.
493. — Promessa del mlni-
i'.ro del commercio di Fran-
cia di manduro il corapimento
dell' opera della Commissione
fiaricese per la esposizione
universale di Londra, pagina
595. — Proposta d' un piano
d' osservazioni meteorologi-
che e dei fenomeni periodici
in relazione all' agricoltura,
arli e commercio delle pro-
vincie venete, pag. 537. —
D' uno spettrometro ed espe-
rimenti eseguiti con esso, De-
scrizione, pag. 793. — Sulle
leggi della capillarita , Ri-
cercbe, pag. 811. — Intorno
ad un apparecchio elettro-
tellurico, lettera al Zantede-
schi del prof. Giardini di l\a-
poli, pag. 806.
Ziga'o (cav. Achille de) Su la
flora fossile dell' oolite, Me-
moria, pag. 492.
Ziliotto dott. Pietro. — Rela-
zione sola storia documenta-
ta del colera-morbus del dott.
Freschi, p. 8 J.
.