:^^fS- >-. «^ ^-wy- it*i^ ■•'^^ "^^ IP' ^^ S» t u - li ir- 4-^ \ OF COMPARATIVE ZOÒLOGY, AT HARVARD COLLEGE, CAMBRIDGE, MASS. jFounìJcTr ftj prfbate subscrfption, fu 1861. ATTI DEL REGIO ISTITUTO VENETO DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI TOMO ^SECONDO, SERIE QUARTA AVVERTIMENTO Conforme all'articolo 134 degli statuti interni si dichiara che ogni autore deve rispondere delle opinioni e dei fatti esposti ne' pro- prii scritti. ATTI DEL REGIO ISTITUTO VENETO DI ' SCIENZE, LETTERE ED ARTI DAL NOVEMBRE 1872 ALL'oTTOBRE 1873 ^^ V E N E Z I A PRESSO LA SEGRETERIA DELL' ISTITUTO TIP. GRIMALDO E C. - 1872-73 ANNO 1872-73 PRIMA DISPENSA i. Ó^u^^L COSTITUZIONE ISTORICA DEGLI ARCHIVI VENETI ANTICHI 1200-1872 Memoria DEL S. C. BARTOLOMEO CECCHETTI -cjyt- Siommà rio Introduzione — I. Antichità ; — II. Volumi antichi ; — III. Capitolari dei magistrati ; — IV. Reg-istri antichi di varii magistrati ; — V. Vo- lumi antichi del Maggior Consiglio, del Collegio, del Senato e della Quarantia criminale ; — VI. Copie delle leggi in volumi : « compi- lazione delle leggi ; » — VII. Inventari! antichi di archivi — rubri- che di scritture, disegni e modelli ; — VIII. Volumi e documenti perduti e distrutti; incendii, distruzione di documenti pubblici o pri- vati decretata, documenti trafugati ; — IX. Cancellerie (Ducale, Se- creta, Inferiore) ; — X. Consiglio dei Dieci, Inquisitori di Stato; — XI. Archi vii giudiziarii ; — XII. Annali ; istoriografi pubblici ; — XIII, Scarti od espurghi ; — XIV. Sec. XIX. Costituzione e vicende principali dell' Archivio generale di Venezia. INTRODUZIONE. La storia degli archivj ha stretto rapporto collo svol- gimento della civiltà. Ogni popolo sentì il bisogno di serbar ricordo delle proprie vicende, ad ammaestramento e conforto degli avvenire. Donde la scrittura, dal segno ideografico al lineare-fonetico. Lo studio delle reliquie dei tempi trascorsi, fornì gli elementi e i canoni scientifici all' archeologia e air ar- chivistica. Ogni Governo riconobbe la necessità di rac- cogliere, coordinare e conservare le carte. Furore di plebi, eccitate dagli avversar] di un ordinamento poli- tico, distrusse in breve tempo il frutto di cure lunghe e amorose, — e codici e carte pregevoli finirono sul fuoco. D'altra parte la noncuranza e V ignavia di rozzi custodi produssero, in un tempo più lungo, gli effetti medesimi. Così documenti preziosi, non solo per interesse storico, ma per uso amministrativo, deperirono, o andarono di- spersi : e alla luce de' nuovi tempi parve quasi una uto- pìa la paziente opera degli antichi spesa a raccogliere i dettami della esperienza, e a confortare le generazioni future neir opera faticosa del progresso, col racconto delle glorie patrie, e delle azioni lodevoli. La stampa, potente ministra di civiltà, mentre sorse a moltiplicare le opere intellettuali, e a farne parte a — 9 — tutti i popoli, tolse r occasiono e V uso agli estensori dei documenti pubblici, dei codici scientifici, ed agli alluminatori, di tracciar con diligenza ogni scrittura, come un piccolo monumento di forme elette ed artisti- che. La facilità di riprodurre T opera dello scrittore, le leggi ed altri atti del Governo, col mezzo della stampa, ' tolse perciò anche alla venustà delle carte. Né può farsi sempre confronto tra le scritture antiche, e quelle dei moderni, senza che queste non ne scapitino. Ma dopo i fatti politici^ che sulla fine del secolo scorso impressero alla società un nuovo indirizzo, si riaccese queir antico affetto alle memorie e agli studj che è ingenito nell' anima dell' uomo. Nobile senso che lega il passato all'avvenire coi più dolci vincoli dell'am- mirazione e della gratitudine. Gli archivj furono raccolti, ordinati e studiati. Si volle cancellare ogni traccia dei tempi barbari, antichi e moderni, ricostituendo l'edificio eretto dall' antichità; onde 1' Archivio fosse l'immagine del Governo come questo lo era, in molti paesi, del popolo. Venezia, riguardo agli Archivj, non ebbe molto a pa- tire dai torbidi politici alla caduta della sua Repubblica: e se in seguito le furono tolti pregevoli documenti, r atto doloroso fu poi largamente riparato. Ma nei ricchi archivj di Venezia non vi ha solo da attingere materiali per la storia universale. Un esame diligente fa conoscere 1' amore che la Repubblica avea posto ai documenti del suo passato ; il lavoro paziente de' suoi cancellieri e dei notaj ; la bellezza dei codici, veri monumenti che attestano da sei secoli il posto che spetta a Venezia in questa parte gentile e feconda della civiltà. Serie IF, Tomo II. 2 — 10 — I. Antichità. Carlo Curtius, in una scrittura «Il Metroon^ archivio di Stato in Atene (1)», ch'egli intitolò assai modestamente ricerca archeologica^ ha raccolto le principali notizie ri- sguardanti le antichità e le vicende degli archivj. Lasciamo al dotto prussiano, enumerare le cure amo- revoli de' popoli civili perla conservazione delle memo- rie storiche, e il culto universale della scrittura e di tutti gì' ingegni che furono usati a riprodurre con segni materiali F opera del pensiero. Le iscrizioni sepolcrali, votive e commemorative, ed i monumenti innalzati nelle città della terraferma ve- neta, prima delle incursioni dei barbari (se mancassero allo storico altri argomenti) basterebbero a dimostrare con abbondanza di prove, 1' antica civiltà di quelle genti che nel secolo V e nei successivi, scelsero ad asilo e a soggiorno le isole di Venezia. Non è dunque strano, che le istituzioni politiche ed amministrative dei veneti secondi^ fossero sin dalle ori- gini improntate dell'antica civiltà. Più presto non si saprebbe dar ragione dell' imbarbarimento delle arti e dell'oscura vita di quel popolo nei primi secoli della sua autonomia, se non fosse ragionevole supporre, che esso dovesse concentrare le sue forze nelle industrie, (1) Berlino, Weidman, 1868. — li- nei comraercj e nella difesa del breve suo Stato da nuovi invasori. Se pertanto ci mancano lapidi, monumenti e scrit- ture del primo periodo della consociazione veneta, del governo speciale delle isoletto, delle concioni o comizj generali, dei primi atti del governo repubblicano, non è da supporre che mai, o di rado, si affidassero alla scrit- tura le deliberazioni del Governo, o i privati negozj. Poiché, con tale supposizione, i patti internazionali fra la Repubblica ed altri Stati, del secolo IX, cioè di circa trecento anni dalle prime immigrazioni dei veneti in queste isole — ci farebbero apparire d'un tratto civile e potente un popolo che poco prima sarebbe giaciuto oscuramente nella barbarie e nel!' inerzia politica. Fu sventura che le tumultuose elezioni e deposizioni dei primi dogi, il trasferimento della sede del Governo da Eraclea a Malamocco (742), e a Venezia (810), le som- mosse e gV incendj, abbiano distrutto quasi intiera- mente le scritture dei primi sei secoli del dominio ve- neto. Onde rari sono gli originali o gli esemplari degli atti diplomatici e delle leggi, prima del 1200, e per ciò manca ogni guida nel!' oscura storia delle origini e dello svolgimento della nazione. Gli usi, le costumanze, la tempra morale dei vene- ziani, le loro gesta civili e politiche, il linguaggio, in quel lungo e importante periodo, ci sono perciò poco meno che ignoti. Né valgono ad illustrare quella oscura storia, frasi e denominazioni sparse nel testo farragi- noso degli antichi istrumenti privati, che custoditi gelo- samente nei chiostri, sfuggirono agli incendj e alle dispersioni. La nitida scrittura e la forma regolare e leg-ale delle — 12 ~ cai-te venete, del secolo XE e dei precedenti (quale pos- siamo riconoscerla dagli esemplari di esse) attestano il grande pregio in cui si teneano i documenti pubblici, che si conservavano nel Palazzo Ducale e nel Tesoro della Basilica. A ricomporre tuttavia, per quanto è possibile, la sto- ria primitiva di Venezia e dei Veneti, si dovrebbe risa- lire alle inscrizioni del periodo romano, sparso nelle città della terraferma ; alle monete imperiali ed autono- me ; bile ^m B-utìche carte di materia politica e giuri- dica, originali.^ o trascritte nei volumi detti Patti e nel codice Trevisaneo. Le scritture private, che formano parte degli archivj dei conventi soppressi dalla Repubblica veneta o dal primo Regno d'Italia, anteriori ai 1100, sommano a circa trecento; e sono in parecchie centinaja quelle del secolo XII. Fino dai tempi remoti il Governo e i cittadini usa- vano di far estendere nitidamente e con tutte le forme legali, i propri atti. Non v' avea certamente difetto di notaj e di cancellieri. Alcuni decreti dell' antico Mag- gior Consiglio (concione), giunti fino a noi in originale, sono sottoscritti dal doge, da magistrati, da gran nume- ro di maggiorenti e di popolani. Ogni tenue cedola è segnata almeno da due testimonj. Sono scritture rego- lari, alcuno splendide e gentili per venustà e dolcezza di lince. Orso, vescovo di Olivolo, nel suo testamento del feb- braio 853, lascia alla basilica del beato Lorenzo di Vene- zia, alcuni codici (lihros conscriptos). Nel J013 Giovanni e Domenico di Martino Falier danno al monastero di s. Michele arcangelo di J?roudolo, — 13 — la chiesa di s. Benedetto, e fra gli oggetti che le appar- tengono, sono indicati tutti i libri grandi e piccoli^ diur- nali e notkirnali. In carte del secolo XIII è cenno di qualche MUioteca. Già anticamente s'invigila sui falsarj, e si sottopon- gono ad esame grafico i hrevi notarili. Il doge Enrico Dandolo nella sua promissione del 21 giugno 1192 (il più antico capitolare dei dogi rimastoci) giurava : « De universis chartulis falsis que nobis osten- » se fuerint, studiosi erimus {adearum excerptionem) fa- » ciendam secundum usum patrie nostre. » Un Pietro Franco^ cappellano di s. Marco e notajo, viene deposto dal suo ufficio, solennemente^ nel giovedì santo del 1164, da Michele Bonoso, per ordine del doge Vitale Michiel II (1). Addì 15 luglio 1224 si fa obbligo al doge di far giustizia delle carte false (2). E vi hanno casi parecchi di tali giudizj. Da ciò il nome di Esamina- tori ad alcuni giudici i quali ebbero, sino dal secolo XII, principale incarico di esaminare la legalità ed autenti- cità dei documenti, e in prova di essa, di sottoscriverli. Per diminuire ai falsaij la facilità di alterare i docu- menti, T imperatore Federico II, nel 1231, obbligava i notaj a trascrivere su pergamena i loro atti estesi su (1) Ciò è ricordato in un documento del 1178 dicembre, spettante all' archivio del convento di S. Zaccaria. Archiv. Gen, di Venezia. (2) De chartulis que inveniuntur false, teneatur expressim ad justi- ciam faciendam. Liber plegioruin Comunis, p, 32, doc. 258. Pietro Ziani doge, nel mese di luglio 1226 fece inscrivere nel liber plegioruin (doc. 397, e. 47 t.) d' aver comandato ai giudici del Proprio e al loro notaio, di non rilasciar ad Ota Gritti di s. Giustina, alcun esemplare di certe carte da essa usate in giudizio, e dichiarate dai notai false. — 14 — carta di cotone. Il vecchio titolo però di hornhicine, rima- sto nel linguaggio cancelleresco, dice abbastanza che quella legge non ebbe, né in Sicilia, né in altre parti d' Italia, piena esecuzione. La Repubblica veneta la decretò, nel 1291 (1 ». Ma r uso che si faceva di quella carta nel tempo anteriore, e che si continuò in appresso, fu molto limitato. Appena qualche libercolo di carta bambagina, e pochi volumi che contengono scritture di lieve importanza, ci atte- stano che nel medio evo la pergamena non dominò sola fra noi nel regno della scrittura. Moltissimi notaj avevano sede in Venezia, d'autorità veneta^ apostolica e imperiale. Fungevano presso i magi- strati e nelle cancellerie del Governo. È naturale adunque il supporre che da tempi remoti, e certamente dal principio del secolo IX, notaj e can- cellieri negli Ufficj scrivessero regolarmente leggi, ter- minazioni, processi, atti diversi, e li ordinassero, costi- tuendo cosi collezioni ed archivj. Già il cronista Andrea Dandolo (2), scrivendo d' un incendio al quale sog- giacque nel 1200 il Tesoro attiguo alla Basilica di san Marco, accennava che « reliquias plures et ducalia pri- » vilegia concremavit. » Tuttavia, volendo scrivere la storia degli archivj veneti sulla base dei documenti, non possiamo risalire a tempo anteriore al 1200. In quel secolo ebbero luogo le riforme più importanti dello Statuto, ad opera di Ra- nieri Dandolo, vicedoge del padre Enrico ; poi del doge (1) Magg. Cons. 3 marzo 1291. Libro d'Oro, II, 110 t. (2) Codice già della libreria Tiepolo, poi del fu coute Girolamo Dan- dolo, ora collocato nel Museo Civico di Venezia. Vedi a e. 103. — 15 — Jacopo Tiepolo e dei successori \ vennero ordinate le leggi, regolata la materia cancelleresca degli Ufficj, posto ordine insomma anche alle parti secondarie del congegno governativo. Perciò la Signoria, cioè il Doge e i suoi Consiglieri, stabilirono, che si dovesse tener ricordo di alcuni atti diplomatici (1) e delle cauzioni prestate al Governo per oggetti diversi, in un volume detto liher Comunis^ o dei pieggi [plegiorum)^ pregevole registro che per isfortuna abbraccia un periodo assai breve (1223-1253) (2). II. Volumi antichi. La legislazione veneta degH archivj, come quella degli altri Stati, risguarda la costituzione delle serie dei documenti e degli archivj speciali; l'ordinamento, la custodia e T amministrazione di essi. (1) Al presente le carte diplomatiche sciolte (Atti) o riunite in volumi nel R. Arch. Gen. di Venezia, sono coordinate in sei serie: l." dei Pacta; 2° Atti diplomatici, secondasene; 3.° Atti diplomatici restituiti dal Go- verno Austriaco nel 1868 ; 4.° Miscellanea manoscritti ; 5.° Miscellanea codici ; 6.° Miscellanea codici restituiti dal Gov. Austr. nel 1869. Ora si sta unificando tutte queste serie. (2) In un inventario antico degli archivj custoditi nella a Secreta » oltre il volumetto delle « pieggiarie et altro, 1222 » se ne trova segnato colla lettera m uno che comprendeva il periodo 1511-1531. Del liher pleginruin, 1223-1253, ha cominciato a pubblicare il rege- sto il valente ufficiale nel R. Arch. Gen. di Venezia signor Riccardo Predelli, nel periodico e< Archivio Veneto » del 1872. In esso a e. 41 t. e 44 t. si trovano elenchi di documenti diplomatici affidati ad inviati ad Aeri e a Roma, — 16 — Della consistenza e delle vicende degli archivj ve- neti ne'tempi antichi, poche notizie giunsero fino a noi. Solo è dato supporre che, trasferita in Venezia la sede del Governo, si provvedesse a raccogliere e a conser- vare con cura i documenti pubblici e i privati, nel pa- lazzo del doge, nei locali ove teneano ragione i magi- strati, e nei conventi. Infatti resistenza di archivj o col- lezioni di volumi e di ruotoli, ci è attestata dalle stesse serie di codici nei quali sono trascritti i documenti piiì importanti di politica, di diritto internazionale, di Go- verno, quali nel secolo XIII i fatti e i commemoriali. E nelle leggi del secolo medesimo troviamo ricordo fre- quente di capitolari dei magistrati, di volumi dei loro atti per esteso e per estratto, o in nibrica ; di leggi in esemplari molteplici; e di tutti quegli amminicoli can- cellereschi ai quali non si può pensare, se non si abbia prima bene ordinata la materia degli Ufficj. Nel 1266 (30 giugno) il Maggior Consiglio decreta che tutti i decreti o consigli {con^wìto) autentici., debbano venir trascritti, onde se ne abbia un esemplare anche nella Quarantia. Nel 1271 (26 agosto), e nel 1292 (25 feb- braio m.v.) (1), che gli Avogadori di Comun re»stituisca- no i documenti, dopo usati nelle discussioni, tengano nel loro Ufficio un libro nel quale si notino le accuse, le testimonianze, le cause da essi placitate in Maggior Consiglio, le leggi e le correzioni. Dovevano restituire le sentenze ricevute da qualche magistrato; se ne voles- sero far uso ad agio, ne domandassero una copia. Nella fine dello stesso secolo XIII (decreto citato 1291, 3 marzo) veniva imposto ■dg\io//ìciali aìVarmar di (1) M. C. Bifrons, e. ììì e 2Ì t. — 17 — trascriverò, su pergamena, le cifre degli averi del Gover- no: « id quod receptum esset per predecessores suos, » note che erano prima registrate su carta di bambagia. Ma la legge più importante è dovuta al doge Giovanni Dandolo, che sebbene creduto fautore del popolo, mo- strò di voler sopratutto la regolarità, la disciplina e il buon governo. Addì 27 ottobre 1283 (M. C, Comune I\ egli pubblicava un decreto nel quale, dopo aver accen- nato che le leggi si trovavano allora disperse in dieci libri, dice che per procurare chiarezza nei giudizj e nel- Tamministrazione, egli aveva, per autorità del suo Con- siglio minore e del maggiore, eletto cinque patrizj affine di por ordine a queir oscura e confusa collezione. Giacomo Querini, Nicolò Milani, Marco da Canale, Lorenzo Belli ed Enrico Doro, furono incaricati di quella compilazione e della scelta. Abolirono alcune leggi per- chè cadute in disuso, scelsero fra altre affini, le piìi ac- concie, fecero corredare i volumi di rubriche. E i volumi furono dapprima due ; uno detto Comune /, 1' altro Co- mune II ; gli altri recano titoli cancellereschi capric- ciosi e bizzarri. Ma rubriche cartacee dei consigli esistevano già prima (1) e, come dice il cronista Dandolo, anche libri di leggi. È di questi il Fractus (1240-1282), che contiene molte parti cancellate dagli scrivani, d'ordine del doge, e d^ altri a ciò eletti, e che si ebbe probabilmente a guida nella nuova compilazione del 1283. Neir archivio delF Avogaria di Comun si trovano al- tri volumi delle leggi del Maggior Consiglio trascritte (1) Per es. una contiene le indicazioni dei consigli (parti o delibera- lioni) dal I. a tutto CCCLXXII, dal 30 lug-lio 1268 al 28 dicembre 1269. Serie IF, Tomo II. _ 3 — 18 — su pergamene in folio massimo, dal principio del secolo XIV in seguito. Altre copie dei volumi del Maggior Consiglio furono fatte nei tempi posteriori (1). (1) Le serie dei volumi delle deliberazioni del Mag'gior Consiglio so- no tre : 1. antica, contemporanea in parte alle minute. E costituita di 12 vo- lumi (di cui uno è doppio, e si custodiva già anticamente, come adesso, nella Cancelleria Secreta). Eccone i nomi : Comune I. 1232-1282; Comune I, altro esemplare con documenti meno antichi e molti cancellati; Comune II. 1248-1282 ; Fractus 1240- . 1282; Luna Zaneta Pilosus 1283-1299; Magnus et Capricornus 1299- 1308; Presbiter 1308-1315; Clericus cicicus 1315-1318 ; Fronesis 1318- 1525; SpirUus 13251349; Novella 1350-1384; Saturnus 1349-1378. Al volume Novella fa seguito la serie degli originali appartenenti all' archivio proprio del Maggior Consiglio, nel quale si custodiscono anche gli esemplari dei volumi : Luna ; Zaneta ; Pilosus ; Magiius et Capricor. ; Presbiter ; Clericus civicus ; Fronesis ; Spiritus ; Novella, I volumi originali sono : Leena 1384-1415 ; ihsa 1415-1454 : Regina 1455-1479; 'Stella 1480-1502; Beda 1503-1521; Dana 1522 1536; Nomx 1537-1551 ; Rocca 1552-1565 ; Angelus 1566-1574 ; Angelus 1566- 1577; Frigerìus 1577-1588; 5umiHM.v 1588-1600 ; Ficus 1601-1606; Anteimus 1607 16)6 ; Arcangelus 1617-1624; Olfabomis primus 1625- 1630 ; Ottohonus /ìlius 1625-1630 ; Padavinus 1631-1639 ; Marcus 1640- 1647; Fianolus 1648-1657; Ballarinus jmter 1658-1669; Ba'lariuns filius 1670-1686; Maria 1687-Ì696; Busenellus 1697-1704 ; f'icenti 1705- 1716; Victoria 1717-1722; Caeciila 1723-1731; Joanncs 1732-1747; Bartoiinus 1748-1761 ; Colombo 1762-1779 ; Gabriel 1780-1793. Infine nell archivio dell' Avogaria di Comuu si custodiscono i se- guenti registri delle deliberazioni dello stesso Maggior Consiglio, in esemplari dei secoli XIV-XVII : Bifrons — 1232 11 Aprile — 1300 Gennaio m.v. Cerberus ^ 1282 28 Agosto — 1299 12 Settembre Magnus — 1294 3 Dicembre — 1308 20 Agosto Neptunus — 1312 6 Maggio — 1324 26 Aprile Brut US — 1324 27 Aprile — 1334 11 Febbraio m.v. — 19 — Sotto il principato dello stesso doge Giovanni Dan- dolo, il Maggior Consiglio stabiliva (1291, 18 dicenìbre) che venisse istituito un libro nel quale fossero trascritti i frivilegi, i yatti e tutte le carte delle giurisdizioni del Comune. Ma quel codice non può essere il prezioso liher Alhus^ che contiene specialmente le copio dei trattati fra la Repubblica e T Oriente, come il liber Blancus comprende quelli coli" Occidente. Perchè al liher Alhis precede un decreto, senza data, ma del doge Andrea Dandolo (1343-1354) che dà ragione delF opera. I docu- menti più antichi trascrittivi sono della seconda metà del secolo IX. Sulla fine del secolo XIII, o nei primi anni del suc- cessivo, furono intraprese due collezioni preziosissime : dei Patti e dei Commemoriali. Abbiamo detto che i documenti originali dei rapporti PJìilip/'cus — 1335 5 Marzo — 1Ó49 7 Aprile Spirihcs — 1371 6 Mag-gio — 1442 29 Settembre Fubiichis 1 — 1624 28 Marzo — 1631 31 Ottobre Fabricius II — 1631 11 Novembre — 171'i 7 Aprile A. — 1309 _ _ 1418 31 Marzo C. — 1415 12 Genn.m.v.— 1464 — Ottobre D. — 1464 25 Novembre — 1504 10 Febbraio m v. E. — 1496 21 Ag-osto — 1702 25 Ag-osto F. — 1424 6 Marzo — 1573 28 Febbraio m.v. G. — 1553 7 Novembre — 1569 19 Agosto I. — 1611 9 Settembre — 1719 4 Maggio P. — 1324 3 Ag-osto — 1545 2 Marzo P. Z. — 1547 5 Novembre — 1643 6 Febbraio m v, Esemplari moderni delle deliberazioni del M. C. si conservano anche presso r archivio della « Compilazione delle leggi. » Lo sludioso farà bene a consultare, al bisogno, tutte le serie antiche. — 20 - politici di Venezia cogli altri Stati, furono custoditi dapprima nel Tesoro della Basilica di s. Marco, in se- guito nel Palazzo Ducale e (quando fu instituita) nella Cancelleria Ducale (Sez. Secreta). Molte carte originali, relative specialmente alla Basilica, rimasero nel!' archi- vio dei procuratori di S. Marco de sujtra. Per incuria di questi deperirono, fino a che nel 1636 Tabate cassinense Fortunato Olmo ebbe incarico di toglier dal lezzo in cui giacevano le carte ancora integre, e di ordinarle. L'Olmo collaborava con altri ufficiali nella Cancelleria Secreta, e compilò nel 1647 un « Direttorio et arte per intender le pubbliche scritture » ecc., Ubro del quale parleremo, e eh' era, pei tempi, di molta erudizione. Nel 1642 ad- dì 7 gennaio m. v., l'Olmo presentava ai Procuratori de supra una relazione del lavoro quasi terminato, chie- deva un compenso, che pare gli si volesse negare, per- chè il diletto preso nella visione di tante belle scritture, dovesse valergli 2^^}" pagamento. Egli compilò l'inventa- rio di duecento e piiì scritture pubbliche, di quasi altret- tante della Procuratia, e di tremila e più volumi o filze. « Ridotto che sia il negotio a perfettione (così scri- » veva il Dall' Olmo), potranno 1' Eccellenze Vostre II- » lustrissime instituire una Oancelleria o Officio per dar » le copie di testamenti e scritture che vi saranno in » numero grandissimo, a particolari interessati.... » Le carte pubbliche più antiche, coordinate da lui, furono poscia raccolte in due volumi consegnati alla Libreria Pubblica, ora Biblioteca Marciana., e assunsero i numeri LXXI e LXXII della classe XIV latina. Quei documenti souo fra i pochi antichi originali di Venezia che ci rimangono (1). (I) Dell'inventario del Dall'Olmo si conserva nel R. Archivio Ce- — 21 — Un provvedimento che rende benemerita della sto- ria la Repubblica di Venezia, è T uso di far trascrivere dalle filze o dagli originali le carte piii importanti, su volumi pergameni, in nitida scrittura e con abbondanza di rubriche e d' inventarj particolari e generali. Sul dorso delle carte originali si scriveva un numero romano entro un circoletto, p. e. (cLini), oppure un se- gno convenzionale. Poi si copiavano in volumi, e si corredavano d' in- ventarj. Sulla pergamena o carta originale si notava la registrazione eseguita (Veggasi, p. e. il codice 428 della Miscellanea Codici nel R. Archivio generale, eh' è un inventario di carte diplomatiche relative a Stati diversi, nerale fra carte di materia archivistica, una minuta : « 1641, 3 di- cembre. » Gran parte di quei documenti andò nuovamente confusa e fu trovata nel 1812 sotto il tetto della Basilica, sopra la seconda arcata della facciata principale verso 1' Orolog'io, ed in una soffitta o piombi del palazzo du- cale, sopra il locale già di residenza della Quaranlia cidi nova. Tra- sportati allora nell' ex convento di S. Giovanni Laterano dov' era col- locato r Archivio Notarile, la I. R. Procura della Corte di Appello no- minò una commissione, composta di Girolamo Romano, ordinatore dell' Archivio Giudiziario , Marco Solari commesso dipendente del- l' Archivio politico-governativo, Filippo Maderni, viceconservatore del- l'Archivio Notarile, perchè separassero i documenti notarili da quelli politici. La separazione fu eseguita senza criterii scientifici. 'S'ennero consegnate all' Archivio Notarile carte spettanti all' Archivio politico, perchè estesa (come quasi tutte le carte pubbliche) da notai. Ed ora sono conservate nel R Archivio Notarile (specialmente nella Cassella I. notai antichi, dal 1028, recfe 1038) e nell'Archivio Generale {Ducali ed atti di- plomaf.ciì. Si può leggere in proposito il rapporto del Maderni alla Procura di Appello al N. 623, del 12 agosto 1814, Arch. Proc. di App. — nel R. Arch. Gener. di Venezia. — 22 — con note, circa la trascrizione di essi nei Comìnemonali^ segnate sugi' involucri che li coprivano). I libri Uancus ed aìMis, i sette libri dei patti, quelli di Trieste, di Ferrara e di Cremona, negli ultimi tempi della Repubblica Veneta erano considerati come colle- zioni storiche. Non v' ha un ordine esatto nella serie dei documenti che vi furono copiati. Approfittando di alcune carte vuote, s' introdussero nei volumi scritture e memorie diverse (1). Y hanno parecchi indici dei patti (2).Mailpiìi accu- rato e nitido è un inventario compilato nel 1538, nel quale i documenti sono notati per regioni, provincie e tempi (3). (1) Il libeì' blancus è un codice in fol. di e. 288, e colla rubrica 292. V'ha un elenco dei patti in Europayn ; un indice delle cose e delle materie, scritto in inchiostri violetto, roseo, verdastro e nericcio. — Al liber aìbus precede, come al blancus, un prologo alquanto letterario ed enfatico del doge Andrea Dandolo (1343-1354) nel quale è detto : « privilegia, jurisditiones, et pacta sanctissimae urbis nostrae di- » versis retro temporibus a praedecessoribus nostris et nobis honorabi- » liter procurata, vigili perquirente examiue invenimus, ea per multa » librorura volumina, rerum, locorum vel temporum discretione non » habita, in certis sed in propriis verius sedibus pervagari . . . . — » ea quae ad Romaniae, Syriae. Harmeniae et Cipri provincias perti- » nebant, in presenti volumine specialiter inserentes. » Ha rubriche (elenchi) degli Stati di Europa, Aula, Africa, Siria, Fenicia \ delle materie e delle cose; è di carte CCLXXV. Tempi, 11Ì3- lo48, cioè dalla creazione del mondo 6tì5G-(J82'7. Da carte 252 a 2*75 ha vari documenti relativi a Trieste e all' Istria. La Rubrica ò comune ai due codici lìlaneus ed Albn.s. (2) Per es. un « Index rerum {domi) forisque gestarum in libros . . . pactorum a secretis. » Volumetto cartaceo corroso, che fu con miglior ordine trascritto nell' indico pergameno dei Patti. (3) Un elegante libricciuolo in Ifi." contiene la rubrica, o registro dei — 23 — or indici, estratti dalT esemplare dei patti, che si conserva nel R. Archivio di Corte e Stato in Vienna, furono pubblicati dai signori Thomas e Tafel nel 1855(1). Quella copia fu eseguita nel secolo XVII, e venne cedu- ta al Governo austro-ungarico per virtù del trattato in- ternazionale 14 luglio 1868. Nei Commemoriali si trascrissero dal 1295 al 1787 atti diplomatici, ducali, bolle, carte notevoli — memo- ralilia^ anche assai più antichi. Sono trentatre volumi, quasi tutti in gran foglio di pergamena (2). Se ne hanno indici antichi latini ai quali precedono alcune avvertenze. Il sig. prof. A. S. Minotto ne intraprese un regesto in latino (3). Nel Regio Archivio Generale ne fu cominciato nel- patti : Libellus rerum quae ad ordinem dispositionemque indicisin pa- ctorum libros IX a secretis pertinent veneti Senatus. (1) Tafel e Thomas : Indici dei libri Pdcta I-VII ed Albux e Bluncus nel « Der Dog-e Andreas Dandolo.» Monaco, U55. (2) Quattro volumi di « Memorie antiche importanti » possono sup- plire in parte al vacuo dei cainmeinorldli, e contengono notizie su « relazioni di Castiglia, case regnanti, fortezze, precedenze diplomatiche, e cose storiche dei Regni. » (3) Il prof. Minotto diede notizia del suo lavoro nella memoria « I Commemoriali dell'Archivio Generale di Venezia, eccl — Venezia, tip. Visentin!, 1867, 8. {.-itH deW Ateneo veneto, voi. Ili, punt. 3). Ha poi cominciato la pubblicazione dei regesti : « Acta et diplomata e R. Tabu- larlo Veneto, usque ad medium saeculum XV summatim regesta ; » Documenta ad Forumjulii Patriarchatum Aquilejensem, Tergestum , Istr am, Goritiam speclantia ; voi. I, sect. I. Venet is. Cecchini 1{>70; id. ad Belunum, Cenetam, Feltria, Tarvisiura speclantia. voi. II, sect. 1 et i2 ; id. ib. 1871. — 24 — r anno 1870 uno in italiano, dall' officiale sig*. Riccardo Predelli, che ha compiuto quello dei tre primi volumi. Anche dei Oommemoriali fu curata dalla Repubblica Veneta la trascrizione ; ma non fu portata più oltre al volume X e al 1417, sebbene T importanza di tale opera si facesse di frequente sentire. Per esempio Nicolò Contarini, sopraintendente alla Secreta, nel 3 dicembre 1626 proponeva un compenso ad Alvise Zancaruol e a Giorgio Porro, i quali per de- creto del Consiglio dei Dieci avevano trascritto alcuni volumi dei Oommemoriali, eh' erano ridotti in lettere cadenti^ corrose e quasi affatto ininteìligihili.... « Essi hanno fatto grand' opera » e il decreto del Consiglio Eccellentissimo « è stato veramente degno della sua » gran sapienza ; poiché nelli libri che si procura di » ritornar alla luce e levarli dalle tenebre.... si conteu- » gono molte singolari preheminentie della Repub- » blica, molti attestati di papi, imperatori et altri prin- » cipi delle opere egregie de' nostri maggiori, molte » deliberationi di gran momento di Consigli, giurisdi- » tioni confessate da Pontefici, molti privilegi, molte » ragioni che tiene il Serenissimo Dominio in molti » paesi e città ; e pur queste cose tanto pretiose erano » sotterate nell'oblivione... » III. Capitolari di magistrati. Abbiamo detto che V esistenza dei capitolari dei ma- gistrati nel secolo XIII e prima, è documento della re- golare amministrazione del Governo, e dell' esistenza — 25 — degli arcliivj. Perchè iii quei volumi, che comprende- vano dapprima soltanto gli obblighi del magistrato, coordinati in un tutto completo, si trascrissero in segui- to, per esteso, i decreti dei Consigli o di Uffìcj superiori ; sicché da ultimo, moltiplicati in numero fino a costituire serie copiose, si cangiarono in altrettanti volumi della legislazione generale o speciale ad un ramo di ammini- strazione. Ora è agevole dedurre da queste inaticìie di online, anche quell'altra e fondamentale di raccogliere e coordinare i documenti, senza che sarebbero riu- scite inutili le collezioni delle leggi, ed impossibile ai • magistrati di giustificare la propria gestione. A far capo dal secolo XIII noi troviamo raccolti nel lìlìer plefjiomm alcuni di quei capitolari, p. e. dei consi- glieri di Venezia (doc. num. 704). Nella fine del secolo stesso, i decreti del Maggior Consiglio ci ricordano per esempio i capitolari : dei msdomi^ii alfontego dei tedeschi [1284:^ 8 lugho, M. C. Luna 39) ; degli elettori (1286, 20 agosto, Zaneta, 15) ; dei visdomini da mar (1287, 11 nov., 36 t.) ; » ma s seri alla moneta if argento (1287, 15 novembre, Zaneta, 37 t.) ; » consoli (lei mercanti (1287, 16 die, Zaneta, 88 t.) ; » signori di notte al Criminal e dei V alla i)ace, cor- retti (1290, 4 maggio, Zaneta 74 ; 1291, 17 marzo, Pilosus pag. 8) : {[agii onciali sopra V armamento (1291, 3 marzo, Pilo- sus, 7 t.) ; » » » Rialto (1292, 27 settembre, Pilo- sus, 24 t.) ; dei Consiglieri (1292, 15 gcnn. m. v. Pilosus, 26 t,); Serie IF, Tomo II. . 4 — 2G — dei visdomiìii alla Ternaria (1292, 14 lebbrajo, Pilo- 8US 27 t.) ; degli officiali alle merci (al coininercio) del Levante (1292, 26febbrajo, Pilosus, 28); dei giudici del Procurator (1294, 1 ed 8 agosto, corre- zione del capitolare, Pilosus, e. 43 t.) ; Capitolare degli ufficiali ai frumento (1296, 13 novembre, Pilosus e. 65 t.) ; » Cancellieri (1317, 16 luglio ('lericus Civ., e. 110 t.) ; Cotesti capitolari erano in fascicoli di poche carte, o in ruotoli. - ^ Parecchi di essi ci pervennero nel medesimo esem- plare antico (1). Furono riformati nel 1376. IV. Registri antichi di varj magistrati. Nel secolo decimoterzo tutti i magistrati veneti ave- vano certamente registri dei praprj atti. Troviamo, come dissi, nel 1270 (2), fatto obbligo agli avogadori di Co- mun, di registrare in un volumetto tutte le accuse, le testimonianze, le cause placitate in Maggior Consiglio, i consigli o decreti, e le correzioni di essi ; nel 1285 (3) (lì Sono raccolti in un volume (Miscellanea CìdicL Arch. Gcii. cod. 133) e ne fu pubblicato l'elenco nel <^ Dog-e di Venezia » di B. Cecchetti (Venezia, Naralovich, 18G-Ì, p. 85). Ora si aggiunpre il titolo di alcuni altri che o>istevano nel secolo XV e nel principio di (luesto secolo, e che andarono disporsi. (N'cggansi in line i documenti sotto il Num. 1.) (2) 1270, 2(j agosto M. C, Bi/'iviis, 21, e a t, (3) 1285, 3 marzo, M. C. Luìta., e. 51 t. — 27 — ni camorlong-lii di tener nota in un libro, degli argenti, (lei tappeti, dello sete e d' altro che non fosso denaro, e appartenesse al Comune. Nel 1"201 (1) si fa aggiungere al capitolare dei consiglieri, che si scrivano in un volu- me corno accennammo « omnes jurisdictiones Comnnis » Venetiarum, et specialiter Bucatus, et omnia privile- »*gia quo faciunt ad jurisdictionem Comunis Venetia- » rum. » Altri documenti congeneri vengano copiati per autorità del doge, e dei Consigli mùiore e maggiore; i consiglieri curino che siano conservati. Quindi abbia- mo memoria di registri e quaderni dei lasciti a favore del Governo (2), dei visdoìnìni da mar (3), dei salinieri di Chioggia (4), di commissioni ai rettori (5), del resto rilasciate ad essi su ruotoli di pergamena in tempi ben anteriori. Presso i Qinque alla pace si tenevano tre registri, due dei ìianditi^ ed uno dello sentenze, tutti di una iden- tica copia. Sorgevano perciò dubbj, per correzioni ese- guito nciruno, e nelF altro no. Nel 13-40 (6) il Maggior Consiglio stabiliva che so ne istituisse uno solo per le sentenze e pei banditi. Nel 1358 (7) s' ingiungeva a due camerlenghi, col- r aiuto di duo scrivani, di registrare le cedule di asse- gno di danaro, scrivendovi su l'anno e il giorno del pagamcìitn. (1) 1291, 18 dicembre, M. C. Pilosus, e. 16 t. (2) M. C. 1293, 17 maggio. Libro (V oro II, 139. (3) M. C. 1289, 12 gennaio m. v. Zancta 69. (4) M. C. 12F9 ultimo febbraio m. v. Zanela 70 t. (0) M. C. 1-292, 4 ottobre P'doavs 24 t. (6) 1340, G gennaio m. v., Spirilìis, e. 113 t. (7) 1858. 21 settembre M. C, Novella, e 64. — 28 - V'avoano fin dal 1319 (1) presso la Quarantia regi- stri dei patrizj che aspiravano ad entrare nel Maggior Consiglio prima dell'età normale, mediante il sorteggio e la grazia estratta nel giorno di s. Barbara, — cioè della lalla cV oro. I procuratori di s. Marco de citra e de ultra tenevano inventar] dei beni dei defunti, e quader- ni (2) ; i registri di carico e scarico dei metalli {rame, stagno, ecc.) i visdomini da mar (3). Un notajo era deputato « ad scribendum rectores et » officiales et alios qui eliguntur tam ambaxatores, et » de Consilio Rogatorum (4) » e un secolo dopo si in- stituiva un velume da custodirsi nella Cancelleria Du- cale, per registrarvi le date dell' entrata e deir uscita di carica dei rettori (5). Non occorre far rilevare l'impor- tanza di questi volumi per compilare la serie dei magi- strati ordinar] e dei rettori nello Stato; i superstiti corri- spondono ad^una matricola del 'personale. Aveano antica- mente capitolari e registri gli ufilciali agVimprestìdi {Q). (1) 1319, 15 novembre M. C. Fronesis, 21 1. (2) 1322, 20 febbraio m. v. M. C. Froìiesis, 104. (3) 1324, 10 febbraio m. v. M. C. Fronesis, 148 t. (4) 1437, 14 settembre M. C, Ursa, 114 t. (5) Altri volumi antichi dei Reggimenti q<ìqì Consigli (libri offlciorum rogiminum et Consiliorum) aveano i titoli seguenti : Universum vetus, 1456-74 ; — Universum novum, 1475-92 ; — Offlciorum vetus, 1492-1523 ; — Officiorum novum, 1523-153G ; — Bulletinorum P., 1472-90 ; II, 1491-1524 ; III, 1524-153G ; — Regiminum vetus, 1492-1523 ; novum 1524-1536. Introytus Regiminum, vetus I, 1437-91 ; II, 1491-1524; novum 1524- 36; — Cansiliorum vetus, 1492-1521 ; naititin. 1522-1536. (6) I. Capitularo dominorum de super iniprcstitis 'R'iheus piUTìis). di e. 37, 1255. 134C), 21 leljbv, ni. v. — 29 - Nel 1412 (1) il Consiglio dei Dieci istituiva un qua- derno pergamene per alfabeto e con rubrica, nel quale si dovevano iscrivere i nomi delle persone « de quibus » Consilium habebit agerc per denunciam vel accusa- » tionem factam » e le deliberazioni rispettive. Ordi- nava che fossero rubricate le scritture e i processi esi- stenti nella cassa stiperiore^deìla Quarantia; né si potes- sero aprire le casse dove si conservavano le carte del Consiglio dei Dieci se non presenti due dei capi che ne avevano essi soli le chiavi. Un libro delle denuncie s'isti- tuiva nel 1442 « cum nomine denunciantis (2). » II. Coeruleus (nobilium virorum dominorum offlcialium imprestito- rum) Coerulei nomen assumpsit iste. Prima data, 1255, 1 agosto — 1450, 18 magg-io ; di e. 37. III. Nigei' vtagnus, docum. dal 1254, 29 dicembre — 1529, 17 marzo con copie di leggi, e con note del secolo XVI, dal 1171, di e. 74, alcune non scritte. IV. Rubens magnus, 1447, 9 luglio — 1520, 8 gennaio m. v., di carte 148. V. Conditiones capitalium imprestitorum de ratione montis novi so- lummodo, et erit cathasticus primus montis novi ; 1482, 26 settembre — 1498, 5 ottobre; die. 98. VI. Niger jJaruus, vocabitur iste. Contiene parti del Senato e del C. X. intorno gì' imprestidi ; di e. 35. VII. Subrubeus purcus nomen istius erit. — Parti del Senato, 1509, 21 settembre ; — 1533, 14 marzo ; di e. 39. (1) 28 settembre, C. X. Misti reg. 9, e. 93. (2) 31 agosto, C. X. Misti reg. 12, e. 115 t. — 30 — V. Volumi antichi del Maggior Consiglio, ^el Collegio, del Sonato e della Quarantia Ci-iminale. , Se è da deplorare che, tranne podio o ben note costi- tuzioni, qnali la prima legge criminale e la prima anno- naria, manchino i piiì antichi monumenti della legisla- zione veneta, non è minore il danno che viene agli studj dalle lacune nelle serie degli stessi archivj che il tempo ha risparmiato. Possediamo però la collezione completa dello deliberazioni del Consìglio maggiore dal 12)32 al 1797. 1 primi volumi, come accennammo, sono il Comune I e ir, nei quali i decreti si trovano coordinati sotto la classe dei magistrati ai quali hanno attinenza. I titoli sono trascritti nel principio a modo di rubrica, e ripor- tati sopra la copia di ciascun decreto. Negli altri le parti 0 leggi sono disposte in ordine di tempo. Presso parecchi magistrati veneti, si notamno atti o ricordi diversi, in volumi detti nofatorii; contengono le scritture, a così dire, r/^////o;*;io. Marino Sanudo ci lasciò di suo pugno un volumetto cartaiieo (di e. 38) che com- prende estratti di notatorii di Collegio 1291-1393: Nota- Inlia in notatorio rosato, rosa, secnndo, tertio, quarto, sexto^ septinio, antiquo, nono. Forse furono estratti C^w una serie particolare, o meglio, da quella delle consulte del doge coi consiglieri, \\i)\\ (h^lla Signoria e dei Savii, cioè del Collegio: perclir la instifu/ione dei notafor) di — 31 — Collegio fu decretata .soltanto nel 131.S (1) e il primo volume, ])ergainono, comprende il periodo 1327, 3 mar- zo 1333, 23 novembre. Segue in antichità e in grado gerarchico alla serie di quei volumi, quella dei iZ/.v// del Senato « contincn- » tes res terrcstres et maritiuìas. » Erano sessanta; i ])rimi tredici andarono bruciati ; contenevano gli atti dal 1293 al 1331 (2). La denominazione /li (juci volumi, la cui serie si arrosta al 1440 (pari nel titolo alla più an- tica dei decreti del Consiglio dei X) è ap]n'opriata alle materie diverse che vi si couiprendono, relative ai do- minj di Venezia, del Dogado e di una parte della Terra- lerma, o del Levante, dell' Istria e della Dalmazia, di amministrazione generale, o politica. Circa un secolo prima che si abbandonasse la serie dei Misti^ cioè dal 1345 si cominciò a trascrivere in vo- lumi separati, e segnati con lettere di alfabeto, alcune deliberazioni del Senato in materia secreta, dette perciò Secreti. Ma la -collezione generale dei registri pergame- (1) 2 lug:lio M. e. Clericus clcicus, e. 153 t. (2) Essi comprendevano i documenti degli anni seguenti : Libri Rogatorum comunes in bombicinis, primus. 1293 ajjrilis ; — se- cundus, 1303 martii ; — tertius, 1307 julii; — quartus, 1313 febr. ; — quintus, 1317 maii ; - sextus, 1320 a2)rilis; — septimus, 1322 martii : — octavus, 1321 aprilis ; — nouus, 132') martii ; — decimus, 1323 octobris ; — undecimus, 1338 28 n^aii ; — duodecimus, 1329 martii ; — tertius de- cimus, 1330 martii ; — quartus decimus, 1331 martii ; — Extra in iiicinbrunix. lior/afoìinn XV 1332 martii etc. — Per un caso curioso, ci resta ])arte del primo dei suddetti libri, cioè da e. 101 a e. 193 (ultima nella rubrica, e recte 194.. Veggasi. circa altri volumi antichi perduti, il documento II in (ine. — 82 — ni [immerales] comincia soltanto dal 1401 (1) ; essa cor- risponde dal 1510 al 1630, colle filze delle minute (2). La serie alfabetica era di diecinove volumi, detti libri àlfa- letici (3), che contenevano decreti di materie particolari. (1) Il primo comincia : Liber secretorum Consilii Rogatorum, ince- ptus in millesimo quadrìngentesimo primo, indicione nona, ducante Se- renissimo domino Michaele Steno dei gratia inclito duce venetiarum etc. diebus et mensibus infrascriptis. MCCCCI nonae indictionis, die decimo Aprilis — quarto mali MCCCCIIII. (2) Quello del 1509, 1 giugno, a 21 febbraio, N. XLII era stato de- posto « apud dominos capita Consilii X cum sua filcia de mandato publico. » Ora manca la filza. (3) Libri Secretorum Senatus alphabetici (anteriori alla serie 1401- 1630). A. credentiae et partea captae in Consilio Rogatorum et XL.a prò facto Jadrae, 1345 ag. — 48 (esiste) ; B. in Consilio Rogatorum et XL., 1348 marzo-1350 (esiste) ; C. » » XXV Sapientum electorum per Maius Consilium contra Januam ; 1350 febbr. — 52 ; D. in Consilio Rogatorum et sapientum contra Januam, 1352 ot- tobre — 53; E. » » de XXX contra Januam, 1353 dee. — 55 ; F. » » de XXV » Januenses, 1355 magg. — 57 ; G. » » Rogatorum et XL.a contra regem Hungariae, 1357 magg. -63; ff. » » » » super facto rebellionis insulae Cretae, 1363 nov. 67 ; I. » » » » contra Tergestum, 1367 luglio — 70 ; K. » » » et Zontac, 1370 luglio — 73 ; L. » » » et additionis, 1376 maggio — 76 3 febbr. (esisto); L. bis » » » » 1373-78; M 13 . . N. 13 . . €e ne rimasero quattro soli (1). Abbandonati i misti uc\ 1440, le parti del Senato vennero distribuite in volumi differenti," secondo che risguardavano le città e i terri- 0. in Consilio Rogatorum et addicionis, 1384 sett. - 85 ; P. » » » » 1385 ott. - 86 ; Q. » » v> » 1386 ott. - 87 : B. » » » » 1388 mar.-97' (esiste); S. » » » » 1397 apr. - 1400 febb. In fine hujusce libri sunt Statuta Tridenti, non compaginata. Poi il primo - 1401 aprile e la serie continua sino al 1630. Nel secolo XVII (Inventario della Secreta, 1669, p. 19, Armario XV) non esistevano più tutti i volumi sopra enumerati, né i superstiti re- cavano lo lettere medesime. ARMARIO N. XV. Colto secondo. Deliberazioni antiche del Senato segnate per alfabeto. N. 27 e 28 — 1354 — fin 1359. y/. principia 1335 — aprile — agosto. è di cose spettanti all' Istria. B. » 1345 — agosto — fin marzo 1348. C. » 1348 — marzo — >> febbr. 1350. è anco del Consiglio di XL. D. ' » 1376 — marzo — fin febbr. B. » 1388 — maggio — >> aprile 1397. Deliberazioni scerete del Collegio. F. >^ 1382 — genn. fin sett. 1385. Cr. libro — intitolato Petrus Gradonico : sono lettere Du- cali — principia 1308 sett. — luglio 1310. Deliberazioni del Consiglio di XL. H. » 1299 — luglio — 1303. L. » di Pieggiarie et altro come in sommario, 1222. M. Pieggiarie — 1511 — fin 1531. (1) A 1345, indicione 13, mensis augusti. Liber iste continet credentias et partes captas in Consilio Roga- torum et XL tempore illustris domini domini Andree Dandulo incliti Saie ir. Tomo II. 5 — 3J — toij della terraferma veneta, — detti perciò Terra (1); il Dogado (estuario di Venezia) la Dalmazia, T Istria e il Levante [Mar) ; e gli affari politici [Secreti). Collezione importante, e in gran parte perduta, era quella dei registri delle parti della Quarantia crimi- nale (2). Venetiarum ducis temporibus infrascriptis, prò facto Jadrae ; da XXVIIII agosto 1345 — MCCCXLVIII XXIIII marzo. B. Liber iste etc. in millesimo trecentesimo quadragesimo octavo etc. XXVII marzo — 2 febbraio 1350. E. (R) Liber iste continet omnes partes secretas captas in Consilio Rogatorum et additionis in millesimo trecentesimo octuagesimo octavo, inditione undecima diebus et mensibus infrascriptis, ducantc sereaissimo et excellentissimo domino Anthonio tenerlo dei gratia Venetiarum etc. inclito duce, 3 marzo 1388-1397, 8 aprile. Liber iste continet partes secretas Consilii Uogatorum et addictionis incoactus in millesimo trecentesimo septuagesimo sexto, indictione quar- ladecima diebus et mensibus infrascriptis, ducante serenissimo et excel- lentissimo domino, domino Andrea Contareno illustrissimo Venetiarum duce. (1) Il primo comincia : Liber primus Consilii Rogatorum a jìarte terre inceptus de millesimo quadringentesimo quadragesimo de mense octobris, indictione quarta, ducante illustrissimo principe et excellentis- simo domino, domino Francisco Foscari inclito Venetiarum duce etc. » Va fino al XXX agosto 1446. (2) Mill. trecentes. quadragesimo septimo mense julii indicioue XV. Liber iste continet partes captas in Consilio de XL ducante maguiifico et oxcelso domino nostro domino Andrea Dandulo inclito duce diebus et mensibus infrascriptis. Voi. II, antico XXIIII: 1347, 23 luglio — 27 d.° pag. due, e da 4 febbr. m. V. a 13 stesso pag. 2 ; poi 1348 ajìrile — 1350, 13 sett. e. 70. Trovati di recente: 1352, 23 genn. m. v. — 1354, 27 marzo, e. 18; 1366, 6 marzo. 15 gennaio m. v. e. 22, meno duo carte, antico n. 29: 13G7, 9 agosto — 1370, 9 ott., da e. 35 a HO inclus. — Só- li volume più antico rimasto comprende il periodo dal 1347, 23 luglio al 1370, 9 ottobre, poi air 8 agosto Voi. Ili, antico XXXI: 1375 7 nov. — 1382 11 ag-. e. 119,— 1383 12 febb. m. v. — 1389 1 sett. da e. 21 a 121, poi la carta 135 e un frammento. » IXX : 1370, 14 ottobre — 1373, 8 sett., e. 56. 1375 (11 ag:osto) 18 aprile — 8 agosto, e. 96 ~ 103. » IV, 1443, 2 marzo — 1445, 7 febbr. e. 79. 1450, 13 marzo — 1451, 28 mag-gio, e. 20. » V, 1475, 5 luglio — 1477, 3 marzo, da e. 21 — 104 scritte ; 1477, 2 giugno — 1477, 28 agosto, da e. 117 — a pag. 134 scritta. » VI, 1489, 22 ottobre — 1490, 23 agosto, da e. 3 a pag. 42; 1491, 21 luglio — 1492, 26 ottobre (carte non numerate). » VII, 1513, 2 marzo — 1514, 26 luglio, e. 50. Di recente si sono trovati due quinternetti delle parti suddette da 1352 gennaio m. v. fino a 1354, 23 marzo, di e. 18; e da 1366, 6 marzo a 1366, 15 gennaio m. v. di e. 22. — Di queste parti alcune che non esistono più nei registri, si tro- vano trascritte in un codicetto di pugno di Marino Sanudo : « Leggi e processi criminali antichi, specialmente contro ecclesiastici » 1333 sin 1491 ; per es. alcune relative allo sfregio fatto al doge Marino Falier da Michieletto Steno ed altri (1354, 20 novembre). Da una rubrica che si serba nell'Archivio del Maggior Consiglio risulterebbe che nel secolo XV non esistessero più diecisette dei primi 19 volumetti della XL.» i quali infatti si trovano indicati come segue : Libri Consilii de XL : Primus — secundus — tercius — quartus — quintus — sextus — se- ptimus — octavus — nonus — decimus — undecimus — duodecimus, 13r2 decerabris — tertiusdecimus — quartusdecimus — quintusdeci- mus — sextusdecimus — decimusseptimus 1326, octobris — decimus - octavus — decimusnonus — XX, 1333 julii — 1337 martii ; I XXI, 1337 decembris — 1341 januarii : XXII, 1342 martii — 1343 februarii : — 36 — 1375, ed è il quaderno XXI V. Andarono adunque per- duti i primi ventitre ed altri dei successivi. XXIII, 1344 martii — 1347 julii ; XXIIII, 1347 julii — 1352 febr. ; XXV, 1352 januarii (sic) — 1355 junii ; XXVI, 1355 junii — 1358 julii ; XXVII, 1358 julii ~ 1361 aprilis; XXVIII, 1361 aprilis — 1365 febr. ; XXVIIII, 1366 martii — 1370 octobr. ; XXX, 1370 octobr. — 1375 aprilis; XXXI, 1375 nov. — 1382 decembr. ; XXXII, 1382 Jan. — 1390 aprilis; XXXIII, 1390 aprilis — 1397 mali ; XXXIIII, 1397 mali — 1409 febr. ; XXXV, 1410 martii — 1421 aprilis; XXXVI, 1422 martii — 1441 octobr. Nella rubrica suddetta si trovano indicate anche queste serie di re- gistri : Propostele Majoris Cons'Uii. 1. 1324 aprilis ; 19. 2. 1325 mail ; 20. 1363 decembris : 3. 1329 junii ; 21. 1366 maij ; 4. 13... aprilis ; 22. 1368 aprilis ; 5. 6. 1288 mail ; 23. 1371 junij ; 24. 1375 martij ; 7. \ 25. 1378 maij ; 8. 26. 1382 junij : 9. 1295 maij ; 27. 1385 novembris ; 10. 2«. 1389 julij ; 11. 1345 mail ; 29. 1392 maij ; 12. 30. 1395 martij ; 13. 31. 1397 maij ; 14. 32. 1399 maij : 15. 1352 martij ; 33. 1401 augusti ; 17, 34. 1404 maij : 18 1358 septembris : 35. lìR) julij ; — 37 — VI. Copia delle leggi in volumi « compilazione delle leggi. » Pei tempi antichi, dobbiamo parlare del contenuto degli archivj, per indurne V esistenza del contenente. 41. 1437 aprilis ; 42. 1442 martij ; 43. 1498 id. 44. 1454 id. 45. 1459 aug-usti ; [Notaturhi; dlqual mnqhtidla'ì) decimus, 1391 octobr. : undecimus, 1397 decembr. ; duodecimus, 1406 aprilis ; terciusdecimus, 1414 martii ; quartusdecimus, 1424 novenibr. ; quintusdecimus, 1439 martii ; sextusdecimus, 14 '.4 martii ; decimus septimus, 1453 maii. 36. 1410 septembris ; 37. 1414 julij ; 38. 1418 decembris ; 39. 1424 aprilis ; 40. 1431 martij ; Primus, 1330 septembris secundus, 1341 febr.; tercius, 1344 aug'. quartus, 1348 decembris (juintus, 1358 iulii ; sextus, 1560 octobris ; septimus, 1367 martii ; octavus, 1375 julii ; nonus, 1381 nóv. ; Agg'iungo in fine le note dei registri di Senato, Incanti di (juletr e del primo delle Taglie : 1469, genn. 11 in Rogatis — 1489, febbr. 17. Libar incantuum galearum a mercato inceptus ducante Sereiii.ssi- mo Principe et Excellentissimo domino, domino Cristoforo Mauro, Dei gratia inclito duce venetiarum etc. di e. 134. Id. Agostino Barbarigo. 1488, febbr. 8 — 1496, febbr. 17 — di e. 59. Liber incantuum quartus — inceptus die XXX maii 1525 — 1548, 28 aprile — di e. 105. Galearum onerariarum incantus. Liber quintus, duce Francisco Donato, 1548, 31 genn -- IStJU, 8 giugno — di e. 59. — 38 — Fu cura del Governo veneto di raccogliere e far estendere nitidamente, e talora con isplendidezza, le leg-gi 0 le determinazioni dei magistrati inferiori, die per r autorità ad essi delegata acquistavano vigore di legge. Come volevasi che in ciascuna adunanza del Maggior Consiglio le cose da trattarsi fossero raccolte in scrittura (1) — che equivaleva ad un ordine del gior- no — così, dopo deliberate, se ne moltiplicavano gli esemplari : tutti i consigli (è come abbiamo detto una legge del 30 gio^gno 1266) pie sunt autentica sìipra pa- lacio^ vengano trascritti, e si conservino in Quarantia come si trovano in palazzo. Due notai veneti debbano assistere per ciò alle adunanze di quel Consiglio. Circa alla conservazione dei documenti, si commet- teva la copia delle scritture pubbliche dai registri di carta di cotone (2) in volumi di pergamena ; circa alla epurazione delle leggi, era data facoltà e fatto dovere ai consiglieri, di toghere quelle spirate o cadute in disuso. Per cancellare i decreti del Maggior Consiglio, dis- sueti 0 abohti, si eleggeva un notaio che doveva scri- vere sotto di essi, in nome di chi li aveva cancellati, se per volere unanime dei commissarj o di alcuni di essi, e tracciare il segno del suo tabellionato. Anche i com- missarj dovevano sottoscrivere, o il notaio in loro vece, se non sageano scricere (3). Ciò non dà, per vero, un Talearura terrestrium et maritimarum eccellentissimi Senatus. in- cipit a mense martii MDXLIIII, duce Sereniss. D. D. 0. Pctro Landò. 1 marzo 1544 •— 1547, 28 febbraio m. v. (1) 1264, 5 luglio, M. C. Z>' Oro, I, 58. (2) Legge cit. 1291, 3 marzo, M. C, Pi/vsii.^, e. 7 t. (3) 1280, 3 agosto, M. C , D'Oro I. Wi. oq — uo — concetto molto favorevole della cultura di quei sindaci della vecchia ieg'islazionc veneta. Quando a quando il Governo eleggeva correttori delle leggi e dei caintolarì de' magistrati. Nel 1401 (l) il Maggior Consiglio incaricava gli avogadori di Comun di cancellare le postille al margine dei volumi degli statuti (capitolari) delle giudicature ed ufjicj^ fatte da particolari por illustrazione propria, e decretava che non se ne scrivessero in avvenire altre. Nel 1302(2) il Maggior Consiglio decretava: « de- » beant colligi in unum omnia statuta, ordines, et cousi- » lia que spectant ad navilia, ad modum navigandi et » ad mercadantiam et de ipsis fieri duo libri per se » ; uno da custodirsi in Ouria majori^ T altro presso [prov- veditori in Piatto (?) ; e quegli ordinamenti dovevano leggersi pubblicamente ciascun anno colà nel giorno di s. Michele. Le collezioni dei decreti fondamentali, per ciascun magistrato, si formavano gradualmente, poiché i notaj dei diversi Ufficj dovevano intervenire alle adunanze del Maggior Consiglio, per registrare le deliberazioni spettanti al proprio Ufficio (3). Vi assistevano quelli della Quarantia ; e almeno uno delF Avogaria. I giudici di palazzo erano obbligati a porre in iscritto le loro sentenze o terminazioni (4), affinchè « semper >/ per scripturam appareat quod terminatum est. » Ingiunzioni simili, a volerle pazientemente ricercare (1) 1401, 3 mag-glo, M. C, Leona, e. 115 t. (2) 1302, 19 genn. m. v. M. C, llagnus et Capricurnus, p. 41. (3) 1304, 17 gcnn. m. v. M. C, Mac/nu.s et Capricurnus, e. 75 t. (4) M. C, 1340, 24 agosto. Spiri (us, e. Ili t. — 40 — troveremmo fatte a tutti i mag-istrati, e raccomandata poi loro la chiarezza materiale della scrittura (1), e da certa epoca, V uso del volg'are. — Gli esaììii o costituti eseguiti nel Consiglio dei Dicci dal Collegio criminale, è conveniente che vengano estesi con grande proprietà, perchè siano all' intelhgenza di tutti. Perciò tutti i pro- cessi « scribantur de cetero per notarios huius Con- silj in lingua materna, videlicet in mclgarì (2). » Le sentenze, terminazioni ed altri atti si estendano in volgare, come saranno pronunciati dal giudice (3). Il Consiglio dei Dieci, addì 15 novembre 1486 (4) volle che Zaccaria de Antiquis, e Bernardino do Ambro- siis, due rubricatori della Secreta, per un certo termine, in un libro pergamene « solicitissime et diligontissime direxisse et suas rubricas et juxta propriam phantasiam uniuscujusque ipsorum extendisse orUinatissime etperfe- ctissime omnes leges et ordines et declarationes fer tem- pora factas per Consilia et Dominìum nostrum siciiti illas habent jam collectas in particularibus libris eorum: et semper omnia et precipue debeaut omnia ordina- menta pertinentia ad maius Consilium, electiones et regulamenta illius seorsum in eodem libro ita disponcre quod in omnem eventum et casum praesto semper ha- beri et intelligi possint omnia in quacumque materia et casu. » (1) Il Senato nel 1G65 SJ6 aj^osto (Roano, VI, 03 t.) decretava che le ixirti estese dai segretarii fossero senza cassazioni, e tutte scritte del medesimo carattere. Qualunque ag-giunta volessero larvi i Savii, sia estesa, pr'ma di legcgerlaal Senato, dal segretario. (2) C. X. 1472, 2 aprile, Misti, n. 17, p. 156. (3) M. C. 16G8, 11 marzo. lìalltninus pater, p. 229. (4) Misti, C. X. n. 23, p. (32, e v. anche 147t) 30 giug-uo. ~ 41 - Notaj appositi erano incaricati nella Secreta « m- grossantli literas sccretarum deliberationum Consilii nostri Rogatoriim, et copias secrctas » (1). Citeremo ancora pochi esempj. Il Sonato, nel 1G75 (2), incarica il segretario della Camera dei confini, di far continuare la copia in registri, di tutti i decreti pro- prj relativi ai confini, coi disegni ecc. Il Consiglio dei Dicci, nel 1735 (3), determina che si pongano « in mag- gior chiarezza le leggi generali che servon di base alle elettioni nel Maggior Consiglio, nel Senato, nel Colle- gio, » e se ne formi un repertorio nuovo. Cotali volumi furono detti libri (V oro (vecchio e nuovo), i quali com- prendevano le leg-gi del M. C, come altri contenenti del pari leggi statutarie, si denominarono libri Roano per le parti del Senato, e Verde per quelle del Collegio. La copia era sopravegliata dalCancellier Grande ; riu- scì, pel libro d' oro^ di venti tomi, riveduti diligente- mente dai segretari del Consiglio dei Dieci, che dovea- no rilasciar certificato della perfezione del libro. Nel 1740 {^) il Senato, accennando essergli a cuore la trascrizione delle leggi statutarie del Maggior Consi- glio dal 1244 al 1739, della cui revisione era stato inca- ricato il Segretario Girolamo Vignola, — raccomandava si usasse della maggior esattezza e nitore ; e prescri- veva ogni piccola particolarità, perfino della carta e del numero dei fogli. Cotesti intelligenti amanuensi si pagavano allora (1) 1498, 3Ò marzo, C. X., iSlisli, n. 27, p. 155. (2) 1675, 30 morzo, Senato, Reltori, reg 50, e. 15 t. (3) 20 luglio C. X. Comuni, reg. 185, e. ^8 t. (4) 16 settembre C. X. Comuni, reg. 190, p. 160. iterie JF, Torna li. 6 — 42 — egregiamente. Giaiigirolamo Zuccato, Cancellier gran- de, informa che Angelo Maria Giacomazzi, niasser cu- stode della Cancelleria Ducale, ha compiuto in due mesi la copia delle parti del Maggior Consiglio, 1748-1779, e del principio del 1780-81, cioè undici triennj, e gli pro- pone il pagamento di ducati 264 V. C, cioè di lire ita- liane 818.40. Come sui trattati internazionali e su altre scritture politiche, dopo copiate nei volumi dei Patti e dei Oom- me77ior tali ai segnavano alcune marche particolari (1), così le filze cartacee trascritte nei registri, solitamente di pergamena, si segnavano d' una i? (registrata). Il bisogno di coordinare le leggi, di sopprimere quelle cadute in disuso, e di formare della legislazione un corpo chiaro e vivo, senza membra morte o disarmo- niche, — fu sentito dalla Repubblica veneta assai anti- camente. Gli statuti furono dapprima oggetto delle cure del legislatore. Vennero poi le leggi dei magistrati diversi. E alla commissione dei cinque nobili eletta dal doge (1) Arch. Gener., Misceli. Codici, n. 428. Inventario di carte diplo- matiche relative a Stati diversi, con note sulla trascrizione di esse nei Commcmoriuli e sugl'involucri che li coprivano, con segni particolari. In una collezione di carte archivistiche antiche è un elenco di scrit- ture legate e riposte, con marche di lettere, linee ed altri segni ca- pricciosi. Fra esse, p. es., « Instrumento in bergamina, senza bolla et molto vecchio de patti fra l' Imperator Federico Barbarossa et la Si- gnoria de Vtìuetia nel tempo del Serenissimo Doge Sebastiano Ziani, del 1177. — Bolla de papa Alessandro Sesto, 1495. — Una lettera in bombasina vetustissima, del duca di Milano, sen- za milesimo, data in Milano a' 12 marzo, in materia de far paco con Zcnoesi, » ecc. _ 43 - Giovanni Dandolo, altre ne succedettero nei tempi, e da ultimo un Ufficio particolare dei Compilatori delle leggio e deputati al sommario di esse (1). Ne fra le cure continue che la Repubblica dedicava ai proprj archivj, dimenticò il vanta^^gio che poteva derivare a' cultori delle scienze dalla conoscenza di co- dici pregevoli per la sostanza o per le forme artistiche. Venuta a sapere che certo libro mandato in dono al « Turco » era opera mirabile e da aversi carissima « propter novas et notabiles res bellicas in ilio scriptas « et designatas (2) » voleva che ne fosse entro breve tempo fatta copia, e poi si restituisse all' ambasciatore del papa che doveva spedirlo. Donati dal nob. Alvise Coutarini cav. ambasciatore al congresso di Miinster, quattro libri di cosmografia (di paesi, siti, e delle perti- nen:e de principi) il Senato decretava che venissero consegnati al sopraintendente della Secreta per esservi custoditi (3). Jl breviario del card. Domenico Grimani (la cui sto- (i) Il conte Marino Ang-eli proponeva nel 1688 un metodo di com- pilazione delle leggi « legum venetarum compilatarum methodus ; » Vcnetiis, Pinelli, due voi , vude servir possa per giovamento de' sud- diti e per facile e certa direzione dei giudicj cicili e criminali. Nel 1788 (termin. dei sopraintend. al Sommario delle leggi 25 sett., e Senato decr, 4 giugno 1789) veniva eletto deputato al sommario delle leggi, Jacopo q. Pier Antonio Chiodo, che fu poi direttore dell' Archivio politico di s. Teodoro, e primo direttore dell' Archivio Generale ai Frari. V hanno a stampa alcune collezioni particolari di leggi venete, per es. « Compilazione delle leggi del Serenissimo M. C, Eccellentissimo Se- nato, Eccelso Cons. di X, Ecc. Cons. di XL al Criminal, ecc , in ma- teria di officii e banchi di ghetto. » Venezia, Pinelli, 1786. tomi 5. (2) 1462, 12 giugno, C. X., 3fisti, r. 16, e. 64 t. (3) 1650, 29 settembre, Senato, Rettori, reg. 24, e. 135 t. - 44 — ria è oramai notissima per le fotografìe del Perini, 1" il- lustrazione del cav. de Mas Latriti- ed un opuscolo del nob. sig. Camillo Sorauzo (1) restituito alla Repubblica dal patriarca di Aquileja Giovanni nelTottobre del 1593, veniva tosto consegnato ai Procuraturi di S. Marco de supra (2) perchè lo custodissero nel Tesoro. Considerandosi poi alcuni volumi, più che ammini- strativi e d'uso pel .Governo, affatto scientifici, sia per la qualità dello scrittui-e, sia per 1' epoca dalla quale derivavano, — li volle assegnati alla Libreria pubblica, e il Consiglio dei Dicci con decreto 17'S6, 28 settem- bre (3), ne trasmetteva a quelPIstituto ventisei di mate- ria isterica e scientifica, fra'quali il ìiher hìcvncus^ le As- sise di Gerusalemme^ « una storia deli'Impero d'Oriente, da Costantino alla presa di Costantinopoli, in lingua greca ; una storia dei Mori e dei Turchi, pi-ima che la casa ottomana facesse T acquisto di Costautinopoli, in lingua orientale; una storia della casa ottomana, del 1548, nella lingua stessa; una prefazione autografa della storia veneta di Paolo Paruta, presentata nel 1580; un volume degli annali veneti (sic) del doge Andrea Dandolo ; un trattato delle rappresentazioni teatrali, di Paolo Contarini (4). » (1) Un'occhinta al breviario del Cardinale Donienico Grimani esi- stente nella R. Biblioteca Marciana in ^onezia. ^■enezi:l, coi tii)i Ripa- monti Ottolini, 1870. ('J) 1593, 4 novembre. Senato Terra, r. 63, p. 116. (3) Comuni, f. 1265. Veggasi la scrittura del n. ii. Zaccaria Valla- resso, inserta in quel decreto. (4) Il cav. procurator Marc > Foscarini bibliotecario e sopraintendente alla Cancelleria Recreta, riconobbe per incarico del Senato i molti vo- lumi, già di mons. Giusto Fontanini, che si trovavano nella Secreta, e - 45 — VII. Inventar] antichi di archivj. rubriche di scritture ; disegni e modelli. Di queste norme di buon ordine e di sintesi, occor- rono frequenti memorie nei documenti veneti. Registri della spedizione delle lettere v' aveano nei primi anni del secolo XLV. « Il cancelliere e gli scrivani della Curia y> maggiore debbano iscrivere le lettere in un volume » prima di darle al doge per esser poi hoUate (1;. » Degli atti Sì compilavano ^(jJrMe ; e degli archivj, inventar J. Numerose sono le leggi che risguardano i riihrica- tori. Nella Cancelleria Secreta a quelli che n' erano in- caricati, si aggiungevano nel 1458 altri tre notaj (2) per « rubricare partes et ordines nostros (3). » Già dalla fine del secolo XIII o dal principio del suc- cessivo s' erano intraprese rubriche dei decreti del Se- nato Misti (4). compilò due cataloghi, uno di quelli da conservarsi nella Cancelleria stessa, l'altro di quelli da trasferirsi nella Libreria pubblica. Sono in- serti, assieme ad una scrittura di lui, nel decreto del Senato 1746, 12 marzo. (Senato Rettori, filza 270.) (1) 1308, 5 luglio, M. C. Magnus el Caprieornus, e. 73 t. (2) 1458, 26 luglio, C. X. Misti, n. 15, p. 156 t. (3) Si leggono i nomi di alcuni degli eletti, sotto il decreto 24 gen- naio 1458, C. X. Misti,"^. 15, p. 168. (4) Nel volume 1 ." di esse sta scritto : <^ Haec sunt rubrice consilio- ruin de Rogatis et Quadraginta, distincte particulariterque notate, sum- pto inicio a primo libro Rogatorum qui incipit currente anno domini nostri Jesu Christi millesimo CCLXXXXIII. » — 46 — Nel 1465 si delegava un notaio della Cancelleria Du- cale alla rubFicazione di tutti i libri di essa, perchè sebbene le scritturo custoditevi siano tutte ottima- mente scritte nei libri del Senato e del Maggior Con- siglio, tuttavia non se ne poteva aver al bisogno pronta conoscenza, perchè non erano rubricate (1). Malgrado queste cure, sullo scorcio del secolo stes- so, il numero dei volumi mancanti di rubriche era con- siderevole ; e troviamo nel 1479 (2) incaricato il segreta- rio Lodovico Beaciani d' istruire tre notaj della Cancel- leria nel rubricare 200 volumi — del Maggior Consiglio, del Consiglio dei a, del Senato e della Quarantia, e di deputarne uno alla rubrica dei Commemoriali. GÌ' indici antichi di questi preziosi volumi che ci re- staùo, sono : I. la Silva., seu index antiquissimtis , alfabe- tico (p. e. Ariminum., Ancona, Armata marìs ecc.) che manda alla pagina particolare dove si trovano indica- zioni, ma senza data, del documento e della carta del volume. Pare specialmente l'indice dei volumi 3 e 4; — IL gl'indici dei primi Commemoriali dai 1295 al 1535 (3). Nei successivi una breve rubrica sta unita al volume. (1) 19 febbraio m.v. C. X. Misti, n. 16, p. 190. (2) 1479, 30 g-iiigno, C. X. Mis/i, n. 19, e. 137 t. (3) Le rubriche dei Commemoriaìi sono unite in tre buste : alcune sono doppie. Nel libretto li è un' avvertenza sul modo in cui sono coordinate le notizie raccolte in quelle rubriche. Altri cenni si trovano nel I. per esem- pio : Index hic in Coniìiicmoriale priinutn. Primo provincius et re- gicnws, oppidace at(/ne loca in alphabelum 7-edacla, ciim c/iartaruin ac p(i(/ina7'u>» ìiumeris cnmplectilur suis. lìt mudo una proiincia, una ree/io, unum oppiduin, uniis locus ])Cr se insurgit, modo pfiira conjuncta simili, etc. — 47 — Essendo doge Andrea G ritti, nel 1538, fu compilato r indice dei yatti^ a cura di Andrea Franc(!sclii cancel- lier grande, e di Pietro Bresciani (Bressan) segretario. Contiene un elenco per alfabeto delle provincie e delle regioni (p. e. Achaja, Aegiftus^ jTbania, Fpirus ecc.), de' paesi, de' tempi, de' documenti, del titolo di essi, colle date, il numero del volume e della carta in cui si trovano. Precedono alcune avvertenze al lettore^ circa la divi- sione ùqW Jndice, nitido ed elegante quanto mai si può dire (1). DegVini'eutarJ citeremo soltanto quello gene- rale della Cancelleria Ducale^ e qneWo del Consiglio dei Dieci. Ecco il titolo farraginoso del primo (1610, 1.° agosto) : Motto : lucundi sub te lahores. « Revisione, regolatione et indice formato da me Bonifacio xlntelmi Gran Cancelliere, de tutti i libri, regi- stri, filze, lettere, et d' ogni altra sorte di scritture, che ora si trovano nella Cancelleria Ducale, tanto negli ar- marj della Camera, che ho fatto nuovamente accomo- dare, et in quelli della soffitta vecchi et altri che ho di nuovo fatti fabbricare, quanto in quelli della medesima Cancelleria ancora, dove con particolar et minuta revi- sione di tutte le co.se, ho separato et distintamente fatto mettere insieme con la mia cotidiana assistenza ogni (1) Eccone il titolo : « Elencus sive index eorum quae IX bisce pacto- rum continentur libris, quae quidem olim altissimis obsita tenebris situque diuturno sepulta, longis post seculis uunc primum in lucem edita sunt, in usum Reipublicae Senatusque Veneti. Andreae Oriti prin- cipis sapientissimi autboritate et auspiciis Andreae Francisci magni Can- cellarli opera, et Petri Brixiani a secretis opera ; anno salutis 1538. » - 48 - materia, sìa irl filza o in libri, secondo l'ordine de tempi et de gli armari, essendosi smarrito o abbrucciato ne fuo- chi del Palazzo et ne tem])i gassati ^ tutto qiiello che man- ti i suddetti millesimi et da q^itelli sino al presente ci era. (!?) » Comincia coli' elenco dei registri delle filze di Se- nato Terra, alle quali seguono quelle Mar, Sereniss. Signoria^ lettere sottoscritte da terra e da mar, notatorii di Collegio, possessi di Senato e di Collegio, Senato Ta- glie, lettere di Collegio comuni, mandali di Collegio, Sup- pliche delle diverse serie, 3Iaggior Consiglio, Quaran- tia Criminale, Senato incanti di galere, e biace, jìro- poste del Maggior Consiglio; tasse e decime; commis- sioni a' rettori ; prove di nobili ^qv entrar nel Maggior Consiglio ed altri registri antichi. Nel 1720 il nob. uomo Pietro (jarzoni soprintendente della Secreta propose un indice generale delle materie di essa « in cui si racco- gliessero le materie piiì importanti e le pubbliche deli- berationi intorno ad esse (1). » Secondo le sue istruzioni il segretario di Senato Giovanni Filippi, compì quell'in- ventario dal 1600 al 1606, nel quale gli a})i)iuiti sono coordinati così: 1600 e 1601 — Corti; Materie di Roma ; Materie giurisdizionali risgvardanti Roma, Vienna ed altri Principi ; Economia ; Commercio; (1) Veg'gansì i (iccrcti del t'ons. dei X, 172U, 24 luglio, C-.>/iinii, rog. 170, p. 127; e 1731, 17 agosto, Coiniiui, reg. 181, pag. UH. — 49 — Militar; Magistrati ; Costantinopoli (1). Il Garzoni aggiungeva: « ben si comprende la mole » farraginosa del lavoro, che da una sola mano, per ,» quanto esperta ed infaticabile esser possa, non può se » non lentamente proseguirsi. » Uno dei più vecchi inventarj delT Archivio del Con- siglio dei X, è del 1611 (2). Savia determinazione fu quella contenuta nel decre- to del Consiglio dei X27 febbraio 1459 m. v. (3), il quale affinchè il Governo avesse presenti le figure, dimensio- ni, confini ecc. delle terre dello Stato, ingiungeva ai Rettori che « habito bono et vero consiHo a civibus terre » et ab aliis praticis et intelligentibus civitatis aut loci >> sui, designar! faciant terram, locum et districtum » suum per signa ventorum et orientis et ponentis, ca- » stella, flumina, planiciem et distantiam de loco ad » locum, et loca vicina nobis, et distantiam eorum, et (1) Sono tomi XI dal 1600 al 1619; e due dal 1740 al 1743: questi due ultimi hanno indice più particolareg'giato. (2) « Inventario di filze, libri e reg-istri delle parti e lettere dell' Ec- celso Consiglio di X, dei notatorii, filze de lettere et altri atti de gli ec- cellentissimi signori capi, separatamente e distintamente per i tempi che servono, fatto di ordine et alla presenza degl' 111. mi Signori Francesco Contarini cav. et Andrea Morosini, eletti per la regolatione delle leggi e scritture, e presentato nell' Eccelso Cons. di X ai 27 di luglio 1611. » 1 primi volumi dei Misti ivi indicati sono : I, serve 1300-301-302 [ma non appirtiene al Consiglio dei Dieci) ; — II, 1315 fino 1324 ; HI, 1329-30; — IV, 1318-1358; — V, manca; — VI, 1363-1374; — VII, 1383-1391 ecc. Dal 1392 (Vili) al 1525 ; in tutto n. 48. Si osserva però che dal IV al VI non vi ha in fatto alcuna lacuna. (3) Misti, n. 15, e. 197. Serie IV, Tomo U. "7 — 50 — » ìllarum designationem ordinate depictam faciant dili- » genter a doctis et praticis examiuari si bene et recto » depicta est. » Cotesti disegni doveano venir trasmessi al Governo centrale (1). Potrà parere che in luogo di trattar degli arcliivj, si vada tessendo la storia minuta e la descrizione dei vo- lumi che li compongono. Ma nel ricercare i principj delle serie diverse di scritture, si giunge anche a cono- scere le origini degli archi\j, il grado della conserva- zione, ed altre vicende di essi. Ora diremo di queste. Vili. Volumi e documenti perduti e distrutti, incendj. distruzione di documemti pubblici o privati decretata, documenti tra- fugati. L' uso durato in Venezia, anche nei secoli XV e XVI, di costruire le case di tavole, e la prossimità fra loro, rendeva facili e gravi gì' incendj. Né vi soggiacquero le sole abitazioni dei privati ; il Tesoro della Basilica, il palazzo ducale, chiese, intere contrade, bruciarono pa- li) Nella Miscellanea Manoscritti, f. 123, Archivio Generale di Ve- nezia, si trovano : elenco delle carte geografiche di confine ; simile di disegni ; memorie e scritture del feldmareséiallo Schoulemburg- perve- nute in pubblico dopo la sua morte ecc. — Nel decreto del Senato 1759, 28 novembre [Rettori, filza 300) si trova un elenco di 184 modelli e 449 disegni, intitolato : Catalogo dei modelli, e disegni della maggior parte delle Piazze possedute dalla Ser.ma Kepubblica di Venezia, — nelle varie provincie del Levante. Arbania, Dalmazia e Terra-Ferma, non che di quelle delli due regni di Cipro e Candia ; il tutto esistente uell' Archivio del Magistrato Ecc.mo alle For- — 51 — recchie volte. Il Gallicciolli (1) trasse da cronache e pubblicò alcuni ricordi, dal secolo V in seguito, degl'in- cendj accaduti in Venezia. Gli archivj dei magistrati politici, che avoano sede nel palazzo ducale, andarono bruciati nel 976, nella sommossa popolare in cui restò ucci.so il doge Pietro Caudiano IV; poi nel 1479 e nel 1483 (2), e con piiì gravi conseguenze nel 1577 (3). Distrusse buona parte dei documenti dei magistrati di Rialto un incendio che, scoppiato nella notte del 10 gennajo 1514, arse T ufficio degF imprestiti, quelli di tezze, per il cui comando furono con diligenza numerati e disposti in ordi- nata serie, nelle differenti categorie delie rispettive sunnominate Provin- cie ; ed epilogate in un tempo quelle più particolari nozioni che (a mag- gior facilità per 1' uso) da cadauno di essi modelli, e disegni sonosi po- tute dedurre. E ciò colla personale assistenza del sergente general Ros- smi nel 1759. (1) Il Gallicciolli registra accaduti in Venezia un incendio nel secolo V — uno del IX — tre del XII — due del XIII — due del IV — dodici del XV — quattordici del XVI ~ otto del XVII — e trentasei del XVIII. (2) Brown Rawdon, V Jrchioio di Venezia; Venezia, Antonelli, 1865, p. 68. — Romanin, Storia docum. di Fenezia, IV, 418. <^Andarouo bruciate nel palazzo ducale la sala delle due nappe, e la stanza ov' erano dipinti tutti i dogi, e vedovasi il mappamondo e l' Italia in due gran quadri recentemente fatti da prete Antonio de Leonardi, distinto cosmo- grafo. Con gran fatica si poterono salvare la sala dei Pregadi, la Can- celleria e la Chiesa di S. Marco. '> (3) L' incendio cominciò (1577, 20 dic.j nella Sala dello J?crutinio, e in meno di mezz'ora si comunicò a quella del Gran Consiglio; «et perchè nel luogo ove si riduceva il Collegio dei XII, il Collegio dei XX Savii e la Quarantia nuova vi erano di molti piani, scale di legno, e il ricettacolo dei protocolli dei nodari, il fuoco trovando materia di rinchiudersi, si fermò per divorar ogni cosa.» Romanin, St. due. VI, 353 ; Memorie Molin, cod. DLIII, M arciana. - 52 — ventisette altri magistrati, e si comunicò al di là del ponte di PJialto, allora di legno (1). E chi potrebbe dire fra tanta ricchezza di memorie storiche qual nuova luce verrebbe alla storia di Venezia e a quella d' Italia, se il fuoco e altri agenti nocivi, aves- sero risparmiato le lettere dei rappresentanti della Repub- blica, dei principi, le relazioni die gli ambasciatori erano obbligati a faresino dal secolo XIII! Onde riguardo a que- ste ultime importantissime scritture, vediamo il Maggior Consiglio decretare fino dal 1325 che quelle dei rettori dello Stato si consegnassero (le già esistenti e le nuove) ai provveditori di Comun, perchè le facessero eseguire nella parte relativa ai bisogni delle terre soggette. E r obbligo di leggere quelle relazioni, fra quindici giorni dal ripatrio, è vivamente raccomandato in varie epoche agli ambasciatori della Repubblica. Ma già nel secolo XIV i congiurati Tiepolo-Quirini avevano bruciato le scritture relative a banditi e con- dannati, custodite neir ufficio dei Cinque alla ])ace (2). (1) Sull'assicella prima del capitolare 4 degli Oflaciali agi' impre- stidi, denominato Rubens Magnus, il notaio Vittore Ziliolo fece nota dell' incendio scoppiato in Rialto, nel martedì 10 gennaio 1513 m. v. alle 2 di notte. Esso (dice il Ziliolo) bruciò 1' Ufficio degl' imprestidi, con 27 officii di Rialto, i banchi di scritta, botteghe, Ja chiesa di S. Giovanni di Rialto, e tutto, dalla riva del Ferro fino al fondaco delle farine, in- clusive, e fino al ponte detto dal aia ; e dal ponte di Rialto fino alla chiesa di S. Silvestro. (2) 1310, 15 giugno. In una lettera del Collegio all' ambasciator veneto a Roma 1310, 10 luglio (Lettere secreti'. Collegio, 1308-10, p. 95 t.) nella quale gli si comunicava la suddetta congiura, si leggo : <« Vene- runt in Rivo alto, et ibi Caraerauj quiuque de pace diruperunt, qua- ternos et snripta umnia dilacemntes et incendiu co)ìcrcmaìi((-s. ca- — 53 — Non sempre però fu il caso che distrusse documenti del Governo o dei privati. Lo stesso Governo, per motivi politici fece gettar sul fuoco atti pubblici, perchè non onorevoli alla Repubblica, o scritture private per lo quali potevano diffondersi notizie contrarie al vero. Addì 30 luglio 1365 (1) il Consiglio dei Dicci decreta che per buoni riguardi siano lacerate e distrutte certe testimonianze ed altre scritture, lette, intorno Lorenzo Cehì (doge morto da soli dodici glorm), né se ne debba più far menzione per bene dello Stato, non essendo ciò necessario {'2). Più importante per la storia sarebbe stato il conoscere di qiia.\i decreti poco onorevoli alla Bepub- hlict/, abbia il Senato promosso la distruzione coli' atto 1 marzo 1384 (3). «Siccome» (così suona la traduzione del decreto) « nel tempo della guerra ora passata col re » di Ungheria, coi Genovesi, col Signore di Padova, col » patriarca e la chiesa di Aquileja, furono prese molte » parti ed ordini nel Consiglio dei Savj alla guerra, nel » Pregadi e Zonta, alle quali il Senato dovette accondi- » scendere forzatamente [ad quas partes et ordines Oon- » silivm tunc condescendit coacte^ licei per Dei gratiam » nullum, hahueriìit efectum) cosiffatte scritture o decreti » non si debbano conservare o leggere in modo alcuno meras fontici de frumento similiter fregerunt ...» V. anche Cicogna Inscrizioni veneziane, I, 29. (1) C. X. Misti, n. 6, p. 30. (2) Questa fu la parte presa, e non toglie, materialmente, come fu asserito da alcuni, ugni sospetto sulla memoria del Gelsi. Secondo altra parte, proposta, ma che riportò tre soli voti, si avrebbe dovuto pubblicare nella prima adunanza del Maggior Consiglio, che esaminale quelle carte era risultato « illam infamiam nullaienus esse veram. » (3} Senato, Misti, reg. 38, e. 102 t. - 54 — » per molti buoni riguardi ; ma debbano distruggersi, » annichilarsi e bruciarsi, di guisa che non siano piìi da » alcuno vedute, 'per onore del nostro Governo. » Lo stesso Consiglio, con decreto 6 luglio 1418, impo- neva al nob. Antonio Morosini, di presentare ai Capi di esso due libri da lui scritti, denominati cronache; e poco appresso ordinava la distruzione di quei volumi, perchè contenenti scritture scandalose (1). Per egual causa venivano bruciate (1425) (2) due cronache trovate presso Bartolomeo de Armano, e Da- miano, scrivano delle carceri, come infette di cose diso- neste e false ( « quae continent aliqua inhonesta et falsa. ») Il Consiglio di Dieci (3) decretava che le raspe dei condannati dai Cinque alla pace, non avessero valore fino al giorno dell' incendio in Rialto (10 gennaio 1514) e quelle delle precedenti che ancora rimanessero, si bruciassero. I decreti che ordinavano la distruzione di quei docu- menti, potrebbero giudicarsi meno che degni di un Go- verno civile, e indizio che esso aveva a temerne una trista sentenza dai posteri. D'altra parte il voler bruciati alcuni scritti istorici, potrebbe dar motivo a credere che si volesse scritta la storia secondo gì' intendimenti del Governo. Tuttavia pare assai onesto e legale ogni atto che sia fatto alla luce del giorno, dinanzi un Consiglio di molti, e affidato alla scrittura. K u quei fatti potreb- bero contrapporsene altri, sui quali non può cadere al- di Misli, e. X, n. 9, p. 184. (2) 10 agosto, Misti, C. X, n. 10, p. 77. (3) 1514, gennaio m, v. Misti, reg. 38, e 38 t. — 55 — cun dubbio. Nel 1275 (1), addì 5 magg-io è stabilito dal Maggior Consig'lio che : « litere qiie de cetero fuerint » pi'oiecte ita quod veniant ad manus aliquorum vel ali- » cuiuSj et non fuerint cis presentate per eos qui proie- » cerint eas, ita quod do illis qui eas proioceriut non » poterit sciri, comhurantur ex tato. » Forse pòchi Governi possono vantare un decreto somigliante intorno la distruzione delle lettere anonime, nel secolo XIII : od un esempio eguale a quello offerto da una parte .della Quarantia Criminale 1352, 23 gen- naio m.v. (XL Cr. Parti, voi. II) con cui un Nicoletto Manolesso fu condannato ad un' ammenda (di lire 10, e glie se n' erano proposte 25) per aver ricevuto una let- "tera diretta ad altra persona e contro la volontà di que- sta, apertala e bruciatala. Sarebbe lunga la enumerazione dei danni recati agli Archivj veneti dalla noncuranza in cui furono lasciati nei tempi della Repubblica, e dai trafugamenti che vi operarono ministri infedeli. Basterà accennare che al- cune serie di carte preziose, quali i dispacci degli amia- sciatori reneti^ mostrano traccie evidenti di esser rima- sti per lungo tempo al contatto dell'acqua, e adesso, al tocco più leggero, molti di essi si sciolgono in brani ed in polvere. Molti documenti furono gettati, per ordino di officiali ignoranti e disonesti. Nò questo è da rimpro- verarsi alla sola antica Repubblica ! Accenneremo tuttavia che mancano nel nostro Ar- chivio Generale (sebbene esistessero nel principio di questo secolo nell' Archivio politico di s. Teodoro e no- li) M. e. Fractus p. 9^5. E vedi C. X, 1388; 31 ottobre Libro Verde, I, 28. — 56 — gli altri) molte carte e volumi di materia finanziaria (1); che nel 1865 ci fu restituito il capitolare (volumi due) degli officiali alla Messetaria; nel 1868 lettere con firme autografe di Elisabetta regina d' Inghilterra, di Jacopo I e II, di Carlo I e II d' Inghilterra ecc. ; che capitolari di magistrati, volumi dei loro atti, pergamene sciolte, passarono presso antiquarj e raccoglitori nazionali e stranieri. Già durante kt Repubblica, sparivano dagli Archivj codici pregevoli e proces-^i importanti. Il Consiglio dei Dieci nel 1481 (2), fa stridare nel Maggior Consiglio che fra otto giorni chi avesse aspor- tato dalla sala d' armi, dove con altre spoglie si conser- vava, un bellissimo libro contenente le genealogie dei* Carraresi, coi loro ritratti, dovesse restituirlo : « Inter spolia quae nostrum Dominium habuit domi- » norum Paduae, erat liber quidam genologie prefato- » rum dominorum, in quo scripte et piote erant imagi- » nes proprie et naturales omnium prefatorum domino- » rum, a prima origine uniuscuiusque ipsorum, usque » ad ultimimi ; qui liber pret:crquam quod erat pulcher- » rimus, per perfectionem picture iinaginum, erat etiam » dignus perpetue memorie, et tencbatiir inter excel- » lentes res que habeutur in munitione huius Cunsilii ; (1) Per es. quelli relativi ai forni pubblici, alle dogane di transito, da mar. da terra, agli officiali alla tavola àeW cntrada e deW iiisù/a. Nel 1741, neir archivio del Consiglio dei X si trovavano molti libri e mazzi di carte relativi alla Tana, al dazio del legname, delle piere, estraordinario (libri 7), U.scidd, fontico dei Todesclii (fra filze e registri 49, ora non s" ha che il capitolare dei visdoniini), ternaria nova, novo stallaggio, dazio della grascia, ternaria dell' oglio ^31), legne (198). (2) 30 agosto, Misti, reg. 20, e. 78. — 57 — » et tenebatur In caineris muuitionum et armoram Con- » siili X ; qui quidein liber furto sublatus est, et sit fa- » cienda omuis espei'ientia veniendi in luceni eonim, » qui habeut liuiusraodi librum prò honore nostri Dorai- » nii etc. » Neir inventario dei « processi e carte restituite, e carte che sono negli armarj VII da basso, e negli armarj VI, cassette Vili e due cassoni di sopra » v' ha la nota di parecchi trafugamenti di carte nella Secreta, e di processi iniziati per scoprirne i rei (1). Fu indicato diffusamente in una memoria pubblicata negli Atti dell' Ateneo Veneto (2), per quali modi siano stati decimati dagli agenti di Governi stranieri i docu- menti degli Arcliivj veneti. Ora è da aggiungere qual- che notizia intorno le false voci di asporti e i primi tra- fugatori. Morto il direttore generale degli Archivj del Regno d' Italia, cav. Giuseppe Bossi, la sua collezione di og- getti d' arte e di letteratura divenne proprietà di mons. Pompeo Piantanida, canonico della metropolitana di Mi- lano. Al Governatore di Venezia (3) sorse dubbio che, (1) Vi si legg^e indicato un « elenco delle persone processate nel se- colo XVI-XVIII, col numero del mazzo e quello di progressione, dispos/1 per nome, alfabeticamente. » Fra queste : « Venezia, 1622 : Antonio Foscarini cav. fu de ser Nicolò, sue difese e testamento », per la mole diviso in due mazzi segnati 1' uno e l'altro mazzo 50, n. 1. (2) Cecchetti B. — Le restituzioni scientifiche ed artistiche fatte dal Governo Austriaco nel 1868. « Alti dell'Ateneo Veneto. » Vedi anche « Una visita agli Archivi della Repubblica di Venezia dello stesso ; » Venezia, tip. del Commercio, 1866 [Alti suddetti). (3) Sua lettera 20 novembre 1816, n. 5097, al conte Carli [Rubbi, allora addetto all' archivio di S. Teodoro. Savie IV, Tonio II. 8 -^. òé - essendo il Bossi qui venuto come uno dei commissarj della Repubblica francese, potessero trovarsi in quella collezione, manoscritti spettanti agli Archivj veneti. Ma il marchese Marco Solari (allora commesso ])aìeofjrafo neir Archivio di S. Teodoro) purgava il defunto di quel sospetto. Anche il conte Agostino Carli Rubbi (1) giustifica- va il Bossi, ma narrava poi di aver dovuto accompa- gnare la Commissione francese nelle visite alla Mar- ciana e pei conventi. Prese dei pattuiti monoscritti fis- sati in 500, solo 470, e pei 30 residui, il cammeo « Giove Egioco. Sul finire poi della Municipalità provvisoria, dovette il Bossi assistere un certo Bnmetti {che francese il suo cognome in Brunet) ed un certo Pavan^ ora morto, ed essi andarono pei conventi e fecero un nuovo aspor- to, con assorta autorizzazione del Governo francese, e si fecero dare anche dei libri stampati. Alcuni religiosi ebbero V avvertenza di voler la ricevuta, e taluno anco la desiderò con della insistenza. La maggior parte, sia per indolenza o soggezione, o imprudente fiducia, non se la fece fare. Per esempio esistevano nella Biblioteca della Salute due superbe raccolte di disegni. Ed il cav. e cons. Morelli ed io, sappiamo che nel 1797, chiusa la Zecca, e non percependo piìi i religiosi gì' interessi dei loro capitali, onde poter vivere, vendettero tuttociò che poterono, e chi ebbe pochi contanti giacenti fu a por- tata di fare de' begli acquisti o per proprio uso o per speculazione .... ; frati e chcrici l'cgolari . . . serbarono 0 trafugarono quanto poterono. È quindi impossibile il tener dietro a queste indagini. » (1) Sua risposta al Governo 30 riov. 1816 (Gov. Presidio III, ^|^^). — 59 — Se in Francia la « Rivoluzione » mandò le perga- mene antiche air Arsenale per farne cartatvccie, o bat- tervi sopra hi generale^ in Venezia le pergamene finirono air ufficio di stender V oro in foglioline sotto il maglio del lattiloro. Lo stesso comm. Rubbi trovò tagliate presso un così fatto artefice alcune pergamene degli anni 1424, 1562, 1581, relative ad ìncsLiitì dei dazj di quei tempi, e le deliberazioni del Senato a ciò relative. « Ecco — esclama il Rubbi — come in parte furono rovinati i pubblici Arcliivj nei secoli passati, per l'indolenza dei magistsati, 1' arbitrio e la non sorvegliata rapacità de- gl' impiegati subalterni ! » — Gli Archi vj veneti soggiacquero a un fatto nuovo per essi e per Venezia, il bombardamento eseguito dagli Austriaci dal 29 luglio al 22 agosto 1849. Neir Archivio Generale, abbandonato dal suo Diret- tore, si riunirono gli accessisti fu Federico Martens e sig. Cesare Foucard, con alcuni inservienti. Dai proiet- tili (dei quali fu compilato dal sig. Foucard un elenco) i volumi e le filze non soff'ersero alcun danno (1). IX. Cancellerie : ducale, secreta, inferiore. La « Secreteria Regia » si divideva in Cancelleria Ducale e Secreta. Ne era sopraintendente il Cancellier grande scelto fra i cittadini originar], e che aveva il titolo di Eccel- (1) Dalla nota citata appare che cadessero sul fabbricato dell' Archivio 82 palle (15 infuocate, 2 pezzi di granata, 65 palle fredde). — 60 — lenza. Le due parti della Cancelleria erano nel tempo stesso, r/'rc/my'; cioè gli arcliivj andavano formandosij come risultato della vita di quelle Cancellerie. Sparirono governanti, notaj, amanuensi ; rimasero gli archivj : V amministrazione e la politica del tempo divennero sto- ria e scienza ; le sedi delle carte, oggetto di curiosità. Un paziente raccoglitore ne ricercò le vicende sui docu- menti, e un grosso in-folio, e là pronto a narrarle (1). La Cancelleria ducale pubblica conteneva, fra altri, gli archivj del Maggior Consiglio, del Senato Terra., Mar, Arsenal., Militar ecc. del Collegio^ della Signoria (Fisco e possessi ecclesiastici), del Savio C'assier, del Segretario alle voci ; serie tutte di carte d' amministra- zione. La Secreta., diretta da un deputato., eletto dafCancel- lier grande, assistito da segretarj e scrittori delle rubri- che, conteneva i Patti., i trattati originali, i Oommemo- riali., le serie delle deliberazioni di Senato più gelose e più antiche {Misti, Secreti., Corti, Rettori., Roma, Reg- genze africane), le esposizioni 'Rom^ e Principi, i dispac- ci relativi, quelli delle altre ambasciate, delle cariche d'armata e dei provveditori generali da mar, Xq rela- zioni., le commissioni, le lettere di principi al Collegio, le carte dei consultori injure e dei sindici inquisitori., l'archivio della camera dei confini ecc. Aggiungiamo fra i documenti lo schema della Se- creta quale era sotto la Repubblica ^'eneta (Doc. III). (1) Lorenzi Giovambattista. « Monumenti intorno il Palazzo ducale di Venezia » ; Venezia, tip. del Commercio, parte I : — E veg-gasi « Il fo- rastier* guidato nel cospicuo appartamento in cui risiedeva il Gabinetto della Repubblica Veneta ed ora V Imperiai Regio Tribunale Generale di Appello » Venezia, 1817, tij). Pinelliana. - 61 — Le leggi relativo a quelle secrete officine'degli affari politici e diplomatici, ne disciplinavano Taccesso, cura- vano r ordinamento dei volumi, la copia, la conserva- zione di essi e lo studio (1). Fino dal 1340 (2) (ed è naturale che esistesse assai prima) troviamo indicato un ampliamento della Cancel- leria ducale — Ospitia Canzelarie ; nel 1445 (3) si con- voca il Consiglio dei X per proporre alcune riforme da far visi; nel 1443 (4) affine di aver sempre persone istruite e fide, si assumono dodici giovani cittadini veneti dai dodici anni in su, col salario annuo di ducati 10, che debbano frequentar le scuole e apprender grammatica, rettorica ed altre scienze opportune, e bella mano di scritto. Intanto vengano nel Maggior Consiglio a portar in giro i bossoli dei voti, e a prestar altri piccoli servigj. Se ne conservi sempre il numero completo. E ciò « erit contentamentum et spes plurimorum civium nostrorum popularium, qui sub hac spe facient filios suos studere et adiscere, ut pervenire possint ad commodum et beae- tìcium supra scriptum. » Tre anni dopo (5j il Senato, considerando che per la Cancelleria Ducale passavano « omnia facta Status no- stri et publica et secreta » e che perciò occorreva che r amministrazione di essa fosse affidata a persone ido- nee, voleva obbligati i giovani, vt doctissimi efficiantur^ (1) Pubblichiamo, intorno alle nornae per lo studio nella Cancelleria Secreta, un decreto del Consiglio dei Dieci, 1716 26 agosto. (Vedi J)u- cumenli, IV). (2) 17 e 28 dicembre, M. C. Spiritus, e. 112 t., 113. (3) 1445, 25 agosto. C. X. Misti, n. 11, p. 13. (4) 1443, 16 aprile, M. C. Lisa, p. 144. (5) 1446, 7 giugno, T^rra, reg. I, 193. - 62 - a pagare nn maestro che il Governo avrebbe scelto, con 100 ducati annui. Abitasse in piazza o poco lontano ; osservasse quali degli allievi fossero atti all' appren- dere, quali inetti, e li allontanasse. I giovani erano al- lora sedici. Quanto alla valentia dei precettori, basti il dire che fu stipendiato Antonio Telesio (1). Veniamo al secolo XVIII. Nel 1743 (2) si trasporta- vano nella nuova Cancelleria Ducale le carte pubbliche. N' era allora masse)% o custode, il circospetto Bortolo Giacomazzi. Le filze e i volumi sommavano a circa 3600, coordinati dal fedel G. B. Venier che attendeva anche air ordinamento di una « quantità considerabile di let- » tere di vecchia data dei pubblici rappresentanti tro- » vate in confuso. » Un altro numero considerevole riu- sciva, pel peso, « di pregiudizio notabile al soffitto della » Sala delle quattro porte ed anti-CoUegio. » Anche questo Archivio, o questa pregevole colle- zione di archivj, soggiacque a vicende dannosissime, delle quali portano segni i volumi e le filze : V umidità, 0 meglio r acqua copiosa che penetrava dal tetto del palazzo ducale, e V ignoranza de' ministri antichi e moderni. Il Governo austriaco (3) facendo sgomberare i soffitti del palazzo suddetto sopra la Cancelleria Ducale (4), sul (1) Cons. dei X, Comuni, 1527, 24 settembre; 1530, 30 aprile; 1531, 7 agosto. (2) 4 maggio, Senato Terra, reg. 324, e. 94 t. (3) 11 Governo Generale, col decreto 5 settembre 1805, n. 18898, incaricava la llagionateria Generale di esaminare alcuni libri di mate- ria economica. Veggasi anche il decreto del Governo stesso 25 luglio 1805, n. 15993. (4) Nel decr. del Cona. dei X, 1743, 10 maggio {Comuni, reg. 193, ^ 63 — parere del Gelsi, destinava all' espurgo fra altri volumi di materia economica, alcuni alfabeti contenenti i nomi delle milizie nei varj dipartimenti dello Stato. Per riguardi politici, o per convenienze di ammini- strazione, si pensò assai anticamente alla custodia del- le carte dei magistrati, più gelose ed importanti. Per esempio, nel 1419 (1) si decretava che i processi dei Si- gnori di notte al criminal^ spediti^ venissero collocati nelle casse apposite, nella Procuratia (ove anco in prin- cipio del secolo XIII si davano in custodia documenti di privati, e si collocavano in sacchetti) e i processi cor- renti si chiudessero in certo cassetto a quattro chiavi. Nel 1676 (2), per toglier i disordini nella custodia delle scritture e risposte scerete dei magistrati « con inde- » coro e con pericolo di pessime conseguenze » — si prescriveva che esse « e li mazzi e li registri di tutte » le materie che ricercano secretezza, debbano restar » sempre custodite sotto chiavi dalli soli secretar] dei » magistrati medesimi » né se ne potesse rilasciar co- pia senza loro terminazione. Due decreti del Maggior Consiglio (1413 e 1779) (3), sono rivolti ad allontanare il pericolo del fuoco dalle Cancellerie Ducale e Segreta. « Massima costante d' ogni ben regolato Governo » essendo quella della gelosa custodia dei pubblici ar- p. 59) si trovano indicati i requisiti per gli straordinari della Cancel- leria ducale, l'.età loro, gli aspiri, ecc. (1) 1419, 1 ottobre M. C. V'sa, 26. (2) 1676, 11 agosto, C. X. Comuni, reg. 126, e. 151 t. (3) 1413, 28 dicembre M. C. Leona, 227 - 1778, 11 gennaio, m. v. M. C, Colombo, e. 311 t. 1413. Si distrugga un camino che passa per la Cancelleria, da una - 64 - » chivj dove sono riposti li più preziosi documenti che » servono di fondamento ai sovrani diritti, e di norma ai » Consigli negl' importanti pubblici affari, tutta ricer- » casi la pili accurata diligenza, affine di allontanarne » ogni eventuale pericolo, massime d' incendj, e per » agevolarne eziandio il loro uso con una ben ordinata » distribuzione. » Giusta il suddetto decreto del Maggior Consiglio ^ del 1413 non si potevano estrarre dalla Cancelleria per gli usi di nessuno, scritture scerete. Chi è autorizzato a leggerle si rechi sul sito ; soli il doge e la Signo- ria abbiano facoltà di estrarle per servirsene entro il palazzo ; poi le facciano riporre. Questa parte è quasi riprodotta da una anteriore in dialetto (1). Circa il rilascio delle copie estratte dalla Qancelle- TÌa Secreta^ può vedersi la terminazione della Signoria 1784, 20 agosto. Fa un curioso contrasto colla fama di mistero che circonda ancora le memorie della Repubblica Veneta, il tenore delle sue leggi relative alla Secreta, le quali ci apprendono, che le scritture vi erano custodite con pochissima cautela, potendo chiunque voleva, esami- narle e trarne copia. Onde si prescriveva che tatti i libri secreti, delle parti e delle lettere, si collocassero in sito acconcio, riservato, in custodia di un notaio solo, sotto una sola chiave, a lui affidata. Egli le scriva, le rubrichi ; in Cancelleria tenga un libro corrente di que- cucina sotto di essa. — 1779. Si vieta 1' uso del fuoco in una stanza del palazzo ducale contigua alla Cancelleria Secreta, occupata da alcuno della bassa faniiglia dei dog-i. (1) 1402, 23 aprile, M. C. Lcn„a, e. 125 t. — G5 — gli atti ; ma chiuso, nessuno lo vegga, tranne i Savj di Collegio e il Cancellier Grande. Primo di quei notaj fu Domenico Stella. Potevano per legge entrare nella Cancelleria Se- creta i segretarj del Senato, i cifristi, gli ordinarj, i deputati a scriver le materie segrete, e « quelli desti- » nati a partir con le cariche elette (per esempio, cogli » anihasciatori) che hanno ottenuto decreti di permis- » sione per estrar copie, da esser scritte in antise- » creta (1).» Malgrado però alle leggi, vediamo il Consiglio dei Dieci nel 1451 attestare che entravano « nella Qan- » cellerìa secreta molte persone della città e forestiere, » non per proprj affari, ma per esplorare alcun che, e » leggere i nostri libri, essendo finora libero a tutti » r entrarvi (2) ; nani de lihris secretis reperti fueruiit » ili manihus aliciuorum ad qiios non spectahant » ed or- dinava restrizioni. Faceva aprire certa finestra, eh' era al di dietro dello sgabello del Cancellier Grande, e per essa si dovevano dar a leggere le scritture permesse. Undici anni appresso si riconosceva che quella legge aveva inutilmente minacciato ai nobili che la (1) « Non siano più date copie agli eccellentissimi signori savj del Collegio, dell' una e dell' altra mano, neppur con il loro nome al mar- gine, né a chi si sia. — Delle copie che fossero ricercate, non se ne pos- sino rilasciar che previa la permissione della Serenissima Signoria. — Che li Segretari tutti che servono li magistrati non possano ottener copie senza previa presentazione del da ino'' (il nostro brevi maini) che lasceranno alla Segreta, con la ricevuta a piedi della medesima, delle cop'e permesse. » (2) Circa l' ingresso nella Cancelleria Segreta, veggasi il decreto 1478, 4 marzo, C. X. Mixti, reg. 19, e. ^9 t. Scrk' IV, Tomo II. 9 — 66 — avessero violata, V esclusione dal Maggior Consiglio per sei mesi — ai popolari, il bando da s. Marco e da Rialto, — e ai forestieri il carcere per sei mesi. « Con- » tinua gran moltitudine di persone a frequentarla e_ » a toccare i libri e le scritture (l). » Si ripeteva per- ciò che non era permesso di entrare nella Secreta a chi non fosse del Collegio o del Senato. E al Collegio spettava il dar licenza ai Consultori in jure di leggere documenti della Secreta per occasione di pareri pub- blici, presente un segretario (2). « È disposto per legge » — così quel Consesso — (3) « e per antica consuetudine, che delle scritture e let- tere che si trovano nella Cancelleria Secreta^non si può dar copia di alcuna di esse a chi sia privata persona, se quelle non sono prima vedute et ben considerate dalla Serenissima Signoria et con espressa sua licentia. Et ben spesso occorre, che da diversi viene ricercata copia di esse scritture per suo particolar interesse, et ciò si ' concede facilissimamente con un semplice ordine di essa Serenissima Signoria dato in voce, et senza che appari nota di alcuna sorte (4). » Ordini importanti circa la Secreta si pubblicavano col decreto dei decemviri 30 maggio 1624 (5), il quale prescriveva lapiìi rigorosa custodia di essa; non potes- sero entrarvi che quei soli che avevano accesso al Se- (1) 1462, 11 agosto, C. X. Mix/I, n. 16, e. 70 t. (2) 1611, 14 ottobre Senato Terra, reg. 81, e. 130 t. (3) 1611, 30 gennaio m. v. CuUegìo, Notatorio 107, p. 143. (4) Circa le trascrizioni in Cancelleria Secreta, veggasi anche il decreto del Consiglio dei Dieci, 1451, 19 gennaio m. v. AJisli, r. 14, e. 95 t. (5) C, X. Comuni, n. 74, p. 85. — 67 - nato, i Savii del Collegio e i Consultori, i quali soli e non altri, possano prender note e copie delle carte. I segretari! tengano registro delle licenze di copie. Noa si uniscano in filza le minute di lettere e di parti eoa postille e depennatìire per correttioni. aggionte et riforme^ ma i segretarj debbano trascrivere le lettere e parti da loro notate, prima di collocarle nelle filze, affinchè non possa « causarsi scandalosi concetti et sinistre inter- » pretationi da tali postille o depennature, che almeno » possano sum ministrare apparenti sospetti di malo » conseguenze. » Se non si voleva che corressero in pubblico o fra magistrati che non vi aveano diritto, i documenti origi- nali (1), non poteva concedersi senza qualche restri- zione di estrarne copia. Queste discipline datano dalla fine del secolo XIII (2). Si chiedeva spesso il parere dei consultori in jure. Nel 1737 (3) si accorda al vescovo di Macarsca di poter trar copia d' un disegno topografico, sentiti quei Consultori, e purché essa venga eseguita dair ingegnere proto alle acque. Né dalle suppliche erano esenti le Città e \Principi. La città di Bergamo (4) prega la RepubbUca di couce- (1) Per la estrazione dagli archivii anche di documenti amministra- tivi occorreva una terminazione di qualche magistrato. Per es. la Si- gnoria addì 28 settembre 1729 concede l' estrazione dalla Cancelleria Ducale di alcune carte inserte in un decreto del Senato, e la consegna di esse agli ofiSciali alle artiglierie, verso ricevuta ed inventario. Il Senato (1773, 20 marzo) concede agi' Inquisitori alle Casse del Levante, Dalmazia ed Albania 1' estrazione delle carte che loro potevano occorrere. (2) 1271, 26 agosto M. C, fìifrons, p. 21. (3) 1737, 26 aprile. (4) 1737, 19 giugno. — 68 — derle copia delle informazioni dei Consultori intorno i diplomi di cittadinanza orig-inaria di quella città. Il mar- chese di Mantova Sigismondo Gonzaga (1), — le do- manda copia dei diplomi di nobiltà veneta concessi alla sua famiglia. Di alcuni documenti non si permetteva la copia, e lo si avvertiva nel margine : 7ioìi detur exem- plum^ ncque ostendatur alimi (2). E si corresse anche r abuso di stampare con soverchia facilità carte rela- tive a liti {stampe in causa) o in appoggio di esse, con sommo discapito del ptibhlico interesse (3). Le leggi però non aveano, pare, molto successo ; perchè nel 1716 (25 giugno) il sopraintendente della Secreta P. Garzoni, scrivendo al Senato, avvertiva gli abusi, le copie di scritture che si traevano dalla Secre- ta, la necessità che i segretarj invigilassero alla custo- dia di essa. Il numero dei notaj nella Cancelleria Ducale o Supe- riore, e nella sezione di essa. Secreta, fu considere- vole (4). Erano dapprima una quindicina (5) «ad servien- dum Dominio, sapientibus utriusque manus et ordinum, et ad scribendum secreta tantum ; » altri « attendebant ad registra non secreta, et ad litteras et ad alias res comunes et specialium personarum ; » poi tino a 50 , (1) 1739, 9 giugno. (2) Per esempio, 1771, 27 settembre, Collegio. (3) 1774, 1 dicembre Senato, Terra, reg. 387, p. 37. (4) 1451, 28 maggio, C. X. Misti, n. 14, e. ni. (5) Propriamente 14 ; C. X. 1451, 28 maggio, Misti, r. 14, e. 51 t. A deputati alle materie secrete potevano essere provuli. oltre gli orUi- nurii, gli estravrUiiìarii che sono capaci di aiucarrere a scgreiarii di Senato (C. X. 1725, 23 maggio), Comuni r. 175, p. 52. — 69 — sicché il Maggior Consiglio volle si riducessero a 40, o pei' la Secreta 16 oltre i 3 ruhricatori (1). — Fra le efFemeridi della Cancellerìa Secreta noterò che un Antonio di Corrado vi aveva collocato un libro concatenatus in imo armarìolo, che trattava de gestis hujiis nostre cioitatis ; e pare (dice il decreto del Consi- glio dei Dieci, 1455, 23 luglio (2), che siano cose non vere. Venga adunque tolto di là, e si custodisca altrove chiuso, affinchè dal fatto del sito ove si trova, non. acquisti valore officiale. - Una riforma notevole della Cancelleria Secreta ebbe luogo in seguito al decreto del Consiglio dei Dieci 1458, 24 gennaio m. v. (3), che comincia : « Cumzosia corno » se intende le facendo del Stado nostro importantis- » sime che doveria esser secretissime comò quelle che » tocha el cuor e la vita nostra, pervien a noticia de » quelli ai quali le doveria esser occulte, cum grandis- » Simo pericolo de le cosse nostre.... » Siccome entravano in Collegio, in Senato e nella Segreta tutti i notaj, si prescriveva che d'ora innanzi vi avessero accesso soltanto : « il Cancellier g*rande che attende ai Savj del Con- siglio, « i notaj del Consiglio dei Dieci, « uno che attende alle cedule, « due notaj col Cancelliere, per servizio della Si- gnoria, « due pei Savj di Terraferma, (1) 1452, 15 marzo, C. X. Mhlì, n. 14, p. 104; 145t5, 11 aprile M. C, Regina, e 6 t. ; 1480, 13 aprile C. X. Misti, n. 19, p. 183. (2) Misti^ n. 15, e. 63 t. (3) Muti, n, 15, e. 167 t. — 70 — « due por quelli ajH ordini. » Altri non possano entrare in Collegio e in Senato. Oltre i tre notaj a ciò deputati, il Consiglio dei Dieci incaricava altri dodici notaj, a scrivere le cose segrete e a star in Cancelleria. Se fu riconosciuta in tatti i tempi la necessità di formar buone rulriche delle scritture dei magistrati, — a maggior ragione se ne provvidero le serie dei volumi custoditi nella Cancelleria Secreta e Ducale. Pietro Bressano, circa il 1538, compiva il rubricarlo dei IX patti, poi ordinava in XXXX casselle le scritture autentiche che si trovavano in soffitta ; rubricava XXII commemoriali. Nel 1545 (1) il Consiglio dei Dieci gli commetteva di formar « uno libro a parte, con le sue » rubriche et titoli, di tutti li indulti, autorità et con- » cessioni fatte per li pontefici romani alla Signoria » Nostra in diversi tempi et materie, le quali tutte cose » ecclesiastiche sono divise et sparse per tutti li com- » memoriali, patti et scritture da lui viste et maneg- » giate, dalle qual è necessario che sieno excepte et » ridute in uno solo volume. » E, a proposito di cataloghi ed inventar] della Secre- ta, soffra il lettore che gli riportiamo il lunghissimo titolo d'un libro, che può dirsi un saggio di archivistica e di critica paleografica veneta, del p. Fortunato Olmo. È — « il Direttorio et arte per intender le publiche » scritture, e dove sono a certi punti oscure, illuminarle, » dar loro T anima, massime a qìielle della Cancelleria » Segreta, indirizzo a ben conoscer il valore et uso delle » medesime, esamina di molte di osse le più principali, » fattavi diligentemente sopra, con la dichiaratione (1) 1544, 10 genjnio m. v. Comuni, reg. 16, p. 111. — 71 — >> dove lion siano così chiare, dimostrationé é prova » della sostanza di loro tutte ; nelle quali, dopo ben pe- » sate che siino, sempre risplende la prudenza e giusti- » tia, maestà e libertà della serenissima Republica, in- » sicme con molti documenti per saper illustrarle, con » r aiuto de' libri ed altro publiche scritture che anco » si dichiarano vicendevolmente una eoa V altra, e par- » ticolarmente per saper ritrovare i nomi, anni della » data, et i negotii che in esse scritture non si leggono » et è al tutto necessario che si sappiano. Di che tutto » si danno diverse regole. Aggiontivi molti salutiferi » ricordi intorno ad esse, in quanto che possine patire, » 0 habbiano patiti pregiuditii importantissimi, con gli » rimedii sicuri et opportuni per gli patiti et le cautele » neir avvenire. — Opera segreta, da non stamparsi né » darsi fuori : et assai utile agli eccellentissimi signori » savii et altri studiosi senatori che ne siino curiosi, » Cancellier grande e segretaria Fatica di più anni, di » domino Fortunato Olmo, dal tempo che cominciò, » nel 1632, ad esser impiegato per parte dell' Eccel- » lentissimo Senato, in servir la Segreta; bora final- » mente rivista e ridotta alla meglior perfettione pos- » sibilo, con molti accrescimenti tratti particolarmente » da libri ; in quest' anno MDCXLVll, dogando il Se- » renissirao Principe D. D, Francesco Molino, in tempo » dell'ingiustissima guerra mossa da Ibraim Gran Turco » a Candia, che Dio confonda e dia vittoria a questa » Christianissima Republica. » Circa ,la copia delle scritture in materia secreta, si può vedere il decreto del C. X. Secreti 1633, 24 set- tembre, che ne incaricava quattro ordinarj della Can- celleria Ducale, e stabiliva alcune norme per la eie- zione di essi ; e circa la sorveglianza alla Secreta, l'altro decreto 1735, 5 luglio, che «strettamente ob-, »'bligava il Cancellier grande a riveder froquente- » mente la Secreta ed Antisecreta, ed invigilare affìn- » che ivi non scrivano se non quelli che dalle leggi » vi sono abilitati, e questi poi non facciano altre copie » se non quelle che agli usi pubblici sono decretate, » dovendo egli di tre in tre mesi riferire in iscritto al » Tribunale, con giuramento, se la predetta e le altre » leggi in questa materia siano obbedite. » Della copia dei registri e dell'indice generale della Secreta trattano parecchi decreti del Senato (1). La Cancelleria inferiore o scrittoio ed archivio par- ticolare dei dogi, diretta da due Cancellieri detti infe- riori della Cancelleria Ducale, nominati dal doge e confermati dal Pien Collegio, comprendeva le promis- sioni ducali 0 statuti dei loro obblighi e diritti, gli atti dei correttori di quegli statuti, e degl' inquisitori del doge defunto ; le carte dei giuspatronati del doge, e dei luoghi pii dipendenti da lui, le elezioni dei cava- lieri di san Marco, — infine le cedule notarili, quindi V Archivio dei notaj. Esisteva la Cancelleria inferiore già nel 1316 (2), anno nel quale s'incaricavano i procuratori di S. Marco di far riattare e costruire a nuovo alcuni lancili in quell'archivio per conservarvi gì' istrumeuti e le carte notarili. — Essa era raccomandata al doge (3). (1) Per es. Snuilo. 1712, 14 aprile.- Cons. X. 1731, 17 agosto.— 1762, 23 novembre, è incaricato dell'indico il nobil uomo Nicolò Barbarico deputato alla Secreta. (2) 22 agosto. M. C. Oerìcus et Cìoiciix, pag. 55. (3) Non potevano i ])roti (1474, 19 gennaio ui. v.) esser eletti cdiiccl- — 73 — Il Maggior Consiglio nel 1772 deliberava questa ■parte (1) ; « Fra le fondamentali sovrane leggi di questa Re- » pubblica, provvida egualmente e necessaria risulta » r erezione sin da remoti tempi prescritta dell' Ufficio » della Cancelleria Inferiore, destinato a ricevere, e » come in sicuro asilo in se cautamente conservare, » le ultime volontà degli uomini, che disponendo dei » proprii beni con pienezza di facoltà, danno legge ai » rispettivi patrimoni! delle famiglie, che da quelli au- » tentici fondamenti ricavano la piìi sicura base cui si » appoggia il tranquillo possedimento delle loro sostan- » ze. E questo Officio restò inoltre prescritto a racco- » gliere li documenti delle prerogative, iuspatronati, » rendite di serenissimi dogi, e custodirli con gli atti » tutti ducali, a cura dei successori. » Quel gelosissimo archivio fu con sfortunato consi- glio « tradotto e stabilito in due stanze terrene nel » 1474, ed ivi, esposto all' umidità », e subì « quei detri- » menti e quei danni, che ingranditi dalla stagion di » tre secoli lo ridussero alla piìi deplorabile costitu- » zione, e ad un tale scompiglio, originato dalla tra- » scurata collocazione de' testamenti da tanto tempo » colà confusamente riposti » e da altro.... Fu provveduto allora trasportando quelle carte nella lieri inferiori, ricercatori (repertori), coadiutori ecc. ; ma a tali carichi dovevano eleggersi « cittadini nostri originarli, per età, dottrina, bontà et ogni qualità idonei» (1521, 28 giugno, M. C. Libro d'Oro X, 220). La scelta dei repertori o coadiutori nella Cancelleria inferiore, doveva esser fatta dai Cancellieri, e confermata dai Consiglieri (1538, 7 gennaio m. v. M. C. D' Oro, XII, 57). (1) 20 aprile M. C. Colombo, p. 185 t. Serie IV, Turno II. 10 — 74 — sala di residenza del Collegio della Milizia da mar; ma anche là e' era mala custodia ; dunque si permette al Doge « di separare dalla ducale abitazione la stanza . . . contigua alla Cancelleria, ove, raccolti li testamenti e li alfabeti delle persone viventi, se ne renda sicura la custodia ecc. » Queir archivio fu ordinato nel 177-1 (1) da Lauro Bartolini Cancelliere Inferiore « colla scelta de'moderni testamenti rogati dai nodari viventi, che frammischiati con 130,000 anteriori, da circa due secoli giacevano 'nei vecchi armeri; » e lo stesso Bartolini ordinò anche un ammasso copioso di carte precedenti al 1474, tempo della istituzione degli alfabeti, che forma la responsaMlità della conservazione e custodia. Coordinò 300,000 testa- menti non pubUicaii ; restavano da ordinare i testa- menti di 690 notaj. Il numero complessivo dei testa- menti si calcolava un milione. Il Bartolini aveva servito 45 anni, e pe' suoi meriti il Senato gli faceva coniare una medaglia (2) d' oro del valore di zecchini 150, e commetteva ai Riforma- tori allo Studio di Padova di « far affiggere nella Can- celleria inferiore una corrispondente iscrizione che tra- numdi a' posteri la memoria di chi imaginò e condusse a felice termine V opera stessa. » {Continua). (1) \Ti4., 1 aprile Senato Terra, f. 2589 ; e V. 1771 SO gennaio ni. T. Senato Terra, reg. 381, e. 394 t. (2) Il punzone della medaglia si conservava nella Zecca di Venezia ed ora nel Museo della Biblioteca Marciana. — Esso reca in un lato il leo- ne nimbato, in molòca, e le paro'e : Aloysio Mocenigo duce-anspice inclyto ducale archivum inferius — rccognitum instauratum — anno salutis — MDCCLXXIV. — e dall'altro : Lauro Bartolini - Ducali Can- collario Inf. — dirigenti — ex — S. C. — mouunientum. DELLE COPPIE ELETTRICHE E DELLE PRINCIPALI LORO APPLICAZIONI Monografìa DEL DOTT. ANDREA NACCARI ASSISTENTE ALLA CATTEDRA \ìl FISICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA pretniata (') dal R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti nel concorso dell'anno 1872 oor. E che mal può farsi di buono se le cose von si riducono a gradi e misure^ in fisica parficolarmente ? (Volta, Snll' eiettricilh animale.) Dall' epoca, in cui il Volta costruì la sua pila fino al dì d' ogg'i, i fisici s' adoperarono continuamente a per- fezionarla e a renderla meglio acconcia ai varii usi, in cui essa può venire impiegata. Dapprima questi tenta- tivi si limitarono a mutar forma allo strumento, poi lo studio de' fenomeni fisici e chimici, ai quali il passag- gio della corrente dà origine, guidò alla costruzione di coppie elettriche costanti e pii^i potenti delle primitive. Anche al dì d' oggi benché si possedano già coppie elettriche di costruzione assai buona, si va in traccia di ulteriori vantaggi, e si tenta di tor via qualche in- -conveniente, che tuttora rimane : e di mano in mano che l'uso della corrente elettrica si diffonde nell'indu- C) Vedi In pnf(. '668. tom. I. dispensa l\, sciie l\ di questi Alti, in cui è pubblicata la relaziime dclli niuula che propose il premio. m i-i stria e nell' arti, nuovi bisogni s' incontrano di modi- ficare gli apparecchi generatori della corrente. Importa dunque di passare in rassegna quanto s' è fatto di utile in tal proposito per riconoscere in qual senso debbano ora essere volti i nostri sforzi e più diret- tamente mirare ai perfezionamenti sperati. Fra i tentativi che si fecero da molti per miglio- rare la pila, non pochi fallirono. Taluno fu in essi gui- dato da falsi principii teorici, altri non fu guidato da alcun principio e operò capricciosamente od a caso, altri infine s' appoggiò a scarso numero di esperi- menti non bene discussi o a casi affatto speciali. Sa- rebbe opera perduta il tener conto di questi mutamenti, i quali mostrano soltanto una mal consigliata ten- denza ad innovare senza studiare anzi tutto i mezzi di innovare utilmente. Sceverare i buoni espedienti adottati da quelli di niun valore, ecco il primo com- pito per chi vuol studiare le varie specie di pile : ba- stano a tal uopo il più delle volte, senza bisogno di apposite esperienze, quelle già eseguite dai fisici e assi- curate da positive conferme. Fatta così questa prima distinzione essenziale, il porre a paragone i modelli mi- gliori di coppia elettrica con una serie di esperienze conscienziose, tutte eseguite nelle stesse condizioni, con gli stessi strumenti, e con riferimento alle stesse unità , è cosa da riputarsi utilissima. Imperocché è noto che moltissime esperienze furono eseguite per istudiare le varie coppie da Poggendorff, da Wheatsto- ne, da Joule, da Regnauld e da altri molti, ma è pur noto che queste esperienze limitate dai singoli spe- rimentatori a poche coppie ed eseguite in condizioni dissimili, sono il più delle volte discordi fra loro e prc- — 77 — sentano pressoché sempre T inconveniente di riferirsi a diverse unità, sicché a chi voglia trarne profitto riesce penosissimo il paragone dei risultati ottenuti per una medesima coppia da due o ]pm sperimentatori. Né ba- sta ciò, poiché questo paragone é anche non di rado impossibile. L' opera paziente di chi s' apprestasse a ridurre i varii risultati ad una sola unità, qui non po- trebbe abbracciare che un ristretto numero di espe- rienze ; le incertezze relative all' unità di corrente e air unità di resistenza adottate toglierebbero in molti casi, come sarà mostrato pili innanzi, ogni valore a tal riduzione. Allorché chi scrive venne a cognizione del tema proposto dal R. Istituto Veneto, s' accinse a risolverlo, quantunque fosse compito per le sue speciali condizioni assai grave. Di fatti, quantunque fossero a sua disposi- zione alcuni strumenti che in tali ricerche potevano venire adoperati; pure egli era innanzitutto necessario graduare con precisione questi strumenti, operazione non facile, né breve, e procacciarsi, oltre gli altri stru- menti occorrenti, i varii modelli di coppie, sui quali do- veva sperimentare. Tutto ciò richiese molto tempo e fatica e fece sì che nel giugno dell' anno decorso non fosse possibile di presentarsi al concorso. Quest'anno invece egli può presentare il suo lavoro, accompagnato da una serie se non grandissima d'espe- rienze, tuttavia tale da non lasciar esclusa alcuna delle coppie elettriche più importanti. Tali esperienze, perché avessero qualche pregio, dovevano venir fatte con molta cura : ai dì nostri, in cui la scienza, essendo scemato d' assai il campo delle sco- perte, tende a stabilire con precisione le leggi dei feno- - 78 — meni per prcndei' di qui le mosse ad indagini nnovo, si richiedon numeri e numeri esatti. Ora egli è appunto in questa parte della fisica che v'ha forse maggior bisogno di esatte misure. Neha parte che studia i fenomeni termi- ci dopo. Regnault e Magnus poi possedè una serie ammi- rabile di esperienze, le quali presentano il massimo gra- do di esattezza conciliabile con lo stato presente della fisica. Neir acustica dopo Helmholtz, nel!' ottica dopo Fresnel, Pouillet, Young e altri molti non resta gran pampo a_ chi voglia constatare le leggi de' fenomeni conosciuti. Ma nella elettricità dinamica, per non dire della statica, che è in gran parte a rifarsi, molto ri- mane ancora a chiarire fin ne'piìi comuni fenomeni. La coppia elettrica, questo portentoso strumento, esige an- cora dopo tanti anni di indagini uno studio accurato, e un confronto fra le varie coppie ha poi per la pratica una importanza grandissima. Ma far con precisione o non fare, dev'essere la divisa di tali lavori : io spero clie dalla esposizione del metodo seguito risulterà co- me io abbia appunto cercato, per quanto m' era fatti- bile, di raggiung'ere la massima precisione (1). Nella descrizione delle coppie elettriche, la quale era richiesta dal tema proposto, cercai di esser breve, omettendo tutte le notizie poco precise o poco verosi- (1) L'esecuzione della parte sporimontalo di questo lavoro mi sa- rebbe stata impossibile se il professore cnv. Francesco Rossetti non me l'avesse in ogni modo agevolata e non m'avesse continuamente sov- venuto de' suoi consigli. Così s' aggiunse ])er me anche questo agli al- tri molti motivi di riconoscenza, che mi legano a lui, e son lieto di far- ne qui i)ubblic'a attestazidne. Devo pur gratitudine al dott. Manfredo Bei- lati, che mi porse il siio al)ile njuto n(>ll;i mnssimn parte delle esjerienze. — To- rnili, elio non (li rado acconipag'iiano le descrizioni l'atte dagli inventori. Non tutto le coppie raccolte in questo catalogo sono veramente degne di considerazione : ho preferito largheggiare nelF accoglierle, omettendo sol- tanto quelle (e non. furono poche) che manifestamente mostravansi mancanti di qualsiasi pregio o che, avendo pur qualche valore per esperienze di gabinetti', sono impioprie afiatto alle pratiche applicazioni. In questa descrizione delle coppie elettriche non se- guii il metodo storico, ma invece mi attenui ad una ra- gionata classificazione. Quel metodo riesce opportuno laddove le successive scoperte od invenzioni susse- guonsi in un ordine -logico legato allo svolgimento del pensiero e degli studii spqrimentali, ma nel nostro caso questo andamento si verificherebbe in parte soltanto e quindi il vantaggio del metodo ne verrebbe grande- mente scemato. Preferii perciò dare da principio un cenno storico degli studii relativi alle coppie elettriche per passar poi alla minuta descrizione di queste. In questo ragguaglio storico mi trattenni alquanto (e forse potrà parere soverchiamente all'erudito lettore) sopra r origine della pila, parendomi che molti trattati di fisica ed anche alcune opere esclusivamente storiche non riproducano fedelmente questo periodo di storia scientifica tanto glorioso alF Italia. Abbondai in tutto il lavoro di citazioni, poiché mi pare che questa sia cosa di gran momento in opere di tal genere, che s' appoggiano a scritti sparsi qua e là nei giornali, cosa saggiamente curata assai dai tedeschi quanto negletta dai francesi e dai nostri! Queste cita- zioni però non le radunai puramente ad altrui vantag- gio 0 por far mostra di una facile erudizione, ma consul- — so- lai pressoché tutti i libri citati, e ricorsi quante volte mi fu possibile alle memorie originali. Così m' avvenne di porre in chiaro qualche importante' questione di prio- rità e di rettificare qualche errore trasmesso senza di- scussione dair uno all' altro autore. Ho diviso il presente lavoro in cinque parti nel modo seguente : 1." Cenno storico intorno all' invenzione della pila ed ai perfezionamenti apportati. 2.^ Descrizione delle varie coppie. 3." Di alcuni metodi importanti impiegati nella de- terminazione della forza elettromotrice e della resi- stenza delle varie coppie. 4.^ Esperienze originali intorno alle coppie piii im- portanti e risultati ottenuti da altri sperimentatori. 5.*^ Delle varie applicazioni delle coppie elettriche. 81 — r A li r E i. CENNO STORICO INTORNO ALL' ORIGINE DELLA PILA E AI PERFEZIONAMENTI APPORTATI. La prima osservazione, dond' ebbe origine lo studio delle correnti elettriche, è quella fatta dal Galvani nel 1786, delle convulsioni cioè che palesavansi in una rana preparata quando dal conduttore d' una macchina elet- trica situato a qualche distanza facevasi scoccare una scintilla. Queste convulsioni che erano particolarmente note- voli quando un buon conduttore poneva la rana in comunicazione col suolo, dovevansi manifestamente al fenomeno del contraccolpo elettrico posto già in luce alcuni anni prima da Lord Mahon (1), che lo disse colpo di ritorno [returnìng stroké). Questo fatto destò nel Gal- vani, come nota il Volta (2), più maraviglia che non avrebbe dovuto. Egli stava allora meditando intorno al fenomeno della trasmissione dei movimenti per effetto della volontà nelle membra degli animali ed inchinava air opinione di Sauvages e d'altri che il fluido elettrico percorresse i nervi e desse origine ai movimenti. Gli parve che le convulsioni osservate nelle rane si collegas- sero a questa ipotesi. Ma quella osservazione forse non (1) Mahon, Principtes of electricitij. London, 1779. (2) Volta, Lettera a Cavallo sulle scoperte del Galvani inserita nelle Plùl. Trema, in francese col titolo : Account ofsomc discoveries niade bij M.r Galea ni. Serie IK Tomo II. 11 — 82 — avrebbe portato alcun frutto, se non avesse condotto il Galvani ad osservare l'altro fatto singolarissimo, quello delle contrazioni della rana preparata appesa alle sbarro d' una inferriata mediante un uncino di rame. Le con- trazioni avvenivano ogniqualvolta i muscoli crurali, venissero penzolando a toccare le sbarre di ferro, men- tre i nervi lombari erano in continuo contatto con T un- cino di rame. Il Volta, allora professore a Pavia e già salito in fama per T invenzione dell' elettroforo, accolse con in- credulità la notizia delle scoperte del Galvani, ma anzi- ché negarle o sprezzarle, s'accinse immediatamente a ripeterle. Egli preparò da prima delle rane nel modo indicato dal Galvani, e ottenne facilmente le contrazioni : onde convertito dalla sua incredulità, ammise col Galvani r esistenza di una elettricità animale e proclamò esser questa del Galvani una di qìielle grandi e luminose sco- perte^ che mentano di far epoca negli annali delle scienze fisiche e mediche (1). Ma il Volta non si appagò di ripetere ciò che era stato fatto da altri e lodarlo. Egli variò le esperienze in cento modi e s' adoperò per esprimere in numeri e mi- sure le condizioni dei fenomeni. Sottopose egli le rane prima preparate, poi morte, ma non preparate, poi vive all' azione della elettricità artificiale e notò la tenuità estrema delle correnti sufficienti a produrre le contra- zioni specialmente nel primo caso : variò T arco condut- tore e mostrò come questo potesse esser costituito da ])cinno 0 legno bagnato, da una o pii!i persone ecc. pur- (1) Volta, Sull' rledncilù auimalr. .Memoria letta il 5 maggio 1"92, — 83 — che le rane fossero preparate di fresco e rivestite con piccole armature metalliche nei punti di contatto : va- riò gli animali sottoposti air esperienza e riscontrò gli stessi fenomeni nelle lucertole, nelle testuggini, nelle serpi, nei gatti, nei cani e in molti altri animali. Da questa serie di esperienze il Volta trasse la conferma della esistenza della elettricità animale, poiché V arco conduttore^ egli dice, ha V unico uffècw di rimettere in equilibrio il fluido elettrico già sbilanciato trasportandolo dal luogo in cui prevale a quello in cui è deficiente. Il Galvani aveva assomigliato la sua rana ad una bottiglia di Leida, e il Volta dapprima v' assentì, ma dopo un mese di conti nne esperienze ne cominciò a dubitare, e si piegò ad ammettere piuttosto ■z^^^'arw^o- nica circolazione., un moto nel fluido elettrico entro agli organi degli animali, il quale possa venir turbato da piiì cause: 1.*^ dalla volontà e di qui i movimenti vo- lontari delle membra ; 2.^ da morbi ; 3.° da elettricità artificiale ; 4." dalla comunicazione di due lontane parti del corpo conduttore, con che si dà luogo ad un piii copioso e istantaneo trascorrimenio del fluido elettrico (1). Guidato da questa sua congettura, il Volta continuò gli esperimenti a preferenza sopra animali vivi o alme- no interi, lasciando talora intatta la pelle, tal altra sollevandola, ma non togliendo gli altri integumenti ai nervi ed ai muscoli. Alle parti che voleva porre in comunicazione soleva egli applicare due piccole armature metalliche, e le toccava con un conduttore pure metallico per ottenere le contrazioni. (1) Voltn. memoria citata Sxiìl tlc'tìirilù aniìnaìc. parte II, § 18-51. — 84 — Fu appunto in queste esperienze eh' egli cominciò a notare un fatto singolare, il quale, a suo credere, stabiliva una distinzione caratteristica fra le sue espe- rienze e quelle del Galvani. Affinchè nel modo di spe- rimentare del Volta, cioè con animali non preparati, le esperienze riescissero, dovevano essere soddisfatte le tre condizioni seguenti : 1.^ L' animale doveva esser toccato in due punti e r arco congiungente doveva esser metallico. 2.*^ Occorrevano due armature od almeno una. 3.° Le due superficie metalliche poste a contatto col corpo deir animale dovevano essere di metalli diversi (1). Quest'ultima condizione che il Galvani aveva rico- nosciuto vantaggiosa ma non necessaria (2), era tale invece per gli animali non preparati. Così il Volta passo passo s' avvicinava alla sua grande scoperta. Poco tempo dopo essendo egli riuscito a mettere in contrazione membra recise col solo artificio delle armature dissimili, si condusse ad attribuire ad una nuova specie di elettricità artificiale eccitata con l'ap- plicazione delle due diverse armature, la massima parte dei nuovi fenomeni elettrici, riservando però sem- pre alla elettricità animale i fenomeni ottenuti dal Gal- vani colle rane preparate o con arco conduttore omo- geneo (3). « Je trouvai » die' egli, « qìLe c[nelqnes pluì- nomènes soutiennent encore un examen rèflèchiet qu' alasi (1) Volta, memoria citata, parte II, § •70-73. (2) Aloysii Galvani, De viribus electricifatis in molti musciilarì commenlarius. — Bononiae 1793, p. 21. (3) Lettera citata a Cavallo in data 13 settenibiv 1792. — 85 — V èlectricitè animale natnrelle et pro])rement organiqne ne peut pas ètre entièrement renversèe. » Continuando però nelle esperienze il Volta andò a poco a poco eli- minando i fenomeni, che ammetteva, dapprima esser dovuti ad elettricità animale. La sua convinzione che nei fenomeni osservati dal Galvani e da lui medesimo non potesse trovarsi nessuna prova della esistenza di una vera elettricità animale appare per la prima volta nella Memoria intitolata « Nuove osservazioni sull'elet- tricità animale » pubblicata nel novembre 1792. Anche nel caso di conduttore omog-eneo egli attribuiva la produzione di elettricità alla dissimiglianza delle super- fìcie di contatto, condizione a parer suo necessaria e sufficiente perchè le contrazioni producansi. Queste sue idee vennero da lui sostenute con V aiuto di molte esperienze nella terza memoria sulla elettricità ani- male diretta al prof. Aldini, nipote del Galvani, che avea combattute le spiegazioni del Volta. Intanto egli proseguiva sempre nelle esperienze : provò r effetto delle armature dissimili e congiunte sopra la lingua, lo paragonò con quello dato dalla cor- rente d' una macchina elettrica e lo trovò identico (1) ; e provò potersi aver contrazioni da una rana prepa- rata mediante un arco metallico omogeneo senza ar- mature, purché questo ai due capi fosse diversamente temperato o riscaldato, mentre allo sparire di queste diversità anche le contrazioni sparivano (2). I varii scritti del Volta, ma in ispecie queste lettere all'Al- (1) Lettera prima al Vassalli. Giornale dì Drngnatellì, voi. II, 248, 1794. ;2) Lettera seconda al Vassalli, (riorna/e di Unif/iini(llt\ voi. II, 1791. — 80 — dini e al Vassalli sono modelli di polemica scientifica, sono opere di un animo buono e di una mente elevata che non curano la vittoria delle fatte asserzioni, ma cercano puramente la verità. Dalle molte esperienze ingeg-nose enumerate negli scritti citati il Volta trasse V importante principio che ogniqualvolta in un circuito composto di più condut- tori, se ne trovi uno di seconda classe (conduttori umidi) fra due della prima (metalli) diversi fra loro, oppure uno della prima fra due della seconda diversi fra loro, si stabiHsce una corrente elettrica nell' uno 0 neir altro senso a seconda della forza prevalente (1). Questo principio generale, a cui si deve la costru- zione della pila, fu poi ristretto alquanto dal Volta quando in seguito ad esperimenti eseguiti col moli- nello di Nicholson trovò trascurabile Fazione eccita- trice della corrente al punto di contatto fra un metallo e un corpo bagnato in confronto di quella esistente al punto di contatto fra due metalli (2). Fu dunque un errore sperimentale quello che trasse il Volta in in- ganno neir assegnare la vera sede della forza elettro- motrice, non un errore di logica, come viene a torto asserito da riputatissimi autori. Dopo aver stabilito V esposto principio, il Volta pro- seguendo nelle sperienze scoprì l'altro principio im- portante della indipendenza della forza elettromotrice dallo stato elettrico dei conduttori posti a contatto. La costruzione della pila fu la immediata applicazione dei due priucipii. (1) Lettera al Vassalli in data 24 ottobre 1795. (2) Terza lettera al prof. Grcn di Halle 1 " agosto ITOfi. Lo scritto, iu cui ò desci-itta por la prima volta la pila, ò una lettera che il Volta diresse in francese da Como il 20 marzo 1800 a sir Giuseppe Banks presidente della Società Reale di Londra (1). In questa lettera è pur descritta la jìila a corona di tazze. Per una certa somiglianza da lui notata con 1' or- gano elettrico delle torpedini, il Volta chiamò orqaao elettrico artificiale lo strumento da lui inventato (2). La scoperta del Volta attirò immediatamente V at- tenzione degli scienziati, i quali si diedero a studiar gli effetti del nuovo apparecchio e a tentar di renderlo più efficace. Codesto studio doveva naturalmente in quel tempo essere retto più dal caso o da ipotesi poco fondate che da sicuri principii. Davy (3) compose delle pile con metalli diversi ; egli sostituì ad esempio il ferro ai rame, e variando la natura del liquido scoprì il fatto importante che un tale can- giamento può mutare la direzione della corrente. Ha- chette e Desormes (4) nel 1803 sostituirono al liquido degli strati di colla d' amido ; primo tentativo di pile secche. Ritter (5) nel 1805 compose una pila con carbone e zinco, poi con perossido di manganese e zinco, poi con piombaggine e zinco e n' ebbe risultati abbastanza buoni. (1) oh lite eleclricilij excited by the mere cun/act of cunduclives substances of difjferents kinds. Phil. Trans, juni 1800. (2) Lettera al Brugnatelli, 1800. (3) Bitlletin de la Socielc philomalU. X ann. n. C2. (4) Annales de chlmie et physique. T. V, p. 191. (5) Jownul de clninie de P'on Mons, n. 11, \). 215. — 8.S — Eg-li notò anche qualche relazione tra fenomeni elettrici e magnetici, ma le esperienze da lui citate non ebbero conferma. Inventò egli pure intorno a quel tempo la sua pila secondaria, che non ha poca impor- tanza per la teoria delle correnti. WoUaston (1) nel 1815 modificò utilmente la pila e si scostò dalla teoria del Volta, come già avea fatto il Fabroni (2), per attribuire V origine delF elettricità dinamica ad azioni chimiche. Kempt (3) notò nel 1826 la singolare proprietà dello zinco amalgamato, proprietà che il De la Rive (4) sco- perse nello zinco puro ottenuto con la distillazione. Smee intorno al 1840 costruì una coppia, la quale poteva dare una corrente di insolita costanza. Fara- day e Young costruirono pile comode e assai potenti, e il primo fra questi due fisici sostenne con una lunga serie d' ingegnosi esperimenti la teoria chimica della pila. Un vasto campo ai progressi nella costruzione delle coppie erasi intanto dischiuso poiché eransi studiati più intimamente i fenomeni che avvengono nell'interno delle coppie, e le leggi delle correnti erano state sta- bilite dall' Ohm (5). Il Fechnor (0), il Pouillet (7) ed altri studiarono sperimentalmente queste leggi e così se n'ebbe sicura conferma. (1) Bull, de la soc. philom. X, 120. (2) Recueil periodique de littérature medicale. (3) Juurn. p/iylosophique de Jameson, die. 1826. (4) Annalcs de c/àmie et pliijx. T. XLIII, p. 425. (5) Die galvantsche Nette inatli. hearb. Berlin, 1827. (6) ifaaashestimmungen iìbrr die (/air. KeKc. Leii)/ig;, 18'J1. (7) Cumptes rcndus de l'Acad. de scivnccs, T. XX — SO- LO studio di quei fenomeni, che or diciamo di pola- rizzazione degli elettrodi e che il Fechner aveva attri- buito ad una speciale resistenza incontrata dalla cor- rente nel passare da un solido ad un liquido, guidò alla costruzione delle coppie a corrente costante. Fin dal 1829 il Becquerel (1) aveva detto esser necessario per mantener costante la intensità di una corrente toglier via le sostanze, che nell'interno della coppia voltaica raccolgonsi sugli elettrodi, sciogliendole in liquidi ap- propriati. Egli adoperò poi nelle sue esperienze una coppia costituita da un vaso separato in due parti mediante un diaframma poroso : da una parte stava un sale di rame, nitrato o solfato, e un elettrodo di rame, dair altra un sale di zinco e un elettrodo di zinco. Ma chi per primo introdusse neir uso la coppia a due li- quidi e a corrente costante fu il Danieli (2), che pro- pose la sua coppia nel 1836. È curioso che Wach (3) sei anni prima studiando i fenomeni osmotici collocò in un vaso del solfato di rame sciolto e delF acqua separati da una vescica, immerse nel primo una lamina di rame, nel secondo liquido una lamina di zinco e congiunse esternamente i due metalli con un filo conduttore : egli costruì quindi una vera coppia di Danieli. Ma intento allo scopo pre- cipuo delle sue esperienze, egli non porse alcuna at- tenzione air ufficio che il suo apparecchio poteva pre- stare siccome elettromotore. Il Danieli nella memoria orio;inale citata dice che *o' (1) Annales de c/dm. et 'plnjs. T. XLI, 1829. (2) Pini. Trans. 1836,' I, 117. Pogg. Ann. T. XLII, p. 272. (3) Se/nveiggers Journal. T. L'SIII, p. 33, 1830. Serie JF, Tomo II. 12 — 90 — tre furono gli scopi che egli si prefisse nella costru- zione della sua coppia : 1.° ridurre alla minima esten- sione possibile la superficie dello zinco ; 2.^ allontanare il solfato di zinco non appena formatosi ; 3.° assorbire Fidrogeno che si raccoglierebbe sul rame, evitando poi la precipitazione di sostanze che rendessero il rame inattivo. Infatti la coppia di Danieli nella sua forma pri- mitiva soddisfa pressoché interamente a quelle tre con- dizioni. Merita speciale menzione nella storia della pila an- che la costruzione della coppia di Grove (1839), coppia utilissima in tutti i casi in cui occorra una corrente di una notevole intensità, la quale si conservi per qualche tempo costante. Dair epoca dell' invenzione di queste due coppie le modificazioni di esse si succedettero in numero assai grande ; si tentò anche di sostituire alle pile elettromo- tori d'altra specie, ed in parte vi si riuscì, ma in quanto alla costruzione delle coppie non si fece d' allora in poi alcun passo di segnalata importanza. — Il] — PARTE II. DESCRIZIONE DELLE PIÙ IMPORTANTI COPPIE ELETTRICHE. Non è cosa facile il classificar bene le coppie elet- triche, tante sono le combinazioni di sostanze e le forme diverse che vennero successivamente proposte. Neir elenco che segue le coppie saranno anzi tutto distinte in coppie ad un liquido e coppie a due liquidi. Le coppie della prima specie non solo verranno consi- derate partitamente, ma benanche riunite in pila per indicare i diversi sistemi seguiti p§r porle insieme. Descritta la pila a colonna, si passerà alle varie modificazioni, dalle minori progredendo verso le mag- giori. Si avrà in conto di massimo cangiamento quello delFelettrodo più ossidabile, cioè dello zinco, indi verrà quello dell' altro elettrodo, poi del liquido, poi della forma. Delle coppie a due liquidi, e della loro classifica- zione si dirà più innanzi. In tutto il presente lavoro considerando la coppia come un apparecchio elettrolitico ho chiamato elet- trodo positivo la lamina costituente il polo negativo, od elettrodo negativo V al fra. — 92 — A. Coppie con un sol liquido. 1. Zìqco. — Acqua acidulata con acido solforico. — Rame. A forma di colonna. Volta (1) (1800). Una lamina di zinco disponisi orizzontalmente sopra una superficie piana qualunque : su quella un panno di egual grandezza impregnato d' acqua acidulata con acido solforico, infine una lamina di rame pure d' egual grandezza : si ha così una coppia della pila del Volta. Se ora si immaginino sovrapposte V una air altra pa- recchie di queste coppie in un numero qualsivoglia, si avrà così una pila del Volta a colonna. Air acqua acidulata con acido solforico adoperata per bagnare i pezzi di panno, si può sostituire acqua salata, acqua acidificata con aceto od anche acqua cooiune. Ciò s' intenda anche per le altre coppie o pile che seguono, nella descrizione delle quali si fa cenno di acqua acidulata. Questa pila non può mantenersi attiva per lungo tempo : la corrente che essa dà va diminuendo rapi- damente di mano in mano che i pezzi di panno s'asciu- gano e che le lamine di zinco copronsi d' ossido o di solfato e quelle di rame d' un leggiero strato di zinco. (1) Volta, Lettera citata a sir Giuseppe Banks. — 93 — 2. Zinco. — Ac(|ua acidulata. — Rame. A corona di tazze. Volta (1) (1800). Una piastrina metallica rettangolare di zinco avente una lunghezza quattro o cinque volte maggiore della larghezza viene saldata con una lamina eguale di rame lungo uno dei lati minori. Le lamine bimetalliche così composte vengono piegate a forma di V e collocate a cavalcioni degli orli di due tazze contigue con i capi verso il basso e la linea di congiunzione che forma il vertice del V fuori delle tazze. In queste si versa del- l' acqua acidulata o salata. Se ora si immagini un certo numero di tazze dis- poste r una dietro T altra, e fra due contigue collo- cata sempre una delle lamine descritte nel novero in- dicato, si ha così la pila a corona di tazze del Volta. In ciascuna tazza devono trovarsi una lamina di zinco ed una di rame separate dal liquido. Questa pila semplicissima e di facile preparazione presta tuttora utili servigi nelle applicazioni della elet- tricità alla medicina. In questa e nella massima parte delle pile che ver- ranno in seguito descritte sarà bene amalgamare le la- minette di zinco. Si può far ciò nel modo ordinario, po- nendo prima la lamina nell'acqua acidulata finché ven- ga intaccata e poi versando sulle lamine del mercurio, oppure seguendo uno dei due processi seguenti. Processo del Berjot. Prendansi 200 grammi di mer- li) Lettera citata a sir Giuseppe Panks. — 1)4 — curio 0 disciolgansi in 1000 o-r. di acqua regia riscal- data ; poi s'aggiungano 1000 gr. di acido cloridrico. Basta immergere per brevissimo tempo le lamine in questo liquido perchè ne vengano ritratte amalgamate. Un litro del liquido così preparato costa due lire e può servire ad amalgamare più di 150 lamine di zinco di media grandezza. Processo di Egressy. 10 parti in peso di mercurio depurato si versano in un miscuglio di 8 parti d' acido nitrico e 2 d' acqua distillata. Dopo 6 od 8 giorni si tol- gono i cristalli di nitrato di mercurio formatisi, si lavano alquanto con acqua distillata, si asciugano e si polveriz- zano. Ciò fatto si versa una parte in peso d' acido nitri- co concentrato su 8 di cristalli, indi 64 parti d' acqua. Le lamine di zinco vanno prima immerse in acqua aci- diilata, indi nel liquido così composto. 3. Zinco. — Acqua acidiilata. — Rame. A truogoli. Cruickshank (1) (1801). Una lamina di zinco vien saldamente congiunta per una delle sue faccie ad una lamina di rame d' egual grandezza. Le coppie così formate vengono infisse in una cassa avente sezione eguaio alla superficie delle lamine in mo(/o che uno stesso metallo sia in tutte le coppie rivolto dalla medesima parte. Gli interstizii che restano fra V una e V altra coppia vengono riempiti con acqua acidulata o salata. Se si considera uno di questi interstizii, una delle due pareti più ampie di esso deve (1) Nicholson's, Juuni. T. IV, p. -^'Jl. — tiilborts, Aiiiialoi, T. MI, piig. OLI. — 95 — 'essere costituita da rame, l'altra da zinco. La fig. 1 (tav. I) rappresenta il modello piiì comune di queste pile : nei truogoli estremi sono immerse due lamine, alle quali sono attaccati i reofori. La cassa ò per lo piiì di legno che si riveste interna- mente di mastice : oggidì queste casse si costruiscono in guttaperca. La famosa pila che venne adoperata per la decom- posizione degli alcali dal Davy, aveva questa forma. Era composta di tre pile distinte da 24 coppie ciascuna ; il liquido adoperato era una soluzione d' allume e di acido nitrico (I). 4. Zinco. — Acqua acidulata. — Rame. A telajo.... Wilkinson (2) (1810). Una modificazione semplice ma molto utile della pila a corona di tazze consiste nel fissare in un telaio mobile in direzione verticale i metalli componenti le coppie e nel disporre in una apposita cassa al di sotto i vasi contenenti il liquido, nel quale le singole coppie devono immergersi. Non mi è noto il nome di chi adottò per prima questo sistema. La fig. 2 (tav. I) rappresenta una pila a telajo di for- ma assai comoda in pratica. Il telajo orizzontale su cui stanno infisse le lamine metalliche può venire alzato ed abbassato girando in un senso o nelF altro un asse orizzontale sostenuto da due robuste pareti laterali. A questo asse sono attaccate due stringhe, i cui capi inferiori son fissati al telajo. (1) Phil. Trans. 1808, p. 3. — Gilbcrts. .-Ivn. T. XXXI, p. 117. (2) Gilb. Ann. T. XXXVI, p 361. — OS — L'asse si fa girare mediante una manovella: con. Tasse gira una ruota alla quale un nottolino permette di girare in un solo senso : così si può sostenere le cop- pie metalliche a quale altezza si voglia e variarne a modo la superficie efficace. Quando si vuol far discen- dere il telajo bisogna staccare il nottolino dalla ruotar dentata. L'Wilkinson nel 1810 adoperò questo sistema per costruire una pila nella quale anziché una serie di tazze eranvi tanti truogoli formati da tramezzi isolanti dispo- sti trasversalmente. Era in questi truogoli riempiti di acqua acidulata che le coppie metalliche formate al so- lito modo venivano a immergersi. 5 Zinco. — A-cqua acidulata. — Rame. Il rame ripiegato intorno allo zinco. Wollaston (1) (1815). Per diminuire la resistenza delle singole coppie, r Wollaston pensò di fare in modo che F una e V altra faccia dello zinco stessero di fronte ad una superficie di rame d' eguale grandezza. Egli ripiegò quindi la lamina di rame intorno allo zinco dando alla prima la forma di un U. Si sono date parecchie disposizioni diverse a questa pila : sempre però si sono infissi i metalli in un telajo adottando il sistema della pila precedente. La fig. 3 (tav. I) mostra duo coppie di Wollaston in una sezione verticale. Z Z sono due lamine di zinco, C C due lamine di rame ripiegate intorno alle medesime. Siccome e assai importante che la lamina di zinco non (1) Tliomsoa's. Jtninui'. T. \l, p. 209. - Gilli. Ann T. LH', p. 1. — di — tocchi il rame, die sta immerso nel li([iiido stesso, così si interpongono dei pezzetti di sostanza isolante elio impediscono il contatto. La fig. 4 (tav. I) mostra una coppia Wollaston disi)0- sta alquanto diversamente. C ò una lamina di rame che si ripiega intorno allo zinco z e ne ò tenuta ad una de- terminata distanza da quattro pezzi di legno /. Ogni la- mina di zinco è saldata alla lamina di rame della coppia successiva. Un' altra- disposizione che merita di essere menzio- nata è quella, in cui le lamine di rame sono conformate a cilindro cavo, lungo Tasse del quale disponesi lo zinco avente forma di bastone cilindrico. 6. Zinco. — Acqua acidulata. — Rame. Con i vasi esterni di rame. Oersted (1) (1810). Dalla coppia dell'Wollaston, in cui la lamina di rame è ripiegata intorno allo zinco è agevolo il passaggio a quella deir Oersted, in cui il vaso esterno stesso è costi- tuito dal rame. A questa coppia si dà ordinariamente la forma ret- tangolare, e nell'interno del vaso di rame contenente acqua acidulata o salata.immergesi la lamina rettango- lare di zinco avente grandezza poco minore della sezio- ne longitudinale del vaso. Lo zinco porta con se dei pezzetti di sostanza isolante applicati ai suoi spigoli , con che si evita il contatto dello zinco col rame. Questo sistema fu adottato per costruire delle cop- pie di piccolissima resistenza interna atto a produrre [l'i Scliwggr. Journul, T. XX, p. 209. Serie IV, Tomo il. 13 — 98 — effetti termici molto intensi in un filo sottile e non troppo lungo introdotto nel circuito. Però queste coppie hanno V inconveniente clic la corrente da esse data diminuisce rapidamente e che se lo zinco si adopera non amalgamato, come d' ordinario succede trattandosi di lamine molto grandi, si ha un consumo grandissimo di quel metallo. Questa modificazione si adottò nella pila a telajo sopprimendo i vasi di vetro o di terra cotta e sostitaen- doli con le lamine di rame foggiate a modo di vaso. La forma data originariamente da Oersted alla sua coppia era cilindrica. 7. Zinco. — Acqua acidulata. — Rame. A lamine ripiegate. Schmidt. Lo Schmidt fece un altro passo per diminuire la resistenza interna delle coppie : immaginò di disporre verticalmente in un vaso una lamina di rame C ripie- gata nel modo indicato dalla fig. 5, tav. I, e di collocare nel vaso stesso una lamina di zinco che ne secondasse la curvatura od anche due insieme congiunte per au- mentare ancor piiì la superficie metallica efficace. 8. Zinco. — Acqua acidulata. — Rame. Lamine ravvolte a spira. Offershauss (1), Hare (2) (1821). Due lamine l' una di zinco, l'altra di rame, eguali in grandezza, vengono sovrapposte tenendole soltanto (1) Gilberts, Ann. T, LXIX, p. 198. (2) y^nn. of Pili!, n. 5, T. I, p. 529. — .inn. de ch'unie ci phys. T. XX, p. 314. — 99 — staccate con un pezzo di grossa tela da vele d' egual grandezza, indi vengono ravvolte a spira intorno ad mi cilindro di legno o di vetro. Queste coppie occupano poco spazio e presentano piccolissima resistenza. Per ciò esse sono adatte a produrre T arroveuta- mento di un filo corto e sottile, e vennero chiamate de/lagratOTÌ o calorimotori. La fig. 6, tav. I, mostra ap- punto una coppia elettrica di tal costruzione. Le coppie ad elice hanno il grave difetto che non possono venire pulite se non con gravi difficoltà, vale a dir scomponendole, e il ricomporle è tanto penoso quanto il costruirle di nuovo. L' amalgama zione dello zinco non potrebbe farsi se non al momento di comporre la coppia, e per evitare un inutile consumo di zinco, converrebbe adoperarlo chimicamente puro. Inoltre è difficile in questo sistema riconoscere se vi siano dei contatti interni fra i due metalli e porvi riparo. 9. Zinco. — Acqua acidulata. — Rame. Tutte le coppie immerse in un solo vaso. Faraday (1), Hare (2) (1838). Faraday nella decima serie delle sue esperienze elet- triche mostrò, come senza perdere gran fatto nella inten- sità della corrente, sipotesse immergerele varie coppie di ima pila in un medesimo liquido. La pila da lui composta, la quale viene spesso confusa con quella che verrà de- scritta immediatamente dopo, era costituita da lamine la cui forma è data dalla fig. 7, tav. I, e che constano di (1) PIÙ'. Trans. 1835, parte II, Pogg. Jm. T. XXXVI. ;2' .//);(. ofP.'iil. u. 5. T. I. p 329. — 100 — due parti disuguali la minore Z di zinco, la maggiore C di rame. Le lamine vengono ripiegate nel modo indi- cato dalla fig. 8, tav. stessa. Nello spazio esistente fra le due metà della lamina C di rame viene inserita la lamina Z di un altra coppia, come mostra la fig. 9. Ne segue che vengono collocate di fronte e a poca distanza due lamine di rame di due coppie successive. Per scemare la comunicazione fra queste lamine, il Faraday inter- pose della grossa carta verniciata [cartridge paper); ma nella memoria citata egli osserva che il difetto della pila sta appunto nelF uso di questa carta, la quale, quando i metalli sien tratti dal liquido, resta impre- gnata di acido. Ne segue che formasi lentamente in contatto delle lamine di rame un sale di rame, che poi quando i metalli vengono immersi novamente nel li- quido, vien disciolto e ridotto, per modo che sullo zinco formasi un deposito di rame. Il Faraday stesso osserva nella citata memoria che la sua pila è in realtà una di quelle già costruite dal- l' Hare, il quale studiando i mezzi migliori per accen- der le mine col mezzo della corrente ha proposto parec- chie pile di forme diverse. Per togliere o stabihre il contatto dei liquidi coi metalli, il Faraday adottò il sistema già proposto dal- l' Ilare. In (|uesto sistema togliesi il liquido dai, metalli facendo che esso passi in un vaso perfettamente eguale a quello in cui son contenuti i metalli e congiunto a questo, lungo uno degli spigoli più lunghi dell'orlo, in modo che i piani dei due fondi formano sempre fra essi 90". Così il fondo dciruno dei vasi è verticale quan- do quello deir altro ò orizzontale. Il liquido trovasi sem- pre in qucst' ultimo. _ 101 _ So il liquido sta noi vaso contenente i metalli e si vog-lia liberar questi dal liquido, non si fa che disporre orizzontalmente il vaso che aveva allora il fondo verti- cale, e similmente si opera nel caso inverso. 10. Zinco. — Acqua acidulata, — Rame. A lamine doppia- mente intrecciate. Young (1) (183G). L'Young" ha cercato, come egli stesso accenna nella sua memoria originale, di togliere gì' inconvenienti os- servati dal P'araday nella sua pila e in quella dell' Hare. Egli riuscì a fare in modo che nella pila non si trovas- sero mai di fronte due lamine dello stesso metallo. La fig. 11 (tav. I) rappresenta una coppia bimetallica dell' Young; la 10 rappresenta la forma di ciascun pezzo di zinco e di rame, di che si compone una di quelle coppie. In questo sistema lo zinco ed il rame hanno forma e grandezza eguale ; la saldatura succede mediante i due piccoK tratti sporgenti in m (fig. 10, tav. I). Quando siensi apparecchiate piìi lamine bimetalli- che per formare una pila si intrecciano insieme in modo che uno qualunque dei due metalli si trovi sempre in mezzo a due superficie dell' altro. Così se indichiamo lo quattro lastre metalliche della fig. 11 con Z Zi C Ci e quelle di altre due coppie eguali contei-minanti da intrecciarsi con questa con Z'Z', C'C'i (1) Phil. Mag. Serie III, \o\. X, p. -241. -- Pogp-. Aìuì. T. XL, p. 624. — 102 — bisognerà porre Z ' fra C e C, e C ^ fra Z e Z^. Così si otterrà V effetto cercato. Le saldature e i pezzi di con- giunzione devono trovarsi tutti al di sopra. 11. Zinco. — Acqua acidulata. — Rame. — A coppie intrecciate con le saldature verticali. Muncke, Hare (1). La pila di Muncke ha una costruzione piìi semplice della precedente. Le coppie sono composte di due lami- ne eguali di zinco e di rame ripiegate alla saldatura. Queste lamine dispongonsi in modo che le saldature sien verticali. La fig. 12 (tav. I) rappresenta una sezione di una pila composta secondo questo sistema. Le due coppie di Young e di Muncke sono apparec- chi che possono riescir vantaggiosi in qualche caso speciale anche al dì d'oggi, quando occorra ad esempio un gran numero di coppie da racchiudersi in piccolo spazio e si esigano effetti di breve durata. Sono state costruite delle pile fondate su questo sistema, ma nelle quali le coppie erano riunite in gruppi in modo da aumentare la superficie allo scopo di accen- der le mine. La fìg. 13 (tav. I) mostra una pila di tal costruzione, la quale devesi alT Harc ed ha appunto lo scopo accennato. Il vaso in cui le lamine metalliche vengono immerse è diviso in quattro scompartimenti eguali, segnati con rette punteggiate nella figura. Le lamine di un metallo che stanno in uno scompar- timento sono congiunte con quelle dell' altro metallo (1) Silliman, Jaurn. XXK 139. — Dino-lers, Poi. Joutìi. T. LI, 16. — 103 — poste in uno contiguo. Ho fatto menzione di questo apparecchio, che non è comunemente descritto, perchè è con esso che THare aprì la strada alle applicazioni della corrente allo scoppio delle mine sia nell' arte del- l' ingegnere che nella militare. Inoltre, benché questa pila presenti dei difetti non lievi, pure occupando essa poco spazio, dando immediatamente il suo massimo effetto e non essendo di prezzo elevato, potrebbe forse venire usata ancora con vantaggio nei casi in cui non si potesse ricorrere a coppie costanti, o ai mezzi oggidì usati in sostituzione delle pile. 12. Zinco. — Acqua acidulata. — Rame. — Pil?. a rosario. Pulverrnacher (1). Il Pulvermacher ha costruito la sua pila e rosario destinandola puramente alle mediche applicazioni. Cia- scuna coppia è formata da un cilindro schiacciato di legno, sul quale, essendovi incavata una doppia elicp, s'avvolgono un filo di rame ed uno di zinco. Questi fili devono mantenersi paralleli senza toccarsi. Ad uno dei capi del cilindro sporge il filo di rame, air altra quello di zinco : possono essere congiunte le coppie una al- l' altra, disponendole come indica la fig. 14, tav. II, e unendo a tal uopo il capo sporgente del filo di rame di una coppia col capo sporgente del filo di zinco delT al- tra, e così proseguendo in modo che le comunicazioni fra una coppia e V altra sieno fatte alternativamente da una parte e dalF altra di ciascun cilindretto. Questi ciliTidretti sono poi congiunti mediante anelli (1) Du Moneel, Eirpast- des apjilications de l'clcctr. T. I, \>. 114. — ÌOi — e uncini snodati, anche dalla parte dove non v' iia co- municazione fra le coppie. Per mettere in attività la pila non si fa che immer- gerla 0 tutta 0 parte in una bacinella contenente acqua acidulata con aceto. Si fa qualche uso di questa coppia in medicina. La persona che viene assoggettata alla cura elettrica può tenere in mano i due poli, come è indicato dalla fig. 15, tav. IL Spesso si dà una disposizione alquanto diversa alla pila congiungendo ad esempio il polo T) (fig. 14, tav. II) d' una coppia col polo d della successiva, ma lasciando sciolti i due capi a q e l'uno dair altro, e così prose- guendo in seguito. Allora la pila prende propriamente la forma d' un rosario. Queste pile danno degli effetti di tensione assai in- tensi relativamente alle dimensioni di esse. Secondo il Du Moncel una pila di 25 coppie fa divergere la foglietta d' oro neir elettrometro di Bohnenberg senza immer- gerla neir acqua, per la sola umidità trattenuta : con 40 coppie si hau traccie di decomposizione dell'acqua, con 150 si han piccole scintille, e delle violenti contrazioni nei muscoli al momento delle interruzioni. 13. Zinco. — Acido nitrico diluito. — Rame. ^ Davy (1) (1801). Questa coppia fu costruita dal Davy allo scopo di ottenere una forza elettromotrice maggiore di quella (1) f'.illi. Anu. T. Vili, p. 11. — 105 — della solita coppia del Volta. Egli trovò infatti la sua coppia pili potente e piià costante di quella con acido solforico. Il Poggendorff (1) eseguì alcune esperienze intorno alle forze elettromotrici, dalle quali risulta che la forza elettromotrice data da una coppia di zinco e rame immersi in acido nitrico diluito con un volume di acqua 11 volte piìi grande è 1,06, se con 1 s'indica la forza elettromotrice nel caso comune d'acqua acidulata con acido solforico. 14. Amalgama di zinco in vaso poroso. — Soluzione di sol- fato di rame. — Rame. Kemp (2) (1828) — Wheatstone (3) (1843). Questa coppia fu costruita allo scopo di togliere lo sviluppo dell'idrogeno sopra l'elettrodo negativo. Se ciò si ottenesse sarebbero tolti gli effetti clie diciamo di polarizzazione ; ma la coppia non soddisfa che imper- fettamente a questo scopo. Neil' amalgama viene immerso un filo metallico, nella soluzione di solfato di rame una lamina di rame. Sulla forza elettromotrice di questa coppia ha poca influenza la quantità di zinco contenuta nell'amalgama. Il Reguauld (4) ha determinato la forza elettromotrice della coppia di Wheatstone ponendo dello zinco nel mercurio nel rapporto di 1 a 20 in peso, e variando i diaframmi contenenti l'amalgama. Da queste esperienze (1) Pogg. Aìin. T. LXX, p. 60. (8) Edimbourgli Journ. octob. 1828. (3) P/iil. Trans. 1843, p. 509. Pogg. /Inn. T. LXII, p. .511. (4) yinn. dechim. et lìhys. T. XLIV, p. 453. Serie IV. Tomo II. 14 — 106 — risultò che la forza elettromotrice della coppia Wheat- «tone è se il diaframma è di porcellana porosa 0,99 » » » terra da pipe 0,83 » » » una vescica 0,73 » » » legno di fagg-io 0,40 posta sempre eguale ad 1 la forza elettromotrice di una coppia Danieli. Un fatto singolare vien dunque posto in luce da queste esperienze, che cioè la forza elettromotrice della Wheatstone varia con la natura del diaframma. Tale fenomeno fu attribuito al diverso modo con cui avven- gono le precipitazioni del rame nei pori dei dia- frammi. La resistenza di questa coppia varia naturalmente al variare della natura e della grossezza del diaframma ma è sempre considerevole. 15. Zinco. — Acqua acidulata con acido cromico. — Rame. Poggendortf (1). L' uso deir acido cromico fu proposto dal Poggen- dorfF allo scopo di sopprimere o di render costante la polarizzazione. Ma né V uno né T altro di questi scopi vien raggiunto in tal modo, come nota il Poggendorflf stesso. Quanto alla forza elettromotrice essa è circa 1, 17 di quella della Danieli. (1) Pogrg. Ann. T. LVli; p. Ilo — 107 — 16. Zinco. — Solfato di rame. — Rame. Warren de la Rpe (1). In questa coppia la produzione di g-as idrogeno, che nella coppia comune del Volta raccogliesi intorno al rame, è soppressa, o almeno scemata : ma per togliere questo inconveniente si incorre in un altro assai grave, vale a dire in un deposito di ranle sulla superficie dello zinco e sul fondo del vaso. Ne segue un inutile consumo di solfato di rame e una diminuzione di forza elettromo- trice. Questa precipitazione di rame si presenta soprat- tutto quando la coppia è a circuito aperto. Questa cop- pia non può stimarsi atta a dar buoni effetti. 17. Zinco. — Soluzione di solfato di potassa. — Rame Selmi. In un vaso di vetro C (fig. 16,tav. II) si versa la solu- zione di solfato di potassa. Nella parte inferiore del vaso si dispone una lamina di zinco Z ravvolta alquanto ai suoi capi come indica la figura e sostenuta da due o più asticciuole che superiormente ripiegandosi s' appog- giano air orlo. Una lamina di rame R d' altezza molto minore, ma molto lunga e ravvolta a spira sopra se stessa, disponesi mediante asticciuole, che la sosten- gono, a tale altezza che non sia sommersa ma sporga dal liquido per circa metà della sua altezza. Questo nastro di rame prendesi ordinariamente lungo 2m ed alto On',015. (1) Pltiì. Mng. X, p. 244. Pog-ff. Ann T. XL, p (V^S — 108 — Il Selmi ha dato a questa coppia il nome di coppia a triplice contatto, perchè il rame è contemporanea- mente a contatto del liquido e dell' aria. Egli ripone grande importanza in tal condizione, mostrando come si perda molto in forza elettromotrice, se si sommerga il nastro di rame : allora V idrogeno raccogliesi intorno al rame e lo polarizza, il che altri- menti non avviene od avviene in grado molto minore. La coppia del Selmi ha una forza elettromotrice che poco differisce da quella d' una coppia Danieli. Essa si mantiene costante per 15 a 30 giorni, se la soluzione è concentrata, per più mesi, se la soluzione è diluita. Formasi nella coppia per V azione della corrente del solfato di zinco che, lavato con acqua bollente, in cui trovisi poca calce, dà origine ad ossido di zinco o biacca di zinco ; questa sostanza che adoperasi nella fabbrica- zione delle vernici, in quella dei cristalli e delle carte dipinte ha qualche valore in commercio. Perciò questa coppia è anche economicamente vantaggiosa. 18. Zinco. — Sabbia o terra bagnata con acqua acidulata. — Rame. Bragation, Cooke (1). Due lamine metalliche, l' una di zinco, V altra di rame, vengono immerse verticalmente in sabbia silicea contenuta in un vaso di vetro o di terra o di legno. L' uso della sabbia è preferibile a quello della terra che era stato proposto dapprima. La sabbia può venire inumidita con acqua acidulata o salata od anche semplice. (1) DnUonro], Espose eie I, p. 109. y — 101) — Per ottouere effetti niig-liori si sugg-eriscc di col- locare per alcuni minuti la lamina di rame in una solu- zione di sale ammoniaco prima di immergerla nella sabbia. Questa coppia prestò qualche utile servigio nella galvanoplastica. Essa ha V inconveniente che dopo un certo tempo formasi sulla superficie delle la- mine metalliche una crosta compatta, la quale presenta una resistenza grandissima alla corrente. Con questa coppia, che fu per la prima volta pro- posta dal principe Bragation, il Cooke compose una pila che venne^ fino agh ultimi anni adoperata per i telegrafi e che neppure oggidì non è interamente ab- bandonata. Consiste questa pila in un vaso di legno lungo 75 cent, largo 12 e diviso in 24 scompartimenti mediante tramezzi d' ardesia. Una lamina di zinco alta jiomm 0 larga 87 viene applicata ad una delle superficie di un traniezzo e di fronte collocasi una lamina eguale di rame. Gli interstizii sono empiti con sabbia inumi- dita mediante poca acqua acidulata nel rapporto 1/15. Una pila così costruita, avente cioè 24 coppie, basta per una linea di 15 a 20 chilometri. Essa può durare anche un anno purché s' inumidisca la sabbia di tratto in tratto. Anche il Kopzinski ed il Leuchtenberg s'occu- parono di questa coppia, ma non vi apportarono per- fezionamenti importanti. — no — 19. Zinco. — Terra bagnata. — Carbone. Pila terrestre. Palagi (1) (1857). Sono circa quindici anni che menò grande rumore una memoria del bolognese Palagi nella quale si descri- vevano i risultati di alcune sue esperienze dirette ad osservare la corrente che si stabilisce fra una lamina di zinco ed una di carbone immerse a qualche distanza in. terra bagnata o direttamente nelF acqua. I risultati descritti dal Palagi erano tali da far sperare di poter adoperare una pila di questa fatta per i telegrafi, ed egli stesso anzi fece alcuni esperimenti, nei quali riuscì a telegrafare da BatignoUes ad Asnieres fungo una linea di 3 chilometri con un apparecchio a segnali di Breguet e un' altra volta fra Asnieres e Chatico (12 chil.) con uno di Wheatstone. Simili tentativi erano stati fatti parecchi anni in^ nanzi dal Loomis (2) e meno accuratamente dal Morse e dal Vail. I risultati del Palagi sono assai discordanti da quelli del Loomis, come può vedersi dalla estesa analisi, che fa il Kuhn (3) di questi due lavori. Le correnti ottenute da queste pile non presentano la costanza, la sicurezza e la intensità necessai-ia per essere utilizzate nella telegrafia. Il Palagi però ha appli- cato alcuni anni sono queste correnti ad un orologio elettrico costruito dal bolognese Campagnoli e n' ebbe buoni risultati. (1) Comptcs rendm, T. XLI, p. 775. — Cosmi»;, T. XI, p. 557. (2) Sillimnn'3, Jnuni. T. XVIII. 1-11. (3) Kuhn Lrìiìbuvli dei (tixji'w. F'cl. 1/ IciliilsU /ne. p. 73i!. ni 20 Zinco. — Acqua aclduiata. — Rame coperto mediante r elettrolisi con uno strato di polvere di rame. Poggendorff. Il Poggendorff si provò ad adoperare in una coppia voltaica una lamina di rame coperta di uno strato pulvcrulento di rame per ottenere così una diminuzio- ne nella polarizzazione: questa riesce infatto diminuita 0 almeno vien resa più costante. Il rame si prepara adoperando una lamina di rame come elettrodo nega- tivo in una coppia di Danieli. Un altro tentativo consimile è quello che consisto neir immergere nelF acido nitrico il rame prima d'ado- perarlo e poi lavarlo con acqua ; un altro quello di riscaldarlo fortemente al contatto dell' aria. Questi espedienti, che non sono affatto inefficaci, ma tuttavia insufficienti ad ottenere la voluta costanza in una coppia voltaica, sono al dì d' oggi abbandonati e sostituiti da altri, dei quali in seguito si terrà parola. 21 Zinco. — Acqua acidulata — Ferro amalgamato. Miinnich (1). Il ferro viene amalgamato sfregandolo a lungo con carta di smeriglio e versando di tratto in tratto sulle lamine delle goccio di mercurio e di acido solforico diluito, oppure, secondo il metodo di Bottger, riscal- dando il ferro in vasi di porcellana insieme con 12 parti di mercurio, 1 di zinco, 2 di solfato di ferro, 12 d' acqua e 1 Vo d' acido cloridrico. 1) rogg-. Alni. LXVIL p. 3(31. — 112 — La forza elettromotrice di questa coppia, secondo le già citate esperienze del PoggendorfF, è 0,54 circa della Danieli, mentre quella della coppia zinco e rame è 0,65. 22. Zinco. — Acqua acidulata. — Ferro. Roberts (1)(1840). Questa coppia, secondo il Roberts, può dare, almeno quando le correnti abbiano intensità superiori ad un certo limite, una corrente piiì intensa di quella data da una coppia zinco-rame d' eguali dimensioni. Il Poggen- dorff confermò la cosa e mostrò come ciò si debba attri- buire alTattitudine a polarizzarsi che è minore nel ferro, specialmente se ossidato, che non nel rame. 23. Zinco. — Acqua acidulata. — Ghisa ossidata. Col vaso di ghisa. Sturgeon (2) (1830). La ghisa ossidata ha la proprietà di mantenersi po- larizzata sensibilmente nel grado medesimo finché pas- sa la corrente o finche questa almeno non cangia note- volmente d'intensità. Lo Sturgeon ha costruito dei vasi cilindrici di ghisa alti 25 centimetri e del diametro di 8 cent, che egli empì di acido solforico diluito nel rap- porto di 1 ad 8 in peso. Lungo Tasse di quei vasi sospese poi dei bastoni di zinco. Queste coppie possono anche venir caricate con acqua salata od acido nitrico diluito. La fig. 17, tav. II, indica il modello ordinario di queste coppie. (1) Phil. Mar/. T. XVI, p. 142. - Pogg. Ann. T. XLIX, p. 532; T. XL, pag. 255. (2) Sturgeon, Mesca n/ics 1830. — 113 — 24. Zinco. — Acqua acidulata. — Carbone Fabre de Lagrange (1). In un vaso di terra che ha un piccolo foro nel centro del fondo, sta un cilindro di grossa tela da vele fermato al fondo mediante mastice. Neil' interno di questo cilin- dro poroso collocasi un bastone di coke circondato da piccoli grani pure di coke: il diaframma è circondato da un cilindro cavo di zinco e da acqua acidulata. Da un serbatoio superiore gocciola poi continuamente in quello spazio anulare dell' altra acqua acidulata. Così, essendo il diaframma alquanto più basso del vaso ester- no, continuamente si riversa oltre l'orlo del diaframma sopra i pezzi di carbone una piccola quantità d' acqua che va lambendone la superficie e agevolando, secondo r inventore, lo sviluppo delle bolle d' idrogeno che vi si trovassero aderenti. Intanto gli strati inferiori del liquido passano con maggior facilità per la maggiore pressione attraverso il diaframma ed escono lentamente per il foro del fondo. V inventore intese per tal modo a mantenere inalterata la natura del liquido ammet- tendo che il solfato di zinco, il quale, siccome specifica- mente piìi pesante, occupa gli strati inferiori, vada con- tinuamente uscendo dall'apparecchio per essere sosti- tuito da nuova acqua acidulata. La coppia fu costruita per applicarla alla galvano- plastica. (1) Martin, Reperlorium der (ralcaìinpìastilt. Voi. I, p. 38. — Com pk's readiis, T. 31, p. 533. Scrii' ir, Tomo II. 15 — 114 — 25. Zinco, — Acqua acidiilata. — Platino platinato. Sraée (1). Il platino dicesi platinato allorché sia coperto d' uno strato sottile di platino pulveriilento deposto mediante r elettrolisi. Allora, se vien collocato come elettrodo negativo in una coppia, esso ha la proprietà di restar polarizzato sensibilmente in egual grado finche passa la corrente. Così si ottiene una delle coppie ad un sol liquido che dà effetti meno variabili. La disposizione di questa coppia è tale da render piccola, quant'è possibile, la interna resistenza. La lamina di platino platinato, che ha ordinariamen- te r altezza di 12 a 15 centimetri sopra 6 od 8 di larghez- za, sta fra due lamine di zinco che ne distano due o tre millimetri soltanto. Le due lamine di zinco devono es- sere amalgamate e sono congiunte superiormente. Le lamine di platino, che devono venir platinate, devono innanzi tutto venir pulite accuratamente: poi esse vengono immerse in una soluzione di cloruro dop- pio di platino e di potassio, attraverso la quale si fa pas- sare una corrente facendo in modo che la lamina di platino serva di elettrodo negativo. Lo stesso Smée ha poi sostituito al platino una la- mina d' argento platinato che è di prezzo minore e dà buonissimi effetti. È piìi difficile in questo caso platina- re la lamina. Il Bouquillon riuscì ad agevolare V opera- zione deponendo mediante la elettrolisi uuo strato di rame che tolga la levigatezza alla superficie, sovrappo- (1) Phtl. Mag. T. xyi. \^ ;jl5. — Pog-g. Am,. T. LI; I). T,o. — 115 — uendo a questa uno strato d' argento e in fine a questo la polvere di platino. Ecco un metodo più semplice che viene usato oggidì per platinare le lamine d' argento. Strofininsi innanzi tutto queste lamine con carta di smeriglio o s' immergano per pochi istanti in acido nitrico. Poi prendasi un vaso che ne contenga un altro di terra porosa e s' empia lo spazio interno e V esterno d' acqua acidulata con acido solforico. S' immerga una delle lamine nel compartimento esterno e le si attacchi con un filo di rame un,pezzo di zinco, di cui la sola estre- mità s'immerge entro il vaso poroso nelF acqua acidu- lata. Si versi nel liquido esterno qualche goccia di clo- ruro di platino e si agiti. A poco a poco V argento si oscura. S'aggiunga novamente del cloruro e si immer- ga sempre piiì lo zinco, finché V argento è coperto da uno strato nero uniforme. La coppia di Smée fu modifi- cata dal Poggendorff sostituendo al platino platinato del rame platinato e da Paterson (1) sostituendo del fer- ro platinato. Inoltre il piombo platinato, secondo le esperienze del Callan, può sostituire V argento platinato senza di- minuzione di effetto. (1) Mech. Mag. T. XXXIII, p. 20. — nr, — 26. Zinco. — Ac(jiia salata. — Arfj-ento rivestito di cloruro d'ar- gento fuso, allo stato solido. Warren de la Rue e Hugo Miller (1). Pincus (2). Questa coppia è costituita da un vaso avente d' or- dinario r altezza di 6 centimetri e il diametro di 3, in cui si versa una soluzione di cloruro di sodio preparata sciogliendo 25 gv. di cloruro di sodio in 1 litro di acqua. Nel liquido sono immersi due cilindretti A, Z (fig. 18, tav. II) lunghi circa 5 centimetri, e del diametro di 6 millimetri, V uno di zinco amalgamato, V altro costituito da un filo d' argento di 1"™ di diametro circondato da cloruro d' argento fuso. Questa sostanza costituisce l' e- lettrolito solido che visn decomposto durante il pas- saggio della corrente. L' argento che rimane libero in tale decomposizione resta aderente al filo formando una specie di spugna, che permette al liquido il contatto del cloruro d'argento non ancor decomposto. I cilindretti di zinco e di cloruro d'argento spettanti alle varie coppie sono infissi in un telajo che si può alzare od abbassare a seconda dei vasi. La fig. 19, tav. II, rappresenta una pila composta di 10 di queste coppie. Warren de la Rue e Hugo Miller, che imaginarono la coppia ora descritta, 1' han-no costruita allo scopo di paragonare la corrente elettrica data da una pila con quella data da un rocchetto di induzione nel passaggio attraverso tubi contenenti gas rarefatti. (1) Les Mondes, T. XVIIl, p. 318, 400 ; T. XIX, p. 10, 611, 660. (2) Cari, Reperlurium dcr plnjsìk. T. IV. p. 271. — Pogg-, Ann. T. CXXXV, p. 156. — 117 — Occorre in tal caso nn gran nuaiero di coppie che non si indeboliscano rapidamente. Il Gassiot (1) vi adopera nna pila di Danieli di .'^520 coppie, ed una di Grove di 400, ma il prezzo ed il consumo di questo pile, e la fa- tica di prepararle, sono assai grandi. Queste coppie con cloruro d'argento, benché di pic- cole dimensioni, sono costose nella prima costruzione, ma il loro consumo è poca cosa, son facili a mettersi in azione, facilmente vien sospesa la corrente e i metalli possono senza danno restar immersi nel liquido a cir- cuito aperto anche per piìi mesi. Allorché la pila viene adoperata per la prima volta, si esige un certo tempo perchè essa raggiunga la sua forza elettromotrice normale, ma non più però di un quarto d' ora. Questa pila fu adottata dal Gaiffe in alcuni apparec- chi elettroterapeutici da lui costruiti. La fig. 19' (tav. II) mostra la lamina di zinco :3 e il cilindro di cloruro d' argento avvolto intorno a una la- minetta d' argento, quali vengono usati dal Gaiffe. Si ravvolge il cilindro A con un sottile tessuto per racco- gliere T argento che vien separato dall'elettrolisi. La fig. 19'' mostra una coppia intera : al è un pezzo di caoutchouc indurito, che tiene i due metalli a distanza fissa : e a d due cuscinetti della stessa sostanza per im- pedire il contatto. La coppia è contenuta in un astuccio di caoutchouc indurito chiuso mediante un coperchio a vite. Due asticciuole d'argento infisse alle due lamine escono dal- li) Pog-g. Ann. T. CXL, ii. 156. — 118 — 1' astuccio e costituiscono i due poli. Tutto l'argento, che per V elettrolisi resta libero, può venire utilizzato. Pressoché contemporaneamente ai due fisici sunno- minati, il Pincus costruì una coppia elettrica, che solo differisce dalla descritta in ciò che il cloruro d' argen- to è contenuto in un ditale d'argento. Questa pila venne applicata dal Pincus alla telegra- fia : con quattro coppie si spedirono dei telegrammi da Justerbourg a Kòuigsberg. La coppia però è troppo co- stosa perchè possa essere opportuna in tale applicazione. 27. Zinco. — Soluzione di cloridrato d'ammoniaca. — Carbo- ne circondato da perossido di manganese e da carbone delle storte sminuzzato. Leclanché (1). In un vaso di vetro di sezione quadrata avente un breve collo cilindrico trovasi un cilindro C (fig. 20, tav. II) di terra porosa contenente perossido di manga- nese e carbone delle storte. Nel vaso poroso è introdotto e fissato con mastice un bastone B di carbone che sporge e porta un tor- chietto T per applicarvi un reoforo. Un bastone di zinco [ Z è collocato in uno dei canti del vaso di vetro. Nel mastice che chiude il vaso poroso v' han due o piiì fori por l'uscita dell'aria. Il liquido esterno che è una solu- zione satura di cloridrato d' ammoniaca deve arrivare soltanto alla metà circa del vaso di vetro. Questa coppia ha una forza elettromotrice , per la quale furono trovati valori molto diversi dai varj speri- li) Pos-g. Ann. T. CXL, p, 'MS. Lcs Mjndcs, T. X\"l, p. r)32; T. XXV, pas?. 243. — 119 — mentatori: secondo le mie esperienze essa sarebbe al- (juanto superiore a quella della coppia Danieli. Fu però constatato che la forza elettromotrice varia notevolmente da una coppia ad un'altra. La corrente data da questa coppia è abbastanza co- stante specialmente per piccole intensità, purché man- tengasi satura la soluzione di cloridrato d' ammoniaca. Perciò si fa in modo che una certa quantità di questo sale resti sempre in fondo al vaso allo stato solido. Secondo le indicazioni dell' inventore, perchè questa coppia dia buoni effetti, il perossido di manganese deve essere puro e buon conduttore della elettricità. Il mi- gliore è quello conosciuto in commercio sotto il nomo di Manganése aiguillè: esso è cristallizzato, ha una lu- centezza grafitica ed è molto duro. Per impiegarlo bisogna separarlo dalla ganga, fran- gerlo in grani non troppo minuti e privarlo della polvere mediante uno staccio: vi si aggiunge di poi un volume eguale di carbone delle storte frantumato. Secondo il Leclanché la forza elettromotrice di polarizzazione è molto minore, allorché il perossido di manganese e il carbone sieno in grani, anziché in polvere fina. Le espe- rienze fatte gli avrebbero indicato che con tale espe- diente si può ridurre la polarizzazione da 5 ad 1. La coppia di Leclanché è una delle pili economiche: ma ha il difetto che quando sia stata affatto esaurita la sua forza, è d' uopo scomporla togliendo dal vaso poroso le sostanze contenutevi e ricomporla di poi so- stituendo almeno in parte quelle sostanze con altre nuove, il che non è cosa breve, nò facile. Le si attri- buisce il vantaggio su altro coppie e ad esempio su quella di Marié-Davy, che ucl perossido di manganese — 12 ) — rossigeiio è l'olativamente in quantità maggiore che non nel bisolfato di mercurio ; ma a questo proposito osser- va il Dehms (1) non essere positivamente constatato che il perossido di manganese operi in questa coppia chimi- camente e che nello scomporre una coppia già esausta non si trovò mai alcuna traccia della disossidazione di quella sostanza. Se questa azione chimica non avve- nisse si dovrebbe ammettere che il perossido di man- ganese, come il carbone, operasse solo fisicamente, cioè valesse soltanto ad aumentare notevolmente la super- ficie deir elettrodo negativo, il che è un mezzo efficace per diminuire la polarizzazione. Parecchi fatti farebbero supporre esatta questa supposizione del Dehms, e sono la accennata diversità dei valori trovati per la forza elettromotrice da sperimentatori diversi, le differenze riscontrate da uno stesso sperimentatore tra le forze elettromotrici di coppie diverse, V essere poco applica- bile a questa specie di coppie il metodo di Ohm, come io stesso ho ripetutamente provato, e infine la influenza dal Leclanché medesimo notata della grossezza dei grani delle sostanze contenute nel vaso poroso. Altre indicazioni relative a questa coppia elettrica importante verranno date nella parte IV. Il Sinstedcn (2) osservando che è un difetto di questa coppia Taver lo zinco così piccola superficie, propose di costruirla nel modo seguente : La parete interna d' un vaso di terra verniciata è rivestita con pezzi prismatici di carbone delle storte (1) Juariutl Iclegraphique inihlii' par le 'nii'tau inteniaUoiutl. Ber- ne, 1870. (2i Po--. Ah. T. l'WXVlJ, p. 2'.»>V — 121 — strette fra loro da biette pure di carbone. Dei fili di ar- gento, che partono dai capi superiori di questi carboni, si riuniscono in un unico torchietto. Il vaso poroso che contiene la soluzione di clori- drato d' ammoniaca è collocato nel centro del vaso e in esso ponesi un cilindro di zinco. Lo spazio anulare in cui stanno i carboni vicn riempito con perossido di manganese e carbone frantumati. Tutto il vaso può esser chiuso con un coperchio che lasci passare sol- tanto gli elettrodi. Il Sinsteden afferma che una pila di duo coppie da lui preparate in questo modo, dopo averla adoperata pressoché continuamente per quin- dici mesi, aveva ancora la forza stessa del primo giorno. 28. Zinco. — Soluzione di bicromato di potassa mista ad acido solforico. — Carbone. Poggendorff, Grenet (1). L' uso dell' acido cromico in cambio dell'acido solfo- rico fu già proposto dal Poggendorff, come fu detto al num. 15. Il Grenet adottò la soluzione di bicromato di potassa mista ad acido solforico (dalla qual mescolanza appunto producesi V acido cromico) nella coppia zinco e carbone e diede alla sua coppia una forma comoda in pratica. Due lamine di carbone CO (fig. 21, tav. II) sono dispo- ste parallelamente alla distanza di 8 mill. circa e infisse nel coperchio d' ottone del vaso della coppia, in modo che quando il vaso è chiuso, le lamine sieno verticali e s' immergano nel liquido contenuto nel vaso. Fra esse (1) Du Moncel, Bevue des appticaf. de /' e'iectr. I, p. 19. Serie IV. Tomo II. 16 ]22 sta compresa una lamina di zinco Z, la quale è soste- nuta da un' asta A : quest' asta passa attraverso il co- perchio, essendo però circondata da sostanza isolante per togliere la comunicazione col carbone, e può venire alzata ed abbassata. Siccome il liquido occupa due terzi air incirca dell'altezza del vaso, mentre la lamina di zinco ha l'altezza di un terzo, così essa può venire, a seconda che meglio piace, immersa nel liquido o le- vata da esso, abbassando o sollevando l'asta che la protegge. Dei pezzetti di sostanza isolante sono infissi nello zinco e ne sporgono alquanto, sicché impediscono- il contatto dello zinco colle lamine di carbone. Siccome la distanza dei due elettrodi è in questa coppia assai piccola e ambedue le superficie dello zinco sono utilizzate, così la resistenza è pure assai piccola. Non si può richiedere a questa coppia se non che effetti di breve durata ; la sua forza elettromotrice è da principio assai grande, ma ^i deposita ben presto sullo zinco uno strato d' ossido di cromo, che diminui- sce rapidamente la forza elettromotrice ed aumenta la resistenza. Nel modello di questa coppia proposto da Grenet e Fonvielle è annesso un apparecchio mediante il quale si fa passare attraverso il liquido una forte corrente di aria. Questa corrente, come era già noto da antece- denti esperienze, aumenta la intensità della corren-" te. Becquerel aveva annunciato questo fatto fin dal 1855, e Pulver-Macher avea tentato di giovarsene per diminuire la polarizzazione prodotta dall' idrogeno ade- rente all' elettrodo negativo. E a proposito di questo espediente non è male il ricordare che il Becquerel — 123 — mostrò come mantenendo continuamente agitato l'elet- trodo negativo di una coppia ad un liquido, come quella dello Smée si possa avere una corrente più energica e costante. Nella massima parte delle coppie Grenet, quali ora si costruiscono, v' lia nel coperchio un foro, al quale è applicato un tubo di gomma che discende fino al fondo del vaso. Per mezzo di questo tubo si può soffiare di tratto in tratto entro la coppia e ravvivar la corrente. La coppia può prestare qualche utile servigio in gal- vanocaustica, poiché non vi si esige ordinariamente un effetto di lunga durata. Per tal uso il Trouvé (1) ha co- struito una pila speciale che è composta di più coppie Grenet disposte in modo che facilmente possano venir riunite per superficie o per tensione e facilmente scom- poste e ricomposte. Anche in questa pila un tubo spe- ciale serve per cacciare di tratto in tratto nelFapparec- chio una corrente d' aria. 29. Zinco. — Miscuglio di bicromato di potassa, acido solforico e bisolfato di mercurio. — Carbone. Chutaux (2) (1871). Questa coppia non ha in quanto alle sostanze adope- rate altra diversità dalla Grenet se non V aggiunta del bisolfato di mercurio ; la quale aggiunta però, secondo r inventore, non ha poca importanza, valendo essa a dar costanza alla coppia. La disposizione e la forma sono per questa coppia molto diverse da quelle della Grenet. (1) Les Mondes, T. XXVIII, p. 53. (2) Les Mondes, Voi. XXIII. \>. 61(5. — 124 - Il Chutaux costruì la sua coppia secondo più modelli diversi e specialmente distinse quello destinato a dar correnti di grande intensità, dall' altro destinato a dar correnti di grande costanza. Le coppie rappresentate nella lìg.22 (tav. II) spetta- no alla prima di queste due specie. Tre pezzi prismatici di carbone C C C sono disposti verticalmente in un vaso a distanza non grande V uno dall' altro. Negl' intervalli son collocate due lamine di zinco Z Z che sou tenute discoste dai carboni mediante pezzetti di sostanza isolante. I tre carboni son riuniti per i capi superiori fra loro mediante pezzi di ottone ; i due zinchi pure ; per tal modo essendo relativamente grande la superficie degli elettrodi, la coppia ha una resistenza assai piccola. Al di sotto della coppia sta un vaso B che è destinato a ricevere il liquido, il quale per r avvenuta elettrolisi ha perduto la propria efficacia. Un tubo D comunicante con la parte superiore del vaso serve a far discendere nel recipiente sottoposto il liquido che è divenuto più leggero. Un altro tubo I che comunica con la parte inferiore della coppia ed è supe- riormente aperto, serve all' introduzione del liquido nuovo. La fig. 23 (tav. III) rappresenta un' altra coppia del Chutaux parimente per intense correnti, ma costruita alquanto diversamente per darle resistenza minore. Lo zinco Z è costituito da due lamine disposte verti- calmente e inserite l' una nell' altra in modo da interse^ carsi lungo una retta che corrisponde all' asse della coppia. Fatta una sezione orizzontale lo zinco presente- rebbe la forma di una croce. Nei quattro spazi angolari così formati, il Chutaux pose quattro pezzi di carbone C — 125 — di eguale altezza, i quali mediante opportune guarni- ture metalliche vengono insieme congiunti. I tubi late- rali ed il recipiente sotto})osto hanno 1' ufficio già indi- cato. La sottocoppa S serve a raccogliere il liquido che cola dallo zinco quando vien tratto dalla coppia. Il De Moncel ha trovato che la forza elettromotrice di questa coppia sia alquanto superiore (1,03) a quella di Bunsen e che la resistenza sia per il primo dei mo- delli indicati 1,5 (Siemens) alF incirca. Una pila così composta fu adoperatane! 1870 a Parigi per produzione di luce elettrica: con 45 coppie si potè avere una buona illuminazione d' uno spazio molto esteso per 7 ore. Il Chutaux adattò la sua coppia ai telegrafi, ai cam- panelli elettrici, alla galvanoplastica ed alla galvano- caustica. 30. Zinco. — Soluzione di cloruro di sodio con solfo in polve- re. — Stagno o piombo o rame coperto da strato sottile di solfuro di rame. Blanc (1) (1865). Un recipiente di vetro contiene inferiormente uno strato di solfo in polvere : il resto del vaso è occupato dalla soluzione di cloruro di sodio. Nel coperchio del vaso è infissa una lamina di stagno o piombo o rame, la quale è rivestita di solfuro di rame nella parte inferiore che sta immersa nel solfo e dei-resto è coperta da una sostanza isolante. Questa coppia dicesi molto econo- mica e di lunga durata. Il Matteucci ha fatto delle esperienze sulla influenza della polvere di solfo nelle coppie e in questa coppia in (1; Lcs Monda-, T. VII, [>. ()52. — 12G — particolare. Da queste esperienze risulta che il solfo in polvere posto a contatto dell' elettrodo negativo in una coppia formata con zinco e rame e soluzione di sai ma- rino, aumenta molto la forza elettromotrice, la costanza e la durata. Si può sperare, osserva il Mattcucci, di ottenere mediante il solfo una combinazione voltaica che abbia qualche vantaggio su quelle comunemente adoperate nell' industria. Il solfo, benché insolubile ed isolante, si combina col sodio reso libero dalla corrente elettrica. É poi necessa- rio far uso dello strato sottile di solfuro di rame e Y a- zione di questo non è ancor bone spiegata. 31. Zinco. — Soluzione di sai marino e di solfato di ^ magnesia. — Carbone. Bòttger (1). Il liquido che viene adoperato in questa coppia si prepara sciogliendo i due sali in parti eguali nelFacqua. La coppia fu costruita allo scopo di applicarla agli oro- logi elettrici e dà risultati abbastanza buoni. 32. Ferro. — Mescolanza d' acido nitrico, sai marino e sol- fato di rame. — Rame. Fjfe (2) (1837). Questa coppia non ha alcun paticolare vantaggio ; anzi, siccome il ferro provoca la precipitazione del rame dalla soluzione di solfato di rame (3), così essa ha il (1) Les Mondcs, Voi. XVI, p. 395. (2) PIdl. Mag. T. XI, p. 145. (3) Fischer, Ferhiitlniss (ler cheinisiheu f'i'iirondt scha/'t ziir galu. ElcktriciUH 1830, — 127 — grave difetto già notato per la coppia descritta al N. 10 e non può dare buoni risultati. S'aggiunga che la sua Forza elettromotrice dev' essere piccolissima, risultando dalle esperienze del Poggendorff che la forza elettro- motrice della coppia ferro-rame in una soluzione di sai marino ò 0,35 di quella data dalla coppia zinco-rame. Il Poggeiulorff non ha fatto esperienze per la coppia ferro-rame nclT acido nitrico diluito, ma poiché anche neir acido solforico diluito la forza elettromotrice di questa coppia è solo 0,50 di quella dello zinco-rame, è a supporsi che questa inferiorità di forza elettromotrice sussista anche per la coppia elettrica, di cui si tratta. 33. Amalgama di potassio. — Acqua acidulata o soluzione di solfato di rame. Platino. — Goodmann, Wiieatstone (1843). Il Goodmann diede la seguente disposizione a que- sta coppia. Il vaso principale contiene acqua acidulata o solu- zione di solfato di rame. Un tuho chiuso interiormente da una membrana sta infisso nel coperchio e vien col- locato nella parte centrale della coppia. Il potassio sta nel fondo del tubo, coperto da olio di nafta misto a qualche goccia di mercurio, che ne tiene amalgamata la superficie. Un filo di rame s'immerge nell'amalgama. La lamina di platino sta nello spazio anulare fra il tubo ed il vaso. L' Wheatstone variò in molti modi questa coppia prendendo per elettrodo negativo o rame o platino o perossido di manganese o perossido di piombo. La forza elettromotrice di queste coppie è maggiore di quella di tutte le coppie comunemente adoperate : essa ginn- — 128 — gè a 2,5 ed anche a 3 volte la forza elettromotrice della Danieli ; ma è superfluo il dire che non se ne può trarre partito alcuno nelle applicazioni industriali. 34. Stagno. — Acqua acidulata con acido nitrico. Platino. — Roberts (1). Una lamina di stagno larga 10 centimetri e alta 15 sta immersa in acido nitrico diluito entro un vaso della profondità di centimetri 65. Due lamine di platino di eguali dimensioni comprendono fra esse quella di stagno. 11 Roberts ha costruito questa coppia con V intento di ottenere dall' elettrolisi nell' interno di essa un pro- dotto utile neir industria. L' ossido di stagno idrato che vi si forma discende al fondo del vaso ; combinandolo con della soda, si ottiene dello stannato di soda, che è un sale abbondantemente impiegato nella tintoria. Una pila di 50 di questi elementi fu adoperata per produrre una luce elettrica e si prestò assai bene: con essa si ottenne dall' Watson una copiosa decomposi- zione deir acqua ed effetti calorifici molto intensi. La corrente si mantiene costante per circa 5 o 0 ore. (1) Du Moncel, Espose etc. I, 99. — 129 — B. Coppie a due liquidi. La classificazione di queste coppie riescirebbe assai complicata se si volesse fondarla sulle modificazioni fatte alle varie parti costituenti la coppia. Per ciò mi parve anzi tutto opportuno distinguerle in due classi riferendole a due tipi ben determinati, la coppia Danieli cioè e la Greve, e registrare poi ordinatamente le mo- dificazioni apportate a queste due coppie passando, co- me si è fatto per quelle ad un liquido, dalle variazio- ni minori alle maggiori. Questa distinzione non è soltanto comoda, ma anche razionale, poiché nelle coppie spettanti al primo tipo r elettrodo negativo sta immerso in una soluzione sa- lina, dalla quale separasi per la elettrolisi un metallo, che si depone su quell'elettrodo invece dell'idrogeno, mentre nelle coppie del secondo tipo la polarizzazione sopprimesi con la parziale disossidazione d'una sostanza più 0 men ricca di ossigeno. 1. Coppia Danieli e sue modificazioni. 1. Zinco. — Acqua acidulata. — Diaframma poroso. — Solu- zione di solfato di rame. — Rame. Danieli (1836) (1). La forma data originariamente dal Danieli alla sua coppia è rappresentata dalla fig. 24, tav. III. Un re- cipiente di rame V serve nel tempo stesso di vaso esterno alla coppia e di elettrodo negativo. Nel fondo (1) Pldl. Trans. 1836, 1, 117. — Popg-, Ann. T. XLII, p. 272. Serie ir. Tomo II. 17 — lao — liavvi un rialzo cilindrico B, nel cui centro sta un foro pure cilindrico e verticale. Superiormente trovasi un cilindro cavo A di eguale diametro e fra V orlo infe- riore di questo e quello superiore del rialzo del fondo è tesa una vescica, in modo che es«a forma un dia- framma cilindrico C. Gli è neirinterno di questo spa- zio cilindrico che collocasi l'acido solforico diluito, mentre nello spazio anulare fra il diaframma ed il rame si versa una soluzione concentrata di solfato di rame. Nello spazio cilindrico centrale collocasi un bastone di zinco Z. Il Danieli nel costruire la sua coppia ebbe in mira di renderla tale che V elettrolisi non ne mutasse le condizioni. Bisognava perciò mantener carica la soluzione di solfato di rame e togliere anche, per quanto si poteva, gli effetti della formazione del solfato di zinco. Per ottenere il primo di questi scopi, il Danieli collocò so- pra una superficie di rame S S avente molti fori dei cristalli di solfato di rame che venivano bagnati dal liquide» e che si scioglievano lentamente a mano a mano che la elettrolisi faceva più povera di sale la soluzione. Per mantener poi invariata anche la compo- sizione del liquido che stava intorno allo zinco, il Da- nieli applicò al foro esistente nel fondo della coppia e già sopra indicato un tubo D nel quale si raccogliesse la soluzione di solfato di zinco, la quale, siccome speci- iìcamente piìi grave, dovrebbe occupare gli strati in- feriori dello spazio interno. Aggiungendo poi di tratto in tratto della nuova acqua per mezzo dell'imbuto E, sperava il Danieli di poter cacciare per il tubo il sol- fato di zinco e così mantenere invariata la coppia. — 131 — La coppia di Danieli fu ben presto modificata nella sua forma. Si tolse il tubo D che portava incomodo grave e non prestava utile ufficio e si diede alla cop- pia la disposizione seguente. Nel mezzo di un vaso di vetro o di terra verniciata sta un vaso di terra porosa. Entro quest' ultimo collo- casi una lamina di rame, che ad una certa altezza porta un piccolo paniere pure di rame, nel quale si collocano i cristalli di solfato di rame. Un cilindro cavo di zinco sta immerso in acqua aci- dulata entro lo spazio anulare compreso fra il diaframma e il vaso esterno. Questa coppia, che teoricamente si può dire quasi perfetta e che è dotata anche in pratica di ottime qua- lità, presenta tuttavia qualche inconveniente ; fra que- sti il pili notevole si è che i vasi porosi si coprono a poco a poco nella parte che guarda il rame di incrosta- zioni granulose di rame aderenti alle pareti per modo che è difficile lo staccarle senza rompere i vasi. A poco a poco questi granelli di rame s'ingrossano, e nei meati stessi delle pareti depositandosi delle particelle di rame, dopo tempo non lungo il vaso si fende. Così negli uffici telegrafici, dove si adoperano le coppie di Danieli, bisogna tener conto della spesa non trascurabile, che porta con sé la rinnovazione dei vasi porosi necessaria di tratto in tratto. Credevasi un tempo che il deposito di rame sui vasi porosi fosse prodotto dalla corrente, ma il Place (1) nel 1857 mostrò che ciò non può ammettersi. Egli provò in- nanzi tutto come il deposito di rame siapiìi abbondante (1) Pog-g. Antì. T. e. p. 590. — 132 — a circuito aperto, clic non a circuito chiuso. In secondo luogo il Place pose in chiaro come la presenza dello zinco sia necessaria, poiché se esso venga tratto dalla coppia, il fenomeno non presentasi più. Secondo il Place, il fenomeno deve spiegarsi a que- sto modo : Lo zinco clic viene ordinariamente adoperato con- tiene sempre delle particelle d'altri metalli, cioè ferro, piombo, cndmio e rame. Di mano in mano che lo zinco si scioglie, formasi una melma grigia metallica {Metall- scMamm\\a quale si deposita in parte sulla superficie del- lo zinco, in parte precipita al fondo del vaso. Se questa melma venga a contatto del vaso poroso e questo sia impregnato di soluzione di solfato di rame, si deposi- tano sul vaso poroso delle particelle di rame metallico che formano con le particelle degli altri metalli delle piccole coppie elettriche, le quali aumentano sempre piìì il deposito di rame. Il mezzo suggerito dal Place per evitare le incrosta- zioni consiste nel tenere lo zinco aflPatto staccato dalle pareti e impedire che anche le precipitazioni, che si ac- cumulano nel fondo del vaso, tocchino il diaframma. Nel modello di coppia Danieli adoperato dal Place essendo collocato lo zinco entro il vaso poroso, si poteva effet- tuare r indicato espediente sospendendo liberamente lo zinco entro il vaso poroso e inverniciando con cera il fondo di questo. Lo Smóe propose invece di tenere stac- cato il rame dal diaframma, il che dicesi esser stato trovato efficace dal Froment. Taccio d' altri espedienti che hanno ancor minore probabilità di riuscita, come quello, ad esempio, del Boursoul (l), che consiste nel (1) Cosmos, 8 mai 1857. Du Moncel, Rccuc des appi p. 15. — 133 — porre in comiinicaziuiie col rame la superficie del vaso poroso. Anche l'espediente suggerito dallo Smée non, può riuscire, a mio parere, efficace. Io credo che l'assenza di incrostazioni osservata da chi V adottò, fosse dovuta alle condizioni speciali della coppia, all' esser questa, ad esempio, per la massima parto del tempo tenuta a circuito chiuso. L'esperienza seguente da me eseguita mi pare che mostri affatto vano il detto espediente. Presi un vaso di vetro e vi versai dell' acqua semplice : poi vi collocai un vaso poroso con entro una soluzione concentrata di solfato di rame senza alcun cristallo e nello spazio anulare fra i due vasi posi una lamina di zinco amalgamato. Dopo 5 o 6 ore il liquido esterno era già colorato in azzurro per la diffusione avvenuta d' un liquido neir altro e già era cominciata una precipita- zione di rame sul fondo del vaso esterno e sulla super- ficie dello zinco. Dopo 24 ore scomposi 1' apparecchio e trovai coperto il vaso poroso di ramificazioni brune al- l' esterno di fronte alla faccia dello zinco, e sul fondo del vaso poroso già otto o dieci granelli di rame forte- mente aderenti. Il formarsi questi grani sul fondo del vaso e non sulle pareti appoggia 1' opinione del Place che attribuisce il fenomeno alle precipitazioni metalli- che, perchè in questo caso lo zinco era tenuto lontano dal vaso poroso. Dalla descritta esperienza risulta che nò il rame, nò i cristalli di solfato di rame sono necessari perchè suc- cedano le incrostazioni : 1' espediente suggerito dallo Smée dev'essere quindi inefficace. Si è detto che il Place attribuisce la formazione dei precipitati melmosi alle impurità dello zinco. Osservo — 134 — che se si adopera, come io feci, zinco perfettamente amalgamato, le incrostazioni avvengono parimente, e quanto alla precipitazione del rame da una soluzione di solfato di rame io V ho sempre veduta prodursi abbon- dantissima colla sola immersione d'una lamina di zinco perfettamente amalgamato. Dalle cose dette si può dunque concludere : 1.*^ Le precipitazioni melmose che si formano nella coppia Danieli possono almeno in parte attribuirsi al- l'azione dello zinco sulla soluzione di solfato di rame, la quale a poco a poco attraversa il vaso poroso. 2.° Le incrostazioni granulose del rame sui vasi po- rosi sono probabilmente dovute alle precipitazioni mel- mose formatesi dall' altra parte della parete del vaso per r azione già indicata dal Place. 3.° L'espediente, suggerito dal Place medesimo per scemare le incrostazioni, è il migliore fra tutti. Nel co- mune modello della coppia Danieli, in cui il rame sta all'interno del vaso poroso, potrebbesi cercar di evitare il contatto di questo con lo zinco e anche tenerlo solle- vato dal fondo, appoggiando il vaso poroso sopra un pezzo di vetro. Altri due inconvenienti ma meno gravi presenta la coppia di Danieli, che cioè a lungo andare sull' orlo su- periore del vaso poroso accumulasi del solfato di rame allo stato solido, che cade nel liquido esterno, e che suir orlo del vaso esterno formansi delle efliorescenze , di solfato di zinco, le quali possono stabilire una comu- nicazione fra i liquidi esterni di due coppie successive e cagionare così una perdita di tensione. Robert Hou- din nella sua coppia tentò di por riparo a questo incon- veniente, chiudendo i due vasi con un coperchio. — 135 — Per diminuire la resistenza di questo coppie si diede al metallo collocato nell' interno del vaso poroso la for- ma di due lamine incrociate già indicata per le lamine di zinco della coppia Chataux. Per mantener sempre satura la soluzione di solfato di rame, Parelio e Veritó proposero nel 1855 di applicare al vaso poroso un matraccio rovesciato contenente dei cristalli di solfato di rame ed acqua. La bocca del ma- traccio vien chiusa in parte con sovero perchè i cristalli di solfato di rame non cadano e sta immersa per qual- che centimetro nel liquido contenuto nel vaso poroso. Così si mantiene ad una altezza costante il livello della soluzione di solfato di rame e la si mantiene anche sa- tura, perchè di mano in mano che essa si va facendo più diluita per la elettrolisi, scende dal matraccio il li- quido saturo che è specificamente più grave. Il liquido che sta intorno allo zinco si può sostituire con acqua salata, o con soluzione di solfato di zinco : si provò anche una soluzione di potassa. L' acqua salata sostituita air acqua acidulata con acido solforico au- menta la forza elettromotrice nel rapporto di 1 a 1,06, la soluzione di solfato di zinco nel rapporto di 1 a 1,03, la soluzione di potassa nel rapporto di 1 ad 1,38. Questo ultimo liquido però non è opportuno, perchè usandolo formasi rapidamente ne' vasi porosi una precipitazione d' ossido di rame insolubile. Questi tre liquidi aumen- tano poi tutti e tre la resistenza della coppia. Il diaframma di terra porosa venne anche sostituito con una vescica, la quale circonda un bastone di zinco : entro la borsa così formata si versa dell' acqua salata : all' esterno sta un cilindro cavo di rame immerso nella soluzione di solfato di rame. Questo sistema venne - 136 — spesso adottato per apparati terapeutici uon essendovi così il pericolo di rompere nel trasporto il vaso poroso. Da questa costruzione scostossi alquanto il Clarke (1) nella sua coppia, che non avendo nessuna essenziale differenza dalla Danieli registro qui. Egli prese due ci- lindri concentrici di rame e nell' intervallo collocò un cilindro cavo di zinco ravvolto in una vescica e circon- dato da acqua salata. Sulla forza elettromotrice della coppia Danieli si troverà nella parte IV buon numero di indicazioni. La resistenza varia naturalmente con le dimensioni delle varie parti della coppia, con la natura del liquido e specialmente con le proprietà del diaframma. Se an- che s' adoperino vasi di terra porosa, la resistenza of- ferta da questi, anche se hanno eguali dimensioni, può variare per la qualità della terra e per il grado di cot- tura da 1 fino aio. Si deve aver cura di collocare i vasi porosi dopo un lungo uso nell'acqua per sciogliere i cristalli salini, che si fossero introdotti nei pori e che potrebbero fendere il vaso. 2. Zinco. — Acqua acidulata. — Sabbia. — Soluzione di solfato di^ rame. — Rame. Minotto (2). Nel fondo di un vaso di vetro collocasi una lamina di rame: un filo saldato alla lamina e coperto di vernice isolante, oppure fasciato con gomma elastica, fa rulhcio (1) Ànnalea of electricity. T. Ili, p. 77; Voi. 5, 314. (2) Minotto, Pile a sahle D%nicU- Minotto. Expériencos et compa- niison avGc les autres piles. Turin, ]864. — Minotto, htruz. pratiche per la montatura e per /' uso delle pile Danieli muclificate. — 137 — di reoforo positivo e sale fino all' orlo del vaso. Per au- mentare la superficie del rame prendesi talvolta un lun- go nastro di questo metallo o lo si ravvolge a spirale. Del solfato di rame accuratamente polverizzato si colloca sopra il rame ; lo si prepara triturandolo in un mortajo e poi facendolo passare attraverso uno staccio avente dei forellini del diametro di 2 o 3 mill. e pestando nuo- vamente i pezzetti che restano nello staccio. Formasi d' ordinario in tal modo al fondo del vaso uno strato di solfato di rame delF altezza di 1 cent, circa. È bene>di- sporre al di sopra di questo strato un disco di grossa tela, che lo separi dalla sabbia sovrapposta. La sabbia deve essere silicea o quarzosa, e non deve contener so- stanze attaccabili dalP acido solforico e specialmente ferro e calce. Se non si trova sabbia della voluta qualità, si versa quella di cui si può disporre in un vaso contenente aci- do solforico allungato, la si mescola per qualche tempo e quando appare cessata ogni effervescenza, la si lava con acqua per usarla dopo nelle coppie. Mancando la sabbia buona, si può anche adoperare polvere di mattoni o di carbone o di vetro. La sabbia a grossi grani s' adoperi per le coppie di mediocre resistenza, quella fina quando vogliasi grande resistenza. L' altezza dello strato dipende dalla resi- stenza che si vuol assegnare alla coppia. Lo zinco in lamina viene adagiato sulla sabbia: po- trà essere non amalgamato. Quando la coppia sia pre- parata nel modo descritto, vi si versa lentamente al di sopra dell' acqua semplice. Questa coppia, secondo le esperienze fatte dal Mi- notto, dal Bellavitis, dal Brunner di Kattenweil e da Sfìte JF. Tomo II. 18 — 138 — altri ha ima forza elettromotrice assai prossima a quella della Danieli. La sua resistenza è naturalmente varia- bile a seconda della grandezza delle lamine metalliche, dell' altezza dello strato di sabbia, e della grossezza dei granelli di questa. Ammessa V altezza di 1 cent, come limite inferiore per lo strato di sabbia, la resistenza di questa coppia risulta assai considerevole: è questo un difetto che diventa trascurabile allora soltanto che si abbia un circuito di resistenza grandissima. I depositi di rame che nella Danieli aderiscono al vaso poroso qui si formano negli interstizi fra i gra- nelli di sabbia : il rame può venirne estratto con la fusione. Un vantaggio di questa coppia è che per la disposi- zione dei due hquidi in istrati orizzontali e per Tostacelo notevole opposto dalla sabbia interposta, la diffusione del solfato di rame nell'acqua avviene in minimo grado. Dell' uso di questa coppia nella telegrafia, si dirà più innanzi. 3. Zinco. — Acqua acidulata. — Soluzione di solfato di rame. — Rame. Callaud. Per semplificare quant' era possibile la coppia Da- nieli il Callaud soppresse il diaframma disponendo lo cose in modo clic i due liquidi stessero separati in due strati orizzontali distinti in virtù del diverso peso specifico. La fìg. 25, tav. Ili, rappresenta la forma data origina- riamente dal Callaud alla sua coppia; la fig. 26, tav. Ili, rappresenta invoce la forma, che si dà coDiunemcnte ad ossa al dì d' Oggi. — 139 — Appunto con quest'ultima forma la si adopera og- gidì in molti uffici telegrafici italiani. Nella porzione inferiore del vaso si colloca una so- luzione concentrata di solfato di ramo: al di sopra si versa lentamente dell'acqua semplice enei risalto che formasi, laddove il vaso superiormente si allarga, appog- giasi un cilindro Z di zinco di 5 o 6 centimetri d'altezza. Nella soluzione di solfato di rame sta immersa una striscia R di rame della larghezza di 1 cent, e lunga circa 12 ravvolta orizzontalmente a spira. Essa è soste- nuta da un' altra striscia di rame d' egual larghezza che parte dallo zinco della coppia contigua e attraver- sa il liquido sovrapposto. Questa striscia di rame in tut- to il tratto, in cui è bagnata dal liquido che sta intorno allo zinco, è ravvolta con g-uttaperca. Questa coppia è di facile preparazione ; ha una re- sistenza non molto grande. La sua forza elettromotrice è prossima a quella della Danieli. La coppia Callaud non è opportuna se non in quei casi in cui non la si debba mai smovere dal luogo, in cui fu collocata per caricarla. Una piccola agitazione basta a far sì, che si mescolino i due liquidi e che av- venga una precipitazione di rame. ' Anche di questa coppia si parlerà più innanzi nella parte quinta. — 140 — 4. Amalgama di zinco. — Acqua acidulata. — Vescica. — Soluzione di solfato di rame. — Rame. BufF (1) (1853). Un vaso di vetro A (fig. 27, tav. Ili) è chiuso con un coperchio attraverso il quale passano tre tubi l, e, d, disposti verticalmente e aperti ad ambidue i capi. Il tubo centrale e, che è anche il piiì ampio, è chiuso infe- riormente con una vescica o con una piastra di terra porosa. Esso contiene una soluzione di solfato di rame, in cui sta immerso un filo di rame. Per mezzo del tubo d si versa del mercurio nel vaso finché esso chiuda il foro inferiore del tubo stesso e poi attraverso questo tubo cacciasi un bastoncino di zinco Z fino ad immerg-erne il capo inferiore nel mer- curio. Per mezzo dell' altro tubo t, che ha il capo infe- riore pili elevato, si versa una soluzione di solfato di zinco, la quale si dispone al di sopra del mercurio e deve col suo livello superiore giungere alquanto al di sopra del diaframma. 'È noto che basta una piccola quantità di zinco che si amalgami col mercurio , perchè V amalgama possa sostituire in una coppia lo zinco : così avviene appunto in questa coppia, in cui basta la piccola quantità d' a- malgama che naturalmente formasi per V azione del mercurio sullo zinco. La coppia di Buff ha una forza elettromotrice prossi- ma a quella della Danieli ; essa dà effetti non molto in- tensi, ma costanti. (1) Ann. (h>r Chcmtc nnd P/iorm. T. LXXXV, p. 4. — 141 — 5. Zinco. — Acqua acidulata. — Diaframma di caria pesta. — Soluzione di solfato di rame. — Rame. Siemens ed Hals- ke (1) (1859). In un vaso di vetro A (fig*. 28, tav. Ili) è collocata una lamina di rame C ravvolta a modo di spirale, alla qwale è applicato un filo che serve a condurre la corrente. Sta appoggiato sulla spirale di rame un tubo di vetro G al- largato inferiormente e intorno all'orlo inferiore sta un anello di tela avente il diametro maggiore eguale a quel- lo del bicchiere, in cui la coppia è contenuta. In questo anello vien collocato il diaframma poroso, sopra questo un altro anello di tela e infine sopra quest'ultimo un cilindro cavo di zinco Z per lo più non amalgamato. Il diaframma è composto da carta pesta, che venne fortemente compressa e trattata con acido solforico fino a ridurla molle e pastosa, poi lavata novamente e com- pressa per trarne la massima parte dell' acqua. Quando la coppia siasi composta nel modo indicato si versa dell'acqua comune nel vaso, sia dentro, sia fuori del tubo centrale e questo si empie con cristalli di solfato di rame. Neil' acqua che circonda lo zinco si versano poche goccio d'acido solforico o di soluzione concentrata di cloruro di sodio. Lo spazio inferiore, dove sta il rame, viene ben pre- sto occupato da soluzione concentrata di solfato di ra- me ; l'acido solforico che resta libero nella decompo- sizione di questo si porta verso lo zinco e così vien compensata la perdita di acido solforico che avviene (li Pogg. Ann. T. CMll, [>. 1508. — 142 — nello spazio superiore per la formazione del solfato di zinco. Questa coppia, che dura carica a lungo e dà una corrente costante, viene adoperata in alcuni ufficj tele- grafici e fu applicata dal Remak al suo apparecchio per cure elettriche mediante corrente continua. 6. Zinco. — Soluzione di solfato di magnesia. — Soluzione di solfato di rame. — Rame. Meidinger (1) (1859). In un vaso di vetro A (fig. 29, tav. Ili) che nella parte inferiore ristringesi alquanto, trovasi un cilindro cavo Z di zinco, che è aderente alle pareti e occupa la parte superiore più larga del vaso. Nel fondo di questo sta un altro vaso di vetro B molto piiì ristretto e più basso : in questo trovasi una lamina di rame R ravvolta a modo di tronco di cono, la quale si adatta alle pareti del vasetto. Un filo di rame parte da questa lamina e protetto da g-uttaperca attraversa il liquido sovrapposto ed il coper- chio ed esce dal vaso. Un tubo di vetro V è applicato verticalmente nel centro del vaso e sostenuto dal coperchio. Esso al capo inferiore ristringesi e non ha che una stretta apertura sul fondo. Il vaso si empie con una soluzione di solfato di magnesia o sale amaro, il tubo V con cristalli di sol- fato di rame. Questi ultimi si sciolgono lentamente e la soluzione, essendo specificamente più pesante di quella di sale amaro, raccogliesi nel vasetto B. Questo liquido non si diffonde nell' altro se non con molta lentezza, quando non venga agitata la còppia. (1) Pojrg. Ann. T. CVIII, p. (■)02. — 143 — La soluzione di solfato di magnesia prestasi meglio di quelle d' altri sali, perchè non si depositano cristalli sullo zinco. L' acqua acidulata con acido solforico non si adopera perchè è con essa più facile che la minima diffusione del solfato di rame produca una precipitazione. Queste coppie hanno una resistenza considerevole, ma danno una corrente costante per molto tempo. Esse non sono opportune in quei casi in cui non si possa lasciarle sempre immobili in un dato luogo. La fig. 30, tav. Ili, rappresenta una coppia Meidin- ger quale viene adoperata negli uffici telegrafici di Baviera e di Prussia. Essa differisce soltanto da quella teste descritta in ciò, che i cristalli di solfato di rame stanno in un matraccio, capovolto come nella coppia di Parelio e Verité. Altre indicazioni relative a questa coppia si trove- ranno più innanzi. 7. Zinco. — Acqua acidulata. — Vaso poroso. — Acqua aci- dulata. — Rame. — Vaso poroso, — Soluzione solfato di rame. — Rame. Kramer (1). Questa coppia più complicata delle comuni è stata costruita allo scopo di rendere più lento e difficile il passaggio della soluzione di solfato di rame attraverso il vaso poroso. La fìg\ 31, tav. Ili, mostra la sezione di una coppia di Kramer; la 32 ne rappresenta V aspetto esterno. Nel vaso di vetro gq sta un cilindro cavo di zinco (1) Scliellen,. Dei' elektrom. Tclegì'apìi, p. 25. _ 144 — ZZ : entro a questo un vaso poroso a, poi un cilindro di rame K con fessure verticali, poi un altro vaso poroso 5 e infine in questo un cilindro cavo di rame K', chiuso inferiormente, ma fesso anch' esso verticalmente con fenditure sottili. La fig. 32, tav. Ili, mostra appunto qual forma ab- biano le fessure nel cilindro di rame KK e^mostra in- oltre il secondo vaso poroso e V altro cilindro di rame. I due cilindri di rame vanno insieme congiunti me- diante uh torchietto n nel modo indicato dalla figura. Il cilindro di rame interno viene empito con pezzetti di solfato di rame e poi V intera coppia empiesi con acqua acidulata con acido solforico. Se il vaso poroso intorno non è troppo poroso, passa nello spazio di mezzo dove sta il cilindro di rame k ap- pena tanta quantità di soluzione di solfato di rame, quanta ne occorre perchè avvenga la decomposizione di quel sale per T azione della corrente e si depositi rame sul rame. In questa coppia, che venne applicata ai telegrafi in Danimarca, lo zinco si conserva assai piiì pulito che non nelle Danieli comuni. Essa può restar carica lunga- mente sì a circuito chiuso, come a circuito aperto : ha però il difetto d' una costruzione troppo complicata. 8. Zinco. — Acqua acidulata. — Vaso poroso. — Acqua acidulata. — Rame. Kuhn (1). Fo cenno speciale di questa coppia por ricordare uno dei mezzi impiegati allo scopo di aumonture la su- fi) Kuhn, Lehrb. (kr (niQ. El. \ì. 3i)5. — Dingler"s. Poi. Joiini. T. CXLIV. — 145 — perficie degli elettrodi e diminuire così la interna resi- stenza, il che in molti casi è importante. In un vaso cilindrico di vetro A (fig. 33, tav. IV) è collocato un vaso poroso D : in questo si versa dell'ac- qua acidulata e nello spazio anulare delF acqua pari- menti acidulata con acido solforico ma più carica. Tre cilindri concentrici di rame R di raggi poco diversi, nei quali son praticati dei larghi fori, vengono collocati nello spazio anulare : più bastoni di zinco Z trovansi nel vaso poroso. . Dai bastoni di zinco partono altrettanti tìli di rame che si riuniscono in un torchietto ; in questo concor- rono anche i fili che partono dai cilindri di rame della coppia successiva. In questa coppia non può evitarsi la polarizzazione, ma essa ha il vantaggio sopra quella semplice di zinco e di rame ad un sol liquido, che il rame copresi meno facilmente di zinco per Tinterposizione del vaso poroso. Il Kuhn fece uso d' una pila composta di queste cop- pie per fare degli studii sull'accensione delle mine me- diante le correnti. Quantunque una piccola forza elettromotrice esista probabilmente anche al contatto dei due liquidi per la diversa proporzione d' acido solforico contenutovi, pure questa coppia e la successiva andrebbero annoverate più propriamente fra le coppie ad un liquido, che non fra le modificazionidella Danieli. Serie IT, Tomo II. 19 _ 14(5 — 9. Zinco. — Acqua semplice. — Vaso poroso. — Acido solforico diluito. — Rame. De Laborde (1). Una coppia simile alla precedente in quanto alle so- stanze adoperate, ma che per la costruzione non si scosta dalla coppia Danieli è quella del de Laborde. Intorno allo zinco collocasi acqua semplice, intorno al rame acido solforico diluito in un volume d' acqua doppio del proprio. La coppia fu costruita per la galvanoplastica pen- sando di utilizzare la forza elettromotrice, che si mani- festa al contatto delF acqua con V acido solforico di- luito. Secondo il de Laborde la coppia dà una corrente energica e che si mantiene costante per piìi giorni: la forza elettromotrice fra i due liquidi andrebbe dimi- nuendo, ma crescerebbe contemporaneamente quella fra r acqua acidulata e lo zinco, aumentando in essa la proporzione d' acido solforico. È difficile F ammettere che avvenga questa compensazione indicata dall' in- ventore, e che r idrogeno, che si raccoglie intorno al rame, non produca polarizzazione e non renda incostan- te la coppia. 10. Zinco. — Soluzione di cloruro di sodio con fiori di solfo — Soluzione di solfato di rame e di nitrato di potassa. — Rame. Boulay (2) (1869). Nella soluzione in cui sta immerso lo zinco si versa un volume di fiori di solfo eguale all' incirca al volume (1) Du Moncel, Exposé etc. p. U2. (2) Ics Mondes, T. XIX, p. 307. — 147 — del cloruro di sodio disciolto. Il solfo non viene disciol- to, ma, secondo il Boulay, impedisce che il rame si depositi sullo zinco e contribuisce a togliere la polariz- zazione. La forza elettromotrice di questa coppia sareb- be eguale a quella della Marie Davy, la resistenza as- sai piccola. Il Boulay asserisce che la costanza della sua coppia è straordinaria, che essa può per 5 o 6 mesi rimanere preparata e dare una corrente di intensità pressoché invariata. I pregi di questa coppia vennero, a quanto io credo, esagerati. II. Zinco. — Acqua acidulata. — Vaso poroso. — Soluzione di solfato di rame. — Piombo rivestito di rame. Spen- cer (I) (1840) Lo Spencer formò dei cilindri scanalati di piombo adoperando a tal uopo le foglie di piombo, delle quali si fa uso per la conservazione dei tabacchi. Dopo breve tempo il piombo si riveste di rame e fa r ufficio stesso di questo metallo. 12, Zinco — Soluzione d'acido tartarico. — Vaso poroso. — Soluzione di solfato di rame. — Rame. Eisenlohr (2) (1857). Alla soluzione di acido tartarico aggiungesi un cuc- chiajo da tavola di polvere d' acido tartarico. La soluzione di solfato di rame contiene soltanto una quantità di sale eguale alla metà della quantità ne- cessaria per saturarla. (1) Ann. ofelect. T. Ili, p. 591. — Pog-g-. Ann. T. LI, p. 374. (2] Pog-^. Ann. T. LXXVlII, p. 65. - 148 — La Terza olettromotricc di questa coppia non è molto diversa da quella della Danieli; ma la resistenza è maggiore. 13, Zinco. — Soluzione di cloruro di sodio. — Vaso poroso. — Soluzione di percloruro di ferro. — Carbone Duche- min (1) (1865). Questa coppia venne impiegata in Francia nei tele- grafi e per usi industriali. La soluzione di percloruro di ferro si prepara scio- gliendo 200 gr. di questa sostanza in 150 d'acqua: quella di sale marino, sciogliendone 125 gr. in 1000 di acqua. Per i telegrafi il Duchemin propone di adope- rarvi acqua pura. La forza elettromotrice di questa coppia è data eguale a 0,87 di quella della Danieli. La resistenza in- vece è maggiore. Invece del cloruro di sodio il Duchemin propose anche il solfato di ferro sciolto neir acqua. Secoudo il Bordy, questa coppia può restar carica due mesi e più, continuando a dar sempre una corrente assai energica. Per rigenerare la soluzione di perclo- ruro di ferro quando la coppia ha operato per lungo tempo, basterebbe far bollire il liquido e aggiungervi di poi poche goccie d' acido nitrico. L'Eicher asserisce invece che la forza elettromo- trice di questa coppia diminuisce rapidamente, che il carbone si copre di ferro, e che la resistenza interna è tanto grande da renderla coppia atta soltant(ì a circuiti molto resisteuti. (1) Les Mondi s, T. VII, 11-2, 425. r.77 ; T. Vili. 250 ; T. XVH. 341 — u•^ — 14. Zinco — Acqua semplice o leggermentn acidulata. — Vaso poroso, — Bisolfato (ì\ mercurio — Carbone. — Ma- rie Davy (1) fl859). La di.sposizioiie di questa coppia è quella stessa della Danieli ; il bisolfato di mercurio allo stato .solido collo- casi nel vaso poroso intorno al pezzo di carbone e poi si vcr.sa, dentro e fuori del vaso poroso, dell' acqua. Il passaggio della corrente decompone il sale di mercu- rio, il mercurio cade al fondo del vaso o aderisce in piccola parte al carbone e l'acido solforico sopraossige- nato attraverso il vaso poroso si combina con V idro- geno che resta in libertà nell' elettrolisi deir acqua. Un po' di sale di mercurio passa attraverso il vaso poroso, come il solfato di rame nella Danieli, ma ciò non ha qui alcun inconveniente, anzi è vantaggioso, perchè lo zin- co si mantiene amalgamato. Il sale di mercurio ha l' inconveniente di essere ve- lenosissimo, costoso e non facile a trovarsi puro nel commercio. Questa coppia ha una forza elettromotrice che è circa 1,3 di quella della Danieli e una resistenza, a parità di condizioni, minore. Essa danna corrente che si man- tiene a lungo co.stante, specialmente quando la inten- sità non è molto grande. Benché questa coppia utilizzi la massima quantità delle sostanze che vi si consu- mano, pure la sua alimentazione é costosa. Il RuhmkorfF nella pila da lui adottata per apparec- chi terapeutici invece del bisolfato di mercurio fa uso (1 CjHVìoy, T. X\\ p AV.Ì — 150 — di una soluzione lcp;g'era di protosolfato o per scemare la ])olarizzazionc copre con spug-ne di platino la super- ficie del carbone che sta di fronte allo zinco, inverni- ciando le altre faccio. Questa coppia fu applicata, specialmenfe in Francia, ai tnlog-rafi, alle macchine d' induzione elcttromag-ne- tica por uso medico, ai campanelli ed agli etologi elet- trici. Il Marie Davy diede anche una forma alquanto di- versa alla sua coppia, forma che si presta opportuna- mente in alcuni casi. Prese egli delle bacinelle rettan- golari di guttaperca od anche di carbone ; nel primo caso pose in fondo alle bacinelle una lastra di carbone, nel secondo il fondo stesso di ciascuna bacinella faceva Tufficio di elettrodo negativo Egli dis[)0se poi uno stra- to di bisolfato di mercurio e su questo orizzontalmente una lamina rettangolare di zinco munita d' un torchiet- to, a cui va applicato un reoforo. La fig. 34 (tav. IV) mo- stra una di queste coppie veduta dall' alto ; la tig. 35, tav. stessa, mostra due coppie appajate per tensione unendo cioè lo zinco dell'una col carbone dell'altra. Negli apparecchi di elettroterapia si dà anche spes- so alla pila di Marie Davy la forma indicata dalla fìg. 36, tav. IV, per ridu?*rc quant'ò possibile il volume da essa occupato. La disposizione del resto è assai simile alla precedente. La figura rappresenta la sezione di una pila di due coppie. Il vaso esterno è in guttaperca, ha 75'"'" di lun- ghezza, 37 di larghezza e 20 di profondità : è diviso in due scompartimenti quadrati, sul fondo dei quali tro- vansi due lamine di carbone; CO. Dei fili di platino BP, (\ P, CA, che attraversano la guttaperca servono alla — 151 — comuuicazionc delle due coppie ed a coudurre le oppo- ste tensioni elettriche in A ed in B. Il filo P e T altro I\ servono insieme con le piccole sporgenze t e t^^i soste- nere le lamine di zinco; sulle lamine di carbone si versa un j)o' di bisolfato di mercurio e poi s' agg-iunge del- l'' acqua. . Vedcsi die nelle coppie descritte da ultimo manca il vaso poroso : questa circostanza e la poca quantità di sale di mercurio impiegato fanno sì che l'azione della pila sia di breve durata, da tre quarti d'ora ad un'ora. Il GaifFe ha anche costruito questa coppia in modo da poterne variare la interna resistenza. Il fondo è costituito anche in tal caso da carbone, che fa l'ufficio di elettrodo negativo. Sul fondo sta disteso uno strato di bisolfato di mercurio ; al di sopra di questo uno stra- to più 0 meno elevato di acqua. Una lamina circolare di zinco disposta orizzontalmente può venire alzata od abbassata mediante l'asta che la sostiene e che spor- ge dal coperchio dell'apparecchio. Questa coppia si mostrò specialmente vantaggiosa per gli apparecchi d' induzione. 11 dott. Barzanò di Milano propose una modifica- zione della coppia Marie Davy, della quale può dare, un' idea la fìg. 37, tav. IV. C è un cono tronco di car- bone, lungo 15 cent, circa e clie porta come polo po- sitivo una appendice metallica d che sta infissa nel carbone. Questo si riveste con un pezzo di pannolano impregnato di acqua; la faccia di questo panno che sta rivolta al carbone si spalma con uno strato sottile (li bisolfato di mercurio. Un cono tronco cavo di zinco d' opportune dimensioni viene applicato al di sopra del panno in modo da premerlo fortcnieute contro il cai'- — 152 — bone. La superficie esterna dello zinco è verniciata e porta essa pure un torchietto. L' apparecchio intero riponesi in una cassetta di legno e può venir traspor- tato facilmente. Se ne può trarre partito in qualche caso, quando ad esempio si tratti di mettere in attività per breve tempo un apparecchio elettromagnetico. La coppia di Marie Davy fu anche modificata da Menna-Apparicio ufficiale telegrafico portoghese nel modo stesso in cui il Minotto operò per quella di Da- nieli (1). In fondo alla coppia dispose egli una lamina di carbone, poi uno strato di bisolfato di mercurio, poi sabbia, poi zinco. Una coppia così costruita è meno vantaggiosa di quel che sia la coppia di Marie Davy nella sua forma primitiva. 15. Zinco. — Acqua salata. — Vaso poroso. — Solfato di piombo. — Rame. Marie Davy (2) (1859), Il Marie Davy cercò lungamente di costruire una coppia, la quale avesse le proprietà medesime di quella a bisolfato di mercurio, ma in cui a quest' ultima so- stanza se ne potesse sostituire un'altra meno costosa. La coppia a solfato di piombo ò una fra quelle da lui proposte, ma essa sta molto al di sotto dclF altra. La fig. 38, tav. IV, rappresenta una pila composta di cinque coppie a solfato di piombo. Ciascuna coppia è principalmente costituita da un (1) Ln Momles, 1865, p. 522. (2) Cumpies reiidus de /' AcaU. T. XLIX. — 153 — piatto di rame C, che ò sostenuto da un vaso poroso J) d' una forma speciale. In questo vaso poroso viene collocato il solfato di piombo in uno strato abbastanza elevato perchè esso si trovi in contatto con la superfi- cie inferiore del piatto di rame. Nel piatto di rame sottoposto collocasi una piastra di zinco Z e delF acqua semplice o salata. La pila, come vien rappresentata dalla figura, ter- mina con due piatti di rame, ma è manifesto che il polo positivo sta sopra e il negativo di sotto. Il vaso poroso non deve trovarsi appoggiato imme- diatamente al piatto inferiore : bisogna tenernelo stac- cato in qualche modo perchè abbia sfogo Tarla che può raccogliersi sotto e i gas che si svolgono nella decomposizione delF acqua. Ne verrebbe tolto il con- tatto del vaso poroso col liquido e la pila cesserebbe presto di operare. Questa pila poco costosa, perchè il solfato di piombo è una sostanza che può ritrarsi abbondantemente e a buon prezzo dalle tintorie, dà una corrente abbastanza costante, e, secondo il Tripier, presta buoni servigi nelle mediche applicazioni. Si tentò anche d'applicarla ai telegrafi, ma la sua forza elettromotrice, che è 0,6 della Danieli, è troppo piccola perchè se ne possa spe- rare profitto. 16. Ferro. — Acqua acidulata. — Vaso poroso. — Solu- zione di solfato di rame. — Ferro. Grove (1) (1838). Quando si debba costruire una pila con coppie di questa specie, si fa che una stessa lamina di ferro stia (1) Phil. mag. T. XIII, p. 430. Strie IK Tomo JI. 20 — 154 — con un capo immersa nell'acqua acidulata d'una coppia e con r altro nella soluzione di solfato di rame d' un' al- tra. Quest' ultima copresi di rame dopo breve tempo e fa r ufficio stesso di una lamina di rame. La forza elettromotrice di questa coppia è soltanto 0,46 di quella della Danieli. 17. Ferro. — Acqua salata. — Vaso poroso. — Soluzione di solfato di rame, — Piombo. Ryhiner (1). In un vaso di vetro o di legno verniciato.collocasi un cilindro cavo di ghisa, che ha delle sporgenze verso r interno per aumentare la superficie efficace. Due pro- lungamenti che partono dall' orlo superiore servono a trarre il cilindro dal vaso e a sostenere un torchietto per i reofori. Entro questo cilindro di ghisa collocasi un diafram- ma cilindrico di grossa tela od anche un vaso di terra porosa. Entro a questo un cilindro di lamina di piombo ; nello spazio esterno acqua salata, nell'interno una soluzione concentrata di solfato di rame. Questi cilindri di lamina di piombo si coprono ben tosto di rame e operano poi come cilindri di questo metallo. Il Ryhiner preferì il piombo al rame, perchè il pc^so stesso fa che i cilindri stiono facilmente diritti e perchè quando si è formato un certo strato di rame, lo si può levare. La soluzione di cloruro di sodio può servire per piìi [1) Martin, Jicjjrrt. dcr (riiUtnioplaslih. p. 58. — 155 — mesi senza cambiarla, finche non comincino a deporsi dei cristalli. Perle operazioni che durano a lungo, come ad esempio nella galvanoplastica, si appende entro il vaso poroso un sacchetto di tela contenente cristalli o polvere di solfato di rame. Talora giova assai al mante- nimento della pila il versarvi qualche goccia d' acido nitrico concentrato. Per comporre i diaframmi con tela il Rjhiner opera così. Egli prende della tela grossa, la avvolge sopra un cilindro di lamina di ferro di opportune dimensioni e vi sovrappone 3 o 4 giri di carta con molta colla, poi di nuovo tela per difender la carta. Ciò fatto, si versa entro questo cilindro un cucchiajo di cera fusa che si rap- prende sul fondo che è di semplice tela, e V orlo supe- riore del diaframma s' imbeve con vernice resinosa. Quando si scompone una pila, questi diaframmi van collocati neir acqua per sciogliere i sali contenutivi. La coppia descritta ha piccola forza elettromotrice, ma dà corrente costante. 2. Coppia di Grove e sue modificazioni. 1. Zinco. — Acqua acidulata. — Vaso poroso. — Acido nitrico. — Platino. Grove (1) (1839). In questa coppia lintorno air elettrodo negativo tro- vasi dell'acido nitrico in cambio del sale metallico, che vi si trovava nella Danieli. La forma originaria di questa coppia e l' esperienza il) Comptes rend. T. Vili, 567. — Phil. Marj. XV, 287. — Pop-p. Jnn. T. XLVIII, p. 300 ; T. XLIX, p. 511. — ino - che guidò il Grove a eostruirla possono vedersi doscritte nelle memorie originali citate. Per dare alla sua coppia una forma opportuna alla pratica, il Grove ripiegò una lamina rettangolare di zinco Z nel modo indicato dalla figura, collocò fra le due porzioni verticali di questa un vaso di terra porosa V di sezione rettangolare e in questo una lamina di platino. Nel vaso poroso si versa acido nitrico, nel vaso esterno acqua acidulata. Questa coppia ha una forza elettromotrice che ò circa 1,7 di quella della Danieli, e per la piccola distanza esistente fra lo zinco ed il platino ha una resistenza as- sai piccola. Un inconveniente notevole che si presenta nella co- struzione della coppia Grove, secondo il modello ora de- scritto, sta nella difficoltà di costruire i vasi porosi ret- tangolari, i quali poi si fendono facilmente nell'uso. Si cercò quindi di variarne la forma. Il Griiel (1) adottò la forma cilindrica, avvolse a modo di cilindro lo zinco e dispose nel vaso poroso due lamine di platino inserite runa nell'altra, in modo che la sezione orizzontale pre- senti il disegno d' una croce. Il PoggendorfF invece ripiegò il platino nel modo indicato nella figura 40, tav. IV, in modo che la sezione sia quella di un S e infisse il platino in un coperchio di porcellana da applicarsi al vaso poroso. Per immasticare il platino nella porcellana si adopera solfo fuso perchè gli altri mastici comuni vengono facilmente alterati dai vapori d' acido nitroso. Questa è forse la migliore, dispo- (V, Pogg, A'iN. T. XLI, p. '381. — 157 — siziono nhc siasi data finora alla coppiii (irove. Essa assume allora la forma indicata dalla fig*. 41, tav. IV. Per aumentare la superficie del platino altri lo ripie- g*ò a zig zag* entro il vaso poroso. La coppia Greve, che è un ottimo elettromotore per la sua grande forza elettromotrice, la sua costanza e la piccola resistenza, ha l' inconveniente piuttosto grave di sviluppare dei vapori nitrosi. Varii tentativi furono fatti per togliere questo difetto. Il Le Roux (1) sostituì al nitrico l'acido cloridrico, ma si ha in tal caso sviluppo di cloro e di idrogeno solforato con incomodo forse mag- giore. Svignet tentò con poco frutto di sostituire al- l' acido nitrico una mescolanza di acido solforico e pe- rossido di manganese. L'aggiungere acido solforico può forse valere a ravvivare l'azione dell'acido nitrico, quan- d' esso sia adoperato da lungo tempo, ma aumenta la produzione dei vapori nitrosi. Si dirà in seguito, par- lando della coppia Bunsen, d'altri tentativi fatti piiì re- centemente allo stesso scopo. 2. Zinco. — Acqua acidulata. — Vaso poroso. — Acido nitrico Carbone. — Cooper (2), Schònbein (3) e Bunsen (4). Neir anno successivo a quello (1839) in cui Grove aveva inventata la sua coppia, il Cooper sostituì al plati- no dei pezzi di carbone e di grafite. Lo Schònbein, aven- do conosciuto questa innovazione, si provò a far uso del (1) Cosmos, 21 oct. 1853. — Du Moncel, Expose etc. p. (2) Phil. Mag. T. XVI, p. 35. (3) Pogg-. Ann. T. XLlX, p. 589. 0) Pogg. Ann. T. LIV, p. 41'7 : T. LV, p. 265 (18421. — 158 — carbone proveniente dalla distillazione del gas illumi- nante e ne ottenne buoni risultati. Ma egli non si occu- pò di dare alla coppia una disposizione opportuna alla pratica. Ciò fece il Bunsen costruendo la coppia che porta il suo nome. Egli si servì di cilindri cavi di carbone chiusi infe- riormente che possono venir costruiti mescolando due parti di carbone di legna con una di coke e arroventan- do il miscuglio entro forme di lamiera di ferro. I cilin- dri così ottenuti vengono impregnati con una soluzione concentrata di zucchero o con catrame liquido e poi ri- scaldati un'altra volta nelle forme fino all' incandescen- za (1). Bunsen non fece dapprima uso di vaso poroso : dopo aver impregnato di acido nitrico i cilindri di carbone, egli li immerse in un vaso contenente acqua acidulata, nel quale stava pure un cilindro cavo di zinco di dia- metro maggiore. Dei pezzetti di sostanza isolante ser- vivano ad impedire il contatto fra carbone e zinco. Queste coppie però non si mostrarono costanti. Pili tardi il Bunsen diede la seguente disposizione alle sue coppie : Nei cilindri di carbone vennero aperti obliquamen- te dei fori per lasciar sfuggire i gas che potessero ade- rire alla superficie. NelF interno d i essi si collocò un vaso cilindrico di terra porosa e in questo delF acqua acidulata con acido solforico e un cilindro cavo di zinco. Intorno al carbone si collocò acido nitrico. Oggidì si suole comunemente adottare il modello proposto dal Deleuil ("2) ; collocasi cioè V acido nitrico (1) Reiset, Ann. de cium, et pliijs. T. Vili, p. :3r>. (2) Cnwiites renduy, T. XXVlll. p. CT^.. 18-J9. — 1511 — ed il carbone entro il vaso poroso, T acqua acidulata e lo zinco al di fuori. I pezzi di carbone son parallc- lopipedi e si ottengono segando senz' altro il carbone elle aderisce alle pareti nelle storte del gas illuminante: questo carbone ò molto duro e poco poroso. La forza elettromotrice di questa coppia è molto prossima a quella della Grove ; la resistenza è piccola. La coppia Bunsen vien piiì frequentemente adoperata della Greve perche è meno costosa. Le fig. 42 e 43, tav. IV. rappresentano due coppie Bunsen secondo il modello adottato ordinariamente in Germania, vale a dire col cilindro di carbone cavo e con lo zinco conformato a quattro costole per dargli maggior superficie. Le due coppie differiscono soltanto per il sistema di congiunzione d'una coppia con l'altra. Per rendere la coppia Bunsen ancor più somigliante alla Grove e così diminuirne la resistenza, si diede ad essa la forma indicata dalla fig. 44, tav. V. C è una lamina sottile di carbone, V il vaso poroso, Z una la- mina di zinco ripiegata alla AYollaston in modo da ab- bracciare il vaso poroso. Ruhmkorff^ adottò questo mo- dello per le coppie eccitatrici del suo grande roc- chetto. Anche la costruzione adottata da Jedlick e Csapo (1) avvicina la coppia Bunsen alla Grove. Una sottile la- mina rettangolare di carbone preparata in modo eguale a quello indicato per i cilindri cavi delle coppie Bun- sen viene incassata in una cornice ad orli sporgenti. Questa cornice è costituita da un miscuglio di solfo, ^1) Du Moncel, Exposé des ajìplicalions de C clcct. T. I. p. 82. — IGO — d' amianto e di perossido di manganese ottenuto con la fusione e tale che non può venire attaccato dagli acidi. Questo miscuglio può modellarsi assai facilmente finché è caldo e diventa durissimo alF ordinaria tempe- ratura. Agli orli sporgenti della cornice s' applicano due fogli di carta preparata mediante V acido nitrico concentrato : essa viene incollata agli crii col mezzo del collodio. Forma così un recipiente poroso, nelF in- terno del quale per mezzo d' apposito foro praticato nella cornice si versa V acido nitrico. Due lamine di zinco disposte a poca distanza ed insieme congiunte comprendono fra esse il recipiente poroso e stanno immerse in acqua acidulata. I costruttori tentarono di sostituire il nitrato di soda all'acido nitrico e notarono una diminuzione nella intensità della corrente, ma costanza maggiore. 3. Z'inco. — Acqua acidulata. — Vaso poroso. — Miscuglio d' acido nitrico o solforico eoa soluzione di bicromato di potassa. — Carbone. II Ruhmkorff affine di diminuire la produzione dei vapori nitrosi, propose di filtrare 1' acido nitrico, che dcvesi adoperare nella pila attraverso dei cristalli di bicromato di potassa. Così si ha effettivamente il van- taggio che i vapori nitrosi sono in copia minore. La forza elettromotrice è molto prossima a quella della Grove ; la resistenza piccola. Nella parte quarta si tro- veranno parecchie indicazioni relative a questa coppia. L' acido nitrico fu anche sostituito dall' acido solfo- rico misto ad una soluzione di bicromato di potassa, cioè da un liquido composto in modo simile a quello — un — adoperato poi- la coppia Grcnet. Le proporzioni più usate sono le seguenti : bicromato di potassa 1 p. in peso, 2 d'acido solforico ed 1 di acqua. Anche di que- sta coppia si farà speciale menzione nella Parte quarta e nella quinta (1). 4 Zinco. — Acqua acidulata. — Vaso poroso. — Acqua acidulata. — Carbone Kuhn (2). Questa coppia, simile a quella descritta fra le modi- ficazioni'della Danieli al N. 8, fu adoperata dal Kuhn per le sue esperienze sui fenomeni calorifici. La fig.45, tav. V, rappresenta r interno di questa coppia. C è un cilindro di carbone formato di carbon fossile e di coke e strefto superiormente da un anello di rame portante un torchietto : V anello di rame vien difeso dall' azione dell" acido mediante una vernice di cera e di colofonia. ^ ^ è il vaso poroso ; in questo stanno i bastoni di zinco, come neir altra coppia già menzionata. Anche qui r acqua acidulata, che sta intorno al carbone, è più aci- dulata dell'altra ; la prima nel rapporto 1 a 10, la secon- da nel rapporto 1 a 20. il) Lo Stohrer costruisce questa coppia in un modo speciale che meri- ta di essere notato. 11 carbone sta nel cent ro della coppia ed è costituito da un cilindro in cui è aperta lungo l'asse una cavità fin quasi al fondo. Questa cavità si riempie di sabbia e su questa si versa dell "acido aiitrico. Il cilindro di carbone è circondato da uno di zinco ; nell' intervallo sta la soluzione indicata. 11 contatto del carbone con lo zinco è impedito da pez- zetti di sostanza isolante ; il vaso poroso è soppresso. La fig. 44, tav. V, mostra una pila di 4 coppie, e indica come il carbone e lo zinco si sollevi- no dal liquido quando non si vuole adoperare la pila. (2) Kuhn, Lehrb. der nmj. Eltk. \^. 391. Scric ir, Turno II. 21 — 162 — 5. Zinco. — A-cqua salata. — Vaso poroso. — Acido solforico e soluzione di nitrato di potassa — Carbone. Dering (1). Questa coppia ha una forza elettromotrice assai prossima a quella della Grove e dà una corrente abba- stanza costante. Il Dering adoperò intorno al carbone anche una me- scolanza di acido solforico con acido cloridrico o con acido nitrico. Il Waltenhofen (2) studiò quest' ultima coppia e trovò essere in media 1,62 il rapporto fra la forza elettromotrice di essa, e quella di una Danieli. 6, Zinco. — Acqua acidulata. — Vaso poroso. — Mescolanza d' acido nitrico, acido solforico e soluzione concentrata di nitro. — Piombo platinato. Callan (3) (1847). illiquido che, secondo il Callan, deve venir posto intorno all' elettrodo negativo, deve esser composto così : 2 parti in peso di acido nitrico concentrato, 4 di acido solforico e 2 di soluzione concentrata di nitro. Secondo il PoggendorfF, quest'ultima sostanza ò assolu- tamente inutile ; di fatti anche il Callan in seguito r abbandonò. L' acido solforico forma sopra le parti della lamina di piombo, che non fossero per avventura coperte da polvere di platino, un deposito di solfato di piombo, che difende poi il metallo dagli acidi. (1) Dinglcrs, Polyt. Journ. Voi. CXLII, (2) Sitzungsber. derk. k. Akad. der ìFissensckaften. Wien. T, XLIX, II, Abth. p. 229. (:3) /'////. McKj. T. XXXI, p. 81. — Pogg. Ann. T. LXXH, p. li)."). — 163 — Il Pog'g'endorfF trovò che la forza elettromotrice di questa coppia è eguale a quella della Grove e clic la corrente data da essa è costante. 7. Zinco. — Acqua acidulata. — Vaso poroso. — Acido ni- trico misto a solforico. — Ghisa ossidata. Callan (1). Il liquido posto a contatto dell' elettrodo negativo è composto di 12 parti di acido nitrico concentrato e 11,5 di acido solforico concentrato. L'altro liquido si ottiene mescolando 5 parti di acido solforico, con 2 di acido nitrico e 45 di acqua acidulata. Così secondo la prescrizione del Callan, ma si può be- nissimo senza differenze sensibili usare acqua acidulata comune od acqua salata. Il Callan propose di fare in modo che la ghisa stessa servisse di vaso esterno. Questa coppia del Callan venne modificata ponendo lo zinco con acqua acidulata o salata intorno al vaso poroso, e neirinterno di questo la ghisa ossidata fog- giata a 4 0 pili costole per aumentare la superficie. Que- sto pezzo di ghisa porta superiormente un' appendice con un foro nel quale è incavata una madrevite. Una vite che viene in questa introdotta serve a stringere il reoforo che per un altro foro verticale viene applicato al pezzo di ghisa. Con questa forma le coppie descrit- te possono prestare utili servigi e sono adoperate particolarmente nella produzione della luce elettrica. Una disposizione affatto simile alla precedente fu pro- posta anche da Schònbein. vD Pogg-. Ann. T. LXX\, p. ]2H. — 104 — Molto prima di Callaia, THawkins (1) avea fatto nella coppia Grove la sostituzione del ferro al platino, appro- fittando del fatto che il ferro immerso nelFacido nitrico concentrato diventa insolubile, o, come si suol dire, passivo. Queste coppie, per l'opportunità di usar ghisa in- vece di carbone e per la loro forza, sono state adot- tate da molti. Il Poggendorff osserva che esse hanno un grave inconveniente, ed è che la parte del ferro sporgente dal liquido può venir danneggiata dai vapori nitrosi. Però questo danno non è gravissimo in pra- tica, e si può adoperar lungamente la coppia senza risentirsene. Di un altro difetto fa menzione il Wiede- mann, cioè che quando si tien lungamente chiuso il circuito, sicché Tacido si va facendo sempre più diluito, avviene che il ferro non si conservi passivo, ma dopo nn corto tempo cominci a sciogliersi con un copioso sviluppo di vapori nitrosi. Per ciò egli consiglia a non far uso lungamente di queste coppie, e soprattutto a non adoperare liquidi già usati. Adoperando una mescolanza d' acido solforico e ni- trico in parti eguali, a me non è mai accaduto il detto inconveniente, benché facessi passar la corrente per pili ore, mentre ho invece constatato sempre la verità della detta osservazione adoperando acido nitrico solo. Sarà tuttavia opportuno non servirsi a lungo degli stessi acidi ; e ciò anche per la ragione che va forman- dosi in essi un sale di ferro insolubile, il quale li rende ben presto inetti a più lungo uso. :i /V//7 M .(j T. XXI p 115 (1«I0). — 165 — 8. Zinco. — Soluzione di cloruro di sodio. — Vaso poroso. — Acido nitrico.— Antimonio o una lega d'antimonio. Kukia (1) (1853). Non mi fu dato trovare la memoria originale, nò al- cun altro ragguaglio intorno a questa coppia, donde poter dedurne le proprietà. 9. Amalgama di zinco. — Soluzione di joduro di potassio. — Vaso poroso. — Soluzione d'jodio nel joduro di potassio. — Carbone Doat (2) (1856). Doat ha costruito la sua coppia allo scopo di otte- nere la massima economia. Cercò egli a tal uopo un li- quido da collocarsi intorno all' elettrodo negativo, il quale dopo V azione elettrolitica fosse facilmente e con poca spesa riducibile al suo stato primitivo. La soluzione dijodio nel joduro di potassio adope- rata dal Doat dopo essersi trasformata in joduro doppio di zinco e di potassio, viene fatta filtrare attraverso un filtro di terra porosa contenente del carbonato di bios- sido di rame. Il joduro doppio si decompone, il joduro di zinco dà origine ad ossido di zinco e ad jodio che sciogliesi nel joduro alcalino e filtrando torna nella cop- pia. Così la rigenerazione del liquido, che sta intorno al carbone, è facile e di pochissima spesa. La forza elettromotrice di questa coppia è però ap- (1) Athev. 1853, p. 1166. (2) Compif's rendm. T. XLII, p. 855. — Du Moncel, Revue (ics appi. ecc. I, p. 30 — 106 — pena */? ^^lla Danieli ; appunto per ciò la coppia non ebbe diffusione. 10. Ferro amalgamato. — Acqua acidulata. — Vaso poroso. — Acido nitrico. — Ferro. Schòabein (1), Wòhier e We- ber (2). Sclionbein non ha fatto che sostituire dei cilindri di ferro ai cilindri cavi di zinco comunemente adoperati. Wohler e Weber hanno adoperato una medesima lamina di ferro come elettrodo positivo in una coppia, e negativo nelF altra, facendo sì che i suoi due capi si immergessero nelle due coppie. Adoperando acido nitrico concentrato si otteneva che il capo della lamina di ferro immerso in quel liquido diventasse ben tosto passivo : a lungo andare però quando V acido nitrico si è alquanto diluito, avviene fa- cilmente che il ferro diventi solubile, e questo è un gra- ve difetto ; si potrebbe però anche qui adoperare una mescolanza d' acido nitrico e solforico. Anche il Mùnnich (3) fece uso di ferro in luogo di zinco nella coppia Greve conservando il platino come elettrodo negativo; questa modificazione riduce a ^(5 la forza elettromotrice della Greve. (1) ^rcldv. de V életricite, T. XX, p. 286. (2) Ami. de chim. et Phtjs. T. XXXVII, p. 107. (3) Pogg-. Ann. T. LXVII. p. 361 (1846). — 1G7 — 11. Platino. ' Soluzione di potassio. — Diaframma. — Àcido nitrico. — Platino. Becquerel (1829). Fo menzione qui da ultimo di questa coppia, che è la più antica fra le coppie a due liquidi, più per il suo valore storico che per la sua pratica importanza. Ecco una dello forme date dal Becquerel alla sua coppia. In un vaso a collo non molto largo si versa dell'acido nitrico ; poi vi si introduce un tubo di vetro cilindrico, il cui capo inferiore è chiuso da un pezzo di vescica ricoperto da uno strato di terra porosa. Questo tubo vien fermato al collo del vaso in modo che il capo inferiore non tocchi il fondo, ma stia immerso neir acido nitrico. Entro il tubo si versa la soluzione di potassa. Questa coppia ha una forza elettromotrice eguale a 0,95 di quella della Danieli. {continua.) Atti ,l,ì H.hlihth Vemt^ Sem n^Vol.Jl.Tavl. il I ( J,! li. [Millo Ihiili' Sm, Tf^VolJ.TavJll. .ut, Ài fì.Iéhilo Fmì^ Sem irVoll.TavIE mz£}E^ :^.^_J^ Y»no'/.o nflil V V, Atli MPx.ldiUih ìtwM» Sene EVollLTaA>.Y X ELENCO DEI MEMBRI E DEI SOCI DEL REILE ISTITITO VENETO D I SCIENZE, LETTERE ED ARTI -o»- PRESIDENTE Senatore Giovanni Cittadella. — Padova. VICEPRESIDENTE Commend. Fedele Lampertico. — Vicenza. SEGRETARIO Commend. Giacinto Namias. — Venezia. VICESEGRETARIO Cav. Giovanni Zanardini. — Venezia. MEMBRI EFFETTIVI PENSIONATI (26 novembre 1839) Prof. Comm. Giovanni Santini. — Padova. Ab. Prof. Cav. Francesco Zantedeschi. — Padova. (26 settembre 1840) Sen. Cav. Prof. Giusto Bellavitis. — Padova. Cav. Giulio Sandri. — Verona. Sen. Giuseppe Bianchetti. — Treviso. (25 settembre 1840 — 3 giugno 1843) Doti. Giandomenico Nardo. — Venezia. Serie IF, Tomo IL 32 — 170 — (26 settembre 1840 — 16 gennajo 1844) Prof. Cav. Roberto de Visiani. — Padova. (20 giugno 1843 - 4 ottobre 1854) Prof. Comm. Domenico Turazza. — Padova. (20 giugno 1843 — 10 aprile 1868) Prof. Comm. Francesco Cortese. — Firenze. (16 gennaio 1844 — 10 giugno 1851) Prof. Cav. Serafino Raffaele Minich. — Padova. (16 gennaio 1844 — 26 aprile 1869) Conte Gherardo Freschi. — San Vito del Friuli. (13 gennaio 1846 — 23 marzo 1855) Comm. Giacinto Namias. — Venezia. (4 ottobre 1854 — 28 aprile 1856) Ingegnere Antonio Alippio Cappelletto. — Torino. Cav. Giovanni Zanardini. — Venezia. (4 ottobre 1854 — 26 aprile 18G9) Ab. Prof. cav. Pietro Canal. — Padova. (23 marzo 1855 — 6 aprile 1872) Bar. Achille De Zigno. — Padova. (28 aprile 1856 — 30 settembre 186S) Prof. Cav. Gustavo Succhia. — Padova. Prof. Cav. Antonio Pazienti. — Vicenza. (30 settembre 1803 — 1.'^ luglio 1869) Prof. Cav. Giovanni Bizio. — Venezia. (80 settembre 1863 — 9 giugno 1870) Cav. Antonio Berti. — Venezia. — 171 — MEMBRI EFFETTIVI NON PENSIONATI (16 gennaio 1844) Prof. Cav. Giuseppe Meneghini. — Pisa. Sen. Giovanni Cittadella. (4 ottobre 1854) Sen. Ferdinando Cavalli. — Padova. (28 aprile 1856) Sen. Francesco Miniscalchi-Erizzo. — Verona. (17 gennaio 1864) Prof. Cav. Michelangelo Asson. — Venezia. (6 ottobre 1864) Comm. Fedele Lampertico. — Vicenza^ Prof. Comm. Angelo Messedaglia. — Padova. (10 aprile 1868) Sen. Luigi Torelli. — Tirano. Prof. Cav. Giulio Andrea Pirona. — Udine. (26 aprile 1869) Ab. Prof. Cav. Jacopo Zanella. — Padova. Cav. Angelo Minich- — Venezia. (l.'' luglio 1869) Sen. Alessandro Rossi. — Schio. (1." agosto 1869) Cav. Giovanni Veludo. — Venezia. (9 giugno 1870) Ab. Cav. Giuseppe Valentinelli. — Venezia. — 172 — (6 aprile 1872) Comm. Prof. Luigi Luzzati. — Padova. March. Pietro Selvatico. — Padova. Cav. Edoardo nob. De Betta — Verona. MEMBRI ONORARII ITALIANI Sua Eminenza Reverendissima Monsignor Cardinale Giuseppe Luigi Trevisanato, Patriarca di Venezia. S. E. Sen. Federico IVienabrea. — Torino. Sen. Alessandro Manzoni. — Milano. SOCI CORRISPONDENTI DELLE PROVINCIE VENETE i Cav. Luigi Nob. Parravicini. — Venezia. Cav. Emilio Nob. de Tipaldo. — Venezia. Dott. Federico Maria Zinelli, vescovo. — Treviso. Ingeg". Giovanni Bassi. — Udine. Cav. Pietro Ziliotto. — Venezia. Prof. Francesco Ragazzini. — Padova. Prof. Cav. Antonio Keller. — Padova. Cav. Jacopo Cabianca. — Vicenza. Prof. Cav. Vicenzo Pìnali. — Padova. Rawdon Brown. — Venezia. Dott. Moisè Benvenisti. — Padova. Cav. Paolo Lioy. — Vicenza. Prof. Comm. Tito Vanzetti. — l^adova. Cav. Pacifico Valussi. — Udine. Comm. Prof. Francesco Ferrara. — Venezia. — 173 -- Cav. Prof. Alfonso Cossa. — Portici presso Napoli. Prof. Cav. Giovanni Canestrini. — Padova. Prof. Giuseppe De Leva. — Padova. Prof. Giovanni Omboni. — Padova. Ab. Prof. Antonio Matsciieg. — Venezia. Prof. Cav. Francesco Marzoio. — Padova. Prof. Cav. Gian Paolo Vlacovich. — Padova. Cav. Antonio Caccianiga. — Treviso. Prof. Enrico Bernardi. — Vicenza. Comm. Avvocato Giuseppe Calucì. — Venezia. Prof. Giuseppe Lorenzoni — Padova. Prof. Cav. Bartolomeo Cecchetti. — Venezia. SOCI CORRISPONDENTI CHE APPARTENEVANO PER LO PASSATO ALLE PROVINCIE VENETE Cons. Cav. Augusto Alber di Glanstàtten. — Trieste. Prof. Cav. Eugenio Balbi. — Pavia. Prof. Luigi Chiozza- — Cervignano. Prof. Raffaele Molin. — Vienna. Dott. Cav. Filippo Spongia. — Firenze. SOCI CORRISPONDENTI ITALIANI Comm. Prof. Aleardo Aleardi. — Firenze. Cons. Nicolò Alianelli. — Napoli. Sen. Michele Amari. — Firenze. Prof. Cav. Adolfo de Berenger. — Vallombrosa. Prof. Comm. Domenico Berti. — Torino. Prof. Comm. Enrico Betti. — Pisa. Prof. Comm. Girolamo Boccardo. — Genova. — 174 — Comm. Francesco Bonaini. — Firenze. Sen. Maurizio Bufaiini. — ivi Sen. Gino Capponi. — ivi. Prof. Cav. Giuseppe Clementi. — Torino. Co. Prof. Giancarlo Conestabile. — Perugia. Comm. Prof Augusto Conti. — Firenze. Prof. Cav. Alfonso Corradi. — Pavia. Sen. Annibale de Gasparis. — Napoli. Cav. Pietro Fanfani. — Firenze. Sen. Giuseppe Fiorelli. — Napoli. Caterina Franceschi Ferrucci. — Pisa. Prof. Cav. Angelo Genocchi. — Torino. Sen. Gaetano Giorgini. — Torino. Sen. Ab. Raffaele Lambruschini. — Firenze. Sen. Terenzio Mamiani della Rovere. — Firenze. Comm. Marco Minghettl. — Bologna. Comm. Prof Giacomo Moleschott. — Torino. Comm. Cristoforo Negri. — Firenze. Prof Cav. Giustiniano Nicolucci. — (Soia presso Napoli) Prof Cav. Onorato Occioni. — Roma. Prof. Cav. Luigi Palmieri. — Napoli. Prof. Cav. Paolo Panceri. — ivi. Prof. Cav. Filippo Parlatore. — Firenze. Comm. Giovanni Prati. — Firenze. Prof Cav. Ferdinando Ranalli. — Pisa. Sen. Prof Arcangelo Scacchi. — Napoli. S. E. Sen. Federico Sclopis di Salerano. — Torino. S. E. Sen. Antonio Scialoja. — Roma. Comm. Prof Maurizio Schiff — Firenze. Padre Prof Angelo Secchi. — Roma. S. E. Comm. Quintino Sella. — ivi. Comm. Prof Luigi Settembrini. — Napoli. — 175 — Sen. Prof. Angelo Sismonda. — Torino. Dott. Nicolò Tommaseo. — Firenze. Sen. Prof. Salvatore Tommasi. — Napoli. Prof. Cav. Cau.'' Barnaba Tortolini. — Roma. Sen. Atto Vannucci. — Firenze. Comm. Prof. Pasquale Villari. — Firenze. SOCI CORRISPONDENTI ESTERI Agassiz Luigi. — Cambridg-e. Airy Biddel G. — Grenwich. Becquerel A. C — Parigi. Berthelot Marcellino. — Parigi. Bierens de Haan Davide. — Amsterdam. Brongniart Adolfo. — Parigi. Brown Roberto. — Londra. Bunsen Roberto Guglielmo. — Heidelberg. Chasles Michele. — Parigi. Chevalier Michele. — Parigi. Czòrnig di Czernhausen Carlo. — Vienna. De La Rive Augusto. — Ginevra. Dumas GB. — Parigi. Ehrenberg Cristiano Goffredo. — Berlino. De Beaumont Elia. — Parigi. D' Ettingshausen Andrea. — Vienna. Guizot Francesco. — Parigi, Hansen Pietro Andrea. — Gotha.- Hyrtl Giuseppe. — Vienna. Le Verrier Urbano. ~ Parigi. Liebig Giusto. — Monaco. Malagutì P. — Rennes. — 17G — Mignet Francesco. — Parigi. Milne Edwards Enrico. ~ Parigi. MohI Ugo. — Tubinga. Mommsen Teodoro. — Berlino. Murchison Rod. Impey. Londra. Owen Riccardo. — Londra. Pertz Guglielmo. — Berlino. Petermann Augusto. -— Gotha. Poggendorff J. C — Berlino. Queteiet Adolfo. — Bruxelles. Rancke Leopoldo. — Berlino. Regnault H. V. — Parigi. Wurtz Adolfo. — Parigi. ADUNANZA DEL GIORNO 24 NOVEMBRE 1872 Il m. e. sen. F. Cavalli presenta pel volume (Ielle Memorie in 4.° la continuazione del suo la- voro intitolato : La scienza politica in Italia, leg- gendo la parte relativa allo scrittore Trajano Boccalini. Il m. e. sen. L. Torelli comunica una nota sopra una grande sventura, da cui sono minac- ciati i proprietarii de" vigneti, cioè deir insetto "pliyloxera vastatrix ; e chiede che una giunta del- l' Istituto se ne occupi. Il Corpo scientifico inca- rica la sua presidenza di sceglierla. Il m. e. F. Cortese presenta una scrittura Sitile armi da fuoco attuali e sugli effetti dei loro projettili nelV organismo vivente, che 'sarà pubbli- cata nella successiva dispensa degli Atti. Annunciata la morte del celebre Francesco Puccinotti, socio corrispondente, si legge il decreto del R. Ministero di agricoltura^ industria e com- mercio che assicura pel venturo anno 1873 L. 1500 Serir IF, Tomo 11. 23 — 178 — *airistituto per lo incremento delle industrie in que- ste Provincie. Poscia vengono statuiti i seguenti giorni per le adunanze ordinarie dell' anno 1872-73. o U2 À _o co o o S co G o o tic !3 CA > a Xì fc. u bC bc O o -4 e ft—a n-[-rò — 201 — donde si deduce, essendo (3— y=iX , X = 14^4 — j . Ora notisi che ì\ è una quantità costante, una resi- stenza che si può misurare una volta per tutte con quanta precisione si vuole. I4 è la intensità della cor- rente nel tratto r^ , la quale è variabile e deve essere osservata ogni volta. Quanto ad questo è il rap- porto della lunghezza (3y alla lunghezza |3a, supposto che il filo sia omogeneo. Ecco dunque che qui ad un rapporto di resistenza si sostituisce quello di due lunghezze, come si fa sempre col ponte di Wheatstone. Se si indica con l la lunghez- za |3y e con L la lunghezza ^i' valutare le distanze dai bicchierini. Lo strumento venne graduato sperimentalmente n<^l modo che sarà descritto piiì innanzi. d) Verificazione e graduazione degli strume ni i relativi alle resistenze. Non avendo la positiva certezza che il reostato a rocchetti presentasse effettivamente nei vari rocchetti le resistenze, che vi si trovavano indicate, m' accinsi ad un' accurata verificazione, a determinare cioè con esattezza la resistenza di ciascuno dei rocchetti, dei quali io mi doveva probabilmente servire. Mediante alcuni tentativi grossolani potei stabilire che i roc- chetti occorrenti nelle mie determinazioni, erano in numero di 11, e precisamente corrispondenti alle re- sistenze 1, 2, 2, 5, 10, 10, 20, 50, 100, 100, 200. Per determinare la vera resistenza di questi roc- chetti, procedetti nel modo seguente. Mi procacciai un di quei campioni d' unità di resistenza che Siemens ed Halske costruiscono e che sono costituiti da un filo di pakfong avvolto intorno ad un rocchetto e rinchiuso in un astuccio di legno (fig. 55, tav. VI). I capi del filo mettono a due grosse aste d' ottone che escono dal- l' astuccio in direzione orizzontale. Ciascuna di queste porta ad una dello estremità due cilindretti metalli- ci amalgamati che vanno immersi in due bicchierini — 220 — pi(nii di mercurio quando si voglia inserire 1" unità di resistenza in un circuito, ed all' altra estremità porta due torchietti, ai quali, ove meglio piaccia questo si- stema di congiunzione, si possono applicare due reo- fori. Questi campioni sono costruiti con cura mediante speciali apparecchi, e portano indicato sulF astuccio il grado di una temperatura, a cui sono esatti. Il coeffi- ciente che serve a calcolare le variazioni di resistenza portate dà un mutamento di temperatura è stato deter- minato da Siemens ed è 0,000 272. Quantunque avessi motivo di ritenere esatto questo campione, pure mi prefissi di verificarne il valore. Operai pertanto nel modo seguente : Preparai due cannelli di vetro calibrati con la mas- sima cura, li empii di mercurio ben depurato, e dopo averli confrontati fra loro col ponte di Wheatstone, li confrontai col campione di Siemens. Per eseguire la calibrazione con facilità e quindi con maggiore esattezza, scelsi cannelli tali che pre- sentassero una resistenza non molto discosta dall'unità, di non eccessiva lunghezza e di tal sezione che la lettura della posizione dei due capi della colonnetta di mercurio da introdursi nei cannelli, non riuscisse incerta o difficile. Un esame approssimato dei diame- tri dei tubi di vetro, di cui poteva disporre, mi con- dusse a scegliere un certo numero di tubi che con la lunghezza non minore di 35 centim. e non maggiore (li GO, potessero dare una resistenza compresa fra 0,3 e r unità. Diodi in questa scelta la preferenza ai tubi — 221 — (li robuste pareti per evitare il perirolo di spezzare ì tubi neir atto della calibrazione, e facendo scorrere nei tubi scelti una colonna di mercurio, potei fra essi sceglierne due, il cui diametro meno variasse da una sezione ad un' altra. Ciò fatto, questi due tubi furo- no accuratamente puliti nelF interno , facendo scor- rere attraverso i medesimi dell' acido nitrico, poi ripe- tutamente dell' acqua. Per asciugarli li interposi fra una piccola pompa pneumatica, e due tubi ad U pieni di pietra pomice imbevuta d' acido solforico, e aspirai lungamente dell' aria mediante la pompa, sicché que- st' aria asciugatasi mediante il passaggio attraverso i tubi ad U, dovesse percorrere i cannelli e portar seco il vapor acqueo che vi si trovasse. Contemporanea- mente poi con una fiamma ad alcool si riscaldava il tubo, scorrendo rapidamente con la fiamma al di sotto per staccarne il velo liquido, che doveva starvi ade- rente. Quest' operazione esige molta cura e pazienza, essendo sempre difiicile l'asciugar bene un cannello, e fu anche per questo che preferii far uso di tubi aventi robuste pareti. Dopo avere in tal modo asciugato i cannelli pressoché completamente, io ne collocava un capo entro una di quelle piccole stufe che s' adope- rano dai chimici per asciugare sostanze, e riscaldata r aria là entro fino a 50 o 60 gradi, aspirava ancora quest' aria calda mediante la pompa, attraverso il can- nello. Trovai questo mezzo assai valido per fare in modo che la colonnetta di mercurio scorra con faci- lità e regolarità nell' interno del tubo senza lasciare qua e là qualche gocciolina. Ciò è diffìcile ordinaria- mente ad ottenersi, quando il tubo sia stato di recente bagnato, senza 1' uso delT aria calda. — 222 — Quanto al mercurio adoperato, esso venne secondo il suggerimento di Siemens, collocato in una bacinella con uno strato d' acido solforico misto a qualche goc- cia d'acido nitrico al di sopra, e riscaldato lentamente fino a 50.*^ Dopo di che fu lasciato per 24 ore a raf- freddarsi, in contatto con V acido, poi accuratamente lavato con acqua distillata, per separarlo dal nitrato di mercurio, asciugato con carta bibula, riscaldato nella piccola stufa teste menzionata, infine ripetutamente filtrato. Per procedere poi alla calibrazione, ciascun tubo fu adagiato sopra una scala, divisa in millimetri accu- ratamente incisa sul vetro dallo StoUnreuter di Mo- naco. Una scala di questa fatta è assai comoda per calibrazioni di cannelli di vetro. Consiste essa in una lamina di vetro ben regolare e piana, la cui lunghezza può variare a seconda delF uso cui è destinata, men- tre la larghezza è d' ordinario di 35"'" e la grossezza di 3. La parte posteriore è coperta d' amalgama e la la- mina è incassata in una opportuna cornice. Prima di applicare F amalgama alla faccia posteriore vi s' inci- sero le divisioni col bulino della macchina divisoria, e in causa di una vernice gialla rimasta soltanto nelle cavità delle divisioni, queste risaltano più chiaramente sul resto della lamina, che fa V ufficio di specchio. La scala riesce comoda nella calibrazione di un can- nello, perchè adagiandovi questo e tenendolo fermo mediante fascio di gomma elastica disposte di tratto in tratto, si può osservare la posizione dei capi della colonnetta di mercurio mediante un piccolo microsco- pio, facendo sempre in modo che riinaginc riilessa del- — 223 — Torlo del menisco osservato, coincida con la diretta, nel qual caso si può esser sicuri che le letture son tutto latte nelle condizioni medesime. Nelle tre calibrazioni eseguite per il primo cannello e nelle cinque eseguite per il secondo la colonnetta introdotta fu fatta scorrere nei tubi , possibilmente facendo in modo che un capo di essa venisse là, dove prima trovavasi V altro capo. Che se v'era la differenza di qualche decimo di millimetro, se ne teneva conto e s'immaginava di spostare d'altrettanto la colonna sen- za mutamento 4i lunghezza. I numeri registrati nelle seguenti tabelle siccome indicanti le lunghezze delle colonnette di mercurio si devono quindi considerare come relativi a colonne di egual volume poste imme- diatamente di seguito le une alle altre. La prima lettura facevasi portando uno dei capi della colonnetta assai prossimo ad un estremo del tubo, leggevasi la distanza dall'origine del cannello, e affine di principiare la calibrazione da quella, supponevasi spostata d' altrettanto la colonna. All' altro capo del cannello restava sempre a calibrarsi un tratto più o meno lungo, il cui volume si deduceva così. Se esso era abbastanza corto e il tubo regolare, si ammetteva senz' altro che il diametro del tubo in quel tratto fosse quello stesso del tratto antecedente ; in caso diverso si jnandava innanzi la colonnetta di mercurio fino ad es- sere con uno dei suoi capi assai prossima all' estremità del cannello e dalla lunghezza che assumeva allora la colonnetta, si deduceva con un semplice calcolo la se- zione da attribuirsi all' ultimo tratto del tubo. Nelle due tabelle che seguono sono registrati gli elementi necessari per calcolare la resistenza dei due — 224 — cannelli. La prima colonna indica per ciascuna calibra- zione le lunghezze assunte dalla colonnetta nel percor- rere i .cannelli ; Tultimo numero nelle colonne conte- nenti queste lunghezze indica la lunghezza del tratto rimanente verso V estremo del tubo. La seconda colon- na contiene le resistenze dei varj tratti, calcolate me- diante la formula '' — p{ì+kt) dove ci è la densità del mercurio a 0°, ? è la lunghezza della colonna per ogni tratto, jy il peso della colonna di mercurio, k il coefficiente di dilatazione cubica del mer- curio, t la temperatura. •' — 22 5 CANNELLO L lunghezza del cannello 0™,5879. 1.^ calibrazione 2.0 calibrazione 3.a calibrazione f=16,25;i9=0e'-,1825 ^=13,5;;5=0BS7387 ^z=12,7 ;^=zler,2273 l 1 l 1 r l r d. m. 573 0,05044 480 0,04230 794 0,06968 566 0,04921 473 0,04108 785 0,06811 565 0,04904 471 0,04073 789 0,06881 568 0.04956 474 0,04125 795 0,06986 571 0,05008 475 0,04143 799 0,07056 575 0,05079 477 0,04178 792 0,06933 575 0,05079 481 0,04248 788 0,06863 571 0,05008 482 0,04265 337 0,02923 565 0,04904 479 0,04213 508 0,04956 474 0,04125 182 0,01593 472 474 1 /^n' 0,04090 0,04125 0,51421 167 0,01452 0,51452 0,51375 I. 0,5145 II. 0,5138 III. 0,5142 Media 0,5142 e aggiungendo per la re- sistenza incontrata all'in- ^ gresso e air uscita la quantità indicata dal Sie- mens (1) , cioè .... si ha la resistenza del 0,0005 cannel lo I. . . • — 0,5147 (1) Pogg. Ann. ex, p. 1. Serie ir, Tomo IL '^9 — 220 — CANNELLO II. lunghezza del cannello 0"',3898. \.^ calibra- 12.''^ calibra zione r zione «^=13; i3— 0sr,7509 ~; I ^ " ^=15,5; p=0E^8839 3.'^ calibra- zione ^=13,5; p=:l,0779 l I l I 4.'^ calibra- zione ^=15.2; hP- calibra- zione f=zl3 -, pzzl,2778 l I \ l 467 466 468 469 474 477 476 474 1128 0,03939 549 0,03922 548 0,03956 550 0,03973 0,04059 0,04110 559 0,04093 558 0,04059 20 0,01087 0,33198 555 559 0,04623 0,04606 0,04640 0,04725 0,04793 0,04793 0,04776 0,00171 0,33127 683 684 680 675 670 506 I. II. III. IV, V. Media Resistenza del cannel- lo II. =: ... 0,05870 0,05887 0,05818 0,05733 0,05649 0,04269 0,33226 0,33198 0,33127 0,33226 0,33057 0,33118 0,33145 0,0005 0,33195 759 0,06485 759 0,06485 757 0,06451 749.0,06315 745 0,06248 128 0,01073 0,33057 810 809 803 793 683 0,06967 0,06950 0,06847 0,06678 0,05676 0,33118 — 227 — Dal confronto dei risultati delle varie calibrazioni mi parve di poter concludere, che la resistenza trovata come media delle fatte determinazioni poteva ritenersi abbastanza approssimata. Per aver poi un ulteriore indizio di concordanza e procacciarmi nel tempo stesso una verificazione del metodo che voleva in seguito adoperare nella misura delle resistenze, mi provai a confrontare la resistenza dei due cannelli col mezzo del ponte di Wheatstone. In tal modo trovai che la resistenza del primo cannello stava a quella del secondo nel rapporto 1,554. Colla ca- librazione invece si aveva trovato 0.5147 _ 0;33l95 - ^'^^^ • Questi due valori mostrano una concordanza soddisfa- cente. Dirò ora alcun che intorno al modo, in cui adoperai il ponte di Wheatstone. Fra due bicchierini di legno di bosso irremovibil- mente fissati ad una tavola che serviva di base tesi un filo di platino della grossezza di 1"** circa, della lun- ghezza di met. 0,80 e applicai al medesimo una scala in ottone divisa in millimetri. La lunghezza del filo fu determinata con precisione dall' orlo interno d' un bic- chierino a quello dell'altro e fu trovata eguale a 0™,8006. I due bicchierini vennero empiti di mercurio. Nei due tratti r,^ ed 0%, del sistema (fig. 56, tav. VI) vennero inseriti i due cannelli, nel tratto 'j\ un galva- nometro, nel tratto r, una coppia Danieli. Il tratto « y (3 segnato con r^ corrisponde al filo teso. Descrivo alquanto minutamente questa operazione — 228 — perchè seguii l' identico sistema iu tutte le detcrmina- zioui di resistenza dei fili metallici. Il galvanometro in- serito nel tratto r^ era a sistema astatico e d' una gran- de sensibilità : ma questa sensibilità doveva nelle varie determinazioni venir considerata relativamente al filo teso, cioè importava sapere nei varj casi qual deviazione era segnata dal galvanometro, quando, dopo aver an- nullata la corrente nel tratto ì\ si spostasse di una cer- ta lunghezza il filo del corsojo lungo il ponte, per esem- pio di l^"". La deviazione che rappresenta in questo senso la sensibilità del galvanometro, varia a seconda che le resistenze inserite in r^ ed r^, sono maggiori o minori e precisamente diminuisce al crescere della somma r^+rr;, come si può dimostrare sia colle note formule, sia graficamente. Per far sì che questa sensibilità fosse prossimamente la stessa, vale a dire da 20 a 30" di de- viazione per 1™" di spostamento lungo il filo del ponte, io introduceva, occorrendo, un'altra coppia Danieli che aggiungeva alla prima, e modificava a seconda dei casi la resistenza r^. ' Per rintracciare poi facilmente il punto del filo teso, al quale essendo applicato il corsojo la corrente veniva annullata in r^, io operava così. Ai due torchietti del galvanometro erano applicati due corti e grossi fili, che s'immergevano rispettivamente in due bicchierini pieni di mercurio : da questi due bicchierini partivano i due reofori che andavano ai punti d e y. Nei primi tentativi per la determinazione di mia resistenza, affine di non far passare per il galvanometro una corrente troppo intensa, che avrebbe fatto battere violentemente V ago contro i due ostacoli collocati da una parte e dall' altra a 90" e avrebbe ritardata la operazione, io inseriva fra 220 r uno e r altro bicchierino un filo di rame di tal resi- stenza che buona parte della corrente seguiva questo filo di derivazione. Così con pochi tentativi io condu- ceva il corsojo a tal punto che V ago venisse a 0" e to- gliendo poi il filo di derivazione, ritentava la prova en- tro limiti pili ristretti finché si trovava quel punto, ap- pHcando al quale il corsojo, si aveva Vago del galvano- metro a 0", anche senza alcun filo di derivazione. Quanto al corsojo, esso, com'è a supporsi, non rima- neva sempre a contatto del filo teso, ma soltanto si toc- cava con esso quest' ultimo, tentando l'una o l'altra po- sizione, finché, quando Tago fosse a 0 o molto prossimo a 0, si poteva lasciar in contatto i due fili. Il filo Vf^ terminava in y in una punta sottile che era stata amalgamata : era questa che si applicava al filo di platino e serviva a stabilire il contatto. Il detto filo di rame r^ era nel tratto più vicino alla punta avvolto ad un pezzo di piombo di forma conica per poter più facilmente far scorrere la punta parai ellamente al filo teso. Siccome le cose erano disposte in modo che Festre- mo tratto del filo r^ tendesse a tenersi con la sua punta ad altezza maggiore di quella del filo teso, così quella premeva contro quest'ultimo dal basso all'alto e si man- teneva il contatto. Questo sistema assai semplice, anzi il primo che si presenta alla mente, e che fu adoperato anche da Pog- gendorff^, mi parve assai opportuno, e molto migliore poi di uno fra gli espedienti proposti dal Du Bois Rey- mond (1), il quale consiste nell' avvolgere a spira intor- (1) Hesc/ueibung chihiir Vorriclilungni etc. Abh. (lev Berli». Ah. 1802. — 2;j0 — no al filo teso la estremità del filo i\ formando un' elica scorrevole della lunghezza di 1'"'" circa. Un microscopio semplice serviva per leggere le di- visioni corrispondenti alla posizione della punta scor- revole, e siccome era stata determinata la correzione da farsi alla lettura per aver la vera distanza dall' ori- gine del filo, nonché la lunghezza totale del filo stesso, così altro non restava se non applicare il semplicissimo calcolo relativo al ponte di Wheatstone. Dapprincipio il filo eh' io aveva teso neh' apparecchio era di ra- me, ma sperimentando con due resistenze, delle quali determiuai il rapporto col ponte prima disposto in un dato modo e poi capovolto, m' avvidi che il filo era tut- t' altro che omogeneo. Scambiai piìi volte questo filo di rame, ma senza buon risultato, e fui quindi condotto a sostituire un filo di platino, che si prestò molto meglio all' uopo. Però neppure col filo di platino potei ottenere quella con- cordanza nei due valori del rapporto fra le due resi- stenze confrontate, che io desiderava d'ottenere e che sarebbe stata in relazione con la sensibilità del gal- vanometro : decisi pertanto di far sempre per qualsiasi determinazione due osservazioni, l'una col ponte dispo- sto in un dato modo, l'altra dopo averlo capovolto, op- pure dopo aver fatto una equivalente commutazione, e di prender la media aritmetica fra i due risultati. Seguono i risultati di alcune esperienze che servo- no a prova delle cose ora esposte : esse vennero scelte a caso fra le molto esperienze eseguite. Nella colonna '2.^ di ciascuna tabella sono registrate le letture fatte mediante il microscopio semplice sulla scala del jtonte, oi)purtunamente cor; ette, perchè rap- — 231 — presentino la vera distanza del punto osservato dall' ori- g'ine del filo. Nella 3.* colonna stanno i rapporti fra le resistenze inserite nelle singole esperienze nei tratti o\ r^ (fig. 56, tav. VI) del sistema di reofori. Quando si trattava, non tanto di esaminare V omogeneità del filo, quanto di determinare il rapporto fra due resistenze, si adottava, come si è detto, il medio fra i due rapporti trovati : /. esperienza. Lettura Rapporto Prima della commutazione Dopo la commutazione . . 4102 3907 1,0497 1,0494 //. esperienza. Lettura [Rapporto Prima della commutazione Dopo la commutazione . . 6340 1673 3,805 3,786 III. esperienza. Lettura Rappòrto Prima della commutazione Dopo la commutazione . . 6708 1303 5,168 5,145 j — 232 — ' Esposto COSI il modo di operare col ponte di Wheat- stone, torniamo ai cannelli 1.*^ e 2.*^ preparati mediante la calibrazione. Trovato fra essi mediante il ponte un rapporto sufficientemente concordante con quello risul- tante dalla calibrazione, paragonai T uno e V altro con r unità campione di Siemens. È superfluo avvertire che in questo confronto di resistenze opposte da due metalli diversi, fu tenuto esatto conto della temperatura. Si cer- cò di porsi in condizioni tali che la temperatura fosse prossimamente costante e che la intensità della corren- te che attraversava la resistenza da misurarsi fosse ab- bastanza piccola per non aver a temere un riscaldamen- to. Il coefficiente adottato per il mercurio nel calcolo dello variazioni apportate dalla temperatura ò quello dato da Siemens, cioè 0,00095, mentre per il filo dei roc- chetti, che era di pakfong-, adottai il numero 0,000272 già indicato. Confrontando V unità campione col 1." cannello trovai per essa il valore 0,994 a 11°,6 il che equivale a 0,9984 a 27^,5, temperatura alla quale la unità Siemens era stata campionata. Confrontandola col se- condo cannello trovai 0,9972 a 16^,8, il che equivale a 1,0013 a 27^5. La media dei due valori a 27^,5 è 0,99985 . Considerando che le riduzioni delle resistenze dal- l'una air altra temperatura non sono mai scevre da ([iialchc incertezza, mi credei autorizzato a ritenere esat- ta l'unità campione, cioè ad ammetterne eguale la resi- stenza ad una unità Siemens alla temperatura di 27^5. Oltre a ciò, considerando il risultato ottenuto col con- fronto dei due cannelli calibrati, mi parve di poter am-, mettere che il metodo di misurazione delle resistenze — 233 — col ponte (li Wiieatstono, sempre con T avvertenza dol- r accennata commutazione, poteva darmi una discreta esattezza. Verificato così il campione, passai ai rocchetti del reostato. Procedetti nella determinazione delle resisten- ze di questi nel modo già sopra descritto, senonchè ebbi le seguenti cautele. No'n applicai mai al ponte di Wheatstone due resi- stenzeH'una nota, T altra ignota, che avessero valori troppo diversi V una dall' altra, perchè un error di let- tura portava errori troppo forti nei risultati, e perchè se mi fossi accostato troppo agli estremi del filo teso avrei anche incontrato qualche difficoltà di lettura. Così ad esempio paragonai T unità coi rocchetti 1.^ 2." ecc. fino al 4^ (5 unità), ma non con rocchetti di resistenza maggiore. Per determinare la resistenza di questi mi servii di quelli già prima determinati non appagandomi però mai di una sola determinazione, ma cercando di ottenere il valore di un rocchetto dal confronto suc- cessivo con altri parecchi e arrestandomi soltanto quan- do trovava concordanza. Da questa operazione risultò la tabella seguente, la quale mostra come i rocchetti si scostassero in fatto notevolmente dai valori loro as- segnati dal costruttore. ^&' Resistenze dei varj rocchetti del reostato alla temperatura di 21°, h. l.« rocchetto 0,9996 2.» » 2,0017 3.0 » . • 2,0055 4." » 5,042 Serie lf\ Tomi) li. 30 — 234 — 5." rocchetto 10,240 6.0 » 10,204 7.0 » 20,485 8." » 51,296 9.0 » 102,82 10.0 ^^ 102,44 11.0 ^y 206,24 Mi resta a dire della graduazione del reocordo. An- che per questa operazione mi servii del ponte di Wheat- stone. Introdussi il reocordo in uno dei lati del sistema, e neir altro lato corrispondente collocai il secondo cannello. Ciò fatto e disposto tutto il resto che è neces- sario per la determinazione delle resistenze, cominciai a porre il corsojo del reocordo nel punto più lontano possibile dai bicchierini e determinai allora la resisten- 'za del tratto del doppio filo di platino che la corrente percorreva. Feci una simile determinazione anche in altri due punti, calcolai la resistenza dei tratti di filo compresi in questi due intervalli e trovai valori tali da poterne argomentare che il filo era sensibilmente omo- geneo. Ecco la descrizione di queste esperienze. Posi pri- ma la cassetta scorrevole in tal posizione che corrispon- deva alla divisione 477,8 e trovai la resistenza del reo- cordo essere in tal caso 1,078 ; poi feci una simile determinazione alla divisione 300 e trovai 0,688 . i.a (iitFcr(Miza di (juesti due valori rappresenta la re- — 235 — sistenz? del filo compreso neir intervallo ; por tanto 2x177,8 = 355,6 millim. del filo di platino adoperato avevano una resistenza eguale a 0,390. Da ciò dedu- cevasi che 1 mill. di questo filo aveva alla temperatura. 12,9 delle esperienze la resistenza 0,001096 . Fatta un' altra determinazione alla divisione 100, trovai 0,254, quindi mill. 400 del filo teso avrebbero avu- to la resistenza 0,688—0,254=0,434 ; sicché un millimetro di questo filo avrebbe avuto la resistenza 0,001085 . Non essendo molto grande la differenza fra i due risultati, e d'altra parte dovendo io adoperare nelle espe- rienze delle resistenze molto maggiori di quella data dal reocordo, che dovevano venire aggiunte a questa ultima, mi parve di poter ammettere il filo come omo- geneo. Presi per resistenza d' un millimetro la media fra i due valori trovati 0,001096-^0,001088 _ ^ qq^q^O^ . Determinai anche in tale occasione qual correzione si dovesse fare alle letture fatte lungo la scala per ave- re il numero esatto rappresentante la distanza di una data posizione del corsojo dalF origine del filo. — 230 — (1) Stromento adoperato i)er misurare V intensità delle correnti e graduazioni del medesimo. Lo strumento adoperato per misurare V intensità del- le correnti nel tratto trasversale del sistema di reofori del PoggendorflP è una bussola costruita dal Ruhmkorff di Parigi. Riconobbi in questo strumento, oltre la buo- na costruzione che è propria degli strumenti tutti usciti da queir officina, il grado opportuno di sensibilità e l'at- titudine a dare speditamente le richieste misure. Questo strumento non è ne una bussola dei seni , ne una bussola delle tangenti, ma bensì un reometro che per essere adoperato ha bisogno di una gradua- zione speciale. L' ago ha la lunghezza di 85'""', esso è circondato da un telajo d'ottone, su cui sono avvolti piiì giri di un grosso filo di rame ; il tutto è rinchiuso in una cu- stodia, le cui pareti ed il fondo sono d'ottone mentre il coperchio è costituito da una grossa lastra ben piana di vetro. Un treppiedi munito di viti serve ad orizzontare la bussola. La custodia intera e girevole intorno ad un asse verticale passante per il centro del treppiedi; una vite di fermata serve a fissare ove occorra la posizione della custodia. Siccome il telajo su cui sono tesi i fili è molto pros- simo all' ago ed ha la larghezza di mill. 42, 1' ago rima- ne nascosto per le deviazioni non grandi, ma le devia- zioni si osservano sempre mediante un indice perpen- dicolare all'ago, il quale quando l'ago sia libero giunge colle sue estremità a piccola distanza del cerchio diviso. — 2:57 — L' ago può essere sollevato dal pernio e tenuto sospeso mediante un sistema di leve che movesi volgendo in un senso o nell' altro una vite applicata esternamente alle pareti della custodia. La bussola è differenziale e quindi a due circuiti ; di questi io adoperai sempre uno solo parendomi di ot- tenere così la sensibilità opportuna. Mi valsi nella graduazione della bussola della de- composizione dell' acqua. Parecchi autori preferiscono V uso del solfato di ra- me nella graduazione dei reometri e ciò può essere in fatto opportuno, allorché, trattandosi di determinare il coefficiente costante d' una bussola dei seni o delle tan- genti, possa bastare alF uopo un numero non grande di osservazioni. Ma quando, come nel mio caso, trattisi di graduare una bussola, per la quale non si conosce la legge che lega le intensità alle deviazioni, il sistema deir elettrolisi del solfato di rame riesce assai inoppor- tuno perchè occorre un numero grande di osservazioni e ognuna di queste porta con sé una pesata. Mi attenni perciò al metodo più comune delPelettrolisi dell'acqua. Descriverò ora il metodo seguito nella graduazione. Due 0 più coppie Bunsen erano la sorgente elet- trica, di cui mi valeva. Appena caricate le coppie non si faceva alcuna determinazione. Si lasciava passar la corrente per qualche tempo attraverso le coppie e il voltametro prima di cominciare a raccogliere Fidrogeno nella provetta. Si ebbero le seguenti precauzioni rispetto al volta- metro. Non si raccolse nel voltametro che un solo gas, cioè r idrogeno. — 238 - L'' acqua acidulata fu cangiata frequentemente, per- chè formandosi in essa dell' acqua sopraossigenata e potendo questa, come risulta dalle fatte osservazioni, recarsi all' elettrodo negativo ed ivi ricomporre acqua con r idrogeno sviluppato (1) ; si ha in ciò una causa di diminuzione del volume di idrogeno che importa di eli- minare. Tale causa di diminuzione delF idrogeno opera, a quanto pare dalle fatte esperienze, tanto meno intensa- mente quanto è maggiore ciò che da molti fisici tede- schi chmma.sì densità della corrente [Dichtigkeìt des Stro- mes) (2) suir elettrodo negativo , vale a dire quant' è maggiore il rapporto fra V intensità della corrente e la superficie di queir elettrodo. Affine di aumentare quant'era possibile il detto rap- porto, ridussi piccolissima la supcrfi.cie deir elettrodo. Rivestii perciò con un tubetto di vetro il filo di platino del voltametro, che corrispondeva alF elettrodo negati- vo, empii di mastice sciolto nelF etere T intervallo fra il filo di platino e il tubetto e lasciai scoperta soltanto la punta. L' idrogeno si raccoglieva in una provetta divisa in centimetri cubici. Il diametro della provetta era tale che prossimamente le divisioni avevano la distanza di 1 cent. Non mi appagai delle divisioni tracciate sulla provetta, ma determinai con cura la capacità delle sin- gole divisioni, empiendo di mercurio la provetta fino ad una data divisione, osservando con un catotometro se si avesse la perfetta coincidenza del mercurio con quel- li) Wiedoiiiaiin, Die Lclirc vnm fliclraiìisiiiits, 1. p. -291. •2 Wi(Mloin;mii. iliid. — 239 — la divisione dopo aver disposto verticalmeiite la provet- ta con r aiuto d' un piombino, e quando questa coinci- denza fosse raggiunta, pesando la provetta col mercu- rio contenutovi. Così, con una osservazione ed una pe- sata per ogni divisione potei ottenere la capacità degli spazi compresi fra le singole divisioni. La provetta fu poi applicata al voltametro tenendola alquanto sollevata dal fondo mediante un anello di se- vero che la circondava e che si appoggiava alla tra- versa di legno sostenuta dalle pareti. Così potevasi so- stenere la provetta ad una altezza opportuna. Ad una determinata divisione della provetta si era tracciato un segno con mastice rosso^ Si fece in modo che questo segno si trovasse sempre all' altezza del li- vello del liquido e ciò per facilitare le correzioni. Il catetometro, mediante il quale si facevano le let- ture, era situato alla drstanza di Incirca. Per togliere quant' era possibile la incertezza che accompagna sempre queste letture, procedetti nel mo- do seguente : Guardando alla provetta col cannocchiale del cate- tometro, che era astronomico, si vedeva alzarsi il livello del liquido verso 1' una o F altra delle divisioni di mano in mano che V elettrolisi procedeva ; e precisamente vedovasi venir prima a contatto di una divisione la li- nea curva inferiore del menisco concavo, poi Torlo su- periore orizzontale. Quest' ultimo apparisce il piìi delle volte irregolare perchè alle pareti della provetta aderiscono delle bolle di idrogeno : perciò determinai di attenermi alla linea curva, che giungeva per prima a toccare la divisione osservata. — 210 — Non si tenne inai conto del gas svolto nel primo pe- riodo, che raccoglievasi nello spazio della provetta com- preso fra il capo superiore di essa e la prima divisione. Si cominciava sempre a contare dalla coincidenza della det- ta curva con una divisione, il piiì delle volte con la pri- ma, e si terminava V esperienza osservando la coinci- denza medesima con un'altra divisione. Così procedendo per differenze e mantenendosi prossimamente eguali le condizioni dell' esperienza e la forma della curva si po- teva ammettere che il gas svoltosi fra due osservazioni avesse volume eguale a quello dello spazio compreso fra le due divisioni corrispondenti. Il volume del gas, che si lascifiva svolgere nella pro- vetta in ciascuna esperienza, variava a seconda delle circostanze e in particolare a seconda della corrente. Il tempo veniva misurato mediante un buon cronometro a secondi. Dalle osservazioni fatte col catetometro ave vasi il volume dell'idrogeno svolto nel tempo compreso fra le due osservazioni medesime, ma conveniva apportarvi parecchie correzioni. Per ottenere il volume a 0*^ e sotto la pressione di 760"'" dell' idrogeno svoltosi, il cui vo- lume direttamente osservato era V, si faceva uso della formola seguente : _ ViR-h-n 0— 760(1 +«0 * Il volume V veniva dato dalla capacità dello spazio compreso fra le due divisioni osservate. H era la pres- sione atmosferica osservata durante l'esperienza espres- sa in millimetri e ridotta alla temperatura di 0"; t in- dica la temperatura dell'esperienza, a il coefficiente - Uì - ^^^ di dilatazione dei ga.-^, // V altezza in millimetri di una colonna di mercurio equivalente a quella di acqua aci- dulata che al momento della seconda lettura sta fra la divisione osservata e il livello estremo del liquido nel voltametro. Finalmente / rappresenta la tensione del vapor acqueo nella provetta. Ho creduto di dover fare quest' ultima correzione perchè non si può ammet- tere che l'idrogeno attraversi tutto il liquido interposto fra r elettrodo e lo spazio, dove esso si raccoglie, senza portare con sé del vapore acqueo : anzi parmi si possa ammettere che quello spazio debba venir saturato. È ben vero che la presenza dell' acido solforico nel liquido deve scemar la tensione, ma questa deve tuttavia re- stare considerevole, perchè la proporzione di acido sol- forico che si adopera nell' acqua acidulata del voltame- tro è d' ordinario assai piccola, e tale era in particolare nel mio caso. A determinare la tensione massima del vapore ac- queo alla temperatura delle esperienze potevasi ricor- rere ad una esperienza diretta introducendo nel vuoto barometrico una opportuna quantità della soluzione d'acido solforico adoperata, oppure poteva servirmi di una soluzione corrispondente ad una di quelle prepa- rate dal Regnault nei suoi studii "di igrometria (1) e giovarmi delle tabelle delle tensioni del vapor acqueo date per queste soluzioni dal celebre fisico. Non potendo io sperare di raggiungere con una esperienza diretta V esattezza ottenuta dal Regnault , ►■ m'attenni al secondo partito. Preparai quindi una soluzione di acido solforico avente la formula (!) Aìin. rieefiimie pf p/n/s. '3.» serie. T. XV, p. (52. Serie ir, Tamo II. 31 — 242 — SO, + 18 H5O, che è appunto la meno concentrata fra quelle adope- rate da Reguault. Il rapporto fra la massima tensione del vapore acqueo prodotto da questa soluzione e quella del vapore prodotto in pari condizioni dall'acqua pura è 0,84 air incirca intorno a 15^. Per la soluzione da me adoperata intorno alla tem- peratura di IB*^ questa correzione riduceva i volumi in ,. 17 . ragione di jr-— circa. I volumi ottenuti mediante la detta formula veni- vano moltiplicati per V? affine di avere il volume del gas tonante corrispondente all'idrogeno svolto e veni- vano pur divisi per il tempo espresso in minuti primi. Mediante la contemporanea osservazione della bus- sola si potè costruire una tabella delle intensità cor- rispondenti alle deviazioni osservate. Naturalmente la corrente non si manteneva sem- pre immutata nelF intervallo fra l'una e l'altra osser- vazione, ma usando coppie Bunsen con le avvertenze accennate, queste variazioni erano ridotte a piccolissi- ma cosa. Queste intensità e queste deviazioni furono costruite graficamente sopra carta reticolata ; le deviazioni lun- go Tasse delle ascisse, le intensità mediante ordinate. Si condusse di poi una curva continua la quale le- gasse i vari punti fra loro 0 ne seguisse almeno l'an- damento. Questa curva serviva a dare le intensità da O'^ fino a • 60". Lungo Tasse delle ascisse un grado era rappresen- tato da un centimetro: lungo le ordinate le intensità erano rappresentate in modo che per ottenerlo dulia — 243 — curva ì)astava dividere per 5000 Tordiuata corrispon- dente alla deviazione osservata, espressa in decimi di millimetro. Ne segue che l'unità di corrente era rap- presentata da 50 centimetri. e) Determinazione delle forze elettromotrici. La tavola VII rappresenta nel suo complesso Fappa- recchio adoperato per la misura delle forze elettromo- trici. Questo apparecchio si conforma allo schema della fig. 53, tav. VI. F è la coppia compensante, cioè quella che serve ad annullare la corrente nelFaltra coppia, della quale si vuol determinare la forza elettromotrice. Nella ta- vola è rappresentata una coppia Grove, la quale può opportunamente servire in più casi. Nella parte del sistema di reofori, la quale spetta alla coppia F ed è compresa fra i due nodi a e |3, è inserito un comune reostato a rocchetti S^, che non è quello verificato con apposite esperienze, di cui si fece parola più sopra. Indicheremo ancora con r/la resistenza complessiva di questo tratto di circuito «FS^B. Mediante il reosta- to S^ questa resistenza r^ può variarsi entro limiti molto estesi, perchè i rocchetti contenuti nel reostato S^ sono eguali in numero e prossimamente anche nelle resi- stenze a quelli del reostato già descritto. Il tratto trasversale r^ non contiene alcuna coppia ; esso comprende invece la bussola , il reostato a roc- chetti ed il reocordo ; i suoi punti estremi sono i due nodi a e (3. La bussola B è quella poc'anzi descritta: dai tor- — 244 — duetti, a cui mettono i due capi del tìlo avvolto intor- no al telajo, partono due fili, che vanno ai bicchierini a ed 0. La resistenza della bussola deve essere conosciuta, come tutte quelle comprese nel tratto r^. Io la deter- minai confrontandola con i due cannelli 1.° e 2/' Dal pri- mo confronto trovai 0,17745 • dal secondo 0,17760 in media 0,17752 Ridotta a 0*^, facendo uso del coefficiente 0,00368 relativo al rame, questa resistenza sarebbe 0,1689 . Il reostato S è quello preparato con le esperienze de- scritte. Suir orlo della cassa di legno che lo contiene sono disposti 13 bicchierini di mercurio, quanti ne oc- correvano per gli 11 rocchetti adoperati. I varj rocchetti s' introducevano nel circuito levando i pezzi di filo di rame piegati ad U che si ti^ovavano disposti a cavalcio- ni di due bicchierini contigui. Il bicchierino |3 spettante al reocordo era uno dei nodi del sistema. Il terzo tratto del sistema, cioè anXmt s^, comprende la coppia X da compensarsi ed il galvano- metro sensibilissimo G che fa semplicemepte V ufficio di reoscopio. Per facilitare la sostituzione di una coppia all'altra, si fece che anche i poli della coppia X mettessero per mezzo di opportuni fili aggiunti in due bicchierini m n pieni di mercurio. Quanto ai due bicchierini s t applicati al galvano- metro, essi servivano, come già si è detto, a stabilire e togliere facilmente un filo di derivazione, i cui capi si immergevano in essi. — 245 — Per ottonerò la compcusazione ora d'uopo aver sem- pre r avvertenza che la forza elettromotrice della cop- pia F fosse mag-giore di quella della X, il che si poteva sempre ottenere servendosi anche air uopo di piiì cop- pie, e che nel hicchierino a, come pure in (3, fossero immersi i fili provenienti dai poli dello stesso nome del- le due coppie. Per assicurare poi la possibilità di ottenere la com- pensazione col descritto apparecchio in tali condizioni da poterne dedurre il valore delle forze elettromotrici e precisamente in condizioni favorevoli air esattezza, oc- correva avere qualche speciale avvertenza. Era d' uopo cioè fare in modo che r^ non superasse il limite asse- gnato dalla somma dei rocchetti verificati, e che le devia- zioni non eccedessero i limiti della fatta graduazione. Anzi poiché per le deviazioni maggiori la curva facen- dosi più sentita dava minori garanzie d' esattezza, bi- sog'nava cercare di non eccedere la deviazione di SO** air incirca. Mediante un grossolano tentativo io mi era già as- sicurato, che le determinazioni in tali condizioni erano possibili. Per aver poi i valori opportuni di r^ e della intensi- tà Io nel tratto r,, io mi serviva del reostato S, per inti'odurre una resistenza opportuna nel tratto r^. Nella massima parte dei casi il valore della forza elettromo- trice X è prossimamente noto prima delP esperienze, e noto è pure con una grossolana approssimazione il rap- porto F n+7'2 w =: — ' — = «i X r„ — 24G — Da questa relazione, che risulta dai soliti calcoli, si de- duce r^ = (m — 1) 7\ . Se noi sostituiamo qui dentro un certo valore di r^ che riesca opportuno nell'esperienze, avremo il valore di o\, cioè la resistenza che prima d'incominciare le espe- rienze va introdotta nel reoforo a ¥S^ |3 servendosi del reostato S^. La resistenza o\ non si può prendere arbi- trariamente, ma deve esser tale, che sostituita nella I -^ dia un valore di I^ che corrisponda ad una deviazione opportuna della bussola. Io cercai sempre che questa deviazione non eccedesse i 30^^. Poche esperienze bastarono a far conoscere entro quali limiti poteva ne'varj casi esser compreso r^ perchè le determinazioni venissero fatte in condizioni opportu- ne. Ottenute mediante questi tentativi le norme pratiche generali piìi necessarie, si potè cominciare ad eseguire la misura delle forze elettromotrici delle singole coppie. A tal uopo si procedeva così : Si disponeva V appa- recchio nel modo indicato dalla tavola VII, senonchè né il filo s^, né il filo vw^ non erano immersi con le loro punte nel bicchierino j3. Introducevasi innanzi tutto nel tratto ì\ una resi- stenza comprosa entro i limiti dovuti; dopo di che la punta del filo vwp immergevasi nel bicchierino (3. Allora passava una corrente dovuta alla coppia F attraverso il circuito F S^ (3 R S B a F e la bussola indicava questa corrente con una data deviazione. Introducendo il va- lore di r, nella — 247 — r - -Ti- * m— 1 si poteva averne un valore approssimato di r^_. Questo valore si introduceva mediante il reostato S. Ciò fatto la corrente che attraversava la bussola veniva dimi- nuita e si avvicinava a quel valore I^ che essa doveva assumere al momento della compensazione. Applicato il filo di derivazione al galvanometro, si immergeva allora la punta del filo 5j3 nel bicchierino |3 per un breve istante soltanto. Il senso della deviazione dell' ago del galvanometro bastava ad indicare se la resistenza r^ doveva venir aumentata o diminuita. Si faceva il mutamento indicato, indi un altro tentativo immergendo la punta del filo nello stesso bicchieri- no. Quando si vedeva l'ago prossimamente vicino allo zero, si toglieva il filo di derivazione e si ripetevan le prove. Ottenuto che 1' ago restasse a 0 anche senza filo di derivazione e con la punta del filo s^ immersa nel mercurio in (3, si leggeva V angolo indicato dalla bussola, e si teneva conto delle resistenze opposte dal reostato e dal reocordo. È a notarsi che la lettura della deviazione della bus- sola al momento della compensazione non presenta con questo metodo nessuna difficoltà. Di fatto essendo sen- sibilissimo il galvanometro, le correnti che s'introdu- cono in f'j, quando la compensazione non è ragg-iunta, ma non è lontana, sono tanto tenui, che il valore di Ij il quale ne dipende per la relazione T _ X—I^rg non soff"re sensibile mutamento. Ne segue che, quando — 248 — siasi colto il momento della compensazione, si può leg- gere immediatamente e senza difficoltà V angolo che dà I5, perchè V ago non è menomamente agitato. Ottenuto in tal modo un valore di X per una data coppia, si poteva, per ottenerne un altro in condizioni alquanto diverse, variare r^ di una certa quantità. Que- sto mutamento di r^ portava con sé un mutamento di o\ nel senso medesimo, e un mutamento di Ij in senso opposto. Così per una medesima coppia si potevano avere più determinazioni successive, il che aveva par- ticolare importanza per togliere così l'influenza di quei piccoli errori, clic potevano derivare da qualche imper- fezione della curva di graduazione della bussola. Le correnti che in tutte le fatte esperienze attra- versarono la bu-ssola, corrispondendo a deviazioni infe- riori a 30°, non eccedevano il valore 0,15 espresso nella indicata unità. Esse erano così tenui da non temerne, riscaldamento sensibile nei fili attraversati. La tempe- ratura, alla quale furono fatte le esperienze, venne sem- pre registrata, ed eccetto il caso di piccola differenza fra essa e quella per la quale erano state valutate le resistenze del reostato, si praticò la correzione relativa. Le prime determinazioni di forza elettromotrice ven- nero fatte, a dir vero, con poca sollecitudine. Il maneg- gio del reostato e del reocordo richiede un po' di tempo perchè si acquisti la necessaria franchezza, ma, allorché questa sin raggiunta, le esperienze si possono eseguire con tanta sollecitudine con quanta si può farle con un reostato a cilindri. Mi resterebbe ora a dire del modo con cui furono misurate le resistenze interne. I metodi adoperati furo- no gin descritti in quesfa piirte del lavoro n pag. 510. — 240 — Per il pi'imo metodo, fu adoperata la bussola B, e il reostato S, sui quali si ò detto abbastanza. Quanto al secondo metodo che è quello di Bectz, mi servii per metterlo in pratica dell'apparecchio stesso usato per le forze elettromotrici e rappresentato nella ta- vola, senonchè esclusi la bussola dal circuito congiun- gendo i due bicchierini a edo con un grosso filo. Inoltre anziché tenere imm^erso il capo del filo vw^ nel bicchie- re |3, avendolo legato al filo s^ senza che però vi fosse contatto fra essi, io li immergeva ad un tempo e per brevissimi istanti nel bicchierino, sicché anche attra- verso la coppia F la corrente passava solo per breve tempo durante le immersioni del filo. La coppia, di cui si voleva determinare la resistenza, doveva appunto venir collocata nel posto della coppia F. Ottenuta con alcuni tentativi la compensazione, adot- tando le solite notazioni, si aveva X r. F ri-\-r^ Ciò fatto s'aggiungeva ad ì\ una data resistenza a; ne conseguiva che per ottenere la compensazione bi- sognava aumentare anche n d'una certa quantità ì e si aveva con una seconda esperienza X _ r,-f5 Combinando queste due equazioni nella supposizio- ne che atteso il breve tempo, in cui poteva passar la corrente attraverso le coppie, il rapporto -^ non sia mutato, si ha Serie lf\ Te. Pogg. Aun. CXXXIII, p. 462. So ciò fos^^o. ri ;i vviciiieremmo di molto alle condizioni della IL serio dello mie esperienze. Quanto ai dne ri- sultati 12,046 e 12,07 non si potrebbe desiderare con- cordanza maggiore. Passiamo ora in rivista alcuni risultati trovati da altri sperimentatori citati dal Waltenhofen medesimo. Quasi tutti questi risultati essendo stati ottenuti prendendo a base delle esperienze e dei calcoli altre unità di corrente e di resistenza, ne risulta non poca incertezza nelle riduzioni. Questa incertezza dipende in ispecie dalle unità di resistenza, poiché spesso le unità adottate arbitraria- mente dai varj sperimentatori non sono definite con precisione, sicché sono considerevoli gli errori che si possono commettere nelle riduzioni. S^ aggiunga che le determinazioni delle resistenze relative dei varj metalli fatte dai varj fisici differiscono n()tevolmente le une dalle altre, come si può convin- cersi ponendo a confronto i risultati ottenuti dal Pouil- let, dal Becquerel, dal Lenz, dal Matthiessen, dal Wie- demann, dall' Arndtsen e dal Siemens (1). Le determinazioni seguenti della forza elettromotri- ce della Danieli sono scelte fra quelle che presentano minori incertezze nelle riduzioni. Il Butf (2) prese per unità di forza elettromotrice quella di una coppia, la cui corrente in un cinuiito avente ur)a resistenza eguale a quella di 1~) centim. di pakfong (Neìisilher) del diametro di l'"'",5 e conduci- dì Vedi Wieilemanii, Die Lehre etc. I, p. 180, 181 dove questi risultati sono raccolti. i2) Pofrg. 4inì. T. LXXIII, òcric ir, Tiimn //. S:} — 258 — bilità specifica eguale ad di quella dell'argento puro svolgesse 21'=% 0 8 di idrogeno in un minuto primo, cioè 31",62 di gas tonante. Ammettendo che la conducibilità dell' argento puro sia 60 volte quella del mercurio, in conformità al risul- tato ottenuto dal Matthiessen e al medio di quelli tro- vati dal Siemens e dall' Arndtsen (56,25 e 64,38), l'unità di resistenza del Buff espressa in unità Siemens ha il valore 0,75 -^ Mi n5^s 12,4 • 4 • ^^'^^ =30,0877 Quindi r unità di forza elettromotrice da lui adottata espressa nella nostra unità ha il valore 31,62X0,087 = 2,773 . Il Bufi" avendo trovato per la Danieli 4,207, questo valore corrisponde a 11,67 delle nostre unità. Il Bosscha (1) sperimentò col mezzo di un campione di unità di resistenza paragonato antecedentemente con un altro, il cui valore era stato determinato in mi- sura assoluta elettromagnetica da W. Weber. Egli trovò per la Danieli il valore 10258 . 10'— . sec. Ammettendo che 1' ohmad sia 1,049 della Siemens, come si è detto piiì sopra e che l'unità di corrente di (1) Poffpr. Antì. T. CI. — 259 — Weber sia 1,044 di quella di Jacobi, si ha che runitìi elettromagnetica di forza elettromotrice espressa nelle nostre unità ha il valore 1,0954 e quindi il valore dato da Bosscha per la forza elettro- motrice della Danieli è 11,24 . Questi due valori dati dal Buff e dal Bosscha sono ambedue inferiori al medio dato dal Waltenhofen e an- che a quello da me trovato nelle condizioni più comu- ni. Essi non eccedono però i limiti entro i quali stanno compresi i numeri da me trovati. Notisi che queste due determinazioni vennero ese- guite col metodo di Ohm. Il Kohlrausch (I) col metodo stesso da me adope- rato, prendendo per unità di resistenza la Siemens e per unità di corrente quella di Weber, trovò il numero 11,71 che ridotto nelle unità da me adoperate diventa 12,22, cioè bene si accorda coi risultati surriferiti. Il Poggendorff prese per unità di forza elettromo- trice quella di una coppia, la cui corrente in un circuito avente la resistenza stessa di un pollice parigino di filo di pakfong, che pesa 0, s*"- 04033 sotto la tensione di chil. 1,6, sviluppa 14*=c,222 di gas tonante al minuto. 11 peso specifico del pakfong è dato dal Beetz eguale ad 8,689 : ne verrebbe che il diametro del filo sarebbe 0™™,467. La resistenza specifica del packfong è incer- tissima, assumendo quella data dal Siemens che è ^j^ (1) Pogg-. 4nn. T. CXLI, p. 456. — 2u0 — rispetto al mercurio si trova che vjuuila unità di resi- stenza è 0,03846 della Siemens, e che la unità di forza elettromotrice ò 0,5427 di quella da me adottata. Poiché il Poggendorif trovò per la Danieli 18.8, questo valore corrisponde a 18,8X0,5427 = 10,20 delle mie unità. Questo valore si discosta molto dai valori da me tro- vati, ma r incertezza della riduzione è sì grande che poco valore si può attribuire al numero trovato. Siccome difficoltà eguali e maggiori s' incontrano nella riduzione dei risultati dell' esperienze di Beetz, di Regnauld e d' altri, credo superfluo V occuparmene. Riferisco però alcuni dati comparativi ottenuti dal Pog- gendorff e da altri, relativamente, in ispecie, air in- fluenza del liquido, in cui sta immerso lo zinco. Esperienze di Poggendorff (1) {Metodo di Ohm) Acqua acidulata nelle proporzioni Fomeietiron». 1 a 4 in peso 1. — nelle proporzioni. 1 a 12 0,900 Esperienze di Joule (2) Acqua acidulata con acido solforico . . . 1. — « ^salata 1,0(5 (1) Poggr. Ann. T. LUI, p. 345. (2) Pidl. Ma(j. T. XX n', p. 112. — 261 — Esperienze di Svanberg (1) Acqua acidulata con acido solforico . . . 1. — » leggerissimamente acidulati. , . . 0,96 Soluzione diluita di solfato di j^inco . . . 0,955 [ Es2)ei'ienze di Pah- anche fsky (2) (Metodo di Fechner) Acqua acidulata con acido solforico (1 a 25 in volume) e zinco amalgamato 1. — idem con zinco non amalgamato. . . 0,93 Acqua salata e zinco amalgamato . . . 1,05 » » » » non amalg. . . . 1,01 Altre esperienze dello stesso Soluzione mediocremente concentrata di solfato di zinco 1. — Soluzione concentrata di solfato di zinco mista ad egual volume di acqua . . . 1,01 Soluzione di solfato di zinco molto diluita 1,02 Dal complesso delle determinazioni della forza elet- tromotrice della Danieli qui riferite parmi che si possa concludere non aver essa un valore preciso e costante come si richiederebbe in una quantità, alla quale sic- come unità di misura la massima parte dei fisici ha riferito le forze elettromotrici delle altre coppie. (1) Pogg. Ahìì. T». LXXIII, p. 290. (2) Bullelin de S.t Petersbourf/, T. XV, jj. 336 202 2. COPPIA MINOTTO. Dimensioni. Diametro del vaso 0,16, diametro del disco di rame 0,14, idem del disco di zinco 0,12. ìN. rs a h X Medio Osservazioni 1 303,25 11''30' 0,0356 10,79 Le prime quattro espe- o 513,24 7° 15' 0,0216 LI, 08 10,95 rienze furono fatte l'una 3 484,0 7''42'' 0,0230 11,03 dopo r altra 3 ore dopo 4 420,05 8HÒ' 0,0260 10,92 aver caricata la coppia. 5 437,55 8"58' 0,0268 11,73 11,82 Dopo la 4. a esperienza 6 416,53 9"24' 0,0286 11,91 si lasciò a circuito aper- 7 355,21 10"3r 0.0324 11,60 to la coppia: 4 o:iorni do- 8 123,19 22^38' 0,0095 11,69 11,64 po si fecero la 5.ae la 6.» Resistenza della Mino ito l.** deterniinaz. col 3." oietodo 2." » col 1." » 3.* » ?> » » . 4.* » » » » 5.* » » » » G.* » » » » 2,51 2,29 2,10 2,13 2,17 2,21 mentai, aveva La coppia Minotto, sulla quale io speri resistenza assai piccola rispetto a quella delle coppie adottate nella telegrafia. Anche nel caso di un solo cen- timetro di sabbia trovo indicata per queste la resistenza di 10 ad 11 unità Siemens. L' avere io trovato un valore assai minore, del quale mi sono accertato con molte esperienze, deve dipendere dalle dimensioni adottate e pi-obabilmentc anche dalla sabbia, che talvolta coli' an- dar (h)l tempo lorina delle incrostazioni molto resistititi. — 2G3 — Quella che io adoperai, era stata ac^curataraente depu- rata mediante acidx) solforico diluito e poi ripetutamen- te lavata. Non eseguii gran numero di esperienze con questa coppia per determinare la forza elettromotrice perchè essa fu già studiata da molti e perchè la sua forza elet- tromotrice deve essere manifestamente assai prossima a quella della Danieli. Dal primo al secondo gruppo delle riferite' esperienze scorgesi un notevole aumento di forza elettromotrice, dal secondo al terzo una pic- cola diminuzione. Di qui scorgesi già T attitudine di questa coppia a mantenersi inalterata anche a circuito aperto, il che in molte applicazioni è importante- Quanto alla resistenza, a me pare che una coppia di questa specie, la quale abbia resistenza eguale a quella della coppia da me adoperata, presenti sufficien- te ostacolo alla diffusione dei due liquidi perchè essa conservi le volute proprietà della costanza, della durata e deir economia e non abbia poi nell' eccessiva resi- stenza il difetto, che si attribuisce alle coppie Minotto. 204 — 3. COPPIA CALLAUD. Zinco: altezza cent. 5, diam. cent. 8; striscia di rame alta 1 cent., lun- ffa ceut. 15: essa distava 6 cent. dalTorlo inferiore dello zinco. N. r„ a l'i X Medio Osservazioni 1 449,34 8"3r 0,0254 11,40 Le esperienze T, 3, 4 *) 405,08 9"20' 0,0280 11,30 11,28 furono eseg'uite un gior- 3 315,13 11"24' 0,0354 11,15 no dopo aver preparata la coppia e prima che passasse corrente. 4 5 308,0 309,11 11°28' ir 24' 0,0359 0,0354 11,05 10,94 11,00 Dopo la 3. a esp. la cop- pia fu lasciata a circuito chiuso con minima resi- stenza: subito dopo si 6 251,05 13"4(/ 10,0453 11,37 11,45 fecero le 4 e 5. 7 208,0 15M5' 0,0554 11,52 Dopo la 5 a esp. la cop- pia si lasciò a circuito 8 507 7M1' 0,0230 11,62 11,50 aperto e 3 g-iorni dopo si fecero le 6-7. Indi a cir- 9 437,3 8M5' 0,02(30 11,37 cuito aperto : le 8 e 9 un mese dopo aver caricata la coppia. Resistenza della Callaud determinata col 3 « metodo 1.» determinazioQe 4,17 2 a yy 4,46, medio 4,31 aa » .'."'...• 4,39 La coppia adoperata> nelle precedenti esperienze mi fa somministrata dall' uflicio telegrafico e fa caricata nel modo solito ad usarsi in queir ufficio. Collocato il cilindro cavo di zinco sul risalto formato dal vaso e fatta entrare nel vaso la striscia di rame spettante alla coppia successiva in modo che stia alcani centimetri sotto la strozzatura, si comincia dal versare deir acqua pura in modo da empire tutta la porzion-' inferiore. Ciò fatto, mediante un imbato a lunga canna, — 205 — si fa discendere sul fondo una soluzione concentrata di solfato di rame. Procedendo lentamente e con cura, si fa in modo che questa soluzione formi uno strato orizzontale, che va continuamente elevandosi e solleva continuamente V acqua pura. In tal modo s' empie con la detta soluzione la parte del vaso che sta sotto la stroz- zatura fino ad un centimetro circa da questa. Non si fa uso di cristalli di solfato di rame ; solo quando la solu- zione ha perduto quasi interamente il suo colore, si to- glie deir acqua dal di sopra con una siringa e si ag- giunge altrettanta soluzione concentrata^ coli' imbuto già adoperato. Le esperienze precedenti, in ispecie le 8-9, mostrano come la coppia possa bene conservarsi a circuito aperto, il che è molto importante nella telegrafia. 4. COPPIA SIEMENS. N. ^1 a I. X Medio! Osservazioni 1 2 3 4 5 6 291,45 273,72 349,06 331,97 320,55 257,8 12042' 13°2r IP 1P30' 11054' 14«6' 0,0406 0,0439 0,0335 0,0356 0,0374 0,0472 11,92 12,02 11,69 11,82 11,99 12,16 11,97 11,75 12,07 Carica da un giorno e lasciata a circuito aper- to ; indi le 1-2. Dopo la 2. a si lasciò la coppia per 11» a circui- to chiuso con resiste nza esterna eguale a 6,5: in- di le 3-4. Dopo la 4.a la coppia restò per 5 giorni a cir- cuito aperto: indi le 5-G. Resistenza della coppia Siemens 3." metodo 1.^ determinazione t>.» » . . • :i» » 4.' » ....'... Serie 1T\ Tomo II. 6,15 5,78 6,05 5,82 34 5,95 -^ 26G — La coppia, su cui si sperimentò, fa caricata nel uiodo prescritto da Siemens. Lo zinco non fu amalgamato. L'acqua, che lo circondava, fu leggermente acidulata con poche goccie d' acido solforico. Confrontando il primo gruppo di esperienze col secon- do, scorgiamo una piccola diminuzione, la quale sembra effetto del passaggio della corrente precedentemente avvenuto. Il terzo gruppo mostra come la coppia si conserva bene a circuito aperto. 5. COPPIA MEIDINGER i jN. 1 ^1 a h X Medio Osservazioni 129,28 22° 12' 0,0923 11,92 Le esperienze 1-4 fu- 2 271,64 17«54' 0,0426 11,57 11,94 rono eseguite appena ca- 3 181,94 13"6' 0,0666 12.12 ricata la coppia. 4 78,02 29°27' 0,1556 12,14 5 115,29 23°59' 0,1046 12,06 12,06 Dopo la 4. a esper. si lasciò per 48 ore la cop- pia a circuito aperto : in- di si fece la 5.a. 6 112,48 24''9' 0,106 11,92 11,92 Dopo la 5. a si lasciò 1 la coppia a circuito chiu- ' 1 so per 10' con resistenza 1 esterna quasi nulla. In- 1 di si fece la G.» Resistenza della coppia Meidinger. 3." metodo 1.^ determinazione 5,84 2.» » 6,64 medio 6,24 Le esperienze precedenti furono eseguite con una coppia costi uita secondo il |)rim(» luodollo ihA l\rei(liu- — 207 — ger, vaio a dire con i cristalli collocati entro un tubo centrale. Il liquido che dovea empire la massima parte del vaso e dovea circondare lo zinco, era composto così: solfato di magnesia 1 acqua 1^ Si ebbe sempre cura di non agitare la coppia. Le esperienze mostrano come la forza elettromotrice di questa coppia sia assai prossima a quella della Da- nieli. Il Dehms trovò per una coppia di questa specie, posta in azione in una linea telegrafica, essere la for- za elettromotrice 0,92 di quella della Danieli, il che, se si ammette che quest' ultima sia 12, darebbe un valore alquanto inferiore al mio. Le esperienze mostrano ancora come la Meidinger conservi bene la sua forza elettromotrice, sia a circuito aperto come a circuito chiuso. Simili risultati ebbe il Dehms. Quanto alla resistenza, il Dehms per una coppia egua- le alla mia, la trovò variabile fra 3,6 e 5 unità Siemens, alquanto inferiore dunque al mio risultato, ma proba- bilmente la soluzione di solfato di magnesia si trovava nel suo caso in condizioni alquanto diverse, perchè ne- gli uftìcj telegrafici si suole caricar queste coppie col liquido delle coppie già esauste depurato antecedente- mente dallo zinco e dal rame clic vi fossero contenuti, e il Dehms per lo scopo speciale delle sue ricerche studiò di porsi sempre nelle condizioni ordinarie delle coppie telegrafiche. Per la coppia costruita secondo il modello badese, di cui si parlò nella II parte, il Dehms trovò una resi- 26S — sttmzu molto maggiore, variabile fra 8 e 12. In inedia egli stima eguale a 9 la resistenza di questo elemento. 6. COPPIA MARIE DAVY. Zinco alto 0,07, diametro 0,054. Carbone largo 0,02, grosso 0,012. N. Medio Osservazioni 465,72 180,33 254,35 115,99 210,77 208,77 163,10 107,15 209,68 175,22 357,34 219,18 115,59 219,18 321,42 424,02 11M2' 22^6' 18''5' 27«36' 19M8' 19°54' 23°2r 28°33' 19''33' 2r5r 13°32' 18M0' 26"42' 18»34' 11°30' 0,0364116,99 0,0916 0,0676 0,1362 0,0775 0,0779 0,0501 0,1458 0,0759 0,0599 0,0447 0.0706 0,1276 0,0703 0,0481 0,0360 16.52 17,19 15,80 16,33 16,26 16,34 15,61 15,93 15,74 15,97 15,47 14,71 15,41 15,46 15,26 16,9 16,13 16,34 15,76 15,97 15,26 Le tre prime espe- rienze furono fatte subi- to dopo caricata la cop' pia. Le esper. 4-6 furono eseguite dopo lo' di circuito chiuso con re- sistenza esterna quasi nulla. Dopo la 6.» la coppia restò per 24h a circuito aperto; indi la 7.» Otto giorni dopo la 7.» , si fece passar la corrente per 15' con minima re- sistenza esterna e si ese- guirono poi le 8-10. Dopo la 10. a la coppia rimase a circuito aperto. La 11 fu eseguita 32 giorni dopo aver caricata la Coppia. Le esperienze 12-16 furono eseguite 50 gior- ni dopo aver caricata la coppia, ciascuna dopo aver fatto passar la cor- rente per pochi istanti. Resistenza della Marie Davy 1.» determinazione 2,0-i 2." » 2,95 medio 2,9-i — 2G9 — La coppia Marié-Davy fu caricata con solfato di mercurio ed acqua nel vaso poroso ed acqua acidu- lata (1 : 15) all' esterno. In seguito non si fece che ag- giungere dell' acqua semplice, allorché occorreva. Le precedenti esperienze darebbero indizio di una pola- rizzazione per effetto della corrente: questa fu avver- tita anche dal Dehms, il quale trovò che la polarizza- zione comincia quando la corrente superi 0,012 per ogni centimetro quadrato nell'elettrodo negativo della coppia ed è notevolissima per correnti forti. La forza elettromotrice della coppia Marié-Davy vien data comunemente eguale ad 1,33 della Danieli, il che, assumendo per la Danieli il valore 12, darebbe 15,96, valore che s' accorda con quelli da me trovati. Il Dehms per una coppia attiva in una pila telegra- fica dà la forza elettromotrice eguale ad 1,25 della Da- nieli, vale a dire 15,00, al quale s'accosterebbe soltanto r ultimo dei valori da me trovati. La coppia di Marié-Davy ha delle ottime qualità: ha una forza elettromotrice considerevole, con una resi- stenza assai piccola, se badiamo 'alle dimensioni comu- nemente adottate. Di piìi essa ha una costanza note- vole, può conservarsi a lungo anche a circuito aperto ed ha un effetto produttivo, che, secondo il Dehms, giunge a 0,95 (1). Furono già accennati, nel dar la descrizione di que- sta coppia, i suoi pregi e i suoi difetti. Parlando di que- sti ultimi, si è detto che l'alimentazione di questa cop- pia ò costosa. Di fatto confrontiamola con un' altra cop- (1) Il Dehms chiama l'ffetto produttivo il rapporto fra il oonsumo utile e 41 consumo totale. — 270 — pia, per esempio con la Meidinger del primo modello, il cui effetto produttivo è 0,7 soltanto. Se questa coppia vien caricata, come avviene d'ordinario, con lOOs»" circa di solfato di rame, si potrebbe ottenere la precipita- zione di grammi 17,8 di rame, tenendo conto dell'effetto produttivo anzi detto. Una Marié-Davy invece caricata con 200 grammi di solfato di protossido di mercurio potrebbe servire a pre- cipitare 24,1 grammi di rame. Di qui si deduce che con 147,7 gr. di sale di mercurio si può ottenere lo stesso effetto che si ottiene con 100 gr. di solfato di rame nella Meidinger del primo modello. Siccome .poi il sale di mercurio costa a parità di peso almeno 7 volte di più del solfato di rame, vedesi che la spesa del consumo è per la Marié-Davy piiì che 10 volte maggiore. È a notarsi però che in questa il mercurio può venir raccolto e utilizzato per ridurlo novamente in solfato di mercurio, oppure depurato per destinarlo ad altri usi : e in fatti quando si tratti di applicazioni fatte su grandi proporzioni, si diminuisce così notevol- mente la spesa, ma in ogni altro caso la massima quan- tità del mercurio va perduta. — 271 — 7. COPPIA GROVE Zinco: larghezza 0,135, altezza 15: ripiegato ad U: platino: altezza, 14, larghezza 0,93. N. r. X dio Osservazioni 1 2 3 4 5 194,80 506,53 387,62 246,70 274,23 24°37' 12"5r 15"5r 2P15' 19°54^ 0,1096 0,0421 0,0559 0,086 0,078 21,35 21,32 21,67 21,27 21,36 21,39 6 261,94 19°5r 0,077 20,32 20,32 7 8 397,12 296,60 15°6' 18"29' 0,052 0,069 20,6 20,7 20,65 9 10 357,63 273,49 16»6' 19n2' 0,057 0,074 20,38 20,24 20,31 Queste cinque esper. furono fatte sollecita- mente una dopo l'altra, appena caricata la cop- pia. Dopo la 5. a si lasciò chiuso il circuito per 15' con resistenza esterna = 0,2: indi la 6.» Dopo la 6. a la coppia fu scomposta, e prepara- ta poi il giorno dopo con gli stessi liquidi : allora si fecero la 7. a e la 8.» Dopo la 8.3 si lasciò chiuso il circuito per 15 con resistenza esterna eguale a 0,2 , indi le 9-10. Resistenza della Grove. 3.0 metodo !.■ determinazione 2» » 3.» » 4.* » 0,70 0,53 0,64 0,83 0,61 0,73 Le determinazioni 1 e 2 furono fatte dopo la 5.^ esperienza, le 3 e 4 dopo la 10. La coppia con la quale si sperimentò era stata ca- ricata con acido nitrico, il cui peso specifico era 1,38, e con acqua acidulata nelle proporzioni 1 a 15 in voi (ime. — 272 — Le esperienze preced-^nti ci dicono : l.'' Che la forza elettromotrice delia Grò ve ha il suo massimo valore, allorché la coppia p appena preparata e non è passata ancora per essa alcuna corrente. 2.*^ Che il passaggio della corrente produce una modificazione notevole nella forza elettromotrice. •S.*"^ Che questa diminuzione deve dipendere in parte dall'alterazione sofferta dai liquidi e specialmente dall'a- cido nitrico, in parte, a quanto sembra, da una leggiera polarizzazione, la quale fu gìh. avvertita da Waltenho- fen '^1 . Queste deduzioni vengono fondate su ciò, che preparata la coppia novamente coi liquidi del giorno in- nanzi, prima che passasse la corrente si ebbe dalle 1 ed 8 il numero 20.65 inferiore a quello delle 1 a 5, e che facendo poi passar la corrente si ricadde nel numero 20,32 trovato nella 6.*. parimenti dopo il passaggio della corrente. Poche sono le determinazioni assolute di for- za elettromotrice che furono eseguite per la Grove. Il Kohlrausch (2), col metodo da me usato, trovò il va- lore 19,91 calcolato col prendere V unità di Siemens per la resi- stenza e quella elettromagnetica per la corrente. Esso equivale a 20,87 delle mie unità. È dunque abbastanza prossimo ai valo- ri da me trovati specialmente ai 7 ed 8, che si riferiscono alle condizioni più comuni. Del resto non si può stabi- lire un confronto rigoroso, perchè non trovo nella me- di Sitzungsber. der K. ylkad der tVns. in IFien T. XLIX. p 229. (2) Pogg. Ann. T. CXLI, p 456 moria del Kohlrausch alcuua iudicaziuLie ris-petto al grado di concentrazione dell" acido nitrico. Col metodo di Ohm, cioè durante il passaggio della corrente, il Kohlrausch trovò 19,09, vale a dire nelle mie unità 19.93. Gli altri valori determinati con cura che io conosco in quanto spetta alla Grove, sono riferiti alla forza elet- tromotrice della Danieli. Il Waltenhofen ;1; dice che la forza elettromotrice della Grove è assai prossimamente ' (^ di quella della Danieli, se si usa acido nitrico concentrato. In tali cou- dizioni io mi trovavo appunto nelle esperienze 1-5, tan- to più che ho sperimentato col metodo stesso del Wal- tenhofen. Prendendo al solito per la Danieli il valore 12, si avrebbe per la Grove 21,00, valore non molto discosto da quello da me trovato. Xeir altro suo lavoro, già piìi volte citato, il Wal- tenhofen trovò per la Grove il valor medio l.<37 rispetto alla Danieli, vale a dire 20.04. Il Beetz (2) trovò 1.707, cioè 20,4^ . Il Joule (3) trovò 1.87. cioè 22,44 . V Posrg. Ann. T. CXXXllI. p. 462. •2) rogar. Ann. T. XC. 3 Phiì. -Uug. T. XXIV. y. IH. Strie ir, Tomo II. — 274 — Leiiz e Saveljew (1) 1,92, cioè 23,04 . Regnauld (2) 1,73, cioè 20,76 . Del resto questi diversi risultati mal si possono pa- ragonare l'uno con l'altro, perchè v'ha anzi tutto in- certezza intorno alla forza elettromotrice della Danieli, la quale si prende per unità di misura ed è, come si è veduto, soggetta a notevoli variazioni, e inoltre da po- chi autori viene indicata la composizione dei liquidi adoperati. Che quest'ultima circostanza sia importante, lo mo- stra la seguente tabella dovuta al Poggendorff (3), che la ottenne usando il metodo di Ohm. Acqua acidul. (1:7 in voi.)- Acido nitrico fumante 21,74 1:7 id. - id. di peso specif. 1,33 20,14 1:22 » » » » 1,33 19,24 1:4 » » » » 1,19 18,70 1:22 » » » » 1,19 18,14 Solfato di zinco . . . » » » 1,33 18,60 Acqua salata . . . . » » » 1,33 21,18 I numeri riferiti in questa tabella sono stati calco- lati da quelli del Poggendorff che son riferiti alla Da- nieli, prendendo per questa il solito valore 12. (1) Buìletin de S.t Pelersbourg. T. V, p. 1. (2) Ann. de chiinie et p/njs. 3.» serie, T. LXIN', p. 4Ò3. (3} Po-ff. Ann. T. LUI, p. 345. — 275 8. COPPIA BUNSEN Zinco: alto 0,115, diametro 0,08. Carbone larg'o (1.115. groi^so 0,021 . I. N. ri a I. X Medio Osservazioni 1 889,95 le^e' 0,057 22,22 22,03 Le esper. 1-2 furono 2 481,08 ir40' 0,0454 21,84 eseg'uite appena prepa- rata la coppia. Dopo la 2.» esper. la 3 511,74 i2°4r 0,0408 20,87 20,92 coppia venne scomposta: 4 506,71 12M4' 0,0412 20,97 due giorni dopo fu pre- parata con gli stessi li- quidi e si fecero le 3-4. 5 513,84 12''24' 0,0396 20,34 Dopo la 4. a la c«ppia 6 510,53 12^30' 0,04 20,42 20,37 restò a circuito chiuso 7 508,94 12«3r 0,04 20,46 per 30 con resistenza esterna eguale a 10. 2 TU 11. N. X Medio Osservazioni 512,75 508,53 507,39 500,34 488,94 G 477,04 7 1 483,96 8 488,34 9 510,63 10 498,20 11 1509,89 12,488,84 13 447,7 14 458,8 15 486,93 16:454,51 12°59' 13''r 13''2' 13»22' 13°28' 13°30' 13n9' 13^18' 12°38' 12"55' 12«36' 13^ 13M6' 13"30 12°45' 13"27' 0,0422 0,0424 0,0425 0,0432 0,0423 0,0444 0,0438 0,0438 0,0407 0,0420 0,0405 0,0424 0,0478 0,0444 0,0412 0,0442 21,63 21,56 21,56 21,60 21,61 21,66 21,17 21,20 21,25 21,39 20,77 20,92 20,84 20,65 ^0 f>q 20,73, ^'^^ 20,49 20,36 20,02 20,07 20,42 20,04 Altra coppia, ma pre- parata con liquidi egua- li. Le esper. 1-5 furono eseguite appena prepa- rata la coppia. Dopo la 5.3 si lasciò a circuito aperto la coppia per 17h: indi le 6-8. Dopo la 8,a si lasMÒ a circuito aperto la coppia per 32h: la coppia era quindi carica da 2 gior- ni quando si fecero le 9 e 10. Poi per un altro giorno a circuito aperto. indi le 11-12. Dopo la 12 si lasciò la coppia a circuito aper- to : la coppia era carica da 6 giorni quando si fecero le 13-14. Poi di nuovo a cir- cuito aperto : era carica da 9 giorni quando si fecero le 15-16. Resistenza della Bunsen ].* determinazione . "^^ » . . . . medio . . . 0,71 dopo la 1." serie di esper. 0,73 0,72 Per un'altra coppia Bunsen preparata in modo eguale e di dimensioni eguali trovai col 2." metodo 0,64. La I serie d' esperienze mostra la influenza delFalte- razione dell" acido nitrico o del passaggio della corren- — 277 — te. L' acido nitrico adoperato aveva il peso specifico 1,38, l'acqua era acidiilata nelle proporzioni di 1 a 20 in volume. La II serie d' esperienze fu specialmente diretta ad indagare se la coppia Bunsen possa per qualche tempo conservare la propria forza elettromotrice anche a cir- cuito a])rrto ; la diminuzione totale avvenuta in 9 gior- ni fu dal 21,60 al 20,04. La Bunsen conserva dunque un valore abbastanza elevato della sua forza elettromotrice anche in tali con- dizioni. Si potrà osservare che le prime osservazioni delle due serie differiscono notevolmente fra loro ; le medie sono rispettivamente 22,03 e 21,60. Eppure i liquidi aveano eguale composizione, le coppie erano state preparate con cure eguali, le dimen- sioni erano le stesse, ammesso pure che quest' ultime possano avere una influenza qualunque su que' valori.» Forse basta qualche diversità nel carbone, la quale è diflBcilmente avvertibile, forse anche basta un piccolo ritardo nel far le esperienze dopo aver preparata la cop- pia per produrre le osservate differenze. 2TS — 9. COPPIA BUNSEN con acido nitrico filtrato attraverso il bicromato di potassa. ìN. »\ a I. X Medio Osservazioni 1 351,88 i8«3r 0,0699 24,60 Le esper. 1 3 furono 510,93 14° 18' 0,0484 34,73 24,69 fatte appena caricata la 3 479,79 15°0' 0,0515 24,74 coppia. DopolaS.asilasciòla 4 468.61 15°5' 0,0518 24,27 copp.acirc chiuso per 5 501,52 14027' 0,049 24,60 24,43 25 con resist. esterna e- guale a 10 , indi le 4-5. G 7 506,91 479,35 13"38' 0,0452 0,048 22,97 23,01 22,96 Dopo la 5.», per 24 ore a circuito aperto, ìn- di le 6-7. Dopo la 7. a per altre 8 303,7 19°3' 0,0732 22,23 22,23 24*1 a circuito aperto , indi laS.a 9 470,47 13"56' 0,0466 21,92 21 74 Dopo la 8. a per altre 10 507,52 12"30' 0,0425 21,56 A*' X j 1 *X 24^ a circuito aperto, in- di la 9 e 10. 11 498,45' 12" 13' 0,0386 19,24 IQ 3^ Dopo la lO.a per 8 12 456,55; 13''3' 0,0425 19,40 X C •U'W 1 friorni a circuito aperto : 1 indi le 11-12. L' acqua acidnlata adoperata era stata preparata nelle proporzioni 1 a 20 ;r acido nitrico aveva il peso specifico 1,38, come quello adoperato per la Bunsen e per la Grove, ed aveva attraversato successivamente tre volte un imbuto contenente dei cristalli di bicromato di potassa. Le esperienze precedenti mostrano come questa coppia abbia una forza elettromotrice notevolmente su- periore a tutte quelle delle coppie finora esaminate: mostrano anche come il passaggio di una corrente abba- stanza intensa non valga a diminuire gran fatto la forza elettromotrice. Col tenere però la coppia a circuito aper- to per parecchi giorni si vede (limiiiuii-e (jiioHa quantità abbastanza rapidamente , e più assai rapidamente di quello che avvenga nella Bunsen comune. Io adoperai lungamente delle coppie così preparate ed ebbi a notare una diminuzione notevole nella jìrodu- zione di vapori nitrosi. Quanto alla costanza, la trovai eguale a quella delle Bunsen i^.omuni, sicché potei ado- perare queste coppie con buon successo nella gradua- zione dei reometri. 10. COPPIA BUNSEN con blGromato di potiissa sciolto Del- l' acido solforico ossia con acido cromico. N. r» a X Medio Osservazioni 1 502,73 468,10 431,29 1 394,21 357,191 396.14- 358,23 1 370,56; 9; 370,56 13^31' i4n9' i5n5^ 16° 16', 17°25' , i6n3' 17"24' 16°30^ 16''28' 0,0446 1 22,42 0,0485122,70 0,0259 '22.81 0,0579 1 22,82 0,0640 1 22,86 0,0577 j 22,86 0,0638 j 22,86 0,0592 21,94 22,76 21,94 0,0589 121, 83 '21,83 Le esper. 1-7 furono eseguite l' una imme- diatamente dopo l'altra appena caricata la cop- pia. L' ottava si esegruì dopo aver fatta passar la corrente per 5' con re- sistenza esterna eg-uale a 2. Similmente la 9.» Resistenza della coppia determinata col secondo metodo 0 ,O.J La coppia, di cui si tratta, aveva le dimensioni stes- se delle coppie precedenti. L' acqua era acidulata nelle proporzioni 1 a 30: il liquido collocato nel vaso poroso aveva la composizione, che fu già indicata descrivendo la coppia, cioè : — 280 — bicromato di potassa parti . . 1 in peso acido solfoi'ic^o ...... . . 2 » acqua . . 8 » È a notarsi che il vaso poroso aveva una soverchia porosità, ed ò perciò che la resistenza fu trovata sì pic- cola. Per ottenere un riscontro sui valori trovati per que- sta coppia, che ha una certa importanza perchè presen- ta una forza elettromotrice eguale a quella della Bunsen, una piccola resistenza, e non richiede T uso delF acido nitrico, ho fatto alcune altre esperienze nel modo se- guente. Ho levato nel solito apparecchio il filo vw^ (Vedi tav. VII) dal bicchierino (3 e vi ho lasciato immerso permanentemente il filo 5j3. Allora la corrente prodotta dalla sola coppia X percorreva il circuito Xw^GRSBX. Prima però s'erano congiunti i due bicchierini del gal- vanometro con un grossissimo filo di derivazione, per impedire che la corrente attraversasse quello strumento. Introdotta una opportuna resistenza mediante il reo- stato S, si osservava la deviazione indicata dalla bus- sola B. Se r è la resistenza esterna ed R la interna, è la forza elettromotrice X = I(R4-r) dove I è la corrente misurata dalla bussola. Ora sic- come R era assai piccolo rispetto ai valori di r che venivano assunti, così le variazioni che potessero in esso avvenire, non dovevano avere infiuenza notevole sui valori di X determinati in tal motlo. Kcco i risultati di queste esperien/^e. — 281 — N. r+R CL I X Medio Osservazioni 1 462,41 140 0,0468 21,64 Queste esper. venne- 2 462,41 14"2' 0,0471 21,78 ro esepruite sollecita- 3 276,04 20" 0,0788 21,75 21,78 mente l'una dopo l'al- 4 462,41 14"3' 0,0472 21,83 tra. 5 503.26 13"15' 0,0434 21,84 6 162,41 W^' 0,0472 21,83 Le esperienze precedenti danno il valore della forza elettromotrice uell'atto che passa la corrente e per ciò che si è detto con una approssimazione discreta. Ora il medio di queste, 21,78, concorda così bene col risultato 21,87 trovato in condizioni simili per la coppia mede- sima con r altro metodo, che se ne può trarre una con- ferma non solo di quei valori, ma anche del metodo in generale. Si può, cioè, concludere che operando, convio feci, col metodo di Poggendorff e determinando la forza elettromotrice di una coppia subito dopo aver sospeso la corrente, io veniva a determinare con sufficiente esattezza quella quantità qual essa era nell' atto che la corrente passava ed evitava poi affatto la intiuenza perturbatrice delle variazioni di resistenza. La coppia, di cui si tratta, è usata in Germania nella telegrafia e ve n' ha di due modelli diversi. Il primo è simile a quello, di cui io mi servii : il car- bone sta entro il vaso poroso ed è costituito 0 da coke 0 da un composto che vien preparato come si è già detto parlando della Buusen: nelF un caso e nelF altro ha la forma d' un prisma rettangolare. IlDehms trovò per questa coppia la forza elettromotri- ce 1,86 rispetto alla Danieli, quando la coppia era ap- Serie IF, Tomo II. 3G — 282 — pena preparata, ma passava una corrente debole attra- verso la coppia. Considerando la diversità delle condi- zioni, quel valore che corrisponde a 22,32, si accorda a sufficienza col mio. Notisi che la qualità del carbone influisce sulla forza elettromotrice : che questa, usando coke, è pii^i elevata e più costante. Nelle condizioni or- dinarie d'una di queste coppie posta in attività da qual- che tempo e con una corrente piuttosto debole, am- mette il Dehms che la forza elettromotrice si possa rite- nere 1,65, cioè 19,80 delle mie unità. Quanto alla resistenza egli la trovò variabile fra 1,6 e 2, vale a dire molto maggiore di quella da me trovata; ma, come ho notato, ciò dipendeva dalla permeabilità del diaframma, che mi si fece palese per il rapido colora- mento deir acqua acidulata. Le dimensioni della coppia usata dal Dehms erano prossimamente eguali a quelle della mia. Neir altro modello di questa coppia lo zinco è nel vaso poroso e il carbone vien conformato a cilindro cavo, secondo il processo già altrove indicato. II Dehms trovò per questa coppia una forza elettro- motrice variabile fra 1,5 ed 1,23, vale a dire fra 18 e 14,76 delle mie unità. Questa differenza con la precedente, che ne differisce soltanto per la forma, mi pare, a dir vero, soverchia : forse devesi attribuirla alla natura e alle condizioni del carbone. L' eflxitto produttivo di questa coppia, qualunque sia il modello adottato, è stimato dal Delims 0,45, vale a dire più che la metà del consumo non va impiegato nella produzione della corrente. Ciò dipende in gran — 283 — parte dalla circostanza che il liquido delle coppie già •esauste non si può minimamente utilizzare. 11. COPPIA CALLAN Zinco: alto 0,10, diametro 0,095. Ferro: nucleo cilindrico r— 0,01, raggio delle costole 0,03. N. r^ ^ I. X Medio Osservazioni 1 2 3 4 5 6 7 \ 9 10 11 12 488,83 452,24 415,30 377,53 351,68 348,40 413,28 477,71 462,75 428,46 391,69 431,90 13"50' HMO' 1.5''39' J7M5' i703r 17°28' 15°30^ ]3°5r 14''3' 14"58' 15°58' 14''5r 0,046 22,49 0,050 i 22,61 0,0546 22,67 0,0604 22,88 0,0624 22,64 [ 0,0641 22,33 0,054 22,32 0,0466 22,26 0,047 21,72 0.0514 22,02 0,0562 22,01 0,0508 21,94 22,66 22,30 21,92 Le esper. 1-5 furono eseguite subito dopo aver caricata la coppia. Dopo la 5. a si lasciò la coppia a circuito chiu- so con resistenza quasi nulla per 15' , indi le 6-8. Dopo r 8. a si lasciò la coppia per 15' a cir- cuito chiuso con resisten- za esterna quasi nulla , indi le 9-12. Resistenza della coppia Callan 3.'^ metodo 1.^ determinazione . 2.^ » 2,37 2,20 La coppia Callan adoperata in queste esperienze è quella descritta al N. 7 fra le modificazioni della Greve. L' acqua era acidula ta nelle proporzioni 1 a 20 ; intorno alla ghisa ossidata stava un miscuglio di acido nitrico e di acido solforico in volumi eguali. La forza elettromotrice di questa coppia è grande : la corrente che essa dà è sufficientemente costante ; la — 284 — resistenza non grande. La produzione abbondante dei vapori nitrosi la rende incomoda per molti usi. 12. COPPIA GRENET Superfìcie di ciascuna faccia dello zinco e del carbone 0,05X0,025. N. ri a I. X Medio Osservazioni 1 2 3 4 5 6 7 480,06 446,22 511,94 455,07 478,63 420,74 296,90 12^54' i3"2r 12044' 140 13''29' 14''50' 17°55' 0,0409 0,0442 0,0410 0,0468 0,0444 0,0508 0,0664 20,11 19,72 20,99 21,29 21,24 21,35 19,69 19,91 21,22 19,69 Le 1-2 furono ese- guite appena proparata la coppia. Dopo la 3.» si alzò lo zinco dnl liquido e si lasciò inattiva la coppia. Parecchi g-iorni dopo si fecero la 3-6. Dopo la 6.a si fece pas- sare la corrente per 20' con unaròsistenza egua- le a 6,5 ; indi si fece la 7.a Resistenza della coppia Grenet 3.*^ metodo 1.^ determinazione . . . . 1,63 2.^ » .... 1,68 media .... 1,65 La resistenza venne determinata subito dopo la 6." esperienza. L' unico liquido, che viene adoperato in questa cop- pia, fu per le precedenti esperienze così preparato. Acqua 500 parti in peso Acido solforico '-^f^ » Bicrom. di potassa ....... 28 » La forza elettromotrice di questa coppia è dapprin- cipio, come si scorge dalle addotte esperienze, assai — 285 — grande : ma lasciando passar la concntc, questa de- cresce rapidamente e si riduce in breve tempo tenuis- sima. 13. COPPIA SMÉE Zinco: parte immersa alto 0,10, largo 0,0G8: rame platinato id. dist. daile due faccie dello zinco 0,01. N. ^1 a I5 X Medio Osservazioni 1 386,84 12°15' 0,0388 14,96/^'^^ Le esper. 1-2 furono 2 298,50 14042' 0,0502 eseguite appena prepa- rata la coppia. 3 280,22 16" 0,0566 15,85 Le esper. 3-6 furono 4 278,08 15M2' 0,0548 15,22 anch'esse fattel'unadopo 5 329,54 13^24' 0.0440 14 50 14,96 r altra subito dopo aver 6 370,22 12''21 0,0380 14,28 immersa la coppia me- tallica nel liquido, mol- 7 116,26 10''36' 0,0762 8,86 8,86 to tempo dopo le 1-2. La 7. a dopo aver la- sciato passar la corren- te attraverso la coppia • per 5' con una resistenza esterna quasi nulla. | Resistenza della coppia Smée determinata col 2.^ metodo 0,50 La forza elettromotrice di questa coppia quando non passa corrente è considerevole, ma essa diminuisce di molto allorché passa la corrente, per effetto di polariz- zazione. Già le esperienze 3-6 mostrano come le cor- renti di brevissima durata necessarie ad ottenere la compensazione, bastino a diminuire notevolmente la forza elettromotrice. La 7 fatta con tutta la possibile sollecitudine, appena interrotta la corrente, mostra quanto venga diminuita la forza elettromotrice per il passaggio d'una intensa cor- rente. Notisi che in questo caso si. ha la massima forza — 286 — di polarizzazione, poiché, essendo la resistenza esterna quasi nulla, si ha la massima corrente passibile. La polarizzazione rende difficile anche la determina- zione della resistenza; poiché questa cresce al crescere della quantità d'idrogeno, che raccogliesi sull'elettrodo negativo e varia notevolmente. Quantunque sien grandi gli effetti della polarizzazio- ne in questa coppia, sono però discretamente costanti. Così almeno riscontrai per tenui correnti. Ad esem- pio appena immersi i metalli, ebbi con una resistenza esterna di 153 unità una corrente eguale a . . 0,0566 4.^ dopo la prima osservazione 0,0552 lh50' » » » 0,0528 2^20' » » » 0,0524 23h » » » 0,0504 29h » » » 0,0504 14. COPPIA WARREN DE LA RUE e H. MILLER N. ^3 a I. X Medio Osservazioni 1 432,62 9nr 0,0274 11,85 Le esper. 1-9 furono o 410,67 o°3r 0,0286 11,74 eseguite appena immer- 3 365,07 10M3' 0,0326 11,90 si i metalli nel liquido. 4 320,13 12** 0,0378 12,10 5 296,96 12M0' 0,0406 12,06 12,04 6 273,81 13*^30' 0,0444 12,16 7 250,07 i4°2r 0,0488 12,23 8 228,01 15°27' 0,0538 11,27 , 9 203,47 16"45' 0,0598 12,01 10 268,28 11"57' 0,0374 10,15 Dopo aver fatto pas- sare la corrente con una il 473,60 TSO' 0,0224 10,61. 10,40 resistenza esterna di 100 12 370,72 9°25' 0,0282 10,45' unità. Resistenza della coppia Warren de la Rice determinaz. col 2.*^ metodo 10,55 — 287 — Ho voluto determinare con molta approssimazione la forza elettromotrice di questa coppia recentemente inventata, per vedere se ottenessi il risultato medesimo avuto da Matthièssen e da Hockin , che la trovarono eguale a quella della Danieli. Vedesi che le esperienze da me eseguite si accordano, quanto potevasi deside- rare con questo risultato. Il Dehms in una di queste coppie già posta in attività, trovò la forza elettromo- trice variabile fra 11,52 e 9,6. Il liquido adoperato nel!' esperienze antecedenti era quello prescritto dagli inventori, cioè una soluzione di 25 grammi di sai marino in un litro d' acqua. Il valore della resistenza invece risulta a me assai diverso da quello che fu trovato dai detti due fisici. Essi trovarono che la resistenza di una pila di 10 coppie era 56 unità delPassociazione britannica, cioè Ohmad, il che equivale a 5,8 unità Siemens per ogni coppia. Ma essi sperimentarono col metodo di Ohm assai poco pro- prio per una coppia ad un sol liquido, e confrontando due correnti di intensità troppo diverse per ottenere un buon risultato. Il Dehms trovò la resistenza interna della coppia a cloruro di argento eguale a 13, ma è d' uopo osservare che egli assunse il modello proposto da Pincus, che è alquanto diverso. Questa coppia, che ha una resistenza grande e una forza elettromotrice di mediocre grandezza, è poi co- stosa neir uso e difficile a rimettersi a nuovo quando sia esausta. Eccettuato qualche caso affatto speciale, essa non ha probabilità di venire introdotta nelle appli- cazioni. Le esperienze 10-12 mostrano che per il passaggio — 288 — della corrente, la forza elettromotrice soffre una dimi- nuzione notevole. 15. COPPIA LECLANCHÉ Zinco; alto 0,13, diam. 0,028: raso poroso alto 0,13, diam. 0,055. N. ^i a h X Medio Osservazioni T \ 245,64, 15''54' 0,0562 13,80 Le esper. 1-7 furono 2 445,48 10°20' 0,0308 13,72 fatte subito dopo carica- 3 424,27 , 10M2' 0,0324 13,74 ta la coppia. 4 145,75 22M8^ 0,0962 14,00 13,93 5 287,02 i 14M2' 0,0502 14,38 6 426,80 1 10°42' 0,0322 13,74 7 356,94 12°24' 0,0396 14,13 Le 8-9 furono ese- 8 279,49 J3M5' 0,0458 12,70 12,68 guite dopo 10 di circui- 9 346,78 1P45' 0,0365 12,60 to chiuso con minima re- sistenza esterna. Resistenza della Leclanché 3.° metodo 1.^ determinazione 3,29 2." » 3,65 3.» » 3,83 medio 3,59 Durante le esperienze precedenti il liquido era satu- ro di sale ammoniaco, anzi v' era una certa quantità di questo sale sul fondo del vaso allo stato solido. Sono svariatissimi i risultati ottenuti dai varii speri- mentatori rispetto alla forza elettromotrice della coppia di cui si tratta. Secondo il Leclanché, essa sarebbe 1,38 della Danieli, cioè, in baso alla solita riduzione 16,56. Secondo il Miiller (1), essa sarebbe invece 0,896 della (1) Pogg. Ann. T. CXL, p. 309. — 289 - Danieli, cioè 10,75. Il Dehms la trovò variabile fra 10,^ e 19,8. Il valore da me trovato probabilnieute non si scosta molto dalla media che si può adottare per questa coppia. Sulle ragioni con cui si spiegano queste differenze si è già detto prima d' ora. Solo ricorderò che adope- rando questa coppia, m' avvidi come lasciandola a cir- cuito aperto la sua forza elettromotrice andasse sog- getta a notevoli variazioni e. non di rado ad aumen- ti. Chiuso il circuito d' una di queste coppie con una resistenza esterna piuttosto considerevole, trovai la corrente sufficientemente costante. Ad esempio una coppia che appena caricata diede in un determinato circuito una corrente eguale a 0,14, dopo 4 ore ne dava una eguale a 0, 126 e dopo 28 ore la corrente era anco- ra 0,118. L' effetto utile di questa coppia è dato dal Dehms eguale ad 1, vale a dire tutto il consumo viene in essa utilizzato. Perciò e per il prezzo non grande delle so- stanze adoperate, questa coppia va collocata fra le più economiche. Serie IV, Tomo II. Si 290 — PROSPETTO delle forze elettromotrici e delle resistenze inter- ne delle coppie quali risultano dalle precedenti esperienze. NOME DELLE COPPIE E' E' R 10 11 12 13 14 15 Danieli Minotto Callaud Siemens . .- Meidinger Marie Davy Grove • . Bunsen Bunsen con acido nitrico fil- trato attraverso il bicroma- to di potassa Bunsen con acido cromico . Callan Qrenet Smée Warren de le Rue . . . Leclanché 12,5 11,0 11,3 12,0 11,9 16,9 21,4 21,8 12,0 11,8 11,0 11,7 12,0 16, 0 20,3 20,4 24,7 22,8 22,7 21,1 15,0 12,0 13,9 24, 4 21, 8 22, 1 19, 7 8,9 1 10 4 12 7 0.8 2,2 4,3 6,0 0,2 2,9 0,7 0,7 0,4 2,3 3,6 0,5 10,6 3,6 OSSERVAZIONI Nella terza colonna di questo prospetto è indicato per ciascuna delle copie esaminate il valore E della forza elettromotrice determinato prima di far passare la corrente: nella quarta il valore E" della forza elettromotrice determinato con sollecitudine snbito dopo aver sospesa la corrente. Nelle tabelle delle esperienze relative alle singole coppie è indicato qual fosse la resistenza esterna applicata alla coppia in quest'ul- timo caso. La quantità E" è quella, di cui si dee tener conto quando si voglia calcolare l' intensità della corrente data da una pila in un circuito di nota resistenza. In particolare per la coppia Grenet è d' uopo osservare che i valori di E ' e di R non possono valere se non per breve tempo dall' istante in cui cominciò a passar la corrente, poiché il primo diminuisce e V altro aumenta rapidamente. Rispetto alla resistenza interna delle vario coppie, è quasi superfluo avvertire che il valore ne può variar grandemente a seconda della forma e delle dimensioni della coppia e delle proprietà del diaframma. Tutte le altre particolari proprietà delle singole coppie sono indicate negli articoli relativi. ^ (Continua) Atti ÀJ R.Uihan Vaieto '^'^_J^-__^ Scric Eni. njWr VI Wlì del fìj-^iuìm Fmm 'lì a = ila,pi'J,il k. lununa SULLE ARMI DA FUOCO ATTUALI E SUGLI EFFETTI DEI LORO PROJETTILI NELL'ORGANISMO VIVENTE Memoria DEL M. E. COMM. FRANCP:SCO CORTESE Quando, dopo una campagna così colossale come fu quella del 1870-71, la storia registra e addebita (se sono esatte le note dei periodici tedeschi) alla sola Confederazione del Nord una perdita di 91556 uomini, dei quali Morti in battaglia 17527 Morti negli ospedali per effetto delle ferite riportate 10710 Morti negli spedali per malattie attinenti alla campagna 10370 Scomparsi dai ranghi e ormai considerati come affatto perduti . . . 4009 Totale 42616 Poscia per assoluta invalidità, la massima parte asso- ciata a inettitudine a lavoro proficuo . . 42720, dei quali 196 hanno perduto due membra, 4149 ne per- dettero uno solo , non si può rimanere indifferenti spettatori d' un dramma sanguinoso che per la sua — 292 — natura offre tante laboriose occupazioni ad una nazio- ne, reclama tante provvidenze, e spinge ad una atti- vità prodigiosa tutte le classi d'una popolazione. Ma se d' altro lato si consultano le statistiche me- glio ordinate, e si scorge che le perdite in una cam- pagna sogliono dare un morto su quattro feriti, e che su questi quattro un buon terzo degli ascritti fra i gravi, muore più tardi negli spedali, a diverse distanze di trattamento curativo, senza tener conto delle vit- time di altre infermità attinenti alle cuuse di guerra, si sarebbe indotti a ritenere anche oggidì non essen- zialmente mutate le proporziani delle perdite, alaieno dal 1859 al presente. Nota. — Nel 1866 gli Austriaci sopra un effettivo di 283,215 uomini con 67,014 cavalh avevano perduto 2400 ufEciali e 70507 di bassa forza, non compresi i Sassoni. I Prussiani sopra un effettivo di 254,300 uomini avevano perduto 694 ufficiali , e 15,839 soldati ; cioè i primi circa un quarto dell'effettivo, i se- condi poco più del 15.° Esaminate le perdite delle due armate nella battaglia di Kòniggriitz, si trovano da parte austriaca fra morti e feriti 1068 officiali, 21,445 soldati e bassi ufficiali, astrazione fatta dai Sas- soni ch'ebbero la perdita di 55 ufficiali e 1020 soldati; totale ufficiali 1123, soldati 22,475. Dalla lor parte i Prussiani perdettero 359 ufficiali , 8518 soldati (totale 8877). I morti austriaci in quella battaglia furono 330 ufficiali, .5828 soldati; totale 6158; morti sassoni, 15 uffiziali, 120 soldati, morti in totale 6293. I feriti austriaci e sassoni N. 17,805, costituiscono sui morti la proporzione di 1 morto su 2,8 feriti. Tra i Prussiani si registrarono morti 99 uffiziali e 1830 soldati, feriti uffiziali 260, soldati 6688 (totale 6948). La prò- — 293 — porzione rimane presso a poco come quella espressa in mas- sima di 1 morto su 3,6 feriti. Questa grande disparità trova la sua giustificazione nell'uso del fucile ad ago adoperato allora da'Prussiani, col quale po- terono moltiplicarsi i colpi, a paragone di quanto era permesso agli Austriaci colle loro armi di più antico modello. Quindi per ogni uomo perduto dai Prussiani venne a corrispondere la per- dita di 2,65 Austriaci. Questa statistica eccezionale nella storia delle recenti guer- re, cessa per ora di costituire una base ai computi di confron- to, dacché le armate europee da quell'epoca hanno più ò meno perfezionato le loro armi. In quella stessa campagna, fatto il confronto medesimo rispetto all'armata italiana , che mise in opera armi uguali allora alle austriache, si ebbero morti 651; feriti 2903, colla proporzione già detta sopra di 1, su 4,77, pro- porzione poco dissimile da quella presentata dalla campagna del 1859, che fu di 1, su 4,88 (V. i miei Ulteriori raciguagli sulle perdite dell'esercito Italiano nella Campagna del 1866 — Annali Univ. di Medicina, 1868). Ammesso adunque uu fatto simile, non parrebbe forse essere prezzo delF opera studiare di nuovo sulle^ cause di tante perdite recenti, se la potenza delle ci- fre non presenta nulla di particolare o di nuovo nei risultati finali. Parrebbe altresì questo studio divenire un soggetto di questioni oziose, dappoiché i chirurghi più provetti che hanno assistito, tanto alla presente guerra come alle precedenti, sono d'accordo nel di- chiarare, che finora i principii della moderna chirurgia non hanno per nulla variato dell' essenziale loro valore per causa del perfezionamento recente delle armi da fuoco. Se però i Governi di accordo quasi comune si sono dati, e -i danno tuttavia, tanta fretta e preoccupazione ^ 294 — per mutare le loro armi da fuoco, fino a invertire del tutto, ed accomodare alle medesime la tattica milita- re in campagna ; se ossi d' accordo colla intera na- zione si danno sì grande pensiero per estendere prov- vedimenti d' ogni genere, soccorsi, ed istituzioni sa- nitarie infinite a vantaggio del soldato pei casi di guerra, bisogna pur convenire, che alla chirurgia mi- litare debbano interessare molto davvicino sì fatte mo- dificazioni ; tanto anzi da doversene fare un soggetto di studio particolare in ogni ramo che forma parte del suo dominio. Chi sa se trasandato questo studio, e sorvegnendo impensatamente una guerra, come p. e. è accaduta la franco-germanica del 1870-71; e que- sta (come sempre quind' innanzi ) avesse- ad essere grossa e rovinosa, non sarebbe fatale a quel paese che avesse negletto sì fatti studi, e si fosse tenuto tranquillo e non curante sulle proprie istituzioni ? L'esempio della Francia è troppo chiaro e recente perchè possa passare inosservato a qualunque nazione che ha qualche cosa da perdere o da conservare. Nello mie Reminiscenze (Vun maggio in Qermania^ che furono pubblicato quest'anno negli Atti di questo Istituto, io ho gettato là, forse inordinatameute, ma a mente ancor fresca, molto cognizioni acquistate per- sonalmente, e discusse sovente con uomini eminenti per posizione ufficiale e per sapere scientifico. Il dott. Bellina, allora mio segretario, ha or ora sviluppato parficolarmcnte alcuni di questi argomenti, e for^^e potrà presentare utihnonte lo sviluppo di altri (1). In- (1) Bellina, / (reni-ospedali della Uervtania nella (juerra 1870- 71. Firenze, 1872. — 295 -. tanto io, testimone di molto infermità esistenti ancora negli spedali della Germania, poscia erudito da una ab- bondante e continua lettura di scritti pubblicati e ri- feribili a quella epoca memorabile, ho rivolto il pen- siero alle ferite delle armi adoperate in quella guer- ra: e volli fare qualche confronto con quelle a cui ho assistito in Italia dal 1859 in poi, per presentarvene alcuni cenni. Ben è giusto che vi prevenga, voler qui prendere in considerazione soltanto le armi a piccolo projettile; perchè rispetto a quelle di grosso calibro, non credo mutata la natura degli effetti loro, se non in quanto ha rispetto alla grandezza e moltitudine dei guasti che apportano, fra cui trovo da tutti accennate in ispecie le granate prussiane, segnalate per potenza distruttiva, ove coi loro interni projettili colpiscano scoppiando fra le masse dei combattenti. Intorno alle mitragliatrici francesi, sulla cui efficacia si si riposava forse troppo, i chirurghi della Germania non sanno dare notizie precise. Fra la immensa moltitudine di palle estratte dai feriti venuti sotto le loro mani, non una ben verificata si mostrò appartenere a quest' ar- ma. Si pensò che i. colpiti da queste palle dovessero forse unicamente ricercarsi nel numero ingente dei morti (1). Pure Billroth, guardando alle dimensioni lóro, ritiene che non dovessero aver prodotto ferite di molto diverse da quelle da fucile di calibro alquanto (1) Giorgio Fischer [Dorf Floing und Schloss Versailles. Leipzig 4872) dice a p. 29 di aver veduto uua sola volta in Floing l'estrazione d' una palla da mitragliatrice, e riferisce l' asserzione di altri medici sulla estrema rarità delle ferite per causa di quest' arma, la quale forse suole uccidere sul campo. Si parlava anche d' un soldato i cui vestiti erano stati rinvenuti crivellati da ben 30 palle di mitragliatrice! — 296 — iSaggiore. La questione presente si riduce adunque alle sole palle da fucile, ed è su queste che mi azzar- do di esporre queste poche idee che hanno rapporto colla chirurgia militare. Sebbene Socin (1) accenni a 22 specie diverse di projettili rinvenuti in quella campagna, certo la mas- sima parte scagliati da armi imbrandite da individui ascritti alle schiere partigiane, o volontarie, pure si possono ridurre a poche le vere armi di guerra ado- perate durante l' intera campagna. Tra queste primeg- giano il Chassepot francese, il Dreyse prussiano, il Werder bavarese. Ebbero la loro parte anche la palla cava espansiva delle truppe confederate, il Podewills bavarese, e la palla olivare del fucile ad ago. Per mi- gliore intelligenza, e per risparmio d'inutili descrizio- ni particolareggiate, espongo qui in una tabella le con- dizioni che distinguono ciascuno di questi projettili ; e presento un disegno lineare delle loro forme e car- tuccie, quali si sono recentemente adottate presso le varie nazioni d' Europa pei rispettivi eserciti. (1) Socin, Kriegschirurgìsehe Erfahrungen gesammel in Carlsruhe, 1870-71. Leipzig 1872. 1. Cartuccia di chassepot : a-, palla; è, carica coperta di carta; e, base della palla; d, forma e lunghezza della medesima. 2. Carica del fucile Wetterli : a, palla ; h, carica con astuccio metallico; e, base della palla; d, sua forma e lunghezza. 3. Carica Bemington: a, palla ; i, cartuccia metallica; e, base della palla; d, sua forma e lunghezza. 4. Carica espansiva cava: «, palla e carica coperta di carta; b, base della palla; e, palla in cui sta designata la sua ca- vità basilare. 5. Palla del fucile bavarese simile alla precedente in molti riguardi (Werder). 6. Langblei prussiano. 7. Mitragliatrice francese; p.K^o grammi 50; j'jnghezxa cent. 4 ; diametro massimo » 1,4. l'. AITIMI iiismrii) \mETO sm.a:i'oliij4ì:jx. -- 207 — O CO w "*„ i-T co IO CD of IO co "^ co co co '^ -^ 00 00 1^ O IO co" co 00 o~ lO^ r^ cd" O lO O co O co I— ( lO co IO IO IO co o ^ IO O I IO I IO 00^ o_ co -^ I i> I lO 'q^ IO lO ^rp' '^" ">!j<' :^ -^ co "^ '^'^ -^ io~ IO I— I t^ r-T O w co C>^ C^J Cv« o cT co "^ 1— ' I— • c^ì Ci co co co co 00 >o r- )0 co 00 CO o^ IO co ^ 00 00 c^t >o ^ 1 1— 1 1— 1 co 1— 1 1— 1 1— ( 1— 1 1— ( 1— 1 1— ( o o r— ( r— 1 1— 1 1—1 1— ( CR» 1— ( C5 »o ^ 1— 1 1 IO r- Oi. Oi r- co o ^ 00 1— ( 00 G^ Oì Oi cv< c^ <^< Ol Ol co c^ o > O) es frt e8 m « OS .2 'E C b o 'ro S-i 0) n3 (D e OT a ert 2 > > aj es i^ &^ e8 OS S o t> fc CU CQ m -< c« GO a c3 ■4-3 1— 1 a s r^ ìm --3 (D © O Q P-( > tó ^ ^ (D e O ^ n C8 1 ««-1 aS >^ W CZ3 K O -HC>>C0^»OC0t^00OOi— iC^) Sti'ie ir. Tomo II. — 20R — Da questa tabella e dai disegni annessi si scorge, che di mano in mano che la scienza delle armi è pro- gredita, i projettili si sono sempre piiì impiccioliti. Lo scopo essendo principalmente rivolto a mettere nel piìi breve tempo possibile fuori di combattimento il mas- simo numero di nemici, senza mirare deliberatamente ad ucciderli, si è dovuto provvedere : 1.^ alla facilità e sollecitudine del caricare, per poter moltiplicare i tiri nella minor possibile frazione di tempo ; loccliè porta la possibilità di porgere al soldato una provvigione di car- tuccie maggiore che prima non fosse assegnata ; 2." e con ciò di diminuire il loro peso per non aggravare di soverchio il naturale suo carico ; 3.° di rendere le armi pili offensive alla maggior possibile distanza ; quindi rendere piìi tesa la trajettoria e piiì precisa la mira. Locchè dipende dalla circostanza, che la palla otturi la canna in guisa, che tutta la forza espansiva della polvere si eserciti sovra di essa, senza soffrire di- spersione fra la medesima e la canna; 4.^ la palla rap- presentando nella retrocarica il meccanismo delle palle calcate, deve perciò avere un diametro in un punto al- quanto maggiore, onde accomodarsi alle rigature della canna, chiuderne perciò ermeticamente il vano, ed as- sumere fuori di questa un moto di rotazione (a trivella) quale le è impressa dal passo a vite delle rigature ; moto che mantiene air aria libera fino a che incontra un ostacolo che la arrosti. Questi principii sono stati il fondamento della riforma dello armi, e sono quelli che si vanno adottando generalmente da tutti i governi, e che furono meglio che in altri applicati in Francia ai Chassepot, ed in Baviera ai Werder dei Cacciatori. La prevalenza dei Chassepot sui ])rojcttili prussiani fu — 299 — sì prontamente avvertita, che la Germania riforma og- g-idì le proprie armi su questo modello, malgrado i sor- prendenti risultati ottenuti in questa guerra colle armi che fino allora aveva adottate. Sia la palla a base solida e piana, ovvero a base sca- vata con una concamerazione nel suo seno, il solo scopo che si è prefisso sempre fu quello di farle percorrere la sua trajettoria coir apice in avanti, ove deve avere il suo peso maggiore. È presso a poco ripetuto il mec- canismo della freccia quando parte dalla cocca. Ove si fatta condizione mancasse, la palla, perduta buona par- te della sua forza viva, non tiene piiì il suo equilibrio e può ruotare sul suo asse trasversale, e quindi battere a piatto, scemando con ciò la sua forza di penetrazione. Quando adunque un projettile ha ricevuto tutta in- tera la sua forza d' impulso dalla polvere che esplode, senza che alcuna porzione di gas si disperda, e come per un cammino aereo teso, quasi orizzontale, col suo naturale equilibrio, ove colpisca entro il limite lontano segnato dalla forza viva che mantiene in sé stessa, non è pii^i necessario che abbia il pregio del volume e del peso : ad una distanza molto maggiore esercita, seb- bene impicciolita, tanta forza di percussione da determi- nare sul bersaglio gli effetti identici e forse maggiori clie colle piij grosse non si erano altre volte osservati. Si è dunque discesi nel peso del projettile sino al di sotto del Cliassepot, cioè da 36-40 grammi qual era quello dei confederati, ed il nostro (modello 1868), fino a 20 o poco più, come sono oggidì il Werder, il Werndt ed il Wet- terlì. Sostiiuire la grande velocità e la intensa forza d' impulso al peso ed al volume è ciò che importava di conseguire, ed è quello che costituisce oggidì il nostro — 300 — dovere di studiare, per riguardo agli effetti che ne sono la conseguenza, e che interessano la chirurgia militare. Sopra il modo di comportarsi delle palle quando ur- tano contro un corpo duro si sono fatte sperienze mol- to interessanti in questi ultimi anni, che hanno dato molta luce anche ai cultori della chirurgia traumatica. 11 prof. Hagenbach di Basilea consegnava al nura. 27 del Wochenschrift di Berlino un corso di sperienze sovra i fenomeni che, relativamente alPurto delle palle contro un corpo, presentavano le palle stesse in rapporto alla teoria meccanica del calorico. Traggo dall'opera di So- cin, che ripetè col detto professore le stesse sperienze, il passo seguente che testualmente traduco. Hagenbach aveva osservato cosa succedeva delle palle tirate a 100 metri di distanza contro una piastra metallica, e s' era sorpreso della perdita di peso eh' esse soffrivano, delle traccio che lasciavano sopra la piastra, e della defor- mazione che presentavano dopo la percossa. Ora, così si esprime Socin. « Dapprima si rinnovò la sperienza » colla placca metallica e con projettili di 40 grammi di » peso alla distanza di 100 metri. In tutti i casi avvenne » che il projettile si mostrasse dopo il colpo non sol- » tanto sformato, ma sì anche ridotto ad un peso presso » a poco costante. In nove casi il peso (residuo) oscillò » fra un minimo di gram. 12,1 ed un massimo di 13,2. » Esso aveva in media perduto, dopo la scarica, ben 27,3 . » grammi di piombo. Sulla lastra metallica erano rima- » ste traccie del piombo stesso raffiguranti una stella » bianca con raggi a modo di spruzzi centrifughi, ove » erano patenti goccioline metalliche rilevate e perife- » riche alla macchia bianca, con apparenza cristallina » e radiata, provando così ad evidenza la fusione del — 301 — » metallo e quindi giustificando la perdita di peso che » aveva sofferto il projettile. » Ancora più sorprendenti e conformi nelle loro ri- » sultanze furono gli sperimenti istituiti con projettili » di minor calibro (20 grammi di peso). Con essi si ot- » tennero le identiche impronte, sia per figura, sia per » residui, nelle 20 pesature che si sono fatte. Gli estremi » di queste pesature furono da grammi 2,6 a 3,1 di peso » residuo. Così fa dimostrato che ogni projettile, dianzi » di 20 grammi, aveva perduto per avvenuta fusione in » media grammi 17,5 di piombo. » V'm singolare fu la forma conica che assumeva il » residuo del projettile, la quale Hagenbach spiegò col » rendersi estroflessa neir atto della percussione al » modo che farebbe un dito di guanto (1). Io volli avere » la prova sicura di questo fatto ; e colorii il cavo del » projettile dopo avervi impresso alcuni intagli. Dopo » la scarica raccogliendo quei proiettili, trovai intagli » e colore comparsi in evidenza alla superficie opposta. » Lo stesso m' avvenne anche colle palle massiccie, » sulla cui base aveva fatto degli intagli. La fig. I, n. 3, » disegna appunto un langUei prussiano, che battendo » contro un femore s'era, nel rovesciarsi, trascinato seco » uno straccio di calzone che aveva stracciato e strap- » pato. L' osso aveva opposto resistenza senza rom- » persi. » ' A questi fatti Socin aggiunge la teoria tratta dalla (1) Di questo fatto sono stato anch'io testimonio nelle sperienze clie si sono fatte tra noi coi nostri projettili a base cava. Alcuni si ridu- cono ad un semplice disco metallico, nel cui centro appariva il comi- gnolo rovesciato indentro, e cinto da un collaretto; che rappresentava il bordo della cavità basale. — 302 — logge dinamica del calorico, che dimostra la reale fu- sione subita dal piombo nelF atto della percussione. Traduco V autore. « Dietro r opinione di autorità competenti, la velo- » cita per metri 100 di distanza posti in opera nelle » anzidette sperienze, importa pei calibri piccoli m. 435, » pei grossi m. 350. » Dato che v rappresenti la velocità, m la massa, » p il peso, g la gravità, w la forza viva, si ha la for- » mula seguente : mv^ . -,. p tv z= -^r— rz quindi m r= - » quindi risulta che nei piccoli calibri si ha una forza » viva di kil. 197, nei grossi di 250. Calcolando a ca- » lorie, la forza viva pei kil. 197 de' piccoli calibri è » di 0,465 calorie; per kil. 250 de' grandi è di 0,59 ca- » lorie. Mediante ulteriori computi si avrebbe che » 0,465 calorie possono fondere gr. 37 di piombo »0,59 id. id. gr. 47 id. » ammesso che il piombo avesse una temperatura ini- » ziale di lOOyC. , e quindi che prima di fondersi doves- » se portarsi da lOOyC. fino alla temperatura del punto » di fusione. » Ma siccome in realtà nell' esperimento con pic- » coli calibri non si fondono che gr. 17,5 e coi grossi, » gr. 27,3 così rimane nel primo caso un 53 7o> ^^^ » secondo un 42 ,/' di forza viva che non è stata im- » piegata nella fusione. » Una porzione considerevole viene perciò conver- » tifa in calorico per riscaldamento della parte non » fusa, e pareggiò così la perdita che il calorico ha - 303 — » patita come radiante, e come conduttore. Il residuo » come forza viva s' impiega nel rimbalzo e nella di- » spersione dei briccioli della porzione che si è fu- »sa(l). » Queste ed altre sperieuze ripetute da Socin sovra corpi animali contenenti ossa, e conformi nelle loro risultanze alle sopraccitate, gli hanno dato la convin- zione che la forza viva di un projettile si converte in tanto maggiore quantità di calorico^ quanto più subita-- nea è la lìerdita della sua velocità urtando contro nn corpo inesistente che lo arresta. La teoria meccanica del calorico viene a dar la ragione di questi risultati. Nel che concordano del pari le idee di Klebs (2) e di Fi- scher (3). Il prof. Ilagcnbach ha con un altro speri- mento ancora dimostrato la perdita del metallo in con- seguenza di fusione prodotta da rapido sviluppo di calorico. Se si scarica un' arma in modo che il projet- tile attraversi un libro a coperta compatta, si trovano lungo il canale percorso dalla palla a traverso quel libro, di pagina in pagina, le traccio del piombo in forma di scagliette metalliche appiccicate intorno ai margini del foro, specialmente sulla coperta, tanto più se essa è lignea. Un' arma che venga scaricata in di- rezione obbliqua contro una parete, a cui sia avvici- nato un pagliariccio, il calorico che sviluppa nel punto d' incidenza ò portato a tal grado, da accendere la (1) Socin, Op. cit. p. 10 e seg-. (2) Klebs, Beifràge zur patlioìogischcn Anatomie dei' Schuss- vmndp/n. Leipzig 1872. (3) H. Fischer, Krleguclnrunjische Erfahrungen. I Theil vor Metz. Erlanffen 1872. — 304 — paglia del pagliariccio collocato in quello di riflessione (Fischer, p. 6). Trasportando queste sperienze sul corpo animale, si trovano ripetuti fenomeni dello stesso genere. Fra i fe- riti medicati, e piìi tardi sezionati da Klebs, è notato un caso, che fra altri fu accuratamente verificato. In que- sto esistevano due ferite da palle prussiane, di cui l'una era penetrata nella cavità toracica, e fu causa varie settimane dopo di morte per piopneumotorace. L'altra aveva colpito un femore a 17 cent, sotto il gran trocan- tere. Non lo aveva rotto, ma s' era arrestata nelle carni posteriori, sotto la cute, d'onde fu estratta. Dopo mace- rato quel femore lasciava vedere un' area liscia e lu- cente, dove aveva battuto il projettiìe, denudata per due centimetri in tutti i diametri del suo periostio, nella quale i canali haversiani superficiali erano stati riempiuti da molecole di piombo insinuatesi dentro per effetto di fusione, a traverso i pori della corteccia del- l' osso. Queste cognizioni, che a primo aspetto parrebbero interessare piìi esclusivamente la fisica, hanno una im- portanza non indifferente nella pratica chirurgica per alcune particolarità che direttamente la riguardano. L' osservazione clinica ha lasciato scorgere, come ef- fetti molto molesti nel trattamento delle ferite prodotte dagli attuali projettili, due complicanze molto serie, alle quali i curanti devono prestare singolare atten- zione, come cause di molto spiacevoli conseguenze. La prima si è la disposizione comune di queste palle a mutar forma, a schiacciarsi, a frazionarsi in pezzi ta- lora molteplici; la seconda è la rovina clie dctermi- hano contro le ossa compatte, la moltitudine delle — 305 — scliogg-ic in cui le fratturano, in mezzo alle quali so- ventissime volte si interzano i frantumi della palla medesima. È lo stesso meccanismo, la stessa legge fisica che sta a fondamento di sì fatt risultamenti e fenomeni, ma che più davvicino interessa V arte nostra. Fortunatamente le apprensioni del medico militare si limitano specialmente alle lesioni ossee. Quelle delle sole parti molli non rivelano una eguale malignità. Quando la palla è dominata dalla sua maggiore forza viva, attraversa un membro con grande rapidità, senza spesse volte che il ferito avverta la sua ferita, se non dal sangue che sgorga, e dalla impressione istantanea d' un urto locale o di un colpo di frusta. Il foro per cui entra è per massima infundiboliforme e sì ristretto da permettere difficilmente T ingresso del dito esploratore. Per eseguire questa pratica bisogna anzi valersi per lo più dello stato anestetico in cui si mette il paziente col cloroformio , per esplorarlo senza sofferenza. Al- lora succede un po' di rilassamento delle parti molli che può permettere F introduzione del dito, unico mezzo ormai da Stromeyer (1) e da altri molti accet- tato come opportuno alle esplorazioni , esclusa qua- lunque intromissione di stromenti metallici. I margini di questo foro d' ingresso danno, per giudizio di molti, indizio d' ustione, ma del tutto limitato, e rappresen- tato da una crosta nerastra da non confondere colle (1) Ed anche in questi casi Stromeyer la sconsiglia, eccettuato quando debba precedere una estrazione, od un atto operativo. In ognuna di queste medesime circostanze la volle risparmiata sempre 24 ore pri- ma della operazione ideata, bensì fatta al momento in cui si è pronti ad eseguirla. Nel caso di un trattamento conservativo la proscrive del tutto. Stromeyer {Coìisidcruzioni al/e note e ricordi di Nnc Cor>nac.) Serie ir. Tiiìvo L. 8*) — 30C — traccie di contusione, in generale in casi simili molto scarse. Il foro d'uscita, se manca della forma d' imbuto non suol essere nella generalità molto diverso, tranne colà dove particolari circostanze sieno intervenute a modificare la forma della palla. Billroth p. e. accenna al foro d'uscita d'un projettile prussiano (/r<'?z^57(??'), che dalla palma della mano era sortito per la sua re- gione dorsale, dopo avere attraversato il membro fra le ossa di due metacarpi. Sortendo aveva fatto una apertura crociata di due centimetri giusti in ognuna delle sue braccia, identica a quel taglio che si farebbe per la spaccatura d' un foruncolo. Molti altri casi si citano di fenditure nel punto per cui le palle sono sor- tite, locchè significherebbe appianamento avvenuto nelle medesime nel battere a tangente contro un osso. Stracciamenti con estroflessione di tessuti sottocuta- nei pare siano rari anche nei nuovi projettili, quando non abbiano per^luto molto della forza viva, o trasci- nato seco loro parti estranee, od oggetti incontrati per la via. Nell'interno del canale della ferita d'una palla che l'abbia percorso senza altri accidenti, non si notano stracciature o lesioni che indichino un'azione speciale della loro superficie sui tessuti attraversati, tranne quei piccoli guasti che sogliono fare i corpi di superficie aspra. Questa asprezza l'assume il projettile nelle riga- ture della canna, onde avviene che, raccolte integre, appajano segnate da linee leggermente intagliate. Que- sta relativa innocuità sui tessuti molli interni dà ra- gione della possibile guarigione delle ferite a traforo, secondo 1' espressione di Simon, -^av prima intenzione. Non è da discutere sul valore littcrale di (juesta pai-ola, — 307 — ben persuasi come suu tutti, che una g-uarigione senza un certo processo suppurativo non ha hiogo neppure in ([uesti casi. Esso" serve però a contrassegnare la rapi- dità del cicatrizzare di queste ferite a paragone delle diuturno suppurazioni che sogliono essere il retaggio delle più comuni. Ammessa la rapidità con cui le parti sono attraversate da una palla nella sua piena forza di impulso, e la deficienza di particelle necrotiche che la- scia addietro, si comprende facilmente la possibilità del rapido processo di riparazione sovraccennato. Una obbiezione che si è fatta sullo sviluppo di calo- rico delle palle, fu quella di certi individui feriti alla faccia, con penetrazione delle medesime nella cavità della bocca, senza che avessesi avvertito traccia di sin- golare riscaldamento, anche nelF atto di sputarle fuori couscientemente. Fra i varii anche da me veduti, ricordo di uno, che colpito da una palla al dorso del naso, quan- do essa pervenne all'alto della bocca posteriore, la sputò fuori come fosse stato un boccone mal inghiottito, e ne guarì tosto, senza avere avvertito nulla che accennasse a scottatura. Fatti consimili si rivelano per sé come ap- partenenti a quel genere che sono quasi da ascrivere alle palle morte: il projettile doveva aver perduto molto della sua forza viva, se si era arrestato appena superata una così mediocre resistenza, com' è quella delle ossa nasali. Lo stesso si dica di quelle che rotta o scalfita una mascella superiore si soffermarono entro la bocca. Anche le palle presenti passano vicino ad un tronco vascolare senza offenderlo, schivano coi vasi anche i rami grossi nervosi, senza intaccare per nulla il loro tessuto. Ciò è tanto più comune, quanto meno in esse è possibile il far giri curvi, come sì sovente si notava nel — 308 — tragitto delle palle sferiche. Ove nel loro passaggio in- contrino vasi cospicui sono anzi una prova manifesta della fallacia di quel radicato concetto, che le ferite d' arma da fuoco non sogliono dar sangue. Del che di- scorrerò pili tardi. Ferendo un tronco nervoso appor- tano tal senso di stupore che pare quasi al paziente aver fissato il membro in un buco, e non poternelo piì) rial- zare. Del resto il conoscere esattamente le sensazioni momentanee dell' individuo è cosa più difficile che non sembri a primo aspetto ; e forse meglio si rilevano dalle persone vicine e presenti al fatto. Una serie nume\;osa di circostanze rende difficilissima questa cognizione, d' altronde interessante per molti rispetti. L' orgasmo dell' individuo durante 1' azione, lo stato del suo fisico dipendente dalla stanchezza, da' liquori, dal furore, dal- la impressione veemente del prolungato pericolo, de- terminano sullo stato psichico di lui una disposizione molto svariata. Vi furono di quelli, al detto di Fischer, in cui la impressione fu così profonda e gagliarda da non perdere mai Y immagine stereotipata nel loro cer- vello dell' azione a cui assistettero, anche a lunga di- stanza di tempo, ed a ferite da gran tempo richiuse. Vengo ora alla lesione delle ossa. Billroth, e dietro lui anche Socin, dice a pag. 82: «È veramente meravi- » glioso il colossale fracassamento che questi projettili » sogliono produrre nella diafisi delle ossa lunghe, come » lo è il singolare modo con cui essi medesimi si appiat- » tiscono, si frazionano, si sminuzzano. La chirurgia » civile non offre nulla di simile. Quando una ruota » passa sovra d' un membro, quando uno cade da note- » vole altezza, quando una macchina frattura uno dei » grandi ossi cilindrici, i)er quantunque comminuti\'a- — 309 - » mente ed iu pezzi molteplici e svariati, le parti circo- » stanti alla lesione ossea sono pur sempre contuse e » peste in tal misura da averne chiara la indicazione di » ricorrere all' amputazione. Ma nelle ferite fatte dagli » attuali projettili le parti molli sono per converso sì » scarsamente lacere, contuse e danneggiate da non » lasciar indovinare qual profonda e strana jattura ab- » biano sofferto le ossa, quale la direzione della frat- » tura, quante le scheggie, e la commozione ch'esse » ossa hanno sofferto (1). » Una sorpresa così manifesta espressa da un uomo tanto sperimentato nell' esercizio clinico della chirurgia anche traumatica, rivela da se la impressione imponente che danno queste lesioni. Eppure non si tratta di palle scoppianti, o di grossi pro- jettili, ma di quelle palle a piccolo calibro che formano il soggetto del mio ragionamento. Si tratta di effetti della loro velocità, del loro impeto acquistato dall' arma che le ha scagliate, e della veemenza con cui questo si eser- cita. La spiegazione plausibile di tutto ciò può ricer- carsi e trovarsi soddisfacente nelle teorie e sperienze sovraccitate. Infatti, rispetto alle palle per sé stesse, ed al loro modo di comportarsi quando battono colla loro forza vi- va maggiore contro di un osso, non si ha che a consul- tare le opere recenti, ed i disegni che le illustrano, per vedere a qual grado esse si deformino e sminuzzino (2). Ora si rovesciano in se stesse, come già è stato citato (1) Questo concetto medesimo viene da Biliroth ripetuto a p. 1G6. parlando della estrazione dalle scheggie. (2; "\"edi su questo proposito Socin, Mac Cormac, Klebs, i due Fi- cher, Billroth, Kirclincr. ecc. più sopra, ora si appianano ed accartocciano intorno ad un osso che ha potuto resistere all' urto, ora appianan- dosi perdono affatto la forma di palla, e rassomigliano a pezzi di metallo amorfi, ora si dividono in pezzetti mi- nuti, che si staccano da una base appiattita, mantenen- do la massa principale residua un aspetto o conico, o rugoso ed aspro. Come tutte le altre palle trascinano queste seco altri corpi che hanno incontrato per via, bottoni, monete, soventi fiate stracci di vestimenta. Tutte queste nozioni apparterrebbero piìi presto alle curiosità che alla scienza, se non rendessero somma- mente incerta la diagnosi, ed impossibile anche in sul principio il giudicare degli esiti. Non basta talora la presenza di un foro d'uscita per assicurarsi che il corpo straniero è fuori dall' organismo; pezzi minori della sua mussa, talvolta ridotti a semplici lamine metalliche sfo- gliatesi dalla sua superficie possono essere rimaste im- pigliate in mezzo alle scheggio ed alle fimbrie de' tes- suti stracciati, e farsi stromento di prolungate suppura- zioni. Anche il molteplice numero dei fori non è sempre indizio di moltiplicità di projettili entrati contempora- neamente. Il frazionamento loro, e la deformazione di cui sono soggetti può anche sotto questo riguardo es- sere causa di molte illusioni. In quanto al guasto delle ossa, se si tratta di ossa spugnose o di porzioni epifisarie, i fori completi sono evidentemente possibili, piìi forse che colle palle roton- de. Come con esse, si ripete spesso la possibilità di ri- manervi incuneate, e perciò appunto più malagevoli a estrarre stante le loro deformazioni e le punte e merla- ture colle quali si addentellano colla sostanza ossea. Trafuri couipleti di teste d' omero, e di epifisi tibiali lio - 311 — vedute nelle raccolte private delle resezioni eseguite in Germania quanto basta per poter affermare che sono giusti e precisi quegli esemplari che si trovano deli- neati nelle opere stampate. Si verifica quindi, ora il traforo perfetto della epifesi, o del capo articolare, ora la spaccatura di questo con incluso il projettilc, ora la perforazione di esso e di una parte della diafisi limi- trofa. In questo caso suole presentarsi una o più fendi- ture ascendenti o discendenti, secondo che la parte dei- Fosso ò inferiore o superiore, con piiì o meno rimarche- vole spostamento dello scheggione. Rimane talora una delle metà dell'osso continua in tutta la sua lunghezza, mentre la frattura è tutta spettante all' altra. Perforazioni semplici e nette delle diafisi non pare si sieno verificate ; bensì sempre più o meno accompa- gnate da scheggia e fenditure in più sensi. Una circo- istanza avvertita da Waldemeyer si è quella delle fes- sure interrotte; cioè, dopo che la diafisi nel punto centrale della frattura ha sofferto scheggiature e fen- diture in vario senso, presenta al di sotto d'un tratto Fano dell' osso una nuova fenditura, generalmente lon- gitudinale, che non comincia da alcuna delle prece- denti, ma è da esse affatto indipendente. Questo caso che si scopre chiaramente dopo la macerazione del- l' osso, ha un interesse scientifico, in quantochè sareb- be la dimostrazione evidente d' una generale commo- zione dell' osso, per cui sarebbe nelle ossa cilindriche ripetuto il fenomeno del contraccolpo proprio delle ossa piane del cranio (1). Lo stesso accadde di vedere più (1) Fischer, p. 5 e Tav. V. In quanto alle capricciose maniere di fenditura e di frattura delle ossa compatte, si consultino le tavole degli Autori c'tati nelle note precedenti. - 312 — volte anche nelle fratture della scapola. Quanto questo genere di fratture delle ossa lunghe influisca sulla du- rata delle cure, non sarà difficile il concepire. Quelle lunghe osteomieliti, quelle necrosi estese, e soprattutto quel largo tributo alle lente e tarde piemie di che s'ar- ricchisce la statistica dei decessi, hanno probabilmente la loro radice in queste maniere di lesione delle ossa. Dopo tutte queste forme speciali di lesione delle ossa, le più comuni sono quelle che presentano, oltre i grandi frammenti, la numerosa serie di scheggie, che a cose finite, quando è compita la guarigione, lasciano addietro una enorme perdita di sostanza, e qualche volta anche delle pseudoartrosi. Frequentissimi furono i casi di questo genere in dipendenza delle nuove ar- m.i! La loro azione veemente sull'osso si esercita al modo delle mine che fanno saltare i pezzi nell' atto che imprimono ad essi una spinta centrifuga. Di 40 0 50 scheggie estratte da una sola frattura di femore, d' omero, di gamba, non solo si è fatta annotazione dagli scrittori, ma ne ho veduto io stesso la raccol- ta presso gli ammalati ; e queste d' ogni dimensio- ne, d' ogni figura, oltre le piìi tarde punte necrotiche che si trovavano in progresso di distacco. È perciò molto vero ciò che dice Kirchner : « la forza di per- » cussione, la tendenza a deformarsi ed a frazionarsi, » il non mai deviare dal loro cammino diretto, ren- » dono le ferite di Chassepot proporzionalmente piìi pe- » ricolose, malgrado lapicciolezza del loro calibro (1). » E ciò che qui è detto del Chassepot si può ripetere (1) Kirchner. Aertzlicher Berichf ilber ilax k prcussischc Feld- ìuzarelh zv T'rrmilles. Erlancren 1872. — 313 — per g-li altri projettili di dimensioni e forza penetra- tiva consimili. Le statistiche conosciute finora intorno agli esiti delle due ultime guerre, non solo attribuiscono la quasi esclusiva vulnerabilità nelle battaglie alle palle da fucile, ma somministrano proporzioni diverse dalle già conosciute circa la località del corpo su cui col- piscono. Finora le ferite delle membi'a sono bensì, come attualmente, state di gran lunga ^ìù numerose di quel- le di tutte le altre parti del corpo. Anche nella guerra del 1866 nel nostro esercito i feriti negli arti somma- rono a 1693, quelli nel capo e tronco a 911, poco piìi della metà. In quella guerra si sono, come sopra fu av- vertito, adoperate armi dalle due parti dello stesso ge- nere, anteriori alle presenti. In essa si sono cominciate a scorgere appena le differenze fra il numero delle fe- rite degli arti superiori, da quelle degl' inferiori. Dalla stessa statistica che io compilai nel 1868 sui feriti del 1866 (I), si trovano 785 dei primi, e 907 fra i secondi ; proporzione che, presa all' ingrosso, abbastanza si ag- guaglia. Ma fino da queir epoca stessa le armate che presero a modello projettili di minor volume ci somministrano un divario ben ragguardevole. Maas, p. e. (2), su 212 fe- riti ne dà soli 50 agli arti superiori, 109 per contro agi' inferiori. Così Stromeycr (3) sovra 1331 feriti a Lan- (1) Ulteriori 7-acj(/iia(/li sitile ■peì'dite dell' esercito Italiano nella campagna del 1865. Milano 1868. ["!) Maas, Krìegs-Chirurcjische Beitràge aus dem Juhre 1866. Bre- slavia 1870. 'o) Stromeycr. Erfahrungen iiber Schiisfwunden im Jalire 1866. Hannover 18ij7 Scrii II'. Toìiìc II. -JU — 31-1 — rjcnsaha e Flrchheilingen (osclusi i legg'ieri che non eb- bero lunga permanenza negli spedali) riporta la cifra di 329 nella categoria dei primi e di 610 in quella dei se- condi. In quella guerra medesima (senza moltiplicare citazioni d' altre statistiche) si scorge adunque raddop- lìiato il numero delle lesioni alle membra inferiori, come lo si vide poi pili manifestamente anche nella succes- siva franco-germanica. Sul valore di queste differenze rispetto all' arte bel- lica io non ho ragione di occuparmi, se non in quanto queste cifre possono avere un rapporto col carattere delle lesioni e delle loro conseguenze ; epperciò a so- luzione del tema che mi sono proposto mi permetterò alcune riflessioni che si collegano direttamente alla chirurgia militare in campagna. La massima parte delle tristi conseguenze delle fe- rite in guerra si racchiude nelle due categorie : delle emorragie e della piemia, compresa in questa appella- zione tutta la serie delle malattie derivanti da degene- razione [setticemia icoremia). Il trismo ed il tetano sono espressioni di particolari condizioni a cui V individuo trovasi esposto durante la prima epoca della sua in- fermità. La gangrena nosocomiale, la resipola, le forme tifiche ecc. sono malattie d' infezione, da accagionarsi ad esterne influenze, e piìi che altro ai pervertimenti deir aria ambiente, che le savie cure igieniche possono })revenirc, e che anzi nella guerra presente, mediante r enorme sviluppo degli ospedali nuovi di guerra e di riserva, estranei alle antiche costruzioni ospedaliere, si può dire sieno giunte a prevenire. Resta dunque la pie- mia e le emorragie secondarie, in esclusiva evidenza, come le due piaghe della chirurgia militare, di cui la — 315 — preservazione è tuttora un problema. Dico le emorragie secondarie, da distinguere dulìe ,/febosf ittiche^ così magi- stralmente descritte da Stromeyer, le quali formano un nesso collo sviluppo della piemia (1). Le secondarie sono realmente arteriose e si collegano direttamente colla ferita. Io credo che a quest' ora ogni chirurgo si sia per- suaso della falsità del vecchio adagio, che le ferite d'arme da fuoco non danno sangue, e che questo forma una delle loro qualità patognomoniche. Finché i projet- tiii specialmente di grosso volume, strappando un mem- bro, 0 contundendolo profondamente, portano seco o lo strappamento dell'arteria principale, o la contusione di essa; in guisa da soffermar la corrente nelle tanto guise che oggidì ognuno conosce, locchè potevano anche ope- rare le palle voluminose d'antico modello, non sarà chi si sorprenda. Ma con projettili d' una forza penetrativa tale quale possedono quei d' oggidì, così facili a sfor- marsi e ad assumere angoli e punte, e lembi incisivi, riuscirà abbastanza cliiara la facilità delle emorragie primarie, e la loro riproduzione qualche giorno dopo. Nelle citate opere si riscontra infatti un numero non indifferente di queste emorragie arteriose : Billroth ne novera ben 43, di cui perdette 35, salvò soli 8; — Socin su 18, salvò cinque soltanto. Giorgio Fischer su 29 perde 14. H. Fischer ebbe per esse una perdita del 49 "i,, (1) stromeyer oltre quanto ha esposto nelle sue Maxhnev, nel 1861, ha riepilogato le idee relative nelle Aggiunte all'operetta di Mac Cor- mac, come si può vedere a p. 161 della edizione italiana, tradotta e pubblicata non ha guari dal dottor Bellina. E nei ricai'di inglesi di un ciùrmgo tedesco (lo stesso Stromeyer) tradotti or ora dal dottor Bel- lina mjdesimo. Firenze 1872. — MG — e così via discoiTendo. Perdite a dir vero molto siguifi- canti, avuto riguardo alla ideale possibilità di soccor- rervi con manualità operative ben conosciute. Ho accennato sopra che molti individui si sono ac- corti delle ferite toccate, soltanto per la vista del san- gue che scaturiva dal loro corpo. In un momento di azione calda e violenta com' è una battaglia, alcuni ca- dono svenuti, e nessuno dei presenti può trovarsi, come testimonio di vista, in condizione di riferire ai soccor- renti uua siffatta circostanza. La si può arguire allora soltanto dallo stato in cui si trova il ferito quando è portato alla piazza di medicazione. Varii medici addetti agli spedali hanno però dichiarato d' aver ricevuto nes- sun ferito con traccio di legature o compressioni, che accennassero alla emorragia primaria sofferta sul cam- po. In tanta confusione e fretta, quanta è quella che oc- cupa i medici nelle piazze di medicazione, non è facile stendere ragguagli ed esplorazioni sufficienti per chia- rire ai medici d' ospedale la natura e V importanza dei singoli casi ed i supposti pericoli. Queste primarie emor- ragie sul campo possono di leggieri adunque passare ignorate, intantochè sono generalmente il preludio di quelle cl^^e verranno dopo, inattese e spesso mortali. Egli è ben vero che talvolta succede che un' arteria contusa, massime se la contusione ha fatto straccia- mento negli strati interni, possa, colle fimbrie di questi, opporre ostacolo alla corrente sanguigna, e determi- nare la formazione di un trombo, atto a sostenere' poi permanentemente le ondate della colonna di sangue, almeno finché esso si costituisca a turacciolo solido. Ma in casi simili bisogna che le parti circostanti possano adossarsi all' arteria e sostenerla. Allora la ffuariffioae — 817 - è costante e spontanea. Un soldato di fanteria in Ales- sandria essendo stato colto da una palla al lato interno deir omero sinistro, mentre manegg-iava sbadatamente il suo fucile essendo in sentinella, fu portato al mio spe- dale subito dopo il fatto. La palla era usicita per la parte posteriore del braccio ; e dalle investigazioni fatte era evidente il suo passaggio in grande vicinanza al filone nerveo vascolare ; tanto pii^i era giusto il sospetto di le- sione della brachiale, che il polso della radiale era total- mente sparito. Non c^^era stata emorragia dopo il colpo, nò appariva sul luogo una vistosa infiltrazione. Ap- plicato più in alto un tornichetto di precauzione, da po- tersi stringere al primo indizio di sgorgo sanguigno, si collocò il malato in posizione di riposo assoluto con una medicazione semplice. Per varj giorni nessun indizio di pulsazione alla radiale, esilissimo il polso della cubitale al carpo. Col tempo cominciò anche la radiale a dar se- gno di permeabilità, quando già la ferita erasi avviata pressoché a guarigione. In questo caso la porzione di arteria che aveva sofferto lesione dal projettile, ha pre- sentato condizioni vantaggiose per una chiusura spon- tanea, fintantoché i vasi collaterali ricomposero la cir- colazione. Era probabilmente il modello di quella lesione che sopra ho accennato. A riscontro di questo fatto felice, ne metto un altro sfortunato, che pur troppo appartiene alla schiera dei pili numerosi. Il comandante delF 84.* di linea francese sig. Lacretelle, ferito il 20 maggio 1859 a Montebello, mi venne portato in Alessandria quattro giorni dopo la bat- taglia, con una ferita di traforo dalla faccia anteriore interna delki coscia sinistra nella sua meta, alla interna posteriore. Le ferite suppuravano regolarmente, ne esi- — -àib — steva infiltrazione locale. Sembra che avesse perduto poco sangue nell'atto del ferimento, né eravi indizio di trasudamenti sanguigni che facessero sospettare di le- sione deir arteria femorale, malgrado che la direzione della ferita potesse imprimere un lontano timore in pro- posito. Perciò fu collocato in posizione di riposo con medicazione semplice, e bendaggio leggermente con- tentivo. Assistito con molta cura, visitato da me varie volte nel giorno, passò cinque giorni con tutte le appa- renze di buon andamento. Alla sera del nono giorno, mentre, compita la mia ultima tarda visita vespertina, mi disponeva ad uscire dalF ospedale, vengo chiamato in fretta presso il suo letto per agitazione osservata in lui dagli astanti, e per iscoperta di molto sangue uscito dalla ferita. Air ora che scoprii il suo membro, lo trovai immerso in un pozzo di sangue, e sotto un debole getto ancora continuo. Fatta al momento la compressione digitale, applicato subito dopo il compressore di Signo- roni, mi apprestavo alla legatura diretta del vaso, quan- do lo stato d' anemia e di spasmo finale indicavano già inutile ogni tentativo. L' infermo spirò pochi istanti dopo alla presenza eziandio dcirispettore sanitario fran- cese bar. Larrey. La storia del Lacretelle è quella che vedo più o meno esattamente nella casuistica loro riferita dai me- dici della Germania, attori nella parte sanitaria in que- sV ultima guerra. Quando le emorragie prenunciatrici avvertite da Neudórfer danno un indizio di ciò che av- verrà poco dopo, resta tempo a provvedere (con qual esito, sta poscia a vedersi). Ma quando, come nel caso or ora riferito, di queste non si presenta traccia, il soc- corso chirurgico pur troppo non giunge a tempo mai. — 319 — Credo che il vaso rimasto contuso profondamente, noi vuotarsi per bene incamminata suppurazione degli in- gorghi circostanti, e spogliato della sua sorgente nutri- zia, qua! è la tonaca avventizia, si converta colà in una chiazza necrotica, che scoppia per improvviso distacco, e senza il favore di parti vive che vi si addossino. Di guarigioni spontanee, fra le sue 43 il prof. Billroth non ne conta che tre, della iliaca esterna e della femorale ; ne accenna poi una delF aorta non guarita, ma non mai stata causa d'emorragia (v. p. 113). Nei 34 casi citati da Fischer nella sua casuistica,per contro si trovano 12, in cui la emorragia secondaria era stata preceduta da un' altra profusa primaria, 7 furono piemiche, 5 seguiti di operazioni grandi, 9 soltanto non erano state pre- corse da perdite primarie. Però ciò che ha attinenza alle nostre ricerche si è il fatto verificato, mediante in- dagini da lui eseguite, del molto numero di emorragie mortali riscontrate nel campo. Parrebbe adunque che le presenti palle presentassero sotto questo rapporto qual- che cosa di pili micidiale delle antiche, anche sotto questo rapporto delle lesioni vascolari. Le emorragie secondarie sogliono avvenire fra il 7.^ ed il 14.° giorno di cura, e come tali costituiscono una delle pili serie preoccupazioni del medico militare inca- ricato della cura dei feriti negli spedali: 1.° perchè so- praggiungono così inaspettate, che sorpassano talora la vigilanza degli assistenti ; 2." perchè il partito da prendere per ripararvi è il pii^i delle volte incerto sul luogo della compressione, come frustraneo negli effetti. Ben si capisce che io parlo qui delle ferite di tronchi secondarli e terziarii, e non dei primarii, presso cui il soccorso non arriva mai a tempo; e il più sovente sono — 320 — causa di morte sul campo, .semprechc' non sia conse- guenza di gang-rena dei visceri pei quali passano. Sulle cause di queste emorragie secondarie, e sulle questioni relative alla legatura del vaso, non è questo il luogo da doverne discorrere, come cosa che mi allon- tanerebbe dal mio proposito. Sono questioni che per nulla hanno mutato i concetti della chirurgia già cono- sciuti per le opere degli autori. Ben diverso è il caso della piemia, altra delle gravi conseg'uenze della chirurgia traumatica, e causa preci- pua della mortahtà negli spedali di guerra. È precisa- mente in conformità a questo carattere di letalità, che contiene in sé stessa la piemia, che i moderni chirur- ghi militari se ne sono tanto seriamente occupati, e che dopo tante e sì prossime e sì grandiose occasioni di bene studiarla, trovano ancora insoluti varii quesiti che la riguardano. Imperciocché in nessun tempo forse si è tanto pensato al buon ricovero dei feriti, ed alVappli- cazione pratica per essi della miglior possibile igiene personale ed ospedaliera, quanto in queste ultime guer- re. E tuttavia la piemia ha dato anche in questa del 1870-71 un significante numero di vittime, malgrado eziandio la eccellenza delle individualità mediche, le quali erano state incaricate del governo degh ammalati e feriti. Forse non furono sì numerose queste vittime, proporzionalmente alla ingente cifra dei curati, come qualche anno addietro. Forse anche, in mezzo alla va- stità ed abbondanza dei mezzi ospedalieri, non corrispo- sero sul principio le altre condizioni di trasporto, di as- sistenza, di risoluzioni curative, quanto V abbondanza degli elementi bisognevoli di tutto queste cose avreb- be richiesto. Ma in ogni modo quando si ha di fronte — 321 — ' una infermità che promotte così scarsi trionfi com'è (al pari del còlerà) la piemia, si ha ragione di non tran- quillarsi finché non si sia entrati sulla via ben tracciata della vittoria. Intorno al eòlera siamo ancora pres- so a poco a quel livello, che eravamo quando la pri- ma volta è comparso in Europa. Intorno alla piemia, morbo che lascia maggior tempo ai soccorsi, e mag- giori probabilità di prevenirlo, si è già qualche cosa ottenuto. Certo, quando essa ha preso largo piede nel- r organismo, le speranze declinano ; ma vi sono dogli stadii, in cui la mano e Tintelletto possono giungere a dominarla. La prima questione che interessa di sciogliere si è quella delle lesioni traumatiche eh' essa predilige ; ove cioè da semplice febbre vulneraria può divenire un ele- mento di guasto profondo e mahgno. Guardando alle statistiche degli scrittori, conformi sotto questo rappor- to alla pratica delle guerre precedenti, si scorge, che il massimo numero dei piemici si trova fra i feriti del ba- cino e degli arti inferiori. È ben vero che ciò non esclu- de forse una proporzionale frequenza di sviluppo della malattia in quelH delle altre parti del corpo, le quali, come si è detto sopra, si presentano in proporzioni molto inferiori alle precedenti. Ciò non di meno è utile tenere a calcolo una circostanza sì fatta per prendere a tempo le opportune disposizioni preventive pei casi futuri. D' altronde è anche un fatto, che quelle regioni del corpo vi sono più esposte delle altre, stante l'abbon- danza e grossezza delle masse muscolari, la moltitudine ed ampiezza dell' apparato venoso, e le forti e volumi- nose parti dello scheletro, fornite di un relativo corredo di sostanza spugnosa nelle epifisi e nelle appendici Serie U\ Tomo II. W — 322 — loro. Le statistiche parziali mettono in evidenza la ve- rità di questa osservazione. Stromeyer nella guerra del 1866, fra i suoi feriti di Langensalza e Kircìiìieilingen (che furono come si è detto più sopra 1331), ebbe 190 morti, fra cui 84 di pie- mia, e di questi la porzione maggiore spetta ai 79 feriti degli arti inferiori. Anche il prof. F'ischer, che sugli 875 da lui medicati non conta che 55 morti di piemia, rife- risce la gran maggioranza di essi alle lesioni pelviche e delle estremità addominali. Kirchner sovra una tota- lità di 2099 curati, nel presentare una perdita totale di 197, ne assegna 117 alla piemia, di cui ben 65 appar- tengono agli arti inferiori, 33 ai superiori, 20 al capo, collo e torace. Billroth sovra oltre 2000 curati, conta soli 35 piemici, la massima parte da addebitarsi alle fe- rite dello pelvi e delle membra addominali. Per qual ragione egli qualificasse di enorme questa perdita io non voglio né posso indagare ; ma noto il fotto, che fra i suoi feriti in queste regioni del corpo eh' egli apprezza in totale a 64, i 32 piemici dati dalle mede- sime, formano un grande contrasto coi soli 3 apparte- nenti ai 19 feriti delle estremità superiori. i\.mmesso adunque, come corollario di queste sta- tistiche, la prevalenza delle piemie nelle ferite delle inferiori regioni del corpo, conformemente alla mag- giore frequenza delle lesioni, ed alle condizioni ana- tomiche che in quelle favoriscono il loro sviluppo, sorge la questione, se esse debbano accagionarsi ad infezioni estrinseche al corpo, o gcnerantisi nelF or- ganismo. Fu già per molto tempo dibattuta la questione della genesi della piemia ; la t(^oria delle infezioni prove- — 3J1{ — nienti da clementi miasmatici sparsi noli' aria, e più che mai negli ambienti d'ospedale, ha determinato al- cnni a classificarla fra queste. Di qui la gran prooccu- pazione neir erigere ospedali ventilati, bene assestati a tutte le condizioni che sono richieste da una sana igiene. Quindi anche la moltitudine delle baracche in America e in Gei;mania state erette pel caso di guerra, l'uso delle quali tanto proclamato anche da Stromeyer, fino da molti anni sono, se non sarà adottato, come mezzo ospedaliero permanente, non potrà mai in ogni guerra futura, come assevera lo stesso Billroth, essere trascurato. Nessun paese si potrà mai vantare, a fronte di sì colossale numero di feriti e malati, qual è quello che somministrano rapidamente le guerre attuali, di avere in pronto tanta abbondanza di fabbricati acconci all' uso ospedaliero. Se però la piemia ha dato dei nu- merosi esempii di sé stessa in ricoveri appena costrutti, stabiliti a seconda della scelta volontaria su terreni sa- lubri, in esposizioni più opportune all'igiene, con mezzi (li ventilazione artificiosi, con dimensioni accomodate a pronti e perfetti isolamenti, si comprenderà di leg- gieri che non si può più accagionare dello sviluppo della piemia un' infezione che proceda dal di fuori ; come più ragionevolmente si è riconosciuto accadere rispetto alla gangrena nosocomiale, alle risipole, alle difterite e forse anche al trismo. I casi che si svolgono negli ammalati isolati, raccolti presso famiglie pri- vato, e trattati con cure ed assistenze delicate e con- tinue, quali ho veduto più volte specialmente nella campagna del 1859, escludono del tutto la probabilità d'una teoria basata sovra un'infezione estrinseca al- l' or£>'anisrao. — 'ó-n- II dotto Stromeyer nelle sue preziose Massime di chmirgia militare^ ha detto una parola molto giusta, quando qualificò la piemia col nome di discrasia trau- matica \ e la infezione spontanea (selbst infection) di Lucke risponde adeguatamente alla idea di Strome- yer (1). Anche Billroth si esprime in senso contrario all'idea d' una epidemia per un veleno speciale, tanto più appoggiandosi al fatto che le piaghe dei feriti coabi- tanti nello stesso ambiente, non si vedono mutar aspet- to e carattere, come pur troppo lo mutano colà ove si introduce la gangrena nosocomiale, e la difterite (vedi pag. 110). Ciò non esclude che dove si trovano raccolti molti individui piemici, F aria ambiente non si possa impregnare di esalazioni miasmatiche, da costituire in seguito una infezione locale. Le osservazioni medesime di Klebs sul microsporon sejpticiim, che a modo di gene- razione parassitica si trova negli umori delle piaghe suppuranti dei feriti gravi, quali son questi di cui qui tengo discorso, ma eh' egli rinvenne a)iche nel così detto pus huono^ sostengono la dottrina della discrasia, e della infezione spontanea ; la rendono anzi tanto più ammissibile, quando nella formazione del pus si trovano commisti tanti detriti necrotici, tanta varietà d'elemen- ti organici decomposti accresciuti da trombi, e dai di- sfacimenti loro progressivi, la cui presenza nella cor- rente sanguigna e linfatica non può essere che una causa di degenerazione della crasi del sangue. Le feb- bri a freddo, che annunciano questo stato discrasico (1) Liicke. Kriegschirurgische Àphorismen. Berlin 18G5. >> Kriegscinrurgisvhe Fragen unii Bemeiliungin. Beni. 1871. — 325 — progrediente, sono una manifestazione chiara dei ver- samenti che vanno succedendosi nel torrente circolato- ~ rio, il quale li deposita poi qua e là nei visceri che han- no la più decisa influenza sulla ematosi. Alle trombosi, ed al disfacimento dei trombi, ten- gono dietro per importanza nello sviluppo della piemia le osteomieliti. Ormai è ben conosciuto il peso che han- no le funzioni delle ossa sulla crasi del sangue, né a determinare una infiammazione del loro midollo è me- stieri guardare alla complicanza e vastità di una frat- tura. Per le osservazioni che ho riferite più sopra, in- torno alla scossa che soffre un osso da un colpo di pro- jettile e dalle fenditure che si formano in esso anche in situazione lontana dal sito della percossa, si rileverà fa- cilmente r offesa che può averne il suo apparato midol- lare. Lq fratture secondarie^ quelle cioè che non si av- vertono ai primi periodi di cura, e che si rivelano dopo varii giorni da che l'ammalato poteva da sé muovere il suo membro, come se fosse integro, da non altro dipen- dono che dalla necrosi più tarda dei frammenti da prima tenuti a posto dai loro elementi vitali, e dal distacco succeduto dei medesimi per fusione de' versamenti san- guigni che li intasavano, e quindi per suppurazione e raccolte marciose. Fra tutti questi elementi atti a produrre la piemia, è chiaro che il cambiamento di posto di uno di tali am- malati, e le migliori cure igieniche apportano un bene- ficio più presto secondario che decisivo. Se si deve tener conto delle osservazioni di Lucke^ la setticemia è stata molto più rara nelle baracche, appunto perchè le migliori condizioni igieniche, eh' esse possono offrire, mitigano quella rapida tendenza alle degenerazioni - y2G — dissolutive. Ma rispetto alla piemia io ripeterei col det- to professore: « Io non vidi di piemie nelle bai-accho » se non quei casi che presero nascimento dalle trom- » bosi prodotte per influenza delle lesioni. Questo stra- » scicarsi dei trombi nelle ferite suppuranti è tal cosa, » che r arte d' impedirlo non è ancora stata imparata » (p. 85). Se a pari di questa circostanza funesta si debba collocare il risultato d' una profonda osteomielite, non sarebbe io credo opportuno il negarlo, qualora si ponga mente al carattere della circolazione, edagli ufficii fisio- logici delle ossa. La piemia adunque, se ha un carattere in sé stessa meno maligno e pernicioso della setticemia, presenta tuttavolta ben deboli lusinghe di sanazione, e queste limitate ai primi indizii del suo svolgimento, rappresen- tati dalla" prima comparsa delle febbri a freddo. Al- quanto maggiori sono quelle che riguardano le piemie lente e tardive, nelle quali Tarla buona, il regime to- nico e nutritivo, le dosi elevate e continuate di solfato di chinina possono avere una risultanza benefica evi- dente. L'amputazione eseguita ai primi preludii di una piemia, potrebbe taholta riuscire proficua, sotto il punto di vista di togliere il fomite, d" onde partono i disfacimenti dei trombi, ed i prodotti delle osteomie- liti. Ma anche in simili imprcndimenti nessuno può calcolare preventivamente ove e in quali visceri si sieno depositati ormai gli elomenti guasti assorbiti; nò guarentire della possibile piiì tarda comparsa degli ascessi pnoumonici od epatici, che sogliono essere le conseguenze di sì fotti depositi. Io non sono in grado di tracciare un esatto confronto fra lo sviluppo della piemia iii ([uest' ultima campngnn, — 327 — con quello (ielle precedenti, per determinare a posteriori V influenza relativa delle armi adoperate. Ben posso accertare che nella campagna del 1859, la piemia ebbe im largo campo d'azione, malgrado le favorevoli condi- zioni degli spedali, le assidue cure mediche e igieniche, la bontà della stagione corrente, e la comodità dei tra- sporti non affrettati né tumultuosi, come sogliono ope- rarsi sotto il frequente succedersi delle battaglie. Tutte queste fortunate combinazioni non si sono presentate per certo nella campagna del 1870-71, nella quale fu una successione continua di conflitti-, ed un passaggio da stagione a stagione con divarj immensi di tempera- tura e di posizioni militari. Ciò potrebbe forse essere obbiettato contro le funeste mie previdenze suU' azione delle nuove armi; specialmente quando si rifletta che le piemie di cui ho presentato qualche importante sag- gio numerico, potrebbero considerarsi sotto un punto di vista statistico più assai confortante. Locchè mi sem- bra opportuno discutere per le applicazioni che se ne possono fare in avvenire. Se nella campagna del 1859 si sono trovati già pronti, 0 rapidamente apprestati molti e buoni ospe- dali, mezzi di trasporto sufficienti, radunati e posti in attività senza fretta angosciosa, nella guerra franco- germanica, i tedeschi avevano preparati a tempo tali e tanti mezzi di ricovero, da riuscire forse in molti luoghi esuberanti al bisogno. In quanto a' trasporti, nelle epoche prime è un fatto che si trovarono scarsi e non consentanei alla gravezza del casi. Quali poi divenissero in seguito, non dovrò che riferirmi a quanto esposi a questo Istituto nelle mie Reminiscenze d'un viaggio in Germania. Le condizioni di quella guerra — 328 — furono aiicÌK* più coniplicate pel rapido avvicendamento doi fatti, il cambiamento di teatro d' azione, e la con- seguente necessità di creare sifl luogo ospedali e rico- veri nuovi, stante la crescente lontananza dai primi apprestati alla frontiera, e che pure dovevano restare come punti principali di convegno e di asilo sicuro ai malati e feriti. Circostanze tali traggono seco la necessità delle continue evacuazioni, e talvolta perfino degli sgom- beri totali per accomodarsi a nuovi e inaspettati riem- pimenti. Quanti strapazzi soffra un individuo grave- mente ferito da sì fatte ripetute interruzioni d'un riposo che l'arte medica avrebbe comandato ed imposto, non è chi non veda. Né sarà inesplicabile un buon numero di vite che si perdono per questo fatto solo; le quali in migliori tempi e circostanze si sarebbero potute sal- vare. Su questo proposito senìbra però che la Germa- nia, la quale adotta subito ciò che il senso pratico le ha fatto conoscere esser utile adottare, abbia stabilito ormai un sistema di trasporti fcrroviarii, ufficialmente organizzati; per cui una parte dei danni lamentati sul principio dell'ultima campagna, compensati solo dalla prodigiosa e mirabile attività dei convogli spedali si- stemati da poi, verranno evitati (1). Ma sarà anche utile assicurare prima dei trasporti un ricovero riposato, non solo ai feriti del capo, del torace e basso ventre (gravi), ma altresì a quelli che hanno gravi lesioni degli arti inferiori, le quali sono le più esposte alle terminazioni (1) Vedi le mie Reminiscenze, specialmente nella Conclusione, ed anriif l:i memoria del dottor 15clliiia. Svi treni-siicildfi della (ìerma- nin. Firenze 1872. — 320 — per piemia e setticemia. La più rigorosa osservanza degli articoli della convenzione internazionale dì Gine- vra, astrazione fatta dagli odii nazionali, frutterà anche questo beneficio a' combattenti caduti sotto le loro ferite. Queste condizioni che hanno così stretto rapporto coi temi che finora ho trattato, si collegano del pari molto strettamente col grande quesito dominante della cìdrurgia conservativa. Si è rimproverato ai francesi di essere stati anche in questa guerra troppo demolitori di membra. Fosse che presso di laro mancassero i comodi relativi alla conservazione, o che non si prestassero le tumultuose vicende della campagna a conveniente trattamento, o finalmente che il principio del conser- vare, operando ed aspettando, non si fosse diffuso abba- stanza fra loro, parrebbe, dai ragguagli particolari che si ebbero, che le loro perdite per amputazione sieno state significanti. Si rimproverò per contro ai tedeschi d' aver fidato troppo sulla chirurgia conservativa, e si è da varii concluso che in una simile occasione futura si dovrà ragionevolmente allargare il campo alle ampu- tazioni. Fautore anch' io della chirurgia conservativa, ho però nella mia Guida del medico militare in campagna (tomo I, p. 228 e seg.) dichiarato apertamente che in campagna le amputazioni devono estendersi fin dove lo comporta la razionale speranza di conservare in primo luogo la vita ; e che il metodo aspettative è più special- mente raccomandato negli spedali, quando sono ces- sate le cause dei movimenti de' malati dal loro posto di riposo. E ciò più che mai nelle ferite delle membra infe- riori. Nessun momento è infatti tanto infausto alle de- molizioni quanto dal 2." giorno al ]."3." circa. dalF opoca S'ì-ìe ir. T.tv.,' II. -IS — 330 — del ferimento Queste operazioni che i tedeschi chia- mano inferm ediarie (e eh' io appellava secondarie per distinguerle dalle ulteriori, che ho chiamato tardive)^ son© infatti concesse soltanto, quando le giustifichi la minaccia di una piemia, delle flebostasi e delle emorra- gie secondarie. Ma è poi un fatto che merita di essere tenuto a calcolo quella oscurità dei guasti delle ossa in queste ferite durante la prima esplorazione, stante la mitezza ingannevole della esterna lesione. Il soprasse- dere in quei primi istanti di fretta angosciosa può esse- re causa di indebiti trasporti, e d'una perdita di tempo, che costituisce poscia una delle cause della futura piemia. Una simile questione trascina seco V altra delle resezioni, che formano parte integrante del sistema conservativo. Essa è troppo seria e troppo complessa per essere trattata in un discorso accademico, e potrà formar soggetto di una più speciale trattazione. Sicco- me tanto le resezioni, come le medicjizioni semplici aspettative, devono servire di surrogati alla demoli- zione totale delle membra, e siccome su questi argo- menti si è già molto tentato e molto ponderato nel- r esercizio della chirurgia in Inghilterra, in America ed in Germania; così anticipo come una speranza, che quei tentativi operosi, e dirò anche filantropici, a profìt- to della umanità sofferente, avranno in campagna mi- gliori e pili vasti trionfi, quando saranno adottati tutti i mezzi atti a risparmiare ai malati e feriti i disagi lamentati dallo stato di guerra, e che si compen- diano : 1. Nel pronto e sicuro trasporto dei foriti dal cam.po ; 'Z. Nella iinuiubilità loro negli spedali ; — 331 — 3. Nella continuità delle cure sotto la medesima mente direttrice, e sotto le stesse mani soccorrenti ; 4. Neir uso di medicazioni antisettiche apyjropriato a impedire le degenerazioni clic sono (locali, o diffuse negli ambienti) le cause di tante iniezioni e di conse- guenti mortalità. Loccliè auguro tanto piìi ardentemente, quantochò ciò può essere utile al nostro esercito; le cui vicende lo hanno finora risparmiato dalle lugubri scene? che dalle guerre lontane dal proprio terreno potrebbero quando che sia essergli apprestate. Firenze, 20 novembre 1872. COSTITUZIONE ISTORICA DEGLI ARCinVI VENETI ANTICHI 1200 - 1872 Mgmoria DEL S. C. BARTOLOMEO CECCHETTI (Coiitinuaz. della pa;;. 74 della precedente dispensa) X. Consiglio dei Dieci; Inquisitori di Stato. » Fra le prime cure del Governo che riguardano l'ar- chivio del Consiglio dei Dieci fu quella della nitidezza dei volumi che contenevano le leggi statutarie ad esso relative ; quindi il capitolare. Troviamo che nel 1328 (1) lo si vuol trascritto in hiona lettera, perche è assai confuso ; e nel 1424 (2) si decreta, che siano raccolte in un libro tutte le pai^ii spettanti ad esso Consiglio. Parecchi di cotesti volumi sussistono anche oggidì : il 3fagnv.s comprende i decreti del Consiglio dal 1310 al 1609(3); il Ruleus, dal 1503 al 1522; il Pntmus, dal 1550 al 1567, ecc. (4). (1) 22 settembre, C. X. Misti, r. 3, p. 40. (2) 1424, 29 novembre C. X., Misti, r. 10, e. 72 t. (3) Cons. dei Dieci, Magnus : 1310, 17 giugno — 1609, 20 nov. (e 1618, 10 ottobre con rubrica). Nella copia : « Liber partium et ordinum Consilii de Decom ; ex libris dicti Con- silii nempe principio ejusdem incipiens, a capitulari, apposita in fine rubrica diligenter ordine alfabetico disposita » inceptus manu q. Joan- nis Gasparini usque ad paginas 412 et exinde, perfectus a doctore Francisco Carbone ad hoc ab Excelso Cons. X. deputato. (4) Il rubeus', lia rubrica, e comprende il periodo 1503, 6 marzo — 1521 29 gennaio m. v. ; Q9 ) E degli esemplari antichi fu fatta eseguire una copia. — Noteremo alcune particolarità. La serie piìi antica dei documenti del Consiglio dei Dieci è quella dei Muti (1). Il primo volume dei Misti, così ritenuto anticamen- te, comincia dal 1300; evidentemente non poteva es- sere del Consiglio dei Dieci; ed è invece il primo dei Misti del Senato colla cui rubrica corrisponde, — curio- samente superstite alla distruzione degli altri 13 che giungono fino al 1332. È di carte 191, ma comincia colla 101.* Perciò, e pei guasti dell' umidità, le prime parti che possediamo sono del 1315. V'hanno due lacune. Il tomo quinto mancava fino dal 1611; il 7.°, inscritto in un inventario di queir anno, fu poi riconosciuto per un registro del Collegio [notatorio, 1383-91) e riposto in queir archivio. V aveano alcune serie di volumi che ora più non esistono, p. e., dei mandati segreti (2). Alcuni processi si custodivano in un cassone (sec. XV) ; per aprirlo occorreva una licenza del Consiglio ; le tre chiavi si custodivano dai capi di mese, affinchè fosse diminuita la facilità di aprirlo come avveniva spesso per le suppliche dei condannati che impetravano grazia (3). il primm, 1550, 11 marzo — 1567, 18 aprile con rubrica; il secuadus, 1567 16 marzo — 1575, 30 lus'lio, senza rubrica ; il tert'mx, 1576, 7 marzo — 1588, ultimo febbraio m. v. con rubrica ; il quar/us, 1588, 23 febbraio m. v. — 1591, 15 maprgio. (1) Vengasi nel doc. V la spiegazione dei titoli di alcune serie del- l' archivio del Consiglio dei Dieci. (2) C. X. 14.59, 14 nov.. Misti, n. 15, p. 192; 1464, 13 nov. V. X. (3) Fra i registri del Cons. dei X sono: un indice, di ricevute di processi e di altre carte forujato col rito del Senato 1G"Ì2, 3 marzo — — 3:35 — Per ragioni di secretezza, tutti i libri o le scritturo del Consiglio che si trovavano nei lanchi di sopra, pres- so l'entrata della Cancelleria, si facevano trasferire suhtns Cancellariam, nella Camera dei Capi (1), ivi sol- tanto potevano i segretari registrare o scrivere carte del Consi.o-lio ; i suoi processi non spediti si riponevano nella cassa o nei colti o palchetti appositi, 11 Consiglio dei Dieci comunicava al Senato alcune carte segrete, nella loro integrità, o corrette (modificate). E le comunicava anche al Collegio; ma pare a voce, donde non si può credere all' esistenza di serie comu- nicate al Oollegio (2). Neil' archivio del Consiglio dei Dieci si custodivano anche volumi e documenti estranei. Per es., nel 1471 tutti i privilegi che il conte Vinciguerra ed altri dc'Col- lalto avevano impetrato dall'Imperatore a Ratisbona (3). Carte politiche importanti e processi, custodiva il Con- siglio dei Dieci in una cassa hianca^ nella soffitta, la quale non poteva aprirsi senza permesso dei capi del Consiglio (4). , "»t 1659, 3 detto ; — libro di processi consegnati nella Secreta, 1617, 14 agosto — 1759, 25 maggio ; — « libro dei processi espediti et posti nelli cassoni dal 1595 in qua ; » ma è un elenco di nomi per alfabeto poco ]ìiù che cominciato. (1) 1460, 20 settembre, C. X. Mlsli, n. 17, p. 108. (2) Cons. dei X, 1473, 17 maggio, Misti, n. 18, p. 10. Si invitano nel Consiglio dei X i Savii di Terraferma^ perchè ascoltino certa rela- zione fatta ai Capi dei Dieci. Una delle più antiche comunicate al Senalo si legge nel volume del Cons. dei Dicci, Misti, n. 22, p. 87, addì 2 dicembre 1484 : comu- nicazione di lettere dirette al Cons. dei X. dall'arcivescovo di Antivari circa r interdetto, e dall" ambasciatore in Milano, cav. Antonio Vetturi, 3) 25 settembre, Misti, n. 17, e. 138 t. \ C, X Secreti, \. 86, 19 maggio n. 13, e. 32 t. o 118 t. — 3;}6 — Sullo scorcio del secolo XVIII (1)1" urcliivio dei de- cemviri era in condizioni pessime riguardo al sito e al- rordinameuto. Il Senato lo conobbe, e avvisò l'urgenza dei restauri, affine di preservare « i pregevoli documen- ti che in essi esistono, in parte anche danneggiati dalle imperfezioni del luogo stesso, » approvando un piano deir architetto Filippo Rossi, colla proposta aggiunta del soffittone contiguo, per render piiì capace Y archi- vio. Per metter poi un po' d' ordine nelF archivio disor- dinatissimo, « si adotta il provvido suggerimento d'isti- tuire una permanente presidenza coperta da soggetto in attualità del Consiglio dei X, e per ciò si delibera che d' ora innanzi sia fatta annualmente, nel primo Consi- glio del mese di ottobre, elezione di un solo deimtato alle sale, e che in luogo dell' altro, per non aggiungere maggior peso alli cittadini componenti il Consiglio me- desimo, sia eletto un 'presidente delV Archivio^ la cui ispe- zione sia quella d' invigilare alla custodia e al buon ordine del medesimo. » Si nomina poi a deputato alla separazione ed ordinamento delle filze e dei registri, colla dipendenza dal nobil uomo presidente, e coli' assi- stenza d' un coadiutore, Giuseppe Francesco Olivieri. Il n. u. Zaccaria Vallaresso, altro presidente dell' ar- chivio del Consiglio dei Dieci, nel 178G riferiva (C. X. 21 luglio) esserne compiuto l'ordinamento, e proponeva di sgombrare il locale dei modelli e disegni antichi di piazze , consegnandoli « al magistrato alle fortezze , presso il quale altri simili se ne conservano. » Era coa- diutore Domenico Caliari Fantinelli. Riconosceva ne- cessario di sbarazzare l'archivio w di molte filze, //if/> 1 n.Sfl. y sdtaiibrc. C. X. C'i/niiii, reg-. -205. e. -JIG t. — 337 — ietti, libri e carte di epoca lontana risguardanti li tem- pi addietro sino al principio del secolo corrente, logore e quasi consunte, contenenti riferte di capi di contrada, e lettere vecchie di pubblici rappresentanti, e cose si- mili che non sono utili nò meritano alcun riHesso ...» Dopo quanto ne ha scritto nel periodico « Archivio ^'eneto » (1871 e seg.) il signor prof. Rinaldo cav. Fulin, sarebbe inutile che si trattasse qui particolarmente del- l' origine e della storia degli Inquisitori di Stato, coevi ai membri del Consiglio dei Dieci. Diremo piuttosto della suppellettile, assai decimata, e non molto prege- vole del loro archivio. Esso si compone: di lettere dirette dagl'Inquisitori a rappresentanti, il Governo nello Stato e presso le Corti straniere ; — minute del Tribunale e missive restituite dagli ambasciatori, rettori o confidenti cui erano state dirette : dello lettere mandate dagli ambasciatori ecc. agP inqui- sitori ; di processi per reati politici e delitti comuni ; di carte spettanti ai mestieri (Artt)^ a strade, contrab- bandi, negoziazioni segrete. Ecco il programma d' ordinamento delle varie serie di quei documenti, quale è seguito dai signori Luigi Pasini e (3iuseppe Gioìno, distinti officiali nel R. x\rchi- vio Generale, i quali hanno ormai posto ordine a quasi tutte le singole scritture. Sirie IF, Tomo 11. 43 ^ S3a - Capitolare. Genere 1.° Carte proprie (A). Classe 1.' Minute dei Secretavi ; » 2.* Lettere degV Inquisitori. Genere 2.^ Carte degV Inquisitori. Classe 3.* Suppliche., petizioni memoriali, al Tribunale. Classe 4.* Lettere e scritture dei rappresentanti^ agenti^ ministri, e persone private : ^ a) del Capitan grande ; \ b) dei confidenti — nella città di Venezia. I e) degli albergatori (qui le carte « Fore- stieri » ) ; d) di altri ; e) denunzie sottoscritte od anonime ; o^ j i f) dei rettori ; Stato * ' g) dei confidenti nelle provincie ; „ , ^ h) degli ambasciatori ; Estero e t i) dei confidenti — all' estero. Genere. 3." Carte proprie (B). Classe 5.' Processi : a) diversi ; b) per contrabbando \ Classe 6.* Sentenze (carte relative a prigioni, confinati, esiliati, condannati alla galera, a morte) ; Classe 7.^ Polizze di spese ; Classe 8.» Diverse. Riassìinto : Classe 1." e 2." Massinìe; 3.* Domande ; 4.» Informazioni ; — 339 — Classe 5.» InqiLisizioni ; 6.» Pene ; 7.» Cassa ; 8.» Diverse. Il procedimento sommario degl' Inquisitori potrebbe far credere che non tenessero nota delle cose trattate. Ora avevano invece registri di memorie, e collezione di norme o ca^ntoìare. Nel 1652 (1) gl'Inquisitori determinavano la institu- zione di un libro « cartaio ed alfabetato, dove sia ob- « bligato il segretario di scrivere di tempo in tempo le « querelo, pi-ocessi et negotii gravi che succederanno, « della maniera in tutto e per tutto che si pratica nello « Eccelso Consilio, et all' incontro siano pure contra- « scritte note degli atti che anderan succedendo, onde « sempre resti sotto V occhio le materie tutte, e quello « che sarà stato operato e risolto, così ordinando che « sia annotato. » Di alcune di quelle note, dalle quali certi registri presero il nome di volume delle Annotazioni, doveva darsi lettura dal segretai-io dogi' Inquisitori nel primo giorno di riduzione dei nuovi (2). Eccone qualche notizia. Annotazioni degl' Inquisitori di Stato, 1643-1797. Il primo volume 1643-1647 (u. 290 della Collezione di codici ex Brera restituiti dal Governo Austriaco nel 1869) è una semplice rubrica alfabetica di note, colla data e (1) 12 ottobre, Codici della ex-collezione Brera, N. 292. (2) Terra. Inq. 1661, 19 settembre, Annotazioni, voi. I. - 340 — coir oggetto delle scritture ricevute dagl'Inquisitori di Stato 0 da essi dirette ad ambasciatori o ad altri perso- naggi, con richiami a mazzi segnati con lettere romane maiuscole, o a filze deirarcliivio del Consiglio dei Dieci per le deliberazioni di esso Consiglio sopra proposte degli Inquisitori. , Il volume primo propriamente detto delle Annota- ■zioni (n. 292) comprende il periodo dal 1652 al 1673 ; gli precede una rubrica, e nella prima pagina è scritta la deliberazione degP Inquisitori 1652, 12 ottobre, d' isti- tuire la presente serie dei volumi dello Annotazioni. Le note sono piiì diffuse, disposte per epoca, taluna sotto- scritta da' tre Inquisitori, estese a sinistra di chi legg'e; nel mezzo foglio corrispondente, v'ha la nota della eva- sione od esito dell' affare. I periodi compresi dagli altri volumi sono : (2." delle Annotazioni senza num.) 30 marzo 1684-16H5, 12 feb- braio m. V. » 291 7 marzo 1686-1701, 1 settembre; » 294 4 nov. 1701 — 1719, 5 sctt., ed una del 1736, 29 gennaio m. v. ; » 295 — 1719, 3 agosto — 1723, 1 maggio ; » 296 — 1723, 8 maggio — 1729, 30 agosto ; » 297 — 1729, 7settemb.— 1737,10 settembre; » 298 — 1737, settcmb. — 1746, 29 settembre: » 299 — rub. diffusa da ottobre 1746 a 1796, 28 feb- braio m. V. » 300 — 1746, 5 ottobre — 1755, 29 settembre ; » 301 - 17:)5, 5 ottobre — 1759, 26 settembre; « 302 — 1759, 9 ottobre — 1763, 29 settembre; » 303 — 1763, 5 ottobre — 1769, 29 settembre ; » 304 — 1769, 19 ottobre — 1776, 27 febbraio m. v. — 341 — » 305 — 1777, 8 marzo — 1780, 7 dicembre ; » 306 — 1786, 11 aprile — 1793, '^7 settembre; » 307 — 1793, 19 ottobre— 1797, 6 marzo. Le date sono quelle delT anìwtazlone ; non à.Q\Vesau- rimento, che è quindi posteriore (1). I dieciotto volumi non contcnigono notizie di tale importanza che giustiiìchino la fama attribuita ad essi come a tutto 1' archivio deg-li Inquisitori di Stato. Sono note di polizia, pocliissime iV interesse diplomatico ; in parte studiate e pubblicate dal distinto cav. Augusto Bazzoni neW Archivio storico italiano^ serie III, 1.' di- spensa del 1870 e seguenti, 57." della Collezione (Fi- renze, ^'ieusseux, p. 45) dalFavv. Giulio Crivellari, per la sua opera inedita del diritto lienale della Rep. veneta^ e dal cav. Armando Baschet {Les Archices de Venise etc. Paris 1870. II segretario degr Inquisitori di Stato scriveva an- che in registri oblunghi {vacchette) (2) per alfabeto o colle date, alcune memorie delle cose eseguite dal Tri- (1) Il comm. Agostino Carli Rubbi, in uno dei ra^jporii che dirigeva al Governo Generale, intorno le carte più importanti che trovava nel- r archivio degli Inquisitori di Stato, addi 15 aprile 1822 scriveva : « Dirò anco che io ho veduto nella stanza di riduzione del Tribunale, accanto al burò del Segretario, l'armadio ove stavano i libri usuali, cioè i nota- tnrìi eh' erano vi fog'io col taglio alternante, rigato di colore celeste, rosso e bianco, i quali qui non sono puranco da Milano stati restituiti ; i libri delle annotazioni e delle sentenze. Nelle quattro stanze superiori poi teneansi i processetti e le cario e corrispondenze importanti. » Non crederemmo che si potesse, sulla sola asserzione del Rubbi, ritenere che gl'Inquisitori usassero di nolatorii diversi dai volumi delle Annotazioni. (2* Questa denominazione di una ben nota specie di registri oblun- ghi, si trova forse per la prima volta nel decreto del Consiglio dei Dieci, Misti reg. 20, p. 12, 1480, 17 luglio. — 342 — bunale. Queste memorie o noterelle si segnavano anche sul dorso dei processi. Ne restano quattro volumi, dal 1771, 7 agosto al 1797, 21 aprile. Anche gF Inquisitori, come il Consiglio dei X. custodivano processi ed altre carte in uno scrigno (1). Molto fu discusso sul capitolare degl' Inquisitori. Avrebbesi dovuto credere che sino al 1755 (2) non ne possedessero, perchè nelle Annotazioni si trova questa memoria : « Mancando assolutamente in questo Archivio ogni » documento della istituzione di questo tremendo vene- » rabile Tribunale, base ferma e sicura della conserva- » zione e felicità dello Stato, della grande sua potestà » e delle materie di tempo in tempo ad esso raccoman- » date, s'incarica il circospetto segretario D. M. CavaUi, » che fu segretario per due anni, di raccogliere dai li- » bri e filze che in questo sacro e impenetrabile recesso » si custodiscono, li fondamenti accennati, e formarne » un piccol libro a guisa di caintolare del Tribunale; e » perchè inoltre sono difettivi di molti anni li registri » dell' indice e del diario che servir debbono di guida » per rinvenire li luiiii occorrenti in ogni materia » vie- ne incaricato il segretario di ciò, e gli si assegnano ducati 30 al mese. Il capitolare invece si conserva in due esemplari, r uno neir Archivio di Venezia (3) e F altro nella colle- zione Cicogna presso il Museo Civico Correr (4). (1) e. X. Secreti, 1595 24 febbraio m. v. reg. 13, e. 147 t. (2) 1755, 29 sett. Annolazioni Inq. di Stato, cod. ex-Brera, n. 300. (3) L' esemplare dell' Archivio è cartaceo, del secolo XVllI, di p. 96, 1411 4 mar.— 1793, 20 apr. Il repertorio e parte del testo, sono di piicrno di un sei^retario degl' Inquis. fino a pag. 74 ; fino alla 96 di altri due. (4) Romanin, nella «Storia docum. di Venezia; Venezia, N arato- — 343 — Ai segretari era commesso di redigere una relazione annuale. Di colali relazioni se ne conservano nelT Ar- cliivio Veneto sessantasei , dal 1715 al 1796, e pochi frammenti. Contengono ricordi, specialmente della ge- stione economica, delle cose piiì notevoli di polizia in- terna, delle note dei prigioni, dei confidenti stranieri (alcuni, gli stessi residenti delle Potenze estere). Per verità quelle relazioni danno un concetto assai meschi- no del Tribunale degFInquisitori, pur ritenuto tanto importante ! Né le prescrizioni di essi, sebben fosse nel- la fama pubblica circondato di tanto mistero, erano sempre obbedite. Circa alla restituzione delle lettere che i rappresentanti avevano ricevuto dagl'Inquisitori, essi ingiungevano che « chiunque, al suo ritorno da « publico carico sostenuto, debba restituir al Tribuna- « le ... le stesse lettere originali quali li furon rilascia- « te, onde per nessun caso mai possano esser neppur « vedute. » Questo preciso dovere era però negletto da- gli ambasciatori, residenti e consoli. Tutti i rappresen- tanti adunque (così si prescrive) debbano al ritorno in patria restituire le carte del Tribunale al segretario di esso ; e così tutti i consoli, ma restituendole di volta in volta. Ai successori si lascino le sole lettere di commis- ▼ich, 1857, t. VI, p. 109-197, ha pubblicato il Capìlular delli Inquisitori di Stato, codice che addi 5 maggio 1797 passò in mano di un nobile, poi di un Giuseppe Pasquali raccoglitore di libri rari, dalla cui vedova lo acquistò Andrea Tessier, che lo cedette al fu cav. Em. Cicogna. — La collezione di quei documenti, che il compilatore denominò Capito- lare, fu eseguita, non per commissione ma spontaneamente da Angelo Nicolosi segr. degl' Inquisitori di Stato, nobili uomini Giov. Francesco Barbarigo, Angelo Emo, e Giacomo Queriui cav. ai quali fu da lui pre- sentato. » - 344 — sione: sì mandino tosto a Venezia quelle clie'furono cu- stodite in deposito negli archivii degli ambasciatori re- sidenti alle Coi-ti. L' obbligo dei rappresentanti il Governo nello Stato, di restituire al loro ritorno scritture scerete, era antico. Lo si trova ricordato nel 1518 (1); quei documenti (de- cretavasi allora) si custodiscano in sito apposito, e fra quindici giorni si ritirino quelli relativi alla guerra pas- sata. Confrontando il catalogo dell'archivio degl'Inqui- sitori quale era sotto la Repubblica (2) colla povera e disordinata miscellanea eh' è giùnta a noi, la mente ricorre agli eccessi della Democrazia e alle rapine fran- cesi. « Accorreva il popolo... spogliava, stracciava gli » archivii del Consiglio dei Dieci e degli Inquisi- » tori (3) ». Il Bassal per incarico del generale Serru- rier (23 novembre 1797) fece il resto. I privati continua- rono per anni parecchi a chiedere e ad ottenere dal fa- tale Archivio, carte compromettenti. Di qui se le scrit- ture degl' Inquisitori si trovano sparse presso parec- chi (4). (1) 1518, 30 giugno, C. X., Misti, r. A'I, e. 60 t. (2) È intitolato come abbiamo detto « Processi e carte restituite, e carte cbe sono negli armari VII da basso, negli armari VI, cassette Vili e due cassoni di sopra. » (3) Romanin, IX, 114, 520; X, 220. (4) Esiste presso la vedova di Samuele Romanin la copia di un « Sommario delle carte che esistevano nell' archivio degl' Inquisitori di Stato, non che 1' elenco di molte altre relative alle ultime vicende delia Repubblica Veneta, quali vennero asportate dal commissario francese Bassal nel 1797. » [N. B. In queste ultime vi è il sommario della re- lazione fatta dal segretario Giuseppe Gradenigo sulT adempimento del- l' incarico eh' eragli stato impo.sto nel 1797, d' ingiungere cioè al conte — 345 — Agli asporti e al disordine succedettero le reinte- grazioni 0 gli ordinamenti. Il Governo Austriaco inca- ricò il comra. Agostino Carli Rubbi — assegnato in servigio dell' Archivio politico in s. Teodoro — di sce- gliere le carte piìi importanti degV Inquisitori e prepa- rare lo stralcio di quelle che, d' accordo col Chiodo, gli paressero inutili. Il Ru1)bi cominciò allora col Governo un carteggio che continuò circa dieci anni. Conside- rava r Archivio degl' Inquisitori come quello Segreto di Sua Maestà (1) ; e con grand' enfasi si vantava di aver « r onore di essere creatura della Eccelsa Presidenza « Governativa (2).» Nel 1812 quando pose piede nell'ar- chivio di s. Teodoro, trovò nel vestibolo di quella ex Scuola « le carte degl'Inquisitori accatastate e ammuc- » chiate dall' azzardo, congerie fatta dalla paura, dalla y> fretta, e dall' ignoranza. » Informò poi il Governo di ogni menoma scoperta nell' Archivio, e del come ordi- nava gli scarti (3). Ma le operazioni del Rubbi non ser- virono a metter la luce dell' ordine fra le carte degl'In- quisitori. E prova n' è il presente ordinamento che se ne deve fare. di Lilla (Luigi XVIII) l' immediato allontanamento da Verona e dagli Stati della Repubblica). (1) Sua lettera al Presidio del Governo Austriaco, 1819, 14 ag., N. 47. (2) Era stato nominato ad officiale nell' Archivio di S. Teodoro dal Ministero dell' Interno dell' ex Regno d'Italia, dispaccio 5 agosto 1812, n. 22152). L'incarico dell'ordinamento dell'archivio degl'Inquisitori gli era venuto dalla Presid. del Governo Austriaco col decreto 6 sett. 1815, n. 31215-2113). (3) Per e^.. circa le carte crminali e di polizia, il Rubbi giudicava da gettarsi quelle relative a licenze, piccole gratificazioni, soccorsi, lettere intercette, riferte, piccoli affari di finanza e di contrabbando, affari giudiziarii e letterarii di nessuna entità. Serie IV, Toma //. '^'^ — 346 — Una parola delF uso di (quelle carte terribili, sotto il Governo passato. Sua Maestà V imperatore Francesco I, con risohi- ùone 14 giugno 1824, ordinava che queir archivio do- vesse « restare come prima segreto ed inaccessibile ; e che niente se ne potesse estrarre per famiglie o pri- vati. Soltanto in casi affatto particolari, e per carte le quali fossero di riconosciuta proprietà- può aver luo- go uri' eccezione, quando dagli atti risulti che le carte si trovano nelf Archivio, ^(ò\q> 'per accidente^ od almeno, che la loro deposizione e conjlsca non erano un argoriieato delle deliberazioni degl' Inquisitori. Nel 1828 (1) lo stesso imperatore aggiungeva: Vo- lendo io che non sieno più a lungo trattenuti alle parti [i 2)rivafi) li privati documenti originali esistenti nel- r archivio dei già Inquisitori di Stato in Venezia , quando le parti stesse ne fanno la ricerca, e ritenuto sempre che trattisi di originali, e di restituirli ai veri proprietarj sopra loro domanda .... trovo di ordinare che per V avvenire sia sopra ogni ricorso di parti pel conseguimento di privati documenti originali, sentito prima sempre il direttore dell' Archivio, se cioè dessi si ritrovano nell' Archivio, se il diritto di proprietà dei pe- tenti è sufficientemente dimostrato » ecc. Dunque il veto di esaminare quelle carte ad altri che non fossero il presidente del Governo, il direttore ge- nerale di Polizia e quello delT Archivio, provenne spe- cialmente per r abuso che se ne faceva. Ma in verità chi Ila svolto le corrispondenze e i documenti degP In- quisitori può attcstare esservi n'osai i^ico che anche il (1) Vedi Governo Austriaco, Presulìo, 1828, IV, 10-22. — 347 - Governo più assoluto potesse desiderare che restasse ijj^noto a tutti. XI. Archìvj Giudìziarj. Fra le materie amministrative alle quali la Repub- blica rivolse il vigore delle sue leggi fin dai primi tem- pi della sua costituzione, fu la materia giudiziaria. Lo dimostrano la regolarità delle scritture notarili, V esat- tezza 0 la lucidità dei volumi, la esistenza di giudici civili, coetanea ai primi documenti di Venezia che ci restano. Alla metà del secolo XIII si obbligavano i giudici del Proprio e gli altri, a metter in scrittura tutto che sembrasse loro utile da aggiungere o togliere noVCan- lamento dei loro ufficj (1) e consegnassero questi ri- cordi alla Signoria , nelT uscir di carica. La Signoria farebbe registrare quei savj ammonimenti « in qua- terne Comìiìiis^ ad memoriam retinendam. » Le scritture dei Signori di Notte al Criminal si vo- evano custodite in un hanco nel loro archivio., cioè quaderni delle inquisizioni dei delitti ; il quaderno dei banditi ecc. si chiuda a due chiavi, custodite da due iei tre Signori. Altro hanco si costruisca nella Procu- •atia di S. Marco, pei' serbarvi tutte le scritture e in- luisizioni dei banditi , e il libro di questi sia tenuto 'n corrente da notai sorvegliati da uno del Magistrato. Le cedule nelle quali si raccolgono le dichiarazioni (1) 1250, 12 settembre M. C. D'Oro, I, 10. — 348 — dei testimoni dinanzi i giudici di palazzo, fra otto gior- ni dovevano registrarsi in quaderni a cura di notai (1). E con altri decreti , s' instituivano registri di atti giudiziari! delle Corti inferiori o tribunali di L* istan- za (2) e si escludevano dagli ufficj del basso ministe- ro, i sacerdoti. Dopo aver servito per secoli a stilare gli atti privati, e a stender scritture giudiziarie, venne tempo che ebbero il congedo. Così i frati. I casi mo- derni non sono dunque nuovi. « El non è conveniente che i preti di questa cita « nostra, i qual per la profession soa dieno attender al « culto divino, se mettano ad esercitii al tutto de quel- « li alieni, zoe a i offìcii {di notaio o scrivano) di no- « stri zudegadi de palazo: ai qual ofRcii stariano ben « nostri citadini laici che hanno exposte le fortune et « persone soe per el stado nostro (o). » I numerosi documenti relativi ngli nrchivj delle giudicature venete « {delle scrittvre veccìde del jja- ìazzo ) » ci fanno conoscere i gravi danni che essi pa- tirono per la noncuranza e per la venalità di chi li aveva in custodia. E sebbene nei secoli XVII e XVIII (1) M. e. 1370, 19 settembre, Novella e. 127 t. (2) 1471, 28 sett. M. C, Libro d'oro, Vili, 132 t. S" instituisce un libro pergameno in ciascun Ufficio, diviso in sci sestieri, nel quale i notai registrino gli atti di vendita, pagamenti di dote eco., non essen- dovi presso le giudicature del Pruprio, Es((mii\adnr, e Procurator, tranne quello dei Coniandadori. — 1478, 11 maggio, M. C. Regi- na, 176 t. In un locale attiguo all'ufficio del Proprio si costruiscano armadii ed altri ripostigli per custodire i registri dei coc/niti e delle stride del Proprio, finora in imano dei banditori ; i notai tengano un registro scontra degli atti da far eseguire dai banditori. (3) 1474, 19 gennaio m. v. M. C. Regina, 145. — 349 — ne fosse affidata la sorveglianza ai conservatori od ese- cv.tori delle leggio tuttavia la condizione di quegli ar- chivi non migliorò grandemente. « I libri delle sentenze et altri atti delle Corti e ma- « gistrati di palazzo ... se intende esser tenuti con- ^< fusamente et senza la custodia che si conviene... (1) » Ne mancano alcuni ed altri « sono stati anco a vilis- « Simo prezzo venduti nelle botteghe de' vivandieri et « smarriti con mali modi, et altri pochi sotto li piom- « bi del palazzo restano esposti all' ingiurie de' tempi e « pioggie. » Ogni massaro, o in mancanza di lui, ogni notaio dei magistrati giudiziarj , « formi quanto prima un in- « ventario distinto, et separato per i tempi et per le « materie, di tutti i libri et registri che sono et nel- « l'avvenire saranno formati nell'Ufficio dove servono.» Si assegnino, per riporvi quelle carte, luoghi con armari; il Collegio vi nomini un soprintendente ; il Cancellier grande dia in proposito i suoi savj consigli (2). I sindici e giudici straordinarj dovranno ricono- scere (decreto del Senato 1636 25 Luglio (3)) « da quali » magistrati sarà stato osservato 1' obbligo di mandar » li libri air archivio, e di quei che mancassero, obbli- » gar li ministri ad essequirlo dentro quel più breve » termine che loro paresse poter bastare. Li miniistri di » qualunque magistrato, obbligato di mandar li libri » all' archivio predetto, non doveran tenerne alcuno (1) Senato, 1632, 1 magg-io Terra, r. 107, p. 103 t. (2) Vedi circa il luogo per quell'archivio [sopra li offizii delle Corti] il decreto del Senato, Terra 1634, 13 maggio. (3) Senato Terra, reg. 114, p. 196. — 350 — » dei vecchi, ne che serva per piiì tempo dell'anno cor- » rente e dall' antecedente, sì che non habbino in loro » potere gli atti di piiì lungo tempo di due anni. La custodia dei libri delle sentenze e degli atti dei magistrati di Venezia si appoggiava in seguito intie- ramente ai Conservatori delle leggi, come soprainteii- denti ai ministri che debbono inventariare e rubricare i registri (1). Abbiano facoltà d' inquisizione circa una perdita di 60 libri, accaduta, e circa trasgressioni che fossero state commesse ; ricuperino i libri che fossero presentati presso magistrati ed esaminino le qualità del custode clelV archimo. Poco appresso (essendo condotto a termine V ordi- namento dei libri e delle scritture de' magistrati alle Corti ed altri ofEcii di s. Marco, e formatone un diligente inventario), si lodano delle cure i conservatori delle leg- gi. « Al disordine poi scoperto nel luogo dei nodari morti, » delle 40,000 minute non registrate e facili a perdersi, » deveranno detti Conservatori provvedere, con inca- » ricare il Collegio dei nodari al loro registro, o col di- » vidergliele, o col far che da essa sia deputato clii vi » supplisca dentro il pifi breve termine. Ordineranno » anche che si faccia un inventario dei protocolli e » d' altre scritture che esistessero nel luogo dei notari » morti, da consegnarsi al custode, il quale dovrà tener » nota delle carte, protocolli ecc. ricevuti. » Ma i disordini non cessarono. I conservatori ed esecutori allo leggi (2), ne rimarcavano in tutti gli ar- (1) 1G71, 14 agosto. Senato Temi. reg. 183, e. 304 t. (2) 1712, 12 mago:. Sonato Terra reg-. 263. p. 125. 1717, 31 luglio, *' circa il disordine nei!' archivio delle sentenze ed altre scritture di Palazzo Senato Terra reg. 274 e. 299 t. — 351 — chivj delle Corti, ad eccezione di quelle del Prociirator e del Proprio ; e raccomandavano la buona custodia e la reintegrazione di quegli archivj. Nel 1719 (27 aprile) il Senato (1) rinnovava al ma- gistrato suddetto la raccomandazione d' ingiungere ai ministri, gli ordini per la custodia, T alfabeto e la ru- bricazione delle scritture (2). Ed essi incaricavano un officiale [Paolo Legrenzi) di completar le rubriche e gli alfabeti « di tutti i libri, scritture, processi e carte delli » offitii illustrissimi di Petizion, Esaminador^ Forestier, » Molile , Procurator e Proprio, e dei magistrati del » Piovego, Oattaver, Sindico, Collegio dei Signori di Not- » te al cimi, descriver in cadauno separatamente ogni » sorta di materia secondo li ordini d' offitii e magi- » strati, cosicché sia per sempre facilitato il modo a » particolari di ritrovar V occorrente , e si conservi a » perpetua memoria. » Anche qualche officiale ebbe parte nel disordine di quegli archivj ; e citeremo un Antonio Antelmi, che lasciò r archivio delle scritture vecchie del palazzo in pessimo stato, onde il Senato scriveva : « sono ben ra- gionevoli li motivi per i quali non si trova per anco ridotta a perfezione Topera-malagevole ed involuta della riordinazione dell'archivio lasciato sconvolto (3) ... » Da un «piano formato per ordine dell' Eccellentis- » simo Magistrato de Conservatori et esecutori delle (1) Sen. Tevr:L reg. 277. p. 106. (2) Veg'g'asi anche la scrittura dei Conserv., al Senato 22 gen. 1719 m. V. (3) 1772, 30 maggio, Sen. e V. 1771, 20 sett. : la Sereniss. Signoria decreta il trasporto delle carte gelose della Quarantia civil vecchia in un luogo attiguo a quello dell' Archivio. — 352 — » leggi (1778, 17 dicembre) dimostrativo a colonna per » colonna la quantità e qualità de' libri che si attro- » vano neir archivio delle scritture vecchie del palaz- » zo » risulta clie sulla fine del secolo passato i volumi e le filze di quegli archivj (1) ammontavano a 13,945. Nel 1780 (9 marzo. Senato) si raccomandava la con- segna air archivio, dei libri delle Corti, ogni due anni ; e la nomina deìV archivista [custode dell' archivio) si rimetteva al Consiglio dei XL al Criminal. Fra le ultime vicende di uno degli archivj giudi- ziarj, quello àdW Esaminador — quasi un Ufficio delle ipoteche — è da notare che la Municipalità provviso- ria (2) decretava la continuazione delle registranoni coi soliti metodi , ed eleggeva una commissione di tre membri per versare sul luogo dove raccoglier T archi- vio dell' Esaminador, il ministero necessario, gli sti- pendii ecc. Per ora « siano trasportate in un solo ar- chivio tutte le carte ed atti giudiziarj sparsi per li di- versi ex-magistrati, ex-Consigli e Collegii giudiziarj, assieme a quelle già esistenti nel così detto Archivio delle scritture vecchie del Palazzo. » Aggiungeremo qualche appunto intorno gli archivj notarili. « I notai debbano tenere una copia autentica dei testamenti e degli altri atti, nei proprj quaderni, sot- toscritta dai testimonj : i quaderni, sinora di carta di cotone, si facciano di pergamena (3). » (1) Auditor Vecchio, Esaminador, Mobile, Cattaver, Forestier, Sig'nori di Notte, Proprio, Piovego, Sindico, Procurator, Potizion, Ministeriali. (2) Proclama 9 ag'osto 1797, Gridario I, n. 341. (3) 1307, 1 giugno, M. C. Mugnux et Capricornus, p. 44. - 35.1 - In un grande volume pergamene si registreranno, fra tre giorni dall' atto, i nomi degli attori, del notaio, e il genere del documento. I notai forniranno queste notizie ai Cancellieri inferiori^ e ai loro assistenti [pro- ti). Finora (1449, 28 dicembre) le copie dei testamenti e d' altri istrumenti, estratte dai protocolli ed affidate agli esecutori, andavano perdute (1). Quando partiranno da Venezia dovranno consegnare i protocolli alla Cancelleria inferiore, i cui officiali sor- veglieranno a ciò, e alla consegna dei protocolli dei notai morti (2). A tenore di un decreto del Maggior Consiglio 1485 11 novembre, si doveano assoggettare ad esame « de sufficientia, peritia, et experientia artis tabellionatus, quam de legalitate, vita moribus et fama » tutti i notaj che esercitavano V arte in Venezia, per autorità vene- ta, apostolica o imperiale. All' esperimento doveva as- sistere il doge, 0 incaricare persona a sostituirlo. Si inscrivano in un registro nella Cancelleria, si rilasci loro un attestato, — tutto gratuito. Le scritture, stilate secondo il costume veneziano {per moàum Venetiarum) dei notaj morti o che lasciano Venezia por piìi di due mesi, non si consegnino più a notaj privati, ma si portino tutte alla Cancelleria. Il Cancellier grande ne faccia un inventario e le dia in custodia a due notaj. (1) M. e. Ursa, p. HO. (2) Nel decr.^to si accenna ad un registro alfabetico delle carte di dote e dei testamenti, che sarebbe da farsi dai jìroti della Cancelleria, verso compenso. Serie II', Tomo li. 45 xir. Annali. - Istoriografi pubblici. Come abbiamo detto, già nel secolo XIII, la Repu- blica pensò a raccogliere le proprie leggi, i trattati in- ternazionali, e documenti di altra specie. Quelle colle- zioni servivano soltanto in parte, e per un certo pe- riodo, agli usi deir amministrazione. In seguito dive- nivano collezioni storiche. Questo intelletto dell' avvenire risplende in ogni at- to solenne de' Governi e de' popoli passati. Pare, fra le turbinose vicende del medio evo, che riservati a pochi r amore e il culto delle lettere e degli studj, vi si dedi- cassero coir affetto premuroso e riverente di cui si cir- condava allora la religione ; e attendessero, piìj che ai favori della fortuna e ad una fama passeggera, a pro- durre opere durevoli ed utili ai proprj posteri. Le scritture pubbliche, diligentemente raccolte in serie particolari, e queste ordinate in archivj, non par- vero al Governo Veneto sufficienti ad istruire i patrizj e il popolo del processo isterico degli avvenimenti, del carattere delle nazioni, dei principi, e dei rapporti che con essi ebbe Venezia. Volle esso perciò che dei fatti principali, raccolti e quasi narrati dalle stesse memorie contemporanee scritte e segrete, si formasse una storia veritiera. Cotesta storia si divideva e ministrava in due forme: puUìca, dettata da istoriografi per decreto del Governo, e da stamparsi ;j9nM/(2, scritta dai segretarj del senato, gli Annali. ~ 355 - Diremo prima di qiiosti. Nel 1571, 29 novemb., il Coiisig-lio dei dieci (1) deli- berava : « Fu preso in questo Consiglio del 1551 a' 18 del » mese di decembre (2), che per il Collegio nostro, con » r intervento delli Capi di questo Consiglio /o^^e eletto » uno dei Secretar] nostri di Pregadi (3), il qiMÌe per tre » anni continui avesse carico di scriver li nostri annali^ » nella nostra lingua volgare, de tempo in tempo, no- » tando tutte le proposte de' principi fatte cosi alla Si- » gnoria nostra, come a nostri ambassadori in materia » di Stado; et similmente tutte le deliberationi nostre, » commemorando le occorrentie così in guerra come in » pace, dei Principi, con li quali si avesse commertio, » et finalmente tutte quelle cose che li paressero degne » di memoria, separatamente V una dall' altra, con uno » indice ; et occorrendo trattarsi cosa alcuna pertinente » a giurisditione della Signoria nostra, di quella doves- » se tener distinta et particolar memoria, et mostrar di » tempo in tempo quanto T avesse scritto ad uno delli » sa\'j nostri da Terra Ferma, al qual fosse per il Colle- » gio nostro dato questo carico, si come si osserva nel » dar il carico della scrittura et delle ordinanze » Ora si stabilisce che il segretario non possa nel tem- (1) e. X. Comuni v. 30, e. 72 t. (2) C. X Cntnuni r. 20, e. 71 t. '3) Primo eletto addì 29 dicembre 1551 fu Girolamo Polverini, lo sur- rog-ò ai 12 agosto 1552 Alvise Borghi, e dopo la di lui morte, Febo Ca- pella addi 18 luglio 1556. Gli annali si custodivano in Cancell. Secreta, né potevasene dar co- pia ad alcuno. — 356 — pò limitato dalla sua elezione esser astretto ad andar fuori della città in servizio publico. E nel 1675 XVIII maggio^ il Senato decretava (1) : « Se in altri tempi dalla prudenza del Governo fu ri- » putata bisognosa la facitura degl'Annali, hora che fuo- » ri dell'antico uso s' è di molto dilatata la scrittura, » non ha dubbio che si rende sommamente necessaria. » A causa però di varj accidenti essendo stata in- » termessa questa non meno utile, che lodevole opera, » conviene ravvivarsene la pratica, acciocché perfet- » tionati gli Annali medemi per li tempi interrotti, e » continuati poi fino a' presenti, habbia anco in avve- » nire a proseguirsene con puntualità la scrittura, » onde raccolte con forma ordinata le materie in ri- » stretto, possa con facilità comprendersene la sostan- » za, e ricavarsene all' occasioni quel frutto, che fu » d' intentione dell' instituto sapientissimo. »L'anderà parte che nella prima riduttione del Col- » legio nostro sia per nominatione di esso fatta elet- » tiene di due scgretarj di questo Consiglio, che s' in- » tendano deputati a scriver gli annali, con le condi- » tieni espresse nel decreto del Cons. di Dieci XXVIIII » Novembre MDLXXI, et habbiano ad esercitarne Tin- » combeuza per anni tre prossimi, passati li quali, sia » fitta elettione d' altri soggetti in luoco loro, o pure » siano essi medesimi confirmati, e così successiva- » mente di tre in tre anni, dovendo sempre supplirsi » con nuova pronta sostitutione, quando per qualunque » accidente mancasse l'attualità dell" impiego d' alcuno » dogli eletti. » Obbligatione del superior di balle deverà esser di (1) Tprra reg. 190. e. 12S. — 357 — » pei'fettioiiare gli annali in qnei tempi che sono inter- » rotti, e terminarli fino al MDCXL. L' altro poi deverà » applicarsi alla formatione delli medemi dal MDCXL » fino alli tempi presenti. Ultimati li quali sarà incom- » bonza de' Savj del Collegio nostro istituire la regola, » che più crederanno aggiustata, perchè da due segre- » tarj, oppure da un solo, che doveranno in ogni caso » essere eletti con Tordine predetto, si proseguisca alla » formatione degli annali in avvenire, così che non vada » per nessun modo in resto così necessaria et impor- » tante scrittura, che può alT occasione servire di molto » profitto air interesse della Signoria Nostra. » Per buon incaminamento et essecutione dell' ope- » ra, sia anco eletto dal Collegio di tempo in tempo un » savio di terraferma con obligo di riferire nel Collegio » nostro ogni primo giorno di mese lo stato dell' opera, » per lume, et in conformità di quanto resta disposto » dalla parte suddetta XXVIIII novembre MDLXXL Non » potendo li detti Segretarj conseguire Fassegnamento » solito per tal impiego se non presenteranno ai Capi » del Consiglio dei X anco fede del Savio predetto di » terraferma d' aver a portione del tempo intieramente » adempito il suo debito, la qual fede deverà esserli fatta » solamente per quel tempo, che saranno stati eifettiva- » mente registrati essi annali. » Gli annali non sono tutti compilati di un modo stes- so. Alcuni sono racimolature di documenti , ordinati per Stato ; altri arieggiano la storia. I volumi rimastici cominciano circa la metà del secolo XVI, e vanno ai primi anni del XVIII (1). Precede a parecchi una pre- fazione ; ne riferiremo qualcuna. (1) Ecco la serie dei volumi che si conservano nel R. Archivio Gene- rale di Venezia ; — 358 — Il segretario Giambattista Padavin scrive in maniera letteraria e assai ampollosa : (1) « Maraviglia non è, « Serenissimo Principe, che gli huomini benché di raro » ingegno, et di canuta esperienza, non sappiano di- » stingnere né risolvere qual più stupenda cosa sia, o » la qualità del sito di Venetia, o la forma del Gover- » no , . , . » Narra che 36 anni sono, trovandosi alla re- 1549-1572 (annali vecchi sfjiiav'o, 1619, settembre-febbrajo m, t. 0 sbrattafoglio) 1620, marzo- agosto. 1566-1570, » settembre-febbrajo m. v. 1571, 1621, marzo- agosto. 1572-1573, 1624, » » 1574 1579, » settembre-febbrajo m. v. 1580-1583, 1625, marzo-agosto, 1584-1590, » settembre-febbrajo m. v. 1591-1592, 1626, marzo-agosto, 1593-1594, » settembre-febbrajo m. v. 1595-1598, 1627, marzo febbrnjo m. v. 1599-1600, » dicembre- 1628 giugno. 160M602, 1635, marzo-febbrajo m. t. 1603 1605, 1636, » settembre, 1606, » settembre-febbrajo m. v. 1607-1608, 1640, marzo-febbrajo m. v. 1609-1611, 1651, abbozzo d" annali, 1612-1613, 1675, dicembre-1677-settembre, 1614-1615, 1677, ottobre 1678, ott. (voi. 2), 1616, 1678, » 1678, sett. (id.). 1617, marzo a maggio, 1679, ottobre-febbrajo m. v. » giugno-agosto. 1681, marzo-febb. ra. v. » settembre-novembre, 1681, » » dicembre-febl)rajo m. V. 1682, » >> 1618, marzo-giugno, 1710-1711 (voi. 2^ » luglio-ottobre 1712, marzo-febbrajo ra. v. (voi. 2) » novembre-febbrnjo m. V. 1718. settembre a 1719 agosto. 1619, marzo-agosto. (Ij 1630. 1 marzo. Annali, voi. 389, Codici ex-Brera. — 359 — sidenza di Milano, udì un soggetto distinto dire : « pa- » rei'le Venetia un ritratto del mondo, o piuttosto pic- » ciol mondo .... » maravigliarsi che « in città la quale » per gratia di Dio ha dominato per tanti secoli, senza » mai mutar patrone, nò patito sacco, o invasione in- » terna de nemici — onde con giusto titolo fu sempre » chiamata gran madre di libertà et vero propugnacolo » contro chi mira soggettar tutti i principi, non si tro- » vino più antiche memorie de' gesti suoi che di tre- » cento anni in circa. Tornato eh' io fui da Milano, et » ricevuto che ebbi 1' honore di servir l' Eccelso Consi- » glio di X, fai impiegato nel ridar sotto capi di mate- » rie le leggi, et regolar insieme le scritture scerete ri- » poste in confuso nelle soffitte per gì' incendj seguiti » nel palazzo a' giorni nostri. » Ebbe allora occasione di conoscere che « il primo che con publico decreto » ebbe carico di scrivere le historie venete dopo tra- » passati molti secoli, fu T illustr. signor Andrea Na- » vaglerò, il quale gionto all' estremo di vita, senza ha- » ver potato riveder et corregger li scritti suoi, vuolse ,>) alla sua presenza farli abbruggiare. » Gli successe il card. Bembo, « dopo la cui morte fu deliberato a' 6 set- » tembre 1548 che li suoi volumi fussero re visti dagli » illustr.' Refformatori dello Studio di Padova et poi » mandati alla stampa, et al signor Vincenzo Rizzo se- » gretario a quei tempi di molto nome, fu ingionto ca- 7) rico di sopraintendere acciocché la stampa ne fusse » ben formata et corretta. Né parendo alla publica » sapienza (ammonita forse dal pregiudicio ricevuto » nei tempi andati) che tanto bastasse, fu a' lo dicem- » bre 1551 deliberato, che essendo una delle. più utili » cose al buon governo di Stato la notitia delle cosq — 360 — » passate, con la quale si conosce qiial sia da seguire » et quale da fugire, nel ohe essendosi fin all'hora pre- » termesso di usar la debita diligenza, con perdita non » solo delli esempj delle attieni passate, ma con smar- » rimento di molte ragioni et con notabile danno pu- » blico, fusse eletto et deputato uno de' secretar] del » Senato a scrivere nella nostra volgar lingua gli an- » nali, notando le proposte de principi in materia di )i> Stato, le risposte, i decreti, le occorrenze così in guer- » ra come in pace de' principi, con li quali si ha com- » mercio, finalmente tutte le cose degne di memoria, » separatamente V una dall'altra, con distinta et parti- » colar nota di quelle che concernessero materia di giu- » risdittione. Tali apponto sono le formali parole del » suddetto decreto confirmato et ampliato con nuova » deliberatione a' 29 novembre 1571. Il primo che ebbe » questo carico fu il signor Alvise Borghi segretario, il » quale intitolò i suoi scritti pandette, et scrisse anco » in forma di historia un picciol libro, che mi raccordo » haver letto già nella Secreta. » Dopo lui hanno scritto successivamente altri, sot- » to nome propriamente de Annali. V ordine e stile te- » nuto da loro è stato di trar semplicemente copia delle » espositioni d' ambasciatori, de' decreti del Senato, et » de capitoli di lettere, senza altro metodo che de' tem- » pi.» Cotesti annali, mancando delle illustrazioni delle quali è ricca la storia, talvolta riescono oscuri. « Ma » all' incontro non si può negare che gli annali scritti » dal segretario non siano maggiormente adequati et » pili fruttuosi air oggetto pel quale furono instituiti : » la ragione ne è, perchè non sempre gì' historici han- » no r adito di poter entrar nei Consigli secreti, ne me- - 3(11 — » no lor è permésso mandar alla stampa li più reconditi » arcani et rispetti publici . . dovendo T opera di lui » servir a' soli senatori, et a quei che di tempo in tem- » pò hanno da presieder al Governo, cavando egli lume » certo, non offuscato da passioni o da affetti, quasi da » vero fonte, l'acqua limpida et chiara, senza discorsi o » timore di tacer alcuna cosa, non per satisfar alla sem- » plico curiosità, overo per apportar diletto ad alcuno, » et molto meno per acquistar fama o merito a sé stes- » so, ma per una semplice et candida narratione dei » sensi publici, conforme alle materie et agli accidenti » portati dai tempi. » Gli annali privati si possono più tosto dir Diarj^ o memorie di cose seguite e note a tutti. « Quest' opera, ancorché costrutta da soggetto di » poca attitudine, come io sono, riuscirà in ogni modo » fruttuosa anco nel scriver F historia, perchè in effet- » to gli annali con voce più propria possono chiamarsi » commentarj o memoriali. » Angelo Nicolosi fa una prefazione al volume degli annali 1679, principiando dal 1 ottobre 1677; accenna alle cure che gli furono necessarie per raccogliere i documenti da trascrivere negli uinnali, che giaceva- no sparsi nelle casselle dei segretarj e nelle Cancelle- rie Secreta e Ducale. « Insomma T oggetto mio è stato di far che ciasche- » duno possa in pochi giorni restar fondatamente in- » formato di tutto quello è seguito in un anno Le » materie .... sono registrate in due volumi, nel primo » si trovano quelle attinenti alle Corti di Roma, Malta, » Germania, Trento, Polonia, Francia e Spagna ; nel » secondo quelle di Milano, Napoli, Inghilterra, Savoia, Serie IV, Tomo II. 40 -- 3fi2 — » Mantova, Fiorenza, Svizzeri, Provveditor generale da » mar, provv. general in Dalmatia et Albania, Ragusi e » Costantinopoli ...» Nel principio del volume 1718-19 il segretario Y^em- dramino Bianchi discorre del modo con cui ha formato quegli annali ; si è diffuso sulle vertenze confinarie coi Turchi, che ebbero luogo nel 1718; «dall'universale » delle materie ho separato quelle di Roma expuhis^ » scrivendo per anco in queste le sole deliberazioni po- » litiche et importanti, e tralasciando le altre, per le » quali è riservato il suo luogo piuttosto nelle rubriche » de' registri che negli annali^ come sono li possessi » temporali de' vescovati e cose simili, che seco non » portano certi riflessi o contraddizioni o direzioni di » maneggi. Ho studiato la possibile brevità ...» Non riferì per esteso, come hanno fatto altri segretarj, le scritture, ma, ch'è meglio, la sostanza di esse. La compilazione degli annali era sorvegliata da un savio di terraferma, cioè del Collegio o Gabinetto. La storia veneta sui documenti non è dunque un tro- vato del nostro secolo. E sebbene, riveduta e corretta a suo modo dal Governo, potesse riuscire talvolta par- ziale, 0 tacerne gli errori, tuttavia non è da riputarsi fattura intieramente sua. Alle deche di Marc' Antonio Sabellico, e ai famosi Diari di Marino Sanudo (opera questa privata) face- vano seguito le storie di Pietro Bembo, eletto ad isto- riografo nel 1530, poi cardinale. « Essendo de grandis- » sima reputation alli Stati, et summa utilità a quelli » che governano le Republiche la memoria delle cose » passate, quale si leggono nelle historie, perciochè am- » maestrati da quelle meglio sanno disponer le cose, — 363 — » che (la bora in hora trattano et cnm maggior priiden- » tia antivedono quelle che hanno ad venire, et cogno- » scendosi certo, ch'el nome et grandezza de Romani, » Greci et altri che hanno havute gran Signorie è pro- » cesso in gran parte (appresso la virtù dei capitani) » dall' excellontia de' scriptori che le loro opere hanno » mandato a memoria ; è ben conveniente de non man- » car all' honor et gloria del Stato nostro, per conser- » vation et exaltation del quale se mai in alcun tempo » passato si legge haversi operato per li malori nostri » cose grande, certamente quelle delle guerre prossime » passate sono degne di immortai laude et commenda- » tione ; et essendo mancato el q. Nobil Andrea Nava- » ger, qual havea carico de seguir la dieta memoria » delle cose nostre, comenzando da poi le deche del q. » domino Marc' Antonio Sabellico, se die al tutto pro- » veder de un' altra persona che sia de singular lette- » ratura .... » Per ciò eleggevasi il Bembo. Si raccomandava la veracità delle cose, e la buona lingua. Né solo l' istoriografo publico, ma qualunque privato avesse dettato di storia veneta, doveva presen- tare alla revisione superiore 1' opera sua onde non cor- ressero in pubblico cose inesatte o false. « Intende cadauno di questo Consiglio » (così un decreto del 21 maggio 1552 dei Dieci) (1) « per sua » prudentia, di quanta reputatione, utilità et importan- » tia sia ad una Repubblica, che le historie di quella » siano scritte fedelmente et con sincerità; et però es- ?> sendo corso hormai molto tempo dopo la morte del » rev. card. Bembo il quale scriveva 1' historia di que- (1) Coìnufì', reg, 20, e. 115 t. — 864 — » sta Repubblica, uè scrivendosi quella da alcuno , » è necessario proveder di persona atta a questo im- » portante carico, per beneficio delle cose del Stato » nostro ; il qual carico, per quanto si ha inteso, saria » accettato volentieri da molti lionorevoli et sufìQcienti » nobili nostri, senza alcuna spesa della Signoria No- » stra ; et però » si decretava V elezione di un nobile al carico di istoriop:rafo ; che dovesse dettar la storia ve- neta in latino ; ed assoggettasse ai Riformatori dello Studio di Padova il suo manoscritto, il quale sarebbesi custodito nella Secreta fino all' epoca della pubblica- zione. Nel 1577 (1) si eleggeva al carico di dettar la storia veneta, Alvise Contarini cav. « onde scriva delle cose » veneziane con sincerità, giudizio e stil buono ed ele- » gante ; » e dopo lui Paolo Paruta e Andrea Morosini, affinchè continui la storia dal 1521 al 1600. E fra gli altri furono Nicolò Contarini, Giambattista Nani, Michele Foscarini, Nicolò Dona, Girolamo Grima- ni, Francesco Dona (2). A quest'ultimo il Consiglio dei Dieci concedeva lar- ghezza di mezzi e di ajuti, e scriveva : « Resta accolta » con particolar compiacenza ed egual aggradimento » la serie pur diplomatica dei documenti custoditi nella » Cancelleria Secreta, che il predetto isterico publico » trasse dagli autografi del benemerito suo padre, la » (|ual seri') servendo di documento alla storia antica (1) 13 marzo, C. X. Comuni reg. 33 e. 3. (2j PaniUi, C. X. 1580, 22 febbr. di. v. Morosini, 15^9, 29 dicembre. Nicolò Contarini, 1620, 22 aprile. Nani, 1651, 13 marzo. Foscarini, lOTS, 19 aprile. Nicolò Dona, Senato, 1760, 28 gena. Grimani, C. X. 1765, 17 sett. Dona Fr., C. X. 1781, 20 agosto e 1784; 26 ivaggio. — 365 — » summenzionata, et inoltre di comodo repertorio alli » libri dei commemoriali e dei patti che abbracciano » tutto il diplomatico della Repubblica dal secolo XIII, » oltre varie carte dei secoli precedenti, dovrà esser la » serie stessa passata nella Cancelleria Secreta per » servir a comodo e studio de' cittadini. Pienamente » approvandosi poi la massima di trar dal fonte certo » dei pihlìci archicj la materia alla storia moderna po- » litica, civile ed economica della RepuUica, ben volen- » tieri questo Consiglio concorre a fornire il detto no- » bil uomo dei mezzi che g'ii facilitino V opera involu- » tissima di cui sentesi con piacere completo anche il »primo libro. » Gli si assegnava in aiuto un notaio della Cancelleria ducale (1). « Plausibile ancora ed utile (così continua il de- » creto) al decoro della Repubblica e ad illustrazione » dei fatti avvolti tra le contraddizioni di tanti esteri » scrittori di cose venete, il divisamente esposto dal » medesimo istoriografo di aggiungere alli quattro li- » bri dell' istoria del fu n. u. suo padre, annotazioni che » marchino li fondamenti dell' asserzioni contenute nel- » la medesima, e dell' inganno degli esteri, che man- » canti dei veri documenti, asseriscono cose che, non » reggendo al vero, oscurano la gloria delle azioni » della Republica nostra e de' suoi illustri cittadini, re- » sta eccitato il n. u. stesso ad impiegarvisi anche in » preferenza dell' altra opera, con quella virtù ed eru- » dizione che lo distinguono. » Il Senato infine, in un decreto del 27 agosto ]789, accennava così ad uno dei sussidj dello storico, — il praticismo cioè delle scritture antiche. (1) e. X. 1781, 20 agosto. Comuni 231, e. 122 t. — 386 — « Il Senato munito trovando il fedel Alessandro Ma- » ria Conti, degV importanti requisiti di vera fede e di » adattata abilità per V esame dei codici esistenti nella » Cancelleria Secreta, scritti in caratteri gotici e lo- » gori, assente che possa esercitar temporariamente, » per quanto occorrerà al suddetto nobil uomo istorio- » grafo Francesco Dona, le incombenze medesime, e » con la di lui sopraintendenza aver possa V ingresso » nella Secreta stessa. » xiri. Scarti od espurghi. La sola disgrazia che possa toccare agli archivj non è quella degli incendj : ma è pur sventura gravissima che essi cadano in mani d' uomini avidi di lucro, e non diretti da animo intelligente ed onesto. Allora è una vera pietà. Volumi e documenti pregevolissimi, o al- meno assai utili agli studj, non valgono più di quanto pesano ; considerati come ingombro inutile si gittano nella gualchiera o sul banco del venditore di vivande ; e in pochi giorni 1' opera paziente degli antichi, o le cure dei reggitori moderni , naufragano per sempre. Tornano la confusione ed il buio. Si serbano, è vero — quasi per saggio — poche note, o qualche volume delle serie distrutte ; ma sono poveri e sparsi materiali di un edifìcio scrollato dall' ignoranza e dall' avidità. Certamente negli archivj non è tutt' oro di zecca; v' ha in copia la borra ; ma chi può dire di saper sem- pre e da solo giudicare inutile, per ogni tempo avvc- — 367 — nire, un documento o una collezione di scritture che a lui sembrano da gittarsi ? È fuori di dubbio che maggiori danni alle ammini- strazioni dei Governi e agli studj provennero dagli espurghi sconsigliati, che dalla diligente e piena con- servazione dei documenti. Ora vediamo, in qualche parte, i danni di quelle ope- razioni che equivalgono a rapine impunite. Sino dal giugno 1802, il Governo Austriaco aveva proposto alla R. Corte la distruzione di alcune carte estratte dagli archivj del Consiglio dei Dieci, della Can- celleria Ducale, e dei Revisori e regolatori alla Scrit- tura, sentito il Gassler, attesa /' oijportunità che qui egli si trovava. Acconcio e competente consultore (1) ! (1) Sebbene siano stati altrove minutamente descritti gli asporti ese- guiti negli Archivi veneti e milanesi dai commissarii francesi nel 1797, dal Gassler nel 1805, dal Governo Austriaco nel 1796, 1837 e 1842, e dall' ab. Beda Dudick nel 1866, tuttavia non è inutile riferire qui alcune altre notizie intorno le prime espilazioni. Giovanni Dolfin, scrivendo nel 1804 al Governo Generale, narra essere per suo merito se si ottennero dai Commissarii francesi tre copie delle ricevute delle carte che asporta- vano ; una pel commissario francese, una pel commissario veneto, una pei rispettivi archivisti ; e corrispondenti certificati per gli archivii che lasciavano intatti. Egli rendeva conto di tutto, segretamente, all' incari- cato di affari della Corte di Vienna cav. bar. di Humburg. La Deputa- zione degli archivii aveva un personale apposito. Poco prima di lasciar posto al Regno d' Italia, cioè sulla fine del suo primo dominio in queste provincie, il Governo Austriaco incaricava il segretario Francesco Volpi « di richiamare da tutti quelli che in demo- crazia, e specialmente negli ultimi mesi dell'anno 1797, avevano in cu- stodia archivii della cessata Repubblica, le originali ricevute ai medesimi rilasciate, ovvero il certificato dei commissarii stessi che il loro archivio rimase intatto. » Il Volpi, esaurendo il suo compito, presentava al Governo 1' elenco — 368 — Non è certo da far gran colpa agli autori di primi scarti^ di aver preparato e fatto vendere 1185 volu- delle persone presso le quali si trovavano carte pubbliche ; i certificati originali ; le dichiarazioni raccolte dagl' individui descritti nell' elenco ; « ma ne mancano diciotto nomi, sedici dei quali non fu possibile di tro- varli, per esser morti o assenti, e due non consegnarono la chiesta di- chiarazione. » Aggiungeva eh' erano stati assai manomessi gli archivii dell' Acoga- ria di Commi e quello delle Miniere, il quale ultimo andò assai sog- getto a dispersione di carte e di effetti (forse un saggio di minerali) ; — dall' archivio delle fortezze i Francesi asportarono carte e disegni. (A proposito di disegni, il Governo Austriaco, avendo trovati nelle soflStte del palazzo ducale annesse alla Cancelleria Ducale nove disegni di fabbricati regi, e 51 di fortificazioni, confini, litorali e lagune, torrenti e fiumi, chiedeva alla Cancelleria Aulica che cosa fosse da farne. Non sor- geva neppure il dubbio che fosse opportuno di conservarli agli archivii ! E quella Cancelleria decideva che il Governo consegnasse i disegni delle fortificazioni al Comando Generale, e quelle dei fabbricati camerali situati in Dalmazia ed Albania, al governatore civile e militare di quelle Pro- vincie barone Brady. 1804, 22 nov.) Neil' archivio del Consiglio di Dieci esistevano ancora nel 178G alcuni disegni, ed i modelli di Candia, Corfù, Zara, Palma e Bergamo. (V. decr. Cons. X. 1786, 21 luglio, Comuni, I). 1263). Documenti deW inqulsilorato agli ori e monete, e dei Piouego esi- stevano presso Girolamo Caotorta e Alessandro Armani. I francesi asportarono carte degli archivii seguenti : Jdige, Sopramonasteri, Acque, Beni comunali. Deputati alla prov^ vision de denaro puhlico, Decime del Clero, Feudi, Inquisitori di Stato (6 ricevute) Secreta ricevute 23, fra le quali « d' un servo del generale Baraguai d' Hilliers, di una cassa contenente disegni, da spedirsi al ge- nerale Bonaparte » 6 ottobre 1797. Rilasciarono certificati per archivii visitati da loro senza asportarne documenti . Magistrato alte Arti, artiglierie, Censori, Rcuisori e regolatori delle entrate puhliclie, Sop7-aprtn-veditori /Iella giustizia vecchia, Can- — 3G9 — mi (1), di « mandati di piovvigionati », e gli atti rela- tivi allo visite dei bastimenti con altri volumi, in tutto sei mila, dal 1580 in seguito (2) ; ma ò da dubitare sul- Topportunità di quegli espurghi, eseguiti da persone inesperte, coll'entusiasmo di una operazione che aves- se dovuto condurre a qualche risultato utile ad altro che a procurare qualche migliaio di lire. Ottaviano Giuseppe Gelsi (segretario agg. della re- gistratura del Governo) partecipava al Consiglio di es- so (1805) di aver consegnato a persona incaricat a la carta derivante dallo stralcio da lui eseguito CGn suo figlio Lorenzo e col portiere Giovanni Polacco. Quella deimtazione fu da lui sostenuta per due anni. Circa alla quantità della carta gettata « basta il dire, che dalle « sole carte sparse sul suolo uscirono 42 lalle^ ossia- celleria Ducale, Provveditori di Comun , Quaraniìa civit noia e vec- chie/, Collega dei XV e XXV, Quarantia Criminale. Da uu prospetto degli archivi!, delle persone che li avevano in con- segna, con note delle vicende da essi patite, si raccoglie che gli ar- chivii visitati furono 98, le persone che vi aveano ingerenze 187, le dichiarazioni rilasciate 136. — Anche 1' archivista co. Stefano Andrea Guerra era stato invitato (V. il suo rapporto al Consiglio di Governo 30 nov. 1804) a rassegnare gì' inventarli degli Archivi dell'ex Repubblica, sull' asserzione del nob. uomo Francesco Dona. Erano essi custoditi in due filze Ae B, contenenti 271 inventar ii. Egli li custodi gelosamente, ma poi li consegnò « al signor archivario Gassler dietro ad ordini Reali ricevuti, di somnainistrar ad esso tuttociò che ei fosse per ricercare. » (V. anche in fine il doc. VI). (1) V. Decr. Cane. Aulica, Vienna, 3 ag. 1804, n. 794, e veggasi una proposta del Cehi al Consiglio del Governo, 12 ottobre 1805, numero 22300, 1457. (2) Veggasi: Governo Generale 1805 n. 23218-1589. Fra i volumi si citano le raspe del Consiglio dei Dieci che « contenevano il nome del ca- sato, la patria, il delitto e la qualità del castigo. > Serie IV, Torno II. 47 — 370 — » no •iO,000 libbre. » Era qnesto un merito da lui van- tato per chiedere e sperare più larga la rimunerazio- ne. Ed è lo scopo principale cui hanno mirato quasi sempre gli ufficiali addetti ad uno stralcio. Egli aveva anche proposto la distruzione dei bi- lanci trimestrali del hanco giro^ e di molti registri di materia economica ; ma la R. Corte più guardinga di lui li volle conservati : « tanto in riflesso alla connes- » sione eh' essi hanno e colla parte storica e colla par- » te amministrativa di questa istituzione, quanto prin- » cipalmente perchè fra li casi umani essendovi anche » quello di un infortunio della loro perenzione, non sarà » mai un' inutilità V averne un duplicato in un altro ar- » chivio. » Considerazione savissima. Il medesimo Colsi, fra' più zelanti invero in questa materia, invece di pensare ai mezzi per conservar i documenti, si dava pensiero del come poterli distrug- gere. Lo vediamo addì 8 ottobre 1805 partecipare al Governo che « da un numero di pergamene furono se- parate tutte le (hcali in quantità di circa 500, dirette in copia, tratte dalle originali, agli ambasciatori, re- sidenti e publici rappresentanti, che essi poi restitui- vano al loro ritorno in patria. Di queste, unite ad al- tre molte inutili, marcite e lacere, non si saprebbe qual uso farne, ne come disfarsene^ se oion col fuoco.» Anche qui il Governo fu più cauto del suo agen- te ; e per allora., le ducali furono conservato. Abbondanti dunque si succedettero gli scarti. Nel 1805 furono vendute libbre 42,512 di carta proveniente da libri di maleria di retisione daziaria (/indicati inni ili, e se ne otteun(>ru lire austr. 11802, — 371 — Ma il Gelsi insisteva nelle sue proposte di sempliti- cazione (1). Rinveniva « un copioso ammasso di lettere « sciolte del XV e successivi secoli, negli armadj, ch'era « ignoto persino ai piiì vecchi serventi, perchè coperto » da altri, postivi a ridosso . . . che eccettuato e con- » servato picciol numero di esse contenenti affari di » confiuazione, di navigazione, di commercio e mole> » stie degli Uscocchi, per la qualità degli oggetti che » le altre comprendono, cioè Daziarie, Militari, Idrati- » licite, ricorsi di sudditi, e altri affari interni e rela- » tim alla rispettiva promncia o riparto (/!) io considero « ingombranti soltanto o (tratto inutili (2). » Solo il Chiodo pose qualche argine a questo sciupìo. « Lo stralcio degli Archivi — egli scriveva addì 23 » ottobre 1821 — è argomento più serio che non pare, « per la difficoltà di poter calcolar con sicurezza vera- » mente inutiU le carte. Il fatto di alcune singolari ri- » cerche importanti, ha comprovato con quanta ponde- » razione si debba procedere allo stralcio. » Ciò che può destare qualche maggior meraviglia è, che stralci inconsiderati si siano eseguiti anche di re- cente; e che li abbiano talvolta ordinati queglino stessi che aveano fatto uso pubblico dei documenti che ora piiì non si trovano. Che se a queste devastazioni il Governo Austriaco (1) V. suo rapporto al Gov. 20 sett. 1805, al governativo n. 20535-1267. (2) Né gli archivi notarili andarono esenti da cosi fatti infortuni!. 11 Conserv. Giammatteo Madami, addì 16 genn.1827 scriveva alla Presiden- za del Gov. Austriaco (fase IV. '^le) intorno certa vendita arbitraria fatta da un Cancelliere, di carte antiche trasportate dall' Archivio notarile di Chioggia. Erano 350 libbre vendute al Ch. Fu sospesa la procedura per mancanza di prove legali. — 372 — potè talvolta metter qualche freno, non r meno certo che in tempi successivi^ ciò eli' era destinato allo scarto toccò la sua sorte; perchè negli Archivj veneti le se- rie di scritture delle quali si propo neva la distruzione, pili non si trovano. XV. Secolo XIX. — Costituzione e vicende] principali dell'Archivio Generale di Venezia. Abbiamo veduto che sotto la Republica V^eneta alle cure più diligenti e amorose per conservare i documen- ti e gli archivj, si alternarono la dimenticanza e il di- spregio perfino dei mezzi comuni e più ovvj per as- sicurarne la conservazione. E sorte non dissimile toc- cò agli Archivj nei tempi nostri. Lasciamo i ricordi delle vicende cui soggiacquero gli Archivj Veneti, per cagione delle persone che furo- no ad essi preposte. Alla caduta della Republica, gli Archivj giaceva- no nelle sedi dei diversi magistrati. Non monta qui ri- cercarle tutte e riferirle. Basterà dire che gli archivj politici furono raccolti nelTcx Scuola di S. Teodoro a S. Salvatore, con a capo T archivista nob. Carlo Anto- nio Marin ; i giiidiziarj nelF ex-convento dei canonici regolari a S. Giov. Laterano — direttore il nob. Giovan- ni Balbi; — i demaniali in un locale a S. Procolo, sotto la direzione dell'archivista co. Stefano Andrea Guerra. Questa riunione ebbe luogo nei primordj del Regno d' Italia, per decreto di S. A. I. R. Eugenio Napoleone viceré. Gli archivj dipendevano dal Ministero delT In- — ala- terno. Era prefetto goiieralc degli Ai'cliivj del Roj^no d' Italia il conte cav. Luigi Bossi (1812). In quello di S. Teodoro (1815) erano 11 officiali, alcuni alunni, e due inservienti ; vi si spendevano annue lire it. 14,575. Costituiti gli Archivj, o piìi veramente ammassati in quei locali, gli archivisti ne trasmisero al prefetto del Dipartimento dell' Adriatico una relazione (1). Non è da tener molto conto di quelle scritture, perchè danno unMdea troppo imperfetta degli archivj, e sono più che altro dissertazioni enfatiche sulla storia di Venezia. '^qW^ relazione àoi Marin è notevole la dichiarazione circa Varcliìvio degli Inquisitori di Stato, che egli dice di aver ricevuto a 2ìortelle a^ìerte , soggetto ad ogni spoglio. E aggiunge: « si attrovarono poi alquanti li- bri che erano negli armadj del Collegio. Erano questi memorie, giuramenti, obbligazioni dL segretarj, altre canclie ossia impieghi, — gettati quasi sopra il suolo, confusi con altre carte. Caddero sotto V esame e furono considerati di veruna importanza, ed in conseguenza uniti a varj mazzi di carte inutili e da distruggersi. » Accenna infine a 'partite di carte stralciate sotto il pas- sato Governo Austriaco, ma non vendute, collocate a s. Isidoro {sic) ; e avverte che sarebhe utile di esaminarle fer vedere se si trovasse qualche carta o filza da conser- vare. Fra le filze e i volumi indicati, alcuni ora non esi- stono pili. (1) « Relazione di tutti gli archivi! governativi concentrati in que- sto generale in s. Teodoro instituiti sotto gli augusti auspicii di S. A. I. 11. Eugenio Napoleone, principe nostro e viceré d' Italia. » In queir Ar- chivio erano unite le serie diverse della Cancellerìa Ducale, della Se- crelu, della Compilazione delle leggi, della Registratura del Governo Austriaco, e la sola parie pulìtira del Consiglio dei X. — 374 — ^ Nel 1814 il p(3rsonalo dei tre archivj era questo : Politico : 1 archivista, 3 coadiutori, 1 aggiunto straor- dinario, 4 commessi, 2 scrittori, 3 alunni, 2 inservienti; Giudiziario : l conservatore, un vice conservatore : Demaniale : 1 direttore, un assistente. Si confronti col personale presente del R. Archi- vio generale, nel quale non ò bensì compreso il Nota- rile, ma furono concentrati i voluminosi archivj moder- ni ; — si considerino le nuove esigenze dell' ammini- strazione e degli studj, e ^ci si dica se nei primi tempi della costituzione degli archivj, si potesse o no far molto di pili, almeno per V ordinamento piìi grossolano e per la conservazione materiale di essi. Fino dal 3804 s'era pensato a concentrare in uno solo gli archivj diversi. E V Ispezione alle fabbriche (1), calcolato il numero degli archivj, in 42 (?!), asseriva occorrere uno spazio di p. q. 32,024. Il Chiodo, infor- mando il Magistrato Civile, del suo Ufficio, di se, e co- me soleva di frequente, delle sue opere burocratiche, nel 22 aprile 1806, esponeva alcune sue considerazioni intorno la legislazione, la conservazione e concentra- zione degli archivj della Repubblica, hisingandosi nel caso della costruzione di un Archivio Generale, di 'potervi essere jìreposto. Nò il seme andò perduto. Ripristinato, dopo il Regno d' Italia, il Governo Austriaco, S. M. l'Imperatore Fran- cesco I, con risoluzione 13 dicembre 1815, stabiliva la concentrazione in uno solo degli archivj veneti sparsi nei tre Istituti e presso gli Ufficj, alcuni dei quali ave- vano continuato coi sistemi burocratici antichi ; e ne (1) In seguito al decreto del Governo 30 sott. l^ìOl, n. 19G08. — 375 — nominava direttore Jacopo Chiodo, che alla morte dol- V archivista nob. Carlo Ant. Marin (20 aprile 1815) aveva assunto la direzione dell'Archìvio di S. Teodoro. Tre giorni dopo, il Governo incaricava il Chiodo di scegliere un locale per gli archivj veneti, di concerto col capitano ingegnere Ganassa. E il Chiodo era tale infatti da poterli raccogliere e coordinare, dopo tante vicende, in un solo grandioso Istituto. Compilatore delle leggi ed archivista della Repu- blica, non solo erudito della storia di essa, ma di que- gli interni ordinamenti governativi che assai imperfet- ti e sbiaditi si raccolgono negli scrittori ; queir onesto e venerabile uomo può dirsi il vero fondatore dell'Ar- chivio Generale di Venezia, nel. quale con cure solerti provvide al collocamento dell' ingente congerie di documenti antichi e moderni ; a quella prima sistema- zione che vi rendesse possibile qualche ricerca ; e a rivendicare i documenti asportati in paesi stranieri. Cataloghi archivistici, consulte al Governo in mate- ria scientifica e giuridica, e unn guida o piano sistemati- co degli archivj (1), che gli valse la gran medaglia d'oro pel merito civile, sono opere di quel valente direttore (2). (1) Fino dal 10 dicembre 1815 il Chiodo avea compilato- un « elenco 'ragionato degli archivii che sono stati centrati in totalità od in frammenti neir I. R. Archivio Generale Governativo di S. Teodoro, dopo le mano- missioni, dispergioni e traslocamenti che hanno sofferto nelle passate vi- cende, ordinato con la sistematica unione e distribuzione che si considera convenire alla nuova regolare costituzione e riforma del Generale Archi- vio medesimo. » Sonvi unite, dove caddero in acconcio, brevi indicazioni dei « molti ed importanti documenti che furouo asportati deliberatamente nelle vicende politiche dei tempi trascorsi. » ;2) La biografia del Chiodo può leggersi nell'opera « La caduta drJla — 37G — — Gli archivi allora erano sparsi, oltre che nelle sedi degli ArchivJ Politico, Demaniale^ Giudiziario^ — neir ex convento di S. Zaccaria, sotto i piombi del pa- lazzo ducale : in questo sopra le sale della Corte d'Ap- pello, nell'ex-scuola degli orefici, e nelle fabhricìie nuo- ve a Rialto. Non era facile trovare un locale che offrisse le qua- lità necessarie di ampiezza e di buona conservazione, di decoro e di economia. Già prima il n. u. Marin aveva escluso, per inoppor- tunità, F ex-convento di S. M. della Salute. Il Chiodo, col Ganassa, proponeva la ex-chiesa dei santi Rocco e Margherita, il convento di S. Stefano, e la vicina chiesa di S. Angelo ora distrutta. Poi il convento dei france- scani detto dei Frari^ che serviva in parte ancora nel 1817 alla Commissione militare delle monture e dei ge- neri delV amministrazione militare dei forni. Il Governo lo approvava in queir anno stesso, e la Camera Aulica nel 1819. Si provvedeva all' adattamento di esso ; i tra- sporti degli archivj vi seguitarono per anni parecchi. Il vasto fabbricato dell' ex convento dei Fravi ha un perimetro di m.^ 560 ; occupa una superficie di m.^ 5471.88; coi cortili, 7800.61, e coli' ex convento di S. Nicoletto attiguo, compreso il cortile, m.^ 8860.61. I locali sono 264; — 192 ad uso, o adattabili ad uso di archivio ; i palchetti 21,113 (1). Repubblica Veneta ed i suoi ultimi cinquant' anni » del fu conte Girola- mo Dandolo (Venezia, tip. Naratovich, 1859, voi. I, p. 363). (1) I suggelli usati nell' archivio di s. Teodoro e in questo Generale ai Frari sono i seguenti : I. a cera lacca Campo liscio. In giro : Archivio di s. Teodoro in f'enezia. — 377 — V ebbero stanza nei ccqntoU generali fino a circa 2000 frati (1). Pare che un ultimo restauro vi si ese- Aquila bicipite collo scudo del Lombardo u del Veneto : In giro : da destra a sinistra : /. R. Archiciu di s. Teodoro in Venezia. Aquila a. teste nimbate, nei corpo lo scudo ed F. /., in giro da sinistra a destra: /. R. Archivio Generale Governativo. Aquila bicipite collo stemma imperiale. In giro : da destra a sinistra : I. R. Direzione dell' Archivio Generale in Venezia. Leone stante, e sotto : Z. F. Da sinistra a destra : Direzione dell' Ar- chivio Generale Veneto. Aquila : /. R. Direzione dell' Archivio Generale in Venezia. Simile di dimensioni inferiori. Stemma di casa di Savoia, sormontato da corona. Da sinistra a destra : Regio Archivio Generale Veneto. Stemma di Casa Savoja, sormontato da corona, e con bandiere ai lati. Da sinistra a destra : Direzione del R. Archioio Generale Veneto. II. ad olio Aquila a teste nimbate, h} mezzo lettere f. I. Da sinistra a destra : /. R. A/chìvio Generale Governativo. Campo vuoto. Da destra a sinistra : Archivio General Giudiziario Venezia. Leone stante. Da sinistra a destra : Direzione dell' Archivio Generale Veneto. Aquila. Da destra a sinistra : R. Direzione dell' Arehioio Generale in Venezia. Piccolo, oblungo, sormontato da aquiletta : I. H. Direzione dell' Ar- chivio Generale in Venezia. ^ Stemma di casa Savoja sormontato da corona ; scritta da destra a sini- stra : R. Archivio Generale Veneto. Stemma di Casa Savoja, sormontato da corona e con bandiere ai Iati ; scritta da destra a sinistra : R. Direzione dell'Archivio Generale Veneto. (1) II Senato Veneto, con decr. 7 giugno 1546 [Terra, f. 3) concesse al convento dei Fraii un sussidio per le spese straordinarie in un capitolo generale al quale assistevano 1800 frati. Tale adunanza è ricordata nella iscrizione posta sulla colonna a destra accosto all' organo nel tempio dei Frari. Serie IV, Tomo II. 48 — 378 — guisse nel 1689, o almeno questa è la data degli orna- menti di stile barocco, ma d' un assieme non affatto spregevole, collocati nel chiostro della Trinità e al- trove (1). Per le concentrazioni di archivj moderni e pei ricu- peri degli antichi, la suppellettile dell' Archivio Veneto raggiunse ora (1872) la somma di 310 archivj, di 198, 454, tra filze o volumi, di 52,878 pergamene, .e di alcu- ne mighaia di disegni. Cifre, del resto, che sono ben diverse da quelle ritenute dal Chiodo, quando conse- gnava r archivio al nuovo direttore Giovanni Ninfa Priuli (28 sett. 1840), cioè di 809 archivj antichi, 458 moderni ; e non giustificabili neppure calcolando sin- golarmente le diverse serie delle grandi collezioni della Cancelleria Secreta e Ducale, come costituenti ciascu- na un archivio, né separatamente i quinquennj degli atti degli archivj moderni. Dopo di aver provveduto alla conservazione degli archivj, il governo austriaco pensò al loro ordinamento, e nominò una Commissione, della quale a vero dire, non v' era bisogno, quando s' aveva un profondo cono- scitore degli archivj della portata del Chiodo (2). (1) Sopra r arco del pozzo, nel chiostro di S. Antonio è la iscrizione : B. F. loseph Cesena de Pergula F. F. — MDCLXXXVIIII ; ed ò ripe- tuta sull'arcata della porta del Refettorio, ove si custodiscono alcune carte del Governo Austriaco ; ma ivi l'anno è : MDCLXXXIX : e sopra r arco del pozzo nel cortile della Trbdlà, Deo uni ot trino bonorum om- nium fonti — Magister frater — Autonius Pitoni Venetus — dedicnvit anno MDCCXIV ; l'ultimo restauro in questo chiostro ò del 1864: Resti- tutum anno MDCCCLXIV. (2) Fu eletta dalla Cancelleria Aulica, col dispaccio 28 settembre 1821, n 27049-1283 ; era composta del Chiodo, del co. Reuier Daniele cons. di Cioverno, presidente; Crippa Gaetano vicedeleg-. per la Dclegaz. i)rovin- — 379 — Addi 8 luglio IH2H, egli trasmetteva al Goveruo il » suo piano sistematico per la distribuzione e colloca- » zione di tutti gli archivj centrati e da centrarsi nello » stabilimento generalo degli archivj a S. M. Gloriosa » dei Finn in Venezia, con indice dei riparti, delle di- » visioni, sezioni e classi delF archivio suddetto ; ed in- » dice separato degli archivj e delle serie delle carte. » La eccelsa Cancelleria Aulica Riunita (disp. 2 mag- gio 1829, n. 9700, Governo, 25 detto, n. 17913) lodava il lavoro del Chiodo con queste parole : « il piano [si- » steraatico per lo stabilimento generale degli archivj » in S. Maria Gloriosa dei Frari, è una luminosa prova » del distinto zelo e delle estese cognizioni negli affari » archiviali del direttore delFarchivio generale Giacomo » Chiodo, e se dalFun canto, come osserva V I. R. Go- » verno, lascia desiderare più semplicità, è questa com- » pensata da una singoiar chiarezza e precisione che » distinguono questo veramente arduo lavoro. » Jacopo Chiodo nel trasmettere al Governo T atto di consegna dell' Ufficio a Giov. Ant. Ninfa-Priuli, scrive- va : « Io lascio. Eccelso Governo, il mio Ufficio e i miei » impiegati, come un padre si stacca per sempre dal » suo diletto soggiorno e dagli amati figliuoli; e quindi » spero trovare indulgenza, se dovendo produrmi per » r ultima volta a codesta Superiorità . . . raccomando » tutti e ciascuno, nella coscienza che ciascuno e tutti » mi coadiuvarono utilmente nell' erezione e sistema- ciale; Luigi nob. de Crespi vicecommiss. perla Rag-ionateria Centrale ; Francesco nobile Bembo I. per la Direzione del Demanio; Vincenzo La- zari per l'UfiBcio fiscale centrale; Daniele nob. Barbaro per la Direzione delle dogane. — 380 — » ziono di UD tanto .Stabilimento; e in modo particolare » poi quelli tra loro i quali per anzianità, per posizione » d' ufficio e per dovizia di cognizioni piiì si sono ado- » perati nel servizio, e quindi piiì meritarono la mia gra- » titudine, e si resero degni dei riguardi della Supe- » riorità. » Nel 14 febbraio 1848 succedeva al Ninfa-Priuli, no- minato direttore nel 21 nov. 1840, il cav. Fabio nob. Mutinelli, e a questi nel 30 aprile 1861 il conte Girola- mo Dandolo segretario di Luogotenenza. Per consiglio del Dandolo, fu aggiunta nel 1864, al- l'insegnamento paleografico, nella Scuola annessa al- l' archivio, una lettura settimanale di storia veneta. Non si deve tacere, a guarentigia degli archivisti, che negli anni 1864, 1865 e 1866, cioè sotto la direzione del conte Dandolo, furono eseguiti alcuni scarti, prin- cipalmente negli archivj moderni, pei quali andarono distrutti documenti di qualche importanza. Primo direttore (e successore al Dandolo) nominato dal Governo Nazionale con decreto 28 marzo 1867, fu il cav. Tommaso Gar, che assunse la direzione addì 15 aprile successivo. Con Decreto Reale 14 gennaio 1872 venne eletto a succedergli il uob. cav. Teodoro Toderini, caposezione neir archivio stesso. Il personale dell'Archivio Generale in seguito ai de- creti di S. M. il Re d' Italia 1 e 22 marzo 1868, 16 aprile 1871, 14 genn. ed 11 aprile 1872, è questo : Direttore — Teodoro nob. cav. Toderini ; Cajiosezione — Bart. comm. Cecchetti (docenti^ di paleografia) ; - 381 — Segret. di 1.™* Classe — Francesco Gregolin (dirigente la Sezione 1.*) ; » 2.*''' » — Dazio Aliprando Tadini (dirigen- te la Sez."" 2.^* ed economo) ; — Luigi Pasini ; — Filippo Legnami; — Tommaso Luciani ; — Giuseppe dott. Giomo ; — Carlo nob. dalla Rovere ; — 'Agostino Gottin; — Riccardo Predelli ; — Vincenzo Padovan ; — Edoardo Jager; — Augusto Negri ; — Massimiliano Mazzi \ — Bartolomeo Calore ; — Bruno Luzzana ; — Pietro De Nat ; — Giuseppe Gallovich ; — Carlo Torresan. [Contìnua) Applici di l.™" » 2.''" » Applic. » » di2J^ » S.^ » 4.» » » » » » » » » » Allievi » » » gratuiti » » » » » » » — 382 — Avvertenza del Segretario delV Istituto relativa alla pre- cedente dispensa^ cioè alla pag. 175 di questo vo- lume : Ripeto ciò che scrissi alla pag. 776 tomo 13 serie 3 di questi Atti: « L' Istituto veneto ha sempre risguardato e ri- » sguarda i membri dell' Istituto lombardo, con cui du- » rante lo straniero dominio ebbe dolori ed ufficii co- » muni, quali membri del proprio Corpo scientifico, se » si eccettui il diritto di votazione (art. 13 degli statuti » interni). Ad ognuno di quelli come ai proprii invia » regolarmente Atti e Memorie, e tiene fermo (art. 13 » e 25) che i membri onorarli e i soci corrispondenti » deiristituto lombardo possano essere membri onorarli » e soci corrispondenti deir Istituto veneto. Ma quando » i soci corrispondenti dell' Istituto lombardo vengono » elevati a membri effettivi di esso, l'Istituto veneto li » considera passati anche nel proprio Corpo ad un or- » dine superiore, ed ha perciò la consuetudine di to- » glierli dall' elenco dei soci corrispondenti. » • ADUNANZA DEL GIORNO 25 NOVEMBRE 1872 ooo- II ni. e. sen. G. Bellavitis presenta la seguente TERZA ED ULTIMA PARTE DELL'UNDECIMA RIVISTA DI GIORNALI. AL (lE B R A. (Continuazione dalla pag. 415 del ^'ol. I.) N. 99. Vecchi. Politecnico Milano anno Xl\ Sulla risolìizione mimerica delle equazioni. Dissi altra volta esser destino che quando una co- sa fu finalmente trovata, molti si facciano a ricercarla di nuovo. Potrà talvolta giovare di esporre nuove ve- dute , il cui scopo finale sarebbe la risoluzione nu- merica delle equazioni , quantunque in pratica quel- le vedute non valgano ad abbreviare la risoluzione stessa: ma non saprei approvare che in un giornale per gli ingegneri si volesse occuparli di regole spe- ciali e di non facile applicazione, mentre non debbo- no ignorare quella operazione aritmetica che dà spe- ditamente la compiuta risoluzione delle equazioni. La poca opportunità, a mio credere, del presente lavoro non diminuisce il merito di altre memorie dello stesso valente ingegnere sopra congegni idrauhci au- tomobili e sulla prospettiva. — 384 — ALGEBRA. N. 04. Sang. Bull, des se. mathèm. Paris., iuill. 1871. II, 201. {Trans, of the R. S. of Edimh., 1870, XXVI). È noto come le frazioni continue servano ad espri- mere con numeri interi possibilmente piccoli un dato rapporto. Ecco la questione analoga relativa a tre quan- tità a^h^c ; si calcolino i quozienti A ^ nelle equa- zioni azzìkl+iic+d , Izzik^G-^^^d+e , c^z\d-^^^e-{-f ^ ecc. in modo cìie sì ottengano le quantità decrescenti d e f ecc. ; tutte le lettere indicano quantità positive ed i quozienti interi sono sempre i massimi possibili cominciando dai 1 e passando ai ^ ._ Poscia po- sto ^1=^ , y=;|U si calcolino gli interi rj,—\V+-V' ^:P\'=F-ìP+^ AH-^^Vì-^V'ì ,P\—[^o_Pi-{-2^,ec. in simil modo sia $'i=^i , ^'i^z-^i , queste sono numeri interi si terminerà con p„—a , q—1) , r,—c : Si cerchino per esempio tre numeri che dieno ap- prossimatanionte i lati del pentagono dell' esagono e del decagono inscritti nel medesimo circolo ; - 385 — ALGEBRA N. • ♦4. ^ZI 1175571 X l^ P P a -z' r r' hz=i 1000000 1 0 t 0 ' c= 618034 1 2 1 3 1 2 dz^ 175571 3 2 6 3 5 . 3 3 '2 fi~~~ 30824 5 0 33 1 28 1 17 1 /= 29673 1 0 34 6 29 5 18 3 9— 21451 1 7 40 271 34 231 21 143 h- 1151 18 4 991 843 521 165 73 Perciò nel circolo di raggio 1 il pentagono ed il decagono hanno all' incirca i lati 991 : 8431=1,17556 521 : 843=0,618031 , i rapporti precedenti sono : 40 : 34=:rl,1765 21 : 34=0,6176 34 : 291=1,172 18 : 29zz0,620 33 : 28z=l,179 17 : 28=0,607 Peraltro il problema non può dirsi compiutamente risolto, giacché, per esempio, i numeri 27 23 14 hanno rapporti piìi esatti di quelli dei precedenti 33 28 17. È noto che i termini delle frazioni convergenti ver- so una frazione continua danno ai determinanti I Pn , qn+i I i due valori alternativi +1 , — 1 . Invece tra queste terne di numeri interi il determinante I Pn , qn+l , n+5 I è sempre zzi ; così nel nostro esempio 6 5 3 33 28 17 =:1 . 34 29 18 Serie IV. Totno II. 49 — 386 — ALGEBRA N. 94. L' autore deduce dai predetti calcoli un processo per la determinazione approssimata delle radici delle cubiche, ma nel Bulletin non è detto come lo faccia. Dal processo stesso con cui si sono calcolati i suc- cessivi p può riconoscersi che ciascuno di essi è espri- mibile mediante un determinante, e che per esempio V^- ommettendo la prima riga e la prima colonna si ha r espressione di q^ , similmente quella di r^ . Api. . •1 ^1 y-i 1 . . —1 \ [X^ 1 . .-1 ;i3 f^z . . . —1 A. -oo> N. »5. N. Anml octoi. 1871, X, p. 472. Calcolare la più grande radice della (1) (p(;2;):z:e*— flsen^ — Jcosa7=rO essendo «^=31200 , Jzz2500 . Io comincierò da un valore di x che renda (2) l'+*-[/;-17+^ — 3S8 — ALGEBRA N. 96. ft sommando a questa equazione le sue analoghe {r-h\][bY+'=[i-\-\J+'—[hY+\ ecc. si ottiene la (1) di cui nella Q. 1082 è dimandata la dimostrazione. Purché n sia intero positivo la (1) vale qualunque sia 5, ed anche se r sia negativo, escluso soltanto ?•=: n: — 1 ; per esempio, se h:=zQ , nz: — 2 , nznS si ha 5Vr5+f6=-([«r'-[5]-)=-^+J • Quando V esponente r non è intero, le facoltà [bj sono funzioni trascendenti dipendenti dalla funzione gamma r(^4-l)zz:[lf ; per esempio la [6]=H-[7]V[8]^zr|([8]'-[5f) equivale a [l]s "^ [1]6 "*~[lF-3V [1]' fl]« / e riducendo in numeri 287,885 1871,26 14034,4_2/ 119292,5 287,885\ 1.2.3.4.5 1 6 '^ 1 7 ~3\ 1 7 1.2.3.4 7 * Un' altra serie (purché convergente) da me pure pubblicata è la se «ZZ&-I-1 , tfzz — n (essendo ìi intero positivo) la se- rie è finita e diventa, appunto come porta la Q. 1080 , nò n(n — l)b wfw— 1(>«— 2)'' . 6+1 1.2(i4-2) 1.2.3(^+3) zz[in^-,-i-h.r"+(,^^^^^^ri^..(,+iy ^ — 380 — ALGEBRA N. 9G. che quando hzzm è im intero positivo, può scriversi _ [ir '[n+ir 3 Se nella (2) si ponga invece «=k ■> ^=1 i si ha 1 , 26 2.26(6+1) r3 .l'^fl^ 1 . ^+-3+ 3.5 + ^^^- ==L2"^J bj=l^' quando ì)z::\—o)i è un numero intero negativo, la se- rie finita è quella della Q. 1079. CALCOLO SUBLIME (Continuazione dalla pag. 415 del Tom. I.) N. %9. Bullet. des sciences math. Paris. Integrali definiti. Continuando il n.*^ 28 osservo che M. Bierens de Haan nelle sue Nouvelles Tdhles {Leida 1869) dà la for- mula più generale (sempre da ?^=0 ad w— :1) Tab. 114 (21) jlgh(H-«^w)^^3^-lAtan.dgh(H-«^) da cui altra (20) ne deduce sommandosi la ben nota àu 1 lgh^>'ÌTX70=;;l&h^-Ataii« ; '1 +«»«»"« poscia ponendo «— - . Coir integrazione per parti dalla (21) si deduce «J^^anff.j-p^=:2^Atan«lgh(l-f-«^) , — 390 — CALCOLO SUBLIME N. 29. che è la (7) della tavola '231. Se nella (21) si muta o} in — o} si ha, purché «^<1 , Jlgh(l_««^)_^-^LAtndgh(l-««) . Grebe {Bullet. mai. 1871, II, p. 141) riduce agli inte- grali ellittici i due Jlgh(l— «V)(l— ?^'')^(1— «'«')"dw essendo nzn^ì , che sono appunto quelli compresi nella tav. 119(3) e (27). Catalan riduce {Bull. od. 1871, II, p. 296) agli stessi IT integrali ellittici il seguente da ^=0 a /=:^ 1— a* = \/(i-a»)(i-6«)— l+«eps(k,^)-f- — ^dig(^, v^) essendo K=:- , sen^uzz^ . Questo integrale forse non è compreso nelle tavole. Meyer (Bicll dee. 1871, II, p. 358) nella teoria del calore trova due integrali che sono quelli della tavola 263 da v=zO a v=oo (12) ^e-^'sen^^dv^l \/n-e2''sen(2a) . V altra si ha mutando seu in cos. — 391 -^ GEOMETRIA PIANA (Continuazione dalla pag. 452 del voi. I) N. «*8. RosANEs J. ■ [Mathèm. Annalen Clebsch) Se due triangoli ABC MM^M^ sono in prospet- tiva in due maniere differenti, lo sono anche nella terza maniera. In questo enunciato che io conosco soltanto pel Bulletin des se. mathém. (Paris, aoùt 1871, II, p. 239) non può intendersi che i due triangoli sieno veramen- te prospettivi nello spazio, bensì che essi sieno omo- loghi posti sopra uno stesso piano ; cioè che le tre rette AM BM^ CMj concorrano in un medesimo pun- to S , che dicesi il loro centro d' omologia, come ne è r asse d' omologia la retta t dei tre punti AB(MMi) , BCIM^M^) , 0A(M2M) ; ecc. La maniera pii^i naturale di dimostrare il teorema mi sembra quella colle coordinate baricentriche : scelto ABC per triangolo coordinato sieno le coordinate dei punti M M^ Mj (vale a dire M è il baricentro delle masse a 1) e poste nei vertici A B C , ecc.). Le tre rette AM BM^ CMg hanno le coordinate baricentrali [0 , e , — /;] , [^, , 0 , —a^] , [/;, , —«2 , 0] (vale a dire le distanze della AM dai tre vertici sono proporzionali a 0 , f , — T) , ecc.) ; acciocché queste tre rette sieno congruenti (cioè concorrano in uno stesso punto o sieno parallele) bisogna che sia (1) — 392 — GEOMETRIA PIANA N. 228 0 c—h r, 0 —a^ b^ — a^ 0 z=:a^bc^~ff^biC=:0 , in tal caso il loro punto di concorso è S(ajC , bCi , cCi). Precisamente per la stessa ragfione acciocché i trian- goli ABC MjMjM sieno omologhi, cioè le rette AM^ BMj CM sieno congruenti, dovrà essere (2) ab^c.^-=.a,J)C^ ; è conseguenza immediata delle precedenti equazioni la ajy^c^zab^c^ ; perciò sono omologhi anche i trian- goli ABC M5MM1 ; i centri d'omologia in questi due casi sono Si=i(r)VF ed il punto d' intersezione B delle tangenti in M K si trova subito espresso da VBt£^(/?^— //—?r+«>r)VF ha la stessa direzione della tangente in M che ò ^(^— >r)\'F — 407 — GEOMETRIA PIANA N. 230. e BK è similmente la tangente in K. Se mutiamo 1 . ic in — z e sia 1 2 VL-(^i-{-=:/)VF le tangenti AM AL sono tra loro perpendicolari ed il punto d' intersezione A è dato da Finalmente pel punto d' intersezione C delle tan- genti in K L si ha 2. Acciocché il triangolo circoscritto alla predetta parabola sia il dato triangolo ABC , bisognerà in primo luogo che «.ACtC^/.AB sostituitevi le si trova che le due variabili t u debbono essere tra loro legate dall' equazione. in secondo luogo la AB-(?^+-^)(^->r)VF-^^/^-/)VF dev' essere equipollente ad a , perciò la quale espressione sostituita nella \\^^tyr-\~\-Y\\¥ — 408 — GEOMETRIA PIANA N. 230. ci dà pel cercato luogo del puuto V riferito al punto fisso A la (1) AV-ji±fj5(i+r0,2832 ; questo valore sostituito nella (1) dà il foco F essen- do AF^ant(8,7326 ; 0^,500) , cioè AF=:ant8,7346=:0,0540 , e mezzo retto è V inclinazione della retta AF . Le al- tre due radici hanno la comune inclinazione — 412 - GEOMETRLi PIANA N. 230. i^2 — l,8172)i=:?))0914 , e si trovano essere ant(0,6813 ; 0^0914) , ant(9,3187 ; 0^0914) , le quali sostituite nella (1) danno gli altri due fochi AFi , ^ant(0,0443 ; 0,9941) , AF2te^ant(0,0443 ; o'',0059) . 8. Passiamo ora a cercare il luogo dei punti P del- le parabole, che hanno le normali passanti pel vertice A deir angolo retto : il punto P riferito al vertice ed al foco della parabola sia VPt£i(^2_2/?)r)VF . e la sua normale avrà la direzione (l+^;)r)VF ; resta da stabilire che egual direzione abbia la retta (veggasi il § 2) APt£i;AV+VP£i(^>r4-Ì-^— 2jy) a tal fine dovrà essere dal che, posto tzuT^ si ricava ^;:iit — e perciò APe:^^TV+^'-2r>r-H-?^H-^2— ^)VF^ ^,,r+l-^)(.^-H-l,)vF ; nel sostituirvi la già trovata (§ 2). osserveremo che •:^-f-lz=(T* — t'^-|-1)(t"m-1) ed anche T«+l=(T^-f,n(^^~>0=(^'+)0(-'/+^->0(-T>rH-l)=: — 413 — GEOMETRIA PIANA N. 230. ed avremo Vale a dire i cercati punti P liauiio le coordinate Car- tesiane (10) (r^+ff , T*+«T : T*+IV-+1) e le corrispondenti tangenti hanno le coordinate Plu- clieriane (11) [(T2+l)(4T^_3aT^+«) , (T^+l)(T*~3t^+4«T) : ~ '9. Come al § 5 si trova che gli stessi punti P rife- riti al triangolo coordinato ABC hanno le coordinate baricentriche (12) {—ziT—ay , z'-ha , az{z'-ha)) le tangenti avendo poi le coordinate baricentrali (13) [{z'^af , z%z—a){z'—3az'—2a) , {z—a){2z'-^Sz—af] . Questa curva P , che come la curva V del § 5 è del 4." ordine e della 6.^ classe, è essa pure circo- scritta al triangolo ABC e ne tocca il lato BC . Se z^zn—a le (12)(13) ci danno il punto A(1,0,0) e la tangente [0,«,M]; se t=0 si ha il punto B (0,1,0) colla tangente [1,0,1] equidistante dai punti A C cioè parallela al lato iVC (il punto non è un flesso, bensì ordinario) ; se rzzx si ha il punto C (0,0,1) colla tangente [1,1,0] parallela al lato AB; se z=:a si ha il punto E (0,1,«^) colla tangente BC [1,0,0]. Pel vertice B passa un' altra tangente che è quella — 414 — GEOMETRIA PIANA N. 280. corrispondente alla radice della t^ — Sax^ — 2azz0 e per C quella corrispondente alla radice della 10. L' equazione che deve dare i flessi della curva P può dedursi (§3) tanto dalle (10) (11) quanto dalle (12) (13) ed è (14) 2r^-Sax'-hQT''—Uax^-^Qa'^x^—3az-\-2a''=:0. Quando tì!=l vi sono due soli flessi. 11. La normale nel punto P della parabola (§ 8) incontra di nuovo la curva nel punto Q posto VQt£^(£«4-2^T)VF , purché sia 2 gzii'p-\ — (giacche ne risulta PQ-r^l-f-^/) ; 1 , tM-1 e siccome e ;)=t — cosi 5'=:-^? — , ...(tHW+I) g^,,s 1 _(t«+1)(t«+1) e per le equipollenze dei §§1,2 (si rammenti che t:=zx^) (T6+l)a e finalmente eseguito il calcolo Nel modo solito (§ 5. 9) si trova che la curva Q ri- ferita al triangolo ABC ha le coordinate baricentri- che e baricentrali — 415 — GEOMETRIA PIANA N. 230. (16) (_-r(T-^«)« , t'+^ , az{z^-^-a) ) , (17) [{z'-{-ay , (T+fl)(T^-|-3aT*-2aT»j , {z-{-a){—2z'-{-3x-\-a)l Ponendo i^zr — a si vede che la curva Q passa pel punto A (1,0,0) e vi ha colà la tangente [0 , —az{z-\-a) , z-\-a] ; tiz:0 dà il punto B (0,1,0) colla tangente [1,0,1] parallela alla AC. Simil- mente z—a dà C (0,0,1) [1 , 1 , 0] . A z=—a corrisponde un punto )0 , 1 , — a^) e la tangente BC [1 , 0 , 0] . Il punto corrispondente a t— 1 ( — 1 — a , 1 , «) è al- l'infinito ed ha la tangente pur essa air infinito; dicasi lo stesso dell'altro punto (a — 1,1, — a); quindi la curva ha quattro rami infiniti parabolici. 12. L'equipollenza (1) eguagliata a a)-hy/ ci mostra che tra le coordinate ortogonali x y della curva V hanno luogo le relazioni y—fx , {t''-\'\fx:=.t-\-a eliminando la t ne risulta l' equazione (18) ax^-\-y^r:i(x^-hy^\ , che è appunto quella proposta nella Q. 1039 da dimo- strarsi. Non credo che 1' equazione tra x Qà. y pre- sentasse le proprietà della curva V meglio dell' equi- pollenza (1) . Similmente le equipollenze (9) (15) dan- no le equazioni delle curve P e Q. -<£n- — 416 — GEOMETRIA PIANA N. «31. Nicolaì'des. Q. 1085. iV. Annoi, jìiin 1872 X, p. 288. Un punto molile si muova sulla sviluppante del circolo in modo che la tiirlazione del movimento sia sempre di- retta al centro del circolo ; V area percorsa dal raggio di curvatura, della sviluppata sarà proporzionale al tempo. Se OX!£i;£* rappresenta il circolo, e sulla tangen- te XM si prende una lunghezza eguale air arco x si ha il punto M della sviluppante, quindi OMt£^e*(l— ^>r). La derivata prima dM del raggio vettore OM presa rispetto al tempo t esprime in grandezza e direzione la velocità dMt^^a^sard.r , e la derivata seconda esprime la turnazione del movi- mento (a cui dev' esser uguale la forza acceleratrice) se questa d^M dev'essere parallela alla OM, sarà xà^x-^àx^-zn — dx^ , che integrata dà ìT— yt ; ne viene che la velocità del punto mobile è espressa, posto d^rzl , da I-' I 1 dM^^^^£"i£^75— £* 3 òx cioè in ragione inversa della tangente XM , e perpen- dicolare alla tangente stessa: così resta dimostrato il teorema: il tempo è proporzionale alla terza potenza — 417 — GEOMETRIA PIANA N. 231. deir inclinazione x : mentre la lunghezza della curva percorsa dal mobile ò proporzionale alla seconda poten- za di tale inclinazione. -cxn- N. »3«. Mannheim. Q. 1078. JV. Annoi. avnllS12, XI, p. 191. Per un punto M di ima curva piana, sia M^M' la corda infinitamente vicina e paralella alla tangente in M ; si dimandano i limiti: 1. Della direzione MW della retta che dimezza la cor- da MjM' . Questa MW fu detta da M. Transon V as- se di deviazione della curva m M ; 2. Bel punto d' intersezione degli assi di derivazione in M, ed in W ; 3. Della direzione della retta clie conqiunge M al pun- to d' intersezione dei circoli osculatori in M.^ ed in W. 4. DelV intersezione della tangente in M colla se- cante comune dei predetti due circoli oscillatori. Fino dal mio primo saggio (1835) sul metodo delle equipollenze risolsi T ultimo problema della Geometrie de Position., cioè determinai la direzione della retta MW , e poscia anche il centro W della curva del 2.° grado che ha un contatto del 4.^ ordine colla curva proposta. Considerando la OM come equipollente ad una funzione della variabile t , e segnando con d le derivate rispetto alla t , le equipollenze che risolvo- no il problema sono Serie IV, Tomo II. 53 — 418 — GEOMETRIA PIANA N. 232. la prima serve a determinare le quantità (reali) q r , poscia la seconda dà la direzione della retta MW ; se ommettendo nella terza il termine ±p^ il primo mem- bro sia parallelo al secondo, ciò significa che la curva ha il contatto di 4.° ordine con una parabola ; se al con- trario occorra anche il termine =t3^* col segno supe- riore od inferiore si ha un' ellisse od un'iperbola oscula- trice: il punto dato dalla seconda equipollenza è il cen- tro di questa osculatrice, e la WT della quarta equi- pollenza è il semidiametro conjugato a WM. In particolare se la curva sia data da OMt^^Je'd^ cioè sia t V inclinazione della tangente nel punto estremo dell' arco di lunghezza s ; sarà d'Mt^e'(d*;?+/'d5) , d^Mt£^e'(d'^+2/d^^— d^) d*Mt£:^£'(dV-i-3>rdV— -3d^5~>rd5) d5 Così nella sviluppante del circolo in cui ds:=it si ha 2 qm — ^, ed il centro W dell'ellisse osculatrice ò dato da (i+±)mW^(1+^/)s' . Nella cicloide d^^cos^ , d'5— — scn^ , d^^= — cos^ , ^— gtanzf , ±p'^n2~\-Aaiì.H , e la curvatura sarà ancora sempre ellittica. — 419 — GEOMETRIA PIANA N. 132. Io credo che alla 2.* dimanda, Q. 1098, risponda il centro W , e che per le due ultime dimando sarà suf- ficiente considerare le linee del 2.° ordine. Aggiungo qui intanto alcune citazioni sull'argo- mento : a) Cournot determina, credo inesattamente, la dire- zione della MW. Geom. de Position 1803, § 433. l) Ampère. Parabola osculatrice ; funzioni differen- ziali che non cangiano col mutare delle coordinate. Journ. Ec. polytechn. 1808. xiv. VII, p. 159, 181. e) Bellavitis. Determinazione della retta MW per qualunque sistema di coordinate. Saggio di applicazioni del cale, delle eqidpolL Ann. delle scienze del R. L. V. 1835, V, p. 257, § 25. Sezione conica che ha un contatto del 4.^ ordine. Metodo delle eqidp, Ann. predetti 1839. Vili, § 146. Sposiz. del met. delle equi'p. Mem. della Soc. Ital. Modena, 1854, XXV, § 184. e) Transon. Ricerche sulla curvatura delle linee e delle superficie. /. Liouville mai 1841. VI, 191 .. . 208. "^egg. anche Journ. aoUt 1845, X, 320... 426. f) Minich. Sulle coniche osculatrici delle curve pia- ne. Atti Istit. Veneto, 19 febbr. 4854, V, p. 63... 65. Mem. Utit, Veneto, 1856, VI, j. p. 111...196. -OOQ- N. «88. Franqoise Em. Nimes. Tolgo da una lettera favoritami dall' autore la se- guente generahzzazione del problema sulle trajettorie obbliquangole ad un sistema di ellissi biconfocali. L'equipollenza — 420 — GEOMETRIA PIANA N. 233. (1) OMi^e^e'+e'^s'"' essendo t la variabile da punto a punto e t un para- metro, rappresenta un sistema di epicicloidi omofocali ; ed essa esprime anche le trajettorie obbliquangole quan- do T sia opportuna funzione della t . Con d si segni- no le derivate rispetto alla sola t , e con ^ quelle nel- la supposizione di t funzione della t ; le tangenti deir epicicloide e della trajettoria avranno le direzioni dOM^{e^£'-hme"'^e'"')rdt , detto a l'angolo costante tra le trajettorie e T epici- cloide sarà dz-\-yrdt'£^p/s'^dt'£^p{/cosx — 6ena)d^ , da cui si deduce dizz — cotocdt , T=:lgh6'' — ^cota , quindi le cercate trajettorie sono espresse mediante la costante arbitraria 0 dall' equipollenza essa è la somma geometrica delle OV^Ce-icotae' , PMt^^'V— "''cotae'"' , le quali esprimono che M descrivo una spirale loga- ritmica intorno al punto P , nello stesso tempo che P ne descrive una di eguale intorno al punto fisso 0. — 421 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO (Continuazione dalla pag. 954 del Voi. I). N. 7G. Cremona. Milano 1872, di pag. 40. Le figure reciproche nella statica grafica. 1. Derivazione di figure nello spazio. Comincio col richiamar le formule da me riportate nella Nona rivista N. 58 e completare la dimostrazione allora accennata al § 24. Nello spazio un punto ha per derivato-polare un piano e viceversa, e nella speciale derivazione con- siderata dal Mòbius (/. Creile 1833, X, N. 27, pag. 317) ogni piano comprende il suo punto derivato : la retta che congiunge due punti è derivata deir intersezione dei due piani derivati dei punti. . 2. Un punto riferito al tetraedro coordinato ABCD ha le coordinate baricentriche [x, y, e, w\ quando il punto ò il baricentro delle masse x y z vo poste nei vertici ABCD: un piano ha le coordinate che io dico laricentrane \l, d, ^, 6)^ proporzionali alle distanze del piano dai vertici predetti ; V equazione fra le coordinate di ciascun punto del piano è (2) lx-\--oy-\-Kz+(^—^ , e perciò questa è l' espressione della condizione di ^e- micongnietiza, che nella derivazione di cui si tratta ha sempre luogo tra un punto e il suo piano derivato. 3. La retta determinata dalle coordinate — 422 - GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 76. essendo sempre (5) Ip-\-mq-\~nr—0 è la baricentrale delle sei rette (4) lDA-hm.J)B-hn.DC-hp.BC-hq.CA~hr.AB , vale a dire su quella retta sta la risultante delle forze espresse in grandezza e posizione dai sei spigoli del tetraedro coordinato moltiplicati rispettivamente pei coefficienti /, in . . . La retta è congruente col punto (^, y, z^ w) (cioè la retta passa pel punto) quando han- no luogo due fra le equazioni. (6) oiy — 7nz—pvz=zQ , — nx-{-lz—qwzzO , ma) — ly — rwzz.0 , px+qy+rzz=i^. La retta è congruente al piano \l\ u, C, «| (cioè la retta appartiene al piano) quando (7) ry— 2^? — ?w— 0 , li-hpK — miù—O , q^—p^j—nazuO , 4. Dicesi complesso di primo grado V insieme di tutte le rette le cui coordinate soddisfano all' equa- zione (26) Zl-hMm-hNn-hPp'hQq-{-Br=:0 essendo L . . . R coefficienti numerici dati. Conside- riamo tutte le rette del complesso che comprendono il punto (;27, y, 2;, w) ; mediante la (6) elimineremo dalla (26) le n m p ed otterremo r{:-Rx-^P%—Mw)—q{Qx—Py—Nw)—ì{Lx-\-My-\-lSlz)—^ invece eliminando n l p si ottiene —r{Ry— qz—Lw)-\-p{x Q-Pi/—Nw)—m{lx-\-My-hNz)—0 così pure — 423 — GEOIklETRIA DELLO SPAZIO N. 76. qiRy— Qz~Lw)—'p[—Rx-{- Rz-Mw)—n[Lx-\~My+Nz)~0 l[Ry—Qz—Lw)—m{—Rx-^Pz-Mw)-\-n{Qx—Py—Mw)—0 le quali paragonate colle (7) mostrano che tutte le rette del complesso che passano pel punto (x, y, z, w) sono situate nel piano (28) \Ry^Qz^Lw , —Rx-^Pi—Mw, Qx—Py—Nw , Lx-\-My-\-Nz\ questo piano si dirà il derivato di quel punto (si vede che resta soddisfatta la condizione (2)). Paragonando i ter- mini delle (28) colle (7) e ponendo mente alle (G) si vede che viceversa il piano \l^ u, ?, tv\ ha per deri- vato il punto (29) iVu— Mi:— Pco , --N'i-^ ZC— ^w , Ml^-L-j'-R^ , Pl-\r-Q^-hRK) . 5. Non occorre fermarsi a dimostrare i teoremi ge- nerali, ci basterà stabilirli pel caso che la (26) si riduca ad n — rzzO ; né occorre risolvere la seguente que- stione pili difficile: il complesso delle rette esiste di per sé indipendentemente dal tetraedro coordinato, a cui le rette sono riferite ; ora quali cangiamenti subirà la relazione (26) a cui soddisfanno tutte le rette del complesso quando si muta il tetraedro coordinato? 6. Nel caso particolare che tutti i coefficienti della (26) eccettuati i due N R ^i annullino, non dimi- nuiremo la generalità delle attuali ricerche suppo- nendo i\^iz — 1 , R^z\ ; le rette del complesso sono • 1 Z W 7h~\ m tal caso ' ' (si rammenti sempre che (5) lp-\-mci-{-ii'^=zO) e saranno punto e piano derivati i seguenti - 424 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 76. (30) (x, y, 2, w) \y, — x, w, — i\ cioè lzr.y , uiz; — x , ì^zziw , wzz — ;:; ; sostituendo nelle (6) si hanno le w^+mw—^^zzO , ^yzu — ì(ù — *2|— 0 , — mu — /^ — r^mO , — p-j-hqX — rwzzO le quali paragonate colle (7) ci mostrano che mentre il punto percorre la retta , il piano gira in- torno alla retta ; e viceversa, sicché queste 2j fi nj sono due rette tra loro derivate. Ogni retta '^ '^ del complesso è derivata di se stessa. 7. Ogni retta che taglia due rette derivate t f è derivata di sé stessa. Infatti se sieno T T" i punti d^ intersezione e t*^ t i piani derivati da questi T T" , il piano t^ oltre che passare ( § 4 ) per T comprende la retta f^ e quindi passa anche per T" ; similmente il piano t° passa pei due punti T" T , quindi la retta TT^ ha due punti i cui piani derivati si tagliano nella medesima TT° . 8. I vertici A B C D del tetraedro sono (1000) (0100) (0010) (0001) ed i piani ad essi opposti sono ^1000^ ^0100| ^OOIOJ {0001 1, quindi per le (30) sono tra loro derivati A ed ACD, B e BCD, C e ABC, D e ABD, e perciò sono tra loro derivati gli spigoli opposti AB e CD, e ciascuno degli altri quattro è derivato di sé stesso. 9. Veniamo ora al caso adoperato dai Cremona, in cui il complesso di rette espresso da ?2=zr é quello — 425 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 76. riferito alle coordinate Cartesiano ortogonali : il punto di coordinate x y z h indicato con {x, y, i: 1 ), ed un piano lo indico con K, tj, ^ : «^ per ricordare che ^: w, u : co, ?: w sono (col segno cangiato) i valori inversi delle porzioni degli assi OX OY OZ compresi tra T origine 0 ed il piano di cui si tratta ; ogni retta si continua ad indicare con | , lp-hmq-hnrz:zO . 10. Il piano derivato del punto M (^, ?/, 2: 1) è (§6) \y->—Xì 1:— ^;^, esso comprende il punto P (0,0, e :1) piede della perpendicolare MP abbas- sata da M suir asse OZ , V inclinazione di questo asse a quel piano ha per cotangente la distanza PM del punto dall'asse; così ogni punto deir asse è de- rivato del piano passante per quel punto e perpendi- colare air asse. Ogni retta PM perpendicolare al- l' asse è derivata di sé stessa, quindi appartiene al complesso nznr ed infatti essa è _ ^ a • 11. La proiezione sul piano OXY della retta ha in forza della terza delle (6) le coor- dinate Plucheriane [ — m, Z: r] (vale adire essa ha Tequazione a coordinate Cartesiane —mx-\-ly+rz=.^). Per conseguenza due rette derivate P^'^^^^l R*^^'^ danno projezioni [— m, l\r] [—m^l: n] parallele. 12. Ne viene che la minima distanza di due rette derivate è parallela al piano orizzontale, e pel § 7 essa appartiene al dato complesso ; del resto, mediante le (8) (22) della Nona rìv. si trova direttamente Serie IF, Tmno II. 54 — 426 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 76 che la retta tagliante perpendicolarmente le due rette derivate P^^^'ì P^^^^'l èia IP q. r\ U) q n] [: t{lq — mp) , m(lq — mp) , 0 ' la quale taglia perpendicolarmente anche 1' asse OZ. 13. Risultante delle forze poste in un piano. Se le rette successive OP PP^ P^Pj PjP- P3P4 rappre- sentano in intensità ed in posizione altrettante forze, la loro risultante è equipollente alla OP4 , che colle precedenti chiude un poligono : ma le sei forze OP P^Pj P3P4 P4O non si fanno equilibrio ; bensì equi- valgono ad un giratore {axe de la couplé) perpendico- lare al piano e proporzionale all' area delF esagono 0PPi...P4 . Ora se dal vertice P si tiri la PQ, pa- rallela alla diagonale OP^ e che incontri nel punto Q2 la prolungazione della P^Pj , poi da Qj la Q^Qj-:^ ':ryOP, [-n- significa parallela) e che incontri in Q^ la prolungazione della P3P5 , finalmente la Q,Q4':!^ •fvOPj e che incontri P4PJ in Q4 , il triangolo OQ4P4 equivalerà in area al poligono OPPiP2P3P4 e la forza OP4 trasportata equipollente a sé stessa fino a passare pel punto Q4 sarà la risultante delle OP PP,....P,P4 . 14. Date in un piano le forzo espresse dalle rette P Pi Ps Pi P4 P*^^ trovarne la risultante, comince- remo col tirare le OP^p , PP^^Pj v-'-PjPa— P4 e il così detto poligono delle forze OP...P4 , ci darà col suo lato OP4 r energia e la direzione della risul- tante ; per averne la posizione opereremo in un modo poco dissimile dal precedente : dal punto Q^ in cui — 427 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 76. si tagliano le date p p^ si tiri Q^Qs^OP^ che incontri in Q^ la pj , poi Q5Q3>:rvOP2 , e Qj sulla Pj , QjQ^-TbjOPj ed il punto Q4 appartenente alla P4 sarà (juello pel quale passa la risultante deside- rata equipollente alla OP4 . Questo è il metodo che nasce spontaneo dalla nota maniera di comporre le forze {Sposizione dei nuovi metodi^ 1860, §95). Forse in pratica è più comodo V altro metodo fondato sulle teorie dei giratori (terza parte delle mie Considerazioni stilla matematica ;pura^ Nota (29). 15. Se nella figura precedente si volesse la risul- tante delle sole quattro forze pj pa p^ P4 , si tire- rebbe la Q4Q':rvOP4 fino ad incontrare in Q la ret- ta p , ed applicando in Q una forza — p (che distrugga la p ) sarebbe palese che per Q passa la risultante delle p^ pj P3 P4 , che è equipollente alla PP4 . In tal caso il poligono delle forze è PP,P3P,P4 , ed il punto 0 resta arbitrario come fu arbitrario P ; parallelamente alla OP si tiri ad una distanza ar- bitraria la indefinita QQ^ , dal punto Q^ in cui essa incontra la data p^ , si tira Q^Qa^r^-OP^ che resta inscritta tra le p^ pj , poscia la Q^Q^^t^OP,, ed inscritta tra le p, Pj , la QjQ4^0Pj inscritta tra le p^ P4 , e finalmente la Q4Q-r>OP4 incontri in Q la prima retta QQ, , sarà Q il punto pel quale deve passare la risultante delle quattro forze, la quale è equipollente alla PP4 . Al poligono 0,^0,^0,^0,1^^ si diede il nome di poligono funicolare. Collo stesso punto 0 si possono fare infiniti poligoni funicolari dipen- — 428— GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 76. denti dalla arbitraria posizione della prima retta Q^Q ; che se si trasporta il punto 0 in 0' rimanendo fermo il poligono delle forze PPiP2P3P4 si ottengono altri poligoni funicolari Q'iQ'5Q''jQ'4Q'' . 16. Il prof Cremona ebbe l'ingegnosa idea di con- siderare le due figure OPP^ ... QQ^Q^ ... costituite di rette parallele come le projezioni di due figure deri- vate nel senso precedentemente spiegato (§ 11). Le ret- te OP OP^ ... OP4 partenti da uno stesso punto sa- ranno projezioni di rette rispettivamente derivate di quelle che si projettano nelle loro parallele QQ, Q^Q,... Q4Q ; segnando colle parentesi gli oggetti obbiettivi di cui si scrivono le projezioni, diremo che sono tra lo- ro derivate le rette (OP) (QQJ, ... le (OP4) (Q4Q) , iì vertice (0) derivato del piano (QQ^ • • Q4) ; la (PPJ derivata della (p^) , la (P^PJ della (pj) , ^c. il piano (OPPJ derivato di (Q^) . Se con un altro pun- to 0' costruiamo un secondo poligono Q\Q'.i . .Q\Qf la retta obbiettiva (00') sarà derivata dell" intersezio- ne dei piani (Qi...Q4Q) (Q'j ..Q\Q') ed in questa in- tersezione si incontreranno le (QiQ^) (Q'iQ's) perchè esse sono poste nel piano derivato del punto (Pj ; vie- ne da ciò che'i punti d'intersezione dei lati corrispon- denti dei due poligoni Q, ...Q4Q Q', ...Q'4Q' s' incon- trano nei punti di una medesima retta parallela alla OC (Cremona § 15). 17. Suppongo che ad un corpo appoggiato su due •sostegni sieno applicate alquante forze ; in uno dei modi indicati nel ^ 14 determineremo la risultante di ([uelle forze, che poi decomporremo in due che pas- sino pei due punti di appoggio e così avremo un cor- — 429 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 76. po soggetto ad un sistema di forze A^P^ , A^V^ .. che si fanno equilibrio ; se il corpo è formato da una rete di travi 0 di tiranti, e si vogliano determinare le pres- sioni 0 tensioni che essi soffrono, io opererei nel se- guente modo. Comincio da un nodo, per esempio Aj , in cui oltre la forza A5P2 concorrano due sole travi AjA, AjAj , tiro la retta PsQs^AjA^ (^^ significa parallela] fino ad incontrare AjAj in Q^ ed il pun- to A5 resta in equilibrio sotto le tre forze AjPa+PjQj+QsAjt^^O ; la P5Q2 se abbia la direzione della A^A^ rappresen- terà una tensione nel senso A„A^ , perciò A^A^ sa- rà un tirante, che se la QoA, riesce nella direzione AjA, essa rappresenterà un urto e A3A2 saràun/jww- tone. Passando al nodo Aj già soggetto alla forza AjPj tireremo PjQ^t^iiAjQj ^ poscia Q^Rj^AjA^ fìn- 0 A3 si faran- che incontra A3A4 in R3 1 e sul no equilibrio 1 le forze AjPs+A^Q^+QsRs+RsA: ^0, le tre ultime sono urti 0 tensioni prodotte dalle travi AjAj AjAj A3A4 . Venendo al nodo A^ tireremo 'P^Q^•:^Q^V^ , Q^R^t^^RjQj , poscia se la R^A^ non ab- bia per caso la direzione di A^A^ , ci bisognerà per l'equilibrio congiungere A^ con un altro nodo A5 , tireremo la RiSi^:0'A^A4 che incontri la A^Aj in S^ ; le forze sopra A^ saranno A,P,+Q,P,+R3Q3-f-RiS,-f-S,A,t£iO le quattro ultime sono sopportate dalle travi A^A^ A«Aj A^Ai AjAs*. Continueremo a stabilire r equili- — 430 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 1&. brio del nodo A4 , su cui ag-iscouo intanto la forza A4P4 e le azioni AjRj R^S^ prodotte dalle travi A4AJ A4x\^ ed occorreranno perciò altre due travi che mettano capo al nodo A4 . 18. Ci serva di esempio un ponte all' Americana il cui palco rettilineo ACEGIM sia sostenuto mediante il fianco formato dai triangoli isosceli eguali ABC CDE EFG GHI ILM , i cui vertici superiori sono uniti dalle traverse orizzontali BD DF FH HL che formano i triang-oli pur essi eguali e coi vertici air in- giù BCD DEF FGH HIL ; il ponte poggia sui suoi estremi A M ed è complessivamente aggravato da pesi che si suppongono ridotti a quatro pesi eguali po- sti nei punti C E G I. Per istabilire l'equilibrio dei nodi A B . . M cominciamo a considerare il pun- to A , vi applicheremo la forza verticale di sotto in su APi eguale alla metà cfel peso totale del pente, po- scia tirata la P^Qi-rvBA fino ad incontrare in Q^ la prolungazione delle CA , aggiungeremo alla predetta forza APj le due P^Q^+Q^A , le quali esprimeran- no la pressione che deve sopportare il trave AB , e la tensione del tirante AC. Venendo al punto B la predetta pressione Q^P^t^i^BQj verrà equilibrata dalle due forze QjRj-f-R^B la prima condotta parallela alla BC e la seconda posta sulla DB. Pel punto C ti- reremo la verticale CP^ rappresentante il peso che si suppone applicato in C , ed a motivo dei quattro pesi eguali in C E G I sarà CP .^_;\p poscia a motivo delle predette tensione e pressione Q^A — 431 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 76. Q5R2 tireremo le P^Q^t^^AQ^ Q^Rjti^RsQ, ed alle tre forze CPj+AQiH-RjQjt^CRj aggiungeremo le due RjSj+SjC , la prima parallela alla DC e la seconda posta sulla CE (sicché avremo tirata la RsS^t^^DC fino ad incontrare la CA prolungata in Sj). Pel punto D noi abbiamo le predette forze BR54-SjR3t^DR4 (che costruiremo tirando DQ4t£:^BR5 , Q4R4t£:^S3R3) , alle quali aggiungeremo le due R4S44-S4D , essendo R4S4tr^DE fino ad incontrare la DF in S4 . Simil- mente in E abbiamo le forze EP5+CS3H-S4R4t£^ER5 (cioè EP^^^CPj , P.Q^^CSj , Q3R,t£^S4R4) alle quali aggiungeremo l'unica R5E a motivo che il punto R5 cade sulla prolungazione delia CA ; così vediamo che il punto E non ha bisogno di alcun tirante oltre i due ED EG. Venendo al nodo F ad esso è appli- cata la sola forza DS4t£^FQg , che equilibreremo colla QgF , che rappresenta la pressione sofferta dalla trave FH. Nel punto G si hanno le sole forze GP,+ER5t^GQ, che saranno equilibrate dalle due Q7R,+R,G (aven- do condotta la Q7R7t^GH ad incontrare in R, la retta AM) , così il punto G è tirato verso H colla forza Q7R, e verso I colla forza R^G : queste si trovano eguali alle due S4R4 S3C che agiscono sul punto E , come doveva essere a motivo della sim- metria tra le due metà del ponte. Riassunto delle pre- dette forze AP^ cui si aggiungono le P^Qi+QiA verso B e C Q^Pjti^BQ, » Q2R5+R2B » C e D — 432 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 76. CPj+AQ^+R^Q^t^CR^ » RjS.+SjC » D eE BR3+S3R3Ì^DR4 » R.S^+S^D » EeF EP5H-CS34-S4R4^ER5 » R^E » G DS^^FQ, » QgF » H GP,-fER5^GQ6 » Q,R,+R,G » Hel. Si potrà prendere AP^ eguale al doppio della altezza dei triangoli isosceli ABC ecc. e perciò CP3t£^EP5i£::;GP,^IP3 eguali air altezza predetta ; in tal caso il punto R, coinciderà con «F , R3 cadrà sulla prolungazione della EB , Q4 , coinciderà con H , S4 con L , R5 con Q^ , Q, con Q3 ecc. e sarà facile riconoscere che le resistenze lungo le varie travi del ponte sono rappresentate da -2.AB , AC , 2.BC , — 2.BD , —CD , |cE , DE , — 3.DF , 3.EG , -3.FH , GH , |gI , -HI , — 2.HL , 2.IL , IM , — 2.LM^ il segno — spetta alle pressioni sofferte dai paratori ed il segno + alle tensioni dei tiranti. 19. Il problema diviene indeterminato quando in un nodo soggetto a date forze vengono a concorrere tre 0 più travi non ancora considerate ; in tal caso gioverà introdurre qualche incognita ed i coefficienti si deter- mineranno mediante la costruzione grafica : darò un esempio, in cui la costruzione grafica è così semplice che può ommettersi. In una linea orizzontale sieno .equidistanti i punti B C E G I e sotto di essi in li- nea parallela i A D F H L legati ai primi mediante - 43à - dÈO'kEtRIÀ DELLO SPÀZIO N. 76. le linee verticali BA CD ÈF GrH IL è mediante le diagonali AC BD ecc.: questa specie di fianco di ponte sostenga nei punti D F H tre pesi uguali, e sia appoggiato nei punti A L sopra due sostegni. Si esprima fcon 2.IL la forza diciasclieduno dei tre pesi, e perciò con 3. LI le forze da basso in alto nei punti A L. Il tiodo A è soggetto oltre che alla forza del sostegno a tre forze lungo le travi AB AC AD , le quali rimangono in parte indeterminate, e perciò le esprimeremo con — 3.IL— a;.AB-f-(*— 3)AC+(3— x)AD;£i;0 . Il nodo B è soggetto oltre che alla — ic.BA (che è la precedente — x.AB presa in senso opposto) alle azioni delle travi BC BD , abbiamo in tutto Pel nodo C abbiamo le precedenti [x — 3)CA , — x.CU ed in tutte, introducendo una nuova indeterminata 1/ , le forze {z- 3)CA— a:.CBH-f/.CDH-(3~ic-y)CÈ+ -\~[x-{-i/—Q)CE^O . Sul nodo D alle altre forze si aggiunge il péso 2.IL in tutte sono 2.IL-h(3— a;)DA4-a;.DB+y.DC+(2— re— 2/)DE4- +(a;+y+l)DFt£^0 . Sul nodo E oltre le predette forze (a;4-y— 6)EC+(2— X— ?/)ED dobbiamo avere a motivo della simmetria, giacché' EF è alla metà del ponte, le altre due (a;+y-6)EG+(2— a:— y)EH , Serie IT, Tomo IL 55 — 434 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 76. a cui aggiungeremo per equilibrarle la (2;r4-2y— 4)EF . Finalmente sul nodo F oltre il peso 2.IL e le tre forze precedenti dobbiamo considerarne per cagione della simmetria altre due ; sono in tutte 2.1L+(3— a;— 2/)FC+(a:+y4-l)FD+(2;r4-2y— 4)FE+ 4_(3_a;_^(FG4-(«+y+l)FII ^0 . Perciò le resistenze del sistema sono — a;.AB , (a;— 3)AC , (3— a;)AD , ic.BD , — a:.BC , i/.CB , {3—x—ij)CF , (x+y— 6)CE , {2—x—yT)E , (;2?+^+l)DF , (a;+y— 6)ECt , {2-x-t/)EH , 2{x-{-ìj—2)EF , ecc. secondo che il coefficiente di una retta è positivo o negativo essa viene tesa o compressa ; quindi deve essere un tirante o un puntone. Le due incognite x y si determineranno nel modo piìi conveniente a dimi- nuire r energia di tali resistenze, per esempio se x—'ò , y— 0 non occorrono le travi AC AD CD CF , essendo ne- cessarie le sole resistenze 3.AB , — 3.BD , |bE , DE , 4.DF , — 2.EF , ecc. Se il ponte fosse caricato al di sopra in C E G , an- ziché in DEH, le resistenze si troverebbero «.AB , (3— a;)AC , (x— 3)AD , — or.BD , a;.BC , -y.CD , (a;+y-l)CF , (4-x-y)CE , (ic-hy)DE (_3_a:_y)DF , 2(l-x-y)EF ; , _ 435 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 76. ponendo xzziS , //z= — 2 e trasportando i sostegni in BI si ha un palco orizzontale BCEGI sostenuto dalla catena BDHI e le resistenze sono — 3.BD , 3.BC^3.CE , 2.CD , l.DE , — 2.DH ec il peso totale del ponte è espresso da 6. CD. 20. Il Cremona preferisce di operare sul poligono delle forze ; si possono vedere nella dotta sua memoria alti'i esempi pili complicati, e parecchie osservazioni suir ordine da seguirsi nel considerare le forze interne del sistema. Nella succitata mia nota ed in questa bre- ve relazione mi sono studiato di ricercare le costruzioni pili comode ed evidenti, parmi esser più chiaro operare sul disegno esprimente le travi, e non è forse di van- taggio la maggior generalità data (§ 15) al poligono funicolare. Io sono tanto piìi disposto ad adottare i prin- cipi del Culmann ed apprezzare le fecondissime leggi della derivazione delle figure, quanto che alcuni di quelli erano già stati da me immaginati e lungamente proclamati, e queste formarono oggetto dei miei studi quando in Italia erano pochissimo conosciute ; ma mi pare che nelle ricerche di pratica utilità ai canoni del metodo delle equipollenze ed alle leggi di derivazione sieno da preferirsi le costruzioni piiì brevi e più natu- rali. Nò io per certo m' accosterei air opinione che alla geometria descrittiva fosse da preporsi la prospettiva e la teoria generale della projezione concorrente e della collineazione delle figure ; mi parrebbe quasi come se per insegnare la geometria elementare si cominciasse dalla geometria a quattro dimensioni per poi venire nel campo reale di quella a tre dimensioni, poi passare alla — i36 — GEOMPTRI^ DE^LQ SPAZIO N. 76. geometria anti-Euclidiana, e finalmente, fatta un' ipo- tesi, giungere alla geometria d' Euclide. ■- N. W. Beltrami e. Giorn. di Matem. Napoh^ 1872, X. Sul trattoide e sulla pseudosfera. 1. Si ammette per tipo della pseudosfera il trattoide, cioè la superficie rotonda generata dalla rotazione della trattoria intorno al suo assintoto ; è vero che io ho mo- strato [Decima riv. N. 62, § 13, Aiti Ist. 1870, XV,p. 1703) che tra due punti del trattoide può tirarsi piìi di una geodetica, ma ciò non toglie che si ritenga come ca- rattere essenziale della pseudosfera che tra due punti vi sia sempre una sola geodetica, e che da questo ca- rattere si deducano le verità della geometria anti-Eu- clidiana e la correzione della teoria delle parallele. 2. Nel luogo citato adoperando il calcolo delle equi- pollenze trovai la piìi generale curva, che colla sua rotazione genera una pseudosfera , ed in particolare la trattoria espressa OMt£i:— JePcotfdcpiO; — lghcot|— e^ , che ha nel punto M la tangente MTt^s? di costan- te lunghenza, essendo il punto T appartiene air assintoto ONT della cur- va ; tale è il carattere della trattoria. I due c,entri N R delle curvature principali del trattoide nel pun- — 437 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 7^/. to M sono (lati da MNtfi^/eftanf , TRtf^— /cosecf si ha pure ON;£ì:lgh cot|— sec^ ; perciò il punto N appartiene all'asse di rotazione ONT, come doveva essere. I due raggi delle curvat^^- re principali hanno il prodotto costante MN.MR— 1 , che è il carattere della pseudosfera. Il rapporto di tali raggi è MN .• MR^^^tan^ , perciò tan® è il rappor-: to degli assi dell' iperbola indicatrice^ cioè della sezio- ne fatta nella superficie da un piano parallelo e vici- nissimo al tangenziale in M; ne risulta che Tassin- toto di tal iperbola, a cui corrisponde la sezione di rag- gio infinito, forma colla sezione meridiana un diedro eguale all'angolo ^ che la tangente MT forma coir assintoto OT ; questo è il 1." teorema del Bel- trami. 3. Da altra proprietà del trattoide il chiar. A. ricava un' avvertenza sul modo di costruire materialmente la pseudosfera ; io proporrei di lavorare sul tornio la su- perficie rotonda, che ha per linea meridiana la trattoria, poscia modellare su di essa mezzo trattoide cavo, e fr^ questo e il trattoide solido porvi della pasta di carta in modo da ottenere una metà o più di trattoide costituito di carta flessibile ; piìi pezzi simili si congiungerebbero insieme lungo un loro meridiano, e si otterrebbe un gran foglio di carta che potrebbe piegarsi sopra qua- lunque pseudosfera, cui compota lo stesso prodotto co- stante dei due raggi di curvatura. Sarà curioso di ve- — 438 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 77 dere come si comporti nello spiegamento del trattoide il suo circolo di regresso e come si formino altre linee di regresso, ossia altri complessi di punti nei quali una curvatura sia nulla e 1' altra infinita ; quali accidenti presentino le geodetiche presso a tali complessi, ecc. : queste ricerche sono importanti pei Pangeometri, dac- ché in forza della scoperta già fatta dal Beltrami egli- no dovettero discendere dai loro concepimenti sugli immaginari, i quali erano incapaci di e ompromettere le loro deduzioni, ad una non ancora ben conosciuta ma prosaicamente reale superficie pseudosferica. 3. Quantunque hen sappia che gli immaginari al- meno in Italia [Yegg. Decima riv. 1870, G. eleni. ^ N. 18 Ms., p. 54) hanno la prudenza di non curare le opposi- zioni del basso mondo materiale, ben sicuri che queste non possano raggiungerli nelle loro regioni del sopra- sensiMle., nulladimeno mi piace mostrare che se i Pan- geometri volessero essere conseguenti ai loro prin- cipi, dovrebbero concluderne che sulla pseudosfera la somma dei tre angoli d' ogni triangolo è costante, per pseudosfera deve intendersi una superficie che per la sua flessibilità è da per tutto eguale a sé stessa, cioè una sua parte potrebbe piegarsi fino a combaciare su un'altra porzione qualsivoglia ;la pseudosfera, che sotto questo punto di vista partecipa alla proprietà del piano e della sfera d' esser da per tutto eguale a sé stessa, si distende indefinitamente ; è probabile che la superficie non possa istendersi indefinitamente, senza tagliare sé medesima; ma queste intersezioni non deggiono consi- derarsi, perchè sono accidentali, e potremmo mutarle piegando e spiegando la superficie; così la pseudosfera — 439 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 77. continua al di là d' ogni sua intersezione ed è infinita in ogni seno. 4. Ciò posto : sopra una pseudosfera tre linee geo- detiche, ossia brevissime, formino un triangolo ABC ed i suoi lati sieno prolungati indefinitamente in BD CE AF ; le due geodetiche BD BC formano un an- golo, e la BD^ formi colla BD un angolo piccolis- simo ; ripetendo l'angolo DBD^ in DjBDj D5BD3 . . . vedremo quanti di questi angoli uguali sieno com- presi nell'angolo DBC (s'intende che due angoli sono eguali quando l'uno può sovrapporsi median- te piegatura suU' altro) ; la stessa unità di misura an- golare DBD^ potremo trasportarla in ECE^ E^CEj fino a misurare V angolo esterno ECA ; si ripeta per l'angolo FAB. Dico che sopra ciascuna pseudosfera la somma dei tre angoli esterni DBC ECA FAB è la stessa per ogni triangolo : infatti prolungando all' infi- nito le rette BD BD, BD, . . . CE CE, AF AF, veniamo a tagliare la pseudosfera in porzioni DBD, D^BDj . . . ECE, ecc. tutte uguali perchè sovrapponi- bili, ed esse tutte insieme costituiscono l' intera pseu- dosfera eccettuata la porzione finita compresa nel trian- golo ABC , dunque ecc. 5. Potrebbero opporre i Pangeometri che fallace de- v' essere la precedente dimostrazione perchè falso è il teorema ; e se volessero a tanto discendere da ricorrere ad un fatto materiale, potrebbero mostrarmi su un me- desimo trattoide due triangoli nei quali le somme degli angoli fossero disuguali. Ma io a loro risponderei: Voi ora avete misurati gli angoli come lo facevano i geo- metri prima che voi aveste portata la luce della pangeo- — 440 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 77. rnietHa, il vostro misuratore di angoli è un vecchio Jiià- no mentre doveva essere una nuova pseudosfera ; io in- vece fui conseguente ai vostri principio misurai gli an- goli colla pseudosfera; fatene pure la prova materiale feù un trattoide adoperando una unità di misura DBD^ abbastanza piccola, e troverete giusto il precedente teo- rema. Che se poi voi allora direte che il fatto materiale è di nessun valore in confronto dell' assoluta verità dei vOfetri concepimenti ; ...in tal caso nulla io avrò da sog- giungere. 6. Del resto se per angolo di due geodetiche s' in- tende r angolo compreso tra le loro tangenti e misurato nel solito modo mediante un piano, io non pongo dub- bio che in ogni triangolo pseudosferico i seni degli an- g-oli siano proporzionali ai seni iperbolici dei lati oppo- sti e si potranno anche formare una geometria ed una trigonometria della pseudosfera da porsi a riscontro di quella del piano e della sfera : ma la vera geometria della pseudosfera io credo che si avrà misurando gli an- goli sulla pseudosfera come si disse ai § 4 ; anche sulla pseudosfera si dirà angolo retto la quarta parte di quel- lo che si ha intorno ad un punto ; le linee geodetiche hanno una unità naturale che è la media proporzionale tra i due raggi di curvatura in un punto qualunque, e qualunque sia la forma che prende la superficie nel Suo arbitrario spiegamento. -ooc - 441 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. «'8. Klein Bull, des se. mathèm. Nov. 1871,11,' p. 341... 351. {Nachriten von der Ge.sell. zu Goitingen 1871, N. 17) Lasciate le speculazioni filosofiche è scopo del pre- sente lavoro rendere chiaro ed accessibile a tutti l' insie- me delle nuove verità. Dall'essere lo spazio illimitato non ne segue neces- sariamente che esso sia infinito ; al contrario si potreb- be supporre che esso fosse finito e rientrante in sé stes- so ; la geometria del nostro spazio si presenterebbe al- lora come la geometria sopra una sfera di tre dimensio- ni posta in una moltiplicità [Mannig faltigkeit, varietas) di quattro dimensioni. Darò esempi di determinazioni metriche che posso- no essere concepite come immagini di queste geome- trie e che conducono alla loro piena comprensione. Sia data come superficie fondamentale una superficie del 2." grado, due punti dati nello spazio determinano, me- diante la linea che li unisce, due punti della superficie, il logaritmo del ra2)porto anarmonico dei quattro spunti sarà detto la distanza dei punti dati. I piani tangenti alla superficie fondamentale formano con un piano qualunque un angolo infinitamente grande. S'intende per sfera una superficie del 2.^ grado che tocca la su- perficie fondamentale secondo una curva piana. Si perviene ad uua geometria metrica corrisponden- te alla geometria ellittica prendendo una superficie fon- damentale immaginaria, allora è chiaro che ninna retta Serie ir, Tomo II. 56 — 442 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 78. ha punti all' infinito, in maniera che una retta è come una curva chiusa di lunghezza finita. Si ottiene una geometria corrispondente alla geometria i^perbolica pren- dendo una superficie fondamentale reale e non rettili- nea, ed avendo riguardo ai punti posti nel suo interno. Questa restrizione è necessaria, perchè trovandosi nel- r interno della superficie e non potendosi cangiar luogo nello spazio che col mezzo di trasformazioni lineari a tre dimensioni, non si potrebbe giammai uscire dall' in- terno della superficie del 2.° grado situata all'infinito. Al di là della superficie fondamentale esisterebbe allo- ra un' altra porzione di spazio, sull' esistenza del quale nulla si sa. Limitandosi alle costruzioni che non escono dall' interno della superficie esse saranno sottomesse alle leggi che la geometria i^erl)olica stabilisce in ge- nerale per le costruzioni nello spazio. Ogni retta, per esempio, ha due punti reali difi'erenti all' infinito ; per- chè ogni retta passando neli' interno della superficie la taglia in due punti reali: e da un punto si possono condurre due parallele alla retta. Queste geometrie metriche, che noi abbiamo stabi- lite come immagini rispettive della geometria ellittica ed iperbolica, si cangiano in queste geometrie stesse, quando si fa coincidere la loro superficie fondamentale con una superficie del 2." grado determinata (colla su- perficie all' infinito). La specie di superficie del 2." grado, che dove ser- vire di base alla determinazione metrica effettiva, può definirsi con maggior precisione, osservando che un piano girando continuamente intorno ad un asse posto in esso piano a distanza finita ritorna nella sua posiziQ- — 443 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 78. ne iniziale. Ciò significa che i due piani tangenti che si possono condurre alla superficie fondamentale da una retta situata a distanza finita sono immaginari ; perchè se fossero reali nel fascio di piani vi sarebbero due piani reali all' infinito (cioè due piani che formano con tutti gli altri un angolo infinitamente grande) ed in tal caso nessuna rotazione continuata sempre nello stesso senso potrebbe ricondurre un piano del fascio alla sua posizione iniziale. Perciò non si possono immaginare che tre casi : l.*^ La siiper^cie fondamentale è immaginaria; il che dà la geometria ellittica. 2. La superficie fondamentale è reale non rettilinea ; questa è l' ipotesi della geometria iperbolica. 3.° Caso formante la transizione. — La superficie fondamentale è degenerata in una curva immaginaria ; questa è T ipotesi della geometria parabolica ordinaria. Così siamo ricondotti precisamente alle tre specie di geometrie già stabilite da considerazioni affatto dif- ferenti. Nota di G. B — s. Questa nuova forma così intuitiva e tanto chiara ed accessibile a tutti varrà, non voglio dubitarne, a persuadere tutti i geometri Euclidiani del- l' imperfezione e deplorevolissima ristrettezza delle loro idee : una cosa mi turba sentir nominare rette pia- ni e superficie del 2.° grado, quei meschini oggetti di studio della vecchia geometria : è ormai tempo di non parlar più di tali anticaglie ; si faccia tavola rasa. — Lo spazio è una moltiplicità ad enne 'dimensioni, ecco un campo abbastanza vasto; avanti Geometri ellittici e Geometri iperbolici, immaginate, create, definite ; ma — 444 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 78 non usufriittate mai le idee e le parole dei Geometri parabolici (se così vi piace chiamarli), perchè tali idee, e le definizioni di tali parole sono tutte fondate su prin- cipi da voi rifiutati. Avanti, definite, definite, e sopra tutto dimostrate rigorosamente ogni vostra asserzione ; acciocché non si dica che voi non ammettete V unde- cimo assioma d' Euclide, perchè trovate che non è di- mostrato e si fonda sulla semplice evidenza, e poscia voi appoggiate le vostre asserzioni sulle idee che i Geo- metri antichi si erano già formate della retta e della superficie del 2.° ordine, e sopra arditissime analogie tra esseri reali ed esseri immaginari anzi impossibili. -icr.- N. »». iSid calcolo dei quaternioni. § 1. Nel calcolo delle equipollenze per moltiplicare tra loro i due rapporti geometrici (cioè rapporti relati- vamente non solo alle grandezze ma anche alle dire- zioni) OD : OC OB : OA , si sostituiscono ad essi due rapporti geometrici rispettivamente equipollenti ^^f OC— ON ' OA— OM ' che hanno un lato comune ON , poscia si ha ^1 ON * OM— ON ■ •2. Questa medesima definizione si applica anche al caso che i due rapporti geometrici siano tra rette co- munque situate nello spazio : scelto ad arbitrio il punto — 445 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 79. 0 si tirino quattro rette OA OB OC CD equipollenti alle rette date, il lato comune ON non è più arbitra- rio, ma è r intersezione dei piani OAB OCD , dopo di che tirate in questi piani le rette OP OM in modo che restino soddisfatte le equipollenze (1), la (2) ossia OD OB OP w\- OC OA— OM ci darà il prodotto dei due rapporti geometrici: si noti che nello spazio non è pii^i come nel piano arbitrario r ordine dei due fattori : infatti per avere OB OD^OF OA ■ OC— OM' si devono determinare OB^OF OD ^ ON OA— ON ' OC— OM' ed i due triedri OMNP OM'NP' , quantunque abbiano gli angoli eguali MON=:NOP' , NOPt^^^M'ON sono affatto disuguali. 3. Nelle equipollenze relative ad un solo piano, i tre rapporti geometrici contenuti nelF identità OM OP ON^, OP ■ ON • OM— possono segnarsi con essendo x il rapporto delle grandezze delle ON OB, ed a V angolo MON espresso in parti di angolo retto ; dicasi lo stesso per gli altri due rapporti geo- metrici. Nel presente caso è -/(3a=:l , r-hh-ha—0 . — 446 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 79. 4. In modo analogo se le rete date, a cui si tirano le parallele OM ON OP siano comunque situate nello spazio, potremo rappresentare il rapporto ON : OM con aa" , dove a indica il rapporto numerico grON : grOM , a F angolo MON , ed a il piano OMN , e propriamente quella sua faccia, in cui F an- golo MON ha lo stesso segno di a : siccome è ar- bitraria la posizione del piano, così con a potremo invece rappresentare la direzione di una retta perpen- dicolare al piano AMN , cioè una retta che abbia r inclinazione di un angolo retto con ciascuna delle rette, di cui si considera il rapporto geometrico ; ri- mane anche determinata la direzione di questa retta a , dipendendo .essa dalla faccia del piano OMN , la sua lunghezza la supporremo eguale all'unità, giacché ab- biamo poi il coefficiente (sèmf)re positivo) « . Con queste convenzioni l'equipollenza (4)verrà espres- sa dalla (6) yC''.|3l>.6aa"t£^l che diventa la (5) quando tutte le rette sono paralelle ad un medesimo piano, e perciò le a l> e si riduco- no all' unica / . 5- Il calcolo relativo ai coefficienti numerici « (3 ... non presenta alcuna difficoltà, possiamo quindi per ispeditezza supporli tutti eguali ad uno. Prendiamo invece della (O) l'altra più complicata (7) €l^^Oc.l>^a";£^l ; da essa si deducono le altre v'.U^.ix"^ar''' , b''.a''£^c ^rt"*^ , si" ^h'^ ter e. a ci . il//^.c^j^- «!,-/> <«f^€l.~''a.~'*li"~'' , ecc. — 447 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 79. Le regole di questa specie di calcolo dei rapporti g-eometfici (le cui dimostrazioni possono vedersi nella .mia memoria Sicl calcolo dei quaternioni. Meni. S'oc. Ital. Modena 1858, 1, e nella Sposizione dei nuovi metodi, Mem. Istituto Veneto 1860, Vili, § 224) consistono iu questo che il fattore piiì a sinistra di un membro dcU' equipol- lenza può trasportarsi a sinistra dell' altro membro, pur- ché si muti il segno dell'angolo; e che simile trasporto può farsi pel fattore a destra da un membro all'altro della equipollenza. — Due rapporti geometrici aa" xST'" , che differiscono soltanto nel segno dell' angolo, si di- cono tra loro conjugati e s' indicano con cj. Se ON : OMtCifaa'' , si ha cj(ON : Onj^^^aa-^tc^a^OM ; OiN . 6. Con a s' indica una retta eguale ad uno, e con a* il rapporto geometrico tra due rette uguali perpen- dicolari tra loro nonché alla a. Peraltro una cosa può scambiarsi nell' altra. Così posto I» : at^^c^ è li^t^^c^a* ; si ha cja*i£^a~^=:^ — a*;^^ — a ; perciò i calcoli del § 5 possono semplificarsi ; così per esempio se c*ii*a*t£ba^ (ommettendo per brevità .gli esponenti 1) si ha Ct£^d'^ab , a^'^ct^^ali , ti~'^t£^ai>c~*;£^— aBic , questa può anche scriversi abct£^'~a'^;£^ — cj {e\ì9ì) . Similmente si dimostrai che f>toi£i:cj(|iì>j , ^)i(;a£^ci(ilei>a) — 448 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 79. 7. Ogni a°' to'- ecc. equivale a — 1 . In partico- lare i tre Hamiltoniani /^ /^ /a rappresentano tre rette eguali all'unità tra loro perpendicolari, e per fis- sare le idee la prima la suppongo orizzontale verso Est, la seconda verso Sud, e la terza verzo lo Zenit ; se vo- glio denominarli li dico ( per ricordare ramwio /) ranno, racUie^ ratrè. Si ha /i/.^Z^ , Z,/,^/! , ^,yr,^/^ , /,/^--— /, , >ri>ri>r,t£ì^l,ecc. Con /j" si rappresenta una rotazione intorno all' as- se /j eseguita perciò in piano orizzontale e misu- rata dall'angolo a nel senso da /, verso /, , cioè da Est verso Sud. 8, Secondo i principi del metodo delle equipollenze una retta qualsivoglia OM è espressa dalla somma geometrica delle tre rette che con parola usata dall'Hamilton diremo un trìnione: lo stesso Geometra ha dimostrato che ogni rapporto geometrico tra due rette può calcolarsi mediante un quaternione della forma k+l-;r^-{-myr^-\-nyr.. Se il rapporto geometrico è unitario, vale a dire se le rette di cui si considera il rapporto sono eguali, anche il quaternione diccsi unitario^ ed osso ha la forma (8) ON :OMt£^cosa-|-senfl.a perciò ìi'-\-T^-\-iiì^-\-n>—\ , a è l'angolo MON ed a la retta eguale all'unità — 449 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 19. e perpendicolare ad ambedue le OM ON.— Rischia- riamo la cosa con un esempio : sia OM^3/,+5>r 5-4/3 , a^?/,— ^/.H-l/j , cos«=^ i coefficienti contenuti in a sono tali che ^razz^\/8»+4*4-Plz=l , e che la a è perpendicolare alla OM, giacché |.3_^5-Ì4=0 ; la (8) ci dà 0N^a".0M^(l+?»)0M^(Ì+?-^/.-L2^,+l/,) questa ON è una retta perpendicolare alle a , in- fatti 8 47_4 95 1^_^ 9 * 16 9 • 15"^9 15~ ' inoltre ^^^ 1 , , /-^ ^,-. grON;£^j—^i7«-[.s5»+4«,i= /50— grOM , e finalmente OM.ON.cosfiÒN=l(3.47+5.95— 4.4)=40 , cos«=-^ . Così è verificato che il quaternione unitario costìJ+sen«.at£^^_^i(8/,-4>r,+>rj) esprime il rapporto geometrico ON : OM. Serie IV, Tomo II. 57 — 450 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO IN. 79. 9. Riassumendo aa indica una retta di .lunghez- za a , e si calcola mediante il trinione l^i+m-it^+n^t, , purché Z*+w-+^i^zza' : aa"* indica il rapporto geometrico tra due rette di rap- porto numerico a , e che hanno colla a V inclina- zione di un retto, e tra loro V inclinazione a ; questa aa" si calcola mediante il quaternione acostì!+asen«.a . Il quaternione «a* è identico col trinione «a , ed esprime anche il rapporto geometrico fra due rette aventi V inclinazione di un retto tanto fra loro quanto colla a . Finalmente si ha «a^^v, — Ci , aa""^t^ — «a . 10. Facciamo V applicazione del calcolo dei quater- nioni al triedro che ha gli spigoli se poniamo B : A;£^c« , sarà e T angolo AOB e e uno spigolo del triedro polare, i cui angoli ABC eguagliano i supplementi dei diedri interni del triedro OABC , uno di essi è dato da A^^^c : I> . La prima delle precedenti equipollenze può prendere le tre forme B^cA , c^'t^— B. K , At^B . c« ; similmente la seconda è C;£h:A^ . B> , A'*;^^— e . I» , bt^C.A^ ; ed altre se ne hanno col solito cangiamento ciclico tra le lettere ABC nonché tra le a h e . 11. Riferendo le rette ai tre Hamiltoniani /, /, /j nulla e' impedisce di supporre A^/^ , c^/, ; se — 451 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 79. sieno dati gli angoli AOB=c , COA— & , o V incli- nazione A (lei loro piani (ossia il supplemento del diedro OABC ) ; e propriamente sia \ 5 3 tanJ— - , tan^zz-r— , tane— r avremo A^ii^cosJH-sen^./j , c^'t^H-^/j ; siccome ora ci basterà tenere conto della direzione del- la retta, così possiamo scrivere A^^_12+5>r, , CV4+3/3 , il segno •/>- indica che i due membri per divenir equi- pollenti hanno bisogno di un moltiplicatore numerico positivo. Si ha poi b^cA^^S/^— 12/5 , Bi£iC''A^4>r^-f3>r, b*£^cos&-fsenZ*.l>'i>39+5/5— 12/5 (giacché /5»+i2*l=:13) , C-i;A.I»*>^39/,H-2>r,H-5/3 , a''t£^-CB^192+15/i— 20/,— 60/j ^^ ^"^ tan^=iy/i5386|; B«ti5i— a.C£-(-15>r,-l-20>r,+69/3)>rjt£^-69-f-20>ri4- +15/S , 25 da cui tan^— — 37, ; 69 C«'^— Iìa^(— 5)ri+12>r3)(15>ri— 20/,— 69/J;^ ^728+585/,+180/2+75/, b e n _ 462 — GEOMETRIA DEI. LO SPAZIO N. 79. mostrano che in ogni triedro si haì'ispetto ai diedri esterni A B C V equipollenza CC=B^Aa^I , ossiaC-C£i,B*A^. Così nell'esempio del § precedente C-c>^(69+20>r,4.15/,)(— 12+5/J^ !£ii728— 585/,— 180/,--75/3. Similmente rispetto agli angoli a b e ed agli spiegoli a li e del diedro polare ha luogo la c<'.l>''a''t:::^l , ossia a-''t£^ac.ft^^(44.:V3)(39+5/5— 12>r3)'/> ^192—15/^—20/5+69/3 13. In ogni triedrio cogli angoli aie ed i diedri esterni A B 0 può porsi At£^/, , ct^i^/j , B;£^cosc./,+senc./, , at£^B*.Ct£^sen5.senc./, — sen^cosc/j+cos-B./j , litOisen^./j+cos^./j , b«'t£:!:;cos&+seii5sen^./5+ +senJcon^./3 , a'';£^cosflf+senfl(sen^senc/, — senj5cose./5+cosB/3) C£^x\.b*;£^cosJ/,— senJcos^./j+sen^'senJ./j Ct£:ia.''Bt£:^(cosflcos(7— senflcos.5senc)/^4- 4-(cos<^senc+senfiJcosJ?cosc)/5+sentì^sen^./J ; in queste due espressioni di C eguagliando tra loro i coefficienti di /^ , quelli di /^ , ed i rapporti tra i coefficienti di /^ e di /. si ottengono le formule fon- damentali (I) senZ'senA— senrtsen^ , (II) cos5=costì!COsc — senacos«senc cot-4-f-cotasen<:; : aenB+cotjS'cosfrzO — 453 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 79. che sarà più facile ricordare sotto la forma (III) cot^secctan5-ftancsec^cot«+lzzO. 14. Se la retta OM^I/^-\-m/^-^-n/. ruota intorno a /j dell' angolo 2r la parte n^^ parallela air asse di rotazione si conserva invariata ; e r altra perpendicolare all' asse diventa /j''"(?/i+»^/8)^(cos2'r+sen2r.>r3)(Zy^i+m>r5) così la nuova posizione della OM è espressa da ':^(Icos^r — Isellh'—27nseurcosr)/^-\~{2hGnrcosr-]- +^wcos^r— ^/?^senV))^5^-??^>^3 ; a questa medesima espressione si giunge sviluppan- do la OW^/'-,,OM./-'- . Perciò una retta OM prende per effetto della ro- tazione 2r intorno all' asse r la posizione espressa (9) r.OM r-'" . Se a questa prima rotazione ne succeda una intorno all'asse s (sempre passante per 0) misurata dall'an- golo 2s , la nuova posizione della retta sarà s'.r.OMr-'.s"'t£^(s'.r'')OMcj(s'.r'") e si potrà ottenerla mediante una sola rotazione intorno all'asse t e dell'angolo 2' , quando sia Veggasi il § 12. 15. Il rapporto geometrico unitario r'' che nella (9) rappresenta la rotazione di angolo 2r può in infi- nite maniere esprimersi con r''^:^- essendo a l> a due rette unitarie perpendicolari alla r e formanti - 454 — GEOMETRIA DELLO SPAZIO N. 79 tra loro V angolo r , per tal modo la (9) può ridursi (ba-*)OMcj(I>a-*)t£iili(a.-*OM.a)to-* ; la a~*OM.a rappresenta mezza rotazione completa (ossia una rotazione di 180) intorno alla retta a~*^— a , ossia intorno alla a (giacché quando si tratta di mezza rotazione è indifferente il senso in cui essa sì compia), e perciò due mezze rotazioni complete intorno prima alla a poscia alla lì equivalgono alla rota- zione di angolo 2r intorno alla r . 16. La retta che seguendo il Pliicker segnai (Veg- gansi i N. 58, 60, 71) con Fq^qq] è appunto la retta OM^l/i-hm/^-^n/^ ; la retta \[^ '^^ è pa- rallela alla precedente e passa pei punti estremi delle rette La perpendicolare abbassata da 0 sulla retta stessa è la 0 Vd:^{mr—nq)/^-{- [ìip — Ir) )r ,+ {Iq—mj)) ,r 3 . 17. Dei quaternioni, oltre che nelle due memorie succitate, ebbi occasione di parlare nella Terza ri- vista pag. 6, nella Quarta N. 1, 2, e nella Settima N. 41; troverei molto conveniente che alcuno dei giovani matematici italiani si occupasse di questo ar- gomento che presenta un sì largo campo di studio specialmente riguardo all' uso delle caratteristiche da me appenn accennato; uè sarei lieto quantunque si volessero poi adoperare i finiuqnetiwni nella geometria a quattro dimensioni. — 455 — INDICE DELLA UNDECIMA. Assonometrica (Proiezione) G, elem. N. 21. -^ Astronamia N. 1. — Baricentro G. piana N. 202. — Cannocchiali G. piana N. 229. — Catenaria G. pianai^. 208. — Circolo di nove pun- ti G.pianaN. 223. — Coefficienti Euleriani ed altri Cale. N. 25. — Collineari (Figure) G. spazio N. 70.— Complesso di rotte G. spazio N. 71,76. — Curvatura G. piana N. 214. — Curvatura delle superfìcie G. spazio N. 73. — Curve gobbe G. spazio N. 72. — Derivazione nello spazio G. spazio N. 76. — Differenze finite Cale. N. 25, 26. — Ditorae G. piana N. 206, 215, 220, 226. — Ditomoidi G. spazio N. 74. ~ Divi- sori Alg. N. 37. Ellisse G. piana N. 205, 209, 218. — Ellissoide G. spazio N. 74,75. Meccan. N. 15, 16. — Epicicloidi G. piana N 219.— Equazioni cubiche Alg. N. 90. — Equaz. numeriche Alg. N. 94.— Equaz. trascendenti Alg. N. 95— Equipollenze Alg. N. 86 G. pianala. 218,219. — Esagono in involuzione ne- gativa G. piana N. 212, — Euleriani (Numeri) Cale. N. 25. — Facoltà (Serie di) Alg. N. 96. — Fochi G. piana N. 205, 219. — Forza (Composizione delle) G. spazio N. 76. — Frazioni continue Alg. N. 94 — Grafiche (Costruzioni) G, spazio N. 76. — Geometria ellittica ed iperbolica G. spa* zio N. 78. Idraulica N. 1. — Immaginari Alg. N. 86, — Integrali defi- — 456 — niti Cale. N. 28, 29. — Inter[)olazione e funzioni interpo- lari Ahj. N. 91. — Inviluppi di rette G. piana N. 216. — Iperboliche (Funzioni) , loro uso Alg. N. 90. — Logaritmi ^Ig. N. 89. — Meridiano (Primo) Geogr. N. 2. — Movi- mento dei corpi G. piana N. 216. — Multipli ( Punti) G. piana N. 214. — Normali del ditomoide G. spazio N. 74. Omologia G. spazio N. 70 G. piana N. 222, 228. — Osculatrice (Sfera) G. spazio N. 72.— Osculatrici (Ditome) G. pianai. 211, 232. — Ottici (Strumenti) G. pianai^. 229. — Pangeome- tria G. piana N. 77, 78. — Parabola G. piana N. 205, 221. — Permutazioni Alg.ì>i.81 ' Plucheriane(Coordinate) G. spazio N. 73. — Poliedri G. ehm. N. 20. —Potenziale Mecc. N. 15. — Pseudosfera G. spazio N. 79. — Quaternioni G. spazio N. 79. — Questioni risolte 676 G. piana N. 218, 841, G. piana N. 208, 894, G. piana N. 203, 948, 958, 962, G. piana N. 220,981 G. spazio N. 74, 1009 G. piana N. 204, 1012 G. ptana N. 206, 1013 G. piana N. 207, 1017 G. spazio N. 74, 1018 G. pia- na N. 209, 1022 G. piana N. 211, 1023 G. piana N. 210, 1024 G. piana N. 215, 1025 G. piana N. 212, 1029 G. piana N. 216, 1030 G. spazio N. 75, 1039 G. pianai^. 230, 1043 G. piana N. 226, 1044 G. piana 227, 1052 G. piana N. 224, 1054 G. piana N. 225, 1078 G. piana N. 232, 1079, 1080, 1082 Alg. N. 96, 1085 G. jnana N. 231. — Rette (Com- plessi di) G. spazio N. 71. — Sfera osculatrice G. spazio N. 72. — Sommatorie 2 Cale. N. 26. — Spirale logaritmica G. piana N. 211. — Superficie loro curvatura G. spazio N. 73. — Sviluppante del circolo G. piana N. 231. — Tetra- tome G. piana N. 230. — Trajettorie G. piana N. 224. — Trattoide G. spazio N. 77. — Triangolo G. piana N. 203, 207, 210, 223. — Tritome G. piana N. 213, 217. Vibrazioni delle lamine. Meee. N. 14. Amiot. G. spazio N. 73. — Ampère G. piana N. 232. — An- dré G. piana N. 221. — Aschieri G. spazio N. 71. — Aoust G. spazio N. 73. — Battaglini G. piana N. 216. — Belan- - 45t — gér G. piand ^. 216. — Béttrami G. spazio N. 7é, 73, 7Ì. — feertin'i G. èlem. N. 20. — Bertrand G. spazio N. 72, 73. — Atg. N. 92. — Bìérens de Haan Calcia. 28,29. — Binet G. spazio N. 73. — Bóklen G. spazio N. 73. — Èònhet G. spazio N. 72, 73. — Booth G. spazio N. 73. — èosaut G. spazio N. 72i. — Bou'nfakowsk;^ AÌg. N. 87. — Bourget kncc. N. ìi , Àlg. N. 88. — Bravais G. elem. N. 20, — Brétoii G. eiem. N. 20 , G. spazio N. 73. — Brioschi G. spazio ^. 72, 73', ù. piana ]SÌ, 2Ì6. — BrocarJ G. piana N. 208, 216, 224. — Òanterzani Àlg. T^. 87. — Casorati G. pia- na N. 2^9. — Caspari ó. spazio ^. 72. — Catalan Cale. t^. 28, 29. — Cauchy &. spazio N. 73. — Cayley G. spa- zio k 73' , Ù. piana N. 216, 2ll — Chadu G. piana N. ^'4. — Chelini G. sptazio N. 72, 73, G. piana N. 216. — Èhiò G. spazio N. 72. — Collandreau G. piana N. 212, 220, 225. — Cournot G. piana N. 232. — Creile Alg. N. 87. — Cremona G. spazio N. 73, 76. — Curtis G. spazio N. 73. — t)' Àrcais Meco. N. 15. — De Montel G. elem. N. 19. — D'icìiséu Ù. spazio N. 73. — Dieu tì. spazio N. 73. — Dill- ner G. piana N. 220. — D'ini tì. spazio N. 72, 73, — Do- siev G. piana N. 205. Euclide G. etem. N. 19. — Eulero Àlg. N. 87. — Faà G. spa- zio N. 73. — Faris^ Ò. elem. N. 21. — Paure G. spazio N. 75. — Finck Ù. spazio N. 73. — Fontebasso Alg. N. 92. — Fràncaise ò. piana N. 218, 219. — Frenet G. spazio N, 72, 73. — Gauss G. spazio N. 73. — Germain G. spa- zio k 73. — Gorini AÌg. N. 87. — Gournerie G. spazio N. 73. — Grabe Cale. N. 2*9. — Grunert Ù. spazio N 73. Hachette G. spazio N. 73. — Harkema G. piana N. 229. — Hàton de la Goupillière Àlg. N. 9é. — Hill Alg. N. 87. — Hopp'e G. spazio N. 72. — Èuyghens Àlg. N. 88. lùschenafsky Cale. N. 26. — Jacobi G. spazio N. 72, 73. — Jasseron G. piana N. 203. — Joactiimsthal G. spazio N. 73. — Jóurdan G. piana rsf. èl6. — Joube Àlg. N. 87. — Serie ly, Tomo II. 58 — 458 — Joyce G. spazio N. 73. — Klein G. spazio N. 78. — K.o- ralek Alg. N. 89. — Kulich Alrf. N. 87. — Lacroix G. spa- zio N. 72, 73. — Lagrange G. spazio N. 73. — Laguerre G. spazio N. 74. — Lancret G. spazio N. 72. — Laurent G. spazio N. 73. — Le Barbier Aly. N. 89. — Le Besgue G. piana N. 203, G. spazio N. 73. — Leffort ^/^. N, 89. — Legendre Alg. N. 89. — Lemoine G. piana N. 207,210, 215. — Lemonnier G. piana N. 230. — Leonelli Alg. N. 89. — Listi ng. G. elem. N. 20. — Liouville G. spazio N. 73. — Maggi G. spazio N. 73. — Mainardi G. spazio N. 73. — Mannlieim G. piana N. 216, 232. — Meusnier G. spa- zio N. 73. — Meyer Cale. N. 29. — Minding. G. spazio N. 73. — Minich G. piana N. 232, — Mòbius G. elem. N. 20, G. spazio N. 76. — Molins G. spazio N. 72, 73. — Neumann G. spazio N. 73. — Newton Alg. N. 91, G. pia- na N. 217. — Nicolaides G. piana N. 216, 231. Olivier G. spazio N. 73. — Oppermann Alg. N. 91. — Padova Meco. N. 16, — Padula G. piana N. 203. — Paiiivin G. piana N. 214, G. spazio N. 70. — Plilcker G. spazio N. 73. — Poisson G. spazio N. 73. — Realis Cale. N. 25. -- Résal G. spazio N. 73, G. piana N. 216. — Rodrigue G. spazio N. 73. — Roiti Idraul. N. 1. — Rosanes G.pìiana N. 228. — Rouquel U. spiazzo N. 73. — Routh G. spazio N. 72. — Ruchonnet G. spazio N. 72. — Saint-Gerraain Alg. N. 90. — Saint-Venant G. spazio N. 72. — Sang Alg. N. 94. — Schell G. spazio N. 72. — Schellbach Alg. N. 89. — Schwartz G. piana N. 203, — Serpieri Astr. N. 1 — Sonnet G. piana N. 216, — Souillard G. spazio N. 73. — Spieker G. jjiaìia N. 223, — Spottisworde G. spazio N. 72. — Stone G. spazio N. 73. — SiowiX Alg. N, 87. - Tait G. spazio N. 72. — Thoman Alg. N. 89. — Tortolini G. spazio N. 72, 73. — Transon G. spazio N. 13, Alg. N. 89, G. piana N. 226, 232. Vallèa Alg. N. 86. — Vecchi Alg. N. 93. — Vieille G. spa- — 459 — zio N. 73. — Vilbraham Aìg. N. 87. — Weir G. piana N. 213. — Voizot G. spazio N. 72. — Walker G. piana N. 202. — Walton Cale. N. 27, G. spazio N. 73. - Wein- garten G. spazio N. 73. — Westphal Aìg. N. 89. — Wit- worth G. piana N. 209, 211. — Wronski Alg. N. 89. Viene poscia presentato uno scritto del s. e. B. Cecchetti sulle principali questioni relative agli archivj d' Italia , che sarà stampato nelle seguenti dispense. Da ultimo, conforme 1' articolo 8.*^ del regola- mento interno, il deputato Paolo Fambri legge la parte della marineria nella difesa degli Stati, che verrà pubblicata nella susseguente dispensa. ADUNANZA DEL GIORNO 22 DICEMBRE 1872 ow- 11 Presidente annunzia con dolore la perdita del m. e. sen. G. Bianchetti, intorno alla quale si di- stribuisce la seguente lettera del sig. segretario. La funerea notizia che io vi porgo, egregi eolleghi, non vi può giungere inaspettata. Dopo disperatissima infermità, jeri a Treviso, perdemmo il membro di questo Corpo scientifico, senatore Giuseppe Bianchetti. Già da lunga pezza più non udivamo nelle nostre mcnsuali adunanze quella simpatica voce che ci svelava arguti pensieri e caldi sentimenti di pa- triottismo. Bene scrivevagli nel marzo di questo anno un'illu- stre poetessa (1) : Conscia del sacro palpito — che ti fervea nel petto — e tra' perieli indomito, ebbe la patria obbiet- to . . — È pago il lungo anelilo ! — Una è del si la terra ^ — invano imbelli folgori — le minacciar la guerra. I corporei acciacchi e l'ottuagenaria età gli toglievano ormai di confor- tarsi a novelli studii coir animo ricreato dalla libertà della patria. Anche in mezz(t alla straniera dominazione, alle diffi- coltà che questa, nelle pubblicazioni da lui divisale metteva- gli, opere lodatissime ei dette in luce sopra alti propositi di (1) Eugenia Fortis. V. ]a Dunna N. 192. Venezia 25 settembre 1872. — 462 — lìngua e di filosofia. Non :nanclìcrà Taccui-ato biografo che le ramnicniori specificatamente fra noi. Pietro Giordani scri- vevagli nel 1831 : 311 è piuciulo il discorso sullo Scrittore, mi é piaciuto mollissimo ^ e per confessare il vero senza vergo- gna, mi è piaciuto il vedervi pensare come io penso^ ed esporlo si bene ^h.' scrivete, scrivete^ mio bravo e caro Bianchetti ; voi farete pur cosi del bene, che è la miglior via d' acquistare vero onore. Mi compiaccio di riverire in voi un degno Italiano. Ai discorsi sullo scrittore italiano aggiunse il Bianchetti quattro libri degli uomini di lettere e un saggio sui lettori e sui parlatori e gli studii filosofici e il saggio della scienza., e altri parecchi lavori, alcuni de' quali (p. es. intorno a cose di lingua e di stile e i sommarii delle opere di Francesco Lorna- naco) letti al nostro Istituto ed entrati nelle collezioni a stam- pa di esso, valsero in gran parte a far dire (1) che questo Corpo scientifico per la sua operosità e pel solo indirizzo im- presso a suoi studii fu a pochi altri secondo in Italia. E il Bianchetti veramente lo amava e, finche le stremate forze glie lo concedevano, fortificavalo dell' opera sua. Ei, tenendo per qualche anno le funzioni di vicesegretario, mi fu onore- vole amico e leale compagno negli uffici della segreteria, in- terveniva con frequenza alle adunanze e prendeva parte nelle ricerche della giunta deputala a conservare ed ampliare il tesoro della nazionale favella. Io non mi sento di encomiare più a lungo gP insigni meriti di tanto uomo. Bastimi averne ricordato taluno in obbedienza all'obbligo che gli statuti m'in- giungono, senza che altre mie lugubri parole accrescano la comune mestizia per le troppo amare perdite che sor.osi fra noi rapidamente succedute. (1) Intuì no a Giuseppe i^/a//67/c//<. Pubblicazione di Vincenzo Do Castro. — 463 — Il m. e. vices. dott. Gio. Zanardini presenta pel voi' XVII delle Memorie la XII Decade delle fìcee nuove 0 più rare dei mari mediterraneo ed adriatico. Il sig. prof. Luigi Stalio, giusta V articolo 8.° del regolamento interno, è ammesso a leggere un suo scritto col titolo : Notizie istoriche sid i^ro- (jresso degli studii malacologici nelV Adriatico ; il quale scritto verrà pubblicato nelle successive di- spense. In questa medesima adunanza vennero eletti a soci corrispondenti il prof. Luigi Stallo anzidetto, dimorante in Venezia, il prof. Francesco Rossetti in Padova e il prof. Torquato Taramelli in Udine, coi quali si compì il numero dei soci corrispondenti delle Provincie venete. A soci italiani fuori di esse vennero eletti : Giambattista Donati astronomo a Firenze ; Sen. Stanislao Cannizzaro chimico a Roma ; Bartolameo Gastaldi geologo a Torino ; Francesco Rizzoli chirurgo a Bologna. L' Istituto deputò una Giunta pel nuovo con- corso, statuito dalla Fondazione Querini-Stampalia, allo scopo di allogare due quadri, uno per L. 5000 di paesaggio o marina e uno per L. 10,000 di ar- gomento storico, attenente a qualsiasi epoca, an- che ai nostri tempi. — 464 — Il prof. ab. Giuseppe Meneguzzi, direttore del- rOsserv. del Sem. patr. di Venezia, presenta il Bol- lettino meteorologico da lui compilato, con osservò/^ zioni statistiche e mediche dei m. e. Giacinto Namias e Antonio Berti, pei mesi di gennaio e febbraio 1872. — 465 Gennajo 1872. Barometro a 0^ in millimetri 3iorni 6 ant. 9 nnt. 12 m. 3 pom. 6 poni. 9 pom. Medie \ (•)64.93 65.40 65.74 65.51 65.90 63.73 65.50 2 65 19 65 55 63.17 64.59 65.07 65.58 65.19 i 5 6T.58 65.85 6381 64 70 65,79 65.99 64.92 4 62.65 65.14 62.80 62 25 62.24 62.93 62 78 5 65.51 65.90 65.64 65. 1 5 63 07 65.17 65.40 (i 02.67 65.05 65.24 65.04 65.15 65.62 63.12 7 61.07 61 06 60.64 59.71 58.70 57.78 59.82 8 51 S-2 31.26 50.22 4849 47.75 4722 49.45 9 45 74 44.6:i 44.79 45.59 45.66 46.68 43.14 «10 49.22 50 20 50.78 31.95 55.56 54.96 51.76 11 58 77 60 05 60.27 60.15 60.55 60.82 60.06 12 60.46 60.66 61.52 60.68 61.57 62.99 61.28 13 64 24 65.02 64 89 64.17 64.02 64.54 64.48 14 65 07 65.72 65.12 61.59 61.19 60.89 62 26 lo 60.72 60.92 61.16 60.65 60.88 60.91 60.87 16 6L59 62.lt 62.65 62.27 65.2 4 64.53 62.75 ì 17 65.77 61.25 65.82 62 87 61.58 62.47 65.29 18 58.76 58.55 37.72 56.60 56.49 56.28 57.56 19 52 88 55.06 52.55 31.12 51.22 51.81 52.07 '20 51 58 51.97 51.83 51.80 55.78 55.45 52.75 21 58.05 58.94 58.05 59 73 5995 60.51 59.19 ^2 59.46 59.78 59.15 37.81 57.21 57.53 58.29 23 56.47 57.29 57 57 . 57.19 57.29 57.61 57 24 24 55 47 55.87 55.42 55.99 35 35 52.24 5439 @2r. 49.57 49.55 5051 50.55 52.01 32.63 50.74 26 55 64 55.25 53.65 55.54 55.14 55 65 34.42 27 54.95 53.75 5625 57.18 57.96 58.98 36.84 28 59 68 60.07 59.46 60.16 60.44 60.83 60.10 29 61.72 62 22 62.49 61.65 62.21 62.11 62. 11 oO 60.82 61.48 61.46 61.09 61.55 62.28 61.41 51 65.91 64.76 61.45 66.29 65.74 66 03 64.69 Medie 57.01 59.16 58.65 58.70 58.86 39.25 58.60 (•) Le aile/./.e sono di uiuuile di 700n>™. Serie IF, Tomo II. 59 — 466 — Gennajo Termometro centigrado al Nord Giorni 6 ani. 9 ani. 12 m. ù pom. 6 pom. 9 pom. 1 0 0 0 0 0 0 1 ' — 1.4 + U.l 4-2.3 4- 3.8 4- 2.1 + 0.8 -f 1.28 1 - — 9.9 O.'J 2.4 5.1 2.0 0.6 1.20 1 o — 1.7 — 1.4 0.7 1.6 89 0.1 o.oo f ^ — 0.2 1.1 2 2 5.2 1.6 1,2 1.51 5 — 1 3 - 0.8 l."5 2.3 1.7 19 0.88 6 + 1.2 !.5 2.3 5.1 2.S 2.4 2 18 7 3.8 4.0 4.3 4.4 3.6 5.6 5.95 8 3.0 1,8 3.7 3.6 2.6 2.5 5.05 9 4.0 3.8 9.6 4.6 3.2 2.2 5.58 ■10 0.4 1 5 2.6 50 2.3 1Ì8 1.98 11 0.8 1.7 1.4 5.8 2.5 2.5 2.1 1 Ì2 - 0.4 0.2 1.7 2.7 1.8 1.8 1.30 io - 1.0 - 0.1 1.1 2.5 1.7 0.2 0,70 i4 — 1.1 — 0.6 1.6 2.9 2.5 2 0 1.21 15 1.6 1.6 3.2 5.4 2.8 2 5 2 48 16 0.9 2.1 2 2 5.7 5.2 2.9 2.50 17 3.1 4.1 4.7 5.6 4.5 5.7 4.25 18 3.6 4.0 5.0 4.4 4.1 4.5 4 23 19 4.0 5.8 4.5 5.3 5.5 5 1 4.70 20 4.0 5.3 7.5 7.3 6.7 6.8 6.26 21 4.9 5.1 6.0 6.3 6 2 4.6 5.51 22 2.6 2.9 4.4 5 8 5() 2.1 5,5(1 23 10 1.5 o> y 4 6 59 4,2 2 95 24 5.7 5.9 7.5 8.2 8.0 8,.^ 7.50 25 9.1 8.'» 8.5 9 4 8.5 8.5 8.70 26 7.1 7.3 8 0 7.9 7.6 7.1 7.50 27 6.0 5.8 7.0 8.2 7.1 6.5 6.63 28 6.4 6.9 7.4 79 7 5 6 9 7.16 29 5.4 6.1 8.3 1(».() 8,5 8.2 7.75 50 4.5 6.1 8.7 10 1 8.7 7 5 7.56 31 5.4 5.7 8.2 8.i) 7.5 1 6.6 7.01 Medie 2.54 2.87 4.11 5.12 1 4.23 5.72 3.77 Medie 467 — Gennajo Umidità assoluta o tensione del vapore in mm. Giorni 6 aut. 9 aut. 12 ui. 5 pom. 6 pom. 9 pom. Medie 1 3.64 3.85 4.74 4.23 4.29 4.68 4.23 2 3.71 3.91 5.92 4.07 4.15 4.24 4.00 5 5.37 5.81 4.18 4.03 4 25 4.13 3.99 4 4.27 4.48 5.85 5.82 4.48 4 55 4.23 5 4.96 4.00 4.26 3.98 4 35 4 22 4.29 6 4.55 4.86 5.12 5.43 5.41 5.45 5.15 7 5.92 6.10 6.22 6 07 5.93 5.95 6 05 8 5.69 5.61 5.88 5.53 5.44 5.20 5.56 11 5.7U 5.92 5.55 5.44 5.17 5.28 5.51 !() 4 78 4.95 4.86 5.01 4.74 4 28 4.76 1 II 3 16 5.28 4 25 4 04 5.86 5.76 3.72 1 i2 5.1-J 2.97 5.78 5.55 3.72 3 53 3.44 1 ''^ 5. 02 5.12 5.5o 5.79 5.59 5 80 3.44 14 5.48 2.97 5.41 5.45 5.20 3.29 3.29 15 5 65 5.65 4.51 3.61 5.77 3 52 3.72 1() 5.95 4.59 4.15 4.10 4.51 4 19 4.18 17 4.07 4.05 4.67 4-84 5.11 5.17 4.65 18 5.55 5.80 6.01 5 66 5.84 5 82 5.77 19 4.70 5 41 o.h'O 6.:^4 6.44 6.26 5.81 2U 5.90 6 46 6.86 7.09 7.02 7.17 6.75 21 6.18 6.26 6 9(.' 6.82 6 78 6.05 6.50 ì;2 5.54 5.55 5.77 6 59 5.75 4.96 5 62 ' 23 4.75 4.76 5.28 5.95 5.65 5.78 5.56 i 24 6.22 6.63 7.50 7.56 7.79 7.95 7.19 8.28 8.12 8.27 8 22 7.95 7.84 8.11 ; 26 7.52 7.51 7.54 7.18 7.15 7.10 7.65 ; 27 6.57 6. 60 7.16 7 22 6.78 6.61 6.82 28 6.87 7 01 7.14 7^40 6.65 6.46 6.92 , 29 5.16 5.56 5 75 6 25 5.85 5.68 5.67 '' 50 550 5.05 5.49 5.85 5.71 6.01 5.60 51 5.16 4.57 5.57 6.13 5.57 5.69 5.58 Medie 494 5.02 5.55 5.38 5.34 5.27 5.19 — 468 — G ennajo u midità relativa in centesimi di saturazione Ac( jua evapo- rata caduta ■- ^ S 5 g s .2 .£ fi re a re S A. o o -3 ti quantità quautità to O) to o o s irm. mm. 1 88 83 87 70 81 96 84.16 jreio 9 86 85 72 71 80 88 80.3-^ t;e!o 5 86 92 89 79 87 91 87.00 gelo 4 94 89 71 66 87 91 83.UU gelo 5 93 92 83 73 84 80 84.16 gelo 6 91 96 95 95 97 100 95.66 gelo 1.75 7 98 100 100 97 ILO lou 99.16 0 80 0,22 s luo 100 98 93 98 95 97.55 0.40 0 49 9 93 98 93 83 90 98 91.50 000 2 82 10 iOO 96 88 88 87 82 90.16 gelo M 64 63 85 67 70 68 69.16 i;elo \'J 70 63 72 64 71 67 67.85 gelo 15 71 68 67 7U 69 81 71,00 gelo 14 82 68 66 (il 58 62 66.16 i;elo 15 71 71 74 61 67 61 67.50 0 00 k; 81 82 77 78 74 74 76,00 0 80 n 71 66 73 71 82 87 75.0(. 580 2.-9 18 95 95 92 90 i5 94 95.1U 8.58 0.69 19 77 90 92 94 95 95 90.50 1.50 1.46 20 97 97 89 95 96 97 94.83 1.87 0.95 21 95 95 98 95 95 95 95.50 1 ^2 'l'j 96 95 92 95 97 97 97, (iO 0.58 2.3 96 94 95 93 97 93 94.6(i 1 .HO 0.60 24 91 95 94 93 97 96 94.35 0.92 3.67 25 96 97 95 93 96 96 96.00 2. 25 i 1 .40 26 97 96 92 90 91 94 95.35 0.85 0.79 27 94 95 96 89 90 92 92 (;6 065 2t< 95 94 93 93 86 87 91.55 1.15 4.15 'i9 77 75 7'J (:8 70 79 71.80 5.20 oU 87 72 65 65 68 78 72. hi 7,14 31 77 71 66 72 70 78 72.55 6.60 87.51 86,63 84.49 80.63 84.86 86 05 85.11 44.91 32.26 •^ — 469 — Gennajo Vento inferiore e sua forza Uominanli Sialo del mare 3 6 aiit. 9 ant. i2int'r. 3 pom. 6 pom. 9 pou). Media 1 2 3 4 5 6 7 8 9 RI 11 12 15 14 15 16 17 18 11; l'U 25 24 2b if. l'7 :8 -9 50 51 a 3 N 2 N 1 NNE i NNE 1 NNE NNO 1 NNE 1 NNO 1 NNO 2 NNO 1 NO 1 N 1 ENE NNE 1 ONO 1 NNE 1 NNO 1 ENE 1 NNO 1 NNO 1 N 1 OSO 1 ONO 1 NNE 2 SSE 5 OSO 1 0 1 NNE NNEl N 5 NNE 1 N 2 N 1 NNO N i NNE NNO N 1 OSO 1 NNO 1 ONO 1 0 N 1 NNO 1 NNE 1 ONO N 1 N 1 ENE 1 NO 1 N V ONO OSO NNE N 1 sso oso ONOl N \ NNEi N 1 N i NNEl NNE 1 NO 1 NNO NE NO 1 N 1 OSO ONO 1 OSO 1 OSO ESE NNO NNO 1 NO N 1 NNO NNE NO NNE 1 sj:o s NE 1 NE OSO NNOl OSO NNE NE 2 N 1 ENE NE 1 ENE 2 NNO NNO NNE NNOl NNO 1 ONO ONO 1 ONO 1 OSO 0 \ NO 1 NO NO NNE 2 N 1 S 1 NO 1 ENE 1 OSO SO 1 E 1 NNE 1 SSE 1 ENE 1 OSO N 1 NE 2 ENEO ENE 1 NNE 2 NNE 1 NNO ONO NNO N ì NNO ONO NNO 1 NNO SSO S 1 NO NO NO NNE 1 NNO S \ NNE N ì NNO SO 1 N 1 NE 2 S i N J OSO 1 NNO 1 NNE 2 E 5 E 1 N 2 NNE ì NNO 1 NO NNO 1 N ] NNO NNO 1 NNO 1 ONO ONO ESE 0 NO NO i N i N ì NNO 1 N 1 0 1 NNO 1 S 0 1 NNE ì ENE 1 SSE 1 ONO OSO i NNO i ENE 2 NE 1 E N NNE NNO NNO NNE NNO N\0 (-orr.Occid NNO ONO OSO N SSE NO NO NO N-NNB NNO ENE S NO NNO-N Vi: rio SO-OSO (>or.Polare Cor.Pt'are SSE OSO OSO (ì(ir. Polar (>ur. Poli: re N Cor.OrieLt E83 E ili 1.50 1.00 3.53 3.00 0.55 i.23 1.35 NNO NNE N NNE OSO NNO ENE NO NNO NNO IVO NNO 0.51 470 — Gennajo Aspetto dell' atmosfera o 6 ant. 9 ant. pom. 6 poiu. 9 pom. 5 6 7 8 9 10 a 12 13 14 15 16 17 18 19 '20 21 22 25 24 25 26 27 28 29 3U 31 2 strali 2 cirro-slr. 0 10 cir-cum. 2 strati 10 pioL,'55Ìa lOneb.flt.bas. 10 iiebb.tìt. IO piovigg. 5 eino-str. 1 slr.alSud 1 strali 0 0 10 eir.cum. iO 10 JO 10 lOneb.fit.bas. 7 10 nebbia 10neb.flt.bas. IO 10 10 Debbia 9 cir-cuii). 10 cum-str. 4 cir-cum. 1 cirri 0 6.01 4 cirrn-str. 0 L-ir.ESE. Ofo se. all'or. 10 cir-cum. 8 cir.slr.leg. 10 lOuebb.bas.l 10 nebbia lo 2 cirro-str. | 0 l^!bb.le^^ Oneb.aii''or, 1 0 Istr-neb.all'o. 1 ?i e ir.cum.sp. 10 neb.all'or. 10 10 nebbia 10 nebbioso IO uebbier. IO nebbia lo neb. fitta 10 neb fitta 10 piovi<^i;. lo 10 neb. fitta IO neb fìtta lo •um slr. 5 cir-cum. st. | 0 sparsi Ofi scoall'o. 6.64 4cirro-str. 0 Ofosc.all'o. 2 strali 1 fuse. ali 0. iUp.go.dip. 10 neb.fit.b. 10 neb tìt. lOneb.pioT. 5 cir-sl.sp. 0 0 Onfb.aH'o. 1 str-fosco (5 all'or. 10 10 10 IO nebicr. 10p;ovii;j;. H) neb.fit.b. o nebbioso 10 nebbia iOcirr-cum. j(j strati IO 10 nel)bia 10 piofiiiia 5 cir-cumuli n sparsi 0 .97 0 0 '3 cir-str.leg. Ofis. all'or. IO cir cu. 10 1 0 neb.fit.b. lOneb fin. IO cumuli 8 cir-st.n.or. 0 fos ail'o. 0 0 4 str-cirri 8 cu m u ! i 9 cumuli 10 10 lOnebbier 10 piovi i;. 10 neb.fit.b. 10 neb.fit.b. IO IO piovig. 10 10 8 cir-cum 10 cir-cu. 8cir-st.cum* 0 0 6.73 0 0 6 0 10 lo lOn.fil.b. lOneb.fil. 4 3 strali 0 0 0 6 cir-slr. 7 cumuli 10 10 10 lo nebb. lOneb-pio. IO IO nebb. 10 IO pio-- IO IO 1 slr;. ti 9 1 0 0 6.12 0 1.6( 0 0.3[ 9 3.— 0. 3.6( 10 6.8: 10 10.- lOnebbios. 10.- IO pio-gia 10.- 10 neb.fil 9.- 1 fosc.all'or. 3.6( 0 o.u 0 O.ll 0 0.- 7 3.U 4 cir-slr. 6.6t IO 9.8: lOpoch.goc. 10- 10 0 I 0 1 5 0 0 LM 0 u 1 u 0 0 1 22 2 0 1 0 0 0 1 25 0 0 0 2 1 1 i 2i 5 2 (; 3 2 4 1 2o 7 4 0 1 11 2 1 20 3 1 4 4 1 1 1 27 2 0 1 3 0 0 1 28 5 4 4 2 l 0 i 1 2) 2 1 2 3 3 4 1 oij 0 1 0 2 5 2 1 ól 2 0 1 1 0 0 Molla 1.(58 0.48 0.58 1.13 0.'.2 0.48 1 , 1 \ — 472 — RIVISTA METEOROLOGICA. Gennaio 1872. Pressione atmosferica. — Tre depressioni degne di nota abbiamo avuto in questo mese nel barometro ; ma la pili forte fu quella del 9, La calata cominciò fin dal principio del mese, meno il g'iorno 5, in cui si ebbe un leggero innalzamento. Nel giorno 9 regnando vento forte di NNO alle 6 ant. il barometro segnò il minimum del mese (743.70). Dopo questo minimum ascese subito, e piuttosto rapidamente, sicché nel giorno 13 alle ore 9 ant. giunse ai 765.02, quasi al maximum del mese. In quattro giorni pertanto si ebbe Tescursione di 21'"'".32. La seconda depressione, meno forte della prima e della terza (751.12) si notò nel giorno 19 alle ore 3 pom. con un leggero vento di NO e nebbierella. Nel giorno prima avea spirato assai forte T ESE. — Si alzò in seguito il barometro, ma fu breve e non molto significante l'innal- zamento, sicché nel giorno 25 si compì la terza depres- sione (749.53) ore 9 ant. dopo un vento assai forte di SSE. — Compita anche questa discesa, che fu meno della prima, ma più forte della seconda, il barometro ascese ogni giorno, meno nel giorno 30 in cui si ebbe un leggerissimo abbassamento, e nel giorno 31 ore 3 pom. segnò il maximum assoluto del mese (766.29) con — 473 — leggero vento di NVE.; dopo pei- altro due giornate in cui le correnti polare ed orientale erano state abbastan- za forti. Ho detto il maximum assoluto, non la media massima, giacché questa fu nel primo giorno del mese (765.50), — La pressione atmosferica adunque da noi fu alta nel primo giorno del mese, alla metà e nelF ultimo giorno e le tre depressioni successero negli interstizj di questi tre giorni. — I telegrammi giunti a questo os- servatorio indicano, in giorni analoghi ai nostri, le va- riazioni barometriche in varie stazioni della nostra Pe- nisola ; ed i bollettini tanto egregiamente compilati dai pili celebri meteorologi, notano in questo mese tre cen- tri di forte depressione in Inghilterra, in prossimità a quei giorni, nei quali in questa nostra stazione abbiamo avuto i minimi barometrici. Seguendo il solito metodo ho notato qui sotto le principali oscillazioni del barometro : Max. barom. a 0° Min. barom. a 0" giorno 1 ore '6 pom. 765.90 giorno 4 ore 3 pora. 762.25 » 5 » 9 ant. 763.90 » 9 » 6 ant. 743.74 » 13 » 9 ant. 765.02 » 15 » 6 ant. 760.72 » 17 > 9 ant. 764.25 » 19 » 3 pom. 751.12 » 21 » 9 pora. 760.51 » 25 » 9 ant. 749.53 » 29 » 12 raer. 762,49 » 30 » 6 ant. 760.82 » 31 » 9 pora. 766.29 Serie IV, Tr.mo IL CO 4T4 Meda ed estremi harometrici a 0° Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3p. 6p. 9p. Medii Medii dei Max. 1 Min. 1. IL 1 III. 59-01 69.58 5149; 57.01 59.39 60.01 58.09 '59.27 59.91 56.77 58.85 59.1-8 58.06 58.86 59.53 58.20 59.16 60.01 &8.«i 59,08 59.71 57.01 60.25 60.97 59.18. 57.92 58.78 56.67' Medii 59.16 58.65 58.70 58.86 59.25 58.60 60.13 57.79 Max. ass. 66.29 il 31 ore 3 pom. Min. ass. 43.74 il 9 ore6ant. DilT. 22.55 Temperatura. — Un solo giorno (il 3) la temperatura media fu allo zero.— Il wmmwm' assoluto (-5.7) si ebbe il giorno 2 che fu una bella giornata convento un po'forte di NNE. — Il maximum invece (+10.4) fu ai 30 che fu pure una bella giornata e con vento forte di ENE. Per tutta la prima metà del mese il termometro discese, ogni giorno sotto allo zero; nella seconda invece, per tre gior- ni solamente, cioè ai- 21, 22 e 23; — La media (+ 3^.77) fu alquanto superiore alla normale. E qui, giacché ho accennato alla temperatura nor- male, noterò che ho preso per tale una media fra la nor- male calcolata dal cav. dott. Berti sul ventennio 1836-55 da lui con tanta scienza e pazie.Uiia studiato, e quella calcolata dal mio predecessore T ora defunto prof. Ab. Paganuzzi sul decennio 1856-65. Tra queste due nor- mali ho trovato una differenza piccolissima, per cui credo abbastanza sicuro stabilire por normali della tem- peratura di questa città le seguenti medie {Term. cent.): Gennaio . . Febbraio .... 4.415 Marzo 7.730 Aprile 12.190 Maggio 17.015 — 475 — + 2°.390 Luglio ... 4- 23.°280 Agosto 22.910 Settembre .... 18.895 Ottobre 15.065 Novembre .... 8.480 Giugno 21.805 Dicembre. 3.920 Media annna : + 130.175. Meàii ed estremi del teì^mometro centigrado al Nord, Pentadi 6 a. 9 a. 12 m. 3p. «P. 9p. Medi! Medii dei Max. 1 Min. I. II. III. +0.69 1.55 5.37 +1.24 2.01 ^.35 +2.56 3.29 6.87 +3.27 4.25 7.84 5.12 +2.28 3.51 6.91 +1.69 3.16 6.30 +1.95 2.92 6.44 +3.66 4.57 8.23 -3.26 -2.00 +1.04 Medii <2M 2.87 4.11 4.23 3,72 3.77 5.48 -1.40 Max. ass. + 10.4 fi 30. Min. ass. — 5». 7 il 2. Di£f. 16°.l. Umidità assoluta e relativa. — L' umidità assoluta segue con molta regolarità F andamento della tempera- tura; la metà del mese per altro fu alquanto bassa, anzi nel giorno 14 si ebbe la media minima (66". 16) ed il mini- mum assoluto (58"). — Il maximum (100") si notò sette vol- te e fu nei giorni 6, 7 e 8, giorni con nebbia e pioggia. 476 Meda dell' umidità. Tensione dai vaiare in min. Decadi 6 a. 9 a. 12 in. 3 p. 6 p. 9 p. Medii I. II. III. Medii 4.65 4.74 4.85 4.66 4.82 4.79 4.06 4.21 4.65 4.63 4.68 4.63 6.12 6.10 6.53 6.85 6.50 6.36 4.94 6.02 5.35 5.38 5.34 5.27 4.67 4.45 6.44 5.19 Umidità relativa in centesimi di saturazione Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3 p. 6 p. 9 p. Medie I. II. III. Medii 92.90 94.00 87.40 81.50 89.10 92.10 77.70 76.30 78.50 73.90 77.70 78.50 91.31 89.60 87.56 86.48 87.78 35.29 87.30 86.6 84.48 80.62 84.88 86.62 89.34 77.09 85.10 Idrometeore. — La quantità dell'acqua caduta fu scar- sa, e scarsa pure quella evaporata; questa per altro fu più abbondante di quella. — Nella prima metà del mese l'ac- qua dell'atmometro si trovò gelata per undici giorni, cioè dall' 1 al 6 inclusive e dal 10 al 14 ])nre inclusive. — Diecisette giorni furono con iK^bbia, e questi quasi con- tinui.— Nei tre primi giorni del mese e nei giorni 11, 12, 13, 14 alla notte vi fu brina. Nel giorno 15, sulle 11 ant., poche goccio di neve. — In tutto il mese non ne cadde altra. — 477 — Idrometeore, Decadi Acqua (i iorni con 1 evapor. | medie caduta forma 1 quantità Piogc'a iNebbia Brina Gelo Neve Gran dine I. mm O.Ol P. mm 6.28 4 3 3 7 — — II. 1.81 P- 5.39 4 9 4 4 1 - III. 2.33 P- 20.59 5 5 — — - — Media 4.35 Tot. 32.26 13 17 7 ìi ì - Acqua evap. 44.91 Acqua caduta 32.26 Diff. 12.65 Stato del cielo. — In generale vario. — Furono belle giornate il 2, V 11, il 12 ed il 30 ; più belle ancora il 13 ed il 31. — Corrispondenti a queste belle giornate ab- biamo avuto alte pressioni, e nel giorno 13 una bassa media temperatura (+ 0*^.70). Aspetto dell' atmosfera in decimi di cielo coperto. Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3p. 6 P. 9p. Medili I. 6.10 6.40 5.00 6.10 5.30 6.00 •6.00 H. 6.20 5.60 5.70 6.10 6.30 6.10 6.20 III. 7.53 7.91 7.21 8.00 6.75 5.98 7.23 Medii 6.61 6.64 5.97 6.73 6.12 6.03 6..31 Ozono. — Piuttosto basso. Multe volte io zeio ; il iiiaximwn (7) alle 6 ant. del giorno 25, in cui vi fu la mas- sima piovitura del mese (11""".0.) — 4ÌÌ8 -- Vediti. — Il predominio lo ebbero i venti polari ; e fra questi più di tutti il NNO. ■ — Dopo questi vengono i venti occidentali. — Meno di tutti i meridionali; il SE p. es. non si trova mai notato. — Ciò in quanto alla di- rezione ; in quanto alla intensità dirò che tre furono ì giorni con vento fort^ : il 25, il 29 ed il 30. Ài 25 spira il SSE; ai 29 il NE ; ed ai 30; it N, T ENE e V E. Numero delle volte che si ass&t*fMrono i venti. Decadi , N-NO. N , NNE. NE ' ■ENE E ■ ESE •SE , I. 22 10 11 2 1 — — _ li. 10 11 S ! - l - 2 - ( HI. 4 10 1 9 6 6 6 5 - - . Totale 36 31 28 8 ( 11 2 1 Decadi SSE S SSO SO OSO 0 ONO NO I. - - - - 3 - . S . 3 II. - 3 - - 3 3 \ 3 ; 13 HI. 3 3 2 ' 2 10 2 4 - Totale 3 6 2 2 16 h 15 IO Stato del mare, — Agitatissitao nel primo giorno di questo mese •ed ai 7 all-e 9 poin., ai 24 ed ai 25 alle 6 ant. ed alle 9 pom., e nel 29 alle 9 poni, e nel 30 alle 4 pom. Neir ufficio del (ienio (^ivile di questa nostra città esiste un mareografo. 1/ on. direttore di questo Ufficio mi spedisce gentilmente ogni mese i dati delle esser- ^ 4fa — vazioni sulle alte e basse maree. Pertanto, secondo que- sti dati, devo notayer noi giorno 25 alle oro 10 ant. la massima alta marea, e nel giorno 11 alle ore 5 pom. la minima bassa marea. — Al giorno 25 corrispo.ndc la ter- za depressione barometrica (vedi sopra) ed il plenilunio ((5^.39' pom.). Nel giorno 11 il barometro era abbp stan- ca alto e nel giorno 10 era stato il novilunio (3^.52 p.). Caratteri del mese. — Le curve grafiche che rap- presentano i movimenti dei diversi elementi meteorolo- gici di questo mese sono in via ordinaria in p,erfetto ac- cordo. Recarono alquanto incomodo! i diecisette giorni Cioo; nebbia, ma per noi non è poi' qiaesto^ \m caso raro nel mese di gennajp. PRINCIPALI FATTI METEORICI OSSERVATI IN ALCUNE STAZIONI). Dal bollettino; elio mi spedisce il eh. P. Denza delle osservazioni meteoriche fatte nelle stazioni delle nostre Alpi rilevo che a Moncalieri nella notte d'ai 10 air 11 ci fiaunalieve scossa di terremoto nella direzione di ENE, Ci che sul Piccolo S. Beruardoiil wM^7m?^w termometrico fu : -f- 5^.0 ed' il minimwn ; — 16".9. — Dal bollettino del R. Ossenvatorio di. Palermo, che dairillustre prof. Cacia- tpre mensilmente ricevo, trovo che a Palermo in questo mese il maximiim termometrico fu : -f-17.0 : il minimum -\- 5",6. — SuJ Piccolo S. Bernardo in tutto il mese cad- diero 3280"'"'. di neve, da noi ]^oche goccie ; ed a Paler- mo molte volte vi fu grandiELe.. — 480 — Febbraio 1872. Barometro a 0*^ in rail ina etri Giorni 6;mt. 9ant. ì-2 m. 3 pulii. 1 1 6 poni. 1 . 9 pom. Medie 1 e ) 60.79 67.4 't 67.32 66.19 66.49 66.69 66 82 €2 64-66 64.40 63 87 65.05 6i>.77 62 57 65 55 3 61.80 6'J.4I 62.18 61,i'9 61.38 61.40 61.74 4 62.55 62.36 64.12 6Ì.13 65.06 66.06 6421 5 68 02 68 82 68.68 68.30 68.87 t>9 45 68.65 6 68.80 69. 4U 69.47 69.05 69.27 69.57 69.26 7 68.99 69.73 69.03 68.53 68.94 6S.95 69.03 8 67.45 68.15 67.34 66.74 66.34 66.24 67.08 ® 9 6117 65.28 6n.5L> 64.80 64.99 66.19 65.16 lU 65.32 65.69 65.69 65.45 66 03 66.14 65.81 11 65.30 65.50 64.87 64.35 64.35 63.77 64.6!) 12 62.71 63 11 62.44 61.43 62.-.'3 61.52 6i'04 13 60.52 60.51 6U.71 59.89 60.22 60.82 60.41 44 61.43 61.90 61.66 61.04 61.62 6Ì.54 61.53 45 60.93 60.83 60.12 58 68 57.^9 56 80 59.10 j 46 50 29 5U.40 54.26 51.84 53.50 54 60 51.96 17 58 72 60 21 61.0!) 61 22 63 06 6 4.69 61.50 18 66.34 67.28 67.29 66.74 66.79 67.18 66.93 19 66 63 66.91 66 96 65.39 65 56 65.90 66.19 20 66 00 66.45 66 73 65 70 65 88 66.48 66.20 21 (;6.oo 67.46 67.36 66.49 67.0S 56.:>8 67.03 22 66.41 67 52 67 99 6Ò.97 67.66 67.88 67.40 23 66.35 66.21 66.L>4 65.13 65.00 65.3ÌI 65.72 ©24 6111 61.70 64.38 65 34 6i> 95 63.15 63.77 25 61.27 61.65 61.05 59 83 58 51 57.92 60.03 26 51.65 51.27 50.65 48.50 48 50 4S.13 49.78 27 47. Oi' 47.77 46.99 48.00 'i9.69 52.58 48.67 28 59.38 60.78 62.19 65.8iJ 64.89 64.93 62.68 29 65.26 65.47 65.27 64.71 64.70 65.11 65.08 Medio 62.73 63.19 63.17 6-2. iU) 6-J.8Ì 63.18 62.94 ^') Le altezze sono diminuite di 700ni"> — 481 — Febbraio Termometro centigrado al Nord Giorni i 6 ant. 9 ant. 12 ni. 5 ponti. 6 poni. 9 poni. Medie ! ■ 1 1 + 5.9 -f- 4.7 + 7.3 + 7.6 + 5!9 + 5.9 +5.88 i '2 2.1 3.7 4-9 5.9 4.9 4.6 4.55 l 5 2.5 2.7 4.4 4.9 5.9 3.7 5.66 i ^ o.o 4.0 5.5 6.0 5.1 4.6 4.75 i ^ 4.2 4.6 6.1 7.0 6.0 6.0 5.62 1 6 5.6 58 6.5 6.7 6.1 6.0 6.12 ì 7 5.6 5.7 7.0 7.3 6.4 6.4 6.40 1 8 5.8 5.7 6.5 6.6 6.4 6.2 6.20 9 5.4 5.9 7.1 8.4 7.7 7.3 6.97 \0 6.0 6.9 8.5 8.8 7.0 6.9 7.55 11 5.6 6.4 8.9 9.4 8.6 8.2 7.85 li> 6.0 7.0 9.2 8.9 7.5 6.9 7.58 13 5.8 6.9 7.8 8.0 7.4 6.5 7.02 14 4.8 5.7 7.6 8.4 7.4 6.2 6.68 M 5.2 5.7 7.3 7.0 6.7 6.7 6.43 16 92 9.1 9.4 10.9 8.2 7.4 9.03 17 4,3 5.2 8.3 9.7 8.9 8.0 7.43 18 4.8 5.8 95 10.1 9.0 8.2 7 90 19 4.1 57 8.6 9.7 7.8 7 2 7.20 I 20 5.6 5.0 7.7 8.7 6.9 6Ì6 6.41 21 5.9 4.8 7.8 8.7 7.5 7 2 6.61 22 6.2 7.0 7.8 8.5 7.6 7.6 lAo 25 5.7 6.9 8.8 10.3 8.3 8.3 8.05 24 7.5 7.7 9.9 10.2 8.8 8.6 7.41 25 8.1 8.9 10.0 9.9 8.7 8.5 7.68 26 7.7 8.0 9.5 10.0 8.7 7.8 8.61 27 7.1 8.0 10.2 10.6 8.9 8.6 8.90 28 5.7 6.8 6.9 7.2 6.2 6.4 6.53 29 2.5 5.7 6.2 7.4 6.1 5.0 5.25 Medie 5.26 0.5 'j 7.77 8.49 7.19 7.00 +6.95 Sofie IV, Tomo II. 61 — 482 — F eb b r ajo Umidità assoluta o tensione del vapore in mm. Giorni d 3 4 6 7 8 9 io il 42 43 44 4S 46 47 48 49 20 24 22 23 24 25 20 27 28 29 Mi'iVw 6 ani. 9 ani. 42 m. o poni. 6 poni. poni. Medie 6.40 4.86 5.00 5.51 458 5.55 4.94 6.26 5.16 6.25 6.27 6.56 6.48 5.72 5.48 8.45 5.80 4.91 454 4.55 5.25 6.56 5.60 6.44 7.28 7.50 6.88 4.08 5.76 .69 3,17 5 07 5.08 5.59 4.44 0.54 5.60 6.iil 5 58 6.57 6.66 6.51 6.58 6.U0 5.70 8.17 6.00 5.02 4.57 4.49 5.62 6.95 6.04 6 96 7.59 7.5'i 6.78 3.92 5.71 .8"J 5.47 6.04 5.99 5.70 5.97 6.42 5.87 5.95 5.52 6.07 5.66 5.67 5.62 5.52 504 6.45 4.54 5.02 5,(]U 5.52 5.64 5.63 5.77 5 62 4.82 5.58 5.08 5.58 6.49 6.52 6.33 6.24 5 59 5.35 5.77 5.58 6.59 6.74 6 40 5.82 691 7 52 7.52 7 55 7.53 7.48 6.86 6.57 7.01 6.67 6.60 6 40 5.83 621 6.58 6 24 6.44 7.05 6.80 6.91 8.45 8 62 7.56 695 6.71 6.88 6.112 6.15 4.9U 5.41 5.64 5.37 4.49 5.11 5.17 5.43 4.92 5.82 o29 4.74 5.92 6.25 6 66 6.72 6.90 6.48 6.59 6.51) 5.76 6.65 6 27 6.60 7.33 7.04 7.08 7.20 7.51 7.69 7.57 7.49 7.57 7.86 6.92 6.79 7.51 7.73 7.48 6.55 3.56 3.19 4.18 5.66 4.08 499 5.L'5 5.66 6.04 6.56 6.15, 6.07 5.795 5.690 5.517 5.571 4.817 5.592 5.2.-5 6 508 5.505 6 595 7.002 6 886 6.625 6.065 6.596 8.U13 6.256 5.208 4.885 4 957 6.070 4.678 6 15U 7 008 7.488 7.296 7.151 5.765 4.541 6.02 — 483 — F e b b r a j 0 Umi dita relativa in ce ntesimi di saturazione il Al qua eva[)o- rala caduta O a .•0 C5 a ^1 2 co •o 3 C quantità IIMI). qiiaiitìla IlHll 1 85 81 71 77 86 82 80.53 3.20 2 Ul .S5 92 92 90 95 90.50 1.54 0.22 5 91 91 89 95 95 95 92.55 1.12 4 94 9l' 88 79 76 97 87.00 0.51 021 5 74 69 81 67 71 76 75.5(1 2.71 6 78 80 78 77 8^ 80 79 17 2.34 7 72 81 64 75 70 75 75.50 1.41 8 91 91 90 87 88 88 89.17 0 85 9 77 84 74 65 73 75 75.67 1.15 lo 99 88 79 80 85 78 85 17 1.22 4.83 li '.2 9:i 81 85 87 90 87.85 0.95 12 91 87 86 88 89 88 88.16 0.69 0.42 lo 94 88 89 85 86 90 88.55 2.46 9.20 14 89 88 75 75 83 88 83.00 1.79 4.5' 1 15 85 85 84 94 95 94 88.50 1.61 5.67 16 98 95 96 89 95 90 95.54 0.49 12.57 17 92 91 82 76 70 75 81.16 2.57 18 76 75 55 59 66 66 65.85 5.66 19 74 67 54 57 65 71 64.65 3.55 20 73 69 63 69 71 65 68.55 4.5U 21 87 86 75 74 87 88 8i'.^'5 2.81 22 92 95 87 78 84 84 86.33 1.85 1.10 23 81 81 68 71 77 81 76.50 2 26 24 84 89 81 75 83 86 83.13 1.88 1.17 25 90 89 82 84 87 90 87.00 1.43 1.30 26 93 92 85 85 82 86 87.16 0.92 6.70 27 91 84 81 81 88 78 83.85 1.49 28 6U 55 48 59 59 51 51.(16 6.37 29 «8 62 57 65 72 83 67.83 6.92 Medie j 85.26 1 82.42 76.65 76.15 80.34 81.85 80.23 65.63 47 39 484 — Febbraio Vento inferiore e sua velocità Stato (Ifl mare Doininanli § Oant. 9 ant. 12 m. 3 poni. 6 puun. 9 pom. Me.lia 1 N 1 NE NNh: 1 1 E ' 1^: E * Cui- Pol-E "I E[\E 1 i\NE 1 NE ENE E ENE Poi- ENE ._ 5 t\NO 1 r^NO NNO NO 1 ONO 1 ONOl Occ.'NNO — 4 N 1 Ei\El NNEl ENE 1 NNE 1 NNOl ('or. Polare — 5 N 1 N NNO ONO 1 S 1 S vario — G SSE SSE 1 N ENE ENEI E Or.-Mer. — 7 EÌME 1 EiNE ENEI E E 1 ^NE ENE — 8 N 1 NfNO NO NNEl E 1 N 1 Cor. Polaro — 9 [\[\0 i\NO NO NO NO NO NO — lo l\0 i\0 NO ONO ONO 1 ONO I Corr.Oi'cid. 11 [N C^NO NNEl NNOl NNO 0\0 1 NNO — 12 N 1 NNE 1 SSE 1 SSO SSO SSO SSO — lo i\NE ■! NNE 1 NNE 2 NNE 2 ENE 2 \NE2 NNE 0 6() 14 NNE '1 N[\0 1 NNO 1 ONO NO \ NO Cor Oc.Pol. — il5 i\ì\E 1 iNNE 1 NNE 1 NNEl ENE 2 NNE 2 NNE 0.83 li5 E 1 ONU SSO 1 OSO OSO 1 OSO 1 OSO 1.83 17 W 1 NiNO NE E 1 ENE 1 ENE 1 Cu..FoiOr. O.oO 18 [\NE 1 NINE 1 N 1 NNOl NNOl SSO Cor Poi. — 19 1\lSE 1 NNE 1 NNE E N ENE NNE — 20 l^^E 1 NNE 1 ENE 1 ESE ESE ESE ESE — 21 N 1 NNO 1 E 1 ESE S 1 S 1 v.irio — 22 [M -1 N i NNEl NNE E NNEl NNE — 2.3 J\NO EtVE E 1 SSE SSE 1 S 1 (ìor.Or.HIor — 24 ENE NNE 1 NE li ESE 1 SSE 1 Cor.l»ol.Or. — 25 S SSE SSE S SSE SSE SSE — 26 NiVO 1 NNO SSO SSO 1 ESE NNE \ai io — 27 NNO I NO SSO ESE ESE 1 ESE 5 vario-l'"SE (i.Ui 28 E IN E 1 ESE 2 E ESE 2 S 1 V] 2 (ini . Orien. i.Wi 29 lSNE I ENE SO SSE S 1 s Cr. Mirid. O.I(> 1 a e o ?^.NNE NNF.. NNO. NNE E-.\NE !•: NNE. NNE 0.20 — 4S5 — F ebb raj 0 Aspetto dell' atmosfera o 6 ani. 9int. 12 nier. 5 pera. 6 ponti. 9 poni. ■3 1 0 0 0st.all'or.3'>q. 0 1 str.or.S." 0 nebbier. O.Ì7 h; •1 slr.fini lOneb.bas.fit. lOneb legg. 10 nebbia 1 quadr 0 fosco all'o. 5 67 5 li) nebbia 10 nebbioso 10 nebbioso IO nebbia lOneb.bas. 0 neb.bassa 8.33 'i 10 nebbia lo 9 str-cum.cir. 0 10 fi"*» IO ^"a 8-17 5 10 IO '^ str-cum.cir. 4 strali 10 cuui. 10 800 tì 10 nebbia 10 nebbia lo nebbia 10 10 10 10.- 7 10 10 10 10 10 10 10— 8 lOneb.les. Io neb. all'or. lOnob.all'o. 10 10 10 10— 9 10 'Ofosco all'or. lOfoscill'o. 10 10 10 10.^ IO ■Oneb.leg. 10 nebbier. lUaleuna goc. 9 4 8 8.50 11 7 iHiin.cir. lo nebbier. lo di pioggia 10 lO cum. lOpoc.g.dip. 9.50 IL' o slr. cirri lo 5 3 cir-str. 6str.cir.cu. 3 strali 5.— i:; IO lo pioNigg. lo piovigg. io piovig. 10 piovig. lU pioggia 10- 14 lOpoc.^oc. lo 8 cumuli lOcu cir. 3 cir. slr. ^fosco all'or. 6.83 lo 10 lo IO ffoccie 10 piovig. lOpiogg. 10 pioggia 10.— IO 10 lo npbb;«r. 10 3 str-cir. 2 strati ^ str.cir.4''q. 6.00 17 3 cirri slr. óstr-cir.l qua. 2 cum-str.or. o cirri 0 0 ^ 1 83 18 1 cirri 0 fos.all'oriz. 0 1 pini 0 fosc.all'o. 0 083 19 0 1 str.lll quad- 1 cir.3.e4'qua. 6 strleg. 0 st.cir.leg- ^st.l^eSpq. l'.33 W 2 strali 9 sti-oini 8 .Ntr-cini 19 str.le,.,- 8 sii- leg. 4 slr.legg. (.66 ■>\ ò slr.legg. ^ fosc.all'ork. 0 nebbierel. 4 slr.leg. Onebbier. 8cirri-str. 2 83 "l'I 10 lo guccie io goccie 9 IO Io cum. ci. 985 2o lOcuin-sl. 7 cum-cirri ''t slr-cirri 8cuin-sl. lOcum-slr. io 8 17 L>4 IO slr. cirri lo cuni-cir. 10 10 JQ cirri lo I0._ L^■i 10 10 lo 10 10 lo piogL:ia 10.- L'Ci 10 10 nebbier. 10 10 4 cir-str.cu. <^ str.2<'e,3''q. 7.83 •l'i 9 cir-cum.st. .') cir-cum-str. 8 str-cir.cum. 10 6 cir-str. 1 str.l"i|U. 6.^:o "'S l strali (J sparsi (j sparsi 0 1 str.all'or. 0 0 33 29 (J 0 0 Isli-.alN. 1 0 0 33 3. Ci. 90 7.36 6.78 n.s'i 6.10 5.16 6o2 r=, _^ — — 486 ^ F e b b r aj 0 0 Z 0 D 0 Giorni 6 ant. 9 ant. 12 m. 3 pom. 6 poni. 9 poni. 1 no 0 0 0 0 0 2 0 1 0 1 0 0 3 0 0 0 0 0 0 4 5 6 7 5 2 1 1 3 1 1 0 2 0 0 0 3 0 2 1 2 0 0 1 0 0 2 1 (•) La cartina ozonoscopic 1 che si osserva alle 6 mattina è 8 9 10 2 1 0 1 0 0 1 0 0 2 2 1 u 1 0 1 0 0 quella che vie- ne esposta al- le 9 (Iella sera prima. 11 1 0 0 0 0 0 12 3 0 0 0 1 2 io 5 1 2 2 0 1 14 10 1 4 5 0 0 15 3 0 1 2 2 5 16 3 1 0 1 1 l 17 1 0 2 3 4 H 18 3 0 3 3 1 0 19 2 0 2 4 1 0 2U 2 u 1 1 0 0 21 0 0 1 U 1 0 22 3 0 1 3 2 2 23 3 1 I 0 0 1 24 3 0 0 2 0 0 25 3 0 0 0 1 1 26 5 0 2 1 1 0 27 2 0 2 1 1 !i 28 3 4 5 (5 3 3 29 7 0 2 0 0 1 Media 2 lUi 0.52 t.IO 1.05 0.86 1.03 — 487 — RIVISTA METEOROLOGICA. Febbraio 1872. Pressione atmosferica. — La media fu alquanto alta. Come nel p. p. gennajo così anche in questo mese ab- biamo avuto tre depressioni nel barometro, l'ultima delle quali piià forte delle due antecedenti. — La prima fu dall' 1 al 3 sotto l'influenza dei venti polari.— Il centro di questa depressione era nell' Irlanda. Dopo questa prima depressione il barometro tosto si innalzò e nel giorno Balle ore 9 ant. segnò il maximum di questo mese (769.73). — Il centro di questa alta pres- sione, come nota il eh. P. Secchi, era in Russia e nel giorno 8 era sopra l' Italia. Nel giorno 16 alle ore 6 ant., dopo una notte alquanto burrascosa, col mare molto agitato ed in cui si ebbe la massima piovitura (8""". 35) successe la seconda depres- sione (750.29), in seguito ad un centro di abbassamento comparso al 50 dall'Europa. Subito dopo il barometro si alzò e la salita fu piuttosto rapida (dal 16 ore 6 ant. al 18 ore 12 mer. per 17""".00). Si mantenne così alto fino al 21, dal 21 cominciò a discendere e la discesa fu, come ho notato, la più bassa del mese (746.99; ed an- che abbastanza brusca, perchè dalle 9 ant. del 24 alle 12 mer. del 27 calò per ben 17"'™.77. Compita questa di- scesa subito si alzò, ed anche questa alzata fu piuttosto brusca, perchè dalle 12 mer. del 27 alle 9 ant. del 29 — 48R — roscillazione fu di IS^MS. — Il P. Secchi, nel dotto suo Bollettino meteorologico, avverte che in Roma il baro- metro nel suo movimento descrisse una bellissima e simmetrica curva, in forma quasi di parabola. Lo stes- so ho notato anche io, rappresentandomi graficamente il movimento del barometro. Il chiarissimo meteorologo osserva che il centro dell'ultima depressione stava sulle isole britanniche. — Ecco le principali oscillazioni baro- metriche: Min. bar. a 0" Max. bar. a 0* giorno 1 ore 9 ant. 767.44 giorno 3 ore 3 pom. 761.29 > 7 » 9 ant. 769.73 » 16 » 6 aut. 750.29 » 18 » 12 mer. 767.29 ;s» 27 » 12 mer. 746.99 . » 29 » 9 ant. 765.47 Meda ed estremi barometrici a C* Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 1 n «. 9 p. iMedii Medie dei Max. 1 Miu . I. li. 111. 65.97 61.86 60 3S 62.73 66.37 62.31 60.91 66.37 62.31 60.83 65.75 61.62 60.31 66.01 61.92 60.59 66.23 62.31 61.01 63.18 66.11 62.05 60.67 62.9-4 66.71 63.25 62.14 65.52 60.81 59.26 Medii 63.19 63.17 62.56 62.8-4 64.35 61.86 Mai. ass. 69.73 il giorno 8 ore 9 ani. Min. ass. 46.99 il 27 ore 12 nier.DitT. 22.74. Temperatura deir aria. — Abbastanza mite, anzi piut- tosto alta. Più alta della media dell' anno scorso (1871) e più alta della nostra normale. Solo nei Ire primi gior- ni abbiamo avuto il miniimim sotto lo zero ; ma la mas- sima discesa fu soltanto : - 1.4 nella notte dal .3 al 4. Il — 48'.) — giorno 16 fu il giorno più caldo perchè abbiamo avuto la massima media (-f-9.03) ed il maximum assoluto (+11.0).- In questo giorno abbiamo avuto anche una delle tre maggiori depressioni barometriche e l'atmosfera a bur- rasca. Meda ed estremi del termometro centigrado al Nord. Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3p. 6p. 9p. Medii Medie dei | Max. 1 Mia. \ I. II. III. 5.56 5.69 +4.95 6.25 685 6.34 +6.37 8.42 S.53 7.77 +6.93 9.28 9.28 8.49 +5.94 7.84 7.81 +5.76 7.69 7.57 +5.72 7.47 7.66 +7.35 8.91 8.30 8.12 +0.97 \ 1.94 ì 3.16 j .Medii 5.26 7.19 7.00 6.95 3.02 \ \ Max. a*8.+ll<'.0 il 16. Min. ass. — 10.4 il 3. Diir. 12''.4. Umidità assoluta e relativa. — Si nota anche in que- sto mese la sohta corrispondenza della media tensione del vapore con la temperatura dell'aria. - L'umidità as- soluta abbastanza alta ; però non molto oscillante. Il maximum i^l^) fu nel giorno 16 ore 6 ant. dopo una not- te burrascosa e con pioggia (vedi sopra). — Il minimum fu nel giorno 28 ore 3 pom. (SQ*^). Serie IT, Tomo IL 62 — 490 Meda dell' umidità. Tensione del vajjoìe in min. 1 Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3p. 6p. 9p. Medii I, II. III. 5.43 &.83 5.86 6.48 5.97 6.03 5.62 6.31 6.19 5.86 6.77 6.37 6.36 5.70 6.41 6.34 6.15 5.73 6.20 6.29 563 6.24 6.17 Medii 5.69 5.82 6.04 6.07 6.02 Umidità relalica in ceìitesimi di saturazione Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3 p. 6 P. 9 P. Medii I. II. III. 84.30 86.10 82.40 83.80 83.30 8017 80.50 76.50 73.27 79.00 77.50 71.95 81.30 80.30 79.42 83.70 81.70 80.15 81.85 81.93 80.89 77.89 Medii 84.26 82.42 .76.70 76.15 80.34 80.23 Idrometeore. — La quantità di acqua evaporata mag- giore della caduta. — La massima piovitura fu nella notte dal 15 al 16 (8.35). — Anche nella notte del 25 al 26 si ebbe sempre pioggia. 491 — Idrometeore. Decadi Acqua Giorni con 1 evapor. | caduta m edii 1 forma quantità Pioggia debbia Brina Gelo PSeve (iran- dine 1. II. III. mm 1.60 2.52 2.56 P- P- P- Tot. mm 5.28 .32.36 10.27 3 5 4 7 2 2 \ : - — Media ■2.23 47.89 12 li - - Acqua evap. 05.73 Acqua caduta 47.89 Diff. 17.84 Aspetto delV atmosfera. — Nessun giorno assoluta- mente sereno ; però furono belli T 1, il 18, il 28 ed il 29. Nel rappresentarmi graficamente questo elemento me- teorologico mi è riuscita una curva simile alla curva barometrica. Aspetto dell' atmosfera in decimi di cielo coperto. Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3 p. 6 p. 9p. Medii I. II. III. 8.30 5-60 6.80 6.90 9.00 7.30 5.77 7.36 8 30 6.40 5.65 6.78 7.30 6.60 6.71 6.84 7.60 5.20 4.50 6.80 2 38 5.30 7.88 5.73 5.95 Medii 6.10 5.16 6.52 Ozono. — Scarso assai. — Una sola volta si ebbe il 10 e fu la mattina del 14 dopo una giornata con pioggia. — 492 — Venti. — I venti nordici tennero il predominio e fra questi , quelli del NNE e NNO. — Dopo questi se- guirono gli orientali, e fra questi TENE e l'Est. Per altro, come apparisce anche dalla tabella, questo ele- mento andò soggetto a variazioni; infatti meno il SE e r Ovest, tutti gli altri venti hanno qualche volta spi- rato.— Nei giorni 13, 15, 27 e 28 vi fu vento forte. Ai 13 15 e 27 nelle ore pomeridiane, e nel 28 sul mezzogiorno. Numero delle volte che si osservarono i renti. Decadi NINO N r.'NE INE km: F. ESI' SE I. II. III. 8 8 6 7 5 3 6 20 6 2 1 1 IO 6 .4 8 3 G 3 S 11 — Totale 21 15 32 4 20 17 - 1 Decadi SSK S sso SO OSO 0 O.NO iNO 1. II. III. 2 I S 2 8 5 2 1 3 1 - 6 3 9 2 1 T.ilalo w 10 7 I 4 9 12 Staio del mare. — Fu agitato nei giorni 13. 17 (l'I"^; jigitatissimo poi nel 16 specialmente alle 9 nnt — La più alta mar(vi fu il giorno K) ore 2.30 ant., gioi'iio del Primo Quarto (7''.10' ant.); la più bassa fu invece il giorno 4 o^'e 2. 25 pom. — 493 — Caratteri del mese. — Il mese fu vario o quasi una metà con pioggia e nebbie. Non vi furono per altro gran- di perturbazioni e quindi si può conchiudere che questo mese fu abbastanza buono. Dopo il tramonto del giorno 4 vi fa aurora boreale. Occupava da NO a NE ed aveva il suo centro propria- mente sul meridiano magnetico. L' altezza della piiì for- te colorazione fu di 45*^, quantunque gli estremi raggi giungessero allo zenith. Il fenomeno non apparve da noi magnifico come in altre stazioni della nostra Peni- ;ola e dell' estero, perchè il cielo era coperto da nubi e l'aria ingombra da nebbicrella. Verso le 11 pom.lafine. PRINCIPALI FATTI METEORICI OSSERVATI IN ALTRE STAZIONL Nel giorno 4 V aurora boreale da noi in piccole pro- porzioni veduta, apparve splendidissima in varie stazio- ni e fu diligentemente osservata e sapientemente de- scritta dagli illustri cultori della scienza il P. Secchi, il P. Denza ed i profess. Donati, Cacciatore, Respighi ed altri. — Questa aurora si osservò anche nell'altro emi- sfero e particolarmente nelT isola della Riunione. A Cosenza il 27 pioggia temporalesca con sabbia giallognola e grandine. In questo mese la neve sul piccolo S. Bernardo giun- se all'altezza di 1980""". — 494 — Prospetto (Ica viorli sacoiido il .vevvo e ielà. o e e « e e a a a IO C3 1—! as IO LO 0! 0 co et »o e8 -0 0 IO ss 0 CO -a 0 C8 0 >^ «8 S'8 0 2 ^ "^ I-, 0 ° Ci TS =8 ® "0 l.'*- settimana dall'I al 7 gennaio Maschi Femmine Totale 17 14 31 12 7 19 4' 1; 5 1 5 13 16 10 26 8 11 19 4 6 10 6 5 11 ^~" 75 59 134 2.* settimana dall' 8 al 14 gennaio Maschi Femmine Totale 15 11 26 4 5 9 3 3 6 8 7 15 8 7 15 10 12 22 3 9 12 2 4 6 53 58 111 3.^ settimana dal 15 al 21 gennaio Maschi Femmine Totale 7 9 16 18 4 22 11 12 23 7 3 10 2 3' 5 3 4 7 / 1 8 18 7 25 10 16 26 3 11 14 2 4 6 60 63 123 4.'^ settimana dal 22 al 28 gennaio Maschi Femmine Totale 4 7 11 10 4 14 9 12 21 2 3 5 1 5 6 -^ 54 42 5.^ settimana dal 29 i^ennaio al 4 febbraio Maschi Femmine Totale 11 5 16 4 6 10 4 4 3 3 6 10 5 15 11 11 22 3 7 10 3 4 7 45 45 90 — 495 — o e e OS o (—5 % e IO 1— 1 « -a IO 1— ( IO o co eS IO o IO o 00 0! o O IO aJ o co a o e- cS T3 o O 00 « da 90 a 100 ed oltre "o 6.^ settimana dal 5 air 11 febbraio Maschi Femmine Totale 12 8 20 5 6 11 2 3 5 5 5 10 1 7 4 11 4 11 15 ! 5 2 7 — 2 4 6 42 43 85 7.^ settimana dal 12 al 18 febbraio Maschi Femmine Totale 9 13 22 5 3 8 4 1 5 1 11 12 8 8 16 9 9 18 6 2 8 2 2 4 2 44 51 95 9.'^ settimana | 8.^ settimana dal 26 febbraio dal 19 al 25 al 3 marzo febbraio Maschi Femmine Totale 7 11 18 9 6 15 1 3 4 5 9 14 7 4 11 9 8 17 4 6 10 3 3 6 45 50 95 1 Maschi 1 Femmine i Totale 9 7 16 4 2 6 5 5 3 5 ~8 7 : 6 13 11 7 18 4 11 15 2 2 4 — 45 40 85 Prospetto delle morti secondo le varie malattie nei mesi di gennajo e fehbrajo. QUALITÀ DELLE MALATTIE t^ 1— ( 1— ( 00 e. 2 a es e . n O — o — ■ o © E- 00 e Ci 2 ce .::- f= u. = '"' c ^-. o f-l © ^- Tf e: ce bc cu bo « tic e3 bD a ^ a TS TS 'O -e ^H cS Febbri tifoidee .... > migliari .... » perniciose . . . Vajoli Apoplessie Congestioni cerebrali , . Paralisi Encefaliti Angine Pleuriti, pneum. e bronch Tisichezze ed altri pochi morbi cronici polm. . Peritoniti, gastriti ed en» teriti Diarree Epatiti, spleniti ed itterizie Pericarditi Vizii organici precordiali Idropi Marasmi Cancri Pellagre Leucocitemia .... Diabete Albuminurie Anemie Scrofole Scorbuti Malattie infantili . . . » chirurgiche . . Sommersioni Totale Immaturità Nati morti .... 1 2 6 ~ 2 1 22 5 6 7 4 20 5 1 2 6 1 23 4 8 1 17 2 2 4 3 t 13 ^ 9 li 3 2 2 15 10 15 17 12 9 12 14 9 7 6 3 5 5 3 1 1 - 1 — 8 5 16 2 11 3 8 1 1 1 12 4 7 2 1 4 7 9 3 1 1 5 7 11 2 i 5 1 19 2 2 — 1 20(» 1 1 12 3 12 3 11 3 134 110 123 96 90 2 5 1 2 »> 2 1 5 — 4i)7 QUALITÀ DELLE MALATTIE ^ =5 iO-2 ^ 01 ^ lO Oi •^ o _ o ■^ £ '^ 'S t£ OS annotazio Oi t- CD S J3 ^»^ ni eU ci "^ r:: t3 •73 w Febbri tifoidee .... > miliari .... » perniciose . . . Vajoli Apoplessie Congestioni cerebrali . . Paralisi Encefaliti ...... Angine Pleuriti, pneum. e bronch. Tisichezze ed altri pochi morbi cronici polm. . Peritoniti, gastriti ed en- teriti Diarree Epatiti, spleniti ed itterizie Pericarditi Vizi organici precordiali. Idropi Marasmi Cancri Pellagre • Leucocitemia .... Diabete Albuminurie Anemie Scrofole Scorbuti Malattie infantili . . . » chirurgiche . . Sommersioni Avvelenamenti . . . . Totale 11 3 1 2 11 11 1 3 11 Immaturità Nati morti 2 7 12 1 85 3 1 10 6 5 4 1 2 17 7 1 1 7 4 6 J 2 1 2 14 2 95 14 2 3 3 2 3(« 10 13 6 1 95 — 1 3 i 4 5 5 2 1 4 10 18 5 1 2 9(2 3 85 2 3 'u -a (Vi »ì a; a s s-a .^ .p^ rt 3 ^ & e « 0^ «w «St'HC /^, Tb/y/r/ 77. 63 408 Libri e opere periodiche^ presentati in dono al reale Istituto dal novembre a tutto deeembre 4872 in- clusivamente. Libri S. Barsaniì J. Betocchi G. Biuncheili . . A. Cacciaìiiga e G Ferretto G. Canestrini. A. Conti . . . E. Contini .... L Da Fi! ut . Degli errori di scienza che s' insegnano, e delle verilii scientifiche, che non sì sanno insegnare nelle scuole militari e civili del Regno d'Ilalia. — Roma, 1870. Discorso pronuncialo in Roma sul fere- tro delPingej^tiere Carlo Possenti. — Roma, 1872. Il mio esilio, Menioric. — Treviso, 1872. . Ricordo della Provincia di Treviso, fo- tografie del Ferretto, con note di A. Caccianiga (album donalo da quella Deputazione provinciale) — Treviso, 1872. Caratteri sessuali secondarii della tinca. — Padova, 1H72 (cud lav.) Evidenza, amore e fede, o i criterii del- la filosofia — discorsi e dialoglii — Voi. 1-2. — Prato, 1872. , La legge nella Scuola. — Roma, 1872 (dono del Reale IMinistero della pub- blica istru/ioiie). . Saggio dflli.' sui' Opere, con 24 tav. fo- tulilogr. di s rilliire e disegni traili dal Codice allanlico. — Milano, 1872. — 499 — G. F avalli. . . G. Giannuzzi . F. Lampertko. />. Lucchini . . L. Mancini. . L. F. M'iìiabrcu G. AV.'jiii'a.v. . . , Angelina Nardo E. JSanlncci. . C. ISoy.sa. . . . U Pcntz.i . . Dei solfiti ed iposolfiti nella cura delle febbri inlcrmiltcnli. — Milano. 1H72. . Ricerche eseguite nel gabincllo di fisio- logia della R. Università di Siena. — Roma, 1872. . Delle scienze nel veneto dal ÌHlìi al 1866. — Venezia, 1872. . Il carcere preventivo ed il meccanismo istruttorio che vi si riferisce nel pro- cesso penale ^ studio di legislazioni couìparale antiche e moderne, segui- to da uno schema — progetto di leg- ge deir autore. — Venezia, 1872. . Alla Libertà — Le Alpi — Odi, seguile da due sonetti. — Fano, 1872. . Intorno ad uno scritto del sig. prof. An- gelo Genocchi. — Roma, 1872. . Su alcuni principii del clinico insegna- mento, discorso. — Venezia, 1872. . Sulla parie che può avere la donna nella formazione del vocabolario compara- tivo dei dialetti italiani. — Venezia. 1872. . INolizie della Biblioteca Alessandrina nel- la R. Univ. di Rouìa. — Roma, 1872. . Primo Congresso giuridico italiano in Roma — Relazione sulla Tesi V. Eser- cizio della professione d'avvocato e procuratore, e tariffe giudiziarie. — Roma, 1872. . btoria di due ovariolomie, la 19. e la "26. in Italia, seguii»» la prima dalla morie. e la seccmda dalla guarigione. -- For lì, 1872. — 500 — /. Pesaro Mcnirofjo- Relazione della Commissione generale nato del bilancio sul pr()gello di le^ge pre- sentalo dal ministro delle finanze (Sel- la) nella tornata del 23 marzo 1873. Slato di prima previsione dell' Entra- ta per l'anno 1873. — Roma, 1872. F. Rizzoli Apparato muscolare ano- perineale rin- venuto nel cadavere di una fanciulla, da tempo sottoposta a chirurgica ope- razione per atresia anale, con isbocco del retto intestino nella vulva — van- taggi che se n" ebbero e che non man- carono in una bambina di recente ope- rata. — Bologna, 1872. Q. Scila e I. Pesa- Discorsi, pronunciali alla Camera dei de- ro Manrogoìiato. putati nelle tornate delli 10 e 12 de- cembre 1872, sulla discussione dello Stato di prima previsione dell'entrala pel 1873. — Roma, 1872. G. Silveslrini . . . Quattro casi di malattie dello stomaco, ca- ratterizzati da vomiti ricorrenti con presenza di sarcina, ultimamente trat- tali col solfalo di soda. — Padova, 1872. D. Sijrski Relazione, prodotta all'i, r. Governo ma- rittimo in Trieste, sulle masse glutino- se osservate nei mesi di giugno e lu- glio 1872 nella parie seltcnlrionale doir Adriatico — Trieste, 1K72. /i. Sobrevo Esame della foglia del gelso — p. 1. TorinOj 1871. Di Eugenio Sismoiula, notizia biografica. — Torino, 1871. Conservazione dei legnami ( ol mezzo — 501 - del biliime residuo della raffinazione del petrolio. — Torino, 1871. A. Sobrero .... Della cagione della malallia del baco ) tali ricorsi V Italia ne dovrà cercare piii d' uno, che il » raggio d'azione di queste improvvise spedizioni sarà » breve. Nel primo caso impossibile qualunque blocco , » qualunque bombardamento, qualunque sbarco del ae- Serie IV, Tomo II, 6Tf -- 524 — » mico : nel secondo tutto possibile quello che egli vo- » glia tentare »? Di queste ragioni non c'è una, proprio una, che stia ritta. Prima di tutto s' è dimostrato finora che, non ci è nessuna armata navale la quale renda inutile il fortifi- care la costa. È invece vero il contrario, che non c'è nessuna poderosa armata navale la quale non cessi ben presto di potersi chiamare poderosa se la costa non è fortificata. -La prima parte del dilemma manca quindi di ogni consistenza assoluta, come manca di ogni con- sistenza relativa la seconda nella quale la Rivista attri- buisce a quelli che reputa proprii avversarii, il concetto di una debole flotta buona a mostrar la Mncliera in ])ace^ e in guerra a nulla altro che a qualche colpo di mano. L' autore confuta gli ufficiali del Genio d'oggi come confuterebbe quelli che precedettero il Vauban e perfi- no il Marchi, quelli cioè che seminarono di torrioni la costa meridionale, che cinsero Sciacca di mura bastio- nate, che fortificarono Augusta a dieci passi da Cata- nia e da Messina. Ma egli invece si trova di fronte a gente la quale incaricata di studiare la fortificazione delle coste italiane propose ed ottenne di abolire nove decimi delle opere esistenti, e che riconoscendo la mis- sione vera della flotta parlò appunto di quelle mura di legno, ora di ferro, di cui T autore riprodusse a bello studio la citazione. Il dilemma pertanto manca nel suo secondo termine, altrettanto che nel primo, di ogni fondamento di verità, il quesito è intavolato a rovescio. I due partiti militari che stanno di fronte non sono né esattamente nò ap- prossimativamente come la Rivista crede ed afferma. Sono invece così: — 525 — r. Il partito di coloro i quali fondatamente affer- mano : a) Che nessuna poderosa flotta può guarentire da fiizioni marittimo i propri cantieri e che questi per con- seguenza dehbono mettersi in grado di proteggersi da se. Esso paragona chi spende milioni e milioni nei depo- siti e nei cantieri e poi ne ricusa alcuni alle fortificazioni proprio a quello scemo che dovendo pur tenere qual- che centinaio di mila lire alla mano le lasciasse poi alla mercè del primo mariuolo per non ispendere tre o quat- tro mila in uno scrigno. b) Che nessuna poderosa flotta può dire ad un pae- se di estesissima costa : qui non si sbarcherà ; e che per conseguenza Vtdtima ratio contro le fazioni di sbarco non sono i mezzi navali. e) Che nessuna flotta può nemmeno dire : io sarò alla tal ora nel tal porto, ovvero io incrocierò colle tali forze, perchè il mare può sempre deviarla o sempre dividerla, e che in presenza di questi fatti possibili di forza mag- giore sono indispensabili dei punti forti nella costa, sia per ragioni militari, che per ragioni nautiche ed ammi- nistrative. Essi afl'ermano che soltanto una ben intera rete di telegrafi e di strade, e una sapiente coordinazio- ne di zone difensive terrestri, può davvero assicurare il paese che nessuno sbarco avrà luogo il quale non sia seguito a brevissima distanza di tempo dal totale disa- stro delle forze sbarcate. d) Che questi tali punti forti rimangono proprio fuo- ri di dominio anche della fortuna di guerra, perchè si possono creare fronti a mare in vere condizioni di ine- spugnabilità. Ecco le affermazioni del primo partito che è in molta ^ 526 — parte composto di ingegneri militari se la rivista marit- tima vuol proprio avere una classe responsabile. II. C'è poi il partito ch'è quello di essaRivista e dei suoi dotti e abili ma paradossali scrittori, i quali dicono: a) Noi altri marinai bastiamo a difendere le coste del nostro paese. Noi siamo i figli delle nostre piazze marittime, e noi sapremo anche difenderle da qualun- que attacco'. . . . (che è come dire noi siamo bimbi e sta- remo cuciti alle gonne delle nostre mammine). b) Il nostro raggio d' stziotìe, purché la cifrù, delle nostre forze sia adeguata al compito nostro, giuiranti- scé ogni tratto di costa da qualunque fazione di sbarco (che è come dire : a noi altri la burletta della armada di Filippo II non piùò toccare. Con noi Nettuno non scherza mica). e) Quanto alle piazze forti, noi soli le possiamo difendere, perocché l' attacco marittimo partendo da oggetti mobili e impiccioliti dalla distanza, sfugge com- pletamente come bersaglio, mentre può alla sua volta coprire di projetti le batterie terrestri, del cui fuoco si ride. Resta pertanto alla sola flotta che può moversi contro gli attaccanti la possibilità di respingerli (che è come dire : che le flotte da lontano fanno un gran male mentre bruciano in polvere tre volte più polvere a pro- pri danni, che roba del nemico ai suoi). d) Le havi da guerra oggi non sono vulnerabili che per mezzo di altre navi da guerra (come se il Hrooklyn a Mobile e a Charleston V Atalanta, noa avessero pro- vato il contrario). e) Le piazze marittime non difese dalle dotte, sono roba che non ci regge di fronte (che è come dire : si tira meglio da mafe che da terra, e risolvere il proble- - 527 - ma insoluto tra le corazze e le bocche a fuoco, e quello poi insolubile in eterno degli ostacoli materiali, perchè i monitori manovrano, se si vuole, in tutti i sensi, ta- gliano, forano, sfondano, ma la barriera non impareran- no mai a saltarla. E nondimeno essi ripetono e fanno ripetere : che coi loro bastimenti vanno dappertutto. Eccoli i due partiti, i due ordini di affermazioni, e d' impegni assoluti verso il paese. Ebbene, è vero che le piazze marittime possono es- sere difese soltanto col concorso della fiotta ? No. Chi voglia negare la inespugnabilità dei ben costrutti e muniti fronti a mare, presenti, se gli basta l'animo, un diario presuntivo delle operazioni di attacco marittimo contro, per esempio, la piazza di Spezia, sup- ponendo la difesa dalla diga interna del Guarasci o dalla mediana della Commissione e battuta da tutti i fuochi segnalati nel diagramma. Noi mettiamo pegno che que- sto diario, se ci sarà chi voglia compilarlo, o sarà la pili avventata e assurda cosa del mondo o sarà la mi- gliore fra le dimostrazioni della impossibilità delF in- gresso forzato, cioè delP acquisto della piazza per espu- gnazione. Resterà il bombardamento. A che distanze? di là della diga, siamo d'accordo, lo ammette anche la Rivista marittima che i monitori a sfondarsi tra loro valgono moltissimo, ma a sfondare le dighe ci hanno la testa tenera. Dunque di là. E di quanto? Di molto, perchè la distanza gli rimpicciolisca. Per avere questa condizio- ne di non esser colti dalle batterie fronteggianti biso- gnerà parlare di qualche chilometro dalla diga; qualche, cioè parecchi, dacché il cannoniere di un pezzo da 34 potrebbe avere la vista lunga e ricevere dalla fìsica dei fieri aiuti per allungarla ancora di piìi. Poi il golfo ^ 528 — ha pure le braccia lunghe, e di batterie ne porta fino alla corda. Tolto di mezzo il caso della espugnazione resta a vedere fino a che punto ci sia per le navi il tor- naconto di scambiare dei projettili che, partendo dalle navi attaccanti, si dirigessero o alle batterie superiori colle quasi impossibilità di colpire, o ai cantieri giù in fondo, cioè sei a ottomila metri, tentando, secondo la non solo arguta ma esatta frase del Durfort, di rompere dei vetri al nemico colle proprie sterline. Non mette poi nemmeno, il conto di dimostrare l' inutilità del get- tare a mezzo un porto projetti che impiegheranno dai due a tre minuti ad arrivare e dai quali sarà piiì facile scansarsi, che dalle carrozze del corso romano durante i tumultuarli ritorni dal Pincio. Se del resto e' è un mari- najo il quale si senta di presentarci un tale diario pre^ ventivo di operazioni, con annessovi un piccolo conte- rello di spese d'attacco e una piccola dimostrazione del suo tornaconto, sia pur sicuro che dal partito avversa- rio non tarderà a contrapporglisi il diario delle contro- operazioni, e la applicazione delle formule di probabi- lità ai suoi tiri. Nello stesso modo che la bontà e la forza dell' eser- cito non potrebbe dispensare uno Stato dal debito di provvedere ad un sistema di difesa fino ad un certo punto indipendente dalle sue forze mobili, la bontà e il numero della fiotta non può in nessun caso dispensare uno Stato dal munire fortemente le proprie frop.tiero marittime. Diciamo non solo altrettanto, ma più perchè l'esercito di mare ha contro di so non solo tutte le osti- lità del nemico, ma anche quelle della natura, e per con- seguenza, a parità di tutte le circostanze, lascia allo Stato il dovere di premunirsi anche maggiormente. — 52!) — Noi non crediamo che 1' armata di mare possa ri- guardarsi in guisa alcuna tocca nei diritti o nelle su- scettibilità sue, crediamo all'opposto che sia un vero of- fenderla e perderla per Y avvenire il prescriverle com- piti che la natura de' suoi mezzi, non la scarsezza del suo sapere e della sua volontà, le impediscono di rag- giungere. Non e' è una sola espugnazione marittima, una sola forzatura di passi, che non abbia la propria ovvia spie- gazione nella scarsezza e decadenza delle difese. — Da Gibilterra, da Copenhagen, e dai Dardanelli, al Tago, ad Ancona e giù giù fino a Mobile e Corea. — Da don Luigi di Cordova, da Howe, da Nelson, fino a Roussin e a Roze nessuno ha fatto poliorceticamen- te cosa che la ingegneria militare non avesse potuto fargli tornare sul capo come la pietra lanciata dal paz- zo. Il vero mestiere della marineria è fare del Trafal- gar ; a Mobile ci s' entra soltanto chiudendo bene gli occhi, e un'altra cosa che Ferragut aveva la franchez- za Dantescamente marinaresca di chiamare col suo nome, si lascia V a ire al vapore e si va o in fondo o in aria o avanti. C'est deau mais ce n^est pas la gverre^ al- meno non è certamente la guerra che possa conti- nuarsi a fare ogni giorno. Le imprese da tentare dopo chiusi gli occhi sono facilmente rese impossibili dalla gente che li tiene aperti; e dei tre termini: saltare, affondare o avanzare restano possibili i soli due pri- mi. — È una assurdità militare e finanziaria andarci incontro senza corrispettivi. E non giova dire : fare- mo ancora saltare i bastioni. Non salteranno più quan- do nel proprio seno suicida non conterranno le ma- terie esplosive che li hanno fatti saltare finora ; come — 530 — non giova dire: bombarderemo, perchè per bombar- dare utilmente bisogna accostarsi. Ne a ciò è suffi- ciente rispondere : noi non siamo il Cristiano Vili che ya a fondo per qualche cannonata. — C è da rispon- dere : Voi non sarete il Cristiano, ammetto anzi che siate il diavolo, ma né anche i cannoni di Krupp non sono più quelli che si usavano a Eckerfield. La poliorcetica non può essere in Europa V affare della marina, in Cocincina forse ancora. Laonde quan- do io leggo dei programmi d'attacco e difesa marittima a proposito d'uno scoglio fortificato io mi sento voglia di gridare a squarciagola agli uni: non lo difendete che s' ha a difendere da se, e a quegli altri : non lo attaccate perchè ne andrete a capo rotto. A proposito di scogli la marina non ha che una cosa da fare, gi- rar largo, e questa cosa la studii molto ma molto. — L'attaccare porti veramente muniti, per parte della ma- rina può tradursi così : portare sì e no al nemico un daimo di 500 lire spendendone 50,000 e arrischiando 10 milioni. Attaccare porti di poca forza non è poliorcetica sul serio — quando la marina lo voglia fare si tenga al vecchio metodo inglese, sbarchi un par di compagnie che girino l'opera alla gola, si pianti di faccia e tiri in arcata. Conterà quel che conterà, la fanteria sbar- cata farà il resto. Ma questo gusto o incomodo il Ge- nio mihtare se lo leva ben presto, dacché le piccole opere vanno tutte a scomparire. Né con ciò si vuol nulla levare alla parte della ma- rineria. Essa è immensa nella difesa degli Stati di molte coste, cioè di grandi e vitali interessi marittimi , ma consiste tutta nel dominare i mari e impedire che que- — 531 — sti sieno veicolo an;^icliò ostacolo alle difese stra- niere. La flotta, e ciò non è mai ripetuto abbastanza fin- ché ci sia g'cnte che così scientificamente la disco- nosce, è il giusto riscontro dell'esercito di prima linea, il quale non ha mica Tobbiettivo di difendere la città tale 0 la tale altra se non in quanto ciò concorra nel suo scopo diretto che è quello di battere Vescrcito ne- mico in campagna. L'esercito di prima linea fa è vero anche la polior- cetica; esso investe, e assedia, e assalta, ma lo fa meno che può, e quando gli riesce girare lo fa di gran cuo- re e tira via facendo alla piazza forte il saluto di Ren- zo : sta lì maledetto paese. La flotta ha sopra 1' esercito cotesto vantaggio di poter sempre trascurare l'ostacolo. Il suo cammino non è ingombro mai ; o perchè vorrebbe andarsi a rompere il capo nei muri contro i quali il suo bravo fratello maggiore, l'esercito, è così felice di non aver'che fare, sebbene possa aflVontarli con tanto maggiore fidanza e li trovi senza confronto men duri, perchè T inespu- gnabilità dei fronti di terra non esiste ? Guardi 1' alto mare, faccia piazza pulita delle flotte nemiche, questo (^ui è pure un bello e degno lavoro. Pulito il mare è pulita anche la costa rispetto agli interessi economici; quanto ai militari , si è detto che la loro tutela sta nelle fortificazioni dèi punti capitali, nelle seg'nalazioni precise e nelle comunicazioni rapide e sicure. Per con- cretare con un esempio pratico ecco: Spezia-Venezia ; Taranto-Brindisi (piazza bifronte) debbono difendersi da se come grandi perni di manovra , d' approvigiona- mento e d'armamento; Genova, Ancona, Civitavecchia e Serie F, Turno II. 68 — 532 — ([ualc'hc altra come stazioni intermedie e piazze di rac- rordamento. Tutta questa roba non deve chiedere ma rendere dei servigi alla flotta. Tutto l'altro litorale da Savona a Reggio di Calabria e da Squillace a Chioggia non può essere salvato da danni economici incalcolabili che per le gesto della flotta nei larghi campi del mare ed è ad essa che egli protende trepidante le supplici mani. Ma come Milano non si salva tenendo la divisione a marcire nel suo agro, ma vincendo sul Po, sul Ticino o sul Torre, cosi Napoli non si salva incrociando a Baja, ma combattendo magari a Milazzo come Duilio, o alle Eolie come Scipione. Dallo cose fin qui ragionato grandi e scrii avverti- menti derivano e agli ufficiali del Genio e a quelli della marineria, i primi per fare i loro conti sulla difesa, i se- condi suir attacco delle piazze marittime. I primi non debbono mai dimenticare : I. Che lo piazze marittime sono di due specie le quali stanno tra loro come le opere miste alle permanenti. Le fjrandi di deposito^ come sarebbero Spezia, Vene- zia e Taranto-Brindisi per V Italia, debbono avere i loro fronti a mare portati al limite della inespugnabilità ri- cordandosi che Tattacco marittimo non e' è che una cosa clic lo arresti di certo, T osiacolo materiale passivo, la barriera. Ripetiamolo pure, i monitori forano, i monitori tirano, i monitori sfondano, la sola cosa che non hanno imparato e non impareranno mai a fiiro, ò il salto della barriera. Si prepari dunque la barriera, e \)0\ si dorma fra du(\ guanciali. In lìimoso marinaio o soldato diceva: fatemi la diga esterna alla Spezia, se volete metteteci sojìra qualche — 583 — cannone e se no fatene pure a meno, e lasciate che il nemico si diverta a tirare per suo conto. A parte l;i questione economica della costruzione, a parte quella politica del tempo, a parte quella nautica definitiva delle bocche, egli enunciava una grande ve- rità colla spigliatezza d' un grande conoscitore della materia. II. Le grandi piazze hanno scopo offensivo. Che il fortificatore prepari molteplici sbocchi e assicuri il cam- po di spiegamento. III. Le opere, non piazze, di secondo ordine, le quali non rappresentano che un'incetta di tempo per la difesa, sieno collocate in modo da battere di là e di qua dal passo, sieno munite alla gola in modo da non temersi gi- rate, abbiano conveniente comando, e artiglieria gros- sissima e comunicazioni di segnalamento colle altre ope- re difensive. Anche per quelle opere però il fortificatore non cal- coli sul concorso della flotta, non immobilizzi alcuna parte di essa dinanzi a se. È possibile che questa coo- peri vincendo in mare, ma è fuori d' ogni giusto con- cetto militare la speranza di incrociare i proprj fuochi con quelli dei proprj legni. Che le batterie pensino loro a incrociare a dovere e sui galleggianti (dal guarda- porti in fuori se ce n' è uno) non faccia conti il costrut- tore. Pel difensore è un'altra cosa, egli potrà utilizzare tutto ciò che ha fatto la mano. IV. L' ufficiale del Genio che mette un ripostiglio a polvere sotto i rampari merita di essere impiccato per la gola. Quanto agH uffìziali di marina non dimentichino : I. Che Parke, Nelson, Roussin e Ferra gut trovarono — 534 — il Suud, il Bosforo, il Tago e il pas.-o di Mobile troppo diversi da quell" assetto che la scienza della difesa pre- scrive, e che non s' ha a far conti su quei dati lì. II. Che in generale, tirare da mare contro rampari costruiti a regola d'arte e ben rivestiti è un tirare non contro il proprio nemico ma contro la propria finanza. Bombardare a distanza maggiore di 5000 metri è me- ritarsi la famosa qualificazione del Dourfort. III. Che le artigherie per le navi sono poco più di quel che sia il pistolone per la cavalleria — che la loro vera e immensa forza è nella prova forte. Le navi val- gono quanto la loro massa pei quadrati delle velocità. Ora contro gli ostacoli materiali e permanenti qualun- que sia l'il/ e qualunque il V non c'è nulla a fare al- tro che andare a fondo, fatto che può essere anche bello finché si ^uole, ma che n' est pas la guerre^ secondo il motto di Balaclava. Bisogna guardarsi sopratutto dal creare rispetto alla forza militare delle varie armi una falsa opinione pub- blica, perocché questa non manca durante una campa- gna di creare assurde esigenze, amari disinganni e per- fidi giudizii. La flotta non è chiamata a difendere le vere piazze marittimo come non è chiamata ad espugnarle. Nel primo caso essa mostrerebbe la eccessiva modestia di considerarsi come un accessorio dei muri, una linea galleggiante di opere avanzate. Nel secondo mostrereb- be la eccessiva pretensione di mettersi in una partita disperata, dove la vittoria in modo alcuno non può ve- nirle dalla scienza o potenza propria ma soltanto dalla insufficienza nemica. Fissate questo idee a ciascuno vie- ne la sua parte, e il paese lo cui esigenze pur troppo in- — 535 — iluiscono non di rado sulle deliberazioni di guerra, sa- prà almeno che cosa sperare, e che cosa volere. A ciascheduno la parte sua. Al marinajo il mare, al soldato di terra la costa, che ò terra ancora. Tutto ciò senza disconoscere quel che e' è di promiscuo. L' esercito difende le piazze marittime che fanno tanto comodo alla flotta, la flotta piomba a tempo sui convogli marittimi che trasportano truppe e materiale di sbarco e li rompe, o almeno li divide, e rende alla sua volta servizio all' esercito di terra. I piccoli servigi mantengono l'amicizia, e noi, manco male, dobbiamo essere amici, ma militarmente parlando, con un con- cetto chiaro del mio e del tuo, E questa è, secondo me, la sola logica intavolaziene del quesito della difesa. Io ho voluto per la sua impor- tanza suprema esporla qui dove regna la scienza ampia e severa, e dove seggono coloro i quali furono e posso- no essere in ogni cosa i miei maestri. DELLE COPPIE ELETTRICHE E DELLE PRINCIPALI LORO APPLICAZIONI Monografìa DEL DOTI. ANDREA NACCARI ASSISTENTE ALLA CATTEDRA DI FISICA NELLA K. CMVERSITÀ DI PADOYA (ConliDuaz. della pag. 290 «lei presenle volume.) PARTE V. DELLE VARIE APPLICAZIONI DELLE COPPIE ELETTRICHE. L'esame delle coppie elettriche fatto nella parte se- conda e nella quarta sarebbe, a dir vero, sufficiente per farci in ogni caso decidere quali siono le Tpìii acconcie ai varj usi della pratica. La cognizione delle così dette costanti delle coppie e delle loro proprietà, e la legge di Ohm possono guidarci con sicurei:za in tutte le ap- plicazioni. Ma per soddisfare al proposto quesito e per raccogliere quelle nozioni, che in pratica porgono van- taggi maggiori, dirò ora dellt^ pii^i importanti applica- zioni delle correnti, vale a dire 1.^ della telegrafia, 2." della produzione di luce elettrica, 3." della elettrotera- pia, 4.^ delle operazioni elettro-chimiche. 1.*^ Della telegrafia. Perchè una coppia elettrica sia acconcia a far par- te di una pila telegrafica, è necessario eh' essa abbia lo seguenti proprietà : 1." essa deve dare una corrente costante; ^ 538 — 2.^ e^sa deve conservarsi inalterata non solo a cir- cuito chiuso, ma anche a circuito aperto ; 3.^ il tempo, durante il quale si può lasciare la pila intatta senza scomporla dev' essere quanto più lungo è possihile ; 4.^ essa non deve spargere vapori nocivi ; 5.^ deve esser, quanto è piià possibile, semplice ed economica. La prima condizione esclude la massima parte del- le coppie ad un liquido. Di fatto, eccetto la Leclanché e qualche altra coppia di costruzione speciale poco dif- fusa, le coppie adottate nella telegrafia sono coppie a due liquidi. Fra le coppie a corrente costante la quarta condizio- ne esclude quelle che devono venir caricate con acido nitrico, poiché i vapori nitrosi svolgendosi continua- mente in un ambiente chiuso, riescirebbero nocivi alle persone e agli oggetti metallici, che si trovassero in esso. Prima di passare in rivista lo coppie meglio adatte alla telegrafia, facciamo alcune considerazioni generali rispetto air economia. Si è già indicato nella parte quarta il numero espri- mente l'effetto produttivo per parecchie coppie studiate dal Dehms. Per alcune poi, come per la Danieli, per la Callaud e per laMeidinger, esso può dipendere da condizioni speciali od anche accidentali. Ad esempio nella Danieli il consumo inutile sarà maggiore quan- do il diaframma sia molto poroso, nella Callaud e nella Meidinger il consumo inutile crescerà quando la cop- pia non venga preparata con la debita cura o venga a tritata. — 030 — Le coppie poi devono essere considerate dal lato economico, oltre che partitamentc ciascuna, ajiche di- sposte in pila, poiché nella telegrafia esse si trovano sempre in tali condizioni. Le pile telegrafiche, almeno quelle delle linee, sono sempre disposte per tensione, perchè in generale la somma delle interne resistenze delle coppie impiegate è sempre inferiore alla resistenza esterna. Il consumo che in un dato tempo avverrà nella pila per la elettrolisi, sarà proporzionale air intensità della corrente e al numero delle coppie. Oltre al consumo utile, al quale si deve la corrente, v' ha poi il consumo inutile, che spesso è indipendente dall'altro. Studiando però sperimentalmente le coppie in condizioni pressoché eguali, potremo stabilire il loro effetto produttivo, e il valore inverso ci darà il consumo totale espresso per il consumo utile. In tal modo po- tremo considerare il consumo totale siccome proporzio- nale air intensità e scrivere q-rzinnl (1) dove n è il numero delle coppie componenti una pila, I è r intensità della corrente , m un coefficiente che di- pende dalla natura delle coppie e dalle condizioni in cui esse si trovano. Quando si voglia adottare una pila per una linea telegrafica, la quantità I ha un valore determinato, tale da poter produrre un certo effetto sugli apparati della stazione ricevente, cioè attrarre l'ancora del relais nel sistema Morse, produrre effetti chimici nei telegrafi autografici, smagnetizzare 1' elettrocalamita e lasciar libera l' azione alla molla nel sistema Hughes ecc. Serie r, Tomo IL CO — 640 — Questo valore di I, che dalla pratica deve esser noto, si può anche esprimere così I = -^^ (2) dove E è la forza elettromotrice di ciascuna coppia, R la resistenza interna, r la esterna del circuito. Da questa ricavasi ri n-=i E— RI Il numero delle coppie crescerà dunque al crescere della interna resistenza, purché il termine RI non sia trascurabile rispetto ad E. Ora importa vedere se que- sta condizione si avveri in pratica o no. Nei varj casi in cambio di r si potrà sostituire il valore della resi- stenza esterna del circuito. Per far un esempio che mo- stri prossimamente con qual legge cresca oi al crescere di R, assumerò alcuni dati, che non si scostino molto dalle condizioni della pratica. Si sa che la corrente di riposo in un comune apparecchio telegrafico è prossi- mamente 0,4, che quella di lavoro sta fra 0,07 e 0,2. Per assumere numeri semplici, prendiamo 1 = 0,1 In: 0,2 IzzO,4. La forza elettromotrice di ciascuna coppia ammet- tasi eguale a 12. Supponiamo che la resistenza esterna sia r^OOO e quan- to alla resistenza interna, prendiamo i valori 1,5,10,20. Il primo corrisponderebbe ad una coppia di piccola re- sistenza, il secondo ad una di resistenza media, il ter- zo darebbe una resistenza piuttosto grande ma non in- solita, il fpiarto una resistenza assai forte. La tabella 541 seguente indica i valori che assume il numero n delle coppie della pila al variare di I e di R. 1=0,1 I=:0,2 1=0,4 R=J 25 51 103 R=:5 26 55 120 R=10 27 60 150 R=:20 30 75 300 Siccome il consumo totale è per la (1) proporzionale ad w, così scorgesi come nel caso considerato, dato un certo valore delF intensità, cresca il consumo al cre- scere della resistenza interna. Per il più piccolo valore di I r aumento non è molto sensibile, ma è notevole per il secondo e grandissimo per il terzo. Le considerazioni precedenti sono del resto tanto elementari che avrei potuto ommetterle siccome cosa superflua, ma in molti opuscoli, destinati specialmente all'uso pratico degli apparati telegrafici, m' è avvenuto di trovar esposte idee molto strane su questo argomen- to e contrarie ai principj fondamentali di elettricità di- namica. V ha chi stima tanto migliore una coppia quan- to n' è maggiore la resistenza, chi dice che questa vale a diminuire la quantità della elettricità, ma non gli ef- fetti elettromagnetici della corrente, chi infine suppone equivalenti due coppie di egual forza elettromotrice, qualunque ne sia la resistenza. Certo nello scegliere le coppie si deve porre atten- — 542 — ziune che alla poca resistenza non s" accompagni una eccessiva permeabilità del diaframma, sicché i liquidi si diffondano facilmente, e s'alteri in breve tempo la coppia, ma quando Taltre condizioni sien pari, dovremo sempre preferire le coppie di minor resistenza. Venendo alle singole coppie, raccogliamo ora qual- che dato relativo alla loro applicazione nella telegrafia. La 2.* delle condizioni annoverate piiì sopra fra quel- le che si richiedono in una coppia telegrafica sarebbe contraria all'uso della coppia Danieli, perchè special- mente a circuito aperto si formano le incrostazioni di rame nel vaso poroso e questo dopo un certo tempo si fende. Però quando si abbia cura di scegliere dei vasi porosi, i quali abbiano resistenza piuttosto considerevo- le, come si fa per lo più in telegrafia, tale inconvenien- te viene attenuato d'assai. Negli ufficj telegrafici, dove si fa uso della Danieli, si calcola d'ordinario che un va- so poroso duri da due a tre mesi. Il Blavier però nel suo Manuale di telegrafia porta questo periodo di tempo a due anni. Per scegliere i vasi porosi opportuni egli sug- gerisce di empirli di acqua e di rigettare tutti quelli che in 24 oro perdano piiì di y^^ dell' acqua contenuta. Una pila Danieli per uso telegrafico esige delle cu- re speciali, se si vuol ottenerne a lungo dei buoni effet- ti. Quando la pila è' composta ed attiva, bisogna esami- narla ogni giorno; aggiungere cristalli di solfato di ra- me ed acqua, ove occorra; togliere le effioresccnze sa- line dall' orlo dei vasi, e scambiar que' vasi porosi, che si mostrano troppo permeabili, il che si riconosce dal- l'eccessivo consumo di solfato di rame. Quanto alle dimensioni della coppia, venne adotta- to in Francia e in molti altri paesi un modello nel quale — 54.') — il vaso esterno aveva l'altezza di 12 centimetri e il dia- metro di 9: Io zinco aveva l'altezza di 10 cent, soltan- to. Si tentò di adoperare modelli diversi : in Svizzera, ad esempio, si usò per qualche tempo delle coppie aven- ti 5 centimetri soltanto di altezza, ma si tornò ben pre- sto alle dette dimensioni. La resistenza delle coppie Danieli comunemente ado- perate nella telegrafia è molto maggiore di quella della coppia da me adoperata. 1 vasi porosi da me usati nello esperienze erano di buonissima terra e di eccellente pre- parazione ; ma appunto per la loro grande porosità era- no poco adatti ad una Danieli, che si dovesse lungamen- te adoperare, specialmente a circuito aperto. Di fatto la coppia, che servì alla serie quinta delle esperienze sulla Danieli, fu da me trovata nello scomporla con tante in- crostazioni sul vaso poroso, da render questo probabil- mente inetto ad essere ulteriormente adoperato. La resistenza di una di queste coppie usata in tele- grafia viene espressa per lo pii^i da numeri compresi fra 700 e 1200 prendendo per unità la resistenza di !•" di filo telegrafico del diametro di 4 mill. Un metro di questo filo ha la resistenza ^ 0,00955 3,14X4X8,34 dove 8,34 esprime la conducibilità del ferro rispetto al mercurio secondo la determinazione dell' Arndsen. La detta resistenza varierebbe adunque fra 6,7 e 11,5 unità Siemens: però non sorpassa per lo piìi 8,5. Il numero delle coppie, di che si compone una pila telegrafica varia naturalmente secondo la resistenza della linea. Si ammette in pratica che 15 a 30 coppie — 544 — bastino per una linea inferiore a 100 chil., che 30 a 50 ne occorrano per linee di 100 a 200 chil., 50 a 70 per linee da 200 a 300, 70 a 100 per linee di 300 a 500 chil. ; sem- pre ammesso però che si tratti del sistema Morse. Se si calcola la corrente data da una di queste pile prendendo per resistenza esterna quella del filo della li- nea soltanto, si trovano dei valori molto più grandi di quelli sopra indicati per le correnti telegrafiche, ma alla resistenza del filo s'aggiungono molte resistenze ac- cessorie, e una parte poi considerevole della corrente va perduta nelle derivazioni per mancanza di perfetto iso- lamento. Il consumo totale di una coppia Danieli in un ufficio telegrafico centrale può giungere a 1 chilogrammo di solfato di rame per anno. In questo il consumo inutile è compreso per 250 o 300 gr. all' incirca. Nei nostri ufficj telegrafici piiì importanti il consu- mo annuo di solfato di rame stava intorno a 0,'=*>-6 per ogni coppia. La Danieli fu usata a lungo in moltissimi paesi per la telegrafia, ed è usata tuttora in alcuni, come ad esem- pio nell'Austria. La coppia Minotto fu costruita appositamente per la telegrafia ed ebbe dapprincipio una diff'usione assai grande. Essa venne poi in molti paesi abbandonata e sostituita da coppie diverse. Anche in Italia non la si usa piiì negli ufficj governativi; però è tuttora impiega- ta da alcune società ferroviarie e all' estero negli ufficj telegrafici del Belgio, della Spagna e del Portogallo. Le ragioni che condussero a sostituire altra coppia alla Minotto furono le seguenti : 1." la grande resistenza interna. - 545 — 2.^ la difficoltà di trovar sabbia buona. 3.° la cura necessaria nel comporre la coppia. 4." la necessità di scomporre interamente una cop- pia quand'essa non si comporti regolarmente. È certamente a tenere g-ran conto di un esperimen» to fatto in sì grandi proporzioni ; ma si può osservar tut- tavia che alcuni degli accennati difetti potrebbero ve- nire attenuati, che altri sono comuni ad altre coppie, e che infine la Minotto gode di qualche buona proprietà, della quale altre coppie difettano. Certo alcune delle coppie, anche costruite sotto la direzione del Minotto medesimo, avevano resistenze eccessive, come 40 a 50 unità Siemens, e se stiamo ad alcune esperienze del Brunner citate dal Minotto, fin anche più di 70. Questo è un difetto però che si può togliere alle coppie, aumentando la grandezza delle superficie metalliche e diminuendo entro certi limiti r altezza dello strato di sabbia. La difficoltà di trovar buona sabbia non è grandis- sima e la preparazione, ove occorra, ne è facile. La composizione della coppia esige certamente qualche cura, ma anche la Meidinger, ad esempio, ne esige e la Callaud, benché richieda tempo minore, deve venir preparata con diligenza. Chiunque poi può scomporre o ricomporre la Minotto, quando abbia un po' d' esercizio, mentre alcune coppie, come la Leclan- ché, presentano speciali difficoltà. In quanto air economia, non volendo pure ammet- tere tutto il vantaggio a favore della Minotto in con- fronto della Danieli e della Callaud, che si annunciò da principio, è tuttavia ragionevole il ritener più econo- mica la Minotto per la sua costruzione speciale. Di fatto — 54(ì — noi abbiamo in questa i due liquidi disposti in due strati orizzontali neir ordine dei pesi specifici e separati per di più da un diaframma. La diffusione dovrà esser dun- que minore di quello che sia nella Danieli, dove i due liquidi sono a pari livello, supposta eguale porosità nei diaframmi, e minore di quello che sia nella Callaud dove manca affatto il diaframma. Il consumo inutile che con- segue dalla diffusione dovrà quindi essere attenuato. Da tutto ciò parmi si possa concludere, che in molte applicazioni, dove occorre una corrente non molto in- tensa, sia continua, sia ad intervalli soltanto, la coppia Minotto, che non dà incomodo di esalazioni, che ha una lunga durata e può trasportarsi e smoversi senza danno, può prestare utili servigj. La coppia Callaud è quella oggidì adottata negli ufficj telegrafici italiani. Essa fu già descritta a suffi- cienza prima d^ ora e fu anche indicato il modo di pre- pararla. Una coppia Callaud dura dai 30 ai 45 giorni. L' an- nuo consumo di solfato di rame nei nostri ufficj tele- grafici pili importanti s'avvicina ad 1'' per ogni coppia e sorpassa talora questo limite : negli ufficj secondar] è la metà. In condizioni eguali pare che il consumo della Callaud stia fra ^/j e il doppio di quello della Da- nieli, ma per questa conviene anche tener conto del consumo dei vasi porosi. Il numero delle coppie componenti ima pila è eguale a quella occorrente nel caso che si faccia uso della Danieli. La coppia Siemens è usata in alcuni ufficj telegra- fici della Germania e della Svizzera. Essti ha lunga durata ed e molto economica. — 547 — Si è gih parlato ciutecedentemeiitc della coppia Mcidinger e dei due modelli di questa coppia adottati in pratica. L' amministrazione dei telegrafi della Germania del Nord incaricò nel 1869 una speciale commissione di studiare le coppie telegrafiche più importanti. Questa commissione composta diRotlier,Frisclicn, Brixe Dehms in seguito all' esame accurato di parecchie coppie propose r uso della Meidinger a matraccio rovesciato per le correnti minori e della Bunsen con acido solfo- rico misto a bicromato di potassa per le correnti più intense. Il pallone o matraccio della Meidinger -viene intera- mente riempito di cristalli di solfato di rame e del liqui- do che vien tratto dalle coppie già esauste. Questo li- (|i]iclo deve venir prima depurato dallo zinco e dal rame che contiene e poi diluito in 8 parti di acqua comune. Anche il vaso principale s' empie di liquido preparato in tal modo. Quando dopo molti mesi si scorga che tutti i cristalli sono spariti e che il liquido del matraccio ha perduto il colore azzurro, bisogna scomporre la coppia, toglierne i liquidi e staccare dallo zinco la crosta di rame che vi si deposita sempre. Per questa coppia la detta commissione ammise che la forza elettromotrice sia 0,925 di quella della Danieli, la resistenza eguale a 10, V effetto produttivo 0,96. La coppia Marié-Davy venne adottata in Francia nella telegrafia. Anche il Dehms, che se ne occupò, riconobbe i molti pregi di questa coppia, ma la pospose ad altre, siccome coppia telegrafica, per V uso, a cui si è costretti, di una sostanza velenosissima quale è il solfato di mercurio e per esser costosa V alimentazione Serie IV, Tomo II. "0 — 548 — della coppia. Io ho già fatto antecedentemente un con^ fronto fra questa coppia e la Meidinger rispetto aireco-» nomia, e ho mostrato come il consumo sia molto più co- stoso nella prima. Però si può scemar di molto la spesa utilizzando il mercurio separato con la elettrolisi. In tale supposizione il Blavier pone la coppia Marié- Davy fra le più economiche. Egli stima che solo */,„ del mercurio reso libero, passando attraverso il vaso poroso, Vada impiegato nell'amalgamazione dello zinco e non si possa più utilizzare. La spesa annua per una coppia Marié-Davy sarebbe, secondo il citato autore, di 80 cen- tesimi circa e ripartita così. Mercurio perduto ..... 0,07 Acido solforico nell'operazione per riprodur- re il solfato 0,02 Consumo di zinchi, carboni ec. . . . 0,20 0,29 Queste cifre però, anche ammesso che si possa uti- lizzare in parte il mercurio, sono, a mio credere, molto al dissotto del vero. Notisi poi che T operazione della riproduzione del solfato può farsi con vantaggio solo quando si possa operare sopra grandi quantità, e che essa è sempre assai incomoda per la copiosa produzione di vapori nocivi. La coppia Bunsen con acido nitrico non ò adopera- ta per i telegrafi se non in qualche paese di America, ma importante invece è quella, in cui 1" acido nitrico è sostituito da acido solforico con bicromato di potassa. La nominata Commissione che la j)ropose insieme con la Meidinger per i telegrati governativi della Ger- — 549 — mania, scelse il modello, in cui il carbone è conformato a cilindro cavo. Il vaso esterno ha sezione quadrata e un breve collo circolare : in questo collocasi il cilindro di carbone senza fondo, il quale deve avere altezza suf- ficiente per sporgere dalla apertura superiore del vaso. Nel cilindro di carbone sono praticati nove fori in tre file orizzontali: l'orlo superiore viene impregnato con paraffina immergendolo in questa sostanza liquefatta e riscaldata ad una temperatura molto più elevata di quella di ebuUizione. Anche l' orlo del vaso poroso si impregna parimenti con paraffina e lo zinco si costrui- sce con 4 costole, come fu già indicato innanzi per va- rie coppie, affine di aumentarne la superficie. Il liquido, in cui sta immerso il carbone, è composto nel modo già accennato, cioè di 1 parte in peso di bicromato di potassa, 2 di acido solforico ed 8 di acqua. Il liquido delle coppie già esauste non viene più utilizzato. Quan- do si scompone una di queste coppie bisogna aver cu- ra di collocare il vaso poroso e il cilindro di carbone nel- r acqua e lasciarveli per 48 ore rinnovando l'acqua fre- quentemente. Venne ammesso che in pratica sia per que- sta coppia la forza elettromotrice eguale a 18, la resi- stenza ] ,5, r effetto produttivo 0,4. Si pose anche studio nel determinare le dimensio- ni più opportune per la telegrafia. Al vaso esterno si diede il lato di centimetri 12, al carbone il diametro in- terno di 64 millimetri e la grossezza di 1 centimetro; l' al- tezza del vaso si fissò a 16 centimetri. La coppia Leclanché fu lungamente descritta nella sua costruzione e nelle sue proprietà : essa è economica e costante abbastanza, non spande alcun vapore noci- vo, esige pochissime cure, In Francia la si usa in molti — 550 — ufficj telegrafici. Suoi difetti sono le diversità del valo- re della forza elettromotrice da uua coppia air altra an- che preparate nel modo stesso e la difficoltà di mettere a nuovo una coppia quando sia esausta. Fin dall'anno 1847 tentò loStohrer di sostituire alla pila nella telegrafia un' altra specie di elettromotore, cioè una macchina magnetoelettrica. Siemens ed Hal- ske costruirono poi per le ferrovie bavaresi, i noti tele- grafi a segnali, in cui la corrente elettrica è generata da una macchina magnetoelettrica. Il notevole perfezio- namento introdotto dal Siemens con la sua elettrocala- mita ad asse breve gli permise di costruire una macchi- na assai potente e di piccolo volume. È riuscito poi al Siemens di applicare un apparecchio fondato sullo stes- so principio anche al telegrafo Morse, mediante l' uso di un ingegnoso relais^ nel quale il contatto sussiste fin- ché una corrente contraria subentri. Il Digney apportò varj perfezionamenti a questo genere d' apparecchi, i quali sono specialmente opportuni per i telegrafi mili- tari. Essi non ebbero però finora la diflTusione, che dap- principio se ne sperava. Le nuove macchine magnetoelettriche potranno for- se venire utilizzate con miglior risultato. Rispetto alle dinamoelettriche, il cui principio è dovuto al Siemens e airwheatstone, sembra che la resistenza che si dee vin- cere per metterle in moto, sia per ora un ostacolo trop- po grave per queste applicazioni. Alcuni esperimenti sono stati fatti recentemente dal Bouchotte, per apphcarc una macchina magnetoelettri- ca a sistema Nollet alla telegrafia. Usando una macchi- na ad un solo disco con 8 rocchetti egli riuscì a produr- re segni distinti in un apparato di Morse a r)00 ohilouie- • - 551 - tri di distanza senza raddrizzare le correnti, e raddrizzan- dole fino a 1200. 2." Bella jpn^duzione di hice elettrica. Se ad una macchina elettrica a strofinio, o meglio ad induzione applichiamo un condensatore e facciamo scoc- care fra gli elettrodi delle scintille di non molta lun- ghezza, abbiamo così una sorgente di luce di discreta intensità. L'idea di utilizzare la scintilla elettrica come sor- gente di luce, fu già emessa dal Grummert nel 1745, il quale per primo osservò i fenomeni elettrici luminosi, che si presentano in vasi di vetro contenenti aria rare- fatta. Egli propose di usar di tal mezzo per illuminare le gallerie sotterranee, e altri luoghi, dove i comuni si- stemi di illuminazione ricscissero inopportuni. Il Grum- mert aggiunse anche alcune indicazioni pratiche sul- l'argomento allo scopo di illuminare contemporanea- mente più luoghi con un solo apparecchio. Queste pro- poste però e quelle successive del Meinecke non trova- rono in pratica applicazioni importanti. Scoperta la pila del Volta, s'ebbe in essa una sor- gente ben più efficace di calore e di luce, ma le pile po- co potenti che s'adoperarono dapprincipio, non faceva- no sperare di ottener tali scintille da produr viva luce. Riuscì a Davy di portare i fenomeni elettrici luminosi ad un grado elevato e maraviglioso adoperando la gran- de pila voltaica della reale Istituzione di Londra com- posta di 2000 coppie. Adoperando degli elettrodi di carbone e staccan- doli dopo averli tenuti a contatto, si poteva ottenere un — 552 — • arco voltaico di 12 centimetri. Studiarono poi il feno- meno il Danieli, il de la Rive, il Despretz e molti altri, i quali cercarono di rintracciare qual sia V influenza deir intensità della corrente e del numero delle coppie sopra la lunghezza delT arco voltaico e sopra la inten- sità luminosa di questo. Farò cenno delle più impor- tanti fra queste esperienze. Possiamo rilevare dalle esperienze del Despretz co- me r arco luminoso aumenti in lunghezza al crescere del numero delle coppie disposte V una dietro V altra per tensione. Ecco i risultati ottenuti dal detto fisico. Con 50 coppie la lunghezza dell' arco era 0'",007 » 100 » » » 0 ,0-26 » 200 » » » 0 ,070 » 600 » » » 0 ,200 Notisi come 1' aumento in lunghezza, che è rapido dapprima e piiì rapido di quello del numero dello cop- pie, vada poi facendosi piìi lento di questo. Di qui si scorge come la lunghezza dell' arco non dipenda tanto dalla opposta tensione elettrica ai due elettrodi, come un tempo credevasi, quanto dall' intensità della corrente e dal riscaldamento dei carboni che ne consegue. Quanto alla intensità luminosa meritano d' essere menzionate le belle es])erienze del Fizeau e del Fou- cault che furono eseguite principalmente allo scopo di confrontare la luce elettrica e la Drummond con la so- lare. Servirono come elettrodi dei pozzi di carbone delle storte, la cui sostituzione al carbone di legna adoperato da Davy devesi a de la Rive e Foucault. L'intensità della luce fu sempre uìisurata al polo positivo, poiché intorno a (pii^sto v" ha una superficie — 553 — circolare di circa 2 o 3™"', in cui la luce è uniforme, mentre V altro polo presenta una superficie luminosa meno estesa e di minoro intensità. Le coppie Bunscn adoperate avevano dei cilindri cavi di carbone del dia- metro di cent. 5,5. Essi erano immersi per 9 cent, nel- r acido nitrico. Una pila composta di 46 di queste coppie disposte per tensione diede un'intensità luminosa che fu rap- presentata col numero 235 ponendo eguale a 1000 l' in- tensità della luce solare in sul mezzogiorno di un gior- no sereno d' aprile e di agosto. Una pila di 80 coppie eguali disposte per tensione diede una intensità eguale a 238 soltanto. Adoperando 46 coppie di tripla super- ficie invece si ottenne V intensità di 385. In queste esperienze 1' arco voltaico aveva piccola lunghezza e la resistenza esterna non era molto gran- de rispetto alla interna della pila. Perciò giovava au- mentare la superficie delle coppie ossia diminuirne la resistenza anziché accrescerne il numero. Il Casselmann eseguì alcune esperienze importanti per confrontare la intensità della corrente con quella della luce prodotta e per vedere T effetto di varie so- stanze liquide con le quali impregnava gli elettrodi. Questi erano costituiti da pezzi di carbone artificial- mente preparati nel modo indicato per i cilindri cavi della coppia Bunsen. Le esperienze furono fatte in due serie, V una con 44 coppie Bunsen, Taltra con 34 caricate con acidi già altre volte adoperati. Le misure della intensità luminosa furono fatte con un fotometro di Bunsen e prendendo por unità la luce di una candela stearica normale- Le intensità della cor- — 554 — rente venuero espresse in misura assoluta. Il massimo della intensità della corrente e della intensità luminosa corrispose alla minima distanza degli elettrodi e vice-^ versa. Ecco i risultati numerici delle esperienze : STATO degli elettrodi Distanza degli elettrodi Intensità della corrente Intensità luminosa Carbone allo stato ordi- nario > impregnato con nitrato di stronz. » impr. con potassa caustica » impr. con nitrato di rame » impr. con cloruro di zinco » impr. con borace e acido solforico. 4,5 0 65,3 90,5 139,4 6,75 0,75 83,9 113,0 274 8,0 2,5 78,0 95,9 75,1 6,0 1,0 70,0 71,3 163,5 5,0 1,0 64,1 76,6 159,1 5,0 1,5 60,9 67,6 165,4 923 353 150 376,8 623,8 1171,3 Il Casselmanu osservò in queste esperienze che quando il carbone era impregnato con una qualunque delle indicate sostanze, 1' arco non si spegneva nem- meno quando la distanza degli elettrodi giungeva a 7 od 8 mill., mentre non si poteva oltrepassare la lunghez- za di T) mill. quando il carbone era allo stato ordinario. — 555 — Nelle varie esperienze del Casselraann l'arco voltai- co assumeva colori diversi a seconda delle sostanze, con cui erano impregnati i carboni. Merita di essere menzionato come uno dei maggiori effetti luminosi della corrente quello ottenuto in Bo- ston nel 1863. Usando 250 coppie di Bunsen si ebbe una intensità luminosa di 10000 a 12000 candele normali. La costruzione di ottimi regolatori, come quelli di Serrin e di Foucault, rese possibile Fuso della luce elet- trica in molte applicazioni. Benché essa siasi mostrata pìco propria, come potevasi prevedere anche senza ri- correre air esperienza, air illuminazione delle città, ac- quistò una particolare importanza nel caso di lavori notturni, di feste pubbliche, di operazioni militari ecc. Nella costruzione del ponte di Kehl, ad esempio, e in molti lavori di riduzione della città di Parigi, si usò nottetempo questo sistema di illuminazione. Per la co- struzione dei clock Napoleone due regolatori con una pila da 30 coppie ciascuno, bastarono per illuminare 800 operaj anche nei lavori di fondazione. La spesa era di 10 franchi all' ora all' incirca. Durante il recente assedio di Parigi fu fatto gran uso, sì dai francesi, come dai tedeschi, della luce elet- trica, per dar dei segnali e per rischiarare certi tratti di terreno. I francesi, essendo quasi affatto sprovvisti de- gli altri mezzi oggidì usati per produr luce elettrica, adoperarono pressoché sempre delle pile composte di 50 coppie di Bunsen. Le lampade eran poste entro una cassa speciale munita d' uno sportello girevole per lanciare, ove oc- corresse,anche per brevissimo tempo, i fasci di luce nel- la direzione voluta. Serie V, Tomo II. TI — 556 — Una questione, che fu molto discussa nell' uso della luce elettrica prodotta dalle pile, è quella della spesa relativa. Molte indicazioni vennero date in proposito, ma poche accompagnate da contemporanee misure della intensità luminosa. Il Bunsen citò un risultato, secondo il quale un con- sumo di 301G''- di zinco, 456 d' acido solforico e 508 di acido nitrico concentrato varrebbe a mantenere per un'ora un arco voltaico, la cui intensità luminosa equiva- lesse a quella di 570 candele. Ciò porterebbe la spesa di lire 0,70 per ora all' incirca, ma è risultato eccezionale e inferiore alla media spesa che in pratica devesi am- mettere. Il Becquerel fece uno studio speciale per de- terminare la spesa relativa alla luce elettrica prodotta da una pila, e determinò contemporaneamente V intensità luminosa. La pila adoperata nelle esperienze di questo fi- sico aveva 60 coppie di Bunsen, nelle quali lo zinco era alto 20 centimetri e avea il diametro di 8,5 ; il carbone stava entro il vaso poroso. L' intensità della luce prodot- ta era da principio di 506 candele e discese a poco a poco fino a 195. Il Becquerel trovò la spesa delle sostanze con- sumate eguale a 3 franchi, vale a dire 5 centesimi per coppia e per ora. Se al consumo s' aggiunga la mano d' opera, converrà portare la spesa a 7 od 8 centesimi. Questo sistema d'illuminazione, senza tener conto della mano d'opera e riferendoci all'intensità luminosa, sarebbe quasi due volte più caro dell' illuminazione a gas, come essa costa ai privati, avrebbe all' incirca il prezzo stesso di quella con l'olio, e sarebbe poi a metà prezzo dell'illuminazione con candele. Quanto alle coppie più opportune per produr luce elettrica, siccome occorro una corrente molto intonsa — 557 - per ottenere il vivo riscaldamento dei carboni, sarà op- portuno usare coppie di grande forza elettromotrice e di piccola resistenza. Ne viene naturalmente la con- seguenza che la coppia Bunsen è la piìi adatta a que- st'uopo. Essa può avere le ordinarie forme e dimen- sioni, ma particolarmente opportuno può riuscir l'uso delle coppie, che il Ruhmkorff adottò per produrre la corrente eccitatrice del suo rocchetto di induzione. Uii cenno descrittivo di questa coppia si è dato già prima d'oraapag. 159. Aggiungerò che lo zinco ha l'al- tezza di 21 centimetri e la larghezza di 18, mentre ' il carbone ha l' altezza di centimetri 24, la larghezza di 16, la grossezza di millimetri 6. Una coppia che può del pari prestarsi bene alla pro- duzione di luce elettrica è quella di Callan che ho descritta a pagina 163 e studiata a pag. 383. In un esperimento eseguito con 40 di queste coppie ho ot- tenuto un arco voltaico di luce intensissima, che durò per tre ore senza notevole diminuzione. Le dimensio- ni di queste coppie sono indicate a pag. 283. V'ha però con queste, piìi forse ancora che con le Bunsen comu- ni, una produzione copiosa e continua di vapori nitrosi. Per quanto risulta dalle mie esperienze, questo inconve- niente può venire scemato od anche soppresso adope- rando nella Bunsen od acido nitrico filtrato attraverso il bicromato di potassa, o l'acido solforico misto alla so- stanza medesima nelle proporzioni già sopra indicate. Nella Callan l'uso dell'acido nitrico filtrato attraverso il bicromato di potassa sarebbe inopportuno, perchè do- po tempo non lungo la ghisa verrebbe attaccata dall' a- cido. Ma tutte le precedenti considerazioni, tutte le espe- — 558 — rienzfi eseguite per indagare il modo migliore d' appli- care alla produzione di luce elettrica la corrente di una pila hanno ben poco valore al dì d' oggi. Ormai la luce elettrica non si produce piìi mediante la pila, se non in casi speciali , quando manchino cioè gU altri mezzi. Di fatto è tanto grave V incomodo della prepa- razione e scomposizione di una numerosa pila di Bun- sen e relativamente così rapido il decremento degli ef- fetti luminosi, che potendo valersi in quella vece di un mezzo sicuro, sempre pronto e costante, non si può esi- tar nella scelta. Perciò Tuso delle macchine magnete- elettriche va sostituendo ogni dì piìi quello delle pile specialmente in questa applicazione delle correnti. Ag- giungasi che i citati inconvenienti inseparabili dalFu- so delle pile resero impossibile fino ad alcuni anni fa r applicazione della luce elettrica alla illuminazione dei fari e delle navi, la quale ai dì nostri si va sem- pre più diffondendo. Le macchine, che si adoperano nella produzione di luce elettrica sono di piìi specie: 1.** la macchina magnetoelettrica di NoUet; 2.^ la macchina magnetoelettrica di Wilde; 3.*^ la macchina dinamoelettrica di Siemens; 4.^ la macchina magnetoelettrica di Gramme. Uscirei dai limiti prescritti a questo lavoro se m' oc- cupassi della descrizione di queste macchine ; ma poi- ché nel tema è fatta speciale menzione di questa ap- phcazione dello correnti, aggiungerò qualche notizia relativa ai risultati ottenuti. La macchina di Nollet ò la sola fra tutte che sia entrata da piij anni nel cam])0 della pratica; essa ha fatto in generale assai buona provn di sA. Si può di- — óòil — re clie le altre macchine sieno tuttora in via d' espe- rimento. Il Nollct neir intento di costruire una macchina si- mile a quella di Clarke, ma di straordinaria potenza, vi pose mano fin dal 1849. La morte troncò il lavoro del Nollet, ma il Van Malderen lo condusse a termine non senza apportarvi qualche modificazione ingegnosa. Si pensò di trarne partito per produrre gas idrogeno a scopo d' illuminazione colla decomposizione dell' acqua, ma, fallita ben tosto l'impresa, la compagnia industriale r Alliance destinò la macchina alla produzione di luce elettrica. Da quel momento il Berlioz, direttore della Compagnia, attese con ogni cura a migliorare la co- struzione di queste macchine e v'apportò in fatto molti perfezionamenti importanti. Si costruiscono macchine di questa specie di varia potenza; le maggiori a sei dischi, le comuni a quattro dischi, le piccole con un numero di dischi ancora mino- re. Quelle che vengono applicate ai fari hanno d' or- dinario sei dischi. La massima luce in una di queste ultime macchine si ottiene con 300 o 400 giri dell'as- se dei dischi al minuto, ma per lo più non si eccede i 300. Per produrre questo movimento occorre una mac- china a vapore della forza di tre cavalli. Le macchine a sei dischi producevano, alcuni an- ni sono, senza riflettore, né lente, una luce equivalente a quella di 200 a 300 lampade Carcel, vale a dire a quella di 1600 a 1840 candele. Solo una pila Bunsen, che desse una corrente d'intensità doppia di quella data dalle comuni pile di 50 a 60 coppie adoperate a que- st'uopo, potrebbe produrre una tale intensità luminosa. — 5G0 — Le macchine da 2 dischi davano invece hi luce di 180 lampade Carcel. Oggidì però la costruzione è stata perfezionata per modo che, senza aumento di peso o di volume o di forza motrice, le macchine a 4 dischi possono produrre gli effetti stessi che un tempo pro- ducevano quelle a sei. Ed è questo un considerevole vantaggio, poiché si ha così un risparmio non piccolo nella spesa di primo acquisto. Anche con questa specie di elettromotori, è d'uopo far uso dei soliti regolatori. Quello di Foucault è, special- mente in Francia, il più comunemente adoperato. Collocata in un faro la lampada di una di queste macchine, la quale abbia la potenza di 200 lampade Carcel, mercè il riflettore e la lente a scaglioni, produ- ce r effetto medesimo di 4000 lampade Carcel. Accop- piandone due, si ottiene un effetto doppio. La luce di un faro elettrico che posseda una di ta- li macchine, può vedersi, quando l'aria sia senza neb- bia alla distanza di 64 chilometri, e quando v' ha nebbia, la luce, che vien da questa riflessa e diffusa, fa discer- nere ai marinaj a distanza considerevole la presenza del faro. In Francia si applicò la luce elettrica fin dal 1869 al faro di la Hève presso l'Havre e poco dopo a quello di Gris-Nez. La Russia 1' applicò ben tosto a tutti i fari strategici del Mar Baltico e del golfo di Finlandia. Molti sono i vantaggi che presenta l'uso della luce elettrica in un faro, nò la questione economica, tolta la prima spesa di mutazione di sistema, vi si oppor- rebbe. In quest' ultimo proposito, il Reynand, direttore del- l'Amministrazione dei luridi Francia, nel suo rapporto — 56i — suirilluminazioiiG elettrica, ha dato due tabelle compa- rative che credo non inutile riferire. Faro ad olio Prezzo deir apparecchio Tre lampade meccaniche Macchina di rotazione . Lanterna Posizione in opera fr. 37940 2100 3200 . 21300 3900 68440 Spese annue per 4000 ore di illuminazione. Consumo .... Interessi e ammortizzazione fr. 7973 6844 fr. 14817 e quindi 14817 4000 =3^70 per ora. V intensità luminosa del fascio orizzontale essendo di circa 630 fiamme Carcel, la spesa per ognuna di que- ste unità sarà Faro elettrico Due macchine magnetoelettriche Due macchine a vapore e accessorj Due regolatori .... Lente 16000 6000 3000 3000 28000 — 5G2 — Spesa per ogni ora ammettendo che il faro stia acceso 4000 ore per anno. Interessi e ammortizzazione Carbone per la macchina a vapore Paga per 2 macchinisti id. per 2 guardiani . Consumo degli elettrodi Riparazioni agli apparecchi . 0,70 0,40 0,70 0,50 0,36 0,13 2,79 L' intensità luminosa media del fascio si ammette eguale a 3500 fiamme Carcel, quindi il prezzo di una di queste è 2,73 3500' :0,00079 Da queste due tabelle fondate sopra risultati speri- mentali apparisce come T apparecchio elettrico dia luce molto più intensa ad un prezzo notevolmente minore. Tuttavia V uso della luce elettrica non è scevro da qualche inconveniente. Si asserisce che la luce del faro ad olio, quantunque assai meno intensa, valga meglio della elettrica ad at- traversare la nebbia. Di fatto in quest' ultima i raggi meno rifrangibili dello spettro sono in proporzione mi- nore, e questi appunto sono i raggi che il vapore allo stato di nebbia lascia passare con maggiore facilità. Di che abbiamo una prova nel fatto che il sole all' orizzon- te ci appare rosso od aranciato. Si supplisce a questo inconveniente col far uso di ambedue le macchine, delle (^uali ogni faro ò provvisto, non appena il tempo si faccia nebbioso. Così con d(qi- — 563 — pia intensità luminosa si può esser sicuri di render vi- sibile il faro, ad onta della nebbia, a grandi distanze. Un altro inconveniente del nuovo sistema si è que- sto, che, quantunque siasi fatto ogni sforzo, non si potò ancora riuscire a togliere affatto qualche leggiera in- termittenza. Non proviene questa già dai regolatori, che sono stati portati ad un alto grado di perfezione, ma bensì dall' impurità dei carboni costituenti gli elet- trodi. Si fa uso ordinariamente di carboni tolti dal coke delle storte e in essi v'ha sempre qualche granello di sostanze pietrose, per lo più silicati, che per la loro resi- stenza producono le piccole interruzioni accennate. Son pili anni che si fanno dei tentativi per adoperare grafi- te pura, ma non si giunse finora ad ottenerne pezzi della necessaria lunghezza. Rispetto alla luce prodotta dalle macchine magnete- elettriche, è a notarsi eh' essa appare meno cerulea, meno ricca di raggi violetti di quel che sia la luce pro- dotta dalle pile. L' arco voltaico è nella luce delle mac- chine discontinuo, poiché 16 correnti di senso alternato attraversano l' intervallo, finché 1' asse dei dischi fa un giro. L' arco propriamente detto è, nel caso delle mac- chine, poco intenso ed è breve, e la massima quantità di luce devesi alla incandescenza dei due carboni. Di qui consegue 1' accennata diversità che fu notata dal Jamin e da altri. L' uso della luce prodotta dalle macchine magneto- elettriche sembra destinato a diffondersi sopra le navi mercantili e da guerra piiì rapidamente ancora che non nei fari, per i quali si sta tuttora esitanti prima di mu- tare il sistema. Una delle dette macchine collocata sopra una nave Serie F, Tomo II. 72 — 564 — può, oltre che alimentare il solito fanale che serve a far vedere la nave, servire a lanciare iu una direzione qualunque un fascio di vivissima luce, il quale valga a far vedere gli oggetti anche a considerevoli distanze così chiaramente come con la luce del giorno. Per dare un esempio, la luce data dalle macchine collocate sul- V Eroina^ fregata corazzata francese, era tale che una persona a 1400 metri di distanza poteva leggere un li- bro stampato in caratteri di comune grandezza. Uno dei primi tentativi di applicazione alle navi fu quello fatto in Francia suir yacht 77 Re Girolamo del principe Napoleone. L' esito felice ottenuto, l'aver po- tuto l'yacht, ad esempio, entrare nottetempo nel porto di Costantinopoli, il che non fanno ordinariamente le navi se non con la luce del giorno, fece sì che ben presto il San Lorenzo, piroscafo della compagnia trans- atlantica, e molte navi da guerra vennero provvedute di macchine magnetoelettriche. Grandi vantaggi si ripromettono i marinai da que- sto nuovo mezzo di illuminazione. La spesa dell' acqui- sto delle macchine è certamente non piccola, ma si noti ohe a metterle in moto serve la stessa macchina a vapore della nave e che V uso della luce elettrica può portare in pratica qualche notevole vantaggio econo- mico. Di fatto ne deve conseguire un aumento di ve- locità nelle traversate e quindi risparmio di tempo e di combustibile, facilità di approdare anche di notte, di caricare o scaricare le merci in qualsiasi ora, minor pericolo di investire sia in altre navi, sia negli scogli e quindi diminuzione del prezzo d' assicurazione dei bastimenti. In quanto alle navi da guerra V uso della luce elet- — 565 — trica agevola ad esse V esecuzione di operazioni not- turne contro le fortificazioni, rende visibile a 1000 e più metri di distanza un vascello, un forte al punto di poter dirigere con tutta sicurezza le artiglierie, e, se- condo il Paris, il Berlioz, ed altri, impedisce di puntare il cannone agli artiglieri nemici abbagliandoli. Sia per la marina mercantile, come per la militare l'apparato illuminante si dispone in modo che, mediante un tasto simile a quello di un telegrafo, si può ad Uiia dato istante produrre la luce e spegnerla quando me- glio piaccia. Un apposito congegno serve a dare una direzione qualunque al fascio luminoso: a tal uopo il Serriu ha costruito un ingegnoso apparecchio, che si sta tuttora sperimentando dagli ufficiali inglesi a Chatam. La luce elettrica sulle navi può anche servire 4i telegrafo ottico, e questo in molti casi riesce veramen- te prezioso. Si provò a produrre segnali di piìi colori, per esempio rossi e verdi, ma assai meglio riuscirono i segnali con luce bianca di breve e lunga durata. Con questi, usando T alfabeto stesso del sistema Morse, si otteniiero sempre ottimi risultati. Tatti i particolari premessi si riferiscono alle mac- chine magnetoelettriche del sistema NoUet, note sotto il nome
  • di zinco e di .carbone hanno 9 centime- tri di lunghezza ed 8 miUimetri di larghezza ; la superfi- cie del carbone su tutta ila faccia .che sta iri-volta allo zinco vien ricoperta -di platino pulvaruleuto : .le altre faccie tutte del .carbone e.dello zinco, eccettuate g;ualle due che si stanno di fronte^ sono verniciate. Peuehè si possa dall' altezza idei telajo dedurue qual sia prosaimamente la superficie immersa, è tracciata una linea orizzontale su tutti i bicchierini, la quale :S.er- ve ad indicare fino a quale altezza isi debba ,far .?^rri- vai?e ili livello del liquido. V'ha. anche in questo apparecchio un coingQgno di Serie V, Tomo li. 74 — 580 — graduazione, il quale però non appare nella fig. 59, tav. Vili. Esso è composto in modo simile aquello del Fromm- hold, senonchè lo variazioni del numero delle coppie componenti la pila avvengono di 7 in 7. Però le 7 cop- pie della prima fila hanno dei torchietti applicati ai loro poli, i quali sporgono dal telajo. Applicando un reoforo ad uno di questi e l'altro all'estremo della pila, e servendosi del congegno di graduazione, si può ot- t enere una pila di un numero qualunque di coppie fi- no al 42, benché con minore agevolezza, che non con r apparecchio precedente. Apparecchio di Remak. Questo apparecchio immaginato da Remak e co- struito da Siemens ed Halske, consiste in uno stipo od armadio, in cui è contenuta una pila di 60 coppie di Siemens, identiche a quelle di cui si è già ripetutamen- te parlato. Nella parte superiore dell' armadio stanno il commutatore, il congegno di graduazione e il gal- vanometro. La fig. 60, tav. Vili, rappresenta a modo di schema il detto apparecchio nelle sue due parti essenziali, la pi- la cioè e il congegno di graduazione e commutazione. La pila è divisa in sei eg'uali scompartimenti da due file ciascuno : per ogni fila v' han cinque coppie. Cominciamo a contare questi scompartimenti dal punto Z che corrisponde al polo negativo della pila. Consideriamo il punto segnato 0 che sta fra il quinto e il sesto scompartimento. Da questo punto 0 della pila un filo va alla piastra metaUicaO dell'apparecchio di gra- — 581 — duazioae; così dai punti 10, 20, 30, 40, 50 dei fili vanno rispettivamente ai bottoni 10, 20, 30, 40, 50, ai quali può giungere la leva metallica B^ girando intorno al suo asse. Essendo le coppie della pila disposte per ten- sione nel modo che è indicato dalla figura, fra il punto 0 e i successivi 10, 20, 30, 40, 50 sono comprese rispet- tivamente 10, 20, 80, 40 e 50 coppie. Nel VI scompartimento partono dei fili dalla 2.', dalla 4.*, dalla 6.*, dalla 8.'', e dalla 10.* coppia sempre a con- tare da 0 e questi fili vanno rispettivamente ai bottoni 2, 4, 6, 8, 10, ai quali può giungere girando la leva B. Se r apparecchio è nelle condizioni indicate dalla figura, cioè se la leva B^ è in 10 e la B in 2, solo le 12 coppie comprese fra il punto 10 della pila e il punto 2* possono inviare una corrente tostochè fra le due leve sia stabilita una comunicazione. Questa comunicazione si stabilisce nel modo seguente. V'ha in Cun commutatore costituito da un disco iso- lante, a duo opposti quadranti del quale sono applicati due segmenti metallici: esso è girevole intorno ad un asse perpendicolare al piano della figura mediante la leva Z. In a, 1), e, d trovansi quattro bottoni metallici, il 1.*' in comunicazione con Tasse della leva B, il 2.° con- giunto a /^ e quindi all' elettrodo E^ , il 3." congiunto al galvanometro e quindi con z e con 1' elettrodo E, il 4." in comunicazione con la leva B^. A questi bottoni son applicate delle molle le quali aderiscono al disco del commutatore. La leva L può assumere due posizioni estreme a ciascuna delle quali corrisponde una opposta direzione della corrente nel circuito esterno: una di queste po- sizioni si ha quando la testa della leva è in N, 1' altra^ - 582 -^ quand'essa è in W. Nel I.*^ caffo lai cormnte' dal polo positivo pa;s»a in B, rtidi in a, in J, in h^ m E^ , attra- versai il conduttore,, dal qitìia,le supporremo eong'iu'nti gli elettrodi, giunge im E, passa im Z attraversa il galvano- metro, iadi va in c^ in ^, in.' B^. e infine a-l polo aegativo della pila. Se la. leva assume V altra posizione,, allora girando di 90° il disco dei comimutatore, il punto a vien congiunto con c^il punto h con d. Quindi la corrente pas- sa dal polo positivo in B, in a^. in e attraversa il galva- nometro e giunge in z pey passar da questo punto ad E. Ecco che in tal caso la corrente fra E e E^ assume un' opposta direzione. L' apparecchio permette di au- mentare il numero delle coppie di due in due per volta. Così, nel nostro caso per avere 14 coppie anziché 12, ha- . sta portar là leva B da 2 a 4 Se si vuol invece 10 cop- pie soltanto basta portar la leva B alla piastra 0. L' ap- parecchio può dar correnti molto intense e costanti. Il galvaBometrO' è verticale e non molto sensibile : converrebbe che esso venisse graduato in modio che se ne potes-se dedurre in ogni caso rintensità della cor- rente. 2.** Coerenti mterrofte. Se una pila presenti ai suoi due poli opposte tensio- ni elettriche abbastanza considerevoli e se si faccia in modo che la ricomposizione avvenga attraverso una parte del corp© umanio, prodnconsi così all' atto della chiusura e dell'apertura del circuito ([m^lle commozio- ni, che hanno un benetico elTctto nella cui-a di aldine malattie. La pila più comunemente adoperata a quest' uso è la fila del Volta a corona di tazze. — 5«3 — Sono vantaggi di qn-esta pila quella di poéeressa venir caricata facilmente da chiunque, benché con qual- che perdita di tempo, quello di dar modo di graduar facilmente la corrente usando il numero oppOirtunio di bicchierini, quello di poter essere scompos-tai e tFaspoT- tata senza grandi difficoltà, e infine quello d' e-sser po- co costosa. D' altra parte essa presenta qualche incon- veniente. Di fatto essa non può mantenersi attiva lun- gamente perchè V elettrolisi prodotta dalla corre-iate fa sì che il rame coprasi a poco a poco di zinco e che r acqua acidulata o salata si tramuti in una soluzione dì solfato di zinco o di cloruro di zinco, ond'è che.la forza elettro-motrice' diminuisce e cresce la resistenza. Però quando si tratti di dar scosse O' commozioni e s' abbia cura di no'U tener chiuso» il circuito se non perbrevissimi istanti, questa causa d' indebolimento non è gran fatto dannosa.. La pila esige poi dia. chi la impiega nio® poca vigi- lanza e diligenza altrimenti non è improbabile che no>n se ne possa ottenere alcun buon effetto. Converrà ripu- lire i m.etalli ogni volta che si estraggono dall' acqua ed asciugarli con cura : converrà badare che la tavola su cui i bicchierini sono appoggiati sia ben asciutta per evitare derivazioni e assicurar bene i contatti dei reofori con le parti del corpo a cui vanno applicati. A tal uopo sì fa spesvso uso di striscio di piombo coperte di tela e talora si immergono le estremità delle membra in vasi d' acqua salata.^ il che, se possibile, è sempre opportuno a farsi. Gli altri due capi dei reofori vengono immersi nei bicchierini estremi : V un d' essi s' immerge soltanto quando si vuol dare la scossa, V altro vi rimane conti- — 584 — nuamente. Così le scosse si possono dare nel numero voluto e ad intervalli misurati. All'uso di questa pila si preferisce da molti quello degli apparecchi d' induzione. Prescindendo da ogni questione medica in proposito, parmi però clic il modo d'operare sia non poco diverso. Si può dare, è vero, con un apparato magnetoelet- trico, un certo numero di scosse, di cui si può, rotando lentamente la manovella, tener anche cduto : ma ro- tando lentamente si han deboli effetti di induzione. Ro- tando rapidamente, si potrà ancora tener conto delle interruzioni, ove occorra, ma non potremo dar le scosse ad una ad una o a poche per volta e a determinati in- tervalli, come con la pila. Allegano alcuni in favore degli apparecchi d' indu- zione la facilità di gt*aduarne gli effetti, ma poiché nella pila possiamo entro i dati limiti scegliere il numero di tazze che piiì ci conviene e poiché la tensione è pro- porzionale al numero delle coppie, abbiamo così il più esatto modo di graduazione che si possa richiedere. Che se si volesse conoscere l' intensità della corrente, un reometro può servirci opportunamente a quest' uopo. Quanto a comodità di trasporto, a potenza, a sicu- rezza di risultati gli apparati magnetoelettrici sono poi di gran lunga superiori alla pila , ma se le dette dif- ferenze del modo di operare hanno valore nella elef- troterapiii, parmi che esse possano iar ancora })referire la pila da quei medici almeno, che vogliono curaro in (juel dato modo. Air ufficio stesso della pila a corona di tazze pos- sono servire gli apparecchi simih a quelli del Fromm- hold 0 del Ruhmkorff testé descritti. Quello del Fromm- — 585 — hold sarebbe forse con 32 coppie non molto potente per quest'uso, non così Taltro de! Ruhmkorff, sia perii nume- ro maggiore delle coppie, sia per la maggior forza elet- tromotrice delle coppie adoperate. Siccome in questi due apparecchi si può immergere quanto è conveniente le lamine degli elettrodi nei liquidi a seconda dei casi, così si può avere una forte tensione senza lanciare at- traverso il corpo una corrente di eccessiva intensità. Questi apparecchi però sono non poco costosi e quindi non opportuni a quei medici che esclusivamente si servono delle correnti per produr delle scosse e non per azione continua. Chi invece volesse applicare ora r uno, ora V altro metodo, parmi che si debba appigliare al descritto apparecchio del Ruhmkorff. Un apparecchio di prezzo non grande ed esclusiva- mente destinato a produr delle scosse si potrebbe forse vantaggiosamente costruire con coppie Smée a piombo platinato, riducendo di molto la superficie delle lamine e il volume dell'apparecchio. Le coppie non sono mol- to costose e si conserverebbero per lunghissimo tempo inalterate ; esse verrebbero fissate sopra un telajo che si alzerebbe ed abbasserebbe al solito modo. Un' altra coppia che sarebbe forse opportuna è quel- la di Warren de la Rue. Anche questa è sempre pimenta, con un liquido solo e facilissimo a comporsi, col vantag- gio anche di poter lasciare ove occorra lungamente, a circuito aperto, immersi i metalli nel liquido senza che soffrano alterazioni , ma il prezzo di queste coppie, (circa lire 5 per una), ne impedisce 1' applicazione. — 58« 3. I^ffetti elettrolitici. iNel caso 'cke si tra/tti di effetti eilettrolitioi da ppo- éwLT&ì iiéir interno del icorpo umano, come ad esempio entro un sacco aneurismatico , occorre assicurarsi an23i itutto 'Con apposite esperienze della efficacia della corrente adoperata. Sarà bene quindi far passar la cor- rente che sii vuole adoperare attra^'ìerso luno strato d' acqua debolmente acidulata, immergendo i'due elet- trodi di platiino alla distanza stessa a cui devoino tro- varsi le pnn'te d'egìH ;»ghi lall' atto .della (operazione. Ain- zi sarà meglio adoperar come elettrodi d!Ti!e:aglii eguali a quelli che si devono usare di poi e immerger d ipiiimi dd tanto :nel liquido, di quanto questi doviraiino venire i'm'mier ai. 'Si potrà così osservare qual sia la quantità di rdirogeno 'svolta in un minuto, -e V opei'atore potrà igiu- dicare se sia sufficiente al suo scopo questa lintenaità di correnite. Si potrà poi inserir -nel circuito un reo- metro iim questa esperienza preparatoria e -tener conto della deviazionae 'da lesso indicata durante il paesaggio della corrente. Nel fare V operazione per operar con prudenza sarà utile prendere una pila che possa dare senza alcun dubbio una-ooiiirente non inferiore al bisogno, e inserir nel circuito, oltre il reometro, anche un reostato. Col mezzo di questi strumenti potremo sempre ricondurre e mantenere la corrente alla voluta intensità, ohe fu riscontrata antecedentemente efficace. L' importanza di questa operazione giustifica a mio credere V uso di queste cautele, senza le quali è diffici- — 587 — le il prevedere* anche con grossolana approssimazione gli effetti della corrente nella parto da essa attraver.-^ata. Le coppie più opportune per produr questi effetti sono quelle a corrente costante. Una pila di Danieli d' un numero conveniente di coppie può servir bene allo scopo e similmente le migliori fra le descritte mo- dificazioni della Danieli. È poi evidente che il numero delle coppie non può essere stabilito in generale. 4. Fenomeni calorifici. L' uso della corrente elettrica per riscaldare un filo che faccia V ufficio di cauterizzatore, è divenuto fre- quente in chirurgia. È quindi opportuno il dir qualche cosa intorno al modo migliore di ottener buoni effetti e intorno alle coppie comunemente adoperate. La nota legge del Joule ci dice che la quantità di calore, la quale viene sviluppata da una corrente d' in- tensità i neir attraversare un filo di resistenza r inse- rito nel circuito, è data da ^ g_ - Iti" (1) dove k è un coefficiente di proporzionalità. Se indichiamo con e la forza elettromotrice della pila e con R la resistenza interna, si ha re supponendo trascurabile la resistenza dei reofori. Questa formola mal si presterebbe a darci in misura assoluta la quantità di calore sviluppato nei casi pratici, ma vediamo se essa possa guidarci a disporre gli appa- recchi nel modo più conveniente. Strie F, Tomo II. 75 — 588 — Se debbasi riscaldare un filu di resisteiiza nota e far uso di un certo numero di coppie, bisog-na disporre le cose in modo che la intensità i risulti massima, poiché è la sola quantità variabile nella (1). A tal uopo^ ap- plicando la nota regola si farà in modo che la resisten- za esterna sia eguale all' interna, e poiché la esterna si ammette eguale a quella del filo da rendersi incan- descente, essendo trascurabile la resistenza dei reofori, se si ha la precauzione di prender fili abbastanza gros- si, dovremo cercare che la resistenza della pila sia eguale a quella del filo da riscaldarsi. Siccome assai spesso la resistenza di questo filo è minore di quella di una delle coppie adoperate, cosi giova ordinariamente il dispor le coppie o tutte per superficie o per gruppi, in modo da raggiungere o da avvicinarsi almeno alla condizione accennata. È d' uopo avvertire però che la resistenza del filo varia con la temperatura e che trat- tandosi di temperature elevatissime non possiamo coi soliti coefficienti di riduzione dedurre dalla resisten- za del filo alla temperatura ordinaria quella del filo stesso poi^-tato air incandescenza. Se la resistenza del platino crescesse al crescere della temperatura sempre con la medesima legge, essa sarebbe già doppia a 300. E probabile che all' incandescenza essa sia parecchie volte maggiore di quello eh' essa è alla temperatura ordinaria. Di qui si scorge che la detta regola non può applicarsi certamente con precisione. La legge di Joule si riferisce alla quantità di calore sviluppato nel filo : si potrebbe richiedere qual rela- zione esiste invece fra la temperatura del filo e le quan- tità da cui essa dipende. Secondo le esperienze di Becquerel, la temperatura — 589 ~ del filo, a parità di tutte l'altre condizioni, sarebbe in ra- gione inversa della quarta potenza del diametro, ma è a notarsi che al diminuir del diametro del filo, diminuisce, se altrimenti non si provvede, l'intensità della corrente, dalla quale la detta temperatura deve dipendere. La relazione dunque è complessa, né essa è stata ancora espressa da una legge empirica, la quale possa servir di guida nelle esperienze. Dalla legge di Joule ammettendo il principio che la quantità di calore prodotto nel filo dalla corrente sia eguale a quello emesso per radiazione e appoggiandosi alla legge di Newton si è trovata una formula, secon- do la quale la temperatura di un filo, a parità dell'altre condizioni è direttamente proporzionale al quadrato del- l'intensità e inversamente al cubo del diametro. Ma questa formula merita ben poca fede, se pensiamo che la legge di Newton è esatta soltanto per differenze di temperatura assai piccole, e che qui invece si tratta di enormi difi^erenze. S' aggiunge che nell' elettrocau- stica il filo non perde solo calore per radiazione, ma principalmente per contatto del corpo, a cui esso viene applicato. Nel ricercare le condizioni più opportune per la pro- duzione di calore scorgesi che non possiamo mediante calcoli preventivi ottenere piìi che una grossolana ap- prossimazione. Ma col mezzo di questa e con pochi tentativi per migliorare ancor piìi, ove sia possibile, le condizioni, potremo riuscire a ciò nei vari casi pratici senza gravi difficoltà. Essendo importante in queste applicazioni che le coppie abbiano piccola resistenza e forza elettromotri- ce considerevole, è opportuno far uso di coppie G-rovo — 590 — 0 Bunsen. L' incomodo dei vapori nitrosi è qui trascu- rabile, trattandosi di brevi operazioni. Quattro coppie Bunsen di mezzana grandezza possono servire a rende- re incandescente un filo di platino, che può nella mas- sima parte dei casi della pratica prestarsi opportuna- mente. Si sono costruite anche coppie apposite per ef- fetti calorifici con lamine di grandi superficie, tal è quella di Zeigmondy, che altro non è se non la Grove modificata nella forma. Quando si tratti di effetti di breve durata, possono dar buoni effetti anche le coppie Grenet. Il Trouvé ha costruito recentemente con queste coppie una pila ap- punto per elettrocaustica ; questa pila fu già menzio- nata a pag. 123. b) BelV uso indiretto delle coppie elettriche nelV elettroterapia. Negli apparati elettromagnetici è necessario, che una sorgente di elettricità produca la corrente indut- trice. Quando trattasi di apparati per uso medico, que- sta corrente non è d' uopo che sia molto energica e bastano una o due coppie a produrla. Se si tratta di nn apparecchio non trasportabile, le coppie, purché ab- bastanza efficaci e costanti e purché non esalino vapori nocivi, possono essere di specie qualunque. Il più delle volte questi apparecchi son trasportabili e la pila è con- tenuta entro i medesimi : allora importa che le coppie sien tali da potersi trasportar facilmente senza pericolo e che si possa caricarle facilmente o si mantengano cariche senza alterarsi. Soddisfano abbastanza bene allo scopo l ." la coppia Marié-Davy senza vaso poroso ; — 591 — 2." la coppia ad acido cromico con zinco e carbone immersi nello stesso liquido ; 3.'^ la coppia Smée; 4." la coppia Warren de la Rue. La Marié-Davy ha il vantaggio che il hisolfato di mercurio essendo solido si presta assai bene nel caso di trasporti. Le si dà spesso in tal caso una delle forme indicate a pag. 150 e 151. Il vaso esterno si costruisce per lo più in guttaperca. Questa coppia è la più adope- rata in tali applicazioni, anche perchè può esser ridotta a piccolissimo volume. La coppia ad acido cromico esige più cautele nei tra- sporti ed è, come è noto, poco costante : bisogna tener sollevati lo zinco e il carbone dal liquido finché essa è inattiva. Lo Stohrer adoperò questa coppia nei suoi bellissimi apparecchi elettromagnetici per uso medico. La corrente induttrice vi è prodotta da una pila di due coppie : lo zinco e il carbone hanno forma cilindrica, il primo cavo, il secondo massiccio : essi son fissi ed è il vaso invece che si alza e si abbassa mediante apposito congegno. A p. 161 si è indicato Tespediente usato dal- lo Stohrer per ottenere cstoanza maggiore dalla coppia. La coppia Smée può anch' essa dare buoni effetti ; due di queste coppie bastano a rendere attivo l'apparato elettromagnetico, che può dar fortissimi effetti, purché ben costruito. La coppia Warren de la Rue si presta assai bene in ispecie per piccoli apparecchi portatili. A pag. 117 si é indicato come essa venga costruita a tal uopo dal Gaifi'e. Il liquido può restar continuamente senza dan- no entro la coppia. Due coppie son sufficienti per un comune apparecchio elettromagnetico. — 592 — 4.*^ Delle operazioni clettrocJdmiche. Le pile che si adoperano nelle operazioni elettrochi- miche, come ad esempio nella galvanoplastica e nel- r arti affini, devono dare una corrente costante per un tempo assai lungo, mentre in generale non si richiede da esse una corrente di molta intensità. La coppia Da- nieli riesce opportuna a tal uopo : siccome la pila va tenuta sempre a circuito chiuso, così gli inconvenienti notati per quella coppia vengono attenuati d' assai. Or- dinariamente si fa uso in fatto della Danieli o di alcuna delle sue migliori modificazioni. Nel comporre la pila converrà prendere tal numero di coppie da poterne avere la corrente della voluta in- tensità anche allora che nel circuito sia introdotta la resistenza delT elettrolito, la quale è sempre piuttosto grande. Occorrono molte avvertenze e molte cautele nello stabilire la corrente opportuna e nell' invigilarne gli effetti, ma non è mio compito il tenerne parola. Oltre alla Danieli propriamente detta e alle principali sue modificazioni molte altre coppie furono applicate nelle operazioni elettrochimiche. Io ho avuto cura di descrivere le più importanti indicando Fuso, a cui furono destinate. La maggior parte però fra queste coppie non presentano vantaggi notevoli, sicché nelle grandi offi- cino dopo averle poste ad esperimento, si ritornò qua.^i sempre ai modelli primitivi. Quando si tratti di piccole operazioni di galvano- plastica si suol anche far uso di una coppia la quale serva contemporaneamente di apparato elettrolitico. Essa è allora costruita così. In un vaso cilindrico di — 593 — vetro collocasi un cilindro puro di vetro di diametro al- quanto minore e aperto ai due capi : mediante una guarnitura metallica dalla quale partono tre asticciuole uncinate che s'appoggiano all'orlo del vaso, si sostiene il cilindro in modo che il suo capo inferiore disti di pa- recchi centimetri dal fondo del vaso. AH' apertura in- feriore del cilindro stesso applicasi pei una membrana ben tesa, sicché il cilindro vieu a costituire un vaso in- terno con le pareti di vetro e il fondo poroso. Entro il vaso così formato si versa dell' acqua salata ; nel resto dell' apparecchio una soluzione concentrata di solfato di rame. Mediante due asticciuole appese air orlo del vaso, si sospende nel vaso interno una piastra di zinco e nello spazio inferiore a poca distanza della membrana lo stampo che deve venir ricoperto di rame. Il rame e lo zinco vengono esternamente congiunti. Per regolar la corrente si può avvicinare o allontanare le lamine della coppia o modificare la resistenza del circuito ester- no, nel quale si può introdurre un reostato. Al dì d'oggi la galvanoplastica e le arti affini hanno assunto una grande importanza. A quanto pare poi, nei grandi stabilimenti si va abbandonando 1' uso delle pile per sostituirvi quello delle macchine maguetoelettri- che. Già in una veatina e più delle importanti officine di Inghilterra si adopera la macchina di Wilde, di cui si è fatta menzione. Fra le varie macchine magnetoelettriche sopra enu- merate, sembra che questa di Wilde sia la più atta a tal genere di applicazioni. Probabilmente anche la macchina Gramme potrà prestarsi bene a tal uopo, ma essendo essa assai più recente, manca peranco un nu- mero sufficiente di esperimenti. ìli! Jrl H hfìhd.n ImÙì VI V ìk Jff S,ru' IKl^^lUTavVlìL COSTITI'/ [OXK ISTORIO A DEGLI ARCHIVI VENETI ANTICHI 1 :2 O O - J 8 7 2 Memoria DEL S. C. BARTOLOMEO CECCHETTI (('.outinuaz. delia pag. 381 della precedente dispeusii) -JT. DOCUMENTI. DOCUMENTO citato a pag. 26. Capitolari di magistrature venete riformate nel 1376. « Capitulare De foris Advocatorum Coraunis. » De intus » » » Notarii » » pueroruna {sic). » Dorainorum de nocte. » » de contrabannis (1288). » Advocatorum per omnes curias. » Judieum per omnes curias. » Advocatorum Proprii (1284, 17 settembre). » De rebus portatis ultra sigillum (1280, 29 agosto). » Deadvocatoribusdeintus, pertinensofficialibus de Ca- tavere. » Judieum petitionum (1229-1249). > de magno salario (1272, 3 dicembre). » Notarii judieum de magao salario. » Judieum de proprio. » » examinatorum. » Massariorum monete argenti (1278 marzo). Serie r, Tomo li. 7(j — :)96 — Capitulare Advocatoriim petitionum. » Notarli judicum petitionum. » Salioariorura Gingie (1284, 17 settembre). » Supraconsulum (1271, 3 marzo). » Super patarenos et usurarios (1281, 29 agosto). » Super canales, rivos et piscinas (1272, 28 agosto). » Superpontibusetviiscivitatis Rivoalti(1571,2magg.). » Publicorum Comunis (1297, 7 settembre). » Procuratoris sancti Marci super commissariis de ultra canale. » (Miscellanea Codici Arch. Gen. n. 133). Elenco Sec. XV) di alcuni capitolari antichi (*). « Capitulare electionum Maioris Consilii in capitulari primo C. 1 » Advocatorum propri! .... » 51 » ludicum proprii » 77 » Salinariorum Clugiae .... » 113 » Supra consulum » 118 » Procuratorum super commissariis. » 131,133,137. Capitulare secundum. Capitulare notariorum Yenetiarum. ... » 52 » Gastaldionum » GÌ •» Preconum » 61 » lUorum super laborerijs litoris. . » 62 » Electorum » 96 » Capitura contractarum » 146. Tertium. » De XL » 1 » Capitum de XL » 7 . (1) Queste indiciiziuni sono tratto da una rul^rica d(>l sec. XV esistente neir Archivio del Mag-gior Consiglio lo cui carte uon sono uu morate. 597 •- Capitnlare Maioris Consilii » Consulis Thesalonice » Notariorum Cancellarle » De XL » Capilum de XL » Navigantium , » Maioris consilii » extraordinariorum rationum . . » Capitum contractariim .... » » s»^xteriorum in facto exercitus » electorum anni .... » Notariorum Curie maioris . Juramentum Cancellarij Capitolare procuratorum operis S. Marci » Notariorum Venetiarum. . * Super foleo auri et argenti » Illorum qui sunt super armis. » Novera electorum . . . » Getti raminis ..... c. 3 » 13 » 18 » 27 » 30 » 32 » 39 » 101 » 112 » 113 » 137 » 127 » 150 » 160 » 160 » 125 » Capitolari che esistevano anticamente negli Archivj della ex Repubblica Veneta C). N. 111. Registro intitolato Capiiiilario, come segue: « Capitolar della Quarantia. » dei Capi di Quaranta. » del Maggior Consiglio. » dei Vicedomini alla Ternaria, al qual luogo manca un quinternetto delle parti relative, e poi infine si legge: Cancellato questo Capitolare, o sia parte di esso dei Vicedomini alla Ternaria nel 1376, 8 no- vembre, e poi riformato. (1) Questo elenco è tratto da un mss. del secolo presente che si conserva iu una busta di carte archivistiche presso la Sezione I del R. Arch. Gen. — 598 — Capitulare dei Consoli di Tessalonica. » dei Nodari Veneti Ducali. » dei Naviganti. » dei Signori sopra le estraordinarie ragioni. » dei Capi di Contrada in facto exercitus. » dei Capi dei Sestieri in facto exercitus. » dei Avogadori di Comun. » dei "Vicedoraini alla Tavola da Mar. Cancellato nel 1376, 8 novembre, e poi riformato. « dei Vicedomini alla Ternaria. Cancellato 1376, 8 no- vembre, e poi riformato. » dei Avogadori di Comun. » dei Vicedomini alla Tavola di Lombardia. Cancellato 1376, 22 gennaro, e poi riformato. » degli Elettori di mezzo anno. » dei Nodari della Corte Maggior col giuramento dei Cancellieri. » dei Camerlenghi di Comun. Cancellato 1376, al penul- timo di ottobre, e poi riformato. » dei Stimadori dell' oro. Cancellato 1377, 11 maggio, e poi riformato. » dei Signori al getto del rame de Isolana e Ragusi. Can- cellato nel 1377, 15 aprile, e poi riformato. » dell'offìzio dei Consoli Veneti ed in estero. Cancellato 1376, 17 ottobre, e poi riformato. « dei Procuratori sopra la Chiesa di S. Marco. » Capitulare secundum Notariorum Venetorum Ducalium. Capitolare dei Signori alla Messetaria. Cancellato 1376, e poi ri- formato. » dei Patroni air Arsenal. » dei Uffiziali alla foglia e getto dell' oro. Cancellato 1376, 17 ottobre, e poi riformato. » di quelli che sono stati sopra l'Armamento ». N. 112. Registro intitolato «'rt|ùialarìo, come segue; — 590 — » Capitolare dei Avogadori di Comnn. Cancellato 1376, 22 set- tembre, e poi riformato. » dei Signori ai Contrabandi scritto nel 1288. Cancellato nel 1376, 16 agosto, e poi riformato. » degli Avogadori per tuttele curie. Cancellato 1376, ul- timo maggio, e poi riformato. i^ dei Signori di Notte. Cancellato 1376, 26 agosto, e poi riformato. » dei Giudici par tutte le Corti. Cancellato 1376, ultimo maggio, e poi riformato. » dei Avvocati del proprio. » dei Giudici al Cattaver. Cancellato 1376, e poi riformato. » dei Giudici del Petizion. Cancellato 1376, e poi riformato. » dei Giudici del gran salario. Cancellato 1376, 22 ago- sto, e poi riformato. » dei Giudici del Proprio. » dei Giudici dell'esaminador. Cancellato 1376, ult. mag- gio, e poi riformato. » dei Signori sopra la moneta d'argento Cancellato 1376, 25 settembre, e poi riformato. » degli Avvocati alla corte del Petizion. Cancellato 1376, ultimo maggio, e poi riformato. » dei Nodari delli giudici del Petizion. Cancellato 1376, ultimo maggio, e poi riformato. » dei Salinieri di Chiozza. » dei Sopra Consoli. > dei Signori sopra canali, rivi e piscine. Cancellato 1376, 2 agosto e poi riformato. » dei Signori sopra li ponti e rivi di Rialto. » dei Procuratori di S. Marco sopra le coramissarie ». N. 113. Registro intitolato Capitolare dei 5 alla pace ed altri, come segue : — eoo — « Capitolare antico dei 5 alla pace. Cancellato 1376, 4 ottobre, e poi riformato. » dei Giustizieri vecchi. Cancellato 1377, 23 maggio, e poi riformato. » dei Giustizieri novi. Cancellato 1376, 22 gennaro, e poi riformato. » dei Signori sopra le Rason de Intus. Cancellato 1376, 8 dicembre, e poi riformato. » dei Signori sopra l'Imprestiti. Cancellato 1377, 18 giu- gno, e poi riformato. » dei Nodari Veneti. » dei Signori sopra danari. Cancellato 1376, 8 dicem- bre, e poi riformato. « Commissione a ser JVIarco Giustinian eletto Rettore in Puja. Capitolare dei Gastaldi del Doge. » dei Signori sopra i lavori del Lido, » dei Signori sopra Rialto. Cancellato 1376, 25febbraro, e poi riformato. » dei Capitani delle Poste. Cancellato 1376, 28 gennaro, e poi riformato." » dei Signori sopra il Sai dammare. Cancellato 1376, e poi riformato. » dei 9 Elettori. » delli uditori delle Sentenze, Cancellato 1376, 1 agosto,* e poi riformato. » dei Signori al Dazio del Vin. Cancellato 1376, 7 feb- braro, e poi riformato. » degli Uffiziali sopra il Fermento. Cancellato 1377, 3 marzo, e poi riformato. » dei Vice Domini al Fontico dei Tedeschi. » dei Procuratori di S. Marco sopra le Commissarie. » dei Capi di Contrada. » dei Uffiziali sopra le credenze (?). » del Fontico delle Biave. — 001 — Capitolari di alcuni Magistrati della Repubblica Veneta conservati nel R. Archivio Generale di Venezia ('). Acque (savii ed esecutori alle), 1415 - 1797, nnm. 26. Armar (provveditori all') dal 2 al 10 (1312), 1642 - 1797, il 7 bis, rubriche dei capitolari 1,2,3, e parte del 4; -5; 6-7 ; 8 ; 9. Arsenal, provveditori e patroni . . . 1276-1797, num. 55. Avogadori di Comun (1200. . . ) 1259-1750 ; 1264-1676, 2 ed indice. » * di Comun de intus, 1244-1295. » (2) * dei notai degli avogadori, secolo XlII. » di Comun dei pueri (allievi?) sec. XlII. » -» de foris, 1259. » » 1299. Auditori novo e novissimo .... 1266-1744. » vecchi (1202) 1260-1777. Avvocati del Proprio, * sec, XIII (il capitolare è del XIV). > del petizion, * sec. XIII. » * per tutte le curie, sec. XIV. Banchi (provv. sopra), 1318-1799. Beccarle (provv. alle), 1398-1494; 1662-1768, e repertorio. Beni comunali (provved. sopra), 1488-1768. » inculti (provv. sopra), 1556-1765, 3. » » capitolari : Agricoltura, Acque, Ritratti e Con- sorzii, sec. XVI-XVIII, 4 e rubr. Bestemmia (esecutori contro la), 1523-1794, 2. (1) Si ommettouo in questo catalogno alcune Collezioni di decreti che, specialmente nei secoli men remoti, equivalevano a capitolari. (2) Questo e tutti gli altri capitolari contrassegnati da * furono rifor- mati nel 1376. e si trovano uniti nel codice 133 della Miscellanea Codi- ci di questo Archivio Generale, Serie I. — G02 — Biave (provv. alle), 1328-1752. Bolla ducale (cassiere alla) - raccolta decreti e scritture-1308 1790. Camerlenghi di Comun, 1200, 1324. * Canali, rivi e piscine (officiali sopra) sec. XIII. Capi contrada, sec. XIV (8 pergam. sciolte). Capisestieri . . . 1287 — sec. XIV. Cattaver (officiali al), 1240-1758 m. v. » compendio del capitol. degli avogadori de intus, giu- dici dei contrabbandi e cattaver, 1299-1744. Censori, 1517-1762 ; 1541-1797. Collegio, 1324-1788. Comun (provv. di), 1272-1676;. . . . 1303-1661 ; 1610-1790, 2; (delle tasse degli ufficii, 14904716). Consiglieri di Venezia (Consiglio minore) 1292-1396 ; sec. XVI, n. 3; XVII; 1720; 1749; 1776. Consiglio dei X, 1568-1625; 1550 m. v. -1763; 1607-1653 m. V. ; 1575 m. v. _ 1743. » dei X, (Capi del) 1607-1717. » di XL (o Quarantia) civil nova, 1272-1796 m. v. 8 (il 1. bis) e sommario. » di XL civil vecchio, 1275-1797, 3 e sommarii. » di XL criminal, 1272-17<39. > » (presidenti al) ; capitolar 3., 1769-96 m. V. capi .... . 1306-1758; 1306-1588; indi- ce del capitolar 2." Consiglio maggiore, 1271-1533. Consoli e sopraconsoli dei mercanti, 1240-1700 ; * sec. XIII-XIV. Conti (Savii sopra), 1607-1796, 4. * Contrabbandi (Signori) giudici ai (capitolare del 1288) ,1248- 1298. Cottimo (provved. al) d'Alessandria ; 1498 m. v. — 1688 m. v., 2. > (provv. al) di Damasco, 1498-1610; 1493-1677 ; 1569- 1684. — 603 — Danaro publico (provveditori sopra), 1571-1779, 4. Dazii (provveditori ed inquisitori sopra) 1268-1571 ; 1271-1512 ; 1398-1728 ; 1716 m. v. - 1762, 2. Decime (dieci Savii sopra le), 1463-1796, 6. Doge, 1229, 1612. Esaminador, 1204; * 1279-1298; 1781-1797, 2. Entrade publiche (governadori delle), 1443 ra. v. — 1507; 1598- 1717. » * publiche ed uscite del Comune (Stato) (inquisitori alle) 1262-1291 (intitolato: de rebus portatis ultra sigillum). » publiche (revisori e regolatori delle), 1653-1715 m. v. Fontego dei tedeschi (ufficiali al), 1329-1797. Formento (provv. al) in S. Marco e Rialto, 1233-1766; 1402- 1762, 10, 1518-1753. Giudici de raagno salario, * 1269-1295; * (notai dei), 1284-1295. •» per tutte le curie, sec. XIV. Giustizia nova (officiali alla), 1269-1795; 1354-1646. » (Collegio dei VII Savii alla) 1263-1774 m. v. Giustizia vecchia, 1565-1794, 3. Imprestidi (officiali agli) .... 1254-1533, 7. Leggi (conservatori ed esecutori alle), 1399-1796 ra. v., 3. Mariegole e mestieri (cinque Savii sopra le), 1541-1683. Mercanzia (cinque Savii alla), 1298-1589; 1506-1719, 14 e ru- brica (manca il 2.''). Messetaria e quintello (officiali alla), 1292-1716, 2. Milizia da mar (collegio della), 1237-1574. Miniere, 1488-1525. Mobile {^inaiai del), 1288-1399. Monasteri (provveditori sopra), 1514-1681. » (aggiunto sopra), 1768-1791 m. v., 5. * Moneta d'argento, intagliatori masseri, sec. XIII. Notai ducali estraordinarii, per gli ufficii, e segretarii del Col- legio del Senato, 1479-1589. Serie f\ Temo IL Ti — 604 — Officii (presidenti sopra), 1364-1797, 5 (il 1." con indici 2). Officii, provveditori (cani superiori nel Cons. di XL al Crimi- nal), 1481-1793. Ospitali e luoghi pii (provv, sopra), 1561-1793. Pace (cinque anziani alla), 1240-1793. Petizion (giudici del), 1244; * sec XIII; * (notai dei giudici del), sec. XIII. Piovego (officiali al), 1254-1568: (Codice 1234, ivi atti del sec. X);* sec. XIII. Pompe, 1562-1786, 5. * Ponti e strade della città di Rialto, sec. XIII. Poste e corrieri (matricola corrieri), 1489-1743, 2; 1525-1781, 7, 1503-1743. Procuraior (giudici del), 1269-1794. Procuratori di s. Marco decifra', 1257-1699; 1265-1751. » di s. Marco de supra, 1258-1592; 1258, sec. XVIII. » di s. M&rco de ultra, 1249-1712; 1249-1772; * sec. XIII-XIV. Proprio (giudici del), sec. XIII-XIV ; * 1279 (1279-1284). Rason nove, 1514-1569, 2 e sommario, 1295-1612. » vecchie, 1260-1796,3. Sai (provved. al), 1277-1792, e repertorio. * Salinieri di Chioggia, sec. XIII-XIV. Sanità (provveditori alla), 1485 m. v. — 1726, 3, ed indice. Scansadori alle spese superflue, 1576-1742, m. v., 2. Scrittura (regolatori e revisori alla), 1549-1708, 4 ; 1581-1596 ; 1678-1707 m. v. Scuole grandi (revisori e regolatori alle), 1312-1778,2. Senato (X, 1461-1765 poi XX savii del corpo del), 1411-1741; 1492-1723; XII poi XV (raccolte decreti) 1525-1789; 1675-1796 m. v.; (XX poi XXV del) 1272-1785. Signori di Notte al Civii, 1270-1586; 1325-1720. » di Notte al Criminal, 1232-1797; 1254-1523 :*1266-1299... Sindaco (sindici giudici) 1369-1773. — 605 - Straordinari!, ufficiali (al Lido ecc.), 1302-1528, 2. Ternaria nova, 1271-1628. * Usurai ed eretici (officiali contro), sec. XIII. Valli Veronesi (provved. e deputati alle) (compilazione leggi) 1411-1700, 3, e rubriche. Zecca, provveditori ecc., 1358-1556; 1590-1594 ra. v. » soprastanti alla foglia d'oro, 1519-1583. Capitolari di magistrati della ex Republica Veneta restituiti dal Governo Austriaco all'Italia nei 1863. XL.'^ Civile vecchia e nuova. Capitolare degli Ecc. Consigli di XL Civil Vecchio e Nuovo. Precedono una tavola dei capitoli e un calendario delle festività nelle quali la Quarantia non si congregava. 11 codice scritto nel 1533, è in 4.", di circa 75 carte ben conservato, coli' arma Svajer: — ^wm"1306, 16 dicem- bre — 1531, 7 fehhr. m. v. XL.** Criminale. Indice delle leggi spettanti al Consiglio della Quarantia al Criminal, disposto secondo l'ordine dei tempi : abbraccia nn centinaio di carte, scritte nel secolo scorso e ben conservate ; — 1272, 12 aprile — 1769, 31 maggio. XL.^ Civil vecchia, nuova e criminale. Rubriche dei capitolari dei Consigli Serenissimi dei XL Civil Nuovo, Civil Vecchio, Criminale; — 1463 a^ 1744. A'Z/." Criminal. Capitularium Dominorum Quadraginta; — 1306, al 7 die. 1393. Cons. X. Sommario del capitolare del Consiglio dei X; 1314, 12 giugno ; — 1716, 4 novembre. Cons. X. Sommario delle leggi del Consiglio dei X. 1309, 3 febbr. (Maggior Cons.) 1310, 10 luglio (Istituzione del Cons. dei X) — al 1748, 22 settembre. Consiglio X. Capitolare che si legge il primo d'ogni mese al — 606 — Tribunale degli Ecc. Capi del Cons. de' X; — 1575, 11 gennaio m. v. al 1794, 2 maggio. Cons. X. Capitolare dell' Ecc. Consiglio di X; — 1578, 22 di- cembre al 1605, 16 marzo. Maggior Consiglio. Rubrica del Capitolate del M. Cons. 1465, 26 febbr. m. v. al 1623, 18 gennaio m. 7\ Consiglieri. Capitulare Consiliariorum ante annuna 1396. Secolo XIV. Inquisitori di Staio. Capitolare per gl'Inquisitori. K preceduto da un indice delle materie; comincia 1411, 4 marzo, termina 26 aprile 1793. Buona copia del sec. XVIII^ di pag. 96, in foglio. Rason Vecchie. Capitolare delle Rason Vecchie. Membranaceo, del secolo XVI ; 1368, 17 die. al 1557, 5 febbr. ni. v. Cattaver. Capitolare del Magistrato dei Cattaver; 1260, 13 agosto — 1376, 2 dicembre. Senato. Capitolare del Consiglio di Pregadi ; 1260 al 1534, 19 ottobre. Pesatori di Comun. « Capitulare Ponderatorum per Nobilem virum Nicolaum Falier ambasatorem et baiulum Vene- torum in Costantinopoli et N. N. V. V. Hermolaum Valaresso et Silvestrum Maripetro Consiliarios ejus»; — 1361, 8 gennaio m. v. al 1546, 17 luglio. Avog adori di Comun. Capitolare degli Avogadori di Comun; 1274, 6 dicembre al 1694, 23 novembre. Avogadori di Comun. Capitulare Advocatorura, E un indice o sommàrio del Capitolare degliAvogadori, con un'appen- dice, in fronte alla quale si legge: «Sumniario del li- bro d'Oro, serve al Maggior Conseglio »; 1376, 1. agosto al 1426, 18 luglio. Avogadori di Comun. Capitulare Advocatoruni. \\ un indice o sommario del capitolai'e degli avogadori, con un'ap- pendice, in fronte alla quale si legge: « Summario del libro d'Oro, Sec XVI.» — GU7 — Auditori Vecchi. Capitulare D. D. Auditorum veterum ab Ale- xandre ingeniario scriptum; 1374, 20 agosto — 1547, 20 maggio. Auditori Nuovi. Auditori Nuovi, leggi raccolte da Alessandro ingegner figlio di Francesco; 1410, 11 ottobre al 1520, 13 agosto. Provveditori al Sai. Capitolare dei Provveditori al Sai; 1300, 17 agosto al 1520, 28 febbr. m. v. Procuratori di S. Marco de ultra. Capitulare clarissimorum vi- rorum procuratorum saiicti Marci super commissariis de ultra Canale constitutoruna ; 12QÒ,1 giugno al 1577, 15 gennaio m. v. Procuratori di S . Marco de ultra. Capitulare commiss, procu- ratorum sancti Marci de ultra; 1258, 23 sett. al 1563, 3 luglio. Notai. Capitolare dei notai di Venezia; 1359,7 ottobre al 1542, 29 marzo. Officiidel Levante. Capitolare Offìcii del Levante; 1271, 20 ottobre al 1374, 26 gitigno. Officiali al Sai. Capitolare pegli Impiegati sul snle ed altri Magistrati; 1281 al 1416, 28 luglio. Officiali al Sai. « Suraraario et repertorio di tutte le leze, or- dini, terrainationi et mandati specfanti et pertinenti al- l'offitio del Sai, facto per me Antonio Rosso Nodaro coadiutore del ditto uffitio »; 1286, 23 novembre al 1521. XL.'^ Criminal e Censori. Sommario dei Capitolari dei Signo- ri al Criminale e Censori (sec. XVI). -^ 608 — II. DOCUMENTO citato apag. 31. Libri secretorum ex papyro, et SenatuS; et Capitum de XL et Collegi! 'j. « In primo armario : Liber negocioruQ) Histrie. caret millesimo. Liber inter Paduam et Montem Silicis incipit. 1157-1308 esiste. Liber partium Collegii prò rebus Romaniae. 1315-131818(2) Liber ordinamentorum et partium captarum in Consilio Rogatorum. 1322-1323 B Liber continens partes capitum de XL. 1332-1360 Liber partium sapienium prò factis domino- rum de la Schala. 1336-1337 Commissiones ambaxiatorura. 1343 Liber secundus actorum quaestionis inter do- minum Patriarcham Aquileiensem et Do- li) Dalle denominazioni non sembrano compresi fra questi, i volumi che ora esistono : Liber secretorum Collegii 1373-85, F. Scripturae secretae consiiii sapientum, 1354-63 rogatorum (Secreti) prò factis Istriae, A MCCCXXXV. Lettere del Collegio 1S08-10 (liber de- ciraus nonus) liber secretorum (del dogado di Lorenzo Gelsi) o lettere del collegio 1363, del quale esiste l'originale nella libreria di Gino Capponi a Firenze, una copia poco corretta nella « Raccolta Cicogna» presso il Mu- seo Correr, e parte di altro esemplare tratto da essa, neir Archivio Gene- rale di \'enezia. Liber literarum secretarum Collegii et aliquarum C. X. 1430-37. (2) Alcuni di questi codici erano contrassegnati da numeri, lettere, o figurine di torri ed altre, convenzionali. — 600 — minum Episcopuiu et Capituluru Cene- tensera ac Dominos Procuratores San- cti de Covoìano. 1345 (Ceneta) Imbaxiatores. Capitanei. 1347 Imbaxiatores. Capitanei 1350 K Commissiones. 1363 L Coinmissiones. 1367 M Secreta Rogatorum. 1368 Liber prò factis Paduae. 1372 Collegium prò factis Paduae. 1373-1377 Notatorium sapientum ordinum de 1375 Liber Secundus Registri Secreti Guerre ter- re et maris. 1381 Liber Collegii Secreti incoeptus specialiter prò factis Mantuae vigore libertatis Con- silii Rogatorum. 1397 Litterae et commissiones Collegii. J.400-1404Q6 Propostarum maioris Consilii. 1404 34 Maius Consilium, (sic). Libri Secretorum ex papyro Consilii X et Collegii. Commissiones Collegii. 1404-1408 15 BR Littere Collegii. 1405-1406 P Liber petitionum consultarum per consilia- rios. 1405 8 In secundo armario : Liber litterarum secretarum. 1406-1411 8 I^iber Comraissionum secretarum. 1408-1413 S esiste Partes Collegii. 1411-1414 Registrura litterarum. 1412 Commissiones secretae. 1413-1425 C S Registrum litterarum secretarum. 1416-1419 Scutari Villae. 1416-1417 esiste Littere secreta. 1416 12, 19 — fno — Liber partium CoUegii. 1418-1424 Registrum. 1421-1424 Registrum 16. 1425 N Commissiones. 1425-1435 Registrum 17 in quo libelli sunt prò illis de Pollentia D. Ravenne et de Cotignola et de Argenta et Lugo. 1426-1427 Registrum secretum 17. 1427-1428 Liber 18. 1427-1428 Liber litterarum secretarum 19 de 1432 Liber secretarum litterarum et guerre or- dinatarum perDomiiiiura^Collegium et plerumque per Consilium de X. 1431 Liber secretarum litterarum Collegii 20. 1434 Liber secretarum litterarum Collegii et ali- quarum Consilii de X, 21. 1434-1435 Liber secretarum litterarum Collegii et ali- quorum Consilii X, 22. 1436-1437 esiste In III armadio: Liber secretarum litterarum Collegii et ali- quarum Consilii X, 23. 1438 Liber secretarum litterarum Collegii et ali- quarum Consilii X, 23. 1438 Liber secretarum litterarum Collegii et ali- quorum Consilii X, 12. 1440 S Liber litterarum secretarum Collegii 24. 1441 Collegium idest partium. 1441-1455 Littere 25. 1442-1443 Liber litterarum secretarum 26. 1443-H44 Littere secrete 27. 1444-1445 Littere Collegii 27. 1445-1446 Littere 28. 1447 Littere Collegii 29. 1448 » » 29. 1448-1449 — fili ■ — Liber litterarura secretarura 30 1450- -1451 0 (sic) 1450- ■1463 Commissiones. 1450- •1465 Liber litterarum 1 secretarum Collegii Ì30. 1451- •1452 » » » » 31. 1452- ■1453 » » » » 32. 1453- ■1454 > » » » 33. 1455- ■1456 » » » » 34. 1457- ■1459 Partes. » > » 35. 1460- 1464- ■1462 •1467 Littere Collegii 38. 1467- •1469 » » 39. 1470- ■1473 Liber partium et commissionum Collegii. 1471-1479 Registrum litterarura Collegii 41. 1475 In IV armario: Registrum litterarura Collegii 42. 1476 » » » 1476 » » » 1478 » » » 1479 Littere et partes et commissiones. Libri secretorum Collegii ex papyro. Collegii 1480 » 1480-1483 Collegiura. 1481 Per Collegiura. 1482 » 1482 Commissiones Collegii. 1482-1485 esiste Per Collegiura. 1483 Collegiura (littere). 1484-1485 esiste Partes Collegii. 1485-1493 Commissiones Collegii secrete. 1487 Per Collegiura. 1488 Serie f, Tomo II. 78 — 612 — Per Gollegium. 1490-1493 Rcgistrum litterarura secretarum Collegii. 1494-1496 Littere Collegii. 1498-1499 Collegtum. 1503-1504 Rubricarum, P Coqtinet libros XI Secretorum Senatus. 1401-1429 II Cotnplectuntur IX libros eiusdem vSe- natus. 1431-1453 Liber Sententiarum Conventus Tridentini. 1535 Libar iuriuro Cenetae civitatis. 1546 Altri volumi. Indices laguna maioris Consilii Placentinae appellati Primus. 1222-1383 Secundus. 1384-1502 Tentius. 1503-1537 Libri officiorum regiminum et consiliorum. Universum vetus. 1456-1474 » novum. . 1475-1492 Officiorum vetus. 1492-1523 » novum. 1523-1536 Bulletinorum I. 1472-1490 > IL 1491-1524 » IIL 1524-1536 Regiminum vetus. 1492-1523 » novum. 1524-1536 Introitus regiminum vetus I. 1437-1491 » vetus IL 1491-1524 » novum. 1524-1536 Consiliorum vetus. 1492-1521 » novum. 1522-1536 — 613 — Indices Senatus consultorum ium terrestrium, tum maritimorum, Mixti nuncuj)ati. Primus. 1332-1367 II. 1368-1388 III. 1389-1412 IV. 1413-1440 Libri mixti Consilii Rogatorum continentes res terrestres. et maritimas. I. 1293 II. 1302 III. 1307 IV. 1313 V. 1317 VI. ^ 1320 VII. * 1322 VIII. 1324 IX. 1325 X. 1326 XI. 1328 XII. 1329 Xlil. 1330 XIV. 1331 XV. 1332-1334 esiste. — 614 — III. DOCUMENTO citato apag. 60. Sistema dell' Archìvio della Cancelleria Secreta, quale era sotto la Repubblica Veneta ('). Armario I, II, IH, processi antichi. » IV, colto primo. Libri dei patti originali, pandett*. y » colto secondo. Libri dei patti, copie. » V, Misti (Senato) registri ed indici. » VI, colto primo e secondo. Commemoriali, originali e copie. » VII, colto I. tì 2. Deliberazioni del Senato (Secreti) registri dal 1401. » Vili, colto 1. e 2. id. 1477. » IX, colto 1. 2. 3. id. 1548. > X, colto 1. e 2 id. e registri Senato Corti e Rettori 1621-1630. » XI, colto 1. 2. 3. 1636 Corti e Rettori. » XII, colto 1. e 2. id. 1657. > XIII, colto 1. e 2. Grazie. » XIV, colto 1. Grazie e privilegi, sindacati. » colto 2. Deliberazioni del Mag. Cons. esemplari contemporanei. (1) Dall' « Indice della Secreta fatto in tempo del Serenissimo Priuci- jje Dominico Centanni, e dalli illustrissimi et eccellentissimi signori Bat- tista Nani kav. e procurator sopraintendente alla medesima, e Dominico Ballarin caucellier grande, dal circospetto secretarlo Antonio di Negri q. Alberto, 1' anno MDCLXVllll, scritto dal fed. Zuanne Gasparini, scrittor delle cose antiche. » — Le indicazioni degli armadii sono riprodotto nel- r inventario. — 615 — Armario XV, colto 1. Commissioni ; filze e registri. > colto 2. Deliberazioni del Senato (Secreta) del Collegio, del Consiglio di XL al Criminal, e Pieggerie, registri e fil- ze segnate con lettere d'alfabeto. Capitolari dell' Offizio di Levante e dei Consiglieri di Venezia. » XVI, colto 1. e 2. Senato Zecca, filze. » XVII, colto 1. 2. 3. * » XVIII, colto 1. 2. 3. » » XIX, colto 1. 2. » » XX, colto 1. » » XXI, colto 1. Zecca, registri. » » colto 2. Bancogiro, filze, e 1 registro » » colto 3. Partiti di denaro, prestanze e crediti per nobiltà. » XXII, colto 1. 2. Deliberazioni del Senato Secreto , filze dal 1510. » XXIII, colto 1. 2. 3. id. dal 1591. » XXIV, colto 1. 2. 3. Corti e Rettori. > XXV, colto 1. 2. id. dal 1650. > XXVI, colto 1. 2. 3. id. dal 1663. » XXVII, colto 2. 3. filze di Collegio, lettere 1487. » XXVIII, colto 1. e 2 lettere dei provv generali, com- missariied altri pubblici rappresen- tanti in Terraferma, > XXIX, colto 1. » colto 2. Provveditori oltre il Mincio. colto 3. Provved. sopra la fabbrica di Udine. Altre lettere dei pubblici rappresen- tanti (commissarii pagatori in cam- po, provv. ai confini, governador dell'esercito, provv. a Cividal del Friuli, Cadore,Peschiera, Orzi, Aso- — 616 — lo, provv. della Cavalleria in Croa- zia ed Albania, provv. sopra boschi, sopra l'estimo ecc.). Armario XXX, colto 1. e 2. Lettere dei provved. generali a Palma. » XXXI, Avvisi (Genova, Scutari, Napoli, Germania, Fiandra, Milano, Polonia, Ancona, Genova, Palermo, Soria, Alessan- dria, Brusselles, Palermo, Serra- glio di Bossina, Aleppo). » » colto 1. Consoli di Genova, sommar] d'avvisi. » » colto 2. id. » XXXII, colto 1. Provveditori e provved. generali ed altri rappresentanti in Istria, lettere. » » colto 2. Lettere dei provv. generali ed inqui- sitori alle tre isole del Levante. » XXXIII, Ceremoniali, filze e registri. » XXVIV, colto 1. e 2. Esposizioni principi, registri. » XXXV, colto 1. 2. 3. » XXXVI, colto 1. » XXXVII, colto 1. Lettere replicate vecchie Levante (Cipro, Candia, capitani generali da mar, amb. in Francia, Porto- gallo, Reggimento di Candia. Sen- tenze dei sindici in Levante; id. in Dalmazia, provv. a Zara, provv. generale a Corfù) ecc. » » colto 1. (sic) Lettere dei provv. generali da mar in Golfo, cariche estraordina- rie da mar. » » colto 2. Candia, lettere dei provv. generali e rettori, scritte al Senato. » » colto 3. Provveditori generali e provvedito- ri in Canea, lettere. — 617 — Armario XXXVIII, colto 4. Inquisitori in Levante, Dalmazia e Corfù; pi'ovv. gen. da mar, com- missario sopra i viveri, rassegne in armata e Candia, capitani estra- ordinarj delle galeazze e delle na- vi, capitani delle navi, provv. or- dinarli e straordinariideir armata. » XXXVIII, colto 1. Capitani generali. » » colto 2. 3. 4. Lettere dei provveditori e Com- missarii in Dalmazia ed Albania. » XXXIX, colto L 2. 3. 4. Lettere di ambasciatori, bai- li e segretari in Costantinopoli. » XXXX, colto 1. 2. id. » XXXXI, colto L Registro di lettere dei baili da Co- stantinopoli. Lettere, comandamen- ti e scritture turchesche. » XXXXII, colto L e 2. Deliberazioni del Senato rela- tive a Costantinopoli, registri. j» » colto 3. Costantinopoli, deliberazioni del Senato, filze. » XXXXIII, colto 1. 2. 3. Dominorum (Lettera di papi, cardinali, principi al Collegio). » XXXXIV, colto L 2. 3. Materie ecclesiastiche (Con- sulte Sarpi, fra' Fulgenzio, Lonigo, privilegii della chiesa di S. Marco, mandati di retenzioni e liberazioni^ rescritti a bolle ed altro). » XXXXV, colto L 2. Roma. Esposizioni dei nunzii del pontefice ed altri ecclesiastici, filze. V » colto 3. e 4. id. registri. » XXXXVI, colto 3. 2. 1. Deliberazioni del Senato ri- sguardanti Roma, registri. > XXXXVII, colto 1. Roma materie expulsis papalistis circa confini; provveditori e com- — 618 — missarii, inquisitori in campo, pa- gatori, provveditori in canapo. Armario XXXXVII, colto 2. 3. 4. Roma, deliberazioni del Se- nato, filze. » XXXXVIII, colto 1. id. » XXXXIX, colto 1. e 2. Inghilterra, lettere d'ambascia- tori e secretarli residenti. » » colto 3. e 4. Fiorenza id. » L, colto 1. Mantova id. » » colto 4. 3. 2. Savoja id. » LI, colto 1. 2. 3. Spagna id. » LII, colto 4. Francia id. 1. 2. 3. Napoli id. » LUI, colto 1. 2. 3. Milano id. » LIV, colto 4. 2. 1. Francia id. » LV, colto 1. 2. 3. 4. Germania id. » LVI, colto 1. Signori Stati id. » » colto 3. 2. Svizzeri id. » » colto 4. Valtellina, Grisoni, Miinster, Polonia. » LVIII, colto 1. 2. Annali. » LIX, colto 1. 2. 3. Roma ambasciatori : lettere. » LX, colto 1. 2. 3. id. » LXI, colto 1. 2. 3. Esposizioni principi (filze). » LXII, colto 1. id. » LXIV, colto 1. Consultori. » LXV, colto 1. 2. 3. id. » LXVI, colto 1. 2. 3. id. » LXVII, Scritture spettanti agli Avogadori di Comun. » LXVIII, id. spettanti ai Riformatori dello studio di Padova. » LXIX, Scritture antiche di ninno valore. » LXX, Libro de' primi abitanti di Venetia. » LXXIII, colto 1. Relazioni d'ambasciatori, capitani generali ed altri pubblici rappresen- tanti al Senato (registri). — 619 >- Armario LXXIII, colto 2. W. 4. Registri, relazioni da mar, da terra ecc. » LXXIV, colto 1. Relazioni Costantinopoli, Roma, Ger- mania, Grisoni, Savoja, Polonia, Inghilterra. » » colto 2. id. Francia, Spagna, Capitani gene- rali da mar. » -» colto 3. Catastici di città , monasteri e Chiese. » » colto 1. {sic) Signori Stati, relazioni d'am- basciatori Miinster; relazioni del- l'Arsenal (dei savii agli ordini). » LXXI, colto I. e 2. Materie miste importanti : ec- clesiastici, fortezze, armata, discor- si del Savorgnan, del Pallavicino, del Martinengo ; confini . » » colto 3. Libri e disegni di fortezze con di- scorsi intorno le medesime. •» LXXII, colto 1. Altre materie notabili. » » colto 2. Comunicationi dell'Eccelso Consi- glio di X (filze). » LVII, colto J. Inghilterra, Signori Stati, Miinster, Polonia, rubricarli dei dispacci. » » colto 2. Francia, Spagna, id. » » colto 3. Savoja, Germania, id. > » colto 4. Senato deliberazioni secreta rubri- che generali. » XXXX, colto 3. Costantinopoli dispacci, rubriche. » XLVIII, colto 3. Roma, id. rubriche. » LVIII, colto 3. Armata, rubricarli dei capitani ge- nerali, id. dei provveditori gene- rali ed altri capi da mare. » » colto 4. Candia, rubriche di lettere dei prov- veditori generali. Serit y, Tomo li. 79 - 020 — Armario LVIII, colto 3. Dalmazia , rubriche di lettere dei provveditori generali. * » colto 4. Tre isole, rubriche dei provvedito- ri generali ed inquisitori. » » colto 4. Terraferma, rubriche dei provve- ditori generali, inquisitori ed altri pubblici rappresentanti. » LXXIV, colto 3. Paci (trattati). » LXXV, Luoco et armario dell' Ecc. signor Cancellier grande, appresso il quale si ritro- vano le materie spettanti alla sua carica. IV. DOCUMENTO citato a pag. CI. Norme per l'esame e per lo studio dei documenti custoditi nella Cancelleria Secreta della Repubblica Veneta. 1716 — 26 agosto, in Cons. X (Secreti). Ha in ogni tempo la maturità di questo Consiglio avuta par- ticolar attenzione alla Cancelleria Secreta nella quale si con- servano le lettere, scritture e registri, ohe contengono le cose della maggior gelosia ed importanza, provedendo con pronte e salutari ordinazioni, rinovando queste, e aggiungendone di nuo- ve a misura che son nati li disordini, o che di esse si è veduto trascurarsi l'essecuzione. Osservandosi però, non senza il sen- timento che si conviene alla gravità della materia, ricadute presentemente le cose nel!' abuso altre volte corretto, e doven- dosi accorrere prontamente al riparo, rinforzando li decreti pre- si con quelle maggiori cautelie che valer possano ad assicurare quell'esatta regolazione sì necessaria: — 621 — L'anderà parte, che ravvivandosi tutte \e leggi in tal materia disponenti, e alla presente non repugnanti, per vigore de quali è già permesso in detta Secreta l'ingresso a quelli soli che lo hanno in Senato, et a Consultori, e vietato a qualunque altro, come effettivamente si osserva, sia fermamente stabilito; che tutti li armari di essa Secreta debbano star sempre chiusi, e le chiavi loro sempre appresso li Segretari deputati alla sua cu- stodia, cosichè chiunque vi ha l'ingresso, come sopra, ninno eccettuato, et avesse bisogno di alcuna filza, registro o altro, senza poner esso la mano in detti armari, debba ricercare alli Segretari deputati quanto gì' occorresse e questi debbano nel me- desimo tempo far nota in un libro a ciò destinato, non solo del nome della persona, ma ancora della precisa filza, registro, o al- tro, ninna cosa eccettuata, che consegnassero, et essere attenti alla restituziono, come pure impedire che da alcuno sia che si voglia, non siano estratte copie, o note imaginabili con inchio- stro 0 lapis, 0 in qualunque escogitato modo, come più volte ò stato decretato, e ciò sotto tutte pene statuite a' trasgressori in materia di Stato, restando gli Inquisitori strettamente incaricati ad invigilare all'esecuzione. Sia per vigore del presente a' Segretarii ingionto i'obligo di portare ogni primo giorno di mese il libro predetto al loro Tri- bunale per le necessarie osservazioni, e sia in arbitrio di essi Inquisitori il farselo presentare qualunque volta a loro parerà, al che anzi ne restino vivamente eccitati, onde dalla frequenza dell' osservazioni, riceva ogn' uno più pressanti gì' impulsi all' u- so della dovuta pontualità. E perchè le filze correnti, sempre alla mano de Segretarii del Senato e de' Savij ancora non possono tenersi chiuse nelli armari, et il luogo ove ora si tengono è fuori dell'osservazione de' custodi, sia per esse destinato il banco in faccia alla porta snpra cui scrivono li Segretarii deputati, così che niuno possa toccarle senza essere da loro veduto, et annotato. Mentre poi ben si comprende, che la situazione di esso ban- — 622 — co per altro necessaria dirimpetto a detta porta impedisce al- l' occhio del Segretario la scoperta di tutta la Secreta, doverà un di loro sedere nella parte più interna di essa in vicinanza dalli armari di Roma. Per quest'importante motivo, e per quel- lo della nuova Secreta, ultimamente fabricata, come pure a ri- guardo di vedersi da qualche tempo cresciuto il concorso de soggetti che cercano d'erudirsi, scorgendosi insufficiente il nu- mero di due Segretarii deputati, li quali non possono esser sem- pre assidui egualmente con la persona, o per il difetto dell' e- tà, o di qualche indisposizione, è necessario provedervi in mo- do che sussistano sempre in eguale osservanza le disposizioni estese nel presente decreto, e non abbi a diminuirsi la vigilante custodia eh' è desiderabile, però: Sia ricercata la prudenza della Signoria Nostra a devenire all' elezione d' un altro Segretario deputato alla Secreta, sicché in avvenire siano tre, e questo pure con tutti gli obblighi et as- segnamento che viene agli altri corrisposto. Uno dei tre Segie- tarii suddetti doverà esser destinato alla Rubrica generale, ope- ra sommamente necessaria, e da qualche tempo in difetto, e che dal Segretario medesimo, non distratto da altre occupazio- ni et obbligato a fermarsi nella Secretn, potrà colla diligenza dovuta restar perfezionata, anzi che quella formata nel secolo presente, non potendo veramente dirsi generale per essere man- cante di tutte le gravi et importanti deliberazioni contenute nel- la Filza militare {sic) di Terra Ferma, sarà parte del Magni- fico Cancellier grande il far rimediare a sì rimarcabile difetto per il passato, e per l'avvenire, restando egli parimenti inca- ricato, tanto in questa parte, quanto in quella degli Annali, a non rilasciare le fedi per il lievo de soliti mandati a chi avesse operato, se prima non avrà fatto un diligente esame delle ope- re fatte e se non le avrà trovate nella dovuta perfezione an- co a tenore del presente decreto del quale sia commessa l'es- secuzione egualmente al Sopraintendente alla Secreta per quan- to al medesimo incombe anco in tale proposito. Qualunque — 623 — volta giungano lettere in cifra, non possa di queste farsi da Deputati alla cifra stessa la traduzione in qualunque altro luo- go, fuorchò nella sola Secreta, né possa durante la traduzio- ne medesima entrarvi chi si sia fuorché quelli del Collegio, il Sopraintendente suddetto, e li Segretarii, non dovendo li ci- fristi por mano al lavoro, se non sarà uscito chiunque altro vi fosse. Le lettere pubbliche, siano in cifra, o senza, non possano da Segretarii essere date da leggere ad alcuno, né portate fuo- ri di Collegio, se non dopo che saranno state lette al Senato, et allora solamente, e quando sia consumata la materia ne faran la consegna a quelli Deputati alla Secreta, e non possano né me- no esser date da leggere a parte ad alcuno, né anco dello stesso Collegio, se prima non saranno state lette nel Collegio mede- simo, overo alla S. N., o alla Consulta de Savi, come in mol- t' altre deliberazioni, ma particolarmente in quella dei 23 marzo 1711 è statuito, la quale rimaner debba in questa et in ogn' al- tra parte nel suo intiero vigore. Fuori del Collegio e della Secreta respettive non possano da Segretarii, né da chiunque esser si voglia, sia nel corpo del Collegio stesso, o del Senato, essere in aiodo alcuno portate let- tere inserte, o altre carte secreta, sotto tutte le pene, a chiun- que contravenisse, che sono statuite contro propalatori del se- creto, e contro rei in materia di Stato. Egualmente necessario poi essendo il regolare la libertà eoo • che talvolta viene ecceduto dagl'eletti nell'ambasciate, o altri ministeri, nel far estrarre quantità grande di copie dalla Se- creta, per la restituzione delle quali non si vede essequito il decreto 24 aprile 1600 ; Sia in avvenire prohibito a chi si sia il far tali copie eccet- tuato il segretario, che sarà eletto con quell'ambasciatore o altro rappresentante, che dal Senato colle forme solite ne avesse la permissione. Debbano però li Segretarii deputati alla Secreta tenere altro libro a parte, e notare in esso all' ocasioni tutte — 624 — le copie, che della natura suddetta vaniranno de caetero estratte, dando debito in esso libro di restituzione a quel segretario che le avrà estratte, il quale al ritorno sia tenuto restituirle, e ri- trarne la ricevuta dal deputato. Obligo del segretario medesimo sia in oltre in avvenire r andar nel corso del suo impiego facendo la rubrica di tutti li dispacci, che anderà scrivendo al Senato l'ambasciatore, o altro rappresentante presso al quale servisse, per consegnar questa pure in Secreta al suo ritorno, senza la fede della quale consegna, tanto della rubrica, quanto delle copie, non possano essere al segretario predetto proposte parti per alcuna delle provvisioni solite darsi a chi ritorna dagl'impieghi di fuori, né possa il magnifico Cancellier Grande rilasciare a tale ogget- to le necessarie informazioni, né lasciarli poi ballottare ai gra- di ai quali aspirasseso. (I) (Essendo poi nelle prime istituzioni dei quattro depu- tati alle materie secreto, e particolarmente nel 1636 e 1639 stato decretato da questo Consiglio, che per scruttinio di esso fossero a tale incombenza eletti quattro degli ordinarli della Cancelleria Ducal per anni due, il che non viene presentemente osservato, non facendosi nuova elezione, se non quando nasce la vacanza per la mancanza d'alcuno degl'attuali; Sia preso che il primo giorno che si ridurrà questo Con- siglio sia per scruttinio di esso fatta elezione di quattro depu- tati come sopra, previa la lettura della nota dei Nodari ordi- narli, che non sono impiegati nei servigli di fuori., dai quali soli ordinarli debbano esser trascielti, e cosi di due in due anni in avvenire, esclusi sempre li Nodari al Criminal all'Officio de capi, che non devono per qualunque causa esser distratti da tale impiego, che richiede tutta la personale giornaliera as- sistenza. Possano per altro esser provati anco quelli che aves- (I) La parte compresa tra le parentesi fu sospesa con decreto 1717, 27 settembre, C. X. — 625 — sero altre volte servito in detto carico, scontata die abbian la contumacia di anni due, e quelli che di tempo in tempo saranno eletti debbano il giorno dopo la loro elezione prestare al Tri- bunale de capi il giuramento dai soprannominati decreti pre- scritto). Il presente sia registrato nella Secreta, e fattone un sum- mario di tutto ciò che la riguarda, sia in caratteri cospicui esposto in essa in sito visibile all'occhio di chiunque v'entra, come pure nella parte che concerne il Collegio sia affisso ^11' ar- maro delle lettere, acciò debba essere da ogn'uno esseguito. Sia pur dato intieramente in copia alSopraintendente alla Secreta, et al Magnifico Cancellier grande, li quali sian viva- mente eccitati ad accudire perchè siano perfezionati li registri che mancassero, dovendo esso Cancellier Grande riferire a que- sto Consiglio nell'annuali ballottazioni degli ordinarli, li difetti ch'in questa parte vi fossero nell'adempimento di tale incom- benza. Sopra tutto ne sia raccomandata 1' essecuzione agli Inqui- sitori di Stato, li quali sian strettamente obligati in tale im- portantissima materia andare estendendo di tempo in tempo le più diligenti inquisizioni, e scoprendo reità, o trasgressioni in qualunque ordine di persone, portare sollecitamente le relazioni a questo Consiglio per gli eflfetti della più rigorosa, esemplare giustizia. 1719, 28 aprile^ in Consiglio di Dieci. La prudenza di questo Consiglio ha prestata in ogni tempo una particolare attenzione alla Cancelleria Secreta per la grave qualità et importanza delle materie che in èssa vengono ripo- ste. A misura anche del bisogno sono pure state prescritte quelle ordinazioni che furono credute più conferenti et adat- tate alli riguardi del pubblico servitio, alla cautela, et alla ge- losa osservanza del segreto per tutti quelli che sono capaci dell' ingresso nella medesima. — 626 — Fra questi, ritrovandosi abilitati per 1' esercizio della loro carica li Consultori in jure, conviene parimenti per essi sta- bilirsi quello si reputa più proprio, e che può rendersi uniforme alla mente publica, senza che sia loro difficoltato il modo di supplire colla propria virtù alle particolari incombenze, che di tempo in tempo vengono loro ingionte; però 1' anderà parte, che salve, e riservato tutte le leggi in questa materia dispo- nenti, et alla presente non repugnanti, e particolarmente quella dì 26 agosto 1716, sia a consultori in jure prohibito di poter leggere, o far alcuna osservazione sopra registri, lettere, e filze, che in detta Cancelleria Secreta vengono riposte , e quando nascesse qualche necessità di vederne, non possano, né debbano farlo se non colla ricerca ad uno dei Segretari! Deputati, li quali habbino l'obligo di far nota sopra il libro, già a tal effetto istituito col sopr'accennato decreto, della filza, lettera o registro che fosse stato ricercato, e nel modo stesso che si pratica colli nobili nostri che vi hanno l' ingresso. Anche del presente decreto, ne sia raccomandata T esecu- zione agl'Inquisitori di Stato, e ne sia data copia alli Segre- tari Deputati perchè sia essequito e fatto il registro sopra il detto libro. {Tratta dal * registro dei soggetti à quali si somministra- no filze 0 altre pubbliche carte da leggere » custodito nelV Ar^ elùvio del Consiglio dei Dieci). — 627 — DOCUMENTO citato a pag. 334. Spiegazione del titolo dì alcune serie dell' archivio del Consiglio dei Dieci e dei Capi di esso C). Misti — Parti in materia civile, criminale, e politica (registri e filze). Criminali — Parti relative a crimini, (filze e registri). Comuni — Decreti in materia civile, e criminale di massima, filze e registri). Secreti — Materie politiche importanti (filze e registri). Lettere — Commissioni, mandati, ed altri ordini del Tribunale dei Capi : Lettere (con questo solo titolo) lettere cri- minali, lettere secrete, lettere sottoscritte^ o filze fanti contenenti afi'ari civili contenziosi. Notatorio — Ordini dei Capi, intromissioni, appellazioni, co- stituti annotati da privati, fedi di ministri, polizze (f. e r.). Proclami — Sentenze criminali emanate dal Consiglio dei X (filze). Rettori — Sentenze di rettori sui processi loro delegati col- r autorità del C. X, — Note dei processi consumati, 0 rimasti inespediti al termine della carica (filze). Bolla Clementina — Parti dei Capi e del Cons. X in materia di disciplina ecclesiastica. (1) Per maggiori cognizioni si può vedere il « Catalogo mss. ragionato di tutti i registri, filze, e carte che si trovano nell'Archivio dell'Eccelso Consiglio dei Dieci. 1786, con l'aggiunta di quanto si andava in seguito riponendo in esso sino a maggio 1797, « nel quale sono indicati anche al- cuni documenti più importanti, e i vacui che si trovano nelle serie. Strie V, Tomo II. 80 — 628 — Diarii — Note giornaliere di parti del C. X., e in altra serie, dei Capi. Mazzetti — Del Tribunale dei Capi. Memorie delle decisioni verbali dei Capi del C. X. estese a tergo dei memo- riali, dai Segretari (filze). Cariche — Note delle votazioni dei magistrati eletti dal C. X. (filze). Offizii — (libri degli). Note degli eletti alle cariche suddette. Lettere — alle quali non si risponde (poste a parte). — Let- tere dei rappresentanti ed altre, alle quali non si dà riscontro (filze). Capi contrada — Riferte giornaliere in materia di polizia (filze). Fedi dipiovani — Attestati dei parrochi sull'esattezza del ser- vigio dei sacerdoti dipendenti da essi (filze). Titoli di Chiesa — Fedi del Conservatore della bolla Clemen- tina sulla promozione ai posti capitolari nelle parroc- chie, secondo le leggi canoniche e civili (filze). Chierici — Memoriali dei parrochi per la sostituzione di nuo- vi chierici nel caso di vacanze (filze). 7poo k — Parti del Cons. X. in queste materie. Processi delegati ai Rettori — Eseguiti dai rettori col rito del Consiglio dei Dieci. Processi — dei Capi del C. X. Ricordi e denunzie — proposte economiche e scientifiche al Go- verno ; denuncie di abusi, di pericoli finanziari, e della sicurezza pubblica. Consulti e memorie sui divorzii. Giudizii dei Capi del Consiglio dei X. Costituti » Registri varii. Stanno ora in principio dell'Archivio, e sono capitolari, ru- — 629 — briche di leggi, ed altri volumi d'istruzioni del Consiglio dei X, e dei Capi di esso. VI. DOCUMENTO citato a pag. 369. Asporti dagli Archivii veneti antichi. Sebbene sia stato più volte (veggasi per esempio < Le re- stituzioni scientifiche ed artistiche fatte dal Governo Austria- co nel 1868;» Venezia, Cecchini 1870, memoria letta all'A- teneo Veneto nel!' adunanza del 1. aprile 1869) indicata la se- rie delle asportazioni eseguite negli Archivii veneti dai com- missarii della Repubblica Francese e dagli agenti del Governo Austriaco, tuttavia non ci pare inutile di qui riepilogarle, e di aggiungervi qualche documento. La storia adunqne di quelle asportazioni è questa: I. 1797. La Municipalità provvisoria di Venezia distrugge molte carte degli Inquisitori di Stato, del Consiglio dei Die- ci, ed altre àeW aristocratica tirannide. IL 1797, 13 maggio — 1798, 17 gennajo. Bassal, commissario francese a tutte le carte della Repubblica, per incarico del generale Serrurier, estrae dagli Archivii veneti molti documenti. (Vegga.si la re- lazione di Giovanni Dolfin, 1798, 21 gennaro, pubbli- cata negli Atti dell'Ateneo Veneto dell'anno 1866: « Una visita agli archivii della Republica di Venezia» e Romanin ; « Storia documentata di Venezia » IX, 114, 520; X, 220.) - Un Brunetti [che francesò il suo cognome in quello di Brunet), e un Pavan, negli ultimi giorni del Go- verno democratico di Venezia, guidati dal co. cav. Lui- gi Giuseppe Bossi, che fu poi prefetto generale degli — 630 — archivii sotto il Regno d'Italia, raccolsero nei conventi molti libri a penna e a stampa. — Parecchie scritture fece asportare lo stesso Bossi dagli Archivii, sotto pretesto di toglier motivo a ven- dette private (Vedi Governo Austriaco, Presidio III, 9/ii del 1816). — Dopo i preliminari di Leoben (1797, 12 maggio) e il trattato di Campoformio (17 ottobre successivo), Ve- nezia passò sotto il dominio dell'Austria. III. 1798, 17 dicembre. Alessandro de Traux, capitano degli ingegneri di S. M. Austriaca, d'ordine del principe di Grange, comandante generale in capo dell'armata au- strica in Italia, asporta dall'archivio dei provveditori e soprintendenti alla Camera dei Confini molti disegni e piani di fortezze (Magistrato Camerale, busta 1, 18 ottobre 1798 — 21 febbr. 1799, fascic. 48). IV. 1804, nov, — 1805. 1. maggio. — Francesco Sebastiano Gassler, archivista aulico, estrae molti documenti da- gli Archivii veneti, che invia in 44 casse a Vienna. L' Austria , nel 1807 , ne restituisce all' Ambasciata francese in Vienna 45, e vengono spedite a Venezia. Restano colà circa 5000 fra volumi e filze di scrit- ture di materia diplomatica ed amministrativa. V. 1804. 11 Capitanato di Verona manda al Commissario ple- nipotenziario co. di Bissingen, alcune mappe e parec- chi documenti relativi ai confini dello Stato veneto col Tirolo. VI. 1830. La I. R, Direzione dell' Archivio Generale di Ve- nezia spedisce alla I. R. Biblioteca di Corte e Stato in Vienna, alcuni autografi d' illustri veneziani. VII. 1830, 1837, 1842. Dalla Direzione della Biblioteca di Bre- ra in Milano si spediscono a quella di Corte e Stato in Vienna molti codici a penna spettanti agli Archivii veneti, cola mandati dai Commissarii francesi nel 1797. — 631 — Vili. 1866. Il dottor Beda Dudick asporta dall'Archivio Ge- nerale di Venezia e dalla Biblioteca Marciana più che 1300 tra filze e volumi. L' Imperatore d' Austria Francesco I, con risoluzione del 15 febbr. 1816, decretava la restituzione a Venezia delle carte esistenti a Milano. Fu incaricato di ricuperarle il conte Giuseppe Giacomaz- zi. Egli non potè però riavere molti documenti diplomatici ed amministrativi che l' Imperatore Francesco I aveva dichiarato che formavano parte della Collezione Foscarini da lui acqui- stata. Quelle carte, trasferite nella Biblioteca di Brera, vennero poi spedite a Vienna negli anni 1836, 1837 e 1842. Erano veramente di provenienza dell' asporto eseguito dai francesi nel 1797 (1). Infatti i codici che il Governo Austriaco aveva ricevuto nel 1799, in compenso del debito complessivo di lire venete 10,880, montare di tasse ed altre gravezze delle quali erano debitrici alcune ditte rappresentate dagli eredi di Marco Foscarini (2), furono nel 1800 inviati a Vienna, e ne rilasciava atto di ricevimento il barone di Thugut addi 2 aprile 1800. Non potevano quindi essere gli stessi che il Governo Au- striaco volle gli fossero spediti dalla Direzione della Biblio- teca di Brera negli anni suddetti (3). (1) Rimasero nel R. Archivio di Finanze ed Uniti in Milano alcuni re- gistri di cassa dei Provveditori e depositario al Bancogiro, e dell'archivio di Zecca, spediti nel 1808 da 'S'enezia alla Commissione per la liquidazio- ne del debito pubblico in Milano, dove si custodiscono per motivi di am- ministrazione. (2) Giacomo e Nicolò fratelli q. Alvise, zii, e Giacomo q. Sebastiano cav. nipote. (3) Veggansi gli atti del Governo Austriaco 1800, busta 9, N. 568; b. — 632 — A far poi conoscere in qual modo furono eseguite le aspor- tazioni degli agenti francesi , riferirò la descrizione che ne fece al Governo Austriaco nel 1803 1' archivista Stefano An- drea Guerra che vi aveva avuto parte assieme a Giovanni Dolfìn. « Regio Consiglio di Governo. Chiamato 1' archivista Stefano Andrea Guerra a dar conto delle ricevute, ossia certificati, che furono rilasciati dal com- missario francese Bassal al momento che fu a visitare tutti gli Archivii della Repubblica, in unione ai Commissarii eletti dalla così detta Municipalità, si trova in necessità di dichia- rare come ha proceduto in allora l' affare. Si son chiamati tutti gli archivisti dal suddetto commissario francese, e si è fatto deporre da essi medesimi il contenuto del loro Archivio, onde rilevare se in esso vi fossero cose di politico argomen- to, oppure documenti relativi a quella parte di Stato Veneto che, dietro il trattato di Campo Formio, doveva rimarer sogget- ta ad altro dominio. Dietro un tal esame il giorno 16 dicembre 1797 fu ordi- nata la consegna di quegli Archivii , dove se ne trovarono, e fu rilasciato ai rispettivi archivisti il relativo atto cauzio- nale di ricevuta , come pure sotto allo stesso giorno anche in quegli Archivii dove niente fu tolto, si rilasciò un certifi- cato di averlo lasciato intero, e nel suo primiero stato. Di tutti questi certificati tre esemplari si fecero, all' oggetto che uno rimanesse presso il commissario francese, V altro appresso i commissarii veneti, ed il terzo finalmente nelle mani del custode dell'archivio, cui apparteneva. Rimasta adunque la raccolta di questi, cioè di quelli che rimasero presso i com- missari veneti, presso il deputato agli Archivii d' allora, sig. 65, N. 5525 ; b. 79, N. 6938 ; - del Magistrato Camerale, 1749, busta Con tabilità 55, N. 9939 ; e del Governo suddetto, 1840 - 1844, fas. XXIII '/„. — 635 — conte Giovanni Bujovich , resta ignoto al Guerra se que- sta si trovi fra le carte della Democrazia, o se sia stata pas- sata al successore del Bujovich n. u. ser Francesco Dona presidente della cessata Commissione Camerale, e deputato agli Archivii. Il Guerra, unitamente al suo collega Zuane Doltìn, cessarono dalle rispettive incombenze al cessare del- l' Aulico Governo, né vi furono richiamati che nell' aprile del 1798. Gli archivii però che soffrirono lo spoglici maggiore sono quelli della Cancelleria Secreta, donde si asportò tutta la cor- rispondenza ossia il carteggio coi ministri alle Corti, fin dal nascere della Repubblica (! ?) ; e quello degli Inquisitori di Stato, dove pure fu tolto il carteggio coi ministri esteri, e coi rettori interni dello Stato ; oltre un numero considerabile di manoscritti di letteratura e di storia. Gli altri Archivii dove si sono tolti i documenti , come fu detto di sopra , erano re- lativi alle Provincie venete destinate per il parteggio Cisalpino, e sono quelli del Magistrato alle Acque à^VC Adige, dei Con- fini, dei Deputati ed Aggiunti alla provvision del dinaro, e dei Feudi; i certificati relativi giacciono in mano dei rispettivi archivisti. Ecco perchè non può il Guerra dar conto di quello che riguarda all'Archivio degli Inquisitori di Stato, poiché fu esso rilasciato all'ora q. signor Gasparo Sederini, ch'era il segretario di quel Tribunale al cader della Republica .... 26 Ottobre 1803. Stefano Andrea Guerra R. Archivista.* SULLA PHYLLOXERA VASTATRIX NUOVO FLAGELLO DELLE VITI Comunicazione DEL M. E. SENATORE LUIGI TORELLI Permettete, onorevoli colleghi, che senza far pre- cedere preamboli io entri immediatamente in argo- mento. Io voglio chiamare la vostra attenzione sopra una sventura della quale è minacciata V Italia, o dirò meglio una delle classi le piiì estese in essa, la classe dei viti- cultori. Dalle falde delle Alpi lungo tutta V ampia sua catena, alle colline estreme della Calabria e della Si- cilia voi incontrate ovunque la vite ; non havvi una sola provincia che non la coltivi, in alcune è raccolto affatto secondario, in altre è di rilevanza ed in talune è il principale. Con ragione si può quindi dire che una sventura che colpisce i possessori di vigneti diventa in Italia una sventura generale. Già da queste prime parole voi avete indovinato che io voglio parlare del flagello della Phylloxera vastatrìx. Con pari facilità prevedete di certo, che non vengo per far un discorso accademico che si accontenti di ripo- sare fra le dotte carte dell' Istituto, ma per giungere a Serie IV, Tomo li. 81 — G3G — qualche conclusione pratica, degna di un Istituto che fa sue le questioni che toccano da vicino gli interessi i piiì vitali della nazione. È un fatto strano, o signori, che colpisce ad un tempo di meraviglia e di dolore quello della sorte che tocca ai viticoltori. Essi non sono ancor liberi da un terribile flagello, che dura da oltre vent' anni, che fece innumerevoli vittime per fortuna diminuite ed annichi- late, dal flagello della crittogama che combattono bensì validamente, ma non è sparito, e già s'annuncia un altro più spaventevole del primo. Chi rammenta i primordii delF invasione deirOuIio, la lunga lotta por trovar il rimedio, la negligenza, la ripugnanza neir adottarlo, quando pure i fatti ne di- mostravano r efficacia, non può che seriamente preoc- cuparsi del nuovo flagello. Guai air Italia se prima di adottare il rimedio contro la Phijlìoxera deve passare per tutte quelle fasi per le quali passar dovette la solfo- razione; ma speriamo ciò non avvenga, e fra le missioni de' corpi scientifici è certo una delle \m\ nobili quella di prevenire gli indugi e spianar la via ai rimedi. Non havvi però dubbio che si presenteranno anche in que- sta occasione consimili ostacoli; quelli almeno che di- pendono dall'uomo si può sperare che verremmo su- perati presto ; pur troppo taluni non dipendono dal- l' uomo e la miglior volontà non li supera che a forza di studio diligente e di tentativi, epperò io credo utile il premettere un breve cenno delle fasi per le quali pas- sò il flagello della crittograma onde si abbia presente come, perchè e dove si mancò d' energia nel combat- terlo, e ciò nello scopo di poter evitare i medesimi er- rori rapporto al nuovo flagello, che ne' suoi primordii — 637 — non manca di presentare dello analogie poco rassi- curanti. Nel 1848 avvenne che in una grande serra d' In- ghilterra, ove fra le altre piante si coltivavano anche viti, queste si coprissero d' una muffa biancastra che le fece intristire. Il capo direttore o sorvegliante che fosse, non po- tendo classificare il male ed apphcarvi il rimedio certo, prese del fior di zolfo ed asperse quelle viti. Ei si appi- gliò a quel rimedio, perchè nel dubbio è uno di quelli ai quali si ricorre di preferenza, essendo conosciuta da tempo immemorabile V azione dello zolfo sulla vegeta- zione. È un po' il caso, se mi è lecito un paragone, della famosa triaca di Venezia. A' tempi delle nostre nonne e bisnonne era il rimedio universale pei ragazzi, il dolor di testa, il dolor di ventre, la tosse, i geloni, le scottature; tutto doveva guarire la triaca di Venezia. Quanto al principio che guidò quel primo che applicò lo zolfo alla vite ammalata e che n' ebbe soUievo, fu lo stesso; nes- suno allora fece attenzione né a quel male sviluppatosi in una serra, né al rimedio. L'anno successivo 1849 la crittogama comparve in alcuni vigneti della Francia meridionale ; d' onde poi avesse avuto origine, se quei casi avevano relazione con quello accennato nella serra inglese, sono questioni che non vennero sciolte mai e tanto meno importa ora V indagare ; in Italia, assorta allora noi grandi avvenimenti politici, nessuno fece at- tf'iiziotie e se anche qualche specialità se ne occupò, il pubblico per certo rimase all' oscuro, tanto più che la vendemmia in quell' anno ebbe luogo come ne' tempi normali passati, e fu abbondante. Nel 1850 il male si dilatò in Francia e si comunicò all' Italia e primi ad — G38 — esserne colpiti furono la Li{j,-uria e la Sicilia; il Piemonte non fu ancora invaso da risentirsene grave danno, que- sto avvenne però nei successivi 1851 e 1852 nei quali il male si estese a tutta Italia, salvo pochi luoghi privi- legiati dalla natura per uno di que' tanti fenomeni che non è dato di spiegare in modo preciso. Da queir epoca venendo sino al 1858-59 può dirsi, che il flagello do- minò quasi sovrano assoluto, soprattutto nell'Alta Italia, combattuto solo parzialmente e da individui che aveva- no fede nella solforazione, la quale non si propagò nelle masse che dopo queir epoca ed in alcuni luoghi, anzi in alcune provincie intere, solo dopo il 1860 e 1861, sì che divenisse generale e fossero eccezioni coloro che ad essa non ricorrono. Ma come mai, si chiederà, durò tanta fatica a farsi strada un rimedio che fu il primo adoperato in Inghil- terra quando la malattia si presentò in quella serra? Molte sono le cause, né io credo esser in grado di annoverarle tutte ; non pertanto voglio citare le princi- pali, e ciò tanto piìi in quanto che forse talune si pre- senteranno di nuovo nella troppo probabile lotta col nuovo flagello. Quanto al caso avvenuto nella serra d'Inghilterra, benché sia lungi dal rivocarlo in dubbio, io credo che si conobbe, o certo si diffuse, la notizia assai piii tardo del 1848; l'atmosfera artificiale d'una serra, quella coltivazione forzata non parve forse clic si potesse am- mettere qual norma e per trarre induzioni applicabili alla vegetazione in piena terra, e quando piiì tardi si accordò anche a quel caso una piìi seria e meritata at- tenzione, già pii^i d'un rimedio era stato messo innanzi come specifico infallibile e mono costoso. — 630 — Uno de' primi rimodii posto innanzi o da persona autorevolissima fu quello di stendere la vite al suolo e lasciar pure che il grappolo poggiasse sopra la terra. L'illustre prof. Pietro Cuppari aveva osservato come i grappoli che toccano terra andassero esenti dalla ma- lattia, ei si affrettò troppo a generalizzare (1); ma chi non vede quanto razionale era V induzione *? La malat- tia incominciava a far le sue stragi, quel rimedio che aveva il vantaggio di non includere spesa, parvo se- gnalare una via di salvamento, non pochi l'adottarono, ma tanti furono gli inconvenienti pel facile corromper- si dell'uva, per V imperfetta sua maturanza, ed altri, che si dovette abbandonare ; frattanto passavano gli anni. In alcuni luoghi, e forse non pochi, si credette un dovere il rassegnarsi, poiché lo si disse un castigo di Dio che dovevasi subire. Con quanta logica que' ragio- natori chiamino il medico quando cadono ammalati non si vede, ma il fatto è certo, e non solo poi si predicava da alcuni la sottomissione cieca al flagello, ma si invo- cava la liberazione con pratiche religiose esterne e pretendendo dalla Provvidenza miracoli, contro di che si elevarono alcuni illuminati sacerdoti , ma non sa- premmo dire se valessero a paralizzare altri che profes- savano quelle dottrine. Rovistandosi certe carte antiche, non rammento piìi se in un archivio pubblico o privato, si trovò menzione di un flagello consimile che devastò i vigneti del Pie- monte e della Liguria nel secolo XIV: si disse allora, non so con quale fondamento, che aveva durato tre anni e chìamnYnai hiìoloere Manca. Quantunque a'proprieta- (1) Relazione delle rlcercke fin qui praficote intorno alla domi- nante malattia della vite, del prof. Pietro Cuppari. Firenze, 1851. — 640 — rii dovesse parere un termine lungo, tuttavolta siccome buona parte di quel tempo era già trascorsa si rasse- gnarono aspettando la fine del triennio che cadeva su per giù nel 1853-54; ma ben lungi dal scomparire infierì maggiormente. In Sicilia, causa soprattutto del prezzo bassissimo dello zolfo, erasi incominciato a solforare, ma 0 perchè non si facesse in modo perfetto o per qual- siasi altra causa che ignoro, certo si è che non si diffu- se generalmente nemmeno colà che piiì tardo. Abban- donatosi il rimedio propugnato dal Cuppari si misero avanti altri non pochi, la colla, la cenere, la lissivia, ma fallivano tutti. I dotti, e non solo i teoretici, ma i piiì pratici non erano d' accordo e taluni si mostrarono ostili alla solforazione. L' illustre Cosimo Ridolfi, che rese tanti servigi all' agricoltura non solo della Tosca- na ma dell'Italia intera, era sì poco persuaso di quel rimedio, che aveva introdotto ne' suoi estesi vigne- ti l'uva americana, surrogando con essa le altre viti, preferendo far un vino scadente, anziché produrre l'an- tico a forza di zolfo. Simili esempi non erano fatti per propagare il suo uso. Non pertanto ei si faceva strada e nei 1855-56 in Toscana alcuni ricchi proprietarii co- minciarono a far solforare con cura ed ottenere buoni risultati. La Grecia, uno de' paesi più affetti, e le isole Jonie che avevano perduto quasi per intero il loro red- dito principale, quello dello zibebo, chiedevano alla Si- cilia zolfo a centinaia di tonnellate. Questi fatti par- lavano in suo favore ; non pertanto erano sempre con- ti'addetti da esperienze parziali fallite, sì che vi erano ancora provincie intere in ([uoll' epoca ove non era an- cor penetrato o solo parzialmente. Posso addurre l'esem- pio d'uno dei paesi i più viticoli d'Itaha : del Piemonte. — G41 — Afolto si parlò, si discusse e si scrisse in proposito, in iin intero quinquennio dal 1852 al 185G, ma senza che si potesse far prevalere quel rimedio. Nel 1857 TAsso- ciazione agraria, celebre negli annali politici di quel paese , ma che dopo il 1850 erasi trasformata in as- sociazione con scopo veramente agrario, in tanta di- sparità d' opinioni deliberò uscire da que' dubbi, ed un membro della sua direzione si recò appositamente in Toscana a veriticare co' suoi occhi i fatti che si as- serivano intorno alla solforazione ed intorno al modo preciso col quale veniva praticata. Visitò diversi vigne- ti e fra gli altri alcuni del barone Bettino Ricasoli e del sig. Lawley; la maturanza era già avanzata, il contra- sto fra il risultato de' vigneti, nei quali si era praticata la solforazione, e gli altri non poteva essere più com- pleto, bellissima presentandosi la vegetazione nei pri- mi, già ben formato il grappolo e verdissimo il foglia- me; appassito invece ed in gran parte caduto quello dei secondi ; e non solo erano differenti i grappoli ma da quei vigneti emanava Todore ingrato, nauseabondo del- la vigna in preda alla crittogama. Ei rimase sorpreso come a fronte di una prova cotanto evidente e che si annunciava anche da lungi dal colore de' vigneti, nella Toscana stessa prevalesse ancora d' assai il numero di quelli che non solforavano. Ritornato in Piemonte fece la sua relazione alla Società agraria che pubblicò tosto un opuscolo nel quale si dava minuto ragguaglio di quella visita, esortando ad appigliarsi alla solforazione siccome V unico rimedio veramente sicuro fin allora conosciuto (1). Nello stesso opuscolo vi erano le norme (1) La solforazione , vnico rimedio fin ora conosciulo contro la crittogama. Torino, 1857. — 642 — a seguirsi tolte da una memoria dell" illustre Paolo Savi stampata nello stesso anno a Pisa (1). Assieme agli opu- scoli acquistati in Toscana relativi alla malattia quel membro della direzione aveva recato gli istrumenti per praticare la solforazione : il Vassoio col fiocco di lana e di Cibine, il soffietto per le viti alte, e perchè il prezzo non venisse elevato, la stessa società agraria fece un accordo con un fabbricatore che si obbligò a darli a prezzo onestissimo (1 lira il bossolo in latta con fiocco e 1. 3 il soffietto), e perchè le norme del suo uso non an- dassero mai disgiunte dall' istrumento stesso, si rias- sunsero le pili essenziali in poche linee e si unirono airistrumento stesso. Benché per queir anno arrivas- se troppo tardi, grande fu la sensazione che fece V o- puscolo sparso a migliaja di coppie a prezzo di pochi centesimi; non pertanto trovò ancora oppositori e si declinavano i fatti colle piiì minute particolarità del- l' insuccesso, ma Tanno successivo quando si poterono seguir esattamente le norme prescritte, il rimedio co- minciò a guadagnar terreno e diffondersi, ma trovando sempre increduli, un soccorso efficace gli venne nel 1859 da un illustre prelato, da monsignor Losana, ve- scovo di Biella. Convinto dell' efficacia del rimedio per prova diretta fatta da lui medesimo, pubblicò un opu- scolo in detto anno, che aveva per titolo: ìin Cenno etno- logico del Descovo di Biella a prò de'' suoi amati diocesani. Biella 1859. In esso trovasi un passo caratteristico che prova quanta sia stata la difficoltà che si ebbe a procacciar pic- (1) SaW efficacia dello zolfo per guarire la malattia delle viti. Memoria del prof. Paolo Savi. Pisa, 1857. na lede a quei rimedio. Dopo aver precisato i fatti, dopo aver condannato i fanatici che attendevano miracoli, il sapiente prelato aggiunse le parole seguenti : salvo vo- ler negare il sole in mezzodì, si deve ammettere lo zolfo (inai ìinico e vero specifico specialmente per le uve fine, le quali sono dalla costante osservazione fattasi ovunque e semjìre le 'prescelte dalla crittogama^ Giustizia vuol però diesi accenni come tanta incre- dulità non partisse già da sentimento maligno delibe- rato a combattere il rimedio; è possibile che taluno e fra quelli che spacciavano altri rimedii per lucro od anche vanità arrivasse anche a quel segno, ma il grande nu- mero era di buona fede. La solforazione perchè riesca vuol esser fatta bene e senza risparmio ; essa però costa, e quando non erano ancora ben certe le norme si tran- sigeva facilmente sulla quantità, d'onde ne conseguiva il poco 0 nessun frutto, ma pur troppo non rimasero illusi solo coloro che non applicavano il rimedio in modo re- golare, ma ben spesso anche coloro che si erano tenuti strettamente alle prescrizioni, e ciò perchè erano vittime della mala fede de'mercanti. Quando le quantità di zolfo clic si richiedevano sommavano a poche centinaja di quintali, solevansi dai piìi farlo venire di già macinato, ma è sostanza che facilmente può adulterarsi e non si tardò ad abusarne ; si mescolò con gesso, con polvere terrosa giallognola e perfino con vetro di bottiglie nere, che si macinava come farina, e dava anzi un bellissimo colore allo zolfo col quale si mescolava. I proprietarj che avevano la coscienza di aver adempito senza re- strizione e parsimonia alle prescrizioni, vedendosi de- lusi, non potevano a meno di divenire altrettanti nemi- ci della solforazione, e realmente quando assunse pro- Scrìe IV, Tomo IL 82 — 644 — porzioni larghe, ogni paese che è centro di qualche im- portanza per viticultura, stabilì in luogo la macinazione sia per associazione di proprietarii o di speculatori che facevano venire dai luoghi di produzione lo zolfo, evi- tando quel pericolo che ebbe sì larga parte neir impe- dire una celere diffusione del rimedio. Un ajuto non indifferente venne ai difensori della solforazione da una impresa nuova cui diede luogo quella malattia. Già fino nel 1856 cominciarono, taluni segnatamente nella Liguria, a far il patto con proprietarii di vigneti di assumere a loro spese la solforazione, dividendo per metà il prodotto. Annuirono non pochi e, siccome essi la facevano bene e con buon zolfo, ottennero ottimi ri- sultati, e crebbe il numero di quei speculatori (erano di preferenza toscani), sì che dopo i primi anni fecero patti pili larghi ai proprietarii accontentandosi di una quota parte minore. Giammai speculazione meritò di essere annoverata fra le benemerite quanto si fu quella, e se fosse possibile precisare la parte che ebbe nel far deci- dere la vittoria dello zolfo forse si troverebbe che fu la più influente; vittoria che pur troppo costò più di dieci anni di lotta. Perdonate se forse ho ecceduto in questa digres- sione, ma quando si pensa a tanti danni che avvennero e che potevano essere evitati, in gran parte almeno, lad- dove avesse potuto prevaler prima il rimedio, e si con- sidera che ora ci troviamo da capo a dover lottare con un altro flagello che si sovrappone al primo domato ma non iscomparso, non si può a meno di esclamare: Ba- diamo che non si rinnovi il caso della lunga lotta per la solforazione. Vengo ora al nuovo flagello. Si direbbe che il regno — 645 — animale non vnol restar addietro al regno vef^etale nel flagellare i poveri viticultori. Veniamo alla Phtjlloxera. Come la crittogama ributta i[\u\\ suo odore o, direbbesi con più esattezza, pur quella putr(!diue che genera, il fa- tale insetto ributta pur la sua figura che rassomiglia ul pidocchio. È sì piccolo che nei primi tempi di sua vita male scorgesi ad occhio nudo, ma poi fatto adulto, il che avviene in poche settimane, si distingae facilmente; si nutre di preferenza del sugo che succhia dalle radici, ma anche delle foglie della vite e per la gran massa che genera, tante sono le punture, sì grande la sottrazione deir umor vitale che la pianta muore. Dapprima si cre- dette che s' avesse a che fare con due specie diverse aventi la stessa vocazione distruttrice della vite ; T una stata descritta dall' americano Simer e da lui chiamata Dactylosphaeria vitlfolia^ l'altra osservata 'da Planchou francese e chiamata Phylloxera vastatrix entrambi ben noti naturalisti ; ma altra celebrità nello stesso ramo Lichtenstein francese provò che era la stessa specie. In proposito giova ricordare non senza compiacenza, come già prima che ciò venisse provato in modo positivo da quel dotto, venisse messo avanti il dubbio che fosse una sola specie dal Giornale d'agricoltura del Botter che si stampa a Bologna (1). Venne quindi accettato comunemente il nome di Phylloxera coir aggettivo troppo meritato di vastatrix, D' onde venne e quando comparve per la prima volta in Europaì Qui cominciamo a trovar opinioni discordi ; chi dice (1) Vedi il Oiornalc d' agricoltura fondato e diretto dal prof. F. L. Dottor N. IX, 15 maggio 1870, Articolo firmato dottor Z. fiellenghi — G4G — che vi è sempre stata, ma ora solo trovò condizioni co- tanto favorevoli al suo sviluppo che divenne un flagel- lo, chi dice che venne d' America ove è conosciuta da tempo e comparve da prima in Portogallo nel 1869, chi la fa venire dalle Indie ed asserisce che comparve dap- prima in Francia e precisamente nelle vicinanze di Marsiglia in quello stesso anno. Lungi da me il voler perdere il tempo neirindagare quale di queste opinioni sia la vera ; pur troppo abbiamo già tanti fatti che non ammettono dubbio che si può relegare in seconda hnea quelle indagini che nulla cambiano alla sostanza, ben- ché non sia men vero che il conoscere con precisione anche la provenienza possa avere il suo valore ; ma non sarò io che rischiarerà questo punto oscuro, volendo di preferenza venire a fatti concreti ed allo scopo della mia lettura. Ciò che havvi di certo si è, che nel 1869 già vi era in Portogallo ed in Francia precisamente, come av- venne dieci anni prima rapporto all' oidio, pochi si oc- cuparono allora della Phylloxera che non aveva ancora potuto estendersi da allarmare le popolazioni viticole; ma non fu così nel 1870; in quell'anno si estese in Porto- gallo ed in Francia, e nel successivo 1871 comparve nel- la Grecia e nel? Ungheria ove nel corrente anno (1872) recò notevolissimi danni. Non è a dire come in tale las- so di tempo siasi sempre piiì estesa anche nei paesi ove comparve dapprima, ma perchè abbiate un' idea piìi pre- cisa del genere di danni che arreca, citerò alcuni esempi della vicina Francia. Si è nei dipartimenti me- ridionali che fa ora di preferenza le sue stragi. Il gior- nale detto della Vitmilhira pratica (1) che si stampa a (1) Journal de viticulture pratii^ue, Tonio VI, u. 17, 10 luag'gio 1872. — 647 — Clermoiit de V Oise enumera i seguenti fatti in pro- posito. Nel dipartimento di Vaucluse sopra 31,0:24 ettari di vig-neti rimasero illesi soli 6,000. Vi ebbero dunque 250,240 pertiche censuarie devastate e minacciate di totale distruzione. Nel dipartimento del Gard, tutto T altipiano di Pu- jant è devastato. Nel dipartimento delle Bocche del Rodano la gran- de pianura { detta la Tran ), che si stende fra la Du- rance ed il Rodano, è invasa. Nel dipartimento della Drome la malattia attaccò di preferenza i vigneti di Montélievard e va estendendosi. Nel dipartimento dell'Hérault piiì di venti comuni sono infetti, non che le vicinanze di Montpellier. Sono invase le Basse Alpi, TArdèche e la Dordog*ne. Per ultimo nello stesso Bordalese, comparsa dap- prima sulla riva destra della Savonna, si stende ora sulle colline recando enormi danni. A quest' ora già sommano a molti milioni , ed infatti prendiamo solo ad esaminare il primo esempio che reca in modo precisola superficie invasa di 250,240 pertiche censuarie e sulla quale il raccolto 1871 andò completamente per- duto ; attribuiscasi solo L. 50 per pertica (notisi bene che 100 lire alla pertica ossia 1000 all' ettaro è prezzo fra i più ordinarj nei paesi che danno il buon vino) e si ha un danno di L. 12,512,000 in quel solo dipartimento. Ora si pensi cosa farà V insieme ! Ma come avvenne sì celere diffusione? Dalla sorpren- dente fecondità delle femmine che generano otto volte in un anno deponendo 30 uova per volta, talché si fece il calcolo che se non perisce nessuno ed essendo quasi — G48 — tutte femmine (qui havvi un punto un po' controverso ma sul quale non mi soffermo) alla fine dell' ottobre il numero di quegli insetti derivanti da quella prima che depose in marzo raggiungerebbero la cifra di 600 e più miliardi. Ammettete pure che in luogo di sopravvivere tutti non sopravvivessero invece che V uno per cento voi vedete che siamo ancor sempre nei miliardi e ciò vi spiega le orribili devastazioni. É dessa già comparsa in Italia ì Non lo posso asserire in modo positivo, ma temo assai ; altri lo hanno asserito, ma vennero contraddetti. Provvida fu la disposizione governativa che proibisce il commercio di vitigni coi paesi infetti, ma pur troppo quel triste seme viene trasportato anche dal vento e ad ogni modo siamo talmente accerchiati, essendovi anche nella Svizzera francese, che pur ammettendo la possi- bihtà d'andarne esenti non possiamo fare assegnamento sulla probabilità, ed ò meglio partire dal principio che sarà inevitabile. La prima precauzione dovrebbe esser quella di in- terdirsi spontaneamente ogni commercio di vitigni an- che interno, stando ognuno colle condizioni in cui si tro- va e propagando solo piante tolte dal proprio suolo e questa precauzione è in nostra facoltà ; quanto ai rime- dii pur troppo comincierò col dire clie di certi, che ab- biano l'appoggio dell'esperienza su larga scala, fin ora non se ne conoscono. Molti, ma molti furono già messi innanzi, ed è ben naturale. La sventura ò grande, è spaventevole ; gli agricoltori si rivolsero ai governi perchè li ajutassero. Il governo di Francia propose un premio di 20,000 lire per chi avrebbe scoperto il rime- dio, il Consiglio dipartimentale dclTIIerault riconoscen- — 649 — dolo troppo tenue fece un appello ad altri dipartimenti colpiti al pari di lui, onde portar il premio a 100,000 e nominò un' apposita Commissione nel proprio seno per studiare e riferire. Ben presto si trovò alle prese con un gran numero di proprietarii concorrenti al premio. Il giornale succi- tato di viticultura ne' suoi numeri 20 e 21 corrispon- denti al 25 giugno e 10 luglio corrente anno (1872), cita non meno di 17 rimedii proposti, ma qual fede venga loro accordata Taccennerò colle parole di quel giornale contenute nel preambolo che precede la loro enumera- zione. « Alcuni fra gli autori di que' rimedii e provvedi- » menti a seguire non si sono dati tampoco la cura di » farne l'esperimento, il che però non li dispensa dal » dichiarare in prevenzione che il loro rimedio è infal- » libile e merita il premio di 20,000 franchi. » Taluno d'essi svela un'ignoranza sì della malattia » che di sane nozioni della storia naturale ; 1' uno di » essi, p. e., asserì che 1' oidio altro non è che il germe » dell' animaletto stesso della Phylloxera. » Tuttavolta non vuoisi estendere troppo sì severo rimprovero, poiché quand' anche il rimedio non siasi ancora trovato e quel premio rimanga ancora disponi- bile, tuttavolta figurano fra que' nomi alcuni già noti e quelli hanno suggerito rimedii razionali. Essi sono ci- tati nel giornale L' Economia rurale ( fascicolo 18, 25 decembre 1872), che è l'organo ufficiale della R. Acca- demia d'agricoltura e del Comizio agrario di Torino; alla mia volta li citerò in nota. Fra i rimedii proposti havvene però uno che par- rebbe avere qualche maggior probabilità se stanno le - oÓO — asserzioni de' suoi propugnatori. Il sig. Loarer de t;. (.ii- rons (Aricges) in una sua lettera diretta all' illustre Drouyn de Llhuys, presidente della Società di agricol- tura di Francia, asserisce che nelle Indie servonsi da tempo immemorabile del solfuro d' arsenico per ucci- dere gì' insetti nocivi all'agricoltura, che una porzione minima che si ragguaglia a Y^ grammo per metro qua- drato basta. Per verità pare che avrebbesi già dovuto avere il tempo per farne l'esperimento su larga scala, e mi sembra obbiezione cotanto fondata che non V avrei menzionato se da un' altra parte non mi fosse giunta una notizia che ha un nesso con quel rimedio. Venni as- sicurato che in Ungheria si fa una specie di inocula- zione della vite con un preparato arsenicale. Non sono idee nuove, perchè rammento come nel 1856 il distinto professore Galanti, ora professore d' agronomia all' Isti- tuto tecnico di Milano, in allora a Siena, tentasse ino- culare soluzioni di zolfo nella vite ma inutilmente. Ciò non vuol dire che debbono fallire quelle ben più potenti a base arsenicale, ma ammesso pure che sia vero il suc- cesso, come mi venne assicurato, converrà ancora ve- dere se la vite non soffre, soprattutto se fosse d' uopo di rinnovar spesso quell' operazione. Infine non si man- ca di tentare e studiare ed ho constatato con piacere che in Italia i giornali d' agricoltura stanno all' erta, e se apparirà sull' orizzonte un rimedio veramente ef- ficace, non correrà, speriamo, il pericolo di dover lotta- re tanti anni per divenir generale come accadde per lo zolfo contro la crittogama (1). (1) Ecco la nota di quc' tentativi, nessuno potendosi ancor chiamaro rimedio. M. il conte d' Andopro propose d' inafflare le ceppaie prima disso- — g:)1 — Pel momuiito, 1(j ripeto, non conosciamo il rimedio. Dio voglia clic lo si conosca prima che il male faccia in Italia il danno che già fece e fa in tanti altri parsi, ma ad ogni modo, por qnanti siano di già quelli che date con una soluzione di solfuro di potassio sciolto nella urina o Ciccio del letame. M. Billebault, della Senna ^Yonne), propose l'uso d'un stallatico cosi formato : 12 carri di letame di vacca mescolato con 24 sacchi (150 litri per oprni sacco) di limatura di rame, di 2 metri cubi di calce viva, il tutto inaffiato otto g'iorni prima di essere sparso nella vigna e sot- terrato, con 800 litri di catrame del gaz. Per concimare un ettaro di vig'na è necessario il doppio di questa quantità di letame, per tre anni, ciò che corrisponde a L. 178 circa all' anno. M. Boissier, di Nimes (Gard), consiglia di dissodare le radici più profondamente che sia possibile, e spargere sulle radici sale di cucina pesto, di mettervi dopo varie ceste di sabbia di mare e di finire riem- piendo il solco colla terra dissodata. M. Bro, di Landerneau ,(Finisterra), propone di incorporare col suolo potassa o ceaei'i di legna. sfnlUitiro ben decomposto, ed ammoniaca allo stato di sale, oppure un composto di queste tre sostanze associate in quantità sufficiente per neutralizzare 1' azione degli acidi, vera cau- sa, secondo M. Bro, del marcire delle radici. M. Chevalier figlio, di Crottes-St Thomé (Ardóche), di porre sui ceppi infetti una ckcuzione di /'ocjlic del noi-x o di ìitaltu di itoci fresche. M. Deleuze, di Parigi, raccomanda l'uso deW recido fenico in pol- vere, nella proporzione di 1/2 chilog. per ogni ceppala primieramente dissodata. La spesa per questo rimedio si eleva a 50 e. per ogni ceppala. M. Evenopoel ainé, di Bruxelles, consiglia di spargere, al piede dei ceppi infetti, nell' atto che si concimano in autunno, del solfuro di po- tassio. Così i principii utili, egli dice, sono portati a contatto delle radici. M. Faucon, di Gravison (Bouches-du-Rhóne), raccomanda la snm- mersione ne W acqua, l'inondazione del vigneto, dappertutto ove essa è possibile, come mezzo infallibile di distruzione della Phylloxera. M. Grangier, laureato col premio d'onoro des Bouchcs-dn-Rhòne, Serie IV, Tomo li. 83 — 652 — stanno in guardia, io terrei cosa degna d' un Istituto così pratico come questo, che si ponesse esso pure fra i combattenti contro quel terribile nemico di tante for- tune, che infine sono fortuna pubblica. Lo pregherei ha ristabilite le sue vigne, nel 1870 e 1871, in mezzo ad altre vig:ne infette, concimandole coi tortelli del sesamo ?ieri, ben triturati (1/2 chil. per ceppo). M. Lemoine, di Bourges (Cher), propone di tag'liare la vig-na, dopo che la vegetazione si è arrestata ; di nettarne le radici malate, di met- terne a nudo la corteccia, e con una spug'na, di trattare fusto e ceppo con una composizione formata di chilog:. 1 di acido nitrico a 400, diluito in 5 litri d' acqua, 2 grammi d' essenza di terebentina e 4 gr. di giallo di cromo. M. Loarer, di St-Girons (Ariége), raccomanda 1' uso del solfuro di arsenico, del quale fin dall'antichità, nell'Indostan, se ne servono per uccidere gli insetti nocivi all' agricoltura. M. Maillet (Cher), propone di mettere al piede di ogni ceppo disso- dato, un pugno di sale di cucina impregnato di sego, e di ricoprirlo con un po' di terra. M. Perret, chimico a Moret-sur-Loing (Senna e Marna), crede che il miscuglio seguente, il quale gli ha sempre dato buoni risultati come antisettico e insetticida, può egualmente servire per uccidere la phyl- loxera : 1 chilogr. di silicato di soda a 40*^ : 1 chilogr. di clorato di potassa: 1 chilogr., 500 gr. di solfato di soda e 2 chilogr. di solfato di calce. Il silicato in soluzione butirrosa è mescolato col clorato, poi il sol- fato di soda e il gesso. Il miscuglio, reso pulverulento, viene seminato sulle radici, messe a nudo o quasi, a strati d' un mezzo centimetro ; indi si copre colla terra estratta, dopo averla prima mescolata con un po' di polvere. M. Polliet, di Parigi, ha proposto di applicare sul ceppo, dalla base alla sommità, dopo averne scoperto il piede fino all'origine delle radici, un miscuglio di /re porti d'olio di balertn, qualità inferiore, con una parte di petrolio. M. Ra. » -f- 20,2 » 0,237 » » -j- 2P,2 » 0,238 » Carlo Moller [Quantum vini ad solcendos, quosdam sales j)ressin habrat disquiritur. Berolini 1862) dà le indicazioni seguenti: Alla pressione ordinaria 100 parti di acqua sciolgono a + 15", 0,207 di gesso »> » » a 4- 16",2, 0,214 » Alla pressione di 20 atmosfere : 100 parti di acqua sciolgono a -|- 15, 0,230 di gesso. Secondo Leqoc de Boisbaudrant [Annules de cliim. et de ithijs. 4 sóiie, voi. IX, pag. 173). 100 parti di acqua a -f- 12,5 sciolgono 0,251 di gesso. — 650 — dalle differenze di temperatura, (juaiito dalla diversa qualità del gesso adoperato per determinare il coeffi- ciente di solubilità. Come ho poc'anzi accennato, il gesso che scielsi così per determinare il coefficiente di solu- bilità, come quello adoperato per cimentare T azione sua scomponente sulle roccie era affatto privo di alcali, ed era cristallizzato in larghe lamine incolori, e prove- niva dai colli preappenni nelle vicinanze di Stradella. Le roccie da me cimentate vengono ridotte in pol- vere finissima, e lasciate in contatto di un peso venti- cinque volte maggiore di una soluzione satura di gesso, per dieci giorni continui, ad una temperatura che variò trai 16" ed i 22<^ gradi del termometro centigrado. Al peso delle materie esportate dalla soluzione di gesso, e che indica V intensità dell' azione scomponente del solfato calcico, aggiungo le cifre indicanti la quantità delle stesse roccie sciolte dall' acqua pura, e che deter- minate allo stato di cloruri, secondo il metodo di Haus- hofer, furono già da me studiate nelle mie ricerche di chimica mineralogica, poc' anzi citate. Gneiss. — Da un masso erratico nella morena che distendesi dal Colle di Ragogna a San Daniele nel Friuli. L' ortoclasio che prevale in questa roccia non presenta traccie di decomposizione ; il mica è potassi- co. Materie esportate dall' acqua 0,125 per cento. Ma- terie esportate dalla soluzione di gesso 0,463. Trachite in decomposizione (1). — Monte Chiojn- Vi- li) I campioni di roccie che servirono per queste mie ricerche furono tolti dalla bella collezione di roccie degli Euganei donate dal nostro egre- gio collega prof. G. A Pirona al gabinetto di mineralogia dell' Istituto tecnico di Udine. Si'He JK Toma II. 84 — 660 — cenza. Materie esportate dall' acqua 0,0937 per cento. Materie esportate dalla soluzione di gesso 0,2462 per cento. Trachite non decomposta. — Monte Ortona (Euga- nei). Materie esportate dall' acqua 0,0871 per cento. Materie esportate dalla soluzione di gesso 0,138 per cento. Trachite porfiroide in decomposizione (Sanidino, mica, aniblenda) di San Pietro Montagnone (Euganei). Materie esportate dall' acqua 0,0567 per cento. Materie esportate dalla soluzione di gesso 0,0927 per cento. Trachite di San Daniele (Euganei). Materie espor- tate dall' acqua : 0,0750 per cento. Materie esportate dalla soluzione di gesso 0,1630 per cento. Granito (albite, quarzo, mica) di Montorfano (Lago maggiore ). Materie esportate dall' acqua 0,0727 per cento. Materie esportate da una soluzione satura di gesso 0,207 per cento. Granito (Ortosio, mica contenente traccio di litio, quarzo). — Baveno (Lago Maggiore). Materie esportate dall' acqua 0,0996 per cento. Materie esportate da una soluzione di gesso 0,2875 per cento. Feldispato compatto bianco, in filoni nella Diorite. Mosso (Biella). Materie esportate dall' acqua 0,350 per cento. Materie esportate dalla soluzione di gesso 0,714 per cento. Basalto compatto di Monte nuovo (Euganei). Mate- rie esportate dall'acqua 0,1271 percento. Materie espor- tate dalla soluzione di gesso 0,304 per cento. Perlite di Monte Leva (Euganei). Materie espor- tate dall' acqua 0,0621 por cento. Materie esportato dalla soluzione di gesso 0,19H2 per cento. — OCA -^ L'aziono solvente che il gesso esercita sulle roccie contenenti silicati alcalini può, a mio parere, spiegare r origine della presenza dei sali di potassio, di sodio e litio ili alcune acque minerali e specialmente delle ac- que minerali solfuree. Avendo esaminato T acqui! sol- forosa di Arta nella Carnia fui sorpreso dal trovare in essa una quantità relativamente grande di litina ; vo- lendo trovare una ragione della presenza di questa so- stanza mi feci a studiare alcuni campioni di gesso di cui abbondano diverse vallate della Carnia, e che gen- tilmente furonmi trasmessi dal professore Torquato Ta- ramelli di Udine, campioni molto probabilmente simili al solfato calcico dalla cui lenta decomposizione ha origi- ne Tacqua minerale di Arta. Ora nei gessi della Carnia, che appartengono per lo piìi a quella varietà che a mo- tivo della sua struttura viene detta saccaroide, trovai frequentemente disseminati degli straterelli di miace- naria, nella di cui mica, constatai coll'analisi la pre- senza del silicato di litio. Credo pertanto di non emet- tere un' opinione troppo arrischiata asserendo che le acque sotterranee scorrendo in contatto di queste roc- cie abbiano da prima sciolto il gesso, il quale alla sua volta reagendo o sull' arenaria disseminata nella roccia stessa, 0 disposta in strati distinti, dà origine a sali so- lubili di litina. È mia intenzione di continuare queste ricerche e di farne conoscere i risultati a questo Isti- tuto. Si annuncia con dolore la morte di Maria Somer- ville, già aggregata fra i soci esteri del r. Istituto. ADUNANZA DEL GIORNO 2G GENNAJO 1873 -a/j Il m. e. prof. Serafino Rafaele Minich legge il seguente Ragguaglio de^ lavori finora intrapresi dal- la Giunta per la lingua italiana, e dell'indirizzo de' suoi studii richiesto dall' epoca odierna. Dopo le varie sorti, che nel fortunoso periodo dal 1848 al 1866 interruppero e sospesero pili volte gli eser- cizj della Giunta, a cui è commesso lo studio della patria favella; e dopo una dilazione imposta dalla gra- ve perdita di alcuni valenti collaboratori ; la Giunta attuale, raccoltasi il 28 giugno testé decorso, avvisò al modo più proficuo di ripigliare ed avvantaggia- re le sue ricerche. Per lo che volgendo il pensiero a quanto era stato finora eseguito o intrapreso dallo Giunte che la precedettero in simile arringo, si fece a discutere i varii divisamenti de' lavori che si potreb- bero a tal uopo proseguire od imprendere; e s'affis- sò con predilezione in un concetto, che le parve esi- bire il pili fausto e sicuro indirizzo a' nuovi suoi studii. L' attuazione di questa idea richiede V adesione e T ap- poggio dell'Istituto, e pei-ciò la Giunta dee sottopornc il progetto all'approvazione dell'intero corpo accade- — 0(14 — mico, porgendo nel presente ragguaglio dapprima un accenno di quanto venne operato dalle Giunte anterio- ri; in secondo luogo il sunto di tutto ciò che nella pre- detta sessione 28 giugno p. p, venne rammemorato e discusso ; e finalmente il divisato progetto e le ragioni del suo voto. I. Da un breve cenno, appena additato neir articolo primo del Regolamento organico, ebbe origine Tarti- colo 162, titolo VI, degli Statuti interni, che stabiliva una Commissione per la lingua e la letteratura italia- na. Diede occasione ed impulso alF adozione del detto articolo un ragionamento intorno alla presente condi- zione della lingua comune in Italia (mentovato nel to- mo III, serie I, degli Atti p. 90) del socio conte Andrea Cittadella Vigodarzere di sempre cara ed onorata ricor- danza. Alla fine del suo discorso F illustre autore pro- poneva air Istituto di occuparsi della compilazione di giunte al Vocabolario delF Accademia della Crusca ; e per aderire alF invito, ed attuare il detto articolo 162 allora introdotto negli Statuti interni, de' quali fu com- piuta l'approvazione il 27 marzo LS44, T Istituto elesse a promuovere gli studii della patria favella e della let- teratura i primi nove suoi commissarii. Essi incomin- ciarono a congregarsi il 21 gennajo 1846; e lo stesso conte Cittadella Vigodarzere, che diresse quelle con- ferenze fino al 1861, diede qual Preside dell'Istituto nel- r adunanza 23 febbrajo 1846 verbale notizia de' lavori divisati da' membri di quel coìnitato. (jIì straordinarii eventi de''"li anni 1848 e 1849 in- — 665 — tornipporo il coi'f^o di (|ue' pacifici studii. Ma tostocliò fu dischiuso Taccesso alF Istituto, un primo Saggio di Giunte ai vocaholarii italiani^ accompagnato da un rag- guaglio del chiarissimo e mentissimo relatore della Com- missione prof. Roberto de Visiani, fu presentata all'adu- nanza 19 maggio 1851, e pubblicato in un' appendice premessa al tomo III, serie II, degli Atti. Non è nostro assunto il porgere un'opinione intorno a' pregi di quel Saggio, non affatto immuni da qualche menda acciden- tale, qual fu, a cagion d' esempio, V aver desunto una fallace locuzione da un errore tipogrutìco del trattato della pittura di Cosimo Bartoli, ove si leggeva statua in cambio di statura del corpo. Bensì diremo, che l'ope- ra non falliva al suo scopo d' un'utile erudizione, e non venia meno alla fama degli autori, tra i quali si anno- veravano i più ragguardevoli letterati di questa parte d' Italia; non senza però avvertire che in simili assidue ricerche più del discontinuo lavoro di molti, talora af- frettato, e sovente interrotto e stremato da varie cure, vale l'indefessa applicazione d'un solo: di che fanno testimonianza, per tacere delle due raccolte di voci del Bergantini, e d' altri esempj antichi ed anco recenti, i dizionarii del Manuzzi, del Puoti, e del Fanfani, e le copiose giunte ed illustrazioni del Gherardini. Né lasceremo di notare che al detto Saggio trova- si aggiunto un esame critico dell' edizione citata dalla Crusca delle poesie spirituali di Jacopone da Todi (Ve- nezia - Misserini 1617 in AP) istituito dal eh."»» p. Bar- tolommeo Serio. Questo erudito filologo apprestava ana- loghe indagini intorno all'opere di Dante, ed al Tesoro di Brunetto Latini, e poscia qual socio corrispondente comunicava all' Istituto una serie di pregevoli scritti — 666 — intorno a queir opera del pnìcettore del massimo Ali- ghieri. Qui r ufficio di storico richiede altresì che sia fatta menzione delle obbiezioni mosse ad alcuni passi del lavoro de' commissarii, nel seno stesso deiristituto, dal- l' egregio socio Giandomenico Nardo, che fu poi, ed ò tuttora, membro del Consorzio per la lingua, le quali prodotte nell'adunanza 25 giugno 1852 si trovano enu- merate a pag. 169 del Tomo III, serie II, dianzi citato. Non si rallentava perciò 1' operosità della Commis- sione, in cui ad alcuni illustri già trapassati sostitui- vansi altri valenti membri, ed erano ascritti nuovi col- laboratori tra i quali alcuni socii corrispondenti. Anzi un secondo manipolo di nuove giunte a'Vocabolarii Ita- liani, a cui è annessa una lezione del p. Serio, sulla emen- dazione della stampa del Tesoro di ser Brunetto, colla guida della Crusca, era da lei presentato al corpo acca- demico il 26 gennaio 1855. I nuovi studii di questa se- conda Commissiono, confermata di poi da una rielezione, proseguirono senza posa, finché i grandi fatti dell' armi Italo-Franche, e i memorabili eventi del 1860, empiendo gli animi di meraviglia e di aspettazione, sospesero por lungo tempo l'attività delle dotte palestre scientiticlie. Però nel 1861 laGiunta perla lingua ripigliò alacremente le sue consuete esercitazioni, e tenne addi 15 giugno la XXIX tornata sotto la presidenza temporaria di quel- r illustre veterano che fu il prof. Lodovico Menin, giac- che il conte Cittadella Vigodarzere tiu dal 1858 avea chiesto dopo quattro triennii di essere esonerato dal- l' ufficio di presidente. Nondimeno egli era rieletto a sostenere siffatto incarico, e fu con lai confermato il prof, do \'isi;nìi noli' ufficio di rolutore o segretario per — 667 — un nuovo triennio. Se non che persistendo il Cittadella Vigodai'zei-e nella sua rinuncia, fu eletto a preside lo stesso anziano professore Menin nella susseguente riu- nione XXX tenuta il dì 16 luglio 18G1. Da questo numero delle sessioni paragonato col pe- riodo trascorso dalla prima convocazione della Giunta (21 gennaio 1846), il quale si riduce a dieci anni pei due periodi di sosta o di interruzione, si rileva che tre sarebbero state alF incirca le conferenze tenute in ciascun anno accademico dalla Giunta per la lingua, dopo la sua istituzione. Si ha quindi una prova della sua attività, oltre le testimonianze de' lavori pubblicati, e di non pochi materiali raccolti e tuttora inediti. Sem- bra però che il fervore, o la manifestazione del suo la- voro, siasi dopo quell'epoca alquanto scemato ; giacché la successiva XXXI sua riunione non avvenne che il 16 giugno 1863: e forse a maggiore eccitamento fu allora riputato opportuno il tesserne la storia, che in rapidi sì ma succosi tratti si legge nelF accuratissima e molto assennata relazione, presentata dal benemerito segretario e relatore della Giunta prof, de Visiani nel- l'adunanza dell' Istituto 20 luglio 1863, ed inserita nella dispensa 10 del Tomo Vili serie III degli Atti. Dobbiamo rimettere a quella bene ordinata e parti- colareggiata relazione chi bi-ama conoscere tutto ciò che concerne la distribuzione de' lavori tra i varii membri della Giunta, e l'estensione de' loro studii. Ol- tre che rilevarne di quanti autorevoli scritti sieno stati intrapresi e compiuti i riscontri e gli spogli, si può scor- gere dalla citata relazione che nella XXV tornata, cioè fin dal 20 marzo 1858, la Giunta avea divisato di pro- porre l'ammissione nel Dizionario, entro limiti conve- Sc'?-ie IV, Tomo II. 85 — 668 — nienti, d'una più larga messe di termini appartenenti alle scienze ed all' arti, distribuendo le varie parti di questo compito tra i suoi membri e collaboratori. Ac- coglieva altresì la proposta d' una nuova ristampa del Vocabolario veneziano di G. Boerio, con tutte le voci italiane corrispondenti, ancorché ne fosse stata già ese- guita una seconda edizione (Venezia — Cecchini 1856 in 4.^) corredata d' un Indice Italiano-Veneto, che l'au- tore stesso avea preparato, onde arricchirne la sua ope- ra, di cui il celebre Daniele Manin procurò la prima edizione. E poiché nella sessione XXVI, 7 giugno del- l'anno medesimo, fu riferito alla Giunta, che quella seconda edizione ammetteva maggiori perfezionamen- ti; vennero nella susseguente XXVII riunione, 29 detto, stabilite le basi di siffatta intrapresa, e si ripartirono anche di questa gli incarichi tra i membri della Com- missione, modificando però alquanto nella XXVIII ses- sione, 27 febbraio 1859, la divisione del concepito lavo- ro. Alla fine della sua dotta relazione il segretario della Giunta chiedeva all' Istituto, che volesse statuire qual uso abbia a farsi de' lavori di lingua, frutto dell' opero- sità della Commissione, i quali trovansi presso il rela- tore. Ma sopra questo oggetto non si procedette ad al- cuna deliberazione. Delle sessioni XXIX, XXX e XXXI posteriori al pe- riodo 1859-60 abbiamo già fatto indicazione piìi sopra; ne dopo la mentovata relaziono, che ha la data del 20 luglio 1863, appare dagli Atti dell'Istituto che siasi te- nuta verun' altra sessione della Giunta per la lingua prima del 28 dicembre 1867. Allora una terza Giunta, nuovamente creata pochi niosi innanzi, s' adunò e si costituì, eleggendo a suo presidente V eruditissimo so- — 0G9 — ciò prof. Pietro Canal, e confermando il prof, do Visiani neir ufficio di se$^retario. Una notizia comunicata al- l' Istituto da questo assai benemerito relatore nelFadu- nanza 30 dicembre 1867, ed inserita nella dispensa 3.* del tomo XIII, serie terza, degli Atti, accenna che, at- tendendosi una determinazione dell' Istituto intorno a' manoscritti depositati presso il relatore, la Giunta frat- tanto deliberava, che i lavori da essa approvati fossero dal relatore medesimo ordinati, e raffrontati col piìi re- cente e compiuto de' Dizionarii italiani, quaPè il Lessi- co del Manuzzi, affinchè ne venisse dalPlstituto appro- vata la stampa. Si raccoglie ancora dalla sopraddetta notizia!' an- nuncio d'una più larga estensione de'consueti lavori fi- lologici adottata dalla Commissione, di modo che senza tralasciare le sue pazienti ricerche rivolte ad arricchire il gran codice della patria favella, fosse promosso uno studio comparativo de' principali dialetti della penisola, onde paragonarli colPidioma italiano, e co'dialetti della Venezia coltivati da alcuni membri ; e quindi rilevare, quali siano le voci e i modi comuni a tutti, e quali pro- prii ad alcuni, alP uopo di meglio conoscere ed accre- scere il patrimonio della lingua comune. Le norme di questo lavoro, e la distribuzione delle sue parti, furono differite ad una successiva riunione fissata pel febbra- io del 1868; e dalle raccolte informazioni appare che il piano di quelPopera, in quanto riguarda lo studio del dialetto veneto, fosse di poi stabilito, e ne venissero ri- partiti i diversi incarichi tra i membri della Giunta, a cui erano stati aggregati altri socii corrispondenti. Soprav- vennero frattanto i decisivi avvenimenti che resero più d'ogni altro memorabile l'anno 1866; o gin si ripiglia- — 670 — vano con magg'ior lena e solerzia gli esercizii e gli stu- dii. Ma r età molto grave di alcuni principali collabora- tori, e la lunga malattia, ed anco la morte deplorata ed acerba d' altri valenti, tolsero che la Giunta avesse occasione di riunirsi a discutere e condurre a maturità il suo lavoro. II. Tosto che hi completa, mercè la sostituzione di nuo- vi membri, la Giunta attuale credette suo obbligo rac- cogliersi in conferenza il 28 giugno 1872, e presa no- tizia degli antefatti, dopo alcune considerazioni atte a provvedere al proseguimento de' suoi studii, conchiu- se ammettendo in parte la continuazione de' precedenti esercizii sulle giunte al Vocabolario, e non escludendo un esame comparativo de' dialetti veneti rispetto alla lingua comune, ma pur comprese il bisogno di nuovi e più estesi argomenti di ricerca, attesoché l' istituzione della Giunta non ha il solo scopo di giovare allo stu- dio della patria favella, ma quello piìi generale di pro- muovere la letteraria coltura. Si convenne, che la scel- ta di nuovi vocaboli dovesse mirare principalmente alle odierne condizioni della vita civile, cosicché se ne av- vantaggiassero idizionarii dello scienze e dell'arti, e più che all' introduzione di voci non richieste da nuovi og- getti, si avesse riguardo alle varie e precise significa- zioni delle usitate , perfezionandone gli articoli con chiare ed esatte definizioni, e con notevoli e splendidi esempi. E quanto allo studio de' dialetti, e in particolare de' veneti, si opinò che dovesse restringersi all'esame di quei termini che essenzialmente difforissei'O nolla fnr- — 671 - ma 0 nella radice da qnoUi della lingua italiana, onde trarne profitto con giudiziose proposte, no' casi ben rari e nondimeno possibili, ove mancassero i termini equi- valenti del linguaggio parlato nella Toscana. Questi pareri ed intenti possono riassumersi nelle seguenti proposte da maturarsi : l.** Arricchire de' termini richiesti da' nuovi bisogni sociali, e dalle nuove invenzioni, il tesoro della lingua, e particolarmente i Dizionarii speciali dell'arti e de'me- stieri, dell' arte militare, della marina, della musica e delle nuove arti meccaniche, cioè locomozione a vapo- re, e telegrafia elettrica. 2." Prendere ad esame il dialetto veneto in quanto si possa trarne profitto nell'uso della lingua comune. 3.° Raccogliere materiali e notizie per vie meglio conoscere la storia letteraria e scientifica d'Italia nei tempi decorsi, ed apparecchiare quella del secolo pre- sente. 4." Togliere all'oscurità ed all' obblio l'opere ignote, 0 dimenticate, meritevoli di studio ; diffonderne la co- gnizione, e promuoverne la stampa. 5." Annotare ed illustrare le opere piìì importanti e cospicuo. 6." Ridurre a corretta lezione i testi alterati de' clas- sici autori. Infine si propose il voto d' inaugurare i nuovi studii della Giunta co'favorevoli auspicii di quell'insigne Acca- demia della Crusca, la quale avendo sua sede nella città del fiore, e conservando nel Vocabolario il prezioso depo- si to della lingua da lei formato, accresciuto e custodito, è la maggiore autorità che invocar si possa negli argo- menti del più puro e corretto idioma. Offerto a ciascu- — 672 — no de^ membri presenti V incarico di comporre a tal uopo un indirizzo, ognuno comprese che un semplice omaggio sarebbe tornato insufficiente, se non s^ invo- cava Tautorità di queir Accademia secondo un deter- minato intendimento. Perciò (concedendo gentilmen- te il chiar."" relatore che altri gli fosse temporaria- mente sostituito in simile ufficio) fu rimessa al ragguar- devole Presidente la cura di affidare ad uno de' membri della Giunta la compilazione del documento, che ha nome d'atto verbale della Sessione, e di commettergli che vi fosse espresso un concetto, per cui si rendesse evidente F opportunità e la necessità degli auspicii in- vocati. Ora nessun' idea potrebbe avere maggior momento, ed essere più conforme all'epoca odierna, di quella del- l' unità nazionale, e quindi della lingua comune eh' è patrimonio dell' intera nazione. Sia dunque concesso il premettere al voto, col quale avrà termine il nostro rag- guaglio, alcuni pensamenti sull'idioma italiano, che ver- ranno chiariti e convalidati in altra adunanza, mercè uno scritto sulle nuove condizioni della lingua comune d' I- talia , accompagnato da alcune annotazioni al primo libro della Volgare eloquenza di Dante. III. Carattere distintivo d' ogni nazione è la lingua co- mune. Se questa lingua degenera o si trasforma, la nazione si tramuta e sparisce. Il popolo crea la favella, e ne trova i motti e i pro- verbii. Ma colla lingua da esso parlata si esprimono i bisogni della ordinaria vita sociale, e senza gli scrit- — 673 - tori questa lingua non è che un dialetto diverso nella pronuncia dall' uno alF altro luogo, e soggetto a per- petua trasformazione. Gli scrittori, volgendo T ingegno abbisogni ed agli usi della vita intellettiva e della civiltà, fissano le formo del dire, ne stabiliscono le leggi, ed imprimono al lin- guaggio un carattere permanente, che non ne toglie r incremento, e V indefinita perfezione. Per le stabili forme impresse a qualsiasi idioma da- gli scrittori in tutto ciò che appartiene alla vita civile ed intellettiva, i loro scritti possono- essere intesi anco dal volgo, mentre i dialetti non possono intendersi che imperfettamente tra loro. Allorché si dice a buon di- ritto, che l'uso è il maestro d'una lingua, conviene distinguere dall'uso del volgo quello degli scrittori. Una lingua scritta può essere V imitazione degli avanzi d'una favella già spenta, oppure l'espressione di un idioma vivente. In questo secondo caso, eh' è il solo di cui sia d'uopo occuparsi, lo scrittore trae dalla lin- gua viva, colla scelta richiesta dall'indole del sog- getto, le voci opportune, e i modi piiì regolari ed eflS- caci; ond' è, che la lingua parlata non può equipa- rarsi allo stile degli scrittori. Volendo scrivere come si parla, converrebbe parlare come si scrive da' buoni autori. Scendendo da queste generalità ed astrazioni alle condizioni particolari dell' idioma italiano, si scorgono avverate nella sua lunga e misteriosa elaborazione al- cune delle predette avvertenze. Accogliendo non pochi vocaboli d'altri popoli stabilitisi in Italia, esso nacque dal continuo deterioramento e dalla trasformazione del ver- nacolo latino, nel lungo periodo interposto tra l'irruzioni — 674 — barbariche, e più propriamente tra la discesa di Carlo- inagno, e il secolo che precedette la nascita dell' Ali- ghieri. In queir intervallo l' idioma latino parlato dal volgo potè decomporsi per la mancanza as?5oluta degli scrittori. I confini naturali dell'alpi e del mare, e le piiì frequenti comunicazioni procacciarono alFItalia un solo volgare, quello del sì, o del sic est\ mentre in Proven- za, nella Linguadocca e in Catalogna si generava la lin- gua dell' lioc^ e nelle regioni centrali e settentrionali delle Gallie la lingua dell' oli cioè dell' iìliid est. La mente divinatrice dell'Alighieri mostrando l'alto valore del volgare italiano nella grande composizione del Poema sacro, lo rese illustre e cardinale^ quando appena ÌDCominciava ad essere aulico e a divenire «^r/a/e. È que- sto il linguaggio degli scrittori, che, secondo il signifi- cato delle parole di Dante in ciascuna città appare, e in ninna riposa. Così l'Alighieri creando la lingua co- mune pose il fondam'ento dell'unità nazionale: imperoc- ché la lingua comune diede unità alla nazione, e saprà mantenerla. S' accrebbe tosto il tesoro della lingua comune d'Ita- lia, mercè le chiare fresche e dolci acque ossia, per uscire di metafora, le forme armoniose eleganti e vivaci del bello stile plasmato dal Petrarca. Ma questo grande scrittore non ebbe in tutto la fede di Dante, poiché volle ristabilire negli scritti l' uso e il predominio della lingua latina, di cui conobbe profondamente, e difi^use i classici esemplari. Scrisse il poema A^VCAfrica in la- tino emulando quello non ancor noto di Silio Italico della guerra Punica. Ma il volgare italiano non gli fu sconoscente , anzi lo fece immortale in quelle sparse rime, colle quali egli consolava e nobilitava il suo amo- — 675 — re. Accanto a questi due sommi non può collocarsi un triumviro, che non tenga le veci di un Lepido. Mirabile a notarsi ! La lingua italiana de' buoni scrit- tori d'oggidì ò ancora la stessa lingua di Dante, ad ec- cezione di ben pochi vocaboli caduti in disuso. Bensì di tratto in tratto accennò di tralignare, ma fu sempre richiamata e ricondotta da' piiì lodati autori, massima- mente in questo secolo, a' suoi principj ed alle forme schiette e native degli scrittori dell'aureo secolo de- cimoquarto. Spingerla a ritroso fino agli scrittori che precedettero l'Alighieri sarebbe soverchio (Purgatorio, C. XXIV) ^ benché si possa ritrarne qualche lume ed utilità nell'esame delle origini della lingua. Ma prescin- dendo dall'opinione di Dante (Volgare eloquenza, L. 1, C. XIII), si può desumere dalle antiche scritture che il volgare dei Toscani di quel tempo fosse alquanto di- verso dalla pura e spedita parola, che fu poi ed è pri- vilegio della Toscana. Dovea però prevalere bentosto il linguaggio de' To- scani neir uso e nell' incremento della lingua comu- ne, non già perchè Dante e Petrarca abbiano spirato le prime aure vitali in quella classica terra, ma perchè coir esempio di que' due insigni rifulse il vivido e pron- to ingegno toscano in una schiera numerosa di illustri scrittori. Così il primo compiuto vocabolario della lingua fu composto per cura dell'autorevole Accademia della Crusca, mercè lo spoglio di autori per la massima parte Toscani. Ed è pur degno di osservazione, che quella sagacissima Accademia abbia sempre procurato di ap- poggiare la legittimità dc'vocaboli alla testimonianza d'uno scritto, fosse pure una versione, od anco un docu- mento privato. Serie IV. Tomo II. 86 — 676 — Ma nel dizionario d'ogni linguaggio non si conten- gono, a dire il vero, che i rudimenti, o poco piìi che le ossa deir idioma, giacché le locuzioni e le forme del dire, cioè i muscoli, i nervi ed il sangue della favella, sono conservate ed alimentate nelle opere degli scrit- tori. Perciò una lingua non può degenerare per l'intro- duzione di qualche nuovo vocabolo richiesto talora dai nuovi bisogni della società, ma bensì per V imitazione delle frasi straniere, cioè per l'adulterazione delle sue forme, che costituiscono il movimento ovvero la genesi del pensiero. Se non che la sapienza di queir illustre Accademia riconobbe ch'era già sorto, e s'aumentava col volger del tempo in ogni parte d'Italia uno stuolo di eminenti scrittori, i quali adoperavano la medesima lingua col solo divario d'uno studio maggiore, attesoché non po- teano giovarsi nell' egual modo della lingua parlata. Pertanto ponendo sempre ogni cura nell' ampliare e perfezionare il ricco tesoro dell' idioma, ammise come testi in ogni edizione del vocabolario, secondo il suo fino accorgimento, e l'opinione nazionale, almeno per alcuno de' loro componimenti , un numero sempre maggiore di autori appartenenti alle varie regioni del- la penisola. Aderendo pertanto la stessa Accademia alla sentenza di Dante, che la lingua comune d' Italia é il volgare illustre, ossia la lingua degli scrittori; manife- stò e raffermò pur essa il concetto dell' unità nazionale stabilito dall' Alighieri. Colla guida di queste considerazioni per cui si cercò di chiarire e confermare, che v' ha una lingua comune d' Italia, cioè quella de' buoni autori, parlata oggimai abbastanza correttamente dalla parte più colta della uà- — 677 — zione ; e che questa lingua si mantiene e s' accresce per vigile cura delF Accademia della Crusca, coirautori- tà de' più valenti ed accreditati scrittori di tutta Italia, e col soccorso della lingua vivente parlata piìi puramen- te die altrove nella Toscana ; non vi può essere quistio- ne né dubbio di preminenza, e per simili controversie di lingua possono oggimai esser chiuse per sempre le porte del tempio di Giano. Sia quindi concesso espri- mere il voto, che come presso di noi sorgano in altre regioni d' Italia simili associazioni intente alla coltu- ra della lingua e della letteratura nazionale. Se ne faccia centro e motore l' insigne Accademia della Cru- sca, stendendo una mano soccorrevole a siffatte istitu- zioni, le quali acquisterebbero autorità, ove fossero ri- guardate quasi colonie di queir Accademia. Così sa- rebbe avverata una proposta già espressa nel suo di- scorso sulla lingua italiana, ovvero sulla filosofia delle lingue, dal Cesarotti, a cui pure per questo concetto pa- triottico dee perdonarsi qualche colpa od accusa di no- vatore. Potrebbe ancora nelF assumere questo nobile ufficio rillustre Accademia, ripigliando il nome e le at- tribuzioni di Accademia Fiorentina, contribuire mol- to efficacemente a rialzare gli studii letterari! alquanto negletti in tanto favore e predominio degli altri studii. Per tal guisa Firenze che sì generosamente compì la grande rinunzia al grado di capitale del Regno, sarà pur sempre la principale città d'Italia nel riguardo delle lettere e deir idioma, eh' è il maggior vanto, il piìi sa- cro patrimonio, ed il carattere distintivo d'una nazione. — 678 — Il presidente , encomiando questa relazione , chiede se debba essa mandarsi stampata, o innanzi la stan^pa;, alla Reale Accademia della Crusca. Dopo una discussione, cui presero parte varii membri del- l' Istituto, è adottato il primo partito. Il m. e. Cortese annunzia di aver ricevuto dal sig. Federico Jobst un saggio di citrato di chinoi- dina, oh' egli ed altri medici militari sperimenta- rono efficace a vincere le febbri periodiche in dosi poco superiori alle comuni di solfato di chinina. Il liberale fabbricatore 1' offre in dono , e franco di porto, a chi ne abbisognasse, e il Cortese ne avverte l' Istituto , affinchè per mezzo di esso se ne diffonda la notizia a vantaggio di chi volesse approfittarne. Il segretario risponde che de' grammi 100 di citrato di chinoidina , oggi presentati dal m. e. Cortese, si faranno allo spedale di Venezia le de- bite prove , dietro alle quali si renderà parteci- pe la R. Prefettura di Venezia dell'utilità che po- trebbero averne i poveri danneggiati per le inon- dazioni, e da queste predisposti alle febbri inter- mittenti. — G7n — Poscia il s. e. G. De Leva legge la seguente Memoria : DEGLI ERETICI DI CITTADELLA, appendice alla storia del movimento religioso in Italia nel secolo decimosesto. Se noi ci facciamo a considerare le cause de' mali d' Italia nel secolo decimosesto, troveremo che in fon- do a tutte sta il difetto di fede in ciò che ha valore assoluto. E questo difetto le venne proprio di là dov'è la sua grandezza : vo' dire dalla lotta de' due secoli an- tecedenti, onde fu dischiuso 1' evo moderno a nome dell' antico. Perocché a lei toccò il danno degli eccessi inevitabili in ogni epoca di reazione, non la sorte di trovarne da sé il correttivo nelle applicazioni delle nuo- ve idee alla vita pratica, che sole possono mostrare come la vita stessa venga meno quando se ne disgre- gano i grandi fattori. Volgevano appena i tedeschi alle sacre carte la cri- tica da noi addestrata negli studii classici per tornare, esagerando alla loro volta, ai primordi del cristiane- simo, e r Italia aveva già, non che valica 1' età delle sue gloriose tradizioni, percorsi tutti i gradi della in- differenza religiosa, etica, politica sino alla negazione della persona morale consacrata dal Vangelo. In quel vuoto della coscienza, in quell' abisso sca- vato fra le classi colte, incredule, beffarde, e la plebe - 080 — ignorante, superstiziosa, derisa, non le rimaneva che il sentimento della forma o della bellezza, idolatrata at- traverso i modelli della pagana. Donde per una parto i prodigi deir arte, e, come conseguenza dello spi- rito fatto alieno agli interessi morali, i rudimenti della scienza sperimentale, futura sua gloria ; per V altra, la licenza delle idee e de' costumi, quale è riflessa dalla letteratura che s' inizia nel Boccaccio e si compie in Pietro l' Aretino ; quale fu nel suo risultato, nelP ul- timo motto del cinquecento, svelatoci dal Pomponazzi in filosofia, dalMacchiavelli in politica. Certo non mancò chi s'arretrasse inorridito davanti a tanto divorzio tra la scienza e la coscienza. E l'anima ri- piegata in sé si apre in prima, come a supremo suo biso- gno, al sentimento religioso. Ridestarlo, e rifare con es- so famiglia, patria, morahtà, hbertà, virtìi: questo il con- cetto del Savonarola. Né in lui era solo un'ombra vindice del medio evo ; non era solo la condanna del presente a nome del passato; era anche un' opera di preparazione all' avvenire. A che mirava infatti la dottrina della grazia, ossia della giustificazione per la fede, che egli svolse e difese in tante prediche e scritture (1), se non a reintegrare l' intima relazione dell'uomo con Dio, che l'indirizzo mondano di certi instituti ecclesiastici aveva da gran tempo oscurata e quasi spenta del tutto ne'cuori? Questa dottrina, su cui posa la vita cristiana, conforme al precetto dell' adorare Dio in ispirito e verità, per il quale a coloro che non sanno difendere altro che le ce- li) Pasq. Yillari, La storia di Girolamo Savonarola e de' suoi tem- pi. Firenze 1859, t. 1, p. 104, 106, 161, 418; t. 2, p. 191, 194. — 681 — rimonie e il culto esteriore rispondeva il Savonarola colle parole del Salvatore alla Samaritana ; questa dot- trina, dico, intesa per modo da conciliare la libertà e le buone opere che ne conseguono, sarebbe bastata ad effettuare la riforma cattolica. E fu con essa, non col- r assurdo corollario del servo arbitrio di Lutero, che la riforma tedesca vinse poi lo scetticismo e il materiali- smo di buona parte d' Europa. Da essa dunque move- vano le famose conclusioni del Savonarola, che signi- ficavano V avvicinarsi di un grande rinnovamento dei genere umano. Ma come il Savonarola, così Lutero ai nostri lette- rati apparve un barbaro. Non si spieghi F identico fat- to con cause diverse. A che indagare se, e quanto po- tesse suir Italia, già maestra e allora vittima de' suoi compatriotti V antipatia di schiatta ? A che fermarsi sulla differenza di natura e delle condizioni sociali, o suir accordo degli interessi a mantenere V ordine an- tico di cose ? È sempre una e medesima la causa inte- riore : il difetto di fede ; la causa della nostra deca- denza, che anche il Macchiavelli disse corruttela della razza latina, per contrapposto alla sanità della germa- nica. Io non so, scriveva il Guicciardini ne' suoi Ri- cordi, io non so a chi dispiaccia piii che a me V ambi- zione, V avarizia e la mollizie de^ preti nondimeno il grado che ho avuto con pvìi ])ontejici m' ha necessitato ad amare per il particolare mio la grandezza loro^ e, se non fosse questo rispetto, arrei amato Martino Lutero quanto me medesimo, non per liberarmi dalle leggi in- dotte dalla religione cristiana nel modo che è interjìre- tata e intesa comunemente, ma per reder ridurre questa catena di scellerati «' termini debiti, cioè a restare o — 682 — senza vìzj o senz' autorità (1). Ecco 1' utile proprio da un canto, lo sdegno, benché g-iusto, dall' altro al posto della convinzione ; la saviezza positiva che non si cura delle credenze, guarda all' esito, non alla giustizia della causa. E sotto il nome del Guicciardini è quello degli scrittori politici piìi reputati. I quali se conside- rano la religione, è solo come strumento di regno. Ci si sente lo spirito redivivo di Roma antica : Tadorazione della forza. Lutero poteva credere di trasformare con la fede la vita sociale : Macchiavelli, spositore della 'oerità effettuale delle cose, quali erano tra noi, sogghi- gnava e inculcava che i profeti armati vinsero, i disar- mati rovinarono. Tolga il cielo che se ne onori V Italia. La rifor- ma tedesca, perchè aveva a base lo spirito religioso e morale delle classi colte, riuscì, e incarnatasi nel costume, con tutti i suoi aberramenti, fu largo seme di libertà. La nostra rinascenza con tutte le sue be- nemerenze verso la civiltà universale , colpa i sen- suali e i pagani, per i quali cercare sul serio di com- porre la scienza e la fede era come un tornare indietro di due secoli, se non produsse, affrettò certo la- nostra servitù, e ci tolse V anima a seguitare il grande movi- mento da cui uscirono ritemprate le giovani nazioni di Europa. Di qui, non appena fu stabilita fermamente la potenza degli inquisitori del pensiero, quella funesta scherma di menzogne contro menzogne, quella ostenta- zione di sentimenti religiosi e morah senza alcuna ra- dice nella coscienza, onde restò guasta e ammorbata la vita pubblica e privata. (1) Opere inedite, t. 1, p. 97. Vedi anche a p. 203. — GS3 — Buon per noi che ali" accennato movimento rispon- dessero almeno le meditazioni dei più nobili intelletti d' Italia. Perchè se all'Italia mancava per lo scetticismo la vita, il suo cuore non batte che là dove ci è segno di vita nuova, cioè fede nella forza delle idee e de' prin- cipj, zelo della verità e del ben pubblico, costante ar- monia delle azioni coi pensieri. Batteva nel Savonarola; batteva del pari negli altri venerandi custodi della di- gnità umana, che di loro prove supreme ci conforta- rono nella seconda metà del secolo decimosesto. Là dobbiamo mirare T immenso progresso, non apprezzato, come ben nota Domenico Berti nel suo Giordano Bruno, neanco dagli storici moderni. Questo il motivo degli studii, che da qualche tempo rivolsi ai pensatori nostri in materia di religione. Ve ne otFro un saggio, ristretto a quelli di un paese, a noi vicino, di Cittadella nel territorio padovano. I documenti trovati nella BibliotecTi Marciana e in questo Archivio generale mi mettono in grado non solo di aggiungere molto alla loro biografia, ma anche di esporne le dot- trine e d' illustrare le opinioni allora correnti. Graditelo a sconto di un debito, piìi che accademico, di gratitudine, che troppo mi tardava non aver potuto sin qui, per ragioni di salute, significare. Sirie //"', T.-Wf> li. 87 684 — I. La terra di Cittadella, fra i suoi uomini illustri nelle scienze e nelle arti, conta un numero, in proporzione degli abitanti, veramente notevole di que' nobili inge- gni. I quali sentendo, direi quasi, in petto lo strazio fra le idee antiche e le nuove, davansi, secondo l'arguta quanto umana espressione degli ambasciatori e rettori veneti, alle melanconie teologiche, che turbavano il son- no generale dello spirito (1). E primo in ordine di tempo e di merito è il dotto Pietro Cittadella nato nel 1478 (2); primo, posso sog- giungere, nel secolo decimo sesto a riporre la giustifi- cazione nella fede, trenta e piià anni avanti Martino Lutero (3). (1) Così, fra gli altri, scrivevano i rettori di Padova nel 1556, non es- ser stato proceduto a sentenza alcuna contro quel Pomponio Algreri da Nola studente, che fu poi nondimeno condannato ad arder vivo, xì per non fare perturbazione nel studio, per essere egli scholure forestiero, come per vedere se mediante il tormento delle preggioni ha cesse vo~ gliuto lasciare questa sua hostinatione et forse humor melanchoUco. Documenti relativi alla S. Inquisizione. Arch. gen. di Fenezia. fase. 1, msc. (2) Con tal cognome ce lo ricorda il contemporaneo Bernardino Scar- deone [De antiqui/ale urbis Patavii. Basilea 1560, p. 247), e Giuseppe Vedova [Biografie degli Scrittori padovani. Padova 1832, t. 1, p. 261) lo vuole dell' illustre casato dei Cittadella di Padova. Ma nella sentenza del Mignanelli, di cui parleremo appresso, è denominato Petrus de Spe- cialijs ex oppido Cittadellae pad,' dit.','e con questo cognome appare anche (Petrus Spettale) nella relazione delia visita vescovile fatta a Cit- tadella il 28 maggio 1544. Libro C. Fisitationum N." 26 Arch. vescoti- le di licenza msc. (3) II trattato sulla libera grazia di Dio, di Gabriele Valicnli, uomo — 685 — Lo dice egli stesso nella sua opera principale de Dei gratia rimasta inedita (1), e ne abbiamo documenti di verità nelle lettere ivi inserite : Tuna del 1.^ dicem- bre 1524, dove oppone quella sua dottrina alle sentenze di un frate francescano concionante a Chioggia (2j ; l'al- tra, senza data, a fra Bernardino pur francescano pro- fessore di teologia, in cui afferma non avere ancor gio- ■mne accettate le opinioni di lui contrarie alla dottrina medesima (3); infine quella del 1." marzo 1542 al cele- bre Francesco Bonafede di Padova, con la quale lo cita in testimonio delFaverla appunto trenf anni e ;pm in- nand^ qìiando Martino Ltitero non .?' era ancor aperto, del resto sconosciuto, vuoisi comparso nel 1530. Se ne trovano estratti in Riederer. Nachrichten. Altdorf 1768, t. 4, p. 112. (1) Bibliut. mareiann lat. ci. 3, cod. 59. E divisa in sei libri. Vi è un altro esemplare (cod. 155), ma non intero: vi mancano i primi quattordi- ci capitoli e parte del decimoquiuto del primo libro, e anche in fine gli estratti del libro di Lutero De serco arbìtrio contro Erasmo e del trattato di Zuinglio, De x-era et falsa reliqione. Questa opera è ricordata dal Gen- nari nei suoi mss. intorno gli scrittori padovani, della bibliot. civ. di Pa- dova. Ma primo a darne una succosa relazione fu T illustre G. Valentinel* li in quel suo prezioso lavoro, eh' è il catalogo illusti-ato de' manoscritti della Marciana. Egli ci fece inoltre sapere che il nostro Pietro, oltre alle tre opere riportate dal Vedova [De arte grammatica: iiti/iapuerìs eru- dimenta. Carmen : Deus homo ; Epistolae metricae ad nmicos), pub- blicò a Venezia le seguenti: nel 1535, Spistolaetrescoììsolatoriae ; Ca- sanìium et verbo rum flexiones; Breviurium cerborum ; De coslructio- ne vcrborum; De fundamentis ()ramniaticae;Q nel lb2Q, Satij rae duae; S minia duo; Dialor/i tres ; Progìjtniiasmata. Nel sopraccennato co- dice 59 de gratia. Dei sonvi anche due odi inspirate dalle dottrine ivi esposte ; l'una monocolos : agnosce vìorbum tuum et medicum : vives ; r altra tricolos: ad mortales. •2] Lib 0, cap. 14 p. 249. ;3; Lib. G. cap 12 e 13, p. 235-246. — 086 — professata e scritta, lui consenziente a ({uel tempo, e per tal causa sofferto famosi libelli, affissi alle 'porte del tem-ino (1). La qual dottrina fondamentale si enuncia in ristret- to così: la grazia, necessaria a fare il bene, previene alla volontà, liberandola dalla servitiì del peccato (2); ma, benché non la si acquisti, ne la si possa conservare pei meriti nostri (3), attiva com' è, e feconda di virtìi (4), non esclude le opere degne di premio, che ne sono gli effetti, comprese quelle imposte dai sacerdoti, imrclie non scemino V onore dovuto a Dio (5), e lascia salvo il li- bero arbitrio (6). (1) « Ego iampridem antequam insigne Lutheri nomen esset, abbine triginta eteó amplius fortasse annis, cum adhucMartinus se nonaperuis- set, ea prò ventate scribebam, ea dicebam, ut quidam veritatis inimici fa- mosos libellos, nominatim appellato me, Templi valvis affigerent, quod scilicet depressum hominem, Deum exaltatum -volebam. Nec tibi (allo- quor te Bonafides) ea tempestate parcebatur. quod mecum sentire vide- baris. Nunc ego multo magis in sententia maneo, tu ab ea descivisti, at imprudens fortasse magis quam prudens. ^ Cittadella, cai. martiia 1542. Lib. 6, cap. 11. pag. 24-1. (2) Lib. 1, cap. 9, p. 10. (3) « Utpote quae omne meritum nostrum excedat. » Lib. 1, cap. 5, pag. 6. (4) « Haeo fides sola esse non potest. Haec virtutum catervam secum ducit, haec sporat, haec prudentiam atque justitiam, fortitudinem, tompe- rantiam Alias et coraiteshabet.... Fides evangelica non otiosa. « Lib. 4, cap. 6,. p. 160 e 162. (5) « Quae de triplici poenitentia, contritione, confessione, satisfactio- ne dicuntur, et de illa, quae a sacrariorum ministris iniungitur, vel sponte nostra suscipitur, sic intelligas, no Dei honos imminuatur, quam sane bonam esse dicimus, si piotate suscipitur a fide profecta. » Lib. 2, cap. 13, p. 66. (6) » Sive detur ea, sive non dctur, non impedir! liberum arbitrium ; — f;S7 - Laonde ben poteva il Cittadella ripetere ciò che S. Agostino aveva pur detto [De clivers. (piaest. 76) per conciliare le apparenti discrepanze fra le i^entenze de- gli apostoli Paolo e Jacopo (1); senz' accettare per que- sto la esorbitanza di lui intorno alla predestinazione, che già altri dottori, fra' quali s. Tommaso, cercarono temperare col far dipendere la largizione della grazia dal consenso delF uomo in aprirle la porta del cuore. Poteva altresì affermare che la sua era dottrina antica della chiesa (2) e accennata da Dante nel canto 19 del- l'inferno (3), con che alludeva evidententemente al- l'oblio in cui la fu messa, e in particolare a quelle opere che solevano profittare soltanto al clero. In questa dottrina, che più o meno fu pur così si- gnificata dal Savonarola, convennero poi i nostri dotti e pii uomini che nella prima metà del secolo decimo- sesto, quasi in ogni città, ragunavansi a studii e col- imo si detur, perfici et consummari, et ideo ne Dei quidem tolli, ac mur- di justitiam. » Lib. 1, cap. 5, p. 6. Qnod de gratia dicitur libero arbitrio non repug-nare . . . sed fieri per gratiam longe praestantius. » Lib. 5, cap. 4, p. 202-206. (1) « Cum dieit unus, justificari hominem sine operibus, et alius di- cit inutilem esse fidem sine operibus, quia ille dicit de operibus quae fi- dem praecedunt, iste autem de operibus quae fidem sequuntur. » Lib 1. cap. L5 p. 25. Sulla importanza per i cattolici di questa conciliazione ve- di dott. Ugo Laemmer, Die cnì-trirlenlìnisch'katlioliscke theologie. Ber- lin 1858, pag. 153-156. (2) Assero hic quoque, non esse in dubium vocandum, in Deum per solum ejus Filium redemptorem . . . spes omnis nostrae salutis consiste- re. Hocque sic assero, ut quicquid veritati buie adversatur, meras esse nugas etmendacium non ambigam. Credoautem itascripsisse coetera ut, me vetera omnia, non quicquid novi attulisse, cognosci optime cuique possit. » Lib. 6, cap. 16, p. 251. ;3) Lib. 1. cap. 7. }i. 8. — 088 — loqui di lettere e di relig-ione ; e facile mi sarebbe di- mostrare, se qui ne avessi agio, come in essa non si trovi cosa alcuna essenziale che accenni a legami coi novatori forestieri, se si tolga il punto comune di par- tenza : la necessità di rialzare la fede in Cristo. È in sostanza la stessa che si contiene nelF opuscolo del Beneficio della morte di Cristo, che fin dal 1540 comin- ciò a correre forse ancora manoscritto, e fu stampato a Venezia nel 1543 (1), e largamente diffuso e approvato dai piiì ferventi ortodossi, finche non si tolsero a con- siderare le conclusioni che se ne potevano dedurre. Ma queste conclusioni, le negazioni cioè del purga- torio, dei suffragi dei defunti, della confessione aurico- lare, della intercessione de' santi, del primato pontificio, delle indulgenze, delle costituzioni e tradizioni umane, appaiono già nelF opera sopraccennata del Cittadella (2). E poiché a quest' opera egli diede V ultima mano nel- (1) Il dott. Hugo Laemmèr nell'opera già citata |p. 66) ne riporta sol- tanto i passi che consuonano colle dottrine luterane, non quelli che affer- mano la efficacia delle buone opere. Ne addurrò uno solo per esempio: la fede giustificante è simile a fiamma che non può non tramandale luce ; così essa non può bruciare il peccato senza il concorso delle Oliere . . Che se ci prende diffidenza ricorriamo al sangue di Gesù Cri- sto sparso per noi sulla croce, e disfribuito nelVnltima cena sotto l' oinbra d'un sacramento augustissimo. (2) De Purgatorio : « Qui absque fide moritur, hic omnium fidelium iudicio desperatus est. Si quis moritur in fide, an non ea iustificatus est?» Lib. 3, cap. 18, De auriculari confessione : « Hanc non damnaverim, sed nec quasi necessariam . . . nisi quod peritos, quasi medicos anima- rum, consulere debemus. » Lib. 3, cap. 19. Confronta con ciò che scrisse De pocniientia, Lib. 2, cap. 13, p. OG. De voto, Lib. 3, cap. 23. « Divo- rum memoriam esse celebrandam, ut eos imitemur, non ut ab eis au- xilium potamus. » Lib. 6, cap. 9, p. 240. — 089 — l'ottobre del l.")42 (1), sorge il dubbio, eli' io non mi .sento abbastanza sicuro di risolvere, se si abbiano a credere deduzioni spontanee dalla sua fondamentale dottrina, o non piuttosto eco delle illazioni luterane. Vero è che il libro De servo arhitrio di Lutero contro Erasmo non conobbe prima del 1540 (2), e come l'ebbe letto ne confutò le ragioni (3). Vero è pure che non si è neanco giovato dello scritto di Zuinglio De vera et falsa religione, avendone soltanto riportati gli estratti, insieme con quelli del detto libro, appiedi dell'opera. Ma altri libri e scritture circolavano in Italia nell' in- tervallo dei trent' anni che corse dal principio al ter- mine del suo lavoro, stante 1' assidua relazione di com- merci e di studii tra il nostro paese e la Germania, mas- sime a quel tempo in cui anche le anime più timorate davano ascolto per bisogno di coscienza alle nuove predicazioni. E che taluna di queste scritture avesse letto il Cit- tadella, si vede chiaro nel capitolo in cui rigetta l'ap- pellativo di anticristo dato ai papi dai luterani, addu- (1) « Extremam buie operi manum imposui 1542, 16 cai. nov. 30 ab- bine annis eteo amplius incboato. » In fine dell'opera. (2) Addimostralo la lettera del 1." luglio 1540 con la quale lo rimanda a quel Gio, Andrea cbe glielo aveva trasmesso. Lib. 6, cap. 11, p. 245. (3) « Equidem neque ego titulum bujus operis libenter andio, quan- quam non dubito, sic enim inscribere hoc voluisse (Lutherus) potius, ut vel ipso titulo per antithesim posito Erasmum, qui de libero arbitrio, ei nimium deferens, scripserit, erroris ipsius admoneret, quam quod libe- rum arbitrium negaret . . . Praeterea hic auctor de operibus quae facta in fide remuneratur Deus, secundum mensuram fidei, ne verbum qui- dem unum. » Lettera a Giù. Andrea, cai. juli 1540, Lib. 6, cap. 11, p. 244 e 245. — 690 — cendo in contrario la elezione di Gaspare Contarini e di altri insigni uomini a cardinali fatta da Paolo III e la loro missione in Germania perchè fosse onorato Cristo (1). E però, fermo sempre quanto è dimostrato, essere cioè la sua dottrina fondamentale della grazia frutto di studii propri, indipendenti da influssi forestieri, non è cosa improbabile che le accennate negazioni, le quali sopra punti speciali eransi gìk qui levate nei due secoli antecedenti sotto la forma consueta della beffa o dello scherno, avesse anch' egli concepite da sé, forse anche enunciate da principio soltanto a' suoi intimi, e accet- tate poi come logiche conseguenze della dottrina me- desima, quando il tempo di romperla definitivamente con Roma era venuto. Tale V anno 1542 in cui quel- r opera fu condotta a termine. L' anno innanzi era andata a vuoto la grande im- presa di concordia fra i cattolici e i protestanti tentata a Ratisbona dal cardinale Gaspare Contarini. Fin la for- mola della giustificazione per la fede in cui amendue le parti erano state d' accordo, non ostante V aggiunta espressione di fede viva eri efficace, onde apparivano comprese le opere buone che ne conseguono (2), fu rigettata in concistoro a Roma come non chiaramente cattolica. E quello era un gran punto guadagnato per la riforma legittima nella dottrina e nelle istituzioni ecclesiastiche, cui intendeva la scuola teologica italia- na, splendidamente rappresentata dal suo capo, il Con- (1) Dp (Uìtichristo. Uh. lì, cap. 5, p. 236. (2) Contarini al Cardinale N. N. (Girolamo Aleandro). Ratisbona 22 luglio 1541. Lodovico Beccadelli, Monumenti di rarid ìetlcrnlura . 15o- Ing-na 179*), t. 1, part. 3, jìag. 188. — 691 — tarini. Solo che vi avesse potuto consistere, e sarebbe stata vinta la inflessibilità della curia romana. Ma non fu potuto né allora, nò poi. Ond'è che d'ora in avanti quanto crebbe sulle ruiue di quella scuola la potenza della parte contraria, dei zelatori dello spirito medie- vale, del rigorismo, dell' assoluto potere pontificio, al- trettanto si diffuse e rafforzò in Italia la corrente delle idee luterane. Vi è un fatto che illumina tutta questa condizione di cose: è la congregazione del sanf ufficio instituita in Roma il dì 24 agosto dello stesso anno 1542. Quanti allora fra i piìi fervidi predicatori della riforma legittima, disillusi nelle speranze e atterriti dalle minacce, esularo- no ! Quanti di quelli che avevano professata la dottrina della giustificazione per la fede, semplicemente, senza pure accennare a conclusioni contrarie alle credenze comuni, come quelle che o non avevano dedotte ancora, 0, se dedotte, dissimulavano per non dare scandalo al- trui (1). le svolsero allora in iscritture da non pubbli- carsi che sotto un qualche pseudonimo, o dopo la morte! Tale, per darne un esempio, V actio in pontiiices ro- manos et eoruni asseclas scritta nel 1542 da Antonio del- la Paglia (Aouio Paleario). Qualcosa di somigliante non è meraviglia accadesse al nostro Cittadella, quando neir anno medesimo lo colse il braccio dell' inquisizio- ne. Condannato per sentenza del legato apostolico Fa- bio Mignanelli al carcere perpetuo della fresca Zoglia (1) Veprg'asi su ciò, fra gli altri documenti che abbiamo, il largo estrat- to del processo di Pietro Carneseccbi pubblicato da Giacomo Manzoni nel- la Miscellanea di storia italiana edita per_ cura della R. Deputazione di Storia patria. Torino 1870, t. 10. Serie IV, Tomo IL 88 — 692 — nel palaizo di S. Marco, finché non avesse fatto abiura delle sue opinioni, e alla confiscazione dei beni da di- stribuirsi in eguali porzioni fra gli ospitali della pietà, degli incurabili e di s. Gio. e Paolo di Venezia (1), ebbe il tempo di dare l'ultima mano alla sua opera, e con qual animo, facile è vedere. E il dì 17 ottobre 1542 la dedicò air imperatore Carlo V, insieme con due libri della passione del Signore e tre di Sermoni (2), e per il caso che dal legato pontificio o da altra forza maggiore la fosse dalmata, se ne appellò a lui, esortandolo a con- vocare il concilio, proprio in que' giorni che Paolo III r aveva intimato, eh' è come dire nel senso e nel modo richiesto da' protestanti (3). Otto anni stentò il Cittadella in quel duro carcere, prima che Francesco Bettoni, suo concittadino e chiaro giureconsulto, lo inducesse a riconciliarsi con la inqui- sizione (4). Notevole è la ragione che lo vinse. In essa è tanta istruzione storica sulla natura del movimento (1) Copia di questa sentenza abbiamo negli atti del processo del 1551. Archivio generale di Venezia. Santo ufficio, B. 8 msc. (2) Anche questi trovansi nella Biblioteca marciana lat. ci. 12, cod. 47. Sono satire in esametri latini contro quelli che lo malignavano. Vi ò premesso questo distico ad leciorem : « Cum haec despicias: percurrito singula, forsan Sic dices, ad me pertinet iste locus. » (3) « Ac vocandum (Caesareni) in Dominuni concilium appello (nam conciliabula et concilia male vocata non agnosco), nec alio id Consilio (testor Deum) facio, nisi ut errantes Christi oves sui erroris admonitae resipiscant, et. cognita veritate, ad caulam Domini sui tandem revertan- tur, id quod ego cur» alios omnes, qui Dei et Christi gloriam quaerunt, tum clarissimos Yenetiae principes imploro. » In fine dell'opera. (4) Patavii, 7 cai. jun. 1551. Aìfhicio gen. di Venezia, Sant'Uffi- cio. — Processi, B. 8 msc. — 693 — religioso nazionale che ben mette il conto di fermarvisi sopra. Non aveva io già del tutto rinnegato Cristo, cosi risposo il Cittadella alla lettera gratulatoria di Bernar- dino Scardeone (1), iierche in lui ho sempre riposta ogni sjperanza : errore mio fu il credere soltanto cht spetti a me interpretare la scrittura divina.... E ne fu causa V avere io supposto p'omossi dalla chiesa romana gli abusi che da lungo tempo la funestano ; e però come il Bettoni mi dimostrò che la stessa chiesa romana pro- fessa non doversi approvare le invenzioni umane, me le diedi a mani legate.... Dico in somma di credere non a me, ma alla madre chiesa cattolica e a' suoi santi dottori. Per tal guisa non s' inducono scismi, e si ottempera a Cristo nostro redentore. Le stesse dichiarazioni si contengono nella lettera in cui canta la palinodia ai fedeli: Chiamo Dio in testi- monio che non per il tedio del perpetuo e orrendo carcere, non per il timore della morte, né per qualsia altro malo consiglio sono venuto meno a me stesso; ma perchè stimai turpissima cosa e indegna di uomo, m.assime cristiano, persìstere nelV errore già conosciuto.... Perchè se a chiun- que fosse lecito a suo talento di esporre la Scrittura, Dio eh' è autore di pace si farebbe autore di dissidii e di con- fusioni (2). Qui è appunto lo stacco tra i cattolici e i protestanti. (1) Ex carcere ad Joannis in Brachola, octavo id. junii 1551. Ibid. msc. (2) E parlando della Chiesa, soggiunge: « Haec domus, secundum Paulum, Dei est, columna et stabilimentum veritatis . . . Haec est catho- lica ecclesia, quam cathedra Petri defendendum suscepit. » Venetiis, 12 cai. mai 1552. Vi è premesso questo distico: « Errabam, sed me tandem respexit Apollo, Sum stabilis, merito jam Citadella vocor. '.- Ibidem msc. — 694 — Non nella giustificazione per mezzo della fede e dei me- riti di Cristo, dottrina antica quanto la Chiesa, quanto il dogma della redenzione su cui consiste. Tanto è vero che il Cittadella negli stessi opuscoli, che stese in car- cere (1) e gli valsero T assoluzione, la difese luminosa- mente con r autorità della Scrittura e degli apostoli, e la conciliò con la necessità delle buone opere senza ca- dere in contraddizione con sé stesso (2). Lasciamo da un canto gli aberramenti di Lutero, per cui r uomo sarebbe un puro strumento nelle mani di Dio. Ma Melanctone, Butzer e altri, ai quali il buon senso lasciava vedere, malgrado del peccato originale, libero V uomo, non negarono certo le opere buone che (1) « Opusculum sine titulo Petri Citadelae ad maxime reverendum abbatem et pastorem Trinitatis dignissimum Andreani Lippomanum. » Contiene : /' aralione del Signore in italiano ; la illustrazione del siinbo- to degli Apostoli; Decreti prima pars, dist. Vili : « Dei veritatem, non hominum consuetudiuem sequi oportet, » ecc. Nonitii licei causa liinni- litatis mentiri ; Arteìu verborum Deus aspernatur et odit ; Extra ca- tholicam ecclesiam non est salus; De primatu papae (proposizione più delle altre lungamente dimostrata con passi scritturali) ; Porendum est potcshilibus, sed non semper ; Patienler sustineat excommunicatus iniuste, De confessigne ; Quales ordinandi ùnt clerici; De purgato- rio (proposizione dimostrata con molta erudizione) ; Quae sint peccata morlalia. gnae venialia, quac per Ugna, faenum, stipulam apo- stolus designai ; De 2/u/ji/g'en/<7.s (non dice altro che questo: credamus fratres quod nobis sancla viater ecclesia crcdcndwn proponit] ecc. Ibidem msc. (2) « Christo Jesu nostram salutem acceptam referamus » (e lo addimo- stra con 1' autorità della Scrittura e degli apostoli). Quindi ne riporta i passi comproTanti la necessità delle buone opere, e soggiunge: <^ Ncque corporis Christi ac totins ecclesiae, sanctoruraquc eius merita eiclude- rim, quae ab ipso Capite nostro proficisci non dubitem, ut de illius houo- re nihil elevem. > Ibidem. — 695 — fa r uomo rinnovato per la grazia, sì negarono i mezzi offerti dalla chiesa, co' quali la grazia stessa o comin- cia, 0 continua, o, se perduta, si riacquista. Questa la differenza fra i protostanti e i cattolici; e questa, se ben si considera, discende dalla più alta e sostanziale ca- gione che li divide, qual' è la risposta alla domanda sulla autenticità della interpretazione scritturale. Se le dottrine religiose sono fondate nella bibbia, chi ci assi- cura che il suo senso è quale noi lo pensiamo ? Per ve- rità Lutero non se ne diede pena, sicuro della propria coscienza od inspirazione, quanto intollerante dell' al- trui. La risposta, che vi è implicita, della ragione indi- viduale 0 del libero esame, può sì essergli sfuggita tal- volta di bocca nel calore della disputa, come nello sgo- mento dell' altrui fanatismo vogliamo concedere gli sfuggisse del pari la bieca parola che chi non crede in lui non va salvo: ma non ha mai alzata in sua mente a principio, e molto meno proclamata. Qual è biografo suo elle osi affermare il contrario, di fronte al fatto, per dirne uno solo, dei predicatori autorizzati? Quella rispo- sta, in cui sta tutta la forza della rivoluzione luterana, fu lento effetto delle lunghe lotte religiose. Figurarsi se potessero tampoco immaginarsela gli studiosi nostri del tempo di cui parlo ! Voleva dunque il Cittadella ciò stesso che volevano i più nobili suoi contemporanei, ciò che vollero in ogni tempo i grandi itahani : voleva sulla base della giustifi- cazione per la fede, appurate le dottrine, riformati gli instituti ecclesiastici, ricondotto il papato verso le sue origini. E benché ne avesse già dedotte opinioni con- trarie alle credenze comuui, lo voleva, e questo è docu- mento dello spirito latino, per consolidare, non per di- — 696 — sfare la unità, e con V unico mezzo legittimo dell' auto- rità di un concilio veramente libero, veramente uni- versale. Ho accennato di sopra alle scritture stese in car- cere, fra le quali sono comprese anche la lettera ai fe- deli e Tappello al concilio riconvocato a Trento da papa Giulio HI e già congregato in quell'anno 1551 (1). E ho detto che quelle scritture gli valsero V assoluzione. Or qui debbo soggiungere, che la fu anche affrettata dalle interposizioni de' suoi molti amici oltre al Bettoni (2). Francesco Bonafede, il quale consentiva, come dicem- mo, da principio nelle sue opinioni e poi se n'era ritrat- to, fu due volte a visitarlo in carcere (3). Girolamo Ne- gro, canonico padovano, stato sette anni al seguito del cardinale Gaspare Contarini, lietissimo della conver- sione di tanto womo^ principalmente perchè fatta in tempo die ìUoUi esultavano della sua pertinacia (4), non mancò (1) « Verum dimium condemnatus ut haereticus futurum appellavi concilium, et modo congregatum appello, quod si causa mea cognoscet, propitium mihi fore non ambigo. » Ibidem msc. (2) « Quantum ego debeo Francisco Bettono, qui me ab errore meo vindicavit, ostendendo ncgotium hoc Mei ad sanctos doctores pertinere, nec esse proprium unicuiusque Dei scripturam exponore, sed eorum dc- mum, quod ad hoc ipse Christus elegit! » Petrus Citadella Hyeronimo Ni- gro. Venetiis ex carcere ad d. .)oh. in Brachola 1551. ^eWopuscuìnm cit. Ibid. msc. (3) Lettera citata di P. Cittadella a Bernardino Scardeonc, octavo id. junij 1551. Ibid. (4) « Quod hoc potissimum tempore id factum sit, quo multi a pietate aversi homines in tua illa pertinacia plurimum exultabant, te athletam fortissimun, atque inclytum Christi martyrem appellantes, quoniam, se- nio confectus, non honorum publicatione, ncque diuturni carceris pedore a proposito poBses ibduci. '>Hieron. Niger, Pctro CitaJcUa. Patavii 16 — 697 — alla promessa data (1), raccomandandone al legato la liberazione dal carcere. E frattanto, scriveva, non sa- rehle forse cosa ingiusta che V ospitale che gode i beni di lui Io alimentasse^ perchè suo nipote è povero nomo, et non lia il modo.... Vostra Signoria reverendissimo, sa die V asprezza di alcuni contro questi tali a principio ha noe- citilo molto alla causa oiostra; si voi procedere in spiritu lenitatis, et tanto piic verso li penitenti (2). Queste esortazioni toccavano un cuore, come nessun altro, aperto alla carità evangelica. Era allora legato apostolico in Venezia Lodovico Bec- cadelli, di cui è detto abbastanza quando si ricorda che il Contarini, appena eletto cardinale, lo volle suo segre- tario, e che ne fu poi il più degno biografo. E degni del Contarini sono que' sentimenti suoi e del suo auditore Rocco Cataneo veronese (allievo del celebre Gianmatteo Giberti vescovo di Verona) ia mate- ria d' inquisizione, che qui stimo opportuno di accenna- re. Dolevasi papa Giulio III coiroratore Matteo Dandolo di troppa mitezza riguardo ai luterizzanti nel veneto, e proprio per bocca di quel Mignanelli che aveva condan- nato il Cittadella (3). E vorriano alcuni., rispondeva il Beccadelli, che si corresse col ferino e col fuoco a torno, e cai. jun. 1551. Ibidem ms. È la stessa che abbiamo a stampa, ma senza data, nell'Hier. Nigri, Epist. vrationumque liber. Patavii 1579, p. 24. (1) Hier. Niger, Pctro Cifadella. Patavii 4 idus junii 1551. « Bot- tonum buie negotio maxime idoneum censeo, ut coepto operi colophon nem imponat. » Ai^ch. gen. di Fenezia. h e. msc. (2) Girai. Negro a mon$. Beccadelli legato ctpost. a Fenezia. Pa- dova 9 giugno 1551. Ibid. msc. (3) Dispaccio dell' ambasc. Matteo Dandolo, da Kotna 15 giugno 1550, Cesare Cantù, Degli eretici d' Italia, i, 3, p. 164. — 698 — che se ne facesse un gran macello, epar loro che questi Si- gnori e il mio auditore e io siamo freddi. Io ho detto loro che vadino destro, perchè in casa d'altri non si può fare a suo modo e bisogna conformarsi coi Signori., acquali di- spiacciono queste furie., e pochi giorni fa lo dissero a mes- ser Annibale Qrisoni (1), che, coni' è ben noto, quale commissario inquisitore sotto il precedente legato Gio- vanni Della Casa fu il piii acerrimo nemico e persecuto- re di Pietropaolo Vergerlo. E quando nel novembre del 1550 ordinarono i Veneziani che nelle cause di eresia procedessero insieme cogli ordinarli i rettori delle terre con due altri dottori, couie altra volta era stato decre- tato e particolarmente per Brescia e Bergamo (2), e il papa se ne richiamò acerbamente (3) e con bolla del 30 dicembre di queir anno proibì ai principi, sotto pene gravissime, d' impacciarsi in tali processi (4), franca- mente scriveva il Bcccadelli che senza braccio gagliardo i disordini della eresia non si ponno levare, e Q,hQ;però il favore de' Signori era necessario .... A giudicio mio la mente del Dominio è buona, e tende in aiuto dell'autorità ecclesiastica., la quale da molti per se stessa e poco temu- ta : senia (i Signori) non potemofar bene, e dicano mò i frati quel che vogliono (5). (1) Lodovico Beccadeìli a mons. Dandino, segretario di Giulio HI. Venezia 13 sett. 1550. Mommunti di varia letteratura , op. cit. t. 1, pag. 98. (2) Lodov. Beccadeìli u vìons. Dandino. Venezia 15 nov. 1550. Ibid. p. 99. (3) Dandino al lìeccadelli. Roma 29 nov. 1550. Ibid. p. 100. (4) La bolla fu letta in concistoro il dì 30 dicembre 1550, ma pub- blicata il venerdì santo del 1551. Ibidem. (5) Lod. Beccadeìli a mons. Dandino. Veneiia 23 mag. 1551. Ibid. p. }02. — 099 — Com'ebb(3 adunque il Cittadella couferuiate le ritrat- tazioni contenute nelle sopraccennate scritture (1) e fatta il dì 14 luglio 1551 la prescritta abiurazione (2), che fu stesa, oltreché in latino, in italiano /;er levare lo scandalo dato ad ogni sorta di persone (3), lo ribenedisse il legato, e con relativa sentenza lo rimise in possesso de' suoi beni, affinchè non semljri^ così ivi sta scritto, come dice il lecUo Agostino, che noi cerchiamo ijììi presto i leni degli eretici che le loro anime (4). Ma fu del pari liberato subito dal carcere ? La sen- tenza d«l Mignanelli portava che quando bene avesse abiurato sarebbe ritenuto per anni sei in altro luogo da destinarsi. Ora io trovo due lettere del Cittadella po- (1) 19 giug'no 1551. Vi erano presenti Lodovico Beccadelli vescovo (al- lora) di Ravello, legato apostolico nei dominii veneti con la potestà di le- gato a latere, Don Rocco Cataneo canon, auditore generale al tribunale contro gli eretici, Nicolò veneto dell'ordine dei conventuali di s. France- sco, inquisitore della pravità eretica, Alessandro Ruggeri avvocato e pro- curatore fiscale, e i tre deputati del Doge, Bernardino Venier, Antonio Dandolo e Alvise Contarini. Arch. gei), (li Fetiezia, 1. e. msc. (2) Nella forma consueta, comprendente le dottrine che negano : le imagiui e la intercessione de' santi ; il divieto di certi cibi in determinati giorni : il libero arbitrio tranne clie per il male : la efficacia delle scomu- niche : il primato del pontefice e la sua potestà di concedere indulgenze : il purgatorio e i suffragi dei defunti: la presenza reale nella eucarestia e la transustanziazione : la confessione sacramentale di precetto divino: le costituzioni e tradizioni umane. Ibid. msc. (3) Ibid. msc. (4) Il Cittadella era venuto aduna composizione colTospitale di s. Giovanni e Paolo rispetto a quella parte de' suoi beni che riteneva l'o- spitale medesimo in virtù della sentenza pronunziata dal Mignanelli. Ma gli altri due ospitali, della Pietà e degli Incurabili, si opponevano a qua- lunque composizione, e perciò furono dal sacro tribunale condannati al- la restituzione. Ibid. msc. Sirie ly, Toìiìo li. ' 89 — 700 — stcrioi'i di un anno e più all' abiura, i' una a Baldo Lu- patino del 15 luglio 1552 (1) e V altra che fu diretta ai fedeli del 24 ottobre 1552, ambedue scritte da Venezia sebbene senza indicazione del luogo di carcere. E d' al- tra parte so che il Beccadelli, indignato dei modi usati dal commissario del sant' ufficio fra Michele Ghislieri nel processo contro il vescovo di Bergamo (2), di cui egli aveva ottime informazioni (3), e insofferente che i frati si volessero far valere e a lui per far bene ne venisse male, appena compiuto il biennio della sua legazione chiese nel dì 27 febbrajo 1552, e ben tosto ottenne, di esserne sollevato (4). (1) Ibidem, msc. È notevole ch'eg-li mandi a Baldo Lupatino, insieme con tre distici relativi alla sua conversione, anche la lettera diretta ai fedeli in cui canta la palinodia. Baldo Lupatino, di Albona, provinciale dei cordelieri, zio o parente e maestro del noto Matteo Flacius illiric-us, fu tenuto prigione venti anni in Venezia e poi buttato in mare. Cantù, op. clt. t. 3, p. 162. (2) È noto che il Ghislieri parti di Bergamo, come costretto dalla op- posizione, di cui si dava colpa a Nicolò Da Ponte, allora provveditore di quella provincia. Il che saia falsissimo (scrivevano i Rettori di Berga- mo) perchè hi giorni 20 è stato de qui, con aver interogato mille te.sti- monij non ha giustificato cosa d' importanza, però noi crediamo che gli sij stata grata questa occasione ])<ìì' salvar /' honor de sol frali, et scnnder la viaUgnità de quelli eh' havcano fatto tante vituperose op- posilioni ad esso episcopo, die con questo mezo el dirà non haver po- tuto giustificare. Bergamo 15 mag. 1551. Arch. gcn. di Fenezia, Docu- menti relativi alla s. Inquisizione, da lettere scerete ai Capi del Cons. dei X, fase. 1 msc. (3) « Havendoli appresso così buon testimonio come ho. eh' è il vescovo di Trieste, il qual gli ho dato in compagnia, et me ne fa bonissima rela- zione, w Zwr/. Beccadelli al card. SiniUi Croce. Venezia 27 febb. 1552. Monumenti di curia lei ter. t. 1. p. loC) (1) Ibidem, p. 107. — 701 — Sicché suir epoca della liberazione del Cittadella nulla posso dare per certo. Forse ce la indica la data della lettera diretta ai fedeli ; in ogni modo questo solo afferma il contemporaneo Scardeone, che morì a casa sua nel giugno del 1554 nell'età di 76 anni. II. La condanna di Pietro Cittadella non produsse 1' ef- fetto sperato dai magistrati ecclesiastici (1). Volgeva appena il quinto anno da essa, e già denun* ziavasi al sacro tribunale di Venezia il giureconsulto Francesco Spiera e suo nipote Girolamo Faccio, V uno intimo amico, V altro discepolo di lui. Essi negano pub- hlicamenie (così è detto neir accusa sottoscritta da die- cinove testimoni, fra i quali cinque sacerdoti) la presen- za reale nella eucarestia, V adorazione dell' ostia consa- crata, la confessione auricolare, la facoltà nei ministri della chiesa di dare F assoluzione dei peccati, la prima- zia del pontefice, la intercessione de' santi, il purgato- ci) Bum esset in castro {CUadellac) quidam Petrus Spetiale de Ci- tadella, qui male scntiebat de Ecclesia et Sacrnmentis ipsius, jrrnpter quod est retentus Venetiis et condemnatus, erant nonnulli qui eius se- quebantur errores, el super ipsis eratit in fedi, sed potsquam viderunt ipsum condemnaturn, cessarunt a praemissis erroribus. Così rispose l'arciprete del Duomo de' ss. Prosdocimo e Donato di Cittadella, Pietro Cauzio, alle interrogazioni delTabate Martino Rappa venuto in visita per commissione del cardinale Nicolò III Ridolfi, vescovo di "Vicenza. E co- sì a un di presso risposero anche Giovanni della Palma e Francesco Pomarano delia cappella de' ss. Pietro e Paolo e il sacerdote Gaspare de Bertoni del priorato fuori delle mura di Cittadella, 28 maggio 1544. Arclt. vescoc. di Vicenza. Lib. C. « Visitationum » N'. 26, pag. 240 e 241. — 702 — l'io, i suffragi dei defunti, e la necessità delle buone opero. Tengono oltracciò e leggono di continuo libri proibiti, e ne insegnano gli errori ai figli, sbefFeggiano le messe e i vesperi. Aggiungevasi a carico dello Spiera la sua lunga e stretta famigliarità con Pietro Cittadella, r aver tradotto in italiano l' orazione domenicale, e sgridato sua moglie invocante nei dolori del parto la Vergine Maria. Più ancora in danno del Faccio, che fosse causa principale dell' eresia, ond' era infetta la terra di Asolo. Conchiudevasi col solito appello alla su- prema prova della pubblica voce (1). Non ebbe sì tosto il tribunale le deposizioni dei cin- que testimoni preti (2), assunte per incarico suo da Ro- berto de Monti, vicario del vescovo di Vicenza (3), che giunse il dì 17 dicembre 1547 un' addizionale accusa ad aggravare la sorte degli imputati : aver detto il Faccio, in occasione della processione del Corpusdomini di quel- r anno, orribili bestemmie, presente Baldraso di Val- trompia nel bresciano, orefice a Cittadella ; e lo Spiera, a mensa del Rettore Angelo Barozzi, parole di scherno intorno alla confessione, presenti i dottori Antonio Fran- (1) L'accusa fu prodotta il dì 15 novembre 1547. I testimoni preti erano : Sebastiano Tealdo, Francesco di Favri, Francesco dell! Ambro- si, Natale Biancolin, Daniele di Pozzi. Gli altri: Giacomo Roffin, dot- tore; Antonio Francesco Cauzio, dottore (nipote dell'arciprete Pietro Cauzio), Giov. Berton, Bevep:nu di Dossi, Francesco Petrobel lo, Jrj'o.^//- no Tealdo, Vetaro (Vincenzo), Annibale Sellarolo, capitano Pietro Pia- centin, Paolo Piacentin, Gio. Gasparin, Giacomo de Illissi, Giovanni Mercaro, Coracina Fattorin. /Irchioio got. di / V'«(':/a, Santo Uflicio, Processi, busta 0. (2) 10 dicembre 1517. Ibidem. [\ì] 17 novembre 1517. Ibidem. - 703 — Cesco Cauzio, Giacomo Roffin, Giambattista Gatto o al- tri (1). Per lo che si pregava il tribunale che non stesse contento alle deposizioni già fatte dai preti, ma faces- se esaminare anche gli altri testimoni indicati: altrimenti gli eretici, vedendo che non si procede, persevereranno con grandissimo detrimento de' fedeli e con grande offesa della maestà di Dio (2). Impedito il tribunale da altre gravi occupazioni^ non potò prima del dì 3 marzo 1548 darne commissione relativa al vicario vescovile di Vicenza (3), e fra tanto chiamò davanti a se due degli accennati testimoni sot- toscritti neir accusa addizionale, il Baldraso e il dottor Antonio Francesco Cauzio. I quali la confermarono del tutto, e il Cauzio, interrogato eziandio sui capi princi- pali della precedente accusa, non se ne ritrasse d' una sillaba, dichiarando sulla fine del suo costituto: io sono amico dello Spiera e del Faccio e mi sono a faticato per lo Spiera nelle sve liti col cavaliere Bigolin^ così richiesto da lui, e mi disjiiaceria che avesse male alcuno, ma ]ìiii mi (1) « Portando li preti el sacratissimo Corpo de Cristo, Geronimo Fac- cio disse : guardate queste bestie di pretazzi che portano quella baga- tella con tanta reverentia, et queste altre bestie gli vanno dredo cre- dendo bene che sia una degna cosa. . . Che Francesco Spiera . . . dice esser pazzia che le done se vada a confessar, et che sua moglie non vi lassa andar, ma che la confessa lui. 17 die. 1547 » Ibid. msc. (2) Ibid. (3) « Reperir li venerandi preti che V. S. già examinò, et examinar li altri testimonii ecclesiastici et seculari . . . , con le debite iiiterrogationi de causa scientiae, tempore, loco, locis, et contestibus . . . et perchè V è cosa insta che li operai siano soddisfatti delle sue fatiche et opere, perho V. S. gli farà intender che del tutto saranno soddisfatti. » Ibidem msc. — 704 — dispiace ch'egli sia di questa mala opinione e ho detto la verità senza alcun rispetto (1). Come giunsero pertanto le deposizioni degli altri te- stimoni, riassunte a Cittadella dal 20 al 22 aprile 1548 (2), fu citato lo Spiera a comparire davanti al tribunale in termine di giorni tre dalla intimazione delle lettere du- cali, e fatto tradurre il Faccio in carcere a Venezia (3). Fin dal primo interrogatorio del dì 25 maggio si ve- de d'animo prostrato lo Spiera: aveva otto figliuoli in casa, due figlie maritate, la moglie gravida, e solo dalla professione di avvocato traeva i mezzi a sostentare la numerosa famiglia. Sopra ogni punto dogmatico, sul- r eucarestia, sulF adorazione dell'ostia consacrata, sulla confessione auricolare, sulla primazia del papa, sulla intercessione de' santi, afferma che tenne sempre e tie- ne quanto la chiesa insegna ; e però richiesto del per- chè ne avesse parlato in contrario, risponde che il fece come per ragionare delle opinioni correnti prò e contro. Solamente rispetto al purgatorio e ai suffragi dei defunti confessa i suoi dubbi fondati sulla fedo che Cristo al)hia purgato e tolto i peccati nostri (4). E quanto alla ripren- sione fatta a sua moglie invocante la Vergine Maria, e della quale mostra non saper nulla, soggiunge : ma vi (1) G marzo o 10 aprile 1548. Ibid. « Domandato de causa scìenfie (ri- spetto alla intimità delio Spiera con Pietro da Cittadella) rispose: io el scio perchè detto Ploro in casa ajìresso de mi stava, et vedeva la conversation intrinseca tra loro. *> (2) 26 aprile 1518. Ibid. (3) Decreto del dì 13 ma Costituto del 24 mag- gio 1518. — 705 — lììco bene che io tengo, e cosi ho esortato che si chiami il Padre Eterno, mediante il sno dolcissimo Figlinolo, come zia che mi pare santissima. Franco e sincero, come su questo punto, è del pari sugli altri puramente dottrinali : io ho creduto e credo, egli dice, che il cristiano si salvi per i meriti di Gesù Cristo., facendo le opere da fedele cristiano, usando mas- sime la carità pel prossimo , e che le oyere nostre sono co- ronate da Dio còme doni suoi; perche le opere nostre, come di peccatori non meritmiò se non fosse il merito di Cristo . . . Ho esposto il pater noster in volgare., perche mi piaceria che i mlgari intendessero la parola di Dio, e intesa, la mandassero ad esecuzione (1) ... e ho detto la orazione domenicale insegnata dal figliuolo di Dio essere orazione sicura e necessaria, e che la orazione breve pia- ce a Dio fatta in cuore. Qui è segno di studii intorno alla dottrina della giu- stificazione, fatti 0 direttamente sulla Bibbia, eh' egli stesso dichiara di avere insieme coi salmi, o sul Bene- ficio di Cristo e altri libri moderni, che pur confessa aver visto., benché soggiunga discorrendoli inù presto imprestati che altramente. Parlando dei quali ultimi, ben poteva affermare a quel tempo che non sapeva che fos- sero eretici, e che se li ha letti., non li ha letti per altro che per intendere le diverse opinioni e attenersi alla buona. Notevole in ultimo è la risposta alla domanda sulla causa della sua pubblica fama di eretico (2), e sul tera- (1) La versione è fedele Solo in line vi è ag'g'iunto : perchè tuo e il re- gni), et l(t po(cnt/a, et la giuria nei sepu/i. [2] « Mi non so la causa, se non fusse ch'el procede dalli maligni per- secutori et diabolici di quello loco che inventano la crv.::elia nclT occhio al compagno, e non vedono li loro travi. » — 706 — pò in cui nacque la inimicizia tra lui e i Bigolini. Da ossa appare eli' egli ogni anno, dopo confessato, rice- veva il sacramento dell'eucarestia e faceva celebrare messe a lode ili Dio. E perciò, parlando di quella inimi- cizia sorta circa quattro anni addietro, ne colse il destro a giustitìcare le beffe di cui era imputato, come rivolte a qiielli che vanno indegnamente alla comunione, cioè sen- za essere riconciliaii (1). Dal primo al secondo interrogatorio passarono undi- ci giorni, otto dei quali erangli stati assegnati come ter- mine alla produzione della sua difesa sopra le accuse comunicategli in copia. Ma non se ne valse: ond'è che il dì 7 giugno gli si mossero nuove domande sulF am- monizione fatta a lui e a Pietro Cittadella parecchi anni addietro dal vicario vescovile di Vicenza, sul valore del- l'assoluzione sacerdotale, e sulla soddisfazione della pe- nitenza, alle quali rispose rimettendosi alla chiesa (2). Cinque giorni dopo, benché gli fosse stato concesso un . altro termine di otto giorni perla difesa, comparve ^^o?i- taneamente davanti ai giudici, e premesso che coìwsce- T>a di star a Venezia con spesa e con detrimento detta sua famiqlia, e che non voleva esser contrario alla santa chie- sa, ma aderire a lei e ai riti ecclesiastici, confessò di aver dubitato e conformemente discorso sopra tutti gli (1) Costituto del 26 maggio 1548. Ibid. (2) Avendo detto prima credo che l' assai utionorngìlu ad ogni cosa, quando ci penitente è in riva fede et bene contrito come et latrane, et così alla pena quanto alla colpa, o poi che è necessario satisfar per ti peccali condeziinl elemosine et oralioni, o;\i fu osservato essere dun- que falsa la proposizione tratta dall'esempio del ladrone; al che eii-li ri- spose: io de questo sempre mi riporto aita santa ijicsia. Costituto del di 7 triufrno 1548, Ibid. — 707 — accennati punti dogmatici, come pure sopra le messe e i vesperi ; e in prova del non essere stato fermo in tali opinioni addusse le pratiche religiose sempre osser- vate (1). Quindi conchiuse : micetto nel grenibo della santa madre chiesa cattolica e apostolica, supplicandola insieme con le Signorie vostre henignissime che mi voglia perdo- nare^ avendo considerazione al mio stato, alla mia pove- ra famiglia^ e alle gravi inimicizie che ho per la persecu- zione dei miei avversar ii^ causata dalV aver voluto soste- nere r onore mio e di una mia figlia eh' è cosa notoria (2). A tanta sommessione che non cedessero i rigori del sant' ufficio ? Era allora legato apostolico fin dall'agosto 3544, succeduto al Mignanelli, il famoso Giovanni Della Ca- sa (3), del quale la repubblica veneta, non avendo potu- to ristringere gli ufficii a quelli di semplice nunzio, co- me fu il Bihiena ai tempi di Leone X maritato e vestito (1) « Perchè mi sono comunicato, et comunicandomi ho creduto fer- mamente recever el vero corpo et sangue de Jesu Cristo ... mi sono con- fessato delli miei peccati, come fanno li veri cristiani ... è andato alle messe et alii vesperi. «'Costituto del 12 lug-lio 1548. Ibid. (2) « Acciò non succeda la diabolica inventione de miei adversarii che vorriano la mia rovina et della mia povera et numerosa famiglia, qual cum r aiuto de Dio vive sopra la mia industria, et cossi humilmente mi getto alli suoi piedi aspettando la sua santa benedittione et bona licen- tia in conformità de messer Jesu Cristo che disse alla peccatrice: cade in pace, et queir altro dicto: quotiescuiiique ingemiiei it peccato?: » Ibid. (3) Eletto queir anno stesso 1544 arcivescovo di Benevento. Eppure da una sua lettera a Pierluigi Farnese appare che ancora ai 14 maggio del 1547 non aveva ricevuti gli ordini sacri. Amadio Ronchini, Lettere di uomini illustri, nel R. Archivio di Parma. Parma 1853, p. 174. Serie IF, Tomo II. 90 — 708 — da laico (1), cercò almeno con altrettanta sollecitudine vigilarne l'azione. Di qui i lamenti del pontefice sin dal principio del 1545 (2), ai quali fanno riscontro le succes- sive lettere del legato sulle opposizioni che pativa. Co- sì p. e. nel maggio del 1546 si duole non poter manda- re a Roma quel Francesco Strozzi, stato frate dodici anni e creduto traduttore del pestifero Pasquillo in esta- si, presso il quale, quando fu preso, si era trovato un epitaffio mordacissimo e crudelissimo contro la persona del pontefice [S] ; e nel novembre di quell'anno medesi- (1) Consiglio dei X cum add. 4 agosto 1544. — Senza la facoltà di legato, acciocché nelle cose giudiziarie e di eresia fosse lasciato il carico in Venezia al patriarca, e nelle altre diocesi agli ordinari. Ma, rispose il papa, li tempi sono de così mala natura per le opinioni lutherane et depravate che non bastano gli ordinarij, bisogna etiam che siano quelli che immediatamente habbino carico da noi, oltra le altre cau- se, quando li damo le commissioni . . . Fedele queste materie luthera- ne quanto pi-emono, bisogna, et perchè moltiplicano et perchè si fan- no maggiori, adhibire maggiori rimedij et più effìcacieseculoi'i. Fran- cesco Venier amb. ven. ai capi del Cons. dei X. Roma 16 e 30 agosto 1544. Archivio generale di Venezia. Dispacci da Roma, fase. 3 msc. (2) « Disse suspirando, questa materia de lutherani non ò bene inte- sa dal mondo, et maxime da quei principi che la lasciano pullulare. Il re di Francia solo pare che l' babbi intesa, il quale fino adesso ne ha fatto molte volte horribile vendetta . . . mai non fu heresia più pernitiosa di questa credenza et di questa libertà . . . Hoi (un mese fa aveva dotto do- lenlemcnte il card. Sadoleto) la città di Venezia è molto infettata di que- sta peste lutherana, in tanto che è già passata in quelli che governano, che scrivono et in ogni ordine di persone, sì che l'altre terre di Lombar- dia ammorbate della medesima infettione se gloriano d' aver Venetia per compagna o più presto per autrice. » Giov. Ant. Venier amb. ven. Ro- ma 6 febb. 1545. Ibidem msc. (3) 29 maggio 1546. Ronchini, Lettere di uomini illustri, op. cit. p. 152 Vero è che i)oi ai 19 giugno riferisce essere stato promesso ^di darglielo in qualunque prigione che vorrà (p. 663) ; ma Pier Filippo Pan- — 709 — mo, avvertendo che sarebbe oltre modo diffìcile ottene- re la ritenzione del vescovo Pietro Paolo Vergerio, con- siglia di citarlo a Roma, perchè altrimenti la spedizio- ne del processo andrebbe in lungo e forse con 'più sod- disfazione del vescovo che di nostro Signore (1). Peggio andò quando ai tre deputati della Signoria, assistenti del sant'ufficio, fu data quella commissione del 22 apri- le 1547, la quale, se ben si considerano le relative istru- zioni secreto ai rettori delle provincie del 21 ottobre 1548, che ne sono, direi quasi, l'autentica dichiarazio- ne (2), mirava allo scopo di facilitare le abiurazioni degli eretici, e per conseguenza d'impedire le facili carcerazioni, le condanne nella vita e nei beni, tutto in una parola che poteva produrre scandalo e turbare la quiete pubblica, primario intento di quel governo. On- d'è che in Piaggio di quell'anno, scrivendo il Della Ca- sa al cardinale Farnese di un giovane frate servita per nome Angelico, dubitava non forse l'abiura sua aves- se mitigato l'animo dei tre deputati, s\ che non gli si potesse dar pena straordinaria (3). delfini residente di Toscana a Venezia ai 17 giugno, scrive avergli detto il doge che quei signori erano certificati essere lo Strozzi innocente, e al 25 luglio, ch'egli aveva fatto villanie e minacce al Della Casa e con ciò ritardata la decisione. Più tardi annunzia che fu liberato. » Cesare Can- tù, Gli eretici W Italia, t 3, pag. 164, nota 11. (1) 13 nov. 1546. Lettere cit. di nom. ili. p. 165. (2) Con questa deliberazione fu riformata l'anteriore del 21 marzo 1521, perche questa (cosi scriveva il card. Cornelio al Cons. dei X. Bre- scia 11 sett. 1546) fu fatta contro i stregoni, e non .si può interpretare che sia fatta per la jnesente occorrenza. Documenti relativi alla In- quisizione. Arch. gen. di Fen. N. 1. msc. (3) « Perchè io non gli sento più così caldi. >^ Venezia 14 maggio 1547. iettere cit. di uom. ili, p, 168, — 710 -- Vero è che questo dubbio non si aVverrò, avendo infi- ne ottenuto, dopo non poche esitanze (1), di condannar- lo al carcere in vita (2). Ma qui infine trattavasi di un frate. Altro era il caso dello Spiera, uomo di molto cre- dito e aderenze in terra sua e fuori. Né meno importa considerare che quello era il tempo in cui, per le vitto- rie degli imperiali contro i confederati di Smalcalda, per r assassinio di Pierluigi Farnese e per la occupazione di Piacenza, quanto crescevano le furie di papa Paolo III, altrettanto ne insospettivano i veneziani. Sarebbe stato buon consiglio di politica inseverire contro chi era in voce di aderente alle opinioni degli avversari di Cesare ? Fatto è che, com' ebbe lo Spiera il dì 26 giugno 1548 letta la formola della sua abiura nella cappella di san Teodoro della chiesa di s. Marco, presenti i giudici (3) e molti testimoni, fu con sentenza dello stesso giorno assolto, sotto la. condizione^ per penitenza, che, tornato a Cittadella, confermasse pubblicamente la detta abiu- ra in quella chiesa principale, finita la messa grande di domenica (4). Gli s' impose inoltre di sborsare venticin- (1) 21 maggio 1547. Ibid. p. 176. (2) Vittorio Amanio a Pier Luigi Farnese 30 mag. 1547. Ibid. p. 181. (3) Componevano il s. tribunale Gerardo Busdrago, dottore in ambo le leggi, protonotario apost. priore del priorato e chiesa collegiale di s. Giovanni e Reparata di Lucca, auditore generale di Giovanni Della Casa elotto di Benevento, decano della Camera Apost. e legato apost., maestro Marino veneto prof, di sacre lettere nel monastero di s. Francesco, inqui- sitore della eretica pravità; Francesco Longo, Alvise Marini e Lorenzo Friuli patrizii veneti deputati contro gli eretici. (4) uK domandare perdouanza a tutti quelli che per lui yi fossero scan- dalizzati . . et che in questo mezzo lui debba star sequestrato et interdetto — 711 — que ducati (a lire 8 e soldi 4) per 1' acquisto di un ta- bernacolo (1), e altri cinque per spese e mercede al nunzio del tribunale incaricato di eseguire a Cittadella r ordine sopraccennato (2). Di poco più dura fu la sentenza contro il Faccio, suo nipote. Ma è da notare eh' egli stesso, discepolo di Pie- tro Cittadella , confessò di aver letto , fra gli altri li- bri (3), anche la pestifera tragedia del libero arMtrio (opera del profugo Francesco Negri da Bassano), e por- tato opinioni contrarie alla necessità delle opere, della confessione auricolare, del purgatorio e dei suffragi dei defunti (4). Aggiungasi che, sebbene su questi punti dichiaras- in la casa dove lui al presente habita, la quale li assignamo per prigione, fino a tanto che sarà tempo di andar a pubblicar la detta abiuratione. » Ardi. gen. di Ven. Processo cit., busta 6 msc. (1) « Nel quale se habbia a tener il Corpusdomini perpetuamente in la giesia de Cittadella per portarlo per la terra in processione et alli infer- mi.. . a chiara notizia et ad exempio di ognuno. » Ibidem. (2) Oltracciò che dovesse far cantare solennemente una messa ad honor et reverentia del Corpus Domini, et il 77iaj-ti seguente una mes- sa de morii con le requiem solite, facendo una conveniente elemosi- na alli sacerdoti per tali of fieli. Ibid. Pagati i 25 ducati ai 28 giugno 1548 fu licenziato da Venezia. Ibid. (3) « Son stato a scola etiam de Piero da Citadella et etiam d'altri, et non studio libro alcuno perchè a pena so lezer et scriver, salvo che ho letto qualche libro vulgar . . . el catechismo, pasquillo in estasi, el bene- ficio di Christo, la tragedia et altri che non mi ricordo, li quali non li ho letti da uno capo o 1' altro ma li ho transcorsi. » Interrogatorio del 9 giugno 15-18. Processo del Faccio. Ibid. msc; (4) Interrogatorio del 14 e 16 giugno 1548. Domandato de'suoi aVVcf- sari, rispose : « li Bigolini, li Marzari et li Caucii et anche li Borsini sono miei inimici pubblici per amor de mio barba (lo Spiera) et perchè il Cautio è arciprete. » Ibid. — 712 — se volersi ora rimettere alla chiesa, pure sulle altre e più gravi imputazioni circa la presenza reale nel!' eu- carestia e la superiorità del papa, alle quali oppose una ne^!:azione recisa, accordavansi i testimoni sentiti a Padova (1). E altri tre testimoni, quando erano già terminati gl'interrogatorii, lo accusavano di aver sbef- feggiato un tale Girolamo Morello da Foutaniva, detto Farfarello, suo lavoratore, il quale nella pasqua passa- ta voleva andare a s. Maria di Loreto per adempiere un voto, insieme con altri contadini (2). Questo po- tremmo credere il motivo, per cui dal monastero di s. Giovanni e Paolo, assegnatogli in prima a prigione (3), fu tradotto nel carcere di s. Giovanni in Bragora (4), se d' altra parte non sapessimo che somiglianti rigori in- tendevano al fine dei deputati veneti assistenti al s. uf- cio, di aifrettare agli imputati lo scampo delle solenni abiurazioni. Difatti, pochi giorni dopo, il dì 8 agosto 1548, recitò il Faccio la formola voluta sopra tutti i punti deir accusa (5), e ne riuscì assolto sotto le stesse condizioni dello Spiera, cioè di ripeterla pubblicamen- te a Cittadella e di sborsare quindici ducati per lacqui- sto dell' accennato tabernacolo ; ma rese piiì gravi dal- l' obbligo di tornare poi a Venezia, e ivi rimanere un (1) Nei giorni 29 e 30 giugno 1548. Ibid (2) « Detto Girolamoheretico scandaloso gli disse reprehendendo que- ste over sìmil parole : o poveri vui che volete andar a far un pechato mor- tale andar adorar un zocho et a farli riverentia. Denunzia dtl 5 /iig/ia 11)48, presentata dal detto Morello, da Pietro Grigolettoe da Marco Tali» di Fontaniva. Ibid. (3) 26 maggio 1548. Ibid. (4) 12 luglio 1548. Ibid, (5) Ibid. — 713 — anno intero, e presentarsi ogni mese al santo tribuna- le (1). Del Faccio non si parlò più (2). Al contrario lo Spie- ra divenne famosissimo per gli ultimi casi della sua vita. Fosse effetto o della paura, che lui, povero capo di numerosa famiglia, oppresse fin dal primo giorno in cui fu citato davanti alla inquisizione, o della umilia- zione patita col ritrattarsi solennemente in terra sua (3), non è meraviglia che subito dopo gli si scompigliasse la ragione. E tale fu certo la malattia con accessi di de- lirio, alla quale i suoi parenti, conducendolo a Padova, cercarono i rimedi della scienza presso i dotti 'profes- sori della nostra Università, e Faiuto soprannaturale di s. Antonio. Quella malattia, studiata nella causa di un pensiero fìsso che turba i sensi, non aveva nulla di straordinario per i patologi. Ma nei giudizi secondo coscienza pote- va dar luogo dol pari all' opinione che fosse castigo divino, disperazione della eterna salute, o per gli erro- ri anteriormente professati e non sinceramente ritratta- ti (4), 0 per la verità rinnegata colla pubblica abiura- zione. (1) La sentenza è dello stesso giorno 8 agosto 1548. Ibid. (2) Vi è negli atti del processo una sua supplicazione al sacro tri- bunale per essere liberato dallo stare a confine in Venezia, cbò altrimen- ti andrebbe in total ruina colla sua famiglia. Ibid. (3) Fece lo Spiera l'abiura in chiesa a Cittadella il dì \.° luglio 1548 di domenica, asto/ì^e una gran moltitudine di populo iwpergolo alta voce. Ibid. (4) Cosi giudica Gio. Battista Roberti nelle sue Notizie storico criti- che della vita e delle opere di Francesco Negri apostata bassanese. Bas- sano 1859. Singolare è la opinione di quel fanatico di Giorgio Siculo [Epi- stola alli cittadini di Riva di Trento contro il mendatio di Francesco — 714 — In questo ultimo senso la spiegarono i luterizzanti che allora dimoravano in Padova : Matteo Gribaldo di Chiari in Piemonte, professore di giurisprudenza, En- rico Scotto, Sigismondo Gelvo, polacco (1), e in modo ancor piiì clamoroso Pietro Paolo Vergerio, per ragioni eh' è facile a vedere. Conscio il Vergerio dei modi usati nel suo processo a Venezia, dopo chiesto invano che gli fossero dati al- tri giudici (2), erasi presentato in qualità di vescovo al concilio allora raccolto in Trento. Ma respintovi da quei legati, e risoluto di non andare a Roma, per arti eh' essi usassero, secondo le istruzioni avute (3) a persuaderne Spiera e falsa dottrina dei protestanti. Bologna 1550) che la dispera- zione dello Spiera dipendesse dal credersi riprovato ab eterno secondo la dottrina della predestinazione. (1) Essi ebbero parte alla redazione della « Historia Francisci Spierae, qui, quod susceptam semel evangelicae veritatis professionem abnegasset damnas setque, in horrendam incidit desperationeni a quatuor, summis vi- ris summa fide conscripta, cum clarissiniorum virorum praefationibus, Coeli S. C. et Io . Calvini, et Petri Pauli Vergerii Apologia . . . Acces- sit quoque Martini Borrhai de usu, quem Spierae tura exemplum, tum doctrina afferat, iudicium. » Basileae 1550. Nel dispaccio già citato del- l' amb. ven. Matteo Dandolo di Roma 15 giugno 1550 è ricordato il Gri- baldo dal card. Mignanelli: qui per molli e di/famuto di lai setta (lu- terana) uno dottor piemontese cundotloci{a,l'aido\a) già non inolio tem- j)o a uno de' 2}>'i»ict.>j luoghi di legge. Di Enrico Scotto e di Sigismondo Gelvo domiciliati in Padova parla frù Antonio Caracciolo nel Culalago degli crelici, pubblicato dal Bernini, Storia delle eresie nel secolo 16. Gap. 7. (2) Sua lettera al card. Farnese da Mantova 30 agosto 1546. Lettere eit. di uom. iti. p. 118. (3) « Ella può promettere al Vergerio che quanto al suo processo non si cerca né si è per tenere conto di cosa ch'egli habbia detto contro alla per- sona di sua santità o altri di suo sangue ... poiché di tanto si è presa com- — 715 — lo (1), facendogli sicurtà che delle cose da lui dette in- torno al nefando attentato del figliuolo del papa Pierlui- gi Farnese sopra il giovane vescovo di Fano non si ter- rebbe alcun conto (2), passato qualche tempo a Mantova presso il suo protettore Ercole cardinale Gonzaga, tornò a Venezia (3). Di là, dove il Della Casa esperì le arti me- desime e collo stesso effetto (4), proprio allora che sta- missione da sua beatitudine. — Confidando che con essere levato quel pre- testo che egli usava per defendere la sua contumacia, egli possa risolver- si con effetto di sottomettersi a queliti sorte di giuditio, che per sé stesso ha domandato. » // card. Arding/tello al card. Santa Croce, legalo al concitiu. Roma 7 e 20 febbr. 1546. Archivio di Stato in Firenze, Carte cerviniane, filza 4, num. 51 e 52 msc. (1) Al vescovo di Capo d'Istria s'è mandato a Riva, dove egli sta, la copia del capitolo (della lettera dell' Ardinghello), col quale ... se gli è serrato più che mezza la bocca. Ma da altra parte egli suole essere tanto incostante, che ancora non so che partito si habbia a pigliare. » Ilcard. di S. Croce al card. Ardinghello. Trento 27 febb. 1546. Ibid. num. 61 msc. (2) Il Della Casa nella sua lettera al card. Farnese del 4 apr. 1545 confessa di aver levato dal processo del Vergerio, che si doveva man- dare a Roma questa parte, acciò che N. S. non havessi a senlire questa calùìinia. .se forse non la fia sentita fin qui [Lett. cit. di uom. ili. p. 117). Fatto è che il papa l'aveva presentito, perchè avendogli l'amb. ven. detto che i capi del Cons. dei X avevano ordinato che tutte le scritture (del processo) fossero raccolte et mandate sigillate al Nuncio, sua Santità mostrò di duhitare alquanto in quella divisione di scrit- ture, dicendo, si 2)0 1 ria qualche volta smarrire un pezo di carta, uno Irayincìdo, uno squarcio, o stimare chel non sia a proposito et lasciarlo negletto con preiuditio della causa. Gio. Ant. Venier ai Ca- pi del Cons. dei X. Roma 6 febb. 1545 Aich. gen. di Ven. Dispacci da Roma, fase. 3 msc. (3) Con sua lettera di Venezia 6 gen. 1547 dice di mandare a Roma un suo nipote, e si scusa del non andarvi egli stesso, impedito da via- lalliu e da povertà. Lcltcre cit. di uom. ili. p. 166. (4) « A S. S.ia ho detto che per finire il suo travaglio non è modo più Serie IV., Tomo II. 91 — 716 — va per mandare a Roma il suo processo entro una cas- sa di panni diretta al guardarobbiere del papa (1), ven- ne a Padova, e vi stette parecchi mesi. Che ivi, per lo meno al tempo in cui venne lo Spiera neir autunno del 1548, avesse già fermo in animo di esulare, parmi cosa fuor di dubbio. Qual sorte gli sa- rebbe altrimenti toccata, per opera che facesse la Si- gnoria veneta a ritardarla (2), non poteva ignorare. E però il suo giudizio sui casi dello Spiera lecito è presupporre fosse dettato dal desiderio di giustificare con un movente spirituale l'estremo passo a cui spinge- vanlo ingiuste persecuzioni. Né ciò contrasta con V in- dole di lui, quanto rara per lo ingegno, altrettanto per il carattere proprio degli uomini in mezzo ai quali visse e operò. Tanto più che la scrittura relativa o V apolo- gia in cui narra i colloqui avuti con quel malato infeli- ce e le strazianti scene del-suoi delirii, termino con una apostrofe di sfida ai legati e inquisitori, la quale quan- breve che la venuta sua a Roma. Et bollo assicurato, dandoli la fede mia, din III itomi ne proprio die delle maldicenze non si terrà conto.... et insieme gli ho offerto il viatico del mio . . . Supplica che avanti che sia costretto a venire si faccia dare un'occhiata al processo. . . Et non è possibile che io levi S. S. di questo. » G. Della Caso al card. Far- nese. Venezia 21 niag. 1547. Ibid. pag. 180. (1) Ibid. pag-. 202. (2) « Ragionando io in Collegio sopra la provincia d" Istria quanto alla heresia, fu nriolto ben caricato et incolpato il vescovo ... Io nar- rai a S. Sub. le diligenze fatte et il processo formato et mandato a Ro- ma, et come S. Sant. voleva che venisse a Ruma, et S. S. no' 1 vole- va fare. A che S. Ser. mi replicò che io procedessi con interdetti ite. et che non mi mancheria modo di convertirlo ot correggerlo. » Via. Della Casa al card. Fantese. Venezia 17 no\. VMB. Leti. cit. di notti, ili. p. 253. — 717 — do bene avesse diretta, com' egli disse, al vescovo di Padova, Giacomo Rota, ha tutta V aria di un eroismo religioso e morale a buon mercato. Anzi tutto perchè non vi ha posto il suo nome (1), e poi perchè non guari dopo, passato a Venezia sotto la protezione dell'amba- sciatore francese, mentre- appunto il Della Casa cerca- va di averlo in sue mani (2) e riceveva le informazioni ricliieste dal detto vescovo suffraganeo (3), di là prese la fuga. E così, giunto a Basilea, scrisse airamico Bor- rliaus professore di ebraico: io non sarei (jin se non ai'essi recinto lo Spiera. In ogni modo il suo racconto e quello degli altri tre lutei-izzanti di sopra nominati, che pur sono le uniche fc nti da cui si attinse fin (|ui (4\ è debito di critica sto- (1) Lo si rileva dalla lettera di Gerardo Busdrago, auditore del legato della Casa, colla quale incarica il vescovo suffraganeo e vicario vescovile di Padova di i ecercar de venir in luce d' una cunipo.sitione novamente fitlla sopra el ragionamcnlo de Francesco Spierci et chi è stalo V au- tore. Venezia 29 die. 1548. .Ircli. gen. di Fen. Santo ufficio, Processi, busta 6, (2) « Non è possibile che io ritrovi questo benedetto vescovo Vergerlo, il quale è qui, ma incognito. Ho nondimeno, ragionando con 1' ambascia- tor di Francia che me lo suol raccomandare assai spesso, operato con de- strezza che S. S. lo meni un giorno a casa mia ... Et supplico V. S. Il- lustrissima che mi faccia scrivere se le par che io cominci da la cattura, potendo. » Gio . Della Casii al card. Farnese. Ven. 5 genn. 1549. Lrf. cit. di uom. ili. p. 257. (3) « Il vescovo di Capo d' Istria si è dichiarato per latitante, dicendo che gli offitii fatti dal Grisonio, et alcune scritture sue che sono state tro- vate tra le spoglie del vescovo di Pola, et le relatioui fatte di lui dal suf- fraguneo di Padoca etc. lo hanno posto in tanta diffidenza che non si vuole arrisicare etc. Cosi ha scritto all'amb. di Francia. » Detto al duca Oliaiio Farnese. Ven. 12 gen. 1549. Ibid. p. 263. (4) Cosi C. L. Roth. Frane. Spieras Lebeusende. Niirnberg 1829 e - 718 — rica confrontare colle deposizioni dei testimoni sentiti a Padova per commissione del sanf ufficio, le quali ho trovato dove ci dovevano essere, cioè negli atti del processo contro il Vergerio. Uno di questi testimoni, Giacomo Nardini, presso il quale, in contrada s. Leonardo, albergava lo Spiera, suo cugino, racconta bensì quanto già sappiamo delle frequenti visite del Vergerio seguitato da molti studen- ti e altre persone, delle sue calde esortazioni alla fede con r autorità del vangelo e dei santi^ e della orazione domenicale che cercò indarno di far recitare a quelFin- felice ; ma sul punto capitale, che è la ragione per cui lo Spiera disperava della eterna salvezza, riferisce aver questi risposto al Vergerio che, come avvocato, aveva fatto per isfrenata cupidigia cose tali da non meritare il perdono di Dio (1). Notevole è oltracciò, secondo la te- Christian Heinrich Sixt, Petrus Paulus Yergerius. Braunschewig 1855. p. 124-160. Così pure di recente Emilio Cornba (Francesco Spiera, Bjiiso- dio della riforma religiosa in Italia, Roma e Firenze 187:^) perchè 1 documenti pubblicati in appendice (che io mi aveva già trascritti di pro- pria mano all'Archivio di Venezia) egli stesso dichiara di aver avuto un po' lardi per il suo racconto. (1) « Venne (il Vergerio) più et più volte a visitar il detto Spiera et tal giorno due et tre volte massime la mattina e la sera ... et gè veniva pur assai brigata con lui li quali io non li cognoseva, ma erano a mio juditio scolari et oltramontani . . . Instando il vescovo chel dovesse dire che of- fesa eh' era questa così grande (che lo faceva disperare) et lui li rispose : io soii stato avocato et ho tolto et diffexo delle cause iniusto et tolto dana- ri i)er forcia et contra raxone molte terre et altre cose, et sopra questo fa- ceva uno parlar longo et diceva delle oo,se che credo che mai le facesse, et per questo el diceva che Christo non li jìerdonerà mai chel hera sjiazato et chel non li era rimedio in ini ... Et .sopra «lucsto (il N'ergtM'io. esor- tandolo alla fede) li alegavu molti ditti de lo evangelio et de santi et dice- — 710 — stiinoniaiiza del Nardini, che il Vergerlo, egli stesso che poi si disse da queir esempio tremendo risoluto a non rinnegarci Cristo, abbia mandato un medico, Pietro di Crassia, a visitarlo (I), e instato tanto acciocché non pur ricevesse la comunione, ma eziandio si confessas- se (2). Non meno notevole è che il Nardini dichiara avergli il Vergerio annunziata, ma non letta, la scrittu- ra da lui stesa intorno alla vita e al caso dello Spiera, e soggiunto che si voleva procedere contro di luì ^ perché fece opera die (qìiKirteneca al vescovo di Padova colV esor- tare e confortare un disperato (3). Concordano con le deposizioni del Nardini quelle del canonico Bernardino Scardeone, consanguineo dello Spiera, e del professore di medicina Francesco Bonafede, va con tanta vehementia che li vegniva le lacrime et anche quelli che era presenti piangevano, et gli faceva dir il paternoster. Francesco (quando il Vergerio voleva che recitasse l'orazione dominicale) li rispondeva : io non posso et il vescovo li diceva perchè non potete e m. Francesco li ri- spondeva : non posso perchè son facto nemico de Christo et si ben il dico con la bocha il non mi passa il gritauro. Le orationi son bone quando le se dice con il core, et il ditto vescovo li rispose: voi sarete contento al man- co che mi dirò questa oratione per voi insieme con questi tali che son qui et così il ditto vescovo se ingenochiò et tu ti li altri con le berete in mano et diceva il pater noster esortando m. Francesco che atendesse bene a quelle parole che aveva detto Christo. Dicens in'errogalus (la ragione di questa interrogazione è facile vedere) non .sentij mai che lui dicesse de dir la a vernarla. » Deposizione (Lei N trdin'' fatta nel palazzo vescovile di Pa- dova li 6 gennaio 1549. Ardi. (jcn. di f'rn. Santo Ufficio, Processo del Vergerio, busta 3 msc. (1) Il Vergerio aveva detto che non lo pagassero ; ma un figlio dello Spiera gli diede dei danari e il medico se l'intascò. Ibid. (2) Spiera diceva <^ eh' era podio tcmi)0 che! se era confessa et comu- nica. >' Ibid. (3) Ibid, — 720 — fuorché sopra il punto della orazione domenicale, che il primo afferma aver anche lo Spiera recitata ad alta voce. Del resto egli pure non trovò nei colloqui del Ver- gerlo collo Spiera nulla che accennasse a sentimenti luterani (1). E T altro non dubitò di congetturare esse- re mera invenzione del Vergerio F accennata scrittura; che anzi ringraziò Dio di non essersi fatto a lui presen- tare, come glie n' era sorto il pensiero allo scontrarsi con esso nelF uscire della casa dello Spiera (2). A tutte queste testimonianze fanno riscontro le de- posizioni dei due preti Francesco degli Ambrosi e Giovan- ni Ancilotto che visitarono lo Spiera negli ultimi gior- ni della sua vita, terminata a Cittadella, fra orribili spa- simi e vaneggiamenti, il dì 27 dicembre del 1548 (3). (1) Il Vergerlo lo esortava alla fede allegando «ei evatìge/ium etpsul- mos et in illix allegationilnis iiun putuiise comprendere eu lune aliquid lutheranui/!, ma le la verità chei dito vescovo diceva questa over simil pa- rola il medemo effetto importante, cioè le una gran cosa questa m. Fran- cesco elle noo voliate sperar, et voltato verso li compagni, femo oration a Dio, dicemo il pater nostro, et lo fece dir anche al dito francesco alta vo- ce. » Deposizione di lì. SrarJ.cuvc 4 genn. 1549. Ibid. msc. (2) « Conieturaj tal lettera (di 3 o 4 fogli) esser siniihnente inveutione di tal heresiarca et anchora ne ringratio il Signor Idio de non esser stato introduto a sua S. S. clic pensava divoro esser norma de bon esempio et de virtù Christiana. » /)(poyirioiie del Jionu/edc 7 genn. 1549. Ibid. msc. (3) « Et lo domandai quando el piacesse a.Dio de accttarlo nelle soe brace se liij saria contonto, lui me rispose de si, dicendo magari et que- sto mi disc una sol volta, perchè non lo domanda la causa eh' el mi pare- va alle volte fuora de senno et diseva mile niatierie cioè cosse da mato . . et domandai se lui se voleva confessar, lui disse che era confessato et co- municato — Dimandandolo se era confessato et comunicato, rispose si ; et così la moglie et li fìoli confermarono : spese volte diceva o Dio : o Dio el mio cor, aiiitemi ; cxhortaiidolo alla jiaticutia et che avesse fede et spc- — 721 — III. Di altri cittadellesi imputati di eresia abbiamo noti- zia negli atti della santa inquisizione di Venezia. Insieme col Faccio fu accusato certo Giovanni Vac- caro di aver detto pubblicamente, in occasione di una predica fatta da un frate nella quaresima del 1547, scon- cie parole sopra la presenza reale nella eucarestia (1). E come testimoni compaiono tre degli accennati de- nunziatori dello Spiera e del Faccio : il dottore Giaco- mo Roffin, Vincenzo Vetaro e Agostino Tealdo (2). Al principio dell' anno seguente 1549 troviamo ac- cusato il sacerdote Camillo Cauzio, nipote delF arcipre- te Pietro, di negare il purgatorio e i suffragi dei defun- ti, di mangiare carni al venerdì e al sabbato, e di leg- gere e aver prestati libri luterani a parecchie persone, ranza in Dio che lo aiuteria, rispondeva come insipiente fora de si : non li è più ordine, non ho più core, et poi diceva el mio cor è incatenato: spese volte diceva S. Dio ti prego me perdoni li miei peccati : et poi tornava a dir matierieet paszie: al mio g-iiidicio non stette in sentimento quanto se dirla un pater noster et maucho : quasi sempre zavariava. » DepusrAu- id scritte, mandate dall' arcip. Pietro Cauzio all' auditore del legato ap. & Venezia con lettera 9 genn. 1549. Processo dellu Spiera 1. e. Busta G msc. (1) M Questo predicator ;disse il Vaccaro) è nn traditor et non dice la verità che in l'hostia consacrata gli sia el vero corpo e sangue di Gesù Cristo, et disse che sti preti vano ad aitar che par una bagatella, et vole- no darne d' intender, ecc. ecc. » Z' auditore del legato apost. di Venezia u Giacomo Rota vie. vesc. di Padova. Venezia 15 giugno 1548. Ibidem. Processo del traccio. Busta 6 msc. (2) Esame dei testimoni fatto a Padova dal 29 al 30 giugno 1548. Ibid. — 722 — anche allo Spiera (1). Ma, benché fossero sentiti gli addotti testimoni (2), pare non si procedesse più oltre; e noi \'edremo bentosto Camillo, succeduto allo zio nelFar- cipretm-a di Cittadella, farsi acerrimo accusatore altrui; solita vicenda di quel tempo infelice. Tre anni dopo i denunziatori Agostino Tealdo, mae- stro di scuola pubblica, e Giambattista Gatto, medico del comune, veggiamo citati davanti il sant' ufficio in- sieme con Giacomo Tealdo, fratello del primo, Girolamo Dal Pau, Rocco Grifferio, Sebastiano e Bartolommeo fra- telli Calderario, siccome appartenenti a quella setta de- gli anabatisti (3j, che il papa Tanno innanzi diceva al- l'ambasciatore Nicolò Da Ponte talmente diffusa , che il suo maestro del sacro palazzo ne nominerete mille e più fra gli abitanti di Venezia (4). Ma non comparsi, perchè contumaci furono scomunicati e multati in cento duca- ti per ciascuno (5j. Di alcuni di questi abbiamo ulteriori notizie. Girola- (1) « iDicendo che questi ordini sono costitutioni papesche, el qual co- me investido del arcipresbiterato avuto a dir che quando suo barba sera morto lui g'overnare quella chiesa de Cittadella ad altro modo e non con tante cerimonie, perchè tute sono chose superflue et leze libri proibiti et luterani et ne à comodati a diverse persone et etiam al q. m. Francesco Spiera. » Dfnunùa del 19 g-enn. 1549. Ibid. Busta 10 rase (2) 6 gcnn. 1550. Ibid. (3) Denunzia del 12 ott. 1552 e citazione a Vicenza per il 9 ?enn. 1553 Ibid. (4) Dispaccio dell'amb. ven. ai Capi del cons. dei X. Roma 2G dicem- bre 1551. Ardi. (jcn. di Feaeùa. Documenti relativi alla s. inquisizione, fase. 1, msc. (5) Al 1.° marzo 1553 fu fatta sentenza per la esecuzione di questa pe- na. Ibid. Processi, busta 10. — 723 — mo Dal Pau abiurò (1), e Giacomo Tealdo fuggì (2). Di Agostino suo fratello, morto in carcere a Vicenza il primo giugno del 1559, fu bruciato il cadavere in Cam- po Marzio (3). Il Podestà di Cittadella in una sua lettera ai Capi del consiglio dei X del 29 agosto 1555 nomina anche don- na Angelica Cecconato che ha figli fuggiti e luterani. Ma poi, attribuendo alla paura che avevano di lui que- gli abitanti se non lavoravano nei giorni festivi e di precetto, pare che voglia darsi anche merito se ivi non s' insegnava pubblicamente la dottrina luterana (4). Qui certo egli allude a fra Bartolomeo Fonzie, del quale debbo ora parlare. Spettava al nuovo arciprete Camillo Cauzio farnelo bentosto ricredere. (1) << Ebbe il Ponzio conversazione (così leggesi nel costituto 28 nov. 1559 del Fonzie medesimo) con Gerolamo Dal Pau abiurato, ad instanza di suo padre e de' più stretti suoi parenti per ridurlo all'unità^della Chie- sa, e con altri compagni di lui (probabilmente anabattisti) anche per commissione avuta oralmente dal legato. » Ibidem. Processo del Fonxio, busta 18. (2) « Questa terra ha ben questa fama de luterani, ma che mi sapia de fermo no, ma mi è sta referto che uno lacomo Theaido per quello se di- se, e qui è casa sua, eh' è luteranissimo che pocho è demandato del su- perior ecclesiastico de Vicenza li fo data la fuga qui in sto loco e fugite. » // podestà (li Cittadella ai Capi del cons. dei X. 29 agosto 1555. Ibid. (3) Memorie autografe presso il benemerito monsignor Marasca di Vi- cenza. C. Cantù, Crii eretici, t. 3. (4) « Quanto all' insegnar publicamente segondo la seta luterana . . . non gè ne sono cosa alguna ... Se i non havesse la paura che i hanno de mi, i se faria lecito non solamente le feste, ma anche le domeneghe e li zorni della gloriosa Madre del glorioso nostro S. Redemptor, per il ter- ritorio si lavoreria. » Lelle7U già citata. Serie IV, Tomo IL 92 — 724 IV. Alla storia degli eretici di Cittadella appartengono le ultime vicende di fra Bartolomeo Fonzio, minorità veneziano. Ma perchè queste dipendettero dalle ante- riori, che i nuovi documenti trovati mettono pure in' piena luce, parvemi cosa opportuna rifare con essi t\it- to quel tratto di vita che precedette il suo soggiorno colà, e il processo e la condanna a morte in Venezia. Sarà chiaro così in qual modo si procedesse fra noi an- che prima che fosse istituita la congregazione del san- t'ufficio in Roma, pur che da un pergamo si udissero parole d'insolito valore morale, o si avesse sentore di studii attinti alle fonti. Una predica tenuta nella chiesa di s. Giovanni in Venezia, forse nell'anrio 1529 con grandissimo frutto [\)^ e per la quale, sopra denuncia del pievano di s. Agosti- no (2), senza fondamento alcuno, secondo la rehizione del vescovo di Fola che fu poi incaricato d'informare (3), venne sospeso con breve pontificio dal pergamo a mez- (1) Giuseppe Foiitaniva di Cittadella, uno de"testimoni sentiti nel suo processo, depose che per le sue prediche a Venezia si converti il giudeo Pietro Paradiso. Custiluto dei testitnuni a Ci/tade lah9 nov. 1500. .ar- chivio gen. di yeneùa. Sant'Ufficio, busta 18 msc. (è) « Quel pievano mi oppose quella predica già 20 e più anni fatta in S. Hieremia, come scandalosa, et io vi dico che fu predica s.iu" et fece grand.'"» frutto et per vigor di quella predica una infinità di persone che già molti anni non s'hareva confessato, se confessò. » Dueuiìtetiln f. (3) Iacopo Salviati a fra Bartolomeo Fontio, veneziano. Roma 19 nov. 1631. Ruscelli, Lettere di principi, t. 3, p. 4. — 725 — za quaresima (1), fu prodromo del suo reo destino. Ma non l'avrebbe deciso, se intorno a quel tempo, per dis- senso di opinioni nella causa del divorzio di Enrico Vili, non fosse venuto in uggia a Giampietro Caraffa, che circa due anni innanzi erasi riparato da Roma nel con- vento di s. Nicolò di Tolentino (2). Conferendo con lui, jn-csente Gaspare Contarini allora ancora laico, aveva il Fonzio dichiarato invalido il matrimonio del re con Caterina e nulla la dispensa di papa Giulio II, perchè opposta alle leggi della Scrittura (3). Per verità la cau- sa, se non in sé stessa e davanti alla coscienza del re, ahneno nella opinione degli uomini poteva sembrare controversa. Molti dottori nostri, sacerdoti e letterati, persuasi o corrotti, consentivano col Fonzio. Suo fallo questo solo, di aver riferito il parere con- trario del Caraffa all'ambasciatore inglese, il quale ne fece gravissimo risentimento (4). E il Caraffa era uomo (1) Denunzia anonima contro di lui, e suo interrogatorio del 28 nov. 1559. Arch.gen. di Ven. Sant'Uff., busta 18. (2) « Papa Paolo 4. allliora stava a s. Nicolò di Tolentino in Venetia il qual sempre mi ha perseguitato da trenta anni in qua et questo per haver conferito in negotio di matrimonio de Inghilterra insieme con esso mons. Theatino, et fu presente la bona memoria del ci.™*» m. Ga- sparo Contarini, qual fu poi cardinal. » Inttrrogatorio dell6 nov. 1559. Ibid. msc. (3) « Mi risolsi finalmente, quod lulius pontifex eius nominis se- cundus iiun pufit'sset legibiis solvere eum, qui duxisset uxorem [ra- Iriam a fruire cognitan: : altro non ho mai dito contro la potestà pon- tificia. » Interrogatorio del 28 nov. 1559. Ibid. msc. (4) « Perche lui (il Caraffa) didentiva nella materia del matrimonio, etiam perche io refferj la sua opinione a doj jmbassatorj de In ghi itera qualli erano in questa città per questo negotio di matrimonio, -et lim- bassator inglese andò a S. Nicolò di Tolentino andò a ritroTar esso mons r — 726 — da non perdonare mai. D'ora in avanti, qualunque co- sa facesse il Ponzio a Venezia e forse anche a Bergamo, fin il troppo conversare con i suoi confratelli (1) era pro- va di eresia. Per lo che verso la fine del 1530 si vide ob- bligato di fuggirsene in Germania, ma con luon propo- sito, ad operare cioè la grazia della dottrina a salute di tante greggi (2). Così scrisse a Jacopo Salviati, dal quale ebbe anzi in nome di papa Clemente VII relativa com- missione secreta (3). E l'opera sua fu certo utile ai cat- tohci in Augusta, dove appena giunto s' interpose fra le tre parti religiose ond' era allora divisa la città. Tale la disse l' oratore imperiale a Roma Giannantonio Mu- scettola, inferendone che fosse guadagnato per guada- gnare altri predicatori protestanti (4). E tale, sopra ogni altra prova, la dimostra quella lettera che scrisse a Mar- tino Butzer intorno ai sacramenti e in particolare al- l' eucarestia, in cui, berteggiando le astruserie sofisti- che che si opponevano fra loro i luterani e i zuingliani, ben a proposito ricordava non avere indarno s. Paolo Theatino et li fece un gran capello, attento che haveva dimostrato ad esso s.r jmbassator di sentir per el Re. Inlerrogci Iorio del 16nov. 1559. Ibid. msc. (1) « Stette poi nondimeno (cosi sta scritto nella denunzia anonima) accontie le cose sue tra gli fratti, et conversava con frati suspetti di here- sia. Un'altra volta per libri luterani et prediche sospette fu privato della predica et del compagnato ovvero scrittoria che haveva in oftìtio sotto Maestro Francesco Marino veneto ministro. » Ibid. msc. (2). Lettera sopraccennata di Iacopo Salviati a fra liart. Fontio. (3) «■ Datarne . . . con lettiere et zifere, le quali lettere ho mostrate ali S.'' ecc.i Capi del iU.too (^nseyo di X et anche in Roma a papa paulo 3 » Interrogatorio del 4 giug. 1558. Ibid. msc. (4) 30 nov. 1531. D.r Q. Heine, Briefe an huixcr Bari f. gcsrlirìc- l^cn i OH scinem beic/ttvater in denjahren 1^2^-32. Berlin 1848, p. 232, — 727 — chiamata obbedienza la fede cristiana (1) ; sicché il mite Butzer, che pur s'affaticava a comporre in pace le due sette, dovette dargli ragione, e confessare che su quel punto, per il solo timore non forse i sacramenti derogas- sero air onore della parola di Dio, erasi disputato da Lu- tero e da altri C07i temerità^ per non dire empietà (2). In mezzo a questi uffici, struggevasi il Fonzie del desiderio di Venezia sua. E però, mostrata al nunzio Aieandro in Ratisbona la lettera del Salviati e del ve- scovo di Veruli in prova dell'accennata commissione, lo richiese istantemente di un breve pontificio che lo abi- litasse a tornare e vivere sicuro in patria (3). Ma T A- leandro, d' accordo col legato Campeggi, giudicando a suo modo che quelle lettere fossero scritte saviamente per intertenerlo, messo su anche da' suoi domestici e dall'intollerante Coeleo, che lo avvertivano de' discorsi (1) « Quotasquique n. Tulgar. homin. etimperitor. intelliget unquam haec verborum monstra sophistica, localiter, realiter, spiritualiter, sacra- mentaliter, personaliter? Non frustra profecto Paulus fiderà cbristianam obedientiam vocitat, ut multa credenda procul dubio commonstret, quo- rum exquisitiorem intelligentiam doctissimi quique nedum indocti asse- qui nequeant. » Bartlioluìuaeus Fontius Manina Bucero : de Sacra- mentis aliisque ecclesiasticis in conventu aug-ustano agitatis. 1. die. 1531. Biblioteca marxiana lat. ci. XIV, cod. 201, fogl. 188 msc. (2) « Scio temere ne dicam impie a multis de sacra Eucharistia dispu- tatum ... Ita non dubito a diversa parte ut plerosque irreligiose rixa- tos esse, sic Lutherum et quosdam alios hoc unice spectasse ne. . . suus honos Dei verbo derogaretur. » Bucerus Murlinus respondil Barlliolo- maeo Fonlio de re sacramentaria (E in questa lettera chiama il Fon- zio theolorjuin eximium vcrcque pium). Argentorati 17 die. 1531. Ibid. fogl. 189 msc. (3) Aleander Sangae. Ratisb. 31 mai 1532. Hugo Laemmer, Monu- menia vaticana historiam ecclesiasticam saeculi XJ^I illustrantia. Friburgi Brisgoviae 1861, p. 116 e 117. — 728 - eli lui in materia di costumi^ come aveva fatto Lutero da principio per poi passare più oltre (1), diede la lunga al negozio con parole dolci, acciocché gli riuscisse con- durlo seco a Venezia, e là acconciare ogni cosa (2). E il vero motivo lasciò sfuggirsi di bocca, dicendo- gli, che gli parea ien importante che tal uomo avesse contrario, come il Caraffa, per il quale tutti farebbero fede contro di lui (3). Certo, se vero è quel che riferisce r Aleandro, non potremmo giustificare il Ponzio del- Taverlo pressato ad espedire la cosa sua con dirgli me- diante r ambasciatore veneto Marc' Antonio Contari- ni che aveva luone oj^erté dagli eretici se si desse con loro (4); ma con eguale giustizia dovremmo domanda- re, se da parte delT Aleandro fosse atto cristiano e con- forme all'ufficio sacerdotale il lasciarlo andare alla sua malora (5). Non è dunque a meravigliare se il Fonzie, prevedendo 1' esito della causa sua, anziché seguire TAleandro, se ne andasse a Norimberga; donde ben to- (1) « Et ecco eh' 1 dottor Cochleo ... mi respose, che havendo parlato seco assai spacio di hore, gli parca veder un perdite lutherano atque adeo habere totum Lutherum in ventre absconditum. » Ibid. (2) « Fin ch'I reducessinio al paese, mostrando certo tenir dalla soa, ciò ò che credea il non havesse errato, ma che molti sono troppo au- steri giudici dove non besogna. » Ibid. (3) Ibid. Concorda con le deposizioni del Fonzie nel costituto del 16 nov. 1559: Oltra di questo havendomì (il Caraffa) giuralo sopra la sua testa più colte c/tei non si impazzaua nelle mie perseciitiovi, io intesi poi in Rutisbcna da monsx Aleandro in presentia del r.'fno legato Canipegio c/te esso Aleandro ad instanza di mons. theatino havea ra- vuto in Roma il hreie di suspensione de la predica in s. Hieremia. (4) Lettera sopraccennata dell'Aleandro al Sanga. (5) Aleandor Sangae, Ratisb. 11. jun. 1532. H Lacmmer, Mon. rat. p. 130. - 729 — sto fu richiamato in Augusta, mediatore fra quelle par- ti religiose (1). Da una lettera di Pietro Paolo Verge- rlo potrebbe sembrare che ivi egli avesse per incarico de' luterani composto quel libretto di forse cento carte sulla correzione dello stato cristiano che comparve a Ve- nezia con la indicazione dell'anno 1533, senza nome di autore e del luogo in cui fu stampato (2), e che da una lettera del dotto veneziano Giovanni Angelo Odone apparirebbe invece traduzione dal tedesco (3;. Quel li- bretto non ho potuto trovare: in ogni modo il non esser- ne fatto alcun cenno nel processo del Fonzie è valido indizio a suo favore. Passati due anni circa tra la prima e la seconda di- mora in Augusta, andò a Strasburgo e vi si fermò altri due anni. Vuoisi vi andasse per invito del Butzer. Sia pure; ma anche la dichiarazione del Fonzie di essersi ivi re- cato per r accennata commissione secreta, è confer- mata dal fatto che dopo quattro anni di dimora in Ger- mania, nei quah sono comprese le sue corse nelle cit- (1) « Sono beu -visto quanto mai per avanti et mi monstre non at- tendere ad altro che a componer tanta divisione ... et questo faccio , . . pregato si da alcuni grandi di la terra come di fora » Uarlhul. Fon- tius Ilieronymo Murcello Venetias. 1. die. 1532. Bibl. mare. kit. ci. XIV, cod. 201 rase. (2) « Han instrutto un frate italiano che habita in Augusta et è Vini- tiano ... et gli hanno fatto componer nella lingua nostra vulgar ... II qual libro contien in se tutte le ribalderie, tutte le heresie, tutte le de- struttion della fede nostra, che fin bora si hanno saputo imaginar lu- therani. » P'eryerius Senatui veneto. Vindob. 27 ag. 1534. H. Laemmer, Alun. vat. p. 172. (3) Lettera a Martino Butzer del 16 giugno 1534, msc. D.r C. Schmidt, Peter Martyr Fermigli. Elberfeld 1858, p. 32. — 730 — tà di Ratisbona, Norimberga, Ulma e in terra degli svizzeri (1), ottenne dal papa Clemente VII un breve che lo trasferiva dal primo nel terzo ordine di s. Fran- cesco e inoltre un ampio salvocondotto col quale potè tornare a Venezia (2). Di qua andò a Costantinopoli, donde da quel Bailo fu rimandato in missione secreta ai Capi del consiglio dei Dieci; compiuta la quale, con salvocondotto dei medesimi fattogli dal segretario Ca- roldo in casa di Tiziano (3), si recò in Francia per im- petrare col mezzo di quel re, morto essendo papa Cle- mente consapevole di ogni cosa^ un altro salvocondotto da papa Paolo IH, che gli desse facoltà, senza paura di oppressione, di andare a Roma a levarsi il sospetto delle pratiche coi luterani (4). Vi venne infatti il dì 5 gennaio 1536 (5) e vi stette sei mesi. Ma benché il papa avesse de- legato a riferire sopra di lui i tre cardinali Simoneta, Aleandro e Contarini, ed egli avesse consegnate tutte le scritture relative alle pratiche sopraccennate, pure per (1) Primo interrogatorio del 4 giug. 1558. /trek, gen, di Ven. Sant'Uf- ficio, busta 18. (2) « Ita quod tibi (così stava scritto nel salvocondotto) nulla noxa via aut poena etìam lutheranae haereseos causa inferri possit ceterisque con» trariis non obstantibus quibuscumque. Il qualle salvoconduto mi diede sua santità, come a boca refferi Raphaelo de Palaciolo chel porto et appa- reva per le lettere missive, acciocché li Alemani non havessero suspetto alcuno del mio ritorno in Italia, cioè che io havesse negociato. » Interro- gatorio del 7 genn. 1561. Ibid. msc. (3) Interrogatorio del 4 giug. 1558. Ibid. (4) Interrogatorio del 7 genn. 1561. Ibid. (5) « È venuto ai 5. a Roma fra Bartolomeo eh 'è frate minore, che se partì per alcune parole scandalose ditte quando il predicava in S. Hiere- mia ... et vien di Francia. » Lorenzo B rag adin amb. ven. Roma 7 jjrenn. 1536. Arch. yen. di Fen. Lettere al Senato msc. — 731 — causa della predica a san Geremia fu rimesso al leg-ato in Venezia. Ond' è che giunto a Spoleto, vedendosi po- vero e mal qiialijìcato^ si fermò ivi un anno, poi andò a Napoli, quindi tornò a Roma, dove presentatosi al Con- tarini lo supplicò per la sua espedizione (1). E così, at- tendendosi io informazioni richieste sul suo conto al le- gato e al patriarca di Venezia, passò altri quattro anni tra Roma e Farfa (1537-1541). Questa dimora è un momento importante nella sua vita. Perchè ivi, desiderando di tornar regolare, chiese ed ottenne, certamente con permissione del papa, di es- sere accettato nella religione di s. Spirito in Saxia de %irl)e^ e dispensato dallo stare nel chiostro con bolla di quel precettore che fu deposta negli atti del proces- so (2). Oltracciò nella badia di Farfa fu maestro di scuo- la pubblica, e, ricercato così dalla comunità come da monsignor Capizucchi vicario del papa e auditore di Rota, esercitò gli uffici spettanti all'arciprete di con- fessare, comunicare, battezzare, ministrare sacramenti, parlare in chiesa dall'altare (3). Né meno importante è che là stese in 75 articoli col titolo ratio doctrinae la so- stanza della dottrina da lui predicata o ragionata o di- vulgata, a ciò persuaso dai detti cardinali referendarii, e che sopra un solo punto di essa, su quello cioè in cui aiierma che le opere clie si dicono luone^ cioè morali^ fatte fuori della fede e della carità^ si possono dire pecca- ^'/, gli fu opposta dal Contarini T opinione contraria di s. Tommaso; al che egli rispose, che non la conosceva (1) Interrog-atorio del 4 giugno 1558 1. e. (2) Interrogatorio del 7 genn. 1561. Ibid. (3) Interrogatorio del 4 giug. 1558. Ibid. Serie IF, Tomo li. 93 — 732 — e che si era attenuto a s. Agostino. E dopo ^ soggiunge il Fonzio, non mi fu dato mai altro travaglio (1). Tornò quindi a Venezia con suo padre, e, visitato il legato, a cui si offerse di presentarsi sempre che fosse bisogno, vi dimorò due anni; passò poi a Modena con alcuni scolari altri due anni. Di là avrebbe voluto re- carsi a Roma; ma non potendo cavalcare per certa sua infermità passò per mare a Fiume, poi in Ancona, e ad Osimo maestro di scuola, per circa sei mesi, donde tor- nò per la terza volta a Sabina e a Roma. In questa ultima sosta di due anni (1546 e 1547), e proprio nell'abbazia di Farfa compose il catechismo, ossia istruzione fanciullesca circa le cose della religione in forma di dialogo, che mandato al tesoriere segreto del papa e da lui fatto vedere a persone superiori per dottrina, fra le quali al cardinale di Trani, piacque per modo da essere ordinato lo imparassero a memoria gli orfani nell'ospitale di Roma (2). Qual motivo dunque lo movesse ad allontanarsene non sappiamo; ma ci è dato arguire da ciò che ben to- sto gli accadde in Padova: fu forse lo stesso che potreb- be spiegarci anche le altre sue peregrinazioni fin qui narrate. Basta accennare al cardinale Carafta, anima della congregazione del sant'ufficio, instituita sopra sua proposta, a Roma nel 1542. A Padova stette tre anni il Fonzio (1548, 1549,1550) tenendo scuola pubblica. Ma quando nel novembre del 1550 per commissione del Caraffa, com'egli dice, fra Adriano veneto domenicano maestro o lettore di quella (1) Ibidem. (2) Interrogatorio del 31 luglio 1560. Ibid. — 733 — città lo volle astringere secretamente davanti due te- stimoni airabiurazione, non sentendo di averne biso- gno, -e d'altra parte minacciando quegli di ricorrere al braccio secolare, se ne andò a Cittadella col falso no- me di Michelangelo Sabino Castellano (1). E questo eh' egli dice non ò sustanzialmente smen- tito dalla deposizione di quel frate Adriano, che fu poi mio de' suoi giudici, se si tolga il punto in cui è as- serito che richiesto di mettere in iscritto che credeva la cJiiesa cattolica, si accontentò^ ma non voleva 'porre la romana per non essere sheffato dagli alemanni [2). A Cittadella fu condotto maestro per tre anni con r onorario di ducati 75 (3) in sostituzione ad Agostino Tealdo che vi aveva rinunziato. Non n' era passato uno, che in sulla fine di gennaio del 1552 venne un breve npostolico al podestà Michele Mommo con ordine di ar- restarlo. Ben potè egli, appena lo seppe, recarsi davan- ti ai Capi del consiglio dei X, esserne espedito in una sola mattina e tornare col proprio nome a Cittadella do- ve in testimonio di singolare stima, quattro mesi dopo, fu confermato da quel consiglio comunale neir ufficio per anni cinque con salario di ducati 100, verso ob- bligo di pagare del suo un ripetitore (4). Che anzi ve- duto come que>:to fosse premio ancor tenue, lo si ag- gregò alla cittadinanza con esenzione da ogni gravez- za (5). (1) Interrogatorio del 16 nov. 1559. Ibid. (2) Documento I. (3) Dai libri del Consiorlio di Cittadella 1 febbraio 1551, 1. e. (4) 19 g-iugno 1552, presenti il podestà Michele Memmo e 48 consi- glieri — con 40 voti favorevoli e 8 coutrari. Ibid. (5) Con 41 voti favorevoli e 5 contrari. Ibid. •- 734 — Ma qui comincia addensarsi il nembo da gran tem- po minacciato. Il cardinale Caraffa era omai papa sin dal 23 maggio 1555 col titolo di Paolo IV. In sul principio dell' anno seguente per una pre- dica sulla eucarestia venne il Fonzio in contesa col- r arciprete di Cittadella Camillo Cauzio (1), e allora il suo catechismo, usato sempre in iscuola pubblica senza riprensione di alcuno, fu soggetto alle censure dell'arciprete medesimo, contenute nella lettera al ca- nonico di Padova Bernardino Scardeone. Le confutò il Fonzio neir apologia (2) con una prefazione al letto- re, in cui dimostra che chi segue 1' esempio di Cristo deve bensì sopportare ogni ingiuria, ma non una sola taccia di eresia (3). Figurarsi la collera dell' arciprete ! Correre ebbro di vendetta alla scuola, venire alle mani col maestro, per- cuoterlo col bastone fu tutto un punto. Ma ritenuto in tempo da Giuseppe Gobbato dovette darsela a gambe, inseguito sino alla piazza dagli scola- ri tutti, forse in numero di 60 e piìi, i quali andarono poi ad accusarlo al podestà (4). (1) Deposizione, di Giuseppe Fontaniva, uuo dei testimoni sentiti nel suo processo. CastUnto dei lesliincni a Cittadella li 9 nov. 1560. Ibid. (2) « Epistola Camini Cautii ad Bernardinum Scardeonem ecc.^^ pata- vinac cum interiecta suis locis Bartholomaei Fontìi castigatione et crimi- num depulsione, de quibusomnibus (ut par est) non suum, sed sacrosan- ctae orthodoxae et catholicae ecclesiae judicium st-riptor esso voluit. » Ibid. msc. (3) « Cum Ruffinus censeat, esse proculdubio gloriosum Christi excm- plo patienter iniurias tolerare : at unam haoroseos nolani, qui ferat, vel dissimuiet, non esse chvistianum, etHierunymusscribat, nolo in suspicio- ne haereseos quemquani esse patienteni. » Ibidem. (4) Deposizione dei testimoni di Cittadella Francesco Grinco notaio e Alessandro de' Consiivi. Costituii) dei (cstimuni del 9 nov. 15130. Ibid. — 735 — Dopo un tal latto, e lìnchè non fosse riparato, era certo conforme a dignità d' uomo che il Fonzie se ne ])artisse. Venne dunque a Venezia e vi rimase tre mesi; poi, coni' egli stesso si esprime, andò a ò'jx/sso a Vicen- za, Verona, Brescia, sul lago di Como, a Lecco, a Ber- gamo ; di qua tornò a Brescia e sul lago d' Iseo dove stette 40 giorni ; quindi di nuovo a Venezia nel dicem- bre del 1556, donde infine nel febbraio dell' anno se- guente fece ritorno a Cittadella (1), accoltovi come in trionfo, e riconfermato maestro per altri dieci anni con grande e insolita dimostrazione di onore alla sua dot- trina e pietà (2). E quello era V anno, lo si noti, in cui i cardinali Mo- rene e Polo e il vescovo Sanfelice di Cava, e altri che avevano accettata la dottrina della giustificazione per la fede nel senso dichiarato dal Contarini a Ratisbona, furono chiusi in Castel sant' Angelo. L' anno in cui pa- pa Paolo l\\ dolendosi coir ambasciatore veneto Ber- nardo Navagero degli indugi frapposti dal vescovo di Bergamo Vittore Soranzo a comparire davanti al santo ufficio, deplorava la mitezza usata per V addietro con persone che il popolo peìisava veder aMruciate , e Tede- rà andar attorno libere^ dopo v/na qualche ahi) iu razio- ne (3). Ond' è che quanto per T accennata riconferma del (1) Interrogatorio del 4 giug-, 1558. Ibid. [2) Deliberazione del Consiglio 31 maggio (con 44 voti favorevoli e cinque contrari), come maestro dottissimo e diligentissimo in Uocendo pueros et bonus /iteras et ionos vwres cum eo umore et cum ea canta- te ijitae inaiai- esae non jìossil, et nulla praeterinisso lalwrc. (3] Bernardo Navagero ai Capi del cons. dei X. Roma 30 ottobre 1557. Àrdi. yen. di Venezia. Documenti relativi alla s. inquisizione, fase. 1 msc. — 730 — Ponzio cresce in pregio il testimonio degli alti e nobili sentimenti de'cittadellcsi, altrettanto vede ognuno che doveva riaccendersi la rabbia e T audacia dell'arciprete e de' suoi aderenti. RammeniateTi, così scriveva 1' arciprete al vescovo Bragadin e agli inquisitori, rammentatem i tempi passa- ti: non vi cada di mente Pietro Cittadella letterato^ Ago- stino Tealdo altro letterato, perchè questi, il Fonzio^ e il terzo apostata (1). Non ebbe sì tosto l' inquisitore ordinario di Vicenza, Felice Montalto minorità, notato 44 luoghi nel catechi- smo e nell'apologia siccome poco sinceri^ che 1' arci- prete li fece pubblicare colle stampe (2). Era come il segnale convenuto : 1' arciprete, incaricato dal vicario generale del vescovo di Vicenza, cominciò subito a rac- cogliere qualche prova testimoniale a carico del Fon- zio (3), e tanto bastò perchè questi a dì 27 maggio 1558 fosse arrestato in iscuola, tradotto a Venezia, e con de- creto del consiglio dei Dieci rimesso alla santa inquisi- zione (4). (1) «Praeteritorum temporum memoriam repetite, praestantemquo liu- jus oppidi statum vobis ante ociilos constituite. Non excidat vobis Petrus grainmaticus, non Augustinus item granimaticus, nam hic apostata ter- tius est. » Ah Gennari ne' suoi mss. intorno gli scrittori padovani. BUd. ciò. di Padova. (2) «Loca numero quadraginta quatuor, quae in autoris tuni Catechi- smo, tum Apologia Felix Montaltus minoritanus, haereticae pravitatis quaesìtor, velut parum sincera notavit ; et Camillus Cautius typis etiam publicis, eo nomine, imprimenda curavit. » Sa nC ufficio, busta 18 (3) Costituto dei testimoni esaminati a Cittadella il dì 16 ott. 1557, dall'arciprete per mandato di Gerardo di Zanadio vicario generale del ve- scovo di Mcenza, presente fra Tommaso vicentino, commissario della s. inquis. » Ibid. (4) 2 giugno 15oS. Il)id, — 737 — Se ne commosse V intero paese, e il consiglio comu- nale mandò subito deputati a Venezia per sollecitarne la liberazione (1). Come fossero accolti e facile immagi- nare: come rappresentanti di quel gran numero di citta- dini che informazioni secreto davano per infetti di ere- sia e fautori da gran tempo de' suoi maestri (2). 11 processo si tirò in lungo per oltre quattro anni, con singolare lentezza. La quale se da una parte ha la sua ragione nelle sevizie e malignità usate sia dai de- nunziatori, sia dai giudici inquirenti di quel tribunale , credo dall' altra si possa attribuire eziandio alla inter- venzione dei deputati con che la repubblica veneta eb- be il merito di aver cercato, se non di essere riuscita sempre, a temperarne i rigori e le facili precipitanze delle condanne capitali. Tra il primo interrogatorio del 4 giugno 1558, in cui il Fonzie racconta la sua vita, e il secondo, passarono dodici giorni ; perchè solo il dì 9 di quel mese mandò il vescovo di Vicenza le deposizioni de' testimoni di Cit- tadella fatte davanti all'arciprete Cauzio sin dal 16 otto- bre dell' anno antecedente (3). Quale il motivo di tanto ritardo, se non la continua speranza di averne delle al- tre e pili aggravanti? Come spiegare altrimenti che il vescovo, nello spedirle al tribunale della inquisizio- (1) Documento II. (2) « Sono stati in Cittadella per molti anni continui maestri tutti infetti de heresia, cercati et mantenuti con grandissimo favor de li colle- gati et suspetti di quel loco, che ne ha havuti in abundunt a, come appa- re dalle condemnationi et di occulti ne restano. Et però insuportabil sa- ria che continuasse a questa cura più persona infetta che amorberia trop- po la gioventù. » Denunzia anoniìna. (3) Il vescovo di Vicenza alli eccell.i Signori sopra l'eresia a Venezia, 9 giugno 1558. Ibid. — 738 — ne , forse a ciò pressato, instasse per un nuovo esa- me (1), 'perclie qid^ diceva, non sono se non i p'eti, e non anche quelli^ e perchè di ]}oi si lui inteso die ne 'possono sapere più et più diranno ? (2). E fatto è che que' testimoni, benché sentiti da chi ne aveva provocate le deposizioni, sopra parecchie ac- cuse e segnatamente sopra la negazione dell' eucare- stia come sacramento, non adducevano che presun- zioni, e voci vaghe, e il dirsi universalmente (3). Che anzi uno di essi, e ben merita lo si nomini , V abate Gio. Maria de Zordonari , nobilmente aveva risposto: non esservi forse ira preti chi meno di hii attenda ai fatti altrìii, e che qicando ha compiuto gli uffici suoi in chiesa non si ferma in piazza né altrove, ma va diritto a casa per istruire circa 18 fanciulli (4). (1) « Ma certissimamente reiDuto necessario per ogni rispetto di novo far processo in Cittadella et altrove » Ibid. msc. (2) Ibidem. (3) Giacomo Perezolo depose avergli detto il Ponzio: in sacratìssùnae euchar.ae sacr.to credendum esse quod non videtur . . . quia Devs non potesl videri, quia nos non sumus digni eum ridere, e da queste parole inferiva ipsum Fonlium tenere Christum esse tantummodo in coeio et non in terra. Interrogato che lo muova a questa illazione, rispose: qxiia quum dictus Funtius dixii sibi Iivjusvwdi verba, non erant inproposi- to nliquo, sed ipse Fontius ex (tbrupto iUuvi ita interpeìlavit — Gio- vanni de Lancilotto : vulgo ab omnibus diccbatur Fontium tenere nullo modo esse adoranduvi quod videtur sed quod creditur. Natale de Bian- choiin, Gaspare de Bertoni, Alessandro de Consiivi e Sebastiano Tealdo deposero presso a poco lo atesso. Daniele di Pozzi : audici dici quod Fon- tius re2)re/t eliderai quudj^resb. Floravantcs vicearchipresbiler nescie- but comunicare fideles. Il sacerdote Fioravanti, dopo esposte le parole che usava nel comunicare, dichiarò aver sentito dire che per questo era venuto in contesa col Ponzio. Costituto del IG ott. 1557. Ibid. (4) Ibidem. — 730 — La proposta del vescovo di Vicenza fu subito, e si intende, assecondata. Ma intanto per dar tempo al nuovo esame, dopo un anno e cinque mesi dal secon- do interrogatorio, fu ricondotto il Fonzio davanti ai giudici nei giorni IG e 28 novembre 1559 per rispon- dere sopra alcune delle accennate accuse, e fra le al- tre su quella di aver dato ad una gatta il nome di chcrica, e a un cane quello di papa. Alle quali egli oppose una negazione recisa (1), affermando inoltre di tenere il purgatorio come tiene la chiesa romana, di non aver impugnato le indulgenze né la potestà del papa, e protestando di rimettersi all'autorità della chie- sa cattolica romana (2). A questi interrogatorii ne successero altri tre, ai 31 luglio, 12 e 13 agosto 1560, coli' intervallo cioè di 8 mesi circa, evidentemente impiegati dai giudici nel- r osarne del catechismo e dell' apologia colla scorfa dei 44 punti notati come poco sinceri dall' inquisito- re ordinario di Vicenza. Su questi punti versarono le inìerrogazioni, cui risponde il Fonzio coi particolari della sua vita che abbiamo già esposti, rinnovando la protesta di sottomettersi in ogni articolo alV esposi- zione dei dottori e alla definizione de' concila generalmen- te per lo Spirito santo congregati (3). E perchè s' insi- (1) « Essendosi (la gatta) bruciata al fuoco sopra la coda in forma di cherica, la massera la chiamò talvolta con quel nome. » Interrogato- rio del 28 nov. 1559. Ibid. (2) Ibidem. (3) « Io non tengo cosa alcuna per certa intorno a questi articoli et a tutti gii altri per abbreviare, che appartenghano alla salute de ogni fedel christiano, se non quanto si comprende nelle sacre lettere con la Serie ir. Tomo IL 94 — 740 — steva sopra la deposizione dei testimoni di Cittadella che avesse negato V adorazione dell' ostia consacrata col dire doversi adorare ciò che si cede soltanto e in nessun modo ciò che si foede ^ ne addimostra la falsità con tanta schiettezza e dottrina (1), quanta dispiega nel difendere, coir autorità della Scrittura, dei padri e dei dottori della chiesa, il capitolo del catechismo in cui afferma aver T uomo per il peccato perduta T im- magine di Dio (2). Senonchè proprio non era di quel tribunale discen- dere a discussioni. Ben si lasciò eh' egli producesse il dì 7 gennaio del 1561 uno scritto in cui ribatte le note dell'inquisitore di Vicenza sopra i 44 luoghi del catechi- smo e dell'apologia (3); ma l'ultimo interrogatorio del- lo stesso giorno fu condotto per modo da non dar luogo expositione, etc. ... et perciò mi ho sottomesso sempre a correttione et mi sottometto. » Interrogatorio del 12 agosto 1560. Ibid. (1) « Io dico che questa propositione è falsa, cioè quello che si vede a niun modo si adora, perchè sta la dottrina della apologia « quod vide- tur adoratur improprie per accidens, seu per concomitantiam ut theo- logi dicunt, hoc est quod videtur non est res adorata adoratione latriae seu scopus et terminus ad quem dirigitur adoratio, quia ut inquit di- vos Thomas in 3. parte Siim. 25 quaest., art. 2 neque caro Christi seu humanitas sic est res adorata. » Interrogatorio del 12 agosto 1560. Ibid. (2) « Si servasset in se homo quod in ilio creavit Deus, idest ima- ginem suam, semper laudaret Deum non solum lingua sed et vita, in hunc sensum scripsi imaginem Dei ammisisse peccando, et ver esse cre- do. » Interrogatorio del 13 agosto 1560. Ibid. (3) Loca numero quadruginla qualuor, ecc. 7mnc a Bartholomoeo Fontio ad orthodoxae verUutis normam explica (a, alquc a cuiusvìs errorix vel leci suspicione, auspice Christi spirihi, prorsus vindicala : Lo scritto termina così .' Ilare ìiabuimvs, aviplissimi Patres, quae in carcere, necessarijs scribendi dcstilud svhsidijs, paucoivni dierum opera . . . scriberemus. 1560 mense iulio. Ibid. — 741 — a qualsia difesa sulle dottrine, sì unicamente ad una esposizione ulteriore delle circostanze della sua vita. In questo mezzo erano giunti gli atti del secondo esame fatto ai testimoni di Cittadella (1), e con risultan- ze di gran lunga piìi favorevoli al Fonzio. Quelli che avevano già deposto ripetevano a un di presso le stesse cose e nello stesso modo inconcludente di prima. I nuovi introdotti, fra i quali Antonio Gallonato calzolaio. Marco de'Negri di Monte Bodio, medico del co- mune, Francesco Grineo, notaio, Giuseppe Fontaniva, e anche il simpatico prete Gio. Maria de Zordonari, che abbiamo di sopra nominato, facevano ampia fede della sua buona, edificante dottrina e della sua condotta co- stantemente conforme ai precetti della chiesa (2). Laonde essendo dimostrato che, quando bene ne avesse avute opinioni contrarie, non le aveva per lo meno ne' molti anni che passò a Cittadella né professa- te pubblicamente, né usate a regola di vita, rimaneva- (1) Mandati da Andrea Corner podestà di Cittadella ai deputati as- sistenti al s. tribunale della inquisizione. Cittadella, 10 nov. 1560 Ibid. (2) Antonio Gallonato : quod ut ipse novit habetur (Fontius) prò vi- ro probo et catholico et apud ipsum esteiusdem opinionis, e che lo vi- de spesso alle messe, ai vesperi in giorni sì festivi che di lavoro, e a comunicarsi. Marco de' Negri: sibi videri (avendo letta l'apologia) quod habeat bonam doctrinam et edificatione prout ipse iudicat et cognoscit. Francesci) Grineo: quod ut ipse cognoscit est vir bonae famae, ncque audivi ipsum imputari prò heretico ab aliquo, nisi a r. archi presbitero Cittadcllae. . . Dixit se audivisse ab eodem Fontio quod imagines sancto- rum non sunt adorandae, sed tamen illas reverebat cum ecclcsiam in- grederet aut ante ecclesiam transiret GiuscpiJC FontfOiica e Giù. Maria de Zanluii'irii: lo stesso quanto alla frequenza del Fonzio in Chiesa. Co,sli!uto del 9 nov. 1500. Ibid, — 742 — no i soli suoi scritti, il catechismo e l'apologia, a fon- damento del processo. E con quali criterii se li rimuginassero addimostran- lo le censure apposte a 23 degli articoli in essi com- presi (1). Ne addurrò alcune, per esempio. Dov' è detto che il cristiano deve vivere in una continua speranza della vita eterna, vi si nota che non fa menzione della osservanza de' sacramenti. Dov' è riportato il precetto del Vangelo dell' adorar Dio in ispirito e verità, ivi pu- re si osserva che non fa cenno uè di cerimonie, né di imagini. Nella salutazione angelica è notato che la- scia fuori Torazione ; e in generale che nulla parla del- la confessione, delle opere, delle messe, dei sette pec- cati mortali, dei sette doui dello Spirito santo, cose tan- to necessarie a fanciulli in quella tenera età (2). In so- stanza, e ben si vede, lo si chiamava in colpa piiì presto delle ommesse dottrine che delle professate. Nondimeno nelT adunanza generale del tribunale della inquisizione, alla quale intervennero il patriarca di Venezia, i pievani di s. Agostino e di s. Giovanni de- collato, il padre maestro Sisto di s. Giovanni e Paolo, e quel maestro Adriano veneto, lettore di Padova, che abbiamo innanzi ricordato, fu con preliminare delibera- zione del dì 28 aprile 3561 dichiarato meritevole di con- danna, se rimanesse pertinace nei sopraccennati arti- coli (3), eh' egli riconobbe per suoi (4). (1) Articoli tratti dal catechismo del Fonzie, composto in forma di dialopro. — Interlocutori Eusebio e Tcofllato. Ibid. (2) Ihidoin. ('.}) Ibidctii. (4) Sotto gli articoli sopraccennati sta scritto: In D. Bailli. Funtin accctlo ci II pp rovo lui li li .sopiaxcrilli aiiicoli, voììw mia del. i ina, — Wó — Ho detto preliminare, e posso soggiungerò mite in confronto colla risolutiva, che si fece dipendere dalle consultazioni di altri teologi fuori del tribunale (1). Le quali, da più mesi richieste, non giunsero prima del 4 febbraio 1562 (2). Basta leggere quella di Camillo Spiera veneto, agostiniano, priore del convento di s. Giovanni e Paolo, per avere una idea di tutte le altre. Ne riporto un passo solo: Bair articolo in cui è racco- mandato di far elemosina alle persone che si confidano nel- le promesse di Dio e di Cristo, io faccio induzione che il Ponzio è vn grande eretico, imperocché si vede manif està- mente che allude ai costumi degli eretici che fanno profes- sione di confidarsi in Dio e di vivere in un certo modo che vno ainta^lV altro. Quanto poi alV adorar Dio in ispi- rilo e verità, egli è ereticissimo, perchè si deve adorarlo anche secondo Vinstitvto della santa chiesa, col riverire i santi e i svoi memhH, e con V osservanza delle tradizio- ni apostoliche ed ecclesiastiche (3). Per siffatte consultazioni furono ridotti a 12 gli ar- et fedelmenle tratti dal mio Catechismo, et in fede li ho sottoscritti di mia mano propria nel sacro officio detta Inquìsiz-ione dinanzi alti B. et ClarisÀ Sa Presidenti al detto officio. Adì 21 di ottobre 1561. Ibid. (1) « Ha sospettissimi (il Ponzio) tutti quelli che hanno consultato nel caso suo doppo la prima volta, come homeni che voleno ad ogni modo mantenere loro opinione già detta. » Documento F. (2) Pareri di Agostino Fregoso degli eremitani di s. Agostino, predi- catore nella chiesa de' ss. Gervasio e Protasio ; di Pietro di Fenezia, domenicano, lettore; di fra Selmstlino L't merio, \eiìeto, carmelitano; di fra Giulio Cirrario di Brescia, dell'ordine di s. Maria delle Gra zie ; di m. Angela minorità; del piccano di s. G-louanni decollato ; di fra Serafino Monsalbano, lettore di s. lob ; di Camillo Spiera veneto teologo e priore del convento di s. Giovanni e Paolo. Ibid. (3) Ibidem. — 744 — ticoli del catechismo e dell'apolog-ia tassati di eresia. Li abbiamo nella scrittura del Ponzio stesa in carcere, colla quale spiegandone il vero senso in cui li aveva esposti, ribatte quello che era loro a torto attribuito (1). E non parrà superfluo eh' io la pubblichi per sommi ca- pi. Per aver detto che V ìiomo disohledendo a Dio per- dette Vimagine siiUj gli s'imputava di credere mortale l'anima; e qui egli dichiara aver inteso parlare del- l'imagine gratuita, non della naturale, e quindi dell'uo- mo soltanto fatto mortale (2i. Dall'espressione che lo spirito santo e divino favore che vivifica gli animi nostri^ s' inferiva che non lo credesse terza persona nella Tri- nità, consustanziale alle altre due ; ed egli osserva aver parlato in quell'articolo semplicemente deiidoni infu- si dallo Spirito santo negli apostoli, non della terza per- sona, di cui fece professione espressa in fine del cate- chismo. La proposizione che i discepoli di Cristo dopo la discesa dello Spirito santo cominciarono a pubblicare la felicissiriia nuova delV aver già Dio castigati tutti i no- stri peccati in Cristo e quindi liberalmente perdonato a tutti in generale, torcevasi in prova della opinione che al ministero apostolico non appartenga che la predi- cazione del Vangelo; ed egli invece non nega gli al- tri uftici, sì crede soltanto ({uollo il principale. I»iro che coloro i quali appartengono alia rliiesa cattolica e apo- (1) « Sensus ex scriptis iiostris. quo jiirc, quaque iiiiurin extorti, ta- comus: nobis ut abiurentur propositi. » Ibid. (2) E questa è dottrina di Pietro Lombardo e di s. Tommaso d'A- quino, in cui consentivano i teologi ortodossi di Germania Berthold vou Chiemseo iewlsche theolu'jaj 32, (5, 221 e 59, 1, 418 ed Eck, Homil. super €i(t)ig. 2, 553. Vedi H. Laemmer, Die voi (ridenthiisch katholi- sce theologìe. Op. cit. p. 98-104. — 745 — stólica, inquanto sono membri di Cnsto, sono giiisti^ pii e santi, parve lo stesso che affermare che la chiesa vi- sibile consta dei buoni e non anco dei cattivi; ed egli nota non aver in quel capitolo })arlato che dei mem- bri vivi, per ricordare in un altro i membri morti. L'ar- ticolo quinto in cui è detto che la fede cristiana è V ac- cettazione della grazia del Vangelo, cioè della remissio- ne de' peccati e della riconciliazione con Dio per la giu- stizia stia esegiiita in Cristo^ interpretavasi nel senso che la fede non preceduta dalla penitenza, né accom- pagnata, nò seguita dalla carità coi suoi frutti, giusti- fica e salva 1' uomo; ed egli afferma invece che non si rigetta la penitenza, perchè si legge nel Vangelo aver- la Cristo raccomandata, né si esclude la carità, perchè Cristo disse: hoc est pTaece]}tum vi diligatis invicem, si- cut dilexi WS; né si ripudiano le buone opere, perchè Cristo disse : « non omnis qtii dicit mihidomine, domine, intralit in regno coelonim, sed qni fecerit wluntatem 'patris mei;y> le quali opere, soggiunge, aver incìilcato in più luoghi del catechismo. Quanto al battesimo, rigetta r induzione che non basti per la salvezza de' fanciulli la fede di chi li tiene al sacro fonte (1), e quanto agli effetti della fede, che ripone nell'amore di Dio, nella (1) Dalle parole ci salciamo con li fanciulli mediante il battesì' ma, non perc/ié ci battezzamo nò fercliè li battezzamo, ma per la fede con la qnalc ci bat/ezzawu e li batlt^zzavin, inducevasi che sacramentìim bcptismalis non confert pvètlis gratiam gratttm fa' cientem, et aalutem ex opere operato sine fide propria, quae in actu, ■non in habitu tuntìimmodo consistit. E il Ponzio dice : quae fides in adultis ad salutem in actu requiritur: quod sine ipsa impossibile sit jìluccre Deo : et in infantibus in liabitu salte m : quorum nomine ecclesia credit actu. - 746 — pace della coscienza, nella carità e nella mortificazio- ne della carne, e pur gli si opponevano, quasi se ne po- tesse inferire che \-à fede informe non è assolutamente fe- de cristiana, avverte che ivi parla della fede non fin- ta, di quella cioè che opera per la carità. Nega del pa- ri che la massima del dover vivere qui in tma continua speranza della vita eterna promessaci dal Vangelo si possa intendere nel senso che sia escluso il timore di Dio (1), e l'altra (ÌqW essere rincremento della fede, che aihrucia e consuma tutte le reliquie di Adamo, il mezzo fiù forte al vivere cristiano, in quello che la carità non giovi; mentre sostiene che in ragione della fede cre- scono anche le altre virtù volgarmente appellate teolo- gali. Ciò stesso ripete intorno alF articolo del giudizio universale, in cui per aver detto che quelli che non avranno accettata la grazia del Vangelo, di maniera che la fede sia in essi efficace, saranno condannati a pena eterna, gli s'imputava di negare la necessità delle buo- ne opere. AH' incontro, sui punto che tutte le addotte dottrine si contengano nella santa Scrittura non si di- fende, pare anzi che voglia sfidare chiunque a dimo- strargli il contrario (2). In ultimo, quanto all' unico ar- ticolo dell'apologia sui sacramenti dichiara che se dis- se, richiedersi a costituirli una promessa certa e un se- (1) « Nam quo magis credimus, amatnus, speramus: eo magis ve- remur illuni offendere in quem credimus, quem aniamuS; in quo spe- ramus. » (2) Perchè ivi nuli' altro dice che questo: y/rlicuìi vostri, vobis ut ubiurenlur proposili, in sensiis invi explicatos sunl veri et ex sacra sc.ripiìira possunt coUigi. — 747 — gno certo di Dìo^ non per questo escluse la virtù del- la parola (1). Ma questa difesa non apparo dagli atti del proces- so che sia stata sentita. Forse prima ancora che la sten- desse gli era stato imposto di abiurare gli articoli giudicati eretici (2). Ricondotto a tal uopo davanti al sacro tribunale il dì 16 giugno 1562, diciotto mesi do- po l'ultimo interrogatorio, chiese e ottenne (3) due gior- ni di tempo a rispondere. Trascorsi questi due giorni, dichiarò non poterli ri- trattare nel senso in cui gli aveva scritti e credeva con- forme alle sacre lettere; sì lo farebbe, e per dar segno di obbedienza, nel senso che con qualche ragione od anche senza ragione era loro attribuito, ove questo fos- se veramente contrario alla parola di Dio, alla fede cri- stiana e alla dottrina della sacrosanta ortodossa chiesa cattolica, e aggiunse (sopra richiesta dei giudici, per- chè subito non l'aveva detto) romana. Gli si desse per- tanto in copia la forma dell' abiurazioue, ed ci l'avreb- be considerata (4). Qui è chiaro che non il ravvedimento, sì volevasi soltanto la cieca sommessione all' autorità del tribu- nale. Quando bene se lo fossero proposto i giudici, sa- rebbe loro mancato il mezzo di conseguirlo. (1) « Non quia promissionem requiri dicimus, iccirco verbum exclu- dimus. » (2) « Come materie rissolute et giudicate hereticbe, et li fu detto che in eventum non le vegli abiurar allhora come impenitente, empio et pertinace se intendeva di doverlo espedirlo per taie. » 16 giugno 1562 Ibid. msc. (3) « Peccando più presto iu amorevolezza et equità, che in rigore, anchora che esso Barth.o non meriti questa proroga. » Ibid. (4) Docuìucnto III. Serie IV, Tomo IL 95 — 748 — iDavvero che uomini, i quali avevano in mente una scienza religiosa e morale d' accatto ai compendi, mal avrebbero potuto reggere alla prova di convincere chi dotto in greco e in ebraico (1) se l'era conquistata alle fonti col sudore della sua fronte. E però, senz' altro, gli fu intimato il dì 23 giugno che dovesse abiurare e dire sì o no. F questo, così sta scritto nell'atto relativo, gli fu replicato più e più volte con grandissima amorevolezza, esortandolo ad aver cara la sua salute, a non si lasciar ingannare dal demonio, a ritornare nel gremlo della santa chiesa eh' è miseri- cordiosa. Appena compiuta la orazione che i giudici solevano fare in tale occasione a Dio, del cui nome abusavano, cominciò ììFonzìo: l'esempio di Anania e di Zafira^ e voleva servirsene per dimostrare colle pa- role dell'apostolo Pietro, che chi mente in cuor suo rinnega Dio; ma impedito di continuare, e richiesto a rispondere risolutamente se o no intendesse abiurare, scrisse in lettere maiuscole: No (2). Laonde il dì 26 giugno, premesse di nuovo e sen- za effetto alcuno le consuete esortazioni a che si pen- tisse e non volesse pigliarsi morte volontaria (3), gli si lesse la sentenza che lo condannava ad essere stran- golato in carcere, quindi sospeso il cadavere fra le due colonne di s. Marco, e bruciato, non solo in pena de' suoi peccati, ma eziandio ad esempio altrui e a gloria ed esaltazione della santa madre chiesa e della fede no- stra. (1) Nella denunzia anonima ò detto che insegnò fra gli eretici la lingua greca ed ebraica. (2) Documento III. (3) Documento III — 749 — Questa la chiusa della sentenza che il Fonzio udì imperterrito, tanto da poter sin dire che l'accettava e ne rendeva grazie (1). Allora intorno a lui fu la solita ressa de' soverchia- mente pietosi, a cui questa vita pare possa valere V ab- dicazione delFuomo a sé stesso, ai pensieri nei quali ha fede. Molti gentiluomini, e uno di essi, o Giovanni Pisani 0 Giovanni Dona che sia, ginocchioni, scongiu- ravanlo a scegliere tra dite mali il minore. Gli si diceva che suo cognato struggevasi in lagrime dabbasso, e che di fuori romoreggiava il popolo (2). Allora fu un momento, il dì 29 giugno, che cesse alla fragile carne arrendendosi a discrezione del tribu- nale (3). Un momento solo, quanto forse occorreva a far risaltare meglio, in quella lotta naturale all'uomo, la vittoria della ragione, la grandezza morale dell'ani- mo. Perchè pochi giorni dopo (4), non sì tosto per la malignità di uno de' suoi giudici , del pievano di s. Giovanni decollato, intese che per la città spargevasi essere stato non messer Zan Pisani o messer Zan Dona, (1) Documento If''. «Quoniam (così sta scritto sotto l' accennata di- fesa dei dodici articoli) suprascriptos duodecim articulos, in supra expli- catos sensus, quos sensus veluti nostros agnoscere deberemus, abiurare recusavimus . . . capitis damnati fuimus ; quamvis nos interea prora- ptissimos obtulerimus ad abiurandum supra explicatos sensus a quibu- scumque excogitatos et nostris scriptis tributos : non quod ipsos unquara probavissemus, sed quod minime cuiquam alieni probandos censere- mus. » (2) Docuìncnlo V. (3) Documento III. (4) Relazione del pievano di s. Giovanni decollato del 24 luglio 1562. Documento F. — 750 — ma messer Zan laccio che lo persuase a simulare, tornò al proposito di prima. E lo mantenne quando, richiesto di una risposta risolutiva, la dettò egli stesso in italia- no nella memoranda lettera del 31 luglio. La quale, se il lugubre soggetto me lo consentisse, potrei qui con- trapporre.^ come modello di scrivere schietto, perspicuo, efficace, alla pomposa rettorica che ne' letterati di quel tempo ci svela la generale simulazione della vita. Faccio intendere per questa mia scrittura risoluta a Vostre Signorie illustrissime e reverendissime, diceva egli fra le altre cose, che come sempre per lo innanzi ho detto, non mi ritrovo in coscienza errore alcuno da abiu- rare con verità. F però che in faccia della santa chiesa non sono per simulare, mentire o spergiurare allo Spi- rito santo., che in quella come nel suo vivo tempio abi- ta; sapendo chiaramente che V error mio in ciò sareb- be certissimo contro la divina legge naturale e scritta, e V utile eh' indi si potrebbe sperare fallacissimo. Ol- treché sarebbe piic efficace la lingua mia a condannar- mi a torto di eresia incorsa che tutte le prove e giudi- zii del mondo; dicendo la divina Scrittura: ex verbis tuis justificaberis , et ex verbis tuis condemnaberis » . . F i^s- rò intendo che questo si debba fuggire come maggior male tenendo piic conto dell' onore e delV anima appresso a Dio vero e giusto giudice, che di questa vii sera vita, come vuo- le il dovere . . . Sì che Vostre Signorie mandino pure ad esecuzione la sentenza ad ogni loro piacere, se nz' altra speranza che io^ contro la dottrina apostolica, voglia far male, acciò intervenga bene. F si degneranno perdonarmi se., dove si tratta del bene deW anima, io mostro tener più conto di lui che può rovinare a fatto il corpo e V anhna, che di quelli che non possono essere severi o incrude- - 751 — lire se non nel corpo. Né avendo circa ciò altro che di- re , al Signore Iddio le raccomando , // quale prego il giorno e la notte che perdoni ai miei j^erseciitori e ca- lunniatori^ e faccia che per tempo si ravveggano rpielli che sono in errore^ e dia fortezza a me a sopportare con gloria sua e saUezza deW anima mia questa croce (1). Tanta risolutezza fece qualche impressione anche suir animo dei giudici. Se ne ha indizio nei convenien- ti e ragionevoli rispetti^ a cui si accenna nella deli- berazione unanime del dì 4 agosto 1562, per la quale il modo della morte stabilito nell'antecedente senten- za fu mutato in quello dell' annegamento con una pie- tra al collo secondo il consueto (2). Forse que' rispetti avranno messo innanzi i deputati della Signoria che entravano a comporre il tribunale, Melchiore Micheli, Giulio Contarini , Alvise Mocenigo , procuratori di s. Marco : forse il rogo del cadavere sospeso fra le colon- ne della piazzetta ipoteva dar luogo a molto clamore di popolo, che importava evitare. La notte dello stesso dì 4 agosto scomparve il Fon- zio nelle acque del nostro lido. Prima di essere mena- to nella fatai barca, consegnò al capitano di giustizia un libro manoscritto in quarto di 103 fogli con pre- ghiera di recapitarlo ai Capi del consiglio dei Dieci, e avendogli questi risposto che lo porterebbe invece al sant'ufficio, replicò: fate quel che vi piace, che non im- porta., né altro più disse, raccolto com'era il suo pen- siero in Dio (3). (1) Documenfu FI. (2) Djcumi ufo r. (3) Relazione del Capitano dell' 8 agosto 1562. Ibid. — 752 — Quel libro scritto in carcere per isvolgere, e lo di- ce egli, le dottrine già professate neir anteriore com- posto tra Roma e Farfa (1), è documento irrefragabile delle opinioni di cui era stato imputato e non convin- to in giudizio. Vi è bensì la stessa dottrina della giu- stificazione nella formola della duplice giustizia ine- rente e imputata, definita e concordata a Ratisbona nel 1541 ; ma sugli altri articoli ivi rimasti controver- si, vi sono anche le stesse deduzioni che avevano trat- te i luterani dalla certezza della remissione gratuita dei peccati per i meriti di Cristo, la stessa apostrofe al cospicuo anticristo che sarà ucciso da Gesù collo spirito del verbo suo. Solo in due punti si discosta da loro : in quello dei voti monastici e in quello del concilio. Quanto ai vo- ti monastici, dichiara conforme a dignità d'uomo , se fatti, osservarli. Quanto al concilio, benché ne avesse divisato i modi di composizione necessarii a guaren- tire la libertà del voto e la prevalenza della dottrina e della virtù sopra la maggioranza del numero (2) , onde potrebbe apparire la intenzione di far contro al- l' autorità di quello che appunto allora erasi di nuovo congregato a Trento, pure a lui sottomette il libro e ne invoca le deliberazioni con due lettere, V una ai Pa- dri del concilio medesimo, T altra ai Capi del consiglio dei Dieci (3), Sia questo (ìociimenio, così si esprime, che (1) Documento J'II. (2) Nella condanna delle opero del Ponzio, pronunziata dopo la sua morte, oltre a questo libro e al catechismo e all'apologia, è indicato quello : De radoiic facillivìa rof/endi sacrosam'laìn o/i/iodoxam et aecumenicam stinodum . (3) Ciò stesso afferma nella prefazione al lettori che sta nella pri- ma pagina del libro. Docuìntìtli Vili e IX. ^ 753 - rnvo ancora ho sottoposto me e ogni mia cosa al suo sa- pientissimo giudizio, yronto, se ciò mi fosse dato, di pro- strarmigli davanti^ di udirne ed osservarne le decisioni. E questo, e le sentenze elisegli appose qua e là sul- la coperta e sui margini di quel libro, proprio colle ulti- me stille deirinchiostro che aveva in carcere, sono cer- ti indizi di saldissima fede nelle sue dottrine e di sin- cerità ne' suoi convincimenti. « Quae lioc libello contineniur in sacrosancta or- thodùxa, oecimienica synodo in qua de religionis dogma- tilms libere et sententiam dicere et indicare liceat non alibi, in mediìtm aliata volumus ; neqiie tamen interea^ quo adversariorum nostrorum rahiosae libidini satisfiat, mori recusamus ; quia si non Me in Paradiso, quidnam de scriptis nostris iudicatmn fuerit (si modo id nostra quicquam retulerit) cognoscemus. » Qui addii scientiam addii dolorem, inquii Salomon. Vixi, ei quem dederai cursum fortuna, 'peregi Dai veniam corvis, vexat quaesiura columbas Quis furor o cives ? quae mentem insania vexai 0 Veneti, Veneti, quae vos dementia cepit ludicium melius posteritatis erii Satius est semel cadere quam semper pendere. Ho letto queste sentenze con uno stringimento di cuore che non ha espressione ; perocché per esse mi aA^veniva di assistere alle ultime sue ore. E non parrà inopportuno che, tre secoli dopo la sua morte, io le ricordi davanti a voi, cui spetta tanta parte del fare all' Italia già fatta gli italiani degni di lei. Nostra non è la dottrina del Fonzio ; non è neanco quella degli esegeti moderni, che vorrebbero ridurre la — 754 — storia del cristianesimo alle pure leggi dello spirito umano. Tanto meglio abbiamo rauimo lontano dalle par- ziali cagioni che possono offuscare il giudizio sul valo- remorale del suo sacrifizio. Se uomini della tempra del Ponzio non avessero po- sposta la vita alla fede nelle idee e nei principii, sareb- besi mai vinta la libertà di coscienza? Deh che rinasca in noi questa fede, e cadranno uno dopo l'altro gli abu- si che solo il nostro scetticismo potrebbe rendere invin- cibili. DOCUMENTI TRATTI DAL R. ARCHIVIO GENERALE DI VENEZIA Santo Ufficio, busta 18. DOCUMENTO I. Dejìosizione di mano propria scritta da fra Adriano maestro lettore de Pad., letta e confermata con giuramento dinan- zi agli inquisitori nel dì \\ febb. 1561. R."^' Pres. V. S. saperano come del 1550 nel mese di no- vembre essendo io in letto araalato, mandai per un pre Bar- tholomeo Fontio sospetto de liitherano. Venne et doppo 1' e- sortai a confessare, a la penitenza mas.'^ essendo quel breve di Giulio 3 de recipiendis secreto hereticis, lo esaminai. Elio confessò le cose infrascritte. Quale per conscientia depono, non havendo altra scrittura, perchè essendo sta ingannato dal detto, mi par debba render ragion anchora di questo. Confessò esser stato nelle parte de lutlierani, praticato con loro, letto le sue cose, et se ben mi raccordo haver letto co- me dottor a tal gente, et vero che mai volse confessar aver lette cose heretiche, cosa che non era credibile. Volendo io ponesse in scritto che credeva la giesia chat. ^a, si contentava, ma non voleva poner Romana dicendo che gli aleraani 1' hariano sbefatto. Replicando io che questo era il nervo della fede, si acquietò. Così possi ordine che la domenica seguente venisse ad a- biurar, perche propter hoc era sospetto, et mi promisse. Strie If, Tomo 11. 96 — 75G — Così io straco dal mal lo reraissi a quel giorno. Io li ordinai conducesse per lui un testimonio de buona vita, che io voleva per il 2/'" il R. <•" p. Don Gioanmaria de S. Sp.'", elio mi promise, ma non venne mai. Et perciiè mi oc- cellò mi lamentai con el detto R.*^" padre qual per giustitia l'havea raccomandato. Mai poi ho saputo del fatto suo salvo questo settembrio. Et perchè quella scrittura è smarrita, se ben non era sottoscritta perché mi lasciai inganar dalle lacri- me del reo et dalla promissione de tornar, io per conscientia et debito della giustitia, depono quanto ho scritto di mia ma- no et hoc in veritate et coram vobis, sed prius coram Deo. Adriano lett. de pad. raanu propria. DOCUMENTO II. Vincentius Pisani Cittadelle Potestà?, Rev.^"'^ et III.^^^ Z).""'' Inquisitoribus et Jusdicentibus hereticae pravità tis Venetiis — Cittadella 5junii 1558. L' impedimento che il R. M. Barthmeo Fontio pubblico pre- cettore in questo loco ha al giudicio et Tribunale di V. S. Ill.me^ rende tanto incomodo et disconcio a tutti li scolari et studenti di questa terra, che da questo mossi, questi sp." cit- tadini hoggi nel suo sp.'® Consiglio hanno elletto in loro non- tij li sp." M. Battista di Fabri et M. Marcantonio d' lUinj con carico di venire a ricercar et solecitar la presta expeditione di esso R.'i" M. Barthe^ DOCUMENTO III. 18 giugno 1562. Il Ponzio comparve e disse: «Dico riso- lutamente che con buona conscientia io non posso et però non voglio abiurar li articoli a me intimati nelli sensi loro conte- nuti nelle sacre lettere, nelli (juali io gli ho scritti, et credo che — 757 — sieno veri siccome a sufficienza appare nelle mie scritture, alle quali mi rimetto. Et non dimeno accioche si conosca chia- ramente che io per ciò non son pertinace anzi desideroso di voler obedire alli miei superiori mi offerisco prontissimo ad abiurare og:ni senso espresso o non espresso con qualche co- lor di ragione o senza ragione da qualche uno attribuito a ciascuno di essi art." Il quale senso veramente sia contrario alla parola di Dio, alla fede cristiana e alla dottrina della sa- crosanta orthodoxa chiesa cat."* Rom.* (sic intprpellatus et re- quesitus , ijuum Romana non expresisset nisi postea ). Per- chè non è mia intentione ne fu mai contravenire ne pugnare alla sudetta fede et dottrina. Et dovendosi far tal abiuratio- ne, accioche la si faci con tutta quella sincerità di core che si ricerca in ogni buon cristiano humilmente ricerco, che per ordine di questo sacratis." Tribunale il v.^° InqT^ mi dia copia della forma della abiuratione per considerarla. 23 junii 1562 mercordi. Fo fatto venire alla presentia del sacro Tribunal el sop.^» Bart. Fontio et li fo detto da Mons. R.'"° legato et etiam da Mons. Episc. de Veglia, et medesimamente da molti altri dot- tori theologhi, et canonisti molte et diverse ragioni con pa- role amorevolissime et piene di amore et di carità facendoli conoscer il suo errore et che 1' havesse ad abiurar li articoli a lui dati, li quali articoli sono stati per quattro congregationi de theologhi et canonisti diligentemente considerati et conosciuti co- me heretici,et non solamente in voce, ma anche in scritti li hanno giudicati tali, però che el si risolva a doverli abiurar et dir sì o no. Et questo li fo replicalo più, et più volte con grandissima amo- revolezza, esortandolo ad haver caro la sua salute, et non si lassar ingannar dal demonio et vegli ritornar nel gremio del- la S.»a chiesa, eh' e misericordiosa. Facta prius oratione ab ipso R."'" D. Legato et omnibus aliis astantibus ad sacrum Tribunal prò ipso Barth.» Fontio, — 758 — ut Deus ipsum illuminet et redeat ad S.a"i matrem ecclesiatn, et ut recte et cristiane redeat. Qui respondit : i' essempio di Anania, et di Safira dà ad in- tendere chiaramente. Et quia hoc responsum, vel historia non pertinet ad cau- sam nec ad proposijtum interrogationis sibi facte, li fo detto che lui dovesse risponder risolutamente sì over non, percliè la sua cavilatione o taciturnità si haverebbe per non et sa- rà giudicato pertinace et impenitente. Qui respondit. fé in lettere maiuscole Non. — Relectum con- firmavit. Prefatus Barth.s interim fuit monitus prò die veneris prox. fut. ad audiendam sententiam deffinitivam, instante RA^ D. Bia- sio Sidineo adavocato fiscali. In suprascr.''* congreg.ne interfcierunt infrascrp. R."""s D. Leg.s ap."s R.ni"* D. Eps, Vegliensis R.u D. Pbs. S.ti Aug.n' D. R." D. Pbs. S.'i ilo : Decolati P. M."^ Camillus Spiera p."" ord.'s S. loh. et Pauli P. M.r Petrus Venetus lector theol. in S.'» Dmci P. M.'" Angelus Venetus ord > S. Franci conf. P. MS Marcellus lustinianus venetus ord.'s S. Stepb. P. M."" Io: Maria da Cremona ord.'* Servorum P. M.«" lulius ord.'s S.'e Marie Gratiarum. Qui omnes unanimes dixerunt illum Bartli."* Fontium esse tradendum foro seculari, ita ut raoriatur causa ecc. Et interim omnes sup.^' fuerunt aùmoniti de comissione R.'"' D. legati sub poena excomunicationis de taciturnitate. 26 giugno. Comparvo dinanzi al sacro Ti'ibunale il sopraditto Bartb. Fontio, et il quale Mons. R.'"" legato con humanissime et dol- cissime parole et con potentissime ragioni [lersuase a non do- — 750 — ver esser tanto nemico di se stesso dell'honore suo et dell'a- nima, ma che'l si dovesse pentire che anchora gli saria usata clementia et pietà et non pigliarse morte volontaria . . . Qui reraansit in perfidia et ostinatione. Et ita de Cora.® sacri Tribunalis fuit lecta infrascripta sen- tenlia astantibus quara plurimis personis. Sacrum Tribunal commisit R.'''' p. D. Nicolao Nigro Can.«> et Sacrista Ecclesiae S.ti Marci tamquam curatus ut accede- re debeat ad carceres ubi de presenti reperitur dictus Barth. Fontius ad eftectum illum exortandi ad confessionem sacramen- talem et auricularem dntequam deveniatur ad executionem sen- tentie late. Qui R.'^"s j)_ pbj. Nicolaus retulit mihi not.'° se, semel bis, et ter se contulisse ad carceres predictas ipsum exorlando ad s.'^'" confessionem et ecc.f^ sacra recipienda.| Qui Bart. Fon- tius semper ei respondit se esse paratum se confiteri pec- cata sua. 29 juni 1562. Cum sit che sia sta supplicato et pregato il sacro Tribu- nal per nome di Barth.» Fontio eh' egli si vuol remetter in tutto et per tutto all'obedientia del sacro Tribunal, come lìolo di obedientia buon e fedel christiano et della S.t* Romana Chiesa. Et, per el p.» S. Tribunal per intender veramente la openion del detto deliberò di mandar, et mandò alla carcere onde esso si attrova il R.™" Epo di Veglia, li R.^» Piovani di S.''^ Agostino e di S. Zuan degolado insieme con il R. fisca- le Biasio Sidineo et mi nod.*» et il secretario del p.'» Tribu- nal onde giunti alla detta carcere fu chiamato el predetto Barth." Fontio et domandatoli ciò che egli voi dire havendo così humilmente et supplichevolmente rechiesto el p.'» Tri- bunal. Qui Barth.s respondit. Io ho fatto intendere ad esso S.*"" Tribunal della Inquisitione, che inspirato da Iddio, conoscen- — 760 — domi esser stato per il passato in errore, voglio hora così in- spirato reraettermi in tutto et per tutto alla obedientia di es- so S."io Tribunale, reputando clie'l sia la mia chiesa et il mio concilio, domandando humilmente con tutto il cuore perdono della mia innobedientia, et scandalo dato.. Et questo faccio con tutto il mio cuore, et con quella più efficacia che si può esco- gitar et esplicar con parole. Dicendo me rincresce esser sta- to tanto et cosi tardo a far questo officio che ora desidero fare con tutto il mio cuore, et non ostante questo io voglio che quando così paresse alle Sue S.*^ che esseguiscano la sen- tentia contro di me fatta, come si non'havesse, o non voles- se far questo atto, perche non la paura della morte mi move a questo, né desiderij ch'io habbia de libertà né alcun altro rispetto, ma solum (e lo dico con il core) il timor di Dio, la obedientia di miei Sig.*"' , la charità del prossimo et finalmente la salute dell' anima mia. Die dieta. R."'"^ D. Hipp.s leg. e. gli altri dell' Inquis. vista la detta instanza sospendono 1' esecuzione della sentenza. DOCUMENTO IV. Sentenza di condanna del trib. della S. Inquisiz. letta e pro- nunciata li 25 giugno \^G2 {2oer estratto) Ippolito Capilupi vescovo di Fano, prelato domestico del papa, e legato apost. con potestà di card, legato in tutto il dominio della seren. reinibb.; Vittore Puteolano J. V. D. S}' Bartìtolomei vica^ rio; Giovanni Trevisano vicario generale nelle cose spiri- tuali e luogotenente del patriarca di Venezia e primate della Dalmazia; fra Tommaso di licenza dottore in s. teologia dell'orda di S. Domenico , inquisitore generale in tutto il dominio, colV assistenza dei deputati al sacro tribunale. Mei' chiare Micheli procuratore di s. Marco, Giulio Cuntarinij'ure procuratore, essendo assente il terzo Alvise Mocenigo, .... Presortim quia dictus Bartholomeus Fontiiis de suis haereticalis npinionilmp osi, impcnitens et pertinax, licet piti- " 761 — ries et pluries fuerit interpellatus ut vellet abiurare et ad gre- mium S.'® raatris ecclesiae revertere, quod senjper faoere recu- savit, et de presenti animo indurato recusat .... Judicamus in carceribus in quibus de presenti reperitur strangulari et suffo- cari deberi, ita ut moriatur, et sic strangulatus, et mortuus eius cadaver per rainistros justitiae conducatur ad locum damnato- rum infra duas coluranas S.'' Marci positas, in loco patenti aito suspendatur, et lignis adhibitis dictuoi cadaver sic suspensum comburatur, ne dum ad sui et suorura demeritorum poenam sed ad aliorum exemplum et S,'^ raatris Ecclesiae et fidei nostre gloriam et exaltationem .... Qui Barth.^ acceptavit et gratias egit. DOCUMENTO V. 4 agosto 1562. Il sacro Tribunale ordinò che il Ponzio fosse visitato dal r.^" Piovano di S. Giovanni decollato per vedere se perseverava nella offerta fatta di voler abiurare. Il Pievano andò e con suo scritto del dì 24 luglio 1562 riferì quanto segue. Il Fonzio dice che sempre è per abiurare li 12 articoli con li mali sensi dati et estorti da quelli che interpretano li suoi scritti altrimeiiti eh' è il senso suo : il quale sempre è stato bono et chatolico. né mai lui ha havuto quelli sensi che li sono attri*- buiti, et Dio lo guardi da tal dementia che lui negasse V im- mortalità dell'anima; onde peccaret quando abiurasse il suo senso, perhò dimanda se così stante la cosa lo possi fare con bona conscienzia , et questo è quello che lui voleva inferire , quando nella penultima sessione interrogato se voleva abiura- re, comeiizò dire Annania et SafBra e li fo imposto silentio , volendose lui servire di quelle parole dette dall'Apostolo Pie- tro : Anania cur teiitavit Sathanas cor tuum mentiri te Spiri- tui S."> ? Non cs mentitus hominibus, sed Deo. Onde secondo — 762 — la persuasione fattali da quelli gentilhomini che lo visitarono et che ex duobus malis minns est eligendus, et essendoli ditto che suo cognato piangeva da basso, et vedendo tanta charità di quelli Magnifici, delli quali uno posto in genochioni li do- mandava di grazia con tanto clamor del popolo di fora, se mosse a prometterli elegendo questo espediente per raancho scandalo del popolo : accio non se credesse che non abiurando moresse impenitente et ostinato in opinioni dannate ... si lamenta quasi di tutti che li sono sta a parlarli, come non fedeli relatori di quel tanto che lui ha risposto, ... havendomi ditto a lettere di sca- tola che mi ha per sospetto, anzi sospettissimo, come ha tutti quelli che hanno consultato nel caso suo doppo la prima volta, come homeni che veleno ad ogni modo mantenere loro opinione già detta... mi disse che non usasse questo parlar di lui che ritornasse o fosse ritorna (alla Chiesa). Disse anchora parlando del r.*^" S. pievano di S.'" Agostino, e quel pievano mi oppose quella predica già trenta e più anni fatta in s.'** Hier.'* come scandalosa et io vi dico che fo predica s.'"'^ et fece grandissi- mo frutto et per vigor di quella predica una infinita di per- sone che già molti anni non s'haveva confessato, se confessò. Letta questa relazione mandò il Tribunale anche il r.'^" don Geremia prete Teatino a parlar col Fonzie e a ricevere da lui l'ultima risoluzione. Al quale, andato insieme col notaio coa- diutore del sacro Ufficio, il Fonzie dettò di sua bocca la scrit- tura, e sottoscrisse di propria mano che comincia per dirla inge- nuamente e finisce a sopporta?' con gloria sua e salvezza del' Vanima mia questa croce. Le quali due scritture vedute e molto ben considerate ... ordinarono (il Tribunale) di comun consenso che la sententia già fatta contra il detto Fontio fosse esseguita, et per convenienti et ragionevoli rispetti terminarono che la detta sententia fosse mutata in questo cioè che il detto Fon- tio fosse condotto dalli Ministri dell'Officio et fosse gittate in mare et che con una pietra al collo el sia anegato secondo il consueto. — 763 — DOCUMENTO VI. Die veneris ult." mensis julii 1562 III."" et R. SSr Per dirla ingenuamente conae la sta, ingannato io da una fal- sa apparenza d' utile et honesto, pensando poterlo far salvo l'o- nore de Iddio et della sua Santa Chiesa et senza pericolo dell'a- ninaa mia, a persuasione di certi nobili Personaggi ai' offersi in- torno alla fine del mese di giugno a questo sacratissimo Tribu- nale di dover simulare, mentire e spergiurare abgiurando gli ar- ticoli a me proposti nelli sensi heretici a quelli attribuiti : cioè riconoscendo con solenne giuramento in presenza della Chiesa tali sensi per miei, conciosiache in verità mai li babbi havuti in fantasia. Ma dalla vigilia di S. Giacomo in qua quanto più ho pensato il di e la notte a tale mia oblatione tanto più ho tenuto per certo e fermo et tuttavia tengo che non la possi mantenere senza grandissima offesa della Divina Maestà, della sua Santa Chiesa^ et dell' anima mia. Nella ([uale opinione come mi ha datto occasione d' entrare, così mi stabilisse e conferma ogn'ho- ra più e più quello che ultimamente ho inteso dal Piovano di S. Zan de Gola: il quale mi ha referto che per la città si ragiona, che no raesser Zan Pisani o messer Zan Dona, ma messer Zan laccio è statto quello che mi ha costretto a mostrar di lasciar la mia coscienza erronea anzi ostinatione, et che li gentiThomeni che mi havevano essortato ad abgiurare si sono pentiti di haver- me persuaso di simulare, et cercano scarricare le sue conscienze, e che se io volessi che le persone forse credessero ch'io fussi sin- ceramente ravveduto delli miei errori, bisognerebbe che da me stesso ne confessassi molti altri, delli quali per via di giuditio non sono stato convinto, et «'■he appresso nominassi li complici. La quale relation e ragionamento del sudetto Piovano mi ha Strie ir, Tvmu IL 97 — 764 — privato d'ogni speranza che haveva di poter con una fìnta abgiu- ratione riportar quello frutto che m' era imagimito quantunque in cambio di dodeci busie e giuramenti falsi ne volessi bora di- re e fare dodeci centenara o migliara con caluniar non solamen- te me stesso d'avantaggio ma anchora qualche un altro per me- glio colorire il fatto. E Dio sa se ancho tanto bastarebbe. Per il che lasciando da canto tutte le menzogne, fittioni, falsità, e spergiuri non convenienti ad alcuno sincero christiano : come piante da sradicare, per non essere state piantate dal celeste Padre, ma più tosto dal Diavolo padre d' ogni buggia : e ritiran- domi dal canto della pura verità confidandomi in Dio, il quale è somma verità, et d' ogni verità auttore che in cosi grande oc- correnza e bisogno non sia per abbandonarmi : faccio intendere per questa mia scrittura risoluta a V.® S.e ill^e et R.'"» che (co- me sempre per lo innanzi ho detto) non mi ritruovo in conscienza errore alcuno da abgiurare con verità. E però che in faccia della S.'* Chiesa non son per simulare, mentire e spergiurare al Spi- rito santo , che in quella conae nel suo vivo tempio habita : sa- pendo chiaramente che 1' error mio in ciò sarebbe certissimo contro la divina legge naturale e scritta, e 1' utile ch\indi si po- tesse sperare essere fallacissimo, oltrache sarebbe più efficace la lingua mia a condannarmi a torto d' heresia incorsa, che tut- te le pruove e giudicij del mondo, dicendo la divina scrittura : ex verbis tuis justificaberis, et ex verbis tuis condemnaberis, et alibi : ex ore tuo te judico serve nequam, et sanguis tuus super caput tuum : os enim tuum adversus te locutum est, etc. E però intendo che questo sia quello che si debba fuggire, come maggior male tenendo più conto dell' honor et dell' anima appresso a Dio, vero e giusto giudice , che di questa misera vita, come richiede il dovere, E chi si scandaleggia di noi senza cagione offende più se stesso che alcun altro, né di tai scandali siamo tenuti a render ragion alcuna. Si che V. S. man- dino pure ad esecutione la sentenza sua ad ogni suo piacere sen- za altra speranza, che io contra la dottrina apostolica voglia — 765 — far male acciò intervenga bene. Et si degneranno perdonarmi se dove si tratta del ben dell' anima, io mostro di tener più con- to di quello che può rovinar a fatto il corpo e 1' anima che di ([uelli, che non possono esser severi o incrudelire se non nel corpo. Nò havendo circa ciò altro che dire al S.**^' Iddio le rac- comando, il quale priego il giorno e la notte che perdoni a miei persecutori e calunniatori , e faccia che per tempo si ravegano quelli che sono in errore e dia fortezza a me a sop- portar con gloria sua e-salvezza dell' anima mia questa croce. Io D. Barth." Fontio ho riletto quanto è soprascritto et ap- provo e confermo il tutto di propria mano. Io Don HiiìREMiA son stato presente. DOCUMENTO VII. Fklel et doctrinae Bartholomaei Fonti) ratio Romae olim bona ex parte expìicata, nunc Venetiis plenius reddita et sacros. orthodoxae oecumenicae iam indictae vel proxime indicendae synodi, iudicio subiecta. (per estratto) Mysteria in concionando de religione reticenda non sunt, ut- cumque non omnes eorum sint capaces, f. 3, p. 1. Intercessione dei santi. Sancti honorandi sunt propter imi- tationem ; non adorandi propter religionem , f. 17, p. 1 , qui autem in sancti'S spera suam ponit, eos contristai atque ofFendit non honorat, f. 17, p. 2. Quod christiani ... ab iis denominari cuj)iant, tinioiidura est, ne in illara vehementem apostoli Pauli obiurgationem merito incurrere videatur : nunq. Christus di- vinus est? Nunq. Paulus [)ro nobis crucifixus est aut in no- mine Pauli baptizati estis? Sanctorum mortuorum invocatio, qua ab ipsis preces prò nobis postulamus et ut prò nobis ore- tur eos nominatim appellamus parum rationabilis videri po- tesi, f. 18, ;). 1. — 766 — Libeì'um arbitrium ad diligendum Deum, autore D. Augu- stine, nos quoque primi peccati granditate perdidimus : qua- propter niliil dubitandum est quicquid agant posteri Adae non acti spiritu Christi, peccatum esse ; quia non ex fide, quae per dilectionem operat, sed ex vitioso concupiscentiae habitu, quae spiritui perpetuo repugnare manifeste conspicitur, f. 2\, p. 2. Della giustificazione. La grazia precede le opere, ma ci vuole il consenso: «hoc enim opus solum liberi arbitrii: opus hoc solum est ejus meritum quod consentit, f. 34, p. 2. Ad justitiam, quae coram Deo, et Dei et nobis imputata justitia dicitur, nihil conferunt opera legis , sed fides tantum prodest quae signaculum est eorum qui justificantur, f. 35, p. 1. Ex in- iusto fit iustus, non solum imputata, verum etiam inhaerente quadam et donata iustitia, non perfecta illa quidera sed in- choata, f. 36, p. 1. Iustitia ipsa qua nos coram Deo iusti di- cimur. distinguenda est proculdubio : nam alia imputata dici potest, qua jusii habemur, toto hoc vitae curriculo , et si re ipsa piene iusti non simus, remissione videlicet grr.tuita pec- catorum et imputatione iustitiae Christi .... Alia autem est justitia coram Deo { ut ita dicam ) inhaerens et donata: cum in nobis nihil est amplius reliquiarum peccati quod iure quat imputari . Haec absoluta nobis videlicet in patria tantum continget, f. 37, p. 2. Meritum nostrum divina promissione ni- titur, f. 39, p. 1. Fides quae per dilectionem non operat, non videtur viva, sed sterilis potius ac mortua .... Ex charitate maiimo Dei dono . . . quae manant tanquam e fonte bona ope- ra, tam necessaria sunt, necessitate (ut aiunt) cohsequentiae, non consequentis, si facultas non desit operandi, mensura fide cum cujus incremento et charitas ipsa in dies augescit » f. 43, p. 2. Opera nostra alia (juidem externa sunt, alia interna: neu- ti'aque vero salutis nostrae proprie causo dici possuiit , cum apostolus scripserit; non ex operibus iustitiae, quae fecimus nos, sed socundum suam raisericordiara salvos nos fecit. Sunt nìhilominus interna opera, in adultis saltem, necessario an- — 767 — tecedentia salutem : ut sin© quibus salus neutiquam continge- re possit. Externa vero opera non itena, quae tamen, si adsit operandi facultas et oportunitas non aliter ab internis pro- veniunt, timore videlicet Dei, poenitentia, tìde, spe, charitate, invoeatione Dei, qnara boni fractus soleant e bona arbore suo tempore provenire . . . Utraque profecto bona opera, inter- na scilicet et externa operanti saltem certissima indicia sunt consecutnrae salutis, f. 44, p. 1. Opera bona ... et tempora- lium bonorum et aeternae vitae remuneratione Deus dignatur, f. 44, p. 2. Chiesa universale, tnitì i credenti in Cristo. Chiesa partico- lare, eorumdem fìliorum Dei certura numerum . . . certo loco congregatum . . . qui ex particularibus ecclesiis coUectus, ipsam catholicam ecclesiam repraesentat. Cujusmodi coetum esse oe- cumenicum concilium non dubitatur, et vacante concilio, vel etiam coacto, in iis quae ad ipsam, juxta sacros canones, per- lineant, Romanam Curiam, modo sit legitime constituta et in Spiritu Sancto administrata, f. 48, p. 2. Il papa chiama ve- scovo universale, e soggiunge: episcopi consuetudine, non dominicae traditionis veritute praesbyteris praesunt , f. 51, p. 2. Del Concilio. Non est credendum synodum esse ecclesiae sacros.*® orthod.'^e oecuraenicam seu catholicam , in Spiritu Sancto congregatane, quae ex solis ecclesiae ministris collecta sit, et in qua soli ecclesiae ministri de omnibus decernunt, nisi tales fortasse ministri sint qui a suis ecclesiis particula- ribus libeVe et legitime electi , ad catholicam Synodum cum eo mandato directi fuerint, vel legati, f. 55, p. 2. Ad Synodum sine disquistione legati , si inepti cogniti fuerint, submovean- tur, f. 95, p. 2. Purgatorio non ammette, f. G4, p. 2. Della confessione auricolare. Ex illis verbis Servatoris, quo- rum remiseritis peccata remittentur eis et quorum retinueritis retenta sunt, non necessario conficitur ad tale iudicium . . . oc- — 768 — cultorura etiarn peccatorum et, enormium quaravis in aurera, in specie (ut aiunt) enumerationera requiri, f. 75, p. 2. Belle indulgenze. Indulgentias nihil aliud esse proprie in- telligimus, quam certa de causa, de pontificis iure remissio- nera, legibus canonicis solutionem et poenarum canonicarum in primis relaxationem. Nec dubitaraus in ejusdem potestate esse has poenas condonare, f. 77, p. 2. Dell' eucarestìa. Non ut peccatorum remissionem et aniraa- rura salutem iam primura promoveamur, sed ut passionis do- minicae meraoriam recolentes Deo gratias agamus prò salute nobis in cruce impetrata, et ibi promeritara remissionem et redemptionera nos credere apud alios profìteamur, f. 80, p. 2. Sacramento dell' altare conservato per il culto, non ammet- te : « non enim osservantibus sed accipientibus eomedentibus et bibentibus in sui memoriam, ex Christi institutione, sacramen- tum corporis et sanguinis eius est. » f. 85, p. 2. Messe private. Sanct. Anacletus episcopus et martyr. . . non arbitratus est comunionis et eucharistiae sacramentum a solo sacriliculo sumi debere vei ad caenam sacram tantum specia- tores, quicquam pertinere, aut alium prò alio sacramentum hoc sumere iitiliter posse, f. 86, p. 1. Sul voto. Quaecunque Deo pie voverimus, eidem religiose, prò virili, exolvenda esse, nemo, sanae modo mentis, ambi- get, f. 87, p. 2. Bell anticristo. Ille tamen in primis Antichristns (fra i molti visibili avversari della Chiesa) et agnosci et appellali debet, qui . . . extollitnr supra onine id quod dicit Deus aut (juod colitur ita ut ia tempio Dei sedeat, ostendens se tau- quam sit Deus et denique, clirisliani nominis et religiouis prao- textu, Chrisliim ipsum ouuiium maxime impiignat, f. 92. p. 2.. Antichristiim oon.i fu dottore Gagnola su t(!nii contemplati nel suo testamento, cioè: <( 1. Sulla natura de' miasmi e contagi. » <• 2. Sulla direzione dei palloni volanti. » Si desidera ohe i concorrenti a questo tema si propongano di applica- — 775 — ro .lU'acreonautica i più reconti trovati nella produzione del gas idro- geno, nella confezione dei sacchi impermeabili e resistenti (gutta-percha, caoutchouc, ecc.), e nei motori (a gas, elettro-magnetici, ecc., per eliche, ruote e timoni), mediante studi! sperimentali, atti a dimostrure comi) '<^^'^- mente possibile un viaggio aereo con direzione determinata. « 3. Sul modo d'impedire la contraffazione di uno scritto. » Si offre quindi il premio di L. 1500, e di una medaglia d'oro di L. 500, a quei nazionali o strani, ri i quali, con Memorie manoscritte o con opere stampate in lingua italiana o latina o francese, si constatassero autori di una scoperta fatta dal 1870 in poi, assolutamente comprovata, di rilevante vantaggio alia società, e di progresso, relativamente ad al- cuno degli accennati temi. Le Meitìorie e le opere stampate dovran- no essere presentate entro il febbrajo 1875. Pei manoscritti, potrà, chi voglia, seguir le formalità accademiche delle schede suggellate ; le opere a stampa saranno prodotte in doppio esemplare, colla precisa in- dicazione dei passi ove si tratta della scoperta in questione. Anche i Membri del R. Istituto sono ammessi a concorrere, ma dovranno noti- ficarsi prima, e non potranno prender parte alle relative disamine e de- liberazioni. 11 premio potrà essere aggiudicato anche in parte: e l'ag- giudicazione avrà luogo nella solenne adunanza del 7 agosto 1875. La stampa e la conservazione dei manoscritti si farà come pel concorso ai premii ordinari della fondazione Gagnola. 'l'ama per Panno 1874, proclamato nel 1867, e riproposto il 7 ago- sto 1872. — « Determinare, in base alle cognizioni chimiche e con op- portuni esperimenti, quali siano i migliori mezzi antifermentativi ed anti- settici, quali i migliori disinfettanti e deodoranti, sia semplici, sia com- posti ; indicandone la preparazione per gli usi occorrenti diversi, e il co- sto relativo ; facendosi carico altresì degli studii particolarmente recen- ti nell'argom' nto. » — Tempo utile pel concorso, tutto febbrajo 1874. Tema per l'anno 1877 proclamato il 7 agosto \Sli. — « Indicare un melodo di cremazione dei cadaveri, da sostituirsi all'attuale inuma- zione, a fine di spianare la via a quest' igienica riforma, già proposta e accolta nel Congresso medico internazionale del 1871. — Si dimostre- rà con buone ragioni, avvalorate da sperimenti sugli animali, che il metodo indicato è innocuo, spedito, economico, e tale da soddisfaVe ai riguardi civili. » — Tempo utile pel concorso, tutto febbrajo 1877. — Il premio per ciascuno di questi concorsi è di L. 864. La Memoria premiata rimane proprietà delT autore . ma egli dovrà pubblicarla cu- — 776 — tro un anno dall' ag-g-iudicazione, conse^andone otto copie all'Ammi- nistrazione dell'Ospitale Mag-giore di Milano, ed una all'Istituto, per il riscontro col manoscritto : dopo di che soltanto potrà conseguire il premio, PREMIO STRAORDINARIO SUSANI SULLA CONSERVAZIONE DELLE OVA DEL BACO DA SETA. Concorso per Vanno 1875. — Il sig'nor ing'eg-nere Guido Susaui, premiato nell' anno 1872 da questo R. Istituto per il suo stabilimento di Cascina Pasteur, in Brianza. ha generosamente destinato l' impor- to del premio ricevuto, aggiungendovi anche del proprio altra somma, per rimunerare chi sciogliesse un tema in vantaggio della bachicoltu- ra. Il quesito che si pone al concorso, stabilito in accordo col donato- re, è il seguente : « Esporre 1' embriogenià del baco da seta, allo sco- po di determinare sperimentalmente le cause che valgono ad accelera- re 0 ritardare lo schiudimento delle ova, e l' influenza che queste cau- se esercitano sull'allevamento dei filugelli. Saranno principalmente da studiare le influenze delle mutazioni meteorologiche (a ciò anche arti- ficialmente promosse), quando avvengano nel periodo di conservazio- ne delle ova che si vogliano fare schiudere all' epoca normale. — « Al- la relazione degli esperimenti si dovrà unire il giornale di allevamen- ti d'almeno un grammo di ova, condotti da seme cellulare selezionato, che abbia subite le dette mutazioni meteorologiche (segnatamente ripe- tuti salti di temperatura, prolungati per tempi diversi fra loro). Questi allevamenti dovranno condursi cosi, da renderli comparabili coli' anda- mento di un lotto di confronto, tolto dallo stesso seme, e conservato lodevolmente in modo normale. A parità di merito, si darà la pre- ferenza a chi abbia esperimentato cosi sulle razze indigene, come sulle giapponesi. » — Tempo utile poi concorso, 2 gennajo 1875. — Il pre- mio è di lire 1500. L'Istituto si riserva, qualora lo credesse utile, di comunicare al pubblico.'nel gennajo dolio ste.sso anno lb>75, i pro- cessi contenuti negli scritti presentati, allo scopo di provocare una più estesi e vantaggiosa constatazione dei fatti addotti, inaiitoneiido però som])re il segreto sui iKuni de' oonoorronti. — 777 — FONDAZIONE LETTERARIA DEI FRATELLI GIACOMO E FILIPPO CIANI. Il signor dottor Antonio Gabrini, di Lug'ano, coir animo d'onorare la memoria dei fratelli Giacomo e Filippo Ciani, e di rispondere a un bisogrno altamente sentito in Italia, quello cioè di giovare con buoni li- bri alla educazione morale e liberale del popolo, nominò, con lettera del 1." luglio 1871, il Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere de- positario e amministratore di due certificati di rendita pubblica italiana, di annue lire 500 ciascuno, disponendo che sieiio erogati, a giudizio del- lo stesso Istituto, in concorsi a premli triennali, come segue : — I. Un concorso al premio d' un titolo di rendita italiana di L. 500 annue, da assegnarsi nel 1875, all'autore del miglior Libro di Lettura per il po- polo i/aliano. — II. Un concorso a premii triennali di L. 1500, da as- segnarsi coi frutti dell' altro certificato di rendita, ad autori d' altri scritti dettati collo stesso intento di giovare all' educazione del popolo, secondo le norme che saranno, di volta in volta pubblicate dall' Istituto. Concorso per ì' anno 1875. — Il R. Istituto Lombardo di scienze e lettere annunzia il concorso al primo dei premii suindicati, quello cioè di un titolo di rendita di L. 500 annue, da conferirsi nel 1875 all'au- tore di Un libro di Lettura per il pojìolo italiano, che risponderà a tutte le condizioni del programma qui riassunte : — L' opera dovrà es- sere di giusta mole e, qualunque ne sia la forma letteraria, dalla uar- tiva alla drammatica, avere per base le eterne leggi della morale e le liberali istituzioni, senza appoggiarsi a dogmi o a forme speciali di go- verno. L' autore avrà di mira, eh' essendone il concetto eminentemen- te educativo, 1" espressione ne sia la più facile e la più attraente, in modo che possa diventare il libro famigliare del popolo. Sono ammessi al concorso italiani e stranieri di qualunque nazione, purché il lavoro sia in buona lingua italiana, ed in forma chiara ed efficace. Anche i mem- bri del R. Istituto sono ammessi a concorrere, ma dovranno notificar- si prima, e non potranno prender parte alle relative disamine e delibe- razioni. L' opera dovrà essere originale, né mai prima d' ora pubbli- cata. Il tempo utile alla presentazione de' lavori sarà a tutto dicembre 1874. L' aggiudicazione del premio avrà luogo nella solenne adunan- za dell'Istituto del 7 agosto 1875. Pei manoscritti, potrà, chi voglia, seguir la formalità accademica della scheda suggellata, coli' indicazio- — 778 — ne del nome, cognome e domicilio dell'autore. Non saranno accettati manoscritti che non siano di facile lettura. — Il certificalo di rendita perpetua sarà conse'£sidente, F. Beioschi. J segretari L. Cremona. G. Carcano. Milano, 15 dicembre 1872. Serie IV, Tomo ti. 99 ANNO 1872-73 QUARTA DISPENSA ADUNANZA DEL GIORNO 27 GENNAJO 1873 -eoo Il m. e. Cappelletto fa la seguente comunica- zione INTORNO AD UN NUOVO TROVATO PER LA TELEGRAFIA ELETTRICA. Al cadere dello scorso decembre i giornali ci an- nunziavano, che in Inghilterra certo sig. Preece, inge- gnere addetto al servizio postale, trovò modo di otte- nere il simultaneo incrociamento , sullo stesso filo telegra- fico, dei dispacci 'proxenienti da direzioni opposte, e che con pieno successo furono spediti parecchi telegrammi contemporaneamente da Londra a Penzance, e viceversa, per una distanza di 330 miglia. Pare che taluno, direttamente interessato nelF eser- cizio della telegrafia elettrica, ne avesse di già'ricevuta notizia anteriormente, e che, fatte pratiche per averne ragguagli, e per acquistare gli apparecchi della nuova invenzione, non ci sia riuscito pel riserbo in cui è tut- tora tenuta V invenzione stessa. Tali notizie richiamarono il mio pensiero su quello argomento,' sul quale da parecchi anni fece uno stu- — 782 — dio il membro effettivo di questo Istituto sig*. prof, cav. Giusto nob. Bellavitis, dandone anche partecipa- zione air Istituto stesso. Poco dopo io pure studiai una disposizione che ritenni soddisfacente allo scopo, e che mi limitai a partecipare a qualche amico, senza poi darvi alcun seguito. Ora nella circostanza che dopo queir epoca la tele- grafia elettrica prese tanto incremento, e che si attiva- rono le grandi linee telegrafiche sottomarine, per le qua- li specialmente la nuova invenzione sarebbe di grandis- sima utilità : e nelF imminenza d' una prossima diffu- sione d' un trovato di tal genere, sorge i! desiderio che venissero chiarite, e possibilmente attuate le risultanze degli studii qui fattisi in tale argomento. Siccome poi un qualunque nuovo sistema riguardante un pratico esercizio, per quanto si presenti favorevolmente, pure per venire ammesso vuol essere-sancito dairesperienza, così converrebbe trovar modo di sperimentare il siste- ma Bellavitis, al qual effetto le occorrenti spese si ri- durrebbero probabihuente a poca cosa, se V Istituto ot- tenesse, come non è difficile, di fare l'esperimento presso un ufficio telegrafico dello Stato. In quanto al mio sistema, io no misi a parte il capo Divisione dei telegrafi presso le ferrovie delTAlta Italia distintissimo sig. ing. cav. Maroni, il (pialo dichiorntosi persuaso della mia proposta, colla somma gentilezza che lo distingue, mi promise di farne egli stesso Tespe- riniento : e di (juesto esperimento, eseguito che sia, non mancherò di ragguare, il quale dopo avere percor- so col proprio alunno il mondo visibile ed il morale, dopo avergli aperta la mente, ringagliardita la volontà e ravvivato T animo, gli mostra a ricom'pensa la glo- ria : non già quella che vanamente si adagia sugli onori e sui gradi, bensì la vera,« che si genera e cresce nella opinione delle genti, la cui origine ò tutta nella invio- labile proprietà del pensiero e del sentimento che ap- partiene a ciascun uomo, e della quale solo dispensa- tore è il pubblico. » La vera gloria, la duratura non vuole essere confusa con la contemporanea allo scrit- tore, talvolta effetto qiuesf ultima di cu'costanze tran- sitorie, gloria da non proporsi a guiderdone, perchè pe- ricolosa anche al principale delT arte stessa, pericolo- sa air animo, e talvolta anche schiava. La vera gloria che lo scrittore può desiderare a premio, è radice di tutti gli nlti pensieri, è nel sentimento di tutto il gè- — 800 — nere umano. Insomma il Bianchetti vuole che il suo Scrittore ami la patria, la umanità, che aggiusti fede all'avvenire dell' anima umana, propugnando elette idee e nobili sentimenti . Poscia l'autore procedendo al suo intendimento, guar- da quanti professano le lettere giusta i diversi ordini, nei quali si possono eglino differenziare. Li considera in loro stessi e nei rapporti che hanno con la società, nei rapporti fra loro medesimi, e nel giudicio che altri ne faccia. Sotto il quale quadruplice aspetto ti distin- gue il Bianchetti la letteratura o di calcolo o di senti- mento, te ne mostra o la missione, o la professione, o il mestiere, te la rappresenta obbligata a patrocinare le idee supreme del vero, del buono, del bello, ma non senza modificarsi secondo le spericnze della vita degli uomini e dei popoli. E via seguitandolo, ti abbatti nelle malagevolezze, nei compensi, nei difetti, nei vizj dei let- terati, e segnatamente nei buoni e cattivi effetti dell'a- mor proprio, fiella maggiore o minore osservanza in cui tengono i popoH il ministero della penna. Poi li vedi codesti letterati da presso ai grandi ed ai ricchi, da presso alle donne; vedi ibeneficii che ne possono trarre, purché dalla dignità propria non si allontanino ; e gli scorgi anche intrinsecati fra loro medesimi nel conver- sare, nella stampa periodica, nel commercio epistolare, nella reciprocazione dei consigli; li vedi di fronte ai reggimenti civili, e ne li mir^ o compressi o rattenuti 0 liberi, per poi vivere degnamente non già sotto l'egi- da dei mecenati, bensì nel giudicio di quel tribunale eh' è la pubblica opinione. Ed ecco adesso l'autore in- nalzarsi a considerare il letterato come letterato, cioè lo sviluppo già avvenuto delle sue facoltà nell'eserci- — 801 — ^io delle lettere : vale a dire entra egli nel gabinetto dello scrivente, stabilisce una specie di nuova psicolo- gia per esaminare i modi che assumono le facoltà stesse dello scrivente, gli accidenti che succedono in lui e per vedere gli effetti che agiscono in tutto l'uomo a mo- tivo dell' antedetto esercizio. Osservazioni in parte di quasi troppo accurato microscopista. Nel disegno che intorno alla letteratura raffigu- rava il Bianchetti succedono allo scrittore ed agli uo- mini di lettere i lettori. Come abbiamo storie della letteratura, 1' autore vorrebbe una storia dei lettori, da cui spiccasse il perchè della maggiore o minore dif- fusione di libri anche assai meritevoli ; termometro questo al vario stato intellettuale d' una nazione, con- fronto di civiltà tra popolo e popolo, donde la psico- logia anche dei lettori, e così di seguito con altre si- miglianti considerazioni , talora di soverchio minute, tuttavolta legate per ordine a mostrare lo stretto nes- so di associazione nelle idee dell' autore, la cui lunga tela si svolge con sottilissima tessitura. A compimento della quale toccò egli da tutte par- ti l'ampio campo della parola, ragionando dei Parlato- ri 0 pensatamente , o improvvisamente favellino, o fami- gliare ne sia, o solenne la locuzione ; raccostò gli abili nel parlare e non nello scrivere coi valenti all'opposto, ne cercò le cagioni, confrontò i diversi amor proprii, ì differenti vantaggi, che dalla scritta e dalla parlata pa- rola procedono, indagò del parlatore i prestigi, le qua- lità, la forma del dire, i rapporti dissimih che corrono fra conversazione e letteratura, ascrivendo di quella la direzione alla donna e raccomandando la preferenza della lingua al dialetto. E tutte queste molteplici di- — 802 — stinzìoni analitiche sa infiorare il Bianchetti di una erudizione, che netta d' og*ni pedanteria e sparsa con avveduta parsimonia ti arricchisce di utili e piacevo- li cognizioni. Andrei troppo per le lunghezze, se dovessi tenerv i ragionamento delle sue molte monografie, alcune delle quali vi sono già conte perchè da lui profferite in questa aula medesima ov'egli siedette piiì anni vicesegreta- rio. Dirò bensì che segretario e relatore qual fu dell'A- teneo di Treviso ne riferì per più anni i lavori con finezza di critica. Svolsepure i principii di estetica, parecchi tra- passati lodò con applauditi scritti encomiastici , non uscendo mai dai termini del vero e del giusto , me- scendovi la temperata censura dove facea di mestie- ri , lasciandosi ire a nobiltà ed a vigore di sdegno contro la malignità degli uomini verso i valenti e gli onesti , ed impinguando di svariate riflessioni il det- tato sia che ammiri nel Filangeri il maestro ed il conduttore di popoli, sia che corra V atlantico col Co- lombo, 0 vagheggi le meraviglie dello scalpello nella man del Canova ; o al vaticano ripari con Niccolò Boc- casini trivigiano, che fu Benedetto papa XI onore della sua patria e della cristianità ; o nella succosa tavolozza del Paris Bordone contempli la più viva espressione di una fantasia ricca e possente, di un sentimento ga- gliardo, 0 rappresenti nel suo Benozzo l'arte diiBcilis- sima dello ammaestrare, o rivendichi la fauui postuma di Francesco Lomonaco, o via sull' orme d'altri uomini di penua o di azione metta cuore e mente a rivelare le belle opere dello intelletto e dciranimo. Il libro intitolato Olulia Francardi offre memorie d' una bennata famiglia, i cui })uri costumi sono Io — 803 — specchio della tranquilla sua vita a'piedi de'colli ameni del Trivigiano. È un racconto che mira a fine educa- tivo e morale, e per conseguirlo procede con piana e semplice tessitura , non disgiunta dagli ornamenti e dai prestigi dell' arte, ma priva del consueto apparato drammatico di molti romanzi moderni. Il forte della opera arieggia la Nuova Eloisa del Rousseau, e le con- dizioni in cui sono posti i due principali attori nel rac- conto del Bianchetti corrispondono in vero a quelle dei due celebri protagonisti del celebre Ginevrino. Nell'u- no e nell'altro componimento il dovere reprime a gran pena il sentimento dell'amore, ma i caratteri dei perso- naggi, i particolari delle narrazioni, gli avvenimenti e lo scopo ultimo, differiscono essenzialmente traloro nei due dettati. Un critico famoso, il signor Gourbillon, che nel 1827 diede un giudizio sul racconto del Bianchetti, osserva che gli amori di Giulia e di Saint-Preux sono un capo d' opera che si ammira, ma che si dovrebbe coprire con denso velo, mentre la storia degli amori del- la Giulia italiana può venire letta ed ammirata dalla donna piìi vereconda, e passare dalle mani d' una ma- dre in quelle d' una giovane figlia senza verun perico- lo, anzi come utile guida nelle più ardue prove della sua vita. Ad abbellire la narrazione guardò l'autore al caro paese dov'egli nacque, domandò le tinte della sua tavo- lozza a quelle colline liete di verzura e di vigneti, alle non lontane giogaie delle alpi, al fremito del Piave precipite fra quegli anfratti, a queir aure pregne di vi- ta, alla vicina pianura che di bianchi villaggi pittore- scamente si popola. La purità del linguaggio, il nitore dello stile che or- nano quelle scene, avvivano anche le molte sue lettere, Serie ir, Tomo IL 102 — $04 — Ov*è pure un discorso sul Romanzo storico, e delle qua- li fino dal 1822 tenne copia insieme con quelle mandate a lui dagli amici, fra cui si noveravano illustri italiani, come a dire, per tacere degli altri, il Viesseux, il Me- nico, il Bernardi, il Giordani, il Manzoni. E qui mi permetto di narrarvi una sua costumanza. La calligrafia non era il pregio principale di lui, sicché gentile d' animo siccome fu sempre in verso gli amici, non voleva che costasse loro soverchia fatica la lettura dell'epistole sue, che facili e leggiadre gli venivano dalla penna. Il perchè non appena aveva vergato il foglio, lo avreste veduto sorgere dalla consueta sua sedia, lascia- re la sua scrivania e ad altra recarsi, ove lo aspettavano altro calamajo, altra penna, carta diversa, su cui con tollerante rassegnazione trascriveva il dettato così esattamente, così chiaramente, che ne usciva una spe- cie di minuto e gajo disegno. Di queste lettere io po- trei mostrarvene alcune, eh' ebbe la bontà di indirizzar- mi. Tanta pazienza in queir uomo, non certamente a ciò dalla natura portato, non solò significava cortesia, ma mi ricorda una sentenza dello storico Nardi, il qua- le disse « non essere sapiente se non il paziente, né es- sere paziente se non il sapiente. » E diedesi anche ad accurate investigazioni intor- no ai modi della italica locuzione, quando in difesa di stabilite forme grammaticali da mala consuetudine nella stessa Toscana travolte, quando dalla censura di alcuni vocaboli traendo argomento di maggiore im- portanza alla censura di certi nuovi pensamenti, ora accennando alle^ragioni nazionali della nostra favella, che, secondo i tempi ora domandano, avranno presto uno (^strenuo propugnatore in altro illustre nostro collega. — 805 — L' animo del Bianchetti, piiì che in altri suoi lavori, si manifestò nel mentovato elogio al suo maestro, al- l' ab. Benozzo. Inclinato sempre a tutto che sapeva di virtìi, sempre sincero, per natura meditabondo, geloso d ella vera dignità di sé stesso, insofferente di sociali pastoje, costante nei vincoli delF amicizia, di parola as- sai facile, nel conversare grave a un tempo e brioso acchiudeva tale un accordo di morali qualità, da copri- re qualche dissonanza, che quasi dissi talvolta scat- tava dalla nervosa sua tempera. Sinceramente italiano e monarchico fu nel 1848 del Comitato di Treviso, e recossi allora oratore a Venezia; rioccupata quella dagli austriaci, ne migrò, poi di nuovo a Venezia fino al termine della gloriosa sua resi- stenza. Nel 55 siedette per tre anni bibliotecario comu- nale nella sua città, e spontaneamente si tolse da quel- r incarico ; rifiutò una cattedra nella università di Pa- dova offertagli dall'arciduca Massimiliano ; dal Governo nazionale fu chiamato fra i senatori del regno, ma la età grave gì' impedì di prendervi scanno : non gì' im- pedì per altro nella romita sua stanza 1' usato studio e la usata meditazione fino agli ultimi giorni suoi, di gui- sa che parrebbe che Plinio avesse con lui favellato, quando scriveva: Hoc (cioè lo studio) sit negotium tuum^ hoc otivm ; Me iahor, haec requtes ; in his vigilia, in his etiam somnus reyonatur. Lib. 1, ep. 3. Ed infatti lo stu- dio, 0 signori, fu veramente del Bianchetti la vita (1). (1) Mi corre debito di gratitudine vergo il prof. D. Feliciaco Fol- tran, per ingegno, e studii prestante , che secondava sollecito la mia preghiera, inviandomi da Treviso alcuni accenni intorno alla vita del Bianchetti. — 806 — Il m. e. A. A. Cappelletto legge una Nota sul pendolo conico, proponendola come pensò pel volu- me delle Memorie. Trasportandosi da Desenzano a Trento la salma del defunto collega Tomaso Gar, si prega il comm. dott. Fedele Lampertico vicepresidente, di assistere alla funebre cerimonia che sarà tenuta il 28 feb- braio 1873 a Desenzano, e di rappresentarvi l'Isti- tuto Veneto^ memore di quel!' illustre uomo che gli fu onorevole membro e presidente. Il prof. ab. Giuseppe Meneguzzi, direttore del- l' Osserv. del Sem. patr. di Venezia, presenta il Bol- lettino meteorologico da lui compilato, con osserva- zioni statistiche e mediche dei m. e. Giacinto Na- mias e Antonio Berti, pei mesi di marzo e aprile 1872. — 807 — Marzo 1872. Barom etro a 0^ in millimetri Giorni 6 ani. 9 ani. 12 m. 3 poni. 6 poni. 9 pom. Medie C 1 •)764.50 764.77 76470 763 88 763.66 764.15 764.28 2 03. 31 63.85 65.96 63.79 64.:ì6 65.66 64.51 o 4 68.51 69.34 69.98 70.15 70.61 71.60 69.85 7:.'.22 73. lU 75.00 72.09 71.59 72.00 72.55 5 69.82 70.01 69.08 67.08 66.65 (6 60 68.20 6 6f).20 64.65 65.50 64.45 6548 64.58 64.60 7 64. OU 64.48 64.10 65.10 63.54 62.78 65.65 9 8 61.59 61,57 62.87 61.13 60.94 61 .20 61.55 9 61.23 61 80 62.58 61.69 62.08 61.76 61.8 ■• lU f59.16 60.04 5886 57 56 56.72 55.94 58.04 11 57.15 5899 59.58 581^9 57.95 58.23 58.55 4^ 56.20 56.58 56.65 56.55 56.54 56 95 56.57 li 56.38 56.97 56.31 54.87 5169 55.52 55.79 d4 lo 53.93 53.64 52 97 51.89 51.05 51.55 52.46 51.32 52.59 53.01 53.49 54.50 55.62 55.59 16 58.65 59.49 60.02 59.29 60. 1 1 60.78 59.72 I 17 61.50 62.59 62.19 61.03 60.92 61.51 61. .59 18 60.59 60.25 58.84 55.75 54.05 52.10 56.86 19 47.86 47 62 48.26 47.82 47.78 47.61 47.82 ^0 47.00 47.79 48.23 47.69 49.79 50.09 48.05 21 52.37 53.12 52.79 52.08 52.09 52.79 52.54 22 52.59 52.99 52.92 52.79 55.08 53.68 55.01 23 55.00 55.42 56.08 55.55 55.25 54.94 55.40 24 52.45 51.45 49.90 47.01 46.14 45.36 48.72 @2o 58.25 38.52 58 61 58 84 41.06 42.56 59.61 26 48.75 50.67 52.13 52.50 53.10 54.47 51.95 27 5679 58.43 59.66 59.98 61.15 62.29 59.71 28 62.79 63.56 65.22 65.06 65.01 63^27 65.11 29 62.66 62.59 62.15 62.09 61.08 62.57 62.14 30 60.44 60.11 59.16 58.51 57.:;7 57.10 58.76 31 53.53 53.04 51.86 51.38 50.49 50.28 5176 Medie 57.92 58.57 58.55 57.57 57.87 57.88 57.99 '*) l>e altezze sono dimÌDuile di 700inm. — 808 — Marzo Termometro centigrado al Nord Gioì Ili 6 ani. 9aiit. 12 in. 5 poni. 6 pnm. 9 pom. Medie 0 0 0 0 0 0 0 1 + 5,0 -f- 4.0 -h 7.0 + 8.7 + 7.6 + 7,5 +6.50 "2 5.7 7.1 100 10.5 9.1 9.0 8.56 5 6.8 10 0 11.9 11.8 10.7 99 10.18 4 6.2 8.1 10.1 1 1 .5 9.8 8.7 9.05 5 4.7 6.5 9.7 11.2 9.2 9.6 8.48 6 6.7 8.6 lO.O 10.5 97 8.6 8.98 7 78 85 10 6 11.8 11.1 9.6 9.90 8 7.0 7.6 10.5 11. i 10.0 9.6 8.50 9 7.9 9.9 11 9 15 9 15 2 12.0 11.46 10 12.5 12.3 12.9 15.5 14.1 10.3 12.56 11 8 9 9.0 10.9 12.8 12.4 11.5 1U.92 i2 M 0 11.5 15.6 14,1 15.4 11.5 12.55 13 9.6 9.4 11.1 10.5 9.5 9.2 9 82 U 6.5 6.8 7.1 5.5 6.6 6.6 6.68 it, 6.2 7.9 9.9 11.1 9.4 9 1 8.85 i& 8.0 8.5 12.5 15,9 12.7 12.2 11.45 17 10.7 12.6 14.2 15.4 15.5 12,5 15, OS 18 96 11.2 14.2 14.1 14.4 11.7 12.^0 19 9.2 8 1 7.9 8.8 86 8.0 8.55 20 6.0 8.7 11.1 9.9 9 2 8.9 8.47 21 5.9 7.0 10.1 8.9 9.9 7.0 7.80 22 5.5 6.2 7.6 9.1 8.1 7.6 7.40 23 5.5 6.5 8.1 8.4 7.9 7.9 7.21 24 7.7 9.9 9.4 11.2 11.6 7.1 10.25 23 il.l 10.0 9.5 10.2 9.9 7)7 10.05 26 7.6 90 10.9 11.2 10.1 9.5 9.8rs 27 9.4 10.4 12.9 14,1 15,0 10.2 11.85 28 10.2 11^5 15.7 14.1 15.5 12.5 12.68 29 10.1 12.9 14.4 15 6 14,1 13.1 15^1 30 11. L> 15.4 14.8 15.5 15.4 12.4 15.43 51 11.5 15.6 157 14.0 15.0 12.2 12.97 Medie 8.32 9.''1 1 1 .40 1 1 .97 11,10 10.53 10.50 809 — Marzo Umidità assoluta o tensione del vapore in mm. Giorni 6 aul. 9 ant. li> pom. 6 poni. 9 poni. Medie 1 4.2Ó 5.19 y 6.i>2 6.03 t) 0.67 6.36 4 4 99 5.10 5 o.o8 5.74 (i 5.20 5 77 7 7.12 7.49 8 4.61 6.48 9 6.U8 608 10 5.^8 6.47 11 8.29 8 00 1^ 7.61 8.14 lo 7.17 6.85 14 5.45 5.46 \ì\ 6.13 6.73 16 7.23 770 17 6.85 6.76 18 6 j.'i 7.25 19 5 8i 5.74 i.>U 0.04 6.80 i>l 4.28 5 90 '"22 4.19 4.28 '2Ò 5 28 6.39 24 7.24 8.51 2l) 9.42 8.45 i'H 6.48 6.95 27 7."/0 6.51 28 7.33 8 39 29 8.26 8.39 o(J 8 44 8 47 r.i 8.87 8.66 Icdie 6.38 6.70 6.09 6.36 5.78 5 63 6.99 5.80 7.97 7.21 695 7.05 8.50 7.97 6 97 5.28 6.93 8.02 5.92 6.65 5.97 6 37 4.54 4 46 6.61 8.81 8 16 7.61 6.58 9 3.J 9.40 9.55 9.05 6.fJ9 6.25 6.65 5.62 5.92 6 67 6 29 7.72 7.91 6.69 6.81 870 8.17 6.52 6.22 7 43 8.04 5.55 8-42 5.87 4.14 3.75 5.79 7.59 9.56 8.21 7.57 7.48 9.19 9 86 10.01 9 25 7.19 5.94 6.56 5.94 5.92 575 8.04 802 7.59 5.81 6.45 9.20 8 20 5.-8 622 7.17 8- 14 598 8.45 4 27 5 27 2.28 5.56 7.40 7.75 7. 65 6.41 8.09 8.55 9.71 9.95 10.(5 7.45 6.43 6.85 597 6.02 2.49 7.54 7.17 7.28 6.19 8.51 8.62 8.14 5.41 6 64 7.47 8.44 6 12 8.02 5.80 4.31 5.25 591 7.99 9.87 7 99 7.21 7.45 9.14 9.92 9 02 9.45 .19 5.68 6.42 5.89 5 61 6.00 6.44 5 91 6.81 6 50 6.86 8.55 8.04 6.43 5.87 6.98 7 93 6 19 7.49 5.58 5 49 4 49 5.04 6.68 8 02 8.31 700 7.50 8.98 9.26 9.24 9.22 6.98 — 810 Marzo Umidità relativa in centesimi di saturazione Acqua r.lt -d"'^ a £3 ^ a> £ o s .s ce co e^ o e =• -5 quantità quantità co O) to co a> S inm. mm. 1 74 85 81 74 76 83 78.83 3.40 2 91 79 70 70 76 80 77.66 2.63 3 77 70 56 54 62 65 64.00 3.92 A 70 63 61 59 65 72 65.00 10.92 5 81 79 78 67 66 62 72.66 3.13 6 71 69 63 67 89 90 74 85 5.-^7 1.46 7 90 90 83 75 81 90 83.16 2.25 2.00 8 61 83 76 80 81 82 77.16 3.57 0.47 9 7G 67 67 56 51 59 62.66 5 40 10 54 60 63 60 54 91 65.66 4.50 11 97 95 87 79 86 85 87.85 8.59 9.65 12 77 80 69 68 77 80 75.16 2.79 i5 80 77 71 70 66 62 71.00 5.83 14 75 74 70 85 65 91 76.67 4.77 poc.goc. 15 86 84 76 75 81 86 81.55 1.77 IG 90 88 75 68 74 80 70.U0 2.12 17 71 62 49 42 52 57 55. 5U 6. "23 18 69 73 55 70 79 78 70.66 6.92 19 67 71 75 69 51 72 67.50 6.21 0.60 20 86 91 63 41 58 50 65.16 1 12 -il 60 52 4vi 43 67 70 56.85 6.6S •2ii 62 60 57 67 81 73 66.67 5.98 1.02 '27i 67 89 82 92 93 93 86.00 5.60 7.79 iii 91 94 100 9't 95 96 96.00 1.28 11.53 25 9i 94 92 88 84 92 90.06 2.50 4-6i' 26 83 80 78 74 70 77 77.00 3.20 0 68 27 86 69 59 62 73 74 70.50 4.87 1.54 ^8 78 78 8.) 76 75 86 78.85 5.75 29 86 76 77 75 81 88 80.0(1 5.62 30 85 74 76 74 87 83 79.85 5.20 5.91 31 5 88 74 77 78 9U 89 82.00 2.92 78.05 76 37 71.33 68.98 73.i)5 78 12 74.59 l'.;8.74 47.07 ^ — 811 — Marzo 1 Slato Vento inferiore e sua velocità | dd 1 i Uominanli mare o Ò 0 aut. 9 aiit. 12 lu. 5 pom. G pom. 9 pom.| Media 1 OSO 1 N ENE SSE 1 ESE ì NE vario 2 N.\0 1 NNR I ENE S 1 S 1 S 1 s o i\ 2 NNE 1 ESE 5 E 3 E 5 ESE 4 (]or. Orien. 2.00 4 N 2 NNE ESE 2 S 1 S s S 0.(J7 T) !\N0 1 Ei\E E ESE 1 ESE 1 ESE Cor. Orien. 6 A'Nh: 1 KÌSE 1 E 1 NNE 2 E ENE 1 Cor. Merid. 0.67 7 rSi\E 1 NNE 2 ENE 2 ENE 1 ENE 1 ENE 1 ENE 0.83 8 E\E 1 NNE 1 N[NE 1 ENE ENEI NNEl Cor.Fol.Or. 0.67 9 NNE 1 NlNE 1 ENE 1 ENE 1 NE 1 N 1 Cor.Pol.Oi. 1.00 10 M*: 2 ENE2 NNE 2 NNE 2 NNE 2 NNE 2 NNE 2.00 11 Ki\E 5 HNE 1 Ei\E2 NNE 1 NNEl NNEl NNE-ENE 2.16 Ì2 NNO 1 NO ONO NNO 0 1 0 (jorr-Ofcid. 0.16 13 E SE 1 ESE SE ESE 2 E 1 ENE Cor. Orien. 0.35 1'. NNE 1 NNE 1 NNE 2 NNE 5 NNE 2 NNE 1 NNE 1.67 1.-; .\0 1 ^NO 1 ENE SSE SSE 1 "^SE SSE Ili S 1 s S S 1 s S S 17 N 1 NNE 1 E 1 SSE SSE 1 SSE SSE 18 S 1 s S S 1 SSO 1 S 2 S 19 rswE 4 ENE4 E 4 ENE 1 S 1 OSO vario 2.33 :20 IN 1 i\E 1 S 1 S 1 ESE 2 NNEl vario __ 21 rvE 1 ESK 1 ESE 1 ESE 1 S 1 ESE 1 ESE 0.50 22 NNE 2 ENE 1 ENE 1 SSE 1 E 1 ESE 1 Cor. Orien. 0.67 £ A NE 1 .\i\0 1 NE NNE 1 NE 1 ENE 3 Cor. Polare 0.83 24 i\NE 2 S 2 ESE 2 SSE 5 SSE 4 SE 5 Cor. Mer . 3.16 23 S 5 OSO 1 OSO 1 0 2 0 1 ONO (ìorr.OcciJ. 2.33 26 ESE 1 h: ss E S 1 ESE 1 NNE vario 0.35 27 Ni\E 1 NNE 1 P^NE 1 ESE 1 SSE 1 OSOl NNE — 28 ONO 1 ONO oso S 1 S 2 SO 1 Or.Mer.Oc. — 29 NiNO 1 ^o SSO 1 SSO 1 S 1 SSO 1 SSO — 50 0 1 so s SSE 1 SSE 1 ESE Cor. Mer. — 51 NAE 1 ENE 1 E E 1 NNE 1 NO 1 vario — NXE \AE Coir. vario Con-. vario Correnti 0.74 (nielli. mei id. or. e poi. Serie IV. Tomo II. 103 — 812 — Marzo Aspetto dell' atmosfera '5 O 6 ant. 9 ani. 12 mer. 3 pom. 6 pom. 9 pom. -3 5_ 1 S i 2 strali 6st.ci.sp.fos.o. -st.ci.sp.fo.o 4 str.cir.leg. 2 strati 10 velato 4.33 2 3 8lr. -cirri 9 velalo 9st.cir let^. 10 10 6 7.83 3 2 strali 1 sl.cir.alS. 9slr.alSÉ. 0 4 cirr.slr. 5 ciTri str. 2.16 4 0 0 0 0 0 Q sparsi 0.— S 1 fos. all'or. 0 fosco all'o. 0 0 '2 cirr.slr. 9 slr.cir. 2. — 6 i strali 1 slr. al SE. lo pioggia lOeum.cir. IO cucii'. IO piogg. 1.— 7 lOpiogg.DoiQ. 9 slr.cuin 9 cumuli 4 cum.cir. 3 strali ist.ci.spar. 6.16 8 4 cirri slr. 9 CUOI. cirri IO cumuli 8 cu.cir.leg. 7 slr. cirri Ist.aUNO 6.50 9 10 10 lOslr.cum 8 str. cirri IO IO Telalo 9.G6 10 IO 10 10 10 10 slr.cir 00 10.— H 10 pio?gla 10 IO guc.pic. 10 9 slr. cirri 10 9.83 12 IO IO uebbier. 10 lo 10 0 8.33 13 lOcu.sl.cir. 10 cumuli 10 cumuli IO 10 cu.st.cir. 10 10.— 14 lo 10 10 io iOrai' goc. 10 velato 10 — 15 7eu.8tr.cir. 10 10 9 cum.str 4 cirri str. 10 8.33 16 7 cir.cu.str. jst.c.ci.fos.or. 7str.cum.cir 1 cirri-str. 2 slr cirri 0 4.17 17 7slr.cu.8tr. ostr cir.s|t. 1 slr cirri 1 slr cirri l strati 0 2,16 18 2 stia'i ') str.cir.lpd. 7 bl.cir.leg 9 strati 4 str.cu. cirri 0 4.50 19 10 cu sl.cir. «5 st.cum.cir. 4sl.cir.cu. 7 cir.Et.cum. 2 str. cirri 2 slr.cir. 5. — '20 2 strati 10 tum.str. ;) cir.cuui. 4 cumuli 9 cum.cir. 2 cirri 5.30 •il 9 cu.cir.str. 7 cum.cir.str. 8 ci. slr. cu IO lCrar.eoc.fr. ICrar.g.fr. 9.~ ^"2 8cu.cir.slr. 9 cir str.cu. 7 str. cirri 4 cirri-slr IO cir.str. lOslr cu. 8.— 25 10 strati IO piovigij. IO lo goccie 10 piovig. IO piogg 10.— 24 lo pioggia 10 piogij;!» 10 pioggia 10 IO lU goccio 10- 25 IO ajoccie 10 piojrgia lo pioggia lo IO str.cu. 9 piovi:;. 9.83 26 2 "strali 1 slr. luii). 8st.cir.cu. 7 slr.cir.leg. lo cir.cu. lOstr.cu. 6.33 27 10 cuui.str. 10 cuui.slr 9 slr. cum. 9 slr.cuui 3 cirri slr. 1 strati 7 — 28 lOcir.sl.cu. IO t'itilo vel. 3 cir.sliati 1 cirri 1 strali 3 slr.lci;. 4.60 29 9 st.cir.li'i;. IO cum.str. lOciel.vel. 9 cuui.cir. 9 cum.cir. ,') sl.leg.sp. 8.63 3U 9 slr. cirri 9 slr. cum. 9 si cir.cu. 10 slr. cu 5 str. cirri 1 Strati 1.16 31 9 cirri slr. 6 slr. cirri 10 cum. si. lo piovig. 10 pioggia lOpiovig. 9.16 .2 ■3 7.1 7.6 7.6 7.2 6.9 6.3 6.1 Z5 — 813 — M arzo 0 z 0 n 0 Giorni e ^• E o 2 Media ® o e Media «e cr. (M IO co OS o o 1 2 0 2 0 0 1 0.83 2 2 2.00 2 2 u 2 1 1 0 1,00 2 4 3.00 o F) i 4 4 2 4 3.33 5 3 4 00 4 4 2 4 2 0 1 2.16 4 1 2.50 0 2 0 0 \ 1 0 0.66 2 1 1.50 6 5 o 3 3 4 2 300 3 4 3.50 7 4 3 5 3 4 2 5 53 4 9 6.50 8 o 1 4 1 2 0 1.83 3 3 3.00 9 1 1 2 3 1 0 1.33 1 3 2.00 10 3 o 5 5 o 2 3.53 5 5 4.00 M 6 4 4 4 0 0 3.00 6 1 3 50 12 2 0 0 2 0 U 0.66 2 0 i.OO 15 o 0 1 2 9 3 1.83 3 2 2.50 14 4 3 4 4 3 4 3.66 4 4 4.00 15 6 3 0 2 0 1 2 00 6 4 5.00 16 3 0 () 2 1 0 1.00 3 1 2 00 17 4 2 3 2 2 2 2.50 4 4 400 18 2 0 U 2 2 2 1.50 2 3 2.50 19 7 5 6 4 3 2 4.50 7 6 6.50 20 3 1 0 1 1 1 1.17 3 2 2.50 21 3 3 5 3 1 1 2.53 3 2 2.50 92 6 2 3 3 3 1 2'83 5 2 3.50 io 4 5 3 3 5 6 4.00 4 6 5.00 24 9 3 2 3 1 5 3.50 9 7 8.00 25 7 3 5 3 2 0 3.00 7 4 5.50 26 5 3 2 2 2 2 2.66 5 4 4.50 27 2 3 5 1 1 1 2.16 2 4 3.00 28 5 1 2 1 3 2 2.00 3 3 3.00 29 3 1 1 2 1 1 1.50 3 3 3.00 30 3 1 0 1 1 2 1-30 3 3 5.00 51 5 4 4 4 2 2 3.50 5 5 5,00 Me:lia 3.77 1.93 S;.47 2.40 1.73 l.o5 2.37 3.80 3.57 3.58 814 — RIVISTA METEOROLOGICA. Marzo 1872. Pressione atmosferica. — Forte assai fu l'escursione barometrica di questo mese, da 773.10 (ai 4 ore 9 ant.) a 738.25 (ai 25 ore 6 aiit). Prima di questa massima depressione, ne abbiamo avute altre due minori, ma però abbastanza forti, una nel giorno 14 sotto V influen- za dei venti di NNE, V altra nel giorno 19 con vento forte di ENE. — Anche noi quindi ci siamo risentiti delle burrasche atmosferiche eh' ebbero i loro centri, come notali P. Secchi nel suo Bollettino meteorologico, sul principio del mese sulle coste occidentali d' Irlan- da, di Francia e di Spagna ; ai 9 sul deserto dell'Afri- ca ; ed ai 15 suU' Itaha centrale. — Il 25 fu qui una giornata veramente burrascosa, o meglio fu la chiusa di una forte burrasca che ci travagliò per tre giorni — Dopo il minimum barometrico del 15, che fu anche il minimum di tutto il 1872, abbiamo avuto subito un in- nalzamento piuttosto forte e rapido: il 28 infatti era 763.36 ; ma nello stesso giorno cominciò nuovamente a discendere e questa discesa fu, come l'innalzamento ab- bastanza rapida. — Descrivendo graficamente il movi- mento della pressione ho ottenuto una bella curva, di- stesa, con un punto culminante in principio e quasi in continua discesa sino al giorno 25. — 815 — Lo specchietto sottoposto offre le principali oscilla- zioni. Min. barom. a O** Max. barom. a 0* giorno 1 ore 6 ant. 764.50 giorno 4 ore 9 nat. 773.10 » 5 > 5 pom. 751.03 » 9 » 9 ant. 762.39 » 13 » 6 ant. 747.00 » 15 » 12 ant. 756.08 » 17 » 6 ant. 738.25 » 19 » 9 ant. 763.46 » 21 » 9 pom. 750.28 Medn ed estremi barometrici a 0° Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3p. 6p. 9p. Medii Medii dei Max. 1 Min. I. 64.93 65.35 65.44 64.48 65.35 64.60 65.02 66-04 63.78 II. 55.03 55.62 55.58 54.66 54.68 54.96 55.08 56.47 54.16 III. 53.01 54.18 54.04 53.57 53.50 54.09 53.87 55.87 56.88 Medii 57.92 58.87 58.35 57.57 57.87 57.88 57.99 59.46 56.88 Max. ass. T3.10 il 4 ore 9 ant. Min. ass. 38.25 il 25 ore 6 ant. Diff. 34.85 Temperatura. — La media superò la normale di 2^.77; ed in generale fu sempre alta. Quantunque infatti il minimum assoluto sia stato abbastanza basso (H-l°..3) per altro la media giornaliera fu per soli tre giorni in- feriore alla normale. Un abbassamento un poco signifi- cante lo abbiamo avuto ai 14 sotto V influenza di un vento forte di NNE. — 816 Meda ed estremi del termometro centigrado al Nord. Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3p. 6p. 9p. Medi! Medii dei Max. 1 Min. I. II. III. 6.83 8.57 9.58 8.96 9.65 11.12 10.46 11.25 12.51 11.39 11.69 12.83 10.45 10.63 12.23 9.48 10.10 11.47 9.59 10.31 11.62 10.50 11.83 i2:51 12.33 5.00 6.21 5.11 5.79 Medi! 8.32 991 11.40 11.97 11.10 10.35 12.22 Max. ass. +15«.6 il 29 Min. ass. +1«.3 il 1 DifT. W.Z Umidità assoluta e relativa. — Nulla di singolare nella prima. — In quanto alla seconda, varie, forti e ra- pide furono le oscillazioni e specialmente quella dal 20 ai 24. — Alle 3 pom. infatti del 20 Tumidità relativa era a 41 [minimum del mese) e nel giorno 24 alle 12 mer. era a 100. — 817 — Meda dell' umidità. Tensione del vajìoi'e in min. Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3p. 6p. 9p. Medii I. li. III. 5.53 6.67 6.96 6.06 6.94 7.09 6.58 6.86 7.54 6.64 7.05 7.90 6.57 7.97 7.82 6.74 6.89 7.94 6.35 7.04 7.54 Medii 6.38 6.70 6.99 7.19 7.15 1 7.19 6.98 1 Umidità relativa in centesimi di saturazione - Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3p. 6p. 9p. Medie I. n. III. 74.80 79.80 79.56 78.05 74.35 78.35 76.48 69.80 68.95 75.25 66.00 66.70 74.15 70.10 68.90 81.66 76.40 74.15 83.81 71.91 72.80 78.48 74.39 Medii 76.37 71.33 68.98 73.55 78.12 Idrometeore. — Copiosa la evaporazione, non però straordinaria la quantità della pioggia. La massima piovitura fu il 24; e nel giorno 7 si ebbe poca grandine mista a pioggia. — 818 — Idrometeore. Decadi Acqua Giorni eoo | evapor. | caduta riogfiia Nebbia Brina Gelo Nevejjr inedie formai quantità I. II. III. mm 4.29 4.33 3.86 p-e- P- P- nim 3.93 10.25 32.89 4 2 6 — — - 1 Media 4.16 Tot. 47.02 12 - - - - 1 Acqua evap. 128. Acqua caduta 47.07 J)iff. 81.77 Stato del cielo. — In generale coperto. — Una sola giornata bella, il 4. Fu il giorno in cui abbiamo avuto il maximum barometrico. — Devo ripetere anche per questo mese quello che ho notato nel mese scorso cir- ca alla corrispondenza cioè delle due curve che gratìca- mente rappresentano il movimento del barometro e lo stato del cielo. Aspetto dell' atmosfera in decimi di cielo coperto. Decadi 6 a. 9 a. 12 in. 3 p. 6 P. 9p. Medii I. II. III. 4.3 8.5 8.7 5.5 9.1 8.4 6.1 8.4 8.5 5.4 8.1 8.2 5.8 7.1 9.0 6.3 5.4 7.2 5.56 7.77 8.)7 Medii 7.16 7.66 7.66 7.23 6.96 6.30 7.17 — 819 — Ozono. — Cominciando da questo mese iio istituito un nuovo corso di osservazioni suU' ozono. Ogni matti- na alle 6 ant. espongo una cartina ozonoscopica nella solita finestra al Nord e la ritiro alle 6 pom. ; a questa ora ne espongo un' altra clic ritiro poi nel giorno se- guente alle G. ant. — Per tal maniera la cartina ozono- scopica che levo alle 6 ant. mi serve per misurare l'azio- ne de ir ozono durante la notte ; mentre quella delle 6 pom. mi dà la misura d'eli' azione dell' ozono durante il giorno. — Perchè chiaro apparisca il confronto, offro in apposita tabella tutte le cifre segnate dall'ozono calco- lato tanto nelle osservazioni triorarie come nelle due nuove osservazioni da me istituite. — Da queste osser- vazioni risulta che in questo mese V azione dell' ozono fu piuttosto mite ; ma che l'ozono nella notte fu più al- to che nel giorno. — Ho riscontrato una relazione con r andamento deli' umidità relativa. i Uecadi 6 a. 9 a. 12 in. 3p. 6p. 9p. Medii 1 Nolte Giorn. Medii I. 2.9 1.4 3.1 2.3 2.0 1.2 2:08 2.9 3.5 3.20 II. 4.0 1.8 1.8 ••2,5= 1.4 1.5 2.16 4.0 2.7 3.35 III. 1 Medìi 4.4 2.6 1.93 1.5 '2.4 •1.8 1.9 2.87 4.5 3.80 3.9 4.20 3.77 2.47 2.40 1.73 1.53 2.37 3.37 3.58 Venti. — I venii orientali e polari si disputarono il predominio ; nò i meridionali stettero indietro, che anzi spirarono con sufficiente frequenza; e di qui forse la ra- Sci-ie IF. Tomo IL 104 — 820 ^- gione della temperatura piuttosto alta dì questo mese. — Per 10 giorni abbiamo avuto vento forte. Numero delle volte che si osservarono i venti. Decadi NNO N NNE NE ENE E ESE SE I. •2 4 16 3 15 5 6 — II. 3 2 12 1 7 3 4 1 III. 3 7 — 10 3 4 4 10 1 Totale 6 38 7 26 12 20 2 Decadi SSE S sso SO OSO 0 ONO NO I. 2 6 _ — 1 — — II. 6 14 1 - 1 2 1 2 III. 7 8 3 2 4 3 3 2 Totale 15 28 4 2 6 5 4 4 Stato del mare. — Agitato nei giorni 7 e 23 ; agita- tissimo nei giorni 3, 11, 14, 19, 24 e 25. La massima al- ta marea T abbiamo avuta il 25 col minimiim barometri- co e col plenilunio. — La piii bassa marea fu ai 8 ; pre- cisamente nel giorno del novilunio col barometro in via di discesa, però ancora alto ; anzi nel giorno se- guente si ebbe un leggero innalzamento. Caratteri del mese. — Piuttosto verso il cattivo. — Molti giorni nuvolosi e quasi un terzo con venti forti. Il giorno 19 fu verso la burrasca; i giorni poi 23, 24 e ^5 furono veramente burrascosi. In questi ultimi giorni — 821 — tutti gli elementi meteorologici soflfrirono forti altera- zioni. PRINCIPALI FàTTI METEORICI OSSERVATI IN ALCUNE STAZIONI. Scrive il chiarissimo P. Secchi: Notabilissimo è sta- to il nebbione rossiccio che dava l'aspetto assai curioso al cielo il giorno 9 e la mattina del 10; -esso era dovuto ad una quantità di sabbia africana trasportata dal ven- to insieme con le nubi, che fu in copia raccolta, mista alle prime pioggie del 10, non solo qui da noi (a Roma) ma pur anche neir alta Italia. Il vento africano ci ha portato il maximum termometrico del mese a 20".6. A Roma copiosa quantità di pioggia durante questo mese ; mentre a Palermo si lamentava il contrario. Anche a Palermo ed in altre stazioni si osservò il nebbione con le stesse caratteristiche che fu osservato a Roma. Al Piccolo S. Bernardo la neve caduta nei giorni 11 e 12 ginnse a 1000 mm. Al Collo di Valdobbia durante il mese caddero mm. 2590 di neve, della quale mm. 30 caduti il giorno 9 ave- vano colore rossiccio. — 822 — Aprile 1872. Barometro a 0^ in millimetri Giorni 6anl. 9 ani. 1 12 m. 1 1 5 polli. 6 pom. 9 poni. Medie 1 754.03 754.55 754.34 754.27 754.87 7o4.o3 754.36 j2 52.38 52.63 52.09 51.52 51.1! 51.73 51.75 3 50.64 -51.00 50.96 49.63 49.26 51.66 51.66 4 52.90 54.13 54.99 54.71 55.67 56.88 56.88 8 57.18 58.04 58.10 57.96 • 58.27 57 96 57.96 6 .57.69 57.73 57.63 56 62 56 72 57.70 57.70 7 59.24 60.05 60.54 6U.88 61.64 65.86 61.05 8 65 00 6'!.70 64 30 62.64 61.72 59.81 65.U.J ® 9 51.94 50 56 51.00 51.26 53.53 54.79 52. i 2 10 54.26 55.55 5!i.50 56.47 57.1'0 59.56 57.85 11 62.42 65.48 62.04 63.27 63.51 64.52 65.:.0 12 65.56 65.68 65.27 64.09 63.45 64.02 64 65 \o 63.75 65 96 63 58 62.10 61.51 61.52 6^.7i 14 60.85 60.04 58.06 56 56 56.15 .'•)6 00 ' 57.;:!4 15 57.54 58.43 58.-7 57.46 57 O.J 58 00 57.79 j 16 ■ 57.1'8 57.87 55.75 55.78 53.07 53.29 55 i>2 17 51.10 51 21 50.55 49.16 48.52 4H.I5 49.71 18 47.44 48.12 48 06 4817 48.64 50.24 48.L'9 19 52.48 55.86 52.27 55 21 55.25 5Ì.42 55.55 20 52.56 52.55 51.60 4929 46.79 46 31) 49. Si 21 45.99 45.y5 47.24 47 27 47.85 ■18.95 47.20 22 51.26 52.66 55.51 55.71 54.06 ;;5.28 55.58 25 55.01 56.09 55.89 55.85 55.75 56.17 55.78 ®24 55.88 56.55 56.55 55 85 57 55 58.29 56.74 25 o9.8o 59.80 59.51 58.68 58 58 57.51 r8 '.-' 26 60.92 6197 62.54 61 85 61 68 6:i.28 61.85 27 61.54 61 52 60.75 59.47 58 55 59. r 3 60 31 28 58.i'5 59.06 59.05 58.65 58.57 58 8 i 58.81 29 59.34 59.96 60.16 59,15 58 85 59 88 59.07 50 58.21 59.94 61.11 61.4i 61.19 61.59 60.58 i\ÌtMÌl(* 56.70 55.72 56.59 56.18 56.12 55.7 i 56.5 i — 823 — A p r i re XG j "T^;^ ''"""* Termometro centigrado al Nor 1 Giosoi 6 ani. 9 aot. ^2 lu. 3 |)om. 6 |)()m. ; 9 pom. Medie !"■ 0 0 0 0 0 0 1 +11.1 -1-12.5 +13 9 4-14.2 + 12 5 + 11.9 4-12.68 2 12 1 14.0 14,9 14.8 13.2 12.0 15.36 3, 115 13.1 14.1 54. 1 12 4 11.3 12.81 •4 10.4 12.0 142 14.4 15.5 '12.7 12.88 3 12.5 13 0 13.7 15.1 14.6 14.2 15.85 6 13.8 lo.G 17.0 18.1 18.4 . 16.4 16.31 7 ii.2 15.7 15.4 J6.0 165 15.2 15 51 8 . 13.1 17.0 1,6 1 18.1 17.5 15.7 16.25 9: ' 119 13.4 li'A 15.2 13.7 ' .l'ò.o 13.68 •ro 9 9 12.5 13.9 , 14.9 1 i.4 15.1 15.11 11 M ! 1 2.7 14.5 14.6 i4.9 14.4 15.70 \2 10.7 15.4 16 0 17.0 17.8 15.G 15.08 lo 11.Ì5 14.4 16.4 17.7 17.2 15.1 15.38 •J4 13.4 14.7 21.5 21 3 18 6 186 17.65 io 16 13.2 16.5 18 5 18.7 18.1 14.0 16.43 I2o 16.2 • 17 8. 18.0 1 .■>.7 14.5 15.78 17 i3.0 17.4 19.5 18.0 15.6 16.1 16.76 1,^ 1.1. U 18.8 20.8 ■ 10.1. , 19 7 18.6 i7.83 19 li).9 17.1 17.9 ■17J, ■ 16.4 16.0 17.00 20 lo. 6 ■16.7 16.7 16 7 16.4 15.2 16.21 2! 12.9 13.8 166 16.1 15.0 14.5 11.70 2Ìi lo '2 15 4 17..^ 17.3 15.9 16.5 15.91 :iò 15.2 18.) 17.2 16 6 13.8 15.2 16 35 -'i 13.0 16.0 18.i 16.^ ■ 15.9 16 0 15.87 2;> 13.1' 14 7 12 8 . 14.2 14.1 14.0 14.50 •■n] 12.3 12.9 15.4 17.8 17.5 15.8 1525 2" ■ lo.G 17,6 18.0 . 18.4 17.6 16.7 17.50 i:'8 10.4 1S.7 20.5 21.6 21.1 18.8 19.00 J>1) 16.4 19.8 20 7 21.1 20.0 18 4 19 49 5Ò 16.9 17.7 15.3 • 16.2 15.5 16.5 16.23 M: àie 13.32 13.38 1672 16.89 16.04 15.15 15.58 — 824 — Aprile Umidità assoluta o ten sione de 1 vapore in mm. Giorni 6 ant 9 ani. 12 m. 5 pom. 6 poni. 9 poro. Medie 1 8.14 9.14 10.29 9 52 9.07 8.57 9.08 2 8.82 9.41 9.32 9 81 9.22 8.88 9.24 3 9.44 9.86 9.93 9.91 8 02 8.56 9.28 4 8.03 8 69 9.59 8.49 9.10 9.40 '8.85 5 9.14 9.08 10 55 7.75 8.12 8.61 8.87 () 8 99 836 8.04 8.15 9.U9 7.66 8 58 7 7.54 7 70 8.01 6.71 6.27 6.45 7.11 8 5.34 7.22 8.57 6.9U 7.05 9.10 7.54 9 8.58 7.48 7.80 8.00 729 4.37 7 22 IO 3.92 8.69 5.62 5.97 4.65 5.28 5.55 U 6.48 6.40 6.87 5.07 5.96 6 55 6.18 i2 6.05 3,86 5.90 6 05 4.69 11.45 6.52 lo 6.61 6.93 6 55 6.24 6.58 751 6 66 i4 8.78 8.38 10.38 10 90 10.51 10.94 9.98 15 9.35 7.93 7.55 8 30 9.89 10.60 8.95 16 9.59 9-48 10.07 1051 9.79 9.79 9.84 17 8.84 8.75 9.33 10.25 10.65 11.53 9.85 18 9.01 9.79 10.73 11.42 8 52 8.70 9.66 19 12.11 13.21 1215 12.50 11.99 11.87 12.30 20 1 1 .02 9.31 9.98 9.04 9.57 11.68 10.10 21 1 1 .36 11.22 10.00 10.75 7.65 8.18 9.85 22 7.53 8.21 7.78 7.71 10.28 9 55 8.47 23 8.20 8.97 10.05 12.76 9.94 Il 95 10.15 24 9.95 11.47 11.46 10 25 10 15 10.48 10.6-.> 25 9.79 11.28 10.81 10.04 10.25 10.85 10.48 26 8.C9 9 53 10.S7 8 73 10.23 10.52 9.76 27 1087 11 55 10.03 10.63 10.67 10 19 10.66 28 1077 10.24 11.67 11.22 9.92 12.04 10 97 29 10.47 9.70 9.79 10.13 10.48 10.55 10.20 30 9.34 10.15 11.38 12 11 11.28 10 79 10.84 Medie 8.74 9.06 9 34 9.10 8.87 9.40 9.08 — 825 — Aprile Umidità re ativa in centesim i di saturaa ione kn uà eviipo- caduta 'a a B £ e 1 S ~ rata o !C G^l =- e li quHiiUUi quantità O co 05 co -o Ci iiim. mm. 1 81 85 86 78 86 83 83 16 1 96 316 "1 83 84 78 78 82 84 81.50 4.81 3 91 87 80 82 76 86 83.66 5.28 1 55 4 84 81 78 7n 79 86 79.66 3.48 3.29 5 85 81 90 60 66 72 75.66 4 60 0.74 G 76 63 55 52 6(i 55 60.85 8.22 0.62 7 62 5S 61 48 44 50 53.83 12.85 8 46 5-i 61 44 48 70 53.50 9.89 9 81 64 64 62 62 38 (.1.83 7.60 lu 43 81 47 31 37 44 47.16 695 11 6-J 58 56 38 47 51 52.00 6.45 \'2 63 33 42 42 31 86 49.50 9.49 lo 64 56 45 4! 43 58 51.66 8.57 14 77 66 57 58 66 78 67.00 6.95 15 83 56 48 52 72 85 66.00 6 80 16 87 69 67 67 74 80 74.00 5.10 17 78 61 55 66 74 85 69.85 5.80 18 7U 62 59 65 48 54 59 60 5.78 19 85 89 80 83 87 88 85.33 13 20 0.85 i>0 83 66 71 65 69 94 74.66 4.97 0.80 i>l 9U 89 81 8j 59 67 76.00 4.62 10.91 22 67 63 52 52 76 68 H3.0U 6.02 1.38 23 64 59 68 90 74 88 73.83 7.10 0.91 24 87 84 74 73 75 78 78. 5U 5 10 2 26 25 80 90 81 83 85 91 85.00 2.84 7.80 26 83 85 82 56 70 80 76.00 4 18 0.29 27 82 77 65 67 72 72 72.50 5 98 28 79 63 61 59 55 75 65.00 6.45 29 74 57 56 54 64 67 6i\U0 8.17 50 64 67 88 88 90 78 79.85 12 22 14.88 Medie 75.46 69.30 65.86 62.15 66.66 75.03 68.95 189.25 49.44 . — 826 — A p r i S e j Sua, Vento inferiore e sua forza \ liei ;j mare Media Deuiinaiiti : ; 1 io ani. ;E i> E 2 ENE 1 E Mi 1 E\E l NE ENE 167 () i\ 1 ì^;ne 2 Ei\Eo E 2 E 1 Ei^E 2 Cor. Or. 1.85 7 KNE 4 E 1 E 2 ENE E S S 1 Cor. Or. O.iU 8 0^0 11 OlNOl s OSO 1 OSO 1 vario — 9 N.Nl'. 1 NNE '! ESE 1 E 1 0 1 N 1 v.irio 0.10 lU ^N0 1 ESE 1 ESE 1 SSO 1 S:-0 1 SSO SSO — 11 rs'i\o i NNE s -SE ESE 1 E 2 vario — l'2 MMi 1 iSNE li 1 ES!i ! ^l^E 1 ENE N'i\E — io N 1 El\E1 ESE SSE 1 SSE ! SSO va: io — i4 ^o 1 oso 1 SSE i S 1 S •i S i (]oi-. Mer. — 15 !\NE 1 E ESE SSE 2 s 1 ESE vario 0.10 16 [\?NK 4 SSE \ SSE \ SSE 1 SSE 1 ESE 1 SSE — 17 Nì\E i V. Er\E S 1 SSE 2 S "1 vario — IcS OSO 1 SSO 1 SSE 1 SSE 2 SO ",' SO Cor. Mer. 0.55 19 INE 1 SS li 1 SSE 2 SS li 1 SE 5 SE 1' SSE 0,67 "-U E y E ó si 2 NE 2 E o ESE 1 E 2.67 r^i li 1 OSO SO i t\0 1 OSO 2 SO 1 SO 1.50 'i"À SSO i s'^SO SO 1 OSO 1 s 1 OSO ; Cor.Mer.OSO 0.Ò.5 2-1 0 1 OSO SSE S T) ESE \ K[\E 2 vario OoO 2'i Ni\E 1 >\E \E S 5 SE 2 ENE 1 vario 0.67 "^;i -iN"NE 1 \Ì\E N.NE i^NEl t\[\E N^E \NE — 'ili i\INE i i\NE N[\E NNO NNE 1 N\E ! i\NE — :i7 NNE ii NNE ^NE NÌNE 1 N\E •1 ^NE \ NNE Ni\E — :;8 i\^E 1 Nl\E rvNii l\l\E l NNE 1 i\NE — •i9 NNH 1 N.\E E 2 li 1 N.NE 1 ENE 2 i\^E ■ 0.66 e ENE <1 ENE Ei\E2 NNE 1 NiNE i NNE \ NNE-E^E 1.50 NNK .5 Cor.Pol. 1 Cor. Or. Cor. Or. Cor.iMer Cor Mer. Cor. Mer.!; SSE U,4ò S — 827 — Aprile Aspetto dell' atmosfera e 6 ani. 9 ìDt. 12 mer. 5 pora. 6 pom. 9 pom. 1 9 str.eum. 8 ilr.cir.cum. 2 strali 6 slr. cirri 2 str. cirri 1 str.all'or. 4.06 i2 9 Clini. cir. 6 cuni. cirri 6 slr. cirri 4 cirri Slr. 2 cirri. slr. 1 str.spar 408 o 2 slr. cirri 9 rum. slr. 9 cu.cir.all'or. 4 ci.norm. 10 ' 10 piugg. 7.01 4 2 slr. cirri ^ cu. str. all'or. i 2 cirri 4 cirri, str. 4 strali 301 5 10 lo IJOCIMH iO cu.slr.cir. -10 cum.st. 10 ci. cum. IO velato 800 6 9 cumuli lU str.cir.cu. 9 slr. cirri 8 cir-cu.str. 9 cu scir.tr. 5 slr cir. 10— i 9 Clini slr. 'J sl.cir.leg. 2 1 si ci. all'or. ■5 cirri, str. 2 cirri 8.03 8 0 0 0 8 st.tir.legg. 10 1 strali 3-03 9 7 str. cirri <3 strali 10 8 cumuli 9 1 strali 301 IO 2 slr. cirri 0 1 strati 0 1 0 603 11 0 0 Ilice. strati 0 cum. all'or. 0 0 0 0-06 ll> 0 u 0 qualche cu. 0 u" po' fos. Opo'fus. all'o. 0 0— lo 0 0 Q cir.sparso 0 all'oriz. 2 strciiri 0 0— 14 1 str.lugg. 0 pò fos. all'o. 0 9 str.leg. 6 cielo Nel. 1 str.leg. 0.05 15 10 cir SU'. 8str.cir.leg. 3 str.cir.legg. 0 1 0 3.01 16 0 0 0 7 slr.legg. 4 slr.legg. 0 3. — 17 S cum.cir. j_ slr. cuni. 1 strati 9 cumuli 8 ciiuiuli 1 cumuli 2 — 18 7 cum.cir. ' cure. cirri 9 e uni. slr. 7 cum.cir. 9 cum.cir. 10 6-08 19 IO lo 5 cumuli lo piovig. lo 10 7.01 20 10 lo 10 lOciel.vel. 10 10 piogg. lo- U 10 p:osu,ia lo pioggia 5 cu.slr.cir. 10 9 cumuli 10 piogg ie— "l'I 0 1 cum. all'o. o cu. sparsi 9 cumuli 9 cum.cir. 8 cu. slr. 9.— 25 1 sliati 5 str.cir.legg. 5 cum. str. cir. 10 10 goccie lOpiovig, 4 08 24 8cum.cir.8t- 7 cir.str.eleg. -4 cum. str. cir. 10 5 cir. cum. lOcum.str. 608 23 10 10 10 cum. str. lo piog'^ia 10 cumuli 10 ""i 6.o6 26 0 3 cir. sparsi 0 cu.st.sparsi 2 e u muli 2 slr. curi 1 cirri 1 slrat' 10.— "J7 Islr. all'or. 2 cu.cir.all'or. 7 cu.slr.cir. 6 str.cu.leg. 1 str.all'or. 1.08 28 5 cir.str.leg. 5 str.leiii. 'l cum.cir. str- 1 cir.Ni\0 0 0 2 08 29 1 cirr.nl S. Icum.str.cirri 5 cust.ci.spar 8 cum. str. 8 cum. str. 7 cu. cirri 1.03 50 H'cu.cirslr. 10 oriz. 10 pioggia 10 10 pioggia 10 4.06 .5: 4.77 4.87 4.50 3.97 5.90 4.57 5.03 :5 Serie IV ^ Tomo IL 105 828 — Aprile 0 z 0 n 0 e Giorni a :s E e o £1. o 3 cu M^die e o Medie co Oi IO co 03 co o 1 7 2 3 4 3 1 3.33 7 8 7 50 2 4 3 2 K/ ] 1 i>.16 4 •> 3.00 3 7 5 3 1 4 3 3 83 7 6 6.50 4 7 4 1 1 2 2 3.16 9 3 5.50 5 9 3 4 1 2 4 3.50 7 3 5.00 6 2> 2 3 2 ii 4 2.50 9 4 3.00 7 2 3 5 2 1 1 ^.55 2 if 12.00 8 "J 2 3 0 3 i 1.83 2 ^ 2.00 9 1 3 4 2 2 2 2 50 2 ') 2.00 10 "1 1 3 2 5 0 1.83 V 3 2.50 di 1 1 2 1 1 4 1.66 1 2 1 51) 12 2 1 4 1 0 0 1.33 2 3 2 50 13 z 1 5 1 1 1 1.50 2 1 1.50 14 2 1 4 2 2 1 2.00 3 3 3.00 15 4 1 0 2 1 1 1 50 4 '1 3 00 16 4 2 1 2 2 2 2.16 4 3 3.50 17 6 4 5 2 1 .) 3 00 4 3 3 5il 18 5 0 1 2 2 I 1 ,66 4 3 3.50 19 4 1 2 2 1 3 2.50 5 ■\ 4.50 20 10 4 3 4 3 "1 4.33 10 7 8.50 21 9 3 5 ii 3 2 4.00 9 8 8 50 22 1 1 3 y 0 3 1.66 3 3 8.50 23 2 y^ 1 2 1 3 1.83 4 5 3.00 24 8 5 1 2 2 1 3 33 9 3 4.50 25 5 3 4 7 4 5 4.0U 5 5 ( .00 26 10 2 3 2 1 1 3.33 9 5 5.00 27 7 1 1 I "I 0 2.00 7 4 6.00 28 "2 1 1 1 1 0 I.Oii 4 3 5 50 29 3 2 4 3 3 2 L' 83 3 4 3.10 30 '* 5 5 4 3 4 3 50 4 •'i ■'i.OO Media 2.55 1.10 2.73 2.07 1.90 1.87 !L'.o3 4.73 3.53 4.12 — 829 — RIVISTA METEOROLOGICA. Aprile 1872. Pressione atmosferica. — La pressione fu piuttosto bassa. — La discesa cominciata ai 29 del p. p. mese si compì col giorno 3 del pres. sotto T influenza delle cor- renti orientale e meridionali. -- Sulla sera di questo giorno il barometro cominciò ad ascendere fino al gior- no 8 ; quindi fece una rapida discesa nel giorno del no- vilunio (9) e subito dopo un' altra rapida e piìi forte a- scesa fino a toccare iìmaxìminn del mese nel giorno 12 ore 9 ant. (765.68). — Dal 12 al 21, eccettuati i due giorni 19 e 20, il bar. fu in continua discesa. — Dal 21 al 26 nuovamente si alzò , non però tanto come nel secondo innalzamento. — Cause di queste perturba- zioni furono le depressioni che hanno percorsa la no- stra Europa in varie direzioni. Nel seguente specchietto si osservano le principali oscillazioni. Max . bar. a 0° Min. bar. a 0* iorno 1 ore 6 ant. 754.03 giorno 3 ore 6 pom. 749.26 > 8 » 6 ant. 765.00 » 9 » 9 ant. 750.36 » 13 » 9 ant. 765.68 » 18 » 6 ant. 747.44 » 19 » 9 ant. 754.42 » 21 » 9 ant. 745.95 » 26 » 12 mer. 762,34 » 28 » 6 pom. 758.37 » 30 » 9 pom. 761.59 — 830 — Meda ed estremi barometrici a 0° Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3 p. 6 p. 9 P. -Medii Medie dei Max. 1 Min I. II. IH. 55.52 57.87 56.69 ■ 56.70 52.31 57.56 57.31 56.04 66.15 57.56 55.59 55.71 57.59 55-97 55.18 57.12 56.80 55.64 57 78 55.38 56.34 57.29 57.10 57.94 58.54 54.27 54.74 56.02 Medii 55.72 56.59 56.59 56.12 55.74 56.34 57.87 55.02 .Mai. ass. 65.68 il giorno 12 oro 9 ant. Min. ass. 45.95 il 21 ore 9 ani. DifT. 20.40 Temperatura dell' aria. — Come nel mese scorso, così anche in questo la temperatura fu superiore alla normale ; e fu superiore di 3'^.39. La media giornalie- ra non fu mai sotto la normale mensile. Medii ed estremi del termometro centigrado al Nord. Decadi 6 a. 9 a. 13 m. 3p. 6p. 9p. Medii Medie dei Max. 1 Min. I. 12.05 13.91 14.75 15.55 14.43 13.60 14.04 15.98 10.34 II. 13.29 15.77 17,92 17.58 16.94 15.61 16.18 19.31 11.58 III. 14.61 16.47 17.50 17.55 16.89 16.76 16.18 15.13 15 58 15.68 19.28 12.26 .Medii 13.32 15.88 16.72 16.04 18.19 Il 39 Max. n8s.+2Q«'.4 il 29. Min. asi.+S^.O il IO. DilT. 14».*. Umidità assoluta e reìatira. — Non sempre in rela- zione con la temperatura, come per lo più avviene, fu la umidità assoluta. La relativa fu molto oscillante, e dal giorno 7 al 13 piuttosto bassa ; meno la sera del — 831 — giorno 8 0 la mattina del 9, nel mentre .succedeva un abbassamento del barometro. Il maxinmm (94°) si eb- be il 20 ore 9 pom. cadendo pioggia ; il minimum (33") fu ai 12 ore 9 ant. in una bella giornato. La me- dia massima poi fu il 19, giornata con pioggia e vento di SSE. Meda dell' umidità. Tensione del vapore in vnn. Decadi I. II. III. Medii 6 a. 9 a. 13 ra. 3 p. 6 p. 9 p . Medii 7.77 8.56 8.72 7.98 7.78 7.69 8.78 8.40 8.92 9.00 8.77 10.03 9.69 10.23 10.39 10.43 10.07 10 48 8.74 9.06 9.34 9.10 8.87 9.40 8.07 8.98 10.21 Umidità relativa in centesimi di saturazione Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3 p. 6 p. 9 p. Medii I. II. III. Medii 73.10 73.30 69.80 60.50 67.10 66.80 68.51 75-20 61.60 .S8.00 55.70 61.10 75.90 65.41 77.00 73.00 69.80 70.20 71.80 76.40 73.03 73.03 75.46 69.30 65.86 6213 66.66 68.95 Idrometeore. — Non molta la quantità dell' acqua raccolta in questo mese e piuttosto copiosa la evapo- rata. La massima piovitura fu ai 30, specialmente do- po il mezzodì. — In questo stesso giorno sulle 2 pom. — 832 — si ebbe poca grandine accompagnata da lampi e tuo- ni. Neir ultima decade maggiore fu il numero dei gior- ni con pioggia e maggioro la quantità della pioggia. Idrometeore. Decadi Acqua Giorni con j evapor. | caduta Pioffgia Nebbia Brina Gelo Neve, ^■,7;; medii 1 forma quantità I. 11. 111. 6 36 7.31 6.26 P- P- P. g. 9.36 1.65 38.43 2 2 7 11 ] - : - 1 Media 6.65 Tot. 49.44 - 1 Acqua evap. 199.43 Acqua caduta 49.44 Difr. 149.99 Stato del cielo. Assai vario e piuttosto verso il co- perto. — Per quattro soli giorni fu sereno. — In que- sti giorni si ebbero abbastanza alta la pressione , la temperatura relativamente piìi bassa ed un' aria piut- tosto asciutta. Aspetto dell' atmosfera in decimi dì cielo coy^erio. Decadi 6 a. 9 a. 12 in. 3r. 6p. 9p. Medii I. 5.9 "5.7 5.3 50 6.0 3.6 5.12 li. 46 4.2 3.0 .5.2 4 9 3.2 4.23 III. 4.4 .5.2 4.0 7.7 O.S 0.3 5.79 Medii 4.77 ■I.S7 4.. 50 5.97 5.90 4.37 5.05 — 833 — Ozono. — Nella notte sempre più ulto. Le due me- die più alte si ebbero nei giorni 20 e 21 che furono giornate con pioggia. — La media calcolata con due cartine (vedi mese precedente) riuscì sempre superio- re alla media calcolata con le osservazioni triorarie ; meno nei giorni 7, 9 ed 11. Ozono. Decadi 6 a. '"■ 12. a 3p. 6p. 9p. Medil None Giorn. Medii 1. 4.2 2.8 3.1 1.7 2.3 1.9 2.69 4.6 3.4 3.90 li 4.0 1.6 2.3 1.9 1.4 1.8 2.16 3.1 3.1 3.50 in. 4.8 2.3 2.8 « 2.0 1.9 2.75 4.2 4.2 4.95 MeJii 4.33 2.23 1.73 2.07 1.90 1.87 2.53 U3 3.53 4.12 Venti. — Quasi un egual numero di volte spirarono i venti delle tre correnti polare, meridionale ed orientale. Un predominio s' ebbero per altro i venti orientali. Per nove giorni il vento spirò forte. — 834 — Numero delle volte che si osservarono ì venti. Decadi NNO N NNE NE EiNE E ESE SE I. 2 2 3 2 12 8 7 2 II. \ 1 8 2 2 8 7 2 III. ì - 31 1 6 3 1 1 Totale 4 3 42 5 20 19 15 5 Decadi SSE S sso SO OSO 0 ONO >0 I. 6 7 2 — 2 1 2 1 II. 16 7 2 2 2 - - 1 III. 1 3 1 4 6 1 - - Totale 22 17 6 6 10 2 2 2 /S'/tìt^fo fZe? w^//?r. — Nei giorni 5 e 20 fu ag'itatis- simo e nel giorno 20 soltanto fu agitato. — La più alta marea si ebbe nel giorno 20 alle 9 poni, la pii^i bassa nel giorno 10 alle ore 5.30' pom. Fu nel giorno susseguente il novilunio. Caratteri del mese. — Diecisette giorni nuvolosi e nove varii ; sicché il mese fu piuttosto verso il cat- tivo. Il 10, dopo un bellissimo tramonto, si osservò una bella luce zodiacale. Nota. — Alcune persone mi assicurano di aver ve- duto nel giorno 2.") alle oro lO.'W pom. sopra il Lido (SK. di Venezia) una striscia rossa che occupava qua- — 835 — si 10" sopra Y orizzonte. Ho registrata questa deposi- zione, ma non intendo darvi alcun peso. PRINCIPALI FATTI METEORICI OSSERVATI IN ALCUNE STAZIONI. Il 26 la celebre eruzione del Vesuvio, preceduta da nebbie fisse e da pioggic di sabbia a Palermo, a Roma, e fino a Moncalieri. A Mondovì, nello stesso giorno, ter- remoto. Sét'ie IV, Tomo U. 106 — 83H — Prospetto dei morii secondo il sesso e l'età nel 1872, o e - 1 1 o o o o o o O tv, e e IO co LO t^ GO Ci '^ 5- CJ 05 e C5 c3 05 )0 oi a o 1 O o ° "qÌ 1— 1 IO OS e: ^1 OS Ci 13 «5 ® c "O T3 'C -O 'O 1 TS ^ -o 05 1 §2 Maschi 8 7 1 3 7 8 4 1 1 40 S- o 1 • - « s Femmine 4 12 . 8 6 7 4 3 — 44 "--: a — — — — — — — d- Totale 12 19 1 11 13 15 8 4 1 84 r-H i C3 c Ir- a — ( Maschi 15 5 6 2 5 14 6 - - 53 i a- o 1 ." 05 N ! -^. '^ eS Femmine 6 6 2 5 5 5 4 2 1 36 ! Sr^ a — — — — — — 1 — — '*. « Totale 21 11 8 7 10 19 10 2 1 89 ! '-• T3 ^ rt c3 C^i Maschi 10 5 1 3 3 9 4 1 - 36 1 a— <=• , •— 05 fJ 1 ~- ^"^ t^ i M -^ ri Fammine 4 10 2 6 3 6 4 5 1 41 Totale 14 15 3 9 6 15 8 6 1 77 1—1 SJ oj CO Maschi 8 3 3 5 G 7 1 - — 33 B .„ OS tSJ t ^»« rt Femmine ♦3 5 2 1 5 8 7 1 — 35 — — — — — — — — d 03 Totale 14 8 5 6 11 15 8 1 — 68 1— 1 e3 g^ Maschi 6 5 . 6 7 5 2 1 _ 32 S le ^ ^ ■-' ^ Femmine 8 4 _ 4 1 8 3 o _ 30 «? , cu «•zi rt — — — — — — — Totale 14 0 - 10 8 13 5 3 - 62 1— < — 837 o e e ce o e lO OS 1— ( 03 1 — 1 03 lO CO ^3 , o co 03 lO I— ( ca TT 1 o IO o co C3 o3 O »o 03 o 00 T3 O cS o Ci c« O CO ca X3 o o <= Gì 'H 03 ^ -a cs "o 15.^ settimana dall' 8 al 14 aprile Maschi Femmine Totale 7 5 12 4 2 6 1 3 4 5 1 6 5 3 8 8 6 14 2 2 4 2 2 34 56 16.^ settimana dal 15 al 21 aprile Maschi Femmine Totale 4 3 7 3 3 6 1 3 4 6 5 11 3 4 7 6 2 8 4 7 11 1 3 4 1 1 28 31 59 17.^ settimana dal 22 al 28 aprile Maschi Femmine Totale 10 7 17 7 6 13 2 2 4 3 7 5 5 10 10 6 16 1 1 2 37 30 67 18.^ settimana 29 aprile al 5 maggio Maschi Femmine Totale 9 2 11 8 5 13 1 5 6 2 4 6 4 4 8 8 10 18 5 1 6 1 1 37 32 09 Prospetto delle morti secondo le varie malaiiic nei mesi di marzo e aprile. QUALITÀ. DELLE MALATTIE rji 1—1 o IM CO t- e 1— 1 o __ o ci g .-1 c3 co («3 c3 _. 'S 23 « !s dall'I apri se o e En S «J C8 at cj e ^3 t: ■TD -e eS Febbri tifoidee .... » migliari .... » perniciose . . . Vajoli Scarlattine Apoplessie Congestioni cerebrali . . Paralisi Encefaliti Angine Pleuriti, pneum. e bronch. Tisichezze ed altri pochi morbi cronici polm. . Periton.,gastr. ed enteriti Diarree Epatiti, spleniti ed itterizie Pericarditi Vizii organici precordiali Idropi Marasmi Cancri Pellagre Leucocitemia .... Diabete Albuminurie Anemie Scrofole Scorbuti Malattie infantili . . . » chirurgiche . . Sommersioni Totale Immaturità Nati morti 1 1 6 3 10 11 84 10 5 2 2 5 1 12 6 2 11 3 89 2 3 1 2 3 2 12 10 2 5 6 10 1 2 ?(• 3(2 68 2 3 1 3 1 3 3 2 7 2 10 2 2 2 62 7(3 ^ 83!) — QUALITÀ DELLE MALATTIE 1— 1 00 O o 1— ( Ci c< "t^ te — . o «J^ 'a <" d, to «« .":: ce c« ^ ^ r-H ex, W cu — ; C3 — , =« ^ =3 ca j3 OJ ^« ^a •TT -o annotazio- ni Febbri tifoidee . . » miliari . , » perniciose . Vajoli Apoplessie . , . Congestioni cerebrali Paralisi .... Encefaliti .... Angine .... Pleuriti, pneura. ebronch Tisichezze ed altri poch morbi cronici polm. Peritoniti, gastriti ed en- teriti Diarree Epatiti, spleniti ed itterizi Pericarditi .... Vizi organici precordiali Idropi Marasmi Cancri Pellagre • . . , . Leucocitemia . . . Diabete Albuminnrie .... Anemie Scrofole Scorbuti Malattie infantili . . » chirurgiche . Sommersioni. . . , Avvelenamenti . . . Totale Immaturità Nati morti — 1 1 1 1 5 _ __ 1 o o __ o 2 2 1 6 — — 4 1 ] 4 1 — 3 2 3 2 — 1(» 1 5 8 8 6 9 6 11 11 3 8 5 1 — J 1 6 — 10 1 8 1 6 1 — 2 4 11 4 4 2 — 2 2 2 1 — — 1 — — 3 5 — ^ — 1 7(i 1 10(» 7 2 2 56 — 7 2 59 67 69 1 2 0 6 3 2 — 4 — 840 Libri e opere periodiche^ presentati in dono al reale Istituto nei mesi di s^ennaio e febbraio d873. Libri G. lìeììavilis . . A. Berti A. Berii^ C. Calza L. Bono G. Brayda . G. Cantelli . G. Celoria A. Cialdi Considerazioni sulla malematica pura (continuazione). Venezia, 1872. Terza ed ultima parte della undecima Rivista di giornali. — Venezia, 1872. Pazzia e vajuolo ; ricerche statistiche e cliniche. — Venezia, 1873. Sulla vaccinazione e rivacc inazione ob- bligatorie, e relativo progetto di leg- ge, relazione al Comitato medico di Venezia. — 1S73 Intorno all'ufficio sanitario del Comune di Milano nell' anno amministrativo 1870-71. — Milano, 1873. L'uomo e lo Stato, riflessioni sul dirit- to politico universale. — Benevento, 1872. Commissione d' inchiesta sulla istruzio- ne secondaria maschile e femminile; quesiti. — Roma, 1872. Sul grande commovimento atmosferico avvenuto il 1." di agosto 1872 nella bassa Lombardia, e nella Lomellina, annotazioni. — Milano, 1872. Continuazione della storia degli insabbia- menti in Portosàido. — Milano, 1870 (con tav.). Efl^etli del moto ondoso, allegati nella — 841 — geografia fisica del mare, e sua me- teorologia, scritta dal Maury, tradot- dal Gatta. — Roma, 1K72. Avviso ai naviganti ed agli idraulici sul PortosnidOj ed invito allo studio di provvedimento, accompagnato da alcune considerazioni. — Milano, 1872. Leonardo da Vinci fondatore della dot- trina sul moto ondoso del mare. — Roma, 1872. F. Corlesc Sulle armi da fuoco attuali, e sugli ef- fetti dei loro projettili nelP organismo vivente. — Venezia, 1873. J. D''Jchiardi . . Paragone della montagnola Sanese con altri monti della catena metallifera della Toscana. - Sulla probabile esi- stenza di avanzi di antichissime in- dustrie umane nella cosiddetta gialla di Siena. — Firenze, 1872. C. D'' Ancona . . . Malacologia pliocenica italiana, descritta ed illustrala. — Firenze, 1872. De Matheis Gin- Di un nuovo ed efficace succedaneo dei seppe preparati di chinino, considerazioni cliniche. — Torino, 1869. S. De' Stefani . . . Produzione e commercio della radice deir iride germanica nella provincia di Verona. — Verona, 1873. E. Diamilla-Miillcr. Carla magnetica dell' Italia- — Milano, 1872. Metro e chilogrammo internazionale. — Milano, 1873. F. Dì 3Ianro di Storia di S. Pietro Apostolo, ora per Polvica la prima volta pubblicala. — Bolo- gna, 1872. - S-12 — Direziona della La R. Biblioleca Marciana. — Il Museo R. Biblioleca archeologico della stessa. — Venezia, di S. Marco. 1872 (due voi.). P. Fambri La parie della marineria nella difesa degli Stali. — Venezia, 1H73. • Relazioni alla Camera sui progelli di legge, presentali al ministro della guerra. — Roma, 1873. B. Gastaldi .... Frammenti di geologia del Piemonte. — Sugli elementi che compongono i conglomerati mioceni del Piemonte. — Torino, 1861 fig. Istruzioni sulle ricerche geo-paleontolo- giche, occorrenti nei lavori di gallerie e trincee per le strade ferrate ed altre opere pubbliche. — Torino, 1864. Sulla riescavazione dei bacini lacustri per opera degli antichi ghiacciai. — Milano, 186o (con tav.) Intorno ad alcuni fossili del Piemonte e della Toscana. — Torino, 1866. (con tav.) Su alcuni antichi cranii umani, rinve- nuti in Italia. — Torino, 1866. Scandaglio dei laghi del Moncenisio. di Avjgiiana , di Trana e di Mergozzo (nei circondarli di Susa, Torino e Pal- lanza), con brevi cenni sulla origine dei bacini lacustri ~ Torino, 1868, (con tav.) Iconografia di alcuni oggetti di remota antichitiì, rinvenuti in Italia. — To- rino, 1860 (con tav.) Raccolta di armi e strumenti di j)ietra — 843 — li. Gastaldi . . B. GaslakU e G. Slruver . . . ^. G enocchi F . Lamperlico M. Leicht . . . F. Marzolo N. Mcncarelli . S. li. Minich . . Serie iF, Torno II. delle adiacenze dei Baltico. — Tori- no, 1870. . Estratto dal Bollettino del Club Alpino italiano, N. 15. — Torino, 1870. Su alcune antiche armi e strumenti di pietra e di bronzo o rame , prove- nienti dall'Egitto.— Torino, 1870 (con tav.) Cenni necrologici su Edoardo Lartet. — Torino, 187S!. Studii geologici sulle Alpi occidentali, con appendice mineralogica. — Firen- ze, 1871. Di una controversia intorno alla serie del Lagrange. — Torino, 1872. Intorno ad una lettera del sig. co. L. F. Menabrea, appunti. — Roma, 1873. Monte Galda. - Vicenza, 1873. Suir amministrazione della giustizia nel distretto della regia Corte d' Appello. — Sezione di Macerata, per l' anno 1872. — Macerata, 1873. La vigesimoquinta ovariotomia in Italia. — Padova, 1872. Contribuzione alla storia dell' ovarioto- mia in Italia nel 1872; fatti clinici. — Padova, 1872. Brevi considerazioni sulle fermentazioni e sulle putrefazioni. — Urbino, 1873. Ragguaglio dei lavori finora intrapresi dalla Giunta per la lingua italiana, e dell' indirizzo de' suoi studii richie- sto dall'epoca odierna. — Venezia, 1873. 107 — 841 — P.J.B L. Palmieri . . G. PcUegriìii . . C. Possenti e A. Cialdi F. Rizzoli . . . G. V. ScìiiajìareUi e P. F. Dcnza T. Tarameli i A. Fcnja . , . Sul citrato di chinoidina del cav. Julius Jobst di Stuttgart. — Milano, 1870. . Sulla conflagrazione Vesuviana del 26 aprile 1872. relazione (con tav.) — Napoli, 1872. . Relazione dei HI congresso degli agri- coltori italiani tenutosi a Bari, prece- duta da alcuni cenni sulle coltiva- zioni delle campagne pugliesi. — Ve- rona, 1873. Cenni intorno a due insetti nocivi al l'rumento in vegetazione. — Verona, 1873. Se Portolevante escluda il flutto corren- te, come causa del suo insabbiamento. — Milano, 1870. . Sulle cagioni anatomo-fisiologiclie, per le quali nel feto umano cesse sponta- neamente dopo la nascita il corso del sangue nel funicolo ombellicale, e se ne rende d' ordinario superflua la le- gatura. — Bologna, 1872 (con tav.) Tumore idromeningeo craniale conge- nito in un giovane di 17 anni; pun- zione; applicazione di un apparec- chio gessato ; guarigione. — lìulo- gna, 1873. Sulla grande pioggia di stelle eadenti, prodotta dalla cometa periodica di Biella, e osservala la sera del 27 no- vembre 1872. — Milano, 1872. . Panorama geologico del Friuli da Mo- ruzzo ecc. — Udine, 1872. . Della fossetta cerebellare media delFos- — 845 — so occipitale. — Firenze , 1872 (con lav.) A.J'ilìa Un'invasione d'insetti. — Milano, 1871. Causilia De-Gattaniae, nuova specie di conchiglia dalmatina. — Milano, 1871. A. e G. B. Villa . . Specie e varietà di molluschi della Lom- bardia; catalogo sinonimico. — Pisa, 1871. G. Fimercaii . . . Intorno alla prima idea delle caldaie tu- bolari. — Firenze, 1873. Al Municipio di Belluno il Club alpino italiano, sede di Agordo. — Belluno, 1872. . . ..... Invito agl'italiani per una statua a Bar- tolommeo Eustacchio — Sanseverino delle Marche, 1873. P. Esseiva Ad juvenem, satira. — Amst elodami, 1872. A. S. Orsted .... Bidrag ecc. Studii preliminari sulle Cu- pulifere dell' epoca attuale, special- mente sotto il punto di vista dei loro rapporti colle specie fossili. — Copen- hagen, 1872. J. Sleen Laeren ecc. Intorno alla teorica della pressione [dei fluidi sulle aree piane. — Copenhagen, 1872. K. Ghlason .... INogle Bemerkninger om Skjaldedigte- nes BeskafTenhed i formel Henseen- de. — Kjobenhavn, 1872. — S46 — Opere periodiche e giornali. Archivio giuridico j diretto dal prof, F. Serafini. — Voi. X, fase. 3-4. — Roma, gennaio e febbraio 1873. Ani <ìcll' Accademia Olimpica di Vicenza. — 1872, li. sem. Alti dell' Accademia Pontificia de' nuovi lincei di Boma. — Anno XXV, sessione VI. — 26 maggio 1872. — XXVI, sessione I. — 15 dicembre 1872. Alfi àeir Accademia reale delle scienze di Torino. — Voi. Vili, disp. 1. — 1872. Ani della Società deyl' ingegneri e degli industriali di To- rino. — Anno VI, 1872, fase. 1 (col suo stallilo). Bollettino consolare^ pubblicato per cura del li. Ministero de- gli affari esteri d'Italia. — Voi. Vili, p. 2, fase 11 e 12 — Roma, noTembre 1872. Bollettino del reale Comitato geologico d' Italia. — N. 11-12. Firenze, novembre e dicembre 1872. lìnlleitino delle scienze mediche^ pubblicalo per cura della Società medico-chirurgica di Bologna — dicembre 1872. e gennaio 1873. Bulletlino malacologico italiano. — Voi. IV, n. 4 — Voi. V, n. 1. — Pisa, 1872. Buonarotti (il) di Benvenuto Gasparoni, continualo per cura di Enrico Narducci. — Serie II, voi. VII, quad. 11-12. — Roma, 1872. Civilld {la) cattolica. — Firenze, 1873, quad. 541-544. Convegno (il).; raccolta mensile di sludii critici e notizie. — Anno I, voi. 1, fase. 1. — Milano, gennajo 1873. Educatore (/") israelita. — Vercelli, 1873, punì. 1-2. Elfemeridi della Società di letture e conversazioni scientifi che. — Anno III, fase 9. — Genova, 1872. — 8i7 — Galvani (il), giornale di clellro-idro ed aero-terapia, direUo e compilalo dai fratelli dottori Temistocle ed Ulisse San- topadre. — Anno I, lasc. 1. — Urbino, 1873. Gazzella medica italiana. — Provincie venete. — Padova, 1873, n. 1-3. Gazzella ufficiale del Hegiio d' Italia. — Roma , 1873, n. 1-59. Gazzella ufficiale di Venezia. — 1873, n. 1-58. Giornale afjrario-indusiriale veronese. — Verona, gennaio e febbraio 1873. Giornale agrario italiano ^ industriale e commerciale ecc. — Anno VII, n. 2. — Forlì, febbraio 1873. Giornale della r. Accademia di medicina di Torino. — 1873, n. Ì-G. Giornale del genio civile. — li serie, anno X, vel. IV. — Ro- ma, novembre e dicembre 1872^ Giornale {nuovo) botanico italiano ^ diretto da T. Carnei. -^ Voi. V, n. 1. ~ Pisa, febbraio 1873. Giornale veneto di scienze mediche. — Venezia, gennaio 1873 Industriale {l') italiano^ rivista agricola , industriale e com- merciale d'Italia. — Anno VT, n. 12. — Forlì, dee. 1872* Osservatore {l') Triestino. — Trieste, 1873, n. 1-50. Picentino (i7), giornale della reale Società economica, ed organo del Comizio agrario di Salerno — novembre e di- cembre 1872 e gennaio 1873. Politecnico {il)j giornale delV ingegnere-architetto civile ed industriale. — Milano, gennaio 1873. Eaccolla ufficiale delle leggi e decreti del regno d' Italia -^ Fogli 125-153. — Roma, 1872. Rassegna settimanale del movimento dello siato civile^ delle condizioni meteoriche e delle osservazioni mareografiche nel Coìnnne di l cnezia^ pubblicato per cura della Giunta municipale di statistica, — Sellimane I-VIII — 1873. — 848 — lìcndkonli del reale Isiiluto lombardo di scienze e lettere. — Serie II, voi. V, fase. 19 20 e Voi. VI, fase. ì-% — Mila- no, lH72-7.^. lìendicoiiio della reale ytccademia di scienze fisiche e mafe- maliche di Napoli. — Anno XI, fase. 10-H, ottobre - de- cembre 1872 e gennaio 1873. Rendiconto delle tornale e dei lavori dell' Accademia delle scienze fìsiche e mateìnatiche di Napoli. — Quad. di di- eembre 1872 e gennaio 73. liivista {la) dell'. Associazione veneta di pnhhlica utilità. — Anno I, voi li, n. 5-7. — Venezia, 1872-73. Scena {la), giornale di lettere, musica, drammatica e coreo- grafia. — Venezia, 1873, n. 32-39. Stampa {la)., giornale quotidiano — Ven., 1873, n. 1-56. Tempo {il), giornale poi. comm.— Venezia, 1873, n. i-50. F'oce {la) di Murano. — Venezia, 1872, n. 1-4. Bulletin de VJcadémie royale de mcdecine de Behjiqiie — III sèrie, T. VI, n. 9-10 — Bruxelles, 1872. Bulletin de la Sociétc d' acclimatatìon. — Paris, novenibre- décembre 1872 et janvier 1873. Bulletin de la Sociélé Imp. des natnralistes de Moscon. — 1872, n. 2. Bulletin mensuel de la Sociélé botanique de Francc. — T. XIX. — Comptes rendus, 1-2 — Revuc bibliO(jraphiipie, C. — Paris, 1872. Bulletin de la Société Faudoise des sciences naturelles. — II. serie, voi. XI, n. 68. — Lausanne, janvier 1873. Comptes- rendus hébdomadaires des séances de l'Àcadémiedes sciences de rinsiitut de France. — T. 76, n. 1 — Pa- ris, 1873. Journal de médecine_, de chirunfie et de pharmacolofjie. — Bruxelles, décembre 1872 et janvier 1875. Le (//o6c, journal fjéographiipie, orbane de la Société de gèo- ~ 849 — grapìiie de Genève pour ses mémoires et Bnlkl'm. — T. XI, liv. 0-6. — 1872. 31émoires dcs concours et des savauts élramjeìSj puhliés pav VAcadémìc r. de medicine. — T. VII, fnsc. II. — Bruxel- les, ]«72, Pohjhiblion ; revue bibliographiqne universclle. — VI amiée, T. IX, liv. 1-2. — Paris, 1873. Ahliandìungen eie. Memorie della Società dei naturalisti di Norimberga. — T. V. — 1872. J>ericht eie. Rendiconto della Società Senckenbergica di storia naturale. — Francoforle, 1872. Krilisclw eie. Giornale trimestrale critico di legislazione ctc. per A. Brinz e F. Pozl. — T. 14, disp. A. — Monaco, 1872. Millheihingen etc. Comunicazioni dell' i. r. Società geografica di Vienna. — T. XIV, della nuora serie IV. — 1871. Monaisberichl etc. Rendiconto mensuale dell' Accademia prussiana delle scienze in Berlino. — Settembre e otto- bre 1872, Sitzungsberichte ec. Atti delle adunanze della Società Isis per le scienze naturali di Dresda. — Aprile-settembre 1872. S il ziing sbendile ec. Atti delle adunanze della reale Accade- mia delle scienze di Monaco. CI. filos.-filol. e storica. — 1872, disp. 2-3. Philosophical eie. Transazioni della R. Società di Londra. — Voi. 160, p. 1-2; 161, 1-2; 162, 1, 1870-1872 (colf elen- co de' suoi membri). Proceedings eie. Atli della stessa Società. — Voi. 18-20, N. 119-131. — 1870-72. Proceedings etc. Atti della r. Società Linneana di Londra. — 1871-72. The Journal etc. Giornale della Società stessa — Zoologia voi. 11, n. 53-54^ Botanica - voi. 13, n. 66-67 - 1871-72. — 850 — Trcmsttclions eie. Transazioni della Società medesima. — Voi. XXVII, p. 4; XXVIII, 1-2; XXIX, 1,— 1871-72. Oversifjl ecc. Prospetto degli Atti della r. Società scientifica Danese. — Copenhagen, 1871, n. 3. — 1872, n. 1. Si notificano gli argomenti delle letture del- l' Istituto lombardo nelle adunanze dei giorni 6 e 20 febbraio 1873, comunicati da quel Corpo scien- tifico. BioNDELLi. — Di una importante scoperta archeologica nella provincia di Verona. Sangalli. — - Vita ed organizzazione (continuazione.) Poli Baldassare. — Saggio di psicologica sui sel- vaggi. FioRANi doti. G. — Sulla meccanica delle lussazioni del femore e della loro riduzione. Amatl — Delle cause che impediscono il progresso del- l' istruzione secondaria. Cantu'. — Gli Archivi e la Storia. Schiaparelli. — I precursori di Copernico nel!' anti- chità. ANNO 1872-73 QUINTA DISPENSA SULLE PHINCIPALI QUESTIONI RELATIVE AGLI ARCHIVJ D'ITALIA DEL S. C. BARTOLOMEO CECCHETTI -005 I. Neil' antico organismo politico e sociale, gli Archivj erano considerati come proprietà particolare dei princi- pi, alla guisa stessa dei loro privati musei; come luoghi per la gelosa custodia delle carte segrete dello Stato ; 0 come depositi piii o meno inutili, e talora incomodi, delle scritture amministrative. Sono ben noti i gelosi riguardi e le proibizioni che impedirono per lungo tempo V esame, e perfino la ricer- ca dei documenti, con gran danno della storia e con manifesta violazione dei diritti de' cittadini. Né meno diffusa è la fama del disordine in cui giacevano, della noncuranza e dell' infedeltà dei ministri. Difetti e colpe facilmente nascosti o perdonati dai Governi assoluti, ai quali, più che la conservazione delle scritture dei reg- Serie ir, Turno II. 108 — 852 — gimenti politici, municipali ed ecclesiastici, antichi e moderni, stava a cuore che non venissero alla luce, ad accendere aspirazioni da loro giudicate pericolose. Ma quando gli Archivj, o pel trionfo del principio delle nazionalità, 0 per quello della scienza, furono aper- ti all'onesta ricerca dei dotti e degli eruditi, anche gli Uffici dello Stato compresero il grande profitto che po- tevasi trarre dal conoscere le vicende dell'amministra- zione nei varii suoi rami e nelle epoche diverse ; allora gli Archivj furono elevati al grado d'instituzione scien- tifica complessa, alla quale era da provvedere nel modo pili liberale, poiché da essa dipendeva il progresso de- gli studii istorici, e la tutela dei piii sacri diritti della nazione. Onde neir ordinamento della scienza, dalla categoria degli oscuri serbatoi di anticaglie, e dei musei, visita- ti più ad oggetto di curiosità che per vantaggio mora- le, gli Archivj vennero trasferiti alla classe degl'istitu- ti d'istruzione viva, che avevano speciali intendimenti e bisogni materiali e morali. Erano di questi 1' ordinamento delle carte, reale e scientifico^ e di tutte le guestioni generali, svila costitu- zione primitiva, e sul continuarne o no il congegno^ sulla specie, la proprietà, la classifcazione degli archivj di Stato ; — sulla dipendenza di essi; — sulla discipli- na e suir amìninistrazione interna ; — sulle pubblica- zioni; — suir ingerenza del Governo in archivj di alie- na proprietà. Dallo scioglimento di tali questioni si fa dipendere il miglior uso degh Archivj, e il maggior sviluppo de- gli studii: mirandosi altresì ad ottenere, anche in que- gl' istituti, coir unità degli ordini disciplinari, per via — 853 — d'inventarli e regesti, delineato il vasto e complicato quadro della storia nazionale. Il nostro Governo affidò ad uomini di grande autori- tà lo studio delle principali questioni sugli Archivj. Nel 1867 invitò i sopraintendenti degli Archivj To- scani e Napolitani, e il direttore dell'Archivio generale di Venezia (comm Francesco ^vo'ì Bonaini, comm. Fran- cesco prof. Trincherà, e cav. Tommaso Gar) a porre le basi di un regolamento generale per hitti gli arcMvj dipendenti dal Ministero delV istruzione 'piibblica , dal quale appunto moveva l'inchiesta. Il regolamento fu composto, ma non approvato, né pubblicato. E io stimo di non usar soverchia severità asserendo che quel re- golamento, offertomi gentilmente affinchè ne esprimes- si il mio parere, mancava di alcune cose, ed altre avea soverchie ; ma soprattutto era assai lontano dal poter dirsi d' uso generale, e dal comprendere ìiene ordinata la materia disciplinare ed economica degli Uffici pei quali era stato composto. Neir anno medesimo si raccolse in Firenze il VI. Congresso internazionale di statistica (1), e furono vo- tate quattro principali conclusioni, che a me sembra non fosse molto necessario confermare, o, pur volendolo, essersi dovuto formulare piiì chiaramente e piìi com- plete : « 1. x^gli Archivj che sono istituzioni esseni.ial- « mente scientifiche, devono appartenere tutti i docu- « menti che hanno un carattere di atti pubblici o pri- « vati, nel senso giuridico e diplomatico della parola. « Tutti gli altri scritti sono da conservarsi nelle Bi- « blioteche. (1) Nei giorni 29 e 30 settembre, 1, 2, 3, 4. 5 ottobre. — 854 — « 2. È necessario compilare e pubblicare i catalo- « ghi e regesti degli Archivj. « 3. I Governi dovrebbero esercitare una certa tu- « tela sugli Archivj che non sono sotto la loro tutela « diretta, e stabilirne una statistica generalo. « 4. Gli atti notarili dovrebbero esser raccolti e « conservati in Archivj speciali. » — Infine una Commissione eletta dai Ministri del- l' interno e della istruzione pubblica, con decreto 15 marzo 1870, pel riordinamento degli Archivj di Stato (della quale fu presidente il compianto conte Luigi Cibrario, e segretario V illustre cav. Cesare Guasti, ca- posezione neir Archivio di Stato in Firenze, e a cui presero parte i direttori dei principali Archivj del Re- gno) discuteva le questioni e raccoglieva iu una re- lazione, poi pubblicata, i risultamenti de' suoi studii, in molta parte accettabili (1), ma rimasti finora senza applicazione. A questi studii sono da aggiungere le discussioni nel Senato, e le illustrazioni del Bilancio al capitolo Ar- chivj negli anni 1869 e 1870; nello quali occasioni gli eminenti statisti e illustri dotti senatore Amari, ministro Correnti, deputato Messedaglia ed nitri, propu- gnarono il carattere scientifico degli Archivj, la loro importanza, e il bisogno di provvedervi liberalmente, come ad instituzioni che onorano grandemente l'Italia e sono parte integrante della sua civiltà. A me pare tuttavia, che in quistioni molto impor- tanti bensì ma non urgenti, e che non si giungerà a sciogliere perfettamente, se non saranno prima ben (1) V. Gfizzetla Ufficiale drl Rffjìw d' Itnlio 9 die. 1870, N. lo8. — 855 — conosciuti la consistenza e i bisogni dei diversi Archivj (al die non siamo ancor prossimi) possano riuscir di qualche utilità lo studiare e il discutere quelle que- stioni, merco coloro stessi che esercitano qualche uf- fizio negli Archi\j, o non sono nuovi al congegno di ossi. È pertanto che io ho raccolto e qui presento alcuni appunti circa la dipendenza^ la disciplina^ Xamministra- zione, Y ordinamento, le pnbUicaiioni degli Archivj di Stato, la sorveglianza del Governo sugli altri Archivj; e su alcuni particolari che possono servire a classifi- car le diverse instituzioni, e caratterizzarne le parti, onde poi risaltino ben chiare e spiccate le differenti quistioni che vi hanno attinenza. A queste mie indagini unisco una lilliografia de- gli Archivj nazionali e stranieri (1), della quale altra volta fu accolto un saggio negli Atti dell'Istituto, e che posso offrire copiosa, anche per la gentilezza del direttore degli Archivj della Stiria, signor dottor Gio- vanni Zahn. (1) Cioè: Archivj in generale, Archivj del Belgio, Brema, Corfù, Danimarca, Fiandra, Francia, Germania, Grecia, Inghilterra, Istria, Italia in generale, Italia in particolare (Bergamo, Bologna, Brescia, Emilia, Ferrara, Firenze, Friuli, Genova, Ivrea, Lucca, Malta, Mantova, Milano, Modena, Montecassino, Napoli, Padova, Palermo, Parma, Pisa, Roma, Siena, Torino, Toscana, Trapani, Treviso, Treviglio, Udine^ Verona, Vicenza), Moravia, Spagna, Svizzera, Trento, ed altri. — 856 - II. Ed ora mi si conceda di esporre poche e brevi os- servazioni intorno l' ordinamento delle Biblioteche, al quale si annuncia che 1' onorevole senatore Scialoja, at- tualmenie ministro della istru:^ione pubblica, possa prov- vedere. QuegF importanti istituti, nel campo degli studii storici segnano ai frequentatori degli Archivj la via percorsa dagli altri, e perciò è da attingervi la giusta economia nella scelta e nella pubblicazione dei docu- menti. Ma sebbene fra le Biblioteche e gli Archivj la pa- rentela sia intima — le quistioni circa le prime hanno rapporto, in fatto di amministrazione, specialmente al Personale, essendosi già provveduto all' ordinamento del Materiale^ e all' uso di esse dagli egregi uomini che vi presiedono; o almeno non restando alcun dub- bio sul modo col quale furono terminate quelle que- stioni. Venendo dunque a parlare dei personale, io accenne- rò qui i programmi per gli esami degli officiali delle Biblioteche, dettati dal compianto mio ottimo direttore comm. Tommaso Gar, che ne aveva avuto l' incarico dal Ministro dell'istruzione pubblica Cesare Correnti. E dirò che avendomene piiì volte il Gar, pel molto af- fetto che mi portava, chiesto il mio parere, io gli ri- spondeva francamente : esser fuordubbio da desiderarsi che i direttori delle Biblioteche, e gli officiali di esse fossero eruditi, o meglio ancora profondi conoscitori - 857 — delie diverse scienze e letterature; ma sembrarmi che i programmi da lui compilati, esigessero im numero di cognizioni grandissimo, forse soverchio ; e che se il pos- sederle può aggiungere utilità e decoro ali" institu- zione e a sé medesimi, non è poi da far colpa a chi ne sia privo, ned è per questo soltanto da escluderlo dal concorrere agli uffici delle Biblioteche. Le quali non sono (come noi sono gli Archivj) in- siituti di scienia propriamente detta^ ma instituzioni per la disciplina e per l'uso di alcuni enti dello scibile, quali i codici a penna, e i libri a stampa. Ricordo che alle mie osservazioni il Gar soggiun- geva : aver egli mirato^ in quella materia^ alV ideale. Ma questo ideale, appunto perchè piìi prossimo alla perfezione, di rado assai può ottenersi praticamente. Si deve adunque in questo, come in altre parti del- l' amministrazione pubblica, venire ad uno di questi due espedienti : od esigere strettamente nei mtovi can- didati (1) — tutti i requisiti enumerati nei programmi — 0 ritener questi lettera morta. Nel primo caso sa- rebbe molto difficile il trovar candidati di tanta dot- trina, che si adattassero poi all' umile ufficio di regi- strar libri in schede e cataloghi, e distribuirli a chi li dimanda. Comprendo V utilità grandissima che può venire allo studioso dall' indirizzo ricevuto da un dotto bi- bliotecario il quale conosca le opere, per dir così car- dinali^ nei diversi rami dello scibile, e il loro speciale (1) Non sarebbe stato equo che la legge avesse avuto un effetto re- troattivo e il Governo mostrò in fatti di non volerlo. Veggasi il decreto Reale 8 agosto 1871, N. 454. serie 2. — 858 — carattere e valore. Ma conoscere i modi e le discipli- ne della scienza, non equivale a possedere la scienza; ed è questo appunto che non mi par del tutto chiaro se non nel concetto, — almeno nella lettera dei pro- grammi del Gar. Qualunque però siano le modificazioni che questi possano incontrare nel venir applicati ai singoli casi, sarà atto di giustizia che essendosi col decreto Reale 15 novembre 1869 (1), posto in vigore quell' Ordina- mento ed attuate le norme ed i pesi inerenti agli of- ficiali, — si pongano anche in attività a loro vantag- gio, i nuovi stipendi con quel decreto stabiliti. Far valere nuovi programmi pel concorso ai posti nelle Biblioteche, esigere sì varia e copiosa istruzione, e retribuirne il servizio con mercede tanto scarsa — non mi parrebbe equo. Se in questa parte fu provveduto all' ordinamento degli Archi vj, — resta da curare le sorti degli officiali delle Mhlioteche^ e fornir loro più convenienti ai tem- pi e air ufficio , i mezzi di provvedere alle necessità della vita e agli studii. (1) N. 5368. Anche però dopo questo decreto che stabiliva (pag. 11) g'ii stipendii per gì' impiegati delle Biblioteche in più larga misura — si è pubblicato, ad esempio, un decreto Reale (7 agosto 4870 N. 5808) che approva il nuovo Ruolo normale degl' impiegati della Biblioteca Marciana di Venezia, ma coi soliti salarj. — 859 — SUL RIORDINAMENTO DEGLI ARCHIVI DI STATO Relazione delia Commissione istituita dai Ministri dell' interno e delia istruzione pubblica con Decreto 15 marzo 1870 (1) Quesiti. 1. Conviene per l'interesse della scienza, del pubblico servizio e dei privati, unire sotto un solo Ministero gli Archivj di Stato che ora abbiamo? 2. Sarebbe utile la divisione degli Archivj storici dagli ammi- nistrativiì Come potrebbe operarsi? 3. Da quale Ministero devono dipendere gli Archivj storici ed amministrativi? 4. Esaminata V istituzione degli Archivj provinciali, quali re- golamenti occorrono pei medesimi ? 5. Come devesi esercitare la vigilanza che allo Stato pare com- petere sulla conservazione degli kvcìixv^ comunali, provin- ciali e degli altri enti morali? 6. Devono farsi divisioni di carriera nel personale degli Ar- chivj per ragione del grado d'istruzione che le diverse occupazioni di Ufficio richiedono? 7. Quale sarebbe la gerarchia degli ufficiali d'archivio? 8. Potrebbero riunirsi alcuni Archivj e quali? (1) Gazzella ufficiale del Regno d' Italia. N. 338 del 9 dicembre 1870. Serie IF, Tomo 11, 109 — 8B0 — 9. Devono stabilirsi per tutti gli Archivj norrae uniformi di ordinamento ? 10. Quali regole dovrebbero osservarsi per la pubblicazione, la lettura e la copia dei documenti? IL Quali tasse potrebbero proporsi al Parlamento nazionale per gli atti di cui fosse chiesto lettura, copia od estratto? 12. Occorrono provvedimenti transitorj per la cessazione degli Archivj notarili attuali secondo lo schema di legge appro- vato dal Senato? La Commissione era composta come segue: Cibrario conte Giovanni Antonio Luigi, ministro di Stato pre- sidente; Castelli comm. Michelangelo, senatore ; Pallieri conte comm. Diodato, senatore; Bonaini comm. Francesco, sopraintendente generale degli Ar- chivj toscani; Trincherà comm. Francesco, direttore generale del grande Ar- chivio di Napoli; Gar cav. Tommaso, direttore dell' Archivio generale in Ve- nezia; 0520 cav. Luigi, direttore dell'Archivio governativo in Milano ; Canestrini comm. Giuseppe, bibliotecario della Nazionale in Firenze; Guasti cav. Cesare, capo di sezione nell' Archivio di Stato in Firenze. Ronchini cav. Amadio, segretario dirigente 1' Archivio di Sta- to in Parma, segretario con voto. Proposte. L Venga abolita la Direzione generale degli Archivj del Regno; essi dipendano da sopraintendenze diverse, e queste dal Ministero. — 861 — II. Gli Archivj sono da considerarsi come antichi o come moderni. — La parte antica di essi è quella che il Governo può mettere a disposizione degli studiosi, — moderna quella che lo Stato ha ragione di tener riservata. III. Tutti gli Archivj dipendano dal Ministero dell' interno. IV. In alcune delle provinole del Regno esistono Archivj che contengono le carte del Governo. — Si propone che « le <:< sopraintendenze in ogni capoluogo delle provincie comprese «nella loro circoscrizione, formino questi depositi, dove il Go- « verno avrebbe le sue carte, la Provincia i suoi interessi. » E se il Comune vuole, vi depositi il proprio Archivio e quelli delle sue amministrazioni. Si tenga presente questa proposta « per quel tempo in cui meno gravi siano le condizioni eco- « nemiche del Regno. » V. Il Governo deve per mezzo delle Prefetture obbligare i Comuni a raccogliere, ben conservare e ordinare gli Archivj^ colle norme, che verranno loro date dalle sopraintendenze, pres- so le quali, dentro un certo tempo, dovranno essere depositati anche gli inventarli. « Se vi saranno Comuni di piccola importanza, scarsi di « documenti, come di rendite, il Governo li inviterà a depo- « sitare ciò che hanno, nell' Archivio di quel Comune maggio- « re, a cui sono più legati per relazioni storiche o amministra- le tive, 0 dovranno provvedere a conservarli. » VI. Le concentrazioni di carte dagli ufficii moderni non de- vono essere più frequenti di cinque anni, né più tarde di dieci, e pei documenti giudiziarj, di anni venti. VII. Gli scarti saranno proposti dal sopraintendente al Mini- stero. — Il sopraintendente commette lo scarto ad ufficiali esperti; distinta la carta da macerare da quella da vendere senza altre operazioni. Allora il Ministero manderà chi esamini lo scar- to e se non vi ha eccezione lo approva. Vili. Raccomandato al Governo, per quanto sia possibile, r acquisto dei documenti sforici che vanno in commercio. — — 862 ~ Obbligati i venditori a denunziarne 1' esportazione, come quella dei capi d'arte. IX. Mediante accordi fra le Direzioni deo^Ii Archivj e delle biblioteche^ dovranno aver luogo scamhii di codici e di clocii' menti, che si trovino in quegli Istituti e che spettino meglio ad uno che all' altro. X. Gli Arclmij notarili che hanno discipline affatto proprie e stretta attinenza coli' Ufficio del Notariato^ non sono da porsi assieme agli altri Archirj di Stato. — Ma si fa voti che almeno peri documenti dei primi cinque secoli (XII-XVI) siano resi accessibili &g}[ studenti, dei quali si potrebbe chiedere^ per mag- gior guarentigia, che fossero presentati dai sopraintendenti agli Archivj di Stato. XI. Gli studiosi non pagheranno alcuna tassa. ~ Potranno attendere agli studii per cinque ore di ciascun giorno, in cui gli Archivj sono aperti. XI. Ciascuna sopraintendenza avrà un ruolo a sé pei' tutti gli Archivj compresi nella propria circoscrizione. « h' archivista che entrò alunno (e piaccia a Dio che tutti « gli archivisti comincino dall' essere alunni) acquistò certa- « mente delle cognizioni generali di paleografia e di critica di- « plomatica; ma tenne la mente e gli occhi rivolti in speciale « modo ai documenti del suo Archivio, e se sinteticamente com- « prese la storia d'Italia, apprese analiticamente quella della « sua regione. E questo è ciò che lo rende singolare per così dire «dagli altri, e lo studioso d' ogni altrui parte d' Italia, anche « lo straniero ricorre a lui come a guida pel non facile cammino « della erudizione. Di più la paleografia tiene molto del regio- « naie, e se cambia nelle diverge età, più muta col variare di « paese, così nella parte estrinseca, che sono i caratteri, come « nella intrinseca che sono i nomi dei luoghi e le formule « delle misure, di pesi e via discorrendo. Ora è indubitato che « se il capriccio delle promozioni balestras^se un ufficiale da « una [)arte all'altra del Regno, da un Archivio del settentrione — 863 — « ad un Archivio del centro o del mezzogiorno d' Italia con im- « porre a lui un nuovo e ingrato tirocinio, non farebbe che « nuocere così all' Archivio che perde un uomo esperto, come « a quello che acquista un novizio. Che se ciò vale precipua- « mente per gli ufficiali addetti alla custodia ed all' ordina- « mento delle carte più antiche, non è meno vero per gli altri « ai quali la pratica è molta parte di scienza. Anco le ammini- « strazioni hanno caro che i documenti siano trovati tutti e pre- « sto; anche i privati prendono buon concetto di un Archivio dal « quale ricevono più fatti che parole, più copie che responsi ne- « gativi. » XIII. Ogni tanti anni potrebbe aumentarsi di poco lo stipen- dio, a chi non avesse avuto un naturale avanzamento. XIV. Gli impiegati saranno di concetto e di ordine^ quelli di ordine non potranno aspirare che ai posti al di sotto di quelli di segretario di II classe. — Anche in questa categoria non si am- metterà impiegato senza esame. Dagli alunni si esigeranno esa- mi di concorso nelle lingue latina e greca, nella francese, nella storia civile e nella geografia d' Italia. XV. \i insegnamento àQWdi paleografia sarà teorico e prati- co: impartito specialmente per gli allievi. — Alle lezioni sarà bene che intervengano anche gli ufficiali; potranno assistervi estranei. — L'ufficiale incaricato dell'insegnamento dal soprain- tendente, ed approvato dal Ministro dell' istruzione pubblica, avrà una rimunerazione sulla dotazione della sopraintendenza. XVI. Per r ordinamento degli Archivj è lasciato ai sopra- intendenti la maggiore libertà. XVII. he piihblicazioìii iovd'^VQnàevdiwno di preferenza inven- tarli, regesti, lavori di erudizione. 13 aprile 1870. Firmati: Cibrario presidente — M. Castelli — Pallieri — F. Tiiii'lifiia — T. Gar — L. Oslo — G. Canestrini — C. Guasti, relatore. Seguono; Allegato A. B. C. — 864 — — Prospetto delle sopraintendenze e delle Direzioni. — Tasse. — Sistema di regolamento generale. Prospetto delle Sopraintendenze e delle Direzioni. Sopraintendenze t>. Direxioni 5!3. Bologna Bologna sopraintendenza Ancona — direzione Ascoli Piceno » Ferrara » Forlì » Macerata » Pesaro e Urbino » Ravenna » Firenze Firenze — sopraintendenza Arezzo — direzione Como direzione Grossetto » Livorno » Lucca » Massa Carrara » Pisa » Siena » Umbria (Perug ia)» Milano Milano — sopì [•aintendenza Bergamo -- direzione Brescia » Cremona » Lodi » Mantova » Pavia » Sondrio » Modena Modena — sopraintendenza Reggio — direzione Napoli Napoli — sopraintendenza Aquila — direzione Avellino » Bari » Campobasso » Caserta coli' Archivio in S. Maria di Capua — direzione Catanzaro » Cbieti » Cosenza » Foggia coir Archivio giudi- ziario in Lucerà — dire- zione — 865 — Lecce — direzione Potenza » Reggio » Salerno » Teramo » Archivio di Montecassino — direzione Venezia Archivio di Cava » Parma Parma — sopraintendenza Piacenza — direzione Sicilia Palermo — sopraintendenza provinciale dell'Isola— dire- zione Torino Torino — sopraintendenza Subalpine — direzione Genova e Liguria » Cagliari e isola di Sardegna direzione Venezia — sopraintendenza Belluno — direzione Padova » Rovigo » Treviso » Udine » Verona » Vicenza » (Continua) NOTIZIE STORICHE sur, PBOGnEsso hello 8T»nio DELLi MimmW DELL' ADRIMO Memoria DEL S. C. PROF. LUIGI STALIO ■VT.- Fra le varie classi di esseri zoologici, di cui ridonda il mare Adriatico, non è certamente minore, ne meno importante delle altre, quella dei molluschi i quali si veggono ovunque sparsi nelle sue acque. La svariata natura del suo fondo, che si presenta ove arenoso, ed ove formato di melma, resa pingue dalle decomposizio- ni organiche; i suoi frequenti banchi calcarei e sabbiosi, spesso ignudi, ma più spesso rivestiti di alghe, di fuchi e di zostera; in fine gli elevati dirupi e le cavernose sue profondità, offrono a questi esseri innumerevoli siti op- portuni al loro covamento e sviluppo, a cui pure contri- buiscano un clima temperato, che per solito vi domi- na, e la tranquillità delle onde, che di rado manca fra i numerosi suoi scogli, e per entro ai frequenti seni delle sue coste. Se non che siffatte condizioni, cotanto favorevoli nel nostro mare air esistenza di questi esseri, passa- rono inosservato alle considerazioni degli antichi na- turalisti italiani, per cui eglino trascurarono di rivol- Serie J F. Tomo IL HO — 868 — gere su di essi le loro investigazioni, non pensando air utilità, che ne sarebbe derivata alle scienze ed alla futura loro fama se, come Lister, Rumphio, Klein ed altri dotti, avessero coltivata questa parte della sto- ria naturale. Forse che alla noncuranza per questo studio gli avesse indotti la falsa opinione, che correva a quei tempi fra alcuni naturalisti poco illuminati, di riguar- dare, cioè, le conchiglie come oggetti o troppo volga- ri, od atti soltanto, per la loro bellezza e varietà di forme, ad eccitare in noi una vana curiosità. Ma quanto erroneo fosse un tale giudizio, era facile a compren- dersi, considerando che tutto quello, che tende a pro- curare una conoscenza più esatta e più estesa delle opere della creazione, agli occhi del vero filosofo non può essere, che argomento ben degno delle sue più studiose sollecitudini. Per esporre convenientemente il progresso dello studio della malacologia delT Adriatico, mi sarà d' uo- po di passare in rivista le opere di quegli scrittori, che trattarono di questo mare e delle sue produzioni, onde ritrarre da esse quelle notizie, che meglio pos- sano convenire al mio soggetto. Cominciando pertanto dagli autori del secolo XVI, si può affermare generalmente, che le loro cognizioni in questo argomento erano assai ristrette, o perchè po- co vi si applicarono, o perchè i loro studii erano rivolti a tutt' altro scopo. Ed in fatti, esaminando da prima l'opera che Pietro Belloni di Maine, antica provincia di Francia, pubblicò nel 1553 sugli animali acquatici (1), si rileva di leggieri, (1) Petri Bellonii Cenomani, De uqnatilibus libri duo cum icoui- ^ 869 — circf^-li, dopo aver visitati varii mari, e quello pure del- l'Adi'iatico, si recò a Venezia per istiidiare i pesci, che si osservano nei suoi mercati, dei quali ne descrisse un buon numero; ma che, all'incontro dei molluschi, non se ne occupò, che con poco interesse, limitandosi ad indicare solamente i nomi volgari di alcune specie co- muni, delle quali offerse le relative figure mediocre- mente eseguite, ma bastanti a far conoscere quelle, di cui intendeva di parlare. Scarso è invero il numero di tali specie, non avendone indicato che tredici solamen- te. Con tutto ciò noi dobbiamo sapergli grado, perch'e- gli, quantunque straniero, fu il primo che scrisse intor- no alla malacologia del nostro mare. Un anno poscia, cioè nel 1554, Guglielmo Rondele- zio diede in luce la sua opera intorno ai pesci (l), la quale anche oggidì è riguardata come molto utile, per le notizie che offre, e per le sue numerose figure, molto facili a riconoscersi. Egli, dopo di aver trattato diffusa- mente di questi animali, descrive in un libro apposito varie specie di testacei del Mediterraneo, e ne dà le relative figure; ma non così esatte, come quelle dei pesci. In riguardo alle specie adriatiche, ne accenna soltanto sette, distinguendole coi nomi volgari, usati a Venezia, e con figure corrispondenti. Del resto esse non sono diverse da quelle descritte dal Belloni, se non che in riguardo ^WAplysia deyilans^ alla Sepa sepiola^ al Solen vagiiia, Qà ^W Osirea Jacohaea^ le quali sembra, bus ad vivam ipsorum effigicm, qiioad cjus lìeripoinit, expressis. Pa- risiis, 1553, con fig-. (1) Guglielmi Rondeletii. De Piscibiis ìnaiiiìis in quibus cerae Pi- scium cffigics esprcsaac sunl. Lardimi, 1551. In fol. con fig. — 870 — che non sieno state notate in precedenza da questo autore quando fu a Venezia. Procedendo nel mio argomento, devo ora ricorda- re Corrado Gesner, od il ^\\o: Nomenclatore degli 'mi- mali acquatici^ da lui edito nel 1560 (1). Dopo aver egli parlato a lungo in quest' opera dei pesci e dei crostacei, viene a dare anche qualche notizia sulle conchiglie, descrivendone circa cento specie. Di queste però molte spettano ai mari stranieri, e le rimanenti altro non sono, che quelle pubblicate dal Belloni e dal Rondelezio, com' egli stesso dichiara, e ciò tanto in riguardo alle sue osservazioni ed alle figure, quanto in riguardo ai nomi volgari, con cui sono chiamato nell'A- driatico. Si vede pertanto, che quesf opera, almeno per quello concerne la malacologia, altro non è che una mera compilazione, la quale poco ha certamente con- tribuito all' avanzamento dello studio dei testacei nel nostro mare; sebbene il suo autore abbia avuta Top- portunità di visitare le venete pescherie, e poteva quindi farvi delle utili osservazioni. Venendo ora ai naturalisti del secolo XVII, devo con- fessare, eh' essi pure poco concorsero colle loro appli- cazioni al progredire della scienza di cui tengo ragio- namento, occupandosi interamente a trattare delle petrificazioni, di cui possedevano ricche raccolte. Ulisse Aldrovandi, professore dell" università di Bo- logna, versò egli pure su tale argomento; ma non (1) C'ONRADUS Gepnkr, Nonunclaloì- ariuali/iin/i anhnoìiuìv. Ico- ncs finiiiKiUiiìn a(pi((filiinii in ìikivì e' (/iilcil.iis dijiiix def/cittiìnìi plus- i/ndììi 700, eum ìuninìiildluris s'nxjuloi ina Itiliuis. graccis. ilali('.'<. Iti- sjxiiu'cis a'iis'^ue, ecc. Tiguri, 1560. In fol. con fig'. — 871 — perciò tralasciò di occuparsi di varii altri rami di sto- ria naturalo, di cui scrisse molti volumi. Pubblicò nel IGOG un'opera sugli animali acquatici senza san- gue (1), nella quale non fece ciie ripetere quanto, in ri- guardo ai molluschi adriatici, era già stato detto dagli autori clic lo precedettero. Per tal modo anche questo scienziato ci giovò assai poco coi suoi scritti, mentre poteva farlo ampiamente, recandosi tratto tratto a vi- sitare r Adriatico, ed a raccogliere la ricca messe di conchiglie, eh' esso gli avrebbe offerta, certamente po- co note a quei tempi. Le figure, che presenta a schia- rimento delle specie, da lui descritte, non sempre colla desiderata chiarezza, sono rozze e spesso inesatte. Siccouie poi egli abbracciò tutte le specie di testacei conosciuti dagli antichi scrittori senza distinzione di patria; così quest' opera non può sempre riuscire di giovamento neppure pei confronti. In somma, secondo il giudizio del chiarii-sinio Blainville, un tale lavoro non è da riguardarsi, che come un libro di erudizione, buono ad essere consultato per conoscere quello che gli antichi dotti dissero di vero e di falso intorno agli ani- mali molluschi. Alcuni anni dopo comparve Fabio Colonna, che per r acutezza del suo ingegno, per il suo giusto discerui- mento, e per le sue cognizioni di botanica, di entomo- logia e di conchiologia, si può dire, che si accostasse a Linneo. Nel trattato della Porpora da lui impresso in (1) Ulypsis Aldrovandi Bononiensis, De reliquìs anìmalibus exan- fjì/iòiis I/bri (/uafnnr, post marfeia ejus editi, vempe de inoUihm, cru- st(ice!s, et zovp/iilis. Bononiae, 1606. In fol. con fig-. — 872 — Roma nel 1615 (1), egli fu il primo a saper fissare con precisione i caratteri particolari delle specie dei testa- cei, e quello eh' ò più, a distinguere i tratti di analogia che li ravvicinano, e ne costituiscono i generi. Malgra- do a queste sue distinte doti, egli non influì punto a migliorare le nostre cognizioni in riguardo ai testacei del mare che ci spetta, poiché i suoi studii erano rivolti all'esame di poche specie per lo piìi straniere, e per- chè dalla sua opera non risultano che tre sole specie, che ci riguardano, cioè i due Murex 'brandaris et trim- culus, Linn., e la Turriteìla c(jmmv.nìs, Lamk. Né qui posso ommettere di ricordare Filippo Bonan- ni, naturalista celeherrimo, a cui siamo debitori del pri- mo libro figurato di conchiologia, il quale uscì in luce a Roma nel 1681 collo spezìoso titolo di Ricreazione del- l' occhio e della mente (2), e che anche oggidì è consul- tato con molto vantaggio, né v' ha autore che nei suoi scritti malacologici non ne faccia citazione. Le specie, che in esso descrive, sono numeroso, ed in gran parto di patria europea ; ma ve nesouo anche molte esotiche. Le divide tutte in tre grandi classi, cioè in testacei univalvi non turbinati, in testacei bivalvi, ed in testacei univalvi turbinati. Dopo di avere ragionato sull'interes- se che questi animali destano in tutti, e come attraggono pure le considerazioni dei savii, parla dello abitudini e della loro dimora, dell'utilità che portano all'uomo par- ticolarmente come alimento, e dà in line spiegazione (1) Fabius Columna, Tidctalus ((e Puijnira ah (tnimnli Icstaccu fusa, (le hoc ipso unimati, a/iis(jiie rarìoribus tcslaceis quibusdam . Romae, IGKJ. In 4.° con fig". (2) Fii.u'PO BoNANNi, Ricredzionc deW occhio e della vienlc nel'e osservazioni delle chiocciole. Roma, 1681. In 4.° con flg-. ■ - 873 — sulla formazione del loro guscio, sull'origine dei varii loro colori, sulla loro propagazione, e su quanto vi ha di più curioso rispetto alla loro esistenza. Le specie da lui osservate nell'Adriatico sono 15, delle quali 10 non fu- rono avvertite da alcuno prin;a di lui. Il Bonanni ha pubblicato pure V illustrazione del Museo Kircheriano, di cui in seguito sarà fatta parola. Quanto ho esposto fin qui, è il risultamento degli studii fatti in Italia sulla malacologia del nostro mare, durante i secoli XVI e XVII. Poco invero se ne avvan- taggiò la scienza in generale, e poco pure si accrebbero le notizie dei molluschi di detto mare. Con tutto ciò non è poi da supporsi che negli altri paesi europei si sia fat- to assai di più. Appena nel 1675 Daniele Major, professo- re neir università di Kiell in Germania, avea ideato di dividere metodicamente le conchiglie dietro la loro for- ma esterna, pubblicando il suo sistema in una nuova edi- zione del trattato della Porpora di Fabio Colonna. Mar- tino Lister, medico della regina Anna d'Inghilterra, sol- tanto sullo scorcio del secolo XVII spinse questa scien- za più innanzi, perchè aveva creato un metodo più este- so, e più conveniente di quello del succennato natu- ralista tedesco. La Francia in fine non ebbe il suo ce- lebre Tournefort, che al cominciare del secolo XVIII, il quale dopo assoggettati i vegetabili ad una dotta classificazione, tentò pure di applicarne una alle con- chiglie; ma essendo morto (1708) innanzi alla sua pub- blicazione, fu in seguito comunicato il suo manoscritto a Gualtieri, che se ne valse nel suo: Index testarum. Ma io m' accorgo di essermi allontanato dal mio proposito, e mi affretto a ripigliarlo per continuare ad esporre quanto venne fatto dai nosLri naturalisti nel — 874 — secolo XVIII per dare incremento allo studio di cui tratto. Nei primi anni di esso, ed anzi nel corso di molti al- tri successivi, crasi destato fra i naturalisti italiani un appassionato trasporto per lo studio della coucliiologia fossile, il che aveva cagionato un aftievolimento nel- rinvestigazione delle conchiglie viventi, non essendovi alcuno che a quel tempo pensasse, che solamente dal- l' esatta conoscenza di queste si potesse giungere ad una perfetta cognizione delle fossili, e contribuire in tal modo all' avanzamento della geologia. Intanto venne Giovanni Bianchi (Jano Fianco) ari- minese, professore nelF università di Siena, naturalista sagace e diligente osservatore il quale, essendosi de- dicato per molti anni a fare accurate indagini sugli esseri animali dell'Adriatico, pubblicò nel 1739 la prima edizione della sua opera intorno alle conchiglie poco conosciute (1), dalla quale apprendiamo, che le sue ri- cerche, non disgiunte da serii studii, erano rivolte ai molluschi, ai crostacei, agli zoofiti, ad altre simili pro- duzioni marine; ma che desideroso di nuove scoperte, si occupò con appassionata assiduità ad investigare fra la sabbia ed il sedimento quelle minutissime conchi- gliette microscopiche, che Foraminifere si appellano, e che per le insormontabili difficoltà, che presentano allo studio, sono anche oggidì molto neglette. Con tutto ciò vi riuscì con soddisfazione, imperocché, laddove i suoi predecessori avevano trovate lesole spoglie fossili, il Bianchi giunse a scoprire sullo spiaggie di Rimini (1) JANr Planci (Giovanni Bianchi) Ariminensip, De Cono/iìs niiniis notis liber. Venetiis, 1739. In 4." con tav. — Bdil/u al/ero, duplici ap- prndicc ancia, Roniae, 1760. In 4.° con tav. — 875 — gli originali viventi, e perciò siamo a lui debitori della conoscenza {Ìq\ Natitilus crisinus\ radicida, raphanns, e cotali altre specie. È vero, come osserva l'Olivi, che sarebbe stato piìi vantaggioso, che in luogo di occu- parsi di questi esseri minuti e poco significanti, egli avesse impiegate le sue cure nell' indagare, più di quello fece, i molluschi di quel mare che bagna le patrie sue sponde, poiché a queir epoca era importante la loro conoscenza. Questa lieve osservazione nulla toglie però al merito sostanziale della sua opera, la quale ottenne una favorevole accoglienza presso i dotti di tutte le colte nazioni. Le poche specie di molluschi da lui rac- colte sono 13, di 8 delle quali egli fu il primo a notare 1' esistenza neir Adriatico. Non devo ora dimenticare in questa rassegna Vita- liano Donati, medico di Padova, che succedette dieci anni dopo a Bianchi. Essendo egli naturaUsta pieno di solidità e di acuto criterio, avrebbe servito assai bene allo scopo della malacologia, se di essa si fosse occu- pato^ ma esso invece rivolse le sue cure ad esaminare la natura del fondo del nostro mare, ed a riconoscere me- diante opportuni scandagli le varie stazioni dei testa- cei viventi. Nel Saggio della storia naturale dell' Adria- tico da lui dato in luce nel 1750 (1), parla di questi suoi tentativi; ma tratta assai più diffusamente sulla natura degli zoofiti e degli animaletti, che li produ- cono. In quanto ai molluschi, non ne fa alcun cenno, non avendo avuto in mira questa trattazione. Giuseppe con. Ginanni (1750), illustre naturalista di (i) Vitaliano Donati, Saggi& della storia naturale marina del- l'A !riat:co. Venezia, 17v'i0. In fol. con tav. Serie ir. Tomo IL 111 — 876 — Ravenna, non volendo farsi seguace di coloro, che nei primordii del secolo si mostrarono non curanti delle in- dagini e dello studio dei molluschi; ma animato invece dal pili vivo interesse scientifico di possederne in copia, si diede a raccogliere con diligenza ogni sorta di pro- dotti organici dell' Adriatico, volgendo principalmente le sue sollecitudini alle conchiglie, di cui anche al pre- sente si osserva una collezione nel suo patrio musco, il quale fu illustrato con ispeciale memoria dal celebre botanico italiano professor Bertoloni. Nella sua opera, che comparve postuma in luce, cioè nel 1757 (1), parla dei testacei marini del nostro golfo, e dei paludosi e terrestri del circondario di Ravenna, descrivendoli con accuratezza e corredandoli di buone figure. Delle sole specie marine, non comprese quelle degli anellidi e dei cirripedi, egli ne annovera 43, numero che, sebbene paja ristretto, pure per quei tempi, e per chi fa fra i pri- mi ad iniziare questo studio sulT Adriatico, deve ri- guardarsi come sufficiente. Di queste specie, 26 sono state inedite per Tinnanzi, dovendosene a lui la prima conoscenza nelle nostre acque. Lo Zampieri d' Imola compilò il catalogo del museo Ginauniano, che fu pubblicato dal nipote Francesco Ginanni nel 1762. L'appendice delle spoglie del mare Adriatico, che Martino Brunnich aggiunse alla sua Ittiologia marsi- gliese, pubblicata nel 1768 (2), ricorda alcune specie di (1) Giuseppe conte Ginanni, Opere poshmìe, nelle quali sì confen- gono testacei marini, paludosi e terrestri dell' Airìatico. e del terri- torio di Racenna, da lui osservati e descrilli. Venezia, 1751-1757. Voi. 2 in fol. con figf. (2) Martin Th. Brunnich, Jcthyologia massiìensis sistens Piscium — 877 — pesci, di crostacei e di testacei da lui raccolti nel viag- gio, che fece nel nostro mare ; ma le notizie che ne offre sono. assai incomplete, almeno per ciò che concerne le conchiglie, di cui non accenna che 8 specie soltanto, due delle quali egli fu il primo a notare nelP Adriatico, cioè la Venus geographica, Linu., ed il Mytilits litophagus, Linn. Oltre a queste, altre 5 specie, cui egli probabil- mente non conobbe, riferisce col solo nome del loro genere. Il viaggio che invogliò V ah. Fortis di visitare nel 1774 la Dalmazia (1} ebbe per oggetto di vedere i fos- sili neir isola di Cherso, che si diceva esserne zeppa, e soprattutto per estendere le sue ricerche mineralo- giche e geologiche sopra quel suolo. Laonde all' infuori di aver egli pescato nel porto di Sebenico a circa 200 piedi di profondità la Terehratida tnincata, Brug., e di aver raccolto sulle coste dalmate i due Chiton fasicu- ìaris, et ruher^ Liun. (2), tale suo viaggio non ha recato alcun altro vantaggio alle ricerche malacologiche. Apparve nel 1782 una seconda edizione del Museo Kircheriano del Bonanni, procurataci da Giovanni An- tonio Battarra ariminese, professore di filosofia (3) a descriptiones eorumque apud iticolas nomina. Accedunt spolia maris Adriatici. Hafniae, 1768, in 8.*" (1) Alberto Ab. Fortis, Viagcji in Dalmazia. Venezia, 1776. Voi. 2 in 8.» (2) Per la Terebratula, ed i due Chiton vedi : Martens, Reise nach Fenedig. Ulm, 1824, pa?. 463 e 480, Voi. II. (3) JoHANNE Ant. Battarra Ariminensis, Rerum naturalium fiisto- rici, esiatentium. in Museo Kircheriano, edita jam a Honannio, nunc vero nova- methodo distributa, iioti.s illus'rata, ecc. Ronnae, 1782. Voi. 2 in fol. con fi,?. — 878 — cui egli aggiunse una lettera interessantissima so- pra pili punti di storia naturale, e per quello riguarda specialmente i testacei, fece varii utili cambiamenti al testo bonoDuiano della prima edizione. Vi mutò l'ordine della distribuzione delle specie, seguendo i migliora- menti introdotti dai più accreditati autori, che gli suc- cedettero, corresse parecchie figure inesatte , o non corrispondenti alla specie descritta; aggiunse a molte specie la frase definitiva secondo lo stile di Gualtieri, 0 di Linneo, ed il nome stabilito da quest'ultimo ; in- fine v'inserì varie utili note riguardanti le particolarità di alcune specie, ed i m.ari in cui vivono. Di questi e di altri miglioramenti fatti dal Battarra alF edizione indi- cata, esso ne parla a lungo nella aggiuntavi prefazione. Delle 18 specie da lui designate come adriatiche, 9 ve ne sono, ch'egli fu il primo ad osservare in ({uesto mare. Non posso sotfermarrai a parlare di Saverio Wulfen, illustre naturalista di Klagenfurt, onde tessergli i dovuti elogi, pereh' egli nel 1791 fu il primo a descrivere ac- curatamente varie specie di animali del golfo di Trie- ste ; né posso tampoco approfittare delle iiuove specie di ascidie, di nereidi, e di nautili da lui scoperti e de- scritti nella sua opera (1) perchè, sebbene osse, secondo il sistema liuneano da lui seguito, appartengono alla sezione dei vermi molluschi e testacei, pure essendomi proposto di attenermi in queste notizie ai moderni me- (1) Xaverius de Wulfen, Dcscripliones zoulofjicite ad Adrìatiri lU- lora ìufu-is Concinnala. Nocu acfa uccad. Leopol. t 8.° Noriiubergae, 1791. Vpgg-asi per questa opera, non facile a trovarsi, la nota del dott. Oi;). Domenico Nardo, membro pensionato del R. Istituto veneto, inserita nel Coinm;nitario della Fauna, Flora e Goa, eoe ecc., N. -1, pubblicato a Venezia, ì.° aprile 1868. — 879 — todi ; così non posso comprenderle e schierarlo fra le altre specie. Quelle sole di cui devo fare menzione, per- chè spettano ai veri molluschi, sono V Jpli/sia depi- Inns, Linn., VOctoims vìUgarìs, Lamk, il Lolhjo vulgaris^ Laiiik, la Sepia qfìcinalis, Liun., la Sepìola Rondeletii, Leach, e V Argonanta Argo^ Linn. Finalmente venne il celebre ab. Giuseppe Olivi di Chioggia a chiudere la sforia malacologica del secolo XVIII del nostro mare col dare in luce nel 1792 la sua Zoologia Adriatica (1), opera commendevolissima, e si può dire a tutta ragione, che di più classico in tale ma- teria non venne fino allora pubblicato ; ma che scia- guratamente non fu compiuta per l' immatura morte deir autore. Nessuno, dice il riputatissimo Brocchi nel- la sua Conchiologia fossile, lo ha oltrepassato nell'esten- sione e neir originalità delle viste, in ciò che spetta alla storia naturale delle conchiglie. Egli ci ha som- ministrato in essa molte rilevanti notizie sulla loro sta- zione, sulle abitudini loro, sull'influenza delle cause esterne nella modificazione della loro grandezza, della forma, del colore e della solidità del guscio, notandone . soprattutto le differenze, che provengono dalla loro età. Mercè le instancabili sue investigazioni, egli giunse a riconoscere nel nostro mare V esistenza di 200 specie di molluschi, ed una ventina di buone varietà, cioè a (lire, un numero assai maggiore di quello che ne rac- colsero tutti coloro che lo precedettero. Riuscirà poi (I) Giuseppe Ab. Olivi, Zoologia adriatica, ossi i Catalogo ragio- nato degli animali del golfo e delle lagune di P'enez-ia, preceduto da una disseriazione sulla storia fisica e naturale del golfo, ed ac- com>) agnato da memorie ed os:iervazioni di fisica, storia naturale ed economia. Bassano. 1792. In 4" con tav. — 880 — di meraviglia il sapere, che fra tali specie parecchie egli ne ha trovate di quelle che si reputavano esclu- sivamente proprie dell'Oceano asiatico ed americano, come a dire la Vohda cafra et cancellata, V Ostrea pli- cata^ il Chiton ,sguamosus^ il Cardmm ciliare ed altre ancora. Ora da questo numero, per seguire, come dissi prece- dentemente, i moderni sistemi, sarà d' uopo separare tutte quelle specie, che non appartengono piiì ai veri molluschi marini, ed allora (^sso sarà ridotto a 153 spe- cie soltanto, delle quali 88 sono state da lui osservate nel nostro golfo prima d'ogni altro. Fra queste, 8 sono nuove dovute alla sua scoperta, le quali egli descrisse e figurò nella citata opera. Neir ordinamento di questi testacei, nella diagnosi e nella nomenclatura loro, l'Olivi si attenne al sistema di Linneo, che a quell'epoca era ancora nuovo, ed ab- bracciato dai più dotti naturalisti. Ad ogni specie vi aggiunse qualche interessante notizia in riguardo alla sua frequenza, alla qualità del fondo su cui dimora, al- l'uso che se ne può fare come cibo, od altro, per cui questo catalogo, ch'egli a tutto diritto chiama ragio- nato^ non consiste in un semplice elenco nominale, bensì in un'opera, che porge a chi la legge molte impor- tanti cognizioni di malacologia. L' amore che 1' Olivi nutriva per lo studio e per le ricerche del nostro mare, non si arrestò in lui solo ; ma desideroso com'era di vedere sempre più aumentare le conoscenze di esso e di suoi prodotti, procurò d' infon- dere anche negli altri questa nobile sua passione. In fatti egli fu ben presto imitato dall'abate Stefano Chie- rcghini nativo egli pure di Chioggia il quale, datosi — 881 — con ogni impegno a seguirò lo traccio del suo illustre concittadino, giunse a poter istituire nella propria casa uno scelto museo di Storia naturale, ricco principal- mente di prodotti adriatici di ogni classe, per la forma- zione del quale dovette impiegare molti anni di peno- se ricerche, di assidui studii e di rilevanti dispendii. N' ebbe egli perciò somma soddisfazione, imperciocché naturalisti di varii e stranieri paesi venivano frequente- mente a visitarlo e ad ammirare le sue preziose raccolte. Per tale modo il Chiereghini cominciò nei primi an- ni del corrente secolo XIX a salire in grande fama per le sue cognizioni sulla Fauna adriatica. Vedendosi egli ricco di tanta suppellettile offertagli dal nostro golfo, determinò di scrivere un'opera, la quale contenesse la descrizione dei crostacei, dei testacei e dei pesci che abitano la laguna ed il golfo veneto , rappresentati da figure a nero ed in coloi'i (1). Accinto- si a tale lavoro, vi perdurò con instancabile pazienza, conduceudolo a compimento nel lungo periodo di trenta anni. Ammirabile è soprattutto in quest'opera la preci- sione dei numerosi disegni (1624:fig.) eseguiti dallo stes- so autore, nei quali si vedono ritratti al vivo gii animali che rappresentano, particolarmente in riguardo alle con- chiglie, di cui intendo parlare, come spettanti al mio compito. Le descrizioni però, essendo dettate con trop- pa prolissità, e con minuziosi dettagli, mancano tal volta della desiderata chiarezza. All'incontro riescono sempre interessanti le notizie, eh' egli riferisce intorno (1) Stefano Ab. Chiereghini Clodiense, Descrizione de' crosfaceii de' testacei e de' pesci, che abitano le lagune e golfo veneto rappre- sentati in figure a chiaro-scuro ed a colori. Manoscritto del 1802. — 882 — alla grandezza di questi esseri, alle loro instintive aÌDi- tudini, alla natura del sito, in cui si stabiliscono, al tempo della loro maggiore apparizione, all' utilità che ci apportano, al modo di farne la preda, ed a quanto altro può occorrere alla perfetta loro conoscenza (1). L' opera è divisa in 12 volumi in foglio, tre dei quali sono destinati al testo, e nove alle tavole; cinque di tutta r opera spettano alla sezione dei molluschi. Per la classificazione delle specie, ilChiereg'hini se- guì il Systenia naturae di Linneo, edizione di Gmelin, e ricorse talvolta anche alla Zoologia adriatica dell'Olivi. Riesce però di meraviglia, eh' egli non abbia consulta- ta alcuna delle buone opere conchiologiche, che già esistevano al tempo in cui scrisse, e che non ne abbia fatta mai alcuna citazione, perchè appunto da tale om- missioae egli venne tratto più volte in errore, di ri- guardare cioè, come nuove alcune specie, ch'erano già conosciute prima di lui, e distinte dal loro scopritore con una particolare frase. Le specie dei mollusclii descritti dal nostro autore ascendono a 509, delle quali 310 sono da lui riguardate per nuove, e come tali sono state distinte con nomi tratti dalla mitologia e dal volgare linguaggio, ed altri sono allusivi a qualche ragguardevole personaggio. È però da notare, che questo numero è alquanto esagera- to, percliè fra le specie da esso indicate vi sono com- prese molte conchiglie terrestri e fluviatili, molte scr- ii) Per maggiori dettagli sull'opera, e sugli studii del Chieregliiui, vedi il discorso preliminare, ed i cenni biografici premessi dal chiaris' Simo dott. Gio. Domenico Nardo alla sua Sinuniviiu vwdcnia delle specie descritte dal Chiereghini stesso, ^'enez;ia, 1847. — 883 — pule, saLelle, lepadi ed altre specie non appartenenti ai veri molluschi; e perciò il chiarissimo sig. Brusina, come si vedrà in seguito, allorché parlerò della sua opera: lysa Chiereghinìi Conchiglia^ lo ridusse, dopo un critico esame, a sole 249 specie, fra le quali 8 di nuove. Questa grande opera, che per la troppa modestia dell'autore rimase inedita, fa acquistata dal Governo im- periale, e data in dono nel 1818 alla biblioteca del R. Liceo Marco Foscarini di Venezia, ove si conserva e che, per le sue molte ed interessanti notizie della Fau- na adriatica, viene frequentemente consultata da na- turalisti italiani e stranieri. Affine di rendere piiì facile e più vantaggioso il suo uso, r illustre naturalista dott. Nardo compilò, dietro in- carico superiore, l'indice delle specie in essa descritte, applicandovi i corrispondenti sinonimi, usati oggidì dai pili accreditati scrittori di storia naturale, e lo rese di pubblico diritto nel 1847. Di esso ne riparlerò in se- guito. Contemporaneo, ed indi successore all'Olivi ed al Chiereghini, fu Stefano Renier, clodiense egli pure, in- gegno chiarissimo e che professò con riputata fama sto- ria naturale nell' Università di Padova. Egli per lungo volger di anni si dedicò a profondi studj sulle produzioni organiche dell'Adriatico, rivolgendo soprattutto le sue investigazioni sui molluschi e sui vermi, come quelli che più abbisognavano di essere assoggettati a serie discus- sioni. Non era egli pago di riconoscere, soltanto allo stato di vita, i distintivi loro caratteri esterni; ma vol- le eziandio con accurate osservazioni comprendere la loro organica struttura, onde venire in cognizione dei rapporti che li avvicinano fra loro. E siccome i molluschi Serie ir, Tomo II. 112 — 884 — offertigli dalle superstiti raccolte dei suoi illustri colle- ghi non erano bastanti alle sue elevate mire; così egli, per poter meglio riuscirvi, si accinse dopo la loro mor- te, ad esplorare con ogni diligenza le acque del nostro golfo, intraprendendo molti e disagiati viaggi, per cui giunse a riunire una ricca messe di esseri malacologici, che presentarono largo campo alle sue scientifiche me- ditazioni. Finalmente dopo molti anni di pazienti ed indefessi^ applicazioni, fatte sopra i radunati oggetti, egli pubbli- cò nel 1804 il Prodromo di ossertaiioni sopra alcuni es- seri virenti delV Adriatico (1). Tale lavoro gli accrebbe grandemente la fama, pel sommo interesse che destò fra i naturalisti, imperciocché colla sola Tavola alfaleti- ca delle conchiglie^ che forma la sua prima parte, e che consiste in un esteso e circostanziato catalogo, egli diede un notabile incremento alle co£2:nizioni malaccio- giche, facendo conoscere oltre alle specie enumerate nei cataloghi dei suoi predecessori, altre 187 specie da essi non avvertite nel nostro mare, delle quali 72 sono affatto nuove. Le specie da lui registrate neir ac- cennata tavola ammontano a 588 comprese le varietà; ma fattavi la necessaria separazione delle specie non appartenenti ai molluschi marini, esse vengono ridotte a 480, numero tuttavia molto maggiore delle specie rin- venute dal Chiereghini e dall' Olivi insieme. Anche il llenier nella disposizione del suo catalogo, volle seguire, come i precedenti due scrittori, il sistema (1) Stefano A. dott. Renier, Proilromo di osservazioni sopra alcu- ni esseri cìvenli, della classe dd vermi, abitanti mi viuì e Adriatico, nelle lagune e nei litorali veneti. Venezia, 180-1, in fui. — 885 — linneano, almeno in riguardo ai generi, perchè le spe- cie, in luogo di ordinarle per affinità di caratteri, le dispose per serie alfabetica, donde venne al suo cata- logo il titolo di l'avola alfabetica. Le specie nuove e le varietà si trovano in esso quasi tutte rischiarate colla citazione di qualche figura di buon autore, a cui rassomigliano pii^i da vicino, e spesso anche con qualche nota illustrante. Egli anzi ne aveva scritte le diagnosi latine, che dovevano far parte delle indicate tavole; ma con sommo nostro rammarico si astenne di pubblicarle, ciò che fu poi cagione, che non vennero riconosciute tutte le specie da lui stabilite, delle quali ci manche- rebbero ancora più le notizie, se il Brocchi, a cui egli aveva prestato tutta la sua raccolta per coadjuvare al lavoro della sua Conchiologia fossile., non ci offrisse in essa le figuro e le descrizioni di molte specie (1). Lirò in fine, che dal catalogo in discorso si ap- prende , che molti testacei, che si riguardano, se- condo Linneo, abitatori soltanto dell' Oceano indiano ed africano e dei mari dell' America settentrionale e meridiouiile, come a cagione di esempio la Tellina ro- strata., Born., la Cardita calyculata., Gm., il Solen coar- clatus^ Linn.^ la Venus 2'^rostrata, Linn., \\ 31urex poly- f/oinis., Linn., il Turbo exoletus, Linn., ed altri circa 60, sono stati riconosciuti dal Renier esistere anche nell'A- driatico. Questa notizia eh' è in relazione a quella dell' Olivi, da me poc' anzi accennata, è di molta importanza per ()) Per maggiore contezza sugrli stadii del Renier, vedi la sua biogra- fia scientifica scritta dal chiarissimo dott. Gio. Domenico N'ardo, ed inse- rita nel tom. 11 della liii cu/fa liska-chhnka i/altana. Venezia, 18Ì1. — 886 — coloro che attendono alla ricerca delle conchiglie fos- sili esistenti nei nostri terreni. Né io credo eh' essa sia da porsi in dubbio, almeno in riguardo di alcune spe- cie, perchè il Renier non era un raccoglitore sedenta- rio, né un naturalista di facile credenza, da appagarsi soltanto delle altrui asserzioni; oltre di che sappiamo, che le investigazioni fatte dal celebre Poli nel mare di Napoli, hanno offerto consimili risultati. È vero che varie di tali specie non si riesce più a rinvenire nel no- stro golfo; ma è anche certo, che V appoggio, che dà il Brocchi (1) alle notizie dell' Olivi e del Renier, me- rita ogni riguardo. Mentre che il Renier esplorava per ogni dove 1' A- driaticOj affine di accrescere sempre più la sua dovizie malacologica, Gio. Batt. Brocchi di Bassano, dotto na- turalista e filosofo profondo, scorreva il suolo dell' Italia dalle cime degli Appenini fino alla più umile collina, investigando i monti, le valli, le grotte, i terreni ed ogni recesso, onde venire in conoscenza dei fossili, eh' essa serba nel suo seno. A tale ricerca lo spinse il sublime concetto, a cui egli aveva alzata la mente, di dedurre cioè la primitiva storia fisica del globo dalle spoglie organiche, e precipuamente da quelle dei testacei, che il mare abbandonò sutta terra allorcliò, fuggendo dal continente in conseguenza di grandi catastrofi, si ri- dusse negli odierni suoi confini. Per quanto si trattas- se di epoche lontanissime, e numerose fossero le con- troversie fra i naturalisti, egli non si sgomentava pun- to ; ma perseverando nelle indagini e nelle sue ap- (1) Beocchi, Cniìc/nolofjlci fossile subappcii ni i. a. T. I, pap:. 152-154. Milano, 1814. — 887 — plicazioni, in breve dimostrò quanto fondato fosse il suo assunto, allorché nel 1814 rese di pubblica ragione la sua Conchiologia fossile suha2)penina (1). Tale lavo- ro, non tentato ancora a quel tempo, né in Italia, né presso le altre colte nazioni, fu applauditissimo, e fece salire il suo autore in grande rinomanza presso i dotti. Il celebre De Blainville nel suo Manuale di mala- cologia e conchiologia, ne fa i più grandi elogi. « Cet « ouvrage, die' egli, est certainement ce que la science « possedè de plus complet, ou de le plus convenable- « ment traité, et de mieux exécuté sous tous les rap- « ports, sur les coquilles fossiles d'un pays. Les figures « sont d'une neteté, et d' une exactitude qui pourront « difficilement étre surpassées (2). » Dal quale giudizio emerge, che il Brocchi a tutto diritto devesi riguardare come il pili versato di quanti scrissero ai suoi tempi in- torno alla conchiologia fossile, per cui anche al presen- te la sua opera é molto raccomandata agli studiosi. Essa si compone di due volumi, il primo tratta sul progresso della conchiologia fossile nell' Italia, e sulla costituzione geologica degli Appenini, e del suolo adia- cente; il secondo è interamente consacrato all' illustra- zione non solo delle conchiglie fossili da lui raccolte nelle sue frequenti e laboriose ricerche ; ma ben anche delle specie analoghe ancora viventi. E siccome molte di esse esistono nell'Adriatico; così in queste mie no- li) Gio. Battista Brocchi, Canchiulogia fossile subappennina con osnei valloni geologiche sugli Appennini^ e sul suolo adiacente. Con tav. 16. Milano, 1814, in 4."^ voi. 2. (2) De Blainville, Manuel rie 3fal(icoluf/ie et Conchyliologie. Pa^ ris, 1825, pag-. 347. — 88S — tizie, non poteva tralasciare di far parola di un autore, che ha pure cooperato all' avanzamento della con- chiologia del Golfo veneto. La precisione delle descri- zioni, Tesattezza delle figure, gli opportuni avvertimenti che vengono fatti sopra le specie più interessanti, e particolarmente sulle nuove, gli schiarimenti di tanti dubbii e l' emendazione degli errori in cai incorsero alcuni scrittori, rendono quest'opera molto utile anche a coloro, che si applicano allo studio dei testacei del- l'Adriatico. Il sistema, che V autore ha seguito nell'or- dinamento del suo catalogo, è il linneano, in accordo con quello di Lamarck. Tutte le specie da lui descritte ammontano a 4-1:0, delle quali 140 vivono anche presentemente nell' A- driatico e nel Mediterraneo, e le altre 300 sono pura- mente fossili, cioè tali, che non se ne conoscono le ana- loghe viventi. Di quest'ultime, por oltre a 200 ne dob- biamo la scoperta allo cure del Brocchi; le altre erano già conosciute. Delle 130 specie esistenti nell'Adriatico (mentre le altre dieci sono mediterranee) è d'uopo av- vertire che 110 erano già note ai conchiologi, e che sole 20 specie sono state di recente riconosciute es- sere analoghe ad alcune fossili brocchiane, e perciò fu ad esse conservato il nome del loro scopritore. Dopo tutto ciò non posso ommettere di ricordare, come dalle verità esposte nella indicata opera noi ve- niamo a comprendere agevolmente l'origine della gran- de massa degli avanzi di quelle specie, che un giorno popolavano l'antico mare dell'Adriatico, quando que- sto stava innalzato a più centinaja di piedi al di sopra d(dr attuale suolo elio noi abitiamo ; e corno dietro il confronto e V identilicazioiie delle specie nuove, cogli — S89 -. avanci da lui adunati, possiamo assicurarci della conti- nuazione dell' esistenza delle specie da noi credute estinte. Non devo ora dimenticare T illustre naturalista, Giorgio Martens, che nacque e fa allevato in Venezia, e che nel 1824 pubblicò un'opera col titolo di Viaggio a Venezia (1) in cui, oltre alTavere trattato diffusamente sulle condizioni civili, politiche, industriali, commerciali e letterarie della provincia, trattò pure sulle produzioni naturali del suo suolo, della laguna e dei veneti lidi. Quest' opera, che merita di essere consultata sotto molti rapporti, è accompagnata da varii cataloghi ragionati di animali e di piante, i quali presentano un quadro della sua fauna e flora. Per ciò che riguarda la compilazio- ne del catalo2:o dei molluschi, il Martens si attenne al- le notizie raccolte dalla Zoologia adriatica delF Olivi, dalla Tavola alfabetica del Renier e dalla Conchiologia fossile del Brocchi, opere già citate. Neil' ordinamento delle specie, le quali ascendono a 280 di veri molluschi marini, esso seguì il metodo naturale di Cuvier. Di spe- cie nuove non ne indicò alcuna; con tutto ciò il suo catalogo non manca d' interesse per le frequenti no- tizie locali, che in esso sono sparse. Il Martens pub- blicò nel 1845 un'altra opera consimile alla preceden- te col titolo Italien^ in cui le specie adriatiche sono indicate con nomi di moderni autori^ ma ristrette ad un numero minore (2). Fra i chiari ingegni, che attesero con maggiore (1) Georg v. Martens, Rehe nach Vtnedig. Ulm, 1824, in 8." voi. 2 con fig (2) Georg v. Martens, Ilalieii. Stuttgard, 1845, toni. 3, m 8.° ~ 890 — vantaggio al progresso della scienza di cui vo ragio- nando, viene pure annoverato l'illustre naturalista dott. Gio. Domenico Nardo, membro pensionarlo del r. Istituto veneto il quale, occupatosi fino dalla giovanile sua età a x3oltivare la storia naturale della Fauna adriatica, di cui gode rinomanza presso i dotti italiani e stranieri, con- sacrò gran parte delle sue cure agli studii ed alle ricer- che dei molluschi, dei quali anche oggidì possedè una ricca raccolta. Avendo egli ricevuto V incarico nel 1829 dal cessato Governo di formare un catalogo ragionato del Museo zoologico deirUniversità di Padova, scrisse in queir occasione una Monografia dei trocM adriatici con osservazioni sopra un nuovo genere^ di cui il Trochus zizyphinus, n' è il tipo intitolato Conulus. Tale genere, che contiene molte specie e molte varietà da altri non descritte, è formato in base ai caratteri delT animale. Tutto ciò si può vedere nel suo manoscritto esisten- te presso il Museo stesso. Questi caratteri vennero poi presentati dall'autore nel 1840 al congresso dei naturali- sti in Torino, come risulta dai relativi atti, e furono mo- strate le varie specie adriatiche ad esso spettanti, fra le quali, una stimata nuova, fu da lui intitolata al chia- rissimo geologo Pasini, chiamandola Conulus Pasini. Per indicare questo genere, egli ha preferito il nome Conulus al vocabolo Zi:ijphinus^ con cui lo ha distinto il Gray, quando lo ha stabilito nel 1840, perchè essen- do esso un adiettivo non può convenirvi, mentre ciò è anche contrario alle regole seguite da Linneo. A questo primo suo scritto malacologico, V onorevo- le Nardo ne fece seguire un altro col titolo di Notizie relative ai lavori sugli animali marini adriatici della classe dei molluschi e degli annulati che lasciò inediti — 891 — e taluni non compiuti^ il chiar. yrof. Renier ecc., che fu poi comunicato per estratto air assemblea dei na- turalisti, tenutasi in Vienna Tanno 1832, e fu stampato neir Isis, fase. VI, pag-. 5-i4 del 1833. Nello stesso anno (1832) un altro genere venne da lui stabilito, cioè la Qusjyldaria, riferendo ad esso la Tellina cuspidata di Olivi, cui egli chiamò Cuspidaria typica^ e vi unì pure la Corbitla costellata di Desha- yes, intitolandola Cnsjj. costellata, Desh. Con tale no- me diede della prima alcuni esemplari al Museo impe- riale di Vienna. Nel 1839 all' assemblea dei naturalisti, tenutasi in Pisa, lesse sopra questo argomento una memoria, che fu pubblicata nel 1840 negli Annali delle scienze del cessato Regno Lombardo-Veneto, la quale fu riprodotta per estratto nei giornali stranieri. Il ge- nere Neacra^ che vi fu sostituito dal Gray, fu dallo stes- so proposto nel 1839. Essendo prossima T occasione, in cui ebbe luogo in questa città il nono congresso degli scienziati italiani, il chiarissimo dott. Nardo diede in luce due interessanti lavori, uno riguardante la Fauna del Veneto estua- rio (1), e r altro la Sinonimia moderna delle specie re- gistrate neir opera dell' ab. Stefano Chiereghini (2). 11 (1) Gui. Domenico dott. Nardo, Prospetto della Fauna marina vol- gare del veneto estaurio. Venezia, 1847, in 8." (2) Sinonimia viodevìia delle specie registrate ncW opera intitola- ta: Dc'scì-iz-inne de' crostacei, de^ testacei e de' pesci, che abitano te lagtine e. golfo veneto, rappresentati in figure a cìdaro-scuro ed a co- lori ddll' ab. Stefano Chiereghini Ven. Clodiense, applicata per com- missione govoniativa dal dott. Gio. Domenico Nardo, membro effettivo pensionato del R. Istituto veneto di scienze, lettei'e ed arti, ecc. Venezia, 1847, in 8." Serie ir. Tomo II. 113 — 892 — pi-inio di questi fa parte dell' opera : Vemda e le sue la- gune^ la quale fu scritta per l'occasione dell' accennato congresso. E come F autore non credette necessario di ammettere in essa F intera trattazione dei prodotti zoologici dell' Adriatico ; così egli si limitò ad indicare brevemente quelle specie di ogni classe, che piìi fre- quentano la laguna, e che si rendono utili o come cibo, 0 come oggetto di commercio. In riguardo poi alla clas- se dei molluschi marini, egli ne registrò sole 86 specie, cioè 42 conchiferi, 38 gasteropodi e 6 cefalopodi, indi- cando nel maggior numero di casi il relaf-ivo loro nome volgare, il sito della dimora, la qualità loro come cibo, e tutte quelle altre notizie, che possono essere di qual- che giovamento. L' altro di tali lavori , di cui già tenni parola e che per commissione governativa venne dal Nardo eseguito, onde ne fosse fatta distribuzione ai naturali- sti, che intervennero a Venezia nell'occasione del con- gresso, aveva per iscopo di applicare alla nomencla- tura usata dal Chiereghini nella sua opera, la moderna sinonimia, e porla così a livello dell'odierne cognizioni, rendendola più agevole all' intelligenza. Neil' eseguire cosiffatto incarico, dovette il Nardo superare molte dif- tìcoltà per la mancanza di buone opere recenti, che gli sarebbero state necijssarie per consultare. Per non pre- sentare poi un arido elenco di nomi, volle egli aggiun- gere a quelle specie, che gli parevano nuove o male conosciute, la definizione latina, quale nel manoscritto si trova stesa, modificandola soltanto nella latinità, af- fine di renderla più chiara. Le specie di molluschi, che il ('hiereghini descrisse e figurò nel suo nKiuoscritto, uscendone a 509, cioè 199 linneane e 319 nuove, oltre — 893 — a 70 varietà. Assoggettate questo dal Nardo ad un di- lig-ente esame, egli riconobbe che propriamente non si potevano valutare per buone specie che sole 350, delle (|uali 285 erano già note ai conchiologi, ed a queste applicò i corrispondenti nomi moderni, mentre le altre 65 specie dovevano riguardarsi come nuove, e perciò conservò ad esse il nome che loro diede V autore. Tut- te le altre specie, cioè 159, non gli sembrarono tali da dover ritenersi, perchè rappresentate da figure di esem- plari giovanili 0 molto pulii, appartenenti a specie non diverse da quelle descritte prima. In fine le 70 varietà vennero ridotte a 30 di buone. Il chiar. Brusina fu an- cora più severo nella sua critica poiché, come si vedrà in breve, esso ridusse tanto le specie note, quanto quel- le credute nuove, e così pure le varietà, ad un numero molto più ristretto. Alle indicate due opere dell' egregio Nardo, una ter- za ne devo aggiungere, uscita in luce nell'anno stesso, e non meno interessante per la nostra malacologia. È dessa la Biografia scientifica del prof. Stefano Renier (1), nella quale egli dopo di averci esposto com' esso fu al- levato nelle scienze, e come prese amore alla storia naturale, e particolarmente alla classe dei molluschi e dei vermi, ci fa conoscere quali furono i primi suoi scrit- ti, coi quali cominciò ad acquistarsi rinomanza ; in qua- le guisa la sua perizia nelle scienze naturali fu ben (1) Gio. Domenico dott. Nardo, membro effettivo pensionato del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Biografia sciciìlifica del fu Stefano A. Renier, prof uni. di storia natnrule neìCimiceisità di Pu- doro, direttore de! Galjìnello di storia naturdle ecc. ecc. Inserita nel fase. XII del tom. li dcUa I\a{coìfa fisico-c/i'iii'co-taluììa. Venezia, 1847. — 894 — presto conosciuta dal Governo italico, e ne fu quindi elevato al grado di prof, di storia naturale nelT univer- , sita di Padova, e come infine dopo questa onorifica di- stinzione, crebbe sempre piìi in lui V icipeguo per gli amati suoi studii, per le investigazioni di animali mari- ni, per le pazienti sue osservazioni sulT organica loro struttura, per cui egli levò grande fama di sé, e venne in relazione coi piiì celebri naturalisti nazionali e stra- nieri. Nessuno meglio del Nardo, eh' era suo allievo, assistente alla di lui cattedra, ed indi suo amico e col- laboratore, poteva darci più sicure e dettagliate notizie sulla di lui vita studiosa, sulle sue scoperte, sulle pre- ziose di lui raccolte, sui molti ed importanti di lui scrit- ti in parte pubblicati ed in parte tuttora inediti. È in- teressante pertanto questa biografia per chiunque vo- glia aver piena conoscenza del genio scientifico del clo- diense naturalista; ma per coloro poi che attendono allo studio dei testacei del nostro mare, essa diviene di mol- ta importanza, perchè il suo autore vi aggiunse in fine un indice delle specie nuove citate dal Renier nei suoi lavori pubblicati, e segnatamente nella sua l'avola al- fabetica delle conchir/lie^ ponendovi di fronte 1' odierna sinonimia. L' ultima delle pubblicazioni del chiar. Nardo, che ha qualche attinenza col soggetto di queste notizie, e uno scritto, eh' egli intitola : Note illustranti il sotto- suolo di Venezia^ pubblicato nella Raccolta veneta, ser. I, tom. I, dis. 3 del 1867. Nel praticare alcuni scavi iu l)ro.ssinìità alla chiesa di S. Marco, onde consolidare le suo ioudamenta, si giunse ad uno strato di lìammonti di ('(iiicliiglie di cui egli no raccolse in ([iiantità, •' (lupo di av(.'!-li esaminali unitamente a ([uelli offertigli dal — 895 — conte Alessandro dott. Ninni, riconobbe che le conchi- glie di cui facevano parte, erano tutte note, viventi nel prossimo mare o nella laguna, e che ammontavano a 45 specie, delle quali 27 bivalvi e 18 univalvi. Dopo di aver esposto quanto fecero i naturalisti ita- liani per avanzare sempre piìi le cognizioni della mala- cologia adriatica, soddisfo ora con piacere al debito di esporre brevemente ciò, che su tale argomento venne fatto dai naturalisti e coUettori dalmati, come pure dai dotti stranieri, che vennero di frequente a visitare le spiagge della Dalmazia e dell' Istria. Il primo, che cominciò ad occuparsi di fare colle- zioni di conchiglie marine fu, per- quanto io sa[ipia, il dott. Antonio Villicich di Lesina, medico distintissimo, che avendo percorsi i suoi studii nelFuniversità di Pa- dova, al tempo in cui il Renier era ancora professore di storia naturale, venne inspirato all' amore per questa scienza, assistendo alle sue lezioni, e seguendolo bene spesso nelle sue ricerche raalacologiche. Mentre eh' egli s' intratteneva a Padova onde dare compimento ai suoi studii, l' illustre naturalista Cau- traine, prof, di zoologia nell'università di Gand (Belgio) aveva intrapreso un viaggio scientilico lungo le coste mediterranee ed adriatiche dell' Italia ; ed i]i tale occa- sione visitò pure nel 1831 alcuni punti della Dalmazia collo scopo di vedere e raccogliere ciò eh' essa poteva offrirgli d' interessante alle sue investigazioni. In rela- zione a tale viaggio, egli pubblicò una parte delle sue osservazioni fatte durante il medesimo, cioè quella che rÌL'iiard;i la mahicologia del Mediterraneo e suo lito- rale (1;; ma uow trattò m es.-^^a die solamente dei re- li) CAìNtrmne F. doct. cu scicnces, prof, de zoologie a l'Univcr. de — 806 — falopodi, dei ptcropodi e degli eteropodi da lui osser- vati, ed in quanto ai gasteropodi non descrisse che le sole specie appartenenti ai tre ordini nudibranchi, te- ctibranclìi e pulmonati, ossia gasteropodi terrestri e flu- viatili (1), lasciando interamente a parte i gasteropodi marini e gli acefali sì marini che fluviatili. Le poche specie dei nudibranchi e tectibranchi, ch'egli ha notato nelle acque della Dalmazia sono 13, delle quali 4 nuove. Ritornato il Villicich in patria nel 1834, stabilì per qualche tempo la sua dimora in Zara, ove datosi con ogni impegno ad investigare testacei marini, ciò che fece pure a Pago, a Castelnuovo, ed in altri luoghi della Dalmazia, gianse in pochi anni a comporne una ricca collezione, cui egli teneva ordinata secondo i metodi di Lamarck e di Cuvier. Sopra alcune specie nuove da lui trovate, egli aveva fatti studii, e scritte importanti osservazioni, che avrebbe pubblicate, se la morte non avesse prematuramente troncati i suoi dì. Il suo esempio fu ben presto imitato, perchè non tarda- rono a mostrarsi varii amatori dello studio conchiolo- gico, fra i quali sono da citarsi principalmente Gio. Battista Sandri di Zara, Matteo Botteri di Lesina, e Mn- cenzo Vidovich di Sebenico (2), i quali in breve diven- Gand. Malacologie, Méditerranéenne, et litlorale uu description des mollusqties qui vicent dans le Mediterranée, un sur le conliuent de l Italie, eco. ecc. BruxeUes, 1840, in 4." con tav. G. (1) Di queste due sezioni molte specie dalmate sono descritte nella ci- tata opera di Canti'aine. (2) Io pure fui allettato dal Miiicicli allo studio della malacolog-ia, e tenni secolui frequente corrispondenza, scambiandoci a vicenda lo no- stre osservazioni sopra le specie interessanti, che venivano da noi tro- vate. — 897 — nero solerti od indefessi raccoglitori di ogni produzione marina, e specialmente di conchiglie, di crostacei e di alghe. Intanto l'amore per le collezioni, e per lo studio con- chiologico si diffondeva sempre più fra i dotti della Dal- mazia i quali, attratti dalla singolarità di questi esseri, dalla varietà ed eleganza delle forme, e dalla vaghezza dei loro colori, si sentirono eccitati a farne diligente ricerca. L' illustre dott. Francesco Danilo, prof, di sto- ria naturale nel Liceo di Zara, vedendo come mercè le ^ne cure era stato arricchito il museo di queir Istituto (li una distinta raccolta di conchiijlie dalmate, divisò di pubblicare in unione al signor Sandri , che pure ne possedeva una molto numerosa, un catalogo, limi- tato però ai soli molluschi raccolti nei dintorni marit- timi del distretto di Zara. Tale catalogo consta propria- mente di due elenchi disposti alfabeticamente. Il primo venne in luce col titolo di : Elenco nominale dei mollu- schi lamelli'hT aneli iati marittimi dei dintorni di Zara, amiìliato e rettificato neìVanno 1856 dal prof. dott. F. Da- nilo, e dal sig. G. B. Sandri^ e fu litografato a spese degli autori. Il secondo fu pubblicato col titolo di : Elen- co nominale dei gasteropodi testacei marini raccolti nei dintorni di Zara, e determinati dal prof . dott. F. Danilo, e dal sig. G. B. Sandri, e fu inserito nel programma del ginnasio di Zara del 1856. Le specie in questi due elenchi sono accompagnate per ordinario dai sinonimi più importanti a sapersi, da citazioni di buone figure, dall' indicazione della loro grandezza, della maggiore o minore loro frequenza, della località e natura del fondo in cui vivono, e da al- tre notizie utili a sapersi. Le specie nuove sono deserit- — 898 - te coli esattezza, e le varietà sono notate con pochi carattei'i, bastanti però a riconoscerle facilmente. Tut- te le specie dei lamellibranchiati sono riportate noi pri- mo elenco, ed ascendono al numero di 181, oltre a 87 varietà ; quelle dei gasteropodi, sono indicate nel se- condo e giungono a 212 specie ed 82 varietà, ossia in complesso sonovi specie 393 e 171 varietà. Fra queste, delle specie propriamente nuovo, se ne contano 18, e 140 di quelle, die non sono state osservate nclU Adria- tico da alcuno prima di Danilo e Sandri. Dopo tutto ciò conviene confessare, che questi due elenchi sono ese- guiti con molta intelligenza, perchè offrono tutte quel- le notizie che si possono desiderare in un buon cata- logo ragionato, il quale titolo essi potevano assumere se fossero stati riuniti, e le loro specie disposte con or- dine sistematico. Il chiarissimo dott. x^dolfo E. Griibe, prof, di zoolo- gia neir università di Breslavia, pubblicò nel 1861 (1) la relazione di un viaggio scientifico, eli' egli fece da Trieste noi Quarnero, chiamandolo Ausfluq, ossia vo- lata, nel quale visitò le isole di Cliorso, Arbe e Veglia, e diede ragguaglio in forma di corrispondenza epistola- re degli animali marini da lui osservati in questa circo- stanza. Consistono essi in varie specie di pesci, di mol- luschi, di crostacei, di vermi, di echinodermi, e di brio- zoi, dei quali porge in fine dell' opera i rispettivi cata- loghi nominali, ed un elenco alfabetico dei nomi vol- gari, con cui essi vengono chiamati a Venezia ed a Trieste. Parlando in particolare dei molluschi da lui ,i; Anin.i'ii \\. b.r Gkùbl'., Eìi> AìiìIUi'j niclt T/ieal uml Utin Oiuir- nrr. HiTliii, 1861. In 8." con tav. — 899 — raccolti, si rileva eh' essi constano di 4 specie di cò- falopodi, di 70 cefalofori, e di 40 acefali, cioè in tutto 114 specie. In fuori delle località, in cui vennero presi, egli non ci dà alcuna altra notizia. Un altro lavoro in relazione al primo, ma molto piiì accurato, e che si riferisce alla fauna marittima del- l' isola di Lussin (1) venne dallo stesso autore pubbli- cato nel 1864. I cataloghi che ne offre, contengono delle utili osservazioni intorno ai viventi marini^ da lui veduti in questo secondo viaggio, i quali, ad ecce- zione dei pesci che mancano, spettano alle stesse cate- gorie accennate nel primo. In riguardo poi al catalogo dei molluschi, è da avvertire ch'esso, oltre ai sinonimi, alle citazioni di figure e di autori, ed alla indicazione delle località, in cui furono presi, accenna anche la pro- fondità del mare, in cui ordinariamente vivono. Le spe- cie in esso descritte, sono denominate secondo V odier- na nomenclatura, ed ammontano al numero di 160, cioè 1 di cefalopodi, 102 di cefalofori, e 57 di acefali. Riu- nendo ora le specie dei molluschi osservati dal sig. Grii- be nel suo primo viaggio con quelle trovate nel secon- do, e tralasciate le ripetute nei due cataloghi, risulta che le specie da lui raccolte complessivamente nel Quarnero ascendono a 186. Di queste non havvene al- cuna propriamente di nuove ; bensì vi sono comprese 46 specie che il Griibe fu il primo ad osservare in que- sto golfo. È già noto che il Donati e l' Olivi furono i primi a trattare sulle condizioni fisiche del mare Adriatico in (1) Adolph E. D.r Grùbe, Prof, der zoologie an der Univ. Breslau. Die Insci Lusshi und i/tre Meeres fauna. Breslau, 1864. In 8.° con fig. Serie IT, Tomo IJ. 114 — 900 — relazione alle sue produzioni organiche. Sopra questo argomento pure 1' onorevole dott. Nardo ebbe ad espor- re°fin dal 1839 alla prima riunione degli scienziati ita- liani in Pisa le sue dotte osservazioni dirette a dimo- strare quanto possa contribuire la natura dei fondi ma- rini alla vita ed alla moltiplicazione di quegli esseri, dai quali sono abitati. Guidato pertanto il chiar. dott. Lorenz dal convincimento di questi principj, volle fare in relazione ai medesimi delle accurate osservazioni, e preso per campo dei suoi esperimenti il golfo del Quar- nero, lo scandagliò in tutti i sensi, notando le diverse profondità nelle quali trovò i varj esseri che stazionano sopra i suoi fondi. Tutte queste profondità egli le ri- partì in sette categorie chiamandole regioni. La prima di esse è soprallitorale ; la seconda viene fissata dalla distanza, che vi è fra la superficie del mare ad un piede di profondità ; la terza da un piede di profondità a 2 te- se ; la quarta da 2 a 10 tese; la quinta da 10 a 20, la se- sta' da 20 a 45, e la settima da 45 a 75 tese. Sul risul- tato delle sue osservazioni e dei praticati tentativi, rillustre Lorenz pubblicò nel 1863 un^opera (1) in cui si rendono palesi la sua perizia, e le dotte cognizioni che possiede in cosiffatti studj. In riguardo poi ai molluschi apprendiamo, che solamente sopra 183 specie, tutte già note, égli potò applicare le sue ricerche ; ed inoltre che la terza e la quinta regione sono le più frequentate, contandosi in esse specie 97-82 ; indi vengono la quarta e la sesta che ne hanno 61-40; la seconda no ha meno delle altre, cioè 17, e la settima non è abitata che da tre (1) Lorenz dott. S. 1'.., Phydculhche r-erl,alln!ssc u„d^ r,>vtlniUuuj der orgaiùsmen im Quarnerischcn golfen. Wien, 18G:5, 8 .«> tig. — 901 — specie sole, vale a dire dalla Vemis fasciata, dal Pecten gìdber, e dalla Avimla tarentina. Anche il dott. Camillo Heller, prof, di zoologia Del- l' Università d' Inspruii, visitò piiì volte il litorale della Dalmazia collo scopo di raccogliere e studiare gli es- seri viventi che produce il suo mare. Senza parlare delle varie opere eh' egli pubblicò in proposito e spe- cialmente in riguardo ai crostacei, accennerò soltanto ad un suo opuscolo (1) stampato nel 1863, in cui oltre agli spongiali, echinodermi, polipi, crostacei e pesci, fa pure menzione di 240 specie di molluschi, cioè 100 di acefali, 137 di cefalofori, e 3 di cefalopodi, dei quali indicò, come notizia pili importante a sapersi, la pro- fondità del mare in cui vivono, e la località in cui fu- rono presi. Le diligenti investigazioni fatte ripetutamente nel golfo di Trieste dal chiar. prof. Adolfo Stossich, distinto cultore di storia naturale, gli fecero conoscere 330 spe- cie di molluschi viventi in quel ristretto mare, delle quaU 5 spettano ai cefalopodi, 181 ai gasteropodi, 3 ai pulmo- nati, e 140 agli acefali. Di cosiffatta raccolta egli scris- se nel 1865 una bene circostanziata Enumerazione (2), la quale meritamente venne inseritanella continuazione dei Cenni storici del civico museo Ferdinando-Massi- miliano di Trieste del 1866. Per 1' ordinamento delle specie egli seguì il recente sistema adottato dal dott. (1) Camillo dott. Heller, Home clalmalinae. Bericht uber eine Rcise nacli cler Ostkmte dea adriatischen Meeres. Wien, 1863. Inserito negli Atti dell'Accademia zoologico-botanica di Vienna. Voi. XIV. (2) Adolfo prof. Stossich, Ennmeraz'wnc dei molluschi del golfo di Trieste, inserita nei Cenni storici del civico Museo di Trieste. Trieste, 1866. — 902 — Chenu, esposto nel suo Mannaie di conchiologia e pa- leontologia, e perciò che concerne la loro determinazio- ne e la' sinonimia, si attenne alle opere più proprie allo studio delle conchiglie adriatiche, e di queste egli fa menzione nella prefazione al suo catalogo. Oltre alla località ed alla natura del fondo, su cui vivono le spe- cie di cui tratta, egli indica bene spesso anche la pro- fondità del mare, in cui si trovano, e la frequenza o rarità con cui si manifestano. Altre utili osservazioni aggiunge a tutte quelle che hanno uopo di qualche avvertenza. Fra le specie indicate, due ve ne sono pro- priamente nuove da lui scoperte, cioè il Fusus Titii, e la Rissoa solinae, ed altre tre, cioè la Modiola adria- tica, Lamk, la Belphimda calcar, Lamk, e la Zeiostra- ca 'acuta, Sow, ch^ egli fu il primo ad osservare nel- r Adriatico ; ma che da alcuni non sono ritenute per tali . Vengo da ultimo a parlare del chiarissimo sig. Spi- ridioneBrusinadiZara, direttore del museo nazionale di storia naturale di Zagabria, uomo di svegliato inge- gno e di sapere non comune, il quale essendosi dedi- cato fino dai suoi più verdi anni allo studio delle scien- ze naturali, e precipuamente della malacologia adriati- ca, giunse ad acquistare grande rinomanza. La perseve- rante operosità, e la diligenza insieme, ch^egli dimostrò ognora nelFinvestigare il nostro golfo, e particolarmen- te le coste e le isole della Dalmazia, sono veramente ammirabili, per cui ebbe il contentamento di vedere coronate le sue fatiche del più felice successo, essen- dosi roso per tal modo possessore della più ricca colle- ziono, che siavi dei molluschi dclF Adriatico. Egli co- minciò a farsi paleso fra gli scienziati col dare in luce — 903 — nel 1865 un' operetta sulle conchiglie dalmate inedi- te (1), colla quale ebbe in mira di completare gli elenchi del suo illustre precettore Danilo e delF amico San- dri. Questo scientifico lavoro , che fu inserito negli Atti della Società zoologico-botanica di Vienna non consiste come molti altri, in un semplice catalogo no- minale; ma l'argomento in esso esposto, fu condotto coi metodi voluti dalla scienza. Le specie di cui parla sono quelle, eh' egli riconobbe esistere nel mare dal- mate prima di ogni altro. Esse ascendono a 91, fra le quali 41 specie sono del tutto nuove, di cui dobbiamo a lui la scoperta. Di queste ultime, egli offre la diagnosi latina secondo il metodo linneano, e poscia ne porge la descrizione italiana, aggiungendovi infine Tindicazione deWhaditat, della grandezza, della frequenza, e di tutte quelle altre notizie, che possono contribuire ad illustra- re maggiormente la specie. Nel successivo anno l'egregio sig. Brusina pubblicò un altro interessantissimo lavoro scientifico intorno al- la Fauna malacologica dalmata (2), nel quale egli pri- mieramente passa in rivista le specie daniliane, facen- dovi delle opportune osservazioni ; indi svolge la fa- miglia delle rissoidi, abbastanza numerosa (specie 46); aggiunge inoltre altre 45 specie inedite, da lui rinve- nute dopo la pubbHcazione delle prime, fra lo quali an- novera altre 15 specie nuove, che trovò posteriormen- (1) Spiriuione Brusina, Conchiglie dalmate inedite. Vienna 1865, in 8.0 Edite dalla Società zoologico-botanica di Vienna negli Atti del 1865. (2) Spiridione Brusina, Contribuzione pella Fauna dei molluschi dah/iaii. Vienna 1860, in 8.o Edita dalla Società zoologico-botanica di Vienna nel voi. XVI degli Atti del 1866. — 904 — te ; infine presenta un elenco sistematico sinonimico, corredato d'importanti note, in cui stanno descritte tutte le specie di molluschi marini lino allora cono- sciute in Dalmazia , e che ascendono al numero di 537, esclusa ogni varietà. Fra queste specie poi ve ne sono 56 da riguardarsi come nuove, oltre ad altre 80, eh' ei fu il primo a notare nelle nostre acque. Chiu- de r opera un' appendice contenente un elenco di mol- luschi terrestri e fluviatili spettanti alla riferita pro- vincia. Riesce interessante del pari la prefazione unita all' opera in discorso, poiché dopo avere in essa esposto il motivo, che lo determinò a scriverla, offre delle utili notizie sopra varie specie di conchiglie, eh' egli anda- va raccogliendo di mano in mano che proseguiva il suo lavoro ; parla a lungo sulle Rissoe e su quanto fece per completare questa famiglia ; dà relazione delle sue escursioni, e delle importanti specie che raccolse, indicando come sorgenti piià ricche di novità malaco- logiche i fondi coralligeni e quelli ove si pesca il co- rallo nobile ; ricorda e ringrazia tutti coloro che lo as- sistettero con doni di conchiglie, avendolo così fornito di buoni materiali per poter dare una maggiore esten- sione a questa opera ; passa ad indicare brevemente i pochi opuscoli e cataloghi, che furono pubblicati intor- no alla conchiologia dalmata sì marina che terrestre e fluviatile; ed in fine dichiara, eh' egli nelhi compilazio- ne del sopraccennato elenco, si attenne ai più moderni sistemi adittati dalle opere di Henri and Arthur Adam. The genera of recent mollnsca, London 1858, e di: Chenn Manuel de Conchijliulorjie et Paleontologìe., Paris 1862 (1). (1) Nota. Il sig. Weinkauff ha pubblicato a Cassel nel 1867 unope- — 905 — Alle riferite due produzioni del chiar. sig*. Brusina, altre due ne devo aggiungere non meno importanti, e che tornano egualmente a di lui onore. La prima di que- ste è una memoria relativa a quindici specie nuove di gasteropodi dell' Adriatico, la quale fu da lui pubblica- ta nel 1869 a mezzo del Journal de conchyologie de Grosse (1). Spettano esse agli otto generi Nassa, Man- (jelia, Odostomia^ Eulima^ Leiostraca^ Staila e Brocchi- na^ le quali esso descrisse colla solita sua accuratezza, offrendone tutte quelle notizie che si rendono necessa- rie a bene illustrarle. Non vi presenta alcuna figura; ma supplisce a tale deficienza col raffrontarle ad altrettan- te specie note e molto affini, facendo osservare i ca- ratteri di somiglianza, e quelli in cui esse differiscono, per cui ne viene facile la ricognizione. Parla inoltre nella premessa di questo lavoro intorno alla malaco- logia adriatica, cui egli da qualche tempo ha divisa- to di pubblicare, e fa una particolareggiata descri- zione del piano che segue nello stenderla. Invero è plausibile cosiffatto divisamente, perchè una simile ope- ra è divenuta ormai di somma necessità, essendo re- ra in due volumi, cho tratta sulle conchig-lie del Mediterraneo : Die cnnchylien des Mittelnwercs, ihre geogi-apkisclu- und geotogische Ferbreitiing, nella quale parla anche di molte specie viventi Del- l'Adriatico, cioè di 155 molluschi acefali e 245 cefalofori. Siccome esso non ha propriamente visitato questo mare, e le specie di cui ac- cenna, le ha in parte ricevute, ed in parte ricavate dai cataloghi di Danilo Sandri, e da quello di Brusina^ com' egli stesso lo attesta ; così trovo inutile di occuparmene, giacché non potrei che ripetere quanto scrissero in proposito i medesimi autori. (1) Spiridioxe Brusina, Q-astérupodes nouveaux de C Adriatìque, extrait du numero de juillet 1869 du Journal de coucfigliologie jìabliéi sous la direction de M. IL Crosse. — 906 — clamata dal bisogno, in cui si trovano i cultori di que- sto importante ramo della Fauna adriatica, di posseder- ne una che tratti in particolare modo delle specie adria- tiche, senza essere in necessità di ricorrere ad una mol- titudine di libri stranieri, che bene spesso non sono adat- ti alle circostanze particolari del nostro mare e che d'al- tronde sono sempre dispendiosissime. Nutriamo pertan- to fiducia, che l'illustre malacologoJadreuse vorrà, in vi- sta anche all'interesse della scienza, riparare quanto pri- ma a questa mancanza, che meglio di lui, sia per cogni- zioni, che per ricchezza di raccolte, alcun altro certa- mente non potrebbe farlo. L'altra delle due opere del Brusina, di cui mi resta. a riferire, è Tillustrazione da lui fatta alla seconda parte del manoscritto del Chiereghini, la quale tratta dei testacei della laguna e del Golfo veneto, e che perciò viene da lui chiamata: Ipsa ChiereghinuConchylia (1). A tale la- voro egli dà principio con un'estesa e ragionata intro- duzione, in cui fa conoscere primieramente, come do- vette recarsi a Venezia per poter esaminare e studiare da sé r opera del Chiereghini, e quale utilità ne ritras- se dalle molte notizie zoologico-adriatiche in essa sparse. Indi offre di lui una breve relazione biografica, in cui oltre al fare menzione delle distinte doti che lo fregiavano, e dello illustri sue relazioni, parla pure del (1) SpmiDiONE BrusiKa, Ipsa Chiereghinii conchiglia, ovvero Cun- tribuzione peila malaculogia adriatica, desunta dai manose ritto : Descrizione de'crostacei, de' testacei e de'pesci che abitano te Lagune e Golfo veneto rappresentati in figure a chiaro scuro ed a colori dalV ab. Siefano tjldcreghini, cen. Clodiense, illustrata dal Brusina suddetto. Pisa, 1870, in 8.» - 907 — sommo interesse che aveva per le scienze naturali, e per le produzioni animali dell' Adriatico , delle quali erasi formato un distinto museo. Viene poi a ragionare sul merito delF opera e sulla distribuzione degli argo- menti di cui tratta ; scevera i pregi eh' essa possedè dai difetti di cui non è priva, i quaU egli trova bene spesso motivo di scusare; loda moltissimo la precisione delle figure di cui è corredata, e deplora che sia rima- sta inedita, perchè ai tempi in cui fu scritta, se fosse stata pubblicata, avrebbe recato non poco giovamento alla Fauna adriatica. Dopo tutto ciò, egli dice come avendo assoggettato ad un critico esame la parte delle conchiglie marine spettanti alle 509 specie e 70 varietà descritte dal Chiereghini , e tralasciando quelle che secondo i moderni sistemi non appartengono alla clas- se dei molluschi, risultano sole 249 delle specie, che si conoscono esistere anche oggidì nell' Adriatico, delle quali 7 sono nuove, oltre a 20 buone varietà. Questo numero egli trova considerevole avuto riguardo all' e- poca in cui faroDO trovate, ed in confronto a quelle no- tate dall' Olivi. Venendo ora al particolare esame delle specie, egli nel farlo, seguì, senza alterare 1' ordine della loro di- sposiziono, un metodo il piiì pratico e chiaro insieme. Indicò nella prima riga il numero della specie, quello della figura, ed il nome usato dal Chiereghini per chia- marla ; nella seconda vi pose il sinonimo adattatole dal Nardo; e nella terza scrisse quello, che alni parve con- veniente, ossia quello che presentemente è il più ac- cettato. Riportò indi dall' autore alcuni brani testuali, che gli sembrarono i piiì necessarii, ed aggiunse in fine a ciascuna delle specie il proprio giudizio, indicando Serie IF 'Forno IL 115 — 908 — anche, quando era necessario la varietà e la forma, a cui appartengono. Compiato in tale modo questo critico esame, compilò un elenco delle specie buone, in cui indicò in separate colonne la loro distribuzione geogra- fica neir Adriatico. Dopo tutto ciò si deve concludere che questo la- voro, così bene condotto dal valente signor Brusina, palesa le sue dotte cognizioni malacologiche, e lo rende degno dei maggiori elogi. Ma non di minore merito e lode è degno pure il chiar. dott. Nardo per essere egli stato il primo a trarre dall' obbliviune, in cui giaceva il manoscritto del Chiereghiui, portandolo a pubblica conoscenza colla sua Sinonimia moderna delle specie in esso descritte, di cui ho già parlato ; al che si aggiunga, eh' egli non si ristrinse solamente ad illustrare la parte dei testacei ; ma che fece altrettanto dei pesci, dei crostacei, e degli echinodermi. Una simi- le opera non fu però tentata da alcuno prima di lui, e si può dire che così facendo, esso abbia preparata la via a tutti quelli che volessero riprodurlo. È ^•ero che il Nardo nella determinazione delle specie ne lasciò varie innominate, non potendole riconoscere, e che pure ve ne potranno essere alcune poche scambiate per la troppa loro affinità con altre vicine ; ma ciò si deve attribuire, com' egli stesso atFermò nel discor- so preliminare della sua Sinonimia, alla mancanza di buone e recenti opere, che gli sarebbero state neces- sarie per consultare, ed alla ristrettezza delle collezio- ni occorrenti pei confronti ; mentre il Brusina, provve- duto per la sua posizione di direttore del museo di Sto- ria naturale di Zagabria, di tutti i mezzi ueccssariiallo studio malacologico, potè soddisfare pienamente, come — 909 — fece, air esattezza della classificazione di tutte le spe- cie descritte dal Chieregliiui. Prima di por termine a queste mie notizie, sento il dovere, di ricordare quegF illustri personaggi, che seb- bene non pubblicarono alcuno scritto intorno alla con- chiologia del nostro mare, pure si adoperarono mai sem- pre con ogni impegno a formare, mercè le indefesse loro investigazioni ed i pazienti studii, ricche e bene ordi- nate collezicini, le quali possono giovare alla scienza, non meno che i buoni manuali e cataloghi malacologi- ci. Pongo fra questi il chiar. dott. Lanza, che ne possie- de una ricchissima, sì di conchiglie fossili, che viventi di tutti i mari stranieri ed europei, la quale farebbe ve- ramente onore ad ogni pubblico museo. Indi vengono i non meno pregiati ab. Boglich, pad. Cusmich, sigg. Ivanich, Kleciach, Nagel e varii altri, i quali tutti so- no provveduti di raccolte distinte per numero e rarità di specie. Anche il civico museo di Trieste, e quello del r. Istituto veneto di scienze, sono forniti di scelte collezioni conchiologiche. Riassùmendo ora in breve quanto fin qui venni espo- nendo intorno al progresso dello studio malacologico dcir Adriatico, risulta che gli scrittori di storia natura- le dei secoli XVI e XVII non se ne occuparono, che assai poco; che alla metà circa del secolo XVIII il Gi- nanni di Ravenna fu il primo a fare raccolta di conchi- glie nell'Adriatico, illustrandone nelle sue .opere circa 50 specie; che trenta anni dopo, cioè verso il terminare dello stesso secolo, V Olivi di Chioggia fece prendere alla malacologia del nostro mare, un notabile incremen- to, portando la conoscenza delle specie a 200; che ni principiare del corrente secolo comparvero il Chiereghi- — 910 — ni, il Renier, ed il Brocchi, i primi due clodiensi, e Tal- tro di Bassano, i quali contribuirono ad un avanzamento ancora mag-giore di questo studio, indicando nelle loro opere, l'uno 350 specie, l'altro 400 circa, ed il terzo fra viventi e fossili 440; che negli anni successivi venne il Nardo pur clodiense, il quale concorse coi suoi scritti e con ogni premurosa sollecitudine a sempre piiì diffon- derlo e consolidarlo ; ed in fine che destatosi per esso r interesse in Dalmazia, ove molti sono gli amatori, e belle e ricche le loro collezioni, il Danilo ed il Sandri portarono la conoscenza delle specie a 400, mentre il Brusina, indefesso nelle sue ricerche, ed assistito dalla cooperazione di molti i:elanti, fece progredire la sua raccolta fino al punto di farci nota nel nostro mare re- sistenza di 537 specie di molluschi, cioè la metà di quanti se ne conoscono vivere fino ad ora in tutti i mari dell' Europa. Ora che sono giunto al compimento di questo mio qualsiasi lavoro, faccio i piìi ardenti voti, affinchè la ma- lacologia del nostro mare, studio dilettevole ed insieme di grande importanza per la Storia naturale, e princi- palmente per la geologia, possa, fra coloro che dimorano sugli adriatici lidi, trovare ognora fervorosi cultori im- pegnati a promuovere sempre più il suo avanzamento. - ADUNANZA DEL GIORNO 24 FEBBRAIO 1873 Il m. e. A. Minich presenta un suo scritto sulla coscialgia nervosa, pel volume delle Memorie. Poi il m. e. e segretario G. Namias legge la continuazione d studii pratici SULLA PROPILAMINA. .Nella Gaiette des Hointaux di Parigi N.° 70 dei 25 gennaio di quesf anno leggasi un articolo della propi- lamina e della trimetilamina nella cura del reumatismo articolare acato, nel quale articolo sono riferite le os- servazioni comunicate alla Società medica degli ospe- dali dal sig. Dujardin-Beaumetz intorno all' efficacia di quegli espedienti. L' articolo comincia colle parole : La propilamina entrò non ha guari splendidamente nella nostra terapeutica, chiedendo perchè ciò non sia avve- nuto innanzi e riferendo le prime esperienze dell' Awe- narius. Io ho comunicate le mie a questo Corpo scientifico neir adunanza de' 26 maggio 1872, e state pubblicate negli Atti di osso vennero ripetute in parecchie gazzette mediche italiane e straniere, fra cui nel Giornale vene- — 912 — to di scienze mediche, il quale si cambia colla Gaiette des Bopitaux, che tiittavolta non ne fece menzione. II medico francese dice che sotto la formula rappre- sentativa della propilamina C^ H^ Az alcuni chimici tro- varono due differenti corpi; la propilamina e la trime- tilamina state confuse in un solo pel loro isomerisrao ed origine comune; T una e T altra trovandosi abbon- dantemente nelle stesse sostanze in via di decomposi- zione, p. es. la salamoja delle arringhe, e che per que- sto e per le identiche loro proprietà vennero pratica- mente confuse. Egli nelF usarne si vale di questa for- mula : Propilamina . . . 0,25-0,50 — 1 gr. — 1,25-1,50. Acqua di tiglio . . 120 grammi. Essenza d'anisi. . 2, 13. Siroppo di morfina . 20 grammi. Un cucchiajo da tavola ogni due ore per un adulto. Non oltrepassò mai gr. 1,75 in una giornata, e dice che al di là di questa dose gì' infermi lagnavausi di lieve ardore alle fauci, e di calore piuttosto vivo allo stomaco. Io noto per altro che il medico francese unì la pro- pilamina colla essenza d' auisi in quantità sufficiente a rendere (e' pare) men disaggradevole la pozione; e suf- ficiente pertanto a produrre gli anzidetti incomodi, dei quali (amministrandola semplice) i miei infermi nell' o- spedale e fuori mai si lagnarono. Arrogi l'addizione delio sciroppo di morfina, e risulta non essere stata per quelle prove tenuta la semplicità del rimedio, in mancanza della quale possono nascere agevolmente controversie riJ^guardanti gli edetli di esso. — 913 — Non è già allo scopo di muovere queste censure al s'ig. Dujardin-Beaumetz, che ogg-i io torno a tenervi di- scorso, 0 signori, sulla propilamina. Nella mia prima comunicazione di maggio 1872 ho detto : Spinsi la propilamina finora a 2 grammi al dì, ed andrò coraggiosamente innanzi perchè i malati non ne ebbero mai sconcerti o qualsiasi incomodo. Ho proce- duto con molto animo, rinfrancato dalla buona riuscita delle iteratissime prove, ho portata la propilamina fino a 14 grammi in 24 ore e adesso io non piiì la comincio dalla quantità di 1 grammo, ma da 3, 4,5, divisa in 8, 10 parti nella giornata e vo innanzi auDìentandone rapida- mente due 0 tre grammi alla volta, senza che finora ol- trepassassi i 14, ai quali mi sono fermato, non perchè gli efi'etti del farmaco me lo imponessero, ma perchè avea raggiunto lo scopo pel quale io lo aveva prescritto. Difatti reumatismi muscolari ed articolari contro cui il bicarbonato di soda, V estratto d' aconito, e altri me- dicamenti purgativi diuretici e sudoriferi non approda- vano, cedettero in breve all' uso della propilaoiina, co- minciata e cresciuta a dosi cui nessuno finora arrivò. Il giovamento riuscì costante a modo che parrebbemi inu- tile addurre le molte storie, che a questo riguardo ho raccolte nel mio privato esercizio ed allo spedale, pure a mo' di esempio qui ne fò trascrivere tre. 9H I C). Vincenzo Lapasin è un facchino sui 50 anni , di buona costituzione fisica, di aspetto sano, di robusta mu- scolatura, il quale nulla sa dire delle malattie sofferte negli anni della sua gioventìi. Solo in questi ultimi tempi ebbe a dolersi di reumatismi, abbastanza ribelli ai mezzi curativi : e, precisamente da 5 giorni, di forti dolori agli arti inferiori da riuscirgli impossibile l'inces- so, e penoso qualsiasi movimento di essi anche in po- sizione supina. Il carattere di codeste doglie è identico a quello delle precedenti. La sera stessa della sua entrata in ospedale (li 27 gennaio 1873) molto acceso in volto, avea polsi feb- brili, ed accennava a forti doglie vaganti pegli arti in- feriori. Non avendo altro male che controindicasse la som- ministrazione della propilamina, il giorno dopo la sua entrata (28) se ne prescrissero 6 grammi in 300 di acqua e 20 di siroppo semplice da prendersi in otto volte nella giornata. Alla visita mattutina del 29 V ammalato era in mi- gliori condizioni del dì innanzi, e si portò la propilami- na a 10 grammi in 300 di acqua. Il 30 erano scomparsi affatto i dolori agli arti infe- riori, e trapassati al pube, ma tollerabili, talché il mala- to desiderò di alzarsi. Intanto le orine che nei primi tre (1) Queste storie furono raccolte e compilate dal mìo ajuto doti. Stanislao Carazzolo. — 915 — giorni erano assai scarse, aumentarono, da raccoglier- sene giornalmente una grande quantità. I polsi stessi, come in tutti gli altri casi abbiamo constatato, si fecero lenti, discendendo fino a 56 battute al minuto primo. Si persistette per altri due giorni nella somministra- zione di 12 grammi di propilamina, ma attesa la buona condizione delfammalato, si andò gradatamente dimi- nuendone la dose, finche il giorno 5 febbraio, dopo 10 giorni di permanenza, si licenziò l'ammalato perfetta- mente "-uarito. II. Laino Bernardo, facchino di alta statura, di aspetto fiero, di cute molto pigmentata. Alla età di 45 anni non avea sofferto di reumatismi che una sola volta, circa due anni addietro, ed allora ricoverò allo spedale. Del resto godette sempre ottima salute, fino a circa 20 giorni fa, quando colto venne da febbre quotidiana ingruente a freddo, e dolori agli arti inferiori, ed alla muscolatura di tutta la persona. La sera della sua entrata in ospedale (29 gennajo 1873) avea polsi tesi e frequenti, Talvo chiuso da due giorni, cefalea frontale ed anoressia. Si prescrissero 50 grammi di olio ricino. La temperatura esaminata all'ascella e le funzio- ni del tubo gastro-enterico erano normali nel dì appres- so, ma persisteano i dolori sovraccennati. x\lla visita del 2.^ giorno si fece la seguente pre- scrizione : Bicarbonato di soda 3, estratto di aconito napello 0,15 in parte sei. Così si continuò per tre giorni, ma vedendo che il Serie If^, Tomo IL 110 — 916 — malato non migliorava ci decidemmo di ricorrere alla propilamina. Il giorno 4 febbraio l'ammalato si lagnava dei so- liti dolori vaganti per il corpo, piìi forti alle estremità inferiori, e di un senso di formicolio. Il termometro se- gnava 37 Yio, i polsi 96 battute ogni minuto primo e le orine, scarse. Si prescrisssro di botto 6 grammi di propilamina in 200 di acqua e 10 di siroppo semplice. Il giorno 5 alla visita del mattino l'ammalato ci as- sicurò di star meglio. Orine copiose, polsi 66, temp. ascellare 37 y,. Si portò la propilamina a 9 grammi nella stessa quantità di acqua. Quattro giorni di questa cura valsero a vincere i dolori che tanto affliggevano il malato, trovando co- stantemente i polsi lenti e le orine aumentate. L'ammalato avrebbe potuto abbandonare l'ospedale, se non lo av-esse trattenuto fra noi un senso di vuotezza al capo e vertigini, per le quali insorgenze gli prescri- vemmo 300 grara. di decotto di valeriana, e nel volgere di 10 giorni ei riacquistò la sua primiera salute, lascian- do così l'ospedale dopo 22 giorni di permanenza. III. Individuo di media statura, di aspetto sano e il co- lono Alessandrin Giovanni di 23 anni, entrato nelle mediche infermerie li 23 novembre 1872. Nella sua prima giovinezza, se si eccettui qualche eflBmero disturbo, non patì notevoli malattie. Solo da 5 anni è fortemente molestato da dolori agli articoli dei piedi, i quali tratto tratto si gonfiano senza febbre. — 917 — Le articolazioni predilette sono quella deiralluce e la talo-crurale d' ambo i lati. Si ricorse subito alla pro- pilamina e prescrivendone 2 grammi in 150 di acqua e 10 di siroppo^ in cinque giorni aumentando grada- tamente la dose si giunse a 9 grammi, ma sorti feno- meni gastrici si sospese il farmaco per due giorni, dopo i quali riordinatesi le funzioni del tubo gastro- enterico ripigliammo la propilamina a tre grammi, e nello spazio di 18 giorni si giunse alla dose giornaliera di grani. 14 di propilamina in 300 di acqua senza che il malato accennasse a veruna molestia. Per altro se in questo caso constatammo T aumento rapido nella quantità delle orine e la diminuzione delle battute del polso, pure in quanto riguarda ai dolori si ebbe pronto e sicuro miglioramento, ma non perfetta guarigione; e a preferenza i dolori si fermavano ai piedi. Per non posporre la salute del malato ai nostri espe- rimenti, essendo i dolori più molesti la notte si abban- donò la propilamina, e si trasse in uso il joduro di potas- sio alla dose di un grammo in 100 di acqua, poi il de- cotto di guajaco, portando anche il joduro alla dose di due grammi; ma visto che 18 giorni di questa cura non valsero a lenire minimamente le sofferenze del malato si riprese Fuso della propilamina a 5 grammi, ed insisten- do per circa 16 giorni nella somministrazione di questo rimedio, si giunse fino alla dose giornaliera di 12 gram- mi, colla perfetta tolleranza dell'ammalato, e col con- forto di sentirci quasi ogni mattina lodare la propila- mina, talché il primo di febbrajo l'Alessandrini fu di- messo dalle nostro infermerie guarito. Aggiungo un'altra osservazione relativa ad esiti di endocardite con reumatismo articolare o muscolare. — 918 — IV. Il giorno 9 di febbraio entrava nella sala medica ma- schile Giuseppe Salerni, d'anni 34, barcajuolo di agiata famiglia, il quale ci racconta di non aver mai sofferte gravi malattie, né di essersi affaticato di troppo, o abban- donato a smodati piaceri, avendo per altro più volte contratte malattie veneree dietro coito impuro e sof- ferendo abitualmente nell' inverno doglie muscolari d' ordinario fugaci. Difatti il Salerni non aveva abito malaticcio, tranne la tinta un po'pallida del volto. Ma un mese e mezzo circa addietro durante il suo eser- cizio fu preso da senso di costrizione toracica, accom- pagnato da dolore alle sommità d' ambo le braccia, do- lore così forte da costringerlo a desistere dal lavoro suir istante. L' accesso si ripetè altre due volte, sva- nendo dopo circa due minuti senza lasciare altra trac- cia di sé che un sordo dolore alla spalla sinistra, e ogni suo incomodo il malato riferiva alla sinistra parte del petto. Tacendo sull'esame fisico dei visceri addominali, e de' polmoni perchè riuscito negativo; mi fermo a'pre- cordii dove a prima giunta s'incontrò la condizione morbosa. La percussione dmiostrò aumentata l'ottusi- tà neir area cardiaca, e V ascoltazione un rumore preternaturale assai notevole all' apice cardiaco, e che occupava i due tempi. Del resto il tubo gastro- enterico funziona naturalmente, il malato non si la- gna che di dispnea e dolori puntorj lungo il braccio e la gnmba sinistra. 11 giorno appresso la sua entrata in ospedale gli furono prescritti i seguenti farmachi : — 919 — Bicarbonato soda 3, estratto d'aconito napello 0,15 in poi. 6. Di più un vescicante alla regione cardiaca. Si persistette in questa cura per 4 giorni, ma le mo- lestie al braccio e alla gamba non cedettero minima- mente, ed allora al 5." giorno (14 febbraio) si ricorso alla propilamina, e ne furono prescritti o grammi in acqua 150 da prendersi in otto volte. L' infermo che sapea con acccuratezza descriverci i suoi incomodi ogni volta che lo visitavamo; il giorno 15 ci assicurò che i suoi dolori erano diminuiti e comin- ciò da allora a lodarsi della propilamina. Aumentata la dose di un grammo si continuò per altri sei giorni, e già Tammalato domandava con insistenza che si licenzias- se, non avendo più disturbo di sorta, e ridendosi dei nostri ripetuti esami del suo torace. Negli ultimi giorni il rumore preternaturale anziché riscontrarsi all'apice del cuore, si udiva più forte alla regione dell'aorta ascen- dente e lungo lo sterno, se non che il malato, creden- dosi sano, volle senz' altro uscire dallo spedale. In questo caso si nota la cessazione dei dolori reu- matici sotto r uso della propilamina ed il ragguardevole miglioramento nei propri incomodi, affermato dall' in- fermo. La diminuzione del preternaturale rumore alla re- gione dell' apice sembra additare una compensazione avvenuta nelle attenenze della valvula mitrale, onde diminuì la stenosi auricolo ventricolare e la insufficien- za della valvula. Il processo per altro non è e non potea essere diradicato, e se ne incontrano cospicui gli esiti alla regione delle valvule semilunari aortiche ; il polso ai carpi si fece, come sempre, sotto l' uso della propila- mina meno gagliardo e meno frequente, e di molto ac- — 920 — cresciuta la quantità delle orine. Dell' ultimo fatto che io non vidi mancare in alcun infermo da me trattato col-' la propilamina non tiene parola il sig. Dujardin-Bcau- mietz. Locchè forse non avvenne, non dico perchè egli non abbia accuratamente raccolti i fenomeni pro- dotti dal farmaco, ma perchè questo tenuto a troppo scarse dosi non riuscì a generare la poliuria. Dalle molte osservazioni che ho raccolte finora non esito ad inferire queste conseguenze. I. Si può incominciare la propilamina dalle massime dosi a cui dice di essere arrivato FAwenarius e portar- la a triple, quadruple, e più delle dosi cui egli narra di essere arrivato. Si porga la propilamina a 3, 4, 5 grammi in 200 di acqua, divisi in 8, 10 volte in 24 ore, e in due o tre giorni con rapido accrescimento si può arrivare ai 14 grammi di essa nello stesso veicolo e nello stesso periodo di tempo. IL Si vincono in questa guisa rapidissimamente i reumatismi muscolari ed articolari febbrili e non feb- brili. III. Gli effetti più cospicui oltre la diminuzione del morbo sono : T aumento notevolissiuìo delle orine, e la diminuzione del concitamento nei polsi. Se il largo uso della propilamina che io fò adesso in questa numerosa famiglia di morbi pel benefizio che costantemente ne traggo mi darà campo a dedurre nuove illazioni, meritevoli della vostra attenzione, non mancherò, o signori, di comunicarvele. ADUNANZA DEL GIORNO 23 MARZO 1873 -yr^ II m. e. sen. Torelli presenta la seguente conti- nuazione del MANUALE TOPOGRAFICO ARCHEOLOGICO DELL^ ITALIA. RAVENNA. La sede che ebbero in Ravenna l' impero romano negli ultimi suoi tempi, il regno degli Eruli, dei Goti, e r Esarcato, e la grandezza e potenza a che si elevò e in che durò per quattro secoli fino ad essere chiamata la Roma dei lassi tempi sono considei'azioni sufficienti a persuadere potersi far calcolo di non infecondi risul- tati per l'archeologia alle ricerche che si facessero nel seno del suo territorio. Né le condizioni politiche di Ra- venna sono le sole che concorrono ad ispirare una tale fiducia, ma V antica sua superficie rimasta molto al dis- sotto deir attuale, e la certezza delle sue ricchezze e dei superbi edificj che l'adornavano, e che restarono perduti sotterra, si aggiungono a confermarne la spe- ranza. Ravenna fu pelasgica d'origine, indi umbra, poi etru- sca, poi gallica, finalmente romana. Sole memorie ro- mane, però copiose rispetto alla repubblica, maggiori sotto l'impero si disotterrarono, o dentro di essa, o nei — 922 — suoi dintorni, mentre sarebbe desiderabile raggiun- gerne alcuna etrusca che meglio provasse la nostra pertinenza a tanta civiltà di popolo (1). La più accetta, e probabile opinione è, che Ravenna fosse fondata dai pelasgi Tessali nella seconda loro immigrazione in Italia discesi alla bocca meridionale del Pò detta Spìnetica^ oraPrimaro, dove lasciati i meno atti alla guerra, gli altri s'inoltrarono nelle terre degli Umbri e dei Toschi, primitivi popoli d' Italia. Ciò sa- rebbe accaduto undici secoli, e cioè anni 1114 circa prima dell'Era nostra volgare, e 360 anni prima di Ro- ma, essendo che Roma al primo anno dell'Era volgare contava anni 754. Ravenna avrebbe quindi il vanto di una antichità di anni 2967, minore di 661 da quella dedotta dai calcoli del Rossi storico ravennate (2). È certo che come un' immensa palude era in mezzo ai due grandi rami del Pò, l'uno sboccante in mare a Vo- lano, r altra alla foce Spinetica ora Primaro, così palude vi ebbe alla destra di quest' ultimo, e fu iu questa pa- (1) All'abate Olivieri parve aver trovata una moneta etfiisca espri- mente Ravenna, lieto di potersi confermare in ciò ad onore dell' illustre città che potrebbe gloriarsi di questa moneta tanto anteriore alle zecche del basso impero. Lettera inserita alla sua Dssert. siUV origine di Pe- saro, pag. 45, così interpretando le lettere di una moneta pubblicata dall'Arrigoni Num. anliciuìs. Tab. XVIII, n." G7. per cui di Ravenna sarebbe pur l'altro quadrante senza lettere pubblicato dal Montfaucon, SupjJl. T. Ili, Tab. XLIV, n.» 4. (2) Veg-gasi il Bertoldi, Meinorìc d' Argenta, che mediante gli anti- chi storici e geografi ha stabilita l'epoca di Spina, di cui abbiamo ar- gomenti per credere anteriori, o contemporanea per lo meno Ravenna. Sulla fede di Dionigi d'Alicarnasso, di Strabene e di Zosimo lo stesso Micali accorda a Spina ed a Ravenna cosiffatta origine. Hai. or. Ru- ma. Cap. ^"II. — 923 — Inde marittima, in tjiiest' estuario, e nelle sue eminenze che i pelasgi Tessali fabbricarono Ravenna , facendo quel che hanno fatto sempre i popoli da sbarco, usati di feruìarsi alUi riva marittima, e alla foce di (jualche fiume sì per aver campo di esplorare la terra ferma, sì per mantenersi prossimi al loro naviglio, ed air uscita in caso di bisogno. Ciocché fu mestieri specialmente ai Pelasgi, buona parte dei quali arditamente avanzan- dosi nelle terre occupate dagTindigeni avevano motivo di temere opposizioni, e di conservarsi la ritirata pel mare. Crearono adunque una città, Ravenna, divisa in più isole, non altrimenti che l'attuale ^'euezia. È probabile che Ravenna sotto la dominazione pe- lasgica raggiungesse la grandezza a cui erasi elevata Spina, città essa pure d'origine pelasgica che dominò il mare adriatico. I Pelasgi furono certo griucivilitori di Grecia, e non è a dubitare che civiltà non recasse- ro anche a Spina ed a Ravenna. Ma i popoli primitivi intolleranti all'occupazione straniera si collegarono per la espulsione del giogo pelasgico, e seicento anni prima della venuta del Redentore gì' itali etruschi si scagliarono contro Spina, e contro tutta la potenza pe- lasgica, ed in una lotta durata poco piiì di una gene- razione furono scacciati i Pelasgi dalle itale sedi, pochi rcstandore quivi. Cadde allora la potente Spina, e fu presso ad essere distrutta. I Pelasgi ravennati attaccati essi pure dalla furia dei popoli primitivi, conoscendo di non poter sostenersi e resistere, anziché cedere la città agli assalitori la consegnarono agli Umbri, ritornando e.>si in Grecia, e pochi qua e là ditìbndendosi fra gì' indigeni. Ravenna divenne colonia degli Umbri (600 av. l'Era S^mJF, Tomo II, \\i — 924 — volgare), ma per poco rimase tale, perocché gli Etru- schi, il cui impero è cosi celebre in Italia per potenza e civiltà, vogliosi di allargare il loro dominio mossero guerra agli Umbri e ne riportarono sì segnalate vittorie che, come Plinio ci tramandò (lib. Ili, 14), trecento delle loro città (aggregati d'abitazioni) furono debella- te, costretti a ritirarsi in quella provincia che ancor Um- bria si noma. D'altronde, per quanto si ricava da Tito Livio, essi non avrebbero abbandonate queste contrade air invasione etrusca, per cui ò sorta negli eruditi la opinione che eglino vi rimanessero tributari degli Etru- schi. Vuoisi che la signoria etrusca su questi luoghi tolti agl'Umbri incominciasse circa cinque secoli prima dell'Era volg., e che vi durasse fino alla venuta dei Galli. Neil' anno 587 avanti l'Era volg. incominciarono le invasioni galliche, cui le forze etrusche opposero forte e dura resistenza per 130 anni pria che rimanessero compiutamente vinte. La quinta di dette invasioni che fu di Galli Senoni si sparse e rimescolò cogli Umbri del- r Adriatico, e amò conservarne alcune colonie, e altret- tanto fecero degli Etruschi, sebbene barbari ne distrug- gessero bruttamente le opere d' arte. I Senoni occupa- rono Ravenna, giustamente lo afferma il Rossi, nostro storico, sull'autorità di Polibio e di Tito Livio (1). (1) Rossi, p. 5. Polibio, vissuto circa due secoli dopo quei fatti nella Storia dei Galli scrive che passato il Po, immi gli Anani si stabiliro- no intorno agl'Apennini, e dopo quelli i Ihiii, poi presso Adria i Lin- goni, e finalmente nelle ultime terre presso il mare i Senoni. Lib. II, § 17. Tito Livio vissuto duecento anni dopo Polibio scrive che ultimi a venire in Italia furono i Senoni, i quali ebbero per confini l'Utente fiu- me (Montone) e Jesi. Dee. I, lib. V, e. 19, edizione di Padova 1719. E che — 925 — Ma quando i Galli Senoni di queste contrade capi- tanati dal valoroso Brenne vollero estendersi fino al Lazio, quando ebbero incendiata Roma, assediatone il Campidoglio e recate fra noi le spoglie, e V oro con cui Camillo ricomprò la liberazione della patria si acce- se nei romani ardentissimo il desiderio della vendetta, si accinsero a guerre che lungamente durarono aspris- sime tino al totale eccidio della Gallia senonia accaduto r anno 471 di Roma, 383 avanti T Era volgare. Disfatti i Galli Senoni di Ravenna per le armi romane furono in essa riammessi gl'Umbri alleati di Roma. Ra- venna certamente addivenne città sociale, e cioè qual- che cosa più che confederata di Roma, come rilevasi da un passo di Plinioche sarebbe superfluo il produrre. Sap- piamo che la repubblica ebbe molti riguardi a Ravenna, città d' origine greca sul mare, forte, ricca, civile sotto gli ordinamenti umbro etruschi. Indi fu municipio e dei più importanti d' Italia, testimonj Strabene e Plinio, ed i marmi riportati dal Rossi. Molti illustri Romani vi abi- tarono , e vi concorrevano per procurarsi i suffragi, i Ravennati ammessi nìjus latino votavano per la ele- zione del senato. A Cajo Mario fu eretta una statua ve- duta da Plutarco, e Mario quivi fondò il suo, ed il ce- notafìo della moglie in marmo trovato sotterra ai tempi del Rossi. Fu ordinaria dimora di Giulio Cesare, donde mosse nascostamente al tanto famoso passaggio del Rubicone ed al dominio della patria, raggiunto il quale ebbe cara Ravenna per quanto gli durò la vita. Colla di lui uccisione si ebbe in mira di far risorgere (luosti conservassero le colonie Umbre in Ravenna, Butrio e Rimini lo abbiamo da Strabone. V. il Micali; capo IV, in fine. — 926 — la repubblica, ma si raggiunse un effetto contrario. Da Ottaviano Augusto sorse l' impero. Ravenna ancor Um- bra, a testimonianza di Strabene, pagana di religione, aveva templi dedicati alle divinità pagane, il Campido- glio, l'anfiteatro, i ludi gladiatori, la curia, i pretori, il circo, il teatro, le terme ed edificj tanti e tanta popo- lazione che in Italia non oravi città, tranne Roma, che la superasse. Fu sotto Ottaviano che vi venne Apolli- nare antiocheno a predicarvi Tevangelo, e vi operò miracoli lasciandovi martire la vita, ed è dall' antichis- simo codice descrittivo le di lui gesta e martirio che si rileva la grandezza e magnificenza degli edificj ra- vennati. Sotto Ottaviano sorsero pure castelli di Classe e Ce- sarea, di cui abbiamo parlato, Tiberio Claudio cinse Ra- venna di mura, ed elovò la Porta Aurea ricca di mar- mi e statue. Trajano vi costruì l'acquedotto. Onorio non tenendosi sicuro in Roma dalle invasioni barbariche (402) vi pose la sede, co-^tituendola capitalo dell' im- pero d' occidcnto ; quivi eresse un palazzo, e quivi morì (423). Galla Placidia di lui sorella vi elevò chiese che ancor si veggono, e palazzo per se, e pel figlio Va- lo.ntiniano non meno che il propri;) mausoleo che an- cor dura ad ornamento della città. È da notarsi però, cIk' dopo la morte di Onorio aven- do i Ravennati acclamato imperatore Giovanni, primi- cerio dei notari, in onta alla volontà di Teodosio impe- ratore di Oriente, qu(\sti spedì in Italia con esercito Gal- la Plncidia contro Ravenna a cui fu tatto pagare il fio d' avere parteggiato per Giovanni, poiché venne abban- donata alle soldatesche clie orrendamente la saccheg- C'iaroiio. — 927 — Con Romolo Augusto vinto da Odoacre re degli Eruli si estinse in Ravenna l' impero. Coir impero però non venne meno la grandezza e la potenza della città, e crebbero anzi durante il breve re- gno degl'Eruli, e piìi assai durante il non breve dei Goti. Teodorico (493 dell'Era volg.) fattosi padrone d'Italia e presa Ravenna dopo tre anni di assedio, vi fissò la reggia e governò non da barbaro, ma da romano, ma- gnifiche e grandi opere elevandovi, le vecchie riparan- do dai guasti del tempo e delle acque. Perduti, o cre- duti indegni di lui i palazzi di Onorio, di Valentiniano, uno ne incominciò che traesse in sé tutta la grandezza romana facendo venir marmi e colonne da Costantino- poli, da Roma e da tutto il regno, e ornandolo pur di musaici e pitture , e vicina elevandovi superba torre e nella piazza collocandovi gigantesco cavallo di bronzo con su la stafua di Zenone imperatore, statua di tanta bellezza da sorprendere lo stesso Carlo Magno quando la osservò. Né da meno volle che fosse la fabbrica destinata a residenza del magistrato di giustizia che Basilica d'Er- cole nominossi per la statua d' Ercole Orario che in- nanzi vi s' innalzava. Scrisse perciò ad Agabito pre- fetto di Roma gli mandasse abili artefici per compirla ed ornarla. Costrusso S. Martino in Coelo aureo, che ancor ci ro>ta, S. Andrea dei Goti, S. Salvatore, la Rotonda, urne molte di marmo. « Sotto il di lui felice impero, « scriveva Cassiodoro an. 500, moltissime città si rin- « novano, sorgono stupendi palazzi, e dalle di lui gran- « di opere sono superati gli antichi miracoli della ro- « mana potenza. » — 928 — Il regno di Teodorico formò T epoca della maggior grandezza di Ravenna. E quando espulsi i Goti Giustiniano imperatore ebbe conquistata 1' Italia, mandò a governarla gli esarchi, i quali posero loro residenza in Raveuna, tenendovela per ceutottantatre anni, quanto durò l'esarcato da Lon- gino primo esarca (568 Era volg.) ad Eutichio ultimo degli esarchi nel 751. Questi osteggiati spesso dai Lon- gobardi non ebbero campo a fare quanto i Goti avevano fatto, tuttavolta il loro dominio fu conservatore. Astolfo re de' Longobardi occupò Ravenna, ma per poco, costretto (an. 756) a cederla a Carlo Magno che la donò coU'Esarcato alla Chiesa. Allora Ravenna cessò dall' essere capitale dell'impero d'occidente, e diven- ne capoluogo di una grande provincia. Che se Carlo Magno si tolse marmi e colonne ravennati ptr ornar- ne la sua Aquisgrana, fu ben piccola cosa a paragone di quelli che vi restavano o che si sapevano perduti sotto terra. Né solo marmi o colonne eransi a questi tempi perduti, ma edificj molti. Poiché Ravenna, da Gassio- doro chiamata città regale^ e da Giordano città regia^ molti ne ebbe meravigliosi sì pubblici che privati , sì sacri che profani fondati sopra immense palificate di alno, i ([uali sorpresero Vitruvio, come si esprime là dove per dimostrare che 1' alno era atto a grandi pa- lizzate, adduce 1' esempio di Ravenna che sosteneva le sue fabbriche certamente di pietra con quest' albero. Buona i)arte di questi edificj sorsero prima dell' im- pero romano, alcuni durante l' impero, molti sotto il regno gotico, e 1' E!=n reato. Ravenna dopo il trionfo del Cristianesimo fu certuiuenfe una delle [)rimc cilfà d'Ita- — 929 — lia ad elevare magnifiche chiese al vero Dìo, poiché la hasilica Orsiana mancata or fa un secolo, e il Bat- tistero tuttor esistente, sebbene per metà sotto terra, risalgono al quarto secolo. Ed è sua gloria l'avere oggi nel magnifico tempio di S. Apollinare in Classe il più antico edificio del cristianesimo che esista al mondo dopo r incendio di S. Paolo di Roma, di cui era con- temporaneo, sorti entrambi nel VI secolo. Gli edificj nostri potrebbero distinguersi in due clas- si: di fortificazione ed ornato della città, d'utilità e comodo del popolo. Fra pi'imi sarebbero le mura, le porte, le toi'ri, i palazzi, il teatro, V anfiteatro, i portici, il circo, gli archi, le colonne, le statue; fra i secondi i ludi gla- diatorii, i templi, il Campidoglio, la curia, il ginnasio, i bagni, le terme, 1' acquedotto, dei quali tutti andarono superbe le strade e le piazze di Ravenna, città sovrana superiore a Roma in antichità, gareggiante con essa nei monumenti. « Ma il tempo (esclama il Zirardini) ce li ha involati «poco meno che tutti, e non solo ci ha tolte avanti « gli occhi le orgogliose loro moli e i grandi marmi, « ma perfino ci ha la memoria di essi presso che inte- « ramente estinta, sicché i nostri medesimi storici ben « pochi di tali edificj e sol di passaggio ne accenna- « no (1). » Questo dottissimo scrittore si occupa della storia di quelli che furono prima del mille. Vedremo più sotto la causa precipua della perdita di questi edificj e delle loro ricchezze. Ma intanto giova il dire come forse durante il regno gotico, in cui moltiplicò la po- polazione in Ravenna tanto d'aver bisogno di esten- (1) Sdif. prof. pag. 4. — 930 — dersì fuori delle S(ie mura nacque oltre Classe e Cesa- rea un grande sobborgo al settentrione della città nelle adiacenze della Rotonda, che dalle carte del Fantuzzi risulta diviso in regioni, ornato di piazze e strade, di chiese molte, alcune insigni, s. Giorgio in tavola^ s. Eu- sebio degli Ariani, S. Bartolomeo 'nyalata^ S. Biagio, San Giovanni in marmorata o Germinella. Ad esso appar- tenne il luogo detto tavola, che il Ducangio spiega per luogo dove si riscuotevano i dazi marittimi, e là vera- mente fuvvi un porto. Notevole è questo sobborgo quan- to lo possa essere Classe e Cesarea, e notevoli sono gli oggetti in marmo, musaico e muramenti che là si sono scoperti neir occasione di scavi. Né le sole condizioni politiche di Ravenna, e le me- morie de' suoi sontuosi edificj ci porgono sicuro argo- mento di felice esito nelle escavazioni che si potes- sero operare, ma se non la mutata sua situazione topo- grafica, certo il considerevole elevamento del suo suolo si aggiunge a confermarne la speranza. {continua) — 931 — Poscia il m. e. prof. ab. P. Canal legge le se- guenti OSSERVAZIONI ED AGGIUNTE alla Biographie universelle des Musìciens etc. par E. J. Fétis. Paris 1864-65. Articolo V (*). Leggesi nella vita del grande poeta inglese Gio- vanni Milton che, quando nel suo viaggio d' Italia vi- sitò Roma, fu vivamente preso d' una giovinetta che udì cantare divinamente al suono dell' arciliuto, da lei toccato per eccellenza, nelle sale del cardinal France- sco Barberino, presso il quale 1' Holstenio gli avea pro- curato oneste e liete accoglienze. E di vero tra le poe- sie di quel celebre inglese troviamo niente meno che tre epigrammi latini ed un sonetto italiano in lode di questa giovine cantatrice, pieni di tanta ammirazione che nulla più. I tre epigrammi ne portano espresso il nome che è Leonora, e notano il luogo che è Roma ; il sonetto non dice né T un né V altro, ma aperti riscon- tri lo confessano fatto per la medesima occasione, nò e' è chi no dubiti. In questo il poeta, dopo aver detto che si maravigliava seco medesimo d' esser caduto nei lacci d' amore ei eh' era solito ridersene, passa a dipin- ger la donna che avea fatto in lui sì gran breccia. A (♦) I precedenti stanno ne' volumi X, XII e XIII della Serie HI di questi Atti. Serie IV. Tomo II. 118 — 932 — come pare, non era un occhio di sole: avea trecce d'oro e vermiglia guancia, ma non rara proporzione di linea- menti e di forme (1) ; si bene portamenti alti ed onesti, ciglia nere e serene, due occhi di fuoco, in tutto una lellezza pellegrina sotto nuova idea^ e questi pregi con- giunti air ornato uso di pii^i lingue e ad un cantare di magica efficacia. Negli epigrammi non toccasi né di bellezza né d' altro, salvo T eccellenza del canto: para- gonasi a una Sirena ; compiangesi il Tasso di non aver trovato una Leonora simile a questa, della quale sa- rebbero bastate anche poche note ad acchetarne i furori e ridonarlo a sé stesso ; dicesi che, se Dio é presenzial- mente in tutto il creato, pur non parlava che in lei ('i). Chi era mai questa donna sì prodigiosa ? Se il do- mandarlo è curiosità forse vana, ma naturale negli esti- matori del Milton; l'adoperarsi a scoprirlo, in chi trat- ta delle glorie musicali e in ispecialtà delle nostre, par- mi dovere; tanto più che il Milton poteva esser buon giudice in materia di musica, perchè se ne dilettava mol- to egli stesso e ci avea fatto Torecchio sin da' primi an- ni alla scuola del padre ch'era un perfetto cantore. Xe- diamo adunque se per via d'indizii e riscontri ci riesce di raccapezzar qualche cosa ; che in quanto a' biografi del Milton, non trovo chi ne sappia dire né punto né poco. A buon conto è qualcosa 1' averne il nome che è Leonora, e il luogo che é Roma, e 1' arte che è il canto, e il tempo che è là sul 1639, perché l'anno appresso il Mil- ton rivide Londra dopo quindici mesi di lontananza, e due volte s'era fermato un buon pezzo in Roma,!' una nel- r andata e 1' altra nel ritorno da Napoli. Dove confron- tino queste quattro cose e nulla contrasti da altro lato, il dubitare sarebbe una soiisticheria ; massimamente che — 933 — tnittasi cr un' età, nella quale i celebri artisti e sopra tutto le virtuose di canto participavano il privilegio dei principi, d' essere a bastanza indicate per il solo nome. Or bene, precisamente nel 1640 scriveva in Roma il romano Pietro della Valle : « Chi non va fuori di se sen- tendo cantare la signora Leonora col suo arcileuto così francamente e bizzarramente toccato? » e questa Leo- nora era una delle due figlie di Muzio Baroni e di quel- r Adriana Basile, baronessa di Pian Carretto, della cui eccellenza nel suono e nel canto parlai altra volta. Pos- sibile che a quel medesimo tempo ci fossero due Leonore in Roma, ambedue del pari famose nella medesima arte, e che tuttavia si chiamassero, sì V una e sì 1' altra, col solo nome comune senza ambiguità? Ma andiamo avan- ti. La Leonora del Milton nasceva d' una madre sena- trice di lira (Kpigr. Il, 6) ; e tal era, ma di che pezza ! r Adriana (3). Il tocco franco e bizzarro che ci descrive il Della Valle nella figlia, è proprio quale aspettavasi da quei risentiti lineamenti, da quegli sguardi focosi che ci dipinge il sonetto. Alla terra natale od origi- naria della sua Leonora dee avere accennato il Milton, nel figurarla (Epigr. Ili), non come una Sirena qualun- que, che pur sarebbe bastato per lodarne il canto, ma propriamente come la Sirena Partenope che avesse mu- tato il rauco lido di Posilipo con le ameno acque del Tevere ; e delT Adriana, se non della figlia, sappiamo ch'era nativa di Napoli e poi tramutatasi in Roma (4). Che pili? Le stesse fattezze non belle, ma tuttavia pia- centi, della persona, i portamenti alti ed onesti che lo- da il Milton nella Leonora da lui udita e ammirata, sono le fattezze e i portamenti che nota espressamente della Leonora Baroni il Maugars, scrivendo in Roma nel me- — 934 — desimo anno 1639 (5). La signora Leonora, die' egli, « non si dà vanto di bella, ma non è nemmeno spiacente, ne ha punto di civetteria; canta con una scioltezza mo- desta, con una gravità dolce ; . . . i suoi accenti affet- tuosi, i suoi sospiri non hanno nulla di lascivo, nulla d' impudico i suoi sguardi; i gesti sono quali s'addicono ad una buona figliuola. » Né inferiori alle lodi predicate dal Milton sono quelle che tributarono alla Baroni, nel gonfio e ghiribizzoso stile che correva allora, tutti i poeti ed altri uomini di lettere che fiorivano a quel tem- po in Roma (6). Valga per tutte ciò che scrisse il Mau- gars, autorevolissimo in questo giudizio, perchè stra- niero e sonatore famoso. Ne ometto, perchè può vedersi nel Fétis, quella parte ove lodasi il metallo, V esten- sione, la giustezza, la flessibilità della sua voce atta a scemare e a crescere senza distacco né sforzo, la chiara pronunzia, la perfetta espressiva e quant' altro appar- tiene alla maestria del cantare : ne tradurrò soltanto le ultime parole, che furono lasciate dal Fétis e che a me piace recare, perchè servono insieme a supplemento di ciò che scrissi l'altra volta dell' Adriana e di ciò che ivi si tocca della Catterina. « Un giorno, die' egli, la si- gnora Leonora mi fece un favore singolarissimo, eh' io la sentissi cantare in compagnia di sua madre e di sua sorella : la madre toccava la lira, la sorella 1' arpa, ella la tiorba. Questo concerto di tre belle voci e di tre stru- menti diversi mi preso così forte i sensi e mi trasse in estasi a segno eh' io dimenticai la mia condiziono mor- tale e mi credetti d' esser fra gli angeli e godere la fe- licità de' beati. » Dopo questi così pieni e co.'^ì minuti riscontri, io non tomo che ci sia alcuno il qual dubiti che la cantatrice — 935 — lodata come una maraviglia dal Milton, non sia la Leo- nora Baroni : temo piuttosto d' esser sembrato troppo scrupoloso e prolisso in cotesto esame ; ma in uno scrit- tarello che vuol rimediare in parte alla fretta altrui, la correntezza non avrebbe scusa. Delle molte cose che dice il Milton della sua Leonora, resta una sola che non trovo detta da altri della Baroni ; ed è T aver parlato con garbo più d' una lingua. Ma nulla piiì credibile in una donna ch'era anche poetessa non ispregevole, quali erano altresì la madre e la sorella, per tacere del zio, uomo noto per buone lettere e autor d' un poema. Così alle notizie dateci della Leonora Baroni potremo ag- giungere anche questa eh' ella parlava garbatamente più lingue e ch'ebbe la gloria d'esser celebrata con tre epigrammi e un sonetto dal sommo poeta inglese. Il luogo ove il Milton la udì cantare, fu, come ho detto a principio, le stanze del cardinale Francesco Barberino, uomo di non comune dottrina, grande ama- tore della musica, e potentissimo in quel tempo che pa- pa Urbano Vili, suo zio, affranto dagli anni, avea lascia- to cadere nelle sue mani le redini del governo. Figu- riamoci, se i suoi trattenimenti musicali non erano cosa perfetta! Ne' pubblici teatri, i quali erano ancora altret- tanto rari, quanto le musiche erano in vece frequenti nelle camere de' principi e de' signori, non saprei dire se la Leonora siasi presentata mai. Trovo nel Fétis che « nel 1645 il cardinal Mazzarino la fermò al soldo della Francia per cantare nel Serse e nelT Ercole amante del Cavalli, eh' ei fece rappresentare durante la mino- rità di Luigi XIV; e che fu poi addetta al servizio del re poi concerti d 57 59 54.74 50 38 55 15 52.55 57.51 61 77 61.59 5*1.25 56.56 55 24 57 50 58.01 58.24 54.^5 60 77 59 27 55 10 57 45 62.68 59.71 60.00 58.89 57.99 57.07 762.26 65 08 6077 58 75 59.36 58.50 57.96 54.50 51.01 54 01 51.49 56.91 62.19 61.78 5;). 21 56 69 55.85 58.27 58.64 57.25 54.58 60.95 59.04 55.90 58.5S 65 06 59 65 5-).75 59.09 57.90 58 28 762.51 63 80 61.80 59.89 58 69 59.07 58.52 57.57 54.05 50.92 54.15 51.55 55.96 62.81 61.65 58 80 56.56 55.71 59.15 59.1 1 57 72 54 88 61.07 58.59 56.92 58.68 62.73 58 89 59 47 58.74 58.74 58.2" 762.28 62.20 60.84 58. 1 2 58.07 57.69 58 57 57.45 53.57 51.21 53.77 51.95 59.62 62.62 60.87 58.12 55.71 55.95 58.69 58.85 55,74 55.51 60.95 57.95 56.69 58.67 61.55 58 8»! 59.11 58.-55 56.60 59.8 ì 762.65 765.65 61.42 62.22 60.26 61.12 57.59 58.59 57.75 59.20 56.59 56.89 57.96 58.15 57.17 56 52 52 55 51.51 50.95 51.69 55 77 54.21 52.75 55 96 59.90 69.45 62.15 6;.'.54 60 20 60.24 57.57 57.49 55.25 55 24 55.49 56.44 58.62 58 55 58.^6 59.91.) 54.5IÌ 55 88 56.45 58.05 60.72 61 28 56.84 55.29 56.69 57.50 59.09 61.27 CO 51 60.90 59.54 60 25 59 90 59.09 58 01 58.69 55.94 56.81 57.60 58 05 762.46 62.75 61.48 59.25 58 58 58.10 58.06 57.50 55.41 51.02 55.84 52.55 58.02 62.45 61.05 5840 55.97 55.78 58.46 58.64 56.51 55.58 60.95 57.82 56 45 58.92 61 87 59.44 59.55 58.62 57.53 Serie ir, Turno ii. 121 — 956 — Maggio Termometro centigrado al Nord Giorni 6 ani. 9 ani. 12 m. 3 pom. 6 pom. 9 pom. Medie . 0 0 u 0 o 0 i + 7.4 +18.5 +18.1 +19 1 +18 7 + 17.7 -1-18.25 2 15.2 18.1 19.0 20.1 19.7 17.4 18.25 o 161 199 21 6 i.'2 5 20 2 19.0 19 88 4 179 174 21.2 22.2 20.2 187 I9 60 5 17.7 19.7 21.4 21.2 19.1 18.0 1551 6 17.0 19.9 21 5 18.9 18.5 189 19.11 7 180 18.6 22 7 20.8 189 18.2 19.55 8 17.2 17.7 1S.3 19.6 18.2 17.5 18.08 9 16.5 17.4 19.4 17.8 178 17.2 17.68 lU 138 13.7 19.4 19.8 17.4 14 9 16 85 i\ 13.5 17.4 19.2 19.3 19.8 1 59 1751 12 150 15.2 14 7 13.4 12.9 12 6 13.97 d3 12.0 16.1 14.4 12.9 14 1 13 6 13.85 14 12.8 16 0 18.) 194 18.4 1.t">9 16.93 15 15.4 18.7 22.4 22.8 20.5 18.9 19.75 16 16 7 26.8 23.6 24.3 22.1 19.7 21.-0 17 19.1 22 5 24.1 23.5 2?. 9 19.9 21.85 18 180 22.1 25.2 23 8 -JÌA 20.1 21 76 19 18.3 21.0 23.7 2-2 G 2i)4 20. 1 21 .05 SiU 20.0 21.4 216 25.7 20.8 197 21.20 21 20.5 20.0 -^0.2 20.5 20.1 19.9 20 "20 22 18.5 23.1 24.7 24.0 22 5 19.4 22.05 23 19.2 22 2 23.1 22.5 20.7 J8.4 21.01 24 16 0 21.7 24.2 24,2 22 0 19 9 21.53 25 176 19 0 21.8 22 2 17.7 17.4 19.28 26 17.8 18 8 22 0 24.5 21 '^ 19 9 20.70 27 16.4 21.5 22.4 22.7 21.5 19,4 20.65 28 19.2 21.3 22.8 23.0 21 5 19.6 21.25 29 175 23 8 23.3 2' 1.9 20.2 180 20.61 50 16.0 19,5 23 1 22 8 20.6 18.6 20.05 31 Medie 17.6 20.7 23.8 23.2 21.2 20.0 21 08 16.87 19.48 21.27 21.18 19.63 18.20 19.44 — 957 Maggio Umidità assolu ta 0 tee sione del vapore in mm. Giorni 6 ani 9aDt. 12 m. 3 |)om. 6 poin. 9 pom. Medie 1 9.49 9.17 10.11 9 54 8.81 9 66 9.46 y 8 26 7.9't 881 9.75 8 42 9 10 8.71 o lO.ol 980 10.68 10 19 11.51 H71 10.70 4 I3.2J 11.40 12.99 13 26 11.48 12.70 12.50 5 1 1 .92 11.93 12.50 1 1 92 11.9'4 12 09 12 05 6 J2.07 1 1 .69 1 1 .i^:ì 13 17 12 93 12.59 12 37 7 !2.53 12.62 12.18 12 65 12.56 13 59 12.46 8 13.52 12 48 13 08 12.86 15.29 12 18 12 86 1 9 11.56 11 38 11 43 12.59 1271 12 78 12 04 IO 10.48 9 64 8.60 7 83 816 8.43 8 85 11 8 15 7.58 8.73 8.91 8.54 8 28 8.36 i 12 10.88 10.76 10.35 10 53 9.91 9 21 10.27 13 7.60 8 68 8.70 9 72 9.18 1003 7.52 ! \ ì 902 1061 12 26 1 1 08 9.17 9.79 10.52 i '•' 10.85 9 74 9.('0 9.33 11.98 11.62 10.52 I 16 1i.6;ì ll.8i 12 02 13.ii0 15.28 1516 13.58 17 13 55 14 08 13.87 13.(:9 12.99 14.42 15.78 18 13.90 12.80 13.80 12 04 13.81 14.01 15.59 19 12.63 13.46 12.86 12 76 13.97 10.74 12.68 20 15.29 15.31 14 17 15.06 14,28 14 63 14.12 l'I 13 54 14.61 14.32 11.41 14 87 14.95 15.94 22 12.29 11.76 9.48 7.73 7.95 9.44 9.77 Ì3 8 96 7.2 'i 9.28 9.48 9-65 9.00 8 93 24 9.'i9 681 10.30 10.5! 12.13 11 84 10.14 -i5 11.52 11.13 10.70 4.79 10.57 il.lO 9.96 26 10.27 10 68 12.. 36 13 16 9.90 9.27 10.94 27 7 72 7.59 6.95 5.39 5.52 8.42 6.93 28 9.W) 8.70 8 50 UV76 9.13 8.09 9 18 29 9.45 11.13 11.46 8.75 9 41 9.69 9.98 oO lo 94 991 9.65 9.16 931 10.55 992 . 12 32 10.08 11.50 11.86 12.10 11.54 1 1 .57 Medie 11.34 10.68 1 1 06 10.79 10.93 11.13 10.88 — 958 — Wagg ì 0 Umid ita relativa in centesimi di saturazione A e qua evapo- rata caduta e — w 2 à q S _5 _o e S o o a. "3 quantità quantità O CO cs co CD C5 UHI). 111111 1 63 58 65 59 54 64 60.85 8.20 2 64 51 54 53 50 61 55.83 13.95 5 74 56 56 50 65 7-' 62.17 6.50 4 89 61 70 67 65 80 72.00 5.40 5 79 70 66 64 72 79 71.66 5.80 6 85 67 62 82 81 77 75.35 7.52 0.45 7 82 74 54 69 76 86 75 50 6.90 0 70 8 92 84 84 77 86 82 84.16 3.40 0 50 9 81 77 69 83 85 89 80 66 4.52 0 58 10 90 74 54 49 55 69 63.)jO 5.10 0.10 di 74 51 53 52 55 62 57,85 7.10 12 87 84 86 92 89 85 87.16 7.50 1 1 .56 1.3 73 65 60 87 77 84 75.85 5 10 7.41 14 81 79 79 67 58 69 7:^.16 4 45 15 83 60 47 45 69 71 62.66 6 12 16 83 68 53 61 68 77 68.55 7 62 17 82 69 62 63 68 84 71.55 7.10 18 95 68 58 54 73 82 71.55 7 75 19 79 72 58 65 76 61 68 |6 5.05 0.25 20 76 69 84 69 78 86 75.55 7.57 21 75 84 81 63 85 86 79.0U 7.42 22 74 56 41 35 40 57 50.00 7.50 23 54 34 46 47 56 58 49.16 12.22 24 75 55 84 51 62 6.S 65 16 1070 25 74 6;; 54 24 70 75 60. 5U 15 SO 2.55 26 69 (i5 60 59 54 54 60.16 9.50 27 56 41 5'i 27 30 54 40.55 9 50 28 58 45 50 55 51 48 49.00 1000 21) 67 'l'I 51 48 55 65 55.55 9 9". 0 25 oO 78 64 4() 45 51 67 58.50 8.75 51 80 5li 55 ' 56 64 66 65 5U 6. 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Or. l.IiO '•''2 sso S 1 SSO 2 SO 2 OSO 2 SSO 1 SSO 0.33 'lo 080 OSO S 1 E Si-: 2 SSE 1 SSO vario ESE 0.50 24 NO NNE SSE SSE 1 ESE 1 ENE 1 SSE 0.67 12>'' SSO SSO SSO SSO 1 OSO \ OSO 1 SSO — -iC' oso i\[\0 i\NO s NNO 1 ESE 2 NNO-ESE — 21 N.\E 1 ^E s ^so s 1 s s . •8 ESE ESE >0 S 2 SSE 2 SSE 2 SSE — iil ;\N0 1 ONO 1 SSE 1 SSO 2 OSO OSO 1 (lor.mcr -oc O.C)!) 0(1 N 1 NNE 1 SSE 1 SSO ENE ENE NE 1 .m 31 e a OSO 1 ESE Cor. Or. SSO 1 Cor. Or. SSE 1 Cor. Or. S .» S 3 Cor. mer. Cor. Or. Cor. 0 r. Cor. Or. Cor. Or. Mer. 0.4() e o Q Mer. Mer. — 960 W agg io Aspetto dell' atmosfera 'a 9 6 6 ant. 9 ant. 12 mer. 3 pom. 6 pom. 9 pom. !0 i 10 9 cum. cir. 6cu. st.cir. 5cu.8tr ci. 5 slr. ci, cu 10 7.50 2 0 8 st.leg.all'or. 1 cu. all'or. Ici.NK sso Isl.legdif 0 0.50 o Ofosc. all'or. 0 1 cu all'or. 1 cirri 2 cirri 0 n.60 4 5 cirri, slr. 2 cum. cir. 2 cu. all'or. 3 cu. cirri 4 cirr.slr. 2 cu.st.ci. 3.- 5 2 st.cir.cu. 3 cir e ti ai. 3 cumuli 8 cu.slr. 3.30 30 8cu.8lr.cir. 9 cu Ni r cir. IO cumuli 9sl.cu Ing. Io rar.goc. 6cu.sl.ci 8.60 31 10 9 cum. cir. (Ì8tr ci. cu. 2 slr. cirri 4 4 cu.slr. 5.80 '•5 a; 0 07 4.93 (5.1G 6.40 6.13 6.00 5.95 iC — 901 Maggio 0 z 0 n 0 É j2 E £ Gìoidì a IO te E o a. o a. o M die e o Medie (D OS «rH to to o co O 1 3 4 2 3 2 2 2.63 9 2 5.50 12 5 2 5 1 1 1 1.85 3 i 2.50 3 2 1 1 1 1 2 1.55 3 2 2 50 4 2 2 1 1 2 5 1.83 3 3 3.00 5 4 2 1 0 1 1 1 50 5 2 3.50 6 3 1 1 2 1 2 1 66 3 o 3.00 7 2 1^ 1 (1 0 0 0 66 5 4 3.50 8 5 3 4 4 2 6 4.00 5 9 7.00 9 6 3 5 3 2 1 3.00 7 7 7.00 10 8 3 5 2 1 V) 3.17 9 6 7.50 11 6 2 4 1 2 ì 2.66 6 5 5.50 12 5 6 4 2 3 3 3 83 5 10 7.50 lo 6 1 0 2 3 3 2 50 7 5 6.00 14 6 3 2 1 1 1 2.53 7 6 6.50 lo 4 1 ì 2 2 1 1.83 4 4 4.00 1() 2 0 1 2 2 1 1.33 2 3 2.50 17. 3 0 1 2 1 1 1.35 3 5 3.00 18 7 3 0 1 1 1 2.Ì6 7 4 5 50 19 6 0 1 1 2 2.16 6 4 5.00 20 5 1 4 2 1 U 2.16 6 4 5.00 21 5 3 4 2 5 5 3.55 3 2 2.50 22 2 1 2 2 2 1 1.66 3 3 3.00 25 2 2 1 1 1 1 1.55 2 2 200 24 2 1 2 1 1 1 1.53 2 2 2.00 25 2 2 2 1 2 1 1.66 5 2 2.50 2(3 2 2 1 1 2 2 1.66 5 3 3.00 27 2 2 0 1 0 0 1.85 2 2 2.00 28 1 2 1 1 0 1 100 2 1 1.50 2'J 1 1 1 1 1 1 l.Oil 2 2 2.00 50 -) 1 2 1 1 1 1.55 2 9 2 00 51 2 2 2 1 2 1 1.33 2 2 2.00 Media 5.50 1.95 1.78 1.49 1.42 1.59 2.01 4.23 3.63 3.93 962 RIVISTA METEOROLOGICA. Maggio 1872. Pressione atmosferica. — Varie, ma però non molto forti, furono le oscillazioni del barom. in questo mese. La pili forte depressione si ebbe il giorno 10 alle 6 ant. (750.38) in seguito a giorni nuvolosi, con pioggia e con venti forti della corrente orientale. Già fino dal giorno 2 alle ore 6 ant. il barometro dopo aver segnato il max. (763.83) cominciò la sua discesa e questo abbassamento corrisponde ad una depressione che tino dai primi gior- ni il telegrafo ci annunciò essere avvenuta in Irlanda e sul Baltico. Le altre oscillazioni, che corrispondono pure a depressioni notate sul Tirreno, sul Golfo di Gua- scogna, sulla Manica e sul mare del Nord, le ho regi- strate nel seguente prospetto. La media fu sotto alla normale. Max. barom. a 0" )re G ant. 763.83 » 9 pom. 754.21 » 12 iner. 762.81 » 9 poni. 759 90 » 9 pom. 761.28 » 9 pom. 763.06 » 31 » 6 pom. 755.94 Min. barom. a 0° ]^ iorno 1 ore 6 ant. 761.40 giorno 2 » 10 » 6 ant. 750.38 » 11 » 12 » 9 ant. 751.49 » 14 » 18 » 6 ant. 755.24 » 20 » 21 » 9 ant. 753.88 » 23 » 25 » 6 ant. 755.10 » 27 — 903 — Meda ed estremi barometrici a 0" Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3 p. 6 D nn Medii Medie dei 6 P. 1 . r. Max. 1 Min. 1. 58.48 58.76 58 66 57.96 57.49 57.95 58.21 59.13 57.05 II. 57.25 57.54 57.34 57.61 57.39 57.81 57.49 58.39 56.40 III. 58.49 58.54 58.69 63.95 57.92 58.33 59.32 59.61 57.83 Medii 57.07 58.28 58.23 59.84 57.60 58.03 58.34 59.04 57.09 Max. ass. 63.83 il giorno 2 oro 6 ant. Min. ass. 50.38 il 10 ore 6 ant. Diff. 13.45 Temperatura delV aria. — La media mensile fu piii alta della normale ; e la media della seconda metà del mese piiì alta di quella della prima. - Il max. (+ 25.6) si ebbe ai 18, mentre il min. era stato nella notte dal 12 al 13.- Noto r abbassamento della temperatura nei due giorni 12 e 13. Anche noi quindi ci siamo accorti di quel- la vicenda meteorologica che è costante in Germania nei giorni 12, 13 e 14 maggio. Ogni anno infatti di que- •sti giorni succedono in Germania le ultime gelate, e siccome in questi giorni ricorre la festa dei Ss. Serva- zio, Pancrazio e Bonifazio, così i tedeschi sono soliti chiamarli i santi di ghiaccio. In questo anno, scrive il chiar. P. Secchi nel suo Bollettino (voi. xi, n. 5) la crisi è stata assai notabile e si è sentita anche in Roma. Non è raro poi il caso che questi giorni sieno accompagnati da una vicina reazione di caldo, e tale è stato anche in questo anno. - Tutto questo si accorda perfettamente con quello che si è osservato qui a Venezia. Serk tv. Tomo II. 122 — 964 — Meda ed estremi del termometro centigrado al Nord. 9p. Medii Medie dei Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3 p. 6 p. Mai. 1 Min. I. 16.68 18.29 20.26 20.21 18.87 17.75 18.67 21.71 14.48 II. 16.09 19.12 20.70 20.57 19.21 17.74 18.90 22.12 14.57 III. 17.84 21.03 22.85 22.77 20.83 19.13 20.74 23.57 15.38 Medii 16.87 19.48 21.27 21.18 19.63 18.20 19.44 22.46 14,80 Max. ass.+25*.6 il 18. Min. ass.+lO^.S il 13. Diff. 15<'.l. Umidità assoluta e relativa. — La prima segue T an- damento della temperatura, meno nelF ultima decade ; la seconda fu assai oscillante. - Il max. (92°) fu alle 3 pom. del giorno 12, in cui V atmosfera era a burrasca e si ebbe la massima piovitura. - Il min. (24'^) si notò nel giorno 25 ore 3 pom. L^ escursione fu adunque di 68». - Neir ultima decade la media fu più bassa della media delle due prime decadi e ciò fece sì che noi sentissimo meno V innalzamento della temperatura. 965 — Meda delV umidità. Tensione del vapore in mvi. Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3 p. 6 p. 9p. Medii I. II. III. 12.30 11.15 10.56 10.80 11.29 9.96 11.12 1164 10.41 11.37 11.63 9.36 11.16 11.58 10.05 11.46 11.59 10.35 11.19 11-43 10.02 Medi! 11.34 10.68 11.0 6 10.79 10.93 11.13 10.88 Umidità relativa in centesimi di saturazione Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3P. 6 p. 9 p. Medii I. li. III. 79.90 81.11 68.70 63.20 68.60 54.01 63.32 63.90 53.90 65.50 65.30 46.00 68.90 71.11 56.10 75.90 76.12 63.20 71.72 70.11 71.01 56.98 Medii 76.50 61.90 60.20 58.90 65.31 65.70 Idrometeore. — Abbastanza copiosa T evaporazione, poca la pioggia. - Ai 4 ed ai 10 si ebbe nebbia densa; ai 13 grandine. — 966 Idrometeore. Decadi Acqua Giorni con j evapor. | caduta medii 1 forma quantità Pioggia Nebbia Brina Gelo N-|'d7u"; I. li. 111. Media 6.71 6.65 9.81 P- P-g. P- Tot. 1.91 18.97 2.80 5 3 3 2 : — 1 1 7.72 23.68 11 2 - Acqua e?ap. 241.44 Acqua caduta 23.1 Diir. 217.76 Stato del cielo e delV atmosfera. - Piuttosto vario ; si osseni il seguente specchietto: Giornate serene . . » quasi serene . - Giornate nuvolose ... 10 , 2 » nuvol. con pioggia 8 » varie .... 8 » con temporale . . 2 » varie con pioggia. 3 » conminacc. ditemp. 2 Aspetto dell' atmosfera in decimi di cielo coperto. Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3p. 6p. 9p. Medii I. II. in. 6 60 5.80 580 5.21 4.90 4.70 5.90 6.20 6.40 6.80 6.50 590 6.41 6.10 5.90 5.30 7.30 5.40 C.03 0.13 5.95 Medii 6.07 4.93 6.16 6.40 6.13 6.00 5.05 — 9G7 — Ozono. - In generale scarso ; ma sempre più forte nella notte. Per lo più la media calcolata sulle due os- servazioni delle dodici ore va d' accordo con V umidità relativa. - Nel giorno 12, che fa una giornata burra- scosa con pioggia, la cartina esposta per tutte le 12 ore diurne diede il 10. Ozono. Decadi 6 a. 9 a. 12. a i 3p. 6p. 1 9p. iMedil Nolte Gioro. 1 lUedii I, II III. 3.6O 5 00 1.91 2.20 2.00 1.64 2.00 1.70 1.64 1.70 1.60 1.18 1.30 1.70 1.27 1.42 2.00 1.40 1.36 1.59 2.16 2.23 1.65 5.0 5.3 2.4 4.0 4.8 2.1 3.63 4.50 5.05 2.25 iMedii 3.50 1.95 1.78 1.49 2.01 4.23 3.93 Venti. — Tennero il predominio i venti della corren- te orientale e specialmente quelli da ESE. - Più volte spirarono anche con forza. — 968 ^ Numero delle volte che si osservarono i venti. Decadi .NNO N rjNE NE E.\E E ESE SE I. II. III. ì 4 1 1 1 4 1 5 1 9 2 5 22 8 2 27 10 7 3 3 Totale 5 I 6 7 16 32 44 1 Decadi SSE S SSO SO OSO 0 GINO NO I. II. III. 4 8 8 9 5 12 4 1 6 9 1 1 2 2 Totale 12 17 17 5 15 1 1 4 Stato del mare. — Agitafcissimo nel giorno 1. Agitato nei giorni 5, 6, 12, 25, 31. - La marea pii^i alta si notò dal mareografo nel giorno 21 alle 9.50' pom., due gior- ni 'prima del plenilunio e con bassa pressione. La marea più bassa fu il giorno 23, giorno del plenilunio e con pressione relativamente alta. Caratteri del mese e note imrticolari. — Piuttosto va- rio. - In questo mese si notarono in questa nostra sta- zione i seguenti fatti : Giorno 4. Dalle ore 7.30' ant. alle 8 si sollevò im- provvisamente una nebbia bassa ed abbastanza fitta. Sulle 4 pom. nuvoloni temporaleschi al NO. mentre con- tinuava il vento forte di Est. Alle 6 pom. calma. ^ 969 — Giorno 5. Ore 5 pom. vento forte di SSE. Giorno 6. Ore 2 poni, pioggia e vento forte di ESE. Cessata poco tempo dopo la pioggia, il vento si fece sem- pre pii^i forte. Giorno 10. Dalle 7 ant. alle 8 circa nebbia densa, che scomparve quasi repentinamente. Giorno 12. Ore 8 ant. vento forte e pioggia. Dopo il mezzogiorno il vento ESE. si cangiò in OSO. Giorno 13. Dalle 1 pom. alle 3 vento forte e pioggia accompagnata da lampi e tuoni in due riprese; ma nella prima vi fu anche grandine. Giorno 14. Sulle 6.30' pom. leggera scossa di terre- moto ondulatorio nella direzione di SSO.-NNE. Giorno 19. Verso le 2 poni, poca pioggia. tr/onzo 21. L' acqua della laguna piuttosto agitata. Ore 5 pom. vento forte di ESE. Giorno 24. Ore 10 pom. temporale non però molto forte che durò un'ora circa. Giorno 25. Ore 3 ant. vento forte ed il cielo con molti nuvoloni. Ore 5 pom. nuvoloni al SO. mentre T o- rizzonte al SE. era quasi chiaro. Giorno 26. Verso le 5 pom. minaccia con vento di NNO. - di lontano ad OSO. si scorgeva forte pioggia; poi all' ENE. - Noi per altro non abbiamo avuto pioggia. Alle 6 pom. il vento da NNO. cangiò in Est. Compar- vero due arco-baleni. Giorno 29. Sulle 2 pom. minaccia, non però molto forte, di temporale. Dalle 2.10' pom. alle 2.30' pioggia. - Nuvoloni e rumore lontano all'O. ; mentre Torizzoute SE. era quasi chiaro. Ore 3 pom. pochi lampi, quindi calma. Giorno 30. Ore 9 pom. vento SE. abbastanza forte a tratti. — 970 — NB. In questo mese, e precisamente nel g'iorno 6 aile ore 12 mer., ho riprese le osservazioni sull'elettri- cità dinamica atmosferica, sospese fino dal giugno 1869. Uso di un elettroscopio sensibilissimo ad aghi astatici avente il moltiplicatore con 26 mila giri. Fu costruito a Berlino e donato dalFora defunto prof. ab. cav, Zan- tedeschi. Le osservazioni si fanno alle solito ore ed ogni qualvolta lo stato atmosferico offre qualche segno degno di studio. - In questo mese nel giorno 13 Tago fece forti escursioni, e così nel giorno 26 ; anzi in que- sto giorno r ago fu sempre agitato e V elettricità fu quasi sempre negativa. Sospendo di dare le notizie sui Principali fatiì me- teorici osservati in altre stazioni, perchè avendo fatte alcune aggiunte al Bollettino ed avendo intenzione di farne delle altre, queste eccederebbe i limiti assegna- ti ; d' altra parte gli studiosi possono facilmente rica- vare queste notizie dalle fonti originarie. — 971 Giugno 1872. Barometro a 0" in mi limetri Giorni 6 ani. 9 ;iul. 12 m. 3 [)om. 6 poni. 9 pom. Medie 1 7o(J.01 756 50 756.92 757.15 757.09 758.23 756.98 ''2 58.21 58 04 57.84 57 01 5641 56.54 57.54 5 54 17 53.87 55.62 52.55 52.60 53.14 53.52 4 51..^o 51 48 51.85 51.91 52 15 55.21 51.98 5 54.15 55.08 55.84 61.U7 55.96 57.43 56.59 © G 57 57 58.59 58.99 58 88 58 67 59.40 58.65 7 6U.1U 61.00 60.67 59.71 59 32 59 69 60.08 8 59.14 60.02 59.55 59 27 58.79 59.74 59 42 9 58.79 58.77 58.54 57.38 53.78 56.08 57.52 IO 54 06 55.75 55.18 51 92 50.88 52.23 53.16 il 52.99 m.-A 54 72 54.05 55 40 55.35 54.29 l"i 54.29 55.35 53 87 55-67 54 52 55.76 54.87 lo 56.29 56.42 56.75 57.02 57.51 57.71 56 93 > li 59.65 60 30 60.60 60.46 60 59 61.40 60.49 15 62.82 C3.79 6'i 24 65 71 65.40 64 10 63.68 \i5 63.5 ! 65.71 65.25 61.69 60.94 65.27 62.75 17 62.U9 61.69 61 24 50 21 59.81 61.07 61.U6 18 60 59 59.96 59.29 58.44 57.95 57.87 59.01 1'.) 57.20 58 07 58.54 58.44 5S37 59.00 58.24 •-0 5,S.6o 58.57 58.55 57.68 37. i 5 57.01 57.89 ©21 57.15 57.85 5812 58.28 58 11 59.58 5S.I3 "'^2 61 30 61.66 61.64 60 85 60.29 60.64 61.06 59 86 59 66 59 35 57.64 »J.08 60.69 59.53 '24 60.24 59.98 59.72 59.07 58 47 58.55 59.50 2.i 58,57 58.95 59.69 59 39 59.98 59.59 59.54 26 59.74 59 74 59.55 58.71 57.77 57 65 5S.86 [ 27 59.57 59.58 59.17 58 50 57.95 58.58 58.86 28 60.55 61.27 60.76 59.91 58 66 59 19 60 06 29 59.04 59.59 58.92 58.55 57.46 57.13 58.58 50 56.87 5G.78 55 94 55. 1 1 55.49 57.96 56.56 Medie 58.45 58.41 58.40 57.52 57.81 58.47 58.15 Serie IV. Tomo IL 123 — 972 — Giugno Termometro centigrado al Nord Giorni 6 ani. 9 ani. 42 m. 3 potn. 6 pom. 9 pom. Medie 1 ^IS^S +20?0 +22^4 +22**5 + 19^8 0 +18.7 +20''36 2 18,7 21.0 20,8 21.8 21 5 19.0 20.^7 3 46.6 18.8 21 3 22 6 19 6 18.2 19.52 4 46.0 17 6 17.8 19.2 19 6 186 1815 5 iSA 18.8 47.9 17.4 14.7 14.0 16.81 6 143 14.5 16.8 17.7 177 16.6 16.26 7 46.Ò 187 19.9 20.1 19.5 19.7 19 03 8 18.3 21.7 23.6 23.7 23.7 21.5 22 08 9 197 21.6 22 6 l'3 3 25i 4 20.4 21.66 \0 18.0 196 20.9 19.3 \Ì.8 17.4 18.83 41 - 16.5 17.9 193 23.7 23.0 20.4 20.15 12 19 6 22.6 23 6 23.8 19.6 19.4 21.43 43 18.4 19 9 226 22.9 21.8 20 9 21.08 44 20.7 23.6 24.5 24.6 1>3 2 22 7 25.12 ij: 21.9 23 9 25.8 266 25 6 24.5 2^.68 16 2.'). 4 27.4 27.4 28.2 26 4 19.0 25 30 47 21.0 24.2 24.7 24.7 25 9 2''> 1 23.43 48 20 5 '24.3 24.1 23,9 22.9 21 '7 22.90 19 488 21.5 22 4 22.9 22.2 20.6 21.4) 20 20.0 23 0 22.8 22.8 22 6 21 2 22.16 21 19.7 2;5 3 27.2 26-7 2o.6 24.5 25.1 0 22 21.1 26.5 Ì7!o 27.8 26 5 24.6 25.55 23 24 2 26,9 28 0 27.5 22.0 21 8 25,06 24 21,2 22.8 26 4 26 5 25.5 23.7 2'i 35 25 20.8 Ì3.'4 24 2 25,3 25 3 23 i 23.68 26 21.1 24.4 26.5 27.8 25.6 23.2 24.76 27 21.7 24,6 26.7 27.0 26.2 19.9 24.55 28 19.8 21.9 24.9 ' 25.3 25 2 23 6 25 45 29 23.1 25.6 27 0 26.5 25.5 24 1 25.46 50 23 7 26.6 27.2 25.5 25.2 23.5 25.25 Medie 19.73 21.95 23.54 23.91 22.69 20.94 22.21 — 973 Giugno Umidità assoluta o tensione del vapore in mm. Giorni 6 ,inl. 9 ani. 12 m. 3 pom. 6 pom. 9 poni. Medie 1 13.62 15.65 12 16 12 79 12.83 12 99 13.34 2 12. (io 11 67 12 43 1 1 92 11.76 1233 12 12 5 1!.4() 11 31 14 12 13.34 11.57 11.49 1221 4 12 68 12.06 12 65 12.99 Il 87 12 39 12.44 5 12.79 11 92 12.38 12 35 li 68 10.55 11.94 6 lu.69 10.50 10-66 1 1 29 9 93 10.18 10.54 7 1 1 02 1 1 22 10 95 11.84 12.15 12.27 11.57 8 15 6) 14./ 7 13 90 14 29 13 72 13 97 14.04 9 1 4.69 14.71 14 96 15.85 14.40 14.65 14.87 10 15 81 14 65 14.18 12 35 13 83 12.68 13.56 11 11.56 12.82 13.23 15.50 12 75 15.54 13 2 i 12 13(0 14.40 14 70 14 68 1573 12,74 14.31 13 12.59 8.95 12 29 12.(i7 12 53 13.74 12 (J9 \\ 15 14 15.68 14 33 16.11 18 86 15 86 14.96 15 17 25 17 87 17(52 17.86 17 58 17 77 17.62 1(5 19.15 19.06 18.74 18 89 18.10 16 53 1841 17 14.69 16.22 14.57 14.17 15 35 14.41 1490 18 13 47 12 87 13 12 14 06 13.59 15 40 13.4! 19 12.56 11.25 1 1 .24 12 26 14 29 13.77 12.69 20 11.78 13 59 1372 14.18 14.26 14.90 13 74 21 15.55 13.25 12 52 11.04 9.87 13.04 1214 22 13 21 14 55 15.87 15 47 14 22 12.75 13.98 io 8.12 17.45 16.74 18.36 16 9^' 1457 15.35 24 12.47 11 82 14. '18 14.76 13.08 14 62 13 54 25 11.11 15 iio 16.18 15.45 14 49 1471 14 53 2(5 13.4(j 14 65 14.82 15 97 17.99 15 73 17 66 27 15.11 12 31 15 94 13 11 16 96 13.88 14 22 28 12.09 11.61 14.61 14.37 15.82 15 01 13.92 29 16.12 17.32 16.64 15 82 16.35 17.77 16.66 '(y\) 17.48 14 88 15.69 14.20 15 13 1519 15.43 Medie 13.56 13.79 14.05 14.26 14 2i 13.90 13.98 — 974 -^ Giugno Umidità relat iva in centesimi di saturazione Ac ^jua e u « e p j: _» evapo- rata caduta £ a re CO a re e e to e e ce o C5 -3 quantità nim. quautità inm. 1 84 88 41 64 76 81 72.55 8.90 0.60 "I 79 63 69 60 63 74 C8.0U 6.00 5.t:'6 5 80 70 73 65 68 80 72.66 G.05 2.27 4 95 8!) 84 79 7u 78 80.(6 5.92 12.92 5 8^^ 73 81 82 94 90 85 66 3 70 27.47 6 90 87 73 74 66 73 77.16 4.70 5.17 7 78 70 63 68 72 76 71.16 5.75 ■ — 8 88 75 63 65 63 74 71.55 6.72 — 9 87 78 73 73 74 85 78.55 9.48 10 90 86 78 74 77 86 81.85 4.65 11.60 11 80 84 75 62 62 77 75.55 3.25 1.71 \'' 80 70 66 68 91 76 75 16 7 lo 10.44 15 78 52 61 61 65 75 65.55 6.95 — 14 85 71 62 70 89 78 75,50 7.05 — IS 88 75 71 72 72 79 76.16 7.20 0.12 16 86 70 68 66 70 98 16 55 7.57 36.52 17 76 70 65 61 71 74 69.16 6.42 2.13 18 76 57 59 64 66 70 64 66 12.20 — 19 76 58 58 59 72 76 66.50 11 05 — 20 1.7 65 68 69 71 80 69.6( 8.70 0.44 1^1 77 54 47 43 59 57 5-J.83 5.55 — ^9 69 54 51 55 57 55 56 51 10 70 — '17^ 66 65 57 68 88 75 69 85 17.58 9.58 2\ 67 57 55 5() 54 67 59.55 18 20 — ^5 59 72 72 65 61 70 66 16 7.80 8 13 20 1-1 64 57 58 75 77 (.7.16 8 58 8.59 'J7 78 53 o3 47 69 80 (i3.55 6.1 5 15.80 "1^ 71 59 63 60 68 69 ()5.U6 14.80 0.55 i9 78 70 63 60 68 81 70.01 1580 — 30 78 57 59 60 65 71 65.00 9.02 0.18 78.ÌÌ0 68,10 (:4.20 64.20 66 50 76.00 70 24 250.27 157.41 ?? — 975 - Giugno Vento inferiore e sua velocità Duminanli Slato d.:l 1 iv.irio ; Vario KNEror.m v;iii() N-S C(ir. luprid. Hor. riierid. Cor. or e in. vario E.Mv vario Ki\'E- v^rio (hit. lUHiid. S f]or. m^rid. Hor. merid. (^or. merid. Cor. merid. Cor.or.uier vario Cor. merid. Cor. orìenl SSE vario Cor. orieiit (ior. orienl. VHI io vnrio C.ir. merid. ENE-S Coirenti merid. Media O.IG 0.50 0 53 O.oo 0.16 O.ltì 0.16 0.5(1 0 83 1.53 0.35 0.G6 I . ! 6 0.16 0. 1 6 0.66 0.16 0.33 0.83 0.29 976 Giugno Aspetto dell' atmosfera 5 6 ant. 9 int. 12raer. 3 pora. 6 pom. 9 pom. .2 -5 ai s i 2 slr. cirri 5 daNaE.nubi 4 DUb temp.al 8 cu. cirri 9 cum. slr. 9 6.16 2 8 cun>.cir. 10 9 NO. 8 cu.cir.slr. 8cu.sl.cir. 9 8tr cu. 8 €6 o lOneb.lfg 10 pioggia io 9 cu.cir.slr. 10 10 nubi 9.83 4 IO 9 cumuli IO piovigg. lo i;uccle lOcu.ci.sl. 1 0 *emp. 9.>'3 5 10 10 10 lOqualc.g. 8cu.poch.cir 10 9.66 6 10 10 piog.^i. 7 cu.str-cìr. 6 cu. ci. slr 7 cir. si. cu. 1 slr. cirri 6 83 7 9 cum.cir. 9 cum. slr. 2 cumuli 8 cirri slr. 10 slr.cir. 5 str.ci.leg. 6.83 8 7 cir outH. 7 cir.legg.cu. 7 cir.legg.cu. 3 cum.cir. 5 |»icc. cu. 1 sLaNK 466 9 8 cum cir. 9 cuna. cirri IO nubi leg lOci.sI.cu. 2 cirri, slr 6 cu cir. 7.50 10 10 cucir 10 cumuli 10 cumuli lo temp.leg. IO cu. slr. IO cum 10- H IO 10 piovi gg 9 str.cum. 7 slr cum. 7 slr.cuui. 7 ci.teg.cu. 8.53 12 6 cum.cir. 8 cir.str.cnm 4 st.ci.leg.cu. 7 cu. ci. slr. l(jmÌDac.aN g la.cu.slr. 7.16 15 Iqualc.cir 1 lirn 2 cum.cir. 3 cir.leg.cu. 5 cum.cir. gcu.str.cir. 3.35 14 9 «um.Btr. 2 cu. str. all'or. 7 cnm.cirri 2 slr. e ir. 3 slr. cirri 6 la.« NO 4 85 Ì5 8 cum.cir. 4 cu sjiiirsi 4 cir.legg.cu. 3 strali 0 legg.cum. 2cu.ci.aAE 5.50 16 8 str.cir.leg. fi cir.lec.cum. 2 cirri 1 cir. strati 3 cum.cir. l^t fori- lem 5.- 17 1 slr. a SU. ^ lUui.cirri 7 cu. cir. slr. 7 cu staili 7 slr. ci. cu. 3 cu. cirri 5.— 18 2 cumuli T) cum.cirii 2 cum cirri 1 qu;ilc.st.a£ 8sl.CD.leg. lOcu.sl.ci. 2 strali 5.55 19 10 IO cum.cir 9 cum.cir.str. 9 slr. cu ci. 6sl.cu.ci 9.— 20 l'str.cu.cir. 10 slr. culli lo pioMgg lo rar.giic. lo 10 IO.— n ^ st.cum.cir. Icir.sl.SO. ^2 cum. all'or. 7cum. cirri 7 cum. slr. 1 strati 4..^0 22 3 curi 2 cum. cirri 3 cum.cir. sp. 2 slr. cirri 1 cir. si. all'or 0 cucir. 1.85 25 8 8l. cir. cu 5 slr. cu. cir 3 cirri 8 cum. sii'. 9cu cir. slr 5 strali 5.66 24 ^cu.str.legij. 5str.cir.lHg. 8 cum. slr. 5 cu cir-cu. 7st.cu ,ci.cu h slr. cu. cir 5.83 25 8 cuiu 8lr. 6 cu. sparsi 'i cumuli 1 ci. cu or.iN. 1) 1 slr. all'or. 3.35 26 i »>lrnti 1 slr. cu. all'or 3 cum cirri 2 slr. cirri 7 cu ci. slr 7 cu.str. 5 50 "27 2 slr.cirr. 4 slr. Ih;;. cu' 5 slr. legg.cu. 68lr.cu-sl. 7 da NO.nulii 6 nubi t e 5.— 28 5 cir.cuui 1 CU all'or. 1 cumuli i cirri Icir lemp. Ocuiii or. 1.16 29 5 8tr cirri 8 cumuli 5cu cu. -cir. ,~cu.ci-8tr.ci. 8 slr. cirri 1 si. ci. or 4.66 30 9 str.str-cu. 7sl.cir.legcu. 8 daoso.nubi iU 10 lOpioig 9 — •5 0,73 r.20 5.84 5.90 6.50 5.16 6.10 — 977 — Giugno Ozono Giorni a a é a o S o Media a S Media a te i?! e 2. a. ^• CD OS to co a> 1 o o 1 1.0 1.0 10 1.0 2.0 1.0 1.16 1.0 2.0 1.50 2 4.0 2.0 2.0 2.0 1.0 1.0 2 00 20 20 2.00 o 50 1.0 1.0 1.0 1.0 2.0 1.50 30 20 2.50 4 6.0 5.0 5.0 2.0 2.0 1.0 2 83 6.5 60 6.25 5 5.0 1.0 1 5 26 2.9 5.9 2.48 4.1 6.3 5.15 6 1.9 1.5 28 1.2 1 5 1 5 173 4.0 3.0 3.55 7 2.5 i 9 1.5 1.5 1.9 28 1.95 25 2.0 2.15 8 1.5 05 12 18 0.6 2.0 1.26 2.0 05 1.15 9 4.4 52 1.8 09 1.6 1.6 2.25 44 3.7 4.05 10 4.6 5.0 15 2.5 4.8 28 5 16 5.2 63 5.73 ì\ 64 2.8 2.9 0.9 17 1.0 2 60 7 1 1.4 575 12 2.2 08 0.0 0.2 52 1.6 1.55 52 5.4 3.50 lo 2.6 1.5 09 1.0 0.2 06 1.15 5.0 2.8 2.90 U 45 1.5 0.8 1.8 1.9 0.0 1.72 4.5 1 9 5 10 15 5.9 2.8 0.5 10 0.0 1.5 1.61 5.9 4.9 4.40 16 2.4 0.8. O.i 0.9 06 0.0 0.80 2.7 3.7 3.-20 17 2 5 1.1 02 1.0 0.9 1.0 1.11 1.9 1 9 1.90 18 2.0 15 1.0 15 1.2 08 1.26 2.0 5.2 2-60 19 2.8 06 2 2 1.7 18 1.5 1 73 5.6 2.1 2.35 20 1.8 1.8 00 0.0 0.7 0.8 0.85 1.8 0.0 0.90 21 4.1 2.6 05 0.2 09 0.1 1.56 4 1 26 3.55 22 1.7 0.1 08 1.2 2.0 2.8 1 45 1-7 5.5 2.60 io 4.6 1.8 05 0.5 00 5 0 1.7U 48 0.0 2.40 24 52 2.2 11 0.2 50 02 1.65 45 5.4 5 95 23 55 5.5 20 2 2 0.6 05 2.32 5.7 3.8 4.75 26 2.7 2 2 05 25 2.5 0.5 1.75 27 5.4 3.04 27 5.5 1.5 1.8 1 7 I.l 4.0 2 56 0.3 5.0 4 15 28 49 2 2 1.0 05 0 t 1.8 1.66 54 2.6 4.00 2i) 40 20 1.8 0.4 2.6 0.8 1 93 6.5 8.6 6 55 50 8.1 1.5 0.8 0.9 5.0 1.0 2.55 8.6 5.4 6 00 Meaia 5.55 175 {."A 1.18 1.57 1.45 1.78 3.91 3.20 5.56 — 978 — RIVISTA METEOROLOGICA. Giugno 1872. Pressione atmosferica. —Nel barometro si notaro- no cinque depressioni, sempre decrescenti, meno Tulti- ma che relativamente fu più forte delle due ultime. - Nella prima decade, che fu piuttosto burrascosa, si ebbero le due maggiori depressioni, ai 4 ed ai 9. - Nelle due decadi seguenti il barometro fu relativamente più alto; né i varj temporali e le varie minacele di temporale lo fecero alterare nelle sue indicazioni. Max. bar. a 0" giorno 1 ore G ant. » 7 » 9 ant. » 15 » 9 ant. » 22 » 9 ant. » 28 » 9 mer. Min. bar. a 0* 756.01 giorno 4 ore 9 pom. 751.48 761.00 » 9 » 6 ant. 755.78 764.24 » 20 » 9 ant. 757.01 761.64 » 26 »* 9 ant. 757.65 761.27 » 30 » 3 pom. 755.11 Meda ed estremi baromeirid a 0° Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3p. 6p. 9p. Medii Medii dei Max. 1 Min. 1. 57.37 56.68 56.65 56.48 55.76 56.56 56.50 57.51 55.29 li. 58.80 59.08 69.28 57.53 58.54 59.25 58.75 59.66 57.82 111. 59.20 59.47 59.28 58.56 59.12 59.59 59.20 59.87 57.84 58.45 .58.40 57.52^ 59.01 56-98 1 Medii 58.il 57.81 58.47 58.15 Max. ass. 61.23 il 15 oro 12 mer. Min. ass. 51.48 iU ore 9 ani. DilT. 12.76 — 979 — TemperaHm delV aria. Anche in questo mese la temperatura media superò la normale. In generale fu in via di ascesa, quantunque vi sieno stati alcuni abbas- samenti. Il principale in media fu nel giorno 6, ma il minimo assoluto fu ai 5. - Il maxmim fu ai 16. Medu ed estremi del termometro centigrado al Nord, Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3p. 6p. 9p. Medii Medii dei Max. I Min. 1. Ì7.48 19.23 20.40 20.76 19.63 18.41 19.41 21.16 15.54 II. 20.08 22.S3 23.72 24.41 23.12 21.23 22.55 24.86 16.49 III. 21.64 24.80 21.95 26.51 26.57 23.91 25.34 23.20 20.94 24.79 22.21 21.29 19.19 .Medii 19.73 23.54 22.69 24.43 17.08 Max. Qss. 4-29.0 il 16 Min. ass. +13.3 il 5 Diff. 15.7 Umidità assoluta e ^'elativa. — In generale la prima fu, come al solito, d'accordo con la temperatura. - La seconda fu assai oscillante. Alta nella prima metà del mese e bassa nella seconda. Strie It\ Tomo II. 124 — 980 — Meda dell' umidità. Tensione del vapore in invi. Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3p. 6p. 9p. Medii I. II. IH. 12.69 14.13 13.25 12.84 14.2& 14.28 12.83 14.36 14.92 12.89 15.04 14.85 12.37 15.28 15.08 12.35 14.64 14.72 12.66 14.53 14.74 Medii 13.36 13.79 14.05 14.26 14.24 13.90 13.98 Umidità relativa in centesimi di saturazione Decadi 6 a. 9 a. 12 m. 3p. 6p. 9p. Medie I. II. III. 77.10 79.00 70.50 77.01 67.01 60.50 69.80 65.10 57.70 70.60 65.20 56.80 72.30 72.90 54.40 79.50 78.30 70.20 75.71 71.17 63.51 Medii 78.50 68.10 64.20 64.20 66.50 76.00 70.24 Idrometeore. — Piuttosto forte la quantità di acqua caduta, però meno della evaporata. - Il massimo numero dei giorni piovosi fu nella prima decade, come fu pure in que.^ta decade la massima quantità complessiva di acqua caduta. La massima piovitura ( 36 52 ) fu nella seconda decade, e precisamente nel giorno 16. - Tre volt(^ si ebbe la grandine. — 981 — Idrometeore. Decadi Acqua (ìiorni con | evapor. | medie caduta forma 1 quanlità l'ioscia Nebbia Urina Gelo >-'S I. 6.08 P- 63.32 7 _ _ _ _ — II. 7.73 p.e. 51.48 5 - — - .-, 2 III. 11.20 p- 42 61 7 — - - - 1 Media 8.34 Tot. 157.41 19 - - - 3 Acqua evap. 350,27 Acqua caduta 157.41 Diir. 92.86 Stato del cielo e delV atmosfera. — Vario come lo dimostra il seguente prospetto : Giornate serene : ... - Giornate nu voi. con piogg. . 11 » quasi serene . . - » con temporale . . 9 • » varie . . . . 10 » con minacc. di temp. 4 » varie con pioggia. 8 » con grandine , . 3 » nuvolose ... 3 i Aspetto dell' atmosfera in decimi di cielo coperto. Decadi 6 a. 9 a. 12 m. .P. 6P. 9p. Medii I. 8.40 8.90 7.90 8.20 7.70 6.90 8.00 II. 6.40 6.10 5.60 5.00 6.30 6.00 5.90 III. 5.40 3.60 4.00 4.50 5.70 3.50 4.40 Meilii 6.73 6.20 5.84 5.90 6.56 5.46 6.)0 — 982 — Ozono. - Nulla di particolare; o dirò meglio continua- no ad avere la loro conferma alcune particolari deduzio- ni, già almeno accennate nei mesi scorsi. — NB. Per avere una maggior esattezza ( cosa tanto desiderabile in questo genere di ricerche ! ) cominciando da questo mese ho diviso i gradi della scala ozonometrica in de- cimi. Ozono. Decadi 6 a. 9 a. 1 12 Iti. 3p. 6p. 9p. Medii Notte Giorn. Medii I. 3.17 1.81 1.70 1.61 1.93 1.96 2.03 3.45 [3.36 3.41 II. 3.09 1.50 0.86 0.98 1.22 0.86 1.42 3.35 2.83 3.09 HI. 4.39 1.94 1.06 0.97 1.56 1.47 1.90 4.93 3.43 4.18 Medli a56 1.75 l.?l 1.18 1.57 1.43 1.78 3.91 3.20 3.56 Venti. — Regnò la corrente meridionale ; però non sola, perchè regnarono pure i venti della corrente orientale. 983 — Numero delle volte che si osservarono i venti. Decadi NNO N NÌNE NE ENE E ESE SE I. 1 4 4 1 8 1 5 1 il. 1 2 i - 7 3 6 - III. i - 8 2 5 4 7 3 Totale 3 6 14 3 ^ 8 18 4 Decadi SSE S SSO SO OSO 0 ONO NO I. 5 10 10 — 2 — 6 2 II. 7 21 7 3 1 - - - III. 10 16 3 — - - — 1 Totale 22 47 20 3 3 6 3 iSltato (Moìmre. — Yn agitato nei giorni 18, 19 e 22: più agitato nei giorni 23 e 29. - La marea piiì aita si ebbe ai 2, tre giorni prima del novilunio ; la piìi bassa fu ai 22, un giorno dopo il plenilunio e col barometro alquanto alto. CaraUen del mese e note 'particolari. — Fu un mese certo non dei buoni, perchè vi furono pioggie quasi con- tinue e forti temporali, minaccie di temporali e grandi- ne e nessun giorno sereno, o quasi sereno. Giórno 2. — Ore 7 ant. pioggia e qualche tuono; nel resto la giornata fu varia. Verso le 10 pomer. fitto lam- peggiare fra S. e SSO. Giorno 3. — Ore 9.30 pom. pioggia dirotta. — 984 — Giorno 4. Ore 9.30 pom. nuvoloni oscuri al NO.; poi pioggia. Giorno 5. Sulle 4.30 pora. nuvoloni forti ed oscuri dal SSE. al SSO. regnando qui vento N., poi pioggia dirotta e dalle 6 ant. alle 3 pom. il barometro ascese per G^^.QS. Giorno 8. Ore 10 pom. lampi. Giorno 10. Ore 2 pom. si sentiva un lontano remore - spirava vento forte di NE. - Nuvoloni temporaleschi al SO. - alle 2.48 vento forte da 0. e pioggia dirotta - ore 4 pom. il vento era di NO., piìi tardi si fece N. - I nuvo- loni erano cacciati al N. Giorno 12. Ore 5 pom. temporale con pioggia dirot- ta e grandine grossa. Giorno 14. Ore 8 pom. nuvoloni e lampi al NO. Giorno 16. Ore 8 pom. forte temporale al NE. - Ven- to SSE. forte - cinque minuti dopo spirava invece for- tissimo da SO., ed era un continuo e vivissimo lampeg- giamento.-Ore 8.20 grandine con grande impeto e piog- gia. - Ore 9.20 vento S. - Ore 10 vento NNE. - Spessi lampi sopra il mare - ancora pioggia ma senza grandi- ne - sulla mezzanotte calma. Giorno 17. Sulle ore 6 pom. leggera minaccia di temporale. Giorno 18. Nella giornata vento forte di S. e SSO. Giorno 19. Ore 6 ant. vento forte di SSE. -Ore 6 pom. poche goccio. Giorno 21. Nella notte dal 20 al 21 poca pioggia - ore 2 pom. nuvolo temporalesco al NNO., ma mentre egli tentava di coprire il nostro cielo un vento di SSO. lo cacciò a NNE. Giorno 22. Nella giornata vento forte di SSE. Giorno 23. Dalle 3.32 pom. alle 4.30 circa forte tem- — 985 — porale eoa grandine assai grossa, prima sola e poi mi- sta a pioggia.- Per la sua grossezza e per V impeto con cui cadeva recò molti guasti. Le forti correnti da N., da E. e da 0. formarono un uragano che atterrò fumajuoli, gettò a terra ripari di tavole ec. Il vento fortissimo can- giò più volte direzione e forza. - I bastimenti ancorati nel bacino della Riva degli Schiavoni (all'Est deirOs- servatorio e vicino) furono scossi fortemente. Dopo le 4.30 calma. Questo uragano, che avea un aspetto assai brutto, ci venne da Campalto (NO. di Venezia) percorso con fierezza la parte orientale della nostra città e sfogò poi tutta la sua forza al Lido ed al Porto degli Alberoni (SE. di Venezia). Giorno 24. Sulle 9.30 pom. nuvoloni minacciosi e lam- pi al S. ed ai SO. - Il vento da SSE. passò a N. Il ba- rom. eh' era stato dalle 9 pom. di jeri (23) alle 9 pom. di oggi in continua discesa, a questa ora cominciò un leg- gero innalzamento. Giorno 25. Il temporale cominciato jeri sera ore 9.30, durò fino alle 2.30 ant. di oggi. - Vario fu nella direzio- ne e nella forza il vento. Giorno 26. Sulle 6 poni., dopo una giornata abbastan- za buona all'O. ed al NO., si formò un temporale e le nubi temporalesche impedite dal vento di SSE. d' in- nalzarsi, procedettero fino a SE., ma tenendosi sempre basse. Sulle 8.28, cangiando vento, per poco tempo una nube procedente da 0. scaricò sopra di noi pioggia dirotta. Giorno 27. Anche oggi dopo una giornata buona sulle 7.20 pom. abbiamo avuto un temporale da NO. Il vento fece il giro intiero della rosa - pioggia dirotta. Giorno 30. Sulle ore 0.30 pom. ad OSO. e SO. appar- — 98G — vero nubi temporalesche. - Si sentiva un lontano romo- ro. - Vi furono scariche, però non molto forti - vento sempre da ^^arbino - pioggia minuta e non molta.- Ore 1.45 il temporale era a NO. e poi calma. NB. Varie volte abbiamo avuto nel!' elettroscopio segnali di elettricità prima e dopo dello svolgimento del sopracitati temporali. In seguito darò per esteso le osservazioni fatte. — 087 — Prospetto dei morii secondo il sesso e l'età nel 1872. o e 1 o ^ o O Rie o o o a e \o zo ìó t- x> r -1 S 0) a 03 t-H ci «3 cU 03 aj es ;i5 "cS 0 l-H 1— 1 cS IO 1— 1 O CO C3 o IO 03 O OS Ci 'a «3 « -t-> o c 13 -a n3 -o !?__. ■q ^ 'ns I ss Maschi 7 4 1 5 1 5 5 9 _ 36 all.2 1 Femmine 4 3 5 4 5 7 7 2, 37 "1^ — ^ — — — «— — " — ,_- •^^ ' •'^■"~— — ^». Totale 11 7 6 9 10 12 16 2 73 >— 1 1 eij :4 f— < Maschi 4 5 — 1 1 6 2 1 20 a --2 ." OS bD Femmine 3 5 1 4 6 5 2 — — 26 "3 — — — — -— — — — — — — — O "O Totale 7 10 1 5 7 11 4 1 — 46 O) CJ 5'^ Maschi 5 5 1 3 5 4 3 3 29 a- o Femmine 7 8 4 6 5 7 4 „_ _^ 41 s°l 2 Totale 12 13 5 9 10 11 7 3 __ 70 w «s o S"S5 2 cS fan Q Maschi 4 5 2 2 1 11 3 — 28 a|^ 2 ^"Sa Femmine 5 4 1 1 4 12 4 2 __ 33 <1J f" «.-v M OiOÌ — -^ -^ — — ^— — — — — Totale 9 9 3 3 5 23 7 2 — 61 cS rt Ci Maschi 8 5 1 1 3 8 3 1 30 a- o -« cs a (U CO 3 Femmine 3 7 2 2 11 9 4 2 — 40 r-^'s» — — _ 1 — CO 'O Totale 11 12 3 3 14 17 7 3 __ 70 w 1 1 .S'è /ve IF ; Tomo lì. i 1; 25 988 — o e a eS o (— 1 lì c «3 CU IO 1—1 lO 05 o co 03 ìC) 1— 1 OJ o IO ej O 00 C3 -a o j> 03 O lO aS 13 o 00 -o 03 O c- 03 o Oi «3 O 00 03 o 03;:: o * C3 « © là o 24.* settimana dal 10 al 16 giugno Maschi Femmine Totale 7 4 11 9 8 17 5 5 10 4 4 8 5 3 8 7 5 12 1 1 2 2 *^^ 40 29 69 25* settimana dal 17 al 23 giugno Maschi Femmine Totale 9 6 15 7 6 13 2 2 4 4 6 10 6 12 18 9 2 11 4 3 7 1 1 ; 41 38 79 26.* settimana dal 24 al 30 giugno Maschi Femmine Totale 9 7 16 12 8 20 4 4 2 1 3 3 3 6 8 8 16 3 6 9 2 3 5 1 1 39 41 80 Prospetto delle morti secondo le varie malattie nei mesi di maggio e gingilo. QUALITÀ DELLE MALATTIE 13 th co es _ o dal 20 al 26 maggio o ■5)g a. 2 dal 3 al 9 giugno o •3 es o e a C<3 Febbri tifoidee .... 2 1 1 1 1 » migliari .... — — — 1 — » perniciose . . . — — — 1 — Vajoli Scarlattine 2 — 4 — 1 Apoplessie Congestioni cerebrali . . 6 3 1 4 6 1 2 Paralisi 1 — 1 4 __ Encefaliti 3 2 8 2 3 Angine — — — 2 — Pleuriti, pneum. e bronch. 6 7 5 10 8 Tisichezze ed altri pochi morbi cronici polm. . 12 8 4 3 9 Periton.,gastr. ed enteriti 1 1 2 4 6 Diarree 1 2 2 — — , Epatiti, spleniti ed itterizie Pericarditi 1 1 — — 1 Vizii organici precordiali Idropi 4 2 6 2 12 5 3 1 8 8 Marasmi 8 4 8 6 2 Cancri 4 3 1 6 Pellagre — 1 2 2 — Leucocitemie .... — — __ __ __ 1—1 Diabeti — — ^ — ^ <3> Albuminurie — — — — Anemie 2 — — 2 2 Scrofole 1 2 3 3 Scorbuti — 1 2 0* Malattie infantili . . . 8(i 1 5 8 8 le > chirurgiche . . 3 2 2 1 Sommersioni — — 2 1 1 » Totale 73 46 70 61 70 « Immaturità ] 3 2 4 Nati morti | 2 1 4 3 2 — 990 — QUALITÀ DELLE MALATTIE 47. Cosmos, Comunicazioni sui progressi più recenti e notevoli della geografia e scienze affini, di Guido Cora. — N. 1. — Torino, 1873. Educatore (f) israelita. — Vercelli, 1873, punt. 3. Galvani (il), giornale di elettro idro ed aero4erapia. — An- no I, fase. 2-5. — Urbino, 1873. Gazzetta medica italiana. — Provincie venete. — Padova, 1873, n. 4-13. Gazzetta ufficiale del Hegno d' Italia. — Roma , 1873, n. 60-89. Gazzetta ufficiale di Venezia. — 1873, n. 59-89. Giornale agrario-indiistriale veronese. — Verona, marzo 1873. Giornale della r. accademia di medicina di Torino. — 1873, n. 7-9. Serie IV, Tomo li. 126 — 996 — Gwriìale lìel (jeuio civile. — Roma, gennaio lH7o. Osservulnrc (f) Triestino. — Trieste, 1873, n. 51-70. Picenlino (i7), giornale della reale Società economica , ed organo del Comizio agrario di Salerno — febbraio 1873. Pnìilecnico {iì)_, giornale dell' ingegnere-architello civile ed industriale, — Milano, febbraio 1873. Rassegna seUimanalc del movimento dello stato civile, delle condizioni meleorichc e delle osservazioni mareogrufiche nel Coììinne di l'cnezia, pubblicato per cura della Giunla municipale di statistica. — Settimane IX-XII — 1873. liendiconti del reale Istilido lombardo di scienze e lettere. — Serie II, voi. VI, fase. 3-i. — Milano, 187.'. lìendiconlo della reale Accademia di scienze fisiche e malC' matiche di Napoli. — Febbraio 1873. Jiivisla {la) dell' Associazione veneta di pnbblica utilità. — Anno I, voi. II, n. 8-9. — Venezia, 1873. Hivista periodica dei lavori dell' Accademia di scienze^ let- tere, ed arti di Padova. — n. XXXI-XL, dal 1." Irim. 1866-67 al '^P trimestre 1871-72. lìivista scientifico-industriale., compilata da Guido Vimercati. — Firenze, marzo 1873. Scena (la), giornale di lettere, musica, drammatica e coreo- grafia. — Venezia, 1873, n. 40-4i. Stampa (la)., giornale quotidiano — Ven., 1873, n. 57-90. Tempo [il), giornale poi. comni. — Venezia, 1873, n. 5I«7G. f'^nce (la) di Murano. — Venezia, 1873, n. 5-6. Annaìes de télectricité medicale. — Bruxelles, janvier - raars •1873, Ihillelin de VAcadémie roìjale de médecine de lieUfupie — III sèrie, T. VII, n. 1-2 — lìruxelles, 1873. lìnlktin mensnel de la Société botanicpìe de France. — T. XIX. — lìemie bUdiographifjne. — Paris, 1872. linlletin mensnel de la Socictc. . Polybiblion ; revne bibliofjrapliiijiie mncerselle. — VI iiiiiiec, T. IX, liv. o. — Paris, lS7:i. Bericid eie. Kendiconlo della Società dei Naluraiisti di Chemnilz - 1 - III - 1865-71. Flora eie. giornale botanico di Ralisbona — 1872, n.2;j-.')C. Jahrbuch etc. Annuario dell'i, r. Istituto geologico di Vienna. Voi. XXII, n. IV, i." Irim. 1872 (colf indice gen, dei tunìi XI-XX). Monalsberichi eie Rendiconto niensuale della reale Accade- mia prussiana delle scienze in Berlino. — decenib. 1872. VerhandhuKjen eie. Trattazioni dell' i. r. Istituto geologico di Vienna — 1872, n. 14-18. Jnnual Re jj ori eie. Rendiconto annuo de' Curatori del Mu- seo, pel 1871 — Boston. 1872. Bulleiin eie. Bulleltino del Museo di zoologia comparala del Collegio Harvard di Cambridge — Voi. HI, n. 8-6 - 1871- 1872. — 928 Si notìficano gli argomenti delle letture del- l' Istituto lombardo nelle adunanze dei giorni 6 e 20 marzo 1873, comunicati da quel Corpo scien- tifico. Longoni. — Della persona giuridica fittizia, in applica- zione al presente problema fra lo Stato e la Chiesa. Buccellati. — Il progresso morale, civile e letterario, quale si manifesta nelle opere di Manzoni. — ITI. Del progresso letterario (Continuazione). Balsamo Crivelli. — Nota sopra il Pélolates fuscus., o rospo acquatico a odor d' aglio. Lombroso. — Sulla statura degli italiani, in rapporto al- l' antropologia e all' igiene. — 91)9 — R. ISTITUTO D' INCORAGGIAMENTO ALLE SCIENZE NATURALI ECONOMICHE E TECNOLOGICHE DI NAPOLI PROGRAMMA DI PUBBLICO CONCORSO PER l'aNNO 1873. eco I fatti, che tuttodì avvengono, in riguardo allo sciopero deg-li ope- rai, sono già di tale importanza da non consentire che ulteriormente su di essi non si feccia la luce, che non si abbiano a discutere di pro- posito e largamente. Or questo Istituto, rivolgendo principalmente il suo studio intorno a quelle applicazioni delle scienze, che più da vici- no interessano le arti, le industrie ed il ben vivere sociale, invoca il concorso de' dotti italiani e stranieri per la soluzione del seguente que- sito, con le condizioni qui appresso indicate. Quesito: — Tenuto conto principalmente della storia del lavoro col confronto della storia civile, esporre con la maggior chiarezza le cagioni degli odierni scioperi degli operai; dichiarare quali potrebbero essere le loro conseguenze, considerando largamente lo stato sociale presente dei varii popoli; dire quali procuedi- menti sieno neccssarii, distinguendoli, occorrendo, in generali per tutti i paesi ed in particolaì'i per alcuni, perchè alla maggior libertà del lavoro ed al benessere deW operato sìa congiunto il migliore stato economico-industriale della società ciiite. CONDIZIONI DEL CONCORSO 1. Il concorso è aperto a tutti, meno che ai socii ordinarsi del renle Istituto. 2. Le memorie debbono essere scritte in idioma italiano. 3. Dovranno presentarsi per tutto il giórno 10 novembre del cor- rente anno, indirizzandole ai segretario perpetuo del r. Istituto. Il ter- mine è di rigore. 4. Ogni memoria sarà segnata con un motto, ripetuto sopra una scheda sug-gellata, entro la quale si deve trovare indicato il nome, il — 1000 — cognome, il luogo nativo e l'indirizzo dell'autore. Hli autori, che in qualunque modo si facessero conoscere, saranno esclusi dal concorBO. 5. Le schede delle memorie premiate e di quelle che avranno me- ritato r accessit, saranno aperto in un' adunanza solenne dell' Istituto, ed i nomi degli autori verranno pubblicati per le stampe, bruciandosi le schede delle memorie non approvate, le quali memorie nondimeno rimarranno depositate nell'archivio dell'Accademia. 6. All'autore della memoria, che a giudizio dell'Istituto avrà cor- risposto a tutte le condizioni del programma, sarà dato un premio di lire 1000 In caso di merito distinto l' Istituto si riserba di concedere all' autore medesimo, oltre al detto premio, una medaglia di oro o di argento del grande conio accademico, secondo che reputerà il lavoro più o meno meritevole di tale distinzione. Un altro premio, che con- siste soltanto in una simile medaglia di argento, è assegnato per la memoria che rispondesse ad una parte sola del tema. Entrambi i pre- mii potranno conferirsi, come potrà conferirsi uno solo di essi. La me- moria premiata farà parte del volume degli Atti accademici del cor- rente anno, e possibilmente anche le memorie che avranno meritato il secondo premio o 1' accessit. 7. Cento esemplari di ciascuna memoria, pubblicata negli Atti, sa- ranno dati in dono con particolare frontespizio all' autore di essa. Oltre a ciò gli autori medesimi, dopo la pubblicazione degli Atti, godranno del diritto di proprietà letteraria. L' Istituto ben vede come lievi sono i premii che promette, ma il maggior premio i concorrenti lo troveranno sicuramente, e della mag- giore importanza, nell' opera loro stessa, poiché contribuiranno a ri- solvere un problema sul quale a ragione sono rivolte le menti ed i voti di tutti i popoli civili. Anche il temporaneo turbamento nel rego- lare e tranquillo cammino delle arti e delle industrie, prodotto fin qui dagli scioperi, vuol essere eliminato, poiché contrario a quelli ordina- namenti sociali, che sono la vera gloria de' tempi presenti. Dalla sede deW Islifuto li 10 marzo 1873. Il l'residente Comni. F. Trincheiì.v Il Sccf tarlo perpetuo Citmui, F, nEL GiuniCK ACCADB:xMIA medico-chirurgica di FERRARA PROGRAMMA DI CONCORSO AL PREMIO PROVINCIALE DI UNA MEDAGLIA d'oRO DEL VALORE DI SCUDI CENTO TEllii; Della paxv.ia morale o d'anione. L' Accademia propone specialmente lo studio dei fatti che l'accerta- no e la documentano ; dei segni e dei caratteri che la distingua- no da certi stali anormali o da altre malattie della mente; del rapporti che essa tiene colla società e colta giustizia punitiva. Condizioni. 1. È aperto il concorso a tutti i cultori delle scienze me- diche italiani e stranieri, eccettuati i membri del Consiglio de" Censori di quest'Accademia. 2. Ciascuno de' concorrenti dovrà contrasseg-nare con una epigrafe la sua memoria, e unirvi una scheda o lettera sigillata, al di fuori della quale sarà ripetuta la medesima epigrafe, e nell'interno sarà notato il nome, il cognome e il domicilio dell'autore, essendo assolutamente vie- tata qualunque espressione che possa farlo in altro modo conoscere (§ 36 del Regolamento). 3. Le memorie dei concorrenti dovranno pervenire franche diporto a Ferraì'a entro il perentorio termine del 28 febbraio 1874 con questo preciso indirizzo — Al Segretario delV Accademia Medico-Chirurgica di Ferrara. — Questo termine è di tutto rigore {§ 37). 4. Le memorie dovranno essere inedite, nò mai antecedentemente pre- .sentate ad altre Accademie; e dovranno essere scritte in caratteri in- telligibili in una delle tre seguenti lingue — italiana, latina, fran- cese (§38). 5. Le Memorie pervenute al Segretario, che ne rilascierà officiale ri- cevuta, saranno dal medesimo annunciate all'Accademia e consegnate ai Censori; e poiché questi avranno giudicato quale sia degna di premio, -si aprirà la scheda corrispondente, e le altre schede verranno immedia- — 1002 — tamente abbruciate (§ 39), tranne quelle relative alle Memorie giudica- te degne di lode e di stampa, che saranno rimesse sigillate al Presi- dente. 6. L'Autore, giudicato meritevole della medaglia d'oro, otterrà in dono 24 esemplari della sua memoria, la quale verrà pubblicata a parte, o in uno de' più accreditati giornali d'Italia (§41). 7. Ove nessuno de' concorrenti abbia nel modo il più soddisfacente risposto al predetto Tema, l'illustre Consiglio provinciale di Ferrara vuole che si conceda una Medaglia d'argento d' incoraggiamento a quello che meglio vi si sarà avvicinato (§ 42) ; e le altre poi, che po- tessero essere riputate degne di lode o di stampa, non verranno stam- pate se non dopo essersi dal Presidente interpellato l'Autore ed avere avuto l'assentimento per la pubblicazione della memoria e del nome. 8. Non potranno i concorrenti farsi restituire i loro lavori, i cui ori- ^nali debbono serbarsi nell' archivio dell' Accademia. Si permetterà loro solamente, ove il richieggano, di farsene fare a proprie spese una co- pia, la quale verrà autenticata dalle firme del Presidente e del Segre- tario. Ferrara dal Civico Ateneo 28 febbraio 1873. Il Presidente Eliodoro dottor Guitti. // Segretario Efisio prof. Cugusi-Persi. 3 2044 Ì06 262 637 JglliLifcftf »-8t >^S^^f^^:^ i>.^ ..-->. *• ^'/■W