^,s.. V -■ 1» •. V 4j*^ ^^; <.^^'.:^-. ■*:. C V ^ V •ìv^ K^^-^-'^V *\* .j" f-^n^ * 1. . JW V* i • :v >w. V~^^ ^^M. -L b ^ ?5^ o;. c HARVARD UNIVERSITY. LIBRARY MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. a^lc ^A^^V A T T 1 DEL REALE ISTITUTO VENETO D I SClKNZi:, UniKIlE ED AliT! TOMO TEKZO, SERIE SESTA ATTI DEL llEALK ISTITUTO VENETO D I SCIENZE, LETTELIE ED ARTI DAL NOVEMBRE 1884 ALl'OTTOBRE 1885 -^V E N E Z I A PRESSO LA SEGRETERIA DELL'ISTITUTO TIP. ANTONELI.l- 1884-1883 \WA. REAI.K ISTITUTO VENETO D I OAL NOVEMBRE I ' Cortese . . . . » 19 A. Favaro, m. e. . — Intorno ad una lettera di C. F. Gauss ad E. G. M. Olbers, pubblicata da D. B. Boncompagni » 53 G. Marinelli, m. e. — Notizie intorno alla questione del- la superfìcie d' Italia » 63 Elenco dei libri e delle opere periodiche , pervenuti dal 16 agosto a tutto il 1." dicembre 1884 ...» i-xii MEMBRI E SOCI DEL REALE ISTITUTO VENETO DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI (*) PRESIDENTE Fedele La m pertico. VICEPRESIDENTE Angelo Minich. SEGRETARIO Giovanni Bizio. VICESEGRETARIO Enrico Filippo Trois. AMMINISTRATORE Giovanni Veludo. MEMBRI EFFETTIVI PENSIONATI (20 giugno 1843 — 4 ottobre 1834) Turazza dottor Domenico, Coram. -f^ c^, uno dei XL del- la Società italiana delle scienze, socio nazionale della R. Accademia dei Lincei ecc., professore di meccanica razionale ed incai'icalo per T idraulica pi'atica nella R. Università di Padova, direttore della Scuola degli inge- gneri presso la stessa Università. (*) Il segno ■% indica 1' Ordino dei SS. Maurizio e Lazzaro; li se^no c§3 r Ordine della Corona d' Italia. — II — (16 gennaio 1844 — 26 oprile 1869) Freschi Conte Gherardo, Uffiziale #, Comm. c§i, presiden- te onorario dell' Associazione agraria fiiulano, presi- dente dei Comizio agrario di Pordenone e della Com- missione ampelografica di Udine, o^iembro perpetuo del- la Societù degli agricoltori di Francia, e socio di molle Accademie italiane ed estere. — S. Vito del Friuli. (23 marzo i8S5 - 6 aprile 1872) De Zigno Barone Achille, Comm. -^ c§:, Cav. dell' [. R. Ordine austriaco della Corona Feriea , Cav. del R. Ordine Portoghese della Concezione, Ufficiale dell'Ac- cademia di Francia, uno dei XL della Società italiana delle scienze, socio della R. Accademia dei Lincei, della R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, vi- cepresidente della Società geologica italiana, socio della R. Accademia delle scienze fìsiche e matematiche di Napoli, della R. Accademia delle scienze di Torino, del- l'istituto dello scieiize di Bologna, membro delle Società geologiche di Londra e di Parigi, deili. R. Istituto geo- logico di Vienna, dell' Imp. Accademia Leopoldino-Ca- rolina Naturae Curiosorum, della R. Accademia delle scienze di Lisbona, della Società Imp. dei Naturalisti di Mosca, della U. Accademia dei Fisiocritici di Siena, della Società Granducale di mineralogia e di geologia di Jena, della R. Società botanica di Ratisbona, e di altre Accademie nazionali e straniere. — Padova. ("28 aprile 1836 — 30 seltembre 1863) Succhia dottor Gustavo, Senatore del Regno, ^, Comm. t^j, Ufficiale dell' Oi dine della Guadolupo, socio di più Accademie scientifiche, professore della scienza delle costruzioni ecc. nella lì. Università di P.Klo\a. — Ili — Pazienii (loltor Antonio, -^ , socio di vario Accademie si'ieiililiclic, [)i'ofessore titolare di fisica nel R. Liceo Pigafetta di Vicenza. (30 settembre 1863— 1 ludi.j 1869) Cizic Giovanni, dottore in fdosofia od in chinùca, -^fr, Conini. -?>', ficgiato della medaglia dell'Unità d' Italia e di quella d'iirgenlo ai lienoriserili della salute i)ul)blica, socio di vjiric xiecadeinie nazionali e straniere, membro ordina- lio del Consiglio provinciale sanitario, professore oi'di- nario della R. Scuola superiore di commercio e del R. Istituto tecnico di Venezia ecc. (IO aprile 1868— 10 morzo 1873) Pirona Giulio Andrea, dott. in medicina e chirurgia. Uff. ■^i-, Conservatore del Museo civico e della Biblioteca di Udine, membro di quel Consiglio provinciale di Sanitù, della Commissione per la conservazione dei monumenti, socio di più Accademie nazionali e straniere, professo- re di stoiia naturale nel R. Liceo Stellini in Udine. (26 oprile 1869 — 1 febbraio IST'i) Minich dott. Angelo, Uff. #, Comm. c|a, Uff. dell' Ordine della Guadalupa, socio della Società medico-chirurgica di Bologna, snembro onorario della R. Accademia di medicina in Torino, vicepresidente della Giunta di vigi- lanza dei RR. Istituti tecnico e di marina mercantile e del Consiglio direttivo della R. Scuola superiore di commercio, chirurgo primario anziano emerito dell'O- spedale civile generale, vicepresidente del Consiglio sa- nitario provinciale di Venezia. (26 aprile 1869— 11 luglio 1877) Zanella sac. Jacopo, ^, Corani. d|3, socio di più Accade- mie, prt)fessore emerito di letteratura italiana della R. Università di Padova. — Vicenza. — IV -— (I luglio 1869 — 5 dicembre 1883) Luzzaiti Luigi, Gr. Uff. #-, Cav. Gran Croce decorato del Gi-an Cordone c#i, Cav. dell'Ordine del Merito civile di Savoja, Gr. Uff. della Legione d'onore di Francia e del- l'Ordine di Leopoldo del Belgio, deputato al Parlamen- to, membro della R. Accademia dei Lincei, del Consi- glio superiore de! commercio e dell'industria, della Giunta superiore di slatistica, e di quella superiore de- gl' Istituti di previdenza ecc., professore di diiitlo co- stituzionale nella R. Università di Padova. (1 agosto 1869 — 4 maggio 1873) Veludo professor Giovanni, Comm. i^ e dell'Ordine di Francesco Giuseppe [ d'Auslì'ia, di S. StanisUso di Rus- sia, dell'Aquila Piossu di Prussia, Cavaliere dell'Ordine di S. Salvatore di Grecia, socio ordinario dell' Ateneo di Venezia, dell Accademia Colombaria di Firenze e di altri Isliiuti scientifici dEuropa, Curatore della Pia Fon- dazione Querini-Stampalia, vicepresidenle della Depu- tazione veneta di storia patria, prefetto in quiescenza della Pv. Biblioteca IMarciana di Venezia. (6 aprile i872 — 23 dicembre 1876) De Betta noi). Edoardo, Uff. 4-, Comm. rfi, membro di varie Accademie e Società scientiflclie nazionali ed este- re, cittadino onorario di Torino, deputato e vicepre- sidente del Consiglio provinciale di Verona, consigliere scolastico provinciale, membro del Consiglio direttivo del R. Collegio femminile agli Angeli, presidente della Giunta di vigilanza dell'Istituto tecnico e presidente del- l'Accademia di agricoltura, arti e commercio pure in Verona. (IO marzo 1873 — 7 gennaio 1875) De Leva Giuseppe, dottoro in filosofia e in ambe le Icg- ì;ì, IJIT. -^j Comm. c§3, socio della R. Accademia delle scienze di Torino e di altre, socio stianiero dclhi R. Ac- cademia di Monaco ecc., professore ordinario di storia moderna e incaricato della storia antica, Rettore della R. Università di Padova. (4 moggio 1873 — lo dicembie 1877) Viacovich Giarripaolo, dottore in medicina, Comm. c§3, eo- cio corrispondente della R. Accademia delle scienze di Napoli, socio ordinario dell'Accademia di scienze, let- tere ed arti in Padova e di altre, professore di anato- mia umana nella R. Università di Padova. (4 magi^io 1873 — 7 luglio 1878) Morpurgo Emilio, dottore in giurisprudenza, Comm. 4*» Gr. Uff. c§3, G. C. dell'Ordine di Francesco Giuseppe d' Austria, socio corr. della R. Accademia dei Lincei, membro della Slalistical Society di Londra e di altre Accademie, deputato al Parlamento, professore ordi- nario di statistica nella R. Università di Padova. (7 gennaio -1875 — 7 luglio 1878) Rossetti Francesco, Comm. 4, t|a, uff. della Legion d'o- nore di Francia, uno dei XL della Società italiana delle scienze, socio nazionale della Fi. Accademia dei Lincei, corrispondente della R. Accademia delle scienze di To- rino, della R. Società di Napoli, delle Accademie di Pa- dova, Rovigo e Rovereto, degli Atenei di Bassano, Trevi- so e Venezia, membro della Società di fisica e di quella degli Elettricisti di Parigi, della Socie! à italiana pel pro- ijresso delle scienze, della Società italiana di scienze b — VI — naturali e di quella Veneto-Trentina, professore e di- rettore dell'Istituto di fìsica e preside della Facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali nella R. Uni- versità di Padova. (13 diceiiìbi-e 1877-17 febbraio 1881) Lorenzonl Giuseppe, •^, t§:, socio corrispondente della R. Accademia dei Lincei, professore ordinario di astro- nomia e direttore del R. Osservatorio di quella città. (Il aprile 1878 — 27 agosto 188:'>) Trois Enrico Filippo, #, socio dell'Accademia di micro- scopia del Belgio e dell'Ateneo di Venezia, conservatore e custode delle raccolte scientifiche e degli oggetti della Esposizione industriale permanente presso questo R. Istituto. — Venezia. MEMliRI EFFETTIVI NON PENSIONATI (16 gennaio i844) Meneghini Giuseppe, Comm. c|j, Gr. Uff. -^f? , Cavaliere del- l' Ordine del Merito civile di Savoja e di quello di To- scana sotto il titolo di S. Giuseppe, uno dei XL della Società italiana delle scienze, socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, membro della Società geologica di Londra, di quella di Francia e di altre Accademie scientifiche, professore di geologia e di geografia fisica nella R. Università di Pisa. (4 ottobre 1854) Cavalli Ferdinando, dottore in ambe le leggi, Senatore del Regno, Comm. ■^, r§i, membro di varie Accademie. — Padova. — VII — (6 c.ttobiv [iiC/y> Lampertico Fedele, dottore nelle leggi, Senatore del Re- gno, Uff. •^, Gr. Uff. c§i, socio della R. Accademia dei Lincei e di altre Accademie. — Vicenza. Messedaglia Angelo, Senatore del Regno, Comm. •^, c§3, ('-av. del Merito civile di Savoia, socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, membro del Consiglio supc- riore della pubblica isliuzione, professore ordinario di economia politica nella R. Università di Padova. (10 npriÌG 1808) Torelli Conte Luigi, Senatore del Regno, Gran Cordone-^, u§3, Gran Croce della Legion d'onore di Francia, Gran Croce dell'Ordine di Francesco Giuseppe i d'Austria, Luogotenente Colonnello ad honorem^ Cavaliere dell'Or- dine iiiililure di Savoia, e decoi'ato della medaglia d'ar- gento al valor militare e della medaglia d'oro al valor civile, vicepresidente onorario della Compagnia del Ca- nale di Suez. — Tirano nella Valtellina. (1 luglio 1869) Rossi Alessandro, Senatore del Regno, Comm. -^^ Gran Cordone p^, socio di varie Accademie. — Schio. (1 febbi-aio 1874) Vanzetti dottor Tito, Comm. i^g:, prof, onorario dell' Imp. Cesarea Università di Chaieov, Comm. dell' Ordine di Sant'Anna di Russia e dell'Ordine Piano, Cavaliere del- l'Ordine di Francesco Giuseppe d'Austria, laureato di Francia, membro dell'Accademia medico-chirurgica di San Pietroburgo, della Società medico-fisica di Mosca, dell' anatomica di Paiigi, della medica di Odessa, della ginecologica di Boston, della Società di medicina di Gand, dell'Accademia medica di Roma, dell'Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, dell' Accademia VITI Virgiliana di Mantova, de! Circolo di scienze n^ediclie e naturali di Sassari ecc. ecc., professore di clinica chirurgica e n:!edicina operatoria presso la R. Univer- sità di Padova. {lì lagHo 1877) Fanfibrì Paulo, dottore in matematica, Commendatore c§3, giù Capitano del Genio militare, ingegnere Capo della Società veneta di costiuzioni, socio dell'Ateneo veneto ecc. — Venezia. (7 l'igliu ]878) Canestrini Gìovasinl, -^f, Uff. d|i, membro estero della So- cietà zoologica di Londra, membro della Commissione consultiva per la pesca e di quella superiore per la filossera, delegato governativo per la ricerca della filos- sera nella provincia di Padova, vicepresidente della Commissione ampelogratica , professore di zoologia , anatomia e fisiologia comparata nella R. Università di Padova. Bernardi EnricOj socio straordinario della R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, professore di mac- chine agricole, idrauliche e termiche presso quella R. Università. Bernardi mons.-' dott. Jacopo, Comm. -^f, c§3, Uff. della Le- gion d'onore di Francia, socio ordinario della Deputa- zione sopra gli sludii di Storia patria di Torino, del- l'Accademia di geografia e storia di Parigi, di quella di Storia patria di Venezia e Genova, dell' Ateneo di Ve- nezia ecc.. Vicario generale onorario della diocesi di Pinerolo. — Venezia. (!7 febbraio 188!) Beltrame sac. Giovanni, ex missionario dell'Africa centrale, Comm. [.^'i, membro d'onore della Società geografica ita- — IX — liana e del Comitato italiano per Tesplorazionc e Vincivi- limcnlo (loir Africa centrale, membro dell' Accademia d'agricoltura, arti e commercio, della Società letteraria e della Commissione preposta alla Biblioteca comunale di Verona, professore di storia e geografìa nella R. Scuola normale femminile, professore di religione, morale, geo- grafia e storia nella scuola normale maschile provin- ciale, direttore spirituale nell'Orfanatrofio femminile e rettore dell'Istituto Mazza pure in Verona. Tolomei Giampaolo, Uff. -^j Gr. c|:, socio ordinario della 11. Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, so- cio corrispondente di quella di Palermo, dell'Olimpica di Vicenza, della Virgiliana di Mantova e di altre; giù pre- sidente della Commissione generale di seconda istanza nelle questioni della servitù di pensionalico, e giù mem- bro delia Commissione governativa compilalrice del primo schema (a. 1868) del nuovo codice penale del Regiio, e di quella di riesame del progetto sanitario (a. !S7G) ; professore ordinario di diritto e di proce- dura penale, ed incaricato della storia dei trattali e diplomazia presso la R. Università di Padova ; già dì- rettore, ora preside della Facoltà di giurisprudenza, e già rettore della stessa R. Università dal 1 868-69 e po- scia dal I 873 al I 879. (29 maggio 188!) Favaro dott. Antonio, #, Uff. della pubblica Istruzio- ne di l'rancia, socio ordinario della R. Accademia di Padova, onorario dc'I' Ateneo di Bergamo e della So- cietà Coppernicana di Thorn, corrispondente de! R. Istituto di Napoli, della R. Società economica di Sa- lerno, della R. Accademia Peloritana di Messina, del- l'Accademia Gioenia di Catania, della R. Accademia di Modena, dell'Associazione di Manchester, della Socielù delle scienze di Hertuannstadt, della Società batavica di lìiosotìa sperimentale di Rotterdam, dell' I. R. Isti- tuto geologico di Vienna, ecc., professore ordinario di statica grafica, incaricato di geometria projettiva e libe- ro docente di storia delle matematiche nella R. Univer- sità di Padova. Saccardo dolt. Per' Andrea , ^ , membro della Società micologica di Francia e della crittogamologica italia- na , della R. Accademia di Padova , dell' Ateneo Ve- neto, dell'Accademia dei Concordi di Rovigo, dell'Ate- neo di Treviso, della Società del Museo in Rovereto, della Società Veneto-Trentina di scienze naturali, della R. Società botanica di Ratisbona e di quello di Fi'an- cia, della Società Slesiana di Breslavia, della l. R. So- cietà zoologico-botanica di Vienna, della Società delle scienze naturali di Rrùnn, della Società delle scienze naturali e matematiche di Cherbourg, della Società en- tomologica di Firenze, della Società italiana di scienze naturali di Milano, ecc., professore ordinario di bota- nica e direttore del R. Orto botanico presso 1' Univer- sità di Padova. (2f? febbraio 188:^0 Lussana dolt. Filippo, Uff. d|3, socio delle Accademie medi- co-chirurgiche di Torino, Ferrara, Padova, Perugia e del Relgio ; dell'Ateneo di Bergamo, della Società france- se d'igiene, della Società delle scienze mediche-naturali di Bruxelles, di quella frenologica italiana, dell' Istituto lombardo ; membro onorario della Società di antro- pologia del Belgio, professore di lisioiogia nella R. Uni- versità di Padova. — XI — (27 agosto 1883) Gloria Andrea, ^, socio ordinario dcH'Accademia di Pa- dova, onorario deirAtcnoo di Bergamo, corrispondente di altre Accademie ed Atenei ecc., professore ordinario di puleograGa e direttore dei Museo civico di Padova. (5 dicembre 1883) Cesare Vigna, dottore in meiiicina, cliirurgìa, ostetricia, oculistica e tìlosolia, Uff. c§j, reintegrato con Decreto Reale nel grado militare di medico di battaglione, socio ordinario dell'Ateneo veneto, del Comitato medico ita- liano, dell'Accademia dei Concordi di Rovigo, m. e. della Società italiana d'igiene e della Societù frenia- trica italiana, socio corrispondente dell' Associazione dei benemeriti italiani con medaglia d'oro per meriti scientifici ed umanitarii, premiato con medaglia argen- tea dall' Esposizione internazionale musicale di Milano per opere scientifiche, direttore del Manicomio centrale femminile nell' isola di S. Clemente in Venezia. Marinelli Giovanni, -^^ membro effettivo della Deputazione veneta di storia patria, socio corrispondente della So- cietà geografica italiana e dell'Accademia scientifica e letteraria di Udine, socio straordinario dell'Accadeiiiia di Padova, presidente della Società alpina friulana, mem- bro del Consiglio direttivo dell'Associazione meteoro- logica italiana, professore ordinario di geografia presso la R. Università di Padova ('). (I) Art. 13 degli Statuti interni: ni membri ejfeltivi dell' Istìluto Lombardo sono di dirit/o aggregati all' Islitulo Veneto^ e godono nelle adunanze di tulli i diritli dei jVe7hbri effettivi, meno il diritto di volo. » — XII MEMBRI ONORARI S. M. Pietro II. d' Alcantara, Imperatore del Brasile. S. E. Menabrea Conte Luigi Federico, Senatore del Regno, Cav. deirOrdine supremo dell'Annunziala, Gr. Uff. -è-, Gr. Cord. cx|a, Gr. Croco dell' ordine militare di Savoja, Cons. e Cov. dell'Ordine del merito civile di Savoja, Gr. Croce dell'Ordine di Leopoldo del Belgio, di Leopoldo d'Austria e dell'Ordine di Danebrog di Danimarca, Com- mendatore della Legione d'onore di Francia, dell'Ordine di Carlo lìl di Spagna, dell'Ordine del Cristo di Porto- gallo e di S. Giuseppe di Toscana, membro della R. Ac- cademia delle scienze di Torino, di quella dei nuovi Lin- cei di Roma, del R. Istituto lomb. di scienze e lettere, uno dei XL della Società italiana delle scienze, membro dell'Accademia delle scienze e dell' Accademia militare di Stokoim, di quella di Modena, della Società fìloma- lica di Parigi, nonché di parecchie altre Accademie e Società scientiQche, Tenente Generale, presidente dei Comitato d'Artiglieria e del Genio. — Torino. SOCI CORRISPONIjENTì delle PROVINCIE VENETE Keller dottor Antonio, •*;r, Uff. ^, socio dell' Accademia di Padova, socio onorario delle RR. Accademie di agri- coltura di Torino e Verona, dell'Accademia di veteri- naria di Torino, dell'Ateneo di Venezia, della Società di acclimatazione di Palermo, di quella d'incoraggiamen- to in Padova, delle Accademie Olimpica di Vicenza e dei Concordi di Rovigo, del Comizio a;;:fario di Torino, socio corrispondente delle IL RR. Società agrarie di — XIII — Vienna, di Gratz ecc., professore di agraria e stima del poderi presso la 11. Universilà di Padova. Benvenisti doltor Moisè, •■^, socio ordinario dell' Accade- mia di scienze, lettere ed arti di Padova, degli Atenei di Venezia, Treviso e Bassano, delle Accademie di Udine e dei Concordi di Rovigo, della Società medico-chirur- gica di Torino, della medico-chirurgica di Bologna, di quella medico-chirurgica di Ferrara, della Valdarnese, della Società delle scienze di Siena, della medico-fisica iMorenlina, de la Société Imperiale de médecine de Con- slantinople. de T Inslitut nalional d' Kgypte, de la So- ciété Royale de médecine de Marseille, de la Société medicale d' émulation de I^yon, de la Société médico- psycologique de Paris, de la Société de médecine de Gand, Consigliere provinciale, membro ordinario del Consiglio provinciale di sanità e del Consiglio scola- stico provinciale in Padova. Lioy nob. Paolo, Uff. ^, Comm. t^, Consigliere scolastico provinciale, deputato al Parlamento. — Vicenza. Valussi dottor Pacifico, ^, pubblicista. — Udine. Ferrara Francesco, Senatore del Regno, Gran Ci-oce •►!(••, Comm. cg:, Socio nazionale della R. Accademia dei Lin- cei, Uff. della Rosa del Brasile, membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione, direttore della R. Scuola superiore di commercio in Venezia, ecc. Omboni Giovanni, 4, dottore in matematica, socio corri- spondente del Ft. Istituto lombardo di scienze e lettere e deirAccademia delle scienze di Bologna, aiembro di varie Società scientifiche, professore di geologia presso la R. Università di Padova. Matscheg sac. Antonio, •#, socio dei veneto Ateneo, del- l'Assemblea di storia patria di Palermo, dell'Accademia — XIV — dei Concordi di Rovigo, e della Roveretana di scienze, lettere ed arti, professore di storiji e geografia nel R. Liceo Mai'co Fuscarioi di Venezia. Caccianiga Antonio, cittadino onorario (iella città di To- rino, -^1^, Comm. dS:, presidente del Consiglio provin- ciale e dell'Ateneo di Treviso, socio dell'Ateneo di Ve- nezia e della R. Accademia di scienze e lettere in Pa- dova. — Treviso. Cecchetti Bartolomeo, 4, Comm. d^t e dell'Ordine di S. Stanislao di Russia e della Corona di Ruraenia, Ca- valiere dell' Ordine di Francesco Giuseppe d'Austria e della Legione d' Onore di Francia, socio dell' Ateneo veneto ed onorario di quello di Bergamo, socio dell'Ac- cademia dei Concordi di Bovolenta , dell' Accademia lisio-raedica-statistica di Milano, delia Società Minerva in Trieste, dell'Associazione per la propagazione delle lettere greche e dell'Accademia filologica Byroa io Ate- ne, della Società ligure e delle Deputazioni di storia patria veneta e per le provincie di Romagna, direttore dell'Arcliivio di Stato e della scuola di paleografia ed archivistica. Sovrintendente agli Archivi veneti. — Ve- nezia. Poliieo dottor Giorgo, ri?-, professore di filosofia nel R. Li- ceo Marco Foscarini di Venezia. Dall' Acqua Giusti nob. Antonio, 4, professore di lettere e storia nel R. Istituto di belle arti in Venezia. Beilavìte Luigi, dottore in legge, avvocato, 4:% Comm. i^, socio straordinario dell'Accademia di Padova ed ono- rario di quelle di Mantova e Bergamo, professore or- dinario di diritto civile, già di romano, nella R. Uni- versità di Padova, ora incaricato anche dell' insegna- mento delle pandette. — XV — Ninni Alessandro, (iollore in scicMize naluruli, membro (Iella Commissiono eonsulliva per la pesca resideiilc presso il R. Ministero d'agricoltura, industria e com- mercio, di quella dislrelluale (Bari, Ancona, llimini e Venezia) per la pesca marittima e del Comitato diret- tivo del Civico Museo e Raccolta Correr. — Venezia. Pompei conte Antonio, Uff. -#> Comm. cga, Cav. Gerosoli- mitano, socio di varie Accademie. — Verona. Bellaii noi), ing. Giambattista, Cav. ^fj , men;!)ro della Com- missione goveiT.aliva (ìlosserica, dottore in matema- tica. Consigliere provinciale e consigliere provinciale scolastico di Belluno, noncbè della scuola enologica di Conegliano, presidente del Coiiiizio agrario di Fcllre, e della Pi. Commissione ampelograGca per la provincia di r.eiiuno, socio della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova. Morsclìn sac. Bernardo, ■^, socio dell' Accademia Olim[)i- ca di Vicenza, delia R. Accademia (ii Padova e dell'A- teneo di Rassauo, membro della regia Deputazione di storia patria per le provincie venete, della Commissio- ne preposta alla conservazione de' monun;enti, della Commissione al civico museo e di quella di vigilanza alla biblioteca comunale di Vicenza, professore di let- tere italiane nel R. Liceo Pigafetta nella stessa città. B3iiati dottor WJanfredo, socio corrispondente della R. Ac- cademia di scienze, lettere ed arti in Padova, membro della Società francese di fisica, professore di tisica tec- nica presso la R. Università di Padova. Berchet Guglielmo, dottore in legge, Comm. c§a, uff. ^^ Cav. della Legion d'onore di Fi'ancia, Cav. del Leone e Sole di Persia, Comm. dellOrdine di Francesco Giusep- pe e dell' Ordine imperiale giapponese del sole levante. — XVI — decoralo della grande Medaglia d'oro di I Classe da S. M. r Imperatore di Germania, socio degli Atenei di Ve- nezia, Milano, Treviso e Bussano, delle Accademie di Modena e di Rovigo e della Società ligure di storia patria, membro dell'Istituto storico di Francia e delle Società geografiche di Roma, di Vienna e di Tokio, m. e. e segretario della R. Deputazione veneta di storia pa- tria. — Venezia. Da Schio Americo, direttore dell'ufficio meteorologico del- l'Accademia Olimpica di Vicenza. Stefani nob. Federico, Uff. -^ e Cav. di altri Ordini, vice- presidente delia R. Deputazione veneta sopra gli studii di storia patria, socio di parecchie Accademie nazio- nali ed estere. — Venezia. Spica Pietro, dottore nelle scienze fisico-chimiche ed in chimica e farmacia, membro della Società chimica di Berlino e della Società di scienze naturali ed economi- che di Palermo, membro della R. Commissione per l'ac- certamento dei reati di veneficio, professore ordinario di chimica farmaceutica e tossicologica ed incaricato dell' insegnamento della chimica generale pei medici ed i farmacisti nella R. Uiìiversità di Padova. De Giovanni cav. Achille, socio di varie Accademie, pro- fessore e direttore dell' Istituto di clinica nsedica gene- rale nella R. Università di Padova. PertiìB Antonio, #, socio ordinario della Deputazione ve- neta di storia patria, onorario dell'Accademia Olimpi- ca e socio corrispondente della R. Aetademia di Pado- va, accademico attuale della R. Accademia Virgiliana di Mantova, professore ordinario della storia del diritto nella R. Università di Padova. Corradìni ab. mons. Francesco, #>, consigliere scolastico — XVII — ponsionato, prof, di letleralura Ialina nella R. Univer- sità di Padova. Bonatel'i Francesco, #, socio nazionale della R. Accade- mia dei Lincei, socio effettivo della Società reale di Na- poli e dell'Accademia reale delle scienze di Torino, so- cio corrispondente dell'Ateneo Veneto, delfAteneo di Brescia e dell' Accademia Urbinate, professore di filo- solia teoretica e preside della Facoltà di tilosoGa e let- tere nella R. Università di Padova. Ferrai dott. Eugenio, 4?, Coinni. ^, socio dell'Imperiale [stituto archeologico germanico, socio straniero dell'Ac- cademia di Alene, socio di varie altre Accademie, pro- fessore ordinario di lettere greche e incaricato dell' in- segnamento dell' archeologia, direttore della Scuola di magistero in lettere e filosofia presso la R. Università di Padova. Tamassia dottor Arrigo, socio corrispondente del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere, professore or- dinario di medicina legale sperimentale nella Regia Uni- versità di Padova. Papadopoìi conte Nicolò, Uff. -^ , Comm. d§3. Ufficiale ono- rario di cavalleria. Accademico di merito residente della R. Accademia di belle arti, socio residente dell'Ateneo veneto, Presidente della Regia Commissione ampelogra- fica per la provincia di Venezia. Martini Tito, eoa, membro effettivo della Società Veneto- Trentina di scienze naturali, socio corrispondente della Colombaria di Firenze, socio dell' Ateneo veneto, pro- fessore titolare di matematiche nella R. Scuola superio- re di commercio e professore titolare di fisica e chimica nel R. Liceo Marco Foscariui di Venezia. — XVIII Veronese Giuseppe, professore di geometria analitica pres- so la R. Università di Padova. SUGI CUKHISPONDENTl CHE CESSARONO Dì APPARTENERE ALLE PROViA'CìR VENETE Alber Cons. Augusto di Giansiàteo. — Trieste. Chiczza Luigi, socio corrispondeiile del R. istituto lom- bardo di scienze e lettere, professoi-e emeiiSo di chimi- ca tecnica presso la Societù d'incoraggiamento d'arti e mestieri in Milano. -- Cervignano (Austria). Cessa noi). Alfonso, Ulf. -4^, Comm. cg:, socio della R. Ac- cademia delle scienze di Torino, di quella delie scienze naturali di Cherbourg e di altre, professore di chimica agraria e direttore tlclla stazione sperimentale agraria presso il R. Ministero industriale italiano in Torino. m dott. Raffaele. — Vienna. laccar! dottor Andrea, professore di fisica spej-imentale nella R. Università di Torino. SOCI CORRISPONDENTI ITALIANI Mhììiì Giuseppe, ■^f, socio del R. Istituto lombardo di scien- ze e lettere, della R. Accademia delle scienze fisiche e matematiclie di Napoli, professore di iisiologia, istologia ed anatomia microscopica in quella R. Università- AHanelH Cons. ftJicoiò, GornuK 4*, c^, professore nella R. Università di Napoli. Amari dottor Bflicheìe, Senatore del Regno, Gran Uff. -)]:., Comm. [§-, Consigliere del!' Ordine del meiito civile di Savoja, socio straniero dell'Istituto di Francia, corri- — XIX — spondentc delle Accademie di Torino, della Crusca di Palermo, ecc., professore emerito della R. Università di Palermo e dei R. Istituto di studii superiori in Firen- ze, membro ordinario del Consiglio superiore della pub- blica istruzione in Roma. Baitaglini Giuseppe, •^•, Comm. r§i, professore di geon.e- Iria analitica e preside della facoltà di scienze tìsiche, matePiiatiche e naturali della R. Università di Roma. Berti Doinenico, Gran Uff. ^f^, Comm. c§:, Cav. dell'Ordine del merito civile di Savoja , socio di più Accademie scientifiche e letterarie, col-rispondente della R. Acca- demia della Crusca, deputato al Parlamento, professore di storia e della filosofia e preside della Facoltà lìlosoG- ca della R. Università di Roma. Betti Enrico, Comm. #, Uff. ^, Cavaliere dell'Ordine del merito civile di Savoja, uno dei XL della Società italia- na delle scienze, membro straniero della Società mate- matica di Londra e della R. Società delle scienze di Got- tinga, socio nazionale della R. Accademia dei Lincei e corrispondente del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, membro del Consiglio superiore di pubblica istruzione, vicepresidente direttore degli sludii nelia R. Scuola normale superiore, professore della tìsica ciale- mulica e incaricato dell' astronomia meccanica (deste nella R. Università di Pisa, Bizzozero dottor Giulio, -^r, t§i, membro del Consiglio su- periore della pubblica isti'uzione, socio delle Reali Ac- cademie delle scienze di Torino e dei Lincei di Roma, socio (1(^1 Pi. Istituto lombardo, professore ordinario di patologia generale nella R. Università di Torino. Blaserna Pietro, Uff. 4^ Conun. i^, socio della R. Acca- — XX — demia dei Lincei, professore di fisica sperimentale nella R. Università di Roma. Bcccardo avv. Girolatiio, Senatore del Regno, Conni), cga, Uff. ^, Cav. dell' Ordine del merito civile di Savoja, socio del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, pro- fessore nella R. Università di Genova. Bomblcci Luigi, Comm. •^, ^, professore di mineralogia presso la R. Università di Bologna. Boncompagni D. Baldassare, dei principi di Piombino, so- cio dell'Accademia pontificia dei nuovi Lincei di Roma. Bonghi prof. Ruggero, Gran Cordone i^, socio del R. Isti- tuto lombardo e di altre Accademie scientifiche, depu- tato al Parlamento, professore onorario della R. Uni- versità di Napoli. Campori march. Giuseppe, #, presidente della R. Deputa- zione di storia patria per le provincie modenesi e pre- sidente della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Modena. Caruti di Cantogno barone Domenico, Gr. Uff. -^i^, Comm. d|:i, di altri Ordini cavallereschi italiani e stranieri, con- sigliere di Stalo, membro del Consiglio degli Archivi e della R. Deputazione sopra gli studi di storia patria, socio di più Accademie nazionali e straniere, segretario della R. Accademia dei Lincei in Roma. Gannizzaro Stanislao, Senatore del Regno, Comm. •#, t^, Cav. dell'Ordine del merito civile di Savoja, uno dei XL della Società italiana delle scienze^ socio naz. della R. Accademia dei Lincei di Roma, socio corrispondente del R. Istituto lombardo, membro del Consiglio supe- riore di pubblica istruzione, preside della Facoltà di scienze fisiche, matematiche e uaturali nella U. Univer- sità di Roma. — XXI — Cappellini Giovanni, Uff. •►^•, Comm. tga, prof, di geologia nella R. Universil>\ di I^olognu. Carducci Giosuè, Uff. -^f , socio corrispondente del R. Isti- tuto lombardo di scienze e lettere, deputalo al Parla- mento, professore di lettere italiane nella R. Università di Bologna. Carrara Francesco, Senatore del Regno, Comm. -^f c^, membro della Soeielò di legislazione comparata di Pa- rigi, socio corrispondente del R. Islilulo Icìiiibardo, professore di diiitto e procedura penale nella R. Uni- versità di Pisa. Comparetii Domenico, ■#^, Comm. c§i, professore di filologia comparata nel R. Isliluto di studi superiori in Firenze. Conti Augusto, Comm. -^f l§:, accademico residente e ar- ciconsolo della R. Accademia della Crusca, professore di filosofia teorica e morale, e incaricato della storia della filosofia nel R. Istituto di studii superiori in Fi- renze. Corteo Simone, Comm. .^. ^, socio corrispondente del Reale Istituto lombardo, presidente dell'Accademia di scienze naturali ed economiche, e professore di filoso- fia nella R. Università di Palermo. Correnti Cesare, Primo Segretario di S. M. per il Gran Magistero dell' Ordine Mauriziano, Cancelliere dell'Or- dine della Corona d' Italia, Cav. Gran Croce decorato del Gran Cordone -^ e dell'Ordine della Rosa del Bra- sile, Gr. Uff. -^r-, Comm. dell' Ordine di Leopoldo del Belgio e della l.egione d'onore di Francia, socio corri- spondente del R. Istituto lombardo, presidente della Società geografica italiana. — Roma. D' Ancona Alessandro, •^, professore di lettere italiane nella Regia Università di Pisa. d — XXII — D' Achiardi Antonio, d^, professore di mineralogìa nella 11. Uiiivcrsilà di Pisa. De Gasparis Annibale, Senatore del Regno, Uff. •^, Comm. D§] e dell'Ordine del merito civile di Savoja, Comm. dell'Ordine della Rosa del Brasile, uno dei XL della Societili italiana delle scienze, membro della R. Acca- demia delle scienze di Torino e della Società di Na- poli, direttore della Specola reale presso la Università di Napoli. Del Lungo prof. Isidoro, 4^, Accademico residente della Crusca. — Firenze. Danza P. Francesco, -^r, socio di piì» Accademie, membro del Consiglio direttivo di meteorologia, direttore del- l' Osservatorio meteorologico di Moncalieri. De Rossi Giovanni Battista, Comm. della Legion d'onore e membro dell' Istituto di Francia, socio corrisponden- te del R. Istituto lombardo di scienze e lettere e della R. Accademia della Crusca, interprete dei Godici latini presso la Vaticana. — Roma. Desimoni aw. Cornelio, •^, d§:, archivista e vicepresidente della Società ligure di storia patria in Genova. De Vecchi Ezio, Comm. 4* '#, e del Reale Ordine militare di Savoja, decorato della medaglia d'argento al valor militare, Luogotenente generale dell' esercito. — Bo- logna. Di Bérenger prof. Adolfo, Uff. ^1^, Comm. d|:, Ispettore ge- nerale forestale a riposo. — Pontassieve, provincia di Firenze. Fabretti Ariodante, Uff. ^-^ c^, cav. della Legione d'onore di Francia e della Rosa del Brasile, membro del Consi- glio superiore della pubblica istruzione, membro della R. Accademia delle scienze in Torino, socio del R. Isti- — xxiir — lut;j lombardo, professore orJiiuu io di archeologia gre- co-lalinu nella R. Uiiiversitù ili Torino, Felici Riccardo, ^i^, Uff. d§3, uno dei XL delia Società ila- liana delle scienze, professore e direttore del gabinetto di lìsica sperimentale nella R. Universitù di Pisa. Ferrerò Annibaie, ■^^ r.omm. ^i-, decoralo delle medaglie al valor militare, Colonnello del Corpo di Sialo Mag- giore, Direlloi'e in 2." delllsliUilo topografico militare, Segretario della Commissione geodetica italiana. — Firenze. Ferri doli. Luigi, Uff- -^^ Comm. .v^j, professore di filosofia teoretica presso la R. Università di Roma. Fioreili Giuseppe, Sonatore del Regno, Comm. ■* , Uff. t§i, Cav. dell'Ordine del merito civile di Savojn, socio o segretario della R. Società delle scienze e professore onorario della R. Università di Napoli, ecc. Franceschi-Ferrucci Caterina, corrispondente della Reale Accade!!. ia deììa Crusca e di quella delle scienze di Torino, ecc. Gemeilaro Gaetano Giorgio, Comm. e|r , vicepresidente dcir Accademia di scienze naturali ed economiche di Palermo, socio di altre Accademie scientifiche, profes- sore di geologia e mineralogia nella Scuola di appli- cazione per gT ingegneri presso la R. Università di Palermo. Genocchi doti. Angelo, Uff. -f-, uno dei XI^ della Società italiana delle scienze, membro della R. Accademia delle scienze di Torino, socio col-rispondente del R. Istituto lombardo, della Pv. Accademia dei Lincei di Roma e di altri Corpi scientifici, professore di calcolo differen- ziale ed integrale nella R. Università di Torino. — XXTV — Gorresio Gaspare, Comm. -^^ c§i, corrispondente (lolla R. Accademia della Crusca, dottore aggregato nella Fa- coltà di lettere e filosofia pnsso la R. Università di To- rino, segretario perpetuo della Classe di scienze morali, storiche e filologiche, e'prefelto della Biblioteca nazio- nale pnre in Torino. Gozzadini conte Oiovanni, Senatore del Regno, Gr. Uff. -^^ ^, e di altìi Ordini cavallereschi estei'i, presidente della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, — Bologna. Guasti Cesare, Comm. ^f;, d|:, anziano della Società Colom- baria, accademico residente e segretario della R. Acca- demia della Crusca di Firenze. Guglieimolti P. Alberto. — Roma. R?»affei Andrea, Conìm. -^V, Gr. Uff., t^, socio corrisponden- te del R. Istituto lombardo, della H. Accademia della Crusca, ecc. — Riva di Trento. Damiani Della Revere Conte Terenzio, Senatore del Re- gno, Gran Coidone 4-, #, Cav. dell'Ordine del merito civile di Savoja, Cav. dell'Ordine del Salvatore di Gre- cia, accademico residente della R. Accademia della Cru- sca, socio di altre Accademie, vicepsesidente del Con- siglio superiore di pubblica istruzione, Consigliere di Stalo, ecc. — Roma. PHanno barone D. Arstcnio, Memliro e segretario della R. Deputazione sovra gli studi di stoi-ja patria, menibro e vieetesoriere della R. Accademia delle scienze di Torino. Wlngheiii Wlarco, Gian Cordone 4, Gran Croce c|3, Cav. dell" Ordine del merito civile di Savoja, Gran Croco della Legion d'onore di Francia e dell" Ordine di Leo- poldo del Belgio, de|)Ulato al Parlamento, Collegiato onorario delia R. Uni>ersilà di Bologna. — Roma. — XXV — Molcschoft Giacomo, Senatore del Regno, Conim. ^, mom- iìi'o della 11. Accademia dello scienze di Torino, socio nazionale della R. Accademia dei Lincei di Roma, del R. Islilulo lombardo, professore di fisiologia nella R. Universilù di Roma. Glosso Angelo, -^f, i#, socio nazionale della R. Accademia dei Lincei di Roma, della R. Accademia di medicina in Torino, socio corrispondente del l\. Istituto lombardo, prt)fessore di fisiologia e tossicologia sperimentale pres- so la R. Universitù di Torino. Negri Cristoforo, Gran Uff. ^v, Uff. t§:, socio corrispon- dente del R. Istituto lombardo o di altre Accademie scientifiche. Console generale di L classe. Consultore legale del R. Ministero per gli affari esteri. — Torino. Hicoiucci Giustiniano, ■^, socio della R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli e di altre So- cietà scientifiche, membro della Commissione per la conservazione dei monumenti e degli oggetti d'autichitA e belle arti in Caserta. Occioni Onorato, Uff. -f-, Comm. #, professore di lettera- tura italiana nella R. Università di Roma. Pacinotii Antonio, socio della R. Accademia dei Lincei in Roma, professore di fisica della R. Università di Sassari. Palmieri Luigi, Senatore del Regno, Uff. -^^ Comm. c§a, uno dei XL della Società italiana delle scienze, mem- bro della R. Società di Napoli e di altre Accademie, direttore dell' Osservatorio meteorologico vesuviano e della Specola di Napoli. Ranalli Ferdinando, -^^ Consultore della Commissione per le arti delle pi'ovincie di Pisa e Livorno, professore di storia antica e moderna nella R. Università di Pisa. Razzaboni prof. Cesare, socio della R. Accademia dei Lin^ — XXVI — coi in Roma e direltore della R. Scuoln d' applicazione dcgl' ingegneri presso la R. Universitù di Bologna. iiglìi Lorenzo, •5^-, t§-, professore di astronomia, inca- ricato anclie della geodesia teoretica, e direttore del- l' Osservatorio astronomico presso la R. Università di Roma. Scacchi Arcangelo, Senatore del Regno, Conim. 4f-, Gr. Uff. u|:j, Cav. dell'Ordine del merito civile di Savoja, uno dei XL della Società italiana delle scienze, presi- dente della stessa Società, socio nazionale della R. Ac- cademia dei Lincei e della R. Società delle scienze di Napoli, socio corrispondente del R. Istitulo lombardo di scienze e lettere, professore di mineralogia presso la R. Università di Napoli. Semmola Pjlariano, -^, Comm. c§-, Comm. del R. Ordine di S. Uod'jvico e di quello del Nisciam Eftihkar, socio corrispondente di varie Accademie e del R. Istituto lom- bardo, professore ordinario di materia medica e tossi- cologia, nonché direttore del Gabinetto di materia me- dica presso la R. Università di Napoli. Tabarrlni avv. Inarco, Senatore del Regno, Cons., Comm. 4f, c§:, accademico residente della R. Accademia della Crusca, ecc. — Torino. Tacchini ing. Pietro, Comm. c§:, direttore dell'Ufficio cen- trale di meteorologia in Roma. Tardy Placido, Comm. *^, Uff. c§i, uno dei XL della So- cietà italiana delle scienze, socio corrispondente del R. Istituto lombardo, professore di calcolo differenziale e integrale nella R. Università di Genova. Targioni-Tozzetti Adolfo, Comm. -^^ Uff. #, membro della Commissione consultiva per la pesca e di quella per i provvedimenti contro la fdossera, direttore del gabi- — XXVII — netto di zoologia ed anatomia comparata degli animali invcrtebrali presso il regio Istituto di studi superiori in Firenze. Teza Emilio, Comm. c§3, socio del R. Istituto lombardo, prof, di sanscrito e incaricato della storia comp. delle letterature neo-latine presso la R. Uiiiversilù di Pisa. Tommasi Salvatore, Senatore del Regno, Comm. •^, Uff. ù^, presidente della IV. Accademia metlico-cliirurgica di Napoli, socio corrispondente del R. Istituto lombar- do, professore di patologia medica speciale e di clinica medica nella R. Università di Napoli. Tommasini Oreste, Socio delia R. Accademia dei Lincei in Roma. Vlllari Pasquale, Comm. •►ff, :§j, socio della R. Accademia delle scienze di Monaco, della R. Societò delle scienze e dell' Accademia Pontoniana di Napoli, professore di storia moderna nel R. Istituto di studi superiori in Firenze. SOCI CORniSPONDENTI ESTERI Airy Biddel G. — Greenwich. Beneden (Van) Pietro. — Lovanio. Berghaus Enrico. — Gotha. Bertheiot Marcellino. — Parigi. Bertrand J. — Ivi. Bierens de Haan David. — Amsterdam. Billroth Teodoro. — Vienna. Briicke Ernesto. — Vienna. Bunsen Roberto Guglielmo. — Heidelberg. Czòrnig di Czernhausen Carlo. — Vienna. De Sybel Enrico. — Berlino. — XXVIII — Di Hauer FrancRSCO. — Vienna. Faye Hervé Aug. E. A. — Parigi. Forster Guglielmo. - Keilino. Gachard Luigi Prospero. — Bruxelles. Gregorovsus Ferdinando. — Monaco. Helmholtz Ermanno Luigi Federico. — Berlino. Hermlte Carle — Parigi. Hofeantì Augusto Guglielmo. — Berlino. Hortis Attilio. — Trieste. Hyrtl Giuseppe. — Vienna. Martin Enrico. — Parigi. Mignei Fran«;esco. — Ivi. Milne Edwards Enrico. — Ivi. ^oniììisen Teodoro. — Berlino. Klueller (von) Ferdinando. — Melbourne. Owen Riccardo. — Londra. Pertz Guglielmo. — Berlino. Quatrefages Armando. — Parigi. Rancke Leopoldo. — Berlino. Rendu Eugenio. — Pcirigi. Reumont (von) Alfredo. — Aquisgrana. Riant Paolo. — Parigi. Schiff Maurizio. — Ginevra. Schimper W. Ph. — Strasburgo. Struve Gitone. — Pulkova. Thomas Giorgio ?*flartino. — Monaco. Tyndall Giovanni. — Londra. Wolksiiann Riccardo. — Halle. Zitte! Carlo- - ^Monaco. Anno 1SSI-S5 DISPENSA I. ADUNANZA ORDINARIA DEL GIORNO 30 NOVEMBRE 1881 PRESIDENZA DEL COMMENDATORE ANGELO MINICH VICEPRESIDENTE. Sono presenti i membri effettivi : Trois, Torazza, Bucchia, Pazienti, Pirona, Zanella, Veludo, Lorenzoni, E. Ber- nardi, Mons."' J. Bernardi, Tolomei, Fayaro, Saccardo, LussANA, Gloria, Vigna, Marinelli e Bizio segretario , nonché i socii corrispondenti : Berchet, Stefani, De Gio- vanni, Bonatelli, Papadopoli e Martini. Sono giustificate le assenze dei membri effettivi Lam- PERTico presidente, Freschi, De Zigno, De Leva, Vlaco- YicH, Rossetti, Morplrgo e Beltrame. Il Vicepresidente apri l'adunanza colle seguenti meste parole, relative alle gravi perdite subite dall'Istituto duran- ti le ferie accademiche : « Neil' assenza dell' onorevole Presidente, dovendo io, » per dovere d' ufflcio, aprire le nostre sedute, ho 1' ama- » rezza di ricordarvi, illustri colleghi, due grandi sciagure, « che colpirono il nostro Sodalizio, e delle quali già, come » di metodo, siete stati resi consapevoli dagli annunzii {*) (1) Ecco gli annunzii della Segreteria. Venezia, 12 settembre i884. Ai cliiarisisiiiui Xlcmbri del Reale Istituto. Carlo Combi, il cui nome suona virtù, sapere, fermezza, ieri nel pomeriggio esalava l'anima generosa. Tomo 111^ Serie VI. 1 — 2 — » mandativi dai segretario e dal vicesegretario. Abbiamo » perduti i nostri amati e stimati eolieghi, il prof. Carlo » Combi ed il prof. Rinaldo Fulin, ambedue decoro della » R. Scuola superiore di commercio, dottissimi ed apprez- » zati non solo in Venezia ed in Italia, ma anche in paesi Nel grave annunzio, che, per l'assenza del Segretario, m' incom- be di darvi, l'animo vostro sarà contristato da acerbo dolore : trop- po viva era la parte, eh' ei prendeva nell'attività del nostro Soda- lizio, per non risentire di si amara perdita il vuoto e lo sconforto. Di non valida salute scossa profondamente dal sommo dei do- lori, la morte della madre, supremo e santo scopo di tutti i suoi affetti, offri facile vittoria al morbo, che con lento ma sicuro ince- dere v' impresse le sue orme crudeli : tuttavia con la ferma e te- nace tempra, che tanto teneva delle balze natie, non scemò 1' ope- rosità sua, ma dallo studio trasse conforto nella sciagura. Altri parlerà estesamente della sua fecondissima vita, di quanto ideò quella mente, di quanto operò quel cuore, le cui fibre costan- temente vibrarono, finché ebbe un palpito di esistenza, per quei due alti ideali, che fanno libero e grande un popolo: la patria e il lavoro. Voi rammentate i Saggi di bibliografia istriana, e le Memorie inserite negli Atti Sulla rivendicazione dell' Istria agli studii ita- liani — su Pier Paolo Vergerio il seniore da Capodistria — Sul- V obbligo legale degli alimenti e sulla pubblica beneficenza. Voi rammentate pure quanto spesso, oltreché nei sereni campi dello studio, nelle più importanti discussioni recasse i preziosi tri- buti dell' acuto suo ingegno e della sua efficace parola. Al nostro pianto per la immatura fine dell'amato Collega si as- socia questa Venezia, la quale, se non fu la sua culla, fu sua vera patria d' adozione, vera madre e non matrigna che di tal tìglio fu sempre orgogliosa, e che ora nel lutto ricorderà quanto si adoperò alle sue prospere sorti in quella larga sfera d'azione, in cui il ge- nio di operare il bene apre ad un gran cuore i più vasti orizzonti. Alle doti di uno spirito eminente, rinfrancato da studii severi e profondi, univa il desiderato Collega quel!' aperta cordialità di mo- di, quella innata cortesia, che in lui non era una finzione leggiadra, ma la schietta espressione del suo animo affettuoso e gentile. Circondato dalla stima e dall'amore dei suoi discepoli, sarà da — 3 - » stranieri, ambedue di eletto ingegno, di grandissima, anzi » singolare attività, di modi cortesi e gentili, ottimi ed in- » tegerrimi cittadini, che illustrarono coi loro scritti la pa- » tria, che era da loro tanto amata. » Per r Istituto veneto la perdita èaraarissima, perchè essi giustamente rimpianto ; ed io al dolore di quella generosa gio- ventù mi attristo, perchè non hanno soltanto perduto un amorevole e valente maestro, ma, ciò che soprammodo deploro, un profitte- vole esempio. E. F. Tr.OIS. Venezia, 25 novembre 1884 L' animo mio, ancora affranto dalla reconte sventura che tolse al nostro Sodalizio l'amato Combi, appena può reggere all'ango- scia del nuovo infaustissimo disastro : la morte dell'abate Rinaldo Viilin, avvenuta jersera alle ore nove. Uomo dotato dMngegno robusto e vivace, fornito di parola pronta e feconda, ricco di ma- schia dottrina ; profondo negli studi storici e peculiarmente in quelli della sua'Venezia ; onore della cattedra, da lui splendidamen- te illustrata, e cinta da quella corona di riverente affetto, che i discepoli suoi viva sempre e rigogliosa nudrirono ; decoro assidua- mente operoso di questo Istituto, che lo noverava tra i più validi suoi campioni ; patriota egregio che, in tempi difficili, seppe di- mostrare che r odio contro la signoria straniera, di cui sostenne anco le ire, non macchia la religione dell'altare. Ecco l'uomo che Venezia ha perduto, e che tutta Italia con noi deplorerà. E ben giustificato cordoglio è questo, quando specialmente si volga lo sguardo ai monumenti delle diuturne sue veglie dalla Nuova Collezione di opere storiche aAV Archivio veneto, da lui fondato e so- stenuto con quel vigore che il Fulin metteva in ogni più ardimen- tosa fatica, cogliendone il trionfo della vittoria e, con esso, il plauso unanime dei nazionali e degli stranieri. Egli nel lavoro ri- temprava r attività sua, rivolgendo sempre il pensiero a nuovi ci- menti; e campo felicissimo gli fu aperto nella Deputazione veneta di storia patria, la quale, sorta tra le sue mani, ingrandi e si fece ricca, per lui, di rilevanti e voluminose pubblicazioni, quali basto- » essi erano assidui alle nostre sedute, prendevano parte » efflcace alle nostre discussioni, e spesso fregiarono i vo- » lumi dei nostri Atti e delle nostre Memorie coi loro » lavori lodatissimi. » II comm. ab. Bernardi accettò gentilmente di fare la » commemorazione del compianto prof. Carlo Combi ». l'ebbero da sé sole i Dispacci di Paolo Paruta da Roma, e i Diarii di Marino Sanuto,''nei quali altri benemeriti il soccorrevano. E, con tutto ciò, sapeva ancora cogliere il tempo per alimenta- re coi suoi studii altre collezioni e soddisfare agli obblighi accade- mici, come vediamo nei nostri Atti, dove s'incontrano la sua Memoria sopra Soranza Soranzo e le sue compagne, le Ricerche intorno a Giacomo Casanova e gl'Inquisitori di Stato, gli Appunti sopra una pubblicazione del Conte Mas Latrie, gli Errori vecchi e docu- menti nuovi a proposito di altra pubblicazione dello stesso Mas Latrie ; e, per non estendermi maggiormente, l'applaudito suo Discorso, letto nella solenne nostra adunanza dell' anno 1881, col titolo : « DelV attitudine di Venezia dinanzi ai grandi viaggi ma- rinimi del secolo XF». Inoltre, quantunque non appartenenti alla collezione delle no- stre stampe, trovo per l'importanza loro, di non passare sotto si- lenzio i suoi Studi sopra il Consiglio dei Dieci e gV Inquisitori di Stato, sopra gli antichi tentativi del taglio delVistmo di Suez^ non che il Petrarca dinanzi alla Signoria di Venezia, lavoro pubbli- cato per cura dell' Ateneo veneto nella solennità del V Centenario del grande poeta. Ma tanta fatica doveva pur infiacchire, per quanto robusta, quella fibra: e se la forza dello spirito riusciva a domarne l'occul- to danno, a segno da nasconderlo perfino con esterne, fiorenti apparenze, ben egli mostrò di avvedersene quando, nell' aprire la nuova Serie del suo Archivio veneto, ci empieva di tristezza col mesto presagio di queste sue parole: a U età inoltrata e la salute mal ferma non ci lusingano di poter chiudere questa Nuova Serie che oggi comincia ». Ed il presagio infaustamente si avverò: ed ecco ora deserto quel seggio, che a lui ci stringeva in amorevole fra- tellanza; muta la cattedra nella Scuola superiore di commercio e — 5 — Egli partecipò appresso le lettere di condoglianza, per- venute per la morte del prof. Combi dal R. Ministero della pubblica istruzione, dal R. Istituto lombardo e dalla Socie- tù geograflca italiana, e per la perdita del prof. Fulin dallo stesso Istituto lombardo, dalla Società ligure di storia pa- tria, dal socio prof. Giorgio Martino Thomas di Monaco, dal sig. Enrico Simonsfeld pure di Monaco ; le quali lette- re si pubblicano più innanzi come appendice di quest'Atto verbale. Poscia lo stesso Vicepresidente aggiunse le dolorose partecipazioni di morte del senatore Giulio Gargano, Vice- presidente del prefato Istituto lombardo, nonché del no- stro socio corrispondente prof. Eugenio nob. Balbi. Comunicò poscia come, nel giorno 22 del corrente no- vembre, si festeggiasse dall' Università di Padova il 50.™" anno d'insegnamento del nostro membro effettivo anzia- no, commendatore Domenico Turazza ; e come l'Istituto vi prendesse parte con apposita lettera, non che colla dele- gazione, fatta a'proprii membri CavaUi, Cittadella, De Leva e De Zigno, di rappresentarlo. L'Università manifestò la sua riconoscenza al R. Istitu- to con un foglio di ringraziamento e col dono di un esem- nel Liceo ; tolto alla Deputazione veneta di storia patria un tanto appoggio; rapito agli studii storici un cosi strenuo cultore ; immer- so nel lutto un intero paese. A tanta sciagura nessun conforto, colleghi chiarissimi, è conces- so; e l'animo mio, crudamente straziato, nemmeno si attenterebbe di ricercarlo. Non resta, pur troppo! che una dura realtà: la perdita irreparabile dell'esimio collega, alla quale unico tributo è il pianto, e la memoria del caro estinto perennemente scolpita nel nostro cuore, come rimarrà perpetuata nelle opei e del ferace suo insegno. G. BIZIO. — 6 — piare dell'indirizzo, da Essa presentato in tale circostanza all'illustre professore. Annunciò appresso il dono, fatto dal nostro m. e. se- natore Luigi Torelli^ di una macchina per la pressione del- le farine, e il ricevimento di una cassetta, contenente farine compresse da lui trasmesse, afflnchè siano dall'Istituto cu- stodite, collo scopo di sperimenti sulla conservazione delle medesime, in base ad indicazioni da lui stesso esibite. Diede poi annunzio della Nota Ministeriale, colla quale r Istituto era invitato a spedire per la Esposizione di elettri- cità in Filadelfia quelle pubblicazioni, che si riferissero a sif- fatto argomento ; soggiungendo che l'Istituto stesso vi con- tribuì con alcune Memorie, estratte dalle sue raccolte a stampa. Partecipò inoltre, che questo Corpo scientifico venne invitato dalla Società di scienze naturali in Chemnitz e da quella R. Boema delle scienze in Praga, al fine che si pren- desse parte alle feste per la celebrazione del 25.™° anno dacché fu fondata la prima, e del \.'^^^ centenario dalla istituzione della seconda ; ed aggiunse, che la nostra Presi- denza inviò ad ambedue le Società apposita lettera di fe- licitazione, in nome del R. Istituto, per la splendida riu- scita delle due solennità. Annunciò infine^ che altri due inviti pervennero al no- stro Sodalizio : l'uno dalla R. Accademia delle scienze del- l' Istituto di Bologna, e l'altro dalla Presidenza del V Con- gresso degl' ingegneri ed architetti italiani, acciò il nostro Istituto fosse rappresentato alle sessioni di quest'ultimo, ed alla festa dell' anzidetta Accademia per la celebrazione del 40.'"° anniversario dalla nomina del suo membro pensio- narlo, prof. Luigi Calori. Soggiunse poi, che la nostra Presidenza delegò il socio sig. prof. Giovanni Cappellini di rappresentare l' Istituto — 7 — alla solennità tenutasi in Bologna in onore del prof. Calori, il quale ringraziò l' Istituto ; e che la rappresentanza al Congresso di Torino fu affidata all' altro socio corrispon- dente, sig. prof. Angelo Genocchi. Dopo tali comunicazioni, il Vicesegretario lesse Telenco, risguardante i libri pervenuti in dono alla nostra'biblioteca nel periodo delle vacanze di autunno, facendo speciale men- zione delle seguenti: a) Della storia di Bassano e del suo territorio^ del sig. prof. 0. Brentari ; b) Di due pubblicazioni del socio corrispondente estero D. Bierens de Haan, contenenti lavori di Spinoza e Stevin ; e) Di un volume dell'altro socio H. Faye, col titolo: « Sur l' origine du monde: théories cosmogoniques des anciens et modernes » ; d) Di un libro sull'anemia, del dott.S. Laache di Christiania ; e) Di una pubblicazione del sig. E. Gerland, intitolata : « Leibnizens und Iluigens' Briefwechsel mit Papin etc. », donata dalla R. Accademia Prussiana delle scienze in Berlino; f) Di un' altra pubblicazione, in folio, del R. Ministero dei lavori pubblici, la quale contiene: u Cenni monografici sui singoli servizi da Esso dipendenti », compilati per la Esposizione di Torino e riferentisi al triennio 4 881-83. g) Di un'Opera del geologo di Zagabria G. Filar, col titolo: « Flora fossilis Susedana » (cum \ 5 tab.) ; h) Di una Memoria (con tav.) del s. e. A. De Giovanni « sulle alterazioni della cava ascendente » ; i) Di un' altra Memoria del prof. G. Pagano di Palermo, illustrata da tavole e concernente « la miniera di zolfo Lucia e la sua trasformazione »; j) Del libro « sulle ipotesi fisiche », stampato dal sig. prof. G. A. Zanon di Venezia. Passando poi all'ordine del giorno, il membro effettivo F. Lussana lesse la « Commemorazione del compianto mem- bro effettivo Francesco Cortese ». Indi il membro effettivo A. Favaro riassunse il conte- nuto di un suo lavoro « Intorno ad una lettera dì C. F. Gauss ad E. G. Olber^ pubblicata da D. B. Boncompagni » ; e l'altro membro effettivo A. Gloria lesse alcune parti della sua Memoria « sul volgare illustre nel t 100 e sui proverbi volgali del 4200 ». Il m. e. prof. Veludo, ricordando di avere nell' adu- nanza 22 giugno p. p. intrattenuto l'Istituto intorno ad un antico Ciborio minore, da lui attribuito al VI secolo della Chiesa, e di avere espresso il desiderio che un monumento sì raro e importante agli studiosi delle sacre antichità fosse riposto nel Tesoro della basilica di S. Marco, soggiunse il seguente brano di lettera del celebre Comm. Ciò. Batta De Rossi, dal quale viene confermato il sommo pregio di quel Ciborietto. Ed ecco il brano : « S. Marcello Pistojese, 13 agosto 1884. (Ricevuta il 26 settembre) « Carissimo collega ed amico. » Da Roma mi è spedita a questa montagna, ove dimo- » ro fuggendo i calori estivi, la sua carissima del \0 cor- w rente coi tre esemplari del prezioso opuscolo. Il piccolo » ciborio è veramente cosa assai rara, anzi, per la sua » antichità, singolare. La formola TTTEP ETXHS KAI » SnTHPIAS è di uso comune nell' epigrafìa antica dei » secoli sesto e settimo, ai quali Ella attribuisce il monu- » mento. Il suo giudizio circa 1' età è difficile : io scriven- » dole da un eremo senza libri, non vorrei arrischiarmi a » dare un parere. Ma la sua opinione mi pare accettabilis- n sima. — Quanto Ella ragiona intorno ai piccoli ciborii, — 9 — » alla turricula et peristera et perìsterium è di molta ira- » portanza, essendo il punto assai oscuro ; e mi pare dopo )) lette le sue brevi, ma sostanziose pagine, di vedervi en- » tro più chiaro. Nel mio Bulleltino ho trattato dei ciborii, » cioè dei tabernacoli maggiori ec. ce. ». Il Veludo pertanto, approfittando di questa occasione, rende sincere grazie al chiar. ingegnere e fabbriciere della Basilica dott. Pietro Saccardo, alle cui intelligenti cure è dovuta la collocazione di quel Ciborio nel Tesoro della chiesa medesima. Il membro effettivo G. Marinelli comunicò alcune sue: « Notizie intorno alla questione delta superficie cC Italia », aggiungendovi il dono di alcune sue pubblicazioni per la biblioteca del nostro Istituto. Da ultimo, il membro effettivo D. Turazza presenta una Memoria del sig. prof. Giulio Lazzeri di Spezia, intitolata: « La rappresentazione dello spazio rigato sopra un piano convesso; e sua applicazione allo studio dei connessi lineo- lineari ». Dopo ciò l'Istituto si è riunito in adunanza segreta per versare sui propri affari interni. Nella seconda adunanza, tenutasi nel successivo giorno (I dicembre) sotto la presidenza dello stesso commendato- re Minich, si completò la pertrattazione degli argomenti ch'erano posti all'ordine del giorno. II Segretario presentò una Memoria del membro effet- tivo senatore L. Torelli « sulla conservazione delle farine », la quale è accompagnata dai relativi saggi sperimentali, che l'Istituto, augurandosi abbiano ad essere ultimati dal ve- nerando collega, accetta peraltro di proseguire co' suoi stu- di, secondo i desideri espressi dall' Autore. Turno III, Serie VI. 2 — io- li sig. dott. Francesco Bocchi, in conformità dell' arti- colo 8.° del Regolamento interno, lesse una Memoria inti- tolata: iiEpisodii intorno la storia di Adria e del Polesine di Rovigo nella guerra dai Veneziani sostenuta in Ferrara nel 1308, ^309 e sino alla concessione (1322), e conferma (4 344), fatta dalla Santa Sede agli Estensi del Vicariato di Ferrara » . Poscia il membro effettivo mons. J. Bernardi, a nome dell' Autore, fece omaggio alla biblioteca dell' Istituto di un libro di pedagogia e metodica del prof. Gio. Milanese, ac- compagnandovi le seguenti parole: » Il prof. Giovanni Can. Milanese di Treviso, ben noto » per la sua lunga pratica educatrice e per le doti dell' in- » gegno e del cuore di cui è fornito, si accinse ad un'Ope- » ra pedagogica, di cui per mio mezzo porge all' Istituto il » primo volume, nel quale svolge la parte teorica di que- » sta scienza sempre, ma singolarmente ora, fatta irapor- » tantissima per la grandissima diffusione popolare che le » si diede. Il metodo, usato dall'autore, è chiaro, ordinato, » arricchito dalle testimonianze più accreditate ad appog- » giare le teorie e le affermazioni pratiche poste innanzi; » ciò che prova in esso la conoscenza e lo studio degli » scritti più ragguardevoli nella lunghissima serie di quelli, » che si moltiplicarono segnatamente a' dì nostri. — • Nel » secondo volume tratterà la storia Pedagogica, e se la » farà con quella coscienziosa diligenza che gli valse la » pubblicazione di questo volume, porrà qualche rimedio » a quelle dimenticanze, davvero lamentabiH, che de' no- » stri anche più insigni scrittori di cose pedagogiche e va- » lenti educatori si fece dagli storici della Pedagogia pur » moderni, così forastieri, come italiani, parecchi de' quali » si rassegnarono a prendere dalla Francia, e oggidì in » ispecie dalla Germania, la norma dei loro scritti, aspet- - 11 - • » tando forse che qualche straniero volga a scoprire le » nostre ricchezze per ricopiamele poi alla lor volta ». Per ultimo, il Vicepresidente partecipò, cbe un Comi- tato si ò costituito per offrire una medaglia d'oro al nostro membro effettivo prof. Giuseppe Meneghini, il quale compie il suo 30."'° anno d'insegnamento, soggiungendo che la medaglia verrù presentata all'illustre scienziato nel giorno 14 del corrente mese di dicembre. Essendo poi il nostro Istituto invitato di prender parte a tale solennità, la Pre- sidenza fu incaricata di delegare il socio corrispondente sig. prof. Emilio Teza di rappresentare in quel di il nostro Corpo alla festa presso la R. Università Pisana. A P P E xN D 1 G E all'Atto vergDale 30 novembre 1SS4 Condoglianze per la morte dei membri effettivi prof. Carlo Combi e ab. prof. Rinaldo Fulin I. — Carlo Couìbi. R. Ministero della Istruzione pubblica Divis. per l'Islr. super. N. 24 di pos., 20020 di prot. gen. Roma, addi 24 settembre 4884. Coir animo profondamente commosso m' associo al- l' ineffabile dolore, in cui la morte di Carlo Combi ha gettato cotesto illustre Istituto, che vantava in lui una delle più belle sue glorie. per il Ministro firm. Martini. Al Presidente del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti Venezia Società Geografica italiana Roma, 45 settembre 4884. Questa Presidenza ha ricevuto la lettera, colla quale cotesto R. Istituto partecipa la nuova della morte del prof, cav. Carlo Comhi. Associandosi intesamente ai sentimenti di vivo e sin- cero cordogho, così nobilmente espressi in essa, presen- tiamo a V. S. Illustrissima le condoglianze del Consiglio direttivo e del Sodalizio, al quale il rimpianto prof. Comln apparteneva sin dal 1868, e del quale egli fu mai sempre uno dei membri più illustri. per il Presidente fìr. G. Dalla Vedova. lll.mo sig. Prcsideite del R. Istiluto Yen. di scienze, lett. ed arti Yenesia — 43 — R. Istituto Lombardo di scienze e lettere N. 266 Milano, 29 settembre 1884. La Presidenza del R. Istituto Lombardo si affretta ad esprimere le sue vive condoglianze al confratello Istituto Veneto per la dolorosa perdita del valente suo membro effettivo prof. Carlo Combi. Cogli atti del maggior ossequio Al R. Istituto Veneto di scienze, lett. ed arti Venezia pel Presidente 11 segretario firm. R. Ferrini. n. Rinaldo Ftilin. Reale Ministero della Istruzione Pubblica Divisione per l'Istruz. Super. Ti. 24 di pos., 25185 di prot. gen. Roma, addì 4 dicembre 1884. Gol più vivo dolore, Le accuso ricevuta della lettera di annunzio della morte dello illustre Rinaldo Fulin, e La prego di porgere a cotesto Istituto le mie sincere condoglianze per tanta perdila. pel Ministro fum. Martini. Al Presidente del R. Istituto Vcn. di scienze, lettere ed arti Venezia 14 ~ R. Istituto Lombardo di scienze e lettere N. 320 Milano, 28 novembre 1884. La grave perdita dell'illustre ab. Rinaldo Fulin, mem- bro effettivo del confratello Istituto Veneto, fu dolorosa- mente sentita dal nostro Corpo accademico, a cui essa fu annunciata nell' adunanza del 27 corrente mese. Lo scrivente adempie al mesto ufficio di porgere a co- desta Onorevole Presidenza le più vive condoglianze del- l' Istituto Lombardo e, colle proprie, quelle dei suoi col- leghi. pel Presidente Il segretario firm. R. Ferrini. Al R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti Venezia Società Ligure di storia patria Ufficio di Presidenza N. 670 Genova, addi 27 novembre 1884. Questa Società partecipa vivamente al dolore di co- testo insigne Istituto, per la gravissima e inopinata per- dita del cav. ab. Rinaldo Fulin, significatale col foglio del 25 corrente. L' abate Fulin lascia nel campo degli studii storici un vuoto^ che non sarà così presto colmato ; e nell' ani- mo di quanti ebbero la fortuna di avvicinarlo, durerà pe- renne il ricordo del suo ingegno vigoroso e del suo no- bile cuore. Il Segretario generale firm. M. Belgrano. All'Onorevole Presidenza del R. Istituto Veneto di scienze, leu. ed arti Venezia — 15 — Viri illustres, Collegae maxime spectabiles ! Quanta aftectus sim animi soUicitudine et quam profundo at- fligar dolore, tristissimo hodie allato nuntio eoque prorsus inex- spectato vita decesisse optimum coUegam Rinaldum Fulin, id non valeo verbis exprimere. Est haec jactura gravissima, uti Instituti Vestri et Deputationis Venetae atque ipsius Urbis Ve- netiarum et universae Italiae, ita scholarum ac studiorum pa- triae et totius reipublicae doctorum virorum nec non sociorum amicorumque. Inceperas, oF (j.oexàpie, novissimum necrologium Archivi tui bisce verbis seriis « / nostri danni si aggravano e si moltipli- cano )i; et jam te mortuum deplorat optimus quisque Venetus, Italus et lugent qui tot et iibivis te venerabuntur exteri, im- primis nationis Germanicae. Erat collega noster, ut repelam quae de illustri Veneto sae- culi XVI scripsit nobilis Veronensis: ^° suo Francesco Cortese Pi'of. emerito dell'Università di Padova, Generale medico della Riserva. Coperto di gloria, venerato ed amato da colleglli e di- scepoli, nel 1848 il Cortese toccava l'apogeo della sua cat- — 33 — tedratica carriera coli' essere creato Rettore Magnifico del- l' Università. Cursum consummavi — egli poteva giustamente dire col grande filosofo del Cristianesimo .... Ma un'altra vita lo aspettava, la vita del patriota. Era il 1848. Furono pur belli quei giorni, allorquando da ogni re- gione i crociati dell' unità italiana accorrevano insieme con fraterno entusiasmo; e si videro sotto il vessillo tricolore volontarii soldati il poeta, il filosofo, il professore, lo stu- dente, il prete, il magistrato, il medico — Mameli, Azeglio, Nappi, Inzani, Cortese Quale poesia della patria nostra ! Oh canti di Mameli e di Manzoni ! Oh giornate del nostro riscatto! Oh dolente per sempre colui, Che da lunga, dal labbro d' altrui, Come un uomo straniero le udrà ! A quel grido di libertà e di guerra patriotica il Cortese sentì sé stesso, vide la stella polare del suo destino e la vo- cazione di tutta una seconda novella sua vita. Nato colla forza e coli' istinto di soldato, col carattere de' suoi liberi monti nativi, vissuto coli' ardente amore della sua patria, egli aspettava la scintilla per diventare gran fiamma. E scin- tilla fu il raggio del tricolore stendardo. Ahi ! quando quello stendardo benedetto, in quel giorno nefasto del i 3 giugno, in Padova fu rovesciato dalle ritor- nate baionette austriache — Cortese non potè sopportare la sventura e la servitù della patria, prese la via dell'esilio, si trafugò a Venezia, seguì le truppe piemontesi, le quaU dovevano abbandonare al suo fato glorioso la sublime eroi- na del mare; e d'allora in poi sino all'ultima ora della vita, per 35 anni, fu medico-soldato dell'esercito italiano. E non valsero a tardare o frenare quell' impeto innato, Tomo 111. .Serie VI. 5 — Sì — oramai diventato la sua vita ■ — non valsero (dissi) il posto onorevolissimo della carriera scientiDea ed universitaria, acquistatasi per tanto lavoro — né l'affetto ch'ei nudriva pur vivissimo per la sua famiglia, alla quale egli sentiva santissimo dovere — non i mille sfidati perigli — non i tormenti dell' esilio, né la rinuncia e 1' abbandono de' suoi averi, de' suoi interessi, de' suoi studii e delle sue adorate collezioni, e della sua cattedra,''e de' suoi compagni e col- leghi ed amici. Forse gli echeggiavano nell' animo i versi del grande bardo itaUano: Ed io degli sgherri seguire le file ? Vestirmi la bianca divisa del vile ? Fibbiarmi una spada che Y Austro aguzzò ? No, no. Il Rettore Magnifico della gloriosa Università di Padova depone la toga e si veste da gregario soldato pie- montese. Io conosco la notte dell'esilio del Cortese, notte di sa- cro e romantico ricordo, quale me la narrò il suo amoroso allievo, il Gruber, come il fedele Acate di Virgilio, che se- guiva Enea e la sua famiglia attraverso alle rovine fumanti di Troja. Era mezzanotte del I 3 giugno : le truppe austriache oc- cupavano la città ; sotto un cielo nebuloso un padre di fa- miglia, abbandonando un grado eminentissimo, a piedi, colla sua sposa e con quattro teneri tìgli, fuori di porta Portello, camminava alla volta di Venezia. Un suo allievo ed amico, il dottor Gruber, trascinava e spingeva a stento un carret- tino, oggetto di trastullo domestico in altri tempi per quei bambini, ed ora trovato al momento il niezzo unico per condursi dietro il meschino corredo. Dopo tanti stenti e peripezie, finalmente, in 48 ore, si arrivava alla meta so- spirata, cioè entro Venezia che valorosamente combatteva. È un episodio degno della penna di Virgilio e del pen- nello di Induno. Però, se confrontiamo questo episodio con quello nar- ratoci da Virgilio, una differenza abbastanza caratteristica vi troviamo, inquantochè il pio Enea aveva dimenticata per via la sua generosa conipagna, mentre a Cortese stette al fianco sempre, nell' esilio e nella lotta, quella nobilissima patriotica sposa die fu la Anna Castelli. Figlia di quel Ja- copo Castelli, giureconsulto illustre e patriota ancora più illustre, ministro di Manin e poi di Carlo Alberto, la Anna, nel giorno dopo le sue nozze col Cortese, secondo un co- stume spartano e romano, si era tagliate le lungbe e bellis- sime treccie, votate alla futura libertà d' Italia — essa, la bellissima di Venezia. Consigliera delle forti azioni, angelo di conforto nelle sventure e nei pericoli, inspiratrice del coraggio nel di del periglio e della lotta, fida ed amatissima compagna, genio del bene e dell' amore all' Italia — animava ed accompagnava il Cortese nell'esilio assieme alla tenera numerosa flgliolanza: con supremo coraggio congedava per la campagna del 1 866 il marito ed i tre superstiti figli ; e quando, finita la guerra del 1 849, erasi fatto sapere al Cortese da incaricati austriaci, qualmente gli sarebbero state perdonate le colpe (oh colpe gloriose!) e se ritornava gli sarebbe ridata la cattedra, fu dessa, che protestò per la prima, cosicché il Cortese potè senza rimpianti fare il grande rifiuto. Egli è con ben giusto orgoglio, che un figlio degno di tali genitori, soldato nell'eser- cito italiano, potè mettermi a cognizione di tratti cosi su- blimi della sua angeUca ed eroica madre. E poche donne al mondo meritarono e poterono avere quell'omaggio che ebbe la CastelU dal suo compagno di amore e di onore. K Oggi (scriveva egU adi 29 luglio i88l) compiscono i — 30 - » dieci anni del mio stato vedovile, di quella circostanza fa- » tale che mi privò per sempre dell' unico oggetto delle mie » più tenere affezioni coltivate per 32 anni con vera devo- » zione e con esclusivo amore e rispetto verso T essere che » mi ha reso felice questo periodo svariato e tumultuoso di » vita che in mezzo a tante vicende ho potuto superare, sem- » pre con l'idea e col pensiero rivolti unicamente a queir an- » gelo che Dio mi ha dato a compagna della mia lunga e » sconfortata esistenza. Non è stato mai mio costume esa- » gerare nelle dimostrazioni, ma spero che ognuno che mi » conosce avrà capito che il mio animo dopo la morte ina- » spettata di quell'essere che dal 17 settembre i 839 ha fatto » la sola mia vera e perfetta consolazione, la vera guida della » mia esistenza, la mia vita è decorsa senza conforti morah, » tranne queUi che mi procacciarono i miei tigli, figli di I) queir angelo, ed anche pel solo pensiero che erano gli og- » getti più teneri delle sue cure e che ricordavano sempre » la sua persona, lo dopo quell'epoca 1871 ho vissuto, ma » non ho mai cessato di pensare un istante a lei sola. Spero » che non vivrò un altro anno, sentendo la mia vita vicina a » finire e desiderandolo sempre più da che essa non mi è.... » e qui vi sono alcune parole inintelligibili perchè cancellate manifestamente daUe lagrime e poi prosegue: «e vo cercando « ognora più di essere utile a quei figli che mi ha lasciato » morendo e che io seppi rendere atti ad una esistenza se » non comoda e agiata, almeno hbera e indipendente. » Due volte all'apogeo, nelle due carriere percorse — luna dal 1838 al 1844, di vita universitaria scientifica, ove colse molti allori e ne toccò il grado massimo, essendo divenuto nel 1848 Rettore Magnifico — 1' altra dal 1844 al 1884, di vita patriotica militare e scientifica insieme, ne toccò pure il massimo grado per successivi onori ; Lui presidente dei — :m — Gomitalo di saniti», lui capo del corpo medico militare ita- liano, lui generale-medico del r. esercito. Egli segue come semplice gregario le truppe italiane nel ^848; e da professore e rettore universitario che era, de- ve subire e subisce un concorso , nel quale fra quattro riesce il primo, per essere riconosciuto chirurgo in capo effettivo. Nel 1849 fa la campagna come primo medico di reggi- mento. Dopo la campagna è chiamato dal ministero a far parte della Commissione per il cholera ad Alessandra. Nel 1859 fa la campagna di Lombardia come medico vice-capo. Nel 1860 è medico-capo del 4.° corpo d'armata (Cialdini) a Bologna, e fa le campagne ^ 860-61 da Ancona a Gaeta ; e durante la campagna viene nominato membro de! Con- siglio superiore di sanitù. Nella campagna del 1 866 è medico-capo dell' esercito. Nel 1 867 è inviato a Parigi colla Commissione dei Co- mitali di soccorso pei feriti in guerra ; e in queir assemblea gU viene decretata una medaglia d' argento. Nel 1 87 1 è inviato in Germania ed in Belgio, durante ancora la guerra franco-germana, per studiarvi T organiz- zazione ed i provvedimenti in guerra pel Corpo sanitario. Nel 1 873 è nominato Presidente del Consiglio superiore di sanitù e poi maggior generale medico, Presidente del Co- mitato di sanità militare. In tutta questa lunga ed operosissima carriera di im- prese e di missioni militari, egli non cessa di essere il grande scienziato. Coltiva sempre la scienza pratica e principalmente la diletta anatomia ^ppUcata alla chiiurgia militare. Dò all' Italia, il primo, la cliirui'iiia militare ('''), la clas- sica Guida del medico (^*). Sul valore pratico ed intrinseco di tale opera un suo illustre collega d'armi e di cattedi'a me ne scriveva le seguenti parole, che valgoDO il più prezioso - 38 — degli elogi, sia per cui erano pronunciate, sia per chi le pro- nunciava • a Lo conobbi nella guerra del 1859. Fui sotto di lui per » una ventina di giorni, e non lo rividi che una volta nella » campagna del 1 866. Ne ammirai il sapere come anatomico » e nella sua vecchia età 1' entusiasmo giovanile, veramente » interessato pel bene del soldato. Schifo di qualunque impe- » rio, trattava con noi, suoi dipendenti, come maestro con » discepoli a lui affezionati. Aveva criterio pratico molto n distinto. Non era entusiasta pel nuovo, ma neppure lo » sprezzava in modo sistematico, come è di coloro che giunti » all' apogeo, dettano sentenze inappellabili. Eccellente di ca- » ratiere, era amato da tutti e stimato Ne lessi diverse I) pubblicazioni, fra le quali quella Guida del medico militare » in campagna mi parve buona, perchè bene particolareg- » giata, alla portata di tutti, con discussione chiara dei più » importanti argomenti della pratica militare. Aveva un giu- » sto mezzo del fare quanto è necessario e non più, ma so- » pratutto a tempo debito. » Parma, 31 novembre 1883 ». Altra opera, fors' anco di valore maggiore, è quella Sulle malatlie e imperfezioni che incagliano la coscrizione (*^). Il merito della quale è ben provato dal premio conferitogli dall' Istituto Lombardo, della fondazione Gagnola. « Il programma (cosi giudicava la Commissione) si ebbe soluzione ampia, ordinata e sopra basi autorevoU » Questo lavoro « dotato di pregi non comuni .... può ser- vire d' istruzione e di guida utilissima a quanti amministra- tori e medici sia militari che civili e a quanti economisti e filantropi devono od intendono occuparsi di miglioramenti radicali nelle attitudini e sorti dei nostri coscritti e nello stato fisico e morale delle presenti e future popolazioni. » Altri preziosi lavori, sempre d" indole medico-chirurgica — 39 — militare, dati alia luce dal Cortese, trattano con profonda cognizione e con rettissimo criterio, delle imperfezioni su- persUli alle ferite (■"), stille ferite da armi da fuoco (■*), e dei cannonieri (•'^), e della chinirgia conservativa ("), e del- le campagne del 1866 ('^), e dei progressi civili nelle ultime guerre (''^), e dei comitati di soccorso ai feriti ("^'), e dei ri- sultali del suo viaggio militare in Germania (■"'). E fu principalmente pel merito delle or menzionate opere e memorie che il Cortese fu creato Ispettore generale sani- tario, e gli furono conferite tante onorificenze e decora- zioni ("^). Fecondo e operosissimo scienziato, non era men ricco della letteratura e della dottrina medico-chirurgica, come lo dimostrano i numerosi articoli forniti alla Enciclopedia po- polare di Torino (^^), e del Dizionario di scienze mediche di Corradi e Mantegazza (^'^) — e diverse compitissime tra- duzioni {^*), e parecchie dottissime anahsi bibhografiche e biografiche (^^). Accennerò che prediletto libro di classica lettura eragU il poeta Venosino. Tanti pregi di mente perspicace, nitida, sincera, si ac- coppiavano mirabilmente ad altrettanta forza morale e fisica. Pel suo coraggio basti il fatto che narro. Sul barcone noleggiato per fare la traversata da Vene- nezia a Ravenna, e sul quale prendevano imbarco parecchi volontari, reduci da Treviso e da Vicenza, per incorporarsi all'esercito sardo, trovavasi anche Cortese. Superata la punta della Maistra, si scatenava un vento furioso, che ren- deva pericolosa la navigazione; e per l'urto di una gomena, uno dei marinai cadeva neh' onda. Un prode dava mano ed eccitamento per calare il battello di salvataggio e racco- gliere e salvare l'infelice. Quel prode era il prof. Cortese ("). Nel sangue dei Cortesi vi è, se cosi può dirsi, la stoffa — 40 — marziale. L' avo paterno di Francesco fu colonnello della Repubblica di Venezia, il padre Giovanni intraprese la car- riera delle armi e servì come alfiere, finché il 48 lo tolse dal servigio austriaco. La madre Giulia era figlia del Capi- tano nob. Sassonia. Lo zio Francesco militò come ufficiale neir esercito della Repubblica Cisalpina, e nel Regno Napo- leonico d'Italia salì alle più alte cariche militari, come Ispet- tore generale, cavaliere della corona ferrea, barone del regno. Fu desso quasi secondo padre al nostro Cortese, che per le di lui cure e mire passò nel collegio Longone, e poi nel col- legio dei raggi, eh' erano istituti allora di educazione mili- tare, donde i giovani uscivano a 1 8 anni per entrare sotto- tenenti neir esercito. Così erasi formata per tempo la forte e nobile tempra del soldato. Ma caduto colla stella napoleonica il regno d' Rafia, il collegio de' Paggi fu soppresso ; e la famiglia Cortese volle presso di sé il Franceso, e lo indusse a sciegliersi una pro- fessione. Ed egli scelse quella del medico, cioè del soldato degli infermi — professione dell'uomo libero, anche sotto il giogo dello straniero. Franco come cittadino anche quand'era pericolo esserlo di fronte agli austriaci — tempera montanara dond' era derivato e dove nacque — generoso e fermo nei propositi — intrepido nel pericolo — - quella robustezza fisica e mo- rale, che aveva attinta da natura, la ingagliardi mirabil- mente, incessantemente, colla vita del campo e delle batta- glie, perocché egli fu, in modo sempre attivo, a tutte le battaglie italiane della libertà. Ed a lui le guerre furono la prova del fuoco per l' anima e per il corpo. Anche negli ul- timi anni della sua vecchiaia egli era d' una forza ferrea muscolare. Cosi potè sfidare malattie, contagi, perigli, fa- tiche, acciacchi, a cui la stessa diuturna applicazione agli studii lo esponeva. Ben gU sta il verso di Monti, quando descrive il forte, — 41 — che fra la polve di Marte e le vicende sfida la morte e in- dura nei rischii (^'*). E per darvi un' idea della forza^ fisica del nostro Cor- tese, permettetemi dirvi un piccolo aneddoto domestico. A 70 e più anni, a mensa, egli poteva rompere una mela, mettendola fra il dito indice ed il medio — cosa che nes- suno sapeva fare dei commensali, abbenchè di taglia e di età molto più parventi, i quali non vi riuscivano che ado- perando ambedue le mani. Vi dirò poi un altro aneddoto che ne dimostri la fer- mezza cittadina — buono sì, ma severo. Nei primi giorni della nostra epopea nazionale, del 1848, addi 25 marzo, in- sorgeva per strano contrasto un tumulto nei reclusi della Casa di forza di Padova. Con un'eletta di ottimi cittadini e col concorso del Comitato dipartimentale, il Cortese, seguito da pochi armati, volava a quel carcere penitenziario ; ado- perava tutto quello che era autorità del cuore, della ragione e del carattere per acquietare i sediziosi • — ma non otte- nuta obbedienza, saliva cogli armati la torre dominante il cortile interno e comandava il fuoco. E così 1' ammutina- mento fu tosto sedato (^^). Questo fatto lo designa qual fu in tutta la vita ed in tutti gli eventi — carattere forte, indipendente, sempre eguale a sé stesso, tanto nella prospera quanto nella avversa fortuna — modello di rettitudine e di operosità, di scrupo- losa esattezza nell' esercizio dei propri doveri • — anima franca ed aperta. E con tanta forza e con tanta educazione battagliera si associava, in connubio maraviglioso, un'anima dolcissima. Egli aveva preso parte volonteroso a tante guerre — e lo si sarebbe creduto, da chi da vicino noi conosceva, uno di quei figli della batlaglia che con tanta potenza poetica ci sono descritti dal bardo scozzese. Ed al contrario era un uomo amantissimo della pace, era un tenero amico. E di chi Tomo III, Serie VI. 6 — 42 — diventava amico, amico invariabilmente restava. Come pro- fonda e cara rimane e rimarrà scolpita la memoria di Fran- cesco Cortese in cbi aveva il bene di avvicinarlo e cono- scerlo, così del paro ferma e costante rimaneva e rimase sempre nel!' animo dell' uomo illustre la relazione degli af- fetti, la conservata amicizia. Quale lo vidi due volte ancb' io, ne serbai sempre la grata eguale impressione nell' animo • — tale nell' aspetto e nella persona, quale nella sua vita e nelle sue azioni — franco e schietto — indipendente e benigno. Il carattere armonizzava colla persona, col portamento altiero e caro, collo sguardo insieme penetrante e soave, coll'espressione del sorriso fuso nella dignità — ben gli stava l' elmo da ge- nerale al pari della toga rettorale. Da sifatto temperamento di militarismo e di mitezza po- terono generarsi le inspirazioni delle sue opere succitate sui progressi delle istituzioni civili nelle ultime guerre e dei Comitali pei feriti. Di questi Comitati egli spiegò \ ordinamento e T opera compiuta nelle ultime guerre, aggiungendovi alcune conside- razioni sul migliore loro indirizzo, affinchè riuscissero ve- ramente proficui e non intralciassero \ azione militare. In queste opere si rileva il talento congiunto al cuore — come nelle opere sue chirurgiche si rivela la profondità de' suoi studii assieme alla vastità della sua dottrina pratica. Queir uomo di si alto patriotismo, di si forte e inflessi- bile carattere, sì venerato in Italia e fuori, colmo di onori, rappresentante il pii^i elevato posto nella milizia della sua patria, e nella autorità scientifica ■ — quell'uomo era l'amico de' suoi allievi, semplicissimo nel santuario domestico, ma- rito affezionatissimo, padre amoroso, ottimo amico, attaccato profondamente e quasi con passione nostalgica a' suoi cari luoghi nativi ed alla sua scuola — e ritornava sovente a - 13 - confortarsene il cuore, assieme alla sua diletta famiglia, nelle colline venete, libere dallo stendardo giallo e nero. La malattia che condusse al sepolcro il Cortese aveva un'origine assai remota. Dopo il 1870 egli (com'è noto) fu mandato dal Governo italiano in Germania per compiere alcuni studii sul sistema delle ambulanze. In quelle fatiche fu troppo fiducioso nelle forze della sua costituzione fisica ; non curò i consigli degli umici che gli raccomandavano in- cessantemente di riguardarsi dal freddo. Cadde malato e lo si credette quasi perduto per attacco cerebrale. Gliene rimase qualche difficoltò nella pronuncia. Più tardi gli si manifestò della paralisi alle gambe, la quale a poco a poco si estese a tutto il corpo. Pur troppo fu preludio a questa sventura l'evento di triste rimembranza, quando in una se- duta dell' Istituto veneto. Egli leggendo la commemorazione del suo amico Michelangelo Asson, dovette cessare dalla lettura, perchè non poteva più pronunciare alcune conso- nanti . . . Allora egh vide il fato che lo aspettava, e se ne senti fiaccato e triste; e dimandò nel febbraio i 880 ed ebbe il suo ritiro negU ultimi anni della sua vita. Nel dare di ciò r annunzio uno dei più autorevoli giornali della penisola soggiungeva : « Col ritiro del prof. Cortese dal servizio at- tivo lo Stato perde un officiale dotto e operoso, ma resta- no le nobili tradizioni da lui lasciate e i lodevolissimi esem- pii di patriotica abnegazione e di culto verso la scienza, come resterà verso il generale Cortese il sentimento di ri- conoscenza dell'esercito, del paese e del Governo » {^'^'). Spirava in Roma fra gli amplessi e le lacrime della fa- miglia e degli amici e fra il compianto universale, nella re- ligione de' suoi padri, nel giorno 24 ottobre 1883. Sulla tua tomba, o Francesco Cortese, noi ripetiamo il commovente omaggio che ti fu reso dal chiar. segretario dell'Istituto veneto: «All'illustre scienziato, al patriota emi- _- 44 — » nenie, al modesto filantropo, all'intemerato cittadino l'Ita- » lia tutta renderà queir omaggio di venerazione e di de- » voto ricordo che altamente gli appartiene » (^'). Noi scolpiremo anche nei nostri cuori le epigrafi, che sulla casa tua nativa in Treviso C^*), e sulla tua tomba in Firenze (^^), scriveva il genio riconoscente della tua diletta Italia. Te fortunato, o Francesco Cortese, che i vent' anni d'e- silio ti furono compensati negli ultimi diciassett'anni di vita dalla luce dello stendardo della libertà italiana, sventolante sopra le tue dilettissime terre venete ! Te fortunato, che anche in vita ottenesti monumenti alle tue virtù, quaU ai benemeriti cittadini sono serbati sola- mente dopo morte. Come ad un Morosini nella Venezia ('^) e come ad un Cantù nella Lombardia furono erette lapidi commemorative durante la vita dai proprii concittadini — al primo, grande nelle armi ; al secondo, grande nelle let- tere — cosi a te, o Francesco Cortese, illustre nelle scienze e nelle armi, fu intitolata già da parecchi anni la prima sala dell' Ospitale militare di Bologna, e fu aggiunto nel Ga- binetto anatomico di Padova il tuo ritratto a quello dei tuoi grandi predecessori. Te finalmente fortunato, o Francesco Cortese, che l'in- vidia non ti morse giammai, nemmeno vivente. Imperocché il bene e la virtù talvolta sono collocati in una sfera così alta e pura, che solamente la luce serena e la gloria vi arrivano. 45 ANNOTAZIONI (4) Francesco Cortese. Biografìa del maggiore-medico E. Ric- ciardi. Roma, 1884, pag. 4. — Frequentissimo anche oggidì è il cognome Cortese nelle famiglie bergamasche. (2) Dell'onorifico suo corso universitario, e del suo acume scien- tifico è prova anche la pregevole sua dissertazione inaugurale: De antagonismo et de metaschematismo per postiilationem artifi- cialem excitato. Patavii, 1823. (3) Dei rapporti e dei confini dell'anatomia. Prolusione del prof. Cortese. Padova, tip. Cartellier, 1838. (4) Osservazioni anatomo-fisiologiche sul cuore della testug- gine, ecc. Venezia, 1846. (5) Ricciardi, loc. cit., pag. 6. (6) Degli organi costituenti V apparato delle sensazioni. Par- ti 3. Padova, 1842-43. (7) Considerazioni anatomo-patologiche sulle glandule san- guigne.— Memorie dell'Istituto veneto, 1870. (8) Sulle glandule linfatiche e sugli organi adenoidi. Roma, 1881. (9) Considerazioni anatomiche e fisiologiche sulle glandule sanguigne e sui tessuti erettili. — Atti dell'Istituto veneto, voi. XV, pag. 33-53. (10) Su V intima struttura delle tonache proprie dei vasi sanguigni. — Accademia di scienze ecc. di Padova, 1846. (11) Delle recenti scoperte sulV organo dell'udito. — Annali universali di medicina, 1854. (12) Sul funicolo omhellicale del feto umano. — Memorie del- l'Istituto veneto, 1848. (13) Della influenza della scuola anatomica padova^ia sui progressi dell' anatomia in Europa. Padova, 1845. — /i6 — (14) Prolusione al corso di anatomia topografica nell'Ospi- tale militare di Torino. — Giornale di medicina militare. Tori- no, 1864. (15) Osservazioni intorno alla lettera del dott. Cervetto, re- lativa ad un' orazione del prof. Cortese sul Teatro anatomico di Padova. Verona, 1845. (16) Osservazioni anatomiche sovra alcuni casi di anomalie di sviluppo. Venezia, 1842. (17) Sovra un caso di ectopia congenita del cuore in un bam- hino vivente. Torino, 1850. (18) Di una singolare deformità del cuore riscontrata in un vitello bicipite. — Annali univ. di medicina. Milano, 1852. (19) Illustrazioni all' anatomia del sistema nervoso dei pe- sci. — Alti dell' Istituto veneto, tora. V, ser. I. (20) Sovra un' anomalia riscontrata nei nervi ottici di un pesce. Cenni anatomici e considei'azioni fisiologiche (con tre tav.). — Memorie dell' Istituto veneto, voi. XIV, par. I, pag. 55-72. (21) Sulla prima invasiotie del cholera in Venezia. — Annali univ. di medicina. xMilano, 1836. (22) Frammento patologico sulla natura del cholera. Tori- no, 1865. (23) Sul cholera di Alessandria nel Ì849-50. — Giornale della R. Accademia med. chir. di Torino, 1850. (24) Sul fungo maligno. — Dizionario di medicina interna ed esterna. Venezia, 1834. (25) Sulla genesi e sulla struttura del fungo maligno. — Gior- nale della medicina contemporanea. Venezia, 1840. (26) Storia di una ferita del cervello prodotta da arma da fuoco. Torino, 1850. (27) Di una ferita da palla al cervello con permanenza del proiettile per anni 19 e mezzo. — Atti dell'Istituto veneto, 1870. (28) Degli effetti di una palla da fucile a retrocarica sovra un cranio dolicocefalo allungato. — Alti dell'Istituto ven., voi. XV, ser. III. (29) Sopra un' opera del Larrey (trapanation du creine). — Atti deiriatitute veneto, voi. XV, ser. III. — 47 — (30) Storia di un aneurisma popliteo operato colla legatura femorale superficiale. — Giornale di medicina militare. (31) Sopra un facile apparecchio per le fratture della gam- ba. — Annali univ. di medicina. Milano, 1855. (32) Sulle legature elastiche del dott. Silvestri. Rapporto al- l' Istituto veneto. — Atti, voi. Ili, ser. V, 1877. (33) Considerazioni pratiche sulle ferite d' arme da fuoco osservate nelV ultima guerra. Torino, 1859. (34) Delle armi da fuoco attuali e degli effetti dei loro pro- iettili sul corpo vivente. Venezia, 1872. (35) Delle ferite che riportano i cannonieri se parte il col- po nell'atto del caricare. — Annali univ. di med. Milano, 1860. (36) Sui progressi della chirurgia conservativa nelle ferite articolari per arma da fuoco. — Annali univ. di medicina. Mila- no, 1869. (37) Storia di una ferita del cervello ecc., come sopra, pag. 21. (38) Prolusione ecc., pag. 25. (39) Ibidem, pag. 16. (40) Di alcuni cranii di scienziati distinti, che si conserva- no nel Museo anatotnico delV Università di Padova ecc. — Me- morie dell'Istituto veneto, voi. XXI, par. Ili, 1882. (41) Prolusione ecc., pag. 21. (42) Ibidem, pag. 29. (43) Ibidem, pag. 26. (44) Sulla intima struttura delle tonache dei vasi sanguigni (come sopra). (45) Prolusione ecc., pag. 14. (46) Biografia ecc., pag. 20. (47) Lampertico. Della scienza nel Veneto dal i8i5 al i866. (48) Guida teorico-pratica del medico militare in campa- gna, 1862-63. (49) Malattie e imperfezioni che incagliano la coscrizione militare nel regno d'Italia: mezzi e provvedimenti atti a pre- venirle. Milano — Opera premiata dall' Istituto lombardo ; 1866. (50) Delle imperfezioni superstiti alle ferite ed alle malat- tie contratte in campagna. — Torino, 1869. — 48 — (51) Sulle armi da fuoco attuali e sugli effetti dei loro projet- tiii nell'organismo vivente. — Atti dell'Istituto ven., t. II, ser. IV. Storia d'una ferita d'arma da fuoco al cervello. — Giornale deirAccadeniia medica chirurgica di Torino, 1851. Considerazioni sulle ferite d'arme da fuoco osservate nel- V ultima guerra. Torino, 1859. (52) Belle ferite che riportano i cannonieri ecc. — Giornale di medicina militare. Torino, 1860. (53) Sui progressi della chirurgia conservativa nelle ferite articolari jjer armi da fuoco (con Appendice). — Memorie dell'I- stituto veneto, voi. XIV, 18(39. (54) Relazione della campagna combattuta dalle armi ita- liane nel i866, risguardante lo stalo sanitario del regno. — Atti dell' Istituto veneto, voi. Xll, ser. Ili, pag. 581-655. Ulteriori ragguagli sulle perdite dell' esercito italiano nella campagna del i866. — Annali univ. di medicina. (55) Sui progressi che le ultime guerre hanno promosso nelle istituzioni civili ed umanitarie. — Atti dell'Istituto ven., t. I, ser. TV. (56) Sui Comitati di soccorso ai feriti e malati in guerra. — Atti dell' Istituto veneto, 1868. (57) Reminiscenze di un viaggio in Germania per missione ufficiale.— Atti dell'Istituto veneto, 1871-72. (58) Accademie, Istituti che l'avevano a socio: R. Istituto veneto — Ateneo di Treviso — Ateneo di Venezia — Società medica di Vienna — Accademia di Padova — Accade- mia medica di Torino — Accademia medica di Roma (onorario) — R. Accademia di medicina del Belgio (onorario) — Società di me- dicina di Parigi (onorario) — Società fisico-medica fiorentina (ono- rario) — Accademia delle scienze dell' Istituto di Bologna — Isti- tuto loìiibardu — Società imperiale di medicina in Costantinopoli. Onorificenze: Cav. della Legion d'onore — Ufficiale dell'Ordine militare di Savoja — Grande Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia — Gran- de Ufficiale de' SS. Maurizio e Lazzaro. (59) Articoli Sangue, Trichina — nella Enciclopedia popolare del Pomba. — 49 — (00) Nel Dizionario delle scienze medicìie di Corradi e Man- tegazza (Brigola, Milano), gli articoli seguenti : Amminisirazione sanitaria militare — Addome (ferite) — Arterie (id.) — Anastomosi — Anatomia comparata — Anato- mia generale — Articolazioni (ferite delle) — Chirurgia gene- rale — Chirurgia militare — Casserio Giulio (biografai) — Ca- vallini Giuseppe (id.) — Cicatrici — Collo (ferite del) — Colom- bo Realdo (biografia) — Commozione — Contusione — Contrac- colpo — Cortese G. Battista (biografia) — Maggi Bartolomeo lici.j — Magati Cesare (id.) — Malacarne Vincenzo (id.) — Mal- pi g]ii Marcello (id.). (Ul) Osservazioni microscopiche sulle ramificazioni periferi- che dei vasi sanguigni, e sulV intima struttura dei nervi, di Giu- seppe Berres ; traduzione dal tedesco di Francesco Cortese, con tavo'e. Venezia, 1838. Sommario di fisiologia umana speciale di G. Budge, sulla 4.' edizione di Bonn, iS54; traduzione, con tavole, di Francesco Cortese. Milano, 1854. Schòdler, Il libro della Natura, volumi 2 ; traduzione sulla 13.* edizione tedesca del comm. Francesco Cortese. Torino, 1805, con molte tavole inserite nel testo. (02) Elogio funebre del prof. B. Signoroni. Venezia, 1845. Commemorazione del m. e. MicJielangelo Asson. — Alti dell'I- stituto veneto, voi. IV, ser. V. Elogio funebre del prof. Gaspare Federico. Venezia, 1883. Belazione sopra un libro di Corradi. (03) L' Osservatore Veneto, 1884, pag. 102. (Gì) Morte, clie se' tu mai ? . . . Fra la polve di Marte e lo vicende Ti sfida il Forte che ne' rischi indura, E il Saggio senza impallidir ti attende. (65) L' Osservatore Veneto, 1884, pag. 99. (66) Circolare 25 ottobre 1883, del Segretario del Pulstilulo ven. (67) Ibidem. (68) A Treviso, sua patria nativa, tu inaugurata recentemente a F. Cortese una lapiiL; colla seguente isciizione del prof. Tom- maso Vallauri : Tomo 111, Serie VI. 7 — 50 — In questa casa nacque addì XII di febbraio del MDCCCll FRANCESCO CORTESE illustrò colla parola e cogli sciilti la cattedra medico-mililare nella guerra dell' indipendenza ben meritò della patria e levatosi a grande onore ottenne il supremo grado di generale medico nell'esercito italiano morì col compianto universale in Roma il XXIV di ottobre del MDCGCLXXXIIL A perpetuare la memoria dell'egregio cittadino il Municipio pose questa pietra. (69) Qui giace ' FRANCESCO CORTESE generale medico dell'esercito italiano Professore d'anatomia umana in Padova dal 1838 al 1848 cooperò nei governi insurrezionali sdegnò piegarsi al vincitore straniero esule s' ascrisse semplice medico nell' esercito cbe era speranza d'Italia seguendolo in tutte le guerre giunse per gradi alla direzione suprema dei sanitari militari italiani dettò opere illustri di medicina e chirurgia militare alla patriotica abnegazione al culto indefesso della scienza ebbe pari gli affetti di marito e di padre. N. a Treviso m. a Roma il 24 ollobre 1883 qui volle esser sepolto accanto alla consorte. — 51 — (70) Un tale onoro, voramcnlc i^ins'o e iiicritulo, fu concesso all' immurtalc Francesco Morosiiii, ancora vivente: Hanc cffigicm — Senatus — Fr. Morosini adhuc viventi — posuit. Di parecchie preziose informazioni, che riguardano la vita inti- ma scientifica e domestica del Cortese, cioè della prima parte della sua vita, io vado debitore (dal 1843 al i2 giugno 1848, e ne ren- do dal cuore grazie vivissime) all'ottimo sig. doti. Gruber, il quale gli fu discepolo, e quasi figlio e dissettore in aiuto all' assistente Olivieri — avendo egli avuto il bene di tuttogiorno avvicinarlo e d'imprimersi nella mente e nel cuore (com'egli nsi scriveva) quasi incancellabili e gloriose memorie della variata ed esemplare sua vita. Grazie vivissime porgo anche al distintissimo giovane sig. Gor- noldi, laureando in medicina, amico intimo del figlio di Cortese, che mi foini dettagli delicati sulla vita e carriera del medesimo. Le notizie raccolte dalf Osservatore Veneto appartengono al sig. cav. Beltrame, il quale fu compagno del Cortese nei fatti che ne racconta. INTORNO AD UNA LETTERA D I C. F. GAUSS AD E. G. M. OLBERS PUBBLICATA DA D. B. BONCOMPAGNI. ConBfBUicaxionc DKL M. E. ANTONIO FA VARO Adempio un gradito incarico, presentando da parte del- l'eccellentissimo principe D. Baldassarre Boncompagni tre pubblicazioni da lui curate e relative ad una lettera scritta dal celebre Carlo Federico Gauss al dottore Enrico Gu- glielmo Mattia Olbers sotto il dì 3 settembre 1805. Nò tor- nerà discaro che, attesa la importanza del documento e delle illustrazioni colle quali l'illustre nostro Collega volle accompagnarlo, io non mi tenga ad una semplice presen- tazione, ma vi aggiunga una breve comunicazione allo scopo di richiamare maggiormente l'attenzione degli stu- diosi sopra ciò che di più importante contengono le anzi- dette pubblicazioni (^). (1) 1.) Lettera di Carlo Federico Gauss al D/ Enrico Gu- glielmo Mattia Olbers in data di « Braimschweig den 3 Septem- her i805 ». Traduzione dal tedesco del D."" Alfonso Sparagna, seguita dal tosto tedesco di questa lettera pubblicato secondo l'au- to-rafo posseduto dalla Società Reale delle scienze di Gòttingen. Estratto dal Bullettino di biblioyrnlia e di storia delle scienze — 54 — L'autogrnfo della lettera in questione è posseduto dalla Società reale delle scienze di Gòttingen, ma il modo nel quale esso le pervenne, insieme con altri manoscritti dello stesso scenziato, sembra avvolto in qualche mistero, poiché alle insistenti domande dirette a sapere il nome del penul- timo possessore di cosi preziosi documenti, non venne ri- sposto se non coll'affermare che erano stati donati, aggiun- gendosi che la Società aveva particolari l'agioni di discre- zione per non pubblicare il nome od i nomi dei donatori. Ciò premesso, e venendo senz'altro al documento, no- teremo ch'esso non può dirsi completamente inedito, giac- ché alcuni brani ne erano già stati pubblicati in anteceden- za dal prof. Ernesto Schering nella occasione in cui la So- cietà reale delle scienze festeggiava il primo centenario dal- la nascita di Carlo Federico Gauss, il quale ricorreva addì 30 aprile 1877 ('). Questa circostanza però, anziché sce- matematiche e fisiche. Tomo XVI, aprile 1883. Ptoma, tip. delle scienze matematiche e fìsiche, 1883. 2.) Uri fac-simile di questo documento venne riprodotto in fo- tolitografia nell'opuscolo intitolato: Lettre de Charles - Frédéric Gauss au jD.*" Henri- Guillaume -Mathias Olhers en date de « Braiinschweig den 3 Septembre 1805» public par B. Bongompa- GNi d' après 1' originai possedè par la Società Royale des scienccs do Gòttingen. Berlin, Institut de photolitographie des frères Bur- chard, imprim. de Gustave Schade (Gito Francke). MDCCCLXXXllI. 3.) Intorno ad una lettera di Carlo Federico Gauss al DJ" Enrico Guglielmo Mattia Olhers. Memoria di B. Bongompauni, ecc. Estratto dagli Atti dell' Accademia Pontificia de' Nuovi Lincei. Tomo XXXVI, anno XXXVI, Sessione VII del 20 maggio 1883. Ro- ma, tip. delle scienze matematiche e fisiche, 1884. (1) 1.) Cari Friedrich Gauss' Gehurtslag nach hundertjàhri- ger Wiederkehr. Festrede von Ernst Sciiep.ing vorgetragen in der offentlichen Sitziing der kòniglichen Gesellschatt dor Wissenschaf- ten zu Gòttingen arn 30 Aprii 1877. Gòtlingcn in der Dieterich- sen Verlags-Bnchhandhuig, 1877. — Questo lavoro occupa le pagi- ne 127-166 del volume intitolato: Abhcndhtngtn der hcnigìichen — 55 — mare la importanza della pubblicazione procurata dal prin- cipe Boncompagni, contribuisce ad aumentarla per ciò che, come questo pose in piena evidenza nella accuratissima sua illustrazione, non solo alcuni brani della lettera medesima erano rimasti inoditi, ma ancora quelli pubblicati lo erano stali con gravi inesattezze e non senza qualche arbitraria interpolazione ('). Ma vonemlo senz'altro alT analisi della lettera, singo- larmente rimarchevole ci si presenta anzitutto quel brano nel quale si accenna ad « einigc Criefe von Lehkinc in Pa- ris, der meine Disquis. Àritlim. mit walirer Leidenschaft studirt, sich ganz mit ihnen veriraut gemacht nnd niir man- clie recht artige Communicationen dariiber gemacht hat ». Come poco tempo appresso giunse a sapere il Gauss istesso, Gesellschaft der Wissenschaflcn zu Gùttingcn. Zweiundzwanzig- ster Band vom Jahre 1877. Gòllingen, in der Dietericlisen Verlags- Buchhandlung, 1877. — Esso venne tradotto in italiano por cura delia moglie dell' autore, riveduto dal prof. Eugenio Beltrami ed inserito negli Annali di matematica pura ed applicata. Serie II, tomo IX (dal marzo 1878 all'agosto 1879). Milano, tipografia Ber- nardoni di C. Rebeschini e C, pag. 210-239. — I brani del docu- mento quivi riprodotii trovansi a pag. 13-15 dell'originale tedesco, e pag. 217-218 della traduzione italiana. 2.) Kònigliche Gesellscbaft der Wissenschafieu. OefTenlliche Sitzung am 30 Aprii. Zur Feier der hundertsten Wiederlichr von Gauss' Geburtstage ; articolo firmato « Ernst Schering » e che oc- cupa le pag. 229-237 del volume intitolato: Nachriehten von der h. Gesellscìiaft der Wissenschaften und der Georg-Augusts-Uni- versitàt aus dem Jahre 1877. Gòltingen. In Comraission in der Dietericli' schen Buchhandlung, 1877. — I brani del documento qui- vi riprodotti trovansi a pag. 233-235 di questo volume. (1) Intorno ad una lettera di Carlo Federico Gauss ed Df Enrico Guglielmo Mattia Olbers. Memoria di B. Boncompagni, ec. Estratto dagli Atti dell' Accademia Pontificia de' Nuovi Lincei. Tomo XXXVI, anno XXXVI, sessione VII del 20 maggio 1883. Ro- ma, tip. delle scienze niatematiclie e tisiche, 1884, pag. 1318, - 56 — mediante una diretta eoiminicazione, sotto il pseudonimo del «Leijiaiicw, col quale egli era entrato in corrispondenza, si nascondeva Madamigella Solia Germain, la quale (per ripe- tere le stesse sue parole) aveva ricorso a questo espediente, « paventando il ridicolo che s'accompagna al titolo di [em- me savanle » ('). Questa circostanza non tacque lo Schering nella parziale riproduzione da lui fatta del documento in questione, ma soltanto più tardi fu noto che quest'ultima lettera della Germain faceva parte di una più estesa corri- spondenza da essa tenuta col Gauss, la quale giunse fino a noi, e in parte già venne, e in parte verrà con la solita splen- didezza pubblicata dal principe Boncompagni ('^) ; né tace- remo che egli colle medesime cure aveva già data alla luce una lettera inedita del Gauss alla Germain ('). Ora ap- punto, delle cinque lettere, già nel dominio del pubblico per (1) Nella solennità del centenario dalla nascila di Carlo Fe- derico Gauss. Discorso di Ernesto Schering pronunziato nella pub- blica adunanza della Reale Società delle scienze di Gottinga il 30 aprile 1877 [Estratto dagli Annali di matematica pura ed appli- cata. Serie II, tomo IX'. Milano, 1879, pag. 23. (2) Cinq leltres de Sophie Germain à Charles-Frédéric Gauss publiées par B. Boncomp.^gni d' apròs les originaux possédés par la Société li. des sciences de Gottingen. Berlin. Institut de Photolito- graphie des frères Rurchard. Brandeburgerstrasse, 44. MDCCCLXXX. — Oltre a queste, altre cinque ne sono possedute dalla Società R. di Gottinga, ed anche di queste altre il principe Boncompagni ha annunziata la prossima pubblicazione, aggiungendo che, unitamente a queste lettere, darà alla luce cinque note matematiche di Sofia Germain, annesse alle prime cinque lettere suindicate, e delle quali un esemplare autografo è pur posseduto dalla medesima Società Reale delle scienze di Gottinga [Bullettino di bibliografia e di storia delle scienze matematiche e fisiche, pubblicato da B. Bon- compagni. Tomo XV. Roma, ecc., 1882, pag. 174, nota (2)). (3) Lettera inedita di Carlo Federico Gauss a Sofia Germain, pubblicala da B. Boncompagni. Firenze, calcogiafia e autografia di Achille Paris. MDGGGLXXIX. — 57 - mezzo della anzidetta pubblicazione, due sono precisa- mente anteriori a quelle del Gauss all' Olbers, portano la firma « Le Blanc », e sono indubbiamente quelle alle quali accenna il Gauss, scrivendo delle nn)Uo belle comunicazioni che erangli state fatte a proposito delle sue Disquisiliones ArUlimeticae da persona che se le era rese al tutto famigliari. Questa circostanza offre al principe Roncompagni la occa- sione di addentrarsi nell'esame delle comunicazioni fatte dalla Germain al Gauss, comunicazioni contenute, oltre che nelle due lettere suindicate, in due note matematiche dalle quali erano accompagnale, ed avverte espressamente che in una di queste due note trovasi la dimostrazione dei due seguenti teoremi : « Il numero 2 è residuo dei numeri primi della forma 8/i'+l e non residuo dei numeri primi della forma H/i'-t-b». « Il numero 2 è non residuo pei numeri primi della for- ma Sii -\- 3 e residuo dei numeri primi della forma 8//+7». Egli riporta in appresso, precisamente come nell'esem- plare autografo contenuto nel codice Fonds fmngais, nu- mero 0118 della biblioteca nazionale di Parigi, un impor- tante passo d' una lettera del Gauss alla Germain dei 10 giugno 1805, nel quale è assai encomiata questa dimo- strazione, notando in pari tempo alcune inesattezze, colle quali questo passo era slato pubblicato dal signor Stupuy nella edizione intitolata: Oeuvres philosophiques de Sophie Germain. Uno studio analitico di molta importanza è poi istituito intorno a quel passo della lettera in questione, nel quale il Gauss accenna ad una induzione notata nell'art. 35G delle Disquisiliones (') circa il segno da attribuirsi a ciascuna (i) Disquisiliones arithmeticae auctore D. Carolo Friderico Gauss. Lipsiac, in coniinissis apud Gerii. Fleischer. Juu. 1801 , pag. 03(3-637. Tomo ni, Serie VI. 8 — 58 — somma di radici, quando le radici di una equazione bino- mio si distribuiscono in due periodi; la regola che in quella occasione aveva data era giusta, ma egli non aveva saputo dimostrarla. In questo luogo infatti egli aveva avvertito che se 11 sia un numero primo dispari, k un intiero non divi- sibile per «, P la circonferenza d' un cerchio di raggio i, cioè 22r, S[iH] la somma dei residui quadratici di w, e 2[9?] la somma di tutti i non residui quadratici positivi di w, si ha nel caso di n~\ (mod. 4) (cioè di A pari) : 2 2 COS. > COS. — dr^,, (j) sen. — >■ sen. = 0 : 11 ) 75 — La conservazione delle farine. Me- moria • . » 121 — Sopra alcuni esperimenti per la conservazione delle larve degl' insetti, Comunicazione » 189 ' — Episodìi intorno la storia di Adria e del Polesine di Rovigo nella guerra dai Veneziani sostenuta in Ferrara nel 1308-1309 ecc » 193 , — Sulla cura chirurgica dell' empie- ma. Note » 221 — La rappresentazione dello spazio rigato sopra un piano connesso ecc. Memoria » 247 , — Bollellino meteorologico dell'Osser- vatorio del Seminario Patriarcale di Ve- nezia (sellimbre 1884) .... » XIII-XVl Segue 4nno 1SSI-S5 DISPENSA li ADU^'l^'ZE OIIDI^IRIE DEL MESE DI DICEMBRE 1884 ADUiNAi^ZA DEL GIORrSO 2» PRESIDENZA DEL SENATORE FEDELE LAMPERTIGO PRESIDENTE. Sono presenti i nieiiibri effettivi : AIiisich, Tiiuis, Tdrazza, De Zigno, Pazienti, Pirona, Veludo, De Leva, Vlaco- vicH, MoiiptRGo, LoiiENzoNi, Canestrim, E. Bernardi, ìMons.'" J. Bernardi, Beltrame, Tolomei, Favaro, Glo- ria, Vigna e Bizio segretario , iionehù i socii corrispon- denli: Ombom, Berchet, Spiga, Bonatelli, Papadopoli e Martini. Vengono giustificati gli assenti membri effettivi Fre- schi, De Betta, Rossetti e Marinelli. Letto ed approvato 1' Atto verbale dell' adunanza del giorno l.° dicembre, il Presidente richiama con parole di dolore la nuova perdita (*), che dopo l'ultima tornata, col- {l) Ecco la lettera circolare del Segretario. Venezia, 2:2 dicembre 1884. Ai cliinri^isimi Mleiubri del Reaic Isfiìiufo. Questo Istituto, duramente colpito da recentissimi lutti, è posto oggi ad altra dolorosa prova per la morte del conte Oiovaiini Cil- tadella« Nominato, sino dall'anno 1844, membro cEfettivo di questo sodalizio, egli vi portò quella dote di eminenti qualità che lo resero a tutti caro e venerato. Né ultima l'affetto di patria, da lui sempre so- stenuto con alta indipendenza, anche quando ogni manifestazione n'era vietata ; tanto che, con decreto del Governo austriaco, nell'ottobre del 1854, egli veniva cancellato dal nostro ruolo, assieme all'altro lagri- mato collega, l'illustre Lodovico Pasini. Kd allorché ci fu concosso il riaverlo, Voi non mancaste, colleghi chiarissimi, di prodigargli ogni migliore attestazione di stima, sino alla dignità del seggio presidcii- Tutìto Jllj Serie VI. 10 — 72 — pi il nostro Istituto per la morte del conte Giotanni Citta- della, la cui commemorazione, in omaggio ai legami di stima e di amicizia, che lo univano all'egregio estinto, fu as- sunta dal membro effettivo Giuseppe De Leva. !.' Istituto dev'essergli tanto più riconoscente, inquantochè egli aveva ziale che, nell'anno 1870, voleste .ilui affidata; né mancò egli alla vo- stra fiducia, adoperandosi sempre con tutto l'impegno in vantaggio di questo Corpo scientifico, tanto nell'incarico delle molte commissioni, quanto nel commemorare colleghi defunti, e nell'arricchire le nostre pubblicazioni con importanti lavori, quale, per esempio, la Memoria intorno alla Bibbia considerata qual mezzo d' istruzione letteraria, \\ d'ìscofso sugli studi filosofici e letterari nelV insegyiamento secon- dario, ed altri di pregio non minore, ohe saranno posti in evidenza da chi, fra Voi, sarà chiamato a recargli il consueto tributo della comme- morazione. Fra essi tuttavia non posso lasciare in silenzio quello ulti- mamente dettato quand'ebbe a tessere l' elogio di Pietro Selvatico, dove la dottrina e l'affetto, contendendosi la palma, riuscirono in quel- r opera pregievolissima, nella quale l'arte è dal Cittadella trattata e discussa con tale vastità di cognizioni e con tanto amore da essersi per lui innalzato il più sontuoso monumento alla memoria del perduto amico. Che se, nel ricercare gli scritti suoi, io mi allontanassi poi dai vo- lumi delle nostre pubblicazioni, non ce ne mancherebbe dovizia ; e, tra questi notissima, per la fama acquistata, la sua Storia della domina- zione Carrarese in Padova, non che l'Italia di Dante, il Petrarca a Padova e ad Arquà, e via dicendo. Ma precipuamente da non ta- cersi l'opera in due volumi, data in luce nel 1878 col titolo V Italia nelle sue discordie, colla quale, riferendosi a tutto il passato della patria nostra, mira in guisa principale alle ragioni della presente sna esistenza politica. E non a caso affermai che tale opera dovesse preci- puamente ricordarsi ; giacché quest'uomo, in cui il sentimento del Cri- stiano era profondo quanto 1' amore di patria, dimostrò, in onta alle presenti contradizioni, che l'uno non offende l'altro, e che una slessa fede può accoglierli ambedue in un cuore intemerato qual era il suo. Religione e patria, fonti prime di ogni eletta virtù, ne lo arricchiro- no cosi, che la modestia più semplice gareggiava in lui colla nobiltà del casato, la dolcezza della parola colla sincerità dell' affetto, la ele- vatezza dell'animo colla generosità della beneficenza. Non le sole let- tere né i soli amici e colleghi deploreranno oggi la patita sventura, ma la corona del dolore sarà deposta su quella tomba da tutta la Na- zione, che ha perduto in lui uno dei più integri suoi figli. Il compianto Cittadella, nel ricordare la sua assistenza al morente Selvatico, si compiaceva di aver veduto l'amico staccarsi dalla vita come addicevasi all' artista, il quale sempre innamorato della scuola pittorica cristiana, n' ebbe in ricambio V avviamento e la scorta a quella luce, che non conosce tramonto. Raccogliamoci, colleghi chia- rissimi, dinnanzi all' altezza di <)uesto pensiero che a lui fu sempre guida e conforto, ed auguriamoci che da si nobile esistenza, discenda largo e fecondo quell'esempio, ch'egli ci ha luminosamente legato. iilZiO. - 73 — gif'i nccctlato l' incarico di Icssore l'elogio del |irof. Ftdin, pel quale si mantiene ugualmente impegnato. Ai funerali del conipianto CUladella T Istituto fu rap- presentato, per incarico della sua presidenza, dai membri effettivi Turazza, Cavalli e De Zigno. Egli comunica poscia nuove lettere di condoglianza , inviate da S. E. il Ministro della pubblica istruzione e dal socio estero Ferdinando Gregorovius, per la morte del la- grimato prof. Fulin ; e dichiara che, unite alle prime, si pubblicaiono nella dispensa I." degli Atti, in cui è inserito l'Atto verbale dell'adunanza del di 30 novembre decorso. Indi Io stesso Presidente^annunzia l'invio, fatto dal so- cio prof. Torquato Taramelli, di due copie della « Carla geologica Bellunese )^ ^ per la stampa della quale l'Istituto aveva assegnato all' autore un sussidio d italiane lire quat- trocento; ed il Vicesegretario legge poi l'elenco dei libri, ultimamente pervenuti in dono alla biblioteca dell' Istituto. Dopo tali comunicazioni, il Vicepresidente A. Minich legge un suo scritto « sulla cura chirurgica dell' empiema ». Il membro effettivo G. P. Vlacovich fa una orale espo- sizione u intorno ad alcuni sussidi craniometrici », accom- pagnandola collo schiarimento di due disegni. Tale lavoro si pubblicherà nei volumi delle Memorie. Il meml)ro effettivo G. Canestrini presenta la continua- zione del suo « Prospetto dcll'acaro-fauna italiana)). Il membro effettivo E. Bernardi legge una sua Memoria n sulla pretesa stratificazione dei miscugli aeriformi nei motori a gas ». Il membro effettivo D. Turazza presenta la seconda parte della Memoria del prof. Giulio Lazzeri di Spezia « sul- la rappresentazione dello spazio rigato sopra un piano con- vesso n ec. 11 membro effettivo E. Morpurgo legge, a nome del m. — 74 — e. Senalore F. Cavalli, uno scrilto di qucst'iiltiino, clic lin per titolo : « Di uno scrìltore politico del secolo XV n. II socio corrispondente F. Bonatelli comunica alcuni brani di una sua estesa Memoria, intitolata : « Discussioni gnoseologiche e note critiche ». Dopo ciò, il Presidente riserva alla seconda adunanza le altre letture, indicate nell'ordine del giorno^; e raccoglie r Istituto in adunanza segreta per la trattazione de' propri affari interni. Nella seconda adunanza, ch'ebbe luogo nel successivo giorno 29, sotto la presidenza del comm. Angelo Minicti vicepresidente, dopo la lettura dell'Atto verbale della tor- nata di jeri, il vicesegretario E. F. Trois fa una « Comu- nicazione sopra alcuni suoi esperimenti per la conserva- zione delle larve degl' inselli », delle quali sottopone all'e- same dell'Istituto alcuni esemplari perfettamente conservati. Poscia il membro effettivo A. Pazienti presenta, per la stampa nel volume delle Memorie, il seguito delle sue « Con- siderazioni intorno alla termodinamica », le quali sono ri- volte a meglio chiarire il concetto di alcune deduzioni ana- litiche, in ordine specialmente alla velocità di propagazione del suono nei fluidi elastici. Indi il Segretario coaiunica una Nota del socio A. Ta- massia « intorno ai cristalli inorganici nella putrefazione », la quale Nota è illustrata dal disegno dei medesimi. Infine lo stesso Segretario presenta uno scritto del si- gnor J. Bizzozero, corredato da due tavole ed avente il ti- tolo: « Fungi veneti novi vel critici^ pugillus prinius »; non che alcune Osservazioni del sig. Discaro « intorno alla de- terminazione volumetrica del cloro col processo 'del Mohr»^ esponendo oralmente il contenuto di tali osservazioni. Dopo ciò, l'Istituto prosegue, in adunanza segreta, la trattazione de' suoi affari interni. liWOllI LFJTI PER M Pl]BRLIC\Z!ONF, i\ROLl ITTI VOLGARE ILLUSTRE NEL iiOO E PROVERBI VOLGARI DEL 1200. MEMORIA DEL M. E. ANDREA GLORIA L'articolo I .° della legge, che governa questo Istituto, pre- scrive che, riguardo alle lettere, si cerchi applicare principal- mente /' allenzione alla lingua. Fu per obbedire a quell'ar- ticolo e soddisfare in qualche guisa anche da parte niia a quel compito, eh' io scrissi e lessi a voi, signori, quattro anni or sono, il mio lavoro al titolo: Del volgare illuslre dal se- colo VII fino a Dante. In quel lavoro ho propugnato principalmente le cinque tesi che seguono : I. Il dialetto romano probabilmente distioguevasi al tem- po di Augusto dalla Ungua letterata solo per la diversità di alcuni vocaboli tolti tra altri dialetti italici e non accettati da quella, e per la diversità di fonetica, ossia di forma les- sigrafica e di suono fonico, di altre voci comuni all' uno e all'altra. Quel dialetto, appreso per lo dominio romano di secoli dai popoli vinti, quasi soffocò i loro linguaggi, di cui per ciò rimasero molto scarsi vestigi. E ne fa prova l' odierna lingua italiana che attinse nove decimi delle sue voci dalla lingua latina, e 1' altro decimo dai dialetti itahci predetti, — 76 — dalla lingua greca, o per centoquaranta voci circa dai ger- manici idiomi. II. Il dialetto romano appreso dai popoli soggetti, non avendo avuto, come non ha ogni altro dialetto, il freno che ha la lingua letterata, e modificandosi per tanto col tempo inclinò ad assumere sempre più la forma volgare. E quando lo studio della letteratura scemò in Italia per le barbariche irruzioni quasi fino ad estinguersi, non solo grande numero di voci dello stesso dialetto, s' intruse nelle scritture, e ciò nella Francia più presto e più largamente che nell' Italia, ma esso dialetto viemaggiormente si sbrigliò e tanto, che già nel secolo VII ebbe forma più volgare che latina, però con quel- le varietà di fonetica tra un luogo e T altro, che derivarono necessariamente da condizioni e pronuncie diverse, onde sursero le lingue neolatine o romanze d' Italia, di Francia, di Spagna ce. III. I dialetti d' Italia ebbero nel secolo X la forma quasi affatto volgare, per cui allora generalmente non era intesa più dal volgo la lingua latina. IV. Essendo stato sempre e ovunque tra gli uomini colti il bisogno di scrivere e parlare un linguaggio terso, più co- pioso di vocaboli del dialetto, e intelligibile anche dal vol- go, fu ovunque in Italia nel medio evo il volgare illustre tra i dialetti volgari. V. Gli uomini colti che trassero ovunque in Italia quasi tutti i vocaboli di questo volgare illustre dalla stessa fonte, cioè dalla lingua latina, vestendoli a modo volgare, usarono di una foggia non guari disformo dalla latina, disformità che non evitarono gli uomini incolti nei loro dialetti. Per ciò il volgare illustre sorti ovunque in Italia un tipo all' incirca uniforme ; e per ciò, come nacque, così crebbe e si perfe- zionò neir Italia tutta, non soltanto nella Toscana o in Fi- renze, o in altra regione o città itaUana. Onde gli uomini colti furono quelli, che per tutta Italia, fino dai primi secoli — 77 — medievali ci tramandarono quasi uniforme, come il tipo della scrittura, così il tipo del loro linguaggio, ossia del volgare illustre. Di queste cinque tesi la prima e la quinta sono di vec- chia data, e più che la prima è oppugnata ancora da altri la quinta, che fu sostenuta innanzi a tutti dall'Alighieri (*), il quale parimente disse, che il volgare illustre è ben altro che il volgare del popolo toscano, perchè desso è d'Italia tutta. Le altre tesi seconda, terza, quarta, messe in campo da me, sono tesi nuove o quasi nuove. Questioni ardue che dibattonsi ancora, e questioni nuove e non meno ardue, che mi suggerì però il continuo studio dei documenti, doveano promuovere opposizioni anche forti, previsione avuta pure dal compianto mio amico prof. Ugo Canello, maestro di questi studi, che nondimeno a non tra- lasciare quella publicazione mi diede U coraggio, eh' io non avevo, volendo anzi egli, che ne diramassi, ciò che ho fatto, alcune copie ai giornali più accreditati, e a quei scienziati competenti, i nomi dei quali egli stesso mi dettò. Né a que- ste Umitaronsi le cure dell' egregio amico, il quale mi consi- gliò a raccoghere e pubUcare anche in seguito quante più prove io potessi della esistenza del volgare illustre tra i vari dialetti nei secoli anteriori a Dante, costringendomi quasi a farlo con queste parole eli' ei scrisse nella sua Storia della (1) Faccio noto al prof. Imbriani Vittorio [Il documento carra- rese ec. Pomigliano d'Arco, 1881, che si oppose al mio asserto con- tenuto in altro lavoro, essere Dante nome accorciato di Durante) queste parole di Domenico Bandino, professore di lettere in Bolo- gna nel 1374, parole recate al libro XXX della sua opera Fons mi- rabilium universi, ras. della Bib). Vaticana : Dantes est proprium et usitatuni nomen cujusdani poete, philosophi et tlieologi fiorenti' ni. Ubi nota, quod in foìtte sacri lavacri Durante fuit sibi nomen inipositum, sed blanditiarum alludio secundum florentinum ritum sincopato nomine Dantes vocatus est. — 78 — letteratura italiana dal 1494 alla morte del Tasso, edita poco appresso da lui: // Gloria ha avuto il merito non pic- colo di richiamare l' attenzione suW esistenza già antica al tempo di dante di uno o piii volgari illustri viventi accanto ai volgari del popolo (') ; con le quali parole ei si riferi alla primitiva fonetica dello stesso volgare illustre, che fu alquan- to diversa, come ho detto, dall'una all' altra parte d' Italia, diversità però, che sparì col tempo. Le accennate opposizioni, di cui reputo dovere oggi par- lare, non riguardano tutte le tesi sopra riportate. Devo cre- dere ammissibile la prima, poiché la sostennero altri pii^i va- lenti di me, e poiché non fu contestata a me da veruno con validi argomenti ; e devo credere anche ammissibili la secon- da e la terza, sebbene nuove, poiché convennero meco intor- no ad esse uomini riputatissimi per cognizioni linguistiche profonde. Novero tra questi il prof. Napoleone Caix,parimente defunto a grave danno degli studi su le origini della nostra lingua, il quale ebbe a scrivermi cosi : non ho bisogno di dirle, coni' io mi trovi interamente d accordo (nelle sue con- clusioni tutte), e come anzi mi sia rallegrato dal vedere così dottamente posta in chiaro coi documenti /' esistenza, pri- ma appena vagamente affermala, di un volgare illustre pili 0 meno determinato comune a tutta Italia già avanti il mille (^) E novero il dott. Gaspary di Berhno, il quale pure mi dichiarò (■) : Le sue ampie raccolte di voci e forme ita- liane tratte con tanta diligenza e perspicacia da documenti antichissimi sono certo di una grande utilità per gli studi e provano perfettamente che già fin dal secolo VII la lingua in Italia era il volgare. Altre parole lusinghiere mi signifi- (1) V. L' Italia sotto V aspetto fisico, storico, artistico ec. Fase. 338, 339, disp. 675, 676, p. 314. (2) Lettera 2 giugno 1880 indirizzatami dallo slesso Caix. (3) Sua lettera 21 maggio 1880 a me diretta. — 79 — careno i professori Carducci, Graf, Monaci e Raina nelle loro lellere a me inviale, e il prof. Ascoli, quando ci parlammo al Congresso storico in IMilano, e il prof. Bòhmcr di Stras- burgo in una sua lettei'a parimente a me spedita e in un suo articolo inserito nella tedesca Rivista degli shidi di lin- gue romanze. Ma lasciando da parte le incoraggianti parole di uomini cosi preclari, passo invece alle opinioni contrarie, escluse però quelle dei critici del giornalismo, dei quali è spiccata r ignoranza, quindi la incompetenza. E devengo per ciò a coloro, i quali per provata dottrina o per le cognizioni ri- spondenti all' argomento, che mostrano nelle loro obiezioni, meritano particolarmente la nostra attenzione. Tali obiezioni fattemi non riguardano se non la quarta e la quinta delle mie tesi antedette, e tali obiezioni sono quelle del dott. Gaspary su nomato e dei professori D' Ancona e Fumi. Il primo, dopo avere convenuto meco intorno alla se- conda e alla terza tesi, ciò che ho detto, francamente ag- giunge contro la quarta e la quinta : Mi spiace^ che non possa essere d'accordo con Id anche nelle altre sue conclu- sioni^ vale a dire, che fin dal principio e erano due volgari^ l'uno illustre e l' altro plebeo, e che il primo, non già il dialetto fiorentino, è divenuto la lingua letteraria italiana. Quelle forme, che ella nota nei documenti come indizi d' un linguaggio più colto e comune a tutte le regioni della peni- sola, mi paiono essere soltanto latinizzate più fortemente dai notai che le altre. Che esistessero non altrimenti che nelle scritture, non mi sembra provato. Segue il chiaro uomo escludendo, che un decimo dei vocaboli del volgare illustre sia stato scelto principalmente e gradatamente, ciò ch'io af- fermo, tra i dialetti tutti anzi che tra un dialetto solo dagli uomini colli, poiché questi vivevano, egli oppone, separati nello spazio e nel tempo. E chiude il dott. Gaspary non am- mettendo che il volgare illustre non possa essere il toscano, Tomo III, Serie VI. il — BO — poiché nei monumenti fiorentini, per esempio nel libro degli Ordinamenti della Compagnia di S. Maria del Carmine è pic- colissima, ei dice, la divergenza dal linguaggio letterario. Analogamente in parte e pur francamente il prof. D' Ancona in una sua lettera mi comunicò : Mentirei alle delirine che da lungo tempo professo, se le dicessi che consento nella sua principal tesi intorno al volgar comune ed alle sue ori- gini ; ciò non toglie che io apprezzi anche le altrui opi- nioni, specialmente quando sono espresse con tanta tempe- ranza e sì ampio corredo di dottrina. E francamente il pro- fessor Fumi anch' egli in una sua lettera mi fece sapere : Quanto all' origine della lin(jua letteraria e' è molto di vero e di fecondo nelle sue dichiarazioni ; ma nel concello fon- damentale non posso convenire con lei. Ogni lingua scritta 0 no ha comune o nazionale il fondo del lessico e la base della grammatica ; ma ogni letteratura si è svolta attorno ad un tipo dialettale fattosi nucleo e norma degli scrittori e della gente colta. Questo tipo per noi fu ed è il toscano. Alle prime obiezioni del dott. Gaspary rispondo quanto segue. Neil' elenco di voci usate nel 4 1 00 e tratte da pado- vani monumenti, e nei proverbi padovani del 1 200, elenco e proverbi che produrrò qui, abbiamo ad esempio le voci seguenti : Adice e Adese, albero e albaro, Albareto e Alba- redo^ antico e antigo, capo e cao, Carpendo e Carpanedo, calzato e calzado, che e cha (congiunzione), corte e coltile, coda e eoa, dolce e dolze, frio e frido, inanzo e ananzo, la- dro e laro, ode e laide, ogni e ogno, più e pi, rovere e rocre, signore e signure, vuol e vote, vede e ve e altre simili. Que- ste, che sono voci latine volgarizzate, hanno forse nella pri- ma foggia, ch'è, a mio credere, di volgare illustre, la origi- naria loro forma latina ? Perchè i colti notaj, che pur co- noscevano questa forma latina non scrissero in vece Alice, arboro, arboreto, antiquo, capu, Carpineto, calcealo, quo, curle^ cauda^ dulce, frigore, ante, latro, aude, omni, plUy — 81 — rnhìire, seniore, vide, ìride ecc. ? Facile la risposta : perchè non sarebbero stati così facilmente intesi dal volgo, che più non intendeva la lingua latina, e diceva in vece, come sopra, Adese, alharo, Albaredo, anligo, cao ecc. E poiché del pari emerge dai documenti delle altre parti d'Italia l'uso con- temporaneo di voci di fonte latina espresse con forma dia- lettale 0 con forma tersa e più attaccata alla Ialina, ma non latina, cosi ripeto, che gli uomini colti avvezzi a te- nere un linguaggio più forbito di quello del volgo, furono costretti, per essere intesi anclie da questo, omai che i dia- letti tutti aveano preso la forma volgare, ad abbracciare la stessa forma nel loro pulito linguaggio, non abbandonando però affatto quella latina ; vale a dire, furono costretti a te- nersi in bilico tra la latina e la dialettale, componendo una terza forma, cioè la forma del volgare illustre, non più af- fatto quella della lingua latina, ma neanco affatto quella del dialetto. E pertanto dovendosi ammettere, a mia opinione, la esistenza del Unguaggio degli uomini colti, cioè del vol- gare illustre accanto ai dialetti in tempi anteriori a Dante, m* immagino pure che debba essere avvenuto anche allora ciò che avviene oggidì, ossia che gli uomini colti, i quali oggi scrivono e parlano la lingua italiana, abbiano anche allora parlato il loro linguaggio più copioso e terso, di cui si hanno prove indul)bie nelle notarili scritture. Né io posso ammettere la impossibilità affermata dal dott, Gaspary, che un decimo delle voci di quel linguaggio sia stato scello dagli uomini colli tra i dialetti tutti, non tra un dialetto solo, im- possibilit'i derivante, ei dice, dal motivo ch'essi viveano se- parati nello spazio e nel tempo. Io non trovo impossibile quella scelta operata da loro gradatamente col tempo, indi accettata da tutti, com'essi resero possibile co! tempo, ben- ché distanti gU uni dagli altri, anche la uniformiti fonetica del loro linguaggio, cioè del volgare illustre. Riguardo alla quinta tesi che questo volgare sia origi- _ 82 — nato dair Italia tutta, non dalla Toscana o da Firenze, tesi non accolta dal doti. Gaspary, nò dai professori D" Ancona e Fumi, faccio la seguente aggiunta a quanto esposi nel ci- tato mio lavoro. Il dott. Gaspary, come si è veduto, per lo motivo che nei monumenti fiorentini, e particolarmente negli Ordina- menti sopra accennati, è piccolissima la divergenza dalla lingua letteraria, opina che questa abbia avuto in Firenze la culla, cioè opina che il volgare illustre sia stato il dialetto fiorentino. Ma prescindendo dal fatto che a ogni modo una divergenza e' è, domando se l'autore di quegU Ordinamenti sia stato o non sia stato un uomo colto. Se fu, potrei oppor- re che quegli Ordinamenti sono pure in questo caso monu- mento di volgare illustre comune, non di dialetto fiojentino. Inoltre faccio notare che parimente in alcuni dei padova- ni proverbi accennati, che tutti riporterò in seguito, ante- riori a Dante, è lieve la divergenza dal linguaggio letterario. Adduco i seguenti : Pensa d' altrui quel che de ti — Tanto tona che piove — Del can grintoso e no forzoso guai la pelle — Ben è orba chi non ve (vede) per crivelo — Meio è cum altrui partire che solo perdere — La tera cativa ben zermina e mal spiga — Chi non sa scorte gare guasta la pelle — Chi troppo mesura poco lavora — il/a/ favella chi non ha de besogno — • Chi luto vote tuta perde — Ogne so- • perchio rompe covcrchio — ^t colai molton colai bocon — Chi à tempo non asp^te tempo — Tosto e bene raro si con- vine — Quela galina canta che se sente l' ovo • — Amore no guarda palazo né richeze — Chi sta bene non se mova — • Donna casta non teme camarcra bagassa — Chi ven dal male al bene cum entrambe mane lo retene. Anzi tra questi stessi padovani proverbi cosi antichi, abbiamo altri, nei quali ninna o quasi ninna divergenza si trova dalla lingua letteraria, a modo che in questi : Can per fame fa forame — Solo per via andare è folia — Cita è perita quando la è di- — ss- visa — Bealo se prova chi in pace se trova — L' una man lava l'aUra — Chi ben se guarda salvo se vede — Chi tro- po parla speso (spesso) [ala — Chi tropo parla speso pecha — Chi va piani si va sani — Non eser (essere) largo ai soldi e scarso a le medaie — Chi non se piega se ronpe — Amore è orbo ece. El)l)ciie, poti'cmo forse dire con la stessa argomentazione del doti. Gaspary, clie non avendo questi monumenti padovani alcuna divergenza dalla lingua letteraria, o avendola piccolissima, il volgare illustre abbia avuto la culla in Padova, non nell' Italia, e sia stato anzi il dialetto padovano ? Ma poniamo per un istante cb' esso volgare illustre sia stato il dialetto fiorentino. Io comprendo bene il motivo, per cui i popoli soggetti per secoli ai Romani abbiano finito coir apprendere il linguaggio di questi. Ma non so figurarmi per quale stretto e secolare contatto anteriore al 1 100 pos- sano i colti uomini padovani avere appreso il dialetto fio- rentino, cioè il volgare illustre, della esistenza del quale tra le padovane mura abbiamo evidenti prove di quel tempo dal mentovato elenco di voci che vedremo. Non furono divisi innanzi il I 100 anche i Padovani dai Fiorentini nello spazio e nel tempo ? Non potendo quindi per i motivi predetti ab- bandonare la mia idea, concludo che la Toscana, e partico- larmente Firenze, sia stata quella terra, ove per posizione geografica nella media Italia, per naturale pronunzia e col- tura degli abitanti, il volgare illustre attecchito, a guisa che in ogni altra regione della penisola, abbia più facondamente aUignato e fruttato, ma concludo pure ch'esso volgare illu- stre, cioè la nostra lingua letteraria, abbia preso la sua es- senza e la sua forma, ovvero il suo tipo dalla lingua latina e dai dialetti tutti, non da alcuno dialelto particolare, come da ninno luogo particolare d' Il alia prese il suo tipo la co- mune scrittura. Alle obiezioni su riportate, che i dotti uomini su nomati — 84 — fecero alla quarta e quinta delle mie tesi, aggiungo le altre (li un anonimo che leggonsi nella Rassegna settimanale di politica, scienze, lettere ed orli (voi. 6." n. 136. Roma, 8 agosto ^880), e le aggiungo poiché egli pure mi riesce dal suo articolo uomo di dottrina e d' ingegno, il quale, dopo avere premesso che non possiamo se non lodare l' intenzio- ne e l' opera del sig. Gloria, che ci ha dato uno spoglio as- sai ampio di carie padovane in specie, e di altre parti d'Ita- lia, e conveniamo pienamente con lui circa l'utilità di questi lavori, deviene poi ad esporre tuli mende del mio lavoro, che tutte non posso accordare, non volendo con ciò esclu- dere ch'esso da difetti sia immune. Anzi tutto queir anonimo avrebbe voluto che le mìe raccolte di voci volgari date a prova che il linguaggio par- lato in Italia si fece ognora più volgare, fossero state dispo- ste per serie alfabetica con esempi e spiegazioni, non a foggia di discorso, metodo questo da me usato, col quale, secondo l'asserto delfanonimo stesso, io erroneamente intesi porgere una idea pratica, positiva del come dovevano parlare gii Italiani dal secolo VII al XIII, e metodo, secondo lui, arbi- trario, pericoloso e dannoso. Io merito in vece rimprovero, è vero, che a motivo di quel metodo non ho dato nelle epistole e nelle altre composizioni da me simulate tutte le voci che raccolsi, non avendo potuto inserirvele tutte. A ogni modo reputo bastanti allo scopo quelle date, e reputo pure lieve disturbo a chi le voglia disporre ancora per serie alfabetica. Ma dichiaro anche non avere preteso dare in quelle compo- sizioni la idea positiva, che assevera l'anonimo, del come parlavano gì' Italiani in quei secoli; poiché ho detto (p. 77) che in quegli scritti e in altri simili, che noi potremmo com- pilare, può conseguirsi soltanto un' immagine non dissomi- gliante affatto da quella del linguaggio volgare dei secoli stessi, e questa immagine (p. 78) con sapore in essi scritti diverso da quello del medesimo linguaggio. E pertanto parmi - 85 — ancora che troppo severamente l'anonimo dichiari arbitra- rio^ pericoloso, dannoso quel melodo, anche se Tho usalo per una lingua ignota, di cui però conosciamo le voci, le norme grammaticali e la sintassi, non altramente che delle lingue morte e straniere, per le quali usiamo tutto giorno il metodo stesso. Egli non approva inoltre, ch'io abbia adoperato avemu per havemus (p. 23), àvido per liabilo^ dava per dabal (p. 2()), sia per slul, rcdde per reddit (p. 39); clf io abbia applicato al parlare dei Padovani del secolo X l'articolo et recato solo da una carta padovana del 1 101 (p. C2) ; che io abbia indicato con scrofole (p. 50) la nota cutanea malattia, men- tre, nel documento, quello è nome di luogo; ch'io abbia dedotto il verbo stornare (p. 60) da Slornapietra pur nome di luogo, e dal cognome Stornato ; e che io abbia fatto uso di lionde (p. 38) nel significato di affinchè, applicandolo al linguaggio del 000, e fatto uso del verbo esigere (p. 44) ap- pUcato al linguaggio del 750 con valore che allora non po- teva avere. E finalmente lo stesso anonimo afferma, che non sentiamo, a così dire, l'aria del secolo X nei seguenti brani da me simulati e prodotti (p. 65) : Tu deve persua- dere tua fiola a prendere per suo sposo Samello (correggi Saurello) in cambio de Zorzo. • — Sia bene, Vizenzo, Corte- sana tua fiola, la bella abitatrice de la mea isola de Anguil- lara ? ecc. Ma io faccio osservare, che nel secolo VII il hnguaggio parlato avea omai la forma più volgare che latina, ciò che non ha negato l' anonimo stesso, onde qualche mutazione, sìncope, epentesi, antilesi o metatesi, dovette già essere stata nel contesto di molti vocaboli latini anche allora, e sopra tutto l'apocope nelle loro desinenze. Quindi non sarù lecito a noi immaginare, che si dicesse allora avemo o avemu, avuto, dava, sta, redde, se dicevasi, come ho provato nella stessa epistola da me finta, somo per sumus^ aveo^ avere, _ 86 - pieve, lavorato, avitata, venduto, mena, prenda, sia, con- vine (convenit), evine (evenit), promise (promisit), snspide (suspendit) ? Nò giusta è la disapprovazione, eh' io abbia applicato r articolo ri al linguaggio del secolo X, se ho detto innanzi in quel mio lavoro (pag. 1 9) che il Diez e il Kay- nouard trovarono gh articoli anche nei secoh Vili, VII e fin' anche nel VI; se io ho prodotto un documento del 779, in cui abbiamo in la Cercle e altro del 793 che riferisce in loco la Ferrarla (p. 20) ; e se non possiamo credere clic l'articolo si adoperasse allora in una città e non in un'altra e vi fosse introdotto precisamente nel tempo del documento, in cui lo troviamo indicato la prima volta. Ma a quiete mag- giore dell'anonimo aggiungo, che adoperai quell'articolo el anco, perchè nel voi. I del Codice Diplomatico Padovano da me pubbhcato trovasi l'articolo stesso congiunto alla pre- posizione de (di) in documenti pur padovani del mille, cioè nelle frasi del puzzo e del faher. Né possiamo negare che luoghi e persone abbiano tratto i loro nomi, cognomi o so- prannomi da altri nomi, anche di cose, da adjettivi, da verbi, da participi, da avverbi, ne quindi possiamo, mi pare, dire illecito l'uso di queste parti del discorso dedotte dai nomi, cognomi o soprannomi di quelli. Non potremo forse usare dei nomi di cose e di bestie, degli adjettivi, dei verbi, dei participi e degli avverbi che ri- sultano evidenti dai nomi di luoghi e di persone, e dai co- gnomi e soprannomi che seguono, ed emergono dal predetto elenco di voci, che in seguito darò ? Bonamigo, persona. Buca de Bo, soprannome. Buca folle, persona. Bucascquarzada , cognome o soprannome. Sente fazadeus, cognome. Bra'u frigo, luogo. Benencà, persona. Bonsavere, persona. Cagadìnari, persona. Cacaffemo (caca l'acciaino), persona. Coahnga, luogo. Don lo fese, persona. — 87 — Deohfè, persona. Fatte ananzo, persona. Fogo in hursa, pei'sona. Foììtauafrida, luogo. Malaboca, cognome o sopran- nome. Malcalzado, cogn. o soprann. Mazzalovo, cogn. o soprann. Manega curta, persona. Maltonduto, persona. Menahoi, persona. Naso de eveda, persona. Penna longa, luogo. Prauìo.zaporco, luogo. Punziasiìii., persona. Pelavisinus, persona. Pestapanizo, cognome. Scodalovo, cogn. o soprann. Spinanpè, cogn. o soprann. Salgar longo, luogo. Valle desgordada, luogo. Vaynanzo, persona. Né parmi grave colpa, che io abbia applicato lionde (pa- gina 58) al linguaggio del 900 nel significato di affinchè, se ninno vorrà supporre, eh' io abbia voluto dare in quello scritto simulato un monumento di lingua letteraria, e se vorremo piuttosto contentarci di avere la prova che ado- pravasi onde in vece di unde anche allora. E parimente non mi sembra grave colpa, ch'io abbia dato al verbo esigere nel fìnto scritto del 750 un valore che non ha affatto nei documenti da me citati ; e non mi sembra colpa grave, poi- ché è da guardare qui pure precipuamente allo scopo, per il quale 1" ho prodotto, di mostrare cioè la sua differenza lessigrafica dal verbo exigere latino ; poiché nel medio evo exigere si usò fin anco per eligere ed exire (*) ; e poiché a ogni modo esigere include la prima idea di domandare^ poi- ché per riscuotere bisogna prima domandare. E in fine non aomietto il rimprovero dell'anonimo, che non sentiamo L'aria del secolo X nei finti brani da me compilati, poiché neppure io ho preteso far sentire quell'aria, avendo anzi dichiarato e lo ripeto ancora, voler porgere soltanto in quegli scritti un linguaggio non dissomigliante affatto dal vero, con sapo- re però diverso dal vero. (1) "V. Du Gange alla voce exigere. Tomo JUj Serie VI. 12 — 88 — Ma dopo ciò ringrazio l'anonimo delle fattemi osserva- zioni, da che giudicando io pusillanime e inutile chi si at- tiene sempre ai detti altrui senza spingere mai gli occhi nel bujo, e incoraggiando in vece tutti a penetrare in questo e ad esporre anche ciò che incerti vi travedessero, credo che dall'onesta critica e lotta, la quale indi ne segua, debba sempre guadagnarne la scienza. Nò io mi lusingo che quel mio libro sia libro dolio, in- gegnoso, pregevolissimo, com'ebbe a dichiarare il prof. Car- ducci, di che gli rendo vive grazie (*). Sarò contento quan- do una sola delle nuove tesi, che vi propugno, sia accolta dalla comune dei letterati, e quando altri abbiano dal mio libro lo sprone a fare studi anch'essi sui documenti per rintracciarvi le vere origini e gli elementi della nostra lin- gua, come fa il prof. Monaci, il quale mi ha scritto (■): « Le » confesso che non riuscì per me senza una compiacenza » particolare il trovare in questo libro confermata una opi- » nione che anch' io professo : cioè che non si possa seria- » mente sperare di venire a capo della secolare questione » intorno la formazione del nostro idioma letterario, se » prima non sia fatta una esplorazione generale e metodica » nel materiale sparso nelle carte e diplomi anteriori al XII » secolo. L'anno passato dedicai a questo soggetto alcune » conferenze, e per saggio misi a riscontro le carte lom- » barde, le toscane e le cavensi. Ella ha fatto molto di » più, ecc. » Onde qui pure ripeto il desiderio che in ogni angolo d' Italia sieno raccolti e pubblicati i Codici Diplo- malici, che saranno il più solido fondamento degli studi non solo intorno la storia, ma anche intorno alla lingua. Anzi oso affermare, che in questi Codici troveremo tanto materiale di linguaggio volgare anteriore al i200, che ne (1) Sua lettera 26 maggio 1881 a me diretta. (2) Sua lettera 13 maggio 18ó0 a me diretta. — 80 — potremo comporre un dizionario assni copioso, forse quan- to quello dell'odierna lingua italiana. Nò alcuno immagini che a formare Codici diplomatici abbisogni grande fatica. Esamini egli attentamente qualche tavola delle usale abbre- viazioni, ad esempio quella del mio lavoro su la Valeografia e Diplomatica. Si eserciti poi a deciferare manoscritti del medio evo, particolarmente dei tre ultimi secoli di esso, manoscritti però pubblicati, raffrontandone ogni brano con lo stampalo. Dopo che, per tali esercizi, continuati assi- duamente e pazientemente per alcuni mesi, egli sia dive- nuto esperto deciferatore, entri negli archivi, raccolga i documenti, non escluda dalla sua raccolta alcuno di essi anteriore al 1100, li disponga per ordine cronologico, li pubblichi pure senza annotazioni, e farà lavoro utilissimo e dai cultori di seri studi altamente apprezzato. E ora devengo ai proverbi volgari padovani sopra ac- cennati, avvertendo che porrò nella fine di questo mio scritto il predetto elenco di voci recate dai padovani docu- menti con la doppia forma di volgare illustre e di dialetto, forma che, estendendosi quei documenti dal secolo VII al Il 83, attribuisco per media al NOO, e forma che ora por- go ad altra prova della esistenza coetanea dello stesso vol- gare col dialetto padovano e veneto, e quindi coi dialetti tutti d' Italia. E aggiungo, che se il volgare illustre era nel I !00, se una lingua non s' improvvisa, e se gli uomini colti devono avere parlato sempre, come parlano ancora, un linguaggio forbito che non è il dialetto, dobbiamo anche ammettere che il volgare illustre abbia esistito fin da quan- do i dialetti si fecero volgari, quindi molto prima di Dante e molto prima del 11 00. Nel 1879 usci la edizione seconda accresciuta e rior- dinata di Proverbi veneti raccolti dal Pasqualigo. Tra i primi leggiamo: / nostri veci i stava genV anni col cui a la piova prima de far un proverbio — / proverbi xe la sa- — 90 — picnza de l' omo. E nella prefazione vi leggiamo che altre abbondanti raccolte di proverbi inglesi, francesi, spagnuoli, greci, tedeschi si hanno; che nel 1875 l'imperatore Ales- sandro fece pubblicare a sue spese 20,000 proverbi russi; e che pubblicaronsi pure proverbi raccolti dal Giusti, dal Capponi e dal Gotti per la Toscana (*), altri per la Sicilia, per il Friuli, per la Lombardia, per Genova, per l'Umbria, per la Sardegna, per la Corsica, per Lecce e per Bergamo. E dice il Pasqualigo (p. V), che la raccolta da lui composta novera proverbi più che 5000, e che sono più antichi quelli elle trovò nell'altra del secolo XVI intitolata: Dieci tavole de proverbi, senlentie ecc. E il Vannucci, che illustrò e pub- blicò tra il 1880 e il 1883 anche una raccolta di Proverbi latini, scrive pure (nel voi. I, p. VII): « L'autorità dei pro- » verbi, reliquie della vecchia sapienza, come li disse Ari- » stotele, fu raccolta e largamente usata dai tìlosofl greci e n romani e dai politici e dai moralisti di ogni paese. Anche » all' età nostra, non trascurati i proverbi dell' antichità » classica, si moltiplicarono e s' ingrandirono gli studi sui » proverbi di tutte le lingue moderne. » Ma il Pasqualigo sarebbe stato ben contento se avesse conosciuto e quindi inserito nel suo importante libro anche i proverbi volgari padovani, che Geremia da Montagnone ci diede nella sua opera Compendium moralinm notabilium, la quale con l'ailro titolo di Epytoma sapieniiae è stata edita in Venezia nel 1505 a cura di Pietro Trecio dottore del diritto e a spese del tipografo Pietro Liechtenstein di Co- lonia. Non intendo con ciò dare colpa di omissione al Pa- squaligo, poiché quel libro pubblicato non è certo tra i più (1) Giustamente il Pasqualigo (p. 3), desidera che la edizione di questa raccolta fatta nel 1871 sia rinnovata, togliendone i pro- verbi dalla viva voce del popolo, non da libri italiani e stranieri, come hanno fatto i compilatori di essa dopo il Giusti, i quali ridus- sero cosi a 7504 i 3000 circa proverbi e sentenze raccolti da lui. — 91 — connini, uè si potea così facilmonlc immaginare ciie tal li- bro Ialino contenesse anche proverbi volgari. Anzi devo dichiarare, che neppure io probabihiiente sarei pervenuto a quella conoscenza, se il prof. Raina non me ne avesse avvertito, quando, chiedendomi egli notizie intorno al da Montagnone gli additavo la Matricola e gli stalliti del Col- legio dei giudici di Padova, codice manoscritto originale dell'Archivio della padovana Universitù, da cui lo stesso Raina potè attingere quanto cercava. Ho detto che il Pasqualigo sarebbe stato ben contento di avere saputo che in quell'opera comprendevansi quei proverbi, e ciò perchè da essa apprendiamo non solo la considerabile antichità di parecchi tra quelli da lui riferiti, ma anche altri proverbi da lui non conosciuti. E che nota- bile sia r antichità di quei proverbi volgari fa prova che il da Montagnone, giusta la ricordata Matricola, risulta ascrit- to al detto Collegio dei giudici nell'anno 1280, e morto nel 1321. E poiché non poteva conseguire quell'aggrega- zione chi non avea compiuto la età di anni venti, così dob- biamo credere che il da Montagnone, la famiglia del quale da altri monumenti provasi nobile padovana e molto an- tica, sia nato in Padova nell'anno 1260, ovvero anche pri- ma. Onde, supposto ch'egli abbia scritto quell'opera nel fiore della sua età, considerato che i detti proverbi già va- gavano per la bocca del popolo, com'egli stesso attesta, e considerato che quei proverbi in gran parte, dopo sei se- coli, durano ancora, possiamo credere, mi pare, che alme- no alcuni vigessero in tempi anteriori alla età di lui e forse anche remoti da lui, e quindi non reputo esagerazione as- segnare per media a tutti il 1200, dichiarandoli pertanto anche prezioso monumento linguistico, da che non abbia- mo monumenti volgari di grande estensione e di data sicu- ra che precedano il secolo XIII. Nel principio del suo libro Geremia da Montagnone — 92 -~ porge l'elenco delle opere sacre e profane che adoperò a compilarlo, elenco notabile, sia per il numero di quelle ope- re non piccolo, e per la prova che non era malagevole tro- varne esemplari a quel tempo, sia per lo motivo osservato prima dal prof. Raina, che tra quelle opere si citano alcune, o traduzioni di alcune, le quali non pervennero a noi, ad esempio il poema De luna cleri del Monlenario pur pado- vano, poema che dagli estratti che ne offre il nostro Gere- mia si palesa di qualche valore anche per poetica arte. Dopo l'elenco delle opere adoperate egli fa seguire quello degli argomenti contemplati nelle cinque parti, in cui è di- visa l'opera sua, nei libri, in cui è suddivisa ogni parte, e nelle rubriche o nei capitoli, in cui è distinto ogni libro, a ognuno dei quali capiloli ci riporta sentenze o detti tolti dalle opere su accennate, aggiungendovi tratto tratto i mentovati proverbi volgari, e anche altri latini. Ma come avvenne di altre opere buone, cosi accad- de anche di questa, cioè che molti vi sieno gli errori e le scorrezioni provenienti dal tipografo e dai copisti. Onde io, riguardo a quei proverbi, che sono centosettantotto in com- plesso, mi ho servito anche dell'esemplare di quell'opera, il quale appartiene al sec. XiV, ovvero XV, e trovasi mano- scritto nella Biblioteca Marciana di Venezia al n. 100 della classe VI. E con tale esemplare, da cui non fu tolto al certo lo stampato, ho potuto correggere alcuni errori di questo, e trarre dall'uno e dall'altro la lezione che mi parve più vici- na alla vera. E qui innanzi di riferire i detti proverbi, avverto che ne! manoscritto mancano alcuni di quelli che sono nello stampato; che seguirò esattamente il da Montagnone nel riportarli ; e che rispetterò la lessigrafia dello stampato e del manoscritto, separando però i vocaboli, le preposizioni e gli articoli dalle voci a cui sono congiunti, e adoperando, ove abbisogni, l'apostrofo e l'accento non usali allora, ma chiesti dal bisogno di rendere essi proverbi più intelligibili. — 93 — Ed avverto che non ho rinvenuto nelle raccolte pubblicate di proverbi quelli segnali con l'asterisco. Dopo ciò ecco i proverbi stessi: A pag. 3 tergo dello stampato: \ . A chi dio voi ben dormando gè ven. 2. A chi dio voi male el gè Iole el seno. 3. A chi dio voi male le piegore gè da de dente ('). Corrispondono i proverbi toscani : Chi ha ad aver bene, dormendo gli viene (^) — A chi vuol male., Dio gli toglie il senno (^) — A chi è in disgrazia di dio, le capre il cozzano (^). A pag. 19 : *4. De coda d' aseno non se pò far bon tamiso (^). 5. El loro muda el pelo ma el non muda el vezo (^). Oggi: La volpe perde 7 pelo., ma 'l vizio mai ('). 6. Co el cervo nase (nasce) dolze erba pase (pasce) (^). Meno chiaro è l'odierno: Dove se nasse, ogni erba passe (^). 7. La rana non se pò trar del palu. Oggi: ]So se poi cavar la rana dal paltan {^^). A pag. 20 tergo : (1) Questi tre proverbi ripetonsi a p. 138 dello stampato, ove invece di piegore si ha pegore. Nel manoscritto leggasi piie. (2) Giusti, 138. (3) Ivi, 82. (4) Ivi, 270. (5) Lo stampato ha eoa, tamixo. (6) Lo stampato : mua. (7) Pasqualigo, 14. (8) Nello stampato •. nasce, herba, pasce. (9) Pasqualigo, 79. (10) Ivi, 13. — 94 — 8. Chi non a mojere e (ei) speso (spesso) la baie e fere (*). Abbiamo il toscano : Chi non ha moglie ben la batte, chi non ha figliuoli, ben gli pasce (^). 9. De ogni carne magna el lovo aster (sic) de la soa (^). Il manoscritto, in luogo di aster, reca daslira. Re- puto l'uno e l'altro vocabolo scorrezione di saslen (s'astiene). Relativo è il toscano: // lupo mangia ogni carne e lecca la sua (^). IO. Pensa d' allrtii quel che de ti (^). A pag. 20 tergo: I i . Aseno che non se ve (vede) cavalo eser (essere) se ere (crede) C'). Il toscano in altra guisa : Chi è asino e cervo si cre- de, — al saltar della fossa se n' avvede ('). A pag. 22 : \2. Chi voi morire el te pò alcire. Non ha il significato dei proverbi toscani: Chi vuol morire, si lavi il capo e vada a dormire — Chi vuol morire, non chiede ajiito (^). Ma abbiamo nella Regola del monastero del B. Antonio Pellegrino di Padova (ms. del 1479 N. 893 della Bibl. Civ. di Padova): sia data quella così facta persona al dyabolo che alcida et pu- nischa la carne. Abbiamo veduto anche alde per ode, cioè aldire per udire, ossia al per u. Farmi quindi che alcida significhi uccida, e spiego il proverbio così: Chi vuol morire ti può uccidere, far male. (1) Lo stampato: muiere; il manoscritto: fiere. (2) Giusti, 105. (3) Lo stampato : De orjna carne munga. (4) Giusti, 91. (5) Il manoscritto : Petise da altrui quclo che e de ti. (6) Lo stampato : cavai ere essere. (7) Giusti, 220. (8) Giusti, 285, 314. — 95 - A pag. 23 : i3. Tanto tona che piove ('). Oggi: Quando 7 lempo ruzo, voi piover — Co lo- niza, voi piover — Orio al lon vien la piova — No toniza co no piove (-). 14. Tanto ruspa cavai che male zase (giace). Lo stampato ha: Tanto ruspa cavra che mal zase. Tarmi evidente il senso del proverbio, che V una o r altra (lolle due bestie, troppo ruspando, flnisce col farsi cattivo Ietto. 1 ;i. Tanto pigoza el pigozo che la brusca gè caze en l'ojo ( "). Dinoia che il pigozzo per battere troppo nel legno si procura talvolta qualche bruscolo nell'occhio. A pag. 24 : IG. Can vejo non Oaia endarno {'). Oggi: Can vedo no bàgia de bando ('). A pag. 25: 17. Eugual soma non rumpe ci doso (il dosso) {^). È relativa la sentenza di Ovidio: Leve ftt quod bene feriur onns ; e l'altra di Marziale: Qui sua metitur pondera, [erre potest ('). A pag. 26 tergo: '18. L'amor guasta la cusiencia (**). Oggi: Passion orba rason ('■'). A pag. 28 tergo : (1) Lo stampato: chel piove. (2) Pasqualigo, 168. (3) Nel manoscritto è lacuna tra pigozo e cazi^. (4) Lo stampato: Can vechio no Vara {sic) endarno. (5) Pasqualigo, 55. (6) Lo stampato : Guai soma non rompe dosso. (7) Vannucci, I, 25, 79. (8) Lo stampalo : coscienza. (9) Pasqualigo, 48, Tomo III, Serie VI. 13 — 96 — *19. Al hon voler dio da bon secorso (*). *20. Tale se ere (crede) segnare che se da del deo en l' ojo (nell'occhio). 21. £/ pasu non ere al dezun (-). Oggi: El passù no crede a l' a fama (^). Apag. 29: 22. El besogno fa (rotar la veia. 23. El besogno fa far cosa da blasmare. 24. El besogno caza el lovo del bosco. 25. Can per fame fa forame (*'). Oggi: La fame no conosse rason — Povertà fa vil- tà — La fame scazza '/ lovo dal bosco ('). E i toscani : // bisognino fa trottare la vecchia — Fa forame il can per fame (^). 26. Forza venze raxone. 27. La forza è leze cessa. *28. La ziga la rana chi gè mete el pe adoso (addosso) (^). Oggi : Necessità no g' ha lege — La forza ghe n' in- caga a la rason (***). I Toscani: Contro la forza la ra- gion non vale — La forza caca addosso alla ragione {^^). A pag. 30 tergo: 29. Chi fa (juelo che non de el gè avene gitelo che non ere. (1) Lo stampato: voler de dio. Credo la de aggiunta per errore. Il manoscritto : A bon vovere dio da hon cosejo. (2) Lo stampato a pag. 28 tergo e 35 : El passu non ere al zuno. (3) Pasqualigo, 104. (6) Lo stampato : el lovo den lo bosco. Il manoscritto : El beso- gno fa fare cose da casonare. Il pioverbio 25 ripetesi a pag, 92 e 108 tergo dello stampato. (7) Pasqualigo, 73, 74, 255. (8) Giusti, 57. (9) Lo stampato : chi ie mette el pe adosso. (10) Pasqualigo, 74, 85. (11) Giusti, 69. — 97 — 30. De cali rabiosi non s' enple (empie) vilUi. 3 I . £■/ male dura ma ci non regna. 32. Ogno groppo vene al pelene. 33. Pecca vejo fa nova vendela {'). Oggi : Tuli i gropi se riduse al polene — Pecài veci, penitenza nova (^). I Toscani : Chi fa quel che non deve, gC interviene quel che e' non crede — Di cani rabbiosi non si fece mai schiappo — // male non dura e il bene non regna {^). A pag. 3 1 tergo : *34. Essa (El se) zunze pi tosto ci bosaro eh' el zolo ('). Panni poter cm-reggcre con El se il vocabolo Essa, che leggesi tanto nello stampato, quanto nel mano- scritto. Relativo ù il proverbio: La biisìa g' ha le gam- be cnrte. *35. L' omo vejo e forestrio pò dir bosia e pò dir vero ("■). 36. Lunga via lunga bosia (*"). Dura questo proverbio tra i Veneti (') e tra i To- scani (*). A pag. 32 tergo : *37. Losenge de ncmigo è conio pasare (passere) a panigo ('). (1) Lo stampato : quel chi non de el gè «' aven quel chi — dwa m el no regna — Pecha vere (vetere, vecchio) fa nova vendetta. Nello stampato si ripete a pag. 139 tergo il proverbio 31 cosi : El mal dura ma el non regna. (2) Pasqualigo, 100, 102. (3) Giusti, 83, 166, 337. (4) Lo stampato: Essa zonze più tosto. (5) Lo stampalo: L'omo velo ci (orcslero pò dir buxiu. (6) Lo stampato : Longa via ìonga boxia. (7) Pasqualigo, 246. (8) Giusti, 263. (9) Lo stampato a pag. 32 tergo e 44 : de encììiigo, pasaaro a panigo. — 98 — S|)ieg(): liUsinglic (li ikmhìoo sono come passere al pnnifo, poiché abhiaino i! proverbio toscano: Non bi- sogna ristare per le passere di seminar panico (*). A pag. di tergo: 38. Le bone parole e i ri fati enyana i savii e i mali {"')■ Oggi: Bone parole e calivi {o bruii) faii^ infjana savi e mali (^). A pag. 35: *39. Tnlo crere (credere) non è savere (^). A pag. 36: 40. Né l' amore né tosse se pò celare ("). Oggi: Tosse, amor e panzèla^ no le se sconcie in qualunque silo che le se mela — Né amor, né tosse, né panza, né rogna, no se poi sconder — El fuogo, l'amor e la tosse, se conosse (^). A pag. 38 tergo: 41. Lnnzi da oio (occhio) lunzi da core ('). " 'il. Gaude la villa chi sta suora (fuora) ella. A questo proverbio è relativo il dislico che segue di Bellino in Speculo vitae, parte I, ex. 2, riportato dal nostro Geremia : Inter vicinos interdum maxima crescunt Jiirgia: longinqui rarius illud habent. Oggi diciamo pure in dialetto: 0 capitale o campa- gnassa, per significare che a non avere spesse mole- (1) Giusti, 281. C^) Lo stampato: e rei fati enganna. (3) Pasqualigo, 14, 143. (4) Lo stampato : no è. (5) Questo proverbio ripetosi anche a p, 112 tergo. Il mano- scritto : Ne V amore ne tossego se pò celare, mentre al capitolo De ìiatura venerei amoris reca: Ne Vamore ne la tose no se pò zelare. (G) Pasqualigo, 44, 277, 313. (7) Lo stampato : Lonzi da ochi e lonzi da core. — 99*- stio, cioè a schivare iH-llcgoIczzi, bisogna vivere in una città grande, ovvero in una villa lungi dall'abitato. A pag. 39 tergo: 13. Solo per via andare è [olia ('). E relativo il toscano : Soli non si starebbe bene nem- meno in Paradiso ('-). A pag. 41 : 44. Relene l' amign lo (tuo) cum vicio so (suo) {'). Toscano: Ama l'amico tuo col vezzo e col vizio suo (*). Latino: Amici mores noveris, non oderis (■). 45. Al besogno se cognose li amisi {^). Toscani: .1/ bisogno si conosce lamico — Calamità scuopre amistà ('). A pag. 43 tergo: '4G. Cane en cosina (cucina) so par non desidera (^). A pag. 44 tergo : '47. La guera alargà entra e streta ensuà (son va). Abbiamo il toscano: Chi per altrui promette, entra per le largite ed esce per le strette (^). Considerati i facili conflitti cittadini dei tempi del proverbio, panni dinotare questo, che la guerra cittadina entra pur per le larghe ed esce per le strette. Relativo è il prover- bio 49 che segue, Cita è perita quando la è divisa^ posto al capitolo De seditionibus civium. A pag. 45: (ì) Lo stampato: Sola. (2) Giusti, 66. (3) Lo stampato: Rette (retine?) V aniigo lo col vezo so. (4) Giusti, 38. (5) Vannucci, I, 316. (6) Lo stampato : se cognosse i amisi. (7) Giusti, 38. (8) Lo st unpato : non desira. (9) Giusti, 93. — iOO — 48. Del can grintoso e no forzoso guai la pelle ('). Toscano: Can ringhioso e non forzoso, guai alla stia pelle (*). A pag. 43 tergo: *49. Cita è perita quando la è divisa. *50. Regno è conehiso (conquiso) da che Co diviso (^). A pag. 46 tergo: *5!. Rason mete pace {''). *52. Chi non se vale enganare tosto s' acorda. Ila attinenza il toscano: Meglio un magro accordo che una grassa sentenza (•'). *53. Beato se prova chi in pace se trova. A pag. 48: 54. L' una man lava l' altra. *55. Tanto vale amigo che non zova corno enemigo che non nose C). Oggi : Una man lava l'altra, e tute do lava 7 viso ('). Latino: Uanus manum lavai (**). Bello e giusto è il se- condo proverbio, die non trovai nell'edite raccolte. A pag. 49 : 50. A cavalo dona non guardar lo dente (^). È più preciso dell' odierno: A cavai dona no se ghc (1) Il manoscritto : Ei can grintoso e non sfarzoso iguai a la soa pelle. (2) Giusti, 105. (3) Nel manoscritto con evidente errore : Regno b diviso da che r ò diviso. (4) 11 manoscritto : Rasun mete pase. (5) Giusti, 151. (0) Lo stampato: Tanto valle amigo che non zoa come ìieniigo che no nosse. (1) Pasqualino, 69. (8) Vannucci, I, 273. (9) Lo stampato a p. 49 e 51 : A cavai dona non guardar en dente. — 401 — varda in bnca ('); e del toscano: A cavai donato non gli si guarda in bocca (^). Pari all'antico padovano ò il latino: Si quis dal mannos^ ne quaere in deniibus annos (^). A pag. 50: 57. Marlelo d' arzenlo speza porte de fero (^). Toscano: Il martello d'argento spezza le porte di ferro {"). Relativo l'odierno veneto : Ciave d'oro vcrze le porte de fero {^). A pag. 50 tergo : *58. Mal compra clesura (chiusura) chi tot dinari a iisvra. *59. El debito destruze chi unca (unqua) noi fuze. *60. Voice (dolce) è l' altra apprendere et amaro /^arer (pare) a rendere ('). il manoscritto non ha questi tre proverbi. A pag. 51 : 61. Chi lava el cavo al aseno perde el savone (^). Oggi: Chi lava la testa a l' aseno, ùnta via lissia e saòn ('^). 62. Chi serve a rio segnore né grada ne guerdone ('•'). 03. Chi despica el ladro apica si (sé) ('*). In Toscana : Dispicca l' impiccato, impiccherà poi (1) Pasqualigo, 30. (2) Giusti, 265. (3) Vannucci. (4) Lo stampato : Martello de argento. (5) Giusti, 251. (6) Pasqualigo, 253. (7) Lo stampato a p. 92 tergo : Mal coìnpra chiesura chi tal dinari a usura. (8) 11 manoscritto: el savun. (9) Pasqualigo, 164. (10) Lo stampato : ne grao ne guerdone. Il maiioscr. : guardone. (11) Lo stampato : el laro apicha si. — 102 - te — Servi a prìncipe e a sif/nore, e saprai cos' è do- lore C). A pag. 53 tergo: *64. Quel che povolo (popolo) cundenna (condanna) de raro che non sea (sia) ('). A pag. 55: *65. Co tulli è gnale deo vuol male (^). Farmi : Quando ognuno vuol essere eguale agli altri, cioè quando abbiamo anarchia, Dio vuol male. A pag. 56 tergo r 66- Co non è gatta i sorze gè balla {^). Odierno: Co no gh' è '/ gaio, i sorzi bagola (•). 67. Quando gatta non è a cha sorze per rasa va (''). Toscano : Quando la galla non è in paese, i topi ballano. Questo proverbio si allarga troppo, mi pare, con la voce paese. E troppo lo ristringe il Giusti che lo spiega cosi: / ragazzi sogliono ruzzare alla libera e far casa del diavolo quando non sono presenti i ge- nitori od il maestro ('). *68. Chi à pare zuse per seguro va a pleo. La voce pare dinota padre. Zuse è voce abbreviata di zudese (giudice). Reputo pleo scorrezione di plao, piao (piato, placito). Spiego quindi il proverbio così: Va sicuro al placito chi vi ha per giudice il padre. A (1) Giusti, 158, 169. (2) lo stampato: Quel che povolo endevina de raro chel no sea. (H) Lo stampato ha Lo in vece di Co (quando). Il manoscritto al capitolo De audientia et contumacia reca: Cum tuli è guale dio vole male. (4) Lo stampato ha qui pure per errore Lo invece di Co (quando). (5) Pasqualigo, 109, 320. (G) Lo stampato ha per errore vasar in vece di vasa (vasi). (7) Giusti, 128. — 103 — ciò è relativo il proverbio Ialino aggiunto dallo stesso Geremia da Montagnone: Quatuor ista: metus odium dilectio census Sepe solent hominwn rectos perverlere sensus. Ed è relativo anche il proverbio qui riferito sopra al N. \S: L' amo)' guasta la cusiencia. 69. Rason per amore perde valore (^). *70. £1 non è seno repenare a 'l ascjo. Repennare ò voce antica che vale impennarsi, in- quietarsi per cosa che non piaccia. Asejo è scorre- zione, reputo, di usio, voce del dialetto adoperata per agio. Leggo del 11 95 : rogavit - ni - asium ei faceret de ea sezonla (aggiunta di casa), (Brunacci, Cod. Di- plom. ms., p. 1507). Leggo del 4352: In quibus UH de fralallea ponenl aliquos discos prò suo asio liaben- do ad vendendun fruclus (Cod. Statutario dei Frutta- roli, p. 41, nella Bibliot. civ. di Padova). E leggo del 1437: Nessuno fruttarolo non possa andare a asio al- guno nome scgondo el suo brieve alla penna de libre cinque (Ivi, p. 96). Interpreto quindi il proverbio cosi: Egli non è senno di far atto di ritrosia o d'inquietu- dine in posto commodo. Analogo è l'odierno: Chi sta ben no se mova. A pag. 64 : *7 1 . Ben è orbo chi non ve (vede) per crivelo (^). 72. E l' è melo enzegno cha (che) forza. Relativo è il toscano: Buona la forza, meglio l'in- gegno (^). A pag. 61 tergo: 73. Scota sopia en sorà (^). (1) Il manoscritto: Rasun per amore. (2) Lo stampato : non vede per crivello. (3) Giusti, 257. (4) Cosi nello stampato anche a p. 124 tergo. Tomo IH, Serie \L 1^ — 104 — Odierni : Chi 'na volta xe sta scota , S'àpia sul sorà - Chi xe sta scota da la manestra calda, siipia su la freda (^). A pag. 62: *74. Chi a porcel perdu spesse fiae gè roze (rode) al cui. A pag. 63, tergo : *75. Colai palmola cum (quando) tu me di (dici) cotal cure (cuore) tu me fé (fai) (-). A pag. 64 A tergo: *76. Endarno è malo chi noi sente. *77. Aseno cargà ben ambia (ambiare, ambiare) (^). 78. Chi tolda el malo fai salire ('). Oggi : Loda el mal e te 7 farà saltar — Se no l' è mal., te 7 fé presto deventar (^). 79. Chi usa el malo ale persege el gè core con le pertege i^'). Toscano: Chi usa i matti alle persiche^ ci corrono colle pertiche ('). *80. El malo non fa palo se non con so dano fato. SI. Ogni malo en so core è savio (^). Toscano: Ogni pazzo vuol dar consiglio (^). *82. Vilan per vendema favelar non se degna (^*^'). (1) Pasqualigo, 132. (2) Lo stampato a p. 80 : Qual parole me di cotal cor me fai. Il manoscritto al capitolo De potentia et affectu eloquentie : Quale parola tu me di di tal cure tu me fé. (3) Lo stampato : cargao. (4) Lo stampato: Chi loa el malo filfa saiire, e a p. 101: Chi laida el mato fai saiire. Il manoscritto : sol fa salire, e al capitolo De laude et comendatione : Chi loda el mato lo fa salve. (5) Pasqualigo, 41. (G) Lo stampato : el gè va cum le pertege. (7) Giusti, 296. (8) Lo stampato : Ogno matto. (.9) Giusti, 75. (10) Lo stampato : favelare el no degna. — i05 — 83. Un maio si en fa quatro. Oggi: Un maio ghe ne fa genio (*). A pag. 64 C tergo : *84. Baro chi tene baruculo chi cede (da caedere^ tagliare, scorticare) (^). Relativi : Chi voi ladri, vada a Bari — Biri^ Bari e Bragola, libera nos Domine — Tanto va a chi tien^ quanto a chi scorlega ('). 85. Lolda el monte e tinte (tienli) al piano (^). Odierno: Loda 7 monte e liente al pian (^). *86. Meio è cum altrui partire che solo perdere {^). *87. De rie parti si vote el men rio ('). A pag. 64 D tergo: 88. Per via se conza soma ("). Oggi: Drio la strada se conza la soma (^). 89. V ovra comenzà è meza fata ('"). Oggi: Chi ben comincia è a la metà de l'opera ('*). Latino: Dimidium facti, qui coepit^ habet (*^). 90. Pizola brunza fa gran fugo ('^). Oggi: Una faliva (favilla) bastaabrusar'na casa ('^). (1) Pasqualigo, 285. (2) Lo stampato : baruculo chi chaze. Il manoscritto : haricolin chi cede. (3) Pasqualigo, 83, 326. (4) Lo stampato: Loda al ìuonto e liente. (5) Pasqualigo, 38. (6) Lo stampato; cum allru partire cha sol. (7) Lo stampato : Di rie parti si voi tore. (8) Lo stampato: Eìi via se conza. Il manoscritto; se cunza. (9) Pasqualigo, 245. (10) Lo stampato: L'opera. (il) Pasqualigo, 270. (12) Vannucci, II, 41. (13) Lo stampato : gran focho. (14) Pasqualigo, 110. - 106 - Latino : Parva saepe scinliUa contempla magniim excitavit incendhim (*). A pag. 64 E: 91. Non laldare (lodare) el dì se non ven la sera (^). Oggi: No se poi dir bel giorno^ se no xe sera (^), Latino: Occasiim sapiens, sttdhis considerai ortiim (^). *92. La lera cativa ben zermina e mal spiga (''). A pag. 64 F tergo: *03. Anche de le pele de le volpe va al merchò (mercato) (^). 94. C/li ben se guarda salvo se vede. Toscano: Chi ben si guarda, scudo si rende ('). *95. El pegno conserva Camigo. 96. Non lasare (lasciare) la via vela per la nova (^), Toscano : Chi lascia la via vecchia per la nuova - Spesse volte ingannato si ritrova (5). 97. Ogni can teca la mola aguai (guai) a quelo che se gè trova (*"). Toscano: Ogni cane lecca la mola, mal per quel che vi si trova (^^). *98. Volpe veia non entra en tana nova (^^). A pag. 67 tergo : (!) Vannucci, III, 4. (2) Lo stampato : s' el non vien. (3) Pasqualigo, 260. (4) Il da Montagnone cita l'autore del libro che principia: Astro- labi, da cui trasse questo verso. (5) Lo stampato erroneamente : cerniva per zermina. (6) Lo stampato : An de le pelle de volpe ve n'è al merchh. (7) Giusti, 257. (8) Lo stampato: No lassar la via vere (vetere, vecchia). (9) Giusti, 116. (10) Lo stampato • Ogno can teca la mola tristo quel. (11) Giusti, 91. (12) Lo stampato : Volpe non entra. Manca della v. veia (vecchia). — 107 - *99. Verxia (verza) non s' a/ina per nlguna meexina (me- tlecina). Relativo il toscano: / castagni non fecero mai aran- ci C). A pag. 69 tergo : 100. El seno non s' enpora chi noi compara ('). Oggi: Per imparar bisogna pagar et maestro (^). Toscano: Ognuno impara a sue spese (*). A pag. 70 : 101. .1 cavai velo non ensegnare ambiare (^). Toscano : Cavallo vecchio^ tardi muta ambiatura (^). A pag. 71 tergo : -102. Gloria vana se florise (florisse) non grana (fa grani) ('). Toscano : Gloria mondana, gloria vana, fiorisce e non grana (^). 103. El è meio endarno stare che endarno lavorare. Toscano : È meglio indarno stare, che indarno la- vorare (^). A pag. 72: 104. El è meio mestiro che sparevero (sparviero) (^"). Toscano: Pia vale mestiero che sparviero (*'). 105. Chi non sa scortegare guasta la pelle ('^). Oggi : Chi no sa scortegar, rompe la pele. (i) Giusti, 207. (2) Lo stampato : chi noi compra. (3) Pasqualigo, 131, ^:4) Giusti, 117. (5) 11 manoscritto ha soltanto : Non ensegnare ambiare. (6) Giusti, 21. (7) Lo stampato a p. 71 tergo e 103: se fiorisse no grana. (8) Giusti, 221. (9) Ivi, 160. (10) Lo stampato: mestiero cha sparivero, (11) Giusti, 178. (12) Lo stampato : scortecare. ~ 108 — Toscano: Chi non sa scorticare intacca la pelle {^). A pag. 72 tergo: *106. Mal lorze fuso chi non g' è uso (^). A pag. 74: 107. Chi se aida dio C aida (^). Oggi : Agiutite, che te agiuterò dise '/ Signor {''). *'I08. Dio da le nose ma el non le rumpe {^). Relativo : Chi no sgnssa (sguscia) no magna la ca- stagna {^). È relativo il detto di Plauto : Qui e nuce nucleum esse vult, frangit nucem ('). 109. Chi tropo mesiira poco lavora. Relativo : Chi pensa massa (troppo) no fa pò gnen- le («). I IO. Homo lento no trova tempo. Toscano : Uomo lento non ha mai tempo (^). * \\\. Mal lavora chi no regona (regola). Credo regonare in vece di regolare^ poiché leggo in un documento: ÌJicebat se debere facere guizas et re- gonas (regolamenti) seu districtus nemorum et villa- rum (Brunacci. Cod. Dip. Pad., p. 1835). E leggo al- l'anno 1462: tegnire ben regonà (regolati) // piantoni (pianticelle) e le vide (viti) (Museo civico di Padova Corona, n." 179^). A pag. 75: (1) Giusti, 116. (2) Lo stampalo: Mal torce el fuso. (3) Lo stampato: Chi se ahia dio V aìiia. (4) Pasquali go, 243. (5) Lo stampato : Beo da le noxe m' ci no le rampe. (6) Pasqualigo. (7) Vannucci, II, 25. (8) Pasqualigo, 271. (9) Giusti, 229. - 109 — \ 12, Chi tropo parla speso (spesso) fata (*). Oggi : C/ti massa (troppo) parla, spesso [ala (^). Toscano: Chi assai ciarla spesso falla (^). 1 13. Mal favella chi non ha de bisogno (^). Toscano: Chi non sa lacere non sa parlare (-'). A pag. 76 tergo : *1 14. Chi è aprovo (appresso?) via non diga folia (^). *l 15. Dreo (dietro) cexa (siepe) sta che (chi) rege ha ('). Relativo il toscano: Le siepi non hanno occhi, ma hanno orecchi. È relativa la sentenza di Salomone (in Ecclesiast. e. IO) riferita da Geremia da Montagnone: In cogitatione tua regi ne detrahas: et in secreto cu- biculo ne maledixeris diviti, quia et aves codi porta- bunt vocem tuam. 'tic. El fante disc al zugo quelo che laide (ode) apreso (appresso) el fugo (*)• A pag. 76 tergo: i 17. Chi ode ve (vede) e tase pò vivere en paxe (^). Oggi: Chi ascolta, varda e tase, sa viver in pase — Oci vedi, boca tasi, se li voi viver in pase ('^). A pag. 78 tergo : 1 1 8. la lengua non à osso ma la speza el doso (dosso) (**). (1) Lo stampato : spesso falla. (2) Pasqualigo, 247. (3) Giusti, 230. (4) Il manoscritto : ha hesogno. (5) Giusti, 230. (G) Lo stampato : no diga folia. Anche in altri luoghi no in vece di non. (7) Il manoscritto : Drio casa. (8) Lo stampato : dixe al zogo que che aldo a pe del foco. (9) Lo stampato: Chi alde ve e taxe pò vivere en pace. (10) Pasqualigo, 248, (11) Lo stampato: La lingua no à osso ma la speza el dosso. Il manoscritto : la fa spezare el doso. — 110 — Oggi : La lengua no g'Iia osso, ma la làgia adosso {*). * i 19. Chi male (lise male ode (^). 120. Manaze (raiQaccie) no è lanze (lancie) {^). Sono relativi i proverbi toscani: Chi minaccia non vuol dare — Le minacele son arme del minacciato (^). A pag. 86 : ì'2\ ■ Mesura dura. Oggi: Chi la misura^ la dura (•). 4 22. Ogni tropo noxe {^). Toscano : // troppo bene sfonda la cassetta — // troppo stroppia ('). *4 23. Chi à mesura per amiga la lo traze d' ogni briga (**). \2A. Chi luto vote luto perde. Toscano: Chi tutto vuole, tutto perde (^). 4 25. Chi tropo abraza pocho strenze. Oggi: Chi luto (o troppo) abrazza nula strenze ('). 4 26. Chi tropo parla speso (spesso) pecha (**). Abbiamo veduto innanzi l'odierno: Chi massa (trop- po) parla, spesso fata. 4 27. Chi più munta (monta) che non de (deve) piit tosto caze che non ere (crede) (*^). Oggi: Chi voi andar tropo in suso — casca per te- ra e se rompe el muso. (1) Pasqualigo, 173. (2) Lo stampato : Chi mal dise mal alde. (3) Lo stampato : Manace non è lance. (4) Giusti, 130, 166. (5) Pasqualigo, 123. (6) Lo stampalo : Ogno tropo nose. (7) Giusti, 316. (8) Lo stampato: per amiga la el traze d' ogna briga. (9) Giusti, 316. (10) Pasqualigo, 301. (11) Lo stampato : spesso pecca. (12) Lo stampato: Chi più mpnta. Il maDoscritto: Chi pi munta. - Ili — 128. C/li à tropo pevere en polenta en (ne) mete. Toscano: Chi ha ilelpcpe^ ne mete anche sul cardo ('). 129. Ogiie soperchio rompe coverchio. Toscano: // soverchio rompe il coperchio (*). A pag. 8G tergo : 130. À carne de livore (lepre) salsa de cani (^). 131. A cotal molfon colai hoccon (*), Relativo quello toscano : A tal labbra, tal lattuga (•). 1 32. Chi a laro (ladro) vote envolare laro convene essere (^). A pag. 87: 133. Chi do livor (lepri) caza l' una perde l' altra lasa (la- scia) (^). Oggi : Chi do lievri cazza, un perde e l' altro las- sa (*). E il da Montugnone ci diede pure il corrispon- dente latino : Qui binos lepores wia sectahitur hora, Uniis quandoque quandoque carebit utroqiie. A pag. 87 tergo : 134. A passo a passo va l' homo ben longi. Toscano: A passo a passo si va a Roma (^). 1 35. A ffitattro a quattro s' empie el sacco. Toscano : À granello a granello s' empie lo staio e si fa il monte ('")• A pag. 88: (1) Giusti, 248. (2) ivi, 316. (3) Lo stampato: A carne de lovo salsa de cane. (4) Il manoscritto ; .1 cotale moltoni cotal hochun. (5) Giusti, 326. (6) Il manoscritto : laro choveti esere. (7) Lo stampato : Chi doe levare. (8) Pasqualigo, 309. (9) Giusti, 276. (10) Ivi, 106. Tomo ni. Serie VI. 15 — in ~ -136. Chi à tempo non aspeie tempo (*). Oggi : C/li ha tempo, no aspeta (aspetti) tempo (*). "137, Quando dio da porcello apareia sachedello. Dubbiamo intendere, mi pare : apparecchia il sac- chetto di grano per alimentarlo, ingrassarlo, poichò Io stampalo ha sachello; e poiché leggo all'anno 1271 : Unum sachatellum de banbacio (Museo civico di Pado- va, Diplomatico, n. 2480). 138. Slasun (stagione) vende merze (^). Toscano : Stagione (opportunità, occasione) vende merce (^). *4 39. Navegà (navicato) te navega. Farmi che dinoti: L'addestratoti addestra o raggira. ^40. El destro fa laron (ladrone). Oggi: V ocasion fa l' omo ladro (''). 141. El destro fa putana. Oggi : Al son de sta campana (del denaro), ogni dona da ben se fa putana — Tre calighi fa una piova, tre piove una brentana e tre festini una putana (^). A pag. 88 tergo. 142. Chi va piani va sam ('). Oggi: Chi va pian, va san (^). -143. El savio prende la livora (lepre) com el caro (^). Il da Montagnone ci offre il latino corrispondente : Vir sapiens caro (curro) leporem capii et pede tardo. (1) Lo stampato : non spela tempo. (2) Pasqualigo^ 271. (3) Lo stampato: Saxu7i vende merce. (4) Giusti, 82. (5) Pasqualigo, 19. (6) Ivi, 119. (7) Lo stampato : Chi va pian. (8) Pasqualigo, 269. (9) Lo stampato : la levare col carro. — 113 — I 44. Tosto e bene raro si convine. Toscani : Presto e bene non stanno insieme (*) — Presto e bene tardi avviene (^). *I45. Et seno de drio vai podio [^). I4C. El can non noda sei non à l' aqua a la coda (^). Oggi: Co l' aqua loca H culo, s' impara a mi àr ("). A pag. 90: 147. Avere fa star legnoso al balcon {^). Toscano: La roba fa stare il tignoso alla finestra ('). 148. Chi non ha del suo musare (stare a guisa di stupido) gè pò {'). Relativi i toscani : Chi non ne ha, non ne versa — Chi non ha, non è (■'). 140. La povertà fa l'omo bosaro (bugiardo) (*°). Relativo il toscano: Povertà fa viltà (^*). 150. Quela galina canta che se sente i" ovo (*^). Oggi: La galina che canta ha fato l' ovo (^^). 151. Chi non à i soi boi non ara quando el vote (' '). Oggi: Chi no ga boaria soa, al luni no ara (''). (1) Giusti, 276. (2) Gotti, 3-i. (3) Il manoscritto : seno de dri. (4) Lo stampato : no noa sei no à, (5) Pasqualigo, 73. (6) 11 manoscritto : a balcum. (7) Giusti, 248. (8) Lo stampato : musar. (9) Giusti, 249. (iO) Lo stampato : boxavo. (11) Giusti, 253. (12) Lo stampato : !^enlc ovo. (13) Pasqualigo, 2i7. (14) Lo stampato : Chi no ha soi bui no arct. Il manoscritto ; non a i su boy — quando 'l vole. (15) Pasqualigo, 52. — 414 - 152. Massara piena tosto fa cena ('), Oggi: Massara piena, fa presto da (;ena {'^). Apag. 92: *I53. Massara dura fa fameia fura. Questo proverbio siguifica, mi sembra, rendere la- dra la famiglia quella donna che non è buona mas- saia ; tanto più che il da iMontagnone lo ripete al ca- pitolo : De prodigalitate, idest de modo expensarum^ a pag. 96. A pag. 92 tergo : *I54. E l' è meio me (mio) che nostro (^). *IS5. Molin de consorte va ligà con strope (^). È relativo 1' odierno : Chi ga un compagno, ga un paron (^). Il da Montagnoue riferisce giustamente le parole : Communio solet excitare discordias della leg- ge. (Digest, tu. De legatis) ti, I. cum pater, § duUis- simis. A pag. 96: 4 56. Così cum (come) tu te senti così mena i denti {^). Oggi : Bisogna menar el dente conforme se se sen- te ('). *457. Dal summo de la lina se compensa la farina (^). *I58. Non eser largo ai soldi e scarso a le medaie (^). Relativo l'odierno: Chi tien le man strete, no ghe ne cava, ma gnanca ghe ne mete ('°). (1) Il manoscrilto: Masara plea. (2) Pasqualigo, 125. (3) Lo stampato : me dia nostro. (4) Il manoscritto : de cumsorte va ligà cum strope. (5) Pasqualigo, 80. (6) Il manoscritto : Così con tu te. (7) Pasqualigo, 291. (8) Il manoscritto : Dal sumo de la tina se consa la farina. (9) Lo stampato : No esser largo ai soldi e scarso a le mane. (10) Pasqualigo, 61. — i15 — A pag. 97 : *I59. .1 segnare non mancha caxon ('). rrobabilmenle dinota che al padrone non mauca mai scusa, motivo, poiché leggo al I 568: Coloro che ne sera caxon (Museo civ. di Padova, Corona^ n. 792, p. 302 tergo). A pag. 98: IGO. Chi non se piega se ronpe (^). Oggi: Xe megio piegarse che scavezzarse (^). 161. L' agnclo humele lata la soa mare e l' altrui (^), Oggi: V agnelo umile el lata da do marne, e 7 su- perbo da nna sola ("). A pag. 98 tergo : *I62. Tignoso sta en ponte e de tutti se fa pompe. Spiego cosi: li tignoso stando in luogo alto si fa beffe di tutti. *t63. Chi ha ci mal si ha le scherme. Probabilmente esprime, che chi ha il male, ha anche lo scherno altrui. A pag. IO! tergo: 164. L ovra lauda el mastro (''). Oggi: Da Coperà se conosse chi C ha fata {'). Cas- siodoro {Epist, lib. 4, ep. 30), citato dal nostro Gere- mia, scrisse: Perfectum opus suum laudai auctorem. A pag. 102: *l6b. Biasemo noze (nuoce) e senza foco coze (cuoce) (**). (1) Il manoscritto : casun. (2) Lo stampato : se rumpe. (3) Pasqualigo, 239. (4) Lo stampato : la sua mare e l' allrua. (5) Pasqualigo, 239. (6) Lo stampato ; loda e! maestro. (1) Pasqualigo, 283. (8) Lo stampato: Blasmo. Il manoscritto ; ìioce e senza foco cose. — 416 — A pag. \0^ tergo: *I66. Cavra (capra) per norbo se scaveza el corno. Oggi in vece che norbo diciamo norbin, morbin (mo- viraento soverchio di allegrezza). A pug. i 12 tergo: -167. Amore è orbo {'). Oggi: U amor xe orbo {^). *IC8. Amore no guarda palazo né richeze ('"). Relativo il toscano: Ogni disuguaglianza amore ag- guaglia (^). 1 69. Amore za non cura né rasun (ragione) né mensura (^). Toscano: Amore non conosce misura (^). A pag. 119: ^70. Chi sta bene non se mova. Identico dura ;jncora ('). A pag. 122: 171. Chi piegora si fa el lovo la magna (*). Oggi: Chi se fa piegora, el lovo la magna (''). A pag. 123 tergo: *I72. Corvo carogna non lasa (lascia) per vergogna (*^). A pag. 12 5 tergo: *I73. Donna casta non teme camarera bagassa. A pag. ^32: 174. Uomo asavio (sic) è mezo cumbaiu (combattuto) ("). (1) Lo stampalo : L' amor è orbo. (2) Pasqualino, 18. (3) Lo stampato5:^.4nior non guardo (sic) paraco (sic) ne rìdiczc. (4) Giusti, 44. (5) Lo stampato: Amor za no cnra raxon ne mesara. (6) Giusti, 42. (7) Pasqualigo, 92. (,8) Lo stampato : se fa lovo ci manducja. (9) Pasqualigo, 249. (10) Lo stampato : no laxa. (11) Lo stampato : mezo cornbatuto. — 117 — Nel manoscritto in vece di asavio leggesi aisaid, ma è chiara la scorrezione per assalto (assalito) nello stampato, e per assalta nel manoscritto. Oggi: Omo assalta, mezo perso V). Toscano: Uomo affrontato è mezzo morto {-). A pag. 137 tergo: J75. Chi veli dal male al bene cum entrambe mane lo re- lene ('). Toscano: Clii ha provato il male, gusta meglio il bene (^). A pag. 139: 176. fja grande angoxa dio la conza (acconcia) ("). Relativo l'odierno: Quando 7 caso xe disperà, la providenza è vigina {^). A pag. 1 4 I tergo : 177. .1/ chan magri va le mosche. Odierni: Ai cani magri se ghe taca le mosche — Le mosche va drio ai cani magri ('). 178. Chosì more el gran segnare cum (come) fa el lavo- raore (*). Relativi gli odierni : Sie pie de tera ne gualiva tuti- Quatro tote coverze luti — A sto mondo no ghe xe giustizia altro che ne la morte (^). (1) Pasqualigo, 250. (2) Giusti, 260. (3) II manoscritto : dal male al ben cum entrambe man lo reten. (4) Giusti, 132. (5) Il manoscritto : angosa dio la cunza. (6) Pasqualigo, 88. (7) Ivi, 85. (8) Lo stampato : signore cmn fa o (sic) lavoraore. (9) Pasqualigo, 226, 227. — US — Lascio ad altri occuparsi dei proverbi latini, che ci of- fre pure il da \Iontagnone, proverbi bellissimi in versi, certamente parto anche questo di tempi anteriori alla età di lui, e probabilmente anche di tempi romani riguardo ad alcuni dei proverbi stessi. Ho riportato poi i detti proverbi volgari anche per lo motivo, che sebbene nel complesso sieno di conio dialettale padovano, nondimeno porgono alcuni indizi del volgare il- lustre, dandoci anch'essi, come ho riferito innanzi, alcune voci nella forma di esso volgare illustre e nell'altra del dia- letto, quali le seguenti : Altrui{\0,SQ,ÌQÌ)eallru(QO). Biasemo (165) ehlasivarei^S). Chi in molli luoghi e che (115), pronome. Che in varj luoghi e dia (72), congiunzione. Core (41, 81) e cure (75) per cuore. Con (79, 143, 155) e ciim (44, 86, 175). Como (37, 55) e cum ^156, 1 78) per come. Convene (13'2) e convine per conviene. Coverchio insieme con soper- chio (129). Dw(l,2, 3, 19) e Z)eo (65). Dolce (60) e dolze (6). E in molti luoghi, ed et (60). Eugual (17) e guale (65) per eguale. Foco (165) e fugo (90, 116) per fuoco. Guai (48) e aguai (97). Ha (113, 114, 148, 163) ed ci verbo senza la iniziale h in varj luoghi. Lo (56, 107) ed el in molti luo- ghi. Longri (134), lunga (36) e lun- zi (41). Ladro (63) e laro ( i 32) per la- dro e laron (140) per la- drone. Lauda (164) e lolda (75, 85), e laldare (91) per loda, lo- dare. Mesura (109,121, 123) e men- sura (169). Non (16, 30, 31) e no (48, 70 e altri luoghi). Ode (117, 119) e laide (116) per ode. Ogni (9, 81, 97) e ogno (32), ogne (129). Pace (51, 53) e paxe (117). — 119 Più (127) e pi (34). Picun {[^'2) por piano ed em- yle (i35) per empir, e ple- ?ia('l52) pcrpie^a. Quando (67, 151) e co (G, 65, 66) por quando. Rompe (129, 160) e nimpe (17, 108). Soa (9, 161), sai (151), per sf<(Tr, suoi 0 ,so (44, 46, 148). Vicio (44) 0 t'ero (5) por vi::io. Vuol (65) e t'o?e(52, 87, 124) por vuole. Vede{U) 0 re (11,71). Volpe (98) e vulpe (93). E qui mi piace ripetere il consiglio di attendere a que- sti e ad altri seri e nuovi studi, consiglio che pui'e il Car- (iuv'ci (') rivolge ai giovani, ma [)ossiamo rivolgere anche a lutti, compresi quelli che sprecano tempo e fatica in plagj più 0 meno evidenti o in compendiare hene o male opere altrui, e consiglio che non saprei meglio esprimere quanto con le parole seguenti di quel robusto scrittore: « Badale » che per fare compiuta e vera la nostra storia nazionale » ci bisogna rifar prima o lìnir di rifare le storie partico- » lari, raccogliere o finir di raccogliere tutti i monumenti » dei nostri Comuni, ognun dei quali fu uno stato; e per » fare utile e vera la storia della nazional letteratura, pri- » ma ci conviene di rifare criticamente le storie dei secoli » e dei generi letterari, che tutti hanno un loro portato e » diversi gradi di svolgimento, le storie delle letterature » provinciali e di dialetto, ognuna delle quali ha il suo mo- M mento, la sua scuola, i suoi tipi ; e per luna e per l'altra » ci conviene raunare, discutere, raffrontare, ricomporre » le leggi e le forme dei dialetti, e i canti e i proverbi e le •) novelle e le tradizioni e le leggende italiche e romane, I) pagane, cristiane, del medio evo. — Provate gli studi » severi ; e sentirete il disinteressato conforto dello scopri- ') re un fatto o un monumento ancor nuovo della nostra •) storia, una legge o una forma incognita della nostra ar- ci) Confessioni e battaglie. Serie seconda. Roma, 1883, p. 96, 97. Tomo III, Serie 17. 16 — 120 — ») te, di quanto avanzi le misere e mjligne soddisfazioni di I) una troppo f.icile diagnosi intorno a un romanzo nato » male o a un>i manaleila di versi serofolosi. Entrate nelle 0 biblioteche e negli arehisi d' ììalia, tanto frugali dagli 1) stranieri ; e sentirete alla pri>va, come anche quell'aria o ») quella solitudine, [ìer chi- gli fi-equenti col desiderio puro » del conoscei'c, con Taiiiorc del nome della patria, con la » coscienza dell' immanente vi(a de! genere umano, siano Il sane e piene di visioni da quanto 1' ai'ia e 1' orror sacro M delle vecchie foreste. » Finisco col dare a maggiore prova della esislenza del volgare illustre accanto ai diulelti, già antica al tempo di Dante, 1' elenco sopra mentovato di \nci tiatte dui Codice diploììialico Padovano. E qui domando: poiciiè 1 documen- ti padovani, 1 quali sommano verso i iSiO ci porgono le quattrticeiilo e oltre voci die seguono, con la doppia for- ma di volgare illustre e di dialetto, (juante migliaia di voci con pari doppia forma non avremo se eguale spoglio fosse fallo dalle altre centinaia di migliaia di documenti italiani editi e non editi, anteriori al 1200? Ripetiamo, è tempo che si compilino i Codici diplomatici in ogni angolo d'Ita- lia. Senza questi non avremo piena luce e rimariemo anco- ra mollo lungi, conio siamo, dal conoscere la vera storia. (Conlinna.) LA CONSKJIYAZIONK DELLE FAlllNE, r.l E M O R 1 A PEL M. !•. LUI (ì I T 0 II E I. L I I. Antica svììpatia dell'anfore per questo tema. — Primi esperi- menti. — Loro abbandono e causa per cui si riprendono. — Valore da darsi a chi realizza invenzioni o nuove intro- duzioni, in confronto a chi le annuncia. — Esempio recente intorno al rimedio contro la crittogama , ed antico relativo al pomo di t'erra. Occupandomi io del tenia : «/>a conservazione delle fa- ìine»^ posso dire che torno ai vecchi amori. Tuttavolta que- sto tempo della legillima simpatia, e s'intende di quella che si traduce in atti e non ò solo di aspirazioni, le quali van- no e vengono senza lasciar traccia, non vuol calcolarsi a decine d'anni ; raggiunge invece i tre lustri. Credo utile al mio scopo il narrare come nacque, si svolse, e come poi s'affievolì, ma per riprenderlo, colia con- vinzione che siffatto tema ò ben lungi dall'essere stato stu- diato come si merita e che può dare ben allri frutti. Convicn eh' io rimonti al i87l. Era allora Prefetto di Venezia. Ogni giorno, ultimato T ufficio, soleva fare una passeggiata. — Ovunque mi volgessi doveva passar ponti. — 122 — In tulle le direzioni si trovano, in prossimitiì dei medesimi, le bolteglie dei cosi delti Oiadajvoli, che vendono farine, fra le quali primeggiano sempre quella di frumento e quella di grano tui'co o la farina gialla, come la chiama il popolo. Sogliono qiie' negozianti al iniiiuto collocare sui sacchi sles- si aperti, perchè si veda anche la qualità della farina, certe cifre colossali indicanti il prezzo, prendendo per unità il chi- logramma. Così vedesi, p. e., il sacco più in vista della farina gialla con un 18 0 20, scritto su d'un pezzo di cnrta senza pre- tesa calligrafica, anzi talvolta con orribili cifre, che un mio- pe peraltro può leggei'c a quattro o cinque metri di distan- za. Quella cifra significa, cito in quel giorno la fai'ina gialla vale in Venezia i8 o 20 cent, a! chilogramma, secondo la qualità. L' abitudine di passare dinanzi a quelle botteghe fa sì die le cifre vi rimangono impresse anche senza volerlo. Ora egli avvenne che, nel 1871, io vedessi una cifra, la quale mi parve di mollo superiore ad altra già da me ve- duta nel 1860. Volli verificare il fatto, e mi risultò da fonte ufficia!(>, ossia da notizie attinie alla Camera di commer- cio di Venezia, che mentre nel I8G0 la faiina gialla si ven- deva in Venezia a cent. 20 il cliil., nel 1871 il costo era sa- lilo a cent. 27. A fronte di quelle cifre io chiesi a me stesso : se non convenisse studiare il modo di conservare la farina pei- anni; e, dato che far si possa in modo perfetto, l)asare sulle differenze una speculazione, la quale potrebbe riescire una delle più utili ed oneste: quella, cioè, di forti acquisti di grano all'epoca di prezzi insolitamente bossi, per conver- tirlo in farina e venderla quando questa s'alza di valore. Evidonlcinenle, perchè ci fosse il tornaconto dello spe- culatore, e del pubblico in pari tempo, converrebbe che la vendita seguisse ad un prezzo minore di quello che sareb- — 123 ~ he sl.ito, se non si fosse ricorso al nu-lodo della conserva- zione della farina. È ovvio del pari a comprendei'si, che tale scopo non è conseguibile su grande scala, se non ammesso il caso, che l;i pratica di tale conservazione si generalizzi, il che richie- de non poco tempo, e che le opei'azioni si facciano a per- fezione. Ma ciò ammesso, chi non vede come l'ultimo dei risul- tati siirebbe uno dei più benefici che idear si possono, quel- lo di mantenei'e un equilibrio relativo nel prezzo dei grani e quindi delle farine? Mi affretto a dichiarare, che non si potià mai ammettere, che un equilibrio relativo in con- iVonto al passato; poiché sarei tosto tacciato di visionario se credessi, che si possa mai arrivare ad un equilibrio stabile. Quando la produzione può vai'iare di un terzo, della p.ìcià, e perfino del doppio, da un anno all'altro, per quanto un paese possa compensar Tallio, anzi non già un paese nel senso d'una regione, ma senz'allro possa una parte del glo- bo venire in ajuto deli' allra, vi sarà sempre un'oscillazio- ne, la (iiiale può ancor raggiungere forti proporzioni. Con- verrebbe, per diminuire o ridurre questa ai minimi termini, che in lutto il globo e da tutti i popoli si adoilasse il prin- cipio della piena libertà dei grani, si che nulla turbasse quell'equilibrio naturale che verrebbe a stabilirsi ; ma ci vorranno i lunghi anni prima di arrivare a quo! punto: ed anche allora si tratterebbe sempre d'un equilibrio relativo, ossia d' un'oscillazione ridotta entro confini più ristretti, e non altrimenti. Le facili comunicazioni hanno già contribuito non po- co a ridurre que' limiti; si ripete quasi assioma da molti, che oggigiorno le carestie dei secoli passati^ che davano tal- volta contingenti enormi di vittime alla fame^ non sono più possibili. Vi è del vero in quell'asserzione, ma conviene guardarsi dall' esagerarla ed elevarla a principio assoluto. — La carestia nelle In;lie ili pochi anni or sono, quella ilel- r Irlanda per la malattia elei pomi di terra intorno alla metà del secolo e che durò cltre un decennio, vi jn-ovano elle so nei nostri tempi le caieslie non sono più un Oagello cosi frequente come nei secoli passati, lo sono ancora tanto da meritare la piìi seria attenzione. Quand'anche non si possa ottenere che un relativo mi- glioramento nella oscillazione del prezzo dei grani, sarà sempre prezioso. Intendiamoci dun(iue hene. — Non si parli d'equilibrio stabile, utopia assurda quando la base ò si instabile, quan- d' anche si prendesse per tale l'intero globo. — Non si può e non si deve parlare che di diminuire le oscillazioni, le forti differenze fra uno e l'altro anno. A questo solo si può aspirare; ma credi) che si possa e che valga la pena di farne oggetto di serio esame e di espe- rimenti pratici. — Pieno di queste idee, nel iS7i feci an- ch'io il mio piano. Cei-to di ripetere esperienze già eseguite da altri, volli farle anch.'io; qualche cosa si guadagna sempre -mi proposi fondarvi i miei esperimenti su! doppio principio della conservazione mediante la sottrazione dell'aria e l'e- liminaziono d'ogni umidità e d'incominciare colla farina di frumento e grano turco, anzi di portare la speciale mia at- tenzione su questa, perchè espos'a ad oscilUizioni più forti ancora di quella di frumento e perchè la più in uso in tutla l'Alta ilalia. D'altronde intorno a quella di frumento si hanno dati positivi, mentre a me non fu dato trovare una serie di esperimenti ben precisati, eseguiti colla farina di grano turco. Questi esperimenti li incominciai nell'aprile dei 1871. Scelsi dapprima un tubo di ghisa, d'una ventina di cen- tim. in lunghezza e dieci di diaisielro, lo riempii di farina gialla. Ebbi cura di verificare che fosse ben asciutta, e chie- sto al sig. cav. Antonini il permesso di valermi d'un suo — 425 ~ torchio idraulico, ilei (|u.;lt> si serviva per comprimere la canapa elio inviava in Inghilterra, permesso che tosto mi accordò, feci una {)rin;a pi'ova. lìcnchè lo spessore del tuho eccedesse il ceiilimelio, al pi imo sfoizo hi spezzò come fos- se vetro. Diedi alloi'a ad un meccanico i iniaiico di preparai'c un alleo tubo, r.ìa (;de da resistere a sforzi lien più forti del primo. iNon mancò di farlo, e lo prc|)arò di egi'.ali dimen- sioni per capacità, salvo le juircti cli'ci'ano più del dop- pio si, che a stento un ui)mo poteva sollevare quel tubo di ghisa. La prova riesci bene ai primi esperimenti, e realmente la farina, soprattutto di fiiuiK nio, si condensava al punto da divenire poco meno che lapidea ; la farina gialla s'induriva un po' meno ; se non che avendo voluto spingci'e la jires- sione, anche quel lul)o si spezzò. Quel scconilo esilo infelice del meccanismo non mi ciimmusse gran fatto, perchè non era di mia soddisfazio- ne per un altro motivo. La pressione della farina conilo le pareli ei'a sì forte, che non si poteva estrarre se non a gran fatica ed a pezzi. A me importava invece che conservasse la forma. Dopo lunghi consulti si decise di abbandonare 1 idea del cilindro in ghisa, sostituendone uno in ottone, ma divi- so in tre parli eguali (tre sezioni verticali) ; e per andare sicuramente, si diedero due centim. di spessore alle pareli, sicché quel cilindro pesava 18 chii. Questo poi entrava in un alilo di ghisa, ma sì colossale per spessore, che occorre- vano tre uojrdni per alzarlo. Esso pesava oltre 200chi!ogr. Pensai, che con quello poteva anche abbandonarmi al piacere di fare esperimenti. Il meccanismo resistette ai maggiori possibili sforzi; tale e tanta era la compressione, che volendo far l'impronta d'una moneta sulla farina, con- veniva fare uno sforzo, [lerchè penetrasse tanto da dislin- - 126 — giirre qiinle moneta fosso. Onnnto alla pressione creilo di aver toccato T ultimo lisnile. Lo forme oltenute si rasso- migliavano ai straccliini tondi, avendo un dinmetro di 20 centimetri ed uno spessore di 14 in iScenlim. In quella massa compatta non vi entrava aria davvero. Conveniva porre anche le pareli esterne a! riparo dai^li insetti e dal- l'umidità. Un cartolajo si esibì di farmi scatole in caitone compatto e che chiudessero perfetlamenle. — Accettai, e se ne fece una decina : ognuna di esse poi'tava scritlo esterna- mente il giorno, in cui la farina era stata compressa. La ve- rificazione non doveva farsi prima di 5 anni. — Avendo abbandonato Venezia nel 1872, consegnai il tutto al R. isti- tuto di scienze, lettere ed arti. — 'Lasciai passare non cin- que ma sei anni, e nel 1877 volli verificare cosa era avve- nuto delle mie farine. Ebbi tosto questa lezione, che, quan- do si vogliono fare esperimenti, convien ponderare ogni più piccola circostanza. — ■ Tolte dal posto le scatole, vidi il fondo pieno di minuti fori; insetti piccolissimi vi erano pe- netrati, non so da quanto tempo, e si erano moltiplicati a milioni. — Aperta una scatola di farina gialla, quantunque dichiarassi per una vera sbadataggine fallito l'esperimento, ebbi però una consolazione. La massa della farina non era stata consumata tutta, vi erano qua e là globetti e pezzi d'ogni forma ch'erano rimasti illesi; sciogliendoli, non solo compariva la farina naturale, ma aveva ancora quella fra- granza ch'è propria del grano turco. Tutto ciò voleva dire che la farina non si era alterata, almeno quella, quand'an- che in piccola parte, ch'era andata immune dagl'insetti. • — Era effetto della potente pressione? La farina di frumento aveva subito la stessa sorte. Ritenni l'esperimento fallito, ma per una causa chiara e che lasciava libero il campo a più felice esito. Però non soggiornando più a Venezia, dove aveva a mia disposizione ([uel potente torchio idraulico, mentre invece il pesantis- — 127 — Simo macchinismo por altivare la compressione si trovava {1 300 e più ohilomolri, rinunciai a rinnovare i miei espe- rimenti. Allorché in 'questi ullimi tempi venne riflessa in campo la questione della pellagra e delle sue cause ; e le osserva- zioni microscopiche constatarono quella vegetazione che, invisibile air occhio, s'impadronisce con tanta facililù del grano ed altera la farina ; provai dispiacere d'avere abban- donato quegli esperimenti. Una circostanza, che posso qualificare felice, mi deter- minò a riprenderli. Conviene che pi emetta, come nel 1869 io facessi acqui- sto in Venezia di un (ermacarle (pressepapiè) in vetro, della forma d'un mezzo globo, bello nel suo genere e grande. — Nel mezzo è vuoto perchè, se fosse pieno, il suo peso sarebbe soverchio. - TullavoKa, così qnal era, a me pareva troppo leggero. I-.a parte piana avea nel centro un piccolo foro, vi introdussi dapprima sabbia, ma era troppo pesante ; mi venne in pensiero di riempirlo con farina di grano turco; fatta la piccola provvista, 1' intiodussi pel foro si che fosse perfettamente pieno, e poi lo sigillai accuratamente onde la farina non uscisse. Nel fare quelToperazioneera ben lontano da qualunque idea di voler fare un esperimento ; non curai né di verifi- care se la farina era ben asciutta, e tanto meno pensai a comprimerla, il che non era tampoco possibile. Il fermacarte fece il suo servigio per più anni, emigrò da Venezia a Milano, poi a Roma, e (ino a Tirano in seno alle alpi; ma per essere un po' incomodo pel suo volume venne relegalo in un armadio, finché quest'anno (1884) in settembre venne scoperto, dopo non so quanti anni di com- pleto obblio. Al vederlo richiamai ben facihuente che cosa contene- va. — Ripensai al mio esperimento fallito ed abbandonato iotno IIL SerieVl. 17 — 128 - sì ingiustamente. • — > Ma ! se quella farina si fosse conser- vata, non poti'ei essere in tempo di >"ipararvi? Non sarebbe un fatto indifferente. Sono quindici e più anni, e non è senza ragione cbe dico e più anni ; perchè rammento in modo positivo, che aveva fatto quel piccolo acquisto in febbrajo del 1869, si che i quindici anni erano scaduti col febbrajo I88i. Se occorreva, vi era anche la buona misura. La constatazione dello stato, nel quale si trovava la fa- rina, volli si facesse in presenza di testimoni, e venne scelto il 24 settembre corrente anno, avendo a commensali alcuni amici. Il fermacarte venne presentato, ed il sigillo venne tro- vato intatto ; si pesò e si trovò di un chilogr. e quattro ettogr. — < Tolto il sigillo, usci la farina nella quantità di 690 grammi, si che il recipiente vitreo pesava 710 gram- mi. — Il colore della. farina era perfetto, l'odore naturale, ma con leggerissiiiia tendenza al forte; assaggiata cruda e strofinata fra le dita dava lo stesso risultato; fatta cuocere e tradotta in una piccola polenta, non si poteva dire per- fetta, però mangiabile senza che ripugnasse a! gusto, e cre- do che una persona affamata l'avrebbe mangiata senza la minima esitanza. — Fra i presenti eravi un uomo della scienza, eh' io posso ben nominare, il dott. Angelo Andres, professore di zoologia all'Istituto superiore in Milano, il quale prese un pizzico di quella farina, lo sottomise al mi- croscopio, e la trovò perfetta, e coi suoi granellini scevri da qualsiasi materia eterogenea. 1! risultato avrebbe potuto liuscirc più perfetto; ma in complesso non fui mal soddisfatto. Posso anche aggiunge- re che la polenta avanzata si diede ai polli, che la divora- rono immediatamente. In realtà si può asserire^ che la farina si era conservata mangiabile; come si spiega quel lontano sapore amarogno- — 129 — lo? 0 (.la quellci, so jinclio n^inima, (lunnlilù di aria, elio plu- vi doveva essere quuiulu la cliiusi onlro sigillandola, o dal non essere pcrfellainenle asciutta? In ambi i casi, certo si ò, che non aveva potuto iniìuire che a togliergli la perfe- zione, ma non la qualità di commcslibile. La piena e pertotta segregazione dal contatto dell'aria è dunque un elemento certo. — Cosa vecchia si dirà, e sta bene; ma a me fece piacere l'averlo verititato aneli' io e poter dire: è un punto di partenza sicuro. — Si è Iratto il partilo che merita? ^o, indubbiamente no- Quale avrebbe dovuto essere lo sforzo dei teoretici e dei pratici perchè si traesse largo partito a benclicio generale? Quello di render popolare una speculazione certa nelT acquisto di grandi partite di grani quando cadono a basso pre;:zo, convertirle in farine, che dovevano avere un valore relativo al l)asso costo di quelli, e quindi venderle quando i grani, per causa qua!un(iue, si rialzavano. Ma questo fatto sì naturale, sì semplice, da divenir opei'azione comune non già imposta, non è avvenuto mai su grande scala, perchè basta prende- re in mano i listini dei corsi dei cereali e delle farine per convincersi. Come si spiegherebbe, p. e., che nel 1869 la farina gialla si vendeva cent. 20 al chilogr. enei 1871 a cent. 27 ? Evidentemente non vi erano forti depositi di farine ; la grande abbondanza del 1868 non spinse a ridurre a farina grandi masse; se ciò fosse avvenuto, il prezzo del grano non sarebbe sceso tanlo in basso nel 18G9, n)a all'opposto, U'd 1871 non si sarebbe venduta la farina a cent. 27. Il tema, ripetiamolo pure, uierita di essere studiato e seriamente, dietro i principi della scienza, e nella pratica a forza di esperimenii eseguiti a cenlinaja, a raigliaja, se occorre. Nella mia modesta sfera, e laddove mi sarà possi- bile, voglio studiarlo anch'io. Se non che ho d'uopo pri- ma d' intendermi col lettore. — 130 — Nulla è più frequente di leggere sui periofliri proteste e reclami intorno alla preininenza ili avere annuncialo la tale scoperta, la tale innovazione, l' introduzione della tal pian- ta, del tal rimedio e simili ; d'onde ne viene il corollario cbe, 0 si taccia d'usurpatore delle glorie altrui chi annun- cia cosa già da altri annunciata, o quanto meno si taccia d' ignorante, poiché doveva istruirsi. Domina, a mio avviso, un giudizio erroneo intoi'no al- l'importanza di queste priorità, di annunciare esperimenti ed innovazioni che vuol essere rettilicato, e lo voglio alme- no per conto mio; onde non si creda che, perfino se potessi fare un esperimento nuovo, voglia attribuirgli grande im- portanza. — Il merito, al quale si dovrebbe aspirare, non sta nel poter dire: 1' ho annunciato prima io, e posso pro- varlo colla gazzetta tale, colla pubblicazione che porta la datatale; ma sta nel far sì, che una cosa veramente utile si sparga, divenga popolare, rechi i fruiti che si attendono. È questa un' asserzione che merita d' essere ben pro- vata ; epperò mi si conceda questa prova prima di entrare iu materia. Molti indubbiamente di coloro, che si fecero a uìedita- re intorno al cammino dell umanità in mezzo a patimenti e sofferenze, ha dovuto meravigliare della lentezza, colla quale si propagarono certe introduzioni ed innovazioni, le quali, diffuse con maggior celerità, avrebbero risparmiato molti mali a generazioni intere. Si danno eseinpj che pajono incredibili; ed oggi che possiamo calcolare i danni sofferii, e misurare dai risultati anche la bontà dei rimedi, n(tn arriviamo a persuaderci come taluni abbiano potuto durar tanta fatica a propagarsi e divenire di pratica generale. 10 voglio citare due esempi soli, ma segnalati, recente l'uno, antico 1' altro. 11 recente si riferisce alle stragi economiche della crii- — 131 — l(ig;ìma Oidium Tukeri, limilaiuloini r.ila sola Ilaliii. — Ne! i 850 cominciò a dilToihlersi il fatai parassita, oti invase Provincie intere; nel 1851 si estese su grandissima scala, e nel 1852-53 raggiunse un maximum, che conservò per molli anni. — Innumerevoli fortune caddero a terra; si spelava nell'anno prossimo, ma quello tradiva, e cosi si an- dò avanti sempre tentennando e sperando; ma non vi era rimedio che salvasse? Ehhcne, si, il rimedio vi era; e non solo esisteva, ma era applicalo altrove, prima che il male faces^e la sua apparizione in Italia. — Nel 1848, proprio nell'anno per noi così fatato, in Inghilterra certo sig. Kyle di Seylon, possessore d' una gran serra^ ove si allevano viti, vide queste piante intristire, coprirsi di muffe (era la crittogama) ; prende fior di zolfo e le cosperge. Lo zolfo è un rimedio fra i più comuni, non avendo mai visto quella malattia, prova ad ogni buon conto e la pianta guarisce. La vite si liberò del suo nemico e diede il solilo fruito, ma le spore si sparsero: se e come traversarono la Manica, o se vennero iii Francia da altre parli, è questione inutile e nessuno la risolverà. Ma come fatto dirò, che apparve nel 1849 in Francia, e cominciò a diffondersi nel 1850, ed in seguito aumentò, ed era già forte nel 1852-53. — Come non si spargesse anche la notizia del rimedio dello zolfo su larga scala, non si spiega; certo taluni l'usarono ma pochi; e frattanto teoretici e pratici si dibattevano sulla bontà dei rimedi. — In Italia fu prima la Sicilia, per la causa ben na- turale che lo zolfo ivi costa pochissimo; e consta già che da non pochi proprietarj si solforava nel 1852. — Il paese, che venne dopo, fu la Toscana, ma non già i proprietarj in mas- sa ; lungi da ciò, furono pochi illuminati prop.-ietarj, come il barone Bettino Ricasoli, il sig. Roberto Lowley, ed al- cuni altri, pure non prima del 1854-55; la massa venne dopo poco a poco. Frattanto il Piemonte era flagellato, salve certe plaghe — ì:\2 — privilegiato immuni, o ciò pei- volontà della natura, non già per opera deiruoino: per conseguenza, cadevano a ter- ra famiglie a cenlinaja. — Viveva ancora Y Associazione agraria piemontese, quella che ha la sua gloriosa pagina anche nella storia del Risorgimento italiano. Era nata nel ^843, ed io fui fra i primi fondatori, benché lombardo, e ci tengo. Or bene, dopo il 1850 era divenula agraria dav- vero, perchè per far politica non s'aveva più bisogno di maschere; si occupava anch'essa sulla grande questione del modo di combaltere ìa ciittogama. Ne! 1857 io era vi- cepresidente. Colpito dai risultati della solforazione, benché contrastati, dissi ai miei colleghi: l'er sortire da queste con- traddizioni, conviene andare sul posto, e non credere che ai propri occhi. Andrò io in Toscana e riferirò. — Cosi, fra parentesi, dirò poi, che allora s'andava a proprie spese, a nessuno veniva in mente di farle pagare alla società; è una cuccagna d'oggidì quella di divertirsi a spese d'altri, e sopra tutto del Governo. — In Toscana, ove mi recai ai primi di luglio del 1837, percorsi i possessi del bar. Ricasoli, alcuni del Lowley, e rimasi meravigliato di due cose : dello splen- dido successo di chi solforava, ma anche della lentezza colla quale spargevasi il rimedio. — A T(M*ranova in Val d'Ar- no, p. e., era quasi unico il bar. Ricasoli, non occorreva chiedere ove fmivano i suoi possessi ; la distruzione com- pleta dei vigneti contermini ed il fetore lo indicavano. Così era nel Chianti. Vidi alcuni altri possessi, ma ne aveva al di là per essere convinto. — Acquistai un modello di tutti gì' istrumenti, il tubo a spazzola, soffietti e, quanto più im- portava, le pubblicazioni e le istruzioni. — Or bene, tutte erano recentissime; l' più antiche istruzioni erano quelle della Commissione di Sicilia, che datavano dal 1835; |>oi veniva uno scritto del Targioni-Tozzetti, ossia un suo Rap- porto sulla malattia delle uve del 1836; poi altre due pub- — 133 - blicazioni sulla solfatura; una del Lawloy gi;\ citato, e l'al- tra del prof. Paolo Savi, ambi di queiranno stesso 1837. Tornai a Torino e riferii; slesi una breve Memoria, raccomandando, quanto è mai possibile, la solforazione, e nel titolo stesso vi aggiunsi : unico rimedio finora cono- sciuto. La Memoria si sparse a 5000 e più esemplari. -- Si crederebbe ? Convenne sostenere una guerra con un medico, che, avendo salvato un pergolato con acqua di col- la, pretendeva che a quel rimedio, anziché allo zolfo, con- veniva (lare la preferenza. — Il 1858 fu l'anno di prova; non è a dire che la nostra Società non venisse ascoltata, e che i 5000 esemplari fossero sprecati; ma mi aspettava ben altro, ed ecco entrare in scena un dotto prelato, monsig. Losanna, vescovo di Biella. — Ei pubblica nel 1859 un bre- ve scritto, col titolo : Un cenno etnologico del Vescovo di Biella a prò de' suoi amati diocesani. — Quella pubblica- zione ebbe un esito splendidissimo. Fu l'ajuto più potente, e può dirsi che, veramente solo a partire da quell'epoca e dagli sforzi combinati dell'Asso- ciazione agraria e del Vescovo di Biella, la solforazione di- venne quasi generale in Piemonte dopo otto anni di stragi. Ma le cose non procedevano meglio in Lombardia. Nel 1860 eravi una provincia, la Valtellina, la quale da dieci lunghi anni non conosceva che fosse la vendem- mia, menlre era da secoli la principale sua risorsa. Pochi privali e con poco successo praticavano la solforazione. Nel 1860 si fonda un Comitato apposito per diffondere la solfiM'azione; il quale erige in Sondrio una macina, trae direttamente dalla Sicilia 2000 quintali, fa stampare 1 0,000 esemplari d'istruzioni che vende a 5 centesimi, ed allora la cosa cammina, e nel i86l si fa una prima vendemmia. L' anno dopo è la provincia di Bergamo che .tiene la stessa via ; sono gli uomini i più infiuenti che si costitui- scono in Comitato, anch' essi vanno diritti in Sicilia a fare — 134 — la provvista ; essi fanno stampare 20,000 copio delle mede- sime istruzioni, tutto si rianima, la fede nella solforazione si estende. Ma siamo gì;^ a! 1862 — siamo al 12." anno della tirannia della crittogama.- Senom-liè v'ha di piìi! Nel ÌHQìi il Ministro d'Agricoltura e Conunercio oi'dina una inchiesta amministrativa intorno all' estensione, clie lia preso quel meridio. — Chi lo crederebbe ? Vi erano ancor provincie, nelle quali una parte, ove più ove meno, ma che compren- deva un quai'to, un terzo e perfino la mila della provin- cia slessa, non solforava. — Allora fu data una spinta con energica raccomandazione ai sindaci e con la diffusione di -^0,000 esemplari delle popolali istruzioni. — Eravamo al 15" anno del flage!!). Volendo anunellere, che quell'epoca possa considerarsi come quella d^dla fede divenuta generale, il che però non è; ma che almeno gli impenitenti non formino che un'ec- cezione e non grande ; giova fermarsi sulle vicende del ila- gcilo e del rimedio: havvi da imparare per altri casi, e non mancheranno. Chi enumera le vittime nella sola Italia di quel flagello? Quante famiglie passarono dall'agiatezza alle ristrettezze, e dalle ristrettezze alla miseria? Non è egli doloroso il pensare, che il rimedio ha sem- pre esistito; e vi era chi lo adopeiava, prima ancora che facesse la sua comparsa in Italia ? Il sig. Kyle di Seyton faceva nel 1848 precisamente quello che, dopo tanto tempo, dopo tanto predicare, e pur troppo, dopo tante rovine, fece poi e fa ora la grande generalità. Come avvenne questo lentissimo progresso? Una spiegazione vi deve pur essere ; la difficoltà sarà il precisare la parte che vi ebbe cadauna delle ragioni, se pur si potranno accennar tutte. Anche fattosi noto il rimedio della serra di Seyton, questa condizione artitìciale della vegetazione in una serra — 135 — ha su molti affievolita l' idea, che il rimedio dovesse pro- durre gli slessi effetti in piena terra. Allorché intorno al 1850 e 1851 la crittogama comin- »'iò a diffondersi in Italia, e la Liguria fu fra le prime col- pite, sparse la nuova essersi da non so quale dotto sco- perto che nel secolo XtV eravi giù stata una simile malat- tia, la quale chiamavasi la polvere bianca, e non avca du- rato che tre anni. — l*] un po' lungo, ma infine sono tre anni e si rassegnarono. Allorché, sopportati anche quelli, fu peggio di prima, entrarono in scena speculatori intorno a pretesi rimedi, i quali potevano essere da essi somministrati per trarne parlilo. Quello della solforazione cominciava bensì ad esten- dersi, ma laddove lo zolfo era a buon patto. Però non ba- sta solforare, ma convien farlo a tempo ed a sufficienza ; nei primi tempi ila molli non si faceva bene e scarsamente, e quindi non riesciva : ed ecco allora alzarsi grida che si era ingannati, che la cura cominciava con una spesa non indifferente e quella era certa. Ma che nei primi anni si andasse a tentone, si com- prende ; ma avveniva invece ed anche in epoca avanzata, co- me negli anni dal I85G al i 860, che, quantunque fatta con tutte le cure possibili, non riesciva: perchè un altro ele- mento, un'altra causa paralizzava l'efficacia, la malafede. Pur troppo vi entrò, credo, in larga parte nel difficultare la diffusione. - Lo zolfo macinato si alterava con gesso e con terre di color giallognolo, ed i venditori non se ne fecero scrupolo; chi non solfora latifondi, l'acquista di preferen- za macinalo e non è in grado di scoprire 1' adulterazione. — I proprietari eseguivano tutto puntualmente, ma lo zolfo non agiva; ed allora annunciavano che da essi si adempiva puntualmente ogni prescrizione, ma perdevansi il danaro ed il tempo. Invano altri, che non erano vittime della ma- 'l'umo ni. Serie VI. 18 — Ì3Q — lafede, riescìvano; l'esempio infelice faceva più impressione, la spesa certa anticipala spaventava. — Questa lotta fu lunghissima: i casi felici dovettero moltiplicarsi, divenire comune la diffidenza verso i venditori dello zolfo macinato e preferire l'acquisto in blocchi, salvo il macinarlo, senza passare pel canale degli speculaioiM. Quiisìchè queste cause non bastassero, si aggiunsero pregiudizii strani : esser quello un castigo di Dio e doversi accettare. — !l sapiente prelato, il Vescovo di Biella, l'attaccò nel suo scritto con vero nobile sdegno ; ma non fu piccolo il male che fece anche questo pregiudizio. Così credo si spieghi il fatto, per sé doloroso, della lunga lotta. — Chi furono gli agenti i più attivi? Coloro che an- darono avanti coiresempio; ed a questo proposilo vuol es- sere ricordato un fatto, che non ha la base in un senti- mento filantropico, sibbene in una speculazione ma onesta ed utile, e può venire contrapposto nei suoi effetti a quella dell' adulterazione che fece si gran danno. Giù nel 1854-55 cominciarono alcuni Siciliani a i-ecarsi nel Napolitano, ed assumere essi la solforazione, dividendo poi il prodotto al che i proprietari acconsentivano, poiché per essi era tanto di guadagnalo. Fecero ottimi affari ; intorno al 1857 cominciarono a far quella speculazione anche i Liguri, venendo in Pie- monte. ■ — Tutti questi adoperavano ottimo zolfo e face- vano un beneficio a se, ma lo facevano anche alla causa comune. Dopo coloro, che davano 1' esempio pratico, convien porre: q^^'ci Comitati, i quali si dedicavano ex professo a spargere le idee sane e combattere !a malafede, procuran- do lo zolfo dalle origini. Solo ultimi, ed anche a distanza, si possono collocare gli scrittori; poiché se non voglionsi certo disconoscere i loro meriti, è un fatto che taluni fecero anche male, esal- — 137 - liindi), ?ia pure in luioiia fotlo, mozzi iiiadcqiiuti, o taluni combattendo la stessa solforazione. — Ma parte della poca efflcacia sta nella natura stessa di questa letteratura vo- lante. — 0 sono lavori che si inseriscono in pubblicazioni che sortono a lunghi intervalli, e di solito hanno un cer- chio ben listretto di lettori; o periodici quotidiani, ed hanno brevissima vita, poiché un giorno incalza T altro, una no- vità prende il posto dell'altra, si direbbe che nulla fermano sul serio. Lasciamo le onorevoli eccezioni: ma nel complesso, date le condizioni attuali dello sviluppo e diffusione della col- tura in Italia, non si può assegnare troppa larga parte alla slampa nel Anale successo. Quanto più si esamina questa massa di milioni di uo- mini, nei quali dovrebbero penetrare le nuove idee, più si fanno chiare le diftìcollà ; più si comprende come ognuno occupato di sé, nato e cresciuto in un ambiente, diftìcil- mente lo cambia ; pochi assai si fanno a studiare le inno- vazioni e vogliono dedicarvi tempo e fatica, convien tro- vare moiio di risparmiare a! pubblico l'uno e Taltra e per- suaderlo coi fatti. Fate ora 1' applicazione di quanto ho stabilito come principio, che il solo annuncio di esser primo o dei primi a divulgare una innovazione o rimedio, sia pure utilissimo, non costituisce gran merito, se questo non si diffonde, e vedrete se sono nel vero. Era foi'se piccolo il flagello della crittogama ? Non è forse un fatto, che il rimedio della solforazione era già noto all'epoca in cui comparve da noi il male? Dio sa quanti articoli l'annunciarono già nel 1850-51, quando cominciò a diffondersi in Italia, ma che? Si può dire che i loro autori hanno un gran merito? Che importa la precedenza se non siete ascoltato? Ho militato anch" io conlro quel flagello ; la mia pub- - 138 - blieaziono è di due anni anteriore a quella del Vescovo di Biella; ma credesi forse elie io osassi mai paragonare il ri- sultato del tentativo dell'Associazione agraria, a quello di quell'illustre prelato che fu il Vescovo di Biella? Riconosco una larga precedenza in lui nel successo ; certamente non fu inutile anche la pubblicazione della So- cietà che presiedeva, e che era in relazione col dotto ed illuminato prelato, ma chi venne in soccorso fu desso. — Il merito in queste imprese sta nel risultato. Diedi un esempio della lentezza, colla quale procedo- no i miglioramenti, anche laddove interessano le masse e tornano a loro vantaggio; l'ho tolto da un fatto moderno neir epoca dei contalli moltiplicati, della facile diffusione, per via della stampa, nell'epoca che avrebbe dovuto facili- tar tutto. Ho detto che volevo citarne un secondo, ma quello era antico ; e tratta anche quello d' uno dei tanti flagelli del- l' umanità. Nel primo esempio ho parlato di vittime a mi- gliaia, sia pure anche a decine di migliaja, ma per rovine d'interessi; nel secondo caso dovrò parlare di vittime a mi- lioni — e vittime nel senso più crudele, vittime per stenti e per morte. Il 1737 nasceva a Montdidié in Francia Antonio Au- gusto Parmentier da onesta famiglia, di possidenti. Eravamo ancor sempre nelle epoclie delle frequenti ca- restie, e con idee dominanti intorno al modo di combat- terle, ch'erano carestie d'altro genere, peggiori delle prime. Da quali combinazioni il Parmentier venisse condotto a portare la sua attenzione sul pomo di terra, come a ri- medio per combattere le carestie lo ignoro; forse per innata bontà d'animo : falto sta che fece scopo della sua vita la propagazione di quel tubero, ei vide in lui un salvatore delle masse, un nemico della fame, un freno alle carestie. Ma forsechè il pomo di terra era una novità in Europa? — d39 — TuU'alIro, il pomo di terra cr;i venuto dalle Indie Oc- cidenluli, ossili dall" America, nella prima metò del secolo XVI. Quando nasceva Parnienlier, erano già oltre a 200 anni che il pomo di terra era stato introdotto in Europa. — Que' due secoli e più furono secoli di carestie, e quali carestie ! Restringendoci a parlare dcirilalia, nel solo secolo XVI se ne contarono 17, tutte col contingente rispettivo di vit- time della fame; in taluni periodi non davano sosta; la ca- restia del 1544 fu seguila da quella del 1545. Poi vennero quelle del 1547 e 15 58, e le molte volle le carestie erano seguite dalle pestilenze, quando non erano anche contem- poranee ; le popolazioni cadevano a masse. Il secolo XVII ne annoverò anch' esso una ventina e non meno, con ta- lune susseguenti l'una all'altra, come il IG77 e 1678. Dopo la metà del secolo XVIII, che ne annoverò la sua parte, cominciarono a rinsavire i legislatori, a togliere le leggi che avevano sempre ottenuto l'effetto opposto, ossia quello di aggravare le condizioni create dalle carestie. Ma fi'altanlo cosa era avvenuto del pomo di terra da sì lunghi anni introdotto? Il pomo di terra non si diffondeva che lentamente. Ma come spiegar questo fatto? Si trova accennato, che dap- prima si sparse e che si accreditò la voce non esser cibo sano per l'uomo. Primo e generale suo uso fu come cibo pel bestiame, ed era il dominante, anche quando comparve Parraenlier. Ma è egli possibile appagarsi di tale ragione ? Non poteva forse venire rettificata ogni anno? Quando, in media, ogni cinque anni la fame batteva alle porte delle popolazioni d'allora, causa le carestie, non do- vevano trovarsi persone che ricorressero al pomo di terra ? Non aveva cambiato natura, era sempre suscettibile della gran moltiplicazione e diede sempre un alimento sano. — 140 — — Eppure (ale fu il fatto! — Aflìnchè si diffondesse, dovette soi-gere un vero apostolo a couibullere le opinioni erronee eol!\'eempio, con la v(Ke, con gli scritti. — Il suo apostola- to cominciò intorro a! 1760. — Era lain:acista, e nel 1774 fu nominato farmacista dell'Ospizio degli Invalidi a Parigi, posizione che gii valse di potere esercitare la sua influenza nel propagare il benetìco bulbo. — Nel i 803 Napoleone I lo nominò Ispettore generale del servizio di sanità, e gli conferì il titolo di Barone. Egli rese segnalati servigi e, ca- rico d'anni e di meriti, mori nel Ì8I2 a Parigi. Or chi mai negherebbe un posto distinto fi-a i filantropi i più benemeriti verso T umanità al Parmentier ? Ponetelo pure in confronto del primo o dei primi, che 200 anni addietro introdussero in Europa il pomo di terra, vi pare che spetlerel-be ad essi la preminenza di merito? Solo Dio potre!)be dire qual massa di vittime sarebbe stata risparmiata, se quell' apostolo fosse nato due secoli prima. — Non erano passati 50 anni dalla predicazione del Parmentier, che già in Europa si contavano a milioni gli abitanti, i quali avevano fallo del pomo di terra il principa- le loro nutrimento. — Qual prova più evidente della bontà del rimedio? Potrei citare non pochi altri consimili esempi; ma i due prescelti parmi che bastino per convincere, che in punto ad innovazioni e miglioramenti, il merito non consiste nell'esse- re primi ed annunciarli ed anche introdurli, ma nel far si che si diffondano, divengano popolari e procurino que' van- taggi che ad essi si attribuiscono. — 141 — II. Tesi che vuoisi provare con questo scvilto. — Base delValimen- lazione delle popolazioni nei secoli passati. — Carestie e proi'videnze contro le medesime. — Disposizioni legislative e loro natura. — Esempi traiti dalla, storia d'Italia. — Prime lotte per combattere le misure funeste. — Cause, che resero meno gravi le carestie nella seconda metà del se- colo passato. Reso più libero il campo, chiarito come il merito stia nel successo, posso annunciare, come spinto dalie mie con- vinzioni, voglia correre, (Indie posso, T arringo degli espe- rimenti anch' io, senza che per questo intenda darmi im- portanza. Ma questo studio richiede gran tempo, gli esperimenti vogliono anni. — Si è forse alla tenera etò, che pur deve avere una persona, la quale nel 1843 prendeva parte alla fondazione dell' Associazione agraria piemontese, che può lusingarsi d'avere ancora avanti di sé il tempo per consta- tare l'esito de' suoi esperimenti ? Osservazione giusta e di fatto. No, risponderò, non havvi probahilitiì di sorta, che, ri- chiedendosi pur poco tempo, ma calcolato ad anni un mio esperimento, ne vegga io il risultato ; vi è però il grande vantaggio delle Associazioni, dei Corpi che non muojono. Ammesso che i miei colleghi sinno persuasi delle mie ragioni, dividano la convinzione della loro ragionevolezza. Perchè non la faranno dessi questa verifica? Ora egli è precisamente con questa speranza che io in- trapresi gli esperimenti, so di confidarli a chi non sdegnerà prendere in esame le mie ragioni, e tener dietro accurata- mente ai risultati, e se buoni j):-oseguii-Ii, attuarli, ino!tii)li- carli : se ailiimenli, è una consolazione anche il dire, che _ 142 — non si fece male a nessuno — può esser utile anche l'esem- pio della buona volontà. Ora, che ho assicurato anche il futuro, è proprio tem- po che entri in argomento. Cosa mi propongo io di provare con questo scritto ? Che qualora si riescisse a conservare in modo perfetto le farine di qualsiasi grano per un tempo maggiore che oggi- dì^ e ciò con melodi facili, non dispendiosi^ sì che potessero divenire d'uso generale, si fa fare un gran passo alla que- stione delle sussistenze preso nel senso il più lato. La base principale dell'alimentazione delle popolazioni ne' secoli passati furono i grani, e fra questi primeggiò sempre il frumento. Alla coltivazione di questo cereale fu- rono rivolte, dalle epoche più rimote e si può dire presso lutti i popoli dei quali si hanno notizie, le cure degli agri- coltori intelligenti. — L' economisl;'., che cercò un punto d'appoggio stabile, per farsi un concetto del valor reale delle derrate, nel cambiare de' secoli e del valore rappresenta- tivo dei metalli preziosi, dell'oro e dell' argento, non seppe trovarlo migliore che nel frumento. Data una misura unitaria, come sarebbe in oggi il quin- tale, cosa potevasi ottenere come equivalente in altre der- rate, come orzo, vino, frutta e non solamente di grani e prodotti agrari, ma d'ogni altro genere e di opere; in altri termini, quanto frumento chiedevasi per una pecora, un bue, un cavallo, e cosi anche per l'opera umana, quanto frumento per una giornata d'agricoltore, di fabbro, di mu- ratore, e cosi via nelle diverse epoche? Se fosse possibile stabilire quella relazione per ogni og- getto e per ogni tempo e luogo, si avrebbe un' idea esalta del valore nelle determinate epoche. L' essere stato scelto il frumento come la naturai pietra di paragone, lo deve alla sua qualità di essere sempre stato principalissimo fra i prodotti, che servono all'alimentazione dell'uomo. — 143 - Le parole al)l>ondanza e careslia, applicale sopraltiilto alle epoche passale, risvegliavano loslo, ed a preferenza, l'idea d'un buono o d'un eallivo raecollo del frunienlo. L' abbonJanza di quella dei-rata poteva correggere la mancanza o delicienza di <>ltre, ma nessun' altra suppliva quella del frumento. - Un raecollo abbondante di vino non cambiava un anno di scarso raccolto di frumento in anno buono, se anche un parziale sollievo pur lo recasse. Quanto le sorti delle popolazioni dovessero alloi-a di- pendei'c daiTcsito del raccolto d'ogni annata, si comprende di leggieri ; ma con egual facilitù il pensiero si porta alla considerazione del bisogno, che devono aver sentilo, di cor- reggere cogli anni di abbondanza gli anni di carestia. Che significato poteva avei'e l' idea della previdenza, r idea del risparmio pei tempi infelici, se non quella di procurare la materiale esistenza di masse di frumento ed altri cereali accumulali negli anni di abbondanza ! Ma poi, interrogando i fatti, la storia, abbiamo noi una prova, che ciò fu possibile su grande scala, e che venne attuato in modo determinalo? Purtroppo la risposta è negativa. — Nessuno ha soste- nuto, e tanto meno provato, che gli antichi avessero trova- lo il modo di conservare il frumento per anni, sì che V ab- bondanza dell' uno correggesse la scarsità dell' altro e che lai metodo si fosse anche generalizzato ; la storia non le- gislrerebbe tante carestie fatali, tanti anni di fame, tante miserie. Tuttavolta può asserirsi, che assolutamente nulla si fa- cesse direllriraente od indirettamente? Anche questo non si può asserire. — L'uso di conser- vare il frumento nei pozzi bene asciutti è antichissimo e si è sempre mantenuto. In Russia, in Ungheria e nella stessa nostra Italia dura sempre; ma fin dove può esso ari-ivarc? Può desso superare i due anni? Non credo ; avrebbe influito iomv JJIj òe/ic VI. 19 ~ Uì — in modo diverso sui prezzi. Quiiiido si avevano lanti esempi di prezzi, clic in ogni quinquennio andavano quanto meno al doppio e vi era il 100 per 100 di guadagno, come non far ogni possibile per conservare almeno un triennio le scorte? Indirettamente ne conservarono, certo nessuno diri'i in qual misura; ma non più come frumento in natura, bensì farina^ e trasformata anch'essa in biscotto. — Credo, che questo sia uno dei prodotti dell' industria umana, che non conosce l'atto di nascita, tanto è antico; ma che prendesse si vaste proporzioni da mitigare le carestie, anche questo non possiamo dirlo. In che cosa risolvevansi allora i provvedimenti contro le carestie ? fn disposizioni legislative per impedire che i gi-ani uscissero dai rispettivi Stati; nell'acquisto di grani a spese pubbliidie in paesi, che avevano avuto raccolti meno infelici; e spesso, anzi troppo spesso, in disposizioni violente, arbi- trarie di fissare a capriccio i prezzi, ai quali i grani dove- vano essere venduti. Le disposizioni prese nei secoli passati e tradotte in leg- gi, che dovevano servire di norma stabile; quelle prese oc- casionalmente da governi e da principi sovrani, per com- battere le carestie, esaminate oggigiorno, dietro la scorta dei falli ed al lume della scienza economica ; costituiscono una delle prove più umilianti del tardo senno, della debole ragione umana, poiché per lunghi secoli questi provvedi- menti furono vero ammasso di disposizioni violente ed as- surde che producevano l'effetto opposto. Era generale, quasi fosse indicata da! buon senso, la di- sposizione, che veniva proibita T esportazione dei grani dai rispettivi Stati, quasiché ov'era proibito l'uscire si corresse ad entrare. Erano obbligati i proprietari a denunciare il quantitativo che possedevano, pjoibito il far provviste oltre un dato limite ; e si arrivò peifìno a proibire ai privati il - 145 - far pano; doveva \ou\v fallo dai prestinai, daj^li appallalo- ri inflne: da ogni parto s'incontrano l'assurdo, la violenza, l'arbitrio, e non di rado poi lo sciupamento in mezzo alla miseria. Siccome però le carestie erano pur troppo frequenti, si può immaginare come dovettero trovarsi le popolazioni. La storia ò piena d' esempi di sommosse popolari nelle cittìi, d'invasioni dalle campagne nei gran centri, in cerca di pane, e come ultime conseguenze le miserie, le pestilenze e le morti. Un autore toscano, in un' Opera del secolo passato, intesa a rendere meno gravi le carestie, menzionando la carestia del 1340 cita il seguente fatto: (') Nel 1340 fu gran carestia in Toscana. — La com- pagnia della Misericordia in Firenze sotterrò nel mese di marzo 300 poveri morti di fame. (') Nel 1 544 il Dvca di Firenze volle arbitrariamente las- sare il grano in L. C.4 lo slajo., che ai mercati valeva L. 8 4. — Quest' atto arbitrario affamò subito la città. Per questo funesto abbaglio si videro iS.OOO poveri andare accattando per la città e Ira la città e dominio perirono di fame 60,000 persone. In quel solo aniìo e nella sola Toscana perirono di fa- me 60,000 persone; si pensi cosa ha dovuto essere nell'Ita- lia intera e qual somma di vittime devono presentare le ca- restie nel loro complesso. Si comprenderà come si deve elevare a milioni. Nel 1722 si dettero in appalto i 17 forni della città di Napoli per 36,200 ducati (^). (i) Alimurgia, ossia modo di rendere meno gravi le carestie , di Giovanni Targioni-Tozzetti. — Firenze, 4767- (2) Dei provvedimenti annonari del cav. Giovanni Fabroni. 2.^ edizione edita da Guglielmo Piatti. — Firenze, 1817, pag. 30. (3) Idem, pag. 282. — 116 - Fra i governi che niarliiizzarono I" ftalia, il più liisle [i('i- (.lisseniicìte ci. sposizioni nel eo'.r.batlere h' caiestie, fu lo Spagnuolo ; quella citala ne offre un f scnipio. Ma si ag- giunga, per completare le idee, eh' era proibito ai fornai (per legge del 30 luglio 1697) acquistai- grano al di là di quello che può occorrere per un mese. Come non bastassero i danni cagionati dalle carestie e rinforzali dalle assurde disposizioni per combatterle, si ag- giungevano perline danni cagionali da anni di abbondanza. In un breve lavoro del secolo XIV di un frate don-e- nieano (Vincenzo Fineschi), clie ha prr titolo: Istoria cnm~ pcndiata di alcune anliche caresiie e dovizie di grano oc- corse in Firenze, sìido pubblicalo nel !767, si legge al- l'anno 1331 quanto segue: Anno di abbondanza. — I prov- vedUori avendone provveduto (di grano) olire il bisogni), obbligarono i panatlleri a comperar il grano dal Comune. il grano era guasto, si fece pane non mangiabile, e si finì col perdere, ossia abbandonare Indo il gremo guasto. Da quel lavoro si deduce ani he a quali estremi, ed in breve tempo, si poteva giungere col prezzo dei comiiiesli- bili. Quel gr;mo, che nel l?.2')-30 era salilo a soldi 36 lo stajo, era disceso nel 4 332 a soldi 9 e IO, ma per salire nel 1334 a 24. Il Couìune di Firenze nel 1375 scapitò 150,000 zecchi- ni in perdita sui grani fatti venire dall'estero, e nel 1388, 200,000 ('). Per citare un ultimo esempio delle violenze, fra le in- numerevoli cui si ric(U'reva, ecco cosa si legge nell'ope- ra citala del Targioni-Tozzetti : Anno i647. Anno di carestia. A dì 5 maggio nel Pislo- jese cadde una improvvisa ed abbondante neve -• ne seguì mia carestia. — // magistrato dell'Abbondanza autorizza i (1) Dei provvedimenti anonari; opera citata. - \M — soldad delle bande a visitare le cane di 'incili che avestern f/rani e biade e riscontrare le portate (alle, e quello elicsi trovasse di più del notato in porliita (') fosse acquistato per i medesimi soldati inventori. — Firenze, Bando 27 otto- bre I6i7. I^e bande, autorizzate a quell'operazione, erano costi- tuite da ciò ciie di più triste offiiva la società d'allora. — Stavano frescbi quei proprietari ! Ma, per lo scopo che mi sono prefisso, credo che gli esempi citati possano bastare e forse lianno fatto nascere in più d'uno il desiderio di apprendere come si sortì da quel gineprajo, tanto fatale alle povere popolazioni, sì spes- so bersagliate dalla natura, ma più ancora dalla stoltezza dej^li uomini. Cjon legittima compiacenza possiamo dire, che fu l' Ita- lia, ltturiere in Pariu:!. — Conservar le carni ed i legu- mi mediante la parziale cottura e completa sottrazione dcir aria, non (die di ogni contatto, ecco il principio fon- damentale. Il suo sviluppo però richiese più anni, sì che suolsi assegnare il 1800, siccome l'anno del trionfo assi- curato; perche" la marina francese militare adottò quei metodi. Ma poi, e soprattutto ristabilita la pace, poche in- dustrie ebbero cosi prodigioso sviluppo: le marine di tutti gli Stati, le militari e le mercantili se ne giovarono. Si può anzi dire, che la marina ha avanti di sé un'altra esistenza, e non sono già decine, ma centinaja di milioni, che oggi- giorno vengono impiegati nell'industria Appert; la quale, come si disse giustamente, mette in conserva anche le sta- gioni. Le earni affumicate di Amburgo erano un giorno quan- ti) di meglio si aveva su d' un bastimento ; oggidì si può avere un pranzo squisito, preparato a Londra, a Paiigi, ad Amsterdam. Benché lo sviluppo di non poche di quelle invenzioni appartenga a tempi più recenti, molte ebbero principio in quel torno, os^ia nella seconda metà del secolo passato, e contribuirono a rendere meno frequenti le carestie; quan- tunque anche quel periodo no abbia conosciute di gravi, quale si fu quella del 1703, susseguita da quella del I7C5. Tomo HI, Serie VI. 20 152 - III. La grande carestia del Ì8i6. — Particolari attinti da contem- jìoranei in uno dei paesi delle Alpi, che furono i più af- flitti. — La febbre petecchiale del i817. Per quanto agitali siano stati la fine del secolo passa- to, ed il j)rincij)io del corrente, quel gran lisvegiio d'atti- vità generale aveva migliorale le condizioni dell' esistenza, creando nuove risorse e rendendo sempre più difficili le calamità, conseguenza delle carestie. Tuttuvolla anche il nostro secolo non andò immune, ed una ne conobbe, la quale nulla ebbe ad invidiare a quelle dei secoli passati malgrado i mezzi moltiplicati per com- batterne gli effetti: il che induce a credere, ch'essa sareb- be stata fra le gravissime anche in que' secoli, nei quali più infierirono. — Essa fu la carestia del 1816. Forse non sarà discaro averne un'idea. Io slesso ebbi un giorno il pensiero di raccogliere nozioni positive e par- ticolari intorno a questo grande flagello; ma non mi venne dato di trovare alcun lavoro speciale in proposilo, benché avessi fallo direttamente io stesso, ed anche fatto fare da altri, ricerche in molte biblioteche. Tultavolla una lonta- na idea, non per quanto lessi, ma per quanto udii da testi- moni oculari anzi da pazienti stessi, cercherò di darla. Devo restringere il campo a breve regione. — È una regione alpina; ma fra quelle che, per le condizioni di allora, furono fra le più colpite. I fatti, che narro, riferisconsi all'Al- ta Valtellina, avente qual centro il grosso borgo di Tirano. Convien premettere che l'annata era stala infelicissima: nulla erasi maturalo, non il frumento, non la segala, né il grano turco sia in pianura, sia in montagna. — Alla fine di ottobre l'uva, che costituisce il principale prodotto, era an- — 453 — cor verde, unico prodoUo ulilizzubilc, ma fiilaliiìeiilc scar- so; perchè non era introdotto che su piccola scala il pomo di terra. Sino dal novembre 1816 tutti i generi di prima neces- sità erano saliti al triplo e più dei prezzi ordinari: essi se- guirono un corso ascendente, da arrivare al quadruplo e perflno al quintuplo nei mesi di marzo ed aprile del 1817. Giù quando i [irezzi superavano il triplo, non erano più accessibili ad una gran massa non solo di poveri nel sen- so assoluto, ma anche di piccoli proprietari, che la carestia aveva privato dei loro redditi, sì che fu giuocoforza far debiti. Senonchè ben presto anche questi incontravano un limite, atteso l'enorme prezzo delle derrate. Si ebbe ricorso a far pane di segala misto con crusca; dapprima prevaleva la farina, a poco a poco aumentava la crusca, ma anche quella si esauri ed allora si ricorse alle vinacce. Spremute le uve, sole\a allora ogni famiglia far l'acquavita, e poi le vinacce si spandevano sui solai per asciugarle, e traevasene ancora partito dandole ai porci, però in dose misurata, per cui una troppo forte sarebbe slata loro dannosa. Di quelle vinacce ve n'erano in certa quantità, perchè durano più anni inalterate, se bene essiccate. Si ebbe ad esse ricorso, e si fa- cevano macinare, poi mescolando quella farina colla quan- tità, che potevasi procurare di quella di grano saraceno, facevansi polente nere più o meno digeribili, secondo la prevalenza delle vinacce. Ma che! si arrivò al punto da esaurire anche tale misera risorsa : e per dire a quali estre- mi si giunse, basii accennare, che si cercavano i tòrsi del mais, contenenti il n)idollo nel centro, la cui potenza nu- tritiva dev'essere ben piccola, e eoa un ferro si estraeva quella sostanza. Una risorsa, benché piccolissima, l'offrirono i gatti ; l'uo- mo dava loro la caccia, com'essi la danno ai sorci ; ma an- che questi non erano in condizioni migliori ; si prendevano, __ -154 - ma erano cibo bon più sano che la polenta fatta con farina di vinaccie. Sotto più d'un rapporto le condizioni delle po- polazioni più travagliate rassomigliavano a quelle dei rin- chiusi in città e fortezze assediate. L'Aita Italia soffri molto da quella carestia; e quando nel 1836 e 1837 si presenta- rono i coscritti alla leva militare, un numero straordinario d'inabili, in confronto degli altri anni, rammentò i duri stenti e le privazioni alle quali avevano dovuto sottostaro le povere loro madri. Questa condizione fu generale e pro- vò, che se gli effetti della carestia furono più crudeli nelle Alpi, nessun luogo fu risparmiato. Non è a dire che la carità pubblica fosse tiepida; si vi- dero allora, come sempre in Italia nelle grandi sventure, esempi di splendida carità ; ma il male essendo generale e scarse le grandi fortune, trovava anch'essa un limite. — ■ Non pochi Comuni fecero debiti, che non riescirono a paga- re se non dopo moltissimi anni. — La carità, gli sforzi dei privati, dei Comuni e dei luoghi pii combatterono, lottaro- no col gran flagello, ma la fame volle le sue vittime e le ebbe; ma quante! Dio solo le ha contate, ma le ebbe, e non poche pur troppo! - Un tratto caratteristico, che ras- somigliava quella carestia alle più tristi dei secoli passati, era la caccia alle erbe da parte dei fanciulli; si tosto, al- l'aprirsi della stagione, nel memorando 1817 cominciò a destarsi la vegetazione, vedevansi schiere di giovinetti d'am- bo i sessi, muniti di un ferro ricurvo o d'un grosso chio- do, spandersi pei prati e per le selve sradicando erbe e ra- dici mangiabili anche dall'uomo ; la fame aveva loro appre- so come distinguerle, e felici quando potevano trovarne per saziarsi (')! - Finalmente col giugno e luglio del 4 817 co- (1) Tali sarebbero fra i più comuni: Erba maddalena (Cam- panula persicifolia) — Erba brigoìosa (Anchusa angustifolia) — Dente di cane (Leonlodon taraxarum) — Gci?p?f (Valeriana locusta) — 155 — lìiinciarono a maturare frutti e grani e farinacei, si che al- meno il flagello della fame non imperversava più tanto; ma a quello tenne dietro un altro, qual diretta conseguenza, la febbre petecchiale. Il cattivo nutrimento recava i suoi fruiti: all'anno di fame succedeva Tanno di pestilenza ; una febbre ardente s'impadroniva dell'ammalato, il corpo coprivasi di petec- chie e non pochi morirono. Cosi l'ultima carestia volle essere segnalata con un al- tro flagello, ed ambidue fecero il gran male. Non occorre che ripeta come i pochi particolari, da me dati della carestia e della fame nel Ì8I6, se anche ristretti a breve spazio, sono esalti, perchè non mi vennero giù som- ministrati da chi li udì, ma da chi ebbe a provare gii effet- ti : parlai con uomini allora giovani, che passarono per tutte le gradazioni, dal cibo buono al mediocre, e da que- sto al callivo; conobbi donne, che avevano una perfetta conoscenza delle erbe e Taveano acquistata a quella si du- ra scuola. Gli esempi addotti possono rappresentare le sof- ferenze di popolazioni sulle quali più si aggravò la sventu- ra ; ma la pestilenza, che nel 1817 fu generale, come giù osservai, provò anch'essa che, ove più ove meno, imperver- sò dovunque. — Lovertis (Huniulus lupulus) — Erba cucca (Runiex scutatus) — Pan e vin (Ramese acetosa) — Ortica (Urtica divica), .ed altre. — i56 — IV. Della probabilità o meno che si rinnovino le carestie. — Pro- gressi dal Ì8i6, che tendono a renderle più difficili. — Non vuoisi escludere la possibilità. — Ragioni di questa riserva. — La conservazione delle farine si presenta come uno dei rimedi. — Esperimento, che propongo di fare su quella del grano turco e su quella delle castagne. Dopo r impressione, che suol lasciare la descrizione di una sciagura, si sente il bisogno di un sollievo. Ora mi pare che questo sia il luogo opportuno per trat- tare la questione intorno alla probabililù, che possano o no rinnovarsi simili flagelli. Per prima cosa converrà esaminare le condizioni pre- senti, se e quali progressi siansi fatti dopo la carestia del 184 6, i quali valgano a combatterne gli effetti. Se nella seconda metà del secolo passato il migliora- mento nelle legislazioni, i metodi perfezionati, le nuove in- venzioni, le comunicazioni moltiplicate avevano giù avuto per risultato di mitigare gli effetti delle carestie, che si do- vrà dire del progresso in proposito, il quale, verificatosi nella prima metà del nostro secolo, continua sino a questi nostri ultimi tempi? Se prima si andò di passo più celere in confronto del passato, in questo periodo non solo si cor- se; ma si cambiarono sostanzialmente le basi, gli elementi stessi del progresso. Le nuove vie, i canali nuovi, i nuovi fari, i nuovi porti, le illuminazioni delle città o grossi centri nel periodo accen- nato, cioè dalla seconda metà del secolo scorso venendo al primo quarto del nostro, furono miglioramenti, ma non altro; le strade moltiplicate e meglio tenute, i canali, i por- ti, i fari, le illuminazioni richiamavano le antiche ma perfe- - 157 — zionate- Non così nel nuovo ultimo periodo, quello in pieno corso: le strade ferrate hanno surrogato le vie comuni, i vapori sui mari, e sui laghi hanno surrogato le navi a vela ; le illuminazioni a gas hanno surrogalo quelle ad olio; il servizio postale, dopo il beneflcio dello strade ferrate, ebbe quello dei telegrafi. — Il telegrafo ha toccato l'ultima meta possibile. Non conosce nò spazio, né tempo; ed una linea, che facesse tutto il giro del globo e non incontrasse osta- coli, vi recherebbe in pochi secondi le parole affidategli per far quel giro. — Questi non sono miglioramenti, ma novità, invenzioni, e di qual natura ? Sono di quelle che Pietro Ver- ri collocava fra le più utili, perchè «(/t tulle le invenzioni, disse quel celebre economista, le più benemerile del genere umano sono quelle, che accostano l'uomo all'uomo e ridu- cono il genere umano a massa». Ora tutte le accennate hanno quel carattere in grado eminente. Alla fine del secolo passato occorrevano dieci a dodici giorni per andare da Milano a Parigi e con grossa spesa : al presente bastano 30 ore e con tenuissimo sacrificio. - I più perfetti velieri impiegavano tre mesi a traversare l'Oceano dall'Inghilterra a Nuova-York, e ciò anche nel nostro secolo e ben avanti. — L' audace Syrius, vapore di mediocre di- mensione, lo traversò il primo nel 4 838 ed impiegò 4 7 giorni. Oggidì vapori colossali di 4000 tonnellate lo attra- versano in sette giorni. — Povero Verri ! ci non conobbe una sola di queste innovazioni (*); almeno il grande Volta apprese quella delle strade ferrate, e travide l'avvenire del- la sua scoperta madre (^), di quella Pila, che ha già prodotto tanti cambiamenti e tanti ancora ne produrrà. (1) Il Verci mori iu Milano sua patria nel 1797, nell' età di 09 anni. (2) 11 Volta^ nato il 18 febbraio 1745 e morto il 15 marzo 1826. — 158 — Credo che bastino i citati progressi per giustincare la sperata asserzione, che la carestia del 4 816 sia stata l'ul- tima ; e nel fatto fu anche tale. Ma se tutte le probabilità portano a quella conclusione, è egU detto per questo che sia assolutamente impossibile? Si può credere ben difficile, ma impossibile no; e vai la pena di trattare quest'argomento. La ragione principale, od almeno una fra esse, sulle quali si fonda la speranza, che in avvenii'e non si rinnove- ranno le carestie onde furono tanto afflitti i nostri padri, ò forse mai quella d'una maggior regolarità nelle stagioni? No, per certo: sarebbe una ragione senza base, una ragione aerea. Se in passato si fosse tenuto conto esatto, come si tiene in oggi, delle vicende meteoriche, si vedrebbe quanto poco differisca sotto tale rapporto un secolo dall'altro. — I cambiamenti avvennero ed avverranno (informi lo Slop- pani), ma a periodi di migliaja di secoli, e possiamo fare a meno di occuparcene. Non conobbe le strade ferrate esercitate dal vapore, ma sibbene le strade ferrate sostituite alle comuni. — Quando morì eravi in Inghilterra già aperta da più anni la linea da Stokton a Darling- ton di 70 chilometri, e nel continente quella da Linz a Biidweis di 30 chil., ma esercitate a cavalli; e solo nel 1832 venne in Inghil- terra stessa sosiituito il vapore ai cavalli, ed il primo esperimento venne latto sulla ferrovia da Manchester a Liverpool. Quanto alla scoperta della pila, che qualificai col nome di sco- perta ìnadre, è questo un titolo datogli dallo slesso Volta. Poco dopo la scoperta, avvenuta dal 1799 e 1800, e quando non era ancora ben divulgata, trovandosi egli una sera in Gonio sua pa- tria, dopo finita una partita di tarocco, un amico di casa, buon uo- mo ma punto scienziato, gli chiese in comasco: se la sua scoperta sarà una scoperta utile ? — Rispose in buon comasco : La mia scoperta è una scoperta mamma. — Amico d' un nipote diretto del grande fisico, garantisco la velila dell' aneddoto da esso nar- ratomi. - 159 — Noi, e lunga serio di genorazioni future, vedremo an- cora succedersi le stagioni, come le videro i nostri padri fin dove arriva la nostra memoria ; ogni secolo avvenire conterrà, come i passati, anni felici, anni mediocri, anni in- felici ; la differenza sta i)eH\)[ioi'a dell'uomo, nel paralizzare le conseguenze degli anni infelici. Per disposizione provvi- denziale, la legge dell'avvicendarsi è una legge generale, che non include la eontemporaneitù ; e mentre talune regioni contano anni felici, altre contano solo mediocri od infelici. — Sì è l'uomo, che procura (li livellare le condizioni ; e sì è con quel mezzo ch'egli perviene a scongiurare gli ef- fetti delle carestie. Ora il progresso, in questo senso, dal 181 C in poi fu straordinario, come accennammo, e giammai in addietro creduto possibile; non sono singoli Stati, che si collegano per ajularsi, sono le parti intere del globo, h) quali per na- turale reciproco interesse s' incontrano sul gran mercato mondiale: un eguale interesse spinge gli uni a chiedere ciò che loro manca, e gli altri ad offrire quanto hanno di su- perfluo, i prodotti si livellano. Solo in questo senso si può dire, che le carestie in avvenire non sono più possibili. Sa- rebbe però più logico il dire gli effelii della carestia. Ho già toccato di volo questo tema per dire, che non conviene però elevarlo a principio assoluto, ma invece stu- diarlo seriamente ; perchè, a fronte di tanti progressi, pos- sono ancora verilicarsi condizioni ben dilìicili, che im- porta bene di prevedere. Siccome questo è lo scopo, al qua- le tende il mio scritto, gioverà che ni spieghi bene. Le condizioni attuali, nelle quali si trovano i popoli ci- vili, hanno reso possibile questo livellarsi dei prodotti del suolo ed anche di quelli dell'industria, ma a patto di reciproci scambi ; perchè nessun popolo li offie gratuitamente all'al- tro : per quanto modico, un prezzo vi sarà sempre, e con- verrà pur trovare i mezzi con cui soddisfarlo. Che impoita To»:0 lil, Serie Vi. 21 — 160 ~ esservi la piena sicurezza che 1' Asia e I' America possono fornire al l'Europa il grano ad essa mancante, se popola- zioni intere difettano dei mezzi per acquistarlo ? L'Irlanda non forni forse, per un periodo non breve di anni, un simile esenipio ? Si moriva di fame, precisamente come tanti morirono nei secoli passati in conseguenza delle carestie. La differenza sta solo in ciò, che allora, avendo- ne perlino i mezzi, avveniva talvolta di non potersi procu- rare le derrate, le quali forse abbondavano alla distanza di qualche centinajo di chilometri: ma per superarli occorre- va lungo tempo e forte spesa, mentre oggi invece si pos- sono trasportare in breve tempo e con tenue dispendio. La mancanza di mezzi può dunque generare le stesse conseguenze della carestia. Facciamo ora un altro passo. Noi abbiamo preso in considei'azione le circostanze cambiate tutte nel senso favorevole. Ma se queste devono produrre i loro effetti, egli ò evidente, che alla loro volta nondevono venire alterate; ma possiamo affidarci su que- sta stabilità? Tutt'altro. Abbiamo anzi ragione di ammet- tere l'opposto, e ne addurrò una prova. La popolazione non è forse 1' elemento il più essenziale da considerarsi? È forse stabile? La statistica non ci prova forse, eh' è in continuo au- mento, ove più ove meno, ma ovunque fra popoli civili ? Ma forse che il suolo aumenta anch'esso in proporzione ed i miglios'amenti sono indefiniti ? Vi sono Slati in Europa, che in GO anni vedi-anno du- plicata la loro popolazione; altri, come l'ilalia, progreden- do dell'attuai passo, solo in 80; ma ciò che importa? Fossero anche tOO, havvi forse il dubbio che l'Italia non sussisterà anche ailora? Ciò che le mancherà lo prenderà dalle altre na- zioni, si dirà da taluni.' — Ma badate che il progresso è ge- nerale; e quando l'Italia conterrà in cifra tonda CO milio- — 161 — Ili in luogo di 30, riiigliilloiTu ne conici rù più di 80, la Ger- ninnia più di 100 e gli Stali Uniti forse più di 180. — Ora non vi pare die ciò non debba influire e molto sul quesito della sussistenza? Ma questa base sì variabile non è la sola. È il commercio, che s' incarica di livellare a vantaggio re- ciproco le produzioni, ma questo presuppone sicurezza e buone relazioni. Sono ioise basi inalterabili? Se avvenisse un anno di fallanza, ed il mure non fosse sicuro, in quali angustie non potrebbe trovarsi l'Italia, il cui approvigiona- mei\to è fornito, nella maggior parte, per la via di mare? Se- noiichè, a turbare i tranquilli commerci non contribuiscono solo le guerre, ma anche le pestilenze. Le vie agevolate, i contatti moltiplicati hanno fatto il gran bene, però non fu esclusa anche la sua parte di male; è in misura molto mi- uoie ma pur vi è, ed è inseparabile dal bene e dobbiamo subirlo. — Oltre la mancanza dei mezzi, altre cause pos- sono adunque contribuire a rendere difficili gli approvi- gionamenti di un popolo. Lungi adunque dall' elevare a principio assoluto, che l'avvenire non riserver;i alTltalia carestie ed anni di fame : non è egli miglior consiglio ammettere la possibilità, per quanto lontana, e pensare al modo di farvi fronte ? Può uìai nuocere l'averla preveduta ? Quanto invece può dan- neggiare, è anche solo l'irresoluzione, la titubanza, si facili nei mali inattesi, come sarebbe uno sconcerto negli appro- vigionamenti, in causa, p.e., di una guerra improvvisa. Al male, ch'è stato discusso con calma, assegnansi anche limili ; il ujule, che piomba inatleso, può allarmare ben oltre il vero. Prevedere, discutere le sussistenze, è presto detto ; ma (> egli poi cosa si facile? No, risponderò; ma è necessario fo- dell' aria; e quando si ha la con- vinzione che non è più coiiimeslibile, farne annotazione, e non tralasciare le osservazioni die quando è inservibile. Se si volesse perfezionare il paragone, si potrebbe por- re altri 2 chibìgr. polto una campana di vetro, scegliendo a preferenza farina molto gialla, e si avrebbe anche la pro- va dello scoloramento alla luce. Per ultinio, se si desiderasse un confronto con altra farina, si potrebbe fare lo stesso esperimento con 2 chilogr. di farina bianca di frumento; invece di lire 3 di spesa sa- rebbero C 0 0 : ma si vediebbe quanto più facilmente si corrompe la farina di grano turco, in confronto di quella di frumento. Or bene, suppongasi che sui 140 Circondar] soli iOO rispondessero ed intraprendessero gli esperimenti accura- tapiiente, venendo a conclusioni. - Or delle due cose l' una. 0 vi è esagerazione in questa facilità di corrompersi, ed è un bene il conoscere anche questo, ossia che il male è mi- nore di quanto si dice. Oppure non havvi punto esage- razione, e quegli esperimenti hanno confermato ciò che si asserì ; ed allora vi parrebbe poco radicare nell'opinio- ne di tanti la necessità, che conviene avere gran cura a non lasciare senza difesa contro l'aria la farina gialla? Cento Circondar] non possono contenere meno di 12 in 13 milioni d'abitanti. Che direste, se la metà dei capifamiglia, che prima facevano poca attenzione, adottasse le precau- zioni necessarie per conservare incolume la farina? Vi parrebbe forse poco? Voi vedete che non corro troppo col- Tomo in. Serie VI 23 — 176 — la speranza e colle cifre. — Su 140 Circondarj ammetto che si faccia questa propaganda in soli 100. Ammetto che siano calcolati 6 individui per famiglia, avremo dunque 2 milioni di famiglie. Suppongo, che non meno che un mi- lione sia sottratto, o perchè giù conosce quel processo, e pratica quelle precauzioni o non si cura. Rimane ancora sempre un milione di famiglie, per le quali può essere una novità che si adotta. Chi dubiterò che non sia un vantaggio, se anche non includa speculazione? L'utile sarebbe sem- pre grande. Se non che, tenendomi sempre all'erta contro le illusioni, credo che, anche per arrivare a quel milione di famiglie, convenga lavorare sul serio e da molti ; i risul- tati delle esperienze si devono far conoscere al pubblico. Considerandosi tale atto da parte solo della carità, dovreb- be unirsi anche il clero per procurarne la diffusione. Ma non si dimentichi che l' esempio deve precedere. — Per- chè quelle esperienze si semplici, si brevi, ma nello stes- so tempo si persuasive, non si farebbero anche in pubbli- co? Non intendo già in piazza, ma in una scuola e con ac- cesso al pubblico, ove si spiegasse, col confronto, cosa av- viene nelle due farine. Ho fatto il caso d'un incaricato dal Consiglio di sanità circondariale, e che cento Circondarj si assumessero e trovassero il loro incaricato; ma chi vor- rà credere che, dato lo slancio, non si trovassero anche volontari in favore di questa guerra al principio distruttore ed in favore delle masse, per conservargli incolumi i suoi grani, I'; sue farine? Per arrivare anche a questo secondo risultato ci vorrà molto e da molti, ma inflne è l'ideale al quale si tende; un po' prima, un po' dopo vi si arriverebbe: ma forsechè chiamerebbesi piccolo un simile risultato ? Sarebbe fra quelli che hanno poca apparenza e molta real- tà ; ma che sono premio a sé stesso; nessun cerca ne elogi, né rimunerazioni; la florida salute di mille e mille, per aver sempre mangiato cibi sani, dev'esserne il premio. — 177 — Non si tema d'arrivar tardi con gli opporinienli ; o se non tutti possono tosto offrire materia a speculazioni, ba- sta che introducano un miglioramento, perchè siano ben ac- cetti. Riesca uno su cento, non importa ; quello può com- pensare tutti gli altri che andarono falliti, e l'uno chiamerà l'altro. Ci vorranno anni, che importa? L'individuo pas- sa celere, ma l' Italia rimane col suo bene, col suo male, col!(> sue aspirazioni, coi suoi bisogni ; a noi importa che quelle siano nobili, elevino il morale tanto degli individui quanto del corpo complessivo ; importa però egualmente, che sappiamo rendere possibilmente agiata l'esistenza, e ri- spetto a ciò sta in prima linea il nutrimento sano ed a mite prezzo. 178 — c o :■; c L u s I Onorevoli signori Colleglli! — Come mi permisi di ri- volgere a Voi le prime mie paiole, rivolgo le ullime. — Non potendo disporre del mio avvenire, ho disposto del vostro; mi sono rivolto al Corpo non perituro, perchè volesse accet- tare la missione della verifica degli esperimenti, che si pro- trarranno al di \ìì del termine probabile, che la Provvi- denza assegnerà ai miei giorni. Quanto avrei desiderato di fare al fine di poter dare una più larga base alla mia proposta e svilupparla con più am- pie ragioni, al che supplirà la vostra esperienza, si è che fosse afferrato il concetto il quale vorrei che si ritenesse pratico, seguito, attuato. Conviene che gli uomini della scienza concorrano a mi- gliorare le condizioni delle masse ; conviene che gli sforzi di questi eletti si rivolgano a far sì che le masse vivano, mangino, alloggino meglio; che l'esistenza loro, infine, di- venga sempre migliore ; che un uomo, il quale sente di po- ter eseguire il lavoro, lo trovi, e possa crearsi la famiglia, quale base della società. Il grande rivolgimento italiano, il cambiamento politico, il più segnalato da lunghi secoli, deve tradursi in cambia- mento anche di migliorata esistenza. Due lotte sono in con- tinua attività con altalena di maggiore o minore intensità: quella che risguarda lo spirito, l'anima, l'essere che aspira al miglioramento, all'avvenire, al Creatore; e quella, che riguarda la parte materiale dell'uomo, la lotta \c\ corpo destinato alla distruzione. Questa lotta è coeva alla società umana, lotta di secoli innumerevoli passati e d'innumere- Toli secoli avvenii e. In quella lotta vi è lo sviluppo della civiltà coi suoi grandi misteri. — 179 — E come procede ora? Quale misura hanno preso i suoi passi? Che si devo dire anche sok) dell'ultimo trentennio? Quante volte gli uomini, oggi adulti, hanno dovuto escla- mare: Non pareva possibile? Grande pareva lo spazio, che l'Oceano aveva frapposto fra le genti? La scintilla di Volta lo tolse, ma non bastò arieoi a. L' uomo volle che la stessa sua dehole voce superasse gli antichi conGni,ed ora parla, conversa e comanda a decine di chilometri di distanza. Da lunghi secoli esplora i cieli ; ma ora, con mezzi più potenti, ha scoperto, che al di lo di que'cieli, studiali dal Galileo, al di lù di quelle stelle che il Piazzi volle precisare, altri cieli vi sono inesplorati, altre stelle a milioni, che tutte seguono le leggi loro imposte dal Creatore. - La scienza in addietro ciedeva, che, a data profonditù nel mare, la quale non poteva certo ben definire, ma che riteneva non passasse il migliajo di metri, cessasse ogni vita e non vi fosse che ma- teria inerte ; ma non è trascoi-so il ventennio, che venne in- vece constatato non esservi abissi si profondi, ove non siavi vita vegetale ed animale: una nuova flora ed una nuova fau- na si ammirano nei musei delle principali città marillime di Europa, d'Asia, d'America ed Australia; eppure non siamo che ai primi passi. Negli orizzonti che ci sembrano i più limpidi, nelle acque che si direbbero purissime, si scopri- rono esseri a milioni con esistenze effìmere, che danno spiegazione (se pur la danno) di fenomeni sinora inespli- cabili.— Tutto si estende; i confini dello scibile si dilatano d'ogni parte ; la creatura si riempie sempre più di meravi- glia, d'ammirazione verso il suo Creatore. — La fede nel suo avvenire si rafforza. — La Sapienza infinita del Creatore ha voluto dotare i diversi popoli di attitudini speciali, per- chè meglio concorressero al grande scopo cui ci conduce la civiltà: si formarono le nazioni, e prima di tutte le condizioni, acciò possa ogni nazione rispondere al grande appello, è la propria indipendenza. Perciò non vi è §ra- — 180 — litudino, da parie dei redenti italiani, che possa inai esser soverchia: il Re Vittorio, quanti con lui combatterono e quanti 1' hanno ajutato, sono i benemeriti, per eccellenza, senza che quel debito si estingua giammai. Ora questa nazione non solo esiste ma è riconosciuta ; è costituita sulle basi le piìi solide, sulla espressa volontà nazionale, con a capo una Dinastia tanto gloriosa in pas- sato, quanto benetuerita al presente e sopriilutlo nell'opera della redenzione nazionale. — Ora la meta della genera- zione presente, quella delle generazioni future, deve consi- stere nel sviluppare le forze morali e fisiche, nel produrre e mantenere il benessere. Fra i molli mezzi, ve n'ha uno, che conta secoli; ed è la creazione di Corpi speciali, che tengono dietro allo svi- luppo, al progresso nelle innumerevoli sue applicazioni. Io Italia que' Corpi scientifici lo conobbero anche in tenipi infelici, nei quali taluni fornirono la prova della latente loro vitalità. Ora a me pare che l'indirizzo, che dovrebbero assu- mere questi Corpi col nuovo ordine di cose, dovrebbe es- sere, quanto è più possibile, pratico. Abbiamo avanti di noi miglioramenti morali e ma- teriali. — Segua ognuno il suo t^onio ; ma chi si occupa, non dimentichi che il progresso morale procede male fra gli slenti e la miseria. — Fate T Italia più ricca e contri- buirete a renderla più morale. Convinto di questa verità, nella mia modesta sfera d'a- zione volli, se non altro, cercare di attirare l'attenzione so- pra uno dei temi più pratici, quello della sussistenza delle masse, questione che si collega al pane quotidiano. La questione dei grani e delle farine fu sempre una que- stione grave ; ma da un decennio o poco più assunse forma nuova per la minaccia del troppo e l'imbarazzo dell'abbon- daDfa. Ciò non può, non dev'essere. — Il pericolo, che il — 181 — pane possa divenire a troppo buon mercato, non può essere ammesso da un economista serio. — A mio avviso credo, esser precisamente questo uno dei temi, che vuol essere studiato nel senso di farlo ribassare quanto è più possibile ancora. Alcuni fatti, clic attirarono specialmente lo mia attenzione, mi persuadono esser ciò possibile. Quello, che dico del pane, vale nel nostro caso anche per la polenta. La farina di grano turco, laddove forma il nutrimento princi- pale, vale sotto questo rapporto la farina di frumento. Onorevoli Colleghi! Temo assai che taluno di Voi, udendo o leggendo precisamente il primo capitolo sulle fa- rine, non mi abbia perfino tacciato d'ingenuità, credendo che si siano fatte poche esperienze sulle farine e sia cosa facile idear novità. — Eppure sono impenitente, perchè avvengono casi che non dovrebbero avvenire, o dei quali non so darmi la spiegazione. Prendete in mano, esaminale bene i prezzi dei mercati dei grani di un trentennio perchè siano compresi tutti i miglioramenti. — Voi trovale nel corso di soli cinque anni differenze enormi del 25, del 40, del 50 e più per cento. Ebbene, col livellamento famoso della produzione mon- diale, a quegli estremi non si dovrebbe più arrivare; e se invece questo è il fatto dominante, vuol dire che, nell' or- dine dei miglioramenti, ve ne fu uno che non corrispose. Sono lunghi anni dacché, fallosi l'esperimento di semi- nare grani di frumento trovati fra le bende ond'erano avvol- te le mummie d'Egitto, e che conlavano più decine di secoli, essi svilupparono perfettamente. — Il principio vitale è te- nace, può venir sospeso ma rimane, e la prova non è pic- cola: ha per unità i millenj. — Come si spiegò e si spiega ? per la mancanza assoluta d'aria e d'umidità. La scoperta, che fu si pratica, di Appert, si fonda su quel principio. Ma come e perchè mai quello grano, che può conser- varsi migliaja d'anni, oggidì non si conserva che per sei o — 182 — sette, che più non occorrerebbero, acciò si facessero spa- rire questi enormi salti nel prezzo, cotanto dannosi alle po- polazioni? Oh perchè non si prese una botte contenente una cin- quarilina di quintali di grano e perchè, dopo averla perfet- tauìente riempita, non si estrasse con macchina pneumati- ca tutta l'aria, e non si mantenne in quello stato i cinque, i sei, i sette anni ? Se il grano si conservasse perfettissimo, come quello delle mummie d' Egitto, non vi parrebbe che la pii^i ovvia, la più sana, anzi la più lodevole di tutte le spe- culazioni, sarebbe quella di acquistarne alle epoche dei prezzi bassi? Credete voi che, divenuta generale questa pra- tica, si vedrebbero quegli esquilibri, che oggidì si vedono nei prezzi delle farine? Questi fatti significano, che nella via, per la quale doveva percorrere questa sì grande operazione del livellamento ge- nerale nel prezzo dei grani, vi ha qualcosa che non rispose. - fiancò la classe numerosa dei negozianti, che doveva affrettarsi ad acquistare a basso prezzo; non si è persuasi del metodo esatto per conservare il grano, le farine? Que- sto metodo è desso più caro che non si suppone, sì che siamo sempre alla questione della piccola e della grande scala dei capitali? Quale sia la vera causa io non la so in- dicare, ma vi dev'essere. Si danno casi che, per crederli possibili, fa d'uopo che si verifichino; l'Italia ne ha dato or ora un esempio segnalatissimo. Il suo Parlamento soppres- se una tassa, quella del macinato, che rendeva 80 milioni ed era in continuo aumento. — Era chiamata la tassa della fame, i suoi avversar] si erano atteggiati come veri amici del popolo che, dietro quella soppressione, vedeva già il pane a buon mercato; una nuova èra. La lassa venne soppressa, l'Erario perdette la sua ren- dita .... ma il fatto, inatteso proprio da lutti sì amici che nemici, si fu questo, che della tassa, il popolo non ebbe — 183 ~ quella, che si direbbe l'ombra d'un vantaggio : il pane non ribassò di un centesimo, le farine sono allo stesso prezzo, e ciò in anni di abbondanza. — Di vero, di reale non vi è che il danno degli 80 milioni sottratti all'Erario pubblico, quando più ne aveva bisogno. Ma ove andarono questi 80 milioni? Scomparvei'o fra i mugnai ed i panatlieri. — Non un centesimo di ribasso nel pane, mentre il grano seguila a decrescere! Si direbbe che fu un giuoco di bussolotti ; spa- rirono, senza chiasso, dalle casse dell'Erario pubblico, ed invece di andare a sollievo dei povero popolo, andarono nelle casse di quegl'industriali. I fogli pubblici dello scorso novembre (1884) recarono la notizia di una riunione di panettieri di I*arigi (ed erano ben oltre mille!) per consultarsi se, ed in qual modo, ed in qua 1 misura potevasi ridurre il prezzo del pane. Decisero a grandissima maggioranza, di star fermi, di non far nes- suna riduzione ; e ciò ad onta della sproporzione fra il prezzo del grano e quello del pane. Vollero assaporare le delizie del sic volo, sic juOeo, perchè una ragione^ un pre- testo non si degnarono di darlo. I fogli pubblici di quella gran capitale, che racchiude pur sempre ottimi elementi, appresero alTEiiropa, enlro lo stesso mese, che eminenti economisti, indignati di tanto abuso della libertà, intendevano provocare riunioni, per av- visare al modo di metter freno a questa vera tirannia del- l'associazione. Onore a quegli scienziati! Possano formare il rovescio della medaglia di que' ciarlatani politici, la cui missione è un continuo inganno del pubblico, ma per proprio conto ! Ma che deve dire l'Italia in proposito di questa questio- ne del pane, che si trova nelle stesse condizioni della l^ian- cia, più la burletta degli 80 milioni, che affamavano il po- vero popolo, e sulla cui sorte piangevano quei famosi tìlan- luiHO IJL Serie VI. 24 — 184 •- tropi, i quali non ebbero riposo, finché non videro abolita l'imposta sulla fame ? È questione grave per tutti i paesi; e come illustri eco- nomisti si occupano in Francia di essa, altri dovrebbero di ciò occuparsi anche in Italia. Che i poveri agricoltori s' abbiano il danno della con- correnza mondiale, e che le masse, il cui vantaggio è la sola giustilìcazione, siano defraudati, perchè una classe si pone tramezzo, la quale, non contenta del 7, dell' 8 p. ^/,j, vuole il 15, il 20, e nelle campagne, se occorre, anche il 30 p. %; questo è troppo, e convien farlo cessare coi mezzi francamente legali: ma deve cessare. Se non che, siccome questa non è lotta, che ammetta trionfi celeri e decisi, ma invece è lotta lunga e tenace, di- viene un campo per eccellenza propiio de' Corpi scientifici, che aspirano a contrihuire al progresso della nazione. — Lasciate che ripeta ancora una volta, onorevoli Colieghi, il più grande attuale bisogno dell'Italia è quello dello svi- luppo delle sue forze materiali ; ha bisogno di diventare ricca ; ha bisogno di guarire dalla sua malaria ; con ciò potrebbe mantenere il proprio aumento di popolazione per lunghi anni. Come non augurare che entri atleta in simile lolla un Istituto, che annoverò tanti uomini pratici? Perchè non trarrebbe partito della sua qualitù di Corpo non perituro? Che può far l' individuo, il soldato isolato, se lo coglie il dubbio di non esser compreso ; se teme che, anche una giusta tesi sia tosto abbandonata quando viene attaccata ; s'egli più non può difenderla? Perchè quel principio di solidarietà, che fu in tempi addietro fonte di forza, non si manterrà e s'impiegherà a sciogliere quesiti pratici, i quali colpiscono proprio le masse? Modesti, di una semplicità rudimentale, sono gli esperi- menti da me proposti, ma che richiedono la pazienza di cin- - d85 — quo anni. Come da un germe sano, potrebbe da essi sor- gere la necessità di altri ed altri ancora. La gran lotta, intorno alla libertà del commercio del grani, come finì? Col trionfo. — Si è su questo trionfo, che voi fondale la speranza del pane a buon mercato e della sus- sistenza in genere, con mite spesa, del popolo. — È ciò av- venuto? No, anzi vi è un csquilibrio fra il valore del grano e il valore del pane. — Lo sco[)o ultimo non è conseguito. Si è ottenuto, che le carestie non destino più spavento, perchè il mondo si è affratellalo. L'Europa sarà, occorren- do, soccorsa dall'Asia e dall'America, salvo reciprocità, ed il commercio s' incarica di questo: ma si è eziandio prov- veduto che questo graiio, questa farina vengano consegnati air ultimo consumatore ad un prezzo più moderato possi- bile? No, questo no; perchè occorre un altro livellamento, quello fra gli anni di abbondanza e quelli di scarsità. Vi si può arrivare? Si, date certe condizioni, in pro- posito. Prima condizione è i! conservare colla massima perfe- zione i grani e la farina almeno per otto anni, se anche dif- iìcilinente si farà sentire il bisogno oltre quel tempo. Seconda condizione è quella che ciò si faccia con me- todo semplicissimo. Terza condizione si è che si possa fare con spesa tc- nuissima. Quarta condizione, che si diffonda e che non siano stu- dj da rimanere negli Atti di Accademie o di singoli dotti. Quinta condizione, che non occorra essere milionario per far sì che uno possa essere allettalo ad attuare quella speculazione, n\a che entri fra le ordinarie. Datemi un felice scioglimento alle indicale condizioni; e poi ditemi se potranno resistere sproporzioni fra il prezzo dei grani e quello del pane, quale noi vediamo oggidì ? — Che importa dirmi e provarmi , che questo metodo — 186 — psislo, clic si deve anzi mci'avigliaro come lo si ignori ; quando questo metodo non è capace di togliere la mostruo- sa sproporzione? Non sostengo che non esista, ma invece che non è diffuso; insomma che non agisce e che le masse sono alla discrezione dei mugnai e dei panatliori. Nel prin- cipale fra i generi di sussistenza abbiamo nel fallo grandi negozianti, i quali non si accontentano del 12 e IB p. % '■> ed oltre ad essi, abbiamo i piccoli al minuto, che sono il flagello soprattutto delle popolazioni di campagna. Se fra i colossi, che negoziano per milioni e costituiscono una classe, la quale sarà sempre indispensabile, e fra la classe tirannica potesse sorgere un'altra classe che si accconlen- lasse del G e del 7 p. % di guadagno, rimarrebbe un mar- gine anche per le masse. Come fu bella la parte, che prese l'Italia nella gran lotta del commercio dei grani nel secolo passato, contro pregiu- dizi secolari! Come si presenta nobile la modesta figura dell'arcidiacono Bandini! Quanto serrata la logica del Gal- liani e del Verri! Ora è un'altra lotta, ma che nello scopo entrambi si confondono. — La libertà del commercio dei grani è questione decisa in teoria, può subire prepotenze nella pratica, però saranno danni passeggeri ; oggi ò que- stione di trovare il modo d'impedire, che pochi riescano a cogliere in realtà il frutto di quella libertà, che venne con- quistata per lutti. Della vastità dell'operazione, ed in conseguenza anche del male, ne avete una prova nella sparizione della tassa del macinato, di que'80 milioni, che la massa dei consuma- tori paga oggi come tre e quattro anni or sono. — Che il sollievo non potesse esser grande, si comprendeva; la forza dell'argomento degli oppugnaloi'i della soppressione stava appunto nel piccolo guadagno per l'individuo e grande solo per lo Stato. Ma che pel pubblico dovesse essere assoluta- mente nullo, non lo si ammetteva — lo ammise invece il — 187 — fatto, la realtà, la coalizione fra mugnai e panattieri, che si dividono Iranquillamenlo gli 80 milioni. — E non si direb- be, vista la rassegnazione generale, che è cosa passala in giudicato? Qualche Sindaco lento di far appello alla di- screzione. — Con qual esito? Il fallo è grave in su, è gra- vissimo per ciò che lascia suppornc di congeneri ; ma non dovrebbe sollevare solo indignazioni passaggere, bensì in- vece studj severi per venire al riparo. Sì, o Signori, la questione è ampia, ed è pratica per eccellenza; essa ò questione d'ogni giorno e d'ogni ora. K una fatalità, che, nel commercio dei grani, si deblìa pas- sare dai grandi capitalisti al nuvolo dei tirannuncoli e dei venditoi'i al minuto ; è fatale che, per l'avidità degli uni e degli altri, vada perduto il beneiìcio del mite prezzo dei cereali. K un' opera di vera e santa [economia nazionale il metter freno a quelle avidità, che si traducono in milioni. Scienziati e Corpi scientifici si onorano assumendo sì no- bili patrocinii; ed io auguro aHIstituto Veneto di combal- lere in queste battaglie, e di cogliere una gran parte di questi allori. SOPRA ALCUNI ESPERIMENTI PER LA. CONSERVAZIONE DELLE LARVE DEGL'INSETTI. Comunicazione i)i:l m. e. ENRICO F. T II O 1 S Tutti quelli, che si sono occupati a formare collezioni biologiche di entomologia, conoscono praticamente le dif- ficoltà gravissime e talvolta insormontabili, che presenta- no per la loro conservazione le larve. I metodi infatti, che si conoscono, hanno per varie ra- gioni molteplici inconvenienti. Lasciando da paile il siste- ma del vuotamento per una piccola incisione e della in- sufllazione, procedendo poscia all'essicamento rapido alla Gamma, sistema che fa cangiare col volume la forma degli esemplari ; né parlando dell' altro d' injettare, nella pelle vuotata, della cera od un composto ccraceo, fusibile ad un moderato calore, modo, che ha tutti gì' inconvenienti del precedente, senza averne i pochi vantaggi ; il metodo pii^i comunemente usato è quello della conservazione nell'alcool debole, che mantiene bene le forme, atrofizzandole soltanto in qualche dettaglio, ma distruggendo affatto i colori an- che i più resistenti dopo un tempo brevissimo. Colpito dall' importanza dell' argomento, da gran tem- po ho fatti vari tentativi nella speranza di trovare il modo di evitare i lamentali inconvenienti. — 190 — Ho esperiiiicntalo, in primo luogo, l'alcool, immergendo delie larve nell' alcool debolissimo, che resi di giorno in giorno più concentrato coli' addizione di poche goccio di alcool assoluto, e mi arrestai quando il liquido raggiunse gr. 22 B. Ma se per alcune larve questo metodo riuscì a sufficienza, ebbi il più completo insuccesso per altre, che perdettero in pochi giorni le tinte più vaghe. Esperimentai anche un miscuglio di alcool debolissimo e glicerina, specialmente per la conservazione di preparati anatomici del bombice del gelso ; e questo metodo non es- sendo privo di buoni risultamenti, lo usai largamente, e lo usarono alcuni amici, ai quali comunicai le propoizioni, e se ne trovarono contenti : però né questo liquido, né l'al- cool a qualunque grado di concentrazione valgono a scon- giurare il pericolo dell' alterazione più o meno completa dei colori delicati e vaghissimi di molte larve, che succede sicuramente alcune voile in poche ore ed altre dopo alcuni giorni; rivolsi quindi le mie prove sopra altra via. Esperimentatc pertanto varie soluzioni di miscele saline con esito più o meno felice e durevole, mi sono arrestato sul liquido di Owen, il quale, a dir vero, impiegato nella sua integriti'), non mi diede, per la conservazione delle larve, i buoni risultati, che constatai sempre applicandolo alla con- servazione di altri animali inferioii, e' che lo resero meri- tamente famoso. Collo scopo di ovviare ad alcuni inconvenienti, ho pro- vato ad immergere delle larve nel liquido inglese summen- tovato ed a passarle poscia, per la definitiva conservazione, nell'alcool debolissimo, ed ho anche tentato la via opposta, cioè d'immergerle dapprima nell'alcool debole, per poscia conservarle nel liquido di Owen ; ma anche in queste due prove non ebbi motivo di essere intieramente soddisfatto, quantunque con tal metodo mi sia riuscito di conservare delle parti di altri animali con ottimo successo, almeno per - 191 — una considerevole serie di settiniauo, in cui potei mante- nerle in osservazione, finché distratto da altre cure le ho dimenticate. Le sostanze però, delle quali è composto il liquido di Owen, meritando di essere prese in seria considerazione, come quelle che generalmenta sono suggerite per T indeli- nila conservazione dei colori, non abbandonai tosto nò l'i- dea, né la speranza di poter comporre con esse un liquido applicabile al mio scopo. Modificate perciò le proporzioni dei componenti, ed aggiungendone altri, dopo molte prove mi sono fermato ad una formola, che mi diede i risultati migliori, e della cui completa riuscita fui non poco maravigliato. Il liquido è composto di cloruro di sodio . . . gram. 235 Solfato alluminìco-potassico »> 55 Cloruro mercurico centigr. 18 Acqua distillata bollente litri 5 Al liquido perfettamente raffreddato si aggiungono gram. 50 d' alcoole feuicato (contenente il 30 p. y„ d' a- cido fenico). È inutile il dire che il liquido dev' essere filtrato, ma non io è del tutto l'aggiungere, che sar;\ meglio che la fil- trazione abbia luogo dopo cinque o sei giorni dopoché ù stato composto ('). Conservo delle larve da un anno e da venti mesi nelle condizioni più sfavorevoli esposte ad una vivissima luce, senza ch'io abbia potuto notare alcun mutamento di tinta. (1) Una precauzione da non dimenticarsi è quella di mantenere il liquido in una bottiglia con tappo smerigliato che chiuda bene, e cementare i vasi contenenti le larve con parafina od altro luto. lomu ilL ScrieVJ. 'lo — 192 — Al numero grande di liquidi conservatori di nota e d'i- gnota composiziono mi guarderei bene di aggiungerne un altro, se non fossi convinto, che questo da me esperimen- tato è uno certamente dei più opportuni allo scopo. Comunico perciò questo risultato col desiderio di ren- dere servigio ai collettori, che nel!' uso di questo materiale potranno ricavare un grande vantaggio. E P I S 0 D 1 I INTORNO LI STOMA DI mn E DEI) PfllESlM DI ROVIGO NELLA GUERRA dai Veneziani sostenuta in Ferrara nel ppriodo 1308- 1309, sino alla concessione (1332) e conferma (1344) fatta dalla S. Sede agli Estensi del vicarialo di Ferrara, PER FRANCESCO doti. BOCCHI Siamo ai principii del secolo quartodeeimo. Il Polesine di Rovigo era ormai indisputato possesso estense; anche Adria col piccolo suo ma separato distretto s'era adagiata da circa un secolo al dominio di que' signori ; al vescovo non rimanevano che possessi territoriali e qualche traccia di sovranità in ciò che varii privati e terre se gli profes- savano vassalli; anche gli stessi Estensi specialmente per r investitura dell' Isola d' Ariano, rinnovata al marchese Azzo VI fin dal 1195. Venezia pure manteneva certi diritti nei nostri territo- rii ; un capitano con legni armati stanziava nelle acque del Po, nella stessa Ferrara era un tribunale per le questioni che potessero insorgere fra Veneti e Ferraresi con un capo che sin dal 1204 s' intitolava visdomino, vicedominus (Friz- zi, Memorie per la storia di Ferrara^ IH, 42, 43). — Il com- mercio per Tacque nostre, soprattutto il monopolio del sale, stavano a cuore de' Veneziani. Malgrado le non infrequenti scorrerie, che. specialmente dalle acque d Ariano, s andavano praticando 6U quelle di — 194 — Loreo, era in Adria una relativa iranquillità : Rovigo, an- ch' esso in posizione favorevole al commercio, fioriva : in questi due luoghi, i più importanti della penisola, sedeva un visconte spedito dal Signore e suo rappresentante, che giu- rava rispettare i locali statuti ; laonde non mancava una cercaria di reggimento comunale libero e democratico, spe- cialmente in Adria, non ostante la dipendenza a que' signori. Chi più aveva a dolersi de' scemati poteri era il vescovo. Frate Bonazonta, allora di quel grado insignito, deplorando le improvide prodigalitii de' suoi predecessori, e le usurpa- zioni di varii, osava dichiarare, in un suo memoriale, sca- duti i marchesi dal feudo d'Ariano, per violati patti d'in- vestitura (Estratti d'Ottavio Bocchi ed altri dall'Archivio vescovile di Adria). Un fatto domestico de' marchesi fu l' occasione di lunga serie di guai nei nostri paesi. A zzo Vili ('), vedovo di Gio- (^) Eslralto dell' albero estense in questo periodo 0 biz zo A zzo Vili Fresco bastardo Rinaldo Obizzo Nicolò Folco legittimo Aldobrandino Filii bastardo ■ ■ vescovo d'Adria Filio Bertoldo Azzo 1 1318 Filio — J95 — Vanna di Bertoldo Orsino da poco dopo il 1 300, sposava in aprile 1305 Beatrice di Carlo II di Napoli, che concesse al genero il feudo d' Andiia su quel di Bari; nodo veduto assai di buon occhio dalla Republica. Azzo, in discordia col fratello Aldobrandino, aveva sem- pre avuto favorevole l' altro, Francesco, che sperava suc- cedergli, essendo morta iniprole Giovanna. Ma saputo che fra i patti nuziali con Beatrice, vi era, che se prole maschile di questa nascesse, succederebbe negli stati paterni, Fran- cesco, il dì medesimo che giungeva la sposa in Ferrara, ne usciva in segreto, recavasi a Lendinara, ne occupava e mu- niva il castello, dandolo a custodire ai Ghibellini di Padova (Frizzi, op. cit., I 1 0 ; Muratori, AniichUà Estensi, II, OC). — Azzo allora rafforzò Rovigo, ove si trovava il 12 giugno, aiutato da' Veneziani, contro i Ghibellini fautori di Fran- cesco, il quale, posta la mano per tradimento del castellano anche su Castelguglielmo, riusci di far perdere al fratello Modena e Reggio datesi a Giberto da Correggio, e armargli contro Verona e Mantova; dimodoché i nemici di Azzo si diedero a devastare varie parti del Ferrarese. Ebbe varia sorte la guerra nel 1 306 e 1 307, sullo scorcio del quale Azzo ammalò, e, prima di partir di Ferrara per recarsi alle terme di Abano, testò lasciando erede Folco figlio legittimo di Francesco, detto Fresco, suo bastardo, lasciando questo suo vicario in Ferrara durante la sua assenza. Giunto ad Estc a mezzo gennaio I 308, dicesi che, dietro mediazione di molte autorevoh persone, si riconcihasse coi fratelli e, cassando il testamento di Ferrara, li nominasse eredi. Oscura pagina : v' ha chi asserisce che Aldol)randino strozzò Azzo, come Azzo (così corse la fama) avea stroz- zato Obizzo padre suo. Certo morì in Este il 31 gennaio, e saputolo appena Ferrara, insciente dell'altro testamento, proclamò Folco a signore sotto la tutela di Fresco; mentre ad Este Aldobrandino e Francesco partivansi il \° febbraio — V.)G — il fraterno retaggio ; • — se nonché Aldobrandino, già vec- chio ed acciaccoso, rinunziò il suo ai tigli Rinaldo ed Obizzo (23-24 febbraio), ai quali così toccarono Adria, Ariano, Papozze, \ illanova (Marchesana) (Muratori, Piena esposi- zione, ecc., cap. 36). Sono a notare i confini di Adria: Ju- risdicliones Civitalis Àdriae : aùuno latere Comilatvs Rho- di(/ii, ab alio conjìnia districlus Laureti, ab alio confinia districlus Adriani, ab alio confmia Cavar zcris. Qui si riaccende la guerra agitatasi gran parte in Tole- sine. Francesco co' nipoti lascia Este, occupa e munisce i forti castelU di Fratta ed Arquà. Fresco, saputolo, spedisce Bastardino da Rovigo e Rinaldo da Marcaria con fanti e cavalli e molti legni per l' Adige (intendi Adigetto) ; ma Francesco con pronta sortita da Arquà di pochi rodigini del suo partito, gridando : morianliir isti Iraditores, li sor- prende con morte e prigionia di molti al fiaccarsi d' un ponte sotto i passi dei fuggitivi. Fresco invia nuove forze ad assediare in Arquà Francesco, che, visto impossibile so- stenersi, fugge travestito da fa])bro e si pone sotto la prote- zione de' Padovani ; e Fresco intanto ricupera tutto il Po- lesine. Anche Venezia si arma ; dopo qualche esitanza abbrac- cia la parte di Fresco; Francesco invece ricorre a papa Clemente V, sollecitandolo ridurre Ferrara all' immediato dominio della Chiesa : fatto gravido delle più serie conse- guenze, giacché feudo della Chiesa era Ferrara. Chi cre- deva alla revoca del testamento di Azzo ordiva in quella città una cospirazione soffiandovi Francesco, ma fu soffo- cata nel sangue. Di che Francesco rivoltosi a Rovigo col- r opera del valoroso e destro Manfredino da Concadirame, lo sorprese in giorno di mercato, fugò la guarnigione e fu gridato signore. Chi '1 crederebbe ? pochi gioini appresso vendette ai Padovani Rovigo, le sue ragioni su Lendinara, Badia e lutto il Polesine, per IO mila hre. __ 197 — II papa intanto ammoniva il Doge e la Signoria veneta di prestarsi a ricliiesta de' suoi legati, Arnaldo da Pellagrua ed Onofrio de' Trebi, ad assisterli nel ricupero di Ferrara. L'affare si complicava. Dissi Ferrara feudo della Chiesa: trovasi infatti nelle imperiali donazioni a S. Pietro (legittime o no è indifferente al nostro argomento) ; — poi fu conce- duta alla co. Matilde, nò conosco altre concessioni sino a questi tempi. — Duranti le guerre tra sacerdozio ed im- pero, lasciata a sé si resse a libero comune, salvo alcuni tributi alla S. S. — quindi si diede spontanea agli Estensi, come capi guelli tollerati non solo, ma - se non esplicita - certo tacitamente riconosciuti dalla S. S. Ma queste guerre fraterne e le sollecitazioni di France- sco acuirono nel papa la brama dell' immediato dominio so- pra Ferrara: arroge l'esempio de' predecessori che, nel lun- go interregno dell' impero e nel passaggio di esso alla casa d'Habsburg, aliena dalle cose italiane, avevano ridotte al- l' immediato dominio varie città di Romagna ed altre città del patrimonio ecclesiastico, togliendole ai signorotti ; — la presente vacanza dell' impero per la recente uccisione d' Al- berto I (I maggio 1308). Perciò quei legati, fatto capo a Ravenna con Francesco e tutti i nemici di Fresco, adunarono grosso esercito che, guidato da Rambaldo da Polenta signor di Ravenna, venne per terra ed acqua all'attacco di Ferrara. Se nel papa una, quasi dissi, gratuita ambizione, era in Venezia un vero bisogno politico di non lasciarsi scappar di mano Ferrara ; non occorre insistere quanto importasse alla sicurezza e tloridità di uno Stato essenzialmente marit- timo e commerciale, che le foci del Po e dell' Adige non di- venissero tante bocche di attacco, e tanti veicoli al traffico di straniere potenze a danno della sua. Cosi, doppiamente gelosa perchè a Rovigo dominavano i Padovani, mentre apprestava grandi forze, colla guarnigione che teneva in Fer- — 198 — rara a pretesto della difesa di Fresco, prese in guardia Ca- stel Tedaldo ed altri dei siti più importanti della città. Or- dinò a Vitale Micliiel podestà di Chioggia (25 settembre 1 308) che con armi e navigli facesse tosto appressare 1 50 bale- strieri a Ferrara, con 100 corazze e 50 balestre. Nel tempo stesso vengono date al nob. Andrea Garoso (Carusio) capitano, altre 50 corazze e 30 balestre, 12 7ni- liaria de falsateriis, 3 miUaria de quareUis iisaiis, 70 ma- naresiis, 60 lunghe lande, 300 lancionl (Lctt. Coli., lib. sing., e. 9). Questi rinforzi e munizioni tenevano dietro al grosso dell' armata, la quale rimontava per la foce di Lo- reo o Carbonaria (che era il ramo maggiore di Po for- matosi già dalla rotta di Ficarolo) e lambendo Corbola, Pa- pozze. Guarda, Polesella, saliva alla punta di Ficarolo, donde sarebbe discesa a tempo opportuno nel Po di Ferrara. Convien notare che prima di quella rotta (i 156 .... e seguenti) il Po andava unito a Ferrara, sotto la qual città si partiva ne' due precipui rami di Volano a sinistra e di Primaro a destra ; che invece dopo quella rotta la biforca- zione nasceva a Ficarolo, parte delle acque correndo come per r innanzi a Ferrara, parte a sinistra pel nuovo fiume della rotta che metteva in mare là ov' era stato il porto di Adria presso Loreo, per l'antica bocca detta della Carbo- nara (Cf. mio Trait. geogr.). Di quell'armata che rimontò questa foce i legni più sot- tili penetrarono per le acque delle paludi in Adria, ed An- drea Caroso ebbe ordine di stanziare colle sue genti nella città medesima. Adria avrebbe dovuto essere, di diritto, de' tìgli di Al- dobrandino, ma nessun alto di dominio si conosce da questi esercitato. Di fatto, trovavasi abbandonata a sé stessa quan- do v'entrarono i Veneziani, i quali per altro la trattarono come spettante a Fresco. Scrisse infatti (27 settembre detto) la Signoria al Caroso, che se il Comune ed uomini d' Adria — ìm — noi ricevessero, ritorni in Adria (Aryam) con Giacomo da Silano, niincio ed ambasciatore del marchese di l'errara, munito air uopo di lettere credenziali (Litter. Coli, lib., e. IO'). E così avvenne. iMa Fresco (sapendosi poco amato da' Ferraresi) visti i Veneziani pronti alle offese, si ritrasse notte tempo sotto la ior protezione in Castel Tedaldo e poco appresso ( 1 0 otto- bre ì 308) cedette loro formalmente tutte le sue ragioni, che non riebbe mai più. E così più nulla rimaneva agli Estensi degli aviti loro possessi nò in Ferrara, né in Adria e Po- lesine. Il popolo di Ferrara, trovandosi così venduto ai Vene- ziani, aperse spontaneo le porte della città ai pontilicii che v'entrarono col marchese Francesco, il quale, acclamatone per le vie qual signore, s'affannava a persuaderlo gridasse: Viva la S. Romana Chiesa. Ed ecco anche la città di Ferrara divisa fra due preten- denti ; nella parte inferiore i pontifìcii, i Veneziani nella su- periore, con quotidiane scaramucce, uccisioni, saccheggi, incendii, non dandosi ai presi quartiere da nessuna delle parti. Il Pellagrua, non riuscendo ad indurre i Veneziani che cessassero dalla resistenza, scagliò contro di loro la scomu- nica, importantissimo documento perchè ci dà il ragguaglio dei fatti precorsi (Verci, Storia della Marca Trevig., Doc. voi. V. — Cf. Frizzi, op. cit., IH, 222). Fra i tanti danni va notato quello che i helligeranti si arrecavano, tagliando gli argini dei fiumi con annegamento di molti. Prevalendo i Veneziani, i legati si adattarono ad un ac- cordo (27 novembre), pel quale fu a quelh lasciato Castel Tedaldo col ponte e la torre esterna, concesso ai fuorusciti il rimpatrio, tenuti i Ferraresi a riprendere podestà vene- ziano: effimero palliativo, e Venezia continuava ad ainiarsi. Stanziava ancora in Adria quel capitano Andrea C-a- 'iuiiiu lltj Serie VI. 2G — 200 — roso. Probabilmente non mancavano qui pure i partiti : i Veneziani arrestavano le persone sospette, sempre paurosi di contrabbandi. Certo è che ambasciatore di Adria a Ve- nezia fu mandato un suo cittadino, Giovanni Lombardo, col mezzo del quale e di Bartolommeo Tempesta da Chiog- gia, il Doge, dietro ad alcune interpellanze del Garoso, man- da alla cittìi 136 stala di frumento a misura veneziana del valore di L. 9 di grossi e grossi 16, in ragione di grossi 17 lo staio (Litter. Coli. 17). Sappiamo dal Rossi {Storia di Ravenna) che per la guer- ra vigente il legato impose tributo ai metropoUti, da questi distribuito fra i suffragane!. Rinaldo I arcivescovo di Ra- venna tassò la sua provincia di 250 fiorini, de' quali ^ne toccarono I \ alla diocesi d' Adria. Il Nicoho {Storie Rodigine) asserisce Badia ritornata agli Estensi prima del 1309. Errore: né ci sorprende vi incorresse la scarsa critica di esso ; si bene che in fine del passato secolo, Giuseppe del ramo rodigino de' Grotto (nel suo libro: Ragioni del Polesine di Rovigo per formare un separato dipartimento, Venezia, Palese, 1797) negasse la vendita del Polesine ai Padovani fatta dal marchese Fran- cesco (v. s.). Che Rovigo, Lendinara, Badia con tutto il Po- lesine fossero dei Padovani dallo scorcio del 1308 sino al ^318 almeno, abbondano autorità e documenti (Gennari, Annali di Padova, III, I 14.- Verci, Storia della Marca Trevi- giana. - La cronaca così detta Mantissa. - Pellegrino Pri- sciani, Scardeone, Cortuso, Bronziero, ec). SI. del Polesine. Ma quello che più ci preme di porre in rilievo a questi tempi si è la condizione di Adria. Bersaghata incessante- mente dalle acque, Umitrofa a città tra loro nemiche, impo- tente da sé, non mancava tuttavia d' importanza, come po- sta presso la foce primaria del Po, e tale cui mettevano capo molte strade acquatiche per le paludi e minori canali, col Po comunicanti e coU'Adige. Malgrado la sua soggezione a Casa — 201 - dEste avca di tanto in tanto subito l'influenza de Venezia- ni, gelosissimi d'aver libere al loro commercio ed alle mosse di guerra quelle acque ; ora stava in loro piena balia ; ma i Veneziani, anzicbè annetterla scopertamente al loro domi- nio, le lasciarono piena autonomia municipale, stringendo con essa, il 18 febbraio 1308, un patto di commercio e di alleanza, che di fatto si risolveva in un atto di dedizione, ma in diritto, secondo il testo dell' istrumento che ne fu ro- gato, apparisce da pari a pari. Così Adria, sebbene sì pic- cola tra le sorelle, trova ancor posto fra le repubbliche ita- liane, reggendosi secondo svas consuetudines : vero regime a comune, giacché vniversus populus d'essa terra il IG gennaio innanzi eleggeva, in atti del suo nodaro Gio. Lom- bardo, suoi ambasciatori e sindaci i cittadini Cataldo fu Mar- lino di Giordano e Manfredino di Paltoniero, all' uopo di presentarsi al Doge e trattare delle condizioni e patti che credessero i più vantaggiosi. Il Pactum Ailriac è proprio del 1309, non del 1310 co- me da taluno fu posto; trovasi nell'Archivio de' Frari, in libro Pactorum IH, pag. 18-20; fu comunicato dall' {storio- grafo Francesco Donado a Francesco Girolamo Bocchi, che r inseri in copia autentica nel li de' tre volumi manoscritti da lui posseduti (ora nel mio Museo) : Memorie e documenti, di Adria, pag. 025-630, col suo sigillo notarile, dichiaran- do: fnslrumentum ex alio exemplo milii exhibito a nob. Domino Veneto Francisco donado (j.m Ser Nicholai olim Reipub. Veneliarum historiographo exemplavi et qtiia con- cordai subscripsi et signavi hac die XIV januarii 1805, in- dici. Vili. Ho l'onore di presentarvi due edizioni a stampa del documento stesso: la prima Adriae MDCCCV {senza no- me di tipografo, ma certo di Giuseppe Pretegianni) in pagi- ne XII; la seconda, in opuscoletto senza data: Memoria al- l'Eccelso Imp. Reg. Governo generale di Venezia, della fe- delissima e devotissima città di Adria (probabilmente del — 205 — 1815). Ebbe una terza edizione nel T. 11 delle Succinte no- tizie di Adria, compilazione del nob. Francesco Antonio de' Lardi (Venezia, Molinari, 1831). Riserbandomi in altra circostanza a più minuta illu- strazione ex professo dell' importante pergamena, mi limito ad esporvene qui brevissimo regesto. Tomaso di Bonmarcù podestà, il Comune, T Arengo, il Consiglio, l'universo popolo d'Adria mandano i sunnominati ambasciatori a Piero Gradenigo Doge e suo consiglio, a trat- tare le seguenti convenzioni, unioni, confederazioni e patti : « Diritto di passaggio ai Veneziani per tutto il distretto di Adria, e di fortifìcarvisi senza spese e danno degli A- driensi ; » Obligo di questi di servire l'esercito veneto cosi e quando ci vanno Lauretani e Cavarzelani, ma non per mare né contro signori da cui abbiano feudi, cioè il vesco- vo d' Adria e il marchese Estense, salvo del resto ogni lor diritto, consuetudine, giurisdizione, statuto; » Gli Adriani possano eleggersi podestà cittadino ; se lo vogliono forastiero, sia veneziano ed approvato dal Mag- gior Consiglio; » Siano pareggiati ne' privilegi, facoltà ed esenzioni ai cittadini veneziani ; il comune ed uomini, sì della città che delle ville e terre loro, siano ricevuti nella cittadinanza ve- neziana, e trattati al paro de' cittadini veneziani, in Venezia e dovunque ; » Ma se vogliono trasferire altrui diritti e giurisdizioni, goda Venezia di prelazione ; I) Giurino fedeltà al Doge e Comun di Venezia, tranne contro Vescovo e Marchese ; » Non possano andar per mare, tranne a portare lor pesce in Romagna, Marca d'Ancona, Puglia ed Istria, ed a condurre merci da queste parti al paro de' Veneziani, con- ducendole per altro prima a Venezia ; — 203 — » Venezia difenderà Adria, suo ((Mrilorio e beni, non però facendo guerra a chicchessia ; » Permettere sia condotto sale ad Adria ai patti slessi come a Ferrara ; » La parte che manchi pagherà 1000 marchi d'argento, ohbHgandosi perciò i contraenti con tutti i loro beni pre- senti e futuri. ») Dopo ciò i rappresentanti di Adria giurano fedeltà al Doge e Comune di Venezia. Intanto più e più s' arruffava la matassa alle sponde del Po, le cui foci erano tutte in potere de' Veneziani, i quali, assicuratisi di Adria, persistevano fortificarsi a Ferrara in- tollerante del nuovo giogo, prevedendo la più seria procella che loro sovrastava da parte della Corte d'Avignone. Infatti il duca di Calabria avvertiva il capitano di Castel Tedaldo, aver ricevuto lettere papali piene di sdegno contro i Vene- ziani, che grave ingiuria recavano alla Chiesa Romana colla detenzione del castello stesso e del ponte di Ferrara; di che il papa aveva ordinato allo stesso duca ed al re Fede- rico di Sicilia farsi propugnatori della santa Sede. Venezia ne spediva ambasciatori al papa, ma, sia che i legati ponti- ficii non avessero avuto parte nel convegno 27 novembre 1308, od il papa ricusasse ratificarlo. Clemente V publicò il 27 marzo 1 309 (giovedì santo) da Avignone contro i Ve- neziani come occupatori di Ferrara, città spettante all' alto dominio della santa Sede, la più terribile ed ingiusta bolla — dice il buon Muratori — di scomunica ed interdizione che si sia udita mai {Annali et Italia, ad annum) dichiarandoli infami, conliscando i loro beni, facoltizzando chicchessia di fare schiavo qualunque veneziano, innocente o reo, dovun- que gli capitasse tra mano. E ne avverte il Frizzi (op. cit.. Ili, 223), che non mancò chi volle lucrarsi questo merito spirituale di persecuzione, depredandone ed alcuni sinanco uccidendone in Italia non solo, ma anche in Francia. - 204 — Prima del 3 aprile, che venne loro intimata, seppero i Veneziani della fiera sentenza. Facevano di lutto per ingra- ziarsi il popolo di Ferrara, ma qui pure scissi gli animi, e giù sin dal 10 aprile si poneva mano a crudeli rappresaglie. Non seguirò passo passo le orribili vicende di questa guer- ra ; solo ricorderò, che dopo una rissa, o piuttosto vera battaglia, d'una notte di giugno sostenuta da oltre 700 Ve- neziani, questi, ad istigazione di certo Sgavardo ferrarese, tagharono in varii luoghi gli argini del Po, segnatamente ai campo del Pero, poco sotto il monastero di san Giorgio, a sinistra del Po di Marrara (Frizzi, op. cit., HI, 223, 225). E al di là del Po i Padovani, che slavano co' papalini a dan- neggiare i possessi de' Veneziani e de' loro amici, fra cui certamente era Adria, rompevano i fiumi del Polesine e del basso Padovano. Delizie dei tempi ! Il Papa frattanto, all'armi spirituah accoppiando le tem- porali, bandiva crociata contro i Veneziani (21 giugno 1309) e vi preponeva il feroce cardinale Arnaldo da Pellagrua, il quale, per due preti di Padova nominatisi procuratori (let- tera 22 luglio) occupava, a nome della Chiesa Romana, quanti poteva beni de" Veneziani in Polesine e altrove. Imperterrita Venezia, malgrado le interne sue commo- zioni, mandava su da Loreo per la foce Carbonara e pei canali interni di Adria e pel Po detto di Venezia (od anche di Lombardia) un' altra flotta, la quale doveva ascendere sino alla Stellata (quasi rimpetto Ficarolo), e di là pel Po di Ferrara discendere a Castel Tedaldo. Ma trovò a Francolino, poco sopra Polesella, asserra- gliato il fiume da un ponte di barche incatenate, costrutto dal marchese Francesco e dal medesimo difeso con grosso nerbo di pontificii. Allora il presidio veneto di Castel Te- daldo, sperando d'un colpo di mano spianar la strada alla fiotta, mandò le proprie navi su pel fiume a Stellato, donde, legate in ischiera, facessero impelo al ponte di Francolino, — 205 — cooperando a spezzarlo, mentre la flotta T attaccava dalla parte inferiore (28 agosto). Visto Ferraresi e Bolognesi sguernito di quella difesa Castel Tedaldo, dopo aspra lotta r ebbero in mano; a nessuno fu dato quartiere; i fuggia- sehi annegati ; in tutto GOOO morti, tra eui Sgavardo ; im- menso il bollino, perchè le navi veneziane partite dal ca- stello caddero tutte in mano de' vincitori. La flotta inferiore a Francolino fuggi sino al mare, infestata sugli argini dal marchese Francesco. Il Pellagrua faceva impiccare quanti Ferraresi trovava complici de" Veneziani superstiti al massacro; pochi Vene- ziani presi e serbati vivi venivano accecati e cosi rimandati a Venezia : i 854 cadaveri raccolti dai vincitori servirono ad otturare il più vicino dei tagli praticali da Sgavardo a sommergere la patria, e lui sopravi, e T orrida colmata di umane membra fu detta la inolia di Sgavardo. Ma il nu- mero degli annegati era stato d" assai maggiore, di che — se crediamo all' Equicolo (ms. p. 21, in Bottoni prof. Antonio, Rotle del ùasso Po, pag. 39. Ferrara, tip. Sociale, 1873) — r acqua del Po se ne corruppe cosi, che sotto Ferrara non si potò farne uso per molti giorni. Ferrara fu tenuta senza contrasto dal legato a nome della Chiesa: il Comune mandò ambasciatori al papa a giu- rar fedeltà. Documenti de' veneti archivii a questo tempo dimostra- no come tutto ne' paesi nostri fosse pieno di sospetti, di pe- ricoli, di rappresaglie; — ci offrono dati che Adria, profit- tando dei presenti torbidi e della morte di Fresco bastardo, avvenuta certo prima del 3 ottobre i309, tentasse sottrarsi agli oneri di vassallaggio che la legavano ancora agli Esten- si ; se non che lettere del Doge al Podestà ed Università di Adria li consiglia e prega favorire gli interessi di Folco figlio di Fresco ; — ci fanno anche sapere che genti papaline commettevano atti ostili in Adria, e mene contro Venezia — 206 — sì tenessero ivi e si temessero a Loreo : — certo poi la na- vigazione del Po, deir Adige e delle acque nostre minori s'era resa tanto incerla, che Venezia s'indusse nel 1310 concedere ai Veronesi lo scavo d' un nuovo canale fra T A- dige e il Po nel loro territorio a loro spese (Reg. Pradelli de' Gommem. e Reg. Minotto di documenti spettanti a Fer- rara, Polesine ecc., ad annos t309, Ì3i0). In Ferrara, a fianco de' partiti papalino ed estense, se n era formato un terzo, il ghibellino, avente a capo Sahn- guerra IH, che, suscitata fiera sommossa in luglio 1310, bruciò il palazzo maggiore degli Estensi, e tra saccheggi e stragi fu acclamato signor di Ferrara. Ma da Rovigo, quan- tunque ancora indubbiamente spettante alla republica pado- vana, accorrendo, con rinforzi del legato Francesco estense in persona, insieme ai nipoti Rinaldo ed Obizzo con armati di Rovigo e di Padova, nonché Altogrado Cattaneo da Len- dinara, vescovo di Vicenza, con buon nerbo di cavalleria, costrinsero Salinguerra alla fuga colla solita appendice di taglie, supplicii, confische. Calato Enrico VII di Lussemburgo (ottobre 1310), l'ul- timo tentativo di Salinguerra HI (novembre) fu sventato parimente dal march. Francesco, e si poteva di già vedere che a questo, meglio che ad altri signori, piegava il cuore dei Ferraresi. Chi pensi a tali disordini non durerà fatica a credere che, quand' anche fosse assente malizia, dovea fare sue parti r incertezza e la trascuratezza ; per questa infatti anche nel 1310 avvennero varie rotle nell'Adige. Anche quando nel 1311 rialzavasi il ghibellinismo colla coronazione d' Enrico VII a re d' Itafia (G gennaio) e Pa- dova stessa veniva costretta a ricevere vicario imperiale, che fu Gherardo da Enzola da Parma, Rovigo ed il Pole- sine va considerato, come spettante a Padova, qual dipen- dente da esso. — ^07 — II legame di protezione, veramcnle di dipendenza, che vedemmo stabilirsi in Adria verso la Repul)lica veneta sullo scorcio del 1308, e sancirsi col patto 18 febbraio 1301), quanto durasse ignoriamo, ma fu breve di certo. Quell'An- drea Garoso, allora capitano in Adria, vien nominato (il 20 ottolire 1311) fra i Camerlenghi del Comune veneziano (Commem. I, 171, Ileg. Predelli, n. 501), né sappiamo che altro rappresentante della Republica sia stato in Adria in questo periodo. 1'] certo peraltro che sino al G novembre dell'anno medesimo Venezia esercitava nel nostro territorio alti che sanno di sovranità ; leggesi infatti che certo Carhno da Cremona ebbe sequestrata una merce di contrabbando nelle acque di Adria dagli uomini del podestà di Loreo (Reg. Minotto, II, 2'/, Pr. 57). È certo altresì che poco do- po ricompaiono signori di Adria gli Estensi. Sin dal cadere del 1311 un tal quale modus vivendi si era introdotto nelle relazioni tra la santa Sede e Venezia. Certo il 23 novembre di quell'anno una bolla di Clemente V conferma in massima i patti conchiusi precedentemente tra Venezia ed i Marchesi, e mano mano s' andavano mighoran- do i rapporti specialmente commerciali fra le due potenze, ma la definitiva assoluzione dalla scomunica non venne ac- cordata che dopo prolisse pratiche, colla bolla di quel papa 21 gennaio 1313. È da notare che in questo intervallo re Roberto di Na- poli, già dal 1310 vicario del papa in Romagna, n'ebbe an- che il governo di Ferrara; die l'incoronazione d'Arrigo VII (29 giugno 1312) ad imperatore, anziché acquetare, aveva più e più sconvolto le cose itahane ; che alla furibonda guer- ra accesasi fra Cangrandc ed i Padovani anelanti ricupe- rare Vicenza, prese parte il marchese Francesco, il quale, chiamato da questi come lor cittadino, v' avea condotto rin- forzi notevoh da Ferrara stessa e dal Polesine, sebbene con poco frutto; che questi infine, tornalo a Ferrara, ove secon- T(ji/i(i Jil, Serie VI. -7 — ^208 — dava in apparenza la parte eeelesiastico, ma non ismetteva la speranza di ricuperare l' avito dominio, vi fu assassinato dai Papalini (la sera 23 agosto 1312); e che al cadere del 1312, mentre Ferrara era malmenata dai nuovi padroni e costretta al silenzio dalla forza soltanto, Rovigo e Polesine, dipendenza ancora dei Padovani, non cessava rimpiangere l'antica signoria degli Estensi. La costoro stella parca tramontata coll'assassinato Fran- cesco, i cui figli Bertoldo ed Azzo si crede seguitassero di- morare a Rovigo, mentre i figli d'Aldobrandino, stanziato a Bologna, Rinaldo, Obizzo e Nicolò, dimoravano abitualmente in Este. Moltissimi ancora i loro beni privati. Forse Rinal- do ed Obizzo, che nel febbraio I 308 (v. s.) venivano posti in possesso delle giurisdizioni di Adria, le riebbero dopo la sconfitta de' Veneziani dell'agosto 1309, ma mentre non abbiamo difetto di notizie ecclesiastiche estranee qui al no- stro compito, le politiche su Adria e territorio ci mancano quasi del tutto in questo torno di tempo. Fra i moltissimi esempi dell' accurata difesa che il go- verno della Republica prestava agli abitanti del nostro estua- rio, ne' loro diritti di pescagione e commercio, questo tro- viamo notevole datoci dal ì.° de' Commemoriali (205 tergo). Gli abitanti di Loreo andavano alla pesca delle anguille an- che su quel di Rimini, ed avendone questi abitanti predata loro certa quantitc'i, dovettero mandare un ambasciatore a scusarsene a Venezia ; e fu Pietro Acciaioli, il quale davanti al Doge dovette solennemente assentire (5 dicembre 4 313) che due arbitri, uno per parte nominati, definissero il dan- no da compensare, ed in loro dissenso un terzo ne fosse eletto dal Doge. (Cfr. Reg. Predelli n. 390 e Reg. Minotto p. 42). E il Doge ordinò (1 gennaio 13 i4) che si pagasse a Pietro de Riseriis (Rizzieri?) e ad Andrea de Pidale da Lo- reo lire 3, soldi 12 di grossi, valore del danno delle an- guille saccheggiate dai Riminesi. QHO __ S,\jO A prova cLo il ùoiuiiiio dei Padovani durava ancora in Polesine abbiamo carta del 1313 citata dal Gennari, che nota Albe'rlo da Ponte potcslas R/toidgii prò Comuni Pa- (luae^ e poco appresso con pari dignitù Alberto Capodivacca altro patrizio padovano. Neil' incertezza chi fosse in questi giorni il dominatore di Adria, troviamo clie si eseguiva di certo il capitolo del patto 1309 intorno al sale, di cui per altro sembra si fa- cessero in Adria, profittando di quella concessione, vendite di contrabbando. Leggo infatti nei libri del maggior Consi- glio (Presb. 123 e Nept, 26 ter. nel Reg. Minotto, p. 45) sotto il 21 maggio 1314, che il Doge e suoi consiglieri pos- sano determinare il quantitativo del sale ad uso illortim de Adria facendoselo pagare lire 9, e del più che fosse lor dato ne paghino I 0, cum inde sai deferatur in paduanam in pre- Judicium Comnnis. Altra prova del dominio del Comune di Padova su Ro- vigo : poco prima del 1 2 maggio 1314 Marco Albertino della Costa, detto del Prete, uccideva e spogliava tra Concadira- me e Roveredecrede (Roverdicrè, suburbio di Rovigo) Gui- dobello agente di mercanti fiorentini in Venezia e Padova, vendendo il frutto del delitto a sudditi veneti. Nicolò da Fontana podestà di Cavarzere arrestò il grassatore a richie- sta de' Rodigini e n' ebbe senza tortura la confessione. Per- tanto il vedere che si applica al caso lo Statuto di Padova, ci manifesta che Padova signoreggiava ancora Rovigo. Infatti, a tenore dello statuto di Padova fu tenuto responsabile del danno il territorio ove fu commesso il delitto, cioè quello dei Rodigini, col diritto ai medesimi, secondo esso Statuto, di farsi consegnare le cose trovate al reo. La richiesta dei Rodigini a Venezia non fu ascoltata. Perciò Padova vi man- dò due legati cui, dopo varie pratiche, fu fatta ragione (Corani. L 2!t>, 227, 219 Keg. PredelU numeri 620, 625, 632j. — 510 — La sovranità che dal X al XU secolo il vescovo avea mantenuto, più o meno limitata dall' alto dominio papale ed imperiale, su Adria, Rovigo e molta parte della dfocesi, non era spenta del tutto nemmeno in questi tempi. Già dai Vaclum Àdriae abbiamo potuto accorgerei/'he certi rapporti di vas- sallaggio tenevano legata Adria al vescovo ed ai marchesi estensi. Ora vediamo durar vassalli del vescovo gli stessi marchesi. Il 1 5 dicembre I 3 1 4 in Rovigo nel palazzo del vescovo, con grande solennità, Giovanni vescovo d' Adria investe di feudo ad usum regni il magnifico Aldobrandino marchese Estense della metà delle decime delle ville di Sar- zano, Ruso, Grompo, Concadirame, di cui gode -pro indi- viso con Azzo e Rertoldo del fu Francesco fratello d' esso Aldobiandino, secondo che i loro maggiori ebbero con pari diritto dal vescovado e dalla Chiesa adriense. Seguono varie riserve ed altri patti, ma quello che pii^i ci preme rilevare si è, che il marchese si professa vero e legitimo vassallo della Chiesa adriense, cui giura fedeltà sui santi vangeli. Questo importante documento è inedito, ed io ve ne presento copia fedele, proprio la stessa che il Muratori spe- dì ad Ottavio Rocchi, come rinvenuta fra i mss. di Pellegri- no Prisciani. Quanto al vassallaggio degli Adriensi ai marchesi, è certo che il 13 marzo 1315 fu confirmato il feudo nol)ile che il Comune ed uomini d' Adria tenevano dai signori Estensi, e del quale la prima investitura, o meglio confirma che si conosca, fu fatta da Francesco Estense il I Ti luglio 1294. Fra i Padovani, tuttora signori di Rovigo e Polesine, e gli Estensi, si disputava lintiuenza sui nostri paesi; infatti morto nel 1315 il vescovo Giovanni, i Padovani, malgrado r opposizione d' Azzo di Fi-ancesco Estense, brigarono gli fosse dato a successore il patrizio padovano Salione Buzza- carini, che per altro non potè essere riconosciuto senza co ntrasto prima dell' 8 settembre 1317. — 211 — Sulla durala del dominio padovano in Polesine ci oc- corrono altri duo documenti, l'uno del 5 maggio 131 G, l'al- tro del 7 gennaio Ì3I7, rogati in Lendinara padiiani di- slriciiis (Bronziero Storia, pag. 42). Ma nel 1317 la fortuna estense doveva rialzarsi si in Ferrara che nel Polesine, giovata specialmente dall'odio dei Ferraresi alla signoria di Roberto. È curioso un fatto pel quale sembra che i figli e nipoti d'Aldobrandino, che vivevano privatamente in Este e Rovi- go, non destassero nei Padovani la menoma gelosia- Chec- chò ne fosse, è certo che, quando nel maggio Obizzo impal- mava Giacoma di Romeo de' Pepoli, potè dare in ìtovigo grandi feste ; — peraltro, sebbene la cronaca estense dica che la condusse Ksque R/iodigium lerram suam, non è a prendersi alla lettera questa espressione; — potrà intendersi de' grandi possessi privati, ma Rovigo era ancora in dominio dei Padovani. Poco appresso (22 luglio) 1' uccisione di un Bocchini- pani commessa, non si sa perchè,-^da Pino della Tosa vica- rio di re Roberto, occasionò tale rivolta di popolo, che Ri- naldo ed Obizzo, accorsivi da Rovigo, presero Castel Tedaldo (4 e 5 agosto) e furono proclamati signori della città insie- me col fratello Nicolò e coi cugini Azzo e Bertoldo. Quin- di, come ognuno può indovinarlo, altra scomunica. Ma o non fu intimata, o ne venne sospesa l'esecuzione, attesoché il 29 novembre Guido Beretta vescovo di Ferrara rinvestì gli Estensi degli antichi feudi, che la casa loro riconosceva al> antiquo dal vescovado medesimo. Conquistato intanto Castelbaldo dallo Scaligero sempre in guerra con Padova, e fuggito di Rovigo il podestà pado- vano, Rinaldo ed Obizzo ripresero 1' abbandonata terra e castello. Venezia richiesta di mediazione se ne scusò, ma poco appresso {A diceir.ltro) scrisse eongrululandosi deli' occordo seguito tra gli Estensi ed il legato papaie. Il prevalere de' ghijiellini carraresi in Padova, ove Gia- como vi divenne signore, primo di quella casa, co! titolo di capitano del popolo, ritolse Rovigo agli Estensi. Documento della cancelleria padovana del t318 nomina Oùizonem de Carraria potesialem Rhodigii prò Comuni Paduae (Bron- ziero, 40, 41, op. cit.), il quale era in tal carica anclie il 3 ottol)re, come risulta da un bel documento intorno la fra- glia de' nodari di Rovigo, steso ivi nella cliiesa di S. Fran- cesco presente il podestà medesimo. La lega degli Estensi collo Scaligero, avvenuta il 19 maggio 1318, li rimise nella signoria di Rovigo nel 1319 (Murat. Ann. d'Ilalia) o poco prima. Indipendentemente dal dominio politico, ricchissimi di possessi a queste parti si mantenevano gli Estensi, oltreché in Padova, Ferrara e loro lerritorii, in Rovigo e contado, Costa, Arquà, Pontecchio, Saguedo, Rasa, Lendiiiara e suo castello e Polesine, nelle valli di Ceregnano e Fratta ... in Adria ed Ariano. A Salione Buzzacarini, già senza ostacoli riconosciuto vescovo d' Adria, domandarono gli Estensi l' investitura di tutti i feudi e giurisdizioni che erano soliti tenere dal ve- scovato di Adria in comitalu Rhodigii et per lolam Dioece- sim Àdriensem. Del 10 gennaio 1319 è la procura fatta por ciò in Ferrara da Rinaldo ed Obizzo marchesi a mastro Bartolomeo Paglierino (a pulcis) per ricevere l' investitura stessa giurando per loro fedeltà come vassalli (^). Ma pare che ciò non avesse per allora effetto, sia per- chè quel vescovo, padovano, non volesse favorire i ne- (1) Vedi Speroni Arnaldo (AiJr. Episc. Serios, Pativi! ConzaH, i78R) per una prima investitura (luglio 1318); l'altra (10 gennaio 1319) è inedita e copiata nei mss. mici Ann. Pollicinensi. Anclie questa è fra i documenti mandali in copia dal Muratori ad Ottavio Bocchi, e ve la presento. — 213 — mici della sua patria, sia por lo vicoiulc ohe a motivo di quella lega si andavano svolgendo. Peraltro la scomunioa, ingiusta, se mai ve n'ebbe, lan- ciata ad istigazione di re llolierto contro gli Estensi in prin- cipio del 1 320, non ari'ostò che teniporariamcnle il loro progredire. Erano senza dubbio signori di Adria nel 1321 Rinaldo ed Obizzo d" Aldobrandino (non si parla di Nicolò) e Berti Ido di Francesco, e questa casa vi dominò sino al 150*) (tranne la sola interruzione dal 5 maggio 1482 al 7 agosto l-'i8i). • — Vi tenevano giudice in queir anno, ossia visconte, Filippo de' Berlolotti, oome si rileva da inedito documento 2 giugno (in copia autentica presso il mio Mu- seo), ov'ò per avventura la prima menzione sicura delia fa- miglia Grotto in ser Giovannino del fu Ero de' Grotti. Ed anche su Rovigo pare dominassero in tale anno gli Estensi, giacché è verisimile spettare al 1321 una lettera di Obizzo eapitano generale di tutto il Polesine, inserita nel vecchio statuto rodigino, intorno al ragguaglio della moneta padovana colla ferrarese. Certo poi vi tenevano visconte nel I 322 Pino de' Por- cenari da Modena (Statuto suddetto 8 febbraio), e tanto si tenevano sicuri de' loro diritti, che nel \ 323 si ascrif sero alla lega ghibellina colle città loro soggette contro re Ro- berto, e poiché nel 1 324 il Papa pubblicò contro di loro la crociata, non solo si sostennero con valore, ma riportarono da Lodovico il Bavaro imperatore diploma, datato da Mo- naco, di conferma de' loro dominii su Rovigo e contado, Arquà, Fratta, Costa, Adria ed Ariano, col loro distretto e contado, adjacenze e pertinenze, Venezze, I" abbazia di Vangadizza, Lendinara e sua corte, ecc. La crociata contro gli Estensi riusciva bensì da per tutto perdente (1525); ma le sorti potevano mutare: — re Ro- berto prosperava in Toscana ; Bertrando dal Poggetto, le- gato papale, in Romagna (1326), e se — nell'ancipite for- — 21'!- — luna — gli Estensi da un lato avviavano segrete trattative col papa, dall'altro caldeggiavano la calata del Bavaro(l 327), non sappiamo che dire. Bisognava pure in qualche modo finirla. Che per nulla fosse disturbato il Polesine fra tanti ru- mori, ne accerta il vecchio statuto di Rovigo co' frequenti decreti dei suoi visconti ; — e che sotto la voce Polesine s'intenda (oltreché Rovigo) Lendinara ed Abbadia, si evin- ce anche da ciò, che spesso si nomina in esso statuto Dir strictus Rhodigii vel aiiqiia pars PoUicinii, avvertendo che Rovigo continuava ad essere, al paro di Adria e d' Argenta, governato da visconte, carica maggiore ; Lendinara e Badia da podestà . Dopo sì lunghe commozioni e contese, anche il Papa doveva esserne stanco. Fatto sta che mentre gli eccessi di Lodovico il Bavaro gli alienavano la gran maggioranza degli Italiani, gli Estensi, dopo solenne confessione che Ferrara spettava di pieno dominio alla santa Sede, ne chiesero T in- vestitura. La bolla 5 dicembre 1328 li assolse, dichiarandoli esenti dalle imputazioni in materia di fede. Facciamo qui breve digressione. Il diritto della Chiesa su Ferrara fondavasi aù initio sulla donazione (vera od apocrifa, qui poco monla) dell'e- sarcato a S. Pietro, e dell' esarcato si considerava far parte Adria e Gavello, quindi buona parte del Polesine di Rovigo, giù compresa nella contea di Gavello, della quale era stata membro la stessa villa Rodico. — Parecchi diplomi ài con- ferme imperiali alla Chiesa contengono Adria e Gavello. Com' avvenne che su queste due città cessò la santa Sede d' accampare qualsiasi pretesa ? Dimodoché le conferme imperiali agli Estensi, che certamente non fanno mai cenno di Ferrara, comprendonvi sempre Adria con Ariano e Ga- vello da prima, poi la succedutagli contea di Rovigo ? — 215 — Rinunciamo a rispondei-e: trovarci il l)andoIo, dipanare r arruffala matassa delle varie sovranità, penetrare nei sot- tili meati di que' rapporti papali ed imperiali, di principi, di città libere, È d' altri omeri soma che de' miei, col triste conforto, che nessuno forse potrà dirne, in modo che apparili, 1" ultima parola. Basti ricordare la voluminosa polemica che sopra Cnmacchio si agitò, in tempi relativa- mente recenti, tra sommi storici ed eluditi schierati ne' due campi imperiale e papale. Quanto ad Adria, mi onoro di presentarvi, estratta dal periodico L' Archivio Venelo, una mia memoria sui domi- natori di essa sino al 1516. Nel 1 329 il papa accordava il vicariato di Ferrara ai tre fratelli Estensi d'Aldobrandino, con piena giurisdizione temporale e mero e misto impero, sotto l'annuo censo di 10,000 fiorini d'oro, ma la stipulazione dell'investitura rimase ancora sospesa sino al 1332. — Contuttociò gode- vano essi tranquillamente quella città, e v' aggiunsero nel i330 il Finale di Modena. La calata (31 dicembre) di Giovanni di Boemia, chia- mato dai guelfi di Brescia, minacciò anche la quiete de' no- stri paesi. Nella lega ordita contr' esso, di cui furono anima gli Estensi con molti altri signori italiani e città, stipulata in Castelbaldo (8 agosto 1331), è curioso vedere che i prin- cipah luoghi dominati da essi vi sono enumerati come loro mallevadori (Muratori, Piena esposizione ecc., p. 238), di- cendosi: Pro se et prò eorum civitatibns etc. . . . civilales, Communio^ vniversìtates et loca, videlicet Ferrariae, Ar- genlae. Castri S. Alberti cnm Ptiperia (la Riviera di Filo), Comacli, Castri Finalis, Adriae^ Rhodigii, Lendenariae, Ab- batiae, cura loto Polexeno cum districlibus et pertinentiis suis ac omnes alias terras, castra, loca, quae ipsi Rainal- Tonni III , S. ria \ / 28 — 216 — dus et Obizo tenent et possident in quibiiscumque aliis dioecesibus et districtibus. E che tal lega non dispiacesse al Papa n' è certo indizio, che finalmente nel 1332 gli Estensi ottennero l'investitura del vicariato di Ferrara per anni dieci, la quale ha una spe- ciale importanza per noi, giacché fu accettata con atto 12 gennaio la malleveria dei comuni di Firenze, Adria, Comac- chio, con alcuni cittadini e mercanti ferraresi. Procuratore o, com' allora dicevasì, sindaco della città e comune di Adria era stato nominato da essa città e co- mune un Antonio di Lonzo, cittadino e nodaro di Adria, con istrumento rogato nel palazzo comunale della medesi- ma 5 gennaio i332 da Francesco del fu Benzanino del Ferro notaio ; ed egli, insieme cogli altri procuratori, obbli- gò in Bologna, alla presenza del legato cardinale Bertrando del Poggetto, aU'uopo medesimo la Comunità ed università di Adria, ed i beni di essa. In eiusdem patris et domini pre- sentia constitutus providus vir Antonius de' Lonzo notarius et civis Adriensis sindacus Commnnis et hominnm Civitalis Adriae, ad infrascripta specialiler constitutus ex instru- mento ipsius sindacaius scripto manti Francisci filii olim D. Bonzanini a Ferro imperiali auctoritate notarii anno nativitatis Domini MCCCXXXII, ind. JF, Adriae, in palatio Communis dictae Civitalis, die V mensis Januarii, Pontifi- catus Ss. P. D. lohannis Pp. XXIf anno sextodecimo, etc. (l'intero documento trovasi nella Piena esposizione del Muratori). Firenze, Adria e Comacchio: — e perchè non alcun luogo del Polesine, senza dubbio posto anch'esso fuor del distretto di Ferrara, men povero ed, al caso, più solvente di Adria poverissima allora ? Risponda chi può. A me ba- sta aver rilevato, che siccome non può supporsi che il Papa accettasse in garanzia alcuna parte dell' oggetto stesso che si dovea garantire, Adria, del pari che Comacchio, ci si mo- — 217 — slra qui né sottoposta alla S. Sede, né inchiusa nel vicariato di Ferrara. Ed ecco perchè non si vede tra' fideiussori al- cuna delle tante grosse terre del Ferrarese {Piena esposiz.^ e. 37, p. 279). L'atto formale d'investitura non fu pubblicato, ma è certo che cinque giorni dopo la stipulazione di quell'atto di malleveria acc(Ututo, Gugliohno TrucHo t;'soriero di Roma- gna, spedito all'uopo dal legato in Ferrara, diede l' investi- tura della città medesima e suo distretto a Rinaldo, Obiz- zo e Nicolò d' Aldobrandino estense, i quali, giusta la pro- messa fatta già nel 1328, restituirono Argenta al legato nel giorno medesimo (17 gennaio 1732). E così ebbero termine le questioni suscitate dal testa- mento d' Azzo Vili, fonte di tante sciagure e rimulamenti anche per Adria, Rovigo e Polesine. Havvi peraltro un'appendice. Bertrando dal Poggetto, che avea dato la parola a no- me del Papa, era di quelli dalla Lunga promessa coli' at- tender corto^ sebbene al promettere era seguito 1' effetto della consegna del vicariato. Perchè avendo Carlo di Giovanni re di Boemia scon- fìtta la lega (v. s.) a S. Felice (25 novembre 1532), il le- gato, senza previa intimazione di guerra, mandò il suo ma- resciallo co. d' Armagnac ad assediare Ferrara. Ma questi fu sconlìtto con grande strage e fatto prigione (^4 aprile 4 333), di che, espulso di Romagna il legato, gli Estensi si ripresero Argenta (8 marzo 1334). Morto Rinaldo (31 dicembre 1335), Obizzo e Nicolò ottennero la da tanto tempo agognata Modena, già loro promessa per patto della lega. Contro .Mastino della Scala^ che molestava i Veneziani (1336), Obizzo si pose in lega con questi (40 marzo 1337) — 218 - per iiigi'iiziursi il Papa, e la seguitane decadenza degli Sca- ligeri sollevò il Polesine da gravi pericoli. Gli Estensi figurano ancora come vassalli del vescovo: coir alto 25 gennaio 1339 (trovasene un estratto nella ci- tata op. di Arn. Speroni). Denvenulo (al secolo Bartolomeo Borghesini) vescovo di Adria, nel palazzo vescovile di Ro- vigo, investe di feudo ad usum regni Pelrirolo (o Pelra- zolo) d' Arquù procuratore de' marchesi Obizzo e Nicolò, delle decime, già tenute da Ptizzardo detto Tartaro q. Ales- sandro Cattaneo da Lendinara dalla chiesa adriense, sopra fondi delle terre di Lendinara, Bornio, Villanova, Fratta, giurando fedeltà e vassallaggio. Il 17 gennaio 13-i2 scadeva l'investitura decennale del vicariato di Ferrara. Obizzo cominciò a trattare con Cle- mente VI (Pietro Roger) successore di Benedetto XII della rinnovazione, ottenuta solo due anni appresso. V era di mezzo un punto controverso abbastanza grave. Dopo la gran rotta del 14 aprile I3;ì3 data alle genti del legato sotto le mura di Ferrara, gli Estensi avevano cessato di pagare r annuo censo alla S. S. a preteso risarcimento dei danni da loro sofferti per quella guerra slealmente lor mossa: né trovasi che la S. S. perciò facesse alcun passo né verso gli Estensi, nò verso i loro fidejussori, tra i quali trova- vasì Adria. Ma intanto, caduto di potere il legato ; morti Rinaldo il maggior degli Estensi reggitor dello stato^ i due papi Gio- vanni XXII e Benedetto XII, e re Roberto; Obizzo rimasto capo della casa, col mostrarsi ligio alla corte d' Avignone, s'aperse l'adito ad una riconciliazione col nuovo papa Clemen- te VI, e con mandato 28 maggio 1342 gli spedì il giurisperito ferrarese Delfino de' Fiessi a riconoscere il dominio della S. S. sopra Ferrara, a promettere il pagamento del debito scaduto e chiedere rinovazione dell'investitura. — Col me- desimo procuratore fece altrettanto per conto suo il co- — 219 — muno di Ferrara con mandalo 20 giugno, autorizzando il riessi a domandar l'investitura a favor degli Estensi, a no- me del popola ferrarese e ad offrire la propria malleveria sì pe' censi arretrati che pei venturi. Dopo un annodi maneggi ottenne il Fiessi l'intento. Ma non si contentò la S. S. della malleveria del Comune di Ferrara, fu di mestieri rinnovare quella di Firenze, Adria, Comacchio, delio quali duo, cittù fu procuratore il nodaro di Adria Albertino de' Cuoi, e di parecchi de' più cospi- cui cittadini ferraresi, aggiungendovi eziandio la città di Modena. Seguirono le pratiche d' uso durante le quali mori Ni- colò I, e cosi la investitura del vicariato di Ferrara fu ri- lasciata il 29 luglio 1344 al solo superstite Obizzo (Murat., Piena esposiz.), alla cui casa non fu più tolta sino alla de- voluzione alla S. S. del 1598. Insistiamo sul fatto che Adria, al pari di Comacchio, non era considerata spettanza della S. S., nò compresa nel distretto di Ferrara, che in tal caso non avrebbe avuto mestieri di procuratore suo proprio, né di speciale man- dato ; — né tampoco compresa nel Polesine di Rovigo che nemmen qui è nominato. E questa di ribadire che Adria col suo piccolo territo- rio era distretto a sé, e non formava, né mai storicamente formò parte delle giurisdizioni del Polesine di Rovigo, potò forse a taluno apparire velleitù di campanile, ma quanto è certo che anche in punti di minore rilievo l'esattezza non dee trascurarsi, altrettanto lo è che la confusione dei due territorii lascierebbe oscuri anche dei punti importanti e fu talvolta cagione di gravi errori. Esaurita del mio meglio l'esposizione di questi episodii storici intorno Adria e Polesine nel periodo propostomi; nel dispiacere di non poter pubblicare per esteso tutti i miei Annali PoUicinensi documentati, son lieto di poter- vene almen cosi offrire qualche saggio. - ■:^20 — Allegati alla presente Memoria. 4. La stampa del Factum Adrìae in due edizioni. 2. La mia Memoria sui dominatori di Adria sino al 1516, già inserita neYC Archivio Veneto (periodico). 3. Investitura 15 dicembre 1314 di feudo ad iisiim regni, fatta da Giovanni vescovo d' Adria ad Aldobrandino marchese d' Este, d' alcune decime (ms. inedito). 4. Procura 10 gennaio 1319 fatta da Rinaldo ed Obizzo estensi a Bartolomeo dalle Paglie (Pagliarino) per ricevere investi- tura feudale dal vescovo di Adria Salione Buzzacarini (ms. inedito). SULLA CURA CHIRURGICA DELL'EMPIEMA. K O T E RACCOLTE DAL M. E. POTT. ANGELO MINICH L'empiema è un ascesso di cui una parete è molle e l'altra resistente. Tale disposizione anatomica rende ra- gione delle diflicoltà, che spesso si incontrano nella guari- gione definitiva di esso. Naturalmente i chirurghi negli ascessi, che presentano un'analoga disposizione delie loro superficie, preferiscono di incidere la parte molle, che poi si addossa alla parete solida, e ve la mantengono a contatto con la pressione, per impedire il ristagno del pus, e così favorire il coalito delle parti infiammate. Ma nell'empiema il chirurgo per necessità deve aprire l'ascesso attraverso il lato meno cedevole. Questa disposizione sfavorevole delle pareti dell'ascesso, spiega i risultati disastrosi, una volta lamentati, dopo simili operazioni, e quindi il discredito in cui erano cadute. A. Cooper non riuscì a guarire neppure uno dei suoi operati. Roux ricorda che fra molli operati di empiema uno solo era guarito. Dupuytren di cinquanta operati ne guari solo quattio. Dieffenbuch (') invece rac- conta di aver guarito due terzi degli operati, ed avea os- servato che guarivano quei malati, nei quali l'empiema era (1) DieiTonuach, Die operative Chirurgie. Band II, pag. 381, Leipzig, 1848. 222 rosi esteso da poter essere facilmente ricuiiusciulo senza tanti esami. Ciò, egli dice, corrisponde ai precetti di Laen- nec e di Stokes, che consideravano l'operazione come l'e- stremo l'imedio, al quale si ricorreva per salvare il malato. Inoltre avea osservato, che vi era maggiore speranza di sal- vare l'operato, quando la marcia era densa ed usciva con forza dalla fatta incisione, per essere ahbondante: invece l'esito era sfavorevole, se il liquido marcioso usciva dal torace con poca forza ed era di indole cattiva. Egli spie- gava queste differenze negli esiti, perchè la marcia densa era segno di una infiammazione semplice locale, e la forza con la quale usciva il pus dimostrava che il polmone po- teva distendersi : T opposto avveniva quando la marcia usciva lentamente, e quindi non addossandosi la pleura polmonare alla costale, rimaneva uno spazio vuoto, nel quale entrava l'aria, che era causa di nuove infiammazioni e suppurazioni, e quindi esauriva, con la sua diuturnità, le forze del malato. Blasius, al contrario, e con ragione, sosteneva ropportiinitìi di evacuare al più presto la mar- cia, subitochè fossero cessali i fenomeni infiamnuitorii e la diagnosi fosse sicura. L'empiema può aprirsi anche spontaneamente, e ciò avviene d'ordinario o per un bronco, od attraverso le pa- reti toraciche. Talora invece la marcia prende altre dire- zioni, e si versa nella cavitù del ventre in un intestino o nel pericardio, ma questi casi, per la loro grande rarità, hanno poco interesse pratico; oppure s'infiltra attraverso il tessuto connettivo sottocutaneo, producendo degli ascessi per congestione, ed allora la diagnosi può essere difficile, perchè si sospetta una carie vertebrale od una psoite. La marcia in questi casi si arresta alla regione lombare, op- pure arriva alla regione del legamento del Puparzio, ed an- che più in basso. La raccolta di pus nella regione lombara può essere pulsante, e simulare un aneurisma. Tali ano- 023 malie si osservano di preferenza nelT empiema della cavila sinistra del torace e iwi giovimi. Il tumore si sviluppa tal- volta subito al pi-imo svilupparsi della pleurite purulenta, altra volta invece molto tempo, ed anche anni dopo; la pro- gnosi non è più cattiva che nell'apertura spontanea del- l'empiema attraverso le pareti del petto. I chirurghi una volta erano contrari all'apertura sol- lecita dell' empiema, perchè le pleure ancora inDammate assorbivano più facilmente le sostanze deleterie, che, attesa l'introduzione dell'aria, erano prodotte dalla decomposi- zione della marcia, e frequenti erano per conseguenza i casi di setticemia spesso letale. Salve poche eccezioni, si preferiva la incisione alla pun- tura col trequarti. Recentemente si raccomandarono le punture, anche ripetute, nell'empiema dei fanciulli, nei quali con tal metodo di cura si ottennero dei buoni risul- tali. Alcuni pedjatri osservarono che nei fanciulli è più frequente che negli adulti l'evacuazione della marcia del- l'empiema pei bronchi, senza che si formi un pneumopio- torace, e la guarigione succede senza complicazioni. Donde la conseguenza di ritardare l'operazione nell'empiema dei fanciulli. Salve però poche eccezioni, si preferisce la inci- sione alla puntura col trequarti anche nei fanciulli, quando dopo due o tre toracenlesi non avviene la guarigione, od una manifesta diminuzione della raccolta marciosa. Nel ISSO il dottor Kashimura (^), assistente del dottor Baetz professore di clinica medica in Tohio nel Giappone, propose come nuovo un metodo di toracentesi, sul quale scrisse nel 1876 il doti. Cresswell Hewilt, e che consiste nel vuotare l'empiema con un trequarti fornito di un robi- netlo e di due cannule laterali, alle quali si uniscono due tubi di drenaggio, che si riempiono con una soluzione di (1) Berliner klin. Wochenschrift, N. 3, 1880. Ionio JJI, Serie VI. '2Q __ 224 — limolo o di acido salicilico. Uno dei tubi si inelle in comu- nicazione con un irrigatorc gradualo posto un poco in allo, contenente una soluzione di limolo, o di acido salicilico ri- scaldata a gr. 37 C, e l'altro tubo si colloca in un vaso situato inferiormente al malato, e contenente una soluzione disinfeltante. Anibidue i tubi sono muniti di una morsa elastica, rntroiiotto nel torace il Irequarli prima disinfet- tato, si estrae il punteruolo e si chiude ii robinetto, to- gliendo la morsa del tubo ebistico inferiore. La marcia esce nel vaso: quando ne uscirono circa 500 grammi si chiude la morsa del tubo inferiore e si apre quella del tubo superiore, cosicché la soluzione contenuta ncil' irrigatole entra lentamente nel torace. Quando si vede che il liquido delfirrigatore non si abbassa più, od assai lentamente, si chiude la morsa dei tubo superiore, e si a[)re quella del tubo inferiore. In tal modo si vuota e si lava la cavilù del petto. Quando l'acqua esce chiara, si leva la cannula del trequarti, e si copre la ferita con la medicazione antisettica. Lo slesso risultato si ottiene con 1' apparecchio di Polain, nel quale girando un robinetto a destra si vuota la marcia, e girandolo a sinistra si vuota ii liquido raccolto nel cilin- dro dello schizzetto. Con un movimento inverso dei robi- netti, si assorbe prima il liquido disinfeltante da injeltarsi, e poi lo si spinge nella cavità del torace. Qualche volta con questo metodo si ottiene la guarigione, ma per Io più è ne- cessario di ricorrere alla incisione. I prof. Henoch e Sena- tor lo preferiscono nei fanciulli. Il prof. Senator nei grandi empiemi recenti tanto nei fanciulli, quanto negli adulti tu- bercolosi, non vuota con la puntura tutta la marcia in una volta, ma soltanto una parte di essa, per evitare l'edema polmonare, le emorragie ed il collasso, e poi injetla 500 grammi di acqua tepida in cui fu sciolto un grammo di acido salicilico e !i lascia entro la cavità del torace. Dopo pochi giorni ripete la puntura e la iniezione, e così fa per — 29.D — {ilciine volto: in tal modo può succctlere l'assorbimento e la guarigione. Comunemente nell'empiema dei fanciulli si fa la puntura; se dopo due o tre toracontesi continua la febbre, la anoressia e si rinnova l'essudato, si fa l'incisione. Se nell'eseguire l'operazione dell'empiema si dovessero seguire le norme prescritte nell'apertura degli ascessi, bi- sognerebbe scegliere per l' incisione il punto più declive e più basso della cavilù do! torace, cioò in vicinanza della colonna vertebrale noli' unJecimo spazio inlei costale. A ciò però si oppoi rcbbero due circostanze importantissime; la prima, che la parte posteriore ed inferiore della cavitù del torace è spesso scomparsa per pleuriti piegresse ade- sive, la seconda che l'innalzarsi del diafiamma e lo spie- garsi del polmone, vuotandosi la marcia, impedirebbero la sua uscita. Il sito prescelto ordinariamente è il quinto o sesto spiizio intercostale nella linea ascellare, ove vi sono pochi Hiuscoli. Se si trattasse di una raccolta di marcia divisa da un sepimenlo, sarebbero necessarie due incisioni. La diagnosi dovrebbe basarsi sulla piccola quanlilà di mar- cia uscita dalla prima incisione e sui fenomeni fisici, e do- ^rebbe venir confermata dal risultato di una puntura esplo- rativa. Prima di eseguire l'operazione non è necessario di clo- roformizzare il malato, trattandosi di operazione breve e poco dolorosa. !n individui pusillanimi si potrà faj-lo senza timore. La morte può accadere durante l'operazione per cause non previdibili, ma è assai rara: per lo più dipende da embolismo, e si osserva quando si aspetti troppo nel praticare l'opei-azione, oppure dipende da pericardite, da sinecbie, o da degenerazione adiposa del cuore. Dopo di aver lavata la pelle del torace con acqua e sapone, e poi colla soluzione di acido fenico o di altro liquido disinfet- tante, con tutte le solite precauzioni del metodo antisettico riguardo agli islrumcnli, all'operatole ed agli assistenti, si — 226 — colloclierìi il malato inclinato sul Iato sano, in modo però di non comprimerlo, onde non rendere più difficile la re- spirazione. Nel sito prescelto fra uno spazio intercostale, tenendosi piuttosto vicini al margine supcriore della costa inferiore, si fa un' incisione della lunghezza di 4 a S centimetri, inte- ressando la cute ed i muscoli. Se qualche vaso arterioso (\h sangue, verrà legato. Giunti in prossimità della pleura, con un bisturi puntuto si penetra nella cavità del toiace, facendo una piccola incisione. Se la marcia uscisse con troppa f«)rza, se ne limiterà l'impeto appliciìndo sull'aper- tura l'apice di un dito onde restringere il getto. Cessato Io sgorgo della marcia, si allarga un poco la ferita per po- tervi introdurre facilmente il dito ed esaminare se il pol- mone sia molto schiacciato, o se vi siano degli strati di pseudomembrane depositate sulla pleura costale, che si cercherà di distaccare coli' unghia. Se il pus è di buona qualità, senza odore e non contenga coaguli, si possono risparmiare le injezioni nel torace non sempre innocue. Nel caso contrario si laverà accuratamente la cavità del- l'empiema. La presenza dei coaguli fibrinosi è dannosa, perchè meccanicamente impediscono l'uscita della marcia, e restando nella cavità toracica, facilmente si decompon- gono, l liquidi disinfettanti usati nelle lavature del torace sono: la soluzione di acido fenico (2 per cento), di acido salicilico (f per 300), di cloruro di zinco (3 5 per cento), di acido borico (7-10 per cento), di timolo (I per n)ille), di sublimato corrosivo (I in 2000). Allorché il liquido in- jettato uscirà limpido e senza coaguli, allora si introduce nel torace un tubo di drenaggio della grossezza del dito mignolo e di tale lunghezza che, calcolato Io spessore delle pareti del petto, penetri in cavità non più di duco tre cen- timetri. Per impedire che il tubo scivoli entro l'empiema, si attraversa parzialmente la grossezza della sua parete con — 227 - un ago lungo, dello di sicurezza, che con due striscio di cerotlo si assicura alla pelle in vicinanza delia ferita. Si fanno le injezioni nel torace introducendovi prima un tubo elastico, e senza adoperare molta forza, ma lentamente, per- chè l'urlo del liquido contro il polmone potrebbe destare fenomeni pericolosi. Si medicherà secondo il metodo di Lisler, collocando sulla ferita un pezzetto di proteclive o di carta di gutta perca ben lavata nell' acido fonico, e poi delle focaccie di garza fenicata, e degli strati di cotone preparato coll'acido salicilico, coprendo il torace dal lato operalo dall' ascella al bacino con un largo pezzo di garza fenicata piegata ad otto strati, sovrapponendovi dopo un tessuto impermeabile. Con adattate fuscie bagnate in una soluzione di acido sali- cilico o borico si terrà applicato al petto abbastanza stret- tamente tutto l'apparecchio della medicazione. Terminata l'operazione l'ammalato si adagierà sul fian- co malato, avendo cura che la testa e la spalla non siano alte, e sollevando invece con cuscini la parte inferiore del petto ed il bacino, affinchè la fatta apertura corrisponda alla parte più declive del torace. Nei giorni successivi si cambierà la medicazione ogni qualvolta il pus passasse attraverso gli strali della medica- zione, ed in principio si dovrà probabilmente cambiarla al- meno una volta al giorno. Preferisco di non fare injezioni, a meno che il liquido secreto non sia fetente. Se le lavature della cavità del toi-ace sono necessarie, preferisco all'acido fenico gli altri antisettici, per timore del carbolismo che più facilmente avvieiie nei fanciulli, e nei casi recenti di em- piema, quando le pleure non sono coperte da grossi essu- dali. Anche le fascie saranno preferibilmente bagnate nella soluzione di acido salicilico o di acido borico, perchè l'a- cido fenico irrita la pelle se è delirata. Successivamente in proporzione della diminuzione del liquido secreto, le me- — 228 - dicazioni si ttinno più di rado e si introduco un tubo più sottile di drenaggio. Se la febbre si riaccende, sarà da pra- ticarsi iin'iujezione con un liquido disinfettante, nel dubbio che una parte di marcia resti nella cavitò del torace. Se lo spazio libero fra una costa e l'altra fosse troppo stretto, e quindi si prevedesse probabile la difficoltà o la impossibilità di mantenere entro la cavità del petto un grosso tubo di drenaggio, si ricorrerà alla resezione di una costa, ordinariamente della sesta. Questa pratica è da consigliarsi anche subito dopo di aver fatta la semplice in- cisione, quando vi siano nel liquido del petto dei grossi coaguli fibrinosi, perchè allora è necessaria un'ampia aper- tura del torace, attraverso la quale si possano introdurre le dita per dislaccare i coaguli aderenti alia pleura. Alcuni consigliaiono di raschiarli col cucchiaio. Nei casi di mar- cia fetida fu eseguita una seconda incisione nel torace, in uno spazio intercostale inferiore e posteriore al primo, on- de rendere più facile la lavatura della cavità del petto. Fra un'incisione e l'altra alcuni passano un tubo di drenaggio. Per facilitare 1' atto operativo si consiglia di introdurre per la prima incisione un lungo specillo, che si fa sporgere nello spazio intercostale da incidersi. In questi casi è da preferirsi la resezione di una costa. Il prof. Kònig consi- glia nell'operazione dell'empiema di eseguire sempre la re- sezione di due centimetri della sesta costa, onde mantenere facilmente il tubo di drenaggio tino a guarigione completa nella cavità del petto, anche se le coste si avvicinano. Non sempre però con la semplice incisione si ottiene la guarigione doli' empiema. Può succedere che rimanga un seno anche lungo, dal quale ogni giorno escono poche goccie di marcia, oppure 1' apertura esterna si restringe, io spazio intercostale, attraverso il quale passa il tubo di drenaggio, ò così stretto da impedire l'uscita della marcia, e d'altra parte l'introduzione di un piccolo tubo riesce — 229 — inefficace. Può anche avvenire che la cavità del torace non si restringa, e la secrezione di pus si mantenga abbondante con progressiva emaciazionc del malato, perchè il polmone non si distende sufiicienteniente, oppure le coste non si pos- sono abbassare. Finalmente la guarigione viene impedita dalla grossezza degli essudati, che copi'ono la pleura co- stale. In questi casi sono consigliati diversi alti operativi, alcuni anche imporlaiili, ma che costituiscono l'unico mez- zo da usarsi per poter ottenere la guarigione. È rara la formazione di un seno che non comunichi con una cavità più o meno estesa. In tal caso bisogna esa- minare con uno specillo la lunghezza del canale e le con- dizioni delle sue pareti. Calcolando la quantità di marcia raccolta in ventiquattro ore e per u)olti giorni di seguito, si vedrà se è pochissima. Bisogna ricordarsi che d'ordi- nario rimane un seno iistoloso che conduce ad una cavità, nella quale si raccoglie la marcia. Per varii giorni escono poche goccie di pus, ma poi si trova l'apparecchio bagnato da marcia, talvolta fetente, perchè il pus si è raccolto in ascesso soltanto dopo alcuni giorni. La condotta del chi- rurgo deve essere diversa in questi due casi: se si tratta di un semplice seno fistoloso, si adopera la injezione di tintura di jodio, o il percloruro di ferro liquido allungato, oppure una soluzione concentrata di nitrato d'argento, il rascJìiamento col cucchiaio, la dilatazione colla laminaria. Kel secondo caso^ se l'ascesso retro costale è piccolo e siano insufficienti le Injezioni disinfettanti od escarotiche, si ricorre all'incisione dell'apertura esterna. Ma se questa non determina la guarigione, o la si preveda inutile per l'avvicinamento delle coste, che renderebbe impossibile o molto dolorosa 1" introduzione di un tubo grosso di dre- naggio, allora si deve eseguire la resezione della costa su- periore, od inferiore all'apertura del seno fistoloso. Questa operazione può essere indicata anche dalla carie di una -- 230 — costa. TalvoUa avviene che ini lubo di drenaggio scivoli nella cavità del petto, e sia la causa della suppurazione. Per estrarlo si consiglia di collocare il malato sul hito sano, di riempire la cavità del petto con un liquido, poi si fa cam- biare di posizione al paziente tiìcttendolo sul lato dell' em- piema : mentre esce il liquido si introduce nella cavitù un mordente, col quale, aprendolo e c!)iudendolo a caso in varie direzioni, si cerca di prendere il tubo perduto. La resezione di una costa rende più facile questa ricerca. L' operazione è facile. Con tutte le cautele del metodo antisettico dopo di aver cloroformizzalo il paziente, nel mezzo della costa da risecarsi, si fa un' incisione orizzon- tale lunga circa sei centim., colla quale si taglia anche il periostio. Allontanali i margini della ferita con gli uncini ottusi, mediante un elevatore si dislacca il periostio, con r avvertenza di non ledeie Y arteria intercostale, e perciò bisogna tenere il margine delT istrumento sempre rasente l'osso. Distaccato completamente il periostio nella sua parte anteriore e posteriore, si sottopone alla costa una spatola a difesa delle parti molli. Colla sega acuminata di Langen- bech, colla sega a catena, o meglio con una tanaglia curva di Liston, si asportano due o tre centim. di costa. Se si tro- va qualche difficoltà ad introdurre sotto la costa la branca inferiore della tanaglia, si allarga inferiormente, con 1' ele- vatore, l'apertura. Si può incidere prima la parte mediana della costa^ e preso uno dei suoi margini, e sollevalo con un mordente, si risecano successivamente le due parti la- terali. Ordinariamente si risecano soltanto le due estre- mità del pezzo di costa da asportarsi. Quando si fa la re- sezione della costa per aprire 1' empiema, come consiglia il prof. Kònig, si penetra i;: cavità con un taglio orizzontale nel mezzo del periostio, che copriva la parte posteriore della costa, dove non vi è pericolo di ferire l'aiteria inter- costale. Se invece si fa la resezione della costa, quando — 231 — l'empiema è giti stato da più o meno lungo tempo vuotato, si allarga, se vi è bisogno, con un bisturi bottonuto l'aper- tura della fistola, onde penetrarvi col dito per esaminare la grandezza, e la direzione dell' ascesso. Se questa è pic- cola, vi si injetta per nettarla un liquido disinfettante, e si riuniscono in parte i margini della ferita, introducendovi un grosso tubo di drenaggio. Se invece la cavità dell' a- scesso fosse estesa , sarà necessario far la resezione di un'altra, od anche di due coste, scegliendo quelle che cor- rispondono alla cavità dell'ascesso. Se questo si allarga in basso, si dovrà risecare la costa inferiore all'apertura fi- stolosa, ed eseguita la resezione, si farà una seconda aper- tura deir ascesso con le solite avvertenze per non ledere r arteria intercostale. Poi si passerà alla medicazione in- troducendo il tubo di drenaggio nell' apertura inferiore, trascurando il foro dell' antica fistola, che necessariamente si chiude, sgorgando la marcia per la nuova apertura si- tuata nel sito più declive. Se la cavità dell'ascesso è piccola, la resezione di una o due coste, come fu proposta nel 1859 ed eseguita nel I8C5 da Roser, collo scopo di aprire una larga uscita alla mar- cia, è sufficiente per ottenere la guarigione. Ma vi sono degli empiemi molto estesi, nei quali la solita incisione, ed anche la resezione di una o due coste non serve a dimi- nuirne le vaste dimensioni. Come già è noto, la guarigione dell' empiema avviene per la produzione di granulazioni, che si formano dall'ilo del polmone, ed uniscono la pleura polmonare alla costale. Di mano in mano che le granula- zioni vanno estendendosi, si uniscono le due pleure, e si impiccolisce la cavità dell'empiema. Per ottenere la guari- gione è necessario adunque, che le due pleure siano por- tate successivamente a mutuo contatto col mezzo delle granulazioni in tutta la cavità dell'ascesso. Ma se il polmo- ne non si distende, se il diaframma non si innalza, e se le Tomo III, Serie VI. 30 — 232 — costp non sì abììassnno in modo sufficiente, ron i- possil)ilo ^tù ^^ ^ ^^^ ^^^^^ i punti di 7r' , Q dai punti della retta a ^ (A,^ , A^^. , A^^^) di 7r' con tutte le rette di tt . Se col Rosanes {') chiamiamo speciale un connesso, la cui equazione si spezza in due fattori lineari, contenenti ciascuno una sola serie di variabili, e se chiamiamo punto e retta base di un tale connesso il punto e la retta, rappre- sentati dalle equazioni che si ottengono ponendo uguali a zero i due fattori, nei quali ò stata scomposta 1' equazione del connesso dato, potremo enunciare il teorema : « // connesso coniugato di un connesso singolare è spe- ciale^ ed ha per elementi base il centro e l'asse del connes' so dato.» (1) Rosanes, Uebar Unear-abhàngige Punktsysleme (Creile, Band 88). — 253 — li. Sistemi lineari di connessi (1 , 1). 4. Due connessi (I , {). determinano un fascio di connessi (9) A/-— ^r=o, i quali hanno tutti in comune una coincidenza iineo-linea- re, base del fascio. Ogni connesso del fascio stabilisce una collineazione ; tutti i punti, che corrispondono a un punto x del piano TT nelle collineazioni stabilite dai vari connessi del fascio, giacciono sopra una retta v di tt' , che è quella apparte- nenle al punto x rispetto alla coincidenza base del fascio ; e tutte le rette, che corrispondono ad una retta v di tt' nelle collineazioni stabilite dai vari connessi del fascio, pas- sano per un punto x di 7r , che è il punto appartenente alla retta v rispetto alla coincidenza base del fascio. Viene così stabilita una corrispondenza univoca fra i punti del piano TT e \e rette del piano tt' . — Le formule di tras- formazione si ottengono risolvendo le equazioni /=0, f =^0 rispetto alle v o alle x ; perciò, se si scrive : dove le P/,Q/ sono funzioni lineari delle a; , e le P/ , Q/ sono funzioni lineari delle v , le formule suddette sono (IO) ^ i^.^PsQ, — PiQs^*. — 254 — (11) / =: 0 sono le equazioni generali di tre coniche, che passano per tre punti, e le 4>/=: 0 sono le equazioni più generali di tre coniche che hanno tre tan- genti comuni; dunque: u La reciprocità stabilita da due connessi (\ , I) è una reciprocità generale razionale del 2.^ ordine. » Le formule di trasformazione (IO), (It) si possono scrivere simbolicamente sotto la forma Vi~{^ìS)i(^xt'x Xi = {ab)iVc,v^ . 5. Si chiama rapporto anarmonico di quattro connes- si del fascio (9) il rapporto anarmonico dei quattro valori corrispondenti del parametro - . È facile vederne il signi- ficato geometrico, che è il seguente : « Rispetto alle oo'coUineazio- ni stabilite dai connessi di un fascio, a un punto qualunque x del piano tt corrispondono i punti della retta v di t', che appartiene ad x rispetto alia coincidenza base del fascio. 11 rapporto anarmonico di quattro di questi punii è uguale al rap- porto anarmonico dei quattro connessi corrispondenti del fa, scio. » « Rispetto alle co' collineazio- ni stabilite dai connessi di un fascio, a una retta qualunque v del piano tt' corrispondono le rette per un punto x di tt, che appartiene a v rispetto alla co- incidenza base del fascio. Il rapporto anarmonico di quattro di queste rette è uguale al rap- porto ananuonico dei quattro connessi corrispon denti del fa- scio. » G. Nel fascio di connessi (9) si trovano tre connessi sin- golari, che corrispondono ai valori di - radici dell'equa- zione — 255 che sotto forma simbolica si può scrivere: ( 1 2) X'iaa'a){act'ot") — SX''f4aaù){cta,'0) + 4- ZXix\abb'){ctBl^') — (jcibb'b"){B(B'FJ') = 0 . Per mezzo di questi tre connessi singolari si può stu- diare la reciprocità quadratica sotto un nuovo aspetto, e costruire in un modo semplice ed elegante la retta che corrisponde a un punto, o il punto che corrisponde a una retta data. Indichiamo infatti con A^ , A,^ , Aj i centri, e con a^' , flj' , a/ gli assi dei tre connessi singolari, e po- niamo A^Aj^i: fl, , AjAj = flg , A,A2=tìf3, a\a/ .= Ai' , «'30/3=: A's , a/a,,' = A\ . Ciascuno dei Ire connessi sin- golari determina una corrispondenza proiettiva fra i raggi per il suo centro A^- e i punti del suo asse a; , per la qua- le a lutti i punti di un l'aggio per A^- corrisponde lo stes- so punto della a- , e a tutte le rette per un punto o- cor- risponde lo stesso raggio per A,- . — La retta v, che cor- risponde a un punto x , nella reciprocità che stiamo stu- diando, è il luogo dei punti corrispondenti ad x rispetto ai connessi del fascio, e il punto x corrispondente a una retta v è il centro dei raggi corrispondenti a r rispetto ai connessi del fascio; ne segue che: ftDato un punto qualunque x del piano t , se si unisce coi punii A, , A2 , A3 , e si deter- minano sulle rette a/ , a^' , «3' i punti corrispondenti ai raggi ollenuli A-iX , A^x , A^x , essi sono sopra una retta v, che è la retta del piano tt' con ispon- dente al punto x nella recipro- cità considerala. » Tomo ili. Serie VI. «Data una retta qualunque v del piano tt' se dei suoi punii d' intersezione colle rette 0/ , «2' 5« j si determinano ì raggi corrispondenti per A , , A, , A3 , essi concorrono in un punto x , che è il punto dei piano x cor- rispondente alla ietta v nella reciprocilà considerala.» 33 — 256 — Dirò che i punti A, , A2 , A^ formano il Iriangolo fon- damentale e le rette «^ , a^ , a, il trilatero fondamentale della coincidenza comune ai due connessi /,/" e della re- ciprocità che essa determina. 7. Il metodo indicato nel n." precedente per costruire la reciprocitù mostra nuovamente che essa è quadratica. Difatti, se il punto x percorre una retta r nel piano tt , i raggi A, a; , A^x , A,x percorrono tre fasci prospettivi, e quindi i tre punti corrispondenti sopra o/, cr/ , cr/ per- corrono tre punteggiate proiettive; perciò le rette, che con- giungono le terne di punti corrispondenti, inviluppano una conica tangente alle rette a^' , a.,' , a.'. E analogamente, se la retta v percorre un fascio di raggi, i punti a/v , a/i' , a\^v percorrono tre punteggiate prospettive, e quindi i tre raggi corrispondenti per A, , Ao , A^ percorrono tre fasci proiettivi ; i punti d' incontro delle terne di raggi corri- spondenti generano perciò una conica che passa per A, , A^ , A3 . Dunque : (.(Alle rette del piano tt corri- spondono le curve di 2/ classe del piano tt' inscritte nei trila- tero fondamentale. » « Ai punti del piano t' corri- spondono le curve di 2." ordine del piano t circoscritle al tii- ane;olo fondamentale. ■» Le equazioni delle curve suddette si trovano facilmen- te, poiché, se un punto x di tt percorre una retta XuiXi=::0, o una retta v di tt' percorre un fascio Si',?// > si ricava dalle equazioni (IO), (II) che la retta corrispon- dente V, 0 il punto corrispondente x generano le curve E^/ui~0 2^!>;y/ — 0 ossia (13) {aòu)vaV/3~0 , (14) {y^ìSy)aJ^^O. 8. Ad ogni punto x ài tt , per mezzo delle (10), (I I), corrisponde una retta i; di tt' e viceversa ; eccettuati i punti A^ (» le rotte «^ , che annullano tutte le <^/ , *^/ «'i- — 257 — speltivainente. Uno qualunquo dei punii A^ rende le P; proporzionali alle Q^, il che prova che ad esso corrisponde un medesimo punto rispetto a tutti i connessi del fascio, e perciò, rispetto alla coincidenza base del fascio, gli appar- tengono gì' infiniti raggi di un fascio. II punto che corri- sponde ad A/ rispetto a tulli i connessi del fascio è facile vedere che è il punto A,' . Dunque: « Nella reciprocità slabilita ai vertici A, , Ag , A3 del Irian- j^olo fondamentale del pinne t corrispondono tulle le rette del piano ir' , che passano per i vertici A,' , Ag' , A3' del trila- tero fondamentale. » « Nella reciprocità stabilita ai lati «,',«2' 7 ^3' del trilatero fondamentale del piano ir , cor- rispondono tutti i punti del pia- no TT , situati sui lati a,,f(2,«,'5 dei triangolo fondamentale. » Se nell'equazione (13) si pone u=z v ^ y = x ^ si tro- vano le equazioni {abv)VaV0=z 0 , {ci(2x)a^b^.rzO , che rappresentano la curva di 3.'^ classe inviluppo delle rette che passano pei punti corrispondenti e la curva di 3." ordine, luogo dei punti che giacciono sulla retta corri- spondente. 9. Non starò a ricercare le ben note proprietà della re- ciprocità quadratica, che si potrebbero studiare colla con- siderazione geometrica dei tre fasci A^ proiettivi alle tre punteggiate a/ . Osserverò solamente che per determinare il fascio dei connessi A/ — fxf :=:0 basta che sieno dati invece dei connessi /", /' due connessi singolari, per esem- pio quelli che hanno A, , A„ per centri e a^\ a/ P<^'' ^ssi. Ciò equivale a dire che la reciprocità quadratica generale può essere costruita per mezzo di due fasci di raggi A, , Aj proiettivi a due punteggiate «,' , a^' , respettivamente, convenendo (he la retta v corrispondente a un punto x sia la congiungente i punti di a^ , a^' corrispondente ad - 258 ^- A^x , A,.x , e il punto x corrispondente a una data retta V sia il punto d'incontro delle rette per A, , A^ corrispon- denti ai punti va^ ,v a^' . Nell'ipòtesi attuale, in cui i due connessi dati si riguar- dano come singolari, l'equazione (12) ha le due radici A ^=: 0 , ^ = 0 , e sopprimendo queste due radici si ri- duce a Maa'b){ctct'^) — f2{ab(>')ici(5/3') = 0 , che dà il valore di - corrispondente al terzo connesso singolare del fascio. Si può costruire geometricamente il centro e T asse di questo terzo connesso singolare al pari della corrispon- denza fra i raggi per il suo centro e i punti del suo asse, ricordando che, se s' indicano, come si è fatto fin ora, con A, , A^ , Aj i centri e con a,', «3', a/ gli assi dei tre con- nessi singolari di un fascio, nella corrispondenza stabilita fra i raggi per A, e i punti di a^' i raggi a){cioL'/S) = i\ {at>l/){a£,/3')=zO . Dunque : « La rcciprocilà slabilUa dalla cohicidcnza comune a due connessi singolari^ che verificano le condizioni {aaù){act'^) ~ 0 {abb'){ci:3/3) — 0 è lineare. » l I. Nei numeri precedenti abbiamo visto che lo studio di una reciprocità quadratica o lineare si può far dipende- re da quello di una coincidenza (I, 1), e la determinazione del triangolo e trilatero diagonale dipende dalla risoluzio- ne dell' equazione (12), i cui coefQcienli sono i quattro in- varianti {aa'a") {ctx'a ) {aa'ù) {ctct'0) ^ '' {abb') {oL^fó') ' {bb'b) (/S/S'/S") - 2G0 - Questi qiiallro invai iuuli si possono esprimere per mez- zo dei seguenti invarianti di ordine più basso: ( i 4) ho, = i , /"■)' . b'$ = i\ , b'n . Oo' . ()"$' ■= i\^ ba. afi=z(r , a:/.a'/3 .hi,=^T, b(S . b'a . a^ = p Si sa che {aa'a"){ctot'ct") = i^ -{-2i^ — ^ii^ (*) (bb'b") [B(3'0') =j'-^+2/'„ — 3iV, . Abbiamo poi {aa' b){ctci' (2) — tta. a a. ba a a a a be- au a'0 h ossia, {aab){cial3) = PV H-2r — 2iV — i^ i' e similmente {abb'){ci^l3')—iH-\-2^ — 2i'^u^^+yb^^-{-vc^^ Xa,o+,«6i2-|-i'Cj2 ?^Oì3+.<^^13+''Cì3 ^^21~l~.'-'^2l+'''-"21 ^O^o-\-ub,^o-\-vc'Coo+pc/Q2 ^a<>i+'^bo^4-voi) ^^x^'x^x — '206 - A,^ = (hcd) /?,;j.X ^/ = {cda) y,^^ct^ r/ = [dab] ^,«,/S„ Si ha dunque : (24) X:f,:P:p=Aj:BJ:CJ:DJ . (25) ?,:fx:v:p=z A/ : B,^ : T,^ : A,^ . Sostituendo a A , ^ , r , p nelle (22) le quantità pro- porzionali A/ , B,/ , r^,^ , A/ , e nelle (23) le quantità proporzionali A^-* , B_^^ , C^^ , D^^^ , si ha : i i i i i i i 1 ossia I i od anche (2G) XA.iXi = 0 , (27) Ìl-,v- = 0, dove per brevità si è posto A,, =^ A/a,; + B,'b^- -h r,h,; -h Ajd^i , L/. = ^J^is + B^^^;, + C,V;, + D\d,; ossia (28) A,; = dsi «v/ f^si ^si 'ZahiVh XbhiVh XchiVh ^dhiVh h h h h ^tthiVh '^bhiVh ^ChiVh ^dhiVh h h h h XohzVh ^bhsVi, ^ e h:\Vh Sf/^sV/, h h h II 267 [•^0) L;,= ^^iii^i, ^^i/i^h ^^ih^h 2(/,/,.tv, h h h h ^a^i^x,, '^b^j^x,, Xc^,,Xf^ ^^11,^1, h h h h ^a-i/^x,, 26,/^ar// 2c3/,.xv, ^^ìh^/. h h h h È facile vedere anche che il determinante formato col- le A e quello formalo colle L sono zero, ponendo mente alle equazioni (25), (21) e alle (24), (21). Risolvendo due delle equazioni (2G) rispello alle x si ha X, : x^ : Xi = ^i, : '!>/i : ^i, , indicano i minori tratti dal determinante dove le >]>/ Ah As, A, 2 As? A35 A, 3 A23 A33 È da notarsi però che dalle (28) si ricavano le identità dalle quali si ha ossia t.^, — t;,(;>, (I)s2 = t'2^'\ (^35 — l'3'^s dove (^^ , f!>o , 4>3 sono funzioni di 5." grado delle v . Perciò si ha : (30) Xi = ^.f.e,/fi^ DEL RKAI.E ISTITUTO VENETO D I SCIENZE, LETTERE ED ARTI DAL NOVEMBRE 1884 ALl/oTTOBRE 1885 TOMO TERZO, SERIE SESTA Dispensa Terza •^ V E IN E Z I A PRESSO LA SEGRETERIA DF.LL' ISTITUTO NEI, PAI.A/.IO nUCALR c TIP. DI G. ANTONELLI, 1884-85 INDICE Allo verbale delle adunanze 25 e 26 gennaio 1885 . pag. 269 Lavori letti per la pubblicazione negli Atti. A. Tamassia, s, c. . — Cristalli inorganici nella pulrefa- zione. Nota di medicina forense (con 1 tav.) » 273 E. Bernardi, m. e. — Sulla pretesa stratificazione dei mi- scugli aeriformi nei motori a gaz. Nota » 279 Prof. G. BiscARO . . — Osservazioni sulla determinazione , volumetrica del cloro col processo del Mohr » 293 J. BizzozERo .... — Fungi veneti novi vel critici. - Pu- gillus I (cum tab. 2) » 303 F. Cavalli m. e. . . — Di uno scrittore politico del se- colo XV )ì 311 G. Canestrini, m. e. — Prospetto dell' Acarofauna italiana (Continuazione) (con 4; tav.) . , » 319 Mons. J. Bernardi, me. — Commemorazione del cav. Carlo prof. Combi » 355 L. Torelli, m. e. . — Il fumo benefico. Memoria . . . 403 Dott. G. Lazzeri . . — La rappresenlazione dello spazio rigato sopra un piano connesso ecc. Memoria (Ccntinuazione) ...» 437 A. Gloria, m. e. . . — Appendice alla Memoria del Vol- gare illusi re nel 1100 ecc. (Continua- zione) » I-XL Segue Anno lSSl-$5 DISPENSA III mmm ordinirie del mese di oemajo \m ADUNANZA DEL GlOllìNO 95 PRESIDENZA DEL COMMENDATORE ANGELO MINIGH VICEPRESIDENTE. Sono presenti i membri effettivi : Trois, Tcrazza, De Zi- GNO, Pazienti, Pirona, Veludo, De Leva, Vlacovich, Fambri, Lorenzoni, E. Bernardi, Mons.'" J. Bernardi, Beltrame, Tolomei, Favaro, Saccardo, Gloria, Vigna, Marinelli e Bizio segretario, nonché i socii corrispon- denti: G. B. Bellati, Berchet, Stefani, Spiga, De Gio- vanni, Fertile, Martini e Papadopoli. Sono giustificati gli assenti membri effettivi Lamper- tico presidente, De Betta, Rossetti e Zanella. Dopo la lettura dell'Atto verbale delT ultima adunanza eh' è approvalo, il Vicepresidente comunica che il membro effettivo G. Meneghini, riconoscente per la parte presa da questo R. Istituto nell'occasione della solennità relativa al giubileo del suo professoralo, ha trasmesso alla Presidenza una lettera, colla quale esprime all'intiero Corpo scientifico i suoi più vivi ringraziamenti. Il Vicesegretario legge poscia l'elenco dei libri perve- nuti in dono alla nostra biblioteca dopo lo scorso mese di dicembre. Tomo Hit Serie VI. 35 — 270 - Indi il membro effettivo monsig. J. Bernardi Ie2;ge la Commemorazione del compianto collega Carlo Combi. Il socio corrispondente prof. A. De Giovanni riassume appresso oralmente una sua Memoria « sitUa cura di alcu- ni pò slum i deW emiplegia d'origine cerebrale n. Terminata questa lettura, il Vicepresidente soggiunge alcuni fatti in appoggio delle teorie, espresse dal prof. De Giovanni. E r altro socio corrispondente P. Spica legge le sue « Ricerche sull'olio essenziale di Hiosma crenata ». Dopo ciò, r Istituto si è raccolto in adunanza segreta per la trattazione degli affari interni. Fra essi vi fu la co- municazione della Nota del li. Ministero di agricoltura, industria e commercio, die concedo anche per Tanno cor- rente il solito assegno di L. ^500 pei premj industriali ; non che la lettura della Relazione della Giunta, deputata dalla Presidenza a prendere in esame i lavori presentati al concorso letterario Rossetliano aperto dal Magistrato ci- vico della città di Trieste. L' Istituto approvò, con voti una- nimi, le conclusioni di questa Relazione, che viene stampata negli Alti. Nell'adunanza poi del susseguente giorno 26, sotto la Presidenza dello stesso commendatore Minich, letto ed ap- provato l'Atto verbale della tornala precedente, il Segreta- rio pri'senta, a nome del sig. prof. Giovanni Luvini di To- rino, una sua pubblicazione, che abbraccia sette studii : h° sullo stato sferoidale; 2." sulle esplosioni delle caldaie ; 3.° sulle trombe atmosferiche ; 4.° sopra un modo di forma- zione della grandine; 5." sulla elettricità dell'aria; 6." sulla rifrazione atmosferica laterale ; 7." sull'adesione tra solidi e liquidi. — 271 — Poscia lo stesso Segretario presenta i seguenti lavori; ^.° Uno scritto del membro effettivo L. Torelli, che ha per titolo : » // fumo conservatore delle frulla » ; 2.° La continuazione dei <> MaleriaU per una Fauna Veneta (VI. Aves) », del socio con'ispondento A. P. Ninni; 3.° Una comunicazione deHallro socio A. Da Schio ((intor- no all'Almanacco meteorologico italiano » ; A° Uno scritto del sig. L. Zanibelli^ intitolato: « SuW esame delle acque dei pozzi, onde riconoscere i prodotti fenici, che possono provenirvi per l' uso dei disinfettanti ». Indi il socio corrispondente conte IN. Papadopoli dò let- tura della sua Memoria, che contiene un » Saggio sul va- lore della moneta veneziana ». Per ultimo, il sig. dott. Vittorio Cavagnis viene ammes- so, in conformità dell'articolo 8." del Regolamento interno, a leggere la sua « Comunicazione contro il virus tubercola- re e la tubercolosi, tentativi sperimentali ». Terminate tali letture, l'Istituto prosegue, in adunanza segreta, secondo l'ordine del giorno, la trattazione dei pro- prii affari interni. ,ÀVnRI LETTI PER I,( PUBBLICAZIONE NEGLI ATTI mmiM mmua selli puTiimziy.ìn, Nota (li medicina forense DEL s. c. ARRIGO T A MAS SIA (con I Tavola) Non è' infrequente il riscontrare, come effetto di disgi'cga- zione inoiet'olai'e e di nuove aggregazioni eliimiclie, cristalli minerali negli organisnii, che si vanno struggendo per pu- trefazione. Già Orflla (') nel suo classico lavoro sulle Esu- inazioni giudiziarie aveva accennato a tale evcntualitù , descrivendo alcuni cristalli da lui avvertiti su i residui dei cadaveri da esso esumati ; e recentemente Arnoldo Ililler (^) nella sua monogratìa sulla Vulrefazione indica la congerie di combinazioni minenili, che si producono spontaneamen- te nel cadavere. Però questi Autori insistono prevalente- mente sulla presenza del solo fosfato di calce (Orflla), op- pure presuppongono piuttosto limitata la produzione di queste forme cristalline putrefattive (Hitler). Il reperto da me fatto in questi ultimi mesi in una esumazione staccasi nolevolmente da questi limiti; e ci'edo valga la pena d'es- sere registrato, appunto come saggio dell'estrema dif- lìeoltà di fissare nei processi putrefattivi fasi e leggi as- solute. (1) Orflla. Trattato delle esumazioni giudiziarie. Traci. Salva- dori, 1836. Voi. 1, p. 88, 153, 183, 193. (2) Arnold Hillcr. Die Lettre von der Fànlniss. BcvVm, 1879, p. 67 e segg. — 274 — Islituita coir egregio collega clott. A. . . • , dietro mau- (!u(o dell' Autorità giudiziaria di****, l'esumazione d'un cadavere d' un vecchio di 68 anni, dopo circa 22 mesi di seppellimento, per la buona conservazione del cadavere favorita dalla secchezza del terreno e dalla compattezza del feretro, ne fu possibile rilevale alcune gravissime lesioni del cranio ed in parte anche della dura uiadre. Tro- vammo, cioè, alla vólla una fenditura infetta certamente da strumento acuto e pesante, offerente ancora tutti i ca- ratteri d' una protratta e vivacissima reazione vitale (ostei- te, necrosi). Sotto questo punto la dura madre, sufficien- temente conservata, mostrava, oltreché una spaccatura piccola mediana, un ampio alone di inspcssimenlo, di rag- grinzamento, con tracce evidenti di pregresse e profonde infiltrazioni sanguigne (pachimeningite acuta). L' encefalo era ridotto ad una poltiglia rossiccio-livitla senza coerenza, e senza distinzione alcuna dei suoi componenti istologici e dei suoi organi. — Gli altri rilievi del cadavere più o meno mummificati erano discretamente riconoscibili; ma non fu- rono oggetto di nostre minute indagini. Fummo quindi, dal!-.' rilevate lesioni, in grado di rispondere con sufficiente si- curezza ai quesiti propostici dal magistrato, e di fornire gli elementi ad un' accusa di omicidio, che da quasi due anni si giaceva impunito. Ora abbandonando la significanza di questi estremi do- cumenti della morte alle rillessioni degli apostoli troppo fervidi della cremazione, mi preme dar notizia di un altro reperto, che se nel caso concreto non poteva aspirare ad importanza pratica, non meritava, rispetto alla scienza, di restare inavvertito. Neil indagare, cioè, minutamente le con- dizioni anatomiche ed istologiche delle ossa craniche nei punti lesi, e nello studiare i rapporti, che correvano tra questi e la dura madre sottostante, mi colpi la presenza di piccoli corpuscoli granulari, bianco-grigiastri, semitraspa- — 275 ^ rcnli, angolosi, elio stavano in larga copia (lisscniinati noi l'ondo ed ai iati della rima ossea deserilta. A tutta prima credetti trattarsi di minuzzoli di vetro, dovuti forse ad un aceidentale conlatto. Meglio però esaminando, mi accorsi come questi granuli apparentemente amorfi, fossero for- niti di una forma geometrica costante, si disseminassero non solo sui residui scoperti della dura madre, ma per lutto il tratto affetto da infiammazione, e si addentrassero Ira le lacinie del tessuto unitivo rammollite e sfimbriate, che, nella vita, dovevano costituire il seno longitudinale superio- re, specialmente nella sua parte piìi declive. Era tale l'ab- bondanza di questi cristalli, da potersi ritenere intieramen- te da essi invaso lutto lo spa.'io, corrispondente al lume di detto seno. In nessun altro punto dell'encefalo si nota- rono forme cristalline congeneri. Le quali staccate dalle loro sedi, cui erano semplicemente apposte, ne apparvero all'esame con lenti d'ingrandimento quello cbe erano real- mente, cioè cristalli prismatici monociini, alcuni abbinati, altri regolarissimi nei loro angoli e nei loro spigoli, altri parzialmente sgretolati. Il loro colore n' era un po' bian- chiccio; erano un po' pellucidi, senza forte compattezza, senza odore, d'ampiezza variabile da circa mezzo millime- tro ad I % mra. di lato. Il maggior contingente di cristalli abbinati, geometricamente più netti, e di diametro più lun- go, si notò nel punto in cui il seno longitudinale superiore doveva immettersi nella fenditura del cranio. L'esame chi- mico istituito da me e dai Colleghi Spica e Panebianco, li fé' conoscere risultanti da fosfato ammonico magnesiaco, con traccie di calcio ('). Ora da quali fonti possiamo noi supporre derivata sì grande quantità di questo sale? Indubbiamente dalle sole (1) Vedi la Tavola annessa. — 276 — mutazioni chimiche svoltesi nella putrefazione dei tessuti dianzi contusi, inliltrati ed inflanunati (ossia meningi, cor- leccia cerebrale) ; poiché noi abbiamo ogni ragione qui di escludere l' intervento di una sostanza qualunque estrin- seca all'organismo normale. Nelle ossa soppesle, frante dal grave urlo, e successivamente necrosate, si saranno predi- sposte tali condizioni molecolari, per cui queste nel loro putrefarsi avranno svolto ed isolalo gran parte del loro fo- sfato di magnesia e di calce e d'acido fosforico ; il quale, alla sua volta, si sarà unito con l'ammoniaca, prodottasi nella lenta putrefazione dei tessuti molli, dell'encefalo special- mente e del sangue. Ma per quanto tale successione di combinazioni ne appaja delle più semplici, nel caso attuale costituisce un fatto relativamente raro, giacché in nessuna esumazione venne ancora descritta tanta copia di fosfato ammonico magnesiaco cristallizzato, ed in nessuna si è accennala come sua giacitura esclusiva la cavità cranica. Orfila, infatti, sì diligente osservatore, descrisse, come già accennai, alcuni ammassi di cristalli inorganici nelle sue esumazioni ; ma questi risultavano da solo fosfato di calce, i quali erano disseminati sulla superQcie del cuore (*) nel ventricolo destro di questo (^), sulla superfìcie esterna del fegato (•^), mai nella regione da me riferita. — Che se molte delle cause intime di questi strani e torpidi aggruppamenti della materia putrefacentesi ci sfuggono, non possiamo nel caso nostro escludere che lo sgretolamento imposto al tes- suto osseo dall'urto, e poscia dalla rarefazione delle ne- crosi abbia avuto una funzione attiva od almeno iniziale (i) Orfila, op. cit, voi. I, oss. 8.* dopo due mesi e 24 giorni di seppellimento. (2) IJ. id. id. oss. 26.^ dopo 45 giorni di seppellimento. (3) Id. id. id. oss. 8.% 18.% 27." dopo 84, 420, 90 gior- ni di soppellimento. — 277 — nel promuovere tali cristallizzazioni. È noto infatti, dopo gli importanti studj del prof. Carlo Aoby ('), qu;into ad af- frettare il processo piilrefallivo delle ossa cospiri lo smi- niiz/ainenlo di esso, lliilolto in polvere, il tessuto osseo viene agi^redito facilmente dairaccjua, e scomposto dalla pu- trefazione con ra|)i(lilà di poco inferiore a quella dei tes- suti molli comuni. In tal i^uisa viene messo nelle condizio- ni più opportune, pei'cliè (come avvenne nel caso attuale) l'acido fosforico in esso contenuto cerchi nuove basi, e dia luogo a nuove produzioni nìcramente minerali. E se questo mio reperto può avere qualche importanza come piccola contribuzione allo studio della tisiologia della putrefazione dei tessuti animali, ne ha pure dal punto di vista della Tossict)logia forense, ignorandosi che, per mero ed innocente processo di scomposizione putrefattiva, si può ingenerare nel cadavere si lai'ga copia di fosfato-ammonico- magnesiaco, potrebbe sorgere il dubbio che in un caso, ana- logo al nostro, questo piovenisse da materiali terapeutici o tossici introdotti nelF organismo durante !a vita o do- losamente dopo la molte. La diagnosi quindi della cau- sa della morte verrebbe ad essere d'assai inceppata, e forse non si rigetterebbe 1" ipotesi d'un venelicio. Riflettendosi all' incontro alla spontaneità di tali prodotti, e fors'anco a taluna delle contingenze chimiche e tisiche da noi discusse, ogni ombra di dubbio verrebbe cancellata; come per con- verso da (jueste ti'asformazioni puti'efattive si può appren- dere a non essere troppo facdi ad ammettere tali piodolli (1) Cari AeLy, Uchcr die verschiedcne Widerstandfu/tigkeit dei' Knoclìcn in t'ùdlcn und ìeb. Zus lande. In: «Muller's Ardi.» d874, p. 51. Id. Ueber den Griind drr Unverdnderlichkcit der organisclun Knucìiensuhslan:. in : « Central- blatt lùr d. ni. Wiss. », 1871, n." 14. Tomo IH, Serie VI, 30 — 278 — minorali derivati esclusivamente da materiali inorganici esi - stenti nel!' organismo per accidenlalitù o per uso terapeu- tico, anclie quando si abì)ia la prova sicura di tale intro- duzione. Esempio dell'incertezza, (ui possono condurre reperti congeneri al nostro, ci viene dato recentemente dal dott. B. Auerbach di Colonia ('). Nello stomaco, nell'intestino, in parte del diaframma di due cadaveri di bambini esumati da lui l'uno dopo 110, l'altro dopo 134 giorni durante temperatura bassa, egli riscontrò molti cristalli di fosfato ammonico-magnesiaco. E poiché l'istruttoria del processo gli^ fé' noto, che a questi due bambini si era prima della loro morte amministrata una ctrla quantità di carbonato di magnesia, egli si acquetò; e spiegò esclusivamcnle con il solo sale di magnesia assunto la genesi dei cristalli di fo- sfato da lui veduti nei due cadaveri. Ora questa ipotesi del dottor Auerbach, per quanto mollo attendibile, non può far tacere ogni obiezione. Se noi infatti consideriamo che le polveri amministrate non contenevano acido fosforico e tanto meno ammoniaca, e che questi cristalli trovaronsi anche in regioni abbastanza lontane e disgiunte (diaframma) da quelle in cui primiti- vamente venne a deporsi il sale di magnesia medicinale (mucosa gastro-enterica), abbiamo argomento sufGciente per infirmare tale ipotesi un po' troppo chimica, e per po- ter con discreta verosimiglianza domandarci, se per avven- tura in questo caso non fossimo, come nel nostro, davanti ad un prodotto affatto spontaneo della putrefazione, coin- cidente con la introduzione di maleiiali inorganici. (1) Doct. B. Auerbach, Fàulnisskrystalle in Leichen. In: «"Vieri, fùr gerichtl. Med. » Jan. 1884, p. 66. Dal Laboratorio di Medicina legale della R. Università di Padova, novembre 1884. SlìLLl PRETESA STiMTlFICiZlONE DEI IISCUGLI AERIFORMI NEI MOTORI A GAZ. NOTA DEL M. E. ENRICO BERNARD! Nella storili delle invenzioni si osserva quiìlehe volta che un fatto seirplicemente asserito da uno studioso pii^i o me- no autorevole, viene accettalo generalmente senza discus- sione, e su di esso si erigono talora curiose teorie o si fon- da la costruzione di nuovi apparecchi o di nuove macchine. Se ciò avvenga per fatti die non ripugnando alla ra- gione o al senso pratico, richiederebbero ìiiezzi polenti ed investigazioni delicate per provarli, si può spiegare, (ino ad un certo punto, come quei fatti possano essere accettati per semplice atto di fede. Ma la cosa diviene veramente inesplicabile quando trattasi di fenomeni clie possono es- sere verificati con mezzi semplicissimi e che sono in con- traddizione con quello che si può pensai'e in base ad altri fenomeni bene accertati. Eppure nella storia dell' invenzione dei motori a gaz abbiamo in questi ultimi tempi un esempio curioso di que- sta accettazione fiduciaria di un fatto non vero e contrario a quanto si può credere colla guida di verità ben note. Se questa accettazione avesse avuto delle conseguenze nel solo campo sereno della scienza, od avesse condotto semplice- — 280 ~ mento a!ln costruzione di inaccliino ove lo cose si passano in mudo ben diverso da quello che credevano e credono i loro inventori, non ne sarebbe derivato gran male ; ma egli è che diede luogo a falsi giudizi di tribunali chiamati a de- cidere su questioni di privativa industriale, ed a danni pe- cuniari gravissimi di chi rimase vittima di quei giudizi. In un bellissimo opuscolo del sig. Aristide Faccioli sul monopolio delle macchine a gaz, pubblicato Tanno scoro {^), si dico giustamente che il sig. Otto, inventore del motore a gaz, che attualmente è più diffuso, ha saputo tenere sgom- bro il mercato da moltissimi motori da altri successivamente ideati, col domandare il privilegio non per la speciale com- binazione degli oi'gani della sua macchina, o per qualsiasi oiiginalità nei meccanismi che fanno parte di essa, ma per il modo co! quale egli pretende di formare il miscuglio esplosivo che deflagrando dà origine all'impulso motore. E questi! speciale formazione della miscela tonante è un fatto semplicemente asserito; nessuna prova ne venne data mai nò dall'Otto stesso nò da altri; nò appariscono nel motore privilegiato disposizioni tali che valgano ad assicurarla od almeno a renderla probabile. Quando, nella macchina Otto, lo stantuffo comincia la sua corsa progressiva, la camera di compressione è piena dei gaz combusti, che sono i residui della precedente esplo- sione. Col procedere dell'embolo viene da prima aspirata ai'ia sola nel cilindro, poi una miscela di aria e di gaz in- fiammabile. Ora l'inventore pretende, che l'aria entrando nell'ambiente occupato da quei gaz non si mescoli ad essi, e che alla sua volta il miscuglio esplosivo successivamente immesso, non invada la tuassa d'aria introdotta prima. Egli pretende, cioò, che i gaz inciti, l'aria ed il miscuglio esplo- (1) Il monopolio delle macchine a gaz. Conbideraziorii sul bi'cvello Otto di Aristide Faccioli. Milano, 1883. — 281 — sivo rimangano in qualche modo separali fra loro nel ci- lisidro e quasi slratilìcati in esso; solo crede che nel pas- saggio dall'uno ali" altro strato vi sia una specie di sfuma- tura del gaz che precede in ({uello che sussegue^ e che così la combustione si propaghi rallentando dal fondo del cilin- dro, ove viene provocata, verso lo stantuffo. Nel brevetto originale questa specie di stratificazione dei gaz nel cilindro apparisce la pi'ima e la principale fra le cose nuove e parti- colari che carattei'izzano la macchina. Ij' autore del precitato opuscolo racconta, che in un processo intentato dall'Otto contro Lindford, nel quale pro- cesso, al dire di un periodico tecnico inglese The Eiigineer, o febbraio 1882, sedeva ciò che di meglio poteva dare il foro e la cattedra, non si elevò il piìi piccolo dubbio sulla preaccennata stratilicazione dei gaz nel cilindro. — Devesi notare che il sig. Gito aveva fatto disporre nella sala dei dibattimento una sezione della macchina, ove con lana bianca e lana rossa disposta in istrati, si rappresentava la particolare r-rmazione del miscuglio esplosivo. ■ — Dopo lunga ed animalissima discussione, che il Faccioli chiama un vero bagordo del senso comune, un giudice saltò a dire die egli aveva perfeltair.enle capito. » Ecco », disse, « fra r Otto ed i suoi predecessori passa questa differen- (I za: i predecessori mettevano in un bicciiici'e acqua ed " acquavite, mescolavano ogni cosa e bevevano, menti-e » » 31 » 31 » 33 » 35 » 37 » » 3.° » » » 4.° 1) T) » 5.° » » » 6.° » » » 3." » » » » 4.° » » » J> 5.° )> » )) » (3.° » B 1» — 296 — V.' Prova. In pres. di 6 goccie di cromato potassico nel 1.° biccliicre si formò il precip. per 33 gocci? 5." » » )■) 32 y> 3.° » » y> 31 )) 4.° » )) 31 5) 5.° » :/) 33 » 6." » » 36 )) Foci poi altre prove, impiegando per ogni bicchiere mag- gior quantitù di nitrato sodico, ed in queste trovai una differenza ancora maggiore. Adoperai il nitrato potassico invece del sodico, ebbi i medesimi risultati; in tutti i casi poi il limite della reazione non è molto distinto. Questa differenza che si trova per l'aggiunta di nitrato sodico dipende in parte dalla solubilità del cromalo d' ar- gento nel nitrato sodico ; provai infatti questa solubilità preparando del cromato d' argento, e trattando questo con 200 e. e. di soluzione al y,o di nitrato sodico, filtran- do e precipitando dal liquido filtrato con acido cloridrico l'argento contenutovi. 11 cloruro d'argento avuto raccolto su un filtro, seccato e pesato, fu trovato in tal quantità da ammettere che un litro di soluzione di nitrato sodico al '/,„ scioglierebbe gr. 0,0705 di cromato d'argento. Questa so- lubilità può darsi sia ancora maggiore al momento nel quale il sale d'argento si forma, ed in presenza di cromato potassico, come avviene quando si opera negU assaggi vo- lumetrici. La differenza che si trova quando s' adopera eccesso di cromato potassico, dipende dalla solubilità del cromalo d'argento nei cromali alcalini, e per questo nell'analisi vo- lumetrica col processo Mohr viene consigliato per aver ri- sultati più esatti di usar piccola quantità di cromato po- tassico. — 297 - Ora dai risultati avuti dallo suaccennate esperienze si lia, elio quando si è in presenza d'una certa quantità di ni- trato sodico ò necessario aggiungere più cromato potas- sico per aver più sensibile la reazione; infatti si trova che quando si aggiunge una sola goccia della soluzione di cro- mato al * ,00 c' ^^ allontana di più dal giusto limite che quan- do si aggiungono 2, 3 o 4 goccie delio stesso cromato ; ed essendo il cromato d'argento solubile nei nitrati e nei cro- mati alcalini, sarebbe questo fatto una contraddizione, sembra però che (ino ad un certo punto i cromati dimi- nuiscano l'azione dissolvente dei nitrati. Istituii altre prove facendo agire la soluzione titolata (li nitrato d'argento sul miscuglio di cromato e nitrato so- dico senza l'aggiunta di cloruri. VI.' Prova. Presi due bicchieri, in uno misi !0 e. e. di soluzione al '/,„ di nitrato sodico ed una goccia di soluzione al ^/^Q^^ di cromato di potassa; nell'altro IO e. e. d'acqua distillata ed una goccia della stessa soluzione di cromato. Nel primo bicchiere non si formò precipitato per l'ag- giunta di l e. e. di soluzione centinormale di nitrato d' ar- gento. Nel 2." bicchiere il precipitato si formò alla prima o seconda goccia di nitrato d'argento aggiunta. VII.* Prova. In un bicchiere misi di nuovo IO e. e. di soluzione di nitrato sodico ed una goccia di soluzione di cromato po- tassico, non ebbi precipitato per l'aggiunta di 2 e. e. di so- luzione di nitrato d' argento, ma si formò abbondante per r aggiunta successiva di una seconda goccia di cromato potassico. In un altro bicchiere misi egualmente IO e. e, di solu- — 298 — zinne di nitrato sodico, e 2 goccic di Foluziono di cromalo potassico ; per raggiunta di 2 e. e. di soluzione centinor- niule (li nitrato d' ai-gento si formò un leggero intorbida- mento, che diventò abbondante precipitato per 1' aggiunta , e, d). Leptospliacria pule/tra (Wint.) Sacc. Sijll. II, p. 53. Ilah. in ibliis siccis PotenliUae nitidac et P. cmilcscen- tis in alpihns belluncnsibus. — 0(>s. rciilccia 70-75/W lata, 85 i/. lonjia: asci 54 = 22-25; sporidia 18-20 = 7. Melanospora letuolricha Corda, Sacc. Syll. Il, p. 463, Winl. Pilzo 11, p. 97. l!a(>. in cpicai'pio putrescente Cvcvrùilae in liorto botanico patavino. — OOs. Asci (teste Wint. 1. e.) oblongi, stipitati, 38-50 = 17-23; sporidia, a me ipso visa, 21 = 10- !2, fusca, 1-3 guttulata. PhyUachnra />';ow/f Fuck. Sacc. SylL II, p. 603. Hai», in foliis vaginisque Elymì arenarii in horto bo- tanico patavino. ■ — Obs. Asci 90-94 =10; sporidia globoso- ovata, 12-1 4 = 7. Lophiotrema Scrop/inlariae (Peck) Sacc. Syll. Il, p. 683. — Var. crucnlvlum Bizz. Peritheciis in niaciilis ìongissime effiisis, dilute roseis, sparsis vel 2-3 aggregatis, immersis, intiis albis ; ostiolo minuto compresso epidermidem perfo- rante ; ascis cylindraceis, paraphysatis, 140-150= 10-12; sporidiis monosticliis, late fusoideis, 3-septatis ad septa con- strictis, 4-guttatis, 25-20 = 8, hyalinis. Uab. in caulibus emortuis Lytkri Salicariae in provin- cia patavina. A Loph. ruhido Sacc, Bomm., Rouss., in Sacc. Mise. myc. p. i 8, (lilT<>rt perillieciis minoribus,' spori- diis crassioribus, et magis constrictis. — 306 — Familia DISCOMYCETEAE Fr. Peziza (Lcvcolonia) carfojihila Bizz. Ascomalilnis biT- vissime slipitatis, grei!,anis vcl sparsis, 2-2,5 mm. diam.,ini- tio obconicis, tandem obconico-cupiilatis, miniato -laccati?, disco pallidiore, subplano, minutissime (locculoso, margine acuto et prominulo ; ascis cyiindracois, longissimis, 2G5- 273 a longis, parte sporif. 125-135= i8, apice distincte opercùlatim deliiscentibus, paraphysatis; paraphysibus linea- ribus, apice pallide granulato-roseis : sporidiis ellipticis, epi- sporio levi, intus minute granulosis, liyalinis, 22--25 = 12. Ascorum apex iodi ope non coeriilescit. llab. in fructil)us immaturis, putrescentibus, Qucrcus Hicis^ Tiliae nmericanae, in silvula liorti botanici patavini. (Tab. fi, lìg. 4, a, ù, e, d, e, /', ,7). Lachnea (llamaria) Wimpfeniana Bizz. Ascomatibus 1-1,5 mm. diam., hemispbaerico-scutellatis, subtus margine- que dense castaneo-pilosis, luteo-brunneis ; pilis septatis, 1 70- 1 85 fj. longis, basi 1 2- 1 5 ,a latis ; hymenio vcl disco al- bo-livido ; ascis cylindracco-clavulatis, 120-130= 15, para- pliysatis, octosporis ; paraphysibus linearibus, apice non vel vix incrassatis ; sporidiis ellipsoideis, hyalinis, eguttulatis, 18-20 = 12-14. IJah. in vinaceis putrescentibus in silvula Comitis Winì- pfen. Battaglia in prov. patavina (Tab. IH, !ìg. 5, (i-, (', e, d, e, A <})• ììeloiium (Pelasiea) indcprcnsuin Bizz. in Sacc. Funai Hai., tab. 1333. Ascomatibus carnosulis, subsessilibus, con- vcxiusculis, margine acutiusculo inflexo, ocliracco-rufis dein obsciirioribus, 0,5 mm. diam., stipite })ievissimo,crassiuscu- lo (vix manifesto) ; ascis subdavatis, octosporis, paraphy- — 307 — satis, 65-75 = 8 ; sporitliis obliquo monosticliis, hyalinis, obloni^o-ellipsoideis, utrinque uiiigullulatis, 9-11 - 3. llaO. in rainulis et folils siccis soci nondiim pulresccn- libus. Thujae orienlalis in liorlo botanico patavino. — Spc- cies reperti! difticilis, quia oum matrice sua saepius concolor. Ab Ilei, epiphijllo coloro rufesconte et forma ascomatuni, ascis sporidiisque minoribus facile distini^uenda species (Tab. Ili, lìg. 0, a, ^, e, rf, e). Saccobolus violascens Boud. Ascoh. p. 50, t. 8, fìg. i9 Ilaò. in stercore cuniculorum in provincia patavina. — Ohs. Ascomata V4-y2mm. diam., violacea vel castaneo-viola- cea; asci cylindraceo-elavati, apice subtruncati, 65-70 » 10- 18; sporidia distica v. inforno tristica, ellipsoidoa, ìnitio bya- lina, dein violacea, tandem rubiginosa, levia, 15-16 = 7,5. Familia SPHAEROPSIDEAE Lev. reform. Gen. Cytoplea Bizz. et Sacc. Stroma subsuperfìciale, pulvinatum, confluendo effuso- crustaceum, intus monoslicbe multi-locellatum ; loculis plus v. minus distincte cuboideis. Sporulae ovoideo-oblongae,con- tinuae, olivacoo-fuligineae, initio subcatenulatae, stipitatae et liliformi-paraphysatae. — Etym. a cijtos, cellula v. loculus et pleon, plus, ob stroma multilocellatum. Cytoplea arundinicola. Bizz. et Sacc. Stromate ut supra descripto ; loculis aterrimis, dense stipatis, 250-200 - 1 90- 200, e pariete interiore ubique sporigeris, basidiis bacillari- bus, siniplicibus, hyalinis, I '<-! 8^ longis; parapbysibus lìlilbr- mibus quandoque bifurcatis, 40-60 = 1 ,2-2 ; sporulis oliva- ceo-fuligineis, ovato-oblongis, binucleatis, simulateque 4-se- platis, numerosissimis, A-o ~ 3. — 308 — Mah. in culmo putrì et terra olxlucto Arundinis Dnna- cis in liorto botanico patavino (Tal). Ili, lig. 7, a, 0, e, d). Septoria Hydrangeae Bizz. Maculis brunneo-ferrugineis, rubro-sanguineo cinctis, irreguluribus, dein confluenlibus , peritheciis immersis, contextu pai-enchymatico, brunneo, in- distinclo; sporulis cylindraceis, rectis vel flexuosis, liyalinis, non septatis, 1 C-22 = l ,5. Hab. in foliis Ilìjdrangeae liorlensis in horto botanico patavino. Species valde noxia. Familia HYPHOMYCETEAE Mart. Cercospora crassa Sacc. in Mieli., 1, p. 88, Fungi il., t. (iO. Hab. in foliis Iberidis umbellalac, Lunariae biennis in agro patavino. Species valde perniciosa, folia omnino occu- pans et foedans. Speira punctulata C. et. El. var. latebrosa Bizz. Puncti- formis, atra, denium effusa, superficialis; conidiis sube'.lipti- cis, applanatis, 30-32 = 22-24, e catenulis quadriseriatis, rarius quinqueseriatis, arcte conjunctis, 5-7 articulatis, fu- scis, formatis; articulis 1-guttulatis, 8-9 _u diam., apicalibus subinde globulo hy alino 9,5 ^ diam. donatis. Ilab. in parte interiori culmi putrescentis Arundinis Do- nacis in horto botanico patavino. Gen. Dacrymycella Bizz. Acervuli discoidei, rubro-rosei, superflciales , subinde confluentes, initio subgelatinosi, sicci duriusculi, nitidi. Ba- sidia distincte et longe ramosa, lìliformia, ubique, basi exce- pta, verruculoso-conidifera. Conidia subrotunda, hyalina. An status conidicus Calloriae vel Dacrymycelis ? — 309 — Dacri/miiceUa fermissima Bizz. Accrvulis superficiali- bus, discoidois, 0,3-0,7 nini, diani., rubro-rosois ; hasidiis longissiinis, 120-1 25 iW longis, 3- < « diuni., hyalinis, basi lovibus, deiii ubique vcMrucuIoso-conubferis ; vcrrucis cre- bris obtiisiusculis ; conidiis subrotundis, 2-2,5 ^w diam., hya- linis (Tab. Ili, lìg. 8, a, b, e, d, e). llab. in ligno putrescente (Robiniae ?} in silvula Comi- lis Winipfen a Battaglia in provincia patavina. Toim, IIL Sene VI. 4U 1)1 UNO SCUITTORE POLITICO OEL SECOLO XV DEL M. E. lEIVDIXANDO CAVALLI Un egre{j,io nostro collega, in un dottissimo suo lavoro, notava (con quella gentilezza che converte la puntura in carezzamento) essere stato da nie trasandato nella Scienza politica in Italia uno scrittore degno di onorata menzione, Zaccaria Ferrari. La censura è giusta, e causa di tale om- missione fu la mia ignoranza di un opuscolo rarissimo, col- pa, se non altro, meno grave della malizia. — Ad ogni mo- do mi è grato riparare all' involontaria mancanza, e lo fac- cio tanto più di buon animo, che pei cenni biografici basta epiloghi quanto intorno all' illustre vicentino dettava il mio cortese ammonitore. Peneri Zaccaria nacque l'anno di grazia 1479 (') in Vicenza da coniugi Giacoma e Giovanni di Pietro da Mi- lano. — Fu levalo al sacro fonte col nome di Francesco, che mutò in Zaccaria quando prese l'abito monastico. Ebbe la prima educazione in patria, allora abbondevolmente for- nita di precettori valenti, poi si condusse all'università pata- vina per darvi opera al diritto canonico. La dimestichezza col certosino Giovanni Astolfi ferrarese gli mise nell" animo (1) Moisolin. Zaccaria Ferrari^ Vicenza, tip. reale, 1877. — 312 — desiderio vivissimo di inscinrc il pcrolo, e quindicenne cn- (rò fra i lienedeltini in S. Giustina a Padova. Tutto pieno di fervore aiutavasi di poggiare all' erta della perfezione accoppiando gli esercizi religiosi con appli- cazione indefessa alle scienze ed alle lettere ; raccolse di- spendiosamente quanto giova a diffondere le une e le altre, codici, diplomi, anticaglie, dettò un'opera De sludio mona- fitico ; scrisse la vita di S. Benedetto di oltre quattordici mila esametri a quel tempo stimati bellissimi. Tanto affac- cendarsi diede noia ad alcuni confratelli, e specialmente al- l'abate, Giovanni Cornaro, aborrenti lo studio come soffo- cante lo spirito di pietò, intento soprano della vita monasti- ca, e costoro volendo che anche Zaccaria vacasse al solo bre- viario, gli arraffarono quanti cimeli possedeva. Stizzito per codesta dispettosa soverchieria scappò dal convento, e cor- se diffdato a ricettarsi presso i Certosini ; ma venne subito strappato a forza da quel romitaggio e trascinato all' ug- giosa sua cella ove, piuttosto prigioniero che conventuale ebbe a sostenere I lavagli acerbissimi. — Finalmente nel- r anno 4 504 uscì da quello strazio chiamato a Roma da Giulio II, di cui aveva invocato il patrocinio. Colù ebbe ac- coglienze mollo graziose, conseguì la laurea in ambe le leg- gi, in teologia, ottenne il serto poetico, il Papa lo nominò suo commensale continuo, prelato del sacro palazzo, abate di S. Benedetto di Monte Subasio, grossa prebenda nel te- nere d' Assisi, era per conferirgli la mitra. Ma dovette ben presto abbandonare la corte in cui go- deva tanta aura di benigno favore per essere in Venezia a tutelare contro lo traffolerie del fratello Giampietro (che dopo la morte del comune genitore avvenuta nell'anno 1493 amministrava la. sua eredità), i diiitti dell'altro fratello Gior- gio ancora pupillo. Il suo soggiorno nelle lagune venne gio- condato dalla ])enevolenza del patriarca Antonio Suriano, de! doge Leonardo Loredano e di parecchi altri cospicui — 313 — |iers()n;\jigi. Scnonclir ficqucnlando assiduo la certosa di S. Andrea al lido si sentì chiamato in modo irresistibile alla vita eremitica, e nel luglio 1508 l'abbracciò. Tra i figliuoli di S. Brunone non raggiunse la vagheggiata tranquillità, anzi lo crucciarono tosto velenosi rancori. Il confratello Girolamo Zeno per non essere stato da lui fiancheggiato nell'aspiro di mutare la cocolla collo strascico prelatizio, diede in rab- biosi trasporti di acerba vendetta, brigò fosse espulso dalla rehgione, e non riuscendovi fece differire la sua professione col pretesto che mancava T assentimento del generale. Le angosce continue, e il clima a lui pernicioso lo trabocca- rono in pericolosa infermità. Riavutosi e consighato da me- dici a cambiar aria si condusse alla certosa di Mantova al- lora governata da Luca di Pavia, uomo piissimo. — Appena pose il piede in quel chiostro che il priore e parecchi frati gli furono attorno onde spiegasse loro la sacra Scrittura, e tanto lo pregarono e tanto lo strinsero che s' impegnò di esporre la Genesi per due ore continue al giorno. La singola- re onorificenza destò invidia, ed alcuni perversi, tra cui Giro- lamo da Casale e Girolamo da Riva gli lavorarono addosso calunnie gravissime presso il generale Francesco dal Pozzo, dimorante a Grenoble, che senza caratare l'accusa gh disdisse voti solenni e a mezzo giugno 1509 lo mise fuori dell'ordine. Rammaricato per l' immeritata ingiuria, andò a posarsi in Bologna attendendo a correggere alcuni scritti che pu- blicava a Mantova coi tipi di Francesco Bruschi, reggiano. — In quel torno papa Giulio II, pago che la battaglia d'Agna- dello 18 aprile I50<) avesse fiaccato la formidata potenza de' Veneziani, iniziava il magnanimo imprendimento di cac- ciare dall' Italia tutti gli stranieri, e per primi i Francesi, l'erreri, prevedendo potesse Bologna per tale conflitto veni- re in pericolo, si tramutò a Milano ov'ebbe ospitalità cordia- lissima dal maresciallo Giangiacomo Triulzio, e forse fu da lui tirato a parteggiare per Lodovico XII re di Francia. — 314 — Questi, per intimidire e piegare il Papa a miti consigli, deli- berò adoperare anche armi spirituali, e accontatosi con l'imperatore Massimiliano, bandi un concilio che riformasse la Chiesa nelle sue membra e nel capo, confidando d' essere da molti cardinali italiani ed oltramontani secondato. — Co- deste speranze non caddero in fallo, e i cardinali di Santa Croce e di Cosenza spagnuoli, di Bajona e S. Malo france- si e l'italiano Federico Sanseverino disertarono dalla corte pontificia e passarono, in onta de' suoi brevi, a Milano. Colà si misero a ordinare quanto poteva agevolare la buona riu- scita dell' impresa, e innanzi tutto vi istituirono una univer- sità teologica. Ferreri, incaricato di leggervi l'esegesi biblica, prese a trattare il tema dei concilii e delle attinenze di essi col papato e in pari tempo stimò opportuno mettere in pu- blica luce gli atti sinodali di Costanza e di Basilea. — Re Lodovico e i suoi aderenti avevano indetto 1' assemblea pel I." settembre ITil i nella città di Pisa- a distornarla il Papa, con bolla 1 5 luglio, convocò il concilio ecumenico per l'anno prossimo nel Laterano, e poco dopo diresse un monitorio ai cardinali faziosi. Questi movevano alla volta di Pisa, ma sostarono a Borgo S. Donino, forse aspettando altri prelati. Durante siffatto indugio giustificarono, con lettera I I set- tembre i3! I, in genere gli atti loro, e fecero che Ferreri confutasse uno per uno i carichi della bolla e della ammo- nizione coW Apologia Sacri Pisani Concilii moderni. Aper- tosi il l.° novembre 15! l il concilio, Ferreri vi si ingolfò con tutta r anima, onde non vi fu congregazione, disputa, conferenza, seduta publica o secreta a cui non partecipasse. Gli intervenuti però erano pochi, ed anche questi vedendosi scomunicati dal papa, osteggiati dal clero, dileggiati dal po- polo spaurirono e dopo avere nella terza sessione decretato di tenere le altre adunanze in Milano si dileguarono con grandissima celerità innanzi il quindicesimo giorno del loro arrivo. Anche a Milano andarono a loro le cose avverse, e — 315 — per timore di peggio s' affrettarono a sentenziare Giulio II deposto dal papato, e poi al cadere di aprile 1512 si sparpa- gliarono lenendo dietro a" Francesi, che sbaragliati rivalica- rono le alpi. Ferreri, salvatosi a Lione, continuò a spalleg- giare il suo partito, ed a fargli utile diede alle stampe la sto- ria e i decreti del sinodo pisano. In quel mezzo, addì 21 febbraio 11313, Giulio II spirò,e r \ I marzo venne chiamalo papa Leone X con giubilo uni- versale della cristianità, che si prometteva da lui buono, mansueto, benigno un'era di pace e di beatitudine. Anche fra i settarj del concilio Pisano nacque fiducia di potere con esso venire ad un componimento, impossibile con l' ineso- rabile suo predecessore, e difatti i cardinali Santacroce e Sanseverino ottennero indulgenza plenaria e la restituzione del cappello cardinaUzio. l-'erreri, bramoso di riconciliarsi con la Chiesa, aveva il cuore di gettarsi uno dei primi a' piedi del nuovo pontefice, ma durò fatica grandissima a svincolarsi dai lacci e viluppi de' vescovi scismatici, che volevano ad ogni patto ritenerlo con loro, e non potè mandare ad effetto il suo divisamento che nel settembre t5l3. Appena in Roma presentò devota supplica, con cui confessando l'ingerenza somma avuta nelle riunioni di Pisa, chiedeva umilmente perdono, e di essere as- solto dalle pene e censure ecclesiastiche nelle quaU era incor- so, e Leone con breve \ i dicembre 1 5 1 3 facendogli la grazia implorata, lo reintegrò in tutti i suoi gradi ed uftìcii. Presa stanza nella città eterna, gli fu agevole con lo svegliato suo ingegno e con relegante verseggiare guadagnarsi la stima e la benevolenza del Papa litteratissimo, il quale nell' ago- sto 1519 gli conferi il vescovato di Guardaliìera nella pro- vincia di Molise, e poi nel settembre lo mandò nunzio in Li- tuania e Polonia. — Si trattenne due anni in mezzo a quelle zotiche genti, adempiendo 1" affidatagli missione con senno e sagacia ammirabili, onde gli venne fatto di sradicare dalla — 316 — Sarraazia e dalle terre germaniche confinanti colla Polonia le false ed erronee tradizioni che avevano infettato moltis- sime menti. Condotta ad onore codesta legazione ebbe ad- dì 2 1 dicembre 1 52 1 il vivissimo cordoglio di perdere per morte il venerato suo patrono e benefattore papa Leone X, e in pari tempo la soddisfazione di essere dal collegio dei cardinali deputato a governare, durante il conclave, la città di Faenza e la valle del Lamone, ove seppe mantenere l'or- dine e cattivarsi T animo di quello popolazioni. — Addi 9 gennaio 1522 venne eletto papa Adriano VI, e Ferreri, ri- segnato il temporaneo suo ufficio, tornò a Roma e, datosi tutto agli studj, condusse a termine la revisione del brevia- rio, di cui era stato incaricato dal pontefice defunto e com- pose i nuovi inni da inserirsi negli uffici delle feste e solen- nità principali. Dopo la pubhcazione di questi carmi, avve- nuta il i.° febbraio 1525, non si trovano più notizie di lui, e si ignora dove, quando, fini la vita e il luogo in cui furono sepolti i mortali suoi resti. Ferreri, alla venuta in Italia del nuovo papa Adriano VI, gli presentava de reparanda mystica domo dei : Suasoria, nella quale, prendendo le mosse dal passo dell' apostolo Matteo: Sei tu e' ha da venire, oppure ne aspetteremo noi un altro ? con parole e concetti tolti dall' antico e dal nuovo testamento lo esorta a dirizzare la Chiesa. Comincia esprimendo il proprio rincrescimento perchè la sanità mal- ferma ed il governo di Faenza gli avevano impedito di re- carsi (com'era suo ardente desiderio) nella Spagna a render- gli devotissimo ossequio. Pel modo miracoloso della elezione, scorge in lui, chiamato da Dio come Aronne, il papa ange- lico tanto sospirato a restaurare la mistica Gerusalemme per vetustà rovinosa. Confida tocchi a lui non ad altri, scac- ciare colla triplice sferza della fede, della speranza, della ca- — 317 — riti'i, i trafficanti dal tempio ; raccogliere le discordanti citti'i in un ovile, con un solo pastore; rintuzzare la tracotanza ottomana, rassettare !a sconcoi'Iata Chiesa d'oriente e anni- chilare colle lianiuìe cielhi vendetta divina j^ii infraiuettenli lìgliuoli di Core. Compiange Sionne, già sì pura, sì i)ia, sì bella in cui tutti i credenti formavano un cuore, un'anima sola in Dio, innabissala in abbominevole desolazione pa- tente a'quattro venti della terra. Lamenta die il clero, ante- ponendo la lettera uccidilrice allo spirito vivificatore, inge- nerava scandali, seismi, eresie, per cui la greggia più non rispondeva a' mandriani, i principi non oblìedivano a' poii- telìci, il popolo non rispellava i sacerdoti. Deplora che il sangue e la carne, conferendo le dignità, i chierici menavano vita scioperata, avara, lasciva, vanitosa, contaminatrice, accumulavano prebendati, allocavano commende. Gode sia salilo al soglio pontiiìcio chi, lino da'primi anni, s'era messo con atti di giustizia ad insegnare e ad operare il riatta- mento della sdruscita navicella di Piero. Si assicura die nello avvenire le cariche ecclesiastiche non si daranno più a consanguinei, ad aftini, a concorrenti, a procaccianti, ad importuni, sibbeue a prescelti da Dio, i quali amministrano egregiamente e lavorano con verità e dottrina i vasi del tabernacolo del Signore. Non dubita sarà per cessare il de- testabile abuso che gh uflicii chiesiastici passino, quasi per diritto di successione ereditaria, nei figliuoli, nei nipoti, nei parenti, onde i beneficiati infingardiscono, e i necessitosi sfi- duciati svaloriscono. — Spera che la parola di Dio, fatta li- bera e tersa da smancerie, illuminerà come face splenden- tissima il mondo universo. — Si lusinga di vedere le par- rocchie affidate a' guardiani vigilanti, zelosi, esemplari, i ce- nobi a" religiosi che piangono le colpe proprie e le altrui, cantino giorno e notte le lodi del Signore, preghino conti- nuamente per tutti. — Nutre fiducia die sbarbicanuosi dal nuovo papa le male erbe, gli sterpi, i triboli, Roma diven- iui/iu JI/, Serie Vi. 41 - 3Ì8 ~ terà il paradiso delle delizie spirituali, il beato abilacolo di genti elette, ed allora col perfezionamento di questa vene- randa madre e maestra di lutto lorhe cattolico migliorerà il mondo intero, spariranno le eresie, si comporranno i sci- smi, i principi si inchineranno a' pontefici, e la luna secon- derà, come si richiede a satellite, il sole. Tiene per certo che messi in pace i regnanti, spiegherà il glorioso vessillo della croce contro gli infedeli, e ricondurrà a piedi di Cri- sto il severo orientale impero redento dalla immonda e spie- tata tirannide maomettana, llaccomanda amorosamente al sommo gerarca la sua cara Faenza, che mentre quasi tutti i circostanti paesi della Flaminia riottavano, essa fra tante vampe incombusta, si conservò sempre salda e immutabile nella calma, nella concordia, nella obbedienza alla S. Sede, e tesse T encomio di quella nobilissima terra. Augura possa portare a compimento gli avvisati emendamenti che gli frutteranno la gloria del Libano, T onore del Cainielo, ed allora il deserto, il luogo asciutto si rallegreranno, la solitu- dine festeggierà e fiorirà come rosa, si aprirà la via sacra sulla quale noti monta il leone né veruna fiera rapace. Po- co gli cale la signoi'ia temporale, perchè non stiamo qui eternamente, e il sacerdozio è più vigoroso se intende sol- tanto alle cose divine ; però si guarda dal metter la lingua in cielo e dal presumersi migliore dei santi Padri, che quella signoria introdussero o tollerarono. Avverte che il reggi- mento sacerdotale, differendo dal laico, deve scegliere ret- tori, giudici, magistrati, i quali, mondi da superbia e da cu- pidigie, governino i popoli non come servi, sibbene come fi- gliuoli, rendano con equa lance ad ognuno ragione, tengano i sudditi a devozione colla carità anziché colla violenza, e sieno specchio in cui tutti vedano e imparino le norme per vivere bene e virtuosamente. • — Finisce biasimando le im- poste esorbitanti addossate alla Romagna, e fa voti che sieno alleggerite dalla clemente giustizia di Adriano VI. P R 0 S P E T 'I' O DELL' ACAROFAPA ITALIANA PEL M. E. GIOVANNI CANESTRINI (con 4 Tavole) (Continua-/., della pag. 1607 del Viil. |preceik-iitc) FAMIGLIA DEGLI flOPLOPINI. Pati)i rapaci^ liberi^ brevissimi ; essi constano di cinque arlicoU, dei quali il primo è cortissimo^ il secondo assai lungo e grosso^ il terzo molto breve, il quarto bene svilup- pato e armato di un'unghia principale e di un altra al- quanto più, breve accessoria, il quinto è rappresentato da un' appendice piatta tentacolare ; essi sono posti intera- mente alla faccia inferiore del rostro, mandibole, uncinate, ossia composte di un lungo articolo basilare, alla cui estre- mità anteriore s' inserisce un robusto uncino. Zampe, atte al cammino, fortemente spinose, terminate ciascuna da due uncini, sprovvedute di pulvillo. Alla faccia ventrale, dietro le zampe del quarto pajo, vedonsi due aperture longitudi- nali quasi contigue, C una anteriore sessuale, l'altra poste- riore anale. Tegumento coriaceo. Acari tracheali. Esistono occhi. Unico genere: Caeculus Duf. Questa famiglia, istituita dui dott. Fanzigo e da me nel 1877, s'avvicina agli Oribatini per la posizione degli orifizii j^cssualc ed anale, come ancora per la compattezza del te- gunicnto ; ed ai Trombidini pei- la conformazione dei palpi — 350 — e (Ielle mnndibolc. .Mu, vernmenlo, i! Caccnkts non può coiiìpiendersi né nell' unii, né nelTallra delle citate due ia- iniglie, pei caratteri esposti nella diagnosi, e per conse- guenza deve costituire una famiglia a sé. Il Lucas suppone che esistano dei Caeculus privi di oc- chi {C. echinìpes,)^ ed altri foi'niti di occhi [C. miiscorum) ; ma non credo che quest'opinione sia giusta, e l'itengo piut- tosto che ne esisla un' unica specie, e che il Dufour non abbia visto gli occhi ch'essa possiede. Io ho raccolto dei Caecvlus nelle Alpi (a Dosso di Tavon nel Trentino), ed al- tri in Tunisia (a Gallippia), e fra questi e quelli non posso scoigere alcuna differenza. Caeculus echinipes Duf. (Tav. IV, fìg. i) Corpo diviso in due porzioni da un profondo solco tras- versale ; la porzione anteriore è davanti allargata aspa- loia, di dietro smarginata e leggermente incavata ai tìanchi. La porzione posteriore porta al disopra nel mezzo una lar- ga piastra quiidrangolare allungata, la quale conlina davanti con quella dei capotorace, ai fianchi con due piccole piastre lineari, l'una destra e l'altra sinistra, e di dietro con due piastre minori situate in una linea trasversale, dietro le quali, presso l'estreìnitù posteriore dell'addome, trovansi due altre di forma triangolare ed un po' uiaggiori delle pre- cedenti. Tutto l'addome porta dei peli clavati, disposti in serie trasversali. Presso l'apice del rostro esistono pure due setole davate, dirette in avanti. Sopra le zampe del secondo pajo vedonsi in ciascun lato due occhi bene di- stinti, tra loro quasi contigui, circondati di nero alla base. Zampe lun^-he, grosse, nodose; quelle del priiiìo e se- condo pajo portano delle spine fortissime al margine ante- riore e delle clave al posteriore; quelle del terzo e quarto — n2i — pajo ìiamio dolio spino ass;ii più deboli dello precedenti sol- luiilo ^Uj;li uiliini due articoli, gli altri sono vesliti di clave. l palpi hanno un aspetto mostruoso per lo straordina- l'io s\ilupp() in luni^liczza o larghezza del secondo arlicolo; questo arlicolo porla dno lunghe setole pennato airinlorno verso r apice otl il successivo ioizo ne porla una eguale pure airinlerno; un'altra, ma mollo più hreve e non pen- nata, trovasi sul quarto arlicolo sotlo l'unghia accessoria, ed un'altra ancora, ma piccola, vedesi sul margine esterno dell'appendice tentacolare, la quale appendice, distesa in avanti, non raggiunge 1' apice dell' unghia anzidetta. Man- dibole larghe alla base, terminate da un robusto uncino. Corpo sopra bruno con fascio gialle; sotto ora bruno, ora giallo oscuro. Zampe nere, con articolazioni più chia- re ; le spine e le clave sono bianche. liUnghezza circa mm. 2,00. Vive s(dto le pietre, nei muri vecchi e Ira il uìusco. Animale pigro e lento. Palriu : Trentino, Sicilia (Sciacca). Diifour, Descript, et fri. du gen. Caeculus ecìiinipes, p. 289, ta- vola 9, iìg. i-'ò. Gervais, Apt., Ili, p. 260, tav. 38, fig. 5. Liicas, Explor., p. 307, tav. 22, fig. 1, C. muscorum. Canestrini e Fanzago, Sul yen. Caeculus, p. 477; Acari ilal.., p. 75, tav. II, fig. 1, Hoplopus ecìiinipes. FAMIGLIA DEI TROMBIDliNI. Volpi rapaci., liberi., bene sviluppali; essi constano di cinijue articoli^ dei (inali il secondo è mollo più robusto de- gli altri^ il quarto munito di unghia e sovente anche di unghia accessoria^ ed il quinto inserto alla faccia interna del quarto sotto forma di appendice spatolare o tentacolare, — 322 — 0 di un fascio di spine. Mandibole uncinate. Zampe alte al cammino, terminate ciascnna da due uncini e munite n meno di pulvilln ; quelle del primo pajo funzionano da or- (jano del tatto, laonde /' ultimo articolo ha una forma e struttura diversa dagli altri. Alla faccia ventrale esistono le due aperture, sessuale ed anale ^ la prima fornita di tre paja di ventose. Tegumento molle. Acari tra e li e ali ; i due stigmi truvansi alla base delle mandibole. Esistono occhi picciuolati 0 sessili. È questa una delle famiglie meglio delìnite che conosco e che consta dei due generi che tra breve citeremo. Il Kra- mer Tlia esso pure adottala nella sua n^emoria Grundziìge zur Systematik der Milhen, ma la definizione che ne diede merita di essere riformala. Quest'autore, pui' riconoscendo che l'essere gli occhi picciuolnli o meno non costituisce un carattere importante, ha separato dall'antico genere Trom- bidium quelle specie che hanno gli occhi sessili, e ne fece il genere Ottonia. Il doti. Ilaller ha fatto altrettanto nel suo lavoro Beitrag zur Kennlniss dcr Milben fauna Wiirt- tembergs, ed istituì il genere Microtrombidium, che è sino- nimo (\e\yottonia e deve essere soppresso. Io accetto il ge- nere Ottonia, ma per detinirlo do maggiore importanza all'esistenza dell'unghia accessoi'ia, che non ai caratteii desunti dai peduncoli oculari. La presenza delle ventose sessuali, cui il dott. Ilaller ha attribuito un certo valore, non serve punto a distinguere fra di loro i generi dei Trom- bidini, poiché io trovai quelle ventose in specie di ambedue i generi succitati. Per la distinzione delle diverse specie di questa famiglia mi valgo principalmente: I. Della forma e struttura delle setole, le ijuali sono ora semplici ed oi'a pennate, ora nessibili ed ora l'igidr, oia lunghe ed ora brevi; talvolta la cute porta due o più qualità di setole ; — 323 — •2. (lei caralleri desunti dagli iillimi due articoli dei palpi, ed in modo speciale dalla relativa lunghezza e forma dell' appendice tentacolare ; 3. dei cai'alleri desunti d;ii due ullimi articoli delle zam- pe del primo pajo, e principalmente dalla relativa lunghezza e forma dell'ultimo aiticolo di queste zampe. La lunghezza delle zampe, la forma del corpo ed il co- lore dell'animale costituiscono dei caratteri di minore im- portanza. È olti'cmodo difficile il riconoscere le specie descritte ed illustrate da C. L. Koch, essendo assai vaghe le descri- zioni che dà quest'autore, e non bastando ali" uopo sovente nemmeno le figure. Gli acari di questa famiglia sono soggetti ad una eslesa metamorfosi che venne esattamente descritta dal Mégnin. Le larve sono esapode ed hanno il rostro confoi'uiato in modo peculiare; io le chiamo leptiformi, perchè il Latreille le aveva ascritte al genere Lcplus. Clilave analitica per la classificazione dei generi. 1. Manca l'unghia accessoiiu Trouihìdiutn Lati-. Esis'e » » Olloìtia Kr. CARATTEUl DE! GE.NESÌI. I. Tromhidium, Latr. Capotorace bene separalo dall' addome, protrattile e retrattile. Il penultimo articolo dei palpi ha una sola un- ghia, mancando l'accessoria. Gli occhi sono portati da pic- ciuoli distinti o molto brevi. Il pulvillo esiste o manca. — 324 — II. Ottoìiia, Krarner. Capotorace immobilmente unito all'addome. Il penulti- mo articolo dei palpi porta due unghie, una principale ed una accessoria. Gli ocelli sono sessili o indistintamente picciuolati. Il pulvillo manca. Il genere Tanaupodus istituito dal dott. Haller nel 1882 non è diverso diiW Ottonili., poiché il debole sviluppo del- l'appendice tentac(dare dei palpi e 1' essere questa armata di spine, non sono caratteri tali da giustilicare la forma- zione di un nuovo genere. Genere TROMBIDIUM, Latr. Trombidium Phalangìi De Geer. (Tav. IV, fig. 3) Corpo di forma allungata, la sua massima larghezza agli omeri essendo compresa una volta e due terzi circa nella lunghezza totale. L'addome si restringe alquanto io corrispondenza delle zampe del terzo e quarto pajo, ed è posteriormente intero e rotondato. Tanto il corpo che le zampe portano delle setole pennate di uniforme lunghezza e struttura. I piilpi però hanno il loro ultimo articolo vestito di se- tole semplici ed acuminate. La loro appendice spatolare è ii^olto allungata, e distesa in avanti oltrepassa di quasi un terzo della sua lunghezza la punta dell'uncino. Nelle zampe del primo pajo l'ultimo articolo è appena visibilmente più lungo del penultimo e pochissimo più largo di esso. Tra i peduncoli ocul.ni, che sono distinti, esiste un ciuffo di .'setole bianciie dirette in alto ed in avanti. — 325 — Dimensioni Lunghezza del corpo, compreso il rostro . . mna. 3,75 Idem senza rostro .... » 2,80 Lunghezza di una zampa, I ." p » 3,75 » del di lei ultimo articolo ... » 0,42 Larghezza di quest'articolo » 0,16 Lunghezza del penultimo art,, zampe l.° p. . » 0,37 Larghezza di quest' articolo » 0,13. Colore. Gii individui giovani sono di colore rosso chia- ro, gli adulti di colore rosso sanguigno; il rostro, le zampe ed i palpi sono più chiari. La larva è stata desci'itta dal De Geer sotto il nome di Àcarus Phalangii, À. Aphidis^ ^i. parasiticus^ A. Libellulae e A. Culicis, e vive sugli Opilionidi e su molti insetti. È questa la specie più comune nei nostri giardini, e viene sovente scambiata col T. holosericeum [aniumnale). Vive, allo stato adulto, sui tronchi degli alberi, sotto le pie- tre, nel musco, ecc. Patria: Trentino, Veneto, Lombardia, Genova, Modena, Bologna, Toscana, Civitavecchia. De Geer, Ins., t. VII, p. 117-122, tav. VII, fig. 5-7, 9, 12, U, Àca- rus Phalangii, ecc. (Larva). Hermann, Mém. apt, p. 23, 46, 47, tav. I, fig. 3 e fig. 15-16, 2V. fuliginosum, latirostre e insectortim (i 2 ultimi sono larve). Hahn, Arachniden, I, p. 21, tav. VI, fig. 18, Tr. holosericeum. G. L. Koch, C. M. A. Deutschl, fase. 15, fìg. 2 e 3, Tr. fuligino- suìn e hortense. Gervais, Apt., Ili, p, 179. Mégnin, Métamorph., p. 11, tav. 11. Canestrini e Fanzago, Ac. ital., p. 133, tav. V, fig. 1. Turno Jll, Serie VI. 42 — 326 — Trombidìum holosericeum Linn. (Tav. IV, fig. 2) Il corpo ù assai largo, parlicolarnienle davanti; alle- slremilà posteriore esso ò bene inciso nel mezzo. Tutta la superficie è vestita di setole davate, finamente cigliate presso la base; la clava è molto larga nelle setole del con- torno, mentre è meno manifesta in quelle che occupano l' interno del corpo. Fra le setole davate ve ne hanno di minori soltanto pennate e taluna apparisce a forte ingran- dimento terminata da una debole clava trifida. Le zampe portano setole semplici ed acute. Nelle zampe del primo jiajo l'ultimo articolo è più lun- go del penultimo, nella proporzione di 16 a II, ed appena più grosso di esso. Queste zampe sono più lunghe dell'ad- dome. L'appendice spatolare dei palpi, distesa in avanti, sor- passa visibilmente la punta dell'unghia ed è vestita, come gli altri articoli dei palpi, di setole lunghe e scarsamente pennate. Dimensioni Lunghezza dell'addome mra. 1,36. Sua massima larghezza » 1,08. Lunghezza di una zampa 1° p. . . . » 1,80. Il dorso è di colore scarlatto e porta, disperse qua e là, delle macchiette di colore un po' più oscuro. La sua larva è nota sotto i nomi di Acarus autiimnalis De Geer e di Leplus autumnalis Latr., e vive sugli insetti e più sovente ancora sui mammiferi ; io l'ho trovata in gran- de quantità sulla fronte di un cane segugio. È lunga milli- metri 0,23 e larga 0,19 appena nata e cresce e s'allunga — 327 — dopo che si ò attacrnla ud iin;s vilUma. t di colore ran- ciuto, ma gli occhi sono neii e sessili. Essa produce sulla pelle forte prudore e delle chiazze rosse del diametro di un centimetro e più, ora isolate, ora riunite in gruppi. Que- sto malore è slato chiamato eritema autunnale o febbre del grano o del fieno, e sparisce prontamente coli' uso dei bagni tiepidi prolungati. Patria: Trentino, Veneto. Linneo, Fn. suec, p. 1979; Syst. nat., p. 2934. Hermann, Mém. api., p. 21, tav. 1, fìg. 2; tav. 2, fig. 1 e tav. 3, figura 2. Gervais, Api., Ili, p. 179, tav. 30, fig. 1. C. L. Koch, C. Af. A. Deictschl, fase. 15, fìg. 3. Mégnin, Métamorph., p. 11, tav. 12, fìg. 1. Canestrini e Fanzago, Ac. ital, p. 132. Trombidium philogeum Koch. Corpo ovale allungato, dietro le scapole leggermente compresso, al margine posteriore rotondato, tutto vestito di setole brevi ed elegantemente pennate. L' ultimo articolo dei palpi porta il solito uncino che manca di unghia accessoria e che non è seguito od accom- pagnalo da denti o spine; l'appendice spatolare, piegata in avanti, sorpassa soltanto di poco la punta dell'unghia. II margine interno dell' uncino delle mandibole è debolmente seghettato. L'ultimo articolo delle zampe del primo pajo è ovale, allungato e molto piìj lungo del penultimo, nella propor- zione di 40 a 27, ma poco più grosso di esso. Colore rosso scarlatto. Gli occhi, che hanno dei brevi picciuoli, sono di colore rosso di fuoco. Lunghezza dell'animale ram. 1,20; lunghezza di una zampa del primo pajo 0,70- — 398 — Patria: Trentino, Bologna, Roma. Vive sotto le pietre. C. L. Kocb, C. M. A. Deutschl, fase. 15, fig. 15. Genere 0 T T 0 N I A, Kramer. Ottonia trigona Herm. (Tav. V, fig. 4) Corpo di forma molto allungata, poiché la massima larghezza si comprende olire due volte nella lunghezza to- tale dell'animale. All'estremiti posteriore esso termina con una piccola prominenza, che si estende per un tratto in avanti sul dorso fra due rialzi cutanei ; la porzione che soi'passa il contorno generale s' ingrossa a guisa di bot- tone. Tutta la superOcie porla delle minutissime e fitte se- tole pennate, che danno all' animale un aspetto serìceo ; sulle zampe e sui palpi queste setole sono più lunghe, ma egualmente pennate. L' ultimo articolo dei palpi finisce con un robusto un- cino che porta un'unghia accessoria, ed alla faccia interna tre grossi aculei presso e davanti 1' appendice spatolare. Quest'appendice, piegata in avanti, oltrepassa appena l'api- ce dell uncino. Alla faccia esterna di questo, dietro 1' un- ghia accessoria, contansi selle spine lunghe e sottili, fra di loro paralelle, disposte in due serie a 4 e 3. L' uilirao articolo delle zampe del primo pajo non è punto più grosso del penultimo. Il colore del corpo è un rosso di cocciniglia. Lunghezza, circa 5 mra. Patria • Trentino. Hermann, M^m. apt., p. 26, tav. 1, fig. 5. C. L. Koch. C. M. A. Deutschl, fase. 6, tav. 8. Gervais, Apt., Ili, pag. 177. Canestrini e Fanzago, Ac. it. p. 135. — 320 — Oitonia bicolor Ilerm. Corpo ovale alliniiitito, lutto caperlo di minute setole semplici ed acute. Dolio setolo maggiori di eguale struttura si vedono sulle zampo e sui palpi ; soltanto quelle dei tarsi appariscono debolmente pennate a forte ingrandimento. L' unghia accessoria dei palpi è robusta , e dietro ad essa esistono due forti aculei ; oltre ciò vedonsi al margine in- terno, presso e davanti all'appice spatolare, sei robuste se- tole spiniformi. 1/ appendice spatolare, piegala in avanti, sorpassa di poco la punta dell' unghia principale. Zampo del primo e quarto pajo, lunghe e sottili; quelle del primo pajo circa si lunghe dell' addome. In queste l'ul- timo articolo è appena più lungo pel penultimo, nella pro- porzione di 32 a 29; e soltanto poco più largo di esso nella proporzione di 30 a 23. Occhi brevemente picciuolati. L' addome è sopra profondamente nero, con quattro macchiette rotonde ed una lineetta mediana di colore ros- so ; il ventre è puro nero, ma ha nel uiezzo una grande macchia rossa. Il capotorace, 1 palpi e le zampe sono di un bel colore giallognolo; gli occhi sono l'ossi sanguigni. Lunghezza dell' animale, mm. 1,50; di una zampa del primo pajo, ram. 1,16. Vive nel musco. Cammina con discreta agilità. Patria: Trentino. Hermann, Mém. apt. p. 25, tav. 2, fig. 2. C. L. Koch, C. .V. A. Deutschl, fase. 15, tav. 18. Ottonia russata Koch. Corpo ovale allungato, di dietro rotondo, tutto vestito di setole brevi, seraplici, appuntite, alquanto curve e na- — 330 — scenli sopra grossi tubercoli. Le zampe ed i palpi portano delle setole leggermente cigliute ai margini. Nei palpi r unghia accessoria ò quasi sì lunga della principale; e Tappendice tentacolare è stretta, e diretta in- nanzi oltrepassa di un terzo della sua lunghezza la punta dell'unghia principale. Nelle zampe del primo pajo l'ultimo articolo è più bre- ve del penultimo, allungatissimo ed appena più grosso di esso. Occhi brevemente picciuolafi. Diinensioni. Lunghezza dell' animale mm. ^,20 Larghezza alle scapole » 1,00 Lunghezza di una zampa \° pajo . . » 1,33 t) » D 4. » . . » 1 ,60. Colore dell'addome, giallo nella linea mediana, allerna- tivamente bruno e giallo ai lati. Zampe gialle, occhi rossi oscuri. Vive sotto le pietre e nel musco. Patria : Trentino. C. L. Koch, C. M. A. Deutschl., fase. 15, fig. 12. Ottonia moilicuia Koch. (Tav. V, fig. 5) Corpo molto allungato, nel mezzo alquanto strozzato, posteriormente rotondo, lutto coperto di setole semplici, appuntite, bianche, brevi sul dorso, più lunghe ai fianchi ed al margine posteriore. L' appendice spatolare dei palpi, piegata in avanti, rag- giunge, ma non sorpassa la punta dell'unghia principale. L'ultimo articolo delle zampe del primo pajo è più lun- go del peuultiiwo e visibilmente più grosso di esso ; il suo — 331 — contorno è un'ellisse allungata. Queste zampe sono lunghe quanto l' addome. Occhi brevemente pìccìuolati. Lunghezza totale delTaniniale, mm. 1,20. La lunghezza dell'ultimo articolo delle zampe del primo pajo sta a quella del penultimo articolo come Ao a 36 ; la grossezza dei due articoli come 20 a 14. Colore del corpo rosso o rosso giallastro. Vive nel musco Patria : Trentino. Quando l'animale è in condizioni normali di vita, il corpo è appena strozzato dietro le scapole ; se lo si lascia un giorno a digiuno e in luogo asciutto, ad esempio sul portaoggetti del microscopio, la strozzatura si fa assai pro- fonda, ed ilcorpo assume una forma molto diversa dalla normale. In generale, la forma del corpo di questi animali, alla quale il Koch ha dato molta importanza, costituisce raramente un buon carattere specifico. C. L. Koch, C. M. A. Deutschl, fase. 15, tav. 13. Riferisco gli esemplari sopra descritti con qualche dubbio a questa specie del Koch, essendo le descrizioni di quest' autore molto vaghe. Ottonia punicea Koch. (Tav. V, lìg. 2) Corpo molto largo alle spalle, di dove si restringe gra- datamente in dietro, fittamente coperto di minute setole elegantemente pennate al pari delle zampe e dei palpi ; sol- tanto dietro T unghia accessoria dei palpi vedonsi alcune setole semplici, lunghe e rigide. Zampe molto brevi. L'ultimo articolo di quelle del pri- mo pajo è ovale e assai voluminoso, come risulterà dalle cifre che daremo più sotto. La massima sua larghezza è — 332 — presso la base. L'appendice tentacolare dei palpi non sor- passa la punta dell' unghia principale se diretta in avanti. Occhi sessili. Le mandibole hanno T uncino leggermente dentellato alla faccia concava. Dhvensioni. Lunghezza del corpo, escluso il rostro Larghezza » » alle scapole Lunghezza di una zampa 1." pajo » u n J,. n » » » 3. » uira. 0,88 » o,co » 0,60 » 0,/.^ » 0,40 .) 0,60 .) 0,4 5 » 0,08 » 0,06 » 0,04. Lunghezza deirultimo articolo, zampe 1." pajo Sua larghezza Lunghezza del penultimo art.", zampe I .° pajo Sua larghezza Colore del corpo rosso scarlatto uniforme. Vive nel musco. Cammina lentamente. Entro l'addome di una femmina del Trentino coniai circa trenta uova di forma perfettamente sferica. Patria: Trentino, Padova. C. L. Koch, C. M. A. Deutschl, fase. 1, tav. 1. Ottonia bifoliosa Cn. (Tav. V, lìg. 3) Corpo largo e breve, molto prominente alle scapole, rotondato di dietro. Mentre le zampe ed i palpi portano setole pennate di solita foj'Uìa, il tronco è vestito di due qualità di setole, avendo alcune la forma di una foglia lan- ceolata a margini interi, percorsa da finissime strie nel senso della lunghezza; mentre altre, e sono in maggior nu- — 333 — mero, hanno una forma rombica, portano pochi denteili al margine e sono brevissime e larghe. Nei palpi vedonsi, dietro T unghia accessoria, circa se- dici minutissime piastrine, collocale lungo 1' orlo esterno dell" ultimo articolo, le quali portano delle brevi e semplici setole. 1/ appendice tentacolare è breve, perchè ripiegata in avanti non raggiunge la punta dell' unghia principale. Nelle zampe del primo pajo f ultimo articolo è di forma ovale, e mollo pili lungo del penultimo, nella proporzione di IO a II; e mollo più grosso di esso, nella proporzione di 9 a G. Lunghezza dell'animale mm. 1,12. Patria : Firenze. Canestrini, Acari nuovi o poco noli (Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, toni. II, serie VI, p. 693). Ottonia spinosa, n. sp. (Tav. V, fig. 1) Il corpo è quasi triangolare, poiché si l'estringe rapi- damente dietro le scapole in corrispondenza delle zampe del terzo pajo. Esso é di dietro intero e rotondato e Unisce in punta ottusa all' estremità anteriore. L' addome è sopra ed ai fianchi vestito di due sorla di setole, le une semplici, appuntite e spiniformi ; le altre più brevi e distintamente pennate. Le zampe, i palpi e la faccia inferiore dell'addome portano soltanto delle setole pennate ; i palpi per altro hanno delle spine sul loro margine convesso. I palpi sono bene sviluppati ; il secondo articolo è par- ticolarmente grosso e f unghia accessoria è distintissima. L' appendice tentacolare è vestita di fìtte setole, e piegata innanzi non sorpassa la punta dell" unghia principale. Tomi) Ulj Surie VI. 41) — 334 — Nelle zampe del primo pnjo l'uliimo articolo è assai più lungo del penultimo, nella proporzione di 27 a 17; e molto più largo di esso, nella proporzione di 14 a IO. Nelle zam- pe del secondo pajo T ultimo articolo non è ni' più lungo, né più grosso del penultimo. Dimensioni. Lunghezza dell' addome mm. 1 ,00 Larghezza » » « 0,80 Lunghezza dell' ultimo articolo, zampe i." pajo » 0,20 Sua larghezza » 0,10 Lunghezza de! penultimo ai't.'\ zampe I." pajo » 0,i2 Sua larghezza » 0,07. Ho visto peraltro un esemplare mollo più grande del precedente, il quale misurava in lunghezza, non compreso il rostro, mm. 1,66. Picciuoli oculari brevissimi. Colore rosso scarlatto uniforme. Vive sulle piante. Patria : Dosso di Tavou, dove lo «accolsi nel mese di settembre. FAMIGLIA DEI RHYNCHOLOPHIINI. Paljjì rapaci^ liberi., bene sviluppati ; essi constano di quattro a cinque articoli, dei quali il penultiìno è armato di unghia e porta /' ultimo articolo sotto forma di appen- dice tentacolare. Mandibole lunghissime, aghiformi o a sti- letto. Zampe atte al cammino, terminate ciascuna da due uncini e sfornite di pulvillo ; quelle del primo pajo hanno l' ultimo articolo diversamente conformalo degli altri, e ser- vono come organi tattili. Alla faccia ventrale esistono le aperture sessuale e anale ; la prima è munita di ventose. — 335 — Tegumento molle. Acari (yacheali ; i due slifjmi Irorunsi alla base delle mandibole. Esistono ocelli sessili. Il Kranier lia suddiviso il genere R/iyncliolophus in due generi : Rhyncholophiis. Ciile coperta di setole. Il rostro porta un disco lambente. Zampe assai lunglie, più lunghe del cor- po rotondeggiante. latteria. Cute copeita di setole. Manca il disco lam- bente. Zampe moderatamente lunghe, appena più lunghe del corpo cilindrico. Ulteriori osservazioni faranno vedere, se il genere Rit- teria sia buono o meno; per ora io conservo l'antico ge- nere Rkìjncholophus. Per la distinzione delle diverse specie di questa famiglia mi valgo principalmente: 1. Della l'orma e struttura delle setole, le quali sono ora semplici, ora cigliale ed ora pennate; ora flessibili ed ora rigide; ora lunglie ed ora brevi. La loro forma è sva- riatissima, e talvolta la cute ne porta di due o più qualità; 2. dei caratteri desunti dagli ultimi tre articoli dei pal- pi. Il terzo e quarto articolo portano talora degli aculei, la cui presenzr. ed il cui numero hanno un'importanza siste- matica; di più, l'appendice tentacolare ha nelle varie spe- cie diversa lunghezza e forma ; 3. della lunghezza delle zampe in confronto a quella dell'addome; infatti in alcune specie esse sono lunghissime, mentre in altre sono molto brevi. La forma del corpo ed il colore costituiscono dei ca- ratteri di secondaria importanza. Chiave analiticn per la classificazione dei gmeri. \ . /ajiipc del primo pajo a^sai più lunghe che quelle del quarto .... Smaris Latr. Non più lunghe Èhynchoìojphuù Dug. — 336 — CAIIATTIJU DEI GE:.>EUr. T. Smaris, Latr. Zampe del primo pajo più lunghe delle altre, a tarso molto ingrossato. Tre paja di occhi. Palpi brevissimi, for- mali (li quattro articoli, dei quali il secondo è il più lungo. Mandibole conformate alla loro estremità a modo di stiletto. II. Rhyncholophus, Dug. Zampe del primo pajo non più lunghe di quelle del quarto pajo. Due paja di occhi. Palpi formati di cinque articoli, dei quali il secondo è il più lungo e il più grosso. Mandibole lunghissime, aghiformi. Genere SMARIS, Latr. Smaris impressa Kocb. Il corpo è prominente alle scapole, si restringe rapida- mente verso l'avanli, lentamente verso l'indietro, e termina quasi rotondato. Il dorso è piano e poila due solchi (ra- svcrsali, 1' uno a livello delle scapole, l'altro a Itreve di- stanza dal margine posteriore, ed olli'e ciò molle fossette disposte pure in serie trasversali. Il penultimo articolo dei palpi è assai breve e porla tìb' appendice tentacolare lunghissima, a contorno ellittico, armata di molte e bi'cvi setole. Le zampe del primo pajo sono molto più lunghe delle altre ed hanno l' ultimo arti- colo ingrossato. Corpo di colore rosso, coperto di fitte setole. Vive tra le foglie putrescenti, cammina lentamente. Patria : Trentino. ~ 337 — r:. L. Koch, e. M. A. Deiilschi, fase. 15, lì^;. 1. L. Kucli, in K. svenska vetenskap-akad. Verhandl., 1878, )p. 127, tav. VI, fig. 6. Canestrini G. et R., Ac. ital. nuovi o poco noti, \\. 912, l;iv. IX, figura 1. IlalltM-, Beilrag, p. 314, tav. V, fig. G. Geneke RHYNCHOLOPHUS, Diig. Rhyncholophus cinereus Dug. (Tav. VI, lìg. 4) Coi'po ovulo largo, di dietro rotondalo, di sopta bene convesso. Le setole dell' addome sono di uniforme lun- ghezza e strultuia, brevi, lanceolate, all'apice ottuse, mu- nite su uno o sopra ambedue i margini di circa dieci den- telli acutissimi; soltanto il tubercolo frontale porta, oltre le setole tattili, nove lunghe setole cigliate. Le setole delle zampe e dei palpi sono più lunghe che quelle dell'addome, acuminate e affatto semplici od appena visibilmente cigliate. Nei palpi, il terzo articolo porta sul suo lato interno quattro aculei, il quarto articolo ne ha sei; l'appendice tentacolare sorpassa, piegata in avanti, manifestamente l'a- pice dell' unghia. Zampe molto lunghe, particolarmente quelle del quarto pajo. Colore rosso oscuro, più chiaro nel mezzo; una va- rietìi dell'Agro romano, anziché rossa, è gialla. Misure in millimelri Lunghezza dell'addome 1,66 » di una zampa del i .° pajo . . 3,00 » » » 2." » . . i;67. — 338 — 1/ inforo animale, non comprese le zampe, può rag- giungere la lunghezza di 3 uiillimelri. Vive sodo le pietre in luoghi aridi e nel musco. Patria: Trentino, Veneto, Agro Romano, Sardegna, Sicilia. Lo trovai anche a Gallippia sulla costa africana. Dugés, Ann. se. nat., 11 sor., i, p. 31, tav. 1, fig. 7, 7 bis. Gervais, Api, 111, p. 183. C. L. Koch, C. M. A. Beutscìd., fase. 16, fig. 4, Rh. phalangioidcs. Canestrini e Fanzago, Ac. ital., p. 136, tav. IV, tìg. 3. Berlese, A. M. S. ital, fase. II, num. 9 e 10. Rhyncholophus sìmiiis n. sp. È affine al Rh. cinereus. Corpo largo ovale, di dietro i-otondato. Le setole del- l'addome sono di due qualità, diversilìcando nella lunghez- za e nella struttura le marginali dalle centrali; le prime cioè sono simili a quelle del Rh. cinereus., ossia sono brevi, lanceolate, all'apice ottuse e munite sopra uno od ambedue i margini di dentelli acuti, mentre le centrali sono più lun- ghe, esilissime, semplici ed acute. Le setole delle zampe sono robuste, semplici, acuminate; quelle dei palpi sono egualmente conformate, ma più deboli. Nei palpi, il terzo articolo porla sul suo lato interno due aculei, il quaito articolo ne ha cinque; l'appendice tentacolare, piegata in avanti, sorpassa evidentemente l'a- pice dell'unghia. Zampe molto lunghe. Misure in millimetri Lungliezza dell' aildome 1,53 » di una zampa del 1." pajo . . 2,70 » H « 2." » . . 1,40. Il mio esemplare è mutilato e affatto scolorato. Patria : Sardegna. — 330 — Rhyncholophus phalangìoldes De Oeor. (Tav. VI, fìg. 2) Corpo ovulo, molto largo, rotondato di dietro, l)ene convesso di sopra. Le setole dell' addome sono lunghissime sul contorno, sottili, debolmente spinose; le interne meno lunghe, acuminate, semplici e liscie. Tali sono pure quelle dei palpi, colla sola differenza che presentano maggiore grossezza. Caratteristico è 1' indumento delle zampe, poi- ché vi troviamo tlue soila di setole, alcune delle quali so- migliano a quelle del contorno o dell" interno dell'addome, mentre altre hanno sui due lati delle spine grosse e brevi in guisa da assumere l'apparenza di una spica distica. Il numero dei denti di ciascuna di queste setole è di circa dodici, sei per parte. Nei palpi il quarto articolo porta sulla sua faccia in- terna cinquQ aculei, mentre il terzo ne è sfornito. L'ap- pendice tentacolare sorpassa, piegata innanzi, di poco la punta dell' unghia. Zampe lunghissime, particolarmente quelle del quarto pajo. Negli individui giovani le zampe sono in proporzione più lunghe che nei vecchi, come apparisce dalle misure comprese nell' annessa tabella. Colore giallo rossastro lino a bruno, nella linea media- na più chiaro. Misure in millimelri adulto giovane Lunghezza dell'addome 1,80 . . . 0,70 » di una zampa t ." pajo . . 2,30 . . . 1,33 » » » 2.° 0 . . I,(JG . . . 0,90 .) » .) 3." .. . . 1,90 . . . 1,32 H .) -}." .. . . 3,0G . . .2,10. — 340 — Vive sotto le pietre in luoghi aridi e nel musco. Rag- giunge una lunghezza totale di 3 inillimelri. Patria: Trentino, Porrelta. Ho creduto lungamenle che il Rh. phalangioides sia la forma giovanile del Rh. cinereus^ e quest'opinione mani- festò pure il dott. Berlese nella sua opera Acari, Miriapodi e Scorpioni italiani (fase. 2.") ; ma ho potuto convincermi ch'essa è una Ijuona specie a sé, riconoscibile sopratullo dalla qualità dell' indumento delle sue zampe. De Geer, Uibers., VII, p. 134, tav. Vili, fig. 7-H. Hermann, Meni, apt, p. 33, tav. I, fig. 10, tav. IX, D. E. C. L. Koch, C. M. A. Deutschl, fase. 16, fig. 3, Rh. opilionoides. Rhyncholophus regalis Koch. (Tav. VI, fig. 3) Corpo molto largo alle scapole, di dietro rotondato. Le setole del corpo sono mediocremente lunghe, esili, all'apice ottuse, e in tutta la loro lunghezza cigliate; quelle delle zampe e dei palpi sono più lunghe, acuuiinate e pure de- bolmente cigliate od anco liscie. Nei palpi, il terzo articolo porta sulla sua faccia interna due aculei ed il quarto ne ha quattio. L'appendice teniaco- liire, piegata innanzi, sorpassa di poco la punta dell'unghia. l'^ra le zampe quelle del quarto pajo superano le altre in lunghezza, come apparisce dalK' misure sotto riferite. Misure in tnillimetri Lunghezza dell' addome . . . . » di una zampa del l.° pajo 2 0 I) Q O » » » o. » » » » 4. » 1,50 1,51 t,tl 4,51 2,55. — 341 — Non possiedo che esemplali alterali nel loro colore dal- l'alcool e dalla glicerina. Essi appariscono neri, con una l'ascia chiara longiUnIiiiale mediana, che [ircsso il rostro si allarga notevolmente. Vive sotto le pietre in luoghi aridi. Patria: Trentino, Sardegna. C. L. Kocli, C. M. A. Bcutscìil, fase. 16, fii,'. 5. Rhyncholophus electoralis Koch. (Tav. VII, fig. 2) Corpo molto prominente alle scapole, di dove si re- stringe rapidamenle in avanti e lentamente verso T estre- miti posteriore che è rotondata. L'addome porta delle se- tole semplici, sottili ed acuminate, alcune delle quali sono di mediocre lunghezza, mentre altre sono minute. Setole simili trovansi anche sulle zampe, insieme con altre più lunghe e Onamente cigliate. Le setole dei palpi sono simili a quelle dell' addome. I palpi sono molto lunghi e portano sul terzo articolo al lato interno verso l'estremità anteriore tre aculei seghet- tati e quattro a sette eguali aculei sul quarto articolo. L'ap- pendice tentacolare è lai'ga, irta di lunghe setole e piegala in avanti sorpassa di poco T apice dell' unghia. Colore del corpo rosso, con qualche macchia oscura. Misure in millimetri Lunghezza dell'addome 4,35 »• di una zampa del \° pajo . . 2,00 Il » » 2." .. . . 4,48 » » » 3." » . . 2,00. Patria: Trentino, Veneto, Sardegna. Torno ni. Serie YI. 44 — 342 — e. L. Koch, C. M. A. Deutschl, fase. 46, fig. 7. Pavesi, Prime crociere, p. 448, Rh. canonicali^. Canestrini e Fanzago, Ac. ital., p. 138. Rhynchoiophus pulcher n. sp. (Tav. VII, fig. 1) Corpo largo ovale, di dietro rotondato, a spalle bene sporgenti. Tutte le setole, tanto quelle del corpo, come quelle delle zampe, sono spinose, leggermente curvate e poste sopra prominenze speciali a forma di ampolla ; è que- sto il più evidente carattere della specie. I palpi sono brevi e tozzi; i laro articoli terzo e (juarto mancano di aculei e 1' appendice tentacolare, piegata in avanti, sorpassa in modo manifesto la punta dell' unghia. Nessuna spina di particolare robustezza sul lato concavo del palpo, mentre il lato convesso, a cominciare dietro l'unghia, ne porta molte e piuttosto forti. Le zampe del primo pajo sono un poco più lunghe dell'addome. Misure in miUivietri Lunghezza dell'addome Sua larghezza Lunghezza di una zampa del 1." pajo » del suo ultimo articolo . » del suo penultimo articolo Il mio esemplare è scolorato dall' alcool Vive nel musco. Patria : Genovesato. ^,20 0,78 1,25 0,30 0,20. — 353 — Rhyncholophus trimaculatus^Heim. (Tav. Yll, fig. 5) Corpo mollo largo alle scapole, di dove si restringe in «vanii e verso 1" indietro. L' addome è vestito di brevi e grosse setole iittamente pennate tino dalla base ; le zampe ed i palpi portano setole simili, ma più allungate e meno Iittamente pennate. L' appendice tentacolare dei palpi è molto larga, ma breve, poi( liè distesa in avanti sorpassa di poco 1' apice dell'unghia ; essa e munita di brevi setole semplici e rigide. L' unghia è debole, mentre la porzione basilare del quarto articolo che la porta è assai grosso e pressoché sferico. Nelle zampe del primo pajo T ultimo articolo ò circa cosi lungo come il penultimo (proporzione 24 a 25), ma più largo di esso nella proporzione di IO a 8. Queste zam- pe sono più lunghe dell'addome. Corpo rosso bruno, cogli occhi rossi chiari e tre grandi macchie bianche, due cioè nella regione delle scapole, ed una davanti airesliemità postei'iore dell'addome. Lunghezza del cor{)o, mu). 1,50; sua larghezza alle scapole 0,91. L'animale raggiunge talvolìu la lunghezza di inm. 2,30. Vive nell'humus, tra le foglie secche, nel musco, ecc. Patria : Trentino, Veneto, Piemonte, Liguria (Genova). Hermann, Mém. api., p. 27, tav. I, fig. 6. Ilahn, Arachniden, II, p. 64, tav. 66, fig. i55. fiervais, Apt., Ili, p. i77. ('.. L. KocIj, C. yi. A. Deufsrhl. fase. 1, fìg. 3. flanpstrini e Fanzago, Ac. ital , p, 137. Berlete, A. M. S. ital., fase. \, num. 5. — 344 — Rhynchoiophus sicuius Cn. (Tav. VI, fig. 1) Forniti dell' animale assai allungata, scapole poco pro- minenti. Nessuna separazione del corpo in due porzioni a mezzo di un solco trasversale. Addome davanti ottuso, di dietro rotondato. Le setole dell' addome sono tutte brevi, uniformi, fittamente pennate fino dalla base ; quelle delle zampe sono più lunghe e meno distintamente pennate. Nei palpi, il secondo articolo è assai più lungo e gros- so, il terzo ed il quarto sono sforniti di aculei, e i' appen- dice tentacolare è ellittica e, distesa innanzi, soi'passa l'a- pice dell' unghia. Tarsi delle zampe del pi'imo pajo poco ingrossati, a contorno ellittico, vestili sulla faccia interna di spinette a modo di raspa, sulla esterna di setole pennate. Misure in millimetri. Lunghezza dell' addome 2,08 Larghezza alle scapole 1,00 Lunghezza di una zampa del ].° pajo . . t,25 » » » 4." u . . 1,30. Colore del corpo, giallo verdastro, di aspetto di ve'lulo. Vive in luoghi aridi tra i fichi d' India. Patria : Sicilia (Sciacca). Canestrini, Acari nuovi o poco noti (Atti Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, ser. VI, tom. II, pag. 698). Rhynchoiophus quisquiliarum Herm. Corpo ovale allungato ; esso si restringe rapidamente davanti alle scapole ed è rotondato al margine posteriore. L'addome è vestito di setole brevissime, tozze, sovente fai- - 345 — riformi, assai debolmente pennate ; esse sono snl c(mtorno .ilqiianto avvicinate col loro apice al contorno medesimo ; le setole delle zampe sono più lunghe, affatto semplici ed acuminate o appena visibilmente pennate. I palpi sono assai brevi ed hanno un uncino molto de- bole ; r appiMulice tentacolare è larga, ottusa, e distesa in avanti non raggiunge la punta dell'unghia. Misure in millimelri. Lunghezza dell'animale 0,80 Sua larghezza alle scapole 0,i2. Tutti i miei eseuìplari sono scolorali dall' alcool. Se- condo il Koch, il corpo è rosso di cinabro. Patria : Porrctta. Hermann, Mém. apt., pag. 32, tav. 1, fig. 9. G. L. Koch, C. M. A. Deutschl, fase. 16, lig. il. Rhyncholophus crocalus Koch. Corpo di forma allungala, coperto di setole semplici, acuminale, brevi ; setole simili, soltanto un poco più lun- ghe trovansi sulle zampe e sui palpi. Nei palpi il secondo articolo è molto grosso e lungo, il terzo di mediocre lunghezza e assai più stretto del secon- do, il quarto bi'eve e grosso ; né il terzo articolo né il quarto sono armati di aculei. L'appendice tentacolare sor- passa di poco l'apice dell'unghia ed è irta di setole. Le zampe sono lunghe e sottili; in quelle del primo pajo r ultimo articoh) è più breve del penultimo nella propor- zione di 5 a 6 ; queste zampe sono più lunghe del corpo dell' aniniale. Misure in millimelri. Lunghezza dell'animale compreso il rostro 0,75 Sua larghezza 0,à5 — 3in — Lunghezza fli una zampa del 1." pajo . . 0,86. Colore giallo più o meno carico, con tratti più chiari sull'addome. Vive nel musco. Cammina lentamente. Patria: Trentino, Veneto. C. L. Koch, C. M. A. Deuiscìil, fase. iC, fig. 15. Rhyncholophus papiilosus Herm. (Tav. VII, fig. 4) Corpo largo agli omeri, davanti ai quali si restringe rapitiamente per terminare con punta acuta. Tutto T ani- male è coperto di setole brevi, fortemente davate e mu- nite ai mai'gini di delioli cigli; quelle che trovansi sulTorN» dell'addome hanno il peduncolo un poco più lungo delle centrali. Le setole delle zampe hanno la forma suddescritta; è tuttavia da osservare che le setole davate sono più allun- gate, e che, oltre di esse, ve ne hanno delle altre che sono pennate da un lato. I palpi sono robusti ; il loro uncino è forte, e l'appen- dice tentacolare, piegata in avanti, raggiunge quasi l'apice dell'uncino. Nelle zampe i\<^\ primo pajo l'ultimo articolo è molto più lungo ed un poco [liù grosso del penultimo. Colore rosso sbiadito uniforme che nell' alcool pronta- mente si dilegua. Lunghezza dell'animale mm. 1,25. Vive nel musco. Patria: Trentino, Veneto, Sicilia. tlormanii, Mém. apt., p. 29, tav. 2, lig. 0. Diigès, Recherches, I. p. 34, fig. 13-16. Gervais, Apt., Ili, p. 174. G. L, Koch, C. M. A. Dtutscìd., (asc. 1(3, tig. 17. Canestrini e Fanzago, Ac. itai, p. 140. — 347 — Rhyncholophiis squamaius Herm. (Tav. VII, fìg. 3) Corpo a contorno ellittico, davanti alle scapole rapida- mente decrescente in larghezza, airestremilà anteriore pro- lungalo in una apolìsi spatolare pialta e vestila di setole si- mili a quelle dell'addome, di dietro rotondato. II dorso è coperto di due scudi, T uno anteriore e l'altro posteriore, ambedue poligonali, separali T uno dall' altro da un largo spazio trasversale ; questi scudi non sono visibili che dopo l'allontanamento delle setole che rivestono il dorso. Setole dell' addome brevissime, assai larghe, squammi- formi, munite di distinti dentelli acuti; le setole delle zampo sono più allungale, ma dentellate anch' esse sui margini. Osservando 1' addome per disotto, vedonsi al margine an- leriore di esso, alla base del rostro, delle setole assai più lunghe delle precedenti disposte in una serie. I palpi sono notevoli per la loro piccolezza; l'appendice tentacolare, distesa in avanti, non sorpassa la punta del- l'unghia ed ha sul suo margine due lunghe setole semplici ed appuntite. Nelle zampe del primo pajo l'ultimo articolo cassai allungato, alquanto più breve del penultimo, nella propor- zione di 12 a 15, ma un poco più largo di esso. Misure in millimetri. Lunghezza dell' addome 0,70 Sua larghezza 0,40 Lunghezza di una zampa del 1." pajo . . 0,55. Colore del corpo rosso intenso ; zampe bianche giallo- gnole. — 348 — Vive nel musco. Patria: Trentino, Porretta, Sicilia. Hermann, Mém. apt., p. 29, tav. II, fig. 7. Berlese, A. M. S. itaì., fase. V, )iura. 4. LAVORI GITATI E DA COiNSULTARSI intorno alle famiglie delle quali tratta la parte pubblicata dell' Acarofauua. Redi Fr. 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System der Myriapoden mit den Verzeichnissen und Berichtigungen zu Deutschlands Criistaceen, My- riapoden und Arachniden. Regensburg, 1847 Nicolai M. H. Histoire nat. des Acariens qui se trouvent aux environs de Paris. Archives du Muséum, tom. VII. Lucas H. Histoire naturelle des animaux articulés. Première partie : Crustacés, Arachnides, Myriapodes et Hexapo- des. In Exploration scientifique de l'Algerie. Paris, 1849. Kolenati F. A. Die Parasiten der Chiropleren. Dresden, 1857. Tui/io ili. òe/ie VI 45 — B50 — Mùller Jul. Insekten-Epizoen der màhrischen Fauna. Jahreshefle prò 1859 der naturw. Section der K. K. màhr. schles. Gesellschaft zur Befòrderung des Ackei'baues, der Natur und Landeskunde. Ercolani G. B. Nuovi elementi teorico-pratici di Medicina vete- rinaria. Bologna, 1881. Targioni-Tozzelti Ad. Intorno ai lavori della Stazione di ento- mologia agraria di Firenze per l'anno 1815. Annali del Ministero di agricoltura, industria e commercio, vo- lume 84. 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Canestrini G. et R. // genere Gamasus e la fillossera. Bullettino della Società veneto-trentina di scienze naturali, tom. II, num. 1, 1881. Berlese A. Il polimorfismo e la partenogenesi di alcuni Acari (sunto). Bull, della Soc. entomol. ital., anno XIII, 1881. Id. Indagini sulle metamorfosi di alcuni Acari insetticoli. Atti del r. Istituto veneto di se, lett. ed arti, serie V, voi. VIII, 1881. Kranier P. Uiber Milben. Zeitschrift fiìr die gesammten Natur- wissenschaften, voi. 54, 1881. Id. Uiber die Prinzipien der Classification bei den Gama- siden, 1881. Canestrini G. et R. Nuove specie del genere Gamasus. Atti del r. Istituto ven. di se, lett. ed arti, ser. V, tom. VII, 1881. Canestrini R. Contribuzione allo studio degli Acari parassiti de- gli insetti. Atti della Società veneto-trentina di scienze nat., voi. VII, fase. 2, 1882. id. Osservazioni sulla Nicoletiella cornuta. Atti predetti, voi. Vili, fase. 1.°, 1882. Canestrini G. et R. Acari italiani nuovi o poco noti. Atti del r. 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Kramer P. et Neuman C. I. Acariden wàhrend der Vega-Expedi- tion eingesammelt. Ur Vega-Exped. Vetenskap. Jakttal- gelser, voi. Ili, 1833. Berlese A. Sopra due nuovi generi di Acari italiani. Rivista pe- riod. dei lavori della r. Accad. di Padova, v. XXXllI, 1833. Mégnin P. Etiide sur V Ophionyssus natricis. Bullet. de la Soc. zool. de Trance, tom. IX, 1884. Canestrini G. Acari nuovi o poco noti. Atti del r. Istituto veneto di se, lett. ed arti, ser. VI, t. II, 1884. Pavesi P. Materiali per lo studio della fauna tunisina. Aracnidi. Annali del Museo civico di Genova, voi. XX, 1884. Berlese A. Note relative agli Acari, Miriapodi e Scorpioni ital., fase, i.% Padova, 1884. Canestrini G. e Berlese A. Sopra alcune nuove specie di Acari italiani. Atti della Soc. veneto-trentina di se. nat., voi. IX, fase. 1.", 1884. Id. Sopra due specie poco note di Acari italiani. Atti pre- detti, voi. IX, fase. 2.^ 1885. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tavola IV. Fig. 1, Palpo di Cnecuhis echinipes. ia, sue mandibole. 2, Trombìdiìim hoìosericeum. 2a, palpo. 2b, zampa i.° pajo, articoli ultimo e penultimo. 2c, setole dell' addome, interne. 2d, id. marginali. 3, palpo di Trombidiurn phalangii. 3a, zampa 1.° pajo, articoli ultimo e penultimo del medesimo. 3h e 3c, setole del corpo dello stesso. Tavola V. Fig. 1, Ottonia spinosa, ia, palpo. ìb, zampa 1.° pajo, articoli ultimo e penultimo, le, setola spinosa dell'addome. id, » pennata » 2, palpo di Oltonin piinicfa. 2a, unghia del palpo della stessa 2&, sua mandibola. 2c, setola. 2d, zampa 1.° pajo, articoli ultimo e penultimo. 3, palpo di Ottonia bifoliusa. 3a, zampa 1.° pajo, articoli aitano e penultimo, 36 e 3c, squamme dell' addome. 4, palpo di Ottonia trigona. -_ 354 — Fig. 4a, setola della medesima. 5, palpo di Ottonia mollicula. ba, iillimi articoli di una zumpa 1." pajo della stessa. 5^, setola del corpo. Tavola VI. Fig. 1. Rhyncholuphus siculus. ia, estremità anteriore dell'addome. ib, palpo. le, setole dell' addome. id, zampa 1." pajo, articoli ultimo e penultimo, faccia inter- na, la fig. inferiore mostra la faccia esterna. 2, palpo di Byncholophus ■phalangioides. la, pezzo di zampa colle squamme e setole. 26, squamma isolala. 2c, setola dell' addome. 3, palpo di Ryncholophus regalis. 3a, pezzo di cute colle setole, del medesimo. 4, palpo di Ryncholophus cinereu^. ^m, pezzo di cute colle squamme, dello stesso. Ah e 4c, squamme isolate. Tavola VII. Fig. 1, palpo di Ryìicholophus pulcher. ia, pezzo di cute colle spine, dello stesso, 2, palpo di Ryncholophus electoralis. 2a, pezzo di cute colle setole, del medesimo. 3, pezzo di cute di Ryncholophus squamatus. 3a, sua squamma marginale isolata. 36, zampa 1," pajo, articoli ultimo e penultimo. 4, pezzo di cute di Ryncholophus papillosus. 4a, » zampa del medesimo. 5, palpo di Ryncholophus trimaculatus. COMMEMORAZIONE DEL CAV. CARLO PROF. COMRI Ietta DAL M, E. JACOPO BERNARDI Un uomo, del quale nel febbraio del 1867 porgevasi questo ritratto: Ha franco e facondo il dire strettamente logico e pur fiorito dal cuore, ha larghezza e solidità di vedute frutto di molti sludi, ha indole vibrata e severa, coscienza squisita, principii a sé stretti, larghi e tolle- ranti ad altrui, umiltà e modestia soverchie, forza d'ani- mo nella verità e nel bene indomata, incredibile gene- rosità e potenza, e che ha per sua meta, sua fiamma, sua vita la religione e la patria, è 1' uomo datomi, o riveriti colleghi, ad argomento dell'odierna commemo- razione. Datomi perché vincoli speciali e carissimi d' ami- cizia poco men che fraterna, mi legavano a lui, per- chè le consuetudini della vita, la dimora sotto il mede- simo tetto, gli ufficii, specie in questi ultimi anni, fatti comuni nel riordinamento della pubblica beneficenza e de' pii istituii, cui egli infendeva con le forze tulte deirintelletto, della volontà e dell'amore, che in lui era- no si grandi e specchiate, mi resero più dappresso e intimamente palesi le doti squisitissime dell' ingegno e — 356 — dell'aaimo, ond'egli era fornito; perché di Carlo Gombi parlando io a voi, che lo avete conosciuto sì da vicino, che gli porgeste i segni più manifesti e continui della stima in che erano tenuti i meriti suoi, adempiendo al difetto della mia parola, e donando a chi parla novella prova della vostra benevolenza, siete persuasi di usare al lagrimato estinto nella persona dell'amico, che si ac- cinge al disobbligo del mesto e penoso ufficio, un tratto ancora di quella forte e sincera estimazione, che a lui ci stringe oltre il sepolcro. Se non che, discorrere della vita, delle opere, delle virtù, degli studii del Combi nelle varie condizioni agi- tatissime, nelle quali ebbe a trovarsi e a parteciparne; di quanto pensò, desiderò e fece nei molti e si disformi campi dazione, concedetemi quest'espressioni, nei quali fu trascinata la intelligente, la pertinace e fenomenale attività di quest'anima appassionata, sarebbe lavoro ar- duo troppo e complicatissimo, né lo consentirebbe il tempo che mi è concesso, né le condizioni che mi son date. Basti solamente avvertire, che ciascuna delle parti, in che si svolse il vigore di quella mente eletta e la forza di quella vila meravigliosa, sarebbe da sé stata più che sufficiente, non che ad occupare, a stancare un'esistenza qualunque; ed egli invece tutte, e spesso ad un tempo, le abbracciò insieme, adoperando in guisa che ninna avesse a lamentarsi di essere men curata, anzi lascian- dole credere che consecrasse a ciascuna in particoLire tutto sé stesso. Benché peiò non valga a seguire partita- mente, e nelle varie sue manifestazioni gli anni opero- sissimi di questa vila esemplare, che toccò al cinquante- simo ottavo, tuttavia anche dai cenni fuggitivi, che mi verrà dato di porgere, vi sarà facile argomentare il molto che sono costretto a sorvolare e tacere. Procurerò, per quanto sta in me, porvi innanzi 1' orditura, ma poi tes- — 357 — seme l'ampia tela sarà da voi. Vedremo il Combi nella famiglia, negli sliidii, nell'esilio ; come uomo di lettere, giurisperito, archeologo, statista, storico; sulle cattedre, nei consigli municipali, in quelli della pubblica bene- ficenza ; vedremo in lui il figlio, l'amico, il maestro e soccorritore, il magnanimo cittadino, e recare sempre e dappcrlnto quella coscienziosa osservanza del dovere, quella incorruttibile integrità, quella tenacità di propo- siio, quella dignità personale scrupolosissimamente cu- stodita, quella cliiaia, eloquente, sincera significazione dell' intime persuasioni della candida anima sua, che furono i caratteri, sarei per dire, salienti di questa rara e intemerata esistenza, per cui ne si rendeva si cara e venerata la censuetudine, e ne torna (,ra a tutti, senza eccezione di sorta, a tutti s'i lagrimata la perdita; e fra lutti segnatamente a'suoi Istriani, fratelli di nascimento e d'affetto, e a' più inlimi amici. Ma pria di entrare nella mesta e fuggevole comme- morazione che mi si af'lìda, emmi d'u «pò, a sfogo del- l'interno affanno, ridirvi il cruccio che mi preme pen- sando essere la mia voc^", che gli servisse, chiamata a parlarvi di lui, a noi tolto per sempre; parlarvi in que- st'aula avvezza alla sua si eloquente e gradita, e che avrebbe dovuto per lunghi anni ben sopravvivere alla mia. e recarvi il tributo onoratissimo de' profondi suoi sludi, della vasta erudiziime, de' sapienti consigli, e confortarvi della sua desiderata presenza. Questa con- siderazione troppo formidabile e vera mi si ritorce in angoscia la più straziante. Cosi é, E io potrei, se pur mi bastasse, non dico 1' affetto, ma 1' ingegno e la forza della parola, descrivere vivamente ciò che Carlo Combi ha per)sa;o, scritto, detto, operato? Chi può ridestar quella vita, interrata già poveramente in mezzo a' suoi morti la salma che la vestiva? Chi può ritornarci lo, 1,0 JJJf St/'ie \ i 40 — 358 — quella voce sì giusta e sì efficace? Chi schiuderci no- vellamente il tesoro di quelle cognizioni e di c|uei ge- nerosi alletti, di che a prezzo di tanti studi ed opere buone eransi arricchiti quel raro intelletto e quel suo gran cuore? Quanto mi tia dato mostrarvi sarà misura di quanto più fece e di quanto gli rimaneva a fare, e avrebbe fatto, se morte cruda e inopinata non cel ra- piva. 0 Capodistria è gemma, alla lunga e sinuosa costa, o, co- me fu detta, porta orientale d'Italia al nostro un tempo, ed ora sì aci-eniente a noi conteso Mediterraneo. Viene esso rispettoso a lambire gli orli estremi dello scoglio, su cui è posta la gentile città, che dal suo punto più culminante di- spiegasi con declivio dolcissimo lino al mare. Da settentrio- ne a mezzodì in parte la cingono fertili e vaghe colline, che, chiamale Cisterna ed Oltra^ accusano la origine latina dei propri nomi, e dalTuna parte e dall'altra raltengono il mare stesso, che vi si rinchiude come in hacino, si che, visto da punta grossa e da quella lV Isola o Villesana, insinuarsi fra terra e terra, offre l' aspello di mitissimo lago (^). Questa è la patria nativa del nostro Combi. La nobile famiglia accre- sciuta a' 27 luglio del 1828 di questo nuovo nato nel mon- do, antica di origine, di fortuna modestamente agiata. II padre suo Francesco, uomo di specchiata probità, illustre negli studi giuridici e lellerarii, della patria amantissimo, e desideralo ed accolto iìn da' giovani anni nei consigli e nel suo reggimento. La madre. Teresa Gandusio, la donna del cuore, della line ed arguta intelligenza e del forte affetto (^). In quest'ambiente, userò la parola non bella ma futta del- l'uso, il fanciullo respirava l'aure prime della sua vita mo- rale; che assai volle, non affermo tutte, assai volle accade che noi chiamiamo indoli naturali quelle che si respirarono __ nfjO — iiivoci' nella primissima olà idluiitile ilul.'e consueliiiliiii ilo- mestiche, che passano agevolmenle a connaturarsi con noi e propizie a l)onlù dureranno quanto In vita, contrarie, daranno molla fatica ad essere corrette, se pure non tor- nino inutili o non tentati gli sforzi. Cominciò gli studi in Capodislria, jirosejiuì i ginnasiali e compiè i filosofici a Trieste: poi, seguendo la vocazione paterna e nel pio desi- derio di giovare il padre, la cui onesta generosità e intel- ligenza aumentavano di giorno in giorno il numero dei clienti, si fece mscrivere in Padova alla facoltà legale, che per tre anni frequenlò con quella diligenza e quel profìtto ch'erano ornai fatti conseguenza necessaria alla maturità dei proposili ed alla singolare svegliatezza del suo ingegno. Chi lo conobbe assai dappresso fino dagli anni suoi giova- nili affeimò, ed io udii ripetere frequentemente, specie nei mesi ultinìi della sua vita, che acerbo rimprovero, forse non nìcritalo, di un insegnante triestino inflittogli alla pre- senza di suo padie, mutò i gai e chi;issosi comportamenti del giovinetto in solitarii e melanconici, ricoverandosi spes- so nei giorni liberi dalla scuola per ore ed ore nel campo santo triestino, e struggendosi in lagrime, che gli tornava- no più dolci di qualsiasi altro sollazzo proprio di quella età. L'anima delicatissima si era profondamente commossa, e nella tenera personcina accadde tale mutamento, che de- terminò affatto le condizioni future di quella preziosa esi- stenza. Fu di'tto, né ciedo fuor di ragione, anche secondo quello che aprendomi il suo cuore manifestava, fu detto che, di costumi illibati com'era, abbia chiesto alla fede una risposta ai perchè della mente, e l'avesse; donde, senza ostentazione di sorla, la sua mirabile costanza nella onesta integrila della vita, nello studio indefesso, nel perfeziona- mento d'ogni più bella e libera virtù religiosa e patria, nel cui sublime e vergine accordo ei riponeva la perenne e maggior forza ad iuipulso e guarentigia della dignità del - 360 — carattere, come impropriamente suol dirsi, e noi direm forse meglio, della umana personalità. E un'altra parola acerba suonò più tardi nell'anima genero'^a di Carlo Combi, da labbra ben diverse delle già accennate proferita, che pie- gò ad una meta principalmente l'energia della volontà e la potenza mirabile del suo ingegno: ma di questa dirò ap- presso. Gli avvenimenti politici del quarantotto lo trassero dalla università padovana a quella di Genova, nella quale compieva gli studi legali e laureavasi. Affine di bastare a sé stesso e non aggravare di soverchio la famiglia, si fece collaboratore al Corriere Mercantile^ del quale sostenne per alcun tempo quasi una gran pai te del peso delUi redazione, e valse a corrispondente retribuito ad aleuni de' giornali lom- bardi più accreditati. — È un giovane di vent'anni o poco oltre, che segnalasi nello studio e paga di sue fatiehe, gua- dagnate sul sonno e su ogni divertimento, le spese della propria educazione. Gli sarebbe costato troppo trarre dalle veglie pateì'ne e dal seno della famiglia il denaro necessa- rio ; così invece gli si moltiplicava il pregio degli studi com- piuti e del conseguito alloro. Ma ad un tempo era questa un'altra apertissima prova della squisita delicatezza del- l'animo suo, che in quelle spontanee e vigorose lotte adde- stravasi al patimento, e siipea renderselo lieto e operosa- mente fecondo. Gli svegliati ingegni e i nobili cuori educati a questa scuola riescono poi a segnalarsi in tutto che mai vorranno. Cadute, con la deplorabile disfatta di Novara e la vio- lenta rioccupazione di Ven» zia, per allora le speranze d'Ita- lia, costretto dalle condizioni domestiche e dagli assidui eccitamenti del padre e della adorata sua madre, il Combi del i 850 restituivasi in Capodisfria. L'illustre professore della univei'sità padovana Baldassare Poli cnn amorevoli ed assjii lusinghiere parole invilavalo ad assumere l' ufficio di assistente alla cattedra di lilosotia, eh' ci rifiutava, cosi per proseguire neh' esercizio delT avvocatura presso del padre suo, come, e principalmtMile, per non prestar giuia- menlo al governo foiasliero. Lo confessa egli s((>sso in un prezioso sci'illo, ch'io posseggo, di suo caraltere. Uiniaslogli vicino, validanieiite soccorreva nel disbrigo delle Iralla- zioni forensi il padre soprafatto dalla niolliplicità delle liti afiidategli e distratto insieme dagli importanti e gravi inca- richi cittadini che gli si commeKevano. Se però in altra stai2;ione avesse bramalo eseicitare avvocatura 4, superati felicenjcnte anche gli esami rigorosissimi presso il Tribunale triestino, fu segnato il suo nome nel!' albo degli avvocati , e ad inipratichirsi nella trattazione delle eause mercantili e marittime accettò nella stessa Trieste presso l'avv. .\Iillossich il posto di concepi- sta offertogli con generosa retribuzione. Sel)bene però gii studi come giurisperito e la loro ap|)licazione, cui accen- nai, abbraccino una parte essenziale della vita del Combi, e possano apparir tali da far presagire quale fosse per essere in avvenire la carriera dn lui prescelta; tiiliavia non ne avrei parlato così minulanieiite se non mi occor- resse mettere nella sua vera luce il mulaiiieiUo a\ venuto nella vita di lui per amore della famiglia e della patria, e che stimolo [)oi'gessero a questo fatto le inconscie parole di un illustre scrittore che la olfendcvano. Invitato sul declinare del I 8."i6 da' suoi concittadini ad assumere un qualche insegnamento ne! gliinasio-liceale di Capodistria, sorretto per la massima parte da contribuzioni comunali, e al quale volevasi ad ogni costo mantenere la nativa ilalianilà, rinunciava alUi sua condizione abhaaianza lucrosa in Trieste ed alle molte speranze e promesse dell'av- venire,/;tfr/rr^.s/'(7'(?, sono lieto di trascrivere da una noterel- la di suo carattere queste {^aroìe, per prestare opera civil- mente più utile al suo paese, e prescelse la cattedra di lette- ratura italiana e di storia nelle classi superiori. La venuta di Carlo Combi in Capodislria significava continua assistenza a suo padre nelle trattazioni forensi e neliammaestrauìento privato degli studi legali, sempre a nome di lui, che per suo conto non volle mai prestar giuramento di servitù ad un governo, che nell'intimo della sua coscienza non ricono- sceva come legittimo. Esempio mirabile di quella vigorosa onestà che pur di que'giorni era assai rara, e che ai nostri divenne troppo antica, per cui gli onori primi sono serbati a persone d'altra natura. E qui è d'uopo avvertire, che non assunse a caso e sprovveduto del necessario apparec- chio, come spesse Gate con danno gravissimo degli studi suolsi oggidì da' nostri gagliardi, l'uno e l'altro insegna- mento. Fra le pareli dt)mestiche, nel padre suo aveva esera- pio ed esercizio lonlinuodi scrittore fecondo, elegante in prosa ed in verso, come attestano i volgarizzamenti fatti e in ispecie il bellissinìo delle Georgiche Virgiliane, e atteste- rebbe il poemetto didascalico sulla fabbricazione del sale, la Alnpifjia, cosi si intitola, se i dì troncati inopinatamente al figliuolo non avessero portato nel suo lagrimalo sepolcro anche il proposito, che stava per compiere, di raccogliere le sparse membra di quel poema originale, coordinarle, profittare delle ultime correzioni e dare all' Italia, che ha quasi compiuta in ogni argomento la sei'ie lunghissima dei suoi poemi didasciilicM, questo che sulle saline le manca anco- ra (^). E di componimenti poetici pieni d'affetto e di arguta vivacitù, massime se piegassero all'indole Hagellatrice de'vizii, era giù autore il figliuolo, il quale, benché ne lasciasse cor- rere alcuni senza nome o in modo anagrammatico o con le — 363 — sole iniziali, agevolmente riconoseevnnsi ; e fu dello da un inliino degli unni suoi giovanili e raccoglitore accurato di alcune nicmorie importanti che lo riguardano, die la rara bontù dell" animo di lui inchinevole sempre a indulgenza e perdono, eccitabile com'era e dotato di uno spirito di critica acuta, gli faceva conoscere a prima giunta i difetti del pros- simo a rilevarne la noia caralleristicn, per cui se avesse proseguito in questa maniera di scrivei'c, che sotto ogni aspetto non era certamente la sua, avrebbe guadagnato a buon diritto il suo posto tra il Fusinato ed il Giusti (^). Delle sue conoscenze storiche poi fra le altre nera prova il S(i(j- gio ili storia anlicu jicr la yiovcnlù, che tino d(d I8rj3 erasi dato alle stampe. Colf insegnamento dovette anche assu- mere l'incarico di bibliotecario e di segretario della Giunta scolastica. Mansioni e queste e quelle eh' egli adempieva con quella esattezza che ncm lascia nulla desiderare, con quel conoscimento di ciò che tratta eh' è pronto sempre ad ogni domanda, con quell' ardore che metteva in ogni sua cosa, che impartiva ad ogni altro che ne fosse chiamato a parte, e che mai non lasciava senza che vi rimanesse una traccia profonda e profittevole dell'opera sua. Con le doli, di che egli era larghissimamente fornito, non è a dire la constdazione che, ritornando in Capodistria, recasse alla famiglia, il vantaggio alla gioventù istriana, che tosto gli si fece ascoltatrice ed amica devotissima, il bene alla pa- tria. Ora alle parole argutamente fallaci dell'uomo illu- stre, ben conosciuto e sliii'.ato dal Coudd, che furono spada al core e scintilla inliammatrice dell ìuiìluo di lui, e che vol- sero ad una meta l'affetto di quel cuor generoso, la po- tenza di quel nobilissimo ingegno, e che 1' Istria e l'Italia chiameranno un altro giorno parole e colpa felice, se com- pieiassi r intero affrancamento della nazionale indi|)en{len- za, e se questo porterei con sé la forza, il senno, il iiiuslo ordinamento finanziario, civile, religioso, morale, e quindi il — 3G4 — benessere de! popolo rigeneralo, dove la liberi?) degli onesti possa eoraggiosamenle trionfare e quella dei tristi, arditissi- ma, sia contenuta. Le paiole fur queste, e scrivevansi e pub- blicavansi dal Correnti nel lesta Verde: CU Isiriani non so- no né carne, né pesce. Si leggevano in un eroccliio di pochi Ijdatissimi amici solili a convenire in casa del padre suo. A quelle parole il giovane Combi trasalì, e tanto più perchè venivano da persona ch'egli apprezzava ed amava qu;isin)ae- slro^e ininiagiudle^Ui sci'illo da chi era pi'esente, ?/co//>o che diede Carlo col pugno sul tavolo^ facendo trabalzare ogni cosa che slava allo intorno e impaurir quasi i circostanti. Gli Istriani non sono, ei ripeteva con tìera commozione, né carne, né pesce! Vedremo!! In questa scena dipintaci con efiicacia compendiosa dairamico del nostro Combi, che po- trebbe rafligurarsi a ritratti veri, che bramerei proprio col- r intimo del cuore la gioventù istriana valesse un altro gior- no, né lontano, a serenamente e gloriosanicnte ricordare, mi si porge un quadro che fa riscontro nel senso medesimo di patrio affetto ad altri che sul finire del secolo passato, nella caduta della veneta re|)ubblica, si porsero a'nostri avi da que' robusti litorani, ben degni d'imitazione, se l'esem- pio avesse potuto valere in quel vertiginoso e deplorabile avvenimento, e dopo il fatto vergognosaujente compiuto. Allora il Combi nella foi-te e sdegnosa accensione dell'ani- mo e nella fermezza di un proposito, che non si scuole, pensò alla Porta orientale d Italia, al Saggio di bildiografìa istriana, alla Importanza strategica delle Alpi Giulie e del- l' Istria, alle Biografi:; de' più illustri Istriani ai tempi della veneta repubblica, e a quegli altri senili importantissimi ed enormemente faticosi, cui bisognava dar mano imme- diatamente a rivendicare i diritti della sua patria diletta contro la troppo inconscia affermazione e l'ingiusta ac- cusa. La Porla orientale, conìpilala a foggia di strenna, perchè potesse più ceiei'emente e largamente diffondersi, — 365 — apparve subito per l'anno 1857, e si annunciò col Prodro- mo della storia dell' Islria, Uivoro, insieme ad altri parec- chi, del Combi, in cui la maiavi^^liosa ampiezza deir erudi- zione gareggia con la stringatezza della parola, con la se- vera critica, con l'esemplare affetto al suolo natio, che però non fa velo alla verità. La nnilà naturale della provincia istriana ; la sua costituzione orografica e geologica ; le sue condizioni meteorologiche, e sopra tutto il Rapporto sull'I- stria, presentato il 17 ottobre 1806 al Viceré d' Italia dal consigliere di Stato Bargnani, e con vigorosa erudizione commentato dal Combi, sono per la nazionalità istriana gli scritti che primeggiano nella Porta orientale del 4 858. Nel 1859, che fu l'ultimo anno di sua pubblicazione, apparvero in essa del Combi i lavori o Studii storiografici intorno all' Istria, i Cenni etnografici che la riguardano, e la rac- colta di alcuni piij popolari proverbi istriani. Il dado era gettato, la partita era giù vinta, la sentenza che si pro- nunciò senza conoscimento di causa era già storicamente e moralmente rimbeccata : era tutta l' Istria che per la voce eloquente del Combi vi protestava contro. E con ciò r indirizzo supremo, che superiormente accennai, agli studii li!)eri del Combi era assicurato. Egli, che avrebbe potuto consecrare la forza mirabile dell'ingegno, la tempra indomita che reggeva a veglie, annegazioni, patimenti in- credibili, la pertinacia nella esattezza piena delle ricerche più minute fossero dottrinali, letterarie o storiche, anziché ad opere di generale ammaestramento, e da rendersi fa- mose in tutta Italia e fuori, consacrerannosi alla rivendi- cazione dei diritti militari, commercievoli, civili, letterari, storici, politici delia sua patria diletta ; e, se la lor luce ri- splenderà per tutta la nazione e balenerà pure agli occhi degli stranieri, sarà frutto di una parola che, informata da una intelligenza superiore, varca i conOni assegnali e si fa ad ogni costo, basta non essere o voler essere ciechi, rav- Tumo III, Serie VI. 47 — 366 — visare lontanamente. Ebbe, è vero, alcuni provali amici della famiglia e della sua patria, o coetanei, e fra questi de' più assidui il D'Andri, i compianti Manzoni e Madonizza, il To- descbi, il Luciani, il Coen, il Belli ed altri a compagni ; ma fu scritto che il primo impulso e /'/«/owaijo/i^? venivano sempre da lui, ed a lui fu dato il compito di disciplinare le forze, di suggerire e correggere, anche lasciando, tanto era buono e modesto, ad altri intatta la gloria della invenzione e del nome. E si ricorda il tinello simpatico di sua casa, conio sfondo del monte d'Oltra rimpetto, tramutato in istanza di studio; con la tavola ripiena di libri, di scarta- facci, di cassettine con ischede ; con Carlo sempre imper- turbabile a capo-tavola, con Leonardo (il D'Andri poi gloriosamente couìbattendo perito a Custoza) che appunta, segna, scrive sotto dettatura {•). Altro quadro anche questo che i posteri ricorderanno, ove non avvenga che la mela raggiunta con fatiche, pericoli, patimenti inauditi, faccia dal- la ignoranza o ingrata ed avida ambizione de' nepoti di- mentichi, e Dio noi voglia disprezzati, coloro che li incon- trarono. Fra le opere d' istruzione e popolare beneficenza pro- mosse dal Combi nella sua città e provincia furono le scuole serali, cui ad alleviamento di spesa si sarebbero gratuita- mente prestati e laici e sacerdoti, affermando ben giusta- mente in un suo discorso pubblicato a quest'uopo nella Porta orienlale del mille ottocento cinquantotto: non essere poi raro vedere come gli stessi più valenti nelle scuole diurne aperte e sostenute con gravissimi dispendii, usciti- ne, tocco il secondo lustro, in sui veni' anni distinguano appena lettera da lettera ; e come, fatti uomini, si trovino aver perduta anche questa ultima reminiscenza del sofferto insegnamento; e conchiudeva: che non mancavano all'Istria né cuore, né voce ad ogni migliore perfezionamento del- l'istruzione popolare, da cui siamo tuttora anche noi tanto - 367 — lontani, se forse non ci siiiiuo seiipci^lralaiiìcnlL' dilungjiti di più ; che l' annbirio era virtù cittadina e religiosa, era obbedire alla civillà e nientemeno che mantenere la patria, cui perde chi vuole perderla, e il vuole senz' altro chi ab- bandona all' ignorato le proprie soìii. Le scuole serali fu- rono istituite, il regolamento per decreto luogotenenziale triestino del io febbraio tSoO con alquante modificazioni approvato, ma vi si escludeva il dottor Combi per vari e fondati motivi C") ; e questo fu preludio della esclusione di lui anche dalle altre parti di pubblico ammaestramento ('). Lasciala la scuola suo malgrado, e con profondo ramma- rico de' suoi concittadini e discepoli, che amavano in lui non solo il dotto e inapprezzabile insegnante, ma il padre che sapeva accordare all' istruzione della mente 1' educa- zione del cuore, e poi pigliarsi cura d' ogni bene migliore de' suoi alunni, animandoli tulli all' esercizio operoso della virtù e rinfrancandoli nella dignilù del carattere; lasciata, dicea, questa parte all'animo suo cosi cara, si consecrò al- l' assistenza del proprio padre nella trattazione delle cause affldategli, studiò la giusta applicazione delle leggi, prose- gui nelle accurate ricerche letterarie, storiche, economico- politiche, dettò pregiati articoli e memorie, che si pubbli- carono senza nome in parecchi accreditati periodici ; per amore di patria sostenne con grave dispendio e sottile, ma sempre generoso accorgimento, che cosa non degna era impossibile per quel!' anima eletta, compiti difficilis- simi^ fu assiduo nelle opere di beneficenza, specie in al- cune pubbliche calamità, e raggiunta l' età normale, fu sempre rappresentante del suo Comune, eletto da' suoi con- cittadini iteratamente col massimo numero di voti {"). Ap- parvero allora in luce gli studi sulla Etnografìa istriana inseriti anonimi nella Rivista contemporanea, che aveano avuto a preludio i Cenni etnografcci pubblicuti nella Porta orientale : La frontiera a Italia e la sua importanza ad — 3G8 — volume XHl de! Politecnico ; e nell' Annuario slatistico del Correnti (1 864), piccola parto di un lavoro importantis- simo suir Istria che, dovcrnh) poi essere stampato per inte- ro, andò sciaguratamente smarrito; ed altri scritti di simil fatta, che dagli intelligenti ed affettuosi raccoglitori, giusta il programma che se ne fece, saranno uniti in uno o più volumi, e poi'Ieranno in fronte il nome del proprio autore, affinchè, accordati ii.sieme gli amici, i discepoli ricono- scenti, gli ammiratori, gli si eriga il monumento più degno: quello di rintracciare, ritornare ed assicurare al padre » parti eletti della mente e del suo cuore, eh' è la più vera, onorata e legittima proprietà (^). Apparve in quest'epoca (1864) il poderoso volume di circa cinquecento pagine in quarto modestissimamente intitolato: Saggio di bibliografia istriana, ed un opuscolo sulla Vita e su gli scrilli di Mi- chele Fachinelti {\S&^), di cui aveva già compendiosissi- mnmente discorso nel secondo anno della Porta orientale. Ciò tutto appalesa, che 1' uomo dallo specchiato carattere e dai fermi propositi non veniva meno alla promessa data a sé stesso e agli amici: che tutta la vita del suo ingegno e del suo affetto sarebbe una risposta efficace, trionfatrice della immeritata offesa che tentavasi infliggere alla sua pa- tria. Ma frattanto più minacciosa addensavasi la tempesta, e maggiori prove chiedevansi all'integerrimo cittadino. Ve- gliato, sospettato, minacciato dovea pensare ad uscire dal- l'Istria per non essere forzatamente tradotto altrove. Era la solita misura domandata dal Governo forastiero, che ap- parecchiavasi ad aspra lotta, e voleva guarantire sé stesso. 11 Combi per lungo e disastrosissimo viaggio, non temuto però da lui, avvezzo a percorrere i più elevati e pericolosi dirupi delle circostanti montagne conosciute passo per pas- so, mentre avrebbe dovuto internarsi nella Stiria o in qual- che altra parte dell'impero, metteva invece pel Tirolo e per la Svizzera in Lombardia ; indi per le provincie fatte libere — 369 - dalla dominazione straniera in Piemonte, a Firenze, a Pa- dova calla perfine a Venezia. Rammento la sua visita a Pi- nerolo con alcuni eletti compagni d' emigrazione ed amici. L'avevo veduto di poc' oltre a diciolto anni nella casa pa- terna, lo rivedeva allora toccare alla virilitii pieno d'intelli- genza, d'alletto, di speranze, che i disastri della guerra ter- restre e marittima non aveano ancora troncate l'alea pro- messe assai più larglie di quelle che in onta a' fatti dolorosi, ne si consentirono. Se ci l'osse rimasta una pagina del suo viaggio da fuggitivo, se un'altra che ne ponesse sott' occhio la condizione dell' animo suo, uditi i patti inalterabili della pace, ben volentieri ve le addurrei, o illustri colleghi, e voi, ne sono sicuro, per gran parte volentieri le udreste; ma è vano che io mi faccia ad argomentarle, mentre nieglio, as- sai meglio, voi le sentite, di quello che, pigliandole dal mio cuore e dall'intimo convincimento del Combi, potessi signi- ficarle. Godeva certo della comune esultanza pel riscatto della Venezia ; ma un altro riscatto insieme sarebbe a lui altamente premuto per amore della sua terra natale, pel compimento desiderato d'Italia a custodirne le sorti, a pro- teggere ed ampliare i suoi commerci, a toglier di mezzo e per sempre fiamme di nuovi incendii. Ed infatti si erano assottigliate di molto le naturali difese allobrogiche, rac- corciale le nizzarde, si lasciarono monche affatto le tiro- lesi, e per lui la Porla orientale, sia dal lato marittimo, sia dal terrestre, rimaneva aperta al nemico il giorno che si fosse ridestato come tale, e con una llotta e con gli eserciti suoi avesse voluto, o gli fosse tornato a conto irrompere novellamente a' danni di questa povera Italia, che per troppi secoli vide le straniere spade di genti, diverse di costumi e di lingua, nemiche e bramose percorrere le sue più belle contrade, manometterle, disertarle, e poi, a segno per essa angusliosissimo di schiavitù prolungata, acconciarvisi. Af- fermava uuch egli, eh era uomo di alla coscienza morule — 370 — e di giudizio pienamente diritto, dal vedere al provvedere non essere sempre né breve né piana la via; ma sdegna- vasi e chiamava pretensione ridicola quella clie vorrebbe si negassero i fatti ; e che, parlando di ciò che spetta al- l' ordine naturale, nessuno ha ragione di richiamarsene, e facea d' uopo tenerlo solt'occhio, perchè il conoscere è ne- cessario avviamento al fare, ponendo in grado di vigilarne e coglierne le occasioni (^o). Non v'ha, mi credo, linguaggio più giusto, più temperato e più severamente securo di que- sto. In tal modo si mantenne nobilmente fedele alla sua ban- diera e militò solt' essa, più che in atteggiamento di sol- dato, in quello di capitano, senza lasciarsi o dalla passione smodatamente commuovere, o dalle contraddizioni impau- rire; ma imperturbato e costantemente fermo al suo posto, appunto come lu salda torre dantesca, che per soffiar di venti non crolla. Per mantenersi però apertamente in queste condizioni dell' aniino e aver ti'anquilla, o, se non altro, meno trava- gliata la vita, era certo che non avrebbe potuto ritornare e fermar sua dimora in Capodistria. ^iuno più ignorava che il Governo italiano erasi valuto di Ini per molle infor- mazioni strategiche; ch'era stato chianuito per indicazioni sicure al quartier generale dell' esercito, e al comando su- periore della flotta; che n.olti scritti di lui, benché non se- gnati del suo nome, eransi pubblicati in parecchi giornali politici di que' dì ; e che intorno a lui raccoglievasi il fiore della gioventù istriana, conscia della dottrina, della virtù e dell' affetto grandissimo che per essi e per la patria nutri- va il venerato loro maestro. Ripatriando adunque, per es- sere bsciato in pace, facea d'uopo smettere e disdirsi ; ma ciò non era dell' indole austerissima del forte e corretto volere di lui, nò la famiglia, la madre stessa, non l'avrebbe domandato giammai. E d' altra parte e alla famiglia ed a sé klcssu per decorosa, quantunque modesta, agiatezza di — 371 — vivere, che i tlispendii criino slati gravissimi, occorrova trarre un qualche frutto clall'ingegno, dagli studii percorsi, e dalle giovani forze delia vita e pazieniissinia dì lavoro. La sua penna ricercavasi da" periodici più accreditati, egli slesso nello assumere la direzione del Corriere in Venezia, mirava ad una fonte onorala di compenso, guadagnato a prezzo di sue fatiche, e che valesse a ricongiungere a sé la sua famiglia amatissima. Ma tutto questo era incerto. Da Venezia, ove già aveva posto, (ino dal dicembre I8C6, anche per la speranza di porgere a' suoi genitori una gra- dita e quasi nativa ospitalità, la ordinaria sua residenza, ei non cessava di assistere 1' ufiicio di avvocato di suo pa- dre, e gli trasmetteva o per mezzo delle barche o per quel- lo de' piroscafi le scritture alla trattazione delle liti o d' al- tri argomenti giuridici: e dalie note, ch'io vidi, e dalla cor- rispondenza epistolare è facile arguire quanto facesse. Ri- cordo aver veduto una lettera a sua madre in che, dopo la serie non breve di note, di risposte, di conclusioni ch'e- gli avea redatto e inviava, soggiungeva: « Quello che rac- comando è di mandarmi, mandarmi e mandarmi da fare. Ho tempo d' avanzo quanto se ne vuole, e trovo gran gu- sto a lavorare di qui pel nostro studio. Non me lo neghino dunque questo piacere. » Povero Combi, ben degno d' al- tra fortuna! Anche da queste parole, non è mestieri ch'io le commenti, traspira la nobiltà delicata della sua anima generosa, affettuosissiraa. Questo però non bastava ancora, e pel traslocamento della famiglia facea d' uopo che il figlio potesse porgere ai suoi parenti, massime in sul declinare dell' età loro^ quei mezzi di agiatezza che non avessero a patire difetto, e tan- to più ch'egli stesso chiamavasi in colpa, e l'avrebbe avuto quasi a rimorso, dove il servire ad una gran causa non lo avesse giustificato, di non aver sorretto, lavorando pur tanto, come sarebbe stato suo debito, gf interessi domesti- — 372 — c\. Gli amioi, e segnatamente i più valenti e più fidi, lo in- stigavano a chiedere dal patrio Governo quell'onorato col- locamento, a cui, per fermo, e a preferenza di tanti altri che senza meriti li ottengono, gli davan diritto le doti sin- golari doli' ingegno e dell' animo, gli sludi, gli scritti, i ser- vigi segnalatissinii prestati alla patria. Persista, gli si scri- veva, nel dato consiglio^ e per carità non voglia essere schivo di fare quelle pratiche^ che, presa la società coni' è, sono usate dai più onesti e virtuosi cittadini come neces- sarie per raggiungere lo scopo che si sono proposti. Sa- ranno felici di venirle incontro quelli che, conoscendo ed apprezzando i molli e rari suoi meriti, sono alla portata di approfittare della intelligente di lei operosità a benefizio della nazione. Gli si ripeteva che, per carità de' suoi geni- tori e della patria smettesse ogni riguardo, e che non fosse in tale circostanza, quale era stato sempre nelle cose che spettavano a lui. E queste parole io piglio di bocca degl'in- tirai amici suoi per mostrare una volta ancora la estrema delicatezza di quell' anima si nobile, riguardosa e trepi- dante di tutto che potesse anche di lontano e lievissima- mente adombrarla ; di quell' anima tutta aperta e consa- crata ad altrui vantaggio, e nulla, ma nulla affatto chieden- te per sé. A quale e quanta distanza da coloro, che non rifiniscono mai di chiedere e di pretendere per conto pro- prio, che usano ed abusano di tulio a raggiungere il pro- prio innalzamento, e per quanto superi i meriti loro non sono mai contenti di nulla, che più e più sempre si sforza- no per ogni mezzo di conseguire. Chiesto con dignitose parole lo svincolo dalla sudditanza austriaca (*^), proposto dalla Cronaca eletlorale del 20 febbraio 1867, come depu- tato al collegio di Thiene, abborrì da ognuna di quelle arti che soglionsi adoperare a raggiungere lo scopo. Uomo non vecchio, ma di quella tempra antica, che disgrada la nova, non sapeva acconciarsi a niuua cosa che avesse pur 1' om- — 873 — bra della esaltazione e del proprio interesse, pronto invece a dare il risalto maggiore, sempre onesto però, ai meriti altrui e a saeriQcarsi pel bene della patria e di loro (**). Mi sia concesso addurre un fatto, cui può rendere testi- monianza un nostro illustre collega, il Fambri : quando dallo stesso pubblicossi la Venezia Giulia e pregò il Com- bi, allontanandosi da Venezia, di correggerne le bozze. Sic- come avealo ricordato con parole di riconoscente encomio peli' aiuto eiìicacissimo prestatogli, il modestissimo uouìo cancellò affatto quanto lo riguardava ; nò 1' autore, con suo grave rammarico, fu piij a tempo di rimediarvi, perchè la slampa era compiuta, e si limitò ad un rimprovero, che in fondo era segno di animirazione. Fu detto che molte dis- illusioni patisce allora, di che neppure un cenno ho potu- to mai rilevare dalle sue labbia. Finalmente, istituitasi la scuola superiore di commercio in Venezia, e apertosi il concorso in sulla Gne del 1808 alle due cattedre di lette- ratura commerciale e di diritto civile, gli amici tutti e ap- prezzatori dei suoi meriti gli furono attorno perchè a que- st'ultima concorresse e: « Vinci, gli scrivevano, quella ritro- sia che la modestia t" impone. Tu sarai d' onoie, di lustro alla Scuola superiore, e Venezia non dubiterà che tu possa abbandonarla. Hai a tuo favore tali e tante circostanze che non si può comprendere una peritanza. Ali" Istria, che ti è sì cara, rendi maggior servigio occupando un posto sì co- spicuo in Venezia, di quello che stentando e ramingando qua e là ; e la tua Oerezza che t' impone di non chieder nulla al Governo, non \ien meno qui, avvegnaché si tratti di istruzione per gran parte provinciale e comunale. » Questa volta obbedì, il concorso fu fatto, e qui cedo la pa- rola al Borgalti, che a' 14 dicembre 1868 scrivevagli: Dal- l' amico lìeslelli, poscia da allri seppi dell' esilo (orlunalo e dello splendido, anzi splendidissimo esame da V. S. chia- rissima sosleniito. iYo?j me ne congratulo lanlo con leiy Tonio HI, Serie VJ. 48 — 'òli — quanto con la scienza e col paese. Dello queslo, e ricor- dati i giusti elogi fatti alia sua uìodeslia, non parrà strano se al Correnti, allora ministro, che bramò di vederlo e congratularscne, memore del triennale abbandono il Com- bi rispondesse: Accello le congra(ulazioìn\ lanio più ch'io non devo il posto a nessuno. È una viva espressione, ma racchiude una storia notomizzatrice dell' u man cuore, che voi, 0 illustri colleghi, ben comprendete, e che io consu- merei inutilmente il tempo, o peggio forse, a spiegarvi. Credo che anche i due interlocutori lo comprendessero, e si strinsero la mano. Come il Combi corrispondesse dalla cattedra alla prova ed alla comune aspettazione, professori, discepoli, Venezia tutta lo sanno. Venezia che tanto esaltò e a buon diritto questo suo tìglio di adozione, si profondamente e operosamente riamata da lui. Ciò conseguito, era venuto il tempo e dato il modo al ricongiungimento con la sua fa- miglia desideratissìmo. Campo da mietere largamente a morale profitto in ispecie della gioventiì e ad innamorare efficacemente gli animi nei legami domestici, che ora con troppa e non di rado crudele indifferenza si allentano e rompono, e a commuoverli fino alle lagrime, porgerebbe la corrispondenza che il figlio tenne col padre e con la ma- dre sua, fino a che que' due rispettabilissimi vecchi, col resto della casa, abbandonarono il nido natio, ricco di tan- te memorie ; lo abbandonarono per sempre per unirsi al figlio, né più dividersi fino alla morte. Altri per avventura coglierà questa messe ad ogni cuore ben fatto preziosissi- ma: per me, che il tempo non mi concede trattenermivi, ba- stò questo cenno; ma volli farlo, perchè dappresso alla mente eletta, all' insegnante ed uomo di scienze e lettere insigne, al cuore di un gran cittadino, quale fu il Combi, fa il riscontro di uno sbattimento dolcissimo di luce nell'am- pio e maestoso quadro della sua vita. E dove alcuno im- — 375 — prendesse con giusto amore a descriverla, più ancora della Iraltazione di altri argomenti che lo riguardano, potrebbe riescire protiltcvole ed esemplare. Raccolta a sé dintorno tutta la famiglia, fu ben lieto di consecrarle il frutto de' suoi sudori e porgere al padre, alla madre, agli altri cari quella maggiore agiatezza di vi- vere che gli era consentita; e in questa pace degli affetti do- mestici lasciar libero il corso a quelli della patria, degli studii intrapresi, della scuola, i cui doveri volle e seppe co- stantemente adempiere con la scrupolosa esattezza e la po- tente eftìcacia di un vero sacerdozio scientifico, niorale, cittadino. Affidatagli la trattazione del diritto privato posi- tivo in tutte le sue diramazioni, civile, commerciale, così generale come speciale, quindi cambiario, marittimo, indu- striale, aveva ben dodici ore alla settimana d'insegnamento. Vi si accinse con animo risoluto, studiò profondamente r ampia materia da svolgere, con fine criterio la coordinò, la divise, propose agli alunni il metodo impreteribile da seguirsi, persuaso che il pensiero chiaro nella mente viene pur chiaro sulle labbra, fornito di eletta abbondanza e pre- cision di parola, con diritto criterio, con caldezza d'affetto, con tempra tenacissima di volontà, e con la natura sua pa- zientissima del lavoro, si accinse a quest'ufficio magistrale, che non tralasciò di compiere fedelissimamente, neppure travagliato da malattia penosissima negli ultimi mesi di sua vita si onesta, si operosa, si bella, ma tanfo breve. Uno fra gli eletti discepoli di lui ed innamorati del loro mae- stro, n'erano tanti, raccoglieva religiosamente le toccanti espressioni con che presentavasi dalla cattedra ad accapar- rarsi l'animo degli alunni : « Se domani la patria, diceva egli, avesse bisogno del vostro braccio e vi chiamasse alle arn)i lutti, quanti qui siete, accorrereste sicuramente ani- mosi all' appello. Ma le battaglie cruente dell' indipendenza, almeno per ora (e nell" inciso n^tavasi il cuore del patriotla — 376 — isli'inno) sono finite. Ora vuoisi servire ed onorare la pa- tria in altro modo; voi dovete muovervi gagliardi nella pa- lestra degli studi, non meno nobile di quella delle armi ; voi dovete recar nella. scuola le preziose virtù del soldato, diligenza, attenzione, disciplina; agguerrire l'ingegno e for- tificare la volontà in modo da preparare all' Ilalia una ge- nerazione di cittadini colli, scrii, operosi, degni in lutto d'una grande nazione ». Cosi il sapei-e, la virtù, l'affetto raccomandavano l'insegnante in guisa che la scolaresca gli si rendeva ossequente, umica, e legavasi a lui con affezione seria e quasi figliale; perchè, instiluito, per opera segnata- mente sua e d'allri colleghi, un conìilato di collocamento, conosceva a prova averlo e nella scuola e fuoi'i a padre sol- lecito del suo bene, ed al quale poteva confidentemente ricor- rere nelle molte necessità di consiglio, di protezione, di aiuto. Ammirati della vasta erudizione e della elevatezza filoso- fica delle idee, dell' acuto criterio giuridico e della chia- rezza con che svolgeva in brevi termini le teorie più compli- cate, del sentimento vivace con che fioriva gli argomenti più aridi ed astrusi, amavano in lui l'uomo della modestia, della virtù, del più generoso disinteresse, e parecchi, con- fessarono pubblicamente, che, specchiandosi nel maestro, imparavano a riordinare sé stessi, com'ebbe a provare elo- quentemente nell'elogio tenutone il suo illustre collega En- rico Castelnuovo. Così e non altrimenti si mantengono alla giusta loro elevatezza gli studi, si rendono profittevoli e onoratamente frequentate le scuole. Insegnanti inetti le di- sertano e le assassinano. Doti siffatte additarono a Venezia nel suo novello con- cittadino l'ingegno e il cuore, di cui dovea profittare anche a vantaggio delle sue instituzioni scolastiche e pie e della co- munale amministrazione. Nel luglio del 1878, con voti 1026 eleggevasi, rieleggevasi nel ISSI con 2083 a rappresentante comunale, e cosi nelle elezioni generali del i883. Questo ere- — 377 — scere dei voti in suo favore è manifestazione aperta dell' a- nimo degli elettori, manifestazione che a buon diritto erasi meritata. Nell'anno ch'ei fu assessore per la pubblica istru- zione (1870), che non fece pel suo riordinanienlo? (inali or- me non sognò anche per coloro, che vennero dopo della sua amministrazione ? con quale coscienza e previdente assi- duità non la promosse, non la sopravvide? Rimangono le sue proposte, le sue perorazioni eloquenti nei consigli co- munali. Del bene recato e di quello che si aspettava n' è prova la insistente riluttanza che s'ebbe ad accettare le sue dimissioni, date perchè i doveri della scuola e dei molti uflìcil, cui era obbligato, non potevano conciliarsi con gli altri non meno imperiosi di assessore municipale scola- stico : e sotto il peso importabile sentivasi venir meno il tempo, l'animo affaticato, la vita ('^). Proseguì tuttavia a giovare de' suoi consigli e pel Comune e per la Provincia. D' una operosità fenomenale, mi scriveva persona intelli- gente, intimissima conoscitrice de'falti, e da me interrogata, intese con instancabile amore alla sistemazione del Museo civico, e quando sul finire del 1879 rinunciava al posto di assessore, era predisposta ogni cosa in guisa da renderne meno grave alCattanei la completa attuazione ('^). Anche la simpatica provvidenza del pane e di qualche vestitino a fan- ciulletti veramente poveri, che frequentano le prime scuole elementari a lìanco degli agiati e dei ricchi, a toglierne la fame, il rossore, l'invidia devesi all'iniziativa, all'ordina- mento eil alla tenace insistenza di lui. Nella lapide, che il Consiglio Municipale decretava si apponesse al Museo, ri- corderassi, a canto a quello del Cattanei, il nome del Combi, e sarà pure, io confido, ricordalo dal cuore, in onta a' suoi difetti amorevole tanto, del nostro popolo, dei padri e se- gnatamente delle madri poverelle. E anche qui nel Consi- glio Comunale di Venezia si può dire che venisse valorosa- mente meno sulla biecciu. E nel Consiglio amministrativo ^^78 dei!' Islilulo Colelli, e in queiiu licllu CongregaziuiR' di ca- rila od Istillili pii, e in questo medesimo delle scienze, let- tere ed arti, che non disse ed operò, e quale memoria non lasciò di sé negli amici e colleglli suoi ? Giorni lieti, ma altri pure nefasti e pericolosi ebbe la fondazione si bene- merita del pio sacerdote, che le diede il |)roprio nome ed ora accoglie ben 270 giovani, educali allo studio, alla di- sciplina, al lavoro, e che vagabonderebbero scapestrata- mente per le vie. E nei lieti e nei tristi il Combi non di- sertò la sua bandiera, e nella- franca parola, e nei consigli, e nell'opera assidua, pronto sempre là dove maggiormente facesse d' uopo, nulla curanle del sacrificio di sé, e tutto intento a vantaggio della benefica istituzione. Venuto alla Congregazione di carità, quando pel concentramento in essa di tulle le allre opere pie, tranne il civico Ospitale e gli Esposti, delle quali è si largamente provveduta Venezia, facea d' uopo fondere , ricomporre, coordinare insieme questa mole ampia, gravissima d' instiluzioni e provvedi- Hicnti, di patrimonii e interessi, in argomenti delicatissimi, taluni da lunghe ed aspre questioni pregiudicali, e per la massima parte bisognevoli de' propri sluluti da assogget- tarsi al Consiglio civico, alla Prefellura, alla Deputazione provinciale, al Governo per la loro approvazione. Se il Consiglio, se le parziali commissioni li discutevano, redi- gerli pei" la massima parte fu opera sua, e li sostenne con r efficacia della parola, con la chiara manifestazione del pensiero che li animava, per cui sortirono gli encomii per- fino del Governo approvatore. E, delegata a lui la missione importantissima di provvedere agi' Istituti maschili, vi si consecrò con queir entusiasmo affettuoso eh' è operatore di veri prodigi ('■'). Furono salvali, rifatti quasi gli stabili- menti che accolgono dugencinquanta e più giovanelti, non men che quelli di altrettante fanciulle, moltiplicate e ani- male !e oltìcine, aperte alcune a giovani esterni bramosi di — 379 — apprendere un mestiere. E possiamo dire elio, specie gii ullinii LÌue anni della vita del Combi, mallino, sera ed in ogni altra ora libera li passasse con quc' fancinlli lieto dei loro progressi, come tal liata amareggialo se avvenisse mai elle qualcuno, o per cattiva indole propria o per ingratitu- dine de' parenti, non vi conispondesse. Nel consiglio am- ministrativo della Congregazione di carità vediamo con in- finito desiderio di lui il posto ch'egli occupava, ma con pari amarezza infinita non vediamo più quell'aspetto seriamente simpatico, non udiamo più quella parola schietta, prudente, efficace, non abbiamo più nelle dubbiezze legali i pareri si acuti, giusti, eruditi, che lino a due giorni prima della sua morte suonarono dal posto che ora è vuoto e per sempre di chi tanto onoravalo. È una bella mente ed un gran cuo- re, felice accoppiamento, ma raro, che ci è mancato. Ora dovrei discorrere del Combi in ciò che più stretta- mente ne appartiene: della sua elezione a socio corrispon- dente di questo R. Istituto nell'adunanza 25 marzo 1877, effettivo nell'aprile 1878, pensionarlo ne! dicembre 1883. Delle sue lettui'e, delle relazioni, dei consigli, dei servigi prestati le memorie pubbliche e private ne fanno testimo- nianza. L'ufficio di presidenza è ben conscio, che la parola e l'opera del Combi, invocata ad ogni emergenza, non fal- liva e non avrebbe fallito mai alla fiducia che riponevasi in lui, fiducia che tanto più era sicura quanto si era ben per- suasi che la svegliatezza della mente e l'accuratissima di- samina di ogni argomento, di che lo si incaricasse, in lui gareggiavano sempre con la perfetta onestà della coscienza e la franca schiettezza del suo parere. La Memoria che lesse nel novembre 1 882 circa 1' Obbligo legale degli ali- menti e la pubblica beneficenza, aspetta dal nuovo codice o da qualche speciale pi'ovvedimento la sua pratica applica- zione. E un lavoro di mirabile erudizione e pazienza, di cui furono saggio le due stupende letture falle Ira noi nel 1880 — 380 — su l'icr-Paolo Vergerlo il seniore e il suo Epistolario, raani- festorassi pienamente (ben venlimila schede costiluiscono il patrimonio delle ricerche fatte) nella stampa del volume, che per merito della Deputazione soj)ra gli sludii di storia patria, aflìdato alle cure dell' intimo amico e suo degno compatriota cav. Tomaso Luciani, veirà quanto prima pub- blicato (^*^). Ma chi potrà dar vita al secondo, che stava ap- parecchiando intorno a' personaggi più illustri nelle epistole medesime ricordati? E quant'ei valesse anche in siffatti argomenti cel sa ben dire l'illustre autore della Cartografia della regione veneta pel Congresso internazionale geogra- fico. E vi assoderebbe per fermo la sua parola, ove non ci fosse stata rapita dolorosamente anche questa, il com- pianto nostro Fulin, le cui ultime espressioni a me rivolte brevissimi giorni innanzi la morte, furono la domanda della seduta in che leggerei la presente commemorazione, inscio che avrebbe dovuto mancarvi e mancarvi per sempre (''). Poiché ho divagato non come ospite, ma fuggitivo pel tempo e la fretta che m'incalzano, qua e là nel campo va- stissimo della vita maravigliosamente operosa del Combi come uomo di lettere, di studii e pratica legale, di scienza, di erudizione, di ricerche biografiche ed archeologiche se- gnalato; come insegnante, cittadino, patriota esemplare; come uomo nella fermezza de' proposili, nella dignità del carattere, negli onesti costumi, nei consigli e comunali provvedimenti, nella pubblica e privata beneficenza spec- chiatissimo, ragion vuole che sul fine del mio discorso, non fosse altro che per brevissimi istanti, ritorni con lui in seno della famiglia, che, insieme alla patria, fece scopo principa- lissimo del suo affetto, e ne trasse grandi consolazioni e dolori: dolori, perchè, durandola nostra vita, è d'uopo veder fuggirci ed assistere alla perdita de' nostri più cari, non pensata mai, né ritrattaci veramente, se non quando veramente è avvenuta. La zia, la sorella, gli mancava nel — 381 — di trigesimo primo di agosto ISTI il dilettissimo e vene- ralo suo padre, intorno al quale gli era si caro largheg- giare di iiffcUuose 0 delicato diuiosli'azioni, prevenendo ogni desiderio, muovendo incontro ad ogni anche più lontano bisogno, che quelT ottimo vecchio per timore di qualche al- trui disagio si adoperasse a nascondere. E quanto quella perdita gli costasse ebbe a significarlo nella vita che di lui scrisse e premise con delicata e memore caritù di figliuolo alla pubblicazione delle Georgiche. Ora gli restava la ma- dre: gli restava fino al 5 novembre 1880. Quella notte, chiamato in fretta, assistevo al letto della morente: accanto stava il suo Carlo e in giro la sorella con le figliuole sue. Era spirata, ed egli proseguiva a interrogarla, a baciarla. Non voleva, non credeva che fosse morta. Quando la realtà del fatto dolorosissimo lo convinse, gli si impietrirono gli occhi, si arrestarono le lagrime, che rifluirono tutte nell'a- nimo trangopcialo. Finche restava quella donna adorata, il sorriso della vita a quando a quando per lei gli fioriva sulle labbra. Spenta non potè più ritrovarlo. La ferita del core era troppo larga e profonda. Lo studio, le opere di benefi- cenza, nelle quali assiduamente immergevasi, la diletta so- rella e la sua famiglia non bastavano, non dico a rimargi- narla, ma ad acquetarne le acutissime trafitture. Mi sento pugnalalo il core, andavami dicendo per via quando in- sieme rifacevamo la strada che dalla piazza Manin metteva alla nostra abitazione: mi sento pugnalato il core, mi ri- peteva la sera, venendo per alcuni momenti a porgermi il suo saluto: nulla più mi allotta, mi sento a morire: e venga deh ! venga questo momento del mio riposo insie- me alla madre mia. Gli amici non lo credeano, non lo credeano neppure i più solerti e dotti cultori dell' arte me- dica la vigilia stessa della sua morte, mentr'egli affermava sentirsi straziato da dolori atroci cosi che qualunque al- tro, s' egli non fosse che comandavasi di n(>n gridare, ToìH'^ lilf Sme \ J. i9 — 382 — avrebbe continuamente e fortemente gridato. Il di, che fu spenta la vita di quell' uomo si degno, di quel nostro impareggiabile amico, di quel mio quasi fratello, sul morig- gio visitavalo: i pensieri erano mesti, la parola era sicura, ma di funereo e non lontano presentimento; diamoci un bacio, in sul dipartirmi mestamente ei diceva, che potrebbe essere l'ultimo. Tre ore appresso affannosamente accor- rendo ribaciai quelle labbra, ma erano irrigidite dalla morte. Non solo Venezia, non solo tutta l' Istria si scosse a quell'inopinato e luttuosissimo annuncio, ma se ne sparse celeremente la nuova per tutta Italia, e di giorno in giorno se ne rinnovano le meste e solenni commemorazioni, e si pensa ai monumenti da erigere alla sua memoria per con- solazione e riconoscenza de' presenti, per ammirazione ed esempio di coloro che verranno (**•). E quando compierassi il voto de' suoi più stretti e più cari compatrioti, e le ossa del padre e della madre ricongiunte alle sue, che ora gia- ciono in piena terra, saranno insieme raccolte; verranno su quell'urna ad inspirarsi i veri e indeclinabili amici della virtù e della patria, e comprenderanno tutti che la religio- ne liberamente ed altamente sentita, come sentivala Carlo Combi, non tarpa no le ali del genio, non intorpidisce o spegne l'amore di patria, non iscema la dignità del carat- tere e la potenza morale dell'uomo; che anzi tutte queste preziosissime doti, e le altre che vi fanno corona, nobilita e rassecura. ANNOTAZIONI (1) Nell'antico pretorio, sotto ad una statua di l'allade , che potrebbesi scambiare in quella della Giustizia, si leggono, riguardo a Capodistria^ i seguenti esametri ; Pallaclis Actaee fuit hoc memorabile saxum Effigies quondam, darà urbs dum JEgida munsil, A capris Divae sic tum de pelle vacata. Quae quoniam reiiquos scmper stiperaverat llislros Artibus ingcnii, semper caput esse decorum Promeruil patriae, cui loti haec praestitit una. Inde a Instino mox Justinopolis ulivo Principe , e a Venetis dieta est caput Histria tandem, Auspiciis quorum vivet per saecrda tuta. (2) Nel commovente discorso, che pronunciava il Luciani, illu- stre compatriotta ed intimo amico dell' estinto , sul sepolcro della madre di lui. Teresa Gandusio, sono descritte le doti di che era fornita, chiamandola donna savia e operosa, prudente ed energica , d'ingegno pronto ed eletto, di elevato e delicato sentire ; ed ar- goinenta quanto possa avere influito suHo spirito del marito e del figlio, e come possa avere consciamente ed inconsciamente alimentato in essi la fiamma d' opere generose. (3) Spesso venivo confortando l' amico alla pubblicazione del poemetto paterno che, al pari di quella del volgarizzamento delle Georgiche di Virgilio , avrebbe recato grande onore alla sua me- moria, e ultimamente assicuravami di esservisi accinto, lo gli por- gevo a quest'uopo il primo canto, che il padre suo nell'aprile del 1847, ricopiato di mano del figlio, e qua e là dalla paterna ricor- retto, mi olfriva in dono assai caro. — 334 — (4) 11 professore Paolo Todeschi , autore de' cenni sulla vita e gli scritti di Carlo Gonibi, pubblicati successivamente nel Giornale di Gapodistria La Provincia, dal numero 18 al 22 afferma, e giu- stamente, che nelle poesie satiriche del Combi, non mancano lo frasi incisive, e le macchiette sono ammirabilmente ritratte dal vero. « Noi tutti, ei soggiunge, si sapeva, senza che il poeta ce 1' avesse mai detto, chi fosse quel mercante, che dava saggio di buon gusto ri- dendo e sbadigliando. E i Mevii, ì Gingillini, il Giovin Garzone sono sempre un po' di Tizio, Caio, Sempronio della piazza. » Il no- me anagrammatico con che sottoscriveva taluna delle sue satire , era Briccola Mode (Carlo de Gombi). (5) Il Gombi dedicava a questo suo dilettissimo amico, e della patria, la splendida pubblicazione del volgarizzamento delle Geor- giche di Virgilio, fatto dal padre suo, con la seguente bella ed af- fettuosa epigrafe : Alla diletta memoria del concittadino ed amico L E 0 N A R T3 0 D' A N D R 1 robusto ingegno animo nobilissimo culto scrittore dotto nelle matematiche e nelle armi ufficiale dell' esercito italiano morto trentenne sul campo il 24 giugno 4866 meritando la medaglia del valore e il pianto dell'Istriana provincia Questo libro intitolo ad associare col nome venerato di mio Padre il nome Suo sacro per sempre alla riconoscenza della Patria. C. A. Combi. (6) Il decreto della Luogotenenza fu comunicato al Municipio di Gapodistria con nota 23 febbraio 1859 per mezzo dell'Ispettore scolastico generale doti. Giuseppe Schneider; e il paragrafo^ rispetto - 385 — al Combi, suona così : « Riguardo alle persone clic impartiranno la istruzione nella seconda sf^zionc, l'Eccelsa Luogotenenza non tro- va altro da osservare, che il sig. dott. Combi, per vari e fondati mo- tivi, almeno per ora, non vi potrà prender parte. Converrà adunque rintracciare altra persona che si assuma l'incarico sppcificato nel protocollo fatto nell'Ufficio Municipale di costì li 9 novembre 1858, art. 37. » (7) Vedasi quanto nell'ampia e alfettuosissima descrizione della Vita di Carlo Combi narra il prof. Vincenzo cav. De Castro, che, padrino di lui, e avutolo in casa quando frequentava le lezioni della Università padovana, io amò come figlio. Della vita e delle opere di Carlo Combi istriano. Milano, tip. Colombo e Cordani, 1884. La dedica dell'opuscolo, adorno di un somigliantissimo ritratto del Com- bi, è fatta al cav. Tommaso Luciani. (8) Sono parole del Combi che, quantunque modestissimo, non poteva ignorare sé stesso, e i fatti che accompagnavano la sua vita. Inestimabile compenso d' ogni coscienza forte, illibata, generosa pari alla sua. (9) 11 cav. Tommaso Luciani e l' avv. Giorgio Baseggio, amici intimi del Combi, e ben conosciuti nella repubblica storico-lettera- ria, intendono a quest'opera riparatrice e pietosa. E perchè il giu- dizio possa riuscire joiù completo sulle doti veramente straordi- narie dell'uomo vorrebbero pubblicare insieme la corrispondenza epistolare di lui sugli argomenti che formarono tema prediletto de' suoi studi; quindi s'indirizzano ai letterati e patrioti che pos- sedessero lettere del Combi, le quali sembrassero adatte alla pub- blicazione, affinchè si compiacessero comunicarle e concederne la slampa. Milano e Venezia, dicembre 1884. (10) Della rivendicazione dell' Istria agli studi italiani. Di- scorso di C. A. Combi recitato nel giorno 17 dicembre 1877 al R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti ecc. Poscia ripubblicato a più riprese. (11) Mi è dato porgere le parole stosse con le quali egli do- mandava alla Luogotenenza del litorale in Trieste lo svincolo della sudditanza austriaca. 386 Eccelsa I. li. Luogotenenza Obbligato dai più imperiosi miei interessi a prendere stabile domicilio nel Regno d'Italia, insisto die codesta Eccelaa 1. R. Luo- gotenenza voglia accordarmi 1' emigrazione dagli Slati dell' Impero. Nato a Capodistria nel 1827 (così sta scritto, ma si fece di un anno più vecchio), e senza alcun possesso nel territorio imperiale, non ho vincoli giuridici , che rendano obbligatoria la mia cittadi- nanza austriaca, e perciò confido che la presente mia domanda sarà esaudita. Padova, 28 novembre 186G. Dolf. Carlo Combi. (12) Udii anche dalle labbra di qualche suo amico ed ammi- ratore ripetersi: che il Combi ne' suoi alti ideali talvolta era poeta. Piglierò la risposta della lettera 22 novembre 1833, che Silvio Pel- lico dirigeva al marchese Lodovico Pallavicini-Mossi : « Le anime senza poesia sono quegli abbietti che si vantano di stare attaccati al vero atlaccandosi alle sole parti più superficiali e più materiali di esso ; sono gli uomini avidi di grossolano godimento, irreligiosi, increduli al sublime mistero della virtù e dell' amore saulificanle. Tutte le menti elevate sono poetiche, facciano o non facciano versi. » (13) Rinunciava aWassesaorato mimicipale per la pubblica istru- zione con lettera 13 settembre 1879, e la cagionft era: che la ne- cessità di condurre a termine alcuni lavori attinenti a' suoi studii, che non gli era lecito in alcun modo di tenere sospesi più a lungo, gii rendeva assolutamente impossibile di riassu- tnere l' onorifico officio. E quantunque il Consiglio municipale in seduta del 20 settembre per bocca del Consigliere Senatore Luigi Conte Michiel insiste>ise perchè 1' Opera del professore Combi, tanto alile alla pubblica istruzione, non avesse a cessare, pure restò feria::) nella presa determinazione con rammarico vero del Consiglio, del Sindaco, di tutta la città^ e il 24 settembre ritira- vasi affatto dall'ufficio, che assunto era dal C iltanei. La lettera del Combi, c\\ì ha la .lata di questo giorno medesimo, si esprime cosi: — 387 — Air Illustrisaimo Signore Conte Dante di Sbrego Allighieri ir. di Sindaco di Venezia. La nuova attestazione di fiducia, di cui questo onorevolissimo Consiglio mi fu cortese, come da lettera 24 corr. n. 383 della S. V. Illustrissinui, supera tanto il modesto valore dell'opera mia, che ne risento riou meno confusione che riconoscenza. Sebbene sicuro di non poter corrispondere adeguatamente a sì generoso giudizio del mio buon volere, obbedirei ad ogni costo, se l'obbedire mi fosse in qualunque modo possibile. Ma questo as- solutamente mi è tolto di fare da positivi impegni, assunti già da molto e non più dilferibili, riguardo ai lavori accennati nella mia rinuncia del 13 corrente. Debbo quindi mio malgrado riprescntare le mie dimissioni, rac- comandandole per la più benigna interpretazione del sincerissimo loro motivo, al nobile animo della S. V. Illustrissima, che mi onora della preziosa sua benevolenza, e ben conosce quanta sia la mia devozione al patrio Consiglio, Coi sensi del mio più schietto e particolare ossequio mi pregio d; riprotestarmi della S. V. lU.ma devotissimo Carlo Combi. (14) Riguardo al Museo e all' opera prestata dal Combi sono giuste le parole usate dal conte Lorenzo Tiepolo nella splendida Commemorazione del barone Girolamo F. Cattanei letta il 24 nov. 1884 neir adunanza della Associazione costituzionale di Venezia : « Il prof. Combi, nome sacro alla scienza, al patriottismo, ad ogni sentimento del bene, predecessore del Cattanei quale assessore re- ferente per la pubblica istruzione, lo precedette nel gettare le basi fondamentali della organizzazione del nuovo Museo, che il Cattanei continuò e compì confortato dal suo consiglio ed aiuto. Associazione di opera che trovò un terribile riscontro nella associazione della sorte riservata a questi due atleti dell'onore della nostra città col- piti dalla morte a poche ore l' uno dall'altro. » Venezia, tip. della Gazzetta, 1884, p. 21. — 388 — (45) La Congregazione di carità, a memoria imperitura del Combi, nella sala dell' Istituto Manin faceva apporre, scolpita in marmo, la seguente epigrafe : CARLO PROF. COMBI in cui la elevatezza della mente gareggiava con r alTetto generoso di citladino e la somma integrità e operosità della vita de' Pii Istituti maschili educativi affidati alla Congregazione di carità riordinatore paziente indefesso che li amò come padre sì immaturamente rapito a dì 11 seti. 1884 il Consiglio amministrativo volle ad esempio e perenne gratitudine ricordato. Solenni funerali con l' intervento de' congiunti del Combi^ delle civiche e governative autorità di Venezia, del Consiglio e degli altri addetti alla Congregazione di carità e di molti egregi citta- dini celebravausi nel ri-^taurato tempio del patrio orfanotrofio a' Ge- suati, nel dì trigesimo dalla morte. Nel settimo un ufficio funebre erasi celebrato nella cappella dell' Istituto Coletti. Funzioni com- moventi, ^jerchè accompagnate dalle lagrime degli alunni, che pro- prio lo amavano quasi padre. (16) A dimostrazione di quanto fosse delicata l'anima del Combi valgano anche le due seguenti lettere indirizzatemi quando trattossi della pubblicazione dell'epistolario di Pier-Paolo Vergerlo il senio- re, le quali ad un tempo manifestano gli studii e i propositi suoi a questo riguardo. La prima è del 28 febbraio 1874. « Fino dal 1861, quando compilava la bibliografia dell'Istria, io mi ero proposto di scrivere la vita del Vergerlo, il vecchio, mio concittadino, e di pubblicare ad un tempo i suoi scritti inediti. A ciò feci fino d' allora qualche ricerca dei relativi codici, cosi alla — 389 — Marciana come in altre biblioteche. Venuto poi qui nel decembre 1866, mi applicai più direttamente e continuamente allo stesso lavoro. » Or da ultimo, pertanto, e precisamente dalla metà del mese scorso, io attendeva a prendere note e copiare da uno dei detti co- dici, quando esso mi fu tolto, per cosi dire, di mano, per darlo a copiare ad altri. » Rilevai tosto dopo, che ciò si faceva per lei, insciente, senza dubbio, de' miei studii su tale argomento. » Se avessi da cominciarli, io sarei ben lieto di mettermi in disparte, e di lasciar tare a chi può così meglio e con sì diversa autorità. » Ma dopo tanti anni di cure non piccole a condurli innanzi, e •dopo le promesse fattene al mio paese, io sono costretto a pregarla di volermi accordare il benefìzio di quella consuetudine che si è stabilita fra gli studiosi, il benefizio cioè della priorità nella pub- blicazione degli scritti inedili del Vergerlo. » Nella ferma fiducia che la S. V. illustrissima, nel cui animo è così vivo ogni più nobile sentimento, apprezzerà nel giusto senso le ragioni che mi hanno obbligato a dirigerle la presente, colgo questa occasione per rinnovarle le proteste del mio più profondo ossequio e riconfermarmele Venezia, '26 febbraio '1S74. Devotissimo servitore Carlo Gombi. » Avendogli io rescritto che, riguardo alla priorità del pensiero, propriamente non avrei potuto consentire, poiché mi era sorto, e lo avevo anche pubblicamente manifestato {Lettere suW Istria stam- pate nella Rivista Europea, Milano, tip. Redaelli), fino dal 1847, quando passai una quaresima in Capodistria, e pigliai tanto amore di quella parte bellissima della nostra Italia, ricca di uomini segna- lati in ogni tempo nelle scienze, nelle lettere e nelle arti ; ma che, del resto, intraprendendo egli l'importante ed arduo lavoro, sarebbe stata in me riprovevole indiscretezza e follia il proseguirlo, e che di lieto animo cedevo il campo degno di essere tenuto da si illustre Tomo in, Serie 17. 5U — 390 — compatriota coni' egli era del Veigerio, soggiungevami con lettera 8 marzo del medesimo anno: « Una indisposizione di salute non mi permise di rispondere subito alla gentilissima sua del 28 febbraio ricevuta il 3 corrente. » Non ho parole per dirle quanto mi senta e mi chiami ono- rato e confortato della indulgente benevolenza, di cui ella mi è cortese. » Quando le scriveva del Vergerlo io ritenevo ohe adesso sol- tanto ella avesse cominciato ad occuparsene. Ma poiché invece il suo pensiero è a ciò rivolto da molti anni, e poiché io pure da oltre un decennio vi metto studio, ignari) atfatto di seguirla, credo che r uno e r altro lavoro sarebbero stati liberi da reciproco impedi- mento. » Tanto più adunque ho debito di riconoscenza per la squisita bontà sua verso di me; e se ella mi peruiettesse di esprimere pub- blicamente questo mio sentimento, dedicando a lei il mio lavoro, quando mi sarà dato di farlo uscire per le stampe insieme agli scritti inediti dell' illustre mio concittadino, ne sarò lietissimo. » Ho molte cose ancora da esaminare e meditare prima di af- frontarmi col giudizio del pubblico, ma ho fermo il proposito di por- tare innanzi i miei studii su questo grave argomento, e di guar- darmi in esso, com' ella ben disse, di servire ai tempi. » La ringrazio pure, e di gran cuore, pel dono prezioso che mi promette di un suo articolo sull'opera dell' indimenticabile mio ge- nitore, la quale, o ra' inganna l' affetto di figlio, merita il premio dell' autorevole sua parola di encomio. » Aggradisca, esimio e carissiuio signore, le sincere proteste del mio più profondo e affettuoso ossequio. Venezia, 8 marzo 1874. Il suo devotissimo C. COMBI. » (17) Inviandogli le prime dispense del periodico VArchivio sto- rico cosi gli scriveva il Fulin : - 301 - Domenica. Illustre Sig. Dottore. Il prof. Mazzi mi ha ordinalo d' inviarle i primi numeri del nostro Giornale avendoci ella accordato l'onore d'entrare nella no- stra associazione. Non lo parlo di questa ; ma se ha la pazienza di dare una scorsa a' quattro numeri usciti finora, Ella potrà per- suadersi che non ci manca la buona intenzione, ma vi ci mancano r esperienza e le forze. E r una e le altre ci possono essere aggiunte da Lei ; e però la prego di farci sentire al più presto possibile il valido sussidio dei suoi consigli e della sua penna. Sono lieto assai di avere questa occasione di protestarmi Di Lei, 111. Sig. Dottore devotissimo servitore RlN.-VLDO FULIN . (18) Non mi si rimproveri se consacro ancora alcune pagine in queste note alle dimostrazioni eh' egli ebbe in morte, e qui raccolte potranno valere a compimento degli studii biografici che impren- dorannosi. Alla sorella Anna Combi-Sossich. Ottima Signora Abano, 16 settembre 1884. Quel eh' ella ha perduto lo sente Istria tutta, lo sente ognuno che conobbe ed ammirò l'alto ingegno e l'eccelse virtù di quell' uo- mo venerato; lo sento io in particolare, che da tanti anni l'ebbi infimo amico. Oh se conforto è 1' universale compianto, nessuno più di lei può averlo maggiore. Quel benedetto, anzi quel santo, vive e vivrà sem- pre, non pur nella nostra memoria, ma nei fasti storici della patria. La perdita di lui è per me quasi un lutto domestico, e tanto ))iù grave quanto che m' era affatto impreparalo. Ogni volta che lo veieva all'Istituto, egli parlavami del suo male; ma i nìedici mi assicuravano che non e' era nulla a temere. Oh lo schianto del mio cuore al ricevere qui la tremenrla notizia, e riceveila fuor di tempo da poter almeno accorrere a dargli anch' io 1' estremo vale I Ma — 39ì> — quel fiore che mi fu negato dejiorre subito sulla tomba del vene- rato amico, deporrò quanto piima mi sarà possibile, perchè ho bi- sogno di consolare me stesso piangendo e parlando di lui. Si faccia interprete, ne la prego, di questi miei sentimenti, a cui partecipano mia moglie e la mia Angelina, verso l'egregio con- sorte e i cari suoi figli, e voglia, in grazia di lui che piangerò finché viva, continuare a considerarmi Suo devotissimo e vecchio amico Giuseppe De Leva. Pregiatiss.^^^ Sig.''^ Anna Combi e Antonio Sossich Padova, a di 14 settembre 1884. Dai Giornali di Venezia appresi la dolorosissima notizia della improvvisa perdita dell' ottimo e venerato mio amico jìrof. Carlo Combi. Ne fui profondamente commosso e addolorato. Dal mio sento quanto angoscioso debba essere il loro dolore per la perdita del- l'amatissimo fratello e del cognato. A noi può essere di conforto la memoria imperitura della virtù e dei meriti del caro defunto, che per il bene della patria e della scienza credevamo dovesse arrivare operoso, benefico alla tarda vecchiaia. Ma la sua perdita è lutto e sventura per 1' amatissima sua patria; è dolore e danno per l'Italia nostra, alla quale in attesa dei sospirati eventi, era sinceramente devoto. All'amico Luciani Tommaso, ch'era al nostro Combi quasi fratello, commisi di attestare a loro il mio profondo dolore. Della vita, dei meriti, degli studii e delle opeie del nostro Combi sono certo che eletto biografo renderà perenne la memoria ai con- nazionali tutti, additandolo ad esempio del vero e leale patriotta e del cultore cospicuo della scienza. Vogliano gradire questi miei sentimenti di dolore e profonda condoglianza, ecc. Loro devotiss.""" servitore Alberto Cavalletto. Carissimo sign. Sossich Ebbi la notizia da' Giornali. Ora ne trovo, qui rilornato dal con- gedo, la partecipazione. Queir uomo era un santo. - 39:5 — Vorrei che si slatupasse il suo Corso di diritto. Credo che 1' abbia lasciato scritto. Era uomo tanto ordinato. Io volentieri 1' ajuterò a trovare un editore. Me ne scriva presto. Air.'iio Rodio. Illustrissimi Signori Firenze, il di 13 settembre 1884. Apprendo col più vivo dolore l' infausta nuova della perdita del chiarissimo sig. cav. prof. Carlo Combi, che conosceva e stimava grandemente per le sue impareggiabili virtù religiose, domestiche, civili. Rimpiango colla famiglia, cogli amici, colle istituzioni alle quali esso prodigò le sue cure, una sventura cosi grave ed irreparabile, e mi associo al pubblico cordoglio, convinto che veramente pubblico e generale debba essere il dolore per la di lui dipartita da questa terra, sapendo che ogni pensiero, ogni azione di esso era per fare a tutti del bene. E col cuore rattristato mi onoro segnarmi Devoliss.™" servitore C. Pratesi (Direttore della Pia Casa di Patronato in Fir enze). Gentilissimi Signori Quinzano Bresciano, 1B settembre 1884. La notizia della morte del mio adorato professore mi ha colpito come un fulmine a ciel sereno. Quando io confidava che, superata la crisi tremenda che 1' aveva travagliato nell' anno decorso ed al principio di questo, si sarebbe a poco a poco rimesso in salute, quando io credeva che fosse a svagarsi con lunghe passeggiate su pei colli di Vittorio, o lungo i declivii del ligo di Garda, ecco che mi giunge freddo, tremendo, inesorabile 1' avviso eh' egli non è più ! Un amico mio residente costà ha avuto la bontà di mandarmi V A- driatico che portava la fatale notizia. Povero professore ! Cosi buono, cosi erudito, 1' unico forse che sapesse congiungere l'affetto degli scolari ad una severa disciplina ed allo studio indefesso di quelle materie eh' egli cosi sapiente- mente insegnava. L' ultima volta che fui a trovarlo a casa e che — r^04 — gli portai la iologralia di noi dieci suoi auticlii studenti, era già at- taccalo dal male che doveva poi condurlo alla tomba, e mi accolse quindi abbattuto, triste, melanconico tanto da fare pietà. E d'allora in poi tutte le volte che mi incontrava non mancava mai di dirmi, che per quell'anno non avrebbe fìnilo le lezioni per- chè sentiva la morte vicina. E io non dimenticherò mai il mesto sorriso col quale accoglieva i miei rumorosi incoraggiamenti e le mie proteste vivaci. Povero professore ! Il penultimo giorno di scuola ci salutò tutti colla sua bontà ed affabilità abituale augurandoci un esito felice ne- gli esami. Chi l'avrebbe detto che d'allora in poi non l'avrei più rivisto? Quanto deploro di non essere stato costà per recargli l'ultimo tri- buto di fiori e di lagrime, per salutare ancora una volta con un ul- timo bacio le venerate sue spoglie mortali. Io vorrei poter trovar parole adeguate per confortarle e per esprimer loro il profondo mio cordoglio ; ma la commozione me lo impedisce, il pianto mi soffoca .... Povero professore ! . . . Povera scuola ! . . . Devotiss."»" Primo Lanzoni. Stimatissima Signora Mi trovo in istato di profonda aftlizione e sbalordimento dacché poco fa mi fu consegnato l'annunzio della perdita dell'amatissimo Carlo, del distinto mio amico e compagno fin dalla mia giovane età, verso il quale professai sempre particolare alfetlo e devozione. Immagino l' immenso dì lei dolore e della sua famiglia per così grave ed inattesa sventura, che lascia perenne il lutto nell'animo, poiché in Carlo abbiamo perduto 1' uomo del cuoi'e, l' uomo della squisita intelligenza, l'uomo che dedicò con efficacia l'operosa sua esistenza per intero a scopi del bene pubblico e privato. Venerata ed incancellabile rimarrà la sua memoria nel nostro cuore, come è somma la partecipazione di noi tutti a tanta sventura. Gasello di Oltra, 13-9-84. Devoliss. Avvocato G.\LL0. — 395 ALCUNI DEI MOLTI TELEGRAMML Vive condoglianze per l' irreparahile poi-ditu del sommo pa- Iriotta modello d' ogni virtù — Municipio di Digitano. Delia Patria Gapodistriana costernata all' infausta notizia della morte di Carlo Combi condivide il lutto 1' Istria iutiera. Impedito partecipare, per ritardato auiuuicio, ai funebri dell'il- lustre trapassato nostro amato, ora pianto concittadino e amico a nome mio e del Comune (di BujaJ comunichi [uvv. VidacovichJ alla famiglia compartecipazione sincei'a al suo e generale dolore. Pari al suo (a quello della famiglia) è il cordoglio della città nativa per la morte di Carlo Combi. Gloria e pianto rimangono soli a conforto di Lei e di questo paese — Podestà Gambini. Piango r amico : divido il dolore della sventurata Istria per la perdita del suo migliore figliuolo — Lovisato. Gli ex-studenti della scuola superiore di commercio residenti in Roma, commossi profondamente dall' annuncio della improvvisa morte dell' amato professore Combi, esprimono alla famiglia il loro vivissimo cordoglio. Discepoli affettuosi, riconoscenti deploriamo amaramente la per- dita dell'ottimo maestro e patriota. Dolente per tanto lustro della patria perduto la gioventù Gapo- distriana piange a copiose lagrime sulla tomba del grande con- cittadino. Lnprovviso, tremendo dolore per la perdita del grande cristia- no cittadino, del genio, della carità e benefattore mio. — Magri. Il Capo della Provincia, 1' egregio comm. Mussi, a nome del Governo, facendosi rappresentare a' solenni funerali dal cav. Bona- fìni, scriveva alla famiglia : essere dolente che, dovendo assistere al Consiglio provinciale convocato per le undici antimeridiane, era con dolore impedito di unirsi al mesto corteo che. rendeva il dovuto tributo alla salma del compianto prof. Combi., le cui forti doti di animo e di mente, e i notevoli servigi resi alla — 396 — patria erano a tutti noti e non dimenticahili (lettera 13 set- tembre 1884). E il Sindaco di Venezia, che intervenne a' funerali e pronun- ciò assai vivaci parole sul feretro, scriveva all' illustre Podestà di Capodistria : Che se Capodistria deplorava la morte dell'uomo egregio e intemerato, Venezia sentiva maggiormente il vuoto lasciato da questo suo figlio adottivo, che colVingegno massimo e coli' ojoera assidua ed intelligente ben meritò la stima uni- versale, e lascia ricordo incancellabile nel cuore di tutti (Let- tera 21 settembre 1884). Mi si conceda pure nel mesto argomento e ad onore del com- pianto amico addurre le seguenti lettere scelte dalle molte a me indirizzate in que' giorni luttuosi : Illustre Signore 12 settembre 1S84. La morte repentina del povero Conibi è perdita gravissima per la città, per la scuola di commercio, e per gli amici, tra cui Ella teneva il primo posto. Mi permetto quindi di rivolgere a Lei con r animo commosso le più sincere condoglianze, e, poich' Ella è co- me di casa, di farle accettare alla sorella, al nipote e alle nepoti del defunto. L' avverto in pari tempo che il comm. Ferrara, il quale si trova in Agordo e fu informato telegraficamente da me della sven- tura successa, mi diede pure telegraficamente l' incarico di rappre- sentarlo ai funerali. Non le spiaccia quindi farmi sapere in che giorno e a che ora questi funerali avranno luogo. Ciò è necessa- rio a sapersi anche per darne parte a tutte le persone attinenti alla scuola, che si potranno raccogliere in questa dispersione delle vacanze autunnali. Io sarei venuto da Lei se non avessi temuto di disturbarla. Se però ella desidera parlarmi non ha che da fissarzni un abboccamento ed io verrò. Scusi e mi creda suo obbl. Enrico Gastelnuovo. — 397 — Reverendissimo Monsignore Ma è proprio vera la dolorosa notizia che ho letta testé del suo carissimo amico e mio benevolo superiore professor Carlo Gombi ? Io ne sono afflitlissinio, anzi abbattuto non solo per la perdita in sé stessa di quest' uomo veramente esemplare per virtù e sa- pere, ma per le conseguenze che ne vengono a tanti poverelli, a tanti orfani, alla città, alla patria. Ah, Monsignore, quanto sono brevi i piaceri di questa terra!.... Io che tutto mi consolavo di aver conosciuto in lui una rara per- sona, un ottimo consigliere, un forte appoggio pel migliore indi- rizzo della educazione popolare .... eccoci in un subito privi di tanl) bene ! .... E V. S. ? .... Ah ! non ci resta che a confortarci in- sieme nel pensiero che quella beli' anima, riunita per sempre alla diletta niailre sua, goda la ricoii.pensa de' suoi meriti e sia anche dal cielo un continuo beneficio per tutti quelli che amò. Perdoni, Monsignore, se ho abusato della sua benevolenza nel manifestarle il mio dolore ; ma nessuno meglio di lei poteva com- prendere i miei sentimenti. Pieve di Soiigo, 12 selleinbie 188i. Tutto suo devot.mo ed obblig.™o Giuseppe Menghi. Illustre amico. Maggianico (^Lecco), 14-9-1844. La dolorosa notizia della morte del mio carissimo figlioccio Carlo Gombi fu per me e pel mio Giovanni come un colpo di ful- mine. Chi avrebbe immaginato che 1' uliima volta in cui lo vidi, ed era cosi sofferente ! dovesse essere all' ospitale tua mensa al mio ritorno da Trieste ? Ti prego di partecipare il nostro dolore all' ottima sua sorella Anna e famiglia. Io posseggo una vita par- ticolareggiata di lui, che credo sia lavoro del Luciani. L' Istria per- de il suo grande pati lotta, ed io uno de' miei carissimi figli, con- siderandolo un secondo mio figlio. Addio Vincenzo de Castiìo. Tu/tiO IlJy Set le Vi 51 — 398 - Veneratissimo Monsignore. Bagnarola, 20-9-84, La ringrazio di gran cuore perchè in mezzo al grande turba- mento e dolore dell'animo suo ha trovato modo di pensare al mio vivo desiderio di conoscere più circostanze che fosse possibile in- torno alla fìne terrena del nostro carissimo Combi. Fu certo solen- ne la manifestazione di stima pubblica all' illustre defunto. Altre ve ne sono esternamente di pari — ma credo senza pari la parte che non si vede, cioè l'intima commozione e strazio di tanti cuori che più da vicino hanno conosciuto queir uomo veramente raro, di tanta operosità, ingegno, cultura, spirito cristiano di sacrifizio, e di modestia affatto straordinaria in tempi nei quali la vanità tien luogo del merito, senza però di gran lunga compensarlo, anzi di- struggendolo. È cosa per me singolare che quest' uomo di fama non poco estesa, benché da lui non chiesta, né studiata, possa chiamarsi a rigor di parola un tesoro nascosto. Onde per dirla colla frase del Poeta : se il mondo sapesse il cuore eh' egli ebbe, assai lo loda e più lo loderebbe. Confesso che il suo esempio mi ha fatto molto bene, e, se po- tessi imitarlo, sarei sicui'o di rivederlo e riabbracciarlo colà dove non sarebbe più la paura di perderlo. Stia bene nel Signore, che va strappandoci di dosso, benché con nostro dolore, le fila che ci tengono legati a questa terra, e riannodandoci con sempre nuove fila di aspirazioni alla vera patria, dove ci aspettano tante anime care. Sia buono tanto da ricordare opportunani'^nte le mie condoglianze alla famiglia superstite del caro defunto. Suo devot.'"o aff.'"o D. Antonio Giguto. Illustrissimo Signore. Roma, 13-10-84. Lessi ora le parole da Lei pronunciate come elogio funebre del povero Combi (nei funerali celebrati all'orfanotrofio) sono cer- tamente da par suo ; ma io dico tutto in una parola ; Era un santo. Devotissimo BoDio. — 399 — BIBLIOGRAFIA. Scritti pubblicali dal prof. Carlo Combi Corso di Storia Antica per la j^ioventù. — 1853. La Vigilia della festa di Maria; sesta rima. — Capodistria, 1855. Porla orientale per l'anno 1857. — Fiume, tip. Rezza, 1857 (edita dalla libreria Schubart di Trieste). Appartengono al Combi : Due righe di prefazione - Incominciare - I viaggi e le opinioni - Gli almanacchi - Il mio nome - 1 proponimenti. Prodromo della Storia dell'Istria. ■ — Memoria importantissima. Una Giornata di ser Gaspare ; sesta rima. Sospiro d' un ammalato ; ode. Canzone del contadino. Le scimie. — Quadro ai giovani galanti ; sesta rima. Folta orientale pei- l'anno 1858. — Fiume, tip. Rezza (Capodistria). Appartengono al Combi : La Prefazione. Gli avvertimenti preliminari -la pubblicazione e le note al Rapporto sull'Istria presentato il 17 ottobre 1806 al Viceiè d'Italia dal Consigliere di Slato Bargnani e le note eruditissime. Dell'unità naturale della Provincia - Della costituzione orografica e geologica doli' Istria - Condizioni meteorologiche - Igiene - Dello strade - Notizie storiche intorno alle saline dell'Istria - Delle saline di Maggia - Delle saline di Zaule e Servola - Delle saline di Capodistria - Delle saline di Pirano. Delle Scuole serali in Istria. La scolta. — A ser Martino e compagni; poesie. Premessa alle Notizie biografiche. — Michele Fachinelti. Porla orientale per 1' anno 1859. — Trieste, tip. di Colombo Coen. Appartengono al Combi : La Prefazione. Continuazione e note al Rapporto Bargnani. Studii storiografici intorno all'Istria. Cenni etnografici suU' Istria. Dei proverbi istriani. — 400 — Del commercio di Trieste, Etnografia istriana. — Torino, Rivista Contemporanea, settembre 18b0, giugno 1861. La frontiera orientale d'Italia e la sua importanza. — Politecnico. — Milano, voi. XIII, tip. Agnelli Pietro, 1862 (estratto a parte). L'Istria e le Alpi Giulie, o con altro nome: Confine orientale del- l'Italia - Voluminoso lavoro inviato al Correnti per l'annuario statistico italiano, compilalo dal Correnti stesso in compagnia del Maestri. Ne fu stampata una piccola parte nell'annuario anzidetto. — Torino, tip. letteraria, 1864. Saggio di bibliografia istriana. Un volume di pag. VIl-484. — Ca- podistria, tip. di Giuseppe Tondelli, 18G4. Opera questa, scri- veva il Tommaseo, di valore e letterario e morale e civile tra le più tiotabili che abbiano nel 1864 veduta la luce in Italia, e tra le più meritevoli che siano vedute dagli eruditi stranieri. Della vita e degli scritti di Michele Fachinetti. — Capodistria, tip. Tondelli, 1865. Importanza strategica delle Alpi Giulie e dell'Istria. — Torino. — Rivista contemporanea, 1866. Ripubblicato a Monza 1866 e pa- recchie altre volte. Appello degli Istriani all'Italia. Nell'opuscolo: La provincia del- l'Istria e la città di Trieste. — Firenze, tip. Barbera, 1866. Ri- stampato in Padova, tip. Prosperini, 1867. I più illustri Istriani ai tempi della veneta Repubblica. — Padova, tip. Crescini, 1866. Atti del Comitato Triestino-Istriano. — Milano, tip. Internaziona- le, 1866. Della Vita e degli Scritii di Francesco Combi. — Memoria pre- messa alla stampa della traduzione delle Georgiche di Virgi- lio in ottava rima, fatta da suo padre. — Venezia, tip. Anto- nelli, 1873. Del Vagantivo nel Veneto. — Milano, 1873. Conclusionale nella causa fra l'Istituto Grisoni di Capodistria e i FF. Benedettini di Daila. — Venezia, tip. Antonelli, 1873. Degli Studi sulla Questione lagunare. — Milano, 1875. Della Vita e degli scritti di Jacopo Valvasone da Maniago, e com- mento della sua descrizione sui paesi del Friuli. — Venezia, tip. Visentin!, 1876. — 401 — Della Rivendicazione dell'Istria agli studi italiani. — Discorso di C. A. Combi ni. e. dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Atti del R. Istituto veneto, t. IV, serie V, disp. II, pag. 290, tip. Antonelli, 1877. — Alcune copie della stessa edizione a parte. Poscia Napoli, 1878 - Roma, 1879 - Venezia, tip. dell'Istituto Coletti, 1880 - Trieste 1880. Discorso dell'assessore Cai lo Conibi alla distribuzione de' preniii delle scuole elementari di Venezia. - Venezia, tip. municipale di Gaetano Longo, 1879. Di Pier Paolo Vergerlo seniore, da Capodistria e del suo Epistola- rio. Memoria del m. e. prof. Carlo Combi ; voi. XXI, p. II delle Memorie del R. Istituto veneto. — Venezia, tip. Antonelli, 1880, p. 315 (e a parte). Importanza dell'Alpe Giulia e dell'Istria per la difesa dell'Italia orientale. — Della Rivendicazione dell'Istria agli studi italiani; Memorie inserite nel volume la Venezia Giulia di Paulo Fambri con prefazione del Bonghi, Venezia, tip. Naratovich, 1880. — La carta topografica Frontiera dell' Alpe Giulia, è lavoro pro- mosso e pagato dal Combi. L'obbligo legale degli alimenti e la Pubblica Beneficenza del dot- tor Carlo Combi, m. e. del R. Istituto veneto. — Atti del R. Istituto, voi. I, serie VI, tip. AntonGlli, 1882 (e a parte). Lettera ai giovani Istriani del circolo Vittorio Emanuele nel vo- lume IX Gennaio. Pubblicazione commemorativi, p. 1 i9. — Bologna, tip. succ. Monti, 1882. Commemorazione di Fortunato Novello letta all'Ateneo di Venezia nell'adunanza 18 gennaio 1883. — Venezia, tip. Naratovich, 1883. Estratto dal voi. I, serie VII della Rivista dell'Ateneo. Scruti inediti. Riforma della Scuola superiore di commercio. Consulto in causa del premio a carico dell'Istituto Coletti. Relazione stipendio Quirini. Relazione ipoteca Quirini. Atto al Ministero pel legato Molin. Modificazione al Ret:;olamento proposto pel Museo civico. Relazioni varie pel Comune di Venezia. Primo dei lavori per la stanpa riguardante i documenti delle re- lazioni fra Chiesa e Stato. — 402 — Istruzioni all' on. Baseggio per Roma. Indiiizzi al Governo. Memoriale a Quintino Sella. Piano pegli esami di diploma. Consulto e rimostranza sulla questione della ricchezza mobile per la Scuola superiore. Consulto al Comune suU' affare Romano. Id. suir acquedotto. Voto suir argomento dei magazzini generali. Della nuova dottrina sugli enti morali, al comm. Rodio. Satira politica, al Rota. Appunti in 20000 (ventimila) schede per l'opera Pier-Paolo Ver- gerlo il seniore e i suoi tempi. Lezioni di diritto commerciale e civile. BIOGRAFIE E COMMEMORAZIONI del cav. CARLO prof. avv. COMBl De Castro comm. prof. Vincenzo — Della vita e delle opere di Carlo Combi istriano — Milano — Lega degli Asili infantili italiani editrice. Tip. Colombo e Cordani, 1884. Tedeschi prof. Carlo — Della vita e degli scritti di Carlo Cornbi. Nel giornale la Provincia, n. 19, 20, 21, 22. Capodistria, 1884. Bernardi Jacopo — Nei solenni funerali celebrati nel patrio Orta- nalrofio. Tip. Naya, 1884. Oddi prof. Carlo — Carlo Combi — Studio biogratìco — Venezia, tip. Fontana — Estratto dall' Ateneo veneto, sett. e die. 1884). Morchio Daniele — Commemorazione letta alla società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Tip. Ciminago, 1885. Castelnuovo prof. Enrico — Commemorazione letta alla R. Scuola Superiore di Commercio in Venezia, 17 gennaio 1885. — Ve- nezia, tip. Visentini, 1885. Il giornalismo italiano, segnatamente della Lombardia, della Ve- nezia, dell' Istria, per lunghi giorni ne deplorò la perdita e de- scrisse con meste e commoventi parole gli onori funebri resi alla sua memoria. IL F U M () B K N K F J C O SBeaiioi-ia DEL M. E. LUIGI TORELLI Scopo di questo scritto. La prima idea che risveglia, certo nei più, la parola fumo non è guari.per esso lusinghiera. Si dice grato come il fumo agli occhi, per dire cosa ingraia := Le speranze ondarono in fumo, per dire che tutto svani ■=rz II fumo gli andò al cervello, per dire che uno si è esaltato ::i= // fumo è l'uUimo ad abbandonar l'incendio, per dire, che mentre uno cadde in hassa fortuna è ancora su- perbo = Fumo senza arrosto significa che tutto ciò è appa- renza. — Infine, lunga assai sarebbe T enumerazione dei proverbi, che hanno a base il fumo, ma per indicare cosa leggera, instabile, molesta ; nessuno in suo favore. Or bene, giustizia anche al fumo. Ila i suoi fasti aneli" esso ; basterebbero le carni affumi- cate per provare quali servigi ha reso e rende da secoli air umanità in terra ed in mare. Scopo di questo breve scritto è precisamente quello di — 404 — mettere in evidenza uno fra i tanti suoi meriti, e piacesse al cielo, che venissi ascoltato quando passerò dalla celia al serio. Vi sembra cosa seria il salvar qualche milione dalla distruzione ? Indubbiamente risponderete, sopratutto ove i milioni scarseggiano, ove 1' esattore ne vuole una così larga parte. Credete che si potrù fare in Italia quello che si fa anche da altri popoli ed in condizioni meno favorevoli ? Certamente, date le medesime condizioni, e tanto più se migliori ! Or bene, io vi dico, che in Francia, in Inghilterra, in Sviz- zera, in Austria, nella Germania si coltiva le frutta su gran- dissima scala, e se si potesse rappresentare il suo valore in cifra, certo farebbe meravigliare. Di giù quelle sole, che sono indicate in entrata ed uscita dalle rispettive dogane, sono imponenti e questo nella vecchia Europa. — Non par- hamo dell' America, ove questo ramo ha preso uno sviluppo di lunga superiore anche ai nostri più febei paesi. — In questo caso le parole nostri paesi si riferiscono ai fratelli dEuropa, non già ai nostri d'Italia — oh per questi ci vor- rebbe ben poco a superarli ! L' Italia coltiva forse le frutta in ragione del quinto, dell" ottavo, del decimo che potrebbe coltivare, oggi unificata e collegata qual' è colla rete euro- pea delle strade ferrate. Così crede anche il Cirio, giudice competente. — S' in- cammina ; però un po' troppo adagino. Ma torniamo alla tesi generale. Le frutta, questa fonte di centinaia di nùlioni nel solo commercio europeo, ha un grande nemico = la brina. — Non vi è ricco sfondato che consumi tanti milioni all'anno come la brina. — Li consuma colla sventatezza dei ladri; ma è di quella famiglia anch'essa. I suoi colpi li fa di notte e senza pietà. — 405 — Che si possa far nulla contro questo ladro di milioni ? Si, si può fare e si la in più luoghi ; ma dove regnano la previdenza e l'attività, e si fa da lungo tempo, non tutte le condizioni locali sono egualmente favoi-evoli, e la previdenza e l'attività noa sono qualità comuni, sì che il rimedio noto a tutti i coltivatori da gahinetto, ai giovani delle scuole, è ignoto alla gran massa dei campagnuoli quasi ovunque, ma sopratutto in Italia. Ma torniamo al mezzo per combattere la brina, al ne- mico di quel ladro. Come si chiama ? Il fumo. Il povero fumo, l'emblema delle speranze svanite, della boria ancor superstite. E proprio desso che in questo caso si converte in difensore energico, impedisce che scompaia la realtà e rimangano incolumi le frutta che la brina voleva divorarsi, e colle frutta rimangono i milioni, e se una parte andrà sempre all'esattore, giova sperare che la parte mag- giore riniarrà ai coltivatori. Lo scopo è già compreso. — È quello di chiamare l' at- tenzione sul fumo quale rimedio importante, antichissimo ; ma con tutto ciò usato qua e là solo in via eccezionale in Italia, ed in nessun luogo poi (sempre parlando d' Italia) da masse. Siccome però, prima che questo scritto sia coordinato, stampato e diffuso richiederà non poco tempo, e se non arri- vasse prima dell'aprile, quando potrebbe trovare applica- zione, correrebbe il pericolo del soccorso di Pisa per Tanno -1885, cosi per accelerare tutti questi passi abbiamo stabi- lito di attenerci esclusivamente al fatto dell' efficacia del ri- medio, come vuol essere praticato e quali fatti, e non da jeri, possano constatare i felici resultati. Da cosa nasce cosa, dice il proverbio, vuol dire che: o io, se avrò tempo, o 1 altri, che potrebbero averne più di Tutìio Jll, Serie 17. '2 — 406 — me, potranno far un lavoro meno imperfetto, per dimostrare quale ingente risorsa potrebbe essere per Y Italia la coltiva- zione delle frutta su grande scala, e s'intende un lavoro pratico non di asserzioni generiche, ma ora accontentia- moci d'imparare come si combatte il ladro chiamato urina ^ se mai venisse in quest' anno di grazia 1 883. II. Come agisce la Ovina. — Il ciarlatano che accende l'esca. — L'alleata della morte. — Il rimedio. — Sua origine. — Cause della poca diffusione- — La pianta di frutta in fiore. — Le api. — Una notte di brina. Credo sia cosa logica il cominciare col farsi un con- cetto del modo col quale agisce la brina, e questo è utile, perchè spiega i fenomeni che accompagnano quel flagello. Voglio spiegarlo con un paragone. La classe, dalla quale vorrei essere di preferenza ascol- tato e ricevuto in grazia, è quella dei possidenti, e che almeno qualche parte dell'anno la passano in campagna, amano i convegni delle popolazioni nelle fiere e nei mercati. — Io credo che sarà avvenuto, se non a tutti, certo a molti, di fermarsi avanti un ciarlatano, che è un condimento delle fiere e mercati, il quale armato di una lente accende l'esca adoperando i raggi del sole. I villici, e sopratutto i ragazzi, che vedono per la prima volta quel fenomeno, spalancano gU occhi, sono presentì al fatto e nulla capiscono, il ciarlatano è spesso tanto igno- rante da non saper nemmeno esso che deriva dal concentra- mcnlo dei raggi solari per opera della lente. Or bene, che direste se tale è il processo che avviene in grande, che distrugge tante speranze, costa tanti milioni? La rugiada gelando forma cristalli perfettissimi, e quei ~ 107 - n'istalli concentrano i rag^ji solari, sono lenti, e quelle ab- bruciano il fiore, il bottoncino, sul quale si era fermata la rugiada benefica, che il gelo convertì nel ladro chiamato brina. Chi enumera que' milioni e milioni di cristalli tutti per- fetti, talvolta accavallali l'uno sopra l'altro, rilleltcnti la luce decomposta come un diamante ! Anche la brina pre- senta il suo spettacolo imponente, ma poi se si pensa al dan- no, allora si perde la simpatia dello spettacolo. L'agricoltore non ha bisogno pur troppo di ricordare a quale spaventevole grado può giungere il danno d' una bri- nata, da distruggere, p. e., tutta la vendemmia di una pro- vincia, o meglio d'una regione intera, e la storia registra più d'uno di questi casi. Spiegato come agisce la brina, non havvi più fenomeno attinente a quello che non si chiarisca. Ecco perchè è indi- spensabile che vi sia il sole; per quanto la giornata sia fredda, se è nuvolo la brina non è letale. Se poi in una notte serena è caduta la brina, ma se prima che sorga il sole l'orizzonte si annuvola, il danno o è nullo o piccolo, salvo estremi geli; ma allora sono altri danni, altri fenomeni, allora muoiono le piante di freddo come gli uomini, e finverno 1879-80 lo provò lungo tutta la valle del Po ed in qual grado ! Un altro elemento può paraUzzare il danno, il vento ; esso disturbali processo del concentramento dei raggi solari, ma come il vento è suscettibile di gradazione inflnita, cosi il suo beneficio è in ragione della sua forza, e se leggero, un danno vi può ancor essere e non piccolo. La condizione più grave è quella di un' abbondante rugiada convertita nella notte in brina susseguita da gior- nata serena e tranquilla. In poche ore sono letteralmente carbonizzati milioni e milioni di bottoncini, che un giorno dovevano convertirsi in grappoli d'uva, in magnitlche frutta, ed invece si convertirono in carbone. — 408 - La brina ha qualcosa di letale, si direbbe un alleato delia morte. I suoi fasti sono la completa distruzione. — Vi ebbero tali brine da formar epoca, e ben s'intende epoca infausta di danni e di miserie. Ma veniamo al rimedio, veniamo al fumo simpatico. — Chi ebbe la felice idea di ricorrere al fumo? Chi r altrli)uisce alla Francia, chi alla Germania, chi alla Spagna, chi alla Grecia, solo allìtalia nemmeno in isba- glio nessuno l'altribui, ma, del resto, sono tutti al medesimo livello, tutti innocenti di questa scoperta. È delle ìndie occidentali, è americana di vecchia data. — Allorché gli Spagnuoli scoprirono e s'impossessarono dell' America meridionale videro campi di mais ossia gra- none, (jraniurco, melgone, come si chiama nei diversi paesi d' Italia avvolti in fumo. Chiesero che fosse? È il nostro principale nutrimento preservato dalla urina. Cosi devono aver risposto a segni. Il mais ha la bellezza di camicie e corpetti in numero stragrande, eppure il ladro crudele, che si chiama brina, ammazza anche il mais. Dunque sia pace fra le genti intorno al merito della sco- perta. Gli Indiani del secolo XVI probabilmente l'avevano appreso dai loro padri, e cosi rimontando di generazione in generazione, erano corsi. Dio sa quanti secoli, talché nes- suno poteva più precisare Y epoca dell' introduzione. — In realtà, l'ignorar questo è poi un male ben piccolo, e sicco- me ora non si potrebbe che giuocare ed indovinare, tant' è il rinunciarvi, ed invece portare la propria attenzione sul modo pratico di adoperare il rimedio. Una considerazione si affaccia tosto, naturale, spontanea. Ma come mai coi danni spaventevoli che fa la brina, non giò di qualche milione, ma di molte decine, in una sola re- gione, come mai non si ha ricorso da tutti al rimedio e so- no eccezioni ed anche rare? - 40'J — Anzitutto non conviene meravigliarsi, perolic abbiamo altri esempli ancor più gravi. Il pomo di terra non è forse anch' esso della patria del mais ? Non venne forse in Europa già nel secolo XVI? Ep- pure da quando data la sua diffusione su grande scala? Dalla predicazione dell'apostolo Parmentier! Questa cadde dopo la metà del secolo passato, tant' è clì'ei mori, vecchio assai ma, nel nostro secolo (del 1812) carico d'anni e di onori meritati. Eppure il pomo di terra avrebbe mitigato gli effetti di tante carestie. — • È un errore dei più comuni quello di giudicare i tempi andati dietro le condizioni presenti; la dif- ferenza spiega come abbia potuto avvenire. Divisi i popoli da impedimenti materiali, e spesso più ancora da antipatie, con comunicazioni difficili e dispen- diose tutto camminava di passo lento e la differenza sotto tale rapporto è enorme e non già rimontando secoU ad- dietro, ma anche solo colla fine del secolo passato. Tuttavolta, a fronte di tutto questo, si può sempre dire che la lentezza fa senso, ma quale sarebbe la più retta, la più logica delle conseguenze? Glie la noncuranza presente dovrebbe recare ancor più meraviglia di quella del passalo. Speriamo dunque nell'avvenire; speriamo ncW'Ilalia una senza le 12, o irj dogane interne; speriamo negli li o 12 mila chilometri di strade ferrate che avrà quanto prima; speriamo nella stampa assennata, che terrà in evidenza i progressi delle altre nazioni anche nel ramo frutta, e come suo corollario anche dell' uso del fumo come mezzo per combattere le stragi delle brine, non che di tutti quegli altri mezzi che la scienza e la pratica sapranno suggerire. Conlinciamo a non perdere altro tempo. Trasportiamoci all'aperta campagna, in luogo ove do- mini un frutteto; la giornata è serena, l'atmosfera tran(iuilla. — Tutto fu sino allora favorevole. Si direbbe che le piante — 410 — fanno a gara a chi fa più pompa di bei liori, gli uni candidi come neve, altri contrastano il rosso al minio, altri d' un delicatissimo rosa a gradazioni infinite. — Si, una bella pianta di frutta in fiore è uno spettacolo. — 'Vi rappresenta la vita, la gioventù, la speranza ; un giorno quei tiori si con- vertiranno in pesche, in poma, in perii. — Ma anche ali" e- poca della tìorituj'a oltre esser belle sono utili. Da che viene quel rumore, quel ronzio segnatamente attorno alle più ricche ? Osservo bene. — Sono api a migliaia che vanno e vengono in tutte le direzioni possibili, dopo aver fatta la loro provvista, che portano al loro alveare. Ma osser- vate come si gettano capofitte entro i calici dei fiori ! come è bella la vita anche nelle piante, ma bisogna convenire che quelle di fruita meritano la preminenza. Chiedetelo alle api se non siete persuasi, ("dii è primo a soccoi'rerle? Che intrec- cio mirabile! che sublimità in tanta semplicità! — Ma la notte avanza. Al tramonto sereno, all'aura tiepida di pri- mavera succede una notte fredda, la rugiada si converte in brina, l'orizzonte è sereno e tranquillo, il sole s'alza, spande calore, vita, allegria, ma spande anche morte. Poche ore son passate, e quel spettacolo cosi seducente é sparito ; in luogo di si bei fiori tu vedi un granima forse mezzo gramma di carbone. — Le povere api accorrono indarno. — Tutto è cambiato' Fu la fatai brina, Tulleata della morte. TSessuno l'ha com- battuta ed ha fatto il suo colpo. 411 — III. Coinè agisce il fumo. — Notte serena e notte nuvolosa. — Come si usa nelle vicinanze eli Parigi. — Come in America. — Come si pratica in Tirolo — e norme prescritte dal Co- mitato centrale agricolo del Tirolo. — Difficoltà d'applica- zione in Italia. — Svilu2:>po della coltivazione delle frutta negli Stati Uniti d' America. Ma non ovunque la brina può fare impunemente i suoi colpi. Vi sono i luoghi abitati da agricoltori intelligenti, attivi, che stanno allerta contro quel nemico e lo combattono. An- che di questa guerra havvi la sua tattica, si danno le vittorie e le sconfitte. Noi ci occuperemo intorno al modo di ottenere la vittoria. Volendo spiegare il fenomeno della brina abbiamo co- minciato col chiedere come si formi, come agisca? perchè abbia bisof/ìin del sole? Ora che trattiamo del rimedio, procediamo con egual logica. Come agisce il fumo ? Per rispondere a questa domanda conviene far un pas- so addietro e chiedere cosa avviene in notte serena e tran- quilla? Il calore che la terra, durante la giornata, ha assor- bito, se ne va, e non essendo impedito nella sua espansione il raffreddamento è continuo. Ma non avviene più così, se il cielo è coperto, allora il calorico, che non tarda a raggiungere le nubi, trova un ostacolo e torna indietro, si stabilisce una doppia corrente, però sempre pii^i forte l'ascendente, ma è in parte rallenta- tata e paralizzata dalla discendente, ed ecco come non si forma brina, salvo il freddo intenso, e se anche qua e là si — 412 — forma e i! cielo rimane coperto, ecco che il sole non può adopei'are i ragi^i per abbruciare i fiori, e per quella volta il pericolo è scongiurato, ma non dall'operosità e dall' inge- gno dell' uomo. Questo invece si ottiene col rimedio del fumo. Conviene crearne molto. Conviene apparecchiare il ma- teriale di guerra : torba, foglie secche, ma inumidite, paglia, pure inumidita, cascame di falegname, ramicclli, tutto ciò inOne che costa poco e fa fumo. — Ben s' intende che an- che questo ha pi'ogredilo. Presso Parigi, nei villaggi a 5, a 10, a 20 chilometri in giro, le fruita danno un ingente red- dito, si fa fumo anche con preparali ove vi entra bitume ed altre sostanze, che generano molto fumo, ma sono solo perfezionamenti, e talvolta anche piccoli; l'essenziale si è il generare molto fumo. Si faccia un caso pratico ; si ammetta una notte fredda e serena ; or bene, non meno di cinque o sei ore prima che si levi il sole conviene accendere i fuochi, ossia generare fumo in larga copia ; qu<'sto finisce a creare un' atmosfera che avvolge le piante^ ed essa fa in parte quello che fanno le nubi, comincia col frenare la potente evaporazione della terra ; ma ammesso sempre che la giornata sia serena e tranquilla il sole trova le piante di frutta avvolte in quella nebbia artificiale ; i suoi strali non trovano le lenti a milio- ni, che li concentrino per carbonizzare i fiori ed i botton- cini già sviluppati ; ecco come opera il fumo, esso impedi- sce la formazione dei crislalli. Probabilmente gf Indiani dieci, o venti o cinquanta se- coli prima della scoperta d' America, accendevano i fuochi e generavano fumo in grandi masse per salvare i loro cam- pi di mais senza conoscere troppo come avveniva il salva- mento, ma il risultato era allora come oggi, se il rimedio è applicato bene. Ma gli Americani d'oggi non sì sono accontentali di se- — 413 — guire, non dirò i loro antenati, ma legittimi antecessori quasi tutti spariti, ma hanno progredito. Colà, come nei dintorni di Parigi, preparano il mate- riale di guerra giù sul posto, e sono mucchi, che nel cen- tro contengono materie facilmente accendibili, e tutti sono collegati e fanno capo ad una macchina elettrica, che alla sua volta è in conumicazione con un termometro, il quale quando si abbassa a zero fa scattare una molla che co- munica la scintilla elettrica ai (ili di ferro, i quali accendo- no, fedeli esecutori, quel numero grande di mucchi, e tutto il fruttetto si trova avvolto in un' atmosfera di fumo. Ma, oltre questo, hanno un altro metodo che riposa so- pra un diverso principio e si applica alle piante d' alto fu- sto ; formano treccie di paglia, cingono con queste il tron- co ed iimnergono 1" estremità di quella treccia entro un va- so pieno d' acqua. Queir evaporazione paralizza la brina. Ma la serie degli esperimenti non è ancora finita. Per evitare i danni del gelo idearono rilardare artificialmente la vegetazione. Scuoprono le radici sino all' estensione corrispondente a quella dei rami, e poi riuniscono neve e ghiaccio copren- do il tutto con paglia, e sopra vi spandono terra, sinché quel refrigerante si sciolga il più lentamente possibile. Con tale processo ritardano la vegetazione e passa il periodo del gelo prima che sortano i fiori. Duolmi non poter entrare in particolari intorno a que- sti diversi metodi, de" quali gli ultimi sono recenti, ma lo stesso numero prova quanta sollecitudine vi pongano. L' intelligente lettore avrà forse di già traveduto una delle difficoltà principali che si oppongono nei nostri paesi alla diffusione del rimedio del fumo. Non si può fare su piccola scala, e si deve fare con per- severanza. — Ora, per farlo su grande scala, converrebbe Tomo III, Serie VI. 53 — 414 — o imporlo, o che più Comuni si unissero e Io tacessero adottando norme uniformi. Il primo partilo, benché il più sicuro, si deve esclude- re ; sono veri progressi che devono partire dalla persuasio- ne, il sacrificio è minimo, ma se non si fa bene non si rie- sce, ed allora è uno scatenamento contro queir obbligo e chi non vuole esser persuaso lo fa male per aver ragione. Eliminato il partito di obbligare, rimane quello dell' u- nione volontaria. Possibile lo è certo, ma è dessa probabile ? Nei paesi, ove la proprietà è molto frazionata, ove i frutteti, nel senso di una proprietà tutta dedicata a quella cultura e che sia di qualche ettaro di estensione, sono ec- cezioni, è difficile assai il riunire tanti proprietarii che co- stituiscano una superficie da prestarsi a poter tentare con speranza di successo quel rimedio. Tuttavolta non avressimo noi qualche esempio? In Italia no di certo, ma presso i nostri vicini; ne ab biamo in Tirolo. Noi abbiamo potuto procurarci un breve scritto del Comitato centrale agricolo residente in Innsbruck, che è un appello ai proprietarii ed ai Comuni per ricorrere all'uso del fumo onde paralizzare i danni delle brine, e contiene le norme da seguirsi. Quello scritto porta la data del 13 mar- zo 1875. Noi citeremo le norme principali onde si abbia un' idea come si procede. Premesso un cenno generico intorno ai gravi danni delle brine, fatta menzione come il rimedio fosse americano d'origine, si viene al caso pratico dell' applicazione. Il rimedio del fumo, dice, vuol essere apphcato in gran- de, tentativi isolati non conducono a risultati, conviene che si riuniscano più Comuni, ed indica come la più opportuna per vastità la circoscrizione detta B e zirli, la quale corri- sponde su per giù al nostro mandamento, comprendendo tre, quattro ed anche cinque Comuni; è sempre una super- ficie di più chilometri quadrali, e conviene che si trovi in analoghe condizioni. Tutti quei Comuni devono riunirsi a mezzo di delegati, e scegliere un Coirmne centrale o direttore d'onde devono partire i segnali, ben determinati anch' essi e si fanno colle campane. In ogni Comune sono fissali i luoghi ove si devono ac- cendere i fuochi, ed è preparalo il materiale: torba, foglia- me d' ogni razza umido, paglia, che si inumidisce al caso pratico, estremità di rami verdi, infine tutto ciò che può generare fumo, e quasi tutto matei'iale senza valore ; ma in massa ; la scorta vi deve sempre essere e designato l'indi- viduo che deve prestarsi, e s' intende poi che i cittadini in genere devono aiutare. Per poco che abbia pratica il sovrastante all' operazio- ne, il generale contro il nemico brina, sa calcolare quando s' avvicina ; per norma, quando 1' atmosfera s' abbassa a 5 gradi centigradi sopra zero intorno alla mezzanotte vi è pericolo. — . Allora ei comanda il fuoco, ossia dà il segnale eolla campana maggiore, la quale deve sentirsi in tutto il raggio del mandamento. A queir appello tutti gì' incaricati nei singoli luoghi pre- scelti devono accorrere e cominciare a generare fumo. — Possono essere anche 40 e 50 questi generatori del fumo benefico. Questo poi dura sino al levar del sole. Tutto il territorio è avvolto in una nube artificiale e calda. Sorga pure il sole in ciel sereno, ma non sorgerà per menar stragi di fiori, ma per constatare una vittoi'ia dell' intelligenza e previdenza umana. Pur troppo non conviene illudersi, e credere che questa sia la norma ; è V eccezione, e T Italia non conosce nemme- no le eccezion; ; essa conosce le stragi. Or bene, che hawi di difficile, di complicato in tutto — 410 — quello che ho descritto? Ammessa un po' di buona volon'à, un po' di unione, havvi nulla di difficile, come pure piccola, anzi minima è la spesa in confronto del valore che si sal- va ; ma pur troppo le due condizioni allivUà ed iminnc so- no presto espresse, ma allatto pratico non si trovano facil- mente, e sono la causa per la quale il ladro brina fa le sue stragi impunemente, salvo ai colpiti lo sfogarsi con inutili declamazioni, mentre pure vi era il rimedio. Del resto, pochi rami della produzione agricola presen- tarono lo spettacolo di comparire in brevissimo tempo sul mercato mondiale, come quello delle frutta degli Stati Uniti d' America. — Treni' anni addietro, ossia il lasso d'una ge- nerazione, era un articolo appena avvertito. — Nel I 882 la California, che conta mezzo milione di abitanti, inviò per oltre 500,000 libbre in frutta fresche nelle altre parti d' A- merica, e la coltivazione delle frutta ebbe colà il suo svilup- po solo dal 185 5 in poi. Si calcola, che, nell'anno citato 1882 gli Stati Uniti d'America esportarono circa 10 milio- ni (ripeto in tutte lettere dieci milioni) di scatole in latta con conserve di frutta ; queste fabbriche impiegano intorno a mezzo milione di persone. — Infine, per venire alla con- clusione, la rendita complessiva delle frutta e derivati, ossia conserve ed altri preparati, si eleva a circa 500 milioni di lire nostre. — Questi sono progressi davvero, e tutto si le- ga. — Osservale, primo viene il produttore, ma sapete che fa ? Studia bene il suo terreno e quale è la qualità di fruita che riesce meglio e si occupa, propaga e moltiplica quella sola e si presenta al mercato, ed offre non già qualche cen- tinaio di miriagrammi ma di quintali. — L' industriale fa r acquisto ; le perfette le prepara in un modo, le meno per- fette le trasforma, cava le essenze, fa le conserve, non per- de un fruito. — L'Europa ora è provveduta di ottime con- serve americane: sulle vette del Righi, nei superbi alberglii, sulle sponde dei nostri laghi si consumano conserve ameri- — 417 — cane. Quando le pile delle migliaia di soalolo sono pronte ò in ordino anche la nave per recare quel duplice prodotto dell" agricoltura e dell'industria alla vecchia Euiopa. — Quello è veran.ente il caso che uno aiuta l'altro. — Questi sono gli esempi da imitare. — IMa 1' Italia è invasa dalla febbre politica di cattiva specie, utile come la febbre gialla. IV. Conseguenze del grande sviluppo nella coltivazione delle frut- ta.— Ragioni ]ìer dover persistere su quella via in Italia a fronte della concorrenza. — Progressi nel ramo frutta presso gli altri popoli. Gli esempi che abbiamo recato, se dinotano fin dove si può arrivare con 1' attività e rintelligenza, possono di certo condurre anche ad altre conseguenze, a quella sopratutto dello scoraggiamento. — Se gli Americani hanno già preso il possesso dei mercati e fanno piodigi di tal sorta, da crea- re in treni' anni, fossero pure anche oO, un nuovo ramo di rendita di 500 milioni, come si fa a tener testa? Anziché pailare in genere dei coltivatori di frutta nella minacciata Europa, sarà più opportuno il resliingcrsi all'I- talia. — Gli altri paesi sapranno forse meglio affrontare r avvenire di noi, benché taluni in condizioni meno felici. Perchè dovrà l' Italia applicarsi a questo ram-o, che è continuamente minacciato dalla concorrenza americana ? Che importa il produrre, se non si trova smercio od a si vile prezzo che non è rimuneratore ? No, non conviene, non si deve scoraggiarsi per più ra- gioni. — Cominciamo a partire dal fatto, che il clima d" I- talia è dei più favorevoli per questo ramo, il quale predilige colline e piedi e dorsi di monti a tal segno, che per certo produzioni madre Natura fu perfino parziale all' Italia ; i — 4f8 -~ bergamotti e certe qualità di aranci a quella perfezione non si ottengono che in Italia. — Non è fenomeno esclusivo, vi sono altri paesi che hanno consimile privilegio per altri prodotti, ma tant' è l' Italia ne ha non pochi. — Ma poi co- minciamo dire: I. Le frutta fresche avranno sempre un vantaggio sulle frutta conservate. — Non credo che vi sarà mai il tor- naconto a far venire un bastimento di pesche o di ci- liegie ; II. Secondo vantaggio ; la spesa del trasporto che deve pu- re alzare il prezzo ; III. L' aumento della ricchezza generale. Ma perchè gridate tanto, se divenite più ricchi? È vero, e si grida con ra- gione, ma anzitutto,, quando dico la ricchezza generale comprendo tutte le nazioni. Chi mai vorrebbe sostene- re, che la ricchezza pubblica non è in aumento in Francia ed in Inghillerra ? Nella sfessa Italia vi è una scala anche ascendente. Vi sono paesi ove si aveva buon vino a 6, a 8 hre l'ettolitro la stessa qualità che ora si vende a 25, 30 ed anche più dai proprietarii ed all' in- grosso. IV. L' aumento della popolazione. • — Anche questo è un elemento con gradazioni diverse, ma nel complesso è ragione di non poco peso. Ma oltre queste ragioni, che risguardano T ambiente esterno, altre e potenti dovrebbero consigliare l'agricoltore italiano a prediligere laddove lo indica il suolo, la coltiva- zione delle frutta, ed è la facoltà di trasformazione delle frutta mediante T industria, e s' intende bene la leale indu- stria, non quella che inganna. Quanti e come preziosi non sono i soli liquori, che si preparano colle frutta ? Quando io dico che grande è il campo che offre quel ramo airagri- coltore italiano, intendo sia usufruttato eoo attività ed in- — 41(» — telligenza, la quale sviluppi e moltiplichi non solo la produ- zione del mateiiale primo, ma di tutte le industrie che a quello si appoggiano, e ripeto non sono poche ; quelle sono altrettante garanzie che la convenienza vi sarà sempre ; il sole d' Italia vale qualche milione. Certo che anche quella coltura richiede le sue cure, le spese necessarie, corre i suoi pericoli, ma confrontateli con quelle degli altri prodotti e vedrete che sono minori. — Il pericolo maggiore, quello che piìi d' ogni altro delude le speranze è la brina ; ma ora potete combatterla, e se oggi non avete abbastanza spinta per l'esiguità del prodotto, sa- rebbe bene altrimenti ammessa una coltivazione su vasta scala. — Dalla tempesta potete assicurarvi. — Infine, voi dovete riconoscere che le sorti, rapporto al prodotto fnilta^ oggi sono lotahnente cambiate in confronto all'epoca dell'I- talia dalle selle teste coronate. — L' unica d' oggi vale sette volte selle quelle d' allora, perchè l'unica ha agevolato tutto e le strade ferrate che vennero quintuplicate hanno fatto il resto. — Ciò che si può dire degli agricoltori italiani si è, che non compresero 1' enorme differenza delle condizioni del paese ed anche dell' agricoltura. — Io ho citato 1' esem- pio della California, la cui partecipazione al mercato delle frutta nel 1854 era nulla, ed oggi, oltre il mezzo milione di frutta fresche, esporta pii!i centinaia di mille scatole di latta (valore da 2.50 a 3 e 4 lire) con fruita in conserva. — Tutto questo in 30 anni. — Almeno nel 1870 poteva 1' Ita- lia ben giudicare quanto le conveniva gettarsi a quel ramo. Del resto, volete avere un'idea del reddito che frutta ad al- tri popoli, ad altre nazioni questa importante cultura, poi- ché naturalmente tulle le circostanze da me accennate val- gono più o meno anche per gli altri paesi ? Facciamo una breve rassegna. La Francia introita intorno a 90 milioni in frutta ver- di, più del quadruplo in frutta preparate; prima della con- — 420 — correnza americana era la principale provveditrice della Europa. La Svizzera. Si calcola che produca per un valore di 24 milioni di lire. — Recentemente comparve un libro del segretario generale della societù svizzera d'agricoltura resi- dente in Zurigo prof. Anderegg, che ha per titolo: Del parti- to a trarsi dalle frulla in Sinzzera !{') con speciale riguardo al sistema americano. A fronte che la cifra citata non sia si piccola, l'autore è tutt'altro che contento; trova che si po- trebbe fare assai piìi, sia in punto alla produzione che alla conservazione ; prova come gli Americani hanno preso il passo, e la stessa Svizzera ritira dall' estero da i milione e mezzo a 2 milioni in conserve. Ei dà quindi ottimi consigli, perchè il suo paese si metta sopra una via più lucrativa. V Infili ili erra. È noto con quanta cura in Inghilterra si coltivi tutte le specie di frutta che pur vengono a maturan- za, e come si interessino "persone le più alto locate per na- scila, per ricchezza e per influenza. In un discorso in Par- lamento pronunciato lo scorso aiuio, l'illustre Gladstone sce- se a particolari intorno alla grande importanza della coltiva- zione delle frutta e suoi preparati in Inghilterra. Sotto que- sto rapporto poi è qualcosa di favoloso ciò che produce e consuma quel paese in fragole, sia allo stato naturale, sia quale conserva ; la fragola è entrata nel gusto della nazione, e quel frutto rappresenta somme ingenti, favolose. Ma ciò che conviene invidiare agli Inglesi è l'amore all'agricoltura l'interesse che i proprietarii vi apportano. La Germania. Fra i diversi paesi, dei quali si compone, fu la Sassonia che fece i più celeri progressi. A Ròtha, (1) A chi possiede la lingua tedesca si può raccomandare, oltre quell'opera, un'altra sulla coltivazione della verdura recente e molto stimata in Germania col titolo: Der Gemùsebau, edita a Zui'igo presso Orell e Fùssii, 1885. — 421 — presso Lipsia, il harono Friesen stabilì una scuola per pro- muovere r incremento di questo ramo sia nel campo delfa- gricoltura che dellindustiia, seguendo il sistema americano. Impero austriaco. Attivissima fu la spinta che venne data air agricoltura in genere nell'impero austriaco in que- st' ultimo ventennio ed al ramo delle frutta in modo speciale. — '11 conte Attems, a S. Pietro presso Gratz nella Stiria, si segnalò come propagatore d' ogni progresso relativo alle frutta e nello scopo di creare un ramo importante d'espor- tazione per l'Oriente facendo capo a Trieste. Il sistema delle scuole ambulanti è introdotto da tempo, come grande è la cura di buoni libri d'istruzione, brevissi- mi, popolari e con disegni. Inlìne, si può dire, che se in ogni ramo della gran sor- gente dell'umano sostentamento nell'agricoltura vi è pro- gresso presso le altre nazioni, quello rapporto alle frutta sta fra i primi, e non ultima delle cause, è la simpatia, che altrove anche le alte classi sociali spiegano in suo favore. E perchè mai non si desterebbe anche in Italia? È nota r avversione ai cambiamenti nella classe degli agricoltori. — È qualità comune alla detta classe presso tutte le nazioni e credo in tutti i tempi. Il motto, così faceva mio padre^ è pronunciato in tutte le lingue. — Eppure ogni progresso contiene un' innovazione — Ammettiamo pure che questa riluttanza a cambiare abbia avuto anche buone conseguenze in singoli casi parziali, eh*' sia un male il precipitare; ma è forse piccolo quello di non ammettere i miglioramenti? La naturale conseguenza che converrebbe trarre è quella di ben esaminarli, studiare se le condizioni de' luoghi e dei tempi consigliano l'innovazione, ma questi ragionamenti chi è più alla portata di farh? Il colono, l'agricoltore, i più dei quali non sanno né leggere, né scrivere, od il proprietario che ebbe una istruzione ? Quante volte non si sarà verificato il caso in Italia, chn il proprietario, convinto d" una innova- Toiiio UL òrrie VI- '<< — 422 — zione, r avrà imposta a' suoi subalterni villici agricoltori, ma questi poco persuasi l'avranno eseguita male e non avrà dato il risultato atteso, non perchè non fosse intrisecamonte buona, ma perchè fu male eseguita! Sarebbe ciò avvenuto se il proprietario convinto avesse sorvegliato egli stesso? In- vece d'un dispiacere, come cagiona pur sempre una mala riuscita, avrebbe avuto una compiacenza. Una delle più grandi fortune, che si potrebbe augurare air Italia sarebbe precisamente quella che i proprietari si occupassero della coltivazione de' propri fondi e cercassero in quell'impiego del loro tempo, talenti e capitali un miglio- ramento della loro condizione. Il progresso sarebbe presto universale, e quanto giove- rebbe anche al carattere !^ — Quanto è bella la fierezza del- l'individuo che ha la coscienza di dover a sé stesso il miglio- ramento delle proprie condizioni, che ottenne contribuendo ad un miglioramento generale? Ma si direbbe che siamo su opposta via ' Che spettacolo offre oggi l' Italia ! — Non si sogna, non si vede carriera che negli impieghi, è una metà della popolazione che divora l'altra Venti università e tre istituti pareggiati versano ogni anno sul mercato migliaia e migliaia di laureati, che non trovano impiego perchè la morte è poco attiva, e per un posto vacante vi sono almeno tre aspiranti ! — Eppure qual campo veramente sterminato non offrirebbe l'agricoltura in Italia? Pensare che sopra il suolo della Magna Grecia, ove un giorno vivevano bene più di sei milioni di abitanti or vive male meno di mezzo mi- lione ! — • Come non rivolgere lo sguardo, il pensiero, l'aspi- razione a quella risorsa si nobile, si indicata, sì consona a popolo libero? Ma ! io mi accorgo che ho un po' deviato lasciandomi trasportare da un desiderio, per quanto legittimo, di ve- dere un migliore avviamento nella nostra gioventù. Ilo fatto una breve digressione intorno alla concorrenza, ~ i'23 - ma con quella ora più in argomiMito, e erodo che nessuno (lei pochi che leggeranno questo l)reve scritto mi farà un aggravio di quella digressione. La lepulai necessaria, perchè sorgendo nel lettore il dubhio che quegli sforzi potessero divenire inutili, è tosto scemato l'interesse all' argomento. Ora ritorno al fumo. — Abbiamo veduto come in Francia nelle vicinanze di Parigi si coltivi con gran cura le frutta e s'impieghi il fumo quale rimedio contro le brine; tuttavolta non risulta d' un' azione comune sotto la direzione di un capo che abbraci una superlìcie di più chilometri quadrati, mentre il Gomitalo tirolese di Innsbruck sostiene, che o si fa in grande, o non riesce. Se questo principio non ammettesse eccezione, poco, ma poco assai, vi sarebbe da sperare per 1 Italia, ove una vo- lontaria associazione è poco probabile in causa della man- canza di frutteti riuniti in breve spazio. Il fatto parrebbe provare che un" eccezione è ammessa, ma forse è spiegabile per un' altra ragione. La coltivazione delle frutta presso Parigi è a sistema parietale, cosi detto a spalliera, si costruiscono muricciuoli dell' altezza di 2 o 3 metri circa, e la pianta, anziché lan- ciarsi libera nello spazio sopra il suo tronco, è obbligata a stendersi su duna superlìcie verticale, richiamando i famosi giardini olandesi colle loro pareti die contendono l' allinea- mento a quelle di marmo. L'esperienza avrà insegnato come sia il migliore fra i sistemi. Sono lungi dall'esprimere giudi- zii, cito solo fatti; mi pare ovvio, che in questi spazii cosi rinchiusi, anche il fumo possa soggiornare, se anche sono ristretti è meglio anzi per quella causa. La cosa cammine- rebbe diversamente se la pianta lasciata al pieno e hbero suo sviluppo si slanciasse in alto. — L'eccezione colà si appog- gerebbe al sistema di coltivazione, ma questo sistema, che ammetterebbe anche il rimedio del fumo, è in ispazii ristretti comune in Itahu? Credo che cominci a diffondersi, ma, al — 42 i. — momento non è certo comune. A.d ogni modo è già qual- cosa che lo ammetta ; ma il risultato maggiore, proprio quello che salva un raccolto di valore, conviene cercarlo su campo più vasto, conviene calcolare come frutteti anche i vigneti, anzi se per una specie di miracolo la voce di mode- sto scrittore arrivasse a destare un'animazione, un desiderio quanto meno di esperimentare, T Italia d' oggi non pi'csen- terebbe come campo un po' vasto che i vigneti, epperò con- verrebbe fare una scelta ben ragionata delle località, dare la preferenza alle colline ed ai seni naturali, si che la natura stessa venisse in aiuto, e come vi è poca speranza di met- tere d'accordo più Comuni seguendo i consigli del Comitato tirolese, ottenere un risultato dalla risoluta volontà di pochi od anche di un solo ricco prorietario, che fosse padrone di una forte estensione di vigneti collocati nelle condizioni ac- cennate. È naturale, che i primi esperimenti costeranno di più, ma sarà sempre un piccolo sacrificio in confronto di quello che si salva, e se anche si avesse a pagare un po' cara la lezione, non si dovrebbe deplorare la spesa. Convien passare per quella via. Del resto, un grande rischio non vi è davvero. Può essere il caso per gli Americani, che tentano di continuo nuovi mezzi, ma non del nostro proprietario, che probabilmente si atterrà al rimedio, che fra i diversi fai-à miglior riuscita. — Ma non mi basta soffermarmi ad esprimere questo desiderio, io credo che si possa fare un passo più in là. — Io credo che la spesa tanto col fumo, quanto colla neve sia così tenue che un frutteto, sia pure anche piccolo, non certo di due o tre piante, ma di una ventina almeno, un tentativo per salvarlo dovrebbe valere la pena di farlo ; è fuori d' ogni dubbio che, ammesso il fu- mo, conviene farne tal massa, che dovrebbe poter bastare per una triplice quantità di piante; ma ritenuto indispensa- bile un esempio pratico, perchè la persuasione non deriva clic dal fatto, si dovrebbe fare e ripetere quante volte occorre, - 125 — finché sia superato ogni pericolo di brina. — È un merito anche quello di diffondere buone pratiche, sopratutto quan- do non richieggono né grandi capilali, né grandi cure o cognizioni, ma sono alla portata di comuni attivila ed intel- ligenze. Le condizioni del proprietario italiano sono gravi assai. Non è a dire, che quelle della medesima classe presso gli allri popoli siano molto felici ; ma io mi occupo dell" Italia e ne ho di troppo, e fi'ancamente credo difficile che si trovino presso altre nazioni esempii di proprietarii che sopportino gravezze pari a quelle che sopporta il possidente italiano. In un'epoca, nella quale tutto lende ad aumentare di prezzo, in modo speciale la mano d'opera, i prodotti di ali- mentazione, che costituisct)no i principali redditi del pro- prietario, tendono invece a diminuire. — ! paesi i più lon- tani, regioni ignote alla gran massa, anche solo mezzo se- colo addietro, gli fanno concorrenza. Si direbbe che 1" oriente fa a gara coli' occidente a chi più lo batte. — • Avfva il fniininito una delle basi ritenuta per secoli delle più solide, ed è scossa dall'America; aveva il riso, ed ecco il canale di Suez che apre il varco alle Indie e passano i bastimenti carichi di riso; aveva la sela, ed è la China ed il Giappone che inviano a migliaia le loro balle sui nostri mercati. — Aveva i formaggi, ed uno dei paesi, ove trovava il più gran smercio, erano gli Stati Uniti d'America. A poco a poco scemarono le richieste, poi cessarono. Ora chieggono essi se noi abbiamo bisogno di formaggio. Havvi di che impensierirsi, pcichè non si vede il punto sereno neir orizzonte sì fosco, che prometta un cambiamento di questo stato di cose. — 420 — Eppure, lina nazione non può abbandonai si alio sco- raggiamento, lasciar che piombi su di essa il disordine, si generi il caos. È j^iuocoforza invece esaminare a mente fredda le sue condizioni e quelle degli altri popoli, coi quali è legata, e dall'esame coscienzioso trarre come conseguenza la condotta a tenere. Certo che la diflìcoltù comincia precisamente nel trovare questi u(miini, che abbiano la capacità di fare un simile esa- me, e quando giungano a profonde convinzioni, la facoltà di farle valere in mezzo a contrasti d'ogni genere suscitati dal- l' egoismo e dall' ignoranza in buona ed in mala fede. Ciò che complica ancor più la situazione è la guerra simultanea nell'ordine morale, è la guerra ai principii fon- damentali della società, alla famiglia, alla religione, alla pro- prietà. Non è a dire che s'abbia a prendere con leggerezza, ma credo che, con eguale ragione, possa anche dirsi che non convenga troppo spaventarsi. Le esagerazioni cadono per questa stessa loro natura. — lo non veggo né dove, né come questi innovatori, chiamateli come vitlcte, coinunisii, sociaUsli,anarcliisli,i\hh\ano mai scoperta una nuova legge; veggo r uomo de nostri giorni possedere le stesse passioni, le stesse buone, le slesse cattive qualità di que' primi uomini, dai quali ci pervennero particolareggiate descrizioni. Nel prepotente amore dei genitori la Sapienza Creatrice dell'uomo ha riposto il germe della famiglia, e nel bisogno reciproco delle famiglie quello della società. — L'amore dei genitori fa sì, che per essi il lavoro non pesa ; non contano le ore che passano, tutto gli alleggerisce il pensiero dei figli. Or bene, andatf, a dire a questo genitore: tu porrai tiido in comune coi poltroni che aborrono la fatica, che nulla li spinge alla attivila, che sono stanchi dopo un ora di lavoro ; ma questo genitore vi riderà in faccia. Perchè sia possibile una cosa simile, converrebbe sopprimere l'amore de'genitori, che i- la causa priaìa dell'enorme differenza; ma CnchC la natura — 427 — umana si manlerrii eguale alla nostra, ohe è ancor quella di venti, (li ciniiiiauta, di cento secoli addietro, la società si ba- serà sulla famiglia, e la famiglia sulla proprietò, con a base la giustizia (\c\yuiiicnique sumn. — Del resto, la storia conosce altri i)eri()di consimili di aberrazioni passeggere, e sempre si vide com(> lo base è la vanità dei profeti, quando non è pas- sione ancor più volgare quella di voler godere alle spalle altrui, ed è il caso di jiove su dieci dei nostri eroi. Ma io ne ho giù di troppo del mio tema principale, e torno ad esso. Come si scongiura la critica condizione del possidente italiano? Prescindiamo ora dagli aggravi, perchè non occorrono lunghi ragionamenti per provare, che alleggerendo le imposte si solleva ; ma o è possibile, e tutti sanno come nel nostro sistema si deve fai'e, per far abbassare i pesi che gravitano suir agricoltura, o non è possibile, ed allora tutti i vostri sforzi sono inutili, e conviene attendere il tempo che anche questo diventi possibile. Io voglio andare al vivo della questione, voglio che l'agricoltura italiana risorga per la propria forza. Uno dei principii i più inconcussi, perchè vengono dal buon senso, si è quello, che ogni paese deve produrre ciò che le sue condizioni per clima, esposizione, natura del terreno può produrre di meglio, e non voler ostinarsi a produrre quanto può avere con minor spesa da altri paesi. Tuttavolta non è a dire, che questa sia cosa si facile, ma un esame ragionato provincia per provincia di quello che produce, e se la mate- ria prima viene elaborata come si elabora, quali sono i suoi mercati, potrebbe essere di grande utilità sia per dimostrare ciò che conviene abbandonare, ed a quali nuove risorse appigliarsi. Noi vogliamo spiegarci meglio con un esempio. Supponiamo che una provincia dopo laltra sia chiamala avanti un tribunale compotente di giudici altrettanto intelli- — 428 — genti che impni'ziali, ed ognuna declini le sue risorse, i suoi metodi di coltura, di ti-aslorniazione delle materie prime, la sua rotazione, tutto ciò iniìne, che costituisce il suo anda- mento economico e que' giudici esprimano il loro parere. Facciamo il caso di una provincia dell'Alia Italia fra le viticole. Uno dei giudici interroga ; il rappresentante della pro- vincia risponde. Giudice: Quale il reddito principale della sua provincia? Rnjjpreseiì tante : Il vino. Giudice : Quante qualità di uva si coltivano in certa quan- tità, non di pochi singoli esemplari per far numero, ma che ogni qualità dia una quantità che possa avere influenza sulla bontà e quantità del vino? Rappresentante : l'accia conto 12 o 15 qualità non meno. Giudice : Or bene, eccoci ad un grave difetto. — Evidente- mente in questa serie, e noi prenderemo il numero mi- nore, le 12 qualità, havvi l'ottima, la mediocre, linlìma. ■ — È impossibile clie voi possiate ottenere un vino che abbia un carattere determinato ; una ragioue pur vi ebbe, perchè si introdussero anche le mediocri e le infime qualità, probabilmente sarà stala la quantità, forse la precoce maluranza ; ma qualunque sia stata la causa, oggi il fatto è questo: avrete un vino anche buono ma senza carattere speciale, che conserva, a fronte della diversità degli anni, perchè proviene o dalla stessa qualità o di uve altini, sì che Tuna modi- fica il sapore dell'altra. — 11 vino non può e non potrà aver mai quello che si dice un carattere^ un tipo, ed è invece ciò che richiede il commercio, e ciò che seppero dare i Francesi coi loro vini. Presentate a dieci intelli- genti, e s' intende anche della mediocre, direi della co- mune intelligenza una bottiglia senza etichetta, ma che sia barde. rax, non uao lo scambierà per bourgoyne^ e — 429 — così viceversa. — Il vostro vino, se anche buono, sarei inqualilicabilo, fosse derivato da una sola qualità, e sinteiidc della migliore, avrebbe il suo sapore carat- teristico, avrebbe un nome in commercio, sarebbe ri- cercato e quindi pagato più caro. Non facciamo un rimprovero, perchè si comprende be- nissimo come ha potuto avvenire che si avessero tante qualità. Laddove si pagavano censi in natura, p. e., TiO quintali in uva, è mai supponibile che si volesse introdurre la qualità ohe produce meno? Introdusse quella che pro- duceva più, se anche dava la più scadente di tutte le qua- lità. — Ccmstaliamo il fallo. — Forsechò si può dire che la colpa del minore reddito è della natura? Essa vi aveva dato un terreno piopizio, una ubicazione felice ed innesti capaci di produrre uva scelta, colla quale potevate fare un ollimo vino; sceglieste invece inn<'sli cattivi, non cerchia- mo la causa, ma con chi dovete picndei la ? In realtà, non è forse una buona condizione anche quella di potei' dire è riparabile ? Giudice: Le fruita non vi sono di nessuna risorsa? Ra/ipresenlanle : Le nostre colline ci danno ottime frutta, sopratutlo mandorle e pesche, ma si può dire che un anno si, un auiw no, se le mangia la brina. Giìtdìce: Ilavvi una qualità che predomini, e di quella si faccia commercio ? Riippreseììiante • Vi è bensì la migliore fra le molte, ma non è in tal quantità che si faccia un commercio di qualche rilevanza, e si restringe al consumo locale. — Tullavolta, se in luogo di tante diverse qualità domi- nasse una sola, potrebbe divenire una risorsa. È un fatto, poche assai sono le provincie viticole in colline ed a pie dei monti, che non producano buone frut- ta, e quello che oggi non presenta che una risorsa insigni- Tn"t„ ni. Serie VI 55 — 430 - fìconlo, potrebbe fra 12 o 15 anni divenire una risorsa ingente. Giudice: Qua! ò la vostra rotazione? Rappreseiitanle : La parte in piano o pianeggiante la coUi- viaiuo a frumento, si avvicenda con prato artificiale e con granone. Giudice: Quante sementi raccogliete in anno medio di fru- mento ? Rappresentcìnle : Un sacco ve ne rende sei, sei e mezzo, sette, secondo il terreno ed il concime che gli vien dato. Giudice : Ebbene, in queste condizioni è impossibile durare col grano al prezzo d' oggi, vi è perdita ; e per soste- nere conviene o introdurre la coltura intensiva, come in Inghilterra, nel Belgio, in Olanda, ove avete le 18 e le 20 sementi in luogo delle 7, o conviene cambiare coltura. Ecco anche il caso serio; ma se avete il necessario per tentare ia coltura intensiva, una risorsa vi sareb- be ancora. L'abbandono su vasta superficie della col- tivazione del frumento è cosa grave. Ma siccome non voglio prolungarmi troppo, tronchere- mo r esame del rappresentante della provincia dell' Alta Italia ; chiameremo avanti ai supposti giudici uno delle Pro- vincie meridionali, p. e. quello della provincia di Bari. Giudice: Ebbene, quali sono le principali risorse della sua provincia ? Rappresentante : Olio, vino, cotone, mandorle, fichi, carub- be, più frumento. Giudice: Oh che benedizione! — E tutti questi articoli si producono in tal copia da essere oggetto di esporta- zione e commercio? Rappresentante: Tutti più o meno, ma oggi il frumento ed anche il cotone non rendono le spese. Giudice: Siamo alle medesime cause. L' America e l'Egitto - 431 - soffocano niiel caiilui'cio il Ilalia, che produce anche cotone; per poco che ancora ribussi, converrù abban- donare quella colluro, ma veggo che ha una speciale benedizione in frutta. Rappresenlciììle : Il paese soffre spesso per siccità : se po- tesse procurare un canale d'acqua irrigatorio, po- trebbe duplicare i suoi redditi che pur sono ingenti. Giudice: Non si fecero mai studii in proposito ? È egli impossibile condurre un canale dell'Appennino? Rappresenlanie : No, si pretende anzi possibilissimo; ed un ingegnere roniano fece un progetto anche particola- reggiato, ma tocca tre provincie, e non si andò d' ac- cordo. Giudice: Qui veramente ci troviamo in presenza d'una provincia ricca, che potrebbe divenire ricchissima, non che affrontare con coraggio il suo avvenire ; ma si oppone un' altra causa, la discordia. — È però già un fallo, che merita essere bene considerato, quello di tale possibilità. .Ma stando alle condizioni attuali, r olivo, oltre la produzione dell' olio, dà tutto il pro- Dtto possibile al paese, o viene esportato ed elaborato altrove ? Rappresenlante: L' ulivo è lungi dall'essere lutto utilizzato in paese. — Anni sono, e si rimonti pure ad una ven- tina, fatta r estrazione, si gettava ciò che chiamasi la sansa ; vennero estranei, francesi in maggior nume- rOj ed acquistando que' riiìuti a poco prezzo, li sotlo- meltcvano a nuove operazioni scaldandoli, e ne cava- vano un olio o sostanza oleosa d' inGma qualità, ma colla quale si fa ottimo sapone. Ora la sansa ò aumen- tata mollo di prezzo. — Quanto all' olio fino e com- mestibile,viene purificato altrove, se e quando occorre. Giudice: Crede che le industrie, che si appoggiano all'olio oomc loro base, potrebbero stabilirsi in questi paesi ? — 132 — Ra}>preseulante : Senza dubbio di sort.i. Giudice: Anche questa sarebbe una risorsa. — Favorisca dirmi: Il mandorlo, il fico e la carubba presentano grande convenienza, si potrebbe coltivarli su grande scala ? Roijpresenlanle : Si può dire di tutte tre, che sono fra le piante, le quali richieggono minore spesa di cultura e danno in proporzione un maggior reddito netto. Han- no però, e specialmente il mandorlo, un gran nemico nella brina ; gli altri due si sviluppano più tardi e cor- rono minori pericoli. Alla dimanda se la massa attuale di quelle piante può venire aumentata, si può rispon- dere, che si potrebbe aumentare indubbiamente e mol- to, precisare se al quinlui)!o od al decuplo sarebbe impossibile, come suol dirsi, sui due piedi. Giudice :E(iCO ove anche il rimedio del fumo troverebbe la sua bella applicazione ; ecco i paesi ove converrebbe piantare i veri frutteti. Ma, per spiegare il mio concetto, mi pare che bastino i due esempi. Uscirei dalia misura tracciatami, volendo esten- dermi ancora |)iù. Importava far conoscere la differenza fra paesi nuovi e la vecchia Europa ; quelli ci avanzarono di molto, questo è un fatto innegabile. Ma questo stalo non deve recar meraviglia, convien ri- montare a quel passato che può chiamarsi il generatore im- mediato del presente. Quanti erano che, coltivando le pro- prie terre si elevavano al di sopra del comune, seguendo solo quanto si era sempre fatto? Lo stesso principio, an- nunciato vero nella sua sostanza, di rimaner fedeli a quanto di più perfetto produce il vostro terreno nelT applicazione pratica, può ammettere eccezioni. — Chi avrebbe dello, Irent'anni or sono, che il frumento doveva cadere si basso? Oggetto di prima necessità, protetto da dazi d'entrata, vi — 133 - era la convenienza, anche laddove il terreno non era il più [H'opizio. — Non si prenda come critica l'osservazione, ma come spiegazione di ([uello stato di cose, che in parte può essere appunto migliorato, conoscendone le cause. Ove era, e dove è sempre possibile seguile il principio si vero, si retto, di tenci'si a quanto di meglio potete pro- durre? Nei paesi nuovamente conquistati ali" agricoltura. — Cosi fecero e fanno gli Americani degli Stali Uniti. Essi trovaronsi in condi/.ioni ben diverse. Tornò a loro bene- tizio l'esempio della vecchia Europa. —Si fu al cadere del secolo passato, e poi in seguito nel nostro, che la chi- mica fece le sue scoperte, le quali tanto influirono anche sull'agricoltura e, come non bastasse, venne in suo ajulo la meccanica. — Ai buoi, ai cavalli, che mangiano e lavo- rano, ma si stancano, si sostituirono macchine, che non si stancano mai, e fanno un lavoro a più buon patto. — Il capitale in danaro, e quello ancor più prezioso deirintelli- gui'uza, non manto all'America, e fu l'Europa che in gran parte lo somministrò; ma gli Americani avevano avanti di sé i terreni ancor vergini; i coltivatori anche dell'ultima classe non avevano pi'cgiudizii, non l'avversione alle novità, il che all'atto pratico non è 1' ultimo degli incagli. Ma tant'è; datu l'attuale condizione dell'Italia, siasno condotti a dover ravvisare nei medesimi difetti della no- stra agricoltura, negli errori ereditati dai nostri padri, una possibilità di migliormenlo e non piccolo. Ciò che si dice dell'agricoltura, potrebbe dirsi anche delle industrie stretta- mente annesse. Siamo in un'epoca di transizione.— Fra pochi anni (e fossero anche IO o 12, sono semisre pochi nella vita d'una nazione) la nostra rete sarà compita, ammetterà sempre nuovi perfezionamenti ; ma conipite quelle linee, che si chiamano maestre, allora si potrà far calcoli ancoi' più — 434 — esatti su quanto conviene produi-re. Or bene, io creilo die la coltivazione delle frutta su grande scala si presenterà collie una delle risorse le più indicate e colle frulla an- che gli agrumi, percLè è precisamente uno dei prodolti che più guadagnarono dai moderni progressi nel modo di coltivarli, conservarli e trasporlni'li : tulio questo ad una condizione cioè, che le classi sociali possidenti e ric- che si propongano sul serio di voler migliorare le condi- zioìii rispettive. — Non si incolpi la natura d'essere stata avai'a coli' Italia. Se fosse possibile lare la rassegna analoga a quella che ho menzionato più sopra, ma delle specialità che s'incontrano nelle diverse provincie, di quelle specie cioò di regali, che madre natura si compiace di fare a questo o quel territorio dandogli un vero privilegio, forse lisulte- rebbe tal numero come pochi si attendono; ed in più casi risulterebbe forse, che (inora fummo lontani dall' averne tratto il partito che poti^vasi trarre. Però si è ancora in tempo. Noji sono privdegi esclusivi air Italia, ma in para- gone venne forse trattata un po' da Beniamino. Le altre nazioni seppero utilizzar meglio i regali die ricevettero. Voglio permettermi di citare un fallo, che avvenne a me slesso lunghi anni addietro; ma, sotto (juesto rapporto, l'essere caso vecchio, riesce a maggior conferma di quanto asserisco. Faccio un salto di mezzo secolo addietro, anzi colla buona misura. — Torno col pensiero al 1832. Finiti i miei studii a Vienna, volli fare un giro nel centro del- l'Europa, e primo fra i paesi visitali fu la Boemia. Viag- giava mollo a piedi ; un giorno, dopo una buona marcia, arrivo a r.olin. Entro nella prima osteria, chieggo mi ven- ga pi-eparalo un buon pranzo. Col bollilo mi recano radi- ca detta creii^ ma di lai forza e fragranza che mai ne aveva gustata di simile. — Mentre stava appi'ezzando questa sin- golarità, entra l'oste, che viene a fai- visita al giovine viag- — 435 — gialore; un no rio grande, larrhiulo^ con un buon metro e mezzo di spalle, (ìsionoMiia di buon uomo. Io entro tosto neirargomonlo, che probabibiiente l'a- veva condotto, e faccio gli elogi della singolare bontà di quelle radici. Ma! esclama quasi sorpreso, non sa quanto è celebre il cren di Colin ? Confesso che lo ignorava. Ma donde viene? Vengo da Vienna. Coni' è mai possibile che non conoscesse per fama il cren di Colin ? Quell'oste misurava il grado di civiltà d' un uomo dal- l'essere a conoscenza di quel gran fallo, di quella prerogati- va di Colin. - Ei mi perdonò la mia ignoi-anza, tanto più che i miei elogi erano slati così spontanei, che non poteva- si dubitare della piena mia sincerità; ma visto quanto volen- tieri discorreva di quella prerogativa della sua pallia, conti- nuai in argomento, chiedendo come si coltivasse, qual va- lore avessero que' terreni e qual capitale ponesse in cir- colazione, e rammento sempre con quanta compiacenza ei narrava il vasto commercio e come fosse conosciuta in tutta r L]uropa. Più d" una volta mi tornò al pensiero il buon uomo e la gloria del suo paese. — Quanti casi analoghi forse pre- senta r Italia; ma senza che siasi tiralo quel partito che per la specialità avrebbe meritato ! Le esposizioni agricole ch'ebbero luogo in Italia, siano speciali, esclusive, agricole, e sono le più utili ; sia che la parte agricola ne formi uno dei rami, come avvenne nel- r ultima nazionale di Torino; somministrano argomento a ben sperare. Non vi è da insuperbire di ciò che ora si produce, ma da attingete confidenza nella lotta inevita- bile colle Mitre nazioni, che hanno a sui>erare le stesse dilli- - 436 - c()lt;'i. Non sono i bellissimi escmphiri che niancnno, sibbe- ne la massa inilisiionsai)ile dietro quell'esemplare. È (lessa che reca i capitali, che vince le concorrenze sui mercati eu- ropei e forma i grossi battaglioni in tale guerra. — Il più bel pomo, la più bella pesca vi autorizza a dire, che in quella iocalilà, in quel terreno si possono ottenere campioni di prima qualità; ma la cultura non diventa seria, se non sa- pete produrre quintali a migliaja, come avviene in Ameri- ca. — Non pertanto è giù rassicurante anche il campione dato, perchè non può esservi più dubbio che il capitale e la fatica impiegata saranno rimunerati. E per chiudere, rimanendo in argomento, vorrei che i miei concittadini dessero tutto il peso che meritano le con- dizioni della nostra agricoltura, ma non per scoraggiarsi; sibbene per trarne motivo di maggior attività, di studio serio nella scelta dei rami, che più convengono alle diverse località, facendo la sua parte alle nuove condizioni create dai cambiamenti politici, dal collegamento con altre nazioni e dal continuo progresso nelle scienze. È mio convincimento inoltre, che molte provincie d' I- talia devono trovare il loro tornaconto nella coltivazione su grande scala delle frulla ; ma che la scelta sia ottima, che non siano piantagioni in miniatura, ma siano fatte con tutta la cura, e non si dimenichi anche la tutela contro il principale loro nemico, la brina. -- Io non chieggo nulla di più di quello che fanno gli Americani, i quali, dal commer- cio delle frutta e dei preparati, traggono intorno a 500 milioni, ma prendono le cose veramente sul serio. LA RAPPRESENTAZIONE DELLO SPAZIO RIGATO SOPRA UN PIANO CONNESSO E SUA APPLICAZIONE ALLO STUDIO DEI COMBSSI LINEOLINEARI. MEMORIA DEL DOTT. GIULIO LAZZERI (Contiuuaz. della pag. 208 del presente tomo) 16. Da quanto abbiamo detto possiamo concludere, che in un sistema lineare di oc^ connessi (1,1) ne esistono cc^ singolari. Gli elementi formati dai centri ed assi di questi connessi sono pure go^ ; ogni punto del piano tt è centro di uno di questi connessi e gli corrisponde nel piano tt' una retta come asse del connesso stesso, e vi- ceversa una retta di tt é asse di un connesso singolare, e le corrisponde un punto di tt come centro del connesso stesso. Le formule per mezzo delle quali si trova il punto che corrisponde a una retta o la retta che corrisponde a un punto, sono le (30), (31) e sono di 5." grado, dunque: « / centri e gli assi degli ce"- connessi singolari di un sistema lineare di oo^ connessi (\, \) stabiliscono una tra- sformazione di Cremona del 5." ordine fra i punti x e le rette v di due piani tt , tt' sovrapposti. » Questa trasfonuazione possiede G punti fondamentali doppi e 6 rette fondamentali doppie, che formano i C e\e- Tvrno III, Serie VI. 5j — 438 ~ menti comuni agli oo^ connessi del sistema dato. — Infatti i G elementi (x,v) comuni ai connessi dati verificano le equazioni A,^ = 0 , B,^ = 0 , C,^ = 0 , D^^ = 0 A/ = 0 , B,^ = 0 , r,/ :=r 0 , A,' = (\ , e perciò annullano tutte le L;^ e le A/^ , ed appartengono come punti e tangenti doppie alle curve ^. 0 rispettivamente, dunque : « « La trasformazione del 5.° ordine, stabilita dai centri ed assi dei connessi singolari di un sistema S, ha 6 punti e 6 rette fondamentali doppie^ che formano gli elementi co- muni ai connessi del sistema S . « 17. Della trasformazione stabilita possono darsi due interpretazioni geometriche, considerando le equazioni (26) (27). «Le (^G) sono le equazioni di lie connessi (1 , 3). Data una retta v di ir' , corrispondono ad essa rispetto ai tre connessi tre rette clie concoirono nel punto di ir corrispondente al- la retta v . Dato un punto x di IT , gli corrispondono nel piano tt' rispetto ai tre con- nessi tre curve di 3.' classe che hanno come tangente comune la retta v di ir' corrisponden- te al punto X. » (( Le (27) sono le equazioni di tre connessi (3 , 1). Dato un punto X di ir', gli corrispon- dono rispetto ai tre connessi tre punti che giacciono sulla retta v di ir' corrispondente al punto X . Data una retta v di ■tt' , le corrispondono nel piano TT rispetto ai tre connes- si tre curve di 3.° ordine che hanno in comune il punto x di ir corrispondente alla retta i'. » 4 8. Ricorderò qui alcune delle proprietà principali della trasformazione che stiamo studiando, e che si ricavano dal- - 439 - la teoria generale delle Irasforinazioni di Cremona, per de- durne alcune notevoli proprietà del sistema di connessi H. Indichiamo con (i, , w^) , {z^ , Wo) , (23 , w^) , (24 , w^) , (^r, > ^r.) ) (^6 1 ^^(,) S'' elementi comuni ai connessi del si- stema, e siano i , h , k . l , m , n i sei indici I ,2,3,4, 5 , 6 scritti in un ordine qualunque. — i sei punti Z; e le sei rette Wi sono, come abbiamo detto, i punti e le rette fondamentali doppie della trasformazione stabilita -, le sei curve fondamentali, corrispondenti ai sei punti z-, sono le sei curve di 2.'' classe tangenti alle cinque rette u'/^.W/^, ivi , ?y,„ , IV 1^ ; le sei curve fondamentali, corrispondenti alle sei rette iv- sono le curve di 2." ordine che passano pei punti z,^ , Z}^ , Zi , 2,„ , z^ . Dunque : «Ognuno dei sei punti z,- è cen- tro di 00' connessi singolari del sistema S , che hanno per assi le tangenti di una conica, che tocca le cinque rette Wj^ , tv ^,Wt,w^^,io„.y) «Ognuna delle sei rette iVi è asse di 00' connessi singolari del sistema H , che hanno per centri i punti di una conica, che passa per i cinque punti Se un punto x , giace sulla retta corrispondente v , si ha 2i>j-.^^==: 0, e quindi il punto x si trova sulla curva di 6." ordine ^¥-Xi = 0 e la retta v è tangente alla curva di 6.^ classe dunque : « // luogo dei centri dei connessi singolari del sistema S, che giacciono siili' asse corrispondente^ è una curva di 6." ordine che ha i 6 punti z- per punti doppi. Vinviluppo de- gli assi dei connessi stessi è una curva di 0/ classe, che ha le 6 rette W; per tangenti doppie. » Se il punto X percorre una curva XuiX;-- 0 , la rei- — 440 — tu corrispondente v inviluppa la curva di 5.^ classe che ha le sei rette w- per tangenti doppie; e se la retta v percorre un fascio Xv^iji^ 0, il punto corrispondente x percorre la curva di 5." ordine che ha i sei punti Zi per punti doppi. Se però il punto x percorre una retta, che passa per il punto 2^-, allora la ret- ta corrispondente inviluppa una curva di 5.* classe, che ha la retta w- come tangente doppia e tocca le altre 5 rette Wj^ ; e se il punto x percorre la retta z^Zf^ , la retta v percorre il fascio ^v^W/^ . Analogamente, se la retta v per- corre un fascio, il cui centro y è sulla retta Wi , il punto corrispondente x percorre una cubica, che ha Zi per pun- to doppio e passa per gli altri punti z ; se v percorre il fascio 'WlW/^ il punto x percorre la retta ZiZj^ , dunque : «L Gli assi dei connessi singolari del sistema E , che hanno per centri i punti di una delle 15 rette zf^ ? sono i raggi dei 15 fasci tVfWh ; gli assi di quelli, i cui centri sono i punti di una retta per un punto z^ , invilup- pano una curva di 3.* classe che ha la retta w^ per tangen- te doppia, e tocca le altre 5 ret- te IV ; gli assi di quelli, che hanno per centri i punti di un altra retta qualunque, sono le tangenti di una curva di 5/ classe, che ha le 6 rette io,- per tangenti doppie. » (( 1 centri dei connessi singola- ri del sistema E , che hanno per assi i raggi di uno dei 15 fasci iViiVh , sono i punti delle 15 rette zfh ', i centri di quel- li, i cui assi sono i raggi di un fascio VW{ , sono i punti di una cuV'ica che ha il punto z^ per punto doppio e passa per gli al- tri 5 punti z ; i centri di quelli che hanno per assi le rette di un altro fascio qualunque, sono i punti di una curva del 5.° or- dine che ha i 6 punti z,- per punti doppi. » — 441 — 19. Se è dato un sistema lineare cc^ di connessi (I , i) (32) Xa,v„ ■+- (xb^va H- vc^Vy + p^VcT + cr^^i'g =: 0 , ve ne sono oc^ singolari, che soddisfano alla condizione di aver nullo il determinante, che indicherò con M . Indican- do con ì^is i minori del determinante iM , le cordinate dei centri ed assi di quei connessi sono : i;j = M,., VjzirM 2^ v.=iM ÌS 5 ed operando come al n." 14, si trova che fra i parametri A , w , r , p , cr e le coordinate di questi centri ed assi de- vono sussistere le sei relazioni : i i i i i X^a^lXi-\-[X^b^lXi-^v'T:c^lXi-\-p'^d dove n è una funzione di 2." grado nelle due serie di va- riabili X ^v . Da ciò possiamo concludere che : «/ centri e gli assi dei connessi singolari di un sistema lineare di ce* connessi (1, I) formano un connesso (2,2).» Ogni elemento di questo connesso è costituito dal cen- tro e dall'asse di uno e di uno solo dei connessi singolari suddetti. I valori dei parametri A, ^, /' , p, cr che dan- no l'equazione di un connesso singolare che ha per centro il punto X e per asse la retta v di un elemento del connes- so 11=: 0 si ottengono risolvendo quattro delle equazioni (33), (34). 20. Abbiasi infine un sistema lineare di x ^ connes- si (\ , I) — 443 — Fra questi ve ne sono oo' singolari, che hanno il loro deterniinaiile eguale a zero; i loro centri ed assi soddisfa- no le sei equazioni ?^'£a^■Xi-i-fxXO^jXl-\-rSc^■Xl~{-p'£d^lXl-\-a•Xe^lXi-]-TXf^lX■-0 }\Xanjx--ha^boiX--{-iXCoiX;-\-pXdi;Xi-{-aSe^;X^-\-rXf,ilXi- XXa^-Xi-hfJ-Xb.iX;-^i>Xc.^-x--i-pXd^-x--i-a-Xe.,-x--hTXf^lXi=0 XXal^Vl-hfAXl>■^V■-hl''£.C■^V;-hfi^d;^V■-hcrl:e;^Vi-hTXfnV■~0 }^XaiiV--{-u^ùi^V;-i-i'Xc;oVi-hpXd^,,v--\-(rl,ei^Vi-{-TXfi^Vi - 0 Xl:ai.Vi-^fj.Xù-,v,-hvXc-,v--hpXd-,v^-{-a-'£e-^V;-hT'£fi,v- = 0 Il determinante di queste sei equazioni è identicamente nullo, come è facile vedere sommando colla e.** linea mol- tiplicata per 7/3 le prime cinque moltiplicate per — v, , — f 2 , — V3 , y^, y^ ; perciò il punto e la retta di un elemento qualunque del piano possono essere il centro e l'asse di un connesso singolare e di uno solo del sistema dato. III. Rappresentazione dello spazio rigato sopra un piano connesso. 21. Il numero di elementi comuni a quattro connessi si determina nel modo seguente {*). Tre connessi (m , n) , {m' , n) , (m" , n") , hanno in comune una coppia di cur- ve (C'^ , \iv ) -, le equazioni delle quali si ottengono elimi- nando la i» o le a; fra le equazioni dei tre connessi. Per- ciò l'ordine ^ e la classe v di questa coppia di curve sono rispettivamente ^ = mn'n" + mn'n -\- m"nn V == nm'm" -+• n'm'm + n"mm' . Si consideri ora anche un quarto connesso {m"\ n'") . (1) V. Clebscli, 1. e. — 444 — A ogni punto x della curva C'^ appartengono, rispetto a questo connesso, le tangenti di una curva !(«" di classe n" ^ che colla K;, ha in comune n" .v tangenti v . Se una di queste coincide colla tangente di K^, , che appartiene a x rispetto alla coppia di curve (C,^ , Kv ) , è chiaro che l'ele- mento {x , v) è comune ai quattro connessi. Le n".v tangenti v di K^ danno altrettanti punti z sulla C« . Viceversa un punto z determina una tangente v di K^ , e questa determina m" .a punti x sulla C^ , intersezioni di questa curva colla curva C,,/", luogo dei punti che ap- partengono alla retta v rispetto al connesso [m" , n'") . Cosi sulla C« abbiamo una corrispondenza (n"V , m"/u)y che per il principio di Chasles, ha n"'i/ + m"'^ elementi uniti. Questo è appunto il numero degli elementi comuni ai quattro connessi dati. Ne segue che quattro connessi (I , 1) hanno in co- mune 6 elementi. Si sa che, presa una retta u e un pun- to y , gli elementi di un connesso (I , ì) formati da un punto di u e da una retta per y , stabiliscono una cor- rispondenza proiettiva fra quei punti e quelle rette. Se quattro connessi (I , I) stabiliscono una medesima cor- rispondenza fra i punti di una retta u e i raggi per un punto y , è chiaro intanto che le coppie di curve di 3." ordine e S.'* classe comune a tre di essi, si spezza nelle coppie di curve di primo ordine e di prima classe formata dal punto y e dalla retta u , e in una coppia di curve (Cj , K2) ^'i second' ordine e di seconda classe. Allora nella corrispondenza sopra citata due coincidenze vengono assorbite dai punti d'incontro della retta u collaconica Cj e altre due dai punti che appartengono alle tangenti con- dotte alla K2 dal punto y rispetto alla coppia di curve comuni a quei tre connessi. Restano quindi due sole coin- cidenze. Per brevitù dirò d'ora in avanti che i punti di una punteggiata coi raggi corrispondenti di un fascio ad — 445 — essa proiettiva formano nel piano connesso un fascio di elementi, e cliiamerò asse e centro del fascio di elementi la retta in cui si trova la punteggiala e il centro del fascio. Con queste delìnizioni possiamo enunciare il teorema: iiQuatlro connessi (1,1) che hanno in comune un fascio di elementi hanno ancora in comune due soli elementi. » 22. Affinchè un connesso (I , 1) determini fra i punti di una rella (z' z^') e le rette di un fascio {lu' tv") la corrispondenza fra gli elementi è necessario che per qualunque valore del rapporto — sia soddisfatta la condizione ossia A,'az'M;'«+ A,A(i(flz' w"a-h a^w' a) + X^^a^'iu'a = 0 , è necessario cioè che sieno verificate le tre condizioni / o K\ ^z' «' « = 0 az"w"a =z 0 Gz W cc-\- ttz'W a=0 . Dunque i connessi (I, i), che contengono uno stesso fascio di elementi, sono oo"' come i complessi lineari, e quattro di essi, come quattro complessi lineari, hanno in comune due elementi variabili. Da ciò si capisce subito la possibilitù di stabilire una corrispondenza univoca fra il sistema 2 di connessi (i , I) suddetti che hanno un fa- scio di elementi in comune e i complessi lineari dello spa- zio rigato S . II fascio di clementi comuni ai connessi del sistema 2 dirò che è la base di questo sistema e lo indicherò con <^ . 23. Prendiamo come centro ed asse del fascio <^ il TviiiU II J, Serie \I. 57 — 446 — punto v^ = 0 e la retta x^^=.0 , e facciamo corrispon- dere i punti 2' = (1,0,0) z" — (0,0, I) alle rette «;' = (!, 0, 0) w"~{0, 0, i) colla corrispondenza Le condizioni (35) trovate nel numero precedente di- vengono allora «n=0 «sg— 0 a^^-\-a.^=0, e le equazioni dei connessi del sistema 2 prendono la forma (36) a^^v^x^ -+■ a^^v^x^ -+- a^^v^x^, + «531^2^5 + a-^^v^x.^-^- + a^^{v^oc^~v,x^) = Q . Per istabilire ora la corrispondenza fra il sistema di connessi 2 e il sistema di complessi lineari basta far corrispondere 6 connessi arbitrari a 6 complessi arbitrari. Una corrispondenza notevole viene stabilita, po- nendo fra i coefficienti a e A le relazioni Asj :::=^ — din Aji =■- a^, (38) A<2= «1 Ai4 «32 A^4 = «23 A34 «Q2 " Questa trasformazione equivale a stabilire fra gli ele- menti del piano connesso e quelli dello spazio rigato le re- lazioni (39) Pz^^ ^s^'s Pn^ ^'i^i Queste formule permettono di passare da un elemento del piano connesso a una retta dello spazio S . _. 447 - Le formule inverse per passare da una ietta p a un elemento {x , v) si ricavano immediatamente dalle prece- denti, e sono ^i^- Pli ^i^ Pu 24. Ecco il signiGcato geometrico della trasformazione stabilita nel numero precedente. Prendiamo un tetraedro fondamentale qualunque A, Aj Aj A.J , e indichiamo con :^, , tt^ , tt^ , tt^^ le fac- cie di questo tetraedro, rispettivamente opposte ai vertici A, , As , A3 , A4 . Supponiamo che tti^ sia il piano con- nesso costituito dal piano punteggiato tt e dal piano ri- gato TT sovrapposti, e stabiliamo una corrispondenza pro- iettiva fra i punti x di ti e quelli z' del piano ;?-< e una corrispondenza proiettiva fra le rette v di tt e 1 punti ;:." del piano ^^ • '^ chiaro allora che un elemen- to {x , v) determina un punto z' e un punto z e quindi la loro congiungente /> , e viceversa una retta p incon- tra i piani 77-j , 77-^ in due punti z , z" , i quali deter- minano un elemento {x , v) . Viene cosi stabilita una cor- rispondenza univoca fra le rette dello spazio S e gli ele- menti del piano connesso. Se le formule della corrispondenza fra i punti x di tt e i punti z di 77-, , e quelle della corrispondenza fra le rette v di 77-' e i punti z" di 77-2 sono (4t) V^:=zz n Vo =^ 2 t Wj z= 2 3 avremo che le coordinate ;?,^ della retta /) , corrispon- dente air elemento {x , i») , essendo proporzionali ai mi- nori della matrice 0 -^' -' %' — 44S — sono pure proporzionali ai minori dell' altra Vj 0 i>3 v^ e perciò si ricade nelle relazioni (39) . Per mezzo delle suddette formule una coppia di curve viene trasformata in una serie rigala, una coincidenza in una congruenza, un connesso in un complesso. 25. È da osservarsi che la trasformazione (-^0) fra 1 punti di tt e quelli di ttj^ , si ottiene con una proie- zione fatta dal punto della A, A,, , coniugato armonico del punto unità su questo lato rispetto ai punii Aj , A^ , co- me centro. Infatti al punto di tt ^ di coordinate corrisponde il punto di tt di coordinate Ogni punto della loro congiungente ha per coordinate Xz\ , (t-f-A)2'2, (l-f-A) z'.^ , z\ . Ponendo A = — I queste si riducono proporzionali a — 4,0,0,1, il che prova quanto abbiamo enunciato. 26. Per la coiTispondenza stabilita ogni retta dello spa- zio rigato S dà un elemento del piano connesso e vice- versa. Fanno eccezione però le rette che incontrano la Aj A4 , e gli elementi del fascio <^ , cioè le rette del com- plesso speciale 4" , che ha A3 Aj per assr, e gli elementi del fascio $ sono gli elementi fondamentali della trasfor- mazione. Infatti una retta del complesso 'i- incontra la retta A3 A4 , e quindi i due piani tt^, tt^^, in un punto P di coordinate — 449 — / . // ^ ^1 Il /\ ' ^n ■). „l „>l ^, Z^ — ^ \ "i " 1 ^ % — ") -"3 ^ 3 '^S 5 ^4 *' \ •^M perciò a tutte le rette che passano per P corrisponde l'e- lemento X^ A( , 3^2 — — ^ 1 -^3 ^^^^^ •^S 1 v^ — A, , t'o = 0 , t^^EEAj, che appartiene al fascio (^ . Viceversa ogni elemento del fascio ^ dà tutte le rette che passano per un punto P della retta A3 A4 , dunque: « A ogni elemento del fascio <^ corrispondono gli 00 ^ raggi di una stella col centro in un punto della A^ A^ .» « Al fascio di clementi f!> corrisponde il complesso ^J-.» Fra le rette del complesso S-* bisogna poi considerare a parte quelle dei piani tTì , tt^ . Infatti una retta dei piano tt^^ incontra il piano tt^ in un punto di coordinate ^/=:0, ZgrrrO, Z3 r= A3 , 2^":= A, e il piano tt, in un punto indeterminato, perciò le cor- rispondono nel piano connesso gli elementi a;, = 0 , a-'o = 0 , a^j 1= 0 , t^j = A^ , i;^ =zo , i\ = A3 . Cosi una retta del piano 7r<^ incontra tt^ in un punto in- determinato e TT^ in un punto di coordinate S , =r 0 %\ =z 0 Z 3 =r A3 Z 4 =r A) , c perciò le corrispondono gli elementi di coordinate QO k - ■-/Vi ) fc , e perciò le proprietà che troveremo per essi varranno an- che per un altro sistema di connessi (I , 'l) qualunque, che hanno un fascio di elementi in comune. — 451 — La condizione perchè un connesso del sistema 2 sin singolare, cioù T annullarsi del suo determinante 0 a,o a, ao^ «2 2 — a, 3 «32 0 '23 ::= a.Jaoi . «; 023-4-022 • ^13/ ) porta la necessità che sia verificata una delle due equazioni (42) 0,,^, = «2 1 • «32 — «12 • «23 + «22 • «i 3 = ^ ' Se è verificata la prima, il connesso è della forma «12^1^'2 + «21^2^1 + «22^2^2 ~^ «23^2^*3 + «32^3^*2 ^= ^ ì e gli corrisponde il complesso «12/^24 — «223 ~ ^ , che contiene la retta A, A. . Se ò verificata la seconda, il complesso corrispondente Ao3/^4 4- KiPu + ^12^34+ A.4/>23 + A24/>3i + ^34/^,2 " 0 soddisfa la condizione A23 • A, 4 + Ani . A24 -f- Ai2 • A34 = 0 , ed è perciò speciale. Le coordinate y ed u dei centri e degli assi di que- sti connessi singolari sono nel l." caso 2/1= «32 ^ 2/2 = 0, 2/3=— 0^2, U^^ — 003 > 1^2 = 0 , Vj— «21; nel 2.° caso yi = "■32 2/2 =^«13 2/3 = — a 12 ? , \) equivale air altra che una di esse appartenga al complesso speciale, che ha per asse l'altra retta. Così pure fra gh elementi [x , v) , (x-', v') , corrispondenti alle due rette ]) , y' che s' incontrano, dovrà sussistere la condizione che ognuno di essi appartenga al connesso singolare del sistema S de- terminato dall'altro elemento. Perciò, condotto il raggio per A2 , che passa per il punto vv\ e unito il punto x col punto della A, A. che corrisponde a quel raggio nel fascio $, la congiungente deve passare per x . Dunque: « Gli elementi {x , v) {x v\ corrispondenti a due rette p , p' che s' incontrano, sono tali che la retta che unisce Aj col punto vv' e il punto d' incontro della A^ A^ col- la X x formano un elemento del fascio $ . » Due elementi,^ che come {x v) {x v) soddisfano alla condizione sopra enunciata, dirò che sono elementi con- giunti rispetto al fascio $ . Posta questa definizione il teorema precedente si può enunciare cosi : «i due rette che s incontrano corrispondono due elementi congiunti rispetto al fascio ^ . » Si può pure enunciare il teorema : « Un connesso singolare è formato dagli elementi con- giunti rispetto a un fascio $ coW elemento formato dal suo centro e dal suo asse. » 30. Un complesso lineare è determinalo da un penta- gono P^ Pp Pj P4 P- , colla condizione che, stabilito l'or- dine con cui devono essere disposti i cinque punti P^- , nel sistema nullo determinato dal complesso ogni punto P^ Tona Ili, òl'ìie Vi. 5<3 — 454 -- corrisponda yl piano determinalo dal punto P^- e dai due adiacenti, ossia è determinato dalla condizione di conte- nere cinque rette />^*"', /i^^'^^ , />^^-^) , />^^ ') , //''^ , che uni- scono due punti consecutivi fra i 5 punti P presi in un dato ordine. Così un connesso del sistema S sarà determinato dalla condizione di contenere cinque elementi formati dai vertici X e dai lati v di un pentagono e di un pentala- lero, tali che il punto d'incontro della retta x^ x-^i col- la A, A3, eia retta che unisce Ao col punto i'/ *V+o ^^^~ mino un elemento del fascio $ . In generale dunque: « Un connesso è determiììalo dalla condizione di conte- nere un fascio di elementi e 5 elementi tali che, presi in un certo ordine, due consecutivi sieno congiunti rispetto al fascio. » Per costruire cinque elementi che soddisGno alla con- dizione precedente, si può fare nel modo seguente. Si prendano cinque elementi (B^ , 0^) , (Bo , ^2) > (1^3 1 ^^3) 1 (B4 , /*,,) , (B- , òr) del fascio $ , formati da cinque punti B^- sulla retta A^ A. e da cinque rette b- per A5 . Quindi per ciascuno dei punti B, si conduca una retta C; e su ciascuna retta l>- si prenda un punto C; ; stabilito l'or- dine nel quale devono prendersi i punti C; e le rette c^ , le rette che uniscono i punti C^- consecutivi ei punti d'in- contro di due rette c; consecutive formano uno dei pen- talateri e pentagoni che si cercavano. È chiaro che le cinque rette c; e i cinque punti C; determinano ^2 pentagoni e pentalateri, e quindi 4 2 con- nessi, se si ordinano in tutti i modi possibili. 3 I . Presi più connessi del sistema 2 , è chiaro che anche il connesso che ha per equazione una combinazione lineare delle loro equazioni, appartiene pure al sistema 2 . Cosicché due, tre, quattro connessi del sistema 2 — 455 - (lolerminano un fascio, ima reto, un sistema cc^ . . . . di connessi appartenenti pure al sistema X • Studiamo ora le proprietà di questi sistemi. Abbiasi il fascio (43) /u^a,^Va-i- f^^O^V0=:O , determinato dai due connessi -\-b^.p^x^ — V,x^)=0 . In esso si trovano tre connessi singolari, uno dei quali corrisponde al valore di /J.^ : pio radice della equazione e corrisponde a un complesso che contiene la retta A3 A4 ; gli altri due corrispondono ai due valori di fjt^ : fx^ radici dell'equazione (t/,a5,+^,Aoi)(i/,a332) -(,a23 + «O2^13 + ^2t«'.2-^^2<*23 + ^22«U 1 e conservando le notazioni del numero 27, (43) ^^^0„, 4- 2,«,^,0,,^ + ^.%0^^ =^ 0 . Questi due connessi corrispondono ai complessi spe- ciali del fascio di complessi corrispondenti al fascio di con- nessi (43) . I due connessi speciali, dati dall'equazione (45), forma- no coi due connessi dati fl^t;a=0, b^V[ìz=zQ due rapporti 1 anarmonici reciproci 1' uno dell' altro co , - , che chiame- remo rapporti anarmonici dei due connessi dati. È facile vedere che essi sono dati dalla formula co — 456 — -©«6+ v/0'«fe-0««0fc6 — 0«6— v/e^a6-eaa©66 ossia sono le radici dell' equazione di 2.° grado tó' 2 a)-{- \ —0 Se 0-7.1=1:0, allora &'i=-.^r— \ e diremo che i (0 due connessi sono armonici o in involuzione. Se 0„^^ — ^aa^bb = 0 , i due connessi singolari coin- 1 cidono ed &» = - = I . a Se 30,^^0^^— 40^*^^ = 0, abbiamo M'^—6o-h\=:0, e diremo che i due connessi dati sono equianarmonici, cioè formano un rapporto equianarmonico coi due connessi singolari dati dall'equazione (45) . È facile vedere il significato geometrico dell'annullarsi dei due invarianti simultanei 0^^, 3 0^^0^^ — ^Q^i* • Basta ricordare perciò che, se indichiamo con L^ , L^ i centri e con /, , /g gli assi dei due connessi singolari dati dall'equazione (45) , (Min punto qualunque x deter- mina rispetto ai due connessi f,f' due punti y,y', e ris|ict- to ai connessi singolari suddetti i punti z^ , Zci d' incontro della yy' colle retle U ,l . » Gli elementi comuni ai connessi del fascio ^j /" -+- -\- Ij.^f ^=0 appartengono anche ni due connessi singo- lari che hanno i punti L^ , L, per centri e le rette l^ , /^ — 45 con due elementi {L^ /,) , (L^ , /<,) , formano una coincidenza. » Gli elementi di un connesso del sistema 2, congiunti con un elemento (L, /J , formano una coincidenza e sono congiunti con un altro elemento (L^ l^) . » 33. Affinchè un connesso a^Vct = () del sistema S sia in involuzione con un altro b_^,v/3=^ 0 dello stesso sistema, deve essere affinchè sia in involuzione con due f>^v,s = 0 , Cj,Vy=.0 , devono esser soddisfatte le due condizioni affinchè sia in involuzione con tre b^Vi'i^^^O , c^Vy=: 0 , d_^vs = 0 , devono essere soddisfatte le tre condizioni e cosi di seguito. Ciò dimostra che, presi uno, due, tre, quattro, cinque connessi dei sistema 2 , ne esistono oc \ oc^ , oo^ , co* , un numero finito in involuzione con essi, e quindi anche con tutti quelli del sistema lineare che essi determi- nano, poiché dalle relazioni risulta 0„.^/,x^,;+f ,/+ . . — A0,,^ 4- ^^0^,^ 4- p0^^/ + ...=: 0 . In generale dunque si ha: — 459 — « Dati 7- (/" =: I , 2 , 3 , 4 , 3) connrssi del sistema S , ne esistono altri co ~' , che formano un sislema lineare in involuzione cogli oc'~' del sistema lineare determi- nato dagli r connessi dati. Fra questi oc^"' connessi in involuzione cogli r dati, ne esistono oc*"' singolari, il centro e l'asse di ognuno dei quali devono l'ormare un elemento comune agli /• con- nessi dati e a quelli del sistema lineare determiiialo da que- sti. Dunque : « Gli elementi comuni a un sistema lineare gc'~* di connessi appartenenti al sistema 2 determinato da r con- nessi, sono i centri e gli assi degli oc^""' connessi singo- lari in involuzione con essi. » 34. Alla fine del n. 32 abbiamo veduto che tutti gli elementi di un connesso del sistema 2 , congiunti con un elemento (L, /,), sono congiunti con un altro elemento (Lp , /«), che chiamerò 1' elemento reciproco delfelemento (L^ If) rispetto al connesso dato. La determinazione analilica delfelemento reciproco ad uno dato, si eseguisce facilmente nel modo seguente. Sia a^Va -=::a ^oy iX^-{-ao_ ^v ^x i 4- a^y^x^ -f- ci^^oX-^-i- a.^oy^x^_ -f- l'equazione del connesso dato e {x , v') l'elemento dato. Il connesso singolare che ha x per centro e v' per asse, ha per equazione X 0 00*1 t'2 0 0 X v\ 0 ossia v^Xov\x ^ — v^jxy -^x „ — VoXjiy\x '^ — v -^^x ^-\-v^x y\x\_ — — v^Xoy\_x\ — {v^x^ V .X ^)v\x <, z^ 0 . — 460 — Questo connesso insieme con quello dato determina il fascio nel quale si trovano tre connessi singolari; di questi uno è dato dal valore di A radice dell'equazione uno da A = 00 ed ha x' per centro e v per asse, il terzo Analmente è dato dall' altra radice (oltre A = 00 ) dell' equazione {a^v\x\) = 0 , che ò A = — r Le coordinate delfelemento {x" v") , formalo dal cen- tro e dall'asse di questo connesso, cbe è l'elemento reci- proco di {x v') rispetto al connesso a^Va^ sono dunque: Xi" = «32 . a:^'v'a — v\oc\Q ^^^ Xq di ■> . dx'V a — V nX t>KJ , 40) a a Vi" ^ «23 • (Ix-v'a v\x\Q^^ Vo"'^ «„, ax'v'a — v'ox'Jd, '3 "21 "-JT f^ a "^ 3>^ 2'^rta • È chiaro che gli elementi reciproci rispetto ad un con- nesso del sistema 2 corrispondono a due rette recipro- che rispetto al complesso corrispondente a quel connesso. È fucile dimostrare i seguenti teoremi : « Tulli (jli eleineìiU coìif/iunli, rispcAlo al fascio «t, con — 461 - due elementi reciproci rispetto a un connesso che contiene <ì> , sono elementi di questo connesso. » Tutti gli elementi di un connesso contenente il fascio $ congiunti con un elemento {x' v) , rispetto al fascio stes- so, sono congiunti rispetto al fascio ^ anche coli' elemento reciproco di {x , v) rispetto a quel connesso. » Due connessi /, f del sistema E sono in involuzio- ne, quando, formando il connesso degli elementi reciproci di quelli di uno di essi f rispetto all' altro f , si trova che esso coincide collo stesso connesso f . » 35. Tre connessi del sistema S determinano una rete di connessi che iianno in comune una coppia di curve di terz' ordine e di terza classe, luogo dei centri e inviluppo degli assi dei connessi singolari della rete. Di questi connessi singolari, quelli che soddisfanno la condizione /"l«13 +/"«^13 +/"3^13 =0 sono tali che i loro centri costituiscono la retta x^:=0, e i loro assi inviluppano il punto u^z=zO . Gli altri soddis- fanno la condizione e i loro centri ed assi formano una coppia di curve di 2." ordine e di 2.* classe, che corrisponde alla serie rigata co- mune alla rete di complessi corrispondenti ai connessi dati. Gli elementi comuni ai tre connessi che determinano la rete sono formati dai centri ed assi dei connessi singo- lari del sistema E in involuzione coi tre connessi stessi. Dunque : (I I centri ed assi dei connessi singolari del sistema S in involuzione con tre connessi del sistema stesso forma- Tomo III, Serie VI. 5'J — 462 — no una coppia di curve di secondo ordine e di seconda classe, n Gli elementi comuni ai connessi della rete sono con- giunti rispetto al fascio $ con tulli gli elementi formati dai centri ed assi dei connessi singolari della rete. Se ne ricavano i teoremi : « Gli elementi della coincidenza comune a due connessi del sistema S, congiunti con un elemento {x v') ^ ri- spetto a $ , formano una coppia di curve di secondo or- dine e di seconda classe. » Gli elementi di un connesso del sistema 2 , congiunti con due elementi {x\ v') , {x" ^ v") rispetto a $, for- mano una coppia di curve di 2.° ordine e di 2.* classe. » Gli elementi congiunti con tre elementi {x , t^') , {x" v") , [x'" v") rispetto al fascio $ formano una coppia di curve di secondo ordine e di seconda classe. » 36. Quattro connessi del sistema 2 determinano un sistema lineare di co^ connessi del sistema stesso (47) f^i^x'^ot -H ^ib^v^ H- [J^iC^Vy + fJL^d^Vi = 0 , i quali hanno in comune due elementi, che devono essere congiunti, rispetto a ^ , cogli elementi formati dai cen- tri ed assi dei connessi singolari del sistema, che verificano la condizione (48) ^i^0«« + . . . H- 2^,fx^Q„i H- . . . = 0 . Se ne deduce : « Fra gli elementi comuni a tre connessi., contenenti il fascio ^ , ve ne sono due congiunti^ rispetto a $ , con un elemento dato [x v') . » In una coincidenza determinata da due connessi., che contengono il fascio $ , esistono due elementi congiunti rispetto a ^ con due elementi dati {x , v') , {x" v') . — 463 — « la un connesso contenente il fascio ^ si trovano due elementi congiunti rispetto a <& con tre elementi dati I ' '\ l'I n\ I III ii/\ [x , v) , [x , V ) , {x , f ) . » 0 Esistono due etementi congiunti, rispetto a un fascio $ , con quattro etementi dati (x' , v') , {x" , v") , [x"' , v"') , {x\ V ) . » 37. I centri e gli assi degli oo* connessi singolari che fanno parte di un sistema lineare di oo^ connessi (1,1), stabiliscono in generale una trasformazione di Cremona del 5.° ordine fra i punti a; e le rette v di due piani so- vrapposti, come abbiamo visto nel n. 15. Ma sappiamo (v. n. 33) che i centri ed assi dei con- nessi singolari del sistema (47), determinali dall'equazio- ne (48), formano gli elementi della coincidenza comune al fascio di connessi del sistema 2 in involuzione coi connessi del sistema (47) suddetto. — • Perciò i centri ed assi dei connessi suddetti devono corrispondersi per mez- zo di una trasformazione di Cremona del second' ordine (V. n. 4). A questo risultato si giunge anche analiticamente per mezzo del metodo generale seguito nel n. 15. Conservando infatti le notazioni adottate nel numero suddetto, e ponendo L =: {a^oa^^a^^a^^)x^-\-{a^^a3^ai^a^^)x,i-h{a^^a^^a^^a^^)Xi M = {fioi(lli(lvi^ii)3r-^-\-{ao,^a^^a^oa^^)xo^-i-{a^^a^^a^^a^^)x^ dove i simboli racchiusi fra parentesi rappresentano i de- terminanti formati con una linea di a , una di ò , una di e , una di d , si trova — 4ti4 — lijj Xi^Xij\i L33 = 0 , e quindi Fs =— x^h F3 = i^iM + a^sN , e così son trovate le formule di trasformazione (31) 'Vi = ^i ■ I punti fondamentali della trasformazione nel piano tt , che annullano le tre funzioni F,- , sono evidentemente il punto a.'2=0 , N = 0 e le altre due soluzioni delle Fj := 0 , F2 = 0 , esclusa iCi = 0 , x^-=.0 ^ che non verifica la F3=rO. Le formule inverse per passare dalle v alle x , si trovano similmente. Ponendo M':= («12'^21<^22^13)^| + (<^12^21^22^23)^2 + (^12^31<^22^23)^3 N' = (ai2«21«32«13)^l + («12«21«32«23)^2 + {<*12«31«32«23)^3 P'rr: (a22«21«32«u)*^l + («22«21«32«23)^2+(«22«31«32«23)^3 » si trova Aji =zv^{voU' -\- v^') e quindi — 465 — $2 = — VjL' Così restano determinate anche le formule di trasforma- zione (30) Le rette fondamentali del piano tt' , che verificano le tre equazioni $^- = 0 , sono v^ :=0 , N' ;= 0 e le altre due soluzioni delle $^ = 0 , ^^ =: 0 , escludendo la solu- zione Vj = 0 , t'3 = 0 che non veriGca la ^3 =r 0 . 38. Cinque connessi del sistema S determinano un sistema lineare di co* connessi del sistema stesso (49) f^itt^Va -+-f^iO^Vfi -hfAsC^Vy -^lU^d^Và -hfArJ^Vs = 0 . In questo sistema di connessi, 00^ sono singolari, e sono quelli che verificano una delle due condizioni (SO) ^,^0„«+ ... 4-/W,^0,,+2^,«,0,i+ ... = 0 . l centri e gli assi di quelli, che verificano la condizio- ne (50), formano gli elementi del connesso (1,1) del sistema S in involuzione con tutti i connessi del sistema dato e che ha per equazione v.cc^ «2 3 VoX, '32 •32 1/ QtX/G 'V qOu-3 ViX< V,X'. VoX i-^i il «13 «12 «21 ^3 ^13 ^21 Cu Ci, ^21 (^ii <^12 «^21 ^13 S5 , Sg prese due a due. » ossia : « Le 15 rette ^^^ sono le ccn- giungenti di sei punti Sj , Sg, 83,84,85,86 presi due a due. » Per brevità di scrittura indicherò i sei punti S- o le sei rette s- semplicemente coi numeri 'l , 2 , 3 , 4 , b , 6 . — È evidente che : (( I punti i , h separano armo- nicamente i punti Lj-;j , L'^^ .» « Le rette i , h separano armo- nicamente le rette l^j^ , /j-^ .» 41. Da quanto abbiamo detto nel n. 31 si ricava : «A un punto qualunque x del piano TT corrispondono nelle collineazioni stabilite dai sei connessi «1 , «2 ? ''^s » ^^4 , °^5 , ^s sei punti yi,y^,yi,y4,y5,y& del piano ■tt' . Due qualunque di questi punti y^ , y^ sono separati armonicamente dalle rette 1^,1' a-'' (i A una retta qualunque v del piano tt' corrispondono nelle collineazioni stabilite dai sei connessi «i , «2 > ^3 > ^4 > *5 > *6 sei rette u^ , «2 , Wj , W4 , ' hh) ' i^'ih . ^'ih) appartengono a questi quattro connessi, e perciò anche ai connessi dei fasci determinati da questi presi due a due. Segue da ciò che : « / due elementi {L;f^ , l-/^) (L' -j^ , l' -f) sono congiunti rispetto al fascio $ colle 6 coppie di elementi \^rnn i '^mn) 5 {^ mn •> ^ mni » i^np ? ''npì '•> \^ np ■> *' np) \'^mp ) ''mp) 5 (L» mp 1 '' mpi 5 V^ nr 1 ^nr) '1 V^ nr ' ' nr) {^'mr^''mr) '•> (^ mr > ^ mr) ! i^pri^pr) '■> (^ pr ■> ^ pr) ' ^^ — 469 — Ne seguo che nrlla corrispondenza stabilita fra le rette per il punto L^^ e i punti della /^/^ dal connesso speciale del sistema 2 che ha ìi^^ per centro e l-/^ per asse, alle 12 rette (L-/^ L„,J , {h;,^ L'„,„) corrispondono i \2 42. Nel sistema di complessi } ,• , corrispondenti ai 6 connessi a, , considerando tre congruenze formate con tulli i C complessi, si trovano sei direttrici d-/^ , d'-/^ , rf,,,^^ , " rnn ' /); (/' . che formano un tetraedro. Alle tre rette d'-/^ , c/',,^,^ , d' che giacciono in un piano è chiaro che corrispondono tre elementi {L'-j^ , t-j^) , {^\nn l'mn) > i^' pr ' ^' p>) ^^^' ^^IG i pUUti L'-;^ , l/„,^^ , h\^ sono in linea retta e le rette i' -^^ , /',,^,^ , /' passano per un punto. Dunque : « Le 15 coppie di punti h^j^ , L'j-;^ sono i vertici opposti di 15 quadrilateri completi, ciascuno dei quali ha per vertici tre cop- pie di punti, L,.y, , L'.^ ; L„,„ , pr • » (( I trilateri diagonali di questi quindici quadrilateri sono i quindici trilateri formali con tre relte ^ih,^mn^^pr che con- tengono tulli i sei indici i, 2^ 3, 4, 5, 6. » c( Due punti L^^ , h'^j^ sono i vertici opposti di tre dei qua- drilateri suddetti.» « Le 15 coppie di rette ì^}^ , T,-^ sono 1 lati opposti di 15 qua- drangoli completi, ciascuno dei quali ha per lati opposti tre cop- pie di rette lìh,l'ih\Km>^'mn; 'pr ì l- pr • * ((I triangoli diagonali di que- sti quindici quadrangoli sono i quindici triangoli loniiati con tre punii A;,, , A„,„ , Apr che contengono tutti i sei indici 1, 2, 3, 4, 5, 6. )) « Due rette l^f^ , l'^f^ sono i lati opposti di tre dei quadrangoli suddetti.» Indicherò con Q , 7 i quadrilateri o quadrangoli com- pleti, che hanno per vertici o per lati tre coppie di punti h/i ) ^ ih » ''»m > ^ L , L'p^ 0 tre coppie di rette pr mn ' /_ , /'.,., e con T Tom 0 y//j Serie VI. pr 1 pr 1 l indicherò i 60 — 470 ~ trilateri o triangoli diagonali dei quadrilateri o quadrangoli suddetti, formati da tre rette X^^ , A^„ , A„^ o da tre punti A//, , A,„,^ , A^^^ . - K evidente che : (.e Ogni retta x^.^ è Iato di tre trilateri T . )j « Le coppie di vertici dei trila- « Ogni punto Aj-;, è vertice di tre triangoli t . » «. Le coppie di lati dei triango- li t , che passano per un punto A^-;^ , separ'ano armonicamente le rette ì^j^ , /' . » teri T, che ni trovano sopra una retta /^-y^ , i-eparano armonica- nienle i punii L^-;^ , h\j^ .» Se ne ricava : « 1 punti i ,h dì una retta >ff^ « Le rette i , h per un punto e le coppie di vertici dei trian- A^^^ e le coppie di lati dei trila- goli T , che si trovano su x^.^ , teri t , che paesano per A^-^j , appartengono alla involuzione sono coniugati nell'involuzione che ha i punii L^-^ , L',-^ per che ha le rette ìjh,l'ih )ier rei- punti doppi.» le doppie. « Per il teorema di Desargues ciò prova (a sinistra) che i punti «, A sono i punti d'incontro della retta A;;^ con una conica che passa per i punti m ,«,/>, r , ossia «I sei punti 1 , -2, 3, 4, 5, 6 so no sopra ima conica.» «Le sei rette 1, 2, 3, 4, 5, G sono tangenti a una conica. » 43. Tre connessi a.- , a./^ , «,„ deterininano una rete di connessi, che hanno in comune una coppia di curve di terzo ordine e di teiza classe, la quale, come sappiamo, si spezza nella eoppia di curve di primo ordine e di prima classe, formala dalla retta A, Aj e dal punto Ao , e in una coppia (li curve di second'ordiue e di seconda classe, che indicherò con C,/,,,, , K;/^,„ . Questa coppia di curve comune ai connessi della rete determinata dai tre a- , a^^ , ct„^ è formata dal luogo del centri e dall' invilup|)0 degli assi dei coniìessi singolari delia rete determinata dai tre a.,, , ce^, , a^ (n. 33). Dunque: — 471 — « La coppia di curve (C;/^,„ , K,y,,„) coincide colla cop- pia di curve (C,,^,^ , K,,^,^) . — Le coppie di curve (C,y„„ , ^^ihii) *o/io dunque j^ / 5 == I 0 . » Gli elementi (L,/, , l;;) {V ■,, , l' u) nppartengono evi- deutenìeute alla coppia di eurve (^ih,n ^ ^^;h,n «ssia C ., K . Dunque : « Una curva tìi seconda classe \\^f^^^^1=z\inpr è tangente a sai coppie di ielle /,.,, , l\j. ; l^^^ , «. Una ^ihn l^^"" no in comime le due coppie di punti Lff^,h'i,^,hpr,L'pr. » « Le 15 coppie di punti L{l^X''{f^ formano il sistema completo delle intersezioni delle 10 co- niche C,./,„^.x. ^ hm ^ ^mi ' ' mi S hr y ^ pr ', Ini , ' r/( i '/ip , ' r.p ■ )^ « A una coppia di rette Z^-^, l'-f^ sono tangenti quattro coniche «Due coniche lSv,„,.K,.;,,j han- no in conjune le il uè coppie di tangenti 1^, l'ih'Jpr J'pr.y> c( Le 15 coppie di rette l-f^ /'^.^ formano il sistema complelu delle tangenti comuni alle coni- che Ki,,„, ■ » 44. Consideriamo il quadrilatero Q che ha per ver- tici i punti e il quadrangolo q che ha per lati le relle corrispondenti Si sa che gli elementi [L^^ , l-,) {h' -j^ , l' ;/) sono con- giunti rispello al fascid ^ cogli altri quattro (L,,,,^ , /^,,,J « I quaiiv') punti d'incontro della retta A, A3 coitati del quadrilalpro Q e le quattro rette, che proiettano da A, — 472 — i vertici del (juadrangolo q , formano quallro elemenli del fascio <\} . » Consideriuiiìo uncoru il qiuidiilak'io Q , che ha per vertici i punti Lj punti L,,,, , L'„,,, , C • = C -'prli li ' ^11, ' ^mn ■> ^' mn ■> ^pr > ^-' pr ' ^^^ ' . passano due coniche rispetto alle quali i punti pr 5 c.., -. = e ìlì/l pri ^ili ■> ^'' iÌL sono reciproci, dunque « Due punii L,/iX';/j apparten- liono a qualtro coniche ^i^^^ , ^ihn ' ^'ihp j ^ihr ', rispetto alle altre sei sono punti reciproci.» « Delle 15 coppie di punti L , L' , 6 giacciono sopra una co- nica Cj.^j^j ; le altre 9 sono cop- pie di punti reciproci rispetto ad essa. » « Due rette ì^j^ , l'^f^ sono tan- genti a quattro coniche Kf/,^ , K//m ' K//,p , Kihr ; rispetto alle altre sei sono rette reciproche.» (c Delle 15 coppie di rette l , t G sono tangenti a una conica ^'ihm ' '^ ^'^"^^ ^ ^°"° coppie di rette reciproche rispetto ad essa. » 45. I due punti L , L' sono reciproci rispetto alle due coniche C,,,,- = C^,^/, , C,„„/, = C^w che pas- sano peri punti L^,^ , L',,,,, , L^,,, , I/^,^ , cioè la retta L,//;. , ^'''mp tt^gliy le due coniche suddette in due coppie di punti che separano armonicamente i due punti L , l^'rnp ' Qi'esti|due punti sono dunque i punti doppi della involuzione (Ictei'UHnata'suila retta L , L' dalle cop- pie di punti d'intersezione di questa retta colle coniche che passano pei punii L,„,^ , L'^,,^ , L^^,. , I/^,,. ; e della quale fanno parte le coppie di punti d'intersezione della retta suddetta colle coppie disiali opposti del quadrangolo deter- minato da quei^punti. Ciò prova che le rette L;/^ L,„^, , ^'ih ^'mp sepai-ano armonicamente le due L,/^ L,„,^ , L^/^ ^^',nn e le L-,^ L^^^ , |../^ h'^^^ ; dunque : — 473 - «Le coppie «li lati di tre qua- « Le coppie di vertici di \re, drilattMM Q, clie passano per un quadrangoli q, che giacciono punto ìjji^ 0 L'j-yj , si separano sopra due rette ',-/i o i'j-/j , si se- armonicamento dur a due. » parano armonicamente due a due. » Ne segue olie i 60 lati dei qiiodiilateri Q e i 60 ver- tici dei quadrangoli q sono tulli dislinli. 46. Dalle proprietà enunciate in questo capitolo se ne potrebbero ricavare molte altre che non sto qui ad enun- ciare, poiché non sono altro che le proprietà, di cui gode la lìgura formata da 6 punti di una conica, che sono già note, o che si trovano in un' altra mia memoria (*). Osserverò soltanto che, se eseguiamo la trasformazione fra i punti del piano tt e quelli del piano ^r^ data dalle formule (41) (v. n. 24), cioè se proiettiamo il piano tt^ sul piano TTi dal punto della A^ A4 coniugato armonico del punto unità su questo lato rispetto ai punti A< , A4 (v. n. 25), la lìgura dei punti S , L , L' ecc. dà un'altra lìgura, che gode di proprietà identiche. Se adoperiamo per indicare gli elementi della figura ottenuta con questa pro- iezione sul piano TT, le slesse notazioni adoperate finora per indicare gli elementi del piano tt , è facile vedere che i punti S- sono i poli del piano tTì rispetto ai 6 com- plessi yi , che i punti L^/^ , L',/^ sono i punti d'interse- zione del piano stesso colle direttrici d;/^ , d'^/^ delle con- gruenze comuni a due complessi y- , y/^ , che le coniche Cy/^,„ sono le intersezioni del piano 7^^ cogli iperboloidi formati dalle rette comuni a tre complessi y; , y/^ , y^ , Se osserviamo infine che per piano tt-^ possiamo pren- dere un piano affatto arbitrario, possiamo ricavare i noti teoremi. (1) Nuovi teoremi sulV esagrammo di Pascal (Atti del R. Isti- tuto Veneto di scienze, lettere ed arti, voi. Ili, serie VI). — 474 — . 102, an. 1140 p. 292. 14) an. 1107 p. 26, an. 1108 p. 83, an. 1118 p. 84, an. 1137 p. 246, an. 1141 p. 296, an. 1173 p. 279, 280. "») an. 1151 p. 397, an. 1154 p. 438, an. 1154 p. 450. ))an. 1097 p. 349, an. 1106 p. 24, Anselmo in più luoghi .\L;gore2) A labile terra in più luoghi A re e guano 10) Argento in più luoghi Ardicione 14) Ariesica 18), Arlisica 19) Arimanriia in più luogiii Inselmo 1) Argelo 3), Ar- zel 4), Arze» le 5), Arze- re 6) onde Arzerello 7) Arabela 8), A- rabera 9) Arzignano 11 ), Arzegnano 12) Ariento 13) Ardizon 15), Ardizonel6), Ardezone 17) Arlesega 20), Arlesiga21) Rimania 22) 15) a 16) an ci 17) 18) 19) 20) 21) 22) n. 1154 p. 450. an. 1097 p. 349, an. 1106 n. 1147p. 356, an. 1160 p. izonello an. 1173 p. 278. an. 1078 p. 273. an. lu/o p. a/o. an. 1154 p. 435. an. 1172 p. 253. m. 1172 p. 253. in. 1146 p. 344, an. 11 48 p. 370. ui. 1147 p. 517. in. 1150 e. p. 384. — IV — VOLGAUK Anni dei documenti Dialetto e pagine illustre del Codice diplomatico Padovano Arcione ì) Arzone 2) 1) an. 1058 p. 209, an. 1004 p. 221, an. 1111 p. 44. 2) an. 1154 p. 444, an. 1171 p. 239. Arsico 3) Arsego 4) 3) an. 1169 p. 184, an. 1182 p. 462. 4) an. 1147 p. 517. Arcatore 5) Arcadore 6) 5) an. 1175 p. 311, an. 1180 p. 418. 6) an. 1180 e. p. 401. Ariimiiulo 1) Riniundo 8) 7) an. 1182 p. 454, an. 1182 p. 467. 8) an. 1160 p. 56. Asinelio 9) Asenello 10) 9)an. 1177 p. 352. 10) an. 1168 p. 930. Asiiiarioiu più Asenaro 11) 11) an. 1177 p. 364. luoghi Asilica (luogo) Aselega 13) 12) an. 1179 p. 385 an. 1179 p. 387. 12) 13) an. 1150 p. 394, an. 1178 p. 372. Aurifìce in più Aurese 14) 14) an. 1153 p. 424. hioglii Aureliaco 15), Aureliiigo IG) 15) an. 1136 p. 221. oggi Oriago, 16) an. 1106 p. 18. in più luoghi Auctorita (au- Ottorita (otlo- 17) an. 1040 p. 177. torità) in più rità] 17) luoghi BaroncelloiS), Barunzell 20), 18) an. 1069 p. 235, an. 1076 p. 254, Baruncello Baronzello an. 1124 p. 130, 19) 21) 19) an. 1078 p. 273, an. 1170 p. 208, an. 1080 p. 288, an. 1084 p. 301. 20) an. 1130 p. 160. 21) an. 1095 p. 340. Barbato in più Barbado 22) 22) an. 1176 p. 324. luoghi Ballato 23), og- Balado 24) 23) an. 1136 p. 229, an. 1159 p. 49. gi Ballò (luo- 24) an. 1159 p. 44, an. 1159 p. 45, g«) Ballado eBallatho anA013Y).'2Aò. Balistario in Balestero 25) 25) An. 1183 p. 479. più luoghi Bagnato in più Bagnado 26) 26) an. 1130 p. 162. luoghi Bavone, luogo Baone 28) 27) an. 1430 p. 170. 27) 28) an. 1136 p. 223 ec. VOIAIAUE Anni dei pocumenti Dialetto e pagine illustre del Codice diplomatico Padovano Baltassai'c in Ballasela 1), 1) an. 1154 p. 435, an. 1157 p. 17, an. più luoghi 13aldaserra2) 1158 p. 38. 2) an. 1133 p. 192, an. 11.39 p. 274, an. 1149 p. 378, an. 1172 p. 249, Baltasar a Baìdascrra an. 114G e. p. 343, 344. r>;iI(lii;ioiie 3) Baldizon 4) , 3)an. 1158 p. 32. Baldizone 5), 4)an 1138 p. 261. Baldezone (3) 5) an. 1160 p. 53, Baldìcione e Bal- dizone an. 1146 p. 343, 344. 6) an.ll70 e. p. 196. Uatiolaiumoo Berlolaniraeo 7) an. 1146 p. 344, an. 1147 p. 368, in ]ìiù luoLjlii 7) an. 1147 p. 370, an. 1150 e. p. 385, an. 1154 p. 450, an. 1159 p. 44 ce. I^aruierioS) Baratero 9) 8) an. 1180 p. 421. 9) an. 1180 p. 420, 422, rai. 1182 p. 468. 10) an. 1146 p. 343, an. 1174 p. 293. lìeccario IO) Becaid il) 11) an. 1174 p. 289. Beatrice in più Biatrice 12) 12) an. 1156 p. 10. luogiii Bea(iiiai3)(bo. Bia(ina 14) 13) an. 1142 p. 303, nn. 1102 p. 84, vi acqua) an. 1163 p. 103. 14) an. 1127 p. 146, an. 1 1.50 p. 393, an. 1161 p. 69. Beato in più Biafo 15), Biao 15) an. 1144 p. 234 Latirentiits de luoghi 1(3) Biatho, an. 1170 p. 203 Lauren- cius de Beato la stessa persona. 16) an. 1178 p. 367, an. 1178 p. 368, Laurencius de Biao la stessa per- sona. Bosco 17) Busco 18) 17) an 1154 p. 443, nn. 1173 p. 278. 18) an. 1145 p, 337, an. 1148 p. 371. Bonifacio in Bonefacio 19) 19) an. 1123 p. 115, an. 1125 p. 135, più luoghi an. 1128 p. 146, an. 1132 p. 190, Bonefacio e Bonifacio an. 1135 p. 214, 215, in. ini e. p. 343. Bovario in più Boario e Boa- 20) an. 1179 p. 393, an. 1159 p. 46, luoghi ro 20) an. 1170 p. 212. — VI — Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano Boscheto 1) Bove, Bovi in più luoghi Bolbone (oggi Bojone) luo- go 7) Bocca 11) Boscaliva (ter ra) 13) Brentale 1 6) oggi Brondolo Borsa 19) Brudicine 21), Brucligine22), oggi Brugine , luogo Burcigana 25), oggi Brusega- na, probabi mente daBru- eia canna^co- me Drusega no 26), Bru sigana 27) Boschito 2), Busclieto 3) Bo 4), Boi 5), Boe 6) Bullionft8),Bo- lone 9), Bo- gnone 10)ec. Buca 12) Boscalia 14), buscalia 15) Brundolo 17) , Brondolo 18) Bursa 20) Brudizene 23), Brodizene 24) Burzigana 28), Burzacliana 29), Borzi- gaiKi 30) 1) an. 1171 p. 241. 2) an. 1135 p. 214. 3) an. 1115 p. 56. 4) Bieca de Bo an. 1137 p. 250. 5) Rostaboi an. 1182 p. 456, Mena- boi an. 1148 p. 375, an. 1153 p.425, an. 1153 p.433. 6) an. 1170 e. p. 195. 7) an. 1079 p. 289. 8) an. 1141 p. 298, an. 1148 p. 374. 9) an. 1154 p. 445. 10) an. 1179, p. 394. 11) Mala boca an. 1154 p. 440, Bocca degici an. 1174 p. 289. 12) Bucafolle an. 1129 p. 154, Buca scquarzada an. 1122 p. 100. 13) an. 1152 p. 410, an. 1182 p. 459 14) an. 1168 p. 177. 15) an. 1134 p. 211, an. 1155 p. 458. 16) an. 1071 p. 237, 238. 17) an. 1071 p. 239, an. 1078 p. 277, an. 1082 p. 292, an. 1116 p. 67, an. 1176 p. 323. 18) an. 1165 p. 140. 19) an. 1182 p. 467. 20) an. 1183 p. 480. 21) an. 1138 p. 269. 22) an. 1157 p. 20. 23) 1173 p. 287. 24) an. 1175 p. 317, an. 1181 p. 435. 25) an. 1027 p. 151, an. 1173 e. p. 267, an. 1169 p. 186. 26) an. 1084 p. 298. 27) an. 1078 p. 274. 28) an. 1026 p. 147, an. 1123 p. 115, an. 1124 p. 122. 29) an. 1154 p. 437. 30) an. 1136 p. 232. VII — V0LGAI\E illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomalico Padovano Biicenfauro i) Cardine in più luoglii Castegnetto 5) Capo 9) Carrata 14) Casa in più luo- ghi. Carpeneto 18) Camera 20) Caca, da caca- re 22) Buzontauro 2), BozeutauroS) Cardine 4) Castanicdo 6), Castagncdù 7), Castegnedo 8) Cau 10), Cavo 11), Caol2), Co 13) Carraccio 15), Carrizio 16) Cal7) Garpenedo 19) Camara 21) Caga 23) 1) an. 1167 p. 156, an. 1167 p. 158 an. 1169 p. 170, an. 1182 p. 108. 2) an. 1171 p. 223, an. 1179 p. 399, an. 1181 p. 452, an. 1182 p. 462 3) an. 1163 p. 105. 4) Ex cardine, ex garcline an. 964, p. 70, 71. V. Errata corrige dello stesso Codice diplomatico p. 71. 5) an. 1097 p. 347. 6) an. 980 p. 91. 7) an. 1132 p. 181. 8) an. 1171 p. 220. 9) Capo Gunclodolo an. 1136 p. 238 10) Caurfeuczo luogo, an. 1171 p. 222, Causelve an. 1077 p. 206, an. 1168 p. 172, an. 1176 p. 336. 11) Cavarxerano an. 972 p. 86, Ca vosilve an. 983 p. 100, an. 1033 p. 162. 12) Caodarzere (oggi Cavarzere) an 1147 p. 514. 13) Cavo de viga an. 1147 p. 361, Co- clevigo an. 1161 p. 75. 14) an. 1155 p. 3 15) an. 1159 p. 46, an. 1162 p. 78. 16) an. 1165 p. 143. 17) Capre Paulo an. 1165 p. 141, Ca Sesaldo an. 1132 p. 183. 18) an. 1034 p. 165, an. 1064 p. 217. 19) an. 1106 p. 20, an. 1126 p. 138, an. 1150 p. 389. 20) an. 1182 p. 464, an. 1176 p. 340, Camerida an. 1181 p. 439. 21) an. 1052 p. 196, an. 1174 p. 307. 22) Cacaffemo , persona, an. 1170 p. 212. 23) Cagadinari, persona, an. 1072, p. 244. vili Volgare Anni dei documenti Dialetto e pagine illustre del Codice diplomatico Padovano Carter io 1), Garturo 3) 1) an. 1122 p. 102. Carturio 2) 2) an. 1123 p. 117. 3) an. 1114 p. 50. Capitaneo 4), Catanio 6), Ga- 4) an. 1115 p. 59. Capitanio 5) vedagno 7) 5) an. 1169 p. 188. 6) an.ll78 ]-i.3S% Capitaneo e Cata- nio anAilÙf.SSrj e an. 1176p.340. 7) an. 1179 p. 390, an. 1178 p. 377. Campo Sion 8) Campese 9) 8) an. 1124 p. 125. 9) Campo Sion e Campese e Cam- pise an. 1124 p. 123, 124 e an.ll27, p. 142, 143. Caligario 10), Calegario 12), 10) an. 1154 p. 441, an. 1174 p. 300. calzolario 11) calecariol3), 11) an. 1182 p. 459. calegaro 14) 12) an. 1132 p. 187, an. 1101 p. 69, an. 1136 an. 234, an. 1136 p. 240. 13) an. 1136 p. 231. 14) an. 1153 p. 427. Cardeto, luogo Cardedo 16), 15) an. 1138 p. 264. 15) Gardeto 17), 16) an. 1136 p. 230, an. 1161 p. 69. Cardilo 18), 17) an. 1156 p. 8. Gardido 19), 18) an. 1155 p. 3, Cardilo e Gardeto Cardedo 20) an. 1129 p. 154. 19) an. 1147 p. 366. 20) an. 1168 p. 164, an. 1168 p. 166. Gaminata 21) Caminada 22) 21) an. 1134 p. 207, an. 1136 p. 235. 22) an. 1162 p. 82. Carraria, luo- Carrara 24) 23)an. 1068p.228,229ec. go 23) 24) an.l137 p. 249, an. 1146 p.343ec. Cavazuto 25), Cavazudo 26) 25) an. 1162 p. 79, an. 1138 p. 265. cognome 26) an. 1153 p. 419, an. 1138 p. 264, an. 1138 p. 265. Calcinarla 27) Calcinara 28) 27) an. 1170 p. 202. Calzinaria 29), 28) an. 1148 p. 371, an. 1154 p. 443. Calzinara 30) 29) an. 1171 p. 238. 30) an. 1140 p. 286. Caffaro 31), Caffaro 33), 31) an. 1145 p. 332 CafTarello 32), Gaffarello 34) 32) an. 1072 p. 244. uomo 33) an. 1147 p. 369. 34) an. 1154 p. 445. IX Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano Campiva terra Campia 2) ter- 1), terra lidot-ra, onde dcs ta a campo a- rativo Cavacia 5) co- gnome Calciato?), cal- zato 8) Castagna li) Cavalerio 14) Castello 17) C anelano 19) Galderario21) cawpida mas- saricia (mas- seria ridotta a campi arativi 3) e scamper e lerram ridur- la a campi ara- tivi 4) Cavaza 6) Calzao 9), cai- zado 10) Castegua 12), onde Caste- gnedo 13) Gavalero 15), Cavalere 16) Castellaro 18) Galiziano 20) Calderaro 22) l)an. lloi p. 208. 2) au. 1150 e. p. 380. 3) an. 1158 p. 37. 4) an. 1168 p. 163. 5) an. 1124 p. 129. 6) an. 1152 p. 406, an. 1153 p. 420. 7) Malccalciato an. 1158 p. 33, an 1159 p. 47. 8) Malekalzati an. 1177 p. 347. 9) Malcalzai an. 1169 p. 189, Mal cahao an. 1171 p. 222. 10) Malcalzado an. 1152 p. 406, an. 1155 p. 4, an. 1156 p. 15. 11) an. 1169 p. 181. 12) an. 1153 p. 427. 13) an. 1132 p. ISl, an. 1171 p. 220. 14) an. 1154 p. 434. Lo stesso notaio nel documento della p. 434 disse Cavalerio, nell'altro della p. 435 Cavalere la stessa persona. 15) an. 1158 p. 36. 16) an. 1173 p. 273, an. 1150 p. 534, an. 1154 p. 435. 17) an. 1130 p. 233. 18) an. 1139 p. 281. 19) an. 1089 p. 323, an. 1091 p. 331. 20) an. 1170 p. 209. 21) an. 1166 p. 145, an. 1170 p. 199, an. 1174 p. 302. 22) Calderario e Kalderaro an.li70 e. p. 195. a. App. X — Volgare Anni dei documenti Dialetto e pagine illustre del Codice diplomatico Padovano Garboncello 1) Garbonzello 2) 1) Carboncello e Garbonzello a. 1181 p. 440, 447. 2) Ivi. Caccelo 3), uo- Gazelo 4) 3) an. 1030 p. 509. mo 4) an. 1030 p. 511. Lo stesso notaio Gelsano 5), luo- Zelsano6),Zal- a questa e alla p. 509. go sano 7) 5) an. 1087 p. 317, an. 1099 p. 351, an. 1158 p. 38. 6)an. 1172 p. 250. 7) un. 1095 p. 340, an. 1122 p. 100, an. 1175 p. 310. Gepoloue Zepolone 8) an. 1080 p. 290, an. 1142 p. 302. (Campo), luo- (Campo) 9) 9) an. 1170 p. 210. go 8) Cenobio 10) Zenobio 11) 10) an. 1171 p. 236. 11) an. 1170 p. 212, an. 1177 p. 348. Centuplo in più Centublo 12) 12) an. 1031 p. 159, an. 1052 p. 196, luoghi 198. Ceciiia 13) Cicilia 14) 13) an. 1123 p. 117. 14) an. 972 p. 84. Cipriano 15) Cibriano e Zi- 15) an. 1010 p. 122. brianol6),Zi- 16) Cibriano e Zibriano an. 1124 priano 17) p. 123. 17) an. 1171 p. 231. Cignano 18), Zignano 19) 18) an. 1108 p. 30, an. 1133 p. 201. luogo 19) an. 1129 p. 156, an. 1133 p. 197, Give(cittadino) Zitadino 20) an. 1145 p. 340. in più luoghi 20) 1178 p. 370. Clugia (Ghiog- Gluza 22) 21) an. 1137 p. 252, an. 1153 p. 423. ^gia)2I) 22) an. 1129 p. 154, an. 1162 p. 85. Clemente 23) elemento 24), 23) an. 1147 p. 517. Climento 25) 24) an. 1145 p. 331, an. 1150 p. 388, an. 1182 p. 454. 25) an. 1162 p. 504. Clavigero 26) Claverio 27), 26) an. 1170 p. 207. Glavier 28) 27) an. 1162 p. 80. 28) an. 1158 p. 35, an. 1159 p. 47. Claustro in più Claustia 29), 29) an. 1050 p. 194, an. 1053 p. 200, luoghi Glaustia 30), an. 1004 p. 221. 30) an. 1050 p. 195. — \'T — Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano Gonimune i) Contrala 4) Conche, luogo fi) Cortese 8) Cornuto in più luoghi Cotegnara 13) Cornolo (cor- niolo) 15) Congio 17) , concio 18) Contareno, uo- mo 20) Colonia 23), luogo Corte 25) per cortile Comuno 2), Cumuno 3) Contrà 5) Conghe 7) Curtese 9), Curtise 10), Cortesana 11) 1) an. 101(5 p. 136, an. 1165 p. 145, an. 1179 p. 398. 2) an. 1083 p. 296, an. 1147 p. 360 an. 1168 p. 177. 3) an. 1006 p. 116, an. 1032 p. 160, an. 1132 p. 183, an. 1135 p. 217. 4) an. 1173 p. 275, an. 1146 p: 351. 5) an. 1026 p. 147, an. 1047 p. 185, an. 1166 p. 150, an. 1169 p. 188. 0) an. 1105 p. 7 ec. 7) an. 1071 p. 240, an. 1105 p. 11. Cornudo 12) Codegnara 14) Ciirnularo i6) Conzio 19) Guntareno 21), Guntarino22) Cologna 24) G tir te 26), cul- lile 27), colti- 1*^ 28) 13) an. 1149 p. 379. 14) an. 1086 p. 316. 15) an. 1177 p. 352. 16) an. 1168 p. 164 17) an. 1154 p. 433, an. 1165 p. 143 18) an. 1163 p. 99, an. 1171 p. 235. 19) an. 1118 p. 81, an. 1155 p. 452, an. 1166 p. 148, an. 1176 p. 339. 20) an. Ilio p. 40, an. 1049 p. 490. 21) an. 1116 p. 63. 22) 1122 p. 101. 23) an. 1013 p. 124, an. 1033 p. 162. 24) an. 1123 p. 108. 25) an. 064 p. 70 26) an. 1078 p. 273, an. 1165 p. 139, an. 1027 p. 157, an. 1048 p. 187. 27) an. 914 p. 46, an. 954 p. 62, cul- ate e collUe an. 969 p. 77- 28) an. 954 p. 62. — XTl — Volgare Anni dei documenti Dialetto e pagine illustre del Codice diplomatico Padovano Gurticella i) Gortesella 2) 1) an. 1144 p. 317, an. 839 p. 17, an. 1070 p. 236. 2) an. 1165 p. 139. Cogolaria, co- Cogolara 4) 3) an. 1161 p. 66, an. 1171 p. 240. colaria 3) 4) an. 1139 p. 281, an. 1163 p. 96. Coda 5) Coa6) 5) Scodalovo cognome an. 1183 p. 478. 6) De Coa cognome, an. 1151 p. 402, Coa dei Prudi luogo,an. 1154 p. 439, Coalonqa luogo, an. 1183 p. 476. Cortolata (oggi Cortolada 8), 7) an. 1172 p. 248. Cortelà) luogo Cortulada 9) 8)an. 1158 p. 39. 7) 9) an. 1163 p. 113. Concia bagria- Conziabagnara 10) an. 1165 p. 141, an. 1169 p. 185. ra luogo 10) 11) 11) an. 1169 p.l89. Gonzo (conciato), an. 1174 p. 304. GolIectal2) Colta 13) 12) an. 955 p. 67. 13) an. 1152 p. 409, an. 1153 p. 426, an. 1173 p. 270. Corrado 14) Conrao (de) co 14) an. 1166 p. 146, an. 1161 p. 76. gnome 15) 15) an. 1174 p. 302. Creta in più Creda 16), Crea 16) Braida da creda luogo an. 954 luoghi 17) p.63, Naso de creda nomo, an.ll78 p. 380 17) an. 954 p. 63. Gresencio 18) Cresenzo 19) 18) an. 1135 p. 217. 19) an. 1171 p. 220. Cristoforo 20) Cristofano 22) 20)an. 819 p. 8, an. 1154p. 439. Cristofolo 21) 21) an. 1153 p. 429. 22) an. 1136 p. 239. Curvo 23) Curbo 24), cor- 23) Ponte curvo an. 964 p. 70, an. 978 vo 25) p. 89. 24) Ponte ciirbo an. 1144 p. 318. 25) Ponte corvo an. 1118 p. 81, Arzer corto an. 1154 p. 441. Dalesmano, uo- Dalismano27), 26) an. 1174 p. 302, an. 1174 p. 304. mo 26) Danismano28) 27) an. 1170 p. 206. 28) an. 1158 p. 37, an. 1165 p. 147. — XIII — Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano Decano i) Dcodalo in più luoghi Decumano in qualche luogo Det'uncto in più luoglii Decimale in più luoghi Desgorgatoio) Dionisio 12) Demetrio 14) Donalo 17), uo- mo Dominicale,ca- sa in più luog. Dominico in più luoghi Degano 2), on- 1) an. 988 p. 106, an. 1138, p. 256. de Deganello 2) an. 1117 p. 68, an. 950 p. 59, an 3) 1035 p. 170, an. 1143 p. 313, an. 1159 p. 45. 3) an. 1026 p. 147. Deodado 4), 4) an. 1126 p. 139. Deode 5) 5) an. 1013 p. 125. Desinano 6) e 6) an. 1129 p.l50,151,an.ll74p. 301. Disimano 7) 7) an. 1117 p. 75, 77. Defonto 8) 8) an. 1145 p. 329, 330. Dosimale 9) 9) Decimale, decemale e destinale, an. 1150 e. p. 384, 385. Desgorgadoll) 10) an. 1151 p. 402. 11) Desgorgada e desgttrgada, an. 1169 p. 194. Dioniso 13) 12) an. 1177 p. 364. 13) an. 1157 p. 20. Dimitrio 15), 14) an. 1159 p. 47, an. 1160 p. 50. Domilriol6) 15) an. 1157 p. 20, an. 1147 p. 366, an. 1159 p. 47. 16) an. 1174 p. 307, an. 1175 p. 307. Donado 18), 17) 1117 p. 73, an. 1027 p. 157, an. nome 1132 p. 187. 18) an. 1008 p. 117, an. 1067 p. 228, an, 1072 p. 244, Donada donna an. 1064 p. 221, an. 1071 p. 241. Donicale 19) 19) an. 1117 p. 72. Minieo20),Mi- 20) an. 1115 p. 59, an. 1124 p. 127, nigo 21), Me- an. 1131 p. 173, an. 1143 p. 308. neco 22), Me- 21) an. 1077 p. 270, an. 1106 p. 25. nego 23), Do- 22) an. 1157 p. 25, an. 1162 p. 81, minigino 24), Menica an. 1117 p. 75. Doniinigazo 23) ;.n. 1169 p.181, an.ll70 e. p. 196, 25), iMvnegi- Menega an. 1180 e. p. 401. no 26), Mene- 24) an. 1175 p. 319, an. 1176 p. 335. gallo 27) 25) an. 1175 p. 321. 26) aii. 1170 p. 209. 27) an. 1173 p. 278, an. 1179 p. 388. :iv — Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano Domino in più luoghi Dulciano , uo- mo in più luo- ghi Ducatrice 4), ducissa 5) Ecclesia in più hioghi Ecilo 9), Ecelo 10), Ecelino ii) uomo Edificio in più luoghi Egidio 18) Emanuele in più luoghi Enrigo 23) Don 1) Dulzano2), uo- mo, Dolzano 3) Dukarcssa 0), diicarissa,du- karissa 7) Clesia 8) Ezilo 12), Hp- cil 13), Ezeli- no 14), Izilino 15), Icilino 16) Dificio 17) Egiliol9), Gi- lio 20), Zilio 21) Manuel 22) Inrico 24), Eri- co 25), litico 26), Inrigizo 27), Inrigeto 28) 1) an. 1178 p. 375, Don lo fese, an. 1174 p. 290. 2) Dulciano e £)ifZzano, an. 1150 p.389, Dulzano an. 1170 p. 212. 3) an. 1158 p. 35, an. 1178 p. 380, Dulzano e Dolzano, an. 1170 e. p. 196, an. 1180 p. 404. 4) an. 1144 p. 325. 5) an. 1170 e. p. 196, an. 1079 p. 282. 6) an. 1071 p. 237. 7) an. 1012 p. 123, an. 1065 p. 223, an. 1072 p. 237. 8) an. 1026 p. 149, an. 1031 p. 159. 9) an. 1074 p. 251, an. 1123 p. 117, 118, an. 1126 p. 138. 10) an. 1146 p. 352. 11) ;in. 1160 p. 60. 12) an. 1076 p. 258, an. 1085 p. 309. 13) an. 1129 p. 156, an. 1132 p. 190. 14) an. 1158 p. 38. 15) an. 1157 p. 19, an. 1160 p. 57. 16) an. 1162 p. 97. 17) an. 1182 p. 463. 18) an. 1160 p. 59, an. 1146 p. 344. 19) an. 1146 p. 354. 20) an. 1133 p. 194, an. 1134 p. 209. 21) an. 1158 p. 33, an. 1108 p. 32. 22) an. 1165 p. 147. 23 ) un. 1117 p. 73, an. 1174 p. 305. 24) an. 1107 p. 28, an. 1107 p. 30, an. 1137 p. 251. 25) an. 1153 p. 427. 26) an. 1010 p. 122. 27) an. 1154 p. 448, an. 1160 p. 59. 28) an. 1150c. p. 385. — XV — Volgare Anni dei documenti Dialetto e pagine illustre del Codice diplomatico Padovano Segue Enrigo Inrigino l), En- 1) an. 11 02 p. 87. riga/,0 2), En- 2) au. 1147 p. 307. drighello 3) 3) an. 1180 p. 419. Episcopello 4) Veskevello 5) 4) au. 1173 p. 283, an. 1174 p. 291. nome • 5) au. 1180 p. 424, 425. Eterni in più Etergni 6) 0; an. 1000 p. 225, an. 1085 p. 309. luoghi V. Agni per anni. Eiitenua 1 ) Fomia 8) 7) an. H54 p. 430, an. 1178 p. 378. 8) an. 1150 p. 393. Faletro 9), no- Faledro 10) 0) an. 1095 p. 341. me 10) an. 1147 p. 368. Faseolo 11) Fasiolo 12), 11) an. 1176 p. 330. Fasolo 13) 12) an. 1137 p. 245. 13) an. 1107p. 156, an.IlSOc. p. 401, 402, an. 1147 p. 518. Fantolino i4) Fantiiino 15) 14) an. 1181 p. 433. 15) an. 1126 p. 136. Fabrico 10), Favrego 17) 16) an. 1150 p. 11. Ino 40 17) an. 1153 p. 428. Fa i8) Faza 19j 18) Faite ananzo, an.1154 p. 430. 19) Fazabenc an. 1157 p. 18, au. 1162 p. 93, 94, Bcnfuzadco, an. 1160 p. 57, Bentefuzadeo, an. 1172 p. 232. Felice in più Folise 20) 20) au. 1020 p. 149. luoghi Federico 21) Fedrico 22), 21) an. 1170 p. 202, au. 1177 p. 344, Fedrigo 23) an. 1178 p. 370. 22) an. 1147 p. 370, an. 1103 p. 109. 23) an. 1134 p. 204. Ferrario in più Feraro 24) 24) an. 1105 p. 145. luoghi Fé 25), fece Pese 26) 25) Deolofe, an. 1178 p. 385. li)) Lu fé se, an. 1170 p. 211, Don lo fese, au. 1174 p. 290. Feudo in più Feodo 27) 27) an. 1175 p. 308. luoghi Filio inpiù luo- Fiolo 28) 28) an. 1068 p. 229. ghi XVI — Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano Fico in più luo- ghi Figura in più luoghi Flumicello 3) Flamerico 5) Fossato 7) Fornaria in più luoghi Focolana 10) Fornace 12) Fulco 15), no- me Frumento 17) Fotro (gaholla) 19) Fugacia 23) Figaro 1) Fegura 2) Flumesello 4) Flamerigo 6) Fossado 8) Fornara 9) Fogolana 11) Fornase 13), fornaze 14) Fulgo 16) Fermento 18) Fodro 20), foi- tro21), foidro 22) Fogacia 24) 1) Valle de figaro, an. 1156 p. 5, Tor- na de /!(;a>'o,an.ll60p. 65, an. 1169 p. 194. 2) an. 1109 p. 181. 3) an. 1157 p. 18, an. 1123 p. 112. 4) an. 828 p. 10, an. 1026 p. 149, an. 1032 p. 159, an. 1058 p. 209, an.ll30 p. 162. 5) an. 1054 p. 202. 6) an. 1055 p. 206, an. 1060 p. 213. 7) an. 1085 p. 313, an. 1101 p. 1, an. 1169 p. 186, Fossatello an. 1171 p. 233. 8) an.954p. 63, an.955 p.66, an.l073 p. 250, an. 1117 p. 72, an. 1165 p. 134. 9) an. 1150 p. 389. 10) an. 1120 p. 94, an. 1139 p. 275, an. 1140 e. p. 285, an. 1153 p. 420. 11) an. 1064 p. 494, an. 1162 p. 84. 12) an. 1088 p. 321, an. 1165 p. 139, an. 1181 p. 440. 13) an. 1047 p. 185, an. 1053 p. 200. 14) an. 1068 p. 232. 15) an. 1115 p. 56, 58. 16) an. 1115 p. 57, an. 1139 p. 274. 17) an, 1130 p. 163, an. 1138, 18) an. 1130 p. 160, an. 1160 an. 1171 p. 232. an.ll52p.417,418, an.ll56 an. 1154 p. 440, an. 115 19) 20) 21) 22) 23) an, au. Ilio p. o/, an. iioy jj. ^i'*- an. 1130 p. 163, an. 1138, p. 265. an. 1130 p. 160, an. 1160 p. 148, n. 1171 p. 232. an. 1152 p.417, 418, an. 1 156 p. 15. n. 1154 p. 440, an. 1157 p, 19, 1169 p. 181, an. 1173 p. 270. n. 1170 p. 211, an. 1172 p. 245. n. 1178 p. 372, an. 1179 p. 590. an. an an an . 11 /u p. ;ìii, aii. iii^ p. 245. __, ..... 1178 p. 372, an. 1179 p. 590. 23) an. 1165 p. 148, an. 170 p. 109, an. 1171 p. 232, an. 1173 p. 280. 24) an. 1165 p. 143, an. 1174 p. 305, «n. 1178 p. 369. XVII — Volgare Anni dei documenti Dialetto e pagine illustre del Codice diplomatico Padovano Foscolo 1), uo- Fusculo2),Fu- 1) an. 1169 p. 181, an. 1177 p. 351, mo scolo 3) au. 1104 p. 114. 2) an. 1169 p. 194, an, 1144 p. 323. 3) an. 1096 p. 501. Fortunato 4) Fortenato 5), 4) an. 1175 p. 313, an. 1178 p. 369, Fortenao 6) 379. 5) an. 117 3 p. 283. 6) an. 1172 p. 244. Foco in più Fogo 7) 7) Fogo in bursa uomo, an. 1183 p. luoghi 480. Fogarone luogo, an. 1169 p. 189, au. 1170 p. 293. Frugerio 8), Frogerio 10), 8) an. 1167 p. 156, an. 1168 p. 165, Frugerino 9) Fruzerio 11), an. 1172 p. 246. Fruzerinol2) 9) an. 1169 p. 181, an. 1170 p. 213, an. 1172 p. 247. 10) an. 1124 p. 131. 11) an. 1120 p. 91. 12) an. 1165 p. 141, an. 1169 p. 185, an. 1171 p. 241. Frido 13) Frigo 14), frio 13) Fontanafrida, au. 1072 p. 244. 15) 14) Brazafrigore, au. 1130 p. 159. Brazafrigo, an. 1148 p. 371. 15) Brazafì'io, an. 1132 p. 180. Frutto (rendi- Frua IG) 16) au. 1172 p. 243. an. 1173 p. 277. ta) in più luo- ghi Frate (fratello) Fradello 17) 17) an. 874 p. 31. in più luoghi •lauderà 18) Galdere 19) 18) Monteqauda, Montegaiidcìa, au. 968 p. 75. 19) Monlegalda, an. 969 p. 77, an. 1015 p 135, an. 1077 p. 266. Galginano 20), Galzeguano 20) au. 952, p. 60. Galcignano 22) 21) an. 1077 p, 266. 21) 22) an. 1077 p. 266, 268, an. 1082 p. 293. Ganimedo 23) Galiraedio 24) 23) an. 1159 p. 47, an. 1165 p. 142. 24) an. 1158 p. 33. Lo stesso notaio firmato in ambedue i modi. 0. App. — XVIII — Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano Gaetano in più luoghi Gambacia 2) Geno 4), co- gnome Georgio in più luoghi Gerba terra 8) Genere 11, ge- nero Gerardo , Ge- rardino in più luoghi Gente in più luoghi Genuario 16) Giuliano, Giu- liana in più luoghi Gregorio 20), Gregoria in più luoghi Gradonico 25) Gaitano 1) Gambazza 3) Zeno 5) Georrio 6) Zorzo 7) Garba terra 9) arba terra 10) Genderel2) Girardo 13), Girardino 14) Zente 15) Zenario 17) Zuliano 18), Zuliana 19) Grigorio 21), Grigoro 22, Grigora 23), Gregeia 24) Gradonigo 26), Gradinico 27) 1) an 1173 e. p. 267, an. 1180 p. 411 2) an. 1178 p. 379. 3) an. 1180 p. 416, an. 1147 p. 517. 4) an. 972 p. 86, an. 1026 p. 149, an. 1084 p. 304. 5) an. 1032 p. 160, an. 1054 p. 202. 6) an. 1079 p. 280, an. 1088 p. 319, an. 1124 p. 120, an. 1127 p. 142. 7) an. 1050 p. Ip2, an. 1058, p. 209, an. 1073 p. 248, an. 1085 p. 311, an. 1130 p. 165. Zorzo e lorgio an. 1168 p. 172. 8) Sec. X p. 4, an. 1068 p. 230. 9) an. 1100 p. 358. 10) an. 976 p. 87. 11) an. 1146 p. 348, an. 1154 p. 439. 12) an. 1146 p. 344. 13) an. 1164 p. 126, 127, an. 1168 p 176. 14) an. 1162 p. 89,95. 15) lacohino de Zente an. 1225 p.446 473. 16) an. 1032 p. 159, an. 1052 p. 196, aa. 1077 p. 261, an. 1098 p. 328. 17) an. 1049 p. 490. 18) an. 1136 p. 234, an. 1139 p. 279, an. 1158 p. 31. 19) Martino de Giuliana e de Zu- liana an.l077 p.263, 264. Lo stes- so uomo. 20) an. 1122 p. 100. 21) an. 980 p. 83. 22) an. 1157 p. 25, an. 1147 p. 518. 23) an. 1173 p. 281. 24) an. 1126 p. 137. 25) an. 1116 p. 64, an. 1157 p. 27. 26) an. 1153 p. 424. 27) an. 1145 p. 329. XIX Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti 0 pagine del Codice diplomatico Padovano Guicomanno 1) Guardia 3) lacchino 5) leroniuio 7 ) Illaiio ili più luoghi Imelda -13) Ingresso in più luoghi Ingonio in più luoiihi Inanzo i9) In in più luo- ghi Io a tuie, latiibo- 110, lairiLoni- no, Ioanna ec. in più lunghi Guizemanno2) Guarda 4) laconiino 6) Ironiino 8), Ge- ronimo 9) Gi- rolioio 10) maro 11), Ela- ro 12) Melda 14) Engresso 15), ingressora 16) (ingressi) Jcnio 17), Ge- nio 18) Ananzo 20) En 21) Zaii 22), Zanno 23j, Zuan24), Zaniiio 25) , l)an. 1157 p. 24. 2)an. 1136 p. 228. 3) an. 1163 p. 111. 4) an. 1163 p. 106, an. 1 155 p. 453. 5) an. 1167 p. 157. 6) an. 1167 p. 154. 7) an. 1151 p. 307. 8)an. 1080 p. 288. 0) an. 1079 p. 284, an. 1119 p. 86, an. 1158 p. 32. 10) an. 1137 p. 244. 11) an. 1073 p. 245. 12) an. 1075 p. 251. Helaro e Mila- rio. 13) an. 1026 p. 508. 14) an. 1025 p. 507. 15) an. 1168 p. 164. 16) an. 969 p. 77, an 1008 120, an. 1030 p. 510, an. 1106 p. 20. Oggi nel dialetto rustico si dice anche cal- zare per coltri. Abbiamo anche fun- dora sec. X p. 3, an. 914 p. 46 per fondo, terreno. 17) an. 1033, p. 164, an. 1069, p. 233. 18) an. 1008 p. 120, an. 1015 p. 135, an. 1073 p. 249, an. 1078 p. 278, an. 1084 d. 297. 19) Vainanzo an. 1161 p. 68, an. 1165 p. 146. 20) Ananzo cognome an. 1144 p. 317. Faite ananzo an. 1154 p. 436. 21) Benenca an. 1171 p. 234, en qua an. 1154 p. 442. Malenzoco an. 1117 p. 71. 22) an. 1153 p. 424. 23) an. 1109 p. 33,35. 24) an. 1136 f. 229. 25) an. 1147 p. 358. — XX Volgare illustre Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano (Segue) loan- ne , lambono ecc. lusto, lusta in più luoghi luslina, Instino in più luoghi lustiniano in più luoghi Zanitino 1), lanne 2), Zan- bono3), Zane- tino 4),Zambo- nino 5), Zam- borieto G), la- netino 7), Za- netasoS), Bon- zuanne 9), Za- nnilo 10), Za- na 11) Zusto 12), Zu- sta 13) lustini 14) per lustina in qua- hnujue caso di declinazione , Zustina 15), Zustino 16) lustignano 17), ZustiguanoIS) luvone 19), e lovone 20) luogo luvene in più luoghi lugeri in più luoghi Zuvone 21),Zo- vone 22) Zuvene 23) 1) an. 1142 p. 305, an. 1173 e. p 267 2) an. 1169 p. 182. 3) an. 1150 e. p. 385. 4) an. 1154 p. 442. 5) an. 1166 p. 151. 6) an. 1180 p. 419, an. 1176 p. 327. 7) an. 1163 p. 97, an. 1167 p. 163. 8) an. 1157 p. 28. 9) an. 1147 p. 517. 10) Lo stesso uomo detto Zanello Ba golo an. 1177 p 344 e Ioanne de Bagaulo an. 1177 p. 365. 11) an. 1085 p. 313. 12) an. 1163 p. 109. 13) an. 1153 p. 419. 14) an.968 p. 75, an. 1027 p. 156, an. 1035 p. 169, an. 1047 p. 185. 15) lustina e Zustina la stessa fion- na an. 1069 p. 233. 16) an. 1117 p. 74, an. 1132 p. 193, an. 1072 p. 243. 17) an. 1150 e. p. 385, an 1167 p. 126, an. 1160 p. 56. 18) an. 1096 p. 342, an. 1105 p. 10, an. 1115 p. 56, an. 1117 p. 74, an. 1124 p. 123, an. 1181 p. 452. 19) an. 1006 p. 116. 20) lovone e luvone an. 1073 p. 248. 21) an. 1013 p. 93, an. 983 p. 98, an. 1033 p. 162. 22) an. 1072 p. 244, an. 1130 p. 466, an. 1163 p. 113. 23) an. 1078 p. 277. Iiigia24),lugea 25), lui a 26) Laco in più Lago 27) I luoghi I 24) an. 898 p. 36, an. 1076 p. 259. 25) an. 964 p. 70. 26) an. 1015 p. 134, an. 1027 p. 154 27) an. 1417 p. 77. — XXI Anni dei documenti fi pagine del Codice diplomatico Padovano Lanrentio 1), Laurencio 2) I.azaro5)([uin- di Lazara 6) Landrato 9) Lancia in più luoghi Laurolo 13) Letamine, leta- mi n are i5) Levato, Levata 20) Leonardo in più luoghi Leone in più luoghi Liniaco 25) , luogo Liniina 27) luogo Liazai'io 29) o Liazaro 30) Laurenzo 3), onde Lauren- za 4) Lazero7),quin- di Lazera 8) Landrao 10) Lanza li), on- de lauzado 12) Lauredo 14) Lotamine i6), ludaraine 17), lotareiS), lu- damata 19) Levado 21), E- evada 22) Lu nardo 23) Lione 24) Lignago 26) Limena 2'S) Liazar 31), Eleazar 32) i) an. 1084 p. 298, an. 1090 p. 325. 2) an. 1060 p. 212, an. 1088 p. 319, an. 1112 p. 41. 3) an. 1058 p. 209, an. 1006 p. 225, an. 1181 p. 444. 4) an. 1152 p. 418. 5) an. 1117 p. 71, an. 1118 p. 80, an. 1152 p. 406. 6) an. 1138 p. 257, an. 1170 e. p. 194. 7) an. 1109 p. 36, an. 1132 p. 191. 8) an. 1126 p. 136, an. 1179 p. 389. 9)an. 1157 p. 19. 10) an. 1155 p. 3. 11) an. 1162 p. 93, 94, an. 1169 p. 190, 191. 12) an. 1124 p. 123. 13) an. 840 p. 19. 14) an. 1165 p. 140. 15) an. 895 p. 3.3. 16) an. 1182 p. 476. 17) an. 1181 p. 435. 18) an. 1171 p. 242. 19) an. 1181 p. 435. 20) an. 1138 p. 257, an. 954 p. 62. 21) an. 954 p. 63. 22) Levadha ed Etevada lo stesso luogo an. 1163 p 97. 23) an. 1174 p. 293. 24) an. 1157 p. 28. 25) an. 1154 p. 448. 26) an. 1129 p. 152. 371. 27) an. 1170 p. 208, ati. 1178 p 28) an. 1180 p. 442, an. 1182 p. 464 29) an. 1176 p 340. 30) an. 1172 p. 257, an 1176 p. 330. 31) an. 1172 p. 255. 32) Eleazar ed Elcazario p. 310. an. 1175 — XXTI — Volgare Anni dei documenti Dialetto e pagine illustre del Codice diplomatico Padovano Lignario 1)100- Legnaro 2) 1) an. 1176 p. 337. go 2) an.ll76 p. 329, an. 1180 p. 403. Lodovico in più Lodoico 3), Lo- 3) an. 1175 p. 317, au. 1176 p. 340, luoghi doigo 4), Lu- an. 1147 p. 361. doico 5) 4) an. 1171 p. 222. 5) an. H36 p. 227. Longobardo 6) Lombardo 7) , 6) an. 1142 p. 304, an. 1143 p. 309. luinbardo 8) 7) an. 1146 p. 344, an. 1170 p. 213, an. 1181 p. 438. 8) an. 1159 p. 49, an. 1173 p. 287. Longiiia 9) luo- Lulizina 10), 9) an. 1155 p. 451. go Lonzina il) 10) an. 1169 p. 182, an. 1117 p. 68. 11) an. 1152 p. 410, an. 1162 p, 89. Lupo, Lupa in Lovo 12), Lo- 12) Mazzalovo an. 1027 p. 155. più luoghi va 13), Luvo 13) an. 1025 p. 145. an. 1181 p. 451. 14), Luva 15) Quindi Lovara an. 1145 p. 333, an. 1167 p. 157. 14) Luvolo an. 1117 p. 79. Liivari an. 950 p. 59, 60. 15) an. 1079 p. 286, an. 1080 p. 287, an. 1152 p. 404. Lupilano 16) Luvilano 17) , 16) an. 1177 p. 356. luogo Lu vignano 18), 17) an. 1117 p. 68, an. 1152 p. 410. Luviglano 19) 18) an. 1132 p. 181, 182, an. 1168 p. 168. Luvillano e Liivignano an. 1162 p. 87. 19) an. 1155 p. 451, an. 1171 p. 219, an. 1172 p. 258. Luseraca 20) Luseraga 21) 20) an. 1136 p. 234. luogo 21) an. 1144 p. 318, an. 1167 p. 154. Leonardo in Lunardo 22) 22) an. 1170 p. 210. più luoghi Majestale 23) Magestate 24), 23) an. 970 p. 81. Macerata 25) Mazerata 26) 24) Sec. X p. 4. luogo 25) an. 1123 p. 112, an. 1143 p. 312, an. 970 p. 81, an. 1014 p. 133. 26) an. 1034 p. 165. — XXIII Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano (Segue) Mace- rata Medoaco in più luoghi Manfredo 4) Massario 7) Macerare in più luoghi Mauroceno 12) Marici 16), uf- ficiali dei \ì\- Marchese 20), Marchesino 21), Marches- sa 22), (mar- chesa) Maserala 1). Maserada 2) Metamauco e Madaniauco3) M ai f redo 5), Maginfredo 6) Massaro 8) , quindi massa- ra 9) e masse- ra 10) Maserare 11) Maurecino 13), Maurisinol4), Morosino 15) Marisil7),ma- rigi 18), me- rici 19) Marchisc 23), Marchisino 24) 1) an. 1027 p. 151. 2) an. 874 p. 29, an. 918 p. 49, an. 1077, p. 200, an. 1155 p. 6, 452, an. 1172 p. 246. 3) Metamauco e Madamauco an. 840 p. 19, 21. 4) an. 1129 p. 151. ^) an. 1015 j). 135. Manfredo e Mai- fredo an. 1131 p. 176. Maifredc an. 1129 p. 154, an. 1151 p. 397 398. 0) an. 1076 p. 254. 7) an. 1082 p. 292, an. 1127 p. 144, an. 1130 p. 159, an. 1178 p. 375. 8) an. 1027 p. 154, an. 1155 p. 452, an. 1183 p. 479. 9) an. 1138 p. 257, an. 1174 p. 304, an. 1176 p. 341. 10) an. 1148 p. 371. 11) an. 1181 p. 450. 12) an. 1161 p. 172. 13) an. 1125 p. 132. 14) an. 1115 p. 57, an. 1123 p. 108. 15) an. 1116 p. 63. 16) an. 1080 p. 289, an. 1142 p. 306, an. 1156 p. 14, an. 1157 p. 24. 17) an. 1132 p. 187, : n. 1154 p. 438, an. 1116 e. p. 61. 18) an. 1158 p. 35. 19) an. 1118 p. 83. 20) an. 1145 p. 330, an. 1169 p. 186, an. 1172 p. 253. 21) an. 1179 p. 396, an. 1154 p. 438, an. 1172 p. 248. 22) an. 1152 p. 400. 22) an. 1152 p. 400. 23) an. 1136 p. 226, an. 11 24) an. 1149 p. 376, an. 11 an n. 1136 p. 226, an. 1140 p. 289. n. 1149 p. 376, an. 1172 p. 257, 1182 p. 469. — XXIV — Volgare Anni dei documenti Dialetto e pagine illustre del Codice diplomatico Padovano Marmoseto 1) Marmosito 2) 1) an. 1136 p. 228, an. 1141 p. 299, uomo an. 1147 p. 357. 2) an. 1154 p. 443, an. 11G3 p. 103, an. 1176 p. 341, an. 1177 p. 345. Mauaria 3) Manara 4) 3) an. 1136 p. 229. 4) an. 1157 p. 20, an. 1175 p. 314. Masnata 5) Masnada 6) 5)an. 1145 p. 332, an. 1160 p. 53, an. 1169 p. 179. 6) an. 1163 p. 97, 103, an. 11*39 p. 182, an. 1183 p. 479. Manica 7) Manega8),Mai- 7) Maìiica curia an. 1181 p. 438. na 9) 8) Manega curia an. 1156 p. 10. 9) Maina curia an. 1146 p, 343. Majore in più Mazore, onde 10) an. 1150 e. p. 385. luoghi Barba mazo- re 10) Majorancia in Majorenza 11), \i) an. 1179 p. 389. più luoghi Mazoiia 12), 12) an. 1148 p. 37. Mazorenza 13) an. 1152 p. 405. 13) Matilda 14) MateldalS) 14) an. 1150 p. 388. 15) an. 1150 p. 394. Mainerio 16) Mainerò 17) 16) an. 1160 p. 58, an. 1164 p. 129. uomo 17) an. 1160 p. 57. Margareta 18) Malgareda 19) 18) an. 1179 p. 396. 19) an. 1172 p. 252. Matrona in più Madrona 20) 20) an. 1177 p. 347. luoghi Manso 21) Maso 22) 21) an. 969 p. 78, an. 994 p. 108, an. 1091 p. 331. 22) Manso e maso an. 1150 e. p. 385, l'erra dismasata, terreno o leni- mento non diviso a niansi, an. 1170 p. 375. Mercede in più Marcede 23), 23) an. 1021 p. 141, an. 1031 p. 159, luoghi marzede 24) an. 1133 p. 164. 24) an. 1027 p. 157. — XXV — VoLGAKIi illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano Merce 1) Melaria 3) luo- go Minuto in più luoghi Ministeriale in più luoghi Montesilicano 8) Monticello 10) Monasterio in più luoghi Monaco in più luoghi Molinario in più luoghi Montigroto 20) Monlanario22) Montesilice in più luoghi Mortiso 25) luogo Murario 27) o. App. Merze 2) Melara 4) Menudo 5) Ministrale 6), manestrale 7) Montesiligano 9) Montesello li) Monesterio 12) Monago 13) Mulinarlo 14), mulinairol5), mulinerò 10), muuai'io 17), monario 18), monaro 19) Montigotro 21) Muntanaro 23) Montesilize 24) Murtiso 26) Muraro 28) 1) an. 1-178 p. 392, an. 1145 p. 332. 2) an. 1040 p. 489. an. 1124 p. 125 3) au, 1122 p. 100, an. 1130 p. 159. 4)au. 1129 p. 154, an. 1161 p. 75, an. 1137 p. 249. 5) Merzemenuda uomo an. 1124 p 125. 6) an. 1167 p. 154, an. 1171 p. 238, an. 1179 p. 396. 7) an. 1168 p. 172. 8J an. 914 p. 40, an. 969 p. 77, an. 970 p. 83. 9) Montesilicano e Montesiligano a.n 906 p. 39. 10) an. 983 p. 100, an. 1033 p. 162. 11) an. 1089 p. 322, an. 1154 p. 435, an. 1155 p. 451. 12) an. 1076 p. 254, an. 1082 p. 293, an. 1089 p. 324. 13) an. 1106 p. 17. 14) an. 1161 p. 70, an. 1178 p. 373. 15) an. 1130 p. 160. 16) an. 1117 p. 71. 17) an. 1155 p. 453. 18) an. 1180 p. 403, an. 1181 p. 430, an. 1182 p. 458. 19) an. 1154 p. 445, an. 1176 p. 324. 20) an. 1150 p. 389, an. 1169 p. 184, an. 1157 p. 25. 21) an. 1156 p. 7, an. 1170 p. 201. 22) an. 1174 p. 292. 23) an 1170 e. p. 195. 24) an. 1040 p. 489. 25) an. 1100 p. 356. 26) an. 1139 p: 279. 27) an. 1126 p. 140. 28) an.ll47 p.358, an.ll76 e. p. 324. — XXVI — Volgare illustre Dialetto Montone 1) Murato in più luoglii Noventa 4) Nespolo 6) Odeirico in più luoghi Offertrice 9) Onerato, onera- ta in più luo- ghi Onorato in più luoghi Ottone in più luoghi Patavio in più luoghi Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano Padua in più luoghi Pagina in più luoghi Panico in più luoghi Pado (Pò) in più luoghi Moltone 2) Murado 3) Noenta 5) Nespolario 7) Odelrigo 8) Obfertrice 10) Onerado 11), Onerada e On- derata 12) Onorado 13) Oddone 14) Pavi e Tavi nel caso genitivo 15) Padoa 16) Paina 17) Panizo 18) Pan 19) 1) an. 944 p. 57. 2) an. 1170 p. 978. 3) Casamurata an. 1034 p. 165, an. 1064 p. 217. Camurada an. 1283 (sic) p. 426. 4) an. 1013 p. 124, an. 1033 p. 162, an. 1135 p. 215. 5) an. 918 p. 49, an. 964 p. 70, an. 1047 p. 184, an. 1123 p. 115, an 1171 p. 226. 6) an. 1154 p. 444, an. 1176 e. p. 324. 7) an. 1146 p. 350. 8) an. 1170 p. 206. 9) an. 1010 p. 122, an. 1040 p. 175. 10) an. 1079 p. 283. 11) an. 985 p. 104. 12) Leone de Honerada an. 1154 p 436. Leone de Onderatha an.ll62 p. 79 lo stesso uomo. 13) an. 912 p. 44. 14) an. 1124 p. 130, an. 1130 p. 166 15) an. 1027 p. 156. i6) an. 1154 p. 442. 17) an. 1048 p. 188, an. 1049 p. 192, an. 1068 p. 231, an. 1096 p. 343 18) Pesta panizo an. 1152 p. 412, an. 1153 p. 427. 19) an. 1106 p. 20. — XXVII — Volgare Anni dei documenti Dialetto e pagine illustre del Codice diplomatico Padovano Patavino, Pata- Padavino 1), 1) an. 1120 p. 140, an. 1135 p. 219, vina in più Padavina 2) an. 1172 p. 250, an. 1142 p. 308, luoglii an. 1152 p. 407, an. 11 09 p. 179. . 2) an. 1136 p. 230. Pancia 3) Panza 4) 3) an. 1138 p. 270. 4) an. 1109 p. 193. Pancralio,Pan- Panerai i 0) 5) an. 1038 p. 171, an. 1153 p. 425, cracio 5) an. 1153 p. 433. G) an. 1155 p. 459, an. 1170 p. 205. Patriarcato in Patriarcado 7) 7) an. 1169 e. p. 178. più luoghi Palude in più Palu 8) 8) an. 1176 p. 212. luoglii Penna 9) Pinna 10) 9) Penna longa an. 1171 p. 233. 10) an. 874 p. 30, an. 906 p. 39, an. 914 p. 47. Pelriolo luogo Pedriolo 11) 11) an. 1013 p. 125. in più luoghi Pergamena Bergamenal3) 12) an. 1045 p. 181, an. 1048 p. 188, •12) onde Lerga- an. 110G p. 23. menario 14) 13) an. 1041 p 178, an. 1077 p. 271, an. 1136 p. 227. 14) an. 1076 p. 259. Potraca 15), Petraga 17) , 15) an. 1126 p. 136. Pedraca 16), Pedraga 18) 1 6 ) an. 1 1 41 p. 295, 296, a. 1 1 43 p.309. luo-o 17) an. 1129 p. 155. 18) an. Ilio p. 37, an. 1137 p. 250, an. 1156 p. 7. Petenario 19) Petenairo 21) 19) an. 1170 e. p. 194. da petene 20) 20) an. 1145 p. 341. 21) an. 1134 p. 210. Pelato 22) Pelao 23) 22) an. 1138 p. 257. 23) an. 1169 p. 185, an. 1170 e. p. 195, an. 1173 p. 287, an. 1180 e. p. 403. Pentito in più Pentido 24) 24) an. 1145 p. 330, an. 1169 p. 186. luoghi Pe 20) 25) A pede, al pede an. 1017 p. 137, Pede 25) an. 1162 p. 81. 26) Spinanpe (spina en pe) an. 1168 p. 164. XXVIII — Volgare Anni dei documenti Dialetto e pagine illustre del Codice diplomatico Padovano Petrone in più Pedrone 1) 1) an. 1171 p. 232. luoghi Petra in più Preda 2) 2) Campo depreda an. 1176 p. 323 luoghi e Campo de petra an. 1176 p. 324. Perdita in più Perdeta 3) 3) an. 1182 p. 466. luoghi Pellizario 4), Pillezario 6), 4) an. 1164 p. 126, an. 1171 e. p. 234. pelliciario 5) pilizario 7) 5) an. 1123 p. 109. 6) an. 1105 p. 17. 7) an. 1118 p. 81, an. 1138 p. 259. Pilanica 8) luo- Pilaniga 9) 8) an. 1136 p. 229, 231, an. 1137 p. go 253. 9)an. 1113 p, 47, an. 1124 p. 127, an. 1133 p. 204. Pendice 10) Pendise 11), 10) an. 1177 p. 356. luogo onde Pindi- 11) an. 1144 p. 319. sella 12) 12) an. 1131 p. 176, an. 1177 p. 344. Piperello 13) Peverello 14) 13) an. 1157 p. 25, an. 1173 p. 282, uomo an. 1178 p. 378. 14) an. 1138 p. 254, an, 1152 p. 410, an. 1173 p. 281. Picinardo 15), Pizinardo 16), 15) an. 1168 p. 165. uomo Pizignardo 17) 16) an. 1160 p. 56, an. 1169 p. 186. 17) an. 1172 p. 246. Platano 18) Pladano 19) 18) an. 1143 p. 313. 19) Pladano e Platano an. 883 p. 32, 33. Pladano an.981p. 94, an.l008 p. 118. Plebe ,20), og- Pieve 21), onde 20) an. 999 p. 112, an. 1008 p. 119. gi Piove luo- Plevanus 22), 21) an. 988 p. 105, f.n. 1041 p. 179, go Blebe 23) an. 1126 p. 137. Pieve e Plebe an. 1010 p. 121. 22) an. 1154 p. 436, an. 1161 p. 69. 23) an. 1120 p. 95, an. 1137 p. 243, an. 1182 p. 455. Polesino 24) Poleseno 25) 24) an. 1171 p. 231, 239. territorio 25) an. 1115 p. 55. XXIX Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomalico Padovano Porcina 1) luo- go Ponteclese 4) luoso Portenario G) Pocco 8) Proda 10) Professo in più luoglii Prosdocimo 13), Prosdo cima 14) Prato, Pratello 17) Purcilla 2) , Purzigla 3) Ponteglese 5) Portenaro 7) Pouco 9) Proa 11) Profenso 12) PerdocimolS), Perdocima 16) Prado 18), on- de Pradolino 19) , pradivo 20), Prada Il- vo 21), Pra 22), Prao 23) 1) an. 1047 p. 2) an. 1021 p. an. 1048 p. an. 1130p. 3) an. 1171 p. 4) an. 1173 p 185, an. 141, an. 187, an. 160. 228, 229. . 278, an. 1053 p. 200. 1032 p. 161, 1058 p. 209, an. 1180 p. 408, 409. 5) an. 1159 p. 40, an. an. 1174 p. 293. 6) an. 1117 p. 71- 7) an. 1159 p. 45. 8) an. 1169 p. 191. 9) an. 1169 p. 190. 10) an. 1154 p. 441, an. an. 1176 p. 336. 11) an. 954 p. 63, an. an. 1165 p. 140, aa. 1 12) an. 1026 p. 149, an 1174 p. 289, 1171 p. 227, 1173 p. 283, 1154 p. 438, .169 p. 194. 1045 p. 180, 13) an. 1160 p. 49, an. 1090 p. 325. 14) an. 1154 p. 439, an. 1155 p. 457. 15) an. 1077 p. 270, an. 1180 e. p. 402. 16) an. 1147 p. 365, an. 1133 p. 196, an. 1155 p. 457, an. 1172 p. 251. Lo stesso notaio Adamo a pag. 457 nel primo documento scrisse Vi- viano de Prosdocima, e nel secon- do Viviano de Perdocima. 17) an. 1175 p. 322. 18) an. 898 p. 36, an. 1154 p. 439. 19) an. 1124 p. 127. 20) an. 1130 p. 159, an. 1154 p. 450, an. 1169 p. 192. 21) an. 1078 p. 273, 276. 22) Pramazaporco an. 1157 p. 20. Pra Bozolo an. 1167 p. 163, an. 1168 p. 177. Del Pra cognome, an. 1164 p. 125, an. 1173 p.'^284. Pra Sclamay, an. 1170 p. 194.. 23) an. 1181 p. 454. XXX — Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano Pratalia 1) luo^ Praceulo 6), oggi Prozzo- lo luogo Prudencia 8), Prudenza 9) Publico, publi- ca in più luo- ghi Puzzo 15) Pungere in più luochi Pulveraria 19) luogo Pradalia 2), Pradalla 3) Pradagla 4), Pradaglia 5) Braziolo 7) Prodenza 10) Plubico 11), plubica 12), Pluvrega 13), Plovpga 14) Pozo 16) Punzere 17), ponzere 18) Polverara 20) Dan. 1133 p. 200, an. 1135 p. 217 an. 1153 p. 430. 2) an. 1180 p. 425. 3) an. 1117 p. 68, an. 1162 p. 81. 4) an. 1132 p. 192. 5) an. 1135 p. 218. 6) an. 1148 p. 372. I) an. 1117 p. 72, an. 1152 p. 404. 8) an. 1176 p. 330. 9) an. 1172 p. 257. 10) an. 1172 p. 255. Il notaio Fale- tro in questo documento nominò Liazar de Prodenza lo stesso uo- mo che il notajo Natale nel docu- mento del 1172 p. 257 disse Lia- zarus de Prudenza. II) an. 985 p. 104, an. 1008 p. 117, an. 955, p. 67. 12) an. 1031 p. 159, an. 1032 p. 160. 13) an. 1105 p. 16, an. 1073 p. 245. 14) an. 829 p. 15, an. 1154 p. 447. 15) an. 912 p. 41, an. 954 p. 62, an. 1077 p. 271, an. 1113 p. 46, an. 1154 p. 447. 16) an. 1097 p. 346, an. 1154 p. 440, an. 1168 p. 171, an. 1171 p. 228, an. 1174 p. 291. Puzo e pozo an. 1169 p. 194. 17) Punziasini an. 1180 p.422. Pim- zilasini an. 1167 p. 156, an. 1175 p. 321. 18) Ponciiasini e Pontiiasini a. 1178, p. 379. 19) an. 1172 p. 259. 20) Polverara e Pulveraria an. 1171 p. 226, 227. — XXXT Voi.GAUE Anni dei documenti Dialetto e pagine illustre del Codice diplomatico Padovano Quadrivio 1) Cambio 2), ca- 1) an. 1182 p. 461. ruibo 3), Ga- 2j an. 1170 p. 213. mbale 4) 3) an. 1158 p. 33, an. 1136 p. 222. 4) an. 1170 e. p. 194, 195. Quinto 5) luogo Cinto 6) 5) an. 1014 p. 131. 6) an. 1097 p. 345. Hainerio 7) Rainero 8) 7)an. 1173 p. 270. 8) an. 1136 p. 231. Rainero e Ragi- Rainaldoinpiù Regenaldo 9), ncrio an. 1039 p. 132. luoghi Renaldino 10) 9) Rainaldo e Regenaldc an. 1138 p. 258. Rabbia in più Raiba li) 10) an. 1182 p. 466. luoglii 11) Cazaraiba an. 1168 p. 166, an. Kauio in più Ararne 12) 1178 p. 380. luoghi 12) an. 950 p. 58. Ilelrone 13), Redrone 14), iiume Rotrone 15), 13) an. 968 p. 75, an. 950 p. 60, an. Rodrone 16), 1088 p. 319, an. 1100 p. 356. Rodolone 17) 14) an. 1156 p. 6. 15) an. 970 p. 80, an. 1064 p. 217. 16) an. 1013 p. 123, an. 1014 p. 132. 17) an. 1084 p. 301, an. 828 p. 483, Refutare in più Refudare 18) an. 1077 p. 263. luoghi 18) an. 1095 p. 340. Religioso in Relioso 19) più luoghi 19) an. 1050 p. 194, an. 1173 p. 283. Retorica 20) Retolica 21) 20) an. 1172 p. 256. Rivo 22) Rio 23), ondt> 21) an. 1180 p. 413. Rialto 24) 22) an. 839 p. 17, an. 1154 p. 435. 23) an. 829 p. 15, an. 1078 p. 274, an. 1105 p. 10, an. 1139 p. 280. 24) an. 1013 p. 125, an. 1038 p. 171. 25) an. 1116 p. 63, 64. Ribaldo 25) Aribaldo 26) 26) an. 1116 p. 62. Detto Ribaldo e Aribaldo lo stesso uomo. — XXXI I — Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano Robolone 1) luogo Rosaria 3) luo- go Rodolfo, Ro- dolfino 5) Rovere 7) Roborelo 9) luogo Rolandino 11) Rozo 13) uomo Rustico, quindi RusticellolT) Rutena 21), contrada di Padova Roncalia 23) luogo Rovolone 2) Rosara 4) Redolfo 6) Roere 8) Roveredo 10) Arolandino 12) Arozo 14) , quindi Roza 15) e Aroza 16) Anistico 18), Rustigello 19), Aruste- gello 20) Rudena 22) Runcala 24), Rungalla 25) 1) an. 976 p. 87, an. 1123 p. 112, an. 1138 p. 257. 2) an. 828 p. 10, an. 1077 p. 266, an. 1111 p. 41, an. 1147 p. 359, an. 1140 p. 287. 3) an 988 p. 105, 106, an. 1060 p. 212. 4) an. 1118 p. 83, an. 1144 p. 324, an. 1152 p. 413, an. 1161 p. 75. 5) an. 1167 p. 156, an. 1152 p. 414, an. 1133 p. 197,201, an. 1179 p. 391. 6) an. 1133 p. 197, an. 1134 p. 208, an. 1167 p. 158. 7) au. 1155 p. 2, 3, an. 1157 p. 19. 8) an. 1144 p. 319. 9) an. 1084 p. 301. 10) an. 1177 p. 367. 11) an. 1175 p. 307. 12) an. 1171 p. 217. 13) an. 1034 p. 166, an. 1078 p. 274, an. 1167 p. 156. 14) an. 1096 p. 502, an. 1108 p. 32. Rozo e Arozo an. 1100 p. 503. 15) an. 1160 p. 59, an. 1164 p. 128. 16) Roza e Aroza an. 1160 p. 58. 17) an. 1152 p. 414, an. 1158 p. 35, an. 1166 p. 79. 18) an. 1158 p. 33, an. 1095 p. 338, an. 1136 p. 240. 19) an. 1053 p. 200, an. 1085 p. 306, an. 1090 p. 330. 20) an. 1048 p. 187. 21) an. 1117 p. 69, an. 1136 p. 241, an. 1173, p. 278. 22) an. 1034 p. 165, an. 1156 p. 6, an. 1173 p. 285. 23) an. 1055 p. 205, an. 1095 p. 336. 24) an. 1096 p. 319. 25) Runcalla e Rungala an. 1115 p. 60. XXXIII — Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano Rosso i), Ros- sa 2) Rudico4), oggi Rovi 0,0 Sabatino 7) Sacisica 9) luo- go Salice 42) Sapere in più luoghi Saponaria 17) Saraceno 20) Salzedo luogo, in più luoghi Scodare 23) Sculdaxia 25), Sculdasia 26) luooo G. App. Russo 3) Rudigo5), Re- digo 6) Sabadino 8) Sacisega 10), Sacesega 11) Salgario 13), Salgaro 14), Salgar 15) Savere 16) Savonaria 18), Savonara 19) Sarazina 21) Salesedo e Sa- lisedo 22) Scudare 24) Scodassia 27), Scodosia 28) I) an. 1064 p. 493, an. 1160 p. 54. Gislarossa au. 1157 p. 27. an. 1157 p. 20, Busso e Rosso an. 1169 p. 190. 4) an. 1171 p. 242, an. 996 p. HO. 5)an. 1150 e. p. 382. 6) an. 955 p. 67, an. 1077 p. 260, an. 1079 p. 281. 7)an. 1150c. p. 386. 8) an. 1140, p. 286. 9) an. 1033 p. 163. 10) an. 1140 p. 289. II) an. 1155 p. 452. 12) an. 1153 p. 423. 13) an. 1078 p. 279, an. 1180 p. 420. 14) an. 1130 p 167. 15) Salgar longo an. 1170 p. 206. 16) Bonsavere an. 1086 p. 315, an. 1182 p. 477. 17)an. 1158 p. 34. 18) an. 1097 p. 346, an. 1130 p. 168, an. 1171 p. 226. 19) an. 1085 p. 309, an, 1162 p. 77, an. 1167 p. 159, an. 1173 p. 284. 20) an. an. 1170 e. p. 195. 21) an. 1155 p. 452. 22) Salzedo e Salesedo an. 954 p. 63. Salzedho sive Salisedho an. 1176 p. 336. 23) Scodalovo an. 1183 p. 478. Sco- dagataan. 1177 p. 365, an. 1180 e. p. 401. 24) Scudaluvo an. 1170 e. p. 195. Scudalupo an. 1170 p. 200. 25) an. 955 p. 66. 26) an. 1177 p. 355. 27) an. 1155 p. 456. 28} an. 1165 p. 135. — XXXIV Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano Scandolaria 1) luogo Scandolato 3), oggi Scanda- lo-, luogo Scutario in più luoghi Sebastiano 8) Sellario in più luoghi Silvestro 11) Sepe (siepe) in più luoghi Segnore 15) , onde segno- ria 16) e se- gnor elio 17) Solesino 20) luogo Scandolara 2) Scandolado 4), Scandolao 5) Scutaro 6) , Scudcro 7) Bastiano 9) Sellaro 10) Salvestro 12), onde Salve- strino 13) Cesa 14) Signurel8),Si- gnorello 19) Soresino 21) Socero in luoghi Strata 23) più Sociro 22) Strada 24), strà 25) 1) an. 1171 p. 237. 2)an. 1171 p. 236. 3) an. 1172 p. 255. 4) Scandolado e Scandolato an.ll73 e. p. 265, 260. Scandolado an. 1174 p. 299. 5) an. 1171 p. 243, an. 1173 p. 286, an. 1178 p. 383. Scandolato e Scan dolao an. 1174 p. 306. 6) an. 1147 p. 518. 7) an. 1170 p. 195. 8) an. 1130 p. 162. 9) an. 1125 p. 133, an. 1138 p. 268, an. 1150 e. p. 385, an. 1168 p. 164 10) an. 1147 p. 513, an. 1178 p. 385. 11) an. 1117 p. 76, an. 1146 p. 353. 12j an. 1064 p. 218, an. 1135 p. 217, an. 1175 p. 308. Salvestro e Silve stro an. 1079 p. 286, 287. 13) an. 1171 p. 229, an. 1175 p. 312. 14) an. 1101 p. 1, an. 1150 p. 389, p. 390. 15) Bonseqnore an. 1171 p. 242, an. 1175 p. 317. 16) an. 1179 p. 389. 17) an. 1183 p. 479. 18) Bonsigniiri an. 1165 p. 154. 19) an. 1178 p. 375. 20) an. 1159 p. 40, an. 1165 p. 139, an. 1183 p. 478. 21) an. 1154 p. 448. 22) an. 1035 p. 169. 23) Sec. X p. 5, an. 4171 p. 231. 24) an. 1077 p. 263, an. 1105 p. 16, an. 1117 p. 71, an. 1171 p. 226. 25) Strada e Stra an. 1179 p. 383, 389. — XXXV — Volgare illustre Anni dei documenti fì pagine del Codice diplomatico Padovano Starlo, si aria 4) Stefano 4), Ste- fana 5) Suburbio in più iioghi Tallato, Talla- ta iOj, tiglatu (taglialo) 1-1), tal lare (tagli a- re) Tato 15) uomo Taniisario i8) Tencarola, luo- go 20) Tercola23)luo- ^0 e fiume Teutonico 25) Tedesco 27) Staro 2), stara 3) Stevanu6),Ste- vano 7), Sto vana 8) Subbuigio 9) Talado 12), ta- lada 13), tala- re 14) Tado 16), Tao 47) Tamisaro 19) Tencaruola 24), Tenga- rola 22) Tergola 24) Teotonico 26) Todcsco 82) 4) an. 4170c. p. 496. 2) an. 4153 p. 426. 3) an. 1174 p. 304. 4) an. 950 p. 58, 59, an 968 p. 75, 76. 5) an. 829 p. 43. 6) am 4039 p. 473. 7) an. 1117 p. 08, an. 4145 p. 334, an. 1140 p. 344, an. 1184 p. 437. 8) an. 4084 p. 302. 9) ui. 4418 p. 83. 10) Tediata an. 4449 p. 89. 11) Taglata an. 1174 p. 233, dali Tagle (leggerci Tuglè, tagliati), an. 4159 p. 47. 12) an. 954 p. 63, an. 4448 p. 80. 43) La Talada luogo, an.4078 p.274. 44) an. 4453 p. 424. 45) an. 4409 p. 36, an. 4 423 p. 448, an. 4126 p. 437,440. 46) an. 4147 p. 74, an. 4420 p. 95, an. 4424 p. 122, an. 4430 p. 465. 17) an. 1120 p. 95. an. 1181 p. 439. 48) an. 4 465 p. 447. 19) an. 4464 p. 124. 20) an. 1047 p. 184, an. 1055 p. 206. 21) an. 972 p. 86. 22) an. 1463 p. 102, an. 1173 p. 267. 23) an. 883 p. 32, an. 981 p. 95, an. 1008 p. 118. 24) an. 839 p. 17, an. 1085 p. 340, an. 1408 p. 32. 25) an. 4415 p. 57, an. 1447 p. 370. 26) an. 4420 p. 94, an. 4475 p. 343, an. 4147 p. 547. 27) an. 4147 p. 547. 28) an. 4462 p. 89, an. 4171 p. 223. XXXVI Volgare illustre Dialetto Anni dei documenti e pagine del Codice diplomatico Padovano Tessaria 1) Tervisio 4) , Tervisiano 5) Terratico 8) Territorio in più luoghi Tomasio 12), Tomaso 13) Tomboleta 17) Torculo 19) Totegnana 21) oggi Tognana, luogo Tonduto 23) Treseculo 25), oggi Tresie goli, luogo Trentino 28) Tesara (Tesse- ra) 2), Tesse- ra 3) Tarvisio 6) , Tervisano 7) Taratico 9) Terretorio 10), terratorio 11) Tomeo 14), To- mao 15), To- ma 16) Tomboleda 18) Torco 20) Todegnana 22) Tondudo 24) Trisogoli 26, Tersegolo 27) Trintino 29) 1) an. 1152 p. 407, an. 1164 p. 115. 2)an. H61 p. 76. 2)an. H61 p. 76. 3) an. 1150 p. 390. 4) an. 1154 p. 443, ó) an. 11 ou p. oyu. 4) an. 1154 p. 443, an. 1163 p. 108, an. 1179 p. 389. 5) an. 1096 p. 501, an. 1154 p. 438, an. 1170 p. 208. 6) an. 1164 p. 125, an. 1181 p. 433. P-^38, an. 1170 p. 208. 6) an. 1164 p. 125, an. 1181 p. 433. 7) an. 1154 p. 442. 8) an. 1170 p. 201, an. 1162 p. 81. 9) an. 1159 p. 46, an. 1160 p. 65, an. 1170 p. 199. 10) an. 1179 p. 396, an. 1040 p. 489. 11) an. 1172 p. 257, an. 1181 p. 438. 12) an. 1180 e. p. 402. 13) an. 1181 p. 451. 14) an. 828 p. 10, an. 895 p. 34, an. 969 p. 77, an. 1104 p. 5, an. 1115 p. 56, an. 1134 p. 212. 15) an. 1157 p. 23, an. 1181 p. 430 16) an. 994 p. 107, an. 1018 p. 139, an. 1100 p. 356, an. 1125 p. 132. 17) an. 1162 p. 80. 18) an. 1164 p. 126, 127. 19) an. 895 p. 34, an. 1016 p. 136. 20) Torco Livaro e Torco Waltali an. 1038 p. 171. 21) an. 1109 p. 33, 36. 22) an. 1117 p. 70, 75, an.ll57 p. 22. 23) Maltonduto an. 1155 p. 458. 24) Maltondudo an. 1169 p. 179. 25) an. 1008 p. 119. 26) an. 1025 p. 146, an. 1117 p. 71. 27) an. 1106 p. 18. 28) an. 1163 p. 96. 29) an. 1158 p. 32. XXXVII Volgare Anni dei documenti Dialetto e pagine illustre del Codice diplomatico Padovano Turriclal), og- Torrida 2), 1) an. 1077 p. 266, an. 1123 p. 117, gi Torreglia Turrigla 3) an. 1140 p. 286, an. UGO p. 58. luogo 2) an. 1154 p. 434, 435, an. 1174 p. 296. 3) an. 1183 p. 479. Ungaro 4), Un- Ongarello 6) 4) an. 1084 p. 299, an. 1097 p. 348. garello 5) 5) an. 1099 p. 352 an. 1131 p. 177, an. 1153 p. 431. 6) an. 1140 p. 287, an. 1146 p. 346, an. 1149 p. 381, an. 1153 p. 428, an. 1084 p. 303, an. 1111 p. 41. Ungaresca Ongaresca 7) 7) Ungaresca e Ongaresca an. 1163 p. 111. Ugocione 8) Ugozone 9) 8) an. 1122 p. 104, 105. 9)nn. 1109 p. 34, an. 1128 p. 146, an. 1131 p. 176, an. 1159 p. 49. Ugone 10) Ogone 11) 10) an. 1120 p. 95. 11) an. 1117 p. 68. Ulmeto 12) Ulraedo 13) 12) an. 1134 p. 208. 13) an. 954 p. 63. Urbana 14) Orbana 15) 14) an. 1097 p. 345, an. 1177 p. 357, luogo 359. 15) an. 1159 p. 41. Uliverio 16) Olivero 17) 16) an. 1126 p. 137, an. 1169 p. 192. 17) an. 1132 p, 192, an. 1170 p. 201. Valerio in più Valero 18) 18) an. 1131 p. 176, an. 1169 p. 194. luoghi Valvasor 10) Vavasor 20) 19) an. 1176 p. 330. 20) an. 1144 p. 319, an. 1155 p. 2, an. 1175 p. 315. Vado (guado) Vao 22) 21) an. 1162 p. 87, an. 1171 p. 242, 21) an. 1179 p. 391 22) an. 1154 p. 436. Valicella 23) Valesella 24) 23) an. 1176 p. 337. 24) an. 1155 p. 451, an. 1158 p. 30, an. 1167 p. 153. XXXVIII — Volgare Anni dei documenti Dialetto e pagine illustre del Codice diplomatico Padovano Vetello (Vitel- Vedello 2) 1) an. 1160 p. 57, an. 1174 p. 303. lo) 1) 2) Vedelago an. 966 p. 109. Preve- dello an. 1165 p. 148, an. 1172 p. 250. Vico 3) Vigo 4) 3) Vico bacco an. 1 167 p. 162. Vico- novo an. 1097 p. 348. 4) Vigo bacco an. 1160 p. 54. Vigo- novo an. 1124 p. 125. Vito 5) uomo Vido 6) 5) an. 1085 p. 311, an. 1120 p. 96, an. 1151 p. 400. 6) an. 912 p. 44, an. 1077 p. 271, an. 1158 p. 34. Vitata in più Vidata 7) 7) an. 898 p. 36, an. 1130 p. 161. luoghi Vicenzo 8) Vizenzo 9) 8) an. 1068 p. 229, an. 1172 p. 251. 9) an. 1027 p.l54 Wizenza an. 1134 p. 310. Virgine in più Virine 10) 10) an. 1052 p. 196, an. 1054 p. 202. luoglii Vicino in più Visino 11) 11) an. 1068 p. 230. Visina an. 1154 luoghi p. 445. Pelavisino an. 1171 p. 230, an. 1176 p. 329. Vitale 12) Yidule 13) 12) an. 1156 p. 8. 13) an. 1086 y. 316, an. 1156 p. 5. Vi- dale e Vitale an. 1126 p. 137. Venite in più Vigni 14) 14) Benvignisi an. 1178 p. 385. luoghi Vigoncia 15) Vigonza 16) 15) an. 1096 p. 500. 16) an. 1100 p. 503. Vignalisico 17) VignalibigolS), 17) an. 1013 p. 125, an. 1146 p. 358, Vignalosigo an. 1153 p. 432, an. 1162 p. 94. 19) 18) an. 1153 p. 425. 19) an. 1013 p. 128. Zacaria in più Caria 20) 20) an. 1179 p. 400. luoghi Zoppo 21) Zoto 22) 21) an. 1162 p. 77, an. 1180 y. 413. 22) an. 1143 p. 314, an. 1152 p. 409, an. 1154 p. 438, an. 1165 p. 138. AGGIUNTA Forse taluno potrebbe supporre, che Geremia da Monlagnone abbia altoiato a suo tatento la lingua dei su riferiti proverbi, i quali giù correvano per la bocca del popolo. Ma io non posso credere questo per le tre ragioni seguenti: I." che non so trovare persuadente motivo, per cui egli abbia fatto quell'alterazione, mentre in generale la lingua dei proverbi si rispetta religiosamente dagli scrittori che li riportano nelle opere loro; II.*^ che oggi pure dopo sei secoli conservano quasi identica la lingua loro quei tra i predetti proverbi, che vigono ancora ; e IIl.'^ che se Gere- mia la avesse modificata a suo gusto, troveremmo in tutti i proverbi stessi pari tipo linguistico, mentre invece dagli uni agli altri si hanno discrepanze notabili di lingua e di lessi- grafia. Quindi ammettendo più tosto che tali discrepanze provengano dal maggiore o minore grado di coltura lette- raria, ch'ebbero i varj primitivi loro autori, reputo al con- trario ch'essi proverbi ci sieno stati tramandati anche da Geremia con la eguale forma linguistica, con cui ab origi- ne furono composti. Elenco dei- libri e delle opere periodiche , pervenuti dal 16 agosto a tutto il 1.° dicembre 1884 (Continua- zione) |.ag. xxxiii-XLiii Programma dei concorsi ai premj proposti dal R. Istituto lombardo di scienze e lettere per l'anno 1885. » xliv-lv Prezzo della Dispensa Fogli 33y^ ad italiani Cent. 12. . . . L. 4:22 Sette Tavole litografate )> 0:90 Totale L. 5:i2 MtidelRIstituto Veneto Tomom.Senie YT. Tav. L Crislalli di fosfato ammoniaco -magne- siaco dalla putrefazione del cervello. Ingfì'. 80 diani . MìCT'. Naehet. Ob. 1. Oc. l Vr NoJari dis. al TTiier. Ijt. M. Fontana, Venezia ATTI f^ ISTITUTO VCNfETO, ^Ef\[R \/lTOM0IIIT/VV: H - AJ^- B^Bj-ESe DI'. ET INC DA ^CH^ezi DLIjL' AuL. Li ir P. Ppoffei^iNl ATT [ 1\. \$ T I T U TO VE NrE T 0. SERJE VI.TOMOLIf.TAV: &- XJ>i.jÌeAl'»^ '(i^eJ: uiio.ea.'itkùyii 4tìlÌ. QLut V'r P PsprPEUINI AUl del R IsUlutG Veneto Sene VI. Tomo HI Tav^U/" Padova, Slrtb- Pr nspet' òtroS;. .ne Atti del R. Istituto Veneto. SeneVl. Tomo ffl TavV /'/// / /j %f3.6. fi Fadùva.Slab^rospei'irii SLrobl, me. An.i del Fi, Istituto Veneto. StìfisVI. Tomo ni, Tav VI //// /, /. W FadQva.Stab.Prcsperini Strotl ine Atti del R Istituto Veneto Sene''! Tottìo DI Tav VII. f>;f-*. 0( ^''9'«^C:M' A«y4. ii\ Fixjf. // 'f/.'JA J Fif.//j FaàQva.Slab.Prospei mi SlEobl. me 3 2044 106 263 437 ^->.> 7' '.-^■y-'^'-cC^ -^^ ■ ,,,.: Tr.^--v. *^.. ^, v:P *>t/-- ir>^ ,.^>':<'. >_r'-*^ ^ >.y^4, ■ i^rr^- ^'■^.-s? .** .->» . v-^^V '-^^