^: / !P «*«^ \?: ) '""s* \ / ^ r ji6s:li:: ^,.^^y'<..\ • BIBLIOTECA ITALIANA O SIA. GIORNALE DI LETTERATURA, SCIENZE ED ARTI COMPILATO DA VARJ LETTERATI. TOMO LXI. ANNO SEDICESIMO. Qennajo, Febhrajo e Marzo i83i. MILANO PRESSO LA DIREZIONE DEL GIORNALE. niTZRlXLS. BKCIA STAMFEBIA. II presente Giornale^ con tuttl i volumi precedenti ^ e posto sotto la salvaguardia della Legge, essendosi adempiuto a quanta essa prescribe. \ BIBLIOTECA ITALIANA PARTE I. LETTERATURA ED ARTI LIBERALI. Gerolimi , ossia il Nano d una Principessa , deU aii- tore di Sibilla Odaleta. Mortara , 1 829 , Capriolo. / Prigionieri di Pizzighettone. Romanzo storico del secolo XVI, dell' autore di Sibilla Odaleta e della Fidanzata Liguie. Vol. 3. Mdano , 1829, Stella. Cecdia di Baone, ossia la Marca Twigiana al finire del medio evo. Narrazione storica di P. Z. (Pietro Zorzi) Vol. 4. Venezia , 1829, Andreola. {£ an- nunziata una seconda edizione corretta da mold e gravi crrori di stampa. ) Irene Delfino. Stoiia Veneziana del secolo VI. {Di A. F. Falcon ETTi. ) Vol. 2. Venezia , i83o, Gnoato. La Villa di S. Giuliano. Storia Veneziana del se- colo VII, data in luce dull' autore d Irene Delfi- no. Vol. 2. Venezia, i83o , Gnoato. La Battaglia di Benevento. Storia del secolo XIII , scritta dal dott. F. D. Guerrazzi. Vol. 4. Livorno . 1827, Bertaiii, Antonelli e comp., e Milano ^ 1829, JMalatesta. Continuazione e fine del secondo Discorso. — Di al' cu/ii nuovi romanzi. i\oi abbiamo promesso di trascorrere con larevita i romanzi dei quali ci resta ancora a parlare : e questo , per quanto ci sara acconsentito dallo scopo Bibl. Ital. T. LXI. 1 4 DE ROMANZl STORICI. olie ci siamo pioposto , noi lo faremo assai iacil- niente , perclu' sebbene la materia , che tuttavia ci avanza , sia di gran liinga piii abbontlante , che tpu'lla in cui ci sianio occupad {"mora, egli e pero niaiiilesto die le lunglie parole dette intorno ai Pri- gioiiicri di Fizzighcttone lianno gia in gran parte iuosti ato , per die niodo , anclie prescindendo da ogiii dottrina csdusiva, le nostre opinioni su questa specie di letteratura acquistino nella pratica un' ap- plirazione rigorosa e continua. Ne oramai per com- picrc intcra Tespressione del nostro concetto ci puo abbiso2;nare altro studio , die di sojieiuancre rapi- danionte al sunto d' ogiii romanzo quelle idee parti- colari die da esso ci son suggerite. Cecilia di Baone. Cecilia , figliuola di Manfredo Ilicco conte di Baone, giovanetta bcllissinia e di tutta virtu, dopo essere crcsciuta sin presso al quattordicesimo anno nella solitudine del sue castello sotto la buona custodia paterna , se ne diparte per la prima volta il 23 di giugno del 1187, e in conipagnia del vecdiio Spi- nabdlo lidatissiiiio servo e quasi amico del conte I\IanlVcdo discende dalla pace de' colli euganei alia vicina Padova per assistere ai grandi spettacoli , coi quali nella Festa de fiori e cclebrato dai cittadini alia presenza di Cunizza e di Sordello Tanniversario di ({uclla memorabile gioruata che nel 1164 gli avea renduti alia liberta. La fanciulla ammira le pompe a lei nuove, i giuochi , i torneamenti , legiostre, ma intanto ella stessa per la sua molta bellczza diventa oggetto d' amniirazione, e sovra tutti il prode, ma violento Gherardo da Camposampiero la perseguita cogl' innainorati suoi sguardi , e dal tuniulto dclla giostra , ov' ci coinbatte e trionfa , le getta nel cuore un' inquietudiue di dubbiosi e nial distinti pensieri. Ella nou aiua Gherardo, e forse nel fondo dellani- ma sua domiiia piuttosto la ripugnanza , che I' incli- nazione per lid ^ ma che giova, se rimmagiue di DE ROM^NZI STOEIGI. 5 queir artlito le sta sempre davanti , e Glierardo , non altri clie Glierardo e 1 occupazione della sua mente ? Cecilia s" avvia per ritornare a Baone, ma la giojosa calnia della venuta non le e piu coinpagna al ritorno, e coiue tristezza s' aggiugne facilmcnte a tristezza , ella incomincia nel breve viagglo a meditare suU' in- certo suo stato. Manfrcdo il suo buon padre e gia vecchio . . . e s' ei nianca , chi le sara guida e di- fesa? . . . Chi la salvcra da Glierardo, se niai medi- tasse qualclie violenza E sempre Glierardo! — Nel cammino ella vede la torre , ove dimora il fa- moso Pietro d' Abano , e poiclie deve restarsi la notte in un vicino castello , si risolvc di consultare quel savio sulla futura sua sorte. Accompagnata dal ca- stellano Rolando e dal liglio di lui Gualtieri , ella si reca attraverso il bosco fra le tenebre piu cupe ad ascoltare Toracolo: raa Pietro d" Abano non ha coaforti per la disgraziata fauciulla: egli non e in- dovino , ma F uomo prudente somiglia spesso a un profeta , e Pietro non e per certo ne impostore , ne temerario, se predice, die la vita di Cecilia in quel pessimi tempi sard piena d' agitazione , perche Cecilia e bella^ giovane e ricca. 11 padre tuo, egli aggiunge, con un pronto matrimonio potrebbe darti un protet- tore , ma forse noa sara piu in tempo , perche 1' ot- timo vecchio gia s' accosta al suo termine. — Con quest! spaventi la fanciulla abbaudona la torre , e Pietro le viene compagno per farle almeno piu si- cura la strada. Che sarebbe di lei senza questa va- lida scorta ? Bonaccorso, scelerato servo di Glierardo, interpretando falsamente la volonta del suo signore , tenta di rapirla nel passaggio del bosco , ma Pietro fa risonare il suo formidabile nome , e i vili e su- perstiziosi S2;hcrri si danno alia fu2;a. Intanto Glie- rardo, che nella giostra era stato gravemente ferito, non appena couosce V iniquita di Bonaccdrso , che senza badare all' infermo suo stato si mette in cam- mino per giustificarsi agli occhi di Cecilia , il cui amore gli cresce ad ogni istante nel petto, E forse 6 DE ROMANZI STOniCI. i disagi della via lo trarrebbero a morte, se non ve- nisse assistito dal verchio eremita di Venda , che lo niedica c lo guarisce non senza raccontargli la do- lorosa storfa della sua giovinezza , qnando milito in Orientc alia crociata di S. Bernardo. Sullo spuntare deir alba il Camposampiero gia risanato muove alia volta di Baone, e indossate le vesti d'un contadino si apparecchia ad entrar nel castello. Tristissimo au- gurio ! Egli incontra suUe porte un gran furiei-ale , il funerale del vecchio Manfredo , die appena era vissuto tanto da poter aspettare il ritorno della dis- graziata figliuola , e compartirle la benedizione delle estrenie parole. II terrore di quell' aspetto , la pieta d' un tanto infortunio non arrestano il giovane , ma pero giunto innanzi a Cecilia ei non le dirige che ua breve motto di onesta discolpa , c rispettandone il sacro dolore si parte: che fiero, prepotente, cor- rotto dalle adulazioni e Gherardo, ma generosa e capace d'ogni nobile sentimento e 1' anima sua. — E forse egli potrebbe essere virtuoso e felice , per- che Manfredo pria di morire ha trasfusa 1' autorita paterna nel fedele Spinabello , e questi per mettere in salvo Cecilia gia pensa di proporla in nioglie a Gherardo: ma che sono mai i progetti degli uomini? Spinabello s' affretta bensi a fame la proferta a Ti- sone padre del giovane , e Tisone , sebbene prenda tempo a risolvere , non sarebbe certamente avverso alle nozze, ma Bonaccorso, il quale troppo prevede che un siffatto matrinionio renderebbe inutili a Ghe- rardo i siioi turpi sei-vigi , si caccia fra mezzo , e introduce pratiche cogli Ezzelini da Romano a per- suaderli di non lasciarsi sfuggire le ricchezze e le aderenze della Vergine di Baone. Ezzelino il Balbo e persuaso , e quando Tisone viene a consultarlo sulla proposta di Spinabello, ei lo avviluppa di astute parole, e consigliandolo a maturare con lenta pru- denza il trattato approfitta egli stesso del tempo e deir occasione , e ottiene dal vecchio tutore la fan- ciuUa pel suo proprio figliuolo. Cecilia , che ha DE ROMANZI STORICI. n giiirato sul petto nioribondo del padre di obbedire a Spinabello , non sa ricusarsl apertamente alio nozze , ma gia divenuta senza saperlo amante di Gherardo , e paurosa di entrare nella odiata casa degli Ezzelini , manda il servo Ingelberio apportatore del tristo an- nunzio al giovane Camposampiero. E tanto potrebbe ancora bastare a distogliere i fraudolenti sponsali ; ma il reo Bonaccorso , che giugne a penetrare la missione del servo , lo chiude con artifizj ia un sot- terraneo, e quando questi riesce a liberarsi, ed awisa Gherardo , e gia troppo tardi , perche ora- mai il matrimonio e conchiuso. Vendetta adunque, ad ogni costo vendetta, e il grido dei Campo- sampiero, e poiche soli non bastano contro la po- tente famiglia da Romano , si oppongano insidie ad insidie, e tinche arrivi 1' istante d' uscire all' aperta punizione del tradimento siano suscitati da ogni parte nuovi nemici contro gli abljorriti Ezzelini. Guerra fra Padova e Vicenza , guerra fra Verona e Padova , ostilita jmminenti fra il marchese d' Este e quei da Eomano. Ma intanto due anni trascorrono , due lun- ghissimi anni , e Gherardo offeso nella parte piix viva del cuore , e istigato da Bonaccorso non vuol aspet- tare piu oltre i pigri ajuti della prudenza e del tempo , e assistito da Grimaldello , che ha una so- rella ai servigi di Cecilia , rapisce la giovane gia divenuta madre d' una bambina , e la conduce a Camposampiero, ov e trattata coll' ossequio piu ri- verente. Ezzelino ha sposata Cecilia , perche ripudio Speronella a lui rapita da Olderico di Fontana: non sarebb' egli possibile che un nuovo ripudio lasciasse libera anche Cecilia ? Ecco il sogno di Gherardo , ecco le speranze del violento amor suo ! Ma ben altro e \ avvenire , che si prepara prossimo e spa- ventoso. Immensa ira degli Ezzelini : guerra aperta contro la famigha di Gherardo : Camposampiero e assediato; i vicini paesi vanno a ferro ed a fuoco. II perfido Bonaccorso e ucciso in una sortita da quel- I'istesso Ingelberto che avea chiuso nel sotterraneo, 8 de' romanzi storict. e Gherardo anch' cgli abbattuto da nn colpo di pie- tra si trova aj^li estremi. — Che sara di Cecilia? Ella e condotta al letto dell inlelice che desidera di livederla m\ ultima volta , e se questa grazia gli sia conccduta , inorir perdonato. Ed oh come air aspetto di un tanto giovane veiiuto si presto a cosi misera morte per amor suo le si riscuotono neir anima tutti qiiei sentimenti ch' ella non ha mai conosciuti al)bastanza ! Pur trojipo egli c vero : Ce- cilia ama Gherardo , e poiche questi sta per morire , non puo trattcnersi dal confessarglielo , e con labbro amarissimo depone il bacio del perdono suUa fredda e scolorita sua fronte. — Continua la guerra : Pietro d' Abano venuto a Camposampicro risana Gherardo, che il bacio di Cecilia avea forse di gia strappato alia morte: ne a cio si arresta la prudenza del vec- chio. Egli ha trovato Cecilia che per mezzo di Gri- maldello medita di eseguire una fuga che la renda alia sua cara Agnete . . . e al suo sposo ; e conferman- dola con risolute parole in cpiesto forte pensiero , la invita ad accettare nella sua torre il primo asilo contro r ira sospettosa degli Ezzelini. Bisogna f ug- gire , ad ogni costo bisogna fuggire. La vostf anima , ei disse , e piira, o Cecilia^ io lo so: ma crederallo il mondo ? i posteri lo crederanno ? lo crcderd final" mente il marito vostro ? — Lo crederanno , rispose crncciosamente la giovane , tutti quelli che credono alia I'irCu. — Pochissimi lo crederanno , interrnppe il vecchio , perche pochissimi si sentono capaci di osservare le sante sue leggi. — L' accordo e fermato : Cecilia nella confusione del primo assalto tentera la fuga , e correra a ricovrarsi sotto la protezione di Pietro. E il primo assalto e imminente. La Marca Trivigiana va tutta in armi , e la battaglia si con- densa intorno a Camposampiero. 11 giorno e venuto. Tutte le forzc degli Ezzelini c de' loro alleati si ro- vesciano sopra il castello , tutte le forze dei Cam- posampiero e dei loro amici si gettano impetuose a respingere gli assalitori. E \ assalto e respinto , ma DF.' nOMANZI STORTCT. 9 nel tumulto della battaglia una torre mobile degli assedianti s' e accostata alle mura, e Cecilia, il piu bel friitto della vittoria , e fuggita, Cecilia coll' anima divisa e tremante gia s' alTretta alia volta di Abano. Gherardo e nell' ultima disperazione. Che gli valgono i soccorsi del marchese d' Este e dei Padovani , se la donna delF amor suo gli e tolta per sempre ? Che cosaelavita, se gli mancano le cagioni di vivere ? Ei vuol morire , vuol penetrare sino al marito di Cecilia , ed ucciderlo , uccidere anche Cecilia piul- tosto die lasciarla in potestd del nvale. E gia pro- fittando delle tenebre Gherardo e giunto a Campreto , e per le vecchie mura si mette nascosamente dentro al castello. Diso;raziato ! Ouesta notte medesima , in cui egli viene alia disperazione di quell' impresa , sta per condurgli un' aui'ora di felicita imprcyeduta , ed ei non vuole aspettarla. Maria da Campreto, un tempo druda di Ezzclino , ha saputo nuovamente alletlai'e all' amor suo questo feroce guerriero , e lo 'sta persuadendo , anzi lo ha gia persuaso a ripudiare Cecilia. Ancora un giorno solo , e i lunghi voti di Gherardo , se cuor di donna non muta , sarebbero iinalmente adcmpiti : ancora nn giorno , e sono ter- minati i suoi mali . . . , ed e2;li s' avan;!;a senza sa- perlo pei tenebrosi corridoj del castello alia ven- detta e alia morte. I primi suoi passi non sono os- servati, ma ben tosto si grida all' armi , e una turba di soldati e di sgherri gli si precipita iutorno. Ogni speranza di vendicarsi e perduta , ma Gherardo , noi r abbiamo detto , vuol almeno morire. Stanco , ferito, quasi spirante ei sente la voce di Ezzelino die s'ap- pressa con nuovi soldati. Ezzelino , Ezzelino , egli grida dal fondo delT anima, e attraversando colle ul- time forze della vita la sicpe di cadaveri che s' avea stesa davanti , balza incontro al nemico. II combat- timento e finito. Gherardo si e gettato sulla spada d' Ezzelino , e la spada gli si e lissa ncl cuore. — Oh purche Cecilia gli perdoni , e piii non torni air abborrito rivalc ! . . . In questo dcsiderio egli lO DE ROMANZI STOniCI. muore miserissimo , e forse la diniane poteva esser felice! — Cecilia intanto condotta da Pietro d'Abano agli allogglanienti de' Veneti e ricovi^ata sotto la pro- tezione di Jacopo Ziani legato della repubblica , e cola ricevc 1' intimazione dell' iniquo ripudio .... Ahi la sua dolce banibina , che resta in mano d' Ez- zelino , ne piu sara conceduta alia tenerezza do' baci matcriii ! Questo c il pensiero , da cui piu ancora che dal vergognoso insulto e tormentata Cecilia : questo e 1' all'anno che le rende men caro il riposato asilo che le venne aperto nelle tende de' Veneziani. Ma r inimajiine di Glierardo , che crede ancor vivo e che potra linalmente esser suo, non basta forse a consolarla d' ogni dolore ? Che puo ella domandare di piu, se libera e virtupsa puo far beato f uomo che r amo tanto e tanto solFerse per lei ? — Ah Gherardo avea ragione di bramare la morte ! Jacopo Ziani, bello e valoroso giovane , e il ,piii cornpito signore dclV ctd sua, non ha saputo resistere alia bel- lezza di Cecilia , e Cecilia gia fatta prudcnte pensa alle guerre che verrebbero dalT unione sua con Ghe- rardo , c quando Pietro d' Abano viene a parlarle di mettersi sotto la tutela d' un nuovo marito , trenia che non le sia proposto il Ganiposampiero. Cecilia , diciamlo pure in una parola , e presa anch' essa alia gentilezza di Jacopo Ziani. — Ed ecco il suo collo- quio con Pietro d' Abano e interrotto da un messo. Le cortine della tenda si aprono ed entra Ingelberto recando con dirotte lagrime uno scudo ricoperto di nero. Ahi Cecilia , qual sentimento ti deve sorgere da quella terribile vista 1 Lo scudo di Glierardo ve- nuto a morte per te fu deposto a' tuoi piedi , e tu pensavi ad un altro ! — Guerra intanto si grida da ogni parte, guerra, distrnzione , vendetta, e chi sa di che tetre Hamme e di che sangue saranno cele- brati i funerali al Camposampiero ? Gli cserciti stanno gia a fronte : ogni lam'ia , ogni saetta , ogni spada e gia dritta al luogo ove deve percuotere. E tutta- via nessiuio morra. 11 patriarca d Aquileja armato DE ROMANZI STORICl. II della sua croce s' avanza benedicendo in mezzo agli eserciti. « Pace , esclama il venerabile vecchio rinfor- » zando a questa sacra parola la stanca sua voce , » pace , o tribolate citta. Ottone e disceso in Italia : » la sentenza e sua : contendenti , venite innanzi al » suo trono. » A questo grande annunzio cadono le armi , si disciolgono gli eserciti, la guerra e tinita. — E finita la guerra , ma die giova questo riposo a Cecilia , se nessuno le rende la sua tenera Agnete ? Che giova alia donna debole e inerme un istante di tregua , se non ha chi la difenda dalla cupidigia e dair ambizione , se Y istesso Jacopo Ziani si e da lei dipartito ? Cecilia prega ancora per 1' anima dell' in- felice Gherardo, ma V amor suo e gia tutto di Ja- copo : di Jacopo e di Agnete , ed entrambi sono lon- tani ! — Lontani? E chi e dunque quel cavaliere die si precipita nel padiglione, e prostrato al pie di Ce- cilia solleva al suo petto una leggiadia bambina ? L' amore non e mai lontano : V amore non e mai inoperoso. Agnete rapita ad Ezzelino riposa di nuovo sopra il seno materno , e un solo abbracciamento confonde oramai per sempre nel cuore di Cecilia Jacopo e Agnete. Qual madre resisterebbe a un tal dono? Qual donna a una simil prova d' amore e di cortesla? — II tempo della sventura e passato. Ce- cilia di Baone e sposa di Jacopo Ziani. Scorrendo questo breve sunto i nostri lettori avran- no agevolmente veduto che dal Gerolimi e dai Pri- gionieri di Pizzighettone a questa Cecilia dello Zorzi e un intervallo grandissimo : non di merito , perche non basta si poco a portarne giudizio; non di tempi e di luoglii , perche sarebbe avvertenza troppo leg- giera , ma si di pensiero , o per dir meglio d' inten- zione e d' effetto. L'autore dei Prigionieri anche por- tato in mezzo agli avvenimenti piu dolorosi considera sempre gli uomini e la vita dal lato piu allegro, ne mai intraprende di svolgere nel suo racconto una qualche importante lezione , e molto meno di farla arrivare a noi per la strada del cuore. L' autore in I a DE' ROMANZl 5T0RTCT. xecc dcUa Cecilia piio bensi alcuna volta rallegrare di (juaUlie pi:H cvolezza la narrazione , nia il suo sorriso c semprc passeggiero e quasi melanconico, ne si tarda a conoscrre , chc avvczzo a contemplare prol'ondaniente 1' inlelicita dell' iiniana coiidizione egli vorrebbe sopra tutto piovvedeici di biiona esperienza. E questa diversita ft a i due scrittori e cosi manife- 6fa, clie anclie senza conoscerli punto si potrebbe francanicnte alTerniare, che il primo e ancora ia queir eta telice , in cui 1' uomo ove iion tradisca la sua vocazione si compiace dell' ora presente , per- chc gli e abbellita dalla speranza; e il secondo ha gia toccati qucgli anni niaturi, nei quali dissipate le vaue illusioni si ricoiiosce per prova die Tuniana fainiglia fu gettata sul campo di'Ua vita per com- battere e per soffrire. Nc tuttavia da queste parole si deve in alcun niodo conchiudere che il roinanzo di cui parliamo appartenga a quelle narrazioni tc- tre e quasi selvagge che si fanno ogni giorno piu fanii2;liaii, specialniente agli scrittori di Francia. V ha senza dubbio in esso una serie continua d' infortunj e di delitti , e non di rado la passione e cosi vee- mente che si fa dispcrata , ma in mezzo ad ogni miscria , in mezzo a tutte le coipe che qualche volta Bono presentate con troppo nudo linguaggio , v' ha pur sempre il conforto d' un' idea dominante che dair autore si ditlonde benefica ne leggitori , e smor- zando per cosi dire le tinte soverchiamente risentite ed urtanti sparge nel quadro un lume placido e se- reno in cui lo sguardo s' arresta volentieri e riposa. E questo bel Imne, come ogni lume che discende dair alto , e d' un elTetto cosi mirabile e caro che qualunque opinione voglia tenersi sul pregio lette- rario del romanzo , egli e impossibile averlo letto e non amare lo spirito gentile che lo detto. Vi sara certamente chi ne riprovi con severa critica alcun difetto che noi stessi verremo annotando , ma chi mai sara cosi ingiusto da non riverire quel profondo osscquio per la religionc e per la virtii che traspira DE ROMANZI STORICI. 1 3 da ogni pagina di questi volunii ? Chi potra non co- noscere quel seutimento d' universale benevolenza che s' insinua fra tutti gli orrori descritti nel romanzo, come un' intima voce che consiglia perdono ed amore ? E ben e fortunate quell' uomo , a' cui scritti , se qual- che volta e negate Y assenso dell' intelletto , si con- cede senipre unanime e prontissima 1' approvazione del cuore ! II concetto primitivo dello Zorzi nello scrivere questo romanzo si fu , come disse egli stesso , quello di rappresentarci lo stato della Marca Trivigiana sul finire del medio evo : e questo suo inteudiniento , se fosse stato adempiuto, come il soggetto gli permet- teva , era per certo non indegno di lode. II medio evo , qualunqne sia lo studio che i moderni hanno posto a riparare la trascuranza e quasi 1' odio del secolo decimosesto e del decimosettimo , e per anco una terra in gran parte incognita, ove moke e im- portanti scoperte sono riservate all' erudizione e al pensiero : e senza f^irsi lodatore della barbaric ( che sarebbe cosa indegna ad uomo civile ) lo Zorzi po- tea concorrere con un buon romanzo descrittwo a dissipare i nocevoli errori che per colpa d' una scienza audace e frettolosa hanno falsificato nella vokare opinione quegli anni terribili , ma salutari ad un tempo e gloriosi. Perche adunque quando gli era offerto un ufficio si nobile , perche ha egli voluto discendere alia dannosa facihta del romanzo storico? Perche accettare il duro patto di dover corrompere la verita, quando era cosi bello di poteria liberare immacolata e splendente dalla nebbia de' pregiudizj ? Credeva egli 1' ottimo Zorzi che se non avesse dilfuso il racconto a quelle picciole guerre de' Padovani, del Vicentini e de' Veronesi gh sarebbe mancata una convenicnte materia alia sua narrazione ? Credeva egli che la cronaca oscura di alcuni villaggi gli sa- rebbe riuscita piu ricca die la storia deli' umanita considerata nel momento del sno piu laborioso svi- luppo .•' L' amore della patria che fu 1' ispirazione r4 i>e' romanzi storici. dello Zorzi e senza dubbio uno de' piu sublimi sen- timenti deiranima, ma quando dopo averci proniesso il vasto spettacolo del medio cvo che finiscc , ei si arresta in vece a raccontarci per minuto le scara- miiccc d' alcuni partigiani sotto le mura d' un vec- diio castello , non e egli vero , che se il lettore e pur mezzanamente istrutto del gran fermento in cui allora si travagliava il genera uniano , ei vorra ap- plicare alio Zorzi quelle parole di Alessandro dopo r annunzio dcUa battaglia fra Antipatro ed Agide ? = E' pare , o amici , che mentre noi siamo qui intesi a sincere Dario , Id nell Arcadia siasi fatto un com- batdmento d' insetti. = Ne vale la scusa che V autorc mirando soltanto al breve cerchio della Marca Tri- vigiana non potesse dilatarsi a un concetto piu uni- versale : noi ben sappiamo 1' angusto spazio in cui egli avea collocata la narrazione , nia che fa questo contro r intento del nostro discorso? Non e gia un diverso e piu largo campo che noi avremmo voluto , nia si sopra questo campo medesimo una diversa scelta di oggetti : ed anzi quanto piu era tenue e niunicipale il suo argomento , tanto piu cauto egli doveva procedere ncl non aggravarlo con quegli eterni racconti di battaglie e d assedj che sono gia di troppo ingombro anche nella storia generale delle nazioni. Ne si dica che nel medio evo ogni paese offriva anche ne' privati costumi una fisonomia tutta sua propria , e che percio un romanzo continato nella Marca Trivigiana non avrelibe mai potuto rappre- sentarci che una ininiagine imperfettissima di quella eta. A che cercare una difesa che per sostenersi deve dedurre da un principio vero una conseguenza non vera ? Egli e incontrastabile che nel medio evo le varie parti del corpo sociale conservavano un' im- pronta singolare e distinta , perche la civilta non ne aveva per anco ridotta la scabra superficie a lu- cida e uniforme apparenza ; ma se la faccia esterna tielle cose si contrassegnava di una notabile diversita, non era egli uuico e individuo lo spirit© che nudriva DE* ROMANZI STORIGI. 1 5 quella gran mole ? II predominio delle idee religiose assicurato dai benefizj del cristianesimo e il bisogno di fondar V ordine sopra basi inconcusse che stabi- lite dalla forza servissero poi a sottoporre la forza stessa airimperio della ragione, noa formano essi nel loro accordo il solo principio vitale che in que' tempi animasse la societa r Tutto il medio evo , qualunque sia r aspetto sotto cui si consideri , fu un continue combattimento della civilta coUa barbaric : e noi siamo iutimamente persuasi che quando il secolo decimosesto dopo aver raccolta 1' eredita dei secoli precedenti voile moetrarsi uella sua superba ingrati- tudine il solo sayio , il solo veggente , ei non fece con cio che togliere a se medesimo una gran parte del proprio vigore. Ben sarebbe cieco chi non rav- visasse la poderosa azione di quel secolo nel pro- muovere la civilta del genere umano, ma collo-^ cati ora a quella distanza che permette di giudicare imparzialmente le cose non abbiamo noi ben an- che appreso dai risultati dell' esperienza che il vio- lento impulso che fece allora cambiar direzione al mondo intellettuale , non giovo in alcun modo a ren- derne piu spedito il movimento e il progresso ? Di- ciamlo pure francamente, perche se anche il nostro fosse un inganno , noi abbiamo per iscusa una con- vinzione profonda : il secolo decimosesto ha errata la propria missione , e 1' ha errata , perche chiamata a perfezionare 1' opera del medio evo ei credette in vece di doverla distruggere, e confondendo nella sua coUera il nemico della barbaric coUa barbaric medesima si aff'atico a combatterli entrambi , e in questa doppia e terribile lotta spezzo dannosamente quella benefica forza che concentrata contro la bar- baric sola avrebbe reso tanto piu pronto e piu age- vole il trionfo della vera civilta e della vera sapienza. Noi ben vediamo che questo rapido cenno per evi- tare la calunnia delle interpretazioni avrebbe bisogno di piu lungo discorso , ma non bastera esso anche nella sua tcnuita a diniostrare sc non allro la grande l6 I>e' K0»I\NZI STOUICI. estensionc chc guardato in questo luine poteva ac- quistare 1' argomento trascelto dal nostro Zorzi? Chc se ai caiattcri geuerali del medio evo egli avesse aggiunto iiel siio romanzo descrittivo la evidenza delle tiute locali espriniendo quelle che la Marca Trivigiana aveva di originario e quasi native , chi non vede, quale interesse tutto nuovo e vivissimo si saiebbe sparse sul mirabile quadro ? Cecilia di Baone era personaggio immaglnario che permetteva alia fantasia dell'autore di aggrupparle intorno quelle figure die nieglio servivano alia sua intenzione e di spaziarsi liberaniente nei costumi e nelle opinion! del tempo. Perche dunque ha egli voluto rinunciare alia sua bberta col rinserrarsi in mezzo ai personaggi c affli avvenimenti stored che lo costrino'ono a muo- versi a loro talento .'' E questa idea gia per se stessa infelice divcuta ancora piii riprovevole , allorche si considcra che da essa appuuto viene in gran parte distrutta 1' illusione che poteva indurci a pieta sui casi di Cecilia e del Caniposampiero. Noi non ripe- teremo in questo proposito quanto abbianio gia detto nel primo discorso, ma come mai potianno i lettori abbandonarsi a un sentimento che li commuova , se gia nelle prime pagine del romanzo e violentemente dissipato ogni incanto coUavvertirli che Pietro d'Abano in quel tempo non era ancor vivo ? Ella e certamente a lodarsi la scrupolosita dell' autore che per non of- fendere la venta guasto in silFatto modo V opera sua , ma chi lo sforzava a piegarsi sotto cjuesto giogo ? E come niai pote venirgli in capo di atiidare nel suo romanzo una parte cosi principale ad un uomo che visse quasi un secolo dopo ? Pietro d'Abano e senza dubbio nella volgare tradizione un personaggio assai romanzesco, ed e ben naturale che lo Zorzi nel si- stema da lui adottato cedesse alia tentazione d' im- padronirsene, ma in questo pcnsiero perche alnieno non ha egli trasf'erita alia vera epoca la sua narra- zione ? Perche non si getto arditamente in que' tempi cosi torbidi e tuniultuosi del secolo dccimotcrzo ? Se DE ROMANZI STORICI. 17 non che a qiiesto luogo e in questo rapporto ci bisogna per giustizia nmovere alio Zorzi un' accusa ancoi'a piu grave. Nel sunto del suo romanzo noi abbiamo accennato cou una parola che Cuuizza e Sordello erano intervenuti alle giostre celelnate in Padova per la Fesla de' Fiori : ma quale idea iu questa di cacciare cosi indarno nel racronto quei due ce- lebri nonii che appartengono all' eta susseguente? Pie- tro d'Abano e alineno intrinseco agli avvenimenti che da lui ricevono moto e sviluppo; ma Cunizza e Sor- dello in che giovano alia narrazione se dopo quella momentanea e inutile comparsa agli spettacoli piu non si parla di loro , se non per dirci che Sordello non c,ouibatteva per gli Ezzelini contro i Camposam- picro, perche scopcrtasi la sozza sua tresca con Cu- nizza avea dovuto partire ? L' autore ha cercato di scusarsi annotando che i personaggi di Cunizza e di Sordello erano troppo romanzeschi per non ammetterll alrneno come episodio , ma che scusa e mai questa , e se bastasse, che cosa sarebbe della verita storica a cui si vuol tanto pretendeix ? Oltre di che noi ben comprendiamo che uno spiendido nonie possa se- durre un ronianziero , quando col violare la ragione de' tempi spera di tiarne una gran luce alle sue fantasie ; ma come mai il nostro Zorzi non ha egli veduto che nel suo caso offendendo il vero riusciva ad un fine interamente contrario ? Sordello e Cunizza vivono per tutte le nazioui in quella vita d' immor- tale poesia a cui lAlighieri li consacro : e gV Italiani in ispecie mai non pensano a Cuijiizza die non la vcggano tutta accesa nel bcato luinc della terza sfera ove hetaniente indulge a se stessa ; ne ricordano mai Sordello che non lo scontrino sulla costa del monte, anima disdeguosa ed altera che nella sua solitudine sembra quasi dimenticare il cielo per pensare alia patria. Perche adunque il romanziero senza esservi astretto da nessun bisogno ha egli voluto strascinarli nel suo romanzo a vivere per un breve istante una vita cosi diseguale e meschina ? Perche strappare Bibl. hal. T. LXI. '2 i8 nr,' ROM.YNzi stoiuci. Cunizza dalla lirillante sua Stella, se altro non volcva lame die luostrarla lavviluppata in osreni amori cou Sorclrllo , c pe";2;io aurora nanarci die ahbaiulonata ila lui si acccsc losto •/" un Bonio cavalier Irivi^iano , € qiui/itunqur fosse ammogliato fuggi con csso a liag- gi-arc per niolte parti del moiido godendo di mold piuceri? Gli anacronismi aiiche se giovano al rac- coiito sono senipie assai biasinievoli , pcrche scom- poiiendo il nesso degli avvenimenti e adulteiaiido la goncrazione delle cause e degli elVetti lendono false o alineno vacillaiiti le nonnc dcIT umana pru- denza; nia quando poi cgli e questo die vediaiiio il niisero frutto die se ne raccoglic , dii pt)lra di- fenderli? Chi potra cercare una discolpa airautoie die incautanicnte atTronto questo danno ? Kc tuttavia noi A'Ogliamo essere soveichiaiiiente severi , airestandoci a dimostrare la sconvenicnza di parecdii altri simili arbitrj , die per la piu parte lu- rono aunotati dallo Zorzi inedesinio. Un uonio die iiel suo istesso errore si nianifesta cosi aniico ddia verita , iiierita certanientc die dai Lnioni gli sia messa in conto anclie Tintenzione; ed c gia trojipo il nostro rin- crcscimento die qualclie altra osservazione sul suo ronianzo non ci perinetta aiicora di trascorrere a quelle parole di lode atrettuosa e sincera , die ci sa- rebbero dal cuore snggerite cosi volentieri. Lo Zorzi, come voleva il sistema da luiadottato, ei studio d introdurre nella sua narrazione tutte quelle notizie storiclie , die sulla ]\larca Trivigiana iivea saputo raccogliere , nia diremo iioi die 1 ar- tifrzio , di cui egli si valse , sia tale da poterlo ap- jirovare ? Diremo noi die non vi fosse altro niigliore jiartito die qncUo d immaginare , com' ci fece, una Cecilia di tutto ignorante e di tutto curiosa , e uno Spinabello die abusando i privilegi della veccliiezza tutto sa c tutto racconta .'' Le notizie stoiiclie quando si vogliano riportare nel romanzo del)bono soigerc dalle viscere stesse del soggetto . e interporsi con sobria e opportuna maebtna , dove 1' iirgomcnto De' ROMVNZI STORICl. IQ incdesinio se ne ajiiti all" elTctto die si vuol conscgui- re; ma die giovano iiiai alia storia prindpale, die lo Zorzi raccouta, quelle rreijuenti narrazioni die a guisa d' episodio ei franimette r E quaiito e poco il ineiito di quella facile erudizione , die tolta senza fatica da una cronaca si getta senza pensiero in un romanzo a pigliarvi quel posto die le attviljuiscono il caso o il capriccio r Spiiiabcllo , dice il nostro ro- manzieio , uvea la pecca dl raccontare tutto quello che sapcpa : ma queste parole non dovreLbero esse applicaisi con piii diritto al romanzieio medesinio ? E si puo egli toilerare che all' apparire d' ogni vcc- diia muraglia il loqnace tutore di Cecilia ne assalga con quella sua inesorahile apostrofe ? Ti narrero da chi fu edificato quel bel casLcllo. E si noti die un tale difetto rinnovandosi con moka frequenza non puo a nieno qualclie volta di produne un contrasto djspiaccvole fra la novella che si nana e le persone che la stanuo ascoltando. Spinabdlo raccouta tatto qacllo che sa , ma quando nel condurre Cecilia a marito 2;iugne sotto le iiiura di Liniena, dovrebbe egli , per raccontaici da chi' fosse cdtficato quel bel custcllo , iianaie alia virtuosa e inesperta lanciulla la storia di qutU' antico Ke d'Uns^heria die anio la iiglia d' un pastore ? Dovrebbe egli in ispecie nar- rarle , che la giovinetta non seppe rcsistere , e che come son le donne jier lo piii fragill di lor naturale, ella n'ebbe in capo a qualche tempo una figlia? Ne si creda che quando Spinabcllo dopo i due prjmi volumi si ritira quasi interamente dalla nar- razion? . questa noja si aliontani con lui: uoi l ab- iiianio gia dctto , la pccca di Spinabello e comune allautorc, e sia che parli in persona propria egli stesso , sia die introduca alcun altro a parlare , e sempre continua questa insistenza di racconti inse- riti al solo scopo di raccontare , e sempre continuo il difetto di sj)argerc a caso le uotizie storiche senzai fule nascere daU' argoniento. senza guardare se (jucl- lo era il tempo opportuiio di prcbe:i.»iilc. Allorche. 20 DE ROMANZI STORICI. per esempio, Ghcrardo ferito nella giostra ^ raccolto dair eremita di Venda , clii non direbbe die la prima cura del pictoso vecchio dovesse rivolgersi a esaini- nare la ferita e fasciai'la ? E in vece qual e la sua occiipazionc ? Raccontare lungamente la propria sto- ria e la crociata di San Bernardo. Levami qiiesto dolore , c poi parleremo ; gridava Zenone al sue medico, che prima di curargli la gamba ofFesa vo- lea disputare con lui suU'esistenza del moto: ma die importa di questa lezione al bnon solitario ? Invano egli ha crediito pocanzi il Caniposanipiero prossimo a morte , invnno il Camposampicro si travaglia stanco e affannoso neW ambascia della ferita: il romanziero vuol narrarci i casi di Villano da Maserada e gli avvcnimenti della seconda crociata , e col pretesto ch' e necessario il sole per raccogliere 1' erbe medi- cinali , non permette neppure al solitario di dare uno sguardo , un solo sguardo alia ferita , che forse per ritardato soccorso potrebbe diventare mortale. Tanta e la negligenza con cui egli procede nel col- locamento della sua erudizione ! Tanta e la smania di raccontarci , come Spinabello , tutto quello che sa I E nondimeno a malgrado delle cose dette finora , a malgrado di qualche altra menda , che giova ab- bandonare all' occhio dell' invidia acutissinio , noi vo- gliamo ripetere ancora, che la Cecilia di Baone e romanzo da non potersi leggere senza provare molta benevolenza per 1' amabile ingegno che lo detto : e vogliamo anche aggiungere , die la lettura ne riu- scira piacente e non infruttuosa alio studio delle umane passioni. Si lasci pure in un canto ( che la perdita e poca ) tutto cio che risguarda I'istoria, ma quauto non e ancora 1' interesse che ci lega all' or- fana di Baone gettata a quattordici anni cosi sola nel mondo , cosi sola col pericolo della sua bellezza in queU'eta di violenze e di sangue? Quanto non e ancora il gaadagno di sapienza morale , che ci viene preparato dalT ottimo autore in quella serie di avve- ninienti tutti siuistri che bcguono alio sconsigliato e Db' ROMANZI STORICr« 2t colpevole impeto del Gamposampiero? L'intreccio dei casi pubblici coi privati potrebb' essere molto piu artificioso , la narrazione molto piu spedita , il dia- logo assai piu vivo e piu franco , ma la conoscenza del cuore umano , questa mirabile e sovrana dote, che prima d' ogn' altra si domanda ne'romanzieri , chi non voira riconoscerla piena, assoluta , profonda nel nostro Zorzi ? Noi non possiamo in cosi angusto spazio presentare ai nostri lettori tutti quei luoghi, in cui egli ha saputo rivelarci i piu occulti affetti deH'anima, i piu impercettibili niovimenti delle pas- sioni , ma per tutta conferma delle nostre parole non bastera egli d'accennare quelpasso, ove Bonaccorso con perfida seduzione circuisce il cuore di Gherardo per indurlo a rapire Gecilia? Gherardo e somraa- mente infehce , perche lo tormentano non soddisfatte due tremende passioni , il desiderio della vendetta e I'amore. Delia vendetta e quasi spenta o almeno tardissima ogni lusinga : e 1' amore chi non sa come sia spaventoso , quando destinato a consolatore della vita ne diventa il carnefice ? II giovane e sotto le mura di Baone , e guarda con indicibile affanno il castello ove nacque la sua Gecilia. Bonaccorso gli si appressa e lo scuote. II momento e opportuno, e la seduzione incomincia. Ezzelino sta sicuro sotto la guardia delle sue torri , e la dentro chi potrebbe col- pirlo? Ma vol, signor mio, perche perdere inudlmente qui il tempo , e logorare la vita ? — // tempo ! I suoi passi sono tardi , come quelli del vile guumento che monta su per lo colle. La vita ! Sono gid due anni ch' io piu non vivo. — Volete vol ascoltare le parole del vostro servo ? — E Gherardo fermossi d incontro a lux — ... Ditemi . . . col rapirgli la donna sua , o seducendola non arrivereste vol ad un tratto all a- more ed alia vendetta ? — Fece alcuni passi allora Gherardo, come per sottrarsi ad una tentazione; pol di nuovo accostandosi : Che intendi tu di dire? gli chiese. Tutte le forze della mia casa non basterebbero ad espugnare Bassanu. — Bonaccorso non apre DK no:srANzi storioi. ancora manifestamonte i suoi pcnsieri, ma egll ha gct- tato iiitmnzi al giovaiie iin dcFitto ed una speraiiza: una spcianza a clii iioii nc avcva nessana. E le sue parole furono ascokate scnza ribrezzo. La trama del nialvagio proscgue , Ic sue frodi si anaodano , e 1' in- faine consiglio gia proposto, gia maturo all'csecu- zione fernuuita e hollo nel (niorc del Camposampieio. Noi trasroriiamo all' ultimo rolpo. — Tcntnr di ra- piiia , fiprcsc Glicrardo : e. il padre mio ? — Vol fatelo intanto , iiitcrruppc Bonaccorso , e tutta la vosCra fnmiglia correrd all at mi per difciidcre la sua ven- detta. — Chcardo udiva con ripiignanza il progetto di fa?' iinlenza alia donna. — Rapirla ! Jlla . . . se tit tocchi solamente V cstrcnio lembo dclla sua teste , mor-' rai! — Nan io oserd certamenLe di stcndcr la mano , ri.tpose lo scaltro , sulla gemma del signor mio. — Chi dunque farallo ? — Voi stesso. — Io? ... E misurava furihondo a lunglii passi la stanza. — E vi comien fai-lo , o morire. — Morire? La. mortc dcW iufelice e come la notte al lavoratore nppresso dalla fatica. — E mori?e senza vendetta. — A queste parole il giovane si abbandono ad una specie di delirio. — -No, gridava furibondo , no ! Qherardo di Camposampiero c come il leone della sua insegna. Cinto e fcrito da cento lance muore , ma muore bagnato nel sauQue de suoi neriiici. Bonaccorso , che conosccva gli acccssi di quel furore, lo lasciava scoppiarc, e tenevasi quietb ed in guardia. Poi soggiungeva : se la mortc e il porto dei- vostri nffanni , e il voto della vostra dlsperazione , perche stare ad attendcrla come tin' imbclle feviinetta, e nan piuttosto virilmente sfidnrla facendovi signore di quella che amatc , vendicandovi di colui che ab~ boirite? — Uomo perverso e fatale ! sclamo Gherardo. Tu m' hai fatto perdere la gioja de miei brevi giorni , tu hai ucciso il mio onore , ed ora mi spingi dcntro il sepolcro. — Bonacrorso iia gia vinto: Chorardo chiude gli ordii, c si gctta nel prccipizio. — Ed ora clii non vcdc anrlic da qucsto renno cosi scarso e imperfetto, come dchba csserc proCondamente disccso DK ROMANZI STORICI. 2o nel cLiore umano roliii , die seppe con tanta finczza alternare sul labbro del niiovo Jago le parole di ven- detta e d'amore, a cui dovea cedere la stanca virtu del Caniposampiero ? Chi non vede quanto sia fclice r ispirazione , per cui fra i due affetti cgualmente forti , dai fjuali il s;iovane e oppresso , il trionfo della colpa e dovuto al solo dcsiderio della vendetta, e r amore , quantuncpjc oU'eso , non interviene che a moderare la violcnza dtU' iniquo progetto ? E questa delicatczza di sentimento , questa sicu- rezza inftillibile nelP apprezzare i misteriosi elfetti delle passioni e sempre conservata in tutto il ro- manzo. Gherardo , per dime un esenipio, ha in suo potere Cecilia, e la rispetta come cosa sacra e cpiasi divina , ma il tumulto dell" anima sua e tanto , che la rag^ione gli e presso a smarrirsi : ed ecco Bonac- corso ad anminziargli , che le terre del Caniposam- piero sono invasc dal suo nemico. AJi diuique , esclania Gherardo, la fiera c iiscita dal suo covile! E una specie di calma gli rientra nel cuore: I'ira sua ha soverchiato in quel momento ogni dissimile affetto, e dopo tanta gucrra quella prepondcranza d' una sola passionc su tutte Ic altre soiniglia quasi alia pace. — Poco dopo respinti i ueniici , Gherardo gl' insegue perdutamente , e per poter soddisfare la sua cieca vendetta non bada punto , che sta per incontrarsi quasi solo nell'intero esercito degli Ezzelini. Invano gli e posta dinanzi T idea delV imminente pericolo , invano gli si grida , che per cjuella via si corre alia morte o alia schiavitu. Lo sdegnoso nega ascoltare, e si avanza. E intanto perche a cpiesta scena nulla nianchi di cio che la puo rendere piu commovente , Ceciha e sull'alto della torre , e vede il gran rischio : e trenia per Gliei"ardo, e dee far voti per Ezzelino. Oh dove si lascia egli trasportare da quell iinpeto sconsigliato ? Esclama sospirando la misera. Egli an- drd a frangci^i nrtando a capo basso in tutta I oste neinicu . . . Egli si spingerd fra le schierc , cercherd per tutto E::zelino. II fatore vince ostacoli insnperabdi. 24 DE' ROMANZI 9TORICI. £ se si trovano, se si assaltano ? . . . Cecilia si arrcsta* ella si accorgc d'aver gia detto troppo. Che iniportai se non avvi ad ascoltarla clie la lidata sua ancella ? La roscicnza e ben altro testimouio piu insistente e tenibile. Cecilia getta imo sguardo doloroso agli ul- timi tenuini della pianiira , clie gia fassi deserta : e continua con voce sollocata e treinante. — Se si tro- vano , se si assaltano . . . il cielo dia la vittoria al padre della viia Agnete! ■ — •. E Gherardo e oraniai sfug- gito alia sua vista. Egli seguita il disperato luroie clic lo strascina, e sembra gia deciso che nessuna voce uniana potia trattenerlo : nessuna voce ne del fratello, ne.degli aniici , ne de'soldati. Ma Bonac- corso e arrivato al sue lianco , e gli nioimora nel- r orcccliio una breve paiola. — Cecilia e in Campo- sampiero. — Che sarebbe , se, lui lontano, il castello fosse assalito ? — Gherardo stringe la briglia e coii- sente a tornare. Noi non possiamo arrestaici piu oltre a riferire i mold tratti di questo genere, di cui abbonda la nai- razione, ma quando si parla di cose deiivanti dal profondo sentiie dell'anima, non basta e2;li anche un solo concetto che sorga a una simile altezza, per dimostrare come sia fervida e pura la sorgente ova esso nacque, e come tutto, che ne proviene, si debba accendere alia medesima tiamma. — E tutto in fatti nel nostro Zorzi , ove il sistenia del romanzo storico non lo seduce, e creato colTistesso intendimento d'a- more , colla stessa gentilezza di pensiero mista ad una cara malinconia: cosi linvcnzione come i caratteri, cosi il dialogo come il racconto. — Se non che forse a questo luogo ov'e compartita al romanziero ima lode si rara, alcuno vorra contiaddirci notando di grave biasimo il contegno di Cecilia dopo che fa accolta nelle tende de" Veneziaui , di Cecilia che di- mentica cosi presto il disgraziato Gherardo, I'oggetto de' suoi primi sospiri. Come mai , abbiamo setitito a ripetere , come mai lo Zorzi , se c temprato a quclla atlettiiosa soavita d'ingcgno che gli fu attribuita, ha DE ROMANZT STORICI. 25 egli potuto indursi ad abbassare di tanto la donna die dapprinia aveva innalzata ? Come niai non vide il ribrezzo che doveano destare quelle nuove nozze celebrate per cosi dire sopra un sepolcro? E noi confessiauio che questo biasimo parve a mold assai meritato. I\Ia se anche dovesse dirsi conforme a giu- stizia , non e egli un silTatto rimprovero nella piu gran parte alleviato , ove si pensi all ottima intenzione deirautore che voile aflrontarlo per esercitare una rigorosa giustizia sul Caniposampiero e insegnare ad un tempo che nessun amore e durevole ove non sia fondato sulla virtu? Ed inoltre s'egli e vero che dope il bacio deposto sulla fronte del moricnte Ghcrardo CeciUa col rivolgersi a un nuovo amore diventa trop- po volgare , se egli e vero che uno sviluppo diverso , lasciando a cjuella infelice il suo dolore , avrebbe ponservata una maggiore unita di passione al romanzo, e egli poi ugualniente certo die un siflatto cambia- mento non avrebbe distr^itta quasi per intero 1' utilith coniune della narrazione per restringerla a que' po- diissimi, cui Taltezza dell intelletto e del cuore o la beatitudine d'un illusione continua permettono di cre- dere air immortalita d'un grande ed unico amore? E questo difetto medesimo nel carattere di Cecilia non e egli a ben guardarlo un nuovo argomento del lungo e alTannoso studio posto dall'autore a meditare i secreti dell' anima umana ? Secreti lerribili che a penetrarli indiurebbero la disperazione e la morte , se Dio non avesse coUocato in fondo a quelle tenebre un raggio di speranza e di vita! Senza che a voler anche prescindere per ora da questi gravi pensieri , a voler anche aCTermare che il mutamento di Cecilia non sia punto giustiticato ne dalle virtu di Jacopo Ziani ne dal bisogno inesprimibile della calma dopo un' agitazione si prolungata , clii potrebbe ostinarsi a negare la sua indulgenza a questa colpa, se ad essa e dovuto il niirabile quadro con cui si chiude il romanzo ? Era estremamente difficile , parea quasi impossibile di nobilitare 1' ultimo istante in cui Cecilia 2^* PF. U0M\N7I STORICT. aderisce m niiovi sponsali, ma qiianto non (u bdla e felice ridca clie il nostro Zorzi ti'ovo ! Non e la de- bolezza clic cede, non e la passione che vince. Jacopo Ziani per tutta preghiera prcsenta a Cecilia la cara e lac;ilinata baniinua. Qual madre reslstcrebhc a un tal dono? Qual donna a una uinil prova d' amore e di cortcsia ? Coil queste parole finisce il romanzo e con esse noi pure voglianio senz'altro conchiudere per cio che lo ris2;uarda il nostro discorso : contenti die questa volta la parte dcUa lode , in cio ch' e piii intrin- seco air autore , abbia soverchiata di gran lunga la parte del biasinio ; contenti ugnabnente che col ren- dere giustizia ad un libro dcttato con opinioni let- terarie da noi riprovate, Tintima persuasione ne ab- bia conceduto di far manifesto che ncssun prcgiu- dizio di dottrine esclusive viene a turbaie la sin- cera espressioiie deU'animo nostro. — Cosi ci fosse possibile di continiiare lo stesso linguaggio pei due altri romanzi di storia veneta di cui ora ci couviene parlare ! Irene Dclfino. — La Villa di S. Gluliano. La Cecilia di Baone deU'ottimo Zorzi ci trattenne molto pin lungamente die dapprincipio non era nostra intenzione: ma questa lunghezza , se anche fosse pa- ruta sovcrchia , ne sara di Icggieri perdonata da ogni gentile persona, ove si voglia riflettere che nessuno tinora si era occupato ad apprezzare degnamente quest' opera e die la critica onesta e leale non ha al- cun ufficio pill bello e piu caro che quello di riparare air ingiusta dimenticanza. Ed ora che quest' obbligo amorevole ci venne conipiuto , non sara pin cosa che possa tardare la velocita dellc nostre parole , e ben poco vorremo soggiugnere al sunto dei due romanzi pubblicati dal signor Falconetti. de' rom.vnzi storici. 27 Irene Delfino. Siamo alia nicta del secolo sesto e precisamentc sul fiiiirc cli marzo del 552. La scena e in Torcello isolctta deirAdriatico e il racconto s''incoiTiincia con una imltazione de Fromessi Sposi. Uno sgherio mezzo glgante arresta un servo di casa Dcllino e con niinacce
(x) =/"^ (x) (J)'"' (x) essendo evidentemente nulla, la formola (5) dark (g) fix) -
PARTE STRVNIER.V.
A chronological Chart, or synoptic- historic view, etc. —
Carta cronologica , o Quadra sinottico-storico delVori-
gine e dell' introduzione dclle invenzioni e scopeitc^
dalla pill remota epoca sino a' giorni nostri. — •
Londra , i83o, Darton ed Harvey.
LJa quadro che tutta ci esponga la storia delle invenzioni
e delle scoperte , o direm megllo , tntto V andaniento del-
r uuiana intelligenza a traverso de' secoli e fra popoli di-
versi , e quest' andamento classificato In guisa che tutto
scorgere e comprendere si possa quasi ad un solo sguardo,
senza perdita di tempo e senza fatica , da se stesso alta-
mente proclama 1' utilita sua e non ahbisogna di elogio
alcuno. Un foglio della grandezza degl' immensi giornali
inglesi , e che puo agevolmente sospendersi in una biblio-
teca od in un gabinetto di studio, come una carta geo-
gralica , e in otto colonne disirilyuito. La prima ci ofFre la
data della scoperta; la seconda, ii nome e la descrizione
della cosa inventata •, la terza , il nome dell' inventore ; la
quarta, il nome di chi ebbe il vanto di fame uso pel pri-
me ; la quinta ci addita sotto qual regno la scoperta siasi
fatta e posta in uso j la sesta contiene varle notizie suUe
piu celebri cose che a quell' epoca sussistevano ne' diversi
paesi ; la settima ci addita 1' epoca in cui , per la prima
volta , una tale o tal altra invenzione fu posta in luce o
rammentata dagli scrittori ; V ottava finalmente e consa-
crata ad alcune note ed a varie piu necessarie illustrazioni
sulla storia delle scienze e delle arti.
Non pociie carte di simil genere furono pure compilate
e in Italia ed in altri paesi, ma forse nessuna d' esse ab-
braccia in si piccolo spazio e con si bell" ordine tanta messe
di cognizioni. Forse noi ritorneremo con piii agio su que-
st'argomento. Intanto ci place d'afFermare, siccome de'
lor paesi gla dlssero alcuni giornali d' oltramraonte , che
tina letterale traduzlone di questa carta potrebb' essere
bella e profittevole impresa anche nella nostra penlsola,
ora che I' uiiiano spirito fra noi ancora si slancia con ar-
dore su tutte le vie, e va in ogni dove cercando di die
pascere I' irrequleta ed insaziabile curiosita sua.
336 ArPENDICE
PARTE IL
SCIENZE, LETTERE ED ARTI ITALIANE.
LETTERATURA.
Lettere dl M. Tullio Cicerone dlsposte secondo T or-
dlnc dd tempi. Vol. IX. — Milano , i83o, presso
A. F. Stella e figli.
V erso la meth di questo volume s' incontra una lettera
die nel testo finisce : Bona indoles, iav Sixp.£lvy\ (i); e
nella traduzlone : Buona indole! ma dammelo morto. Or
queste furono le ultime parole scritte dal Cesari , il quale
andava raccogliendo i proverb] e le lepidezze de' novel-
lieri e dei coniici per giojellarne poi a grande studio le
lettere di uii console roniano. Noi aVjbiamo gia detto in que-
sta Biblioteca, tomo 47.°, pag. 181 , quanto codesto me-
todo ci paja contrario all' ulFicio di buon traduttore la cui
versione dee per quanto e possibile far ritratto del testo :
e nientre riconosciamo die questi volumi del Cesari per
purita di lingua e varleta di modi sono degnissimi di tutta
lode , ci sembra di dover dire per altro die le lettere di
Cicerone hanno perduto sotto la sua penna il lore vero
carattere.
Al Cesari e sottentrato il sig. Pietro Marocco , giovane
colto e studioso , die lia date glii niolte prove di bell' in-
gegno, ed ama e coltiva con gran diligenza e con buon
successo la lingua degli anticlii nostri scrittori. Noi non
sappiamo se il metodo adottato dal Cesari gli sia paruto
il migliore die eleggere si potesse ; o se , chiamato a suc-
cedergli in un lavoro gia tanto inoltrato , abbia creduto
di doverne per quanto era da lui seguitar le pedate: solo
possiamo dire die la sua versione somiglia niirabilmente a
quella del suo predecessore. Si prognostica nostra vera sunt.
(i) Baoyia indole , purche pcrseveri.
PARTE ITALI.VNA. SS/
disse Cicerone , alludendo ai pronostici d'Arato da liil tra-
dotti i e il sigiior Marocco traduce: Se pur io alinanacco
bene. Cosi probabilmente avrcbbe tradotto anche il Cesari
perche ai pronostici degli antichi sono sitcceduti presso di
noi gli ainianacchi : ma cosi forse non avrebbe tradotto
il signor Marocco s" egli non si fosse lasciato ]Dersuadere
di dover somigliare al Cesari piuttosto die a Cicerone.
JVon sine causa = ]\!on scnza quare.
Qucc de republica bene senserint libere locuti sunt = Han
detto fuor de' denti il lor sentimento nel fatto delta repubblica,
Adniirari satis non potui = Uscii fuori del secolo.
Graviora qux restant = Pm marchiane son le seguenti.
Qui me a tanta infamia averterit = Che mi levb di capo
infamia cosi badiale.
De me quidem non dubitanter ( dixit ) etc. = Circa a
me poi , senza barbazzale , e in sul fermo, ecc.
Queste ed altre consimili locuzioni ci pajono tatte lon-
tane da quella digaita che Cicerone non abbandona giam-
niai ; meno poi dove paria della Repubblica. Ma di questo
non occorre mover parola al signor Marocco : e noi non
possiamo se non manifestargli un nostro deslderio di ve-
derlo rivolgere la forza del suo ingegno e la sua molta
cognizione della lingua italiana a ritrarre nel suo volga-
rizzamento il carattere di Cicerone, piuttosto che a con-
trafFare il Cesari.
Poesie e prose italiane e latine del cavaliere Dionigc
SmoccHi , faentino. — Faenza, i83o. Tlpi Mon-
tanari e Marabiiii, vol. i in 8.°, dl p. 402. Lir. 6 ital.
La nobilissima traduzione di Calliraaco ha collocato ,
gia c gran tempo, lo Strocchi fra i letterati piu chiari di
quest' eta. La sua molta erudizione e la maestria con cui sa
adoperare le due lingue italiana e latina lo hanno confer-
niato poi sempre in quel posto ogniqualvolta egli lia voiuto
regalare all' Italia alcun fiore del suo ingegno e della sua
dottrina.
In questi due volumi elegantemente stampati si tro-
vano dopo il Callimaco alcune poesie italiane e latine, un
elogio di Ennio Quirino Visconti dettato con molta dottrina
e molta eleganza di stile italiano , e un elogio del cardi-
jiale Alessandro Albani scritto in latino e poi dall' autore
nibl. Ital. T. LXI. 22
APPENDICE
niedesinio volgarizzato ; testimonio percio dl quanto egli
valga neir uiio e neiralti'o idioma. Selibene di qaesta du-
plice capacUa sono testimonio continuo tLitti e due i volumi.
Osservazioni di Mastro Simone barbiere sopra tAnno-
tatore degli Errori dl lingua. — Torino, i83i , per
Cassone, Marzorati e Vercellotti. Opuscolo dipag. 64.
Prczzo lir. i. 25 ital.
Gia da qualche tempo esce in Torino un fogllo intitolato
I' Annotatore degli errori di lingua. Dalle prime pagine delia
serie 3." di questo foglio vennero rimproverate alcune mendc
in fatto di lingua all' opuscolo intitolato Uno Jstitutore di
belle lettere ai suoi alunni intorno i libri piu usitati di nostra
favella, ecc, del quale noi rendemmo gia favorevole conto
nel fascicolo di ottobre i83o di qucsia nostra Blblioteca a
pag. 64. Ora que' rimproveri vennero letti a un pronipote ,
crediam noi, del Burchiello, a \Xi.l tal Mastro Simone bar-
biere il quale per utile suo passt rempo ( cosi egli dice ) si
va, talvolta occupando degli studj di lingua , studj che , se non
altro , rendono Cuomo tranquillo, e lo sahano dal pericolo
delle passioni e delle irrequiete brighe dell' ambizione. Leggere,
disapprovare, e , scambiato il rasojo per la penna , scrivere
le osservazioni die annunzi.imo fu un punto solo per Ma-
stro Simone;, e scritte cli' elle furono, ei le lascio andare
in istampa , cosi consigliatone da un professor don Fabio
suo avventore. Queste osservazioni, se non erriamo, sono
tali nella pin parte da conciliar fede all' ultima lore con-
clilusione , e da far credere die Y Annotatore abbia realmente
errato nelle sue critidie, quantunque avesse realmente in
pensiero di giovar con esse alia purezza delT italiana fa-
vella ed agli studj delta gioventu. Questo libro pero e di
tal fatta da non se ne poter dare maggior ragguaglio di
cosi , cio die suole essere il case di quasi tutti i libri
contenenti osservazioni di lingua se per intiero non si
presentano ai lettori. Noi quindi ci accontenteremo del fia
qui detto, e solo non taceremo a Mastro Simone che gli
ingegni fervidi e vigorosi, com' e quello ch' ei mostra aver
sortito da natura, pare a noi si abbiano ad occupare in
cose di maggior pondo die non siano queste triche gram-
maticali die sogliono quasi sempre rinscir dannose alia
coltura della vera sapienza.
PARTE ITALIAN.!. o6()
Gnomologia^ ossia Dcletto di aneddoti anticJd c mo-
del ni ritraui da' mlgliori aiitori stranieri , e per la pri-
ma volta puhbllcati, ove racchiiidonsi i fatd piii iiitc-
ressanti dclla storia in generale, le imprese segna-
late di parecchi eroi , le arguzie e placevolezze , le
risposte proiite e frizzand, i mold di molta vivezza
e di acume d ingegno , ed ogid die pub servire ad
agevolare lo sviluppamcnto della perspicacitd della
mente , e della prontezza dello spirito di Nicola
Pasco., I. i?. Caposquadrone. — 3Iilano, i83i, coi
tipi di GiovajiniVirotta^in i8.°, di p. 282. Lir. 2 aust.
Papa! disse Franceschino, gloviiietto di la anni, al suo
sig. Padre, andando a riverirlo al ritornai'e dalla scuola:
Papa ! don Tiburzio mi lia fatto comperarte questo iibro con
certa sua singolare insistenza. Ma il poco clie per istrada
n' ho letto , mi ha terribihnente imbrogliato. Ho bisogno
di farvi per mia istruzione alcune domande : Che cosa vuol
dire gnomologia ?
F. Questa e una parola greca, composta di due, la quale
significa discorso di non so di die: ma essa ha questo
significato.
F. Se non sapete vol di che sia discorso questa gnomo-
logia , ben mi figuro che vi saranno molte altre persone
di garbo, come vol, che nol sapranno. Perche dunque
I'autore di questo llbro incomincia con una parola che
tanti e tanti non intenderanno?
P. I perche di certl autorl, Franceschino mlo, sono dif-
ficUi da sapersl. Ti duo, cosi per dire qualche cosa, clie
da alcun tempo e in gran moda Templere i libri di una
maravigliosa farragine di simili parole greche, probabilmente
■per dare ad intendere che chl scrive e uomo sapiente In
greca letteratura. Maavvertl, che se non sempre, almeno
ijualche volta fannosl a spiegare la parola greca che adope-
rano. E vedl che cosi appunto fa 1' autore di questo Iibro.
F. Si : veggo che dice : ossia deletto di aneddoti. Ma lo
non intendo plu la parola deletto, di quello che m'intenda
la parola gnomologia. Non vuole gla dire diletto . . .'.
P. Eh! signorino: non si ricorda elk il latino, che stu-
dia da tanti anni ?
F. Come sarebbe a dire ?
340 APPENDICE
P. Che cosa vuol dire in latino delectus?
F. Vuol tlire scelta.
P. El)beiie ! gnoinologia adunqne equivale a scelta di
aneddoti.
F. Ma, papa mio , quantlo giorni sono comperaste per
mamma quella stofTa, della quale essa ha fatto il heirahito
nuovo, voi dicestc : ho fatto la scelta di questa sopra altie
die v'erano: non diceste : ne ho fatto io il deletto. Cosi jeri
Carlone cuoco , quaiido vi uiostro i due piccioni comperati
in verzajo , noa disse : ho fatto deletto di questi perche i
piu grossi e grassi; ma: ho fatto scelta di questi. Cosi
usano tuttl la parola scelta onde ognuno intenda : nissuno
la parola deletto, che io non ho mai udlta ne in iscuola ,
ne in casa, ne in piazza, ne in verun altro luogo. Perche
dunque 1' autore 1' adopera per ispiegare una parola greca
a chi non la intende? Questo parmi I'ignoto per Vignoto, di
cui il Professore tante volte parla. Che ne dite voi ^ papa?
P, Non ista bene che io dia ragione a te in confronto
di un uomo che stampa libri : tu sei troppo raga'zzo. Forse
la parola deletto in questo niedesimo senso si trovera re-
gistrata nel Vocabolario della Crusca. Ma tu non puoi an-
cora intenderti di cotesta sorte di crusca : forse potresti
anche non aver torto . . . Lasciamo 11 la quistione.
F. Lasciamola li , come volete. Ma io ne ho qualche
altra. P. e., in questo frontispizio e detto bene ed ogni
die pub servire ecc? A me pare che la grammatica richiegga
che si dica : ed ogni cosa che possa , o: ed ogni qualunque
cosa che possa , o: ed ogni che atto a servire ecc. , giacche
non istarebbe bene dire: ogni che, che possa ecc. E questo
niodo r ho osservato tenuto in var] passi del libro.
P. Forse T autore e amico della figura granmiaticale ,
che si chiama ellissi.
F. Interroghero per mia regola il Professore. In questo
frontispizio e detto : ove ( cice in questa Gnonwlogia ossia
in questo Deletto ) racchiudonsi i fatti piii interessanti della
storia in generale , le imprese segnalate di parecchi eroi , ecc.
Credete voi che da questo libro imparero di storia quanto
dal Compendio della storia universale del Segur? Esso mi sem-
bra troppo piccolo per tante cose.
P. Vi fu una volta chi fece stare in una noce tutta la
Jliade di Omero.
F. Ma allora si usavaao i microscopj?
ii
PARTE ITALIANA. 841
P. Per lo meno la cosa fu detta.
F. Un' altra coserella desidero di sapere riguardo a que-
sto frontispizio. Dopo le imprese segnalate di parecchi eroi,
parlandosi delle cose die nel libro raccliiudonsl , si ag-
giunge le arguzie , e piacevolezze , le risposte pronte e friz-
zaati , i moni di molta vivezza e d'acwne d'ingegno, ed ogiii
die pub servire ad agevolare lo sviluppamento della perspi-
cacitci della mente , e della prontezza dello spirito di Nicola
Pasco. Questo ultimo genitivo dipende dallo sviluppamento
della perspicacita della mente , e della prontezza dello spi-
rito, o dipende dalla GnomoZoj^ia, ossia DeZetto d'aneddoti ?
Fatemi la grazia di spiegarmi il vero senso della cosa.
II dolce Papa incominciava ad imbrogliarsi , e temeva
clie le iiiterrogazioni di Franceschino andasser oltre. — Da
qui il libro , disse : questa sera dopo cena te ne diro cio
clie ne penso. Finita la cena , Franceschino non manco di
ricordare al Papa la proraessa. Era presente don Tiburzio,
il quale avea fatto comperare 11 lil)ro a Franceschino. II
Papa domanda a don Tiburzio: pei'clie avesse fatto buttar
via i denari a Franceschino per questo lilirattolo.
D. T. Per molte ragioni clie voi non disapproverete.
P. Udiamole.
D. T. Prima perclie dovendo quindinnanzi il sig.donFran-
ceschino andar comperando libri o per istudio , o per cu-
riosita , imparl dalla compera di questo a non lasciarsi
gabbare dai frontispizj. P. e. : 11 frontispizio di questa
Gnomologia proiuette Roma e Toma , e non mantiene la
meta di quello die promette. Dice die nel libro raccliiu-
donsl i fatti pill interessanti della storia in generale, e le
imprese segnalate di parecchi eroL ; e di queste cose non ne
ho trovata bricciola. Dice die questi aneddoti sono per la
prima volta publjlicati ; dovea dire almeno in Itcdia: lo li
ho lettl in cento lil^ri francesi. In secondo luogo e neces-
sarlo die 1 giovinctti, come 11 sig. don Franceschino, ab-
biano sempre per le mani libri scritti , se non con eleganza,
almeno senza solecismi e senza barbarismi ; e questo libro
insegnera al sig. don Franceschino , die dunque non debbono
essere scritti com' esso e scritto. Ella sa quanto a ben giu-
dicare delle cose valgano 1 confrontl. Finalmente in ogni ge-
nere di composizioni vuolsi un cert' ordine. P. e. : Valer.o
Massimo, grande raccoglitore di aneddoti , ha classificatl i
suoi ingegnosamente, cost che con facilita si possono tenere
342 ArrENDICE
n inonto, cil applicarc a proposito. L' antore di qucsta Cno-
nioloL^ia lia fatto all' uso spagnnolo un'' o'Jn putridti di qnanto
c ito copiando , senza ragioiie nc di tempi, ne di persone , ne
ili propositi. Che dimrpie il nostro sig. don Franccschino si
guardi dal tcnere per ben fatto un libro come questo , il
quale potea pure con somma facilita compilarsi passabil-
mentc bene, nulla costando la materia , c non richiedendo
die qnalclie grano di cio clie chiamasi scnso coniune. lo
poi bo divisato di fargli a niano a niano rilevare e queste
ed altre magagne.
II Papa di Francescbino ammiro la logica di don Ti-
burzio, apprezzo 1" intenzione da lui manifestata : ma gli
ordino di non soUecitare piii il suo alunno a gittar denari
per lilirl simill a questa Gnoniologia o Delctto dl aned-
doti , ne pel fine esposto , die a lui parve alquanto obbli-
quo, ne per altri fini a questo simili. — Trattandosi poi
di un giudlzio conforme di tre persone, in bocca de' quali
debbesi supporre la verita,noi credianio snperflno aggiun-
gere il nostro. Non sunt multipUcanda entia absque necessitate.
Discgiii dl Leonardo da Vinci incisi sugli originali
di Carlo Giuseppe Gerli, riprodotti con note illu-
sti'atlve da Giuseppe Vallardi. — Milano , i83o-3 i ,
presso gli editori Pietro e Giuseppe Vallardi , in
foglio mass. Prezzo d' ogni esemplare in carta ve-
lina, contencnte tap. 61 col relativo testo ., lir. 5o ital.
€ colle tavole impresse in carta della China , lir. 1 00
ital. , e colle stesse ad imitazione degli antichi di-
segni 5 lii: 200 ital.
Un nostro concittadino , artlsta di merito distinto , il
signer Carlo Giuseppe Gerli, nell' anno 1784 ptibblico in
Milano coi tipi del Galeazzi itna serie copiosa di disegni
del celebre Leonardo da Vinci, da lui diligentemente co-
piati e quindi incisi in rame , parte sugli originali conte-
nuti ne' preziosi codici della Biblioteca ambrosiana , parte
su quelli che allora possedevansi dal consigliere Don Ve-
nanzio De Pagave e da altri amatori , e giudico bene di
acconipagnarla con un ragionamento intorno a que' disegni ,
steso dair abate Anioretti, die poscia publilico di la a 20
anni le sue Memorie storiche di Leonardo da Vinci, st«m-
pate in Milano, in 8.°
PARTE ITALTANA. 843
Nel 1796 furono trasportati a Parigi i codici ambro-
siani tli Leonnrflo, e rarissima divenata era in commercio
e invano ricercata dagli studios! fiao dal principio del se-
colo coi-rente V opera del Gerli. II signor Giuseppe Vallardi,
noto negoziante di stampe , e ricoglitore diligeatissinio , ia
qualita di amatore anzi che di mercaiite , di oggetti di
belle ani, nel 18 19 fece T acquisto di tutte le tavole in
rame intagliate dal Gerli , e penso tosto a riprodurre qnella
grand' opera che destava negli artisti il maggiore iuteresse
e il piu vivo desiderio die renduta fosse piu comune.
Siccome pero egli aveva frattanto acquistati varj disegni
originali dello stesso Leonardo , ed altri sperava di otte-
nerne ; cosi si trattenne per alcun tempo dalF eseguire il
suo divisamento , perclie conceputa aveva F idea di unire
a quella preziosa raccolta anche i disegni da lui posseduti.
Vedendo tuttavia la difficoUa e quasi T impossibilita di man-
dare ad efFetto tale sua idea , sia per la moltiplicita dei
disegni da lui raccolti , sia per la dispersione di altri che
in Italia si trovavano, ma che poi sgraziatamente stati
erano venduti agli stranieri , senza che se ne potesse trarre
neppure i fac-simile , si determino a riprodurre 1' opera
del Gerli, come era stata dair autore stesso pubblicata ,
omettendo soltanto il monogramma di Leonardo , cli' egli
mai non rinvenne ne' disegni originali.
In questa nuova edizione non solo pose il Vallardi tutte
le cure affinche le tavole fossero diligentemente impresse ,
ma ristarapo ancora il ragionamento dell' Ainoretd colla
spiegazione delle tavole, e a quello e a questa aggiunse,
ove ne riconobbe il bisogno, qualche nota illustrativa ,
onde far uieglio conoscere i cangiaraenti avvenuti da che
era stato quel volume pubblicato dal Gerli, non che le nuove
scoperte fatte dopo quell' epoca nella storia della pittura.
Queste note sono collocate a pie di pagina , distinte con
asterischi, e contrassegnate colla iniziale del Vallardi me-
desimo. Non ommettererao di avvertire clie sul fine della
sua prefazione egli si annunzia come possessore di circa
370 disegni di Leonardo, eseguiti parte a matita, parte
a penna o all' acquerello o in altre maniere , i quali for-
inano la serie piu copiosa dei disegni che di quel sommo
maestro si conosca in Italia; soggiugne pure di avere
riunita nel corso di circa i5 anni una coUezione di dise-
gni originali di tutte le scuole , tra i quali primeggiano
344 AfrENDICE
varj saggi di Michelans^clo , dl RaffacUo , di Tiziano e del
Corre'^i!,io , e ci da speranza di pulihlicare colle stampe i
Jdc-siinilc doi pin iuteressanti disegiii di Leonardo.
Ecco dunciuc iin calcogralo ciie si o elevato con ([ucsta e
con altrc nuovc edi/.ioni al grado di autore. Egli ha gludi-
cato opportnno di dedicare questo volume alia meuioria
del nosiro celcljie pittore Giuseppe SossL
Non paileieuio del raglonamento dell' Ainoretti. intoi'no
ai disegnl di Leonardo, clie gia era stato prcniesso alia
prima edizlone , e che quindi e bastevolmente conoscluto ;
ci tratterrcmo solo un Istante sulle note aggiunte dal Val-
lardi a questo medesimo ragionamento ed alia spicgazione
delle tavole. In una di esse note posta al principio si da
la notizia die i disegni gia posscduti dal Dc Pagave , c
passati quindi in potere del pittore Bossi., furono per so-
vrana munilicenza acqnistati a corredo dell' 1. K. Accademia
delle belle arti di Venezia. In altra si corregge qualche
errore di data del P. Resta , e si assegna il vero anno della
nascita di Leonardo , cioe non il 1445, ma il 145a. In altra
si accenna che il Vinci opero in Milano per la fabbrica del
duonio , e principalmente nei finestroni, riguardo ai quali
alcuni disegni si conservano nella raccolta Vallardi. Piii im-
portanti sono le note che versano sopra alcune pitture di
Leonardo, sul quadro posseduto ora dal conte j4/ber£0 iiKa ;
sul ritratto del Moroni, che trovasi presso la famiglia Scotd ;
sulla famosa cena che contra Tavviso del Gerli si dichiara
dipinta a olio ; sul punto tuttora controverso se Leonardo
stato sia qualche volta intagliatore in rame, e sui mezzi
pill sicuri per giudicare dell' originalita dei disegni. Si
paria pure nelle note apposte alia spiegazione delle tavole
di qualche disegno in particolare; di quello che credesi
da alcuni di Francesco Melzi discepolo ed amico di Leo-
nardo ,• si prova che Leonardo non si allontano mai dallo
studio deir antico, che alcuni dissero non essere stato da esso
coltivato se non che nelF eta provetta ; si illustra la doppia
figura umana della tavola I * ^ si niostra altresi la perizia
del Vinci nel pignere fiori, sorci, farfalle ed altri minuti
oggetti : in altra nota verso la fine si prova che Leonardo
disegno e dipinse alberi , erbe e fiori, e non sempre ebbc
bisogno deU'ajuto d' altri maestri per dipignere ne' suoi
quadri i paesi. A questo proposito si discorre a lungo del
quadro dell' I. R. Pinacoteca di Brera , altre volte della
PVUTE ITALIANA. 3^5
gallerla clell' Arclvescovado , rappresentante la Beata Ver-
gine col Baml^ino eiitro ameno paesaggio i qnadro non fi-
nito, nia preziosissimo, sul quale si eccito qualche dubbio
se opera fosse realniente di Leonardo, ed il Vallardi coa
alcLine ragioni si studia di provare che ad altri fuorche a
Leonardo noa potrebbe quelT opera attribuirsi. Ma qui ci
e forza il rispondere essere difficilissima cosa il ben sen-
tenziai'e in fatto di originalita d' un quadro : perciocche
a quest' nopo noa basta T aver vedute alcune od anclie
moke opere dell'autore, a cui attribuito viene il quadro i
ma e necessario innanzi tutto il far precedere un' esatta
cognizioae del disegno , poi T aver copiate con lungo eser-
cizio , od almeno T avere coll' occhio artistico profondamente
studiate le dipinture dell'autore, sul quale portare vuolsi
giudizio. Ed appunto per difetti di contorno, difetti no-
tabili , inverisimili in Leonardo , sussistenti chiaramente
nel quadro , ma corretti nella stampa che ne fu allora pub-
blicata , si pose in dubbio 1' originalita del quadro stesso,
d' altronde pregevole (i). Quanto poi al fondo , o paese
di essa dipintura, il quale dal Yallardi dicesi quasi condotta
a terniine , esso e anzi linitissimo a raffronto della parte
prlncipale. Per ultimo si ragiona di un quadro posseduto
in Mantova dal signor Belluli, rappresentante la B. Vergine
col Bambino in atto di benedire S. Giovanni Battista in-
fante, il cui fondo e una tenda aperta con paesaggio , quadro
che eseguito dicesi da Leonardo per una monaca della ducal
famiglia dl Mantova , per la qual cosa vedesi nel paese
accennato il Mincio coll' emblema caratteristico de' cigni.
Fin qui parlamaio del Vallardi come autore ; ma lodi
assai maggiori dobbiamo attrllmirgli come editore , perchfe
questa edizione non potrebb' essere fatta con maggiore di-
ligenza , ne con maggiore splendidezza. Bellissima ne e la
carta i le tavole sono eseguite in modo che ci presentano
ritratti gli stessi originali. Negli esemplari piii distinti veg-
gonsl le carte diversamente colorate , giusta le diverse ma-
nierc colle quali furono dal pittore condotti i disegni. Per
tntte le quali cose ci senibra che I' editore non abbia ri-
sparmiato ne cure, ne spese , ne fatiche , onde quest' edi-
zione riuscisse in tutte le sue parti magnifica , e quale po-
teva mai desiderarsi a vantaggio degli artisti e degli amatori.
(l) Veiigasi la sciioLi di Leonardo da Vinci in Lombardia [uib-
blicata dal sis. Isuazio FiunaKalli.
346 A rrr, NBiCE
Fabhriche andche dl Roma disegnate e piibblicate da,
Francesco Turconi cd incise dai signori fratelli
Angelo e Donicnico Brusa. — BFilano , 1827-1800,
dcdla dpografia di Antonio Laniperti , in fog. im-
pericde. Esce per fascicoli , ciascuno cd prezzo di
ital. lir. 3. 5o.
" Alia presente ( edizione ) , cosi leggesi nel frontispizio ,
hanao pi-incipalmcnte servito di norma le ojjere degli ar-
chitetti peiisiouati a Roma dall' imp. e regia Accademia
delle belle arti di Milano , alcuni modelli in gesso format!
in grandezza naturale suUe mine dei monumenti per conto
deir Accademia , e presso della medesiraa esistenti , e la
celebre opera dell' architetto Antonio Desgodetz. •> Gli edi-
tor! inoltre ci avvertono clie per rendere V opera vie piu
utile daranno in fine la descrizione delle rispettive tavole,
con un breve cenno storico dell' epoca del monumento e
deir autore die lo avra ideato e condotto. L' opera con-
terra 36 fascicoli.
Nulla certamente imaginarsi potea di piii utile per gli
studiosi deir arcliitettura, quanto un' opera in cui venis-
sero loro presentati i piu suljlimi modelli che dall' antichita
stati ci siano trasmessi. Nuova pero non e 1' opera die ora
viene da noi annunziata , ma e tratta da altre gia note e
celebri coUezioni : non di meno gli editori lianno con qnesto
lor magnifico lavoro vie megllo agevolato agli studiosi il
mezzo con cui conformarsi al vero e sonimo bello che
risplende tuttora in que' preziosi avanzi. Perciocdie se
argomentar dobbiamo dai nove fascicoli iinora pnbblicati ,
dovra quest' opera riuscire veramente utile , bella , degna
deir Italia. I monnmenti vi sono disegnati colla piu grande
nitidezza e precisione , a soli e ben profilati contorni in
gran foglio ed in modo che possono dall' architetto fran-
camente niisurarsi e nel loro tutto e nelle parti. Giovaci
poi lo sperare che anche le promesse note corrisponde-
ranno all' aspettazione nostra. E noi le vorremmo se non
superior! almeno uguali di raerito a quelle che si trovano
nella Raccolta degli stessi insigni monumenti che a Roma
andava publjlicandosi nella stamperia Dcroinanis , cogl' in-
tagli di Vincenzo Feoli, e coUe illustrazioni di Filippo Au-
relio Visconti(i), e che rimase sgraziatamente imperfetta
(i) Veggasi questo Giornale , tonio 4^.";, pag. 3o5.
P\nTE TTALIANA. 547
per r immatnra morte dello stesso Feoli. Tale Raccolta
e corredata di uii continuo parallelo fra i precetti di
Vitruvio c le proporzioni architettoniche de' uioiiiinienli.
Dal qnal parallelo cliiarameiite risulta una frequente e no-
tabilissima differenza tra le proporzioni vitruviane e quelle
de' pill famosi edificj di Roma, si che d'uopo sarebbe
conchindere die Vitruvio o non era che un architetto teo-
rico e scientillco , o non andava d' accordo con alcun altro
architetto de' suoi tempi. Quindi forse avvenne che il Pal-
ladio ed altri celebri cinquecentisti non ne seguirono let-
teralmente le dottrine, ma da lui dipartirono tutte le volte
che queste sembravano stonanti colla pratica e coUa con-
venevolezza , massime ne' frontispizj ; del qual difetto ,
proveniente per avventura da una troppa venerazione degli
jnsegnamenti di Vitruvio , abbiamo 1' esempio nella patria
nostra in una recentissima facciata sulla Corsia de' Servi.
Non sapremmo quindi immaginarci come mai la romana
edizione del Feoli sfuggita sia all' occhio del signor Tur-
coni -, mentre ella dovea piuttosto star innanzi a qualsivoglia
altra. E un altro picciolo lamento ancora far dobbiamo ,
quanto alia distribuzione colla quale va la milanese rac-
colta pubblicandosi , sebbene le querele nostre risguardino
un metodo dagli editori di somiglianti opere comunemente
adottato. Noi parliamo qui del metodo , per cui ne' fasci-
coli die vcngono a mano a mano distribuiti , contiensi ua
numero di tavole si fatte che le une non legano coUe al-
tre , quasi a somiglianza di un mazzo di tarocchi mesco-
lati a sorte. E forse viene cosi praticato onde vincolare
gli associati e costrignerli all' acquisto dell' opera tutta. Ma
cotal metodo disd ice vole sembra ed anche offensivo alia
buona fedc , esseudo che le opere rimangono il piu delle
volte imperfette per colpa non degli associati , ma degli
editori. Noi per tanto branieremmo die ogni fascicolo con-
tenesse se non tutto nn monumento , almeno tali porzioni
di esso die le une coUe altre si coliegassero ; e vorremmo
che cosi immediatamente si progredisse ne' successivi fa-
scicoli , llnclie tutto condotto fosse a termine cio che ri-
sguarda quel tale e medesirao monumento. Con questo
metodo e meglio approfitterebbero dell' opera gli architetti ,
ed essa sare]:)be vie piu gustata dai dilettanti e dagli stu-
dios!, i quali ne vedrebbero nn giusto, ma non bizz.irro
insieme.
348 A P P K N n I C E
Credlamo pol cli noii poter meglio testificare 1' altissimo
progio in cui ticnsi da noi quest' opera, quaiito coll' espri-
niere il dcsiderio nostro pcrchc ella proceda piii rapida-
mente e giunga presto al sno compimento ; desiderio clie
coa noi certamente dlvideranno tutti gli stndiosi dell' arte ,
giacche tutti essere dovrebbero vaghi di possedere si bella
e si utile coUezione.
Progetto per V erezione di, uri Ponte congiuntlvo Ve-
nezia colla tcrraferma, di G. P. — Venezia, i83o ,
dalla tipografia di Giuseppe Picotti , JZ 1 5 gingiio ,
in 4.° gi'. con una tavola,
Lettera di un amico sopra il progetto dclV erezione
di un ponte da Venezia a Campalto. — Venczia ,
i83o, tipografia di commercio , in 4.°
Progetto e per pensiero e per grandezza piu che ro-
niano ! Esso tende a nulla meno che alia cosiruzione di
nn gran ponte sulla veneta lacuna onde senza esporsi piii
oltre air incomodo ed al pericolo de' flutti giugnere age-
volriiente a qnella maravigliosa citta , e da essa far pas-
saggio Jn terraferma. Tal ponte portare o sostener do-
vrebbe anche un acquidotto , merce del quale l' acqua
dolce scorrere potesse sino a Venezia. La lungliezza del-
r edificio , al dire dell'autore, non oltrepasserebbe le tre
niigiia, da Venezia alle cosi dette rive di Mestre. La strada
poi avrebbe principio nell' interna parte della citta, po-
tendosi stabilire il centro della posta de' cavalli in tin gran
fabbricato, ov' era gia la scuola della Misericordia, e di
la coir interramento di qualche Rio giugnere alia testa del
gran ponte, dal cui primo arco ofFrir dovrebbesi il passag-
gio alle bardie anche di buona portata , ma senza alberatu-
ra. Di la il ponte per lunghissima tratta, e con ponti suf-
fraganei, pel passaggio delle barche come sopra, anderebbe
a far capo coUe anzldette rive. Tanto poi della strada,
quanto del ponte e de' varj accidenti di esso ci si da la
traccia nella tavola all' opuscolo annessa.
I La strada sul gran ponte essere dovrebbe larga come le
strade regie o postali e fiancheggiata da' marciapiedi e da
una fila di alberi. Essa poi , giusta il sentiniento dell' au-
tore, offrirebbe al commercio grandissimi vantnggi e a
PARTE ITALIANA. 049
Venezla un lungo amenissimo passeggio. Che hello e de-
lizioso sarebhe veramente lo spettacolo di tutte quelle iso-
lette che fanno vaghissuna corona alia regina deirAdria,
e il moversi delle iiifmite gondole e de' variati navigli e
r ondeggiar de' niarini flutti \ e T ammirare tutto cio senza
thnore o pericolo alcuno.
Ma quel terrapieiio sopra gli archi del ponte , tagliato
a Scarpa e dell' altezza non niinore di 24 passi , giusta
la scala sovrapposta alia tavola ; il nessun riparo in tanta
altezza , fuorche d' una sola fila di alberi sul niargine dei
due marciapiedi •, quel trepidare che naturalraente nascere
dovrebhe in chi o cavalcando od in cocchio viaggiasse
sopra una strada si alta, non niunita da parapetto , e
quindi col pericolo d' essere nell' acqua rovesciato alio
spaventarsi d' un cavallo .... sono cose si fatte che per
molte persone renderebbei-o quel passeggio taciturno e
tristo anzi che delizioso. A tale difetto potrebbe non di
meno provvedersi coll' alzare i muragli stessi del ponte
sul livello della strada quel tanto solo che bastasse a for-
luarne un comodo parapetto , abbandonata I' idea degli
alberi sui marciapiedi. II parapetto poi , anclie per to-
gliere la monotonia sempre nojosa, potrebbe nella superior
parte praticarsi a merli od a vani, alia foggia de' niuric-
cluoli che veggonsi sorgere suUe muraglie de' vecchi castelli.
Cosi e non impedita sarebhe 1' anienita dell' orizzonte , e
sicuri ne anderebbero i passeggieri ben ancora dai venti
o dai turbini die insorgere sogliono talvolta impetuosi e
che precipitar potrebbero nella laguna e cavalli e uoniini
e carrozze.
Sarebhe altresi a bramarsi che il ponte avesse in alcuni
deterniinati luoghi una specie di portici o di gallerie coperte
a ristoro de' passeggieri , ed a ricovero nelle grandi piogge
e neir imperversare de' venti od in altri infortunj. E noi
siam d' avviso che il ponte in questa maniera costrutto
non importerebbe uiaggiore spesa di quello dall autore
ideato. Perciocche levandosi la Scarpa del terrapieno , noa
che lo spazio che sarebhe occupato dai margine delle
sponde e degli alberi, ne verrebbe assai diminuita la lar-
ghezzaf, quindi assai minore sarelilje la spesa della parte
piu dispendiosa , cioe delle fondamenta e della costruzione