— T...—_—-=-———meto emo ento \° — = > ae e rosi corno Mc; Wei è LIBRARY * i », Sr CI 20 ME dd *% LI w LI i CI ba se > @ © ® sy Pal ny . e * i PIREO "7: | ATTI lr beds DELL ISTITUTO BOTANICO DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA REDATTI DA LIBRARY GIOVANNT BRIOSI NEVE GARDEN ProressorE DI BoranicA NELL'UNIVERSITÀ E DIRETTORE DELLA STAZIONE pI Boranica CRITTOGAMICA. II Serie Volume Ottavo Con 16 tavole litografate eun ritratto. Seguito dell’ Archivio Triennale del Laboratorio di Botanica Crittogamica. «i = du MILANO TIPO-LIT. REBESCHINI DI TURATI E C. 1904. ATTI DELL'ISTITUTO BOTANICO DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA Redatti da Giovax»zi Bniosi. Berie II. Volume I. Begulto dell'ArcAhisio Triennale, 606 I Rapporti, rassegno © lettere di maggiore importanza (Briosi), . mesi LI Esperienze per combattere la peronospora della vite, eseguite nel- , l'anno 1855. Relazione a S. È. il Sig. Ministro di mite Industria 0 Commercio (Hriosi a Pi LEA Interno ad una malattia dei grappoli dell'uva (Baccarini) . + se CASE IV. Rsperlenze per combattere la peronospora della og. eseguite nel- l'anuo IN36 (Seconda serie) Relazione a S. E. il Sig. Ministro di Agricoltura, Indastria è Commercio (Brioxi) ri Salla vera causa della malattia del grappoli dell'uva, ecc. (Cavara) VI. Eaeporienze per combattere la peronospora della vite, l'auno 1887 (Terza serie). Relazione a S. E. il' Sig. Ministro di Agricoltora, Industria e Commercio (Briosi) . _. VII. Rassegna delle principali malattie ariloppatesi sulle Jinzte colturali > », nell'anno 1887 delle quali si è cocupato il Laborat. Grittog. (Briosi) LE VIII. Jatorno al disseccamento dei grappoli della vite, Peronospora viticola, © Comibthyrium Diplodiella è nuovi ampelomiceti italici (ron 5) È IX. = Muschi delia provincia di Pavia, Seconda centuria (Farneti) . x. Sul fungo che A cansa del Jiitter-Hot degli americani (Cavara) + n TE a XL Intornoalle sostanze min.velle foglie delle piante sempreverdi (Briosi) XII. Appunti di patologia vigniale. Alcuni funghî "i cai ” Sa x : coltivate {Cavara) . . lan, ; > XIII Esperienze per combattere la peronos ora della vi SR à pe 1 (Quarta serie). Relazione n 8, E. il sa n p di Agricoltura, Industria e Commercio (Briosi). .. .. + È RR »w » x * A , ù » o Serio II. Volume II. = CN - LL Cenno sopra Santo Garovaglio (Briosi), . . © ARA AI ep II. — Rapporti, rassegne e lettero di maggiore importata Que PRA TEZE A Contributo allo studio dell'anatomia comparata delle D I CARTA i d v ‘Briosi e Tognini) . do 2 se e, 47. - 8a somposizione chimica è ia struttura anatomica del’ sm e TANTRA, ne Lose persicum csculentum Mill. (Briosi e Gigli). Pr > STAI ___W.. Per difendersi dalla Peromospora della vite (Briosi) . . , TITO ut... NL Ancora sul come difendersi dalla Peronospora (Briosi È | DA RAS VIL Alcune erborizzazioni nella valle di Gressoney (Briosi) «ae Ti. ©. VIII Intorno alla anatomia delle toglie ddl'Zuoiiagpae giotto Lab TRAE Ri a È TIT i bi ino \ fee ro- guosi primari n li) n ha pri She naso Ò Regina msftatissinrum l..); con 3 tav. orgual Tognini) POSI, by n A, ma Ja Sms E prov. di Pavia. Terza ceuturia; fr A io alla Micologia Lombarda: con 2 tav. Litogr, (Ga € Pal Serie II. Volume III. 4 10: «a Serio IL. Volume IV. © O - Antonio > Seopeli (Belli sa) pure erat e/jz che Spericn ccn aceto di ie conto a Le * è. at og» . . |] xv ; A AZERT DELL ISTITUTO BOTANICO DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA REDATTI DA GIOVANNI BRIOSI Proressore DI Boranica NELL'UNIVERSITÀ E DIRETTORE DELLA STAZIONE DI BorANICA CRITTOGAMICA, II SERIE Volume Ottavo Con 16 tavole litografate e un ritratto, Seguito dell’ Archivio Triennale del Laboratorio di Botanica Crittogamica. SORA è MILANO TIPO-LIT, REBESCHINI DI TURATI E C. 1904. Ù 4 da id v ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA LABORATORIO GRITTOGAMICO ITALIANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI. E orNAaMENTO di questo ottavo volume degli A?# del nostro Isti- tuto l’immagine di un lombardo che onorò altamente l’Italia ed a cui si devono idee geniali e metodi di ricerca di tanta importanza da co- stituire le fondamenta a nuovi rami della scienza. Ornai il volume quinto coll’effisie di Carlo Vittadini; ad essa ora aggiungo quella di Agostino Bassi da Lodi la cui operosità scientifica in parte si rannoda a quella del Vittadini, anzi la precede, Agostino Bassi !non fu un botanico nel senso comune della parola e nemmeno uno scienziato di professione, ma le sue molteplici ricerche, in diversi rami della patologia vegetale, ? sopratutto quelle sul mal del Calcino del baco da seta, ® lo dimostrano un osservatore acuto, uno spe- rimentatore abile, rigoroso e tenace, uno di quei studiosi modesti e geniali che aprono nuove e larghe vie d’investigazione allo scibile umano. Le sue scoperte rimasero per lungo tempo neglette e sconosciute, come di frequente avviene delle cose italiane, le quali presto e volentieri vengono dimenticate e talvolta sepolte, e quando risorgono, spesso, ser- vono solo a dar vita e sviluppo a tardivi germi stranieri. Per buona ventura l’opera del Bassi trovò in questi ultimi anni ricercatori e difensori valenti nei professori : S. Calandruccio, 4 A. Monti, 5 4 A. Bassi nacque su quel di Lodi nel 1773, si laureò in legge a Pavia nel 1793 ,e morì nel 1856. 2 Vedi in fine, l’elenco delle sue opere. 3 Del mal del segno, Calcinaccio 0 moscardino, malattiu che affligge i bachi da seta, e sul modo di liberarne le bigattaie anche le più infestate — opera del dott. Agostino Bassi di Lodi, la quale oltre a contenere molti utili precetti intorno al miglior governo dei filugelli tratta altresì delle malattie del Negrone e del Giallume. — Parte teorica, Lodi, 1835. — Idem. Parte pratica, Lodi, 1836. 4 Agostino Bassi di Lodi, il fondatore della teoria parassitaria e delle cure pa- rassiticile. — Catania, 1892. 5 I dati fondamentali della patologia moderna. -- Torino, 1898, Atti dell'Ist. Bot, dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII $ — \V — Bernardino Silva! che ne rivendicarono i meriti sommi @ li misero in luce Il mal del Caleino produceva ogni anno danni per decine di mi- Ioni di lire, ed Îl Bassi collo scoprirne la causa, ed insegnare il modo î di combatterlo, rese invero un grande servizio all'agricoltura, ed un i più grande ancora alla scienza, poichè le osservazioni, le sperienze, le . considerazioni, gli insegnamenti teorici e pratici tanto sul mal del Cal- cino, quanto sulle principali malattie parassitarie, largamente dissemi- nati nelle sue Memorie, lo indicano come il fondatore della moderna teoria parassitaria e della dottrina antisettica, Molte delle pratiche migliori, delle avvertenze, delle precauzioni e persino il metodo fondamentale di ricerca, che trovansi descritti nei moderni Trattati di parassitologia e bacteriologia, sono indicati o svolti nei suoi lavori con tanto acume e tanta chiarezza e con sì sano cri- x terio scientifico che si direbbero scritti oggidi e non nel 1835, anno i nel quale il Bassi riassumeva nell'opera sopracitata le risultanze di 28 anni di ricerche indefesse, incominciate sin dal 1807 e continuate per quasi tutta la vita, nonostante vivesse nelle strettezze, avesse & lottare con una malattia agli occhi yravissima e non tenesse nè labo- ratorio nè aiuti speciali. | È il Bassi che pel primo dimostra l’esistenza nell'aria di parassiti enusa di malattie infettive e contagiose e prova che non vi è altro modo di combatterli salvochè distruggere gli stessi parassiti. si È il Bassi che insegna il metodo per istudiare tali morbi e per di fendersene. È il Bassi che pel primo dimostra come una data materia veg | tale viva introdotta in un organismo vivo e sano può produrre una de terminata malattia. "ua Egli parlando del Ca/cino dei bachi serive ® “ che tale male è * ganizzato, vivente e vegetabile, che è una pianta parassita, una “ duzione fangosa, che questa pianta crittogama non si sviluppa, non “ cresce, e non si moltiplica che nell'animale vivo, e non mai nel morto, — _ “e soltanto nel genere dei bruchi, e non fruttifica, o almeno no tara i suoi semi, se non spento l’animaletto che l'ha nodrita. __Eda chi gli obbiettava, che il contagio caleinico poteva esis mon in una proprietà essenziale al crittogamo da lui indicato quali — VW — vegetale parassita, egli rispondeva: “Io avrei potuto torre di mezzo più “ volte tale questione, decidere cioè se il riferito contagio esista nella * facoltà riproduttiva del singolare crittogamo da me annunciato, come “io opino, o piuttosto in una sostanza estranea a questa pianta e da “essa attinta dal baco affetto dal mal del segno come altri si pensano. “E ciò avrei potuto dopo d’aver scoperta la detta mucedinea come “causa produttrice del detto morbo; quando questo vegetabile si rige- “ nerasse per anco sopra altri corpi organici od inorganici, poichè ri- “ prodotto successivamente più volte in altri animali vivi, o morti, “ fuori dei bruchi, o sopra sostanze inorganiche, e quindi riportato dopo “molte produzioni nel filugello, avrei potuto scorgere se il crittogamo “ in discorso, rigenerato come sopra, suscitava nel baco da seta ancora “ la stessa malattia detta Calcino o Mal del segno, il che succedendo “ sarebbe stato dimostrato, a non più dubitarne, che il contagio di cui “ sì tratta consiste realmente nella potenza riproduttrice della pianta “ stessa i cui germi introdotti nel corpo dei bruchi si schiudono, escono, “ si riproducono e cagionano così col movimento loro vegetativo o al- “ trimenti la riferita malattia. ,, ! Ebbene, non è questo in fondo il metodo che oggidi noi impieghia- mo per riprodurre e studiare le malattie parassitarie servendoci ap- punto, come il Bassi, dell’inoculazione di germi ottenuti con trasporti e successive colture? Anche il principio dell’attenuazione, base della moderna sieroterapia, trovasi indicato, anzi applicato dal Bassi, il quale sino dal 1835 in base alle sue sperienze conclude; i germe moscardino è tanto più virulento quanto più è recente, ossia meno distante dall'epoca della sua nascita (0. c. pag. 33). L'indebolimento del germe contagioso in qualunque modo avvenga, 0 altro difetto suo proprio, contraria lo sviluppo, l'incremento e la riprodu- zione del medesimo.... (p. 37). Studia anche l’azione del calore e scrive: quanto più la tempera- tura è elevata, più rapido è lo sviluppo e l'incremento del terribile paras- sita nel soggetto invaso, più breve il periodo della malattia e più sollecita la morte poichè più energica l’azione della vita dell'ente invasore. La bassa temperatura produce effetti opposti sino a richiedere venti e più giorni ad uccidere le ninfe (p. 34). Al Bassi, per altro, le colture tentate fuori degli animali vivi sopra corpi sì organici che inorganici non riuscirono, onde egli concluse che la sua crittogama parassita non si poteva riprodurre all'infuori dei bruchi vivi. 1 Memoria in addizione allopera sul Calcino. — Seconda ediz., p. 3, 1837. — Vi — Il Bassi quindi intuì anche il metodo delle colture saprofitiche, anzi lo applicò, poichè ebbe a coltivare il suo parassita su metallo, su wetro, su asorio ed altro, ma non ebbe a continuare con tali sperienze perchè esse non gli corrisposero. Il merito quindi delle colture, dei trasporti e delle inoculazioni dei germi parassiti spetta interamente a lui che li fece sviluppare in varie specie d'insetti e poi li riportò di nuovo sul filugelio, ma quello delle colture saprofitiche, che così larga messe ha frattato alla micologia e bacteriologia moderna, va condiviso col Vittadini, suo coetaneo, il quale riprendendo le sperienze del Bassi dimostrò come la Botrytisa para- doxa 0 B. Bassiana, causa del Calcino, potesse vivere e svilupparsi perfettamente anche isolata e tolta all'influenza della vita sopra sostanze animali e vegetali quali il miele, lo zucchero, la gomma, la mannite, l’itiocolla ece. Nel Cenno che accompagna l'immagine di Vittadini pubblicato nel vol. V di questi Atti ho detto che il Balsamo Crivelli ha descritto e riconosciuto la Botrytis Bassiana come la causa del mal del Calcino dei bachi da seta. La prima parte dell'affermazione è perfet- tamente vera, perchè dobbiamo al Balsamo la descrizione esatta della B. Bassiana, ma la seconda parte fu detta soltanto nel senso che il Balsamo Crivelli riconobbe la scoperta del Bassi, e non che a lui fosse dovuta, Dicembre 1903, tà ‘6 i . » ro PUBBLICAZIONI DI AGOSTINO BASSI Il Pastore bene istruito. — Milano, Destefanis, 1812. Dell’utilità ed uso del pomo di terra e del metodo di coltivarlo. — Lodi, Palla- vicini, 1817. Osservazioni sull'opera del sovescio e nuovo sistema di coltura di G. A. Giobert. — Lodi, Pallavicini, 1819, Sulla fabbrica del formaggio all'uso lodigiano nel luogo di Roncadello in Gera d'Adda. — Lodi, Orcesi, 1820. Memoria sui nuovi metodi di vinificazione. — Lodi, Orcesi, 1823. Lettera sui paragrandini del Dott. Agostino Bassi, di Lodi, diretta al Nobile Sig. C. V. di Milano. — Milano, Brambilla, 1823. Nuova maniera di fabbricare il vino a tino coperto senza l’uso di alcuna mac- china del Dott. Agostino Bassi di Lodi. — Lodi, Orcesi, 1824. Analisi critica di quattro discorsi del Conte Carlo Verri intorno al vino ed alla vite. — Milano, Rusconi, in-3°, 1824. Nuova maniera di fabbricare il vino a tino coperto senza l’uso di alcuna mac- china. — Lodi, Orcesi, 1825 (seconda edizione). Nuovi cenni intorno all’arte di fabbricare i vini; all’ educazione dei filugelli e dei mori, ed altri oggetti agrari. Del Dott. Agostino Bassi, in aggiunta agli scritti antecedenti già da lui pubblicati. — Lodi, Orcesi, 1826. Dei vini adulterati. Del mal del segno, calcinaccio 0 moscardino, malattia che affligge i bachi da seta, e sul modo di liberare le bigattaie anche le più infestate, ecc. Parte Prima: Teoria. — Lodi, Orcesi, 1835. Parte Seconda: Pratica. — Lodi, Orcesi, 1836. Idem. Nuova edizione pubblicata a Novara. Idem. , FA 5 Milano 1837. Idem. , si s Torino, Memoria del Dott. Agostino Bassi di Lodi in addizione alla di lui opera sul calcino in cui si espongono nuove pratiche e si rendono più facili e più economiche le già espostevi, unitevi le relazioni dei vantaggi ottenuti già da molti coltivatori dei bachi da seta coll’uso degli insegnamenti dell'autore ed altre notizie relative. — Milano, Molina, Marzo 1837. Idem. Seconda edizione riveduta, corretta ed accresciuta. — Milano, Molina Maggio 1837. Idem. Edizione di Novara, 1837, , Breve istruzione del Dott. Agostino Bassi di Lodi per evitare il danno che reca il calcino 0 mal del segno ai filugelli e per governare nel miglior modo questi utili animaletti onde poter trarne la maggior quantità di seta possibile. — Milano, Mo- lina, 1839. — Vil — Sui contagi im generale e rpocialmente su quelli che aMiggono l'umana specie. Altra delle tre memorie stale presentate allo sesta riunione degli scienziati italiani (n Milano, — Lodi, Wilmant e Figli, 1834, Dei Gelsi ed in specie intorno al modo di prevenire, scoprire e curare la Gan- I grena che fa perire gran numero di questi alberi prezion. — Lodi, Wilmant, 1844, 7 Nl miglior metodo di fare è conservare lungamente i vini. — Lodi, Wilmant e Figli, 1844 Tre nuove memorie da presentarsi e leggersi alla sesta riunione degli scienziati italiani, ecc, — Lodi, Wilmant » Figli, 1844 (riunite in un solo opuscolo). I vero e l'utile nell'educazione dei filugelli e dei gelei. — 1845, 1.* Discorsi sulla natura e cura della pellagra, — 1446. 2° Sulla malattia contàziona che attaccò l'anno scorso ed attacca tuttora în diversi stati d'Europa i pomi di terra e come sî possa arrestarla. — 1846, 8° Rimedi sicuri e pronti contro le febbri intermittenti, — 1848, 4.* Rimedio di pronta efficacia contro le scottature. — 1846, D.* Rimedio contro le infiammazioni degli occhi, — Milano, Chinsi, 1846, Studi sul calcino dei bachi da seta, — 1848, i Osservazioni sugli studi dei Signori Guerin Mewerville ed Eugenio Robert ine 3A torno al calcino. — 159, : î Istruzioni intorno al modo di prevenire, curare ed allontanare per quanto è pow @ sibile il fatal morbo colerico, — Lodi, Wilmant e Figli, 1849, a | Della conservazione, sviluppo, successivo incremento, riproduzione e distruzione È dei germi degli esseri organici in generale, vegetali cd animali, e principalmente di f quelli che sviluppanzi nell'interno ed alla superficie di altri esseri pure organici vi- venti, animali 0 vegetali, nutrendosi degli umori di questi, detti perciò parassiti, i quali “= sono i veri produttori d'ogni specie di morbo contagioro. — Lodi, Wilmant e figli, 1851, i Il miglior governo dei bachi da seta cd il miglior modo di prevenire e curare il “erp e diminuire sempre più il danno che questo terribil morbo apporta a — Lodi, Wilmant e Figli, 1851. 3 EC A Gee. e Dott. Agostino Bassi all'ultima di lui produzione pu | cata nello scorso aprile, coi tipi Wilmant in Lodi, sotto il titolo “ Il miglior y ; ele e ariani deri ioni | —’Della più wtile coltivazione dei bachi da seta. — 1851, db ga ta a i A amd > n INDICE DEL PRESENTE VOLUME PARTE IE Feo di Acosrino Bassi “a n ì dti — Memoria II — con 3 tavole (Gino Pollacci). B nza dari sulla ria e sullo sviluppo degl i vono sulla vite, e ] Farneti i) PREFAZIONE I questo ottavo volume sono raccolte le resultanze dell’operosità scientifica dell'Istituto Botanico dell'Università di Pavia, il quale com- prende anche il Laboratorio Criftogamico, esplicatasi negli ultimi diciotto mesi, cioè dal Luglio 1902 al Dicembre 1903. Il volume è diviso in due parti; nella prima, sono contenute note e memorie originali; nella seconda, Rassegne Crittogamiche; le une e le altre si riferiscono esclusivamente a ricerce eseguite nel nostro La- boratorio. Le note e le memorie appena compiute furono stampate, ed una parte delle copie rese subito di pubblica ragione sotto forma di estratti colla data della pubblicazione in fine di ogni nota 0 memoria; le copie rimanenti sono ora qui riunite a formare questo volume. Le rassegne crittogamiche sono di ricerce fatte sopra malattie di piante in servizio d’enti morali e di privati, tanto italiani che stranieri che al nostro Laboratorio si rivolsero per consigli durante l’anno 1902. Giovanni Briost, Dicembre 1903. sub nry (he Pigi sN (TP LI RSA] ey 28 rai ALII Pal sil ie SUS o pod di 4 ‘0A fe mica è » IU, iper) — "o. plepiipad led 4 i Un agi hit ASTI afli.: $ 16 RR Ai 4 si 5 , È tl ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano) Diretto da G. Briosr. INTORNO ALL'ASSIMILAZIONE CLOROFILLIANA Ulteriori ricerche di Fisiologia vegetale DEL Dott. GINO POLLACCI. MEMORIA II. (Con tre tavole.) Nella varte delle ricerche da me intraprese sopra l’assimilazione clorofilliana rese pubbliche due anni fa, potei constatare la presenza dell’aldeide formica nelle piante verdi e stabilire anche alcune condi- zioni necessarie alla sua formazione. ! Le conclusioni delle ipotesi del Liebig, Bayer, Reinke, Bach, ecc. venivano con questa determinazione ad avere una solida base. Ma una breve analisi delle sopra riferite teorie rivela che, mentre esse così razionalmente spiegano la formazione degli idrati di carbonio (e la riproduzione artificiale ottenuta in laboratorio lo prova), al con- trario la parte delle ipotesi riguardante il modo di formarsi dell’aldeide formica nelle cellule vegetali non sono punto persuasive. Infatti Liebig, come è noto, ammette la formazione dell’aldeide per riduzione dell’acido corrispondente, ma non ci dice quale sia l'agente 1 Porracei G., Intorno alla presenza dell’ aldeide formica nelle piante. Nota pre- timinare, in Atti Istituto Lombardo, 1899. — Intorno allassimilazione clorofilliana. Memoria I*, con 6 figure, in Atti Isti- tuto Botanico di Pavia. Vol. VII, 1899. Atti dell’ Ist, Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII, 1 Milone, ‘in dmmoler ds Chimie et de Physigue, 1° Serie, t. XII, pag. 122, 1797. i i ù i) — - riduttore; il Baver, Reinke, Bach, ammettono che l'aldeide formica si formi per ridazione, il primo del biossido di carbonio e d'acqua; gli al- tri dell'acido carbonico; ma questa riduzione dovrebbe essere operata secondo loro dalla diretta energia solare. Ora è poco ammissibile che questa scomposizione sia operata dalla semplice luce; essa a me pare debba attribuirsi alla potente forza ridut- trice di un corpo finora ignoto esistente nell'interno delle cellule vege- tali, nato probabilmente per combinazioni o fermentazioni, che hanno luogo nella cellula. Ripensando alle varie sostanze riducenti che si possono trovare nell'essere vegetale, e specialmente considerando che mediante l’elettro- lisi dell'acido carbonico, il chimico ottiene in laboratorio l'aldeide for- mica per azione secondaria dell'idrogeno nascente (formatosi per elet- tricità) sopra l'acido carbonico, * ho subito pensato che l'agente riduttore esistente nelle cellule verdi debba essere l'idrogeno libero, ed ho cer- cato di dimostrarne la sua presenza nei vegetali. Potendo accertarè l'esistenza od emissione di idrogeno libero nelle piante, si capisce facilmente che tale fatto renderebbe cosa facile lo spiegarsi il modo di formazione dell'aldeide formica nelle cellule ve- getali. è Prima di passare alla descrizione dei risultati delle mie esperienze, : credo cosa utile fare notare i seguenti fatti riscontrati da diversi osser- vatori in ricerche aventi per la massima parte scopi diversi da quelli propostimi, ma che pure confermano quanto io intendo dimostrare, è che, E rimasti finora in parte insoluti, trovano una spiegazione nel cele sà (lelle ricerche mie. Gli olandesi Deiman, Paats, Van Troat, Scryek e Lauwerenburg, nel 1797, * in una lettera indirizzata a Von Mons e riguardante l’azion: che il vapore emanante dal mercurio esercita sopra le piante, annu ciarono che le foglie di queste, in ambiente chiuso dove trovisi del mer curio, in poco tempo si coprono di tacche scure, e verso il sesto gior — * Bacon A., Sur la corrélation entre la reduction par lhydrogène mais "lectrolyee et la photolyse de l'acide carbonigue, in Comp. Rend. Acad. Par CXXVI, 1898. 2 dation du mercure sur la vie cigitale. Lettre du i ì >» — Ii — le piante divengono interamente nere e finiscono presto col morire. In- vece se le pianticine sono spolverate con zolfo, allora pure in presenza di vapori di mercurio le piante continuano a vegetare. Boussingault * nel 1868 rifà gli esperimenti e conferma pienamente i risultati degli Olandesi citati, che non avevano potuto darsi ragione del fatto osservato. Bisogna intanto notare che la morte della pianta è dovuta unica- mente all’azione deleteria del vapore di mercurio, e Faraday ? l’ha messo fuori di dubbio, avendo potuto dimostrare lo sviluppo di vapore di mercurio anche a temperature moderate in cuni vivono le piante in condizioni normali. Invece lo zolfo a temperatura ordinaria non emette vapori, od almeno la tensione dei suoi vapori è così debole che i nostri mezzi sono troppo insufficienti per dimostrarne la presenza. Boussingault non sa trovare nessun’altra ragione per spiegare il fenomeno osservato dai fisiologhi olandesi se non ammettendo (benchè sembri assai strana la cosa anche a lui) che lo zolfo a temperatura ordinaria emette dei vapori che trasformano totalmente il mercurio vo- latilizzato in solfuro il quale, come è noto, non esercita azione deleteria sulle piante. Ora il prodotto, che si forma tra zolfo e vapore di mercurio in atmosfera confinata dove vegetano piante è un solfuro, e questo lo ha dimostrato Boussingault stesso dopo esperienze colle quali esclude con carte ozonometriche che sia intervenuta un’ossidazione. Il fenomeno, come si vede quindi è rimasto insoluto, solo si è giunti a determinare il pro- lotto derivato ed a definirlo come solfuro di mercurio. Ma nessuno legli esperimentatori ha pensato che un ‘gaz poteva essere emesso ilalle piante che vegetavano nell'ambiente chiuso sotto l'influenza del vapore di mercurio, gaz appunto che poteva combinarsi collo zolfo e neutralizzare tutta l’azione deleteria del mercurio. Nessun gas meglio dell'idrogeno allo stato nascente a me sembra capace di produrre il solfuro di mercurio identificato da Boussingault. L’idrogeno infatti in contatto colla polvere di zolfo, con cui sono state spolverate le foglie, dà luogo ad acido solfidrico: S+H?=H?S, Il quale acido solfidrico, in contatto del vapore di mercurio, produce ! Boussincauit, Action délétère que la vapeur émanante du mercure exerce sur les plantes. Paris, 1868. 2 Farapay Annales de Chimie et de Physique. Serie III*, t. XIII, pag. 77. 4 solfaro di mercurio abbandonando in libertà il primitivo idrogeno se- condo l'equazione H*S+ Hg= HgS+ H°. Boehm* nel 1866 presenta all'Accademia di Vienna una comunica» zione nella quale dice, che studiando la natura dei gaz che si svilup- pano dalle foglie verdi di piante immerse in acqua ricca di acido car- bonico, crede di avere rintracciato, mescolato all'ossigeno, all'azoto ed all'acido carbonico, una piccola quantità di un gaz combustibile che, se- condo lui, è dell'idrogeno. A queste esperienze non fu dato valore dagli scienziati in quanto che il metodo seguito dall'autore, che si serve di una immersione pro- lungata delle toglie in acqua, non escludeva il dubbio che questo idro- geno da lui trovato fosse, come del resto credette lo stesso Boehm, un prodotto di decomposizione di parti morte delle piante immerse. Il ri- sultato delle analisi fatte da questo autore, si capisce di leggeri però che aumenta le probabilità in favore della teoria da me ideata. Boussingault, * nelle sue classiche ricerche sopra la respirazione delle piante, trova che foglie in atmosfera ricca di idrogeno decompon- gono con molta maggiore energia il biossido di carbonio di quando esso manca, Il risultato di queste esperienze é, lo si capisce facilmente, di massima importanza per quanto io sostengo. Bonssingault tenta di darne una spiegazione e dubita che la dissociazione degli elementi del bios- sido di carbonio nelle foglie sia determinato dalle stesse cause mec- caniche che favoriscono alla temperatura ordinaria l'associazione di un combustibile e dell'ossigeno, come per esempio nella combustione lenta del fosforo. Nello stesso modo insomma che il fosforo posto in ossigeno puro non è fosforescente e non brucia se non lentamente, se invece esso trovasi in una mescolanza di ossigeno ed aria atmosferica si ossida ’ diventando Inminoso. L'intervento quindi dell'idrogeno come gaz inerte, avrebbe secondo lui per effetto di scostare gli atomi del biossido di carbonio e dell'ossigeno. * È inutile aggiungere che quest’ ipotesi è fra le più arrischiate; in- K vece parmi molto più razionale l'ammettere che l'idrogeno dell'ambiente i * Bosux, Observatione sur les ga: digagés par les plantes mortes, in Annales des Scienc. Nat. Paris, 1867. 4 * Bovsssoavir, Décomposition du ga: acide carbonigue par les feuilles. Paris, 1868. ? Bovssisonvir. Agronomie, Chimie Agricole et Physiologie, Tom. IV, pag. 303, 1868. — DID — andando ad aumentare quello che trovasi già nella pianta, aumenti anche in quantità la decomposizione dell’acido carbonico formatosi per l'unione del biossido di carbonio con l’acqua, e quindi ne derivi un consumo maggiore di biossido di carbonio di quando l'idrogeno era in minor quantità. Lo stesso Boussingault, ! in esperienze fatte fin dal 1861 e rese note solo qualche anno dopo, nello studiare la decomposizione del bios- sido di carbonio per le piante, confrontò il gaz residuo, rimasto dopo l'assorbimento dell'ossigeno per mezzo di pirogallato, emesso durante l'esposizione delle piante al sole, con il gaz residuo proveniente da ambiente in cui le piante non erano state esposte alla luce solare; e, grazie ai processi sensibilissimi dell’analisi eudiometrica col metodo di Bunsen e Regnault, trovò con esattezza che nel residuo del gaz tolto dai recipienti, in cui le piante erano state esposte alla luce solare vi era in proporzione molto apprezzabile, un gaz combustibile che non ha tro- vato nel residuo del gaz proveniente dalle foglie non state esposte alla luce. Gaz combustibile che egli trova in non piccole proporzioni. Così in una esperienza lo trova fino nella quantità del 1,98 per 100. Boussingault crede che questo gaz sia formato da idrogeno protocarbonato ed ossido di carbonio. Lo stesso autore non dubita della presenza di questo gaz combustibile, dice però riguardo alla sua costituzione che: è était è désirer d’en firer la constitution avec plus de certitude.* Di importante da queste esperienze risulta sopratutto il fatto della necessaria presenza di luce per la emissione dalle piante di questo gaz. Pali conclusioni, è di leggeri compreso, sono di grande appoggio a quanto io ammetto intorno alla origine dell’aldeide formica nei vegetali. Ri- guardo poi alla natura di questo gaz, Boehm, “ ripetendo in parte le espe- rienze di Boussingault, conclude col determinare il gaz combustibile quale idrogeno libero, allo stato nascente e crede che questa emissione di idrogeno sia dovuta a fermentazione. Riporto qui invece le conclusioni di Boussingault: ‘ Le gaz rencontré dans l’orygène dont le soleil determine l'appa- rition, quand il éclaire une plante submergée à quoi faut il les attribuer? Serait-ce è un état morbide des fenilles conséquence de leur suhmersion ? 1 BuussiNngaULT, Op. cit. ? BoussingauLT, Op. cit. ® Bornx, lav. cit. * Bovssingavir, Agronomie, Lhimie agricole et Physiologie. Vol. III, pag. 405, 1564, - O — Je le reconnaltrais d'autant plus diicilment, que les feuilles ne sont jamais resttes dans l'eau assez longtemps pour qu'elle pussent sy altérer, et que les végitane aquatiques placés dans leur élimenta ont aussi fourni de lory» gène dans lequel l'analyse décelait les mimes gaz. . , Qu'y anrait-it d'ertraordinaire è ce que l'organisme séerétàt dea ga combustibles quand il séerète des carbures d'hydrogène liquides et vo- latils, des huiles essentielles. Toutefois, je m'empresse de le reconnaître, on ne sera diment autorisi è envisager ces gaz combustibles comme produita normaux de lo végétation, quautant qu'on les obtiendra non plus seulement des feuilles aquatiques plongfes dans une can que ne se renouvelle pas, mais des plantes functionnantes dans les circonstances. habituelles de leur eri- stence, Mio Padre, in esperienze pubblicate nel 1864, 1875 e 1876, trova che grappoli di uva solforati con fiore di zolfo, chiusi in bicchieri, an- neriscono cartine di acetato di piombo sospese entro codesti recipienti; mentre le cartine non si colorano senza i grappoli e senza lo zolfo. Questa colorazione delle cartine accenna a formazione di acido solfi- drico, che non può essere derivato se non da idrogeno nascente, il quale imbattendosi nello zolfo forma il detto acido, reso palese dall’ anneri- Ù mento delle cartine di acetato di piombo. L'autore ha ripetuto sopra n molte piante le esperienze ed la riportato sempre eguali risultati. Li Egli trovò inoltre che lo sviluppo di questo gaz diventava copioso quando si avevano dai 30 ai 38 gradi di temperatura; egli crede che sia l'idrogeno libero a provocare questa reazione e non gli Ian carburi. In ogni modo anche queste esperienze, benchè non diano la pieni sicurezza, pure è certo che consolidano l’idea dell'emissione le x piapte di idrogeno, poichè in tali condizioni non saprei sospettare alt: tri gaz che possano dar luogo ad tg solfidrico. I Continuando l’enumerazione di i che servano a col l'ipotesi da me formulata, rammenterò quella di Phipson®, il quali * Pottacci Esito, Atti X Congresso Scienziati Italiani 1864, in Rendiconti T Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Serie II. Vol. VITI Milano, 1975. - e — il — atmosfera. Questo appunto doveva succedere ammettendo che l'idrogeno reagisca in parte coll’acido carbonico. ! Mainbray, Nollet, Bertholon, Humphry-Davy, Humbolt, Wollaston fin dal secolo scorso in modo certo constatarono, che l’elettricità favo- risce lo sviluppo dei semi ed accelera l’accrescimento delle piante. L’in- glese Sheppard nel 1846 e poi Forster e Fichtner in Germania ristu- diarono l’azione dell’elettricità sopra le piante e specialmente sopra le foraggere. Esse coprivano le colture con retî di fili metallici elettriz- zati; sotto l’azione di questa corrente le raccolte si miglioravano costan- temente del 13 al 27 per 100. Nel 1884 Spechnew, nel 1891 M. Paulin, nel 1892 Lagrange mo- dificarono gli apparecchi, ma tutti conclusero confermando i risultati resi pubblici dai precedenti osservatori. Ed ultimamente Thouvenin * con ricerche più complete viene a questa importantissima conclusione e cioè che una corrente elettrica continua, favorisce presso i vegetali acquatici (sui quali solo egli operò) l'assimilazione del carbonio ed ac- celera la decomposizione dell'acido carbonico; inoltre l’autore citato scrive: Pour rendre l’assimilation plus énergique, il faudrait que la plante fut non seulement enveloppé par un courant, mais encore quune partie de ce conrant la parcouritt à l’intérieur. Le esperienze che hanno portato a queste conclusioni sono state fatte per scopi affatto differenti da quelli che hanno ispirato le mie, ma esse sono di grande appoggio a quanto io potrò concludere. Intanto, a proposito delle surriferite ricerche, noi sappiamo che la corrente elet- trica imparte ad alcuni corpi, e fra questi sopratutto all'idrogeno, la proprietà degli elementi allo stato nascente; quindi in questo caso l’ e- lettricità procurata in maggior quantità alle piante, non sarebbe che uno stimolo, un aiuto a far sì che l'idrogeno già esistente nell’ interno del vegetale riduca con maggior energia ed in maggior quantità l'acido carbonico co quale si trova in contatto. Nessuna spiegazione parmi possa essere più razionale di questa. Putz? in un lavoro pubblicato nel 1886 espone l’idea che l'acido carbonico sia ridotto durante l'assimilazione clorofilliana da energia elet- ! Vedi le conclusioni delle mie ricerche. 2 Tuovvenin, De l’influence des courants éléctriques continues sur la dicomposi- tion de l'acide carbonique chez les végétaue aquatiques, in Rev. Gen. Bot., 1896, pa- gina 423. ® Purz, Die Reduction der Kohlensaiire in pflanzlichen Organismus, in Chem. Centr., pag 774, 1885. — n trica: la clorofilla costituirebbe secondo Ini un sistema foto-elettrico ; egli cita il fatto che nelle piante si può notare l' esistenza di correnti elettriche derivate dalla trasformazione della luce sotto la cui azione vegetano le piante. L'autore dice che l'agente di riduzione potrebbe essere l'idrogeno, ma non fa però in proposito esperienze, nè dimostra la sua presenza nei vegetali. Gautier * nel 1898 prèsentò all'Accademia di Francia una nota nella quale annunciava che l'aria dell'atmosfera contiene dell'idrogeno libero in proporzione assai costante, circa undici a diciotto centimetri cubi per cento litri di aria calcolati a secco a 0° gradi ed a 760 mill. di pressione; ossia circa 1,5 diecimillesimi in volume di idrogeno. In note * successive confermò sempre più la sua scoperta sfuggita ad una quan- tità di diligenti osservatori come Gay Lussac, Th. Saussure, Boussin- * gault, ecc., forse perchè mancanti di mezzi analitici quali oggi ci offrono la chimica e la fisica. È dunque un fatto accertato che l'idrogeno libero fa parte de- gli elementi dell'atmosfera e che il sno volume è pressappoco eguale . alla metà dell'acido carbonico dell'aria corrispondente. Orbene que- n st'idrogeno libero da che proviene? Non sarebbe torse anche in parte emesso nell'atmosfera dai vegetali ? Baranetski nel 1899 espose il dubbio che le cellule in alcuni spe- ciali organi delle piante verdi formino una sostanza avente la proprietà degli enzimi, in presenza della quale e sotto l’azione della luce so- lare l'anidride carbonica si scomporrebbe; e I. Friedel* in una comu- nicazione all'Accademia delle scienze di Francia asserisce avere otte- nuto assimilazione clorofilliana senza intervento della sostanza vivente, e conclude che questo avvenga per opera di una diastasi che utilizze- rebbe l'energia dei raggi solari, mentre la clorofilla funzionerebbe sem- plicemente come sensibilizzatrice. * ! Gavrier, Sur la présence de l'hydrogene libre dans lair atmosphérique, in Compt. Rend. Acad. Tom. CXXVII, pag. 693, 1898. ® Gavmen An., Compt. Rend. Tom. CXXX, pag. 1853-60, . — lompt. Rend, Tom. CXXXI, pag. 647-52. vel DE * Farei J., Compt. Rend., T. CXXXII, pag. 1138, i * Non è qui il caso di discutere sopra le esperienze di Frienei “i potrebbero. avere una grande importanza per l'avvenire della fisiologia vegetale. È necessario però che l’autore dica meglio quali sono state le condizioni in cui ha operato ed aumenti il numero delle sue osservazioni; quattro soli risultati favorevoli riportati nella sna nota, mi sembrano insufficienti per non lasciare molti dubbi sopra nna con- — 9 — Se anche queste ultime esperienze saranno col tempo maggiormente provate e controllate, avrà sempre maggior valore l'ipotesi che am- mette l’azione dell'idrogeno nascente nel processo di riduzione, poichè le fermentazioni, ed altre ragioni chimiche, danno frequentemente luogo a produzione di idrogeno. Le ricerche fatte finora, riguardanti l'emissione dei gas dalle piante e l’assimilazione in genere, e che sono numerosissime, hanno studiato od i corpi derivati dalla decomposizione dell'acido carbonico, incomin- ciando però dagli idrati di carbonio, oppure il rapporto esistente fra il biossido di carbonio consumato e l'ossigeno (3) ed hanno trascurato la ricerca di altri gaz oltre quelli già conosciuti come emessi dalle piante. Uno degli errori commesso nel maggior numero delle ricerche fatte sopra questa parte della fisiologia vegetale e che fu notato invano fino dal 1864 da Boussingault, ! si è quello di considerare come azoto tutto il residuo gassoso contenuto entro recipienti nei quali hanno vegetato piante; residuo rimasto dopo avere assorbito tutto l'ossigeno dell’am- biente con del pirogallato e tutto il biossido di carbonio con la po- tassa; senza considerare che questo residuo sia pure costituito in mas- sima parte di azoto, pur tuttavia poteva essere anche un miscuglio di due o più gaz. Boussingault infatti, analizzando questo residuo, come già dissi, vi trovò subito, oltre all’azoto, un gaz od un miscuglio di gaz com- bustibili; ma dopo di lui questi studi vennero scientificamente trascurati. Nelle ricerche da me intraprese, ho avuto sopratutto di mira di” porre le piante sulle quali operavo nelle condizioni normali della loro vita per togliere in modo assoluto il dubbio che il gaz studiato, potesse provenire, non da un fenomeno naturale della pianta, ma da fermenta- zione di materiali nell'acqua o da decomposizione di tessuti vegetali, come infatti fu obiettato per le ricerche degli osservatori precedenti. La quantità di idrogeno emesso dalle piante è presumibilmente piccolissima, sia perchè esso va considerato come prodotto di rifiuto, sia perchè essendo nascente, devesi certo combinare colla massima facilità e perdere in gran elusione così importante quale sarebbe quella surriferita. Le recentissime ricerche di Hangoy, (in Compt. end. Acad. de Trance, tom. CXXXIII, pag. 890, anno 1901), il quale ha ripetuto con esito negativo le esperienze di Frieber, non fanno che dimo- strare quanto sia cosa prematura il porre come fatto dimostrato che la sintesi cloro- filliana possa effettuarsi all'infuori dell'organismo vegetale e senza l'intervento della materia viva, ! Bovssixcauir, Agrenomie, Chimie agricole et Physiologie. Vol. I-IV. parte il suo stato di elemento libero; quindi per la dimostrazione della sila presenza è necessario usare mezzi sensibilissimi ed operare sopra forti quantità di aria. Per queste ragioni io ho fatto la massima parte dlelle ricerche non sopra arin confinata entro piccoli ambienti, come fe- cero i precedenti osservatori, ma sopra quantità di aria rinnovabile, in modo che il gaz ricercato, benchè in piccole dosi, potesse durante pa- recchie ore accumularsi e rendersi sensibile ai mezzi miei di osser- vazione. Uno dei metodi da me usati è il seguente, che si avvicina in parte a quello di cui si è servito Mintz * nelle sue belle esperienze sopra la respirazione dei fanghi, e a quello di Ar. Gautier * usato per le sue ultime ricerche sopra la presenza dell'idrogeno nell'aria atmosferica. Di una sola pianta o diverse piante in forte vegetazione ho posto sotto una campana 0 più campane, a perfetta tenuta d'aria in comuni- cazione fra di loro, le sole parti vegetative verdi; la terra su cui vyi- vevano ed il relativo vaso restavano isolati dall'interno delle campane. Per ottenere ciò non è molto facile, bisogna adoperare piatti smeri- gliati con fori che si chiudono poi perfettamente con stucco o gutta- perca, 0 meglio ancora con cera. Vasi di acido solforico posti nell'in- terno della campana, tolgono la soverchia umidità che potrebbe formarsi. L'aria della campana, dove sono contenute le parti verdi del vegetale, è aspirata lentamente per mezzo di aspiratore; quest’aria uscendo dalla campana passa per numerosi tubi di assorbimento contenenti alcuni della potassa caustica pura ed altri acqua di barite * che la priva del bios- sido di carbonio, attraversa ancora tubi a cloruro di calcio chimicamente puro, (curando sopratutto che non sia alcalino), che la rendono comple- tamente secca; poi passa per un tubetto tarato a cloruro di calcio, che indico col nome di tubo A c, indi per un tubo di vetro infusibile riscal- dato al calor rosso, lungo almeno em. 80,* ripieno di ossido di sur: 1 % Ù - Muxra, Recherches sur les functions des champignons, in Annales de Chimie et de Physique. 5* Serie. Tom. VIII, 1876. W ne ® Gaurier An., Compt. Itend. Acad. T, OXXXI, pag. 627, 1900. i ® La presenza di acqua di barite è necessaria, perchè Gavrier An. (Compi. Bend. Acad. Paris. Tom. CXXVI, pag. 1387, anno 1898) ha messo in evidenza che la sola potassa non basta per assorbire totalmente il biossido di carbonio, mentre con di barite si ha completo assorbimento di questo gaz. Ora se si pensa queta rienze sono state fatte ed accettate senza avere ottemperato a questa condizio) mostrata necessaria dal Gautier, potremo rendersi conto di quanto resta da corr nella fisiologia vegetale. * La lunghezza del tubo a combustione deve essere almeno di S0 cm. Gaurien A. (Compt. Rend. Acad. Paris. Tom. CXXX, pag. 1353, anno 1900) È che solo con questa condizione l'idrogeno, sia libero o combinato a carbonio, resta tutto sopra l'ossido di rame. la Her SS] = Ora è chiaro che se passeranno coll’aria delle traccie di idrogeno, questo deve combinarsi coll’ossigeno dell’ossido di rame, che trovasi al calor rosso e formare vapore acqueo che raccoglierò in un tubetto pure tarato a cloruro di calcio posto subito dopo il tubo a combustione e che distinguerò col nome di tubo Bc. Questo tubetto quindi, pesato prima e dopo l’esperienza, mi dirà quanta acqua si è formata e di conseguenza quanto idrogeno è passato nel tempo che hanno durato le esperienze. Il tubetto Ac invece, se l’esperienza è ben condotta, come facilmente si capisce. deve rimanere tanto prima che dopo l’esperienza di egual peso. Dopo il tubo He di cloruro di calcio, e prima dell’aspiratore, un altro vaso pure a cloruro di calcio, oppure un tubo ad acido solforico impedirà che vapor acqueo proveniente dall’ aspiratore (specie quando non funziona) possa arrivare fino al tubetto tarato ed alterare i ri- sultati. Per ogni esperienza ho sempre tenuto conto della temperatura, della durata della ricerca, e del cielo se sereno od annebbiato. Per evitare poi possibili cause di errore, non ho mai trascurato di assicurarmi che i tubi, che uniscono i recipienti fra di loro, le campane, i vasi di as- sorbimento, ecc.... avessero le minori possibili congiunzioni e le poche unioni fossero fatte com gomma a parete grossa e rivestita da legature strette di filo di rame. . Il contenuto dei tubetti tarati veniva spesso asciugato e, prima e dopo le pesate, erano sempre diligentemente anche per l’esterno essi- cati in vasi essicatori ad acido solforico. Le pesate sono state fatte con bilancie di precisione, sensibilissime delle Case Westphal e Sartorius, in stanza apposita in cui ho cercato che la temperatura fosse uniforme. Tutte le pesate sono state fatte col metodo delle oscillazioni, e, per la massima parte con una tara della medesima natura e della medesima superficie dei tubi da pesarsi; tara de- stinata a correggere i piccoli errori di stato igrometrico, di variazioni di pressione e di temperatura. Con queste precauzioni si diminuiscono di molto le possibilità di perdere delle quantità di gaz, che pure es- sendo tenui possono divenire preziose per l'osservatore ed influire spesso sopra i risultati di una ricerca. IPO formatasi > mne. 29,1. - 19 — Ecco alcuni risultati ottenuti da me con questo primo apparecchio : ” Esremenza DeL 7 Givoxo 1900, ia Pianta adoperata: Ricinus communis. Cielo sereno, temperatura media 18 0. Durata dell'esperienza dalle ore 9 alle 16. Tubo Ae dopo l'esperienza . . . gr. 33,3400 Tubo Ae prima dell'esperienza . . ,. 33,3398 Differenza 00,0002 i Tubo Be dopo l’esperienza . . . gr. 35,0245 up ‘Tubo Be prima dell'esperienza . . . 35,9020 : Differenza 00,0225 A. Acqua formatasi mmg. 22,5. Esperienza DEL 9 Giuono 1900. w Pianta: Micinus communis. a Cielo vario, temperatura media 19 C.' 4 Durata dell'esperienza dalle 9 '/, alle 16. Tubo Ae dopo l'esperienza . . . gr. 33,3389 Tabo Ae prima dell'esperienza . .* , 33,3390 î Differenza 00,0001 Tubo Be dopo l’esperienza . . . gr. 35,0540 Tubo Be prima dell'esperienza . . , 35,0249 Differenza 00,0291 pr a è za. di DEL 11 Givexo 1900. — EsperIENza DEL 12 Gruoxo 1900. Pianta: ‘icinus communis. Cielo sereno. temperatura media 21 C... Esperienza dalle 10 alle 16. Tubo Ae dopo l’esperienza gr Tubo Ac prima dell'esperienza . . , Differenza Tubo Bc dopo l’esperienza . . . gr Tubo Bc prima dell’ esperienza Differenza H°0 formatasi = mmg. 18,8. Esperienza DEL 13 Giueno 1900. Pianta: Ricinus communis. Cielo sereno, temperatura media 22 C.. Esperienza dalle 9 alle 16. Tubo Ae dopo l’esperienza . . . gr. Tubo Ac prima dell’ esperienza Differenza Tubo Be dopo l’esperienza . . . gr. Tubo Be prima dell'esperienza . . , Differenza H?0 formatasi = mmz. 17,4. EspPeRIENZA DEL 15 Giueno 1900. Pianta: Kicinus communis. Cielo sereno, temperatura media 20 Ci, Esperienza dalle 9 '/, alle 16. Tubo Ac dopo l'esperienza . . . gr. Tubo Ac prima dell'esperienza . . , Differenza Tubo Be dopo l’esperienza . .‘. gr. Tubo Be prima dell'esperienza . . , Differenza H?° 0 formatasi — mmg. 16,9. 35,0501 35,0313 00,0188 33,3380 33,3382 00,0002 35,0653 35,0479 00,0174 33,3389 33,3386 00,0003 35,0324 35,0155 00,0169 lu — î Esperienza peL 16 Givoxo 1900, Pianta: Micinus communis. Cielo vario, temperatura media 23 0, Esperienza dalle 9 alle 190. Tubo Ae dopo l'esperienza . . . gr. 33,3390 Tubo Ae prima dell'esperienza . . , 33,3395 Differenza 00,0005 di È Tabo Be dopo l'esperienza . . . gr. 35.0510 PAL Tubo Be prima dell'esperienza . . . 35,0325 » Differenza 00,0185 H"0 formatasi — mmg. 18,5. Pianta: Iicinus communis. Cielo vario, temperatura media 21 C.!. 5 Esperienza dalle 9 alle 16. Tubo Ac dopo l'esperienza . . . gr. 33,3390 “» Esrenienza DEL 18 Givoxo 1900, i p DA . Tubo Ac prima dell'esperienza » 33,3390 L Differenza 00,0000 é "Tubo Be dopo l'esperienza . . . gr. 35,0415. u Tubo Be prima dell'esperienza . . . 35,0210 Differenza 00,0205 SI ie i ui ri n. 20,5. SES ee Da queste otto esperienze mi risultò quindi una costante forma- zione di acqua e quindi passaggio, attraverso il tubo a combustione con ossido di rame, di una non indifferente quantità di idrogeno. Questa quantità però di idrogeno poteva provenirmi tanto dalla pianta di A/cinus communis in vegetazione, quanto essere già nell’atmo- sfera dell'ambiente in cui operavo. 3 Per accertarmi quindi a che dovevo attribuire questa formazione l’acqua, ritornai a ripetere le esperienze col medesimo apparecchio, ma però in bianco, cioè senza alcuna pianta ed ebbi i seguenti risul- tall: EspERIENZA (IN Branco) DEL GIORNO 20 Giuexo 1900. Temperatura media 21 C.. Durata dell'esperienza dalle ore 9 alle 16. Tubo Ae dopo l’esperienza . . . gr. 33,3388 Tubo Ac prima dell’ esperienza . . , 33,3385 Differenza 00,0003 Tubo Be dopo l’esperienza . . . gr. 35,0340 Tubo Be prima dell'esperienza . . ;, 35,0258 Differenza 00,0082 H°0 formatasi = mmg. 8,2. ESPERIENZA (IN BIANCO) DEL GIORNO 21 GIuoxo 1900. Temperatura media 22 C.i. Durata dell'esperienza dalle ore 10 !/, alle 16. Tubo Ac dopo l’esperienza . . . gr. 33,3390 Tubo Ae prima dell'esperienza . . , 33,3395 Differenza 00,9005 Tubo Be dopo l’esperienza . . . gr. 38,0310 Tubo Bc prima dell'esperienza . . », 38,0265 Difterenza 00,0045 H?0 formatasi = mmg. 4,5. — 16 — ” Esrermenza (ix miaxco) peL srorxo 22 Givoxo 1900. Temperatura media 20 C.. pe Durata dell'esperienza dalle ore 8 '/, alle 16. y Tabo Ae dopo l'esperienza . . . gr. 33,3390 sa ; Tabo Ac prima dell'esperienza . . », 33,3390 le Differenza 00,0000 Las È x Tubo Be dopo l’esperienza . . . gr. 38,0282 pi gl i Tabo Be prima dell'esperienza » 538,0180 e» Differenza 00,0102 H*®O formatasi — mmg. 10,2. Esperienza (iN BrANcO) DEL crorxo 23 Giuoxo 1900, Temperatura media 19 0. Durata dell'esperienza dalle ore 9 alle 16. Tubo Ac dopo l’esperienza . . . gr. 33,5391 Tubo Ac prima dell'esperienza . . =. 33,3390 x Differenza =. 00,0001 Tubo Be dopo l’esperienza . . . gr. 38,0250. tu "Tabo Be prima dell'esperienza . . , 38,0190 Ton Differenza 00,0060 È» id n va O CER eis na HO formatasi =mmg. 6,0. b_ Psi VAS ESPERIENZA (IN BIANCO) DEL GIORNO 26 Giuno 1900. Temperatura media 22 Ci. Durata dell'esperienza dalle ore 10 alle 16. Tubo Ac dopo l’esperienza . . . gr. 33,3390 Tubo Ac prima dell'esperienza . . , 33,3387 Differenza 00,0003 Tubo Be dopo l’esperienza. . . . gr. 38,0380 Tubo Be prima dell'esperienza . . , 38,0334 Differenza 00,0046 H°0 formatasi = mmg. 4,6. ESPERIENZA (IN BIANCO) DEL GIORNO 28 GIueno 1900. Temperatura media 22 Ci. Durata dell'esperienza dalle ore 9 alle 16. Tubo Ac dopo l’esperienza . . . gr. 33,3389 Tubo Ac prima dell'esperienza . . , 33,3390 Differenza 00,0001 Tubo Be dopo l’esperienza . . . gr. 38,0432 Tubo Be prima dell'esperienza . . , 38,0380 Differenza 00,0052 H°0 formatasi = mmg. 5,2. Riassunto dei risultati. (Esperienze in bianco.) Data pae ri Pep | Durata dell'esperienza © —Acqua formatasi ZIA rs | 20 Giugno 1900 210 dalle ore 9 alle I6 mmg. 8,2 e _ Pc IT) sala" 22 IMM È 20° Reno e 16 | as 102 —-- III È 19° 14% 2 Ridi 18 i HT:6:0 RARO n° 20° RR E Pera 26 # e ‘22° - 10 16 SV, i GI Mn |a; TT Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII ìB Dal sopra riportato specchietto risulta evidente quindi che l'ac- qua formatasi ed assorbita dal cloruro di calcio nelle prime esperienze del Giugno 1900, dopo il passaggio dell'aria attraverso l'ossido di rame incandescente, non è dovuta totalmente ad emissione di principi idro- genati delle piante. Risulta però anche evidente che le piante emettono în parte del- l'idrogeno, perchè la formazione di acqua è stata sempre costantemente inferiore a quella ottenuta quando sotto la campana vi erano le piante a vegetare. Nell'aria quindi dell'ambiente, dove conducevo le esperienze, vi era dell'idrogeno; ed infatti Gautier ' recentemente, con apparecchi perfezionati, riescì a constatare la presenza nell'aria dell’ idrogeno che egli ritiene in parte libero ed in parte combinato al carbonio; i miei risultati quindi confermano in parte quelli del Gautier. D'altra parte la differenza fra l'acqua formatasi dopo la combu- stione per il passaggio dell'aria della campana senza piante, in confronto di quella della campana sotto la quale vegetavano le parti verdi, è troppo forte e troppo costante per dubitare che essa sia dovuta totalmente al- l'idrogeno che trovasi nell'atmosfera. ; Spinto da questi buoni risultati, ho cercato sempre più di poter di- mostrare con sicurezza che le piante emettono dei principi idrogenati, ed ho per ciò intraprese delle nuove ricerche modificando l'apparecchio nel seguente modo: Costringevo l’aria a passare, prima di entrare nella campana a_ perfetta tenuta e dove vegetavano le piante, primieramente per un vaso di lavaggio ad acido solforico, (Tav. I, S) poi attraverso un forno di combustione con tubo di Jena, lungo 80 em., ripieno di ossido di rame (A) e che portavo al calor rosso, poi per altro vaso ad acido solforico ($). Il primo vaso era destinato a togliere Ja soverchia umidità che poteva trovarsi nell'atmosfera; il tubo di ossido di rame riscaldato mi fissava tutto l'idrogeno che poteva trovarsi nell'aria che veniva aspirata, ed il i secondo vaso ad acido solforico tratteneva l'acqua che si formava per la combinazione dell'idrogeno coll’ossigeno dell'ossido di rame. L'ap- parecchio completo è figurato nella tavola I che accompagna questo. lavoro. Così operando ero sicuro che, se dal secondo tubo di ossido di od in combinazione con altri elementi, dalle piante vegetanti campana. ZL 5Òjiîi©iiiL.::::. To V|" è ai — 19 — L'aria aspirata la sceglievo lungi dall'ambiente in cui operavo per mezzo di un lungo tubo (#) la cui estremità collocavo all’aperto nel giar- dino dell’ Istituto. T risultati che ebbi con l'apparecchio così modificato furono i se- guenti: EsPERIENZA (IN BIANCO) DEL ] LueLio 1900. * Cielo sereno, temperatura media 22 C.'. Senza piante sotto la campana. Durata dell’ esperienza dalle ore 10 alle 17. Tubo Ac** dopo l’esperienza. . . gr. 38,0736 Tubo Ac prima dell'esperienza . . , 35,0738 Differenza 00,0002 Tubo Bc dopo l’esperienza . . . gr. 35,8154 Tubo Be prima dell’ esperienza . . , 38,8151 Differenza 00,0003 La differenza di peso tra i tubi tarati essendo trascurabile ed inevitabile in simili manipolazioni, avevo ragione per stare certo che l'apparecchio mi funzionava nel miglior modo possibile. Esperienza DEL 2 LueLio 1900. Cielo sereno, températura media 21 C.i. Sopra piante di /mpatiens Balsamina, Ricinus communis e Polygo- num Sieboldi contemporaneamente poste sotto la campana. Durata dell'esperienza dalle ore 8 '/, alle 17. i Tubo Ac dopo l’esperienza . . . gr. 38,8920 Tubo 4 e prima dell'esperienza . . , 38,8922 Differenza 00,0002 Tubo Be dopo l’esperienza . . . gr. 35,8295 Tubo Be prima dell'esperienza . . , 35,8155 Differenza 00,0140 H?0 formatasi= mmg. 14,0. * Esperienza fatta per assicnrarmi che l'apparecchio funzionasse bene. ** Come per l'esperienza passata si intende sempre col nome di A c il tubo tarato, a cloruro di calcio prima del tubo a combustione, col nome di Sc il tubo pure tarato ed a cloruro di calcio, ma posto dopo il tubo a combustione e destinato ad indicarmi la quantità di acqua formatasi dopo il passaggio dell’aria della campana dall’ossido di rame portato al calor rosso. Cielo Sopra pianta in forte sviluppo di Burus chinensis. | e H?0 formatasi — mmg. 12,2. 20 — Esrerienza pri 4 LuoLio 1900. Cielo coperto, temperatura media 20 €. Sotto la campana le stesse piante dell'esperienza precedente, Durata dell'esperienza dalle ore 10 alle 17. Tubo Ac dopo l'esperienza . . . gr. 38,8923 Tubo Ae prima dell'esperienza . . , 38,8920 Differenza 00,9003 Tubo Be dopo l'esperienza . . . gr. 41,5115 Tubo 8 prima dell'esperienza . . . 41,5000 Differenza 00,0115 H®0 formatasi — mmg. 11,5. Esremenza DeL 5 LuoLio 1900. Cielo annebbiato, temperatura media 21 C.. Colle stesse piante. % Durata dell'esperienza dalle ore 10 alle 17. Tubo Ac dopo l'esperienza . . . gr. 38,8920 Tubo Ac prima dell'esperienza . . . 38,8923 Differenza 00,0003 Tubo Be dopo l'esperienza. . . . gr. 41,5250 Tubo Bc prima dell'esperienza . . , 41,5115 Differenza 00,0135 H?0 formatasi — mmg. 13,5. Esperienza DeL 6 Luccio 1900. coperto, temperatura media 20 C.'. Durata dell'esperienza dalle ore 9 alle 17. Tubo Ac dopo l'esperienza. . . . gr. Tubo Ac prima dell'esperienza . . 0, Differenza Tubo Be dopo l'esperienza. . . . gr. Tubo Bc prima dell'esperienza . . +, Differenza 9 — EspeRrIENZA DEL 10 LueLio 1900. Cielo vario, temperatura media 20 C.. Sopra Buxus chinensis. Durata dell'esperienza dalle ore 9 alle 17. l'ubo Ae dopo l’esperienza. . . . gr. 38,8928 Tubo Ac prima dell'esperienza . . , 38,8930 Differenza 00,0002 Tubu Be dopo l’esperienza. . . . gr. 41,5280 Tubo Be prima dell'esperienza . . , 41,5184 Differenza 00,0096 H?°0 formatasi= mmg. 9,6. Esperienza DEL 18 Luccio 1900. Cielo sereno, temperatura media 23 C.i. Sopra Phytolacca e Canna indica in forte vegetazione. Durata dell'esperienza dalle ore 9 alle 17. Tubo Ac dopo l’esperienza. . . . gr. 41,8730 Tubo Ac prima dell’ esperienza . . , 41,8728 Differenza 00,0002 Tubo Be dopo l’esperienza. . . . gr. 43,4790 Tubo Be prima dell’ esperienza n 43,4691 Differenza 00,0099 H?0 formatasi = mmg. 9,9. EsperIENZA DEL 24 LueLio 1900. Cielo sereno, sole, temperatura media 25 C.. Ancora Phytolacca e Canna indica. Durata dell’ esperienza dalle ore 10 alle 17. Tubo Ac dopo l’esperienza. . . . gr. 41,8727 Tubo Ae prima dell'esperienza . . , 41,8730 Differenza 00,0003 Tubo Be dopo l’esperienza . . . . gr. 43,4908 Tubo Be prima dell'esperienza . . » 43,4788 Differenza 00,0120 H?0 formatasi = mmg, 12,0. cn —_ Esrgriknza pri 25 LuoLio 1900, A Cielo sereno, sole, temperatura media 26 0. LI Sopra Phytolacca è Canna, Durata dell'esperienza dalle ore © alle 17. Tubo Ac dopo l'esperienza. . . . gr. 43,1530 Tubo Ae prima dell'esperienza . . , 43,1530 Differenza 00,0000 È Tubo Be dopo l'esperienza . . . . gr 43,6747 i Tabo Be prima dell'esperienza . . , 43,6645 » Differenza 00,0102 SI si H?O formatasi = mmg. 10,2. Esrerienza DeL 26 LuoLio 1900. Cielo sereno, sole, temperatura media 27 C.!. Con Phytolacca è Vanna. Durata dell'esperienza dalle ore 9 '/, alle 17. dl Tubo Ac dopo l'esperienza. . . . gr. 43,1528 Tubo pe prima dell'esperienza . . +, 43,1530 Differenza 00,0002 Tubo Be dopo l'esperienza. . . . gr. 43,68250 © Tabo Be prima dell'esperienza . «. , 43,6730 © Differenza 00,0095 _ "% » to dei risultati. > con piante di Burus chinensis, Impatiens Balsamina, Po gie: "tti, Riina commun tito : 2 dalle ore 8%, alle 17 10 1106 og Da queste esperienze risulta che le piante messe a vegetare sotto la campana, hanno emesso dell'idrogeno ed in quantità non indifferente. Però mì restava ancora a stabilire se l’acqua formatasi, per com- binazione dell'idrogeno coll’ossigeno dell’ossido di rame, era originata da idrogeno libero o da idrogeno facente parte di idrocarburi. Se at- traverso il tubo a combustione contenente ossido di rame passava aria associata ad un idrocarburo, oltre che acqua, dovevasi formare anche ani- dride carbonica; e per sapere se ciò succedeva, sostituii ai due tubi ta- rati Ac e Be (Tav. I) a cloruro di calcio due tubetti pure tarati contenenti potassa caustica, destinati il primo, che contrassegno colle lettere 4%, ad indicarmi se è trattenuto tutto il biossido di carbonio dai tubi di assorbimento (X, Tav. I) ed il secondo, che distinguo colle lettere B/, ad indicarmi, aumentando di peso, se si forma biossido di carbonio al passaggio dell’aria per l’ossido di rame. Appena dopo il tubo a combustione (£, Tav. I), e prima del tubetto tarato B 7 contenente potassa, ho avuto l'avvertenza di porre un tubo a cloruro di calcio pu- rissimo, non alcalino, il quale raccogliendo l’acqua che si forma nel tubo ad ossido di rame, impedisce di poter attribuire l’aumentato peso del tubetto a potassa (5%) ad assorbimento di acqua e non di biossido di carbonio. Con questo apparecchio intrapresi diverse esperienze, delle quali qui sotto riporto il risultato, non curandomi della formazione dell’ac- qua, ma unicamente del biossido di carbonio che si forma durante lu combustione: EspPeRIENZA DEL 29 SerTEMBRE 1900. Esperienza in bianco (senza piante). Durata dell'esperienza dalle ore 9 alle 16. Tubo A% dopo l’esperienza. . . . or. 48,9558 Tubo 4% prima dell’ esperienza . . , 48,9557 Differenza 00,0001 Tubo B% dopo l’esperienza. . . . gr. 47,2591 Tubo B% prima dell'esperienza . . , 47,2589 Differenza 00,0002 Assicuratomi così che l'apparecchio funzionava bene (data la nes- suna differenza apprezzabile di peso) continuai collo stesso le esperienze qui sotto riportate, cu DA Esrenninza peL 1 Orronre 1900, Uielo vario, temperatura media 18 0. | Con Eucaliptus globulus, Arbutus Unedo ed Eupatorinm cannabinum, Durata dell'esperienza dalle ore 9 alle 17. Tubo A%'dopo l'esperienza. . . . gr. 48,3556 Tubo A% prima dell'esperienza . . , 48,3558 Differenza 00,0002 Tabo Bk dopo l'esperienza. . . . gr. 47,2640 Tubo B% prima dell'esperienza . . , 47,2590 Differenza 00,0050 CO? assorbita — mmg. 5,0. Esperienza DeL 4 Orropre 1900, Cielo vario, temperatura media 17 C.. id Colle stesse piante. n A Durata dell'esperienza dalle ore 9 alle 17. x Tubo A% dopo l’esperienza. . . . gr. 47,3557 Tubo A% prima dell'esperienza . . , 47,3557 Differenza 00,9000 Tubo B& dopo l’esperienza. . . . gr. 47,2682 pera Tubo Bk prima dell'esperienza . ./, 47,2640 0 Differenza 00,0042 CO? assorbita — mmg. 4,2. Esperienza DEL 5 OrrosrE 1900, Cielo vario, temperatura media 19 C.ì. Con le stesse piante sotto la campana. Durata dell'esperienza dalle ore 9 alle 17. Tubo Ax dopo l’esperienza. . . . gr. __—Tabo A% prima dell'esperienza . . , da Differenza "Tubo B& dopo l'esperienza. . . . gr. «_ Pubo Bk prima dell'esperienza . . , : Differenza E __- —_ _—_ _ — De EspERIENZA DEL 6 OrtroBRE 1900. Cielo annebbiato, temperatura media 17 C.. Colle stesse piante. Durata dell'esperienza dalle ore 9 alle 17. Tubo A% dopo l’esperienza. Tubo A% prima dell'esperienza Tubo BX dopo l’esperienza. Tubo B% prima dell'esperienza CO? assorbita = mmg. Cielo coperto, temperatura media 15 C.!. Colle stesse piante. Durata dell'esperienza dalle ore 9 alle 16. Tubo AX dopo l’esperienza. Tubo A% prima dell’esperienza 3, EspPERIENZA DEL 14 OTTOBRE 1900. gr. 47,3557 - n 47,3557 Differenza 00,0000 gr. 47,2771 s 47,2740 Differenza 00,0031 gr. 47,2770 Da ALTRI Differenza 00,0003 Tabo B% dopo l’esperienza. Tubo B% prima dell’ esperienza p CO? formatasi = mmg. 4,5. Differenza gr. 47,3602 n° 47,3557 00,0045 Riassunto dei risultati. Data 1 Ottobre 1900 "PS - ” 5, " 6 ” ” 14 Temperatura Cent. 18° 17 Durata (Piante: Hucaliptus globulus, Eupatorium cannabinum, Arbutus Unedo.) Cielo CO* assorbita vario mmg.' 5,0 ” ”» 4,2 è ade RR annebbiato Onda coperto ” 4,5 os se a zo Se l'aria, prima di passare attraverso îl tubo a combustione si fa gorgogliare in soluto di cloruro rameoso acido, la quantità di CO? ns. «orbita dal tubetto tarato B% non cambia, quindi viene escluso che il biossido di carbonio formatosi debbasi attribnire nd ossido di carbonio emesso dalle piante, appunto perchè il cloruro rameoso ha, come è noto, il potere di assorbire l'ossido di carbonio e non di fissare il metano. Come si rileva da queste esperienze, non vha dubbio che i vegetali emettono degli idrocarburi in condizioni normali di vegetazione, come erano appunto le piante sulle quali ho operato. E non si può dubitare che queste sostanze non vengano emesse dai vegetali, perchè tutto l'idro- geno e carbonio dell'atmosfera sono eliminati prima che possano pene- trare nella campana dove stanno confinate le piante. Questo fatto, che mi sembra assai importante per la fisiologia ve- getale era, come già dissi, sospettato dal Bonssingault, il quale coll’a- nalisi eudiometrica trovò costantemente che i vegetali esposti al sole emettono del gaz combustibile che egli credeva metano (C H*) Le sue esperienze però, benchè assai interessanti, non ebbero se- guito perchè egli operò sopra piante immerse per delle ore in acqua e venne quindi interpretata codesta emissione di gaz come un prodotto di una prima decomposizione delle parti vegetali. Ora invece si è operato sopra piante vegetanti benissimo ed in condizioni normali, e con metodo anche più rigoroso di quello nsato da Boussingault; quindi si può concludere: Che le piante in vegetazione, esposte alla luce solare, emanano dell'idrogeno carbonato, Ma l'acqua raccolta nei tubetti tarati a cloruro di calcio, operando come precedentemente ho descritto, è dovuta tutta alla scomposizione ili idrocarburi, oppure in parte è dovnta alla presenza di idrogeno li- bero, pure emesso dalle piante ? Alla risoluzione di tale problema, ed anche alla determinazione precisa del principio idrocarbonato emesso, hanno avuto di mira le ri- cerche che qui sotto riporto, per le quali ho adoperato lo stesso appa- recchio già descritto; solo che, oltre ai due tubetti (Ac e Be) tarati e ripieni di cloruro di calcio, ne ho aggiunti due pure tarati (Ax e Bk) contenenti, potassa caustica ' ed ho determinato per ogni esperienza, col cambiamento del loro peso, la quantità di acqua formatasi contem- poraneamente a quella «del biossido di carbonio assorbito. Dalla quantità di acqua ed anidride carbonica, ho calcolato quanto idrogeno e quanto carbonio emettevano le piante. Ho stabilito pure * L'apparecchio completo è raffigurato nella Tavola I. È n ona — quanto metano potevo ottenere con la quantità trovata di carbonio; quanto idrogeno al massimo vi poteva essere nell'idrocarburo trovato e quindi quanto idrogeno libero al minimo rimaneva non combinato. Ecco il risultato delle esperienze che, a causa della stagione av- versa, dovetti interrompere ma che ripresi nella primavera del 1901: ESPERIENZA DEL 21 MaceIo 1901. Cielo vario, temperatura media 18 Ci. Sopra piante di Arum Colocasia. Durata dell’esperienza dalle ore 8 !/, alle 17. Tubo A% dopo l'esperienza! . . . gr. 45,4102 Tubo A% prima dell'esperienza . . , 45,4101 Differenza 00,0001 Tubo B% dopo l’esperienza? . . . gr. 33,0830 Tubo BX prima dell'esperienza . . , 33,0778 Differenza 00,0052 CO? assorbita — mmg. 5,2. Tubo Ac dopo l’esperienza ® . . . gr. 40,8520 Tubo Ac prima dell'esperienza . . , 40,8525 Differenza 00,0005 Tubo Be dopo l’esperienza! . . . gr. 41,9556 Tubo Be prima dell'esperienza . . , 41,940î Differenza 00,0155 H* 0 assorbita — mmg. 15,5. Ora si ha che in gr. 00,0155 di acqua formatasi vi sono di idro- geno in peso gr. 00,0017 giusta la proporzione seguente: ! Il tubo AX è tarato, ripieno di potassa e serve di controllo. ? Il tubo B% è tarato, ripieno di potassa e destinato ad assorbire tutto il biossido di carbonio che si forma al passaggio dell’aria per porpio di rame al calor rosso. (Vedi Tav. I.) ® Il Tubo Ac è tarato, ripieno di cloruro di calcio e serve per controllo. * Il tubo Be è tarato, ripieno di cloruro di calcio ed assorbe l'acqua che si forma al passaggio dell'aria (in eni hanno vegetato le piante) attraverso il tubo a combu- stione. SI in cui 18 rappresenta il peso di una molecola d'acqua (H*+=2; 0 ee 16), 2 rappresenta il peso molecolare dell'idrogeno contenuto in una mole- cola d'acqua (H") e 15,5 quello dell'acqua assorbita dal tubo Bc. Questo prodotto dunque di 1,7 ci dà la quantità in peso di idrogeno passato attraverso il tubo di ossido di rame. Di biossido di carbonio ne è stato assorbito dal tubo B% gr. 0,0052, ossia in peso di carbonio solo mmg. 1,4 giusta la proporzione: n 12X 5,2 44: 19::5,2:2 di 1,4 In cui il numero 44 rappresenta il peso della molecola del bios- sido di carbonio (C « 12, 0° = 32); il numero 12 il peso di un atomo di carbonio ed il numero 5,2 è la quantità di biossido di carbonio as- sorbita dai tubi a potassa. Ora quanto metano, ossia l’idrocarburo più ricco d' idrogeno in pro» porzione del carbonio posso ottenere con mmg. 1,4 di carbonio? Posso formare mmg. 1,8 di metano. Infatti: 19:16::1,4:02-— 2 = 1,8, In cui il numero 12 indica il peso di un atomo di carbonio, il nu- mero 16 il peso della molecola del metano (C — 12; H* + 4); il numero 1,4 è il peso del carbonio assorbito dal tubo 5 %. Mediante poi la seguente proporzione posso calcolare quanto idro- geno è in mmg. 1,8 di metano: 4 X 1,8 ibr4::1,8:0 = ie =% mmg. 0,4 è la quantità di idrogeno in peso che fa parte di mmg. 1,8 di CH'; infatti il numero 16 indica il peso della molecola del metano; il 4 è il peso dell'idrogeno di una molecola del metano (H‘— 4) e 1,8 è la quantità di metano che si può formare con 1,4 di carbonio. — Duuque ammettendo che l'idrocarburo che emettono le piante sia del metano (C H'), resta per questa esperienza dell'idrogeno libero. fra i gaz emessi ed in proporzione di mmg. 1,3 poichè: l'idrogeno totale emesso è . . .. . mmg. 1,7 l'idrogeno facente parte di 1,8 di CH‘. , 04 Idrogeno nor combinato con C, cioè libero, mmg. 1,3 n 99 — Escluso che il biossido di carbonio formatosi dopo la combustione sia dato da ossido di carbonio, io non saprei determinare questo idro- carburo emesso se non per metano, specialmente poi riandando anche ai risultati delle ricerche di Boussingault e a risultati miei, che riporto più avanti; ma in ogni modo sta il fatto, ed era il principale scopo delle mie ricerche, che cioè da questa prima esperienza mi risultava che fra i gas emessi dalle piante vegetanti in condizioni normali è dell’idro- geno libero, ed in quantità sensibile, perchè se invece del metano di cui io ho ammesso la presenza, senza potere con assoluta certezza di- mostrarlo, si trattasse di un altro idrocarburo (C* H° od altri della serie) otterrei nel risultato dei calcoli sempre maggiore quantità di carbonio in confronto dell'idrogeno trovato e di conseguenza risulterebbe di non poco aumentata la quantità di idrogeno libero. Infatti, supponiamo che invece di metano (C H*), sia dell’etano (C-H°) l’idrocarburo emesso dalle parti verdi delle piante sottoposte a questa prima esperienza, allora avremo che : RIO 24:30::1d:;g= O = LI, 1,7 è la quantità di etano che posso uttenere con 1,4 di carbonio. Il numero 24 ci rappresenta il peso del carbonio contenuto in una molecola di etano (C°= 24) ed il numero 30 il peso della molecola dell’etano (C°—24+H°—6= 30); 1,4 è la quantità di carbonio as- sorbita, e quindi: 6 X 1,7 30 30:6::1,7:x= = 0,3, 0.3 è la quantità di idrogeno che trovasi in 1,7 di etano. Il numero 30 è il peso della molecola dell’etano, il numero 6 è il peso di sei atomi di idrogeno facenti parte della molecola dell’etano; 1,7 è la quantità di etano possibile ad aversi con il carbonio assorbito. T/idrogeno totale emesso essendo 1,7 resterebbe idrogeno libero non combinato con carbonio 1,7- 0,3=1,4. La quantità dunque di idrogeno libero è aumentata supponendo che sia l’etano piuttosto che il metano l’idrocarburo emesso dalle parti verdi dei vegetali: questa quantità aumenta sempre per la stessa ragione qua- lora si supponga che sia qualche altro idrocarburo il gas emesso dalle piante insieme all’idrogeno libero. — 30 — Esperienza prL 23 Maooio 1901. Cielo sereno, temperatura media 19 (©... Sopra piante di Arum Colocasia. Durata dell'esperienza dalle ore 8', allo 17. Tubo A% dopo l'esperienza . . . gr. 63,3600 Tubo A% prima dell'esperienza . . , 63,3604 Differenza 00,0004 Tubo BK dopo l'esperienza. . . . gr. 70,6798 Tubo B% prima dell'esperienza . . , 70,6738 l Differenza 00,0065 | CO? assorbita — mmg. 6,5. L Tubo Ae dopo l'esperienza. . . . gr. 57,1810 Tabo Ac prima dell'esperienza . 57,1810 Differenza 00,0000 ' n Tubo Be dopo l’esperienza. . . . gr. 58,0206 Tubo Be prima dell'esperienza 58,0036 Differenza 00,0170 H°0 assorbita — mmg. 17,0. 2X 17,0 ; DI - miu Idrogeno passato pel tubo a PISA Lisi ii Sint nie rp X È 28 _ 05 Quatità di idrogeno per saturare mmg. 2; I “ n - metano, pi O ia EspeRIENZA DEL 24 Macro 1901. Cielo coperto, temperatura media 20 C.i. Con piante di Arum Colocasia. Durata dell'esperienza dalle ore 8 !/, alle 17‘... Tubo A% dopo l’esperienza . . . gr. 63,3501 Tubo 4% prima dell'esperienza . . , 63,3604 Differenza 00,0003 Tubo B7X dopo l’esperienza. . . . gr. 70,6849 I } g Tubo B% prima dell'esperienza . . ,» 70,6795 Differenza 00,0054 H°0 assorbita = mmg. 5,4. Tubo Ae dopo l’esperienza. . . . gr. 57,1818 Tubo Ac prima dell'esperienza . . , 57,1817 Differenza 00,0001 Tubo Be dopo l’esperienza. . . . gr. 58,0375 Tubo Be primà dell'esperienza . . » 58,0226 Differenza 00,0149 CO? assorbita = mmg. 14,9. Dec 14.9 roson 1,6 Idrogeno totale 1,6. 12X 5,4 ; 225° 1,4 Carbonio totale 1,4. AL 16 X 1,4 SAL 4 X 1,8 leer 1,4 Idrogeno che basta per saturare mmg. 1,8 di C H*. = 1,8 Metano che si può formare con 1,4 di C. Idrogeno libero mmg. 1,2. EspeRIENZA DEL 26 Maggio 1901. Cielo coperto, temperatura media 19 C.i. Con piante di Arum Colocasia. Durata dell'esperienza dalle ore 8 '/, alle 17. Tubo A% dopo l’esperienza. . . . gr. 63,3605 Tubo A% prima dell'esperienza . . , 63,3605 Differenza 00,0000 — 99 — Tabo Bk dopo l'esperienza. . . gr. 70,6922 | Tabo 2% prima dell'esperienza . . , 70,6850 Ditterenza 00,0072 CO? assorbita = mmg. 7,2. Tabo Ae dopo l'esperienza. . . . gr. 57,1818 Tubo Ac prima dell'esperienza . . , 57,1815 Differenza 00,0003 Tubo Be dopo l'esperienza. . . . gr. BS,OS5II Tubo Be prima dell'esperienza . . , 58,0375 Differenza 00,0133 H?0 formatasi — mmg. 13,3. 2 X 13,3 12X 7,2 a 16X19 4X 2,5 È È La Go =19 tt 2,5 io = ] Dall'idrogeno totale 1,4 sottraendo 0,6 ne rimane sempre di idro- geno libero 0,8. Esperienza DEL 27 Macario 1901. Cielo coperto, temperatura media 19 C.. Con piante di Arum Colocasia. Durata dell'esperienza dalle ore 8 */, alle 17. Tabo A% dopo l’esperienza. . . . gr. 63,3606 Tubo A% prima dell'esperienza . . , 63,3607 0 Differenza 00,0001 Tubo B& dopo l'esperienza. . . . gr. 65,9140 Tubo B% prima dell'esperienza . . , 65,9086 Differenza —00,0054 CO? assorbita — mmg. 5,4. AE)! —— _ _—’‘1ubo Ac dopo l’esperienza . Me gr. 87,1818 , bo Ac prima dell’ esperienza nie C» 371818) È wo; ® Differenza “ 00,0000 — 39 — Tubo Be dopo l’esperienza . er. 55,4255 Tubo Be prima dell'esperienza » 55,4085 Differenza 00,0170 H° O assorbita — mmg. 17,0. BExk7,0 bBEX 5.4 16 X 1,4 4 X 1,8 —— — 8 DI __ +5 ——T ——T_= 9 —— ) "i IS I. ANO det ha 12 POLAT RS Idrosenottotale Moment 05, mme: 1,8 Carboniertotale tt ae 3 1,4 Di metano se ne può formare solo 1,8. Di idrogeno libero almeno 1,8 —04=mmg. 1,4. EsPERIENZA DEL 28 Macro 1901. Cielo sereno, temperatura media 20 Ci. Con piante di Arum Colocasia. Durata dell'esperienza dalle ore 8 !/, alle 17. Tubo A% dopo l’esperienza. . . .- gr. 63,3606 Tubo A% prima dell’ esperienza s 63,3606 Differenza 00,0000 Tubo B% dopo l’esperienza. . . . gr. 65,9207 Tubo B7 prima dell’ esperienza 659139 Differenza 00,0068 CO? assorbita — mmg. 6,8. Tubo LAc dopo l’esperienza . ora) Tubo Ac prima dell’ esperienza AO BILIE Differenza 00,0002 Tubo Bc dopo l'esperienza. . . . gr. 55,4263 Tubo Be prima dell’ esperienza . . , 55,4100 Differenza 00,0163 H? 0 assorbita — mmg. 16,3. 300169. | 1F\CORPt SOTOne BO Ea de 1 “1 pedi TRAE, 9 774 gt 1,8 H totale emesso . mmg. 1,8 — 0,6 Che Di Poe IK. 1,9 CH* possibile. . , 2,4 H libero almeno . ., 1,2 > Atti dell’ Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII. Sa) a Esperienza peL 30 Magoso 1901, Cielo sereno, temperatura media 21 €. Con piante di Arum Colocasia. Durata dell'esperienza dalle ore 8 '/, alle Tubo A% dopo l'esperienza. gr. 63,3605 Tubo A% prima dell'esperienza . , 63,3601 Differenza 00,0004 Tubo 8% dopo l’esperienza . gr. 65,9275 Tubo B& prima dell'esperienza - 55,9203 l Differenza 00,0072 CO? assorbita — mmg. 7,2. Tubo Ae dopo l’esperienza . gr. 57,1820 Tubo Ac prima dell'esperienza s 57,1814 Differenza 00,0004 Tubo Be dopo l'esperienza. gr. 55,4415 , Tubo Be prima dell'esperienza - 55,4270 i Differenza 00,0145 H?O assorbita — mmg. 14,5. IX 145 Lg 12X72_,g 16X19_og 4X85 i cai a 1,6 Vena 1,9 pere 16 hl 1,6 H totale emesso . mmg. 1,6 — 0,6 CC, . » 19 10. CH' possibile. . , 2,5 © H libero almeno . , 1,0 Esperienza DEL 31 Maggio 1901. l'esperienza. . . . Con i Durata ia a dalle ore 8 */, alle 17. Ak dopo Ak prima dell’ esperienza e gr agita i “e 13603 DI e lea Tubo B7 dopo l'esperienza. . . . gr. 65,9322 Tubo BX prima dell'esperienza . . . 65,9277 Differenza 00,0045 CO? assorbita = mmg. 4,5. Tubo Ac dopo l’esperienza. . . . gr. 57.1825 Tubo Ac prima dell'esperienza . . , 57,1823 Differenza 00,0002 Tubo Be dopo l’esperienza. gr. 55,4511 Tubo Be prima dell’ esperienza n DIA410 Differenza 00,0101 H°O assorbita — mmg. 10,1. IXI10A | LEX wAMI 18 i da 12 ; 16 TSI H totale emesso . mmg. i,l 2 Q:g @uen 1 MPS] Rd ea 0,8 CESSpossibie rese o H libero almeno . , 0,8 EsPERIENZA DEL 2 Giueno 1901. Cielo vario, temperatura media 22 C.i. Con piante di Buxus chinensis. Durata dell'esperienza dalle ore 8 !/, alle 17. Tubo A% dopo l’esperienza. . . . gr. 65,9325 Tubo A% prima dell’ esperienza . . . 65,9325 Differenza 00,0000 Tubo B% dopo l’esperienza. . . . gr. 63,3667 Tubo B% prima dell'esperienza . . , 63,3607 Differenza 00,0060 CO? assorbita — mmg. 6,0. Tubo Ae dopo l’esperienza. . . . gr. 55,4515 Tubo Ae prima dell'esperienza sn 55,4512 Differenza 00,0003 — 36 — Tabo Be dopo l'esperienza. . . . gr. 57,1958 Tubo Be prima dell'esperienza . . , 57,1825 Differenza 00,0138 H*O assorbita — mmg. 13,3. 2 X 13,3 12 X 6,0_ 16 1,6 4 X 2,1 ts: TS = 1,4 rr =" L0 12 i di 16 0,5. 1,4 H totale emesso . mmg. 1,4 — 0,5 dat . ED 0,9 CH' possibile . a; cu RE H libero almeno . , 0,9 Esperienza DEL 3 Givoxno 1901. Cielo vario, temperatura media 24 C.'. Sopra piante di Huzus chinensis. Durata dell'esperienza dalle ore 8 *, alle 17, Tubo A% dopo l'esperienza. . . . gr. 65,9328 Tubo A% prima dell'esperienza . . , 65,9326 Differenza 00,0002 Tubo B% dopo l'esperienza. . . . gr. 63,3721 Tubo B&% prima dell'esperienza . . . 63,3669 Differenza 10,0052 CO? assorbita — mmg. 5,2. Tubo Ac dopo l'esperienza. . . . gr. 55,45180 Tubo Ac prima dell'esperienza . . 0, 55,4520 Lg Differenza 00,0002 Tubo Be dopo l'esperienza. . . . gr. 57,1953 Tubo Bc prima dell'esperienza . . , 57,1830 Differenza 00,0123 H?0 assorbita — mmg. 12,3. : 2 X 12,3 12 12 X 5,2 5,2 16 x 16 X1,4 _ — 8 = 1,8 cera = 1,4 19 IXLE 3 1,3 H totale emesso . mmg. 1,3 SERA 0 ad Ai dA E __ 09 CH* possibile . . = 18 , H libero almeno . , 0,9 «A Esperienza DEL 9 Giueno 1901, Cielo vario, temperatura media 23 C.ì. Con piante di Buxus chinensis. Durata dell’ esperienza dalle ore 8 !/, alle 17. Tubo A% dopo l’esperienza. . . . gr. 65,9320 Tubo A% prima dell’ esperienza . ..,, 65,9320 Differenza 00,0000 Tubo B% dopo l’esperienza. . . . gr. 63,3729 Tubo B7 prima dell'esperienza . . , 63,3670 Differenza 00,0059 CO? assorbita = mme. 5,9. Tubo Ac dopo l’esperienza. . . . gr. 55,4525 Tubo Ac prima dell'esperienza . . , 55,4529 Differenza 00,0004. Tubo Bc dopo l’esperienza. . . . gr. 59.0259 Tubo Be prima dell'esperienza » 59,0149 Differenza 00,0110 H?® 0 assorbita — mmg. 11,0. 2*%11,0 eo Lean 4X 2,1 Da È) cel 2 LAN , SD 16 bce ra cs e x , 18 ; A4 € 12 ci 16 12 H totale emesso . mmg. 1,2 d, 0,5 C ” ) ” 1,6 0,7 CHecpagsibilet. >, 21 H libero almeno . , 0,7 EsPERIENZA DEL 10 Giueno 1901. Cielo vario, temperatura media 24 (i. Con piante di Canna indica var. Durata dell'esperienza dalle ore 8 !/, alle 17. Tubo 4% dopo l’esperienza. . . . gr. 65,9325 Tubo 4% prima dell’ esperienza n 165,9821 Difterenza 00,0004 — BB — | Tubo B% dopo l'esperienza. . . . gr. 63,6780 ì Tabo BK prima dell'esperienza ., ., 63,3752 : ; Differenza 00,0048 (0° assorbita + mmg. 4,5. 'l'ubo Ae dopo l'esperienza. . . . gr. 56,4629 Tubo Ac prima dell'esperienza . . , 55,4533 e Differenza 00,0004 u Tubo e dopo l'esperienza. . . . gr. 59,0364 Vi Tubo Be prima dell'esperienza 59,0257 * Differenza 00,0107 Y_ H?0 assorbita — mmg. 10,7. s BXI0T 4 1IX48 1, 16X13_ 4A X 1,7, 2006 To i 1,3 - 17 7 = 1,1 H totale emesso . mmg. 1,1 ì — 0,4 Ge... nic a 0,7 CH* possibile. . , 1,7 #3ji H libero almeno . , 0,7 s Esreniesza pei 12 Givoso 1901. temperatura media 22 04. È CI esperienza dall ore 8*, alle 17. ) dopo l'esperienza. . . . gr. 3 AL prima dell'esperienza selce Sale; Lo A199 Tubo Be dopo l’esperienza. . . . gr. 59,0285 Tubo Be prima dell'esperienza . . ,, 59,0150 Differenza 00,0135 H?°O formatasi= mmg. 13,5. 2 ,D LIE6:9 PAR 1,8 4X 2,4 e pre e oe 18 AL 12 16 C in combinazione con idrogeno emesso mmg. 1,8 195 H totale emesso . mmg. 1,5 — 0,6 CH* possibile. . , 2,4 0,9 H libero almeno . , 0,9 EsPERIENZA DEL 14 Gruexno 1901. Cielo coperto, temperatura media 21 C.. Con piante di Canna indica. Durata dell’ esperienza dalle ore 8, alle 17. Tubo A% dopo l’esperienza. . . . gr. 65,9325 Tubo A% prima dell'esperienza . . , 65,9327 Differenza 00,0002 Tubo B% dopo l’esperienza. . . . gr. 63,3909 Tubo B% prima dell'esperienza . . , 63,3855 Differenza 00,0054 CO? assorbita — mme. 5,4. = È) Tubo Ac dopo l’esperienza. . . . gr. 55,4505 Tubo Ac prima dell'esperienza . . , 55,4501 Differenza 00,0004 Tubo Be dopo l’esperienza. . . . gr. 59,0427 Tubo Bc prima dell'esperienza . . ., 59,0280 Differenza 00,0147 H?0 assorbita — mmg, 14,7. 2 X 14,7 12 X 5,4 16 X 1,4 4 X 1,8 penali 1,6 Sa i SII (ph 18 a dd ns 12 De 16 ; C in combinazione con idrogeno emesso mmg. 1,4 1,6 H totale emesso . mmg. 1,6 — 0,4 CH* possibile. . , 1,8 1,2 H libero almeno . ., 1,2 sia Cone ese ira i — AU Quadro rinssuntivo. (Esperienze fatte con Arum Colocasia, Buxus chinenzia e Canna indica.) co Cin 1901 (Tempe.| H'O H CE |somblen LE Du- || Cielo | prodot. alenà Data | ratura formatasi tosi libero | possibile osa T totale bri 21 Magg.| 180 vario 16,6 bg 1,3 ls 1,4 1° 3"l 2. 1 sereno. 17,0 6,6 1,3 2,2 1,7 1,8 à % . (20, coperto’ 149 5A 1,2 18 14 1,6 (9 26 0, ì 13,3 7,2 . 08 9,5 1,9 1,4 6} 27 19, si 17,0 oi 14 1,8 1,4 1,8 d | 28. 20 . sereno 16,3 6,8 1,2 24 1,8 1,3 ca | 30 dI 14,5 72 1,0 2,5 1,9 1,64402 | 81 N 10,1 4,5 0,8 1,2 1,2 RO | 2 Ging.| 22 , vario 13,3 6,0 0,9 2,1 1,6 1,4 3. I | 8. |M Ù 19,3 52 | 09) 18 14 L3. E | | 9 23 3 11,0 59 | 071 21 1,6 19 |. | io. (24; x 10,7 4,8 0,7 I, 1,3 Li fe | 12. 2, . 13,5 69 | 09 24 1,8 RM 14 . 21. coperto 14,7 5,4 1,2 1,8 1,4 1,8 Sa | Dai risultati di queste esperienze tutti concordanti fra di loro, parmi si possa concludere che le piante esposte alla luce solare emettono del gaz idrogeno libero e dell'idrogeno combinato a car- bonio. DI eu Oltre al metodo ora descritto, mi sono valso anche di diversi altri, allo scopo di accertarmi sempre più della presenza di idro- geno nell'aria emessa dalle piante e poter dare maggior valore a quanto io supponevo riguardo la genesi della formaldeide. Così Jaeger * ha proposto l’anno scorso un ingegnoso apparecchio per la determinazione volumetrica dell'idrogeno, del metano e dell'azoto ' Jaronr Ed., Zestschrift fiir angerandte Chemie, n.* 8, 1899, p. 173; ed in Pourrsc, Les nouveantés chimigues pour le 1900, Paris 1900, MATA nelle miscele di gaz, per mezzo di combustioni frazionate, ed io mi sono pure servito di esso ottenendo risultati soddisfacentissimi. Tl detto apparecchio ! consiste in una buretta graduata a cavità in- terna piccola, con divisioni sottili ed a doppie pareti (vedi 7, fig. 3, Tav. II) in modo da poter circondarla d’acqua e mantenere una tem- peratura quasi costante; la buretta è divisa nei primi centimetri in decimi di centimetro cubo. Questa buretta è in comunicazione per mezzo di tubo di gomma, con un recipiente contenente acqua; recipiente che, alzato od abbassato, produce pressione od aspirazione nell’interno della buretta. A questa si aggiunge un piccolo tubo da combustione di vetro di Jena difficilmente fusibile; le estremità di questo piccolo tubetto sono terminate (vedi fig. 5, Tav. II) per un foro capillare (N) da una parte, un foro largo invece dall'altra (3), destinato quest’ ultimo a permettere l'introduzione dell’ossido di rame. Questo tubo riempito di ossido di rame riposa sopra un, piccolo forno (A, fig. 3) scaldato per mezzo di un becco a gaz. Il forno è munito di un piccolo termometro (7) diviso in 270° gradi C.' Il bulbo di questo termometro si pone in fianco al tubo di combustione e segna la temperatura di quest’ultimo. Il tubo a combustione è messo in comunicazione da una parte con la buretta e dall’altra con una pipetta di Hempel (V, fig. 3). Il tubo di gomma, che riannoda la pipetta al tubo contenente l’ossido di rame, e quello che unisce il vetro infusibile alla buretta, sono muniti di legature fatte con filo di rame sottile. L'apparecchio l'ho usato nel seguente modo: per mezzo di cam- biamento di livello della boccia mobile, ho riempito la buretta coll’aria che volevo studiare, poi ho letto quanti gradi segnava ad una deter- minata pressione, indi ho portato il tubo di ossido di rame alla tempe- ratura costante di 250 gradi e ho fatto passare lentamente l’aria rac- colta nella buretta, attraverso l’ossido di rame per due o tre volte, servendomi per ottenere ciò sempre del cambiamento di livello fra la buretta e la boccia mobile. Se vi è dell'idrogeno, dopo tre o quattro volte, esso è tutto fissato dall’ossido di rame ; lasciando raffreddare il tubo a combustione, e ri- portando l’atmosfera imprigionata alle primiere condizioni di tempera- tura e pressione, si torna a leggere il volume occupato da essa; se questa è diminuita è segno che l’aria conteneva dell'idrogeno. Levando in seguito il termometro e portando il tubo di combustione al calor rosso, se nell'aria che si studia vi è del metano, questo si fis- ! L'apparecchio è messo in commercio dalla Ditta Z'eters e Rost di Berlino. 12 — serà e darà un'altra diminuzione di volume facilmente leggibile sopra le fini divisioni della buretta Per raccogliere l’aria dove ricercavo i principi idrogenati, mi ser- vivo «di una campana a perfetta tennta, colla quale coprivo le piante (vedi Tav. II, fig. 2), che per lo più erano all'aperto in piena terra ed in forte vegetazione, in modo che le foglie riempissero quasi totalmente il vano della campana. Lai campana portava alla sua estremità superiore un tubo con ru- binetto che aprivo quando facevo la presa d'aria direttamente colla buretta per mezzo di aspirazione (fig. 2, /G). Per togliere il dub- bio che i risultati potessero essere alterati da emanazioni provenienti dlal suolo, per mezzo di mastice e lastre di vetro sulle quali riposava la campana, isolavo completamente le parti verdi delle piante in esame ilal terreno. I risultati ottenuti esperimentando con l'apparecchio a combustione frazionata sono ì seguenti: Esrerienza DEL 4 Givoxo 1900, Con Lactuca Scariola in forte vegetazione. Cielo sereno, temperatura 24 (0. L'aria della campana dove vegetava la pianta era confinata da 14 ore (dalla 18 '/, del 3 Giugno alle $', del giorno successivo). Volume d’aria aspirata cc. 100. Portato il tubo con ossido di rame al calor rosso ho ottenuto: Diminuzione di volume dopo l’esperienza ce. 0,5. ESPERIENZA DELLO STESSO GIORNO. Senza piante (in bianco). Durata dell'esperienza dalle ore 12 alle 18. Aria aspirata cc. 100. Dopo l’esperienza la diminuzione di volume è stata pressochè im- percettibile. ESsrERIENZA DELLO STESSO GIORNO. Aria confinata con Lactucea Scariola. Esperienza dalle ore 10 alle 17 '/.. Ho fatto l’esperienza portando prima il tubo di ossido di rame alla temperatura costante di 250 gradi, poi al calor rosso. . — 43 — Dopo aver fatto passare 100 cc. dell’aria confinata, diverse volte attraverso il tubo a combustione mantenuto alla temperatura costante di 250 gradi, ho avuto la diminuzione di ce. 0,4 in volume; questa di- minuzione segnerebbe appunto presenza di idrogeno libero. Portai poi al calor rosso l’ossido di rame, e quella stessa aria fatta passare ancora diverse volte attraverso l’ossido ha segnato pure dimi- nuzione del primitivo volume, (ad eguale pressione), di cc. 0,3, il che indicherebbe appunto la presenza di metano o di altri idrocarburi che si trovavano nell’aria confinata. Esperienza DEL 5 Grugno 1901. Cielo sereno, temperatura media 23 Ci. Con piante di Lactuca Scariola. Aria confinata dalle ore 17 !/, del giorno 4 alle ore 10 del giorno 5. Cu0 a 250° gradi diminuzione di volume ce. 0,3 Cu0 al calor rosso 7 di n 0,4 ATIAFISDINA VON n n E 1 LO0:0 EsPERIENZA DEL 5 Grueno 1901. Aria confinata con Carthamus tinctorius dalle ore 10 alle 16 del giorno 5. Cn a 250° gradi diminuzione di volume cc. 0,5 Cu0 al calor rosso È ” A 0,4 Aria aspiratao .., 18 | Verbascum Thapsus | 04 | 0,5 | | 5 A RE i e » |2 |Statice Limonium >» | 00 005| | | & È 21 Ret) È \3 | Zolpis barbata | 02 02 | Bis 209 e È 1925 | Solanum Giveguensit Ni 04°) (033: | Il metodo col quale ho ottenuto gli ultimi risultati sopra descritti, certo non ha il valore di quello che ha servito per le mie prime ricer- che, specialmente per la minore sensibilità ed esattezza; anch'esso però conferma i risultati avuti prima. La diminuzione di volume non varia molto tra pianta e pianta, ma sibbene per il numero delle ore durante le quali l’aria sta confinata entro la campana. Questo metodo non ha gran valore, io credo, per stabilire quanti- tativamente con esattezza i principi idrogenati di cui si va in cerca, ia ee _ (A 6 — come pure non stabilisce se nella miscela dei gaz su cuni si opera vi sia del metano piuttosto che altri idrocarburi, * ma è certo di grande utilità per poter distinguere l'idrogeno libero, quando questo è mesco- lato con altri gas idrogenati. La sua facile applicazione agevola molto le ricerche di tale na- tura e lo credo destinato a rendere notevoli servizi alla fisiologia ve- getale, Ho voluto pure continuare le ricerche con un altro metodo, pro- posto recentemente da Hempel per il dosaggio dell'idrozeno ed avendo con esso pure ottenuti risultati confermanti i precedenti, credo per ciò utile riportare quanto ho ottenuto. Hempel ha proposto per la determinazione dell'idrogeno di servirsi della nota proprietà che ha il palladio di assorbire il gaz idrogeno, Perchè la reazione avvenga alla temperatura ordinaria, la spugna di palladio deve essere ossidata; con pochissimi grammi (4 o 5) di spugna di palladio ossidato, contenuto in un tubo di vetro si possono eseguire moltissime determinazioni. Per le mie ricerche ha molta importanza il fatto che, con le mescolanze di idrogeno, gaz delle paludi ed aria, si ha la sola combustione dell'idrogeno purchè si abbia cura che il pal- ladio nella reazione non si riscaldi di troppo. Finchè la temperatura del tubo non oltrepassa i 100 gradi non è a temersi che il metano sia menomamente intaccato. In grazia di questa proprietà è possibile quindi, anche con questo metodo, stabilire se in nna atmosfera vi è dell'idro- geno, e se esso è libero 0 combinato con altri corpi. Valendomi di queste proprietà importanti del palladio, ho operato nel seguente modo : L'aria tolta da campane diligentemente chiuse ed isolate dal ter- reno, nelle quali per del tempo avevano vegetato delle piante, la pri- vavo dei gaz facilmente assorbibili dai soliti reattivi noti, servendomi specialmente di cloruro rameoso ammoniacale. In modo che mi rimaneva in quest'aria solo dell'azoto, dell'idrogeno e del metano od altri idrocarburi, dato che ve ne fossero. Allora costrin- gevo a passare quest'aria, misnrata per mezzo di apposita buretta (Tav. II, * Benchè l’autore proponga quest'apparecchio per la ricerca dell'idrogeno libero e-del metano in miscele di gas ed azoto, io credu che il suo valore consista solo nel potere, mediante la differente temperatura, stabilire la presenza di idrogeno libero anche in miscele di idrocarburi, senza stabilire però di quale natura siano questi ultimi, RSI 7 rs fix. 2), attraverso un tubo ad |) rigonfiato nel centro (Tav. II, fig. 4), contenente dai 4 ai 5 gr. di ossido di palladio spagnoso.! tubo che col- locavo in bagno maria alla temperatura costante di 95 gradi. Questo grado di temperatura deve servire prima a bruciare i residui di altri gaz, che si trovano in quest’aria, e poi ad impedire che la temperatura del palladio si alzi troppo quando l'idrogeno viene assorbito dall’ossido. Il tubo ad |) contenente palladio è attaccato con diligente chiu- sura ad una pipetta. L'aria è fatta passare due o tre volte per il tubo di palladio e, se vi è dell'idrogeno, esso è tutto assorbito. Cambiando l’acqua calda, in cui è immerso il tubo ad {YJ, con acqua fredda, mi- suravo il volume che aveva ora l’aria in esame e notavo la diminuzione, In tale operazione, volendo fare una ricerca quantitativa, bisogna tener conto dell’aria introdotta nella mescolanza per il tubo a palladio ; questo volume è conosciuto una volta per sempre. Per conservare all’ossido di palladio le sue proprietà assorbenti, si fa passare nel tubo una corrente d’aria, ciò che determina una pro- duzione di vapor acqueo con sviluppo di calore, si toglie il metallo dal tubo e lo si calcina in crogiuolo, in modo da ossidarlo di nuovo superficialmente; così lo stesso palladio può servire ad un numero grande di esperienze. Anche con questo metodo i risultati ottenuti sono stati abbastanza soddisfacenti; risultati che qui riporto per intero: EspeRIENZA DEL 14 Giueno 1901. > Cielo coperto, temperatura 21 C.i. Aria confinata dalle 11 '/, alle 15 con piante di Mentha crispata. Sopra ce. 100 contrazione ce. 0,2. EsPERIENZA DEL 16 Gruono 1901. Cielo vario, temperatura 20 C.i. . Aria confinata dalle ore 16 del giorno 15 alle 11 del giorno 16 con piante di Arum Colocasia. 100 cc. di aria, contrazione ce. 0,4. ! Giova notare però che a me si è mostrato spesso più attivo il nero di palladio, preparato mediante riduzione del cloruro di palladio con l'alcool in soluzione forte- mente alcalina, piattosto dell'ossido di palladio preparato con il palladio portato al calor rosso. ® Le parti verdi sotto la campana sono isolate dal terreno per mezzo di lastre di vetro; e le esperienze sono state fatte per la massima parte sopra piante viventi in piena terra ed all'aperto come è figurato nella tav. II, ; 4° Esrerigxza DeL 17 Givoxo 1901 Cielo, il giorno 16 coperto, sereno il 17, temperatura 19 C.', Aria confinata dalle ore 11 del giorno 16 alle 11 del 17 con piante di Arum Colocasia. 100 ce, d'aria, contrazione cc. 0,5. Esreniexza DeL 18 Givoxo 1901. Cielo sereno il 17, coperto il 18, temperatura 20 0, Aria confinata dalle ore 11 del giorno 17 alle 10 del 18 con piante di Arum Colocasia. 100 cc. «di aria, contrazione ce. 0,5, Esperienza DEL 19 Givoxo 1901. Cielo coperto il 18 e 19, temperatura 20 C.'. Aria confinata dalle ore 10 del giorno 18 alle 11 «del 19 con piante di Arum Colocasia. i 100 ce. di aria, contrazione cc. 0,6. Esperienza DEL 20 Giuoxo 1901. Cielo coperto il 19, sereno il 20, temperatura 21 0. Aria confinata dalle ore 11 del giorno 19 alle 10 del giorno 20 con piante di Kalla Etiopica. 100 ce. di aria, contrazione ce. 0,4. EspreriENzA DEL 27 Givoxo 1901. Cielo vario il 26, sereno il 27, temperatura 22 0. Aria confinata dalle ore 11 del giorno 26 alle ore 11 del 27 con piante di Polygonum Sieboldi. 100 ce. di aria; contrazione cc. 0,4. LI Esperienza DEL 28 Givaono 1901. Cielo vario, temperatura 23 C.'. Aria confinata dalle ore 8 '/, alle 17'/, dello stesso giorno con piante di Poligonum Sieboldi. 190 cc. di aria, contrazione cc. 0,3. — 49 —. EsPERIENZA DEL 30 GIuxo 1901. Cielo coperto, temperatura 24 C.. Aria confinata dalle 9 alle 17‘/, dello stesso giorno con piante di Rheum. 100 ce. di aria, contrazione ce. 0,4. EspeRIENZA DEL 2 LueLio 1901. Cielo vario, temperatura 23 C.ì. Aria confinata dalle ore 8 !/, alle 17!/, dello stesso giorno con piante di R/ewm. 100 ce. di aria, contrazione cc. 0,4. EsPERIENZA DEL 4 LueLio 1901. Temperatura 23 Ci. Aria confinata in campana senza piante dalle 8 ‘/, alle 15 !/,. 100 ce. di aria, contrazione pressochè insensibile. Riassunto delle esperienze col Palladio. * | i | | | Volume | | 7 x | È ll Data Tempe Cielo ‘Durata! Piante d’aria Contra | ratura I | primitivo | zione nn Hi PS: rr VE. l 14 Giugno 21°C., coperto 3!/, Mentha crispata | 100 ce. | 9;2 | MI5-16. . 1200 _ vario 19 ' Arum Colocasia | RVIRII MROL II | 16-17 , |19° , \coperto-sereno| 24 | , È OCA | 0,6 | 17-18, 20° , |sereno-coperto 23 È ì MESSE: | 05 18-19 , |20° , coperto | A AR CA Sile nr 0,6 | 19-20 , 21°, coperto-sereno| 23 | JaMa Etiopica PRETE 0,4 | 26-27 , 22° . vario-sereno | 24 |Polygonum Sieboldii , » 0,4 DAN |:28° . vario I 9 o; H lari 0,3 30 n» |24°, coperto | 8a] Rheum REP 0,4 2 Luglio, Corn, vario | 9 ”» » » 0,4 Cd dana Dee _ i senza piante SAS 0,0 * Il tubo ad ossido di palladio, come in tutte le esperienze successive, è stato man- fenuto durante il passaggio dell’aria da analizzare alla temperatura costante di 95 gradi. Atti dell’ Ist, Bot. dell’ Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VII 4 tele 50 Oltre a questo metodo, proposto da Hempel, ho esperimentuto anche quello di Winkler, il quale preferisce di impiegare l'amianto palladiato nulla spugna di palladio, Il suo apparecchio è semplicissimo, e si opera facendo passare il gaz attraverso un tubo capillare, curvato ad angolo retto alle due estremità, entro il quale si introduce senza pressione un filo d’amianto impregnato di palladio finamente diviso; il tubo capillare è riscaldato dall'esterno e ad una temperatura non inferiore ai 60 gradi, perchè pare che d'idrogeno misto con aria, non venga ossidato dal pal- ladio al di sotto di questa temperatura. T risultati ottenuti con questo apparecchio * sono stati pressochè eguali a quelli avuti coll'apparecchio di Hempel, e non credo quindi conveniente riportare qui le singole esperienze fatte in proposito; solo noterò che la diminuzione di volume avuta per il passaggio del gaz dal tubo con l'amianto palladiato mi è quasi sempre risultata meno marcata di quella avuta colla spugna di palladio ossidato. La contrazione però di volume è sempre stata sensibile, e questa mancava, o quasi, se sotto la campana non vi erano piante in vegetazione. Il che dimostra chiaramente come la contrazione avvenuta, rivela un gaz scomparso dopo la combustione; gaz che manca quando non trovansi le parti verdi di piante in vege- tazione sotto la campana. I questo gaz non può essere altro, in questo caso, che idrogeno libero. Ri Diverse prove ho poi tentato con eundiometri, specialmente allo scopo di meglio studiare la natura del principio idrogenato che accompagna nell'emissione l'idrogeno libero; queste prove però non mi hanno dato finora risultati sufficienti per concludere qualche cosa di certo sopra la precisa specie dell'idrocarburo; mi hanno però confermato in gene- rale la presenza di idrogeno nell'aria confinata per delle ore con delle piante in vegetazione. Per queste esperienze mi sono servito di diverse forme di eudio- metri e ne ho fatto anche costruire appositamente alcuni a lume stret- tissimo e di tubo assai lungo per rendere maggiormente sensibile la contrazione di volume dopo lo scoppio della scintilla, ma l'apparecchio che meglio mi ha servito è stato quello proposto recentemente * da * Fabbricato dalla Ditta Peters e Rost di Berlino. * L. M. Dexsis et G. C. Horxiss, The Analyst. Avril, pag. 106, 1899, SEME Dennis e Hopkins per il dosaggio dell’ossido di carbonio, del metano e dell'idrogeno in mescolanze gazzose. ! Esso consiste in una boccia di vetro (Tav. II, fig. 1) abbastanza grande, che da una parte lascia passare nel sno interno, per mezzo di un tappo di gomma forato, due fili di rame che sono riuniti insieme con una piccola spirale in platino; ad una estremità la boccia comunica con tubo capillare ad S, ‘e dall'altra con tubi di gomma, ad un serbatoio di mercurio (0, fig. 1) avente l’ufficio di pompa. Come apparecchio di mi- sura mi sono servito di una buretta (fig. 1, B) eguale a quella già de- scritta per l'apparecchio Jaeger. Una quantità misurata dell’aria confi- nata per diverse ore con parti verdi vegetanti di piante, la introducevo nella buretta (B); per mezzo di dislivello producevo il vuoto nell’ eu- diometro. Stabilivo allora un contatto elettrico per mezzo di accumulatori e renlevo così incandescente la spirale di platino che è unita con due fili di rame; allora, aprendo con cautela apposito rubinetto, facevo passare l’aria che era contenuta nella buretta, nella boccia della pipetta colla velocità di circa 10 a 20 centimetri cubi per minuto. Se vi era dell'idrogeno, doveva aver luogo una combustione con relativa di- minuzione di volume dell’aria contenuta nella pipetta. Con questo metodo ho sottoposto varie volte all'osservazione diverse quantità di aria stata confinata con piante in vegetazione. Non riporto il risultato dettagliato di ogni esperienza perchè esse non fanno che riconfermare quanto ho trovato e descritto fin'ora. Come risultati ho avuto che, un dato volume di aria confinata, privata, mediante lavaggi con potassa, di biossido di carbonio, e poi sottoposto alla manipolazione sopra descritta, diminuisce quasi sempre di volume. Questa contrazione mi indica quindi la presenza nell’aria analiz- zata di gas combustibili. Il gas rimasto dopo la combustione, assoggettandolo ad assorbi- menti con potassa in tubi tarati, aumenta il peso di questi e dimi- nuisce il suo volume, il che mi indica che durante la combustione si è formato del biossido di carbonio. La contrazione constatata dopo la combustione non è doppia del volume di biossido di carbonio trovato (allora sarebbe facile la deter- minazione del metano); ma è maggiore. Anche queste esperienze eudiometriche dunque non hanno fatto che confermare le precedenti, e cioè che fra i gas emessi dalle piante vi è certamente dell'idrogeno più un idrocarburo che con tutta proba- bilità è del metano. ! Anche questo apparecchio è stato costruito dalla Ditta Peters e Rost di Berlino. e - A tali esperienze devo pure aggiungerne nn'altra da me ideata, ba- sata sopra la proprietà del cloruro di palladio * di essere ridotto a freddo dall' idrogeno, il quale usato opportunamente costituisce, a me sem- bra, un prezioso reagente per riconoscere l'idrogeno mescolato con altri gas. Ho condotto l’esperienza nel seguente modo: constringevo a passare, durante alcuni giorni e per mezzo di aspiratori, l'aria di una campana (A, tav. III), a tenuta, dove vegetavano piante, attraverso un tubetto contenente del cloruro di palladio, granuloso (C, tav. III); l'aria, prima di entrare entro la campana delle piante era privata dei principi idro- genati mediante passaggio di essa attraverso un tubo di ossido di rame portato al color rosso (fig. O, tav. III), precisamente come nelle espe- rienze precedenti già descritte. L'aria aspirata che aveva attraversato il tubetto con cloruro di palladio, la facevo gorgogliare in una solu- zione di nitrato di argento (fig. N, tav. IV), il quale mi doveva servire a svelare la presenza di acido cloridrico formatosi per la riduzione del cloruro di palladio operata a freddo dall’idrogeno, dato che questo gas facesse parte dell'atmosfera aspirata. L'acido cloridrico, come è noto, in contatto di nitrato d’argento forma precipitato di cloruro d’argento solubile in ammoniaca ed insolubile in acido nitrico. Le esperienze fatte con tale apparecchio sono state poche a causa della stagione troppo inoltrata (novembre) e quindi sfavorevole a tale sorta di osservazioni; però come risultato di esse ho sempre avuto la riduzione del cloruro di palladio, che mi dimostrava la presenza di idrogeno nell'aria aspirata, venendomi così sempre più a confermare i risultati più completi ottenuti cogli altri esperimenti. Siccome poi questo metodo è dei più semplici, esso ha importanza specialmente perchè può essere alla portata di tutti e quindi un facile controllo ai risultati da me ottenuti. bla "1 CONCLUSIONE. Da quanto fin qui ho descritto risulta dunque, in modo certo, che le piante esposte alla luce solare emettono durante la loro vegetazione dell'idrogeno libero e dell'idrogeno carbonato; in quanto a quest'ul- timo gas, con tutta probabilità esso é del metano ; dalle mie esperienze però ciò non risulta in modo assoluto. Sta il fatto che i risultati delle pe” "e osservazioni di BoussixcauLT ! concludono con sicurezza per l'emissione di questo principio dai vegetali esposti alla luce solare, e che Ma- QUENNE, 2 dopo le sue esperienze sull’ozono asserisce che come prodotto Intermedio nell’assimilazione vegetale si forma del metano. Questa identificazione ha per lo scopo di questo lavoro un interesse non principale. In seguito, con ricerche che spero di poter continuare, cercherò, per quanto mi sarà possibile, di stabilire con precisione la specie di questo idrogeno carbonato tentando specialmente di trovare mezzi meglio adatti per operare sopra maggiori quantità di gas com- bustibile. Dopo la provata emissione di idrogeno libero dalle piante, sorge spontanea la domanda del come esso possa formarsi nell’ interno del vegetale. Se noi passiamo in rivista la formazione di molte sostanze orga- niche, troviamo una quantità di esempi che ci dimostrano come la pro- duzione di idrogeno accompagni spesso le combinazioni fra sostanze che trovansi comunemente nei vegetali, e troviamo pure che l’idrogeno è di sovente emesso sotto l’azione di fermenti. Così citerò, per esempio, che la leucina, assai comune nelle piante, sotto l’azione di dati fermenti produce acido valerianico, ammoniaca, biossido di carbonio e idrogeno. * Il glucosio, fatto fermentare in determinate condizioni, può produrre l’acido lattico prima, poi l’acido butirrico con sviluppo di biossido di carbonio e idrogeno. * Anche l'acido formico per azione della potassa produce dell’acido ossalico con sviluppo di idrogeno. * La salicina con soda dà del salicilato e dell’ossalato di potassio con sviluppo abbondante di idrogeno. ° L'acido malico produce gli acidi lattico e butirrico con produzione di biossido di carbonio e di idrogeno. ” E così si potrebbe di molto aumentare gli esempi di preparazioni artificiali, per le quali si ha abbondante sviluppo di idrogeno e che ci 1 Borssixcaurm, lav. cit. * Maquenne, Veber die Bimwvirkung von Ozon auf Leucht-gas, in Chem. Cent. - 3) CH! Az 0° +2H*0 = C°H'° 0° + Az H* + C0*-- 2 H°, a 05 H!*0°—=2C*H°03 )jec*H:0*—C*H*0?+200?4+2H?, *) 2CH?0*— C*H*0*4- H?, %) C*H!*507+8KHO=C"H*‘K*0?+3C*K?0*4 11 H?, * 2C*H°05—=2C*H°0?+2C0*—=C'H*0%+4C0?+2H?. — DI permettono di ammettere come, anche nell'interno delle piante, l'idro- geno libero debba molto facilmente formarsi, L'’avere potuto dimostrare l'emissione di idrogeno libero dalle piante in condizioni normali di sviluppo, avvalora in modo indiscntibile l'ipotesi che l’aldeide formica sia il prodotto di una riduzione dell'acido carbonico operata da idrogeno nascente. Quindi la reazione schematica che spiega la prima fase dell'assi- milazione dovrebbe, secondo me, dopo queste esperienze, essere rap- presentata così: 2C0*---2H*0 2CH°*0* 2CH*0*+ 2 H* + luce — C H?0 +CH'+H*0-+203 La formola da me proposta, parte innanzi tutto dall'acido carbo- nico (C H* 0°), anzichè dal biossido di carbonio (C 0*) come propone il Barer ', perchè l’anidride carbonica è incompatibile coll'acqua ; mano mano che essa entra nella pianta deve combinarsi con quella e formare il rispettivo acido. Sopra questo punto non vi sono oramai più ragioni «li discussione, ed anche le ipotesi di Rerske, di Bacn, ecc., ammet- tono la riduzione dell'acido carbonico anzichè del biossido di carbonio. * Dalla vecchia teoria del Liesio alle ultime formulate, l’aldeide for- mica ammessa nelle piante, è considerata come un prodotto di ridu- zione o dell'acido formico (Liesio), 0 dell'anidride carbonica ed acqua (Bayer), o del biossido di carbonio idrato (Rerxke, Bac, ece.). Ora questa scomposizione sarebbe operata secondo i detti autori dalla semplice energia solare. Non è difficile il dimostrare come sia LI ® Bareg, come è noto, ammette che il biossido di carbonio si scomponga direttamente in aldeide formica sotto l'influenza della luce, della clorofilla, e dell’acqua, Così: CO'+H"0—-CH°?0+0?, ? Colla riduzione del biossido idratato si spiega inoltre il fatto messo in chiaro dai risultati delle esperienze di G. Brios: sopra le sostanze minerali nelle foglie delle piante sempre verdi, e cioè che le sostanze minerali seguitino ad aumentare nelle fo- glie anche dopo raggiunto il loro massimo sviluppo e negli anni successivi nei quali le dette foglie più non crescono. l.a traspirazione in gran parte è certamente la causa di questo fenomeno, ma che essa non sia la sola causa, lo prova il fatto che nelle piante acquatiche la traspirazione semplice è nulla e le sostanze minerali sì accumn- lano egnalmente. Questo succederà perchè durante l'assimilazione le piante pigliano il carbonio dell'atmosfera, ma l'acqua dal terreno; e quest’acqua tiene disciolti una non piccola quantità di sali minerali che deve abbandonare per formare l'acido car- assurdo l’immaginare la decomposizione dell’acqua, oppure del biossido di carbonio idratato, per semplice azione della luce, sia pure in pre- senza della clorofilla alla quale si vogliano attribuire delle proprietà a noi finora sconosciute. Se i vegetali emettono all’esterno dell’idrogeno libero, è segno che questo elemento si origina nei loro tessuti e può essere che esso si trovi subito allo stato nascente considerandolo appena liberato da com- binazioni, oppure non essere allo stato nascente, ma averne le pro- prietà per azione di correnti elettriche fornite dall’ energia solare e che noi sappiamo esistere e formarsi continuamente nell'interno del vegetale. Ammessa la presenza di questo potente riduttore nella cel- lula verde vegetale, è impossibile non attribuirgli la sua principale e caratteristica azione; trovandosi esso in presenza di acido carbonico lo ridurrà formando aldeide formica. In laboratorio noi possiamo artificialmente ripetere questa sintesi, che deve pure avvenire nelle piante. Così per elettrolisi dell'acido carbonico noi possiamo avere forma- zione di aldeide formica dovuta all’azione secondaria dell'idrogeno na- scente sopra il biossido di carbonio idratato, * precisamente come è rappresentato nella formola da me proposta a spiegazione della mia ipotesi. bonico (C H°()*), una parte di queste sostanze minerali entrerà nella composizione di corpi diversi e continuerà a trasformarsi ed anche ad emigrare in altri organi, un’al- tra parte, quella che sovrabbonda, rimarrà inerte ed aumenterà la percentuale delle sostanze minerali quanto più è lunga la vita della foglia; ossia la foglia più ha as- similato e maggiore è la quantità di dette sostanze in esse accumulate. Per la stessa ragione, nel legno del tronco e dei rami dove non vi è assimilazione clorofilliana, la proporzione delle sostanze minerali come ha dimostrato Briosi * è di molto inferiore a quella delle foglie. * Briost G., Intorno alle sostanze minerali nelle foglie delle piante sempreverdi, in Atti dell Accademia dei Lincei, 1883. ! Baca ** infatti spiega ln formazione della aldeide formica per elettrolisi dell’acido earbonico secondo l'equazione: H*C0° + H*—CH*0* + H? 0; CH*0° + H°—=CH°?0+ H°0. ne. formico ald. formica Liesen e Bekerow, tentando l’elettrolisi dell’acido carbonico, non ottennero che dell'acido formico, ma presto fu riconosciuto che essi operavano con soluzioni alcaline che nentralizzavano l’azione dell’idrogeno nascente. Va notato inoltre che BertnELor per mezzo dell'acido jodidrico (usato allo scopo di avere dell'idrogeno nascente) fatto agire in determinate condizioni, partendo dagli acidi organici, riuscì a trasformare questi nelle rispettive aldeidi. ** Bacu A., Sur la corrélation entre la reduction par Uhydrogèîne naissant, l'é lectrolyse et la photolyse de l'acide carbonique, in Compt. Rend, Tom. CXXVI, 1898. — bi — Lo schema sopra riportato (pag. 54) spiega inoltre la formazione dell’ idrocarburo, che dalle mie esperienze risulta in modo certo emesso dalle piante; principio che BoussixoAiurr ha trovato solo nelle piante esposte alla luce solare. Il che fa appunto ammettere il detto idrocar- buro come un derivato dell'assimilazione clorofilliana. La spiegazione che io propongo dà ragione inoltre della formazione d’acqua, che accompagna sempre il fenomeno assimilante. — La quan- tità di ossigeno emesso risulta secondo la proporzione voluta dalle no- tissime esperienze di De Saussure e di Bovssinciurr; che cioè il vo- lume dell'anidride carbonica assimilata è all'incirca eguale a quello dell'ossigeno emesso. * L'ipotesi quindi che propongo per spiegare la formazione dell'al- deide formica, è razionale e si basa sopra principi oramai provati. Qualora una quantità di idrogeno si formi nell'interno della pianta, che non trovi sufficiente proporzione di acido carbonico da scom- porre, oppure manchi la necessaria energia per farlo, si avrà emissione di idrogeno libero verso l'esterno, come avviene infatti stando ai risul- tati delle mie esperienze. L'emissione di questo gas si può quindi spie- gare secondo la seguente equazione: 2CH?0*+ 3 H*? + luce=C H"*0 + H*0 + 20*+CH'4+ H*, ® Secondo il Baca, l'acido carbonico si scomporrebbe sotto la semplice azione della luce in questo modo: 3C00°+3H0=3CH"0* ae carbonico 3H*C0*-+ luce=2CH*?0*‘+C0H*0; 2C0H*0‘—-2C0*+2H*0* ne percarbonico ald. formica acq. omigenata 2C0*+2H*0*°—-2C0*?+2H*0-+-0?. Questa ipotesi oltre l'ammettere la semplice luce come forza riduttrice ed oltre alla artificiosità sulla quale si basa nel supporre la formazione dell'acido percarbonico, non spiega neppure la quantità di ossigeno emesso, in rapporto all'anidride carbonica assorbita; infatti per tre molecole di acido carbonico nate da tre molecole di biossido di carbonio, si avrebbero, secondo Bacu, soli due atomi di ossigeno corrispondenti ad un sol volume. Bisogna considerare, è vero, che contemporaneamente all’assimilazione del carbonio ha Inogo nelle piante anche la respirazione e quindi esse sviluppano del fra il rapporto dell'ossigeno emesso, secondo la sopradetta equazione, in confronto l'anidride carbonica assorbita è evidentemente troppo forte. Le stesse esperienze biossido di carbonio ed assorbono ossigeno durante l'assimilazione; ma la tod Boysren e Maxaix infatti, che hanno stabilito essere il rapporto ©" in alcani ; cnsì. non eguale all'unità, rivelano che, data ci sia questa differenza, va è sempre piccola. Si noti inoltre che la presenza dell’acqua ossigenata nei vegetali tamen dl Wonsrer, è stata da non pochi contraddetta. 4 Le » = bi Numerosi sono i composti organici che trovansi nelle piante e che potrebbero avere origine anche essi per l’azione riducente dell’ idro- geno; il chimico ne produce infatti artificialmente molte di queste sostanze con tal mezzo. Basterà ricordarsi, per esempio, che dal glucosio e levulosio per azione dell'idrogeno si ottiene la mannite. ! Così l’idrogeno trasforma l’acido acetico in aldeide. * L'acido malico e l’acido tartarico, sempre per azione dell'idrogeno, somministrano l’acido succinico, * Dall’acido succinico sempre per azione dell'idrogeno nascente si può ottenere facilmente dell'acido butirrico. * L'idrogeno agendo sopra l’acido cianidrico forma della metilam- mina,” dalla quale poi si formano sempre per la stessa azione dell’ idro- geno, altri prodotti come l’ammoniaca ed il formene. “ Per idrogenazione dell’aldeide formica si può pure spiegare la formazione di certi glucosidi come per esempio dell’arbutina e della salicina. ” E così si potrebbero di molto moltiplicare gli esempi di sostanze di origine vegetale, che si formano per l’azione riducente dell’idrogeno. In collaborazione con L. BuscaLioni completerò lo studio di questo ri- duttore, in rapporto alla produzione di alcune sostanze coloranti ve- getali; ora farò solo notare che questo idrogeno, che tanta importanza ha nelle metamorfosi chimiche che si ottengono in laboratorio, la ha ‘certamente nella cellula vegetale, dove mancheranno, è vero, certi mezzi di cui può disporre il chimico, ma dove per converso essa ha a sua disposizione lo stato nascente degli elementi, la clorofilla e l’ener- gia solare; e sopratutto lo stato mascente non può non avere una parte importantissima nella formazione dei principi immediati. #69 09° =GH*00 2) C*H*0*-+ H°— €6*H*0 + H°0. 8) C4H°05-+H*— C‘H°0*4-H?0, C* H5 0° + 2H*? — C‘H°0* 4-2 H°0. 4) C4H° 0‘ + 3H? — C*H50*4-2H"0, "CH Az42H*—CH°Az, 5) CH°Az +H°=CH*‘+ AzH?, 7) 12CH*0 + H°—=C'*H!°07 +5H?0. 18 CH? 0 +2 H*— C! H!#07 + 6H* 0. — BR — L'interesse che possono avere tali ricerche per la fisiologia vege- tale e l'agricoltura, mi spinge a continuarle per meglio stabilire la specie dell'idrogeno carbonato che accompagna l'idrogeno libero e l'influenza che sopra l'emissione di idrogeno pnò avere la luce, la tem- peratura, la fase di sviluppo del vegetale, l'elettricità e la composizione ilell'atmosfera in cui vivono le piante; stabilire per quanto mi sarà possibile il rapporto esistente fra la formazione e quantità dell'aldeide formica formatasi con la presenza di idrogeno nascente nell'interno dei vegetali; ripetere inoltre le esperienze del FrrepeL sopra l' assimila- zione del carbonio al di fuori dell'organismo vivente; e se otterrò ri- sultati favorevoli, cercare se esiste oltre l'emissione di ossigeno, anche emissione di idrogeno e quale sia l'influenza di questo gas sopra il fenomeno riscontrato. Tale sarà lo scopo di ricerche ulteriori sopra l'assimilazione, che spero di poter presto intraprendere e continuare, sforzandomi di non disunire mai nello studio il fenomeno naturale dal chimico. Prima di por termine a questo scritto, sento il dovere di espri- mere viva riconoscenza al mio Professore Giov. Briosi, direttore di que- sto Istituto Botanico, per i consigli ed i mezzi di ogni sorta di cui mi fu largo per il compimento e pel buon esito di queste ricerche. Dall’ Istituto Botanico di Pavia, Gennaio 1902. OPERE CONSULTATE, Seneier, Plhysiologie vegitale, Genève 1800. De Saussure, Recherches chimique sur la végetation, 1804. Griscnow, Physikalische chemische Untersuchungen iber die Atlmungen der Gewichse, 1819. De La Rive et Marcer, Recherches sur la chaleur spécifique des gaz, in An- nales de Chimie et de Physique. 2.» Serie, T. XLI, 1829. 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B — Vasi contenenti acqua di barite. C — Vasi contenenti cloruro di calcio, K — Vasi contenenti potassa caustica. Alk — Tubo tarato con potassa caustica. Ac — Tubo tarato con cloruro di calcio. E — Forno per combustione con tubo ad ossido di rame, Be — Tubo tarato con cloruro di calcio. P. — Tubo con cloruro di calcio. Bl — Tubo tarato con potassa caustica, d — Lungo tubo di gomma comunicante con vaso ,S' ad acido solforico e que- sto con aspiratore. Le freccie indicano la direzione della aspirazione. Tavora II Fig. 1. Apparecchio ad incandescenza per la combustione dell’ idrogeno. . 2. Pipetta per la presa di aria applicata ad una campana sotto la quale ve- getano piante in piena terra, j 3. Apparecchio per la ricerca dell'idrogeno libero e dell’ idrogeno carbonato coll’ ossido di rame " combustione frazionata, H Pipetta di Bunte. K Fornello di combustione con piccolo tubo ad ossido di rame. T Termometro. V Buretta di Hempel. 4. Tubo ripieno di ossido di palludio. 5. Piccolo tuho di vetro infusihile ripieno di ossido di rame du applicarsi en- tro il fornello della fig. 3. Atti dell'Ist.. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII. 5 Tavora II. Apparecchio per la ricerca dell'idrogeno libero emesso dalle piante con la ridu- zione a freddo del cloruro di palladio, S — Vaso con acido solforico. O — Tubo infusibile con ossido di rame, *° — Forno a gas da combustione. Z — Vaso con acido solforico, A — Campana di vetro entro le quali vegetano le parti verdi di le parti verdi sono isolate per mezzo di lastre di vetro in congiunte. C — Tubo contenente cloruro di palladio granuloso. N — Vaso contenente nitrato d'argento. ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano) Diretto da G. BrIosI. INTORNO ALL'INFLUENZA DELL'UMIDITÀ SULLA FORMAZIONE E SULLO SVILUPPO DEGLI STOMI NEI COTILEDONI. RICERCHE DI GIUDITTA MARIANI. Le piante, come è noto, si adattano alle condizioni di esistenza ed i vari organi delle stesse si modificano, più o meno, in relazione al mezzo nel quale vivono. Basterà ricordare a questo proposito le radici della Jussiea, che si trasformano in organi di natazione, quelle di molte Mangrovie, che assumono la natura di organi di respirazione; i cauli alati di molte Cactee ed Euforbiacee, i quali sostituiscono, nel fenomeno dell’assimilazione, le foglie mancanti; i rami spinosi di molte specie! ed altre simili modificazioni per dinotare quanto grande sia la plasticità dei vari organi della pianta. Per ciò che riguarda le foglie noi troviamo che esse sono, salvo poche eccezioni, fortemente influenzate da due fattori: luce e umidità. Entrambi questi fattori possono produrre delle profonde modificazioni tanto nella forma che nella struttura della foglia e noi ricorderemo qui le classiche ricerche dello Stahl, # del Pick sulle modificazioni 1È importante sull'argomento il lavoro di A. Lornécier, Recherches sur les plantes è piquants, in Rev. gén. de Bot. dir. par G. Bonnier. T. V, pag. 518, 1893. * E. Srant, Ueber den Einfluss Lichtintensitiit auf Structur und Anordnung des Assimilationsparenchyms, in Bot. Zeit., n. 38, 1880. — Veber den PEinfluss der Beleuchtung auf das Wachsthum der Pflanzen, in Sitzungsb. d. Jenaische Gesellsch. f. Medie. u. Naturwissensch., 1882. — Ueber den Einfluss des sonnigen oder schattigen Standortes auf die Ausbil- dung der Blitter, in Jenaisch. Zeitsclir. f. Naturwiss. XVI, Jena, 1883. ® H. Picx, Veber den Einfluss des Lichtes auf die Gestalt und Orientirung der Zellen des Assimilationsgewebes, in Bot. Centralblatt, n. 37 e 38, 1882. Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII, i) a HR | di forma che assume lo strato a palizzata sotto l'induenza di una ra- diazione più o meno intensa, quelle del ‘T'schirch * sotto l'azione di una maggiore o minore siccità; quelle del Mer”, del Vesque e Viet, * del Duchartre, * del Dufour, * del Palladine, © del Teodoresco,? del Lamarlière, * Oger, ® Gain!” e di altri autori sulla grandezza e strut- tura della lamina fogliare a seconda che la foglia vive in ambiente soleggiato, secco, oppure all'umido, all'ombra più o meno intensa, Malgrado il grande numero di lavori intorno a un argomento di tanta importanza, le conclusioni non sono concordi, anzi si può dire che i differenti autori arrivarono a risultati diametralmente opposti fra loro, perchè gli uni affermano che la siccità e la luce, gli altri invece, che l'umidità e l'ombra determinano un aumento in superficie del lembo fogliare. L'azione che la luce e l'umidità esercitano sulle foglie si esplica anche sullo sviluppo e sul numero degli stomi, i quali organi, come ! A, Tscumon, Ueber cinige Bezichungen des anatomischen Baues der Assimila- tionsorgane su Klima und Standort, mit specieller Berlcksichtigung des Spaltoff- nungsapparates, in Linnaca, Nene Folge, Bd. IV, Heft, 3 n. 4, 1881, * E, Mex, Recherches sur les cause de la structure des feuilles, in Bull, de la Soc. Bot. de France. T. XXX, pag. 110, 1883. — Des modifications de forme et de structure que subissent les plantes, suivant qui elles végètent à Vair ou sous l'eau, in Bull. de la Soc. Botanique de France. T. XXVII, pag. 60, 1880, ® Vesque et Vier Ch, De l'influence du milieu sur la structure anatomique des végétauz, in Ann. des Se. Nat. Botanique. Serie 6, T. XII, pag. 167, 1881. * P. Ducnantre, Influence de la sécheresse sur la végétation et la structure de T'Iguane de Chine (Dioscorea Batatas), in Bull. de la Soc. Bot. de France. 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Ocen, Étude erpérimentale de l'action de l'umidité du sol sur la structure de la tige et des feuilles, in Comptes Rendus de VAcad. d. Sc. en octobre 1892, !* E. Gars, Contribution à Pétude de Tinfluence du milieu sur les végétauz, in Bull. de la Soc. Bot, de France, 1893, n° — 69, — si sa, sono in strettissimo rapporto colla traspirazione, sia essa di- pendente unicamente dal fenomeno termico, che accompagna la radia- zione luminosa, oppure derivi dal processo di clorovaporizzazione nel senso di Van Thieghem. Tutti gli autori sono d'accordo che la luce favorisca lo sviluppo del vapor acqueo, e parimenti tutti quanti sono concordi nel ritenere che un eccesso di radiazione anzichè stimolare la formazione degli stomi, provoca nelle foglie delle modificazioni strutturali speciali (xero- filia), intese a diminuire il numero di essi e a limitare la traspira- zione. Meritano di essere ricordate in proposito le interessanti ed estese osservazioni che fece il Briosi! sulle foglie dell’ Ewcalyptus globulus e di altre piante. Ma anche intorno a tali fatti ed alle loro interpretazioni, non sono ancora eliminati tutti i dubbi e le cause d'errore, che possono condurre l'osservatore a false deduzioni. Io ritengo che il fenomeno sia più complesso di quanto a primo aspetto appaia, perchè non basta tener conto dell’influenza della radiazione, ma occorre anche analizzare l’azione di altri elementi, fra i quali, forse in primo luogo, l’umidità del suolo e dell’atmosfera. Quasi tutti gli autori si sono però occupati della foglia adulta, come quella che si presta meglio all'analisi dei fenomeni citati; pochi si sono dati allo studio dell’infuenza della radiazione sulla traspira- zione nelle foglie embrionali, cioè nei cotiledoni. Noi sappiamo dai lavori del Xlotz ? e del Kumm* che in tutti i cotiledoni epigei trovansi stomi distribuiti solitamente sulle due pa- gine, ma non sappiamo quale parte prendano gli agenti esterni nella loro formazione e nel loro sviluppo. : Intorno all'influenza della luce sugli stomi dei cotiledoni, posse- diamo due soli lavori: uno di Mikosch 4, il quale studiò quelli della Cannalis sativa e trovò che il numero degli stomi diminuisce per am- 1 G. Briosi, Intorno all’anatomia delle foglie dell’Eucalyptus globulus L., in Atti dell'Ist. Bot. della IR. Università di Pavia. Serie 2, Vol. II, pag. 57, 1890. — Intorno alle probabili ragioni dell’ eterofillia nell’ Eucalyptus globulus e in specie analoghe, in Atti della Stazione chimico-agraria sperimentale di Roma, 1883 ed in Atti della R. Accademia dei Lincei. Ser. 3, Vol. XIV, seduta del 4 marzo 1883. * E. Xrorz, Lin Beitrag zur vergleichenden Anatomie der Keimblitter, in Bei- hefte zum Botanisches Centralblatt, 1892, ® P. Kumx, Zur Anatomie einiger Keimblatter. — Ein Beitray zur vergleichenden Anatomie dieser Organe, in Botanisches Centralblatt, 1890. * K, Mikosca, Veber ein neues Vorkommen von Zwillingsspaltifinungen, in Oe- sterreich. bot. Zeitschr., an. XXIV, 1874. ” — 70 — bedue le pagine se si fango sviluppare piantine all'oscuro; l'altro, re- cente, del Dott. Traverso, ! il quale avendo coltivato alla luce ed all'oscurità alcuni germogli (Cucurbita, Trigonella, Impatiens, Lychnis, Carthamus, Solanum, Cannalis, Raphanus) osservò che la luce, nei cotiledoni, favorisce la formazione degli stomi, poichè ne aumenta il numero. In rapporto però all'azione diretta dell'umidità sui cotiledoni, nes- suno studio, per quanto è a mia conoscenza, è stato finora fatto. Ap- punto per contribuire a colmare questa lacuna io intrapresi queste ricerche. Le specie che io ho sottoposto a esperienze e osservazioni, sono undici appartenenti a nove diverse famiglie e precisamente Polygonum esculentum Lin., Beta vulgaris Lin., Raphanus satieus Lin., Impatiens Balsamina Lin., Acer pseudoplatanus Lin., Scandir Pecten-Veneris Lin., Lupinus albus Lin., Trifolinm incarnatum Lin., Trigonelta Foenum-grae- cum Lin., Cucurdbita marima Duches, Calendula officinalis Lin. . * è Il metodo seguito nelle esperienze è il seguente. Vari furono i tentativi e le prove per avere ambienti umidi e secchi, senza tuttavia scostarmi eccessivamente dalle condizioni normali, in cui vivono le piante che presi in esame, allo scopo di evitare possibili fe- nomeni patologici, che probabilmente si ebbero nelle ricerche di qualche altro osservatore. Per ottenere atmosfere sature di vapor acqueo, capo- volsi otto grandi campane sopra altrettanti grandi piatti di zinco pieni d'acqua. Queste campane non poggiavano direttamente sul fondo del piatto, ma sopra tre cuscinetti di marmo, che le tenevano sollevate per un centimetro circa dal livello dell’acqua: l’ambiente era poi mantenuto saturo di umidità da strisce di carta bibula attaccate alla superficie interna delle campane e pescanti nell'acqua. Per ottenere invece atmosfere abbastanza secche, introdussi in altre otto cam- pane, simili alle precedenti e similmente disposte, una certa quantità | n di calce viva, che, come è noto, ha forte potere assorbente rispetto 1 G. B. Traverso, Intorno all'influenza della luce sullo sviluppo degli cotiledoni, in Atti dell Ist. Bot. dell'Università di Pavia. Nuova Serie, Vol. VIT, 1900. È a notarsi la maggiore rigorosità di metodo con cni fa condotto questo l dl l'A. ha esaminato superficie corrispondenti delle diverse regioni fogliari e ; lato il numero degli stomi in relazione con quello delle cellule epidermiche, cib ch non avevano fatto i predecessori. SSN = al vapor acqueo: anche in questo caso, col mezzo dei soliti cuscinetti di marmo, l’aria poteva liberamente circolare nelle campane. Feci le mie esperienze, per la massima parte durante i mesi in- vernali, in una grande sala del laboratorio, ben illuminata e riscaldata, nonchè perfettamente asciutta. Io introduceva, tanto nelle campane con calce, quanto in quelle sovrastanti all’acqua, le stesse specie di piante da esperimentare, e aveva cura di porre le campane contenenti la stessa specie alla medesima distanza dalla sorgente calorifica e dalle finestre rivolte a mezzogiorno. Per le seminagioni usava sempre della identica qualità di terra, e non ponevo subito i vasi sotto campana, avendo dovuto constatare che i due mezzi di sovente non permette- vano la germogliazione o per eccesso o per insufficenza di umidità. Venivo a cognizione del tempo richiesto da una data specie di seme per la germogliazione seminando a parte le stesse piantine, di guisa che poteva poi collocare nelle campane, su appositi sostegni di vetro, i miei vasi, subito dopo che i semi avevano incominciato a germogliare. Disposti così gli apparecchi e introdotti in essi contemporanea- mente i vasi, eseguivo ad intervalli regolari l’inaffiamento e adoperavo la stessa quantità di acqua per i due vasi della stessa specie. Non appena mi accorgevo poi che la calce cominciava a sfiorire per il vapor acqueo assorbito, io la rinnovavo nelle campane. Di alcune piante (Lupinus, Impatiens, Trigonella), coltivai la medesima specie in atmosfera non confinata, e perchè le altre condizioni di esistenza non venissero mutate, o il meno possibile, ne teneva il vaso vicino agli altri due. L'aria del locale, riscaldata colle stufe, era, come dimostrarono gli igrometri, più secca di quelle delle campane, in quanto che in esse, malgrado la presenza deila sostanza disseccante, una certa quantità di vapor acqueo vi si trovava sempre, eliminata dal vaso e dalla piantina. A sperimentare se e quale fosse l'influenza dell'oscurità sullo sviluppo degli organi nelle piante sottoposte alle mie esperienze, io ho fatto sviluppare alcune delle mie piantine (Beta, Trigonella, Tri- folium, Impatiens, Calendula, Lupinus, Acer, Cucurbita) sotto campane opportunatamente verniciate di nero, mantenendo immutate le altre condizioni, come nelle esperienze esposte. Quando i cotiledoni avevano poi raggiunto il loro massimo sviluppo, e ne era segnale la formazione delle altre foglioline, io li raccoglievo e procuravo di esaminarli freschi, anzichè dopo di essere stati in alcool, perchè più facile mi riesciva levare da essi l'epidermide. Ho anche tentato l'applicazione delle pellicole di collodio col metodo dei 79 dottori Buscalioni e Pollacci,* è ho ottenuto quasi sempre un'impronta netta dei contorni delle cellule epidermiche e degli stomi. Però io ho abbandonato nelle mie ricerche, non ostante fosse più facile e più sollecita, l'applicazione di queste pellicole, perchè esse si raggrinzano più o meno, e ciò sarebbe stato cansa d'errore nel caso mio, dovendo calcolare cellule e stomi per unità di superficie. Avevo anche provato a includere in acqua le pellicole per averle completamente distese: ma, come gli stessi dottori Buscalioni e Pollacci osservano, così operando, si compromette la chiarezza dell'imagine perchè l’acqua o gli altri liquidi hanno pressochè lo stesso indice di rifrazione delle pellicole. Per calcolare la superficie delle foglie cotiledonari, le sowrappo- nevo, se di grandi dimensioni, a della carta millemitrata e ne trac- ciavo il contorno con sottile punta di matita, indi contavo i millimetri quadrati compresi nel contorno. Se di piccole dimensioni, ne segnavo il contorno proiettandolo con l'Embriografo di His; ® calcolata la su- i perficie del lembo, ingrandito solitamente di cinque o sei diametri, in millimetri quadrati, ne dividevo il numero per il valore dell’ ingrandi- mento moltiplicato al quadrato, ottenendo così, con nna certa rigorosità di misura, la superficie reale dei lembi cotiledonari. Per avere il numero delle cellude epidermiche e degli stomi che si trovavano in una data superficie «di lembo cotiledonare, proce- detti nel seguente modo. Proiettavo al microscopio fornito di camera lucida, ad un determinato ingrandimento, una porzione di un miero- metro obbiettivo; ciò fatto, presa una delle divisioni del micrometro obbiettivo come unità di misura, io costruiva un quadrato e quadrati della stessa grandezza venivano costruiti uno accanto all'altro, di guisa che io otteneva una determinata area, nella quale disegnavo poi una porzione di epidermide di un dato preparato che mettevo al posto del micrometro obbiettivo. Indi contavo gli stomi e le cellule del mio disegno compresi nell'àrea tracciata e dividevo tanto la somma degli stomi quanto quella delle cellule per il numero dei quadrati; il quo- ziente mi dava la media degli uni e delle altre per centesimo di millimetro quadrato, poichè le divisioni del micrometro usato erano. È * Buscarioni L. e PorLacci G., L'applicazione delle pellicole di collodio allo atu- dio di alcuni processi fisiologici ne'le piante ed in particolar modo alla pira- zione, in Atti dell’Ist, Bot. dell'Università di Pavia. Nuova serie, Vol. VII È ? Dott. A. Zimuenzaxns, /2 Microscopio. — Guida alia Microscopia scientifica» Traduzione del dott. Luigi Buscalioni, pag. 424. Torino, 1896, De (ce è È lunghe un decimo di millimetro. Moltiplicando per cento questo quo- | ziente, ottenevo la media per millimetro quadrato. _ Naturalmente questa operazione la ripetevo più e più volte per di iverse porzioni di epidermide nelle tre regioni cotiledonari: apice, metà e base, avendo cura di esaminare parecchi cotiledoni per ogni pecie e ambo le pagine per poter fare gli opportuni confronti separa- nte fra la pagina superiore e l’inferiore. eli Cotiledoni sviluppati alla Ince. Polygonum esculentum lin. Durata dell'esperienza giorni 18. Seminato il 24 febbraio e rac. colto il 14 marzo 1902, Temperatura media 18° circa. Superficie media dei cotiledoni cresciuti all'umido mmq. 137, al secco mmq. 122.8. i imido |À|PY_ ———m6m6€ N. medio N. medio | N. medio | N- medio | ‘degli delle | Rapporto degli dA stomi per celate | tra 1 N, stomi per : mmq. epidermich. mmq epidermich. su tutta | su tutta | | per mmq. |}, pagina | la pagina | | (3) e (4) wu | (3) (4) | (0) ri —Ee- pae I | | sa | ca O" IT Cotiledoni sviluppati alla luce. Beta vulgaris Lin. Durata dell’esperienza giorni 15. Seminata il 25 febbraio, raccolta il 12 marzo 1902. Temperatura media 18° circa. Superficie cotiledoni cresciuti all’umido mmq. 62, al secco mmq. 30.5. media dei | Usmmido e n — —————t—€ - : | N. medio | N. medio | N. medio | N° medio | degli delle | RaPporo degli POT stomi per | cellule FORO | stomi per |snidermich.i PMI epidermich. AEG | mmq. » È ‘‘ su tutta | su tutta | (3) e (4) SORADINGS lla pagina | la pagina | ) Mn —— “‘’ (1) (2) |. 8) _(4) (5) a \ Apice 111 355 - = = agina Mot: ì x x ; superiore i capa 66 | 283 79 279 3.58 ase 61 | 200 —_ _ _ 1 SR \ Apice... 144 ! 550 —_ ts —_ | Pagina | x ratti | ui S interiore / Metà ... Ji AMe8283 | 107 352 3.28 Base... 66 222 | — = — | Secco — _ ————————— _— | | | :- | N. medio | N. medio N. medio | N° medio | ‘aegli | ‘delle | RAPRORO degli cellula stomi per| cellule delle * || | stomi per epidermich | . A. epidermich. I | mmq. MIGERIDICIS., au'tutta: | su-tutta; | COOnNO er mmq. cern 6 (3) e (4) Li la pagina | la pagina °_lRleoskeaita 4 | _(® Paoi \ Apice 164 550 _ -- = agina sci - superiore ) Metà | 144 522 138 498 | 3.60 | Base 111 422 —_ — = Pagi \ Apice 150 533 _ — — agina ; | I % inferiore | Metà 196 644 165 577 3.49 Base 150 | 555 | — aL a o 78 Cotiledoni sviluppati all’ oscuro. Beta vulgaris lin. Durata dell'esperienza giorni 20. Seminata il 25 febbraio e rac- colta il 17 marzo 1902. Temperatura media 18° circa. Superficie me- «dia dei cotiledoni crescinti all'umido mmq. 14, al secco mmq. 13.5. | Erimicdio - e —___ —————— ° i s_ N. medio N. medio | N. medio de degli delle | Repetti degli cellule | 90M! per | cellule delle : stomì per mmq. epidermich. mm epidermich sn tutta | su tutta sonno rmmq. (3) e 14) Per IRA: Ja pagina | la pagina Dal (1) @_|uei | _ es } \ Apice...| 639 2450 | — Pagina }xtetà..| 472 | 2937 | 44 Cotiledoni sviluppati alla luce. Raphanus sativus Lin. Durata dell'esperienza giorni 14. Seminato il 24 febbraio e rac- colto il 10 marzo 1902. Temperatura media 18° circa. Superficie media dei cotiledoni cresciuti all’umido mmq. 146.5, al secco mmq. 143. Umido rr F———-- - -E» | n. medio | N-medio | N. medio ua N. medio | degli Ò delle tra i N. metti | cinto. | mandi pe | cale | "it nd epidermich. su tutta | su tutta per mmq. | }x pagina | la (3) e (4) LO ——- _ ‘ee 500 | 4650 _ _ — 481 5575 494 5153 10.43 500 5233 _ tesi — 733 5467 _ _ _° 650 | 6350 628 6028 9.59 500 | 6267 I "a = pn SR = Cotiledoni sviluppati alla luce. Acer pseudoplatanus Lin. Durata dell'esperienza giorni 38. Seminato il 24 gennaio e rac- colto il 3 marzo 1902. Temperatura media 17° circa. Superficie media dei cotiledoni cresciuti all’umido mmq. 353 e al secco mmq. 283. La sola pagina inferiore della foglia cotiledonare porta stomi. Umido { ' ! ua n SIRENE medio | N. medio | 7 HR | N. medio | Ri ioto degli | della | Pun | degli fa a | stomi per | cellule ta Il I | stomi per simich mmq. |epidermich. dali i | mmq. |SPICEMMICI. su tutta | su tuttà 3) pe | EOLICO pagina | la pagina (3) e-(4) | | ila (DANCE) (RA) ina ( Apice..| 174 | 1498 | — — — | DCiiA i Metà. | lee | Ia, |Mlliss | 1234 | 7ar | | l Base..| 134 | 1089 | Da a Secco | ——- TT—TT-—r ———————_s___—_____ | + | N. medio | N. medio i degli Qin stomi per cellule delle È stomi per |, ‘acgnioh mmq. |epidermich. cina mmq. a cn '‘ su tutta | su tutta 3) e (4) P 1 | la pagina | la pagina (9) MERONI, SO O et. (3) (4) © __| . Apice... 141 1262 — = E Lei xfetà | 153 | 1136 | 127 | 1167 | 9.18 | | Base..| 87 | 1102 Da e I NB. 1.° Di questa specie ho ripetute le osservazioni sopra piante coltivate in diversi tempi e ho ottenuto risultati contradditori. Le medie che io presento sono attendibili per aver esaminato superficie cotiledonari oltre che corrispondenti scevre di scabrosità. Ebbi infatti a convincermi che la discordanza dei diversi risultati ottenuti era do- vuta ad un notevole aumento di stomi, di piccole dimensioni, nelle tracce di ripiegature causate probabilmente dalle pressioni che subiscono i cotiledoni mentre si sviluppano sotto terra. 2.° Notai ancora che tutte le cellule epidermiche della pagina superiore e inferiore presentano abbondanti cristalli aghiformi di os- salato di calcio raggruppati in druse, I cotiledoni sviluppati all’umido hanno cristalli di dimensioni maggiori che non quelli cresciuti al secco. ua adi se — 82 — Cotiledoni sviluppati all’osenro. Acer psewudoplatanus lin. Durata dell'esperienza giorni 44, Seminato il 24 gennaio e rac- colto il 9 marzo 1902. Temperatura media 17° circa, Superficie media dei cotiledoni cresciuti all’umido mmq. 205, al secco mmq. 133, Come già si è visto la sola pagina inferiore porta stomi. Kirmicdio : NT N. medio N. medio N. medio avg degli delle Ragpato | degli cellule stomi per cellule delle Il eda epidermich. re A pers colonne sibi > pagina | la pagina (3) © (4) peri (1) (2) (3) (4) (5) Pasi \ Apice... 200 1444 — | — — V| agina 9 z È | | inferiore Metà ... 189 1433 156 14585 9.52 | I Base ... 80 1578 |. — - | — Tv A A( _TÀTSTTdÈÀ+à+ — : :. | N. medi N. medio N Ferita degli enni De nni per mmq. | | (1) (2) 176 | 1350 138 1355 138 1408 10.20 100 | 1520 DS — lei NB. Circa i cristalli contenuti nelle cellule epidermiche vale quanto si è detto per i cotiledoni sviluppatisi alla luce. rpg Cotiledoni sviluppati alla luce. Scandix Pecten-Veneris Lin. Durata dell'esperienza giorni 21. Seminato il 25 febbraio e rac- colto il 19 marzo 1902. Temperatura media 18° circa. Superficie media dei cotiledoni cresciuti all’umido mmq. 76, al secco mmq. 47. Pagina \ | superiore. / | Pagina \ inferiore | Pagina | superiore | Pagina \ inferiore / Apice... Metà ... 3ase ... Apice... Metà ... Base ... Apice... Metà ... | Base .. Apice... | Metà ... Base .., epidermich per mmq. 1230 167 124 V. medio delle cellule epidermich. su tutta la pagina (4) | (3)e (4) | Rapporto trai N. || delle | colonne | (5) stomi per | ——__ N. medio | delle cellule 952 | 1478 185 822 478 289 epidermich per mmq. (2) N. medio delle cellule ‘epidermich. | su tutta | su tutta | i la pagina | la pagina (4) 538 530 Atti dell’Ist. Bot. dell’ Università di Tavia — Nuova Serie — Vol. VIII. Rapporto tra i N. delle colonne (3) e (4) | (5) ia Cotiledoni sviluppati alla luce. Lupinus albus Lin. Durata dell'esperienza giorni 29, Seminato il 23 gennaio e race- colto il 21 febbraio 1902. Temperatura media 17° circa. Superficie me- dia dei cotiledoni cresciuti al secco mmq. 195, all’ umido mmq. 255. | Lirmalcio È ‘ medi | N. medio sg degli i | puegli cellule stomi per id jch quam PI lepidermichi oloni pene 1 per mmq. | )a pagina ! (1) (2) (4) | Pasi Apice... | 236 1119 — agina superiore Metà... 182 944 189 | Base ... 149 949 — A | 79 1860 — _ ' _ 57 1450 70 1674 23.91 73 1711 -— — | — Secco —=——_—— ———mÈÉm K io | N. medio medio | N- medio |‘aegii | delle | Rapporto d li delle cellali tra i N. stomi r |, Sellule ni “dj idermich. mm sa \epidermich.) yu tatto = tutta ! per mmq. | }x pagina pagina (3) e (4) _ (0) (8) (4) (5) 313 1439 i _ — : 243 | 1337 247 1320 5.34 184 1183 — — — Ùi 72 2262 toni _ — Csi 85 2058 75 2523 33.64 Ò 67 | 3250 _ _ _ 4 (Vedi continuazione pagina sequente.) Pe, | i toa i da Nell atmosfera libera (più secca) del laboratorio. Superficie media dei cotiledoni mmq. 180. Secco = rr rr“ SII ay . | N. medio | N, medio N. medio | N Medio | ‘degli delle | Rapporto degli c5Uala stomi per| cellule A Il a | stomi per | ridermich DMI \epidermich. I: a mmq. DE cià ‘© su tutta | su tutta | St a |} 1: | la pagina | la pagina | (°) © (4) TT ADI TS) (4) (5) SER \ Apice... 294 1537 — —_ = Il agina b 19] R 7 mn | superiore ; Metà ... 321 | 1635 279 Lon 5.43 ! Base... 222 | 11378 = _ —_ | Apice... 83 41889 CSR Ce sr i Pagina ì È n 18 È , x 5I 20220] È : inferiore / Metà 55 0 55 | 1918 | 34.86 Base ... 27 1844 — | — = NB. Le medie esposte sono confermate dalle seguenti ottenute, con esperienze preliminari. All’umido. Pag. super.: Stomi (p. mmq.) 385 (dicui 62 geminati). Cellule (p.mmq.) 1334. Rapporto 3.46 mesmo: Un, Mate.) Al secco. Pag.super.: Stomi(p.mmq.) 407 (di cui 40 geminati). Cellule (p. mmq.) 2087. Rapporto 5.12 Minieri: o. -(T dl YYO8( ME DO) ZIO A 25.43 2 BS Cotiledoni sviluppati all’ oseuro. Lupinus albus Lin. Durata dell'esperienza giorni 34, Seminato il 23 gennaio e rac- colto il 26 febbraio 1902. Temperatura media 17° circa. Superficie me- dia dei cotiledeni cresciuti all'umido mmq. 156, al secco 9 147. | Limido i e —r_. —_——6 ; . | N. medio | N. medio | N. medio | “medio | degli delle degli cellule | St0mi per Fe stomi per : mmq. epiderm o omm epidermich. yu tutta | su tutta Per HDI: | la pagina | la pagina (n 9) 3 | Apice... | 304 1512 SR PA Pagina \ ! È sapeziore } Metà... | + 297 | 1567 | 274 | 1478 Base ...| 222 1355 | — | — Ò \ Apice... | 104 17533 | — _ agina | ‘ "3 ir Tonsa un] > 99. | 11086 4 IRE] inno 69 1650 I > re Pagina duet, fata pre 309 271 ( Apice... | 114 fp Metà ... 81 + l'Baso ... 63 (Vedi continuazione pagina seguente.) v SI NB. Osservazioni fatte con esperienze preliminari mi avevano dato le seguenti medie complessive : All’ umido. Pag. super.: Stomi (p. mmq.) 318 (di cui 7 geminati). Cellule (p. mmq.) 1519. Rapporto 4.77 Bffinfer:>S, 0 ( DIL: a LT (APSGAPENCE 2 (A ):2087. Li 34.21 ” AX1 secco. Pag. super.: Stomi (p. mmq.) 437 (di cui 8 geminati). Cellule (p. mmq.) 2398. Rapporto 5.48 enter: o. (0; i RE Yer se (ee) 2331 a 24.53 Questi risultati non coincidono coi precedenti circa il numero degli stomi sula pagina superiore e inferiore, come rilevasi dai singoli rap- porti. Cotiledoni sviluppati alla Ince. Trifolium incarnatum Lin. Durata dell'esperienza giorni 8, Seminato il 24 febbraio e rac- colto il 4 marzo 1902. Temperatura media 18° circa. Superficie media dei cotiledoni cresciuti all'umido mmq. 8.5, al secco mmq. 8. Trai cio | | --AHAH: ———————— | : : N. medio | N, medio | N. medio | medio | ‘degli delle | Rapporto | degli callata stomi per cellule "elle a | stomi per pia i mmq. epidermich. mm je picirag su tutta | su tutta (CORE | } 1 la pagina la pagina ) © (4) | (1) (2) (3) (4) (5) | 2a \ Apice... 239 1100 — — — agina ; i A | superiore Metà ... 300 1304 261 | 1175 4.50 | Base ... 244 1122 _ —_- csi dai \ Apice... 244 1455 _ -- — agina | 9 246 inferiore | Metà ... 482 2461 360 1990 5.52 Base 355 2055 —_ | — | — \. medio Lar re delle cellule | Stomi per sii epidermich anta per mmq. | li aan pagina (2) (3) 1375 | — 2158 354 1404 _ | ue] — 3939 584 2850 | — 2 489 Cotiledoni sviluppati all’ oscuro. Trifolium incarnatum Lin. Durata dell’esperienza giorni 11. Seminato il 24 febbraio e race- colto il 7 marzo 1902. Temperatura media 18° circa. Superficie media dei cotiledoni cresciuti all’umido mmq. 7.5, al secco idem. Il Utmido I — una - | . medio | N. medio I N. medio | N medio | degli delle | Rapporto | degli sesfale stomi per| cellule "ee i stomi per mmq. \epidermich. | m SA SERA su tutta su tutta solenne | P 1 lla pagina | la pagina IEVRGRE) i CO CD [Pa Sie (5) | | { Apice 840 | 3240 — | - 2% di. ) Metà..| 948 | 3682 863 | 3382 | 3.91 I | Base ...| 800 | 32925 è da da | I Apice... | 933 | 6033 — si DI | Pagina È | seloriore Metà ... 1033 5900 989 5928 5.99 Base ... 1000 5850 = = _ Secco — _—_——111=________-m—_—_—_É ._ | N. medio | N. medio N. medio | N Sodio degli | delle palin degli cellule | 890mi per | cellule FA stomi Per |spidermich.i I. (epidermich.| colonne mmq. | Da Sir ‘ su tutta su tutta (3) e (4) | : 1 | la pagina | la pagina (Deo) (4) (5) Apice... | 1060 | 4420 > e ca Pagina \ R superiore Metà ... 1060 4380 1080 4260 4.03 {| Base... 1120 | 4280 — — — | a \ Apice... 980 | 5080 o _ — \ Pagina } xeta..| 980 | 4580 953 | 4712 4.09 | inferiore | ! - 9) — Cotiledoni sviluppati alla luce. Trigonella Foenum-graecum Lin. Durata dell'esperienza giorni 20. Seminata il 24 gennaio, raccolta il 13 febbraio 1902. Temperatura media 16° circa. Superficie media dei cotiledoni cresciuti all’umido mmq. 59, al secco mmq. 30. —.r _5l®:®=" trsmiicdio | : : N. medio | N. medio È ” N. medio - rio N. medio delle degli delle Rapper | degli stomi per | cellule Pia per rete crt gg epidermich. ro mmq. |SPISermICR n tatta | sutatta | OOORSS per mmA- | Ja pagina | la (3) e (4) | : (1) (2) (3) (4) (8) | | Pai \ Apice... 153 568 — e = i Pagina È Ù superiore | Metà.. 191 | 668 | 160 | 590 | 3.68 Base ... 137 533 — Pe De | "- Apice... 286 1194 = — 1008 agina Li E ! inferiore / Metà ... 289 1017 261 1151, 440 Ì Base ... 207 1241 — — | — i Apice... | 253 993 a ctr vl Metà... 198 680 \ Base... 149 604 Apice... 374 1858 inferiore Metà... 298 995 Base 260 1358 (Vedi continuazione pagina seguente.) Siguee Nell atmosfera libera (più secca) del laboratorio superficie media dei cotiledoni mmq. 47. Secco e _r——_ —IIMIT-———————6 7 . | N. medio | N. medio | | N. medio | n medio degli | delle | DARLO degli | RI stomi per | cellule | "o x | stomi per eeeh mmq. |epidermich. ARTE, mmq. P x ‘| su tutta | su tutta (3) e (4) | per IMMA. | Ja pagina | la pagina e . 2 il _(D La Mt) o (3) a (4) __0 ( Apice.. | 156 | 600 Da = es Pagina ETÀ | superiore | mp | sr a 145 570 3.98 ASCII Ti { = = — | Di: \ Apice... 333 | 1733 —- — —_ agina 3 inferiore Î 3, | 144 766 | 181 85 5.44 ase ... 66 455 = — —_ Cotiledoni sviluppati all’ osenro. Trigonella FPoenum-graecum Lin. Durata dell'esperienza giorni 16. Seminato il 24 febbraio e rac- colto il 12 marzo 1902, Temperatura media 18° circa. Superficie media dei cotiledoni cresciuti all'umido mmq. 12.5, al secco mmq. 13. Irmicdio n. _ —_ ____ _Y : N. medio N. medi N. medio | N. medio | ‘degli | delle | Rapporto degli saliala stomi per cellule delle po pr epidermich. a Er colonne | Ul per IMMA. | \a pagina (la pagina (3) e (4) (1) (2) (3) (4) (0) | sd Apice . 521 1950 _ 2A IA agina v | superiore A : Ji peri 507 1931 3.80 i Apice . 374 2731 — Se ue SERA Metà .| 386 | 2622 377 | 2798 | 7.40 Isl l'Baso i 371 3025 _ _ —_ i -° ——_—___ — - ——————___- Secco _ =" —=_ = IN. hallo | N. medio N. medio | N- medio | ‘degli degli | delle pei per | cellule n per epidermich.| Ro ian a pagina la pagina _i_m a | a | (5) A ( Apice.) 595 1987 | a a se. ita Metà .| 613 | 1825 | 543 | 1852 | 341 Base .| 422 | 1745 I — | — lai 4 ' Paga Apice 348 | 2012 | — | ka 2 na vi inferiore ) Metà 457 | 2096 | 395 2050 5.18 \ 380 | 2038 | — | — a 93 Cotiledoni sviluppati alla Ince. Cucurbita maxima Duches. Durata dell'esperienza giorni 27. Seminata 1’8 febbraio e rac- colta il 7 marzo 1902. Temperatura media 18° circa. Superficie media dei cotiledoni cresciuti all’umido mmq. 518 e al secco mmq. 850. È stata esaminata la sola pagina inferiore, la quale, contraria- mente alla superiore, essendo priva di peli, si presta meglio per con- tare gli stomi. Urmido . | N. medio | N. medio N. medio | N° medio | ‘degli della” | Rapporto: degli sallbie | stomi per | cellule | "ll ; stomi per evidermich.| _ 29: epidermich. Gal = i mmq. Lo mma. | 30 tutta | su tutta | a) o na | i » 1 lla pagina | la pagina | (8) e°G) i È (1) (2) (3) (4) | (5) di Apice... 450 3100 — FAM ie agina | : 5 5 | î | | inferiore Metà ... 158 1467 26600) 01896; |MMNZ2 | Base ... 189 1122 — — — ! Secco ! 2 __ —— | . | N. medio | N. medio | N medio SARI | degli I delle Tennorta | degli eee stomi per cellule | RAG 3 I stomi per edi mmq. |epidermich., olona i mmq. he ma. | 8% tutta | su tutta | (3 ve (4) P 1 la pagina | la pagina (3) | pi |) (€) IO VON Co (5) o Apice.. | 64 | 4375 | — too ca | Pagina ) vet | Uinferiore Î Metà ... 315 2980 382 3137 I 8.21 Base ... 183 2055 -- — | — NB. La pagina superiore dei cotiledoni sviluppatisi al secco si presenta ricoperta da molti peli più mumerosi che non nei cotiledoni cresciuti all’ umido. pre. VII VO 94 - Cotiledoni sviluppati all'oscuro. Oucurbita marima Duches, Durata dell'esperienza giorni 32. Seminata l'8 febbraio e rac- colta il 12 marzo 1902. Temperatura media 18° circa. Superficie media dei cotiledoni cresciuti all'umido mmq. 309, al secco mmq. 253. Per la stessa ragione esposta antecedentemente è stata esaminata la sola pagina inferiore. Kirsmicio Tk N. medio N. medio Rap | N. medio | © medio | ‘degli delle | RaPPonto degli T Ì stomi per. cellule delle || stomi per ‘ae È ich mmq. epidermich. pci | | mq. o (SPICETIMIEA. Lu tutta | su tutta o) e (4 | | PERINI: | la pagina la pagina (9) ) {03 ta (2) (3) (4) (5) Pagi \ Apice... 487 6450 l- La csi agina non r | inferiore Metà ... 737 5450 608 5250 8.63 Base ... 600 3850 = Fetoò Hi ! Secco | DI :, N. medio N. medio ! N medio | N- medio | ‘degli delle | degli” ctuig | stoti per | cellle stomi Per | pidermich MA. epidermich (1) Apice... 462 inferiore Metà ... 455 Base ... 575 Per mMA- | 1a pagina (la pagina (2) 7150 5 | i | 5600 | 497 | 6950 | 8100 — | — su tutta © su tutta | (3) | (4) | NB. I cotiledoni cresciuti all'oscuro presentano, alla pagina supe- riore, peli radi senza notevole differenza per i due mezzi secco e umido. SL Cotiledoni sviluppati alla luce. Calendula officinalis Lin. Durata dell'esperienza giorni. 24. Seminata il 24 gennaio e rac- colta il 17 febbraio 1902. Temperatura media 16° circa. Superficie me- dia dei cotiledoni cresciuti all’ umido mmq. 111, al secco 43. Urtmido ——__--- — - :- | N. medio | N. medio N. medio o degli | delle | Navnorto degli cellale | Stomi per | cellule | "i Île sui stomi per \sridermichi MI. \epidermich. lo o mmq. Da roma, | SU tutta | su tutta 13) Seri I SE | la pagina | la pagina | |‘ e (4) Il ‘> LA é D ASA). | Lom (5) di Apice... 89 Mon > | Da Pagina 3 | | superiore | 2 È ni 71 365 5.14 Ì ase ... b5) 459 _ | _ | = | \ Apice... 123 bags nel pes | = gna ‘| Metà... 99 509 | 90 461 | 512 | Base ... | 47 310 = ai E 2° Secco —__TTT—=—=rmrr—__y€t€tTTTT_TtT_t6P_P—r——r< 4 wu) continue; e la seconda forma uno stroma crostaceo di color cenere, ed ha spore che misurano 7-8 > 3 x, quindi nulla hanno a vedere colla forma peri- teciale del CWrysogluten Biasolettianum, anche se si volesse considerare il tallo di quest'ultimo come una Tremellinea. — 114 — Anche una Hydneacea per la sua consistenza rassomiglia alquanto al tallo del nostro lichene, il Tremellodon gelatinosum (Scop.) Pers., ma su questa, fino ad ora, non è stato trovato che nna Mucorinea. Del resto, per i caratteri dell'imenio, il Tremellodon gelatinosum non potrà mai confondersi col C4rysogluten Biasol/ettianum. Concludendo, le due forme, la periteciale e la conidica, del Ckry- sogluten Biasolettianum non sono mai state descritte come parassite l'una dell'altra nè di altri funghi gelatinosi; più oltre dimostreremo, come esse non possono nemmeno per tali essere ritenute. Il Ohrysogluten Biasolettianum potrebbe essere il resultato del parassitismo d'una delle due sne forme fungine con un Lichene? Ricercheremo da prima se mai la forma conidica o la periteciale fosse stata da altri descritta come parassita o saprofita di qualche lichene, indi vedremo se fosse possibile ritenerle per tali. Sopra i licheni crescono molti funghi, ma di questi noi esamineremo solo quelli appartenenti ai Pirenomiceti ed agli Ifomiceti poichè di altri non potrebbe essere questione, Anzitutto troviamo tre //ypocreaceae che crescono sopra licheni gelatinosi e cioè: la Nectria affinis (Grev.) Cke. la quale però ha pe- riteci globosi, bianco-fioccosi alla base, senza ostiolo conico; la Paro- nectria affinis (Grev.) Cke., che ha aschi clavati e spore sigmoidee, trisettate, acute ad ambo le estremità; e la Broomella leptogicola Cke. et Mass. che ha spore fusoidi (37-40 >< 6 x), acute ad ambo le estremità, 5 settate. Nessuna di queste specie quindi presenta i caratteri degli apoteci pireniformi del CO4rysogluten Biasoleitianum. In licheni non gelatinosi sono state osservate altre tre Z/ypocreaceae parassite e cioè: la Calonectria lichenigena Speg., ma essa ha aschi molto più grossi di quelli del C/rysogluten Biasolettianum e spore tri. settate; la Pleonectria lichenicola (Cron.) Sace. che ha invero periteci arancioni, non molto diversi per la forma da quelli del nostro lichene della vite, ma essa non è gelatinosa, di più si distingue facilmente per le spore snubfusoidali attenuate ed acute ad ambo le estremità; il Rhytidhysterium viride Speg., ma questo ha periteci verdi, molto più grandi e aschi due o tre volte più lunghi di quelli del C4r. Biasolet- tianum. Del resto, facendo anche astrazione dai caratteri dello stroma (proprio delle Hypocreaceae) e considerando solo i periteci, questi per la loro natura e per il loro colore non potrebbero che riferirsi alla stessa famiglia delle ypocreaceae, ma nessuna specie di queste ha i carat- teri degli apoteci del C4Arysogluten Biasolettianum. Infine, abbiamo una sferiacea, l' Epicymatia borealis Sace. da cresce parimenti sopra licheni, ma essa ha periteci globosi, neri, con | ‘AA A gg @glp[(‘#‘e‘#‘btàydvevTr'eeCL''tt5:(coo> py er e — n liber aschi che contengono da 4 a 6 spore, accompagnati da parafisi filiformi e ramose; quindi rimane esclusa. Passiamo ora agli Ifomiceti. Sui licheni si sviluppano diverse T- berculariaceae; ma nessuna si può confondere colla forma conidica del Chrysogluten Biasolettianum. Infatti il Fusarium Kuehnii (Fuckl.) Sacc. ha conidii unisettati di 12 x 4w; il Dendrodochium subeffusum El. et Gall. forma uno sporodochio subeffuso roseo-aranciato ma con conidii unicellulari molto più piccoli (5-8 x 3 4/2-6 1); la Patellina duelliocides Speg. forma pure uno sporodochio irregolarmente espanso e di color arancio, ma ha conidii continui di 4-6 x 14/2-2 4/2 w; la Tudercularia lichenicola Sace. ha conidii elissoidali di 3-3 1/a >< 2-2 '/s #; l’IMlosporium flavellum B. et Br. ha conidii globosi; l’ Agerita carnea Pat. e l’ Agerita mellea B. et Br. sono forme minutissime puntiformi, la prima di color roseo, la seconda di color meleo ed entrambe hanno conidii ovoidali o globosi. Oltre alle Tuberculariaceae sopra menzionate, solo due altri Ifomiceti furono osservati sui licheni: il Chondromyces lichenicola Thaxt. ed il Ch. serpens Thaxt. (Stilbee), ma essi hanno conidii disposti a capolino ed unicellulari. La forma conidica e la periteciale del CArysogluten Biaso- lettianum potrebbero appartenere a due funghi :diversi ed essere associate solo per ragioni di parassitismo o di saprofitismo? Perchè la forma conidica e la periteciale appartenessero a due funghi distinti, l’uno parassita o saprofita dell'altro, bisognerebbe anzitutto che nello stroma non vi fossero elementi algosi, e facendo anche astrazione dalla presenza dei gonidii si dovrebbe trovare almeno qualche differenza, fosse pure piccola, fra il micelio che porta i conidii e quello che concorre a formare i concettacoli ascofori del supposto nuovo pirenomicete, ma questo non è; il micelio è perfettamente uni- forme ed unico, I conidii che trovansi sul Clhrysogluten Biasolettianum sono dovuti al parassitismo di un FYusarium? o sono invece parte costituente del lichene stesso ? Noi siamo di questa ultima opinione. Infatti se il Fusarium fosse un parassita si dovrebbero avere non uno, ma due specie di fila- menti miceliali, l’ una appartenente al Fusarium, l’ altra al lichene, il che, come si è detto, non si ha. Nei licheni invero, per quanto è a nostra conoscenza, non è mai stata osservata una vera e propria formazione di conidii, non pertanto noi crediamo di non errare ritenendo che nel nostro caso essa si abbia e che i conidii quindi che quivi si osservano non siano punto dovuti al parassitismo o saprofitismo di un altro fungo. — 116 — La presenza infatti di conidii in questo tallofita è un fatto co- stante, osservato sempre in tutti i luoghi ed in ogni tempo da totti gli autori, a cominciare dal Biasoletto e dal Corda, quindi non pnò essere nn fatto accidentale, Da tutto quanto è stato esposto consegue che il Ckrysogluten Bia- solettianum risulta dall'unione simbiotica d'un'alga con nna //ypoereacea, famiglia di Pirenomiceti i quali, come abbiamo veduto, hanno spesso per forma conidica un Fusarium, che non di rado si sviluppa sullo stesso micelio della forma ascofora e contemporaneamente ad essa; in tal modo si spiega la presenza di conidii fusariformi nel tallo del lichene gelatinoso della vite, A nostro modo di vedere, la presenza dei conidii nel nostro lichene è un fatto analogo a quello della presenza delle basidio- spore negli Imenolicheni *. Posizione sistematica. Il Chrysogluten Biasolettianum deve essere collocato senza alcun dubbio nei Lichenes homoeomerici del Wallroth o nei Licheni gelatinosi 0 Collemacei di altri autori. I Collemacei 0 Lichenes homoeomerici del Wallroth vengono divisi in due ordini : I. Ord. Lichenes gelatinosi Bernh.; II. Ord. Lichenes byssacei Kbr. Per la natura del tallo il nostro lichene trova il suo posto na- turale nel I. ordine. Quest’ ordine per la forma degli apoteci viene diviso in due tribù o sottordini: 1.° Discocarpi Sydow.; 2.° Pyrenocarpi Kbr. Il Chrysogluten Biasolettianum avendo apoteci pirenocarpici, va nella seconda tribù, ossia nei Pyrenocarpi, che comprendono tre famiglie: Phyl- lisceae Th. Fr., Obryzeae Kbr. e Lichineae Kbr. Le Phyllisceae sono caratterizzate da un tallo a rosetta, piccolo (4-8 mm. di diametro), ombelicato ossia aderente per un punto cen lobato al margine e depresso al centro, di color nero. Gli aschi ca tengono da 8-16 spore elittiche, bicellulari. . wW%4 10. Marriroro, Contribuzione allo studio del genere Cora Fr. In Nuoro 3 male Botanico Italiano, vol. XIII, Firenze 1SS1, pag. 246-267. è — 117 — Le Obryzeae hanno un tallo fogliaceo, lobato-laciniato al margine, coi lobi stretti che si ripiezano quando sono secchi e uno strato corticale formato da cellule ben distinte. Le Lichineae hanno il tallo cespuglioso, arborescente e le spore subcubiche, unicellulari. ll Chrysogluten Biasolettianum quindi per la forma dei concettacoli fruttiferi deve porsi necessariamente nella tribù dei Pyrenocarpi od Angiocarpi del Koerber, benchè esso non trovi posto in nessuna delle tre famiglie di questa tribù, in grazia alla forma, al colore ed alle di- mensioni del suo tallo. Di conseguenza, ammessa la divisione sopra indicata dei licheni Homocomerici in Discocarpi e Pyrenocarpi e la suddivisione di questi ultimi nelle tre famiglie sopra indicate, il genere Chrysogluten. da noi istituito per il lichene gelatinoso della vite, costi- tuisce il tipo di una"nuova famiglia circoscritta dai seguenti caratteri : Fam. CarysoeLutENAcEAE Briosi et Farneti. Thallus udus gelatinosus (Tav. V, fig. 2 e 3) siccus crustaceus, nunquam frondosus nec laciniatus, generaliter aurantiacus; esxcipulum formatur e natura propria vel ab illa thalli diversa (Tav. V, fig. 1 p; Tav. VI, fig. 1p); peritheciis cum contextu pseudo-parenchymatico (Tav. V, fig. 1 p; Tav. VI, fig. 1p), aurantiaco vel luteo. Superficies thalli conidiophora (Tav. V, fir.1 e 4c; Tav. VI, fig. lc). Gen. CarysocLutEN Briosi et Farneti Pionnotes Fr. ex parte. Thallus udus gelatinosus, siccus crustaceus, nunquam frondosus nec la- ciniatus, generaliter aurantiacus; peritheciis aurantiis vel luteis; paraphysis nullis (Tav. VI, fig. 4). «CaryrsogLutEN BrasoLeTTIANUM (Corda) Briosi et Farneti. Fusarium Biasolettianum Corda Ice. Fung. IT, pag. 3, t. VIII, fig. 14; Pionnotes Biasolettiama Sace. Syll. Fung. IV, pag. 725. Thallus udus tremellosus undulatus, gelatinosus viscidus, crassus, polymorphus, aurantiacus vel croceus, longe lateque expansus, undique effusus, truncos usque ad 1 m. ultraque in longitudinem induens (Tav. V, fig. 2 e 3); siccus crustaceus, coriaceus, rugosus, crispo-rimulosus, seu gyroso-plicatus, vel passim scrobiculosus, inequalis, diffractus, coccineus vel coloris evanescentis (Tav. VI, fig. 3). Peritheciis greguriis (Tav. V, fig. 4 p), primum subglobosis inclusis, dein piriformibus, ostiolis conicis prominentibus, apicibus regulariter per- tusis (Tav. V, fig. 1 e 4); în sicco verrucae instar habent valde prominentes; conterxtu crasso, parenchymatico, intense aurantiaco (Tav. V, fig. 1 p; Tav. VI, fig. 1p). Gonima varia, diversa: macrogonima saepe 2-divisa vel plura cohae- rentia, oblongo globosa vel nonnihil irregularis coloris viridis coerulescentis, — 118 — 10-18 n diam., varie dispersa (Tav. V, fig. 1 MG; Tav, VI, fig. 1 MG, 6); microgonima 6 ‘/yr:8 p diam. simplicia vel didyma, rarius 8-5 moniliformi cohaerentia vel 3-conereta, leniter coerulescentia, inordinata in strato gonidico vel versus hepythallum conferta, in strato medullari atque in parte infe- riori thalli rarissima (Tav. V, fig. 1mg; "Tav. VI, fig. 1mg, 7). Ascia cilindraceis apice rotundatia, brevissime et oblique pedicellatis, 88-90 p altia, 7-7 ‘|a n crassis, octosporis (Tav. VI, fig. 4); sporidiîs oblique monostichia, uniseptatis, ad septum vi constrictis, articulis aequalibus, utrinque subconico obtusis, hyalinis, intus granulosis, 13-13 */1-<6'/x-7p (Tav. VI, fig. 5). Paraphysis mullis. Gelatina hymenea thecarum iodo non tingitur. Huphis parum ramosis, longissimis, adscendentibus, obsolete septatis, 3-3 4/1 n crassis. Sporophoris articulatis, parum ramosis; ramulis sporophori clavatis. Conidiis in ramulorum apice 2-4 fasciculatis, Tusiformibus, utrinque acuminatis, curvulis 3-5 septatis, hyalinis, intus granulosis, 35-60 p longis, 4u crassis (Tav. VI, fig. 8). Pycnidiis et spermogoniis ignotis. Est species magna quae cum nulla alia specie confundi potest; maxrime insignis genere et forma. Hab. in truncis vivis Vitis viniferae veris tempore fletu madidis prope Ca- cam Carbonariam in agro ticinensi, et sub cortice arborum vivarum frondosa- rum ex gen. Vitis, Betulae, in Italia superioris, Istria, Bohemia et Germania. CnrysooLuren Cesati (Thim.) Briosi et Farneti. Fusarium Cesatii Thiim. Weinst. pag. 49; Fusarium Biasolettianum Ces. in Klotzsch. Herb. viv. Mye. N. 1895, non Corda Icon; Pionnotes Cesatii Sace. Syll. Fung. IV, pag. 726. Thallus longe lateque erpansus, truncus usque ad 40-50 cm. in longitu- dinem plasmate fulgidi coloris miniati vel cinnabarini, undique effusi, udus vi- scidus et gelatinosus ; siccus crustaceus, coriaceus. Peritheciis sparsis, primum globosis inclusis, dein ...; contertu parenchymatico, pluristratoso, citrino. Superficies thalli conidiophora. Stratum gonimicum a medullare parum di- stinctum et utrumque luteum, primum iodo leniter rubeo vinoso colore hac illac rubescit, cito tamen evanescente. Gonima varia diversa: macrogonima saepe 2-divisa, oblongo-globosa, 14'/1>< 20 n, dilute viridis coerulescentis,. varie dispersa; microgonima saepe didyma vel 3-5-mo price vel 3-concreta, dilute coerulescentia, 7 p diam., varie dispersa numero Ascis... (immaturis) ; picnidiis et spermogoniis ignotis. Hyphis ramo hyalinis, fleruosis, longissimis, obsolete septatis, apice obtusatis, 3 t/a crassis. Conidiis solitariis, ellipsoideis acrogenis 6-8 <4pn sub hyal Hab. in truncis emortuis Vitis viniferae prope Vercellas Italiae su, A Chrysogluten Biasolettiani differt colore atque trama thalli et j ac forma et magnitudine conidiorum. Dall' Istituto Botanico della R. Università di Pavia, maggio 1902. — 119 — SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tavora V. Fig. 1. — Sezione normale del tallo del Chrysoyluten, Biasolettianum: c conidii; mg microgonidii; MG macrogonidii; e epitallo; » periteci, sg strato gonidiale, sm strato midollare. » 2. — Porzione di tronco di vite ricoperto dal lichene ad !/, grandezza naturale. ANS — - » » ” ’ ” a? ’ > -. 4 — Sezione normale del tallo, vista o piccolo ingrandimento: e conidii, 9g g0- nidii, p periteci. Tavora VI. , Fig. 1. — Sezione normale dell’‘epitallo e dello strato gonidiale (?°/,): e conidii, e epitallo, mg microgonidii, MG macrogonidii, p periteci, sg strato gonidiale. ; - 2. — Conidioforo: e conidii, » rami del conidioforo. - 3. — Porzione di tallo disseccato, vista di faccia a piccolo ingrandimento. - 4. — Teche od aschi in diversi stadii di sviluppo. - 5. — Spore. . 5. — Macrogonidii. . 7. — Microgonidii. » 3. — Conidii. Atti dell'Ist. Bot. deli' Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII. 9 ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO da GIOVANNI BRIOSI. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO ‘ DELLA MICOLOGIA LIGUSTICA. PEL Dott. ANGELO MAGNAGHI Assistente all’ Istituto Botanico dell’Università di Pavia. La flora micologica della Liguria venne. studiata specialmente dai botanici De Notaris, Penzig e Gino Pollacci; quest’ultimo anzi, oltre ad avere pubblicato una nuova centuria. di. funghi liguri, ha raccolto ed enumerato nella sua opera “ Micologia ligustica , ! tutte le specie dei miceti che si conoscono di questa regione. L'esame però del censi- mento del Pollacci dimostra che, mentre sono relativamente molte le specie macroscopiche riote, quelle microscopiche invece lo sono solo in piccola misura. ; Infatti dall'elenco del Pollacci risulta che in Liguria finora furono determinate 930 specie di funghi e di questi unicamente 300 circa sono micromiceti: numero esiguo. “ Nell'inverno scorso ho fatto parecchie erborizzazioni micologiche lnngo il littorale ligure della Riviera di Ponente, e del materiale rac- colto, pubblico ora un primo contributo di 100 specie tutte nuove per ! Dott, Gino Poctacci, Contribuzione alla Micologia Ligustica, 1.* centuria, in Atti dell Istituto Potanico di Pavia, vol. V, 1896; Dott. Gino Portacei, Micologia Ligustica, in Atti della Società Ligustica di Scienze Naturali e Geografiche, vol. VII, fasc. IV, e vol. VIII fasc. 1, 1897. Atti dell’ Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII. 122 la regione, anzi 9 di esse addirittura nuove per la scienza, perchè fi- nora da nessun altro descritte. Colgo l'occasione per esprimere i miei sensi di riconoscenza al ch, prof, G. Briosi che mi consigliò di dedicarmi allo studio della micologia ligure, ricca di specie poco note e molto interessanti, e che mise a mia disposizione i mezzi del sno Laboratorio, ove trovasi depo- sitato il materiale da me raccolto. Ordine USTILAGINEAE Tul. I. Ustilago grandis Fries., Syst. Mye., III, pag, 518. — Sace., Syll., Vol. VII, pag. 453, Sopra foglie di Arundo Donar Lin. a Pegli. Ordine UREDINEAE Brongn. 2. Uromyces caryophyllinus (Schrank,) Schroet., Brand., pag. 10. — Winter, Die Pilze I, pag. 149. — Sace., Syll. Vol. VII, pag. 545. — Briosi e Cavara, Funghi parassiti ecc., n. 30. Sopra foglie e fusto di Dianthus caryophyUus Lin. a Cornigliano. 3. Puccinia Chrysanthemi E. Roze, Bull. Soc. Mye., France, 1900, pag. 92 cum iconibus, P. Hieracii Massee, non Anct. — Sace., Syll., Vol. XVI, pag. 296. Sopra foglie di C/Arysanthemum var. a Pegli. 4. Puccinia Violae (Schum.) D. C., FI. Frane., VI, pag. 62. — Sace., Syll., Vol. VII, pars II, pag. 609. — Briosi e Cavara, Fan- ghi parassiti ecc., fasc. XII, n. 286. Sopra foglie di Viola odorata L. a Sestri Ponente. 5. Puccinia Buxri D. C., Flor. Frane., VII, pag. 60. — Win- ter, Die Pilze, I, pag. 174. — Sace., Syll., Vol. VII, pag. 688. — Briosi e Cavara, Fanghi parassiti ece., n. 37. Sopra foglie di Burus sempervirens L. a Cornigliano. 6. Phragmidium violaceum (Schultz), Wint., Winter, Die Pilze, pag. 231. — Sace., Syll., Vol. VII, p. II, pag. 744. — Briosi e Cavara, Funghi parassiti ecc., n. 287. Sopra foglie di /tudus sp. presso Pegli. ci Ordine PYRENOMYCETEAE Fr. em. De Not. Fam. SPHAERIACEAE Fr. Sezione ALLANTOSPORAE Sacc. 7. Quaternaria Persoonii Tul., Carp., II, 105, t. XII, f. 16-25. — Sphaeria quaternata Pers., Syn., pag. 45. — Sace., Syll., Vol. I, pag. 106. Sopra rami secchi di Pittosporum Tobira Ait. a Pegli. Sezione HyAaLosporae Sace. 8. Laestadia Briosiana nov. sp. Periteciis subepidermicis, dein erumpentibus, copiosis, sparsis vel aggregatis, globoso-depressis, nigris, 140-150 w diam.; ascis elongatis, breve stipitatis, aparaphysatis, 45 © 46 w., octosporis ; sporidiis oblongo- fusoideis, utrinque acutis, hyalinis, 17-19 < 8-9 &., intus granulosis. Hab. in ramis emortuis Puerariae sp., in hortis, Cornigliano. Dedico questa specie al chiariss. prof. G. Briosi. 9. Laestadin lusitanica (Auersw.) Sacc., Sphaerella lusita- nica, Auersw. Myc., Eur., Pyr., pag. 15, fig. 52. — Sacc., Syll., Vol. I, pag. 425. Sopra ramo secco di Cytrus sp. a Pegli. 10. Prhysalospora uvae-sarmenti (Cooke), Sacc., Sphaeria uvae-sarmenti Cooke, Grev., XI, pag. 109. — Sacc., Syll., Vol. IX, pag. 593. Sopra sarmenti di vite a Cornigliano. Le spore del mio esemplare misurano circa 25 “ 7-8 w., mentre quelle del Sacc. hanno maggior lunghezza, essendo 40 © 8 w. 11. Physalospora tecta Wint. in Hedw., 1885. — Sacc., Syll., vol. IX, pag. 597. Sopra foglie secche di Dracaena indivisa Forst.; allo Stabil. Ort. Fratelli Villa, Cornigliano. 12. Trabutia Eucalypti Cvoke et Mass., Grevill., XVII, pag. 43. — Sacc., Syll., vol. IX, pag. 601. Sopra foglie di Eucalyptus globulus Labil. a Pegli. Sezione picryosporar Sace. 13. Pleospora Asparagi Rabenh; Herb. mycol., Ed. II, n. 450. — Sace., Syll., vol. II, pag. 268. — Briosi e Cavara, Funghi paras- siti ecc., n. 180. Sopra rami secchi di Asparagus officinalis L. a Sestri Ponente. PIRO, Ordine SPHAEROPSIDEAE Lév. Famiglia SPHAERIODIDEAE Sace. Sezione nyaLosprorar Sace. 14. PhyUosticta aucubicola Sace, Mich., JI, pag. 276. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 30. Sopra foglie di Aucuba japonica L. alla villa Durazzo-Pallavicini, Pegli. 15. Phyllosticta Fict Bres., Rev. Mvyc. 1891, pag. 68. — Sacec., Syll., Vol. X, pag. 120. Sopra foglie di Ficus macrophylia Desf. alla villa Darazzo-Palla- vicini, Pegli. 16. PhyUosticta Amaryllidis Bres.,, Hedw., 1896, pag. 55. — Sace., Syll., Vol. XVI, pag. 863. Sopra foglie di Clivia nobilis Lindl. alla villa Durazzo-Pallavicini, Pegli. 17. Phylltosticta Mahoniae Sace. et Speg., Mich., I, pag. 153. — Sace., Syll., vol. JII, pag. 25. Sopra foglie di Mahonia sp. alla villa Durazzo-Pallavicini, Pegli. 18. Phylosticta prunicola (Opiz.?), Sace., Mich., I, pag. 157; Depazea prunicola Opiz.? — Sace., Syll., Vol., III, pag. 4. — Briosi e Cavara, Funghi parassiti ecc., n. 141, Sopra foglie di Prunus Cerasus L. a Pegli. 19. Phyllosticta Zinniae P. Brun., Sphaerops. Char., 1899, pag. 10. — Sace., Syll., Vol. XVI, pag. 856. Sopra foglie di Zinnia elegans Jacq. a Pegli. 20. Phylltosticta ruscicola Dur. et Mont., FI. Alg. I, pag. 611. — Desm., Not. XIV, 32. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 58. Sopra cladodii di Ruscus aculeatus L. alla villa Durazzo-Pallavicini, Pegli. . 21. Phyllosticta Magnoliae Sace, Mich., I, pag. 139. — Sacc., Syll., Vol. III, pag. 25. Sopra foglie di Magnolia grandiflora L. a Pegli. 22. Phyllosticta argyrea Speg., Fung. Arg., Pug. II, 121. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 29. Sopra foglie di F/aeagnus reflera Due, allo Stabil. Ort. Fratelli Villa, Cornigliano. — i — 23. Phytlosticta Cameliae West. in Kickx., FI. Crypt. FI. I, pae. 416. — Sace., Syll., vol. III, pag. 25. Sopra foglie di Camelia japonica L. a Pegli. 24. Phyllosticta ilicina Sacc., Mich., I, pag. 136. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 35. Sopra foglie di Quercus Nec L. a Pegli. 25. Phyllostictu HyArangeae Ell. et Ev., Journ. Myc., 1889, pag. 145. — Sace., Syll., Vol. X, pag. 105. Sopra foglie di Hydrangea hortensis Dec. alla villa Durazzo-Pal- lavicini, Pegli. 26.. Phyllosticta Vincae Thiim, Contr. FI. Myc. Lusit. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 55. Sopra foglie di Vinca maior L. presso Pegli. DI 7. Phyllosticta Persicae Sacc., Mich., I, pag. 147. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 8. — Briosi e Cavara, Funghi parassiti, ecc., n. 88. Sopra foglie di Amygdalus Persica L. a Pegli. 28. Phyllosticta Cynarae West., Exs., n. 1140. — Kikx., Fland., I, 414. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 45. Sopra foglie di Cynara Scolymus L. a Pegli. 29. Phyllosticta Farfarae Sacc., Fung. Ven., Ser. II, 302; Mich., I, pag. 143. — Sacc., Syll., Vol. III pag. 45. Sopra foglie di Tussilago Farfara L. a Sestri. 30. Phyllosticta Pittospori P. Brun., Sphaerops. Char., 1889, pag. 1. — Sace., Syll., Vol. XIV, pag. 851. Sopra foglie di Pittosporum Tobira Ait. L. a Pegli. 31. Phyllosticta ficicola Pat., Cat., rais, pl. cell. Tunisiae, 1897, pag. 115. — Sace., Syll., Vol. XIV, pag. 861. Sopra foglie di Ficus elastica Roxb. alla villa Durazzo-Pallavicini, Pegli. 32. Phyllosticta Goetheae nov. sp. Maculis irregularibus, amphigenis, albescentibus, exaridis, linea fusca cinctis; peritheciis sparsis, punctiformibus, epiphyllis, raro am- phigenis, pertusis, lutescentibus, 180-200 u. diam.; sporulis ovoideis, chlorinis, 3-5 2 w. Hab. in foliis vivis Goetheae cauliflorae Nees. in hortis, Cornigliano. 33. Phoma Pritchardiae Cke. et Harkn. — subsp. P%. Phoe- nicis, Sacc. — Sacc., Syll., Vol. X, pag. 181. Sopra foglie di Phoenix dactylifera L. alla villa Durazzo-Pallavicini, Pegli. 34. Phoma atro-cineta Sacc., F. Rom., n. 42, fig. 5. — Sace. Syll., vol. X, pag. 159. — 126 — Sopra foglie di Zicus repens Villd. alla villa Durazzo-Pallavicini, l’egli. 5. Phoma Cunninghamiae Pass. et Ronm., in Rev. Myc., 1885, p. 172. — Sacc,, Syll., vol. X, pag. 163. Sopra foglie aride di Cunninghamia sinensis Rich, alla villa Durazzo» l’allavicini, Pegli. 36. Phoma Candollei (Berck. et Br.), Sace., Sphaeropsis Can- dollei Berk. et Br., Kickx., I, 402; Sphaeria Buri, D. C. — Sace, Svll., Vol. III, pag. 105. Sopra foglie cadute di Burus sempervirens L. a Pegli. 37. Phoma acervalis Sacc., Gibberellae acervalis st, spermog., Fuck., Symb., pag. 166. — Sacec., Syll., Vol. III, pag. 97. Sopra ramo di Saliv sp. a Pegli. 38. Phoma Araucariae 'raverso, Microm. Tremezz., pag. 13, (Malp. 1901). — Sace., Syll., Vol. XVI, pag. 876. Sopra foglie di Araucaria Bidwillii Hook. alla villa Durazzo-Pal- lavicini, Pegli. Riscontrai pure in società col P%. Araucariae, }a Pestalozzia funerca forma Araucariae Sace, 39. Phoma Rusci \Vest., Bull. Ac. Bel., ser. II, t. 7, n. 5, — Sacc., Syll., Vol. III, pag. 162. Sopra cladodii di /tuscus Aypoglossum L. alla villa Durazzo-Pal- lavicini, Pegli. 40. Phoma Cycadis Sace. et Berl., in Rev. Myc., 1886. — Sacc., Syll., Vol. X, pag. 165. Sopra foglie di Cycas revoluta Thunb. alla villa Durazzo-Pallavicini, Pegli. 4l. Phoma Castagnei (Mont.), Sace., Sphaeropsis Castagnei Mont., Syll., n. 961 et cent. VI, n. 38, in Ann., 3, XI, pag. 50. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 108. Sopra foglie di Quercus Ilex L. a Pegli. 42. Phoma laurella Sacc., Mich., II, pag. 616, (sub nom. Roma nobilis). — Sace., Syll., Vol. III, pag. 82. Sopra foglie cadute di Laurus nobilis L. alla villa Durazzo-Pallavi- cini, Pegli. 43. Phoma Camelliae Pass., Rev. myc., 1887, pag. 145. — Sacc., Syll., Vol. X, pag. 139. Sopra foglie di Camellia iaponica L. allo Stabil. Ort. Fratelli Villa Cornigliano. 44, Macrophoma sinensis Passer., Diagn. F. N., IV, n. 45. — Sace., Syll., Vol. X, pag. 197. — 2 Sopra foglie aride di Cunninghamia sinensis Rich. alla villa Durazzo- Pallavicini, Pegli. 45. Macrophoma japonica Pass., Rev. Myc., 1887, pag. 145. — Sace., Syll., Vol. X, pae. 196. Sopra foglie aride di Evonymus japonicus L. a Pegli. 46. Macrophoma subconica Ell. et Ev., Journ. Myc., 1889, pag. 147. — Sace., Syll., Vol. X, pag. 193. Sopra rami morti di So/anum dulcamara L. presso Pegli. 47. — Macrophoma Ligusticum nov. sp. Peritheciis gregariis, emisphaericis, nigris, erumpentibus, contextu brunneo, 110-120 y. diam. ; sporulis ellipsoideis, utrinque rotundatis, hyalinis, 15-20 < 10-12 w., granulosis ; basidiis brevissimis. Hab. in ramis emortuis Hydrangeae hortensis Dec. in hortis, Pegli. Sopra rami di Hydrangea hortensis vive pure un micromicete che si avvicina per i suoi caratteri alla specie sopra descritta: è il Phoma Hortensine Brun., che fu già riscontrato e studiato in Francia, ma le dimensioni delle sue spore (5 < 2) sono talmente diverse da quelle del mio esemplare (15-20 < 10-12), che ho creduto bene collocare la nuova specie nel genere Macrophoma. 48. Macrophoma helicinum nov. sp. Peritheciis sparsis, punctiformibus, magnis, 120-150 © 230-250 u.. ostiolo pertusis; stroma carbonaceo; sporulis oblongis, saepe clavatis, hyalinis, 23-25 < 12-14 ., granulosis ; basidiis hyalinis, 25-30 «. longis, copiosis; micelio fusco. Hab. in foliis deiectis HMederae Helicis L. a Sestri Ponente. Questa specie che ritengo nuova, si allontana di molto da quelle già comprese nella Micologia Ligustica del Pollacci, sia per le dimen- sioni delle spore, sia per la forma del peritecio. Le specie che più si avvicinano sono il M. cylindrospora (Desm.) Berl. et Vogl., ed il M. lencostigma (D. C.) Berl. et Vogl. 49. Vermicularia Liliacearum West., Fl., Bat., Fung., II, pag. 113. — Sace., Syll., vol. III, pag. 233. Sopra foglie di Convallaria japonica Lin. fil. a Cornigliano. 50. Dothiorella decorticata Ell. et Ev., Journ. Mycol., 1888, pag. 50. — Sace., Syll., Vol. X, pag. 232. Sopra ramo secco di Populus sp. a Pegli. 51. Cytospora ambiens Sacc., Mich., I, pag. 519; Valsae am- bientis sperm., Nits. Fuck. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 268. Sopra ramo secco di Populus sp. presso Pegli. 52. Cytospora Australiae Speg. F. Arg. Pug., I, pag. 189. — Sacc., Syll., Vol. III, pag. 256. Sopra ramo secco di Eucalyptus globulus Labil. a Pegli. 128 — 53. Cytospora Persicae Schw., Syn., Amer. bor., n. 2156, — Sacc., Svll., Vol. ITT, pag. 256. Sopra rami secchi di Amygda/us persica L. presso Pegli. 54. Cytosporella insitiva Peg, Contr. micol., Avell., pag. 21. Sace,, Syll., Vol. XI, pag. 507. Sopra rami secchi di Jtobinia Pseudacacia L. a Sestri Ponente. 55, Cytosporella Citri nov. sp. Stromatibus innato-erumpentibus, epidermide lacerata cinctis, intus innequaliter plurilocularibus ; loculis globulosis; sporulis perexiguis, globoso-ovoideis, hvalinis, 2. longis, basidiis bacillaribus, 10-12 yu. altis, suffultis. Hab. in ramis emortuis Citri Awrantii L., Cornigliano. Socia adest Sphaeropsis Citri, (Gar. et Catt.), Penz 560. Pusicoccum leucostomum Sacc., Diaporthes Spinae st. spermog., Fuck., Symb., pag. 210. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 249. Sopra ramo secco di Saliz sp. presso Pegli. 57. Fusicoccum fibrosum Sacc., Diaporthes fibrosae st. sperm., Sacc., Syll., I, pag. 618. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 247. Sopra ramo essicato di Pittosporum Tobira Ait. a Pegli. Sez. PHAEOSPORAE, Sace. 58. Sphaeropsis Citri (Gar. et Catt.), Penz., Mich., IT, pag. 442. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 296. Sopra ramo di Citrus Aurantius L. a Cornigliano. Le spore del mio esemplare sono più brevi, misurando 20-25 pw. 59. Sphaeropsis Magnoliae nov. sp. Maculis albis irregularibus; peritheciis primo subeutaneis dein erumpentibus, subglobosis, nigris, papillatis, magnis; sporulis elliptico- cylindraceis, continuis, fuligineo-olivaceis, 17-19 « 11-12 n.; basidiis brevibus, hyalinis. Hab. in foliis vivis Magnoliae grandiflorae L. in hortis, Pegli. Questa specie non si può classificare come SpA. tephrospora B. et C., che fu riscontrata sopra rami di Magnolia in America, per la troppa diversità nelle dimensioni delle spore. Questo micromicete fu da me trovato in quantità abbastanza forte sopra foglie di Magnolia ancora verdi, sopra le quali aveva prodotto dei danni non indifterenti. 60, Coniothryrium Palmarum Corda, Icon. Fnung., IV, pag. 38, t. 8, f. 106 — Sace, Syll.,, Vol. ITT, pag. 318. | Sopra foglie di Chamaerops humilis L. a Cornigliano. a i. — 199 — 61. Coniotlujyrium Dasyliriiù Celotti, Mic. Montp., pag. 32. — Sacc., Syll., Vol. X, pag. 267. Sopra foglie di Dasylirion sp., allo Stab. Ort. Fratelli Villa, Cor- nigliano. 62. Coniothyrium Agaves (Mont.), Sace., Phoma Agaves, Dur. et Mont., Fl. Alg., pag. 605., Mont., Syll., n. 980. — Sace., Syll., vol. III, pag. 318. Sopra foglie di Agave americana L. allo Stab. Ort. Fratelli Villa, Cornigliano. 63. Coniothyrium Vitis Delacr., Ball. Soc. Mye., 1890, pag. 131. — Sacc., Syll., vol. X, pag. 263. Sopra corteccia di Vitis vinifera L. a Cornigliano. Sezione HYALODIDYMAE. 64. Ascochyta Cliviae nov. sp. Maculis amphigenis, subcircularibus, sinuosisve, arescendo dealbatis, margine ochraceo elevato; peritbeciis sparsis, paucis, lenticularibus, 120-130 «. diam.; sporulis oblongis, utrinque obtusis, 9-10 < 2-3 w., l-septatis, non constrictis, dilute olivaceis (rarissime 2-septatis). Hab. in foliis vivis Cliviae nobilis Lindl. in hortis, Pegli. Sezione PHAFODIDYMAE Sace. 65. Diplodia depazeoides Dur. et Mont., Fl. Alg., pag. 575 et Syll. Crypt., pag. 266. — Sacc. Syll., Vol. III, pag. 372. Sopra foglie di Phoenix dactylifera L. a Pegli. 66. Diplodia coerulescens Passer., Diagn., F. N., IV, n. 112. — Sace., Syll., Vol. X, pag. 286. Sopra ramo secco di Salir sp. a Pegli. 67. Diplodia viticola Desm., Ann. Se. nat., 1838, pag. 311. — Sacc., Syll., Vol. III, pag. 332. Sopra ramo di Vitis vinifera L. a Cornigliano. 68. Diplodia Evonymi West., Exs., n. 930. — Kicekx FI. er., FI. I, pag. 395 (nec Fuck. quae D. rumutlicola). — Sacc., Syll., Vol. III, pag. 360. Sopra rami morti di Evonymus japonicus L. a Pegli. 69. Diplodia Gleditschiae Pass. — Sacc., Syll., Vol. III, pag. 335. Sopra rami secchi di G/editschia triacanthos L. a Sestri Ponente. 70. Botryodiplodia Gleditschiae Berl., Pug. fung. Fior., pag. 23. — Sacc., Syll., Vol. X, pag. 294. Sopra ramo morto di Acacia Cavenia Bert. a Cornigliano. Sezione pIicTYOSPORAK. 71, Camarosporium Itobinise (West), Sace., Syll., Vol. IL, pag. 459, Sopra ramo di /tobinia Pseudacacia L. a Pegli. Sezione scoLecosronar Nacc. 72. Septoria phacidioides Desm, 13, Not., pag. 67. — Paci- dium Buri Frank., sec. West. — Sacc., Syll., Vol. III, pag. 499. Sopra foglie di Burns sempervirens L. a Cornigliano. 73. Septoria Donacis Passer., in Rabh., Fung. eur., n. 2452. — Sace., Syll. Vol. III, pag. 565. Sopra foglie languide di Arundo Donar L. a Pegli. 74. Septoria Verontcae Desm., Ann. Sc. nat., 1849, XI., pag. 348. — PhyMosticta Veronicae Cooke, F. B., n. 615. — Sace, Syll., Vol). III. pag. 534. Sopra foglie vive di Veronica fruticosa L. a Pegli. 75. Septoria Cheiranthi Rob. et Desm., XIV, Not. 20. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 521. Sopra foglie languenti di /beris sempervirens L. a Cornigliano. 76. Septoria Lactucae Pass., Att. Soc. Crittog. Ital., Vol. II, pag. 35 (1879). — Sace., Syll., Vol. III, pag. 551. Sopra foglie di Lactuca sp. a Pegli. 77. Septoria Petroselini #. Apii, Briosi et Cavara, Funghi parassiti ece., n. 144. — Sacc., Syll., Vol. XIV, pag. 972. Sopra foglie di Apiwm graveolens L. a Cornigliano. 78. Septoria scabiosicola Desm., in Ann. Sc. nat., 1853, XX, pag. 96. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 553. Sopra foglie di Scabiosa sp. presso Pegli. 79. — Septoria oleandrina Sacc., Fungi Veneti, V, pag. 205, M. V., n. 533. — Septoria Nerii, (Auers. W.?), Thiim., F. Austr., n. 692. — Sacc., Syll., Vol. III, pag. 497. Sopra foglie di Nerium O/eander L. alla villa Durazzo-Pallavicini, Pegli. : — 131 — Fam. LEPTOSTROMACEAE Sace. 80. Leptothyrium maculicolum Winter., Cont. Myce. Lus., n. 794. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 628. Var. hyalinum mihi. A specie differt conidiis hyalinis et tantum 7-10 © 2-3 «. Sopra foglie vive di Quercus coccifera L. a Pegli. Ordine MELANCONIEAE Berk. Sezione HyALOSPORAE Sace. 81. Gloeosporium mervisequum (Fuck.), Sacc., Michel., II, pag. 381; Fung. Ital., n. 1051. — Sacc., Syll., III, pag. 711. Sopra foglie di P/latanus occidentalis L. a Pegli. 82. Gloeosporium sarmenticium Mont., in Castagne, Sup- plém., pag. 58, Syll. crypt., n. 663. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 716. Sopra sarmenti di Vitis vinifera L. a Cornigliano. 83. Gloeosporium frigidum Sace., Mich., II, pag. 168; Fungi Ital., t. 1033. — Sacc., Syll., Vol. III, pag. 704. Sopra foglie di Evonymus japonicus L. a Cornigliano. 84. Gloeosporium Begoniae nov. sp. Maculis amphigenis, rufo-ochraceis, vix marginatis; acervulis epi- phyllis, brunneis, subrotundis, sparsis, denique erumpentibus ; basidiis eylindraceis, simplicibus, hyalinis vel basi dilute fuligineis, 12-14 w. longis; conidiis cylindraceis, utrinque rotundatis, hyalinis, granulosis, 16-17 © 4-5 u. Hab. in foliis vivis Begoniae sp., in hortis, Cornigliano. 85. Gloeosporium Citri Cooke et Mass., in Grev., XIX, pag. 92. — Sacc, Syll., Vol. X, pag. 449. Sopra ramoscelli secchi di Citrus sp. a Pegli. 86. Colletotrichum Anthurti Delacr., Bull. Soc. Mye. de France, XIII, 1897, pag. 110, tab. VII, fig. D. — Sace., Syll., Vol. XIV, pag. 1016. Sopra foglie di Anthurium sp. allo Stab. Ort. Fratelli Villa, Cor- nigliano. 87. Colletotrichum Pollaccit nov. sp. Maculis irregulariter orbicularibus, brunneis, margine ochraceo cinctis, amphigenis; acervulis sparsis, fuscis, lenticularibus, bhypoder- — 132 — micis, demum erumpentibus, 160-170 x. latis; setulis simplicibus, erectis, cuspidatis, 35 n. longis, 3-4 latis, pallide-fuscis ; conidiis subovoideis guttulatis, 12 «, longis et 7 x. Jatis, basidiis brevissimis suffultis. Hab. in foliis vivis Aueudae japonicae L. in hortis, Pegli. Dedico questa specie all'amico carissimo Dott. Gino Pollacci. Sezione runaomosrorar Sace. 88. Pestalozzia lateripes E). et FEv., Jonrn. Mye., VII, pag. 133. — Sace., Syll., Vol XI, pag. 578. Sopra foglie di Ceratonia Siliqua L. alla villa Dnrazzo-Pallavicini, Pegli. 89. Pestalozzia microspora Speg., Fangi Arg., Pug. IT, pag. 37. — Sacec., Syll., Vol. III, pag. 789. Sopra foglie di Medera Helir TL. a Cornigliano. 90. Pestalozzia n-glecta Thiim., Contr. Myc., Lusit., n. 343, — Sace., Syll., Vol. III, pag. 788. Sopra foglie cadute di Evonymus japonicus L. a Pegli. 91. Pestnlozzia Lauro-Cerasi West., Bull. Ac. Belg., IL t. XII, n. 7. — Sace., Syll., Vol. III, pag. 786. Sopra Toglie di Prunus Lauro-Cerasus L. a Pegli. 92. Septogloeum Mori (Lév.) Briosi et Cavara. Septoria Mori Lév. in Ann. Sc. Nat., 1846, Vol. V., pag. 474. — Briosi et Cavara, Funghi parassiti ecc., n. 21. — Sace., Syll., vol. ITI, pag. 577. «Sopra foglie di Morus alba L. a Pegli. Ordine HYPHOMYCETEAE Mart. . Fam. MUCEDINEAE Link. Sezione runagmosporae Sace. 93. Ramularia Tulasnei Sace.. Fung. ital., tav. 1006; Ofr. Tal. Select. F. Carp., II, 286 (ut stat, conid. Stigmateae [Sphaerellae] Fragariae). — Sacc., Syll., Vol. IV, pag. 203. — Briosi et Cavara, Funghi parassiti ecc., n. 14. Sopra foglie di Fragaria vesca L. alla Villa Durazzo Pallavicini, Pegli. 94. Ramularia Ari Fautr., Rev. Myc., 1892, pag. 176. — Sacec.. Syll., Vol. XI, pag. 605. Sopra foglie di Arum italicum Mill. a Cornigliano. — 133 — Fam. DEMATIEAE Fr. Sez. AMEROSPORAE. 95. Hadrotrichum Populi Sace., Mich., I, pag. 264; Sace., Syll., Vol. IV, pag. 301. — Briosi e Cavara, Funghi parassiti ecc., n. -139. Sopra foglie di Populus sp. a Pegli. Sezione PHRAGMOSPORAE Sace. 96. Cercospora Amaryllidis Ell. et. Ev., Journ., Myc. 1887, pag. 14. — Sace., Syll., Vol. X, pag. 653. Sopra foglie di Amaryllis sp. a Cornigliano. 97. Cercospora rubicola Thim., Contr. Myc. Lus., n. 446. — Sace., Syll., Vol. IV, pag. 460. Sopra foglie di Iudus fruticosus L. presso Pegli. 98. Cercospora Boussingaultiae Roum., Fung. Gall., n. 60. — Sace. Mich., II, pag. 128. — Sacc., Syll., Vol. IV, pag. 479. Sopra foglie di Boussingaultia baselloides H. B. a Pegli. Sezione pictrosporae Sace. 99. Macrosporium Pelargonii El. et Ev., Proc. Acad. Phil., 1894, pag. 383. — Sace., Syll., Vol. XI, pag. 635. Sopra foglie di Pelargonium sp. a Cornigliano. 100. Macrosporium Violae Pollacci, Atti Ist. Bot. Pavia, 2 ser., V, 1897, p. 2 extr., tab. VII, fig. 1-5. — Sacc., $Syll., Vol. XIV, pag. 1094. : Sopra foglie vive di Viola odorata L. alla villa Durazzo-Pallavicini, Pegli. Dall'Istituto Botanico della R. Università di Pavia, giugno 1902. ita. e speri : P 3 sta ee bRE | i ( ha + ; CI, ) fo (ti 1094 td Wi roi «ro 1 AAT di, titan (0 vs SIE > TU Dei Jeng 0 lo 72 bit l'io de Ah » Ombrosi. Anche l’influenza della stagione fu presa in esame dallo Schmit che potè constatare come su 116 piante colorate, 54 perdono parzial- mente il colore a primavera inoltrata, mentre 34 lo conservano immu- tato e 28 aumentano la colorazione coll’avvicinarsi dell'estate. Fra le parti che perdono il colore d’estate meritano d’esser ricordate innanzi tutto le foglie come quelle che sono più soggette allo scoloramento. i Per ultimo Grace Schmit si occupò anche della sede del colore e venne alla conclusione che l'epidermide è il tessuto che più frequen- temente si colora, poi vengono gli strati più superficiali della cortec- cia o del mesofillo. Questi studi che confermano, entro certi limiti, le ricerche ese- guite aleuni anni or sono dal Berthold su un gran numero di piante, portano l’A. a stabilire che i cambiamenti di colorazione nelle piante sono causati da mutamenti che avvengono nelle condizioni esterne (passaggi dal secco all’umido o viceversa, dal freddo al caldo, ecc.) e che nessuna delle teorie fino ad ora state proposte per spiegare l’ori- gine e la diffusione dell’antocianina si presta ad illustrare i singoli casi. L'A. ha preso specialmente in considerazione le teorie dello Stahl, del Pick, dell’Overton e del Kerner von Marilaun. Le idee di Grace Schmit sulla frequenza dell’antocianina nell’epi- dermide erano già state lungamente prima esposte dal Kraus, il quale però avendo osservato che questo tessuto è quasi sempre incapace di assimilare, venne alla conclusione che il medesimo non dovrebbe posse- dere la facoltà di formare il pigmento in questione, ma soltanto quella di poter immagazzinare le sostanze cromogeniche che gli arrivano da altri elementi. L’A. fece inoltre osservare che la poca attività delle cel- lule epidermiche è la causa precipua per cui le sostanze coloranti ven- gono quivi a stabilirsi, inquantochè un attivo ricambio da una parte ostacola l'insediamento e dall’altra favorisce l'emigrazione dell’ anto- cianina. ! Abbastanza estesa è la letteratura concernente la localizzazione dell’antocianina nel caule. Fra i più importanti studi ci limiteremo a segnalare quelli di Soltwedel sul Saccharum, quelli del Niederstadt sulla sostanza violetta dei laticiferi delle Musacee, la quale però è ancor dubbio se appartenga alle antocianine, quelli del Montemartini sul Po- lygonum Sieboldi che segnalò la presenza dell’antocianina attorno agli stomi sovrastanti alle aree del parenchima corticale clorofilliano, quelli di Levi Morenos sulla comparsa del pigmento nell’epidermide dei vecchi internodi di Scabiosa, quelli di Zopf sui serbatoi tannici delle Fuma- riacee ed infine quelli di Pick intesi pure a lor volta a dimostrare sia che l’antocianina predilige le cellule epidermiche e gli strati superficiali del caule perchè ivi è più frequente la localizzazione del tannino, e 1 Abbastanza singolare è il fatto che le piante fornite di un’epidermide ricca di peli per lo più non hanno antocianina. Parrebbe quindi che la presenza di peli atti a difendere i tessuti sottostanti da una radiazione troppo intensa renda inutile la formazione del pigmento. — ig sia ancora che la comparsa del pigmento in certi cauli è in relazione colla loro poco energica attività assimilatrice (Polygonum Fagopyrum). Inoltre il Berthold, l' Hassark ed altri autori hanno rilevato come l’antocianina si incontra frequentemente attorno ai cordoni di collenchima o nei cordoni stessi (Squame di Begonie. V. in proposito anche il lavoro di Majeffscki). Quando il pigmento occupa le cellule fiancheggianti il col- lenchima queste hanno assai spesso forma e struttura differente dai cir- costanti elementi e sono per lo più prive di clorofilla. Vedremo a suo tempo l’importanza che possono aver tali osservazioni quando verranno collegate coi dati che ci hanno offerti gli studi del Kohl, dello Stras- burger, del Giltay, del Miiller, del Mechange, del Cohn, dell’Ambrom e del Van Wisseling sulla costituzione del collenchima stesso. Ben poche nozioni si hanno sulla distribuzione dell’antocianina nelle radici. L'argomento fu studiato dal Pirotta (radici di Echeveria metallica), dall’Ascherson (radici di Pontedera, Ciperaceae, Hemodora- ceae) e dal Levi Morenos il quale si vale appunto della presenza della sostanza colorante nelle radici per dimostrare, a nostro parere forse un poco affrettatamente, che la luce non torna necessaria alla comparsa del pigmento. Molto numerose all'opposto sono le osservazioni che possediamo sulle foglie, le cui varietà di colorazione hanno dovuto certamente atti- rare in ogni tempo l’attenzione degli studiosi. Chi volesse farsi un’idea adeguata delle splendide tinte che ornano il fogliame, in specie di molte piante da serra o delle regioni tropicali, potrebbe consultare con pro- fitto la monografia del Naudin o quella del Lowe-Howard, ed in specie quest'ultima, per la fedeltà con cui son riportate dal vero tutte le più leggere sfumature nella tinta di moltissime foglie di piante apparte- nenti alle più disparate famiglie. Sfogliando la iconografia di Lowe-Howard appare manifesto come molte foglie presentano una colorazione antocianica solo nei tratti in cui manca la clorofilla (nervatura, margine fogliare di Tussilago, parte centrale del lembo di Hedera, Caladium, Sedum Sieboldi, ecc.) oppure al limite tra la regione biancastra, priva cioè di clorofilla e quella co- lorata in verde (Pelargonium zonatum), o infine nei punti in cui i gra- nuli di clorofilla sono meno abbondanti che altrove (Telizanthera), ciò che concorda abbastanza bene con alcuni dati che ci ha offerto in pro- posito I’ Hassack. Anche Alice Rodriguez, che ha fatto un lungo studio comparativo delle foglie variegate, argentate ed antocianiche, arrivò alla conclusione che la colorazione rossa si stabilisce spesso nelle parti incolore (Oplismenus) ed anzi variegatura e colorazione antocianica sono due — LO = fenomeni che frequentemente si trovano associati. L’Alice Rodriguez osservò poi ancora che la presenza dell’antocianina nelle cellule del palizzata e dell'epidermide può, in più di un caso, andar unita a modi- ficazioni di forma e di struttura di questi tessuti al punto che gli ele- menti del palizzata possono assumere quasi la forma di quelli che co- stituiscono il tessuto lacunoso della foglia e le cellule dell’epidermide impregnate di pigmento possono acquistare un volume maggiore di quelle circostanti contenenti solo clorofilla. Vi sarebbe poi anche una certa analogia tra i cambiamenti strutturali che si osservano nella va- riegatura e quelli che si incontrano nei tessuti immagazzinanti l’anto- cianina. Sotto un altro punto di vista l'argomento della colorazione fogliare fu pure studiato dall’ Hassach che si occupò specialmente della distri- buzione del colore. Quest’autore ha trovato che l’antocianina può essere localizzata o nell’epidermide o nel sottostante parenchima o nei due tessuti ad un tempo. Talora però vide il pigmento localizzato esclusi- vamente nella nervatura, o nei peli. Nei casi in cui l’antocianina oc- cupa il mesofillo l'A. fece osservare come la stessa mostri spiccata ten- denza ad invadere soltanto gli strati più superficiali. Eccezione a questa regola fanno tuttavia taluni Coleus, la Alternanthera e qualche altra specie. } L’Antony ed il Levi Morenos si occuparono pure della distribu- zione dell’ antocianina delle foglie, studiando però in special modo il rapporto della stessa cogli stomi. Il primo rivolse la sua attenzione ai C%imonantrus, il secondo studiò i Sedum venendo alla conclusione che nel S. album gli apparati stomatici sono circondati da una specie di guaina di cellule antocia- niche. Al Levi Morenos spettano pure alcuni dati sia sulle foglie del Hieracium pilosella in cui, a quanto pare, il pigmento si forma all’au- tunno per scomparire di poi per sempre nella primavera seguente, sia sulla comparsa dell’antocianina in taluni tricomi fogliari dai quali poi il pigmento si diffonderebbe nelle circostanti cellule epidermiche, ciò che secondo il nostro modo di vedere meriterebbe di essere ulterior- mente confermato. Grandissima importanza hanno, a nostro parere, dal punto di vista che ci interessa, le ricerche di Jonson che segnalò la presenza di strati antocianici al disotto o nello spessore stesso del tessuto acqui- fero della foglia di LPeperonia, Begonia, Achyranthes e di altre piante xerofite. Il Jonson però non è arrivato a comprendere quale sia la causa di tale localizzazione e quale nesso possono avere i tessuti acqui- feri colle cellule antocianiche, ma però afferma che colla teoria dello — l80= Stahl non si può spiegare una così singolare distribuzione del pig- mento. Non è improbabile, dice l’A. che l’antociano in questi casi costi- tuisca una difesa delle cellule dotate di scarso potere di assimilazione. Infine per completare queste note sull’anatomia fogliare studiata in rapporto coi pigmenti, ricorderemo ancora i lavori di Bohm sulla co- lorazione dell'epidermide inferiore delle foglie, quelli del Pick sulla distribuzione del pigmento nel picciuolo e nelle differenti foglie di Ricinus, quelli di Mer sulla colorazione autunnale dei Cyssus, MaRonia e quelli di Morren, Vogel, Haberlandt e Tempel. Passando ora ai fiori troviamo tre lavori particolarmente degni di menzione, quello di Luisa Miller, quello di Hildebrandt e quello di Dennert. Del classico lavoro di Luisa Miller noi crediamo opportuno di segnalare unicamente i seguenti risultati, per l’attinenza che essi pre- sentano colle nostre osservazioni. Nei fiori, i quali grazie all’ispessita cuticola, alle papille, alla scar- sità di stomi, son quasi sempre costituiti in modo da ridurre grande- mente la traspirazione ed in pari tempo abbondano di liquidi mercè la presenza di un tessuto acquifero, l’antocianina è per lo più localizzata nell’epidermide superiore, o nell'inferiore (47m) o in entrambe (Ama- ryltis). Solo in qualche raro caso il pigmento si trova nel parenchima delle foglie fiorali ( Anemone, Anchusa). L'antocianina è per lo più accom- pagnata da sostanze tanniche e da zuccheri! da cui probabilmente deriva. Qualche volta si osserva una certa dipendenza tra la sede degli stomi e la localizzazione dell’ antocianina (Magnolia), come pure tra questa sostanza e la presenza delle papille nelle cellule epidermiche, ma qui giova ricordare che essendo molti i casi in cui le cellule epi- dermiche sono sfornite di papille, mentre si presentano intensamente colorate, oppure mostransi incolore e pur tuttavia sono papilliformi o coniche, una conclusione certa non si può trarre fino a che non si avranno fatti studi più accurati in proposito. La Luisa Miiller essendosi occupata anche dell’origine dell’anto- cianina riuscì a dimostrare che qualche volta questa sostanza si va organizzando gradatamente nel boccio, il che riesce facile a rilevarsi nel fiore dell’Acantholinum venustum le cui cellule presentano dei vacuoli che a poco a poco si vanno colorando. Quasi agli stessi risultati è giunto Hildebrandt per ciò che riguarda la distribuzione del colore e lo stesso pure può dirsi per le osserva- 1 La frequenza degli zuccheri nel fiore era già stata segnalata dal Boussingault e dal Filhol. = Isl = zioni di Dennert, il quale poi fece rilevare come assai spesso l’anto- cianina, nei fiori, accompagni le nervature od anche i cordoni di col- lenchima (Homalonema). Particolarmente interessante è l’osservazione di quest’autore che l’antocianina prediliga, nei fiori, i tessuti superfi- ciali, la carotina quelli profondi, ! tanto che la presenza di sostanze giallastre disciolte nel succo cellulare dell’epidermide indicherebbe che queste sono di natura antocianica. Chi desiderasse maggiori ragguagli sulla costituzione del fiore in rapporto coll’antocianina potrebbe ancora consultare i lavori di Gaucher e di Mehan, ma in specie quelli di Schnetzler essendosi questo occupato principalmente dell’ evoluzione dell’ antocianina nelle differenti foglie fiorali. Finalmente per ciò che concerne l’antocianina nei frutti e nei semi, essendo troppo incompleti e di poco momento i dati che possediamo, segnaleremo soltanto che su quest'argomento hanno lavorato il Lampe, il Pick, il Lubbok, il Bunyard, il Ludwig, il Senebier, il Nobbe ed il Claudel. Ilavori di questi due ultimi autori hanno di mira la distribu- zione dei pigmenti nei semi, ma noi non possiamo far a meno di notare che ad ulteriori studi spetta il decidere in quali tegumenti seminali esistano dei pigmenti di natura realmente antocianica ed in quali dei flobafeni. CAPITOLO IN: Costituzione chimica delle antocianine. Le nozioni chimiche che possediamo sull’ingente numero di sostanze coloranti vegetali sono ancor molto incomplete, non essendo i chimici, come è stato detto sopra, riusciti ad isolarle, salvo alcune eccezioni, allo stato cristallizzato e puro, di guisa che le formule che si hanno per molte di esse devono esser considerate per la massima parte in- complete od errate. Dall'esame però dei dati che già vennero assicurati al dominio della scienza risulta evidente che fra molti pigmenti vegetali esiste un certo nesso, quasi un'impronta di parentela la quale dimostra come nelle 1 Il fenomeno era già stato segnalato dal Filhol, ma in modo molto sommario. MISA piante il fenomeno, diremo così, della permeabilità, per certe radiazioni luminose di determinata lunghezza d'onda, sia collegato ad una speciale costituzione chimica, Infatti un certo numero di sostanze coloranti vege- tali deriva dai tannini o da corpi affini a questi (Glucosidi), da gruppi fenolici e via dicendo, ed anzi, si potrebbe affermare che gran parte dei pigmenti delle piante appartengono alla serie aromatica. Il che tende- rebbe a dimostrare che per la comparsa delle colorazioni in questione sia indispensabile, 0 quasi, un aggruppamento, in catena chiusa, degli atomi, di guisa che alla stereo-chimica è riservato, forse, il compito di interpretare le differenti colorazioni. Noi vedremo però parlando degli indicatori, come il fenomeno possa spiegarsi talora anche altrimenti. In tempi abbastanza recenti alcuni autori si sono in particolar modo preoccupati di formulare una teoria chimica che potesse servir di guida nell’interpretazione del fenomeno delle colorazioni, in generale, e noi crediamo quindi prezzo dell’opera, di riportare qui quelle osservazioni che possono aver attinenza coll’antocianina. Secondo il Witt, gli idrocarburi, incolori per loro natura, acquiste- rebbero le proprietà coloranti per l’ introduzione, nelle molecole, di certi gruppi di atomi denominati cromogeni*! 0 cromofori e colorati per l'in- troduzione di altri gruppi acidi o basici (rispettivamente elettronega- tivi ed elettropositivi) detti saZificabili od auvocromi. Vi sarebbero però delle eccezioni a questa regola e la carotina ne è uno degli esempi più classici. Un po’ diversa è l'ipotesi dell’ Hartley, del Gruss e del Schutze: avendo questi osservato che l'introduzione di gruppi molecolari deter- minati (CH,, C, H; ecc.) nelle sostanze coloranti sposta lo spettro di assorbimento delle stesse da un lato, cioè verso il rosso o verso il violetto, tentarono di spiegare il problema della colorazione colla pre- senza di questi gruppi. I gruppi che conferiscono alle sostanze organiche le proprietà co- loranti appartengono alla classe dei radicali incompleti e sono quindi capaci di fissare dell'idrogeno, ma avvenuta la saturazione si verifica la scomparsa del colore. Egli è dovuto a questo fatto la singolare pro- prietà che presenta l'idrogeno nascente di scolorare la combinazione colorata del carbonio; il che, come vedremo in seguito, ha un’ impor- tanza grandissima per la soluzione di certi problemi relativi al com- portamento della antocianina. ! Non intendiamo qui di parlare del cromogeno di Wigand, il quale costituisce un'entità di natura istologica anzichè chimica. (V. in proposito il capitolo II: l’anto- cianina considerata dal punto di vista istologico.) I corpi scolorati che derivano dall'azione dell’H (o di altri agenti riduttori) prendono il nome di /eucodbasi (cromogeno del Wigand?) e questi presentano spiccata la proprietà di colorarsi nuovamente quando vengono ossidati. Entro certi limiti la natura del colore è collegata al peso molecolare della sostanza su cui è fissato; così in tesi generale si può affermare che le sostanze coloranti gialle hanno un peso molecolare meno elevato in confronto di quelle violette o rosse. I risultati cui è giunta la moderna chimica colle ricerche sui com- posti colorati, i quali risultati sono in gran parte dovuti agli studi clas- sici di Nietzki, si mostrano, a nostro modo di vedere, in gran parte ap- plicabili all’antocianina la quale deriva appunto da quelle sostanze che più comunemente si presentano colorate (tannini), ha reazioni acide (Fremy, Overton) come lo dimostra il suo comportamento colla caffeina, colla calce e colla barite ece., ed infine deve la sua tinta indubbia- mente a processi di ossidazione, mentre si scolora coi mezzi riducenti, a partire da quelli più energici quale è l’idrogeno allo stato nascente e l'acido solforoso per venir giù mano mano sino all’ alcool. Si può poi ancora aggiungere che, come avviene in molte altre sostanze coloranti, la scolorazione dovuta all’ azione dei riducenti viene nuovamente so- stituita dalla colorazione allorchè si fa intervenire l’azione dell'ossigeno o degli ossidanti in genere, salvo naturalmente il caso che il riduttore abbia agite troppo a lungo o troppo intensamente. ! Premesse queste considerazioni, d’indole teorica, sulla antocianina, ci rimane a studiare questa sostanza sotto il punto di vista dell’ana- lisi chimica. L’antocianina è un corpo poco solubile in acqua fredda, abbastanza solubile invece nell'acqua calda od acidulata e nell’alcool, insolubile nell’etere. Essa arrossa cogli acidi ed assume una tinta verde bluastra colle sostanze alcaline (Fremy), mentre poi si scolora sotto l’azione delle temperature piuttosto alte o degli agenti riduttori. Il Weigert crede di poter distinguere due sorte di sostanze anto- cianiche. Al primo gruppo appartengono quelle sostanze che danno dei precipitati grigio bleu o verde bleu coll’acetato di piombo ed addimo- strano la reazione dell Erdmann. Questo grunpo sarebbe rappresentato dall’antocianina della vite, del R7us, del Cornus e di altri vegetali. Al secondo gruppo vanno riportate invece quelle sostanze che non danno la reazione dell’Erdmann, precipitano in rosso coll’acetato di piombo e 1 Un eccesso di ossigeno torna però a scolorare il pigmento, come ebbe a dimo- strare il Pfeffer per l'antocianina della Zradescantia. — MS 1e= si colorano infine in violetto cupo coll’ HC1 a freddo. Questa categoria comprende l’antocianina della Beta della Phytolacca, dell’Amaranthus, dell’Achyranthes e di qualche altra pianta. Anche il Freda ebbe a segnalare nei fiori di Hidrangea hortensis due sorte di antocianine, ciascuna delle quali reagirebbe in modo spe- ciale all’analisi spettroscopica, all’azione dell’aleool, dell’acido valeria- nico ed acetico, della -potassa e dell’ammoniaca, ma noi riteniamo col Filhol che ulteriori osservazioni faranno giustizia di queste asserzioni, probabilmente dovute ad analisi non rigorose che hanno quindi portato a confondere coll’antocianina talune sostanze a questa commiste. ! L’antocianina ha una strettissima affinità, come vedremo più detta- gliatamente fra poco, coi tannoidi e lo dimostra il fatto che trattata con sostanze alcaline dà dei corpi di natura flobafenica (Weigert). Le ricerche di Bayer tenderebbero a dimostrare che essa deriva dall’ossidazione del- l’ossibenzol e di acidi vegetali con contemporanea eliminazione di acqua. Allo stesso risultato è giunto il Kraus dopo di aver posto in evi- denza l’intimo nesso che esiste tra la formazione dell’antocianina nelle squame di cipolle e la comparsa dell’ossalato di calce e della piroca- techina nelle stesse. Come ultima proprietà dell’antocianina, per considerare solo le sue principali caratteristiche, si può ancora notare che essa è un corpo facilmente ossidabile. Vari sono i metodi proposti per estrarre l’antocianina dai fiori o dalle bacche colorate, ma noi segnaleremo qui solo i principali. Ottimo, è quello di Fremy e Cloetz che consiste nell’estrarre innanzi tutto il pigmento per mezzo dell’alcool bollente, avendosi cura tuttavia di non lasciar troppo a lungo il reattivo a contatto del pigmento perchè questo finisce per scolorarsi od assumere una tinta gialla. Ottenuta l’estra- zione si evapora l’alcool e quindi si tratta il prodotto residuo coll’acqua onde separare le sostanze resinose e grasse. La soluzione acquosa di antocianina viene in seguito precipitata per mezzo dell’acetato neutro di piombo. Il precipitato che così si ottiene, di colore verde, può esser di poi lavato coll’acqua e coll’acido solfidrico. La materia colorante resta disciolta nell'acqua ed allora non occorre che evaporare questa con cautela a bagno maria, riprendere il residuo coll’alcol ed infine precipi- tarlo di nuovo coll’etere per ottenere l’antocianina allo stato di pulvi- scolo amorfo, di un bel color bleu, che secondo l’Husemann sarebbe molto igroscopico, 1 Ad esempio il color verde che si ottiene pel trattamento cogli alcali è dovuto alla presenza di tannino. sella mn — 185 — Il Berzelius, il Wittstein ed altri autori hanno usato un metodo pres- sochè identico, solo sostituirono all’etere l’acido acetico. Un altro metodo è stato recentemente proposto dal Carpenè per l’ estrazione dell’ antocianina dalle bacche dell’ uva (enocianina). Esso consiste nella separazione del pigmento per mezzo della dialisi. Grazie a questi differenti metodi di estrazione alcuni autori sono riusciti a far un'analisi abbastanza completa di talune antocianine estraibili con facilità ed in copia, come quella delle bacche di uva, la cui formola sarebbe: C,, Ho 0;. Noi dobbiamo però considerare che l’antocianina non è un com- posto fisso, ben determinato, ma che all'opposto nelle differenti piante esistono differenti antocianine, tanto che per alcune di esse si è dovuto ricorrere a nomi speciali come la Hypericum roth di Wolff, l'acido cissico del Cyssus e delle Fragaria (Wittstein), la ligulina di Nickly ! e di Reisch ® la sostanza rossa della barbabietola, l’anchusina dalla formola C.: Ho 0g e la sostanza colorante dell’Arwm, dell’Adonis, del Delphinium (Marquart). Tutte queste differenti sfumature nella costituzione del pigmento, le quali ci portano quasi insensibilmente a pigmenti più altamente dif- ferenziati quali i flobafeni, le antofeine, i pigmenti delle Peonie ecc. ren- dono assai spesso difficile all’ istologo, in specie quando disponga di poco materiale per la sua osservazione, di stabilire se in un dato caso abbia a fare con sostanze coloranti di natura antocianina o di altra costituzione. Di fronte alla mancanza di analisi rigorose noi crediamo utile, dal punto di vista puramente istologico, di segnalare qui le caratteristiche più essenziali che si dovrebbero tenere in considerazione per istabilire la natura antocianica di un dato pigmento. a) Colorazione del pigmento. — Prendendo per base la seguente classificazione delle sostanze coloranti vegetali proposta da De Candoll, Schubler e Funk: Serie xantica. Verde Serie cianica. Giallo verde Bleu verdastro Giallo Bleu Giallo aranciato Bleu violetto Aranciato Violetto Aranciato, rosso, Violetto, rosso. 1 Journ. Pharm., XXXV. ? Jahrb. Pharm., XVI. — 186 — si può già stabilire che, salvo poche eccezioni, appartengono alle so- stanze antocianiche solo quei pigmenti che fanno parte della serie cianica. b) Reazione cogli acidi e cogli alcali. — Le antocianine tipiche si colorano in rosso cogli acidi, in bleu violetto colle sostanze alcaline.! Questo peculiare comportamento ha una certa importanza come carattere diagnostico, poichè la maggior parte delle sostanze affini all’antocianina si comportano per lo più in modo differente. Basterà ricordare che l’antofeina si scolora colla potassa, che molte sostanze della serie xantica diventano bleu o rosso violette coll’ H, SO, e se rosse assumono una tinta gialla, mentre poi altri pigmenti rossi non mutano di colore colle basi alcaline (pigmenti dell’Aloe). c) Distribuzione del pigmento nelle cellule e suoi rap- porti con altre sostanze in queste contenute. — L’antocianina, grazie alla facoltà che possiede di sciogliersi nell’ acqua, in specie se acidulata, o di unirsi ai composti tannici, trovasi pressochè sempre diffusa nel succo cellulare o fissata al cromogeno di Wigand. Questo dato ci per- mette di separare dall’antocianina le sostanze le quali sono incorporate ai cromoplasti, come quelle della serie xantica, o sono fissate a masse oleose o grasse come i pigmenti dell’Arillo della Iavenala e dell’Afzelia studiati da V. Kristelli. Gli speciali trattamenti che abbisogna impiegare per estrarre queste sostanze ci confermano nel nostro asserto ed a suo sostegno sta pure il fatto che per lo più le sostanze che si fissano facilmente sui grassi hanno poca tendenza a sciogliersi, come fa l’anto- cianina, nell’acqua. Infine per ciò che ha riguardo alle sostanze impre- gnanti le membrane, noi riteniamo che le stesse sebbene presentino molte volte una certa affinità od anche quasi un’identità colle sostanze anto- cianiche, almeno per quanto concerne il loro grossolano comportamento di fronte alle reazioni microchimiche, debbono pur tuttavia, sia per ra- gioni di opportunità che per la loro attinenza coi flobafeni, esser stac- cate dal gruppo dell’antocianina Noi potremo però considerarle come antocianine nel caso in cui lo studio dell'evoluzione dell’organo ci abbia permesso di seguire il loro passaggio, in vita o dopo morte, dal sugo cellulare o dal cromogeno alle pareti della cellula, come pare si verifichi per i pigmenti del culmo di talune Graminacee e di quelli contenuti nelle membrane collenchimatose dell’ Homalonema. Se si circoscrivono in siffatta guisa le proprietà fisico-chimiche e l’area di distribuzione dell’ antocianina riescirà abbastanza facile allo 1 Il Vogel fa però osservare a questo riguardo che su 38 fiori bleu, 25 mostravano reazione debolmente acida. — ee studioso di rilevare con una certa sicurezza la presenza del pigmento nelle più svariate specie di piante, anche quando abbia poco materiale di studio a sua disposizione. Il nostro metodo diagnostico è invero alquanto empirico, ma si presta assai bene nello stato attuale della scienza in cui non abbiamo che scarse ed incomplete cognizioni su un gruppo di so- stanze così complesso qual è quello dei pigmenti vegetali. Ed ora che abbiamo stabilito, per quanto ce lo permettono ì dati chimici, la costituzione dell’ antocianina esporremo qui alcune nostre particolari considerazioni sul probabile stato molecolare in cui tale pigmento deve trovarsi nei tessuti. Le recenti ricerche dell’Arrhenius e dell’ Ostwald sulla dissocia- zione dei joni, le quali hanno gettato una luce nuovissima e quasi inaspettata sulla costituzione molecolare di non pochi corpi ed in specie degli elottroliti, porterebbero a ritenere che nelle soluzioni, in specie se diluite. gli elementi, o gruppi, elettro-positivi ed elettro-negativi costituenti un dato corpo non si trovano intimamente uniti per formare la molecola del medesimo, ma bensì stanno dissociati e relativamente indipendenti gli uni dagli altri, vale a dire si trovano allo stato di joni i quali poi, data la loro peculiare natura, hanno delle proprietà fisiche e chimiche speciali per cui ad esempio il jone Na della molecola di CI Na non ha la stessa natura dell'elemento Na quando questo non è combinato con altri. ; Siffatte vedute le quali hanno portato una vera rivoluzione nel campo della chimica e della fisica, permisero pure all’ Ostwald di for- mulare una genialissima teoria sul modo di agire di quelle sostanze che funzionano da indicatori quali sono la fenolftaleina, la laccamuffa ed altri corpi analoghi. Secondo l’Ostwald le proprietà di questi indicatori dipendono dal loro grado di dissociazione. Se l'indicatore è un acido molto debole (considerazioni analoghe valgono per gli indicatori basici), acidi anche di media o di debole forza presenti in minimo eccesso, provocheranno sempre il cambiamento di colore corrispondente al passaggio dallo stato dissociato allo stato di molecola intera. Questi indicatori saranno i più sensibili e si potranno anche applicare per misurare deboli acidi come l’acido acetico. Essi però si possono solo adoperare con forti basi poichè con basi deboli si ottengono dei sali incompleti, i quali vengono scissi elettroliticamente dall'acqua, e quindi si ottengono delle colorazioni indistinte. ! 1 V. Osrwarn W., Z/ementi scientifici di Chimica analitica, Manuali Hoepli. Milano, 1901. — ei3s0= Ammesso, come è logico, una tale ipotesi, ne consegue che, nello stesso modo che gli indicatori rivelano le loro proprietà grazie alla attitudine che presentano i loro elementi di dissociarsi nelle variazioni che subiscono passando da un mezzo acido ad uno basico e viceversa, così le antocianine riveleranno pure il cambiamento di costituzione cui va incontro il succo cellulare mercè un cambiamento di colore dovuto a null'altro che al diverso grado di dissociazione dei differenti joni di cui consta la sostanza. ! Le diverse colorazioni che presentano i fiori allorchè le loro cel- lule contengono un succo acido od alcalino vengono pertanto splendida- mente illustrate colla teoria dell’Ostwald, la quale poi trova ancora la sua conferma nel fatto che secondo il Pellagri le sostanze coloranti dei fiori (antocianine) costituiscono degli indicatori assai più sensibili della laccamuffa, di guisa che il pigmento della Verdena, dell’ Iris e di altri fiori può svelarci la presenza di acidi o di basi anche diluiti fino all’ a 200:000. Il solo inconveniente che presentano questi indicatori si è quello di andar soggetti ad una rapida alterazione. Il fenomeno delle dissociazione delle antocianine potrebbe trovare un’ulteriore conferma qualora si studiasse un po’ a fondo l’azione della corrente elettrica su tale sostanze, il quale tema fino ad ora è stato solo sfiorato dallo Schell che si. limitò a segnalare come la corrente elettrica provochi, quando agisca per un certo tempo, la scolorazione del pigmento a causa forse di speciali alterazioni che provoca nel con- tenuto cellulare (vedi a questo proposito anche le ricerche di Eckart nel Cap. XIV). ! Anche l’Overton tenderebbe a spiegare in base ai dettami della teoria di Ar- rhenius e Ostwald, la quale però sino ad ora è stata variamente interpretata e neppure da tutti ammessa (Battelli), le variazioni di colore che presenta l’antocianina nei mezzi acidi ed alcalini. Ora a questo proposito noi crediamo utile di far noto che le ricerche che uno di noi (Buscalioni) da lungo tempo sta facendo in collaborazione col Dott. Prof. A, Purgotti hanno non solo portato un nuovo contributo a favore delle nuove idee chimiche, ma sono riuscite a dimostrare nel modo più evidente i fenomeni della dissociazione senza far intervenire in causa, come hanno fatto tutti quanti i prede- cessori, l'energia della corrente elettrica. Questi studi pertanto non fanno che avva- lorare grandemente l’ipotesi della dissociazione come viene intesa per spiegare i feno- meni di cambiamento di tinta dell’antocianina. = o CAPITOLO V. Rapporti delle antocianine con alcuni costituenti delle cellule vegetali. Le precedenti considerazioni sulla costituzione delle antocianine ci permettono di prendere ora in esame alcune questioni concernenti i rapporti che queste sostanze contraggono con alcuni corpi contenuti nelle cellule. In questa rassegna noi ci soffermeremo però a lungo sol- tanto su quegli argomenti che hanno attinenza coi nostri studi. a) Rapporti col tannino. Per quanto sotto il nome di tannini, o meglio di tannoidi, si com- prendano moltissime sostanze di differente costituzione, come verrebbe provato dagli studi di Lidfross, Reinitzer, Waage, Bremer, Potonié, ecc., pur tuttavia si sogliono comprendere, in istologia vegetale, sotto il nome di tannini, quelle sostanze che son capaci di colorarsi in parti- colar modo coi sali di ferro, coll’acido osmico e col bicromato di potassa ed altri reattivi, mentre poi non fissano il Sudan III (Buscalioni). Così definito il tannino, noi vediamo che esso contrae un intimo rapporto colla antocianina, come già ebbero a dimostrare anticamente il Wigand colla sua scoperta del cromogeno tannico ed il Wiesner il quale stabili che non possa altrimenti spiegarsi, che ammettendo l’in- tervento del tannino, la speciale colorazione verde-giallastra che assu- mono i pigmenti fiorali quando vengono trattati cogli alcali. Le conclusioni cui giunsero questi autori trovarono la più ampia conferma nei recenti lavori di Tshirch, Aufrecht, Kutzer, Detmer, Reinke, Pick, Molisch, Denner, Bauer, ecc., taluni dei quali videro costante- mente comparire una sostanza di natura tannica nelle cellule in cui più tardi si veniva organizzando l’antocianina (Ricinus, Itosa, ecc.) ! ed inoltre constatarono che quando una data specie di pianta è rappre- sentata da due varietà l'una a fiori bianchi, l’altra a fiori colorati, il tannino si trova presente nelle due sorta di fiori (Strynga, Crataegus, ecè.). 1 Il Sanrio, Bot. Zeit., 1893, fa osservare che per lo più le piante povere di tan- nino (Celtis. Oytysus, ecc.), non presentano traccia di antociano. — 190 -— È singolare però che il Dennert e lo Schnetzler, i quali constata- rono la presenza del tannino nelle cellule antocianiche, abbiano poi voluto elevare dei dubbi sull’attendibilità della reazione proposta dal Wiesner la quale ha gettato tanta luce sulla complessa questione. Al Kraus spetta senza dubbio il merito di aver posta la questione dei rapporti fra tannino e antocianina su un terreno veramente scien- tifico inquantochè egli, in opposizione alle concezioni di Kunz-Krause, che vedeva nella comparsa del colore un processo di riduzione, fu il primo a formulare che l’acido ossifenico sotto l’ azione della luce, del CO,, dell’ossigeno e di taluni acidi vegetali, si ossida e si colora per dar luogo alla formazione dell’antocianina. * La via alla soluzione del problema era così tracciata e noi tro- viamo difatti che recentemente il Curtel ebbe a rilevare come nei fiori colorati dominano intensi i fenomeni di ossidazione e di respirazione, ciò che costituisce un’ indiretta conferma delle vedute del Kraus. 6) Rapporto coi flobafeni. Lo studio dei tannini ci porta a trattar ora di quelle sostanze coloranti gialle e rosse che impregnano le membrane delle cellule e che dallo Stàhelin ed Hofstetter, dall’ Hesse e dal Grabowsky, ed altri autori che ne fecero oggetto d’accurate ricerche, presero il nome di flobafeni. L'’affinità di queste coll’antocianina appare manifesta qualora si con- sideri che la formola di costituzione dei flobafeni del Quercus è rap- presentata da C,, H,,0,,, quello dei flobafeni del Platanus e della Betula da C,, Hy 0, + !/, H, O, grandemente analoghe alla formola di alcune antocianine, quale ad esempio l’enocianina. Il fatto stesso che i flobafeni derivano, secondo il Kraus ed altri osservatori, dalla ossidazione dei tannini, depone pure a favore del nostro asserto. Queste due sostanze, flobafeni ed antocianine, hanno molte reazioni comuni, di guisa che, dal punto di vista istologico, riesce per lo più dif- ficile il distinguerle l’une dall’altre, quando non si tenga conto della circostanza che i primi prediligono le membrane cellulari, le seconde sono sparse nell'interno della cellula. 1! Nel lavoro del Weigert sulla chimica dei pigmenti vegetali trovasi notato che il pigmento della Malva produce, con gli alcali, pirocatechina e acido protocatechinico, ciò che indirettamente viene in appoggio all'idea del Kraus. Uli = c) Rapporti cogli oli e coi grassi. Per quanto a noi consta non sono ancora stati descritti casi ben sieuri di sostanze antocianiche inglobate nelle masse d’olio e di grassi, per cui il rapporto fra questi corpi è in certo qual modo negativo. La poca affinità dell’antocianina per le sostanze di natura grassa, a riguardo della quale abbiamo già tenuto parola nel precedente capitolo, costi- tuisce a nostro parere un fenomeno non del tutto privo di interesse, essendo noto che moltissimi pigmenti delle piante superiori (clorofilla e xantofilla ad es.) hanno all’opposto molta tendenza a fissarsi sopra le masse oleose, come risulta dai lavori di Rywosk, Monteverde, Stras- burger, Tschirch, ete., e lo stesso può dirsi per molti pigmenti dei funghi (Zopf). a) Rapporti colla clorofilla. Le prime ricerche che vennero iniziate sulle sostanze coloranti hanno condotto gli osservatori ad ammettere che l’antocianina derivi dall’ ossidazione della clorofilla (Macaire Princeps, Marquart, Sorby, De Candolle) o dall'azione di speciali acidi sul radicale “ clorin , della stessa, come ebbe ad osservare il Kraus in alcune Graminacee, nei Ficus, nei Solanum ed in altre piante. Allo stesso risultato si è pure giunti in tempi relativamente più recenti colle osservazioni spettroscopiche fatte su taluni pigmenti (Freda, Libermann, Schmidt) o colle analisi microchimiche (Hilger e Schnetzler). Lo Tschirch trovò un complesso atomico comune all’antocianina ed alla clorofilla ed il Bommer arrivò persino a stabilire che la sostanza colo- rante autunnale e quella rossa primaverile di molte foglie (osa, Cyssus, Sommacco, ecc.) sono dovute ad un principio speciale la “ phyllophaioine, assai analoga all’ indicano e derivante dalla clorofilla. Malgrado che la presenza dell’indicano in molte piante non possa assolutamente negarsi, l'ipotesi dell’origine clorofilliana del pigmento antocianico, pure validamente sostenuta dal Sorby, ma più ancora dal Raspail e dal Verdoil che consideravano la clorofilla come una specie di camaleonte vegetale, cominciò ad esser alquanto scossa dalle ricerche di Berzelius il quale dimostrò come il color verde che acquista l’anto- cianina trattata cogli alcali non abbia alcun rapporto colla colorazione della clorofilla. Più tardi si aggiunsero le osservazioni di Mohl, di Kraus e di altri autori che ci rivelarono la presenza del pigmento antocianico Atti dell'Ist. Bot. dell’ Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIIL 15 gol in elementi od in organismi che normalmente non contengono cloro- filla o ne contengono pochissima (epidermide, tuberi di So/anwm, alcuni organismi parassiti o saprofiti) ed infine a decidere completamente la questione sorsero i lavori di Roper e di Meyer che trovarono l’anto- cianina e la clorofilla 1’ una accanto all’ altra e quelli di Walz che ci mostrarono come in molte piante la clorofilla non compaia all’ oscuro, mentre nelle identiche condizioni l’antocianina si sviluppa ugualmente. Noi possiamo quindi stabilire che nessun rapporto genetico esiste tra la clorofilla e l’ antocianina; il che viene ad acquistare un certo interesse qualora si consideri che il pigmento verde delle piante, o per lo meno il granulo clorofilliano, prende parte non dubbia alla formazione di taluni pigmenti vegetali, in specie di quelli della serie xantica, e che inoltre il medesimo, stando ai dati dello Schell e del Kraus, con- corre, sia pure indirettamente, alla formazione delle sostanze tanniche. Escluso pertanto qualsiasi rapporto genetico tra la clorofilla e l’antocianina, rimarrebbe ora a discutere se queste due sostanze non abbiano fra loro qualche altro vicendevole rapporto, in specie di indole funzionale. Nel capitolo destinato allo studio tanto dell’ assimilazione fotosintetica quauto dell’ influenza che la luce e la temperatura esercitano sulla formazione dell’antocianina avremo occasione di entrare in minuti ragguagli su quest’'argomento che è stato trattato in particolar modo dal Kny. Qui ci limitiamo a far notare che il Kraus ebbe ad osservare che la formazione dell’antocianina è assai spesso in relazione, da una parte, con una diminuita attività dei cloroplasti, dall'altra colla presenza di tannini e di derivati da queste sostanze (Pirocatechina, resorcina), mentre l’Overton afferma che la scomparsa, dalle foglie, della colora- zione rossa invernale nelle giornate calde di primavera, come pure l’in- verdimento delle foglie che appena sbocciate son rosse o l’accidentale indebolimento del color rosso del Cory/us, dipendono dall’ aumentata attività dei cloroplasti che trasforma lo zucchero (sostanza formatrice dei pigmenti), in amido. e) Rapporti cogli zuccheri. Le antiche osservazioni che erano state fatte sui tannini avevano dimostrato che questi sono in strettissima dipendenza coi glucosi e con molte altre sostanze idrocarbonate, anzi secondo alcuni autori vi sarebbe persino una certa dipendenza tra la formazione dell’amido ed i tannini, in quanto che questi abbonderebbero nell'epoca in cui le piante più scar- seggiano d’amido e rappresenterebbero quindi una specie di sostanza — Migsr= di riserva destinata più tardi a trasformarsi in amido. Forse la teoria è andata troppo avanti, ma però dal complesso delle osservazioni fatte non si può negare che i tannini siano in mutua dipendenza coi glucosi e conseguentemente l’antocianina abbia pure un nesso genetico con questi. Siffatta ipotesi venne in tempi recenti in particolar modo illu- strata dall’ Overton. L'importanza del lavoro di quest’autore è tale che noi crediamo utile di riassumere qui per sommi capi i principali risultati dovendo gli stessi a suo tempo venir discussi. L'Overton, avendo osservato che le piante alpine sono più viva- mente colorate di quelle di pianura, che molte piante sempre verdi arrossano le foglie nella stagione fredda e che infine un certo numero di essenze a foglie caduche prima di perdere le foglie assumono una colorazione antocianica intensa, volle trovare un nesso fra la produzione dell’antocianina e le basse temperature. A conferma del sno asserto aggiunge che non poche piante aqua- tiche e terrestri allorchè cominciano in primavera a vegetare assumono una colorazione rossa che nell’estate, vale a dire quando la tempera- tura diventa piuttosto alta, scompare ( E/odea, Utricularia, Hedera, Aqui- legia, ete.). La spiegazione del fenomeno va, secondo l’A., cercata nelle esperienze del Sachs dalle quali risulterebbe che il freddo, ostacolando l'emigrazione degli idrati di carbonio dalle foglie, favorirebbe 1’ accu- mulo, nelle stesse, degli zuccheri dai quali poi si formerebbe 1’ anto- cianina. Una spiegazione così semplice trovava tuttavia ostacolo nel fatto che le Conifere, sì ricche di zucchero durante l'inverno, presentano costantemente una colorazione verde, ma l’Overton potè dimostrare, colle colture in zucchero. che realmente questa sostanza ha un’ azione non dubbia sulla formazione delle sostanze antocianiche, A tal uopo preparate delle soluzioni zuccherine (zucchero di Canna, levulosio, de- strosio, 2ucchero invertito, ecc.) titolate nella proporzione del 2 al 5°/, tenne immersi parzialmente nelle stesse sia dei pezzi di rami con foglie, sia delle piantine intere (piante acquatiche) per studiare di poi le modificazioni che avvenivano nei tessuti. Durante le esperienze la temperatura dell'ambiente veniva mantenuta piuttosto bassa, poichè aumentando la stessa (20° — 30° C) si intralciava la formazione della antocianina come ebbe a dimostrare sperimentalmente. Ecco quali sono i principali risultati che l’Overton ottenne: Nell’ Hidrocharis morsus ramne, nell’ Elodea, nel Potamogeton pusillus, nell’ Utrieularia, nella Trapa natans, nei CeratophyUum, nel Lilium mar- tagon, nell’I/ex aquifolium, nell Hedera, nel Ligustrum vulgare, in aleune — 194 — Compositae, ecc. ece., le quali piante d’ autunno o d’inverno, a seconda delle specie, presentano un arrossamento delle foglie, ottenne una più o meno pronta colorazione rossa di questi organi. La colorazione si manifesta più o meno presto a seconda degli zuccheri impiegati, essendo piuttosto tardiva collo zucchero di canna, poco attivo, ed inoltre si presenta più o meno intensa a seconda della concentrazione del Jiquido o della specie di piante adoperate. Per alcune piante il risultato fu alquanto dubbio poichè la sem- plice immersione in acqua pura ebbe parimenti a provocare la colora- zione (Eupatorium, Prenanthes, Aquilegia, Tararacum, Compositae, ecc.) ed in qualche caso (Lilium martagon) poi potè l'A. dimostrare che oltre gli zuccheri anche l'alcool sia metilico che etilico ed amilico, come pure i chetoni, l'etere etilico provocano l’arrossamento fogliare. Certi zuccheri ed alcoli poi spiegano pochissima azione, come la mannite ed il galattosio. La colorazione artificialmente prodotta ha sede negli elementi che si colorano in rosso nelle piante viventi nelle condizioni normali, vale a dire si trova nel palizzata, nel tessuto lacunoso e nello strato sotto- epidermico corrispondentemente alla pagina inferiore delle foglie. Adunque appare manifesto che l’assorbimento dello zucchero pro- vochi la colorazione rossa delle foglie, dei picciuoli e talora persino delle radici e degli stoloni (Midrocharis); tuttavia l’Overton ritiene, per ciò che riguarda l'influenza esercitata dagli alcoli e dagli eteri, che queste sostanze non servano alla produzione del pigmento, ma costi- tuiscano unicamente uno stimolo per la formazione dello stesso. L'A, afferma inoltre che queste sostanze provocano la colorazione solo quando si trovano in tale concentrazione da determinare la narcosi. Le foglie trattate coll’alcool od etere muoiono ben presto e la necrosi si estende dalla base verso l’apice. Per spiegare come la narcosi sia in relazione colla produzione delle sostanze antocianiche l’A. fa osservare che la narcosi impedisce il trasporto degli assimilati. Così pure egli spiega la morte, diremo così, basifuga delle foglie, ammettendo che la soluzione del narcotico a misura che si avvicina all'apice diventi meno concen- trata per la facilità con cui l’aleool e l’etere evaporano. L'alcool meti- lico, meno volatile, produce anche più stentatamente la colorazione rossa e quasi senza azione sono i narcotici assai fissi, quale l’uretano. Anche la colorazione prodotta dagli anestetici trovasi localizzata nelle stesse cellule in cui avviene l’arrossamento sotto l’azione degli zuccheri. Non tutte però le piante capaci di arrossare si prestano all’espe- rimento collo zucchero, molte anzi sono affatto indifferenti (Potamogeton Lemna, Pistia, MyriophyUlum, Fritillaria, Mahonia, Rubus, Anthriscus, Ppi- lobium angustifolium, ecc.). — 199 — L’Overton non potè stabilire il rapporto tra il contenuto in zuc- chero e la quantità di amido presente nelle foglie arrossate artificial- mente ; solo si limita ad affermare che in qualche caso vi ha meno amido che nello stato normale (Prenanthes), od all'opposto ve ne ha di più (Hydrocharis). Tra i fatti più importanti rilevati dall’A,, segnaleremo ancora che la colorazione rossa è in intima relazione colla luce, non formandosi nelle piante coltivate nello zucchero ma all'oscuro. Lo stesso Autore vide che alcune piante soggette all'esperienza possono mantenersi in buone condizioni per tutta la durata della stessa, mentre altre perdono, fin dall'inizio dell'esperienza, le foglie e vanno a male. Dagli esperimenti fatti l'A. conclude che la presenza di zuccheri e le temperature basse favoriscono in moltissime piante l’arrossamento e ciò spiega come nelle Alpi, molto piu spesso che nelle pianure, av- venga l’arrossamento, il quale poi è in particolar modo favorito da no- tevoli sbalzi diurni della temperatura che si verificano sulla montagna e dalla maggiore intensità della luce. Pare adunque che il fenomeno sia dovuto unicamente all'aumento dello zucchero nel parenchima a spese del- l’amido ed in conseguenza anche la colorazione rossa autunnale dipen- derebbe probabilmente dal diminuito potere che presentano i cloroplasti di fabbricare amido dallo zucchero. Molte piante però, che normalmente arrossano l'epidermide durante l’ autunno, sono incapaci, come è stato detto, di arrossare nello zucchero, mentre l’opposto avviene in quelle piante che arrossano normalmente i tessuti sottostanti all’ epidermide. I risultati negativi si spiegano, secondo l’A., ammettendo che le cellule siano incapaci di attingere lo zucchero dall’esterno o che i pro- cessi metabolici ed osmotici che hanno luogo nelle stesse impediscano la comparsa del pigmento o che infine nei tessuti esista un certo equi- librio, che non può venir rotto, tra la produzione dell’amido da parte dei cloroplasti e la quantità di zucchero che può esser contenuta nelle cellule. * Ad ogni modo il grado di concentrazione che può raggiungere la soluzione zuccherina nelle cellule dipende dalla energia con cui le cel- lule attivamente o passivamente assorbono zucchero e dalla rapidità con cui questo viene trasformato in amido e quindi si può affermare, dice l’Overton, che là dove non ha luogo arrossamento, malgrado l’introdu- zione dello zucchero, manchi alcuna delle condizioni atte a provocarlo. 1 A riguardo di tutte queste ipotesi faremo notare che il Muller Turgau vide for- marsi nelle patate tenute al freddo una grande quantità di zucchero a spese dell’amido, e ciò in seguito a diminuita respirazione, senza che però avesse luogo arrossamento di sorta. — 196 — Sotto identiche condizioni nelle differenti piante e nei differenti tessuti di una pianta, come pure nelle diverse età di questa, noi ve- diamo variare le condizioni che stabiliscono l’equilibrio tra lo imma- cazzinamento di zuechero e la sua trasformazione in amido e quindi mutare le condizioni per l’arrossamento. A questo proposito 1’ Overton fa osservare che la colorazione dei frutti va di pari passo colla for- mazione dello zucchero a spese dell’amido e che le foglie delle varietà a frutti rossi o violetti, per lo più presentano spiccata tendenza a co- lorarsi nell’ autunno, mentre il fogliame delle essenze a frutti verdi o gialli assai spesso non diventa rosso (Vitis, Prunus, Ribes). Pure all’au- mento di zucchero si deve attribuire la colorazione dei nettarî estra- nuziali. L’Overton cercò pure di far arrossare i fiori delle varietà bianche di talune specie tenendo all'uopo le piante in soluzioni zuccherine, ma ottenne soltanto risultati negativi benchè i picciuoli arrossassero (Pe- largonium, Anemone japonica). L’insuccesso dipenderebbe, secondo l’A., dalla debole traspirazione dei fiori ed anche dal fatto che si debbono sormontare troppe difficoltà per eseguire, come sarebbe necessario, lo esperimento con fiori chiusi ancora nel boccio. D'altronde nei fiori bianchi non è già che manchi lo zucchero, chè anzi spesso ne son forniti a dovizia, ma bensì altre sostanze che concorrono pure a formare il pig- mento. Ciò non di meno JA. ritiene che la più intensa colorazione dei fiori alpini dipenda realmente dalla maggior concentrazione dello zue- chero che ha luogo a spese dell’amido, come conseguenza della bassa temperatura notturna, e un'analoga spiegazione ammette pure che sia valida pei fiori bianchi delle pianure che in montagna tendono ad ar- rossare (Achillea millefolium, Fimpinella magna, Gypsophyla repens, Car- damine amara) e per la colorazione apicale dei petali di Bellis perennis la quale appare soltanto nei fiori primaticci. Nel suo lavoro l’Overton ammette che lo zucchero fornisca il ma- teriale greggio per la produzione del pigmento, ma però, è d’uopo ac- cennarlo, egli non manca di far rilevare che non basta la presenza dello stesso perchè si abbia la colorazione, ma occorre ancora qualche altra sostanza, non potendosi spiegare altrimenti il fatto che le fanero- game hanno antocianina, mentre quasi tutte le crittogame possono for- mare solo dei flobafeni (Muschi). Questi sono i principali dati che sono venuti in luce dal lavoro dell’Overton, e noi li abbiamo riferiti alquanto in esteso perchè indub- biamente le osservazioni di questo antore hanno portato un grandis- simo contributo di nuove idee e resa quasi manifesta una prossima soluzione del difficile problema. Non si può però far a meno di notare = n che sebbene l’ipotesi dell’Overton sia stata confermata dall’ Eward per ciò che concerne l’arrossamento dell’ E/odea nelle soluzioni zuccherine e dal Wulff per quanto riguarda la colorazione delle piante artiche, pur tuttavia essa non ha dissipati tutti i dubbi ed ha lasciato parecchi lati della questione affatto insoluti. CAPITOLO VI. La spettroscopia applicata allo studio delle Antocianine. Solo in un numero relativamente ristretto di casi, dall'impiego della spettroscopia, che pur costituisce un metodo sensibilissimo d’analisi chimica, noi possiamo attenderci un valido e sicurissimo aiuto nella clas- sificazione delle sostanze coloranti vegetali ed in specie delle antocia- nine essendo noto che a seconda dell'indice di rifrazione, della natura del solvente o della sostanza colorante, dello stato fisico di questa, della quantità di sostanza adoperata e di molti altri fattori, si possono otte- nere delle variazioni nella posizione e nell’estensione delle strie di assorbimento. Il Kundt che ha fatto uno studio diligent» di questa que- stione ha trovato che, per lo più, lo spettro di assorbimento di una sostanza si sposta tanto più verso il rosso quanto più forte è l’indice di rifrazione del solvente, ma una tale legge è stata più tardi soltanto in parte confermata, avendo il Vogel, il Lepel, il Morton ed altri au- tori, incontrate numerose eccezioni. Per talune di esse i detti Autori hanno ottenuto persino uno spostamento verso il violetto. Sull’esame spettroscopico delle sostanze coloranti vegetali noi pos- sediamo molti dati grazie i lavori di Tschirch, Miiller, Vogel, Engel- mann, Reinke, Lindemann, ecc., ma specialmente interessanti, sotto il punto di vista che ci interessa, sono le osservazioni dello Tschirch fatte col Quarzspettrograph che permette di studiare anche la posizione delle strie dello spettro corrispondentemente alla regione ultravioletta. Con questo apparecchio l'A. potè metter in evidenza, per molte sostanze, la presenza di nuove strie di assorbimento, risolvere in strie il così detto assorbimento terminale ed infine dimostrare erronea l’idea comu- nemente accettata che i colori bleu si lascino attraversare dai raggi — 198 — ultravioletti. Lo Tschirch ha fatto parimenti notare che un'identità delle figure spettrali non depone sempre in modo assoluto a favore del- l'identità delle sostanze studiate comparativamente, ma solo può indi- care che le stesse contengono gli stessi gruppi atomici. Anche di grande valore, dal punto di vista fisiologico, sono le espe- rienze istituite prima dal Kraus e poi dall’ Engelmann sulle curve di assorbimento dell’antocianina, tanto in mezzi acidi che in mezzi alcalini; inquantochè dalle stesse è stato nosto in evidenza che mentre la curva dell’antocianina acida è pressochè complementare a quella della cloro- filla, (purchè la soluzione di antocianina non sia troppa densa) — ciò che permette se non ii normale sviluppo (Gardiner, Wiesner, Sachs), per lo meno il funzionamento dei cloroplasti — la regione di assorbimento del- l’antocianina alcalizzata occupa invece una parte della zona di assor- bimento spettrale della clorofilla, per cui questa sostanza non può più disporre che di una parte dell'energia solare che le abbisogna per la assimilazione, Egli è appunto per questa causa che, secondo l’Engelmann, nella grande maggioranza dei casi, ma specialmente nelle foglie, noi troviamo colorata in rosso l’antocianina. Il risultato a cui giunsero il Kraus e 1’ Engelmann, il quale è stato confermato più tardi dal Pick, ha certamente non poca importanza: ma noi vedremo più tardi come non sia accettabile l'opinione di più di un autore secondo la quale le foglie rosse potrebbero competere con quelle verdi per rispetto all’assimilazione. È pure merito dell’ Engelmann, infine, di aver fatto notare che la posizione delle bende di assorbimento dell’antocianina non soltanto varia nei casi in cui il succo cambia di costituzione, diventando acido od alca- lino, ma che spesso (Cyssus) vi ha una accidentale variazione delle strie senza che abbiano luogo cambiamenti apprezzabili nella costitu- zione chimica del succo. Analoghi fatti vennero segnalati per l’enocia- nina a seconda dell’età del vino a cui il pigmento è commisto (Vogel). La incostanza di posizione delle strie di assorbimento ha condotto il Miiller a riconoscere parecchie specie di antocianina e di eritrofilla che denominò colle lettere @, $, y, d, ecc., talune delle quali poi sareb- bero contraddistinte per più o meno marcata fluorescenza. In tesi generale, per quanto concerne le strie di assorbimento del- l’antocianina, si ammette che vi abbia una forte benda di assorbimento per le linee D e è, che di poi l'assorbimento vada pavzialmente dimi- nuendo fino al di là di #' e che infine si verifichi di nuovo un’ altra zona di forte assorbimento al di là di G nell’ ultravioletto (V. fig. 1, Tav. 14%). Aumentando però la densità e lo spessore della soluzione antocianica cresce l'assorbimento del bleu. Una tale distribuzione delle — 199 — bende di assorbimento contrasta assai con quanto si verifica con molti colori gialli fiorali solubili in acqua ed affini all’antocianina i quali pre- sentano all’opposto una benda continua di assorbimento nel bleu e vio- letto. Il passaggio dalio stato acido a quello alcalino provoca nell’ an- tocianina un totale spostamento delle strie di assorbimento (Palmer, Vogel). Così, secondo il Vogel, l’enocianina trattata coll’ ammoniaca presenta un minimo di assorbimento nel giallo aranciato e un leggero assorbimento nel verde che raggiunge di poi il massimo tra l’indaco ed il bleu. * Dai fatti esposti appare pertanto manifesto come si debba andar cauti prima di trarre delle deduzioni dai risultati di un’analisi spettro- scopica e noi quindi riteniamo che sia alquanto azzardato stabilire, come ha fatto l’ Hilger, un'identità tra le antocianine ricavate dalle piante appartenenti ad uno stesso gruppo (Caryophylleae) solo perchè ha visto le stesse comportarsi in modo uguale allo spettroscopio, od affer- mare col Liebermann ed altri che la antocianina derivi dalla clorofilla perchè i due pigmenti hanno delle strie comuni. CAPITOLO VII. Influenza del terreno e della nutrizione suile antocianine. Molto oscuro è il problema concernente la influenza che esercitano il terreno e la nutrizione sullo sviluppo dell'antocianina ed i dubbi e le incertezze che si hanno in proposito trovano la loro ragione di es- sere nella poca garanzia che offrono alcune osservazioni non sufficien- temente state suffragate dalla critica e dall’esperimento. Stando ai dati del Verlot, del Rellock, del Klar e del Ludwig, il terreno può influire sulla colorazione dei fiori o dei frutti della /raga- ria, del Pelargoniwn, dei Geranium e di alcune altre piante: i terreni cattivi poi provocherebbero talora l impallidimento dei fiori (Moquin T'andon) mentre la terra di torbiera, di erica, gli humus ricchi di car- ! Per gli spostamenti delle linee spettrali vedasi anche il lavoro di Jones Vietor che impiegò per lo studio un fotometro spetro-polarizzatore di Glan. — 200 — bone di legno e infine il terriccio proveniente dai Vosgi, avrebbero la proprietà di impartire una colorazione bleu ai fiori delle Hortensia (Kohl, Jiger, Wattney, Ville, ecc.) il quale fenomeno andrebbe ascritto ad un’alcalizzazione del succo cellulare a causa dei sali contenuti nel substrato, anzichè a disossidazione dell’ antocianina, come vorrebbe il Schitbeler. Uno di noi ha potuto constatare un analogo fenomeno all’i- sola di Madera, dove le Ortensie acquistano differente colorazione a seconda che crescono sull’ humus della parte bassa dell’isola o sui fian- chi rocciosi del vulcano. ‘Talora il terreno può agire così intensamente da determinare addi- rittura la scolorazione dei fiori, e a questo proposito il Phoedovius fa notare che | Epatica triloba che è colorata in rosso nel Lehm si scolora nella torba. Il Chabert avrebbe segnalato il singolare fenomeno del cambia- mento di colore che verificasi in alcuni Galiwm allorchè crescono lungo i tracciati ferroviari di recente costrutti, o nella zona boschiva in cui da poco siansi abbattuti gli alberi. La causa della variazione dovrebbe ascriversi, dice l’autore, alle mutate condizioni fisiche del terreno, ma noi faremo qui osservare che probabilmente andrebbe ricercata nelle cambiate condizioni di illuminazione. Finalmente anche i differenti metodi di coltura furono invocati dal Mer, dall’Hofmeister, dal Wiesner per spievare certe variazioni di co- lore (Bodenvarietaten del Wiesner) offerte dal Cyssus del Hyosciamus e da molte altre piante di cui il Hofmeister dà un elenco. L'interesse che suscitano sempre siffatti fenomeni di variazione, hanno indotto alcuni osservatori a studiarli sperimentalmente. Una delle più singolari esperienze che siansi fatte in proposito è senza dubbio quella di Murr il quale avendo coltivate alcune pianticelle di Hortensia in modo che una metà delle radici si affondasse in terriccio di Sve- genhaizner, che ha la proprietà di colorare in bleu i fiori di dette piante e l’altra metà in un terriccio incapace di spiegare una tale azione, ebbe a constatare che parte dei fiori diventavano bleu mentre gli altri rimanevano rossi. Esperimenti con differenti sali furono iniziati da Wattney, Myoski, Scholz, Dennert, Schubeler ed altri autori. Dagli stessi risulta che il solfato di alluminio e quello di ferro cambiano in bleu il rosso delle Ortensie, mentre somministrati ad altre specie di piante o non produ- cono effetti di sorta o solo delle variazioni indecise, sebbene i vari fiori scelti per gli esperimenti non presentino, in apparenza almeno, notevoli differenze nell’intensità delle tinte. Nello stesso modo delle Ortensie pare che si comportino i Myosotis. — 20 = Quando si studia il cambiamento di colorazione dei fiori delle Or- tensie, che son le piante le quali meglio di qualsiasi altra si prestano per tale esperimento, si nota che è più facile far diventare rossi i fiori bleu, anzichè provocare la comparsa della tinta bleu in quelli rossi. Il fenomeno non ha ancora ricevuto la sua spiegazione, ma noi riteniamo che sia facile interpretarlo ricorrendo alla teoria della disso- ciazione di Arrhenius. Infatti ammesso che il pigmento abbia la natura di un acido debole bivalente o polivalente il quale, come tale, allo stato libero è poco dissociabile e deve appunto il color rosso alla presenza delle molecole non dissociate, ben si comprenderà come solo un eccesso di base potrà aver l'energia di dissociare gli joni per dar luogo alla co- lorazione bleu che spetterebbe agli joni monovalenti o anco al color verde che dipenderebbe da quelli bivalenti, e quindi si comprenderà parimenti che per far variare la tinta dal rosso al bleu occorra maggior quantità di reattivo (basico) di quella che è necessaria per ridare il. color rosso con un acido. Alcune esperienze avrebbero per mira di portare un po’ di luce sulla questione concernente i rapporti che passano tra la nutrizione e lu com- parsa del colore. Così ad esempio il Flahault ha fatto notare che se si esporta una parte delle foglie e degli organi sotterranei contenenti delle riserve, si ottiene spesso (Leontodon, Campanula) Vimpallidimento dei fiori. L'esperienza che troverebbe un forte appoggio nell’ osserva- zione del Curtel, che vide parimenti crescere pallidi i fiori tardivi, nati cioè dopo la caduta delle foglie, ed in quella di Asckenhasy sui fiori di Digitalis e di Antyrrhinum che impallidiscono se privati delle foglie, de- porrebbe a favore dell'ipotesi che le sostanze formatrici del pigmento fiorale si vadano organizzando in differenti parti della pianta, ma questa veduta, che ha certamente un grande fondo di verità, come può di poi conciliarsi cogli esperimenti del Molisch dai quali risulta che la Perz/Za Nankinensis e la Iresine Lindeniit arrossano intensamente in mezzi privi di azoto, e che lo stesso succede pei germogli di Zea Mays coltivati in acqua distillata? Contraddizioni di uguale natura ci offrono talune piante coltivate in mezzi salini, poichè mentre l’Overtov è d’avviso che una debole con- centrazione del sale possa favorire l’arrossamento, il Lindsbauer fa in- vece osservare che nelle piante alofile arrossamento è direttamente proporzionale alla concentrazione salina del mezzo in cui vive la pianta. Egli è pertanto lecito affermare che la scienza è ancora ben lon- tana dall'aver stabilito su basi scientifiche i rapporti che corrono tra la nutrizione e la comparsa dell’ antocianina ed in conseguenza con tanto maggior ragione devono venir accolte con riserva le osservazioni 202 — del Curtel, che volle attribuire a deficenza di nutrizione l’indebolimento della colorazione fiorale che si osserva in talune piante coltivate al- l'ombra (Tropaeolum, Borrago) e ciò in base quasi unicamente alla cir- costanza che sono appunto le piante annue, meno ricche di riserve, quelle che in tali condizioni mostrano più spiccato l’impallidimento. Prima di chiudere questo capitolo ci è d’uopo aggiungere che alcuni autori (Molisch, Greenisch, ecc.) hanno fatto dei tentativi per colorare artificialmente i fiori con determinate sostanze coloranti. Ora, mentre la maggior parte di siffatte esperienze non costituisce che delle contri- buzioni alla teoria della ascensione dei liquidi, quelle di Biot e di Planchon hanno una certa affinità colie questioni che qui ci interessano, per cui crediamo utile di riportarle per sommi capi. Il Planchon ha di- mostrato che le sostanze basiche non hanno il potere di colorare i fiori; il Biot invece osservò che se si fa assorbire da diverse piante il succo colorato della Phytolocca, i fiori si colorano solo temporanea- mente. Il primo di questi esperimenti si sottrae ad una spiegazione at- tendibile; il secondo invece lascia sospettare, a nostro parere, che i processi di ossidazione che si compiono nel fiore possano, dopo un po’ di tempo, distruggere il pigmento. Il fenomeno andrebbe però ulterior- mente studiato. ! CAPITOLO VIII. Influenza della radiazione sulla formazione delle antocianine. Le radiazioni luminose e chimiche dello spettro delle quali qui solo ci occupiamo, per trattare in altro capitolo delle radiazioni termiche, esercitano una così manifesta influenza sullo sviluppo dell’ antocianina che quasi tutti gli autori hanno concordi affermato che la Ilnce è l’agente principale della formazione del pigmento. Se però noi consideriamo i singoli casi, troviamo anche qui una certa divergenza d’opinioni, poichè mentre alcuni affermano che per ! Per ulteriori dati sui rapporti che corrono tra nutrizione e presenza di anto- cianina vedansi i Cap. VIII e XI. — 203 — certe piante l’antocianina nasce solo alla luce diretta (Zopf, Dufour, Mohl, Rogers), altri sostengono che meglio conviene la luce diffusa alla sua produzione, mentre poi non mancano neppure quelli che con Landel, Anonym e Kny, ammettono che il pigmento può anche nascere all’ oscuro (radici di Beta). Per molte piante, che portate allo oscuro non perdono la facoltà di produrre dell’antocianina, il fenomeno dipen- derebbe, secondo Costerus e Senebier, dal fatto che le stesse avevano precedentemente di già immagazzinate le sostanze cromogeniche. Il Mer ha potuto confermare questi dati sperimentando sopra piantine di Cyssus. La luce non solo può agevolare la formazione del pigmento, ma riesce anche, se troppo intensa, a distruggere l’antocianina che si è formata. Il fenomeno è stato preso in esame dal Martel, dal Wiesner, ma più specialmente ancora dal Pringsheim e dal Batalin. Il Pringsheim riuscì a scolorare le cellule dei peli staminali di Tradescantia illumi- nandoli fortemente con una lente sul tavolino del microscopio, La sco- lorazione delle cellule avverrebbe, secondo l’A., solo in presenza di os- sigeno, per cui trattasi di processi di ossidazione resi più energici dall’ intensità luminosa. Il Pringsheim ha osservato che non tutte le sostanze coloranti si comportano allo stesso modo di fronte ad una esagerata illuminazione, ed egli quindi ritiene che l’esperimento possa servire di guida per arrivare a stabilire l’affinità tra i differenti pig- menti e la clorofilla, la quale viene pure energicamente distrutta da luce troppo viva. Noi riteniamo una tale conclusione non del tutto esatta, essendo noto che l’antocianina di molti fiori si presenta resistentissima alla radiazione anche intensa, pur avendo la stessa costituzione della antocianina dei peli di 7yadescantia. Piuttosto ci sembra che il diffe- rente comportamento debba dipendere dalla maggiore o minore con- centrazione dell’antocianina nelle cellule e dall’ intensità dei fenomeni di ossidazione che in queste hanno luogo. L’esperienze di Batalin sono meno decisive, inquantochè questi si limita a far notare che se si colti- vano delle piantine di Polygonum Fagopyrum a luce intensa, il lato men» soleggiato è quello che si colora più intensamente in rosso, ed inoltre che se si lasciano troppo a lungo esposte alla luce tali piantine, la colo- razione rossa svanisce. Ora che abbiamo analizzato, nelle linee generali, l’ influenza della radiazione sulla pianta, dobbiamo soffermarci a studiare, per sommi capi, come reagiscono i differenti membri di questa a seconda delle peculiari condizioni di radiazione cui vengono sottoposti. Fu molto studiata |’ influenza della illuminazione sopra i fiori,! ma ! V.i lavori di Jstwany, Heine, Haeckel, Curtel, Frank, Dennert, ecc, — 204 — solo pochi lavori hanno un certo interesse scientifico; noi ci, soffermeremo pertanto solamente sui più importanti, per evitare inutili ripetizioni. Tl Sachs fu uno dei primi a dimostrare che talune piante tenute all'oscuro sviluppano dei fiori normalmente colorati e pure conformati sullo stampo normale, mentre altre sviluppano dei fiori incolori o per lo meno pallidi e meno evoluti. *! Il diverso comportamento dipenderebbe dalla quantità di materie nutritive che la pianta aveva, prima dell’espe- rimento, immagazzinato, per cui la comparsa di una colorazione tipica si verifica più di frequente nelle piante fornite di tuberi, bulbi e rizomi. Questi risultati furono in parte confermati dallHildebrandt, dal Askenashy, dal Dennert e dal Flahault, l’ultimo dei quali avendo asportate le foglie di una pianta di Sax/fraga ornata, e coltivata la pianta nell'oscurità, pur lasciando una parte della stessa alia luce, vide che i fiori non svilup- pavano più delle tinte così vive come allo stato normale. Una illuminazione continua produce, come ben si comprende, dei fenomeni opposti a quelli provocati dall’oscurità e le esperienze di Hugo colla illuminazione elettrica non interrotta, di Bonnier e di Wiesner, hanno appunto messo in evidenza che i fiori di molte piante (Nerzwn, Hyacinthus, ecc.) si colorano più intensamente di quelli assogettati al- ternativamente alla luce e alla oscurità. Qualche ricerca venne anche fatta per esperimentare l’azione eser- citata dalla luce sulla colorazione antocianica dei frutti. Il Senebier avendo ricoperto colla staenuola alcuni frutti, non vide più comparire la colorazione rossa; ed allo stesso risultato giunsero il Wiesner e l’Hildebrand (galbulo di Juniperus). Il Laurent dopo aver fatto osser- vare che i frutti di talune piante (Berderis, Crataegus) si colorano anche all’ombra, riporta un suo esperimento fatto sulle bacche dell’uva. Risulta da questo che se si copre con un involucro di cartone annerito un grappolo d’uva, appartenente ad una delle varietà rosse, i grappoli arrossano, mentre ciò non succede più se per mezzo di due incisioni anulari si impedisce l arrivo delle sostanze nutritive al grappolo. L'autore conclude che la materia colorante dell'uva può svilupparsi all’oscurità purchè però sia assicurata la nutrizione organica e che i prodotti di assimilazione possano dalle foglie arrivare al grappolo. Al- l'opposto, se si incide nel modo sopra indicato il peduncolo del grap- polo, lasciando però questo esposto alla luce, allora la colorazione a tempo debito si manifesta. In questo caso la colorazione è in relazione funzionale coll’attività dei cloroplasti contenuti negli acini stessi. ! Il Voechting dimostrò pure che una diminuzione anche leggera nell’ intensità luminosa può produrre delle variazioni notevoli nella forma e grandezza dei fiori. — Per quanto riguarda i semi, le ricerche sono troppo monche perchè sia il caso di parlarne:! noi faremo soltanto osservare che quelli di Mespilus japonica presentano dei cotiledoni leggermente colorati in verde da clorofilla, i quali diventano intensamente rossi per antocianina che si raccoglie nell’ epidermide, allorchè vengono esposti alla luce solare dopo che si è asportato il sottile tegumento del seme (Buscalioni e Pol- lacci). Noi non sappiamo se in questo caso la clorofilla presente nel seme abbia o no una certa influenza sulla manifestazione del fenomeno. La grande frequenza con cui le foglie si presentano colorate da pig- menti diversi dal verde ha indotto non pochi autori a studiare la colora- zione autunnale e quella primaverile di siffatti organi. Noll, Mer, Rathay, Griffon, Werettnikoff, Wiesner, Stahl ed altri autori si sono occupati in particolar modo di questi quesiti e dalle loro ricerche è emersa la grande influenza spiegata dalla luce nella manifestazione dell’arrossamento, la quale poi, stando ai dati dello Stahl, dell’ Ewart e dello Schimper, è particolarmente manifesta nelle piante delle regioni soleggiate dei due tropici. Al pari dei fiori, le foglie reagiscono in due modi differenti allorchè vengono assoggettate all’oscurità poichè, mentre il Sachs ed il Teodo- resco hanno constatato una colorazione, sia pure debole, delle stesse quando venivano tenute all'ombra, ma si lasciava la rimanente porzione di fogliame esposta al sole (Atripler), il Kraus in altri casi constatò invece la mancanza di pigmento in quelle foglie che si trovavano om- breggiate dalle altre. Merita intanto di esser segnalato il fatto messo in rilievo dal Mer. che le foglie di Cyssus non sì tosto hanno comin- ciato a colorarsi in rosso alla luce, continuano a sviluppare il pigmento se più tardi vengono tenute all’oscuro, Dal complesso delle osservazioni fatte dal Rudige, Wiesner, Griffon, Pick e da altri autori, parrebbe provato che la colorazione antocianica delle foglie abbia lo scopo di proteggere i cloroplasti nelle stesse con- tenuti, da eccessiva radiazione, senza che tuttavia venga intralciata la loro funzionabilità. Già il fenomeno stesso osservato da più di un bota- nico, che cioè Je foglie antocianiche sono meno diafane in confronto di quelle verdi, deporrebbe a favore di una tale ipotesi, ma il Wiesner ha messo in rilievo che le Acalipha dei paesi tropicali a fogliame più o ‘meno colorito per antocianina vegetano rigogliose ed hanno foglie sa- nissime e ricche di clorofilla, mentre all’ opposto quelle prive di pig- mento presentano un fogliame scolorato, quasi malaticcio, probabilmente a causa dell’inflnenza dannosa esercitata da una luce troppo intensa 1 V. ricerche di Pick sui cotiledoni di Beta. 2068=- sui loro cloroplasti. Egli è pure probabilmente a scopo di protezione che anche le Rose coltivate nei paesi tropicali presentano la partico- lavità di conservare molto a lungo il fogliame colorato in rosso (Wiesner). Sulla colorazione antocianica degli altri membri ed organi della pianta ben poco ci resta a dire. Noi ricorderemo pertanto solamente che il Beccari, il Baroni, il Terracciano ed il Macchiati accennano alla colorazione rossa di nettari esposti alla luce ed alla scolorazione dei medesimi allorchè la pianta vegeta all'ombra; che il Devaux, il Dufour lo Schell ed il Mer hanno riportati alcuni casi di radici antocianiche perchè cresciute alla luce sia in acqua, sia all’ aria;! che il Kerner v. Marilaun è riuscito a colorire i rizomi di Lathraea e di altre piante esponendoli alla radiazione solare ® e che infine allo stesso risultato è giunto lo Zopf per quanto concerne i serbatoi tannici delle Fumariaceae. L'influenza della radiazione venne anche studiata col sussidio degli schermi colorati allo scopo di rilevare la parte che spetta alle singole radiazioni di differente lunghezza d’onda nella produzione del pigmento, ma fino ad ora i fatti raccolti sono troppo scarsi perchè si possa for- mulare una legge. A quanto pare le radiazioni ultraviolette non sono senza influenza nell’esplicazione del fenomeno in questione, poichè il Sachs, avendo coltivate alcune piante dietro una cassetta a doppie pareti e contenente nello spazio da queste circoscritte una soluzione piuttosto densa di chinina, o di esculina, le quali sostanze, come è noto, trasfor- mano le radiazioni ultraviolette in quelle luminose, ebbe a notare che i fiori (e, secondo noi, indirettamente anche l’antocianina) non si sviluppano più.? L’A. conclude che la formazione dei fiori è perciò in relazione con speciali sostanze florigene analoghe ai fermenti, le quali si formerebbero in differenti organi della pianta per emigrare dì poi nei fiori. Quest’ ipotesi venne combattuta dal De Candolle il quale trovò che l’atrofia degli organi fiorali, tutt'altro che costante perchè nella Lodelia Erinus i fiori si formano ugualmente, dipenderebbe unica- mente da mancata stimolazione. Per quanto concerne le altre regioni dello spettro è d’uopo ricordare soltanto i lavori di Caudel e quelli importanti del Batalin sulle piantine ! Fra le radici che meglio si prestano per queste ricerche, noi possiamo citare, per personale esperienza, quelle di Aesculus Hippocastanum. ? Del resto è noto che molti bulbi e tuberi sono più o meno colorati da pigmenti (Giacinto, Patata, etc.) ® Anche il Flammarion riferisce che î piselli e fagiuoli non formano più fiori die- tro uno schermo bleu, ma le osservazioni di questo autore non essendo state eseguite con mezzi assolutamente monocromatici lasciano alquanto presa al dubbio. — 207 — di Polygonum Fagopyrum. Quest’ autore osservò che se si fanno germi- nare tali piante all'oscuro e poi si portano le piantine eziolate sotto le cosidette Campane di Prillieux, sia al bicromato di potassa che al- l'ammoniuro di rame, gli assi ipocotili si colorano in rosso come alla luce bianca! mentre all'opposto il pigmento non si forma più se si fanno germinare i semi direttamente sotto le campane, e ciò sia che le piante vegetino alternativamente sotto gli schermi a luce gialla e a luce bleu, sia che rimangano costantemente sotto l'influenza dei raggi di una o dell’altra metà dello spettro. La singolarità del fenomeno ap- pare ancor più manifesta se si considera che la luce bianca provoca su tali piantine eziolate l’arrossamento nello spazio di poche ore. Pres- sochè analoghi risultati ebbero ad ottenere il Pick sperimentando con piantine di Beta, e lo Schell colle radici di Salici coltivati in acqua. Gli autori sopracitati non hanno saputo rinvenire una spiegazione plausibile, ma noi riteniamo che il fenomeno sia in strettissima rela- zione col fatto che nelle piantine eziolate si ha maggior copia di fer- menti ossidanti in confronto di quelle cresciute alla luce, come ebbe a dimostrare per molti germogli, il Wood. In conseguenza di ciò le prime riescono più facilmente a formare l’antocianina. CAPITOLO TX, Influenza della temperatura sulle antocianine. Non vi ha dubbio che temperatura e luce costituiscono il più delle volte due fattori così intimamente collegati fra loro che riesce spesso quasi impossibile, o per lo meno assai difficile, distinguere la parte di azione che spetta all'uno da quella che dipende dall’altro nella produ- zione di molti pigmenti (V. Cap. I) ed in particolar modo dell’anto- cianina. Noi possiamo quindi ascrivere alla temperatura gran parte di quanto si è detto a riguardo della radiazione. Se però noi consultiamo la bibliografia dell'argomento incontriamo una tale discordanza di opinioni da non essere più in grado di for- 1 Una bellissima prova delle complesse reazioni che avvengono tra le differenti ra- diazioni e la antocianina è stata data dal Knuth quando dimostrò che i fiori sensibi- lizzano le lastre fotografiche. Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIIL 16 ola — marci un esatto criterio sulla questione e tanto meno di decidere se al freddo o al caldo sia devoluto il compito di provocare la comparsa del pigmento neile piante. Il lettore potrà rimanerne convinto scorrendo le pagine di questo capitolo in cui abbiamo creduto opportuno di ripor- tare separatamente le opinioni dei fautori delle due teorie. a) Influenza delle basse temperature. Già in un altro capitolo (Cap. VI e)) parlando dei rapporti tra zuccheri ed antocianina abbiamo accennato alle idee di Overton, di Sachs, ecc., intese a dimostrare che le basse temperature, in specie notturne e i grandi sbalzi termici diurni, favoriscono la comparsa del pigmento, nelle piante alpine. Una tale ipotesi è stata accolta tanto dallo Stahl e dal Lindemann, per spiegare l’arrossamento così marcato che presentano moltissime essenze delle foreste dell’ America del Nord, quali le Balwinia, molte Mirtacee, Rutacee, ecc., quanto dal Bonnier per chiarire le cause della viva colorazione delle piante alpine. L’interpretazione torna anche molto opportuna per comprendere la frequente comparsa della colorazione rossastra sia in alcuni fiori normalmente bianchi e sia delle foglie del Phalaris arundinacea var. picta, la quale poi, come è regola per mol- tissimi altri casi, tende a scomparire o scompare anche del tutto al- lorchè si approssima l’estate. Il pigmento antocianico, dice il Charguerand, avrebbe lo scopo pre- cipuo di proteggere dai freddi tardivi quegli organi nei quali esso fa la sua comparsa; ed infatti la conclusione appare logica quando si consi- deri che non poche piante portate all’aperto dalle serre calde arrossano nei primi giorni di esposizione al freddo (Haberlandt ed altri autori) e lo stesso fenomeno si osserva nei fiori bianchi di alcune Rosacee e di altre piante allorchè vengono esposte a periodi più o meno lunghi di freddo dopo avere vegetato per parecchi giorni al caldo (Scholz e Gillot). Come fenomeno singolare si può rilevare che la stessa causa, cioè il freddo, può, a quanto pare, determinare la comparsa di alcuni pigmenti più o meno affini all’antocianina, come ad esempio l’indaco nelle Orchidee, secondo Prillieux e Muller Turgau, od i flobafeni nei legni di talune piante all'avvicinarsi dell'inverno o nelle prime giornate, ancora molto soggette a notevoli sbalzi di temperatura, della primavera (Jéger). Molti autori, non sufficientemente rassicurati dall’osservazione di- retta di quanto avviene in natura, hanno cercato di risolvere la intri- cata questione colla scorta dell'esperimento, ed infatti noi vediamo che — 209 — lo Stahl tenendo ricoperto, di notte, una metà del lembo fogliare di talune piante, le quali poi di giorno venivano lasciate scoperte, ebbe a constatare che l’antocianina si formava nelle foglie, ma limitatamente a quella parte non assoggettata all'esperimento e quindi più sottoposta ai freddi notturni. Sotto questo punto di vista è pure importante l’espe- rimento di Bonnier che riuscì a provocare la comparsa del pigmento nel Teucrium Scorodonia sottoponendo la pianta al caldo durante il giorno e al freddo di notte, vale a dire riproducendo ad arte le condizioni ter- miche che si verificano normalmente nelle Alpi, mentre all’ opposto ottenne risultati affatto negativi sugli esemplari che egli manteneva sottoposti ad una temperatura costantemente bassa. I fatti esposti autorizzano pertanto ad affermare che più delle basse temperature, le alternative di caldo e di freddo favoriscono lo sviluppo dell’antocianina, ma intanto giova ricordare che l’abbassamento di temperatura deve avere un limite, variabile per ogni singola specie di piante, affinchè il fenomeno della colorazione possa avere ancor luogo, ed infatti concludono in questo senso le esperienze eseguite dallo Schell. Quale nesso esiste tra la presenza dell’antocianina e l’abbassamento termico? Fino ad ora non si è potuto dare una risposta esauriente e categorica; alcuni autori (Kny, Roze, Keeble, ecc.) ritengono tuttavia che il rapporto vada cercato nell'azione termogenica che è in grado di spiegare l’antocianina, grazie al suo potere di assorbire le radiazioni dello spettro dotate di maggior rifrangibilità (quando ha color rosso) mentre si lascia poi attraversare da quelle di più grande lunghezza d’onda le quali come si sa sono fornite di un potere riscaldante abba- stanza sensibile.! Forse con più ragione si può ammettere col Gop- pert che l’antocianina abbia lo scopo di abbassare il punto di conge- lazione, essendo stato posto in evidenza da questo autore e dimostrato colla pratica da molti tloricultori inglesi che i fiori colorati gelano a temperature più basse di quelle che fanno congelare le foglie, e che 1 Il presente lavoro era ormai pronto per la stampa quando venne pubblicata la monografia del Kohl sulla carotina, nella quale l’A., a pag. 11, tratta dei rapporti che corrono tra questa sostanza e l’antocianina per quanto ha riguardo la funzione di schermo e di termogenesi. Tl Kohl benchè accenni ad alcuni fatti, come ad esempio la mancanza di antocia- nina in molte foglie giovani, i quali non deporrebbero troppo a favore della sopra ac- cennata teoria, trova tuttavia che antocianina e carotina possono benissimo scambie- volmente sostituirsi l’una all’altra per aumentare la temperatura della parte in cui esse sono localizzate, per accelerare gli scambi e per servire infine da mezzi di richiamo. Egli però fa osservare che regna ancora molta incertezza in un tale argomento e non sono ancora state tolte tutte le obbiezioni che a siffatta interpretazione si oppongono. — 210 — i fiori rossi hanno una spiccata resistenza pel freddo, forse superiore a quella dei fiori bleu. Vi sono però anche per questo alcune ecce- zioni. Un forte appoggio trova siffatta ipotesi nel fatto che il tannino, da cui in ultima analisi l’antocianina deriva, grazie al suo marcato po- tere igroscopico, serve ad impedire l’essiccamento delle parti in cui esso si trova diffuso (Warming). ! 6) Influenza delle alte temperature. Se il lettore giudica unicamente in base all’esiguo numero di lavori (V. pubblicazioni di Schimper, Johow, Kraus, Mer, Preyer, Schell, Pick, ecc.) ed alle poche osservazioni sperimentali che possediamo sul- l’infuenza delle alte temperature in rapporto coll’antocianina potrebbe essere indotto a ritenere che il freddo sia l’ agente principale, se non l’unico, dell’arrossamento delle piante, ma però se si esaminano i fatti senza preconcetti facilmente si viene del pari a ritenere che la ipotesi diametralmente opposta abbia anche un grande fondamento di verità, essendo stato ben assodato che le Dalie e le Viole sono spesso più in- tensamente colorate d’estate (Darwin); che i germogli di talune piante (Polygonum, Beta, ecc.) arrossano più rapidamente a 140. di tempe- ratura che a 10°C. (Schell) e che analogamente si comportano i fiori di Hibiscus secondo le ricerche di Raimond de Sagra, e che infine l’ar- rossamento e l’eritrismo fiorale quale venne segnalato dal Gillot, si manifesta frequentemente allorchè l’ estate decorre molto caldo. Per nostro conto possiamo ancora aggiungere che è quasi impossibile spie- gare altrimenti l'intenso arrossamento che si verifica in talune piante che crescono d’estate in mezzo alle pietre, sulle strade (Oza/is), o suì muri battuti dal sole (Parietaria), o nei luoghi scoperti delle regioni tropicali (Johow, Schimper). * 4 Il Sorauer ha cercato di dare la spiegazione del fenomeno ammet- tendo che l’arrossamento sia dovuto alla preponderanza dei fenomeni di ossidazione su quelli di assimilazione in seguito all’elevata temperatura ed alla più intensa illuminazione che si verifica d’estate. * Dai fatti esposti noi possiamo pertanto arguire che il problema dell’influenza spiegata dalla temperatura sul pigmento antocianico è ! Il Pick ritiene che il freddo avrebbe lo scopo di favorire unicamente il tannino e quindi avrebbe dei rapporti soltanto indiretti coll’antocianina. 2 V. a questo proposito anche il Cap. VI: Rapporti dell’antocianina con alcuni costituenti della cellula a) Rapporti colla clorofilla. ° Pick ammette che entrambi i fattori possano produrre l’antocianina. eli stato considerato da quasi tutti gli autori sotto un punto di vista uni- laterale, alcuni avendo data maggior importanza al freddo, altri al caldo: la soluzione del problema avrà luogo soltanto quando si potrà formulare una teoria che concili le opposte vedute, ciò che ci proponiamo di met- tere in evidenza nella 3.* parte di questo lavoro. Intanto, prima di abbandonare l’argomento relativo alla temperatura, noi riteniamo ancora opportuno di riportare qui alcune osservazioni fatte dai nostri predecessori ed intese a dimostrare quale influenza spieghino le temperature piuttosto elevate sopra l’antocianina presente nelle cel- lule. Noi però accenneremo soltanto di passaggio ai lavori di Rosenstiel, di De Vries e di Marquis aventi Io scopo di dimostrare che l’antocianina trai40ei 70 gradi C. si scioglie nel succo cellulare, o si separa dal mosto con facilità, per soffermarci su quelli di Molisch i quali offrono una certa importanza ed hanno molta attinenza colle nostre osservazioni. Questo autore osservò che se si fanno bollire in acqua i tessuti antocianici di talune piante ( Co/eus ad esempio), il liquido, anzichè colorarsi in azzurro o bleu, assume una tinta giallo-verdastra e solo coll’aggiunta di acido cloridrico si può ottenere la comparsa del colore rosso. Colpito dalla singolarità del fenomeno egli variò alquanto l’esperienza portando ad una temperatura piuttosto alta, ma a secco, le parti contenenti anto- cianina. Così operando egli ebbe a constatare che ad una certa tempe- ratura le parti colorate dall’antocianina perdono il color rosso per assumere una tinta giallo-verdastra. Il fenomeno appare manifesto in quei tratti di tessuto in cui le cellule, oltre al pigmento in questione, contengono anche clorofilla. Il Molisch interpreta il curiosissimo comportamento dell’antocianina ammettendo che colla morte delle cellule, dovuta all’alta temperatura, il succo alcalino del protoplasma si mescoli col liquido acido del vacuolo antocianico, lo neutralizzi e produca così la comparsa della colorazione giallo-verdastra dovuta alla reazione alcalina del pigmento. Il cambia- mento di colore poi avverrebbe con maggior facilità e frequenza nelle cellule a clorofilla perchè in queste, dice l’A., si hanno le condizioni fa- vorevoli per la produzione della sostanza alcalina. I risultati cui giunse il Molisch sono così singolari che noi abbiamo voluto riportarli per esteso, ma noi vedremo più tardi che il fenomeno può trovare un’altra spiegazione più consona ai fatti, poichè lo ammet- tere una così spiccata alcalinità del succo protoplasmatico da riuscire a rendere alcalino il pigmento antocianico contenuto nei vacuoli o nel cromogeno tannico, urta, a nostro parere, contro non poche obbiezioni. CAPITOLO X. Influenza dell’ umidità sulla formazione delle antocianine, Quest'argomento non è stato ancora sottoposto, per quanto ci consta, ad uno studio sperimentale ‘accurato, ed i dati che ci vennero forniti dalla semplice osservazione dei fatti ci inducono, per lo più, a ritenere che i fenomeni finora osservati non abbiano che un’ attinenza molto indiretta colla umidità. Forse Je migliori ed anco le più attendibili osservazioni che pos- sediamo sulla questione, sono quelle del Grace Smith da noi già citate per altri scopi nel Cap. III, le quali dimostrano come nei siti umidi ed ombrosi, od anche in siti semplicemente umidi, si incontri una bassa percentuale di piante antocianiche.! Anche il Molisch credette di poter affermare che un difettoso od insufficiente assorbimento di acqua, quale appunto si verifica nei luoghi secchi, provochi l’ arrossamento nelle piante, ma in questo caso non sempre si può nettamente distinguere, nella esplicazione del fenomeno, la parte che spetta alla siccità da quella che è inerente ai disturbi di nutrizione e della circolazione dei materiali plastici. Del resto l’opinione dell'autore viennese non si concilia troppo coll’osservazione di Keegan che vide arrossarsi i fiori bianchi dell’ Erca allorchè teneva le piante in atmosfera umida. ? Parrebbe adunque probabile che l'umidità costituisca un ostacolo alla produzione del pigmento, ma pur troppo la prova certa non è an- cora stata data neppure ricorrendo all'esperimento. È vero che si riuscì ad impedire la comparsa della colorazione rossa nelle foglie di Cyssus ! Il presente lavoro era già stato consegnato alla stampa quando ci venne sot- t'occhio la pubblicazione di H. Coupin sui colori della Flora francese dalla quale risulta che nei luoghi umidi predomina il color verde (142) poi viene il bianco (109), il rosso (62), il bleu (10) ed infine il violetto (8). La stessa legge vale per le piante crescenti sulle rive del mare e nei boschi, mentre all'opposto lA. osservò che nei luoghi secchi (campi, montagne, roccie, ecc.) predomina innanzi tutto il bianco (442), poi viene il rosso (362), poi il verde, il bleu ed il violetto. ? È duopo notare che il Martel annette una certa importanza alla secchezza del mezzo nella produzione dell’albicazione. Vedremo più tardi in quale conto possa te- nersi una tale opinione. o la tinta bleu nei frutti di Passifora tenendo le une e gli altri, come hanno fatto il Mer ed il Bòhm, sommersi durante quasi tutto il cielo di vegetazione, ed a risultato analogo giunse il Prof, E. Pollacci facendo maturare i grappoli d’uva, attaccati alla pianta, parzial- mente sommersi nell’acqua tiepida o fredda, poichè solo la parte emer- gente del liquido produsse l’enocianica e venne a maturazione, mentre quella sommersa rimase verde per tutto il tempo che durò l’esperienza (20 giorni), ma i risultati ottenuti possono spiegarsi benissimo come vedremo in seguito, colla mancata aerazione dei tessuti. Ed infatti il Pollacci afferma, col Mer, che tale sia la causa; poichè avendo immerso una porzione di grappolo nella sabbia che, come si sa, grazie alla poca coerenza dei granuli di cui consta, è assai permeabile all’aria, vide effettuarsi la maturazione e con questa la pigmentazione degli acini. ! Ora, domandiamo noi, pur ammettendo probabilissima siffatta ipotesi, come mai può spiegarsi il fatto che molte piante acquatiche hanno la faccia inferiore del lembo fogliare, la quale sta a contatto del liquido, colorata in rosso e la superiore in verde come appunto si verifica in certe Lemna, Nimphaea, Trapa, Nelumbium, ecc.? Parimenti come mai può spiegarsi che non poche piante degli stagni presentano le foglie giovani e sommerse colorate uniformemente in rosso, mentre hanno le foglie galleggianti tinte di un bel verde, almeno in corrispon- denza della faccia superiore (Stratiotes aloides, Ranunculus lingua, Nym- phaea, ecc.)? Il Mer pare che voglia evitare questa obbiezione quando afferma che le piante acquatiche non sono rosse, ma questa è una affer- mazione, come sopra è stato detto, contraria al vero, e che chiunque abbia una superficiale conoscenza di dette piante, è in grado di smen- tire. Dall'altra parte conviene lo stesso Mer nell’affermare che non sempre è riuscito ad impedire lo sviluppo della colorazione antocianica immergendo in acqua le piante, poichè le foglie di Hedera si colorarono sensibilmente nei suoi esperimenti di sommersione. In conclusione noi ci crediamo autorizzati a ritenere che qualche altro fattore, oltre l'ossigeno, intervenga in causa per provocare in alcuni casi la colorazione, in altri l’inverdimento, delle piante tenute sommerse e che gli esperimenti fino ad ora stati eseguiti, anzichè sta- 1 Anche il Wiessner constatò che quei fiori che coll’essieccamento cambiano di co- lore (Zinnia, Lycium) se vennero previamente mantenuti sott’ acqua rimangono a lungo inalterati, ed il fenomeno appare ancor più manifesto se si ha cura di far bollire l'acqua prima di iniziare le esperienze. Ciò prova che il cambiamento di colore è do- yuto probabilmente a processi di ossidazione. Soi bilire i rapporti che corrono tra l'umidità e la scomparsa del pigmento, non abbiano servito ad altro che a chiarire alcuni dati relativi all’azione che i processi di ossidazione possono esercitare sull’antocianina. CAPITOLO XI. Il processo di assimilazione fotosintetica del Carbonio e le antocianine. Un diretto rapporto tra certe sostanze coloranti e l’ assimilazione venne posto in evidenza dall’Engelmann allorchè col metodo dei bac- teri (V. Cap. I) potè rilevare come il pigmento di certi organismi in- feriori (Floridee, taluni bacteri ( Monas, Clathrocystis, ecc.)) e la carotina abbiano il potere di utilizzare certe radiazioni per sviluppare deboli quantità di ossigeno in seguito a decomposizione del CO*; un tale potere però fino ad ora non è stato constatato nell’antocianina, come tenderebbe a provarlo l’esperienza eseguita dal Curtel sui fiori col reattivo dello Schutzemberger. Malgrado ciò non si può negare che l’antocianina prenda parte al processo di assimilazione o in quelli che al medesimo sono stret- tamente collegati. Già nel Cap. VI abbiamo fatto notare a questo proposito che l’antecianina, quando ha una colorazione rossa, assorbe prevalentemente quei raggi che non vengono utilizzati dalla clorofilla e quindi non intralcia il processo dell’assimilazione del carbonio. In base a questo e ad altri dati il Kerner potè formulare la geniale teoria del “ Lichtschirm ,* che vorrebbe attribuire all’antocianina il potere di di- fendere la clorofilla da un’eccessiva radiazione onde la stessa abbia a funzionare normalmente. L'ipotesi, avvalorata dal fatto che dietro uno schermo di antocia- nina la clorofilla si conserva più a lungo alla luce (Kny), verrebbe a spiegare moltissimi fenomeni biologici sui quali già si è tenuta parola nelle precedenti pagine, ma però essa non ci chiarisce il motivo per ! V. a riguardo di questa teoria le osservazioni del Ewart nel Cap. XIII: La traspirazione e l’antocianina. e e e = eis cui nelle foglie spesse volte l’antocianina si localizza nei tratti in cui manca precisamente la clorofilla (nervature, parti albicate, ecc.) e nep- pure si accorda col fatto che talora il pigmento rosso compare quando il cloroplasta, esaurita la sua attività, sta per disorganizzarsi, come succede nelle foglie autunnali e nell’uva (E. Pollacci). È vero che il Pick in quest’ultimo caso trovò ancora traccie d’amido nelle parti rosse, le quali mancavano nelle parti prive di antocianina, ma un tale reperto non diminuisce la portata delle nostre obbiezioni. Il dubbio ha indotto i botanici a cercare la soluzione del problema nell'esperienza fisiologica, ma le conclusioni cui si è giunti con questo metodo non hanno fatto che far sentire maggiormente il bisogno di nuove investigazioni. Josì il Jumelle avendo misurato la quantità, in peso, di sostanza secca che viene fornita da parti verdi e rosse omologhe di una stessa specie (Acer, Platanus, Prunus) ed avendo trovato che le varietà rosse danno una minor percentuale di sostanza secca concluse che l’antocia- nina costituisce un ostacolo al normale funzionamento dei cloroplasti, tanto da abbassare il potere di assimilazione ad un quinto o anche ad un sesto del valore che si ottiene sperimentando con varietà verdi della stessa specie. Il risultato pareva avvalorato dal fatto che le varietà rosse cre- scono meno e più lentamente di quelle verdi, ma, a prescindere dalle difficoltà che si incontrano quando si vuol stabilire con criteri scienti- fici il fenomeno, le osservazioni del Jumelle, benchè state più tardi con- fermate dall’ Ewart, hanno recentemente trovato una smentita nei la- vori di Griffon. Questi, pur facendo notare che talora nelle varietà colorate dalla antocianina il color verde è alquanto più pallido (Prunus Pissardi), credette di poter stabilire che nell’ Atriplex, nel Berberis, non vi sia differenza nell’intensità di assimilazione tra le forme verdi e quelle rosse, mentre poi in quelle specie in cui si notano delle divergenze (Acer, Betula, ecc.) la diminuita assimilazione delle varietà rosse non dipende già dalla presenza dell’antocianina, ma dalla costituzione stessa dei cloroplasti e da altre condizioni d’indole anatomica. Le conclusioni del Griffon trovano un indiretto appoggio in ciò, che l’antocianina avendo il potere di aumentare la temperatura dell’or- gano in cui si trova — come è stato dimostrato sia dal Kny che vide la temperatura elevarsi assai più dietro le foglie rosse in confronto delle verdi, sia dalla circostanza che le foglie ibernanti hanno spesso anto- cianina (Mahonia) e quelle fornite di rosette radicali hanno questo pig- mento distribuito in corrispondenza della faccia inferiore, vale a dire dal — 216 — lato su cui arrivano pure molte radiazioni dal terreno — può favorire indirettamente, ed in specie durante le fredde giornate, il regolare fun- zionamento dei cloroplasti. Ma neppure queste vedute hanno soddisfatto gli osservatori e noi vediamo quindi taluni botanici ricercare se per avventura l’antocianina, spoglia di qualsiasi influenza sul fenomeno dell’assimilazione, non avesse il compito più modesto di facilitare l’esportazione o meglio l'emigrazione dei prodotti del processo fotosintetico. Egli è noto che l'emigrazione dell’amido dalle foglie avviene in se- guito alla sua trasformazione in qualche zucchero, forse grazie all’azione di speciali enzimi diastatici (Baranetscki), la cui azione sarebbe favo- rita da speciali radiazioni (raggi rossi), i quali trasformerebbero il zimo- geno in enzima, mentre all'opposto verrebbe intralciata dalle radiazioni di minore lunghezza d’onda. Questa ipotesi fu appunto tirata in campo dal Green per poter dimostrare come l’antocianina, a causa della suna colorazione prevalen- temente rossa, possa sussidiare validamente la trasformazione e l’emi- grazione dei prodotti dell'assimilazione. L'ipotesi apparve pure sedueente al Pick, il quale cercò di dimo- strare la sua validità alla stregua dell’esperimento, ed a tal uopo pose talune piante a vegetare dietro schermi rossi formati da una soluzione di antocianina racchiusa in cassette di vetro a faccie parallele. Con questo apparecchio egli vide che l’amido scompariva dalla foglia assai più presto di quanto avvenisse in piante tenute in condizioni normali, il che valeva ad indicargli che l'esportazione dei materiali di assimi- lazione doveva essere oltremodo rapida. Lo stesso autore trovò poi anche la conferma delle sue osservazioni nell'esame microscopico delle piante a foglie rosse, inquantochè constatò sempre in queste una mi- nore ricchezza di amido, specialmente manifesta nel palizzata, in con- fronto di quelle verdi. Purtroppo però l'ipotesi del Pick non risolve in modo netto la que- stione ed al medesimo si può obbiettare che negli esperimenti con schermi colorati, con tutta probabilità, l’indebolimento dell’illuminazione poteva essere la causa della diminuzione dell’amido nel parenchima fogliare (Griffon) e che la povertà di idrati di carbonio solidi reperibili nelle piante antocianiche sia dovuta alla diminuita attività dei cloroplasti, anzichè ad esagerata emigrazione degli zuccheri. Dai fatti esposti appare adunque manifesto come ancor molto pro- blematica ed oscura sia l’azione che il pigmento antocianico spieghe- rebbe sull’assimilazione fotosintetica del carbonio e noi quindi dobbiamo dare, col Griffon, un valore molto relativo alle esperienza di Coren- -———r_———_evor rr —_——FP_T -_"-_—_—_————— eV e e e e é Me ren o winder intese a dimostrare che le foglie rosse tenute in un sito om- breggiato emettono una maggior quantità di CO? in confronto delle verdi, unicamente in conseguenza della presenza di antocianine. CAPITOLO XII. La respirazione e le antocianine. Dopo che il Reinke, a conferma dell’ opinione di De Candolle, ebbe a mettere in evidenza che l’antocianina si forma in seguito all’os- sidazione di certe sostanze derivate dai fenoli (Pirocatechina ed altre sostanze di natura tannica) le osservazioni di Schell, Batalin, Mer, Kohl e Sorauer, hanno vieppiù contribuito ad affermare l’importanza che l’os- sigeno atmosferico può avere come agente indispensabile nella produ- zione di detto pigmento. Già il fatto stesso dal Nienhaus stato osservato, che la colorazione antocianica nei frutti di taluni So/anum comincia a manifestarsi là dove l’aria più facilmente penetra nel parenchima, cioè dai residui del pedun- colo, dalle ferite e via dicendo, e che i fiori dei papaveri essiccati all’aria diventano violetti, deponeva grandemente a favore di siffatta ipotesi, ma solo più tardi l’esperienza ha confermato a pieno le vedute del Reinke. Il Maumené diffatti avendo posto a maturare sopra acido solforico e nel vuoto dei grappoli di uva, vide apparire unicamente una colora- zione gialla, che veniva ben tosto sostituita dal color violetto, che è proprio della bacca, allorchè egli permetteva all’ aria, in specie umida, di venire a contatto dei grappoli. Il Maumené a giusto titolo ritiene che il fenomeno si può solo spiegare coll’ammettere che l’aria provo- chi la colorazione di un cromogeno preesistente alla maturazione dei frutti. Analoghi risultati ottenne il Bohm coi frutti raccolti ancora verdi, di Passiflora, ! poichè gli stessi posti a maturare in recipienti privi d’aria o contenenti soltanto azoto, idrogeno, biossido di carbonio, ! Veili a questo proposito anche il Cap. XIX: L’antocianina in rapporto coi pro- cessi patologici. 205 — non diventano bleu, sebbene rimangano esposti alla luce, mentre la colorazione avviene, più o meno rapidamente, sotto l’azione dell’aria atmosferica, o meglio ancora dell’ossigeno puro. Solo nelle atmosfere di biossido di carbonio si può osservare, dopo parecchio tempo, una lieve essudazione di un liquido colorato in bleu. Egli è vero, afferma il Bohm, che nelle condizioni normali i frutti non si colorano con tanta rapi- dità in bleu, come nell’esperienza, ma ciò dipende unicamente dalla presenza, nel parenchima, di alcune sostanze dotate di un potere disos- sidante. Fenomeni identici si ottengono se, invece di impiegare i frutti, si lascia esposto all’aria il succo spremuto dai frutti e lo si filtra in modo che l’ossigeno atmosferico possa facilmente venir a contatto con una grande superficie di liquido. L'azione dell’ossigeno sui frutti di Passiflora, costituisce adunque un fenomeno indipendente dai processi vitali e si manifesta colla pro- duzione di una tinta violacea, che in seguito passa al bleu: persistendo l'influenza dell’agente ossidante, si ottiene al fine la scolorazione del pigmento. Se, in base ai fatti esposti, si ammette che l’antocianina si sviluppi in seguito ad un processo di ossidazione, si dovrà riscontrare un’ in- tensa respirazione nei fiori che di tale sostanza sono a dovizia forniti. Un’ esperienza di Curtel, confermata di poi dalla L. Miiller, dal Bon- nier e Mangin vale a dimostrarci che un tale asserto corrisponde pienamente ai fatti. Il Curtel, pur non preoccupandosi della questione dlell’antocianina, ha fatto una lunga serie di ricerche sulla respirazione dei fiori, dalle quali è risultato che gli stessi emettono in abbondanza CO, e fissano energicamente l’O, vale a dire respirano più intensamente delle foglie. Il Curtel ritiene che il fenomeno sia dovuto all’atrofia dei cloroplasti, che quasi sempre si manifesta negli organi fiorali e che porta con sè una diminuzione dei processi di assimilazione del CO.. Alla luce la respirazione è più attiva che all'oscuro ed inoltre di- minuisce coll’età del flore: intanto, fenomeno importantissimo, i fiori colorati (P/llox, Pentastemum) a parità di condizione, respirano più energicamente di quelli bianchi. Il Curtel crede di poter affermare che ciò sia dovuto al fatto che il color rosso, per se stesso e a prescindere dalla sua energia termogenica, inibisca parzialmente l'influenza ritar- datrice che la luce esercita sulla respirazione; ma noi crediamo che ciò sia in stretta relazione colla presenza appunto, nei fiori rossi, del- l’antocianina. I fatti eposti non lasciano più alcun dubbio che il fenomeno della pigmentazione antocianica sia strettamente collegato coi processi di o ossidazione. ! La scienza però non può arrestarsi a queste nozioni, ma deve ricercare ancora se l'ossigeno dell’atmosfera, o non piuttosto qual- che speciale enzima ossidante (ossidase, laccase) provochino, nello stato naturale, l'ossidazione del cromogeno antocianico. Questo nuovo indi- rizzo si impone dacchè il Sachs ha parimenti manifestata l'opinione, che le sostanze florigene abbiano forse la natura dei fermenti ed il Filhol vide che il succo incolore estratto dai fiori bianchi provoca la ricomparsa della colorazione antocianica allorchè questa sia stata pre- viamente distrutta dall'azione dell'idrogeno nascente. Ma più di tutto giustificherebbe un tale genere di ricerche le esperienze del Correns il quale ebbe a dimostrare come il polline di una pianta fornita di frutti antocianici possa, nell’atto della fecondazione, provocare la pigmentazione dell’ovario che contiene gli ovuli da esso fecondati, anche quando il frutto normalmente sia incolore. Tutti questi singolari fenomeni ben difficilmente si possono conciliare coll’esclusivo intervento dell’ossigeno, e in special modo dell'ossigeno inerte, ma, a nostro parere, richiedono la presenza di speciali enzimi. ? CAPITOLO XIII. ; La traspirazione e le antocianine. Relativamente scarsi, di fronte al grande numero di osservazioni che possediamo sui rapporti tra la luce e le antocianine, sono i lavori concernenti il nesso che collega la presenza del pigmento al processo lella traspirazione e molte delle ricerche un po’ importanti al riguardo hanno per lo più per mira altri scopi, anzichè quello di investigare la questione nella sua intima assenza, di guisa che solo incidentalmente arrivano a risultati di un certo interesse per noi. Il Kerner von Marilaun, appena sfiora la questione; l’ Einecke nota solamente che talune bacche rosse sono più ricche di acqua di quelle 1 Vedasi a questo riguardo anche il Cap. X: Influenza dell'umidità sulla forma- zione dell’antocianina. ? Gli enzimi ossidanti sono, secondo Wood, molto diffusi nel regno vegetale ed in specie sono abbondanti nelle parti albicate, nelle cellule circostanti alle ferite e nelle piante che arrossano nell'autunno. Una quantità piuttosto notevole di ossidasi può pro- durre lo scoloramento della clorofilla. — 290 — bianche della stessa specie; il Molisch avendo sottoposte talune piante al secco ed a condizioni capaci di impedire la traspirazione potè, da un esperimento, affermare che l’antocianina si sviluppa quando si ha uno scarso apporto di acqua alla pianta, ma non ne dà però una prova certa; Raum sostiene che le sostanze coloranti presenti nella pagina inferiore delle foglie galleggianti impediscono a queste di bagnarsi: il Borzì mette in rilievo i rapporti tra l’eritrofilla e la costituzione xerofita della flora mediterranea, ma non arriva ad una conclasione che rieuardi il nostro argomento; il Bonnier dimostra sperimentalmante che la traspirazione eccessiva delle foglie in montagna è causa della comparsa dei pigmenti; infine il Curtel, dopo di aver affermato che i fiori presentano due massimi traspiratori collegati coll’evoluzione della cuticola e degli stomi, arriva alla conclusione che la traspirazione dei fiori è meno energica di quella delle foglie, ma attribuisce 1’ indeboli- mento unicamente alla povertà di stomi, al debole sviluppo dei vasi ed alla scarsità od alla mancanza di clorofilla nelle foglie fiorali. * Appare manifesto da questa rassegna che tutti quanti gli autori sopra ricordati toccano la questione che ci interessa solo in modo più o meno superficiale ed indiretto: altrettanto non può più dirsi invece per i lavori di Wiesner, Stahl, Keeble, Eward e Comes, i quali hanno analizzato più da vicino il fenomeno e meritano quindi che vengano da noi ampiamente esposti e discussi. Il Wiesner, dopo di aver dimostrato, in un suo studio sulla traspi- razione in rapporto colla radiazione, che le parti ricche di clorofilla, a parità di condizioni, traspirano assai più di quelle altrimenti colorate e che il massimo della traspirazione ha luogo sotto l’azione dei raggi bleu, con un’altra pubblicazione sull’appassimento dei fiori e delle fo- glie viene alla conclusione che in genecale i fiori, staccati dalla pianta, appassiscono più tardi di quelli rimasti aderenti ai rami tagliati, e ciò pel fatto che in quest’ultimo caso le foglie dei rami stati esportati, avvizzendo, richiamano dell’acqua dagli organi fiorali, e contribuiscono così al più rapido essiccamento di questi. Nello stesso tempo però lA. osserva che nei rami, staccati dalle piante, seccano prima le foglie dei fiori; anzi se questi si trovano ancora allo stato di gemme nel momento del distacco, per lo più riescono ad aprirsi perchè la parte interna della corolla essendo più ricca di acqua e più turgescente dell’ esterna, sente meno l'influenza della sottrazione dell’acqua per ! Un certo interesse avrebbero anche per le nostre ricerche i lavori di Emery e di Heller sulla distribuzione dell'acqua nei perianzi nei differenti periodi dell’evolu- zione del fiore. pda parte delle foglie e quindi provoca il movimento caratteristico del- l'apertura. Questi risultati, che costituiscono in certo qual modo la conferma dei lavori di Senebier, Guettard, Schubler, Neuffer, benchè subiscano qualche restrizione allorchè si cerca di applicarli alle piante grasse ed ai Lupinus, tenderebbero a dimostrare, in ultima analisi, che le foglie colorate dall’antocianina, che sono appunto rappresentate dai fiori, traspi- rerebbero meno delle foglie verdi e che le stesse, a parità di sostanza secca, conterrebbero inoltre, in confronto di queste ultime, una massa di acqua molto maggiore. Il Wiesner ha fatto pure la curiosa osservazione che se si immer- gono fiori e foglie di uno stesso ramo, staccato dalla pianta, in acqua e poi si lasciano lentamente essiccare, mantenendo però immersa nel liquido la superficie di sezione del ramo, i fiori quasi sempre appassi- scono più tardi delle foglie verdi. Però coll’essiccamento, ì fiori dimi- muiscono di volume molto di più delle foglie, benchè abbiano assorbito meno acqua di queste dall'esterno a causa della piccolezza degli spazi intercellulari. È duopo però notare che l'immersione accelera l’essic- camento. ! Da ultimo, lo stesso autore, in un terzo lavoro, riporta alcuni dati concernenti le differenze di intensità nella traspirazione che si veri- ficano nell’Amlertsia nobilis nei differenti periodi dell'evoluzione fogliare, e arriva alla conclusione che le foglie giovani e rosse traspirano assai meno di quelle adulte e verdi, come risulta dal seguente specchietto: Amhertsia nobilis fogliarossa foglia verde H°0 traspirata H°0 traspirata In spazio chiuso . . . al 1-22 1,00 All’aperto (sole coperto da sana Sii 1,88 2,56 La (sole leggermente velato da ni 2,40 5338 > (sole splend. in tutta la sua potenza) Pegi 8,44 Dal complesso di questi lavori risulta evidente che il Wiesner ha saputo rilevare le differenze nell’intensità di traspirazione che esistono allorchè si prendono in considerazione parti di piante colorate in verde dalla clorofilla o in rosso dall’antocianina, ma non si è addentrato a studiare l’intima essenza del fenomeno e tanto meno a metterlo in rapporto colla presenza del pigmento. 1 Recentemente il Kohl ha combattuto i risultati di Wiesner per ciò che concerne la più intensa traspirazione dei fiori e delle foglie state umettate, — 0a Nella sua pubblicazione sulla traspirazione ed assimilazione lo Stahl credette di poter dimostrare, per mezzo dei saggi colle cartine di co- balto, che nell'autunno le foglie colorate in rosso, traspirano meno di quelle ancora verdi, ma egli ritiene che il fatto dipenda unicamente dalla permanente chiusura degli stomi nelle piante arrossate. A risultati non meno singolari è giunto lo stesso autore colle sue ricerche sulle foglie colorate e ripetendo le osservazioni del Kny, dalle quali risulta che al di dietro di una foglia rossa, assoggettata alla radia- zione solare, che ha attraversato uno schermo d’allume, si nota un aumento di temperatura superiore a quello che si verifica dietro una foglia verde posta nelle stesse condizioni. Per tali studi lo Stahl ha fatto uso di apparecchi termoelettrici e di corpi fusibili ad una tempe- ratura più o meno bassa (Burro di Cacao ad es.), come mezzi di deter- minazione abbastanza precisi della temperatura. Così operando egli potè constatare che le parti arrossate provocano un aumento di temperatura di 1 o 2 gradi superiore a quello che si verifica dietro le parti verdi; ma però lo Stahl è d’avviso che l’elevazione di temperatura sia alquanto superiore di quello segnato dagli apparecchi. L'aumento di temperatura verrebbe di notte, od all'oscuro, compensato da un più intenso disperdi- mento di calore. L’antocianina quindi, come sostanza termogenica, permetterebbe a certe piante di pianura di vivere sulle montagne, e nei casi in cui è localizzata negli stimmi favorirebbe, sempre per la stessa ragione, lo sviluppo del budello pollinico, il che tornerebbe particolarmente utile a quelle piante che come il Carpinus, V Ulmus, il Populus, ecc. fiori- scono in principio della primavera. Ma oltre a questa funzione, che si può dire accessoria, l’antocianina, aumentando la temperatura, avrebbe quella ben più importante di favorire la traspirazione delle piante. Per provare un tale asserto l'A. fa notare che la colorazione rossa di molti vegetali (Nepenthes, ecc.) appare più intensa nelle foglie appressate al terreno umido ed ombreggiato, anzichè nelle altre meno esposte alla umidità e quindi più soggette alla radiazione solare e che le piante vi- venti in siti ombrosi e umidi (Pottos, Caladium, ecc.) dove per la grande tensione del vapore acqueo diffuso nell’ atmosfera, l’ evaporazione e la traspirazione son rese diffleili, hanno parimenti le foglie colorate in rosso. Lo Stahl cercò di convalidare sperimentalmente il suo asserto ri- correndo, per la misura dell’intensità della traspirazione, alla nota rea- zione colle cartine di cobalto, o alla ricerca, nelle foglie, per mezzo dello spettroscopio, dei sali di litio fatti artificialmente assorbire alle piante, ma i risultati ottenuti con entrambi i metodi sono ben lungi dal costi- — basi tuire una prova decisiva, poichè se da un lato, egli potè osservare, colle cartine di cobalto, che i rami sezionati di Fagus sylvestris, di Corylus, ece., muniti di foglie rosse, posti colla superficie di taglio in acqua, perdono, per causa della traspirazione fogliare, maggior copia di liquido in confronto di quelli forniti di foglie verdi, in altre circostanze ebbe invece a constatare una più intensa traspirazione in corrispondenza delle parti verdi (Medicago interterta), senza contare poi che i sopra ci- tati esperimenti fatti coi Fagus e Corylus riescivano conformi alle sue vedute solo nei casi in cui le piante venivano tenute all’ ombra, poi- chè al sole si ottenevano risultati diametralmente opposti. Così pure i saggi eseguiti coi sali di litio gli diedero assai spesso dei risultati variabilissimi (Monocotiledoni) ! ed anzi non infrequentemente ebbero a mettere in evidenza una preponderante traspirazione in corrispondenza delle parti verdi, o si mostrarono affatto inadatti alle ricerche a causa della disposizione speciale delle nervature (Dicotiledoni.) Egli è vero che lo Stahl ritiene che nei casi in cui si ha una mi- nore attività di traspirazione nelle parti rosse, ciò dipende da chiusura degli stomi, o dallo scarso numero di questi organi, ma le prove che egli dà per sostenere una tale ipotesi, non ci paiono troppo persuasive, nello stesso modo che non riteniamo che abbia colto nel segno quando afferma che la localizzazione dell’ antocianina nell’epidermide, ad esclu- sione delle cellule’ stomatiche adulte, sia una condizione atta a favorire la diffusione del vapore acqueo negli spazi intercellulari e conseguen- temente la traspirazione, mentre la presenza di eritrofilla nelle cellule stomatiche in attività tornerebbe dannosa al funzionamento di queste, poichè favorendo la traspirazione, promuoverebbe la chiusura degli stomi. Lo Stahl crede di poter affermare che l’antocianina quando è loca- lizzata, sotto forma di macchie, nel palizzata o nel tessuto lacunoso, provoca un ingrandimento degli spazi intercellulari (Ranuneulus ficaria) e delle speciali modificazioni delle cellule del palizzata (Phytheuma) e vede in una tale disposizione un diretto rapporto con una più intensa traspirazione. Per spiegare poi come molte piante tipicamente xerofile (per es. Sem- pervivum tectorum, molte Orchidee delle regioni tropicali ecc.) possano ad un tempo presentare i caratteri propri della xerofilia ed una intensa colo- razione rossa per la presenza dell’antocianina, egli ricorre alla singolare ipotesi che tali piante, a seconda dei casi, possano aver bisogno di ! In specie le foglie rosse di Canna e di Dracaena si comportano in modo anomalo. Atti dell’ Ist. Bot. dell’ Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII. 17 . = ‘pen: rallentare o viceversa di accelerare la traspirazione, ciò che è tutt'altro che provato. Così pure ritiene che la presenza dell’ antocianina nelle foglie giovani abbia lo scopo di favorire, sempre in grazia dell’aumen- tata traspirazione, il trasporto dei materiali nutritizi di cui le stesse abbisognano e quindi sì comprenderebbe come per lo più il pigmento scompaia, allorchè le foglie raggiungono lo stato adulto. Da ultimo lo Stahl fa osservare che sulle piante vellutate le pa- pille antocianiche mancanti per lo più sulle parti verdi, avrebbero la funzione di deviare, a guisa di prismi, i raggi luminosi che cadono molto obliqui sulla superficie delle foglie per avviarli verso l'interno del tessuto, trasformandoli nello stesso tempo in radiazioni calorifiche. L'autore illustra il fenomeno per mezzo di una figura schematica. * Le osservazioni che noi abbiamo fatte sulla traspirazione delle piante antocianiche ci portano a ritenere, come si vedrà nella 32 parte del presente lavoro, che i dati raccolti dallo Stahl sono tutt’altro che adatti a dimostrare che nelle parti rosse abbia luogo una più intensa traspirazione, ma per meglio suffragare il nostro asserto crediamo op- portuno, innanzi tutto, di riportare qui, in succinto, gli studi che ha fatto l’Ewart i quali costituiscono anche una critica piuttosto severa delle conclusioni del biologo di Jena. L’ Ewart torna a mettere in onore la teoria del “ Lichtschirm , come quella, secondo lui, che meglio delle altre spiega quale sia la fun- zione dell’antocianina. Egli si basa in ispecie sulle osservazioni del Kerner v. Marilaun, dalle quali risulta che il fenomeno della termogenesi inerente alla presenza dell’ eritrofilla passa, in molti casi, in seconda linea di fronte all’azione protettrice contro un'eccessiva illuminazione esercitata, dalla stessa sostanza, grazie il suo color rosso, sui granuli clorofilliani, in specie se giovani (Pringsheim), poichè l’eritrofilla assorbe quei raggi che non sono utilizzati dalla clorofilla (Engelmann). Al pari dello Stahl rileva anche l’Ewart un aumento di 1 a 2 gradi di temperatura coi termometri situati dietro un cumulo di foglie rosse, in confronto della temperatura che si osserva al di dietro di uno schermo costituito da foglie verdi, ma egli giustamente fa notare che il riscal- damento è dovuto unicamente al minor numero di stomi che hanno le foglie rosse e quindi alla diminuita traspirazione. Prova ne sia che al sole ed all’aria secca, come ebbe ad osservare lo stesso Stahl, le foglie verdi, o le parti verdi di quelle rosse, emettono maggior copia di vapor acqueo in confronto di quelle antocianiche. Le patti rosse poi, durante ! L’Hiller sostiene invece che le papille funzionano da serbatoi di acqua, ciò che a noi pare più consono al vero. la notte, irradiano talora più delle verdi e perciò si ha infine uno stato di equilibrio. Contrariamente allo Stahl, quest’ autore sostiene che nelle regioni equatoriali la colorazione rossa del fogliame giovane (Felci xerofile ad es.) sì verifica di gran lunga più frequentemente nei luoghi aperti anzichè in quelli ombrosi ed umidi. Egli è vero che talora le piante dei siti esposti al sole perdono il colore rosso più presto di quelle crescenti nei luo- ghi ombreggiati, ma ciò si comprende facilmente qualora si consideri che le foglie delle prime raggiungono più presto di quelle ombreggiate lo stato adulto. D'altronde non si può formulare alcuna regola in pro- posito poichè nou mancano neppure i casi in cui il color rosso si conserva anche nell’età adulta della pianta, viva questa al sole od all’ombra. L’Ewart lia potuto constatare che molte piante colorate in rosso, perchè viventi in siti esposti al sole, tendono a perdere il pigmento allorehè vengono coltivate all'ombra; oltre a ciò osservò che non poche specie hanno una colorazione rossa solo in corrispondenza della pagina inferiore delle foglie perchè questa, assai sensibile alla luce, nei primi periodildell’evoluzione del lembo fogliare trovasi appunto, per la sua temporanea orientazione, più esposta della superiore alla radiazione so- lare (Musa, Uncaria). Per un’identica ragione la Mimosa pudica, la quale sotto l'azione di una intensa insolazione dispone le foglioline in modo che una parte della pagina inferiore viene ad essere direttamente col- pita dai raggi solari, presenta anche una intensa colorazione rossa della regione soleggiata, la quale poi non solo è meno fornita di stomi, ma si mostra ricca di peli ed ha una cuticola alquanto più ispessita che nelle altre,regioni del lembo. Solo in pochissimi casi l Ewart crede di poter affermare che l’ ipo- tesi dello Stahl sia giusta e fra questi cita l’ esempio delle Begonie, ma noi avremo più tardi occasione di dimostrare come neppure qui si possa conciliare, senz'altro, la presenza dell’antocianina con un aumento nella traspirazione. Neppure l’ipotesi dello Stahl, intesa a svelare le cause della pecu- liare distribuzione dell’antocianina nell’epidermide, regge alla critica dell’ Ewart perchè questi giustamente fa osservare che se le cellule . stomatiche sono prive di antocianina, contengono tuttavia della clorofilla (mancante per lo più nelle cellule epidermiche), la qual sostanza, come ebbe a rilevare il Wiesner,'“ha un potere riscaldante ugualmente intenso, se non forse maggiore, dell’eritrofilla. E noi, per nostro conto, aggiun- geremo clie colla teoria dello Stahl non si riuscirebbe parimenti a com- prendere la presenza dell’antocianina nelle foglie sommerse di talune | Lio] 26 — piante dei nostri stagni, la formazione del pigmento negli esperimenti dell’Overton più atti ad intralciare che a favorire la traspirazione e la comparsa di tinte vivaci nelle piante alpine viventi in siti poveri d’acqua, 0 che a causa della bassa temperatura non sono in grado di attingere molta acqua dal terreno. Dal complesso del lavoro dell’ Ewart appare manifesto che questi cerca soltanto di dimostrare che nelle piante antocianiche non vi ha un aumento nella traspirazione, in confronto di quelle verdi, ma non si cura di indagare se il pigmento non abbia anzi la funzione di impedire l'emissione di vapor acqueo dalle piante. Solo accennando alla distribu- zione altimetrica delle piante a fogliame rosso nell'isola di Giava, fa osservare che il bisogno di impedire la traspirazione, anzichè quello di favorirla, è la causa della comparsa del pigmento in questione, poichè sulle sommità delle montagne, dove l’aria è secca, il cielo sereno e la radia- zione quindi intensa, le piante hanno caratteri xerofili e frequentemente anche colorazione rossa, mentre nelle zone meno elevate, dove la vegeta- zione è per lo più avvolta da nubi, il colore rosso scompare non essendo quivi più le piante sottoposte ad un’intensa irradiazione e traspirazione. Anche da un esperimento stato fatto da quest’autore e inteso a dimostrare che le giovani foglie d’Amhertsia nobilis mantenute in posi- zione orizzontale avvizziscono rapidamente, si può arguire che l’ Ewart dà maggior importanza alla teoria del “ Lichtschirm , anzichè a quelle della traspirazione. A riguardo di questa esperienza, giova tuttavia no- tare, che a nostro modo di vedere, la medesima è ben lungi dal dimostrare che la antocianina per se stessa non serva ad ostacolare la traspira- zione, ma indica soltanto che in molte piante equatoriali il pigmento in questione riesce a raggiungere lo scopo solo nel caso che la giovane foglia abbia una orientazione obliqua rispetto ai raggi solari. Infatti già lo Stahl aveva osservato che le foglie pendule e rosse essiccano talora più tardi di quelle verdi ed orizzontali, quando però s’abbia cura di eseguire l'esperimento mantenendo le differenti foglie nella loro orien- tazione normale. In conclusione l’Ewart è d’avviso che la funzione dell’antocianina sia quella di fornire uno schermo protettore alla clorofilla ed in specie ai giovani granuli clorofilliani, cui potrebbe riuscir dannosa un'intensa radiazione, in specie nelle giornate fredde (Pringsheim), mentre solo in qualche caso essa gioverebbe alla pianta aumentando leggermente la temperatura. Tali risultati, che vennero recentemente confermati dal Wulff per ciò che riguarda le piante artiche, trovano un appoggio in alcune osservazioni del Keeble state pubblicate quasi contemporanea- mente al lavoro dello Stahl. =. i iH1>—110m‘rqre « e’°‘°*6ttc‘‘e@e@‘te _ e ‘c’ ———p Mir aa Il Keeble valendosi del sussidio di potetometri, riusci a dimostrare che nei rami di Amhertsia nobilis forniti di foglie verdi passano in media 10 bolle d’acqua in 59 secondi, mentre in quelli provvisti di foglie rosse e pendule lo stesso numero di bolle passa solo in 108 se- condi, ciò che prova come le foglie rosse traspirano assai meno. In una altra esperienza eseguita con rami, portante ognuno 10 foglie, ottenne i seguenti rapporti relativamente al passaggio di 10 bolle: rami con foglie verdî — 120 secondi rami con foglie bruno verdi — 165 secondi rami con foglie rosse — 204 secondi. L'esattezza dei risultati è stata poi dallo stesso autore posta in evidenza col metodo delle pesate, grazie al quale potè stabilire che le foglie verdi possono traspirare da 4 a 20 volte di più di quelle rosse. Il Keeble non si arrestò a questi dati, ma volle stabilire se il fe- nomeno della traspirazione fusse in relazione col potere termogenico dell’antocianina e a tale scopo collocò dei termometri tanto al di sopra quanto al di sotto di aleuni cumuli di foglie di Amhertsia nobilis, gli uni formati da foglie verdi, gli altri da rosse. I termometri posti al di sopra delle foglie rosse hanno segnato circa 33.8 c., quelli collocati al di sotto invece 32.6 c.: nello stesso tempo i termometri sovrapposti a cumuli di foglie verdi hanno indicato una temperatura di 32.9, quelli posti sotto invece 33.8 c. Da questi risultati il Keeble ha tratto la con- clusione che la superficie delle giovani foglie rosse riflette più calore in confronto delle verdi, ed all'opposto queste ultime assorbono una maggior quantità di raggi termici in confronto delle rosse. Il color rosso delle foglie non servirebbe, dice il Keeble, ad accelerare la tra- spirazione, ma rappresenterebbe unicamente un mezzo di difesa per le piante contro i raggi calorifici e luminosi. Noi vediamo quindi sempre più rafforzarsi l'ipotesi del “Lichéschirm , che venne più tardi anche adottata dal Rathay nel suo studio sulla traspirazione delle foglie di Vitis divenute rosse, poichè anche questi trovò che tali organi, staccati dal caule e conservati in mezzo a fogli di carta bibula, emettono minor copia di vapor acqueo in confronto di quelli verdi stati trattati nello stesso modo. Qui però è il caso di do- mandarci come mai si possa applicare la ipotesi del “ Lichtschirm , quando si pensi che l’ esperimento venne eseguito mantenendo le fo- glie in mezzo alla carta che per se stessa ha già il potere di impedire ai raggi luminosi di arrivare alle parti di piante su cui si esperimenta! Noi non possiamo abbandonare quest’'argomento di tanta importanza per noi, senza accennare da ultimo al lavoro di Comes sulla traspira- zione dei fiori. — Re L'esperienze eseguite coi fiori di DaXZa, Pharbitis, Zinnia, ece., hanno portato quest’autore a concludere che, a parità di peso e di su- perficie, le varietà di piante a fiori vivamente colorati traspirano di più, alla luce, di quelle bianche o pallide, e ciò malgrado che le corolle rosse contengano maggior quantità di sostanza secca. Un esperimento eseguito coll’ Iris pseudoacorus e coll’ Iris germa- nica ha pure dimostrato a quest'autore che aumentando l’ intensità lu- minosa aumenta di pari passo la traspirazione, ma i petali paonazzi dell’ Irîs germanica traspirano meno di quelli gialli dell’ Iris pseudo- acorus. Analoghi risultati vennero ottenuti con fiori variamente colo- rati di Portulaca grandiflora, ciò che indusse il Comes a ritenere che il fenomeno della traspirazione florale dipende dalla natura e dalla qualità dei raggi luminosi che vengono assorbiti dai differenti colori delle foglie fiorali. Il Comes rivolse pertanto la sua attenzione all’influenza che eser- citano i raggi di diversa rifrangibilità sulla traspirazione. A tale scopo, avendo sottoposto alla luce azzurra e gialla alcune foglie verdì e rosse , di Achyranthes Verschaffelti e le corolle porporine o bianche di Pharbitis hispida trovò che le foglie rosse traspirano di più dietro gli schermi azzurri e che quelle verdi-gialliccie, pur seguendo la stessa legge, traspirano meno delle rosse perchè queste assorbirebbero maggior quan- tità di luce. Lo stesso studio eseguito con fiori di Tradescantia, Escholzia, Commellina, ece., gli hanno al fine permesso di concludere che i fiori traspirano di più sotto l’azione di quelle radiazioni che sono comple- mentari del colore: delle foglie fiorali, o in altre parole, che sono assor- bite dai rispettivi colori fiorali. ! Per l’esecuzione delle esperienze sopra citate, VA. si è valso di lo 2 corolle e di poche foglie (2 circa) ed ha fatto durare gli espe- rimenti non più di 3 a 6 ore circa, cio che, a nostro parere, costituisce una causa non indifferente d’errori, come vedremo in seguito. ? 1 Il risultato concorda con le osservazioni di Kny secondo le quali una foglia rossa posta entro una campana di Prillieux a bicromato di potassa o ad ammoniuro di rame emette una disuguale quantità di calore, essendo lo schermo bleu atto a provo- care un maggior innalzamento termometrico. 2 Anche il Roze (V. Contrib. à Vetude de Vaction de la chaleur sur les enve- loppes fiorales, in Bull. Soc. Bot. France, Tome XXXVI.) trova, per mezzo di os- servazioni termometriche, che i fiori rossi e violetti assorbono ed emettono maggior quantità di calore, in confronto dei bleu e dei bianchi. La causa di un tale fenomeno va ricercata, sostiene lA. nel fatto che ogni corpo assorbe con maggior energia quei raggi calorifici che esso stesso più facilmente emette, per cui i fiori rossi assorbendo —_ ORA Col lavoro del Comes si chiude la lista delle pubblicazioni che vennero fatte per stabilire il rapporto più o meno diretto che corre fra antocianina e traspirazione. Ci siamo alquanto soffermati sui par- ticolari, poichè era nostro intendimento di far rilevare da una parte le divergenze di opinioni e dall’altra di metter in evidenza che nessun autore ha cercato di dimostrare se la antocianina abbia l’ufficio di atte- nuare la traspirazione, non già funzionando come uno schermo, ma bensì per la sua costituzione fisico-chimica. CAPITOLO XIV. Le antocianine in rapporto colle condizioni climatiche e meteorologiche. L'influenza del clima e delle condizioni meteorologiche per ciò che riguarda l’ argomento che abbiamo intrapreso a trattare è così stretta- mente collegata all’azione spiegata dalla luce, temperatura, umidità, ecc. che a primo aspetto parrebbe superfluo e forse in disaccordo coi criteri scientifici il voler investigare a parte, l’azione di quel complesso di ele- menti che costituiscono appunto ciò che noi chiamiamo clima e condi- zioni meteorologiche. Ciò non di meno per mettere in luce, a grandi linee, l’infiuenza dei due sopra accennati fattori che costituiscono due elementi di grande valore geografico noi ci siamo lasciati indurre a stabilire siffatta separazione. Detta distinzione d’altronde è reclamata dalla circostanza che non sempre si può riportare all'influenza della luce, temperatura, ecc. ma bensì a condizioni di cose ancor poco note talune variazioni di colorazione che presentano molte piante crescenti in differenti plaghe della terra e a differenti altitudini. con maggior energia le radiazioni di corta lunghezza d’onda emettono anche più facilmente le radiazioni rosse che sono quelle portatrici del calore. L'esperimento del Roze non ha tuttavia grande importanza perchè pare che sia stato eseguito senza le dovute cautele. Egli però ritiene, in parte giustamente, che i colori fiorali abbiano lo scopo di aumentare la temperatura degli apparecchi riproduttori anzichè quella di favorire gli incroci. — 230 — a) Influenze climatiche. Le osservazioni che vennero eseguite da alcuni osservatori! hanno messo in evidenza, contrariamente a quanto ebbe ad affermare il Moquin Tandon, che i fiori alpini ed in specie quelli delle regioni più elevate presentano una tinta molto più carica di quelli della pianura. La conferma sperimentale di questo fatto venne fornita dal Bonnier, il quale avendo raccolto differenti specie di piante e divisi i ceppi in due o più porzioni per coltivarne di poi una parte in pianura l’altra in montagna constatò, per mezzo del cromometro, che le porzioni di ceppi coltivati in montagna sviluppavano dei fiori a tinte molto più cariche di quelli trapiantati in pianura. Il Musset ed il Miiller vollero attribuire la causa del fenomeno unicamente ai rapporti tra piante ed insetti, ma con molta maggior ragione il Bonnier, il Flahault e l Haeckel fecero osservare che la più intensa colorazione appare nelle piante alpine già nel primo anno di coltivazione, ciò che non può conciliarsi coll’idea di una sele- zione operata per mezzo degli insetti chè solo più tardi avrebbe dovuto manifestarsi. D’altronde il Kerner ha constatato che nelle alte regioni delle Alpi possono solo vegetare quelle piante di pianura capaci di for- mare dell’antocianina a difesa contro l’ intensa insolazione. È duopo notare però che alcune piante (Viola, Geranium, Pin- guicola) non reagiscono sempre nello stesso modo alle influenze dipen- denti dall’altimetria, ma presentano delle variazioni discordanti, piuttosto oscure nella loro intima essenza (Miiller). Egli è quindi probabile che, oltre alla luce, anche altri fattori con- tribuiscono a dar il tono di colore ai fiori alpini; ed infatti si è constatato (Sargnon) che i fiori alpini, posti in condizione di sviluppare vigorosi gli organi vegetativi, diminuiscono alquanto la vivacità dei colori fiorali, quasi che esistesse una condizione di equilibrio tra lo sviluppo delle parti vegetative e la bellezza degli organi di riproduzione. Forse in questi casi non è estranea, a nostro parere, l'influenza dell’assimila- zione fotosintetica del carbonio. Alcuni osservatori, fra i quali Schròter, Geissler e Keller hanno voluto rilevare una predominanza di certe tinte nei fiori alpini, come ad esempio il rosso ed il bleu, ma a quanto pare ciò venne di poi messo ! V. i lavori di Heckel, Bonnier, Flahault, Rosenkampf, STIIRLO, Sargnon, Vil- morin, Miiller, Keller, Pellat, Schròter, Fisch, etc. — dal in dubbio dalle osservazioni del Fisch e del Natoli. Quest’ ultimo con- statò che in talune montagne della regione ticinese predominano i fiori gialli. Altri invece (Taliew) riconobbero la presenza di tinte sociali e citano ad esempio: l’Anemone ranuncoloides che, di color giallo in tutta Europa, ha dato origine, nei monti Urali, alla varietà Uralensis spesso di tinta bleu o rosa. I risultati che si sono ottenuti dallo studio della flora alpina ha indotto non pochi botanici (Griesbach, Bonnier, Flahault, Eckstam, Pellat, ecc.) a stabilire dei confronti colla flora artica e da questi è stato assodato che nelle regioni nordiche, a causa della più lunga in- solazione che si verifica nei mesi d’estate e della necessità in cui si trovano le piante di utilizzare rapidamente la radiazione solare, i fiori sono più vivamente colorati (Warming, Wille, Schubeler, Bonnier e Flahault). Secondo l Eckstam poi allo Spitzberg predominerebbero i colori bianchi, gialli e verdi, mentre i colori rossi sarebbero scarsi e mancherebbe poi quasi del tutto il bleu, ma ciò non avrebbe che una importanza locale, poichè parrebbe anzi accertato che in molte regioni del nord i fiori bianchi tendono ad assumere una colorazione gialla o violetta (Schubeler). Se ora dalle regioni artiche ci portiamo verso l’equatore, vediamo che la vivacità delle tinte, sia fogliari che fiorali, dopo di aver subito una diminuzione nelle zone temperate va a mano a mano di nuovo cre- scendo verso le latitudini basse. Il De Candolle pel primo avrebbe se- gnalato il fenomeno che più tardi venne posto in maggior luce dal Lecoq nella sua opera: “ Sur la distribution géographique des végétaua à fleurs colorées ., ma limitatamente alla flora dell'Europa e dell’Algeria, e dall’ Heckel per ciò che concerne le regioni equinoziali, calde e soleg- giate, nelle quali quest’autore ebbe a rilevare la grande prevalenza di fiori assai vistosi e vivamente colorati. Considerando pertanto il fenomeno della formazione dell’antocianina, a grandi tratti e dal punto di vista teorico, si può affermare che la vegetazione terrestre presenta tre grandi massimi di colorazione anto- cianica il primo dei quali sarebbe localizzato nelle regioni equatoriali, il secondo nelle regioni nordiche e il terzo nelle regioni alpine. Non pochi lavori concernono peculiari colorazioni che vennero con- statate in talune regioni fiorali più o meno limitate, ma la maggior parte di tali osservazioni, fatte senza il controllo di criteri sufficiente- mente scientifici, non hanno grande valore. Noi ricordiamo adunque soltanto che il Gain trovò che il clima secco favorisce lo sviluppo del- l'antocianina nei tuberi di HeZianthus e di Solanum, che il Meeham e lo Stahl hanno riscontrato una colorazione rossa autunnale più intensa = (99m e più diffusa nell'America del Nord, anzichè in Europa e che infine tanto il Kerner v. Marilaun per la Viola calcarata che è bleu nelle Alpi centrali gialla nel Krain, per l’Astragalus. per la Nigritella, per l’Anemone ecc. quanto il Taliew per l’Anemone patens per V Iris Pumila ed altre piante ebbero a verificare delle variazioni locali di tinta le quali sarebbero in rapporto colla colorazione fondamentale delle altre piante con cui le sopra ricordate specie vivono commiste, od in altre parole rappresenterebbero dei colori di contrasto destinati a mettere maggiormente in vista il fiore ricercato dagli insetti fecondatori. Chi desiderasse maggiori ragguagli su quest’'argomento di così grande importanza dal punto di vista della biologia, può consultare ancora i lavori di Verhoeft, Blumentritt, Landerer, Arcutt, Mae Leold, Warming, Wallace, Volkens, ecc. 6) Influenze meteorologiche. Alcuni botanici fra i quali 1’ Hoffmann, l' Eckard e lo Schmit Grace (V. Cap. III), pur non disconoscendo il legame che esiste fra le condi- zioni climatiche e meteorologiche, tendono tuttavia ad attribuire esclusi- vamente a peculiari fenomeni meteorologici, non ben definiti nella loro na- tura, aleune variazioni di colorazione. Tale sarebbe il caso perla virescenza dell’ Aquilegia (Hoffmann) e per i temporanei cambiamenti di colora- zione che presenta la Swazsonia procumbens, i cui fiori all'apertura sono di color lilla poi si fanno parzialmente rossi, quindi bleu carnicini ed infine diventano rosso rosei. Oltre a ciò spesse volte i petali acquistano di nuovo la colorazione che avevano nel momento dello sbocciamento, ma dopo un po’ di tempo ricominciano il ciclo delle mutazioni di tinte. L’ Eckart che studiò il fenomeno, ritiene che esso dipenda dallo stato elettrico dell’atmosfera, avendo egli potuto ottenere artificialmente le descritte variazioni di tinta sottoponendo la pianta alla corrente elet- trica: noi riteniamo che la spiegazione sia molto azzardata non po- tendosi senz'altro porre fra loro a confronto i fenomeni naturali mete- reologici da una parte e la corrente elettrica artiriciale dall’altra, la cui energia dissociante con tutta facilità riesce a cambiar lo stato di equi- librio e la costituzione delle molecole, come si è visto negli esperi- menti di Schell. D'altra parte ben altri fattori (stato acido od alcalino delle cellule) possono provocare i singolari fenomeni manifestati dalla Nwaisonia. Ps EC e —__—— CAPITOLO XV. Le antocianine ed i fenomeni fenologici. Lo studio delle condizioni che provocano nei differenti periodi del- l’anno la comparsa o viceversa la scomparsa dell’antocianina è stato appena abbozzato, non potendosi attendere risultati di una qualche por- tata fino a tanto che non saranno meglio conosciute tutte le condizioni che presiedono alla formazione dei pigmenti nelle piante. Fra i fenomeni dipendenti dai processi fenologici dobbiamo ricor- dare, innanzi tutto, come assai studiato, quello della colorazione rossa autunnale delle foglie! che si manifesta nel Cyssus, Mahonia, Vitis, Li- quidambar ed altre piante e dipenderebbe, secondo la maggior parte degli autori, da un indebolimento dell’attività delle foglie e di altri or- gani (peduncoli fogliari e fiorali, rami, ecc.) causato dai primi freddi ed accompagnato da fenomeni di ossidazione, dipendenti dall’azione della luce, sia diretta che diffusa, non sviluppandosi il pigmento nelle parti che stanno all’ombra. È degno intanto di nota il fatto che le parti arrossate, sebbene contengano quasi la stessa quantità d’acqua di quelle ancora verdi, hanno pur tuttavia tendenza a cadere più presto di queste. Secondo il Wiesner non esiste una pianta che all'autunno assuma esclusivamente la colorazione rossa, poichè tutte quante le piante che vanno soggette ad una tale tinta presentano pure più o meno mar- cata la colorazione gialla autunnale del fogliame. Il Mer fa osservare che le foglie arrossate della Ma/onia non tornano più a riprender nella primavera il color verde e che la colora- zione rossa non può apparire due volte di seguito nella stessa foglia, ma noi abbiamo constatato nel modo più sicuro che l'opposto può aver luogo, (Mahonia, Paconia) ed altri autori hanno pure veduto riprodursi più volte il colore rosso nell’ Zlex. Solo sta il fatto che molte foglie arrossate hanno tendenza a staccarsi dalle piante verso la fine dell’in- verno. Il color rosso appare per lo più là dove si trovano ancora abbon- danti accumuli di clorofilla nelle foglie (Stahl) ed in specie in vici- 1 V. i lavori di Mob], Wiesner, Haberlandt, Finkelmann, Folson, Canning. Schen- kling, Thomas, Mer, Sorby, Newberry, St. Paul, Clacer, ecc. — 234 — nanza delle nervature. Ma questo non indica in alcun modo che esista un legame diretto, come vorrebbe il Rathay, fra le due sostanze, non essendo rari i casi in cui la colorazione appare in certi elementi affatto privi di clorofilla come ad esempio alla base della foglia di alcuni Sempervivrum (Haberlandt) o nell’ Epidermide. Assai più diffusa, in natura, dell’arrossamento autunnale è la colora- zione rossa primaverile delle foglie e dei cauli: su questo argomento però ci siamo già altrove soffermati a lungo perchè sia il caso di tor- nare a trattarlo, tanto più che dal punto di vista fenologico mancano del tutto le osservazioni comparative in differenti regioni della terra. Un argomento alquanto più studiato e di non poco interesse è quello che si riferisce alla predominanza di certe colorazioni fiorali in rapporto coi differenti mesi dell’anno in cui i fiori si aprono. Noi ripor- remo qui le scarse nozioni che ci fu dato di rilevare spogliando la letteratura. Il Robertson fa notare che la presenza di determinati fiori e quindi di determinate colorazioni fiorali è collegata colla presenza di speciali insetti. Il Bennet trova che su 68 fiori da lui studiati e che si svilup- pano in primavera nell’ Inghilterra, se ne incontrano 26 bianchi, 17 gialli, 11 bleu o violetti, 9 verdi e 5 rossi, mentre da una lista di 50 fiori primaverili sviluppatisi nella Svizzera 18 sono bianchi, 10 rossi, 8 bleu ed 1 verde. Le differenze notate derivano dalla più intensa radiazione solare che si verifica nella Svizzera in confronto coll’ Inghil- terra. L'autore però non potè mettere in evidenza una vera legge che regoli la comparsa dei colori in rapporto colle differenti stagioni, seb- bene egli inclini a credere che l'illuminazione e colorazione siano due elementi fra loro collegati. Il Jacobson si limitò a studiare il fenomeno nell’Epatica triloba ve- nendo alla conclusione che le varietà rosse fioriscono per le prime, poi vengono le blev e da ultimo le bianche: ad un risultato non diverso giunse il Taliew il quale osservò che nella Borrago officinalis vi ha dif- ferente colorazione nei fiori a seconda che questi sbocciano più o meno presto. Interessanti risultati ha pure ottenuto a questo riguardo, ma limi- tatamente alla flora ticinese, il R. Natoli (I colore predominante nei fiori. Lugano 1900). L’A. dopo aver premesso che nella stessa predominano i fiori gialli (380), poi vengono i bianchi (369), i rossi (123), i verdi (122), i violetti (119), gli azzurri (115), i porporini (101), ed infine i rossi (97), dà il seguente specchietto per le differenti colorazioni fio- rali nelle varie stagioni : Se: Colore dei fiori Primavera Estate Autunno Inverno Giallo 199 242 43 2 Bianco 151 229 DI 5 Verde 45 44 10 0 Rosso 65 61 11 (0) Violetto 35 53 7 0 Azzurro 74 72 12 0 Porporino 65 76 9 2 Rosa 63 71 15 (0) Questi risultati concordano anche in gran parte con quanto ebbe a verificare sui monti ticinesi (Sopra e sotto Ceneri). L'Hoffmann notò che la Siringa, il Crocus vernus ed il Nerium è fiori bianchi fioriscono alcuni giorni prima delle varietà colorate, mentre all'opposto non si riscontrano differenze quando si esaminano le varietà rosse o bianche di Helianthemum polipholinum, Sedum album, Salvia horminum, ecc. Lo Schubeler osserva che il Lamium album produce petali screziati di violaceo in autunno. Infine il Drummont studiando la flora d’Ontario e di Quebeck, ebbe a verificare che in aprile e giugno predominano i fiori bianchi, in luglio ed agosto i gialli e da ultimo in settembre ed ottobre i rossi e bleu. ! È d’uopo pertanto concludere che uno studio un po’ accurato di queste questioni porterà col tempo molta luce sulla biologia delle piante, ma intanto noi non possiamo far a meno di osservare che in siffatto genere di ricerche bisogna procedere con grande cautela potendo verificarsi, ad esempio, che molti casi di peculiari colorazioni non ap- partengano alla categoria dei fenomeni dipendenti dalla fenologia, ma siano provocati da altre cause. Ancor meno conosciute delle leggi che governano la comparsa del- l’antocianina sono quelle che regolano la sua scomparsa nei diversi periodi dell’anno e nelle differenti piante, e ancor poco accertati sono i fatti che sotto questo punto di vista hanno attinenza colla fenologia. Così ad esempio tanto dall’Overton che dal Grace Smith (V. Cap. III) e da noi, venne accertato che non poche piante, le quali in primavera sviluppano delle foglie antocianiche, più tardi danno origine a foglie verdi o nelle quali il color rosso ha brevissima durata; egli è pure ! Sulla predominanza di certi colori sia nei frutti che nei semi, ma indipendente- mente dai rapporti colla fenologia, ha discusso il Saunders nella sua opera: Ze colours of fruits in the Norten United States. L’A. trova che il 45°/, dei frutti e semi sono oscuri, il 33°/, neri, mentre scarsi sono i gialli e rossi (Hardwiche Sc. Goss.). —.236, — manifesto che le varietà rosse di CoryZus tendono nell’estate ad assu- mere una tinta più o meno verde e che le foglie rosse, nell’ autunno, di Mahonia, tornano verdi in primavera, ma fino a tanto che noi non avremo fatto degli studi comparativi in differenti regioni della terra, questi fatti rimarranno destituiti di importanza, tanto più che difficil- mente si potranno distinguere da quei casi in cui la scomparsa della antocianina non è collegata alle condizioni fenologiche, ma avviene in qualsiasi epoca dell’anno. I processi che apportano alla scomparsa del pigmento costituiscono fino ad ora un enigma. Tutti ammettono come probabile che 1’ inverdi- mento vada ricercato in fenomeni di assorbimento o di riduzione, i quali poi possono esser localizzati a determinati gruppi di elementi come ne abbiamo un bellissimo esempio nel Coleus Verschaffelti le cui foglie allo stato giovane sono impregnate uniformemente di antocianina e che più tardi soltanto si localizza nelle cellule epidermiche (Pick). CAPITOLO XVI. Le antocianine considerate in rapporto alla fecondazione cd all’ ereditarietà. Le piante coltivate e quelle che più di frequente cadono sotto il controllo dell’osservazione (Bellis, Polygala, Mesembryanthemum, Mais, Calceolaria, Anemone, Viola, Convolvulus, Vitis, Helianthemum, Linaria, Gentiana, Dahlia, Dianthus, Pelargonium, Rosa, Fragaria, Primula, Pa- paver, Iris, ecc.) presentano di frequente delle variazioni di colora- zione nei fiori, nei frutti e nelle foglie, di guisa che appare lecito rite- nere che ben poche specie di piante riescano, nel corso di parecchie generazioni, a sottrarsi alle cause che inducono siffatte variazioni. La estesissima letteratura che possediamo sull'argomento * ci ha ! Vedi i lavori di Ludwig, Saint Leger, Purkinie, Pfubl, Beck, Delpino, Priger, Dufour, Wallace, Tassi, Lecbody, Magorsy, Klein, Webster, Colgar, Murr, Frank, Moquin Taudon, Saint Hilaire, Sorauer, Hoffmann, Maguns, Iacob, Henslow, Davemport, Jones, Steward, Penzig, Gogginger, Wilson, Turner, Mott, Darwin, Abraham, Hilde- brandt, Brant, Borbas, Girtner, Borbas Beyley, Knight, ecc. Alcuni di questi autori come ad esempio il Mioski, il Morel, il Girtner ed altri, hanno studiato la questione dal punto di vista sperimentale. _’ e già posto in grado di conoscere non pochi fattori della variazione come al esempio la radiazione, il terreno, la nutrizione, ecc., a riguardo dei quali abbiamo tenuto parola nei precedenti capitoli e dovremo fra poco. occuparci trattando dell’antocianina nei suoi rapporti colla patologia vegetale. Ma l’importanza di tutte queste cause appare ben poca cosa in confronto di un altro elemento, l’ereditarietà, il quale governa e re- gola l'evoluzione di tutti gli organismi, siano vegetali che animali. Le variazioni di colorazione (eteranteria) dovute all’ ereditarietà od a cause che probabilmente all’ereditarietà hanno strettissima atti- nenza (variazione delle gemme), oltre all’avere un interesse assai grande dal punto di vista anatomico e morfologico, presentano pure un’impor- tanza capitale pel fatto che permettono ai botanici di addentrarsi nelle più ardue questioni della filosofia naturale e di studiare le grandi leggi dalle quali dipende l’evoluzione dei vegetali. Considerata sotto questo punto di vista, l’antocianina costituisce quasi un indicatore dell’ereditarietà, nello stesso modo che la tintura di tornasole è un indicatore della costituzione acida od alcalina di una data sostanza, poichè se si incrociano fra loro due esseri diversamente colorati dell’antocianina, ' possiamo seguire il filo della evoluzione e la filogenesi dei discendenti e studiare così i rapporti che questi contrag- gono piuttosto coll’uno che coll’altro dei progenitori, preoccupandoci quasi unicamente di seguire le variazioni di colore che i discendenti presentano nelle differenti parti del loro corpo e più specialmente nel fiore e nel frutto. Duplice è la sorte cui può andare incontro l’antocianina in seguito ai processi di fecondazione: innanzi tutto, e questo è il caso più sem- plice, essa può ripresentarsi nei discendenti mantenendo, talora, persino la costituzione chimica che aveva in uno dei progenitori, vale a dire, presentandosi sotto forma di antocianina acida od alcalina (rispettiva- mente di antocianina colorata in rosso o bleu violetto), oppure scompa- rire totalmente negli ibridi, dando così luogo a fenomeni di virescenza, di albinismo o di eterocromia, nei quali il color proprio dell’antocianina è sostituito da quello dovuto all’aria raccolta negli spazi intercellulari (albinismo), o dalla colorazione provocata dalla presenza di cloroplasti (virescenza), o di cromoplasti (eterocromia), ® questi ultimi impregnati di sostanze appartenenti alla serie xantica del De Candolle. 1 Lo stesso può dirsi per gli altri pigmenti vegetali dei quali però non inten- diamo di occuparci. ? In qualche raro caso l’eterocromia è dovuta a pigmenti gialli disciolti, pure ap- partenenti, secondo alcuni autori, alla categoria dell’antocianina. — Fra queste variazioni nella colorazione, l’albinismo e la virescenza sono quelle che presentano maggior interesse, inquantochè la prima, stando ai dati raccolti dall’Hoffmann, dal De Vries, dal Darwin e da altri, si presenta più fissa e più facilmente trasmissibile alle genera- zioni successive, mentre la seconda è collegata assai spesso a quelle modificazioni nella simmetria fiorale conosciute sotto il nome di Pelorie. Col sussidio di queste considerazioni d’indole generale, noi possiamo ora entrare nella questione concernente le variazioni che la fecondazione incrociata e l’ereditarietà fanno subire all’antocianina e studiare le leggi con cui questo pigmento torna a presentarsi nei discendenti. Il Darvin, nella sua opera Origin of species by means of natural se- lection, ma più particolarmente ancora in quella Variations of animals and plants under domestication, si sofferma a lungo a discutere, dal punto di vista della selezione, il problema della variazione, trattando in par- ticolar modo delle variazioni di colore dei fiori, dei frutti e delle foglie delle quali riporta una lunghissima serie di esempi. Lo studio delle variazioni nella colorazione fiorale dovuta all’ in- fluenza degl’incroci, ha portato il Darwin a ritenere che in quasi tutti i casì in cui si incrociano fra loro due tipi forniti di fiori diversamente colorati, i discendenti tornano all'uno o all’altro tipo di progenitori, ma sotto questo punto di vista, è d’uopo notarlo, le osservazioni del Darwin sono di gran lunga inferiori a quelle del Mendel e degli autori più recenti. Forse l’aver raccolto un numero troppo grande di casi incomple- tamente studiati, è stata la causa per cui il grande biologo non ha potuto arrivare ad una conclusione più sintetica del fenomeno della ibridazione ed anzi qualche volta è giunto a risultati che non corri- spondono alla realtà dei fatti. Secondo il Darwin anche moltissimi casi di “ variazioni per gemme ,, che danno appunto luogo a variazioni nella colorazioni fiorale, costi- tuiscono degli esempi di “ riversione , però egli non esclude che taluni di essi non possano appartenere alla classe dei fenomeni accidentali dovuti a cause ignote, ma non aventi relazione coll’ereditarietà. Comuni nelle specie perenni, un po’ più rare nelle annue (Convolvulus), le va- riazioni per gemme si mostrano, secondo il Darwin, assai spesso in quelle piante che vennero trasportate da una regione in un’altra e più particolarmente in quelle piante proprie dei climi temperati che subi- rono l'influenza dei climi tropicali. La coltura, la nutrizione e l’inso- lazione sono quindi tre fattori che possono tornare di aiuto all’eredì- tarietà nella manifestazione di tali anomalie, come già ebbe a dimo- strare del resto l’Hildebrandt, le quali poi possono ad arte venire eg esagerate quando si procuri lo sviluppo delle gemme più prossime a quella soggetta alla variazione e si sopprimano le altre. Del resto il Darwin fece osservare che anche lo stesso innesto può esser causa di variazioni di colore, come si osserva nel Cytisus Adami e nel Cytisus Alpinum-Laburnum. Egli è infine merito del Darwin di aver saputo metter in chiaro alcuni fenomeni che egli chiamò col nome di “ variazioni analoghe e correlazione di tinte , le quali si osservano nelle differenti parti di una data pianta allorchè la stessa è andata soggetta, in un dato organo, a qualche mutazione (Da4lia, Phaseolus, Tulipa, ecc.) contribuendo così ad aumentare la casuistica che sullo stesso argomento era stata già rac- colta dall’ Hoffmann. In un lavoro, che solo recentemente è stato rimesso nell’onore che a giusto titolo si merita, il Mendel, basandosi sui risultati ottenuti da incroci di differenti varietà di piante che si distinguevano fra loro in particolar modo per differente colorazione dei fiori e di altre parti, cercò di stabilire come si comportavano, di fronte ai progenitori, gli ibridi originati da tali incroci, per rispetto alla colorazione che assu- mevano e ad altre particolarità. In questo studio il Mendel ha fatto rilevare che fra i caratteri presentati dai progenitori (colorazione, ecc.) alcuni si manifestano più o meno integralmente nei discendenti della prima generazione e rap- presentano quindi i così detti “ caratteri dominanti ,, mentre altri non sì rivelano, ma rimangono conservati allo stato latente e formano la categoria dei “ caratteri recessivi ,. Nelle successive generazioni di ibridi, quando si abbia cura di re- golare opportunamente gli incroci, i caratteri latenti, a quanto pare, tornano a mettersi in evidenza ed anzi il Mendel ha trovato una for- mola atta ad indicarci in quale misura gli stessi tornano a manifestarsi negli ibridi di 2.4 generazione. L'insorgere di questi caratteri è dovuto al fatto che nella forma- zione dell'apparato maschile e femminile della prima generazione degli ibridi, i caratteri materni e paterni (caratteri dominanti e recessivi) tornano a separarsi nettamente, mentre prima erano in certo qual modo fusi assieme ma solamente, i dominanti, avevano il sopravvento. Il Mendel però ha notato che non sempre gli ibridi seguono la legge sopra annunciata, ma talora sviluppano dei colori che non sono reperibili nei progenitori, ed uno degli esempi tipici di guesto genere e dato dal Phaseolus. Anche il Focke, per quanto riguarda il colore degli ibridi, ha pure dimostrato che la colorazione degli stessi non è già quella che risul- Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII. 18 — 240 — terebbe qualora si avesse una semplice mescolanza di due colori diffe- renti, ma è subordinata a leggi speciali che sono appunto quelle di Mendel. Recentemente il Correns nelle sue interessanti ricerche sulle Xenie ! di talune piante ed in ispecie su quelle del Mais, che si presta assai bene per tali studi, mostrando le differenti razze, variazioni notevoli nella colorazione dell’albume, dello strato aleuronico, del tegumento ece. (in gran parte dovute a speciali antocianine), giunse alle seguenti con- clusioni : 1.° Il bastardo si avvicina per lo più ad uno dei progenitori (quando questi hanno colori differenti) come si verifica nella Mathiola. 2.0 Molto spesso (Mathiola) V’ibrido rassomiglia più alla madre. 3.° In qualche caso la leege di Mendel non è applicabile e tal- volta la colorazione dei discendenti differisce da quella di eutrambi i progenitori. 4.° Nella prima generazione si presenta il carattere dominante, nella seconda tanto questa quanto il recessivo nella proporzione di 1 a 3. In qualche caso però i caratteri dei due progenitori si presentano accoppiati in tutti i semi (omogonia). 5.° Per ciò che concerne le successive generazioni se l’ inerocio si effettua in modo che solo i caratteri recessivi si uniscano fra loro, gli ibridi di 3* o 4* generazione presentano sol più il carattere dei loro progenitori: non così ha luogo quando si tratta di caratteri dominanti. 6.° In qualche caso si incontrano delle Xenie che presentano tanto i caratteri materni che paterni (xenie omodiname) in opposizione alle Xenie eterodiname nelle quali è distinto il solo carattere domi- nante. Il Correns trova nelle recenti ricerche del Nawaskin e del Gui- gnard sulla doppia fecondazione, la soluzione del complesso problema concernente la produzione delle Xenie. E per quanto in particolar modo riguarda il Mais, egli suppone che anche qui possa aver luogo la fecondazione dell’endosperma e di conseguenza abbia pure a mani- festarsi l’influenza dei caratteri paterni nello sviluppo dell’albume sotto forma di colorazione e di altre particolarità proprie dell’ elemento fe- eondatore. Per spiegare poi come predominino negli ibridi assai spesso i caratteri materni (vedi legge 2.* di Correns) l’autore fa osservare che nella fecondazione del sacco embrionale l accoppiamento ha luogo fra due nuclei materni (i due nuclei polari) ed uno solo paterno (se- 1 Questo nome fu proposto dal Focke e serve ad indicare le variazioni di forma e di colore che l’azione del pollice straniero induce nell'endosperma dell’ovulo fecondato. — 241 — conde gamete maschile) per cui deve necessariamente risultarne una predominanza dell’elemento materno. Il Correns non accetta però senz'altro questa spiegazione, ma ritiene che la comparsa di caratteri paterni possa anche esser chiarita ammet- tendovi l'intervento di speciali diastasi, od enzimi, secreti dal tubo pollinico o portate con sè dal nucleo maschile. Egli tentò di dimostrare il fatto sperimentalmente, ma i risultati furono negativi. Qualunque possa essere la causa della comparsa dei caratteri pa- terni (colorazione) nel seme, tale fenomeno acquista un’ importanza ca- pitale, allorchè si esplica fuori del campo d’azione del tubetto pollinico, vale a dire nelle pareti ovariche (Xenocromia di Tschermack). I casi di Xenocromia son tutt'altro che rari: il Wilmorin ne riporta alcuni stati osservati nelle Palme ( Phoenix e Chamaerops): il Laxton os- serva che se si incrociano talune varietà bianche di piselli con altre azzurre, si possono ottener accoppiate le due colorazioni non soltanto nei semi, ma anche nei legumi degli ibridi: il Gartner e il Knigt riferi- scono che l’incrociamento delle varietà bianche dell’uva con quelle nere, provoca spesso la comparsa di grappoli a bacche striate di bianco e di nero: infine l Harsten segnala analoghe variazioni nel frutto di Solanum Licopersicum fecondato con Solanum edule. In tutti questi casi, come in quelli riportati dal Correns, non si può in alcun modo parlare di infiuenza diretta del polline sul tessuto del- l’ovario, non potendo quello esercitare la sua azione che sulla cellula ovo e sui nuclei polari del sacco embrionale, vale a dire sull’embrione e sull’endosperma od albume ed in conseguenza è d’uopo per forza am- mettere che l'influenza sia puramente indiretta ed analoga, forse, a quella che provoca lo sviluppo dell’ovario, allorchè il tubetto pollinico viene a cadervi sopra ed a germinare senza determinare tuttavia la fecondazione dell’ovulo. ! Quasi contemporaneamente al Correns, il De Vries pubblicava una serie di lavori sulla produzione dei nuovi caratteri, sulla fissazione delle ! Ancor più oscuri e singolari, sotto questo punto di vista, sono i fenomeni stati segnalati dal Buchenau. Quest'antore avendo coltivato una varietà di Pelargonium a fiori scarlatti in mezzo a due esemplari a fiori rosei-rossi vide svilupparsi nella stessa, un ramo portante dei fiori rosso rosei. Egli ritenne che si trattasse di fenomeni di- pendenti da variazione nelle gemme sotto l'influenza delle piante circostanti e li de- nominò xenocromie, ma è poco probabile che l’interpretazione sia giusta. Qualche cosa di analogo ebbe ad osservare uno di noi nei Giacinti, ma noi non esitiamo ad affer- mare che sino a tanto non si riescirà a studiare il fenomeno sperimentalmente non si potrà portare un giudizio sn tali cambiamenti di colorazione. = pio variazioni, sull’eredità e sulla disgiunzione dei caratteri negli ibridi, che raccoglieva di poi nella classica opera: Die Mutationstheorie. In questo splendido lavoro, inteso a dimostrare che il concetto Darwiniano dell’origine della specie non regge alla critica, poichè i cam- biamenti lenti di costituzione, dovuti alla selezione, non arriverebbero a produrre nuove specie, ma solo delle variazioni più o meno persistenti e non suscettibili di un perfezionamento costante, lA. conclude che le specie insorgono improvvisamente, come, .ad esempio, ebbe ad osservare per parecchie specie di Oenothera, fra le quali l’Oenothera rubrinervis caratterizzata, fra l’altro, dalla colorazione antocianica del calice è delle nervature fogliari, la quale è specifica, ma può andare soggetta a leggere variazioni a seconda delle condizioni in cui vive la pianta. Il sorgere improvviso di talune caratteristiche progressive, la persi- stenza delle stesse durante la vita dell’individuo, che pel primo le ha manifestate e nei discendenti di questo, costituiscono, secondo il De Vries, il fondamento per la comparsa di nuove specie, e quindi noi pos- siamo considerare come specie buone o per lo meno come specie inci- piente (primordi di specie) tanto le due forme di Anagallis* diversa- mente colorato dall’antocianina, quanto alcune forme di Quercus, Cory- lus, Mahonia a foglie rosse. È duopo però notare che le variazioni basate esclusivamente sulle caratteristiche di ordine secondario, quali appunto son quelle della co- lorazione, non sempre possono dar diritto alla formazione di una specie, trattandosi di caratteri che per lo più entrano nell’orbita della così detta “ variabilità fluttuante ,, ma occorre che le stesse siano accompagnate da altre variazioni interessanti l'individuo intero (variazioni correlative), inquantochè le variazioni che colpiscono unicamente un organo, per lo più non rappresentano altro che delle mostruosità. Nè l’insorgere di taluni caratteri può sempre venir considerato come una tendenza alla variazione, e tanto meno alla mutazione, poichè molte volte trattasi soltanto di accidentalità passeggere o di fenomeni di riversione, vale a dire di ritorni al tipo di un progenitore più o meno lontano (Crataegus, Tulipa, ecc.) Un’attenta critica delle osservazioni del Mendel ha permesso al De Vries di dimostrare che i bastardi, per quanto ha riguardo alle proprietà antagonistiche dei progenitori (colori, ecc.), rassomigliano per lo più ad uno di questi e che le caratteristiche da maggior tempo fissate, sono quelle che quasi sempre si presentano come dominanti nel ! L’ Hoffmeister ed il Girtner trovarono che l'incrocio, fra loro, delle due forme rimane sterile, ma lavori recenti avrebbero posto in dubbio il fatto. — 243 — bastardo. Però in qualche caso non ha luogo disgiunzione dei caratteri dei progenitori nei discendenti (falsi ibridi del Millardet), oppure la disgiunzione avviene secondo altri principi che non sono quelli stati enunciati dal Mendel (disgiunzioni arisogame). Gli esperimenti di incroci che il De Vries ha fatto coll’ Anthyrrhinum, Silene, Prunella, ecc., hanno dato a questi il mezzo di estendere e completare, sempre in base alle colorazioni negli ibridi, le leggi di Mendel concernenti la separazione dei caratteri. Assai interessanti a questo proposito sono le osservazioni sulle colorazioni settoriali che presentano alcune piante ibridi e di cui se ne ha un bellissimo esempio nell’Anthyrrhinum majus striatum. Le co- lorazioni o variazioni settoriali sono caratterizzate da ciò, che un lato dell’infiorescenza pofta dei fiori di un dato colore, l’altro lato in- vece dei fiori con differente tinta: al limite poi fra le due formazioni si osservano spesso dei fiori adorni di entrambe le sorta di tinte, le quali però son disposte in modo che la metà di un petalo rimane colorata in un modo, l’altra in un altro. La comparsa di colorazioni settoriali è sempre in relazione colla natura ibrida della pianta ed indica inoltre che i suoi progenitori erano diversamente colorati l uno per rispetto all’altro. Il De Vries, applicando il sistema delle curve Galtoniane è riuscito a dimostrare graficamente in quale misura i due progenitori parteci- pano alla produzione delle differenti colorazioni nei discendenti e ad isolare così in certo qual modo i due elementi atavici. Oltre a ciò potè rilevare, almeno per gli ibridi dell’ AnthyrrRinum majus striatum, che essi hanno marcata tendenza, a tornare verso uno dei progenitori. ! Il De Vries spiega la comparsa delle variazioni settoriali colla teoria del Vilmorin, secondo la quale tali variazioni dipendano da ciò che una pianta a fiori colorati ad un dato momento comincia produrre fiori bianchi (o gialli) che, dopo un periodo più o meno lungo, durante il quale la metamorfosi ha potuto fissarsi, per un fenomeno di riversione cambiano di nuovo tinta e diventano così screziati o striati. * Noi non possiamo addentrarci più minutamente nella disanima del bellissimo studio del De Vries, e perciò rimandiamo il lettore all'opera originale: intanto prima di chiudere la presente rassegna segnaleremo ) ! Il Delpino invece ammette che in generale possano iniziare la comparsa di specie nuove. ? Esempi classici di variazioni vettoriali oltre a quelli citati dal De Vries e quello offertoci dal Cytisus adami, da lungo tempo noto e stato illustrato dal Darwin, si in- contrano pure nei Cyclamen, nella Clarkia pulchella e nei Geranium. pui ancora alcuni esempi di variazione di tinte, abbastanza singolari, le quali possono talora interpretarsi coi fenomeni dell’ereditarietà e della fecondazione, talora invece derivano solo dalle azioni mutualistiche eser- citate da due organismi fra loro associati e non sono ancor ben chia- rite nella loro intima essenza. Il Wallace osservò che taluni Mesembryanthemum del Capo di Buona Speranza presentano un curioso fenomeno di mimetismo, essendo colo- rati come le pietre sulle quali vivono; l’Hoffmann ha rilevato che nella Lychnis vespertina la fecondazione più o meno tardiva ha un’ influenza sulla colorazione dei discendenti: il Darvin constatò pure che nelle piante coltivate sono le parti più utili all’uomo e per le quali la pianta viene coltivata, che presentano più frequentemente variazione di tinta o di altra natura. Qualche autore ha fatto noto*che se si innesta il nocciolo a foglie rosse su quello a foglie verdi, le foglie che nascono sotto il punto d’ innesto diventano pure rosse: infine l’Hildebrandt af- ferma che se si uniscono le due metà di due differenti bulbi di Hya- cinthus, uno dei quali appartenga alla categoria della varietà rossa, l’altro della azzurra, si sviluppa un asse fiorale che porta fiori di dif- ferente colorazione, gli uni cioè rossi gli altri azzurri, ed analoghi fatti si verificherebbero unendo fra loro tuberi di due patate o di DalZe di differente colore. Taluni di questi casi di variazione sono straordi- nariamente complessi e non pochi di essi oltre che dalla ereditarietà, appaiono pure influenzati dalla nutrizione, ma solo studi accurati po- tranno più tardi risolvere il difficile problema. CARTIOLO NIE Filogenesi dell’antocianine. Lo studio delle forme fiorali, tanto più complesse quanto più il Fiore, allo scopo di addivenire ad una selezione sempre più accentuata dei pronubi, si eleva nella scala del perfezionamento organico, ha in- dotto molti autori a ritenere che anche le differenti colorazioni dei fiori siano strettamente collegate col grado di evoluzione dagli stessi rag- ghmto. Ma il concetto del perfezionamento fiorale fu variamente concepito, poichè mentre il Wolf ed il Goethe fondarono la memorabile teoria, — 26 — oramai da tutti accettata, della metamorfosi fogliare, l'Allen Grant, par- tendo dal concetto che i fiori (maschili) delle fanerogame più antiche (Gimnosperme), sforniti di sepali e di petali, sono costituiti unicamente da stami di color giallo e che in molte angiosperme (Nimphaea, Canna, Mesembryanthemum) si può osservare un graduale passaggio dall’ ele- mento staminale ai veri petali e viceversa, (Capsella, Monandra), giunse a risultati affatto opposti, che lo indussero a formulare la teoria dell’ori- gine staminale del perianzio. Come conseguenza logica della stessa, l'A. conclude che quelle speci nelle quali la trasformazione degli or- gani fiorali è meno evoluta, devono esser fornite di petali colorati in giallo, come si verifica appunto nei fiori maschili delle Gimnosperme. Il Grant passa in rassegna molti gruppi di piante dell’ Inghilterra e da questo studio assurge al risultato che nelle piante a fiori rego- lari, che sarebbero le meno evolute, domina, in ossequio appunto alla teoria sopra enunciata, la colorazione gialla o bianca dei petali (Ra- nunculacenae, Rosaceae) mentre nelle famiglie più evolute le quali per lo più sono caratterizzate dalla presenza di fiori tubulosi ed irregolari, predominano i colori rossi o bleu (Labdiatae, Campanulaceae). Egli è vero, dice il Grant, che anche nelle famiglie più degradate non mancano le specie fornite di fiori rossi o bleu, ma egli trova che queste eccezioni servono di conferma alla regola, essendo le piante for- nite di tali colori, più evolute rispetto alle altre della stessa famiglia. Valgano ad esempio l’Aquilegia, il Delphinium, VAconitum, la Rosa canina. Così pure tutte le volte che in una famiglia altamente evoluta (Labiatae, Scrofulariaceae) VA.incontra delle specie a fiori bianchi o gialli ritiene che il cambiamento di colorazione sia dovuto a fenomeni di ri- versione o meglio ad un arresto nell’evoluzione. Alcune anomalie presenti in tali fiori, come ad esempio la man- canza di qualche stame o di alcuni petali ece., starebbero appunto ad indicare che il fiore si trova in uno stato di involuzione, il quale si ini- zierebbe col rosso per passare di poi costantemente al bianco e termi- nare col giallo. L’Allen Grant stabilisce pertanto le seguenti gradazioni nella ge- rarchia dei colori fiorali: 1) Giallo che rappresenta il colore primor- diale; 2) bianco; 3) rosso; 4) porpora; 5) violetto; 6) bleu. Il verde che si incontra in talune specie (Allium, Adora, Helleborus, ecc.) indi- cherebbe anche che la pianta è degradata. Secondo l’ Allen Grant la causa della gradazione dei colori va ri- cercata negli intimi rapporti che intercedono tra insetti e fiori, nel senso cioè che i fiori più aristocratici e perciò esclusivamente adatti a certi — 246 — insetti pronubi (Api, Farfalle, ecc.) hanno anche dovuto acquistare colori più elevati nella gerarchia cromatica per farsi più facilmente riconoscere dai loro particolari pronubi. La teoria sarebbe confermata, soggiunge il Grant, dalla circostanza che alcuni fiori dotati di una colorazione meno evoluta assumono essic- cando un colore appartenente ad una serie più elevata, come se ne ha un esempio nel Ranuneulus ficaria che dal giallo passa al bianco o nel Myosotis versicolor che giallo quando è fresco diventa, seccando, bleu. Il perfezionamento nella colorazione comincia a comparire agli apici o agli orli dei petali, come si può constatare nel Ranunculus aquatilis, il quale è giallo alla base, bianco all'apice; ma in molti casi si mostra pure sotto l'aspetto di una variegatura, la quale però è ca- ratteristica delle forme o delle parti di queste più evolute. La singolare ipotesi dell’Allen Grant, stata più tardi combattuta dall’ Herwey che fece conoscere alcuni esempi di piante in cui indub- biamente il giallo derivava dal verde, non ha trovato seguaci fra i biologi modernì, se si eccettua forse il Dennert che, fondandosi sulla successione cronologica dell'evoluzione fiorale, è venuto a conclusioni non molto differenti da quelli dell'autore inglese. Ciò non di meno l’ipotesi di una gerarchia cromatica fiorale, lungi dall’esser combattuta, venne più volte rimessa in onore, ma con diffe- renti vedute da più di un botanico. Il Lubbock ed il Miller affermano infatti che i colori più degradati sarebbero rappresentati dal verde o dal giallo, i più evoluti dal rosso e dal bleu, i quali poi sarebbero di formazione più recente. L’ Hilde- brandt, dopo aver parimenti combattuto Allen Grant, giunse alla con- clusione che le variazioni di colore si compiono solo nell’ambito delle colorazioni che presentano le specie affini. Il Cocherel avendo rivolto la sua attenzione ai fiori della catena alpina delle Montagne Rocciose, constata parimenti un perfezionamento nei colori, a partire dal verde per arrivare al bleu passando pel giallo, rosso e cremisi. I processi metabolici e di ossidazione cui va incontro la pianta sareb- bero, secondo il Cocherel, la causa determinante della comparsa dei colori e quanto più quelli sarebbero accentuati tanto più la colorazione si eleve- rebbe sulla scala cromatica. Ora, conclude l’autore, nelle parti più elevate delle montagne le piante avendo a disposizione per vegetare e fiorire ‘un corto periodo di tempo, accentuano necessariamente tutti i processi metabolici per raggiungere la fioritura, a costo di sacrificare lo sviluppo degli organi vegetativi e questa è la ragione essenziale per cui il bleu è il colore che più di frequenti si osserva nei fiori alpini, sulla comparsa del quale le visite di speciali insetti non eserciterebbero alcuna azione. er LE P © ———_—_———_—_mm — 247 — Infine noi possiamo ancora ricordare i lavori di Cosch e di Budd sullo stesso argomento, dei quali però disgraziatamente non abbiamo potuto aver sott’occhi neppure un riassunto. Dalla breve rassegna fatta, appare manifesto che quasi tutti gli autori che si sono occupati dell'evoluzione cromatica dei fiori hanno scelto come tipi fondamentali, o meglio come stadi della stessa, quattro unità cromatiche che sono date: 1) dal color bianco; 2) dal color verde; 3) dai colori della serie xantica; 4) dai colori della serie antocianica. Ora noi crediamo opportuno di far osservare che i termini di pa- ragone scelti, non hanno alcun nesso comune che ci autorizzi a metterli a confronto l’uno coll’altro, o per lo meno solo taluni di essi sono mutua- mente comparabili. Infatti il color bianco è inerente unicamente all’aria contenuta negli spazi intercellulari e alla mancanza quasi completa di sostanze coloranti disciolte (antocianina) o di cromoplasti che colla loro presenza mascherino gli effetti dovuti all’aria stessa;! i colori della serie xantica (giallo, ranciato, ecc.) sono dovuti, salvo alcune eccezioni, alla comparsa di cromoplasti quasi sempre derivati da cloroplasti: il verde è prodotto dalla clorofilla ed infine le tinte della serie antocianica quasi sempre sono dovute a pigmenti disciolti nel sueco cellulare. Riesce per- tanto evidente che dei differenti termini di questi quattro gruppi si pos- sono fra loro paragonare soltanto quelli che hanno un nesso genetico comune, vale a dire da una parte si può stabilire un confronto tra i diffe- renti colori incorporati nei cloroplasti e cromoplasti, perchè tutte queste formazioni hanno un nesso genetico comune nel plastidio; dall’ altra è lecito'confrontare fra loro i differenti pigmenti disciolti nel succo cel- lulare, ma non siamo autorizzati di mettere a confronto fra loro questi due gruppi di pigmenti, diversi per origine e tanto meno è permesso far dei paragoni col color bianco, che non è dato da un pigmento. A sostegno del nostro asserto possiamo aggiungere che nel senso Darwiniano la parola perfezionamento, indica una graduale e lenta mo- dificazione di un’organo, di un corpo, 0 se si vuole anche di una sostanza qualsiasi, reclamato dalle condizioni di esistenza dell’organismo stesso. Il perfezionamento, come lo intendono i sostenitori dalla teoria della evoluzione cromatica, (poichè ben altra cosa è il perfezionamento inteso ! Il Redonté, celebre pittore di fiori, ha osservato che se si colloca un fiore bianco dietro un foglio di carta dello stesso colore, il fiore si distacca sempre per una leg- gera tinta gialliccia, bluastra o rossastra che varrebbe a dimostrare come il color bianco del fiore non sia mai assolutamente puro. È appunto anche in grazia a questa osservazione che il Redont© ha saputo acquistare sì grande fama nel riprodurre fe- delmente le tinte fiorali. rogna come vuole De Vries), non è mai saltuario e tanto meno insorge im- provvisamente, ma tutto al più può evolversi con una certa rapidità. Ora nel caso nostro la scolorazione di un organo, la comparsa dell’an- tocianina o lo sviluppo dei ceromatofori, costituiscono dei fenomeni che appaiono quasi improvvisamente ed inoltre non essendo filogeneticamente fra loro collegati e non derivando gli uni dagli altri, non costituiscono differenti studi dell'evoluzione fiorale, ma semplicemente direzioni dif- ferenti, o meglio modalità diverse dell'evoluzione. Contro la teoria di un’ unica direzione dell’ evoluzione fiorale de- porrebbe il fatto clie nelle piante superiori i quattro elementi della colorazione fiorale, aria, cloroplasti, cromoplasti e pigmenti disciolti si possono trovare contemporaneamente presenti nelle cellule, per cui la pianta solo per ragioni di opportunità può piuttosto scegliere e svilup- pare prevalentemente l’ uno o l’altro degli stessi per ornare i suoi fiori delle tinte più svariate. Non mancano poi neppure i casi in cui il fiore si adorna, ad un tempo, dei colori più evoluti e di quelli che lo sono meno, accoppiando, ad esempio, in ogni cellula, il giallo ed il rosso od altre tinte ed allora riesce quanto mai difficile applicare la teoria dell’ Allen Grant. Ma noi non vogliamo arrivare tanto avauti, perchè riteniamo in fondo, giusta l’ipotesi di un perfezionamento cromatico quando però il medesimo venga inteso sotto un altro punto di vista da quello stato preso in considerazione dai nostri predecessori. Secondo il nostro modo di interpretare i fatti, i fiori non essendo altro che foglie modificate, avrebbero nello stato di maggior degrada- zione una colorazione verde. Col progredire dell'evoluzione fiorale il color verde dei cloroplasti fiorali verrebbe sostituito dalla tinta gialla od aranciata o rossa, vale a dire dalle tinte della serie xantica che pre- suppone la trasformazione del cloroplasto in cromoplasto. Viceversa per un processo di ulteriore degradazione, dipendente da impellenti neces- sità biologiche o dal non uso di certi organiti (cloroplasti), il plastidio che ha dato origine sia ai colori della serie xantica, sia al verde, può scomparire ed allora il color bianco dovuto unicamente ad aria insorge per attestare l'avvenuta degradazione. A sua volta il fior bianco può andar soggetto ad un nuovo impulso evoluttivo, ma di dif- ferente natura di quello testè descritto ed allora noi vediamo i suoi succhi ricchi di tannino andarsi mano mano colorando in seguito alla formazione di pigmenti disciolti (antocianina), i più degradati dei quali sarebbero le antocianine gialle e i flobafeni, cui terrebbero dietro le antocianine rosse a joni non dissociati ed infine le bleu più o meno dissociate. — 249 — Il seguente schema vale ad illustrare quali sarebbero le diverse tappe che deve percorrere il fiore per arrivare alle differenti fasi della sua evoluzione: Colori della serie xantica incor- porati ad un plastidio. Antocianina bleu sciolta nel suc- co cellulare e dissociata. Antocianinarossa non dissociata e disciolta nel succo cellulare. Antocianina gial- la disciolta nel Colore rimor- P succo cellulare. diale verde dei fiori.(Fiori ver- di.) Color bianco du- vuto unicamen- tealla presenza dell’aria(stadio Foglie verdi. & di involuzione cromatica e fio- rale). L'evoluzione fiorale tipica qual'è rappresentata nel nostro schema può riuscire più o meno modificata nel senso che il passaggio della serie antocianica alla colorazione verde (o viceversa) può farsi talvolta direttamente senza che si debba necessariamente passare per la fase di colorazione bianca. La linea punteggiata indicherebbe questo tipo, pur abbastanza frequente di evoluzione fiorale che è proprio di quei fiori i quali, oltre all’antocianina, presentano anche nelle loro cellule dei plastidi colorati in verde o dei cromoplasti. In questi casi le due unità cromatiche, succo colorato e cromoplasti (in lato senso), compirebbero le loro evoluzioni una accanto all'altra nella stessa cellula. Il nostro modo di interpretare le colorazioni fiorali troverebbe un forte appoggio nel fatto che i colori della serie xantica, quando sono isolati, difficilmente vengono sostituiti da quelli della serie antocianica allorchè hanno luogo delle variazioni, mentre questo si verifica con abbastanza frequenza tutte le volte che le due unità cromatiche tro- vansi commiste nelle cellule. In secondo luogo parla pure nello stesso senso la circostanza che l’antocianina assai spesso fa la sna comparsa nelle parti albicate (V. Cap. III), al quale proposito giova notare che — 2501 l Hildebrandt mise in evidenza che i fiori più soggetti a variazione, hanno spiccata tendenza ad assumere una colorazione bianca la quale poi in molti casi si presenta assai stabile, ciò che ben si comprende qualora si consideri che il bianco indica la scomparsa di qualsiasi for- mazione pigmentata e quindi non è suscettibile di ulteriori modificazioni. A questi dati noi potremo ancora aggiungere, per sostenere la nostra tesi, che molte MagnoZiaceae, le quali, come è noto, rappresentano le Angiosperme già degradate e molte piante acquatiche, pure più o meno involute, hanno fiori bianchi o bianco verdicci. CAPITOLO XVIII. Le antocianine e i loro rapporti coll’ uomo e cogli animali. A) Inflnenza dell’uomo sullo sviluppo delle antocianine. I colori vegetali in ogni tempo hanno fissata l’attenzione, non solo degli studiosi, ma anche degli speculatori i quali non sì tosto sono riu- sciti a scoprire qualche pianta che emergesse, in mezzo alle altre, per vivacità di tinte, per singolare disposizione dei colori e per spic- cata tendenza alle variazioni cromatiche, hanno cercato con pazienti e sagaci eure, di esagerare il carattere e di aumentarne il suo valore ornamentale, ricorrendo all’uopo ai sistema degli incroci opportunamente scelti e alla riproduzione per via agamica.! Tanto con l’uno che coll’altro metodo i giardinieri ed i frutticul- tori sono riusciti ad ottenere quelle numerose varietà di piante orna- mentali che fanno attualmente bella mostra nei nostri giardini e che talora, come ne fanno fede i prezzi raggiunti dai Tulipani di Olanda, hanno persino condotto gli amatori di fiori alle più pazze specula- 1 Trattando dei rapporti dell’antocianina coll’uomo sarebbe stato anche opportuno entrare in qualche dettaglio sulle relazioni che intercedono tra la colorazione dei fiori e il sentimentalismo dell’umanità, ma siccome una tale trattazione esorbita dal campo delle pure speculazioni scientifiche, così rimandiamo il lettore ai vari trattati del L2n- guaggio dei fiori e all'opuscolo non meno curioso del Gonrox, Le role politique des fleurs. — 251 — zioni, per troncare le quali ha dovuto intervenire l'autorità del legi- slatore. ! Non è nostro compito tuttavia entrare qui in dettagli su que- sto argomento che trovasi ampiamente svolto in qualsiasi trattato di giardinaggio e che vale a dimostrare quanto duttile sia la costituzione della pianta e quanto prontamente reagisca ad un razionale sistema di coltivazione. Noi però non possiamo passare sotto silenzio che l’attività umana è riuscita a provocare su vasta scala lo sviluppo dell’antocianina in piante che normalmente ne sono sfornite o ne presentano solo in tenue misura; il più bell'esempio di questo genere ci viene offerto dalle piante più comuni delle praterie che i giardinieri inglesi spno stati capaci di far diventare intensamente antocianiche coltivandole sotto il riparo di un assito, nella fredda stagione, per renderle par- zialmente eziolate ed esponendole di pei alla azione della luce viva del sole, in una giornata un po’ rigida. I tratti di praterie così trattati as- sumono una colorazione rossa che contrasta singolarmente colla tinta verde dominante nelle rimanenti zone dei parterres. b) Le antocianine ed i loro rapporti cogli animali. Gli intimi legami di correlazione che collegano animali e piante, noti confusamente sin dalla più remota antichità, hanno cominciato ad apparire in tutta la loro meravigliosa bellezza e complessità il giorno in cui Kohlreuter e Sprengel, colle loro memorabili opere, ci hanno svelato gli arcani segreti delle nozze dei fiori, indicando così agli stu- diosi nuovi orizzonti scientifici verso i quali tendono oggigiorno i bo- tanici della moderna scuola. Questi studi ci hanno dimostrato che le piante, vincolate nell’adem- pimento delle loro funzioni, al principio del minimo mezzo che informa tutti quanti i processi biologici degli organismi viventi, sono ricorse, per assodare i più complessi legami della simbiosi funzionale cogli ani- mali, unicamente a mezzi abbastanza semplici, quali sarebbero le leg- gere modificazioni di forma, la secrezione di sostanze zuecherine o di altra natura, l'emissione di speciali profumi e le variazioni di tinte; e noi vediamo pertanto l’antocianina acquistare, assieme agli altri pigmenti vegetali, un'importanza capitale come elemento regolatore del connubio tra gli esseri dei due regni organici, ! V. Max Hesporrre, I fiori di appartamento e di serra. Traduzione del Dottore Luigi Buscalioni, Unione Tipograf. Torinese. * Chi desiderasse conoscere le principali piante a fogliame ornamentale e colorato potrebbe consultare il trattato, altrove citato, del Lowe-Howard. o Assai complesso è il compito che è devoluto all’antocianina nella vita di correlazione tra le piante e gli animali, ma volendo esaminare la questione solo nei tratti essenziali possiamo senz'altro aftermare che il pigmento antocianico spiega la sua funzione nei processi di dissemi- nazione, serve come mezzo di difesa ed infine vale a richiamare l’at- tenzione degli animali sui fiori allo scopo di assicurare i processi di impollinazione xenogamica. Noi passeremo qui in rassegna queste tre funzioni principali avendo cura tuttavia di riportare tanto le prove che mettono maggiormente in luce le stesse, quanto gli esempi dedotti per attenuarne la loro im- portanza. 1.0 Le antocianine considerate in rapporto ai processi di disseminazione. La funzione che spiega l’antocianina nella disseminazione è stata messa in luce principalmente dai lavori di Allen Grant, Pfeiffer, Feldtmann, Kerner, Wallace, Roth Mohr, Ludwig, Darwin, Miiller, Wehrli, ecc. Il pigmento che appare nei frutti allorchè questi hanno raggiunto la maturità, negli arilli, nei peduncoli fiorali, nel perigonio (Campelia), nei semi e via dicendo, avrebbe unicamente lo scopo di facilitare agli animali frugivori la ricerca del loro cibo prediletto costituito appunto da frutti e da semi. Questi ultimi poi, grazie al loro integumento piut- tosto duro e ad altre disposizioni, potendo attraversare inalterati il tubo digerente degli animali, una volta espulsi colle feci ed anche per mezzo del vomito, non tarderebbero a germinare. Riesce quindi evidente che solo per ragioni di maggior vistosità le bacche di talune piante a fogliame rosso nell’autunno si mostrano colorate in bleu o violetto, oppure l’antocianina fa la sua comparsa nell'epoca in cui le foglie cadono o si presentano ingiallite ed i semi sono maturi e adatti per essere disseminati. Però non sempre i semi colorati o inclusi in frutti antocianici sono destinati ad esser disseminati per mezzo degli animali. Valga ad esempio la disseminazione dei semi racchiusi nei frutti rossi di Cercis, Cala- tropis hispida, Spiraea, ecc., che avviene in tutt'altro modo e talora ri- chiede esclusivamente l’azione del vento (Ludwig). Oltre ciò i semi di non pochi frutti antocianici passando attraverso l'intestino di mammi- feri o di uccelli, perdono la facoltà di germinare (Kerner, Wallace) e taluni frutti polposi e colorati sono velenosi od altrimenti rifiutati dagli rg" — bagt—= animali e, come osservò il Wallace, contribuiscono alla dispersione dei semi unicamente in grazia della loro forma rotonda che permette loro di percorrere lunghi tratti allorchè cadono su terreni inclinati (frutti di Mango). Infine si può ancora aggiungere che molti animali si nutrono di frutti ancora immaturi, oppure di frutti maturi ma verdi, i quali, stando alle vedute sovra esposte, mal si presterebbero per adescare gli animali. La colorazione in taluni casi può riuscire persino di ostacolo alla disseminazione per mezzo degli animali, poichè l Hohnel avrebbe osser- vato che l’arillo colorato di talune Mwusacee, i cui semi sono dissemi- nati dal vento, grazie al suo colore speciale rieseirebbe a tener lontani alcuni animali che si cibano di semi. Alcuni hanno anche obbiettato che i frutti carnosi e vistosi di talune specie di .}/usa, spesso sono privi di semi o contengono dei semi incompletamente sviluppati per cui a poco gioverebbe la colorazione dal punto di vista della disseminazione. Ma il Ludwig fa notare che per lo più in questi casi non tutti quanti i frutti di uno scapo frutti- fero si presentano sterili e quelli che sono tali hanno lo scopo di ren- dere maggiormente vistoso l'ammasso di frutti. Analoghe disposizioni si verificano nell’Achmea calyenlata e nella Campelia. In quest’ultima però è il perigonio carnoso che assume la funzione vessillare, mentre nell’ Ackmea tale funzione è, come nella Musa, devoluta ai frutti stessi taluni dei quali sono sterili e rossi, gli altri fertili e nerastro violetti. Noi abbiamo adunque in talune sorta di frutti un fenomeno di poli- eroismo che, come vedremo fra poco, è pure abbastanza diffuso nei fiori, dove ha pure spiccata funzione vessillare, ma intanto per ciò che si riferisce alle osservazioni del Ludwig sulle tinte dei frutti sterili delle Musacee, riteniamo che l'interpretazione sia affatto errata poichè un’ infiorescenza, lunga un metro e carica di frutti di così notevoli dimensioni come sono le banane, non abbisogna certo della presenza di frutti sterili per esser vista a distanza! A riguardo della colorazione dei frutti, giova osservare che i fiori ed i frutti, per ragioni fino ad ora affatto sconosciute, diversificano spesso notevolmente gli uni dagli altri pel colore. Il Wallace notò in- fatti che in Inghilterra sopra 1143 piante da lui osservate circa 452 sono a fiori bianchi, 301 a fiori gialli, 230 a fiori rossi e 160 a fiori bleu, e incontrò invece 7 piante con frutti bianchi, 14 con frutti gialli, 68 con frutti rossi e 45 con frutti bleu. Può darsi che tali divergenze dipendano da differenze nel sentimento cromatico degli uccelli dissemi- natori da una parte e degli insetti fecondatori dall'altra, ma è più lo- — 254 — gico ammettere, secondo il nostro modesto parere, che le differenze di tinta valgono a far rilevare, anche a distanza, agli insetti, la presenza dei fiori quando questi sono commisti a frutti. Deporrebbe a favore di questo nostro modo di interpretare il fenomeno stato osservato dal Ludwig e dal Muller, che taluni frutti, al pari dei fiori, vanno soggetti a cambia- menti di colorazione che giovano ad attirare gli animali nel momento più opportuno per la disseminazione (7radescantia, Spiraea, Stromanthus). 2.° Le antocianine considerate come mezzo di difesa contro il morso degli animali. Le ricerche dello Stahl e del Kuntze su certe Aroidee tropicali tenderebbero a dimostrare che le macchie di antocianina presenti lungo il picciuolo fogliare, grazie le quali quest’'organo acquisterebbe una straordinaria rassomiglianza con certi serpenti velenosi, propri di quelle regioni, sarebbero appunto destinate ad allontanare gli animali erbivori dalle piante. L’esperienze di Stahl, fatte su differenti animali del giardino z00- logico di Giava, non sarebbero tuttavia riuscite a risultati concludenti poichè di rado egli otteneva di spaventare gli animali cui presentava, più o meno mascherati, dei peduncoli fogliari maculati di dette Aroidee. Lo Stahl ha pure cercato di studiare se nei casi in cui l’antocia- nina è uniformemente diffusa su un dato organo della pianta non abbia lo scopo di proteggere lo stesso dal morso degli animali, ma i risultati che ha ottenuti furono completamente negativi, poichè le Iumache e i porci cui si era dato in pasto, nell'ambiente oscuro dove essi vivevano, tanto delle foglie verdi che delle foglie autocianiche di una stessa specie di pianta, hanno quasi sempre cominciato a mangiare le parti verdi e ciò forse pel fatto che queste sono più appetitose di quelle rosse non potendo gli animali, all'oscuro, riconoscere le varie tinte. Malgrado l’insuecesso che si è ottenuto collo sperimento, l’idea che l’antocianina possa anche servire a tener lontani gli animali, an- cora oggigiorno trova non pochi proseliti, ed infatti noi vediamo che l Hildebrandt ascrive alla colorazione violetta-bluastra delle radici adulte di Pontederia Crassipes, un'importanza speciale, come mezzo atto a trat- tenere lontano certi insetti che rodono volentieri le giovani radici non ancora colorate, ad alle stesse conclusioni arriva il Veehrli per altri organi. Così pure il Ludwig, rileva come alcune piante contenenti dei succhi velenosi presentano delle macchie antocianiche (Pepe di Ca- jenna, Caryota urens, Conium) che le rendono facilmente riconoscibili. >= «EF rr” fc v'‘'‘ kt——’_ee. -_ _'re———v’’ — 255 — La questione meriterebbe pertanto di esser di nuovo studiata a fondo e con acume di critica, tanto più che attualmente prevale 1’ idea del Delpino, che certi nettari estranuziali od estrafiorali, spesso viva- mente colorati (Marcgraviaceae Cornus, Impatiens, ecc.), sarebbero colle- gati coll’esistenza dei fiori stessi, inquantochè attirando essi taluni in- setti cercatori di nettare che potrebbero riuscir dannosi ai fiori, ri- sparmierebbero questi ultimi dalla visita seradita. L'ipotesi è certamente seducente, ma noi faremo osservare che i nettari sono già presenti nelle Felci (Cyathea, Pteris), che molti di essi entrano in funzione solo in un dato periodo dell’evoluzione della parte su cui si trovano per poi esaurirsi, senza che la loro fase di attività coincida coll’epoca dell'apertura dei fiori, che non sempre sono colorati e quindi facilmente visibili ( Vidburnum), e che infine i fiori di talune Zecoma sono visitate dalle moleste formiche assai più dei nettari estranuziali presenti sulla pianta (Prunet).! 3.° Le antocianine e la funzione xenogamica. Di gran lunga più importante e più evidente manifestasi la fun- zione dell’antocianina allorchè si prende in considerazione quel com- plesso di fenomeni che hanno per scopo finale l’impollinizzazione per via xenogamica e l'esclusione più o meno efficace dell’autogamia. La funzione di adescamento o vesillare che spetta in gran parte al- l’antocianina e agli altri pigmenti vegetali, è venuta mano mano perfe- zionandosi a misura che i rapporti tra i fiori ed animali (insetti in special modo) si sono fatti più intimi ed a raggiungere un tale risultato hanno in parte contribuito l'intelligenza, il senso della vista e l’olfato dei pronubi, come almeno sembrerebbe risultare dalle esperienze di Lubbock, di Miiller e di altri naturalisti. Per quanto concerne l'intelligenza degli insetti che rappresentano gli animali maggiormente in relazione coi fiori, i naturalisti distinguono una categoria di insetti stupidi, destinati quasi esclusivamente per le visite di fiori poco evoluti e dotati di colorazioni biancastre o giallastre, (Ombrellifere, GaZium, ecc.), ed un’altra di insetti intelligenti apparte- nenti assai spesso alla classe degli insetti sociali (Imenotteri) o dei Le- pidotteri, i quali avrebbero il compito di regolare le nozze dei fiori più aristocratici dotati di tinte più vivaci, in specie bleu e rossastre (Miiller, Delpino, Kerner, Allen Grant, Cristy, Low). ! Per quanto riguarda la difesa dei semi v. il $ 2 del presente capitolo. Atti dell’Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII, 19 Non è ancora stata ben accertata l’azione che da una parte il senso della vista, dall’altra il senso dell’ olfato spiegano per guidare l’animale (insetto) alla ricerca dei fiori. Molti naturalisti ritengono che gli insetti utilizzino piuttosto il senso dell’olfato per ricercare i fiori e riportano a sostegno del loro asserto, che assai spesso si vedono arrivare da lungi gli insetti sui fiori odorosi o sul miele profumato, anche quando gli uni e l’altro, sono stati accuratamente nascosti ai loro sguardi. Milita pure a favore di una tale ipotesi il fatto che gli insetti, per meglio avvertire gli odori, assai spesso volano contro vento. Egli è poi noto che le api sanno distin- guere, dagli odori che emana, se nel loro alveare è penetrato un animale intruso, sia pure della stessa specie, il quale poi viene subito scacciato od ucciso. Ora ciò non succede più se l’intruso riesce a mascherare il proprio odore (Henderson). È appunto in base a questa osservazione che i coltivatori americani di api, allorchè vogliono sostituire la regina od altri individui di un alveare con elementi stranieri, raggiungono lo scopo togliendo a questi, non sappiamo con quali mezzi, l'odore carat- teristico. Non pochi scienziati concedono più larga parte alla vista come mezzo di ricerca dei fiori e ritengono che se 1 olfato può servire di guida all’insetto, allorchè questo si trova ancor lontano dal fiore profumato, la vista gli può giovare per riconoscere i differenti fiori da vicino. Colla pratica tuttavia gli animali riescono a perfezionare il senso visivo ed allora anche arrivano a distinguere i differenti colori fiorali più o meno da lontano (Muller, Delpino, Wallace, Dodel Port, Hildebrandt, Lubbock, Darwin). Non mancano però le obbiezioni a queste vedute e noi troviamo infatti una schiera di botanici e di zoologi (Bonnier, Plateau, Herwey, Mehean, Welenowski, Caruel, Fooke, ecc.) i quali ritengono che i co- lori non esercitano che poco o nessuna influenza sugli insetti, o per lo meno su talune specie degli stessi (Api, secondo l’ Henderson). A so- stegno del loro asserto alcuni di essi riportano, sebbene sieno prove indirette di dubbio valore, che una Nimphaea del Massachusset stata portata al Capo di Buona Speranza, cambiò di colore senza che ciò avesse alcuna influenza sulle visite degli insetti (Herwey): che un bo- tanico ha dimostrato come su 63 specie di fiori colorati osservati, 61 erano capaci di sottostare all’autogamia: che le piante inferiori (funghi, muschi, ecc.) sono pure colorate indipendentemente dalla xenogamia che quivi non ha luogo (Welenowski, Mehean) e che infine il colore può svelare la presenza della pianta ai nemici della stessa, onde esso sa- rebbe quasi unicamente destinato ad assicurare la variazione (Mehean). Ra A nostro parere il voler escludere, nel fenomeno della xenogamia l'influenza del senso della vista il cui organo è così sviluppato negli insetti, male si concilia tuttavia con quanto ci insegna la osserva- zione giornaliera un po’ accurata, essendosi da più di un osservatore fatto rilevare che probabilmente il senso della vista ha originato negli insetti una certa simpatia o viceversa antipatia per determinati fiori; ciò che spiegherebbe come certi fiori colorati in un determinato modo siano prevalentemente ed anche esclusivamente visitati da speciali in- setti. Gli esempi son tutt'altro che rari. L’ H. Miiller ritiene che i coleot- teri evitino i fiori gialli, ed allo stesso risultato è giunto il Knuth per le api, ma a riguardo di questi insetti il Ludwig fa osservare che spesso i maschi e le femmine simpatizzano con colori differenti appartenenti alle due serie cromatiche; il Fritz Miller trova che certi insetti brasi- liani si posano solo sui fiori gialli, mentre altri solo su quelli rossi o bleu: ! certi Ditteri (insetti carnari) simpatizzano, secondo Lòw e Del- pino, Kerner ed Hallier coi fiori gialli, carnicini od a colorazione li- vida: ? il Bennet trovò che le farfalle visitano i fiori colorati varia- mente nella proporzione di 70 volte pel rosso e di cinque per gli altri colori, mentre gli imenotteri visitano i fiori rossi nel rapporto di 273, i bleu nella proporzione del 126, in confronto di 11 pel giallo e di 17 pel bianco: il Knuth è d’avviso che i colori bianchi o gialli attirino meno gli insetti dei rossi e dei violetti: infine il Delpino ebbe a notare che i fiori verdicci sono visitati con speciale predilezione da Ditteri. Tutti questi fatti depongono evidentemente contro le asserzioni di coloro che negano al senso della vista un'influenza nella scelta dei fiori per parte degli insetti, ma non si può tuttavia far a meno di ri- levare che da taluni si esagerò la portata di fenomeni di simpatia ed antipatia fiorali sopra descritti, come ebbe a rilevare lo stesso Miiller. In particolar modo si è voluto contestare che le api abbiano una speciale simpatia pel bleu (Anonimo) e che i Ditteri siano prevalente- mente allettati dal giallo (Miller) ed il Bonnier poi rileva come sarebbe piuttosto dannoso al processo dell’impollinazione qualora lo stesso ve- nisse affidato esclusivamente ad una categoria di insetti che non sempre possono trovarsi ovunque presenti. ! La grande frequenza, in talune ragioni, di fiori bleu in confronto di quelli gialli o bianchi dipenderebbe, secondo l’ Eckstam, dall’abbondanza di Bombus. ? La colorazione livida di certi fiori canlinarie di aleune essenze proprie delle fo- reste tropicali (Erycibe, Polyanthia, Ficus, ecc.), sarebbe destinata ad attivare appunto i Ditteri che vivono nel folto di tali boschi, e non già le farfalle come vorrebbe il Wallace (Hallia). —: 268: — Recentemente alcuni autori hanno affermato che anche le lumache (Delpino), i kanguri (Kerner), gli uccelli, i pipistrelli (Delpino, Schen- kler, Kerner, Johow, Teppler, Loew, Langlois, Prevost, Howit, Mac Richard, Burck, ecc.) rappresentino i pronubi, oltre gli insetti, di ta- luni fiori delle regioni equatoriali, o tropicali, ma noi ignoriamo del tutto in quale misura l’antocianina possa contribuire ad attirare gli ani- mali, quando questi appartengono alla classe dei Molluschi o son rap- presentati dai Kangouri. Per quanto concerne l’ornitofilia noi faremo osservare che essa è talora una pura accidentalità, perchè gli uccelli pronubi (Colibri, Net- tarinie ecc.) entrano nei fiori, taluni dei quali sono perfino anemofili, unica- mente per predarvi gli insetti ivi dimoranti, anzichè per succhiarvi il nettare. Un esempio di questo genere ce lo offrono gli Eucalyptus australiani che da tempo vengono coltivati nel Chilì ed altre regioni dell'America del Sud. In altri casi invece, e questi costituiscono la maggioranza, vi ha realmente una vera simbiosi funzionale tra gli uc- celli e certe essenze. La maggior parte di queste piante tipicamente ornitofile portano fiori dotati di colori smaglianti e quasi sempre rossi per antocianina ed atti per ciò ad attirare in particolar modo i colibri (Kerner, Delpino). L’abbondanza di piante a fiori rossi sarebbe persino in relazione, secondo il Kerner, col grande numero di Trochilidi che si verifica nelle regioni equatoriali d'America. Ciò si collegherebbe col fatto, oramai assodato, che negli uccelli il senso della vista è finissimo, mentre piut- tosto ottuso è l’olfato. Che però non sempre la colorazione o l’odore siano i fattori ‘che attirano gli uccelli, lo provano i fiori di Puja, poco vistosi ed inodori, i quali sono visitati da taluni Corvi (Curacus) del Chili ed anche dai Colibri. Tali fiori sono poi quasi privi di nettare, ma in compenso con- tengono dell’acqua che serve a dissetare i loro visitatori. All’ influenza che la colorazione brillante spiega sui sensi e sul senti- mento degli animali è stato da taluni accordata tale importanza da indurli a ritenere che le splendide colorazioni di non pochi insetti ed uccelli: siano in correlazione colle vaghissime tinte dei fiori, che essi vi- sitano. Si tratterebbe qui di un caso singolarissimo di perfezionamento estetico di una classe di organismi appartenenti al regno animale in- dotto da elementi appartenenti ad un’altra categoria di viventi. La teo- ria, abbastanza speciosa, fu sostenuta con grande vigoria, ma con argo- menti non sempre rigorosi, dall’Allen Grant, dal Miiller, dall’ Errera, dal Gerwais e da altri autori. Il Delpino nota a questo proposito, che le Cetonie dotate di colori a riflessi metallici visitano con particolare predilezione certi fiori ornati quasi delle stesse tinte. "rr" =—oc——pre——e_——.éév © r_-6 — 259 — x E probabile che nello stesso modo che sono indotte molte delle modificazioni fiorali nelle piante soggette alla xenogamia, sia pure, qual- che volta un fenomeno indotto l'analogia di colore tra insetti e fiori, il quale troverebbe Ja sua ragione di essere nella circostanza che l’ani- male colorato sullo stesso stampo del fiore, da lui usualmente visitato, può più facilmente sottrarsi alle aggressioni dei nemici; ma tuttavia noi non crediamo di dover accettare la teoria tale quale è stata annun- ciata dall’Allen Grant, avendo il Wallace giustamente fatto osservare che in certe regioni dell'Australia vi ha una grande profusione di fiori vivamente colorati, mentre gli insetti pronubi non spiccano per uno splendore particolare di tinte. Molti argomenti sono stati messi in campo dai sostenitori della zoofilia per dimostrare che nei vegetali entomofili tutte quante le dispo- sizioni (fra le quali le colorazioni) che danno una speciale impronta bio- logica agli stessi, tendono all'unico scopo di richiamare l’attenzione dei pronubi. Così ad esempio la predominanza dei fiori gialli (Ranunceulus) nei prati, oppure la presenza di fiori rossi (Papaver) in mezzo alle spighe di grano che diventano gialliccie nel tempo della maturazione, trove- rebbero la spiegazione secondo il Kerner, il Delpino ed altri autori, nella maggiore visibilità del giallo e del rosso in mezzo alle tinte fon- damentali verdi, o rispettivamente gialle delle piante con cui i Ranun- culus ed i Papaver vivono commisti. Per la stessa causa probabilmente certi alberi delle regioni equa- toriali portano i fiori colorati in rosso sui rami ancor privi di foglie o fioriscono in un'epoca in cui sono ancora del tutto sfrondati (Johow). I contrasti di colore che presentano taluni fiori nei differenti pe- riodi della fioritura e nelle differenti parti di cui sono costituiti furono pure posti a servizio della zoodiofilia. Il Delpino, il Miiller, l’Haberlandt, l’Hallier ed il Knuth, avendo infatti osservato che molti fiori (Borraginee, Weigelia, Bonamia, Oro- bus, Salix, Teleckia, Lonicera, ecc.) cominciano a cambiar tinta allorchè sono state fecondati, interpretano il singolare fenomeno coll’ammettere che il contrasto di colore, che da tale fatto deriva, renda più vistosa . l’infiorescenza oppure serva a distornare gl’insetti meno adatti alla im- pollinazione e più stupidi, attirandoli sui fiori già fecondati, mentre i fiori ancora vergini continuerebbero ad essere visitati dai più adatti ed intelligenti, ai quali quasi esclusivamente spetterebbe il compito della xenogomia. Nell’ Eremorus però, secondo il Miiller, il contrasto sarebbe dovuto alla circostanza che i fiori pronti per essere impollinati, diven- tano meno vistosi o quindi sono soltanto più visitati da pochi insetti intelligenti, mentre nell’Eryngium marittimum si otterrebbe lo stesso — 2606= scopo in altro modo, poichè la colorazione bleu del fiore è particolar- mente accentuato solo nel periodo d’evoluzione maschile dello stesso, indebolendosi durante lo sviluppo dell’organo femmineo (Mac Millan). Moite volte il cambiamento di colore che genera il contrasto, e che è quasi sempre dovuto all’antocianina, vale a facilitare agli insetti il riconoscimento del fiore e nello stesso tempo ad iudicare loro il mo- mento preciso in cui esso è atto ad esser fecondato (Delpino). Il Mehean per altro osserva che i fiori passati possono assai spesso essere visi- tati in egual misura di quelli vergini. In molte piante le differenze di tinta, anzichè manifestarsi in rap- porto coi differenti periodi evolutivi del fiore, sono presenti in qualsiasi momento dello sviluppo fiorale, sia perchè le differenti parti del fiore (Petalo, ovario, stami) sono differentemente colorati, come si osserva nelle Commellina, nella Tinantia, nella Tradescantia, ecc. (Muller, Delpino), e sia ancora perchè i differenti fiori di un’infiorescenza hanno costantemente tinte diverse, come succede nel Daucus Carota, in cui solo il fiore centrale ha un colore blen (Delpino), o meglio ancora nelle Compositae. Anche il dimorfismo fiorale quando è accompagnato da dicroismo, come si verifica in talune specie fornite di fiori cleistogami e casmogami (Erodium), varrebbe ad indicare ai pronubi quali sono i fiori destinati alla fecondazione incrociata e quali all’antogamia (Ludwig). In altri casi, in cui però non è più questione di cleistogamia (Con- vallaria), una delle varietà di fiori dicroici, sarebbe visitata esclusiva- mente da pronubi cercatori di polline, l altra da insetti nettarofili (Ludwig). Però ammessa pure come fondata l'ipotesi che il cambiamento di colore valga ad informare certi insetti sulle condizioni evolutive del fiore e dell’infiorescenza, (ciò che per taluni esempi riportati dal Ludwig ci pare oltremodo dubbio) quale interpretazione possiamo noi dare del policroismo, che presentano nel corso di uno stesso giorno i fiori di Gladiolus versicolor i quali bianchi al mattino cambiano di colore nel pomeriggio, per diventare bleu alla sera e ripeter di nuovo lo stesso ciclo di tinte il giorno seguente? Egli è lecito ammettere che tali cambiamenti non abbiano alcuna relazione colla fecondazione per mezzo degli insetti, essendo più che sufficiente due cambiamenti pev informare i pronubi sullo stato evolutivo del fiore: un aumento nel numero delle tinte può riuscire più di danno che di vantaggio al fiore ed agli insetti, * 1 Fa eccezione forse la Lantana studiata dal F. Miiller al Brasile, i cui fiori nel primo giorno sono gialli poi diventano aranciati e infine rossi, poichè l'Autore ebbe n 261 — L’ Eckart, che ha osservate analoghe variazioni di tinte nella Swafnsonie procumbens (V. Cap. CXLVI) ritiene difatti che le stesse siano uni- camente in relazione colle condizioni meteorologiche. ! Qui iornerebbe acconcio ricordare, che secondo il Griesbach, Dodel, Musset, ecc., i colori vivi delle piante alpine od artiche divennero tali onde poter attirare più facilmente i rari insetti che trovansi in tali con- trade, oppure in seguito all’ azione combinata della luce e degli in- setti (Kerner, Miiller). A questo riguardo però abbiamo già veduto nel Cap. XIV che in molti casi la variazione sarebbe dovuta unicamente alla radiazione ed al freddo, od a cause affatto sconosciute, come nella Pinguicula (Miller). A riguardo delle colorazioni, diremo così regionali, merita ancora di esser segnalato ehe il Kerner rileva come nelle regioni baltiche de- terminate colorazioni fiorali vanno diminuendo di estate in rapporto alla diminuzione di certi insetti, ed analoghi fenomeni vennero segnalati dal Robertson. i La distribuzione anatomica dei colori, in correlazione coll’ impolli- nazione xenogamica fu pure oggetto di studi e noi troviamo raccolti in molti trattati di biologia numerosi esempi indicanti come il colore possa a seconda dei peculiari bisogni del fiore e per ragioni biolo- giche speciali aver sede nelle differenti parti della corolla, nel calice, (Anemone) nelle brattee fiorali, nella spata, negli stomi, nell’ovario, nel ‘peduncolo fiorale o in parecchi di questi organi ad un tempo, (Lager- ad osservare che taluni insetti prediligevano i fiori gialli, altri quelli gialli e aranciati. Questi casi di dicroismo hanno molta analogia con quelli in cui il fiore presenta delle antere differentemente colorate, le une servendo ad attirare gli insetti raccoglitori di polline, le altre quelli cercatori di nettare. 1 Noi non possiamo ammettere che tutti questi cambiamenti di colore che si ve- rificano nei fiori durante la loro evoluzione siano in rapporto diretto di causalità colla fecondazione per mezzo degli animali. Se si considera infatti che i fiori antocianici di Campanula patula, rotundifolia, pusilla, ete. e quelli di Lotus, Papaver seccando cambiano colore (Prantl, Buscalioni e Pollacci), si può logicamente trarne la conse- guenza che siffatte variazioni costituiscono innanzi tutto un fenomeno dipendente dalla nutura stessa del protoplasma e solo in via molto indiretta possono venir in sussidio alla fecondazione incrociata. I cambiamenti di colore che si verificano nell’ essiccamento, lasciando da parte i casi in cui essi sono dovuti alla presenza di indaco (Lathraea, talune Orchidee, ecc.), dipendono, secondo Fremy, della decomposizione di una sostanza organica azotata con produzione di ammoniaca che provoca l'alterazione del colore (fiori di Hibiscus, ecc.). In altri casi però, come ad esempio, allorchè si fa seccare rapidamente i fiori nel vuoto si ha eliminazione di acido carbonico e allora il contenuto cellulare passando dallo stato acido a quello alcalino cambia di colore e da rosso diventa violetto. In generale non si hanno ulteriori modificazioni, cioè non si arriva alla tinta verde. — 202 — heim, Delpino, Johow, Miiller, Kerner, ecc.). Taluni autori per meglio poter analizzare la funzione vessillare hanno fatti dei tentativi di clas- sificazioni biologiche ancor troppo empiriche perchè possano esser ri- tenute come definitive (Delpino, Ulter. osservaz. sulla Dicogamia). Una particolar attenzione venne poi rivolta ai colori disposti sotto forma di macchie, di strie, di screziature, per lo più antocianiche, come quelle che secondo il Miiller, il Darwin e Delpino valgano quasi eselu- sivamente ad indicare agli insetti la via che devono seguire per arrivare ai nettari, siano questi secernenti o falsi nettari (nettarindici di Del- pino, Saftmaal di Sprengel) od al polline. La mancanza di nettarindici nei fiori che si aprono di notte (Sprengel) ed in quelli anemofili o cleistogami (Delpino) costituisce un documento atto a mettere in luce la funzione di tali produzioni. Non pochi autori si son elevati contro cotesta interpretazione ed lianno obiettato che talune piante benchè sfornite di nettari presentano tuttavia dei nettarindici (ZZ2biscus Trionum (Kerner) Helianthemwn guttatum (Bonnier)); che i mettarindici si trovano non solo presenti nei fiori irregolari nei quali quasi esclusivamente sarebbe necessaria la loro presenza per guidar gl’ insetti (Bonnier) e che infine alcune piante sono nettarifere in talune regioni, mentre non lo sono più in altre (Bonnier). È vero che anche queste obbiezioni potrebbero da taluni venir infirmate coll’ammettere l’ intervento di processi atavici, ma a noi pare che l’ interpretare, colla scorta dell’atavismo, tutto ciò che non si concilia colle nostre vedute, costituisca un sistema talvolta pe- ricolosc e che può portare ad erronee concezioni. Le gravi controversie scientifiche che sono sorte come conseguenza dell’accanimento col quale gli uni vogliono considerare tutte quante le più minute variazioni di forma, struttura, colorazione fiorale, come fe- nomeni dipendenti dalla xenogamia, mentre gli altri ostentano scetti- cismo ed incredulità per tale teoria, hanno indotto più di un osserva- tore a cercare nell’esperimento la soluzione del complesso problema concernente la finalità dei colori fiorali. A tal uopo il Lubbock, il Miiller ed il Bonnier avendo collocato del miele su vetrini di differente colore e posti ad una certa distanza da un alveare, cercarono di stabilire se le api visitavano con maggior frequenza piuttosto l’ uno che l’altro dei vetrini e qual era il colore che attirava di più gli animali. Le esperienze hanno dato risultati tutt'altro che concordi, poichè mentre il Miiller ed il Lubbock riconobbero nelle api una più spiccata simpatia per il bleu, il Bonnier trovò invece che tutti quanti i colori usati (rosso, verde, giallo e bianco) attiravano in egual misura gli insetti e per di più il numero delle visite ai differenti ve- trini dopo aver raggiunto un massimo; andava diminuendo gradatamente in proporzione dell’esaurimento della provvista di miele. Il Plateau ebbe a constatare che se si esporta il nettario lasciando però in sito i petali colorati, ad un dato fiore, le visite degli insetti cessano; mentre all'opposto continuano se si esportano, come fece anche il Lovel, i petali, o si coprono con foglie, e si lascia in posto il net- tario, o si mette ad arte del miele nel fiore così sfrondato. Da questa esperienza l’autore concluse che gli insetti sono attirati esclusivamente dall’odore, ma i risultati vennero combattuti, molto aspramente, dal Kienitz Gerloff e dal Knuth, i quali però giustamente rilevarono che il complesso dei fenomeni osservati dal Plateau non valgono che ad indicare che gli insetti sono anche attirati dall’odore e prevalentemente da questo. Del resto contro le ipotesi del Plateau parlano pure le osservazioni di Nàegeli, di Perez e di Knuth, che sorpresero alcuni insetti a visitare dei fiori artificiali, fossero essi stati parzialmente riempiti di miele (Nògeli) o lasciati intatti. Ma vi ha di più; il Forel vide che certi insetti cui venivano tagliati gli organi dell’ olfato, con- tinuavano a visitare i fiori, mentre ciò non avveniva più con quelli acciecati. Questa esperienza, che parrebbe di capitale importanza, ha tuttavia il suo lato debole pel fatto che gli insetti privati degli occhi dirigono il volo quasi costantemente verso l’alto. In modo più decisivo parla contro l’ipotesi di Plateau, l’esperienza di Dahl. Quest’osservatore constatò che le api giovani, e perciò ancora ine- sperte, volano assai spesso sopra fiori il cui nettario è a loro inacces- sibile, mentre quelle adulte non commettono più tale errore, il che in- dica che il senso della vista è in grado di far loro riconoscere i diffe- renti fiori. F Anche il Filharsi ed il Bonnier coll’ esperimento hanno contrad- detto i sostenitori della teoria xenogamica e quest’ ultimo credette di poter stabilire nel modo più formale, che non vi ha rapporti fra la colorazione dei fiori e la presenza del nettario, che i fiori colorati non sempre sono quelli più prediletti dagli insetti e che infine neppure i fiori maschili sono visitati sempre pei primi. Egli poi dimostra l’inef- ficacia dell'esperimento del Lubbock, il quale, avendo spostata la goc- cia di nettare dalla regione dei nettaroindici, constatava che gli insetti (api) non riuscivano più a rintracciarla, perchè egli potè riprodurre il fenomeno artificialmente in un recipiente qualsiasi, ciò che gli per- mise di concindere che l’esperimento di Lubbock vale semplicemente a dimostrare che le api, una volta che sono abituate a portarsi in un de- terminato punto, dove vi ha il nettare, stentano un po’ a ritrovar — 264 — quest'ultimo se viene spostato, e non già, come vorrebbe il detto an- tore, che il nettarindice serva di guida. Da tutti questi dati risulta evidente che l’esperimento non ha por- tato molta luce sui fatti, ma neppure è riuscito a portare un gran colpo alla teoria dell’impollinazione xenogamica qual è intesa dal Delpino e da altri autori e noi perciò incliniamo a credere che, malgrado le gravi obbiezioni tratte in campo dai moderni biologhi, fra i quali il Curtel ed il Bonnier, tra fiori ed insetti si siano stabiliti realmente dei rapporti intimi e complessi, grazie alla presenza nei primi di colori speciali, di odori e di sostanze zuccherine, i quali rapporti hanno potuto, nella lunga serie dell'evoluzione degli esseri, apportare delle profonde modificazioni tanto ai primi che ai secondi, allo scopo di accentuare maggiormente i vincoli. Ora l’antocianina non ha avuto certamente una parte secondaria in questo grandioso fenomeno biologico del quale essa stessa ha dovuto a sua volta sentirne, per riflesso, tutta la potenza. È) nostra convin- zione però che non pochi biologi abbiano esagerato eccessivamente la portata dei fatti, specialmente per quanto concerne l’antocianina che hanno vincolata ad un solo ufficio, quello vessillare, mentre dovevano aver sempre presente che questa sostanza, anche nell’ambito del fiore, è collegata a moltissimi altri fattori, quali la luce, l'umidità e via dicendo. Coll’assolutismo unilaterale che informa, pur troppo, la teoria della xenogamia, riesce molto malagevole a spiegare alcuni fenomeni, oppure bisogna svisare la loro natura per farli entrare nell'orbita della teoria. Come mai può conciliarsi infatti colla teoria xenogamica che molti fiori doppi e sterili aumentano l’ intensità di colorazione degli apparati di adescamento (Lindemann)? Per quali ragioni i nettari non sempre sono in rapporto coi nettaroindici (Bonnier)? Perchè i fiori hanno adot- tato forme e colori così svariati per attirare gli insetti, non hanno poi per altro canto saputo difendersi contro le raccolte illegittime? La mancanza di colori nei fiori che si aprono alla notte, non dipende piut- tosto dall’esser questi sottratti alla luce, anzichè dalle condizioni pecu- liari dell'organo visivo dei pronubi? La vistosità dei colori non è forse talora un'arma a doppio taglio che può all'occorrenza esporre il fiore all’azione dei nemici, come venne persino dimostrato dal Delpino e dal Robert? Non ha forse dimostrato il Ludwig che gli insetti possono colle loro visite favorire l’autogamia anzichè la xenogamia? Ecco quali sono i quesiti e le obbiezioni principali sui quali dovrebbero ponderare ì sostenitori ad oltranza della xenogamia per assurgere a concezioni sintetiche che, mentre tornino favorevoli alla teoria stessa, non arri- vino a disconoscere l'importante azione che altri fattori, oltre gli ani- ani mali pronubi, possono esercitare nell'evoluzione fiorale e nello sviluppo dei pigmenti, fra i quali principalissimo l’antocianina. Noi non possiamo chiudere il presente capitolo senza accennare ad una peregrina idea del Freire, il quale constatò, o almeno credette di poter affermare che determinate Bacteriacee vegetano nell'interno dei fiori, le quali poi, coltivate su adatti mezzi, sviluppano dei colori i quali armonizzano colle tinte delle parti fiorali che ricettavano gli organismi. Se le vedute del Freire sono giuste, ciò che però è poco probabile, la colorazione dei fiori acquisterebbe un'importanza capitale per i molteplici processi biologici che ad essa sarebbero collegati. CAPITOLO XIX. Le antocianine in rapporto ai processi patologici. Molti processi patologici che colpiscono le piante esercitano una non dubbia influenza sull’antocianina, determinando talora la sua ap- parizione in organi e tessuti che normalmente ne sono privi, o vice- versa provocandone la scomparsa. Non sempre però si può stabilire con sicurezza se i processi che danno luogo a queste variazioni deb- bano essere classificati fra quelli di natura patologica, o non piuttosto costituiscano semplicemente dei processi fisiologici più o meno esaltati. Il passaggio dagli uni agli altri è talora così insensibile, come chiunque può constatare osservando, ad esempio, quanto avviene sotto l'influenza del freddo, che il lettore ci concederà venia se nella trattazione delle cause morbose fu giuocoforza qualche volta ritornare su argomenti che altrove erano già stati trattati dal punto di vista fisiologico. Fra le cause morbose che più da vicino interessano l’antocianina, vanno annoverate le azioni debilitanti, la temperatura eccessiva, l’ in- solazione, le lesioni meccaniche, la folgorazione, i veleni, il parassi- tismo ed inoltre alcuni fattori che noi chiamiamo col nome di cause indeterminate perchè non sono ancora troppo a fondo conosciuti nella loro intima essenza. Molti di questi agenti però non potrebbero tuttavia, in più di un caso, spiegare la loro azione se la pianta non portasse con sè le stim- mate della predisposizione e noi avremo appunto occasione di consta- tare come l'organismo, a seconda della colorazione di cui sono ornati i — 266 — suoi organi principali, può andare più o meno soggetto a contrarre de- terminate malattie o a subirne più gravemente l'influenza. Intanto bisogna sempre aver presente che le manifestazioni mor- bose, le quali hanno per risultato la scomparsa o viceversa la produ- zione di antocianina, in aleumi casi costituiscono dei sintomi più o meno caratteristici della entità morbosa, in altri invece non rappresentano che delle alterazioni di natura secondaria ehe possono persino far difetto. a) Azioni debilitanti. Le condizioni di esistenza poco favorevoli allo sviluppo della pianta provocano la comparsa dell’antocianina in taluni organi della stessa, o viceversa la sua scomparsa. Così, ad esempio, la Mercurialis tomentosa diventa colorata in bleu quando venga coltivata in cattive condizioni, mentre all’opposto alcune 7ulipa, sotto l’azione di cause debilitanti, diventano bianche. Secondo il Mer, l’arrossamento di molti germogli nati un po’ presto, dipenderebbe appunto dal trovarsi le piante in cattive condizioni di esistenza, poichè le gemme che si aprono in primavera avanzata, non passano più per un periodo antocianico. Anche la comparsa del colore rosso autunnale si vorrebbe da taluni collegare coll’intervento di speciali cause debilitanti, ed infatti le foglie arrossate assimilano meno energicamente (Macaire Princeps) e cadono prima delle altre in seguito, forse, a diminuita traspirazione (Mer e Wiesner). Per le stesse ragioni molte volte i fiori che si schiudono un po’ precocemente vanno soggetti a variazioni di tinta, ed il Duchartre cita appunto il caso di alcuni esemplari di Syringa che forzati svilupparono dei fiori bianchi. Il Mer fa infine osservare che l’indebolimento è causa spesso della comparsa dell’ albinismo o della variazione in generale, poichè molte volte l'alterazione scompare se si assoggetta la pianta a migliori con- dizioni di esistenza. b) Azione della temperatura. x Come sopra è stato detto, quest’argomento fu già trattato nel Cap. IX, sotto il punto di vista fisiologico. Noi ci limiteremo pertanto qui ad aggiungere alcuni dati i quali valgono a dimostrare come talune — 267 — piante antocianiche reagiscano diversamente dalle altre sotto i’ influenza del freddo. Nel Garden Chronicle del 1878 trovasi riportato che la brina esér- cita sui fiori colorati di Polyanthes e di Primula un'influenza assai più dannosa che su quelli bianchi, ed analoghi risultati sono stati segna- lati dal Kumisch per quanto riguarda le Orchidee, le foglie di Co/eus ed i peli di Tradescantia. Il Darwin ha pure constatato che taluni Giacinti.d’ Olanda rossi, i quali si erano sviluppati dopo di aver superato un inverno piuttosto rigido, perdettero molto di pregio ornamentale. L'azione dannosa del freddo sui fiori colorati fu studiata sperimen- talmente e dal punto di vista istologico, dal Fisch, il quale ebbe a con- statare, innanzi tutto, che nella notevole irradiazione cui questi vanno soggetti, va ricercata la causa delle alterazioni e secondariamente che le differenti piante si presentano diversamente sensibili al freddo, po- tendo, ad esempio la Viola, resistere, senza subire alterazioni di tinta, ad una temperatura di — 4°, alla quale i fiori di altre piante (Myosotis) non tardano a cambiar di colore passando dal rosso al bleu. Sotto l’azione del freddo intenso, le cellule antocianiche si disor- ganizzano e l’antocianina si raccoglie nelie maglie dei reticoli plasmici. Per quanto concerne l’azione delle temperature piuttosto alte, si hanno pochi studi, la maggior parte dei quali venne di già riportata nel Cap. IX. Noteremo adunque soltanto che l’insolazione, come sor- gente di calore, agisce con diversa intensità sulle piante, e ciò a se- conda della natura dei pigmenti che queste contengono ed a seconda che sono ricche o povere di antocianina. Infatti i Pelargonii oscuri, al- cune varietà di Viola tricolor e quelle scarlatte od oscure di Verdena, soffrono assai sotto l'influenza di una forte insolazione in confronto di altre varietà diversamente colorate. c) Lesioni meccaniche. Wiesner, Molisch, Rathay, Weigert, Wilhelm, E. Pollacci ed altri autori, hanno osservato che se ad una pianta di vite si incide, ad anello, un ramo, od i picciuoli, oppure si tagliano le nervature fogliari, od anco si lacera una porzione di lembo, le foglie o la porzione di queste sovra- stanti alla lesione, dopo un periodo di tempo che può variare da sette a trenta giorni, diventano rosse e l’arrossamento si presenta così uniforme ed intenso che difficilmente può andar confuso con quello autunnale (Lindsbaner). — 26S — Il Rathay ed il Weigert hanno pure messo in evidenza, come fe- nomeno abbastanza singolare, che le foglie così arrossate conservansi più a lungo turgide di quelle verdi, per cui quando vengono staccate dal caule esse seccano con maggior lentezza in confronto di queste ultime. Ciò proverebbe che la traspirazione è diminuita nelle foglie rosse ed infatti se si introduce un ramo a foglie rosse in un pallone e poscia si ripete l'esperimento con un altro ramo a foglie verdi, si può constatare che è assai più debole l’emissione del vapor acqueo per parte delle foglie rosse, poichè la parete del pallone contenente le stesse tarda assai a coprirsi, sulla superficie interna, di rugiada, in con- fronto del recipiente di controllo (Rathay). Egli è singolare il fatto che la decorticazione arriva a produrre l’arrossamento solo nel caso che venga praticata in autunno, cioè nel- l'epoca in cui gli acini dell'uva cominciano ad arrossare; la lesione rimane senza influenza, per quanto concerne l’antocianina, se viene ese- guita d’estate. Il fenomeno fu variamente interpretato dai differenti autori: così ad es., il Molisch ritiene che esso dipenda da diminuzione nel trasporto del- l’acqua; il Wiesner invece è d’avviso che impedendosi, coi tagli, l’arrivo dell’acqua alle foglie si impedisce pure il trasporto del C 0°, per cui il CO, contenuto nelle foglie, ben tosto viene del tutto eliminato per diffu- sione. Grazie ad una tale condizione di cose, si ha quindi un eccesso di O nel parenchima fogliare, il quale provoca ben tosto la formazione di acidi organici, che a loro volta determinano la comparsa dell’ an- tocianina. Benchè la turgescenza si conservi più a lungo nelle foglie arros- sate, pur tuttavia il Lindsbauer ha notato che le stesse cadono prima di quelle verdi ed il fatto va ricercato nei disturbi di nutrizione, anzichè nella deficienza di acqua. L’arrossamento artificiale delle foglie e dei cauli fu pure ottenuto in alcune altre piante, talune delle quali arrossano più o meno normal- mente nell'autunno o nella primavera (Viburnum opulus, Viburnum Lan- tana, Crataegus (Sorauer), Sonchus, Cornus, Geranium, Rosa (Rathay, Wilhelm, Wiesner), mentre altre non arrossano (Koelreuteria paniculata {Wiesner), Graminaceae (Kraus)). In tutti questi casi l’arrossamento è collegato all’indebolimento dell’attività dei cloroplasti. Se l’arrossamento, in seguito a lesioni, si presenta con abbastanza frequenza nelle foglie e nei cauli altrettanto non può dirsi pei fiori. Interessante sotto questo punto di vista è il caso del Cyclamen persi cum giganteum i cui fiori, bianchi all'apice e rossi alla base, quando ven- gano feriti arrossano anche al di sopra della lesione (Menegazzoli). — 269 — Il Goiran che riporta il fatto ritiene che qui parimenti abbia luogo un arresto dei succhi con successiva ossidazione degli stessi, ma però va troppo lungi dal vero quando afferma che le sostanze ossidate, di color rosso, si depositano di poi sotto forma solida. Anche nei frutti si può osservare, sebbene raramente, dei cambia- menti di colore come conseguenza di lesioni. Un bellissimo esempio è stato riferito dal Bòhm il quale avendo staccato da una pianta di Pas- siflora coerulea un ramo portante alcuni frutti ancora verdi constatò che questi divenivano bleu assai prima di quelli rimasti aderenti alla pianta, e ciò tanto nel caso che il ramo venisse posto all’oscuro, o tenuto colla superficie di sezione sott'acqua. Lo stesso autore potè poi anche constatare che se si taglia in più parti il frutto immaturo di detta Passiflora, senza però staccare com- pletamente i pezzi, oppure si esporta quasi del tutto l'epidermide, la colorazione non tarda pure a manifestarsi nella parte lesa. Da ultimo fra le lesioni meccaniche che possono provocare l’arros- samento dei vari organi delle piante ricorderemo ancora il morso di taluni animali ed in specie degli insetti quali i Tineidî del Rumer e del Iudus, il Iehinchites betulinus ed il Tetramichus telarius della Vite. da) Folgorazione. La folgorazione, al pari delle lesioni meccaniche, quali le ferite le torsioni, ecc. può produrre in alcune piante l’arrossamento delle foglie ed anche dei rami in corrispondenza della regione sovrastante al punto colvito. L’arrossamento si manifesta con tutta facilità nella Vite che a quanto pare è anche una delle piante colpite con particolare predile- zione dal fulmine (in specie le varietà a bacche nere). Si deve appunto a questa circostanza se il Colladon, il Rathay, il Pfau, lo Schellemberg ed il Caspary hanno potuto studiare a fondo, appunto sulla vite, le le- sioni prodotte della folgore e se pure sulla stessa pianta il Ravaz ed il Bonnet sono riusciti a condurre a termine i loro studi sperimentali sulla folgorazione. I risultati cui giunsero gli autori menzionati concordano abba- stanza fra loro; solo il Caspary s’allontana alquanto dalle vedute degli stessi, poichè ritiene, ma erroneamente, che la colorazione rossa non sia dovuta all’azione della folgore. Il pigmento antocianico che si manifesta, a quanto pare, solo nelle varietà rosse di Vitis ed iu seguito all’azione delle stesse cause (difetto — 270 — d'acqua, rallentamento nella circolazione dei succhi, ecc.) che provo- cano l’arrossamento sotto l’azione delle lesioni meccaniche (Rathay) si manifesta con macchie brune che poi, grazie allo sfacelo della cloro- filla, diventano tipicamente rosse. È difficile distinguere l’arrossamento prodotto dal fulmine da quello dovuto a lesioni meccaniche, ma assai spesso ci può servire di guida nella diagnosi la circostanza che là dove è caduto il fulmine si trovano per lo più molti tralci di Vitis arrossati, tanto che il Rathay ne ha potuto contare in un caso persino cinquecento, raccolti in un’area poco estesa di vigneto. e) Azione dei veleni. Per quanto abbiamo potuto constatare l'argomento è stato trattato, e soltanto in modo superficiale, dall’ Overton e dal Tassi. Il primo fa notare che se si coltivano piantine di Lilium martagon in alcool, o etere amilico, o acetone od etere etilico si ottiene, qualora però le soluzioni siano abbastanza concentrate, un arrossamento più o meno marcato di talune parti della pianta. Allo stesso risultato arrivò il Tassi colti- vando il Crocus luteus in soluzioni concentrate (1 :8) di cloridrato di co- caina. Egli però fa osservare che la colorazione non si manifesta più, se si adopera invece il bicromato di potassa. L'Overton spiega il fenomeno ammettendo che la narcosi produca dei gravi disturbi nel trasporto degli assimilati, ciò che pare abbia fondamento di verità. f) Influenza del parassitismo. Noi vediamo assai spesso l’antocianina accompagnare i processi patologici dipendenti dal parassitismo, ma la sua presenza, a seconda dei casi, può costituire un sintomo quasi patognomonico della malattia, oppure rappresentare solo un’accidentalità collegata unicamente ai disturbi secondari che l'insediamento del parassita può dar luogo, fra i quali merita in particolar modo di esser annoverato l’essiccamento più o meno rapido cui va incontro la parte lesa. L’antocianina si presenta assai spesso nelle produzioni di natura gallicola come hanno fatto rilevare il Darwin, il Kustenmacher, il Bejer- ink, il Lacog, il Duthiers, il Sorauer, il Frank, il Ludwig ed altri autori. Fra le galle che più frequentemente si presentano arrossate meri- tano di essere segnalate quelle prodotte dall’ Hormomya Fagi, dalla — 2 = fitoptosi dell’Alloro (Massalongo), dall’ Aular Hieracii e dall’Aular Gle- chomae, da taluni Spathegaster, dal Rhodites Rosarum e dal Rhodites eglanteriae, da molti Phytoptus e via dicendo. Secondo il Kustenmacher il colore sarebbe dovuto alla presenza di flobafeni, ma è molto probabile che in non pochi casi quest’autore con- fonda tali sostanze con l’antocianina, ciò che del resto è abbastanza giustificabile data la grande affinità fra i due pigmenti. Non è ancor stata ben accertata quale funzione compia l’antocia- nina nella biologia delle galle, inquantochè mentre alcuni sostengono che essa, producendo un leggero aumento di temperatura nella parte in cui si sviluppa, valga ad offrire un albergo abbastanza tiepido alle larve racchiuse nel tumore, altri invece ritengono che la colorazione sia di nessuna utilità alla pianta od all’insetto. Qualche osservatore ha pure emesso l'ipotesi che il piymerto serva a proteggere le galle contro il morso degli animali (Cecidomyzia Fagi) ed anzi il Thomas, parlando delle galle colorate di alcune Dryophanta e Cynips, è giunto fino ad ammettere che quelle striate di rosso e di verde costituirebbero degli esempi di mimetismo in cui la particolare distribuzione del colore rosso servirebbe appunto a difesa della galla. A noi pare poco probabile che tale sia la funzione del pigmento poichè la colorazione rosso viva di certe galle che fa rassomigliare queste a certi frutti! (fragole) potrebbe esporre ]a galla ad esser divorata o danneggiata, per errore, da qualche animale. Egli è adun- que necessario cercare altrove la vera funzione dell’ antocianina, non potendo neppur sembrare troppo fondata l'ipotesi che vedrebbe nel pig- mento unicamente una causa di riscaldamento. Merita intanto di esser segnalato che alcune galie, anzichè esser contradistinte per la presenza di pigmento antocianico, provocano invece la scomparsa di questo come venne dimostrato per le galle di taluni Aulax ('Treub) e per quelle del Plytoptus della Lisimachia vulgaris. Fra le produzioni che hanno una certa attinenza colle galle de- vonsi annoverare le insaccature prodotte dalla guaina fogliare di talune Melastomaceae, le quali servono di abitazione a più di una specie di for- miche dei paesi tropicali. Ora anche queste singolari produzioni sono internamente tappezzate da uno strato epidermico colorato in rosso e la colorazione si forma quasi indipendentemente dalla luce, vivendo le piante in questione nel fitto delle foreste americane (Buscalioni). A proposito delle galle torna ancora opportuno ricordare che il Kronfeld ritiene che il fiore centrale dell’ombrelle del Daucus Carota 1 Nel senso volgare della parola. Atti dell'Ist. Bot. dell’ Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII. 20 — 272 — derivi da metamorfosi di produzioni gallicole che avrebbero occupato una porzione dell’ombrella. Se una tale veduta venisse confermata essa avrebbe non poca importanza, poichè varrebbe a portar molta luce sulle cause che hanno provocato la colorazione speciale di quel fiore, ma noi facciamo osservare che la colorazione spesso si manifesta anche sui pe- tali dei fiori circostanti a quello centrale, per cui è poco probabile che l’interpretazione del Kronfed sia giusta. Dai fatti esposti si può arguire che l’antocianina esercita una fun- zione di non dubbia importanza sulla vita di molte galle, ciò che costi- tuisce un nuovo argomento a favore dell'ipotesi, la quale attribuisce alla pianta una partecipazione attivissima e, ci si permetta la parola, quasi intelligente nella produzione del tumore, essendo la costituzione di questo tutta quanta intesa. a proteggere nel miglior modo possibile la vita degli insetti cui essa dà ricetto. Il fatto appare abbastanza evidente se si considerano le produzioni, assai affini alle galle, dovute alla presenza di formiche nell’interno delle piante formicarie, ma riu- scirà ancor più manifesta quando noi avremo, nella terza parte di questo lavoro, trattato a fondo la questione della funzione dell’ anto- cianina. Anche molti bacteri e funghi, quando conducono una vita parassi- taria nella compagine dei tessuti delle piante superiori, determinano spesso la formazione del pigmento antocianico. Fra i primi segnaleremo in special modo i bacteri del Cyclamen (Prillieux) ed i bacteri dell’ar- rossamento della vite (Arcangeli e Baldrati). A riguardo di questa ma- lattia però non si è ancora detta l’ultima parola non conoscendosi se i bacteri, che taluni pretendono di aver trovato nelle parti ammalate, siano le cause del morbo o um’accidentalità dello stesso, e non potendosi neppure escludere la dipendenza della lesione da cause. meteorologiche. La malattia inoltre non è sempre diagnosticabile con facilità, per cui non ci deve recar meraviglia se da molti è stata confusa con altri processi morbosi (Gelvure, Malattia della California, Rouget, ecc.) dovute a cause pure non ben chiare. È duopo però notare che l’ Arcangeli ebbe a ri- conoscere fra i sintomi più salienti della malattia, oltre all’ arrossa- mento, l’occlusione dei vasi delle foglie per mezzo di masse mucilag- ginose o tanniche, per cui si ha un arresto nella circolazione dei suc- chi e talora anche un aumento d’amido nelle cellule malate, il che, come vedremo fra poco, deve certamente esercitare un’ influenza sulla ;com- parsa dell’antocianina, il cui sviluppo viene poi anche favorito dal fatto che le piante assimilano poco (Griffon). Tra i funghi parassiti che più di frequenti danno luogo alla for- mazione di antocianina segnaleremo soltanto alcune Cercospora, Ramu- Re = * laria (Mer), l’Aecidium Rhamni, V Aecidium Urticae e VAecidium aspleni- folium (Wakker), il Cystopus Bliti che provoca, oltre l’arrossamento nelle infiorescenze dell’ Amaranthus retroflerus e dell’Amaranthus Blitium, anche una notevole e persistente turgescenza delle parti infette (Ma- gnus, Massalongo e Schròter), il Saccharomyces del Sorghum (Cavara), l’Erobasidium vitis, il Synchitricum dell’Anemone, il Cercosporium delle Cipolle di Amary/lis e di Eucharis (Prillietx) la Sphaerella Fragariae, le Nortiera Nespili, la Plasmadiophora californica ed alcuni altri parassiti stati segnalati dal Mer, dal Mac Millan e da altri autori, molti dei quali organismi sono la causa delle così dette BlattfAleckenkranckeiten degli autori tedeschi. Anche a riguardo dei bacteri e dei funghi nulla si sa intorno J]e cause che producono il pigmento, e noî per ora ci limitiamo perciò unicamente a far notare che nelle parti delle piante infestate da pa- rassiti fungini venne da più di un autore constatata la presenza di fermenti ossidanti. 9g) Cause indeterminate. Molte volte si incontrano delle chiazzature rosse sulle foglie, sui cauli e sui frutti, od anco si verifica una tinta rossa più o meno diffusa senza che per altro sino ad ora si sia potuto stabilire il loro intimo nesso con determinati processi morbosi.! Nel maggior numero dei casi la comparsa del pigmento antocianico si manifesta quasi improvvisa- mente, ma in altri invece non costituisce che la persistenza di condi- zioni embrionali 0 primordiali. Un esempio molto singolare di questo genere si venne offerto da una piantina di Theobroma Cacao coltivata nelle serre dell’ Orto Bota- nico di Pavia. La piantina, in piena vegetazione presentava come al solito le foglie giovani di color rosso pallido che più tardi andava mano mano scomparendo per cedere il posto alla tinta verde. Alcune foglie però invece di assumere una colorazione verde uniforme diveni- vano tali solo in tratti più o meno estesi del lembo, mentre la rima- nente porzione rimaneva rossa-rosea. L'esame microscopico dei tratti rimasti arrossati lasciò riconoscere un assottigliamento del lembo e la presenza di antocianina nel succo cellulare delle cellule circostanti ai fasci vascolari. La causa della malattia rimase a noi affatto sconosciuta. Alcune delle cause indeterminate, anzichè provocare la colorazione ! Il colore finisce per fissarsi sulla parete della cellula (Palmer e Comes). — 274 — antocianica, determinano la scomparsa di questo pigmento dalla parte - colpita. Gli esempi più classici di questo genere ci vengono offerti dai casi di virescenza e di albinismo, dei quali si è già tenuto altrove parola. Non tutti però gli esempi di questo genere si possono riportare, come si è visto, a cause ignote, poichè è stato osservato che la vire- scenza può manifestarsi ad esempio, in seguito a parassitismo e l’albi- nismo completo od incompleto che è frequente nei fiori, un po’ più raro nei fratti e che si osserva anche nel ricettacolo ingrossato dalla Fraga- ria, è dovuto talora a secchezza come venne stabilito per il Convolvulus. Fra gli esempi di albinismo dovuto a cause ignote noi citeremo quello offertoci dalla Cardamine pratensis che nei dintorni di Pavia si presenta costantemente a fiori bianchi, ma noi non siamo alieni dal ri- tenere che questa anomalia sia in rapporto colle condizioni locali di umidità le quali a lungo andare avrebbero provocata la comparsa di una tale varietà. ! h) Predisposizione alle malattie ed alle lesioni. Già abbiamo in parte trattato quest'argomento nelle pagine dedi- cate all’ influenza del freddo, della folgorazione, ecc., per cui crediamo utile di riportare qui soltanto alcuni esempi più o meno interessanti e che dimostrano come l’antocianina possa predisporre alcune piante a contrarre determinate malattie e lesioni. Il Darwin ha fatto notare che le varietà rosse di Prunus dell’Ame- rica del Nord e la Canna da zucchero rossa dell'Isola Maurizio sono più soggette a certe malattie di quelle verdi. Lo stesso autore riporta pure che le varietà rosse di Ciliege, di Lampone e di Agrifoglio sono più rovinate dagli uccelli in confronto delle varietà bianche o gialle delle stesse specie. Infine analoghi esempi trovansi segnalati in vari fascicoli del Gar- diner Chronicle. In altri casi invece si potrebbe quasi ammettere che l’antocianina. anzichè aumentare la predisposizione alle malattie ed alle lesioni, co- ! Non si deve confondere coll’albinismo, il cambiamento di colore che si osserva nei fiori della Vernonia Sondersonii che dapprima rossi diventano più tardi bianchi o in quelli di Pleroma Sellowianiana che si comporta in modo opposto (Ludwig) poichè nel primo caso trattasi soltanto di decomposizione del pigmento e nel secondo di tardiva comparsa dello stesso. = 3a — stituisea una difesa contro le stesse, essendo stato accertato, per por- tare solo due esempi, che te Verbene bianche sono più soggette alla “ golpe , di quelle altrimenti colorate e che le uve verdi furono le prime ad essere attaccate dall’Oidium. Noi ignoriamo completamente quale sia l’azione del pigmento, se pure ve ne ha una, tanto in un caso come nell’altro; solo possiamo affermare che per quanto riguarda le lesioni prodotte da uccelli, la maggior vistosità dei frutti rossi costituisce forse la causa per cui que- sti riescono più danneggiati in confronto di quelli bianchi e quindi la- sciamo alle ricerche future di risolvere l’oscuro problema che riflette la predilezione con cui certe malattie si manifestano su piante di de- terminato colore. CONCLUSIONE. Dall’esposizione storico-critica che abbiamo fatta risulta evidente che numerose sono le osservazioni che sulle antocianine vennero ese- guite dai botanici, ma nello stesso tempo appare pure manifesto che i gravi disaccordi nei pareri, la poca rigorosità con cui furono condotte aleune ricerche e la difficoltà di venire a cognizione dei differenti studi sparsi in svariati e poco diffusi opuscoli e giornali, sono state le ca- gioni principali per cui fino ad ora i botanici non hanno accordato alle antocianine quell’importanza che si meritano e le hanno quasi unica- mente prese in considerazione come sostanze di richiamo a servizio della fecondazione xenogamica o come sostanze protettrici dei cloro- plasti. Dall’assieme delle nostre ricerche emerge all'opposto, ed apparirà ancor più evidente nella terza parte del presente lavoro, che molto più complessa è l’azione esplicata dalle antocianine nella biologia delle piante e noi quindi possiamo già fin d'ora formulare le seguenti conclusioni : Le antocianine rivelano una certa affinità di funzione con alcuni pigmenti delle piante inferiori che, come si sa, sono assai spesso subor- dinati alle condizioni di radiazione. Esse sono poi in intimo rapporto coi flobafeni dai quali ben poco si differenziano. Variabili nella loro co- stituzione chimica, nelle differenti piante ed a seconda dei processi metabolici che si compiono nelle cellule, le antocianine traggono ori- — 276 — gine dall’ossidazione dei tannini sotto l'influenza dell'ossigeno e forse anco di enzimi ossidanti. Esse poi si fissano di preferenza su certi corpi (cromogeni) di natura tannica, o si diffondono nel succo cellulare, dove talora anche si raccolgono in ammassi globulari, od infine assu- mono forma cristallina. Per la loro solubiltà in acqua, in specie se acidulata, per la loro poca affinità per le sostanze grasse, per la loro speciale localizzazione nell'interno della cellula, per le modificazioni peculiari infine che subi- scono sotto l’azione degli acidi e degli alcali, le antocianine riescono abbastanza caratterizzate: noi possiamo pertanto quasi sempre rilevarne la loro presenza anche quando nelle cellule antocianiche esistono altri pigmenti ed in specie quelli appartenenti alla serie xantica del De Candolle. Le variazioni di colore cui l’antocianina va soggetta nei differenti mezzi, acidi od alcalini, vengono poste in nuova luce dai dettami della moderna chimica ed in specie dalla teoria della dissociazione dei joni, formulata dall’Arrhenius e Ostwald e da uno di noi posta in evidenza senza ricorrere all'intervento di energie dissocianti (Buscalioni e Pur- gotti). L’antocianina, oltrechè coi tannini e coi flobafeni, è pure collegata, dal punto di vista genetico, cogli zuccheri, mentre da un altro canto non ha che rapporti affatto indiretti con altre sostanze contenute nelle cellule ed in particolar modo cogli oli e colla clorofilla. Sottoposta all’analisi spettroscopica, l’antocianina acida lascia rico- noscere alcune strie di assorbimento che però sono ben lungi dall’aver una posizione costante; ciò malgrado, in tesi generale, si può affer- mare che le strie sono disposte in modo da lasciar quasi del tutto pas- sare quei raggi che sono utilizzati dalla clorofilla, il che permette il normale funzionamento di questa sostanza. Allo stato alcalino invece le strie di assorbimento delle due sostanze, si sovrappongono parzialmente. La distribuzione anatomica del pigmento ci ha rilevato due fatti abbastanza interessanti e sui quali non è stata fissata che superficial- mente l’attenzione degli studiosi. Noi intendiamo accennare alla fre- quente localizzazione dell’antocianina attorno ai cordoni di collenchima ed all’ingiro del tessuto acquifero, ciò che vale a dimostrare una certa relazione del pigmento cogli organi che presiedono al movimento del- l’acqua nelle piante. È anche probabile che la presenza dell’antocianina vada in alcuni casi collegata con talune modificazioni di struttura delle cellule, ma su questo argomento non possediamo che incomplete nozioni. L'influenza del terreno e della nutrizione, come agenti formatori del pigmento, non ci è parsa sempre troppo chiara, e solo possiamo oe eni {dim e Bia ea e in DI pe E c ei Mi affermare che certi sali possono più o meno influire sulla produzione del pigmento, o modificarne la sua costituzione. Così pure sembra che la riduzione dei processi fotosintetici, quale si ottiene dall’esportazione «li talune parti della pianta, influendo sulla nutrizione generale di questa, agisca in modo dannoso sulla produzione del pigmento. Ben più importante appare l’azione della luce ed in special modo di certe radiazioni (raggi ultravioletti) sulla formazione del pigmento, sebbene non marchino gli esempi in cui questo formasi pure all'oscuro. Jonsiderata nei suoi rapporti colla luce, l’antocianina avrebbe, in certi casi, indubbiamente la funzione di proteggere, a guisa di schermo o di filtro colorato, i cloroplasti da un’eccessiva radiazione. Alquanto più discordi si sono mostrati i pareri allorchè gli autori hanno cercato di stabilire l’influenza che le basse o le alte tempera- ture esplicano sull’antocianina e se piuttosto le une che le altre in- fluiscono sulla sua formazione, ma vedremo più tardi come possano conciliarsi fra loro queste opposte vedute. Dubbia è l'influenza spiegata dall'umidità sull’antocianina e pari- menti mal sicure sono le nozioni che possediamo su quanto ha attinenza all’assimilazione ed al trasporto degli assimilati e la presenza del nostro pigmento. Dal complesso dei lavori che abbiamo passato in rivista appare tuttavia emergere, sotto forma molto nebulosa e confusa, l’opi- nione che l’antocianina tenda a formarsi allorchè si indebolisce l’atti- vità fotosintetica del CO,. Il discreto numero di osservazioni che possediamo sulla respira- zione delle piante antocianiche, non lascia alcun dubbio sulla stretta dipendenza che vi ha tra la formazione dell’antocianina da una parte ed il fenomeno della respirazione dall'altra; ciò che ben si comprende quando si consideri che l’antocianina è un prodotto di ossidazione. Le ricerche sui fiori si sono particolarmente mostrate interessanti sotto questo punto di vista, ma intanto rimane ancora ad investigare se oltre l’ossigeno atmosferico anche i fermenti ossidanti possano favorire lo sviluppo del piemento, ciò che, come sopra è stato detto, appare assai probabile, almeno in certi casi. Gli autori che si sono prefissi di investigare i rapporti dell’anto- cianina colla traspirazione, preoceupati assai spesso di seguire delle idee preconcette, sono arrivati a risultati diametralmente opposti fra loro, poichè gli uni hanno affermato che l’antocianina colla sua presenza e col suo potere termogenico aumenta la traspirazione, gli altri invece vennero a conclusioni opposte. Occorre però notare che questi ultimi, benchè abbiano studiato il fenomeno della traspirazione nella piante an- tocianiche, non hanno però saputo mettere in evidenza l’intimo nesso — 278 di causalità che vi ha fra antocianina e diminuita traspirazione, ma solo accennarono incidentalmente alla concomitanza dei due fattori. Anche molto incerta appare l’azione delle differenti radiazioni dello spettro sulla traspirazione delle piante colorate dall’ antocianina: noi segnaleremo però che il Comes ammette che la pianta traspiri di più sotto l’ influenza delle radiazioni assorbite dall’antocianina. Per quanto riguarda le influenze climatiche noi segnaleremo uni- camente, come dato di una certa importanza teorica, che le regioni tropicali, alpine ed artiche! costituiscono tre zone di massimo sviluppo dell’antocianina. Per le altre regioni le nozioni che possediamo’ sono molto incerte. Poco si sa intorno al comportamento dell’antocianina dal punto di vista della fenologia, ma egli è certo che in molti casi la comparsa e la scomparsa del pigmento sono subordinate all’ avvicendarsi delle stagioni. Una grande luce ha portato l’antocianina, come indicatore dell’ere- dità, nelle ricerche sulla discendenza e noi abbiamo potuto diffatti consta- tare, seguendo i risultati ottenuti dal Mendel, dal Darwin, dal De Vries, dal Correns e da altri autori, come determinate leggi presiedano alla comparsa ed alla scomparsa del pigmento negli ibridi ed alla forma- zione delle così dette colorazioni settoriali. Le eccezioni alla regola non mancano, e qualche volta poi l’anto- cianina appare con diverso colore, negli ibridi, da quello che ha nei progenitori. Questo fenomeno può forse, secondo noi, trovare la sua spiegazione qualora si consideri che se la parte colorata di uno dei progenitori è rappresentata nell’altro da un tessuto privo di antocianina ma contenente dei liquidi di differente costituzione chimica rispetto al- l’alcalinità o acidità, l’antocianina che si forma nell’ibrido può venir influenzata da questi e presentarsi quindi in uno stato chimico diffe- rente da quello che aveva nel progenitore per cui apparirà di colore differente. Lo studio tanto della derivazione dell’antocianina da altri pigmenti, quanto della sua evoluzione nell'organismo, ha portato Allen Grant, Lud- wig e Miiller a conclusioni che non ci paiono troppo fondate poichè basate sull'ipotesi che i differenti colori della serie xantica e cianica nelle piante superiori derivino gli uni dagli altri, mentre per la loro natura ed origine differenti debbono essere considerati come entità affatto di- stinte. Noi abbiamo quindi creduto opportuno di esporre una nuova ipo- tesi sulla filogenesi del pigmento in questione, la quale mentre si con- ! Forse anche le Savare si presentano favorevoli allo sviluppo dell’antocianina. — 9gg= b-1 cilia colle moderne vedute dell'evoluzione fiorale e coi nuovi concetti sulla costituzione chimica degli indicatori, tiene anche conto della dif- ferente natura dei diversi pigmenti e delle condizioni sotto le quali essi sì manifestano. Nella nostra rassegna abbiamo anche cercato di raccogliere per sommi capi la letteratura, veramente poderosa, che riflette i singolari rapporti tra le piante e gli animali, i quali rapporti hanno il loro fon- damento nella funzione vessillare e nel mimetismo, devoluti entrambi in grande parte all’antocianina. Lo studio critico delle varie osserva» zioni ci ha portati a ritenere che l’antocianina, fino a prova contraria, non può venir considerata come sostanza che valga a proteggere le piante contro il morso degli animali. Per quanto concerne il processo della xenogamia si può invece affermare che essa esercita una non dubbia influenza come mezze di allettamento degli animali, ma non è questa la sola funzione dell’antocianina fiorale, ed anzi noi non esitia- mo ad affermare che in molti casi la peculiare localizzazione del pig- mento nel fiore non ha alcunchè a vedere colla funzione vessillare. Infine abbiamo anche posto in rilievo la frequente concomitanza dell’antocianina nei processi patologici, come pure riportati anche non pochi esempi di scomparsa del pigmento sotto l’azione del parassitismo e di altre cause morbose, ma le ricerche poco estese che si hanno su questo argomento non ci hanno permesso di assurgere a considerazioni di qualche importanza, in ispecie per ciò che concerne la predisposi- zione alle malattie messa in rapporto colla presenza dell’antocianina. Giunti al termine di questo studio storico-critico nel quale, per quanto ce lo hanno concesso i mezzi di cui disponevamo, abbiamo pro- curato non solo di compendiare tutto quanto di maggiormente interes- sante si è scritto sull’antocianina, ma anche di vagliare con una cri- tica spassionata le differenti opinioni, noi abbiamo sentita profonda la convinzione che i botanici abbiano studiata l’antocianina da punti di vista troppo unilaterali. Noi siamo quindi fino ad ora ancora ben lon- — pani tani dall'aver raggiunto la soluzione concernente l’antocianina del pro- blema, che solo potrà essere ottenuta quando da uno studio profondo dello stesso si riescirà a formulare una concezione sintetica sulla natura del pigmento ed a dare un’interpretazione la quale valga non solo ad illustrare le singole funzioni dell’antocianina, ma a concatenare fra loro quelle che apparentemente appaiono discordi, e spieghi infine nel modo più semplice e facile i differenti fenomeni della biologia vegetale che si connettono alla presenza del pigmento antocianico o da questo dipen- dono, » PARTE III. - OSSERVAZIONI ED ESPERIMENTI. CARPILOEOZIE Generalità sulla distribuzione delle antocianine nei differenti vegetali e nelle varie parti della pianta. Nella grande maggioranza delle piante inferiori, non esiste, (come s'è detto nella II Parte), antocianina; tutt'al più in qualche alga venne rinvenuta la presenza di una sostanza colorante che per le reazioni chi- miche cui dà luogo e per altre cause potrebbe con una certa probabilità trovar posto nella categoria dei pigmenti affini all’antocianina. Sotto questo punto di vista le ricerche che noi abbiamo instituite sui Muschi, ! sulle Selaginelle e su altre Crittogame affini, valendoci di taluni reattivi meglio adatti, come vedremo in seguito, a. rivelarci il pigmento che forma oggetto dei presenti studi, non costituiscono che una conferma di quanto già ebbero a segnalare i nostri predecessori, non essendo noi mai riusciti a rintracciare, sia nel contenuto cellulare che nella parete, alcuna traccia di antocianina. ® Solo risalendo al gruppo delle Felci si è potuto constatare, in modo non dubbio, la comparsa di questo pigmento nelle cellule delle giovani fronde, ma limitatamente a qualche specie (B/echnum, Adianthum). * 4 Ai Prof. GuseL e Massatongo, che, dietro nostra richiesta, si compiacquero di inviarci non pochi esemplari di queste piante, esterniamo le più sincere azioni di grazia. 2 Malgrado la differente costituzione chimica, i pigmenti di molte crittogame in- feriori hanno una stretta affinità funzionale colle antocianine, poichè dalle osservazioni del Massalongo, del Jonsson (Lot. Notizer, 1894) e del Bergreen (Madling. Akad. 1874) parrebbe oramai accertato che la colorazione rossa di taluni rizoidi di Fossombronia e delle foglioline di altri Muschi si accentui specialmente negli individui che vegetano nei siti soleggiati. # In un lavoro del Motiscn (Ueb. d. Vorubergehende Rothfirbung d. Clorophyl- Wirner. Ber. d. deutsch. Bot. Gesellsch. 1902), venuto alla luce dopo che le presenti ricerche erano già in corso di stampa, si fa parimenti cenno delle sostanze coloranti della Selaginella, le quali sarebbero dovute a sostanze differenti dall’ antocianina, di guisa che le nostre osservazioni trovano quivi conferma. Atti dell'Ist. Bot. dell Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIIL 21 So — Anche nelle Gimnosperme, che tanta affinità hanno colle Felci, manca il pigmento, malgrado che tali piante presentino delle parti assai spesso vivamente colorate in rosso (per es. la cupula arilloide di T'azus), mentre all'opposto nel grande aggruppamento delle Fanerogame Angio- sperme l’antocianina è ampiamente diffusa. * Noi non possiamo, per ora, stabilire quali siano le cause che de- terminano un così diverso comportamento dei vari gruppi vegetali ri- spetto ad una sostanza che compie un ufficio tutt'altro che secondario nella biologia delle piante, solo possiamo avanzare delle ipotesi che potranno esser più o meno convalidate da ricerche future. f probabile, secondo noi, che nello stesso modo che l'organismo vegetale va gradatamente perfezionandosi a partire dalle Crittogame, per risalire fino alle Fanerogame, così pure deve aver luogo una gra- duale evoluzione istologica (ci si permetta la parola), per cui solo gli elementi degli organismi più progrediti avrebbero il potere di formare l’antocianina, mentre le cellule degli esseri inferiori sarebbero capaci unicamente di elaborare dei pigmenti di varia natura, che solo pel com- portamento rispetto ad alcune condizioni esterne (luce, umidità, ecc.), mostrerebbero una certa affinità fisiologica eolle antocianine. Una tale ipotesi, se vale a spiegarci il motivo per cui solo nelle Felci si riesce con sicurezza a stabilire i primi accenni delle antocia- nine, non ci illumina tuttavia sulle cause che provocano la mancanza di detto pigmento nelle Conifere. Le condizioni per la sua formazione non mancano certamente nelle Gimnosperme, essendo queste piante ricche di amido che, come si sa, è una sostanza assai adatta alla genesi dell’ antocianina; ed avendo inoltre la maggior parte di esse un fogliame sempre verde che può tollerare perciò i rigori dell'inverno, i quali, stando ai dati di Overton e di Sachs, favoriscono parimenti la produzione del pigmento. E duopo pertanto ammettere che in tali piante le foglie rivestite di una cuticola assai ispessita, come si verifica nei vegetali a struttura xerofila, ed aventi gli stomi affondati e spesso anche otturati più o meno totalmente da depositi resinosi, ? non permettano ai processi ossi- danti, sia indiretti che diretti, dei quali, a quanto pare, dipende la formazione dell’ antocianina, di esplicare liberamente e integralmente la loro attività. ! Secondo il Wutrr., nel Carex salina delle regioni polari, le antocianine sareb- bero sostituite da un pigmento analogo ai flobafeni e diffuso nelle membrane, il quale però avrebbe le stesse funzioni di quelle sostanze. 2 V. Vireru, Ueb. eine Eingenthumlickeit d. Spaltifnungen d. Coniferen, ìîn Ber. d. deutsch. Bot. Gesellsch. 1883. c no sd = Nelle Fanerogame Angiosperme l’ antocianina è così largamente rappresentata in tutte le famiglie, che difficilmente si riescirebbe a con- statare una predilezione, per parte di questa sostanza, a fissarsi piut- tosto sui rappresentanti delle Dicotiledonee anzichè su quelli delle Monocotiledonee. Va notato però che tanto nell’uno che nell'altro di questi due grandi gruppi delle Angiosperme, le piante anemofile sono meno abbon- dantemente fornite di pigmento (Graminacee, Ciperacee, Amentacee, ecc.) per quanto neppure in queste possa dirsi che l’antocianina faccia asso- lutamente difetto. Se noi prendiamo ora a considerare la questione concernente la distribuzione del piymento, esaminando all'uopo, i differenti membri della pianta, vediamo che l’ antocianina scarseggia o fa difetto nelle radici (fanno eccezione aleune radici che si trovano esposte ai raggi solari e quelle di talune piante acquatiche), comincia ad aumentare nel caule, in specie se giovane od erbaceo, nel quale invade di preferenza i nodi ed i cordoni di sostegno, si diffonde poi ampiamente nelle foglie ed in particolar modo in quelle giovani, oppure vecchie (colorazione autun- nale), raggiungendo il massimo di sviluppo nel fogliame delle regioni tropicali ed artiche ed infine si esplica in tutta la sua pienezza negli organi fiorali. Già in molte foglie (piante a fogliame ornamentale) la localizza- zione dell’ antocianina perde quell’impronta di monotona uniformità che presenta d’ordinario nella radice e nel caule, il che contribuisce a dare al fogliame quella varietà di tinte e di screziature che tutti conoscono e che rendono tanto ricercate alcune piante (Coleus, Alternanthera, ecc.), ma senza dubbio il maggior grado di perfezionamento e di variabilità nella distribuzione delle tinte l’osserviamo nei fiori, dove le strie, le macchie, le chiazzature e le colorazioni più o meno diffuse e di vario aspetto si alternano fra loro, per cui i fiori appaiono come le più belle produzioni del regno vegetale, Le colorazioni fogliari costituiscono dei problemi ancor abbastanza oscuri della biologia vegetale, poichè a prescindere dai pochi casi in cui il pigmento, per la sua localizzazione nelle foglie prossime ai fiori può indubbiamente aver funzione vessillare (Aroideae, Euphorbiaceae, Labiatae, Bromeliaceae, ecc.), non si è potuto fino ad ora raccogliere un complesso di dati sicuri perchè si possa stabilire un rapporto un po’ evidente tra le varie funzioni delle foglie e la presenza dell’ antocianina, in specie quando questa è raccolta sotto forma di macchie o di strie. Egli è per questo, forse, che la maggior parte degli autori ha cercato di sormontare le difficoltà attribuendo, senz’ altro, ad ipotetici — 284 — fenomeni di mimiery ®* moltissime delle colorazioni che appaiono, sotto forma di strie o di macchie, tanto sulle foglie che nei cauli, allorchè le stesse non parevano adatte a servir di difesa ai cloroplasti o ad aumentare la temperatura dell’ organo, o non potevano infine entrare nel quadro dei fenomeni vessillari, mentre a nostro parere solo da un attento studio di tutte le condizioni di esistenza della pianta (xerofilia, ombrofilia, ecc.) si può arrivare a portare un giudizio un po’ attendi- bile sulla questione. È nostra ferma convinzione che si sia fatto un grande abuso di una tale interpretazione, sia perchè non poche manifestazioni di Mimi- cry sono tutt’ altro che chiare e scientificamente provate e sia ancora perchè le nostre ricerche ci hanno portato a ritenere che molte strie e macchie, il più delle volte localizzate attorno agli organi di traspira- zione, sono piuttosto da considerarsi come accidentalità aventi una re- lazione più o meno intima coi fenomeni che regolano il movimento dell’acqua delle piante. Per quanto concerne i fiori le moderne teorie biologiche hanno saputo porre in evidenza ed in modo veramente ineccepibile, 1’ impor- tanza capitale che ha l’ antocianina come mezzo di richiamo degli in- setti e di altri animali a benefizio della staurogamia e precisare in pari tempo che il perfezionamento nell'evoluzione fiorale è collegata, entro certi limiti, al perfezionamento, diremo così, cromatico dello stesso. Come già si è visto nella II Parte, noi siamo ben lontani dall’op- pugnare una tale teoria la quale ci rende in certo qual modo ragione del motivo per cui nelle piante anemofile, meno evolute, manchi il pig- mento agli involucri fiorali o il medesimo sia soltanto ridotto a tenue traccie, quasi per indicarci che dalle stesse ha cominciato a iniziarsi il perfezionamento degli apparati vessillari. Ciò malgrado noi dobbiamo aver sempre presente alla mente che l’antocianina ha cominciato a manifestarsi in gruppi di piante che non portano fiori o non sono soggette alla staurogamia e quindi la funzione, se non principale, almeno primordiale dell’ antocianina doveva e deve ancora esser ben diversa da quella unicamente vessillare, o per lo meno il pigmento può servire ad un tempo sia per la funzione vessillare e sia per qualche altro scopo, ma certamente non deve esser in relazione i Intorno ai fenomeni di Mimiery hanno trattato i seguenti autori: — KéoanE Verh. d. Bot. Vereins d. Provinz v. Brandenburg, Bd. 28. — KerneR v. MarILAUN, Pflanzenleben, Bd. II, 184. — Scummper, Pfanzengeographie, 1873. — Diet, Vegetations- biol. v. Neu Seland, 1897. — Lussock, Flowers, fruits and leaves, 1886. — Kunze, Schutzmittels d. Pflanzen. 1877. — Backer, Handbook of the Bromeliaceae, 1889. — Wactace, D., Tropemwvelt, 1819. — 285 — unicamente col bisogno che hanno talune piante di richiamare l’attenzione dei pronubi, come da taluni si tenderebbe oggigiorno ad ammettere. E a questo proposito ci siamo infatti già altrove domandati quale rapporto possa avere colla staurogamia il cercine colorato che si osserva in corrispondenza della base dei Cyclamen e qual vantaggio possa of- frire agli insetti per la ricerca più spedita del polline o del nettare, l’anello di antocianina che orna pure la faccia del fiore di taluni Dianthus, e le macchie rosse che si trovano nella faccia esterna del- l’infiorescenza di Bellis nate sull’esordire della primavera e infine, per citare solo pochi esempi che però si potrebbero facilmente moltiplicare, quale attinenza potevano mai presentare colla staurogamia le macchie che si osservano sulla faccia esterna dei petali di Cheiranthus. Lo stesso potrebbe dirsi per le tinte rosse, bianche o bleu che ornano le brattee avvolgenti l'estremità del caule della Salvia Horminum, ma noi faremo tuttavia notare che queste appaiono allorchè i fiori della parte più bassa del caule stanno per sbocciare. Noi non dobbiamo perdere di vista che, a prescindere dall’influenza esercitata sui fiori, durante una lunga serie di secoli, dagli animali, non si può far a meno di considerare il fiore come un organo sottopo- sto, al pari di tutti gli altri, all’infuenza del mezzo in cui la pianta vive e quindi anche la colorazione non può emanciparsi dall’ azione di questo fattore. In uno studio che uno di noi (Buscalioni) sta facendo col dott. Traverso G. B. sulle colorazioni fiorali in rapporto alle condi- zioni di esistenza della pianta si è potuto mettere in evidenza, almeno per la flora tedesca cui gli autori hanno, per ora, rivolto l’attenzione, che i fiori bianchi, cioè privi di antocianina, predominano specialmente nelle foreste, nelle acque e sui monti! il che si sottrae ad una spie- gazione attendibile, qualora si voglia ammettere che le colorazioni fiorali sono unicamente in rapporto colla presenza degli animali pronubi. Si vedrà all’ opposto in seguito, come tali fenomeni trovino la loro più sem- plice e più ovvia interpretazione quando si faccia intervenire in causa l’azione dell'umidità, dell’assimilazione, della radiazione ece., e noi anzi, anticipando qualche nostra conclusione, aggiungeremo che l’albicazione, ad esempio, è una delle condizioni più favorevoli per la comparsa dell’an- tocianina, avendo noi potuto constatare che tanto nelle foglie, quanto nei fiori, antocianina ed albicazione sono frequentemente fra loro associate. i Anche il Coupin avrebbe segnalati analoghi fatti per la flora francese, ma dal sunto che abbiamo avuto sott'occhi del lavoro, non pare che l'A. abbia rilevato quali sono le canse cui debbasi più particolarmente attribuire le variazioni di colore che si osservano a seconda del mezzo e delle condizioni in cui vive la pianta. ERI Sottoposti all'azione di molteplici cause esterne, i fiori reagiscono alle stesse come qualunque altro organo, di guisa che taluni cambia- menti di forma e di orientazione e molte torsioni o flessioni delle varie parti fiorali, vanno considerate come l’effetto di siffatte reazioni, indi- pendentemente, ben inteso, dalla funzione vessillare che loro incombe. I cambiamenti in questione sono assai spesso accompagnati da varia- zioni nella pressione osmotica, poichè il potere osmotico è un fattore che ha non poca importanza nell'attuazione di certe modificazioni mor- fologiche, anche quando queste riescono alfine durevolmente fissate per cause indipendenti dalla turgescenza. Ora se si esaminano le parti dei fiori nelle quali si notano delle brusche torsioni, o flessioni, si può con- statare che assai spesso le stesse sono più vivamente colorate delle circostanti aree, oppure presentansi tinte dall’ antocianina quando la rimanente porzione della corolla ne è priva. È logico, adunque, ritenere tutte quante le colorazioni locali dei fiori come esclusivamente collegate colla funzione vessillare? Per alcuni casi la risposta può essere afferma- tiva, ma all’opposto per altri manca qualsiasi prova per accogliere una tale concezione, ed allora noi siamo forzati ad ammettere che la presenza dell’ antocianina nelle parti fiorali sottoposte a torsioni, flessioni, ecc., sia in correlazione diretta colla pressione osmotica che ha determinato le variazioni morfologiche e forse le intrattiene. A questa categoria apparterrebbero probabilmente le macchie intensamente rosse che com- paiono sulla metà morfologicamente superiore dell’ampia e sottile corolla di talune Aeu/ea (vedi Tav. XII, fig. 4) e di non pochi Ahododendron, la quale solo può star distesa e presentarsi staticamente robusta, grazie alla turgescenza dei tessuti di cui consta, ed altrettanto può dirsi pel cercine rosso che orla la faccia della corolla di alcuni Dianthus e di molti Cyclamen coltivati, bruscamente flessa nella regione antocianica. La presenza del piemento antocianico nelle parti sottoposte a fles- sioni costituirebbe in certo qual modo un indicatore della turgescenza ivi dominante, e la sua comparsa può esser affatto indipendente dalla fun- zione vessillare; oppure giovare a questa, ma in via puramente secon- daria, aumentando i contrasti di colorazione. Noi non possiamo addentrarci maggiormente nella disamina di questa questione e perciò faremo punto, notando tuttavia che il nostro concetto apparirà ancor più evidente quando avremo passato in rasse- gna le principali condizioni sotto la cui influenza appare la antocianina, ed in particolar modo quando avremo studiati i rapporti che esistono fra la turgescenza delle cellule e la presenza del pigmento. CAPITOLO II. Distribuzione delle antocianine nei differenti tessuti delle foglie. Uno studio anatomico un po aceurato sulla localizzazione delle an- tocianine venne fatto, per quanto ci consta, unicamente sui fiori, pei quali si è potuto dimostrare che l’antocianina si localizza nell’ epider- mide, fatta eccezione per pochi casi in cui è più o meno profondamente situata nel parenchima dei differenti fillomi fiorali. Per quanto concerne gli altri membri ed organi della pianta, gli autori si sono limitati a segnalare la presenza del pigmento in questo o quel tessuto senza venire a conclusioni sintetiche e comparative e tanto meno sì sono preoccupati di ricercare se l’antocianina contragga determinati rapporti con speciali tessuti, se la sua localizzazione non vada soggetta a variazioni, durante i vari periodi della vita delle piante, e se infine nei differenti membri di queste, il pigmento abbia sempre sede negli stessi tessuti. Per colmare una tale lacuna abbiamo iniziate una serie di ricerche intese a mettere in evidenza la distribuzione dell’antocianina nei lembi fogliari che arrossano all’ autunno, in quelli che sbocciano antocianici ed infine in quelli che allo stato adulto sono più o meno forniti di pigmento. A questo studio è dedicato tutto quanto il presente capitolo, mentre un altro (Cap. III) comprenderà le osservazioni sulla distribuzione del pigmento negli organi sottili, nel fiore, nel frutto, nella radice, nel caule, nel picciuolo fogliare ed in altri organi appendicolari, cui terranno dietro alcune considerazioni generali sull’importante fenomeno della distribuzione del pigmento in rapporto colle condizioni di vita della pianta. A) Localizzazione delle antocianine nel fogliame d’autunno. L’antocianina ha, nelle foglie autunnali, una localizzazione abba- stanza fissa, presupposto però che il lembo fogliare conservi la sua nor- male orientazione rispetto alla luce incidente; in caso contrario noi vediamo comparire il pigmento anche in tessuti che ne sono d’ordinario priyi, come se ne ha un esempio nel Liquidambar, nella Lagestroemia indica e in altre piante e come si può esperimentalmente dimostrare — 288 — tenendo forzatamente il lembo fogliare orientato in modo che la pagina inferiore sia rivolta in alto. Fatta astrazione da questi casi, che non verranno qui presi in considerazione, noi incontriamo il pigmento raccolto nei seguenti tessuti: a) Nel palizzata: — Syvinga vulgaris, Fraxinus, Diospyrus Ebenum, Stillingia sebifera, Rhus (le cellule a palizzata son molto lun- ghe), Hortensia (il pigmento è assai pallido) Homalanthus populifolius, Cercidophyllum, Spiraca filipendula (non tutte le cellule contengono il pigmento) Campanula sp., Rogiera sp., Azalea indica (il color rosso di- minuisce di intensità nel 2° strato del palizzata), Cissus, Cornus /orida, Liquidambar stiraciflua, Lagestremia indica (in questa specie le cellule a palizzata circondano alcuni idioblasti mucilagginosi privi di pigmento). b) Nel palizzatu e mel tessuto lacunoso: — Nel Lilium, nell’ Echeveria grandiflora, nel Diospyrus Kaki, nel Viburnum Opulus, nell’Azalea pontica, nel Physalis, nello Schinus terebinthifolius. Nella Saxifraga crassifolia in cui occupa solo lo strato immedia- tamente sottoposto alle due epidermidi. Nel Trachelospermun Thumbergiamun in cui però è solo saltuaria- mente disseminato nello strato sottoposto all’epidermide inferiore, dif- fuso invece nel palizzata. Nel Peucedanum, nella Spiraea opulifolia, nella Vitis. Nel Vaccinium Myrtillus dove occupa il palizzata e lo strato imme- diatamente sottoposto all’epidermide inferiore. Nel Laurus Sassafras, ove il pigmento risparmia gli idioblasti mu- cilagginosi, e nel lacunoso è localizzato nello strato posto immediata- mente al di sotto dell'epidermide inferiore, senza tuttavia impregnare tutte quante le cellule. Nella Paeonia in cui occupa il palizzata e le cellule sottostanti agli stomi della pagina inferiore. Nell’Eucalyptus dove impregna solo determinati gruppi di cellule nel lacunoso, mentre è diffuso nel palizzata. c) Attorno ai fasci vascolari e nelle due epidermidi, sebbene non tutte le cellule contengano il pigmento : — Por- tulaca grandiflora. d) Nell’ epidermide inferiore, nel palizzata e lungo è fasci vascolari: — Salvia. e) Nell’epidermide superiore, nel palizzata e nel la- cunoso: — Rubus laciniatus. ) f) Nel lacunoso e talora anche nel palizzata: — Pijrus Mulus, Cerasus, Fuchsia. Queste piante accartocciano spesso i bordi fo- N n_————v = Usd = gliari per cui la pagina inferiore viene direttamente illuminata dai raggi solari. 9g) Nell’ epidermide superiore e nel palizzata. In que- st'ultimo tessuto il pigmento occupa soltanto alcuni gruppi di cellule: — Aster, Cuphea, Pelargonium. Questi sono i principali tipi di che si osservano nella distribu- zione del pigmento all'autunno; lo schema non ha tuttavia che un valore relativo, potendo benissimo verificarsi delle variazioni più 0 meno sensibili nella distribuzione del pigmento in una data specie di pianta a seconda delle speciali condizioni biologiche cui questa è sot- toposta ed in special modo dal grado di insolazione che essa può usu- fruire. Un’ intensa insolazione accentua la formazione del pigmento, mentre all'opposto una diminuzione nell’illuminazione produce il feno- meno inverso; infatti le foglie di Vidurmum, Cornus florida e Cissus quando vengono ombreggiate dalle circostanti fronde non arrossano più o diventano antocianiche solo nei tratti colpiti dai raggi solari. Interessante è il fatto che in alcune piante alla comparsa delle colorazione rossa tiene dietro un movimento di flessione del lembo fo- gliare grazie al quale questo si rivolge forzatamente all’ingiù. Il mo- vimento è talora così accentuato che l'apice della foglia si rivolge verso il ramo su cui la foglia è inserita. Il movimento ha sede nel peduncolo fogliare. Tale disposizione venne da noi osservata nel Cerci- dophylium, nel Diospyrus Kaki ed in alcune altre piante. Nel Diospyrus Kaki le foglie arrossate si addossano le une contro le altre formando dei ciuffi arruffati che spiccano in mezzo alle foglie verdi ancor distese quasi ad angolo retto sul ramo e fra loro distanziate. Ancora molto oscuri sono i momenti biologici che inducono una tale orientazione nelle foglie vecchie, la quale del resto si osserva pure in talune piante che non arrossano all’ autunno (Azalea, Quercus, ecc.). È probabile che in molti casi l’ombrofobia o la necessità di mettere in mostra l’ infiore- scenza siano fattori principali che determinano la flessione del lembo, ! 4 Il presente lavoro era già consegnato alle stampe quando venne alla luce la nota del Minivs (Ueb. d. Welkens d. Bliitter b. Celustrum bicolor u. Tropaeolum majus. Ber. d. deutsch. Bot. Gesellsch., 1903) in cui si descrive il fenomeno dell’ineurvatura. verso il basso, del picciuolo fogliare dei Tropeoli e Caladii in via di essiccamento, L’autore ritiene che tale movimento abbia lo scopo di permettere alla luce di arrivare sulle foglie giovani, il che però, per le piante da noi studiate sembra poco probabile. — 290 — B) Localizzazione delle antocianine nelle foglie giovani. Ora che abbiamo studiate le foglie vecchie riescirà assai interes- sante stabilire un confronto con quanto avviene in quelle giovani, poi- chè in queste l’antocianina si presenta distribuita in modo affatto ca- ratteristico per ogni singola specie. Non si può tuttavia affermare che vi abbia una costanza assoluta nella distribuzione, inquantochè in nna stessa pianta, a seconda delle condizioni esterne, possono mostrarsi delle lievi variazioni di localizza- zione, le quali però sono meno accentuate di quelle che hanno luogo nel fogliame autunnale. Noi abbiamo creduto opportuno di distinguere i seguenti tipi: a) Le antocianine sono localizzate nei peli della pa- gina superiore ed inferiore: — Cineraria (talune varietà). Acalypha hispida. Le foglie giovani sono pelose e i peli di due sorta: gli uni lunghi ed a pareti ispessite, gli altri invece brevi e capitati. Solo questi uitimi contengono antocianina che si localizza nell’estremità pluricellulare del pelo. Eranthemum sanguineum. Per quanio concerne la distribuzione del- l’antocianina sì comporta in modo affatto opposto dell’Acalypha Rispida. Begonia folicsa. L’antocianina è presente nei peli delle dentature, b) Le antocianine sono localizzate nei peli e nelle due epidermidi: — Clerodendron speciosum (nei peli septati). Achaea eucalyptoides. Nei peli a navicola e nell’epidermide, ma per lo più limitatamente alla regione soprastante i fasci vascolari. Ballota nigra. Nei peli capitati e nell’epidermide, in specie la dove vi è attiva formazione di stomi. Il pigmento si accumula spesso sotto forma di vescichette più o meno numerose nelle varie cellule. I peli glandulari sono privi di pigmento. c) Le antocianine trovansi nei peli e nello strato in cui decorrono i fasci vascolari: — Theobroma Cacao. L’antocianina forma una guaina rossa attorno ai fasci vascolari, ma spesso il pigmento manca sui lati del fascio. In corrispondenza del legno, il colore è assai vivo. Ricchi di antocianina si presentano unicamente i peli capitati che rivestono il margine dalla foglia. Ficus macrophylla. Si trova nei peli capitati e. attorno ai fasci va- scolari. Tilachina. Si incontra il pigmento nei peli capitati dei bordi fo- gliari e attorno ai fasci vascolari, dove però spesso manca. — i d) Le antocianine sono localizzate nelle due epider- midi della foglia: — Silphium terebinthinaceum. Specialmente ricca di pigmento è l'epidermide superiore. Bignonia Lindleyana. Nell’epidermide inferiore appare solo in cor- rispondenza delle grandi nervature. Rumex acutus. E assai vivamente colorato il pigmento attorno agli stomi e nell’epidermide della faccia superiore della foglia. Molte cellule discoste dagli stomi mancano tuttavia di antocianina. Bryonopis, Koòhlreutera paniculata. Corylus. È vivamente colorato in rosso. Nymphaea. Nelle foglie sommerse ed in via di sviluppo l’antocia- nina è diffusa in tutte le cellule dell'epidermide, ad eccezione di quelle che più tardi danno origine agli stomi. e) Le antocianine sono localizzate nelle due epider- midi ed attorno ai fasci vascolari: Doodia aspera. Il colore rosso è assai intenso lungo le nervature e in specie dal lato della pagina inferiore. Il pigmento occupa tutto quanto il parenchima centrale o me- diano della foglia, mostrandosi però più abbondante in vicinanza dei fasci. Anche in corrispondenza degli apici fogliari, ancora in prefoglia- zione quasi circinnata, il colore è più vivo ed il pigmento più copioso. Spiîraea, Crataegus coccinea. Nello strato in cui decorrono i fasci vascolari il pigmento compare solo in vicinanza delle nervature mag- giori e limitatamente alla regione sottoposta al libro. Fothos. L’epidermide inferiore è vivamente colorata. In corrispon- denza dei fasci vascolari l’antocianina appare soltanto al davanti del legno, al limite cioè fra il palizzata e lacunoso. Pistacia Lentiscus. O)tre che nelle due epidermidi, troviamo dell’an- tocianina nello strato più profondo del lacunoso e del palizzata, limita- tamente alle nervature. Polygonum Sieboldi e Rosa. Nelle differenti foglie si osservano delle notevoli variazioni rispetto alla distribuzione. f) Le antocianine sono localizzate nell’epidermide, nel palizzata e nel lacunoso: — Berberis vulgaris. Epidermide superiore, palizzata e strato sottoepidermico del lacunoso colorati dall’antocianina. Angelica. L’antocianina è distribuita per lo più come nella Berderis, ma molte volte occupa i due strati immediatamente sottoposti all’epider- mide inferiore, nei quali tessuti si mostra assai intensamente colorata. Il pigmento è pure abbondante sulle nervature onde queste appaiono vivamente arrossate. È Cobaea scandens. Oltre il palizzata anche lo strato sottostante alla epidermide inferiore è provvisto di antocianina, ma non tutte le cellule —hagon= sono colorate dal pigmento. Questo è pure sparso qua e là nel restante mesofillo e spesso accompagna i fasci vascolari lungo i quali tende a scomparire assai tardi. Nelle foglie che stanno all'ombra solo i fasci maggiori presentano la guaina antocianica. Per quanto concerne l'epidermide si osserva che il pixmento occupa soltanto alcune cellule del tessuto. Coccoloba guatemalajensis. Le giovani foglie di questa bellissima poligonea compaiono all'autunno e spiccano ben tosto sia per la gran- dezza e sia pel colore rosso chiaro. Le cellule epidermiche appiattite della pagina superiore, sono in- colore, o contengono un pigmento pallidamente colorato, mentre all’op- posto quelle della pagina inferiore ne sono assai ricche e lo stesso può dirsi dei peli che ricoprono la faccia inferiore del lembo. Il palizzata, disposto in un solo piano, è parimenti antocianico. A questo fanno seguito due strati di cellule tondeggianti e verdi, poi un altro di cellule ricche di piemento ed infine un piano di mesofillo, verde, addossato all’epidermide inferiore. (V. fig. 5, Tav. VIL) g) Le antocianine sono localizzate nel palizzata: Ilex Paraguariensis. Trovasi nei due strati del palizzata. Acorus Calamus. L’antocianina è localizzata nel primo e talora an- che nel secondo strato del palizzata, ma limitatamente alla base ed al margine della foglia. Mahonia. Il colore del pigmento è assai pallido. h) L’antocianina è localizzata nel palizzata e nel la- cunoso: — Coffea e Anthurium. La colorazione è qua e Jà mancante, in specie nel lacunoso. Hentochmanes pictoria. L’antocianina, che d’ordinario si presenta sotto forma di globetti più o meno numerosi nelle differenti cellule, occupa i due o tre strati del mesofillo più vicini alle due epidermidi. Particolarmente ricco di pigmento si mostra il margine fogliare. Lagestremia indica. L' antocianina si trova nei due strati imme- diatamente sottoposti alle due epidermidi. Erythrina. Il pigmento si trova nello strato immediatamente sotto- posto alle due epidermidi, od anche si localizza un po’ più profondamente invadendo però soltanto alcuni elementi che si contraddistinguono in mezzo agli altri per maggiori dimensioni. Beucarnea. Il pigmento si trova nel parenchima verde, ma difetta attorno ai fasci vascolari. Rogeria elegans. L’antocianina occupa lo strato sottoposto sia alla epidermide superiore che inferiore, ma è maggiormente abbondante al di sotto di quest’ ultima per cui la faccia inferiore appare più rossa. — Rara Cassine maurocenia. In corrispondenza della faccia superiore il pigmento appare immediatamente al di sotto dell’ epidermide, mentre dal lato inferiore invade il secondo od il terzo strato del lacunoso a partire dall’epidermide. Galipaea sp. I due strati del parenchima verde sottoposti alle epi- dermidi contengono il pigmento, il quale però al davanti dei fasci va- scolari manca o si trova in scarsa quantità. i) Le antocianine sono localizzate nel palizzata, nel lacunoso e nei peli dell’epidermide inferiore: — Ladembergia rosea. Le cellule del parenchima verde, ad eccezione del primo strato di palizzata, sono antocianiche. Manca il pigmento nell’epidermide, mentre è presente nei peli della pagina inferiore. I piccoli fasci vasali sono avvolti da una guaina di cellule vivamente colorate in rosso; quelli di maggiori dimensioni presentansi invece circondati dal pigmento soltanto dal lato del libro. j) Le antocianine sono localizzate nel palizzata e at- forno ai fasci vascolari: — Acalypha macrophylta. La guaina anto- cianica perivascolare è più o meno completa a seconda delle nervature. k) Le antocianine sono localizzate nella guaina dei fasci vuscolari: — Smilar officinalis. L’antocianina appare nel terzo strato del parenchima a partire dalle epidermidi. Di tratto in tratto si incontrano alcune cellule verdi, prive del tutto di pigmento, le quali sono particolarmente abbondanti sulla faccia del fascio che guarda verso la pagina superiore del lembo. Cephacelis, sp., Arbutus Unedo. Il pigmento è localizzato alla peri- feria del libro. | Ficus nobilis. Attornia il fascio vascolare, ma limitatamente alla porzione legnosa dello stesso. Echites Meyeriana. Il pigmento è localizzato al davanti della por- zione legnosa dei fasci, ma in qualche sito appare pure attorno al libro. Pellionia Daveana. Nelle foglie giovani si incontra al di sotto del- l'epidermide superiore, formata di cellule papillari, due strati di grosse cellule acquifere. A queste tiene dietro il palizzata che è a sua volta sovrapposto ad un piano di piccole cellule rotonde. L’antocianina comincia ad apparire al di dietro di queste ultime, ma solo nel piano in cui decorrono i vasi, i quali stanno perciò immersi in una guaina di cellule rosse. Oltrepassato lo strato vasale compare di nuovo lo strato acquifero ed infine l'epidermide inferiore. Le camere d’aria sottoposte agli stomi arrivano fino allo strato antocianico. 994 — Nelle foglie ancor più giovani il pigmento, pur occupando la zona testè descritta, appare meno manifesto essendo minore îl numero delle cellule antocianiche. Blechnum occidentale. L’antocianina occupa nelle giovani foglie quasi tutto il mesofillo ma è specialmente abbondante al di sopra dei fasci vascolari. Progredendo l'evoluzione della fronda il pigmento scompare dalle cellule più discoste dai fasci, per cui, a sviluppo inoltrato del lembo, forma: solo più una guaina attorno ai vasi. t) Le antocianine sono localizzate nel tessuto lacu- Lonicera Periclymenum. Occupano soltanto lo strato sottoposto nOso: all’epidermide inferiore. Uentrosolenia bullata. Uno 0 più strati sottoposti all’epidermide in- feriore sono antocianici, ma il pigmento non forma uno strato continuo. L’epidermide appare formata di cellule assai robuste al di sopra degli elementi antocianici. m) Le antocianine sono localizzate nel tessuto lacu- noso e nell’epidermide inferiore : Medinillta magnifica. L'epi- dermide inferiore poggia su più strati di cellule acquifere. A queste seguono due o più piani di cellule verdi. Tutta quanta la rimanente porzione del lembo fogliare (2 o 3 strati) è ricca di pigmento. Sarifraga crassifolia. Per quanto concerne il lacunoso 1’ antocia- nina trovasi localizzata nello strato immediatamente sottoposto all’epi- dermide inferiore. Però qua e colà qualche cellula degli strati più interni del lacunoso è pure antocianica. In corrispondenza dei peli capitati si nota una diminuzione del pigmento. Euphordia biglandulosa. "Irovasi localizzata in qualche cellula del- l'epidermide e del sottostante tessuto lacunoso delle giovani squame. Geum urbanum. Nell’epidermide della pagina inferiore e sparsa ir- regolarmente nel tessuto lacunoso. Cyclamen. Nel lacunoso occupa tutte quante le cellule arrivando fino a contatto dei vasi. Non è però molto abbondante. n) Le antocianine sono localizzate nell’ epidermide inferiore e attorno ai fasci vasali: — Paeonia. In qualche caso si ha pure qualche traccia di pigmento in alcune cellule del lacunoso più o meno discoste dai fasci. CyanophyIlum speciosum. Attorno ai fasci il pigmento trovasi sol- tanto presente al davanti del legno e non in tutte le cellule. Spiraea. Il pigmento è disseminato in modo assai irregolare nell’epidermide inferiore e attorno ai vasi, di guisa che all’esame macroscopico la foglia appare cosparsa di macchie e di striature rosse, Sio — 295 — Centradenia floribunda. Al di sotto dell’epidermide superiore si incontra un unico strato di palizzata cui susseguono tre o quattro piani di cellule arrotondate, le più profonde delle quali contengono delle masse od anche dei granuli, oscuramente cristalliformi, di anto- cianina. Infine si incontra l'epidermide inferiore che al pari della su- periore è lievemente pelosa. o) Le antocianine si trovano nell’ epidermide infe- riore: — Cypripedilum venustum. Gli stomi per lo più abbondano nelle aree ricche di antocianina, ma non si può dire tuttavia che si abbia un di- retto rapporto tra le localizzazioni del pigmento e la presenza di stomi. p) Le antocianine sono localizzate nelle due epider- midi e nello strato immediatamente alle stesse sottoposte: * — Ceratonia Siliqua. q) Le antocianine sono localizzate nei peli e nell’ epi- dermide della faccia superiore: — Laminum purpureum. Solo la base dei peli si presenta antocianica. r) Le antocianine sono localizzate nelle due epidermidi e nel palizzata: — Citrus. L’epidermide inferiore appare arrossata solo in corrispondenza dei fasci vascolari. C) Localizzazione delle antocianine nelle foglie adulte. Moltissime piante hanno le foglie adulte colorate più o meno intensamente dalle antocianine, ma queste trovansi localizzate nei bordi della lamina, ed in specie sulle dentature (Ardutus, BryophyMlum caly- cinum, Begonia, Clusia, Hura, ecc.) dove, come è noto esistono gli stomi acquiferi e gli apparati (epitemi) destinati alla secrezione dell’acqua e dove, secondo l’ Hintz, decorrono assai spesso i vasi marginali e ta- luni tessuti meccanici i quali funzionano ad un tempo come serbatoi di acqua e come mezzi di sostegno (V. Hinrz, Ueb. d. Mechanischen Bau d. Blattrandes mit Beruchsichtigung einiger Ampassungserschein- ungen z. Verminderung d. localen Verdunstung. Nova Acta d. K. Leop. Carol. Deutsche Akad. d. Naturf. Halle 1889, Bd. 54). Sotto questo punto di vista presenta un qualche interesse l’Agave, le cui foglie lanno una zona antocianica in vicinanza del bordo, la quale serve in certo qual modo a separare la porzione verde del lembo dalla regione marginale bruna per speciali pigmenti. L’antocianina è qui localizzata nello strato ipodermico inferiore. i Questa disposizione è molto simile a quella descritta sotto la lettera f. — xo x In non poche piante è facile rinvenire l'epidermide della faccia inferiore del lembo impregnata più o meno di antocianina (Geranium) ed il fenomeno appare particolarmente manifesto nelle piante dei siti aridi e soleggiati che portano delle rosette fogliari appressate al ter- reno (Verdascum, Primula, Hieracium, Pentastemom, ecc.). Numerosi poi sono i casi in cui attorno alle nervature maggiori della foglia, o per lo meno sopra la nervatura mediana appare una ve- natura rossa, che per lo più si mostra dal lato superiore della foglia (Lagestremia, Secale, Geranium, Fittonia, Gesneriaceae, Clerodendron, ecc.). Infine nelle foglie ridotte allo stato di squame o di brattee, molto spesso compare il pigmento che per lo più si localizza nell'epidermide più esposta alla luce (Cineraria, Viburnum, Ctematis), 0 nell’ epidermide e nei tessuti sottostanti più superficiali (Aesculus, Plantago, Cydonia), o nel solo parenchima verde (G/ycine, Diclytra, Baptista, Helleborus, ecc.). Ma tutti questi casi non hanno una grande importanza, sia perchè la presenza dell’ antocianina costituisce un fenomeno accidentale che molto spesso non si verifica, e sia ancora perchè il pigmento può va- riare facilmente di sede e non acquista mai uno sviluppo tale da dare alla foglia quelle speciali colorazioni che rendono tanto apprezzate le piante a fogliame ornamentale. Noi abbiamo pertanto fissato la nostra attenzione sulle piante ap- partenenti quasi esclusivamente a quest’ultima categoria, perchè ivi il pismento ha una maggior fissità ed è esuberantemente sviluppato, e solo per ragioni di opportunità abbiamo introdotto alcuni esempi ricavati da quelle piante che, senza appartenere alla categoria delle ornamentali, hanno tuttavia la tendenza a colorare vivamente le foglie coll’antocianina. Dallo studio di oltre 60 specie differenti noi abbiamo potuto di- stinguere i seguenti tipi principali di distribuzione del pigmento, dei quali è d’uopo dare qui in succinto una descrizione anatomica. 1° Le antocianine sono localizzate nell’ epidermide inferiore: — Stromanthes sanguinea. Al di sotto dell’epidermide supe- riore si incontra uno strato acquifero sviluppatissimo, cui segue il paliz- zata e il lacunoso entrambi assai ridotti, ed infine compare di nuovo, al di sotto dell'epidermide inferiore, uno strato acquifero a cellule meno sviluppate in confronto di quelle che costituiscono lo strato omologo della pagina superiore. (V. fig. 2, Tav. VII.) Tradescantia sp. Vi ha uno strato acquifero formato dalie due epi- dermidi le cui cellule sono grandemente sviluppate. Manca un vero e proprio palizzata ed il tessuto verde è ridotto ad una sottile lamina decorrente nella parte centrale della foglia. Cypripedium venustum. Anche in questa specie le cellule epidermiche della pagina superiore sono grandi, per cui l’ epidermide costituisce —.297 — un vero organo acquifero. Il mesofillo è disposto in parecchi piani, ma le cellule di cui consta sono pressochè tutte quante fra loro uguali. L'epidermide inferiore è formata da cellule meno sviluppate in con- fronto della superiore. Marantha zebrina. Epidermide superiore a cellule papilliformi, cui segue un robusto strato acquifero. Palizzata e lacunoso ridotto. Epider- mide inferiore costituita presso che sullo stampo di quella superiore, ma fornita di cellule alquanto meno sviluppate ed appiattite. Marantha setosa. La struttura è analoga a quella della foglia di Stromanthes sanguinea. Achmea discolor. Il palizzata ed il lacunoso sono ridotti, ma manca un vero e proprio strato acquifero. L’ epidermide superiore ha però cellule assai più grandi di quelle dell’inferiore antocianica. In talune specie di questo genere si è notato che l’antocianina esiste anche alla base dei peli a rosetta, assai radi, di cui sono rivestite le foglie. Dioscorea versicolor. Manca anche qui uno speciale strato aquifero. Il lacunoso e il palizzata sono sviluppati. L'epidermide superiore ha cellule munite di papille. L’antocianina è vivamente colorata e talora accompagna anche le nervature maggiori, . Oltre a questi esempi, si potrebbero ancora ricordare le piante ac- quatiche o viventi in siti paludosi (Hydrocharis, Nymphaea, ecc.) perchè molte di esse hanno l'epidermide inferiore che sta a contatto del liquido impregnato di pigmento antocianico. Talora però questo, anzichè occu- pare l'epidermide inferiore, si fissa nello strato sottostante. 2.° Le antocianine sono localizzate nelle due epider- midi: — Hibiscus Cooperi. Le foglie sono cosparse di macchie bianche, rosee e verdi perchè le differenti regioni del lembo si presentano albicate, od antocianiche, o normalmente costituite, Le parti antocianiche sono però anche spesso albicate, mancando ivi la clorofilla. Nelle regioni bianche od arrossate le cellule del parenchima sono tutte quante conformate pressochè sullo stesso stampo, mentre all’ opposto nelle parti verdi presentasi differenziato il tessuto lacunoso ed il palizzata. Le antocianine mancano per lo più al di sopra delle parti verdi. Canna indica. Vi ha uno strato di tessuto acquifero al di sotto delle due epidermidi, le cui cellule sono più grandi in corrispondenza della faccia superiore della foglia. Nulla di notevole per quanto concerne il parenchima verde. (V. fig. 1.* Tav. VII.) Marantha leuconeura. Le cellule epidermiche, ed in ispecie quelle che tappezzano Ja faccia superiore della foglia, sono assai grandi. Al di sotto delle due epidermidi vi ha un robusto strato acquifero che riveste il palizzata ed il lacunoso assai ridotti. Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIIL 22 ie, Eranthemun versicolor. Epidermide superiore ed inferiore a cellule appiattite. Ipoderma acquifero costituito da elementi allungati nel senso tangenziale. Il palizzata ha struttura normale, mentre il tessuto lacu- noso è trasformato qua e là in parenchima acquifero. Questo cambia- mento di struttura si accompagna con una notevole riduzione od anco colla scomparsa dei cloroplasti che è particolarmente accentuata nelle cellule sottoposte all’epidermide inferiore. Oxralis sp. Le due epidermidi sono costituite da cellule ampie leg- germente piano-convesse. Il parenchima ha struttura normale. L'anto- cianina non è presente in tutte le cellule. OCroton sp. Nulla di notevole per ciò che concerne la struttura; solo si nota una più viva colorazione rossa dal Jato inferiore della foglia. Artocarpus Cunoni. Struttura ordinaria, e quindi mancanza di uno speciale organo acquifero. 3.° Le antocianine sono localizzate nell’ epidermide e nei peli della faccia inferiore della foglia: — Cirthanthera superba e Mikania speciosa. Entrambe queste piante non presentano alcuna particolarità di struttura degna di menzione. 4.° Le antocianine sono localizzate nei peli delle due epidermidi: — Columnea, Gynura aurantiaca, Hebeclinium Janthinum. La struttura di queste foglie non s'allontana da quella ordinaria e più comune. I peli sono articolati, ma nell’HMedeclinium vi ha anche un’altra sorta di tricomi e questi sono ghiandolari, capitati ed incolori. Il pigmento per lo più si localizza all'apice dei peli, o per lo meno assume ivi una più intensa colorazione (Columnea). ò.° Le antocianine sono localizzate nell’epidermide in- feriore e nel lacunoso : — Cissus discolor, Oyanophylum magnificum, Cyclamen. La struttura di queste foglie non presenta alcun fatto interes- sante. Solo è d’uopo notare che nel CyanophyUum non tutte le cellule del lacunoso contengono il pigmento, e nel Cyelamen anche molte cellule epidermiche si mostrano incolore. 6. Le antocianine sono tocalizzate nell’ epidermide inferiore e nel tessuto aquifero della faccia inferiore: — Centradenia foribunda. All’epidermide superiore, formata da grandi cellule rettangolari, fa seguito un palizzata ed un tessuto lacunoso entrambi ridotti assai nello spessore, di guisa che rappresentano come una sot- tile lamina verde. Al di sotto del parenchima verde compare di nuovo lo strato acquifero antocianico rappresentato da due o più strati di cellule grandi, il quale a sua volta è rivestito dall’ epidermide inferiore le cui cellule hanno forma tabulare. — 299 — Tradescantia discolor. L’epidermide, sia della faccia superiore che dell’inferiore, è formata da grossi elementi, Il tessuto acquoso, costituito da due o più piani di cellule abbastanza grandi, forma uno strato continuo al di sotto delle due epidermidi che racchiude nel mezzo il palizzata ed il lacunoso entrambi abbastanza sviluppati. I fasci vasali sono totalmente compresi nel tessuto verde. Begonia speciosa. Al di sotto dell'epidermide, formata da elementi tabulari, incontrasi un’ ipoderma disposto in un unico strato e rappre- sentato da grosse cellule rettangolari. Il parenchima verde è assai ri- dotto e non è sufficentemente differenziato in lacunoso e palizzata. Sull’epidermide si incontrano delle emersenze alla base delle quali appare in copia l’antocianina. 7.° Le antocianine sono localizzate nelle dire epidermidi e nei peli: — Coleus. I peli sono articolati. La struttura delle foglie non si discosta dal tipo più comune, e fa difetto perciò il tessuto aquifero. 8.0 Le antocianine sono localizzate nell? epidermide inferiore, nel lacunoso e nel palizzata : — Iresine, Alternanthera, Acalypha macrophylla. La struttura è abbastanza semplice, per cui non merita di essere descritta. Tutt'al più si può notare che nel parenchima verde si incontrano delle grosse druse e che non tutte le celiule del diachima sono antocianiche. 9. Le antocianine sono localizzate nelle due epider- midi e nel parenchima verde: — Prunus Pissardi, Acalypha obovata, Amaranthus Blitum ed Amaranthus tricolor. La struttura di queste foglie non presenta particolarità degne di nota. Seenaleremo soltanto che non tutte le cellule del parenchima verde contengono il pigmento e che i fasci vascolari sono spesso avvolti da una guaina di cellule intensamente colorate (Amaranthus). Anche più colorate appaiono le cellule in vici- nanza della faccia superiore del lembo. 10. Le antocianine sono localizzate nell’ epidermide inferiore, nel tessuto acquifero della pagina inferiore e nel lacunoso: — Begonia imperialis. L’epidermide superiore consta di grosse cellule che in talune varietà di questa specie sono antocianiche. Il pa- lizzata è formato da elementi piuttosto grandi e riccamente forniti di cloroplasti. All’opposto il lacunoso si mostra povero di clorofilla, in specie in vicinanza dell’ epidermide inferiore dove mostra i caratteri di un vero tessuto acquifero colorato in rosso dalle antocianine. I peli dell'epidermide inferiore contengono anche il pigmento che impregna le cellule epidermiche stesse. Quando l antocianina è molto abbondante anche il palizzata si mostra leggermente tinto in rosso. I fasci vascolari decorrono al limite fra il tessuto acquifero ed il lacunoso ancora verde. = 30.0 Centrosolenia bullata. La foglia consta dei seguenti strati cellulari a partire dalla faccia superiore : Epidermide superiore a grandi cellule tabulari. — Strato acquifero superiore formato da grossi elementi. — Palizzata ridotto. — Lacunoso poco sviluppato. — Tessuto acquifero inferiore rappresentato da due 0 tre strati di grosse cellule. — Epidermide inferiore i cui elementi sono più sviluppati di quelli della superiore. 11° Le antocianine sono localizzate nel palizzata: — Erithronium dens canis, Pelargonium zonale. Queste piante non presen- tano alcunchè di notevole nella struttura. La foglia del Pelargonium è però rivestita di peli. 120° L’antocianina è localizzata nel tessuto acquifero sottostante alle due epidermidi: — Caladium. Le foglie sono parzialmente albicate e l’antocianina impregna prevalentemente le parti prive di clorofilla. Il palizzata è poco sviluppato. Dracaena sanguinea. Il pigmento occupa uno o due piani di cellule sottoposte alle due epidermidi. Il parenchima verde non mostra diffe- renze di sorta nella forma delle cellule sebbene sia piuttosto sviluppato. Vidularium spectabilis. L' epidermide superiore ed inferiore sono costituite da piccole cellule schiacciate, al di sotto delle quali vi ha un ipoderma, i cui elementi presentano una parete piuttosto ispessita dal lato che confina coll’epidermide. Il parenchima verde è assai robusto ma manca una differenziazione che accenni alla presenza del palizzata e del lacunoso. Al di sotto del parenchima verde si incontrano più strati di grosse cellule acquifere rettangolari. Pholidophylum zonatum. La struttura è analoga a quella della N dularium, fatta però astrazione della presenza dei numerosi peli stel- lati che ricoprono la pagina superiore della foglia. 130 Le antocianine sono raccolte nelle due epidermidi, nel tessuto acquifero della faccia inferiore e nel lacunoso. L’epidermide superiore è tabulare e talora contiene pure dell’anto- cianina. Il palizzata ed il lacunoso sono sviluppati, ma alcuni piani di quest’ultimo assumono .i caratteri di un tessuto acquifero diventando po- veri di clorofilla. Il fascio vascolare è avvolto da una guaina antocianica. 14° Le antocianine sono localizzate nel lacunoso: — Centradenia fulgens. L'epidermide superiore ed inferiore sono formate da grandi elementi rettangolari, ed oltre a ciò l’inferiore porta dei peli. Il parenchima verde non mostrasi differenziato in palizzata e lacunoso, ma è tutto quanto formato da cellule rotonde, nelle quali, in vicinanza dell'epidermide inferiore, compare l’ antocianina. ye ro ——ro. ——= "9g P— — 301 — Pellionia Daveana. L’epidermide superiore ed inferiore constano di cellule grandi e rettangolari. Al di sotto dell’epidermide vi ha uno strato acquifero ben differenziato però solo in corrispondenza della pagina inferiore dove si presenta disposto in due piani. (V. fig. 4, Tav. VII.) Il palizzata ed il lacunoso sono ridottissimi. Nel lacunoso il pigmento antocianico si localizza di preferenza nello strato di celiule confinanti col palizzata, e sui fasci vascolari forma una guaina rossa al davanti del legno. La foglia è albicata nella zona mediana dove per lo più manca il pigmento. Gli stomi sono sovrapposti ad una grande camera d’aria che si avanza nel tessuto lacunoso fino a raggiungere lo strato antocianico. Arthanthe magnifica. L’ epidermide superiore ed inferiore sono co- stituite da elementi papilliformi. Il palizzata consta di cellule obliqua- mente orientate rispetto alla sezione trasversale delle foglie. Il tessuto lacunoso diventa tanto più ricco di antocianina quanto più i suoi elementi si avvicinano all’epidermide inferiore. Higginsia. Le foglie sono parzialmente albicate. L’antocianina è presente nel lJacunoso, ma non tutte le cellule ne contengono. In gene- rale si osserva che nelle parti più verdi è più abbondante il pigmento. 15.0 Le antocianine sono localizzate nei peli, nell’epi- dermide della faccia inferiore e nel tessuto lacunoso: — Naegelia hybrida, Gesneria fulgens. L'epidermide inferiore e superiore constano di grandi cellule acquifere. I peli di entrambe le faccie sono articolati e l’antocianina si raccoglie di preferenza nell'articolo termi- nale dell'organo. I fasci vascolari stanno immersi in una guaina di cellule antocianiche. Il tessuto lacunoso parimenti antocianico nulla presenta di notevole nella struttura. 16.° Le antocianine sono localizzate nel tessuto lacu- noso e nel tessuto acquifero sottoposto all’epidermide infe- riore: — Goodiera repens. Nelle foglie di questa pianta si incontra un’epidermide, superiore a cellule munite di papilla, un palizzata nor- malmente evoluto un tessuto lacunoso disposto in due o più piani, il quale però in vicinanza dell'epidermide inferiore si trasforma gradata- mente in tessuto acquifero, ed infine il tessuto acquifero e l'epidermide inferiore a cellule rettangolari. (V. fig. 3, Tav. VII.) Il lJacunoso ed il tessuto acquifero, che è formato per lo meno da 6 o 7 piani di cellule, sono ricchi di pigmento, e questo diventa molto abbondante in vicinanza dell’epidermide inferiore. I fasci vascolari stanno immersi nelle cellule ricche di pigmento. Piper porphyrophyUum. L’epidermide superiore è costituita da cel- lule coniche, l’inferiore da grandi elementi tabulari. Il tessuto acquifero consta di uno o due piani di cellule. — 302 — Tl tessuto lacunoso ed il palizzata sono poco sviluppati. Nel punto in cui il primo confina coll’ acquifero, si incontra una zona di piccole cellule fortemente antocianiche, La foglia porta nella pagina inferiore dei rari peli articolati, 1. Le antocianine sono localizzate nell’ epidermide superiore, nel palizzata e nel lacunoso: — Euphorbia sanguinea. Non tutte le cellule dei tre tessuti contengono antocianine. La strut- tura delle foglie non presenta particolarità degne di nota. Ora che abbiamo per sommi capi passato in rassegna la localizza- zione delle antocianine nelle foglie antunnali, in quelle giovani e nelle adulte, mettendo in rapporto la distribuzione del pigmento colla costi- tuzione anatomica dell’ organo, riporteremo qui, in quadri riassuntivi i principali tipi di distribuzione del pigmento affinchè il lettore possa, dalla loro comparazione, con facilità rilevare quanto differente sia la localizzazione dell’antocianina nelle foglie invecchiate ed in quelle giovani od adulte, il che varrà a provare come le concizioni biologiche che determinano la comparsa della stessa piuttosto in un tessuto che nell’altro siano di diversa natura nei tre tipi di foglie. In ogni tabella i vari tessuti di cui consta il lembo fogliare sono indicati in capo delle singole colonne e disposti nell'ordine in cui si in- contrano normalmente a partire dalla faccia superiore della foglia. Le croci sottoposte ad ogni singolo tessuto indicano che il medesimo contiene antocianina. TABELLA I. Foglie autunnali. © | Ki ® USI sa L Co) iS | QI SS (RA NECA I | ° i [ai © N DI la] ° |3 Va fs E = SS £/z Sa s NOME a E n Eoa IFEREcali È DAS |#|2| S| £|s|selFfe|fe|E| S| ® | Osservazioni È DELLE PIANTE ‘SM ESA LO |elo|e|sFloz| 25/255 ® Fl NI= 0 => Lio | E |Zalen Le = iz DD) | E n z |FL/H2/=C/5 È 5 d 3 5 pin E cn s=) "i Z de || |A Z| e L= MS = (Ci J [| 1) Cuphea racemosa. . . . . + +|+ Alcune piante vennero riportate Di CASTErUS pren ge sia anlliar due volte perchè ‘ : le differenti fo- 3| Pelargonium zonale . . . #5 art | glie hanno dimo- 4| Rubus laciniatus. . ... da aiar | +|+|+ AEG) si n ISÙrI È 5| Portulacca grandiflora . . + \+|+|+ + ne dell’ antocia- Il | H 6) RDS SE po VA ARR] po 7 Syringa vulgaris. .... Y|4 | BI METAXINU SA (ERE | 9) Stillingia sebifera . ... +|+ = sl = Continuazione della Tabella I. | Osservazioni È #|o|#|3[88|312|2|Eg|Es|So|#8|2|® 5 DELLE PIANTE i E SIM KS) IRE e IS È 25|27 azicé 2g de = |g|2|° |Bl&|5 |[2-|22|E2/8 | È (8|°|33|°| |°| | ESP |F Riporto }0|5|o|s|s|1/1|1|r[X[rx|o|1|o I | Ì 10} Cornus florida... .... SL) uLi 11| Diospyrus Ebenum. . . . + La 12) Viburnum Opulus .... SL ULI 13| Rogiera elegans . .... SL] ol 14| Campanula sp... ...- SL IL Uo| Azalea indica... .... TE 16| Homalanthes populifolius SIA NEI 17| Cercidiphyllum sp... .. +|+ 18| Spiraea filipendula. . 3P|SF 19| Lagestroemia indica. . . ++ 20) Rhus succedanea. . ... +|+ Mi Hortensia ......... +|+ MEAMIGISRUa ae SL 23| Diospyrus Kaki ..... JLlbIL 215 SpoNEI eran Su aL +{+t|+ j Saxifraga crassifolia . . St | |A]|# Hucalyptusi. - .. . .. Stia 4la|+ Pyrus malus........ STE © || Cerasus .......... ARTE +|+|+ Vaccinium Myrtillus. . . SCE E Soa Lagestroemia indica... Id + Paeonia officinalis . . It Sa Spiraea opulifolia. . . . . Lit Trachelospermum Thum- De bergianum. ...... SLA SIE +| VUE] MB DISSI STE e se Laurus Sassafras. . . .. Sn (IL SL Echeveria grandificra . . RIC + Viburnum Opulus . + +|+ Azalea indica. ...... ISIS LIE Schinus terebinthifolius . Su se ee WAzalen'igp. ‘0... - Soia +|+ &l| Physalis.......... L|+ + MRAlsia:spi. 0... +/+]+|+|+ Liquidambar stiracyflua. «LUI __l_ |__| __n_nn_ u_u _n nnt n IE ANO \o|s|o[s]s|s|2|2|o|rs|so|o|2}o n i nti ie erre 80 42 — 304 — TABELLA II. Foglie giovani. lacunoso NOME Osservazioni Peli Peli DELLE PIANTE palizzata Strato mediano del tessuto lacunoso inferiore Tessuto acquifero Fascio vascolare Strato superficiale Tessuto acquifero Strato profondo Numero d'ordine Strato profondo del Gunina del fascio Guaina del fascio del tessuto 1.° Strato del palizzata Epidermide superiore Epidermide inferiore del tessuto 1| Corylus Avellana. . ... 2 Citrus Aurantium. . ... 3| Nymphaea alba... ... 4| Bryonopsiserythrocarpa . 5| Rumex Acetosella .... 6 Eranthemum sanguineum | Bignonia Lindieyana .. | 8| Sylphiumterebinthinaceum 9) CBegonIaESp Re > 10 Gineraria isp Mesero 11| Lamium purpureum . . . 12| Clerodendrum speciosum. 13) Achaea eucalyptoides . . | 14| Ballota nigra. ...... 15| Ficus macrophylla . . ++++4++++ CRE ERE4+ Aaa grani: + +++ + 17| Theobroma Cacao .... 18! RIa china pae Meo 19| Ceratonia Siliqua 20| Polygonum Sieboldi . . 21| Crataegus coccinea ... 22: SEOthOE Spe ie 23 ISpiraca e io 24| Berberis vulgaris. . . .. 25 | Kohlreutera paniculata . 261 ACIILUSNS PA RIONI. 27| Doodia aspera ...... 28 | Pistacia Terebinthius . . 29| Angelica versicolor ... 30| Coccoloba guatemalajensis 31| Cobaea scandens..... 32| Rogiera elegans ..... 33 | Beaucarnea sp... .... 34| Cydonia japonica. . ... 35 | Erythrina christagalli . . Rea are siii ++++ AAA Sin + ++ ++ ++++ +++++ ++ ++ Si n n TAR AA A SE lane na ++++++ ++++++4++++ + ++++ nes +++ — Slo Continuazione della Tabella II. ° °) Cal Ual 2 £ È E elclé È 5 NOME M 5 Rea III È: S S|£|:8 2 || Osservazioni 2 DELLE PIANTE ® v-————_——e©e- qs o Gaaaaae:xza+——,>ga,>Ò4, ’:,,;»H[ — 325 — Noi crediamo di insistere su questo punto perchè viene in appoggio alle nostre vedute, e nello stesso tempo faremo osservare che l’associa» zione del collenchima coll’ antocianina non solo è evidente nel caule, ma anche in altri membri della pianta, come ad esempio le foglie, ciò che appare manifesto se si esamina la fig. 1, Tav. XIII rappresentante una porzione della foglia di Eucalyptus Globulus nella quale tutto il collenchima marginale contiene dell’antocianina.! 5.° L’antocianina nel picciuolo fogliare. Nel picciuolo fogliare la distribuzione dell’antocianina rispecchia a grandi tratti quanto abbiamo osservato nel caule, però, data l’imeguale esposizione alla luce delle due metà dell'organo e la sottigliezza di questo assai spesso si osserva che dal lato soleggiato, il pigmento in- vade anche i tessuti meno superficiali (Primula, Fuchsia). In generale nel picciuolo fogliare si ripete in ogni singola pianta la distribuzione che è propria del caule della stessa, il che ben si comprende qualora si consideri Ja analogia che passa fra i due organi, e che venne posta in evidenza dagli studi di Delpino, del Potonié (teoria del pericauloma) e «di altri autori. Il fenomeno diventa ancor più significante se si tiene conto del fatto che la distribuzione dell’antocianina non si presenta più così uniforme allorchè si mettono fra loro a confronto il caule ed il picciuolo fogliare con altri organi della pianta. I fatti esposti ci portano a concludere: che l’antocianina occupa per lo più nei differenti membri della pianta una posizione superficiale, sebbene non manchino casi in cui si affonda più o meno nei tessuti , che negli organi di adescamento è quasi costantemente localizzata nel- l'epidermide; che il pigmento invade spesso alcuni tessuti i quali come il collenchima, il tessuto acquifero, gli idatodi, i fasci vascolari, sono destinati a condurre od a trattenere con una certa energia l’acqua; che infine l’antocianina è spesso localizzata attorno alle camere d’aria sottostanti agli stomi. Noi pertanto siamo autorizzati a ritenere che la presenza di questo pigmento non è soltanto subordinata alle condizioni di luce, alle imperiose necessità della staurogomia e di altri fattori, ma anche, in parte, è in diretto rapporto coi processi della traspirazione. i Questa figura che ci venne gentilmente messa a disposizione dal prof. Briosi, trovasi inserita nella Tav. XVI del lavoro che questi ha fatto sull’anatomia delle foglie dell'Eucalyptus globulus, in Atti dell'Ist. Bot. di Pavia, II Serie, Vol. 2.°, anno 1892. CAPITOLO IV. Sulla singolare distribuzione dell’ antocianina nelle foglie di Pelargonium zonale, di Medicago maculata, di alcuni Polygonum, dell’Euphorbia chamaesice e di altre specie. Fra le piante che presentano un fogliame più o meno colorato dal- l’antocianina, il Pelargonium zonale, il Polygonum Hydropiper ed altre Poligonee, 1’ Euphorbia chamaesice (ed altre Euphorbiacee delle flore urbiche) e la Medicago maculata, meritano di fissare 1’ attenzione in quanto che il pigmento nelle loro foglie, a differenza di quanto avviene d’ordinario, trovasi localizzato in una determinata regione del lembo. Nel Pelargonium zonale ed in molte altre varietà di Pelargonium, la regione colorata dell’antocianina forma come una benda semi-circolare più o meno larga che decorre parallela all’orlo del lembo fogliare man- tenendosi però ad una distanza di circa 1 centimetro dall’orlo stesso. Solo in alcune varietà decorre alquanto più avvicinata alla parte basale. Tale zona talora si presenta abbastanza colorata intensamente, tal’altra invece è pallida ed allora mostra dei contorni indecisi e sfu- mati. Giova però notare che il piemento per lo più mostra una colora- zione viva solo durante la primavera, andando soggetto, allorchè si ap- prossima l’estate, ad una più o meno marcata decolorazione che rende la foglia quasi uniformemente verde. Nelle differenti foglie di una stessa pianta si notano delle varia- zioni assai sensibili per quanto concerne l'intensità della colorazione, essendo talune di esse vivamente colorate, altre quasi del tutto verdi. Il colore rosso non comincia ad apparire che allorquando la foglio- lina ha raggiunto un certo sviluppo e quindi noi non possiamo ritenere che tale zona sia dovuta alla persistenza di una colorazione antocia- nica embrionale. Lo studio che abbiamo fatto della zona colorata dei Pelargonium, se- guendo la foglia nelle varie fasi della sua evoluzione, non ci ha portati a notevoli risultati atti a darci la spiegazione di un processo così singolare che ha indubbiamente una causale biologica o fisiologica; solo abbiamo Ra potuto rilevare per mezzo delle pellicole di collodio! che la traspira- zione è, nelle foglie, non del tutto evolute, alquanto più intensa nella regione compresa fra la base della foglia e la zona, anzichè al davanti e al sopra di questa. Così pure per mezzo della fotografia, si è potuto stabilire solamente che la regione rossa, assorbe con maggior energia le radiazioni che agiscono sulla carta sensibile, ma questi dati non permettono certamente di risolvere il problema. Vi ha però un altro fatto che forse vale a portare un po’ più di luce sulla questione ed è che in molte varietà di Pelargonium, i quali presentano la zona colorata od anche non ne mostrano traccia, tutta quanta la periferia del lembo fogliare è albicata, cominciando la cloro- filla ad apparire a circa 1 centimetro di distanza dall’orlo. Le foglie così caratterizzate presentano, per lo più, un orlo ripie- gato in basso e questo fenomeno è dovuto tanto alla minor turgescenza del tessuto quanto ad una probabile differenza nell’ intensità di accre- scimento della foglia lungo il margine in confronto delle altre regioni, per cui la foglia deve necessariamente ripiegarsi in corrispondenza dell’orlo. Ora, avendo noi messo in evidenza che molte foglie albicate vanno soggette ad una più o meno marcata colorazione antocianica nella parte priva di clorofilia o al limite della stessa (Caladium, Alternanthera, ecc.) quasi debba esservi una correlazione tra l’albicazione e la pigmenta- zione, si potrebbe ritenere che anche nei Pelargonium la colorazione antocianica abbia cominciato ad apparire in quelle varietà che mostra- vano tendenza ad albicare i margini, formando così una striscia rossa tutt’ all’ingiro della foglia ed al di dietro della porzione albicata, e che di poi per condizioni ereditarie, in seguito specialmente all’ azione di una coltivazione razionale, il fenomeno cromatico si sia reso stabile ed anche, entro certo limiti, indipendente dalla presenza di un orlo albicato. Qualunque possa essere il valore e la portata della nostra ipotesi, sta intanto il fatto che nel Pelargonium zonale albicato la zona esercita una manifesta influenza inibitrice sopra alcuni processi patologici. Così ad esempio, se si mantiene all'oscuro una pianta di questa specie si vede, dopo alcuni giorni, che tutta quanta la parte più colpita all’ al- bicazione và soggetta ad alterazioni più o meno gravi le quali però si 4 L. Boscarioni e Gino Portacei, L'applicazione delle pellicole di collodio allo studio di taluni processi fisiologici nelle piante ed in particolar modo alla traspi- razione, in Atti del R. Ist. Bot. di Pavia, anno 1902. Vol. VII. — Ulteriori ricerche nell’applicazione delle pellicole di collodio allo studio di alcuni processi fisiologici delle piante ed in particolar modo alla traspirazione, in Atti del R. Ist. Bot. di Pavia, anno 1902. Vol. VII. RE — arrestano contro la zona antocianica. Lo stesso dicasi per le altera- zioni che sono prodotte da un deficiente innaffiamento o da altre cause le quali pure si manifestano dapprima all'orlo fogliare e solo dopo un temvo più o meno lungo riescono ad invadere anche la regione anto- cianica. Nel Polygonum Persicaria ed in altre specie di Polygonum, le foglie bislunghe o lanceolate presentano verso il mezzo una macchia rossa antocianica a contorni nettamente limitati, cuoriforme o foggiata a ferro di lancia colla punta rivolta in avanti. A quanto pare le condizioni di esistenza della pianta esercitano una certa influenza sull’ intensità della colorazione della macchia in questione, essendo questa mancante o sbiadita nelle piante che vivono nei siti ombrosi, intensamente colorata invece in quella dei siti aperti. Pare anche che in una stessa pianta si presenti una notevole dif- ferenza nell’intensità della colorazione a seconda che le foglie compa- iono più o meno precocemente. Noi abbiamo cercato anche in questo caso di chiarire, per mezzo dell'esperimento, quali sono i fattori che provocano il fenomeno della colorazione, senza ottenere tuttavia risultati molto attendibili, poichè solo si è potuto rilevare che le radiazioni attive sulla carta sensibile al ci- trato d’argento sono assorbite con maggior energia dalla regione anto- cianica, in confronto della rimanente porzione del lembo e che forse in detta zona le cellule hanno un’ altra costituzione in quanto che si colorano meno in bruno nerastro quando si assoggetti la foglia alla prova dell’amido col metodo del Sachs. Ma tutti questi fatti sono troppo incerti e talora anche incostanti perchè da essi si possa trarre un giudizio. Se noi però prendiamo in considerazione la storia di sviluppo dei Polygonum più comunemente da noi coltivati, troviamo che in molti di essi, le foglie, ed in specie le prime, quando sono in via di sboccia- mento, si presentano accortocciate sui margini (prefogliazione revoluta) in modo che espongono alla radiazione solare solamente la parte me- diana del lembo, decorrente lungo i bordi della nervatura principale. Questa parte sotto l’azione della luce non tarda ad assumere una colo- razione rossa abbastanza viva, come si può osservare in modo molto evidente nel Polygonum Sieboldi ed altre Polygoneae a grosso fogliame. Ben tosto però la colorazione rossa scompare ed intanto la foglia che ha superato il periodo giovanile si spiega ed inverdisce in tutta la estensione del lembo. Noi siamo pertanto indotti a ritenere che la presenza della macchia rossa del Polygonum Persicaria, del P. Hydropiper e di altre specie non ag costituisca altro che la persistenza di una condizione di cose diremo così embrionale, dovuto a ciò che la macchia, una*volta formatasi, non va più soggetta a scolorazione. Se questa nostra spiegazione vale ad illustrare quali sono le cause che hanno dato origine alla macchia, non valgono tuttavia a chiarirci a riguardo dei momenti particolari che determinano in alcune specie la scomparsa, in altre invece la persi- stenza del pigmento, i quali fattori sono certamente di indole biologica, non potendosi ammettere che il fenomeno della scomparsa, o viceversa deila persistenza, dell’antocianina sia una mera accidentalità. Per ciò che ha riguardo infine la colorazione dell’ Euphordia Cha- maesyce e della Medicayo maculatu, nelle quali piante il pigmento appare distribuito pure sotto forma di una macchia interessante la parte me- diana del lembo fogliare (Euphorbia), oppure localizzata prevalentemente verso la base della stessa (Medicago), noi non abbiamo trovato alcun dato che valesse ad informarci sulle cause che hanno determinato lo sviluppo del pigmento. Solo si è potuto osservare, in un caso, che so- vrapponendo alla foglia di Medicago una cartina al cobalto (Metodo di Stahl) la traspirazione appariva «diversamente intensa nella parte arrossata in confronto di quella verde. CAPITOLO V. Lo spettrofotometro Buscalioni applicato allo studio della costituzione fisico-chimica delle antocianine.‘ Per lo studio di alcune proprietà fisiche delle sostanze solide, ma più o meno trasparenti e dei liquidi colorati, ed in special modo per le ricerche sulla diafanicità di tali sostanze e sulle particolarità spettrali e cromiche che esse presentano, si sogliono usare differenti apparati noti coi nomi di spettrofotometri, di colorimetri, di diafanometri, ecc. ognuno dei quali è di costo alquanto elevato, ciò che può rappresentare un ostacolo al loro acquisto. Onde ovviare ad un tale inconveniente, uno di noi (Buscalioni) ha ideato un apparecchio relativamente poco com- 1 Quest’ apparecchio, nella sua forma più completa, trovasi attualmente in costru- zione presso l’Istituto Ottico di H. Kriiss (Amburgo). Atti dell’Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII 24 — 330 — plicato, e quindi di prezzo abbastanza mite, il quale può servire ad un tempo come diafanometro, come spettrometro, come fotometro, come co- lorimetro ed anche come misuratore dell’ alcalinità ed acidità di un dato liquido. Esso può esser utilmente impiegato sia per l'esame di liquidi, sia per lo studio dei corpi solidi, purchè questi, come ad esempio le fo- glie, siano dotati di una certa trasparenza. Allo scopo speciale di studiare l’ antocianina dal punto di vista ottico e fisico noi abbiamo fatto costrurre un modello notevolmente semplificato di quest'’apparecchio, ed i risultati che abbiamo ottenuto col medesimo, sono stati più che soddisfacenti, di guisa che si è cre- duto opportuuo di descriverlo per sommi capi, sebbene, come del resto era prevedibile, dai nostri studi non siano venuti in luce nuovi fatti sulla costituzione dell’antocianina, oltre a quelli già stati messì in evi- U ASTI ___ denza da altri Autori. , di Lo spettrofotometro, che tale è il nome del no- stro apparecchio, è costi- tuito da un tubo ( Z fig. 2) del diam. di circa 2 cent. e lungo 10, è chiuso da una lastra di vetro la cui montatura si avvita al tubo stesso portante in- cisa sulla superficie ester- na una scala divisa in mil- limetri. Fic. 1. c Entro questo tubo se ne inguaina un altro, pure chiuso anteriormente, da un disco di vetro svitabile, il quale può essere spinto a vite più o meno profondamente nella sua guaina, essendo questa fornita di un passo di vite micrometrico. Il tubo interno, dal lato poste- riore aperto, porta una specie di manicotto (7) che continua in una camicia o fodera che riveste tutta quanta la porzione graduata del tubo interno ed è munita in corrispondenza dell’ orlo libero di una scala graduata divisa in 50 parti. (V. fig. 2.) Quando il tubo interno è completamente avvitato a quello esterno le due lastre di vetro da cui i tubi sono chiusi anteriormente vengono a trovarsi a perfetto contatto fra loro ed allora l’orlo libero della fodera esterna arriva pure alla 1.8 divisione, cioè allo zero della scala milli- metrata incisa sul tubo esterno (Z) ed anzi, a rigor di termine, i due zeri delle due scale graduate si corrispondono. — 331 — Se ora si svita il tubo interno, tra le due lastre di vetro si andrà formando una camera d’aria la quale diventerà tanto più ampia quanto più si sarà proceduto allo svitamento. La lunghezza della camera d’aria sarà indicata dal numero delle divisioni del tubo interno che riescono in tal guisa a trovarsi allo scoperto dalla fodera, la quale segue la corsa del tubo interno cui, in realtà aderisce, ed anzi ogni millimetro che si rende visibile indica che la camera d’aria si è ingrandita di una egual misura. Le frazioni di millimetro di spostamento verranno lette sulla gradazione segnata sull’orlo libero della fodera. La camera d’aria che si va formando in seguito allo svitamento del tubo interno è destinata a ricevere il liquido colorato (antocianine ad es.) che noi sottoponiamo all'esame e che, pel momento, vogliamo supporre debba essere spettrosccpico. Su uno dei lati del- l'apparecchio ed in grande vicinanza dell’ estremità antero-inferiore, si im- pianta un perno orizzon- tale (B fig. 2), attraver- sato da un canale comu- nicante colla camera d’a- ria. Il perno dà attacco ad una spranga (K) che si dirige obliquamente in alto, decorrendo parallela alla faccia laterale dello strumento, ed arriva fin quasi all'orlo posteriore di questo. Lungo la spranga scorre una cassetta di forma trapezoidale (N) (munita di coperchio) sul cui fondo decorre un tubo sottile (L). Questo, aperto all'estremità libera, che arriva quasi a contatto della faccia posteriore della cassetta, si innesta nella tubulatura di cui è fornito il perno sopra descritto, di guisa che può stabilirsi una libera comunica- zione fra la cassetta e la camera d’aria dell'apparecchio. La capacità della cassetta deve esser tale, che quando essa sia riempita totalmente col liquido che si vuol esaminare, abbia a fornire una sufficiente quantità di questo alla camera d’aria per riempirla to- talmente a misura che si va ingrandendo, mentre all’ opposto quando venga riempita solo fino a metà, debba anche solo colmare col liquido colorato la metà inferiore della camera d’aria, qualunque sia la esten- sione che questa ha acquistato. i) DOTI FADDORI ada i Lara — 332 — Con tutta facilità si ottiene un livello costante nella camera d’aria, obbligando, come è stato. detto, la cassetta a scorrere lungo l’asta inclinata che la sorregge, mentre la camera d'aria si va ampli- ando, presupposto naturalmente che l’inclinazione dell’asta sia tale che l'estremo libero del tubo di scarico (L) arrivi all'altezza del diametro trasversale della camera d’aria e la cassetta possa scorrere liberamente lungo il tubo di scarico, rimanendo questo come ben si comprende, immobile. Noi abbiamo raggiunto in. modo soddisfacentissimo e semplice lo scopo, collegando, per mezzo di una spranga, la cassetta ad un anello (G) che abbraccia il manicotto (/) dell'apparecchio; grazie a questa dispo- sizione quando il tubo interno, in causa dello svitamento, viene a rin- culare, trascina pure nel suo movimento la cassetta la quale si sposta scorrendo lungo la spranga e lungo il tubo di scarico (L), mentre nel caso in cui il tubo sopra indicato venga spinto in avanti, anche la cassetta verrà spinta nella stessa direzione e scenderà lungo il so- stegno. Data una tale disposizione se noi regoliamo il riempimento della cassetta in modo che la camera d’aria abbia a trovarsi riempita, sem- pre solo fino a metà, col liquido colorato, avremo per risultato che uno spettroscopio di Browning a visione diretta (S fig. 1) introdotto dal- l'apertura posteriore dell'apparato determinerà la comparsa di due spettri sovrapposti, il superiore dei quali corrisponderà a quello nor- male, l’inferiore sarà invece dato dalla luce che ha attraversato il liquido colorato. L’osservatore che guarda attraverso lo spettroscopio, stando al di dietro dell’apparecchio, potrà in tal guisa confrontare fra loro i due spettri e stabilire così quali radiazioni vengono assorbite dal liquido adoperato. i Per far funzionare l’apparecchio come diafanometro differenziale, si applica al davanti del vetro frontale dello strumento una cassetta contenente un dato liquido, od anche un corpo solido più o meno tra= sparente (foglie ad es.), disponendolo in modo che esso copra solo la metà superiore dell'apertura dello strumento. Non occorre aggiungere che tanto la cassetta contenente il liquido, quanto l’ oggetto, devono esser tenuti in sesto e perciò si è munito l’istrumento di due pinze a pressione (M) simili a quelle che si applicano sui tavolini del micro- scopio, le quali hanno l'ufficio di premere l'oggetto in esame contro la faccia anteriore dello strumento. Fissato l'oggetto si. riempe la cassetta trapezoidale laterale con un dato liquido colorato e titolato (ad esempio jodio disciolto nel sol- furo di carbonio) e si fa entrare questo gradatamente nella camera — 333 — d’aria in modo da riempirla completamente, scacciando in pari tempo dall’apertura l’aria contenuta (U fig. 1). Il liquido che penetra nella camera d'aria assorbe le radiazioni luminose e quindi se si fa ingrandire la camera, arriverà un momento che lo spessore del liquido sarà tale che l’occhio dell'osservatore posto dietro dell’istrumento (cui si è tolto lo spettroscopio e sostituito all’oc- correnza una lente) vedrà completamente oscurata la metà superiore della camera, per tutto il tratto in cui questa è ricoperta dal liquido o dall'oggetto in esame, mentre la parte inferiore scoperta, apparirà ancora illuminata più o meno e solo diventerà a sua volta oscura del tutto, quando si continui a svitare il tubo interno. Nel momento in cui più nessuna radiazione penetra nello strumento deve aver fine l’espe- rimento. Per stabilire ora, in base a questi dati, la quantità di radiazioni che il corpo o il liquido sottoposto all'esame ha assorbito, occorre no- tare, col sussidio delle scale graduate di cui è fornito lo strumento, quale ampiezza ha raggiunto la camera d’aria nel momento. in cui la metà superiore dapprima e l’inferiore di poi della stessa, diventano oscure, e stabilire in seguito, con una proporzione, il rapporto d’inten- sità fra le radiazioni luminose che hanno attraversato la metà scoperta e quella coperta della camera d’aria. Lo spettrofotometro permette quindi di stabilive la diafanicità di un dato corpo in rapporto con qualsiasi grado di illuminazione, presup- posto naturalmente che questa si mantenga costante finchè dura l’espe- rienza, il che costituisce un notevole vantaggio su molti strumenti adot- tati attualmente come diafanometri. Per citare um solo esempio, quello proposto dal Detmer nel suo “ Pflanzenphysiologisches Practicum ,, il quale come è costrutto e pel modo con cui funziona non può permet- tere di arrivare a risultati un po’ seri, troppo essendo gli errori d’os- servazione cui dà luogo. Nelle misure sulla diafanicità, noi dobbiamo però aver presente che una soluzione colorata diventa tanto meno trasparente quanto più grande è il numero delle molecole di sostanza colorante che essa con- tiene ed in conseguenza ne deriverà che quanto più grosso è lo strato di liquido nella camera d’aria, altrettanto più energicamente sarà assor- bita la radiazione luminosa, sempre presupposto che la concentrazione: della sostanza colorante non cambi. Ammesso pertanto che una data radiazione abbia un potere illumi- nante = 1 e che nel suo passaggio attraverso ad una soluzione colo- rata dello spessore = 1 venga ridotta nella sua intensità ad 2, ne — 334 — . avverrà che attraversando di poi essa coll’ intensità di — un secondo n strato dello stesso liquido colorato e grosso quanto il precedente, alla ; x ASRO 1 1 acli SR uscita avrà solo più il potere is vale a dire —,. Passando quindi 1 Ù n° attraverso ad un numero «x di strati, di pari spessore, dello stesso liquido la luce verrà ridotta nella sua intensità ad un valore pari ad 1 Dc — . In altre parole la quantità di luce che attraversa un dato corpo na diminuisce secondo una progressione geometrica allorchè lo spessore di questo cresce in proporzione aritmetica (Wiillner-Lehrbuch d. experi- mental physik e Vogel I. c.). Noi non possiamo tuttavia passar sotto silenzio innanzi tutto che i risultati si complicano alquanto quando si tratti di far passare la luce attraverso mezzi differentemente colorati, perchè in tal caso lassorbi- mento totale si compie secondo altri principi, e secondariamente che l'apparecchio riesce lievemente difettoso quando si debba far uso od esaminare delle soluzioni spettroscopicamente monocromatiche perchè esse non assorbono con eguale misura tutte quante le radiazioni dello spettro ma si lasciano attraversare più facilmente da quelle che deter- minano la colorazione stessa della soluzione. Così ad esempio faremo osservare che se si confrontano fra loro due soluzioni monocromatiche, l’una delle quali sia gialla, l’altra bleu e il liquido utilizzato per estin- guere le radiazioni che hanno attraversato le sopra citate soluzioni è bleu, si ottiene, a parità di condizioni, un più rapido assorbimento per parte della soluzione gialla in confronto di quella bleu. Malgrado questo inconveniente l'apparecchio è praticamente utile, tanto più che d’ordinario si hanno da esaminare e da impiegare liquidi o sostanze quasi mai monocromatiche, per cui l’ errore riesce notevol- mente attenuato. ! Se si vuole fare funzionare l'apparecchio come colorimetro basta collocare, entro apposita cassettina di vetro, uno dei liquidi che si vuole esaminare al davanti della metà superiore del vetro che chiude anteriormente lo strumento e poscia versare l’altro liquido di confronto nella cassetta laterale in modo da riempirla solo fino a metà per ri- chiamarlo di poi, a poco a poco, nella metà inferiore della camera di aria mediante lo svitamento del tubo interno, avendo cura di trala- sciare di svitare nel momento in cui i due liquidi appaiono di tinta ! Nello strumento completo molti di questi errori sono eliminati, essendosi allo stesso applicato l'apparecchio spettrofotometrico di Glahn. — 335 — ugualmente densa. Dalla differenza di spessore che devono avere le due soluzioni perchè presentino le stesse intensità di tinta si può facilmente calcolare il valore colorimetrico relativo delle sostanze prese in esame. Infine se occorre impiegare l’apparato come misuratore dell’acidità, rispettivamente dell’alcalinità, delle sostanze coloranti, devesi riempire prima la camera d’aria totalmente colle sostanze destinate ad essere saggiate e poscia far venire a contatto di questa una soluzione titolata (piuttosto allungata) di un acido o di un alcali che verrà all’ uopo versato nella cassetta trapezoidale. La soluzione titolata deve venir a contatto, a goccia a goccia, col liquido colorato; per ottenere un tale risultato si è introdotto nel perno che sostiene l’asta inclinata, una specie di punteruolo scanalato da una parte, il quale quando venga opportunamente fatto rotare sul proprio asse intercetta o stabilisce la comunicazione fra la cassetta e la camera d’aria, essendo possibile il passaggio dei liquidi dall’ una all'altra solo nel momento in cui la scanalatura viene a trovarsi di fronte al tubo di scarico (L). Manovrando colle dovute cautele il punteruolo, mentre si svita il tubo interno si riesce facilmente a far penetrare, a goccia a goccia, il reattivo nella camera d’aria nella quale non tarda a me- scolarsi intimamente colla soluzione, cui deve cambiar colore allorchè ha neutralizzato la sua alcalinità, o rispettivamente la sua acidità. La mescolanza dei dune liquidi riesce tuttavia più prontamente ottenuta per mezzo di un agitatore pescante nel liquido ed indicato con D nella fig. 1 che ne rappresenta solo la sezione. CAPITOLO NI: Sulla forma e sulla struttura delle cellule antocianiche. Le presenti ricerche, estese tanto agli organi completamente evo- luti quanto a quelli ancora in corso di sviluppo, hanno lo scopo di in- vestigare le modificazioni che avvengono nella forma e nella struttura delle cellule di un dato tessuto a seconda che le stesse sono antocia- niche o prive di pigmento. Riguardo a questo problema già abbiamo fatto rilevare, nella seconda parte del lavoro, come si abbiano troppo incomplete osservazioni, essendo stato l’argomento trattato in modo molto superficiale, e anzi, oseremo dire, incidentale dai nostri predecessori. — A) Organi adulti. Anthurium sp. La spata in talune varietà è bianca, rossa invece in altre. Ora nelle spate bianche che abbiamo esaminate si è trovato «che le cellule epidermiche, nelle quali talora si presentano, in via ec- cezionale, delle traccie di antocianina, sono più grandi di quelle omo- loghe delle spate fortemente colorate in rosso. Lactuca sativa (varietà bruna d’inverno). Le foglie, e specialmente quelle che crescono in luoghi soleggiati, si presentano arrossate sopra una più o meno grande estensione del lembo. Il pigmento è diffuso in talune cellule epidermiche le quali hanno forma differente da quelle che sono prive di antocianina. Infatti mentre queste ultime sono grandi e presentano dei contorni molto ondulati, nella parte rossa sono piut- tosto rettangolari o debolmente sinuose. Gli stomi sono ugualmente sviluppati nelle due regioni e le cellule stomatiche, come di solito, prive di pigmento. Justicia riviniaefolia. AI di sotto dei nodi, nella parte più elevata dei rami, si incontra un leggero rigonfiamento costituito da un tessuto più molle delle rimanenti parti dell’internodio. L’ esame microscopico permette di rilevare che l’antocianina è localizzata nel tessuto epider- mico e nello strato sottostante della regione ingrossata e che le cellule epidermiche sono ivi alquanto più piccole che nelle altre parti del caule. (AVS 08 av XII VERE o NR) Higgensia sp. Le foglie sono screziate di rosso, di verde e di bianco. Per lo più il colore rosso è limitato alla periferia della regione albicata od anche invade quest’ultima più o meno completamente. Siffatte diffe- renze di costituzione del parenchima fogliare, determinano, come già ebbero a rilevare il Bonnier, il Pantanelli ed altri autori, delle profonde modificazioni nello sviluppo fogliare, essendo le parti albicate soggette ad un accrescimento più limitato, per cui la foglia diventa dissimetrica. Anche qui l'osservazione microscopica permette di rilevare una differente forma e grandezza nelle cellule delle parti verdi in confronto. di quelle rosso-bianche. Il fenomeno appare particolarmente manifesto col sussidio della camera lucida, si disegnano le impronte delle epi- dermidi fogliare che si ottengono col sussidio delle pellicole di col- lodio. Phlox Drummondii. Nelle varietà screziate di rosso e di bianco si può constatare una differente costituzione nelle cellule epidermiche di- versamente colorate. = Sol = Salvia Horminum. Il fusto di questa graziosa pianta ornamentale termina con un ciuffo di brattee le quali nelle differenti varietà mo- ‘strano diversa colorazione, potendo essere di color bianco, oppure roseo od anche infine azzurro carico. A quanto pare, tali organi avrebbero lo ufficio di attirare gli insetti sui fiori poco vistosi, e noi faremo infatti osservare che le brattee colorate cominciano a mostrarsi ‘allorchè sboc- ciano i fiori inferiori. Se si seziona una brattea bleu si osserva che il colore è diffuso nelle due epidermidi e nei peli, mentre le cellule del mesofillo sono po- vere di contenuto, ad eccezione di quelle addossate alle nervature per- chè ivi si presenta più o meno abbondante la .clorofilla. Non vi ha inoltre distinzione fra palizzata e tessuto lacunoso, essendo pressochè tutte le cellule del parenchima di egual forma. Nelle brattee rosse si nota la stessa distribuzione del pigmento antocianico e della clorofilla, ma quest’ultima si presenta a quanto pare in maggior copia. Quelle cellule del parenchima che sono poco ricche di contenuto, si mostrano piccole e poco turgescenti. Infine nelle brattee bianche manca quasi del tutto la clorofilla, e solo si incontrano degli speciali corpuscoli di aspetto grigio opaco in molte cellule del parenchima. Dallo studio che abbiamo fatto dell’epidermide nelle tre varietà di brattee si è potuto dimostrare che la presenza dell’antocianina va con- giunta a modificazioni di forma nelle cellule epidermiche, poichè queste sono assai piccole nelle brattee bianche, più grandi in quelle rosse, grandissime infine nelle brattee bleu. Coleus. Le molte varietà e specie coltivate di questo genere alta- mente ornamentale, sviluppano delle foglie variamente colorate, essendo talora screziate di bianco, di giallastro, di rosso e di verde, oppure semplicemente cosparse di macchie di color rosso cupo su un fondo colorato in verde. Quando la foglia è ad un tempo bianca, rossa e verde. i tre colori sono spesso distribuiti con una certa simmetria da ambo i lati della nervatura mediana, mentre quando si hanno solo macchie rosse, queste quasi sempre appaiono irregolarmente sparse in tutta l'estensione del lembo fogliare. In talune specie da noi studiate, il colore risiedeva unicamente sulla pagina inferiore, ed in questo caso, od invadeva gran parte del lembo, oppure si mostrava distribuito sotto forma di piccole macchie. Infine abbiamo pure esaminato dei tipi a foglie colorate sulle due faccie nelle quali però le macchie della faccia inferiore non erano esattamente sottoposte a quelle della superiore. Dalle numerose osservazioni che abbiamo fatte su queste piante si è potuto verificare che le cellule epidermiche nelle zone diversamente — 338 — colorate mostrano delle variazioni nella struttura. Per lo più le zone rosse, quando queste sono localizzate sulla faccia superiore, portano un maggior numero di stomi i quali però sono assai spesso incompleta- mente sviluppati. Ma a prescindere da questo dato che non ha molta importanza per la questione che ci interessa, troviamo pure che le cel- lule epidermiche in corrispondenza delle macchie, mostrano un contorno meno ondulato e sono più tipicamente conformate a papille e più pic- cole di quelle sovrapposte alle regioni di color verde.! (V. fig. 5, 6, 8 CHO MII av PXIAVA) Molto chiaramente si riesce a rilevare queste particolarità di strut- tura ricorrendo al sistema delle pellicole di collodio, ? poichè l'impronta che si ottiene dell’epidermide con questo processo presentasi diversa- mente costituita nelle parti verdi e rosse. Le regioni arrossate danno in generale, un’ impronta alquanto opaca e torbida, il quale fenomeno è dovuto a differenze strutturali delle cellule ed in ispecie alla comparsa di papille e di rugosità (V. Tav. XIV, fig. 8) e non già, salvo casi ec- cezionali, a più intensa traspirazione delle parti antocianiche. Cypripedium longifolimn. Nella cavità del labello le cellule più riccamente fornite di antocianina, localizzate prevalentemente in vici- nanza delle nervature, hanno differente forma e grandezza di quelle meno ricche di pigmento, od anco incolore. Pelargonium zonale. Nelle foglie fornite di un orlo bianco si osserva . che è differente la forma delle cellule epidermiche se si confrontano fra loro le regioni albicate o rosse e quelle verdi della pagina superiore del lembo. La differenza concerne sia l’ondulazione delle parti e sia la grandezza degli elementi. (V. Tav. XIV, fig. 2, 3, 4.) Bisogna però notare che l’antocianina nelle parti rosse non risiede nell’epidermide, ma nelle cellule del palizzata, le quali nella zona rossa sono meno fornite di clorofilla. Se havvi quindi fra la forma delle cellule epider- miche e la presenza dell’ antocianina un certo rapporto, questo nei Pelargonimn deve solo essere indiretto. Anche l'altezza delle cellule è differente nelle tre regioni: così le cellule dell'epidermide superiore raggiungono 20-24 uv di altezza nella parte verde, 20-23 nel rosso e 18-20 nel bianco; mentre le cellule del palizzata hanno nelle stesse regioni rispettivamente la ]unghezza di 36-40, 38-46, 30-35. ! Srexsrrox (Flora, 1895) attribuisce la forma papillosa dell'epidermide alla pre- senza di sostanze fortemente osmotiche. Vedi anche in proposito il lavoro di LesaGE (Rer. Gen. Bot., 1890). ? V. L. Buscarioni e G, PoLLacci, l. c. — Gel) = Azalea indica. La colorazione è più viva sulla faccia interna e morfologicamente superiore della corolla, in confronto dell’inferiore e quivi le cellule epidermiche sono anche più piccole. B) Organi in via di accrescimento. Jasminum nudiflorum. Nei fiori in via di sboeciamento l’antocianina si presenta irregolarmente distribuita nelle differenti cellule epidermi- che, mancando in molte di esse. Ora se si disegna la struttura del tessuto epidermico, valendosi all'uopo della camera lucida, si riconosce che le cellule prive di antocianina sono più piccole di quelle riccamente fornite di pigmento. Questi fatti appaiono molto evidenti nella porzione della corolla che nel fiore giovane rimane a lungo ricoperta dal calice. (V. fig. 7, Tav. XIV.) Populus alba. Le foglie che hanno raggiunto un certo grado di ac- crescimento, mostransi ancora colorate in rosso verso la regione basale, mentre hanno di già acquistato il color verde normale in corrispon- denza dell’apice. Ora colle pellicole di collodio si può constatare che la parte rossa è meno avanzata nello sviluppo di quella verde essendo essa costituita da cellule più piccole. Heterocentron subtriplinervium (Melastomacee). L’antocianina, nelle foglie non completamente evolute, persiste a lungo nella regione basale del lembo, per cui solo la porzione apicale e mediana di questo appare verde. Anche qui colle pellicole di collodio non solo si può riconoscere che le cellule della porzione rossa sono più giovani, ma sibbene ancora che esse sono delimitate da pareti a decorso pianeggiante, mentre on- dulate appaiono quelle dell’apice. Noi aggiungeremo infine che gli stomi si trovano in via di sviluppo nella parte rossa, completamente evoluti invece in quella verde, ciò che determina una minor traspira- zione in corrispondenza della base fogliare, come si può dimostrare colle pellicole di collodio che si intorbidano soltanto sopra la regione verde. Hakea. Anche in questo genere l'accrescimento delle foglie è basi- peto e va di pari passo colla scomparsa dell’antocianina, la quale perciò persiste più a lungo localizzata alla base della foglia. Ampelopsis hederacea. La presenza dell’ antocianina nella regione basale delle foglie in via di accrescimento è collegata collo sviluppo meno inoltrato delle cellule di tale regione in confronto dell’ apice. Fuclsia. Anche qui appare molto evidente che l’antocianina persiste più a lungo nella parte basale delle foglie giovani, perchè ivi l’accre- scimento dura più a lungo. — 340 — Acacia sp. Lo sviluppo delle foglie è basipeto e Y antocianina scom- pare pure in modo basipeto. Lagerstroemia indica. Le foglie in via di sviluppo sono verdi all’a- pice, rosse alla base. Questa regione mostrasi più lenta nello sviluppo. Cornus sp. Le foglie raggiunto che hanno la metà della loro gran- dezza ordinaria sì mostrano verdi soltanto all’apice, essendo la regione basale ancora riccamente antocianica. Il color rosso è particolarmente vivo nella regione mediana della foglia e sui bordi. Colle pellicole di collodio si può rilevare che le cellule «delle parti più vivamente colo- rate in rosso sono anche le più giovani e quindi più piccole. Aster sp. Abbiamo notato che nelle foglie quasi completamente evolute l’antocianina si mostra ancora presente sui bordi, dove però scompare in vicinanza dell’apice fogliare. La parte rossa, saggiata colle pellicole di collodio, mostrasi rivestita di un epidermide a cellule più piccole e meno evolute che nelle altre parti. (V. fig. 4, 5, Tav. XI.) Pressoclè analoghi: fatti si osservano nelle giovani foglie di Cobaea scandens. (Vi. fig. 11, 192, Tav. XIV.) Pellionia pulchra. I giovani fillomi contengono dell’antocianina nello straro ipodermico, sebbene però non tutte le cellule di questo strato ne vadano fornite. Se si confrontano ora fra loro le cellule antociani- che e quelle prive di piemento, si nota che gli elementi incclori sono un po’ più piccoli di quelli rossi. I fatti rilevati in questa lunga rassegna, nella quale si sono presi in esame svariatissimi organi ed in diverso stadio evolutivo, ci per- mettono di trarre alcune conclusioni non del tutto, osiamo sperare, prive di interesse. Innanzi tutto appare manifesto che vi ha un intimo legame fra il grado di sviluppo di una parte e la presenza dell’antocianina, in quanto che si è potuto dimostrare che in moltissime foglie, a seconda che l’ac- crescimento è basipeto, basifugo o misto, anche la scomparsa del pig- mento antocianico va di pari passo col senso dell’evoluzione ed avviene quindi in modo basipeto, basifugo 0 misto. Dal semplice esame, pertanto, della distribuzione dell’ antocianina nelle foglie in via di sviluppo, noi possiamo trarre dei criteri sul modo con cui la loro evoluzione si compie. Sotto questo punto di vista sono particolarmente interessanti certi Aster, poichè negli stessi si è visto che l'accrescimento fogliare si continua ancora nei bordi quando già ha abbandonato le altri parti della foglia. Lo studio delle parti adulte, nelle quali l’antocianina non è uni- formemente distribuita, ma occupa solo, saltuariamente, talune cellule, ci ha permesso pure di constatare che, salvo poche eccezioni, le cellule = oe rosse per antocianina si mostrano più piccole di quelle prive di pig- mento ed in generale hanno pareti a decorso meno ondulato e forse anche presentano diverso ispessimento e diversa costituzione. * L’ unica spiegazione plausibile che può darsi di questi fenomeni si è quella di ritenere che nelle cellule antocianiche, i momenti osmotici e le condizioni di accrescimento, abbiano esplicata un’azione alquanto differente in confronto con quanto avviene nelle cellule prive di pig- mento. Il nostro concetto, riescirà forse più manifesto quando avremo di- scusso la questione relativa alla pressione osmotica nelle cellule anto- cianiche; qui noi ci limitiamo ad osservare che forse la minor gran- dezza delle cellule potrebbe esser in rapporto col fatto che, a parità di spessore, un cilindro presenta tanta maggior resistenza alla pressione interna quanto più ha un calibro piccolo. Non si può però negare che altri momenti possano intervenire in causa, per determinare un arresto nello sviluppo di tali elementi, quali ad esempio una modificata nutri- zione, una traspirazione meno accentuata ed altre cause. I cambiamenti di forma avvengono quasi sempre nelle cellule stesse del tessuto che contiene l’antocianina (per lo più si tratta di epidermidi), ma noi abbiamo imparato a conoscere alcuni casi in cui le modificazioni sia di forma che di struttura possono anche localiz- zarsi in tessuti sottoposti o sovrapposti a quelli contenenti il pigmento (foglie di Pelargoninum e di Maranta roseo-picta, brattee di Salvia Hor- minum, ecc... Egli è perciò duopo notare che in alcuni di questi casi il rapporto tra la presenza dell’antocianina e le modificazioni dei con- tenuti cellulari è ancor meno chiaro ed anzi non si può escludere del tutto che speciali cause intervengano per provocare i cambiamenti indicati, e forse per produrre ad un tempo tanto questi, quanto la co- lorazione. i In generale le condizioni xerofitiche determinano modificazioni analoghe a quelle presenti nelle cellule antocianiche, poichè nelle piante dei luoghi asciutti, l'epidermide difetta di cellule a contorno ondulato. BERO CAPITOLO VII. Costituzione delle cellule antocianiche. Il presente capitolo è stato, suddiviso in due parti. Nella prima tratteremo della costituzione istologica delle cellule antocianiche, e siccome questo argomento fu già discusso in modo abbastanza esauriente dai nostri predecessori (Pfeffer, Wigaud ed altri Autori), noi ci sofferme- remo unicamente a rilevare alcune particolarità istologiche per trattare più ampiamente di una reazione microchimica la quale ci permette, nei casi dubbi, di stabilire la presenza dell’ antocianina e di distinguere questo pigmento da molte altre sostanze affini all’antocianina, colle quali questa può trovarsi commista. Nella seconda ‘parte rivolgeremo invece la nostra attenzione ai rapporti svariatissimi che l’antocianina contrae coi differenti prodotti dell’attività cellulare, allo scopo di esten- dere le ricerche che sullo stesso argomento hanno già fatto il Reinke, l’Overton, lo Stahl, molte delle quali non sempre s' accordano coì nostri risultati. A) Caratteri istologici e mierochimici delle cellule antocianiche. Il pigmento antocianico si presenta distribuito in modo così uni- forme nelle varie cellule delle differenti piante, che ben poco si può aggiungere alle osservazioni dei nostri predecessori. Noi crediamo tut- tavìa utile di ricordare che la presenza di antocianina raccolta in granuli o in cristalli è più frequente di quanto si ammetta; che in ta- luni casi il pigmento mostrasi costituito da finissimi granuli racchiusi in una massa fondamentale più o meno colorata: e che infine in uno stesso tessuto l’antocianina può presentarsi nelle differenti cellule con diversa costituzione chimica, come ce ne offre un esempio molto evi- dente la foglia di Gesneria hybrida i cui peli sono costituiti da parec- chi articoli sovrapposti e variamente colorati, essendo talune cellule bleu altre rosse. Un reperto abbastanza originale ci viene fornito dalle foglie di Saxifraga crassifolia. In questa pianta l’antocianina si conserva abba- stanza in buone condizioni anche durante i rigori invernali, malgrado che la maggior parte delle foglie, nelle quali sta appunto raccolto il pigmento, siano destinate ad andare lentamente distrutte. | —m@@v@ _m@t@—@—6@6mm per — sui = Le masse antocianiche, raccolte per lo più nel centro della cellula e circondate da uno strato plasmico i cui cloroplasti si mostrano, a quanto pare, meglio conservati di quelli che non si trovano protetti dal pigmento, — presentano la particolarità di trasformarsi, quando vengano trattate coll’acqua di Iavelle in masse giallo-brune nelle quali appare evidente uno strato periferico più grosso e più colorato, simu- lante quasi una membrana. Questa struttura non venne più da noi ri- scontrata in molte altre piante che abbiamo sottoposto, nello stesso pe- riodo dell’anno, ad un analogo trattamento (Tradescantia, Maranta, ecc.). Di gran lunga più interessanti sono le osservazioni, d’indole mi- crochimica, che abbiamo fatto sul pigmento antocianico, poichè dalle stesse siamo riusciti ad ottenere alcuni dati che valgono a distinguere questa sostanza da altre affini, quali sono i flobafeni, le carotine, i pig- menti delle alghe rosse, ecc. Fra i reattivi che ci hanno dato i migliori risultati segnaleremo la nicotina, la quale va adoperata in soluzione piuttosto diluita, in guisa da aversi un liquido colorato in giallo paglia- rino ricordante la tinta della birra (tipo Pilsen). In questo liquido si devono tuffare, per pochi minuti, le sezioni o i lembi di tessuti conte- nenti pigmenti, i quali, a seconda della loro natura, vanno soggetti alle seguenti modificazioni di colorazione che qui indicheremo per sommi capi. Dahlia variabilis (corolla). Il succo rosso si colora in bleu e si scioglie nel reattivo. Salvia splendes (corolla). Il succo rosso diventa violetto. Tropaeolum majus. Il succo rosso dei fiori diventa bruno gialliccio. Tradescantia discolor (foglie). Il succo rosso delle cellule epidermi- che assume una colorazione verdastra sulla quale le cellule stomatiche spiccano assai per il loro contenuto ingiallito. Cissus (foglie arrossate all'autunno). Il succo inverdisce. Le bacche trattate collo stesso reattivo assumono un’identica tinta, mentre nelle gondizioni normali appaiono di color bleu-violaceo. Lagerstroemia indica. Le foglie, nell'autunno, assumono una colora- zione rossa per la presenza dell’antocianina nel palizzata. La nicotina provoca in questo la comparsa di una colorazione verde grigiastra che contrasta singolarmente col contenuto ingiallito delle cellule epider- miche. Chrysanthemum sp. Il succo rosso cupo dei fiori si fa verde. Torenia Fournieri. Il succo bleu dei fiori assume una tinta verdognola. Vicia Faba (nettari estranuziali). Il contenuto cellulare bruniccio diventa di un colore più oscuro, ma la tinta fondamentale non riesce alterata. — 344 — Verbena hybrida. La tinta bleu violetto dei fiori diventa verde. Pentastemom sp. Il colore violetto dei fiori si fa bleu. Canna indica (foglie rosse). Il contenuto cellulare assume una tinta bleu. Euellia sp. (fiori bleu). Il colore passa al verde. Fuchsia sp. (fiori bleu). Le cellule antocianiche assumono una tinta verde. Scheeria mexicana. Si ha inverdimento dei fiori bleu. Hibiscus sinensis. Il iiore rosso assume una bella tinta bleu. Convolvutus bicolor. La tinta rossa del fiore passa al bleu. Pelargonium zonale. I fiori rossi diventano bleu. Risulta dal presente specchietto che assai spesso le antocianine di color rosso (Tvadescantia, Lagerstroemia, Cissus, Chrysathemum, ecc.) as- sumono una colorazione verde sotto l’azione del reattivo e tale è pure la tinta che acquistano molte antocianine colorate diversamente dal rosso. In non pochi casi, invece del verde, si ottiene il bleu (Dal4a, Pentastemom, Canna, Hibiscus, ecc.), 0d il bruno giallo (7ropaeolum) 0 il violetto (Salvia), ma queste ultime colorazioni appaiono meno di fre- quente. Si deve quindi ammettere che non vi ha correlazione tra il colore originario dell’ antocianina e quello assunto dopo l’azione del reattivo, il che indica che l’acquistare piuttosto una tinta che un’altra dipende dalla natura delle sostanze che accompagnano l’antocianina e fors’ anco dalla costituzione stessa di questo pigmento. Il cambiamento di colore è dovuto alla costituzione basica del reattivo, ! ma forse anche altre cause intervengono per provocarlo. Allo scopo di poter stabilire se la nicotina possa servire come reattivo diagnostico per l’antocianina noi abbiamo fatto agire lo stesso liquido sopra altri pigmenti delle cellule, ottenendo dei risultati che ci inducono a ritenere che la nicotina sia realmente un ottimo reagente dell’ antocianina a causa delle modificazioni di tinta abbastanza carat- teristiche che determina nella stessa. Infatti nella Portulaca grandiflora a fiori colorati da un pigmento. rosso e giallo e probabilmente di natura alquanto differente dall’anto- cianina, non si ottenne cambiamento di sorta nella tinta sotto l’azione Gella nicotina. Lo stesso fatto si è potuto verificare saggiando il pig- mento giallo delle foglie autunnali (eziolina) di Acer, i plastidi colorati in giallo dell’Amaryllis fava e del frutto di Cucurdita maxima, il conte- nuto giallo dei fiori di alcune varietà di DahQa, i plastidi rossi dei 1 Coll’asgiunta di acidi non si hanno più, infatti, le reazioni caratteristiche. D ) — 345 — peperoni di Cajenna, i cromoplasti gialli della Tigridia pavonia, il pig- mento di alcune Z/oridee, e quello che provoca la colorazione rosso bruna nelle Conifere all'approssimarsi dell'inverno, ed infine i flobafeni contenuti nelle membrane di molte specie di piante ed i cromoplasti rossi delle Selaginelle sottoposte ai rigori invernali. Noi aggiungeremo ancora»che la colorazione bruna rossastra as- sunta dai pigmenti di Tropaeolum e di Vicia Faba è per se stessa un indizio che esiste una notevole differenza di costituzione nel pigmento, il quale non sarebbe già da considerarsi come una antocianina genuina. Ad un'analoga conclusione vennero altri Autori, almeno per ciò clie concerne il pigmento dei nettari estrafiorali della Vicia Faba. È logico pertanto concludere che la nicotina, in soluzione diluita, senza essere un reattivo, diremo così, specifico delle antocianine, vale ciò non di meno assai meglio di molti altri a caratterizzare queste sostanze, non provocando un cambiamento di sorta nella colorazione in quei pigmenti che hanno natura differente di quelle dell’ antocianina (flobafeni, clorofilla, ecc.), oppure provocando solo una colorazione bru- nastra in quelle sostanze che sono molte affini all’antocianina, mentre queste per lo più vengono ad assumere una tinta bleu o verdastra. Oltre ai reattivi, segnalati nella seconda parte del presente lavoro come atti a svelarci il piymento antocianico, noi dobbiamo dunque ag- giungere la nicotina. *! B) Rapporti delle antocianine con alcuni costituenti delle cellule. I diversi inelusi di una cellula, siano essi solidi o liquidi, rappre- sentano il prodotto dell'attività delle stesse cellule o di quelle vicine, di guisa che a giusto titolo si può paragonare la cellula ad un piccolo laboratorio chimico nel quale si elaborano i più svariati composti. Ma una data cellula non può preparare indifferentemente qualsiasi prodotto, e noi quindi vediamo manifesta anche negli elementi cellulari del re- gno vegetale la tendenza alla specializzazione, la quale trova il più alto grado della sua espressione nei tessuti dell’uomo e degli animali superiori dove la cellula secretrice, le cellule nervose e la muscolare, per citare pochi esempi, dirigono tutti quanti i loro sforzi al consegui- mento di un solo fine, che è nell’una la secrezione di un dato prodotto, 1 Forse potrebbero dare preziosi ragguagli sulla natura dei differenti pigmenti, an- che gli ossidi metallici (ossido di zinco, di argento, ecc.) poichè questi colle antocia- nine danno delle colorazioni che variano dal colore rosso al bleu. Atti dell'Ist. Bot. deli Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII. 25 — 346 — nell'altra la conducibilità e l’elaborazione delle eccitazioni, nella terza infine il movimento e la contrazione. Sarebbe pertanto di grandissimo interesse studiare per ogni sin- gola cellula e per ogni singolo tessuto quali siano i prodotti principali della sua attività, e come la presenza di alcuni di questi, escluda 0, all'opposto, reclami l'intervento di altri, perchè le conclusioni che da una tale investigazione potrebbero emergere, porterebbero molta luce nella biologia e fisiologia cellulare. Pur troppo però attualmente siamo ancor ben lontani dal poter condurre a termine una ricerca simile a causa delle incomplete cognizioni che si hanno sulla chimica fisiologica dell'elemento cellulare. Un tentativo di questo genere venne da noi fatto per ciò che ha attinenza all’antocianina e noi riassumiamo qui i principali risultati che dallo stesso sono emersi, non senza prima aver fatto però rilevare che colle nostre esperienze il problema è stato appena abbozzato. a) Itapporto delle antocianine colla clorofilla. — Le an- tocianine molto spesso si trovano in cellule e tessuti albicati e l’esempio più classico di questo genere ci viene offerto dalla grande maggioranza dei fiori e da talune foglie ornamentali (Migginsia), il che indurrebbe a pensare che le due sostanze possano stare indipendenti l’una dall'altra, sebbene l’antocianina derivi da alcuni prodotti dell’attività clorofilliana. Non mancano però i casi in cui i due pigmenti sono associati in una data cellula ed anzi si osserva talora che per la rispettiva distribu- zione dei due pigmenti nella cellula, l’antocianina può servire di schermo protettore alla clorofilla, come appare evidente in molte cellule foggiate a papilla e negli elementi a palizzata delle foglie di MaRonia poichè. ivi l’antocianina occupa la porzione più esterna o superficiale dell’ele- mento, la clorofilla invece il lato profondo. v) Rapporti delle antocianine cogli oli, coi cristalli, colle mucilaggini, cogli acidi, ecc. — Alcune volte abbiamo riscon- trato delle cellule antocianiche contenenti dei globuli di natura grassa (bacche di Aucubda japonica), oppure dei cristalli di ossalato di calcio (frutti di Cydonia japonica, foglie di Canna v. rossa), ma un rapporto di- retto pare che non esista fra queste differenti sostanze, mentre per quanto concerne le mucilaggini si può affermare che nella grande maggioranza dei casi, la presenza di questa va di rado associata alle antocianine, come può facilmente rilevarsi nelle piante grasse! e nella Lagerstroemia i Alcune di queste, sottoposte a bruschi cambiamenti di temperatura arrossano leggermente, ma il colore si localizza negli strati più superficiali, per lo più poveri di mucilaggine. — 347 — indica le cui cellule mucilagginose disseminate in mezzo al tessuto ar- rossato delle foglie autunnali non contengono pigmento. Forse invece si verifica il fenomeno opposto se si considera il rapporto dell’antocia- nina cogli acidi organici, inguantochè non infrequentemente i tessuti che contengono l’una mostrano spesso traccie degli altri. Basta ricor- dare che l’antocianina rossa è tale per la sua natura acida, e che le varietà di mele acide per la presenza di acido ossalico sono anche per lo più caratterizzate da una tinta rossa per la comparsa dell’ antocia- nina nell’epidermide e che lo stesso fenomeno si verifica nelle foglie di talune Oralis. c) Rapporti dell'antocianina col tannino. — Molto più manifesti appaiono i rapporti tra l’antocianina ed il tannino, essendo stato indubbiamente dimostrato che la prima deriva dall’ossidazione di taluni corpi appartenenti alla classe delle sostanze tanniche o dei tannoidi. Però, malgrado il nesso genetico, non si può sempre affermare che la presenza dell’antocianina implichi necessariamente anche quella del tannino. Noi troviamo, è vero, moltissimi esempi in cui le cellule anto- cianiche sono pure ricche di tannino, come si può dimostrare saggiando le cellule coll’acido osmico o coi sali di ferro, poichè questi reattivi provocano intensa la comparsa di quelle colorazioni, che si sogliono rite- ‘nere come caratteristiche del tannino, ma non meno numerosi si sono presentati i casi in cui le cellule antocianiche erano povere di tannoidi. Assai ricche di tannino si sono mostrati i tessuti antocianici delle seguenti piante: Cobaea scandens, CyanophyUum magnificum, Pothos, Dil- lenia, Amaranthus, Smilax, Galipea, Ficus nobilis, Cavica officinarum, Pelargonium zonale, Anthurium (spata e spadice rosso), come pure le foglie giovani e rosse di osa, Angelica versicolor, di Sarifraga crassi- folia, le foglie adulte di Gesneria Mad. Heine, di Canna indica. Noi abbiamo anche potuto rilevare che le regioni verdi (Gesneria), oppure le varietà verdi (Canna) sono meno ricche di tannino in confronto delle rosse. Infine si sono pure dimostrati fortemente tannici i picciuoli fo- gliari di Dracaena ferrea, le squame di Begonia, il caule della -Centra- denia floribunda, i quali organi sono colorati più o meno vivamente dall’antocianina. A proposito però delle Centradenia giova notare che il tannino accompagna l’antocianina che impregna il midollo e gli strati profondi della corteccia, mentre scarseggia negli strati più superficiali di questa dove, ciò non di meno, abbonda il pigmento. All’opposto si sono mostrate poco o punto tanniche le cellule anto- cianiche delle seguenti piante: Dioscorea, Billbergia (pagina inferiore della foglia) Begonia flore rubro (fiori), Goodyera discolor e Ladembergia rosea (giovani foglie) B/echnum occidentale (fronde in via di sviluppo), — 348 — Eucomis punctata (turioni) e l’Achimenes rosea. In questa ultima specie però alcune cellule antocianiche danno una netta reazione tannica, mentre altre ne sono affatto prive, o ne mostrano solo deboli traccie. Dai fatti esposti è quindi lecito concludere che se il tannino è uno dei corpi dai quali direttamente, od indirettamente, si forma l’ an- tocianina, esso tuttavia può andar completamente eliminato dopo che questa sostanza si è formata, senza che per ciò abbia a verificarsi una contemporanea diminuzione nel contenuto antocianico delle cellule. Ora il fatto della sostituzione della antocianina al tannino non è del tutto privo di interesse, per ragioni che discuteremo in seguito, essendo risultato dalle ricerche di Warming, di Wagner e dello Sten- strom che il tannino avrebbe l’ ufficio di contribuire ad elevare il po- tere osmotico nelle cellule in cui esso si trova, il che venne pure re- centemente confermato, sebbene per via indiretta dal Borzì, nelle sue importanti osservazioni sui semi di Inga. Va intanto notato che nelle cellule in cui vi ha tannino ed anto- cianina, l'acido osmico provoca talora una colorazione nera diffusa, op- pure determina la comparsa di granulazioni nerastre, dotate di movi- mento Browniano, nel succo cellulare. La comparsa di sranulazioni vivamente colorate in seno al succo antocianico — a prescindere, ben inteso, da quei granuli che si incon- trano incidentalmente nelle cellule antocianiche non sottoposte ad alcun trattamento, i quali sono costituiti probabilmente dal pigmento stesso precipitato, — costituisce un fenomeno che si verifica non solo trat- tando i tessuti antocianici coll’acido osmico, ma sibbene ancora sotto ponendo il pigmento all’azione di alcuni alcaloidi, come ebbe pel primo a segnalare l’Overton nelle sue bellissime osservazioni sull’ influenza che esercita la Caffeina, in soluzione più o meno diluita, sull’antocia-. nina; questi però credette di dover attribuire il fatto alla precipitazione del tannino contenuto nelle cellule antocianiche. Colpiti dalla singolarità del fenomeno noi abbiamo ripreso le os- servazioni dell’Overton, facendo uso, oltrechè della Caffeina, ancora di alcuni altri alcaloidi e saggiando in pari tempo le cellule sottoposte all’azione di questi reattivi, sia coi sali di ferro, sia coll’acido osmico, per poter dimostrare, in modo più o meno approssimativo, la quantità di tannino che le stesse contenevano. Nelle nostre ricerche, eseguite per tale scopo, ci siamo sempre limitati ad esportare dei sottili lembi di-tessuto colorato dall’antocianina, (per lo più si trattava di epidermidi) che poi venivano immersi per un certo tempo nei differenti reattivi ed al fine esaminati al microscopio. TAVOLE RIASSUNTIVE {ULTATI OTTENUTI CON GLI — 350 — © E | NOME 281 gene pae | PAMMINO Si Caffeina Nicotina == | Morfina Cocaina | | | | 1 Rosa sp. Abbondante. | | | (fiori rossi) | | | | | | | 2 Dahlia Abbondante. | Ilsuccodiven- | | variabilis | ta bleu. (fiori rossi) | | | | | | | | | | | 3 | Pentstemom | Abbondante. Ilsucco diven- | sp ta bleu. | | 5 | (fiori violetti)| | | | | 4 Scheeria Scarsissimo. Il succo inver- mexicana SILE (fiori bleu) 5 Hibiscus Abbondante. Precipitato ab- | Precipitato for- Qualche cellu- Scarso preci- ; z bondante agra- | mato da fini gra- | la diventa bleu. | pitato costituito sinensis n ; ‘pri h È nuli bleue gros- | nuli bleu. Succo da granuli finis- (fiori rossi) si. bleu. . simi di color rosso 0 rosso violaceo. 6 | Canna indica Abbondante. ; ceio cel- Il Sucae ca Sirolo H î ula eu. venta eu e a diventa bleu. (fiori rossì) in talune cellule si formano dei granuli fini. | Funkia sp. Il succoinver- Il succo inver- disce. disce. A (fiori bleu pallidi) 1 Ad eccezione della nicotina abbiamo impiegati i differenti alcaloidi seguendo le indicazioni dell'O; le Continua la tabella. Stricnina Î Scarsi preci- | pitati. Le cellu- le rimangono rosse. Veratrina Solanina Codeina Chinina Osservazioni Comparsa di granuli grossi di color bleu. Il succo di- venta bleu. Precipitazione di grossi gru- mi e di grandi goccie che si raccolgono nel centro delle cel- | lule. Il precipi- tato è nero 0 bluastro. Il Il Ì . n A Qualche cel- | Comparsa di Il succo di- | Abbondante I granuli dopo luladiventa bleu | grossi granuli venta verde. precipitato ver- | un po’ di tempo e dà luogo alla | bleu.Succo dello i de a grossi gra- | si sciolgono di precipitazione stesso colore. nuli. nuovo e il succo di granuli. abbandona le cellule. Precipitato a fini granuli, ma | ileolore delsne» granulazioni fi- ne e di Comparsa di rosso-yiolaceo. co non cambia. | Non in tutte le cellule avvie- ne la precipita- zione. Granuli grossi di color bleu-intenso. Ilsucco inver- disce. _Precipitazione limitata a qual- Scarso preci- pitato bleu. Il Abbondante precipitato e granuli di gran- dezza mediocre di color bleu od | anche scolorati. Abbondante precipitato a rossi gronuli bleu intenso. Il succoresta bleu. Qualche cel- lula con preci- pitati. lula bleu con scarsi e piccoli granuli. color | checellula.Gra- | succo resta ros- nuli dicolorbleu | so nelle cellule | pallido.Il succo | dove manca il si conserva ros- | precipitato. so dove manca il precipitato. | Qualche cel- Talane cellule con fini granuli. Dove manca il precipitato, per- siste il color ros- s0, Il succo diven- ta bleu. Scarso e fino precipi- tato. Raro precipi- tato in talune cellule divenute brune-bleu. 11 succo inver- isce. | due del reattivo si è aggiunto 109 parti d’acqua, 10 parti d'alcool e 2 grammi di zucchero. = 39, = (*) e_N 52) NONE TANNINO » 5°. DELLE PIANTE - -- ì = Caffeina Hicotina Cocaina i | 8 Brunellia Abbondante. Ilsuecodiven- | Qualche cel- FORI | ta verde. | lula inverdisce (fiori bleu) | | e in talune si | forma uno scar- | so e fino preci- | | pitato. Pelargonium Precipita in | Siha precipi- | 9 / grosse goccie | tazione e colo- | ALPI ce: dapprima | razione bleu del | (fiori rossi) | rossediventano, | succo, Il preci | dopo un po’ dì | pitato siscioglie | tempo, bleu. \ nellHCl. | Î | | | | 10 | De/phinium | neo TE ìl _Il succo inver- vi zione col elo- disce. (fiori bleu) ruro di ferro. ll Portulaca | Scarsetraccie. || grandiflora (fiori rossi) 12 Aster Tannino evi- | Ilsucco inver- Precipitazione (fiori blen) | dente. disce. | sotto forma di grosse goccie, ma non in tutte le cellule. 13 4 Reazione Il GRSSI Salvia tannica debo- o SRI fi splendens | le SUPE PALO ; G zione di gra- (fiori rossi) RO quando il suc- co venga trat- tato col clo- ruro di ferro. 14 | Convolvulus | Dubbia rea- Il succo di- bicolor zione tannica venta bleu. (fiori rossi) col cloruro di ferro. — 353 — Continua la tabella. Osservazioni Stricnina Veratrina Haluogo pre- Solanina | Codeina ——_———_—_—_—_—_—_—_ | | | | | Chinina Abbondante precipitato bleu cipitazione in | o verde. Granu- qualche cellula. | | li di dimensioni discrete. | | Il pigmentosi Scarso preci- | discioglie. pitato di color | bleu. | | | | | Il È esi n il | | | Formazione abbondante di granuli, ma non in tutte le cel- lule. | | | Precipitazione | Comparsa di | Scarso preci- Formazione di con formazione | fini granuli. pitato. ' finigranuli bleu. di fini granuli. | | Precipitato Precipitato co- Il succo diven- formato da fini | stituito da fini ta bleu. Com- granuli. granuli bleu. parsa di grossi granuli. — 354 — Il © | RIE ni AL 25° DELLE PIANTE | : = i Ì 5) | Caffeina Nicotina Morfina Cocaina Atr di DA —_________________ \—___==- | | | | | | | 15 | Gladiolus sp. Molto | | | (fiori rossi) | abbondante. | | | | | Il | | | | | | | a 16 | Ba/samina sp. Scarso. | cal engcon) di- | Abbon | ei | | 3 4 | precipita | (fiori rossi) | | ? so e ble | | | | | || | 17 | Fuchsia sp. Tannino poco || Precipitato in | Intensa preci- | . Precipitazione | Si ha pree (fiori di color manifesto. || forma di grosse | pitazione di fini | | in forma di gros- | tazione. 9 || gocce di color | granuli verda- \ sì granuli bleu. rosso violetto) {| bleu nerastro. | stri. | | Il | | | il Ò 9 | | | 18 | Winca mayor | Reazione tan- | | | (fiori rossi) | nica accen- | tuata. 19 Torenia Abbondan- Scarso e fino Il succo in. Ha luogo la , Scarso preci- Sc Fournieri tissimo. precipitato. verdisce. Scarso | precipitazione | pitato in forma | pita î precipitato. sotto forma di | di fini granuìi. (fiori bleu) piccole granula- | zioni, 20 | Antirrhinum | Abbondan- | majus tissimo. (fiori rossi) 21 Verbena Abbondan- Ilsueco diven- | Il suecodiven- Il succo diven- hybrida tissimo. — ta bleu. | ta verde. Qual- | ta bleu.Qualche otra a che raro eranu- raro e fino gra- (fiori violetti) lo finissimo. nulo. — 359 Stricnina Veratrina —_____ Solanina Codeina Chinina Osservazioni Nel succo ap- paiono dei pre- cipitati che con- servano però il color rosso. In molte cellule manca però la precipitazione. Scarsa preci- pitazione di fini granuli bleu. _Ha luogo pre- cipitazione. ll succo preci pita sotto forma di fini granuli che più tardi sì scolorano, Precipitazione di granuli bleu. Abbondante precipitato. granuli sono grossi e di co- lor verde. Comparsa di finì granuli bleu- verdastri. Nelle parti rosse meno facil- mente compaio- no i grossi glo- buli. Precipitato di color rosso-vio- eo. Il succo im- brunisce. Il succo diven- ta di color ver- de-bleu. Abbon- danti granuli e grossi, Scarso preci- pitato in forma di fini granuli. Ha luogo la precipitazione I granuli sono fi- ni. Il succo in- verdisce. Fini li veti granuli Scarso preci- pitato verde co- stituito da fini granuli. Il cuecoinver- disce, sl ; Il succo diven- ta bleu Rari e finissimi granuli in talune cellule; Comparsa di grossi granuli. ll precipitato formato da grossi granuli. Non in tutte le cellule si ha la precipitazione. Intensa preci- pitazione. Gra- nuli grossi e bleu-verdastri. Il succo si sco= lora, i — 356 — Emerge dai presenti specchietti che tanto le antocianine colorate in rosso quanto quelle bleu o violette, possono dare coi differenti aica- loidi dei precipitati, ma nello stesso tempo appare pure manifesto che non tutte si comportano ad un modo, mostrando alcune di esse nessuna modificazione di fronte a taluni alcaloidi che determinano abbondanti precipitati con altre antocianine, o per lo meno provocano un cambia- mento di colore nel pigmento stesso. Sotto questo punto di vista l’antocianina contenuta nel fiore di Hibiscus è quella che reagisce meglio di tutte quante, dando essa dei precipitati con quasi tutti gli alcaloidi da noi saggiati. Fra gli alcaloidi che si mostrano più attivi nel determinare una precipitazione del contenuto cellulare antocianico meritano di essere segnalati: la Chinina, la Stricnina, la Veratrina e la Solanina. Molto deboli appaiono invece la Morfina, la Teobromina e la Caffeina. Alcuni alcaloidi che modificano quasi costantemente il colore, danno invece scarsi precipitati e noi segnaleremo fra questi la nicotina la quale appunto per questa sua proprietà venne da noi indicata come un reattivo abbastanza sensibile dell’antocianina. La forma del precipitato è variabilissima, ma, in generale, si os- serva che esso è granulare ed i granuli sono più o meno fini; solo in alcuni casi può assumere l’ aspetto di masse fra loro cementate. Un dato tessuto poi, che è in grado di dare abbondante precipitato e a grossi granuli con un determinato alcaloide, non determina con altri che la comparsa di scarsi granuli assai fini. Degno di nota intanto è il fatto che fra le quantità di tannino contenuto nelle cellule antocianiche e la frequenza o l'abbondanza dei precipitati non vi ha correlazione di sorta, essendosi osservato che ta- lora, cellule riccamente fornite di tannino danno scarsi precipitati, mentre altre povere di tale sostanza producono numerose e grosse gra- nulazioni. Ciò indurrebbe a ritenere che il fenomeno della precipitazione granulare non sia semplicemente dovuto alla presenza del tannino, ma bensì a qualche altro fattore, e questo appare particolarmente ma- nifesto se si considera che differenti fiori danno dei precipitati solo con determinati alcaloidi. Nvi riteniamo quindi che l’ipotesi dell’Overton, il quale vede nel tannino la causa della formazione del precipitato, debba andar com- pletata nel senso che oltre a questa sostanza, anche altri corpi finora ancor poco noti, ma che nulla esclude potrebbero appartenere al gruppo assai polimorfo dei tannoidi in lato senso, inducano la com- i parsa dei granuli nelle cellule antocianiche sottoposte all’azione degli alcaloidi. *! d) Rapporti delle antocianine cogli zuccheri. — Anche a riguardo degli zuccheri vale quanto si è detto a proposito del tannino, che cioè non vi ha alcun rapporto tra la quantità di antocianina pre- sente in un dato organo e la provvista di zucchero che questo contiene, per quanto sia oramai assodato, in specie per le ricerche dell’Overton, che lo zucchero concorre alla formazione del pigmento. Non mancano esempi, infatti, in cui il colore rosso è intensamente sviluppato in organi zuccherini e noi citeremo in proposito soltanto che le bacche di molte piante, le varietà rosse di Canna da zucchero, il pieciuolo fogliare della Sax//raga crassifolia, i fiori vivamente colorati di alcune Cineraria, contengono associati, più o meno in grande abbon- danza, le due sostanze. All’opposto nel picciuolo fogliare della Gesneria, della Tyadescantia, nelle foglie di ZHigginsia e di Maranta non si ha traccia notevole di zucchero malgrado che la colorazione rossa sia ab- bastanza intensa. In altre piante poi vi ha zucchero ed antocianina, ma i due corpi sono localizzati in tessuti differenti sebbene vicini. Così nel Caule di Paeonia, di osa e di altre piante si è trovato che lo zucchero predominava nelle parti centrali, il pigmento invece aveva sede di preferenza negli strati superficiali dell’organo. Lo stesso dicasi per lo spadice di alcuni Anthurium nel quale si è trovato lo zucchero abbondante nei frutti, il pivrmento nel tessuto proprio dello spadice. In- fine in altre piante si verifica che lo zucchero e l’ antocianina sono presenti negli stessi tessuti, ma la quantità del primo è assai scarsa in confronto del secondo (foglie di Coleus, di Begonia, di Tradescantia discolor e di Corylus (v. rossa), rami di Pistacia e di Achyranthes). Per stabilire quale influenza possa esercitare lo zucchero nella produzione del pigmento, noi abbiamo ripetuto, e con risultato positivo, gli esperimenti dell’Overton e per di più tentato di determinare la comparsa della colorazione antocianica, iniettando nei parenchimi di differenti piante delle soluzioni zuccherine (zucchero di canna, glucosio), utilizzando, all’ uopo, le soluzioni al 3 °/, quali vennero proposte dal- l’Overton stesso. Le iniezioni venivano ripetute ogni due o tre giorni per la durata di 12-15-20 giorni e di ordinario si aveva cura di intro- durre la siringa sempre nel primitivo canale di inoculazione. La quan- tità di liquido iniettata, volta per volta, era di circa 1 a 2 cent. cubici i Oltre gli alcaloidi, anche l’acqua ossigenata (Pfeffer) ed altri corpi, provocano la precipitazione del pigmento e secondo il Darwin, Insectiv. Plants, 1882, ed il Prerrer, Uber Aufnahm Anilinfarben ed il Krein, Flora, 1892, anche gli alcali potrebbero pro- durre la precipitazione dei tannini e di altri corpi. — aaa circa, vale a dire quanto ne può contenere un’ ordinaria siringa di Pravaz e come controllo si iniettava in altri punti dello stesso organo assoggettato all’ esperimento, un eguale volume di acqua distillata e sterilizzata, oppure contenente sali differenti in quantità equimolecolare colla soluzione zuccherina. Operando in siffatta guisa si è potuto constatare che d’ ordinario l'iniezione di acqua, in specie se questa conteneva dei sali od anco dell'alcool, provocava la morte del punto iniettato, senza tuttavia che la necrosi fosse preceduta dall’ arrossamento del tessuto. Solo in alcuni casi si è avuto una colorazione, ma questa era troppo insignificante e variabile da esperimento a esperimento perchè potesse esser tenuta in considerazione. Lo stesso dicasi per le iniezioni di zucchero inquantochè le varie specie esperimentate (Eeheveria, Cereus, Opuntia, Crassula, Aloe, Sempervivun, Euphorbia, ed altre piante che talora arrossano natural- mente) non diedero risultati positivi o solo incidentalmente mostrarono qualche cellula arrossata alla periferia dell’area iniettata (Aloe), mentre si è verificato quasi costantemente la comparsa di abbondante tannino alla periferia del punto leso, cui teneva dietro la scomparsa della clo- rofilla e di poi la morte del tessuto. Fanno tuttavia eccezione le foglie dell’Agaze perchè in queste — e specialmente nel caso che l’iniezione venisse fatta nelle foglie screziate di bianco e di verde ed al limite fra i due differenti tessuti — si è no- tato dapprima un assottigliamento del punto leso e la comparsa di un cercine rilevato alla periferia dell’area assoggettata all’esperimento, nel quale più tardi si veniva manifestando una più o meno intensa colora- zione rossa dovuta all’antocianina. L’esame microscopico, eseguito dopo pochi giorni, ha permesso di rilevare che il pigmento era localizzato attorno agli stomi e negli strati più esterni del parenchima fogliare. Il tessuto arrossato formava un anello, ben delimitato, tutto all’ingiro della parte lesa. A riguardo di questo esperimento e del valore che ad esso si può attribuire, avremo occasione di fare alcune osservazioni quando tratteremo la questione delle incisioni fogliari. e) Rapporti delle antocianine coll’amido.— Il Pick, come ‘è noto, avendo da un lato sperimentalmente dimostrato che nelle foglie tenute dietro uno schermo rosso l’amido diminuisce notevolmente e dal- l’altro rilevato coll’osservazione microscopica che i tessuti antocianici ‘contengono una scarsa quantità di idrati di carbonio in confronto di quelli verdi, emise una teoria da molti botanici oramai accettata, secondo ia quale l’antocianina servirebbe a favorire l’emigrazione del- l’amido, sotto forma di zucchero, dalle cellule verdi del parenchima — 359 — fogliare. Questa teoria mal conciliandosi colle ricerche del Griffon, poi- chè questi attribuisce la mancanza o la povertà di amido, nelle piante cresciute dietro a schermi rossi, unicamente alla deficenza di illumina- zione, ci ha indotto a studiare la questione con nuovi criteri e a tal uopo abbiamo investigato quali rapporti intercedano fra la provvista di amido da una parte e la presenza dell’antocianina dall’ altra nel paren- chima delle foglie che all'autunno arrossano ed in quelle che allo stato adulto sono normalmente più o meno arrossate, sia che il colore rosso si presenti diffuso in tutto il lembo o limitato sotto forma di chiazze. 1.° L’amido nelle foglie autunnali all’inizio dell’arrossamento. Per condurre a buon esito queste ricerche noi abbiamo utilizzato di preferenza quelle foglie nelle quali tanto la colorazione rossa quanto il deperimento non erano ancor troppo accentuati, poichè in caso con- trario si sarebbero ottenuti dei risultati opposti a quelli che verremo mettendo in luce, pel fatto che l’amido nelle foglie invecchiate è quasi del tutto scomparso. Scelte le foglie, si praticavano sulle stesse dei tagli trasversali che poi venivano posti in acqua di Javelle e quindi nella tintura di Jodio allo scopo di poter esaminare, al microscopio, la distribuzione dell’ a- mido nel parenchima, non occorrendo fare ricerche sulla localizzazione dell’antocianina avendo noi già dimostrato, con ricerche preliminari che nelle foglie da noi esaminate il pigmento occupava il palizzata. Ecco ora quali sono i risultati che abbiamo ottenuti: Viburnum opulus. Amido abbondante e in grossi granuli nel paliz- zata. Scarso o mancante nel lacunoso. Saxrifraga crassifolia. Amido distribuito in egual copia nel lacunoso e nel palizzata, oppure mancanza in entrambi (stadi più evoluti del- l’arrossamento). Homalanthus populifolius. Amido più o meno «abbondante nel paliz- zata e nel lacunoso. Clusia sp. Amido presente in egual misura nei due tessuti del dia- chima, cioè nel lacunoso e nel palizzata. Itosa sp. Le foglie rosse all'autunno sono straordinariamente in- farcite di amido in specie nel palizzata. Cornus florida. Nelle foglie che cominciano ad arrossare vi ha amido in entrambi i tessuti verdi, ma in specie abbondante si presenta la sostanza amilacea nel palizzata. Non tarda però a scomparire coll’ac- centuarsi dell’arrossamento e del deperimento fogliare. Syringa vulgaris. Sull’inizio dell’ arrossamento il palizzata è più ricco di amido in confronto del lacunoso. — 360 — Cercidyphyllum sp. L'amido è abbondante ovunque, ma in specie nel palizzata. Liquidambar styraciflua. Si incontrano dei fini granuli amidacei nelle parti profonde del tessuto a palizzata. Attorno ai vasi, i granuli sono più grandi e persistono più a lungo, il che del resto corrisponde a quanto si verifica in altre piante. Stillingia sebifera. L’amido diminuisce od anco scompare del tutto prima che siasi iniziato l’arrossamento delle foglie. Diospyros Kaki. Nelle foglie rosse non si è trovato più traccia di amido. Ithus e Paeonia. Soltanto le cellule stomatiche contengono amido. 2.° Distribuzione dell’amido nelle foglie normalmente rosse. Per lo studio di questa interessantissima questione, anzichè ricor- rere al metodo dei tagli, inquantochè dai medesimi più difficilmente si possono ottenere dei dati comparativi rigorosi, a causa del differente spessore che possono avere le sezioni, noi abbiamo fatto uso della foto- grafia come mezzo per stabilire la quantità di amido presente nelle varie parti, rosse o verdi, delle foglie. Le foglie screziate di verde e di rosso venivano all’uopo poste, — appena staccate dalle piante — tra due lamine di vetro, al di sotto delle quali erasi previamente disteso un foglio di carta sensibile al citrato di argento. Il tutto veniva di poi racchiuse nel solito compressore o torchietto, come si usa praticare allorchè si tratta di stampare una positiva. Così preparato l’ apparecchio, si esponeva la foglia alla luce solare per un tempo più o meno lungo, variabile d’ordinario da 1 a 3 ore, secondo l'intensità luminosa della giornata, ciò che provocava la riproduzione fedelissima, sulla carta sensibile, della forma della foglia in cui le parti tinte in rosso e in verde apparivano variamente ombreggiate. Ciò fatto si asportava la foglia dall’apparecchio, si sviluppava la fotografia, passando la carta sensibile in un bagno di virofissaggio (per es. Lux) e quindi si metteva la foglia per 24 ore in alcool allo scopo di liberarla sia della clorofilla che dell’antocianina. Avvenuta l’esportazione dei pigmenti, la foglia veniva successiva» mente mantenuta per un certo tempo in una soluzione calda (od anche fredda) più o meno concentrata di acqua di Javelle, di idrato di clo- ralio e talora anche di potassa, allo scopo di renderla trasparente e di esportare i vari costituenti delle cellule, ad eccezione, come bene si comprende, dell’ amido, il quale subiva soltanto un notevole rigonfia- mento sotto l’azione dei differenti trattamenti. HE T_T n — 361 — Il passaggio dall'acqua di Javelle alla potassa caustica presenta l'inconveniente di imbrunire le foglie, ma ciò non pregiudica l’ esito della manipolazione, perchè il successivo trasporto in acqua di Javelle, in ispecie se addizionata di una certa quantità di HCl torna a rischia- rare i tessuti. Il trattamento che noi abbiamo per sommi capi descritto, quando venga a dovere eseguito, onde impedire che un riscaldamento troppo rapido ed i movimenti del liquido in ebollizione abbiano a lacerare il parenchima fogliare, offre il notevole vantaggio di rendere trasparenti anche le foglie più coriacee e dure. Esso però deve essere condotto a termine sotto una delle solite cappe per combustione, perchè i vapori di idrato di cloralio e di acqua di Javelle irritano energicamente le mucose ed in specie quella oculare. Ottenutosi il grado voluto di trasparenza si lavavano rapidamente le foglie in acqua, avendo cura di non lacerarle, ciò che può succedere facilmente essendo le stesse divenute straordinariamente fragili e poi si immergevano per un certo tempo in una soluzione di Jodio al joduro di potassio. Non si tosto era avvenuta la colorazione bluastra-nera dovuta alla azione del Jodio sull’amido, si includevano di nuovo le foglie, ben di- stese, fra due lastre di vetro al di sotto delle quali erasi parimenti disposto un foglio di carta sensibile al citrato d’argento. Il tutto, in- cluso nel torchietto sopra indicato, veniva esposto alla luce sotto la cui azione le parti delle foglie più intensamente colorate dal Jodo e quindi più ricche di amido dovevano impressionare meno energicamente la carta sensibile, in confronto di quelle più pallide e più povere d’amido, avendo il composto di amido iodurato la facoltà di trattenere tanto più potentemente le radiazioni luminose quanto più esso è abbondante. Ottenutasi un'impronta, sufficientemente chiara della foglia, si espor- tava la carta sensibile per svilupparne la fotografia allo scopo di con- statare le variazioni che erano avvenute nelle due pose successive per ciò che concerne il passaggio delle radiazioni luminose attraverso le parti che originariamente erano rosse o verdi, e stabilire così dei confronti. Ecco ora quali sono i principali risultati ottenuti: Strobilanthes Dalhousianus. Questa bellissima pianta ornamentale presenta sulle foglie una serie di macchie rosse allineate lungo i lati della nervatura mediana. La carta sensibile resta maggiormente im- pressionata in corrispondenza di tali macchie, tanto nel caso che venga fotografata la foglia prima del trattamento all'acqua di Javelle, idrato di cloralio, potassa e jodio (Tav. X, fig. 2), quanto dopo che le foglie hanno subita l’azione dello stesso (Tav. X, fig. 1). . Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII. 26 Ò ago Maranta roseo picta. Le foglie di questa pianta sono percorse da linee rosse, spesso unite a due a due, le quali dalla nervatura mediana si portano al margine fogliare obliquando verso la punta della foglia. Nella regione rossa vi ha un tessuto acquifero alquanto meno sviluppato che nella parte verde (V. Tav. IX, fig. 2 e 3). La luce passa più facil- mente attraverso le parti rosse, tanto prima che dopo il solito tratta- mento, per cui colle due successive fotografie si ottiene un maggiore imbrunimento della carta in corrispondenza delle linee rosse. Tradescantia sp. La foglia è percorsa da bende longitudinali di color verde, rosso o bianco che alternano fra loro in modo irregolare. Le parti bianche o rosse impressionano più fortemente la carta sensibile tanto prima che dopo i trattamenti sopra indicati (V. Tav. VIII, fig. 5, 6). Amaranthus tricolor. Le foglie appaiono nettamente divise in due porzioni diversamente colorate: la regione basale, fino quasi a metà del lembo, è di un bel color rosso pallido, la rimanente porzione ha in- vece una tinta verde. Ora in corrispondenza delle parti arrossate, la luce impressiona più vivamente la carta sensibile nelle due successive esposizioni (V. Tav. VIII, fig. 1, 2). Acalypha macrophylla. La foglia è variamente colorata presentando dei tratti verdi, delle zone verdi bruno e delle aree rosso chiare irre- golarmente disseminate sulle due metà del lembo. Il comportamento rispetto alla luce è analogo a quello delle foglie precedenti, ottenendosi costantemente un imbrunimento più energico della carta sensibile in corrispondenza delle regioni rosse (Tav. IX, fig. 4, 6). Achalypha obovata. La zona rossa è localizzata sui margini della foglia i quali appaiono, sulla carta sensibile, vivamente colorati in nero prima e dopo i trattamenti decoloranti e al jodio joduro di potassio (Tav. IX, fig. 3. 5). Caladium sp. Le grandi foglie di questa pianta sono disseminate di piccole macchie bianco o rosse, che spiccano vivamente sul fondo verde. La luce passa più facilmente attraverso le parti rosse prima e dopo l’azione del jodio (Tav. X, fig. 3, 4). Alternanthera sp. Le foglie sono irregolarmente screziate di verde e di rosso. Le parti rosse sono costantemente più permeabili alla luce (Tav. VIII, fig. 8, 9). Coleus. In qualche varietà abbiamo notato che la luce impressiona di più la carta sensibile al di sotto delle macchie rosse di cui è screziata la foglia. Musa Ensete. In alcune varietà le foglie, screziate di rosso sulla pagina superiore, si comportano nei nostri esperimenti come le altre specie testè descritte, ma i risultati si mostrano meno evidenti. = sli) — Negli esempi fino ad ora riportati, sì verifica dunque sempre un identico fenomeno; vale a dire la luce riesce ad impressionare mag- giormente la carta sensibile in corrispondenza delle parti antocianiche, e ciò tanto prima che dopo i differenti trattamenti cui vengono sotto- poste le foglie onde poter mettere in evidenza, col jodio, la distribu- zione dell’ amido. Nelle seguenti piante si ha un comportamento alquanto differente : Calathea. La foglia è disseminata di macchie rosse sui lati della mervatura mediana. In corrispondenza delle stesse macchie, la luce impressiona poco la carta sensibile prima dell’azione dei vari tratta- menti a cui viene assoggettata la foglia, mentre l'opposto succede dopo l’azione di questi. Iresine. Le foglie delle varietà verdi presentano talora delle colo- razioni settoriali rosse, le quali interessano un tratto più o meno esteso del lembo. Ora tali zone impressionano poco la carta sensibile nel primo espe- rimento, molto invece durante la seconda prova (Tav. VIII, fig. 4). Achyranthes. Pare che si comporti come l’Iresine, ma i risultati sono meno chiari se si confrontano le varietà a foglie verdi con quelle a foglie rosse (Tav. VIII, fig. 11, 12). Naegelia hybrida. Le foglie sono rosse alla base, verdi nella parte apicale. Ora soltanto dopo che si è assoggettata la foglia ai vari trat- tamenti descritti si riesce ad ottenere che la carta sensibile diventi più annerita al di sotto delle parti che erano rosse. In questa seconda categoria di foglie si verifica pertanto che la luce trova maggior ostacolo ad attraversare il lembo nella parte rossa, anzichè in quella verde, prima del trattamento decolorante; mentre allo opposto, dopo che si è colorato l’amido collo jodio, essa passa con mag- giore intensità in corrispondenza delle parti che prima erano rosse. In una terza categoria di foglie si verificano i seguenti fenomeni: Pelargonium zonale. La zona rossa impedisce il passaggio alla luce prima del trattamento. Dopo di questo non si ha più differenza di sorta, per cui la carta sensibile che prima rimaneva più chiara al di sotto della zona, imbrunisce ora in modo uniforme. Polygonium persicaria. Le macchie rosse, a ferro di lancia, che si trovano nel mezzo delle foglie arrestano i raggi luminosi con una certa energia nelle foglie sane. Le foglie trattate col jodio, previa la decolo- razione colla potassa, acqua di Javelle e cloralio non determinano più differenze notevoli di tinta sulla carta sensibile. Gli stessi risultati si ottengono colle foglie di molti Coleus e colla Pellioma Daveanana. Con quest’ultima specie benchè l’antocianina sia — 964 — localizzata sui lati della nervatura mediana non si riesce però ad ottenere alcuna differenza nelle tonalità di imbrunimento della carta sensibile. Prima di terminare questa rassegna e di discutere i risultati, dob- biamo ancora aggiungere che le foglie di Croton — le quali rimangono verdi sino a che abbiano raggiunto un certo grado di sviluppo e poi diventano rosse — assoggettate al trattamento all'acqua di Javelle, potassa, cloralio e jodio, lasciano scorgere, a seconda dell’età, delle no- tevoli variazioni nel contenuto amilaceo essendo quelle giovani e verdi molto più ricche di questo idrato di carbonio in confronto delle adulte ed arrossate. La diminuzione è così sensibile che non occorre far uso della fo- tografia per rilevarla. I fenomeni testè descritti riescono di facile interpretazione qualora si consideri la costituzione delle varie categorie di foglie. In quelle appartenenti alla prima categoria, le quali permettono il passaggio quasi indisturbato della luce attraverso le parti rosse tanto prima che dopo i trattamenti, si rileva che le parti colorate dall’ antocianina pre- sentansi poco o punto fornite di amido e di cloroplasti ed in conse- guenza si colorano solo debolmente in nero violetto col jodio in con- fronto delle regioni verdi circostanti. La luce non trovando pertanto un grave ostacolo nè nella clorofilla, nè nella tinta nero violacea dovuta al jodio associato all’ amido, attraversa liberamente il parenchima e malgrado la presenza dell’antocianina di color rosso la quale, come si sa, ostacola l’azione chimica della radiazione, essa riesce ad impressio- nare più vivamente ja carta sensibile in confronto delle aree verdi, nelle quali la luce è trattenuta energicamente dapprima dai cloroplasti e di poi dall’amido reso azzurro dallo jodio. Nella seconda categoria di foglie, l'osservazione microscopica di- mostra che nelle parti rosse vi ha antocianina e cloroplasti, mentre in quelle verdi esistono solo questi ultimi. In conseguenza la luce resta molto più energicamente assorbita dalle parti rosse che da quelle verdi prima dei trattamenti. Nelle parti rosse però la quantità di amido pre- sente è minore in confronto di quelle puramente verdi, per cui quando la foglia venga posta nella soluzione jodica, il reattivo si fissa con mi- nore energia sulle parti che prima erano rosse. Ora il minore accumulo di jodio è anche causa di un meno energico assorbimento della radia- zione ed in conseguenza la carta dovrà impressionarsi maggiormente in corrispondenza delle parti che erano rosse, per cui le fotografie ricavate dalle due pose successive non si corrisponderanno più per quanto concerne le tinte, ma saranno invece totalmente differenti. — 365 — x Finalmente per la terza categoria di foglie è duopo ammettere che non vi sia differenza di sorta rispetto al contenuto amilaceo fra le parti verdi e rosse, per cui la carta sensibile resta impressionata nella seconda posa in modo uniforme. All’opposto nella prima posa le parti rosse, constando di antocianina e clorofilla, assorbono più energica- mente le radiazioni e quindi si riproducono, nella carta sensibile, con una tinta chiara contrastante vivamente colla tinta bruna che è dovuta alle parti verdi. Dal complesso dei fatti studiati noi siamo ora in grado di rica- vare alcune conclusioni sui rapporti che intercedono fra antocianine ed amido. Dall'esame delle foglie autunnali arrossate è risultato manifesto che in moltissimi casi, e specialmente in quelli opportunamente scelti, l’amido è ancor presente in discreta misura nellé cellule del palizzata più o meno arrossate, mentre è già scomparso dalle cellule verdi del lacunoso. Un tale fenomeno è contrario alla teoria di Pick, cui si è sopra accennato, poichè se la stessa fosse giusta, si sarebbe dovuto riscontrare una diminuzione delle sostanze amilacee nelle cellule arros- sate, in confronto della quantità che di queste trovasi contenuta nelle cellule del lacunoso, perchè, afferma il Pick, la presenza dell’ antocia- nina favorisce l'emigrazione degli idrati di carbonio dalle cellule sot- toposte all’azione del piemento funzionante da filtro della luce. Noi dobbiamo quindi necessariamente ammettere che dalla espe- rienza del Pick colle quali questo autore riusciva a mettere in eviden- za che nelle piante tenute dietro uno schermo rosso si incontra minor copia di amido che nelle condizioni normali, non si possa trarre la con- elusione che ciò avvenga perchè l’amido emigra con rapidità. All’ op- posto, colla scorta dei nostri esperimenti noi siamo condotti ad inter- pretare il fenomeno, vero in se stesso, nel senso che i cloroplasti delle piante assoggettate ad una radiazione monocromatica rossa, qual è quella che si ottiene coi soliti schermi, sia liquidi che solidi, non fab- brichino più la quantità d’amido normale perchè sono costretti ad usufruire di una radiazione meno intensa di quella che possono disporre nelle condizioni ordinarie di esistenza. Il Griffon ha pure accennato, come si è visto nella 2.* parte, ad una tale possibilità, senza tuttavia curarsi di avvalorare l’asserto con prove sperimentali. L'esperienza colla fotografia deporrebbe, a primo aspetto, a favore dell'ipotesi del Pick, poichè tanto nella prima che nella seconda cate- goria di foglie studiate si è trovato una minor copia di amido nelle parti rosse in confronto di quella esistente nelle regioni verdi. Ma, a — 366 — prescindere che ciò non ha più luogo nella terza categoria di fillomi esa- minati, noi faremo osservare che nella prima categoria di esperienze, l’amido è in difetto o mancante nelle parti rosse, perchè ivi i cloroplasti sono scarsi od anco affatto scomparsi. Nella seconda si verifica lo stesso fenomeno benchè i cloroplasti esistano più o meno numerosi, perchè ‘ questi sono incapaci a formare molto amido là dove trovansi unicamente influenzati dalle radiazioni rosse. Se si ammette le teoria del Pik, noi domandiamo in qual modo può riuscire di utilità al trasporto degli idrati di carbonio, la presenza di macchie antocianiche irregolarmente disseminate? Di nessuna utilità, rispondiamo, poichè se le parti arrossate rie- scissero veramente a liberarsi prima delle altre degli idrati in que- stione non provocherebbero, per via indiretta, che un accumulo od una stasi di questi, nelle parti circostanti di color verde; il che costitui- rebbe per le stesse un intralcio al loro regolare funzionamento, senza contare poi che un tale fenomeno produrrebbe, in ultima analisi, più un arresto che un’accelerazione nella circolazione dei materiali plastici. Quindi noi dobbiamo concludere in senso affatto opposto alle vedute del Pick, parendoci più logico affermare che nei punti della foglia dove esistono macchie antocianiche, in generale, non sia aumentato il tra- sporto degli idrati di carbonio, ma diminuita la formazione di questi, ! il che ci rende anche ragione perchè frequentemente presso le parti rosse vi siano anche parti albicate. CAPITOLO VIII. Le antocianine e l’ assimilazione del carbonio. Le osservazioni che abbiamo fatto sulla distribuzione dell’ amido nei parenchimi antocianici ci portono ora a trattare il problema del- l'assimilazione, in quanto il medesimo ha attinenza colle antocianine. Se noi prendiamo in esame i processi che danno luogo a moltissime sostanze organiche comuni nei vegetali, incontriamo una quantità di fatti che ci dimostrano come il lavorio di sintesi e di disintegrazione organica si accompagni sovente coi processi di riduzione e che fra le sostanze frequentemente reperibili si debba annoverare l’ idrogeno. 4 Anche l’ Ewart si è elevato giustamente contro la teoria del Pick (V. Linnean Society 1896). ia Basterà citare, per esempio, che la lecitina sotto l’ azione di dati fermenti produce acido valerianico, ammoniaca, biossido di carbonio, ed idrogeno, secondo la formola: CS H!° NO? + 2H°0 = 05 H!° 0° + NH° + CO? + 4H. che la salicina, in presenza di potassa produce salicilato ed ossalato di potassa con sviluppo abbondante di H: C!3 H!8 0° + sKOH = C° H* K? 03 | 3C° K? 0* + 11H®; e che infine il glucosio fatto fermentare in determinate condizioni può produrre acido lattico, poi acido butirrico con sviluppo di biossido di carbonio ed H: C° H!° 05 — 20° H° 0° 20° H° 03 — C* HS 0? + 200° + 2H?. Il fenomeno per se stesso non offrirebbe alcun interesse se non fosse stato dimostrato che l’ H, in specie allo stato nascente, esercita un forte potere riduttore su molte sostanze con cui può venire a con- tatto, il quale reperto poi ha per noi importanza grandissima, essendosi da più di un autore posto in evidenza che uno dei principali processi fisiologici che si esplicano nelle piante, cioè l'assimilazione del carbonio, può essere considerato come un fenomeno di riduzione in cui l'H pren- derebbe attiva parte. Così il Gautier (V. Gautier Chemie Biologique - Paris 1895 e Prost Chimie Agricole. Louvein 1884) fa notare che, da un punto di vista teorico, si possono far derivare tutti i principi immediati terziari che predominano nei vegetali da processi di riduzione con intervento di H. Infatti tre molecole di acido carbonico in presenza di quattro molecole di acqua possono dare i principali tipi di alcool e di acidi sotto l’in- finenza riduttrice dell'idrogeno nascente. Lo stesso autore poi considera il corpo clorofilliano come un apparecchio di riduzione tutt’affatto pa- ragonabile a quelli che servono nei nostri laboratori per effettuare le sintesi e le analisi organiche. E di massima importanza poi notare che noi possiamo, per mezzo dell’ elettrolisi dell’ acido carbonico, avere la formazione dell’ aldeide formica dovuta all’azione secondaria dell’ H nascente sopra il biossido di carbonio idrato. Bach (Compt. Rend. 1898, T. 126) spiega infatti la produzione dell’ aldeide formica per elettrolisi dell’ acido carbonico se- condo l'equazione: H? CO° + H? = CH? 0° + H° 0 Acido carbonico Acido formico CH? 0% 4 H?= CH*0 -L H?0. Aldeide formica Va citato inoltre che il Berthelot per mezzo dell’acido jodidrico (usato allo scopo di avere dell’ idrogeno nascente) fatto agire in determinate condizioni, partendo dagli acidi organici riescì a trasformare questi nelle rispettivi aldeidi. Infine secondo le recenti ricerche fatte da uno di noi (vedasi Pol- lacci: Sopra l'assimilazione clorofilliana, in Atti del R. Istituto Botanico di Pavia, Vol. VIII) riescirebbe dimostrato che le parti verdi delle piante, emettono dell'idrogeno nascente, sotto la cui azione riduttrice si ver- rebbe formando quei composti idrocarbonati che danno alfine luogo alla comparsa dell’amido. Ma, a prescindere dall’idrogeno, noi incontriamo ancora nelle cellule molti altri corpi capaci di determinare delle riduzioni più o meno ener- giche, taluni dei quali sarebbero dei fermenti o delle sostanze aventi una certa affinità cogli enzimi (Baranetski), altri invece andrebbero ascritti a speciali composti chimici. Sta adunque il fatto che nelle cellule vegetali, accanto ai processi di ossidazione si compiono fenomeni di riduzione e che ai fattori i quali hanno la facoltà di regolare 1’ equilibrio nella cellula vivente spetta il compito di moderare opportunamente le azioni, in opposizione fra loro, di questi due processi, a beneficio dell’organismo, come è stato posto in evidenza recentemente dal Emm. Pozzi Scott nei suoi lavori (Sur le commensalisme de certains ferments oxidants et reducteurs, in C. R. CXXXIV 1902: — Sur les ferments oridants et riducteurs du pom de terre et leur commensalisme, in C. R. CXXXVI.: — Etal actuel de nos connaisances sur les ocidases et les reductases, Paris 1902) e dal Sochroff (V. Centralb]. F. Bacter. Vol. XXIV, XXVI). Ammesso ora da un lato che nella cellula clorofilliana si compiano dei processi di riduzione e di ossidazione, è stabilito dall’ altro che i processi i quali danno luogo all’antocianina sono in gran parte dovuti ad ossidazioni, appare logico il domandarci se vi sia un rapporto tra la presenza dell’antocianina ed il fanzionamento dei cloroplasti. Se si considera la distribuzione dell’antocianina nei tessuti vegetali verdi, si osserva che in un grandissimo numero di casi la localizzazione — 369 — del pigmento antocianico è differente da quella della clorofilla, poichè esso si riscontra per lo più o nel tessuto acquifero o nell’ epidermide o lungo i vasi, i quali tessuti, come si sa, o non contengono che una scarsa quantità di ciorotilla, od anche ne difettano (Begonia, Canna, Maranta, ecc.). Inoltre in quelle piante che, per ragioni non ben note, presentano delle aree di albicazione disseminate variamente nel lembo fogliare, si osserva pure che il pigmento antocianico è di preferenza localizzato nelle cellule albicate o alle periferie di queste, al limite cioè tra il tessuto verde e quello incoloro (Caladium, Alternanthera, Tradescantia, Amaranthus, ecc.). Se poi teniamo dietro al ravvivarsi della vegetazione nelle prime giornate della primavera constatiamo ben tosto che le foglie giovani sono pure, a dovizia, fornite di antocianina la quale scompare di poi quando la clorofilla ed il granulo clorofilliano si sono completamente organizzati e tanto l’uno che l’altro possono funzionare senza correr pericolo di venire lesi dall’intensa radiazione. D'altra parte nelle foglie autunnali vediamo pure che col cessare dell’attività del cloropla- sto a causa delle condizioni esterne divenute sfavorevoli, ha luogo una contemporanea formazione di antocianina, la quale in questo caso si localizza appunto in quelle cellule che più specialmente sono destinate all’assimilazione, quali gli elementi del palizzata. Aggiungeremo infine ancora che l’antocianina appare con partico- lare intensità di tinte nel fillomi fiorali quasi sempre privi o poveri dl cloroplasti, che le foglie di Corylus var. rubra le quali sono rosse in primavera diventano verdi all’ estate quando cioè le condizioni fa- vorevoli all’ assimilazione raggiungono il loro optimum e che le piante saprofite, per lo più povere di cloroplasti, sono assai spesso colorate dall’antocianina. Da questi fatti emerge, secondo il nostro modo di vedere, un certo rapporto tra la produzione dell’ antocianina da una parte e l’attività dei cloroplasti dall'altra, nel senso che predominando l’azione di questi, che come si sa va collegata alla presenza di agenti riduttori, venga ostacolata la produzione del pigmento antocianico, la cui formazione reclama l'intervento di agenti dotati di un'azione affatto contraria a quella che è propria dei riduttori, cioè un'azione ossidante. Le nvstre vedute, per quanto teoriche, troverebbero un forte ap- poggio nelle osservazioni dell’Ewart (V. Linnean Society of London, 1896) poichè l’autore, dopo di aver dimostrato che la funzione futo- sintetica dei cloroplasti, comincia solo dopo che questi hanno rag- giunto un certo sviluppo, così si esprime a riguardo delle foglie gio- vani e rosse di Betula lenta: “ist a very close correspondence betwen — En the commencement of assimilation and the disappareance of the pro- tective red dye ,,. Alcuni potrebbero obbiettare che nel processo di assimilazione clorofilliana ha luogo sviluppo abbondante di ossigeno il quale potrebbe paralizzare non solo l’azione del riduttore, ma contribuire persino alla formazione dell’ antocianina. Noi faremo tuttavia osservare a questo proposito che l’ ossigeno emesso dalle piante in energica assimilazione trovasi allo stato inattivo, come lo ha dimostrato con sicurezza il Pfeffer nel suo classico lavoro * Beitrige zur Kenntniss der Oxidations- vorgiinge in lebenden Zellen, Leipzig 1889 ,, il quale inoltre ha ri- levato che nelle cellule clorofilliane della Vicia Faba, i processi di os- sidazione si mostrano meno attivi che in quelle epidermiche prive di tali organiti. Per ben comprendere i rapporti che possono intercedere tra la formazione dell’ antocianina e l’ indebolimento dell’ attività dei granuli clorofilliani, noi dobbiamo ancora prendere in considerazione un altro momento fisiologico che è quello concernente l’ accumulo dei prodotti di assimilazione (amido) nell'interno del cloroplasta stesso. Secondo Saposcknikoff, Ewart ed altri autori, l’accumulo dei pro- dotti di assimilazione (amido) nell'interno del granulo clorofilliano, in- tralcia il normale funzionamento di questo, e può anche, se arriva ad un alto grado e persiste a lungo, produrre uno stato subpatologico nella costituzione stessa del granulo di clorofilla, a causa del quale questo perde la proprietà di diventare nuovamente attivo ed anzi ac- cenna a scolorarsi (Buscalioni). Ora non è improbabile che venendo meno l’attività dei cloroplasti, questi perdano pure la facoltà di pro- durre quelle sostanze riducenti, siano queste di natura enzimatica, 0 vengano rappresentate dall’ H allo stato nascente, grazie alle quali ha luogo la riduzione fotosintetica che apporta alla comparsa del granulo amilaceo. Eliminata la presenza del riducente, i fenomeni di ossidazione prenderebbero il sopravvento e quindi avrebbe luogo la formazione del pigmento antocianico. Ora un tale stato di pletora di sostanze idro- carbonate si verifica, secondo molti autori (Sachs, Overton, ecc?) preci- samente nelle foglie autunnali al momento in cui queste arrossano e noi impareremo più tardi a conoscere dei casi analoghi. Ammesso pertanto che il nostro concetto sia giusto e consono ai fatti, riesce manifesto che la teoria dell’Overton, basata su dati indi- scutibili, dovrebbe venir modificata nel senso che non già esclusivamente all’accumulo degli zuccheri, ma bensì all'arresto nella eliminazione del- l’amido e all’indebolimento dell’ energia dei cloroplasti come formatori di sostanze riducenti, che a tale pletora si accompagnano, devesi attribuire — SIL le facilità con cui sotto l’azione di una nutrizione abbondantemente idro- carbonata (zuccheri), si forma l’antocianina nelle foglie. * Si potrebbe poi anche aggiungere che un eccesso di zucchero, secondo i lavori di Johanssen ? e di Maquenne, * favorisce i processi di ossidazione. Deporrebbero nel senso da noi messo in evidenza, alcune esperienze dell’ Ewart fatte col metodo dei bacteri, secondo le quali nelle foglie giovani o vecchie, dove precisamente con maggior frequenza si sviluppa l'antocianina, una esposizione un pò prolungata al sole, provoca l'arresto dell’assimilazione in un tempo assai più breve di quello che si richiede per ottenere lo stesso effetto nelle foglie adulte, in cui i cloroplasti sono dotati di un forte potere fotosintetico. Per portare un modesto contributo sulla questione che riguarda l'influenza che esercita l'assimilazione sull’antocianina, abbiamo eseguite alcune esperienze, le quali per quanto incomplete, non hanno mancato di offrire dei dati di un certo interesse. Dalle ricerche del Vòchting, Ewart, Sachs, Jost, Mac Donald ed altri autori, risulta che le foglie delle piaute tenute in atmosfere prive di CO, per lo più dopo un pò di tempo cessano di crescere e diventano gialle in seguito all’inanizione ed all’alterazione dei cloroplasti. Ciò ci ha indotti a studiare se una tale condizione di cose poteva provocare la comparsa del pigmento antocianico od aumentare la quantità dello stesso, quando di già le cellule fossero colorate. A tale scopo le piante destinate all’ esperienza vennero collocate sotto una campana di vetro, a perfetta tenuta d’aria 4 e munita di due tubulature l’ una delle quali era in comunicazione con un aspiratore, l’altra con parecchi tubi ad U contenenti della pietra pomice imbevuta di potassa in soluzione concentrata, il cui ufficio era quello di trattenere tutto quanto il CO, contenuto nell'aria che l’aspiratore richiamava sotto la campana contenente le piante. 4 Anche il Bòhm, il Meyer, lo Schimper. il Klebs ed il Laurent hanno dimostrato che un eccesso di zucchero ritarda l'emigrazione dell’amido, anzichè favorire la tras- formazione dello zucchero in amido. 2 Unters. a. d. Bot. Instit. Tiibingen. 3 Magvesve, Compt. Rend. 1894. 4 Per ottenere una perfetta tenuta d’aria e per impedire l'ingresso del CO, sotto la campana, abbiamo rivestito di mastice l'orlo del recipiente il quale poggiava nel fondo di una bacinella di vetro e quindi si è versato tutto all’ingiro della base della campana, talvolta del mercurio, tal altra dell'acqua, perchè noi riteniamo che il sistema di chiusura ottenuto colla semplice immersione parziale della campana in acqua, come è generalmente usato dagli esperimentatori, non sia del tutto privo di inconvenienti, contenendo talora l’acqua delle quantità non indifferenti di CO, che potrebbero span- dersi nell'interno della campana. — 372 — Per maggior precauzione sotto la campana stessa eransi collocati alcuni pezzi di potassa caustica destinati ad assorbire ancora le traccie del CO, che venivano emesse dalle piante nell’ atto della respirazione. Una boccetta di lavaggio contenente acqua di Barite, intercalata sulla tubulatura che stabiliva il raccordo fra l’aspiratore e la campana, valeva ad indicarci, per mezzo dell’intorbidamento del liquido, se l’aria aspirata dalla campana conteneva ancora traccie sensibili di CO, ciò che maì si ebbe a verificare nei nostri esperimenti. Accanto all’apparecchio così disposto, che veniva tenuto in luogo aperto e soleggiato, erasi collocata (in eguali condizioni di illuminazione) un’altra campana contenente le stesse piante di esperimento, alle quali però si faceva arrivare dell’aria normale, cioè non depauperata del CO,. Noi abbiamo esperimentato con piante già evolute di A/ternanthera, di Croton, di Oxalis, di Achyranthes e di Iresine, come pure con piantine di Lactuca sativa e di Pol:ygonum Fagopyrum. Le piantine di Polygonum Fagopyrum vennero poste sotto le cam- pane dopo di aver raggiunto un certo sviluppo all’ oscuro, poichè era nostro intendimento, che i loro assi ipocotili crescessero eziolati, avendo il Batalin dimostrato che le piantine così trattate dopo poche ore (7-8) di esposizione al sole, arrossano intensamente i loro assi ipocotili. Ora noi abbiamo potuto constatare in diverse esperienze fatte nell’ aprile del 1902, che nelle piantine tenute sotto la campana in cui l’aria cir- colava priva di CO,, l’arrossamento avveniva un pò prima che in quelle di controllo ed inoltre la tinta era più vivace e si conservava più a lungo. L'esperienza è un pò delicata perchè se non si sottopongono le piante alle identiche condizioni, in specie per ciò che concerne la luce, si possono ottenere dei risultati contradditori. Colla Lactuca sativa var Romana sottovar. rubra si sono ottenuti gli stessi risultati, avendo noi parimenti impiegato delle piante previamente fatte eziolare all’ oscuro. Naturalmente le piantine private di CO, non raggiungevano lo sviluppo di quelle fatte vegetare all’aria normale. Le ricerche eseguite colle piantine eziolate avevano lo scopo di studiare l'influenza che può spiegare la mancanza del CO, nell’ assi- milazione e nella formazione dell’ antocianina: quelle che ora descri- veremo, eseguite su piante adulte, erano invece dirette anche a stabilire se la mancanza del CO, possa in qualche modo influire sul- l’antocianina precedentemente formatasi. Le piante di Oroton, di Alternanthera, di Oxalis, di Iresine e di Achyranthes, vennero messe sotto le campane prive di CO, in condizioni normali di esistenza. I risultati ottenuti furono alquanto incerti a causa ai delle variazioni individuali che reclamano numerosi esperimenti, e per eiò ci limiteremo a notare che le sole foglie giovani di AZternanthera divennero alquanto più rosse nelle atmosfere prive di CO, in confronto di quelle tenute in condizioni normali. In taluni dei nostri esperimenti, in cui accanto alle varietà rosse di una data specie si erano anche collocate quelle verdi, allo scopo di studiare se le prime si comportassero alquanto diversamente dalle se- conde, in seguito alla mancanza del CO,, si ottennero quasi sempre dei risultati negativi, non essendosi notato differenza marcata per quanto riguarda le manifestazioni morbose indotte dalla mancanza del CO, ed il momento in cui queste appajono, per cui i nostri esperimenti non co- stituiscono altro che una conferma di quanto già ebbero a segnalare in proposito il Vochting, il Mac Donald e Ewart ed altri autori. Le foglie rosse di Croton, Alternanthera, Oxalis ed Achyranthes non modifi- carono la tinta rossa prima della caduta, benchè negli ultimi giorni della loro esistenza non presentassero più traccia di amido o di altri prodotti dell’ assimilazione (Achyranthes); quelle di Iresine invece co- minciarono fin dai primi giorni di esperimento a mostrare delle aree di color verde nelle quali per lo più si trovava insediata una gocciolina di colore rosso. Dopo un pò di tempo il color verde si sostituiva al color rosso in tutto l'ambito della foglia, ad eccezione, forse. dell’apice che continuava a mostrarsi ancora leggermente rosso, ed allora la foglia si staccava dal ramo, oppure non tardava ad avizzire in sito. Coll’ in- verdimento le foglie erano inesorabilmente perdute perchè noi non siamo mai riusciti a mantenerle in vita sottraendole alla privazione del CO, e riportandole in condizioni normali. Noi ci affrettiamo però subito a notare che questo reperto, abbastanza singolare, non deve esser con- siderato come una manifestazione morbosa provocata dalla mancanza del CO,, ma semplicemente come un dato patologico dovuto all'iniezione degli spazi intercellulari sotto l’influenza della necrobiosi delle foglie, per cui noi avremo occasione di incontrarlo nuovamente in altri espe- rimenti intesi a provocare in un modo qualsiasi, purchè lenta, la morte delle foglie. In seguito a questi risultati, noi abbiamo anche tentato di studiare l’azione dell’H sopra le foglie rosse e a tal uopo si è fatto penetrare una corrente di H, — che si era previamente depurato col permanganato di potassio, — sotto una piccola campana contenente fiori e foglie colorate dall’antocianina, Le campane, a collo largo, pescavano nell’olio o nella glicerina ed erano quindi chiuse ermeticamente. Per agevolare l’ azione dell’ H sui tessuti, noi abbiamo tenuto le campane in una stufa nella quale la temperatura veniva a poco ele- — 374 — vandosi. Un'altra campana di controllo, contenente parti eguali del vegetale, veniva posta nelle identiche condizioni, senza però che nel- l'interno si fosse iniettato dell'idrogeno. Con molte piante (Salvia, Iresine, Delphinium, ecc.) l'esperimento non ha dato risultati decisivi, sebbene la temperatura si fosse elevata nella stufa fino a circa 90°; operando invece con foglie di Coleus e di Canna (var. rubra) si è potuto constatare che l’ H aveva una certa azione, sia pure debole, perchè provocava, verso 50-60°, un leggero im- pallidimento nella tinta rossa del pigmento, il quale però, tornava a riac- quistare il colore primitivo quando le foglie venivano tolte dalla campana. Noi non vogliamo dar troppo peso a questa esperienza, non sempre decisiva, tanto più che non si è potuto far uso dell’H allo stato nascente, perchè i reagenti ed i processi che richiede la sua preparazione avrebbero certamente influito nell’esito delle esperienze, ma ciò non di meno crediamo opportuno segnalare i risultati avuti colla Canna e col Joleus parendoci che gli stessi non siano del tutto privi d'interesse. Dal complesso dei fatti osservati è lecito affermare che 1’ indebo- limento dei processi di assimilazione, collegati come sono a fenomeni di riduzione, costituisca, in determinati casi ed entro certi limiti, una condizione favorevole allo sviluppo delle colorazioni antocianiche in taluni organi delle piante. Questa nostra ipotesi, la quale troverà argomenti di conferma nelle esperienze che avremo occasione di descrivere in altri capitoli, potrebbe, da un punto di vista puramente teorico, portare non poca luce sulla grave questione, tuttora controversa, dell'origine dei fillomi fiorali, per spiegare la quale fino ad ora si è preso in considerazione unicamente l'intervento degli animali pronubi, ciò che ha portato a giudizi ed ap- prezzamenti troppo unilaterali. Egli è noto che lo stato primordiale dell’ evoluzione fiorale è rap- presentato da quelle piante superiori nelle quali manca una differen- ziazione tra i vsri verticilli fiorali, per quanto concerne il colore ed in cui pertanto tutti quanti i fillomi sono colorati in verde. Più alta- mente evolute sono invece quelle forme, nelle quali i differenti verticilli fiorali, ed in ispecie i petali, hanno subito quelle profonde metamorfosi a tutti note e caratterizzate dalla comparsa di pigmenti della serie an- tocianica e xantica. Tutti gli autori concordano nell’ammettere che la causa biologica di una tale metamorfosi vada ricercata nella necessità della staurogamia, ma noi faremo osservare che anche da un punto di vista puramente anatomo-fisiologico si potrebbe spiegare siffatta evo- luzione almeno nelle sue grandi linee. Noi sappiamo infatti dalle espe- rienze sopra ricordate di Saposknikoff, che un infarcimento dei prodotti — 346 dell’assimilazione (amido) nell'interno dei cloroplasti, ne provoca la loro disorganizzazione quando sia troppo a lungo protratta. Ora colla scorta di questo dato si può affermare che i cloroplasti dei primordiali fillomi fiorali verdi e poco differenziati, in tempi assai remoti siano andati in- contro ad un processo di degenerazione, provocato appunto dall’eccesso di idrati di carbonio che dalle differenti parti della pianta dovevano affluire al fiore per intrattenere l’ evoluzione dell’ovario e dei semi. In tali condizioni di cose i cloroplasti della corolla hanno. dovuto certa- mente subire l’azione dell’ arresto nell’ emigrazione delle sostanze di assimilazione da loro prodotte e quindi a poco a poco sono andati di- sorganizzandosi per produrre i diversi cromoplasti che attualmente si riscontrano nelle cellule dei petali ed anche sono scomparsi, lasciando così libero campo ai processi ossidanti di provocare la formazione delle antocianine nel fiore. Nel tempo istesso l’arresto degli assimilati e l'aumento degli zuc- cheri nelle regioni del fiore, deve aver contribuito a favorire l'evoluzione dei nettari fiorali ricchi, come è noto, di zucchero. Avvenuta poi la trasformazione della brattea fiorale in un vero e proprio autofillo, i fiori hanno cominciato a richiamare l’attenzione dei pronubi che hanno di poi trovato tanto nel nettare quanto nel polline due sostanze uti- lissime alla loro esistenza e quindi hanno rese più regolari e intime le loro visite ai fiori, ciò che ha portato alla staurogamia. A sua volta il fiore ha sentito nei nuovi rapporti cogli animali uno stimolo ed una eccitazione per la variazione e la reazione, ed è quindi a poco a poco venuto accentuando quelle modificazioni profonde di forma che oggigiorno trovano la più alta espressione nelle piante a fillomi più progrediti (Orchidee, Leguminose, ecc.) e che hanno trovato dei geniali interpreti nei più grandi cultori della biologia moderna il Darwin, il nostro Delpino, il Miiller ed altri. ! Con questa nostra ipotesi la teoria dell'evoluzione fiorale verrebbe messa in nuova luce e sotto un punto di vista affatto differente da quello sotto cui vennero considerando il fiore i moderni biologici. Con questo però noi siamo ben lungi del volere negare che la staurogamia abbia potuto spiegare, in via secondaria, una influenza qualsiasi nell’ulteriore evoluzione fiorale, essendo troppi i dati che depongono in questo senso. 1 Il fatto che molte piante fornite di autofilli primordiali verdi non producono dei frutti e dei semi grossi, deporrebbe a favore della nostra ipotesi, nel senso che essendo nelle stesse meno accentuato il trasporto dei materiali plastici al fiore, i fillomi fiorali più esterni hanno continuato ad assimilare, non correndo essi il pericolo di subire un infarcimento per parte delle sostanze assimilate. an Prima di abbandonare il quesito dell’ assimilazione è duopo che cì soffermiamo ancora sopra taluni fatti stati posti in evidenza dal Griffon e da altri autori, dai quali risulterebbe che i processi di assimilazione non si compiono con eguale energia nelle foglie rosse e nelle verdi. Dall’ esame critico delle osservazioni dei nostri precedessori appare manifesto che gli stessi non operarono sempre in condizioni assoluta- mente incensurabili, in quanto che per stabilire i confronti adoperarono piante appartenenti a specie differenti, o per lo meno individui diversi arrivando a conclusioni opposte, sebbene tutti, in ultima analisi, siano concordi nell'ammettere, per ragioni diversissime e per vedute peculiari dei singoli osservatori, che le varietà rosse assimilano meno energica- mente (V. Capitolo XI della 2 ® parte). Per assodare il fatto noi abbiamo cercato di studiare il fenomeno dell’assimilazione fotosintetica impiegando, all’ uopo, le varietà rosse di Corylus, perchè queste piante all’ approssimarsi dell’ estate portano ad un tempo foglie verdi e rosse. Disgraziatamente però a causa della stagione inoltrata in cui sì cominciarono le esperienze e per altre cause ancora, i nostri esperimenti non furono troppo numerosi. Come è noto il Corylus, v. rossa, sviluppa dapprima delle foglie rosse per antocianina, ma dopo un periodo di tempo più o meno lungo tende ad inverdire, per cui se si sceglie opportunamente l’epoca del- l'esperimento si possono riscontrare sui singoli rami tanto delle fu- glie rosse che verdi. Oltre a ciò con disposizioni semplicissime delle quali parleremo più tardi, si può pure provocare, ad arte, un indebo- limento di colore più o meno precoce del fogliame rosso. Nelle nostre esperienze si utilizzarono tanto le foglie verdi che quelle rosse le quali vennero scelte di eguali dimensioni e di eguale età (per quanto era possibile). Le foglie, appena staccate dalla pianta, vennero introdotte in due recipienti di vetro, uno dei quali era destinato per le foglie rosse, l’altro per quelle verdi. I due apparecchi, muniti di chiavetta a chiusura ermetica, non si tosto riempiti, furono esposti alla luce in condizioni però eguali di illuminazione e temperatura, onde provocare nelle foglie i processi di assimilazione ed ottenere così una certa quantità di ossigeno. Trascorso un determinato periodo di tempo tanto dall’ apparecchio contenente le foglie rosse quanto da quello racchiudente quelle verdi, si estrasse un determinato volume di aria che venne raccolta in due provette tenute capovolte sul mercurio e si procedette di poi all’analisi dei gas. Senza entrare in ulteriori ragguagli, diremo soltanto che l’ esame eseguito coll’ apparecchio di Bonnier e Mangin (V. Aubert, Revue — 377 — Gen. di Bot., 1891, p. 97) ci ha permesso di constatare che le foglie rosse assimilano meno energicamente in confronto di quelle verdi, ed in conseguenza noi siamo autorizzati ad affermare che nelle foglie anto- cianiche i processi di assimilazione fotosintetica sono alquanto inde- boliti, il che tenderebbe a confermare piuttosto i risultati di Jumelle anzichè quelli di Griffon, il quale ritiene che la minor potenza assimi- latrice delle foglie rosse non sia dovuta al pigmento, ma a cause ana- tomo-istologiche inerenti alla natura stessa delle foglie, indipendente- mente della presenza o meno dell’antocianina. Alcuni potrebbero obbiettare che le foglie rosse del Corylus si trovino in uno stadio di evoluzione meno avanzato di quelle verdi, ma è nostra convinzione che una tale osservazione sia priva di fondamento, perchè la scomparsa dell’ antocianina non coincide nel Corylus colla maturità fogliare e poi il momento in cui essa si verifica è variabi- lissimo da foglia a foglia e non segue la legge che regola l'evoluzione ‘delle differenti foglie di un dato ramo. CAPITOLO IX. Rapporti delle antocianine cogli stomi. ! x Alcuni autori, come si è veduto nella 2* parte del presente lavoro, hanno incidentalmente accennato alla circostanza che talora gli stomi sono circondati da cellule antocianiche, ma gli stessi non si sono preoc- cupati di ricercare se un fenomeno così singolare sia puramente acci- dentale od abbia, all'opposto, il suo fondamento in qualche speciale 1 Su questo argomento si consultino le seguenti opere: Axnrony, l. e. nella Bibl. gen. — Benecke, Die Nebenzellen d. Spaltifnungen, Bot. Zeit., 1892. — Bessry, Some consideration upon the function of Stomata. Science, 1898. — Buscationi e Portacci, l. c. — Cuester Grace, Die Bau u. Function d. Spal- tiffnungen auf A. Blumenbliitter u. Antheren. Ber. d. deut. Bot. Gesellsch., XX, 1897. — (zecx, Ueb. d. Function d. Stomata, Bot. Zeit., 1869. -- Dr Vries H., Bot. Zett., 1884. — Id.,, Plasmolitische Studien ete., Pringsheim Jahrb., Bd. XIV. — Id., Pring- sheim Jahrb., Bd. XVI. — Dixon, l. c., Bb. gen. — Id., Note on the role of osmosis în traspiration, Proc. Iris. Akad., 1896, — Garpiner, The biology of the cell wall ete., Proc. of the R. Soc. of London, 1898. — Hasrrtanpr, Kenntniss d. Spaltiffriingap- purat, Flora, 1887. — HiLr A., Philos. Trans. Roy. Soc., 1961. — Ikrnos, Number and Size of Stomata in various leaves, Bot. Mag., Tokio, 1874. — Krenmz GerLorr, Die Protoplasma Verbindungen ete., Bot. Zeit., 1891.— Kcurnann, Ueb. Assimilationsenergie u. Spaltifrnungsmekanik, Bot. Gesellsch, d. 67. Versammlung Deutsch. Naturf. u. Atti dell’Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII. 27 to nesso biologico. L’oscurità che regna pertanto attualmente su questa singolare disposizione di cose, ci ha indotti ad iniziare una serie di ricerche intese a porre appunto in evidenza i momenti fisiologici che provocano con tanta frequenza la comparsa dell’antocianina là dove esistono gli apparati di aereazione dei tessuti e di traspirazione. I risultati delle nostre ricerche sono consegnati nel presente capi- tolo: noi studieremo pertanto dapprima la vicendevole distribuzione del pigmento e degli stomi, stabilendo in pari tempo alcune osservazioni sul numero di questi ultimi nelle parti verdi od antocianiche, ed in secondo luogo, colla scorta dei dati che ci può offrire l’analisi della pressione osmotica studiata nelle varie cellule dell'epidermide, cercheremo di ri- cavare alcune conclusioni sull’intima essenza del meccanismo funzio- nale degli stomi, in rapporto colla presenza dell’antocianina. A) Localizzazione dell’antocianina e degli stomi. Nelle parti adulte fornite di stomi, l’antocianina è giammai loca- lizzata nelle cellule di chiusura, salvo il caso in cui queste) per pecu- liari condizioni, si siano arrestate nello sviluppo. Un’apparente ecce- Aerzte Vereins in Lubbock, 1895. — Id., Zur Melkanik d. Spaltofnungsbewegungen. Bot. Centralbl. Vol. LXIV, 1595. — KLEMmw, Die Nebenzellen d. Spaltifnungen Bot. 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Tokio, 1900. e zione alla regola venne da noi trovata nelle brattee del Cyperus Papyrus poichè ivi le rare cellule stomatiche si presentano colorate da una so- stanza rossastra che noi però non abbiamo analizzato microchimicamente per stabilire se la stessa sia costituita da antocianina o non piuttosto da flobafeni. Sta però il fatto che tali stomi non erano funzionanti e quindi a rigor di termine non viene infirmata la regola testè enunciata. L'essere adunque costantemente prive di pigmenti le cellule sto- matiche normalmente funzionanti non può venir considerato come una pura accidentalità, ma bensì come un fenomeno intimamente collegato col loro funzionamento che verrebbe, come fra poco avremo occasione di constatare, intralciato dalla presenza del pigmento in questione. All’opposto con molta frequenza si incontrano gli elementi confi- nanti cogli stomi e le cellule annesse di questi riccamenti forniti di antocianine, sia che il pigmento abbia pure sede nelle altre cellule del- l'epidermide, o faccia ivi, all’opposto, difetto. Nel primo caso poi il pig- mento assume una tinta assai viva in vicinanza degli stomi. Noi riporteremo qui alcuni esempi nei quali i rapporti tra la loca- lizzazione dell’antocianina e la distribuzione dell'apparato di traspira- zione appaiono maggiormente evidenti. Tradescantia discolor. Le foglie sono rosse in corrispondenza della pagina inferiore, verdi sulla superiore; però se si esaminano attenta- mente, si osserva che lungo il margine libero della faccia superiore vi la un’orlo esilissimo colorato in rosso. L'esame microscopico lascia ri- conoscere che gli stomi sì trovano sparsi in tutta quanta la pagina in- feriore dove l’antocianina occupa tutte quante le cellule epidermiche, ad eccezione, come è stato detto, di quelle di chiusura, ed inoltre in- vadono pure la regione arrossata della faccia. superiore. Nella rimanente porzione di questa mancano. La forma delle cellule epidermiche è pure differente nelle due zone, inquantochè dove sonvi gli stomi le stesse ‘sono subrotonde o poligonali (V. Tav. XIII, fig. 2 e 5), nelle parti verdi invece, si presentano rettangolari (V. Tav. XIII, fig. 4). Qui adunque pare evidente che vi sia un rapporto strettissimo tra la presenza degli stomi, l’antocianina e la forma delle cellule. Begonia. Fra alcune varietà appartenenti probabilmente al gruppo delle B. imperialis la pagina inferiore della foglia è vivamente colorata in rosso nel mezzo, verde invece sull'orlo. L'esame microscopico dimo- stra che nelle regioni arrossate abbondano i campi stomatici i quali poi sono ampi e ricchi di stomi, mentre alla periferia delle foglie gli stessi sono più piccoli e più poveri di stomi (tre o quattro stomi per campo). La singolare disposizione riesce molto distinta se si riproduce per mezzo delle pellicole di collodio l'impronta dell’epidermide della faccia 0.0 inferiore delle foglie. L’antocianina, nella regione arrossata, è diffusa in tutte le cellule epidermiche, ma si mostra in maggiore copia presso i campi stomatici, attorno ai quali forma quasi una guaina più o meno intensamente rossa. Essa inoltre si infiltra in mezzo agli elementi degli stomi, colorando anche le cellule annesse degli stessi. In altre specie di Begonia, le cui foglie hanno stomi isolati, il pig- mento appare presente in tutte quante le cellule epidermiche, ma ciò non di meno è più vivamente tinto in quelle annesse. Polygonum Sieboldi. In questa pianta la correlazione tra la dispo- sizione degli stomi e la distribuzione dell’antocianina, molto evidente nel caule ed in altri organi, è stata segnalata dal D. Montemartini nel suo lavoro sul sistema assimilatore del Polygonum Steboldi (V. biblio- grafia). La fedele descrizione che ci ha dato l'A. ci dispensa dall’en- trare in ulteriori dettagli. Amaranthus. In alcune specie l’antocianina occupa le cellule pros- sime agli stomi. Le altre, più piccole, per lo più sono prive. Sarifraga rotundifolia. Anche in questa pianta le foglie presentano gli stomi raccolti nei così detti “ campi stomatici , che si mostrano cir- condati da una guaina di antociano. Il pigmento si infiltra inoltre tra le cellule interposte agli stomi. Le cellule epidermiche distribuite fra i vari campi sono assai spesso prive di pigmento, oppure ne conten- gono una scarsa quantità, onde appaiono solo pallidamente tinte in rosso. Strobilanthes. La pagina inferiore della foglia è colorata in rosso, ma il pigmento è prevalentemente localizzato attorno agli stomi. Centradenia floribunda. Si osservano gli stessi fatti che abbiamo segnalati nello Strobilanthes. Brachychiton populneum. La pagina inferiore della foglia è colorata dall’antocianina ed il pigmento appare tanto più vivamente colorato, quanto più le cellule che esso impregna sono prossime agli stomi. Molte cellule assai discoste da questi organi sono persino prive di antocianina. Sarifraga e Sempervivum. Nelle foglie di molte specie di questi due generi appare manifesto che l’antocianina si colora di più in vicinanza degli stomi. Eranthemum. L’antocianina, ricca di tannino, invade le cellule delle due epidermidi fogliari infiltrandosi anche nei peli capitati di cui è munita l’epidermide. Il pigmento occupa non solo le cellule epidermi- che, ma anche le annesse e talora penetra persino nelle cellule stoma- tiche, ma quando ciò avviene si osserva che l'apparato stomatico non ha raggiunto uno sviluppo completo, Rumex sp. In queste piante il pigmento diventa talora così abbon- dante in vicinanza degli stomi che riesce persino a precipitare sotto. — 381 — forma di grumi, mentre nelle altre cellule epidermiche si presenta sotto l'aspetto ordinario, vale a dire disciolto nel succo cellulare. Un più accentuato accumulo di antocianina attorno agli stomi ha pure luogo nel picciuolo fogliare della FeruZa ferulacea, in molte rosette fogliari appressate al terreno, nelle foglie di Nidularium spectabilis ed in altre piante ancora. Molte volte le cellule epidermiche non contengono antocianina, ma ciò non di meno il rapporto tra il pigmento e gli stomi non è meno manifesto, inquantochè il primo invade la camera d’aria sottoposta agli stomi. Una tale disposizione di cosa si verifica nella spata colorata in rosso di taluni Anthurium, nel Pothos, nella Pulmonaria officinalis, nella Corydalis bulbosa ed in altre piante. Se noi ora rivolgiamo la nostra attenzione a quelle foglie nelle quali le regioni che si trovano ancora in via di attivo sviluppo pre- sentansi antocianine, troviamo dei reperti alquanto differenti da quelli testè segnalati. Innanzi tutto noi dobbiamo notare che gli stomi, ivi pure in tutti gli stadi di formazione, sono completamente avvolti da cellule ricche di antocianina, la quale scompare del tutto od in parte, a misura che la evoluzione fogliare si avvicina al termine. Tale dispo- sizione è abbastanza evidente nel Cypripedium venustum, in talune Sarifraga e Sempervivum, nella Beaucarnea, in molte Begonie, nella Bal- lota nigra, in taluni Aster, e nel Rumex Acetosa. In quest’ultima pianta tutta l'epidermide fogliare in attivo sviluppo è rossa, ma il color si fa più intenso in prossimità degli stomi in formazione. Ma vi ha di più: Nel Sedum Wibericum ed in alcune Fuehsia, Vanto- cianina che abbonda nelle parti delle foglie in via di sviluppo invade anche le cellule annesse, ! dove anzi si mostra intensamente colorata, e talora anche si sviluppa nelle cellule madri dello stoma. Però qualche volta si osserva che qualche cellula annessa, per ragione non ben nota manca di pigmento. In taluni Sempervivam si ripete lo stesso fenomeno, ma il rapporto tra stomi ed antocianina appare quivi assai manifesto pel fatto che le cellule epidermiche alquanto discoste dagli stomi in formazione spic- cano sulle altre per mancanza di una colorazione rossa. Nelle foglie giovani di Strobilanthes le cellule madri degli stomi sono fortemente colorate dall’antocianina e lo stesso può dirsi, infine, per la Cyrtanthera e per le Brattee di talune Begorie (V. Tav. XIII, fig. 3). In queste ultime però gli stomi appena si sono individualizzati ! Nelle differenti piante le cellule annesse si comportano in modo molto variabile rispetto alla colorazione essendo rosse in talune (Canna), incolore in altre. a perdono il pigmento che invece permane, intensamente colorato, nelle altre cellule fiancheggianti l’apparato di chiusura. Infine segnaleremo ancora che nelle giovani foglie di Nimphaea, ancora sommerse, l’antocianina, diffusa nelle due epidermidi, manca del tutto negli elementi della faccia superiore destinati a trasformarsi in cellule stomatiche ed in talune cellule della pagina inferiore a quelli analoghi. Dai molti esempi che abbiamo riportati e da quelli che vennero segnalando i nostri predecessori, risulta assodato che si ha un certo nesso funzionale tra la presenza degli stomi e la distribuzione delle antocianine. Egli è vero che in molte parti di piante fornite di anto- cianina e di stomi tale rapporto non si manifesta più cosi nettamente od anche manca del tutto (4ucomis punctata e Losa sp. (giovani rami), Rhododendron hybridum ed Helleborus niger (fiori): Hyacinthus orientalis (scapo fiorale): Phaseolus (ovario), ma la incostanza del reperto non diminuisce l’importanza dei risultati positivi che sono stati posti in evi- denza, valendo esso semplicemente ad indìcare che, a seconda dei casì, la pianta può raggiungere uno stesso scopo finale, di qualunque natura esso possa essere, con mezzi e disposizioni differenti e svariatissimi. B) Numero degli stomi nelle parti verdi ed antocianiche. La frequenza con cui l’antocianina si mostra in vicinanza degli stomi ci ha indotti a ricercare se questi fossero più numerosi, o vice- versa meno abbondanti, nelle parti fornite di pigmento in confronto di quelle verdi od incolore, ed a tale scopo si è proceduto al conteggio degli stomi nelle varie regioni delle foglie macchiate di rosso e di verde (Canna, Achyranthes, Tradescantia, Coleus, Pelargonium, ete.), ma disgra- ziatamente non si è potuto arrivare ad una conclusione variando troppo il numero degli stomi non solo da una regione all’altra della foglia, ma ancora da individuo ad individuo, C) Il Coefficente osmotico delle cellule antocianiche e di quelle prive di pigmento. I dati che abbiamo raccolto analizzando la distribuzione dell’anto- cianina e degli stomi se valgono a dimostrare che l’antocianina tende ad accumularsi là dove esistono gli apparati di aereazione o di traspi- razione, non ci forniscono però alcun ragguaglio sull’intima essenza — 383 — delle cause che determinano una così singolare disposizione d’indole istologica. Queste vanno perciò ricercate con altri metodi, fra i quali, per ragioni che verranno discusse più tardi, ottimo si è dimostrato quello proposto dal De Vries per le misure dei cofficenti osmotici. Noi abbiamo pertanto studiato dapprima il coefficente osmotico delle cellule epidermiche sia antocianiche quanto incolore e di poi, sempre colla scorta di tale metodo, stabilito dei confronti fra i valori ottenuti dall'esame delle cellule epidermiche con quelli desunti dalle indagini istituite sulle cellule stomatiche. La ricerca, come è noto, consiste nel determinare il grado di con- centrazione che deve avere una soluzione di nitrato di potassio affinchè possa provocare la contrazione ed il distacco del contenuto cellulare dalla membrana. A scanso di equivoci noi noteremo qui che dovendosi nel nostro studio stabilire unicamente dei rapporti fra le cellule anto- cianine, quelle incolore e gli stomi, non ci siamo preoccupati di deter- minare con rigorosa esattezza quale era, nei singoli casi, il grado di concentrazione della soluzione atto a produrre il fenomeno sopra ricor- dato. Le cifre ottenute non hanno quindi un valore assoluto, ma solo relativo ed approssimativo. Colle modificazioni introdotte si è semplificato notevolmente la ri- cerca, ma ciò non toglie che questa sia assai delicata ed anco non del tutto priva di cause d’errore poichè se è facile stabilire, anche con esattezza, il momento in cui un protoplasma contenente antocia- nina si stacca dalla parete cellulare, oltremodo malegevole riesce in- vece rilevare il distacco quando vi hanno protoplasti incolori 0 verdi, quali sono appunti quelli di molte cellule epidermiche, dei peli e degli stomi. Non occorre aggiungere che siffatto studio, perchè possa fornire dei risultati comparativi attendibili, deve esser eseguito su elementi della stessa natura e dello stesso organo quali sono, ad esempio, le differenti cellule di una data epidermide od i diversi elementi di un pelo. Premesse queste considerazioni, che erano assolutamente necessa- rie, veniamo ora ai risultati ottenuti. 1.° Il Coefficente osmotico dei peli, e delle cellule epidermiche. Drosera. I tentacoli sono ricchi di antocianina ed il pigmento va aumentando di intensità di colorazione verso l’apice dell'organo. Con soluzioni al 3-—4°/, di nitrato di potassio (KNO*) la contra- zione del protoplasma è marcata alla base del tentacolo, poco evidente invece all'apice. — gu Gynura aurantiaca. I peli articolari ed antocianici di cui sono for- niti le foglie ed i fusti presentano la singolare caratteristica di aver solo talune cellule colorate del piemento. Oltre a ciò il pigmento diventa più intensamente colorato verso l’apice del pelo. Con soluzioni al 3° di KNO? ha luogo la contrazione del con- tenuto cellulare negli elementi incolori, mentre solo con soluzioni al 3,50 °/, anche nelle cellule rosse basali si manifesta un primo accenno di contrazione. Nelle cellule apicali più intensamente colorate e nelle quali, per- tanto, è maggiore la quantità di pigmento la contrazione avviene sol- tanto sotto l’azione di soluzioni un po’ più concentrate. Oxalis corniculata, (var. rossa). Il potere osmotico delle cellule epidermiche rosse è discretamente elevato, cominciando la contrazione a manifestarsi con soluzioni al 4-5 °/, di K NO? ed essendo generaliz- zata solo con soluzioni al 7 °/,. Le cellule prossime agli stomi sono quelle che richiedono maggior concentrazione per manifestare il fenomeno del distacco del proto- plasma. Iris germanica. La faccia inferiore ed esterna del perigonio ha una colorazione bleu meno intensa di quella che è propria della faccia supe- riore. Ora con soluzioni al 2%/, di KNO?, si provoca, nelle cellule della pagina inferiore, una distinta contrazione, mentre nessuna reazione si ha in quelle della faccia superiore. Lo stesso dicasi se si paragona il potere osmotico dei segmenti del perigonio poveri di antocianina con quello che è proprio dei fillomi più colorati. Itosa sp. (Peduncolo fiorale). La epidermide appare vivamente colo- rata in rosso dal lato soleggiato, verde invece da quello rivolto verso l'ombra. Tanto su una faccia che sull'altra, il potere osmotico delle cellule epidermiche è abbastanza elevato, poichè solo con soluzioni al 8—10°/o di XK NO? si riesce a determinare il distacco del protoplasma della parete cellulare. Le cellule rosse sono però meno sensibili di quelle verdi. Cypripedium. Le foglie di talune specie si presentano chiazzate di rosso su fondo verde, in corrispondenza della faccia inferiore. Le soluzioni di XK NO? al 2,75—3 °/, provocano già la contrazione del con- tenuto nelle cellule incolore dell’epidermide, mentre non hanno ancora azione su quelle rosse, o tutto al più agiscono come debolmente pla- smolizzanti. Lo studio del potere osmotico va fatto nelle foglie giovani poichè in quelle vecchie con facilità ha luogo diffusione del pigmento al di fuori delle cellule. Sazifruga crassifolia. Su certi esemplari i cui peduncoli fogliari hanno cellule rosse frammiste ad elementi verdi la contrazione avviene dap- — 385 — prima in quest'ultime (Soluz. al 2,75—3°/, di ANO). In altri invece le differenze sono meno accentuate. Pirus Malus. I frutti di molte varietà di pomi sono verdi dal lato ombreggiato, rossi da quello soleggiato essendo la parte esposta al sole riccamente fornita di antocianina che impregna le cellule epidermiche ed il tessuto sottostante. L'immersione dei lembi di tessuto rosso in soluzioni piuttosto concentrate di KNO® (15 °/,) provoca una forte con- trazione delle cellule con conseguente accartocciamento del preparato. Il fenomeno appare meno spiccato se si sottopongono allo stesso tratta- mento i tessuti omologhi staccati dal lato verde, ciò che tenderebbe ad indicare che le parti rosse sono più ricche di acqua in confronto di quelle verdi. Cymbidium aloifolium. In corrispondenza della parte mediana i petali presentano delle striature rosse su un fondo verdognolo. Una soluzione all’1,75 °/, di KNO? stacca fortemente il protoplasma dalla parete delle cellule verdi, riesce invece soltanto debolmente attiva od anche non mostra alcuna azione sugli elementi rossi. Tradescantia discolor. Con soluzioni di KNO® all'1,75 °/, le cellule della pagine superiore delle foglie prossime agli stomi e colorate in rosso appena accennano a contrarre il contenuto, mentre quelle verdi o incolore lo coartano notevolmente. Sempervivum tectorum. Sulla punta della foglia dove abbondano gli stomi le cellule epidermiche sono per lo più colorate in rosso. Ora una soluzione al 2,75 °/, di KNO?, non riesce ancora a provocare il distacco dei protoplasmi nelle parti antocianiche mentre lo determina, più o meno intensamente, in quelle verdi o solo pallidamente colorate dal pigmento. Paeonia sp. Le cellule colorate del nettario che si trova alla base dei petali bianchi hanno un potere osmotico molto elevato contraendo i loro contenuti solo sotto l’azione di soluzioni contenenti il 6° di KNO?. Nelle parti bianche soluzioni assai più deboli riescono a pro- durre lo stesso effetto. Cypripedium insigne. La galea è colorata in rosso in corrispondenza della base e della parte mediana, verde sui margini. I protoplasmi an- tocianici delle cellule epidermiche appena accennano a contrarsi in soluzioni al 3°/, di KNO? le quali determinano all'opposto, nna forte contrazione negli elementi delle parti verdi. Calycanthus. I fillomi prossimi ai fiori hanno un epidermide le cui cellale in vicinanza degli stomi sono antocianiche: ora il contenuto di tali elementi si contrae in soluzioni contenenti 11,25 °/, di ANO? In taluni casi occorre persino adoperare delle soluzioni contenenti 1,50 °/, di sale per ottenere il distacco. All’opposto le brattee verdi mostrano —agsol= già un’attiva contrazione di tutti i protoplasti dell’epidermide quando vengano a contatto di soluzione aventi 1,25 %/, di KNO?. Azalea indica. (Faccia interna della corolla.) I lembi incolori di epidermide contraggono i protoplasmi sotto l’azione di una soluzione al 3,50 ®/, di KNO?, mentre ciò non avviene ancora nelle cellule arrossate dall’antocianina. A questi numerosi esempi di pressioni osmotiche relativamente al- bastanza elevate nelle cellule ricche di antocianine ne fanno contrap- posto pochi nei quali il coefficente osmotico venne riscontrato pressochè uguale a quello delle cellule incolore. Tale è il caso per le varietà bianche e rosse di Tulipa (3,50%, di KNO?) le quali differiscono fra loro per contenere i bianchi numerosi plastidi che a quanto pare mancano nelle rosse: per le varietà rosse e bianche della Camelia japonica (2,75 di KNO?); per le varietà verdi e rosse di Cory/us nelle quali la pressione osmotica nelle cellule rosse si presenta talora maggiore tal altra uguale a quella delle cellule incolori (3—3,25 KXNO?); per le zone verdi o rosse delle foglie di Coleus, dove il potere osmotico non si presenta molto elevato (1,50—1,75 KNO?); per i fiori screziati di bianco e di violetto di talune varietà di C7reraria, in cui tanto nelle regioni bianche quanto nelle antocianiche vi ha uguale potere osmotico, ma relativamente assai elevato (4°, di KNO?); per le strie bruno-violaceo e le zone bianche dei petali di /ris germanica (2,25 °|, di ANO?) in cui la plasmolisi pro- voca quasi sempre la comparsa, nelle cellule, di due vacuoli separati dal rimanente protoplasma' ed infine per i fiori della Weigelta che da giovani sono bianchi ed adulti diventano rosei. In questi ultimi il con- tenuto cellulare si contrae già talora colle soluzioni al 2°%/, di KNO? mentre nei primi per ottenere lo stesso effetto occorre impiegare almeno 2,50%, di sale. Se noi facciamo pertanto astrazione da questi pochi casi nei quali si è trovato un coefficente osmotico uguale o minore nelle cellule colo- rate in confronto di quelle incolore, il che occorre notarlo, può essere dovuto a cause diversissime (differente costituzione delle cellule: diversità individuali, (Camellia, Tulipa, ete.): stadi diversi di evoluzione ( Weigelia)) possiamo ammettere che in tesi generale il coefficente osmotico nelle cellule antocianiche è superiore a quello che è proprio degli elementi omologhi, ma privi di pigmento. Talora il coefficente osmotico, è nelle prime, discretamente elevato come ad esempio si verifica nei petali di Rosa (8B—10°/ di KNO?) e nelle foglie di Cissus discolor nelle cui cel- lule rosse una soluzione al 3,75°/ di ANO? provoca la formazione di grumi antocianici, oppure un cambiamento di tinta nel pigmento cu però non tiene più dietro il distacco del protoplasma della parete. ira A quanto pare l’età dell'organo che si studia ha un’influenza mar- cata sull’innalzamento, o viceversa sull’abbassamento del coefficente osmotico, poichè nelle foglie di osa adulte e nei fiori di Weigelia invecchiati il coefficente osmotico, è più basso che negli stessi organi meno evoluti. Noi possiamo quindi concludere che nelle cellule dove vi ha antocia- nina, ed in specie se questa è abbondante ed intensamente colorata, il coefficente osmotico presenta un valore alquanto più elevato in confronto di quanto si verifica nelle cellule prive di pigmento, per cui i valori osmotici che si sogliono attribuire alle cellule vegetali, in base a ri- cerche fatte su elementi antocianici, debbono esser considerati, in teoria almeno, superiori alla media. È l’antocianina il solo fattore che determina l’inalzamento del potere osmotico nelle cellule? A nostro modo di vedere la risposta sarebbe negativa, ma tuttavia faremo osservare che fra le sostanze atte ad aumentare la turgescenza si debbono annoverare quei corpi dai quali l’antocianina trae origine e quindi il valore trovato è la risultante delle pressioni osmotiche di singoli corpi, l’antocianina compresa. 2.° Il Coefficente osmotico nelle cellule di chiusura degli stomi ed in quelle che circondano l'apparato di traspirazione. Il punto più importante delle questioni trattate in questo capitolo si è quello di stabilire se nelle cellule stomatiche, costantemente prive di antocianine, almeno allo stato adulto, il coefficente osmotico sia mag- giore o minore che nelle cellule dell'epidermide siano antocianiche od incolore. Data la speciale natura degli elementi su cui si esperimenta, nelle ricerche di questo genere bisogna aver presente che sotto l’influenza degli agenti disidratanti, quali sono le soluzioni saline, non si tosto si è oltrepassato lo stato d’equilibrio, per quanto riguarda la concentrazione, tra le soluzioni endocellulari ed extracellulari le cellule non reagiscono sempre staccando subito il protoplasma dalla parete, ma bensì contraendo dapprima la membrana. Solo dopo che questa si è sufficentemente con- tratta ed avvolge soltanto più come un sacco inerte il protoplasma, ‘questo comincia a sua volta a staccarsi dalla parete. Ora nelle cellule unite in tessuto la contrazione della membrana di una data cellula, per i rapporti di aderenza che questa contrae cogli altri elementi vicini, sarà poco accentuata e talora trascurabile, per cui il fenomeno della contrazione protoplasmatica si renderà assai più presto — 388 — manifesto di quanto avvenga invece in una cellula che sia libera ed isolata. In queste la riduzione di superficie della membrana potendo compiersi liberamente si verificherà come conseguenza un ritardo nel- l'attuazione della plasmolisi propriamente detta. Un così diverso comportamento può indurre pertanto in errore l'osservatore che tenga unicamente conto del primo accenno della con- trazione protoplasmatica per stabilire il coefficente isotonico di una data cellula e trascuri il fenomeno della riduzione di volume della cellula stessa, sia questa libera od associata ad altri elementi. Più che altrove, nello studio dei coefficenti osmotici dell’epidermide conviene pertanto prendere in considerazione i due fenomeni, cioè la contrazione della membrana e il distacco del protoplasma da questa se si vogliono ottenere dei dati un po’ sicuri, inquantochè noi abbiamo nell’epidermide delle cellule semilibere, quali sono gli stomi ed i peli, e delle cellule strettamente congiunte fra loro per formare il tessuto, rappresentato dagli ordinari elementi dell'epidermide. Oltre a ciò devesi ancora considerare che le cellule epidermiche fornite di una membrana esterna quasi rigida! saranno in grado di mostrare più presto il fenomeno della contrazione del protoplasma sotto l'influenza del KNO? o di un altro sale, in confronto delle cellule sto- matiche le cui pareti, non solo semilibere, ma anche assai cedevoli ed elastiche possono contrarsi liberamente quando vengano a contatto del reattivo, ritardando di conseguenza la coartazione ed il distacco del plasma dalla parete stessa. Un complesso tale di circostanze non può che rendere oltremodo malagevole lo studio dei coefficenti osmotici delle cellule stomatiche, ma un osservatore un po’ attento quando tenga conto di tuttii fattori, potrà riuscire assai spesso ad ottenere dei risultati, se non assolutamente esatti, per lo meno attendibili, anche quando, come nel caso nostro, si tratti di stabilire dei confronti fra le cellule stomatiche e quelle epidermiche. Ecco ora quali sono i risultati principali a cui si è giunti colle nostre ricerche: Tradescantia discolor. La contrazione dei plasmi avviene prima nelle cellule antocianiche dell'epidermide che negli stomi. In questi ultimi il contenuto cellulare accenna a contrarsi soltanto in soluzioni contenenti il 5-6 °/, di KNO3. ! Noi dobbiamo fare osservare che nelle nostre ricerche si sono esaminati i lembi di epidermide. anzichè le sezioni trasversali della stessa e perciò il distacco del pro- toplasma dalla parete esterna della cellula, cioè dal lato in cui la cellula è libera ed isolata, non potè essere preso in considerazione. — 389 — Canna indica (var. rossa). In aleune regioni delle foglie, non tutte le cellule epidermiche sono rosse, ma solo quelle più prossime agli stomi. Con soluzione al 2—3 °/, di ANO? si ottiene una manifesta contrazione dei protoplasti nelle cellule antocianiche, nulla invece in quelli degli stomi: queste però tendono a chiudersi (V. Tav. VII, fig. 6). Solo con soluzioni al 5°/, anche nelle cellule di chiusura il protoplasma si rae- coglie in globi nel mezzo della cellula. Cissus discolor. Con soluzioni al 3 °/, di KNO? si ha una leggera contrazione nel contenuto delle cellule antocianiche dell’epidermide in- feriore della foglia, nessuna mutazione invece nei protoplasmi delle cel- lule stomatiche. Centradenia foribunda. Le soluzioni al 2,50—5°/, di KNO? provo- cano la contrazione del contenuto cellulare con formazione di granula- zioni antocianiche nell’epidermide fogliare: nessuna apparente altera- zione provocano invece nel protoplasma delle cellule stomatiche. Cyclamen. Si comporta ad un dipresso come la Centradenia. Maranta. L’ antocianina delle cellule fogliari comincia a contrarsi con soluzioni al 2,50—3 °/, di KNO?, mentre gli stomi appena accen- nano a chiudersi. Il contenuto delle cellule annesse per contrario richiede l’impiego di una soluzione più concentrata di quella che provoca la plasmolisi negli altri elementi dell’epidermide. Le seguenti piante vennero esaminate, sotto il punto di vista che ci interessa, dopo di essere state tenute all'oscuro per 14 e più ore. Canna indica. Con soluzione contenente il 2,50—3 °/, di KNO? circa le cellule annesse a quelle antocianiche dell'epidermide si presen- tano fortemente plasmolizzate. Negli stomi chiusi invece i protoplasti non accennano ancora a staccarsi dalle pareti le quali però tendono a raggrinzarsi assumendo un decorso ondulato (V. Tav, VII, fig. 7). La plasmolisi è più intensa nelle cellule epidermiche discoste dagli stomi. Tradescantia discolor. Con soluzioni al 2—3°/ di KNO? nelle cel- lule annesse si manifesta una forte contrazione, mentre negli elementi antocianici dell'epidermide il fenomeno è assai meno marcato. Il pro- toplasma degli stomi chiusi comincia a plasmolizzarsi con soluzioni con- tenenti il 5—5°/, di KNO?. Cissus discolor. Nell’esemplare da noi esaminato si è ottenuto una evidente contrazione nelle cellule antocianiche dell’epidermide- fogliare, nessuna reazione apparente invece negli stomi chiusi coll’impiego di so- luzioni al 2° di KNO?. Begonia Evansiana. Per ottenere la contrazione dei protoplasmi nelle cellule rosse epidermiche è sufficiente impiegare una soluzione al 2°/, di KNO*, mentre ne occorre una molto più concentrata per far contrarre i contenuti degli stomi chiusi, — 390 — Centradenia foribunda. La plasmolisi nelle cellule epidermiche rosse (foglie) venne ottenuta con soluzioni al 2%, di X_NO?. La stessa solu- zione nelle cellule annesse degli stomi provoca la precipitazione del pigmento sotto forma di granulazioni. Le cellule stomatiche, piccole, si contraggono, senza però mostrare accenno di distacco del protoplasma dalla parete. Lo stesso fenomeno si verifica con soluzioni al 5°/y-6°/ di KNO®. Poste in acqua le cellule stomatiche tornano a diventar turgescenti e se si disegnano colla camera lucida prima e dopo dell’immersione nell'acqua, si può riconoscere che diventando turgescenti si vanno in- grandendo in certo qual modo a spese delle cellule annesse poichè si affondano leggermente nelle stesse (V. Tav. XIV, fig. 10). Maranta sp. Si comporta come gli esemplari tenuti alla luce poi chè aumentando la concentrazione del ANO? si verifica che le prime a contrarre i contenuti sono le cellule epidermiche antocianiche, poi ven- gono quelle annesse ed infine gli stomi. Amaranthus tricolor. Con soluzioni all 1—2°/ di ANO? si ha la contrazione nel contenuto delle cellule epidermiche antocianiche, mentre nelle cellule stomatiche lo stesso risultato si ottiene solo con soluzioni al 49/ Cyclamen. La plasmolisi nelle cellule di chiusura avviene con so- luzioni molto più concentrate di quelle che provocano la contrazione del plasma delle cellule epidermiche antocianiche (2 °/ circa di ANO?). Dai dati riportati i quali, naturalmente devono avere un valore solo relativo, potendo il coefficente osmotico anche variare da esemplare ad esemplare, si è autorizzati a trarre la deduzione che le cellule sto- matiche sia di giorno che di notte contraggono i loro contenuti sotto l’azione di solazioni di K NO? molto più concentrate di quelle che de- terminano la plasmolisi nelle cellule antocianiche dell’epidermide su cui tali stomi sono disseminati. Questo fenomeno, a primo aspetto potrebbe indurre l'osservatore a ritenere che gli stomi abbiano sempre una pressione osmotica supè- riore a quella delle cellule epidermiche circostanti, ma esso indica in- vece soltanto che le pareti delle cellule stomatiche per la loro speciale natura e per le funzioni a cui esse devono presiedere possono con- trarsi maggiormente e più a lungo sotto l’azione degli agenti disidra- tanti in confronto delle altre cellule epidermiche, per cui anche quando è già avvenuta la chiusura notturna (indicante una diminuita tensione nell’apparato di aereazione) continuano talora ancora a contrarsi quando vengano a contatto di soluzioni sufficentemente concentrate di XNO®. In conseguenza di ciò solo con soluzioni notevolmente più ricche di questo sale si potrà ottenere la contrazione del protoplasma nelle cellule stomatiche, la quale, come sopra è stato detto, comincia a manifestarsi quando la parete ha perduto qualsiasi traccia di distensione. Di giorno ed alla luce è fuori di dubbio che la turgescenza nelle cellule stomatiche è relativamente assai grande e superiore a quella che esiste nelle cellule circostanti, come venne dimostrato dal Grain (7ra- descantia) e dallo Schellemberg. Il fatto però che qualche volta si è potuto dimostrare un accenno di chiusura degli stomi (nelle foglie te- nute alla luce) con soluzioni che non provocavano ancora la contra- zione dei plasmi nelle cellule antocianiche depone a favore dell’ipotesi che in queste ultime esista talvolta una tensione osmotica pressochè uguale a quella che domina nelle cellule stomatiche esposte alla luce. Senza dubbio poi di notte la tensione osmotica nelle cellule antocianiche dell'epidermide è superiore a quella esistente negli elementi di chiusura, perchè questi sotto l'influenza dell'oscurità, anche di breve durata, ten- dono a chiudersi, ciò che indica una diminuzione nel turgore, quelli in- vece rimangono immutati per quanto concerne la struttura. In conseguenza, le cellule stomatiche riescono a controbilanciare l’azione osmotica delle cellule antocianiche circostanti, che tenderebbero a togliere dell’acqua, immagazzinando, sotto l’azione della luce, delle sostanze dotate di un forte potere osmotico quali sono gli zuccheri, ma nello stesso tempo facilmente emigrabili. Ciò spiega quindi come nelle cellule degli stomi adulti non si formi mai antocianina non po- tendo questa sostanza facilmente diffondersi da cellula a cellula. Il problema riflettente il funzionamento degli stomi fu, dai tempi di Mohl a venire man mano fino ai giorni nostri, oggetto di studi per parte di molti osservatori quali il Leitgeb, lo Schwendener, il Koh], lo Strasburger, lo Scaeffer, il Beneke, il Westermayer, per citare solo i principali. L'ultima parola in proposito non fu ancora detta, ma sta però il fatto che oggigiorno non si ammette più la teoria del Leitgeb, secondo la quale gli stomi funzionerebbero quasi passivamente, essendo il meccanismo di apertura e di chiusura in stretta dipendenza colle va- riazioni di turgescenza delle cellule annesse e di quelle epidermiche. A questa si è sostituita attualmente la teoria del funzionamento autonomo degli stomi, determinato cioè dalle condizioni di turgescenza delle cel- lule stomatiche stesse (Schwendener ed altri). Però se si consultano i diversi autori che trattano la questione, emerge dalle loro osservazioni che probabilmente non si può del tutto escludere una certa compartecipazione delle cellule annesse, ed anche dell'epidermide stessa, nel movimento degli stomi. Secondo alcuni, in- fatti, le cellule annesse, dotate di un minor coefficente osmotico in con- — Sd = fronto degli elementi di chiusura! avrebbero unicamente la funzione di permettere a questi di affondarsi nella loro cavità durante la fase di aumentata turgescenza. Essi però non escludono che in certe occa- sioni anche le cellule annesse possano provocare la chiusura della rima stomatica, ed anzi ciò avverrebbe appunto tutte le volte che si im- merge l'epidermide nell’acqua. Sotto l’azione di questa, le cellule an- nesse riescirebbero ad aumentare la loro turgescenza temporaneamente e più rapidamente delle stomatiche che verrebbero così forzate a chiu- dere la rima ed a rimaner contratte sino a tanto che, assorbendo a loro volta dell’acqua vengano ad acquistare di nuovo un maggiore potere osmotico che conceda loro di riaprire la fessura stomatica (Schwen- dener). Altri autori (Kohl, Schaeffer), in base allo stesso esperimento, sono stati condotti ad affermare che persino le cellule epidermiche possano, in misura più o meno accentuata, agire temporaneamente e meccanica- mente nel senso testè indicato (Trianea bogotensis), ma ciò non di meno tutti quanti gli osservatori concordano nel ritenere che la comparteci- pazione delle cellule epidermiche ed annesse nelle circostanze ordinarie sia solo secondaria. ? Ciò appare particolarmente evidente nel caso che si abbiano cellule di chiusura prive di Clorofilla (Evonymus var. con foglie albicate, Qerodendron, ecc.). Ora dagli studi che noi abbiamo fatto, sia sul valore del coefficente - osmotico nelle cellule epidermiche antocianiche e sia ancora sulla fre- quenza con cui tali cellule accompagnano gli stomi, siamo stati indotti a ritenere che, sebbene nelle cellule di chiusura esistano le condizioni atte a promuovere la chiusura e l’apertura della rima stomatica, per cui le cellule di chiusura possono funzionare automaticamente, ciò non di meno la presenza, attorno alle cellule di chiusura, di una cintura di elementi antocianici dotati di un poter osmotico non esageratamente elevato, non soggetto a notevoli variazioni e di poco inferiore o pressochè uguale a quello delle cellule stomatiche (durante la fase di turgescenza 1 Lo Schellemberg afferma che con soluzioni di X.N0*, più o meno concentrate si ottiene la contrazione dei plasmi innanzi tutto nelle cellule annesse e poi in quelle degli elementi di chiusura. Noi faremo osservare che un tale reperto non indica in modo assoluto che le prime abbiano sempre un potere osmotico inferiore a quello delle cellule stomatiche, poichè queste, come sopra è stato accennato, sotto l’azione del reat- tivo possono contrarre le pareti, evitando così che abbia luogo il distacco del plasma dalle stesse, ciò che può condurre l'osservatore ad un’erronea interpretazione del va- lore osmotico nelle difterenti cellule. 2 Infatti le cellula stomatiche state liberate dai circostanti elementi dell’ epider- mide si aprono esageratamente. — 393 — di queste) deve certamente contribuire a regolare il movimento degli stomi ed a rendere forse l'apparecchio di chiusura e di apertura, benchè in parte autonomo, estremamente sensibile. Così resterebbe chiarito il fatto che le cellule stomatiche riescono di già ad aprirsi dopo 5 minuti appena di esposizione alla luce, come venne segnalato da Kohl, sebbene in così breve lasso di tempo esse non abbiano certamente avuto agio di fabbricare una grande quantità di sostanze osmotiche. Aumentandosi jl poter osmotico nelle cellule di chiusura queste estrarrebbero acqua dalle circostanti cellule annesse (o epidermiche) e viceversa per poco che diminuisca la turgescenza nelle cellule stomatiche, le cellule annesse ed epidermiche (ed in specie le antocianiche pros- sime agli stomi) asperterebbero di nuovo a loro volta l’acqua dalle cel- lule stomatiche che verrebbero così a chiudere la rima. L'equilibrio sarebbe in certo qual modo instabile poichè appunto poco diverso è, in dati momenti, il valore osmotico delle differenti sorte di cellule. È pro- babile che le comunicazioni plasmiche (plasmodesmi di Strasburger) fra le cellule stomatiche e le cellule circostanti, state messe in evidenza dal Koh}, dal Kuhla, dall’Hill, dallo Strasburger e da altri autori (con- trariamente alle osservazioni di Kienitz Gerloff) agevolino gli scambi fra le varie cellule e forse anco siano la via per cui i fermenti diastasici arrivano agli stomi, come vorrebbe lo Strasburger. * La presenza di cellule annesse prive di antocianina e dotate di un potere osmotico molto basso, come pure fornite di pareti sottili non in- firmerebbe la regola perchè le cellule annesse avrebbero lo scopo, in molti casi, di fornire unicamente lo spazio necessario affinchè le cellule stomatiche turgescenti possano liberamente distendersi ed anmentare di volume allo scopo di ampliare la rima (Schellemberg). La fig. 10 Tav. XIV illustra una tale condizione di cose, poichè dalla stessa emerge evidente che le cellule stomatiche turgescenti rie- scono a protrudere alquanto nell'interno delle cellule annesse circostanti foggiate a ferro di cavallo, le quali per lasciar posto alle cellule di chiusura subiscono delle variazioni di forma abbastanza sensibili du- rante lo stato di turgescenza di queste. Il Benecke nel suo lavoro sulle cellule annesse ha emessa l'ipotesi, stata di poi accettata, in parte, dal Westermayer, che le cellule annesse siano presenti di preferenza in quelle piante le quali hanno un paren- chima fogliare succeulento o vivono in luoghi aridi e quindi vanno sog- gette a forti perdite d’acqua. Una tale disposizione poi costituirebbe i Il Pfeffer ammette che gli seambi possano anche effettuarsi indipendentemente dalla presenza di plasmodesmi, ciò che non muta per nulla le nostre vedute. Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII. 28 — 394 — un reperto comune in quelle foglie che hanno gli stomi aggruppati in modo da formare i così detti “ campi stomatici ,. In quest'ultimo caso la funzione delle cellule annesse sarebbe quella di impedire che le cel- lale di chiusura vengano ad esser compresse o deformate durante il rag- grinzamento del tessuto fogliare sotto l’influenza dell’esagerata perdita d'acqua; ed infatti il Benecke ed il Westermayer dimostrarono che le grinze le quali si formano sulla superficie delle foglie in via di avviz- zimento non riescono ad interessare le cellule stomatiche. 4! Il fatto è oramai accertato ed il Benecke ha portato di certo un grande contributo alla conoscenza dell’apparecchio di traspirazione, ma lo stesso autore avrebbe ancor meglio illustrato il suo asserto qualora avesse posto in rilievo, come abbiamo fatto noi, che appunto nel caso di stomi raccolti nei campi stomatici l’antocianina trovasi localizzata nelle cellule annesse e tutto all’ingiro di detti campi. Ora se si ammette con noi che le cellule antocianiche, dotate di un discreto potere osmotico, sono in grado di trattenere energicamente l’acqua e quindi di resistere all’essiccamento ed al raggrinzimento me- glio delle altre cellule epidermiche le quali sono prive di tale sostanza, apparirà ancora più manifesta la funzione protettrice contro l’essicca- mento ed il raggrinzamento che il Benecke ha voluto ascrivere alle cellule annesse. Noi non possiamo terminare questo capitolo senza far notare che anche in molte piante acquatiche vi ha antocianina. Il pigmento è lo- calizzato talora nelle due faccie, e ciò si verifica d'ordinario quando le foglie vegetano sommerse (Stratiotes, giovani foglie di Nymphaea) oppure è limitato alla pagina inferiore, il che ha luogo allorchè la foglia è gal- leggiante (foglie adulte di Nymphaea). Per quanto concerne il primo caso, non si può affermare che il pigmento sia presente per sussidiare e regolare il meccanismo di chiu- sura degli stomi, mentre ciò potrebbe ancora esser possibile nel secondo, ma in via molto indiretta, essendo l’antocianina localizzata appunto sulla faccia priva di stomi. Noi non abbiamo potuto studiare la questione con molti esperi- menti, ma ciò non di meno riteniamo che la comparsa dell’antocianina nelle piante acquatiche serva a regolare il movimento dell’acqua nella foglia stessa, grazie sempre al poter osmotico di cui il pigmento va fornito, e perciò nel caso in cui la foglia sia galleggiante valga anche, in via molto indiretta, a regolare la traspirazione. 1 Nello stesso senso agiscono gli anelli di ispessimento che si incontrano nelle camere stomatiche delle Ripsalidee (Vòchting) ed in talune Restiacee (Buscalioni) — 395 — Ammessa una tale ipotesi resterebbe chiarito il fenomeno, fino ad ora rimasto molto problematico, della presenza dell’antocianina nelle piante acquatiche a riguardo delle quali lo Schenk, il Warming, ed altri autori non hanno potuto rilevare le condizioni biologiche che presiedono alla comparsa del pigmento antocianico malgrado che nei loro studi abbiano seguita l'evoluzione di dette piante. In conclusione dagli studi fatti noi possiamo ritenere che le cel- lule antocianiche dell'epidermide, localizzate di preferenza in vicinanza degli stomi, servono indirettamente a regolare il movimento di questi organi e per lo meno a rendere l’apparato più sensibile, per quanto il fenomeno stesso dell’apertura e chiusura sia anche inerente alla costi- tuzione stessa delle cellule stomatiche. Il metodo del De Vries, il quale ha gettato una così grande luce sui processi osmotici, riesce quindi ad il- lustrare splendidamente non pochi fenomeni fisiologici che agli stessi si connettono e noi faremo qui notare incidentalmente dacchè se ne pre- senta l'opportunità, che le eleganti ricerche del grande scienziato olan- dese hanno trovato un’ampia conferma nei recenti studi sulla dissociazione dei joni, in quanto che talune anomalie osmotiche che il De Vries ha segnalato a riguardo di alcuni cloruri in soluzioni diluite, 0 viceversa concentrate, hanno, secondo uno di noi (Buscalioni) la loro ragione di esistere nei processi della dissociazione elettrolitica. ‘ CAPITOLO X. Le antocianine in rapporto colle condizioni statiche di alcuni organi. Le nostre ricerche sul coefficente osmotico delle cellule antocianiche ci hanno portato a ritenere che là dove esiste il pigmento in questione, la turgescenza cellulare è piuttosto elevata. Le osservazioni fatte non avevano però lo scopo di dimostrare che l’antocianina sia la sola so- stanza cui spetti il compito di presiedere al regolamento della pressione osmotica nelle cellule, ma. semplicemente di metter in chiaro come la stessa possa concorrere con altre sostanze al mantenimento della tur- gescenza, il che ben si comprende qualora si consideri che il pigmento in questione per la sua natura e per la sua origine è in stretta rela- 4 Il lavoro, d'imminente pubblicazione, sulla dissociazione dei Joni del D. Busca- lioni e Pargotti comparirà negli atti del R, Istituto Botanico dell’Università di Pavia. — 396 — zione di parentela colle sostanze (zuccheri, tannini, ecc.) che maggior- mente sono indicate come adatte ad innalzare il coefficente osmotico di una cellula, o di un tessuto. Ritenuta consona al vero una tale ipotesi, riesce evidente che l’an- tocianina dovrà facilmente esser reperibile in quei tessuti che sono maggiormente ricchi di sostanze osmotiche. Ora dalle ricerche che abbiamo eseguite per portare un contributo alla soluzione di questo problema si è potuto appunto rilevare che fre- quentemente le regioni nodali dei cauli di molte piante sono colorate in rosso dall’antocianina ed il pigmento occupa i tessuti superficiali della corteccia (Begonia), oppure è presente anche nell’epidermide (Pr mula). In talune Ozalis tutto quanto il parenchima nodale, ad eccezione dei fasci vascolari, è colorato in rosso. In molti casi la presenza dell’antocianina nei nodi del caule è unicamente in stretta correlazione col fatto che ivi si accumulano in copia gli zuccheri ed altre sostanze osmotiche formatrici dell’antocia- nina, come ebbe sperimentalmente a dimostrare il Cavara per mezzo della crioscopia. In altri invece si può rilevare che le regioni antocia- niche (nodi caulinari) sono anche la sede di movimenti paratonici dovuti fra l’altro, a variazioni nell’equilibrio osmotico sempre piuttosto elevato nella regione antocianica. I seguenti esempi valgono ad illustrare il fenomeno: Aristolochia Sipho. Un esemplare di questa pianta coltivato a ridosso di un muro dell’Istituto Botanico di Pavia presenta dei rigonfiamenti nodali colorati in rosso dal lato soleggiato del caule. Il raddrizzamento degli internodi sotto l’azione della gravità e della luce avviene preci- samente in corrispondenza del nodo. Begonia metallica. I cauli tenuti forzatamente sdraiati si raddriz- zano grazie ad un movimento di flessione che ha luogo in corrispon- denza del nodo antocianico. Crassula spatulata. Il movimento di raddrizzamento del caule ha sede al nodo antocianico, ma qui assai spesso si osserva che l’antocia- nina invade anche un tratto più o meno lungo della parte inferiore dell’internodio. Primula. Il peduncolo fiorale è colorato in corrispondenza del nodo che rappresenta quasi la cerniera attorno alla quale si esegnisce il movimento di raddrizzamento allorchè la pianta viene forzatamente tenuta in posizione orizzontale. Justicia riviniaefolia. Anche in questa pianta abbiamo incontrato che i nodi attorno ai quali ì cauli eseguiscono il movimento di raddrizza- mento presentansi pure colorati in rosso (V. Tav. XII, fig. 3). ini dee — 397 — Solo nel Lilium Martagon e nel Polygonum Fagopyrum ci fu dato di rinvenire una apparente eccezione alla regola. I fusti di Lilium Mar- tagon infatti tenuti orizzontali si incurvano, per raddrizzarsi, molto spesso in corrispondenza di uno dei nodi antocianici, ma non mancano i casi in cui l’incurvamento ha sede all'estremità della regione arrossata, oppure anche un po’ al disopra della stessa. Gli assi ipocotili di Po- lygonum Fagopyrum,i quali quando hanno raggiunto una certa lunghezza diventano prostrati, solo presentando l’apice rivolto all'insù, lasciano pure riconoscere che la sede del movimento negativamente geotropico spesso trovasi all’apice «lella regione antocianica la quale occupa tutta quanta la regione basale dell’asse ipocotile (V. Tav. XI, fig. 1). L’antocianina adunque costituisce un indicatore che può darci dei ragguagli abbastanza preziosi sulla localizzazione delle sostanze osmotiche nelle differenti parti della pianta ed in pari tempo essa concorre pure ad elevare il coefficente di isotonicità nel tessuto stesso in cui si trova. Noi siamo però ben lontani dal voler ammettere che all’antocianina vadano ascritti i movimenti paratonici che hanno luogo nei tessuti anto- cianici e ciò specialmente per la circostanza che la distribuzione del pigmento è spesso troppo uniforme in tutto l'ambito del tessuto, ed inoltre l’antocianina non può andar soggetta a quelle brusche variazioni nel suo poter osmotico che sono necessarie perchè si esplichino i movimenti. Intanto, ammesso che nelle cellule antocianiche domini quasi sempre uno stato di turgescenza abbastanza elevata, per la presenza sia del pigmento e sia di altre sostanze che a questo si accompagnano (zuc- cheri ecc.), torna opportuno domandarci se anche nei fiori dove spesso incontriamo la presenza di macchie, di strie, di anelli antocianici, un tale reperto non sia collegato colle necessità statiche dell’organo stesso in relazione a momenti biologici svariatissimi, e non serva unicamente ad attirare gli insetti pronubi a vantaggio della allogamia. In molti casi è difficile dare una risposta categorica a tanto que- sito, ma tuttavia se si considera quanto si è rilevato nel 1.° capitolo della III° parte — dove si è messo in evidenza che molti fiori a strut- tura regolare hanno un anello antocianico al limite tra l’unghia e la lamina dei petali o in corrispondenza della fauce, sui quali punti la corolla subisce una brusca flessione, come si può osservare in molti Dianthus e più ancora in talune corolle di Cyelamen, le cui lacinie su- biscono, nel punto arrossato, una torsione tale da arrovesciarsi all’in- dietro — il mostro concetto apparirà più che mai giustificato, non riu- scendo una tale distribuzione del pigmento di grande vantaggio per l’allogamia. Analoghe condizioni statiche avrebbero pure determinata la com- parsa di macchie antocianiche sulla metà superiore della corolla di — 398 — talune Aza/ea, Rhododendron ed altre piante a corolle grandi che abbi- sognano di una certa turgescenza per rimaner distese. Infine noi aggiungeremo ancora che pure per la stessa causa com- paiono spesso delle variazioni di tinta, sotto forma di macchie antocia- niche più o meno cariche, in quei punti delle corolle irregolari i quali sono sede di torsioni o di flessioni dell'organo (Papilionacee, Orchidee ed altre piante). È probabile che in origine le variazioni di forma e le torsioni che mostrano in organi così delicati, come sono i petali, si siano effettuate spesso in seguito ad aumento di turgescenza in una data regione, il quale collegato, forse, colla presenza di zuccheri, ha portato con sè la comparsa delle macchie antocianiche le quali poi son rimaste durevol- mente fissate assieme alla modificazione di forma. Le cause che hanno determinato, in origine, le variazioni di tur- gescenza locali, i cambiamenti di forma, la comparsa del pigmento antocianico, tre fenomeni fra loro frequentemente associati come risulta dai fatti esposti nel presente capitolo, devono essere state molteplici ed oltre ai fattori interni hanno certamente anche agito quelli esterni come la luce, la pioggia, la gravità e via dicendo. A questi ultimi poi si sono anche uniti gli animali che più di tutti, in seguito, hanno contribuito a fissare le modificazioni e ad esaltarle quando queste riu- scivano utili al processo allogamico. Ciò non di meno noi vogliamo far rilevare che il pretendere di voler ascrivere tutte quante le varia- zioni di forma dei perianzi e le colorazioni fiorali, sia diffuse che loca- lizzate, unicamente all'influenza dei pronubi, costituisce, ci si permetta la parola, um abuso, il quale pur troppo è stato eccessivamente acca- rezzato da taluni biologi. CAPITOLO XI. L’ influenza della nutrizione sulle antocianine. Questo argomento è stato abbastanza studiato dal Mioski, dal Molisch e da altri autori (V. Cap. VII, Parte II) perchè sia ancora il caso di tornarci sopra. Noi abbiamo tuttavia voluto stabilire se le piantine di Polygonum Fayopyrum, le quali arrossano con tanta facilità alla luce appena sortono dal seme, riescano a modificare l'intensità delle tinte quando vengano coltivate in mezzi nutritivi differenti. — 399 — l'esperienze condotte facendo germinare dapprima le piantine al- l'oscuro in soluzioni nutritive del Sachs, talune delle quali erano com- plete altre invece diffettavano di alcuni sali e poscia esponendo i ger- mogli per qualche tempo alla luce non hanno permesso di rilevare alcuna differenza nei singoli esemplari, per quanto ha riguardo alla vivacità di tinte. Lo stesso fatto si è verificato coltivando le piantine in soluzioni ricche di zucchero od in acqua distillata. Si può quindi concludere che le piantine di Polygonum Fagopyrum traggono il materiale cromogenico dal seme stesso, indipendentemente dai sali coi quali esse possano venir a contatto, il che è in contrasto con quanto si constata nelle piante adulte poichè in queste la produzione dell’antocianina è notevolmente influenzata dal mezzo in cui vive l'organismo. Difatto le recentissime osservazioni del Wiilff sulla flora artica avrebbero condotto quest’autore a ritenere che le piante, le quali vivono sui depositi di escrementi di uccelli dei così detti “ Vogelbergen ,,! a causa della più abbondante nutrizione sarebbero meno vivamente colorate dall’antocianina. Noi però non possiamo passar sotto silenzio a questo proposito che le piante delle saline (Sa/so/a ecc.) sono spesso fortemente antocianiche ed il pigmento cresce in una certa proporzione coll’ aumentare della salsedine del substrato. CAPITOLO XII. Le antocianine nei suoi rapporti col clima e cogli animali pronubi. A riguardo di questi argomenti che, per quanto fra loro dispara- tissimi, hanno tuttavia un certo nesso comune, non sarebbe necessario insistere ancora dopo quanto è stato esposto nei precedenti Capitoli della Parte II°, se recentemente il Wulff nel suo opuscolo sulla Vegetazione artica, altrove citato, non avesse messo in rilievo alcuni fatti ed enun- ciate alcune idee che sono in opposizione con quanto noi veniamo espo- nendo. i V. in proposito Nathorst, Spitzbergens, Kirlvaxter e Ah. Wiilff. Bot. Beob, aus d. Spitzbergen, Lund, 1902, og = Il Wiilff, dopo di aver dimostrato che l’antocianina appare con estrema frequenza nelle piante artiche, e dopo aver passato in rassegna la distribuzione del piemento nelle varie parti delle stesse, viene alla conclusione che tale sostanza serva a intrattenere la traspirazione, la quale sarebbe molto debole a causa delle basse temperature che do- minano nelle regioni artiche. A suo modo di vedere sarebbe pertanto errata l'ipotesi del Sernander! il quale attribuisce all’antocianina l’uf- ficio di impedire la traspirazione nell’Empetrum nigrum crescente nei “ Tundra ,. Nello stesso lavoro il Wiilff, accennando alla più intensa colora- zione dei fiori artici, ritiene che il fenomeno abbia un’ importanza biologica notevole, potendo le tinte più vivide richiamare più facil- mente l’attenzione dei rari insetti pronubi delle regioni artiche. In pari tempo però l'Autore ricorda che le piante viventi nei “ Vogelbergen ,, vale a dire in località concimate dal guano di uccelli, non sono così ricche di antocianina come le piante crescenti in siti piuttosto sterili delle stesse regioni. In una seconda memoria il Wiilff, in accordo colie osservazioni di Warming, di Kielman, di Kihlman, di Middendorf e di altri autori, afferma che a causa sia del disuguale riscaldamento dell’aria e delle piante sotto l'influenza della diretta insolazione, e sia ancora di altri fattori, le piante delle regioni nordiche hanno spesso una costituzione tipicamente xerofita, la quale può manifestarsi con speciali caratteri ana- tomici propri del tipo, oppure esser solo accennata dalla traspirazione poco attiva (Saxifraga caespitosa). * Le conclusioni a cui giunge l’autore ci pajono adunque fra loro in contraddizione perchè se, da una parte, l’antocianina, così frequente a rinvenirsi nelle piante artiche, fosse destinata a favorire la traspira- zione mal si concilierebbe la sua presenza colle strutture tipicamente xerofite che sono proprie di moltissimi vegetali artici antocianici, le quali come è noto hanno l’ufficio di ostacolare la traspirazione: e dal- l’altra parte se le piante artiche hanno bisogno di promuovere in qual- che modo la traspirazione anche a basse temperature non si comprende 1 Studier Ofver vegetationen i mellerstia Shandinaviens fiilltrackter Ofcer Sc. Nat. Akad. Ford., 1898, p. 353. 2 Non tutte le piante delle regioni artiche avrebbero una struttura xerofita ed anzi il Bonier “Structure des plantes de Spitzbergen et de l’Ile de S. Jean ,,, il Maxciy “ C. R. Acad, Paris CXVIII ,,, il Rora “ Ueb. einige Schutzeinrichtungen ge- gen ubermassige Verdunstung. Bei. Bot. C. 1895 ,. Borraesen © Sur l’anatomie des feuilles d. plantes arliques in Journal de Botanique, 1895, e Russe “ Beih. Bot. Cent., 1895, riportano non pochi casi di struttura igrofita fra le piante di tali regioni, — 401 — perchè mai tendano ad assumere una struttura che è di ostacolo alla esplicazione del fenomeno. È vero che fatti analoghi vennero da noi rilevati nelle piante emi- xerofite delle regioni equatoriali, ma qui i momenti che provocano le peculiari strutture antitetiche non agiscono ad un tempo e quindi il paragone non calza. Adunque ci pare più logico di conchiudere col Sernandier che l’an- tocianina abbia nelle piante artiche l’ufficio di ostacolare la traspira- zione anzichè quello di favorirla, per cui la ipotesi di quest’autore non è destinata a rimanere così solitaria come vorrebbe il Wiilff. Venendo ora al quesito inteso a porre in sodo se l’antocianina sia pre- sente, in eccesso, nei fiori artici perchè serve come mezzo di richiamo degli insetti, oppure perchè vi sono altri fattori che ne promuovono la sua com- parsa (nutrizione), noi innanzi tutto faremo notare che non vogliamo, a priori, oppugnare le osservazioni del Wiilff tanto più che queste costi- tuiscono una conferma di precedenti indagini fatte da altri botanici, ma nello stesso tempo non possiamo far a meno di rilevare che egli avrebbe potuto risolvere Ja questione comparando fra loro, dal punto di vista della frequenza delle visite dei pronubi, la flora dei “ Vògelsbergen , pallidamente colorata, con quella riccamente fornita di antocianina delle altre località, perchè i dati che ci avrebbe fornito con un tale stndio avrebbero gettato una luce nuovissima sulle cause, quanto mai contro. verse, delle colorazioni fiorali delle regioni artiche e dei rapporti che intercedono fra i colori dei fiori e la nutrizione da una parte, le visite dei rari insetti dall'altra. Fino a tanto che una tale ricerca non verrà eseguita non si potrà mai dimenticare che le osservazioni del Bonnier hanno dimostrato che la più intensa colorazione dei fiori delle piante alpine, ! tanto affini biologicamente e spesso anche sistematicamente @ quelle artiche, è dovuta più alle peculiari condizioni del mezzo in cui vivono tali piante, e specialmente all’illuminazione, anziché all'influenza degli insetti pronubi. ! La più intensa colorazione dei fiori alpini non può neppure essere ritenuta come un fenomeno costante poichè, ad esempio, la Campanula pusilla delle Alpi, la quale probabilmente deriva dalla Campanula rotundifolia Aelle pianure, è meno colorata di questa (Graf). — 402 — CAPITOLO XIII. Rapporti delle antocianine colla traspirazione ! e coll’evaporizzazione. Stabilito che nelle cellule antocianiche domina assai spesso una pressione osmotica relativamente alta, grazie alla presenza di alcune sostanze (zuccheri, tannini, antocianina, acidi organici, ecc.) occorre ! Su questo argomento, oltre le opere citate nell’ Indice Bibliografico, si consultino ancora i seguenti lavori: BaranersKi, Ueber d. Einfluss einiger Bedingungen auf d. Transpiration. Bot. Zeit., 1872, p. 65. — BarrueLenY, De l’esalation aqueuse des plantes dans Vair et dans le acide carbonique in C. R. Paris, LXXVII, 1873. — BeaupriMmonT A., Evapori- sation de l'eau sous l’influence de la radiation solaire ayant traverse des verres co- lorés. C. R. Paris, 1379, LXXXIX. — Bonxer, Recherches sur Vusage des feuilles. 1714. — Bonnier et Mancia, Recherches sur la respiration et la transpiration des Champignons, in Ann. Se. Nat. Ser. 6%, Tom. XVII, 1884. — BorceRsTEIN A, Untersu- chungen ub. d. Beziehungen d. Nahrungstoffe 2. d. Transpiration d. Pfanzen. in Stt- zungsber. d. K. Alad. d. Wiss. Wien, Tom. LXXIII, 1876. — Id., Ueb. d. Transpiration grosse d. Phanzen feucter Tropengebieten, Ber. d, deutsch. bot. Gesellsch. XV, 1897. — Id., Oesterr. bot. 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Leipzig, 1882. — 404 — dente dalle ricerche di Wiesner, di Eward, di Keeble e di altri autori dei quali nel Capitolo XIII della Parte 2* abbiamo citate le esperienze !. Per risolvere questo problema noi siamo ricorsi a due processi, il primo dei quali è quello delle pellicole di collodio, il secondo quello delle pesate. 1.° Metodo delle pellicole di collodio. Il processo delle pellicole di collodio, che venne da noi già reso di pubblica ragione in due precedenti pubblicazioni (v. Bibl.), consiste nello spalmare la superficie di un organo qualsiasi della pianta con una soluzione eterea piuttosto densa di collodio, cui siano aggiunti alcuni sali (cloruro di sodio, cloruro di cobalto, ecc.) in proporzione tale da rendere la soluzione quasi satura. Lo strato di collodio che così si forma, essendo molto sottile, non tarda ad essiccare lasciando in sito una pellicola tenuissima che con tutta facilità si riesce a staccare dall'organo. Se si vuole ritardare al- quanto l’essiccamento si può conservare per alcuni istanti l’organo così spalmato in un ambiente impregnato di vapori d’etere. Occorre aver l'avvertenza di non lasciare troppo a lungo la parte che si vuol studiare a contatto di questi vapori, poichè altrimenti succedono dei gravi disturbi nella funzionalità dell'organo, od anche la morte di questo. Formatasi la pellicola, questa viene staccata e sottoposta all'esame microscopico dal quale può rilevarsi come tutte le accidentalità della superficie del tessuto rimangano nettamente disegnate in rilievo, od in incavo, sul collodio stesso per cui le cellule épidermiche, i peli, gli sto- mi, ecc., spiccano quivi in tutti i loro più minuti dettagli, tanto da in- — Uxcer, Sitzungsber. d. K. Alkad. d. Wissenschaft. Wien, Bd. XLIV, 336. — Van Tuiecnem, lranspiration et chlorovaporisation in Bull. Soc. Bot. France. XXXIII, 1886. — Waoxer, Zur Kenntniss d. Blattbaues d. 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V. per quanto riguarda in ispecie i tannini il lavoro del Fleischer: Schutzeinr, d, Pflanzenblittern gegen Vertrochnung, Dibeln. 1885, — 405 — durre l'osservatore non prevenuto a ritenere erroneamente che nel campo del microscopio si abbia un preparato di tessuto epidermico. Il princi- pale vantaggio che offrono le pellicole di collodio si è quello di rivelare all’osservatore come si compie il processo della traspirazione nell’organo che venne spalmato di celloidina. La soluzione dell’importante problema dipende dalla circostanza che nelle pellicole l'impronta sia degli stomi, sia delle aree di maggior traspirazione, si mostra parzialmente ricoperta da un finissimo accumulo di vescicole grigiastre o di finissime bollicine, le quali indicano che ivi il collodio essendo venuto a contatto del vapor acqueo si è precipitato sotto forma granulare, quasi fosse stato emulsionato. Grazie a questa singolare proprietà della celloidina noi abbiamo potuto nei nostri studi sull'argomento, rilevare molti dati abbastanza interessanti relativamente alla traspirazione delle foglie, dei fiori e di altri organi della pianta, laonde crediamo ora opportuno di riportare talune osservazioni che abbiamo fatto su alcuni organi parzialmente co- lorati dall’antocianina, valendo le stesse ad estendere ed a confermare quanto già venn: segnalato nelle nostre precedenti note. a) Fiori. Tropacolum. In aleune varietà le parti colorate della corolla traspi- rano meno energicamente di quelle incolore (v. Tav. XII, fig. 5 e 6). Epacris. La corolla tubulosa è vivamente colorata verso la base, incolora all'apice. In corrispondenza di quest’ultimo la traspirazione è più attiva (Tav. XII, fig. 7). Dendrobium Pierardi. Il labello è percorso in corrispondenza della base da strie antocianiche che accompagnano le nervature, sulle quali il processo traspiratorio è poco accentuato in confronto delle altre parti (Tav. XII, fig. 10). Viola. Le regioni non colorate dall’ antocianina traspirano di più di quelle impregnate di pigmento (Tav. XII, fig. 8). Iris germanica. Alla base di ogni tepalo si incontrano delle striature di color bleu carico, mentre la rimanente porzione dell'organo è più pal- lidamente tinta. La traspirazione è più attiva nelle parti meno colo- rate. Esponendo il fiore, ricoperto di collodio, ai vapori di etere si osserva che anche le parti più intensamente bleu traspirano energica- mente e l'uscita del vapor acqueo avviene di preferenza dalle pareti an- ticline delle cellule epidermiche. Primula sinensis. In alcune varietà, la porzione basale del lembo corollino è biancastra, mentre la periferia dello stesso è colorata in rosso NAV per un tratto più o meno ampio. L'intorbidamento delle pellicole è più accentuato in corrispondenza della porzione incolore, ciò che indica che in questa vi ha una più accentuata traspirazione (Tav. XII, fig. 9). Ixora floribunda e Columnea-Lindleyana. È abbastanza manifesta una maggior traspirazione nelle parti incolore del fiore (faccia interna del tubo corallino). Saxifraga crassifolia. La corolla traspira di più in corrispondenza della faccia esterna assai pallida. L'eliminazione del vapor acqueo è pochissimo accentuata lungo il margine dove abbonda l’antocianina. Clerodendron. In corrispondenza della faccia esterna, meno anto- cianica, della corolla, la traspirazione è più attiva. Hyacin'thus. In talune varietà colorate la corolla traspira di più in corrispondenza del lato esterno meno ricco di antocianina. Rogiera macrophylla. L'antocianina invade gli strati mediani della corolla avvicinandosi talora più o meno all’epidermide. Alcuni tratti della corolla sono del tutto privi, o per lo meno poveri di pigmento, e gli stessi traspirano energicamente. Questi esempi bastano, assieme a quelli già riportati nelle nostre pubblicazioni precedenti, a dimostrare che in generale dove vi ha an- tocianina nel fiore, la traspirazione è meno accentuata. Il fenomeno è particolarmente manifesto nelle corolle gamopetale poichè nelle stesse il tubo corollino, per lo più di color biancastro perchè protetto dal ca- lice, è quasi sempre attivamente traspirante. Le regioni nettarifere poi traspirano costantemente con grande energia, ma per ragioni ben note, sulle quali non crediamo di dovere insistere. Le sopraenunciate conclusioni offrono tuttavia non poche eccezioni, molte delle quali però sono forse dovute alla circostanza che le regioni antocianiche contengono maggior quantità d’acqua in confronto di quelle incolore (macchie antocianiche di Lilium Martagon, Hepatica triloba, ecc.). In questo genere di ricerche occorre procedere molto cauti prima di pronunciare un giudizio sull’intensità della traspirazione di una data parte della pianta, inquantochè molte volte l’intorbidamento delle pel- licole è solo apparente e noi abbiamo appunto nella 2* nota sull’argo- mento segnalate le principali cause di errore che si debbono evitare. In non pochi casi poi le regioni antocianiche del fiore appaiono tra- spirare in egual misura di quelle incolore, ma l'osservazione microscopica della pellicola mostra che ivi assai spesso la costituzione delle cellule epidermiche e della cuticola è alquanto differente da quella delle parti incolore, per cui si può affermare che molti e complessi sono i fattori, i quali, oltre all’antocianina, regolano la traspirazione nelle varie parti della pianta e fra questi merita di esser segnalato, come maggiormente importante, la costituzione fisico-chimica delle membrane. — 407 — 6) Foglie. Ranunculus velutinus. In corrispondenza delle macchie di antocianina che si incontrano verso la base delle foglie giovani, la traspirazione è meno attiva che nelle altre regioni colorate in verde, della foglia (Ta- vola XII, pag. 11). Hakea. Le foglie sono verdi in corrispondenza della base, rossiccie verso l’apice. La parte rossa mostra assai spesso di traspirare con energia e l’intorbidamento delle pellicole dovuto ad un tale fenomeno, non si manifesta soltanto sui tratti corrispondenti alle sottoposte pareti radiali delle cellule epidermiche, ma anche qua e là sulle aree sovrap- poste alla parete esterna degli elementi in questione. Calla palustris. La traspirazione è poco intensa lungo i bordi delle foglie giovani, dove si scorge per lo più una zona antocianica. Piper clusiaefolium. Le foglie sono rosse ai margini ed ivi la traspi- razione è spesso assai attiva. Medicago maculata. Le foglie presentano verso la base una larga macchia rossa in corrispondenza della quale la traspirazione è poco attiva. Anche i saggi colle cartine di cobalto dimostrarono lo stesso fatto. Sui nettari estrafiorali della Vici Fada colorati vivamente da un pigmento assai affine se non identico all’antocianina; sulla parte colo- rata vivamente in rosso delle squame di Begonia nigrescens: sulla re- gione antocianica delle foglie di Acacia heteracautha e di altre piante noi troviamo che assai spesso vi ha più attiva traspirazione in confronto delle aree verdi. Per quanto concerne i nettari il fenomeno è dovuto indubbiamente alla maggior quantità di liquido presente nei tessuti degli stessi, mentre per ciò che concerne le foglie giovani il maggior disperdimento di vapor acqueo nelle parti rosse può esser dovuto al fatto che le regioni ar- rossate sono meno evolute di quelle verdi e quindi avendo esse una cuticula più sottile devono traspivare più attivamente. Noi segnaleremo però più tardi non poche eccezioni. A prescindere pertanto da alcune eccezioni che possono trovare la loro spiegazione quando si considerino accuratamente tutti i fattori che regolano il processo della traspirazione (cuticola più o meno ispes- sita, cera, ecc.), noi possiamo dedurre la conclusione, che le parti rosse delle piante tendono in generale a traspirare meno energicamente di quelle altrimenti colorate, salvo il caso che non contengono molto mag- gior copia d’acqua perchè allora possono traspirare più intensamente. — 408 — Il metodo delle pellicole costituisce un prezioso sussidio nelle ri- cerche sulla traspirazione! ed esso trova un’ampia conferma nel metodo delle pesate del quale verremo ora esponendo i risultati. 2.° Metodo delle pesate. Come è noto se si abbandona in un ambiente qualsiasi, in ispecie poi se riscaldato, una pianta od una parte della stessa, si osserva che queste diminniscono a poco a poco di peso in proporzione della quan- tità di acqua che evaporano o traspirano ; la quale a parità di condi- zioni esterne, sarà tanto maggiore quanto meno sono accentuati i mezzi di difesa (spessore della cuticola, superficie evaporante, ecc.) di cui la pianta o l'organo dispone. La bilancia costituisce pertanto uno strumento importantissimo per le ricerche sulla traspirazione, ma i dati che noi possiamo ricavare colle pesate possono condurre a fallaci conclusioni quando l'osservatore non si premunisca contro tutte le cause possibili di errore le quali si mani- festano in particolar modo allorchè si tratta di comparare il decorso della traspirazione o dell’evaporizzazione di due vegetali o di due parti omo- loghe appartenenti a specie differenti, per quanto fra loro affini. In specie se si applica il metodo delle pesate comparative, come abbiamo fatto noi, allo studio della traspirazione o dell’evaporizzazione sia fiorale che fogliare, allo scopo di investigare se gli organi colorati dall’antocianina emettano maggior copia di vapore acqueo o viceversa ne emettano meno delle corrispondenti parti prive di pigmento, occorre circondarsi delle più minute cautele onde ottenere risultati attendibili, Innanzi tutto è duopo fare attenzione che le parti omologhe, dif- ferentemente colorate, abbiano raggiunto lo stesso periodo di esistenza perchè altrimenti il differente spessore della cuticola, la diversa strut- tura del contenuto cellulare ed altre cause altererebbero i risultati. I differenti esemplari di piante poi che forniscono gli organi per l'esame, devono appartenere possibilmente alla stessa specie e costituire 1 Allo scopo di studiare la traspirazione delle due faccie della foglia dal punto di vista comparativo, il Deherain ha pure fatto uso del collodio, ma nnicamente come mezzo atto ad impedire la traspirazione della parte su cui veniva spalmato, miglio- rando così i metodi di Bonnet, di Guettard, di Duhamel, di Mer, i quali invece si va- levano per lo stesso scopo di sostanze resinose spesso dannosissime. Il Deherain non sottopose però le pellicole all'osservazione microscopica, ciò che gli avrebbe permesso di arrivare molto tempo prima di noi ad una conoscenza un po’ intima del processo traspiratorio. — 409 —. così soltanto delle varietà, poichè quanto meno affini fra loro si presen- tano, altrettanto più contradditorie conclusioni ci danno. Una particolare attenzione bisogna anche porre alle superfici eva- poranti, dovendo le stesse, per quanto è possibile, essere uguali fra loro. Ma la realizzazione di una tale condizione di cose urta assai spesso contro gravi difficoltà, poichè organi di uguale superficie possano avere differente spessore e quindi è solo possibile ridurre al minimo la causa di errore dovuta al diseguale sviluppo dell'organo ripetendo e variando gli esperimenti, Infine le parti sottoposte all’ esperienza devono esser tenute per tutta Ja durata di questa, nelle stesse condizioni di luce, temperatura, umidità, ecc., e pesate sempre nello stesso momento. Nelle nostre ricerche, per metterci nelle condizioni di esperimento il più che fosse possibile rigorose, ci siamo attenuti a due processi: coll’uno di questi abbiamo esaminato la quantità di acqua che vanno perdendo di giorno in giorno gli organi colorati dell’antocianina (foglie, fiori) in confronto di quelli omologhi, ma privi di pigmento. A tal uopo, scelte le piante appartenenti sia a specie diverse e sia a varietà di- versamente colorate di una unica specie abbiamo dalle stesse esportati quegli organi (per lo più foglie o fiori) che in uno degli esemplari erano colorati dall’antocianina, nell’altro privi di detto pigmento onde poterli li poi pesare ad intervalli di 24 ore. In questi esperimenti si è cercato che il numero degli organi fosse identico nei due lotti, e possibilmente anche uguale fosse il peso dei due lotti all’inizio dell’esperienza. . Il metodo dà dei risultati di una certa importanza, ma non ri- gorosi, poichè, a prescindere dalle difficoltà cui si va incontro allorchè si cerca di ottenere due lotti ugualmente pesanti ed ugualmente ricchi di organi, noi dobbiamo ancora aver presente che anche quando tutte le condizioni richieste dall’esperimento siano soddisfatte, si ha sempre l'intervento in causa, della differente costituzione degli organismi la quale può influire moltissimo sui risultati. Tali ricerche saranno rigorose soltanto nel caso che anche questa causa sia eliminata e le condizioni dello esperimento siano tali che i due lotti differiscano fra loro unicamente per la mancanza in uno e la presenza nell’altro dell’antocianina. Ad una tale condizione soddisfa il secondo metodo, per l’impiego del quale noi abbiamo portato la nostra attenzione a quegli organi che sono forniti di colorazioni differenti, come si verifica ad esempio in molte foglie ornamentali che sono cosparse di macchie antocianiche o per molti fiori che presentano delle colorazioni settoriali. Atti dell’Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol VIII 29 — 410 — A tal uopo per mezzo di uno strumento quanto mai semplice, co- stituito da un cilindro metallico cavo, a bordi affilati, abbiamo staccati dagli organi in questione, dei dischi di tessuto, naturalmente sempre uguali per dimensioni; gli uni dei quali erano colorati dall’antocianina gli altri invece privi di questo pigmento. Oltre a ciò si è pure spesso avuta la precauzione, in specie se si trattava di foglie, di staccare i di- schi da regioni omologhe, onde non dover confrontare fra loro ad esempio un disco stato esportato dalla base del lembo fogliare, con un altro preso in corrispondenza dell’apice della foglia. Se si può disporre di molte foglie o di molti fiori screziati di anto- cianina, si riesce ad avere un numero abbastanza rilevante di siffatti dischi, che di poi vengono pesati ad intervalli di 24 ore, mantenendo separati quelli di un colore da quelli di tinta differente. Quando il nu- mero dei dischi antocianici sia uguale a quello dei dischi privi di tale pigmento, essendo la superficie evaporante dei due lotti eguale, (poichè un unico processo venne impiegato nella confezione dei dischi), come identica è la struttura degli stessi perchè presi dallo stesso organo, nè avverrà che i risultati ottenuti, saranno comparabili fra loro e quanto mai attendibili. Operando in siffatta guisa noi abbiamo eliminato del tutto le in- fluenze individuali; però dato il numero esiguo di piante che si prestano per questo genere di ricerche, le nostre esperienze non furono numerose. Questo processo che noi, per ragione di brevità, indicheremo col nome di Metodo dei dischi, venne pure impiegato nelle ricerche compa- rative su organi appartenenti a varietà differenti e ciò allo scopo di eliminare le cause d’errore dovute alla diversa superficie evaporante e di ridurre al minimo le differenze di peso. Tanto col metodo delle pesate di organi interi, quanto col metodo dei dischi, data la lunga durata che deve aver l’esperimento, noi non possiamo trarre alcun giudizio sulla traspirazione p. e. delle piante, ! ma solo sulla quantità di acqua eliminata sia per la traspirazione e sia per la evaporizzazione, ciò che però ci porta a conclusioni di non poco rilievo riguardo alla quantità di acqua contenuta negli organi diversamente colorati. I risultati ottenuti sono raccolti nelle presenti tabelle, nelle quali la prima colonna indica la data dell'esperienza, la seconda la perdita giornaliera di peso che ha subito l'organo o la parte di organo colo- rato dall’antocianina, la terza la quantità giornaliera di acqua che l’uno i Salvo il caso che all’inizio degli esperimenti si ricorra frequentemente alle pesate. x A o l’altra ha emesso, la quinta la perdita di peso giornaliero dell'organo o della parte di organo priva di antocianina, la sesta la quantità di acqua eliminata ad intervalli di 24 ore dall’uno o dall’altra ed infine la terza colonna il rapporto tra la quantità d’acqua perduta, per ogni singolo giorno, dalle parti antocianiche in confronto di quelle altrimenti colorate. Il segno (-+-) posto accanto alle singole cifre significa costan- temente che la parte o l’organo antocianico ha perduto una maggior copia di acqua, il cui ammontare è indicato dalla cifra stessa, mentre il segno (—) indica una perdita minore in confronto delle parti non an- tocianiche.* L’esperienze venivano troncate non sì tosto la quantità d’acqua per- duta in un giorno era divenuta insignificante, oppure il peso dell’acqua eli- minata nelle 24 ore dai due lotti, raggiungeva pressochè lo stesso valore. Nella Tavola XV sono tracciati i diagrammi corrispondenti ai valori indicati da alcune esperienze. Per semplificare le curve grafiche, noi abbiamo supposto che la perdita d’acqua dalle parti non antocianiche sia invariabile e quindi l'abbiamo indicata con una linea orizzontale (linea nera e a tratti pieni) mentre si è segnato con una linea rossa spez- zata l'andamento della perdita d’acqua degli organi e dischi antocianici per tutta la durata dell'esperimento ed in rapporto al valore indicato dalla linea nera orizzontale. L’estremità sinistra del tracciato corrisponde all’inizio, quella di destra alla fine della esperienza. Oltre a ciò la minor evaporizzazione per parte degli organi o dischi antocianici rispetto a quelli privi di pigmento, vien indicata da quei tratti delle linee rosse che stanno al di sotto della linea nera orizzontale, mentre la maggior evaporizzazione relativa delle stesse parti viene indicata dalle porzioni delle linee rosse sovrapposte a detta linea. I diagrammi non indicano già, come ben si comprende la perdita assoluta d’acqua che ha luogo nei singoli tessuti, ma bensì si riferiscono ai risultati che ci fornisce la colonna terza, cioè ci danno la differenza in più o in meno di evaporizzazione che ha luogo negli organi antocia- nici rispetto a quelli privi di tale pigmento. Ogni decimetro di sposta- mento, sia dal lato superiore che inferiore della linea nera orizzontale corrisponde a 1 decigr. di differenza nell’evaporizzazione (rispet. nella traspirazione) delle due sorta di organi. Fanno però eccezione alcuni dia- grammi i quali per ragioni di spazio vennero disegnati in scala ridotta. 1 Per la esperienza col cloroformio e con gli schermi colorati si è ricorso allo stesso processo per l'esecuzione delle tubelle, ma il lettore può comprendere il signi- ficato delle stesse senza che noi si dia ulteriori spiegazioni. i Ad ogni diagramma va annessa una linea punteggiata nera la quale segna la quantità di peso che gli organi antocianici hanno perduto du- rante l'esperimento, in rapporto alla perdita di peso che gli organi non antocianici hanno subito in pari tempo, che per ragioni di semplicità si è ritenuta invariabile e perciò venne indicata dalla stessa linea nera orizzontale sopra accennata. L’estremità sinistra della linea punteggiata segna il peso iniziale dell'organo antocianico rispetto a quello non pig- mentato, l’estremità di destra invece segna il peso dello stesso al fine del- l’esperienza, sempre rispetto a quello dell’organo privo di piemento. Se la linea punteggiata sta al disopra di quella orizzontale ciò significa che l'organo antocianico ha conservato per tutto il tempo che durò l’esperienza un peso maggiore di quello dell’organo privo di pigmento, mentre l’opposta condizione di cose, viene indicato dalle linee o dalle porzioni di linea sottoposte alla retta orizzontale. La durata delle esperienze è data dalla carta millimetrata stessa, poichè una distanza di un mezzo centimetro segnata sulla linea oriz- zontale nera corrisponde ad un giorno d’esperimento. Come sopra è stato detto, noi abbiamo fatto una prima serie di espe- rienze intese a ricercare unicamente se le parti rosse abbiano il potere di trattenere all'inizio dell'esperienza, più energicamente l’acqua in con- fronto di quelle altrimenti colorate, e prescindere dalla quantità totale d’acqua contenuta nell'interno degli organi sottoposti all'esperimento. I risultati ottenuti sono consegnati nelle seguenti tabelle: A). Esperienze con organi interi appartenenti a varietà, colorate diversamente, della stessa specie. ESPERIENZA 1.° Fiori rossi e bianchi di Azalea indica. f I fiori Toni hanno SRNÉ: 3 20 fiori rossi. . PI perduto una ori bianchi P A Perdita giorna- a Perdita giorna- ina Peso liera do mitore (--) quan PLS liera doge En giornaliero fiori rossi ria giornaliero fiori bianchi quelli bianchi 19 Marzo 1992 9,4129 9,4950 201155 5 8,4571 0,9558 — 0,0923 8,4469 1,0481 Zeno DANS oT463 0,3108 — 0,0057 8,1304 0,3165 23006; Poi 7,9826 0,1637 — 0,0743 1,8924 0,2380 Totale 1,4303 Totale 1,6026 Aloe ESPERIENZA 2. Foglie verdi e rosse di Achkyrantes (V. Tav. XV, fig. 12). Peso Perdita giorna- Le foglie rosse hanno perduto Peso \Perdita giorna- Data giornaliero ‘ora Mooenno (Una maggiore (+)| giornaliero = ba HRR. delle foglie Mera te d"® | o minore (—, | delle foglie pigra Rena e esperienza eo n * foglie rosse quantità d’acqua a erdi foglioUverdì 20 foglie) in confronto di (20 foglie) Li quelle verdi 26 Marzo 1902 7,1543 18114 Clio 7.4638 0,2905 — 0,0635 7,4574 0,3540 DEE. : 7,4409 0,0229 + 0,0110 74455 | 0,0119 Sr 2 T,4319 0,0090 + 0,0010 T,4375 0,00S0 Totale 0,3224 Totale 0,3739 | ESPERIENZA 3.8 Fiori rossi e bianchi di Aza/ea indica. | - petali rossi | Peso Perdita giorna-| Panno perduto Peso Perdita giorna- Dea Sirio | \OSRETST, ER e giornaliero | liera didecina è al corolle | dalle SONATA di 30 corolle | dalle dell'esperienza rosse | corolle rosse quanfiice decina bianche corolle bianche bianchi | | DE 26 Marzo 1902 8,6845 : 8,2037 DIE È 8,60708 0,6 137 a 0,3055 7,8956 0,3081 2.15 JR ui d,1243 | 0,3460 1 + 0,1453 7,6949 | 0,200)7 24 E n T,5554 I 0,1674 | + 0,0345 7,5620 0,1329 tt Totale 1,1271 Totale 0,6417 | Delle seguenti esperienze riporteremo qui soltanto i risultati finali senza tener conto dei singoli dati: ESPERIENZA 4.8 Corolle bianche e rosse di Azalea indica. In questa esperienza, anzichè un numero determinato di corolle, si impiegarono due lotti di ugual peso. All’inizio dell'esperienza (29 Maggio 1902) i due lotti pestvano:| uit e PRA Il 30 Maggio il lotto delle corolle rosse aveva in confronto di quello delle verdi un maggior peso di . , gr. 27,2800 1,0120 — 414 — ESPERIENZA 5.% Foglie rosse e verdi di Cor7lus Avellana. peso iniziale di ognuno dei lotti, l'uno formato di foglie verdi l’altro di foglie rosse, era di 30 Maggio 1902 il lotto delle foglie rosse aveva un mag- gior peso in confronto di quello delle foglie verdi di Il 31 Maggio, Idem II Giusn'ogide Ne È Il 3 n > Il Il Il 31 Maggio 1902 Il 1 Giugno 1902 I TS 7 » ;, Idem » » ladifferenza dipeso era sol più di s Il lotto delle foglie verdi comin- ciava a superare quello a foglie rosse di ESPERIENZA 6." Petali rossi e bianchi di Tulipa. Peso iniziale dei singoli lotti Dopo 1 giorno i petali rossi pesav. di più di ni Lù d Dopo 2 giorni . Dopo 3 giorni . Fiori bianchi e rossi di Paeonia. 18 millimetri. B). Esperienze col metodo dei dischi. ESPERIENZA 7. N. 50 dischi er. 1,5700 , 2,5000 s 2,7250 , 1,6534 er. 26,5000 s 07630 , 0,9879 sa Bi , 0,5700 , 0,4523 gr. 35,1808 1,8786 ,° 2,1500 0 8250 del diametro di I dischi rossi hanno perduto a © Peso A A A Peso Perdita giorna- Data 9 7 Perdita giorna-\una maggiore (+) " S la i giornaliero. | liera d'kequa | ominore(=) | fiporaicrni | ere gui crit dell'esperienza SS] dai dischi Fossi O Mantita diacone nanni ischitbramoni S quelli bianchi 28 Giugn. 1902 1,8630 2,3600 2905 n 1,5340 0,3290) — 0,4810 1,5500 0,8100 d01065 È 1,4500 0,0840 — 0,0370 1,4290 0,1210 1 Luglio , 1,3690 0,0810 + 0,0670 1.4150 0,5140 Totale 0,4940 Totale 0,9450 — 415 — ESPERIENZA 8. Foglie rosse e verdi di Dracaena. Dalle foglie che vennero scelte, per quanto era possibile, nello stesso periodo di evoluzione vennero esportati 30 dischi per lotto, del diametro di circa 18 millimetri. | I dischi rossi | | hanno perduto | A Data | Eubea —. | Perdita giorna-| una maggiore (+)| spo Perdita giorna- 5; d zona secchi liera d’acqua | o minore (—) | Si 30 dischi | _liera d'acqua dell'esperienza SUSRI dai dischi rossi|quantità d’acqua | RAI dai dischi verdi in contronto di erCi | quelli verdi | 1 Giugno 1902 8,1961 9,5931 2 5 È 8,3590 0,4074 — 01617 9,0240 0,5691 3 3 L 8,1434 0,2456 — 0,0441 8,343 0,2897 4 so 5 7.928; de — 0,13853 8,3512 0,353 L Totale | 0,5678 Totale | 1,2119 ESPERIENZA 9. Foglie rosse e verdi di Dracaena. E una ripetizione della prece- dente, essendo stata eseguita con egual numero di dischi. I i dischi Tone | Peso anno perduto ‘Peso Dat . Hi Perdita giorna- gg A = Perdita giorna- î i # Fao Nitra ad Rn) ii CO Bet licra d’acqua dell'esperienza | Se FE dischi CORSI gnente d'a0gna | Veri dai dischi verdi | quelli verdi 1 Aprile 1902 8,8179 | 9.5931 2 % 8,3970 0,4209 | — 0,1482 9,0240 0,5691 > FP o 81760 0,2210 | — 0j0687 |, 8,7343 0,2897 4 » | 7,9544 0,2216 | — 0,1315 | 8,3812 0,3531 Tvr | Totale 0,8635 I Totale | 1,2119 EspERIENZA 10.2 (V. Tav. XV, fig. 4°. Foglie verdi e rosse di Canna indica, dalle quali si asportarono 30 dischi larghi circa 18 mill. Le foglie adoperate per 1’ esperienza avevano raggiunto pressochè lo stesso grado di sviluppo. Data dell'esperienza 1 Aprile 9 1902 | » » | b) ” » 4 » » Peso giornaliero di 30 dischi Perdita giorna- liera d’acqua dai 16 — I dischi rossi hanno perduto una maggiore (+) o minore (—) quantità d’acqua TO SSL dischipxossi | in confronto di quelli verdi 8,9120 8,3709 0,9411 — 0,1379 8,0800 0,2909 — (),0756 77410 0,3390 + 00799 Totale | IEZZO EsPERIENZA 11.8 Peso giornaliero di 30 dischi verdi 9.0500 8,4010 8,0345 7,0154 Totale Perdita giorna- liera d’acqua . lal . dischi yerdi 0,5790 0,3665 0,2591 1,3046 Petali rossi e bianchi di 7'u/pa. 46 dischi del diametro di 18 millimetri. | I SOR rossi î | Perso Perdita giorna-| Perdono una | Peso Perdita giorna- Data | RIomaliero \ liera Usiina RESO 5) | EOTRRUATO | liera d'acqua I | di 46 dischi | dai | ità d'aconal di 46 dischi ai Gell'espenienza | rossi | dischi rossi ARENA asana; bianchi dischi bianchi | | quelli bianchi | 12 Aprile 1902|10,6735 | 11,0094 13 Ri 9,0183 1,6552 — 0,4142 | 8,9400 2,0694 1ASineo ss 7,8820 1,1363 | + 0,0586 7,8623 1,0777 1516855 Pa 1,8430 0,0390 | _-+0,0292 7,8525 0,0098 Totale 2,9305 Totale | 3,1569 EsperIENZA 12.2 Corolle rosse e bianche di Aza/ea indica: 35 dischi di 18 mill. I dischi rossi perdono una Peso Perdita giorna- o ; Peso Perdita giorna- Data IRE O liera dlacqua E enlno Aran ra a ’ ; i 35 dischi ai "tà di * i 35 dischi ai dell'esperienza rossi dischi rossi VP di negata in bianchi dischi bianchi quelli bianchi 29 Marzo 1902 8,6152 8,6014 0a n 8,0552 0,5600 -- 0,0267 8,0681 0,5333 SLI ” 7,5040 0,5512 — 0,0129 7,5040 0,5641 Totale 1,1112 Totale 1,0974 Si ) EsperIENZA 13. Petali bianchi e rossi di Came/lia japonica. 25 dischi del diam. di 18 mill. I dischi rossi hanno perduto Peso Perdita giorna- Peso Perdita giorna- : Data gioniallera liera PERO, RIOT + giornaliero liera d’acqua TSO. i 25 dischi dai LE Reda niaca di 25 dischi dai dell'esperienza rossi dischi rossi AUAntEe GROARA bianchi |dischi bianchi quelli bianchi 22 Marzo 1902 9,7468 9,6163 23 È î 8,5810 1,1658 + 0,5363 8,9868 | 0,6295 24 È > 7,6337 0,9473 — 0,0444 7,9951 | 0,9917 LEA © 7,6282 0,0055 — 0,1438 7,8458 | 0,1493 Totale 2,1186 Totale | 1.7705 Ì Appare manifesto da queste tredici esperienze che, in tesi gene- rale, gli organi antocianici tendono ad emettere, sul principio del- l’esperienza, una minore quantità di acqua in confronto di quelli privi di detto pigmento. Solo la Camellia japonica e l'Azalea indica (2 casi) avrebbero dato, fra le piante da noi studiate, dei risultati discordanti. Intanto giova notare che la minore emissione di vapore acqueo per parte degli organi antocianici riesce evidente sia che si tenga conto soltanto del peso degli organi soggetti all’esperimento, sia che si pa- ragonino fra loro superfici uguali (V. esperienze col metodo dei dischi). O). Esperienze con tessuti diversamente colorati, ma appartenenti ad nn unico individuo ed anzi ad uno stesso organo di questo. Se noi volgiamo ora la nostra attenzione agli organi impregnati di antocianina in taluni punti della loro superficie e misuriamo la perdita d'acqua che ha luogo dalle parti antocianiche e da quelle altrimenti colorate arriviamo a conclusioni alquanto differenti da quelle che ab- biamo potuto rilevare nei precedenti esperimenti. Per questo genere di ricerche, come ben si comprende, si deve ricorrere esclusivamente al me- todo dei dischi. EspERIENZA 14.8 Alcune varietà di Aza/ea indica, presentano una corolla rosea 0 biancastra Ja quale in corrispondenza della porzione morfologicamente superiore, si mostra cosparsa di macchie antocianiche di color rosso vivo. — 418 — Dalle corolle così costituite noi abbiamo asportato 40 dischi di 18 mill., la metà dei quali venne tolta dalia regione cosparsa di macchie, gli altri dalla regione pallidamente colorata od anco incolora. I dischi macchiati | | Peso hanno perduto Peso Data giornaliero di | Perdita giorna- una serie (+)|giornaliero dei Perdita giorna- 20 dischi co- | liera d’acqua |ominore{-)quan-| dischi pallida- | er IRGRIT dell’esperienza sparsi di dai dischi rossi} tità d’acqua in | mente colorati | » SH ATO. macchie confronto diquelli o bianchi | SILOOIEDIO, senza macchie 30 Marzo 1902) 8,7180 | 8,3825 SL 81957 0,5223 | 4 0,0774 | 7,9374 0,4449 1 Aprile , 7,1968 0,3989 | +0,0815 | 7,6200 0,3174 "ELA? Dai | Totale 0,9212 | Totale 0,7623 ESPERIENZA 15.8 Petali di Camellia japonica (var. variegata). 24 dischi per lotto. Dia- metro dei dischi 18 mill. | 1 dischi rossi hanno perduto Peso È Peso Perdita giorna- Data giornaliero Regie giorna-\una maggiore (-+)| giornaliero liera d’acqua ; ; di 25 dischi |liera d'acqua | o minore (-—) | di25 dischi | dai dischivin- dell'esperienza | ESSO dai dischi rossi quantità d’acqua bianchi coloni MESE in confronto di CAI sli quelli bianchi | = 26 Marzo 1902; 10,2900 | 9,8549 27 ” 3 | 8,6437 | 1,6453 + M.5061 8, 7147 1,1402 28 È: a 7,8766 0, 7671 Totale 2,4134 Totale 1,793L t_| 4 01142 8,0618 0,6529 EspPERIENZA 16.2 Fiori sereziati di rosso e di bianco di Camellia japonica. Peso iniziale dei dischi rossi. gr. 10,9646 5, dopo:2430re eee i ona Acqua perduta in 24 ore . . gr. 3,2372 Peso inziale dei dischi bianchi gr. 10,9869 5 dopor24tore e. 76913 Acqua perduta in 24 ore . . gr. 3,2956 I dischi bianchi hanno adunque perduto 0.0584 gr. d’acqua in più di quelli rossi, nello spazio di 24 ore. ne EspPeERIENZA 17.8 Foglie di Pelargonium zonale. Si asportarono 48 dischi, del diametro di 8 mill., tanto dalla re- gione antocianina che da quella verde situata al davanti della zona rossa. Da ogni singola foglia si ottenne un ugual numero di dischi verdi e rossi. I dischi rossi Peso = hanno perduto |_. E "| Data . __Peso : \Perdita giorna- una RSI (-L)|giornaliero dei Perdita giorna- eipenaliero dei | liera d’acqua o minore (—) | UU SENI | liera d’acqua dell'esperienza ISchi ross |gai dischi rossi quantità d’acqua) P'ESI Cala PE" dai dischi verdi | in confronto di O | | quelli verdi EZIO 9 Marzo 1902 8,0513 | | | 8,0010 10» n | 80119 | 0,039 | — 0,3616 7,6000 0,4010 1l 7 > 1,5370 0,4749 (RAS: 0,4076 7,5327 0,0673 | T,5147 | 0,0223 | — 0,0004 7,6100 0,0227 | | Totale | 0,5306 Totale | 0,4910 ESPERIENZA 18.% Foglie di Pelargonium zonale. 48 dischi del diametro di 8 mill. E analoga alla precedente, colla differenza però che i dischi verdi vennero asportati dalla regione basale della foglia, anzichè dalla pe- riferia. | È dischi rosa | Peso L 2 anno perduto Peso A j Dat 5 ce Perdita giorna- ggiore (+) . : Perdita giorna- dlrsprtena | ASI tt qsto cin | o lt ell’esperienz È e uantità d’ac À ai Li pOsCI da confronto Hi verdi | quelli verdi l Aprile 1902) 8,0513 | | 8,2800 De | 80119 0,0394 — 0,5971 7,6435 _ 0,6365 ' 7: pa 7,9370 0,4749 | 4 03502 7,5458 0,0947 4).}3 È 7,5147 0,0223 | — Q,UUUL 7,5264 0,0224 Totale 0,9366 Totale 0,7536 EsPERIENZA 19.8 Foglie di Canna indica screziata di rosso e di verde. — 420 — Si asportarono 20 dischi rossi e altrettanti verdi prendendoli da parti omologhe. | I dischi rossi | | hanno perduto Data | Peso | Perdita giorna- una maggiore (+) Peso Perdita giorna- giornaliero di | liera d’acqua o minore (—) giornaliero di | liera d'acqua 20 dischi rossi |dai dischi rossi quantità d’aequa| 20 dischi verdi dai dischi verdi | in confronto di quelli verdi dell’esperienza | 9 Aprile 1902) 7,6133 | 7,6191 UO NEO 5 7,4481 | 0,1652 | — 0,0078 7,4461 0,1730 Il n 7,4334 0,0097 — 0,0010 7,4354 0,0107 Totale 0,1749 Totale 0,1837 Nelle esperienze eseguite con organi variegati noi troviamo tre casì in cui le parti antocianiche perdono fin dall'inizio dell’esperimento una maggior quantità d’acqua in confronto di quelle altrimenti colorate ; e tre altri in cui si hanno invece dei risultati affatto opposti (Espe- Tienze d6,, 17, L8Nel 19): Analoghi risultati vengono in luce se si considera la perdita di acqua che si ha al fine dell'esperienza, ma noi avremo occasione di far rilevare con altre esperienze continuate più a lungo, cioè fino a totale eliminazione dell’acqua contenuta nelle parti in esperimento che le ra- gioni antocianiche contengono più acqua di quelle colorate in modo diverso. ° D). Esperienze con organi interi appartenenti a varietà della stessa specie, o a specie affini diversamente colorate. Edotti dai risultati ottenuti, noi abbiamo iniziato una seconda serie di esperimenti nella quale però si è avuto cura di protrarre l’osserva- zione fino al momento in cui gli organi sottoposti all'esame non per- devano più acqua; anzi spesso a causa delle condizioni igrometriche della giornata erano persino in grado di assorbire il vapor acqueo dell’aria stessa. Le seguenti esperienze costituiscono adunque una ripetizione di quelle riportate ai $$ A,BeC colla differenza però, che i risultati più completi, ci forniscono anche non pochi ragguagli sull'andamento del- l’evaporizzazione e traspirazione degli organi esperimentati. 42 DIS EspPERIENZA 20.° Antirrhinum majus. Corolle bianche e rosse. | Lo corolle peri A Perdita giorna- anno perduto Peso |Perdita giorna- Dat Pes * "i Li . È avan % N | giornaliero gi | lieta d'acqua |" minore (=) | £'ognatiero di era dacqna dell'esperienza (50 corolle rosse SRENA pub cun HASTIO MORE " quelle bianche 13 Giugn.1902| 20,4531 20,453 1 : een | 174342 3,0189 | — 0,4199 17.0143 3,4388 Mu" | 135720 318622 | — OI7171 12/4350 4,5793 ‘076 949249 41478 | — 00709 8,2163 472137 DEEP. * 5,0231 44011. | + 1,0400 48552 3,3611 2 Luglio , 3,1450 1,8781 + 0,1429 31200 | 1,7392 agent I 3,1398 0,0052 + 00042 | 31190 0,0010 Totale | 17,3133 Totale | 17,3341 EspreRIENZA 21.* (V. Tav. XV, fig. 3.) Brattee colorate della Salvia Horminum. 1a Draki ce rO Lo | Perdita giorna-| PANNO perduto Peso Perdita giorna- Data Peso i n am e ù 3 AIA ) NE] giornaliero di | Nera duegua ("5 minore (=) | Singrptiera di | lira diequa dell'esperienza 10 brattee bleu Bien Cr o ECAIO EGO quelle bianche 3 Giugn. 1902) 1,4800 1,4800 mune. "06556 0,8214 — 0,2739 0,5847 0,8953 SA È 0,4511 0,2075 + 0,0152 0,3924 0,1928 Me | 03306 0,1155 + 00220 02989 0,0935 ve 02824 0,0532 + 0,0137 02594 0,0395 “E 0 02542 0,0282 + 00114 02426 00168 CL 5 0,242) 0,0122 + 0,004% 0,2350 0,0076 Sa 5 02050 0,0L70 + 0,0067 0,2247 0,0108 11 0,238 0,2382 12 7 ? | 02336 0,2368 d9/ ° 0,2330 0,2265 | ped PT Totale 1,2550 Totale 1,2553 = 499 4 ESPERIENZA 22.8 Fiori bleu e bianchi di Petunia. Data | Peso | giornaliero di dell'esperienza |25 corolle bleu 10 Nov, 1902 | 6,1896 TO . | 4,8825 10) 7 3,8157 113: Se 317292 Mei N 1,6718 Me Le 163205 16, 005 È 1,2375 yo i È 1,130 e 5 1,1482 20/0005: BR 1380) Totale Perdita giorna- liera d’acqua dalle corolle | Le corolle bleu | hanno perduto una maggiore (+) È giornaliero di | o minore (—) 25 corolle Peso |Perdita giorna- liera d’acqua | dalle corolle bleu FA REL bianche bianche | quelle bianche 5,5448 | 1,3071 — 0,0789 4,4588 1,3860 1,0668 — (0,0380 5,304!) 1,1048 0,0365 — 0,0445 2,2230 1,1310 2,0574 | 4 0,%662 1,3558 0,8662 0,3513 + 0,0706 1,0761 0,2807 0,0830 | + 0,0201 1,0132 0,0629 0,0995 + 0,0322 0,9459 0,0673 0,9633 0,9517 | 5,0516 Totale | 4,8989 | In questa esperienza i fiori bleu avrebbero perduto una quantità d'acqua superiore a quella eliminata dalle corolle bianche (4- 0.1527) il che, come vedremo in seguito, darebbe un risultato non conforme alle nostre vedute, ma se noi riportiamo a 1000 in peso di sostanza secca, il risultato che si ha, corrisponde pienamente ai risultati che si devono ottenere, Infatti: 11,380 (peso secco delle cor. bleu): 5,0516 (acqua elim. dalle cor. bleu) :: :R10.000piS: ele =24438 0,9459 (peso secco delle cor. bianche): 4,8989 (acqua elim. dalle cor. bianche) :: 1000 : x x= 5179, — dali EspeRIENZA 23.8 — Fiori bleu e bianchi di Petunia. Questa espe- rienza è una ripetizione della precedente. | II SD ei . . erduto un i i Data | ESSO gi | Nere ditare | maggiore CE) 0 | giornalicto Gi [Uiere disegna giornaliero di RAGA minore (—) quan-| 55) ida dell'esperienza [20 corolle bleu | 2ll6 corolle tità d'acqua iu =isedraliey i (FOMie Gora, quelli bianchi | 10 Nov. 1902) 4,4755 5,2720 LO, - 3,4472 1,0283 + 0,6563 4,9000 0,3720 12 x È 2,1315 103150 | — 1,1725 2,4120 2.4880 Te LO 1,4871 0.6444 | — 03037 | 14659 0,9481 14 si Li 0,9335 0,55 6 | + 0,0263 | 0,9366 0,5273 LODRE: a 0,7093 0,2242 — 0,0229 | 0,6895 0,2471 mov. È 0,6905 0,0188 + 0,0067 | 0,6774 0,0121 LA, VR 0.6651 | 00254 + 0,0080 | 0,6600 0,0174 NR 0.6272. | 0,0379 + 0,U04L | 0,6262 0,0338 19 » ”» 0,6425 | 0,6128 | | — —_ | | TT Totale x Totale 4,645S EsperIENZA 24.8 — Calice petaloide di Fuchsi& splendens. rossa e bianca.) (Var Data . Peso x giornaliero di dell'esperienza | 30 calici rossi 30 Sett. 1902| 21,7600 1 Ottobre , 10,3930 Bi, 6,9720 300 4,9500 a, 3,3988 ADOS - 2,9900 N ..; 2.5733 ani: n 2,5270 sof, 2,4635 4 1 2,4338 ro pi 2,4142 e. 2,3600 ent 2,1922 - AR 2,2503 CAT da d 2,2600 15, È 2,1354 Meta L 2,0675 : 10 A 2,1064 osa, 2,0482 19. ne î 2,0578 -_I° 3,4376 1,3149 + 0,0598 2,9349 1,2551 13 È n 2.4600 0,9776 + 0,1077 2,0650 u,8699 14 7 È 1,4042 1,0558 + 0,3348 1,3440 0,7210 15 A 3 0,956L 0,4481 + 0,1575 1,0834 0,2606 16 A 0,8131 0,1480 + 0,0836 1,0240 0,0594 17 È D 0.7000) 0, 1131 + 0,099L 1,0100 0,0140 da A 0.7531 0,9952 0,0148 19 5) È 0,9378 0,0074 VON n 0,9900 Totale 8,8058 Totale 8,5180 — 425 — EspPERIENZA 28.8 — 35 Fiori rossi e bianchi di Primula. | I fiori rossi hanno | bi 4 perduto una Data Peso Perdita giorna-| maggiore (+) o | Peso \Perdita giorna- giornaliero di | liera d’acqua |minore (—) quan-| giornaliero di | liera d'acqua dell'esperienza | 35 fiori rossi | dai fiori rossi | tità ACQUE 35 fiori bianchi (dai fiori bianchi confronto dei | bianchi 10 Febbr. 1903 4,2862 4 2862 Il A 5 3,9800 0,3062 — 0,0341 3,9459 0.3403 Rata a 3,7300 0,2500 — 0,0229 3,6730 0,2729 ti > 3,4565 0,2735 — 00155 33840 02890 14 È = 3,2060 0,2505 — 0,0421 3,0914 0,2926 o! > 2,9709 0,2351 | — 00312 2,8251 0,2663 TR SS 2,7246 0,2463 0,0359 £ 25429 0,2822 TL 3 2,4463 0,2783 — 0,0420 2,2226 0,3203 i Lo a 5 2,1628 0,2835 0.0334 El 1,9097 0,3169 19 5 ci 1,8565 0,2763 — 0,0637 è 1,5657 0,3400 2060 È 1,6325 0,2540 — 0,0383 è 1,2734 0,2923 e” 173445 02880 + 00223 È 1,0077 0,2657 Ca * 1,0855 0,2590 + 0,0523* @ 0,8010 0,2067 23 È E 0,3930 0,1925 + 0,0447 2 0,6532 0,1478 2 PO 0,7236 071694 + 0,0778 = 0,5616 0/0916 CAO x 0,6052 0, 1184 — 0.0150 & 0,4582 0,1034 2 DA = 0,5183 0,0859 + 0,0480 7 0.4193 0,0389 dii x 0,4550 0,0633 + 0,0380 * 0,3940 0,0253 Sgr), 0,4245 0,0305 + 0,0274 03909 0,0031 1 Marzo , 0,3954 0,0291 + 0,0L17 (,3735 0,0174 1 E. pa 0,3718 0,0236 + 0,0145 0,3644 0,009L CSA 0,3656 0.0062 + 00039 0,3621 00023 202 0,3300 0,0356 0,3280 0,0341 [VET 0,3139 0,3400 Totale 3,9562 Totale 3,9582 EspeRrIENZA 29.8 — Fiori bianchi e rossi di Tulipa. Data am Pias0] 174) giornaliero di dell'esperienza | 30 petali rossi 14 Giugno 1903) 14,4324 O PP 11,4300 (0A 7,9010 Ca PIAN 6,3358 "LIE SANA 5,2430 IL) i 4,8410 21) SE 3,7541 AD ddl a 2,9875 DONE 2,6500 Coat 1 2,6500 24 ” »” 25 » » Totale Atti dell'Ist. Bot. dell Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII. I petali rossi hanno perduto Perdita giorna- Perdita gi . i R i ’ Nera dflequa |" 0 mitoro (=) | giormalioro di | NOTA ghicqua etali i tità d° tali bi i ante ‘ al petali rossi ARE IRe I RCUNE petali bianchi petali bianchi quelli bianchi PUS-DE 14,4324 3,0024 + 0,4386 11,8686 2,5638 3,5290 + 0,8514 9,1910 2,6776 1,5652 + 0,1412 7,7670 1,4240 1,0928 — 0,1473 6,5269 1,2401 0,4020 — 0,7791 5,3458 1,1811 1,0369 + 0,1790 4,4379 0,9079 0,7666 — 0,5365 3,1348 1,3031 0,3375 — 0,3973 2,4000 0,7348 2,2142 0, 1858 2,0513 0, 1629 £ 2,0513 11,7824 Totale | 12,3811 30 — 426 — EsPERIENZA 30.8 — Fiori bianchi e bleu di Hyacinthus. | i I fiori bleu hanno perduto una Data | Peso Perdita giorna-| maggiore (+) o Peso Perdita giorna- | giornaliero di | liera d’acqua |minore (—) quan-| giornaliero di | liera d'acqua dell'esperienza | 13 fiori bleu | dai fiori bleu | tità d’acqua in !13 fiori bianchi|dai fiori bianchi | confronto dei | bianchi 10 Aprile 1903 5,00309 8,5955 Il DS ; 6,3250 2,2285 + 0,1911 6,0 161 2,0374 12 Le À 5,1000 1,2250 + 0,0979 5,3890 1,1271 13: a. 3,9304 11696 — 0,2605 3,9589 | 1,430L 14 È A 2.1000 1,85304 — 0,0196 2,1089 | 1,8500 15 5 i 1,8253 0,2747 — 0.0983 1,7359 0,3730 16 È È 1,5812 0,2441 201303 1,3615 | 0,374 17 î A 1,5178 0,0634 — 0.0881 1.2100 0,1515 18 n 5 1,4542 0,0636 — 0.0164 1,1300 0,0800 19 n È 1,4000 0,0542 — 0,0256 1,0502 0,0798 20 s CIAD 1,3876 0.0124 — 0,0365 1,0010 0,0492 21 Ls ol 1,3543 0,0333 — 0,0329 0,9348 0,0662 22 È 5.) 1,3010 0,0533 0,3569 23: ge dice 1,2974 0,0036 09410 24 A È 1,2910 0,0064 0,9500 PI TIRA 1,2928 0,9500 Totale (,2625 Totale | 7,6187 EsperIENZA 31.23 — Fiori rossi e bianchi di Hyacinthus. I fiori rossi banno | perduto una Data Peso Perdita giorna-| maggiore (+) o Peso Perdita giorna» dell’esperienza giornaliero di 18 fiori rossi liera d’acqua dai fiori rossi minore (—) quan- tità d’acqua in confronto di. quelli bianchi 14 Aprile 1903 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 20 Reit ass sa aaa eg 10,3538 6,9034 43021 24850 2,182) 109945 1/7569 1,6525 1,4730 1,3450 1,3034 1,3000 1,3030 Totale 3,4504 2,6013 1,8171 0,3030 0,1875 072376 01044 01795 0,1280 0,0416 0,0034 9,0538 0,2404 0,4394 0,3852 4792 078266 0, 1182 0,0640 050036 0,0390 00282 0,0342 giornaliero di 18 fiori bianchi 10,3535 7,2438 5,0819 3,650!) 2,8678 1,3537 1,7343 1,5659 1,3900 13010 1,2876 1,2500 1,2500 12510 Totale liera d’acqua dai fiori bianchi 3,1100 2,1619 1,4319 0,7822 1,0141 01194 0,1684 0,1769 0,0890 0,0134 0,0376 9,1038 Ì — 427 — EsperIENZA 32.% — Brattee di Salvia Horminum. i — —_ ——- { falso sole Data l giornaliero di | Iiene d'atgm |una maggiore (+) giontitto di [rata fiore” 9 - 110 brattee dalle brattee ogm More A obra tà il Ile beate 5) dell’esperienza SE AGLA quantità d’acqua SIA LLRO VETO iteo rosse rosse ETOGRSA) bianche bianche | quelle bianche | 3 Luglio 1902} 1,1800 | | 1,4300 Aa È 0,6249 0,8551. — 0,0402 0,5947 0,8953 Dion e 0,4319 0,1930 + 0,0007 | 0,3924 0,1923 Be È 0,3234 | 0,1085 | + 0,0150 | 02989 0,0935 oe x 0.2657 MO !05/7 + 0,0152 0.2594 0,0395 [SIAE : 0.2270 0,0387 + 0,0219 | 0,2426 0,0165 SL n 0,2142 0,012S + 0,0052 | 0,2350 0,0076 NOn, Sl 02050 i 0,0092 — 0,0011 | 0,2247 0,0103 Mueiza — 0,2152 | 0,2382 TRN Se 0:2010 | 0,0040 + 0,0040 0,2358 fa peli: ” 0,2009 0,0001 + 0,0001 0,23605 Totale | 1,2791 Totale 1,2553 Se noi consideriamo la perdita di vapore acqueo nelle prime venti- quattro ore, troviamo che prevalgono i casi in cui i fiori colorati dal- l’antocianina trattengono più energicamente l’acqua in confronto di quelli non colorati dal pigmento. Se si prende poi a considerare la perdita totale d’acqua effettuatasi nelle singole esperienze, si verifica che gli organi non antocianici con- tengono maggior copia d’acqua, poichè su 13 esperimenti si è trovato che ben 9 volte si ebbe una minor perdita d’acqua per parte degli organi antocianici. Queste esperienze però devono avere soltanto un valore di medie che riesciranno tanto più attendibili, quanto più numerose saranno le prove eseguite sullo stesso organo. Troppi fattori concorrono infatti a modificare l’esperienze e d’altra parte il confronto degli organi antocianici con quelli privi di pigmento appartenenti a varietà differenti, non può portare a conclusioni sicure pel fatto che interviene costantemente come causa perturbatrice, il coef- ficente dato dall'organismo stesso. E). Metodo dei dischi. Esperienze eseguite su organi appartenenti a varietà e specie dif- ferentemente colorate. — 428 — EspERIENZA : 33.8 (Tav. XV, fig. 11.) — Petali ‘bianchi e rossi di Tulipa; 28 dischi per lotto. Dischi del diametro di 18 mill. Data dell'esperienza Peso giornaliero di | 28 dischi rossi | liera d’acqua \dai dischi rossi Perdita giorna-| I dischi rossi hanno perduto | una maggiore (+) o minore (—) quantità d’acqual| Peso giornaliero di 28 dischi Perdita giorna- liera d’acqua dai dischi in confronto dei bianchi bianchi bianchi 19 Aprile 1902 3,2570 3,4975 2008 1a 1,9549 1,302 1 — 0,3115 1,8839 1,6136 2008 a 1,3347 0,5702 — 0,0137 1,3000 0,5839 220 o 1,2783 0, 1064 + 0,0561 1,2500 0,0500 29% Me h 1,2780 0,0003 + 0,0003 1,2500 0,0000 Totale 1,9790 Totale 2,2475 EspeRIENZA 34.8 — Varietà rossa e verde di Corylus Avellana. Dalle foglie delle due varietà si esportarono 48 dischi di 18 mill. di diametro. I dischi vennero sempre tolti da parti omologhe e possibilmente da foglie aventi raggiunto lo stesso stadio evolutivo. Data dell'esperienza Peso giornaliero di 48 dischi rossi Perdita giorna» liera d’acqua dai dischi rossi I dischi rossi hanno perduto una maggiore (+) o minore (—) quantità d’acqua in confronto di quelli verdi Peso giornaliero di 48 dischi verdi Perdita giorna- liera d'acqua dai dischi verdi 10 Aprile 1902 7,8800 7,9000 11 7,5760 0,3040 — 0.0037 1,5923 0,3077 12 7,5700 0,0060 — 0,0033 7,5330 0,0093 13 7,5690 0,0010 — 0,0904 7,5824 0,0006 Totale 0,3110 Totale 0,3175 EspERIENZA 35.8 — Foglie di Corylus Avellana. (Var. rossa e verde.) I dischi rossi hanno perduto i Data Peso Perdita giorna-|una maggiore (4) Peso Perdita giorna- giornaliero di | liera d’acqua o minore (—) giornaliero di | liera d’acqua” dell'esperienza | 30 dischi rossi |dai dischi rossi|quantità d’acqua| 30 dischi verdi |dai dischi verdi 21 Aprile 1902 22 » » 23 2L 1,0590 04624 0,4013 0,3260 0,2989 Totale in contronto di quelli verdi + 0,0501 + 0,0068 — 0,0329 — 00095 1,0590 0,5125 0,4552 0,3500 0,3134 Totale 0,5465 0,0543 0,1082 0,0366 0,7456 sii — 429 — EsPeRIENZA 36.* — Foglie rosse e verdi di CoryZus Avellana. I dischi rossi hanno perduto Data Peso Perdita giorna- una maggiore (+) Peso Perdita giorna- giornaliero di liera d’acqua o minore (—) giornaliero di | liera d’acqua dell'esperienza | 60 dischi rossi |dai dischi rossi quantità d’acqua !60 dischi verdi |dai dischi verdi in confronto di quelli verdi | 15 Aprile 1902 1,9960 1.9960 I) , | 0,6663 1;3297 | -4-0:0287 0,6900 1,3060 io 0 ù 0,6600 | 0,0063 + 0,0021 0,6858 0,0042 13.., SI 0;6510 0,0090 + 0,0012 0,6780 0,0078 19 *,_ _. | 0,6550 0,6780 ODIO Ù | 0,6500 | 0,0010 i 0,6780 Totale | 1,3460 | Totale 1,3180 _Il metodo dei dischi ha permesso di constatare che le Tulipe rosse perdono meno acqua in confronto di quelle bianche, ciò che è conforme alla regola. Viceversa applicato al Coryus, tenderebbe a dimostrare che le foglie verdi perdono minor copia di acqua in confronto di quelle rosse poichè in tre esperienze fatte, abbiamo avuto solo un caso di ri- sultato opposto ed inoltre ad analoghe conclusioni ci porterebbe l’espe- rienza N.° 5, pag. 14. È duopo però aver presente che le varietà rosse e verdi di Corylus Avellana da noi studiate, erano notevolmente affini fra di loro tanto che col progredire della vegetazione, le differenze dovute alla diversità di colorazione, andarono del tutto scomparendo e le piante divennero per aspetto e portamento simili fra loro. Data una tale condizione di cose sarebbe più opportuno riportare gli esperimenti eseguiti col Corylus Avellana nella categoria seguente: F). Esperienze eseguite con tessuti diversamente colorati (antocianici e sforniti di questo pigmento), ma appartenenti allo stesso individuo ed allo stesso organo. Per questo genere di ricerche si è dovuto impiegare, come ben si comprende, il Metodo dei dischi. METODO DEI DISCHI, ESPERIENZA 37.8 Acalypha macrophylla. Dalle foglie screziate di rosso e di verde di questa pianta si esportarono 100 dischi; 50/dei quali vennero tolti dalle — 430 — parti rosse e gli altri da quelle verdi corrispondenti ed omologhe Ogni disco aveva 18 mill. di diametro. L'esperimento venne eseguito all'oscuro. I dischi rossi | hanno perduto | Data Peso Perdita giorna-\una maggiore (+) Peso Perdita giorna- \giornaliero dei | liera d’acqua o minore (—) |giornaliero dei| liera d’acqua. dell'esperienza | dischi rossi |dai dischi rossi quantità d’acqua | dischi verdi |dai dischi verdi in confronto di quelli verdi 8 Sett. 1902) 2,0132 | 92,1661 9 È 2 0,8800 1,1632 — 1,0467 0,9562 1,2099 MO È 0,6810 0,1990 + 0,1183 0,8755 0,0807 ll FA 6, 0,6745 9,0065 — 0,0030 0,3660 0,0095 12 E 0,6727 0.0018 — 0,0098 0,8544 0,0L16 13 LI S 0,6441 0,0286 — 0,0088 0,8170 0,0374 14 no A 0,6585 0,8308 Totale 1,3991 Totale | 1,3491 ESPERIENZA 38. Dalle parti basali rosse delle foglie di Amaranthus tricolor si espor- tarono 100 dischi del diametro di 18 mill.: ed altrettanti vennero tolti, pure delle stesse dimensioni, dalle regioni verdi delle foglie. 1 dischi rossi hanno perduto | Data Peso Perdita giorna- una maggiore (+) Peso Perdita giorna- giornaliero dei | liera d’acqua o minore (—) |giornaliero dei| liera d’acqua dell’esperienza |100 dischi rossi|dai dischi rossi quantità d’acqua|100 dischi verdi]dai dischi verdi in confronto di quelli verdi dl Agosto 1902 2,1215 1,8757 I Sett. ©, 0,7715 1,3500 + 0,2104 0,7361 1,1396 2) 5 È 0),4365 0,3347 + 0,1983 0,5997 0,1364 3 à È 0,4853 0,0015 — 0,0160 0,5822 0,0175 4 3 ci 0,3366 — 0,0029 0,5795 0,0029 5 3 5; 0,3400 0,5844 Totale 1,6862 Totale 1,2964 EsPERIENZA 39. 30 dischi rossi ed altrettanti bianchi estratti dai petali di Camelia japonica (Var. variegata di rosso e di bianco) furono messi nella stufa a circa 60° per 3 ore. I dischi avevano il diametro di 18 mill. Peso iniziale dei dischi rossi . Peso dei dischi rossi secchi Quantità di acqua perduta . gr. 10,8666 ” gr. 7,6550 3,2116 — 431 Peso iniziale dei dischi bianchi Peso dei dischi bianchi secchi 2929 did gr. 10,0 n 7,6464 gr. Quantità di acqua perduta. 2,3758 I dischi rossi hanno adunque emesso gr. 0,8358 d’acqua di più di quelli bianchi. Esperienza 40. (V. Tav. XV, fig. 9.) Camellia japonica a fiori variegati rossi e bianchi. Dalla corolla di questa pianta ornamentale si esportarono, per ogni singolo lotto 30 dischi, ognuno dei quali aveva un diametro di 10 mill. Per aver risultati sicuri ed attendibili da ogni singolo petalo si esportò un egual numero di dischi bianchi e rossi. | sì dischi Ton | . Giorna: anno perc uto o 9 Data Reso. RE una maggiore (+) RT Perdita giorna- giornaliero di | gai 30 dischi |__0 Minore (—) di 30 dischi \liera d'acqua da dell'esperienza | 30 dischi rossi | SI Sossi" 3 (quantità d’acqua bianchi |30dischibianchi È in confronto di quelli bianchi I SIE a REA x 26 Marzo 1902 7,0937 | 7,1557 Zree Ele 7:4600. 0,3337 + 0,0334 7,4554 0,3003 28 » | 7,4385 0,0215 + 0,0012 7,4351 0,0203 29, Si 4312 0,0075 — 0,0019 7,4259 C,0092 == she Totale 0,3625 Totale 0,3298 ESPERIENZA 41. Foglie giovani di Poligonum Sieboldi rosse nel mezzo, verdi in cor- rispondenza dei bordi. Dalle parti rosse si esportarono 30 dischi ed al- trettanti se ne prepararono da quelle verdi, I dischi rossi Data dell'esperienza | Peso — | giornaliero di 30 dischi rossi \ Perdita giorna- liera d'acqua dai dischi rossi hanno perduto una maggiore (+) o minore (—) quantità d’acqua in confronto di quelli verdi Peso giornaliero di 30 dischi verdi 9 Aprile 1902 10 5 . 1l 7,8239 7,5185 7,5150 Totale | + 0,0377 — 00003 0,3089 | 7,7654 T'A9TT 7,4939 Totale Perdita giorna- liera d’acqua da 30 dischi verdi 0,2677 0,0038 0,2715 — 432 — ESPERIENZA 42. Petali di Camellia japonica. (Var. variegata.) | i dischi rossi | lanno perduto > a Data Peso Perdita giorna-|\una TREO (+) gi Ln Porte oil | giornaliero di | liera d’acqua o minore (—) | Fin iso | dA; diet dell’esperienza | 67 dischi rossi |dai dischi rossi NanbisE diacaua II ia Bianchi i | |. dei bianchi i == TA i = 11 Febbr. 1903| 0,38554 | 0,8554 2 È 5 0,1595 0,6959 Ta 0,0112 | 0,1483 | 0 0,7071 ago ori 0,1045 0,0550 . | :+ 00202. |. 0,1135 0,0348 IL EN a 0,1023 0,0022 + 00022 0,1139 Tee COSTORO 0,0006 | + 0,0006 0,1139 Lore È 0,0967 0,0050 lvEEz0(00£0) S| 051125 0,0010 ae È 0,0963 0,0004 — 0,0029 | 0,1092 0,0033 18 È SAD 0,0950 0,0013 — 0,0010 9, 1069 0,0023 0,0975 | | 0,1070 Totale 0,7604 | Totale 9,7485 EspERIENZA 43.8 (V. Tav. XV, fig. 10.) Lactuca sativa (Var. bruna d’inverno). Dalle foglie cosparse di mac- chie rosse si sono esportati 120 dischi del diametro di 18 mill.: 60 dischi erano rossi, 60 verdi. I dischi rossi hanno perduto h Data Peso Perdita giorna-|una maggiore (+) Peso Perdita giorna- giornaliero dei | liera d’acqua o minore (—) |giornaliero dei| liera d’acqua. dell'esperienza |60 dischi rossi |dai dischi rossi| quantità d’acqua|60 dischi verdi |dai dischi verdi in confronto di quelli verdi 10 Aprile 1902) 8,0562 —__8,0000 Oa E lei 75063 0,5499 + 0,0352 7.4853 \0,5147 TE E 7,5039 00024 — 00029 7.4800 00053 Totale 0,5523 Totale 0,5200 ESPERIENZA 44.% Foglie di Amaranthus tricolor. Il lembo fogliare è rosso alla base, verde all'apice. Da entrambe le regioni si esportarono 50 dischi di 18 mill. di diametro. Per ottenere dei risultati attendibili, i dischi ven- —_n — 433 — nero esportati dalla regione in cui aveva luogo il passaggio di una tinta nell’altra. | i dischi done. hanno perduto | ; ce Data Peso Perdita giorna-|una RITI SO Peso (Perdiseiarua, giornaliero dei | liera d’acqua o minore (—) (giornaliero dei la on dini dell'esperienza | 50 dischi rossi dai dischi rossi|quantità d’acqua |50 dischi verdi | f®! @rdi in confronto dei | NESCI verdi | 30 Agosto 1902 2,0700 | | 1,9234 e. 0,9134 1,1566 + 0,0772 | 0,8440 1,0794 1 ‘Sett: 7 | ‘06410: | ‘0,2724 | ‘+ 0/0686) | 0/6402 0,2038 LITTA = | 0,5050 0,0360 | + 0,0116 0,6158 0,0244 gt. .0,6085 | 0,0015° | ‘40/0003 |! di6146 0,0012 SMI 200 0 (0,6069!!" | | | 0,6195 | a ente | _—_———— | | | Totale | - 1,4665 | Totale 1,3088 ESPERIENZA 45.8 Foglie di Acalypha macrophylIa. Quest’esperienza eseguita nell’inverno con foglie le quali non erano troppo in buone condizioni, ha dato una minor perdita d’acqua, per parte dei dischi rossi, poichè questi emisero 0.2284 gr. d’acqua, mentre i dischi verdi ne perdettero 0,2901. Se noi riassumiamo ora i risultati, troviamo che gli organi. anto- cianici appartenenti alle varietà colorate di una determinata specie perdono all’inizio dell'esperienza, un po’ meno acqua in confronto ‘di quelli bianchi. Infatti su 30 esperimenti eseguiti si è trovato solo 11 volte una maggior perdita per parte degli organi antocianici. | Se noi consideriamo la perdita totale di acqua negli individui an- tocianici e privi di pigmento di una determinata specie o di due specie affini troviamo pure che i primi tendono ad’ emettere minor copia di liquido, poichè su 17 esperimenti si è osservato solo 6 volte che gli | organi rossi avevano perduto un eccesso di acqua in ‘confronto di quelli bianchi. e Ben differentemente è il risultato se si prendono a studiare com- ‘parativamente fra loro le regioni antocianiche e quelle prive di pig- ‘mento di uno stesso organo. In questo caso appare manifesto che le ‘regioni rosse dell'organo sono molto più ricche di acqua di quelle prive di pigmento poichè ne perdono di più. Infatti su 9 esperienze si è verificato 8 volte una maggior emissione di acqua per parte delle re- tate © sati — 434 — gioni antocianiche. Per quanto riguarda i risultati che si ottengono nelle prime 24 ore, si verifica pure che le parti antocianiche tendono a perdere maggior copia di acqua in confronto di quelle altrimenti co- lorate, ma il fenomeno è poco accentuato essendosi verificato soltanto 7 volte su 13 esperienze. I risultati appaiono ancor più manifesti però se si fa entrare nel computo, anche i dati che ci offrono le esperienze sulle foglie rosse e verdi di Corylus. Vi ha pertanto nelle due serie di esperimenti fatti, un’apparente contraddizione, poichè mentre gli organi antocianici delle varietà colo- rate hanno meno acqua (in tesi generale), le regioni antocianiche di un determinato organo ne sono abbastanza fornite. Come si possono spiegare risultati così contradditori? È probabile, a nostro parere, che quando si tratta di due varietà, l'una fornita di organi (fiori, foglie, ecc.) ricchi di antocianina, l’altra sfornita di pigmento, la prima non abbisogni di una grande provvista di acqua, relativa- mente alla seconda, poichè essendo gli organi impregnati di antocianina, contengono necessariamente delle sostanze dotate di un forte potere osmotico capaci cioè di impedire la traspirazione. Di qui il minor bisogno di aver molt’acqua nei tessuti. All’opposto trattandosi di regioni colorate dall’antocianina di un dato organo, si dovrà verificare il feno- meno opposto, poichè le sostanze osmotiche sopra ricordate, attirano e trattengono nelle cellule antocianicke l’acqua con maggior energia di quanto possa verificarsi nelle cellule vicine prive di pigmento. Di qui la maggior imbibizione delle prime. Questo nostro modo di vedere viene convalidato dal reperto ana- tomico il quale ci rivela come il tessuto acquifero in un dato organo appaia frequentemente imbevuto di antocianina. Il fenomeno in questione si mostra in particolar modo manifesto nei casi in cui si esperimenti sopra le foglie macchiate di antocianina e di verde di alcune piante ornamentali, mentre è talvolta poco evi- dente se si prendono a studiare le colorazioni settoriali dei fiori. Anzi in due esperienze eseguite con questi si sono avuti risultati diametral- mente opposti. La discordanza nei risultati, ed in specie se questi si riferiscono ai fiori, può dipendere dal fatto che le colorazioni settoriali sono dovute all’azione di incroci (ibridismo) di varietà bianche colle rosse 0 viceversa; ora essendo da noi stato posto in evidenza che i fiori bianchi dispongono di maggior copia di acqua in confronto di quelli rossi, perchè traspirano di più, è possibile che anche nell’ibrido, le parti bianche del fiore, derivate dal progenitore più ricco d’acqua, conservino maggior copia di questa in confronto delle parti antocia- niche, — 435 — x La serie delle esperienze che abbiamo fatte è abbastanza lunga, ma noi non vogliamo trarre dalla stessa delle conclusioni assolute, ben comprendendo che troppi sono i fattori dei quali si deve tener conto per arrivare ad una conclusione rigorosa. I nostri risultati devono adun- que aver il valore di medie che solo con ulteriori esperienze potranno condurre alla scoperta delle leggi che regolano la provvista dell’acqua in un dato organo in rapporto alla presenza dell’antocianina. Faremo intanto osservare che alcune preliminari ricerche fatte sulla traspirazione, ci hanno anche dato dei risultati che non si allon- tanano da quelli ottenuti col metodo delle pesate di organi stati staccati dalle piante. Due piantine di Achyranthes l'una verde, l’altra a foglie rosse, vennero poste sopra i piatti di una bilancia entro recipienti pieni di acqua, cui erasi aggiunto uno strato d’olio onde impedire l’evaporizza- zione del liquido, Le due piantine all’inizio dell'esperienza pesavano, i recipienti com- presi, gr. 225.087 ed avevano ognuna 48 foglie. Dopo 14 ore di dimora sulla bilancia, le piante rosse avevano per- duto gr. 1.060 di acqua, quelle verdi 1.8390. Si può quindi affermare che ia pianta verde aveva traspirato di più della rossa, nella proporzione di gr. 0.779. Finito l'esperimento si asportarono le foglie e se ne calcolò la loro superficie, disegnando i contorni delle stesse su un foglio di carta, e pesando di poi i disegni così ottenuti dopo di averli intagliati. I disegni delle foglie verdi pesavano 1.2730, quelli delle foglie rosse 1.2220. Ora una tale differenza non è sufficiente per spiegare il maggior potere di traspirazione che avevano manifestato le foglie verdi, per cui se ne deve dedurre che le parti rosse traspirarono meno delle verdi. In un’altra esperienza eseguita pure con piante di Ac4hyranthes, aventi però ognuna soltanto 4 foglie di eguali dimensioni, si è verificato che dopo 24 ore la piantina verde aveva perduto 1 decigrammo di acqua di più di quella rossa, malgrado che questa pesasse 1.2490 e la prima solo 0.7985. Le eccezioni alla regola non mancano ed infatti avendo noi espe- rimentato con fiori bleu e bianchi di De/phinium Consolida abbiamo con- statato che dopo 24 ore i fiori bleu avevano perduto quasi 1 mill. di acqua in più di quelli bianchi. CIARA G). Esperienze su foglie che allo stadio giovane sono rosse, più tardi diventano verdi. In questo genere di ricerche si è rivolta l’attenzione a quelle foglie le quali cambiano di colore col progredire dello sviluppo, prensentandosi rosse al momento in cui sortono dalla gemma, per diventare verdi un po’ più tardi. L'esperimento venne condotto pesando un’egual quantità di foglie sia rosse che in incipiente inverdimento. ESPERIENZA 46. N.° 52 foglie rosse e giovani di Rosa ed altrettante in via di in- verdimento, vennero poste sui piatti della bilancia e lasciate lentamente evaporare. Ognuno dei due lotti di foglie pesava all’inizio dell’esperi- mento gr. 5.1300, ma dopo il primo giorno le foglie verdi avevano per- duto una maggior quantità d'acqua, in confronto di quelle rosse, pari a gr. 0.3579, che raggiunse 0.4624 nel secondo giorno: gr. 0.3436 nel terzo; 0.1655 nel quarto ed infine 0.0500 il quinto giorno. Da questo momento cominciarono a loro volta le rosse a perdere più acqua delle verdi nella proporzione di 0.0056 (6° giorno); 0.0430 (7° giorno); 0.0510 (8° giorno), ma non arrivarono con tutto ciò a perdere tant'acqua quanta ne emisero le foglie verdi. EspeRIENZA 47.* (V. Tav. XV, fig. 2.) Foglie in via di sviluppo di /'osa. Si prepararono 36 dischi (18 mill. di diametro) colle foglie rosse ed altrettanti vennero ricavati da quelle in. via di inverdimento. I dischi rossi hanno perduto Data Peso Perdita giorna-|una maggiore (+) Peso Perdita giorna- i giornaliero di | liera d’acqua o minore (—) giornaliero di | liera d’acqua dell'esperienza | 36 dischi rossi |dai dischi rossi quantità d’acqua|36 dischi verdi|dai dischi verdi in confronto di quelli verdi 11 Aprile 1902 8,7079 LI 8,7664 ì 12,55 £ 8,0455 0,6624 — 0,1278 7,9762 0,7902 , DIE È —_7,8700 0,1755 + 0,0193 7,8200 0,1562 dano s 7.1745 0,0955 + 0,0484. Ti 0(2905: 0,0471 Dn 3 7,7733 0,0012 4 0,0001 777718 00011 Totale 0,9346 Totale 0,9946 — 437 — ESPERIENZA 48. Foglie antocianiche e verdi di Paeonia officinalis. Peso iniziale dei due lotti di foglie gr. 30.2522. Dopo un giorno di esperimento il lotto delle foglie rosse pesava 0,5292 gr. di più del corrispondente lotto di foglie inverdite. Dopo due giorni gr. 0.9720: in- fine dopo tre giorni gr. 1.3560. Da questi risultati appare manifesto che, in tesi generale, le foglie giovani e rosse di talune piante (Rosa, Paeornia, ecc.) contengono meno acqua di quelle in via di inverdimento e perciò l’evaporizzazione per parte di queste ultime deve essere comparativamente più grande sia al principio sia al fine dell’esperimento. Noi non abbiamo potuto estendere le nostre ricerche ad altre piante ed ignoriamo in conseguenza, quale portata possano avere i nostri ri- sultati. Però non possiamo fare a meno di rilevare che quanto venne da noi osservato, collima coi dati delle ricerche del Wiesner, dell’Ewart, del Keeble e di altri Autori, dai quali risulterebbe una minor intensità di traspirazione nel fogliame giovane ed antocianico delle piante tro- picali in confronto di quello già inverdito. Il fenomeno appare parti- colarmente importante se si tien conto della circostanza che le foglie antocianiche più giovani di quelle in via di inverdimento, hanno anche una cuticola più sottile, la quale opporrebbe poca resistenza all’evapo- rizzazione e alla traspirazione. Anche in questo gruppo di esperienze si notarono tuttavia alcuni risultati contradditori e in vero in un’altra prova eseguita con foglie di Rosa non si è verificata una maggior evaporizzazione per parte del fogliame verde. Però l'esperimento fatto con 40 dischi rossi ed altret- tanti verdi aveva permesso di constatare che il lotto delle foglie rosse pesava all’inizio 2.4400, quello delle foglie verdi 2.3800, ciò che por- tava ad una notevole differenza di peso, per cui non può recar mera- viglia se i dischi rossi hanno eliminato 1,0432 gr. d’acqua, mentre quelli verdi ne lasciarono sfuggire solo 1.0087. Data una tale condizione di cose, grammi 0.0375 d’acqua in più perduta dal fogliame antocianico non costituiscono un reale eccesso nella perdita d’acqua. Sassi H). Le differenti radiazioni dello spettro e l'eliminazione del vapor acqueo per parte degli organi antocianici e privi di pigmento. Le ricerche di Wiesner, di Comes e di altri autori sull’influenza che spiegano i colori vegetali e le differenti radiazioni dello spettro sul pro- cesso della traspirazione, avendo portato alla conclusione che le radia- zioni della metà più rifrangibile dello spettro, contrariamente alle os- servazioni di Deherain e di altri osservatori, sono quelle che maggiormente procurarono la traspirazione e che inoltre le parti colorate delle piante traspirano di più sotto l'influenza di quelle radiazioni che vengono più energicamente assorbite, ci hanno indotto a continuare le ricerche. Scopo principale al nostro lavoro si era quello di portare un nuovo contributo sull'argomento, parendoci che il metodo del Comes, per quanto atten- dibile nei suoi risultati, non possa sottrarsi all’obbiezione che oltremodo scarso era il materiale col quale l’autore condusse a termine gli espe- rimenti e troppo breve la durata di questi, avendo le nostre esperienze dimostrato che nel decorso di un esperimento, quando questo venga @ lungo protratto, possono succedere delle singolari variazioni nell’intensità di eliminazione del vapor acqueo. Nelle nostre ricerche ci siamo valsi degli schermi colorati, l’uno formato da una soluzione di bicromato di potassa, l’ altro da una so- luzione di ammoniuro di rame. Le parti delle piante sottoposte all’espe- rimento vennero pertanto poste in grandi cassette (tutte di uguali di- mensioni) di legno, aventi però uno dei lati sostituito da una doppia parete di vetro. Lo spazio compreso fra i due vetri veniva riempito coll’una o col- l’altra delle due soluzioni sopra citate, le quali vennero da noi esaminate spettroscopicamente per assicurarci che quella di bicromato di potassa assorbisse totalmente le radiazioni delle metà più rifragibili dello spettro, le quali all'opposto dovevano attraversare la soluzione di ammoniuro di rame mentre venivano escluse le altre radiazioni. Le due cassette vennero tenute in una camera del laboratorio esposta a nord, nella quale le condizioni di umidità, illuminazione, tem- peratura, ece., non subirono rilevanti variazioni durante il corso delle esperienze. Del resto trattandosi di esperienze comparative un muta- mento nelle condizioni fisiche dell'ambiente non avrebbe influito in modo rilevante sui risultati poichè avrebbe agito in ugual misura e con- temporaneamente sul materiale contenuto nelle due cassette. Ecco ora quali risultati si ottennero : — 439 — EsPERIENZA 49.8 — 50 corolle rosse di Salvia splendens vennero collocate nella cassetta, fornita di schermo giallo ed altrettante in quella provvista dello schermo bleu. SCHERMO GIALLO |Le corolle sotto-| poste allo | schermo giallo | hanno perduto | una maggiore (+) | o minore (—) quantità d’acqua in confronto di | quelle tenute | dietro lo | schermo bleu SCHERMO BLEU —_____s— = | e =" | Data 5 | Perdita giorna- dell'esperienza | STA di Hora, GESTI 150 corolle rosse sottoposte allo | schermo giallo 15 Ott. 1902) 3,6990 16 > n 2,7248 0,9642 17 = } 1,5536 1,1712 Toy gs À 1,9200 0,5336 19 & A 0,7055 | 0,3145 20 » e 0,5460 | 0,1595 ZI 5 0,4636 0,0824 SIENNA > 0,4255 0,0381 ZONE x 0,4060 0,0195 24 = s 0,3937 0,0123 25 - Li 0,3925 0,0012 26 o n 0,3867 0,0058 CAPRE È 0,3882 Totale | 3,3023 0,7230 | 0,0120 | 0,0282 0,9360 0,0160 00551 0,0243 0,0131 0,0096 0.0908 + 0,0058 ;H4+4 +++] EspeRIENZA 50.8 — N.° 100 corolle di Salvia dietro lv schermo a luce gialla ed altrettanto dietro quello a iuce bleu. | Perdita giorna- Peso licra d’acqua giornaliero di | dalle corolle 50 corolle rosse sottoposte allo schermo bleu 4,2615 2,573 1,6872 1,4151 1,1592 0,9097 0,5054 0,6312 0),2785 0,4257 0,2055 0.3934 0,0273 0,3846 0,0138 0,3752 0,0064 0,3755 0,0027 0,3735 00020 03735 0,0000 Totale 3,5880 splendens vennero poste Data dell'esperienza 4 Ott. 1902 6 » » 7 ® » Ce) , ” 9 » ut > l l » » 12 » » 13 Z 14 A » 2 ee SA ‘TL Il SCHERMO GIALLO ——__T Le corolle poste dietro lo schermo | giallo hanno perduto una Peso Perdita giorna-| maggiore (+) o giornaliero liera d’acqua minore (—) delle corolle | delle corolle quantità d’acqua poste dietro poste dietro |in confronto di allo schermo | allo schermo | quelle tenute giallo giallo dietro lo schermo È bleu 7.8009 2,3629 5,4380 — 0,1991 1,6136 0,7493 + 0,0520 1,1852 04284 + 0,0538 1,0376 0,1476 + 0,0203 0,9189 0,1187 + 0,0252 0,8675 0,0514 — 0,0036 0,8365 | 0,0310 + 0,0113 0,8251 00114 + 0,0087 0,8195 0,0056 + 0,0040 0,8188 0,0007 + 0,0007 0,8388 — 00020 Totale 6,9821 SCHERMO BLEU e "gros Peso giornaliero delle corolle tenute dietro lo schermo bleu Perdita giorna- liera d’acqua delle corolle tenute dietro lo schermo bleu 7,7648 2,1277 5,6971 14404 0,6873 1,0698 0,3746 09355 0,1273 0,8450 0,0935 0,7920 00530 0,7723 00197 07696 0,0027 0,7680 0,0016 0,7650 0,0000 07860 0,0020 Totale | — 6,9988 — 440 — AspERIENZA 51.8 (Tav. XV, fig. 7.) — 50 calici di Salvia splendens vennero sottoposti alla ra.liazione gialla ed altrettanti a quella bleu. | SCHERMO GIALLO I calici esposti | alla luce gialla SCHERMO BLEU le hanno perduto rr Data | ì 4 una maggiore (+)| d Î . Peso . | Perdita giorna-| o minore (=) . Peso _ \Perdita giorna- dellesperienaa |. BPOrogliero di | dira d'afque (quentità d'aciua | gionalioro di | lege rn esposti alla luce| soggettati alla| quelli esposti |espostiallaluce| esposti alla gialla luce gialla | alla PRIA | bleu radiazione bleu 26 Aprile 1902 2,7108 2,6730 27 5 Doll 1,8060 0,9048 — 0,1132 1,6550 1,0180 28 È Fi 1,3758 0,4302 + 0,0059 1,2307 0,4243 20008 È 1.0805 0,2953 + 0,0321 0,9675 0,2632 30 Da n 0,8910 0,1895 + 0,0339 0.8119 0,1556 1 Magg. 1902 0,7079 0, 1831 + 0,0271 0,6559 0,1560 2 x 5 0,6485 0,0594 + 0,0170 0,6135 0,0424 3 = 5 0,6020 0,0465 -+ 0,0152 0,5802 0,0333 4 ù hi 0,5740 0,0280 + 0,0045 6,5567 0,0235 5 vi sì 0,5565 0,0175 + 0,0015 0,5407 0,0160 GEL 0,5410 0,0155 — 00015 0,5237 0,0170 TA ù 0,5250 0,0130 | — 0,0042 0,5065 0,0172 8 Li x 0,9245 0,0035 + 0,0014 0,504 £ 0,002 L gi n 0,5240 0,0005 — 0,0014 0,5025 0,0019 Totale 2,1868 Totale 2,1705 EsperIENza 52.8 — N.° 50 corolle bleu di Salvia Ianthina vennero collocate dietro lo schermo a luce gialia ed altrettante dietro lo schermo ‘ a luce bleu. SCHERMO GIALLO (aa corolle poste SCHERMO BLEU __——1c:c:c6 0,4356 0,0417 + 0,0069 0,4268 0,0548 20 O,” 04115 0,0241 — 0,0024 0,4003 0,0265 24 E 3 0,3938 0,0177 + 0,0011 0,3837 0,0166 25 si È 0,3815 0,0123 + 0,0027 0,3741 0,0096 BARI 03752 0,0063 + 0,0055 03688 0,0053 27 À L 0,3753 — 0,0008 0,3680 0,0008 Totale 3,9U45 Totale 3,4130 — ddl — Esperienza 53.8 — 48 fiori rossi di Vinca rosea vennero sottoposti alla radiazione gialla e altrettanti alla radiazione bleu. SCHERMO GIALLO II fiori tenuti alla | SCHERMO BLEU = dir ‘luce gialla hanno | = ia perduto una Data maggiore (4+) o Peso Perdita giorna- minore (—) quan- Peso | Perdita giorna- dell'esperienza |\giornaliero dei | liera d’acqua | tità d’acqua in |giornaliero dei | liera d'acqua fiori tenuti alla dai fiori tenuti confronto di fiori tenuti alla) dai fiori tenuti luce gialla (alla luce gialla/quelli tenuti alla luce bleu | alla luce bleu | luce bleu 17 Sett, 1902| 5,8950 5,8132 18 g n 3,4625 2,4325 — 0,1977 3,1830 2,6302 TE È 2,0915 1,3710 + 0,2984 2,1104 1,0726 20 = 281 1,4745 0,6170 — 0,0649 1,4285 | 0,6819 Dee È 1,0962 0,3783 + 0,0058 1,0560 0,3725 22 % » 0,8840 0,2122 + 0,0312 | 0,8750 0,1810 23, E 0,8065 0,0775 | + 0,00838 0,8058 0,0692 DAG 0,1607 | 0,048 | -- 00014 | 07724 0,0344 CA - 0,7561 i 00046 | — 0,00I1 | 0,765 0,0057 2000, A 0,7570 | 0,7654 0,0003 i | Totale | 5;1389 | Totale 5,0478 EsperIENzA 54.8 — 25 fiori bianchi di AnthyrrRinum majus vennero posti dietro uno schermo bleu ed altrettanti dietro uno schermo giallo. SCHERMO GIALLO { fiori posti dietro SCHERMO BLEU n ———— Py r'l0'schermo:giallo|t == ei hanno perduto Data una maggiore co) o minore (— 3 7 Peso Perdita (quantità daeloa Peso Perdita dell'esperienza | giornaliero di | giornaliera | in confronto di | giornaliero di | giornaliera > 25 fiori bianchi d’acqua quelli tenuti 25 fiori d’acqua \dietro lo schermo bleu 20 Luglio 1902 7,1800 6,9100 A DN È 2,1823 4,3977 + 0,7819 3,2942 3,6158 ole 7 19343 0,8480 + 00059 24521 0,8421 aa È 1,6520 0,2823 — 0,0969 2,0729 0,3792 24 Ap ù 1,4625. 0,1895 — 0,1654 1,7180 0,3549 207 (5 da 1,5610 0,1015 -- 0,1267 1,4898 0,2282 Lore È 1,3171 0,0439 — 0,0760 1,3699 0,1199 Zio vt. e 1,2975 0,0196 — 0,0346 1,3157 0,0542 20: se b 1,2521 0,0454 — 0,0163 1,2535 0,0622 201 o 1,2290 | 0,0231 — 0,0224 1,2080 0,0455 TE i 1,2232 0,0058 — 0,0127 1.1895 0,0185 Gia Ta 1,2110 0,0122 — 0,0143 1,1630 0,0265 1 Agosto , | 1,2140 1,1630 x el | 1,2118 Totale | 5,960 | @— Totale | 5,7470 Atti dell’Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII 81 — 442 — Esperienza 55.8 — 25 fiori rossi di Anthyrrhinum majus vennero posti dietro uno schermo o 5 iallo ed altrettanti dietro uno schermo bleu. rr Date . Peso ; EA i dell'esperienza | elomaliero di ded ca lion alla radiazione gialla 20 Luglio 1902 7,1800 21 n Ra | 2,5024 4,3776 29. Sl 50 0,8874 23 L n 1,6590 0,2560 24 à 2) 1,5010 0,1580 25 S I 1,4400 0,0610 26 È a 1,4129 0,0271 27 E = 1,4062 0,0067 25 È, A 1,3675 0,0387 29 È È. 1,3405 0,0270 30 Fi È, 1,3379 0,0026 31 9 A 1,3249 | 0,0130 1 Agosto , 1,3290 | 2 È 1,3420 fim Esperienza 56.8 (V. Tav. XV, fig. 6.) — N.° Totale | 5.8541 SCHERMO GIALLO |I fiori posti dietro lo schermo giallo £CHERMO BLEU | hanno perduto uan = | po) minore | Li Peso Gna OMenbte ciaoIna giornaliero di ‘d’acqua sui fiori quelli Venuti 28 fiori rossì | O tropane ERA] alla radiazione | Ò ro dn n ; bleu 6,9100 — 0,0263 2,5061 4,4039 + 0,2653 | 1,8840 0,6221 a CHIETI 1,6917 0,1923 + 0,0293 | 1,5630 0,1287 + 0,0031 | 1,9051 0,0579 — 0,0050 1,4730 0,0321 — 0,0113 | 1,4550 0,0180 — 0,0099. | 1,4262 0,0288 — 0,0163 1,3529 0,0433 — 0,02 8 | 1.8595 0,0234 — 0,0170 | 1,3285 C,0310 | | 1,3230 0,0055 1,3295 | Totale | 5,5870 50 calici bianchi di Salvia splendens (var. bianca) vennero tenuti dietro lo schermo a luce gialla ed altrettanti furono sottoposti alla radiazione bleu. SCHERMO GIALLO A MeiRosti | SCHERMO BLEU ETTTTT====_= mo giallo hanno| - ———eT perduto una Data Perdita maggiore (+) 0 Perdita dell'esperienza | “Paso | duoqua , lità dncqua in | singolo di | dogua 56 calici Dianchi|slla radiazione| quelli tenuti 90 Alici bianchi! gita radiazione gialla dietro lo schermo bleu | bleu 26 Agosto 1902 3,4220 i 3,3255 2 3 1,9650 1,4570 -+ 0,0305 ‘ 1,8990 1,4265 Ba n 1.4713 0,4937 + 0,0047 1,4100 0,4890 , ZO A 1,2330 0,2383 — 0,0139 1,1578 0,2522 SON A 1,0914 0,1416 — 0,0082 1,0080 0,1498 SI ® 0,8979 0,1935 — 0,0091 0,5054 0,2026 l Sett. , 0,8230 0,0749 + 0,0076 0,7351 0,0673 Dio ES B 0,7697 0,0533 + 0,0176 0,7024 0,2357 or 6 0,7295 0,0402 + 0,0126 0,6745 0,0276 de 5 0,7075 0,0220 + 0,0102 0.,6630 0,0118 OT 5 0,6749 0,0326 + 0,0146 0,6450 0,0180 Cia i, 0,6475 0,0274 + 0,0124 0,6300 0,0150 CORE È 0,6465 0,0010 -+ 0,0010 0,6303 Logi. 3 0,6432 0,9033 + 0,0018 0,6285 0,0015 Totale 2,7788 Totale 2,6970 — 443 — Esperienza 57.° (V. Tav. XV, fig. 8.) — Dalle foglie di Euphorbia sanguinea Sì staccarono 120 dischi del diametro di 18 mill., una metà, dei quali venne posta dietro lo schermo giallo e l’altra dietro quello bleu. SCHERMO GIALLO I dischi sotto- | SCHERMO BLEU —— P___ posti alla radia-|_ — —— —— zione gialla | | | hanno perduto | | Data Perdita (una maggiore (+)| Rerdia E giornaliera | o minore (—) | iornaliera dell’esperienza Spi di genoa ala Er Tono ai i d'acGuA STE no ! dai disch) sotto-| in confronto di | 8 80 disc] 2 € fai dischi sotto- SOLE posti alla ra- | quelli sottoposti ISO Dl posti alla diazione gialla alla TRENNO radiazione bleu | eu 27 Sett. 1902| 1,8540 1,8380 | Sena 7 0,9731 0,8809 — 0,0162 0,949 | 0.971 Doe È 0,6991 0,2740 + 0,0001 9,6570 0,2739 SOR L 0,5940 0,1051 + 0,0216 | 0,5835 | 00835 1 Ottobre . 0,5775 0,0165 + 0,0076 0,5746 | 0,0089 Di. i 0,5751 0,0024 | + 0,0008 0,5730 | 0,0016 > È 0,5763 | 0,5738 Totale | 1,2789 | Totale | 1,2650 , | ’ EspeRIENZA 58." (V. Tav. XV, fig. 5.) 50 dischi ottenuti colle foglie rosse di Canna indica vennero sot- toposti alle radiazioni della metà meno rifrangibile dello spettro ed altrettanti a quelle della metà più rifrangibile. I dischi avevano 18 mill. di diametro. SCHERMO GIALLO I dischi sotto» SCHERMO BLEU MR re | posti.alla radia-| __—_—rEET ri zione gialla hanno perduto Data Perdita una maggiore (+) Perdita | Peso giornaliera o minore (—) Peso giornaliera dell'esperienza | giornaliero di | d’acqua quantità d’acqua| giornaliero di d’acqua | 50 dischi |daidischi espo-| in confronto di 50 dischi dai dischi espo- | sti alla luce | quelli sottoposti sti alla luce gialla alla radiazione bleu | bleu | 10 Sett. 1902 3,2200 | 3,2800 1l 5 5 1,6274 | 1,5926 — 0,0574 1,6300 1,6500 ATTRA a 0,7550 | 0,3724 — 0,0546 0,7030 0,9270 AS 61, E 0,3328 i 0,4222 + 0,0457 0,3265 0,3765 i egg ci 0,2300 | 0,1028 + 0,0084 0,2821 0,0944 Joaci È 0,2319 | | 0,2327 Totale | 2,9900 | Totale | 3,0479 — 444 — EspERIENZA 59.8 — 100 dischi ricavati da foglie rosse di Ackyranthes Verschaffeltii vennero sottoposte alla radiazione gialla ed altrettanti a quella bleu. Il diametro dei dischi era di 18 mill. SCHERMO GIALLO I dischi sottoposti | SCHERMO BLEU —————yrtP—_soe— alla radiazione | n gialla hanno | | . erdi a | * Data | | Perdita MOSTRO Te SI Perdita | DION PE, | magg e Î : sor d | 5 giornaliera | SS no DIS Ja giornaliera dell'esperienza | _. Peso : d’acqua LORO (IRA Ron a d’acqua giornaliero di dai dischilespo-| cità d’acqua in | giornaliero di laivaiBatieenDa 100 dischi È ; SE confronto di 100 dischi CGIL cafe) sti alla radia- | sti alla radia- | zione bleu Zionereialia quelli esposti alla | radiazione bleu 18 Sett. 1902| 5,5210 5,5390 Î Î Me 2378031430 | + 0,1151 925111 | 3,0279 205 KE asgl il 019866. | ‘(00/0242 1,5003 | 1,0108 SMR MT10052 03862, || —#00593 || ‘0548 ||| 0/4455 da, 1 sn | 0,3539 0,1513. | — 00435 | 0,8600 || QI0HS4S II RFRRIN MARIE 12210 0,0319 | -— 00056 | 08225 | 0,0375 DAN >» | 10,8007 010230 | SX0/0023% | 080357 CIO HIS n | (04972 0,0035 — 0,0076 0,7924 | OOUDI 200005 ARCO I93I 0,0035 + 0,00LL 0,7900 i 0,0024 + 0,0003 0,7900 | Tore E i OE 0,0003 Totale 4,7207 Totale | 4,7508 O O NDI16 0,0021 | + 0,0003 | 0,7882 0,0018 | | | Verso il 21 settembre i dischi cominciarono a perdere il color rosso ed assumere una tinta verde. Il cambiamento di colore cominciò alla periferia, per raggiungere in pochi giorni il centro dei dischi. Ciò de- porrebbe nel senso che l’inverdimento è dovuto a processi di ossida- zione, anzichè ad un semplice fenomeno di alcalinizzazione come vorrebbe qualche autore (V. Cap.: sull’influenza delle alte temperature sopra l’an- tocianina). Questi risultati confermano ed estendono quelli ottenuti dal Comes nelle sue ricerche. i Appare manifesto infatti, da tutti quanti gli esperimenti eseguiti, ad eccezione di quello riferentesi ai dischi di Ackyranthes, che gli organi rossi traspirano ed evaporano poco energicamente all’inizio dell'espe- rienza, quando vengono posti al di dietro di uno schermo che si lasci attraversare solamente dalle radiazioni della metà meno rifrangibili dello spettro; mentre ciò non succede più se si collocano gli stessi organi al di dietro di uno schermo bleu. All’opposto, gli organi forniti di an- tocianina bleu traspirano ed evaporano di più sotto l’azione degli schermi — 445 — che lascino soltanto passare le radiazioni della metà meno rifrangibile dello spettro anzichè al di dietro degli schermi bleu. Se si considera soltanto l'emissione totale dì acqua, il fenomeno non è più tanto manifesto, ma ciò non di meno anche in questo caso si può affermare che gli organi rossi (Salvia, Canna, Achyranthes, ecc.) emettono molt'acqua sotto l’azione delle radiazioni emanate dalla metà più rifrangibile dello spettro, mentre all'opposto gli organi bleu (Salvia tanthina, ecc.) cedono più acqua sotto l’influenza delle radiazioni meno rifrangibili. L'Euphorbia sanguinea, V Anthyrrhinum, la Salvia splendens (un caso) e la Vinca rosea hanno offerto delle eccezioni a questa ultima legge. Per quanto concerne la prima, si può tuttavia osservare che le variazioni si sono mostrate ben poco accentuate: perciò che ha riguardo la Vinca è lecito affermare che il colore del fiore è indeciso e ten- dente anzi al violetto, ed infine per quanto riflette la Salvia splendens riesce manifesto che il risultato è solo apparentemente contradditorio poichè se si riduce il valore dell’acqua eliminata a 1000 gr. di sostanza secca si trova che l’evaporizzazione diventa maggiore sotto l’azione della Ince bleu, come appare dal seguente specchietto (V. Esperien- Za N. 51): 0.5240: 2.1868 : : 1000: x x = 4096 (Schermo a luce gialla) 0.5025 : 2.1705::1000:2 = 4319(Schermo a luce bleu). Anche molto importanti si sono dimostrati gli esperimenti eseguiti con organi bianchi, avendo questi emesso più acqua sotto l'influenza delle radiazioni della metà meno rifrangibile dello spettro. Per comprendere il significato e la portata di tutte queste espe- rienze occorre considerare la questione dell’assorbimento delle radiazioni termico-luminose dal punto di vista fisico. Lo spettro luminoso, come è noto, è ad un tempo uno spettro ter- mico, nel quale le radiazioni calorifiche vanno tuttavia diminuendo di intensità a misura che ci portiamo verso la regione delle radiazioni più rifrangibili. Lo spettro termico, in altre parole si sovrappone solo parzialmente al luminoso poichè il massimo di intensità delle radiazioni termiche precede il massimo della radiazione luminosa anzichè coinci- dere collo stesso. Data una tale condizione di cose, noi siamo in grado di spiegare il diverso comportamento degli organi differentemente colorati per quanto concerne l'emissione del vapore acqueo sotto l’azione delle diverse ra- diazioni. i GA Consideriamo innanzi tutto gli organi bianchi. Questi assorbono in modo uniforme e quali si presentano, tutte quante le radiazioni dello spettro, eliminandone però di poi in gran parte (d’onde il color bianco) senza che tuttavia abbia luogo un assorbimento maggiore per parte delle une o delle altre. Coll’assorbimento delle radiazioni luminose ha pure luogo l’assor- bimento delle radiazioni termiche e siccome queste sono più attive in corrispondenza delia metà meno rifrangente dello spettro, così ne av- verrà che sotto l'azione della luce gialla, gli organi bianchi elimine- ranno maggior copia di acqua in confronto di quanto si verifica sotto l'influenza delle radiazioni più rifrangibili dello spettro (schermi bleu). Ben altrimenti vanno le cose se si considerano gli organi rossi. Questi assorbono energicamente le radiazioni bleu, e sono invece in gran parte permeabili a quelle rosse le quali, come è noto, sono anche le più calorifiche della regione luminosa dello spettro. In conseguenza sotto l'influenza esclusiva di queste (schermi rossi o gialli), la quantità di acqua che viene eliminata sarà molto scarsa, non venendo le radiazioni trattenute, mentre sotto l'influenza delle radiazioni più rifrangibili, molto energicamente assorbìte, avrà pure luogo un’energica emissione di vapor acqueo. La grande diffusione dei fiori rossi specialmente nei luoghi soleg- giati (V. BuscaLioni e Traverso: l’Evoluzione del fiore in rapporto colla evoluzione cromatica del perianzio) troverebbe adunque il suo fondamento nelle condizioni fisiche della radiazione e costituirebbe in pari tempo un meraviglioso esempio di adattamento degli organi riproduttori al mezzo esterno, per cui riescirebbe a questi assicurata la loro provvista di acqua anche sotto l’influenza di una insolazione intensa. Da ultimo dobbiamo considerare ancora gli organi bleu, i quali, traspirando energicamente sotto l’azione delle radiazioni giallo-rossastre, più attive dal punto di vista termico e più interamente assorbite dalla antocianina bleu, verrebbero a trovarsi in condizioni poco propizie nella lotta per l’esistenza. Noi dobbiamo però aver presente che le antocianine bleu (per lo più son tali quelle dei fiori) si trovano nelle cellule allo stato disso- ciato e perciò anche in condizioni (dato il maggior numero di elementi o joni) di opporre una maggior resistenza all’evaporizzazione ed alla traspirazione riuscendo più elevato il loro potere osmotico. Questi risultati ci hanno indotti a ricercare se i tessuti rossi con- tengano più acqua di quelli bleu. Le nostre esperienze cominciate tardi si riferiscono unicamente alla Salvia Horminum, di cui si esaminarono comparativamente le brattee rosse e quelle bleu, — 447 — EsPERIENZA 60.8 — Brattee rosse e bleu di Salvia Horminum. = | Le brattee rosse | hanno perduto | Data slo oralteo Et TE: una maggiore (+)|110 brattee bleu iena alferparienza | —, Peso dalle brattee |_ 0 minore (—) eo dalle giornaliero rosse E DRA CRSGIL ETOTNAZICLO brattee bleu quelle bleu | i rissa e i ila LL 2 3Giugn.1902) 1,4800- | = 1,4800 Ae È 0,6249 0,8551 + 0,0337 0,6586 0,8214 Ln b 0,4319 0,1930 — 0,0145 0,4511 | 0,2075 Gal E fi 0,3234 0,1085 — 0,0070 0,3356 0,1155 Tan e x 0,2657 0.0577 I. 0,045 0,2824 | 0,0532 Bia? Ù 0,2270 0,0387 + 0,0105 0.2542 | 0,0282 CIR " 0,2142 0,0128 + 0,0006 0,2420 | 0,0122 so E B 0,2 50 | 0,0092 — 0,0078 0,2250 0,0170 MN OA 0,2152 | 0,2389 | DECINE È 0,2010 0,0040 + 0,0040 0,2336 ix 02009. | 00001 + 0,0001 | 0,2330 | (I Rae ESE SE Totale 1,2791 | Totale | 1,2550 | Parrebbe adunque che — in tesi generale — a parità di condi- zioni i fiori bleu contengano meno acqua di quelli rossi, I). L’azione degli anestetici e l'eliminazione del vapore acqueo. Nelle nostre ricerche avendo più volte tentato l’azione degli ane- stetici sui vari organi in cui si stava studiando il decorso dell’ eva- porizzazione, abbiamo rilevato alcuni fenomeni i quali, sebbene non ab- biano diretto nesso coll’argomento che stiamo trattando, meritano pur tuttavia di esser segnalati perchè possono contribuire ad illustrare il processo dell’eliminazione dell’acqua per parte delle piante. Per questo genere di indagini noi abbiamo ricoperto le parti delle piante, di cui si voleva studiare l'energia di evaporizzazione, con una campana di vetro entro la quale eravi pure un recipiente contenente del cloroformio, mentre sotto un’altra campana analoga, posta nelle iden- tiche condizioni di luce, temperatura, ecc., veniva collocato l’altro lotto degli stessi organi che dovendo servire di controllo non rimanevano sot- toposti all’azione dei vapori anestetici. I risultati ottenuti da questi esperimenti sono consegnati nelle pre- senti tabelle: Esperienza 61.8 Data dell'esperienza 16 Ott. 1962 17 18 19 20 21 29 23 24 25, 26 27 Peso giornaliero di 100 fiori bleu sottoposti al- — 4 48 Fiori bleu di Salvia Ianthina. Perdita giorna- | liera d’acqua | dei fiori sotto- I fiori esposti ai | vapori di cloro- formio hanno perduto una muggiore (+) 0 minore (—) quan- l’azione dei va- posti all’azione) tità d’acqua in pori di. cloroformio 3,D747 22820 0,8500 0,3300 0,3440 073440 0,3425 0,3405 0,3403 0,3405 0,3393 0,3409 Totale \del cloroformio 1,2927 1,4520 0,5000 0,0060 0,0000 0,0015 0,0020 0,0002 0,0010 3,2354 confronto di quelli non sog- | getti all’ane- stetico 0,2966 0,3912 0,0446 0,1618 0,0855 0,0370 0,02 11 0,0078 0,0010 | Peso | giornaliero di | 100 fiori bleu non sottoposti ai vapori di clorotormio | 3,7373 21480 1,1072 0,65 8 04840 0/3985 0,3600 0,3369 0,3259 0,3277 0,32t5 I Totale | Perdita giorna- liera d'acqua dai fiori non cloroformizzati 1,5893 1,0408 0,4554 0,1678 0,0855 0,0385 0,0231 0,0080 0,0012 3,4096 Il giorno 20 ottobre i fiori esposti ai vapori di cloroformio si pre- sentavano assai più raggrinzati di quelli lasciati all'aria atmosferica, ed erano divenuti oltremodo pallidi. Esperienza 62.* — Fiori rossi di Salvia splendens. \Botto l’azione del n PIOTOTOIRIOA Sor] TO : eso. |Perdita gi . nanno perduto | siornaliero di | Perdita giorna- Data MOIO era dncqua RE 5100 fiori on lera dicqua dell'esperienza | ai vapori del |,j ai fiori. [quantità d'acqua| SOttoposti ai ROZEN Jorof A cloroformizzati |! Fra A vapori di cloroformizzati cloroformio in sontmopioi il \welorofaraiio anestetizzati 16 Ottob. 1902 4,4612 4,3814 DCR ”» 8,0433 1,4179 | — 0,0298 9,9337 1,4477 IISTPONTOO ui 1,4831 1,5599 + 0,3069 1,6507 1,2530 TON! " 0,6300 0,8534 + 0,1252 0,9525 0 1282 QUEI: DI 0,4523 0,1797 — 0,1966 0,5782 0,3743 21 È E 0,3992 0,053 1 — 0,0509 0, 4442 0,1340 PO 2 0,3940 0,0052 — 0,0569 0,3821 0,0621 208, i 0,3915 0,0025 — 0,0261 0,3535 0,0286 24, È 0,3591 0,0024 — 0,0122 0,3389 0,0146 A O 6 0,3901 0,3329 0,0060 ROME so 0,3880 0,00L1 — 0,0003 0,35315 0,0014 I a i 0,3905 0,3310 0,0005 Totale 4,0732 Totale 4,0504 H fiori sottoposti al cloroformio impallidiscono rapidamente. EspeRIENZA 63.8 Peso giornaliero di 21 fiorì esposti ai vapori di celoroformio Data dell'esperienza — Mg -- Fiori rossi di Primula. | I fiori elorofor- | mizzati hanno | i perduto una Perdita giorna-| maggiore (+) o liera d’acqua |minore (—) quan- dai fiorì | vità d’acqua in eloroformizzati | confronto di |quelli non sotto- \posti ai vapori di| | eloroformio Peso giornaliero di 21 fiori non esposti ai va- pori di cloroformio Perdita giorna liera d’acqua dai fiori non \cloroformizzati 11 Febbr. 1902 3,7052 tai ic. |. :2,6450 SE | 24300 e 22725 inni) è, | 2,1413 (1:08 CETRA 1,9135 Ani; 1,7530 1034 vd ME 1,5935 dai, 1,4351 DOM), 1,3140 in, > 1,1730 IAA rea è 0,9800 DPI) 0,8045 DIETE 0,5337 DEAR _ 0,4903 Bab», 0,3879 PI. | _.0,3250 Cate 0,3052 1 Marzo , 0,2943 TA - 0,2682 Rogi A 0,2735 rlepni co 0,2503 insar 0,2480 Mt 0,2500 Totale | Dopo ventarono bleu. 1,0602 + 0,2580 | 0,2150 | - 0,1193 | 0,1575 | + 0,0422 | 0,1312 + 0,0199 | 02278 + 0,1285 0,1605 + 0,0584 0,1695 + 0,0552 0,1484 + 0,0435 0,1211 + 0,0022 0,1410 + 0,0001 0,1930 + 0,0247 0,1755 + 0,0170 0,1708 + 0,0289 0, 1429 + 0,0123 0.1029 — 0,0331 0,0629 — 0,0561 0,0198 — 0,9992 0,0109 — 0,0777 0,0261 ui — 0,0968 0,0179 — 0,0834 0,0023 — 0,1359 I — 0,0739 3,4572 ] 3,7052 2,9030 2,8003 2,6350 2,5737 94744 2,3723 2,2580 9,1581 1,0342 1,8933 1,7250 1,5665 1,4246 1,2940 1.1580 1,0390 0,9200 0,8314 0,6931 0,5963 0,4950 0,3568 0,2829 Totale 0,8022 0,1027 0,1153 0,1113 0,0993 0,1021 0,1143 0,1049 0,1189 0,1409 0,1683 0,1585 0,1419 0,1306 0,1360 0,1190 0,1190 0,0886 0,1383 0,0968 0,1013 0,1382 0,0739 3,4228 8 ore dall'inizio dell'esperimento i fiori cloroformizzati di- — 450 — EspPERIENZA 64.2 — Fiori bianchi di Primula. I fiori elorofor- mizzati hanno Peso Perdita giorna-| perduto una ;) RETE, Data giornaliero di | liera d’acqua | maggiore (+) 0 | _. Pieno li Perdita, none 22 fiori bianchi|dai fiori esposti minore (—) quan- OE MOLORCIA! I; Haro acqua dell'esperienza |espostiaivapori| ai vapori di | tità d’acqua in Ion i Moni CALIOMINOla | di cloroformio cloroformio confronto di eloroformizzati \cloroformizzati quelli non cloro- | | formizzati | 11 Febbr. 1902 3,70592 3,7052 DO È 2,6300 | 1,0752 + 0,2910 2,9210 | .0,7842 13 a 2,4372 0,1928 + 0,0591 2,1373 0,1337 14 ti so 2,2765 | 0,1607 + 0,0620 2,6650 0,1223 TO RI RZAIT00. | 0,1655 + 0,0791 2,5605 0,1045 lO e a | 19042 | 0,2058 + 0,0643 2,4338 0,1267 a È 1,7600 0,1442 + 0,0411 2,3939 0,0799 La PAS 16150 | 0,1450 + 00150 2,2500 0,1039 19 Ò 1,4 00 | 0,1250 — 0,0070 2,1400 0,1100 ZON ; 1,3605 | 0,1295 + 0,0006 2,0035 | 0,1565 DLL ile 12015 | 0,590 | + 0,0846 1,8451 0,154 ORI x 10305 NONO 2010985 1,7605 0,0846 DE SLI , | 08800 | 01505 — 0,0104 | 1,5115 .| 0,2490 Di ST È 0.7235 0,1565 — 0,0136 1,3446 0,1669 25005 5 0,5920 9,1315 — 0,0312 | 1,2005 0,1441 26, SR 0:4852 0,1068 — 0,0272 1,0625 | 0,1380 ZU 3 0,3873 0,0979 — 0,0740 | 09374 0,1251 28/000 03283 0,0590 — 0,0639 0,8044 0,1330 1 Marzo , 0,3078 0,0205 — 0,1253 0,7200 0,0844 QUIRE È 0,2931 0,0147 — 0,0951 0,5800 0,140 Gil E 0,2870 0,0061 0,4788 0,1012 CORE 0,2378 -- 0,0908 0,3796 DI cara de: 0,2830 0,0040 — 0,0374 0,2340 0,1948 (IRA 0,2920 0,2466 0,0374 Totale 3,4222 Totale 3,4586 L'unica conclusione che possiamo trarre dalle poche esperienze fatte, si è che sotto l’azione del eloroformio l’acqua viene molto più rapida- mente eliminata di quando avvenga in condizioni normali, per cui gli organi seccano più rapidamente. In due casi noi abbiamo notato che nelle prime 24 ore, anzichè un eccesso di traspirazione e di evaporizzazione, si verificava un indebo- limento nell’emissione di acqua per parte degli organi cloroformizzati in confronto di quelli tenuti nelle condizioni normali, ma ciò andava ascritto probabilmente a fenomeni di iniezione degli spazi intercellulari la quale certo deve aver luogo sotto l'influenza degli anestetici (V. Bu- scaLtoni e PoLLacci: Le pellicole di collodio, ecc. lav. cit.). Nelle nostre esperienze non abbiamo potuto rilevare che le diffe- renti sorta di antocianine possano esercitare un’azione qualsiasi sulla — 4bl maggiore o minore accelerazione del processo di evaporizzazione, ma non è duopo far rilevare che per risolvere una così complicata questione occorrerebbe un gran numero di esperienze comparative. Il fenomeno della più rapida eliminazione d’acqua per parte degli organi cloroformizzati lia una speciale importanza in quanto che dallo stesso risulta che l'emissione del vapor d’acqua è dovuta a processi fisiologici assai complessi anzichè costituire un semplice fenomeno fisico. Noi siamo arrivati a questa conclusione dall'esame di quanto avviene allorchè si lascia evaporare dell’acqua contenuta in un recipiente cir- condato da un’atmosfera di vapori di cloroformio. L'esperienza venne condotta nel seguente modo; due recipienti di egual forma, peso e capacità vennero riempiti con 100 gr. di H"*O e quindi collocati sotto due campane di vetro identiche — ed in identiche condizioni di luce, temperatura, umidità, ece., — l’una delle quali però ricopriva anche un recipiente contenente del cloroformio che poteva così liberamente diffondersi nello spazio circoscritto della campana. Dopo 24 ore si procedette alla determinazione dell’acqua perduta per evaporizzazione dai 2 recipienti ed alla stessa verificazione si ad- divenne pure nei giorni successivi fino al fine dell'esperienza che durò circa una settimana. I risultati delle pesate sono consegnati nella seguente tabella, in cui con A indichiamo il recipiente che venne a contatto col cloroformio, con B quello lasciato nelle condizioni normali. 18 Febbraio 1902, Il vaso A pesa gr. 0.260 di più del recipiente B, mentre all’inizio dell'esperimento avevano entrambi uguale peso. 19 n Il vaso A_ pesa gr. 0. 100 di più del vaso B. 20 sd LI = MM n, UO: MSI, SUI LO A ZANE MB IT MA (04760 ME Appare pertanto evidente che il cloroformio tende a diminuire l’eva- porizzazione dell’acqua e per di più si scioglie in parte nella stessa, per cui ne aumenta il peso. E quindi lecito concludere che l’evaporizzazione dell’acqua si compie secondo principi alquanto differenti da quelli che regolano l’evaporizza- zione di un tessuto vegetale, sia questo antocianico o no, sottoposto al- l’azione del cloroformio. — 452 — L'evaporizzazione totale è minore sotto l’azione del cloroformio, op- pure l'esemplare cloroformizzato si comporta sotto questo punto di vista come quello tenuto in condizioni normali? ! Le nostre esperienze non ci hanno forniti dei dati sufficenti per arrivare ad una conclusione. Faremo ancora notare che i tessuti antocianici sottoposti all’azione del cloroformio si scolorivano rapidamente (V. Esperienza 62). Ora un tal fatto deporrebbe poco a favore dell'ipotesi che ritiene la scolora- zione dell’antocianina essere dovuto unicamente ad un fenomeno di alcalinizzazione, in quanto che noi non abbiamo veduto manifestarsi il processo nei tessuti di controllo lasciati essiccare in condizioni normali. Riassumendo ora tutte quante le osservazioni fatte si può conchiu- dere che le varietà antocianiche per lo più emettono minore copia di acqua in confronto di quelle altrimenti colorate. La minor evaporizzazione è sensibile sia all’inizio che al fine del- l'esperimento, ciò che ci porta a ritenere che i fiori colorati dall’anto- cianina hanno bisogno di una provvista d’acqua minore in confronto di quelli bianchi perchè possono più energicamente trattenerla nelle cellule, L'esperimento conduce a risultati attendibili solo nel caso che venga esteso a molte piante e ripetuto parecchie volte sopra una stessa va- rietà, in quanto che troppi sono i fattori che possono condurre ad esiti incerti (umidità, stato di evoluzione del fiore, superficie e peso differente degli organi diversamente colorati, forma e struttura delle parti sotto- poste all'esame ed altre cause). Il fenomeno ha un interesse grandissimo perchè colla scorta del medesimo noi abbiamo potuto, nelle pagine precedenti, rilevare come i diversi colori dell’antocianina possano influire sulla maggiore o minore permeabilità di un dato organo rispetto alle radiazioni termico-luminose dello spettro, il che in ultima analisi significa che le differenti colorazioni antocianiche compiono un certo ufficio come regolatrici dell’evaporizza- zione e della traspirazione. Il Wiesner nelle sue classiche ricerche sulla traspirazione, ha di- mostrato, contrariamente alle antiche osservazioni di Deherain, Riesler, Dawberry ed altri Autori, che le radiazioni della metà più rifran- gibile dello spettro sono quelle che promuovono maggiormente la tras- pirazione delle foglie, venendo esse energicamente assorbite dalla clo- ! La forte evaporizzazione del cloroformio abbassando la temperatura potrebbe. forse, in ultima analisi, riuscire di ostacolo alla evaporizzazione dell’acqua contenuta nell’organo eloroformizzato. — 453 — rofilla e trasformate in calore anzichè utilizzate in energia fotosintetica. L'ipotesi fu combattuta dal Kolh tanto in base al fatto che le foglie poste in condizioni da non poter assimilare non traspirano più energica- mente di quelle normalmente funzionanti, quanto in base ai risultati delle ricerche dell’Engelmann, dalle quali risulterebbe che l’energia della radiazione verrebbe totalmente impiegata nella formazione dei prodotti dell’assimilazione. Si può ancora aggiungere che la premessa del Wiesner, secondo la quale gli stomi delle foglie di Mais da lui sperimentate avreb- bero gli stomi chiusi, è per nostra personale esperienza, erronea. Malgrado le cause d'errore la teoria del Wiesner, sostenuta del resto anche dall’Henslow e dal Jumelle è quanto mai seducente, nè può, così alla leggera, venir oppugnata. Il Wiesner intanto fa osservare a proposito della stessa che le foglie traspirano di più dei fiori, come ebbero ad osservare il Guettard ed il Senebier, perchè appunto sono fornite di clorofilla che trasforma talune radiazioni luminose in termiche sebbene anche ai fiori spetti, pure un debole potere traspiratorio dipendente appunto dalla colorazione (V. Wre- sneR, N.° 841, Indice Bibl). I risultati a cui siamo giunti cogli schermi colorati e le deduzioni d’indole fisica che ne abbiamo ricavate confermano ed illustrano le 0s- servazioni del grande fisiologo di Vienna. Non possiamo tuttavia dissimularei che il fenomeno dell'emissione di vapore acqueo per parte degli organi antocianici è oltremodo com- plesso per i molti fattori chimici che possono intervenire come regolatori, oltre a quello fisico testè accennato, ed a prescindere, ben inteso, dalla costituzione istologica. La pressione osmotica, ad esempio, è uno dei fattori di primissimo ordine e le nostre ricerche sotto questo punto di vista si sono trovate in grande accordo colle investigazioni di Rathay, state eseguite su foglie verdi ed antocianiche dalle quali risulta che le seconde traspirano meno benchè contengano pur sempre clorofilla. Esse sono pure in accordo con quelle di Dixon che nel suo opuscolo “ Note on the ròle of osmosis in traspiration. Iris Akad. Dublin, 1896, ha saputo mettere in evidenza l’ufficio della pressione osmotica nell’espli- cazione del fenomeno della traspirazione e collimano infine con quelle non meno importanti di Warming, Tschirch, Volkens e Fleischmann intese a mettere in evidenza l’influenza che spiegano certe sostanze contenute nelle cellule nel processo di eliminazione del vapor acqueo. ! 1 In molti funghi nei quali l’azione termogenica di taluni pigmenti non è paraliz- zata da un notevole poter osmotico dagli stessi contenuti cellulari la traspirazione è resa più attiva dalla luce, come risulta dalle osservazioni di Henslow Bonnier e Mangin sulla traspirazione dei funghi. — 454 — Inoltre i nostri studi servono probabilmente a chiarire il fenomeno della più intensa colorazione dei fiori alpini, più soggetti ad un’intensa tras- pirazione (Reinitzer) a riguardo dei quali lo Sehròter afferma recisa- mente e secondo noi anche giustamente, che il pigmento vale ad osta- colare la traspirazione. Se noi ora prendiamo a considerare le parti antocianiche e altri- menti colorate di uno stesso organo non possiamo far a meno di con- statare che nelle regioni dove vi ha il pigmento in questione, vi ba anche maggior copia di acqua sebbene la traspirazione sia non molto attiva. Un tale risultato indicherebbe che l’antocianina spiega una certa influenza non soltanto come sostanza osmotica, mia sibbene ancora come un corpo adatto a eliminare certe radiazioni capaci di spiegare una energia più o meno grande sulla traspirazione. Per quanto apparente- mente in contraddizione colle conclusioni sopra enunciate, il fenomeno vale pur tuttavia ad illustrare quale è la vera funzione del pigmento antocianico. Dalle ricerche che abbiamo fatto per investigare se le parti gio- vani e rosse contengono più o meno acqua di quello in via di inverdi- mento è risultato che le prime contengono spesso minor copia di acqua in confronto delle stesse parti allorchè hanno raggiunto uno sviluppo più inoltrato e perduto il pigmento. Un tale fenomeno riesce chiarito qualora si consideri che le cellule giovani sono meno ricche di acqua di quelle più evolute, perchè fornite di un minor numero di vacuoli e perchè questi sono di calibro più piccolo. La presenza poi dell’antocia- nina, ostacolando la traspirazione, rende meno necessaria una raccolta d’acqua piuttosto abbondante. Non si può passare per altro sotto silenzio, che la questione con- cernente la traspirazione delle foglie studiata in differenti periodi del- l'evoluzione è molto complessa ed oscura, non essendo gli autori che si occuparono dell’argomento giunti a concordi conclusioni. Risulterebbe infatti dalle osservazioni di Guettard, Fleischmann e Senebier che le foglie giovani traspirano meno di quelle adulte, ma i risultati furono contraddetti da Deherain, Krutitzky e Tschaplowitz, mentre poi l’Hohuel, il Miiller, il Vesque ed il Sachs ebbero a notare che durante l’evoluzione fogliare la traspirazione va soggetta ad alter- native di aumento e di diminuzione. Di fronte all'incertezza che ancora regna intorno ad un tal argo- mento possono aver un certo valore le nostre osservazioni, sebbene le stesse non abbiano avuto di mira le ricerche sulla traspirazione p. d., ma semplicemente la determinazione della quantità di acqua emessa, ed in conseguenza immagazzinata, dalle parti giovani e rosse in confronto di quelle verdi ed evolute. — 455 — Infine a riguardo dell’influenza spiegata, dal cloroformio nel processo dell’emissione dell’acqua, noi abbiamo fatto semplicemente rilevare che le nostre ricerche concordano solo parzialmente con quelle di Dixon. Questi, come noi, rilevò una diminuzione nell’evaporizzazione dell’acqua allorchè il processo veniva influenzato dalla presenza del eloroformio, ma le conclusioni cui egli giunse non sono applicabili, senz'altro, alle piante, in quanto a noi fu dato di constatare che negli organi sottoposti all’azione del cloroformio abbia luogo una più rapida eliminazione del- l’acqua, iu confronto di quelli tenuti in condizioni normali. Solo in principio dell'esperienza si può rilevare, talora, un fenomeno inverso. All’opposto i nostri studi in merito ad una tale questione, concor- dano con quelli di Woods, poichè quest’'autore osservò pure che sotto l’influenza del cloroformio, le piantine di Mnium muoiono ed essiccano assai più rapidamente di quelle non anastetizzate. È duopo però avvertire che le condizioni di esperimento sono dif- ferenti avendo noi avuto di mira unicamente la quantità d’acqua emessa, mentre il Woods studiò la traspirazione. Oltremodo interessante si è presentato il decorso della curva di eva- porizzazione in quasi tutte le nostre esperienze, inquantochè si è visto che all’inizio essa è molto ripida e poi va lentamente esaurendosi. Oltre a ciò se si controntano i fiori colle foglie, si osserva che i primi, in ispecie se sono alquanto carnosi, impiegano molto maggior tempo delle seconde per essiccare, malgrado la più grande delicatezza della loro epidermide. Si aggiunga ancora che nei nostri esperimenti si è pure notato il fatto già stato osservato dal Fleischer (SnWiiteeinrichtugen d. Flanzenblattern gegen Vertrochnung, Dòbeln, 1885) che, cioè, la curva di traspirazione e di evaporizzazione, anzi che procedere con una certa regolarità, si mostra interrotta in specie verso il fine dell'esperimento, da brusche oscillazioni. Il Fleischer attribuisce siffatte oscillazioni al passaggio della vita alla morte delle parti in osservazione, mentre all’opposto noi riteniamo, in base principalmente alle periodicità con cui esse compaiono, che siano l’espressione di peculiari processi chimici che av- vengono nei tessuti sia durante la vita, sia dopo la morte delle cel- lule. Certo vi influiscono anche le condizioni esterne (luce, igrometricità, temperatura, ecc.) ma le oscillazioni dovute a queste cause sono sincrone nei due lotti di organi che si esperimentano per confronto, mentre le altre sono discordanti nei due lotti come si può rilevare dalle cifre riportate dalla colonna di mezzo delle nostre tabelle (colonna 3°) che segnano appunto le differenze di emissione d’acqua, in più o in meno, che avvengono di 24 ore in 24 ore, nelle parti antocianiche rispetto a quelle altrimenti colorate. pg È stato accertato che verso il fine dell'esperimento v’hanno assai spesso degli aumenti di peso anzichè della perdite, ciò che prova come i fiori e le foglie siano sensibilmente igroscopici e possano quindi con tutta facilità assorbire l'umidità atmosferica. In conclusione dalle molte osservazioni fatte risulterebbe che l’an- tocianina serve come altre sostanze a regolare il movimento dell’acqua nelle parti in cui essa è presente, e, contrariamente alle vedute dello Stahl, anzichè favorire tenderebbe a rallentare la traspirazione. Queste nostre ricerche illustrano anche la questione relativa alla funzione biologica del fiore, risultando dalle stesse che il pigmento non va considerato soltanto come un mezzo di richiamo dei pronubi, ma bensì anche come una sostanza posta al servizio di uno dei princi- pali fattori bio-fisiologici quali è la traspirazione. * CAPITOLO XIV. L’antocianina ed i processi di ossidazione. ° Nella cellula vegetale, oltre ai fenomeni di riduzione, si compiono, pure, come si è detto nel Capitolo VII della Parte III, svariatissimi processi di ossidazione e noi non abbiamo mancato di rilevare nella II* Parte del presente lavoro come gli studi del Reinke e di altri autori abbiano appunto portato un notevole contributo alla conoscenza delle 1 I nostri studi sì riferiscono quasi esclusivamente ai fiori ed alle foglie, ma noi abbiamo anche incidentalmente rivolta la nostra attenzione alla colorazione dei frutti e dai pochissimi esperimenti fatti con i pomi parzialmente colorati in rosso abbiamo potuto rilevare col Sorauer che le parti colorate dall’antocianina traspirano meno di quelle verdi. 2 Su questo argomento si consultino le seguenti opere, oltre a quelle citate nel- l'indice bibliografico : Amm. Jahrb. f. Wissensch. Bot. 1893, Bd. 25. — Bacxn, C. R., 124. — Basrir, Rev. Gen. Bot. 1891. — Baumanx Z., Kenntniss d. active Sauerstoff, in Zeitschr. f. Phys. Chem. Bd. 5, 244 e Berichte d. deutsch. Chem. Gesellsch. 1882, Bd. 25, pag. 675. — Brrarp, Ann. Chem., Paris, 1871. — Berrrann, La Laque et la laccase in Arch. phys. 1896. — Id., C. R. 1895, Bd. 120. — Bonw, Bot. Zeit. 1887. — Id., Verh. d. Zool. Bot. Gesellsch. Wien. — Boropin, Bot. Jahresber. 1876. — BourqurLot, Remarques sur les matières omidantes et Tourn. d. Pharm. et d. Chem. 1897, Ser. 6. — Td., C. R. 1876. — Cnopar, /. Bach. H. 1902. Ueber Perossidbildung in d. lebenden Zellen Ber. d. deutschr. bot. Gesellsch. Jahrg 35 H.7, pag. 2466. — DreueraAIn et Lanparu, i —- 457 — ossidazioni che danno luogo alla formazione dell'antocianina, in seguito a trasformazioni ehimiche cui vanno incontro i composti tannici e di altra natura. Dalle cognizioni che noi possediamo attualmente sull’intima essenza del fenomeno è lecito affermare tuttavia che il medesimo è stato suf- ficientemente studiato dal punto di vista chimico, molto poco invece da quello dell'esperimento fisiologico, di guisa che oltremodo frammentarie sono le nozioni che concernono la ‘più o meno attiva compartecipazione ‘ dell’ossigeno dell'atmosfera attiva, sia direttamente od avvenga essa indirettamente, nella ossidazione di quelle sostanze che danno luogo ai pigmenti sopra enunciati. Noi abbiamo già tentato di affrontare questo lato della questione nel capitolo riflettente l’assimilazione, ma tuttavia crediamo ora prezzo dell’opera estendere le osservazioni studiando più da vicino i rapporti che corrono fra la comparsa dell’antocianina da una parte e la man- canza dell’ossigeno atmosferico dall'altra ed investigando inoltre se l’an- tocianina, presente in un tessuto, non abbia a subire modificazioni di sorta quando venga sottratta all’azione dell'ossigeno. Queste ricerche hanno lo scopo di completare quelle che vennero eseguite per stabilire i rapporti tra l’antocianina e l'assimilazione. C. R. Tom 78. — De Luca, Ann. Sc. Nat. Bot. Ser, 6, Tom. VII. — Dermer, Unters. ub. Pflanzenatmung. Ber. d. deutsch. bot. Gessellsch. 1890. — Id., Landwirtseh. Jah- resber. 1882, Bd. II. — Dewirz, Sur Vaction des oxidases dans des metamorphoses d. Insectes Soc. d. Biol. 1897. — Emw. Pozzi Escort, Sur le commensalisace de certuins ferments orxidants et reducteurs in C. R. 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Le piantine non sì tosto avevano raggiunto la lunghezza di 3 a 4 cen- timetri venivano tolte dal germinatoio e portate sotto una campana nella quale si era fatto penetrare una certa quantità di CO,, previamente stato liberato dalle impurità, dovute alla sua preparazione, per mezzo di ripetuti lavaggi nelle boccette di gorgogliamento piene d’acqua. In tali condizioni le piantine venivano a trovarsi in un'atmosfera povera di ossigeno, mentre un eguale numero di esemplari di controllo erano posti sotto un’altra campana, in cui però poteva circolare liberamente l’aria atmosferica. In tutte quante le ricerche eseguite con questo metodo le piantine di controllo esposte alla luce non tardarono ad arrossare gli assi ipo- cotilei ed anzi se l'illuminazione era sufficientemente intensa già dopo 6 o 7 ore il fenomeno era evidente. All’opposto gli esemplari tenuti in atmosfere di CO, rimanevano bianchi e solo riuscivano a colorarsi con molta lentezza e pallidamente in rosso se venivano più tardi estratte dall'atmosfera povera di ossigeno. L’arrossamento però non avveniva più se la quantità di CO, stata impiegata era eccessiva, oppure si pro- traeva troppo a lungo la dimora delle piantine nell’atmosfora di questo gas, Ja cui azione anzi non tardava a diventar deleteria. È singolare però che talora gli assi ipocotilei si necrotizzavano verso l'apice rimanendo viventi, per poco tempo ancora, verso la base. Ora la parte viva, una volta sottratta all’asfissia, riusciva parimenti a colorarsi in rosso pallido in breve spazio di tempo. Come esperienza di controllo noi abbiamo pure immerso nell’acqua delle piantine di Polygonum Fagopyrum cresciute previamente all'oscuro. Le piantine portate alla luce continuavano a crescere, ma in tutte quante, la porzione degli assi ipocotilei rimasta sott'acqua tardò molto ad arrossarsi, od anche non presentò colorazione di sorta, mentre al- l'opposto l’estremità degli stessi e le foglie cotiledonari, circondate dall’ aria atmosferica, assunsero in poche ore una bella colorazione rossa. Dopo alcuni giorni di dimora nell’acqua le piante che si erano len- tamente arrossate anche nella parte immersa, per il prolungato con- tatto col liquido, tornavano ad imbiancarsi, indizio che l'organismo era prossimo a morire. Intanto, come fenomeno abbastanza singolare si è notato che le regioni bianche o quelle che erano di nuovo divenute tali si coprivano di miceli i quali rispettavano le parti arrossate. — 459 — Il fenomeno dell’imbianchimento delle parti antocianiche tenute sott'acqua si verifica con abbastanza frequenza e noi l’abbiamo potuto constatare tenendo immerse nell’acqua delle foglie antocianiche di Ama- ranthus, Qi Coleus, di Achyranthes, di Croton e di Musa. La perdita della colorazione in tutti questi casi è probabilmente dovuta alle necrobiosi stessa dei tessuti tenuti in condizioni anormali od alla conseguente distruzione o diffusione del pigmento. L’intima essenza del fenomeno è però a noi ignota. Oltre al Polygonum Fagopyrum anche il Corylus Avellana (var. rossa) e l’Acalipha macrophylla non hanno più sviluppato l’antocianina quando si obbligavano le foglioline giovanissime di queste piante a crescere sott'acqua. Taluno potrebbe obbiettare che la mancata formazione del pigmento in questi casi sia un fenomeno dipendente dall’umidità, ma noi abbiamo già nella II* parte del lavoro discusso la questione dimostrando che il medesimo è in relazione colla diminuita ossidazione. È vero però che nell'acqua la quantità di ossigeno disciolta è rilevante ! come pure è noto che molte piante viventi sommerse fabbricano antocianina, ma noi faremo osservare in proposito che le piante terrestri hanno una strut- tura assai differente dalle aquatiche, per cui costrette a vegetare som- merse chiudono gli stomi e non permettono più l'ingresso dell’aria atmosferica nei loro parenchimi, ciò che non succede, malgrado la man- canza di stomi, nelle piante adatte alla vita acquatica. Ancora migliori risultati si sono ottenuti ricorrendo al sistema di spalmare la superficie fogliare delle piante, che hanno fogliame anto- cianico, con certe sostanze capaci di otturare gli stomi e di impedire l’ingresso dell’aria atmosferica nei tessuti. Fra questa meritano di esser segnalate la vaselina proposta dal Blackmann? ed il burro di cacao commisto a cera * adottato dallo Stahl. L’azione di queste sostanze, come mezzo atto ad impedire gli scambi gasosi tra le piante e l’aria atmosferica è tale che la formazione del- l’amido viene ostacolata quasi del tutto, come ebbero a dimostrare lo Stahl ed il Blackmann. Noi possiamo aggiungere che se la spalmatura di dette sostanze viene fatta a dovere, i cloroplasti della foglia così trattati dopo qualche giorno assumono una colorazione pallida, indizio di notevoli alterazioni che hanno luogo nella compagine sulle cellule. ! Non è ancora bene stabilito se le piante acquatiche respirino più intensamente di quelle terrestri essendo giunti ad opposti risultati il Bònm e l’Amm che si occupa- rono di tale questione. 2 Philosoph. Transact. R. Soc, of London. Vol, 186. ® La miscela è composta di tre parti di burro di cacao e di una. parte di cera. — 460 — Nelle nostre esperienze quasi sempre abbiamo spalmato una sola metà della foglia all'uopo di avere nell’altra metà il campione di con- trollo e la spalmatura veniva effettuata d’ordinario tanto sulla faccia superiore che su quell’inferiore. Per lo più però si aveva cura di eseguire l'operazione in modo che la metà della foglia sottoposta all'esperimento non avesse a rimanere coperta da uno strato troppo compatto ed im- permeabile di burro di cacao. Così operando, lo scambio dei gas poteva effettuarsi ancora in parte, il che permetteva alle foglie di continuare a vivere, sebbene di una vita stentata, come lo attestava il fatto stesso che la metà spalmata rimaneva più piccola dell’altra lasciata in condi- zioni normali allorchè l’operazione veniva eseguita su foglie giovani. In tal caso la spalmatura provocava col tempo un’incurvamento del lembo fogliare nel piano stesso della foglia (Teobroma Cacao, Croton, ecc.) la cui convessità era costantemente rivolta dal lato della metà fogliare lasciata intatta. Fra le alterazioni più singolari dovute ‘alla spalmatura va anno- verata anche l’infiltrazione di acqua negli spazi intercellulari, il che dipendeva, in alcuni casi, probabilmente dall’impedita traspirazione, in altri da processi necrobiotici. Come conseguenza dell’azione esercitata dal burro di cacao sulle foglie noi abbiamo ottenuto i seguenti risultati nelle differenti foglie antocianiche studiate e nei differenti stadi di sviluppo delle stesse: a) Foglie giovani e rosse. Rosa sp. Persistela colorazione rossa più a lungo nella metà spalmata. Punica granatum. L'inverdimento ha luogo più rapidamente dal lato della foglia lasciato intatto. Citrus aurantiacus. La colorazione giovanile della foglia dura più a lungo, nella parte spalmata, Theobroma Cacao. Persiste il color rosso a lungo nella parte spalmata; Monodora. Ha luogo un più rapido inverdimento nella metà sotto- posta all'operazione. Le foglie però non tardano a staccarsi dal ramo. Corylus Avellana. Persiste più a lungo la colorazione rossa nella parte spalmata. r b) Foglie giovani e verdi le quali però più tardi arrossano. L'esperimento venne eseguito sulle foglie di taluni Croton le quali, come è noto, cominciano ad arrossare solo dopo che hanno raggiunto — 461 — un certo grado di sviluppo. La metà spalmata, in generale, mostrò di soffrire assai per l'operazione, ma dopo un po’ di tempo per lo più tornò a vegetare più o meno normalmente, rimanendo però verde per tutta la durata della sua esistenza. L'altra metà invece arrossò sempre nel modo normale e si incurvò fortemente per un esagerato accrescimento in confronto di quella sottoposta all'esperienza. A quanto pare adunque la spalmatura eseguita nelle foglie giovani tenderebbe a mantenere lo stato in cui si trova la foglia al momento in cui viene sottoposta all’esperienza, vale a dire se questa è rossa dura più a lungo tale, se invece è verde ma sta per diventar rossa non acquista più tardi il pigmento. Un tale comportamento, che però non è costante ed un’ eccezione infatti venne riscontrata nella Monodora, trova la sua spiegazione nella circostanza che il rivestimento di burro di cacao (od anche di vaselina) rallenta lo sviluppo delle foglie e ritarda gli scambi tra l’aria esterna e il tessuto ed altera infine, in alcuni casi, i processi di riduzione che hanno luogo nelle cellule, 7 c) Foglie adulte rosse. Begonia. In molte specie le cui foglie sono rosse inferiormente la spalmatura provoca per lo.più la morte del tessuto fogliare, preceduta però dalla scomparsa del pigmento antocianico e della clorofilla. Acalypha macrophylla. Le foglie sono screziate di rosso, di verde e di bruno rossastro. Quest'ultima colorazione è dovuta alla sovrapposi- zione delle due tinte elementari, cioè il rosso ed il verde. Il burro di cacao provoca quasi sempre una profonda alterazione nei cloroplasti, per cui scomparendo od attenuandosi il color verde si accentua, in compenso, la colorazione rossa della foglia. Se l’osserva- tore non tiene conto dell’azione che la spalmatura esercita sui cloro- plasti potrebbe esser indotto a ritenere che la stessa faciliti la forma- zione del pigmento antocianico. Amaranthus melanconium. Le esperienze eseguite su questa pianta hanno avuto per risultato di far diventar verdi, nello spazio di due o tre giorni, le foglie che sono normalmente rosse. Corylus Avellana (var. rossa). In questa specie la spalmatura ha provocato del pari l’ inverdimento. Cyssus. Se si applica il burro di cacao sopra una metà della foglia e si eseguisce l’operazione nel mese di agosto, od anche prima, si può ottenere l’arrossamento della metà ricoperta assai tempo prima (in agosto) di quanto avvenga normalmente. Il fenomeno non è privo di — 462 — interesse perchè dalle osservazioni di Mer risulterebbe che mai è pos- sibile far arrossare le foglie di questa pianta prima dell’epoca in cui ciò ha luogo normalmente, ed anzi questo Autore ritiene che la com- parsa dell’arrossamento autunnale sia collegata coll’insorgere della tinta antocianica nei frutti, mentre dai nostri studi parrebbe che tale rela- zione non esista e neppure sia necessaria. L'esame microscopico delle parti rosse dimostra che il pigmento si localizza dapprima nell’epidermide superiore per diffondersi di poi nel palizzata. Il pigmento però non è distribuito uniformemente in tutto il tessuto antocianico, ma a chiazze, per cui la foglia pare affetta da una delle tante forme delle così dette “ Blattfleckenkrankeiten ,. Solo dopo un certo tempo ha luogo una decisa confluenza delle aree rosse, la quale si inizia lungo le nervature ed i margini del lembo fogliare. Nel parenchima lacunoso, invece del pigmento, trovasi abbondante tannino ed i cloroplasti si presentano di color sbiadito. a) Fiori antocianici. Noi abbiamo pure esperimentato l’ azione del burro di cacao su taluni fiori colorati in rosso dell’antocianina, ma abbiamo ottenuto sol- tanto un imbianchimento della parte con contemporanea necrosi del tessuto (Gladiolus). I fatti esposti ci inducono a ritenere che le spalmature dei fillomi adulti provoca per lo più la scomparsa del pigmento antocianico, ad eccezione però dei Cyssus in cui si osserva invece una più precoce for- mazione di detta sostanza. Ma noi faremo osservare che una identica azione si verifica pure in talune foglie quando la spalmatura venga ese- guita in modo da intralciare il funzionamento dei cloroplasti, come si è fatto coi Cyssus, senza tuttavia apportare un grave ostacolo a quelli scambi gasosi, da cui derivano le ossidazioni. È vero però che in altri casi si ha apparentemente un più intenso arrossamento della parte spalmata di burro di cacao, ma il fenomeno non è, in realtà, dovuto a neoformazione di antocianina, ma bensì alla rapida scomparsa del pigmento clorofilliano, in conseguenza della quale il color rosso dell’antocianina riesce a spiccare con maggior intensità. Come controllo a questa esperienza noi abbiamo pure cercato di investigare quali alterazioni avvengano nelle foglie adulte, sia verdi che antocianiche, allorchè le stesse vengano mantenute in atmosfere prive o per lo meno povere di ossigeno. A tale scopo poste le due sorta di piante (Achyranthes verdi e rossi) sotto una campana abbiamo fatto — 463 — arrivare alle stesse come si è praticato per le piantine di Polygonum Fagopyrum) una corrente di CO,, previamente stata lavata in boccette di gorgogliamento procurando in pari tempo per mezzo di opportuna lavatura che non potesse penetrare aria normale nell'interno della cam- pana. I fenomeni cui andarono incontro le piante sono quelli propri dell’asfissia, e ricordano del resto nelle loro manifestazioni esterne quanto il Voòchting, il Mac Donald ed altri autori osservarono nelle loro esperienze colle atmosfere prive di CO,. A noi però interessa di rilevare che le piante a fogliame rosso si mostrarono leggermente più sensibili all’asfissia di quelle verdi: il cambiamento di tinta cominciava a ma- nifestarsi nei punti dove si formavano delle goccie di liquido alla super- ficie del lembo, nei quali punti aveva anche luogo l’infiltrazione degli spazi intercellulari ! analogamente a quanto venne da noi segnalato nelle nostre ricerche sull’influenza delle atmosfere prive di CO, (V. Cap. VIII, Parte III). La decolorazione in questo caso era determinata da momenti ben diversi da quelli che producevano lo stesso effetto allorchè si spalmava (con sufficienti cautele) le foglie con burro di cacao, poichè per lo più era seguito dalla morte della parte, ciò che non avveniva, di ordinario, nei nostri esperimenti di spalmatura. Dopo due giorni o più di dimora nell’atmosfera di CO,; le foglie rosse erano completamente inverdite, ma nello stesso tempo anche morte. L’inverdimento permetteva intanto di rilevare che le foglie delle varietà rosse hanno una struttura più delicata di quella delle varietà verdi in- quantochè esse apparivano più trasparenti di queste. Il che induce a credere che la presenza del pigmento va quasi sempre collegata a mo- dificazioni di natura istologica e fors’anco anatomica. Da ultimo abbiamo pure tentato di studiare l’azione dell'ossigeno sul pigmento. A tal uopo si collocarono delle foglie antocianiche entro una campana ermeticamente chiusa, la cui cavità era stata previamente saturata con ossigeno puro. Il recipiente così preparato veniva di poi collocato in una stuffa, e sottoposto ad una temperatura più o meno alta per favorire l’azione dell'ossigeno sul parenchima fogliare. Accanto all’apparecchio veniva pure posta un’altra campana contenente le stesse foglie, immerse però nell'atmosfera ordinaria. I pochi esperimenti ese- guiti con questo metodo non ci hanno dato dei risultati interessanti (Geranium, Cyssus, Iresine, ecc.); tutt'al più si è notato nella Canna una 1 Jl Dermer (V. Landwirtsch. Jahresber., 1882 Vol. II) afferma che l'iniezione degli spazi intercellulari rallenta il processo respiratorio, il che spiegherebbe i fenomeni da noi osservati. — 464 — leggera quanto temporanea accentuazione della colorazione rossa in quelle foglie che stavano immerse nell’ossigeno quasi puro. Ora che noi abbiamo messo in chiaro come i fenomeni di ossida- zione siano quelli che promuovono la formazione del pigmento antocia- nico possiamo affrontare alcuni problemi che si riferiscono alla fisiologia della foglia ed in particolar modo all’ intimità del processo stesso che determina la comparsa del pigmento nelle foglie giovani ed invecchiate. Innanzi tutto è lecito domandarci se il fenomeno dell’arrossamento sia un semplice processo di ossidazione atmosferica o se invece il me- desimo richieda per la sua attuazione l’ intervento di alcuni peculiari fattori. A primo aspetto parrebbe che la risposta sia ovvia e che l’anto- cianina trovi nella presenza dell’aria atmosferica tutte quante le con- dizioni necessarie alla sua formazione. L’arrossamento dei bordi delle ferite ne sarebbe la prova più convincente, avendo lo Stick dimostrato che le ferite provocano, nei tessuti vegetali, un’esaltazione dei fenomeni respiratori (Flora 1891). Dalle antiche ricerche del Traube, del Reinke, del Schonbein, e dagli studi più moderni e più rigorosi di Pfeffer, di Bertrand, di Bour- quelot, di Chodat e di altri autori ! è risultato però manifesto che nel- l’interno delle cellule vegetali agiscono dei corpi speciali, non per anco ben definiti nella loro essenza (ossidasi), i quali provocano la maggior parte delle ossidazioni che hanno luogo nell'interno del corpo proto- plasmatico. Come funzionino queste sostanze non è stato ancora chiarito in modo soddisfacente, ma è probabile tuttavia che le stesse abbiano la facoltà di attivare l’ossigeno presente nelle cellule rendendolo allo stato di ossigeno atomico che poi cederebbero ai corpi sui quali questo gas deve spiegare il suo potere ossidante. È pure probabile che tali corpi siano resi più attivi dall'influenza della luce e di alcuni composti che si trovano abbondantemente diffusi nel terreno o nelle piante (manga- nese, ferro, acidi, alcali, ecc.) Le ossidasi che secondo il Chodat e il Back, il Lowenhart, il Kastle, l’Engler ed il Wohles funzionerebbero da perossidi, sarebbero ampia- mente diffuse nelle piante e noi aggiungeremo che vennero riscontrate i Recentemente anche il Vines, in un lavoro sui fermenti proteolitici (Ann. of Botany, Vol. XVII 1903) nel quale vengono confermati completamente i risultati che già erano stati ottenuti da uno di noi (V. Buscalioni e Fermi. Gli enzimi proteolitici e peptonizzanti. Annuario del R. Istituto Bot. di Roma, 1898) accenna alla frequente concomitanza degli enzimi ossidanti con quelli proteolitici il che ha una certa impor- tauza se si considera la grande diffusione che hanno questi ultimi. — 465 = con particolare frequenza nelle frutta ed altri tessuti che arrossano in un dato periodo della loro evoluzione. * Noi siamo quindi autorizzati ad ammettere che a questi corpi spe- ciali sia devoluta la facoltà di provocare la comparsa del pigmento nelle cellule, poichè se il fenomeno potesse avvenire altrimenti, cioè per sem- plice ossidazione dovuta alla presenza dell'ossigeno molecolare od inerte l’arrossamento dovrebbe essere particolarmente frequente nelle cellule clorofilliane dove tale gas trovasi sempre presente a causa dei processi di assimilazione, che ivi hanno luogo. Ora noi abbiamo veduto che ciò, di regola, non avviene e d’altra parte il Pfeffer stesso nelle sue osser- vazioni sui processi di ossidazione esclude che l'ossigeno molecolare abbia il potere di ossidare, per se solo, molti dei composti prodotti dal- l’attività della cellula vegetale, ma richiede all'opposto per esplicare tale funzione l’intervento di altri corpi che sarebbero appunto, secondo i risultati a cui giunsero i moderni studi, le ossidasi. Le sostanze che danno luogo alla formazione dell’antocianina sa: rebbero adunque per lo più dei corpi brachiossidabili, anzichè delle sostanze autossidabili e noi abbiamo di fatto nella II* parte del presente lavoro tentato di dimostrare come la pigmentazione degli ovari negli ibridi non possa altrimenti spiegarsi che ammettendo, come sospetta pure il Correns, l’ intervento in causa di speciali ossidasi. Anche in questo senso parlerebbero le recenti osservazioni fatte da questo autore sui bastardi di Mirabilis. Ma vi ha un altro dato che ci porterebbe pure alle stesse conclu- sioni. Analizzando le ricerche dell’Overton, dalle quali è risultato che la somministrazione di zuccheri alle piante provoca più facilmente la com- parsa dell’antocianina si è potuto constatare come l’autore abbia avuto risultati negativi tutte le volte che tentò di promuovere la formazione del pigmento nei fiori bianchi, fornendo a questi dei materiali zucche- rini. Ora, a nostro parere, se l’antocianina che deriva appunto da corpi aventi affinità cogli zuccheri od anco da questi ultimi, fosse un prodotto di autoossidazione avrebbe dovuto formarsi ugualmente bene nei fiori bianchi come si formava negli altri organi e tessuti esperimentati dal- l’Overton, anche pel fatto che nei fiori l'energia respiratoria è assai intensa. 4 Il Cropar, il BerrarAND, il BourqueLor, il Porrier ed altri autori avrebbero segnalata la presenza, nei tessuti vegetali, non solo delle ossidasi, ma anche di altri corpi ossidanti indiretti i quali certamente devono spiegare un ufficio non indifferente nelle ossidazioni che hanno luogo nelle piante. È d'uopo intanto notare che la chimica moderna ha scoperto alcuni corpi inorga- nici i quali godrebbero di tutte le principali proprietà delle ossidasi, e sarebbero quindi da consilerarsi quali genuine diartasi e fermenti inorganici. —. 466 — L’insuccesso nell’ esperimento tende, adunque a dimostrare come nei fiori bianchi (salvo forse qualche eccezione, come ad esempio, il Cyelamen persicum) manchino certi corpi, cioè le ossidasi, sotto la cui azione le antocianine si formano. Non è quindi lo zucchero per se stesso che provoca la comparsa del pismento, come vuole l’Overton, ma bensì altri corpi (ossidasi) e noi pertanto vediamo negli zuccheri unicamente uno dei materiali greggi che convenientemente elaborati dai fermenti sopra ricordati riescono tra- sformati, in ultima analisi, nell’antocianina. Questo nostro modo di interpretare il fenomeno antocianico viene anche corroborato da alcune ricerche del Pfeffer dalle quali è stato posto in luce che non sempre i tannini vengono ossidati dall'acqua ossigenata quando non siano presenti certi corpi speciali che funzionano da ossidanti e che lo stesso fenomeno si verifica quando si introduce la cianina, corpo facilmente ossidabile, nell'interno dell’organismo. * Le sostanze formatrici dell’antocianina pertanto si differenziereb- bero da molti altri composti presenti nelle cellule perchè questi pos- sano venir ossidati anche dal semplice contatto coll’ossiveno molecolare. Un'altro argomento di non minore importanza che viene in appoggio al nostro asserto ce lo forniscono le condizioni stesse in cui l’antocia- nina da un lato e la clorofilla dell'altra si sviluppano o viceversa si disorganizzano nel parenchima fogliare. In moltissime piante la comparsa della clorofilla è preceduta, come abbiamo veduto, dalla comparsa dell’antocianina la quale poi viene distrutta non sì tosto la clorofilla ha compiuta la sua evoluzione e di- venta attivamente fotosintetica. Per converso l’antocianina compare di nuovo nelle foglie vecchie quando cioè il cloroplasto sta per disorga- nizzarsi, come pure si manifesta la dove quest’ultima manca, come av- viene nelle foglie albicate. Un tale rapporto diremo così antitetico esclude che l’antocianina possa formarsi unicamente per un processo di autoossidazione dovuto alla presenza pura e semplice dell'ossigeno atmosferico e ciò per le ra- gioni che abbiamo poco fa accampate. Noi non torneremo a ripetere qui quanto si è già detto in proposito nel Capitolo consacrato ai rapporti tra la assimilazione e la formazione dell’antocianina, nel quale si è messo in evidenza l’azione sfavorevole alla comparsa del pigmento che possono spiegare le sostanze riduttrici prodotte dall'attività del cloroplasta o che accompagnano la stessa, ma non possiamo tuttavia esimerci dal ! Vedansi, in proposito, le nostre osservazioni sulle piantine di Polygonum Fago- pyrum al Cap. VIII, Parte II — 467 — rilevare che il Pfeffer ha fatto notare nel suo classico lavoro sulle os- sidazioni endocellulari che i processi ossidanti i quali certamente pos- sono esplicarsi più o meno attivamente anche nelle cellule clorofilliane appaiono più manifesti quando le piante vengano tenute all'oscuro. Ammettendo noi che il fenomeno fotosintetico della clorofilla non sia, in tesi generale, troppo favorevole allo sviluppo dei composti ossi- dati qual è l’antocianina portiamo nuovi contributi di osservazione alla teoria del Sorauer sulle ossidazioni che avvengano nelle cellule, la quale non è stata da tutti gli autori accettata. Oltre a ciò però noi siamo anche in grado di spiegare perchè l’an- tocianina compaia di frequenti nelle piante alpine, oppure al manife- starsi dei primi geli, vale a dire in condizioni in cui, come è stato dimostrato dal Saposknikoff per esser ostacolato l'emigrazione degli idrati di carbonio viene pure ad essere intralciata l’attività dei eloroplasti, a prescindere ben inteso anche dall'influenza spiegata dal freddo sui corpi clorofilliani stessi. Un analogo concetto potrebbe servirci di guida per chiarirci come nelle piante esposte a temperature piuttosto elevate e ad una luce molto intensa, come è il caso appunto per i vegetali viventi sulle pietre e sui muri, a causa dell’intralciato funzionamento dei clo- roplasti predominino pure i fenomeni d’ossidazione che danno luogo alla comparsa dell’antocianina. Il fatto stesso poi che fornendo molto zucchero alle piante, come si pratica negli esperimenti di Overton, si ottiene la formazione dell'anto- cianina può spiegarsi nel senso che l’intralcio che si oppone in tal guisa alla funzione clorofilliana sia una condizione quanto mai adatta allo sviluppo del pigmento (V. in proposito le ricerche di Ewart indi- cate al Cap. VIII, Parte III). Ai fermenti ossidanti, secondo il nostro concetto, sarebbe devoluto pertanto un compito di grandissima importanza nella vita delle piante, specialmente per ciò che riflette i processi di relazione tra queste e gli animali, poichè le antocianine trovano sede opportuna al loro sviluppo esuberante appunto negli organi di adescamento fiorale, quali sono i petali e i perianzi e noi faremo osservare a questo proposito che gli studi iniziati dal Dewitz sull’azione delle ossidasi nella metamorfosi degli insetti (V. Bibl.) porterebbero a ritenere che anche negli animali inferiori le colorazioni che sono attinenti alla vita di relazione ed in specie quelle che hanno uno scopo mimetico e di protezione siano do- vute alla presenza di fermenti ossidanti presenti nel corpo dell’animale. È duopo però confessare che noi non abbiamo potuto portare una prova diretta e sperimentale al nostro asserto, cle forse si sarebbe potuto ottenere sottoponendo le parti bianche delle piante od anche i — 468 — tessuti verdi, all’ azione dei fermenti ossidanti mentre in pari tempo venivano loro forniti delle sostanze che, come gli zuccheri, hanno il potere di formare l’antocianina.! Questi esperimenti che sarebbero stati di capitale importanza, ma solo neì caso che fossero riusciti ad un risultato positivo, facevano pure parte del programma delle nostre ri- cerche, ma siamo stati costretti a lasciarli da parte perchè attratti da altri studi. Noi pertanto crediamo utile segnalare il problema al lettore nella speranza che possa invogliare qualche studioso a rivolgere l’at- tenzione su un argomento che potrebbe condurre ad una soluzione esauriente della questione antocianica così bene iniziata dai lavori del- l'Owerton. CAPBEROLOXGVe L’antocianina e l'umidità. Le piante che vivono nei luoghi asciutti e soleggiati, come osservò Grace Smidt, sono ricche di antocianina, povere invece quelle che ve- getano in siti ombreggiati ed umidi. Vi ha adunque una correlazione tra la mancanza del pigmento e l'umidità, a prescindere dall’ influenza della radiazione? Ecco il problema che ci siamo proposti di studiare nel presente Capitolo. Tl metodo da noi impiegato per tale scopo è molto semplice, le foglie delle piante che normalmente sono fornite di antocianina venivano poste, attaccate al ramo, in un pallone di vetro assai ampio, nel quale si versava di poi una certa quantità d’acqua onde mantenere satura 0 pressochè satura l’atmosfera del recipiente. In un altro pallone di con- trollo, privo di acqua, si conficcava un altro ramo della stessa pianta, ma si procurava di impedire l'accumulo dell’acqua evaporata dalle foglie sia tenendo nel recipiente alcuni pezzi di potassa, sia lasciando libera- mente circolare l’aria attraverso l’ampio collo del recipiente che nel pallone di prova veniva invece tappato con ovatta. ! Fra queste sostanze meritano di essere segnalate in particolar modo anche i tan- nini, ora dagli studi del T. Hunger (Ueb. d. reducirende Kòrper d. Oxidase u. Pe- rorvidasereactionen, Ber. d. deutsche bot. Gesellschaft 1901) risulterebbe che gli stessi hanno tanto affinità per l'ossigeno da riuscire, col loro intervento, di ostacolo a che certe reazioni capaci di svelarci la esistenza delle ossidasi nei tessuti, abbiano a ma- nifestarsi. — 469 — Le parti sottoposte all’esperimento rimanendo attaccate alla pianta continuavano a vegetare in condizioni pressochè normali anche per quanto concerne la luce, poichè gli esperimenti vennero sempre fatti all'aperto e sui rami più esposti all’insolazione. Un primo esperimento venne eseguito con foglie di Corylus Avel- lana, var. rossa, le quali, come si sa sono rosse in primavera, verdi nell'estate. Le foglie rosse poste nel pallone privo di acqua continua- rono a mantenersi tali per tutta la durata dell’ esperimento, quelle in- vece che si trovavano immerse in un'atmosfera eccessivamente umida non tardarono a rinverdire, ma talora non subirono che lievi cambia- menti di tinta. Lo stesso fenomeno si ebbe ad osservare colle foglie che acciden- talmente vennero a contatto dell’acqua, ma in questo caso il cambia- mento di tinta era in relazione coi processi di ossidazione a riguardo dei quali si è tenuto parola nel precedente Capitolo. Risultati analoghi noi abbiamo ottenuto colle foglie di Prunus Pissardi e con quelle di talune specie di Aca/ypha screziate di rosso e di verde. L’esame microscopico delle foglie di Corylus Avellana ha dimo- strato che mentre nelle foglie normalmente rosse l’ antocianina è rac- colta nel mesofillo e nell’epidermide inferiore, in quelle state all’umido era soltanto più localizzata iungo la nervatura e nei punti accidental- mente infestati da vegetazioni fungine. Il pigmento poi si presentava quivi assai pallido. Anche i tannini avevano subito una notevole ridu- zione nelle foglie mantenute all'umido. L’inverdimento che ha luogo nelle foglie di CoryZus tenute all’umido va considerata come una alterazione stabile poichè non si è mai con- statato il ritorno della colorazione antocianica allorchè le foglie veni- vano tolte dai palloni e lasciate vegetare di nuovo liberamente all’aria. Incidentalmente ci fu dato pure di osservare uno spiccato inver- dimento nelle foglie di Tradescantia Zebrina, screziata di verde, di bianco e di rosso. Si trattava di una piantina che per altri scopi avevamo coltivato in una boccetta di Erlenmayer contenente una certa quantità di acqua. La pianta stava parzialmente immersa nel liquido mentre la sua estremità si sviluppava liberamente all’aria. Il recipiente era chiuso con un tappo preparato nel mezzo per dar passaggio appunto alla parte apicale del fusto. Dopo parecchie settimane di dimora nel recipiente da uno dei nodi inferiori della piantina, sorse un germoglio, il quale costretto a svilupparsi totalmente nell'interno del recipiente, sotto l'influenza dell’ eccessiva umidità produsse delle foglie normal- mente costituite, ma non presentanti traccie di antocianina, mentre Toi quelle all'aria si mostravano, come di solito percorse da strie verdi, bianche e rosse, alternanti fra loro. i risultati avuti da questa pianta non mancano certo di interesse, ma è duopo che noi facciamo osservare che 1’ esperienza ha solo un valore relativo non essendo stata condotta in modo rigoroso per la man- canza dell'esemplare di controllo. In opposizione a questi risultati positivi, noi possiamo segnalarne non pochi in cui la prova ha completamente fallito, ma per non tediare il lettore con una lunga enumerazione, noteremo solo, fra le piante che tenute all’umido svilupparono ciò nondimeno antocianina, la Centradenia floribunda, la Ruellia ed i Coleus. Questi ultimi però si prestano male all’esperimento inquantochè le piante o le parti da queste tenute all’umido perdono le foglie a causa dell’insorgere di speciali processi patologici che vennero messi in evi- denza dalle ricerche di Wesner! e sui quali non è il caso qui di insistere. È lecito quindi concludere che una maggior o minor umidità, per sè stessa, non spiega una grande influenza sullo sviluppo dell’ antocia- nina o sul pigmento già presente nelle varie parti della pianta. Essa, è vero, può talora determinare l’inverdimento di foglie antocianiche (Corylus, Acalypha, ecc.), oppure, anco impedire la formazione del pig- mento, ma questi fenomeni appaiono manifesti soltanto in quelle piante nelle quali l’antocianina si sviluppa in modo molto disordinato ed in- costante, come appunto avviene nelle foglie di Aca/ypha, oppure tende normalmente a scomparire come è il caso per quelle di Corylus, Nelle altre piante, salvo alcune eccezioni (Tradescantia, per esempio), l’influenza dell'umidità è quasi nulla e le foglie perciò si sviluppano antocianiche e conservano di poi il pigmento anche quando vegetino per un tempo lunghissimo all'aria umida (Centradenia, Ruellia, ecc.). Del resto già a priori si poteva ritenere che l’umidità, per sè sola, non può essere di grande ostacolo alla formazione del pigmento poichè molte piante acquatiche, le quali crescono per un‘certo tempo sommerse si presentano antocianiche anche sott'acqua, (Nymphaea). Però a questo proposito non si può disconoscere che il mezzo liquido non possa anche in questo caso spiegare una certa influenza quando agisca incessante- mente nelle successive generazioni di una pianta ed infatti noi consta- tiamo che i fiori della maggior parte delle piante acquatiche sono bianchi. (V. Buscalioni e Traverso l. c.) 1 Untersuchungen iib. herbstliche Entstehung d. Holzgewachsen. Sitzungsher. d, K. Akad. d. Wissenschaft Wien, T. LXIV, 1871. : — 471 — I pochi dati che abbiamo dedotto dalle nostre esperienze non ci permettono avventurare una spiegazione intorno alle condizioni ed ai processi intimi che provocano la scomparsa del pigmento nelle foglie di Corylus ed altre piante sensibili all’ umidità e quindi ci limitiamo ad enunciare i fatti lasciando ad altri la cura di analizzarli più da vicino. CAPILOLO SSN L'antocianina e la radiazione luminosa. Fra i fattori atti a provocare la comparsa dell’antocianina la luce è certamente quella che spiega maggior influenza, ma questa appare quanto mai complessa se teniamo conto dei risultati a cui è giunto il Batalin (V. Cap. VIII, Parte II) che soltanto si possono spiegare am- mettendosi l'intervento in causa di speciali enzimi. Lo studio è quanto mai irto di difficoltà e l’esperienza fatta sia alla luce solare diretta, sia all’oscurità, sia coll’impiego di radiazioni monocromatiche, sia infine eli- minando i raggi ultravioletti possono dare dei risultati attendibili sol- tanto quando vengono eseguite su vasta scala allo scopo di eliminare i coefficienti individuali. Noi analizzeremo qui, dapprima l’influenza dell'oscurità, poi quella delle differenti radiazioni dello spettro. a) Influenza dell’oscurità. Per studiare l'influenza di questo fattore, sia sulle parti che sono già antocianiche o si presentano tali al momento stesso in cui ven- gono dalla pianta prodotte e sia infine sugli organi che acquistano una colorazione rossa soltanto dopo di aver raggiunto un certo sviluppo, si coltivarono all'oscuro e per la durata di un paio di mesi circa alcune piantine di Canna, di Begonia, di Tradescantia discolor, di Cyclamen, di Gesneria, di Pelargonium, di Achyranthes, di Coleus, di Strobilanthes di Beta, di Rosa, di Paeoma, di Thea viridis le quali hanno foglie co- lorate dall’antocianina. hai Itosa e Paeonia (germogli). Le foglioline rosse tenute all’oscuro in pochi giorni perdono il pigmento. L’esame microscopico dimostra ancora la presenza del cromogeno, ma questo è completamente scolorato. — wa — Sempervivum. Il colore rosso che si osserva all'estremità delle foglie carnose diventa oltremodo sbiadito ed anche scompare dalla faccia su- periore del lembo, mentre si conserva alquanto di più colorato sulla faccia inferiore dello stesso. Le foglie che nascono dopo che la pianta ha soggiornato a lungo all'oscuro mancano quasi del tutto del pigmento. Pelargonium zonale. Le foglie ingialliscono lungo il margine, ma l’alterazione si arresta a contatto della zona antocianica che impalli- disce leggermente. Se però l’esperienza viene protratta a lungo anche al di dietro della zona compaiono delle aree ingiallite. La facilità con cui le aree situate al davanti della zona antocianica ingiallisce può forse servire ad illustrare il fenomeno dei pelargoni al- bicati nella regione compresa tra la zona antocianica e l’orlo del lembo fogliare. Gesneria hybrida. Le foglie colorate in rosso dall’antocianina, limita- tamente però alla faccia inferiore, quando vengano tenute all’ oscuro, si scolorano leggermente e ben tosto di poi cadono. Le nuove foglie, che all’ oscuro crescono stentatamente, appaiono di un colore rosso- roseo. Coleus. Le piante private della luce muoiono con tutta facilità, ma prima che avvenga la caduta delle foglie l’antocianina in queste con- tenuta assume una colorazione pallida. Il pigmento si manifesta nelle nuove foglie nate e cresciute all'oscuro, ma è più sbiadito che nelle piante tenute in condizione normale. Achyranthes Verschajfeltii. Le foglie cadono colorate normalmente in rosso e la colorazione persiste pure nei cauli denudati. Tradescantia sp. Il color rosso delle foglie, dopo una lunga dimora di queste all'oscuro, impallidisce alquanto. Le nuove foglie si mostrano più o meno rosse. D’ordinario però le piante non sopportano a lungo la mancanza di luce. Beta vulgaris. I cotiledoni delle piante in germinazione arrossano anche all'oscuro. L’asse ipocotileo diventa invece di un bel colore rosso vinoso solo alla luce. Cyclamen persicwn. I lobi corallini dei fiori nati all'oscuro non mo- strano più una grande tendenza a riflettersi all'indietro come si osserva nelle piante crescinte alla luce per cui appaiono solo alquanto contorti. L’antocianina si appalesa tutt’all’ingiro della zona in cui avviene la flessione, ma presenta una colorazione alquanto. sbiadita. Noi non ab- biamo fatto ricerche per indagare se vi sia un rapporto diretto tra i due fenomeni, ma stando ai dati esposti nei precedenti Capitoli è pro- babile che una tale correlazione esista. — ei Le foglie, rosse in corrispondenza della faccia inferiore, tendono a cadere nelle piante oscurate di guisa che non si può portare alcun giudizio sul comportamento dell’antocianina presente nelle stesse. Begonia. Queste piante emettono dei rami eziolati ma forniti di foglie piccole e pallidamente colorate in rosso. I nodi del fusto sono pure debolmente colorati dall’antocianina. Maranta e Canna. Le foglie eziolate, di nuova formazione, non hanno del tutto perduto l’antocianina. Il pigmento che si presenta nel- l'epidermide si mostra ancora particolarmente abbondante in vicinanza degli stomi. Persiste l’antocianina nelle foglie che vennero poste al- l’oseuro quando già erano sviluppate. Thea viridis. Dai semi messi in germinazione all'oscuro si svilup- parono delle piantine il cui asse ipocotileo eziolato quando venne esposto alla luce non tardò a colorarsi in rosso come nel Polygonum Fagopyrum. All’opposto il medesimo nelle piantine nate e cresciute alla luce si colora quasi subito in verde il che viene a corroborare quanto si è detto nei precedenti Capitoli a riguardo dei rapporti che corrono fra anto- cianina e clorofilla. Strobilanthes. Le piante muoiono in due o tre settimane se vengono tenute all'oscuro, ma nel frattempo sviluppano delle foglie talune delle quali sono eziolate, altre pallidamente antocianiche. Centradenia grandiflora. La pianta muore dopo poco tempo, per cui non si presta per questo genere di ricerche. Benchè non troppo numerose le osservazioni fatte ci permettono di trarne le seguenti conclusioni alle quali però và attribuito importanza relativa: | a) In quelle piante nelle quali l’antocianina fa una comparsa passeggera (Rosa Paeonia ecc.) l'oscurità può intralciare la sua forma- zione e viceversa determinare più o meno prontamente la sua scomparsa. 6) Quando invece la presenza dell’antocianina costituisce un re- perto stabile (Canna, Pelargonium, Coleus, ecc.) allora l'oscurità non esercita per lo più che una debole azione attenuando soltanto la tinta del pigmento. Solo in pochi casi si arriva fino a provocare la totale scomparsa di questo. e) Gli organi antocianici che si formano durante il periodo di vegetazione all'oscuro possono impregnarsi debolmente di antocianina, oppure rimangono incolori, e ciò a seconda delle peculiari condizioni della pianta. d) Degli studi che si sono fatti sull’antocianina fiorale ((Aske- nasi) risulta che l'oscurità tenderebbe a far scomparire il pigmento solo nelle piante che non hanno organi di riserva (bulbi, tuberi, ecc.), non Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII. 28 DANZE intralcerebbe invece, che in debole misura, la formazione dello stesso in quelle che sono provviste di tali organi. Per ciò che concerne le foglie il nesso non appare così manifesto, perchè in alcune piante fornite di tuberi e rizomi (Gesneriacee, Maranta, Canna, ecc.), quanto in molte di quelle che sono sfornite di organi di riserva si è osservato che l’antocianina può formarsi ugualmente all'oscuro. Non si può però del tutto negare che il pigmento, in tesi generale, si presenta maggiormente colorato e stabile in quelle piante che hanno gli organi di riserva ed inoltre appare pure probabile che tali piante abbiano anche maggior tendenza a sviluppare all'oscuro dei getti colorati. e) L'esperienza eseguita colle piante prive di organi di riserva molto spesso non ci permettono di arrivare ad un risultato pel fatto che le stesse sono assai sensibili alla mancanza di luce e perciò in un tempo più 0 meno breve muoiono, il che non si verifica con tanta frequenza nelle piante fornite di rizomi, di bulbi, ecc., le quali risentono meno l’incon- veniente dell’abolita assimilazione fotosintetica del carbonio. F) La luce non è assolutamente indispensabile perchè si sviluppi l’antocianina in molte piante. 6) Influenza delle differerenti radiazioni dello spettro. Per ricerche che formano oggetto di quest'argomento abbiamo fatto ‘uso delle solite cassette a doppia parete di vetro, nelle intercapedini delle quali si introducevano differenti liquidi colorati (bicromato di potassio, ammoniuro di rame, solfato di chinino) e delle campane di Prillienx ed infine di una speciale campana che uno di noi (Buscalioni) ha ideato, la quale, oltre che permettere di coltivare delle piante rela- tivamente di grandi dimensioni, presenta pure il vantaggio da non esser così costosa come le ordinarie campane di Prillieux. Il nostro apparecchio, che viene costrutto dalla Ditta Zambelli di Torino, consta di un grande cilindro di vetro, alto circa 80 centimetri e largo 30 centim. (A)aperto superiormente, nel quale si incastra un altro cilindro parimenti di vetro (B) alto 78 centim. circa e largo 26 cen- timetri. I due cilindri sono tenuti fra loro separati innanzitutto mercè un disco di feltro (L) che poggia sul fondo del cilindro esterno ed è sufficentemente robusto perchè gli orli delle due campane abbiano ad arrivare alla stessa altezza secondariamente mercè tre grossi dischi di gomma incastrati, a regolare distanza gli uni dagli altri entro. un — i anello, parimenti di.gomma (M) che abbraccia il cilindro interno in cor- rispondenza della sua estremità superiore. Il cilindro interno, aperto pure superiormente, termina con un orlo che, quando l’apparecchio è in posto, viene a combaciare esattamente col labbro della campana esterna riescendo in tal guisa a chiudere lo spazio compreso fra i due recipienti il che vale ad impedire che i vapori deleteri che possono svilupparsi dai liquidi che si introducono nello spazio compreso fra le due campane (ammoniaca ig Per esempio) abbiano a sfuggire dall’aper- tura superiore di questo ed a venir a con- tatto delle piantine sottoposte all’ esperi- mento che certamente danneggerebbero. A Cilindro esterno di vetro. B Cilindro interno di vetro. C Pianta sottoposta alle differenti radiazioni. D Igrometro. E Termometro. F e G Tubi di gomma che si continuano nei tubi di vetro destinati a stabilire la comunicazione fra l'atmosfera della campana interna a quella esterna. li ci Il j di H Vaschetta che ricopre le campane. n mi == LÌ i L Sostegno di feltro. ZZZ” DE M Disco di gomma che serve a tener separata A] (fl V/\Yi}% l'una dall’altra le due campane di vetro. Fig. 3. Sull’apparecchio così disposto poggia una vaschetta di vetro (H) i cui bordi si ripiegano in basso a foggia di U in modo da abbracciare . per un certo tratto la estremità libera del cilindro esterno. La vaschetta è attraversata in corrispondenza della parte mediana da due tubulature di vetro che si prolungano con due tubi di gomma (F e G)a pareti piuttosto robuste. La vaschetta (H) è ricoperta infine da una lastra di vetro (X) attraversata da due fori per dar passaggio ai tubi di gomma sopra menzionati. Per utilizzare quest'apparecchio come schermo della luce si riempie totalmente lo spazio compreso fra i due cilindri A e B (che ha circa 2 centim. di diametro) e la vaschetta (H) che li ricopre con una solu- eo — zione di ammoniuro di rame, oppure di bicromato di potassio o di sol- fato di chinino e via dicendo, affinchè ia radiazione luminosa prima di arrivare nell’interno dell’apparecchio debba attraversare di necessità il liquido che funziona da filtro della luce. Nel cilindro interno sta la pianta sottoposta all'esperimento la quale può essere mantenuta in vaso oppure impiantata direttamente nel ter- riccio di cui si deve riempire abbondantemente il fondo del recipiente per impedire che la pressione del liquido raccolto tra i due cilindri non abbia a spingere in alto il cilindro interno. Nello spazio in cui si trova la pianta può all'occorrenza mettersi un termometro, un igrometro od altro simile strumento, potendo gli stessi venir appiccicati alle pareti della cavità per mezzo di ventose di gomma. I due condotti di vetro che si prolungano in tubi di gomma hanno lo scopo di fornire aria alla pianta e permettere all’osservatore di in- naffiarla senza aprire l’apparecchio. * Entro a quest’'apparecchio noi abbiamo coltivate parecchie piante a fogliame colorato dall’antocianina senza tuttavia poter rilevare che l'eliminazione delle radiazioni proprie della metà meno rifrangibile, o vi- ceversa più rifrangibile, dello spettro avesse un’ influenza notevole sulla formazione del pigmento o sulle antocianine stesse già formate. Infatti piantine di Achyranthes, di Begonia, di Colers, ecc. a fogliame variegato, le quali rimasero per parecchi mesi sottoposte alle radiazioni più rifran- gibili, oppure a quelle che lo sono poco, hanno continuato a sviluppare delle foglie colorate in rosso. Tutto al più quando la colorazione del liquido adoperato come schermo era troppo carica, si notava un’ indebo- limento nella colorazione dell’antocianina, ma allora noi avevamo a fare 1 Il nostro apparecchio presenta anche il grandissimo vantaggio che quando venga capovolto si mostra quanto mai adatto per le esperienze concernenti l'influenza dei differenti gas e delle diverse atmosfere sui vegetali. A tal uopo sopra un trepiedi a collo largo si colloca la vaschetta 7 capovolta in guisa che il suo orlo sia rivolto in basso: sul fondo della vaschetta si dispone un altro trepiedi destinato a sorreggere il vaso contenente la pianta che si vuole sottoporre all'esperimento. Si copre la pianta colla campana esterna A pure capovolta e si versa un po'di mercurio o di altro liquido nel ristretto spazio compreso fra la campana esterna e l'orlo ricurvo della vaschetta, onde assicurare la chiusura ermetica per parte della cam- pana A. Infine si mette in comunicazione uno dei tubi di cautchouch coll’apparecchio che deve fornire il gas, di cui si vuole esperimentare l’azione sulla pianta, mentre si unisce l’allro tubo di cautchouch con un aspiratore. Sulle due condutture si può all'occorenza intercalare del'e boccette di gorgogliamento per impedire l'ingresso dell’aria atmosferica nell’apparecchio durante il periodo in cui non funziona. Così preparato l’apparecchio esso è pronto per essere utilizzato per le ricerche sopra menzionate. = dg con fenomeni dipendenti da diminuita illuminazione, i quali portano, come si sa, assai spesso allo stesso risultato. Spiegano anche i raggi ultravioletti un’azione qualsiasi sulla pro- duzione dell’antocianina ? Per rispondere a questa domanda bisognerebbe innanzi tutto co- noscere l’intima essenza del fenomeno della fluorescenza che viene provocata da quelle sostanze che noi impieghiamo come mezzo per eliminare i raggi ultravioletti. Ma all'opposto siamo ancora quasi com- pletamente all'oscuro sull’influenza spiegata sia dal solfato di chinino, sia da altre sostanze sopra tali radiazioni. Molte esperienze furono fatte dal Brewster, dall’ Herschel, dallo Stockes, dal Lommel, dall’ Hagembach, dal Piko, dal Pierre, dallo Stengel e da altri autori in proposito, ma sino ad ora non solo non si è arrivati a comprendere il fenomeno, ma neppure a determinare con sicurezza se le radiazioni emanate dalla soluzione fluorescente siano quelle di maggior o minore lunghezza di onda in confronto delle radia- zioni che producono la fluorescenza stessa, per quanto prevalga tuttavia l’idea che la fluorescenza sia determinata da quelle radiazioni che sono assorbite dalla sostanza fluorescente il cui ufficio sarebbe quello di tras- formarle in radiazioni di minor rifrangibilità e quindi luminose. * Malgrado la poca solidità delle dottrine attualmente dominanti sulla intima essenza della fluorescenza, il Sachs che pel primo ha studiato l’azione delle sostanze fluorescenti sui fiori ha creduto di poter affer- mare che i raggi ultravioletti servono alla produzione, per parte della pianta, di speciali sostanze florigene analoghe ai fermenti, il che, come altrove è stato indicato, non ha trovato la conferma nei lavori più re- centi di De Candolle, di Vochting, di Klebs, di Montemartini e di altri x autori dai quali è risultato che se i fiori non si sviluppano sempre 4 Per la letteratura dell'argomento si consultino le seguenti opere: Srokes, On the changes of refranyivility of light Philos. Transact. 1852. — Pisko, Die Iluorescenz des Lichtes. Wien, 1861. — Srocges, Poggendorf Ann. Bd. XCVI ed Ergineungs. Band IV. — Pierre V., Wiener Ber. d. Bd, LIII, 1866. — HacemsacHa, Poggendorf in Ann. Bd. CXLI e CXLVI. — Noack, Verzeichniss d. Fluoreschierenden Substan- zen ele. Marbourg, 1837. — Lommet, Poggendorf Ann. CXLIII e CLIX, — Lusranscn, l’oggendorf Ann. Bd. CLVI, Stenger Wiedem., Ann. Bd. XXVIII. 2 V. anche i lavori di Kuews G. (Ueb. d. Einfluss d. Lichtess auf. d. Portpflan- zung d. Gewachse in Biol. Centralbl. BA. XIII, 1893), di MonremartINI (Intorno al- l'influenza dei raggi ultravioletti, ece., in Atti dell’ Istit. Bot. di Pavia. 1893), di Hem (Unters. ub. Fornprotallien Flora. 1595), di LenpNER A. (Des influences combinées de la lumière ete., Thesi. Genève, 1897), di Graenirz J. (Ueb. d. Einfluss. d. Lichtes anf d. Entcickelungs. einige Pilze. Leipzig, 1898), per ciò che ‘concerne l'influenza dei raggi ultravioletti sugli apparati di riproduzione delle crittogame. ira = dietro gli schermi di solfato di chinino ciò dipende unicamente dalla alterazione cui vanno incontro le soluzioni di chinina che diventano per tale fatto impermeabili a molte radiazioni luminose le quali altrimenti sarebbero utilizzate dalle piante. L'incertezza dei risultati ci ha indotto a ripetere le esperienze del Sachs per studiare se per avventura la eliminazione dei raggi ultra- violetti, che noi abbiamo cercato di fare assorbire da una soluzione di solfato di chinino acidificato con H, SO, non avesse per risultato di impedire la formazione del pigmento nelle parti vegetative normalmente antocianiche. L'esperienza è assai delicata e più di quanto si presenti allorchè si cerca di analizzare il fenomeno, prendendo come organi di esperi- mento i fiori, poichè se oltre alle radiazioni altre cause intervengano in scena (umidità, indebolimento della luce) subito i risultati riescono al- terati, data la più grande sensibilità di fronte a questi agenti dell’an- tocianina delle foglie rispetto a quella contenuta nei fiori. Nelle nostre esperienze ci siamo serviti tanto delle cassette di le- gno aventi una parete di vetro a doppio fondo destinato a contenere la soluzione di chinino, quanto della campana ideata da uno di noi. Oltre a ciò si è avuto cura di innaffiare tanto le piante sottoposte al- l’esperienza quanto quelle di controllo con una stessa quantità di acqua (mai molto abbondante), allo scopo di ottenere un ugual grado di umi- dità, e non molto accentuato, nell'interno dei recipienti, avendo noi dimostrato che talora l’antocianina non si sviluppa più in un ambiente troppo umido. Non occorre aggiungere che le altre condizioni esterne ed in ispecie l'illuminazione, vennero mantenute costanti. Solo dobbiamo notare che in talune esperienze si è lasciato alterare più o meno profondamente la soluzione di chinina, in altre invece, questa venne rinnovata appena accennava ad ingiallire. I risultati che abbiamo ottenuti sperimentando su piante di Begonia Tradescantia, Coleus, Iresine, Achyranthes, Acalypha, le quali vennero tenute per oltre a due mesi negli apparecchi, vale a dire per un tempo sufficentemente lungo perchè nuove foglie avessero a prodursi ed . a crescere nell'interno dell'apparecchio, hanno dimostrato che i raggi ultravioletti o sono senza azione sull’antocianina (Coleus), o tutt'al più provocano un indebolimento, neppure costante per ogni singola specie, nella tinta antocianica (Tradescantia) che però non viene mai soppressa. L’ indebolimento della tinta è stato più marcato in quelle piante che crebbero dietro le soluzioni di solfato di chinino non frequente- mente rinnovate, il che dimostra evidentemente l’influenza della dimi- = 4= nuita radiazione cui venivano assoggettate le foglie a causa della alte- razione del liquido contenuto nelle vaschette. In un solo esperimento abbiamo ottenuto la scomparsa del pigmento, nelle foglie di Begonia, Tradescantia, Acalypha, ecc. ma qui si trattava di azioni combinate dovute in particolar modo all’ influenza dell’eccessiva umidità cui erano state esposte le piante. Affatto inerte si è poi mostrata la soluzione di chinino sulle pian- tine di Polygonum Fagopirum le quali vennero fatte germinare all’oscuro e poscia collocate nel nostro apparecchio, dove in poche ore divennero rosse al pari di quelle tenute dietro uno schermo formato unicamente di acqua. In conclusione si può affermare che se la soppressione delle radia- zioni ultraviolette può esercitare una debole azione, e forse indiretta, sulla formazione dei fiori, ancor più insignificante si presenta la sua influenza sopra una delle sostanze che prendon tanta parte nella costi- tuzione del fiore, qual’ è l’antocianina. CAPITOLO XVII. Influenza delle alte temperature sull’antocianina. Nei precedenti Capitoli si è veduto come l'antocianina possa for- marsi sia sotto l'influenza del freddo sia sotto quella del caldo, ma parimenti è stato posto in evidenza che un'alta temperatura provoca di nuovo la scomparsa del pigmento. Il Molisch il quale ha studiato la questione sostiene, come è stato detto, che la scomparsa sia dovuta alla mescolanza del sugo alcalino delle cellule, in specie di quelle clorofilliane col pigmento antocianico sotto l’ influenza delle alte temperature. Egli poggia la sua teoria sui seguenti dati: 1.° la temperatura di 100 gradi, a secco od all’umido, non distrugge il pigmento antocianico; 2.° gli acidi non ossidanti quali l’acido cloridrico, l’ossalico, l’acetico ripristinano il color rosso allorchè questo è scomparso per l’alta temperatura, il che non sarebbe il caso se il fenomeno della decolorazione fosse dovuto a fattori riducenti; 3.° sotto il microscopio e col tavolino riscaldante si può seguire, sulle parti antocianiche, il passaggio dal color violetto bleu al verde ed in- = di) = fine al giallo; 4.° infine la colorazione avviene prevalentemente in quelle cellule che sono a contatto degli elementi ricchi di clorofilla. Noi abbiamo ripetuto ed estese le ricerche a moltissime piante, ve- nendo a risultati che in parte confermano ed estendono le osservazioni del Molisch ed in parte le modificano. La temperatura a cui l’antocianina si scolora o cambia di tinta è variabile a seconda delle piante. Nelle nostre esperienze eseguite te- nendo le parti antocianiche in una stufa ad aria secca in cui la tem- peratura veniva a poco e poco elevandosi sino a 100 centim. abbiamo ottenuto i seguenti risultati: Da 54° a 60° C. circa si scolorano o cambiano di tinta le seguenti piante : Ranunculus (foglie). Corylus Avellana. 1 rami diventano di color rosso cupo o bruno. Sarifraga crassifolia (foglie). Il color rosso impallidisce e lo stesso fatto si osserva colle foglie di Canna, di Galipaea ovata, di Dracaena, di Rogiera, di Higginsia, e colle gemme fiorali di Cydonia Japonica, il caule di Ceratonia. Pelargoniwn zonale. La zona antocianica impallidisce. Rosa (giovani getti). Talora imbrunano tal’altra diventano verdi. Camellia japonica (petali rossi). Diventano giallo bruno. Tra i 60° C. ed i 70° C. si scolorano o cambiano di tinta: Anthurium (spata rossa). Impallidisce. Foglie giovani di Paeonia. Inverdiscono. Foglie adulte del Geranium, di Beta, di Erica, di Achillea, di Ane- mone. Inverdiscono. Weigelia. I fiori bianchi diventano bruni, senza passare tuttavia per la colorazione rossa che si manifesta nelle condizioni normali allor- chè il fiore invecchia. I fiori rossi si scolorano. Tra i 70° C. e gli 80° C. Si scolorano le foglie di L'umer, di Lamium, di Sempervivum: i fiori di Aloe ciliaris, di Russelia juncea, di Lonicera Caprifolium, di Solanum lanceolatum, di Lamium, di Clematis, e di Amaryllis. I fiori della Vicia Cracca diventano di colore bleu scuro. I fiori rossi di Papaver tendono a diventar bleu. Tra gli 80° C. e i 90° C. Si scolorano le foglie di Ftonia, di Arum, di Dioscorea versicolor. di Oroton, di Tradescantia, di Ginora, ed i fiori di Dendrobium. A queste temperature non subì notevoli variazioni, per ciò che concerne il colore l’antocianina contenuta nelle foglie di Oyssus, Dra- caena, Begonia, Mahonia, e quella diffusa nei fiori di Azalea, di Cine- — 481 — raria, di Begonia, di Hyacinthus o nel caule di Saccharum e di altre piante. A Se invece di esperimentare in aria secca e riscaldata si immergono le piante in acqua, si ottengono ad un dipresso gli stessi risultati, ma le remperature che provocano l’alterazione nell’antocianina differiscono assai spesso da quelle che producono la stessa azione in un’ambiente secco. E però facile che intervenga la diffusione del pigmento, il quale fenomeno allora riesce a mascherar alquanto i risultati. Le alterazioni che noi abbiamo osservato, in specie studiando il fenomeno sotto l’azione dell’aria secca, corrispondono a quelle che ci ha segnalate il Molisch e quindi, in resi generale, riteniamo che le con- clusioni cui questi è giunto siano giuste e che realmente il cambia- mento di colore sia dovuto alla neutralizzazione ed alcalinizzazione del pigmento antocianico sotto l’azione dei succhi protoplasmatici. Vi hanno però aleune eccezioni che assolutamente non si possono spiegare coll’ ipotesi del Molisch, e di queste crediamo utile riportarne alcuni esempi. Il fiore rosso della Camellia japonica a secco e verso i 60° C, passa rapidamente dal rosso al bruno gialliccio senza presentare, almeno per pochi istanti, una colorazione violetta che indichi un principio di alca- linizzazione,® la quale invece si manifesta e persistentemente se si immergono i fiori nell'acqua e poscia si eleva la temperatura di questa fino a 80°-100° C. Oltre a ciò i petali che diventarono giallo bruni per l’azione dell'alta temperatura a secco, non cambiano più la tinta quando vengano sottoposti all’azione dell’acido solforico o della potassa caustica e infine dell’acqua ossigenata. I fiori di Primula, verso i 60° C., ed a secco, diventano pallidi o quasi incolori: verso i 70°-80° C. invece, assumono una bella colorazione bleu che persiste anche se si eleva la temperatura fino a 100° C. Le foglie di talune Maranta hanno un pigmento che scompare ra- pidamente verso i 60° C. ed a secco, mentre questo all’opposto persiste nell’epidermide staccata ed assoggettata ad alta temperatura. Nel primo caso poi l’acido acetico non ripristina il colore rosso. Alcune specie di Crassula, aventi foglie rosse nella fredda stagione tenuta nella stufa a 70° circa, perdono il colore, ma V'H, SO, dimostra che l’antocianina presente dapprima nell’epidermide si è diffusa in tutto il parenchima della foglia, poichè esso colora in rossastro tutto quanto il tessuto di questa. Se si stacca invece l'epidermide antocianica e ! Nei fiori che cambiano di colore riesce manifestissimo il passaggio dal rosso al bleu in seguito alla alcalinizzazione dell’antocianina. age poscia si fa agire la temperatura elevata sul lembo di tessuto così pre- parato il pigmento non subisce cambiamenti di sorta nella colorazione. Fenomeni analoghi si sarebbero osservati nel Cornus e Mahonia. Centradenia floribunda. Le foglie che sono rosse in corrispondenza della pagina inferiore, diventano invece uniformemente rosse verso i 70°. Anthurium. La spata rossa sotto l’azione del caldo secco, ingiallisce stabilmente poichè la potassa caustica non riesce più a colorare il tes- suto in bleu, mentre ciò succede per brevi istanti, è vero, se si mette a contatto col reattivo in questione un pezzo di spata vivente. Occorre però notare che anche in questo caso la potassa finisce per dare al tessuto una tinta gialla, la quale passa di nuovo al rosso coll H, SO,, il che non avviene nelle parti state esposte ad alta temperatura. I fenomeni sopra esposti non si possono sufficentemente chiarire se si ammette che essi dipendano unicamente, come vorrebbe il Molisch, da processi di alcalinizzazione del pigmento antocianico, ma trovano invece la spiegazione se si ritiene che oltre a questa causa, anche i fenomeni di riduzione entrino in giuoco. In conseguenza, l'ipotesi dap- prima emessa dallo stesso Molisch, ma poi da questi abbandonata, che cioè la decolorazione possa esser dovuta anche in parte a processi di riduzione avrebbe, a nostro parere, un certo fondamento di probabilità. Tale spiegazione riuscirebbe anche avvalorata dalle ossevazioni del Reinke che avrebbe notato la presenza di corpi energicamente riduttori in seno al protoplasma (v. Reinke, Ueb. A/déydenartigen Substanzen in Chlorophyllartigen 120 s XIX, — Le antocianine in rapporto ai processi patologici s 139 a) Azioni debilitanti. DORSIAO b) Azione della temperatura . , ivi c) Lesioni meccaniche NIDICHI d) Folgorazione. PO LS e) Azione dei veleni . , 144 S) Influenza del parassitismo . ivi 9) Canse indeterminate . - RN LI4a] h) Predisposizione alle malattie Di alle ee 5 n 148 Conclusione . e IE) PARTE III. Osservazioni ed esperimenti. CapitoLO I. — Generalità sulla distribuzione delle antocianine nei diffe- renti vegetali e nelle varie parti della pianta. .. Pag. 157 È II. — Distribuzione delle antociamine nei differenti tessuti delle foglie : n 165. A) Lipasliazzeitn9! delle asttsogiani Go oglininò d'autunno n Civi B) localizza 66 C) Localizzazione delle antocianine nelle foglieadulte , 171 È III. — Localizzazione delle antocianine negli organi sottili, nei petali e sepali, nei frutti, nelle radici, nel caule, nel piccinolo fogliare, ecc. . . . PR gi gie I) 1.° L’antocianina negli organi sottili ANTA NERI ON Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII, 35 — 506 — 2.0 L’antocianina nei petali, nei sepali e nei perianzi . . . SETE a RNA ° L’antocianina nei frutti, is nei pun- giglioni e nei viticci . ° L’antocianina nel caule e nel sino licral ° L’antocianina nel picciuolo fogliare. Carirovo IV. — Sulla sana distribuzione dell’antocianina nelle foglie di Pelargonium zonale, di Medicago maculata, di al- cuni Polygonum, dell’Euphorbia chamacesice e di altre specie . . . : , . 5 V.— Lo sieirodiomcno HEe colin appalto Io Sui della costituzione fisico-chimica delle antocianine È VI. — Sulla forma e sulla struttura delle cellule antocianiche . A) Organi adulti HATE B) Organi in via di accrescimento. VII. — Costituzione delle cellule antocianiche : ; A) Caratteri istologici e microchimici delle cellole antocianiche ROERO i B) Rapporti delle antocianine con alcuni costituenti delle cellule . 5 AE; VIII. — Le antocianine e l’assimilazione del aan IX. — Rapporti delle antocianine cogli stomi . Reti | A) Localizzazione dell’antocianina e degli stomi. B) Numero degli stomi nelle parti verdi ed antocianiche C) Il coefficiente osmotico delle cellule antocianiche e di quelle prive di pigmento. i 1.° Il coefficiente osmotico dei peli e delle coll lule epidermiche , . ; 2.° Il coefficiente osmotico nelle CoNIe i Hiro sura degli stomi ed in quelle che circondano l'apparato di traspirazione ”» È X. — Le antocianine in rapporto colle condizioni O fi alcuni organi . . . SEI Pt e ato: i à XI, — L'influenza della nn Sie altocianine. . LS È XII. — Le antocianine nei suoi rapporti col clima e cogli animali PI GITE N maneotà dr: So ; XIII. — Rapporti delle a colla SIAINIO e coll eva- «porizzazione . . . oe fia E 1.° Metodo delle Tico di Galiadio, ATE LN (3) INIIORI Calata REMI Ro i eat OHoglietht A PAR MARTI 17 RITMO 2.° Metodo delle o ner SEI; A) Esperienze con organi interi ana a varielà, colorate diversamente, della stessa SPECIE tt e vc B) Esperienze col metodo dei Gitai () Esperienze con tessuti diversamente colorati ma appartenenti ad un unico individuo ed anzi ad uno stesso organo di questo. . . CapitoLo XIV. . XXI Conelusioni generali . Errata-Corrige . Indice. . . Spiegazione delle figure — 507 — D) Esperienze con organi interi appartenenti a varietà della stessa specie o a SR affini diversamente colorate . . E) Metodo dei dischi. Esperienze eseguite su organi appartenenti a varietà e specie di- versamente colorate . F) Esperienze eseguite con tessuti dincisamenta colorati (antocianici e sforniti di questo pigmento), ma appartenenti allo stesso in- dividno ed anzi allo stesso organo (Metodo dei dischiì) . : o G) Esperienze su foglie giovani rosse che più tardi diventano verdi . . . . - H) Le differenti radiazioni dello spettro e o leli- minazione del vapor acqueo per parte degli organi antocianici o privi di pigmento . I) L'azione degli anestetici e l’eliminazione del vapore acqueo . L'antocianina ed i processi di cain È a) Foglie giovani e rosse. . . \ b) Foglie giovani e verdi le toe ti più De arrossano c) Foglie adulte rosse . d) Fiori antocianici L’antocianina e l'umidità . ì L’antocianina e la radiazione Ioni È a) Infiuenza dell’oseurità . ) b) Influenza delle differenti lui dulo su Influenza delle alte temperature sull’antocianina L'azione dell’elettricità sulle piante antocianiche Sui cambiamenti di tinta cni vanno soggette le piante antocianiche . " Mescola L’antocianina nelle così dette * Blattfleckenkrankeiten . L’antocianina e gli innesti — L'influenza spiegata dalle lesioni RO a) Foglie giovani antocianiche le ere Di tardi in- verdiscono . b) Foglie verdi allo alain giovane, rosse ‘libfcna hanno raggiunto la maturità . c) Foglie che arrossano all'autunno & d) Fillomi che diventano rossi accidentalmente sotto l’azione dei tagli e) Arrossamento dei cauli lesi . f) Azione dei tagli sui fiori antocianici . , 296 393 N. Fig. -_l Lo — 508 — SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tavora VIT. . Foglia di Canna indica Antoc. nelle due epidermidi. . Foglia di Stromanthus sanguinea. Antoc. nella epid. inferiore, . Goodiera repens. Antoc. nel tessuto lacunoso della foglia. Pellionia Daveana (foglia). Antoc. nel parenchina sottostante al tessuto acqui- fero. . Coccoloba guatemalaiensis (foglia giovane). ji. Canna indica (var. colorata). Stomi con cellule annesse contratte sotto l’azione di una soluzione al 3 °/, di KN0O3. Gli stomi sono chiusi perchè stati al- l'oscuro. Le cellule epidermiche antocianiche accennano a contrarre il con- tenuto sotto l’azione del reattivo. . Contrazione intensa delle pareti delle cellule stomatiche sotto l’azione del NO;}K (Soluzione al 3 °/,). Plasmolisi intensa delle cellule annesse, Cellule epider- miche poco plasmolizzate. La pianta era rimasta da 10 ore all’oscuro. . In tutte queste figure le masse oscure contenute nelle cellule rappresentano l’an- tocianina, Tuvora VIII. . Foglia di Amaranthus tricolor prima del trattamento decolorante. (Il lato ombreggiato corrisponde alla porzione antocianica, quello chiaro alla parte verde della foglia ) . La stessa dopo il trattamento colla tintura di jodio. 3. Foglia di Jresine prima del trattamento decolorante. (La parte biancastra corrisponde alla regione antocianica, l’oscura alla verde.) . La stessa dopo il trattamento colla tintura di jodio. 5. Foglia di Tradescantia zebrina, prima del trattamento decolorante. (Le regioni biancastre corrispondono alle aree verdi, le oscure o nere ai tratti antocianici od albicati.) La stessa dopo il trattamento colla tintura di jodio. 7. Foglia di Cyssus dopo il trattamento colla tintura di jodio. La regione apicale infarcita d’amido a causa del taglio praticato sulla nervatura mediana (linea nera) ha impressionato meno energicamente la carta sensibile della regione basale più povera d’amido. 8. Alternanthera (foglia) dopo il trattamento colla tintura di jodio. La parete oi bianca corrisponde alla regione verde, quella nera alla regione antocianica. . La stessa prima del trattamento. Fig. Fig. DUO! LI. 12 (nei Lo — Da — 509 — Foglie di Cyssus cui si era tagliata la nervatura mediana (linea nera). La regione più amilifera (regione apicale) impressiona poco la carta sensibile (Vie 7). Achyranthes a foglie verdi. Achyranthes a foglie rosse. Tavora IX. . Cutatea (foglia) prima del trattamento decolorante. Le parti più chiare corrispondono a quelle antocianiche. . La stessa dopo il trattamento colla tintura di jodio, Le parti antocianiche impressionano più fortemente di quelle verdi la carta sensibile. . Acalipha obovata prima del trattamento decolorante. La zona nera marginale coriisponde alla parte antocianica della foglia. . dcalipha macroplilla (foglia) prima del trattamento decolorante. Le parti nere corrispondono alle regioni antocianiche le bianche alle verdi. . Acailpha obovata (foglia) dopo il trattamento colla tintura di jodio. Le parti nere sono meno ricche di amido (V. fig. 3). . Acalipha macrophilla dopo il trattamento colla tintura di jodio. Le parti meno ricche di amido della foglia sono colorate in nero (V. fig. 4). Tavona X. . Foglia di Strobilanthes Dillenti (foglia) prima del trattamento decolorante . La stessa foglia dopo il trattamento colla tintura di jodio. I tratti neri nelle due figure corrispondono alle regioni antocianiche meno rieche in amido. . Foglia di Caladium prima del trattamento decolorante. Le aree nere corri- spondono alle zone antocianiche od albicate. La stessa dopo il trattamento colla tintura di jodio. Le aree nere sono meno ricche in amido. . Foglia di Cypus, cui si erano tagliate le nervature principali, prima del trat- tamento antocianico. La porzione apicale più ricca diamido ed antocianina impressiona debolmente la carta sensibile, . La stessa dopo il trattamento colla tintura di jodio. La regione basale della foglia povera in amido annera fortemente la carta sensibile. TavoLa XI. Piantina di Polygonum Fagopirum piegata ad angolo retto in corrispondenza della zona dove scompare l’antocianina. Marantha roseo lincata. Struttura della foglia in corrispondenza delle aree antocianiche 4) regione amilifera. La stessa in corrispondenza delle aree verdi. e) zona amilifera. Epidermide della foglia di Aster sp., in corrispondenza della regione antocianica. La stessa in corrispondenza della regione non antocianica, Fig. o pupe — 510, — Tavora XII. Le regioni antocianiche nelle figure 4-11 sono disegnate con tinta scura. Lacinie laterali del perigonio di Cypripedilum insigne. Epidermide della re- gione non antocianica. Ob. 5. oc. 2 Reichert, . La stessa. Epidermide della regione antocianica. Ob. 5, oc. 2 Reichert. Caule di Justicia Ricimaefolia Raddrizzamento degli internodi in corrispon- denza dei cuscinetti antocianici, Corolla di Azalea ricoperta di macchie antocianiche nella posizione superiore. Petalo di Zropueolum antocianico in corrispondenza delle unghie e della por- zione basale del lembo. . Idem. #) regione incolora; 6) regione artocianica. Corolla di Epacris antocianica verso la base (a) incolore all'apice (0). Petali di Viola parzialmente colorati dall’antocianina. Corolla di Primula sp. bianca nel mezzo antocianica alla periferia. Labello aperto di Derdrodium Panardi. L’antocianina è localizzata lungo le nervature maggiori (0), la rimanente porzione è bianca (4). Foglia di Ranunculus repens cosparsa di macchie antocianiche. Tavora XIII. Sezione traversale di una foglia di Zucalyptus globulus. L’antocianina è lo- calizzata nel collembrima (Da Briosi). Epidermide della foglia di Zradescantia discolor. Pagina inferiore fornita di stomi e di antocianina. Brattea di Begonzia con stomi in formazione colorati dall’antocianina, Epidermide della pagina superiore della foglia di 7radescantia discolor. Re- gione priva di stomi e di antocianina. Epidermide arrossata del margine fogliare della Tradescantia discolor. Cel- lule antocianiche e stomi. Tavora XIV. . Spettro della clorofilla e dell’antocianina. a) Spettro della antocianina del fiore di Azalea indica. v) Spettro della Clorofilla. Soluzione concentrata ottenuta dalle foglie di Allium Ursinum (Dal Sachse Die Chemie und Physiol. et Leipzig, 1877). Epidermide della foglia di Pelargonium in corrispondenza della zona anto- cianica. La stessa in corrispondenza della regione verde. La stessa in corrispondenza dell’orlo albicato. Sezione traversale della foglia di Colews. Pagina superiore della foglia in cor- rispondenza delle aree verdi. Epidermide a cellule piatte (V. fig. 8 e 9). — bll — Fig. 6. Epidermide della pagina superiore della foglia di Coleus, staccata dalle re- gioni antocianiche (V. pag. 8 e 9) _ 7 Epidermide della corolla di Jasminum sp.; a) cellule piccole: non antocia- niche; d) cellule grandi antocianiche. - Sezione traversale della foglia di CoZeus. Regione antocianica a cellule epi- dermiche papillose (V. fig. 5 e 6). . 9. Epidermide delle regioni antocianiche del lembo fogliare di Colews(V. pag. 5 e 6). 10. Epidermide fogliare di Centradenia floribunda. Modificazioni di forma che subiscono le cellule stomatiche, quelle annesse e le epidermiche sotto l’azione della plasmolisi con 6°/, di KNO;. La linea punteggiata (8) corrisponde allo stato plasmolizzato, quella piena (a) allo stato di turgescenza. . 11. Epidermide della porzione basale e mediana della foglia di Cobaea scandens (Regione non anlocianica). . 12. Regione antocianica dei bordi fogliari della Cobaea scandens. Cellule epi- dermiche. - 13. Epidermide della regione non antocianica delle foglie di Justicia Ricinue- folia. . 14. Epidermide della regione antocianica della stessa foglia. (0) > TavoLa XV. Diagrammi indicanti l'andamento dell'evaporizzazione delle parti antocia- niche e di quelle prive del pigmento. La linea nera segna l'andamento della evaporizzazione nelle parti non an- tocianiche presupposta la stessa invariata. La linea spezzata rossa segna l'andamento della evaporizzazione delle parti antocianiche rispetto a quelle che non lo sono. La linea punteggiata indica la perdita di peso dalle parti antocianiche ri- 'spettivamente a quelle che non lo sono per le quali si è supposto inva- riabile il peso e quindi coincidente colla linea nera. Nel diagramma (N. 61) la linea rossa segue l'andamento della evaporiz- zazione delle parti sottoposte all’azione dei vapori di cloroformio. 1. Salvia Janthina (Esper. N. 61). 2. Rosa (Esper. N. 47). . 3. Salvia Horminum (Esper. N. 21). 4. Canna indica (Esper. N. 10) D a " il. (Esper. N. 58). . 6 Salvia Splendens (Esper. N. 56). LT id. (Esper. N. 51). . $ Euphorbia sanguinea (Esper. N. 57). . 9 Camellia japonica (Esper. N. 49). . 10. Lactuca sativa (Esper. N. 43). . li. Z'ulipa (Esper. N. 33). 12, Achyranthes (Esper. N. 2). po La Ù CICERO fr | nera MI Moose» - LE PEN Hi eppe Lara | ; ini pad ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO da GIOVANNI BRIOSI. LE VOLATICHE E L'ATROFIA DEI FRUTTI DEL FICO NOTA DI RODOLFO FARNETI Assistente al Laboratorio Crittogamico dell’ Università di Pavia Negli orti di Pavia, i frutti del Fico vanno soggetti a due altera- zioni patologiche (azrofia e volatiche) che fino ad ora non sono state descritte, e che nell’estate scorsa hanno preso un notevole sviluppo e recato danni non indifferenti. Atrofia. La più grave di queste alterazioni, per i danni che reca, consiste nell’atrofia parziale 0 totale del ricettacolo fiorale (frutto). A Pavia; questa malattia sembra colpire di preferenza il ico vezzoso 0 Fico dattero; però anche il Fico san Piero o Fico nero non ne va esente. Caratteri esterni. — La malattia compare sul frutto generalmente quando questo è ancora giovane, ma qualche volta attacca anche i frutti quasi adulti. Nell’uno e nell’altro caso, la parte colpita dal male impallidisce e s'atrofizza ed il frutto, quando la parte sana continua a svilupparsi ed a crescere, assume una forma asimmetrica tanto più spiccata quanto più da giovane esso è stato colpito (Tav. XVI, fig. 1-5). La deforma- zione varia anche per l'ampiezza dell’area atrofizzata e per la posizione che questa area occupa (Tav. XVI, fig. 1-2; fig. 4-5). Quando il male attacca il frutto da un lato, quivi, coll’andar del tempo, si forma dapprima una depressione, poscia un’insenatura più o meno profonda, a seconda dello sviluppo che raggiunge la parte sana del ricettacolo, dopo che il fico fu colpito dal male (Tav. XVI, fig. 1, 3, 5). Se il frutto viene invece attaccato nella parte superiore, più o Atti dell’Ist. Bot. deli Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII. 36 ri meno vicino all'occhio, la depressione o non appare o resta sempre poco sensibile, ma la parte sana continuando a svilupparsi, forma una specie di gobba (Tav. XVI, fig. 2, 4). Se i frutti vengono colpiti simultaneamente in più parti, l’atrofia diventa generale e questi cadono ben presto senza deformarsi. La caduta dei frutti si verifica anche quando vengono attaccati da una parte sola, ma ciò non avviene d’ordinario che quando il male ha colpito i frutticini giovanissimi o quando l'attacco è stato assai forte e profondo. Causa. — Praticando nel ricettacolo una sezione trasversale in corrispondenza dell’area ammalata, si vede il parenchima ed i fiori av- vizziti in tutto lo spicchio che corrisponde all'intera parte atrofizzata (Tav. XVI, fig. 6, 7). Esaminando una sezione al microscopio, praticata nel parenchima ammalato d’un frutto immaturo, si vede che le cellule sono morte senza che in esse si scorga nessun parassita e senza che nel parenchima sì sia formato nessun strato protettore di sughero. Se invece si esamina al microscopio una sezione tratta da un frutto ammalato per- venuto a maturazione, malgrado la parziale atrofia, si vede tutto il pa- renchima ammalato percorso da un micelio jalino, ramoso, indistinta- mente settato, ripieno di protoplasma finamente granuloso, che penetra fra le cellule ed anche nell’interno di esse (Tav. XVI, fig. 18), emettendo di tratto in tratto brevi rami elavati (Tav. XVI, fig. 15 e 18). Volendo ricercare la causa della malattia è necessario evidentemente seguire lo sviluppo del processo patologico fino dal suo inizio. Se tosto che si manifestano i primi sintomi d’impallidamento o d’atrofia, sì fa una se- zione tangenziale e superficiale in corrispondenza dell’area nella quale si cominciano a verificare segni di alterazione, si osservano fissate sull’epidermide una o più spore clavate, clatrato-muriformi, in via di germinazione, fissate alla buccia del frutto (Tav. XVI, fig. 8). Le spore germinando emettono uno o più budelli micelici che hanno origine in altrettante cellule della spora stessa e che strisciano alla superficie della buccia. Questo micelio è jalino, indistintamente settato, ripieno di plasma granuloso e non penetra nel parenchima sot- tostante che allorquando il frutto è giunto quasi a maturazione. — Tosto che incomincia il processo di germinazione della spora che ade- risce alla superficie del frutto, il protoplasma delle cellule dell’epidermide e dell’ipoderma sottostante, comincia a dar segni di evidente alterazione, poscia muore, le cellule si prosciugano ed il parenchima avvizzisce. E evidente che il micelio non può penetrare attraverso l’epider- mide per la resistenza meccanica che questa gli oppone. Esso possiede bensì una sostanza tossica capace di diffondersi attraverso le membrane — bla cellulari, che altera ed uccide il protoplasma, ma non segrega, almeno a sufficienza, fermenti diastasici (cellulasa) capaci di intaccare la cel- lulosa, come avviene in molti funghi parassiti; imperocchè è soltanto quando il processo di maturazione ha diminuito la resistenza della buccia, che il micelio penetra nel parenchima del frutto e l’invade in ogni senso. Poco dopo compare all’esterno una muffa nerastra, che porta conidi affatto simili a quelli che si osservano in via di germina- zione alla superficie della buccia ed in corrispondenza al punto dove cominciano a manifestarsi i primi segni d’atrofia. Questa muffa è costituita da piccoli cespugli di conidiofori bruni, settati, vacuolati nell'interno, alquanto flessuosi, rotondati all’ apice, inseriti sopra gangli cellulosi (Tav. XVI, fig. 17 e 24). All’apice di questi conidiofori s'inseriscono conidii variabili di forma e dimensioni (Tav. XVII, fig. 9-23), obclavati, clatrato-muriformi, fuligginei, con rostro più o meno lungo, all’estremità del quale si forma un secondo conidio. Il secondo conidio si forma generalmente per ingrossamento dell’apice del rostro e quando il conidio sottostante ha già raggiunto le dimen- sioni e la forma definitiva (Tav. XVI, fig. 11, 12, 14, 16, 23). Alle volte però i conidii si formano quasi simultaneamente; vale a dire il conidio apicale si forma prima che il conidio sottostante si sia segmentato ed abbia raggiunto le dimensioni e la forma ordinaria (Tav. XVI, fig. 22). Questo fungo appartiene evidentemente al genere A/ternaria © s'avvicina per le dimensioni dei conidii all’Alternaria Brassicae, ma i suoi conidiofori sono alquanto più lunghi, molto più sottili e con 2 a 3 setti. Per i conidiofori (2-3 settati) si avvicinerebbe all’ Alternaria tenvis, ma ha i conidii lunghi quasi il doppio. Tanto poi nell’Alternaria Brassicae che nell’A/ternaria tenuis, stando alle descrizioni e alle figure che ne danno gli autori e ad alcune mie osservazioni sopra materiale d’erbario, i conidiofori non s'inseriscono sopra un ganglo celluloso; questo sembra quindi caratteristico dell’ Alternaria del fico. Se i caratteri morfologici si debbono ritenere sufficienti per giudi- care autonome le specie del genere Alfternaria, anche la forma che cresce sui frutti del Fico producendovi l’atrofia, si dovrebbe tenere distinta. I caratteri differenziali dell’A/ternaria del fico e delle due specie più affini sarebbero i seguenti: | CONIDIOFORI CONIDII _-T-_ —————————_—_——_eas— —— |. _—--; Alternaria Fici . . 41% 4/ u |2-3 settati|inseriti sopra\46—70X12 —14!/, ganglio cell. Alternaria Brassice (8 — 36<7—8 x |nonsettati senza ganglio 60 — 80 x 14— 184 Alternaria tenuis . | — 2-3 settati| , , (30 —36X14—15w oli L’Alternaria dei frutti del Fico, allo stato attuale delle nostre co- noscenze sopra le specie che compongono questo genere di funghi im- perfetti, devesi dunque tenere distinta. La sua diagnosi differenziale è la seguente: Alternaria Fici, n. Sp. Hyphis brevibus, tenuibus (41 > 4!/, n), fasciculatis, simplicibus, 2-3 septatis, bruneis; caespitulis in ganglia cellulosa varie insertis; conidiis la- geniformibus, bruneis, subcatenulatis, polymorphis, septato-muriformibus, r0- stratis, 46-10 < 12 — 14!/, &. Hab. in fructibus vivis Fici Caricae. Volatiche. Questa alterazione, quantunque comune sui frutti del fico, non pre- senta molta gravità, imperocchè si limita a deturparne semplicemente l'aspetto senza impedirne la maturazione 0 provocarne la caduta. La chiamo volatica per la grande rassomiglianza che ha con l'aspetto esterno della nota ed omonima malattia della pelle umana. Essa produce sopra la buccia dei fichi immaturi, delle chiazze più o meno ampie, di forma irregolarissima ed a contorni più o meno sinuosi, squamose e di color bruno (Tav. XVI, fig. 27, 28 e 31). Queste chiazze, che spesso si al- largano e contiuiscono fra loro, sono dovute alla morte e disquamazione dell’epidermide e di alcuni strati sottostanti dell’ipoderma. Causa. — Si può vedere la causa e l’origine di questa alterazione, praticando una sezione radiale nel frutto in corrispondenza di dette chiazze, perchè è facile accertarsi come esse siano prodotte dallo svi- luppo di un fungo che si comporta come saprofita o come parassita quasi superficiale, esercitando però un’azione tossica non solo sull’epidermide ma anche nelle cellule degli strati più esterni dell’ipoderma. Sotto l’azione di questo fungo il protoplasma cellulare si altera profonda- mente, imbrunisce, si raggruma e muore; così pure imbrunisce la pa- rete cellulare. Nell’ipoderma sottostante l'infezione viene arrestata per la forma- zione d’una zona sugherosa. La squamazione della buccia si spiega facilmente. Le parti sane del frutto, che circondano le volatiche, continuando a crescere, deter- minano lo screpolarsi del tessuto morto, che non può distendersi. Si hanno così tante piccole squamette che finiscono per sollevarsi e distac- carsi per l’elasticità del tessuto sugheroso sottostante che le spinge in alto (Tavola XVI, fig. 29). — Il fungo che è causa di questa malattia è una specie di Cladospo- rium che vive alla superficie della buccia, conficcando il suo micelio negli strati superficiali ed insinuandolo nelle screpolature. I conidiofori di questo C/adosporium sono sparsi o riuniti in nu- mero di due a tre sopra gangli cellulosi fuliginei. Essi sono general mente genicolati od ascendenti, raramente retti, non ramificati, settati, ristretti in corrispondenza dei setti, bruni, di 35 — 80x4!/, w e por- tano uno o due conidi apicali sovrapposti, unisettati o continui, d’un bruno pallido, di 104 w. Per quanto è noto fino ad ora non era mai stata osservata alcuna specie di C/adosporium sui frutti del fico nè sopra altri organi di questa pianta. Se paragoniamo il Cladosporium del fico con le altre specie carpo- gene, è evidente che per i suoi caratteri non può ascriversi a nessuna di queste. Deve quindi costituire una nuova specie che io chiamerò Cladosporium sicophilum e che si può descrivere colle seguenti frasi diagnostiche: Cladosporium sicophilum, n. sp. Caespitulis solitartis, sparsis, minutis, inaegualibus, bruneis; hyphis geni- culatis, vel assurgentibus, simplicibus, septatis, ad septa costrictis, bruneîs in acervulum torulosum aggregatis, 35 — 80 <4!/,w diam.; conidtis acro- genis, oblongis, uniseptatis, dilute fuscescentibus, diaphanis, 5— 10 x<4w diam. Hab. în fructibus vivis Fici Carice. Laboratorio Crittogamico dell’Università di Pavia, Aprile 1903. —bllisi= SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XVI. 1. — Giovane fico con atrofia ventrale. 2. È, , Atrofizzato nella parte superiore. 3. — Fico quasi maturo con atrofia ventrale. 4. — Fico quasi maturo atrofizzato nella parte superiore. 5. — Fico maturo con atrofia ventrale. 6 e 7. — Sezioni trasversali di fichi affetti da atrofia. 8. — Porzione di epidermide di fico vista di fronte con conidii germinanti di Alternaria Fici aderenti alla superficie. 9. — Conidio di Alternaria Fici in via di formazione. 10 e 21. — Vecchio conidio di Alternaria Fici colle cellule ringonfiate e roton- deggianti trasformantesi in un ganglio toruloso. 11 a 14, 16, 19, 20, 23. -— Diverse forme di conidii di Alternarza Fici. 15 e 18. — Ramo miceliali clavati, ialini, a plasma finamente granuloso della polpa interna dei frutti malati. 17. — Cespuglietto di Alternaria Fici inserito sopra ganglio toruloide. 22. — Catenella di giovani conidi di Alternaria Fici formatasi in modo diverso da quelle rappresentate nelle figure 11, 12, 14, 16, 23. 24. — Cespuglietto di conidiofori di Alternaria Fici dopo che i conidi sono caduti. 25 e 32. — Cespuglietto di Cladosporium sicophilum, inseriti sopra gangli to- ruloidi. 26 e 30. — Conidii di Cladosporium sicophilum. 27, 23, 31. — Fichi immaturi con volatiche. 29. — Sezione radiale di un frutto di fico in corrispondenza di una volatica. bio I bio Rei DUCia SLI ato i LIST) ni (di Tuta 14% cei LIO Rassegna crittogamica per il primo semestre del 1902. — Relazione del prof. Giov. Briosi, direttore del Laboratorio crittogamico ita- liano di Pavia, a S. E. il ministro d’Agrie., Industria e Comm. Durante questi primi sei mesi dell’anno il numero complessivo degli esami di malattie di piante fatti da questa R. Stazione sorpassa il migliaio. Trattasi, come è naturale, in eran parte di malattie conosciute, pa- recchie per altro sono rare 0 poco note, ed alcune nuove. Un nuovo parassita fu trovato sopra orchidee esotiche malate man- dateci da Parigi, il quale fu designato col nome di Uredo aurantiaca n. sp. dal dott. Luigi Montemartini che ebbe a studiarlo nel nostro La- boratorio e ne fece oggetto di una particolare pubblicazione negli Atti di questo Istituto (vol. VIII); altra nuova malattia fu riscontrata sopra le salvie, scoperta e descritta dall’assistente signor Rodolfo Farneti che la trovò prodotta da una Botrytis, la B. Hormini, nuovo parassita che vive non solo sulle Salvie ma a quanto pare sopra molte altre piante; questa malattia fu pure oggetto di un’ estesa memoria che si sta pubblicando nei nostri Atti. Altro morbo nuovo si rinvenne sopra una estesa piantagione di Vaniglia la Vanilla planifolia, che fu quasi distrutta; di questo studio pure saranno quabto prima resi pubblici i risultati insieme alla dia- gnosi del nuovo micete che la infetta. Malattie della vite. In Sicilia col nome di Zoncet si distingue una malattia che da pochi anni si è sviluppata sopra viti americane. Lo Scrivente fu inca- ricato di ispezionare i vivai governativi di Milazzo, Siracusa, Noto, Vittoria e Palermo. Trattasi di un male che, a quanto sembra, ci per- venne dalla Francia importato colle viti ritenute resistenti alla Fillossera introdotte per studio e diffusione. In apposita relazione già stata pub- blicata, vennero descritti i caratteri del morbo e suggerite le precauzioni i Come è naturale, in questa rassegna non si fa cenno per evitare continue ri- petizioni dei rimedi consigliati ai privati, fatta eccezione di qualcuno di particolare importanza. che debbonsi avere per limitarne i danni. La malattia è tutt’ ora oggetto di studio; essa si manifesta nella parte aerea della pianta, di rado scende alla radice, ed è di tale natura che l’azione sua si ripercuote su tutta la pianta, che deforma. Accorcia infatti fortemente gli internodi; assotiglia i rami; rimpiccolisce le foglie delle quali spesso altera il lembo in modo da renderne, almeno per alcuni vitigni, difficile la de- terminazione. La malattia ritarda inoltre nella primavera il germoglia- mento delle gemme, rallenta lo sviluppo dei tralci e provoca una grande produzione di femminelle. Nessun vitigno americano pare ne vada esente, però i più attaccati sono la Rupestris du Lot; la Rupestris Martin 3306 e 3310; la PRiparia x Iupestris 3309, ecc. Da parecchi si sostiene che il male non si estende alle viti nos- trane innestate sui vitigni americani infetti, ma è credenza infida e tutt'ora contrastata, onde sarà bene di non trascurare le precauzioni consigliate nella ricostituzione dei nuovi vigneti e non impiegare legno ammalato. Chi scrive venne, nel maggio scorso, mandato anche ad ispezionare i vivai dell’ E]ba ove trovò che quivi pure il Z'oncet incomincia a ma- nifestarsi insieme ad un altro malanno che ha molta rassomiglianza col così detto Male della California. Le Fra i morbi che in questo primo semestre hanno destato in alcuni Inoghi grave preoccupazione, va citata anche la Dematophora necatrix Hartg, causa della malattia della vite nota col nome di Marciume bianco delle radici, il quale si è molto diffuso in qualche plaga; a Monteleone noi trovammo 600 e piu viti in un solo podere attaccate da tale malanno. Anche nei dintorni di Stradella in vigneti del signor conte Arnaboldi, ed alla Versa in vigne del signor Giuseppe Mazza, si trovarono ceppi colpiti da diverse malattie ad un tempo, che li intristiscono ed uccidono. Erano affette da marciume alle radici e da una speciale forma di mal nero che tutt'ora è oggetto di studio. Il marciume delle radici è una malattia che pur troppo non si può combattere direttamente, non è possibile salvar le piante i cui tessuti sono invasi dalla Dematophora; si può solo impedire la propagazione del male e prevenirlo. Esso si manifesta specialmente nei terreni umidi ove ristagna l’acqua, onde se in questi si vogliono coltivare viti bisogna ricorrere al drenaggio del terreno, ed ove il male si sia di già sviluppato fa duopo sradicare i ceppi infetti ed i circonvicini ed abbruciarli. Nel ter- o e pe reno infetto non bisogna ripiantare viti per qualche anno, ma coltivarvi dei cereali che dalla Dematophora non vengono attaccati. È bene al- tresì non aspettare a togliere i ceppi malati quando essi siano morenti, perchè specialmente sopra i morenti si sviluppano in gran numero le fruttificazioni del parassita le quali diffondono rapidamente il male. * * Le frequentissime piogge e quindi l'eccezionale umidità che ha dominato nella primavera, ha disturbato di molto Je irrorazioni coi sali di rame, di conseguenza in molti luoghi si sono avute forti invasioni di peronospora, specie quella forma detta alessamento del grappolo, tanto dannosa. Noi abbiamo visitato delle vigne ove quasi tutti i giovani grappoletti erano stati bruciati via, e non ne era rimasta la decima parte. Questa Stazione non si è mai stancata di raccomandare ai viticultori di non risparmiare i grappoli, specie nelle prime irrorazioni, ma, pur troppo essi vengono spesso trascurati per imperizia od altro, ed allora il raccolto resta fortemente decimato. Estese plaghe della nostra regione viticola sono inoltre danneg- giate, e gravemente, dall’invasione sempre più crescente della tignola dell'uva, tantò che da molti proprietari si calcola, in media almeno, di perdere il terzo del raccolto. Non sono quindi mai abbastanza lodati tutti gli sforzi che si fanno per combatterla. Noi abbiamo più volte parlato del metodo Mazza di Stradella e dei buoni risultati con esso ottenuti. Ora dobbiamo aggiungere che nel giugno scorso abbiamo assistito ad esperienze fatte a Broni con un nuovo insetticida del signor ingegnere Saglio. Consiste questo in una pasta che si scioglie facilmente in acqua nella proporzione del 3 0/9, dose nella quale viene impiegata. Non vi ha dubbio che esso si mostra molto energico, poichè i bruchi muoiono rapidamente, anche quelli più difesi e nascosti nei racimoli e groviglioli; peraltro solo l'applicazione su vasta scala potrà dimostrare se esso sia veramente efficace anche nella grande coltura. Entra nella composizione di questa pasta (tutt’ora un segreto del- l'inventore) anche del solfato di rame, così le irrorazioni con tale so- luzione riescono pure efficaci contro Ja peronospora dei grappoli. = gog, = Elenco riassuntivo degli esami fatti di malattie della vite. PrroxospPora [Plasmopora viticola (Berck et Curt.) Berlese et De Toni] sopra foglie e grappoli; materiale inviatoci da San Colombano, Stradella, Versa, Groppello Cairoli, Miradolo, ecc. Esami . N. 100 CrittoGaMa comune (Oidium Tuckeri Berck) da Groppello, Pavia: se CC ea ee sui tenta) de venia AnrRAONOSI (Glocosporium io Sace.) su campioni in- viatici dal direttore della Cattedra ambulante d’agricoltura della Sabina, dal Comizio agrario di Sondrio e dal sig. Calvi xiuseppe di Groppello Cairoli, ecc. Roxcer. Materiale pervenuto dalla Sicilia ed in 0 ‘dall'isola d'Elba (morto e disinfettato). . . . pilo Mar Nero. Sopra viti a Miradolo (Capitano oi a Str a- della (sig. Mazza), a Rovescala (sig. Montalti), Groppello Cairoli (sig. Calvi), ecc. Nt MARCIUME BIANCO DELLE RADICI eran a ua Harigi) da Monteleone (sig. conte Bolognini ed altri), da Como (prof. Forti, direttore della Cattedra ambulante), da Rimini (dal direttore della Cattedra ambulante di A da Stra- della-sftecere ne io)! CLorosi, da Miradolo on vigne i nie ‘dell avvocato ho becchi), Stradella (ingegnere Saglio), Groppello Cairoli '” 20 (signor Calvi), ecc. RE LÒ Erinosi (Phytoptus vitis Land.). Da S. Colombano (ingegnere Cattaneo), da Pavia (sig. Farneti), da Barbianello signor Cazzani, ecc. glo TIGNUOLA DELL’Uva. Da RATA dati (aa Calvi), da Stradella (sig. Mazza), da Broni (ing. Saglio), da Barbianello (Cazzani), da Pavia (Farneti), da Novara (Comizio agrario). ,, 90 CoLro DI soLe. Sopra foglie di viti, da Pavia, Miradolo, ecc. . , 10 OroBancHE. Rizomi di Lathraea squamaria viventi parassiti sopra radici di viti (Scuola Pratica d’Agric. di Caluso) . . cal RD AurEoBasipiom vitis Vialà et Boyer. Sopra foglie di iù ol Udine (Associazione agraria Friulana), ecc... È a iO) CoLartra. Su grappoli da Groppello, Miradolo, SESSI Bi i (Cattedra ambulante d’agricoltura), ecc. . . . PAS) MarartIE incerte. Sopra foglie da S. Michele (Austria), ia o (sig. Ceccarelli), sopra tralci a Pavia (prof. Fracchia), ecc. , 15 Totale esami N. 475 Oni to ut Malattie dei cereali. La ruggine dei grani che tanti danni ha arrecato nella nostra provincia negli anni scorsi, in questo invece pochi ne ha prodotto. Tale risultato lo si deve forse, oltre che alla stagione contraria, anche alle continue e ripetute istruzioni che si danno da vari anni ai molti agri- coltori che a noi si rivolgono per combattere tale malanno; grazie alle cure profilattiche e alla selezione delle sementi fatte con diligenza. In altre regioni d’Italia sembra invece che la ruggine abbia arrecato molti guai; il professore Samoggia di Reggio Emilia ci inviò molti campioni di frumento affetti da ruggine e ci informò che ivi detto parassita si era assai diffuso specialmente nella varietà Cologna e nel Rieti ripro- dotti. Notava pure che non si scorgeva differenza nella diffusione della malattia fra terreni sciolti e forti; fra terre asciutte ed umide; fra fru- menti concimati e non concimati. In molti campi a frumento nella nostra provincia si ebbe in que- stanno forte diffusione di carie, malattia che da qualche anno pareva quasi scomparsa dalla regione. Elenco degli esami fatti di malattie dei cereali. RuGGINE DEL FRUMENTO (Puccinia graminis Pers.), da Sant'Angelo all’Eseo (sig. Michele Troiani), da Reggio Emilia (prof. Samoggia), da Tro- vamala, Monteleone, TR da Udine (professor Bonomi), ecc. Esami. . . Lo an Vate set O) Ip. ip. [Puccinia 9 ET, um d Gunni ) Files: et ra] da Aquila (Cattedra ambulante d’agricoltura), ecc. . . uao: OpÒiopoLus Graminis Sacc., da Reggio Emilia (prof. Samionitti palio CARIE DEL FRUMENTO [Titletia Tritici (Bejerk), Wint], da Miradolo, Santa Cristina e Monteleone . . . 3 pr SePTORIA GRAMINOM Desm. Sopra piantine di RENON) ti da Novara (Comizio agrario), ecc... . SP I MarattIA INcERTA. Foglie di riso vennero mdtazteni a abito? ta! boratorio per esame dal prof. Monnera direttore della Cen- tral Agricultural Experiment Station, di Nishigahara (Giap- pone), ma nelle poche foglie inviate non si potè scoprire la causa della malattia. . . .. . 0.0... ea _B Totale esami N. 85 page Malattie del gelso. Da alcuni anni, come ebbi altra volta a notare, una malattia grave danneggia fortemente la produzione della foglia dei gelsi che decima; mentre minaccia anche la vita delle piante che intristisce e talora uccide. Questa malattia fin dal 1892 noi la abbiamo designata col nome di Avvizzimento dei germogli del gelso, poichè come è noto si manifesta nei giovani germogli non appena hanno raggiunto pochi centimetri di lunghezza, li avvizzisce e dissecca. In quest'anno il male ebbe una forte recrudescenza, tanto che non era cosa difficile nella nostra provincia vedere degli interi filari colpiti ed alcune piante morte. Lo scrivente, insieme all’assistente signor Rodolfo Farneti già da tempo sta studiando tale grave malanno e questi studi hanno rivelato che la causa del male, che per l’addietro si rite- neva dovuta all’azione di agenti meteorici, è di natura parassitaria. I risultati di queste ricerche sono stati in parte già pubblicati! e quanto prima il lavoro vedrà la luce per intero. E, A Sopra altro gravissimo malanno del gelso, la Diaspis Pentagona, sento il dovere di richiamare l’attenzione affinchè si prendano prov- vedimenti atti a frenarlo, almeno per quanto è possibile. Il personale di questo Laboratorio anche in questo semestre nelle sue ispezioni in campagna ha insegnato praticamente come si debba combattere questo dannosissimo insetto. E’ chiaro però che se alcuni solamente lo combattono ed i più invece non se ne curano, avremo ben presto tutta la regione infetta. Vi è invero una legge che obbliga gli agricoltori ad impiegare ogni mezzo per distruggere tale parassita, ma chi la osserva? Se non saranno presi energici e pronti provvedimenti la bachi- coltura della nostra regione non tarderà ad essere seriamente compro- messa e le perdite si calcoleranno a milioni di lire. Riassunto degli esami fatti delle malattie del gelso. Draspis PENTAGONA Targ. Furono inviati rami così attaccati dalla cascina Malpaga di Zerbolò (fratelli Marangoni), dalla cascina Novello del i Briosi e FarnETI, Intorno all’avvizzimento dei germogli dei gelsi. Nota prelimi- nare, in Att. dell'Istituto botanico di Pavia, vol. VII. 1901. ih = Travacò (sig. Anelli), da Cava Manara, ove si è rapidamente dif- fusa, ecc. Esami . . . TARE N50 AVVIZZIMENTO DEI GERMOGLI (isso i Lì Hogiio inviati rami con questa malattia da Forlì (Istituto agrario Umberto I), da Reggio Emilia (prof. Samoggia), poi si ri- scontrò a Casteggio, Albaredo-Arnaboldi, Belgioioso, Casa- tisma, Comairano, Miradolo, San Colombano, Zinasco, In- verno, Casteggio, Stradella, ecc... 200-485 190 Fersa sopra foglie, dal prof. Samoggia di ui Hip PNE at) Totale esami N. 248 Malattie delle piante da frutto, ornamentali, industriali, forestali, da orto e da foraggio. Di tali piante durante questo primo semestre pochi furono i cam- pioni mandati con gravi malattie, fatta eccezione dei peschi. La Diaspis infatti ha attaccato in molti luoghi queste piante da frutto in modo da impensierire; così nella Liguria dove fa danni fortissimi. Per questa Diaspis identica a quella del gelso valgono gli stessi metodi di cura. La Diaspis, si noti, oltre al gelso ed al pesco attacca molte altre piante, per esempio: le rose, il lauro, l’evonimo giapponese l’uva spina, il fagiuolo, le zucche, l’ortica, il salice, la robinia, la quercia, ecc., ecc.; quindi tali piante pure devono tenersi continuamente in 0s- © (SA, per essere curate o distrutte nel caso d’infezione. Riassunto degli esami. a) Malattie degli alberi da frutto. CoccinieLia DEL PESCO. (Diaspis pentagona Targ.), sopra peschi da Loano (sig. Pollacci), sopra peschi da Settimo Pavese (sig. L. Cozzi), ece. Esami. . . COMPE, A ARIRUNE 26 CoToNELLO. E CARPA ) ioriigena Haisi)} sopra ge a Miradolo (cap. Robecchi), a Settimo Pavese (sig. Cozzi), a Pavia (orti.della città), a Monteleone, ecc... /. 0.0... 24 LeserA DEL PESCO. [Exoascus deformans (Berk), Fuckj, sopra peschi da Frascati (Roma), Reggio Emilia RE Samoggia), San Giuseppe (Pavia), ecc. . . . ig IN LO Erivosi DeL PERO. (Phytoptus Pyri Land. da ME, foglie di Pot loviate.da Novara (prof. Patrioli) ;'18,07744 AG POME SINO ATE Mps CLASTEROSPORIUM AMYGDALEARUM (Pass.) Sacc. sopra mandorli . N. 3 TIccHIOLATURA DEL PERO. | Fusicladium pirinum (Lib.) Fuck.] sopra peri da Reggio Emilia (prof. Samoggia) e da Lucca (prof. A. Matteucci), da Novara (Comizio agrario), ecc. . , 6 CRITTOGAMA DEL PERO (Oidium leucoconium Desm.), sopra foglie di pero inviate da Reggio Emilia (prof. Samoggia). . .., 5 Coryneum BeyerIincKu Oud. sopra rami di pesco da Grumello del Monte (prof. Tamaro, dirett. della Scuola d’agricoltura) , 3 Prronospora Fragariae Roze et Cornu. Questo parassita aveva attaccato un estesissimo fragolaio di circa 2 ettari d’esten- sione, dimezzandone il raccolto a Castagnara presso Vo- gherag(sIe- GIACOMO MROSSO) RR LI 5 Arcipium GrossuLarIAE Schum., sopra foglie di Ribes da mo (Francia) (sig. P. Dumée). . . SCE GOMMOSI DEL PESCO, SOpra rami di pesco Gal Gr 0 del Monte (Scuola d’agricoltura) e abbondante negli orti di Pavia . , 10 MimiLarsis crmricoLa Pack., sopra foglie e rami di arancio mandati (da Loano (prof. Marchese); (bon Trai RMZzao MARCIUME DEI FRUTTI Se fructigena Pers.), sopra mele in OIL VIA MA COSI 5 MALATTIA INDETERMINATA SOpra He nico tai Groppo Cai- TOSI Calvi) ARSA 3 MRS MALATTIA INCERTA sopra frutti n to oo dal SE Seni (Groppello Cairoli) tuttora oggetto di studio . . . ..., 10 Totale esami N. 128 6) Malattie di piante ornamentali. Macrosporium VioLar Pollacci, sopra foglie di viole dalla Scuola supe- otesdaszicoltura,gdioMilano Esami tt et SN SPHAFROTHECA PANNOSA (Wallr.) Lev., sopra foglie di evonimo mandate da Firenze (prof. Baroni). . . . . . 2 HerEeRosPoRIUM ECHINULATUM (Berk.) Cook, sopra foglie iù garo- fano da omino (ProrAVo limo) ME e PayLtostiora Viorar Desm., sopra toglie di viola nell’ orto botanicpadi Pavia. tal) alive ande I Lit A RamuLaRIA LActEA (Desm.) Sacc., sopra foglie di viole in orti AMAVA IE ì i) i DI, 18 MELIOLA CAMELLIAR (Catt.) 0 o fe di o nel: T'ORTorDotanico RAP avi ale AA Ar e O — bla = PesraLozzia GuePini Desm., sopra foglie di camellia in orti aPaviali o CART TO AO SOR se NATO SPHAEROTHECA PANNOSA (Wallr.) Lev. sopra rose da Lugo (Co- mizio agrario) . 3 AscocHYTA BUXINA Sacc., sopra meta di ona da Do to Ri Mea Ovucaria Primunana Karst., sopra foglie di Primula da Meaux (E. Dumée). .. . . gi PERONOSPORA ARBORESCENS (Berk.) Di cri Sona foglie di pa- pavero inviate dal sig. Dumée P. da Meaux . . . A E; CercosporeLLA PrIivoLar Allesch. dal sig. Dumée da E ERA ta 1 di a SeproriA SciLLae West., sopra foglie di Muscari comosum da ec (RA ne) e a RR Ascocayra myrtIcoLa Maire et Sace., sopra foglie di Myrtus raccolte ad Ajaccio (Corsica) e mandate dal sig. Dumée di MAIS (FIANCO) MRO O] eo o I Totale esami N. 42 c) Malattie di alcune piante industriali e forestali. ErysipHE LAMPROCARPA (Wallr.) Lev. Nicotianae Comes, sopra foglie di tabacco mandate da Portici dal prof. Comes. Esami . . N. 1 Orion Tapacci Thiim, su on di tabacco mandate da Portici (prof. Comes) . . . . 3" et IR e TITO GyMNOSPORANGIUM CLAVARIAEFORME (I i Bars (forma teleutospo- rica), sopra rami di ginepro mandati da Colico (rag. Andreani), 12 GaLLe DeL Frassino (Erropaves Fraxini Karp.), sopra rami di Fracinus Ornus mandati da Piacenza (giornale Italia agricola) , 3 GLogosPorIva NERVISEQUOM (Fuck.) Sace., sopra foglie di Risa da Rovigo (Cattedra ambulante d’agricoltura) . . . E E MeLAWPSORA FARINOSA (Pers.) Schròt., sopra foglie di saical nei dintorni di Pavia (sig. Turconi). . 3 PuyLLOSTICTA DANMARAE, Pollacci, sopra foglie fn ao Orto BelamcordiFisag(prof Arcangeli)... . RR 2 Totale esami N. 27 d) Malattie di piante da ortaggio. PauyLLosticra Brassicae (Curr.) West., sopra fogiie di Brassica da Meaux umntbnméo)» Epami .. o... NI Atti dell’Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Vol. VIII 37 — 530 — ScLerorINnIA Lisertiana Fuck., sopra fave da Reggio Emilia (prof. SAMoggia) Rote e RR INS PauyroPHTORA INFESTANS (Mont.) De Bary, sopra piantine di po- modoro da Sestri Levante (Agenzia Durazzo Pallavicini). , 8 Ascocuyra Pisi Lib., sopra foglie di pisello da Rovigo (prof. Munerati, direttore della Cattedra ambulante d’agricoltura , 3 Uromyces Fasae (Pers.) De Bary, a Campospinoso. .. . . NASA: MALATTIA INDETERMINATA, Sopra ceci a Miradolo (sig. Robecchi) SL. Ip. m., sopra foglie di zucche e cocomeri da Groppello Cairoli (sig. (CAMME mt D. ANGUILLULE ED ACARI, sopra mo ii all i ogpio Hmilia (prof. SAMoggia) it a MIE. LEE Re Totale esami N. 40 e) Malattie di piante da foraggio. ScLerotINIA Lisertiana Fuck., sopra piantine di Sulla (/Hedisarum coro- narium) da Rimini (Cattedra ambulante d’agricoltura. Esami N. 3 Pseupopeziza MepicaGINIS (Lib.) Sacc., sopra piante di erba me- dica nella Versa (Stradella) e dintorni di Pavia. . . AR GS Puccinia Rusicovera (DC.) Winter., sopra piantine di Bibo alla WVersa (Stradella) ittici. aio sk tatti SR UsriLaco Bromivora Fisch. de Wald., sopra foglie di Bromus alla Versa (Stradella) . . . 5 RAS 8) FusicLapiom SorcnIi Pass., sopra Tome ù Sorglum 1 nei pressi di Santa Cristina. . . ; AvncuILLULE (Heterodera vailicicola Cres » sopra ua di “uu foglio tda#BergamoN(sipebrevitali) Meat Totale esami N. 18 Malattie di piante diverse. ExryLoma RanuncuLI (Bon.) Schroet., sopra foglie di Ranunculus Ficaria Ig Pavia. PSsami i A. O I RT Uromyces Pisi (Pers.) De Bary., (forma ecid.) sopra piantine di Euphorbia Cyparissias da Meaux (Francia) sig. Dumée. . , 3 CLADOSPORIUM HERBARUM (Pers.) Link., sopra Euphorbia Cypa- rissias dal sig. Dumée di Meanx (Francia). . . UN: Seproria Cox Syd. sopra foglie di Conzum alata dal sie. Dumée di Meaux . . har Roe Ne TE Cercospora BeLLyxekI (West.) Sacc., su foglie di Asclepias Vin- cetoricum da Meaux (sig. Dumée) se Tae 2 SeprorIa Caricis Pass., su foglie di Carex strigosa da Meaux (sig. P. Dumée) CE eo «Di Ma Mr ST a Puccinia PHRAGMITIS (Schum.) In , sopra foglie di Phragmites da Meaux (sig. P. Dumée). PRINT COTETENITERINER: (e Reed eee"... 6 Totale esami N. 21 Ricerche ed informazioni varie. DETERMINAZIONE DI PIANTE. Piante raccolte nel golfo del Siam (Asia) mandate dal capitano sig. Cecconi, comandante la r. nave Stromboli ; determinazione di Orchidee mandate da Casteggio e d’altre fane- rogame. Esami. . . AS BEMAIN60 Crittogame della vgano dee stai da futili | DRL20 Totale esami N. 180 TxrormazioNI vaRIE: sulla coltura della quercia da sughero al prof. Falchi; sul come distruggere i bruchi dei meli al sig. Aldo Zaina di Ferrara. Frequentarono il Laboratorio crittogamico durante questo semestre: 1° Il sig. dott. Luigi Montemartini, libero docente di botanica all’Università e deputato al Parlamento. 2° Il sig. dott. Luigi Buscalioni, libero docente di botanica al- l’Università. 3° Il sig. dott. Gino Pollacci, conservatore all’Orto botanico. 4° La signora dottoressa Giuditta Mariani di Sondrio. 5° La signora dottoressa Ermelinda Mauri di Cantù. 6° Il sig. dott. Angelo Magnaghi, assistente volontario. 7° Il sig. dott. Emilio Cazzani di Pavia. Rassegna crittogamica per il secondo semestre dell’anno 1902. — Relazione del prof. Giov. Briosi, direttore del Laboratorio critto- gamico italiano in Pavia, a S. E. il ministro d’Agric., Industria e Commercio. Le richieste di studi ed esami che si rivolgono al nostro Labora- torio aumentano sempre ed in forte misura. Se da ana parte ciò con- forta perchè indica come nel pubblico dei coltivatori altamente si va- lutino ed apprezzino ora queste ricerche, dall’altra accrescono oltremodo il lavoro ed il compito dello scarso personale addetto all'Istituto stesso. Superano il migliaio gli esami di malattie di piante eseguiti in questo secondo semestre, e toccano le 2000 nell’anno. Anche a ricerche originali, sopra parecchie malattie nuove o poco note, accudì pure in questo semestre il personale del Laboratorio. Di alcune anzi si sono di già pubblicati una parte dei risultati ottenuti, e non appena compiuti i lavori in corso, si pubblicheranno i lavori definitivi. Una malattia che attacca i frutti del Fico fu riscontrata nell’au- tunno scorso ed attualmente essa è oggetto di studio dell’assistente sienor Farneti. Sopra grappoli di uva mandatici da Tortona e da Ivrea fu trovato una speciale e nuova forma di marciume che verrà presto descritta. Il dottor Gino Pollacci, in collaborazione col signor Farneti Ro- dolfo, attende allo studio di un interessante zoocecidio della vite e lo scrivente, insieme al signor Farneti, accudisce a ricerche intorno ad una malattia della Vanilla planifolia e di altre orchidee. Oggetto di una nota preliminare ! pubblicata nel volume VII degli Att del nostro Istituto, fu lo studio fatto dallo scrivente, in col- laborazione coll’assistente Farneti, di una grave malattia che deturpa i frutti di Limoni, nota col nome di £uggine bianca; malanno che da due anni compromette in alcune contrade della Sicilia il prodotto di questa importantissima pianta. Le ricerche sull’avvizzimento dei germogli del gelso, delle quali si pubblicarono i primi resultati in una nota preliminare ® volgono. 1 Briosi e FarNETI, Sopra una grave malattia che deturpa i frutti del limone: in Sicilia. 2 Buiosi e Farneri, Intorno all’avvizzimento dei germogli dei gelsi. Nota preli— minare, in Atti dell’Istituto botanico di Pavia, vol. VII, 1901. — 533 — ora al termine; onde il lavoro definitivo verrà dato alla luce non ap- pena saranno terminate le tavole illustrative che lo accompagnano. Le risultanze di altre ricerche, pure eseguite dagli stessi autori intorno a strane produzioni fungine che sviluppansi sulla vite, for- marono l'oggetto di una memoria corredata di tavole ! pubblicata nel volume VII degli stessi Ati. Malattie della vite. Mercè le diligenti irrorazioni a base di sale di rame fatte dai nostri viticoltori ed in grazia della stagione, in quest'anno asciutto, l'invasione della peronospora non ha arrecato gravi danni alle viti della nostra regione. Impensierisce invece l’invasione della fillossera che si diffonde nei nostri vigneti, fino a poco tempo fa immuni. Il personale del nostro Laboratorio, nelle gite fatte a scopo scientifico nell’autunno scorso, scoprì e dovette segnalare tre nuovi centri di infezione posti in località, pur troppo! eminentemente viticole. In questi vigneti filloressati, oltre alla forma radicicola, fa trovato abbondante la gallicola in viti americane. * *% * In un'estesa plaga di vigneti su quel di Alessandria presso San Sal- vatore, si sviluppò nell’anno scorso una grave malattia. Visitate più volte le località infette si potè accertare che il danno prodotto era ve- ramente rilevante, tale da impensierire. A parecchie migliaia ammon- tavano le viti per essa intristite e private del frutto, a non poco le morenti e le morte. Le viti dei vitigni attaccati divengono gialle e rimangono piccole, poichè i tralci, più o meno clorotici e pallidi, poco si sviluppano. Molte e rachitiche femminelle invece producono, le quali danno al ceppo un aspetto di sterile cespuglio. Un primo esame escluse che le viti fossero prese dalla fillossera, come a tutta prima poteva sembrare, e stabili invece che esse erano intristite da una forma di c/orosi per la prima volta comparsa in Italia, almeno in tale grado da attirare l’attenzione. Questo malanno si presenta con caratteri molto simili di quello che dai francesi viene descritto sotto il nome di Cottis. 1 Briosi e Farneti, Intorno ad un nuovo tipo di licheni a tallo conidifero che vivono sulla vite, finora ritenuti per funghi, in Atti dell'Istituto botanico di Pavia, vol. VIII. — 594 — Nella prossima primavera noi ritorneremo a visitare i vigneti per continuare le ricerche, tanto intorno alla natura del male, quanto al- l’efficacia di parecchi rimedi di già consigliati a diversi viticoltori del luogo. Un’altra grave malattia ha fatto la sua prima comparsa nelle viti dell'Alta Italia, il Roncet. Ci vennero inviate viti ammalate dall’egregio professore Tamaro, direttore della Scuola pratica di agraria di Gru- mello del Monte (Bergamo), che trovammo affette da oncet. I vitigni attaccati appartenevano alla varietà Rupestris du Lot, una delle più sensibili a tale morbo. Già in altre relazioni pubblicammo ì caratteri distintivi della malattia e le cautele che si devono avere per circoscriverne i danni. Ritorniamo a raccomandare sopra tutto di accertarsi scrupolosamente che i vigneti od i vivai, ai quali si chieg- gono talee o barbatelle, siano affatto immuni da tale morbo. Elenco riassuntivo degli esami fatti di malattie della vite. ‘ Prronospora |Plasmopora viticola (Berck et Curt.) Berlese et De Toni]. Sopra grappoli inviatici dal prof. Frizzati, direttore della Cattedra ambulante di agricoltura di Rimini. Esami... .. . N. 10 MARCIUME DEI GRAPPOLI. Uva attaccata da una Monilia, da Asti 5 Suserosi. Sopra uva da Rimini (prof. Frizzati) e da Grumelio del Monte (sig. Alfredo Basi) . . . DISALO; CoLatura. In grappoli di uva da Milano (or. Micheso “ei Corriere del Villaggio) . . . Lu ScortatURA. Sopra grappoli di uva inviati “a Giaime della Cattedra ambulante di Poggio Mirteto SID Cancro. Tronchi di viti affette da cancro mandate so do nuova Pausania (Sassari) a mezzo del Corriere del Villaggio (prof-Marchese)j at ciel Sti rota. ARE 5 Roxncer. Sopra piante di £Aupestris du Lot da Grumello del Monte (prof. Tamaro, direttore di quella Scuola d’agric.) , 6 PuyLLostiora viticoLa Sace. Sopra foglie di vite inviateci dal direttore della Cattedra ambulante di agricolt. di Padova. CLorosi. Moltissime piante da San Salvatore (Alessandria) . FiLLossera (PhyMoxera vastatriv Planchon) forma gallicola e ra- dicicola. Sopra foglie e radici di vite a San Colombano sul 4 Per evitare inutili e troppo frequenti ripetizioni non si riportano sempre su questi elenchi di malattie i consigli, le indicazioni ed i rimedi che vennero suggeriti di volta in volta a chi ne mandò il materiale per studio. ic) — Lambro, in territorio detto Campagna ed a Miradolo. Radici di viti provenienti da Chiavenna attaccate da fillossera ci furono pure inviate dalla Deputazione provinciale di Sondrio N. 50 TienuoLa DELL'UVA (Cockylis ambiqguella Hiihn.). Sopra grappoli mandati in esame dal prof. Albanese dell’Università di Pavia , 3 Rossore 0 TerRANICO (Tetranichus telarius Linn.). Sopra foglie di vite sulle quali aveva prodotto arrossamento, raccolte nel territorio di Parella e mandateci dalla Scuola d’agricoltnra seaiosog(Mazino)faett ica 3 MALATTIE IncERTE. Sopra foglie; da Butrio in piano (Udine), © da Piacenza (Direzione dell’Italia Agricola) e da Milano (Direzione del Corriere del Villaggio), ecc., ecc. . . . .., 2 Totale esami N. 16 Malattie dei cereali. Pochi furono in questo semestre i campioni di frumento affetti da ruggine pervenuti per esame a questo Laboratorio; invece da diverse parti del Regno ed anche dall’estero ce ne furono inviati molti infetti dalla TiZletia Tritici (Bejerk.) Wintr. che produce la malattia conosciuta dagli agricoltori col nome di carie 0 golpe, buffone 0 carbonella del fru- mento. I chicchi affetti da tale morbo si conoscono facilmente anche all'aspetto esterno perchè si arrotondano e si rigonfiano, di più racchiu- dono una polvere nera che esala un odore fetido caratteristico, simile a quello del pesce guasto. E Per combattere la diffusione di tale parassita, raccomandammo di tenere la semente in un bagno di soluzione di solfato di rame, al mas- simo al 2 per cento, lasciandovela dalle 12 alle 16 ore, poi di asciu- gare il frumento con opportuni rivolgimenti e seminarlo subito. Racco- mandammo altresì di non impiegare come lettiera la paglia proveniente dai campi infetti onde non inquinare il letame. La trascuranza di queste precauzioni ha fatto sì che ora questa malattia in molti luoghi ha preso un forte sviluppo. Elenco degli esami delle malattie dei cereali. Ruagine DEL FRUMENTO |Puccinia glumarum (Schum.) Eriks et Hemm.|. In foglie di frumento mandate dalla Cattedra ambulante d’agricol- ra (di'PavianEsami ve/pe ni. 0 ea 2 CARIE DEL FRUMENTO [Tilletia Tritici (Bejerk) Wint.], ci furono — 536 — mandati diversi campioni di frumento attaccati da tale ma- lattia dalla direzione del Comizio agrario di Savona, dalla Comission de parasitologia agricola del Mexico, da Miradolo (Pavia), da Casteggio, da Loano (Genova), ecc., ecc. . N. 50 NEBBIA DEI CEREALI (Oidium monilicides Link.). sona foglie i frumento raccolte a San Pellegrino (Bergamo)... . . sg 8 NERO DEI CEREALI | ladosporium herbarum (Pers.) Link.) Da Mi- lano (sig. Marchese) sopra foglie di frumento. . . . si # BrancHELLA 0 GentiLUOMO. Sopra piantine di riso mandateci dal direttore del Corriere del Villaggio di Milano; sopra spighe inviate dalla Cattedra ambulante d’ a della pro- VINCI NIE A VIARNe e e Me In COR I PayLLosricra sp. Da Civenna e paesi vicini, sopra foglie di grano saraceno. . . vo Cap ge ISO MeLata. Su foglie di no ine dala Comiaston de para- sitologia agricola del Mexico . . . SL a Io, AxcuiLLuLe. In piante di frumento To da Rovigo dal profsa.OuiMunerati.ju alia Lento: ae Totale esami N. ‘102 Malattie prodotte da parassiti vegetali nella canapa. Numerose sono le malattie crittogamiche a cui va soggetta questa utilissima pianta colturale e parecchi sono stati gli agricoltori che si rivolsero a questo Istituto per imparare a distinguerle ed a conoscerne i rimedi per combatterle; onde questo breve riassunto. Di queste malattie ve ne sono che attaccano esclusivamente le foglie, alcune solo lo stelo, ed altre sono proprie delle radici. MALATTIE DELLE FOGLIE. Nebbia delle foglie. — Sulle foglie attac- . cate da questo male si formano delle numerose macchiette rotondeg- gianti, bianchiccie o giallo-ocracee, nel centro delle quali si osservano dei piccoli corpicciuoli rotondi, neri, che sono i corpi fruttiferi della Septoria cannabis Sace. Anche la PhyMosticta cannabis Speg. è causa di un'infezione che va pure sotto il nome di Nebbia della canapa, poichè tanto si assomiglia alla precedente che, solo un attento esame al mi- croscopio, può distinguerla. In pratica tanto l’uno quanto l’altro parassita non è molto temi- bile perchè attacca le foglie generalmente quando gli steli sono già bene sviluppati. — DS Peronospora della canapa. È dovuta al parassitismo di un miero- micete, la Peronospora cannabina Otth. che fu osservata in Svizzera ed ora si è diffusa anche nel Ferrarese. Le foglie delle piante infette, specialmente le giovani, presentano macchie giallastre, di forma e gran- dezza varia. Le foglioline attaccate si incurvano per il contrariato svi- luppo della parte ammalata, mentre cresce normalmente la, porzione sana. Sul dorso delle foglie infette, specialmente negli angoli delle nervature del fungo, si notano numerosi ciuffetti grigiastri formati dai rami fruttiferi. Non sono stati finora proposti metodi di cura contro tale malattia, ma tutto fa credere, data la natura del fungo, che sarebbero utilissime le irrorazioni colla poltiglia bordolese, praticata nello stesso modo e nella stessa proporzione usata per combattere la peronospora della Vite, delle patate, dei pomidori, ecc. MALATTIE DELLO STELO. Tigna 0 Cancro della Canapa. — È fra le più gravi della canapa; forti danni ha talvolta prodotto anche da noi, nel Ferrarese ed altrove. Come nota il dottor Carlo Neppi, essa fu avvertita sin dal 1858 dal Botter, quindi circa quattro anni prima che il Tichomiroff la scoprisse in Russia. È causata dalla Sclerotinia Kauf- manniana Tich.; lo stelo ove è attaccato si scolora leggermente, si av- valla e da ultimo produce delle chiazze bianco giallastre. Sopra tali macchie e nell'interno lungo il midollo dello stelo, specie se la stagione corre umida, si formano spesso degli sclerozi piccoli e neri. Iì tiglio in corrispondenza ad esse diventa fragile e facilmente separabile dallo stelo. Le piante che sono di solito colpite al piede, e raramente più sopra, avvizziscono e seccano. Cure speciali e dirette non si conoscono: per difendersene, unico mezzo è quello di non coltivare per qualche tempo la canapa nei campi infetti. E siccome le carote, le fave, i fagiuoli ed altre piante sono attac- cate da un’altra Sclerotinia, la S. Libertiana Fuck. molto simile, anzi secondo alcuni micologi, identica, così bisogna escludere anche la colti- vazione di tali piante. Se trattasi di terreni molto umidi sono consi- gliabili i lavori di drenaggio, i canali di scolo, ece., onde prosciugarli ; e quando il male è limitato si può cercare di soffocarlo collo steriliz- zare per mezzo del fuoco le porzioni di terreno infetto. Nebbia del fusto. (Dendrophoma Marconii Cavara). — Questo fungo produce sullo stelo della canapa delle chiazze di color grigio-scuro . lunghe nel senso dell'asse da 5 a 15 mm., e larghe da 2 a 8, cosparse di numerosi punticini neri. È una malattia assai comune, ma fortuna- tamente essa si manifesta, per lo più nell’ultimo periodo di vegetazione, quindi raramente produce danni gravi. E però dimostrato che tale mi- — 538 — cete diminuisce la resistenza delle fibre tessili, quindi è da consigliarsi di anticipare, per quanto è possibile, il taglio della canapa a fine di impedire che il parassita abbia tempo di completare il proprio sviluppo e moltiplicarsi. Bacteriosi. — Sullo stelo della canapa si formano delle lesioni si- mili a quelle causate dalla grandine o dai venti forti. In tali lesioni venne dal Macchiati trovato e descritto un bacterio che egli ritiene causa di tale male, onde il nome di bacteriosi. Tale morbo sarebbe non infrequente nel Ferrarese, nel Bolognese e nel Polesine; i danni che produce non sono rilevanti; e mezzi di difesa non si conoscono. Ruggine. — Umnuredinea, la Melanospora Cannabis Bhr. è la causa della così detta ruggine che attacca lo stelo invadendo col suo micelio le fibre tessili, così da riuscire anche più dannosa della Sclerotinia causa del Cancro. Si svilupperebbe al piede degli steli già maturi e pronti pel taglio, e benchè più che da vero parassita sembra si com- porti come un saprofita, pure tornerà utile impedire il più possibile il contatto degli steli ammalati recisi, tanto fra loro che col suolo, a fine di porre ‘il maggiore ostacolo possibile alla sua diffusione; quindi pro- cedere alla macerazione in modo sollecito. Marciume. — Questa malattia è quasi esclusiva dell'Ungheria; da noi non fu per anco avvertita, almeno per quanto io sappia. Si sviluppa sullo stelo ove produce zone circolari pallide, specie di tante fascie bianche che vedonsi anche da lontano. È molto dan- nosa perchè determina il marciume della parte dello stelo sottostante alla fascia infetta. La malattia è dovuta al parassitismo della Botrytis infestans (Hazs.) Sace. Cuscuta. — Anche una fanerogama parassita attacca i giovani steli della canapa e fortemente li danneggia. E la Cuscuta europaea L, pianticella priva di foglie, dallo stelo fi- liforme, che si avvinchia attorno ai teneri fusticini della canapa, entro il cui corpo infiltra speciali e strane radici (gli austori) che ne succhiano le sostanze nutritizie e li intristiscono ed uccidono. Questa fanerogama essendo priva di cloroplasti, cioè degli organi che trasformano gli ele- menti minerali del biossido del carbonio dell’aria e quelli dell’acqua in sostanza organica, non può elaborare le sostanze necessarie alla vita onde si appropria quelle di già formate dalle piante sulle quali paras- ‘siticamente vive, quali la canapa, il trifoglio, l'erba medica ed altri. Primo rimedio contro di essa è l’impiego di semente non infetta; e quando il male si è manifestato, il meglio a farsi è distruggere accurata mente le piante attaccate prima che la cuscuta maturi i propri semi; avvertendo di levare anche le radici, perchè ora è provato che le no- — 039e= dosità della cuscuta che formansi nell’interno dei tessuti delle piante ospiti vi rimangono vivi sino al nuovo anno, come fossero dei bulbilli. Del resto anche i trattamenti con cenere .e più ancora quelli con sol- fato di ferro al 2 °/, sono efficacissimi; tanto che in Francia furono resi obbligatori per legge (legge Mèline). MALATTIE DELLE RADICI. — Orobanca, Succiamele, fiorone. — L'Oro- banche ramosa è una fanerogama la quale vive parassita sulle radici di molte piante, comprese quelle della canapa. Ha stelo ramoso giallo- pallido che raggiunge e sorpassa i 20 cm. di altezza e produce fiori azzurri e bianchi in spiga. I suoi semi sono piccolissimi e conservano la facoltà germinativa per molti anni. Quando arrivano in contatto con le radici della canapa (trasportativi per lo più dalle acque) germinano, e vi si fissano per mezzo di minute e numerose radichette le quali ne succhiano i principi nutritizi, a spese dei quali ìl parassita si sviluppa, sino a produrre le caratteristiche infiorescenze a torrione che veggonsi ai piedi delle piante di canapa infetta. Il danno è talvolta gravissimo, ed ogni pianta di Orobanche produce una grandissima quantità di minu- tissimi semi che facilitano la sua diffusione. Per difendersi torna utile, prima di tutto, l’impiego di semente immune; di poi, non riseminare per qualche anno la canapa nei campi infetti. Preferire per la semina le varietà selezionate come molto resi- stenti a tale parassita; tra queste, Ja così detta canapa di Carmagnola, in grazia forse alla consistenza fibrosa delle sue radici, è una delle più apprezzate. Anche i sali di sodio ed il cloruro di potassio sembra riescano a combattere questo parassita, onde si consiglia l’impiego di concimi chimici che contengano tali sostanze. Malattie di altre piante industriali. Diaspis PENTAGONA Targ. In abbondanza sopra i gelsi in vicinanza di Cava Manara, Pavia, Belgioioso, Santa Cristina, Monteleone, Bis- sone pavese, ece. Si consigliano sempre i noti rimedi, che però vengono spesso trascurati e così il male rapidamente si diffonde. games Ian 0 I TIRI A ARA E IONE 10 Uroxyces GeNistAE (Pers.) Fuck. Su foglie di Avorniello a Ci- venna (Como) OASI RARE CARA OvuLarIa oBLIQua (Cke) Oud. Sopra foglie di Fwmer acetosella nei dintorni di Pavia . . eee ano spug — 540 — RocNnaA 0 TUBERCOLOSI DELL’OLIVO | Bacillus oleae (Arcang.) Trev.|. Sopra rami di olivo inviati da Mondolfo per mezzo della direzione del Corriere del Villaggio. . . N..5 AVVIZZIMENTO DEI GERMOGLI. Numerose piante di SIT affette n questa malattia nei dintorni di Pavia, Cava Manara, 0. Carbonara, Belgioioso, Santa Cristina, Vigarolo, Miradolo, Carpignano, Groppello Cairoli, Casatisma, Albaredo Arna- boldi, Campospinoso, ecc. . . . 0 SI0O ScLerorIina LisertiaNna Fuck. Sopra Muici di barbabietole) con tivate a Remedello ed inviateci dalla Colonia agricola bresciana, «e; (il iglotse. Lett 1 34 0 o Lic®eni. Il prof. Samoggia mandò dei rami di Abies pectinata e di Picea excelsa le cui foglie venivano uccise per lo svi- luppo abbondante sopra di esse di un lichene tutt'ora 0g- DELLO RRIMS IU AIOR (RE I OR STRONA CABI Uronvers TereBIintHI (DC.) Wint. Sopra foglie di Pistacia Te- rebinthus spedite dal sig. Dumée da Meaux (Francia) . . , 4 MALATTIE INDETERMINATE. Sopra gelsi del comune di Casatisma, Casteggio, ecc... 5 3 7 — Sopra radici di iter) die 0 ct RA, dalla Cattedra ambulante di 3 Sato di Venezia e da quella di Mantova . . . MEGGIO, — Sopra rami di ulivo ini ha dh na ida SIORMRIAN CIG: USEpp et dC RR TE Totale esami N. 301 Malattie delle piante ornamentali, da frutto, da orto e da foraggio. Della ruggine bianca che attacca i limoni della Sicilia e di alcune parti della Liguria ho già parlato. Una infezione di molto rilievo si ebbe a Castagnera, presso Voghera, prodotta dalla Peronospora Fra- gariae Roze et Cornu. la quale aveva invaso un vasto fragolaio della superficie di ben 22 pertiche, appartenente al signor Giacomo Rosso. Per combattere tale morbo il signor Rosso irrorò i suoi fragolai con poltiglia bordolese all’1!/, per cento; ma il risultato, per questo anno almeno, fu quasi nullo; probabilmente perchè il rimedio venne applicato troppo tardi, quando cioè l'invasione del parassita era di già molto avanzata. — 541 — Riassunto degli esami. a) Malattie degli alberi da frutto. CocemisLia DEL Pesco (Diaspis pentagona Targ.).. Su peschi a Pavia lorWadellatferttà)- ecc. Esami. (> RR AS SRGEINAZIO CoroneLLO (Schizoneura lanigera Haus.) Sopra meli a Groppello Cairoli (avv. Albertario) nei dintorni di Pavia, Como (sig. Pedra) secco. . OA LEE SCOLITO DEI FRUTTETI (SETTE Montana Degni ). In abbondanza entro gemme di molte piante di melo, in orti della città (signor Francesco Albertini) |... ... a dp Ruccine DEL PERO (Roestellia cancellata Rabenh.) n PELI © pero mandate in esame dalla Cattedra ambulante di Pavia, MARCIOME DEI FRUTTI ( Monilia fructigena Pers.). Sopra frutti di susino inviati da Novara dal prof. Patrioli e in orti di Pavia , 10 PaHyLLOSTICTA PRUNICOLA (Opiz.). Sace. Sopra foglie di susino, orti di Pavia (sig. Albertini) e sopra foglie di a da Ci- yeanal(Como)i. . (a : ind £8 Puccinia CerasI (Bereng.) Cast. Shgna Ugo di grossi allor di ciliegio di proprietà del sig. ing. Vandoni a Casteggio. , 6 SPHAEROTHECA PANNOSA (Wallr.) Lév. In foglie di pesco da Imola, inviate dalla direzione della Scuola pratica d’agricoltura . , 8 Cercospora CreraseLLa Sacc. Sopra ciliegi da Udine sa Bo- bo nomi), da Civenna (Como), ecc. . . . SASUDI[(0) Haprorricaum Popuri Sacc. In foglie di peri e sopra fogli di Acer Negundo da S. Pellegrino (Bergamo) . . . AMELIO, OyuLaria Cimri Briosi e Farneti. Sopra frutti di lino in ue guria e Sicilia . g dala att RACMEAREEE 50 FUSICLADIUM DENTRITICUM (Wallr.) Fuck. Sopra foglie di melo, maccolte: av Civenna»(Como).s. è. cv. 01 A RIMESSE CLASTEROSPORIUM AMYGDALEARUM (Pass.) Sace. Sopra foglie di pesco a Civenna (Como) . . . . TERRA TS MaratrIA incerta. Sopra frutti di fico ni da Stradella fersle: Podafolimnato: . . . ‘ne, Totale esami N. 148 6) Malattie di piante ornamentali. Diaspis Sp. Sopra rametti di rosa mandati per determinazione, dal prot: Patmol» di Novara, Esami. | E NR MADE SPHAEROTHECA PANNOSA (Wallr.) Lév. Su foglie di Evonymus in numerosi giardini di Pavia RR Ni 20) Seproria DrantHI Desm. Sopra piante di garofano mandateci dalla Cattedra ambulante di Rovigo . . . 5A O MicrospHaeRA Evonywmi (DC.) Sace. Su foglie di Ev oniymus Yac- coltesa "Civenna: ‘(Como)it ALT, e AO ai Totale esami N. 30 c) Malattie di piante da ortaggio. Serroria Lycopersici Spegaz. In foglie di pomidoro mandate da Rimini (Cattedra ambulante d’agricoltura). Esami . . . . . .N 5 ALreRNARIA SoLani Sor. Su foglie di pomidoro dalla Cattedra ambulante d’agricoltura di Rimini . . . a) PERONOSPORA FRAGARIAE Roze et Cornu. Sopra i di impolo a Voghera (sig. Rosso). . . . 3 TOAIIDIG, CLaposporium Lycopersici Plowr. Sopra frutti di doge man- datici dall’ing. Vandoni di Casteggio... VEDO GALLE DEL cAvoLO (Ceuthor Agra] sulcicollis Gyll.). ui uu Ùi cavoli a Pavia. . . LT LLOV PROVE IO Seccume per MELONI | Alternaria Dicci Bo) Sace. forma nigrescens Pegl.]. Sopra foglie di poponi e di cocomeri a Groppello Cairoli (sig. Calvi). . . . , AL MALATTIE INDETERMINATE. Su peperoni oa ‘dana Gatiedia ambulante d’agricoltura di Torino . AREALE — Peperoni invasi da micelio e mandati ah Como dl parassitologia del Mexico . . . 1: d SERATA Bacreri. Su foglie di cavolo ui dalla Comisa I pa- HASSIOLO GIA MA CIMMINO PI RIE AN TITAN AMO Totale esami N. 46 d) Malattie di piante da foraggio. Rucane. |Puccinia Baryi (Berk et Br.) Winter]. Sopra Brachypodium a Pavia ssa nego 3) IENE Orprum eRysIieHomes Fries. AA corto ni Sulla ion dal prof. A. Patrioli dell'Istituto tecnico di Novara . . . . ,_ 5 Totale esami N. 9 Malattie di piante diverse. CercosPora DUBBIA (Riees) Winter. Su foglie di Chenopodium album, nei dintorni di Pavia. Esami . . . VANO, CARA. SEN LINIA Ruccine DEI Rovi [| Phragmidium violaceum (Sellia ) w int.] Sopra «foglie di Rovo mandateci dal sig. Carlo Remondino dell’ufficio agrario di Cuneo . s : CoxrorayRIoMm HeLLeBORI Cooke et Ro In fighe all E Meboro DI mandateci da Civenna (Como) ed altrove . . . AAGICATO Sragonospora sp. Sopra foglie di Elleboro a Civenna (Como) Ma bi SeprorIia HeLLEBORI Thuem. Su foglie di Elleboro a Civenna (Como) . 8 ExryLoma Fuscum Schroet. Su foglie di papavero mandateci dal sig. P. Dumée da Meaux (Francia) SeprorIA sciLLar. West. Sopra foglie di Dual CO signor P. Dirt ire ot ee Totale esami N. 41 i Relazione generale e riassuntiva sull’ operosità della Stazione di botanica crittogamica di Pavia nell’anno 1902, del direttore prof. Giov. Briosi, a S. E. il ministro d’Agrie., Industria e Commercio. A. questa stazione hanno mandato vegetali per esame e richiesto consigli o materiale non solo enti morali ed agricoltori italiani, ma al- tresì stranieri, quali ad esempio la Comision de Parasitologia, del Mes- sico, il micologo dottor Dumée, da Meaux (Francia), il professor Erikson, dalla Svezia, il professor Nomura, dal Giappone, ecc. Più di 2000 furono gli esami di malattie di piante che in questo anno ebbe ad eseguire il laboratorio. Fra le nuove malattie studiate in questo periodo di tempo, ricordo una forma di ruggine delle orchidee causata da una nuova wuredinea, l’Uredo aurantiaca Montemartini e un altro parassita, la Botrytis Hor- mini Farneti, causa di gravi danni alle colture delle Salvie, che venne studiata dal Farneti. Di questo micete si seguì diffusamente lo sviluppo ed il polimorfismo, e si ottennero risultati importanti non solo per la biologia di questo essere, ma altresi per la micologia in generale. Altro oggetto di studio fu la ricerca della causa di un morbo, fi- nora non descritto, della vaniglia (Vanilla planifolia) che distrusse — 544 — quasi completamente una forte piantagione di tale Orchidacea. Ci oc- cupammo anche di un altro micete causa della Ruggine bianca dei li- moni, nuovo malanno gravissimo per gli agrumeti della Sicilia. Nelle rassegne semestrali si è detto per esteso quali furono le malattie più gravi comparse nell’anno; per la vite ricordo oltre alla Fillossera, il Roncet, malattia molto dannosa specie per le viti ameri- cane, la quale va sempre più estendendosi, e la Cottis, forma di C/lorosi per la prima volta, (almeno in misura da attirare l’attenzione) ‘com- parsa in Italia. Nei cereali si ebbero forti invasioni di 7illetia Tritici (Bjerk.) Wint.; nei gelsi infierì l’avvizcimento dei germogli e la Diaspis pentagona che pur troppo, rapidamente si allarga. Oltre a tali studi di parassitologia vegetale, questa Stazione volse la sua operosità anche alla risoluzione di problemi che interessano l’a- natomia e la fisiologia vegetale, la sistematica e la distribuzione geo- ‘grafica delle crittogame; i risultati di questi studi trovansi consegnati in memorie pubblicate in parte nel volume VII degli Atti dell’ Istituto, di già reso pubblico, ed in parte nel volume VIII che è in corso di stampa; volumi, uno di quasi 400 pagine, l’altro che supererà le 500, ambedue corredati di molte tavole illustrative. Nel corrente anno l’Istituto nostro si propone il seguente pro- gramma di studi: Esperienze sopra la fisiologia della foglia; sullo sviluppo e poli- morfismo di alcuni funghi »varassiti; sull’anatomia fisiologica della ra- dice e del fusto (continuazione); sull’assimilazione clorofilliana dei ve- getali (continuazione); sulla ricerca microchimica e la diffusione del fosforo nelle piante (continuazione), oltre agli studi sulla flora. critto- gamica e fanerogamica della regione. Riassunto generale delle ricerche fatte nell’anno 1902. MalatbHegdella vite Ate eee E SAMIEN MOI Id. deifcerealio eee cani 3, 106 Id. delimelso re Vea at ue: = 320 Id. di altre piante industriali . . . . a 104 Id. deglifalberi da frutto”. . no 7 274 Id. di piante ornamentali. . . . . . DI 74 Id. difpiante)datortaggio.. ee n s0 Td. diepianteNdaWforasgio. PE IT] Id. CIA Ter Verse ee Ri 66 Determinazione di piante ed informazioni varie ; 362 Totale esami N. 2043 — 545 — Personale del Laboratorio crittogamico. Prof. Giovanni Briosi, direttore. Farneti Rodolfo, assistente. Turconi Malusio, assistente straordinario. Prestarono l’opera loro: Tl sig. dott. Gino Pollacci, conservatore dell'orto botanico. Il sig. dott. Emilio Cazzani, assistente all’orto botanico. Frequentarono il Laboratorio crittogamico durante l’anno 1902: 1° Il sig. dott. Luigi Buscalioni, libero -docente di botanica al- l' Università di Pavia. 2°.Il sig. dott. Luigi Montemartini, libero docente di botanica all’ Università e deputato al Parlamento Nazionale. 3° Il sig. dott. Giovanni Battista Traverso, assistente all’ orto botanico di Padova. 4° La signorina dott. Giuditta Mariani, professoressa alle Scuole normali. 5° Il sig. dott. Angelo Magnaghi, assistente volontario. 6° Il sig. dott. Luigi Scotti, prof. alle Scuole tecniche di Mortara. 7° La signorina Ada Lambertenghi, studente in scienze naturali. 8° Il sig. Luigi Maffei, studente in scienze naturali. 9° Il sig. Giovanni Bianchi, id., id. Pubblicazioni del personale dell’ Istituto durante l’anno 1902. G. Briosi. Atti dell’ Istituto botanico di Pavia, serie II, vol. VII (con 356 pag., 20 tavole ed 1 ritratto). — Milano, Rebeschini, 1902. — Rassegna crittogamica del 1° e 2° semestre 1902, in Bollettino di notizie agrarie. — Roma, 1902. — Intorno ad un nuovo tipo di licheni a tallo conidifero che vivono sulla vite, finora ritenuti per funghi, con 2 tavole a colori (in collabora- zione con R. Farneti), in Atti dell Istituto botanico di Pavia, serie II, vol. VIII, 1902. — Sopra una grave malattia che deturpa i frutti del limone in Sicilia. Nota preliminare (in collaborazione con R. Farneti), in Atti del- l’Istituto botanico di Pavia, serie II, vol. VIII, 1902. L. Buscaioni, Sulle modificazioni provocate da processi di mercerizza- zione nei filati di cotone (con 2 tavole), in Atti dell'Istituto botanico di Pavia, vol. VII, 1902. L. — 546 — BuscaLioni. Contribuzione allo studio della diffusione degli joni, con una tavola (in collaborazione col dott. A. Purgotti), nel vol. IX degli Atti dell'Istituto botanico di Pavia, 1902. Le antocianine ed il loro significato biologico nelle piante. Nota preli- minare, negli At del Congresso botanico di Palermo (in collabora- zione col dott. Gino Pollacci), 1902. MoxTEMARTINI. Contributo all'anatomia delle Aristolochiaceae, con 5 tav., negli Atti dell’Istituto botanico di Pavia, vol. VII, 1902. Nuova Uredinea parassita delle Orchidee, con una tavola, negli Atti dell’ Istituto botanico di Pavia, vol. VIII, 1902. 3. PorLacci. Intorno all’assimilazione clorofilliana. Ulteriori ricerche di fisiologia vegetale (II memoria), con 3 tavole, in Atti dell Istituto botanico di Pavia, vol. VIII, 1902. Le antocianine ed il loro significato biologico nelle piante. Nota pre- ventiva (in collaborazione col dott. L. Buscalioni), in Atti del Con- gresso botanico di Palermo, 1902. L’assimilation chlorophyllienne, in Archives italiennes de biologie, tome XXXVII, fasc. III, 1902. Recensione critica al lavoro del prof. L. Macchiati, Sulla fotosintesi operata fuori dell'organismo vivente, nel Nuovo giornale botanico ita- liano, 1902. R. Farneti. Intorno allo sviluppo ed al polimorfismo di un nuovo miero- micete parassita (con 4 tavole), in Atti dell’ Istituto botanico di Pavia, vol. VII, 1902. Intorno ad un nuovo tipo di licheni a tallo conidifero che vivono sulla vite, finora ritenuti per funghi, con 2 tavole (in collaborazione col prof. G. Briosi), negli Att dell’ Istituto botanico di Pavia, vol. VIII. Sopra una grave malattia che deturpa i frutti del limone in Sicilia. Nota preliminare (in collaborazione col prof. G. Briosi), in Atti dell’ Istituto botanico di Pavia, vol. VIII, 1902. MacnacÒi. Contribuzione alla conoscenza della micologia ligustica, in Atti dell'Istituto botanico di Pavia, vol. VIII. Mariani. Intorno all'influenza dell'umidità sulla formazione e sullo sviluppo degli stomi nei cotiledoni, in Atti dell'Istituto botanico di Pavia, vol. VIII, 1902. Tav. I. Atti dell'Ist Bot'Universita di Pavia Vol.VIII RITO ARERORA COLIN ESD Ve LAI TAN TE IPA” fog Le agi oh L'Autore delineo Lit.Succ.EBruni-Pavia G.Pollacci, Assimilazione vegetale. Att dell'Ist° BotUniversità di Pavia Vol.VIII Tav. IL Ve a fa G.Pollacci, Assimilazione vegetale. Lit.Succ.EBruni-Pavia L'Autore delineo Tov JIN ia Vol VII Pav Att dell'Ist° Bot°Università di l'Autore delineo Lit,Succ.EBruni-Pavia Assimilazione vegetale G.Pollacci. SE Att dell'Ist° Bot'Università di Pavia Vol.VIII 5» va stat ALI / Li; l'autore del. LitSucc.EBruni Pavia. sE LMontemartini: Uredo aurantiaca tate DVI RATORI OT a a NN e tt DS OST AEON AMI de Ist Bot°Università di Pavia VoLVIII GBriosi e RFarneti- Lichene gelatinoso della Vite LitSucc.Bruni Pavia Gli Autori delinearono Atti dellIst° Bot°Università di Pavia Vol VIII TavVI ee: > ci Res G.Briosi e RFarneti Lichene gelatinoso della Vite LitSucc.Bruni Pavia Gli Autori delinearono ei cu — E Atti dell’Istî Botanico Univ. di Pavia. Vol.VIII. Tav. VII. Tar Ittonyttui Roe: LOCCULENESHKStai Il Gli Autori del. Lit Tacchinardi a Ferrari, Pavia. Buscalioni e Pollacci - Le Antocianine, Atti dell’Ist.° Botanico Univ. Gli Autori fotogr. di Pavia. BuscaLioni E PoLLacci - LE \NTOCIANINE Atti dell’Ist.° Botanico Univ. di Pavia. Vol. VIII. Lav Gli Autori fotogr. AVIA— PREM.E FRAT BuscaLioni € PoLnacer - LE ANTOCIANINE .° Botanico Univ. di - i - e DIA n I) 7 il ; - \ e A . , x Gli Autori fotogr. PAVIA - PREM.ELIOTIPIA FRAT.FUSI Buscanioni E PoLLacci - LE ANTOCIANINE | | Î | Tav. XI tti dell’Ist? Botanico Univ. di Pavia. Vol.VIII. A Buscalioni e Pollacci - Le Antocianine, Lit.Tacchinardi a Ferrari. Pavia. Gli Autori del. Atti dell’Istî Botanico Univ. di Pavia.Vol.VIII. Tav. XII Gli Autori del. Lit.Tacchinardi aFerrari.Pavia. Buscalioni e Pollacci - Le Antocianine. Tav.XIII. Atti dell'Ist? Botanico Wniv. di Pavia.Vol.VIII. Gli Autori del. Tit Tacchinardi aFerrari. Pavia. Buscalioni e Pollacci - Le Antocianine. Atti dell’Ist? Botanico Univ. di Pavia. Vol.VIIL Tav. XIV. li G Pi di GA E ETA TTT VI INIT INTNNTOTI INGUII | INNI | RIMETTE MII ATI AEMI RUI MANILA IONI II i le Iadtvd fimo. ——’Buscalioni ePollacci - Le Antocianine, ì or È Atti dell’Ist? Botanico Univ. di Pavia.Vol.VIIL Tav. XV. Gli Autori del Lit. Tacchinardi aFerrari.Pavia. Buscalioni e Pollacci_ Le Antocianine Tav.XVI. .Vol.VIII. lé ‘o Univ. di Pav Botanic o . Atti dell'Ist Lit Tacchinandi a Ferrari.Pavia. Far. ad nat. del, R. Farneti. Malattie frutti del Fico. . * - Relazione sulle sperienze per combattere il Brusone del riso (Oryza Sativa L.) (Briosi, Alpe, Menozzi) . SERI ST Contribuzione allo studio della organogenia comparata degli stomi — con 3 tav. litografate (Tognini). ; Lt Contributo alla ficologia insubrica (Montemartini) Fri O - Contributo alla morfologia ed allo ‘sviluppo degli idioblasti delle Camelliee — con 2 tav. litografate (Cavara) | (0.0.0... Intorno alla anatomia e fisiologia del tessuto ‘assimilatore delle “ piante — con una tav. litografata (Montemartini) .../. .°. Briologia insubrica, 1.° contrib. Muschi della prov. di Brescia. (Farneti) La infezione peronosporica nell'anno 1895. — Relazione a S. E, il Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio (Briosi). ; Esperienze per combattere la peronospora della vite coll’ acetato di rame eseguite nel 1895. — Relazione a S. E. il Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio (Briosi) CC ROIIRE Intorno alla. anatomia della canapa (Cannabis Sativa L.) — Paîte seconda. Organi vegetativi — con 26 tav. lit. (Briosi e Toguini). Serie II. Volume V. Cenno su Carlo Vittadini (Briosi). ;_. .. iessecnieecrapporti:(Briasi) + Gist een Seconda contribuzione alla Micologia Toscana; con 1 tav, lit, (Tognini) Di una Ciperacea nuova per la Flora europea (Oyperus aristatus Rottb. var. Béckeleri Cav.); con 1 tav. litografata (Cavara). . Contribuzione alla Micologia ligustica; con 1. tav. litogr. (Pollacci) Ricerche di Briologia paleontologica nelle torbe del sottosuolo Pavese appartenenti al periodo glaciale; con 1 tav. litogr (Farneti). . Contributo allo studio dell'anatomia del frutto e del seme delle Opunzie; con 1 tav. litogr. (Montemartini) . RR Un nuovo micromicete della vite (Aurcobasidium vitis Viala et Boyer _ var, album); con 1 tav. litogr. (Montemartini) <\\ i... Ricerche intorno all’acerescimento delle piante (Montemartini) : Esperienze per combattere la peronospora della vite coll’acetato di rame eseguite nell'anno 1896 (Briosì).. UT i Sprint Rassegna Urittogamica pei mesi Aprile, Maggio e Giugno 1896 (Briosi) Rassegna Crittogamica pei mesi di Luglio a Novembre 1896 (Briosi) Appunti di Patologia vegetale. (Funghi nuovi, parassiti di piante coltivate); con 1 tav. litogr. (Pollacci) . PRG SIN Intorno ad alcune strutture nucleari; con tavole VII-IX (Cayara) Cloroficee di Valtellina. Secondo eontributo alla ficologia insubrica on anartini) ATZORI SEL RI . Studi sul The, Ricerche intorno allo sviluppo del frutto della Zhea Chinensis Sims. coltivata nel IR. Orto Botanico di Pavia; con cavole-Xx-a-XV--(Cavara);s;-. agere ene a agent e] Rassegna Crittogamica pei mesi Aprile, Maggio e Giugno 1897 (Briosi) Rassegna Crittogamica pei mesi di Luglio a Novembre 1897 (Briosi) Serie II. Volume VI. Senuu biografico sopra Giuseppe Gibelli (Briosì) . . . . . Rassegna Crittogamica-per l’anno 1898 (Briosi) —. EQUO RAZZA A Relazione generale sull’operosità della R. Stazione di Botanica Crit- togamica di Pavia durante l’anno 189% (Briosi). . 0... Rassegna Crittogamica per l’anno 1899 (Briosi) . .. ... +. Relazione generale al Ministero di Agricoltura Industria e Com- mercio sull’operosità della R. Stazione di Botanica Crittogamica di Pavia durante l’anno 1899 (Briosi)... ././ 4. .0./+ a Contribuzione allo studio del passaggio dalla radice al fusto; con 2 tavole litografate (Montemartini).v. 0». al. 0. Intorno ai metodi di ricerca microchimica del fosforo nei tessuti ve- getali; con 1 tavola colorata-(Pollacci). , . . . + Lu. Seconda contribuzione allo studio del passaggio dalla radice al fusto; con 4 tavole litografate (Montemartini). .. . .. . . . Intorno alla presenza dell’aldeile formica nei vegetali (Pollacci) . Ricerche sopra la struttura della Melanconiee e i loro rapporti cogli ifomiceti e colle Sferossidee; con 2 tav. lit, (Montemartini). . Nuovi materiali per Ja micologia lombarda (Farmeti). . . ..... Sull’embriogenia di alenne Solanacee; con 3 tavole litografate (da appunti lasciati dal Dott. F, Tognini). o... 04 +0 +. È giunte alla flora pavese e ricerche sulla sua origine (Farneti) . ._ XIV. Il biossido di zolfo come mezzo conservatore di organi vegetali ” (Polla0ci): :