s f'^\ À T T I Del Real Istituto d' Incoraggiamento oo alle scienze naturali DI NAPOLI. àJìl}..9, ATTI DEL REAL ISTITUTO D' INCORAGGIAMENTO ALLE SCIENZE NATURALI DI NAPOLI. TOMO III. ^■'1^2- »i3W^J®tCMM«<«!«(«(«»— NAPOLI DALLA STAMPERIA Dl' FRATELLI FERNANDEB Snuda Tribunali N." 287. 1822. y S. R. M. ^e questo Vostro Reale Istituto d'Incorag- giamento è stato sempre penetrato dal più sacro dovere di manifestare alla Maestà Vostra la sua riconoscenza, e '1 suo attaccamento j lo è mollo più al presente per le tante grazie, di cui non ha guari la Maestà Vostra si è benignala di ricolmarlo. Per corrispondere ad obbligazioni sì grandi esso non ha altro mezzo che quello di umiliare a pie del Trono questo terzo saggio delle sue fatiche, le quali tendono principalmente allo scopo , cui son dirette le Vostre savie mire , cioè ad accrescere la prosperità della Nazione. E se altra volta vi degnaste , o Sire , di accettare la dedica de' precedenti Volumi , che il Pubblico trovu fregiati del Vostro Sacro Nomej si augura ora questo Isliluto, che la JM. V. voglia eziandìo compiacersi di gradire gli stessi omaggi di ammirazione, e di rispetto. In tal modo Vostra INIaeslà verrà ad animare i Componenti questo Corpo Ac- cademico a proseguire incessantemente e con fervore i loro lavori , onde rendersi sempre più degni dell'amor Vostro , e delia pubblica stima. Di V. S. R. M. K- -T» Napoli li 24 Novembre 1821. Pel Ri'cil Isti fu to et Tncoragifiamenio Ir. Cvv."''^' Giuseppe I'om Presidente. Vincenzio Stellati Ae^ retario Pejjìctuo ATTI DEL REAL ISTITUTO D' I]\fC€»BAGGIAME]\TO ALLE SCIENZE NATURALI DI NAPOLI TOMO IIL NAPOLI DALLA STAMPERIA DIo' FlìATELLT FERNANDES Strada Tribunali N." 287 1822 ) vii PR E F A ZI ON E I lavori, che dopo la pubblìca%ione del secondo volume, han formato V oggetto delle cure accademiche presso que- sto Beale Istituto, sono già compilati in un terzo, che ora viene alla luce. Non fia discaro ai Leggitori il veder prevenuta la loro curiosità per mezzo di un fugace annunzio su ciò cui mi- rano gV indicati lavori. Eglino vi scorgeranno religiosa- mente serbato il disegno, pel quale dalla sua fondazione la nostra Società travaglia senza interrompimento; vai quanto dire, la prosperila nazionale. Dovizia che non si acquista quando Io sguardo del filosofo, che ben conosce per principi l' andamento della natura, non guida e dirige l agricoltore, che va segnando i solchi coW aratro; non dà norme alla vanga che fende, dilania, e rinvigorisce la ter- ra, e non regola la mano del contadino /n',:^^? ^po della potagione; quando il suo occhio previdente non addiviene la tutela della tenera messe sin che la spiga vi biondeg- gi e cada ubertosa sotto destra e fervida falce, quando le voci dello Scienziato non s'intersecano con quelle del pa- store discettando sul bene delle mandre; quando per ultir mo V Accademico non ^i accoppia all'artefice per mettere VITI in opera Io sue moHlpIici macelline, che son sempre dirette ad accrescere i comodi della vita civile. Ne'sccoli di estesi lumi e di raffinate conoscenze die si van succedendo, imrrebhe meramente ozioso impegnarsi a far rilevare quanto mai sia felice il consorzio della scienza e dell' ;ìt\c, a fin dì rendere più avventurosa la loro sorte. Il fatto eia ragione si son messi di accordo per far conoscere che il contemplatore della natura, il quale si limita ad eslimarne il potere, senza portare le sue indagini ad applicazioni di sorte alcuna; che decom- ponendo le moltipUci sostanze che gli vengono per le ma- ni, onde rivelarne f intimo impasto, resta pago ed orgo- glioso delle sue scoperte, senza metterle altrimenti a par- tito; che percorrendo con insaziabile brama lungo la ca- tena interminata delle produzioni naturali, si resiringe alla sorpresa che giustamente ne pruova, o consuma i suoildi a porle in serie ed ordinarle a suo modo: questi non se- gue che una sterile gloria se l utilità non corona i suoi assidui e penosi lavori. Ed in che mai potrebbe meglio riporsi una siffatta utilità se non che nel far concorrere si belle conoscenze air agiatezza della vita, all' assicura- mento de" mezzi per la sussistenza, in una parola al bene dell' uomo nella società eli esso forma ? Per un altro lato chi non comprende quanto in vano suderebbe V agricoltore su sterile suolo , quando non fosse ben istruito per migliorarne V impasto , o mal conoscesse di qual pianta , e di qiial sementa favorisse o riprovasse la vegetazione ? Qual tenuissi- vio frutto , e talvolta nullo si sarebbe colto dalla vite , daW ulivo, cM cedri, se Io studio delle cose naturali non avesse diffuso una chiara luce non solo sul go- verno di quelle piante, ma benanche su la prepa- razione del miglior succo inebriante, su la perfe- zione degli olj, su la fabbrica di soavi essenze e di salubri unguenti! Se il pastore fosse stato men docile all' istruzione della scienza ; se con ostinata adesione si fosse egli tenuto fermo alle tradizioni degli avi , per non prestarsi a' metodi di pili giusta ragione, avrebbe mai ingentilito le lane del suo sres^e avrebbe appreso mai a presentarne il latte sotto ini Ile nettaree forme , avrebbe saputo ovviare all'epizoozìe, che decimando U suo armento lo avrebbero condan- nato all' inopia! In fine, se le scienze esatte, se l' arte divina di tratteggiare le forme , se una ra- gionata meccanica, se la scienza che emerge dai fornelli non avessero fatto a gara , come lo fanno f^gg'dL per dirigere la mano dell'artefice, non avrebbe fatta costui elle un^ g^-ooooKin,^ ma nella Regia Università degli Stiulj. Mfirroncelli D. Giustino P. di Medicina. Melograni D. Giuseppe Ispettor generale del Pub- Llico Demanio. Miglielta D. Antonio P. P. di Storia medica nella Regia Università degli Studj , e Segretario perpetuo della Connnessione centrale di Vaccinazione. Monticelli D. Teodoro P. P. di Etica nella Regia Università degli Studj e Segretario perpetuo della Real Accademia delle scienze. Nanula D. Antonio P. di Anatomia e Chirurgo dello Spedale di S. Francesco. Petagiia D. Luigi P. P. di Zoologia nella Regia Università ('egli Slndj e Direttore del Museo Zoolo- gico della stessa. Prisco D. Carmelo P. di Medicina e di Chimica, ed Ispettore degli Stabilimenti di arti e maniiatture. Ronchi D. Salvatore Medico di Camera di S. M. , e P. P. di Medicina pratica nella Piegia Università degli Studj. Rossi Canonico D. Francesco P. P. di Sacra Scrit- tura nella Regia Università degli Studj. Ruggieri D. Luigi P. P. di Meccanica nella Regia Università degli Studj. Ruggiero D. Pietro P. P. di Nosologia e Pato- logia nella Piegia Università degli Studj. Sangiovanni D. Giosuè Socio Ordinario della Reale Accademia delle scienze , e Prefetto della Biblioteca della Regia Università degli Studj. XLIII Bavaresi D. Antonio P. di Medicina e Socio Or- dinario della Real Accademia delle scienze. Sementini D. Luigi P.P. di Chimica nella Regia Università degli Sludj , e Direttore del Gabinetto delle macchine chimiche della medesima. Semola D. Mariano P. P. di Logica e Metafi- sica nella Regia Università degli Sludj. Sonni D. Domenico P. di Matematica. Santoro D. Leonardo P. P. di Chirurgia teore- tica nella Regia LTnivcrsità degli Studj e Socio Ordi- nario della Rcal Accademia delle scienze. Tenore D. Michele P. P. di Botanica nella Regia Università degli Sludj, e Direttore del R. Orto bo- tanico . Tondi D. Matteo P. P. di Geognosia nella Regia Università degli Sludj e Direttore del Real Museo Orittologico. Soca Onorarii e Corrispondenti ascritti dopo la j)uhhlicazione del IL volume. Onorarii Amali D. Gio: Battista Medico di Camera di S. M. Covelli D. Nicola P. di Medicina. Davy Cav. D.Onofrio. Forcella Marchese D. Antonio. FrimontS. E. Barone e Principe di Antrodoco, XLIV Feld-Marcsciallo, Comandante in Capo l'I. Pi. Arniaia Austriaca nel Regno di Napoli. Koller S. E. Barone Sopraintendenlc dell' I. e R. Armata Austriaca nel Regno di Napoli. Laiiza D. Vincenzio Medico e Direttore della Cli- nica della Pace, e P. P. Aggiunto alla Cattedra di Clinica Medica nella Regia Università degli Sludj. Melorio D. Niccola Chirurgo di Camera di S. M. Pepe D. Vincenzio P. di Chimica Romani D. Francesco P. di Medicina. Ronchi D. Francesco P. P, Aggiunto alla Cat- tedra di Anatomia patologica nella Regia Università degli Sludj , e Medico del 11. Ospedale di Marina - Sterlich Cav. D. Ignazio. Corrispondenti. Bivona Barone D. Antonio in Palermo. Bufcilini r. di Medicala in Cesena. Cacciatore D. Nicola P. di 7\stronomia in Palermo Cappelli D. Domenico in Foggia. Costa D. Oronzo Gabriele P. di Medicina in Lecce. Dandolo D. Tullio in JMilano. Ferrara Abate D.Francesco P. di Fisica in Catania. Fontano D. Antonino P. di Chimica in Palermo. Giulj D. Giuseppe P. di Medicina in Asina- lunga nella Toscana. Levi P. di Medicina in T^enezia. Longo D. Agatino P. P. di Fisica Sperimentale nella Regia Universiiù di Catania, XLV Maravigna D.Carmelo P.P. di Chimica nella Regia Università di Catania. Merletta D. VitoP. di Medicina in Palermo. Moliu D.Girolamo P.P. di V.elerinaria in Padova. Nugeiit S. E. il Principe. Ossa D. Giuseppe Antonio P. P. di Botanica, e Direttore dell' Orto botanico di Avana ncU' Isola di Cuba. Portai D. Placido P. di Medicina in Biancavilla nella Sicilia. Reburdone Principino D. Enrico. Romeo D. Santo P. di Medicina in Messina. ; ScuderiD. Salvatore P. di Medicina in Catania. Scinà Abbate D. DomenicoP.di Fisica in Palermo. Siracusa D. Vito P. di Medicina in Bisceglia. Spallanzani D. Gio: Battista P. di Medicina in Reggio di Lombardia. Spampinato Abate D. Baldassarre in Catania. Zamboni Abbate D. Giuseppe P.P. di Fisica in T^erona. XLVI CATALOGO Delle opere pubblicate dai Socj Ordinar'] dopo la divolgazione del II Volume degli Atti Accademici. Barba D. Antonio. \_^sservazioni inicroscopiclie sul cervello e sue parli adiacenti, scc, ediz. eoa aggiunte. Napoli, 1819, in 8. iig. Cagnazzi D. Luca, Saggio sopra i principoli :iìelodi d' Istruire i fan- ciulli. Napoli, 1819, in 8. Sul tavoliere di Puglia , kilora al Signor Simonde de SiSMONDi. Napoli, 18-20, in 8. Saggio sulla popolazione del Regno di Puglia ne' passati tempi, e nel presente; toni. Il in 8. Parte 1. che contiei^c lo sialo de' tcuìpi passati. Napoli, 1820. Delle Chiaje D. Stefano. Elogio storico del Cav. Bruno Amantea. Napoli, iSig , in 8. Elogio storico di Michele Ferrara. Napoli, 1821 , in 8. Flauti D. Vincenzio. Gli Elrinenli di Euclide; in 4. Opuscoli niateuiatici della scuola del signorFergola; YoL 1 in 4. XLVII Geometria di sito nel Piano e nello spazio v.I,in 8 se. Corso di Geometria Elementare e sublime j voi. 4 in 8 , 8.^ ediz. Corso di Analisi Elementare e sublime; voi. ^ìa 8. Se n' è finora pubblicato il solo tomo 1 , che comprende l'Analisi Elementare. FoLiNEA D. Francesco. Prospetto analitico del sistema carnoso del corpo umano. Napoli , 1818 , in 4. Osservazioni su i danni che sovente produce l'un- guento di mercurio tanto per applicazione che per frizione applicato. Napoli , i8*è , in 4. Sotto il torchio. Gagiardo D. Gio. Battista. Annali di agricoltura italiana. Grillo D. Antonio. De rebus anatomicis novissime observatis coramen- tarius. Neapolì , 1819, in 8. Istoria della fabbrica del corpo umano. Napoli, 1820 , tom. 52. in 8. Lancellotti D. Francesco. Analisi delle acque minerali del territorio di Poz- zuoli. Napoli, i8ig, in4« Istituzioni di Chimica farmaceutica. Napoli, 1820, tom. 2. in 8. Discorso inaugurale pronunziato in occasione dell' apertura della Cattedra di Chimica applicata alle arti Napoli , 1S21 , in 4. Melograni D. Giuseppe. Osservazioni su 1' Amministrazione delle acque foreste. Napoli, 1821 , in 8. XLVIIl MicLiETTA D. Antonio. Stalislica vaccinica napolilana , ossia prospctlo politico della progressione dell' esercizio vaccinico ne' doniinj del Regno delle due Sicilie al di qua del Faro. JVajyo/i , 1820, in 4. Poli Cau. D. Giuseppe, Presidente. Elementi di Fisica sperimentale. Edizione novis- vjssima. IVapoli , 1821, toni. I. in 8. Prisco D. Cahmelo. Memoria riguardante le arti , e manifatture , e P industria del Regno, e su de' mezzi da praticarsi pei loro migliorameulo ed incoraggiamento. Napoli, 1821. Sangiovanni D. Giosuè. Descrizione di un nuovo sistema di organi Cromo- Joro-espansivO'dermoidale , e de' fenomeni eh' esso produce ne' molluschi cefalopodi. A^iyjo/i, 1819, in 8. Sementini D. Luigi. Memoria su la pretesa pietra infernale. Napoli ^ 1820, in 8. Tenore D. Michele. Saggio sulle qualità medicinali delle piante della Flora napolilaiia ce. Sec. cdiz. Napoli, 1820, in 8. Tondi D. Matteo. La scienza selvana ad uso de' Forestali. Napoli, 1821 , 8. tom. 5. iìg. VuLPEs D. Benedetto. Institulioncs puthologicae latine redditae et ìn- conipendium , novamquc formam rcdactac a Uominico 3Ii/iiclimi. Neapoli , 1820, in 8. ( 1 ) Sul lago fucino, e sue escrescenze: progetti per BONIFICARLO COLLA DESCRIZIONE DELL' EMISSARIO DI TIBERIO CLAUDIO; E SULLA NECESSITA' DI RIAPRIRLO. JIEMORIA DEL SOCIO CORRISPONDENTE DOTTOR TOM- MASO BROGI. LETTA NELL'aDUNANZA DE' 9 GENNAJO 1816. CAPITOLO I. JDel Lago Fucino. X popoli Marsi, come lutti gli altri popoli del Lazio, ripe tono la loro origine da' Pelasgi , dagli Aborigeni , e da' Fenicii per sentimento di Dionisio di Alicarnasso. Eglino per attcstato di Plinio (i) si nominavano Anxi- iiali , Autinati , Fucensi , Marruvii , ed Albensi ; ed abitavano un'estesa regione confinante co' popoli Ve- stini, Volsci, Peligni, Equi, ed Equicoli. Le loro Città principali erano Arcliippe , Cerfcjmia, Plcstinia, Mi- Ionia , Alba, Carseoli, e Valeria. Pel valore, e pel potere de' Marsi ò inemoraLile ciò che narra Lucio Floro nella Guerra sociale Italico-Marsica. Benché in ultimo fossero sottomessi da Lucio Siila , e da (0 Lib. 3. cup. 12. ( 2 ) Caio Mario, pur nondimeno basti per loro gloria, che nell'anno 455. di Roma essi vinsero i Romani, e vcrgognosamenle fecero passare costoro sotto il giogo delle Forche Caudine ; e giunsero finalaiente all'onore della cittadinanza Romana , rimanendo ascritti alla Tribù Sergia. Il Censore Marco Valerio Massimo ge- nerale de' Marsi nell' anno di Roma 461. costrusse la via Valeria, una delle tre consolari, che aveva l' au- lica Roma. Questa incominciando da Tivoli, tagliando per mezzo la loro regione , terminava a Valeria , Municipio da lui edillcato colle reliquie di Marruvio e di Cerlennia (1). 1 Marsi I'" accusi erano coloro che abitavano quella parte della regione Mai'sica prossima al Lago Fucino, e che meritò da essi un Tempio come Dio; i di cui ruderi esistono ancora nella riva adiacente al Pitonio , e che nell' attuale non mai veduta escre- scenza si trovano inondati. Caio Gavio , e Caio Ve- rcdio sciolsero al Dio J'noino il volo colla lapida a noi accuratamente descritta da Lodovico Muratori. C. GAVIVS. M. F. C. VEREDVS. C. F. IMESSALA FVCINO V. S. L. M. L' etimologia di questo Lago dal Cavalier Car- letti, che ha vivuLo a' nostri tempi, si ripeteva da Fucina (/) TU. LU'. L. 3. (3) suir appoggio che vi fosse da prima esistito un vol- cano, spento poi ne' secoli rimoti. Il Fucino , io dico , rimane al Sud-Est , circondato dagli alti Appen- nini , senza che la natura abbia in alcun canto di essi aperta una foce visibile per dar esito alla soprab- bondanza delle sue acque. Questo Lago, oltre le acque avventizie della pioggia delle stagioni , raccoglie non solo quelle che si adunano in torrenti su i monti che lo circondano; ma quelle ancora che questi vi man- dano dietro la dissoluzione delle nevi. Esso di più ha la confluenza continua e perenne del fiume Invetto, ossia Giovenco, di quello delle Foci, e di Fonte Grande; e di tutte le infinite sorgenti delle ac- que , che trapelando per le medesime indicate ca- gioni dalle viscei'e e da' serbatoi delle montagne , vanno da sotterra a scaricarsi nel Lago perenne- mente. Sebbene non vi sia dubbio, che la natura abbia stretto questo Lago senza dargli un' apertura vi- sibile per la quale possa liberamente scaricarsi : e siasi notalo e si noti , che nella maggior parte della sua perifei'ia scavandosi si trovi acqua , che si riunisce nel suo seno; pure questa stessa natura al Sud , e in tutta 1' adiacente riviera del monte Sal- viano ha provveduto, che 1' acqua da sotterra esn dal Lago , e per gorghi e canaletti naturali rigur- giti dal seno di esso. Si conosce bene , che la de- scritta riviera ha dovuto soffrire per un' azione volca- nica ; poiché i sassi calcari che la compongono , ( 4 ) non prescnlano la prima laccia della terra, ina sono tutù smussi, screpolati e verticali. Tutto ciò fa po- satamente decidere , che le acque del Fucino por gli descritti sgorghi e canaletti cori'ono a scaricarsi in altra parte ; ma non fa però scorgere, che possano inanlenore in equilibrio le accjue del Fucino, vale a dire , che la di loro entrata sia eguale all' uscita : anzi 1' aLLuaie stato del Lago determina a credere , che r uscita sia come zero all'entrata della coiijluenza. L' attività dei sopraddetti meati naturali fu anche co- nosciuta dagli antichi, i quali favoleggiarono che il fiu- me Invctto o sia Giovenco , che dagli Appennini dei Peligni limitrofi cala ne'Marsi, mettendo foce nel Fu- cino senza mcschiare le sue acciue con r]uelle del Lago, ma solo percorrendone il di mezzo si subissasse nel Pi- tonio, oggi Pcdogna, gorgo conosciuto a nostri tempi, e che rimane in linea della riviera slessa del Salviano. Locofrone poeta greco cantò le glorie del Pitonio , e lasciò a noi memoria dell'indicato fenomeno (i). Plinio (2), come rapporta Biondo nella sua Italia il- lustrata , narra ancora che il Fucino sia fornito di tali cave , per le quali uscendo le acque e rina- scendo in Anagni , animano il Fonte Tofano. E come no? Se il Fucino non avesse avuto , e non avesse questi crivelli, certo ò che la sua estensione sarebbe oltre- .uìodo eccessiva, e dirò c^uasi sembrerebbe un mare. (/) In Cassane!/: T'alicln. vers, iay5. (■S) Jiei:: 3. pog. io5. (5) CAPITOLO II. Delle inondazioni del Lago. -(3^ \\ Fucino ricolmandosi, come si è detto, di acque avven- tizie e perenni, di tanto in tanto è stato soggetto ad escre- scenze straordinarie e memorabili. Giulio Ossequente (i) racconta, che sotto il consolato di Marco Emilio, e Gneo Ostilio Mancino il lago in disamina uscisse dal suo letto da ogni lato per cinquemila passi. Cicerone nel suo libro delle cose memorabili della Natura ci assicura di un consimile accrescimento; se pure non voglia cre- dersi lo stesso rapportato da Giulio Ossequente. Catroù nella sua istoria Romana (2), nell'anno di Roma 616. scrive ancora cosi: « Il Lago Fucino era uscito dal )) suo letto in modo , che il suo allagamento si- )) era dilatato sino a cluijuemila passi «. Tutto ciò non fa meraviglia ; poiché Strabone (5) nella sua Geo- grafia paragona il Fucino ad un mare, jmr pelago , le di cui acque giunsero fino alla sommità de' monti. Ciò che però è da interpetrarsi che arrivassero alle pen- dici di essi , per quello che andrà ad esi>orsi in appresso. (/) Nel Libro de' Frodigli. (a) Lib. 4Cf. (5) Lib. 5. pag. gg. .\ ( 6) Alla descritta anticliissinia inondazione segue l'al- tra avvenuta uell' Impero di Giulio Cesare, e di Au- gusto ; il primo de' quali fu quasi disposto a porvi un riparo per rilevare i Marsi dai suoi effetti di- spiacevoli , ma Augusto non vi diede orecchio (i). Continuò in appresso F altra sotto l'impero di Tibe- rio Claudio , che ai continui e replicati ricorsi de' Marsi prcstossi di dar loro soccorso ed aiuto coir apertura di un Emissario , del quale a lungo dovrà parlarsi in proseguimento. Negli anni di Cristo 126. ossia a tempo di Nerva Trajano , il Fucino sempre mai tempestoso a datino de' popoli Marsi tornò ad inondare il loro suolo ', onde è che Sparziano , uno ira coloro che conti- nuarono 1' istoria imperiale di Svetonio , scriven- done le vite, dà a noi cognizione che si bonificasse l'Emissario di Claudio, ed il Fucino decrescesse e mancasse. Dovettero necessariamente seguire altre spaven- tevoli inondazioni ne' tempi posteriori, tanto impor- tando la posizione di un Lago , che non trova per dove farsi strada. L' istoria di nulla e' istruisce , ma avvicinandoci ai secoli a noi più vicini , rileviamo da essa , che regnando Federico II. circa 1' anno (/) Emissariuin Fucini ìaciis ab ylu gusto pre- cantibus assidue J\Iarsis iiegatum, SucL Lib. 5. Cap. 2G. ( 7 ) di Cristo 1220. e d'Alfonso d'Aragona circa 1' anno a4i6. , per liberare i Marsi dalle miserie, nelle quali r escrescenza li aveva inabissati ; si dovette dar mano all'espediente di ripulire l'Emissario, Febo- nio nell'istoria de' Marsi riferisce, che sul principio del secolo prossimo passato le popolazioni medesime, che circondano il Fucino , sotto l'Intendenza degli Ar- chiletli Cavalier Fontana e Mario della Cava , con successo riattivarono l'Emissario Claudiano, il quale quindi col correre degli anni trascuralo , abbandonato, e perduta la sua attività, costituisce una delle cause primario della presente escrescenza. Or questa supera qualunque delle sopra esposte. La dimostrazione che ne fo, convince chiunque di questa verità. Non si è mai più verificato dall'anno 1780. , epoca dalla quale il Fucino escresce , il proverbio locale lasciato a noi per tradizione da' padri nostri che cioè u il Fucino per sette anni )) cresca , e per sette anni decresca »; poiché corrono ormai trentacinque anni senza punto avverarsi. Basti il dire, che il livello dciraccjua si è fin ad oggi innal- zato circa palmi quarantasei d' altezza. Or se 1' illu- minato Architetto Ignazio Stile lo trovò nell'anno 1789. di cento settantadue palmi di profondità , questa può al presente calcolarsi assai sopra ai ducento palmi. Dippiù , se allora egli rinvenne il perimetro delle acque di sette miglia quadrate, chi è che non vegga che oggi abbia ad essere almeno di otto, senza però computarvi le sinuosità ? Dopo 1' aimo 1789. 1' escrescenza per (fi) • ' altri anni sedici, e quanti se ne coniano fino ad oggi, si è sempre enormemente avanzata. Di rallì la sua grandezza è estesissima, e sembra veramente un mare airocchio di colui che lo mira. Agli antichi Marsi pareva insoffribile l'inondazione avvenuta nell'epoca in cui vivevano, perciò ricorsero a Giulio Cesare, ad Au- gusto, ed a Claudio; e pur non è così. Se r apertura , ossia la caleralla dell' Emissario da Claudio costrutta , trovasi oggi per mille passi quasi dentro del Fucino ; e se questa si dovette costruire fuor del di lui seno ; la conseguenza è chiara , che l'escrescenza cioè fu molto minore di cjucUa che oggi si soffre. Se Adriano, e Traiano con successo rinpri- rouo r Emissario ; è ragionevole, che 1' indicala ca- teratta dovea essere a secco , e che 1' inondazione d' allora fosse minore di quella d' oggi. Qucst' i- stesso raziocinio vale anche per le allre avvenute ne' tempi di Federico IL , di Ferdinando d'Ara- gona, del Cavalior Fontann, e di Mario della Cava. Che se mai non persuadesse tutto ciò , persuaderanno al- meno le altre ragioni di ['alto , che esporrò. Se vi fosse slato per lo passalo un allagamento sxiperiore all' attuale , qualche juemoria esisterebbe per contestarlo; come per esempio la croce scol- pita alla porta del Comune di Ortucchio , ed una lapida [issata nello stalle di Trasacco contestano quello avvenuto nell'anno iGó5. Questi monumenti trovandosi ora sotto 1' accjua , rimane fermamente conchiuso , che escrescenza simile non vi sia mai stata da che il i'a- (9) cino esiste. Difatli in vicinanza del fiume Giovenco , e nella contrada denominata i Morroni è rimasto inon- dato dalle sue acque un rudero di antico sepolcro , che ripeteva la sua origine dall' epoca della Romana Repubblica, e che per tanti secoli aveva resistito alle ingiurie del tempo. Finalmente a poca distanza dal Comune di Luco vi è il monte chiamato Costarella. Il Fucino enor- memente cresciuto , coli' urto continuo delle su© onde lo ha in parte roso ; ond' è , che se il Lago altra volta avesse latta una inondazione simile all'at- tuale , il descritto rudero non sarebbe stato allagato, e 1' indicata Costarella non dimosti-erebbe quella ro- vina, che oggi presenta agli occhi del passeggiero. Non occorre ripetere , che il Tempio consacralo alla Divinità del Fucino si trovi sotto l'acqua , e che questo monumento sia in procinto di non esser più veduto. In ultimo per ommcttere tanti altri fatti , basta quel che sicgue per decidere che 1' escrescenza nel tempo nostro può ben considerarsi come noti mai os- servata. Nell'anno 1814. il Fucino alla riva di Tra- sacco scoprì un sepolcro pregevolissimo per le figure Etrusche, che adornavano le sue pareti, il quale per ogni titolo rimontav'a ad un'epoca remotissima. Oggi il medesimo si trova dalle acque ricoperto. Dal fin qui detto si deduce ben volentieri , non esser possibile, che la penna possa descrivere le rpvine, i mali , e i danni che il Fucino abbia recato a queste contrade. Ad ogni modo tutto ciò che potrai scriversi ( IO ) i^cirh. un abbozzo della luttuosa catastrofe delle medesime. Prima di tulio la miseria in generale delle popolazioni di A vezzano , Luco , Trasacco, Orluccliio, Venere , S. Benedetto, Pescina , Collearmelc, Cerchio, Aielli , Celano, Paterno, e S. Pelino ohe accer- chiano il Fucino, è massima per non esservi rimasto che il solo terreno sterile ed infruttuoso. Il Lngo si ]ia ingoiato quello che incoraggiava il colono , il quale ora appena ricava il doppio da ciò che semina. A quale oggetto non corrispondendo il fruttalo alle fa- tiche, ed attraversata l'industria degli animali per la dciicicnza de" pascoli ; egli vive in lutto 1' anno im- merso neir indigenza , e nel bisogno. E che sia cosi, Avezzano piccola città, una de' quattro Capo-Distretti della Provincia del a." Abruzzo ulteriore, che forma il decoro de'Marsi per avere un mercato in ogni settimana, ove accorrono le comuni vicine ; ha perduto quasi venliquattromila moggi di terreno vignalo, scminalorio, e vestito di alberi di ottime poma. Ma il peggiore si è chela stessa trovasi in tale vicinanza al Lago, che minac- cia di volersela assolatamente ingoiare al più presto che possa credersi. Il Comune di Luco è rimasto aiì'aUo privo di territorio, e le acque del Fucino che sono entrate nel suo abitato coli' urto bau fallo cadere la metà delle case. Or siccome questa popolazione è dedita alla pesca, quella che forma la sua sussistenza; cosi la preda del pesce è divenuta rara per essere il volume del Lago eccessivamente cresciuto. Trasacco , sperimentando il jncdesimo disastro , ritrae il suo sostentamento dal le- (IO gname da fuoco , che commercia coHc vicine popola- zioni. Ortucchio presenta la più lagrimevole situazione. Questa terra posta sopra di un'amena collina è divenuta un'isola perfetta in modo, che tutto ciò che necessita ai comodi della vita de' suoi abitatori, vi si conduce coH'aiuto delle barche. Le acque del Lago hanno circon- dato il suo abitalo nella maggior parte distrutto, e quel poco che vi è rimasto, è quasi tutto inondato. Gli abitanti per ricoverarsi ne' piani superiori delle loro case sono nella necessità di salirvi colle scale , ed enti'arvi per le finestre. La loro faccia è lurida, scolorita e cadave- rica. Venere ha perduto il miglior territorio. S. Be- nedetto , che è succeduto all' antica Valeria , è privo eguahnentc di due terzi dell'abitato, e trovasi nell'evi- dente e prossimo pericolo di perdere l'altro terzo senza che vi rimanga orma della sua esistenza. La Chiesa di questo villaggio, che fu una volta la casa di S. Boni- facio IV. P.P., regnante nell'anno di Cristo 607. ed indi dal medesimo convertita in tempio consacrato a Dio, è situata tanto vicino al Lago che i suoi abitanti ailermano per certo, che nel corso di un anno possa rimanere som- mersa nelle sue acque. Questo fatto autentica vie più la verità dimostrata da noi, che l'escrescenza at- tuale non abbia avuta l'eguale. Finalmente tutti gli altri indicati Comuni sono nella dura e gravosa circostanza di piangere la loro barbara situazione per la perdita delle migliori terre fruttifere che sono rimaste allagate; e dirò meglio , che da un' ora all'altra a passi di gigante il Fucino minaccia d'inondare. ( 12) Se a tanti mali, a danni così grandi, ed airiniminente pericolo di una .escrescenza maggiore, non si appresti un sollecito riparo ; e se il nostro Monarca Ferdi- nando I. P. F. A. Regnante, che il cielo renda sempre contenlo, non impiega la sua munificenza reale per riaprire 1' Emissario Claudiano; o si vedranno queste misei'e popolazioni sommerse nelle acque del Lagoso pure saranno elleno obbligate a cercare altro asilo ed abbandonare la loro patria. Infelici abitatori de' din- torni del Fucino dove andrete raminghi a trovar li- eo vero, sprovvisti e nudi di tutto? Ecco il quadro numerico di questi infelici e sfor- tunati cittadini. AvEZZAKO ABITANTI 2777 Luco 1760 Trasacco. 760 Ortuccuio B58 Pescina \ Venere \ 2840 S.Benedetto. . . ) Collearmele 5 080 Cerchio cjgS AlELLI 1027 Celano 5176 Paterno 524 S . Pelino 281 Totale 16845 ( i3) CAPITOLO III. Cagioni deW escrescenza del Lago Fucino. \ 1 attuale e quotidiana escrescenza del Fucino non si ripete , se non se da cause permanenti , reali e di fatto: e poiché le stesse sono moltiplici , le numere- remo ordinatamente e cou precisione. I. Non solo la soprabbondanza delle acque piovane, che da parecchi anni a questa parte sono state straor- dinarie e dirotte , ha prodotto e produce un afflusso insolito di acque nel Lago; ma pncora l'aumento delle sorgive , per le quali il medesimo è cresciuto in al- tezza , e ne ha ampliata l' estensione. II. Sono memorabili i Ireinuoti avvenuti nella Ca- labria in Febbraio e Maggio dell'anno 1783. Non sem- bra strano, ma probabile 1' opinare, che la materia elettrica con i suoi scotimenti colà chiaramente funesti, per consenso avesse smosse le screpolature, ed il vacuo del monte Salviano , sopprimendo l'attività dell' Emis- sario di Claudio. Quindi pare che la stessa cagione lo abbia attualmente oppilato, se non in tutto, almeno in qualche sua parte. - 1 - III. Varie sono le specie di pesca che i Comuni di Luco , Ortucchio , S. Benedetto e Celano fanno nel Fucino , per conseguire la preda del gambero , della tinca , del barbio , della scardava, e della 7a6C«; poiché per la //o/a, pel capitone, e per la landra non 'si è ( 14) ancora acquistata dai pescatori la maniera di prenderle. La pesca de' macchi si pratica col gitlarsi nel lago un'immensa quantità di legname in ogni anno. Esso infradiciandosi necessariamente torma un terreno te- nace, che smosso dal fondo del lago, e dalle tem- peste, allo quali questo è soggetto, spinto nella descritta riviera del monte Salviano*, ottura i meati naturali ed impedisce lo scolo ordinario delle acque , di cui la natura, come si è detto, lo ha provveduto. IV. Un'altra specie di pescagione è quella detta de' co/a/z/. Consiste la medesima in centinaia di cofani ordinari , formati di pieghevoli vinchi , che empiuti di minuto legname eoi peso di uno o più sassi, dall' allo si giltano nel fondo del lago. Finita la sta- gione dell'uso de' cofani, il pescatore torna ad estrarli per avvalersene nell'anno seguente ; e per non traspor- tare di nuovo i detti sassi distanti dalla riva, li pre- cipita nel Fucino. Ecco perchè in ogni anno buttan- dosi una quantità pi'odigiosa di essi iiell' acqua , il Lago necessariamente si dilata. Le cagioni sopra esposte relativamente a tale dilatazione possono valutarsi per secondarie, giacché l'altra che annnnzio può chiamarsi primaria. V. Le pendici degli Appennini, declivi vei'so il Fu- cino che circondano , erano da prima vestite di al- beri , e di ceppaie macchiose, le quali sostenendo il terreno nella sopravvegncnza delle piogge , avevano nel lago uno scolo semplice e naturale. Dall' epoca dell'inondazione, vale a dire da trenta anni in qua, ( i5) non solo le connate pendici; ma i menù finanche sono stati sommersi. La recisione degli alberi e l'estirpazione de' tronchi e delle loro radici hanno prodotto vie più l'inondazione. Le piogge straordinarie ed eccedenti, che cadono da più anni a questa parte, raccolte sopra i monti , ed unite in torrenti , e questi scendendo pre- cipitosamente, ed accogliendo le terre nude; hanno tra- sportato nel Fucino terriccio , ghiaia ed altri corpi estranei , co' f{uali si sono incontrati. Testimonianza chiara di questa verità sono gl'infiniti avvallamenti e gli scavi profondi di terra che esistono all' intorno del lago , e che hanno contribuito al suo maggior di- latamento , ed al trasporto de' corpi eterogenei nel me- desimo. La conca del Fucino in sostanza per tali avve- nimenti funesti si è ricolmata e giornalmente più sì aumenta di acque, e quindi il lago si è oltremodo accre- sciuto. In questo stato di cose non è possibile, che si verifichili riferito proverbio che: «per sette anni il » Fucino cresca , e per sette decresca » ; poiché se è vero che la Natura per rifarsi adopri quello spazio di tempo che pòse nella perdita ; è chiara la conse- guenza che por sbarazzare la sua conca abbia ad im- piegarvi più di trent' anni, quanti la stessa ne ha con- sumati nell' accumularla all'eccesso, VL Le tempeste ancora contribuiscono a questo fe- nomeno, poiché smovendo il foi.do del Lago , spingono alla riva i corpi che vi slavano annidati. Questo per altro accade solamente allorché le piogge , continuando per la incoustaijza delle sLagiojui, accrescono ahri coi"pi, ( iB ) ed altra materia nella conca sncldolla. In questo caso riiioìulazicnc si farà maggioro; gli atliaccnli Cop.nini ver- ranno soniiricrsi uclie sue acque; le popolazioui dovranno fuggire; e i ÌSIarsi Fucensi cesseranno di vivere senza neppure rimanervi vestigio , o mouuiuento di aver- esistito. CAPITOLO IV. Progetti per la restaurazione deW Emissario di Clau- dio , ed osservazioni critic/ie sullo stesso. I. Oi è pensato da taluno di aprire vin canale al Nord- Est, facendo sboccare le acque del Lago nel fiume Pescara. Ma la distanza di diciolto miglia che passa dal Fucino a Popoli, ove dovrebbe avvenire F iniljDCcatuia , e la posizione di Pescara clie otìre un livello supcriore a quello del lago , ne impediscono lo scolo. Si aggiunga inoltre , che dalla esposta distanza toltene sei nìiglia di pianura , due delle quali di pertinenza di Piscina e quattro spettanti a Popoli e Baiano; le altre dodici che rimangono sono tutte montuose , poiché faimo parte dell' alta catena degli Appennini. II. L' Imperatoi'e Giulio Cesare (i) alle istanze (/) Julius Cessar de tue/ido, ainpUandoque im- perio plura destinabat. . . . siccare puludes Poniinas, emiltere Fucinum Lctcuni. C. Svetqnii in C. Jvl. Cces, Uh. I. cap. 44' . ( 17 ) ti e' Morsi pensò deviarlo nel Sdito, oggi fiume della Scurcula; affinchè unito al Velino e alla JNcra si sboc- casse nel Tevere. Questo progetto non poteva riuscire, poiché il Salto, avendo un'elevatezza maggiore, in- vece di ricevere le acque del Fucino, avrebbe scari- cato le sue in quest' ultimo. Cesare conoscendo queste difficoltà desistè da tale impresa. L'esposta determi- nazione indusse in errore Dione Cassio , credendola eseguita; giacché egli (i) nella Storia Romana racconta che Claudio avesse riunito il Fucino al Tevere per renderlo navigabile. Anche Cluverio nel XX libro delle Antichità Ilaìiane non sa comprendere come Claudio portasse le acque del Fucino nel Tevere alla distanza di sessanta miglia. Plinio ancora (2) , e Strabene (3) erroneamente crederono che i' acqua Marzia si chia- masse così , perchè provegnente dalla regione de'Marsi, e quindi dal Fucino fosse venuta in Roma. Ma Giulio Sesto Frontino (4) ricava la sua origine dal XXXVI miglio della via Valeria ; ed aggiunge che Marcia e non Marzia debbasi denominare da Quinto Marcio che la fece venire in Roma. III. Il Signor Luigi Targioni Fiorentino nel suo Giornale georgico, che stampava in Napoli, visitando il Fucino nei 1787 in mia compagnia , propose un (/) Lib. 60. {2) Lib. 3i Cap. 3. {3} Lib. 5 pag. 104. {4) De aquis et aqiiaeductihus itrb . llom. art. 6. j ( i8 ) canaio scoperlo da questo Lago al Liri , indicandone il caainiiìio pel piano superiore di Avczzano e pei piani Pa- leiilini sino al cennato fiume. La sola ispezione oculare e la lettura di Dione Cassio gli tecero pronunziare tale parere ; giaccljò , se c;ò avesse avuto esecuzione , Taptr- tura da lui designala avreblìe incontrato il terreno mobile e limoso , ed avrebìjo richiesto per un canale di dieci palmi almeno un' apertura di sessanta. Di più la lontananza del Fucino dal Liri è quasi di dieci miglia , e la situazione de' Palentini non si trova af- fatto in pendio. Il Governo rimise questo progetto agli Architetti Ignazio Stile e Policarpo Ponticelli , i quali lo trovarono ineseguibile. IV. Il Signor Domcnicantonio Jatosti di Avczzano per la restaurazione dell'Emissario Claudiano stimò espe- diente doversi scavare alcune diagonali alla riva del monte Salviano , per le cjuali incanalandosi le acque del Lago,si vide che queste erano assorbite dalle screpolature e da' voti che le medesime incontravano. Il Cavalier Cadetti incai'icato dell' esame di cjuesto lavoro fu del medesimo avviso del Signor Jatosti; anzi soggiunse che si facessero scavi maggiori nel sopraddetto monte. Simili ritrovanieiui sono inutili, poiché posto per vero (he la riva del Salviano sia stata destinata dalla natura per lo scolo dille acque del Fucino; non vi è bisogno di tanta fatica. È da rillettersi però che tali canali sono soggetti ad esser otturati da' corpi estranei clie sono sommersi nelle acque del Lago. Lo stesso Sigiior JatosSi nella seguente lettera inviata al Signor Luigi Targioni ( 19) nel 27 Ottobre 1787 , in cui espone il suo progctlo alia Real Accademia de' Georgofiii di Firenze, ne fa conoscere 1' inefficacia. « Nel Settembre dello scorso anno feci diversi « éanali alla riva del Lago fra la Petogna e l'Emis- w sario di Claudio. Due soli soddisfecei'o i miei de- y) Sideri , ed il Lago nel Settembre e nell'Ottobre , )) sia per la scarsezza delle piogge, sia perchè aiutato » da' medesimi , decrebbe in altezza per palmi due. » Nel Novembre poi per le tempeste che sopraggiun- » sero , i lumi degli esposti meati furono rii>ieni di « corpi estranei. Le acque continuarono , ed il Lago )) uon solo crebbe come per lo passato ; ma si au- » mento per altri palmi due di altezza, in questa està 5) è mancato di qualche poco. In venti giorui è ca- » lato per circa undici once di aequa , ed in totale » sono ribassali i due palmi cresciuti nello scorso in- » verno e più ancora. L'aequidotto da me fatto ripulire » ed allargare assorbisce da circa, dieci palmi di acqua. » Spero che ciò abbia ad esser permanente ». Se dunque delle tante aperture praticate dal Si- gnor .Tatosti due solamente furono coronate da qual- che riuscita vantaggiosa , d' attribuirsi piuttosto alla scarsezza delle piogge e alla stagione estiva; si vede chiaramente che non debbasi fare alcun conto de' de- scritti canali. Questi se producono vantaggio, esso è da ripetersi dalla natura stessa del luogo. E commen- dabile però questo benemerito cittadino, il quale ha impiegato molte migliaia del proprio avere pel bene della sua patria. ,: ( 20) V. Il Signor Cactnno La Pira propose 1' apcrlura Jcll'anuunzialo Emissario dal suo principio al suo Icr- inine, non risparmiando il monte, che divide il piano di Avczzano da quello di Capistrello. Pretendeva egli ehe l'apertura menzionata si fosse operata mercè mine, colla guida delle quali si sarebbe evitato qualunque impedimento clic nel praticarla potevasi presentare. Que- sta escogitazione del Signor La Pira non è da disprez- zarsi ; poiché ha per oggetto di munire il canale di strada consolare , di aprire il piano di esso verso il Liri , ove si temono avvallamenti e chiusure, e di allontanare il ceunato monte. La spesa che vi neces- siterebbe , il tempo che vi si dovrebbe impiegare , e l'attuale allagamento che non ammette dilazione alcuna, non promettono un sollecito riparo ai tanti danni che le acque del Fucino minacciano agli abitatori de' suoi dintorni. Neil' aprire il monte eh' è superiore al canale di palmi iiBa in direzione verticale, e nello scoprire i due piani clic hanno sotterrato il canale in centinaia di palmi, e coli' accorgimento di principiare la loro apertura molto larga, ailinchè collo scavo il materiale possa esser gittato ne' lati , impedendone 1' estrazione la smisurata profondità e l'estensione di miglia due e mezzo (t)", si anderebbe incontro a spese innnense , e si presenterebbero moltissime difficoltà , che sa- (/) Non è compreso in questa este/isione m^ miglio del C Emissario che resla sotto l'acqua. ( 21 ) Tcbbc assai arduo di superare. Dippiù nello scavare 1)011 sempre s'incoulra il sas&o calcare, ma terreno sciolto e ghiaioso , il quale per esser sostenuto ha bisogno di muraglioni. Comprendo che tutto può farsi , e che le forze dell' uomo son capaci di supe- rare qualunque difficoltà ; ma sappiasi che se questa impresa non fu tentata da Claudio , che si limitò ad aprire soltanto uno speco di palmi diciassette *, tanto meno è da eseguirsi a' giorni nostri sotto vedute più grandiose , ed a fronte de' grandi ostacoli che s' incon- trano nel minare , e nello scarpellare il sasso duro e siliceo. Quindi pare che la restaurazione dell'Emissario da Claudio costrutto, che oggi per porsi in attività ha bisogno di esser ripulito e riaperto , debbasi anteporrà a tutte le aperture , di cui ci siamo occupati. CAPITOLO V. Descrizione dell' jEniissario. \ j Imperador Tiberio Claudio nell'anno di Roma 796 j di Cristo 45 , e 2 del suo impero fece costruire l'Emis- sario in disamina sotto il consolato suo e di C. Cecina Largo. Svetonio nella vita di Claudio Cesare (1), ad onta ch'egli non avesse vivuto in quest' epoca , distintamente ci narra per quale oggetto esso intraprendesse quc- CO J^iò. 5 Cap. 30. ( 23 ) st' opera grande, il tempo che v' iiDpiegò, e mite le altre notizie riguardanti, l'assunto. Claud'uis Caesar opera magna jìotìus guani necessaria , (juam multa perfecit. Secl vel jjraeoipua .... H'missanam Fucini lacus, quamquam scìret ab Augusto ìiegatum ; Fa- ciiium aggressus est, ìion r?ii/ms compendii spe, qiiani gloriae , cani quidam privalo suniptii emissuros se repromitterent , si sibi siccati agri concederetitur. Per tria auieni passuum millia , partini ej/òsso morde , partim exciso Cana/e/n absolvit aegre , et post uii~ decim annos quauivis coniinuis 3o liomiiiuni milli- bus sine intermissione operantibus. . •"< Col lavoro di undici anni e colla mano di tren- tamila servi fu aperto un canale dalla ripa del Fucino al iiuine Liri. Lo stesso era lungo tre miglia e mezzo, alto diciassette palmi , largo nove , e profondo qua- ranta piedi dal livello dell'acqua del Fucino. 11 ca- nale fu scavato nella maggior parte della sua esten- sione dentro il sasso vivo mercè lo scarpello, ed ove quello mancava fu costrutto di forte cemento romano. Jja sua direzione ò rettilinea sino al luogo dello S. Sebastiano*, ma per evitare il monte che taglia il piano <ìella valle verso il Liri, e per rendere facile f cslra- «ione de' materiali dai pozzi più profondi, che nel caso opposto si avrebbero dovuti scavare; il canale fu in- clinato a sinistra per sedici gradi. Siniilmentc per altri ventidue gradi fu portato verso il Liri ad oggetto che le acque ad angolo retto fossero sboccale in f[uel fiume. Monsignor Fabrctli tulio {-ìò esaaiinò , e vide perso- ( 25) Baliuentc , per indi registrarlo rielln sua opera su V £tnissario del Lago Fucino. Questo' zelante Prelato mi serve di uorraa per quello che espongo. Alla linea dello speco Claudiano è situato supe- riormente il nK)nte Salviano che ha dufs piani, uno che attacca col Fucino, e l'altro, che unisce al Liri. Ambedue questi piani sono intersecati da pozzi, i quali hanno una distanza diversa e un'apertura dis- egnale. Frontino, che scrisse cosi hcnc in tempo di Traiano su gli Acquidotti , li chiama tratti. Questi servivano per tenere impiegato al lavoro un numero maggiore di servi. in Decurie, i quali travagliavano nello speco , e ne' pozzi. Tali canali erano adattati per dare aria allt) speco ed agli operai, e per lo scolo dell'acqua che vi doveva tragittare. I cennati pozzi o tratti ìxx.- rono benanche aperti nel sasso vivo per mezzo di scarpello, ed in deficienza di quello si fabbricarono con opera reticolata romana. Undici se ne contano dagl' intelligenti in ciascuno de' due piani. Oggi però dal lato del Lago se ne veggono cinque , e da quello del Lari altrettanti. L' oleificio di ciascheduno è qua- drato. Il pozzo detto del Calderaro , o sia il primo che s'incontra al lato opp<3sto del Salviano, ha venti piedi di larghezza ed è il più profondo fra tutti. La loro profonduà è corrispondente all' elevazione del suolo superiore al Fucino , alla distanza dallo stesso e alla inclinazione del livello di cinque piedi , dieci once, e due sesti e mezzo per ogni miglio. Il monte Salviano , perchè superiore ad eairambi i piani per ( 24 ) rjrca Irccoiito pnssi e lungo per circa scllccento , è sfornito di tratti. A quale oggetto per Ì3la])ilirsi il livello in questa estensione , e riscontrarlo quindi eoa quello de' due piani esposti , secondo Fabretli si dovè mettere in opera la Uioira e la Corobate , slruuunti ■Uìciti dagli antichi , e de' quali parla Vitruvio (i). Una buona parte de' pozzi ha i rispettivi cuni- coli , i quali rappresciUano tante vie sotterranee , construlte per agevolare il lavoro delle persone ivi impiegate. Gli stessi si aprivano in ciascun pozzo in- clinati verso il canale , e girandosi a destra e a sini- stra prosieguono il loro cannnino rettilineo sino al fondo ed a parte destra dello speco. E da notarsi 1. che qualcheduno di questi cunicoli fatti "Jier uso de' pozzi , interseca l^alti'o pozzo, qualora non abbia da questo una distanza tale da potersi aprire antici- putainente nel canale ; 2. che il cunicolo superiore, posto uell' inclinazione del monte Salviauo col discen- dere si unisce a quello che si allontana dal primo, e termina nel canale ad una picciola distanza dall'altro; 3. finalmente che i descritti cunicoli sono provveduti nella loro discesa di comoda scala , ed hanno tanto alla h)ro parte destra che alla sinistra molte nicchie , forse prodotte dall' urto delle carrette che entravano ed uscivano da' medesimi por 1' (strazione de' materiali. Tutt' i sopraddetti cunicoli e pozzi sono scavali nel (0 Lio. 8 Cap. <7. ( 20) sasso vivo, forniti di archi simili a quello del canale, di un sesto però minori di questo , ed avendo l'altezza di otto piedi e la larghezza di cinque. Il fin qui esposto mi fa congetturare che per lo compimento di un lavoro così grandioso, si dovettero costruire molti edilìzi necessari per T alloggio degli operai , degli arredi corrispondenti , e per le prov- viste annonarie di tanta gente. Per tal motivo con ragione scrisse Plinio (i) : Claudii Inter maxime vie- moranda equidem duxerim , quamvis destitutum suc- cessoris odio , monteni perjbssum ad Lacuni Fu- cinum emittendum , inenarrabili profecto impendio, et operaruni multitudine per tot annos cum autem corrivatio aquarum, quaternus mons erat , egeretur in vertice machinis , aut silex caederetur , omniaque intus in tenebria fìerent , quae neque concipi animo, nisi ab iis qui videre , neque humano sermone enarrari possunt. CAPITOLO VI. Della riuscita dell' Emissario di Claudio. Oul conto di questo Emissario vi sono stati alcuni, i quali han creduto che lo stesso non abbia avuto il suo effetto; mentre se ne contano altri, che opinano essere inutili le restaurazioni di simile meato. Tali (/) Lib. 36 Cap. i5. ( .G) Jiàparilà di sentimenti sono sarte tanto dall' ofsor- vazione della deficienza del sedimenlo , che avreb- bcsi dovuto trovare ia detto canale , come si è ria- venuto ia quelli dell' acqua Marzia e dell' Ani.nc vecchio e nuovo che andavaix) in Pioaia ; quanto dalla ispezione delle sue pareli , su le rjuali anche dopo lo spazio di diciassette secoli si soiio osservate le scabrosità, clie vi restò lo scarpello. Sebbene però il testo di Tacilo e di Svetonio , perchè non abbastanza chiaro, avesse somministrato l'appoggio alloro divisamenti; pure leg- gendolo con un poco di criterio , dal medesimo age- volmente si rileverà , che 1' Emissario ebbe soddisla- ccute successo , come apparisce da quel clic segue. I. Tacilo, vivendo a tempo di Claudio, come uomo di corte, potè osservare la riuscita e relTetlo di sillatto canale, per cai merita fede ciò ch'egli scrive (i). Sed perfido speclaciilo apeiiiun aqiianun ilcr , et incuria operis iiiaiiifijfilafuit, liaiid salis depressi ad JLaciis ima, ve! media. .Eogue ieinpore iiilerieclo altius effossi spccus , et coiitra/ieiidae rursus nmllitndiiii gladiatori! Hi. speciacnltua editar ; inditis jìontìùiis pe- destreni ad pagnain. Qi/i.i et co/iwicii/f/i ejjluvio lacuà appositiiiji magna Jbrinidine canctos affecil , (juia vis aqiianuìi jjrorunipens , proxiina tra'iebaf, coìivuhis ullerioribus, ant fragore, et sonitu cxter/i/is. Tutto quello, che fi^rma un argomento in conli'ario (/) 7 'ita di C/audio anno Ji/I. ( 27 ) alla riuscita dell'opera si è, che finito lo spcUacolo <\lla Naumachia , ed aperte le dighe della cateratta, incuria operis manifesta fuit , liaud salis depressi ad Lacus ima, vei media; cioè a dire, che la poca diligenza cousislò iidla mancanza del livello , che poteva però emendarsi. In Talli soggiunge lo storico: coque tempore interiecto altius effbssi specus ec. E visibile tuttavia V emendazione nel ribasso del canale per quattro piedi. Quindi 'continua lo storico : Quia et convivium effluvio Lacus apposilwn niagva for- jnidine cunclos affecit , quia vis aquarum prorum- pens proxima traliebat convulsìs uìlerioribus ec. Ciò esprime, che l'opera avesse avuto l'effetto. Uejfuvio spiega, che 1' acqua usci dal seno del Lago : ed il prorumpeiis egualmeulc indica l'uscita violenta , con cui produsse fragore e scuolimento , disturbando il convito. Questa violenza forse potè avvenire, o per- chè le dighe , che chiudevan V lucile dovettero aprirsi, o perchè la cateratta fosse stata aperta ad un tratto , per cui l'acqua e l'aria nel canale raccolte urtandosi vicendevolmente cagionarono tale spavento. A buon conto l'acqua soprabbondante portò seco ciò che avca vicino , e scommosse ciò che avca lontano. II. Spiegato in tal modo il testo di Tacito, ri- mane ad interpetrarsi quello di Svctonio. - - Claudius Caesar (i) ojjera magna potius , quavi (/) In Claud. Caes. JLib. 5 Cap. 20. ( ^8 ) }2L'cessana, quam limita perfecil , sed vel praeclima. . , J^inissaniiiìi Fucini laciis giiaiiujna/ii sciret ah An- gusto negoAuin. Fncinum aggressus est non N/inus conipendii spe , guani gloriae , cu ni quidam j)! irato sumptu cmissuros se rcpromitterent , si sibi siccati agri concederentur . Per tria cudeni passuum milUa, partiin effbsso monte , partini exciso canalem absolvit aegre, et post undeciin annos quainvis conti nuis oo noininum millibus sine intermissione operantibus. Svetouio che visse a tempo di Adriano licli'anno di Cristo 118 rapporta quello che Tacito voilecspri- mere colle parole absolvit aegre, colle quali ùiuiost,ra. che , ad onta delle difiìcoUà che s' iucoulrarono , r opera fosse stata co uqMuta. Nel caso poi che si voglia interpetrar Tavverbio aegre per malamente o sia senza riuscita , la spiegazione sarebbe assolutamente con- traddittoria air espressioni altius effossi specus , ed all' acqua che prorumpens proxima Irahebat di Tacito, testimonio di veduta, il quale ci nel for- marlo che nel maneggiarlo. Avendo ciò fatto eseguire pose in opera questo tubo , ed in diverse operazioni si avvide , che 1' accjua contenuta nella sfera del detto tubo qualche volta usciva fuori e con empito, allorché lo sviluppo del j^cis era irupjju energico. Questo in- conveniente meritò una particolare attenzione, poiché il liquido contenuto nella sfera del tubo spesso satu- rato di gas , colU sua violenta uscita poteva cagionar danno alF ppei^-a^rie , e farsi gran perdita di questo fluido aeriformt . Avendo dunque preso in sei'ia con- siderazione questo difetto notabile , dopo vari tentativi gli riusci di correggerlo. Fece quindi a tale oggetto aggiungere a detto tubo un'altra sfera molto al di sopra della prima , e questo cambiamento assicurò l'operazione anche per 6 ( 4-^ ) la soverchia rapidità del gas. Le ripetute sptrienzc Io hanno sempre più convinto della utilità di questa iiio- dilìcazione , e dell' intera sicurezza del tubo in tal modo costrutto. La sua l'orinazione consiste in uutubo A(Tav.LFig. i.) piegato ad angolo retto, nella parte superiore lì vi è aggiunto uu'alti'o pezzo di tubo piegato in C , il quale termina in D aperto , per potersi unire al tubo di sicurezza A ( Fig. 2 ). Questo tubo è piegato in F G, e la sua estremità inferiore C si unisce al tubo A in D ( Fig. 1. ) per mezzo di una picciola striscia di tela indjevuta nel luto di trementina o cera fasi insieme ; covi'eudo la superficie della giuntura col luto semplice di argilla , e cosi il tubo A resta unito al tubo B come si vede nella stessa tav. I fig. 3 che rappresenta T intero» tubo. Il detto tubo di siciu'ezza A ( Fig. 2. ) contiene due sfere B D , la inferiore B idonea per ristabilire 1' assorbiincnio, facendo entrare l'aria ueirappareechio, e la superiore D per evitare la soverchia rapidità della sostanza gasosa. Con questo niezi;o il tubo A ( Fig. 3 ) puoi facilmente unirsi al tubo B , ma- neggiarsi , costruirsi , e pulirsi , ciocché non si po- trebbe ottenere col tubo di Welter' fìer'. la sua com- plicazione. Questo tubo cosi modificato è stato più volle adoperato in diverse distillazioni gasose, sempre con eguale, e felice successo. L'Autore però ha spesso osservato nel prosieguo della operazione che il li- quido contenuto nella sfera inferiore B ( Fig. 5 ) ur- (43 ) tato dalla elasticità del gas , giungeva nella sfera supe- riore ; e la sua piccola quaiililù insulìiciente ad oc- cupare r intero spazio di essa , ricadendo per la sua gravità e pressione dell'aria estei'ua ncU'islessa sfera, dava r uscita libera al gas. Dippiù ha egli cono- sciuto il mezzo da evitare questo rapido sviluppo , moderando l'azione del fuoco, che è la cagione pro- duttrice di questo fenomeno. Dalla esposta modificazione fatta sul tubo del si- gnor Welter, si comprende , quanto sia questo più utile di quello di Welter , privo di qualunque in- conveniente , e d! maggior facilità ancora nel co- struirlo. Passa il giovane Autore ora a descrivere gli altri due apparecchi da esso modificati , ommettendo interamente il tubo di Welter, e sostituendo a questo un' altro a due sfere. I! primo di questi apparecchi consiste in una storta tubolata A ( Tav.II ) nella di cui tubolatura B vi è situato il tubo di sicurezza D a due sfere CE , terminando in X nella parte supcrioi'e a guisa di un' imbuto. Il collo della storta communica con quello del pallone F tubolato. Nella tubolatura di cjuesto vi è adattato il tubo G piegato ad angolo retto , ed aperto nelle due estremità. Una di queste commu- nica nel fondo colPacqua distillata contenuta nella bot- tiglia semplice H. Questa bottiglia, che rimpiazza quelle a due o tre tubolature, ha nel suo collo un sughero forato in due parti , dal quale passa 1' altro tubo I, elevandosi la sua estremità al di sopra dell'acqua, e ( 41 ) icrniinnnclu Tcilira ucl luiìtìo della seconda lìotliglla K ogualiricnte preparata col sughero. In e[ucsta boUiglia vi passa neir istessa guisa il tubo L , che conimunica coir acc]ua della terza bottiglia M, dalla cjuale sorte il tubo N atto a fare uscire l'aria ed i gas insolubili dall' intiei'o apparecchio , i quali possono raccogliersi nell'apparato idropneuinarLco-cJiiniico,&e sono necessari. Questo apparecchio , il quale pare che abbia l'aspetto di quello di Woulf , è però utilissimo , mollo sem- plice , e privo all'atto d' inconvenienti. Bisogna però avvertire che il tubo I debba elevarsi dal collo della sua bottiglia il doppio del tubo G , ed il tubo L il doppio di questo , o sia il triplo del tubo G per le ragioni , che esporrà in seguito. In molti casi dovendosi esporre la storta ad uà iorncllo di riverbero , sarebbe inutile l'applicazione del tubo a due sfere nella tubolatura della storta; cosi l'Autore fa uso del secondo apparecchio, come il più utile , ed il più semplice tU f]uanti se ne conoscono. Con esso si tolgono gì' inconvenienti che cagiona il recipiente per la difficoltà di mantenerlo fresco. Con maggior vantaggio si può usare in sua vece una bottiglia semplice con un sughero a tre fori , o pure a tre tubolature , e questa sarà immersa in un tino, o altro vaso adattato, come descriverà in seguito. La costruzione semplicissima del cennato apparec- chio consiste in una storta tubolata , o semplice A ( Tav. Ili ) il collo della quale communica nell'allunga B , piegata ij) C, che e iidallala nella bottiglia a tre ( 45 ) tubolature D immersa nel tino E. Nell'orificio di que- sto tino vi è una tavoletta F con tre l'ori praticati per farvi passare le tre gole della bottiglia D ; e que- sta sarà mobile per mezzo delle due vite XX , col quale mezzo la bottiglia resta fìssa nel tino suddetto. Nel fondo del medesimo vi è un rubinetto G per fare uscire 1' acqua , o neve sciolta che in esso s' in- troduce per cambiare in liquido il gas condensa- bile , che le materie contenute nella storta ema- nano. Nella tubolatura del centro di questa botti- glia vi è adattato il tubo di sicurezza H con le due sfere I , K. Dall' ultima tubolatura vi passa il tubo L , il quale finisce in fondo dell' acqua contenuta nella bottiglia M . Da questa parte un' altro tubo N che s' imbocca nelle seconda bottiglia O , dalla quale similmente il tubo P passa nella terza bottiglia Q, dove vi è adattato il tubo R ricurvo per fare uscire l'aria dell'intiero apparecchio, ed i gas insolubili, che possono raccogliersi mercè 1' apparecchio idro- jìneumaiico. I tubi L N P saranno piegati in XX come si os- serva nella stessa tavola , e ciò per potere facilmente applicare il luto alle giunture della bottiglia con questi. La diversità dell'altezza de'tubidi communicazione colle bottiglie, di cui l'Autore ha fatto menzione nella fine della descrizione del primo apparecchio , è una circo- stanza da calcolarsi anche in questo secondo. Spesso nella diminuzione dello sviluppo gasoso egli ha os- servato l'assorbimento maggiore negli ultimi tubi^ che ( 46 ) Hcl primo; porcili l'acqua delle bottiglie MOQ ele- vamlosi per gli tul)i L N P si abbasserà ik'U' islesso tempo il liquido del tubo di sicurezza nella sfera I, il quale concentrandosi in esso è forzalo dalla pressione dell' aria esterna ad attraversare l'intiera sfera. l\iea- dendo quindi la piccola quantità di questo liquido insuiliciente ad occupare 1' intiera capacità di detta sfera, l'aria entra nell'apparecchio , e ristabilisce l'assor- bimento, che la mancanza dello sviluppo del gas mi- nacciava. In fatti il tempo clic impiega farla ad en- trare nell'appareccliio , sarà sufficiente a non fare ele- vare il licpiido delle bottiglie pei tubi L N P che sino alla loro prima curvatura. Da quanto sieguc si rileverà agevolmente che tanto dai due descritti apparecchi , che dal tubo di sicu- rezza del Signor Welter modificato dall'Autore, si ot- terranno risultamenti eguali. Infatti introdotte le ma- terie nella storta, disposto l'apparecchio, ed assicurate le giunture (i) s'mcommcia la distillazione. Il vapore (/) U Autore lui trovalo mollo ulile lutare queste giunture con feiiipiaslro semplice ( Diachilon ), o pure eoa il luto di tremeutina e cera fusi insieme , ed indi applicati sopra il sughero, dopo pero di a.ver anticipa- lainente bene accomodale le bottiglie con i tuoi. E siccome questo luto si fonde facilmente , il che giova per chiudere ogni piccolct commessura ; cosi questo vien difeso da un intonaco di lido semplice dì ar- ( 47 ) condensabile passando per l'allunga B (Tav. Ili ) nella hottiglia a tre tubolature , e trovando in questa una bassa temperatura , perde iu parte il calorico gassi- ficante , e si cambia in un liquido , che per la sua gravità resta in fondo della cennata bottiglia. I gas passano pel tubo ricurvo L nel fondo dell'acqua con- tenuta nella prima bottiglia M, nella quale continua 1' assorbimento fino alla saturazione. Quando Tacqua d argilloso del mare erasi visiuihncn te elevato suU' or- dinario livello. Il signor Barone Dariui si recò alla porte orientale (57 ) culla città , che conduce al mare, si assicurò della verità. del fenomeno non avvertito da altri , chiamò a se le persone più distinte, le varie Autorità, ed avverti ognuno dell' imminente pericolo. La novità si sparse da per tutto. Il signor Barone Muzii avea anche veduto, che Je acque si ritiravano. Tutto fu moto in quel mo- mento. Divulgatasi la notizia , si eccitò nel popolo pel primo conceputo orrore un tale disturbo e tumulto di affetti , che parve degenerare in una specie di ecclissi ài senno , e quindi tutti restarono nella stupida ed im- becille inazione. La vigile cura del signor Barone Durini rimediò immediatamente a tutto. Egli accoppiando alla più commovente umanità il più autorevole contegno , diede sesto alla pubblica tranquillità , e mentre pensò agli espedienti del momento , non dimenticò la conser- vazione dell'ordine pubblico. Fu in questa circostanza non poco secondato dal comandante del distretto signor D. Luigi Cardone Barone di Castelbotlaccio. ai peiiùo uci piciuattiu signor Souintendente Durini a far mettere in salvo le persone , ed evacuare le case site al Sud della città nella contrada di Santa Maria, appena che si vide il terreno screpolare , e scoscendere. Si osservò anche prima delle rovine , che tre pub- bliche fontane si erano disseccate, le piscine di campa- gna, ed altri serbatoi di acque destinate ad irrigare gli speciosi e limitrofi giardini erano asciutte. Una cosi completa , e totale deficienza di acque faceva prevedere il disastro sicuro. Gradatamente tutta la terra, che si estende dalle mura della città verso la parie 8 ( 58 ) di Santa Maria al Sud fino alla porta di S. Michele cominciò a cambiare silo, ed a dislaccarsi dal rialto superiore. La superficie del suolo scendeva in modo che sembravano portarsi verso il mare gli uliveti , i vigneti , ed i fabbricati. Non fu cosi in tutta la esten- sione dei teatro della fisica rivoluzione. Questo si verificò in certi dati siti , ed ove più, ove meno la terra dalla parte superiore si sprofondò ne! declive inferiore. I fondi utili all' agricoltura si perderono. Là gli ulivi si in- chinarono sino ai rami , e qui una densa e copiosa massa di argilla fluente , ed ondeggiante seppelìi nel suo seno quelle possessioni , che formavano la ricchezza de' proprietari. In altri luoghi le radici degli alberi seppelliti appena dalle zolle mentre i rami , e le cime erano conficcale , e rovesciate nel fondo. 11 corso delle acque restò perfettamente perduto ed interrotto; l'occhio ìiou vedeva che profonde, ed estese voragini, muri isolati , e cambiati di sito, in parte inchinati , o scre- polati , che funestamente ricordavano Je deliziose case di campagna , cui appartenevano. Tutta 1' opera dell'in- dustrioso cittadino fa distrutta in un momento, ed in tanti siti una congerie di pietre , di rottami , di calcine occupò il luogo delle delizie , e della magnificenza. Pro- l'onde fenditure solcavano le terre scoscese , che un movimento vorticoso aveva rivoltato, e che ne inter- rompeva il corso. Il teatro delie rovine era prima tutto abbellito di amenissimi vigneti , i di cui iVutli a sta- gione propria rendevano bastanti somme ai loro pos- sessori. Il piano lungo il lido , ed i vicini colli erano ( 59) ornati di fichi, di mandorli, di ulivi, di agrumi. Bastò il primo giorno di aprile per completare il distacco delie terre nella indicata estensione, e per farvi suc- cedere una profondissima voragine. La fisica rivoluzione continuò la notte seguènte. La mole della terra seguitò a scoscendere ; il distacco si aumentò ; le rovine si avvicinarono a poclii palmi di distanza dalle mura della città al suo Sud-Ovvest, e presero una direzione assai più remota al Sud nel locale della ripa de' Ciechi. La mattina de' 2 raddoppiò lo spavento, perchè da una parte il mare si era vie più ritiralo, il fondo di questo si era ulteriormente elevato per effetto di una sottoposta interna forza , che lo proiettava , e lo spingeva in alto ; e dall' altra il distacco erasi perfezionato n«lla ripa de' Ciechi , che restò tagliata sino all' altezza straordinaria di palmi i5o, continuando le terre superiori a scorrere per avere perduto lo Ijaax «ij^m^oi.. , »^iic le susieiievano . Il fenomeno progredì a tutto il giorno 5, quando tutte le fahbriche , i poderi , i magazzini , e fondachi avevano cambiato sito scorrendo verso il mare o nella loro integrità , o in rottami. Il magazzino regio del sale , in cui ve ne era depositata una prodigiosa quan- tità, restò immobile; una porzione subissò, il pian ter- reno si elevò, una corrente di acque lo penetrò , e lo cinse all' intorno. I ruderi restarono isolati , e le Au- torità locali fecero a gara per salvare il sale ; e non potendosi condurre in Vasto per la distruzione delle strade , e per la mancanza della comunicazione , si pensò porlo in sicuro su le barche. ^ ( 6o ) L' aia superficiale delle terre rovinate ascende ad un miglio quadrato^ e la figura è di un quadrilatero romboidale. I due angoli ottusi sono alla porta di Santa Maria , ed al vallone del Ponticello , e i due acuti sono alla ripa de' Ciechi, ed al mare. Si espresse sensatamente il signor Barone Burini , quando disse , che la cagione operò dalla ripa de' Cicchi alla porta della marina, o sia dal Sud-Ovvest al Nord-Owest per la linea della diagonale ; ed in conseguenza l' urto fu diretto al di sotto delle mura della città. Mancata la terra sottoposta per essersene scoscesa sino al mare , si di- staccò dalla citata ripa tutta quella , che in declive vi «ra ; e sprofondata già , restarono scoverli gli strati ar- gillosi , aprendosi una voragine di i5o palmi sotto ìa ripa dirupata, che poi ntl 4 e 5 giorno si ridusse a oento per la caduta delle terre laterali senza appoggio-, che itt cerco modo la riempirono. Seguendo il corso (lena tuagonaie , e propria^ mente dove le due diagonali , che tirare si potreb- bero dagli opposti angoli del roniboide , queste si uniscono neli' orlo del signor Spataro , il disastro è stato maggiore. 11 suolo si spalancò , le con vicine terre si rovesciarono , ed inabissandosi riempirono la voragine formata nei primo giorno. L'urto in tale direzione fu così violento , che spinto il sottoposto strato argilloso sotto la spiaggia dei mare , il fondo si elevò sul naturale livello delle acque molto più che in tutto il resto della linea, proiettando a trenta passi air iiigiù de' c^isamenti j e fiualmeiite ove la vorlicosa ( 6i ) lava trovò ostacoli si accumulò per trasportare seco in rovescio quanto vi era di ulivi , e di fabbriche. La casa di Rosa Spataro dopo 1' allontanamento dal suo primo sito ad un altro non prossimo, aperta da varie fessure, si mantiene eretta , benché minacci di crollare. È circondata da numerose voragini, dalle quali sono stati ingoiati altri edifizii , e fondi rustici vicini . La voragine più significante , che mise in vivo rammarico tutti i cittadini fu quella che da vicino si formò sotto le mura dell'abitato al Sud. Il rione detto di Santa Maria fu prossimo a crollare , e riempiere cosi il profondo abisso, che ne nasceva. Il lembo superiore dello scoscendimento è distante pochi palmi dalie mura della città. L' altezza tagliata a perpendico-lo è di palmi ottanta. Un lago si formò al di aotto con le acque riunite di tre fontane , che avevano il corso per mezzo di eanali ne' prossimi giardini , e di tre scaturigini com- paxoe iieUu scovciiu mi ilio arguioso. 11 lago progres- sivamente crescendo da vicino minacciava le mura delle abitazioni. Qui terminò la rovina verso la città, e formando angolo ottuso lo scoscendimento prese la direzione del mare all'Est. Lo strato argilloso sot- toposto, che era scosceso sin sotto il livello del mare*, il cui fondo erasi sollevato in alto , aveva lasciato senza appoggio gli strati terrei superiori. Quindi crol- lando la terra sovrastante, gli abituri campestri , i nu- merosi giardini , il tratto di strada maggiore , che dalla oittà conduceva al mare , le altre minori laterali, che aUravejsavauo le adiacenze della stessa , le peschie-- ( 62 ) re, e le fontano rurali, le case di campagna, il ma- gazzino del sale, e i vigneti caddero in una universale rivoluzione ', e quindi in poco tempo , ed a vista di numerosi spettatori gradatamente sparirono , e ne' loro siti sursero delle vorticose voragini, nuovi gorghi di acque, e stagni profondi. Scorrendo la terra superiore, gli ulivi, gli alberi, le viti, gli edifizii cjuasi peregri- nando ( siami lecita questa espressione) dal proprio sito andarono ad occupare gli altri inferiori ; ed il disordine divenne generale , quando comparvero là, o a metà sep- pelliti, e c|uà pendenti, mal fìtti, o inclinati. Profondi, e variati solchi sono le tracce di questo strano sovver- timento, ed indicano la direzione tenuta dagli alberi nella loro tumultuaria traslocazione formando un ag- gregato di confuse, e rotte sezioni. Le valli si riem- pirono col rovescio delle terre, e nuove colline sursero con la elevazione di altre terre ove dure , ed ove li- onate , die si ainmonticcnidvaiju. i_it: arrcjjolaim e , le solcature, gli avvallamenti, le voragini, i Ifighi , le nuove colline , la locomozione degli alberi , e degli edifizii , gli abissi aperti ovunque , e che penetrano a centinaia di palmi ; r-attristavano l'animo dello spet- tatore, accrescevano le forze alla fantasia giustamente accesa , e rendevano pittoresca la vista del teatro della fìsica rivoluzione. Piccolo rovescio di terre suc- cesse all'Est sotto la cosi detta Porta della Marina. Ivi r urto fa minore, perchè il sito era lontano dall'ori- gine, e del centro de' fenomeni. Il suolo però si pre- cipitò con rovina, attesa la maggiore iuclinaziouc. ( 63 > Tutta la linea del Nord al Sud per 1' Est pre- sentò il più iuiportautc fenomeno , che siasi manife- stalo , cioè il ritiro delle acque del mare dai limiti naturali del lido. L'antica spaggia del mare di Vasto era perfettamente eguale , ed appena osservavasi un leggiero insensibile declivio. Le acque la ricoprivano, e si estendevano quasi vicino le mura del magazzino del sale. Non vi erano scogli in quella direzione, con- tro quali le onde urtassero. Tutto si cambiò progres- sivamente in quattro giorni , e le acque rincularono, perchè il fondo del mare si sollevò. Non fu la terra, che si agglomerò sul lido, e uè formò una prominenza. Questa anzi spinta nel mare sarebbesi fra le onde liquefatta , e ninna stabile elevazione avrebbe potuto formare. Non fu una lava che scendendo dall' alto si fermò sul mare , e ne fece ritirare le acque. Non fu una cagione esterna , che agi sulla superficie , e ne fece cambiare il livello. Una forza proiettò le interne terre, che agendo a guisa di cuneo spinsero in alto il fondo. Questo serbò tutte le condizioni di lido for- mato di profondo e denso strato di argilla, e tiene alla sua superficie quegli scogli , che prima stavano sotto il livello delle acque. La forza proiettile non fu di sostanza aeriforme , perchè questa sviluppandosi avrebbe col suo elaterio prodotto una scossa,uno scoppio, e non sarebbe avvenuto tale fenomeno con questa pro- gressione cotanto tranquilla. Non fu Io sviluppo di un sotterraneo fuoco , che qnal cuneo agendo avesse cagionato lo straordinario fenomeno. Si sarebbe osser- ( 64 ) vaia varietà di temperatura , la produzione sarehhe slata niomcntanea , la terra si sarebbe scossa, ed aperta con violenza, si sarebbe inteso uno scoppio, ed ognuno avrebbe avvertito qualche scossa. Per effetto delle due citate cagioni il fenomeno della elevazione sarebbe stato istantaneo sino alla sortila del fluido gassoso dalle vi- scere della terra. Non fu l'azione dell' elettricismo terrestre , che disquilibrato con quello dell' atmosfera e tendente air equilibrio poteva scuotere la terra , e rinnovare le scene funestissime, e lagrini^voli del i~85 , e 180.'). IVell'aninio di molti il sospetto ebbe luogo. Si disse, elle in Vasto le uieteore elettriche sono frequentissime, eome le trombe, che ne' primi mesi del 18 iG furono due, le aurore boreali, i lampi, i tuoni, i fulmini, 0 qualche scossa di terra. Si disse essersi veduti nella notte precedente al primo api ile de' pennacclii lumi- nosi di vaggi flivprctf^nti. che da' pescatori furono cre- duti di attorniare la città. Si credè clic IVleltricisiuo si fosse equilibrato, rompendo gli argini della terra; e tanto più si credè vero, perchè pochi giorni prima fransi sentite Io scosse, benché leggiere, di tremuoto in varii paesi, della provincia. In ultimo si giudicò che le acque delle peschiere, de' fonti , de' canali , e quelle delle nevi disciolte, servendo da conduttori, xivesscro salvato la città. Le seguenti riflessioni dimo- strano perù la niuna azione dell' eleltricismo. 1. L'esistenza de' pennart hi luminosi è posta in il'jLbio , e quaói da tutti negala. (65) 2. Nluna scric di metcorologiclic osservazioni indicò, che l'atmoslera fosse difettiva, e la terra nello stato di positivo ed eccedente elettricismo. 3. 11 giorno ]." aprile era staio preceduto da tempo nevoso, piovoso, ed estremamente umido; quindi vi era tutta la communicazione fra la terra, e l'atmosfera per l'equilibrio elettrico. 4. L'.ibbondanza delle peschiere , delle fontane, de' canali, degli acquidolli, e delle.acquc disperse nelle viscere del suolo screpolato e scosceso' dimostra, che non vi era interruzione fra i due mezzi positivamente, e negativamente elettrizzati-, e perciò qualunque accu- mulamento di elettricismo mi seno della terra si sarebbe facilmente rimesso in equilibrio con l' atmosfera , e viceversa. 5. L'azione dell'elettricismo è istantanea , poi- ché estremamente celere , e veloce. Per effetto di questo amento la forra sarf^blio stata subito sbalzata a grandi distanze; il suolo si sarebbe concusso; il rumore spaventevole , nunzio di vicino tremuolo, avrebbe per- cosso l'orecchio de' cittadini. Anzi accadde tutto il con- trario, poiché il movimento delle terre fu lento, tardo, e progressivo. Tutto il popolo incitato e mosso dall'urgenza del pericolo vide, che la terra gradatamente si solcava , e tranquillamente scendeva dall' allo per occupare il luogo lasciato voto nella parte inferiore. La pacatezza, con la quale cominciò, progredì , e fini il fenomeno, dimostra, che l'eleltricisiTio non vi ebbe alcuna influenza. Quale fu dunque la cagione del nostro raro e straor- i) (66) dinario fenomeno ? Forsi la stessa fu lolla materiale In latti lo strato argilloso del teatro dello scoscendi- mento , essendo spinto in tutte le dirtaioni , si elevò nella parte più debole , perchè raniinollito dalle acque eccessive, che scendevano come per un piano inclinato sotto la superficie del fondo del mare. E ciò osservabile ne' quattro varii strali di progressiva elevazione dipendenti dai replicali urti interni de' primi quattro giorni di aprile. Si osservano lungo la linea dal JVord al 'tSud quattro rialti simili a' lunghi gra- dini , rappresentando quattro livelli di diversa eleva- zione , proporzionali alla forza proiettile. Il mare dunque si ritirò, e lasciò scoverta una estensione di spiaggia a guisa di zona , la di cui larghezza è di palmi cinquecento, e la lunghezza e di un miglio. Le barche, che poggiate sulla spiaggia erano vicinis- sime alle acque , furono respinte coi sottoposto fondo Ili alto, e Si trovarono tronta paliiìi sul hvpllo dol mare. Apertosi l'antico scolo delle acque adiacenti fra la citta, ed il mare, una parte di questo profondamente si depresse , ed un'altra elevandosi era cresciuta in modo, che fra la depressione , e la elevazione del fondo del mare si formò una valle con piccoli laghi nel mezzo all'antico, ed al nuovo lido. Tutto lo spazio poi, scen- dendo dall'alto al basso, comparve ricoverto di ruderi^ e di fabbriche ora elevate, ed ora avvallale. Più pan- tani, e due, o tre laghetti sono surti fra l'antica, e la nuova spiaggia ; ed il fonte , donde si attigneva l'acqua vicino al magazzino del sale non è più visi- (67) fcile , essendosi profondato sotto 1' attuale livello. In- nalzatosi il fondo del mare , furono respinti in alto anche gli scogli, che vi erano, e quegli altri, che si trovavano nel fondo. In mezzo agli scogli, e fra le zolle di argilla, ed i sassi rimasti a secco, e fuori l'acqua ancora si ottenne una sti'aordiuaria quantità di datteri di grandezza insolita, e non mai osservata nelle spiagge dell'Adriatico. La elevazione del fondo del mare al punto del Nord-Est ^\x cosi osservabile, che sursero dal mare molti rottami , reliquie di an- tichi edifizii , due pezzi di colonnati di mattoni colti, varii pavimenti di opere reticolate , mmù di mattoni a triangolo , pezzi di fabbricati fortissimi di mattoni di una straordinaria grossezza. Questi avanzi di anti- <^hità furono osservati sulle prime dal signor Barone Durini , il quale vi notò, che 1' azione delle acque dalle quali erano stati ricoverti, aveva in certo modo oorx'oco i .mattoni ^ t» ]i nvova incrostati di calcaree concrezioni. L' innalzamento è slato vario. La parie supc- riore si eleva a cinquanta palmi. La linea , che univa l'antico lido alle terre coltivate, restò immobile e senza essere rovinata. Il fondo del mare innalzato a più riprese lasciò una specie di lunga valle sotto le terre scoscese, e sull'antico lido. La cagione proiettile ha agito dunque sotto la superficie del fondo , e direi quasi elevandolo in alto. Non occorre neppure im- maginare , che 1' addizione e la soprapposizionc della terra liquata , scendendo come per un piano inclinato ( (^8 ) sin dentro i! mare , abbia scacciale le acque-, giac- gIiò clFeltivamentc sino al mare non discese , anzi neppure arrivò al lido , clic restò perfettamente intano. l'u la materia argillosa , che a guisa di cuneo premendo , ed urtando V interno del fondo , lo distaccò, e lo divise al di sopra della sua naturale po- sizione. Che sia desso uu vero fondo di mare, lo dimostra la oculare e semplicissima ispezione , la quale non sa distinguervi alcuna diversità. Gli scogli grandissimi ,. che gradatamente si vedevano sortire fuori del mare , che non mai si erano veduti , dopo il quarto giorno restarono a secco sull'alto della linea del fondo elevato: come pure le conchiglie numerosisime , ed i datteri sor- titi fuora sono una pruova evidente e dimostrativa, che il fondo marittimo non si elevò per soprapposi- zione di mobile e molle terra , ma per effetto d' in- terno materiale, degno delle indagini dell' osservatore , fu appunta r innalzamento del fondo del mare nella grande estensione di palmi quadrati 5,GG6,6G6, equivalenti a canne c[uadrate 858,55.5 circa , prendendo la dimen- sione de' due lati del fondo suddetto , che a figura di u!i parallelogrammo si elevò per mille passi di lunghczzaj e 5oo palmi di larghezza. Quindi calcolando il f/ia- xlniLiìiL della elevazione a palmi cinquanta , ed il fiii- ninium a zero , può stabilirsi la elevazione media in palmi venticinque ; risultandone che la intiera massa del fondo elevato forma un cubo di camie 170,056^2? di (69) una canna. Massa straordinaria, per superare la coe- sione della quale con gli altri strati immediatamente sot- toposti , fu necessaria non solo una forza tale, che dovette essere superiore in intensità alla reazione del fondo; ma pure una quantità di materia eguale a quella , che contro la propria inerzia si elevò dal proprio stato. Continuando quindi la descrizione dello scosceudi- luento, resta provato, che lungo il corso della diagonale vi fu rovina maggiore , e che sotto la porta di Santa Maria molto lontana dal centi'o della fisica rivoluzione non vi sarebbe stato distacco, se il sottoposto terreno non si fosse avvallato. Cosi il distacco delle terre dall'estremo della ripa de' Ciechi fu inevitabile , giac- ché mancata la base per gli scoscendimenti succeduti nel fondo del signor Spadaro , centro principale del fejiomeno , le terre più alte dovettero distaccarsi. La voragine apcria ct/là ixtl oct^uutlo giomo era di palmi centocinquanta. Le terre dislaccate, che crollarono giù, la riempirono pel terzo ; ed ora cento palmi di altezza vi sono dalla ripa , e dal piano soprapposto alla citala voragine , la quale s' incanala in un vallone della lunghezza di palmi cinquecento , ove gli uliveti, e vigne caddero all' intutto , e con lo stesso ordine col quale slavano nel loro sito naturale. • La cagione , che accresceva il disastro al momentOj era la liquefazione delle nevi , le quali formavano eoa le terre mosse uno scorrevole liquame. Ove eranvi fonti, rivi di acque, e peschiere^ là fu più vìot-- (70) leulo Io scoscendimento delle terre. Comparvero quivi le prominenze maggiori, più profondi gli avvallamenti, più screpolato e ripieno di fenditure il suolo , più inclinati i piani, più appianati i rialti , e più inabis- sati gli cdilizii. Le mosse sezioni di terre si videro contuse in modo , che in dati siti in mezzo ai conti- nuati strati di terra vegetabile , o di sabbia , sorge- vano de' grossi massi di densa e cilestre argilla , che disordinatamente si mescolavano con gli strati vicini. Scomparirono ne' primi giorni le acque , le quali , apertesi nuove strade , formarono varii depositi ne' luogi avvallati , dando origine a nuove scaturigini. Ho detto , che il centro più ragguardevole delle rovine fu il fondo rustico del signor Spadaro. A pic- cola distanza vi era il casino del signor Cardone. Una camera di mezzo subbissò, e le laterali dall'alto sino al pian terreno peregrinarono col suolo, cui erano attaccale pel corso di 20 pasu progredendo verso la di- i^ezione inferiore. Le fabbriche si mantengono erette anche oggi, e se si accomodasse la camera dimezzo, il casino sarebbe nuovamente abitabile.il giardino con- tiguo di agrumi circondato di mura subbissò, e disparve completamente. Tutte le strade , che conducevano al mare , softrirono in questo rovescio. Le due che sta- vano alla ripa de' Ciechi , ed ai Tresegni furono invi- luppate da profonde e terribi voragini ; e le altre due furono rotte dalle screpolature, deviate dall'antico silo , ricovcrlc dalle rovine superiori , e rialzate co' massi delle terre scoscese. ' (70 Fu necessità di aprire un fosso per dare corso alle acque stagnauti , che rigurgitavano. Allora si ebbe l'occasione di rilevare la profondità delle fessure, e screpolature. A 140 palmi di profondità del fosso suddetto le screpolature si vedevano penetrare più inferiormente, ed apparivano voragini tali sottoposte, che vi bisognò tutta T abilità de' lavoratori ; e si consumò molto travaglio per impedire , che ingoias- sero le acque , che dovevano con tale canale deviarsi. In tanto disastro non peri alcuno, ed il rione di Santa Maria fu per qualche tempo abbandonato , sino a che ognuno potè assicurarsi , che era cessato l'empito , e la enei'gia del fenomeno. CAPITOLO III. Sialo attuale delle terre rovinate. ie nevi finirono di sciogliersi , le acque svanirono ne' loro maggiori rigurgiti, perchè si fecero strada a traverso delle terre smosse , e ricomparvero in varie scaturigini. L'abbassamento delle terre sotto il rione di Santa Maria , e sotto la ripa de' Ciechi , essendo ol- tre i cento palmi faceva temere nuove rovine. Ma nulla di più ne successe. Gl'industriosi agricoltori, ed i giardinieri Vastesi nel corso dell'està appianarono con la zappa le vorticose ineguaglianze , solcarono i fossati , abbassarono i rialti , i-ecisero , o svelsero dal (72) suolo gli ulivi secchi inariditi , od in qualche modo ne resero così meno orrido il tetro aspetto. I giar- dini solamente, ed appunto fuori il corso diagonale del romboide in qualche sito hanno cominciato ad appa- gare la vista; ma le viti non si sono rianimate, ed una porzione sola di ulivi ha continuato a vegetare. Un gran pericolo intanto è inìuiinente , e forse sarà fatale alla città. A pochi palmi di distanza sta il si- gnificante distacco delle terre, che s'innalza a cento palmi verticali sopra Tabbisso delle voragini inferiori. Quale forza si opporrà per impedire, che i fabbricati superiori rimasti allo scoverto, e piivi di appoggio, e di base non crollino ne' sottoposti voti ? Quale po- tenza frenerà il corso delle terre , che sciolte da nuove acque e dalle nevi non scorrano con tutta la violenza di un moto accelerato pel declivio , e pc' prccipizii tagliati a perpendicolo ? Quale resistenza impedirà che le due Clikai, rurali di San Michele, e di San Lionardo non crollino? Quali mezzi si met- teranno in opera affinchè non scoscendano il grande acquidolto della pubblica fontana , e le imujinenti fab- briche , le quali si elevano immediatamente sopra 1' angolo ottuso del descritto romboide in vicinanza della città ? Forse un giorno la più bella , la più de- liziosa , la più amena città Frentana,il Posilipo de- gli Abruzzi , potrà essere ingoiato dalle voragini in parte , o in tutto , e non lascerà a noi , che la sola memoria della sua prisca grandezza , e la rimem- branza del destino funesto cui soggiacque. ( 73 ) lì giusto timore si accresce dalla riflessione delia indiftcrenza , con cui si osserva il disastro passalo , senza calcolarsi le conseguenze dell'avvenire. Bisogna però tributare i contrassegni della più alta ricono- scenza al signor Intendente Marcliese di S. Agapito, che mosso dalle urgenti relazioni del signor Barone Bu- rini , spedi prontamente 1' ingegnere dipartimentale si- gnor Michitelli, il quale riparò alla presente disavventura, e diede ancora provvedimento al pericolo delle future conseguenze. Si scavò quindi un fosso per dare scolo alle acque raccolte ; e si riferì quello che conveniva fare. Ninna altra opera pertanto erasi eseguita a tutto il mese di ottobre , e neppure mi è noto , che siasi fatto altro posteriormente. Lo stato attuale delle cose raltrovasi nella stessa posizione da me descritta (i). (/) Neìt' inverno del i8i8 si sono falli varii lavori dielro le accorle perizie dell' ingegnere dipar- timentale di prima classe D. Eugenio Michilelli. Si è dato corso alle acque stagnanti; si sono scavati de' canali opportuni ; si sono appianate le terre , e jjoste a coltura, ^llre opere restano ancora ad ese- guirsi , e segnatamefile il muroglio/ie per fare argine alle terre, che jjotrebhero scoscendere dielro il rione di Santa jMaria. Tutto è sperabile che si esegua dallo spirilo patrio e disinteressalo de' buoni V^astesi. S'eglino termineranno le opere inconùnciate , avranno reso il migliore servizio al paese , ai concittadini, a loro stessi , ed ai posteri. 10 ( 74) e A P I T O L O IV. ' Scoscendimenti, a' cj itali il fasto andò soggetto- ne' tempi passati. 1 1 disastro descritto non è nuovo nel Vasto, e ncppu.'e nelle altre città marittime frenlane dell'Adriatico. Fisiclie rivoluzioni, oltre le politiche de' tempi, distrussero le città di Gaudia, Betavio, Usconio, Buca , e la laiuosa Gerione , di cui oggi non appariscono , die grandi mucchi di pietre, rolli colonnati , vestigia di antichi acquidotli, avanzi di pavimenti, mattoni, e mura diroccate di grandiosi cdilìzii. Le notizie raccolte dalla storia , e da' fatti osservati dopo lo scoscendimento di aprile ne l'anno sicura testimonianza. Nel rione deno- minato Lavn ,i1 A^ord-Kst della città si osservano rotte visibilmente le antiche cloache , le cjuali so^ rastano di molto le terre sottoposte. Muri interrotti , fab])riche di mattoni diroccate , ed in varia direzione agglomerate con le terre si trovano lungo il suo declivio sino al mare. I-a zappa scava nelle vicine campagne continui ruderi di antiche abitazioni. Ovunque si veggono canali rotti , che un tempo conducevauo acque , e clie ora sono voti. Fuori Portanova al Nord della città nelle adiacenze della chiesa di Santa Maria delle Grazie vi è un fossato in cui, come rilerisce il chiarissimo abate riomanelli nelle (75) sue discoverte frentane , si trovarono ne' tempi andati eleganti vasi coloriti, medaglie, idoli , cammei, statue, corniole, pezzi di marmo , di lapislazzolo , e monete. Lo storico PoUidoro ci ha istruito , che nell' antico museo di Avalos vi era tina ricca collezione di tali oggetti , la quale poi passò in proprietà di Giuseppe Valletta , e quindi in potere de' monaci della congre- gazione dell'Oratorio. Lo storico Gori ha arricchito il suo etrusco nmseo con la descrizione di taluni de' citati vasi, h' erudito Vili storico Istoniense, secondo Io stesso signor Piomanelli , trovò seppellito fra le zolle un braccio di bronzo con alcune lettere scolpite nella mano. Se il chiarissimo D. Benedetto Betti pubbli- casse i suoi preziosi manoscritti su la storia , e le antichità Isloniensi , si saprebbero quanti altri monu- menti antichi furono trovati ne' citati luoghi. Tanti og- getti di simil fatta che man mano appariscono , non indicano torse die un disastro , una rovina , un tre- muoto , una lava , uno scoscendimento distrusse parte della città , seppellendola , e i di cui ruderi ora ri- veggono la luce ? Tale giudizio è regolarissimo. Quello che si è avanzato viene conformato dalle ulteriori osservazioni fatte dopo li 4 aprile 1816. Ele- vandosi il fondo del mare , come sopra si è indicato, sino all'altezza di cinquanta palmi, restò scoverto lo strato argilloso , e nella direzione della citata contrada della Lava sono comparsi ruderi di antiche fabljriche, che per lunghi secoli sono stati sommersi nelle acque; e che adesso il fondo nuovo lia fatto comparire a ( fo) socco. Più sopra ho uolato, clic uscirono dal mare alia j)unta del Nord- Est in corriypoiulcnza della coiilrada della Lava molti rollami di anliclie fabbriche , due pezzi di colonnati di mattoni colti , varii jiavimenti di opere reticolate , e muri di mattoni a triangolo. Il tutto quindi indica che nel luogo suddetto fin da re- motissimi tempi vi fu altro scoscendimento, che rovi- nando gli edilìzii, li trascinò seco sin dentro il mare, dal fjuale furono ricoverti. Vi è qualche cosa di più , che menta essere accennata. In agosto 18 iG un galantuomo vastesc della famiglia Muzii , andando ai bagni , gii venne in pen- siere di nuolare giusta il suo solilo , e si diresse per caso alla punta dello scoscendimento verso le accjuo le più vicme al fondo elevato. Nuolò per poco altrove, ma avvicinandosi al luogo indicalo fu inviluppato dalle onde, che si agitavano con vorticoso moto. In falli si sentì ingoiare da una protonclissima voragme, mentre credeva di iìanclieggiare il lido scarsissimo di acque , ed eguale in tutta la sua estensione. Scomparve T infe- lice dagli occhi degli amici, che adoprarono inutilmente tult' i mezzi per estrarlo dall'abisso. Quando già si di- sperava della sua vita , un marinaro, che per buona sorte vi stava vicino sopra un legno mercantile , si giltò nella voragine, e nel silo più cupo toccò l'infe- lice naufrago. Lo prese per la mano, e lo tirò a i'iov d'accjua. Vi fu bisogno di mollo tempo per renderlo agli usati ofiicii della vita , giacche il freddo gelido ministro della morte gli aveva assiderato le membra , & ( 77 ) ^ Io aveva reso apparentemente destltuto di vita. Dopo r acquisto de' sensi , interrogato del successo , disse che il lido nuovo, quantunque sembri perfettamente eguale e regolare, pure sotto il locale de' due scogli si apre una profonda voragine , che non mai vi è stata ; poiché egli per lunga pratica era stato solito colà nuotare. La dimensione della stessa è straordinaria, le acque la riempiono completamente, e vi si im- mergono , ed emergono con moto vorticoso , per ca- gion del quale egli perdo subilo i sensi , non po^ tendo farvi altre osservazioni. Il marinaro confermò lo. stesso. Cosa mai è questa- voragine ? Fosse il recinto in- terno di qualche camera, o_di qualche edifizio anti- camente scosceso giù , ed indi assorbito dal mare ? Se nelle adiacenze indicate ho notato essere emersi ruderi , muri , colonnati , pavimenti , qual difficoltà ei ^alc>. nel orcJcvo , olio vi poooano caacie delle in- tiere camcre, o edilizi! sotto le acque, e che dall'ener- gia del fenomeno siano state elevale dal fondo del mare , formando la sopraddetta voragine ? Bastanti motivi m'inducono a credere di essere avvenuti altri fisici rovesciamenti nella città , ed agro istoniense. Fui assicurato dal signor D. Giovanni Barbarotta, che esiste fra le antiche carte di sua famiglia un prisco mano- seri Ito , che fa distinta menzione delle rovine, dalle quali fu distrutto altre volte l' antico Istouio , e che lo fecero decadere dallo slato di grandezza , cui era pervenuto in tempo de' Romani. Mi duole di non avere ( 7^ ) potuto consultare tali anliclic memorie per una improv- viùa combinazione. Ne fui egualmente assicuralo dal mio amico D. Massimino Barbarotta, die aveva veduto un tale MS. Crescono le ragioni, che ci annunziano i disastri passati dalle seiMplici osservazioni dello scoscendimento* recente. Ho narralo, che per scavarsi un canale si ese- guirono varii lagH di lena, affinchè si desse corso alle acque , che si adunavano. Sotto la zappa si videro confusi insieme gli strati, che in ogni altro luogo serbano la loro regolarità. Enormi pezzi di argilla or sotto, ed or sopra de' pezzi di tufo, o di sabbia, indicano che il disordine locale non poteva altrimenti succedere , che per etl'etto di una fisica rivoluzione, di un rove- sciamento a l)uon conto. Successe in Vasto ne' remoti tempi quello che av- venne nella vicina Ortona. Questa bella città di greca denominazione, la di cui origine si confonde fra f an- tichità de' Troiani , o de" reni(ju Liuurni nelle luro emigrazioni all'Adriatico , o de' Pirati cinti da Pompeo il grande , giusta i poco concordi pareri degli storici Ceccario (i) , De Lectus (2), il Cieco di Forb (7), Ro- uianelli (i) ; crollò per lo scoscendimento avvenuto nel (/) Cecca/: apud Poìid: de Oriana. Camarra de Thcat. aidigu. llb. I. cap. 2. {2) Descriz. di Oriana. (.3) Liceo di Farli. Descr. di Abruzzo. {4) Roman. TJivcoverle Freidane cap. 22. ( 79) i5o6 , quando tre intiere strade, molte case, e pa- recchi pubblici edifizii rovinarono , inabbissando verso il mare : co;nc pure sparirono tutte le ville situale nella spiaggia sprofondata. Questa città , che serba ancora una porzione dell'antica grandezza , e magnificenza, ro- vinò per la seconda volta a' 25 febbraio 1782 in modo presso che consimile a quello, con cui è accaduto lo sco- scendimento in disamiiia. Dalla parte del mare si spro- fondò la rupe, su cui poggia la città. Una profonda ed or- ribile voragine assorbì moltissimi edifizii. Le intiere strade sommerse nell'abisso scomparvero, altre si screpo- larono, e minacciarono rovine. L'elegante palazzo reale Farnesiano fu per metà assorbito dalla sottoposta lava. Dal'a ripelta al monistero delle monticlic , ed alla porta che conduceva al mare, tutto fu sprofondamento, abisso, distruzione. Di tale disastro , che meritava indagini maggiori , appena ne abbiamo una breve memoria nello dicpoporto frontnno tlol oJguor abbate Romanelli (1). La coudizione geologica di queste vicine città essendo la stessa , cosi si sono vedute in diversi tempi soc- combere a' m« desimi disastri , i quali potranno rin- novarsi nell'avvenire, perchè le cagioni sono costanti^^ e permanenti (2). (^) Roman, l. e. {a) Infeliceinenle il mio presagio si è verijìcaio,- ( 8o ) C A P I T O L O V. Cagioni fìsklie , die hanno preparato da lungi , ed hanno prodotto da vicino il disastro attuale. ia città di Vasto, come sopra ho detto , è situata sopra un piacevole declivio vicino al mare, da cui è lontana 800 passi circa. Non ci sono monti priniarii, giacché le prominenze terree sono basse , e uon hanno lunghe catene. La struttura interna non è compatta , ed il nucleo interno è formato di dura pietra. Le montagne prinjaric di Abruzzo , che formano il centro degli appennini si estendono sino alla Calabria iilte- jVel mese di maggio iòiò un nuuuu òLUòi^c/n-dùnc/i^u è avvenuto /iella citict di Orlona. Le rovine sono ter- ribili. T^i è stato bisogno del soccorso del governo jìer apporre pronti ripari ed argini al crollo minac- cevole deW intiera citta. L'attuale Intendente signor cavaliere D.Gennaro di Tocco de'' principi di ]\Ionte- miletlo , tanto caro alla provincia , ha proccurato presso il governo ) e presso il consiglio generale della provincia de' soccorsi a favore di quella infelice città. Le opere dirette dal signor ingegnere JMiclidelli sono in attività , e se ne spera il più lodevole nsulta- niento. ( «1 ) riore. Negli Abruzzi il gruppo de' monti è significan- tissimo, ed hanno una elevazione maggiore di lutto il resto della catena. Nel liltorale poi marittimo di Abruzzo, nel Vasto specialmente , non solo vi è mancanza di monti pri- mitivi, ma i secondari non si trovano che alla distanza di più miglia , ove sono per lo più formati di am- massi calcai'ei. In Vasto dunque vi sono semplici colline , o rialti di terre. La città ha l'elevazione di 80 passi sul livello del mare. Questi colli sono risul- tamenti delle acque marine, che un tempo vi si esten- devano. In fatti da questa causa bisogna far derivare i mucchi, e le strade di arena, i rottami di pietre , le materie calcaree delle adiacenze, le conchiglie, le ossa de' pesci , e le terre sparse di ciottoli marmi, che ovun- que si trovano. Or nel mentre le inondazioni del mare, ed anche le acque piovane sono le cagioni potissime di questi colli; sogliono dipendere altresì da fuochi sotter- ranei ; che anzi vi furono scrittori, e naturalisti patrii, che opinarono esservi stato nei più remoti tempi un gran volcano all' Owest della Maiella, da cui fosse originata la valle di Solmona. Eglino lo desumono dalle copiose pozzolane, che s'incontrano in ogni luogo; come pure dalle lave di San Benedetto in Perillis, dallo acque minerali, e solfurce di Popoli , Capracotla, Roio, Villa Santa Maria, Falena ec, e dalle qualità dell'intiero agro di Tocco, da quello di Castiglione, di Pescara, e Torre de' Passeri. Questi siti son formati di tufi volcanici Bimilisòimi a quelli di Napoli, e la condizione dei ter- 1 1 N ( «'-^ ) ritorj di Sallo , San ValciUiiio , LeltomanoppcUo ^ Moscllaro , e Bolognano ove gì' iiulizii vulcanici sono visibilissimi per le conlinue scaturigini di acque sol- iurec , e per essere spesso soggetti a treimioli ; viep- più accresce pruove ai mici pensieri. Sono degne di leggersi suU' oggetto il citalo llomanclli al cap. \(] delle discoverte frentaiie , il saggio de' Peligni del Ire- nemerito D. Michele Torcia , la inomoria di un vol- ^ cano del coltissimo Signor Barone D. Giuseppe Durinii e le lettere sul monte Vulture del Signor Abate i\ji- iiervini, per vedere quanti gradi di probabilità vi siano delia esistenza di un volcano negli Abruzzi. Il citalo Betti mi lece leggere un suo manoscritto , ove sono raccolti i materiali storici , e geologici del vul- cano die ha esistito In questi luoghi. Spero che in proseguimento questo argomento un tenga occupato^ ed allora potrò sottoporre al giudizio dell' Istituto il lavoro delle mie e delle altrui osservazioni su lala assunto. Le grandi montagne dette primitive non possono crollare, percliè il nucleo iornialo di nuda pietra , ed internato sin dentro gli abissi più proi'ondi della terra jio)i è soggetto a dislacco ; ond' è che le acque pio- vane , o quelle provenienti dallo scioglimento dello lievi non potendo agire sul nudo sasso ^ trapelano lungo il dorso ed alle laide , e sortono fuora per le analoghe scaturigini. Non cosi succede }ie' monti secondari, ne' ccìlli declivi, e negli strali terrei at- taccali a' !>rÌ!;;c;ri. I.o acque, clic si annida.no neU' in- ( 83 ) torno , e die vi si fanno strada , trapelando negli strati terrosi, ne infrangono la stabilità e la solidità; e quindi distrutta l'aderenza , possono scoscendere , e precipitare. La posizione di Vasto si è osservata essere di un piano declive a doppia inclinazione. Si è veduto che i valloni, che lo circoscrivono, ed i torrenti sono po- Tcrissinii di acque , ed in està sono intieramente secchi. Tutte le acque piovane, le quali allagano le campa- gne, benché scorressero ovunque; pure vengono assorbite gradatamente, penetrano ne' varii strati del suolo sino a che pervengono nello strato argilloso, da cui escono ■per le scaturigini , se é superficiale; ma quando è pro- fondo , corrono occultamente ad immettersi nel mare. Tant'acqua annualmente riunita nel suolo, e senza visibile scolo ne' tre torrenti del Mal tempo, di Bonanotle , e del Leba ha dovuto sempre minacciare una rovina alla città. A tempo di Augusto fu spedita da Roma nel Vasto la decima legione de' veterani per aumentarne la popolazione , ed esservi di presidio. Si conobbero quindi abbastanza i disastri , a' quali andava soggetta la città per l'ingorgo di tante acque. Si pensò di aprire, ed effettivamente si apri un canale sotterraneo, di cui si è parlato, formato di solidissima fabbrica, pro- fondo ove più ove meno secondo il bisogno, internato nel seno della terra in taluni luoghi sino a palmi ottanta, e fornito di laterali spiragli. Si fece scorrere dalla col- lina di S. Antonio, e dal colle dell'Amendola tortuo- saiiifinte serpeggiando , onde raccogliere per mezzo de' conveiilenli cuniculi le acque delle sotterranee sor- genti, per riunirle insieme e condurle in città. In ta- luni mattoni di detti condotti laterizii si è trovata la breve iscrizione: (c Q. IlosicUus Curalo/' -^.h^ grande quantità di acqua trasportata per un'acquidolto di sci piedi di altezza , e di due di larglu-zza (i) transitava sotto il suolo del delizioso piano dell'Aragona , e si de- positava in dodici camere di cento palmi di lunghezza. Queste mirabili conserve erano fabbricate a stagno du- rissimo, e di mattoni di tre pollici di spessezza. L'acf[ua vi si attigneva per dodici aperture situate nelle volte superiori. Di questi grandi ricettacoli ne esistono anche oggi cinque siti nel chiostro, e nelle adiacenze del monistcro di Santa Chiara. Da essi parte dell'acqua si rivolgeva in città, ove animava più fontane, e parte con opportuni canali si divideva, e suddivideva per le campagne , e finalmente sboccava nel mare. Tanto travaglio, tanto dispendio, tante cure si impiegarono per meitore in salvo la città ; ma pel privato utile dell' innaffiamento de' fondi particolari furono rotti i condotti. Si ostruì l'acquidotto grande da incrostazioni calcaree ; in qualche luogo si ruppe, e le acque perciò deviate dal corso , ove erano in- ceppate , cominciarono a spaziarsi sotterra senza freno. Si seccarono le fontane interne, perchè le dodici con- serve , dalle quali erano animate, mancarono di acqua. (/) Roman, l. e. ca.p. X. $. 3, (85) JÈ lungo tempo , che V acquidotto fu ostruito , e sono più di 48 anni , che la città è stata nell' interno senza acqua. Nel i8i3 i benemeriti cittadini animali da quel lodevolissimo signor Sotlintcndcnte deostruirono in parte 1' acquidotto , e le acque cominciarono ad incanalar- visi, e quindi si potè rianimare la fontana della piazza costrutta di imovo con tutta l'eleganza. Dopo 1' esposte premesse facile cosa riesce spie- gare la cagione dello scoscendimento. La costituzione fisica di quelle terre ha apparecchialo sin da remoto tempo la profonda rovina, e le copiose acque, e nevi cadute nell' inverno non hanno fatto , che accellerare il disastro. Il suolo , come più volte ho detto, è formato superiormente da uno strato di humus, o terra vege- tabile , a cui succede imo strato maggiore di sostanza lufaceo-calcarea , ed in ultimo un letto di argilla. Nel profondo della terra sonosi dispersele acque, chedall'ac- quidotto grande conducevansi nelle cisterne, e per mezzo di cuniculi adattati eran condotte al mare. Oggi si veggono le aperture di simili cuniculi rotte ed affatto vote, le acque disperse, i cunicoli medesimi guasti ed inutilizzati , e tante altre acque raccolte in peschiere , in fonti rurali, e serbatoi campestri di larga superficie e profondità somministrano bastanti riflessioni a giu- dicare, che nel suolo non vi era alcuna stabile coe- sione , ma vi si trovava anzi 1' infausta forza di ri- durre le terre in sotterraneo liquame. Quindi si ve- rificò, che per etlelto di copiose acque cadute lo strato argilloso sotterraneo reso mobilissimo e trascinato sin ( sr,) solto il letto del mare , il foiulo si rialzò , come se da una vetta fosse elevato , o da altra potenza ; e la ispezione locale fa presagire, che nuove terre scoscen- deranno. Lo strato argilloso dunque lia urtato contro ogni ostacolo, ed ove lo ha superato , ha spinto an- che il fondo del mare; ove poi ha incontrato invin- cibile resistenza , ha prodotto rovescianicnli , elevazioni, voragini , abissi , e rovine. Gli antichi cuniculi , ed acquidosi , che anche fra' Frentani rammentano la romana potenza , e che avevano resistito alle ingiurie di molti secoli , si obliterarono , e le acque disperse produssero da vicino gli scoscendimenti della età pas- sata , dei quali abbiamo abJjastanza parlato. Questa stessa dispersione aggiunta all'altra delle accjue ullima- iiiente destinate per la irrigazione dell'orto del Signor March.ese d'Avalos, accumulate in pozzi verso S. Maria, neir orto del Procidano , e nel potere del Signor Spa- daro è stata la remota cagione dello scoscendimento di aprile iSi6. Le acque cadute dal cielo, e quelle derivanti dalla liquefazione delle nevi hanno mag- giormente contribuito airavveninicnto di cui si parla. ( 87 ) CAPITOLO VL Ragguagli di altre simili rovine avvenute in varie Comuni di Abruzzo citeriore , e della limitrofa provincia di JMolise.. N< on fu il solo Vasto il teatro ile' disastri. Molti altri Comuni furono soggetti a simili infortuni ; e lungo sa- rebbe minutamente fare il dettaglio di tutti, per cui mi occuperò de' principali. Fra i Comuni di Villa Santa Mari^ , Bonanotte, e Penna-d'onio scoscese straordinariamente la terra dall'alto fondo della strada, che ronduce a JBonanolte sino al fiume Sangro per la lunghezza di circa tre miglia , e per 1' ampiezza di circa cinquecento palmi dall' O/z^es^ ^ Est. In Castiglione Messerraarino pa- recchie crepacce hanno solcato la terra, e parlicolar- mente i vigneti che sono in colle rotondo , lainainiello, e sterparo : quali contrade sono state di recente dis- sodate. All'Est dell'agro del comune di Fraine sco- scese la parte interna del suolo sul corso del fiume Treste in confine di Castiglione. La terra sottoposta è discesa , ed ha innalzato cclFurto l'estremità del letto del fiumicello , che è deviato alquanto al Sud , ed il terreno elevato si è Conformato in picciola collina. In xaranta poco prima delle rovine di Vasto avvenne uno scoscendimento funestissimo , che richiamò l'attenzione ( 88 ) delle Aulorilà della provincia , le quali vi spedirono gli ingegneri dipartimentali per apprestarvi soccorso. Al Nord-Est del Comune cominciò a scoscendere la terra resa mobilissima e liquata, trascinando seco grandi macigni. La lava toccò le case di que' cittadini , che si misero in salvo coi loro migliori eilelti. Nuuierose braccia si applicarono a promuovere la discesa della terra ammonlichiata lungo il corso del fiume Aventino, il di cui rigurgito avrebbe prodotto disastri più scrii. Le acque compirono la liquazione di già cominciata, la trasportarono giù , e resero così l'alveo nella sua primiera dimensione. In Rocca Scalegna in tre punti la terra cominciò a scoscendere. Una bella chiesa, pivi strade, molte case sono stale sommerse nelle sottoposte voragini. 11 resto del fabbricato minaccia rovina, e perchè tutto l'agro è soggetto a tali disastri, non pos- sono trovare que' cittadini un locale stabile , e fermo per rifabbricarvi le abitazioni. Forse si delibereranno a stabilirsi neUa collina. In Gasoli una crepacela lia depresso il terreno sotto parecchie case al Sud-Owest. In Monteialcoue, Comune della provincia di Molise, alia distanza di 700 passi circa dal confine della provincia di Abruzzo citeriore altro straordinario scoscendimento trascinò molta terra giù sino a riempiere un lago di non indifferente dimensione , e livellarlo con le cam- pagne vicine. Le acque, perduto il loro ricettacolo, si unirono nel luogo dove la terra supcriore sco- scesele dilatandosi nelle adiacenze formarono un nuovo lago , mollo al di sopra di quello che si distrusse. ( Sg ) A\ Nord-Est del Comune di Belmonlc nella pi'o- vincia di Molise anche liinilrofo a quella di Aljljruzzo citeriore, dall'apice di un colle scoscese la terra interna, che arriso sino al fiume Sente, impedendone il corso per qualche poco. Qaiudi gli strati superiori si sprofou- daro'jo e tutta intiera la superficie discese giù quasi senza cambiare figura. Il colle superiore si vide tagliato « quindi le vigne, i frutteti , gli uliveti, i seminati, gli olmi , le querce , i faggi ed i bocchi stessi senza distaccarsi dalla terra corsero giù. Benché gli alberi, che erano nel suolo superiore vi avessero serbato la loro integrità , pure mutando sito si videro occupare hioghi molto inferiori. Nel mezzo si vide sorgere un lago , ed il perimetro dello sc'osccndiinento che ascende a c]ualche centinaio di moggi di estensione si solcò per effetto di una forza proiettata dall'alto del colle verso il fiume. Si videro confusi i poderi , molti al- beri , varie case rurali rovinate, e qualche altra tra- sportata altrove con la terra mobile sopra di cui pog- giava. L'occhio chiaramente vide , che lo strato ar- gilloso inferiore si era sprofondato, giacché l'argilla liquata a guisa di lava corse nel sottoposto fiume , di cui foce elevare le acque, ed in tutte le altre qualità corrispondeva a quella tagliata dal colle. È slato poi grazioso fenomeno il vedere che le vigne cambiate di sito, ed anche gli ulivi, e gli alberi di alto fusto nella seguente primavera non sono morti , anzi continuando a vegetare diedero nella està, e nell'au- tunno una ricolta niente inferiore a quella delle terre 12 ( 90 ) ■ esenti da simili fisiche riv^oluzioni. Ne qui deesi la- cere , clic la mano induslre degli agricoltori alla nien trista ha eguagliato la superficie della terra , ove com- pariva franata ; ha dato un qualche corso alle acque, alle quali mancava lo scolo; alla meglio ha ripartito le proprietà , che si erano confuse colla emigrazione dall' uno alf altro sito -, ed lia in certo modo chia- mato a nuova vita quel luogo , che pareva destinato allo squallore, ed alla miseria. CAPITOLO VII. Espedienti necessari per riparare ai danni avve- nidi , e per prevenire ajlri disastri nel tempo suc- cessivo . Q H^eiuhra che le ultime linee di questa memoria deb- bano essere le più interessanti al Comune di Vasto. Conosciute le cagioni dello scoscendimciUo , quali sa- ranno gli espedienti per ovviare a' disastri dell'avve- nire , e con quali mezzi si ripax'cranno i danni acca- duti? Il primo espediente era di rendere nuovamente eguale il terreno. Questa operazione preliminare di re- golarizzare il terreno in piano , o declive è stata già in parte eseguita da' ricchi proprietari. Ma restano ancora delle voragini , de' bassi fondi , de' rialti, delle terre distaccate;, isolate, e tagliate. Sono dunque ne- ( 91 ) cessarle altre spese di anticipazione , senza le quali resta paralizzato ogni progetto. Questo travaglio però è stalo senza giudizio eseguito , perchè ad eccezione del canale fatto nelF atto delle rovine che poteva appena servire pel bisogno del momento, niun altro se n' è formato. Le acque perciò continuano senza freno a scorrere , e si potrebbe dire , che a sine lege vagantur •». Il rigurgito continua, ed in ogni luogo delle picciule , o grandi collezioni di acque senza scolo ricoprono il territorio. Fa di mestieri dare lo scolo alle acque raccolte con adattati canali ; impedire che altre acque non si raccolgano , e quindi è necessità riunirle e dirigerne il corso sino al mare , comin- ciando dalla soprastante pianura, dalla quale potreb- bero deviarsi al Nord nel Vallone di S. Onofrio , ed all'altra parte in quello dell'Anchella. Sino a che le acque libere potranno infiltrarsi nella superficie elevata della pianura ; sempre che potranno oltrepassare gli strali sottoposti, e penetrare nell'interno dell'argilla, nuovi disastri potrebbero essere le conseguenze de' , primi. Ma tutto ciò non basta. Le case del rione di S. Maria sono troppo prossime alle terre distaccate , ove si apre il precipizio di profonda voragine. E dunque necessità scavare le basi di un alto muraglionc, che dall' abisso sottoposto dovrà elevarsi a scarpaio per resistere meglio all'urto delle terre. Senza qui-sto espediente sicurameute le case di detto rione dovranno crollare nel sottoposto avvallamento. Sarà formato a regola cT arte co' debiti f>piracoli per dare corso a quelle acque, che sfuggiranno, * ( 92 ) Questi espedieiUi furono proposi! contemporanea- menle dal signor Barone Durini , e dagli ingegneri dipartimentali. 11 signor Intendente Marchese di S. Agapito, che tanto si distingue per zelo e vigilanza promise ogni cooperazione •, ma finora le opere da ese- guirsi restano ancora in progetto. Non vorrei chela deliziosa città di Vasto avesse V inlV.usto fine di Rocca Montepiano, che nel 17GG dall'olio crollò, rovinò, spari nel momento. Altro travaglio sarebbe egual- mente necessario. Ripulire per intiero l'antico acqui- dotto , liberarlo dalle concrezioni calcaree, che lo hanno otturato, ritrovare i cuniculi adiacenti, che in esso s' immettevano , a luion conto rimet- tere in ottimo stato quella magnifica , e grande opera romana. Quando si sHrà adempiuto a questa, e ad altre cautele indicate, cesserà ogni timore, e l'esi- stenza di Vasto sfiderà i secoli, l'iiparare poi i danni av- venuti è quasiché impossibile. La mia pernia è senza forza, ed altre ne occorrerebbtrn per descrivere le sveu- lure di questa deliziosa contrada. Basta dire, che quanto la immaginazione più fervida potrebbe escogitare, tanto la natura , e 1' arte vi aveva raccolto, e lutti i tesori di Flora, e di Pomon.a erano a larga mano profusi in questi luoghi ; ma tutto ora è finito. 11 lugubre de- serto, le profonde voragini, gli abissi enormi, il di- sordine , e lo spavento albergano là dove prima gli aranci, i cedri, e gli alberi di ogni sorta profuma- vano nella primavera qutll'; tmosfera , ed indi airic- chivano di squi.-itc fruita tutte quelle contrade. Sua- ( 9^ ) rlrono tredici casini, due chiese, cinque magazzini, due vastissime peschiere, aUre molte più picciole, immerosi pozzi, tre pubbhche fontane, ed uno spazio superficiale di un miglio c^uadrato. Dal giardino di Armida è divenuto la sede dello spavento , delF oi'- rore , e del lullo. Nel corso di questa memoria si è fatta parola degli scoscendimenti avvenuti in molti luoghi d'Abruzzo , e della vicina provincia di Molise. Non vi ha dubbio, che molle migliaia di moggi di terreno si sono inu- tilizzate per l'agricoltura , e la pastorizia ; che nume- rosissime case rurali , casini , ed edifizi sono crollati, che mancano molte vigne , parecchi uliveti , e fertili terreni per le piante cereali. Il disastro è divenuto generale , e meriterebbe tutta 1' attenzione del nostro provvidentissimo , e saggio governo per impedire, ed ovviare a rovine maggiori. La mania di ridurre a coltura le più elevate montagne, e delle inaccessibili rocce ; furore , clie eccita la scure distruggitrice a re- cidere i boschi inerenti alle parti più erte e mon- tuose della provincia ; la vile avidità , che spinge i coloni a coltivare le contrade site in declivio , e le terre vicine ai fabbricati delle Comuni ; la ninna sor- veglianza a regolare il corso de' torrenti , che radendo le basi delle terre superiori e laterali , le fanno sco- scendere , sono le quattro pregiudizievoli cagioni del distacco delle terre, dtlla sterilità delle campagne, e degli scoscendimenti. L'Abruzzo aquilano sta pagando il fio di avere dissodate le erte montagne. La terra ( 9 i ) vegelal)ile per ciìcllo della mobilila acquistata con la zappa , o coH'araLro, ed in coiisegiictiza delle alluvioni se n' è scoscesa pei' riempiere le valli , e fertilizzare le terre sottoposte , ed i monti scovcrti nel loro noc- ciuolo di mulo durissimo macigno si sono inutilizzati per la grande vegetazione , per la moltiplicazione delle piante cereali , e per la produzione dell' erbe da pascolo. Quindi la provincia soilre scarsezza di legno per fuoco in un clima estremamente rigido , deficienza di grani , vini , ed olii , che lo rendono dipendente dell'Abruzzo chietino , e teramano; ed anche scarsezza di erbaggi , ove l' industria maggiore e forse unica è la pastorizia . I rimanenti boschi si distruggono , e mentre gli Abruzzi spediscono caterve di agricoltori nel vicino Stato rumano , e nelle provincie di Puglia per travagliare per sei mesi deiraiino , sono presi dalla mania di dis- sodare nuove terre , il profitto delle quali è momeu- taneo , ed il danno è perpetuo. Il suolo perde la sua coerenza nel di;;sodamcnlo. L' unione f(»rniata dalle radici degli alberi , co' quali indissolubilmente esso era ligato s' infrange , e dove erar.o boschi , succedono gli scoscendimenti. Da cjuesta cagione lianno avuto origine i rovesci delle terre delle di già cenuate con- trade Ijoscose di colle rolo;:do , tamaiinello , e ster- paro in Castiglione JSIesseriiiariiio, e laiiti altri ov- vii ili ogni luogo. La terza cagione ha cooperato allo scoscendi- mento di Vasto , come pure contribuì alla ruina (95) di Rocca-montepiauo. Produsse 1' enorme depres- sione di l'erre, e lava al Nord-Est del comune di Bo- nanotte che cominciò dalle mura dell'abitato , e si distese pel declivio oltre il tenimento di Penna d'omo , e che non cessò , se non quando distaccata, e dirupata la terra restò scoverto il nudo macigno , sopra cui poggiano le case. Da questa cagione ne originò la imponente lava, che ha fatto crollare tante case in Roccascalegna , e che minaccia il resto del fabbricato, e di altri luo- ghi. Questa istessa cagione farà cadere tutte le fab- briche di Castiglione Messermarino in Abruzzo, per- chè formando le case una figura semiovale in precipitoso declivio, lasciano nel mezzo una gran tazza vota. Questa dovrebbe restare incolta per sostenere le case supe- riori , e non ricovrire le inferiori. Succede tutto l'op- posto. Mentre il comune ha circa 17000 moggi di ter- reno nella maggior parte incolte, i cittadini follemente coltivano per ortàggi la rupe o conca intermedia. Per effetto di questo errore le case inferiori sono sino ai tetti ricoverte dalla terra mobile giù scoscesa , e le case su- periori prive di fondamenti per essersi scoperti , prive di suolo adiacente , distrutte quasi le strade , minac- ciano imminente crollo , e con la loro rovina sep- pelliranno le case sottoposte , sulle quali precipiteranno. La quarta cagione è l' origine di gravissime rovine. In ogni Comune è dessa oggetto di doglianza; ma ninno espediente si produce a tanto male , e la più indifferente oscitanza rende inoperoso il pensiere ad escogitare , e pigra la mano ed eseguire i ripari . Così ( [fi ) la sola decisa volontà del governo inlciHo sempre al niacciorc bene , l'elicità , opulenza , e lustro della na- zionc potrebbe scuotere 1' inerzia , togliere i pregiu- dizi , rendergli abitanti superiori agli errori , e met- tere iu esecuzione le opere , che potrebbero far cessare l'azione delle quattro esposte cagioni. Ecco cjuanto ho credulo dire sul fenomeno in disamina. Se non vi sono riuscito con ogni felicità e precisione , n' è stata causa la scarsezza de' miei lumi, e le moltiplici occupazioni della professione medica , ìe quali mi mautcngono continuaaicnlc distratto. ( 97 ) Descrizione della struttura, mutazioni, vitto, E costumi della mosca, che fora le ulive, illustrata da figure a tal^uopo diligente- mente espresse, memoria del socio ordinario signor VINCENZIO BRIGANTI, LETTA NELL'aDUNANZA de' 5 SETTEMBRE 1818. Milli vero, invenire aliquid eoruni , girne non inventa sunt , qiiod ipsian notimi , guani occultum esse praestet , scientiae votum , ac opus esse videtur , sindUtercjue , et seniìperfecta ad finem perducere , atcj^ue absolvere. Hipp. Lib. de Arte. JL^a Patologia de' vegetabili , non meno di quella degli auiinali, lia in ogni tempo spinto X animo de' più. grandi filosofi , ed indagatori delle cose naturali alla scoverta delle cause , onde loro avvenissero tante di- verse malattie , o pur la. morte istessa : stimando di egual lode lo scrivere di ciò , non che della loro strut- tura, ed uso. Or fra le tante cagioni produttrici d'in- numerevoli danni sulle piante, non senza ragione sono stati annoverali anche gl'insetti. Questi minuti indivi- dui del regno animale , o col cercar su di esse il nutrimento , o col costituirvi uu non innocente do- micdio , varie delle loro parti consumano , e guastano; o pure privandole ben spesso di naturale bellezza , sotto tante bugiarde apparenze , e strane forme a noi i3 (98) le rappresentano. Quasi in ogni anno siamo spettatori di si gravi avvenimenti cagionati su diverse piante da una si inai razza di viventi, che più volte esten- dono il loro csternn'nio anche su di quelle , di cui 1' uomo ne prende particolar cura per la loro colti- vazione , e ditosa : nulla valendo i mezzi , che ado- pera per l'arie salve ; anzi su di ciò conosce la sua debolezza , ed insullicicnza. E pure più por questa malvagia industria , che por la loro struttura , quale a prima giunta non pare esservi altro di più vile , e spregevole , benché nulla mono , che in tanti altri vi spiccano insieme la bizzarria ingegnosa , e la prov- videnza sublime della natura , hanno avuto il piacere di farsi consapevoli allo scientifico mondu ; avendo ri- chiamata l'attenzione di autori di non languida famaj a cui senza dubbio un largo campo hanno dato, da esercitarsi in minulameute pouderare , e de&tiiveiu le loro fattezze , e costumi. E in vero quali esatte osservazioni , e grazie nel' dire non rileviamo in quello, che su di ciò ci lasciò scritto r incomparabile Vallisncri , nel ragionar che- fa di quc' insetti , che portano il guasto su de' rosai, e ad altre diverse piante (i)? ed anche nella nuova idea , eh' egli da di una divisione generale degl' in- setti ; coir occasione di distribuirli per la loro sode, (/) Opere Fisico- Mediche ec. Kenezia /y^j. Totìu I. pag. /8.'. (99) e nutrimento (i). Non con egual lode forse 1' inde- fesso Malpighi aveva prima trattato lo stesso argo- mento , parlandoci maravigliosamente di quel , clie Sotto tante mostruose forme diverse parti delle piante riducono , e cambiano (2) ? Il pulitissimo Redi non fece egualmente lo stesso ? Anzi premeditato aveva un lavoro più copioso sul medesimo genere , siccome ce ne avvisa nel suo libro sulla generazione degl'in- setti : ma pt-eoccupato dalla morte lasciò all' intarla- mento i suoi onorati travagli. Il Rèaumur non seguitò anche le orme de' lodati autóri sopra lo stess' oggetto, con descriverne elegantemente non pòche specie nelle sue memorie (3) ? L' infaticabile Linneo nella sua Noxa inseciorulh (4) di quànt' insetti non ci parlò ancora, per essere della stessa citata indole e costumi, attentando tutte le nostre sostanze con inèschinamente distrug- gerle, e viziarle ? E taccio ih fine , pei- brevità del drrtf, il nominai-e tànt' altri egvialménté di allò grido, i quali imitando la ritiratezza di Democrito nella soli- tudine delle campagne e delle selve , tanto sciocca- mente derisa dagli Abderiti , per apprendere ciò che desideravano , hanno poi fatto menzione di questi {1) Ivi pag. ig6. e segu. [a) Piantar, ^natomes de Gaìlis. {3) JMeinoires pour servir a T Hist. des Insectes, tom. 3. pari. 3. meni. 12. {4) Anioenit. Academ. Diss. XL V. ( l'>0 ) ospiti inclementi per lo grave danno , che arrecano a diverse piante ; trascinando seco , a guisa di bar- bari conquistatori , la desolazione , ed il lutto. Era pure qualche tempo, quando nella mia età meno da gravi cure occupata, fra l'amena applicazione su gl'in- setti, avev'ancora per mio svagamento e studio comin- ciato a compiacermi delle osservazioni sulla folta, ed ingorda turba di tali viventi , che non lasciano con i loro rari costumi, astuzie , e modi ingegnosi da lutti farsi ammirare, e temere; giacche anche questa parte d' istoria naturale me quoque pecloris Tenlavit in dulci ìuvenla. La ferocia quindi , che ta- luni di questo popolo non men ampio , che curioso, spiegarono nell'anno 1814 in rodere i frulli degli ulivi in ogni cantone del nostro regno , servi di occa- sione , e slimolo a farmi ripetere con più diligente esamina quello, che altra voka malamcuLe , cJ et salti aveva su del citato oggetto osservato. Im- perocché non di rado ci tocca in sorte vedere un siinil flagello su i frulli di si preziosa pianta , che non va esente , al pari di tutte le altre, ch'em- piono, ed adornano- questa gran mole dell'universo, da quella legge della natura , quale bisogna confessare di ammirarla più tosto , che intenderla : a dover cioè ciascuna in se albergare , e dare alimento a certi ani- maletti , come suoi particolari ospiti ; onde la loro consumazione , e guasto spesse fiate ne avviene. Tanto dunque osserviamo ne' citati frutti degli ulivi, diesi veggono tutti bucati, violati, e corrosi, allorché sono ( 101 ) t!a questa infesta razza attaccali : costituendovi quella malattia distinta dagli antichi scrittori Greci col nome di o-KvMxopocyìa (») , e da' Latini con quello di vermi- culal'io (2); cagionata, come oggi ben si sa, da una, per quanto a noi pare, inutile specie di certe salvatiche mo- sche, molto più piccole delle volgari, che sudice, e fasti- diose ronzano, e si aggirano per le nostre mense , ed abitazioni. Queste ogni altra parte della pianta trascu- rano, fuorché il frutto, perchè cibo, domicilio, e sicu- rezza vi trovano; anzi lo costituiscono per loro picciolo mondo , ove buona parte della vita agiatamente ne (/) In varii luoghi Teofrasto della sua Istoria delle piante parla di questa malattia : nel cap. iy. poi del lib. 4. chiaramente riferisce essere i frutti dflP (112) Lucrunt. Ipscmet vero laudalus Pelayna Hneas duas haud Ires supra Iborace adiiumcrat, et in abdomine maculas quatuor, nou sex : cuoi minime cas ad basim bujusccmo- di abdominis recenseat. Lente vitrea bujus insedi margincs alarura ciliati TÌdentur, et certo in silu eadcm alae inspeclae rubroviri- des pulchre rcluecnt. Truncus vero, et abdomen hirta ap- parent , uli et anlennae , quas iu uostris spcciiuinibus unquam ex brevissimis granulis , ut Dn. Bernard loc. cit. refert , constare dcprchcndi. Or dal fin qni dello chiaro si vedo, quanto bo creduto necessario discostarmi dagli altri autori nella de- scrizione , ed osservazioni gii date , Non per odio d' altrui , o per diapreao , ma per amore di esporre una esalta istoria di questi viventi , tanto disgraziatamente presso di noi familia- ri , e che sono stati Io scopo di tante penne. Imper- ciocché r invariabile lor genio in prescegliersi un do- micilio si nobile , qual' è il frutto degli ulivi , e di que- sto anche servirsene per alimento , ha fatto sì di es- ser , a preferenza delle altre specie , da tulli più co- nosciuti e distinti. Non evvi autore , che traltando di questa sì ulile pianta , ed un tempo anche come sa- cra , e la prima fra le allro tenuta , non abbia poi fatto parola altresì de' suoi nemici, che 'spesse fiate occul- tamente s' intrudono nelle sue parti , onde le rodono e guastano. Gli antichi e Greci , e Latini fecero ricordanza di qucsl' inselli , come abitatori già delle ulive , indi» ( ii3 ) viduandoli però col nome di (rxt^'KììKisy vernies (i) ; forai (i) Non so donde il signor Mossi abòia riìe- pafo cldamarsi le larve , che rodono le ulive, dagli antichi erucae , siccome leggesi presso la sua descri- zione della nominata inusca oleae nella citala Fauna Etrusca: imperocché trovo essere (queste dagli scrittori Greci distinte col nome di a-x.jì'Knx.i'; , e di vermes da' Latini ; forse per la somiglianza , che hanno con. gue' animaletti , che da' Zoologi con tal nome disti?!' guonsi. Così, intorno a ciò abbiamo da Teofrasto ìlei lib. 4 , cap. /y della Storia delle piante, jcat oyiTtì? iKcita? a-)c:ó?\ii^ , ìc(ii [jlìu ùwò ro tepfJi.cc yivtìTou %oip(jiipc^ ToV xocpTov. Verinis olcae iiatus sub cute frnc- tuiu adiinit : e nello stes:SO luogo soggiungne. ytvovrou ^1 ìLa.1 il' 'rote IpuTiTTin a-x.w'hny-ii- lit in drupis quoque oleis vermes uascunUir. u4ll'opposto chiamarono gli stessi Greci Koc[j.Tociy ed i Latini erucae le larve di struttura diversa dalk prime di altr' insetti , doli ^e'papilioni, e .forse an- che delle bombici e linee , che sogliono rodere le foglie delle piante erbacee ed arboree ; siccome si rileva dallo stesso Teofrasto. De causis PlanU lib. 5, cap. 8 ; e dal suo maestro Aristotile . DeHistor. animai, lib. 5, cap. ig. Né differente da questi ri- ferì, dopo Plinio sullo stesso argomento, raccoglien-, dosi da pili luoghi della sua Storia naturale : ma specialmente nel lib. iy enuncia essere queste erucae, x5 perche non henc isliuili del cambianienlo, die suole accadere sulla slrullura de' iDedesiini licl breve corso della loro \ita -, o più tosto per indicaili nello stadio più nocivo, e lacilc ad essere osservati. Avve- gnaché jion dobbiamo questi priuù contemplatori della natura , privare della gloria di essere stati a parie nelPainrinrare, sebbene non so con quanta per- iezione, qiicl grande e inaraviglioso , che il Sornino Fattore ci fa vedere nelle mutazioni della niinu- tissiuia rat:za di questi viventi; come da più luoghi di Aristotile ()) , di Teofrasto (2), e di Piiìiio (5) rile- viamo, Tulli gli altri , clic dappoi seguirono, conob- 7r 'iiì\-e iìifesùtsfùine aite piemìe , consunirjìdnne le fo~ ■yAe, con csj}!Ìi>ierst così Sunt ex eadf^n causa naseenles , et erueac diruni animai , croduntque tVon- deai , aliac llorem , olivarum quoque, ut in Pì^lileto: Cic depastani arborem turpi {"aeic relinquunt. Quesiti distinzione di vocaboli ruppoiiaia dagli- antichi jìassìj poscia a' post.'jri ; onde tale i/isegna- nieiiio e anche molto faniiliare oggi presso il ìvlgo^ usando le due voci , cioè la Ialina vcnucs per espri- VI ere le larve , che tarlano i fruiti , e la greca xMjj.Tai} ?'i!upae,/'e/' indicare quelle^che rodono le foghe, [j) De Ilist. animai. Uh. 5 cap. U) et i3, {2) De causis plant. Uh. f' cap. fili. (3) Ilist. nal. lib. II can. 26 et 3 3. (ii5) Ijcro dett' insetti anche sotto !a forma di mosca, ve- nendo così chiamali da taluni più per resterna ap- parenza, che per i principii di scienza. Niuno per'), per quanto io sappia , par che ne abbia un com- pleto ragguaglio della loro organizzazione , ed ope- rare dato , e che non abbia preso degli abbagliamenti in cfuello , che vi ha scritto. Anche le brevi descri- zioni dateci de' caratteri specifici della sola immagine da' chiarissimi citati Entomologi , vanno in alcune cose dal vero dill'ercnti , siccome abbiamo già notato d'avanti: ed altro , che ciascuno curioso potrà da se più rilevare da ciò , che hanno scritto i lodati autori, i quali non dovettero al certo aver presente l'insetto vivo ; come qualcuno di essi ingenuamente confessa. Di che io credo la cagion' essersi, per non aver dessi tutta la loro solita diligenza, p proFondilà praticata. Tutti però hanno concordemente parlato de' gra- vissimi danni, che cagionano tali animaletti, benché di pifciolissima mole , a' frutti degli ulivi : potendo per ciò a questi appropriare quello , che per altro riferisce Sidenam , scrivendo , ingens sub minima mole Latet malignitas. Conciossiaohè oltre di consu- mare la polpa , da cui 1' olio ricavasi , con ragione stimato come una sostanza di prima necessità , ri- guardandosi qual coiidimenlo de' cibi, e qual alimento della fiamma , o come medicina,© necessario a tante arti e mestieri; anche il residuo del frutto, per causa del loro soggiorno , Io rendono interamente fradicio e guasto ; elei che con ragione cosi ne scrisse Tco- ( iiG ) fr.isfo. yii'O'.'Tcd li Kcii ii> TOi? tpUTriTiTi crxwAi/Zfsr, aiirip "^np^; US tIlu p'ùaiv, 'o?\u>s lì kki "hoKìiOin (-t.'cii craTrpccL Ut dnipis {juoijiw oleis verines nascuntur , guae ad iacUirain pe/ores certe deprelienduìdur, ut mar- cìdae, pulrescjue oniniiLO videanUir [i)- Giusta le os- servazioni da me fatte nel citato aaiio , a mal pena il quarto di quella rendita d' olio , solita ad aversi dalle ulive ben condizionale , in simili casi se ne ri- cava ; o quest'olio tutto i(Ccioso, e di pessima con- dizione, altro che se vieto e stantio ne fosse. Né so, come dalla vile ciurma de' servi, a quali gli antichi destinato 1' avevano , poteva essere adoperato per con- dimento de' cibi: onde meritevolmente lo chiamò zV;j- probo Columella (2), il quale ci avverti ancora del modo di cavar l'olio cibarlo da tali ulive, acciò non avesse avuto disgnstoao sopore (") (/) Hisfor. Plant. Ub. IV. cap. X.TII. Ho Irascntlo il sopraccitato testo Teofrastiaiio , siccome leggono e traducono Scaligero , e Bodeo a Siapei, giusta la lezione di un antico codice : riferendo la %--oce a-a:7r/3«<, marcidae, « ^/3UTiT£T!, r\i\>\s, secondo Pli- nio, e non già a (rza)Xt)x,£? , vcrnies , 5fCO/ic/o Oaza, per cui legge ronrpoi, uiarcidi, etc. Qual cosa si oppone al /atto; giacche non i vermi diveniamo fradici e putridi, ma sono la cagioìie di far cosi avvenire le ulive pel consumo , e soggiorno che vi Janno. (-2) De re rustica lib. ia. cap. i, iS) Ivi lib. i2. cap. co. (117) Niuno però ha finora, dopo il giro di tanti anni, adempito a' voti , a cui tutti sono concorsi , cioè di fare salva questa pianta da' suoi nemici , o almeno minorarne il numero di quelli , che F assaliscono ; onde vani possiamo dire que' mezzi , che senza fondamento di una sana filosofia e di reiterate esperienze, sono stati da taluni a tal uopo spacciati. Leggasi a questo proposito quello , che ha scritto il Canonico Giuseppe Maria Giovene nella sua erudita memoi'ia intitolata. Avviso per la distruzione de' vermini , che rodono la polpa delle «-/«f e : Napoli 1792; in cui raccoltisi trovano tutl' i rimedii creduti da' diversi autori valevoli per distruggere tal razza d' insetti. Anche il mezzo proposto non ha guari dal Canonico Tripaldi in una sua memoria data al reale Istituto d' Incoraggiamento sopra lo stess' oggpflo, e- «n A\ uo?altra iT>alattia degli ulivi , sftmhra non conducente al desiderato effetto. Im- perocché col tagho de' rami vizzi ed appassiti, ch'egli propone in varie volte dell'anno ;r per distruggere ne'me- desimi certi mosherini , che t«l male producono; chiaro appare, che niuno danno si recherebbe alla descritta mosca, per non essere né identica a' nominati mosche- rini, come dal citato autore credeasi ; né abitatricfe degli stessi rami ^ ma del solo frutto, per quanto fi- nora sappiamo. Dillicilissima , se non vogliam dire impossibile, è slata sempre per l' uomo una tale impresa , per non essersene estricato inai con decoro; in difendere cioè gl'individui del vegetabile regno dall'invasione dico- ( ii8) lanli famelici , o pure in debellarli. Quesl' nomo se orgoglioso cerca d' imperare laiiLe volte óucIìc sulla r.a- tiira, e vantasi di aver iVenato 1' iiDpclo di un po- deroiio esercito de' suoi bimili; in tali casi poi vedesi sprovvisto d'ingegno, e di mezzi per opporsi alla possanza della voracità di questa vile ]>lebaglia degl' in- sctt: : di modo che avvilito e confuso in se stesso contessa di esser vinto, e re.'^ta quale infelice osser- vatore, in vedersi rapire sotto i suoi occhi le proprie sostanze, senza poterne o arrestare, o diminuire i fatali progressi di quest'orde esterminatrici. Anche il citato Carlo Linneo fu penetrato da tali sentimenti*, giacché lo rileviamo da quello che sullo stesso oggetto ci la- sciò scritto, dicendo. « Qui posset liberare y\puliani ^) a Tarautulis , Indiani a Scorpionibus, Norlaudiam a )) Culicibn>;, T^ippruiinm nh Cìoktrn , vusticorum casas » a CrjUis, Finlandiam a Blattis , Parisios a Cimici- » bus, Infantes a Pediculis , Equos a Tabanis , Ilor- » los a pulicibus, arhores frugiferas a Larvls, Ve- » slimenla a Tineis , omni honore, et praemio di- » gnus esset ». La somma picciolczza, che quest'insetti in ogni loro stadio godono, sino a perderli tante volte di vista, di cui con ragione alcuni il oran Tertulliano li chiamò aiììniali ili mi so/ piinlo (i) , sebbene {a si, che a prima girmla pare non esservi altro di più facile. [/) De a/lima e. io. ( 119 ) die a distruggerli ; pure questa stessa minutezza unita allo sterminato lor numero, e tulli voracissimi per" soddisfare a' bisogni della fame-, renderanno vano ogni sforzo , che F industria dell' uomo potrà contro di essi mai sempre escogitare. Vede dunque l' umana altera natura, che tanto più nelle cose si confonde, quanto più sono picciole e disprezzate ; facendosi l' amuiirabile Provvidenaa conoscere, e temere anche su di quello, che alla nostra corta vista di niun mo- mento rasscmbra. La sola cagione poco favorevole allo sviluppo di questi piccioli esseri , cioè il freddo , è l'unica, che mette fine alla loro vita ; siccome più volte me ne sono reso certo , trovandone le larve e le cri-* salidi, giusta il suo grado o durata, abbrividite o intirizzite, ed anche morte ne' loro tortuosi, ed oscuri andirivieni. Per quanto mi riuscì di osservare nel mese di' Novembre del citato anno, un freddo in grado eguaio a quello della congelazione dell' acqua, forse perchè le larve di dette mosche difese dalla polpa del fruito, le rendeva solamente torpide e melense, quali subito ritornavano più A'ispe e sane nelle loro naturali fun- zioni, come venivano ad essere riscaldale da' cocenti raggi solari. Nel mese poi di Gennajo irrigidita di molto più r aria, tutto in un colpo si videro private di vita. Anche gli antichi scrivendo a' venturi nipoti ite loro osservazioni su i veniù , che in varie parli dell' ulivo osservarono , fecero menzione di essere a tjuesti il freddo inimico : siccome leggiamo presso Teo-' ( 120 ) iVasto, a cui accousenli anche Plinio, ed altri dell' an- tichità stessa. Il tredclo dunque dobbiamo dire essere il solo mezzo naturale, che quando questa peste animata invade tutta la famiglia olearia , senza dubbio mette freno air indeterminabile numero di questi viventi.; pro- dotti al cerio dalla loro troppo fecondità, e nuove ri- produzioni , che accadono in tutto il tempo , che i medesimi vivono. E sicuramente stiuiar si debbono av- venturosi que', che in proprio teinio scliivando l'aspra e cruda invernale stagione, tanto a loro nemica , si sono in qualche luoyo ricoverati e nascosti. Avve- gnaché questi minuti animali pir necessità di seguire il nutrimento, cioè i frutti de^h ulivi, che in tal tempo trovansi , sono più degli altri da tal cagione facili ad essere distrutn. A mp però, ed a chi n' è stato egual- mente curioso , fjualuuque volta abbia avuto talento di vederlo, è mai riuscito il rintracciare, anche dietro una scrupolosa indagine fatta in tutti que' screpuli e greltole, che trovansi nella corteccia di dette piante, dove questi, come lutti gli altri fanno, si rimbucano per liberarsi ne' lÌLti rigori d'inverno; onde stare al ricovero sino alla primavera , quando la tiepidezza dell'aria torna a dar moLi a tali oziose macchinette, per uscirne di nuovo a ripopolare il juondo: con- servando in tal niodo, o pure in un altro da c[uesto tutlo diverso, la propria specie pel venturo anno, acciò non perisca. Perciocché l'arte onuipolente di Dio in cento, Q cento juaniere provvede alla salvezza di questo minuto ( 121 ) popolo ilegF insetti , ed al loro mantenimento. Tutto ciò sarebb-e uopo scoprire, come anche di clic si nutricano le immagini, e dove, se pur non accade su di altra parte della stessa pianta (i) , in mancanza delle ulive, siccome avvieiie in alcuni anni, esercitano le loro fun- zioni nel modo già detto per custodire la specie; onde dir con Ovidio : Operis Victoria Jinis : servendo ciò per compimento di ogni necessaria notizia sopra tal' in- setti, e per F ultima mano a questo mio qualunque sia tenue lavoro. Anche le osservazioni -del citato Signor Bernard, tenute come le più esatte fra tante, sono mancanti di ciò che ora io sono in debito : lusingandosi portar qualche rimedio contro questi funest' insetti con lai scoprimento, quale non mi sembra di si facile riu- (/) Intorno a questo jmnto il lodato scrittore Tripaldi nella citata memoria riferisce , riprodursi tal' insetti ben spesso anche ne' rami , allora che sono molto picciole le ulive , o pure non isviluppate: ma V averne parlato indistintamente con cjue' , che fo- rano i detti rami , credendoli identici fra loi'o , cosi non ancora sono in chiaro sul dubbio proposto; anche per non essermi finora riuscito osservare ne' medesimi la nominata mosca , giusta quello altra fiata dianzi notato , e ciò che di pili aggiungeremo nella descrizione della C y mps o\cae , posta in un'appendice nella fine della presente memoria. 16 ^ ( 122 ) scita. Imperoccliò (uvxnute queste mosche liberi citta- dini dell' aria, non così facilmente lasciano i loro ne- gozii intendere e scoprire; sebbene per quanto io vi- di , appena uscite dalla loro oscura prigione al lume del giorno, come se ignare de' luoghi di quel nuovo mondo, si lasciano cosi stupide, e quasi cieche sopra o vicino r antica abitazione , che non solo non cu- rano r osservatore , che le guarda , ma anche quasi non tentano la fuga , qualora lo stesso jircndcr le vo- glia colle mani. Ma ritorno donde sono partito , cioè al freddoo Non sempre questo naturale soccorso giunge in tempo opportuno ; ma o troppo tardi , quando già le ulive sono interamente corrose ; o in grado cosi eccessivo, che ancora le stesse ne restano gelate ; ovvero non di rado certe invernate nnzi favoriscono lo sviluppo di queste mosche , che lo raffrenano o distruggono , per essere troppo dolci e men aspre, e non già, per l'usato rigor del freddo, crude e rigide. Uopo è dunque commendare sempre j' uso delle aste per farle venire giù , subitocchè si osserva il contagio di esser già in loro principiato : avvisandocene di ciò , anche prima di vederle bacale, alcune picciole macchie rosse, che compariscono nella loro verde superficie , allora quando, sono interamente immature; effetto dello svi- luppo de' piccioli nati nel loro interno. E qui mi sia lecito di aggiungere, che oltre per 1' espressato uso , le aste sono dal citato Signor Gio- veuc raccomandate jìer far cadere ancora que' vermi ( 125 ) e crisalidi^ che trovansi, dice egli , ad aria libera , cioè in una fossetta scavata nella pagina inferiore della foglia (i). Io ingenuamente confesso di non aver alcuna osservazione su di ciò : stento però a credere , che questi venni siano quegli stessi dell'interno delle ulive, perchè come tali , dovrebbero prima mutare fattezza j ed indi poi prendere il genio di abbandonare i loro tiepidi covili , vivere in un'aria tutta sfogata ed aper- ta , e dilettarsi di cibo più duro e men succoso del frutto , €ome sono le foglie. Io più volte ho cacciato detti vermi dalle ulive bacale, per osservare la già espressa struttura esterna, ed anche ciocché traluceva al di sotto della loro pel- licola lucida , e trasparente. Specialmente per ammi- rare lungo la schiena fle' meclesinii il tortuoso con- dotto alimentare , di colore spesso cangiante in bianco j e tante volte in fosco e torbido , pmv^eniente dalla natura del loro alimento; giacché si nutricano non solo della polpa immatura delle ulive , ma anche in qua- lunque stato di maturità , e condizione la medesima trovasi. Con t^le occasione vidi , che tratti fuora dalla tiepidezza del loro domicilio si rendevano inquieti e tumultuati, con impazienza soffrendo l'azione dell'aria cruda ed aspra; trascinando il corpo a mal pena, per mancanza di piedi , in strane e varie guise ; con inarcare e dimenare il capo di qua e di là, come se (/) Meni. cit. pag. 26 , e 2y. (124) siTCvavano scn)prc di toccare le volte della cieca loro abitazione-, uè questi nostri enloinati si quietavano, se non si vedevano rientrati ne' proprii niorvidi ed un- tuosi meandri. Osservai ancora, che trallenendosi luor d(^l loro natio mondo, Taria stessa libera indurandola! la tenera pelle , perchè nel mutarsi in crisalidi , non si cavano la vecchia spoglia , come fanno gli alt?i bruchi , prima di acquistare la loro determinata gran- dezza , li Iacea divenire tali ; né queste poi si liga- vano a ninna parte con glutine , o ajn alcuna specie di fdo , di cui' ne avrebbero avuto bisogno , se uscendo dalle loro antiche sedi , arrestare poi si dovevano nel rovescio della Foglia. Potrei aggiungere di più , sempre per compro^ vare di apparrmoro i .-limi voimuì nd nlrra razza, e se non erro, ad una specie di minutissima Tignuola (i); (/) JFra gV ìnselti , che vernuiiio descritti nellu citata appendice , vi sarà ima picciola tinca , r/iiale ebbi da alcune larve e crisalidi per caso rinvenute SII di certe ulive , che feci per altro scopo lavco- gliere , onde le aveva in osservazio/ie . Forsi queste larve , peì'chè vaganti sulla pianta , sono quelle stesse osservate dal citato Canonico Giovene sulle foglie nel modo poco fa riferito. Ne sono lungi dal cre- dere, aver quesle anche ingannato lo scrittore Sieia-s in tenerle per i venni divoratori della polpa delle ulive , siccome accennerò in fine della nominata descrizione . ( 125) ed anclie per non appropriar a' nostri viventi quello , che per verità non loro spelta : ma troppo mi allon- tanerei da ciò che io favellava, di cui ripigliando il filo , ripeto , che V anticipata raccolta delle ulive già attaccate da detti vermi, è l'unico mezzo per mettere fine al loro tanto consumo. Perciocché in detto tempo e con tale anticipazione , si ha il vantaggio di non aver la polpa di alcuni frutti corrosa in^serameute e guasta , e di altri non tocca affatto , per non essei~vi ancora i detti vermi sviluppati : potendo da per se stesso ciascuno , che dirittamente mira , vedere T uti- lità , che cjuesto modo ci arrecherebbe , riguardo alla qualità e quantità di olio , che da tali ulive se ne potrebbe ricavare. Non mi ostonJo da vantaggio su di qiiestO pUntO , essendo la cosa presso a chi ben intendo la verità , posta già fuor di dubbio ; e dove uuii potbi , ed an- che dei nostri lodevolmente esercitati si sono (i). U- scirei eziandio fuor del mio assunto, rendendomi te- dioso su di un lavoro , di cui forse V argomento per questa scientifica assemblea è riuscito basso e tenue : sebbene di non pochi naturali filosofi sia stato og- getto di ammirazione , e di grave disamina ; spe- (/) riidi Qiouene nella citata memoria^ e Mo- schettini nel cap. €. della sua opera : Osservazioni intorno agli ostacoli de' trappeti feudali alla prosperità della olearia economia. Nap. 1792. ( 126 ) elaimciile in qiie' primi oscuri e caliginosi tempi , (juando si andava in cerca dell'origine di questa razza di volanti , appunto per isbandire dal portico della sperimentale filosofia la ruggine delle Aristoteliche dot- trine. Nò sdegnarono per isfuggir ciò taluni ancor oggi venerali dalla lama , che fra i primi basterebbe nominare il solo celebre l\edi(i), in credere quest'in- setti benanche come parti proprii di que' covili vege- tabili, donde li vedevano uscire in delcrmintiti leinpi, da cui mancipati , mai più ci facevano ritorno. Non più n)i dilungo su di ciò , avendo anche di questi viventi, che non in altro modo, se non a spese de' frutti degli ulivi , si nulricano e la propria specie mantengono , abbastanza parlato della loro struttura ed operare, non *.hv. doTc oi cii\iiic!ouo , e di che si pascolano ; o almeno così al di grosso cjuesti princi- pali fumi toccalo , da quali forse altri di più purgato intendimento sapranno idee migliori cavarne , ed a perfezione più riguardevole ridurle , per cui dirò di buona voglia col nostro Venosino poeta. ,. Si quid novisti reciiiis isiis , Caiididus imperli : si non his iilere niecwn. (/) Generaz. degV insetti pag. vi. i3o. Gio: Battista Trionfetti. Lib. Tindiciar. T'ei\ ( 127 ) A P P E N D I X. D E Quibusdam aliis insectis variis eiusdem oleae par- tibus infeslis Descriptionbs Iconibus acre incisis illustratae. C Y N I P S O L E A E e. picea, aut viridis nitida; pedibus albo-flave- scentibus , fenioribus , tarsisque fuscis. Tab. 3. _fig. 2. mas. 4. foeni. J^ar. corpore viridi. Fig. 8. g. Habitat in Olea. Descriptio. ^Antennae hirtae , divergentes , inoniliformcs , articulo ultimo conico , obscurospadiccae ; basi , uli oculi , flavescentes ; capitis , ac thoracis fere longi- tudine. Thorax supra gibbus. Abdomen conicum, parum compressum , subpetiolaluni , paullo alis brevius , in loeminis aculeatum. Alae quatuor membranaceae hyaliuae , incum- ( 128 ) bcntes ; superiorcs infcrioribus niajores , et fere ad apicem parva litura fusca orualac. Ppdes- allio-flavcscenles^romoi'ilms, tarsisquc fiiscis. Repcrilur in rainis olearuni tencllis , qui a larvis torcbrali quotaiuiis sicci evadunt. Non raro olia in ciusdeni planlac drupas infestante undc iunctini cuni mii&c"'^ ^ìcae J«"" "nctus pulpam consuniunt, ca- ri^' K|.-.' Lcgesis niciiioriani liac super re italico sermone exa- ratani Canonici AndreaeTripaldi buie Piegali Inslituto, una cum ipsius insecti cxeniplaribus dalam, ubi praeter eiusdeni descriptionem , quod idem ac iJiuscaiii oleae esse aulumabat , aifabrc eius bisloria biograpliica , ac dainnuui , quod oleis inferi , cxponilur. ObSP. TtV ATTONKS Variar lion insertimi rorporc colore pieto , et vi- ridi. Specimina ex fruclibus cariosis olearuni obser- vationi subicclis niibi fuere , corporc viridi-auralo , nitido-, basi, apiceque abdominis obscurioribus; tibiis, feniorum apicibus , parteque tarsoruin superiore al- bidis. Ncc bi colores se morie niularunt. luiagiues aglles cursu, ac volalu. Singularc boc insectum ob ciusbabiluni liic colloco, scd forte proprii generis. Valdc alìlnc, exccplo arliculo- runi numero antennarum, JJi/j/o/epis gciivri Geoti'roy, quod FabrieiuscLun Cj'/iipe posleiì coniunxit:uiide nialui cum bac relinqueic, duijcc certiora do cius oris strucUira, ac si aliquam gallae spccicm cflbnnct, mibi palescant. ( 129 ) Hylesinus olei perda Fahr. ( var. ) H. corpore Fusco-, antennaruni clava ovata , elylris slrialis , obscure rulìs^tibiis, larsisque diluLe spadi- ceis. Tab. 3. Jìg. i4' i5. Habitat in olea- Descriptto Parvus magnitudine seminis Orizae. Corpus ob- longuin , fuscum. Caput minimum , retractum. Aii- tennae breves , retroflexac , articulato-clavatae •, arti- culo pi^imo longiore, clava ovata. Thorax gibbus. Eljtra obscnro rnFa . Ip^'ifpr striata , postico ro- tuudaia , ac paruni abdomine breviora. Pedes bre- ves , femoribus obscurioribus, libiis, tarsisque dilute spadiceis. Observationes Hoc insectum lentis epe hirlum , uli in fìg. tS, apparet. Hospitatur in olea, ramis annotiuis, uti prae- cedens , perniciosum , quos perforat , essiccai. Picpcri- tur etiam sub corticc in truncis , ac proveclioribus ejusdem plantae ramis, brevi excisis ; ubi cuni li- brum, ac alburnum cxcdat , varios labyrinthos oiFor- mat, uti pluries observavi ; et laudatus Tripakli in calce supradictae suae diatribae aliquid de eodem , prout Scarabei specie, perstringit. 17 ( i5o ) Imago , in orbcm corticera planìàc perForans , f'oras se prodit ; relinqucns foveam ovatam in dura li- gia compage exsculpluin. H I s T O R I A Sub genere Boslrichi ci. Fabricius hoc inseclum rcfcrt in suo opere, cui lilulus : Sjstema Eiitomo- ìogicuiìi , ubi duas s[)ccics iiotat , inl'estas oleis Gal- liae incridionalis in museo Dom. Bosc visas ; iiem- pc lì . oleiperdcuìi , c:\. B . oleae , cpias poslmoduiii in suo Systeinale Eleuteratorum sub Hjlesini genere reduxit, et ci. Latreille porro sub duobus diversis ; liaiu unaiii opcciciii lul ien Reneo-iììteiìs. ^ec/i?5 albidi, fenioribus , tarsisque fuscis. Acuìeus exsertus abdo- minis longitudine, fere niger. f^agina flavesceus, basi, apiceque fuscis. Observationes Inter speciniina iani descriptae Cynipìs ab olea- rum drupis cariosis exclusa, et a dicto Tripaldi buie regali Instituto mandata, pro~ muscae oleae varieta- le magnitudinis caussa , cum fuerint milii expensa , e ( i-"^^ ) liane Ichneiiinoìiis spccicin ropex'ivi: unclc adhuc igno- ^ !uin , si in fructiis pulpa , aut potius in reccnsilae inu- ?rae larvis liabilet. TlNEA OLI V ELLA T. alis anlicis cliicreo-argenteis , puuclis , alomis- que fuscis ; posticis obscure cinereis , immaculalis. Tab. 3. fig. 18. ig. Habitat in olea. Descriptio Parva. .Anta-ìinuc fuscau , sticiLt-cie, corporis nie- dictate lougae , dcflcxae. ^lae incumbeutes , convo- lutae , oblongae ; anticac cinerco-argenteae , punctis, atouiisque fuscis , niagis versus margincm crassiorem irroratae; posticao obscure cinercae, immaculatac, om- nes suìjlus nigricanlcs , niarginibusque posterioribus pibs lougis , ac densis cilialis. Caput et corpus alis anticis concoloria . Larva viridesceus. Pupa lulliculata , folliciilo dilute spadiceo , ra- ris sericeis viUis iutertexto , et iisdem tenuissiniis liiis partibus ligato. ( i55) Observationes Differì haec species a Tìnea oleella FaLr. aliis superioribus cinereo-argeuteis, punctis , aloni isquc fu- scis , minime cinereis, immaculatis. Multum autem afBnis mihi videlur psse illi dcscriptae a Doni. Ber- nard in sua supra memorata diatriba , ciijus larvam oleae fructus nucleum terentem bruco minatore ap- pellai. Hacteuus mihi vero non liquet , utruni no- strae speciei larvae idem operandi genus habeant , cum eaedem mihi obiter occurrerint inter quosdam oli- varum tructus, quos alio Consilio ob oculos habebam , et circa pyxidis parietes , ubi islae drupae servaban- tur , e quarum antem rhrysalidibns nostrani tineam cxcludi novi. Fonasse huiusce tineae larvae habitae per Dom. Sieuve (i), ut illac pulpam olearum devorantcs; bino iuvenit plantae truncum quadam resinosa , ac tena- ci materia ad ramorum diramationem oblinire , qua hujuscemodi larvae implexac haud ad fructus usque progredì possent. Sed a recto aberravi! , uli uunc patet; nani aliud est insecluni drupas consumens , ahusque suus operandi modus. (/) Memoire et Journal des esperiences sur les moyens de garantir les olii^es de la piciuure des in-- sectes. 1769. ( 13.i ) Spiegazione delle figure della Tavola i. Fig. I . Ramo d' ulivo troncato , quasi di sua na- tiva statura con i frutti bacati. i 2. Frutto immaturo macchiato di rosso violaceo, segno dello sviluppo delle larve nel suo interno. 3. Lo stesso frutto maturo con alcuni piccioli fori, che lasciano dietro le mosche nella loro uscita. 4. 5. Altri frutti maturi aperti in una par- te della loro superficie , onde si veggono le larve, che ne divorano la polpa. 6. 7. I medesimi corrosi per metà, in cui si osservano le crisalidi delle citate mosche sulla buccia durissima dol acme. 8. Larve di dette mosche di loro naturale gran- dezza . 9. Una delle stesse molto ingrandita, e guar- data nel dorso. 10. Crisalide della sua naturale statura, e ve- duta col microscopio. 1 1 . Maschio della mosca delle ulive nella na- turale grandezza. 12. Femmina della slessa col suo picciolo acu- leo nell'estremità dell' addomine. i5. 14. Le stesse mosche di molto ingrandite. i5. Ala osservata col microscopio. ( i35) Spiegazione delle figure della Tavola ii. Fig. 1. Altro ramo d'ulivo troncato con fruiti diversi da quegli dell'antecedente, ed anche bacati, da uno de' quali vedesi nell' atto di esserne uscita la sua picciola mosca. 2. Crisalide intera di detta mosca poco più della sua giusta statura. 3. La medesima mosca quasi della sua natu- rale grandezza. 4. Spoglia della nominata Crisalide scjuarciata in uno degli estremi , da cui già n' è sbucalo il mo- scherino. 5. Maschio della varietà della cennata mosca pel diverso colore del suo addomine, di molto ingrandi- to, e veduto nel dorso. 6. Femmina aeila medesima >ctrieia guardata nel ventre. 7. Piede della slessa osservato col microscopio. 8. Estremità inferiore dell' addomine di detta mosca ingrandita di molto , e guardata dalla parte superiore. 9. Femmina della cennata varietà della giusta sua statura. 10. La stessa ingrandita, onde le sue parti me- glio si osservano. 11. Addomine della medesima anche a tale og- getto veduto col microscopio. 12. Testa cogli occhi, e antenne della citata ( i5G ) mosca ampliata col microscopio, e Veduta dalla parte di dietro. i5. Antenne dislaccate dal capo vieppiii in- grenditc. 14. La stossa testa della nominata mosca, an- che guardata col microscopio dalla parte d'avanti del- la bocca. Ui. Ninfa fuor della sua spoglia veduta colla lente , e nella parte del dorso. iG. La medesima anche nuda ed ingrandita, osservata nel ventre. Spiegazione delle figure della Tavola 111. Fig. 1. Picciolo ramo d' ulivo avvizzito , in cui si osservano de' tori nella sua superficie , che lascia- no addiciio le Ctmpi nella luiu uaLua, uude i rami di detta pianta si seccano. 2. Una delle delle Cinipi per poco ingrandita. 5. Antenna della stessa veduta col microscopio, per cui apparisce irta , e articolata. 4. Femmina della medesima Cinipe disegnata di fianco. lì. Addomine della stessa molto più grande del naturale, e guardalo dalla parte supcriore, col suo picciolo aculeo cacciato fuora. G. Piede di detta Cinipe ingrandito col mi- ci'oscopio. 7 . Ala superiore , ed inferiore anche ingrandite. ( i37 ) 8. Varietà della ccnnata Cinipe pel suo colore verde dorato molto accresciuta di mole. g. La stessa quasi della giusta sua grandezza. 10. Icneumone grande al naturale. 11. Lo stesso veduto al microscopio. 12. Addomine di detto Icneumone ingrandito di molto, acciocché si distingua nella sua estremità l'a- culeo culle parti laterali della sua guaina. i5. Piede dello stesso guardato colla lente. 14. Insetto detto Hylesinus poco più della sua naturale statura, e veduto dal dorso. i5. 11 medesimo osservato colla lente, per cui le sue elitri si scorgono pelose. 16. Antenna di detto insetto guardata col mi- croscopio . 17. Piede dello stesso ingrandito. 18. Tignuola colle sue ale spiegate grande al na- turale , e guardata dalla parte superiore. ig. La stessa colle ale ripiegate. 20. Ala superiore, ed inferiore della medesima guardate da sotto. 18 :-.-Ì£ÌiiSÈ*-i2 ^ ♦ I ^ 0 <^ K^v ( 259) Sv TALUNI INSETTI, CHE FANNO DISSECCARE I RAMI DEGLI ULIVI , E DIVORANO LA POLPA De' LORO FRUTTI; E SUL MODO DI DISTRUGGERLI. MEMORIA DEL SOCIO CORRISPONDENTE SIGNOR ANDREA CANONICO TRIPALDI. APPROVATA NELLA SESSIONE ACCADEMICA DEL DÌ 12 NOVEMBRE 1818. L' . . . ■ uorao è fatto per dolersi di ciocché o in una ma- niera straordinaria gli arriva e lo affliggo , o tutto ad un colpo , ed improvvisamente lo percuote e lo abbatte. Tutto quello , che leggiero o grave danno alla persona gli aVrechi, o alle sue sostanze in un modo che spaventi, o forma l'oggetto del suo disprezzo, ovvero alla fatalità ed al caso scioccamente lo attri- buisce. Neghittoso quindi lascia correre tutto come va, trnrxuTw soltanto dal suo cuore uu doluroso sospiro , allorché mal si vede corrisposto ne' suoi architettati disegni. E allora che incolpa questo; se la prende con quell' altro ; e in siffatti arzigogoli , lungi dall'oc- cuparsi d'indagare la sorgente del male onde apprestarvi il riparo, rimane nella primitiva ignoranza, o pure cade sicuramente nel sistema di 7i07i causae prò causa^ e resta cosi tranquillo. Queste che sono verità di fatto , e che tuttodì si osservano accadere nella società degli uomini , com- provate pur troppo si veggono dalla esperienza nel ramo interessante ed utilissimo dell'agricoltura. Non è cer- tamente un problema da sciogliersi , o un articolo da ( 140 ) discutersi il vantaggio , che questa arreca alle na- zioni. Sanno tutti, e per pruova , che l'agri- coltura è la sorgente primaria del nudrimento , della vita, e della moltiplicazione de' popoli ; produce le ricchezze, e le aumenta; anima il commercio, le scienze, le arti; promuove il coraggio, ed assoda la forza pubblica. Non v' Iia scrittore di economia po- litica , che non usi siffatto linguaggio. « Le arti, il « commercio , e la popolazione sono il fruito del » grande albero economico , cui l'agricoltura rende vc- » geto , robusto , e fruttifero » , dicea il famoso mi- nistro di Enrico il Grande (i). E'I celebre di lui pa- negirista (2) con enfasi maestosa ripeteva « da que' campi » fortunati d' onde spuntano le spighe , pullulano « ancora gli uomini , le flotte , le armate , la vittoria, » e la pubblica felicità ». Chi non sa che le iN'azioni le più colte i;iuiiù«.io all'apice della loro floridezza per virtù della sola agri- coltura , e che decaduta questa caddero esse nel mas- simo avvilimento ? a Non furono i regolamenti de'cen- » sori rurali, dice il signor Bertrand (5) , che fecero » cader Roma nella schiavitù , ma bensì la tirannia degli )) ambiziosi , che gli abolirono. L'agricoltura è un'arte ^) di prinia ncccssiLù , e si son veduti i romani , e (/) Stiìj: VEsprli. {2) Thomas Eioge da Due de Stilj: {3) Saggio di hcgJslazioiie , cap. 2. ( 141 ) ^) molti altri popoli diventare potcnllssiini senza il soc- » corso delle nianiialture , e del commercio; ma senza )) l' agricoltura niuno Stato può arrivare ad essere w florido )). Ad onta però di questa conosciuta verità , non è un problema o un articolo , che merita di essere discusso l'avvilimento in cui giace l'agri- coltura , massimamente nella Provincia in cui scrivo. Abbandonata questa all' arbitrio , e al privativo ini- pei'o de' contadini , i quali tutto operano colle brac- cia , nulla col capo , va interamente soggetta alla even- tualità , che è figlia del bizzari'o , e vario operare della natura. Tutto il vantaggio che ricavare da lei si po- trebbe^ viene messo in non cale, ed i mali che per la non curanza ne vengono , mentre dispiacciono, non son presi di mira por ovviarli. Quindi nel vedere diminuito, o nella totalità man- cato il prodotto de' frutti , e deluso nelle sue speranze il contadino , incolpa la nebbia , la mancanza della pioggia , il freddo , il caldo , il vento , ed altre me- teore , che non avranno influito per nulla : e '1 pro- prietario se ne persuade , e si dà pace. Si grida in- tanto , e si declama contro il pessimo metodo che si tiene noli' econonjia campestre , e si propongono anche de' miglioramenti utili ; ma sia per la ninna esperien- za , che si ha de' medesimi , sia per la cieca vene- razione alle antiche pratiche , sia per l'avversione , ed il disprezzo con cui si ricevono le nuove ; in luogo di essere accolti e praticati , ricevono mille difficoltà , rimanendo seppelliti nel seno dell' obblio. ( ^42 ) Ne vale di ricorrere alla esperienza , la quale è k guida sicura de' falli , 1' aurora felice , che fuga le tenebre della ignoranza e degli errori , e fa ab- bandonare le amiche consueludini , per progeltare le buone pratiche. I prenij slessi, che al dir di Seno- fonte sono i più efficaci mezzi, onde promuovere ed aumentare V agricoltura , ed i quali vengono proposti dalle Società Economiche , non valgono a smuoverli. Quindi per non vieppiù vagare nel vasto e spazioso campo dell' astratto , vengo al concreto, L' oggetto , che mi ho proposto di trattare , è interessante precisamente per la Provincia di Bari , in cui scrivo , tanto più interessante , f|uanto il male,, che si soffre è meno conosciuto , attaccando la prin- cipale sorgente delle sue l'icchccze. Sa ognuno che il suolo di questa bella Pi'ovincia è per la massima parte piantato di ulivi , i quali per la sUasci causa dell'abbandono generale nelle mani de' conladini, sof- frono in ogni anno de' discapili derivanti in parte dal loro regime senza l'egolc , ed in parte dalla poca conoscenza de' mali a cui vanno soggetti. Io non parlerò della coltivazione , e della pota- tura di queste piante , che dai contadini per ragioni ai loro principj slessi contraddittorie si eseguono ; come niun motto intendo fare de' tagli scabrosi , ed oriz- zontali, che da essi si adoprano , e dc'damii che ne derivano ; ma ora il mio preciso scopo sarà quello di occuparmi degl'insetti, che attaccano gli ulivi ed i loro fruiti. Dividerò pertanto la presente memoria ia ( 145) quattro sezioni. Esaminerò nella prima la scoverta degl' insetti , che cagionano il seccamento eie' rami dogli ulivi , e la loro storia biografica : tratterò nella seconda della identità di siffatti venni con quelli, che divorano la polpa delle ulive : nella terza par- lerò de' danni , che i medesimi cagionano ; e nella quarta finalmente esporrò il mezzo proprio, onde di- struggere i cennali insetti. SEZIONE I. Degl' insetti , cJie cagionano il seccamenlo de' rami degli ulivi , e delia loro storia biografica. Varj sono gì' insetti , che attaccano gli ulivi nello Varie stagioni dell' anno , e troppo io mi diffonderci, se di essi volessi fare parola. Non farò quindi per tale riflesso menzione alcuna de' cosi detti psili , i quali colla loro spumosa bava , che al contatto dell' aria acquista consistenza , e prendendo la sembianza di tanti fiocchetti di bambagia che avvolgono , ed inceppano le stamigne e la polvere fecondante ; fanno disseccare in maggio e giugno i fiori degli ulivi coi germi de' frutti , che in essi si contengono , ed anche le ulivette prive del loro calice. Come altresì non intendo di fare parola de' tardi , e prolifici chermes , i quali ben- ché somministrino il più bello pascolo alle formiche; pure fanno avvizzire le foglie e i rami, su de' quali dimorano. Il danno , che da questi , e da altri insetti ( 144 ) si produce , non sempre avviene , e non è generale , calcolato in paragone di quello , che io intendo met- tere sotto gli occhi de'proprietarj. GÌ' insetti de' quali parlerò , sono alcuni vermi , o bruchi dai gcorgofili finora, per quanto io sappia, non conosciuti; come assolutamente sconosciuto è fino al momento il danno, che da essi si cagiona. Qucst' insetti se non soro presi di mira, potranno divenire devastatori degli ulivi, come negli anni scorsi è accaduto per le piante mi- nute dai bru(hi volgari. Non avrei potuto giammai venire alla scoperta de' cennali insetti , se non fossi rimasto colpito dal fu- nesto apparato, che presentano i tanti rami secchi, che in ogni stagione si osservano su gli ulivi. Ho do- vuto dunque trattare l'oggetto a posteriori. Confesso, che sicr-omc fino a pochi anni dietro non conoscevansi da UIC tali insetti, cosi neppure mi erano noli i loro effetti perniciosi ; ma tostocché cominciai a commer- ciare colla campagna e colle piante utili , che abbia- mo nella nostra Provincia, vinto dal dispiacere di non ricavare neppure quello, che vi spendeva per la coltiva- zione •, mi vidi quasi obbligato a fissare 1' attenzio- ne, e ad investigare, se fosse stato possibile di trovare un riparo alle piante preziose , che forniano il soste- gno delle più belle Provincie del nostro Pugno. Allorché mi accinsi a questo inq egno , tro- vavansi gli ulivi un poco maltrattati dal- gelo de' 2G e 27 gennaio 1811. Al vedere intanto su gli stessi varj rami secchi , io attribuii sulle primo al gelo e 145 ) siflalla cagione ; ma quando nei susseguenti anni rav- visai lo stesso , cominciai ad informarmi dol perchè. Le risposte furono niente soddisfacenti , poiché taluni contadini opinavano '.; > Il capo è guernito di due antenne della lunghezza di mezza linea , le quali vedute col microscopio sono per la prima metà sporte dal capo , di figura ci- lindrica , e di color giallo ; per 1' altra l'appresen- lano sei globetti neri insieme congiunti. Le riferite antenne si ripiegarono a volontà sotto qualunque angolo nelle loro metà, come se avessero avuto un'arti^ colazione. 11 resto del corpo è formato di due ale , che spicgansi dopo poche ore , di finissima rete , sporte al di là della parte posteriore per un quarto di linea , ed unite V una su Y altra , takhè jicllo svolgerle per volare pare che gli costi qualche fa- tica. Finalmente ha sei gambe impiantate a due a due in ciascuna delle tre ultime sezioni. Ogni gam- ba è composta , come quelle delle altre mosche , di tre articolazioni , delle quali le parti comprese tra lo due inferiori sono di un giallo come l'oro , e le supe- riori nere. Tutte le altre mosche, in cui sonosi cangiati gli altri vermi, hanno presentato la stessa forma, e colore. Pieputo pertanto necessario di non trascurarsi per la esatta conoscenza delle descritte mosche , il segno distintivo , che caratterizza le femmine. Queste hanno alle parti deretane un pungoletto sottilissimo , e quasi impercettibile ad occhio nudo , distinguendosi sol- tanto col microscopio. Di questo pungoletto, che disten- dono ed accorciano a loro arbitrio , si servono per forare lutto il libro de' ramicelli degli ulivi, e ad iu- Irodurvi le uova. ( .53 ) Comprenderà ognuno di leggieri , che V epoche da me «issegnate non debbano constituire una legge ge- nerale. E ben difficile di potersi fissare determinata- mente il numero de' giorni , che si richiedono per operarsi la compiuta metamorfosi di siffatte larve. Queste non si scoprono , se non quando cominciano ad ap- passirsi le frasche su gli ulivi ; cioè quando esse sono cresciute di molto , e quasi vicine a divenire crisa- lidi. Molto meno può determinarsi il tempo , che passa dallo schiudersi de cacchioni fino al loro passaggio nello stato di ninfa. Vi vorrebbe una sorpresa alla mosca, allorché impianta le uova ne' rami teneri , ove suo- le depositarle. Ma dessa non è cosi facile , dovendosi eseguire nella campagna aperta , ove il semplice ap- parire dell' osservatore la farebbe allontanare. Ma quando anche riuscire potesse siffatta sorpre- sa , neppure si colpirebbe il segno ; poiché influisce al loro sollecito o tardo sviluppo , ed incremento la stagione calda, o fresca , secca , o umida e piovosa ; e la qualità de'rami,ove sono ospitanti, s'essi cioè sieno teneri o duretti , succolenti o esucchi. Io ho osservato verso il finire dell' està , quando i ramicelli nella parte le- gnosa sono duretti , che i vermetti ospitavano imme- diatamente sotto la corteccia de' medesimi , ed ivi nudrivansi del loro parenchima. In tal'epoca i vermi hanno una lenta crescenza , e non giungono alla loro perfezione a cagione del più sollecito seccamento delle frasche , nascente dalla stagione, che loro fa mancare il necessario nudrimento. Quindi diventano crisalidi, men- 20 ( i5i) tre sono piccioli , e cosi pure sono i inoscherini , che uè nascono. Quanto più grosso è il verme, tanto più grande è la mosca , in cui si converte , e più vivi sono i suoi colori. Ma la sua forma, e la struttura è sempre la stessa, eia specie punto non varia. Che se mi fosse riuscito di scoprire il cibo ana- logo allo stomaco delle descritte mosche , sarei certa- mente venuto in cognizione della loro esatta , e pre- cisa storia naturale, col riporre sotto una campana di vetro una moltitudine di ramoscelli di ulivi. Avrei cosi sorprese le mosche femmine nel momento del deposito delle uova. Avrei benanche scoperto il periodo dello sviluppo delle medesime ; la loro durata nello stato di larva ; il tempo di quello di pupa ; e la vita infine delle stesse. Non avendo lìnora avuto il piacere di scoprirlo, neppure lio potuto proccurarglielo , e dopo una diecina di giorni sono perite. Mi sono provaio di som- ininisti-ar loro dello zucchero; ma cjuesto genere colo- niale non forma 1' oggetto delle loro ricerche. GÌ' in- setti di campagna a difi'erenza di quei di città , non vanno in traccia per nudrirsi di alimenli delicati. Da quanto ho detto , può agevolmente dcdursi essere mia idea , che tal' insetti si riproducano più volte nel decorso delT anno. JMon può ciò in conto alcuno mettersi in dnbbio; ed io poggiato alle osser- vazioni sostengo, che sitfatla riproduzione succeda in cia- scheduna stagione; ma non oso asserire per certo , die 5,egua più di una volta in primavera, ed in eslà. Quillo eli' è certo però si è, che le mosche escono dalla cri- ( i55) salide nello stato perfetto , ed atte a potere fecondare, come avviene in tutte le specie di farfalle. Laonde dopo pochi giorni della loro metamorfosi depositano, mercè i loro acuti dardi , i cacchioni , già dal ma- schio fecondati ne' rami teneri degli ulivi , che cre- dono più atti di ogni altro vegetabile pel sollecito svi- luppo. Questi depositati dalla fine di autunno si con- servano inerti fino a' principj di primavera ; laddove in questa stagione , o in està procedono subito al loro sviluppo. Quindi si schiudono da essi i vermetti , o le larve , le quali giunte al loro incremento , fra lo spazio di un mese più o meno , secondo le circo- stanze della temperatura dell'atmosfera , e della qua- lità de' rami, passano allo stato di crisalidi, per indi dopo dieci giorni trasformarsi in mosche. Ciò basti per la storia di quest'insetti. I Naturalisti pm valenii ripianeranno le lacune da me lasciate. SEZIONE II. Della idenlìla de vermi che divorano la polpa delle ulive con gue' già descritti. Due sono gì' insetti , i quali direttamente attac- cano le ulive , o per farle perdere intieramente , o per diminuirne il prodotto in olio , ed alterare la buona qualità di questo. I primi vengono dal sig. Bernard chiamati bruchi minatori , e sono quelli , che divorano e consumano la mandorla del nocciuo- ( i56 ) lo , quando ò ancora tenera ; ed allorcliè sortono dalla parte" più debole di questo ultimo. Le stesse si avviz- ziscono su i loro alberi , indi cadono seccate, non dando olio per nulla. Ciò avviene in agosto , e ne' primi giorni di settembre. Qualora poi non venis- sero rosecchiati tutt' i vasi che lungo il peduncolo tragittano i succhi nutritivi al detto frutto, ma alcuni di essi; in questo rincontro l'uliva matura perfettamente. I secondi dallo stesso signor Bernard vengono no- minati vermi della mosca a dardo. Dessi divorano ^a polpa delle ulive , formando un canale , che inco- mincia da sotto la corteccia , e va in dentro rasente il nocciuolo, che circondano. Ivi si nudriscono , e s' in- grossano fino a divenire della grandezza del verme di un fico secco. Di questi , e non de' primi, intendo io qui fare menzione, si perchè più nocivi ; si ancora per- chè più conducenti alle mie idee Mi era giù caduto in sospetto , che questi vermi potessero essere gli stessi di quelli , che fanno seccare i rami degli ulivi , di cui ho parlato ; e perciò Iio vo- luto applicarmi con un poco di attenzione nel di loro osarne. Per non prendere sbaglio, e per non lasciarmi forse sedurre dall'amor proprio , è slato d'uopo procedere gradatamente , e con riflessione. La mia prima mira pertanto è stata di verificare la descrizione, che di essi ne fa il cennato signor Bernard nella sua memoria , che meritò di essere coronata nell'anno 1782 dall'Accademia di Marsiglia. ludi ho paragonato la detta descrizione con quella che io ho ( iSy ) fatta, e che trovasi nella prima sezione. Ho rilevato dalla verilica, che il lodato autore abbia descritto esatta- iiionte questi vermi, e dal confronto delle sue descrizioni, essere tutti e due pienamente corrispondenti. Trovo in- falli che gli uni , egli altri insetti sieno in tutto simili fra loro per lo sviluppo, forma , colore , andamento, e metamorfosi , talché possono dirsi gli stessi. Ne consti- luisce la diiferenza la grossezza, e piccolezza. Ed in verità più grande, perchè più ben pasciuto, dev'es- sere il verme dell' uliva , di quello che si nudre , e cresce nel ramo dell'albero. Questo si avvizzisce, e'I più delle volte si dissecca prima che divenga cri- salide; poiché l'uliva, anche divorata per la metà, riceve tuttavia il succo nutritivo, ed è attissima per- ciò a pascere il verme lino alla sua intiera metamorfosi. Quindi è ben sicuro , che il verme dell'uliva , giunto al totale euo ingrooaQnicnto, oupera del triplo circa quello delle frasche il più ben pasciuto. La somiglianza però di delti vermi insieme parago- nati, non è stata per me un motivo valevole a confer- marmi nel conceputo sospetto d'identità; poiché le larve delle dilTercuti specie d' insetti , presso a poco sono simili. Ho dovuto ricorrere al paragone, e con- fronto delle mosche , ciocché non ho trascarato di fare , ove mi si sia presentata l'opportunità. Sia però dello in onore del vero , che un tale confronto , ed esame mi avevano scoraggiato, ed io era quasi di- sposto a crederle di specie differenti. Sono infatti le mosche , che escono dalle ulive ( i58 ) bucate , molto diverse in gra?idcz2a da quelle , clic nascouo dai venni delle frasche da ine già de- sci'itte. Questa mosca , come ho detto , non giunge che ad una linea e mezza di lunghezza circa , e a meno di mezza linea di grossezza. E nera perla mas- sima parte , benché le gambe fossero di colore per lo più giallo. Le antenne sono la terza parte della lun- ghezza del corpo ; laddove la mosca , che l'isulta dal verme della polpa dell' uliva già maturata , supera tre linee di lunghezza , e '1 diametro del suo corpo è più di una linea. Né però la diversa grandezza soltanto forma la differenza apparente delle mosche in questione. Dal paragonarsi , senza darmi la pena di ripeterla , la descrizione fatta della mosca delle frasche , con quel- la che in breve farò della mosca delle ulive ; ognu- no si crederà autorizzato ad offormoro oooorc desse specificanipnto dìvrrsc (i). Di fatto questa è varia- mente pinta , e due palline di fino smeraldo formano i suoi occhi incastrati in una pellicola di colore giallo, a guisa longitudinale , che si estende dalla fronte ai (/) / due precedenli paragrafi distraggono la pretesa identità di siffatti animaletti , facendosi hi essi chiaramente conoscere che trattasi d' insetti diversi , coi/i' è stato dimostrato dal Sìg. Briganti nella prece- dente memoria. K' Nola del compilatore. ( i59) collo. E questa benché sia più stretta nel vertice del capo, pure in essa sono piantate due antenne di calo- re anche giallo , che giungono in lunghezza al sesto del suo diametro. Dalla radice di dette antenne escono come due peli, più lunghi delle stesse , e poco discer- nibili ad occhio nudo. Il corsetto, che è il doppio. del capo, è di uu colore , che si avvicina al cenerognolo ; e la parte superiore del terzo viscere , che supera in grossezza il secondo, è di un giallo sporco misto ad altri colori. Giallo è anche il dardo , che guernisce l' estremità dcU'addomine , e che forma il segno distinlivct della femmina, a differenza del maschio, che ha tonda la parte posteriore. Il dardo non si osserva , che nella sola punta, tenendolo ordinariamente chiuso , ed internato nel suo astuccio. Subito che la mosca femmina ven- ga premuta ncll'ciJduuiiDtr ,. Io Caccia tutto fuori, e pren- -. de la forma di vero dardo acutissimo, e delicato, della lunghezza di due terzi di linea. Di questi si serve per furar le ulive, ed introdurvi le uova. Le sci gambe sono anche di colore giallo , e le due ale di una linissima rete. Ho avuL) il piacere di osservare queste mosche nel primo momento di uscire dallo stato di crisalidi, e innanzi di tale epoca cacciano fuori di tanto in tanto da una punta della loro spoglia il capo , non dissi- mile da qin'ilo, che aveano nello stato di larva , e 6oltaiiii.« corred fo di occhi , ma senza antenne , e sciiZci coiuri. .i poco a poco tutto il resto di quel ( i6o) viscoso umore , di cui è coinposta la ninfa , prende altro aspetto , e si cangia in corpo della mosca , clie nasce meschina, e come nuda. E allora, che hauno le ale quasi indiscernibili e mozze, e sembrano tanti vermi forniti di occhi e di gambe, di cui si servono uè' loro liberi movimenti fino al quarto , o quinto giorno , se la temperatura dell'atmosfera sia fredda, e per un paio di giorni quando sia calda. Quindi inco- minciano a ravvivarsi i colori ; e le ale , i cui va- sellini acquistano nuovo vigore, onde gli umori possano scorrere più libei'amente ; colla loro continua agitazione si distendono , e si sviluppano , e da distanti eh' era- no , formanti quasi un angolo retto , talché potevano in questo stato le mosche a pena svolazzare per po- chi tratti e a saltarello ; si congiungono al natu- rale , ed indi prendendo il volo, vanno via. Era intanto il miu spiiiiu «^uaì mol prevenuto, quando mi sovvenni, che nel 1811 , allorché furono anche verminose le ulive, su varii mucchi di esse sparsi in un luogo destinato per macinarle; io aveva osservato una infinità di neri moscherini , de' quali non ebbi allora premura di esaminarne i caratteri , e le qualità. Di essi ne feci un cenno nel prospetto meteorologico che presentai per quell'anno alla società economica di Bari. Cominciai dall' agosto a mettere in saggio le ulive. Scelsi da un albero sette ulive grosse , chiamate tra noi di Santo agostino , le quali comparivano bucate. Le aprii dolcemente con lui coltello nel luogo ove ( i6i ) eravi un piccolo buco coverto dalla sola epidermi- de , e trovai in ciascuna una larva già divenuta cri- salide , che si aveva formato un canaletto nella pol- pa delle ulive per circa un terzo della loro cir- / conferenza. Assicuratomi dell'esistenza delle larve, / posi tali frutti su di un piatto coperto da un grosso bicchiere di cristallo. In sei giorni eransi tutte conver- tite in mosche , però non tanto grosse, quanto quelle che nascono allorché sono mature. La mosca osservata, e descritta dal Sig. Bernard era di questa grandezza. Non così avvenne, quando nello stesso mese feci il saggio su le ulive comuni. Queste contenevano le larve ancora picciole , le quali dopo pochi giorni di- vennero crisalidi. Le mosche che ne schiusero furono ■' piccole e similissime pel colore , la grandezza , e la for- ma a quelle delle frasche. Lo stesso praticai con al- tre ulive comuni. Le larve anche picciole ben tosto divennero crisalidi e si convertirono pure in mosche- rini , come i già detti. Quante altre ne osservai in tale mese , ed in settembre, tutte si cangiarono in moscherini , più o meno grandi a norma della mi- nore o maggiore grossezza de' vermi. Anche dalle ulive chiamate ywoso/e schiusero delle mosche , e benché più grossette delle già riferite , pur tutta via pienamente identiche a quelle delle frasche. In ottobre feci empiere un tino di ulive cadute spon- taneamente, le quali erano più o meno polpute, ma non / mature. Subito che le stesse incominciarono a riscal- darsi , si vide alla loro superficie svolazzare uno stuolo ^j^^^ ai ( l62 ) jininenso di mosche , e nioscherini di diversa gran-' dezza ; ma tulli della slessa specie , e colore delle mosche delle ulive , e delle frasche. Tulio ciò fu suf- ficiente non solamente a confermarmi nella idea della identità delle mosclie , ma allrcsi a stabilire la mia opinione, che la loro grandezza o picciolczza dipenda dalla quantità , e qualità del nudriinenlo de' vermi. Le ulive infalli de' principii di settembre , parlo del- le conmni , sono acerbe , dure , e scarsissime di succo, il quale è dell' indole di quello della corteccia de' rami. Quando quelle cadano , o che vengano raccolte, prin- cipiajio le fermentazioni , le quali portano sempre svi- luppo di calorico. Le larve tosto diventano crisalidi, ed in virtù del riscaldamento si cangiano presto in mosche. Quindi i vermi piccioli si convertono in mosche- ' rini, i^niediocri nelle mezzane, ed i grossi , quando non siano violentali nel loro sviluppo, produtono !e grandi, le quali , oltre che riescono più perfette , sono anche di colori più vivi (i). (/) La Clufìsii di sloria naturale nclP esame di quesLa parte duella presente memoria, e dietro le più esatte cssenja^/o/ii , trovo che i Jiioscheriai de'' rami sono dj, genere differente da quello delle mosche delle ulive , e die i medesimi possono anche abitare dentro la polpa di queste ultime. Per convincersi della dij/erenzo. de' cennati insetti si vegga doccile ne lui detto il Sig. Briganti nella memoria antece- dente, ove in un'appendice si lattroveranno le descri- zioni di siffatti nioscherini, e di altr' insetti anclie nocivi agli ulivi. Nota del comoilaiorr.. ( i63 ) Che il riscaldamento dcUe ulive acceleri lo svi- luppo delle mosche, ne sono tanto convinlo da nou poterne dubitare affatto. Anzi me ne sono assicurato nei vari mucchi, che sogliono depositarsi neTattoi , ed altrove. Era ben funesto l'osservarsi sopra di essi una immensa quantità di mosche di ogni grandezza, ver- so Tottavo giorno del raccoglimento , mentre ne'nmc- chi stessi si era sviluppato un grande calore. In un vaso , ove si erano poste le ulive già mature per salarsi ad uso di provvista di dispensa , essendosi liquefatto il sale , ben tosto in esse si ^citò tale riscal- damento, che ne usci al di fuori una quantità di vermi ben pasciuti , e di mosche immense anticipatamente sviluppate. Per togliere poi pienamente ogni dubbio, che mi fosse rimasto intorno alla identità de'vermi , che fanno disseccare i rami degli ulivi con quelli , che divorano la polpa de' loro frutti ; ho fatto conto dell' osservazione, che c]ualora vi sieno state frasclie secche in tale anno, senza fallo si sono trovale le ulive verminose. Di fatto ver- so il mese di ottobre volli fare una scorsa fino a Castellana in unione di varii amici, ed anche trovai ne'territorii di Triggiano , Bilonlo , Bari, e Capurso molti rami secchi su gli ulivi , e gli altri con le ulive verminose in quan- tità. Nei lerritorii di Noia , e Rutigliano i rami sec- chi erano scarsi , e poche furono le ulive verminose. In quei di Conversano , e Castellana non si videro frasche secche , e le ulive furono intatte da i vermi. Ecco pertanto ciocché da me si è potuto rica- ( i64 ) vare intorno alla slorig della propagazione dogr insetti, tanto delle frasche, che delle ulive. Ho inconunciatoi dalla primavera, in cui la natura spiega tutta la sua pompa, e tutto il creato , scuotendosi dal torpore del Terno, tende a nuovo sviluppo, ed a nuova vita. Al- lora i germi delle larve racchiusi nelle uova già deposi- tale ne' rami teneri degli ulivi, si sviluppano col calore della stagione , ed ecco i vermi in campo. Questi inco- minciano a pascersi della corteccia de' detti rami, e in- tercettano con ciò il passaggio all'umore nutritivo ; per eui i rami si avvizziscono di mano a mano, e col crescere de' vermi , seccano. Intanto le larve dopo pochi giorni si cangiano in ninfa , e a tempo proprio n' escono le mosche maschie , e femmine. Le stesse dopo la fe- condazione nel modo ordinario depongono le loro uova nei nuovi rami, o nella medesima stagione di pri- mavera o nell' està , secondo il diverso stato Uniioiiie- trico , igrometrico , e barometrico dell' atmosfera , ove poi si schiudono i nuovi vermi, e quindi le nuove mo- sche. Queste hanno ancora il presentimento di depositare le uova in luoghi, in cui presto possonsi schiudere. Laon- de quando avvenga eh' esse fecondino in tempo , che le ulive sono- ancora picciole, ed in conseguenza alte a potersi subito perpetuare la specie; allora tornano a depositare ne' rami le uova, ed in quell'anno, so sopraggiugne 1' autunno freddo , le ulive rimangono illese. Tutto il contrario avviene, allorché il tetnpo della loro fecondazione accada tra noi verso il fine di agosto e'I principio di settembre. Le ulive inquell'anao ( i65 ) «ai-anno verminose , e le mosche nasceranno quasi tuttCjr e ben grosse; purché non sieno le ulive decidue innanzi tempo per altri mali, cui vanno soggette. Ho detto quasi tutte, perchè alle volle avviene, che i vermi ospitanti ne' ramoscelli, i quali presto seccansi, mancando del ne- cessario nudrimento periscono prima di divenire cri- salidi . SEZIONE in. £)e^ danni , che cagionano i descritti insetti non meno agli ulivi , che ai loro frutti. Può osservare ognuno, che nella prirì'avera si trova su gli ulivi una quantità ^ ove maggiore , ìA ove minore di rami secchi , non ostante che fossero stati potali nel verno , o privali in conseguenza di tutto il secco. In- tanto il regolamento abbracciato da'contadini prescrive, che fatte le adattate coltivazioni ne' tempi stabiliti , non bisogna affatto più pensarci. Poiché i rami seccati in pri- mavera , che ho detto da essi chì&ìxì&r&i J'rasche mo- nache , si lasciano disgraziatamente su gli alberi fino alla nuova pota , con la supposizione doppiamente erronea, che siccome niun utile venga recidendoli y cosi niun danno venir ne possa facendoli rimanere lino all' anno seguente. • ■ . , Nondimeno questa quantità di rami secchi , eh» agli occhi de' conladini non forma che 1' oggetto della piena indifferenza , all' occhio perspicace di un ( i66 ) diligente osservatore ( il quale ben comprende , che le frazioni separate si disprezzano , ma unite danno un valore e tanto maggiore quanto più cresca il numero di esse ) presentar deve uno spettacolo com- movente. Era poi possibile , che questa riflessione fosse stata valevole a scuotere almeno i proprictarii ! Ma sarebbe poco se la cosa restasse in questi lernii- ni, poicbè le frasche senza frutto non mostrano di avere verun valoi'e , ed il daimo non sarebbe sensibile. Dico sensibile, perchè dalle frasche secche ognuno si persuade di non potersi sperare fruito, benché col seccarsi questo ne sia già venuto il danno reale. Quello che fa dispiacere si è il vedere il proprietario tran- quillo , allorché in fine di primavera , in està , ed anche in autunno, osserva nuovi rami secchi colle wlive pendenti già appassite , o secche , e con ciò delusa la speranza della sua ricchezza. Dovrebbero certamente scuotersi i contadini ed anche i proprictarii , rjuando in tempo di primavera gli ulivi essendo in piena vegetazione hanno su di un solo albero quattro , cinque , ed anche più ra- niicelli secchi. In està ed in autunno ne presentano un numero maggiore con le ulive grosse , ed ap- passite, le quali poi divengono intieramente esucche, e legnose. Le piante le più utili sono le più trascu- rate. Il danno pertanto in està, ed in autunno è co- si evidente , che commuoverebbe anche i poco sen- sibili. Volendosi questo danno calcolare per ciascun al- ( i67 ) fcero , si ridurrebbe a poco ; ina non è cosi allor- ché si trattasse di un grande olivcto, e di intiere Pro- vincie. Io calcolo , che cento ulivi danneggiati da- gl' insetti suddetti portano il discapito di ducati otto pel maxhìuun, e di ducati quattro pel miniiruau. Pren- dendosi quindi una inedia proporzionale , si avrà che ogni cento ulivi contagiali recano al possessore un discapito di annui ducati sei. Qual sarà dunque il danno, che soffre il territorio di un Comune, di una Provincia, che abbia una vasta estensione di uliveti? Si giugnerebbe senza dubbio a più centinaia di mi- gliaia. Quanto danno si soffre in pace dai proprietarii senza neppure avvertirlo ! Che se da questi argomenti non si sentono scossi i proprietarii degli oli veli, si eccitino pure nell'udire, che se non vi procurino il riparo, gl'insetti i quali fanno la guerra alle loro proprietà, si andranno da anno in anno a moltiplicare. 1 vecchi contadini, i quali inco- minciano a comprendere la forza del danno, asseriscono- che nella loro tenera età vedevano di rado le cosi det- ie frasche monache , ossia i rami secchi su gli ulivi e che da moki anni gli hanno veduti moltiplicati nella sola contrada, ehe è conlìnante col territorio di Bi- sceglie ; ciocché loro ha dato motivo di farli credere-^ effetti delle calcare, le quali in quel territorio sono slate, e sono tuttavia frequenti. Finalmente che non si ricordano mai gli ulivi dell' intiero territorio nostro tanto pieni di frasche secche come oggi si osservano. E benché io sia di avviso che q^ucslo male come è *^*fc ( iG8 ) oggi, vi sia stato sempre, pure in grazia clella verità non posso occultare, che hanno dato campo alla sua diffusione gli oliveti de' luoghi pii soppressi rimasti non affittati, e da parecchi anni neanche potati (i). Or se grave è il danno, che cagionano gì' insetti descritti cól fare seccare i rami degli ulivi , quanto più grave non sarà quetìo che producono col divorare la polpa del loro frutto ? Io non ripeterò ciocché valenti uomini han detto, e Ira questi il dotto e di- ligentissimo osservatore Signor Arciprete Giovene in varie sue applaudite memorie , e epecialmeute nel- r «t'p/so ai proprietarii degli uliveti, e contadini della Proviilcia di Bari. Chi non avesse letto le memorie accennate avrà certamente osservato il guasto che han sofferto gli ulivi nel 1811, e i8i5. Io ho veduto le ulive divorate pel quinto, sesto , ed anche dippiù della loro mole; e quando in una di esse al- berghi più di un v-erme, si trova la polpa mangiata fino alla metà. Queste intanto, oltre di aver perduto una quan- tità di materiale olioso, vanno soggette a più mali: 1. se 1' atmosfera sia fredda , le ulive si appassiscono , e pochissimo olio dà il residuo della polpa ; 2. se poi sia stata piovosa, queste si gonfiano , e si corrompono, dando un olio anche guasto. Due perdite adunque si fanno ncll' uno e nell' altro caso ; diminuzione cioè del prodotto, e del prezzo di esso. La sola {i) Si parla di wi' epoca anteriore al i8i3. { 1%) riflessione , che le annate dell' olio guasto formino epoche eguali a quelle delle gelate ; somministra uii chiaro argomento, che il danno debba essere gran- dissimo. Nel termine del passato mese di ottobre , essen- domi accorto che le ulive erano verminose feci subito raccoglierle e ben tosto macinarle. Io ebbi olio in una quantità maggiore di tutti gli altri , e di migliore qualità. Quanto più siansi fatte restare le ulive su gli alberi , tanto maggiormente la loro polpa è stata divorata. Penetrato da questi sentimenti mi sono af- frettato a pubblicare questa memoria pel bene dive- dere eliminati quest' insetti sterminatori , che divorano le ricchezze delle migliori nostre Provincie, Non vi ha dubbio, che vi debbano essere delle stagioni , e de- gli anni , in cui i danni tanto degli alberi, che de'frutti vadano a farsi minori per le ragioni , che ho ac- cennato in" fine della prima sezione; ma non bisogna aspettare il -giro degli eventi, quando facile riesca di colpire lo scopo. Intanto esaurito l'esame degl'insetti , e de'danni che apportano agli ulivi, passo a proporre i rimedii uecessarii, onde ripararvi. 22 ( A70 ) S E Z I O N E IV, Del mezzo pronto e facile per distruggere gì' in- setti tanto delle frasche , che della polpa delle ulive . Dovrei entrare nella confutazione delle teorie di mille bravi scrittori, i quali si hanno presa la pena di proporre il rimedio , onde distruggere i vermi che di- vorano la polpa delle iilive. Però la loro opinione in- torno alla storia biografica de' medesimi non si trova uniforme. Volendo ora evitare i litigi , e conciliare , per quanto sia possibile simili dispareri ; proccurerò con tutta la conveniente modestia, e col rispetto do- vuto ai medesimi , di dimostrare inutili i loro molti- plici rimedii , proponendo un metodo facile e meno di- spendioso neir estirparli. E falsa interamente l'opinione del Signor Sieuve di Marsiglia , il quale credè che i vermi della polpa, dalla corteccia secca e screpolata de' rami degli ulivi, dentro cui si sviluppavano mercè le uova depositatevi, passassero indi nelle ulive già formate. Poiché se 1' au- tore avesse meglio atteso alle osservazioni , avrebbe potuto colpire il vero. Quindi le intonicature di ca- trame alla parte superiore delle screpolature de' rami, onde impedire il cammino di tali insetti , trovate da lui con la esperienza di sci anni, come un antidoto valevolissimo , non sono , che figlie di una poco oc- corta osservazione. I vermi che divorano la polpa , (171) non passano dai rami nel frutto degli ulivi ; ma si schiudono dalle uova già depositate da quelle mosche, le quali, prima dMngrandirsi le ulive, sono nate da altri vermi nudriti e sviluppati ne' teneri rami per nulla screpolati. I vermi ospitanti nelle sopraddette crepacce nascenti dal gelo , dalla grandine , o da qualsivoglia altra cagione, sono di specie diversa da quelli in questione. Forse dallo spezzare per avventura qualcheduno de' ramicelli secchi di ulivo si sarà accorto it Signor Sieuve della simiglianza del verme trovatovi con que' delle ulive; e vieto per dicci anni di tenersi le me/e , o calaste )) di frasche di ulivi in campagna da marzo in poi » (i). (/) JVoii solamente debbono essere proscritte le cataste di frasche di idivì , via anclie quelle dile- gua degli stessi alberi. JVella corteccia de' grossi Iroiiclù delle riferite frasche , e legna , c/ìiaudo meo- viiiiciano a disseccarsi , vi si osserva una specie di ( ^77 ) Ecco perchè nel mio giudizio sulle calcare con- chiusi di non doversi, come generalmente si costuma, tenere le frasche ammucchiate in campagna al di là del principio di primavera. Nel finire dell'inverno col trasportare le stesse in città per bruciarsi , vanno con esse a morire le uova, ed i bruchi, che vi albergano. Nella mia patria si è incominciato ad eseguire un tale progetto. Dietro cjucsti due facilissimi mezzi , i quali ci tolgono la pena di vedere sugli alberi tanti rami, e frutti secchi , che ci rapiscono una buona parte della raccolta delle ulive , e un' ottima qualità di olio, spero che vi sieno delle anime generose , che, oltre del consiglio, vogliano porgervi la mano. Se tanto è il danno che si soffre, i proprietari illuminati ed istruiti fa- ranno ubbidire agli ordini de' superiori , e si deter- mineranno volontariamente a distruggere con sì facili tarlo , cJie le investe ovunque. I huclii frequenti^ che sì trovano specialmente nelle loro cortecce liscie, danno V indizio de tV esistenza del cennato tarlo . Ho voluto osservare siffatto animale, ed ho trovato che è una specie di scarabeo di colore bigio, e della grandezza di un piccolo granello di pepe. Esso ap- partiene alla faniis^lia cZe' coleopleri; avendo ripiegate sotto gli astucci le finissime e lunghe ali , che scioglie e distende qr/a/ido vuole svolazzare. Or questi scarabei , allorché sono jtjie/iawze/z^e >f-. / (178) mezzi, e con pochissimo dispendio questa terribile rjtzza d' insetti . Cunchiudo in fine colle stesse parole di cui feci uso nel giudizio sulle fornaci da calce , dicendo: u è questo » un ramo interessante di economia rurale; e '1 dai » corso alla moltiplicazione di siffatti insetti sarebbe disseccate le cortecce del le legna , escono , volano , e si portano su gli ulivi, di cui attaccano i teneri ra- mi, divorandoli , e inlroducendosi precisamente nella loro biforcazione , ossia nell'angolo de' raniicelli , che traforano da parte a parte , ed i quali poi scccansi intieramente. E gualche anno dacché mi sono accorto di que- sto sterminio, e veggo chei>a nml/iplicandnf;}.- Clrcinde quantità di frasche secche su gli alberi hanno al di dentro della loro corteccia questi scarabei. Taglio adunque sollecito, fuoco iniinediato, quando incomin- cino a seccarsi , e proibizione espressa di tenersi in campagna le cataste di frasche , e di legna, sono i ri medi che possono ripararvi. Partecipino anche del premio coloro che presentino , come sopra si è detto , le frasche coi nominali insetti al di dentro della loro corteccia. In questo modo minorerà sicuramente guest'' altra razza mcdefìca d'' insetti , qualora non si arrivasse a distruggerla. ( 179 ) » lo stesso, che bramare la totale distruzione delle pre- n ziose piante di Minerva (i) ». (/) Severamente identici fossero gV insetti , che attaccano i rami degli ulivi , e quelli , che rodono la pol^ia delle loro frutta ; /' espediente del nostro au- tore potrebbe riuscire assai utile in preferenza di tanti altri , proposti da non pochi scrittori , i quali però a nulla hanno valuto. Ma siccome si tratta d' insetti diversi, che stabiliscono sedi differenti nelle varie parti della pianta ; cosi la recisione replicata de' suoi rami, e la loro combustione ne anche farà pienamente ottenere V intento., venendosi a minorare soltanto quella razza d'insetti, che abitano ne' rami, e non già gli altri, i quali corrodono le frutta. Ciò non pertanto è meritevole di lode la pratica pro- posta dal Sig. Tripaldi. Nota del Compilatore. ( i8o ) DEScraziONE m un capretto mostruoso disomo. Me- moria DEL SOCIO ORDINARIO STEFANO DELLE CllIAJE. Letta nella sessione accadesiica del di 3 giu- gno i8ig. Oporlet absqiie praeìudicio ad opus venire non eo animo, ut videas , quae classicus auclor descripsil ; sed ea curi voìuntate , ut ea videus , quae natura feci t. Hajllbrj Elem. Physiol., toni, t, p, Vili. \j incile la generazione degli esseri organizzali ani- mali si continui a tenere quale ammirabile segreto della natura ; e finché non sia permesso ad una ma- no ardita d' innollrarsi ne' di lei penetrali , onde squar- ciare il doppio velo , che ricopre questa interessante parte delle mediche conoscenze-, resterà sempre avvilup- pata da dense tenebre la vera spiegazione di tulli que' fenomeni , che vi hanno uno slrello rapporto , e che vi serbano una in lima correlazione. Nò le scuole di Epidauro saranno mai nelle circostanze lo- devoli di dare chiare , e distinte idee intorno a ta- lune bizzarre produzioni , che non di rado sogliono richiamare principalmente Taltenzione di coloro , che sono in qualche modo portali per lo studio delle scienze naturali, considerale quali ausiliarie dcH'arte salutare. E sebbene in siffatti rincontri non pochi illustri filosofi con- templatori si fossero inqDcgiiati ad illustrare il punto in esame , mercè le più diligenti , ed accurate investi- ( i80 gazioni; purtuttavia non ancora sono giunti a conoscere la originaria cagione de' mostri, che hanno sempre formato un insuperabile scoglio al facile proseguimento delle loro indagini. Imperciocché sarebbe al presente troppo tedioso, se io imprendessi a rammentare gì' inutili tentativi , praticali per molti secoli da sommi naturalisti, ad og- getto d' indagare , alla men trista possibile , 1' intrin- seca essenza del grandioso atto della generazione. Le indefesse ed ardue ricerche di si valenti osservatori non furono coronate da verun esito vantaggioso ; e neppure sparsex-o il menomo raggio di luce sopra questo serio obbietto di fisica animale. Or viemaggiormente r interessante conoscimento della formazione de' mo- stri , poggiando tutt' ora su basi abbastanza vacillanti^ rimane eziandio seppellito nel più profondo buio de- gl'imperscrutabili secreti della natura. Per tale motivo andrei lungi dal mio scopo , qualora volessi qui espor- re le varie ipolesi , che tanti dotti uomini hanno inu- tilmente sostenuto circa questo importantissimo argo- mento. Le medesime, come a tulli è noto, sursero e crollarono nelle slesse epoche , in cui ebbero origine. Non ardisco dunque creare fantastiche congetture su r assunto iji discussione ; poiché le nostre attuali cognizioni fisiologiche sul medesimo sono bastantement© limitale. Molto meno poi oso rendermi fautore di qual- cheduna delle opinioni di già pubblicate da' beneme- riti coltori della scienza della vita , in risguardo alle cagioni delle mostruosi là di tulli gli ammali. Questa ( l82 ) potentissima ragione mi dispensa puranclie di arzigo- golare intorno al mostruoso sviluppo del Capretto di- somo (i) , che constiluisce il breve subbietto della odier- na adunanza. Lascio perciò il campo libero a chic- chessia di appigliarsi a quel partito , che meglio gli aggrada nella interpetrazione di questo mostro. Come altresì ciascheduno resti nel suo pieno arbitrio di applicarvi quelle teoretiche speculazioni, che crcdonsi più concordi , e più soddisfacenti la propria ma- niera di pensare. Quindi a ognuno ( diceva 1' Ippo- crate olandese, che si è tanto distinto nella repubblica letteraria per la superiorità di pensare e di osservare )» che giudichi di queste cose liberamente e sinceramente.- io mi contento di avere descritto il caso secondo la verità (2) ». {1) T'^caholo desunto dalle voci greche S^'o, due ; e Tw[j.a , corpo. (2) iiuerhaave , Istoria della malattia del M. di Saint-Aubau. ( i83) SEZIONE PRIMA. Origine, ed esposizione sommaria delle piìi essenziali mostruosità del capretto disamo. A. Nascila. Il giorno diciassette aprile del corrente anno , tra, numerosi armenti, che stavano pascolando in una vi- cina campagna di Lacedouia nel Principato ulteriore, osservavasi una capra (i) , cui era affatto difficile di sgravarsi della matura prole. Il dottor G. Franciosi, che per accidente vi si trovava dappresso , proccui'ò di estrarle il mostro attuale, che dopo pochissimi minuti cessò di vivere. A questo segui lo sgravo di un altro capretto dotato di regolari fattezze , e finora vivente. Egli qnintìi ppngò subito d' inviare il primo in que- sta Metropoli al nostro socio signor F. Folinea , Pro- fessore di anatomia teoretica e patologica nella Regici Univei'sità degli Studi, e Direttore del Gabinetto no- tomico della stessa , ove se ne conserva lo scheletro da me preparalo (2). (1) Capra domestica (/oewi/za ). Classis : Mam- vialia\ Ordo : Pecora. Lin. (2) Con questa occasione ebbi campo di notare tutte le particolarità , che hanno formato V obbietta drìncipale della presente memoria. Fer lo che io ( i84 ) Il capretto suddetto di nero ammanto , pervenuto nelle mie mani , fu da me subito decorticato , onde avessi potuto esaminarlo con tutta l'attenzione. Io perù nel mentre che ora proccuro di fare la esatta de- scrizione delle sole mostruose forme, che vi esaminai, tralascio poi a l)ella posta la compiuta esposizione no- tomica delle altre sue parti, ch'erano nello stato affatto- l'cgolai'e. Infine perchè il mio lavoro sia esposto cou un certo metodo, disaminerò prima le morbosità delle parti ossee e le cavità , che ne risultano : ed indi procederò all' esame di ciò , che mi offrirono i visceri in esse contenuti. B. Scheletro. Il capo ed il collo del mostro , che incomincio a descrivere, erano rivoltati alquanto a sinistra. T,a sua colonna vertebrale era un poco arcata. L'osso sa- cro, ed il coccige non mi presentarono alcuna irregolari- tà. Nella parte inferiore del collo enunciato se ne scorgeva un secondo, più corto però , e più ritorto del primo ; ed avente nel suo apice un' altra scatola os- sea non bene sviluppata. La sua prima vertebra cer- vicale nella parte inferiore, e posteriore non si era in- vii dìddaro abbastanza tenuto all' amicizia del ccn- nato P nife ss: tre , già mio ììiaestro nelle cose nolo- miche , e il cui nome sarà sempre caro al mio cuore. ( i85 ) icrainente ossificata. Questa e le rimanenti vertebre, oltreniodo curvate a sinistra , costituivano in prose- guimento una seconda colonna vertebrale, parallela alla prima , bastantemente tortuosa , e fornita anche delle rispettive ossa del sacro , e del coccige. Lo spazio compreso tra le apolisi traversali della colonna spinale superiore, e tra quelle della inferiore della banda destra , era occupato dal solito numero di costole, che appartiene a tali animali. Di queste sola- mente le vere si univano allo sterno tuttavia cartila- ginoso , e posto nel mezzo di siffatto spazio. D'onde si appalesavano i lati superiore, e inferiore del toFace de- stro , un poco abbassati , e moltissimo allungati. Le ossa degl'ilei superiore, « inferiore si univano alle facce articolari del sacro superiore, e inferiore di questa parte. Quelle degl' ischii non mi presentarono indizio di veruna mostruosità. T/ osso del pube era unico e continuato , il quale nella sua simfisi non indicava traccia alcuna di unione con le ossa adiacenti ; per cui in vece di due forami ovali ve n' era un solo. Que- sto risultava dall' osso suddetto nella parte anteriore, e da quelle degl' ischii nella superiore , posteriore , e inferiore. Nell'altra banda poi del mostro osservai il torace corrispondente più breve, e più rilevato dell' opposto; e vidi ancora, ohe lo sterno ad esso appartenente era mezzo ossificato. Gli arti del presente capretto mostruoso furono al numero di otto. Questi stavano disposti in modo, ( i86 ) che le estremila de' primi quattro erano rivoltate m sotto, e quelle de' secondi in sopra. C. ^Iddomine. Osservai le pareti addominali della parie destra quasi appianate , e col cordone ombilicale penden- te dal solito sito ; giacché quelle di sinistra con un altro cordone ombilicale non meritarono la mia attenzione. Neir ampliare la sezione praticatavi dal dottor Fran- ciosi, mi avvidi non solo della irregolare situazione delle viscere rinehiuse in essa, ma ancora del doppio loro numero. Il legato stava nell' ipocondrio destro , men- tre nel sinistro vedovasi rannicchiata la milza. Tra que- sti due orgaiii trovavasi lo stomaco ( rumine , retico- lo, omaso, abomaso) col pancreas, che vi era sot- toposto. Il tubo intestinale col suo mesenterio , fìs-^ sato in l'accia ai corpi delle prime vertebre lombali della colonna spinale superiore , terminava con Pori- iizio dclP ano sotto la coda superiore. Rinvenni per- fettamente regolari i reni , gli ureteri, la vescica ori- iiaria , ec: , ce:— L' apparato genitale femmineo, situato tra questa e l' intestino retto , pose terniiue all'esame de' visceri appartenenti al corpo superiore del capretto che io, per siffatta disposizione, ho chiamato disonio.. Una eguale serie di organi , anche ben formati^, era situata nella parte inferiore della cavila in disa- inina , e di pertinenza del corpo inferiore. La loro disposizione si manifcslava allatto incrocicchiata coi. ( i87 ) gli antecedenti. L' ano si vedeva sopra la coda infe- riore : ed una ricerca più attenta avrebbe richiesto di fissarne la sessualità. Perciò mi conlento piuttosto di comparire trascurato , che fingere osservazioni non verificate su questo obbietto. Comprendo però , che le medesime , qualora si fossero da me instituite , sa- rebbero state al certo di qualche curiosa aspettativa. D . Torace. Allorché volli farmi strada dal cavo addominale in quello del petto , si pararono d' avanti ai miei occhi due diaframmi , uniti nel loro mezzo , ed avendo ciascuno le ordinarie aperture. L' esofago dello sto- maco superiore , e la sua faringe , come pure la tra- chea de' polmoni superiori , che vi passava per so- pra , ai aprivono entrambi nella cavità della bocca della testa sviluppata. I polmoni superiori , situati ne' lati superiore destro e sinistro di tutti e due i toraci mostravano uno sviluppo irregolare , essendo il destro più grande del sinistro. L'esofago dello stomaco inferiore, tragettando su i corpi delle vertebre dorsali, e cervicali della seconda colonna spinale terminava al- l'iiitulto chiuso in corrispondenza della seconda ver- tebra di queste ultime. I polmoni inferiori poi, la tra- chea de' quali finiva anche chiusa , dove ho accom- pagnato r esofago , subirono le stesse fasi de' superiori, essendosi trovato il destro più voluminoso del sinistro. Il cuore, vestito da un ampio pericardio , stava ( i88 ) liti iijozzo della cavità toracica sinistra , priva peral- tro di mediastino. Qucsl' organo , assai voUiminoso, dava chiare tracce dell'adesione di due cuori in nno (i). (/) L"" esempio di due cuori riuniii , da^ quali eransi distrutte le due metà, per dove stavano attacca- ti , e che quindi ne rappresentavano un solo , non è mollo raro ad osservarsi ne' mostri Incorporei , spellanti si alla nostra specie (*) , die a quella de- gli altri aninutli (**) . Ed io inj'atti con una piìi ac- curata ispezione vi distinsi il marchio della distru- zione, e del coiì glutinamenlo di due cuori , avvenu- to durante il loro primordiale sviluppo. Per evi- tare adunque una prolissità , cui senza fallo an- drei incontro nel fare la enumerazione delle ca- gioni pìoduttrici questo fenomeno , non espongo la conveniente interpelraziuue , che i flsì^jlo^L hanno credulo darne ; poiché la stessa si puh riscontrare nella Sezione seconda di questa memoria: D. Teo- ria delle cagioni accidentali. (*) Lemcry , iVk'm. de l'Acad. Roy . des Scien. , an,. 1724 1 P- 65 ci G4' Berdot , Act. Helvet. , toni. VI. Cardali. , L. XIV, cap. yy. Bidloo , Act. Erud. , 11706 , p. 5q ci 40. 7'enia, apud Falisneruni , loia. 11, p. 2()8. (**) Orteschi , Diario , p. 71. I-F. Iloff/iiann , Eplicm. Naiur. Cur., Dee. 1, an, n. e 10, o])?ervat. 4 — et -Ti- 1 > ol>scrval. g4. .fiji/m. de Mi-dee. , lom. Hi , n. 4. ( iSg) Imperciocché tale asserzione fu maggiormente conferma- ta da quattro seni e altrettanti ventricoli , che vi riscon-' trai. Contai enziandio due arterie pohnonali , ed un eguale numero di arterie aorte. Finalmente ne' seni poc'anzi accennali sboccavano le rispettive vene cave (i). E. Testa. Dentro la prima scatola ossea albergava il cervello e le sue dipendenze. Nella seconda appena abboz- zata era rinchiusa una sostanza simile alla midollare di questo ; poiché , per non rompere il pezzo osseo esposto, non potei esaminarla con maggiore precisione. Ecco annunziato quanto mi fu permesso osservare di più importante, e di mostruoso nel capretto disomo, che ho descritto. La corruzione , eh' erasi manifestata in tiittf! le sue visrerfi , mi obbligò a desistere da (/) Da tilt lo ciò che sopra /io accennato , chiara- mente apparisce , che la circolazione del sangue rosso, e nero si faceva con doppio apparato di vasi ar- teriosi e penosi . I primi, mercè le arterie enunciate j distribuivano , nel caso che tale mostro avesse dip- più vivido , il sangue arterioso tanto al corpo su-' perlore , che all' inferiore. I secondi poi lo ripiglia- vano con le ultime diramazioni delle vene sopraddette dalle medesime parti , ove c/uelli lo avevano tra- sportato. ( 190 ) ulteriori indagini; giacché nel caso opposto queste avreb- bero dalo luogo a più lunghi racconti (i). Esaurita quindi la parte descrittiva del mio tenue lavoro, mi si permetta di accennare brevemente le principali opinioni, che si conoscono su la origine de'ino- slri, non che le più importanti classificazioni degli stessi, onde potervi riportare l' attuale. A questo modo , men- tre il mio argomento non riuscirà troppo sterile , e noioso al cospetto di qualche Aristarco; neppure pre- senterà la ripetizione di quanto le mille volle si sia detto, e scritto da'primuri fisiologi su questo articolo. SEZIONE SECONDA. ^reui cenni sloiici della formazione e delle princi- pali classificazioni de mostri animali. Conclusione di questa memoria. A . Opinioni degli anlicliL Egli è fuori dubbio deslituto di ogni sana logica ji pensare di coloro, ai quali piacque d' immaginare , che i nuovi esseri organici animali sorgessero sponta- jieamente , a guisa di funghi , dal seno della terra per una forza plastica , o per qualche potenza vege- (i) Questa circostanza mi discarica dalla im- putazione , che mi si potrebbe fare per la ommissio- ne d.e' convenienti disegni da'" visceri esaminati. iativa del globo. Almeno a questo modo fantastica- rono non pochi fisiologi i quali, trascurando di ap- poggiare le loro ipotesi sopra di esatte osservazioni, contribuirono a far ritardare i progressi delle scienze con le loro moltiplici stravaganze. Per ciò ne è av- venuto, che ora noi nulla di sicuro possiamo pi-onun- ziare circa lo morbose forme, che gli animali tutti, non esclusa la razza umana , sogliono di frequente presentare all'occhio del filosofcr contemplatore. Imperciocché gli antichi fisiologi credettero i mo- stri veri errori , ed orribili disprezzi della natura- An- zi alcuni fra costoro li tennero quali spaventevoli fan- tasn)i , attribuendoli all'ira, e allo sdegno degli Dei; e cjualcheduiio di loro infine cercò rinvenirne le ca- gioni nel depravato impasto de' propri genitoi'i. Dip- più non posso omettere che vi sono stati altri , che li credettero risultamenti della nefanda copula di ani- mali di specie differente (i) ; o pure li hanno consi- (/) // facile accoppiamento di taluni animali di specie diversa , come si sa , ha dato luogo alta erronea credenza , che lo stesso avrebbe potuto be- nanche accadere tra la razza umana , e quelle degli altri esseri vìventi. Ma ciò è bastantemente favoloso ; poiché i fatti più precisi hanno oggimai riprovato le asserzioni di coloro , che ammisero la fecondazione delle capre , operata da! pastori della Sicilia 0 pure da quei deU'Egilto. ( 192 ) derali dipendenti dall' intliienza malefica di quella, o di quelP altra costellazione (1) , e finanche dal ma- gico potere del demonio (2). Basta dare un' occhiala alle opere de' venerandi padri della storia naturale (3) , e della medicina (4) ; onde ognuno possa restare maggiormente convinto , che i naturalisti , e i medici di que' tempi , perchè troppo creduli , furono invasi da false opinioni _, le quali a ri nostri poi si tengono per mere stravaganze, e per didicole fole e B. Congetture de' moderni, D' altronde per avvicinarmi a' tempi a noi più prossimi , trascuro di porre in veduta parecchie al- tre ipotesi , che sono a pieno conosciute nella repub- blica delle lettere \ poiché le medesime non meritano (/) Amhrosil jParaei , Opera omnia ; £)e 7}wn~ iitris et jjrodigiis. Lib. XXVIIII , cap. XII, p. 745. {j) Paraeì, Op. cit. , cap. XIII , p. ;75&. (5) Aldrovandus , Histor. monstrorum. {4) Paraci, Op. cit. Fortunius Licetus : De monstrorum caussis, na- tura et dillerentiis , lib. II. Palau. , iGiG. Mildaniis , Epistola ad Bavhinum. Diivernoi , Comm. Acad. Petrop. , Ioni. III. ff^alther , Thes. , ohs . / Q . ( igs ) di essere esposte in preferenza delle tre die seguono, delle quali però neppure possiamo reputarci troppo contenti. Queste si riducono alla I.^ Che si riporta alla immaginazione materna^ IL* Che poggia su 1' alterazione , che ha ricevuto il nuovo essere dall' epoca del suo concepimento sino alla nascita : o meglio alla teoria delle cagioni acci- dentali ; III.* Che ammette un difetto primordiale nell' em- brione : o sia al sistema de' genni mostruosi. Io peraltro lungi dal dichiararmi fautore di qual- cheduna di tali ipolesi , proccuro soltanto di accen- narle, senza farmi del partito di veruna di esse. Giac- ché se presumessi di potere spargere qualche bai'lume alle tante, e si folte tenebre, che ingombrano questo argomento , verrei a derogare il merito delle opinioni comunemento abbracciate da molti celebri fisiologi, che si sono occupati di im tale punto con bastante lode e sapere. C. Influenza della immaginazione della madre. Questa teoria è fondata su la diretta comunica- zione del feto con la madre, commercio per verità, che fin oggi dalla notomia non ancora è slato dimo- strato. Poiché ognuno sa , che feto e madre non con- sliluiscano un solo individuo , ma che ne formino due, godendo ciascitno di essi di una vita separata, e distinta dall' altro. La sopraddcUa inllucnza dcesi a5 - ( 194 ) meltcre a calcolo soltanlo in qualche rarissimo casa nella specie umana (i) , ed in quella degli altri ani- iiiall (l>) -, ma non mai nelle piante. Di liillo, ({ueste ultime tanto più dilettano lo sguurJo dello spettatore, per quanto sieno moltiplicale e brillanti le loro mo- struosità, classico ornamento del seducente impero di l'iora. (/) Ippocrate co/i qutsta veduta fece assolvei e una prliìcipessa accusata di adulterio , perche aveva dato alla luce un feto nero , dicendo : a che que- sta vicino al di lei letto teneva il ritratto di un Etiope )). IjO stesso dicasi del fatto riferito dal P. Mallebranche a conto di quella donna , che assi- stendo ad imo spettacolo criininoso , partorì un bam- bino mulìlato. Ciocché avrebbe potuto dipendere be- nanche dii inancauza di ossificazione. Laonde si giudichi di sinuli racconti con tutto il piii sensata criterio. (^) No7i saprei quanta credenza debbasi pre- stare alle dicerìe di coloro , che accordano anche ai bruti una fervida immaginazione. Eglino hanno avanzato si/nili asserzioni , jìerchc qiwsli talora ab- biano partorito i fìgUuolini con le sembianze, che si approssimavano allo umane ; siccome tra noi ce ns somministra un bellissl/no esempio il porcello , eh 3 il nostro collega A. i^'annula conserva nel suo Ga- binetto anatomico , silo neW ospedale di S. l'ran^ ( 195 ) D. Teorìa delle cagioni accidentali Mi sembra al contrario , che la seconda ipotesi de' mostri sviluppati dietro il concorso delle cagioni accidentali sia meglio stabilita della precedente. Imper- ciocché vari accademici oltramontani (i) , e principal- mente il signor Lemerj (2), si sforzarono di appoggiarla in tutta la sua estensione con fatti abbastanza deci- sivi. I dati poi della loro teoria sono desunti dalle cagioni , che possono attaccare T embrione nel primo Cesco. E costoro hanno soggiunto di più, che spes- se fiale riesce graziosissimo V osservarsi il manto della loro prole somigliante il colore di un drappo o altro , i^erao di cui gue.lli, neW atto dell' accop- piamento , avevano rivoltogli sguardi. ' " ". (/) Harveus , General, anim. , exerc. 24. Lancis. , apud Valisner. , tom. 1 1 , p. 285. Parsons , Pini, Transact. , num. 4^0. Hebenstrein , Authrop. , tom. 1 , edit. lyoB. JDuvernoi , O^ . cit. , voi. III. il/ora/zf/, Mém. del'Academ. Roy. desScienc, àn. 1740 , p. 40. (2) Meni. del'Academ. , an. 1724, 1758, 1743- Bonnet , Contempi, de la Nat. , tom. 1 ; Prèf., p. XXXV , 80 , 81 — Corps organ. , tom. 1, Prèf., P- ^ j et toni. 11, cliiip. Vili, % 55t et 552. ( igG) periodo tlcl suo sviluppo , avuto riguardo all' angustia del ricettacolo (i) , alle compressioni (2) , ce. , te. , die questo avesse potuto soffrire, sia iicir utero ma- terno , sia in altro luogo , ove abbia ricevuto il neces- sario incremento. Quindi è che la medesima pare la meno soggetta a coiii'utazioni ; quante voìtc poi non vogliasi presta- (/) Con molta sensatezza scrisse il naturalista di Bologna : » Ratione angustiae receptaciili Jbetiis nionstra nascunlur , duin copia niateiiae ad dupli - ceni foeluni procreandum ibi confundilur ; hinc ori- tur foetus pluribus integratus partihus , guani opor- teat. DefecLus etlanx membranae in ovis , giiae duo- bus viteUis redundant, est in causa generationis monstri, quoniani materia con/ìinditur, et pulii nionstrosi inde exilire solent ( Op. clt. , p. 38o. ) ». {2) Zi' osservazione di Reaumur sul doppio torlo di un uovo di gallina , dal quale schiuse un pul- cino con quattro ali e altrettanti piedi , appoggia vieppiù questa, opinione (*). Inoltre Spallanzani con le fecondazioni artificiali , die ha fatte su le uova pi molti animali , le quali schiusero i loro embrioni afflitto ìnostruosi , ha somministrato ulteriori pruc- ve ad un tale divisumento (**) . (*) Miim. sur Ics inscclcs , toni. II, p. 42 cH 40. (**3 Fisica animale e vcyctahilc , loiij . 5 : «Diss. sopra la fecondazione arlificiale ollciuita in alcuni animali ». f'enczia. MDCGCI. ( 197 ) re ascolto alla massima di un antico filosofo e poeta (i), il quale diceva , che nel mondo nulla vi debba esse- re di mostruoso. Stante che la natura , quale madre saggia ed organizzatrice , tutto operi con leggi quanto certe e detcrminate , altrettanto da noi non conosciute e distinte, E. Teoria de' germi mostruosi. L'ultima ipotesi, di cui vado ad occupai'mi con la massima brevità , fu l' origine di un' aspra conte- sa su l'assunto in questione, che per lungo tempo si è a- gitata tra due celebri anatomici del secolo passato , Lemery e Wiuslow. Quegli sosteneva , còme si è detto , che i mostri derivassero dal concorso delle ca- gioni accidentali ; e questi li credeva dipendenti dallo svilupi^o de' germi mostruosi (2). Con la morte di uno (/) Marceli. Palins Zoglac. Vita, p. 212, {2) In onor del vero non debbo irasandare , che il nostro Prof . A. (^viWo , nel fine del capitolo VI del suo Ragionamento istorico-fìsiologico esposto in occasione di un Acranio , Nap. 181 3 abbia fatto cono- scere a bastanza gli scogli che tuttavia presenta la Pa- lingenesi; e per conseguente la poca certezza delle teo- rìe de' menzionati noto mìci francesi, che ne dipendono. Egli peraltro ha proccurato di esporre altre spiegazioni »u la origine de'' mostri, delle quali il lettore non reste' ( i08 ) di costoro ( sul di cui avello vanno a finire tutte lo rivalila ) , si diede termine a tale controversia , che menò gran rumore nell' orbe letterario. Questa teoria dunque , sostenuta da parecchi illustri uo- mini (i) , fra quali non occupa certamente V ultimo luogo il sommo Winslow (2), è al presente comu- nemente trascurata. In latti , senza fare il compiuto elenco dcgl' inconvenienti , che presenta , stimo con- rà ujfatlo dispiaciuto , quante volte abbia la curiosità di andarle a riscontrare nella pctg. 122 dell' opera sopraddetta. Questa mentre da una banda ci di- mostra il genio dell' autore in sijfatle contenipla- siioni , offre dall' altra a' coltori della scienza della vita una compiuta monografia della generazione , e delle mostruosità . {/) Littre , Hist. de F ^.c&à. Roy ^ an. 1701^ TVolf. Theor. generat. , p. 41. Kulnius. Monstr. , p. 25. Doeveren , Obs. , p. 41. De Mairan , Hist. de 1' Acad. Roy. , an. 1745, p. 58, 69 , et 62. Q.E. Hamberger-.TÌQ cyprino monstroso, p. i5. Zimmermann , var. nat. lus. , p. 8. Haller j Op. minora, lem. 5, lib. 11 Phy- siolog. , cap. Ili , p. 104. {2) JSIèm. de P Academ. des Scienc. , an. iy3() , i']'Ò4 , /740 , ì^42 , ^y43- — Esposiz. cuia- tom, del corpo umano, tom. vi. JNap. , jmdccxlvì. ( ^99 ) {lucente all' uopo di esporne uno , cbe richiama tuttsf la nostra attenzione. Conciosiachè , ammettendosi per poco sifiatla teoria, si verrebbe direttamente ad offendere la Divina Sapienza con la creazione di alcuni esseri , i quali o tirassero innanzi a stento la loro esistenza , o pure appena venuti alla luce finissero di vivere. Né debba far peso ciò, che ha imposto agli animi leggieri , cioè che il Creatore , operando sempre con lo stesso piano, sarebbe limitato nella sua potenza. Ba- sta dare uno sguardo alle opere dell' illustre Barone Hallcr per convincersi della erroneità, e del pochissimo criterio, che hanno mostrato di avere coloro , i quali si sono fatti del partito del sistema de' germi mostruosi. Ed in verità, confessa spontaneamente questo uomo im- luortalc, ch'egli quantunque ntJla sua gioventù si fosse indotto ad abbracciare tale opinione ; pure in prosegui- mento , e col crescere degli anni , cambiò sentimento, ritornando a quel retto sentiero , donde era deviato (i). (/) n Ego ^nidem u dice ingeauamenleìì primum » anno iy3ó ( * ) cii/?i partuni bicipiteui unicorpo- )) reu/n incidisseni , tiini plusculis lihellis ( ** ) ecwi- (*) In tempe Helveticis. (**) .De nionstto bicipite. Hannov . , lySg. Opusc. anatomica, p. 141, et scfj. Duor. monstr. aiiai. Gotting: , 1742J et. in Optisc. anaiom. , p. 235. De fole capite semiithiplici. Gtttlng.^ 1742. De fcelti hiimano siiie cerebio edito. Gotting. , 1745". De monsir. origino niechanica. Gotting., in\bjQi in Ojiusc. analoni. , p. 297., ( 20O ) F. Indicazione del posto , che questo capretto di- samo potrebbe occupare nelle primarie classificazioni de'' mostri. Le medesime però, tranne le tante a bastanza diverse che ne vanta la più remota antichità, ed ana- loghe a'tcmpi ne'quali furono pubblicate, si riducono a quella del naturalista francese ( Buffon ) , che ha riscosso a voti unanimi il suffragio de' dotti, e '1 plauso universale -, ed alle altre di Bonnet , Haller , Mala- carne , Treviranus, Peuada, I.-F. Meckel , socio cor- rispondente di questo Reale Istituto, ec, ec. Per ciò con- viene che io , mentre qui non le omuietto , ne tratti poi sotto vedute all' intatto sommarie. )) dem sententiain sani tuitus. Nunc ut a sene ex- y> pectes , eo animo ad liane ciirani redeo , ut » oninino obliviscar , quid olini de hac lite senserini, » neque inter rationes de mussa declsuras menni )) consensum reputem (*) ». Ed altrove (**) sog- giunge il fisiologo di Sema : (( Minime tandem dignum videtur Divina Sa- ri pientia , ut directa intentione voluntatis suae crea- » turas fingat , quae non itisi infelicissime vivere » possint. Casibus liumaiiis, secnndarumque caussa- » rum viribus, fnorbos, mortemque generandi concessi t » Deus , ipse e manu sua niliìl , nisi perfectum, -) emisit ». (*) Op. minora, ioni. 3, lib. cit., p. i54. (**) Descriptlio ibetiis bicipiiis ad pcctora connati , ubi in causMs monstrorum ex principilo anaioniicis inquiiiuir , p. 5i. BOI ) Questo capretto tlisomo adunque per la riunio- ne (li due corpi, e la doppia serie do' suoi viscei-i , non che per la inversione del loro sito (i) , può appar- tenere alle seguenti , classi cioè : nel lalla I.^" ( eccesso del/e parli, ), ed /Buffon (2). .. .lalla III.'' ( rovesciamento degli [organi ) ; ! presso a poco a quelle stesse di Buiìbn , tranne alcune picciolis- sime modificazioni; ^ \ (allaVIII.'(f/e/7Zzv;a/o5i7«),allaXII.» W ^ Haller {.'i). .. .{(parte s connatce), c alla XVI.' ^ pV \[fcetushicorporei,ìnonocephali)\ ce ] Malacarne (5). Jalla IX.» ( Polisomia ) ; ^ Brr //-s (alla I.^' { fondala sopra la quan- ^Treviranus (G).(^.^.^ ^^y^. ^,.^^^^ . ) t: Pemaua (7). . . . jalla II." ( mostri accidentali) ; V Tvi 1 ,o\ I alle medesime di Bufion, da cui MEckEL (8).... „„„3i è allontanato. (/) // nostro socio , dottor Grillo con mollo ac- corgimento denuniina la inversione de* visceri ano- malie interne , anziché mostruosità , le guati sola- mente dopo la sparo del cadavere si possono co- noscere ( Op. cil. , p. 42.). (2) Uist. nalur. , toni. IT''. (5) Considcrations sur les corps organisés toni. I. , chap. 111.., p. i5§, o/. a6 ( 202 ) CONCHIUSIONE. Ecco già adempito lo scopo , che mi aveva prefìsso , per quanto le mie deboli forze abbian po- tuto permettermi. Spero che questa mia qualunque siasi osservazione su del presente capretto mostruoso (i) valga solamente ad accrescere il capitale de'laLli ad {4) Opera minora , tom. III. De monstris , Uh. I. hisior. , p. i4 , 3^ , 56. ' ,. (5) Meni, della Società Italiana, lom. IX. (6") Z)ict. des Selene. Medie. , ioni. XXXIP", arlic. raonstruosité. (7) ^Iti dell'accademia Italiana, tom. I. Parte I.''~Mem. sopra un agnellino mostruoso, p. 284. Li- vorno , MDCCCX. {8) De duplicilate monstruosa Commcntariiis. Halao , 181 5 ^ p 67 . (/) JPer quanto mi pare, un mostro che abbia offerto si/io a questo momento tutte le particolarità , die mi sono industriato ad esporre nel mio capretto disomn , non ancora si è osservalo nella specie capra, ed in quella di qualche altro animale dello stesso or- dine— Dippiù, durante la stampa di questa memoria // c/o//or Tommaso Buonparola c/drurgo dell'ospedale di S. JMaria della Fede e della Pacella, mi ha fatto do- no di un altro capretto mostruoso , di cui a tempo opportuno pubblicherò la conveniente descrizione. ( 203 ) inchieste cotanto astruse ed intrigate , a conto delle quali bisogna convenire, che la loro vera interpetra- zione resti sinora occultata dal tenebroso velo del mi- stero. Non bisogna adunque lasciarci illudere da lu- singhiere teorie o da iniinaginarii sistemi , perchè si conchiuda alla fine , che la formazione degli esseri or- ganizzati animali , dotati tanto di forme regolari che mor])ose , sia per noi tuttavia un profondo ed impe- netrabile arcano. Felix , qui causas alta caligine mersas jpandiù , et evoluii tenuissiina vincula rerum. o } ,^ ~^3 ima'uiidit ■ 'ot.liK{ J'?b ; l'iitìn:- . .h • ( 204 ) SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. Prospetto del capretto mostruoso disomo delinbato a MISURA NATUPiALE. BANDA: A. Destra ; 1. Testa sviluppata. 2,5. Colonna vertebrale superiore e suo coccige, 4. Curvatura delle vertebre cervicali. 5 , 6. Coste vere , e spurie ( sternali e asternall, Chaus. ) superiori e inferiori. 7. Sterno cartilaginoso. 8 , 9. Ossa degl' ilei superiori e inferiori. IO. Osso dell' ischio supcriore , mentre l'inferiore di questo lato viene occultato dall'inferiore della banda sinistra (26). il. Osso del pube unico e continuato. 12. Gran forame ovale. i5, 14. Arti inferiori. ? i5, 16 superiori. ( 205 ) B. Sinistra ; 17. Tosla ciLbozzata. 18 , ig. Colouna spinale inferiore col corrispon- tlcntc coccige. 20, 21. Costole vere, e spurie. 22. Sterno ossificato. 25, 24. Ossa superiori e inferiori degl' ilei. 20, 26 ischii . 27 , 28 del pube. 29 , 3o. Forame ovale superiore , e inferiore.. 3i , 52. Arti inferiori. 33 , 34 superiori. ( 206 ) Descrizione e cura delle ordinarie malattie, cui vanno soggetti i bachi da seta , corredata della compiuta esposizione delle rispettive bi- gattiere e del facile metodo di schiudere i bi- gatti, memoria del socio corrispondente dot- TOR Oronzo Gabriele Costa. Approvata nella SESSIONE Accademica del dì i3 aprile 1820. A'on ftng»»%»■» »»%Vt^V^^^»*^ »»*■»%*%♦»*'»»»»»»»»*»»'»*•* **»♦»* CAPITOLO I. Osservazioni su gli ordinarli melodi di scJùudere i bachi da seta. D 'opo avere gittate le poche idee , che un' assidua esperienza mi ha somministrato intorno alle malattie de' bachi , e loro trattamento curativo ; non sarà di- scaro lo aggiungere alcun» poche riflessioni in risguardo agli oggetti espoeti di sopra , le quali risultano puran- che da fatti identici. Neil' esporre le mie osservazioni seguirò per me- todo quello stesso , che ho tenuto nell' istituirle , e prenderò per esempio l' ultimo , e più recente dell' anno scorso. L' esperienze cosi danno origine alle dot- trijie , queste alle regole ; è ciò forma 1' anello per- ( 23G) fello delle vere conoscenze umane. Nella esposizione dell' esperienze comparalive da ino istiluite farò ca- dere quanto concerne le pratiche , gli errori , e le regole , che tengonsi dalle persone industriose di ta- le genere. I. Il giorno 6. Aprile alle ore 18 (1) lavai un'on- cia di semenza di bachi col vino generoso , affine di toglierne le uova infeconde, ed ammollire alquanto il guscio delle altre , che tenni all' ombra fino alle ore 24. (2). II. Indi involte dentro i pannolini , le posi fra i guanciali del letto ove regnò per tutta la notte una temperatura di g: 9 R. fino alla mattina, tempo in cui le passai ad una finestra che guardava il mez- zodì (5) coverte con una campana di cristallo, difese (/) // Termometro ad aria libera segnava gr. 12. Ji. Il Cielo era sereno i spirava un mediocre vento di Nord. (jj) Ordinariamente non si pratica il bagno , e ìa separazione delle uova , ma solo si sogliom-^ spruzzare alquanto di vino col disegno di dare ener- gia al baco nascente, ed indi le nostre donne metten^ do le semenze dentro una pezzoUna , se la pongono nel loro petto. [3) Il Termometro la mattina era a gr. i3. Il Cielo sereno. Il vento era JV. A mezzodì = // Termometro gr. i5. = L"" atmo- sfera , ed il vento lo stesso. ( 237 ) dalla vetrina : le feci restare fino alle ore 21. Osservate in quesl' ora le uova con una lenta esploratrice presentavano un punto nero , che indica- va la futura apertura , ed erano alquanto turgide. Le passai alla stufa riscaldata a gr. 1 5 , ove le restai fino alla mattina seguente con una temperatura co- stantemente la stessa (1). (/) mi si dimanderà perchè questi varii pas- saggi ? Una esposizione rapida ad una temperatura avanzata non pub che compromettere la vita del- l'embrione ; poiché sollecitandone lo sviluppo, i bachi vivono mal sani , e terminano piti presto. JJ esporli sul principio al calore della stufa insecchisce il gu- scio dell'uovo, e talora si propaga V aridità al ger- me, e ne resta vittima. Il dargli quindi successiivi gradi di temperatura , alternando quella dell'aria li- bera e piuttosto umida con la asciutta , e poco li- bera della stufa, è il miglior processo che V espe- rienza mi ha dimostrato. Esso viene anche indicato dalla natura , e di accordo alla rag-ione. Cosicché se la temperatura animale si potesse regolare in modo che le semenze de' bachi la soffrissero gradatamente, il miglior metodo sarebbe quello praticato dalle no- stre donne per farli schiudere mettendosele nel loro seno. ( 258 ) III. Dalle ore 12 alle i6 portai (1) la temperatura della stufa a gr. x6: alle ore 16 la riportai alla fine- nestra nel modo come sopra. Dopo alcuni minuti osser- vai la semenza colla lente, e presentava già l'aspetto dell' animalizzazione, cioè il guscio assottigliato, e di- steso lasciava vedere 1' embrione consistente in un grigio rosso-nero. Attesi fino alle ore 18 , e poscia le misi nella stufa riscaldata al medesimo grado j e cosi le mantenni per tutta ìa notte. IV. La mattina del dì 9 la temperatura della stufa si era alquanto abbassata. La ristabilii tosto e poi la elevai a g: 20. Alle ore 17 avendo osservato il seme, presentò due soli animaletti , che bentosto andarono sopra talune tenere foglioliue (2). Esso era già gonfio, e qualche uovo presentava 1' apertura libera all' usci- ta dell' animaletto. Feci restare il tutto cosi fino alle ore diciotto e mezza, ed indi lo rimisi nella stufa ri- scaldata a gradi 19 (3). Alle ore una e mezza della notte visitato il seme. (/) // Termometro segnava gr. iS. Il cielo era sereno Il vento Nord era mite. {2) Ciò non col disegno di tenerli, ma con quello di osservarne la durata. Non vissero , che 24 ore. {3) Il Termometro all'aria segnava: g. 21. Il Cielo era sereno. Il vento Nord si faceva sentire alquanto dolce. ( 259 ) non presentò alcuna novità. Si è mantenuto lo stesso grado di temperatura , ed alle ore quattro V ho restata permanente in questo grado per tutta la notte. V. La mattina del di io (i) si è ristabilita la tem-_ peratura della stufa che trovai abbassata di quattro gradi , e la mantenni cosi fino alle ore sedici- In questo tempo ricondussi il seme alla solita esposizione del mezzodì, facendovelo rimanere sino alle ore ig. VI. Nei visitare il seme di buon mattino non rin- venni alcuno animaletto, ma dopo due ore ne tro- vai dieci. Da quest'ora in poi continuò la schiusa, ed a mezzodì n'erano sortiti più di trenta (2). Con questo processo continuai fino al giorno 12 inclusivo , rimarcando sempre che la nascita de' ba- chi si effettui va dalle ore 12. fino a mezzodi (3). (/) // Termometro segnala g : ig R. Il Cielo era sereno. Il Vento Ovest spirava dolcemente. (2) Ciò per lo stesso principio esposto, e per- chè la temperatura naturale rwn agisce certamente come V artificiale. {B) Questa legge ammirabile è costante in fat- te le operazioni della natura. La vita di tutti gli esseri viene rianimata dal momento in cui comincia ad albeggiare il mattino , decade col decader del sole dal meridiano. Osserviamo ciò anche nello stato di malattia , mentre tuit' i viali di stenica natura si esacerbano durantino queste ore medesime. ( 240 ) VII. Fu in questo giorno, che alle ore meridiane divisi il seme di lutti tre i numeri (i) in due uguali parti ; depositandone una nella stufa riscaldata costan- temente a gr: 20. , e dell'altra la feci portare nel petto da una donna in una temperatura di gr: 21. Cosi continuata 1' operazione fino alle ore quattro , visitai il seme dell' una , e dell'altra divisione. Quello però portato nel petto presentò alcuni pochi bachi , men- tre r altro dimorante nella stufa non ne presentò al- cuno. La notte furono lasciati entrambi nella stufa a gradi 18. (2). La mattina seguente non rivvenni animaletto alcuno , ma dopo un' ora appena comin- ciarono tutte e due le divisioni a formicolare fino a mezzo giorno. • - . , , ^^r- VIII. L'operazione fu continuata costantemente (y) // Numero / . indica la semenza di pri- ma qualità , che nel bagno si precipitò tutta — // N. 2 è quella di mezzana sospensione-- Il JV. 3 addita il seme galleggiante , che avrei dovuto gittare , giu' sta i consigli del P . Onorati. È rimarchevole in- noltre , che dopo i primi dieci bachi lo sbuccia- mento successivo fu maggiore in proporzione nel numero 2. , e 3. che nel i. {2) Era necessario che le semenze tenute ìiel petto delle donne durante il giorno , fossero state depositate in luogo caldo nella notte ; ed a me pare non potersi scegliere luogo migliore della stufa. ( 241 ) fino al giorno 19. , in cui finirono eli schiudere tutte le semenze tenute nel petto , ad eccezione di quelle chiuse nella stufa, che terminarono di nascere il di 26. IX. E da riflettersi pertanto, che il seme del nura. Ili fini di schiudere tre giorni prima degli altri, tanto tra quelli tenuti nel petto , che tra gli altri della stufa. X. Terminata la nascita, tenni separate fino all'ul- timo tutte le varie divisioni già menzionate , ed ecco quello che ho raccolto. I bachi provvenienti dalle uo- va galleggianti ebbero un esito tanto felice quanto potea sperarsi dalle più scelte , e fu da questi che ottenni pure il primo bozzolo. Quelli del num. II e III diedero contempora- neamente i primi bozzoli , e salirono su le frasche nello stesso tempo. Da quanto si è esposto nel metodo tenuto , par- rai potersi conchiudere , che la nascita de' bachi per mezzo della stufa , oltre che ritarda 1' operazione, va soggetta a' parecchi inconvenienti , che formano il sub- bietto del capitolo seguente. oue 1 3i ( 242 ) /'i ; CAPITOLO II. Particolare tratlainento onde meglio riuscire nello ;: ; ■!) o rr- schiudere i bigatti. ì .' *•'■■ ■' '- ;^■■• . ^.. ; :;'i(j ili 1;^: •. . •. ..; ... : A- .Hìclandosi l'operazione ad individui non periti , la temperatura non sarà mai gradatamente, e regolarmente mantenuta; i. perchè il bisogno di un'alternativa fatta già rimarcare nella nota 2. non sarà né adempito , uè ben operato; e 2. trovo anche la più grande difficoltà di sperare da tutti una stufa ben costrutta, qualora gl'industriosi de' bigatti non fossero a giorna de' lumi della fisica. Per lo contrario il metodo comunemente prati- cato , oltre 1' essere più facile e più spedito , lo tro- vo comrpendcvole per le seguenti riflessioni. 1. Il calore animale, lungi dal seccare il gu- scio delle uova , e rilardarne lo sviluppo , le ammol- lisce col traspirabile di cui è sempre accompagnato. 2. Somministra con tale mezzo anche al germe un' umido necessario al suo sviluppo , mentre il calore della stufa glielo toglie 3. Chi non conosce quanta in- fluenza abbia 1' elettricismo animale nel dare i primi momenti di vita a tutti gli esseri? Ho rimarcato in effetti che fino alla prima muta i bachi nati nel petto furono sempre più vigorosi degli altri; ed in prose- guimento offrirono anche qualche diifcrcnza. Solo è d' avvertirsi ^ che la temperatura del petto delle don- ( 243 ) ne è troppo avanzata per farla sperimentare a' bachi tutta in un tempo. Sistema contrario certamente a quello della natura. Ma si può conseguire lo stesso oggetto senza andare incontro a questo errore , che per altro non può dirsi intieramente nocivo. In vece del petto si può adattare il pannolino , dentro del quale sieno racchiuse le semenze , al femore di una donna , cominciando dal situarlo al poplite , e por- tarlo mano mano fino all' inguine , e ciò fra Io spa- zio di trenta in quaranta ore. E ordinario costume tra noi di riporre i bachi appena usciti in alcuni Canestrini , e coprirli per gua- rentirli dall' aria fredda , ciocché realmente non è no- civo. Mi sono accorto in effetti , che alcune donnic- ciuole hanno fatto perire i loro bachi subito nati per il solo genio di tenerli esposti ad un' ambiente libe- ro. E poi condannevole di passarli rapidamente da questo stato dì perfetta covertura , e dopo cinque in sei giorni , all' aria libera e dominata da molta luce. Tutto dev'essere operato a gradi successivi, e non molto rapidi. ( , rtrioÌKi"..' < { 244 ) CAPITOLO III. Delle JBìgalliere. ie Bigalliere usale presso di noi ( parlo della provincia di Lecce ) sono tali , clie non merite- rebbero la pena di farsene menzione. Basterebbe solo conoscere la condizione de' bigattieri per essere a pieno informali della costruzione , e della tenuta delle stesse. Quando si sa , che ne' giardini , o ne' piccioli villaggi si fa 1' industria della seta ; si rileva facilmente , che qualunque rustica casa viene desti- nata a quest' uso. Che in questo medesima luogo coabitano molti individui ; che accanto alle rustiche abitazioni degli uomini vi sono quelle ancora dej^li ani- mali ; che spesso alcuni animali domestici , o resi tali sogliono ancora tenersi nel medesimo luogo togli uo- mini e con i bachi ; che la cucina , ji cellaio , e qualunque riposto, od officina , spesso si uniscono in un medesimo tetto , od al più in due luoghi coU'- tigui e comunicanti; che 1' esposizione di questo abi- tato è accidentale , e spesso senza una libera ' venti- lazione , oppur dominato da' venti , senza difesa , e cose simili. Dopo ciò non v' ha chi non vegga a quali accidenti viene esposto il prezioso animale , che rende alle società il più bello materiale dell' ornato , e del lusso. Ogni stanza comunque condizionata cosliiuisce e 245 ) ■ l' infelice tetto de' bachi j ed ogni banca , tavola , gra^ liccio , ed in una parola ogni mal combinato piano di qualsivoglia materia costituisce il letto del delicato animaletto in questione. Ogni inesperto contadino , che possegga de' celsi, si arbitra a schiudere i bachi ; ogni donnicciuola di corto intendimento vuole rendersi aia del nobile produttore della seta. La loro inespertezza vieu pa- gata dalla perdita del tempo , delle fatiche , del con- tante ; e quindi si arretrano , e fanno guardar l' in- trapresa coli' idea del pericolo. Ecco una delle sor- genti non piccole, per cui l'industria della seta è andata a poco a poco a mancare. Or mi si presentarebbe una propizia occasione di far conoscere le varie sorgenti, , dalle quali è nata la mancanza di questa industria nella provincia di Lecce , che in altri tempi ne ha fatto un commercio attivo, e che coli' andare degli anni finirà questa preziosa derrata , perdendosi i pochi alberi di moro esistenti , e l'arte di crescere i bachi. Riflettendo però, che questa idea mi condurrebbe fuori i limiti del mio argomento , me ne riserbo lo sviluppo ad al- tra occasione , e per ora mi contento solo averla accennata. I metodi praticati onde ottenere la più abbondante, e sicura raccolta de' bozzoli , sono quegl' islessi , che si eseguono per averla assai scarsa. Tutto resta soggetto all' eventualità , per cui comunemente dico- no i nostri bigattieri , che bisogna pregare il Cielo a mandar tempi felici per raccogliere il frutto del- ( 246) ìe proprie fatiche. Debbo però nel tempo stesso fa- te giustizia ad alcune donne diligentissirae , che col- l'aver ripetute volte , e per anni educato i bachi ; sono divenute pratiche in modo , che possono piut- tosto dare , che ricevere istruzioni. Intanto tutta la loro diligenza consiste a mantenere le loro bigattiere nette , senza odori spiacevoli di sorta alcuna , gua- rantirle dall' impeto de' venti , e mai far mancare a* bachi il proporzionato alimento. Se avviene però un rigido vento di Nord , od un fastidioso ed umido Sud-Est , mancano di ogni espediente , e di qualunque risorsa. Volendosi suggerire ora metodi nuovi , io non sa- « prei far altro , che recapitolare quanto si è detto se- paratamente nel curare , e prevenire le diverse ma- lattie , e raccomandare col più grande interesse la mondezza della bigattiera , ed una diligenza nel corso '^ delle meteore per riparare attristi effetti delle stesse, come altrove si è avvertito. Lo estendere al di là del numero delle persone, che possono attendere all'educazione de' bachi, la quan- tità de' medesimi , fa si che non si possan questi pu- lire, e mantenere come si converrebbe. Egualmente fa d'uopo proporzionare l'estensione della bigattiera alla quantità de' bigatti. Ecco perchè si osserva co- stantemente , che la quantità del prodotto non se- gue la diretta ragione de' bachi schiusi. Coloro , che si limitano ad una piccola quantità, ottengono in proporzione maggiore prodotto. Senza ( 247 ) andare alla lunga , 1' esperienza mi ha dimostrato che per ogni oncia di semenza , bisognano otto persone dal primo all' ultimo momento , compresi in uno i rac- coglitori delle foglie , e quelli che devono attende- re al pulimento delle medesime , ed all' assistenza e governo della bigattiera. Lo spazio poi per la stessa quantità dev' essere di quaranta palmi quadrati. Quando lutto ciò, che si è avanzato, viene esatta- mente adempiuto, io sono sicuro che il numero de' boz- zoli, e la qualità della seta avrà felicissimo risultamento. Resterebbe ora a suggerire un piano economi- co, e finanziere per rianimare 1' industria della seta in questa provincia , che in altri tempi fu floridis- sima. Ma questo sarà descritto a parte , e formerà r oggetto di altra memoria , che avrò il vantaggio di dirigere a cotesto Reale Istituto d'Incoraggiamento alle scienze naturali. Non sarà discaro intanto , che io qui riporti Io slato di questa industria nella mia Provincia dal i8i5. al i8i8.-, perchè si rilevi quanto essa sia minorata^ ed iu quali luoghi viene più mantenuta. { 248 ) COMUNI. quantità' di seta estratta NEGLI ANNI, IN LIBfiRB. OSSERr^ZIONL i,8i5 i8i5 1817 18.8 Lecce )) 40 140 i3o 20 40 3o » 5o 40 >t 40 140 i3o 20 40 3o \) 5o 40 i> 20 5o 60 12 j5 i5 » 20 30 40 3o 3o 40 is 60 3o 20 3o )) È rimarchevole, che men- tre in tutti gli altri paesi decresce progressivameute la quantità di seta estratta , in Maglie risale. Ciò è l' ef- fetto delle grandi cure , e diligenze di una Signora che tà tale industria. Lecce non si trova se- gnato d' aver cacciato seta negli anni scorsi , perchè r estrazione si è fatta in Monteroni , ov* esiste esclu- sivamente per la Provincia l'arte di estrarla. Neil' anno 1818 io feci ivi trasportare la fornace per richiamare r atteiuione del Pubblico. Monteroni Giuliano Riiffano Galalina Lucugnano Sanarica Castri S.Pietro in Lama. ToiAlI... ^ 490 490 3IS 292 COMUNI. quantità' di seta estratta in ACOSTO da' bachi di I. sorte , ^BGLI anni , IN LIBBRE. OSSERFJZrONJ. iSi5 j3 1! " : 1816 1817 i3i8 Maglie 18 )) 3 E pure reffetto delle cure della signora N.N. il risul- tamento esposto nella pre- sente tavola. Sarebbe van- taggioso estendere questa specie di bachi tardivi, per- chè si possono alimentare colla foglia di seconda sboc- ciata , ed ecco minorato l'esito; perchè questa non si compra. Susursano Ruffano Totali. . . i3 i8 i5 5 ( 249 ) Sul modo di togliere la patina oscura dalle ak- tiche monete di argento. memoria del socio ORDINARIO SIGNOR FRANCESCO LaNCELLOTTI. LeTTA NELLA SEDUTA DE' i6 GIUGNO 1820 (l). Vjrli uomini di merito attirano costantemente l'am- mirazione, la Stima, e l'amore diluiti. Ciascuno si affolla a tributar loro i suoi rispetti ; ciascuno si af- fatica a dimostrar Icro quella viva sensazione , che nel suo animo viene impressa dalla loro dottrina e dalla stima , che il pubblico ad essi accorda ; e ciascuno in fine vorrebbe distinguersi alla loro presenza per rice- verne una soddisfacente approvazione. Quando intesi , che il celebre professore Scarpa, onore dell' Italia , avrebbe assistito ad una nostra Ses- sione Accademica , si risvegliò anche in me il vivo desiderio di fare omaggio ad un uomo di tanto me- rito , testimoniandogli la mia stima e venerazione. Considerando quindi , che non vi polca essere cosa più grata per un letterato del suo calibro , se non (/) Questa memoria in unione di altre fu letta nella felice circostanza dell' intervento dell' immortale Professore Cav. A. Scarpa , Socio Corrispondente di questo H. Istituto p alla seduta suddetta. Nota del Compilatore. 32 ( 25o ) quella di vedere sempre più aumentala 1' utilità delle scienze per mezzo delle interessanti applicazioni di esse ; mi sono aflrcltato a far conoscere la maniera di togliere quella patina oscura , che si lro%'a formata dal tempo su le antiche monete di argento , sin'ora a noi sconosciuta. Io presento questo sbozzo di lavoro an- che prima di averlo manifestato nelle mie lezioni di Chimica applicata alle arti ; e quindi anche prima che esso fosse inserito nel giornale , che per sifiatti pubblici lavori io fo conto di dare alla luce. La celebrità degli antichi abitatori delle nostre contrade, e le antiche magnificenze degli stessi han reso interessantissime non solo presso di noi , ma anche presso tutte lo altre più colte nazioni le loro reliquie, e con ciò preziosi tutti gli oggetti di antichità , che presso di noi si trovano abbondantemente seppelliti. Fra simili oggetti occupano senza dubbio un luogo ben distinto le monete di ogni genere, che sotterra si rinvengono nel Regno di Napoli e Sicilia. Tra queste ve ne ha una quantità di argento, e moltissime di esse sono coperte da una patina griggia, tendente al violetto, la quale non solo deturpa le medesime; ma ancora rende le impronte tli esse iticapaci di essere cono- sciute. La cosa va tanto olire , che spesso si vende agli orefici una quantità di queste monete a peso di argento, per non poter distinguere ciò, che in esse sta impresso e per non avere un mezzo , col quale pos- sono pulirsi,, scovrendone la snperlieic raetaUica. Il primo che mi parlò di tale inconveniente fu ( 25» ) il nostro insigne letterato, il Tenente Colonnello signor D. Giuseppe Saverio Poli, antico istruttore di S. A. R. il Duca di Calabria , ed attuale Presidente di questo Reale Istituto , il quale ebbe anche la bontà di favo- rirmi tre monete amiche di argento macchiale , onde eseguirvi sopra gli opportuni sperimenti : ed il secondo fu il signor canonico D. Andrea do Iorio, Ispettore gene- rale della Pubblica Istruzione, notissimo per le sue let- terarie produzioni , al quale ho pulito circa una cin- quantina di monete coperte interamente dalla soprad- detta crosta. Il primo trattamento, che io feci sopra queste monete, fu quello di soggettarle all'azione di quegli acidi, che attaccano l' ossido e non già 1' argento ; perciò le gittai negli acidi idro-dorico, solforico, ed acetico, ma sempre inutilmente. Trattai le medesime anche col- l'acido nitrico bastantemente concentrato , e neppure restò attaccala la designata patina. Quelle che ave- vano sulla loro superficie , ed aderente all' indicata crosta, una porzione di carbonato terroso, facevano effervescenza cogli acidi sopraccennati ; e su le altre , in cui non vi era terra, non si conosceva azione ve- runa mercè gli stessi reagenti. La soluzione di potassa molto concentrata fu del pari adoperata da me a tal uopo, ma sempre inutilmente. Posteriormente mi venne in pensiero, che la patina oscura sulle monete di argento fosse un sale di questo metallo insolubile : e siccome 1' ammoniaca liquida scioglie la maggior parte de' sali ■ di esso insolubili •, cosi cominciai a trattarla con ( 252 ) questa. Vidi con ciò , che a poco a poco si staccava dalle monde la descritta crosta , occupando il l'ondo del vaso , dove eseguiva tale operazione , sotto la fi- gura di una polvere griggio-oscura, rilucerne metal- lica , insolubile nell' ammoniaca a guisa di tanti pic- cioli cristalli insieme riuniti , e pel suo aspetto ras- somigliante c[uasi interamente all'Ioide. Dippiù mi avvidi , che se qualchcduna di queste monete, su la quale non erasi ali' intutto scovcrta la superficie dell'argento per mezzo dell' ammoniaca, fosse stata immersa nell'acido idro-clorico ; si oscurava nuo- vamente quella parte metallica che si era già pulita, e che , tuffandola di bel nuovo nell'ammoniaca , tor- nava a scolorarsi. Osservai ancora che alcune di esse , immorse nel- l'ammoniaca, dauno un abbondante precipitato azzurro, facendo conoscere chiaramente molta quantità di rame. Dopo ciò il miglior processo, per togliciB dcille anti- che monete di argento la palina oscura, che le ri- copre , è quello di metterle prima ncll' acido idro- clorico ; e poi nell'ammoniaca liquida, stropicciandole dopo qualche tempo con un pannolino sino a che le medesime siansi rese interamente nette, e pulite. Dagli sperimenti die su le stesse lio praticato , parmi di poter trarre le seguenti conseguenze : 1. Che non tutte le monete da nettarsi soniraiuistra- 310 gli slessi segni di abbondante rame per mezzo delF ammoniaca, sembrando che ciò accada soltanto, allor- ché sieuo state insieme con le antiche monete di rame: « ( 255 ) 2. Che la natura di una tale crosta non sia quella (li un ossido o di un sale di argento , ma pare piut- tosto un solfuro di questo metallo. Aveva raccolto una quantità di siffatta patina , onde decidere con una. certa esattezza della sua natura; ma un caso non preveduto 1' ha fatto dissipare. La mancanza del materiale , e di un esame più maturo su di esso , mi aveva sin' ora trattenuto dal pubbli- care la presente memoria. Ma il vivo desiderio di pre- sentarvi , ornatissimi Colleghi , un' utile applicazione della Chimica in questo giorno, che sarà sicuramente segnato nei fasti della nostra Accademia per la pre- senza del degno Professore che assiste alla nostra tor- nata •, non mi ha fatto badare ad altri riguardi, riser- bandomi perciò di dare in proseguimento altre diluci- dazioni su l'oggetto in disamina. IN eli' attuale epoca delle nostre conoscenze scien- tifiche , è bastanieineute noto , che tutte le antiche invenzioni e scoperte ebbero origine dal caso ; ed oggi sono il frutto della riflessione , e degli sforzi raoltiplici de' letterati. E anche noto, che le circostanze particolari , ed i bisogni locali non solo aguzzano la mente de' dotti; ma rendono applicabili molte di queste scoperte solamente in alcuni paesi. La Chimica intanto nata dall'azzardo e dalle ripetute osservazioni; fatta adulta per mezzo della spiegazione, e dell'accrescimento di tanti utili processi, che formano l'insieme delle arti; ed ingigantita per la mollipli- cità 5 ed utilità delle sue vantaggiose applicazioni , ( 254 ) non solo alle scienze naturali , alle arti medesime, ed alla ec!,; omia domestica , ma anche a finii bisogni della Vira; si rende ora utilissima particolannen(e presso di noi in molle occasioni risguardanti ie antich?^ : - ■ ' i> ■•■> ■ X\cca forse meraviglia, Socj rispettabilissimi, clie ne' nostri tempi le scienze Fisiche abbiano dato passi cotanto giganteschi. Sembra in vero, che la natura sia divenuta nella nostra epoca meno £?closa nel custodire i suoi secreti. Essa, mostrandosi troppo benigna a que' genj , i quali formano il decoro della colla Europa , non ha fatto che corrispondere agli sforzi delle loro investi- gazioni , permettendo loro di spargere qualche v?-j§io di luce fra le folte tenebre, che adombrano i suoi mi- steri. Iwo spirito di costoro , dietro Jc tracce di una severa osservazione, e sull'appoggio di un piccol nu- mero di veri fatti, i quali scintillavano , per così dire , fra un gran numero di essi non veri , o mala- mente interpetrali ; presentò una base tanto solida alle scienze naturali da poterne poi sperare il più lode- vole ingrandimento. La raccolta di una quantità di fatti guardati nel- l'istesso aspetto, in cui la Natura li presenta , diede ori- gine alla Chimica. Col paragonarli fra loro , onde co- noscerne minutamente i rapporti , e tirarne quindi de' principj generali, venne questa a prendere l'aspetto I ( 257 ) di ima vera scienza. Non fa dietro la riunione di una gran quantità di osòervazioni ben fatte, che il grande Lavoisier ne giltò le basi ? Il suo genio , fornito de' lumi della più acuta osservazione , seppe in maniera accrescere l'arredo delle chimiche conoscenze , che essa da bambina ch'era, si vide tra poco tempo nello stato il più adulto. Le osservazioni poi di tanti Filosofi , che alla chi- mira successivamente si applicarono, furono Forigine di grandi scoperte , e dell' esatta conoscenza d' innume- revoli fatti, che riuniti insieme formano il grande di. questa scienza. Se dunque un picciol numero di fatti bene osservali le servi di culla, ed un gran numero di osservazioni ne stabili 1' ingrandimento; sarà fuori di ugni dubbio , che una raccolta di ulteriori fatti la farà giungere al suo più grande pertezionamento. E lungi da me, ornatisshni Socj , la pretensione di poter in menoma parte contribuire co' miei tenui lavori al di lei avanzamento. Stimo però degne dell'attenzione vosUa alcune mie particulaii sperienze, istituite su di una sostanza già da tutti conosciuta , qual' è il lode. Farò dunque rilevare nella massima brevità la sua esistenza in una pianta , in cui niun Chimico finora l'ha supposta, e la nianiera più facile di ottenerla. Il lode fu scoperto da Courtois nell'atto che ver- sava l'acido solforico su le acque madri della Soda Vareck . Wollaston fece conoscere il processo come estrarlo : e si credè fin d' allora probabile , che , es- sendo quest' ultima il risultamento della combustione 55 ( 258 ) di varie specie di fuchi , doveusi in questi parimenti rinvenire il loJe. L'analisi del Varcck falla da Mac- quer , e Poulletlier della Salle ( Dlct. de C/iiinte, toui. 2, pag. 555) con tutta quella precisiune , che potevasi desiderare da questi savii Chimici, non in- dicò che iinperfeltamente la natura di queste piante ; avendo eglino diretta la loro analisi sopra la riunione di più specie di piante , spettanti a questa famiglia, e non già particolarmente su ciascuna eh esse. La scoperta del lode nelle a( que madri della so- da Vareck impegnò i Chimici a rintracciarlo in quel- le piante stesse- , da cui questa ottenevasi. Oltre di ciò essi proposero come un problema da risolversi : cioè se questa sostanza fosse un prodotto della vege- tazione de' fuchi; o pure esistesse nelle acque del mare, dalle cjuali venivano innaOiati. L'analisi delle ultime, fatta da Bouillon-Lagrange , e Vogel , non produsse su di ciò alcun utile successo. Siamo tenuti a Gaullier di Cloubri , il quale dietro nn Alaggio intrapreso a questo proposito verso le coste della JNLormandia, per- venne alla soluzione delF anzidetto problema. Questo Chimico coailiuvalo dal dottor Lesauvage, abile Bota- nico di Caen, intraprese l'analisi di sei specie di fuchi, che abbonciuiitemente si trovano in que' luoghi. Le sue riccn ho furono dirctle ad esaminare: Nella fami^lia c't-llc [live, rf/Vi-vf Sacc/iarina { Fiicas saccharimiH ) , e V UU'U digita Ui ( Facus digltalus ) ; In quella i'elle Varcck, il Facus vcsiculosus , serralus , e silicjuosus ; ( 259 ) In quella de' ceramj , il Ceramìum filuni , ( Fucus filuin , Lin . ). Il Sig. Goulticr dedusse da queste spericnze ana- litiche, che il lode esisteva in queste piante nello stato di acido idro-iodico , e imito alla potassa ed alla ma- gnesia. Dippiù nel Fucus saocharìnus egli trovò: I solfali di potassa , — di soda e iiiagnesia ; GÌ' idro -clorati di soda e potassa ; II solfito solfurato di potassa ; e GT idro-iodati di potassa e magnesia (i). I C'iiniici in seguito, parlando dell'estrazione del loikì , non han fatto che ripetere ciocché Courtois e fìMnliicr avevano eseguito; ed hanno considerato! fucili come le sole piante che potevano somministrare questa sostanza. Ma ninno ignora quanto estesa sia la famiglia delle Alghe , piante Crittogamiche , a cui essi appartengono , vegetandone una buona quantità di loro Tiplle acqne del mare, e nelle dolci; mentre le altre trova usi sulla superficie della terra ne' luoghi umidi ed ond^rosi. Un gran numero de' medesinii rinviensi lungo le rive del nostro Mediterraneo , ed in quelle dell'Adriatico: anzi alcuni appena sono capaci a dare il menomo indizio della presenza del lode, e gli altri ne somuìinistrano una tenue quantità. Penetralo intanto da tali verità , ed animato da un vivo trasporto che ho per questa scienza ; non che (') Annali di Chimica, tom. 90. ). ( sGo ) sliniolato dal desio di poter oUeuero una quaiitiià eli lode, ondo render nota la sua conoscenza a'miei alìii vi, poiché presso di jioi manca affatto la soda Varcek ; non ho trascurato mezzo alcuno per estrarlo dalle nostre piante indigene. Per cui essendomi trovalo a diporto in un luogo della costiera, che guarda il Mediterraneo, virino il golfo di Salerno*, vidi in diverse spiaggie di essa una graiide quantità di quella pianta marina co- uosciula da'Butanici Cid rome di Zostera Oreanica, Lin.-, o pure Caulinla Oceanica, Pers. , vulgjirmeutc chiamata Alga marina. M'iinmaginai che questa avesse potuto contenere il lode ; perciò ne feci animncchiare una quaiuità, clie , avendola riunita dentro gfineavi di alcuni sassi a larga superlìcie , vi adHìini un sol- fanello acceso per poterla bruciare , ed indi ricco- glierne le ceneri. La combustione fu sì viva, che iu poche ore mi riusci di bruciarne più cantala. Le ceneri raccolte furono lissiviate con acqua bol- lente. Decantato il Ilc[iiiflo_, io svaporai (ino a rlie apparve su la sua superficie una leggiera crosta sa- lina. Questo liquido aveva un sapore sulle prime salso, ma poi molto mùnoso e caustico. Vi gittai dell'acido solforico , affinchè avesse potuto saturare la soda , e rimanervi in un leggiero eccesso di essa. Indi riscal- dato il liquido in un matraccio, si videro subito com- parire i vapori violetti , i quali mi fecero conoscerò P esistenza del lode nel lissio. La facilità, colla quale questo liquido appena ri- scaldato sviluppava abbondauii vapori violetti , mi ( 26l ) dimostrò , che doveva conteacre una maggior quantilà di lode in preferenza delle piante sinora poste a pro- fitto per questo obbietto. Mi decisi allora di ottenerlo con un processo alquaiito diverso da quello eseguito da' signori Wollaston e Gaj-Lussac. Imperocché ape- condo questi il lode si ottiene svaporando le acque, che contengono la Soda Vareck , finche non si de- ponga più sostanza salina , la quale è abbondante , ed è fornjata por la maggior parte dal cloruro di sodio. Allora si aggiunge sopra questo lissio, posto in una storta tubolata, alla cjaale viene adattata un'al- lunga ed un recipiente, un leggiero eccesso di acido solforico concentrato. Si riscalda il liquido gradata- monte , fintantoché si manifesti lo sviluppo de' va- pori violetti , i quali vanno a condensarsi nel collo della storia, nell'allunga, e nel recipiente-, ove rin- viensi il lode cristallizzato in piccolissime laminette. Queste si raccolgono , si lavano con acqua , che tiene sciolto un poco di potassa, e si destillano nuovamente. Il mio processo , abbastanza semplice, è fondato sulla poco solubilità del lode nelP acqua -, poiché que- sto liquido non è capace di scioglierne , che i 00007. Esso consiste nella unione del lissio della Zostera cal- cinata ad un leggerissimo eccesso di acido solforico posti dentro un matraccio , in cui viene adattato un tubo piegato ad angolo retto. Questo si fa comunicare col fondo dell'acqua, che tiene in soluzione un poco di potassa contenuta in una piccola provetta stretta ed alquanto alta, la quale si può tenere in un bicchiere. ( 2G3 ) che contenga un poco di neve. Basta riscaklare grada- lainenlc il matraccio con una lampada ad alcool lìiichè il liquido entri in ebollizione , onde si inauiFeslasse una schiuma, la quale rompendosi in varie pani, la cor#|iarirc il vapore violetto. Ciò posto, lo sviluppo del lode si esegue tutto ad un tratto , osservandosi lungo il tubo, adattato sul matraccio, sotto 1' aspetto di tante piccole laininctte lucide del colore della piom- baggine. Dopo pochi jninuti secondi , proseguendo l'ebol- lizione del liquido, il vapore acquoso trasporta il lode uel fondo dell'acqua dentro , la provetta, ove, sepa- randone questo liquido , si raccoglie. L'operazione allora è fui ila , e fa d' uopo sospenderla , in aliro caso si avrelibe la soluzione dtl lodo nell'acqua, fa- cilitata dall'acido Idro-clorico , che in vapori dal ma- traccio vi passa. Dippiù se allo stesso li.'"sio si ag- giunga una metà di acido solforico, per lo innanzi im- piegato, ed indi si faccia iiuovamente riscaldare sino al suo bolliilicillo ■■) si olUirù nuovo lode uclici pro- \etta. Tale processo potrà ripetersi eoa vantaggio an- ello per la terza volta. Con questo mezzo, oltreché r operazione è meno tediosa ; ner;iarc vi è bisogno di depuraìlc) colla seconda dislilLizioiio. Con qurst' ultinu) processo non vi è p riroìo, che mcno!;in pai'lc (ti esso si disperda ; gutrehè tutto va a rac.'ui.'lirr.si in i'onna di pi'ecinilalo nei 'ondo de! li- quido della provetta. Al contrario, secondo il pri et s'^o de' Clìiuiici sopraccennati , una quantità di lode si dijpcrdc, restando nello slato di piccole laniiuelte, ade- ( 263 ) tenti alle pareti del recipiente dell' allunga , e della storta. È anche cosa particolare a riflettersi , che lo ceneri dilla Zostera Oceanica, di cui mi son servito per estrarro il lode , paro che contengano poco clo- ruro di Sodio ; poiché nel concentrare il lissio , fatto con 20 rotoli circa di cenere , non ho ottenuto che una mezza libbra di una sostanza salina , di un color rossastro, cristallizzala in parte sotto l'aspetto di piccoli cubi ,' la quale era formala da ^ di sotto-carbonato di soda (i). Nel presentare questo fatto a persone intelligenti, altro scopo non ho avuto in mira, che quello di fa- cdiiare in primo luogo Testrazione di una sostanza sin- golare, assai utile a conoscersi, particolarmente da' Gio- vani alunni della chimica ; e secondo di proporne eziandio l'estrazione da una pianta più comune ne nostri lidi marittimi , c[uale è la mentovata Zostera Oceanica. La medesima , siccome è nolo agli ultimi Botanici , non appartiene alla famiglia delle Alghe, ed in con- (/) -Li' Autore di questa Memoria , avendo ri- petuto gli sperimenti su la estrazione deW lode dalle ceneri della Zostera in esame alla presenza de'Socj componenti la classe di Fisica e Chimica di questo Reni Istituto; ha fatto loro osservare, che da una, libbra di lissio , avuto dalle medesime , si ottene- vano granelli nove della sostanza che ci occupa. Nola del Compilatore. ( 264 ) segucnza non dcvcsi confondere con i facìù. Tan top- più che e una pianta a fiore manifesto e non oc- culto, spettante alla classe Gynandìia , niS. all'ordine Polyandria, Liu. { JMonoccia Ilexandrca , Pcrs. ), e non già alla classe C/yploganiia, cui quelle appar- tengono. Ma io parlo a persone , le quali con tutto il decoro professano questa parte delle scienze natu- rali*, siccliò è inutile far rilevare quali altre osserva- zioni siansi portale snWa Zostera niodcsinia dagli odierni cultori di l'Iora, e specialmente dal nostro benemerito e defunto collega signor Filippo Cavolini , clic dietro la conoscenza de' su:)i fiori e frutti , la riporta alla classe Hexandrla JMonogyiiia di Liu. Solamente Isranio far considerare , clic siccome il lodo rinviensi in una pianta Fenogaina , quale è la Zostera , è pruba- Lile clie possa rinvenirsi in altre piante simili , aJ?!- tanti eziandio nelle acque marine , o pure nelle are- uose spiaggie do' nostri mari. Mi riservo in altra oc- casione di Uiuiliarvi, Sccj rispettabili>;simi, il risulta- mcnto di queste mie secondarie ricerche. ( 265 ) Descrizione di xjn utero umano Biloculare. Me- moria DEL socio ordinario SIGNOR FRANCESCO Fo- LINEA. LETTA NELLA SESSIONE ACCADEMICA. DEL DÌ 26 APRILE ]821. Eruditissimi Colleghi J_Jilucidare le verità conosciute , accrescere il nu- luero dell'esatte osservazioni, confermarne talune rare o soggelle a discussione, perchè credute equivoche, se non sono obbietti da meritare il posto delle utili invenzioni ; neppure credo , che debbano occupare ruliinio luogo nell'elenco delle produzioni scientifiche. Tale appunto mi sembra essere la breve descri- zione di un Utero umano biloculare (i), doppio comu- nemente chiamato , che in questo giorno ho 1' onore di presentarvi. E siccome gli anatomici non sono mica d'accordo fra loro cirea l' esistenza della vera matrice (/) Sono stato obbligalo di fare uso di tale vo- cabolo , desunto dalla tecnologia botanica ; perchè non mi è riuscito trovarne un'' altro , che avesse po- tuto esprimere meglio di questo la sopraddetta parti- colarità dell'utero umano. Soenimerring anche se ne è servito nel descrivere le due cavità degli alveoli de' denti mola,ri medj ( De corporis humani fabrica; ioni. I, pag-ini. Tr.'.jecti adMoenum,MDCCXCIV; in 8). r. , ( 266 ) umana duplicata ; cosi stimo indispensabile dovere di- videre il loio lavacro in due Parti. Nella prima delle quali farò rilevare : i. ciocche gli antichi padri della notomia pensarono su questo viscere ; 2. che talora la sua interna cavità si trovi divisa mercè un tramezzo in due spazii uguali ; 5. che altre vuhe , oltre la separazione mentovata , vedosi ])artil() fili' esterno in due lobi , più o meno profondi ; e 4. che il vero duplicato nello stretto seuMJ pare, che non ancora siasi osservato nella nostra specie. Nella seconda poi m'ingegnerò di descriverlo. ;. , P A R T E I. Idee descii' antichi. ?intonnsf,i. ^ 1^38, {3) Anthrop. ^ lib. n. , .- . ( 272 ) re ne riferisce un beli' esempio di figura bilobata (i). Liltre , sezionando una ragazza di anni dodici , si accorse di una separazione carnosa , perpendicolare, che dalla mela della vagina si prolungava sino alla soni- luità della matrice; per cui il di lei cavo olTriva due lunghi e distinti voli. La sua faccia esterna poi non mostrava alcun segno di spartiinento ; fuorché nel fon- do , che terminava disgiunto in due parli. 11 resto delle produzioni , che vi erano annesse, serbava la slrullura, e disposizione ordinaria (2). Giorgio Eisemmann iu quattro tavole notomiche ha fatto delincare un utero separato in due lobi (5). Levfling (4) ne ha registrato un altro esempio simile (5). (1) Inslruclioii iilih-' aiix sager, ft'/nrnes. (2) I/IsL eh: f A caci. Roj. des Scienc , an. jMDCCF , p. 47 • (3) Qiia.'tre tabfes an atomi ques reprvscn/anl une observaiion très rare d'une doublé matrice. Slasbourg, 1709. (-i) De iti oro bicorni . In golf,!.. , i y8 ì. [[>) Il nostro Collega , ed ottimo Professore di Chihirgia , signor Angelo Boccanera da Leonessa , '/ielle diìiiostrazioni notoniiclie , die ogni anno jjrc- senlava ad uti Jioritissimo uditorio, ebbe la fortuna di osservare un utero , che aW esterno aveva tutta T apparenza del bilobato. La divisione principiava dal sesto della sua lunghezza in avanti , iernii- ( 275) Utero umano bipartito (/), Dupuylren (2) ebbe occasione di sezionare nel suo anfiteatro notomico una donna di anni 38 , morta nell'Ospizio di Beaujon, in cui notò la particolarità se- guente. Egli vide una sostanza rossa , allungata, e prominente , che sporgeva fuori delle grandi labbra. La stessa poi occupava il di dietro della vagina, ed estenden- dosi con aumento di volume dalla parte superiore di questa , usciva dal suo orificio presso a poco per un pol- lice. Il muso di tinca era fatto da quattro, tubercoli nando in due parti arrotondite , Sparata la vagina , e praticato un taglio lungìiesso il collo , egli pose allo scoverlo V interna eavita , piana inferiormente , ed avendo due spazii curvilinei nel fondo a guisa di cupole. L'aia di siffatto cavo rassojiiigliava oAla fi- gura del nostro cuore, come lo dipingono pero gli artisti, ignari di notemia , o meglio si/nile a (Quello di metallo ad uso di lampade. Alla parte esterna, di ogni cavita vi era il forame della corrispondente tuba falloppiana. Le ovaia, e i ligamenli, largo e rotondo , erano disposti secondo il solito. {1) F. quando vedesi separato in due parti eguali , e distinte sino al di lui collo , il quale neW interno presenta il solilo tramezzo. Sinonimi. Uterus bipartitus. Lat. (2) JJict. des Selene . mèdie. , tom. XXXI ^ pag. i()3. Paris, 18 ic). ^„ 55 . . ( 274 ) sensibili nell'esplorazione , e separati da tlnc fenditure, ima traversale, e l'altra verticale alla prima. Intro- dotto il dito nel loro intervallo , si riscontrava nel mezzo un ostacolo, che Tobbligava a portarsi ne' lati, ove era un'apertura a dritta, e l'altra a .sinistra. il collo di questa viscera vedevasi semplice in sotto , e distinto superiormente in due parti fra loro lontane. Ad ognuna apparteneva un corpo rotondato del volu- me e (Iella figura di un utero ordinario, e ben con- formalo. Una tromba, un'ovaia, un ligameiito largo e rotondo, spettava a ciascuna banda. La cedevoli zzfi di uno degli orifizi! accennali fece sospettare al Uicn- tovato nutoinico, chela donna avesse dovuto partorire di fresco -, Uì a le indagini, cb' Egli ne prese , non fe- cero avverare il concepnto pensiero (i). (i) f^aUisnerl ella il ca.so di una donna , nel cui caJarero trovò , die'' cg/i , due matrici , càia- ranieute da una densa membrana fra se divise , enii due sole ovaie , e due lube falloppiane , die servi- vano a cadauna di esse. Jl pai raro e curioso si fu, che il collo di una era situato giusta la naturale posizione; mentre cj nello dell' altra si piegava verso r intestino retto. Quivi il secondo si ajjriva per un dito a traverso sopra lo sfintere dell'arto; ed il me- desimo non clic la di lui bocca offrivano tale lar- oliezza.che nel loro interno facilmente aninietlevano il dito indice (*). (*) Opric Fi iro-mecUche , toni, i, pag. oSy. P'efezia, MDCCXKXIK , in fogl. Diti, des ijticuc. uicdic. , ioni. XX.XI ; pag.igS. Paris, 1819. ( 275 ) Utero limano duplicato , o radoppiato (/). Osservazioni esatte e precise, che potessero conte'- starlo senza il menomo dubbio , per quanto è a mia conoscenza, sino al pt-eseoie non ve ne sono: qualora però mm \'ot,'liasi ricorrere alla razza degli animali bruti j prehso de' quali è frequentemente rad'loppialo J3ÌA è più volle. Imperocché i casi riferiti da Purcell, e Baillii , o );r(sei)lano cinalcLe laguna da ripianarsi j o pure non offrono i caratteri essenziali , onde essere ben dislinii e dassificali sotto la presente divisione. Io per altro gli ho registrati qui; ma non saprei, sé con giusto titolo meritino di rimanervi , o mèglio riportarli nell'articolo antecedente, come vi sarebbe stala tinta )a ra- gione a doverlo praticare. Eccone intanto le parlicolafilà. Il primo rilevò due itiatrici hél càdavoró di irnà gravida , avendo ciascuna Ib sue trombe -è la stià''^v'Sitó. Una cotitetìera xin feto' femmineo "ftr-'compiMV) svi- luppo; e r altra era vacua. Ambedue erano insieme conglutinate nella parte inferiore del loro collo. La vagina stava parimente divisa : nondiaieno la por- (/) Risulta da due malrìbì o perfettamente dis- giunte , 0 pure fra loro attaccate ; ma col carat- tere indispensabile , che ognuna abbia due tube' fal- loppiane , due ovaie, ec.,éc." '''''"- * Sinonimi : Uterus duplicalus j d'trplex ; cònduplii catus ; geminaius. Lat. ■■'"■^ .??;.;'\0 (t) ( 276) zione destra era più lunga e larga della opposta , gicTfT^m alihr.noriav.n i rolli (Il eìilrauibe; mentre la si- iiistra terminava cieca. Nella parete divisoria di que- sta ultima si trovò una fenditura, mediante la quale, da tulle e due le strade si poteva eseguire la fecondazione (i\ Il secondo dice , che avvenne talvolta , benché di rado , che nella stessa donna in luogo di uno , si trovassero due uteri ; nel qual caso essi avevano una sola ovaia ed una sola tuba falloppiana. Un tramezzo divideva la vagina in due canali , ognuno de' quali conduceva al proprio utero ; ma ciò non sempre ac- compagna questa spezie di rara conformazione (2). Ciò posto , couchiudo sul proposito de' pretesi uteri duplicati , e senza andare allegando ulteriori autorità , colle medesime parole del sempre celebre Haller, il quale cosi si esprime: Si fide s AucLorl- hus potest trlhui, etiam uteri vere bicornes , quales sunt in animalibus , in foemina visi sunt (3). (/) Transact. Philosoph. , voi. LXIF'j an. , ^774 , pag. 4y4- Conradi , op. , foni. , e part. cit. , pctg- i5o- (ij) Analom. palolog. , traduz. ital. , voi. 2 , p. 1.04 e spg. -Venezia , i8ig. {3) Opusc. PatUol. , nuin. LX. ! s?77 ) r A it r JL 11. Descrizione dell' Utero umano hilocuìare. La sua figura esternamente nulla annunziava di particolare , perchè avesse potuto richiamare 1' atten- eione del notoniista. Per quesl' obbietto l' osserva- zione, di cui passo a dare un succinto ragguaglio, è figlia di una fortunata combinazione (i). La sua grandezza non restò dubbio alcuno ncll' animo mio , ed in quello di chiunque abbia deside- rio di osservarlo , che il medesimo dovesse apparte- nere ad una femmina , che abbia procreato replicate volte (2). Di fatti , il fisiologo di Pergamo fin dal suo tempo ci ha lasciato scritto , che la matrice delle donne incinte varie fiate sia sempre più grande, e mas- siccia di quella , che si trova in coloro , che non han- no subito questa funzione (5). Ed a tal riguardo Al- (/) // Chirurgo dello Spedale degl'Incurabili ed accorto settore noloniico, signor Giuseppe Perrotta^ si compiacque regalarmi V utero, che ora descrivo. {2) Per quanta diligenza avessi potuto usare, non mi è riuscito di raccogliere alcuna notizia precisa a conto della medesima. [3) Eius ( Vulva ) , quae iam uterum gessit , crassior: crassissima eius, cui saepissime id conlingit, Galen. , op. cit., cap. Vili. ( s-'S ) berlo Aller soggiunge con iiinUa bavlciJHa , olio in stessa dopo il parto non rhonii nitii al suo amico voitniu' (i). L' ispezione esatta del pezzo , che aftiiahueiitc mi risguarda , vieppiù confermò quatitu fin' ora ho espo- sto. Poi( he la vagina di questa donna Ui)U mi pre- sentò quella tale sinmietria e disposizione di rughe , che si rinviene nelle vergini. l)tb1)o pt rò confessare che le stesse neppure erano così dislese e mallial'aie, s;ccome accade n;lle pidstiliMe. Ei^ii ò veroahre.i , che l'azione dello spirilo di vino, ove da un anno e più si e conservala, idiu cui tuttavia la è siCaila preparazione , abba produito un cerio corrugamento nelle fd)re si diqutsla pr^rle, «he in ([uelle dell' alira, di cui fra poco passo ad occuparn)i. L' orilii io esterno e '1 eolio dilla matrice presente, non mi somministrarono abun indi.do in contrario al già detto. Tulli e duo avevano dovuto indi^pcnsabil- inente soffrire , dietro le re-plirnle gra\if'nnzp e i con- tinui parti , una non lieve dislensione ne' loro tessu;i. Per ciò erano mancanti di qudia jiromiiienza , 'he è propria del primo; e di una maggiore elevatt-zza nelle rughe , disposte a guisa delle pinne di una fronda di j'clce , che trovausi nella parie anleriure e posleriore dtì secondo. (;) JS'uìiquani etiiiii Jilcrus , ex rjuo fu^liis edl- liis tu' , (.-i/'g/fici iiLcrl gracilifcileiìL rcct/^A rat . Clcm. Fhvsiuiog., luu). IX, lib. XXVill , pag. .^o. ( 279 ) Maraviglioso e degno di tutta l'attenzione era senza dubbio il tramezzo, che costituiva la divisione dell'in- terna cavila dell' utero suddetto. 11 medesimo incomin- ciava dal termine del suo collo , e si estendeva sino al di lui fondo; percui ne risultavano due celle, o pure vóti presso a poco uguali nella loro ampiezza, che rappresentavano inio spazio triangolare a destra , ed un altro a sinistra. La sostanza, che formava l'accen- nala separazione , alquanto incisa collo sparo nel suo- iticominciameiito , e molto doppia verso il suo termine;, non dii'fcriva punto da quella , che compone il men- zionato viscere. Ad ognuna delle parti laterali superiori ed esterne" de' cavi annunziati spettava ima irondia fallopiana. Indi seguivano nella ordinaria situazione le ovaia cor- rispondenti , poste una per ogni banda, ed avendo i loro corpi ( lutei ) gialli. Le altre appendici, spettanti- a queste sedi , non che i loro nervi , i vasi arteriosi e veijosi , ec. ec; nulla ni' indicarono fuori del solilo , e meritevole di essere notato nella circostanza attuale. Finalmente lascio alle ulteriori indagini de' Fisio- jogi fare l'applicazione di quello, che ho detto al fe- nomeno della superfetazione, il quale oggi è rimasto basiaiiipiuenlc assodato e discusso. •> • ( 280 ) CONCLUSIONE. Da quanto ho esposto in questa memoria si può concliiudere , che gli uteri umani , ( doppii così detti ), si debbano ridurre a* i bilocvlari ; 2 bilobati ^0 bi- parliti : giacche i veri duplicati siiiora , per quanto io mi sappia, non sono slati osservati e descritti. Spiegazione della Tavola. La figura designata rappresenta il pezzo, tal quale esiste dentro io spirito di vino , e delineato a gran- dezza naturale. a, b,c, d. Vagina non intera , ed aperta nella sua parte laterale destra. e, f,g, h. Utero sezionato nella parte superiore e media sino ai suo collo , ed indi sparato ne^ due lati. i, l: Lungliezza del tramezzo carnoso divisorio. /, ni. Cavità uterina destra e sinistra, ìi,o. Tube falloppiane. j] , q. Ovaie. r-, s. Ligamenti rotondi. t^ u. Plesso spermatico destro e sinistro. ^^3.':.v.*> ^>. t% ÌA.-,//, ,/,., 7:.„. ////^„, ..,.v ^JlUA»^''^ ( m ) Sul gas acido caubonico solforato. Mehoiua del socio OKOISAItlO SIGISOU PlìANCKSCO LaNCKLLOTTI. LkTTA NKL- liA SEDUTA DEL DÌ 28 GlUGiNO llj'il. Signori Impeonalo sempre ad accrescere il patri monio della scienza chimica che professo, pcrquuiilo almeno permet- tono le mie deboli forze ; voglio presentirvi in questa sessione accademica un nuovo fallo , il quale sicuramente non sarà privo di utili conseguenze , e quindi non merita esser disprezzato dai cultori della medesima. Esso aggirasi su la conoscenza di un nuovo gas , che io per i suoi com- ponenti chiamo gas acido carbonico solforalo. Per quante ricerche avessi praticalo non trovo alcu- no , che abbia sin' ora parlalo del gas , che in questo mo- mento fo conoscere ad una si colta Adunanza ; quantun- que lo slesso abbia dovuto passare sotto gli occhi di lut- t' i chimici non solo moderni , ma anche di quelli della più remota antichità. Ninna però delle opere classiche di Chimica , che sono a mia conoscenza , accenna 1' azione del gas acido carbonico sullo zolfo. Anzi Thcnard , de- scrivendo il modo d' agiro de' corpi su lo stesso , dice ; « Le soufro et 1' azote soni sans action sur lui (l) ». (1) Trattato di Chimica , ìeconda edizione , toni. 1 , pag. oo8. -yoy^-.'f 36 ( "i!l2 ) Di falli , allorchó si faccia slarc solfo e gas uciJo curboiiico in una campana , o pure si mescoli bene zolfo e carbonato di calco , e poi s' inlroducano in una bolli- glia ; col versarvi sopra l'acido solforico allunii,ato ; si ha il solo gas acido carbonico , restando Io zolfo non at- taccato. Ciò posto sembra , cbc sino a quesl' epoca non ancora siasi da' Cbimici conosciuta la combinazione dello zolfo col gas acido carbonico , formando un gas parti- colare. Sono circa due anni da che mi aveva prefisso di os- servare più da vicino quel gas , che si sviluppa durante la formazione del solfuro di potassa, infinite volle passa- tomi sotto r occhio , e gianunai da me esaminato. Aven- dolo finalmente esaminato con ricercatezza , ho trovato che il medesimo non era gas idrogeno solforato , come dimostrava il suo odore; ma pareva un gas dotato di pro- prj caratteri , e di particolare natura. Per questo riguar- do è , che io al presente esporrò prima la maniera di ot- tenerlo ; indi farò conoscere le sue proprietà ; ed in ulti- mo ne indicherò la natura. Pìeiìara%ione. S' inlroducano in uno slortino partì uguali di zolfo e sollo-carbonalo di potassa in polvere, ben mischiati insieme , e si faccia il lutto fondere ad una lampade, per ottenere il fegato di zolfo ( solfuro di potassa ). Indi si raccolga per mezzo dell' apparecchio idro-pneumatico il gas , che si sviluppa , dopo averne fatto uscire l'aria at- ( 283 ) mosferica. Esso presenta i seguenti caratteri , ed é il corpo che prcoilo a disamiiiure. Proprietà. Il suo odore è epatico , ma alquanto diverso da quello del gas idrogeno solforalo ( gas acido idrosoiio- rico ). È trasparente come i' aria atmosferica ; inutile alla combustione , ed alla respirazione ; pesante come l'acido carbonico, poiché si versa facilmente da un vase neir altro (l). Dippiù arrossisce la tintura azzurra di tornasole ; annerisce i' argento ; rende lallicinosa 1' ac(]ua di calce , formando il carbonato di quesl' ultima , preci- pita la soluzione di nitrato di argento in color bruno- oliva ; viene assorbito dall' ammoniaca liquida , intorbi- dandola ; finalmente si scioglie nell' acqua , comunican- dole il suo sapore appena acido, che sa di zolfo , ec. ec. In tale stato si osserva meno energicamente l'anneramento dell' argento. Avendo sospettato , che le accennate proprietà pò, tessero appartenere ad un miscuglio di gas acido car- bonico e d' idrogeno solforato , ho raccolto il suddetto gas a traverso dell' acqua di calce , coli' idea che que- sta assorbendolo dasse luogo alla formazione dell' idro- (1) Per mancanza di stì amento necessario non an- cora mi è riuscito di stabilirne il peso specifico. ( 2;ii ) . . solfalo (li ciilcc e del carbonato lielia medesima ; sepa- rando il secondo per la sua insoiubiiilù dal primo , ma neppure una piccola quantità dell' idrosolfato gi;\ dello lu) potuto rinvenire. Ilo introdotto una mescolanza dei gas in questione e di paro ossigeno , a parli ugnali , nel- r Eudiometro di Volta, ed avendola fatta attraversare dalla scintilla elettrica , non si è osservalo alcun indizio della presenza dell' idrogeno. Per lo che non ho avuto più il menomo dubbio , clic il gas , di cui parlo, sia una soluzione di solfo nel gas acido carbonico , cioò gas acido carbonico solforato. Anche riflettcìidn alla naltira de' corpi , ed all' ope- razione che dà luogo al suo sviluppo , si vede chiaro , che la potassa del sotto-carboaato , per unirsi allo zol- fo (1) , abbandoni 1' acido carbonico. Questo , trovan- dolo molto diviso , per la sua volatilizzazione cagionata dal calorico ; lo scioglie in jxirte , e seco Io trasporta nello stato gassoso. In tale occasione sembra accadere quello stesso, che si osserva nella formazione dell' alcool solforato. Imperciocché in quest' ultimo avviene , che , mentre lo zolfo non ò disciollo dall'alcool , se ne formi un composto , mettendoli in contatto nel momento della loro scambievole rarefazione. (l) Vauquelin è di avviso , che la potassa lasci anche V ossigeno , riducendosi in potassio , per unirsi allo zolfo. .,.,.. ( 2iJo ) Ho ripetulo i mcclcsimi sperim- \ ( 286 ) sare , che quello non sia il gas, che ora disamino (I). Chiarissimi ColIe<;hi , se mai trasportato dal deside- rio di scovrire nuovi fatti , sia caduto in qualche errore; spella a Voi il corrigs^erio , onde possa maj^c^iopmente ri- splendere e r onore della nostra Accademia , e quello della intera Nazione, P. S. Non avendo riscontrato che le opere di re- cente data de' Sii^nori Thenard e Thomson , i quali sono di avviso , che il gas acido carbonico non abbia azione alcuna sullo zolfo ; pubblicai la presente memoria. Indi essendomi passalo per le mani il secondo volume delle conoscen%e chimiche del Signor Pourcroy , vi ho rinve- nuto un semplicissimo cenno della indicata azione. Lungi dall' esser dispiaciuto per aver perduto il merito della scoperta ; credo di aver reso sempre un servizio alla scien- za non solo col dimostrare ampiamente un argomento ap- pena tocco da uomo si illustre , e col far conoscere il na- turale ed abbondante sviluppo del mentovato gas acido carbonico solforato da' moUi luoghi vulcanici , e partico- larmente dalla solfatara; ma pure coli' additare varj prò. c.essi , co' quali possa ottenersi. (*ì--' '-'■■■-■•':■ :;1 ■--•-'- „ ^ , ^, „ ■'yi' (^[) Pim Ih altre proprietà che si atlnbuiscono al fjètssofforoso esìstente nelle acque di Aim-la-Chupelle ni é 'quella di pvecipiture in bianco la soluzione di mhlnnnlo corvoiiti) (^deulo-cfòrw'O (li mercurio). La medesima apr partiene ugualmente al gas acido carbonico solforiito che io ho dimostrato- ( 287 ) U^.scIlIZlO^E oELLr; saline delle calabiue. Memoria del SOCIO ORDlNAItlO SlG^OR GlLSEPPE MeIOGRAISI, APPRO- VATA NELLA SEDUTA DE' 25 AGOSTO io21. Nell'anno 1811 per ordine del Govrrno di allora fui mandato a visitare le Saline delle Calabrie : ed indi ri- mandatovi nel 1814. ad oggetto di proporre lutti quei ri- puri che lo stalo caduco ed infelice di esse esigeva ; inco- minciando prima da quella di Lungro , eh' ù la più fa- mosa , la più interessante tra tutte , e la più ricca ia contenuto salino ; i cui lavori , inceppati nel loro prose- guimento per imperizia d'arte , meritavano indispensabil- mente di essere raddrizzati all' istante. Prima però di en- trare nella Salina , volli , com' è stato sempre mio costu- me , scorrere le montagne limitrofe , onde formarmi un idea geologica di quelle , affinchè potesse un giorno ser- vire alla descrizione geologica delle tre Calabrie , e que- sta alla mineralogia geografica dell'intera Sicilia di qua del Faro. De&crmone delle montagne limitrofe a Lungro. Se dalla marina di Trebisacce e di Corigliano , e precisamente di là ove imboccano i fiumi Grati e Co- scilc , si voglia salire verso la parte settentrionale degli Appennini calabresi , s' incontra nello spazio di circa venti miglia la pietra calce slratosa in piccioli cumuli , ( 28» ) ora prominenti e solitarj , ora in isirali più o meno on- deggianti , sparsi in un bacino chiuso a destra dalle mon* tagne di Pollino, frontiere della Lucania ; a sinistra dalle montagne primordiali della Calabria citeriore ; e di fronte poi dalle terre di Acquaformosa. Queste colline si vanno mano mano elevando e cangiando aspetto , quanto più si accostano a Lnngro ; di sortocbè da calce carbonata che sono prima di giungervi, si manifestano poi modificate in gesso, alternando coli' argilla marnosa, e rosi proseguono avanti sino ad Acquaformosa , montagna la più torreg- gianle tra le secondarie , e la più vicina ai tronchi delle primitive, ove giace un villaggio dello stesso nome abitalo dagli Albanesi. Qnesto corso viene interrotto per un momento dalla montagna brecciosa di Altomonte , formata di ciottoloni parte calcarei , parte quarzosi , mischiati di frammenti di trappi e di pietrarena , ora liberi , ora uniti insieme da un glutine calcareo , indizj tutti e caratteri di montagna di alluvione, Da Acquaformosa in su la pietra calce alfetta tutta r aria di marna scistosa, frammischiata di scistar- gilla secondario per lo più fragile e scomposto , coverto tra le vctti più alte di cappello calcare. Onesta specie di scisto prosiegue avanti il suo corso , findié giunto alle ul- time sommità di Acquaformosa , e sbarazzato di ciò che lo deturpava poco prima , comparisce poi iu tutta la sua bellezza e purità , di un coloro grigio toccante 1' azzurro, accompagnato da fasce e vonette quarzose , caratteri lutti che gli restituiscono la sua forma primitiva. q /. ;!j;r<''.; i-'Vi'-^i! ni ■.•i''/--''^ ':ì!;,V) in;;.;:) i ;:: :.:;:■ ;!;;■)■ ( 289 ) Lungo la discesa poi di quelle gole sino al val- lone che separa S. Donato da Acquafonnosa, si ma- nifesta esso di un tessuto scistoso fino , composto di laniinette sottili di colore verdognolo e giallognolo; ma senza iiilorposizione di quarzo. Sul cammino stesso s' incontrano frammenti di quarzo liberi , di una frat- tura recente, e di una nitidezza sorprendente, spesso spesso vestili di una striscia sottile di scistargilla, i quali sono probabilmente trasportati là o caduti da luoghi più sublimi. Sopra le alture di S. Donato si trova un minerale di ferro di quella specie che \A'^erner chiama: Ferrimi ochracemn brnniiiii densuni ; eà Hauy , fer Qxldè, che non è altro che un ocra di ferro indurita, gialla e rossiccia. La roccia poi , ove esiste quel ferro, è lo sci- stargilla coverto di marna calcare , e pare che il filone di ferro occupi la linea di separazione che di- vide la anarna dallo scistargilla, come succede nella miniera di ferro di Razzano presso Stilo, dove il filone si trova in mezzo tra lo scisto, e '1 cappello calcare so- vrastante. Si osservano benanche nelle vicinanze di S. Donato altre tracce di minerale di ferro ; ma la quan- tità e varietà de' sulfuri di questo e delle piriti arseni- cali è prodigiosa. <ì^ì < Sopra S. Donato poi lo scistargilla si rinviene pieno zeppo di quarzo , segno geologico del suo prossimo cangiamento. In fatti toccata appena l'estremila del Cozzo del Pellegrino e del monte Mula, che si af- facciano al mare Tirreno verso Vcrbicano , si cangia ( 290 ) esso nel gneis , die va alternando lungo la discesa di qiKl!c montagne col granilo, fincliè giunto presso Gri- solia e Cirilla gli cede interamente il posto. A destra di Lungro ^ e propriamente sulla via clic mena a Castrovillarì si veggono le colline della Saracena , cosi dette da un villaggio di questo nome, {"orniate di argilla scistosa scomposta , di color verdo- gnolo, allrrnanle con una specie di scistomarna bi- tuminoso, Turieri dtl carhon fossile. JMi si disse che negli scavamenti campestri falli colà, si fosse trovato del carbone. Non vi sarel)be male , se si ripetessero gli esperimenti per assicurarsi della presenza di questo fossile. Corollari cledolU dall' enuncialo viaggio. Dalle osservazioni falle nelle adiacenze di Lungro tirai due conseguenze concernenti due andamenti geologici quasi generali e eostanti. Uno indica che la nalura non passa mai brusciimentc, e per sallo ('.Ile montagne primi- tive alle secondarie , o da queste a qudle; ma a gradi e progressivamente , e quesio tale progresso è sempre relativo all' età e natura delle rocce rispettive. Di ma- ni( radiò i punti di coniano tra Tuna e l'altra non danno che rocce di transito , le quali non sono nò quelle che precedettero , uè quelle che seguono, ma una cosa affano neutra. Nella storia premessa del vi^iggio si è veduto con)|)arire prima la calce strato-^a , indi la marna scistosa , poi lo scistargilla secondarlo , quindi ( 291 ) lo scistargilla priniilivo, appresso il gneis, finalmente il granito. Un tale andamento non solo si osserva nel pas- saggio dalle rocce primitive alle secondarie; ma ben anche in quello delle prime ad altra specie di simil fatta , come ho accennato poco sopra. Lo scistargilla esistente sulle gole di Acquaformosa è indubitata- mente primitivo in tuli' i suoi caratteri j ma nell'atto che si approssima al gneis del monte Mula e del Cozzo del Pellegrino, comparisce cangiato di aspetto. Imperciocché , ove per lo innanzi portava addosso poche e sottili strisce di quarzo , si vede poco dopo sovraccaricalo di questo ultimo , ed in una vici- nanza maggiore non è più discernibile, se fpsse l'ar- gilla il suo componente principale , o il feldspato. Cosi parimente è il gneis del monte Mula rispetto allo scistargilla di S. Donalo e al granilo di Grisolia e di Cirella. Questo spettacolo si osserva assai più distinto e luminoso sul gruppo di Aspromonte, posto all' estremità della prima Calabria , ove la natura pare che abbia ammonticchiato insieme tutte le rocce primitive sparse nelle tre Calabrie; ed in cui si scorge ad ogni passo che le rocce convergenti insieme amano ed affettano ciascuna di precidere ad imprestito gli abbigliamenti della sua vicina e compagna , come farò vedere in altra memoria concernente la geologia di quelle famose nipnlagne. L' altro andamento geologico riguarda la presenza ( 292 ) del sale. Non si trova esso, almeno in grandi depositi, nelle vieinanze del mare , ma bensì presso ai troiulii deyli ahi monti. Nello spazio di 20 miglia dai lidi di Trebisacce a Lungro non ravvisai vestigio alcuno dello stesso ; e nella salina dello Steccalo vicinissima al mare non vidi che poche e misere tracce di que- sto fossile. Una tale osservazione mi assicurò mag- giormente del giudizio che avea altre volte formalo nei miei viaggi di Polonia e dell'alia Ungheria sull'og- getto medesimo. Di falli , nel visitare allora le saline di \eli.ska , di Halicz, di Bochnia, che giacciono lungo la sponda settentrionale della Vistola , ed accon)pagnano il corso dei monti Carpazj sino alla Moldavia pei' lo spazio di circa 400 miglia ; e nel vedere inoltre dalla parte opposta ad essi , verso l'alta Ungheria, le saline di Thalern , di iMarmarasch al di là di Kapnik sino a quelle di Turda in Trausilvania ; mi accorsi che i de- posili salini lontani dai tronchi principali delle mon- tagne serljano una regolarità di stralihcazione più netta e costante. Ove al contrario poi si accostano più dappresso a quelle, si presentano in gran massi o bloc- clii , e in isliati meno regolari ma più patenti. Il sale inlatli di Veliska, come distante dai Carpazj , segue la stessa stratificazione che prende la calce slratosa , cjuello al contrario di Miirmarasch , di Torda, e l'al- tnj di Salzburg e di Halle nel Tirolo , è tutto in cumuli informi più o meno considerabili. Premesse queste notizie passo a descrivere brevemente la salina di Lungro. ( 395 ) Descrizione della salina di Lungro. I lavori di questa salina cominciali una volta male, proseguirono avanti malissimo. Spinti oltra senza i prin- cipj della scienza montanislica , vale a dire senza di- segno e provvidenza alcuna, doveano naturalmente ri- sentirsi di un vizio radicale che presto o tardi ten- deva a paralizzare il proseguimento di essi. In ve- rità si lavorava là a destra e a sinistra come dettava il caso e r ignoranza ; ove la fatica era minore e la spesa più tenue; ove si potea ottenere in minor tempo ■un maggior prodotto in sale senza aver riguardo al- cuno alla vera e soda economia, e senza prendere in considerazione la salute e la vita de' minatori. Lungi di entrare qui nelle minute e tediose circostanze della sua costruzione interna, esporrò soltanto i risuUamenli delle mie osservazioni. Degli errori notati negli scavamenti della salina di LéUngro . Wl 'i Entrai per la buca del Mandrigìio (r) , che è il solo ingresso che mena nell'interno della miniera; e '1 primo (/) Forse detto da waiìdva , perciocchò in esso SI adunava.'iO insieme uffiziuli , conimessi, facchini, muli e vetturini. Oggi in vece mia esiste un ma- gazzino edijìcuto dq, ijvì:o tempo ^ ( 2C)4 ) difello che vi notai fu quello doli' architettura sotter- ranea. Ci sono inoUi cunicoli, passaggi e piazze, ca- mere e vani , più o meno lunghi e larghi, alcuni dei quali non sono all'atto fortificali , ed altri malamente; indi è che lo volte sopraslanll sono poco feruTc e si- cure. Non si conosce in essa l' intravamenlo fatto di legname, né la maniera di adattarlo, né tampoco si sa il muramento a calce. Alcuni di quei passaggi o cunicoli interni sono , come dicono quei direttoti, for- tificati , ma di un modo stupido e barbaro. Tirano percscn)pio, ove bisogna, un segmento di cerchio, o due lati di un quadrato, e vi alzano un muro a secco, formato di barda, così detta nella lingua ver- nacola , composta di marna e sale, compagna indivi- sibile degli strati salini , da cui raso il sale che può facilmente staccarsi , il resto si abbandona come inutile e si conserva per le mura a secco. Queste nuira sarebbero forse in pochi luoghi sutfi- cienti all' uopo, quando fossero ben unite insieme , o fjuando avessero lo stesso punto d' appoggio in lutti i sensi , o pure qualora il peso gravitasse da pertutto ugualmente. Ma il fatto si è , che molle di esse si veggono uscite di sesto , e la montagna sovrastante labile ed abbassata minaccia ad ogni istante di sep- prllirc vivi tutti quei che vi lavorano dentro. Ciò indica clic una tale fortificazione è mal costrutta e )ion alta alla bisogna. Perciocché riempiendo V interno del segmento o del semiquadrato di marna tenera, fan- gosa e iViubile, succede sempre, che asciugandosi que- ( 295 ) sia col tempo , lascia un' ai-cata nel segmento o qua- tirato , che forza i lati di sfasciarsi ad ogni menomo urto o pressione della montagna. L'altro inconveniente die si presentò agli occhi miei fu di vedere, che il tras[)orlo del sale dall'in- terno della miniera al giorno, si esegue là sulla schiena degli uomini adulti e de' ragazzi. I primi ne portano in ogni viaggio un canlaio in pezzi solidi attaccali colla fune; i secondi un mezzo cantalo di sferro (i) nei sac- chi. E cosa compassionevole l'osservare, una pro- cessione di uon)ini nudi far 1' uffizio di bestie , e ser- bare marciando una linea sola , onde ninno s' impacci ed urti insieene nei calli angusti che deve battere , ed ognuno di essi , oppresso dal peso , ed affannato dal calore soffocante della miniera , arriva al giorno anelante e coli' anima in bocca. Il terzo difetto che rilevai fu di scorgere la Uii- niera suddetta inondala da una copia ingente di ac- qua , la quale , non avendo uscita alcuna si per man- canza di cunicoli di scolamento , che di macchine di estrazione, si accumula nei luoghi bassi e scioglie una grande porzione di sale. Ma lo spettacolo più funesto fu a conto della ventilazione ch'era quasi sospesa , per cui ì' aria irovavasi viziata. Non vi sono «ella me- {i) Lo sterro è il sale granelloao che si ottiene daW attrito dei tagli de' massi salini e dal gratta- viiiiiLo disila barda. ( 2.)6 ) dcsima che due sole aperture , una detta il cammino consistente in un forame fatto nell'apice della mon- tagna ; l'ahra denominala la huca del iiiandriglio , poche teseso'to al cammino suddetto. Le due correnti di aria pi-ovenicnli da ques'.i forami non si estendono che air aja supcriore della mi-iiera .- quindi interrolle, ed in?pedite dai passaggi e laberinti intcrmcdj, non som- ministrano che un aere debole e stagnante ai cam- pi inferiori, e molto più nei luoghi adiacenti alla fossa eh' è la parte più ima della miniera , come vie- j;e indicalo dai lumi languidi e moribondi , e dalla respirazione aifujinosa e stentata dei minatori., ^ Del ripari appUcciblU agli enunciali disordini. A riparare silfatti mali non mancai di proporre ben due volle al Governo di allora qiianlo la minera- logia, l'architelUira e la gccmetria sotterranea dcltano doversi praticare in siffatte circostanze, llispelto alla for- tificazione dei cunicoli e dei passaggi interni proposi l'in-. fracah/ra da farsi co' pilastri di larice , o di quercia o di altro legno duro , siano verticali o inclinali,, come i luoghi esigono, una colle rispettive cornici. Negli altri vani poi più larghi e spaziosi consigliai quella specie di fortificazione detta dai Tedeschi Kasten Zhnmervas, consistente in una gran piramide quadrilatera con- struita di grosse travi e ben commesse insieme , e r:fmpila dentro di pietre grosse: e questa elevala tanto fino a toccar la vuUa supcriore del vano , capace a ( 297 ) sostenere la carica ed assicurare la montagna sovrap- posta. In altri luoghi proposi il muragliamento a calce, come si costuma in molte miniere di Germania e di Ungheria. Riguardo poi agli altri sconcerti sovra in- dicali stabilii doversi fare l'apertura di un pozzo per- pendicolare e di un cunicolo orizzontale di scolamento. JVecessità di un pozzo perpendicolare e di un cunicolo principale. La salina di Lungro esige di una maniera indi- spensabile 1' apertura di un pozzo perpendicolare e quella di un cunicolo principale , che servono come di fondamento ai lavori interni ed al proseguimento di essi. Conducono queste due aperture a moltissimi usi e vantaggi ; 1.° alla circolazione dell' aria nella fossa. Dal cammino al punto più profondo della mi- niera vi è una disianza perpendicolare di 5i2 palmi due oncie e -^ di oncia , ed una colonna di aria a questa altezza comincia a rendersi nociva alla respi- razione quando non è rinnovellata. Ad introdurre un aria fresca e respirabile contribuiscono a maraviglia le «lue aperture annunziate , perciocché trovandosi esse in due punti opposti e comunicanti insieme, succede sempre secondo le leggi dei lluidi , 'che 1' aria più rarefatta e stagnante venga respinta e cacciata via da un' altra più vigorosa ed elastica. Il solo pozzo non conduce allo scopo , né vi conduce il solo cunicolo. 2." Servono le indicate aperlurc all' estrazione 38 ( 298) Jelle materie tanto utili che inutili : dal pozzo per osompio si può eslrarrc al giorno per mezzo di uà argano o di un tamburo mosso dai cavalli o dalle acque lullociò ohe si trova da cslrarsi nelle sue vici- nanze. DA cunicolo poi si caverà fuori per mezzo dei carrettini rotabili il sale e lutto ciò che può iai- b.srazzare i lavori interni ; 5." per questo stesso cuni- colo si aprirà alle acque, che allagano la miniera, uno scdlainento perenne , che mantenga 1' interno asciiilto e purgalo •, 4.'' T estrazione del sale che si esegue ug- gigi(jrno a schiena d' uomo , praiicandosi allora per mezzo dell'argano e dei carrettini , farà risparnuare grandissima spesa e tempo. Della costruzione del pozzo e del cunicolo. Il pozzo dovrà apr'rsi sui punto della superficie indicato dal piano gcdmetrieo, che risponde a piombo al palilo più basso dilla miniera , al quale andrà a comunicare il cunicolo che si aprirà nel punio desi- gnalo sulla sponda del llume che scorre sotto Alto- monle. L'apertura del pozzo sarà relativa al suo desti- no : un pozzj per esempio distinalo all' estrazione delle materie , a piantarvi sopra le pompe , alla ven- tilazione, a construirvi le scale per T entrala ed uscita dei minatori ce. ; un tal pozzo dovrà avere una bocca più lunga e più larga secondo il bisogno. Ma sicco- irie nel caso uosti'o 1' apertura di esso deve servire sol- ( 299 ) tanto alla ventilazione dell' aria ed alla eslrazione delle materie, basta farla 12 palmi lunga e 8 larga; av- vertendo che se questo pozzo si raverà entro un masso solido e compatto , non avrà bisogno d' intravalura , ma se niai la roccia fosse fragile e scomposta , s' in- traverà in questo caso secondo le regole dell' architet- tura sotterranea- Il cunicolo poi , siccome serve all' estrazione delle materie utili ed inutili , allo scolamento delle acque , alla ventilazione ec. , cosi deve avere un altezza di palmi dieci , ed una larghezza di sei ; tre palmi del- l' altezza saranno occupali dal canaio di scolamenlo , ed altro mezzo palmo dalla crassezza delle eornici sulla lesta dei pilastri. La sua larghezza verrà a de- stra e sinistra diminuita di un palmo occupato dal volume dei pilastri laterali, quindi restano di neito per r altezza sei palmi e mezzo liberi, e cinque per la sua larghezza , ciocché basta al fine proposto. Sarà questo cunicolo egualmente allignalo ove la roccia fosso tenera e friabile , e se gli darà un pendìo tale che le acque possano liberamente scorrere ; 2 j. pollici divisi ad ogni cento canne di lunghezza sono piucchè sufficienti. > . :■ : Necessità di un piano geometrico. Siccome lo scavamento di un puzzo perpendico- lare , e quello di U'ia galleria principale formano in fatto di miniere un oggetto della più alta inipoilan- ( 3oo ) za , la nercssila esige che, avanti che si melta i»ano all'opera , si levi un piano geometrico che serva di iioriiìa oi lavori, dia i risullamenli delle rispettivo disian- ze, ed una idea esalta dell'ampiezza dei medesimi. Le operazioni trigonometriche concernenti la pianta, elle Ilo r onore di presentarvi furono , falle col sc- iiiicorcliio graduato , colla bussola dei minatori e eolla catena , eseguile sotto la mia direzione da mio ni- pote D. Francesco Melograni Ispettore del pubblico demanio nella -i." Cidabiia. La pianta è relativa alla posizione in ( ui si tro- vava allora la miniera , ma poiceliè gli scavamenti progredirono avanti nello spazio di sei anni -, la pru- denza vuole , che si ripetano le operazioni e si veri- fichi il tutto prima di porre niano all'impresa quando di già sia approvata dal Governo. Dopo aver descritto la salina di Lnngro , e le le montagne aduTcenii ad essa , giova andar toccando ancora leggermente la storia delle altre ; onde aversi sotto un colpo d' occhio il quadro generale delle prin- cipali saline esistenti nelle Calabrie. Ho detto legger- mente ,' perciocché avendole trovale tutte chiuse o prossime a chindtrsi , parte annegate e parie sepolte dalla roccia sovrastante , fatta traripare e sconscen. dere a bello studio sovra di esse , non potei fare quelle minute e circostanziale osservazioni , che feci della miniera di Lungro. La sovversione delle saline avvenne , come dice- va poco sopra , per disposizione del Governo militare. (3oi ) il quale veggendo che il sale di Sicilia trasportato dai bastimenti neutrali , veniva a buon mercato , pensò di somministrare quel sale ai calabresi, ed evitare, cosi facendo, le spese , che si traevano seco i lavori delle saline , e chiudere insiemcmente ogni adito ai controbbandi. Il progetto andò fallilo, iinperciocchè i Calabresi , non ostante la vigilanza dell' inquisizione , lungi di comprare sale dal Governo al prezzo di du- cati i5 al cantajo , si contentarono piuttosto com- prarlo da quegli stessi , che lo vendevano al Governo, e sul piede medf'simo. Oltracciò la Provvidenza aperse a soccorso dei poveri abitanti mille vie da somministrare loro sale a dovizia , perciocché le acque penetrando facilmente in quella congerie di rocce di fresco staccata , smossa , e rotolata , uscivano poi in copia dalle crepature in forma di fiumerelli sovraccaricali di sale che depone- vano in parie sulle sponde; e forse forse la stessa Prov- videnza prevedendo l'abuso che dovea farsi un giorno di questa benedizione , si compiacque deporre pochi palmi sotto la superficie del suolo gli strati salini , onde gli abitanti e nel cavare le fondamenta di lor case, e i campagnuoli nel far dei fossi in campagna per pian- tarvi degli alberi e delle viti, si potessero facilmente incontrare in quel sale , che si voleva loro ingiusta- mente nascondere. Ecco che ciò che 1' uomo chiude con una mano, la natura apre con cento. Non mancai allora da uomo one.sio ed ingenuo di mostrare a quel Governo l'assurdità del progetto ., ( 302 ) e molto più il malo cagionato dalla precipitosa ese- cuzione di'l raedosinio. Dissi, se mal non mi ricordo, che conduce meglio servirsi delle derrate patrie e gua- dagnar poco , che dell' estere e guadagnar molto. Ne! priuio caso si evita l'emigrazione del danaro , e si dà pane a moltissimi individui , che non hanno al- tro capitale da vivere che 1' uso delle proprie brac- cia ; nel!' altro poi il guadagno tulio cade a danno dei proprj sudditi , che pagano una derrata clic pos- seggono in casa, e per aggiunta si lasciano oziosi. In questo soqquadro generale delle saline delle Calabrie , fu risparmiata e lasciala in attività la sola salina di Lungro , e in grazia dei calabresi dbiianti l'interno della provincia di Cosenza, i quali avvezzi a mangiare da secoli sale tli monte cristallino , non si saprebbero ridurre affatto al sale di mare. Sia pre- giudizio o ragiono, dicono essi, < he questo sale pro- duca la tigna e la scabic , e mille malanni alla sa- lute umana ; quindi si contenterebbero , se veiiissero costretti , pinltoslo di rinunziare a qualunque sorta di sale , e cibarsi di alimenti IVeschi , che condirli col sale di mare. Idea generale delle cdlre Saline di Calabria. Giac( inno esse in quella parte del continente della provincia di Cosenza che guarda il Ionio , e preci- s^iiiitnlc l!i ov' crt;-o vien ciiiuso tra l' imboccatura del Ciati e '1 capo delle colonne al di là di Cotrone; ma ( 3o3 ) ]a copia e l'affluenza maggiore de' gran depositi sa- lini esisle in quelle contrade contenute tra il capo d'dlici o capo Ciro ( l'antico promontorio Lacinio ) e '1 capo delle colonne , vale a dire tra Crucoli , e S.* Severina , distanza dall'uno all'altra di 20 miglia in circa. Ora supponendo che da questi lidi sino alle frontiere delle montagne primitive vi corra una di- stanza media di i5 miglia , abbiamo due lati di un parallelogrammo, che moltiplicati per se stessi danno un aja quadrata di 3oo miglia. In questo spazio ap- punto pare aver la natura profuso ed ammassato ster- minati cumoli di sale montano, i quali si manifestano assai più grandiosi sul confluente de' fiumi Lese e Lepre , come udirete poco givi. ìs Della Salina di Basilico. Mosso da Lungro, lungi d'imbarcarmi nella ma- rina di Trebisacce ( l'antico Vicenumo ) e fare per mare un viaggio più corto ed agiato , volli meglio farlo più lungo e laborioso per terra , ad oggetto di osservare la piiciola Sila , e di là condurmi pni alle saline che restavano da quel lato. Mentre scendeva da quelle allure per S.Giovanni in Fiore , mi avvenne di scoprire tra Taccuri e Casino , e prerisameoie nel luogo detto Colle di S. Lorenzo, un filone di galena di piombo argentifero sul leinl)o di un valloncino, il quale ricompariva dal lato opposto : ciocche mi fere comprendere che dovca aver esso una lunghezza e ( 3o4 ) larghezza non iiidifioronte. La mostra che presi, è ve- stita di una nuilrice quarzosa. Di là presi la via tli S.^ Scverina , città antichissima (Iella Calabria citeriore (Siberena degli antichi, e sede di u'i Arcivescovo ) fabbricata sulla cima di un monte bastantemente alto , aifcttante la figura di un cono cociposto dall' apice al fondo di pettilicati marini, dis- posti a strati perfettamente orizzontali ; di qua mi portai alla salina di Basilico dieci miglia distante da S.^ Scverina , e tre da Cerenzia, l'antico Pumento. Da quesl' ultimo villaggio a Basilico mi convenne cam- minare sovra una congerie immensa di testacei parte liberi , parte inzeppati nella roccia calcare disposta a strati poco inclinali airoccidente , chiusa dall'uno dei lati dal fiume Lese , e dal fiume Lepre dall' altro , terminante iu una Lettoja composta di gesso , pietra calce, argilla, e petrificati marini alternanti insieme, che servo di coveriura ai massi salini. Questa miniera presenta la situazione la più fa- vorevole, sia perchè giace in una collina che domina il fiume Lepre , sia perchè la sua bocca è immediata- mente a contatto cogli strali salini , sia finalmente per- chè la sua posizione permette di poter eseguire co- modamente e senza molta spesa lutti quei lavori ed aperture che servono all'estrazione del sale e delle ma- terie inutili, alla ventilazione, e scolamento delle acque. 11 contenuto salino di questa miniera è incalcolabile, pereiochè da ciò che si vede scoverto al giorno sino al fiume Leso, per lo spazio di tre miglia , non è che ( 305 ) an ingente ed enorme ammassamento continuato di sale. La bocca della salina si trovava, quando io fui co- là , chiusa di ordine del Governo , e mi toccò soltanto di vedere dai cancelli di essa , una galleria spaziosa ca- vala nel sale , il cui suolo era coverto da tre palmi di acqua. Conoscendo; che questa salina poteva , in caso di bisogno , servire ad un grande stabilimento , detti ordi- ne all' Ispettore Briotti di aprire nel luogo designato un cunicolo o canale da dare scolamento a quel!' acqua , e a qualunque altra si potesse raccogliere in seguito. A destra e sinistra della bocca osservai due grandi colon- ne di sale massiccio sporgenti al di fuori della salina , che io credetti teste o estremità dei banchi salini che penetravano in dentro. Si stavano essi abbattendo col- r intenzione di covrirle colla roccia sovrastante , abbat- tute che fossero. ;• a:w i&aiìioa iL» ut^i^uiy, y'w<;i - -^■ Bella Salina di Lese. Questa salina rade verso ponente le sponde del fiu- me Lese , e la collina che la chiude , non è che una continuazione , come diceva sopra , di quella di Basi- lico 5 colla differenza , che verso Lese si va abbassan- do in modo , che la bocca della salina resta a livello dell' acqua del fiume. Il sale è qui , come a Basilico, solido , puro , e cristallino ; ma il luogo non è suscet- , libile di lavori. È sepolta oggi colla roccia che si fece cadere sopra. 39 ( 306 ) •:;, t i;' ■•l'j'.n... Leila Salina di Zinga. '- '-•'"■i- ■'-■' ;■• Giace essa sulle sponde del Vilraro , che prende r origine sua dagli appennini Calabresi , passa per Ver- zino, indi bagna le falde di Zinga. Mostra questa col- lina , anzi questo gruppo di colline di essere tutto un pezzo di sale massiccio, porzione del quale è scoverto al giorno , non ostante tutte le cautele che si presero per chiuderlo. Un ruscelletto che cade dai colli di Zinga , traversa la roccia dirupata fragile e limacciosa , la stra- scina giù , e caricandosi di sale, lo va deponendo sulle sponde avanti di gittarsi nel Vitraro. ' Della Salina dì Ogliastro. :iì; Un altro gruppo di colline tre miglia distante da Zinga presenta l'aspetto e l'indole medesima di Zinga. Non si vede che sale e sale massiccio e cristallino , ovunque si dirigga lo sguardo. ,,.-'(.' . .Della Salina di Miliati. ■' .' , - " Tre altre miglia più a ponente di Zinga , vi è la salina di Miliati , la quale aveva due aperture, che sono oggi chiuse , ed è la salina più povera in contenuto salino. Tra Miliati e Ogliastro vi è un fiumicello detto Gufalo che porta un acqua gialliccia solforosa, la quale scorrendo va deponendo lungo le sponde una fioritura di solfo in abbgndanja. ( 307 ) Poco giù da Miliati evvi un altra miniera a sale detta la Manca del Vescovo, abbondantissima di sale, anne- gata dalle acque del Cefalo deviate su di essa. • a -SI. : Della Salina di Neto. - ' '^ ' Prende questa il suo nome dal Fiume Neto , che le corre appresso e scende giìi dalla Sila. Giace sotto Altilia, villaggio situato sull'apice di un monte. È des- sa la Salina piìi antica delle Calabrie verso i confini della Calabria Ultra 2. Ha due bocche , una delta la salina vecchia, oggi abbandonata e chiusa da mura mas- siccie fatte a secco , 1' altra è la nuova detta Salinella di Neto, che trovai inondata di acqua fino nella sua pro- fondità , acqua che scende dalla sommità di^ Altilia , e si accumula in quel sotterraneo. Potei appena vedere il primo piano di essa, ove il sale comparisce bardoso in- quinato di argilla , foriero di strati salini assai piìi pu- ri. Questa si stava allora chiudendo a tenore degli or- dini generali. Bella Salina dello Sleccato. .-iafi'Ài-s. /i v-.:-' Mentre io era a Neto ebbi ordine di andare a vi- sitare la salina dello Steccato ; sita nella marina di Ca- tanzaro presso il fiume Tacina , lontana mezzo miglio dal mare. Compresi da questo avviso , che dovea esse- re essa una salina di nome non già reale. Fui là dopo un cammino di 50 miglia , trovai dei lavori fatti, ed un ( 308 ) cunicolo di 80 palmi di lunghezza, che terminava sotto la bocca ad una profondità di 20 palmi. Non vi trovai sale come avea congetturato , per- ciocchò il sale gemma non suole abitare né sotto il li- vello del mare , né presso i lidi di esso. Possono ivi trovarsi delle saline artificiali e non sale montano. In- tanto è buono qui aggiungere che dalie saline delle Ca- labrie , e precisamente da quella di Lungro, non si ca- vano fuori annualmente che 20000 cantaja di sale al- l' anno , ciocché basta per i bisogni dei Calabresi. Origine e formazione del sale montano. La formazione delle montagne e delle miniere si attribuisce generalmente a diluvio o inondazione cagio- nata principalmente dal mare. E quost' un opinione pro- babile , la quale diventa probabilissima, quando si tratta di montagne a calce stratosa , le quali ripetono assolu- tamente , e immediatamente la loro origine e formazio- ne dalle acque del mare. Perciocché se noi vogliamo considerare l' indole di queste montagne , la loro strut- tura e giacitura , la regolarità uniforme degli strati , il numero prodigioso dei petrefatti marini inzeppati in esse, e le loro spezie distinte dalla stupenda varietà, bellez- za , ed architettura degli edifizj ; non possiamo fare am- nieno di non ammirare l' altissima Sapienza del Creato- re , e riconoscere nel tempo stesso che vengono esse dal mare. Io diceva poco avanti , che lo spazio interposto ( 309 ) tra Cerenzia e Basilico era coverto d' infiniti testacei , e credo benanche che tra Cerenzia e S. Severina si sarebbe veduto lo stesso fenomeno , se non l' avesse fatto sparire la coltura delle terre intermedie. Nelle sa- line di Weliska si son trovali dei pesci , e delie con- chiglie petrificate che sono assolutamente un prodotto del mare ; si son trovati benanche degli esseri organiz- zati, i quali appartengono alla specie di animali ter- restri , come sarebbe il coccus avenarius abitatore della avena , ma ciò per accidente. Poiché tale insetto della famiglia degli emipleri va nella miniera di Weliska in- sieme coir avena , portata là per nudrirc i cavalli con- dannati a vita a lavorare in essa ; i quali insetti stra- scinati poi dalle acque salse , e deposti in luoghi re- moti e tranquilli, si trovano, quando l'acqua comincia a svaporarsi e dà luogo alla cristallizzazione del sale , inviluppati nei di lui cristalli , cora' è facile comprendere. Se tanto può dirsi delle acque del mare rispetto alle montagne, con piìi forte ragione può ciò dirsi delle sa- line sparse nel continente , che siano cioè esse l' opera di questo liquido, perciocché non vi è dubbio alcuno, che contenga esso tra le altre cose questa spezie di sale in grandissima abbondanza. Ora chi negherà mai che l'im- mensa quantità di sale eh' esiste nelle saline delle Ca- labrie , non sia stata scaricata dalle acque del mare , e principalmente là ove il sale si trova disposto a strati regolari, ciocché naturalmente indica una deposizione di acque; e là ove in mezzo al sale si sono rinvenuti tante ( 310 ) specie di conchiglie e di animali marini? Sarebbe certa- mente impresa dura il dimostrare il contrario, e '1 com- battere il fondo di un'opinione che porta seco l'impronta dell' evidenza da tutti i lati che si voglia riguardare. Se è facile il concepire che i depositi salini siano un prodotto delle acque del mare, non è poi così fa- cile d'indovinare il modo, come sia ciò avvenuto. Forse forse ha potuto succedere che il mare abbia esso stesso coverto le contrade a sale , ed in epoche diverse , per lasciarvi diversi letti ; ovvero che vi sia arrivato là col mezzo di strepitosi sbordamcnti successi in tempi di- versi , ovvero eh' esso per gonflamento straordinario , e per elevazione del suo fondo o cosa simile , come av- venne a Scilla nei tremoti del 1783, ovvero che rigur- gitando nei fiumi si avesse aperto la strada di alla- gare queste tali regioni , ove l' acqua d' inondazione a poco a poco disseccandosi , abbia dato luogo a questa sterminata precipitazione di sale montano. Se poi finalmente , come ci assicura il sacro to- sto, le acque del diluvio avessero ricoverto tutta la ter- ra, la quale è rimasta in questo stato fino a tanto che r astro benefico del sole non sollevò una porzione di esse nel cielo , e "l rimanente colla sua lenta e lo^oratrice azione non si avesse cavato degli aditi sotterranei e tro- vato delle voragini ove adunarsi; han potuto in questo intervallo di tempo formarsi quei depositi immensi di sale che fanno oggi la maraviglia dei naturalisti . Ma se per accaso mi si dica , che se fosse stato ( 311 ) così, come io penso, sì avrebbero dovuto trovare allora in quei depositi altre specie di sali , come sì trovano nelle saline artiGciali e nel mare; io rispondo esser ciò vero ; ma siccome il muriato dì soda è ordinariamente il primo a precipitarsi, e quindi sieguono i salì , che sono speciGcamente più leggieri di esso , così ha po- tuto succedere, che questi occupando la superficie, sia- no stati i primi ad essere sciolti dalle acque e portati via , e progressivamente il muriato dì soda , che va a formare ì pozzi e le sorgenti saline. .j:- • •:. j. s- '.. im i,ì)'>l>' ^••'■J- ' ry^VA) {"..-;> iìl '■ ') '"'■ / "• ik- ì l .01 X )JU ;■ r • '_; .<•: !f ( 312 ) SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA F I G e R A I. 1. Ingresso del Mandriglio. 2. Ingresso della Miniera. 3. Principia la Scala , ed a destra v' è un cam- mino ingombro di materie , che conduce a' magazzini vecchi. 4. A destra v' è altro cammino, che mena simil- mente a' magazzini vecchi, 5. A destra v' è un cammino che conduce alla ciminea. C. Comincia la Scala detta rf' Amendolella, ed a si- nistra v' è un altra scala, che mena a Pagliaro. 7. A destra v' è un cammino che mena all' ac- qua detta di Bruno Venere. 8. A destra v' è lo sperimento d' Amendoletta. 9. A sinistra v' è la scala che mena a Pagliaro. 10. A sinistra v' è altra scala che conduce allo sperimento di Pagliaro. 11. A sinistra v' è un cammino che conduce al- l' ascitello. 12. Sito pili profondo della miniera detto Fossa. La linea punteggiata, che comincia dal numero 1 e termina al numero 12, indica il cammino che si è tenuto dall' ingresso del Mandriglio sino al punto più profondo della miniera. E la linea a b e d e f g h, indica l' altro cam- (3.3) «lino, che si è tenuto eslernamente dalla porta del Mandriglio , per rilevare nella superficie del terreno, il punto fi , perpendicolare a quello più profondo della miniera. Figura II. Spaccato della Salina di ^llovionie , che passa per l' ingresso del Mandriglio , per lo punto della fos- sa, o sia sito più profondo della miniera , e per quello trovato perpendicolarmente a cjiieslo nella superficie del terreno. La linea E B indica Torizontale, che parte dall'in- gresso E del mandriglio , e va ad incontrare nel punto B, la perpendicolare A C, tirata dal punto A della superficie del terreno , all'altro C della fossa , o sia sito più profondo della miniera. ■ . Figura IH. . " Spaccato della Salina di Allomonte , die passa per lo punto della Fossa , o sia sito jjìli profondo ael- la miniera , e per quelli ove si progetta l' aper- tura della galleria , e quella del pozzo. 1. La perpendicolare AB di palmi 6G2 once 2 - la quale parte dal punto A della superficie del ter- reno , e va ad incontrare in B , il sito più profondo della miniera , indica tutta la lunghezza del pozzo, 2, L'altra BCdi palmi 24 once 27^ , esprime 40 ( 3i4 ) l'altezza che v'è dal punto B, il quale è il più pro- fondo della miniera , a quello più basso della galle- ria , doccilo serve a dare la dovuta inclinazione a tutto il corso di questa. 5. La reità CD disogna l'orizzontale tirata dal punto C alla bocca D della galleria , ed ha di lun- ghezza palmi Byjf) once 2 ~^. 4. La linea punteggiata BD indica il suolo della galleria. 5. La lettera K dinota il sito, ove dovrebbesi aprire un pozzo verticale per animare la circolazione dell'aria, non essendo possibile di compiersi lo sca- vamento della galleria coli' aria sola, che entra dalla bocca di essa. 'y's Psenes, LiN.), C^roL.j et 2. ficarium , Cavol. (5i7) del primo che del secondo colle larve de' mentoval'in- setti, autori del curioso fenomeno della Capri Reazione, onde farli modellare in cera per uso dell'I. R. Museo Fiorentino. Con eguale splendore della scienza della natura batteva la strada del Foi'o , che presso di noi mena colui, che vi si addire , alle prime cariche; siccome ce forma ampia testificazione il suo Progymnasma in vi^ieriim Jurisconsullorum Pkìlosopliìa. Ma a cagione della morie di suo padre fu obbligato ritirarsi ne'poderi, che avea nel monte Posilipo, ove si rivolse con tutto 1' impegno allo studio de' vermi acquatici e delle piante marine , in preferenza della Insetlologia , che pure imparato avea con lodevolissimo successo (i) , giusta (i) U illustre Prof. Vincenzio Petagna , padre del nostro Socio LiUiai Petagna egualmente benemerito nella Storia Naturale , ha descritto un, insetto sotto la denominazione di Soarabaeus Cavoli- ni (*) ritrovato da q uè sf ultimo in CastelP a Mare e luoghi adiacenti, nell'isola di Capri, ec. ecc.- ( Institut. Entomol. , tom.i , pag. 140 ; tab. J£ , Jig. 1 1, 12. Neap. , MD CCXCII , in ^.fig.). (*) CuraUeri: Sfarci' aeus e^cutellatus riger , thorace re- tuso quadriclemato , cljpeo limalo emarginalo cornuto , corna lecurvo , elylris striai is. Ili collil)us ciica Slaòlas et in P^ico jEquensi Lnventus .i' ci. nostro PHiLipro C a volino. (3i8) la valevole lestiinoniaiiza del suo Collega , e nostro rispellabile Socio, Prof. Vincenzio Briganti. Le sue prime ossorvazioui fatte, coU'aiuto di inìcro- scopj semplici , furono dirette sul Pulce acquaiolo o arborescente (i) di Swammerdam; di cui n'espose non solo la minutissima economia e la maravigliosa fabbrica, ma ancora ne confermò la natura androgina, '^\ìx so- spettata dall'abate de Termeyf.r. Anzi vide , che i nio- noculi delle acque de' luoghi freddi erano di un colore vivo di carne, mentre ciucili de' siti fangosi e caldi l'of- frivano bianchiccio. Cosi spiega le famose pioggie di sangue riferite da Omero, Cicerone, Plinio,, ec. ce. Alle annunziate opere del nostro Autore segue quella , che tratta ò.c\\ Origine de' funghi. Egli a conto del loro sviluppo fu più proclive pel sistema putrido degli antichi , che pe '1 5e/7zi/2a/É? de' moderni. Ma ciò è poco in riguardo alle snc Memorie per servire alla stona dei Polipi marini pubblicate nel 1780 , colle quali ne accrebbe V elenco (2) , n' esaminò con molta (/) Monoculus Pulex , Lin. (5) 1. Madrepora dciuidcita ; '2. Millep ^'^ inserita nel tomo I de'suoi Atti Accademici, pag. 19-29 Nap. , MDCCCXI, in 4. fig. Opere inedite. III. Trattato elementare di Mineralogia; Parte I. e IT. E mancante della III. Parte , che si dovea versare su la Geologia , siccome siamo assicurati dal nostro rispettabile amico signor Giuseppe Siani. (/) Disc, pronunz. ?iel 1816 in occasione delPa- peitura della Cattedra di G eognosla nella Regia Uni- versità degli Sludj. Nap., iSty , in 8. ( 335 ) III.* Cau. FRANCESCO DANIELE (i). Tra gli uomini dotali di alto ingegno , che nel XVIII Secolo formarono il decoro del nostro Regno e dell' Italia , occupa al certo un distinto posto Fran- cesco Daniele. Questi, figlio de' coniugi Domenico Da- niele , e Vittoria de Angelis , ebbe i suoi natali in San Clemente nella Terra di Lavoro agli w aprile MDCCXL. Tutto ciò , che una felice nascita promet- ter possa di penetrazione e di piacevole nello spirito, di dolcezza ne' costumi , d' intelligenza e di trasporto per le belle lettere , si mostrò in Lui fin dalla sua più tenera giovanezza. Perciocché ogni mezzo possibile fu adoperato da' suoi genitori , onde avessero potuto dargli un' educazione la più decente , e la più adattata pella sua ottima riuscita. Giuseppe Maddaloni , ed il rinomato scrittore Marco Mondo furono i suoi primi istitutori nelle belle lettere. Quest' ultimo principalmente sparse nel tenero cuore del giovinetto Daniele i primordiali germi di quel (i) Secretarlo Perpetuo della Real Accademia di Storia ed Antichità Ercolanese , Direttore della Regale Tipografia , Membro Ordinario della Società Pontaniana , e Socio Corrispondente della Cosen- tina , della Crusca , delle Reali dì Londra , Pie- troburgo f ec. ec ~ ' - ( 556 ) sapere e ili quella inorale, che lo resero tanto celebre nella repubblica letteraria , e cosi afiabilc nella società. Studiò in questa Metropoli l'Eloquenza sotto la cliscipliua ò' lo'AZio Monaco; la Filosofia da Natale Lkttiebt ; e la Giurisprudenza presso Pasquale Frr- iiiGNo. Inteso ancora lo lczif)ni di Antonio Genovesi , Giacomo Martohelli , Salvadohe Aula, Ignazio del- la Calce, Matteo Egizio, Giuseppe Cirillo, del Cano- nico Mazzocchi ec. ec. Questo insigne letterato ed antiquario , vedendo la prontissima reminiscenza del Daniele, die poi ritenne sino agli ultimi giorni di sua vita , lo denominò il giovane meinorioso. Nò lo studio della letteratura valse a fargli trascurare quello delle scienze ; poiché Egli , dopo di aver gustalo i pregi della filologia , le bellezze dell' eloquenza , e i tesori drlla natura , si applicò alla carriera del Foro. Duratile la sua dimora in questa Capitale per causa di studio altra mira non ebbe, che d'illustrare il suo ingegno, ed a ben l'orinare il suo cuore. Avvegnaché frequentò lo adunanze de' più insigni uomini di quei tempi, quali erano Sekao , Galiani , Tanlcci, degli Angioli, Marco A, db Gennaro, ce, ccc:. Giunlo all'età di anni venlldnc pubblicò pe' tipi le Opere del Ch. Antonio Tilesio da Cosenza. La dedicatoria e la vita del medesimo autore da lui scritte in latino, che vi fece precedere, furono commendate, e per la pni'ilà dello stile e per la patria erudizione, da molli hlfrraii si napolitani che stranieri. Intanto e?er- ciluva la professione forense con prosperi auspici!, che ( 307 ) presso di noi guida alle prime cariche ; ma l' imma- tura ed improvvisa morte del padre e dello zio , av- venuta nella stessa giornata de' i3 gennaio dell'anno 1766 , lo costrinse a ritirarsi nel patrio suolo. Godette là i piaceri della solitudine , e profittò puranche dei mezzi, che ivi aver potea nella raccolta de' monumenti di antichità , necessati ad illustrare la storia di quella contrada. Ma le sue virtù e i talenti non meritavano di re- stare più a lungo seppellit' in un piccolo villaggio ; ed ebbero perciò un giusto compenso colla carica di Uffiziale di Segreteria. Egli in questa occasione pre- sentò alla Real Camera di S. Chiara il Codice Fride- riciano , per lo quale riscosse infiniti applausi , e fa nominato Regio Storiografo. Di là a poco ricevè l'ono- revole incarico di Segretario dell' Accademia Erco- lanese , in nome della quale ne' susseguenti anni pub' blicò i di lei Atti accademici. Tutt' i lavori letterari del nostro Socio sono stati sempre apprezzati , e tenuti nella massima stima appo i Dotti. Anzi ve ne è qualcheduno, che fa purtroppo conoscere quale fosse stata la sua gratitudine verso il pre- cettore M. Mondo col publicarne gli Opiificoli. Le Orazioni latine del celebre Vico furono rijarodotle di bel nuovo colle stampe da essolui , e corredate di un'ele- gante pistola diretta al Marchese Diodati Tahgiani. Egli slabili anf^ora , con più precisione del Simeoni , l'origine della Città di Caserta, che, in due lettere se- paratamente poste alle stampe sotto diverso nome , rin- • . 40 ■ • ( 538 ) tracciò nel periodo storico della mezzana età. Dimostrò pure , che la valle di Arpaia fosse il vero luogo delle l'orche Caudine, sotto le quali la potenza delle Legioni Romane i'u umiliala da'Sanniti, contro ciocché ne ave- van pensato il Cluverio e TOlstenio (y). Le tombe de' Re della Monarchia Sicula sono slate puie da lui illustrate , recandosi per tale ob- bittLo in Palermo nel 1782, ove nella Chiesa di S. Ago- stino fece innalzare un marmo , in cui s' incise una sua inscrizione alla memoria di Onofrio Panvinio. In oltre scrisse una dotta prelazione all' opuscolo in- titolato : Gli amori paslorali di Dafne e di Cloe, Le monete di Capua , le quali sino al iBo^ì erano al numero di dodici , mercè le sue ricerche ascesero a ventidue, trovandone sei nuove, e quattro altri tipi (1) Per siffatta intrapresa fa assalito da una gracissi/na malattia acuta, dalla cjnale , essendosi liberato , incise in faccia alla corteccia di un albero vicino Forchia la seguente iscrizione : GENIO LOCI ET MUSIS BENE ADVOCATIS QUOD MORTIS PERICULUM IN VALLE CAUDINA FELICITER E\ ASERIT THEOCJìITUS DE PUltO CESPITE AHAM NON' SIN E FLORUM SPAHSIONE ET LIJ3AÌMENTIS diversi delle già coniate. In questo medesimo libro trovansi inseriti si un suo Discorso del Cullo di Giove , Diana , ed JSrco/e presso i Otiìipani ; che il Coinenlario Latino del cckbre Mazzocchi &\A Alaniio del pago Ercolaneo . Ristampò la Cronologìa ddla fami^^lia Caracciolo di Francesco be' Pietki , aggiungendovi la A7/a del di lei autore. 11 Cardinal Bokgia e Giovanni Ma- rini gli scrissero a tal riguardo : « Voi fale divenir grandioso , ed importante qualunque argomento vi po- nete fra mano , e tutto è per voi scritto con somma eleganza e venustà ». Aggiunse alle Opere del Tilesio molti f^ersi , e varie Z«e/^é'/"é? , premeltendovi una pi- stola ed una bnve introduzione : come pure la vita dello stesso arricchita di altre notizie, e composte tutte in lingua latina. Finalmente la sua età avanzata , malmenata da mille vicende funeste, e consuiiiala nelle continue ap- plicazioni letterarie , gli affrettò la paga del generale tributo. 11 suo cuore era slato fortificato oltre modo Hill' epoca delle disventure ; per cui , dopo di aver ricevuto tutti gli aiuti che gli sonuninislrò la nostra Sacrosanta Cattolica Religione , con la più placida presenza di spirito pose termine a' suoi onorati giorni in sua padria, ov'erasi recato a respirar aria migliore, il di XUl del mese di Novembre deUanno CIjIJ(T'CXlL L' illibatezza de' costumi e la pietà verso i suoi simili lo resero molto caro agli amici che lo trallaron d' appresso. La bcneliccnza non ebbe mai limiti nella (340 ) sua persona ; laiche i ducali dugentociiiqnanta circa, che ]i(.rccpiva di soldi mensuali , fratto delle sue liui- glie vigilie e delle dotte fatiche , erano quasi tutti distribuiti a' poveri. Per conscguente visse parcamen- te , non trovando altro piacere , che di benificare gVin- digenli. K lo vorrei alzarmi la mattina « diceva Egli » con due ca&soni di grazie imo a destra e 1' altro a si- nistra per dispensarle con entrauibe le mani agi' in- felici )). Fu annoverato a iiioìte Società letterarie ed estere e nazionali. Sostenne un' erudita corrispondenza col Cardinal Bougia ; co' Vescovi Stay , Bottaui , Fa- buoni , AiRoLDi ; e con Lagomarsini , Zanotti , Volpe, Mazzuccsielli, Algarotti , Bianchi, Giove- NAZZI, TlRABOSCHI , MoRKLLI , AlKMANNI, MaRINI, Corazza, il Principe di Torreaii zza ec. ecc:. Di più non vi era viaggiatore straniero che , recatosi da lui onde farne la cono.^ccnza, non fosse indi partito, am- mirandone r erudizione , e le cortesi maniere.. Opere pubblicate, I. Antonii Thylesii Consentini Opera. Neap.^ MDCCLXIII, in 8. IL OpascolicUMARCo Mondo. Nap., MDCCLXIII in 8. III. Joannis Babtistae Vici Orationes. Neap. ;, MDCCLXVI, in 8, (341 ) IV. Lettere di Crescenzo Esperti (/) Sacerdote Casertano al signor Gennaro Ignazio Simeoni. Nap., MDCCLXXIII, in 8. V. Le Forche Caudine illustrate. Caserta , MDCCLXXVIII, ia fog. ni. fìg. VI . Osservazioni su la Topotesia delle Forche Caudine. Giornale di Pisa , au. MDCCLXXXIX , in 8. (a). VII. I Regali Sepolcri del Duomo di Palermo riconosciuti ed illustrali. Nap., MDCCLXXXIV, in fog. Vili. Gli amori Pastorali di Dafne e di Cloe di LoNGO Sofista; tradotti dalla lingua greca nella toscana dal Commendatore Annibal Caro. Parma, MDCCLXXXVI , in 4., presso Bodoni. IX. Monete antiche di Capua. Nap. , MDCCCII , in 4. X. Cronologìa della famiglia Caracciolo di Fran- cesco de' Pietri. Nap. , MDCCCV , sec. ediz. , in 4, XI. Antonii Thylesii Consentini Carmina , e£ Epistolae. Neap. y ex Tjpogr. Reg. , MDCCCVIII , in X, (j) Queste due lettere furono scritte dal Daniele e pubblicate colle stampe sotto altro nome. (2) L'Autore nella seconda edizione dell' opera su le Forche Caudine co/fessa , che le annunziate Osservazioni appartengono a suo fratello Giuseppe Daniele. ( 340 XII, Le Forche Caudine illustrate, seconda ediziono , N;ip. , MDCCCXII , in t\ig. , presso Aii" gelo Tremi (i). OVERE INEDITE. XIIL Aggiunte alle (( Memorie degli Scrittori Cosentini )>. XIV. Ilicerca-Slorico- Diplomatico- Legale su la condizione feudale di Caserta. XV. f^'ita e Legislazione c/e//' Imperatore Fe- derico //. XVI. P^ita ed Opuscoli di Camii^lo Pellegrino il .o'ioui/ie . XVII. Topografia deW antica Capua illustrate^ con antichi monunienli . XVIil. Museo Casertano (2), (/) (jltre le sopraddette oj)ere pubblicate dal Da- niele , e di cui qui ne abbiamo riportalo l'elenco, esiste in varie raccolte giit. stanijìate urta quantità d' f- scrizioni , di Poesie latine ed italiane , e qualche Memoria legale. (a) N'el 1^84 i'icino Teano ( Sidicino ) fu tro- vato un bellissimo 3/osaico rappresenlaiUe quattro nccclli , de' quali mio ne tiene il quinto sotto i piedi. Il Daniele lo fece incidere in. rame , e ne dedico la stampa alla Regale Societìt degli ylnti- quarj di Londra, (543 ) IV.° Cav. ANTONIO SEMENTINI (i). Venne alla luce in Mondragone nella Campagna felice agli ii ottobre MDCCXLIII da Gennaro Semen- tini e da Orsola Spano. Studiò le belle Lettere e la Filosofia nel Seminario di Carinola , in cui sì per la vivacità del talento , che pel profìtto che vi fece , si distinse non poco tra' suoi camerati. Con forti impulsi invitollo a sé la Medicina , questa scienza tanto vasta , diffìcile , e scabrosa , quanto il Padre di essa la dichiarò solennemente. Egli adunque venuto in questa Capitale di anni di- ciassette, per un lustro e più si chiuse nel Collegio dello Spedale degl' Incurabili , ove nulla mancava per apparare siffatta professione, dedicandovisi col più fer- mo e risoluto proponimento « di addivenir dotto ( com' Ei si espriniea ) , o morire ». Collocato quindi in questo gran teatro di medi- che osservazioni, prosegui fervidamente il corso del- l' intrapresa carriera sotto la disciplina del Nestore (/) Professore di Medicina pralica nella Regia Università degli Studj , Medico Consultore dell'Ospe- dale degl' Incurabili , Socio Ordinario della Real ^ac- cademia delle Scienze , della Ponlaniana , ex-Pre- sidente di questo R. Istituto , e Membro di varie Società estere, ec. ec. ( 5.44 ) flcirAi-te salutare Domenico Cotugno , e di altri va- icnlitsiiir insliuilori. Ed iti vero, quanto all'ardore, r air instancabil premura , clic nudriva per le mediche discipline , corrispondessero i progressi da lui fallivi ; io dimostrano a chiare note le dottissime opere, che ci ha lasciato, degne di perpetua lode, e che, attestando sem- pre il sapere degli uojnini applicati, obbligano a darne un brevissimo sbozzo. Ma prima di ciò bisogna premettere, che nel 1766 dietro concorso ottenne la piazza di medico assistente nel medesimo Spedale. L' amabile ed onorato costume del giovane Sementini , la sensibilità del suo cuore , la vivacità del suo temperamento, e i' energia del suo spirito ; in brievc spazio di tempo gli conciliarono la slima e la benevolenza delle persone più distinte, e ri- spettabili del medico ceto. Nello slesso anno comparve avanti il Pubblico leUeralo , tribunale innanzi al quale soltanto gF igno- ranti o gli stolti osono presentarsi confidenzialmcnle o senza tema , colla Breve dilucidazione della natura e varietà della Pazzìa. In questo primo frullo delle sue letterarie faliclie , sviluppa col più sano accor- gimento l'influenza dell' organizzazion fìsica dell' ence- falo su le faculià dell' inleiulimento ; determina la na- tura d( Ila stessa; indi la specilica ; fissale indicazioni curatixe da nieltersi in pratica nello diverse sue spe- cie, ce. ce: tutto a buoni conti concorre a rendere a b;^s^,^nza commendevole della cstimazion de' dclli il jihrcLlo in disamina. ( 545 ) . Negli anni susseguenti fece ancora di pubblico diritto pe' tipi di Benevento un altro opuscolo inti- tolato : Recjuisitorio di un Alunno ec: , col quale chia- ma a rassegna le a Forniulae medicamentorum ex Pharmacopoea Londincnsi cxcerplae elcact. » dell' il- lustre Prof. Cirillo. Dippiù il nostro Socio , amico sempre della verità pur troppo necessaria nelle teori- che d'importantissime conseguenze , iniprendè ii primo a disaminare \ irritabilità Hallerkma {\) . Ed infatti^ (i) In onore della verità e della gloria nazio- pale è d' uopo far già notare , che la scoperta della irritabilità non deesi attribuire a Glissonio o pure ad Aller, come si è creduto dalla maggior parte de' Fislologisti e precisamente dal nostro defunto ; ma che dessa , giusta il savio avviso del nostro dot- tissimo Socio Prof. Saverio Macrì (*) , spetti a Tommaso Cornelio Cosentino , un tempo Professore di Matematica e di JSIedicina nell'Atenèo JVapo- l^ìtano. Imperciocché il nostro Cornelio, elegantissi- ino scrittore latino , ne' suoi Progymnasmala Phjsica (**) (*) Insiitmiones Pliysiologicae alidore L. M. A. Gald.v- uro , ecllt. alt. neap. , cum A Inoiationibiis et Additaaienlis Xa- VEKii Macrì , tom. t , pag. 283, «. /; et toni. 2, pa^- 20^, TI. 1. Neap. , MDCCCIV. (**) Veneiiis, y?/Z)CZ/X///; ef His accessere ciusdem Au- ctoris Opera rjiiaedam Posthuma iKinquam anieliac edita. Neap.. MDCLXXXriII, in 8 cqnul Raillaid. 44 ( 34G )• ricliiamando di boi nuovo in veduta le dottrine di Boe- KiiAVE su tal punto, sostenne, che l'accorciamento delle fibre animali dipendea alP intutto dall'azione del sistema nervoso ; che distrutto questo, ogni stimolo restava ino- peroso ; che le impressioni cadessero su' nervi sparsi tra le prime ; e che qual risultamenlo dall' unita a- zionc de' secondi, già irrorati dal sangue, derivasse il principio vitale ce. ce. Titli questioni sono trattate con somma maestria noWe sne. Iiisliiutioìiu/n inedicaruni Parlls prioris et atei: Physiologia Pars I. et II. Naap,, fa chiara e prolissa menziono dell' irritabilità degli aiiiinali , degli zoofiti e finanche delle piante, tredici anni prima della pubblicazione dell'Opera di Glis- SON (*) , e circa diciotto lustri avanti , che il fi- siologo di Berna fatto avesse di pubblico diritto le sue sperienze negli animali viventiif*),Nè puossi addurre, che quest'ultimo abbia potuto ignorare i Progymnas- mata del nostro CosentìiSo, poiché Egli stesso ne cita l'edizione napoletana (***) , cui sono aggiunte le ope^- re postume del Cornelio, onorandolo d.el solo titolo (*) De Ventric. et Iniesiin. , Cop. y , n. 3 , prig. lyo et seq:-honAm\, MDCLXXf^I; et Am^lelodanu, MDCLXXFIL (**) Dibsertazioiiu iiuo. no le par.i ii ritabili , e sensibili de- gli aumvA\{ MDCCLII ). Nap., MDCCLr, inS. {***) Haller ili BoEKHAAV. Meili. Suid. mecl., toni. /, Pait. JI , Sect. I f^ , cap. 6, n. 4, p.i,:;. ^36 ; et Sect. f^II, caj), 3 , n. 6 , p<(g. 6-2.^. Veiiei. , MDCCLIII. ( 347 ) iy8t et iy83 , scritte nel più terso idioma del Lazio. Queste, essendo esposte con un ordine assai lilosolìco, non solo racchiudono le nozioni necessarie, onde stu- diarsi la scienza della vita ; ma contengono allresi alcuni nuovi e non dispregevoli pensamenti del nostro Ac- cademico. Egli però si avea prefisso un piano più esteso nello scrivere simili materie, come può rilevarsi da' di- ciassette fogli in 4.° della sua grande JFisiologia italiana, che rimase appena incominciata. Per cui ne compilò un'altra più breve in latino di sopra annunziala, ad uso del suo fioritissimo uditorio privato , pel quale erano anche destinai' i cinque tomi di N'osologia , eh' Egli diede alla pubblica luce dal 1780 al 1784. Là classificazione serbata dallo stesso è la seguente. Nel primo di essi espone il trattato delle febbri , che considera quali affezioni del sistema nervoso ; nel se- condo si occupa delle malaltie in generale , che ap- di latine doclus, senza punto accennare le osserva- zioni fatte da costui su /' irritabilità del cuore (*), del ventricolo (**) , f/^^/' intestini (***), f/tV/' utero , dello scroto (****) , delle lucertole , delle serpi , delle teslu- (*) Progym. Vili de Vita , /'«,§". 270 et 272. Neap. , MDCLXXXriII. Ex Typographia Jacolii Raillurd , in 8. (**) Progym. Vida Nuli icalione , /;«^'-. 2i5 (t seq. (***J TnoMAE CoRNELii Gonseniini Opera tpiaod.mi po- siliuiiia niinqiiam anlehac edita. Neap., MDCLXXXVIII. Ex Typographia Jacolji Raillard. Progym. de Scnsibus , pag. y4. (****) rrogym. f'J de Nuuicaiione, pag. ìiG. ( 348 ) punto constjtuisce la sua Patologia ; nel terza contìnua V osposìz\one di:\\e morbose aj/ezioni de' ne/vi , e di al- tre che denomina di conte/izione; esamina nel qustrlo quelle di deòo/ezza ; e tratta nel quinto ed ultimo volume di altri malori, che derivano dalla disfribuzione e dalla depravata qualità de' nostri umori. Questa corso di mediche instituzioni ha egual diritto delle rimanenti sue opere alia riconoscenza de' Sapienti pec la divisione delle malattie. In oltre, vago d' instituir confronti , osservazioni ^ ricerche, ragionamenti ec. ec. circa la stupenda fab- hi'ica delia macchina umana, diede di piglio ai coltello^ dini (*), degli, zooiìù , delle ostriche, delle spugne (**), dell' a\\e\n]a f **) , delle reste dell'avena (****), delà^ sensitiva, c/c^/ noli-me- tangere , f/tV/'eìiolropio, dell'eia" terio, delle foglie dì altri vegetabili C****), ecc: , ecc: . Or da ciò conchiudo , che l' irritabilità halleriana' avrebbe dovuto- denominarsi corneliana.- /z;x 11 Sementini fu uno de' primari ornamenti della nostra Regia Università degli Studj , in cui , me- diante ardui e solenni concorsi , fece al 1785 da So- stituto alla Cattedra di Notomia , ed al sosto anno occupò quella di Fisiologia, poi di Patologìa, ed in ultimo fu nominato Professore di Medicina Pratica. (i) Op. cU.j pag. iii. ( 552 ) Venne consultalo dal Governo in varj rincontri con- cernenti la sua proi'essiorie. Essendo andato in Roma'i Monsignor Saliceti Medico di S. Santità' chia- niolio a consigliare la salute del S. Padre. Ebbe le più obbliganti offerte dall' Imperador Giuseppe II ueìla. visita, che questo eccelso Mecenate degli scien- ziati fece airO-spedale degl'Incurabili, qualora avesse vo- luto recarsi in Vienna ; aia il nostro Accademico eoa potè dclcrininarvisi a cagione dell'amore, che nutriva versola sua Patria. Con questa occasione Egli si vide nel dovere di dedicale ad un Monarca cotanto rispet- tabile P ultimo volume della sua Nosologia, ch'era di proseguimento agii antecedenti, che avevano dato luogo ad una si onorilica conoscenza. Tenne un frequentis- simo carteggio con Tommasini , Spallanzani , Rosa , Moscati, Caldani , Fontana, Mascagni ec. ecc.-. Finalmente, assicuratasi presso i nostri posteri la gloria del suo nome immortale , pieno dì rassegna- zione a' Divini voleri , passò nel numero de' piti il dì VHI del mese di Giugno dell'anno CÌJIOCCCXIV, dietro un insulto apoplettico, e con onorevoli e pom- pose esequie tu interrato nella Chiesa di S. Sofia. Ma di Lui dir si può con giustissima ragione; JI/c cineres, ubicjue nonien. Ecco esposti i segnalati servizj, che all'Arte nostra con istancabil fatica prestò il benemerito Sementini. Ed c-vco pure tracciato il luminoso sentiero, ch'Ei balle, onde giugner là , dove pochi suoi pari posson aspirare ad esser fregiati dell' Epidauree corone. 11 Fisiologo na- ( 5r.3 ) politane ha lasciato di se un desiderio eterno , e di cui il solo nome formerà mai sempre il monumento più du- revole del bronzo. Né recar dee meraviglia , se questa perdita fu da moltissimi deplorata , ed annunziata dai pubblici fogli con accenti di estimazione alta, e di com- pianto verso r estinto (i). (/) // nostro Socio Prof. Antonio Grillo , pu- lente notoinico, non indugiò di manifestare al Pub- blico i meriti rari del Skmentini , e le ragioni del comune cordoglio neW esserci stato irreparabilmente da morte rapito un tanto Nolomico , fisiologo , e Medico, Egli quindi ne divulgò colle stampe un elegante Elogio storico ( Nap., i8i6, in 4- ) > che ci ha servito di guida nello scrivere il presente articolo ne- crologico. E questo Real Instituto j'?'/? c/a i -j. agosto i8i4 udì con piacere ed ammirazione i giustissimi enconij , e gradi pure i brillanti fiori, che la mano di un si riconoscente Discepolo sparse su la tomba del Maestro , ex-Presidente del suddetto Corpo accademico. Che anzi la sempiterna memoria del nostro defunto fu anqpra onorata d' iscrizioni lapi- darie, e di altri componimenti jjoetici recitati in tale occasione da' dottissimi signori Cav.'' Fraì^cesco Ca- RELLi , ^. N . CoLUMELLA ONORATI , SocJ Ordinar/, .Abate Angelo Antonio Scotti , Domenico Oliva , A, M. Cakfora , Cu p'.'' Nic<;oL a Valletta, ec;. ( 354) Opere pubblicate. I. Breva dilucidazione della natura e varietà della Pazzia. Nap., MDCCLXVI. in 8. ir. Reqicisitorio di un Alunno ecc:. Benevento, MDCCLXXIV, in 8. III. Elementi di Fisiologìa. Nap., MDCCLXXIX, in 4. Se ne divolgarono 17 fogli. IV > Institutionuni medicarum Partis posterioris guae est Nosologica. Liber serundiis : a De niorbis nervorum », Neap., MDCCLXXX, in 8. V. Tnstitutionum medicarum Parlis posterioris guae est Nosologica. Liber priraus : « Morbus gene- ratini ». Neap., MDCCLXXXl, in 8, VI . Institutionum medicarum Partìs prioris quae est Theorica exercitalio secunda : Phjsiologìa. Par. L Neap., MDCCLXXXl, in 8. VII. Institutionum medicarum Parlis prioris guae est Theorica exercitalio secunda: Physìologia. Par, li. Neap. , MDCCLXXXilI, in 8. Vili . Instilutionum medicarum Partis posterioris quae est Nosologica. Liber secundus : a Uè reliquis morhis nervorum ». Neap., MDCCLXXXilI. IX. Institutionum medicarum Partis posterioris guae est Nosologica. Lilier tertius: fxDe lUorbis nervo- nwn).Ncap., MDCCLXXXIV, in 8. X. Institutioìium medicarum Par'is posterioris guae est Nosologica. Liber quarius : (^ De morbis » ( 355 ) disfributionis et qualitatis humorum ». Neap. - MDCCLXXXl V , in 8. XI. Lettera sul Cervello ec. al Cau. Giovanni ViVENzio Medico di Camera di S. M- Siciliana , e Protomedico del Regno ecc:. Nap., MDCCLXXXl V, in 8. XII. Orazione inaugurale pronunziata nelV aper- tura della Cattedra di Fisiologia nello Spedale dì S. Giacomo. Nap. , MDCCXC , in 8. XIII. Inslitutiones Physiologiae in usum Hegii Neapolitani Arcliyg. - Edit. sec. ; toni . I , II , et III. Neap.. MDCCXCIV, in 8. XIV. Li" Arte di curare le malattie in seguito dell' esame premesso della natura di queste e dei loro segni ad uso della Regia Università degli StU' dj. Nap. , MDCCCI, in 8. XV. Saggio di prescrizioni mediche adattate agli usi diversi , cui l' arte curativa deve impiegarle ed a' titoli loro. Nap. , MDCCCIII , in 8. XVI . La Patologia , ossia della malattia in gè- nerale e delle sue varietà tradotta dal latino per servire di preliminare all'arte di curare le malattie, e preceduta da un Saggio di esame del Sistema di Brovvn e della ragionevole influenza del medesimo sulla pratica. Nap., jSIDCCCIII , in 8, XVII. Prospetto analitico di una Istituzione di Fisiologìa precedalo da un discorso preliminare sulla vita , per uso della Regia Università degli Sludj ecc:. -Nap., MDCCCVII , in 8. 1 ( 35fì ) XVIII. Parere sul contagio della Tabe pohno- ìlare. JMap., MDCCCX , in 8. Opere inedite. XIX. Memoria su le medicine calmanti. Letta in questo R. Inslituto , siccome apparisce dal tom. I , pag. LIX de' suoi Alti Accadeioici. Nap., MDCCCXI, in 4- ( 357 ) V.» GAETANO MARIA GAGLIARDI (i). In Montefusco'Qình. di Principato ulteriore il di 7 settembre MDCCLVIII Gaetan JNJaria Gagliardi trasse la nascila da genitori nobilissimi per antichità e splendore di famiglia. Fu egli il tenero frutto de' coniugali amori del Consigliere Francesco Maria Gagliardi Cosentino ( benemerito nella repubblica letteraria , e principalmente nel Parnaso italiano es- sendo ascritto a parec( hie Società di sapienti , e nella Giurisprudenza , in cui covri distinti posti ) ; e di Ca»»a»7i>ra Caselli, la cui prosapia era fregiata del cavalleresco ordine di Malta. Non era ancora compito il primo anno di sua età, quando i parenti recaronsi a dimorare in questa Me- tropoli , ove da costoro gli fu proccurala una lodevole istruzione letteraria. Venne per ciò affidato alla cura del Sacerdote Cono Musculiati , come apparisce da' suoi (i) Segretario Perpetuo di questo Keal Insti- iuto ; Commessario del Lavoratorio di pietre dure del Reat JMuseo , e Custode de' J^asi Etruschi dello stesso ; Bibliotecario Regio de' Monisterì soppressi ; Meìnbro del Consiglio degli JEdi/ìzj ci- vili ; Socio delle accademie di Mergelliiia di Napoli^ degli Speculatori dì Lecce , della Cosentina , degli aborigeni, de' Nuinafili , deW Arcadia di Roma, della Italiana ec. ec. ( 568 ) -scritti, il quale lo instrui nel leggere, nello scrivere , ne' primi rudiincnli delle grammatiche latina ed ita- liana ce. ce. Di anni dodici passò ad apprendere gli ameni studj della letteratura nel Real Convitto di Cape- va. Ivi ebbe a maestri Filippo della Corte, Domenico Bressani, LojiENzo Zona che alla proieòsioa medica accoppiava le più sane dottrine filosofiche, Vincenzo Archiopoli , Michele Nicolai storico e critico di non oscura fama, e Girolamo Giannelli celebre lette- rato e meritevole di succedere all' Abaie Antonio Genovesi nella Cattedra da costui occupata ne' Regj Studj. Dopo sei anni di continua applica/ìonp tu Iv lingue, ìa storia, la poesia ecc. ritornò in Napoli, ed assistè alle lezioni di Cliimica , che il Prof. Giuseppe Vairo dettava nella Regia Università, ed a quelle di Medi- cina del Prof Nicola Andria nella sua scuola privata. Non trascurò la conoscenza della Storia Naturale sotto la disciplina dell' Abbate Niccola Pacifico di eterna commemorazione; e di perfezionarsi nella Poesia mercè gì' insegnauìenti di Bruno Politi Sacerdote Cosen- tino. Fu poi maestro di se medesimo nelle lingue Ebraica, Araba, Caldea, Inglese, Francese, e nella i\iiììeralogìa , che abbandonò dietro alcuni diisapori avuti coi suoi emuli. Per qucst' obbietto dedicnssi totalmente alla Pa- leografia, alla Mitologia, all'Antiquaria ec<'. ecc. Tali occupazioni amene e dilettevoli per loro natura gli re- carono grande sollievo e cunforlo nell'epoca delle sue (359 ) sventure , che non furon poche e di piccol mo- mento. Ma sudi ciò tirerò un denso velo, onde non amareggiarne la rimembranza col racconto de' tristi avveuimenli accadutigli nel vortice della tempesta po- litica del 1799. Egli intanto viveva lungi da questa popolata città, essendosi ritirato nella sua villa all' Epitaffio della Torre del Greco , ove attendeva incessantemente al- l' erudite e piacevoli ricerche su 1' antichità , e su l' Insettologia. Talmentechè nel 1800 coli' alloggio delle truppe inglesi nel succennato casino, e tra '1 pattume di cui queste pulironsi, dovettero trovarsi le uova di un bellissimo Papilione da lui descritto e denominato Pa- pillo ^aclopìadìn (i)- «irrome rilettasi dalla sua me-» ' '■ ■ ' ' ' ' ' ' ' ■ -I ■ ■■ I ■ 1.1 — ■■■ - ... I,, ^ m\\m- (/) In riguardo alla origine di questa graziosa farfalla egli non disconviene dal parere de' prof es- sori Vincenzio e Luigi Petagna , abbastanza vale- vole in Entomologia, che spesso su le barche de' corallari ci sian venule attaccale le uova di ìuoW in- setti Affricanì. Questo Parpaglione adunque , chia- viato Asclepiade (*) perchè nasce sopra /'Asclepias « (*) Caratteri: P. Asclepiadis atis fiiluis albo nigwqi/e macutatis , antirioribus apice nigro albo suicidato, posterìo- ribus margine nigro saepe Titaculis y vet ^, albis, thontce ca- piteqnt; iiigris albo pnnctatis. ,,,.; , . ' ^ %\ lidbitat in Asclepiade fruticosa aestivo et autiivinali tempore! , ach'ena ex India Orientali vtl Aegypto , mine de- perdilus. • . , • ( 36o ) moria registrala nel tomo primo do' nostri Alti aeca- dcmici, colla quale ci dà la descrizione, l'istoria e la tecnica denominazione di si fatto insetto. Varie Hate avrebbe voluto pubblicare colle stampe molte sue produzioni intorno la Storia , la Poesia , la Bibliografia, l'Arte Gemmaria , l' Inseltologia ecce, oltre parecchie traduzioni , iscrizioni ec. ; ma , pei con- tinui acciacclii di salute, e per attendere al disimpegno di altri affari , non potette soddisfare simili brame- Tali MSS, , di cui non posso dare alcun ragguaglio preciso , invocano ad onore dell' Autore la pubblica luce (i). Molte Società consecrate alla cultura delle Muse 1 accolsero nel lord spmo ; e in U K A I. apparecchio genito-orinario indicato giusta la sua disposizione su la tavoletta, I. 2. Faccia inferiore della coda. 3. Orifìzio dell'ano. 4. Inteslino retto. 5. Lume del canale della Vulva. 6. 7. Striscia di membrana mocciosa, che ha nei: «Ito 8 mia lacuna, e nel 9 una lacinia, 10. Ghianda ; II . Suo collo ; 12. Prepuzio. i3. 14. Uretra e vescica orinana i5. 16. Uretere e reno sinistro chiusa. ^7- ^^ destro aperto. 19. 20. Vagina e matrice chiuse. 21. 22. Corna della matrice e trombe Fallopoiane della banda sinistra innestate alla coda dell'epididimo. 23. 24. Le stesse della banda de&fra. 25. Vena cava ascendente colle rispettive vene ( 398 ) eiìiulgculi 2G. e 27. ; nella prima delie quali si sca- rica la vena de' tre corpi sopra renali a. b. e. ; il primo de' quali a. è stalo aperto. iì8. Vena spermatica destra che nel punto 29. si divide in tre picciole vene. 5o. Vene spermatiche sinistre provegnenti dalla iliaca primitiva. 5i. Arteria aorta addominale che caccia le arterie renali sinistra 52., e 55. destra. 54. 55. Arterie spermatiche della banda sinistra e destra 36. Arteria che va a diramarsi alla parte late- rale sinistra della vescica orinaria nel punto 5". 38. La stessa per la parte destra. 39. 40. Vaginale aperta della banda sinistra, 41-42 chiusa di destra. 43. 44- Testicolo sinistro e destro. 45. Testa dell'epididimo della parte sinistra j o 46 sua coda . 47. 48. 4g. Canale deferente sinistro. 5o. 5i. 52 di destra ricoperto dal peritoneo nel sito 53. 54. 55. Glandule di Cowper di sinistra e destra. ( 599 ) Figura II. Apparecchio genitale interno femmineo sezionalo nella parte superiore. 1. Membro geuilale. 2. Orifizio esterno della vulva. 3. 4. Vulva aperta. 5. Orifizio del canale dell' uretra. 6. Uretra. 7. 8. g. 10. Vagina colle sue rughe. 11. 12. Matrice aperta sino alle sue corna. i5. Corno sinistro aperto. 14. . . . destro chiuso. i5. Luogo dove avrebbe dovuto essere il muso di tinca . 16. 17. 18. 19. 20. 21. Rughe del di lei collo. Figura III. In cui si rappresenta la parte laterale destra della fluiva , Kagina , e Matrice. 1. Canale della Vulva. 2. 3 Vagina, 4. 5. Matrice. 6. 7. Tuba di Falloppio aperta. 8. Sua inserzione alla parte superiore della coda dell'epididimo. g. Sito del vaso seminifero, ove giunse il luercurioi 10. 11. 12. Canale deferente aperto. i3. 14. i5. 16. Orificii de' canaletti de' quattro grappoli delle glandule cowperiane a, b, e, d. ( 4O0 ) RAPPORTO Fatto dalla comsiessione incauicata per l' esame DELLA Memoria del Segretario Generale per- petuo SIGNOR Stellati su di una Capra creduta ermafrodita. Signor V rp.sicìe.Tìle , JL/i riscontro al suo pregiatissimo foglio in data de' ag del p. p. dicembre per la discussione della Me- moria del Segretario Generale di questo Real Insti- tuto Signor Vincenzio Stellali , abbiamo stimalo no- stro indispensabile dovere di procedere all'esame com- parativo delle di lei esterne ed interne parti della ge- nerazione con quelle di un uaprunt-, e di una picciola capra -, affinchè avessimo potuto rassegnarle il nostro avviso colla dovuta esattezza , e precisione intorno a simile obbietto. Le nostre indagini si sono perciò aggi- rate ad osservare : i." la disposizione degli organi ge- nitali del sesso maschile-, 2.» quella del fetnmineo; e 3.» al paragone di tutti e due, onde vedere di quali parli mancavano pella concorrenza del doppio apparato sessuale nello stretto senso, o sia per dirsi la suddetta capra perfeltameute ermafrodita. ( 401 ) §. I. ^apparecchio genitale maschile^ Il corpo pendalo , che si osserva attaccato alle branche dell' ischio , constituisce appunto 1' asta della capra non bene sviluppata. Poiché la medesima ha la sua ghianda, per la lìgura e struttura, affatto simile all' individuo rhp ci ha servito di confronto. Vi ab- biamo puranche ravvisato il collo della stessa , e '1 cor- rispondente prepuzio aperto nella sua parte inferiore, ed innestato ad una striscia di membrana mocciosa. Il corpo cavernoso era pochissimo allungato; ma la sua grandezza si è trovala proporzionata all'età dell' ani- male. Più nella sua linea mediana inferiore non ab- biamo rinvenuta alcuna traccia di uretra, che assot- tigliata, filiforme, e peiideate avrebbe dovuto terminare sotto la ghianda. Inoltre nella antipassata Sessione Accademica di questo R. Istituto osservammo , che la capra in qui- stione allora vivente mancava di scroto ; avendo i te- sticoli in situazione parallela al suo addomine , e pro- priamente sotto le di lei zinne. Siffatti organi , custoditi dal cremastere e dalle rimanenti membrane, come pure dotati di arterie, vene, enervi spermatici, sono nella loro perfetta integrità. Non possiamo però ommettere che verso la coda dell'epididimo, in vece del solo ca- nale deferente , se ne scorge un altro di minor dia- metro longitudinale e travejc^ale, di cui faremo ceuno ^ 5i ( 402 ) in proseguimento. Il primo di tali dulti, cioè il tra- sportatore del seme, è slato da noi iniettato a mer- curio sino ad un buon tratto della mentovata coda dell' epididimo , senza che tal materiale abbia potuto giuDgnere alla i/iserzione dell'altro vaso poc' anzi ac- cennato , onde metterci nella circostanza di decidere, se questo avesse avuto comunicazione con quello. L' argento vivo intanto si è fatto strada per la parte opposta del canale deferente, che verso il suo termine è coperto dal peritoneo; ed ha empiuto non solo il resto di esso : ma è penetrato ancora in quattro corpi granellosi di variata grandezza, che giacciono alla di lui parte laterale interna. Questi altro non sono che i quattro grappoli delle ghiandole di Cowper, i quali nello stato ordinario avixbbero dovuto avere i rispettivi canaletti escrctorj terminanti in un comune canale, che di unita al deferente doveasi aprire a' lati del verumontano. Qui la faccenda è andata del tutto diversa; stanteehè cadauno di essi mette foce nell'in- grandimento del vaso deferente: ossia nel luogo, ove questo linisoe, essendo attaccato a' lati di un altro sacco, eh' è la vagina , senza punto comunicare colla di lei intima cavità. §. IL Apparalo genitale femmineo. Un pollice circa sotto il membro genitale maschile, e poche linee distante dall' orifizio dell'ano j è posto ( 4o5 ) quello della vulva. Alla di lei parte superiore, e per un pollice all' incirca, ravvisasi una striscia di tunica moc- ciosa, larga alquante linee , ed avente nel suo termine una picciola lacuna, nella quale appena entra un testa di spillelto. Indi le sovrasta una lacinia di figura tri- angolare, che trovasi nelle pudenda esteriori di tutte le capre. L' orifizio ed il canale della vulva non si allontanano affatto da quelli, che hanno le femmine di siffatti animali , avuto risguardo alla loro strut- tura , lunghezza e larghezza. Dippiù nella di lei su- perior parte presenta il lume dell'uretra, la quale è lunga due pollici circa, carnosa all'esterno , e termi- nante nella vescica orinarla. Questa borsa offre una grandezza maggiore si di quella del caprone, che della capra : ed ha di vantaggio i convenienti ureteri disu- guali in lunghezza , per essersi rinvenuto il rene de- stro assai più in sotto del sinistro. Segue inferiormente il forame della vagina , un tantino più stretto del solito , e con la particolarità, che questa è bastantemente ventricosa verso la sua inferior parte. La sua struttura è similissima alla vagina di paragone: talché vi si vede la membrana mocciosa che la veste nell'interno, la tunica cellulare che la ricopre all'esterno, le fibre carnose longitudinali situale tra queste molto ben pronunziate, gli acini mocciosi che gemono l'umore che ne spalma le intime sedi ec: , ecc. . La matrice poi dell' annunziato animale presenta i lacerti carnosi, di sopra accennati, fra loro oltre modo distanti, ed in variate guise intrecciati; sicché nelle ( 404 ) loro aie son collocali i follicoli niocciosi. Dilatate pure si osservano le sue membrane , la mocciosa cioè , la cellulare, e '1 peritoneo. Il muso di tinca non vi è a cagione dell' allontanamento delle di lei fibre ; ma vi si notano per altro con molta distinzione le rughe del di lei collo , le quali, per la simmetria, pel nu- mero e per la loro disposizione , sono all' intuito so- miglianti all'utero di confronto. II tramezzo, che avrebbe dovuto dividere il corpo della matrice verso il di lei termine in due eguali vóti, manca del tutto. Tale deficienza è figlia dello sviluppo delle sue corna in lunghezza, le quali, coli' ampliarsi di più, veni- vano a constituirlo. Da cadauna di queste ultime prendono incominciamento le tube falloppiane , che vanno ad innestarsi , come non ha guari si è detto, alla parte superiore della coda dell'epididimo. §■ in Paragone de' due descritti apparati e mancarhze che ne derivano. Dall' esposto finora possiamo farle presente, che 1' apparato genitale maschile del sopraddetto animale per dirsi completo dovrebbe avere le seguenti parti, delle quali è affatto deficiente. Le medesime sono : i." Io scroio j 2." la lunghezza del corpo cavernoso , il prepuzio intero, e i muscoli si di questo, che di quello; 5.» l'uretra colla sua apertura, e con quella del canale deferente^ ( 4o5 ) e del comune dutto de' quattro grappoli delle ghiau- dole cowperiane nel grano ordeaceo-, e 4.° le due pro- state. - È mancante poi l'apparecchio generatore fem- mineo : 1.° del muso di tinca ; 2." del tramezzo divi- sorio della matrice ; 3.° dell' orifizio libero e sfran- giato delle trombe di Falloppio ; e 4.° delle ovaie, organi essenzialissimi , perchè la fecondazione possa efl^ettuirsi. Cosicché il mentovato animale , non avendo presentato i principali ed esclusivi caratteri per lo stabilimento del doppio apparato sessuale, interpretato liei suo vero senso , o sia dell' ermafroditismo com- piuto; dee considerarsi come un neutro- capra. Siamo pertanto di unanimi sentimenti, che la Me- moria del Segretario perpetuo Professor Vincenzio Stel- lati •con molta giustizia meriti di essere pubblicata nel terzo volume degli Atti Accademici del nostro Real Instituto insieme col rame dell' annesso diseguo , che corrisponde perfettamente al pezzo originale. Napoli, li 21 gennaio 1822. Luigi Petagna. Francesco Folinea. Giosuè Saiigiovanni. Stefano delle Chiaje. Fine del III. Volume- ( 407 ) ■ INDICE GENERALE. Pag. Jr REPAZioNE ; • • -"vn Statuti XXI Elenco de' Socj Ordinar/ xr. Onorurj. .• XLiU CoiTÌspondenli XT.iV. Catalogo delle opere pubblicate da' Socj Ordinar] dopo la divol^'azione del II f^olume degli Atti XLVI MEMORIE. Sul Lago Fucino e sue escrescenze ; progetti per bo- nificarlo colla descrizione dell' Emissario di Tiberio Claudio , e sulla necessità di riapri/ lo ; del Socio Corrispondente Dottor Tommaso Brogi i Su la costruzione di due apparecchi per le distilla- zioni gnsxnsp e per la saturazione de' principi aeri- formi, modificando il tubo di sicura 4.-0, di IFelther; del Socio Corrispondente signor Filippo Cassola 09 Su le rovine della Città di Inasto in Spruzzo citeriore avvenute nel mese di Aprile deiranno i8i6y del Socio Corrispondente Dottar Erasmo Colapieiro 49 Descrizione della struttura, mutazinni , vitto, e costumi della mosca che fora le ulive, illustrata da figure a tal uopo diligente mente e presse; del Socio Ordina- rio signor Vincenzio Brigami 97 Su taluni insetti che fanno disseccare i rami degli ulivi e che divurano la polpa de' loro frutti , e sul modo di distruggali , del Socio Corrisiondente .signor kn- drea Canonico Tripaldi . . 259 ( 408 ) Descrizione di un Capretto mostruoso disamo ; del Socio Ordinano Stefano delle Cliiaje 180 Descrizione e cura delle ordinarie malattie , cui tanno soggett' i bachi da seta , corredata della compiuta esposizione delle rispettive bigattiere e del facile me- ■ todo di schiudere i bigatti-, del Socio Cvrrispondente Dottor Oronzo Gabriele Gusta 206 Sul modo di togliere la patina oscura dalle monete di nrg,jitn ; del Socia Oi'ilinorio sìgnor Frauce^co Lanccllolii 143 Su T c'itrazions dell'Ioide dalla Zostera Oceanica L. ; « del Socio Corrispondente ^^^/jor Filippo Gassola 256 *■ Descrizione di un utero umano biloculare ; del Socio Ordinario signor Francesco Fo'inea 265 Sul Gas (ciclo carbonico sclfoialo ; del Socio Ordin^i- rio signoi Francesco Lanceilui i 281 Descrizione d Ile sedine de/le Ca abrie ; del Soc.o Or- dinario sign >r Giiisep[ie Melograni 287 NECROLOGIA DE' SOCI ORDINARI. I." Filippo Cavolini , 5i5 II.» ^'lncenzio Raniondini. . . . , Sag in." Francesco Daniele 535 I\.° Antonio Scnicnlini 343 V." Gactan M.'' Gagliardi 357 \l.° Miciiele Feiraia. 5G3 "VII." Federico Zuccari SGg Vili." Bruno Amanica 375 Descrizione di una capra creduta ermafrodita ; del Se- gretario Gencrcde signor Vincenzio Siellati 38o Rappoito fatto dalla commessione incaricata p r Cesarne della stessa . , 400 i % 1 ', ' >. ,r-. . .J Vr V "• ■ >