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BIBLIOTECA ITALIANA
O SIA
GIORNALE
DI
LETTERATURA, SCIENZE ED ARTI
COMPILATO
DA VARJ LETTERATI.
Tomo XGVIII.
ANNO VENTESIMOQUINTO.
Aprile, Maggio e Giugno
i84o.
MILANO
PRESSO LA DIREZIONE DEL GIORNALE.
TU'OGItAFIA BERNAKDONI.
II presente Giornale , con tutti i volumi preccdenti, e
posto sotlo la salvaguardia dclla Lcggc _, esscndosi
adcmpiuto a quanto cssa prescribe.
BIBLIOTECA ITALIANA
Jtaptiie A$J\>0.
PARTE I.
LETTERxVTURA ED ARTI LIBERALI.
Opere architettoniche di Raf/aello Sanzioj mis urate
cd illustrate dall 'architetto Carlo Pontani. — Fi-
re:ize3 1840, dalla tipograjia Pialti.
_L( arte di Raffaello Sanzio nella bella pittura fu
tanto cccellente e divina} tante opere tutte perfette in
questa condusse } e si alto grido si procaccio colle me-
desime in tutto il mondo, clie i suoi meriti insigni
nelle altre arti vennero assorti in questa sua univer-
sale rinomanza di sublime pittore. Due nomi, a prefe-
renza degli altri anticbi e moderni, dicea il Canova,
banno una celebrita generale in tutta la terra, Cice-
rone e Raffaello. In qualunque angolo piu remoto che
si nomini Raffaello, tutti, ancbe bifolchi, sanno cb' ei
fu un grande dipintore. Ma al contrario a pocbi e
noto come egli si adornasse ancbe del pregio di otti-
mo scultore, avendo fra le altre cose modellato la bella
statua del Giona: come fosse nell' arcbeologia profondo,
essendosi per lui ordinata un' opera sventuratamente
perduta, di dicbiarazione de'principali monumenti la-
lini, precedendo ogni altro nell'ideare la restaurazione
arcbitettonica di molti sublimi edificii della romana
maesta^ come instancabile ricercatore delle memo-
rie artisticbe avesse raccolto grande suppellettile di
notizie dei pittori cbe lo avevano prcccduto^ come
4 OPERE ARCIliTETTOMCHE DI RAFFAELLO,
ammiralore degli antichi esenipj della slatuaria, procac-
ciasse d'infiammare il j>ontefice, sccondo apparc dalle
sue lettere,che quclli non veuissero dalla negligenza c
dall1 ignoranza disfatti, siccome per lo passato erano
stati dal fanatismo distrutti. Tutli questi titoli di glo-
ria ncl grande RafTaello si accumularono:; ma poi spe-
cialmente qucllo che ei fu pi-estantissimo architettore.
Talc esimia dote non era stata ancora per esami scrit-
ti, per sodc considerazioni artisticlie e per monument!
di fatto con analoghi discgni e tavole pienamente di-
mostrata. Ma oggi e omai tempo clie anche di que-
st1 aureola venga il nostro Sanzio coronato.
Per V inlima consuetudine passata tra RafTaello e
Braniantc, si e creduto e detto che egli da questo
avesse Parle architettonica , e si fosse intrinsecato nel
suo stile. Ma oltreclie per cliiunque pondera il gusto,
1' armonia , la simmetria, gli ordini e le modanature
pratieate da Bramante; col confronto del fare architet-
tonico di RafFaello, e manifesta una grande diversita
£c*a amendue. e un sistema, un modo di vedere quasi
opposto, sappiamo che il Sanzio quando ando a Ro-
ma per operare i suoi prodigi nelle Camerc Vaticane ,
era gia nell' architettura avanzato, e formalo avea un
suo particolare stile elegantissimo. La grazia , la no-
bilta, linspirazione che non si scompagnarono mai dalle
sue dipinture, lo scorsero eziandio nelF architettura. E
a credcrsi che egli studiasse questa professione a Fi-
renze sotto Baccio d'Agnolo. Ed invero la pratica di
questo maestro cosi lo prese, che poi, piu o meno, per
gran tempo lo imito. Se nel duomo della citta di Ca-
stello di Bramante, RafTaello vi esegui i capitelli e i
pilastri del privilegiato suo gusto, quando fu in Ro-
ma cerco di seguire interamente , non Bramante, ma
Baccio nella sua casa che presso la Basilica Vaticana
fece costruire, come sara pienamente dimostrato. E gia
innanzi di recai-si alia capitale delle arti avea dato
prova di quanto fosse avanzato nell' architettura, di-
pingendo il tempio introdotto nella tavola delle Spon-
salizie della Nostra Donna, operata per la detta Citta
di Caslello , ora csistente in Milano. Quel tempio fa
MISUIIATE ED ILLUSTRATE DA C. PONTANI. 5
fede di un sonimo merito arcliitcttonico : ha propor-
zioni bellissime, un' eleganza somma, oltre 1' arte squi-
sita con cui e stato condotto in prospettiva. II Vasari,
sommo intelligence delle opcre dell'arti e buon archi-
tettore, accordo lodi singolari a questo tempio di for-
ma pressoche circolare, di ordinanze ricca e oltremodo
aggradcvole. Questa pittura di un monumento del-
1' arte regina gli fece scala a presenlar poi nella gran-
d' opera della Scuola d'Atene, tutta di stile sublime,
una composizione di un interno d' architettura, d'in-
venzione nobilissima e di purita vergine nell'esecuzione
degli adornamenti. Quivi e una certa similitudinc del
disegno di S. Pietro in quanto alia cupola in mezzo
a quelle navate . cio clie egli fece, come e da credere,
per blandire l'amor proprio del suo amico e congiunto
Bra m ante.
Dopo questa vengono, sempre con felice e magni-
fico concetto , con vaghezza di parti e con una rara
armonia gencrale, le arcbitetture introdotte ne' frescbi
dell' Incendio di Borgo , dell' Eliodoro, del Miracolo
di Bolsena, e soprattutto nei maravigliosi arazzi, opere
cbe fanno dimostrazione del valore teoretico e pratico
arcbitettonico di RafTaello , e nelle quali 1' immortale
Urbinate prese assai piu magnificenza per essere ori-
ginale*, e diviso dai priucipj di Baccio d"Agnolo, fa-
cendosi autore e creatorc per se medesimo , senza
V ajuto, come taluni presupposero , del Bramante , il
quale gia era morto quando le composizioni per gli
arazzi esegui, Rafl'aello sapeva egli prendere ancbe ncl-
1* architettura tutte le maniere } e in questi arazzi ap-
punto lo vedi attenersi alio stile asiatico babilonese.
Ma poste da un lato le arcbitetture, delle quali il
Sauzio abbelli e arricchi le sue pitture, e accennando
solo le fabbricbe vcramente da esso condotte in mu-
rameuto, in queste fece maggiormcnte risplendere la
sua profonda pcrizia nelfarte, la sua intelligenza di
accomodarsi alle ubicazioni e agli usi degli edificii cbe
inventava , la nobilta e grazia del suo stile , la corre-
zione degli ordini , la purita delle membrature , 1' unita
dell' ordinanza , la bellezza e decoro dei prospelti , e
6 OPERE ARCHITETTONICHE Dl RAFFAELLO,
la sapienza delle piante de' fabbricati, coll' aggiunta
di quel suo gusto, di quella leggiadra maniera cbe da
ogui allro avcbitettore lo distingue. Parlo dei palazzi
Pandolfini c Uguceioni in Firenze , del palazzo Stop-
pani in Roma, :li una casa in Via Coronari , della cap-
pella Gbigi , della deliziosa villa detta Villa Madama,
attribuita pur dal Vasari a Raffaello, delle stalle Gbigi
alia Lougara, e di altri edifizii di minor conto del-
1* Urbinate.
E qui non possiamo rimanerci dall1 esprimere il no-
stro dolore per la perdita di una sua opera in questo
genere, cioe del progetto per esso fatto della faeciata
della real cbiesa di S. Lorenzo in Firenze. Si puo con-
getturare di quanta eccellenza fosse questa sua idea, e
con quanto impegno vi studiasse per ridurla mirabile,
avendovi operato in concorrenza del sublime Michel-
angelo, per commissione di Leone X, e per dover ser-
vire a compiere uno de' piu sontuosi tempj di Firen-
ze, opera del Brunellesco. L'Algarotti anemia aver ve-
duto un disegno di questo lavoro e averlo ancbe rico-
piato. Ma cbi puo non condannare il signor Algarotti,
perche coll' amore che egli pretendea per le buone arti,
e colle sue dovizie, non pensassc poi a pubblicarne
con le stampe un tipo , percbe rimanesse all' ammira-
zione dei posteri ?
L' amore per l1 arcbitettura s1 infiammo quindi in
Raffaello maggiormente collo studio di Viti-uvio , cbe
egli tradusse e commento con 1' ajuto di frate Giocon-
do. E scorto dalle massime fondamentali di questo
grande maestro , diessi allora all1 indicata restaurazione
de' monumenti antichi arcbitettonici, fino a ritrovare e
dimostrare il gran piano di tutta Roma antica. Ne ab-
biamo il testimonio di Paolo Giovio, che nell1 elogio
latino di Raffaello ci dice aver esso studiato e misu-
rato gli avanzi dell' antica Roma con un intendimento
seguito, qual era quello di dimostrare tutta la cit-
ta: Ut mtcgram urban architectorum oculis conside-
rarulani proponcret. La quale benemerenza di aver
abbracciato in un lavoro generale la dichiarazione
di quanto rimane degli antichi romani edifizj , vuol
M1SURATE ED ILLUSTRATE DA C. PONTANI. 7
ragione ebcsia clivisa col munificente animo di Leone X,
il quale, indotto dalle esposizioni del Sanzio, pare clie
gli avesse dato espresso comandamento per quel lavoro,
siccome attesta il medesimo RafTaello nella niemoria
indiritta al pontefice, non da Bahlassare Castiglioni,
come erroneamente e stato creduto , ma dallo stes-
so architettore*, giacche leggendosi in essa le parole :
Perclie io ponga in disegno Roma antica^ queste,
come saviamente osserva il Quatremere, non si pos-
sono attribuire all1 autore del Cortigiano. L1 accurato
scrittore francese nota parimenti che RafTaello non
solo misuro , disegno e restitui gli edifizj ruinati del-
1' antica Roma , cio che anche con maguifiche parole
dichiara il Calcagnini} ma clie pure quei monumenti
dipinse. Nella prefazione di Andrea Fulvio ziWcAtiti-
chita roinanc, pubblicata sette anni dopo la morte di
RafTaello. e detto: «Tolsi cura di salvare dalla distru-
zione , e di ristabilire coll' autorita degli scrittori gli
avanzi antichi di Roma , clie per mio invito Raflaello
d' Urbino poco tempo avanti la sua morte avea di-
pinti ».
E rende naturale e giustificato l' essersi allora im«
merso RafTaello tutto nell' arte arcbitettonica la coin-
cidenza che in quel tempo essendo avvenuta la morte
di Bramante , Tu eletto lo stesso Sanzio in suo succes-
sore e ordinatore in capo della costruzione di S. Pietro.
II ponteflce giustifico questa nomina non pei soli
distinti meriti dell' Urbinate, e per voto maniTestato
dal Bramante prima di morire, ma molto piu perchti
la credette un titolo di giustizia ed una debita com-
pensazioue, per avere gia RafTaello offer to un piano
per quella portentosa basilica.
Segue a dirci il chiarissimo autore del Giove Olim-
pico, che questo non Tu gia solo un diseguo , ma un
modello in rilievo . cio che apparisce dall' espressione
del Breve di nomina « Torma 55 , e piu si fa manifesto
dalle parole del Sanzio : « Nostro signore coll1 onorar-
mi mi ha messo un giaix peso sulle spalle ^ questo e
la cura della fabbrica di S. Pietro; spero bene di non
cadervi sotto, e tanfo piu quanto il modello che io ne
8 OPERE ARCHITETTONlCHE DI RAFFAELLO,
ho fatto piace a Sua Sanfcita ed e lodato da molti be-
gl' ingegni. Ma io mi levo col pensiero piu alto. Vorrei
trovare le belle forme degli edifizii anticlii : me ne
porge una gran luce Vitruvio, ma non tanto che basti n
( Lettera al conte Castiglioni ).
Dal che appare Raft'aello essersi tanto internato ncl-
V architettura , che tutto il bello architettonico romano
ancora non lo appagava pienamente , e mirava e va-
gheggiava l'arte greca. Pereio mandava disegnatori pei
famosi edifizj siculi, e spedia pure architetti in Gre-
cia. Quando si conosce (soggiungeil sullodato scrit-
tore che riunisce sempre allc disputazioni sull1 arte la
piu sottile filosofia), quando si pone mente al legame
del principio e del gusto esistente fra tutte le arti del
discgno, e che s' immagina quali efFetti pu6 produrre
questo vincolo allorche le concezioni emanano da un
solo artista insigne, non e s\ facile ad esprimersi a
qual grado di perfezione 1' architettura di S. Pietro
potea salire sotto la direzione di un tanto uomo. Oh
qual purita di profili! quale armonia di forme e di
proporzioni ! Qual carattere di nobilta e di eleganza
nei particolari e negli ornamenti con la squisitezza di
un Raffaello accoppiata alle forme greche ! Una bar-
bara morte invidio a questo nuovo splendore del San-
zio, a questo supremo decoro della basilica, a quesla
impareggiabile gloria d' Italia.
Ma a che condolerci con la morte? Piu crudeli fu-
rono gli uomini che quel modello in rilievo di S. Pie-
tro hanno fatto ingratameute disperdere. Non abbiatno
che un semplice disegno del piano, conservatoci dal
Serlio. E questo piano e il piu bello che siasi imma-
ginato secondo il sistema di costruzione delle grandi
chiese moderne. Sappiamo che il Bramante , nel suo
concetto primitivo , erasi proposto di riunire in un
tutto 1' imitazione delle grandi volte del tempio della
Pace per le navate , e di tenere la forma del Panteon
per la cupola destinata a servire di centro ai quattro
bracci della Croce. Obbligato il Bramante di sostitutre
la vecchia basilica , le navi della quale in colonne
erano sormontale di un tetto di travamenti, con una
MISURATE ED ILLUSTRATE DA C. PONTANI. ()
immcnsa costruzione a volta, gli fu necessario tli ap-
plicare pie tlritti alle colonne, e vaste inciute alle fa-
scie. E stabilita e adottata qucsta massima, dalla quale
Raffaello non potea deviare, chi esaniina quel suo piano
e costretto a confessare che dietro un simile dato fisso
non potea disegnarsi cos a pin semplice e insieme piu
grandiosa, e meglio spedita ed ariosa, e di piu perfetta
armonia. Tutto tiene insieme dello stile del Panleou
e di altri antichi monumenti. E se in seguito deviossi
da quella grande ed elegante idea, non fu certamente
pei' far meglio, che meglio non sifece; ma esaminan-
dosi spassionatamente quel piano, si vedra essere stato
solo perch e i susseguenti maestri per la loro superba
anima e pel genio creatore, dal quale anclf essi erano
agitati, sdegnarono seguire quell' esempio, pel vanto di
essere originali, a costo di fare men bene.
Lamentano taluni che Raffaello si morisse in fresca
eta , e vengono congetturando e sospiraudo gli altri
molti portenti che ci avrebbe lasciato nella divina pit-
tura. Tuttavia non e questo il vero rammarico che
vuolsi avere dclla prematura sua morte. Egli condusse
in pittura tante opere, benche giovane, per le quali
non sarebbero state sufficienti le vite di piu pittori ,
quantunque longevi. E quello che piu si deve consi-
derare e, che Raffaello ci lascio tutto perfetto: tutto fu
condotto da lui all' eccellenza con santa e diligentissi-
ma circospezione, prima che le lodi lo corrompessero,
prima che col moltissimo operare negli anni avanzati
si fosse dilungato da quella sua scrupolosa esattezza,
prendendosi, come snol dirsi , nelf arte un despota do-
minio, una liberta che degenera in licenza, siccome
abbiamo veduto che molti hanno fatto. II nostro do-
lore per la precoce perdita di Raffaello prende un ca-
rattere di verita e di giustizia solo allora che si con-
sidera che nella sovrana arte dell' ai-chitettura non
opero quanto avrebbe potuto, e specialmente percbe
non giunse a compire il maraviglioso suo piano di
S. Pietro, ne altra fabbrica sopra i suoi disegni av-
viata.
Questo danno incalcolabile dovca dunque ahneno
IO OPERE ARCHITETTOMCHE DI RAFFAELLO,
essere in parte compensate e riparato dalla sollecitu-
dinc c cura degli archileltori e degli espositori col pub-
Llicare ed illustrare le sue opere architettonichc die ci
rimangono. Ma parte pel degradamento dell' arte data
al povero , al meschino , alio sconcio : parte perche
T arte stessa domanda ingegni sovrani , de1 qiiali da
gran tempo e pcrdulo , o almeno assai diminuito il
nobile seme nell' architettura } e parte aurora per la
nostra incuria e noucuranza di ammirare con la reli-
gione dovuta i nostri capo-lavori, e farli valere per
T illustrazione della patria e per far tacere 1' estera
invidia } le bellissime arcbitettoniche produzioni di
Raffaello non furono ancora nello scritto e nelle ta-
vole poste in quel lame di ouoranza di che sono degne.
E percio 1' architetto romano Carlo Pontani toglie
impresa non solo bella e ammirabile, ma utile alle arti,
splendida per la patria, e soprattutto nuova, assumendo
di pubblicare le fabbriche di questc esimio e divino
maestro , corredandole di tcsto accomodato, e dimo-
strandole coi tipi delle piante, dei prospetti e dei det-
tagli degli edifizii, e con tutto lo studio ragionato re-
staurando quegli uni cbe sventuratamente hanno sof-
ferto variazione o condotti non furono a compimento.
Ed ecco cbe gia egli ci fa dono del palazzo Uguccioni,
costrutto sui disegni di Raffaello in Firenze sulla piazza
del Gran Duca.
Trattandosi esser questa la prima esposizione cbe
da incominciamento all' opera, il signor Pontani ha
creduto conveniente diffondersi alcun poco , almeno
per questa volta, sui generali dell' arte e sulla sua sto-
ria. Percio, dopo avere accennato alle cagioni cbe co-
strinsero i primi popoli a procacciarsi quei ricoveri cbe
dettero incominciamento all' arte del murare • dopo
avere esposto come i primitivi Greci e Toscani tenes-
sero una maniei'a comune di condurre le fabbriebe ,
stendesi l1 autore sull1 architettura greca e sopra i suoi
tre ordini, opportunissimi per la convenienza architet-
tonica •, riflettenclo giutliziosamente avere quegli intel-
ligenti e gentili spiriti gi'eci conformata la pratica
del fabbricare colla massima di mautenere la maniera
MISURATE ED ILLUSTRATE DA C. P0XTANI. I I
dorica con un aspetto grave e con semplicila di lavoro
e di forme adatte alle parti pin necessarie per la fer-
mezza: d1 ingentilire la jonica ed abbellirla di alcun
grazioso ornaineiito che, non ineno necessario che vago,
facesse comparire il complesso delle parti; e finalmente
di rendere sveltissima la corinzia e nobilitarla con
qnalche profusione di ornati e con ricchezza di mate-
ria. Sui quali principj stabilirono essi la convenienza
arcbitettonica, la quale e composta di simmetria, de-
coro ed economia. Prende a trattare speciahncnte delta
simmetria, e a dimostrare un principio, cioe cbe dessa
serve a dare alle fabbricbe un' apparenza di maggiore
o minore fermezza, in cbe si trova precipuamente la
ragione dei diversi carattcri negli edifizj. Gosi via di-
seorrendo, il nostro espositore viene additando niolte
buone ed utili massime circa lo impicgo delle colonue,
la bellezza arcbitettonica, e la sveltezza, fermezza e
comodita delle fabbricbe.
Ne gia egli in tutto cio cbe avanza sull' arte si piace
di vane astrazioni, ma conferma i suoi principj e i
suoi nuovi calcoli colla pratica usata da' migliori ar-
cbitettori. A piena dimostrazione del suo principio sulla
simmetria adduce gli esempj dei tempj di Pesto, dei
Propilei, del tempio di Teseo in Atene e dell' altro
della Concordia in Girgenti } ricbiama la dottrina di
Vitruvio in sugli ordini, la rischiara e la mostra piu
conforme alia sua massima. Esaminando quei tempj
ed alcuni altri vitruviani, e deducendone i varj rap-
porti delle dimensioni si geuerali cbe di ciascuna par-
te , discende ad un' ottima conclusione che vorremmo
fosse scritta profondamente nella mente degli architet-
tori, i quali, nel concepire l'idea de' loro edifizj, anzi-
tratto stabiliscono le proporzioni degli ordini cbe vo-
gliono adottare; metodo erroneo e non seguito mai dai
maestri veramente altissimi , i quali esaminarono il
complesso della loro mole , 1' area ove dovea essere
costrutta, e i rapporti cogli altri edifizj che doveano
circondarla, prima di fissare le proporzioni degli ordi-
ni. 11 corollario adunque del signor Pontani e il se-
gucntc : « JNIanifestasi, da qunnto abbiamo dimostrato,
12 OPERE ARCHITETTONICHE DI RAFFAELLO,
l'assurdita di determinare le simmetrie degli orcliui in-
dipendentemente dalla simmctria gencralc delle fab-
briche per lc quali vengono destinati».
Per questa verita die il nostro autorc ha avuto il
coraggio di predicare a confusione di quanti non sa-
prebbero servilmente scostarsi pure di una linea dalle
misure da essi slabilite per gli ordini, credute abusiva-
mente invariabili , e per varj altri buoni documenti e
notizie clie ci porge, gli condoneremo di essersi forse
sovercbiamente diffuso in altro prima di venire a ra-
gionare di Raffaello.
Enlrando pero il signor Pontani piu strettamente nel
suo assunto , incomincia dal dire : Destatosi F entusia-
smo della bella architettura, un ingegno indagatore delle
ragioni della bellezza , un animo piegbevolissimo agli
effetti di questa , un genio pronlissimo a secondare le
concezioni piu alte ricbiedevasi per ricondurla fra noi
con quell' eleganza e verita onde fu da' sommi maestri
pi'aticata. II sentimento della bellezza non e cosi ov-
vio cbe tutti possano giudicarne: il solo uomo che na-
sce colle disposizioni atte a sorprendere la vera bel-
lezza emancipandosi da ogni prevenzione ed autorita ,
consente solo il suo voto alleopere cbe meritano la lode
di belle. Quindi, nato Raffaello con questa disposizione,
vide e giudico il vero bello: la natura fu tutta pre-
sente a' suoi sguardi , a' suoi giudizj :, le grazie gli sor-
risero al core, ordinarono il suo intellctto} e la simme-
tria , l'euritmia, il decoro ne composero la ragione:
onde e che al cielo salito, nuove idee di bellezza com-
prese e al mondo le dimostro.
Incomincia pertanto il nostro espositore a fare ma-
nifesti questi meriti di Raffaello nell1 architettura, colla
esposizione delle sue opere : e prima tra queste tra-
sceglie, come abbiamo detto, il palazzo Uguccioni, del
quale ci da il prospetto con diligente cura condotto.
Ma quello cbe piu ci va a cuore e il tipo dei profili ,
de' modani , delle mensole, de1 capitelli , delle basi ,
della trabeazione , parti tutte da esso stesso condotte
in vame con una nitidezza e purita degna della bclla
manicra raflaellesca. Perche non potremmo abbastanza
MISURATE ED ILLUSTRATE DA C. PONTANI. I 3
iucoraggiare 1' ottimo intraprenditore a proseguire a
farci dono compiuto delle opere di questo divino, onde
1' arte del costruire con questi nobilissimi esempj, alia
perfetta , l'agionata , elegante antica maniera ritorni.
Avvegnache pur troppo il goffo , caprlccioso , licenzio-
so, barocco, minuzioso e volgare stile che ha invaso
le arti minori e subissata la bellezza delle lettere ed
estinta la divina ispirazione del genio greco e latino,
non solo minaccia, ma ha afferrato e tiene serva an-
che la domiuatrice delle altre arti, 1' architettura, se
non totaltnente in Italia, certamente in alcune capi-
tali estere , le quali avendo vasti mezzi e grandiose
occasioni da potere e da dovere condurre opere mara-
vigliose sul vero bello ispirato, tanto piu ne duole che
siansi dai buoni principj dell' arte dilungate.
Melchior Missirini.
Sulla causa finora ignota delle sventure di Torquato
Tasso. Saggio del marchese Gaetano Capponi. —
Firenze, 1840. Pezzati. Tomol.in 8.° di pag. vu e
1 76., alprezzo dijiorentine lire 4. r. 8. Ital. lir. 3. 43.
E questo il prirao volume di un lavoro che gia da
tre anni aspettiamo dal maixhese Capponi , il quale
si e proposto di mostrare che « la causa dell'infelicita
55 di Torquato Tasso fu il Trattato a cui fatalmente aderi,
» offertogli dalla Medicea famiglia nel marzo 1 5y5 per
» mezzo di Scipione Gonzaga, onde rapirlo al servizio
» del suo siguore Alfonso II d'Este, duca di Ferrara»:
contro 1' opinione comune che quella sventura attri-
buisce agli amori del Tasso colla principessa Leono-
ra. La proposta parve improbabile al professore Rosini^
e 1' Italia sa quello che ne fu scritto dall'una e dall'al-
tra parte: e forse molti sono desiderosi di conoscere
finalmente a quale dei due contendenti debba toccar
la vittoi'ia. Noi cercheremo di esporre la serie delle no-
tizie e dei ragionamenti sui quali il marchese Capponi
V
l4 SULIA CAUSA FINORA IGXOTA
credette di polcr fondare la sua opinione, sliman-
do che la materia sia degna di csscr considerata da
quanti collivano le lettere italiane, anchc indipen-
dentemente dall'interesse die forse lc agghmse nel-
I' opinione cli molti la controvei'sia predetta. E qualun-
que debba essere la sentenza dei dolti, noi non crede-
remo per certo cli dover meuomare al professore Ro-
sini quella stima cbe gli ban procacciata le sue belle
produiioni s' egli sara giudicato perdentc:, ne qualora
fosse tenuta insussistente 1' opinione del marcbese Cap-
poni, crederemmo gittata la sua lunga fatica da cui la
vita e le opere del gran Torquato devono senza dub-
bio ricevere niolle nuove illustrazioni.
Egli comincia dal ricordare l'avversione delle due
famiglie de' Medici e d'Este, nata fin dal 1 54 1 in Lucca
« quando Cosimo I, allor giovinetto, essendovi a cor-
» teggiare fimperatore Carlo V, permise cbe Ercole II,
» duca di Ferrara, la precedenza guadagnasse sopra di
» lui». E pone per fermo cbe in conseguenza di que-
sta gara « per far onta al duca Alfonso i Medici pro-
» curarono d'involargli Torquato, il letterato piix illu-
•>•> stre che splendesse in Europa e onorasse la di lui cor-
» te». E lo procurarono (dice) per mezzo del cardi-
nale Scipione Gonzaga, uomo quanto afFezionato ai
Medici, altrettanto avverso agli Estensi: come gia prima
per mezzo di Benedetto Varcbi aveauo cercato rapire
al cardinal Luigi d'Este, Bernardo Tasso padre di Tor-
quato. La nera malinconia poi cbe questi eredito da'
parenti, si forte che fino da' primi annia vaneggiare lo
spinse, e per la quale egli si dipingeva come scarsa ricom-
pensa i generosi stipendj che a lui jLlfonso largiva , e
come gravi avversita quelle che, seppure ebbcro luogo,
altro non erano cbe moles tic cfastidj, lo mosse a cer-
car lungi da Ferrara un asilo migliore , a sognarc tra
i suoi piu cari dei nemici die non esistevano , ad abban-
donarc quell' Alfonso che amb sempre anchc allorquando
desiderata trovare presso un novello signorc un piii
splendido stato.
II Tasso nel i56ii dedico il suo Rinaldo al cardinale
Luigi d'Este, che, riconosccnte alle lodi delle quali non
DELLE SVENTURE DI T. TASSO. I 5
era indegno, lo riceve nel i565 tra i suoi gentiluomini;
e il giovine poela giunse alia corte di Ferrara nell'ot-
tobrc di quell' anno stesso mentre faeevansi gli ap-
parecclii per festeggiare 1' arrivo della seconda moglie
del duca Alfonso. Ivi stette fino alia primavera del 1 566,
quando per essere il cardinale andato a Roma nella
morte di Pio IV, egli si rec6 a Padova , a Milano , a
Pavia ed a Mantova: d'onde il marchese Capponi ar-
gomenta ch' egli allora non fosse innamorato di Leo-
nora, dalla quale senza necessita non avrebbe voluto
allontanarsi per tanti mesi dopo si breve tempo. Nel 1 568
si accese di Luci*ezia Bendidio:, e tanto era lontano dal-
l1 essere amante di Leonora, cbe anzi ebbe daleiil con-
siglio d' illustrare alcune canzoni del Pigna, innamorato
egli pure della Bendidio, a fine di levargli ogni sospetto
e di farsi benevolo un uomo che avrebbe potuto nuo-
cergli assai presso il duca. La qual cosa gia da molti
affermata, 1' egregio autore avvalora trascrivendo la
lettera con cui il Tasso dedico alia principessa Leo-
nora le sue illustrazioni. Da quella lettera ed anche
da alcuni versi dell' Aminta (atto V) apparirebbe che
il Tasso cesso di amare la Bendidio quando se ne in-
vagbi il Pigna } ma il marchese Capponi sostiene che
questo scrivesse per lusingare V ambizionc di quel po-
tente ministro , mentre 1' atnore gli durava non meno
di pi'ima. Ne fanno testimonianza le cinquanta conclu-
sioni amorose che sostenne di poi per la Bendidio me-
desima: d'onde il nostro autore conchiude che V amorc
del Tasso per lei e una delle piu. inconcusse storiche
verita. Una prova di quest' asserzione la deduce il mar-
chese Capponi dalla prima scena dell' atto I dell'^-
minta , dove generalmente fu creduto che si parlasse
degli amori di lui con Leonora. Perocche dicendosi
quivi che Tirsi ( il Tasso) lodo gli occhi di Licori (la
Bendidio ) e diede per amore di lei in pazzie , citansi
alcuni versi che il Tasso appunto avea scritti in lode
della Bendidio c non gia di Leonora.
« Risultano dunque (dice a pag. 3i) da tutto cio
» ch'ioho narrato, le segucnti istorichc verita: i.° Che
» il Tasso nel 1 568 amava ferventemente Lucrezia
I 6 SULLA CAUSA FINORA IGNOTA
j' Benilidio , e clie percio non amava in quel tempo
y> la principessa Leonora. 2.0 Che chiesto su questo
55 auiore consiglio alia principessa, per comandamento
?j e couforto di lei illustro le rime del potente suo ri-
» vale il Pigna: e che poco dopo, mal frenando 1' im-
» menso affetto che nutriva per la Bendidio, voile darne
» pubhlica testimonianza colle cinquanta conclusioni
55 per lei sostenute. 3.° Che di questo ardentissimo
» amove del Tasso per la Bendidio e ripi'ova maggiore
s> d' ogni altra 1' esser egli caduto per essa in palesi
5) follie } e cio che non fa minor meraviglia , 1' averle
3) egli stesso nel 1573 descritte neWudmuita. 4«° Che
sj rimane da cio assolutamente escluso che il Tasso
55 avesse potuto giammai amare la principessa Leonora
;> ed esserne da lei amato avanti il i568».
Perocche (dice 1' autore), come mai il Tasso sarebbe
ricorso per consiglio a Leonora ne' suoi amori colla
Bendidio, se questi amori fossero stati un oltraggio
verso lei stessa? E questa gli pare anche Jbrtissirna
presunzione che Leonora non dovesse nemmeno dopo
d1 allora accogliere dal Tasso I' offerta d' amorosi incensi
che sull'ara di un" altra 3 e quasi per mano di lei stessa,
e in pubbliche e solemn pompe fumarono.
Ritorna quindi l1 autore ai versi deW^dininta , dove
i piu veggono una profezia di quanto il Tasso pat'i in-
namorato di Leonora (1), mostrando ancor piu vigoro-
samente di prima che devono intendersi de'suoi amori
colla Bendidio: e 11c deduce che la fo Ilia che tanto poi
travaglib il Tasso era incominciata ancor prima del i5^3.
Prima di questo tempo, nel i5yo, quando il Tasso
ando in Francia , aveva ordinato nel suo testamento
che in caso di morte, de' suoi sonetti fatti per servigio
d'alcun aniico si mandasse in luce quel solo Or che
P aura mia dolce altrove spira, il quale parla di Laura
Peperara^ dicendo altresi che sc in alcuna cosa occorresse
(1) E qucsla , al parer nostro, una dclle migliori parti rrel libro
che annunziamo; e puo csserc allresi una prova clie 1' opera del
marchese Capponi non sara infruUuosa quand' anche dovesse riu-
scire insufficiente alio scopo a cui tendc.
DELLE SVENTURE DI T. TASSO. i 7
qualche impedimcnto, dovesse il Rondinelli (a cui com-
mise l'esecuzione del testamento) ricorrere al fa-
vore dell1 eccellentissima madama Leonora , la quale
(diceva) cojijido che per amor mio glieue sara liberale.
Non importa (dice il marchese Capponi) che il Tasso
metta qucsto sonetto fra quelli scritti per servigio d^al-
cun amico ; mentre e notissimo che la Peperara fu ve-
ramente e lungameute amata dalui: e pero (conchiude)
da questa notizia apparisce che anche nel i5yo il no-
stro poeta tanto era lontano dalfamare Leonora, che
anzi a lei commetteva la cura di eternar la memoria
de1 suoi amori per altra donna.
E dopo un anno di assenza, partitosi di Francia dis-
gustato del cardiriale a' cui servigi trovavasi , invece
di volare presso Leonora, come avrebhe fatto un aman-
te, se ne stette in Roma ed in Pesaro, e dal dicembre
fino al maggio non si ricondusse a Ferrara.
Al suo ritorno (nel maggio del 1572) lo accolse il duca
Alfonso e gli assegno uno stipendio a quei tempi ripu-
tato signorile. Di quest'accoglienza parla il Tasso me-
desimo mz\Y Anunta^ dicendo :
. . . Con frojite henigna insieme e grave }
Con regal cortesia invito dentro
Ei grande e '« pregio me negletto e vile.
E deiramorevolezza del duca cosi ragiona nel discorso
al Gonzaga. «Egli mi fe' degno dell'onor della mensa,
» e deH'intrinsechezza del conversare, ne da lui mi fu
jj mai negata grazia alcuna che io gli richiedessi : ed
r> egli ultimamente nel principio delle mie persecuzioni
y> mi mostrava affetto non di padrone ma di padre e
55 fratello} affetto che rade volte negli animi dei grandi
w suole aver luogo » .
Allora scrisse quella bellissima dedica della Gerusa-
lemme: Tu: magnanimo Alfonso, ec, dove parlando di
se medesimo come di un peregrino errante, agitato e
quasi absorto fra Y onde, ne potendo con cio alludere
(dice Tautore) al tempo in cui aveva servito il cardi-
nale, che sempre lo aveva trattato con tutta la debita
Bibl. ltd. T. XCVIII. 2
<*^
I y SULLA CAUSA FLNOBA EGNOTA
gentilezza, bisogna conchiudere die volesse toccare le
circostauze presenti, cioe i suoi dissapori con quel
porporato, procedenti non gia da ingratitudine del Tas-
so} ma dal suo wnor malinconico die ad agitarlo avea
incominciato da qualche tempo.
Le molte prove
giunge) finsussistenza dei supposti amori di Torquato
* con la principessa Leonora, qual altra prova si desi-
» dera maggiore di questo suo prolungato genial tratte-
» nimento nel campestre ritiro di Casteldurante I »
In conferma di questa opinione egli cita una lettera
scritta dopo tre mesi a madama Leonora con un sonetto
amoroso: le quali scritture, secondo lui, parlano di Lucre-
zia; ma il professove Rosini crede invece che risguardino
DELLE SVENTURK DI T. TASSO. I ()
Leonora medesima. L' opinione del professore Rosini
si e, che mentre Jl Tasso stava a Casteldurante, i
suoi nemici macchinassero con piu agio e con piu
fortuna contro cli lui} che il cavaliere Guarino s' insi-
nuasse allora neiranimo mata di questo suo sdegno per la sorella, come gia
55 avca fatto per la Bendidio e per la Peperara , non
«pote essere stata giammai la donna amata da lui}
55 ma che al contrario essa era stata sempre la consi-
55 gliera e la dcpositaria dcgli affctti che lo acceiidevaiio
55 per le altre donne a lui care » . E cosi intende aver
dimoslrato picnamente che nel i5^3 il Tasso non
amava Leonora, ne prima d' allora pole averla amata.
Putornato poi da Casteldurante a Ferrara, vi ebbe il
Tasso graziosissima accoglienza da Alfonso } il quale,
desideroso ch' egli compiesse il poema, lo favori in ogni
modo. « Eppure chi '1 crederebbe? mentre Torquato
55 confessava quanto Alfonso lo teneva caro , cio non
» ostante diceva di non esserne pago. E come non rav-
>5 visare in cio 1' inquietezza di quell' umor melanconico,
(i) Benche noi vogliamo fare al presente null' allro che un com-
pcndio degli argomenti addotti dal marcliese Capponi^, dobbiamo
nondimeno render ragione del silenzio in cui ne passiamo qual-
cuno. Qui, per esempio, egli dice che se il Tasso (come afterma il
prolessore Rosini) seppe in Casteldurante essere il Guarino bene
accelto da Leonora e per lo sdegno si astenne dallo scriverle, dun-
que non era sdegnato con lei qnando parti di Ferrara, e non pole
risguardare Leonora il sonetto: Sdegno _, debit gucrrier, campione
audace — Che me sott'armi rinluzzale e frail — Conduct in campo
ov b d' aurnli strait — Armato Amore e di celeste face. Pcrocche
(dice) quelle armi rintuzzatc devono significare una pngna prece-
dente per discordia di voleri. ]\oi confessiamo di avcre un'opi-
niorie diversa dall'egregio aulore. Con queste armi rintuzzate c
frail dello sdegno pole il poeta voler signilicare che sentivasi inetto
a seguitare lo sdegno contro la potente passione d' amore che la
soverchiava. Ma cosi di questo come di qualche altio dubbio tor-
ncia meglio pariaie dopo Te-sposizione di tutti gli argomcuti di
inaggior rilievo.
DELLE SVENTURE DI T. TASSO. 2 [
w clie nol lascio tranquillo fiuo alia tomba , e die
n roai in alcuno stato gli permise di posave lunga-
» niente contento?" Scriveva ncl giugno del 1 5^4 a^
Pinelli clie dal duca Alfonso riceveva grandi favori }
i suoi emolumenti vincevano quelli avuli da Bernardo
suo padre e dallAriosto^ e nondimeno diceva clie
avrebbe voluto qualche cosa piu di socio, e clie deside-
rava consigliarsi intoi'uo alia somma della sua vita.
Fin qui (come si vede) il marchese Gapponi ha con-
futata l'opinione comune che attribuisce le sventure
del Tasso agli amori con Leonoi'a. Gomincia quindi la
dimostrazione dell' opinione sua propria, che quelle
sventure procedessero invece dall' aver lui trattato di
trasferirsi al servigio de' Medici in Firenze.
La malineonia, a cui Torquato medesimo confessava
di essere soggetto piii di tutti gli altri uomini, non gli
permetteva di esser felice e tranquillo in mezzo ai
molti favori di Alfonso: ma sempre dubbioso ed in-
certo pensava al futuro. In questa condizione di mente
(dice l'autore) Scipion Gonzaga.il fatale amico, lo sor-
presc coll' invito a splcndiilo servizio presso i Medici, of-
frendo larghissime condizioni a lui che voleva alcuna
cosa piii di sodo s ambiti onori a lui che d' onori era
avidissimo. Questo trattato ebbe pi'incipio nel marzo
del 1 5^5 con una lettera del Gonzaga alia quale il Tasso
rispose nel marzo stesso dicendo : I per Patroni
7/0/2 gli vo3 in alcun modo ne ova ne poi ,• con altre cose
dalle quali il marchese Capponi deduce queste sei
conseguenze: i .° « Che non era il duca Alfonso che
» molestasse il Tasso e per cui questi volesse abban-
y> donar Ferrara (i). 2.° Che non era per queste mo-
« lestie (che a lui faceva travedere, o ingrandiva il suo
« umor malinconico) che egli volesse veramente abban-
« donar Ferrara} ma perche non era intieramente con-
» teuto del suo luogo, ch.1 e quanto dire dellernolumento
(0 « Vostra signoria sappia rhe in (Ferrara) molti mi mole-
» stano, ma nessuno me ne caecia; io pero sono risoluto di ceilcre
» quel luogo che non credo che facilmenle mi fosse lollo ».
aa SULLA CAUSA FIXORA IGNOTA
» die ne ritraeva (i). 3.° La volonta assolutamente
» determinate del Tasso di abbandonare il servizio
» del duca Alfonso anche a costo di trovarsi in cat-
» tiva condizione (^)». (II che importava non riveder
piu Ferrara/ avendo quel duca nel i5y4 proibito a
obi che si fosse 1' allontanarsi dalla citta per andare a
servire altri pi-incipisenza suaespressalicenza). 4-° "Che
n non voleva i Medici per suoi Patroni (3). 5.° Che il
« Gonzaga aveva accompagnato questo invito con offerta
* di onorificenze per parte dei Medici... E questa era
y> la Croce di S. Stefano istituita da Cosiaio I (4). 6.° Che
» il Tasso conosceva non essere consentaneo alle leggi
« d'onorc 1' accettare quell' invito e quest"1 offerta fatta-
» gli dai Medici per mezzo del Gonzaga. Se il farlo
n fosse stato indifferente , avrebbe egli temuto che ,
n scoperto, potesse arrecargli molto danno (5) ? »
(i) « Perche non mi contenlo intieramente d'esso, e perch£ mi
» par troppo gran fatica lo slar sempre su lo schermo : nc gli utili
» o gli onori o le speranze . . . sono tanti che meritino tante di-
» fese; che gia per cosa che '1 rneritasse non mi rincrescerebbe il
» combaltere ».
(a) « Verio dunque a Roma ... In Roma vo' vivere in ogni
j> modo o con buona o con mediocre o con catliva condizione ».
— Or come puo accordarsi ( dice il marchese Capponi ) coll'amore
di Leonora qucsla deliberazione di abbandonar Fenara per sem-
pre, senza necessila?
(5) Che nella risposta al Gonzaga dove dice I... per Patroni, ec,
debba credersi taciulo il nome de Medici lo afferma anche il pro-
fessore Rosini. E il Black nella vita del Tasso dice, che se il Tasso
qui allnde ai Medici, deve considerarsi il Gonzaga (cioe il Trattato
mediceo) come la causa della sua rovina.
(4) >< Pero voslra signoria tronchi ogni occasione che senza alcun
>> mio pio' possa solo portarmi una vana soddisfazione , ma con
» molto mio danno possa movere la mia vanita a vaneggiare »».
Che poi qui si tralti della Croce predetta ne fa testimonianza qual-
che lettera del Tasso medesimo.
(5) Questa conclusione si fonda sulle parole del Tasso. « Av-
« vertisca di non scrivere a (Ferrara) sopra questo particolare
>' cose che, capitando la lettera in mano d' altri, potesse noeermi «.
Ma , a dir vcro , temei'e un danno e confessare di avere il torto
in questo mondo non sono sempre una medesima cosa. Poteva il
Tasso credere ingiusto il divieto d' Alfonso, slimare di aver il di-
ritto di procacciarsi altrove il suo meglio. c nondimeno temcre lo
silegno. di un \iomo tanto piii potente di lui.
DELLE SVENTURE DI T. TASSO. S»3
Ma il Tasso, che nel 3i marzo i5j5 ricusava contro
sua voglia il scrvizio uicdiceo propostogli dal Gonzaga,
sei giorni dopo avcva gia mutato consiglio, e scriveva
(il 6 aprile) al cardinale Alhano di voler andare a Roma
principalmente per dirizzare col consiglio di lui il corso
delta sua vita. E aggiungeva: Frattanto mi confido che
se in alcuna cosa avrb bisogno del suo favore (il che
le sard significato quando occorrerd dal signor Scipione
Gonzaga) me ne sard al solito liberate . Ma qual cosa
(dice 1'autore) avrebbe proposto il Gonzaga? I Medici,
dai quali aveva avuto l'incarico, e pei quali gli aveva
scritto da si poco tempo.
II trattato mediceo non istette celato ad Alfonso } e
pero se dopo d'allora il Tasso frequentemente si duole
che le sue lettere gli fossero inlercettate, non fu quello
nn vano sospetto, come da molti si crede. L'ansieta e
la premura con cui il Tasso scrisse al Gonzaga e si
afflisse e quasi si spaventava pensando che le sue let-
tere potessero essere state intercette, fa prova che do-
veva in quelle trattarsi di cosa di molto rilievo. E que-
sto ancora n'e prova, che le lettere scritte dal Tasso
al Gonzaga hanno moltissime reticenze o lacune , e
ch' egli giunge perfino a cangiare i nomi delle persone
per rendere altrui o impossibile o difficile almeno 1' in-
tendere il suo segreto.
Che molte lettere fossero al Tasso intercette, e che
queste lettere risguardassero in generale il trattato me-
diceo, lo confermano i biografi piu riputati del Tasso :
il quale poi nel marzo del 1 5^t) dalla prigione scri-
veva al Gonzaga: cK egli in gran parte era stato ca-
eione delta sua infelicitd; che non poteva negarc d^avcrlo
gravemente offeso volendogli giovare ; che aveva porta
alcuna occasione c alcuna quasi necessitd ai suoi errori.
Ora (dice il marchese Capponi), se la prigionia del Tasso
dovette proccdere o da' suoi amori con Leonora o dal
trattato mediceo, e se il Tasso attribuisce questa sua
svcntura in gran parte al Gonzaga, come potra mai
dirsi che ne fossero cagione gli amori? Lasciando ogni
altra considerazione, il Gonzaga, in Roma, avrebb'egli
potuto cooperare a tal tresca?
1$ SULLA CAUSA FINORA ICNOTA
Qucstc lettere furono intercette alia posta non tlai
nemici del Tasso, clie tanto non avrebbero osato ne po-
tato j ma dal duca:, il quale non fece per ci6 ingiusta
e shale opera, ma si valse di un giustissimo suo diritto
per conosceie 1 andamento e i progress! di questa in-
trapresa clie tanto a lui dispiaceva. E nondimeno il
Tasso e in gran parte scusato atteso il prepotente wnor
malinconico clie traveder lo faceva ne' suoi sospetti , ne
il lasciava lungamente Jvrmo in un luogo. Delle quali
seuse i lettori non porteranno forse tutti uno stesso
giudizio:, ma import.a di tener dietro alia serie dei fatti
posti dalfautore, cioe: « Che appena comincio il trat-
55 tato mediceo, Alfonso ne fu informato} die il Tasso
55 ne pi'evide fino dalla prima lettera le funeste conse-
55 guenze e le vide effettuale, e che poche lettere scrisse
55 in cui di questo trattato non si occupasse ».
Entra qui il marchese Capponi con diligentissimo
esame a mostrare come il Tasso, pensando sempre a
questo trattato, mutasse continuamente opinione, sic-
che nell' una lettera si ritrae da cio che nell'altra avea
voluto e che poi vuole di nuovo nella susseguente.
Confrontando coteste lettere, assegna al giorno i o giu-
gno i575 quella alio Scalabrino che nelle stampe va
senza data, e finisee: col signor duca non so piii die.
scusa prendere, e son disperato. E poiche per comune
consenso di quanti credono negli amori del Tasso con
Leonora, cotesti amori furon saputi da Alfonso non
prima del settembre i5^6, percio conchiude che quella
lettera dovette alludere necessariamente al trattato me-
diceo.
Grede poi il marchese Capponi che Alfonso avesse
data notizia di questa pratica da lui scoperta alia so-
rella Lucrezia^ la quale (forse di sua commissione) fa-
ceva intendere al Tasso che tutto era noto, e nel lu-
glio del 1 5^5 (quando egli era di nuovo presso di lei)
lo dissuadeva dalfandare a Roma, dicendogli che quel-
1' andata sarebbe discard e sospctta prima di avere man-
data in luce la Gerusalemme ; perocche (dice l'autoi'e)
andandovi prima, temevasi che dedicasse il poema non
piu ad Alfonso, ma ai Medici. E dopo avere cosi posto
DELLE SVENTURE DI T. TASSO. 2 5
hi chiaro come Alfonso sapeva che il Tasso trattava di
])rocacciarsi altro servizio, soggiunge: « Ora si neghi
» die il duca non amava il Tasso , quando assicuran-
» dosi ad ogni istante clie voleva abhandonarlo, solo
v> coi doni e coi favori tentava di viucerne 1' animo!
jj Si neglu che il Tasso non era in pveda al prepo-
» tente suo umor malinconico , quando dopo gli ay-
s' vertimenti di Lucrezia dice che arde del desiderio
n di andare a Roma (i)} che gli par mill' anni di fi-
n nire il poema, per ahbandonare in conseguenza Al-
n fonso ! »
Ma il desiderio di andare a Roma (il che, nell'opi-
nione del nostro autore , vuol dire di conchiudere il
trattato mediceo) era si forte, che a malgrado d' ogni
consiglio e d'ogni considerazione in contrario , voile
pur seguitarlo. E ando a Roma e poi anche a Firenze}
ma per la solita sua irresolutezza non seppe determi-
narsi ad accettare definitivamente 1' ofFerta del cardi-
nale o del granduca (2).
Ritorno quindi a Ferrara, dove Alfonso benignamente
lo accolse, perche F amava e perche voleva richiamarne
a se F animo dalF insidioso amico (il Gonzaga) reso di-
verso da quel di prima. Ma il Tasso piu che mai do-
minate dair umor malinconico, non soddisfatto del suo
soggiorno in Ferrara, allettato dalla speranza di poter
trovare al servizio de' Medici molto miglior trattamen-
to, rannodo tosto le pratiche , come si raccoglie da
molte sue letlere. In quel tempo piii che giammai era
il Tasso occupato dalla persuasione di non essere ba-
stevolmente provveduto dal duca^ e con questa persua-
sione crescevagli il desiderio di mutar luogo : nel qual
desiderio poi pel suo umor malinconico non sapeva
pigliare veruna deliberazione. Accadde allora la morte
(1) E tolta questa csprcssione dalla lcttera con cui il Tasso no-
tifico a Scipioue Gonzaga averlo Lucrezia dissuaso dall' andare a
Roma (20 luglio iSjS).
(2) «< Puo esservi riprova maggiore di questa brama d'abban-
» donar Ferrara, per dimostrare che il Tasso non aveva mai ama-
»ta, ne amava Leonora, quando l'abbandonar Ferrara portava
» seco 1' abbandooar questa principessa ? »
26 SULLA CAUSA FIXORA 1GNOTA
del Pigna: il Tasso domando di succedergli nella ca-
rica d' istoriografo, affinche la ripulsa che n'aspettava
gli desse un pretest/3 di abbandonare Alfonso. Ma il
duca accolse favorevolmente la sua domanda^ sicche
Irovandosi egli con nuovi onori e con piu largo sti-
pendio, era tolto ogni motivo ed ogni scusa alia par-
tenza (1). Tuttavolta non depose il pensiero di eifet-
tuare il trattato mediceo, desistendo dalla domanda, anzi
deliberossi di superare in ogni mo do quella difficolta
cbe si frapponeva alia sua risoluzione di partirsi da
Ferrara, solo dolendosi di non poter cio fare cosi tosto
come l'avrcbbe fatto se P offerta era rifiutata (s>). E
perebe se Alfonso gli facesse in quel tempo alcun dono
presto e convenevole y si accrescerebbero le difficolta
della sua parteuza, egli promette di usare ogni arti-
ficio affinche cio non accada. Ma governato sempre dal
suo umor malinconico, in brevissimo tempo, vuole e
disvuole^ sicche ne col duca ne coi Medici piglia al-
cuna definitiva risoluzione.
Questa si rapida e tempestosa mutazione di volonta
comprovata dal marchese Capponi colle lettere stesse
di Torquato ebbe luogo dal marzo al maggio del i5y6.
Ne piu oltre procede Tautore in questo primo volume,
ma qui lo finisce, dicendo : « Ho provato , p.armi , piu
f volte che il fatto distrugge i sognati amori con Leo-
» nora, e parmi aver dimostrato cbe il linguaggio stesso
» del Tasso a questi amori si nega. Cbe si oppone
" dunque a concludere con Torquato medesimo che il
» solo passaggio al servizio mediceo tante volte voluto
» e stabilito, e tante volte sospeso, e stato fino aque-
» sto giortio (nel maggio 1576) e dovra essere la rovina
••> di tutte le di lui azioni it. — Noi non vogliamo aggiun-
gere alcuna riflessione al compendio che siamo venuti
scrivendo. Oltrecche sarebbe intempestivo il promovere
(1) ■• La inia ofleria e slata accettata con mio granrlissimo rlis-
» piacere , vcggendomi tollo cost onoralo prcte.-to d' una subila
» liccnza » .
(■a) « Dunque prometio assolutamcnte . spguane ehc pu6; d'ab-
n bajfdonaie questa imprcsa».
DELLE SVENTURE DI T. TASSO. 27
tlubbj quando Tautore ha toccato appena il mezzo del
suo ragionamento, portiamo anche opinione che il pro-
fessor Rosini non tardera a venire in campo. La que-
stione, esaminata da uomini di tanto ingegno, ricevera
senza dubbio tutta quella chiarezza che puo venirle
dalla dottrina e dalla diligenza^ e l'ltalia sapra final-
mente per qual cagione il cantor di Goffredo ebbe s\
inonorato e torbido tramonto } o deporra la speranza
di levar mai il velo a questo mistero. II marchese Cap-
poni non ha tolto soltanto a distruggere 1' opinione
degli amori del Tasso colla principessa Leonora, ne
vuole soltanto provare che nacquero dal Trattato me-
diceo le sventure generalmente a quegli amori impu-
tate^ ma promette di dimostrare altresi che il Tasso
non fa costretto afingersipazzo, ne qual pazzo fu rin-
chiuso, ne jrc£ pazzi confuso nello spedale di S. Anna.
Verb la questione tanto e piu grave e piu degna di ec-
citare la generale attenzione, quanto meno e letteraria,
secondo Pordinario significato di questa parola. Frat-
tanto i due contendenti cercando l'uomo e i suoi casi
nelle opere dello scrittore, devono per necessita invo-
gliare non pochi a leggere le prose del Tasso } che sono
una delle piu grandi e piu neglette ricchezze dclla no-
stra letteratura; e di nobilta e di affetto hanno pochis-
simi paragoni. A.
o.8
PARTE II.
SCIENZE ED ARTI MECCANIGHE.
Saggio pnstumo siri principii delle scienze morali del
dott. Paolo Manio, compilato ed esposto dull 'av-
vocato Francesco Restelli. Con appendice sidla
proprieta Ictteraria e sulla convenienza delle co-
lonic oltre marine. — Milano, 1 84o, Vedova di A.
F. Stella e Giacomo Figlio. In 3.° di pag. XX F I
e 284. Lir. 5 itid.
IJenche il prcsente libro del Manio contenga pen-
sieri e teorie spettanti in gran parte anche al diritto,
alia logica ed alia psicologia, noi, fedeli al titolo sotto
a cui 1' opera tutta si presenta , faremo unicaraente
parola de' principj morali: e cio lasciando a parte qua-
lunque personale osservazione, ma solo occupandoci in
quello che tocca piu davvicino la scienza. E percioc-
che ogni sistema di etica deve i.° ineardinarsi sopra
un solido fondamento , 2.0 precisare la natura delle
azioni morali, 3.° assegnare all' intelletto quella parte
che gli compete, 4*° salvare la liberta dell' atto voli-
tivo , 5.° assegnare 1' origine e la essenza della morale
obbligazione , 6.° render ragione dell' abnormalita o
anomalie che sembrano opporsi al morale imperativo,
y.° segnare fra il giusto e l1 utile un preciso confine,
8.° da ultimo, vincere le opposizioni de' sistemi con-
trarj } cosi noi verremo esaminando il libro giusta cia-
scuno di questi capi 1' un dopo 1' altro con quella
chiarezza e brevita che per noi si possa maggiore.
1 .° Morale dichiariamo un' azione solo perche ce ne
sentiamo affetti in una data maniera, solo perche la
nostra sensibilita, vi aderisce approvando } in breve^ per-
che csperimentiamo una speciale modificazione che vuolsi
SIJI PR1NC1PII DELLE SCIENZE MORALI , EC. 29
chiamare sentimento morale. Quanto a principio, gli e
dunque palese che 1' autore adotta quello de' sentimen-
fz'j e come altrove ne pose un logico, un razionale ,
un giuridico , or ne colloca un nuovo e speciale, che
per essere un fatto deve servir di base all' etica pura.
La dottrina, quanto al fondo, origina dalla scuola
scozzese, ma piegasi poi con alquanto piu di amore
al sensismo, e sembra un frutto di lunghi studj sopra
i dettati del Romagnosi: eppero, mentre chiama sopra
di se le opposizioni tutte gia fatte al senso morale di
Hutcheson e alia facolta morale di Steward , non puo
in pari tempo sfuggire una parte di quelle che hanno
incontrate i sensisti. Esaminiamo in fatti il principio
del presente sis tenia, e forse nol troveremo solido ab-
bastanza per sostenere tutto 1' edificio della scienza
morale. Noi pure vogliamo che le scienze vengano in-
cardinate sopra i fatti, e riteniamo un tal sistema piu
cauto c piu naturale dell' a priori, ma vogliamo pero
ancora che i fatti destinati a base d' una scienza sieno
universali, costanti, primitivi, indisputabili, ad ognuno
patenti. Hannovi, dice 1' illustre Cousin, due sorta di
filosofia: 1' una che istudiando i fatti, esaminandoli .
descrivendoli, ne riconosce le differenze e le analogie,
e i primitivi distingue dai derivati 5 1' altra che ne scan-
daglia la natura, ne cerca la fonte , la ragione ed il
fine : ufficio di quella si e verificare , ufficio di questa
lo spicgare. Ma siccome non sara mai dato di spiegare
giustamente cio che prima non e conosciuto , per de-
durre infallibili conseguenze dai fatti, gli e necessario
farli precedere da un esame severo. Conveniva dunque
nel nostro caso anzi tutto dimostrare che il sentimento
morale non solo esiste, ma va fornito di tutti i carat-
leri indispensabili ad un primitive principio : il che fu
intralasciato forse perche stimossi inutile fatica, e forse
anche perche la si vide malagevole impresa. Come in
cfletto poteva il nostro autore convincere indisputa-
ble il sentimento morale dopo aver confessato: essere
maraviglia che in un fatto di mera coscienza si incon-
tri lanta disparita di opinioni? Appunto, gli si potrebbe
sempre rispondere; questa istessa disparita di opinioni
3o SUI PRWCIPII DELLK SCIEJNZE MOIULI
di cui menate lagnanza, vi reiule avvisato che il vo-
slro sentimento morale non e un principio primitivo ,
e ruanca della necessaria fcrmezza. II fatto che oguuno
deve a se raedesimo confessai'e e questo : « dinanzi ad
un' azione qualunque io mi sento modificato » : ma
che una tale modificazionc includa un carattere mo-
rale , questo non potra giustamente chiamarsi fatto.
Che se lo fosse veramente, nessuno poti'ebbe contrad-
dirlo, anzi nessuno potrebbe nemmanco immaginarsi
di contraddirlo , a quella guisa che nessuuo impugna
la bianchezza della neve o lo splendore del sole. Una
profonda ricerca sulla natura dei sentimenti avrebbe
di necessita portato 1' autore ad un qualcosa di supe-
riore, di universale e immutabile, a quella divina scin-
tilla che si chiama ragione. Ma volere spiegar 1' uomo
dai soli sentimenti torna lo stesso che voler dare giu-
dizio dell' albero stando contenti alia sola corteccia }
perciocche, se gli evero, come e verissimo, che l'uomo
si difFcrenzia dai bruti per la sola ragione, ogni qual
volla negli alti umani manchera 1' intervento di lei,
manchera pur anco la prima condizione che umani gli
stabilisce. Che se cid dee valere per rispetto a qualun-
que azione, quanto maggiormente nol deve in riguardo
alle azioni moi^ali che hanno si gran parte nel compi-
mento de'nostiu destini! II sentimento morale adunque
non e un vero fatto da collocarsi a pietra fondamen-
tale di tutta la moralita, perche esso non e universale,
non e costante, non e primitivo. Non e universale,
perche veggonsi individui e societa che sentono per
morali delle azioni che altri individui ed altre societa
sentono per immorali. Non 6 costante, perche tal fiata
il malvagio pocoapoco si avvezzaa stimar bene cid che
gli giova o il diletta. Non e primitivo, perche in se me-
desimo puramente cieco abbisogna della ragione a pi-
gliar carattere di umano. Piu innanzi poi verra dimo-
strato che 1' intervento della ragione esser deve non
gia occasionale, ma necessario ed efficace, che e quanto
il dire , la ragione dover comunicare la sua stabilita
ad un sentimento che per se stesso muterebbe ad
ognora a seccnda dclle particolari contingenze.
DEL DOTTOR PAOLO MANIO. 3 1
a.° II sin qui detto chiarisce donde il sistema che
csamiaiamo ricavi la natura dell' atto morale. Questo
di sua essenza giace fuori di noi , ma dentro di noi
vive un particolare sentimento che risponde a quell'atto,
c clic , suo buono o malgrado, vi aderisce o ripugna :
in tale armonia o disaccordo coll' atto esterno consiste
I' immediata cognizione del bene o del male. Onde, a
mo1 d' esempio, quando approviamo la clemenza di Tito
e abbominiamo la crudelta di Nerone , il facciamo per
questo solo che i fatti del primo si accordano, e quelli
del secondo contrastano col sentimento morale, il quale,
se ci e permessa la similitudine, sarebbe come un eco
fedele cbe ripercuote i suoni giusti o falsi quali ven-
gongli tramandati. In breve , alia vista di un1 azione
qualuuque, noi la diremmo buona o malvagia per un
segreto istinto, imperioso, istantaneo, al quale non e
possibile opporsi. Rispetto alia qual dottrina ci sara
permesso stabilire il seguente dilemma : o questa cor-
rispondenza dell' atto esterno coll1 interiore sentimento
proviene da semplice istinto , da inclinazione a satisfare
un ingenito impulso, ed allora il sentimento e 1' azione
che ne deriva non piu umana deve dirsi, ma si uni-
camente animale , eppero lontana da qualunque mo-
ralita : ovveramente una somigliante relazione, onde
acquistar natura di moralita, ha mestieri di essere per-
cepita j conosciuta, approvata dalla ragione, ed allora
non e piu nel sentimento, ma sibbene in quest' ultima
che deve collocarsi il principio supremo dell'etica. Le
umane azioni percio guardate solo in rapporto col sen-
timento, sia pur questo nobile quanto si voglia, non
ponno essere veramente morali , altrimenti dovrebbe
rima vista le menti
pigre alle quali torna grave il seguire di forma in for-
ma il pensiero } ma chi voglia alquanto meditarvi, deve
tosto dire a se stesso: II sentimento morale?... Sif ho.
qualcosa in me medesimo che si puo chiamare con
3u Slil PRINCIPII DELLE SCIENZE MORALI
questo o soinigliante nomc \ ma questo sentimento sio
non essere cieco , so die e lucido , sapiente, ragione-
vole : anatomizzo aJunque un tal sentimento, e trovo
ch' esso e tale solo perche informato da quella luce
die mi brilla continuo alio spirito, e si noma ragione.
Ecco il termine al quale di necessita ogni uomo clie
seriamente rifletta deve riuscire : le azioni son giudi-
cate morali dalla sola ragione , perche a lei sola per-
tiene il diritto di giudicare.
3.° Non deve reputarsi per questo clie 1' autore nie-
ghi all' intutto 1' iutervento della ragione a precisar la
natura dell' atto morale : anch' essa per verita tienvi
la sua parte, ma una parte si poco attiva, si poco
reale ed efficace, da sembrare piu presto intrusa che
entrata a diritto. Eccone infatti il grande ufficio. « In
presenza di un' azione morale svegliasi in noi una mo-
dificazione ( sentimento ) : la ragione contemplando la
ricevuta modificazione vi riscontra un io clie la soffre
ed un che morale che ve la induce , e da cio ricava
F idea di moralita, che poscia esaminata e raffrontata
in altre morali azioni, va successivamente allargandosi
e completandosi »; Dove primamente si osservi che
Y intelletto non giudica gia che 1' azione sia morale ,
ma solo avverte questa esteriore moralita onde 1' io
sentesi modificato , e che percio quell' azione avendo
toccato un sentimento piuttosto che un altro, porta
seco necessariamente 1' essenza morale senza il biso-
gno di una men tale operazione. Insomma , l'idea della
moralita non e frutto di un giudizio, ma si veramente
emerge dalla sensibilita , presentasi all' intelletto come
ogni altro fenomeno conoscibile , e quand' anche non
fosse conosciuta, non cesscrebbe in lei codesto intrin-
seco attributo che la stabilisce morale. Tali sono le
conseguenze legittime del collocato principio , conse-
gucnze alle quali noi non sapremmo acquietarci, per-
che ne pare che un' azione dir non si possa morale
prima che dall' intelletto si conosca. Vogliamo bene
che ad ogni interna modificazione 1' intelletto avverta
un io modificato, ed un qualcosa modificante, ma non
possiamo coinprendere ugualmente come questo qualcosa
DKL DOTTOR PAOLO MANIO. 33
modificante sia per l'appunto morale in se stesso pri-
ma che l1 intelletto v' intervenga. II vocabolo morale ,
in effetto, clie cosa e egli poi fuorche un attributo? e
l1 aflermazioue di un attributo non presuppone a se
dinanzi un giudizio ? Non pu6 dunque di cosa alcuna
dirsi « e morale » , prima cbe 1' intelletto n' abbia co-
gnizione. A noi sembra quindi necessario stabilire che
la ragione ad ogni atto morale avverte un io senziente
ed un qualcosa sentito, e cbe in seguito ella stcssa con
un suo raziocinio asserisce questo qualcosa esser mo-
rale. Ma nel sistema di cui teniamo parola la ragione
sostiene una parte sccondaria, inutile, inefficace, e per
ronseguente siamo condotti o all' uno o all'altro di que-
sti due precipizj : o di niegare l'efficacia della ragione
nei concetti morali, o di cbiuderla dentro a quel morale
sentimento cbe per se medesimo e cieco e passivo.
4-° Ne meno importante si prescnta la ricerca della
umana libcrta e della fortuna che essa ha incontrata
nel pvesente sistema. « La volonta , ivi e detto , non
si determina all' azione che sotto 1' influenza diretta
o indiretta de' nostri modi di sentire , quali sono gli
istinti, le sensazioni , i sentimenti: la ragione poi con-
corre a determinare la volonta col darci la cognizione
de' nostri modi di sentire, ma senza punto agire so-
vr' essa •>■> . Qui pure ci e d1 uopo ripetere che 1' uomo
sendo tale in virtu della sola ragione, tutte le azioni
di lui per essere umane fa d' uopo siano ragionevoli ,
altrimenti fatte non sarebbero con cognizione, e percio
stesso non gli sarebbero nemmanco imputabili. La vo-
lonta dell' uomo non puo quindi agire se non sotto
T influenza della ragione , ed anche allorquando sembra
agire contr'essa, non fa che trascegliere fra due ragioni
quella che all' istante prevale. II niegar cid sarebbe lo
stesso quanto il niegare che Y uomo debba opcrare se-
condo la sua natura. Or dunque, il dire che la volonta
vien detcrminata dai nostri modi di sentire e non
punto dalla ragione , gli 0 come alFermare che la parte
piii nobile dell'1 uomo , quella principalmeute che il
rende tale, rimane indillerente e inoperosa in tutto che
risguarda le azioni morali: cosa che ripugna non ch'altro
Bihl Ital T. XCVUI. 3
34 SU1 PIUNCIPII DELLE SCIENZE MORALI
all' interna coscienza. Che sara poi dell'umana li-
berta se la ragione non ha foi'za per determinare la
volonta , ma Y hanno solo i sentimenti e gli istinti ?
Non saranno questi i suoi despoti? Non sara costi-etta
necessariamente ad ohbedirli ? Non sara sempre schiava
dell' ultimo e piu forte sentimento ? Gome potra poi
salvarsi quella legge della mente che, secondo Paolo,
il gran filosofo del cristianesimo, in noi sentiamo del
continuo guerreggiata da un' allra legge che portiamo
dentro dell'ossa nostre? Perche vi sia liberta son ne-
cessarj due obbietti fra i quali ponderare e far scelta^
ma quando la volonta non sia tirata che da una sola
parte, come la potremo noi chiamar libera? Quando
i moralisti ci vengono dicendo che la volonta e con-
trastata fra la ragione ed il senso, fra il giusto e il
diletto, e che tra questi ella sceglie ( sia per propria
energia, sia per ajuto esteriore) qual piu le aggrada^
noi lo crediamo facilmente, perche tanto sentiamo in
noi stessi, perche ce lo afferma il senso comune , e
perche il cristianesimo stesso, questo grande fattore
della umana civilta, ne lo assecura ed inculca: ma se
ci vengono a dire che la ragione manca di forza so-
pra la volonta, ch' essa non puo dominarla, determi-
narla, ecco noi ci sentiamo i'atti servi del sentimento
e delf appetito , ci sentiamo inviliti e scaduli dall1 alta
dignita dell'uomo, e gridiamo : A che dunque ne fu
segnata in fronte questa fiaccola della ragione? Non
dicasi quindi la volonta non essere da questa domina-
ta: essa n1 e dominata in maniera, che quando anche
venga la ragione o negletta o misconosciuta, essa non
lascia mai di far sentire il suo comando, giusta 1' an-
tichissimo adagio che va per le bocche di tutti: video
meliora proboque: deteriora sequor.
5. A conoscere poi dondc proceda la obbligazione
secondo il sistema di che ragioniamo, fa d' uopo sa-
pere che siccome a stabilire la moralita delle azioni
vuolsi uno speciale sentimento, cosi anche per consu-
marle abbiamo dentro di noi una tendenza speciale ,
un impulso che a cio ne spingc. Un tale impulso non
trae la forza altroude ; ma si la contiene in se stesso^
DEL DOTTOR PAOLO MANiO. 35
e ua fatto tli coscienza che impone assoluto , die nou
fascia luogo a scelta , che ha di sua natura il predo-
minio sopra tutli gli altri motivi di azione, che seco
porta il carattcrc di legge obbligatoria , e costituisce
il vero ed unico imperativo morale. Non cercate onde
provenga cotesto impulso , perciocche fu stampato nella
natura umana, la quale in cio deve esser legge a se
stessa. Ecco tutto. Ma che e poi finalmente un simile
impulso? In qual maniera possiede egli la forza di ob-
bligare in fatto di morale? Gome avviene che in mezzo
a tanti impulsi ugualmente umani e primitivi, questo
solo deve per se medesimo esser legge assoluta? L'uo-
mo poi come potra reputarsi obbligato a non essere
ambizioso, crudele, cupido, vendicativo, intemperante,
e va dicendo, se a tutto questo e portato da impulsi
altrettanto veri, e divietato da un solo che, per quanto
vogliasi forte, e pero semprc un impulso naturale, e
niente piu che un impulso ? Siccome d' altronde e co-
nosciuto che Puomo tcnde ad agire secondo gli im-
pulsi che senle in si stesso, in qual modo puo egli
avvenire che 1' impulso morale tanto assoluto e po-
tente venga si spesso negletto e conculcato ? come in-
somnia spiegare plausibilmente 1' esistenza del male
morale ? Ad onta di tutto quanto si potrebbe in que-
sta materia discutere, objettare, e discutere aucora ,
stara sempre indubitato che 1' uomo, secondo questa
legge dell1 impulso morale, non farebbe il giusto ed il
bene se non se per istinto e quasi macchinalmente, a
quella guisa che affamato cerca il cibo, assetato la
bevanda. Ma l1 impulso di qual che siasi specie e sem-
pre un fenomeno che suppone di necessita una forza
impellente : questa convien dunque assegnare, su que-
sta collocare la legge suprema della morale. Se il moto
de' gravi al centro , se la consistenza de' corpi , 1' or-
dine degli astri e de' pianeti hanno di lor natura por-
tate le menti alia forza di gravita, di attrazione e di
coesione , perche 1' impulso qui chiamato morale, che
pure e un moto, non ci deve sollevare a quella forza
ond' e prodotto ? Seguendo questo cammino, il filosofo
giunge bentosto alia parte eminentemcnte umana,
36 SUl PRIHCIPI1 DELLE SCIENZE MORALI
vogliam aire alia ragione, ed ivi colloca fiducioso il suo
primo principio, senza trovarsi costretto a collocarlo
in un sopra di «oz, come fcce il pensatore Rosmini ,
dalle cui drttrine qucste del Manio si dilungano spa-
zio infinilo. Giunto a cpiella forza della propria mente,
il filosofo si acqueta e di buona voglia sobbarcasi alia
obbligazione ch' ella indice, perche la vede emanata
dalla parte piu nobile di sua essenza, da quella parte
che conosce, giudica e regna sul rimanente. Oh! non
e questa un' illusione. Guardate alia massa degli uo-
iriini, e scorgerete che in fatto di morale i piu enormi
trascorsi provengono da impervertita volonta, mentre
il raziocinio morale serbasi giusto ed intiero. II ladro
non ruba gia percbe abbia detto: II furto e permesso:
no, in quell' atto stesso clie la trista volonta lo caccia
al male, egli conscrva nella mente questo giudizio: La-
scia agli altri ci6 che loro pertieue. Ha dunque la ra-
gione una propria encrgia che sta quasi a giudice di
cio ch1 egli opera per impulse
6.° Risguardo all' utile e al giusto vediamo adottato
un ordine di provvidenza pel quale la soddisfazione
d' ogni individuale sentimento giova alia soddisfazione
degli altri tutti nella umana famiglia. L'attuazione della
giustizia produce pubblica prosperita, come lo sviluppo
degli interessi materiali conduce all' attuazione della
giustizia , perciocche i sentimenti del bene e dell'utile
sono entrambi sottoposti a quelP ordine di pi-ovviden-
za. Questa sarebbe invero la piu beta e piu bella cosa
del mondo , ma temiamo ch' cssa non sia pur altro che
uno sterile desiderio. Che la giustizia produca intei'esse,
lo abbiam sempre creduto, ma che per lo contrario
ancbe Futile promova V attuazione del giusto, difEcil-
mente ce lo potremo persuadere. Converrebbe a tale
effetto dimostrare che quegli tra gli uomini , i quali
hanno meglio sviluppato il sentimento dell'utile, ab-
biano anche perfezionato quello del bene} che la mo-
rale sia montata al suo piu alto grado fra gli agi , le
ricchezze e i piaceri : dimostrazione che al certo vor-
rebbe riescire alquanto spinosa. E poiche si voile in
questo usare il nome di provvidenza , ci sia lecito
DKL nOTTOR PAOLO MANIO. 3 7
invocare 1' autorita tli quella religione che per la prima
fece suonare agli orecchi degli uomini quests soave
parola. Noi veggiamo infatti che l1 Evangelo, anziche
tlJrci il sentimento dell' utile armonizzare col senti-
mcnto del bene , ci assecura che del continuo si guer-
reggian tra loro, che dal sapere infrenare il primo na-
sce il perfctto sviluppo del secondo : quindi la cupi-
digia che vuole un f'reno:, quindi la volutta della quale
impone la fuga:, quindi un ricco diirar tanta fatica a
montare in perfezione, quanto un catnmello a farsi
strada per la cruna di un ago. Ecco la distanza che
fra questi due scntimenti il cristianesimo ha posta.
Se fra loro esistesse quesla voluta armonia provviden-
ziale, checche gli uomini si facessero, sarcbbe tutto pel
meglio : non si potrebbe all' avaro divietare la cupi-
digia dell' oro, ue al mereatante la fraude, ne la mol-
lezza al sibarita, a nessuno i mezzi tutti onde egli si
argomcnta di procacciare interesse } poiche sarebbe
sempre in diritto di rispondere : L' interesse ch' io mi
procuro serve arcanamente all' ordine provvidenziale
attuando la giustizia forse anche in me stesso, ma senza
dubbio negli altri e nella intiera societa. Noi pure esti-
miamo che l1 utile e il giusto abbiano il loro punto di
vicinanza e concordia , ma credere non possiamo che
un tal punto consista nei sentimenti : che questi pur
troppo fannosi guerra a vicenda , e gueiTa diuturna ,
guerra accanita , nella quale la ragione ha mestieri di
tutta la sua forza, di tutta la severita del suo comando
per conservare incolume la morale. Confessiamo adun-
que che la pretesa armonia fra il sentimento dell' utile
e quello del giusto e nulla piu che un nobile deside-
rio , una teoria cui manca il suggello del fatto. Che
se alcuni de' filosofi pagani studiando l1 uomo attuale,
benche privi della rivelazione , furon portati a giudi-
care che egli fosse ben diverso quando sorti dalle mani
del suo Creatore , perche , in tanta luce di progresso
portatoci dal cristianesimo , non confessare che dal-
P utero portiamo nelle ossa i germi del male contrad-
diccnti alia eterna lcgge del bene scolpita nella no-
stra ragione ?
38 SUI PRINCIPII DELLE SC1ENZE MORALI
7.0 Non v' ha chi non sappia in fatto di morale
presentarsi tanto negli individui quanto nelle intiere
societa alcune anomalie per le quali sembra che Pidea
del bene e del giusto in certi obbietti manchi loro
del tutto , e questo indusse parecchi filosofi, special-
mente del secolo andato, a ricavare dalla sola educa-
zione il principio della legge morale. Di cotali ano-
malie tutti i sistemi de' moralisti durano assai fatica
a rinvenire una satisfacente ragione : eppero non e a
farsi maraviglia se anche il presente, di cui teniamo
discorso, non addimostra maggior fortuna. Ma sicco-
me quanto e piu ardita 1' impresa, tanto piu onore
sperasi ricavarne, il Manio voile ad ogni maniera sor-
tii-ne vittorioso, tagliando quel nodo che indarno ten-
tarono altri di sviluppare. Secondo la sua dottrina, il
sentimento, legge prima di ogni moralita , potrebbo
tal Cata esser privo di encrgia, lasso, impotente o
nullo, incominciando dalla nascita di un uomo infino
alia di lui morte \ potrebbe cioe esistere in lui uno
stato continuo di abnormalita nativa, originale. La quale
sentenza, per quanto a noi pare, difetta primamente
di verita , e poscia include contraddizione. Difetta di
verita: perciocche se questa abnormalita morale P uo-
mo la porta seco in nascendo, ne pu6 rimediarvi colla
educazione, ecco tolta di mezzo la libera volonta, ed
ogni principio di merito o demerito affattamente di-
sti-utto. Include poi contraddizione, percbe avendo col-
locato poco innanzi che la tendenza morale si e la
prima e piu forte, reclama obbedienza e tiene impero
sovra tutti gli altri motivi di azione : ecco poi questa
regina fatta ancella e debile schiava di tutte le altre
tendenze, di tutti gli altri sentimenti. Ora, un sistema
di morale speculativa che mette a prima legge il sen-
timento , e dice che un tal sentimento ha ragione in
se stesso , forma parte della umana natura , e per la
sua stessa energia costituisce V imperativo morale } un
sistema che dopo aver tutto cio stabilito ( il come noi
lo vedemmo ) , giunto alle morali anomalie e costretto
ammettere un' abnormalita primitiva originale, un tal
sistema, ognuno il vede, crolla di per se stesso sotto
DEL D0TT0R PAOT.O MANIO. 3g
il peso della propria falsita. Ne la sua caduta deve al
certo rammaricarne, se pensiamo alle tristi conseguenze
che ne potrebbero scaturire : imperciocche i piu con-
sumati malvagi all' ombra di queste dottrine potreb-
bero sempre dire: — Quanto e ingiusta la societa ncl
gasticarci come scellcrati ! Nati senza il morale senti-
mento, noi abbiamo agito secondo la nostra natura :
se ci fosse toccato in sorte un retto sentimento del
bene, sarcmmo ancbe noi virtuosi al paro degli altri e
forse d'avvantaggio : ognuno opera secondo i suoi senti-
menti, e se voi sicte buoni perche il vostro sentimento
morale a cio vi strascina, noi per lo contrario saremo
ladri , vendicativi , oppressor!, in forza d' altri senti-
ment! a cui ci e d' uopo obbedire. — Gbe cosa rispon-
derebbe il filosofo sentimentalista a cbi gli tenesse
questo linguaggio ? Noi noi sappiamo di vero , ma que-
sto sappiamo pero, che, un passo ancora, ed un altro,
e poi ci troviamo di conserva colle teorie del freno-
logo Bi'oussais , il quale gridava a' suoi alunni di Pa-
rigi : — Vedete , o signori , qui , in fianco alia volta
del cranio , questi due spazj ? Ebbene , in quest' or-
gano risiede il sentimento morale : molti rifiutano agli
animali un tal sentimento, ma io penso cbe Telefante,
il cane e il cavallo l'abbiano senza dubbio. — Questo,
cbe noi vogliamo detto per incidenza, indica almeno
quale inclinazione di sua natura prenda la dottrina
de' sentimenti. Se non verranno affatto disgregati dai
fenomeni intellettivi , accadera che, o V uomo verra
depresso fino alle bestie, o le bestie sollevate infino
all' uomo.
8.° I principj morali del Manio sono opposti alle
dottrine di molti e grandi contemporanei , Jouffroi ,
Cousin , Galuppi e Rosmini , i cui argomenti contro il
sentimento morale si pretendono fallaci. Tra questi
filosofi confutati ncl presentc sistema noi ci occupere-
mo brevemente del solo Rosmini, tanto perche italiano,
quanto anche perche attualmente leva di se molto gri-
do. II Manio adunque, anzi Y avvocato Restelli (i), suo
(i) L" opera del Rosmini, sopra i sislemi della morale, fu pub-
hlicata dopo la morle del Manio.
/{o SUI PBJNCIPH DELLE SCIENZE MOBALI
spositore , incontro nel filosofo rovcretano un potente
avversario cui faceva sentono
alquanto del conventionale) o deWideale.
Rispetto alia prima critica riflessione, le fo osservare
esser io stato il primo che parlo e fece conoscere con
disegno la doppia membrana semicircolare che sta at-
laccata alia parte concava d' ogni archetto , e che da
V. S. e riguardata come un organo inservicnte alia re-
spirazione} Cuvier, Swammerdam e varj altri che prima
di me notomizzarono il girino, o non l'hanno veduta,
o non vi ban fatto attenzione 5 e le fo pure notare es-
sere stato io il primo che , mediante le iuiezioni , ha
dimostrato avere le larve de' rettili della famiglia dei
batraciani uua circolazione semplice e non doppia
conforme Cuvier ha scritto: e nella mia lettera diretta
a Brocchi, ove espongo questa mia scoperta, dalla quale
V. S. non dissente , dico, non so in qual pagina, per-
che scrivo a memoria, d'aver deposto in prova della
scoperta medesima , nel gabinetto di anatomia compa-
rativa dell' Univcrsita di Pavia , varie larve le cui
f\;\ LETTERA DEL P0TT0R MAURO RUSCONI
branehie cd il sistema arterioso sono compiutamente
inicttati:, pensi dunque V. S. se la vena die cammina
lungo la parte concava dell' arch etto, e si dirama sopra
la superficie della doppia membrana semicircolare po-
tevami essere sconosciuta} essa mi era nota gia da gran
tempo , c sara nota pur ancbc a tutti coloro che si
saranno data la briga di esaminare le mie prcpara-
zioni. Io, e vero , non ne bo fatto cenno nclla parte
prima del mio libro sopra lo sviluppo e la metamor-
fosi della rana comune, la dove descrivo 1' organo
della respirazione del girino, e la ragione di cio e
semplicissima:, ed e, che io non ammetto cbe le mem-
branelle semicireolari di eui parliamo siano organi de-
stinati alia decarbonizzazione del sangue; io congetturo
in vece che servano solamente a Gltrar X acqua che deve
passare per le branehie, ed a liberarla da tutte le qui-
squiglie che la imbrattano, le quali, qualora si insinuas-
sero fra gli archetti e si raccogliessero nel sacco bran-
chiale, potrebbero per avventura essere di qualehe im-
pedimento alia funzione del respirare, e fu in qucsta
snpposizione ch'io le ho chiamate filtri, e fu pure in quc-
sta supposizione ch'io non feci il detto cenno . perche
il farlo sarebbe stata cosa estranea al mio soggetto :,
del resto io non ammetto la ipotesi di V. S. , e credo
che niuno sara per atnmetterla, stante che la vena
che si dirama sopra la membranella semicircolare e
estremamente piccola in confronto della vera vena
brancbiale^ tal che io credo che il sangue che si dif-
fonde per la membranella da V. S. cbiamata bran-
chia membraniforme, non sia neppure la milionesima
parte di quello che si difi'onde per la vera branchia
corrispoudente. Di fatto tutte le volte ch'io bo iniet-
tato il sistema arterioso de'girini, e l'ho iniettato
molte e molte volte, le branehie ramose mi si sono
sempre presentatc di un color rosso vivo , come era il
cinabro di cui mi era servito per la iniezione, mentre
le membranelle semicireolari mi si sono mostrate sem-
pre quasi inalterate nel loro colore : e tanto e grande
la poverta relativa de' loro vasi, che tutte le volte ch'io
ho aperto igirini vivi,tagliando adcssilongitudinalmcnte
AL SIGNOR LUIGI CALORI. ^5
la testa Delia parte tergale, io le ho sempre ritrovate
non di un color sanguigno, ma del color delle fauci,
cosi die molto mi duole che V. S., parlando della
vena che si diraraa per la branchia membraniforme ,
(per me filtro) non abbia avvertito ch'essa e estrema-
mente piccola in confronto della vera vena branchiale }
dico che me ne dnole, perche una tale ommissione po-
trebbe indurre nel sospetto -che V. S. avesse taciuto a
bello studio una particolarita che avrebbe infievolita
la ipotesi da lei emessa intorno all' uso delle niem-
branelle di cui parliamc: ora passo alia seconda cri-
tica riflessione.
V. S. dice non aver io sufficientemente provato che i
girini respirano soltanto con le branchie , perche il
fare sviluppare i girini entro una gabbia tenuta sem-
pre sott' acqua ed in acqua corrente, siccome io ho
fatto, non e un esperimento concludente, avvegna-
che non prova che quando il girino e libero di far uso
o delle branchie o de' polmoni, non si vaglia per re-
spirare ora di un organo ed ora dell'altro, e soggiu-
gne che il mio speriinento serve soltanto a provare che
un animale avente due organi incaricati di una medesima
Junzione, quello porra in opera che si trova in relatione
col mezzo in cui e immerso.
L'espei-imento da me fatto, ne convengo, e incon-
cludentissimo quando si consideri isolatamente^ ma si
compiaccia V. S. di considerarlo associato ad altri spe-
rimenti, quali sono : i.° che il girino fuori dell' acqua
non vive: 2.0 che i girini posti entro una bottiglia
aperta e ripiena d'acqua soltanto per meta muojono,
quando sian molti, in breve tempo, perche 1' acqua
prontamente si vizia e diventa inetta alia respirazione
branchiale^ 3.° che i girini posti in secco sopra un
piattcllo, per via d'esempio, non si vedono mai ne a
gonGarsi ne a sgonfiarsi, come avviene delle rane al-
lorche ingojano Paria o la espirano} talvolta si vede
sotto la loro pelle il movimento peristaltico di quegli
iutestini che sono in contatto de' loro polmoni, ma ne1
polmoni non accade mai di vedere alcuno stringimento
o dilatazionc: faccia adunque V. S. quesli confronti,
46 LETTERA DEL D0TT0R MAURO RUSCON1
e rifletta che i girini appena usciti dei loro invogli re-
spirano indubitatamente con le semplici branchie, per-
ch^; a quelFepoca i polmoni non sono per anco svi-
luppati, e vedra, ne sono certo, che il miosperimento e
concludentissimo.
V. S. dice che il girino porra in opera queWorgano
che si trova in relazione col mezzo in cui e immerso y
ma il fatto e che il girino posto in sccco non re-
spira Taria in cui e immerso, e niuore:, i girini posti
entro la bottiglia dovrebbero porre in opera i polmo-
ni, poiche si trovano in un' acqua viziata, pure non re-
spirano laria e muojono in breve tempo. V. S. adun-
que mette in campo contro di me un argomento che
e confutato dall "esperienza, e mostra di dimenticare i
precetti della sana critica, la quale ci insegna di attac-
care i fatti con altri fatti e non con vuote parole. Ora
vengo all' ultima critica riflessione.
V. S. , volendo parlare delle branchie ramose che
si stanno rinchiuse nel sacco branchiale, prende le
nwsse dalle branchie esterne intorno alle quali non a
lungo s' intrattiene3 non avendo novita da produrre 3 e
nota semp licemente come le figure die si posseggono, rap-
prcsentanti le anse vascolai^i^ onde le dette branchie risul-
tanOy sentono alquanto del convenzionale o deW ideale.
Una delle cose alle quali io ho posto sempre il
maggiore studio e 1' esattezza de' disegni e la loro dispo-
sizione, perche non basta che un disegno sia esatto, e
d'uopo che sia disposto in modo che l'osservatore ab-
bia con facilita a formarsi un1 idea chiarissima di cio
che col disegno si ha in animo di esprimere , percio
non mi servo mai di un disegnatore, anzi compiango
sempre la condizione di coloro che sono condannati
a valersi di un disegnatore mercenario, massime quando
trattasi di oggetti anatomici, e che non possono essere
veduti bene se non con occhio armato di lente} uso
quindi disegnare io stesso gli oggetti che osservo, e li
ritraggo sempre con tutta quella diligenza che per me
si puo maggiore , e non ho posa finche non mi vien
fatto di disporli con verita e chiarezza^ ne questa mia
fatica, a dir vero, fu senza frutto, perche piu di una
AL SIGNOR LUIG1 CALORI. $7
volta ho avuto la soddisfazione di lcggere ne1 giornali
stranieri qualche parola di lode intorno alia verita e
disposizione de' miei disegni : ho letto pertanto nel
ristretto della Memoria di V. S. queste parole conven-
zionale o ideale^ con qualche sorpresa e dispiacere ad
un tempo , pero non oso dire che questa critica sia
ingiusta: vedro prima le tavole di cui la Memoria di
V. S. e corredata, e conchiudero poscia d'aver avuto
le traveggole quando ho diseguato le mie figure} dico
che vedro prima le tavole, perche sono certo certissimo
che V. S. non avra commessa la imprudenza di condan-
nare i disegni altrui come ideali, senza mettere al tempo
stesso sott'occhio del lettore i disegni che rappresentano
la vera natura, non la convenzionale o ideale. Ma di ci6
basta:, quando pubblichero la seconda parte delle mie
osservazioni sopra lo sviluppo e la metamorfosi delle
rane, daro una compiuta anatomia del girino} e quan-
tunque abbia di gia fatto vedere in un articolo inserito
nel giornale di Omodei, i cambiamenti che accadono
nell' ossa cartilaginee della testa del girino e nelle car-
tilagini componenti il suo apparecchio branchiale al-
1' epoca della sua trasformazione^ pure ritoruero sopra
questo argomento, e portero varie figure rappresentanti
le branchie ed i filtri che vi sono annessi, perche la
figura da me stata pubblicata nella prima parte non
e che un abbozzo, ch1 io ho aggiunto alia tavola terza
ad unico fine di presentare al lettore un quadro com-
piuto delle branchie, considerate ne' loro primordi fino
al loro pcrfetto sviluppo } in quella occasione mostrero
la differenza che corre tra la piccola vena che cam-
mina lungo la parte concava d'ogni archetto branchiale,
e la vena grande che e situata nel lato , e non sul
mai-ginc, come V. S. dice, dell' archetto medesimo. Mi
astengo per ora di cntrare in queste minutezze, pei'che
non avendo sott'occhio le preparazioni da me deposte
nel gabinetto di notomia comparativa dell' Universita
di Pavia, e non essendo in situazione di poterne far
di nuove, sono costretto a scrivere col sussidio soltanto
della mia memoria \ ma a suo tempo manterro la mia
promessa: ora fo fine esprimendo il desiderio che la
48 LETTERA DEL DOTTOR MAIRO RUSCONI, EC.
conghiettura cmessa da V. S. intorno all' uso dclle
membranelle, clie pendono dal cavo degli archetti
branchiali del girino, possa avere buona fortuna.
Como , il a5 luglio i84o.
Saggi dell1 Elettro-magnetico e Magneto-elettrico di
Francesco Zantedeschi p. o. professore di ji~
sica e matematica applicala neW I. R. Liceo di
Venezia, ec. — Venezia, 1839, tipografia Arine-
na di S. Lazzaro, un volume in 8.° di pag. 169,
con tre tavole di figure.
Non crediamo di poter mcglio far conoscere lo scopo
di quest' operetta che col riportarne la prefazione e
parte dell' indice. Ecco dunque cpianto V autore pre-
mctte Al Lettore.
« Ancorche le original! vedute di Oersted, Bcrze-
55 lius, Ampere e Faraday si prestassero, se non corn-
s' piutamente, almeno in gran parte alia coordina-
j> zioue dci molteplici fenomeni elettro-magnetici :t
» tuttavia desideravano i fisici(i) dei nuovi fatti che
» fossero valenti a collegare piu efficacemente la ricca
» copia dei fenomeni, che in meno di quattro lustri
» guadagno la fisica.
» La disposizione delle due opposte correnti tras-
» versali, immaginata nel filo cougiuutivo da Oersted,
» e ingegnosissima^ ma nessun esperimento n' aveva
?' comprovato 1' esistenza : le polarita trasversali intra-
» vedute da Berzelius, Gonfigliachi e Faraday, si pre-
ss stavano pure al coordinamento della grande fami-
» glia dei nuovi fenomeni} ma esperienza alcuna non
j» n avea dimostrata la loro disposizione determinata:
" il fatto avvertito da Ampere, che correnti che vanno
55 nella medesima direzione si attraggono, correnti
55 che vanno in direzione opposta si respingono , e
(1) : senta i fenomeni comuni dclle attrazioni e ripulsioni}
n e nel secondo, quelli del magnetismo, da' quali si
» figliano i fenomeni chimici e fisiologici, che non fu-
ss rono per anco, sotto tale veduta, considerati dai
» fisici. Determinai le polarita magnetiche nella pila,
» nelle spirali, e in un filo congiuntivo rettilineo, an-
ii che interrotto da un liquido} ho stabilita la legge
ii fondamentale della magnetizzazione; e al lume di
ii queste nuove spcrienze feci vedere che tutti i mo-
n vimenti elettro-magnctici avvisati da' fisici non sono
J? che una conseguenza necessaria delle polarita tras-
33 versali alia direzione della corrente.
» II magneto-elettricismo formo pure 1' ohhietto di
9> altro mio saggio: ho stabilito le leggi generali che
» governano tutti i fenomeni magneto-elettrici } stu-
y> diandomi per tal modo di recarli al grado di scien-
» za-, e dalF insieme di tutte le mie esperienze mi parye
» di veder chiaro che lo stato elettro-magnetico e ma-
33 gneto-elettrico non sia che 1' effetto delle polarita
» atomiche. Un solo supremo principio adunque e la
si sorgente di tutti i fenomeni elettrici e magnctici ,
33 quello delle polarita molecolari: principio che da
3> piu anni annunziai all' Italia, e che ora vcggo se-
33 guito ancora dai dotti d'oltramc»nti».
Ecco oi*a una parte dell' indice, ommessavi soltanto
l1 indicazione delle pagine :
§. I. Divisione del Saggio cleltro-magnctico.
Sezione I. §. II. DeW Elettro-magnetico-\'oltaico .
Capitolo I. §. III. Del Conflitto elettro-magnetico.
Articolo I. §. IV. Del Conflitto fra una corrente clettrica
ed una calamita.
§. V. Del Conflitto elettro-magnetico fra un elemento
voltiano e la calamita, dctcrminato da Zantedeschi.
§. VI. Del Conflitto elettro-magnetico fra una spirale c
la calamita, artalizzato da Zantedeschi.
Bill. Ital. T. XCVIII. 4
5o SAGGI DELV ELETTRO-MAGNETICO, EC.
§. VII. Del Conflillo elettro-magnetico tra un filo con-
giuutivo rettilineo di figura cilindrica , parallelepipe-
da , prismatica triangolare e la calamita ? avvisato
dallo stesso.
§. VIII- Dcllc Deviazioni galvanomctriche, osservate da
Romagnosi.
§. IX. Delle leggi galvanometriche oerstediane.
§. X. Delia Causa delle deviazioni galvanometriche. Sen-
tenze di Oersted , Ampere , Berzelius e Configliachi.
Delia dottrina di Zantedeschi.
§. XI. Del Moltiplicatore elettro-magnetico di Schweig-
ger , Poggendorff, Ritchie , Cummin g , Nohili, Le
Baillif, Marianini e Zamboni.
Di uji nuovo moltiplicatore di Zantedeschi.
§. XII. Di alcune resole generali risguardanti la co-
struzione e Vuso dei moltiplieatori , proposte da No-
hili con alcune nuove osservazioni di Zantedeschi.
§. XIII. Dei Poli secondarii degli apparati voltiani di'
scoperti da Zantedeschi.
§. XIV. Delle circostanze die concorrono a modificarc
/' ampiezza delle deviazioni galvanometriche^ determi-
nate da Oersted^ Configliachi , Michelotti, Moll, Ma-
rianini, Gumming, Barlow, William Ritchie, Bcc-
querel, De la Rive e Matteucci, ec.
§. XV. DeWAnello galleggiante di De la Rive.
§. XVI. Del Molinello di Barlow.
§. XVII. Del Suono prodotto da una corrchte elettrica
e dal Conflitto elettro-magnetico , avvcrtito dai RR.
PP. Armeni Alessandro e Raffaele professori diji-
sica, e da Zantedeschi. Esperienze di Page, Fusinieri
c Delezenne (i) sullo stesso argomento. Spiegazione
di Zantedeschi.
Con cio si arriva sino a pag. 4°- Segue poscia il
resto tutto coiitinuato sullo stesso stile.
(i) Cos! , c non gia^ come nell' originate , Delenze?me ; e cosi
Bppunto si legge piii avanti, a pag. 4'- E qui, per intelligenza di
coloro clie avenrlo fra le niani il libro non ne leggessero che l'in-
dice , avverliamo che il fenomeno venne osservalo prima da Page
che a Venezia , come si rileva benissimo anche dalle cilazioni che
il nostro autore a suo luogo ha rcgisliate.
DI F. ZANTEDESCHI.
5l
Cio bastera agll intelligent per poter giudicare qual
sia il contenuto e lo spirito dell' opera che abbiamo
Ira le maui. A darne poi un compiuto e ragionato
giudizio, ci sarebbecosa alquauto difficile} giacche, non
adottando noi in molti punti lc opinioni dell' autore ,
converrebbe die noi pure facessimo un libro per di-
scutere il tutto fondatameute^ e dopo tutto cio non
verremmo ad aver , provato nulla di nuovo, ma- sol-
tanto quello cbe e giaammesso da una gran parte
dei fisici. Gi limiteremo aduuque ad esaminai'e alcune
pochissime pagine3 cioe sino a tutto il primo de' para-
grafi dove si eDtra veramente in materia. Che se il
professore Zantedeschi stimera giuste le cose che dire-
mo , noi crederemo d' avere ottenuto abbastanza anehe
con questo poco. In caso diverso, sarebbe superfluo
tutto quello che noi volessimo aggiungerc.
Cornincia 1'autore (a pag. i)adividere questo Saggio
di una nuova dottrina suW Elettro-magnetico ( che cosi
qui intitola il lavoro) in tre sezioni} delle quali la
prima comprende V elettro-magnetico voltaico $ la se-
conda V elettro-magnetico di attrito / la terza /' elettro-
magnetico atmosferico. Dichiara di poi che le ricerche
ch' ei fara nella sezione prima sono due: ia, quella che
agguarda il conjlitto elettro-magnetico $ 2a5 quella che
s' attiene alia magnctizzazione.
Dopo qualche allra suddivisione, che noi ommcttc-
remo , eutra 1' autore veramente in materia nel §. V,
ove tratta di cio ch1 egli appella il Conjlitto elettro-
magnetico fra un elemento voltiano e una calamita.
Per intendere il suo concetto, csponiamo addirittura i
i'atti da lui citali (V. alia pag. 3).
Adopera egli un ago metallico SON (Jig. i).
posalo su di un" acuta puuta OB, e del quale la parte
5'J SAGGl DELL' ELETTRO-MACNETICU, EC.
ON c un ago magnelico, di cul N c il polo rivolgen-
tesi verso il settenlrione della terra, e O S un1 asta di
ottone che serve di contrappeso. E ricmpiuta una va«
schetta circolare di vetro d1 una certa quanlila d'acqua
aeidnlata con acido solforico, immerge in questa una
pila elemenlare a chiocciola:, e presenta in distanza
di sei ccntimetri (non da per altro le dimensioni del-
1' apparecehio) il polo N dell' ago al polo It o rame
dell'apparato voltiano:, chiude il circolo con due fili,
come si osserva in C^ e il polo N dell1 ago vicnc ri-
pnlso. Fatto invecc corrispondere a cpiesto il polo
zinco dell'apparato suddetto, al cliiudersi del circolo
viene attratto. Fenomeni non equivoci ( pag. 4) di at-
trazione e diripulsione si ottengono pui'e nei varii punti
della circonferenza^ ma con intensila sempre minori.
Non pote pero V autore determinare in tutto le leggi
secondo cui avvengono i dccrementi, riuscendo troppo
complicati i fenomeni , attesa 1' azione reciproca dellc
/amine di rame e di zinco collocate a picciolissima di-
slanza fra loro.
Rivolgendo la pila in guisa che 1' asse centrale rie-
sca parallelo all'orizzonte (fig. i):
e prescntato l1 ago di fianco , viene il polo nortl da
un' imboccatura costantemente attratto e dall1 altra
costantemente ripulso.
Finalmente ilprofessore Zantedeschi forma l'elemento
voltiano nel modo seguente. La listcrella AXPE(fig.Z)
PI F. ZANTEDESCHT. 53
e di rame, lunga 5 centimetri, alta 2 cent., e grossa
2 millimeli'ij e la A I Q e tli zinco , c tli uguali di-
mension!. In ZE le due Limine sono saldatc o dispo-
ste in motlo da potersi unire mctallicamcnte:, e in CA
sono soltanlo sovrapposle e separate da un eartoneino.
Disposto qnesto ancllo coll' asse orizzontale, immerso
col eartoneino e colic parti ad esso laterali nel bagno
acidnlo, e presentata 1' imboccatura 1AXZ al polo
nor J, si vedra ch' esso polo si smuovc dalla sua na-
tural posizionc, riuscendo sensibile il fenomeno all-
elic alia dislanza di sctte centimetri:, e se da questa
imboccatura viene il suddetto ago attratto, dalla op-
posta viene respinto. Oltre a cio analogamcnte all* at-
trazione dcW imboccatura ZYAX ( pag. 5 ) risponde la
parte cstrema della circonferenza coiwessa RDS pre-
sentata cbe sia di fianco al polo nord ( parmi clie in-
tenda dire cbe l1 attrazione esercitata dalla delta im-
boccatura Z Y A X verso il polo nord dell' ago , venga
esercitata altresi dalla parte estrema della circonferen-
za convessa RDS)* e vicevcrsa la circonferenza conca-
va L II M lo respinge. Parimcntc la circonferenza con-
vessa PQ caccia da se il detto polo nord, e la parte
rispelliva interna lo altrae... «In ogni dirczione im-
" pertanto 1' clemcnto voltiano prcsenta due opposte
« polarita*, e nella parte estcrna e semprc quclla del-
» l'attigua imboccatura, e quclla dell' interna superficie
» e sempre opposta. Identicbe polarita si rinvengono
n in altre forme di pile... E da qucsto stato elcttro-
» magnetico della pila clie ripeter si deve la dire-
» zione determinata della corrente, e la maggiore e-
5? nergia cbe alcune forme di pile dispiegano. Cio for-
» nira 1' obbietto delle mie Ricerche sulla pila in or-
y> dine aifenomeni fisici, chimici e Jisiologici. Essi hanno
» fondamento nello stato precipuo dell' elemento vol-
5? tiano da me detcrminato. Ma una ricerca intcres-
« santissima rimane a farsi intorno a queste polarita.
» Sono esse effetto puramente statico, ovvcro dinami-
55 co? Io inclino a credere cbe sieno dinamico o tli una
» corrente, come io diro nella mia trattazione delle
» induzioni elellricbe. Io ho trovato continuamente
54 SAGGI DELL1 ELETTRO-MA.GNETICO , EC.
55 nella descritta zona una corrente indotta dirctta dal-
» 1' intcvno all1 estcrno di quella imboccatura che at-
» trae il polo nord dell' ago». Fin qui l'autore.
Io comincero dall' esame dell' ultimo fenomeno, sic-
come di quello che e piu semplice degli altri. Prima
di tulto, qiro cssere vcrissimo e pienamente consenta-
neo alle dottrine universalmente abbracciate dai fisici
quanto dice l'autore sul comportarsi l'ago in maniere
fra se contrarie alle due imboccature dell'anello rappre-
sentato dalla fig. 3, essendo cio una conseguenza della
grande scoperta di Oersted che tutti i fisici conoscono.
Infatti ncll'anello succitato, tufFato in un bagno aci-
dulo col cartoncino C e colle parti ad esso adjacenti ,
si ha evidentemente una corrente clettrica moventesi
nella parte asciutta dal fame XR verso lo zinco 5 17,
e attravcrsante quindi il cartoncino, e dopo di esso
ricominciante lo stesso giro} la quale corrente potrebbe
immaginarsi suddivisa in tanti filetti curvi, paralleli
l'uno all'altro, e tutti dirigentisi per lo stesso verso. Ora
secondo la scoperta di Oersted, e giusta la legge
coriosciuta sotto il nomc di formola di Ampere, cia-
scuno de' detti filetti, come anche la corrente to-
tale che ne risulta, esercitano su d'un ago magnetico
qualsivoglia, situato in vicinanza, una azione che
si puo concepire nel modo seguente. Si immagini una
figura d'uomo, distesa lungo la corrente, in maniera
che quest' ultima cammini da'piedi al capo, avendo
la faccia rivolta verso 1' ago. L' azione di cui si tratta
si e, che il polo nord di un tale ago viene spinto
verso la sinistra di una tal figura, e il polo sud verso
la destra (i). Nel nostro caso pcrtanto, se si pre-
senta il polo nord all' imboccatura A X Z lr} dee
A
(i) Pouillet. Elcmens de Physiquejl. i, parte 2a, png. 68o. Pa-
ris, 1827 e seg.
m F. ZAA'TEDESCTII. 55
questo polo venire spinto verso Pinfuori cli una tale im-
boccatura (giacche la sinistra cli quclla figura corri-
sponcle appunto alPinfuori), e presentandovisi il polo
sud, dee questo essere chiamato all1 indentro. E siccome
nell1 ago adoperato dall1 autovc il polo sud della meta
magnetica cade verso il centro del pezzo metallico ,
e senle pocliissimo eifetto dalla forza chc opera su di
esso, atteso il piccolo o ncssun bi'accio di leva con cui
questa forza puo operare:, cosi Peffetto principale cade
sul polo nord, il quale, come piu lontano dal detto
centro, ha tin braccio di leva assai maggiore:, e percio
dee F estremita N delPago essere spinta verso 1' infuori.
All' imboccatura contraria invece deve esso polo nord
essere cbiamato verso 1' indentro :, giacche allora cor-
risponde appunto all1 indentro la sinistra della figura
immaginalasi. Cosi pure e verissimo che collocato
Pago dalla banda esterna della circonferenza RDS
(al di fuori pero del piano che passaper Porlo AXZY)
deve esso sentire im^azione analoga a quella che sente
collocato neirimboccatura AXZY, cioe u^azione che
lo allontani (benche in una dirczione diversa da quella
quando e posto in questa imboccatura). E all1 incon-
tro , ponendo l1 ago dalla banda della concavita ( ap-
pena fuori del detto piano che passa per l1 orlo
AXZY), il detto polo nord dcv1 essere chiamato vi-
cino. Ne fa difetto che la correntc cammiui in due
listerclle metalliche di diversa natura, giacche l1 azione
della correntc sugli aghi magnetici non cambia legge ne
per la forma ne per la natura de^netalli da essa invasi.
Fin qui adunque il prof. Zantedcschi disse il vcro.
Ma non disse tutto il vero^ poiche egli riconosce
bensi l1 opposizione degli effetti alle due imboccature,
e la corrispondenza di cssi cou quelli alle convessita
c alle concavita degli orli dell1 anello : ma non sa ac-
cerlare il verso preciso secondo cui que1 movimenti
dell1 ago debbono aver luogo. Anzi egli crede possi-
bile che possa esservi un1 attrazione dell1 ago all1 im-
boccatura AXZY, e una ripulsione all1 imboccatura
contraria , come lo si ricava dal passo segucnte (pag. 4?
linea pcnultima): « Se da questa imboccatura (cioe
56 SAGG1 DELI.1 EUKTTRO-WL6WKTII 0 . EC.
•• dalla AXZF)viene il saddetto ago attratto, dalla
•• opposta FLG e ripulso?*. Come ancho ilal passo
immediatamente segaente (pag. 5.1in. i):« Analogamen-
h te all'.it trazione doll' imboccatara Z 1 _/A. ec. ••• Ora
do e atl'atto impossibile secondo la form la di Ampe-
re, esigendo qaesta anzi tutto il eontrario, eioe die
il polo nord Jell" ago . presentato all" imboccatara
ZY IX sia spinto all' in fa ri. e presentato alPaltra
imboccatara siachiamatoaffindentro. Egli & pertanto
da concbiudere : i°jche I'osservazione di Zantedeschi in
parte e vera, ma per questa parte non e nuova.es-
sendo compresa nel t'atto fondamentale di Oersted e
nella legge di Ampere: a°3 ehe la stessa per nn" al-
tra parte non venne iatta bene, essenda in realta le
cose in modo opposto a quant o il Zantedeschi asse-
risce. Per ispiegar eio . ooi stimeremmo ehe al sul-
lodato professore sia sfuggita di memoria la menzio-
nata leg^o, non essendoci possibile lo ammettere un
moto dell* ago periettamente eontrario a quello dato
dalla legge stessa. legge ehe iiuora. cimentata in
mille circostanze diversissime, non si e giammai tro-
vata fauace(i). F. da qaesta dimenticanza n" e renuto
gran danno per lui . non avendo sapato collegare col
mezzo delle dottrine gia ammesse dai tisiei. an gran
numero di fenomeni tutti compresi in essa legge . e
rol sao mezi ssimi n a s la a spiegarsi dopo
Vidn'i. ma ancbe a prevedersi anticipatamente. Se
egli vorra occaparsi a ripetere di siflatte sperienze.
presentando ad on ago sospeso de' fili invasi da c r-
renti d ntinue. aventi tutte le forme possi'oili. e tutte
le possihili p sir.ioni. anehe piegati a spirale. col-
1" ago i ra al di fuori di qneste. ed era al di den-
trOj ec. si br •■ ■ i 'grade* Imente sorpreso al redere
come tutti i risultamenti sieno da essa legC'.1 teliee-
mente spiegati, e cess era dal cereare altre spies
nij ehe poi gli sieno riramente contrastate. eon inu-
tile stiupamento di tempo di lui e d'altri: e vodr.'i
altresi come qaesta legge dia risultamenti pin precisi e
(,i) Pouillct. passa gia citato.
Dt F. ZANTEDESCHI. 5 7
piu dctcrminati che non la supposizione di tin parti-
colare stato magnettco de' fill, supposizione che si pole
adottare nc1 prinii tempi quanrlo i fatti eran nuovi e
pochi, ma clie di poi si trovo dovcr cedere luogo alia
piii volte menzionata legge o formola di Ampere.
Nelle ultime righe del passo clie abbiamo citato
(pag. 6, lin. 4)5 (Uce d signor Zantedeschi d' aver
trovato costanternentc una corrente indotta* diretta dal-
l' interna all'estcrno di quell' imboccatura die attrac il
polo nord dell' ago. Yolendo essere accurato , avrebbe
dovuto aggiungere in quali circostanze la corrente si
manifest] , se quando la corrente inducente o voltaica
incomincia apercorrere l'anello, 0 quando ella fiuisce, o
quando soffre qualche determinata alterazione. 0 quando
avviene qualche cangiamentodi posizione nel filo oveessa
corrente indotta trascorre. Perocche un lettore superfi-
cial potrebbe dalle parole del signor Zantedeschi essere
tratto in inganno , e credere che la corrente indotta ,
di cui ragiona , abbia luogo durante la corrente vol-
taica o inducente, e indipendentemente da ogni sua
variazione, ma in forza delta sola di lei continuazionc }
mentre a que" fisici che sono pratici di queste correnti
indotte e noto, non aver esse luogo durante la conti-
nuazione invariata della coiTente inducente, ma bensi
nelle vanazioni d' intensita della medesima (fra le
quali variazioni debbonsi eziandio comprendere Y in-
cominciamento e il fine), e nelle mutazioni di posi-
zione de1 fili destinati alle due specie di correnti. Sou-
seremo pero una tale ommissione, e riterremo che si
parli di una corrente indotta producentesi all'atto del-
Pimmersione dell'anello, ossia all1 atto deiriucomineia-
mento della corrente. Ma sorge un altro grave guai.
Annuncia il professore Zantedeschi la manifestazione
di una corrente indotta dall* interno all' cstcrno di
una delle imboccature, vale a dire in una direzione
trasversale alia corrente voltaica che gira nell' ancllo^
c annuncia un tale fatto senza farsene sorpresa , e
senza mostrare di conosccrne la grandissima impor-
tanza*, mentre se fosse vero, sarebbe un fatto nuovo
da aggiungersi a quclli fondamcntali che queslo ramo
58 SAGGI dell' ELETTR0-MAGNETIC0 , EC.
di scicnza possiedc, e dai quali derivano tutti gli al-
tri} ne punto si cura di acccrtarlo con numerose ed
esattissiine sperienze , ne di iuimaginare apparecclii
atti a riprodurlo immancabilmente. Peroccbe un tal
fatto sarebbe in opposizionc colic leggi che i fisici am-
mettono per riguardo alle correnti indotte, creden-
dosi finora clie questc non abbiano luogo clie in fili
o paralleli alia direzionc dellc correnti inducenti , ov-
vero inclinati con questa ad augoli non retti, essendo
in questo secondo caso tanto piu deboli esse cor-
renti indotte qnanto e maggiore l1 angolo di obbliqui-
ta, e cessando affatto quando i fili destinati a queste
correnti fanuo angoli retti colla dirczione delle cor-
renti inducenti. Per me riterrci clie il professore Zan-
tedeschi non abbia fatte con tutta accuratezza le spe-
rienze di cui parla, e clie adoperasse de' fili in parte
inclinati ;, e dubito quindi assai di quella direzione co-
• stante di cui egli parla , giacche se F inclinazione non
era discernibile all' occbio, doveva riescir facilissimo clie
ella determinasse talvolta una direzione dall' indentro
all' infuori, e talvolta una dirczione contraria. Ad ogni
niodo sarebbe stata opportuna una descrizione cora-
piuta dell' apparecchio.
Le due prime sperienze da lui riferite, e rappresen-
tate dalle figure i e 2, non raccliiudono nulla di
nuovo, essendo ancb' esse necessarie conseguenze del
fatto di Oersted e comprese nella formola di Am-
pere, non avendo di particolare clie la combinazione
di molte correnti simultanee. Perocclie nelle spirali clie
vengono impiegate in esse sperienze, dopo unite median-
te i fili C1 ha luogo un continuo trascorrimento d'elet-
trico , dirigentesi , nella parte metallica dell1 apparec-
cbio, dal ramc alio zinco, e nella parte umida dallo
zinco al rame^il quale elettrico trascorre piu abbondan-
temente in alcune parti delle stesse lamine e in alcune
parti meno, secondo clie queste parti mctallicbe sono piu
o meno lontane dal filo 0 dai fili clie congiungono i due
metalli, e pe"" quali tutto P elettrico tragitta. Ed e cbiaro
clie la corrente generate o totale si puo immaginarc
formats da un gran numero di filetti passanti tutti pel
DI F. ZANTEDESCHI. 5()
filo congiungcnte lc lamine, ma stcndentisi su queste
per Iratli piu o me no lunghi , cioe altraversanti il li-
quido interposto fra lc lamine a distanze piu o ineno
grandi dal detto filo. Ora tutti quest i filetti hanno
un' azione sull1 ago, e la somma di tutte queste azioni
spinge esso ago da qualche banda, essendo peraltro
difficile a determinarsi da quale, attesa la poco cono-
sciuta disposizione di essi filetti , i quali possono va-
riare moltissimo ne' varii casi, secondo la figura delle
spirali , 1' avvicinamento diverso di esse ne' varii loro
punti, Fossidazione delle superficie delle medesime, ec.
Dopo queste osservazioni riescono un po' disso-
nanti 1' indice e la prefazione , i quali si sarebbero de-
siderati meno pomposi, e di quel tuono moderato cbe
si usa dalla generalita dcgli scrittori. E d' uopo aver
pi'csente che le, moi est odieux, e cbe questi modi pom-
posi tolgono che anche le cose di vero merito vengano
a dovere apprezzate.
Ci e pero piaciuto il vedcre il volume corredato di
numerose figure, assai opportune a mettere'in cbiaro
i concetti dell'autore, e il trovare citati con cura i passi
delle altrui opere. Le frasi jier altro le avremmo talvolta
desiderate piuttosto espressive cbe eleganti, e qualche
volla meno ambigue. Ma in gencrale il libro ci e stato
una nuova prova della molta attivita delF autore , la
quale, congiunta col suo molto ingegno, j>otra ajutarlo
a progredire assai nella scienza , qualora egli sappia
temperarsi da una certa fretta nel leggere le cose al-
trui, e da un troppo vivo desiderio di trovare e di an-
nunciare cose nuove, e insista piuttosto nello studiare
le leggi universalmente ammesse e nell' esaminare cl i II—
genlcmente se i fatti da lui osservati vi si adattino.
Allora assai piu faeilmcnte gli capitera di rinvenire
qualche cosa che ncssuno gli contrasti. II che vogliamo
sperare ch1 ei faccia , parendoci di vedere in lui molte
delle qualita a cio nccessarie. Anche il celebre cava-
liere Nobili aveva in sulle prime smarrita alquanto la
vera via, allorquand.0 pubblico quella ingegnosa bensi
ma fantastica opera della Introduzione alia meccanica
della materia j ma ebbe poi il giudicio c la forza di
Go SAGGI DELL' ELETTR0-MAGNETIC0 j EC.
vitornare sul buon scntiero, nel quale fecc que'grandi
progress! die ognuno sa.
Desklerando poi clie i lettori non trovino troppo
sterile per la scienza questo nostro articolo, c pren-
(lendo occasione dal veder citato a pag. i 3 della pre-
scnte operetta clello Zantedescbi la tante volte ram-
mentata osscrvazione elettro-magnetica di Piomagnosi,
pubblicata nella Gazzetta di Trento del 3 agosto 1802,
noi ne soggiungeremo qui solto per disteso la esposi-
zione, trascritta da una copia a parte allora stampata,
aggiungendo alcune nostre considerazioni.
Articolo sul Galvanismo, 3 agosto, 1 802. — Trento.
« II signor consigliere Gian Domenico de Roina-
» gnosi, abitante di questa citta , noto alia rcpubblica
» letteraria per altre sue profondc prodnzioni, si af-
» fretta di comunicare ai fisici dell' Europa uno spe-
» rimento relativo al fluido galvanico applicato al ma-
s' gnetismo.
« Preparata la pila del signor Volta, compos ta di
;5 piastrelle rotonde di rarne c zinco , alternate con un
35 frapposto interstizio di flanella uniettato con acqna
y> impregnata di una soluzione di sale aminoniaco, at-
» tacco alia pila medesima un filo d1 argento snodato
» a diversi intervalli a modo di catena. L' idtima arti-
st colazione di detta catena passava per un tubo di
» vetro, dall' estremita esteriore del quale sporgeva
» un bottone pure d' argento , unito alia detta ca-
v tena.
» Gio fatto , prese un ago calamitato ordinario ,
» fatto a modo di bussola nautica, incastrato in mezzo
» d' una asse di legno quadra to, e levatone il cri-
« stallo cbc lo copriva, lo pose sopi'a un isolatore di
jj vetro , in vicinanza della pila suddetta.
» Dato indi di piglio alia catena d' argento, e pre-
» sala pel tubo di vetro suddetto, ne applico la estre-
» mita o bottone all' ago magnetico, e tenutala a con-
n tatto per pocbi secondi , fece divcrgere 1' ago dalla
» direzione polare per alcuni gradi. Levata la catena
DI F. ZANTEDESCHI. 6l
51 d' argenlo , 1' ago rimase fermo nella direzione di-
ss vergente a lui data. Di nuovo applico la medesima
>■> catena, faccndo divergere vicppiu il detto ago dalla
» direzione polare, ed ottenne sempre chc l1 ago ri-
» manesse nel luogo in cui lo aveva lasciato, di
35 modo che la polarita rimaneva interamente ammor-
55 tizzata (i).
35 Per ripristinare poi la polarita, ecco come il si-
55 gnor Romagnosi opero. Con ambe le mani strinse
33 fra il pollicc e F indice Y estremita dclla cassetta di
53 legno isolata senza scuoterla , e la ritenne cosi per
33 alcuni secondi. Allora si vide 1' ago calamitato muo-
55 versi lentainente, e ripigliare la polai-ita non tutta
35 ad un tratto, ma per successive pulsazioni, a sorni-
33 glianza d' una sfera(2) da orologio, destinata a se-
33 gnare i minuti secondi.
33 Questa espcrienza fu fatta nel mese di maggio, c
33 fu ripetuta alia prcsenza di alcuni spettatori. IU
33 tale cii*costanza ottenne pure senza fatica 1' attra-
35 zione elettrica ad una sensibilissima distanza. Egli
'5 fece uso di un sottile filo di refe bagnato nell'acqua
55 pregna di sale ammoniaco, e lo raccomando ad una
» cannetta di vetro, approssimo indi la catena d' ar-
33 gento suddetta al filo , a distanza d' una linea cir-
33 ca, e vide il filo volare a combaciarsi col bottom;
33 della catena, cd a volgcrsi in su, sempre attaccato
35 come nelle espei'ienze elettrichc.
55 11 signor Romagnosi crede di suo dovere di pub-
55 blicare questa espcrienza, che deve formar corpo
35 con altre in una memoria cli' egli sta componendo
y> sul galvanismo e la clettricita , nella quale si riserva
33 di dar la relazione d1 un fenomeno atmosferico, che
(i) «Per verificare poi vicppiu questo risiiltato egli approssimo
» all' ago calainitalo alia niassima vicinanza possibile ( senza pero
33 toccarlo) ora un pezzo cli molla da orologio, ed ora alli'i stro-
» meuti di ferro, i quali dapprima altraevano forteinente l'ago
x medesimo ad una distanza qualtro volte maggiore ; ma essi ,
« solto 1' azione del galvanismo, non ebbero attivita di farlo muo-
33 vere nemmeno di un pelo >». Nota dell' urticolo originate.
(}) Cioe indice. Edit.
6l SAGGI dell" ELETTRO-MAGNETICO . EC
.- ogni anno accade in uu luogo del Tiivlo. viciuo al
•• Premier . e che atTetta fortemente uu" intiera po-
- polazioue . e le fa provare tutti gli efietti del galva-
- nismo r .
Nell1 esaminare il riportato articolo. pare, prima di
tutto. di vedere the la pila adoperata dal Romagn )si
fosse di quelle a colouua. col polo superiore isolato .
con unito a un tal polo la piecola catena d' argeuto .
\?. quale, ruentre era tenuta in rnano pel tubo di ve-
tro. fosse pm*e isolata. Per conseguenza quando pose
qnesta catena a contatto coll' ago magnetico isolato.
Don pote aver luogo una corrente. ma soltanto una
trasfosione di una minima quantita d'"elettrico tanto da
portar quell" ago e il sn - - gno a equilibrio di ten-
sione col polo della pila: la quale tensioue. se le coppie
ssero state anebe ii5. avrebbc potato corrispon-
dere a una distauza esplosiva di— — di pollice^ e sup-
p sto cbe un tale ago col sosteguo avesse avuto una
capacita equivalente a di una mediocre boccia di
A -1 IOCK)
Leida. sarebbe stata questa trasfusione equivalente a soli
due milionesimi della carica di una suTatta boccia carica
a una distauza esplosiva ni sei liuee: la quale ultima
carica poi e essa stessa assolutameute iucapace. tras-
correndo per un filo semplice. di muovere un ordiuario
ago magnetico, abbisoguando a eio cbe lagosia reso
astatico al modo di Nobili. e cbe il filo gli giri intorno
qualcbe centinajo di volte. Quiudi e affatto impossi-
bile cbe il movimento dell" ago sia stato prodotto dal-
lazione elettro-magnetica di uua corrente. del genere
delle azioni considerate da Oer>ted. Solameute . se la
causa del moto fu veramente clettrica. si potrebbe dire
ehe fa una ripulsioue fra il bottone d' argeuto e il polo
toccato dall'ago: ma potrebbe, per avveulura. essere
ancbe stato uu urto della rnano. alia quale doveva
i ss r difficile di rimanere immobile, e ebe poteva avere
spinto Pagodinn piccolo passo, riraanendo esso poscia
fermato per atlrito nella nuova posizione am he dopo ri-
tiralo il bottone d' argeuto. A questo attrito poi si puo
Dl F. ZANTEDESCHI. 63
attribuire la insensibilila mostrata dalFago all'atlrazione
dc'pezzetti cli ferro avvicinati. E il ritorno di esso al
suo luogo quando veniva tenuto fra le dita il sostegno
di legno , pote esscre prodotto da un leggiei'O tremore
dclla mano die avcsse tolto l1 ago dalla sua immobili-
ta. Noi non istimiamo per6 privc di nierito le osser-
vazioni del Romagnosi, specialmente a quel tempo 5
patevano esse, segnatamente quella dell'attrazione col
filo baguato , somministrare una comoda "manicra per
mostrare vieppiu la identita delle proprieta del cosi
detto fluido galvanico con quelle del fluido elettrico.
Dell' azione delle forze molecolari nella produzioiic
del fenomenl dl capillarita (*).
1. La teorica delle forze molecolari applieata alia spic-
gazione degli efletti detti di capillarita costiluisce uno
dei rami piu delicati della fisica meccauica. I fenomeni
capillaii esposti da prima da Hauksbee davanti la So-
cieta reale di Londra, furono teoricamente discuss!
dallo stesso Hauksbee (1), da Newton (2), da Jurin (3),
da Vietbreckt (4), da Segner (5), da Clairaut (6) e da
altri. II dottor Young, una delle menti p:u sagaci die
(*) La teorica flcll' azion capillare , secondo i perfezionamenti
die le hanno arrccato il dottor Young ed il sommo geometra Pois-
son, essendo mancaote nci Tratlati die servono di testo uelle
scuole di fisica per le difficolta che presenla aci essere esposta,
speriamo che sara ricevuta come un utile supplcmento ai detti
Irattati la segucnle lezionc che il signor professor Mossolti ci ha
comunicata, estratta dal corso di lisica maleniaica ch' egli delta
Hell' Universita di Corfu. (I Dircttori.)
(1) Haukshe'e. Sperienze fisico-mcccaniclie. Firenze, mdccxxi.
(2) Newtonis Opticcs. Quacstio 5i.
(5) Lecoiis de physique cxpcrimcntalc par Cotes, pag. 4»o
ct suiv.
(1) Tentamen theories qua: ascensus aqurv in tubulis capiUari-
bus explicatur. Comm. Ac. Petrop. Tom. VIII c IX.
(5) Commentarii Sac. Reg. Scientiar. Goitingensis. Tom. 1.
(6) The'orie de la figure clc la tcrrc, pag. io5 e scg.
64 FENOMENI DI CAPILLA1UTA\
abblano avlito i tempi moderni, fu il primo che diede
una teorica incomplela si in alcuni principj fondamen-
lali , ma giusta di tali fenomeni (i). La teorica del
dottor Young fa adonibrata da una piu cospicua, ma
meno esatta di Laplace , che apparve poco tempo
dopo (2). Finalmenle Poisson, nella sua opera Nouvelle
theorie de Faction capillaire: ha tolto i difelti clic an-
cor rimanevano alia teorica di Laplace , deducendo la
spiegazione dei fenomeni capillars da una discussione
csatla delle azioni dclle forze molecolari chc vi concor-
rono. La teorica di Poisson e pero appoggiata ad una
analisi astrusa, che malamcnte puo essere tradotta in
linguaggio ordinario per un' intelligenza piii comune.
Spero quindi clie riuscira accetto, che; partendo dalle
nozioni piii reccnti , che gia abbiamo esposto, sulla
vera costituzione de' liquidi , riconduca la spiegazione
dei fenomeni capillari alle ingegnose idee emesse dal
dottor Young.
2. II feuomeno di capillarita piu facile ad osservarsi
s' uttiene immergendo un cannellino di sottil diametro
( in circa da o.mni5 a 3."lmo) in un liquido. Se il liquido
e di natura tale da bagnare le parcti del cannellino,
si vede la colonnctta fluida prendere nella sua super-
ficie superiure una forma concava all1 esteriore c nion-
tare ad un' altczza maggiore che non sta il liquido al-
1' esterno 5 se invece il liquido e di quelli che non s' at-
taccano alle pareti , la colonnctta interiore presenta
nella supcrficie superiore una forma convessa, e sta piu
bassa. Paragonando fra loro le elevazioni o depression!
deile colouuette liquide prodotte in tubi di diverso
diametro, si trova che esse stanno , assai prossima-
mente, nella ragione inversa dei diametri dei tubi im-
piegali. E appuuto dalla sottigliezza dei diametri di
questi cannelli paragonabili ad un capello , che questl
ed altri fenomeni, dipendenti dalle stesse cause, hanno
prcso il nome di fenomeni capillari.
(1) Young. An essay on the cohesion of jluids. Phil. Trans.
Dec. 10, 1804.
(■2) Supplement ait eleuxierne livre de la Mecanique celeste et Sup-
plement a la theorie de faction capillaire. Vol. IV.
FEN0MENI DI CAPILLAR1TA\ 65
Non e necessario che il liquido che si eleva sopra o
si abbassa sotto il livello estcriore sia contornato da
slrette pareti, come quelle di un cannellino. Basta im-
mergere due piani a piccola distanza fra loro, che si
vede il liquido elevarsi od abbassarsi fra essi} ma le
elevazioui o depressioui nou sono, in questo caso, che
circa la meta di quelle che si ottengono con un cau-
nello di diamctro eguale alia distanza dei due piani.
3. A prima vista pare che queste elevazioni o de-
pressioui facciano un1 eccezionc ai principj generali che
abbiamo esposti nelP idrostatica, dai quali risulta che
il liquido deve porsi alio stesso livello in vasi comuni-
canti. Ma nel dare quelle dimostrazioni non abbiamo
avuto riguardo ad una circostanza particolare, che non
c' interessava allora, e la quale, ora introdotta, ci pa-
lescra chiaramente che queste variazioni di livello, anzi
che fare eccezione, sono una conseguenza diretta dei
principj secondo i quali sono state caratterizzate le
forze molecolari, che ci hanno condotto a riconoscere
la trasmissione delPegualita di pressione per ogni verso.
Vedi la nota (i) a pag. 76.
Abbiamo visto allora che immaginando condotto un
piano attraverso la massa liquida, e sopra questo piano
un piccolo prismetto fluido che gli sia perpendicolare
cd alto quanto si estende P azione molecolare, se il li-
quido non e soggetto ad alcuna pressione esteriore, le
sue molecole si trovano a tali distanze che la somma
delle repulsioni di quelle al di la del piano su quelle
del prismetto rispettivamcnte piu vicine, e per Pappunto
eguale alia somma delle altrazioni delle stesse mole-
cole del fluido al di la del piano su quelle del prismetto
rispettivamcnte piu lontane. E cosi che addiviene che
il prismetto non ha nessuna tendenza a penetrare nel
piano 0 a scostarsi da csso , e che il fluido e in ogni
luogo in equilibrio e senza pressione. Questo vale per
ogni parte del fluido posta ad una distanza dalla su-
perficic piu grandc di quella alia quale si estende Pa-
zione moleculare. Ma se immaginiamo il piano sccanlc
condotto parallelamente alia supcrficie fluida, che ora
supporremo orizzonlalc ed indtfinita, ad una profoudita
Bibi. hai t. xevm. 5
66 FENOMENI DI CAPILLARITA1.
minore del raggio dell1 azione molecolare , e si consi-
dera il prismetto elevato perpcndicularmente su questo
piano verso la superficie esterna, questo prismetto, es-
sendo troppo corto, non offrira un numero sufficiente
di molecole lontane per equilibrare 1' azione repulsiva
delle piu vicine , esistera quindi un eccesso di repul-
sione su queste molecole , ed esse dovranno allonta-
narsi fra loro. L' allontanamento delle molecole sara
maggiore, piu il piano sara condotto vicino alia su-
perficie del liquido , cosi che andando verso questa
superficie, s' incontrera un decrescimento rapido di den-
sita che sara regolato dalla legge , che 1' azione repul-
siva del fluido sottoposto al piano sulle molecole della
porzione di prismetto, che ancor rimane per arrivare
alia superficie, sia sempre contrabbilanciata dall1 azione
attrattiva delle parti reciprocamente piu lontane, ondc
la pressione si mantenga nulla per ogni piano.
L' altezza dello strato, in cui succedera questo de-
crescimento rapido di densita, sara sottilissimo , per-
che 1' azione molecolare non si estende che a distanze
insensibili , ma noi potremo col pensiero dividerla in
tante falde tenuissime, in ciascuna delle quali la den-
sita potra considerarsi come uniforme, o sia le mole-
cole potranno considerarsi come equidistanti fra loro.
Mentre dunque, nelle vicinanze dclla superficie, l'equi-
librio delle molecole ncl verso verticale esige che il
fluido vada decrescendo rapidamente di densita, quello
nel verso orizzontale sussistera ancora, benche le mo-
lecole siano compartite con una densita uniforme in
ciascuna falda, perche ogni molecola si trovera sempre
in mezzo ad un numero d'azioni orizzontali tutte eguali,
provenienti dalle molecole che la contornano. Ma Tesi-
stenza di quest' equilibrio individuale delle molecole,
dipendente dalla loro uniforme scompartizione , non
portera scco la condizione che la trazione nel verso
orizzontale deile diverse parti del liquido tra se stesse
sia nulla. Anzi h-ovandosi , nelle falde superficiali , le
molecole a maggiore distanza fra loro che non istanno,
quando il fluido e nello stato naturale, o nell1 interno
del liquido, ove la pressione e nulla, ne segue, sccoudo
FENOMENI DI CAPILLARITA'. 67
i principj die abbiamo esposti nell'Idrostatica, vedi in
fiuc la suddetta nota (i), chc condotto per un punto
qualunque della supcrflcic un piano verticalc , un Clo
di molecole , perpcndicolare a questo piano , situato
in una delle falde suddcttc e lungo quanto si estendc
l1 azione molecolare, sara attratto verso il piano. Esi-
stera quindi in ogni punto, lungo la superficie del li-
quido, una trazione reciproca fra le parti, dalla quale
ne proverra come wnnjbrza contrattile superficiale^ forza.
che Segner, Motige e Young lianno bene previsto, ma
della quale non era loro facile di assegnare con preci-
sione la causa.
4. Limitiamo ora l1 estensione indefinita della supei*-
ficie liquida , e supponiamo che, da due lati opposti,
termini in due piani perpcndicolari ad essa e formati
da materie solide. Se l1 azione d' uno qualunque di
questi piani sopra un prismctto fluido perpendicolare
cd alto quanto si estendc 1' azione sensibile molecolare,
potesse essere eguale a quella del liquido, evidente-
mente non ne seguirebbe alterazione veruna vicino a
questo piano. Ma 1' azione del piano sul liquido e ge-
neralmente diversa da quella del liquido sopra se stes-
so. Se essa e minore, la superficie del liquido in virtu
della sua forza contrattile si stacchera dal piano, e se
e maggiore , il fluido sara attratto e compresso verso il
piano e montera lungb' esso. Gonsideriamo questi due
casi a parte.
Nel primo caso il fluido , staccandosi dal piano ,
estendcra, in continuazione delle parti staccate, la sua
superficie libera, nclla quale si creera successivamente
una trazione eguale, e se l1 azione del piano solido sul
liquido fosse nulla, questo scoslamcnto durerebbe fino
a tauto che la superficie cilindrica e libera del liquido,
divenuta convessa , piegherebbesi tangenzialmente sul
piano : al disotto il liquido rimarrebbe contiguo col
piano, e godrebbe tutto lungo di esso di una trazione
eguale a quella della superficie libera, poiche Tazione
del piano sul liquido e supposta nulla. Se invece 1' a-
zione del piano sul liquido sara quajehe cosa, la tra-
zione della superficie liquida alligua al piano riuscira
68 FEN0MENI DI CAPILLARITA'
niinore, perche ivi il liquitlo si trovera meno rarefalto,
e si presente bene che esso si stacchera dal piano fino
a tanlo che la componente verticale della sua trazione,
nella superficie libera, sia eguale alia trazione della
superficie in contatto col piano. Allora queste due forze
si equilibrcranno j e la superficie libera si unira a quella
attigua al piano sotto un ccrto angolo che, come ve-
dremo in seguito, l'iesce costantc per ogni sostanza
solida con un dato liquido.
Quello che succede da una parte vicino alia super-
ficie di uno dei due piani, deve egualmente accadere
dalla parte opposta vicino all' altro piano. La superfi-
cie cilinclrica libera del liquido si trovera cosi come
attaccata nclle sue estremita alle due superficie piane
contigue coi piani solidi, e come esiste lungo di esse
e nei loro punti di giunzione colla superficie libera
una forza contrattile, questa superficie sara tirata in
basso, comprimera il fluido sottoposto:, e se i due piani
sono assai vicini, quest' effetto risultera molto sensibile,
ed il liquido s' abbassera fra i due piani, al disotto del
livello esteriore, sino a tanto che le suddette forze di
trazione saranno equilibrate dall1 aumento di pressione
che il liquido, piu alto esteriormente ai piani, esercita
in virtu del suo peso.
Nel secondo caso, 1' azione attrattiva dei piani so-
lidi sopra il liquido contiguo essendo maggiore di quella
del liquido sopra se stesso , il liquido contiguo verra
compresso c montera lungo le superficie dei piani, che
verranuo cosi copcrtedi vmacappafluida, ciascuna delle
quali si unira in basso colla superficie libera del liqui-
do} le due parti formcranno congiuntamente una su-
perficie continua libera, concava per infuori, che ter-
minera tangenzialmcnte sui piani, e nella quale esistera
una forza di trazione. Questa forza nelle due estremita
opposte trarra verticahnente verso 1' alto la superficie
concava del liquido, tendendo a staccarla dal liquido
sottoposto : le particelle contigue inferiori si dirade-
ranno quindi un poco, il liquido adiacenle acquistera
quindi una forza di trazione per se stesso , e seguira
il movimento asceusivo della superficie libera. Quando
FEN0MEN1 DI CAPILLAIUTA\ G9
il peso della colonna liquida elevata equilibrcra lo sforzo
di trazione delle due falde laterali, allora il movimento
si arrestcra e sussistera 1' equilibrio.
Sono lc condizioni dell' equilibrio del liquido in
questi due casi ed in altri consimili, cbe la teorica
dell' azione eapillare si propone di determinare.
5. Per dare uu' idea del niodo con cui queste condi-
zioni devono cssere considerate , conviene premettere
alcune nozioni sulle proprieta delle supcrficie curve
che sostengono una pressione 0 tensione. Si dimostra
nella statica che, se una superficie c animata in tutti
i suoi punti da forze cbe le siauo perpendicolari, que-
sta superficie soffre una pressione 0 tensione costanlc
in tutte le sue parti, e la forza da cui e animata in
ciascun punto e eguale al prodotto di questa tensione
per la somma dei valori inversi dei raggi di massima
e minima curvatura, od in generale dei raggi di cur-
vatura di due sezioni normali fra loro.
Onde scbiarire con un esempio questa proposizione,
supponiamo che sopra una superficie solida cilindrica
sia tenuta tesa una tela o superficie flcssibile per mezzo
di forze applicate alle sue estremita, perpendicolarmente
alPasse e tangenti alia sua superficie. Bastera per que-
sto caso considerare 1' equilibrio di una sola zona , o
sczione fatta perpendicolarmente all1 asse •, che qucllo
che si dice di questa sezione sara egualmente applica-
bile ad ogni altra , e quindi alia tela intera. Sia dun-
que A M B, fig. 2, questa sezione, P la forza applicata
JO FENOIIEXI DI CAPILLARITA'.
ia A cd in B tangcnzialmentc, chc tengono tesa la
benda di tela corrispondente-, come questa benda non
puo premere cbe perpendicolarmente sull' arco sotto-
posto, la sua tensione dovra essere costante in tutla
la sua estensione ed eguale a P, e la forza di pressio-
ne, che essa esercita in ciascun punto M dell' arco
A M B , sara in ragione inversa del raggio C M del
circolo osculatore alia curva nel punto M} 1' altro rag-
gio di curvatura essendo in questo caso infinito, e per-
ci6 nullo il suo valore inverse
La tensione di questa benda offre un1 immagine del-
1' azione contrattile della superficie di un liquido in
una sezione contenuta fra due pareti solide , piane ,
parallele e vicine fra loro, e fatta perpendicolarmente
ad esse. Siccome 1' azione molecolare non si estende
die a distanze insensibili, se noi immaginiamo che in
un punto qualunque M, fig. 3, di uua tale sezione, e
ad una distanza sensibile dalle pareti, sia descritto un
circolo osculatore, tutte le molecole che nella stessa
sezione hanno un' azione sensibile su di un filetto fluido
perpendicolare, nel punto M , alia superficie, potran-
no considerarsi comprese in questo circolo} e come la
densita lungo la superficie , ad una distanza sensibile
dalle pareti non varia che per gradi insensibili , la
FENOMEN'I DI CAPILLARITA . n I
risultante delle azioni di lutte queste molecole dovra
esscre nella dirczione del raggio osculatore C M, o sia
pcrpendicolare alia superficie, poicbe tutto potra con-
siderarsi simmclrico da una parte e dall' aitra. Di qui
nc segue dunque cbe la trazione del liquido nella su-
perficie, proveniente dalla maggiore rarefazione delle
molecole, sara in ogni luogo la stessa, e la risultante
a cui da luogo 1' eccesso di attrazione fra le parti del
fluido sopra la ripulsione, combinato colla curvatura
della superficie, sara in ragione inversa del raggio di
curvatura.
La trazione non potrebbe neppure risultare diversa
da una superficie all' altra per uno stesso liquido, per-
cbe le forze molecolari non estendendosi cbe a distanze
insensibili, la risultante delle forze cdrrispondenti ad
un punto della superficie non potrebbe variare, tutte
le volte die la disposizione del liquido intorno a quel
punto fosse eguale, e percio tutte le volte cbe il rag-
gio di curvatura venisse ad essere lo stesso. Bastera
quindi cbe due superficie s' incontrino ad avere. in
uno dei loro punti , due raggi di curvatura cguali, af-
finchu la trazione venga ad essere la stessa nelle flue
superficic. La trazione e dunque indipendente dalla
nalura della superficie, ed e eguale a quella cbe ab-
biamo visto sussistere in una superficie piana. Indicbc-
rcmo con T il valore di questa trazione.
6. Gio posto, prendiamo ora in considerazione il caso
in cui il liquido si trova depresso fra i due piani. In
questo caso Y azione della sostanza delle pareti sulle
molecole del liquido deve essere minoi'e di quella del
liquido sopra se stesso. Se la sostanza delle pareti
avesse la stessa azione, il liquido conliguo alle pareti
avrebbe la stessa densita cbe ncll1 inlerno : se quella
sostanza non avesse azione ncssuna, il liquido lungo
le pareti avrebbe lo stesso stato di rarefazione cbe nella
superficie libera. L" azione delle pareti essendo inter-
media fra questi due limili, la cappa liquida contigua
acquistcra un grado intcrmedio di rarefazione, e quindi
godra di una forza di trazione intermedia. Dinotando
con 0 la diminuzione di trazione cbe sofire la cappa
7 2 FENG1WENI DI CAPILLARITA'
contigua del liquido per Tazionc Jellc pareti, T — 0 sara
1' espressione della trazione die possicdc questa cappa.
Al luogo di giunzione della superficic libera del li-
quido colla superficie contigua alle pareti;, il passaggio
si fara ancora per una curva , ma la curva torcera ra-
pidamentc. La risultantc delle atlrazioni su d1 un pri-
smetto nella superficic libera non sara piu perpendi-
colarc ad essa , perche questa risultante sara influen-
zata dalF azionc delle pareti, e la trazione passera ra-
pidamente dal valorc die ha luogo nella superficie li-
bera a qucllo clie ha luogo lungo le pareti. Ad una
distanza appena sensibile dalle estremita. dell' arco di
giunzione le forze torneranno ad essere perpendicolai'i
alle supeificie, e le due trazioni costanti. Ora, sicco-
me la risultante delle azioni delle pareti su ciascuna
molecola dell' arco di giunzione e sempre evidentetnente
perpendicolarc alle stesse pareti , e d' altronde il li-
quido nelF interiore non fa che comporre la sua den-
sita in modo da resistere alle azioni che si esercitano
sulla sua superficie, potremo paragonare 1' equilibrio
dell' arco di giunzione a qucllo di un pezzo di cate-
naria di una densita variabile animato da una gravita
pei'pendicolare alle pareti, c si sa che, in questo caso,
la tensione del punto infimo e la componente, perpen-
dicolarc alia gravita, della tensione nell1 estremita della
curva devono essere, per l' equilibrio, eguali. La cora-
ponente della trazione della superficie libera, nella di-
rezione verticale dovra dunque essere eguale alia tra-
zione della cappa contigua alle pareti, e detto m l' an-
golo che la tangente alia superficie libera nell' estre-
mita superiorc dell1 arco di giunzione fa colle pareti,
si dovra avere questa prima equazione
(a). T cos. a = T — 0
Ora T — 0 essendo costanti per uno stesso liquido
e una stessa sostanza delle pareti , anche w dovra es-
sere costantc qualunque sia la superficie libera del li-
quido.
Una forza contrattile eguale a T — 0 operera an-
che dair altra parte contigua air altra parete , e la
FENOMENl DI CAP1LLARITA . 7 3
superficie libera sara portata in giu da queste trazioni
sino a tanto che la pressione idrostatica, provcnieute
dal peso del liquido che conserva una maggiore altezza
esteriormente , sara in grado di equilibrarle.
Se si chiama P il peso del liquido che potrebbe
riempire le parcti interiormente siuo all' altezza del li-
vello esteriore, cioe il peso che potrebbe equilibrare
la pressione esteriore, questa sara la misura delle due
trazioni verticali 5 e detto s lo spessore] della sezione
nella cui lunghezza la trazione T — 0 e esercitata,
si dovra avcre
(1) P = 2 (T — 0 ) . s = 2 T. g. cos. B.
7. II secondo caso, in cui 1' azione delle pareti sul
liquido essendo maggiore di quella del liquido sopra
se stesso, il liquido viene compresso e rnonta su per
le pareti, e piu semplice a considerarsi. La cappa liquida
che viene a coprire le pareti forma una continuazione
del resto della superficie libera del liquido, che va cosi
a terminare tangenzialmente sulle pareti. Come quella
cappa ha sempre uno spessore maggiore della distanza
insensibile in cui operano le azioni molecolari, acqui-
sta nella sua superficie esteriore un decrescimento ra-
pido di densita ed una trazione eguale a quella della
superficie libei-a. La superficie libera viene cosi a ri-
sentire dai due lati una trazione verticale che la sol-
leva in alto. Al suo elevarsi le molecole sottoposte [si
rarefanno, acquistano una forza di trazione per la su-
perficie libera che ascende e ne seguono il movimento,
e questo movimento s' arresta quando il peso della co-
lonna liquida innalzala equilibra le due trazioni latc-
rali. Se dunque si chiama ancora P il peso di questa
colonna, si dovra avere
(O P=2T.?
8. Gi.apossiamo da queste due equazioni, segnate (1)
e(i'), dedurre la legge spcrimentale , che abbiamo
enunciato in principio, che le elevazioni o depressioni
di uno stesso liquido fra due piani sono in ragione
inversa delle distanzc dei piani. Sia infalli cl la distanza
y4 FEN0MENI DI CAPILLARITA\
dei due piani , a la depressione od elevazione del liquido
interno , sotto o sopi'a il suo livello esteriore, come
la distanza d e supposta assai piccola, ed il peso del
liquido che formerebbe la convcssita o l-iempirebbc la
concavita dell' estremita superiove dclla colonna e tras-
cm-abile , sara, detta g la gravita, e A la densita del
liquido, il peso P espresso prossimamente da g. A. <;. d. a,
e le equazioni (2) e (2') daranno cosi
g[4 { Jfl= 2 (T ©) 5 t= 2 T £ COS 61
g\$da — iTi
dalle quali si ricava
s(T — &) 1
n T— " : __ n
S*
•>. T
II coefficiente di —-? essendo costante, in tutti i casi,
per uno stesso liquido e per pareti di una stessa so-
stanza, le depressioni od elevazioni a saranno dunque
prossimaniente in ragione inversa delle distanze dei
piani.
9. L' equazione (a) e una di quelle cbe i geometri
cbiamano un' equazione ai limiti, e vale pel contorno
della superficie libera. Per avere 1' equazione corrispon-
dente ad un punto qualunque di questa superficie ,
prendiamo a considerare 1' cquilibrio di un filctto fluido
cilindi'ico , cbe parte dalla superficie esteriore, discende
nel liquido ad una profondita maggiore dei due piani,
poi si torce e rimonta verticalmente fra mezzo ai due
piani ad una distanza sensibile da cssi (fig. 4 e 5 ).
T
FEXOMEXI DI CAPILLARITY . 7$
Arrivato vicinissimo alia superficie, supponiamo clic il
filctto si piegbi per terminare perpcndicolarmente ad
cssa. La pressione sulla superficie cstcriore essendo
supposta nulla , il filetto dcscritto nou soffrira nella
sua estrcmita, in qucsta superficie piana , pressione
alcuna. L' azione delle molccole del liquido interno
clie forma il canale in cui il fdetto e racchiuso, sara
pure nulla sino nelle vicinanze della superficie inte-
riore , perche dividendo questo canale in tanti anelli,
ciascun anello produrra due forze eguali ed opposte
sulla massa del filetto fluido. Cosi, prescindendo dal-
1' azione nella superficie libera interiore ai piani, il fi-
letto fluido non sente che la pressione idrostatica pro-
veniente dal peso : e se chiamiamo z la difFerenza di
livello fra Pestremita interiore ed esteriore del filetto
fluido, (7 1' area di una sua sezione, A la sua densita,
questo filetto sara spinto da una forza g A a z , verso
1' alto 0 vet-so il basso, secondo cbe 1' altezza del li-
quido esteriore sara maggiore o minore cbe nell' inte-
riore dei due piani. Ora abbiamo visto sopra cbe
P attrazione delle molecole nella superficie libera inte-
riore, combinata colla sua curvatura, fa nascei'e una
forza che spinge la porzione di filctto fluido, perpen-
dicolarc alia stessa supcrficie, per indentro o per in-
fuori , secondo cbe la superficie e convessa 0 concava
csteriormente , forza cbe e misurata in ogni punto da
T
— , p indicando il raggio di curvatura} si dovra dun-
que avcre, per P equilibrio di questo filetto, P equa-
2 \ ma che tutte non operano sensibihnente che dentro i limiti di
» distanze insensibili, i fluidi differiscono dai solidi, in quanlo che
» le forze che ciascuna molecola spiega sulle altre, sono, pro-
33 babilmente per causa di un maggiore suo scostamento, indi-
33 pendenti dall' orientazione degli assi della sua figura. Queste
» forze agiscono dunque egualmente tutt' all' intorno di ciascu-
k na molecola, e non sono variabiii che colle distanze; ed aflin-
m che un tluido non soggelto a forze esteriori , sia in equilibrio
» ad una profondila seusibile nel suo interno, per le sole azioni
33 delle forze molecolari , vale a dire , affinche una molecola qua-
33 lunque si ritrovi sempre in mezzo d' un numero siminctrico d'a-
» zioni , e non sia attralta o respinta piu in un verso che in un
» altro, converra che le molecole siano tulte uniformemente distri-
» buite le une intorno alle altre, e che quindi la densila del fluido
35 sia uni forme.
33 Per coucepire come in una massa di un tal fluido possa esi-
;> slere una pressione o trazione, immaginiaino condolto attraverso
33 di cssa un piano fig. I, e sopra un elemenlo di questo piano, e
;-• perpendicolarmente ad esso un piccolo prisma del liquido , alto
33 soltanto quanto si estende 1' azione sensibile delle molecole po-
>. ste dall' altro lato del piano. L' equilibrio non sara tolto se sup-
33 poniamo che per un islantc questo prisma venga a consolidarsi.
33 La somma delle azioni che le molecole poste dall' altro lato del
>» piano esercitano sopra tutte quelle del piccolo prisma , sara va-
3; riahile secondo che ll fluido sara in 11110 stato di pressione o di
33 trazione. Se le molecole si trovano a distanze tali che le azioni
33 ripulsive del fluido al di la del piano sulle molecole del prisma,
33 che sono rispettivamente piu vicine , siano eguali alle azioni at-
>3 trallive sulle molecole rispettivamente piu lonlane , il prisma
33 non e ne respinto, ne atlralto verso il piano ; ed in questo
33 caso il fluido e nello stato uatiuale, non soggetto a pressione o
^ 8 FENOMEEU DI CAPILLAIliTA\
» trazionc vermin. Se il fluido e compresso, le sue niolecole si
» avvicinano, benebe impercettibilmente j c come per questo av-
» vicinamento le lorzo repulsive, fra le molecole rispcttivamente
j) piu vicine, crescono in maggior ragione delle altratlive fra le
» molecole rispettivamenle piu lontane , il prisma si trova respin-
» to; con questa rcpulsione resiste alia pressione die tende a farlo
» passare al di la del piano, e cosi questa pressione viene ad es-
« sere contrabbilanciata dall' azione stessa del fluido (a). Se il
« fluido e stiralo, le sue molecole si allontanano; coll' allontauarsi,
« le azioni atlrattive sul piccolo prisma vengono ad eccedere le
« repulsive , le quali decrescono piu rapidamente coll' aumentare
« delle distanze reciproche delle molecole , e per mezzo di un
» tale eccesso di attrazione il fluido dislrugge 1' azione die tende
33 a staccare il prisma dal piano. Quest' ultimo eccesso e sempre
33 assai debole nci liquidi, perche essi non oppongono die poca
3> resistenza ad essere divisi; pure esiste, e varii fenomeni si co-
33 noscono in cui i liquidi manifestano un' attrazione sensibile
» prima d' essere separati dal resto della niassa.
3> Da queste considcrazioni dobbiamo quindi concliiudere, die
33 esiste per ogni fluido una certa distanza fra le molecole, Delia
» quale le diverse parti del fluido non si atlraggono ne si respin-
3j gono fra loro , e nella quale il fluido non sostiene piu pressione
33 o trazione alcuna , ed e coslituito in quello stalo die cbiamiamo
j> stato naturale. Se questa distanza viene a diminuire, le parti
33 del fluido si respingouo reciprocamente, e soslengono una pres-
33 sione; viceversa se viene ad aumentare, le parti del fluido
33 si attraggono reciprocamente e resistono ad una trazione »».
(a) Quolli clie conoscono il calcolo difTerenziale ed integrale
scorgeranno in questo passo la ragione per cui , nella valutazione
delle risultanli delle forze molecolari , non e lecito sostituirc gji
integrali alle somme delle azioni che le molecole escrcitano fra di
loro. Infatli , se si considerasse il liquido come una massa conti-
nua , per un auuienlo o diminuzione della sua densita le risul-
tanti delle forze altratlive e repulsive sul piccolo prisma cresce-
rebbero o diminuirebbero lutte nella stessa proporzione , clie e
quella del quadrato della densita , e non ne potrebbe mai risul-
tare un eccesso di repulsione o di attrazione per resistere alia
pressione o trazione a cui il prismetto fosse soggetto. Lo stesso
non avviene quando si considera la massa come discreta o formats
da molecole separate. Le repulsioni ed attrazioni delle niolecole
cssendo funzioni delle loro distanze, un avvicinamento od allou-
tanamento delle molecole ha un elTetto molto piu sensibile sulla
Minima delle azioni delle niolecole rispettivamenle piu prossime,
che sono quelle che si respingouo, che uou sulla soinma delle azioni
delle molecole rispettivamenle piu loutane , che sono quelle che
si attraggono, e percio la ripulsione sul prismetto viene a sorpas-
sare od a restar al di soLlo dell' attrazione, tosto che le molecole
si avvicinano o si allontanano: S'intendc altresi come le considc-
razioni delle molecole separate, o l'impiego delle somme in luogo
degli integrali sia richiesto dal la circostanza, che le forze cam-
hiano di segno col variare delle dislanze, come l'oisson lo osservo
per il primo.
FENOHffiNI DI CAPILLARITA'. 79
NOTA (2).
Formole pel calcolo di alcuni fenomeni di capillarita :
i.° L'altezza a, a cui si eleva un liquido fra due piani Verticali
paralleli e vicini, che sono bagnati dal liquido, e data da
« = -^ — ('-t):
2 ?• essendo la distanza dei piani , c 7r il rapporto della circonferenza
al diametro.
•2." La depressione — a di un liquido fra due piani, come i pre-
cedenti, ma che uon sono bagnati dal liquido, e data da
t* / 3 w fr \
— a = /' ( — sm. 2 w -+ cos. w) :
2 r \ 4 24 /
« essendo V angolo del conlatto del liquido colla materia dei piani ,
inisurato da quello che la normale^ dalla parte esterna alia super-
licie del liquido, fa colla perpendicolare alia parete piu prossima.
3.° L'altezza di un liquido, in un piccolo tubo cilindrico e ver-
ticale, e espressa da
r 3
essendo r il raggio di una sezione orizzontale del tubo.
4.0 Se il tubo e un po' ampio, cosi che — sia una frazione,al-
lora si ha
iVZ
a =5 — — e
essendo
/ = /'+ (l/T- i)r,
5.° La depressione in un piccolo tubo cilindrico verlicale , non
baguato dal liquido, e data da
■-, • (cos.a gi -+- % sin ' go — -),
)s.-> co V 3 3/
6." Se il tubo non e molto sottile , allora si ha la depressione
dalla formola
4 V r. V~i ■ |/t Z - sin. Q —
' x z — c
8o FENOMEiNI Dl CAPILLAMTA'.
cssendo
I == r + ( i — cos. 5)r|/a>a~-t+ 2 $.
7.0 Per ung goccia di un gran diamelro, ir, di un liquido che
11011 bagna il piano orizzontale su cui c versala, si ha L'altezza
cspressa da
a =. r I/2 cos. — w -+- ( 1 — sin.3 ('-^«-r-)
^ = 7T TO rt /' -f- 7T m T* r Sill. CO.
io.° Per 1'acqua, nella temperatura di S°,5 centigradi, si ha,
secondo le csperienze di Gay-Lussac, t = 3mn>,8888 , il millimetre
cssendo 1' unita lineare: ed e t* = 2 — , A dinolando la den-
sita del liquido, g la gravila, c T la forza conlrallile dclla superfi-
cie libera dell'acqua.
Pel mercurio si ha, secondo le esperienzc dello stcsso fisico ,
nella temperatura di i2°,5 centigradi, t =1 2,554^; e per 1'angolo
del conlatto » = 4 5° 5o'.
I
8i
Osservazioni ed csperienze elettro-fisiologiche dirette
ad instituire la elettricita medicaj del signor P.
G. Grimelli. Un volume in 8.° di pag. 332.
Modena } presso Vincenzi e Rossi, 1839. Prezzo
lir. 4- 5o ital.
Esperienze sulla esislenza e le leggi delle correntl
elettro-fisiologiche negli animali a sangue caldo3
eseguite dai projessori Francesco Puccinotti
e Luigi Pjcinotti nel gabinetto Jisico delVUni-
versita di Pisa, nei mesi di Giugno e Luglio
del 1839. Un volumetto in 8.° di pag. 90. Pisa,
presso i fratelli INistri, i83g.
Esperienze intorno alle correnli elettro-fisiologiche
negli animali a sangue caldo } del dottor Leovi-
gildo Paolo Fario e del prqfessore France-
sco TjANtebeschi j Memoria prima, inserita nel
volume III 3 fascic. 2.0 e 3.° del Memoriale dclla
medicina contemporanea ; di pag. 4o, in 8.° p^ene-
ziat 1840.
Conosce ognuno que' bei versi del Mascheroiii :
E se per entro agli Epidaurii regni
Fama gia fa die di Prometeo il foco ,
Che scorre aWuoni le membra 3 c tutte scote
A un lieve del pensier cenno le vene 3
Sia dal del tratta dettrica scintilla }
Non tu per sogno ascreo V abbi si tosto.
Ikvito a LesbiAj verso 33 1 e seg.
Ne dopo omai cinquant1 anni vcnne ancora una tale
opinione relegata fra i sogni} anzi, quantunque appog-
giata soltanto a probabili congetture , ha conservato
molto favore presso diversi rispettabili fisici e medici.
E infatti essendo l'elettrico prontissimo a propagarsi
in cevte qualita di corpi , quali sono quelli degli ani-
mali, atto a produrrc scotimcnli nelle membra, e sen-
sazioui particolari nel cervello. e numerosissimi effctti
Bibl. Ital. T. XCVJII. 6
8a OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE
chimici , scmbrerebbc poco verisimile die la Provvi-
denza avesse lasciato inopcroso negli animali un si ef-
ficace principio , mentre sc ne veggono sempre nuovi
effetti nella natura inorganica: tanto piu che i fe-
nonicni presentatici da alcuni pcsci, ci mostrano pos-
sibilissima 1' attivazione di corrcnti elettriche per mezzo
di opportune funzioni animali. Si attribuirebbe quindi
assai volontieri a questo ente il trasporto di alcune
almeno delle sensazioni dagli organi sensorii al cervel-
lo, la trasmissione de7 comandi dell'anima alle mem-
bra , e verisimilmente molte altre funzioni.
Ma da una tale possibility e convenienza v'ha di-
stanza grandissima alia certezza, la quale non puo essere
stabilita die da prove sicure. E queste non si possono
trovare cbe in uuo spassionato e diligente esame de'
fatti che i corpi animali presentano, osservando se per
avventura abbiano in essi effettivamente luogo delle
correnti elettriche.
A questo studio si sono appunto accinti, fra gli al-
tri, i dotti di cui abbiamo annunciato le opere. II
primo di essi, cioe il signor Grimelli , prende a trat-
tare l'argomento in un modo assai generate^ conside-
rando tanto gli effetti che hanno luogo negli animali
in conseguenza dell' elcttricita esterna , quanto gli ef-
fetti che possono dipendere da quella sviluppata in
essi medesimi. E per riguardo a quest1 ultima, la sua
conclusione si e, di dubitare assai che veramente si ef-
fettuino negli animali delle important! operazioni di-
pendenti da sifFatta elcttricita, conclusione stata emessa
alcuni auni addictro anche dal celcbre Nobili (i). Noi
non entreremo a decidere intorno a questa conclu-
sione, essendo cosa troppo delicata , e che da noi richie-
derebbe fatti e non ragioni. Diremo solo che ci parve
di vederc nel signor Grimelli una grande pacatezza e
imparzialila nellc discussioni, cosa assai giovevole per
raggiungerc il vero. Aggiungeremo per altro che ci
sarebbe piaciuto ch' cgli avesse fatto come a Pisa e
a Venezia, cioe che avesse preso per compagno nelle
(i) Mcmovie cd osscivazioni , T. I, p;ig. i5.
ELETTRO-FISIOLOGICHE. 83
sue osscrvazioni ua qualche valcnte fisico} il quale gli
avrebbe saputo additare le piu fine e sicure mauiere per
riutracciare le minime correnti elettriche , e i modi di
intcrpretare con tutta giustezza i fenomeni che fossero
apparsi. Diremo anche, per riguardo alio stile, che a-
vremmo amato di vcdere adoperate parole e mauiere
piu comuni : il che avrebbe i*eso piu piano il libro e
piu caro a leggersi. Quanto non innamorano, per esem-
pio, gli scritti del cavaliere Nobili ! ne' quali , oltre al
trasparire tanta profondita d' ingegno e tante amabili
qualila di cuore , si riscontra altresi uno stile lucidis-
simo , con frasi sommamente evidenti cd espressive.
Tra le cose particolari poi che trovamrno degne di
osservazione in questo libro, noteremo:
i.° Una bella maniera da lui immagiuata per ri-
durre le rane atte alle sperienze elettro-fisiologiche.
Ed e di metterle in fondo a qualche vaso , e versarvi
sopra, o d'un sol tratto o a riprese , alcune goccie di
qualche olio cssenziale, ovvero di etere, o d'alcool, o di
gcneroso liquore alcoolico. La rana si agita per alcuni
minuti, e poi rimane coll' apparato rnuscolare di loco-
mozione immoto e rilasciato:, ed estratta subito dal
vaso, ella e ancor viva, ed assai accoiicia alle sperienze
cd osscrvazioni elettro-fisiologiche. Perocche e pochis-
simo sensibile ai piu ordinarii stimoli , potendosi ma-
ncggiare, scuotere, pungere, recidei'e comunque, senza
che si scuota, ed e invece sensibilissima alle azioni
elettriche (pag. 65).
2.° Le sensazioni acide od alcaline prodotte sulla
lingua dalle correnti elettriche, eccitate da una pila di
poche coppic, sono minime allorquando si applica uno
de' poli alia lingua c Faltro a qualche punto del volto
o del collo^ mentrc le suddette sensazioni riescono ol-
tremodo marcate, tenendo fermo Tun polo sulla punta
di essa lingua, e applicaudo Faltro al di sotto del
condotto auditivo, tra la apofisi mastoidea e la branca
ascendente della mandibola inferiore, regione della cute
assai prossiuia al tronco nervoso glosso-faringeo^ il quale
auche in tal niodo si mostra esserc il nervo del gusto,
a froute degli altri nervi che si distribuiscono sulla
lingua (pag. 159).
84 OSSERVAZI0NI ED ESPER1ENZE
3.° Le contrazioni simpatiche de' muscoli delle rane,
le contrazioni cioe die nascono da una azione sui ri-
spettivi nervi , si possono ottenere assai bene coll' in-
terporre fra i nervi crurali e la colonna vertebrate un
filo . sia di metallo sia di altra natura, col tendere le
due estremita di questo filo e col farlo vibrare, aven-
dosi con cio delle vive contrazioni nei muscoli dipen-
denti da que' nervi (pag. z^i).
Ad assai divcrsa conscguenza tende il lavoro de'
professori Puccinotti e Pacinotti. Consiste esso in una
serie di sperienze, dalle quali seinbra loro di poter
dedurre clie effettivamente ne' corpi anitnali possa-
no eccitarsi delle correnti elettriche dipeudenti dalla
vitalita. II modo di sperimentare che loro maggior-
mente riusci, fu di premiere due lancettoni di platino
muniti di manicbi di leguo, e congiunti co1 due capi
del filo d' un delicatissimo galvanometro , atto pero
piuttosto ad indicare le correnti idroelettriche anziche
le termoelettriclic , di immergerc questi due lancettoni
V uno, per esempio, in un muscolo degli arti posteriori
d' un coniglio, e l'altro ncl ccrvello. Vedevasi con cio
manifestata assai costantemente una correute elettrica ,
clie camminava con forza piu o meno grande. ma sem-
pre nello stesso verso , e che non dipendeva punto ne
da termo-elettricismo, e nemmeno, a quanto sembra, da
cterogeneita de' lancettoni o de'materiali in cui i lan-
cettoni s'infiggevano, ma bensi da un'azione della vita-
lita:, perocche cessavano o s' indebolivano assaissimo
que' segni colla morte dell'animale; e sc dopo le spe-
rienze ponevansi i due lancettoni nell' acqua, non pre-
sentavano sensibile eterogeneita. La vitalita poi potreb-
be, sccondo i due autori, operare in due diversi modi,
sui quali pero essi si astengono dal decidere. L1 uno
consisterebbe in un' azione puramente vitcde^ tale cioe
(se noi intendiamo bene il loro pensicro) che il ccrvello
essendo cccitato dallo stimolo di quella ferita, ponga in
moto una corrente elettrica, la quale camminerebbe an-
che se dopo l1 azione dello slimulo que1lancettoni venis-
sero a mancare \ ma trovandosi essi prescnti, vi si intro-
duca e vi cainmini per unabuonaporzione in grazia della
ELETTR0-F1SI0L0GICHE 85
conducibilita (c in tal caso sarebbe da ammettere che an-
che altri stimoli possano generare di tali correnti, le quali
pero caniminino inavvertite per non sapere noi in che
modo renderle palesi). L' altro modo secondo cui po-
trebbe operare la vitalita, consisterebbe nel disporsi
per essa le parti animali contigue ai lancettoni in guisa
tale che esercitando clle su questi quelle furze fisiche
che sono inerenti alia loro uatura chimica e alia loro
collocazione, ne debba aver origine la detta corrente (e
in questo caso mancherebbe la corrente al mancare
de' lancettoni. quantunquc avesse luogo per qualche
altra causa un simile stimolo, laddove essa corrente vi
sarebbe quando in una qualche guisa si potcsse avere
la stessa disposizione di parti): e anche in questo caso
si terrebbe l'effetto come dipendente dalla vitalita, in
quanto che sarebbe essa quella che pori'ebbe e manter-
rebbe le parti animali in siffatta disposizione.Tale edun-
que il concetto dedue autori, seppure noi abbiamo bene
iuteso. Non si azzardano pero essi, come dicemmo, a de-
cidere quale de' due modi sia il vero } il quale e per
avventura una combinazione di entrambi. II nostro av-
viso poi, riguardo a queste sperienze , si e che esse ci
pajono ben condotte, c che molto probabili ce ne sem-
brano le couseguenze. E queste sono senza dubbio im-
portantissime, e del tutto meritevoli che, giusta F invito
fattone dai dotti due professori , voglia altri ripetere
cotali prove, per togliere ogni dubbiezza che ancora puo
rimanere. Si bramerebbe poi tolla un' incertezza per ri-
guardo alia direzione della corrente, avendo noi su cio
trovato della differenza a pag. 67, lin. 1 8 della Memo-
ria, e a pag. III. lin. 20 dell'Appendice. Noteremo anche
che nel verificarc l'omogeueita de: lancettoni di platino,
operavano, secondo noi, assai piii avvedutamente quando
li tuffavauo neH"1 acqua salsa, che quando li meltevano
nella distillata: giacche con quest' ultima, se anche
1' cterogeneita de'duc pezzi metallici fosse stata tale da
eccitare qualche corrente, questa doveva apparir legge-
rissima in un liquido di si poca conduttivita (ci si per-
metterebbe questo vocabolo, invece di quello di eoiulu-
cibilita?), trattone il caso che essi pezzi fossero stali
86 0SSERVAZ10NI ED ESVERIENZE
vicinissimi, stando, per esempio, separati soltanto da
un sottilissimo foglio di carta , colla quale sottigliezza
fosse diminuita in gran parte la resistenza al camraino
dell' elettrico.
All' invito di ripetere le sperienze or ora citate,
lianno cominciato a rispondere a Venezia il dottor
Fario e il professore Zantedeschi , colla Memoria di
cui abbiam dato rannuncio:, nella quale non solo tro-
vano veri i risultamenti de' professori di Pisa , ma
fanno altresi qualcbe passo piii innanzi. Perocche (se
non avvenne qualcbe errore nelle loro osservazioni) essi
trovarono, che introducendo sotto la cute, per esem-
pio d'una coscia, un ago annesso a una delle estremita
del filo d'un galvanometro, e immergendo un altro si-
mile ago sotto la cute del capo sino a entrare legger-
mente nel cervello, trovarono, diciamo, una corrente che
per entro al galvanometro si dirigeva dalla coscia al
cervello. E invece, denudando le parti dalla cute, ed
immergendo profondamente i due agbi 1' uno nel mu-
scolo della coscia, e 1' altro nella massa cerebrale, si
aveva nel galvanometro stesso una corrente moventesi
dal capo verso essa coscia. Abbiam detto se non av-
venne errore ; e la ragione e che gli aghi de' quali si
fece uso, furono ora di acciajo ora di argento, mentre
i due dotti di Pisa insistono a raccomandare di non far
uso che di platino, potendo gli altri metalli assai age-
volmente indurre in inganno. Noi crediamo che fu
senza dubbio la difficolta di potersi procurare stru-
menti di platino quella che impedi ai valenti speri-
mentatori di far subito uso di questo metallo 5 e spe-
riamo che torneranno a ripetere con esso tutte queste
sperienze , come ne hanno gia fatto promessa. E vo-
gliamo sperare anche che con questo mezzo assai piu
sicuro si manterranno veri i risultamenti da loro otte-
nuti :, e che tali si conserveranno quando altri si accin-
gera a ripetere le loro prove. Nel qual caso verranno
ad assicurare ai due fisiei di Pisa e a se stessi una bella
lode. In questa aspettazione, noi non possiamo intanto
che encomiare il modo con cui e stesa la Memoria} nella
quale v'ha moltissima chiarezza e bell' ordine , e una
ELETTRO-FISIOLOGICHE. 87
lodevole moderazione nelle espressioni. II che tanto piu
volentieri noi dichiariamo , in quanto che essendoci e-
spressi con qualehe scvcrita sii d'un altro lavoro di uno
degli autori del presente seritto , desideriamo sempre
di mostrare che ne apprezziamo moltissimo 1' ingegno.
Conchiuderemo qneste brevissime osservazioni, con-
solanduci che sieno parecchi quelli che si accingono a
siflatte ricerche, il che fa sperare che i risultamenti loro
vengano a vicenda depurati , e che l1 argomento sia
sempre meglio rischiarato. E tanto piu e vantaggioso
che parecchi vi si accingano, in quanto che queste sono
spcrienze ove introducendosi agevolmente delle azioni
straniere, si puo assai facilmente, se non si opera con
grande cautela? essere condotti in inganno.
Sulla scoverta del Cow-Pox nclla Capilanata s e
sopra varie quistioni relative alia vaccinia, Memo-
ria discussa daW Istituto centrale vaccinico no-
poletanOj approvata da S. 31. ( D. G.) e scritta
dal dottore Salvatore De Renzi > cav. dell'ordine
di Francesco I. ec. Napoli iSZg, dalla tipograjia
del Filiatre Sebezio, in 8.°
Importando moltissimo per piu ragioni di ricono-
scere se nel regno delle due Sicilie si rinvenisse indi-
geno il vajuolo nelle vacche se n'cbbe promesso premj
e ricompense , e stabilita per obbligo la ricerca ai co-
mitati di vaccinazione, ed ai medici tutti che a questa
davano opera. Parecchie volte si buccind di avere sco-
verto quanto si desideraAa^ ma non si era mai potuto
averne certezza. Nei primi giorni del luglio i838arri-
vava all'Istituto centrale dclla vaccina inNapoli una rela-
zione del dottor Gio. Battista Anellis che annunziava
essere apparso il cow-pox nelle vacche dicertisignori fra-
telli Varo di Troja, ed indi altre relazioni della commis-
sione vaccinica di Troja stessa e dell' uffizio deirinten-
dente che confcrmavano la cosa, cd assicuravano riuscire
T inoculazione neiruomo. Allora il ministro dell'interno
88 SULLA SCOVERTA DEL COW-POX
invio sul luogo il nostro autore, il quale poi nell' opera
presente rende conto di tutto il suo operato , e delle
ulteriori sperienze da se e da altri instituitc. Noi intralasce-
renio di seguire il signor cav. De Renzi nella storia della
scoverta in discorso, nella descrizione che fa dell'an-
damento del vajuolo nelle vacche, per seguirlo ove parla
dei risultamenti ottenuti dall'inuesto di esso dalla vacca
all'uomo. L'osservazione chiari che il nuovo vaccino
opera di prima giunta con maggiore forza, in guisa che
alcune persone , le quali avevano resistito all' innesto
del virus vaccinico ordinario per bene tre volte, diedero
prontamente ottime pustule con quello ritratto da esso
recente cow-pox. Si aggiugne a cio due prove di ino-
culazioiie di vajuolo naturale in bambini vaccinati da
tre settimane con virus preso dalla vacca e ben riuscito,
le quali fallirono pienamente. Altri cosi vaccinati si
esposero, in piupaesi ne' quali correva il vajuolo arabo,
all1 influenza di questo, e nissuno ebbe a contrarre la
malattia. « II pus vaccino di antica provenicnza , sog-
» giugne l'autore, inoculato a vari bambini , ne' quali
55 la novella vaccinia aveva percorso i suoi stadj regolari,
:■> non presento alcun risultamento, cosiccbe la rivac-
55 cinazione senza effetto ne fece certi die identici ei'ano
55 i due virus. — Varj fanciulli, i quali da due, tre o
55 quattro anni erano stati vaccinati con l'antico virus, ne
55 portavano cicatrici regolari, ed alcuni di essi avevano
55 anche somministrato 1' umore a successive inoculazio-
55 ni, furono col nuovo pus rivaccinati, e nel maggior
55 numero con effett0 55. In alcuni bambini si innesto
nell' un braccio l'antico virus, nelFaltro il nuovo ad un
tempo , e piccola differenza di tempo si osservo per
rispctto alio svolgimento delle pustule } ma la vivacita
e la floridezza di queste erano sempre maggiori dal
lato del nuovo vaccino. « In bambini gia pria vacci-
55 nati da due o tre anni si rivaccino in un braccio
55 col pus antico ed in un altro col novello. Sebbene i
55 casi di tali sperienze non fossero stati numerosi,tut-
55 tavia si osservo costantemente fallita 1' inoculazione
55 praticata col pus Jenneriano, e spesso ebbe efletto
J; quella eseguita col virus delle vacche 5 cosicchc
DEL DOTTOR DE RENZI. 89
» pareva evidcnte per quesla come per altra delle ante-
» redenti esperienze il novello pus superare Fantico in
-•» attivita e facolta attaccaticcia ". Da ultimo si inne-
sto il pus delle vacche dei fratelli Varo a varic persone
che avevano di gia patito il vajuolo naturale, ma non
si ebbe effetto di sorta.
Tre speccbietti sinottici danno le sperienze di prova
e controprova delFinnoculazione del uuovo cow-pox in
pareccbie persone in Napoli, Foggia e Troja, co' risul-
tamenti e tutti gli accidenti osservativi. Dai quali risul-
tamenti e dagli altri ottenuti nelle varie provincie del
regno in cui fu adoperato il nuovo vaccino, il chiarissi-
mo autore deduce die la eruzione rinvenuta ai capezzoli
delle vacche dei fratelli Varo fu il vero cow-pox , 0
vajuolo di natura idcntico a quello di Jeuner^ che il
clima di Napoli « non e disadatto alio sviluppamento
y> del vajuolo vaccino, siccome taluni hanno creduto » ;
che per veri si devono avere anche gli anteriori Fatti di
eruzioni vajuolose acccnnati essersi osservati in altre
parti del regno ^ che 1' accertata scoverta del cow-pox
in Troja conduce alia probability che altre volte lo si
possa ancora riscontrare, e si possa esser cosi nel caso
di rinnovare l1 umore vaccinico attignendolo alia na-
turalc sua sorgente.
E perche le ricerche in sulle mandrie possano avcx'e
una norma che conduca a felice riuscita , il nostro
autore mette innanzi i caratteri assegnati al cow-pox,
ed i mezzi per distinguere il vero dal falso.
A qnesto punto termina il capitolo I, in cui le cose
trattate conduccndo naturalmente all'idea di valersene
a chiarire non poche questioni che in attenenza alia
vaccinazione si vanno agitando pi'escntemente, la discus-
sione di esse forma il subbietto del capitolo II. E qui
importa notarc che i fatti riferiti si vogliono avere per
autentici da che u ossei'vati , registrati ed esaminati
" da vigili autorita, senza che quesla branca interes-
» sante della sanita pubblica vi fosse abbandonata al
" caso od alle volonta dei particolari ». Ecco le prin-
cipali quistioni: In che ha giovato la scoverta del vac-
cinio indigeno ? — Aveva perduto di efficacia quello
go SULLA SCOVERTA DEL COW-POX
die si trasmetteva da circa 4o auni da braccio a brae-
cio? II cav. De Renzi, clopo avere riferite a tale pro-
posito alcune opinioni specialmente di medici napole-
tani, ed ove occorreva ribattutele, concbiude : cbe so-
vente per colpa dei genitori e dei vaccinator! la vaccina
riesce spuria , e nondimanco per imperizia e giudicata
regolare} cbe quantunque il maggior numero dei me-
dici riconosca che la vaccina non perde col tempo la
sua attivita , e la virtu tutelante dclla medesima non
sia in ragion diretta della intensita dei sintomi, tutta-
via ad assicurare l'animo di quelli cbe opinano diver-
samente , e rendere la calma ai padri di famiglia, i
qnali non possono giudicare con le necessarie cogni-
zioni delFarte, viene opportuno il nuovo vaccino. Ogni
dubbio poscia, giusta lui, cade, e la quistione e troncata
dal fatto, da che fu riconosciuto nel nuovo vaccino una
maggiore e piu spiegata facolta attaccaticcia^ cosiccbe
piu raro av viene il fallire dell' innesto, piu facile Pin-
troduzione e la conservazione della vaccina nei piccoli
comuni, e pella floridezza della pustola torna piu ab-
bondante 1' umore e acconcio a piu numerose vaccina-
zioni:, cbe in fine coll'essere realta il trovarsi indigeno
nel regno di Napoli il cow-pox, ne e assicurato in al-
cun modo il deposito, laddove prima n' era precario
il possedimento.
Gapitolo III. Sulla sopravvenienza del vajuolo ne'vac-
cinati. Se e frequente tra noi. A quali cagioni devesi
attribuire. — II nostro cbiarissimo autore crede cbe
dei casi di vajuolo sopravvenuto a persone vaccinate
la maggior parte si vogliono attribuire all' essere stata
la vaccina imperfetta ed irregolare^ altri appartenere ad
eruzioni cbe furono confuse col vajuolo} e rari conse-
guentemente doversi ritenere quelli di vajuolo legittimo,
dei quali prima d'accignersi a disvelarne la causa discute
le opinioni intorno al tralignamento della vaccina dal-
l'antica origine sua, ed all' infievolimento di sue virtu,
alia temporaneita di sua forza preservatrice, alia dimi-
nuzionc cui in molti casi soggiace, e al non estinguere
a pieno 1' idoneita vajuolosa , e conseguentemente il
bisogno di rivaccinare alia mancata proporzione della
DEL D0TT0R DE RENZI. 91
vaccina per estinguere 1' idoneita del virus vajuoloso,
alia comparsa di un vajuoloide diverso dell'antico vajuo-
lo, alia modificazione del vajuolo prodotta dalla vaccina.
Tutti questi importantissimi punti gia da noi e da altri
ampiamente trattatinon vengono qui che, per cosi dire,
sfiorati, conchiudendo che i casi del sopraggiunto vajuolo
non dipeudono dalla mancata energia del virus vaccino,
no dal positivo suo difetto, ma si (noi diremmo parecchi
diessi) dalla negligenza o dalla iguoranza dei vaccina-
tori 5 che la riproduzione della idoneita a contrarre il
vajuolo non deriva dal tempo che iniievolisce o distrugge
i'azione dispiegata dal vaccino, ma da intimi ed arcani
mutamenti individuali, prodotti da cagioni specifiche e
particolari ageuti in ispeciali soggetti , de' quali , non
avendosi un criterio per riconoscerli, non si pu6 stabi-
lire la rivaccinazione in massa senza sagrificare una re-
gola generale all' eccezione } che i fatti in favore della
mancata proporzione della vaccina riescono cosi dubbj,
che non si saprebbero ammettere} che il vajuolo so-
pravegnente ai vaccinati non e per nulla una nuova
foggia di esso, ma si il genuino antico con guisa piu
benigna, e con quella della varicella, per cui il vaccino
o rende la persona interamente sicura dal vajuolo , o
acconcia a reagire in modo da rendeme infranta la
forza^ una sola pustula regolare valcrc quanto nume-
rose^ essere necessaria la rivaccinazione ogni qualvolta
la prima vaccinazione abbia avuto un corso spurio o
degenerate} da ultimo non esservi falti i quali dimo-
strino potersi , col rompersi le pustule onde attignervi
Tumore, correre rischio di turbare la facolta preserva-
trice della vaccina.
I casi di recidiva di vajuolo comprovano esservi
costituzioni , nelle quali con difficolta si distrugge la
idoneita ad essere preso da questa malattia , ovvero
«ssa idoneita una volta distrutta e atta a riprodursi.
Applicato cio alia vaccina, non vuolsi , dice 1' autor
nostro, pretendere da questa piu di quello si ottiene
dal vajuolo stesso. Tali casi quindi di recidiva essere
cccezionali, e provenienti da cagione misteriosa (p. 1 33).
Noi avremmo desiderato che. da che cadevasrli si bene
g2 SULLA SCOVERTA DEL COW-POX, EC.
jl destro, nella sagacita sua il nostro cliiarissimo pro-
fessore avessc disaminata e discussa la teorica da noi
emessa della non frequcntcmcnte estinta idoneita vajuo-
losa la merce dclla vaccina una sola volta suscitata
nell'umano organismo, ed avesse instituito buon novevo
di rivaccinazioni col nuovo pus altinto direttamente
dalle pustule vajuolose delle vacche in persone vacci-
nate col pus medesimo a piu giorni ed a qualche
mcse di distanza, perche di questo modo avrebbe po-
tuto riscbiarare e sciogliere si importante punto , ed
accertarsi dell' utilita della rivaccinazione, la quale, an-
ziche apportare scoraggiamento nell'animo del pubblico,
lo rassicura. Del resto noi non potremmo non applau-
dire al lavoro clie annunziamo qual nuovo regalo fatto
alia scienza dal cliiarissimo e per ogni rispetto bene-
mcrito nostro illustre collega.
FanLonctti.
Sulla scclta delle linee per le strode diferro in Lom-
bardia. Notizie ed osservazioni dell'ingegnere G. B.
In Lombardia, come in Ingbilterra , si lascia all' in-
dustria dei privati intraprenditori la costruzione delle
strade di ferro, e mentre in alcuni paesi la scelta delle
linee per le strade di ferro sembra clie si voglia far
dipendere dal governo , in Lombardia invcce si lascia
pure libera ad arbitrio degli stessi intraprenditori la
scelta delle linee per ogni data strada di ferro, desti-
nata a congiungere determinati punti estremi. Cosi av-
venne appunto in riguardo della prima concessione di
privilegio per la Lombardia clie rimouta al 27 luglio
1 835, e di cui si ebbe la conferma successivamente colla
gia seguita pubblicazione della Sovrana Patente 27 lu-
glio 1837, relativa alia costruzione della rotaia di ferro
progettata da Milano a Como (Bibl. Ital. torn. 83, p. 263).
Nello stesso anno 1837 si e anche fatto con superiore
abilitazione il rilievo dei dati per il preliminare pro-
getto di strada di ferro da Milano a Bergamo (Bibl. Ital.
SULLA SCELTA DELLE L1NEE, EC. C)3
torn. 89, p. 4J9)- Poscia, cioe nel settembre i838, si dira-
marono in tutta la monarchia le Sovrane Direttive per
simili concessioni di strade a rotaie di ferro, ed in forza
delle stesse Direttive Sovrane al § 2: u La scelta della
r> linea in quanto alia direzione od estensione (Bei-
» henjblge) delle strade ferrate da costruirsi e abban-
y> donata ai privati ed ai loro calcoli sul vantaggio e
y> sul ricavo che credessero con probability di poterne
» ritrarre e non s'impongono loro altre restrizioni fuori
» di quelle richieste da interessi pubblici di maggiore
55 importauza 55 e contemplate dai successivi §§ 2, lett.
£, 5 e n delle medesime Direttive Sovrane. Alia sud-
detta prima concessione di questo geuere per la Loin*
bardia sono ora da aggiungersi le altre due emanate
piu di recente dal trono , e teste gia annunziate al
pubblico lombardo come tali seguite e firmate dal So-
vrano in Vienna per le consimili rotaie di fevro da
Milano a Monza e da Milano a Venezia^ ma delle quali
non sono per anco state pubblicate le sovrane patenti
di privilegio.
Ora e noto altresi cbe le sullodate Direttive sovrane
al § 3 lett. a ingiungono in generale a tutti gli aspi-
ranti a simili privilegi e per tutti i casi avvenire nella
monarchia austriaca 1' obbligo di riportare una duplicc
concessione dipendente da risoluzione sovrana, affiue di
poter costruire una strada di ferro destinata ad uso
pubblico.
Si osserva pero che alia Societa lombardo-veneta fu
concesso il definitive privilegio;, colla sovrana risoluzione
del 7 aprile iS/fo, per la costruzione della strada fer-
rata da IMilano a Venezia sulla linea retta passanto
presso Gorgonzola cd a Treviglio, assieme al privile-
gio preliminaie e provvisorio pel tronco laterale di strada
ferrata da Treviglio a Bergamo , sotto l'espressa riserva
e coudizione che quest' ultimo privilegio non sia da ris-
guardarsi come la concessione sovrana di un diritto
esclusivo rclativamcnte alia strada ferrata di congiun-
zione delle due citta di Bergamo e Milano 5 laonde a
questo riguardo si puo ritenere per fermo soltanto e
dedurne che sia bensi stabilita e fissata irrevocabilmenle
94 SULLA SCELTA DELLE LINEE
in massima la linea della strada di ferro congiungente
Milano a Brescia, non gia la linea per la suddetta strada
di ferro da Milano a Bersamo.
Limitiamoci qui ad esaminare e discutere nell1 inte-
resse del pubblico lombardo la questione della miglior
linea per le strade di ferro in progetto o in costru-
zione nella Lombardia sotto il punto di vista pura-
mente tecnico ed economico comraerciale. Riteniamo
che la questione della linea sussiste e si agita princi-
palmente da una parte tra i fautori del pensiero della
strada di ferro secondo le lince indirette e di dirama-
zione da Monza a Como e da Monza a Bergamo ed a
Brescia in corrispondenza del breve tronco di strada di
ferro in costruzione da Milano a Monza (i) , e dall' al-
tra parte tra i fautori del progetto delle privilegiate
strade di ferro secondo le due linea rette e fondamen-
lali per il Milanese : dal lago e dalla cittd di Como a
Milano ed a Pavia^ e da Milano a Trenezia.
Percio dai primi si vorrebbe formare la stazione prin-
cipale ed il crociccbio o cenlro comune a piu linee per
le strade di ferro della Lombardia in Monza; mentre dai
secoudi si ritiene e si propone iuvece per il centro e per
la stazione principale di tuttele strade di ferro della Lom-
bardia la strada di circonvallazione della citta di Mi-
lano che ne e ancbe la capitale. Quindi, secondo che a
noi ne pare, non si puo esitar un istante a dichiararsi
favorevoli a quest1 ultima opinione che fissa il centro e
la stazione a Milano per ogui linea di strada di ferro
lombarda. E difatti, come mai si potrebbero consigliare
e indurre i privati intraprenditori delle nostre strade
di ferro a seguire un diverso parere? La linea da Mi-
lano a Monza sembra bensi la piu opportuna per dare
un prinw saggio ed esperimento di strada a vapore in
Lombardia} ma siccome le strade di ferro non sono
istituite soltanto per divertirc il pubblico e soddisfare
alia di lui naturalc curiosita passeggera } cosi non si
puo restare indiffereati sulla scelta della linea per una
(i) Co! giorno 18 agosto 1840 fu apei'lo al pubblico il dcllo tronco
di strada.
PER LE STRADE DI .FERRO IX LOMBARDIA. g5
strada di ferro die debba continuare per anni e se-
coli a produrre il vantaggio generale del paese nostro,
come si e quella da Milano a Venezia. In generale il
crociccbio e la stazione centrale delle varie linee di
strade ferrate venne sempre all' estero sin qui fissata
nel punto piu importante per il commercio e la popola-
zione ogni volta cbe cpiesto punto corrispondeva al prin-
cipal centro di figura del paese di cui si tratta. Cosi
per la Lombardia l'anzidetto punto centrale della sta-
zione principale delle varie linee piu importanti per il
commercio e la popolazione del paese si formera na-
turalmente presso le mura di Milano e non a Monza,
come per la Francia si va formando a Parigi e non a
Versailles od a Saint-Germain-, per 1' Austria Superiore
a Linz e non a Wels} per 1' Austria Inferior^ a Vienna
e non a Scboubrunn od a Baden ^ e per l'Ingbilterra,
a Londra e non a Richmond, oppure a Brighton. Si
osserva poi che la piccola citta di Monza, rispetto alia
pianura di Lombardia, e piu eccentrica di Milano e di
altre citta provinciali, mentre invece la citta di Mali-
nes , che da alcuui si cita ad esempio e viene parago-
nata a Monza, oltreccbe si trova sulla gran linea cen-
trale per la strada ferrata del Continente d'Europada
Ostenda a Golonia e da Golonia a Berlino, e appunto
situata nel mezzo del Belgio piu verso il centro di fi-
gura in confronto di Brusselles, Gand, Anversa e Liegi,
che si trovano poste piu verso la circonferenza di quel
regno. Si osserva inoltre che il piano della citta diMonza
rispetlo al piano di Milano fuori di Porta Nuova e molto
piu elevato^ laddove invece la stazione centrale di Ma-
lines nel Belgio e alfopposto assai piu bassa e depressa
di livello in confronto alia stazione laterale di Brussel-
les. Per le cose esposte ne giova sperare che gVintra-
prenditori delle strade ferrate combineranno i loro
piani in modo che tutte le principals linee di strade
ferrate della Lombardia , a guisa di altrettanti raggi
del cerchio, convergano a Milano e non gia a Monza.
Rassegnato che fu al Govcrno ilprogetto generale della
strada di ferro da Milano a Venezia, redatto dal va-
lente signor ingegnere Milaui, per la sua disamina solto
96 SULLA SCELTA DELLE LI NEE
tutti i rapporti tecnici, politici, commercial! c militari,
esso fu successivamente approvato da tutti i Dicasteri
Aulici, e fini non lia guari coll'essere sanzionato anche
dal Sovrano in Vienna. E siccome si e da noi presentito
die si pensi ora a rendere quanto prima di pubblica ra-
gione F anzidetto progetto generate della grande strada
di ferro da Milano a Venezia col corredo dei disegni
di planimelria e profili di livellazione per tutta la lun-
gliezza della linea, cosi possiamo rallegrarci in preven-
zione col signor ingegnere Milani, che finalmente, merce
di lui non maucheranno piu, come per Faddietro, i
dati piu indispensabili di fatto per potere d' ora innanzi
istituire qualunque discorso, confronto e giudizio in
arte sopra ogui singolo elemento di quell' importaute
progetto generale, come sarebbero la linea, la pende?iza}
la sezione, il sistema della rotaia, la forma delle mac-
chine locomotive o stazionarie, la forma dei principali
edifizii ad uso di stazioni; ponti, viadotti, gallerie'e si-
rnili.
Per cio clie riguarda la scelta della linea migliore e
di maggiore convenienza ed utilita agli intraprenditori
ed al nostro paese, gia da varii anni si va dibattendo e
discutendo la questione presso il pubblico lombardo-ve-
neto. Fin dallorigine pero fu facile Faccorgersi cbe si
meritava una decisa preferenza per Fandamento della
strada ferrata da Milano a Brescia la linea quasi retta
ed orizzontale in perfetta pianura che si offriva se-
guendo il livello dei terreni interposti fra Milano e
Brescia nella direzione di Gorgonzola e Treviglio. E
difalti come mai, anche volendo estendere a tutta la
provincia di Bergamo i vantaggi della strada ferrata
lombardo-veneta, si potrebbe pretendere di seegliere
per questa F altra linea assai piu lunga e piu erta clie
va da Milano a Monza, da Monza a Bergamo e da
Bergamo a Brescia passaudo per Palosco? D' altronde
la strada ferrata da Milano a Brescia 11011 e come ua
piccolo seutiero d'un giardino inglesc, clie per renderlo
piu aggradevole alF occhio e variato nel tempo stesso,
cioe piu bello, si abbia da disegnarc e ad arte tracciare
dai nostri architctti appunto a continui serpeggiamenti
PiiH LE STRADE DI EERRO IN L0MBARD1A. C)7
di curve ed a frequent! saliscendoli di forti conlrap-
pendenze simili a quelle che in grande la natura ci
offVe fra le nostre montagne , e che , sebbene piu in
piccolo , pure s1 incontrano anche nella direzione da
Milano a Monza, Bergamo, Palosco e Brescia attraverso
un paese tutto sparso di colline; sembrava quindi inu-
tile la ragionata dimostrazione d'una verita si manifesta
per riguardo alia scelta della tinea migliore fra Milano e
Brescia. Tultavia l'ingegnere Milaui, a difesa della pro-
pria linea nel Capo I. della sua recente e dotta Memo-
ria ( 1 ), ha stimato bene di fermarsi a dimostrare la con-
venienza della suddetta scelta di linea per la strada
ferrata da Milano a Bergamo nell' interesse del pub-
blico lombardo e della Societa privilegiata lombardo-
veneta. Siccome poi si tratta non tanto di giustificare la
scelta fatta dall' ingegnere Milani , e gia adottata dalla
Societa lombardo-veneta, da tutte le autorita si gover-
native che auliche e da Sua Maesta per la linea di detta
strada di ferro, quanto di sradicare, se fosse possibile,
gli errori popolari che sono stati diffusi e vanno tutta-
via spargendosi fra di noi in fatto di strade simili dai
suddetti fautori della linea e del projilo ondulati a zig-
zag per andare da Milano a Monza, da Monza a Ber-
gamo, da Bergamo a Palosco e da Palosco a Brescia*,
cosi non sara del tutto inutile che ci fermiamo qui ad
csporre le nostre osservazioni sul proposito della suac-
cennata Memoria.
Sebbene siamo pcrfettamente d' accordo col signor
Milani sulla convenienza di venire in linea retta da
Brescia a Milano , troviamo per6 che non tutte le ra-
gioni ch' egli adduce per sostenere il suo assunto sono
egualmentc buone: eccone alcuni esempj.
Pag. ii. Le ragioni qui addotle per difendere la
(i) Qual linea seguir debba da Biescia a Milano 1' I. R. Privi-
legiata strada di i'erro Fcrdinandea Lombardo- Veneta. Memoria
dell' ingegnere Giovanni Milani, ingegnere in capo della strada
suddella. — Milano, dalla tipogralia Bcruardoui , i8.'|0. In 8.° di
pag. 8o.
Bill. haL T. XCVI1I. 7
g8 SULLA SCELTA DELLE L1JMEE
scelta della parte della linea clie altraversa le provin-
cic venete e quelle di Mantova e tli Brescia non souo
poste nel pin cliiaro lume. Questa parte , che per ae-
costarsi alle principali citta presenta ben sette gira-
volte, fa un dispiacevol contrasto col bel tronco fra
Brescia c Milano, il quale non devia mai tlalla linea
retta per accostarsi acl alcuna delle lateral] citta di
Lonibardia. Finclie colla pubblicazionc del progetto
generate non siano resi evidenti i principj clie hannp
guidata la Societa nelle sue detcrminazioni, dai pochi
cenni in cui si vanta Fimportanza di Verona, Vi-
cenza e Brescia, c la fertilita dei loro territorj , po-
tranno i diionsori della strada passante per Bergamo
cavare dei confront! ad essa favorevoli.
Potia inollre ad alcuno nascere il sospetto , che sc
la Societa lombardo-veneta, allorche negli scorsi anni
divisava di tirar bravamente una linea retta da De-
senzano a Pescbiera, si fosse accorta che tra quelle col-
line non si apre per una strada di ferro alcun facil
passo , avrebbe forse interamente cambiato di piano }
il che, non potendo essa piu fare dappoi senza nuo-
cere al proprio decoro , immagino di girar le colline
del lago di Garda sotto il villaggio della Kolta 3 for-
mando, per salvar Verona e Brescia, due nuovi go-
miti , ed allungando la linea di 80 10 miglia.
Pag. 1 4- « La linea seconda, cioe di Monza , per an-
j? dar da Brescia a Bergamo nel luogo della stazione, sale
y> un'altezzadi metri io4 perpoi discenderne iii». (^ue-
sto inconveniente (che, al pari dell' altro dell'allunga-
mento della strada, riconosciamo noi pure come gravissi-
mo) se fosse il solo si potrebbe render men grave, quando
i Bergamaschi si accontentassero, come pare che si ac-
contentino i Veronesi , che la strada ferrata non toc-
casse precisamente la citta bassa, ma vi si accostasse,
passando alia distanza di alquante miglia. Colla ra-
pidita con cui crescono d' estensione le citta nostre,
siamo persuasi che in breve tempo si vedrebbero sor-
gere a Bergamo (come ccrtamente sorgeranno a Vero-
na) dei nuovi sobborghi che melterebbero in contatto
la citta colla strada di ferro verso Brescia e Venezia.
PEll LE STBAbE DI FERRO IN LOMBARDIA. 99
Pag. 19. « Se la seconda linca conta Bergamo e
>■> Monza di 44?^°^ abitanti , la prima conta Chiari ,
» Romano, cc. clie nc contengono quasi altretlanti » .
Qucsto confronto 11011 e cquo: se sulla prima linca,
the non incoutra alcuna citta , si mettono. in conto i
borglii c i paesi , pcrclie si dovrauno ommcltcrc qucsli
sulla secontla linea, la quale e anch' cssa popolata di
borglii e di paesi come la prima?
Pag. 22. "Vedemmo clie nella scconda linea vi sono
55 otto curve di piu clie nella prima «. Altro c il dire
clie nella strada fra Monza, Bergamo e Brescia si siano
scgnate undici curve :, altro e il dimostrare che una
strada bene arcliileltata, clie passi per quei tre punti,
le debba necessariamente avere. Se, discorrendosi finora
dell' anzidetta strada da Monza a Bergamo e da Ber-
gamo a Brescia, si pensava di lasciar sussistere quelle
curve , cio poteva derivare dalla persuasione in cui sono
alcuni clie le curvature di raggio considerabile 11011
siano un inconveniente da fuggirsi^ rimane inoltre cbc
il signor Milani ci dimostri , colla pubblicazione del
piano della diramazione^ clie si propone da Treviglio
a Bergamo , clie in cssa non vi saranno curve ne pen-
denze eguali a quelle clie fossero riconosciute affalto
inevitabili in una linea da Milano a Bergamo, direlta-
mente per Gorgonzola {Bill. Ital. torn. 89, p. 4'9)-
Pag. ^4- « I loro incrcmenti succcssivi di velocita
» sono rapid! , e lanto piu quanto e piu grande 1' in-
:■> clinazione e piu forte la carica ».
E nolo clie prescindendo dagli attrili c dalla resistenza
dell' aria , la velocita acquistata da un grave clie scendc
sopra un piano inclinato e indipeudeute dalla sua massa,
c die lo stcsso avviene auclic considerando 1' allrito ,
quando si ritiene l'ipotesi adottata dai Csici, clie questo
sia proporzionale al peso. Se 1' autore per carica lia in-
teso il peso 0 la massa dei convogli , cio ch' egli dice
della velocita dovrebbe intendersi della quanlita di
movimento.
Pag. suddetta. « Se dunque i couvogli non si allen-
•• tassero , accrescendo coi soliti congegiii il loro at-
y> trito , c si corresse con una velocita maggiorc di 20
I GO SULLA SCELTA DELLE LINEE
» miglia all" ora . qucsta vclocita polrebbe divcnirc in-
» /hen abile » .
I solili congegni per accrcsccrc l'attrito tanto si
possono applicare ncl caso cli una vclocita cli 20 mi-
glia all' ora, quanlo in quello d' una vclocita di 3o
od anche di f\o miglia. Potra dunquc un abilc auriga
lasciar crescere la vclocita fino al punto in cui nou e
pericolosa, e moderarla a tempo cogli opportuni con-
gcgni.
Pag. 3o. « Ora, giunti alia cima del piano inclinato,
« c impossibilc scemare da un momento all' altro i*iu-
r> tensila, l1 incrcmento di combustione e di evapora-
n zione della caldaja: queirincremento di combustione
» e di evaporazione continua quindi e per lungo tempo
;j anche nella discesa, disperdendo per le valvole di
» sicurczza quel vapore cbc non occorre al movimento
35 dei cilindri " .
L' abile condottiere cominccra qualche tempo prima
a scemare T iutensita della combustione, siccbe il con-
voglio giunga alia sommila con moto ritardato. Senza
quest" avvertenza, come sai'ebbe possibile fcrmare la
maccbina quando giungc al fine della sua corsa?
Pag. 36. «La Socicta Lombardo-Veneta serve colla
" propria strada di ferro la provincia di Bergamo me-
» glio cbe il molto affaccendarsi di alcuni cbe mo-
" strano voler giovare ad essa per giovare a se».
In una discussione puramenle scienlifica e cbc deve
lenderc da ambe le parti alia scoperta del vcro , do-
vrebbcro essere bandite tulte le allusioni jjcrsonali , e
tutte le frasi tendenti a porre in cattivo aspetto le in-
tenzioni degli avversarj. D' altronde gli stcssi argo-
menti cbc valgono a favore della linea retta e piana
tra Milano c Brescia, valgono pure c si applicano ancbe
alia diretta giunzione di Bergamo con Milano per Gor-
gonzola in confronto delle linee latcrali di Monza c di
Treviglio (Bibl. Ital. torn. 89, pag. 4'0)-
Del reslo, in geucrale parlaudo, ammettiamo ancbe
noi col signor Milani cbe il piano inclinato di pin del
5 per mille sullc slrade di ferro e da scbivarsi il piu
cbe sia possibile , percbe vi accrcsce inutilmcnte non
PER LE STRADE DI FERRO IN EOMBARDIA. lol
lanto la difficolta ed il pcricolo increutc all* uso cd al
maneggio delle locomotive, quanto il consumo del corn-
bustibile c della forza del vapore ogni volta che qucsto
e genera to nclla caldaja al grado necessario di teinpc-
ratura per salirc sul piano inclinato medesimo colla
maggior possibile vclocita.
Qucste sono lc poche difficolta che leggendo la
Memoria del signor Milani ci parvero degne d1 essere
nctate affine di meglio mostrare la nostra imparziali-
ta nel trattare quest' argomento. Una considerazione
poi che non devc ommettersi nella scelta della mi-
glior linea per una data strada di ferro e quella della
qualita del mo tore ^ peraltro in tutti i discorsi e ra-
gionamenti relativi alia linea della strada ferrala da
Milano a Brescia si e sempre supposto c sottinteso
che si debbano usare soltanto ed in ogni punto della
medesima linea lc macchine cosi dette locomotive, per il
motore dei treni viaggianti sulla strada di ferro } e ci6
sebbene vi siano gia molti csempj in Europa, come
da Saint-Etienne a Roannc inFrancia, da Ans a Licgi
nel Belgio, da Euston Square a Camden Town presso
Londra, ed a Liverpool in Inghiltcrra, dov'e introdotto
Tuso promiscuo delle macchine locomotive , del ca-
vallo, e delle macchine stazionarie peril motore sopra
strade di ferro estese in lunghczza per piu centinaja
di miglia, come quella da Milano a Venezia. Una tale
promiscuita di mo tori sarebbe un inconveniente assai
grave, laddove invece di incontrarla soltanto verso il
mezzo o le estrcmita della linea fosse da ripetersi ad
ogni momento ne'punti intermedj , per il che si do-
vesse cambiar di motore ad ogni salto od inflessione
del terrcno e quasi, ad ogni stazione intermedia, con
pcrdita di molto tempo nelle fermate indispensabili
peril distacco efattacco dei i no tori ai treni viaggianti
dei carri e delle carrozze colle merci e colle persone.
Cosi potendosi schivare sotto Cassano un tal cambio
del motore colla scelta della linea passante per Tre-
viglio, si ritiene che non converrebbe di interromperla
in alcun punto di mezzo, trattandosi di un viaggio ese-
guibile in poche ore di tempo col vapore. Gio posto e
102 SULLA SCELTA DELLE LINEE
ritcnuto, i pregi principali della linen Milan! per la
strada di ferro da Milano a Brescia, secondo noi , si
riducono ai seguenti:
l.° Di cssere la piu breve, come quclla clie e trac-
ciata quasi in un sol rettifdo dell' estensione in lun-
ghezza di chil. 78 Vs fra gli eslremi di Milano e Brescia.
2.0 Di contenere per conseguenza pochc curve, e
queste di raggio assai grande, cioe non mai minore di
metri iooo.
3.° Di cssere tutta situata in perfetta pianura, c quindi
percorribile sempre collo stesso motore delle macchine
a vapore locoyarianti o locomotive che si vogliano dire.
4-° Di non avere mai in nessun punto piix del 2 o
del 3 per millc di pendenza, essendo in totalita di soli
metri 17. ^4^ Brescia piii alia di Milano.
5.° Di avere questa pendenza quasi tulta in un senso
uniformemente distribuita sul tcrrcno interposlo fra
Milano e Brescia.
6.° Di non avere a super are clie la piccola controp-
pendenza di pocbi metri al punto d' incontro dell'Adda
solto Cassano.
Ma in conferma di questa nostra opinionc favnrevolc
in complesso alia linea Milani per la tratta da Milano a
Brescia, cd affinche ognuno possa essere in grado di ap-
plicare i principj gcnci-ali dell1 arte ncl presente caso e
giudicare da se del merito comparativo delle diverse li-
nee clie si pi-esentavano alia scelta per la strada di ferro
in progelto fra Milano e Brescia, noi passeremo a dare
qui la traduzione della interessantissima Memoria su
quest'oggelto gia inscrila dairillustre ingegnere francese
Navier ncgli Annates des ponts et chaussez per l'anno
1 835 col titolo: Nota sul confronto dei vantaggi ri-
spcttivi delle diverse linee di strade ferrate , e suW im-
piego delle macchine locomotive (Parigi, 1 835- )
I. Nozioni general i
relative alio stabilimcnto delle strade di ferro.
I proi^rtli di strade ferrate sono gcneralmentc concepiti secondo
due idee principal!. Si considera questo nuovo generc di comunica-
zionij 1. "come qucllo che offrc al conimercio un modo di trasporto
PER LE STRADE TU FERRO IN LOMBARDIA. lo3
piu cconomico; '2.° come qucllo die da il mezzo di opcrarc il
Irasporto delle mercanzie e soprattulto dei viaggiatori con una
vclocita assai grande , di cni il valor medio pud essere portalo, sc-
condo cio che si vcde in Inghillerra, fino ad otto leghc all' ora.
Questa grande rapidita nel trasporto cssendo sembrata la proprieta
caratterislica dellc Strade di ferro, senza la quale perdcrebbero
il loro principale vantaggio e non produrrebbero i risultafi die se
lie pu6 attendere, si e giudicato di ammettere quasi esclusivamente
rimpiego di macchine locomotive come appareccbio d'alliraglio.
Questa disposizione prcscnta d' altronde colla sua semplicila grandi
vantaggi, e perche dopo lo stabilimento della strada si puo aumen-
tare poco a poco il numcro delle macchine, a misura cbe i bisogni
del commorcio lo esigono, e proporzionare sempre senza limore di
fare delle spese inutili di primo impianto e profittando dei perfe-
zionamenti derivanli dal progresso delle arli , il numero e la forza
degli appareccbi al trasporto die si opera realmente. Si e adunque
riguardata come una delle condizioni, alle qufth' bisognava ristrin-
gersi nella disposizione delle grandi lince di strade ferrate, che
quesle linee potesscro essere percorse in tutta la loro eslensio-
ne dalle macchine locomotive, e, per quanto fosse possibile, affine
di evilare le interruzioni ed i ritardi, che la stessa macchina po-
tesse tirare dapperlutto lo slesso convoglio. La condizione pre-
cedentc conduce di necessita a non ammettere sopra le strade di
ferro che delle pendenze assai deboli e tali che le differenze che
csisteranno fra gli sforzi nccessarj per tirare il convoglio nei diversi
tronchi della strada, nou interrompano il giuoco delle macchine e
non diano luogo ad alcuna perdita di forza. Lo sforzo dcH'atlira-
glio in un tronco orizzonlale sembra dover essere stimato per me-
dio alia 2ooa parte circa del peso tirato, sehbene alcune espe-
rienze fatte in circoslanze favorevoli abbiano dati dei risullali piu
deboli. II peso essendo i , questo sforzo e dunque rappresentato
da o,oo5 , e ciascun millimetre per metro di pendenza ascendentc
aumenta questo numcro di 0,00 1, di modo che, per esempio, sopra
una pendenza ascendentc di 5 millimetri per metro, lo sforzo diver-
rebbe o,oi,vale a dire che sarebbe doppio di quello che e in una
porzione orizzonlale sopra una pendenza discendcnle; al contrario
ciascun millimetre) per metro di pendenza discendenle diminuisce
lo sforzo dcll'atliraglio di 0,01 ; di modo che questo sforzo divicn
nullo sopra una pendenza discendente di 5 millimetri per metro.
Si concepisce da cio che lc pendenze non devono sorpassarc
Io4 SULLA SCELTA DELLE LINEE
sopra le stratle di ferro un assai piccolo numero di millimetri per
metro, e si pu6 dire in generate clie, piu si e pcrfezionata la coslru-
zione d' una strada in modo da dirninuire lo sforzo dcll'attiraglio,
piu e ncccssario, per profiltare del vantaggio che si e cosl ollcnuto,
di dirninuire cgualmcnte le pendenze. Ma esiste qui un motivo spe-
ciale di non formare, se e possibile, delle pendenze al di sopra di 5
millimetri per metro, poiche sopra una pendenza discendenle piu
rapida, l'azione della gravita oltrepassando la resistenza proveniente
dall' attrilo, il movimento del convoglio tende ad accelerarsi. In
ragione del pericolo che presenta quest' accclerazione e necessario
di prevenirla con mezzi speciali, ed anche di far discendere il con-
voglio con una velocita mediocre. Bisogna dunque distrnggere la
parte dell'azione della gravita che produrrebbe 1' accelerazione e
che sorpassa lo sforzo dcll'attiraglio. Se la pendenza discendente, a
modo d' escmpio, e di 7 millimetri per metro , cosicche la gravita
tenda a far discendere il convoglio con uno sforzo rappresentato
da 0,007, si ulilizza soltanto la parte di qucsto sforzo rappresentato
da o,oo5 che hilancia lo sforzo dell' attiraglio; e bisogna distruggere
coll'uso dei freni o di altri mezzi la parte rappresentata da 0,002
che produrrebbe 1' accelerazione del movimento. Ne risulta che
una parte dell'economia di forza che dovrebbe risultare dalla di-
scesa del convoglio e pcrduta. In generate le discese non produr-
ranno sopra una strada di ferro un'cconomia di forza proporzio-
nata all'altezza da cui il convoglio e disceso, se non in quanto le
pendenze discendenti non sorpasseranno 5 millimetri per metro,
lo sforzo dell' atliraglio essendo supposlo, come noi l'abbianio fatlo
qui sopra, cgualc a 5 millimetri del peso del convoglio.
Questc considerazioni indicano in una maniera generale il punto
di vista sotlo il quale lo stabilimcnto delle linec delle strade di
ferro e slalo risguardato. La possibility di stabiliie un modo di tras-
porto rapidissimo, 1' uso delle macchine locomotive per operare
l'attiraglio, la riduzione delle pendenze alia minorc inclinazione
possibile e, per quanto si potra, ad inclinazioni minori di 5 milli-
metri per metro, sono sembrate le condizioni piu essenziali. E su-
pcrfluo di rimarcare che la condizione di dirninuire, per quanto si
puo, il tempo del tragitto Ira due punti dali csige che si cerchi di
dirninuire del pari la lunghezza della strada di ferro che si trat-
terebbe di costruite fra qucsli due punti. Si caderebbe in una con-
traddizioue solennc col non tcinerc di allungarc la linea per la ra-
gione che il Irasporto si opera con un' assai grande velocita. Lo
PER LE STR.VBE DI FERRO IN LOtfBARDIA. IO.)
slesso principio clie fa desiderare lo stabillraento d'una slrada di
ferro nella vista di oltciiere un modo di trasporto assai piu pronto
di ogni altro, csige che si ricerchino con ogni cura le linee piu
corle, e deve ancbc farlo talvolta prefcrire , quand'essc sembras-
scro per altri riguardi prcscntare dello svantaggio.
II tracciaincnto della linca sulla superficie del suolo, quando quc-
sla superficie e stata riconosciuta e definita col mezzo di plani-
melrie e livellazioni , non csige d'altronde principj nuovi. Suppo-
niamo clie si tratti di riunire con una linea di strada di ferro il
piinto A ed il punlo B piu elevato di A , il tracciamento piu van-
taggioso sarebbe evidentementc la linea reltaAB avente una pen-
dcnza uniforme. E la linea a cui bisogna avvicinarsi il piu possi-
bile sia in projezione orizzontale sulla carta , sia nel proli'.o verti-
cale. Se la pendenza uniforme e impossibile o sc essa esige un
troppo lungo sviluppo , bisogna almeno cercare di elevarsi progres-
sivamente da A in B, di non montare per discendere in seguito ,
ne di discendere per rimontarc al livello da cui si e discesi. Se
non si puo adoltare una tale disposizione, e se esistono Ira i punti
A e B una o piu linee di vetta o di valle cbe debbano essere attra-
versate, bisogna senipre cercare di elevai-si o di abbassarsi il meno
possibile , per conseguenza cercare di tagliar le velte ne' punti in
cui 1' altezza e un mini/no, e le valli ne' punti in cui 1' altezza e un
massimo, senza alkuigar di troppo il tragitto. Ed e abbastanza cbiaro
clie si sara generalmente condotti ad approssimarsi alle linee di
sommita col seguire le linee di valle sccondarie e cbe sono sempre
linee di minor pendenza. Ma se queste linee di minor pendenza
sono ancora troppo rapide affincbe la slrada di ferro possa seguir-
le , diviene necessario di non elevarsi sino alia vetta e di passare
per di sotto col mezzo di una gallcria solterranea.
Si prescnteranno talvolta fra i due punti dati A e B pareccliie
dirrzioni cbe sembrcranno soddisfare quasi egualmenle bene alle
indicazioni sopra enunciate. Di piu alcune di queste direzioni pos-
sono offrire dei vantaggi d'un altro genere^ come quello di pas-
sare presso d' una citta considerabile od in luogo dove si trovino
delle fabbriche importanti. La scelta cbe si trattera di fare tra que-
ste direzioni. e cbe deve sempre essere fondata sulla considerazione
dell' interesse generale del paese, puo presentare delle difficolla.
Noi passeremo ad esporre alcune delle nozioni principal! proprie
a scbiarire una decisione di quesla nalura.
I06 SULLA SCELTA DELLE LINEE
II. Elcmcnti principali del confronto di diverse linee
di strade ferrate.
L'intcressc del paese e qui: i.° lo stal)ilimcnto d' un modo di
trasporto rapidissiino ; considerazione die tende a far preferire lc
linee piu brcvi , la velocita dovendo naturalmonte esscre supposla
la stessa sopra lutte; 1° il progresso dclla ricchezza. La costru-
zione di una strada di ferro, come quella di un canale o di una
strada nuova , favorisce il progresso dclla ricchezza in primo luo-
go, per cio che la spesa attuale dei trasporti che hanno luogo in
questa direzione e diminuita; ed insecondo luogo, per cio chequesta
diminuzione sul prezzo del trasporlo aumenta il valore delle pro-
prieta vicine, facilita lo stabilimento di nuove industrie e ne ac-
cresce la produzionc. II primo di quest! due effelti, cioe la dimi-
nuzione oltenuta sui prezzi attuali del trasporto, e la causa del se-
condo, di modo che questa diminuzione e la circostanza principale
c quella che deve soprattutto essere considerata.
Diremo pure che la tassa di riduzione che si puo ottenere sui
prezzi attuali di trasporto collo stabilimento di una nuova corau-
nicazione e quasi la sola cosa di cui si dehba occuparsi, se non
fosse necessario di considcrare anche la quantita dei trasporti che
si operano o che possono operarsi in seguito su detta direzione ;
perche egli e cvidente che puo essere nieno vantaggioso alio Stato
di produrre una grande economia nelle spese di trasporto sopra
una linea dove si trasporta un' assai grande quantita di mercanzte.
E dunque necessario in generale di prendere in considerazione, nel
confronto che si fa di diverse linee, la quantita dei trasporti che
si stahilirebbero sopra ciascuna , ed anche 1' aumeuto nel valore
. delle proprieta e lo sviluppo della produzione a cui lo stabilimento
di queste linee puo dar luogo rispcttivamente secondo la natura
dei paesi che esse attraversauo.
Non si intraprendera punto di approfondire qui 1' influenza di
questi ultimi element! della qucstione che appartengono alia stati-
stica ed all' economia politica, ed a riguardo dei quali non si po-
trebbero prcsentare ora nozioni abbastanza precise ; si limitera
qui il discorso alia considerazione della riduzione che lo stabili-
mento di una strada di ferro potrebbe far ottenere sui prezzi
attuali del trasporto; considerazione assai importanle, come qui so-
pra si e rimarcato, a cui e sempre necessario di attaccarsi, che
PER LE STRADE m FERRO IN LOMBARDIA. 107
Wmera in tut (i i casi l'dcmento principale dei confronli di cui si
tratta , c clic si point sovente ricondurre a delerminazioni pura-
menlo gcomctrichc o mcccaniche e per conscguenza escnli da ogni
arhitrio.
U prczzo del trasporto sopra una linea di strada ferrata, come
sop'ra una strada od un canale, dipende da due cause principal!,
clic ■ h; (i)
cioe ad un' altezza eguale ulla uoo.'"-' parte della luughezza della
I i 2 SULLA SCELTA DELLE LINEE
litica, aumenlata o diminuila della differenza di livello delle estre-
mila secondo il scnso in cui si cammina, ed alia quale si aggiunge
la somma delle salilc inutilij, moltiplicata per la frazione espriraente
la porzionc della quantita d' azione lotale foniita dalla maccliina a
vaporc che c Consumata inutilmente dagli atlrili, c che non c im-
piegala all' attiraglio.
Questo risultato e rislretto d' altronde allc dus ipotesi che sono
state futle qui sopra; cioe, i.° che non vi fossero in alcuna parte dellc
pendenze discendenti piu rapide di o,oo5; 2.0 che la stessa mac-
china locomotiva tirasse dapperlutto il convoglio. Sara dunque ne-
cessario di aver riguardo ai casi particolari che non si accordas-
sero con qucstc due condizioni.
1 .° Se in qnalche parte del profilo vi fosse una pendenza discen-
dente i piu grande di o,oo5 , e di cui 1' allezza verticale sia »? , si
rimarchera, conformemente a cio che e stato delto piu sopra, che
non si utilizza, discendendo questa pendenza, che la frazione o,oo5
dell' azione della gravita, e che la parte i — o,oo5 di quest' azione
e interamente perduta, poiche non si pu6 lasciar acquislare al con-
voglio la velocita che essa tenderebhe a dargli.
La discesa della pendenza di cui si tratta non puo dunque essere con-
siderata come producente la quantita d' azione P *j corrispondente
a questa discesa ; ma soltauto una quantita d' azione egualc a
COOD P v? . ..,,,. / 1 — o.oo5 \
: ■ j e la quantita d azione ( : ) P r> si trova
perduta. Se ne conchiude, che dopo di aver espresso collaformola (1)
1' altezza a cui il peso del convoglio e elcvato dah" azione che opera
il trasporto, bisogncra aggiungcre a quest' altezza la quantita
i — OjOo5 , .
: • V- (2)
tutte le volte che si trovera una pendenza discendente i piu ra-
pida di — , la differenza di livello delle due cstremita di questa
1 200
pendenza cssendo "fl.
•2.0 Se csiste sopra la linea una pendenza ascendente abbaslanza
rapida per esigerc 1' uso d'una maccliina di rinforzo, hisognera,
oltre alia quantita d' azione determinata conformemente a cio che
e stato detlo qui sopra , contare la quantita d' azione necessana per
trasporlare la maccliina di riuforzo dall' eslrcmila inferiorc della
PER LE STRADE DI FERRO IN^LOMBARDIA. I I 3
pendenza all' eslremila superiore. Segniamo con « la lunghezza
della pendenza e con vj la sua altczza verlicale. Ammeltiamo di piu,
che il peso della macchina di rinforzo sia eguale alia frazione K
del peso tolalc del eonvoglio , indicato piu sopra con P. Egli e evi-
denle che la quanlita d'azioue necessaria per trasportare la mac-
china di rinforzo sara rappresentata da K P (o.oo5 a -f->j). Di qui
si conchiude che si terra conto di qucsta quanlita d' azione , ag-
giungendo all' altezza espressa dalla formola (i) la quantita
K ( o,oo5 x -j- » ) (5)
Di piu, non vi sara nulla a dedurre per 1'efTelto della discesa
della macchina quand' essa ritornera percorrendo la pendenza in
senso contrario, la quantita d' azione che sarehhe prodotta daque-
sta discesa essendo necessariamente perduta.
Si potra sempre, per mezzo delle nozioni precedenti, conoscere
facilmente la grandezza della quantita d' azione necessaria per ope-
rare il trasporto d' un eonvoglio da un' estremita all' altra d'unali-
nea di slrada ferrata , quantita la di cui valutazione si trova cosi
ridotta a termini estremamente semplici. Benche queste nozioni
siano molto semplici , pure non semhrera inutile di presenlare un'e-
sempio dei calcoli ai quali esse daranno luogo, ec.
IV. Detcrminazione del peso del eonvoglio
che pub essere tirato sopra una linen di strada ferrata
da una macchina locomot'wa di data forza.
Essendo data una macchina locomotiva, 1' azione che essa puo
produrre e limitata da due circostanze principali : i.° dalla quan-
tita di vapore che puo essere formata in un dato tempo: 2.° dallo
sforzo d'attiraglio che la macchina puo csercilare senza scorrere
c sdrucciolare sopra le guide.
Egli e evidente che in tutti i casi possihili vi sara perdita, se
non s' impiega tulta la polenza di vaporizzazione del focolajo e
della caldaja , cioe se non si fa produrre tutlo il vapore che po-
trebbe essere ottenuto. Cosi la prima condizione del buon impiego
della macchina e di impiegare costantemente la stessa quantita di
calore. Risulta da cio. come si vedra piu sol lo, che il peso del eon-
voglio essendo dato , vi e sopra ciascuna pendenza una velocila
che dev' essere ammessa e reciprocamonte. Di piii il peso del
Bibl. Ital. T. XCVI1I. R
I 1 4 SULLA SCELTA DELLE LINEE
convoglio non puo sorpassare il liniitc corrispondente alia resistenza
dclla macchina alio scorrimento.
L'azione della macchina e d'altronde ( supposto uniforme il mo-
vimento del convoglio ) soggelta alia condizione che lo sforzo del
vapore faccia equilibrio alio sforzo dell' attiraglio, che si deve con-
cepire applicato alia circonferenza delle ruote della macchina lo-
comotiva. Questa condizione determina la tensione sotto la quale
bisogna formare il vapore per tirare un dato peso. Se si e fissalo
prima un termine che questa tensione non debba oltrepassare, la
circostanza di cui si tratta puo ancora stahilire un limitc all'azione
della macchina locomotiva.
L' influenza di queste diverse condizioni ed i risultati a cui esse
conducono non possono essere messe in evidenza a meno di
csprimerle colle formole . . .
V. Esnme del movimento uniforme del convoglio
sopra le diverse pendente ascendenti o discendenti che possono
far parte della linea della sirada diferro.
II peso totale d' un convoglio , supposto tirato da una macchina
locomotiva di data forza, essendo stalo determinate) nel modo spie-
gatone'due arlicoli precedenti, non vi puo esser dubbioche i risultati
ottenuli s'abbiano a realizzare nell'esecuzione, se la linea della strada
di ferro presentava una pendenza uniforme, esigendo uno sforzo di
attiraglio costante J P, per trasportare il peso P, nel qual caso la
velocita del movimento sarebbe cgualmente costante. Ma una li-
nea di strada ferrata oflrendo generalmente dclle pendenze ine-
guali, e necessario di esaminarc in ciascun caso particolare, se 1' e-
sistenza di queste pendenze non alteri punto i risultati di cui si
tratta. ed in quali limiti le pendenze devono essere contenute, af-
finche questi risultati possano essere applicabili.
Si puo dire , in generale, i .° che il risullato dell' articolo pre-
cedente polra essere applicalo, o, cio che torna lo stesso, che
alcuna pcrdita sull'azione della macchina locomotiva non avra Iuo-
go in causa dell' esistenza d' una pendenza ascendente quando la
macchina potra tirare il convoglio sopra questa pendenza s cioe
quando lo sforzo dell' attiraglio che ha luogo sulla pendenza non
obblighera a portare troppo alta la tensione sotto la quale si pro-
duce il vapore , o non fara scorrcre le ruote della macchina loco-
motiva, 2.0 che non vi sara cgualmente alcuna perdita in causa
PER LE STRADE DI FERRO IN LOMBARDIA. Il5
doll' csistenza d'una pendenza discendente, quando t azionc della
gravita sul convoglio nun oltrcpassera le resistenze , comprcso lu
■sforzo necessario per far camminare a vuoto la macchina loco-
motiuA
VI. Esatne del movimenlo del convoglio
in occasions del passaggio da una pendenza alf altra.
Le nozioni prcsenlate lie' due articoli precedenti sono fondate
sulla.considerazione della velocita pcrmancnte che puo csser im-
pressa e mantenuta dalla macchina locomoliva sopra ciascuna pen-
denza. cd i convogli sono stati risguardati come percorrenli le di-
verse pendenze in tulla la loro lunghezza con questa velocita. In
tale supposto le condizioni indicate nell' art. V per far distinguere
se una pendenza ascendente o discendente indurra o no una per-
dita di forza sull' azionc della macchina locomoliva delenninata
dall'art. IV possono essere ammesse senza tenia di errorc.
Ma il supposto di cui si e parlato non e inleramente cenforme
agli effetti naturali, poiclie il convoglio non puo cangiare istanta-
neamente di velocita passaudo da una pendenza ad un'altra, sia in
ragione della sua inerzia , sia perche sopra ciascuna pendenza la
velocita pcrmanente suppone 1' esistenza d' una certa tensione del
vapore prodotto. Ora non si puo aumentare sull' istante la tensione
sotlo la quale il vapore viene prodotto , poiche questo aumento e
inseparabile da un' elevazione nella temperatura dell' acqua conte-
nuta nella caldaja. — 11 convoglio deve passarc gradualmente dalla
sua velocita permanentc altuale alia velocita pennancnte che con-
viene alia nuova pendenza sulla quale va a camminare; nello stesso
tempo che 1' acqua ed il vapore conlenuti nella caldaja passano gra-
dualmente dalla loro temperatura altuale. alia temperatura sotto la
quale il vapore dev' essere prodotto aftiuche la sua tensione faccia
equilibrio alio sforzo dell' attiraglio che ha luogo sopra questa nuova
pendenza, e mantenga eosl 1' uniformita di movimenlo.
Si tralta di ricercare se questi cangiamenti necessarj possono
essere effettuati senza dar luogo da una parte a un consumo piu
grande di combu.slibilc, c dali'altra parte s:nza piodune un ritardo
ncl movimerrto del convoglio.
In primo luogo osscrviamo , che non v' e punto generalinenle
di perdila di forza nel sislema che noi consideriamo quando non
si perda punto di vapore colic valvole di sicurezza. Tutle le volte
Il6 SL'LLA SCELTA DELLE LINEE
che il vapore prodotto non sorte dall'apparecchio die dopo di aver
agito sui pisloni , il calore che c slato necessario di trasmettergli
e slalo impiegato a sormontare le resistenze che s' oppongono al
movimcnto del convoglio., o ad imprimere alia massa di questo con-
voglio una forza viva equivalente all'elfello di queste resistenze. —
E ben evidente d' allronde che noi continuiamo a trascurare qui,
come un oggetto secondario , la considerazione delle perdite di
calore che hanno luogo alle superficie esteriori delle parti riscal-
date degli apparecchi, o piuttosto delle leggieri diflerenze che pos-
sono presentare queste perdite secondo 1' elevazione della tempe-
ratura dell'acqua nella caldaja. Dietro questo riflesso, la questione
proposla si riduce semplicemenle ad esaminare se si puo effettuare
il passaggio d' una pendenza all'altra senza lasciar perdere vapore.
Questo passaggio puo essere considerato in due casi: i.° quando
si arriva sopra una pendenza dove la resistenza al moto sara piu
grande; a.0 quando si arriva sopra una pendenza dove la resi-
stenza sara minore.
Ammettiamo, per fissar le idee, che il convoglio viaggiante sopra
una parte di livello vada a passare immediatamente sopra una pen-
denza ascendente di o,oo5. Continuando a prendere per esempio
il convoglio di cui le condizioni del movimcnto sono state deter-
minate nell' art. IV , si vede che questo convoglio viaggera sulla
linea di livello od orizzontale colla velocita di gm,S al secondo ,
il vapore essendo prodotto sotto la tensione di circa 5,8 atmosfere.
E per conseguenza alia temperatura di i44°« Quando il suo movi-
mento sara regolarizzato sulla pendenza di o,moo5, viaggera colla
velocfla di 6,n'8 , il vapore essendo prodotto sotto la tensione di
circa 5,6 atmosfere corrispondente alia temperatura di i58°.
La temperatura avra dunque dovuto e'.evarsi di i4 gradi nel-
l'interno della caldaja, e si puo credere che quest' elevazione di
temperatura si opererehbe in circa 6 minuti, se tutto il calore
trasmesso dal focolajo vi fosse impiegato, poiche si sa che si mette
un ora tutt al piu per elevare a i5o° la temperatura dell'acqua
della caldaja. — Ma siccome bisogna fornire nello stesso tempo
del calore per formare il vapore impiegato a trattenere il movi-
mento e per ottenere 1' elevazione di temperatura di cui si lratta,
si deve pensare che anche attivando il fuoco si melteranno piu di
sei minuti a produrla.
Comunque sia, nulla si opponc a che , quando che sia, avanti di
cntrarc sul pendi'o, i.°si altivi il fuoco; 2." si carichino le valvole
PER LE STRADE DI FERRO IN LOMBARDIA. 117
di sicurezza come conviene per ottenere la tensione di 5,6 atmo-
sfere ; 5.° si diminuisca gradualmente la grandezza dell' orificio di
comunicazione per il quale II vapore va dalla caldaja ai cilindri. —
La prima disposizione tende ad elevare la temperatura , la secon-
da stabilisce il limite conveniente alia tensione che il vapore deve
acquistare in conseguenza ; la terza ha per oggetto di regolare la
quantita di vapore inviata ai cilindri , di maniera che quantunque
la tensione si elevi nella caldaja , 1' azione sopra i pistonl resti
nondimeno sempre la stessa , di modo che il movimento non si
acceleri. Operando cosi, il vapore dispensato non trasporta con se
che la stessa quantita di calore, e l'eccedente del calore prodotto e
impiegato tutt'intiero ad elevare la temperatura. Quando la tempera-
tura si sara cosi elevata di 1 4° nella caldaja, non sara piu necessario
d'atlivare la combustione. — L'apparccchio potra essere messo fin
dal principio e mantenuto indefiuilivamentc in questo stato, coila
temperatura di 1 58° nella caldaja, e nondimeno con una diminuzione
conveniente dell'onficio di comunicazione, l'azione sui pistonr non
essendo piu forte che quando tale temperatura era di 1 44 '- 1'
convoglio arrivera cosi all' ingresso del pendio; esso comincera a
salire colla sua velocita di g,m8, che diminuera gradualmente e ten-
derebbe a divenir nulla se non si riaprisse allora progressivamente
1' orificio di comunicazione, di modo che all' istante in cui la velo-
cita sara ridotta a (3,m8, i cilindri riceveranno tutto il vapore che il
focolajo puo produrre solto la tensione di 5,6 atmosfere. Ora e
visibile che a meno di avere spinto il fuoco piu che non fosse
necessario per produrre l'elevazione di temperatura che deve aver
luogo, non si avra cagionata alcuna perdita di vapore colle valvole
di sicurezza, poiche la velocita del convoglio diminuendo progres-
sivamente da 9,n'8 a 6,IU8, si e trovata costantemente piu grande
del necessario, onde il movimento dei pistoni impieghi tutto il va-
pore che 1' apparccchio puo produrre sotlo la tensione di 5,6
atmosfere, regolata dalla carica delle valvole. Perche vi sia da te-
mere una tal perdita , bisogncrebbe che si lasciasse diminuire la
velocita del convoglio al disotto del termine di 6,m8 che conviene
alia pendenza da percorrersi ; cio che non potrebbe aver luogo
che per errore del macchinista che non avesse riaperto abba-
stanza presto 1' orificio di comunicazione dopo 1' ingresso del con-
voglio sulla pendenza.
Suppouiamo ora che il convoglio pervenuto alia sommita del pen-
dio di o,oo5 vada a passare immediatamente sopra una linea di
I 1 8 SULLA. SCELTA DELLE LINEE
livello. Le valvole restano caricale per la lensione cli 5,0 almosfere;
conviene diminuire 1' allivila del luoco durante alcuni miimti.
Poiche toslo che il convoglio e snlla linea di livello, la lensione at-
tuale del vapore la vincc sulle resistenze, la velocita aumenta im-
mediatamente. Di qui si vede in primo luogo che il vapore non
puo essere nel caso di sfuggire per le valvole di sicurezza , quan-
d'anche non si lasciasse cadere il fuoco, a meno di rcgolare l'ori-
fizio di coraunicazione in modo da lasciar andare ai pisloni tutto
il vapore die puo esscr prodotto. Ma diminuendo cosi 1' attivila
della combustionc per la i'ormazione del vapore. si profitla piu si-
curamente del caiore che ha dovulo passare nell'acqua e nelle parti
della caldaja per stabilire una temperalura di i4° piu elevata. —
II movimento del convoglio cessera di accelerarsi : i.° cjuando la
lensione del vapore non sara piu grande di cio che abbisogna per
far1 cquilibrio alle resistenze j "2." quando il movimento dei pistoni
Irascinera tutto il vapore che puo essere formato dal focolajo ri-
condotto al suo stato ordinario. Queste due circostanzc avendo
luogo quando la tempera tura e di i44° nella caldaja e la velocita
del convoglio di 9m,8, questo stato si stabilira spontaneamente colla
sola precauzione di dare im passaggio sufficienle al vapore dalla
caldaja ai cilindri. Si potranno allora scaricare, se si vuole, le val-
vole di sicurezza e regolarle per la tensione di 5,8 atmosfere.
Gli stcssi riflessi qui sopra enunziati applicandosi a tutti i casi
analoghi, si deve riconoscere che il passaggio d' una pendenza al-
1 altra non induce altrimenti la necessita di lasciar perdere del va-
pore, e che una tal perdita non avrebbe luogo che per difetto del
fochista o macckinista ( condotliero della macchina), cio che puo
succcdere egualmente nel movimento ordinario del convoglio. —
Se ne conchiudc, conformemente a cio che e stato detto qui so-
pra, che questo passaggio non causerebbe neppur'esso alcuna per-
dila sull'azione della macchina, e si vedono dislintamente in effello
i compensi che si stabiliscono , poiche il caiore che e stato impie-
galo ad elevar la temperatura nella caldaja si rilrova quando questa
temperalura si abbassa (salvo una piccola differenza dovuta all'cf-
felto delle perdite alle superficic esteriori ) ; c poiche la velocita
lnniorc che ha lungo dopo che il convoglio ha raggiunta I' estre-
mita superiore della pendenza e compensata dalla velocita piu
grande colla quale ha cominciato a salire questa pendenza ....
PER LE STRADE DI FERRO JN LOMBARDIA. liy
VII. Riassunto. — Confronto di valutazione della spesa di tras-
porto sidle differenti linee di strade di ferro.
Abbiamo esposto nell' articolo II che il grado di vantaggio che
poteva presentare una linea di strada ferrala dipende in grandis-
sima parte dalla riduzionc cbe essa poleva operare nell'importo
attuale delle spese di trasporto.
Abbiamo rimarcato allresi che il prezzo di trasporlo sopra una
linea di strada di ferro risulta da due elementi principalis cioe
i.° dal ■nontante della spesa di costruzione a cui si riferiscono in
parte le spese secondarie di manutenzione e di amministrazione ;
•2.° dal prezzo di trasporto propriamente detto, a cui si puo pure
riferire una parte di queste stessc spese secondarie.
La somma annua cbe rappresenta l'interesse ed il premio di am-
mortizzazione della spesa di costruzione aumentata dalle spese di
esercizio e di amministrazione che vi si riferiscono, essendo divisa
per il numero delle tonnellate delle mercanzie supposte pas^are an-
nualmentc sulla strada, dara la spesa relativa a ciascuna tonnellata.
Quanto al prezzo del trasporto, vi si distinguono primierameute
due parti : i.° la spesa della macchina locomotiva, comprendente
I'acquisto e la manutenzione di quesla macchina, del suo lender,
il combustibile e l'acqua consumata, gli operaj che la conducono;
2.0 la spesa dei carri, comprendente il loro acquisto colla manu-
tenzione e gli operaj od impiegati che sono incaricati della cura
del convoglio. A queste spese si riuuiscono quelle dei magazzini
ed ufficj , come pure quella degli operaj ed altri agenti impiegati
per riporre in magazzino, caricare e scaricare le merci, e per ese-
guire tutte le allre misure d'ordine relative al movimento delle
mercanzie e dei viaggiatori.
L' articolo III ed i seguenti hanno per oggetto la determinazione
della parte piu importante delle spese di cui si e parlato , quella
della macchina locomotiva. Abbiamo indicato nell' articolo III una
regola generalc propria a far conoscere la grandezza della quau-
tita d' azione necessaria per operare il trasporto d' uu dato peso so-
pra una linea di strada di ferro pure data ; nell' articolo IV la ma-
niera di dedurre dal risultato ottenuto il peso totale del convoglio
che una macchina locomotiva poteva tirare sopra questa linea con
una data velocita, ed in seguito il peso delle mercanzie paganti
che sarebbero trasportate da quesla macchina. Quindi negli
120 SULLA SCELTA DELLE LINEE
articoli V e VI abbiamo giustificato l'uso di qucsta regola coll' esame
speciale del movimento del coavoglio sulle pcndenze ineguali che
apparterrebbero alia liaea della strada di ferro, e dimostrato in quali
limiti di pendenza essa poteva essere applicata senza errore, o quali
sarebbero Ie pendenze che esigessero 1' impiego delle macchine di
rinforzo.
II risultato di cui si tratta puo essere espresso nella seguentc
maniera. Conservando le denominazioni impiegate negli articoli
precedent^ dinoteremo con
A la lunghezza della linea di strada ferrata valutata in metri.
U la velocita media colla quale questa linea dev* essere percorsa,
espressa in metri al secondo.
P il peso totale del convoglio, determinato conformemente a cio
che si e veduto nell' articolo IV che puo essere condotto dalla mac-
china locomotiva colla velocita media U espressa in tonnellale.
Q il peso di questa macchina locomotiva e del suo tender, egual-
mente espressi in tonnellate.
A la spesa del travaglio di questa macchina in ciascuna unita di
tempo, che noi supponiamo essere il minuto secondo.
Rimarcando inoltre che il peso delle mercanzie paganli appar-
tenenti al convoglio e di circa — (P — Q), si avra evidentemente
A A
— (P-Q) V
per 1' espressione assai prossima alia spesa della macchina locomo-
tiva per ciascuna tonnellata trasportata da una estremita all' altra
della linea.
Non sembra possibile di presentare una regola piu semplicej se.,
come conviene fare, si sta allaccato a quest' idea che le macchine
locomotive saranno costantemente condotte in modo da ottenerne
tutta 1' azione media che esse possono dare. Si riconosce infalti
che se non ci imponessimo una tal condizione, ne seguirebbero in
alcuni casi delle perdite sui prezzi d' acquisto e sul travaglio degli
operaj , se non sul valore del combustibile consumato, per efietto
delle quali perdite i confronti che si hanno in vista cesserebbero
di presentare 1' esattezza necessaria.
Non si puo ottenere quest' esattezza che coll' efl'ettuare un cal-
colo del genere di quello che e presentato in questa Nota, mettendo
PER LE STRADE DI FERRO IN LOMBARDIA. I ?. I
in evidenza in ciascun caso particolare la proporzione del peso della
maccbina locomotiva al peso totale del convoglio che tira, e tenendo
conlo di questa proporzione che e un elemento essenziale del ri-
sultato.
Quanto alia seconda parte di cui si forma il prezzo del Irasporlo
propriaraente delto, cioe la spesa dei carri, pare che si possa ri-
guardarla come essendo, per ciascuna tonnellata di mcrcanzie tras-
porlate, proporzionale alia lunghezza della liuea. Questa spesa sara
specificata per ogni tonnellata e per ogni lega, e valutata in conse-
guenza.
In fine, circa alle spcse di magazzinaggio e di spedizione si puo
dire che esse dilleriranno poco per due linee, di cui le lunghezze
non siano molto ineguali ; ma non si puo duhitare che in ge-
nerale esse non aumentino colla lunghezza delle linee; e pare
convenient, quando si trattera di strade di ferro d' una grande
estensione, di stimarle come la spesa precedente, a tanto per ton-
nellata e per lega.
Ricapitolando il delto di sopra , si vede che il prezzo totale del
trasporto d' una tonnellata dall' estremita all' altra della strada di
ferro si formera :
i.° Della somma annua rappresentante le spese di costruzione,
di amminislrazione generale e di manulenzione, divisa pel numero
di tonnellate rappresenlante il trasporto annuo.
i.° Della spesa della macchina locomotiva espressa dalla for-
niola surriferita.
3.° Delia spesa dei carri, che e proporzionale alia lunghezza delta
strada.
4-° Delle spese di magazzinaggio e di spedizione, che noi risguar-
diamo egualmente come proporzionali alia lunghezza della strada.
Si vede adunque che la valutazione di questo prezzo totale e
cosi ridolla in ciascun caso particolare alia fissazione d'un piccolis-
simo numero di elementi, cioe la spesa di costruzione e di manu-
tenzione , la cui cognizione e fornila dalla formazione del progetto,
la misura del tonnellaggio annuo, la determinazione del peso del
convoglio che sarehbe condotto da una macchina locomotiva d'una
forza determinata , in fine la lunghezza della linea della strada di
ferro.
Si riconosce iuoltre , e talvolta questa osservazione sara assai im-
portante, ehe se nel confronto che si slabiliscc fra due linee tulti gli
elementi dissopra specificali si trovano in favore d' una di esse, la
122 SULLA SCILTA DELLE LINEE , EC.
preferenza clie merita solto il rapporto deU'economia che procu-
rerebbe sul prezzo di trasporlo e evidente senza che faccia bisogno
di stimare in denaro 1' influenza relaliva di ciascuno di questi de-
menti; stima che presenta sempre qualche incertezza , attesa la
poca eslensione dei dati che si hanno su quest' oggelto , e la difli-
colta di conoscere esallamente il tonnellaggio annuo.
Cosl , i.° se una linea da luogo a una minore spesa di costru-
zionc; 2.0 se il rapporlo e piu piccolo;" 5.° inline se
11 (p — Q) U l *
la lunghezza della linca e piu piccola, si e sicuri che la spesa di
trasporlo sara minore sopra questa linea. II risultato del paragone
dipende allora intieramente dalla fissazione delle quantita geome-
triche o meccaniche la cui stima non offre niente d'incertoo d'ar-
bitrario. Ma se i tre elementi su cui riposa il confronto, cioe : la
spesa annua rappresentante le spese di costruzione, di manuten-
zione, d'eserci/.io e d'amministrazione ; la quantita d'azione ne-
cessaria per trasportare un dato peso da una estremita all' allra
della linca; infine la lunghezza di questa linea, 11011 daunt) tutti un
risultato favorcvole ad una delle linee che si confrontano, diventa
necessario, per decidere la questione, di valutare in denaro ciascuna
delle parli della spesa di trasporto, e per conseguenza di specili-
care la quantita di mercanzie ed il numero de'viaggiatori, a cui si
presume che le linee daranno passaggio annualmente.
Un' importante aggiunta alia Nota sudcletta sopra il
confronto dei vantaggi rispettivi di diverse linee di stra-
de di ferro e sull'impiego delle macchine locomotive
si trova inserito nello stesso giornale degli Annali di
acque e strade di Francia a pag. 38 1 del i.° semestre
per l'anno 1 835. Come pure sono dello stesso autore, e
non meno iuteressanti neirargomento, le Nouvelles con-
siderations sw Pemploi des machines locomotives dans les
chemins de fer ct sur ^influence des pentes divergentes
inclinees relativement a la depense du transport che si
leggono nei citati Annali peril successivo anno i836.
123
Prolocollo del congresso generate degli azionisti, in
J^enezia il 3o luglio 1840,, dell a Societa per VI.
R. privilegiata strada Ferdinandea Lombardo-Ve-
neta. Venezia, coi tipi del Gondoliere, in 4-° di
pag. 35.
Dietro quali consideraziuni generali topografiche ,
economiche, lecniche si debba determinare il luogo
o luoghi dove giova incominciare i lavori di co-
strnzione dell' I. R. strada Ferdinandea Lombardo-
J^eneta per la maggiore utilita pubblica e per la
maggiore utilita degli azionisti che imprendono a
costruirla; Memoria dell3 ingegnere Giovanni Mi-
lani3 ingegnere in capo della strada suddetla.
f^enezia, coi tipi del Gondoliere, 11 luglio 1840,
in 8.° di pag. 1 2.
Nelle grandiose imprese e che tendono al comunc
vantaggio delle nazioni , utilissima riesce la pubbli-
cita degli atti che le riguardano , giacche da an lato
per mezzo di essa s' accresce la fiducia del pubblico
verso gl' intraprenditori, e dall' altro possono questi,
dalle opinioni che nel popolo si manifestano, ritrarre
qualche utile suggerimento. Dobhiamo pei-cio far pi a us o
alia benemerita direzione della strada Ferdinandea ,
la quale , prima collo scritto che diede alle stampe
nel 1 83 j , e che noi abbiamo in molta parte ripro-
dotto nulla nostra Biblioteca (1), ed ora col Protocollo
dell' ultimo congresso generale ha resi di pubblico di-
ritto i piii importauti documenti relativi a quest7 opera
da tutti desiderata.
La rathmanza, composta da 49' socj, ebbe luogo il
di 3o luglio del correntc anno, e fu presieduta dal
signer Giuseppe Reali, condirettore e presidcnte della
sezione veneta , il quale diede ad essa prineipio colla
Icttura d' un Rapporto storico ed informativo delle
(1) Tomo 88. pa-. 58.
124 C0NGRESS0 EC, PER LA STRADA DI FERRO
operazioni ch' cbbero luogo , delle concessioni ottenute e
delle piu importanti disposizioni pel seguito.
Egli comincia la sua relazione dall' informal? e i con-
vocati che mentre la Societa stava attendendo l'invo-
cata approvazione del suo statulo , merce della quale
soltanto poteva ottenere la necessaria legalita , la di-
rezione faceva accelerai'e la compilazione del progetto
per la nuova strada. Questo pote essere terminato in
tempo di essere verso i primi di settembre del i838
rassegnato ai piedi di S. M. FAugustissimo nostro Im-
pevatore nella sua ben avventurata dimora nella ca-
pitale lombarda.
E qui T oratore esprime il giusto compiacimento
provato dalla direzione u uel potersi rallegrare col ri-
55 spettabile coi'po dei signori azionisti, non meno che
j' col signor ingegnere Milan i, dell' essere il progetto
n useito dalla prova di tanti studj e di tanti giudizj
55 cou si emineuti e illuminati suffragi, dell' essere riu-
» scito non innneritevole del supremo fra tutti , deila
» defiuitiva sovrana approvazione per F immediato suo
55 eseguimento, coll' assicurazione intanto d'un privi-
55 legio di 5o anni, estendibile ulteriormente e forsc
55 fino anche ai 99 , dopo die , finita la strada , 1' am-
55 ministrazione dello Stato potra pronunciare un giu-
55 dizio piu da vicino sulle circostanze economiche del-
55 l'impresa 5: . Ricorda quindi altre benefiehe disposizioni
emanate dal trono a vantaggio della Societa, quali sono
prima di tutto la preliminare coueessione di privilegio
del tronco di strada ferrata da Treviglio a Bergamo ,
culla dichiarazione pero che non sia da risguardarsi
come la concessione di un diritto esclusivo la congiun-
zione delle citta di Milano e di Bergamo : indi il per-
messo per Y introduzione di centomila centinaja di
Vienna di guide stranicre con dazio ridotto a quattro
fiorini.
Proseguendo il signor Reali ad esporre i fatti piu
importanti dell' amministrazione, annuncia essersi fatto
contratto per trentamila centinaja di guide nazionali
colle ferrierc di Wolfsberg e per altre diceimila con
quelle di Prevali 5 essersi umiliata a S. A. Imp. il
DA MILANO A VENEZIA. 125
screnissimo arciduca Vicere devota domanda perche sia
fatto luogo ad uiv immediata dichiarazione di compe-
tente efficacia anche presso le autorita giudiziarie ,
circa il diritto di espi'opriazione , in pendenza della
pubblicazione della Sovrana Patente di privilegio, c
finalmentc essersi gia da qualche tempo inoltrata do-
manda per la grazia della preliminar concessione d'una
via laterale, diretta alia citta di Mantova. Parlando
poi piu propriamente di quanto appartiene alia parte
tecnica , rammenta die la grande linea , scelta dalla
direzione ed ora autenticata dal volere sovrano, «corre
» dal mare Adriatico all? Olona , tocca in cammino sei
» citta principali : Venezia , Padova , Vicenza , Vero-
» na , Brescia e Milano} si annoda a Bergamo per
" Panzidctta diramazione da Treviglio:, passaper cjue-
» sto grosso borgo e per gli altri di Cassano , fioma-
» no, Chiari , Castiglione , Montebello e Mestre, e si
» accosta , cosi nel Lombardo come nel Veneto , ad
y> altrc parecehie ragguardevoli terre. percorrendo la
» zona di suolo la piu fertile , la piu popolosa , la
» piu industre, la piu ricca del regno , e la piu op-
s' portuna insieme ad ogni altra confluenza presente
» e fntura. L' intero cammino da Venezia a Milano o
* di miglia geograQcbe 146V25 pari a cbilometri 271(1).
» Si divide in 22 rettilinei uniti da 21 curve, delle
» quali cinque hanno un raggio dagli 8000 ai 55oo me-
» tri, sette dai 55oo ai 2000, nove dai 2000 ai 1000.
y> Dei cbilometri iy 1 di lungbezza, 142 hanno una
y> peudenza cbe va dallo zero all' 1 per mille, 5i dal-
» I' 1 al 2 , 45 (2) dal 2 al 3, e 33 giungono al 3 per
» mille. Non mai dun que vi e una pendenza mag-
y> giore del 3, e dove si giunge al 3 per mille, questa
» ascesa e ajutala da una antecedente discesa.
(1) E qui slnlo corretto I' errore di cifra clr era corso nella pri-
ma Nota tlclla Sociela , e clie noi avcvamo avvertito nel t. 8S .
p. &i di quesla Riblioteca. La cifra ora prodolla differisce daila
nostra, perche noi, stando al primo progetto della Sociela, avc-
vamo condotla direltamente la linea per Descnzano e Peschiera.
(•2) Pare clic in qucsto luo^o sia slalo dimenticato un niimrro.
I 2b C0NGRESS0 EC, PER LA STRADA DI FERRO
» Molte acque e molte stratle si passano. Tra le
>■> acque si contano olto fiumi principali e la laguna
55 veneta. II ponte della laguna move dalla Sacca di
» Santa Lucia, al luogo dell' orto Pcticli, e va diritto
55 al forte di Marghera, dirigendosi alio spalto dclle sue
>■> opere principali, e passando in cammino sotto le di-
55 fese delle isole di San Giuliano e di San Secondo.
55 Incomincia alia riva di Venezia, e terrniua al prin-
55 cipio della barena*, la sua lunghezza e di metri 354/5
55 cioe meno clie due miglia geografiche. Consta di due
55 parti distinte : la prima, lunga 6i metri , accavalca
55 con un ponte girevole sopra una pila il canal Co-
55 lombola cbe rade l'orto Petich:, la seconcla, tutta sta-
55 bile, e divisa in sei stadii da cinque piazzette inter*
55 poste. Ogni stadio comprende 42 archi, siccbe in
55 tntto sono 252. E largo in sommita 8 metri: serve
55 ai convogli tratti da maccbine locomotive con una
55 carreggiata nel mezzo, ed ai pedoni mediante due
55 camminapiedi laterali, e comprende ancbe un acque-
55 dotto e quanto occorre per 1' illuminazione a gaz dello
55 stesso ponte 55.
A questa descrizione ticn dietro nel discorso del si-
gnor Rcali la parte numerica, la quale contiene 1' im-
porto presunlivo dell'opera intera nelle due ipotesi cbe
si ottcnga 1' introduzione del ferro inglese senza dazio,
oppure cbe si debba far uso di ferro tutto nazionalc.
Nel primo caso la spesa totale risulla di circa 5a mi-
lioni , e nel secondo di circa 64. A qucstc somme si
contrappongono gl' introiti cbe si sperano e cbe sareb-
bero di 11,700,000 lire pel ricavo annuo lordo e di
5,ioo,ooo per V annua rendita nelta. Termina il di-
scorso con diverse proposte risguardanti 1' interna am-
ministrazione, le quali furono Puna dopo 1 altra con-
cordemente approvate.
In questa medesima radunanza 1' azionista signor
Jacopo Castelli di Venezia mosse alcune difficolta in-
torno alia scclta definitiva della linea ch* era stata e-
nunciata.Rgli crcdette dover premcltere una dislinzione
nella condizione della linea lombardo-veneta, dividen-
dola in due parti : V una clie dice indubitata da Venezia
DA M1LAK0 A YENEZIA. 127
a Brescia , e 1' altra da Brescia a Milano per Trevi-
glio j sulla quale dice sussistere ognora dubbj antichi
ed attuali non tolti dalle carte lette neh" adunanza; dubbj
circa la preferibilita della linea medesima e un' altra che
audasse da Brescia a Milano per Bergamo e Monza. In
conseguenza propose che si cominciassero subito le opere
del ponte sulla laguna e del bronco di terra ferina da Me-
stre verso Padova:, che dentroi5 giorni fosse nominata
dalla Direzione dell'impresa una commissione composta
di cinque persoue, Ire per la parte tecnica e due per
la parte economica, la quale prenda in esame se possa
cssere preferibile la liuea da Brescia a Milano del
piano proposto, ovvero quella da Brescia a Milano per
Bergamo e Monza \ che quando il voto della maggio-
rita della commissione fosse negativo per una muta-
zione della linea Milani, non si faccia luogo ad ulte-
riore esame , e sia data mano ai lavori della strada
anche da Milano verso Treviglio e Brescia} che se al-
1' incontro il voto fosse favorevole all' altra linea . si
debba convocare un" adunanza straordinaria che auto-
rizzi la direzione ad implorare dal sovrano la modifi-
cazione dell' ottenuto privilegio.
Messa ai voti la proposizione , si ebbero piii di tre
quarti dei voti favorevoli.
AI protocollo sono uniti come allegati tre documenti,
cioe gli statuti della societa. la lettera governativa che
annuncia 1' approvazione definitiva dell'esecuzione della
strada di ferro a norma del progetto, e 1' altra rela-
tiva al permesso di ritrarre dall' estcro centomila cen-
tinaja viennesi di rails^ ossiano guide di fei^-o. Lo scrit-
to si chiude col rendiconto dell' amministrazione soste-
nuta dalla direzione dal 26 agosto 1 83 j al 20 lu-
glio 1840.
II dubbio promosso dal signor avvocato Castelli por-
tava la necessita di sospendere i lavori all'estremita
occidentale della linea fino a tanto che non fosse stato
pronunciato il voto della proposta commissione. II va-
lcnte ingegncre in capo della strada, il signor Milani.
prevedendo forse che 1' adunanza venir potessc ad una
tal eonclusioue. aveva alcuni giorni prima messo in
128 CONGRESSO EC, PER LA STRADA DI FERRO
luce la mcmoria di cui abbiamo riferito il titolo, e nclla
quale egli si assume di dimostrare che 1' utilita pub-
blica, quella degli azionisti, la buona disposizione, l'e-
conomia, la sollecita esecuzione delle opere concor-
rono tutte a consigliare di dar comiuciamento ai la-
vori della strada ad ambi gli estremi, procedendo
contemporaucamente da Venezia verso Padova e da
Milano verso Brescia.
« Per cogliere, egli dice, il piu pronto ed il piu
y> grande vantaggio colla costruzione d'una strada di
» ferro, bisogna prima approfittare dei movimenti at-
r> tuali, dei movimenti in corso ovunque siano, e fra
a questi dei piu frequenti, dei maggiori, ed accrescerli e
» fecondarli con 1' economia, la sicurezza, la comodita
» e la celerita del transito.
y> II regno lombardo-veneto si divide in due parti ,
y> aventi un particolare governo ed una particolare
» amministrazione^ le provincie lombarde s' annodano
» e volgono verso Milano, le venete verso Venezia.
r> Milano e una delle piu belle citta d' Europa, ricca
y> di capitali, e splendida per comune agiatezza^ stende
r, il suo commercio sulla Svizzera, sul Piemonte ed
y> oltre le meridionaii rive del Po. Tutta la pianura
« lombarda e fertile, ricca, coltivata , popolatissima.
n Venezia e citta unica al mondo, ha un porto ma-
» gnifico, e l'icca di vasti fabbricati che, nati dall' o-
55 pulenza, possono ora essere utilmente volti allindu-
55 stria, guarda al commercio marittimo del levante e
>5 della parte meridionale della Germania. Per proce-
» der dunque saviamente ed utilmente bisogna ritrarre
» subito profitto dei movimenti volti in ciascuna delle
55 due parti del regno verso le due capitali, giacche
'5 fortunatamente per la nostra strada due sono i cen-
» tri di movimento, verso i quali quelli di piu pro-
55 vincie convergono.
55 E tra questi movimenti convcrgenti verso le due
55 capitali conviene trar partito prima da quelli ad esse
55 piu vicini, perche sono i maggiori, in seguito da
n quelli che vengon dopo'5.
Alia esposta fondamentale considerazioue che persuade
DA MILANO A VEKEZIA.
129
doversi coniinciare i lavori ai due capi della linea ,
due altri forti motivi ancora s' aggiungono , e sono ,
eke per tal modo non si accumulano troppi lavori in
istretti spazii , accrescendo al proprio ed altrui dan-
no , per le soverchie ricerche , i prezzi dei materiali
e della mano d' opera 5 e che si possono incominciare
a tempo e con opportune disposizioni i grandi manu-
fatti, lasciando riposare e consolidare le parti loi'o
prima di usarli.
Non seguiremo piu a lungo 1' autore nello sviluppo
di questa sua tesi da lui trattata con sodezza di prin-
cipj e con perfetta imparzialita, mostrandosi unica-
mente compreso dalF interesse pubblico e dal vantag-
gio della Societa che ha in lui riposta un' intera fidu-
cia, e termineremo col riprodurre (in attenzione della
promessa pubblicazione di tutto il piano della strada
ferrata) la seguente tabella che 1' autore ci porge in
una nota, ed in cui sono esposti i valori medj dell'im-
porto totale per ogni chilometro di strada nei diversi
tronchi ne' quali e divisa-, a lato a questi abbiamo
posti i valori stessi riferiti alle miglia nostre geo-
grafiche.
TBONCO
ale
PBEZZO HI
hilometro
DIO
al miglio.
J)a Milano a Treviglio .... aust
r.
ir. 205,772
58i,o59
Da Treviglio a Chiari ....
»
219,587
406,272
Da Cliiari a Brescia
»
219,087
405,717
Da Brescia a Castiglione. . .
»
226,io5
418,713
Da Castiglione alle Sei vie. .
»
2o4,55o
578,796
»
2 1 4,586
597,582
TRONCO
»
965,o54
1,787,100
»
214,295
596,845
Da Padova a Vicenza ....
«
198,5 1 3
567,617
Da Vicenza a san Bonifazio .
39
244,685
455,i 17
Da san Bonifazio a Verona. .
>9
259,174
479;95?-
Da Verona alle Sei vie. . . .
»
171,461
317,519
»
26o,o58
481,589
C.
9
Bibl. Ital. T. XGVUI.
3o
PARTE STRANIERA.
Istoriografia germanica. Contitiuazione efuie. (Vecli P an-
tecedent c tomo 97 .° ', fascicolo di marzo, pag. 386.)
iVla col procedere avanti , ecco aumentarsi a piu a pid gli scrit-
lori di merito distinto e costrigncrmi a far quello die pur non
vorrei , cioe a uominarne appena le opere piu cospicue. Concios-
siache voltandomi alle cose antiche, soverchio tornerei se un non-
nulla particolareggiare volessi la critica sposizione delle vicende
ebree di Giovanni Davide Michaelis (1); le dotte indagini sul com-
merzio e sacerdozio degli Egizi ( >.) di Federigo Samuele Schmidt;
i cenni circa i Fenici e Caldei di Teodoro Jacopo Diltmar (3) ; le
ricerche su gli Etruschi, di Odofredo Mueller; le idee su la poli-
tica e 'I traffico degli antichi di Heeren (4); le storie degli Ostro-
goti, di MansOj e dei Visigoti, di Aschbac ; l'esposizione universale
infine clie deli' antichila e della sua cultura ne fece lo Schlosser (5),
opera nel vero si strettamente connessa con una parle della sua
storia universale gia accennata da poternela avere per una piu dotta
amplilicazione.
Per la Grecia in particolare mi si parano poi innanzi i Zinkei-
sen e Waclismuth con le loro antichita (Hellenische Alter ihuemer),
e la bella illustrazioue delle leggi fondamentali nominatamente ai
tempi della guerra peloponese fattaue da Federigo Kortuein (6). E
la dottrina e la sagacita del ISiebuhr neli' investigare le condizioni
degli anticliissimi abitatori della nostra Italia , loro leggi e modi ,
(1) Mosaisches Reckl. Francoforte, 1770, vol. 6.
(2) Opuscula quibus res antiqucc_, prcecipue Hegypliaca explanan-
tur. Carlsruhe, 1765.
(3) Ueberdas Valerland tier Chaldceer und Phosnizier. Berlino, 17S6.
(4) Ideen ueber Polilik, der Verkehr und der Handel der vor-
nehmsler Voelker der JVelt. Gottinga^ 1793-9(1.
(5) Universal kistorische uebersicht der Geschichle der alten welt
und Hirer Citltur. Francoforte, i82G-35, vol. 8.
(6) Zur Geschichle der Heltenischen Staats verfassungen, hanptsce-
rhlich waehrend des peloponnesischer Kriegas. HciJclbcrga, 1821.
PARTE STRANIERA. l3l
parlicolarmente circa il possesso delle terre; e la sevcra crilica di
lui nel distinguere il vero dal poeticamente inventato circa 1' ori-
gine dell' inclita Roma, nel considerare le popolari tradizioni e certe
somiglianze tra le romane e le grecbe ; i pregi grandissimi insomnia
dclla sua Storia romana (i) a cui non son noti ? Ma altri non puo
tultavia riguardar queste materie senza clie 1 pcnsiero involontario
non si volga da se agli sludj filosoiici delle belle arti antiche dei
Winckelmann e dei Lessing; ai cronologici, geografici e mitologici
degli Heyne; agli arcbeologici inline di Giovanni Arrigo Voss.
Quanto fu zeloso il Niebubr delle cose d' Italia, allrettanto Giu-
seppe Hammer di quelle dell'Orienle (2) e deirimperio osmauo (5),
le quali particolareggio si dottamente e per guisa da dame non
solo una chiara idea, ma da mostrare altresi come le ebbero ope-
rate sui divisamenti universali del medio evo.
E di queslo fu poi Cristofano Krause il primo , cbe, penetrato
con faticoso studio nella vila civile dei varii stati , meltesse mauo
a sporne coi fatti clamorosi e material! i costumi, le leggi ed i pe-
culiar! modi (4). Se non cbe eleganli dipinture ed iugegnosi giu-
dizi tenendo sovente luogo della sincera e ben fondata verita, assai
tolgono di pregio alia sua opera. II medio evo essendo come l'ad-
dentellato, cbe la mutazione degli ordini anticbi lascio a edificare
i moderni, meritava nel vero la particolare attenzione e gl'indefessi
studj cbe vi fecero sopra in questi ultiini tempi nominatamente i
Tedeschi. Savigny ne illustro con maravigliosa sapienza le leggi ci-
vUij ne qui si puo tacere di altro bel lavoro del gia citato Leo. Piu
allri diedero opera a distenderne la storia; ma ora staro conlento
a nominare la piu recente di Federico Kortuem (5). Incominciando
dal IV secolo viene egli con piano e conciso discorso distendendo
in bell'ordine la tela dei piu rilevanli casi intervenuti in Gno a cbe
soggiacquero Coslantinopoli e l'imperio ai loro ultimi destini. Scarso
di riflessioni, si studia di cbiarirne le opinioni religiose, letterarie
e politicbe, tutto il viver civile insomma di questa Iunga eta; e
senza darne espressi giudizi, li fa maestrevolmente desumere al
letlore dal corso e dalla counessione in cui reca gli avvenimenti ;
per che gli venne, quanto alia parte obbiettiva, fornita opera di
tanta bonta, da risparmiare oggimai ad allri il bisogno d'entrar di
(1) Roemische Geschichte. Beilino, iS3a, vol. 3.
(2) Encyklopaedische Uebersicht des Morgcnlandes. Lipsia , 1804.
(3) Des Osmanischen Reichs staalsveifassung. Vienna, 18 15, ec.
(4) De benefciis med. cevi, fascic. I, 1^83, ec.
(5) Die Geschichte des MitlelaUers. Berna, i836, vol. 2.
l32 PARTE STRANIERA.
iiuovo in simile fatica. Cosl sentenzia lo Scblosser nclla prefazione
al quarto volume della sua storia universale, che viene appunto a
discorrere di questi tempi.
Dai quali ai piu moderni venendo , di molte storie mi si assie-
pano innanzi, che i casi dci singoli stali d'Europa piu o meno dot-
tamente discorsero. Ma talli insieme gli abbraccio Luigi Timoteo
Spittler (morto nel 1810), e cominciando dalla conquista della Spa-
gna fatta dai Yisigotti (4og) , venne brevemente favellandone fino
all'uscita del secolo XVIII in un' opera di lanlo pregio (1), da non
essere si presto dimenticala fra la congerie delle nuove che vanno
di dl in di ammassandosi disperatamente. I pregi che dislinguono
il suo nome nclla catena dcgli storici, gli ebbe a riconoscere parte
dalla benignita della natura, la quale di penetianlissimo ingegno e
di giudizio finissimo gli fece liberal donoj parte ed ancora piu da-
§1' indefessi sludj nelle originali scritlure che concepire gli fecero
come una passione di rintracciar sempre nuove e sconosciute fonti,
e di usar poi di quello che andava attignendone. 31a con questo
non si lascio tuttavia rapire mai alia dolcezza di dire frivole novi-
ta: che anzi avendo pur con assai amore le filosofiche discipline
coltivate , se da un lato all'investigazione gli erano d' opportunis-
simo aiuto , ne frenavano dall'altro la fantasia, e severe alia quiddita
delle cose il riconducevano. Impossessatosi della materia, sapeva
afierrarne il punto principale, dimenticare quanto era di soperchio
oinutile; ed assistito com' era da vaste cognizioni in tutte le scienze
ausiliarie, quello svolgere con maestrevole simmelria, e senza mai
perdere di mira lo scopo supremo dello storico, di porgere cioe le
sperienze passate a documeulo dei presenti e degli avvenire. Da
prima furono i suoi studj rivolti piu principalmente alle cose eccle-
siaslichc, delle quali non e qui da favellare; poscia si pose alle po-
liticly ad arricchirne della sua Storia degli stati europei. Fu suo
principal concetto di chiarirne le condizioni interiori, le leggi, gli
ordinamenti di ciascun d'essi, e quali effetli gli uni sopra gli altri
producessero e sentissero scambievolmente senza troppa pompa di
erudizione, e dando il piu odore della sua vasla sapienza con bre-
vissimi cenni, acute ed argute allusioni.
Ma in una stagione, che il maggior numero dei lettori brama ve-
dersi ampiamente apparecchiato innanzi e pascolare la curiosita
(1) Entwurf dcr Geschichte tier europaeisclien Staaten. Berlino, 1793.
Questa storia occupa il quarto e quinto volume della raccolta delle
sue opere starapate a Slutgarda, i835-37.
PARTE STRAN1ERA. I 33
senza troppa falica del pensiero, dovevansi desiderare stone piu
alia distesa narrate. A cio provvidero Heeren ed Ucker con rac-
cogliere in una ( almeno quanto all' edizione ) le opere che molti
storici , e ciascuno in molti volumi , ebbero a questo fine dettato
omai quasi sopra ogni stato europeo (i). Delle quali e Tuna la gia
accennata del Leo , vago di scrivere di un paese che , bonta del
cielo e dell' ubertuoso suolo, non partorisce se non animi disamo-
rali , il bisogno di scambievole soccorso sendo la radice delle umane
affezioni (vol. I, pag. 54) ; di gcnte che , agitata conlinuo da sfre-
nate passioni , non sa trovar luogo , e sempre corre agli estremi
(pag. 1 66); di gente che non sort! altra attitudine se non di senlire
cosi un poco il bello delle arti; di gente i cui deslini furono il piii
dalla necessita governati, dalla nioneta, dalla forza e dalle femmi-
ne ; di gente che , senza una nuova invasione di Barbari , 1' uomo
non sa far concetto come possa omai meritar con l'opera di essere
piu mcntovata nelle storie (pag. 4°) : e qual chi si compiace del-
1' immondezza dei corpi morti , dilettossi il cli. storico di scrivere
di stati civihnentej od almeno quanto alle capacita degli cuiimi gia
estinti tutti (pag. 4'i) (*)• Misera Italia ! Tuttavia fa cuore; che non
tutti i German! hanno con l'acutissimo signor Leo l'avviso, ne tutti
con lui ti giudicano e stimano. Del quale non mi posso tenere di
nominare eziandio la storia dei Paesi Bassi (2) , che ebbe tirata
innanzi fiuo al i85o con estratti delle opere di Kampen e Wage-
naer. Di quesli dodici libri rimangono pertanto osservabili soli i
primi otto ed. i due primi capitoli del nono, che narrano fino alia
pace di Gante (i5j6), come quelli che il ch. autore cavo dallo stu-
dio delle carte originali , fatto alia maniera sua : ben altramente
cioe dei botanici d'oggidl, i quali per tutta la storia vanno in cerca
delle male piante (durchbotanisieren), e qual da odore di sower-
sione^ molto diligentemente coltivano nel loro erbaio (vol. I, Pre-
fazione ) , ben altramente dei moderni storici con quella loro
(1) Geschichte der europaeischen Slaaten_, herausg. von, ec. Am-
burgo , 1829, e continua.
(*) Ci gode l'animo di accertare i noslri leggitori , che ora il si-
gnor Leo e animato da sentimenli ben diversi per 1' Italia nostra.
Egli seppe meglio conoscerla , ed ora la rivcrisce e l'ama. Danno
prove non dubbie di cio la Prefazione e la Ricapitolazione dell'o-
pera di lui col titolo: t'icende della costituzione delle chla Lombarde,
opera intomo la quale parlo alquanto difTusamente la Biblioieca ha-
liana, torao 84.0, fasc. di ottobrc i836, pag. 4g. I Direllori.
(1) Zwoelf Buecher Niederlaendischer Geschichte. Halle, 1 832-1 83 J,
vol, 2, in 8.°
I 34 PARTE STRANIERA.
tenerezza per lafeccia del wile popolazzo (Janhagel ! ! ) rivoluzionafio
(vol. II, pag. 5ii). Ma non potemlosi qui cnlrare nolle particola-
rita dei suoi concetti, nominatamente riguardanti papa Grcgorio VII,
i cui fermi volcri e nobili divisamenli non sono Corse meno certi
di quelli del grande Innocenzo, bastera accennare com'egli affermi
(pag. 5oo), cbe lo spagnuolo Vargas ebbe prudentemente mostrato
al consejo de las altercaciones i giusli modi da seguirsi con quella
memorabile scnlenza : Hceretici fraxerunt templa: catholici nihil
fecemnt contra : ergo omncs debent patibularij
« E questo sia suggel , ch' ogni uomo sganni ».
I casi degli ullinii tre secoli furono da molti scrittori descrilti.
Gian Giorgio Buescb ( morto nel 1 800 ) , tomato eccellente nella
storia dei bancbi e del traffico, gli spose d'anno in anno, e si ebbe
compilata una sua cronaca opportuna a cui brama sostare ad ogni
particolarita (1). Se non cbe di cotali opere, come eziandio di quelle
dei Brandes, Ficbte, Genz, non e qui da far molte parole, quan-
tunque questi ultimi, penetrando ben addentro e con assai acutezza
d' ingegno nclle opinioni predominanti i tempi, e negli effetti cbe
le produssero su gli stati e nominatamente su le novila di Francia,
abbian con Ioro belle considerazioni mostrato come la materia sto-
rica si potesse dal lato morale contemplare , e sotto questo punto
di veduta trattare a pratico documento. Anche le lezioni di Fede-
rico Schlcgel, opportune nel vero solo a chi nella storia e gia bene
erudito , sono arriccbitc di riflessioni ingegnose del pari e profon-
de, delle qiiali, come al tutto subbiettive, spetta poi al lettore di
fame giudizio a suo miglior senno.
Meglio osservando le regole dell'arte, ritrasse Federigo Ancillon
quanto tra il finire del XV e il principiare del XVIII secolo diede
occasione alle legbe degli stati europei (i). Lealmente zeloso del
sistema cbe cbiamano dell'cquilibrio, fu suo principale divisamento
di chiarire le massimc cbe n' ebbero regolate le pralicbe, le incli-
nazioni de'tempi, la cultura e costumi deH'universalila, e nominata-
mente 1' indole e le ambizioni dei principi , con giudiziosa scella
delle materie opportunamente ordinate, mostrando molto ben cbiaro
l'andamento naturale delle cose, e guadagnandosi 1' altcnzione del
(1) Grundriss der Geschichle dcr merkwuerdigslen Wehhaendel
neuerer Zeit. Amburgo, 179G. Fu continuato da Bredow.
(i) Tableau des revolutions da systeme politique de I' Europe , ec.
Berlino, i8o3.
PARTE STRANIEIU. I 35
lettore con assai animate, quanlunque talvolta alquanto sopcrchic ,
dipinture dei piu principal! personaggi che va introducendo in su
la scena.
Ma per quauto riguarda l'Europa meridionale nei secoli XVI e
XVII, gli e da notarsi l'opera di Leopoldo Ranke (i), come quella
che splorando bene le condizioni interne degli stati, non solamente
loro ordini civili, politic! , della milizia e qnelli eziandio relalivi al-
l'erario cd alio spendere la pecunia pnbblica cbiarisce assai oppor-
tunamentc ; ma e 1' indole e i modi dei principi e dei cortigiani
loro per modo ritrae, che vivi e maniati tc li conduce innanzi.
Ognuno sa come i lcgati veneziani avessero obbligo e costume di
ragguagliare il governo loro di quanto alle corti slraniere andavano
a mano a ma no osservaudo. Ora ben quaranlollo volumi in foglio
di cotali scritlure, inlitolate Infobmazioki Politiche, lc piu in ita-
liano, alcune in lingua latina o spagnuola, che dal i55o al i65o si
distendono , conservansi raccolli nella regia biblioteca di Berlino ,
e furono la fonle dalla quale il ch. autore altinse la materia al suo
discorso. Gia molto ben pratico di queste cose per la sloria dei
popoli romaneschi e germanici detlata avanti, e per la critica de-
gli storici italiani c nominatamenle del Guicciardini che vi aggiun-
se (2) , vennegli ben fa Ito di giovarsi di cotal tesoro , senza certo
esaurirlo, non estratti o sunti offercndocene, ma una ben connessa
narrazione che tempi , persone e cose moslra assai dottamente.
Federico Saalfeld e converso discorse assai rapidamente di que-
sti secoli, ed in sol quanto, ei dice, era necessario a moslrare come
I' ordine delle cose fosse venuto costiluendosi in Europa quale il
trovo la rivoluzione francese, ed a spiegar certi fatli che allramente
non si saprebbe. Particolareggio poi quanto avvenne dai primi su-
bugli del 1789 fino al congresso di Aquisgrana (181 8), ed a cia-
scuna parte della storia (che le son sette), fece precedere un suo
cenno generale su la condizione degli stati europei; fini con una
relazione delle colonie nei due mondi (5). Di tal frutto gli rispo-
sero dicci anni d' indcfcssi studj. Tuttavia ei stima molte cose es-
sere per iscoprire loro vero aspelto solo in processo di tempo , e
per venire apprezzale piu appensalamente e con maggior verita da
(1) Fuerslen unci Foelker von Sued-Europa, in 16^ unci 17 Jahi-
hundert. Amburgo, 1828, e succ.
(2) Geschichle der romanischen unci gcrmanischen coelker von 1 4 9 4 •
bis 1 535. Berlino, 1824.
(3) Allgemeine Geschichle der ncuesten Zeit , sett dein Anfang dor
Jianzbsischen revolution. Lipsia, 1 8 1 5-23, vol. 8.
1 36 TARTE STRANIERA.
eui, sentitone meno gli cfl'etti immediali, e diremmo meteriali, con
piu maturita e calma avra agio di considerarle; anzi parecchie
sporrebbe altramente gia fin da ora egli mcdesimo pei nuovi lumi
clie in qucsto mezzo ando acquistando. Non pertanto avendo egli,
si conic buono storico deve fare, posti a mano a mano i documenti
cbc rcndono testimonianza dei fatli addotti, la sua fatica toma pre-
gevole ed islrulliva assai.
Non per dimenticanza ma a studio nel passaro a rassegna tutli
qucsti storici non si fece mai motto della parzialita od imparzialila
loro. Peroccbe quest' ultima , gia avuta parte principalissima nei
cronicisti , anche in essi, chi ben consideri, piuttosto ampiezza e
diligenza cbe allro si debba appellare ; nei prammatici poi illu-
sione cbe taluno fece bonariamento a se e ad altrui. Conciossiache
se i primi, da niun altro pensiero od afletlo guidali se non da quello
di UUto tutto notare e di tulto conscrvar memoria , poterono per
avventura compilar sine ira et studio quei loro ammassi di notizie
sconnesse e morle , imparzialita con questo certo non usarono, la
quale e virtu cbe solo dal giudizio dipende. II prammatico poi scorto
continuo da esso e nel trascegliere, e nel ragguagliare , e nel con-
nettere le materie ad un preordinato fine , puo ben non essere
passionalo , ma debbe ad un'ora essere parziale , cioe favorevole
verso la preconcetta idea cbe elesse a perno del suo ragionare. Gia
molto si ando predicando lo storico avere a dimenticare tutto se
medesimo, per solo vedere nei fatti; ma come cio sia possibile , e
come ei possa apprezzarli e giudicarli con altra norma da quella
delle proprie opinioni e del proprio giudizio , ognuno sel vede da
per se. Delia varia parzialita, o vogliam dire inclinazione dei sin-
goli storici nominati , ne fu poi giuocoforza tacere , 1' abbondanza
della materia non permettendoci di enlrare nei particolari di cia-
scun' opera , e sembrandoci troppo superbo il dar giudizj senza
pure addurne le ragioni. Ora questa universale, anzi indispensabile
parzialita, spiega assai ben chiaro raccumularsi cbe van facendo le
storie ancbe dei medesimi tempi e Iuogbi, senza tultavia chc le line
rendano le allre aifalto inulili. Ne tale sara certo per tornare quella
dell' Europa dal XV secolo in poi, cbe va dettando Federigo Rau-
mer (i), il quale, abbracciandola tutta intiera con le sue colonic e
molto alia distesa narrandone, vieue soddisfacendo ad un deside-
rio del maggior numero dei lettori. Senza rivelare cose nuove,
(i) Geschichte Europas seit clem Ende des i5 Zidirhunderts. Lipsia,
iS32. Usciti vol. 6, e continua,
PARTE STRAMERA. 187
rimaneva pure al ch. autorc vasto dapercorrere il campo delle pram-
matiche combinazioni, Tutlavia ne'suoi viaggi per la Francia seppe
procacciarsi in quelle biblioteche ed archivi nuove fonti ed ancora
non usa'te clie gli vennero in taglio gia nei primi volumi di questa
sua lunga opera. Nella sloria degli Stud (Hohenstaufen) , recata al
pubblico or fa sedici anni (1) , ebbe egli mostrato di bene inten-
dere come l'arte storica non pur nell' investigare e raccogliere
material] eonsista, e cbe oltre lo spicgare l'andarnento delle cose,
vuole ancora cerla grazia nelle esteriori forme della sposizione. Ora
1 cotali precctti non dimenticando pure in questa, sara per dislin-
guere il suo nome fra quelli dei piu eccellcnti suoi contemporanei.
Volgendomi alle storie parlicolari, mi occorrono prime quelle di
Federigo Schiller ( morto nel i8o5). Del quale chi non conosce
il Don Carlo e il Wallenstein ? Ora il primo 1' ebbe condotto ad
investigare i modi di Filippo II, Faltro a por tutto il suo animo a
Gustavo Adolfo. In questa guisa , senza essere opportunamente
preparalo alle indagini storiche , ne avere abbastanza studiato nei
capo-lavori dell' anlicbita per potersene spiegare il magistero , fat-
tosi storico, descrisse le guerre di Fiandra e dei trent' anni , mo-
strando come i grandi ingegni sappiano piacere ancbe in quelle di-
scipline, nelle quali sono il meno versati. Conciossiache al difelto
inlrinseco di queste sue opere abbia sopperito con la scella di og-
getti curiosissimi all' universalita , e con 1' arte drammatica e con
la vivace sposizione cbe talvolta, nel vero, tiene alquanto del poe-
tico, non solamente abbreviata la noia del suo difiuso narrare, ma
ancora trovato modo di farsi leggere assai piu degli Spitller (2) ,
Arcbenholz (5), Vilkcn (4), Kortuem (5) e di tanti altri.
(1) Geschichte der Hohenstattfen und Hirer Zeit. Bcrlino, 1S24-26,
vol. 6.
(2) Geschichte Jf'uertembergs (fino al I-33). Gottinga, 1783. —
Gescti. IJannoi'crs scit der Zeiten der Reformation bis zu Encle des
17 Zahrh. j 1786. — Gesch. der daenischen liet'olution 1C60. Bcrli-
no, 1796.
(3) Gesch. des siebenjaehrigen Kriegs. Manheim , 1788.
(4) Gesch. der Kreuzznege nach morgenlaenchischen und ubendtaen-
dischen Quellen. Lipsia, 1807.
(5) Die Eiitstehungtgeschiclite der freistaedtischen Buende in Mil-
telalter und in der neueren Zeitj, vier Buecher. Zurigo, 1827. 11 primo
libro chc tratta ilcllc Lcglic lombarda e svizzcra; fu trad otto in ita-
liano , e ne parlo anchc YAnlologia di Firenze del 3i o 32 , non
avendolo ora alle mani. II traduttore fece per avventura soveichio
studio d'imitare ncllo stile l'andaniento peculiare del suo testo.
I 38 PARTE STRANIKRA.
Anche nelle biografie molto si esercitarono gli storici tedeschi.
Se non che tra queste siamo coslretti a menzionare per brevita sola
quella di Lessing scrilta dall' Herder per la fama chiarissima dei
loro nomi ; poi l'altra di Carstenio Niebuhr, distesa dal figliuolo,
il quale , sc nella storia romana acquisto con la novita dei divisa-
menti la gloria che ognun sa3 in quest' operetta pose un modello
a chiunque piaccia darsi a consimili lavori; fmalmente quelle del
generale di Winterfeld e della rcgina Sofia Carlotta di Prussia ,
dettate da Varnhagen von Ense, certo uno dei piu giudiziosi, ele-
ganti e fioriti scrittori di cm possa ora vantarsi la Germania.
La quale se pel gia fatto puo per avventura gloriarsi di primeg-
giare nella profondita e nell' estensione degli storici studj , ancor
migliori speranze e molte maggiori da veramente per 1' avvenire.
Perciocche radicandosi a piu a piu la persuasione del dipendere
cbe fanno le giuste vcdute , grandi e direi universal] dello storico
dalle ben fondate e veraci cognizioni delle particolarita , in queste
investigare, studiare, ordinare e pubblicare numero piuttosto ma-
raviglioso cbe grande di dolti s' affaticano con indicibile fervore,
descrivendo i casi, gli usi e costumi eziandio delle piu minime pro-
vincie. Ed in cio vengono poi stimolati a maraviglia ed aiutali ad
un'ora dalle societa, che per poco in ogni cantuccio si vanno co-
stituendo ad imitazione di quella che a sommossa del barone Carlo
di Stein, e sotto 1' immediata protezione della Dieta germanica,
fu gia il venti gennaio del 1819 a Francoforte istituita. Suo scopo
e di cercare non solamente in casa , ma ancora ovunque di fuori
manoscritti inediti, e di recarli al pubblico con estratti di voluminose
raccolte e con iscrittori originali , che dalla trasmigrazione dei
popoli settentrionali fino alia riforma luteriana fecero conserva dei
casi del mondo. Piu di centoventi letterati, cosi uniti in lega^ tra-
vagliansi in tauto nobile ministero , compilando un loro archivio
inlitolato : Monumcnta historica Germaniae ab ann. Chr. 5oo usque
ad ann. i5oo; il quale distinguono nelle cinque seguenti classi :
Scriptores , Leges, Diplomata, Epistolae, Antiquitalcs. Ne di pic-
ciolo utile alia scienza sono pure i numerosi fogli periodici y dei
quali staro contento a nominare quelli diretti dallo Schlosser e
Bercht (1), e dal Raumer e Hormayr (2), come quelli che fra i
migliori sono riputatissimi.
(1) Historiscb.es Arcbiv. Francoforte.
(a) Historiscbe Jahrbuecher. Lipsia.
PARTE STRAXIERA. 1 3q
Ma brcvi cenui mal baslano certamente a mostrare l'incredibile
fervor* con cui si collivarono e collivansi nclla Germania le stori-
che discipline, ed ancor meno a dare un' adequata idea dei frutti
che le vennero producendo. Nondimeno e' pare essi dovere essere
anche di soperchio a stimolare la curiosila di questi volere piii
particolarmenle conoscere, e per avventura 1' altro ancora piu pro-
filtevole sentimento della nobile emulazione. La quale senza dub-
bio s' accrescera a misura , die altri penetrando a piu a piii in
questa materia , s' accorgera della mia poca sufficienza a ritrarre
tulta inliera la realta. Imperocche delle opere piu recenli , e che
vengono giu a dirotta, a mala pena di pochissime io abbia sapulo
far menzione , tra per la legge della brcvila e per 1' essere quasi
impossibile di tutto conoscere e considerare. E nel subbisso di tanti
scrittori sara fors' ancbe per sembrare arbitraria la scelta dei no-
minati, questa non potendo essere sommessa a norme tanto sicure
da venirne sempre con piena ragione guidala. Se non che a tutti
i cotali difetti si vorra , spero, benignamente compatire, chi si ri-
cordi non essermi io proposto se non di recare qnalche mini mo
lume ai lcttori , che dell' erudizione alemanna non fanno precipuo
esercizio. L. Picc/uoni.
Accidenti delle navi a vapore.
Avendo il nostro pacse la forluna di essere assicurato con prov-
vide leggi dai pericoli che potrebbero derivare dalle macchine a
vapore , crediamo utile il far conoscere a'nostri lettori come le cose
procedano in quei luoghi ove siflatte leggi non sonosi finora ema-
nate, approfittando in cio di due importanti arlicoli inserili nclla
BiblioUicque Universelle.
i ° Dcgli accidenti delle navi a vapore, Rapporto del signor Pou-
letl Thompson, stampato per ordine della Camera de'Comimi. Bi-
ll. Univ., novembre 1839, pag. i5cj.
L' enunciato Rapporto , fatto conoscere per estratto dalla Bill.
Univ., e opera di una commissione inslituila dal governo inglese
per esaminare le cause dei disastri che piu volte avvennero in
Inghilterra nclle navi a vapore, affine di prendere quindi delle de-
liberazioni in proposito. Peroccbe intorno a un tale argomento non
aveva ancora quel governo stabilite delle leggi , quantunque se ne
fosse gia occupato nel 1817 e nel i85i; a differenza deTrancesi,
1 quali, dopo il 1824, prescro in considerazione questo importante
1 4o PARTE STRAXIERA.
soggetlo , e formarono de' regolamenti che vennero nuovamenle ri-
veduti e perfezionati nel 1828 e nel i85o; nel che vennero sag-
giamente imitali da molli allri governi del continente europeo.
In questo Rapporto i commissarj inglesi si mostrano pienamente
persuasi che tutte le disgrazie avvenute ehbero luogo non gia in
conseguenza di cause sconosciute agli scienziali, difficili a preve-
dersi e ad evitarsi ; ma bensi sempre per colpevole negligenza o
ignoranza di chi dirigeva il lavoro di queste macchine , ovvero
per mala costruzione delle navi; lalche col sussidio delle ordina-
rie cognizioni e con un poco di diligenza e di prudenza si sareb-
bero potute evitare. In appoggio della quale asserzione comin-
ciasi in questo Rapporto a citare il disastro del Northern Yacht,
il quale peri con tutte le persone che si trovavano a bordo, in con-
seguenza del pessimo slato della nave, ben nolo anche prima del-
1' infelice avvenimento, come si pote sapere da molte testimonian-
ze. L' Aurora in vece, di cui si viene a parlare di poi, peri a
cagione della sua forma difettosa. In molli casi le disgrazie proven-
nero da esplosioni di caldaje per caltiva costruzione di queste ul-
time, e specialmente per essere internamente attraversale da cilin-
dri di largo diametro e di pareti non abbastanza robuste.
Si fa allresl notare che le disgrazie sono state assai piu rare in
Inghilterra che in America. Nell'Inghilterra infatli, secoudo il Rap-
porto di cui si tratta, fra 800 e piu navi a vapore che quella na-
zione possedeva nel i858, ne erano perite 25 colla perdila di 77
persone; laddove in America, dove avevansi da 700 ad 800 di tali
navi, ne erano perite 260 , colla morte di circa 5oo persone ( cosi
leggesi nell' articolo , ove pero temiamo di un qualche errore di
stampa). Ma veggasi su cio quanto diremo or ora.
2.0 Relatione della perdila di tre navi a vapore in America ,
ricavate dal Diary in America del capitano Maryatt. Bihl. Univ.,
marzo 1840, pag. 142.
Sembra da questa Relazione che il numero delle vittime della
navigazionc a vapore sia assai maggiore di quello teste riferito ,
tanto in Inghilterra quanto in America. Vi si enuncia infatli che in
Inghilterra il numero di tali vittime fu in dieci anni di 654, che
danno all' anno 65,
mentre in America se n' ebbero in un anno 1080.
Si assicura pero anche qui che la maggior parte degli accidenti
provennero daU'imprudenza e dal cattivo stato delle navi, e che
essendo queste migliori , con tin po' d' attenzione e sorveglianza si
sarebbero per lo piu evitali. Una prova ne e la descrizione che
PARTE STRAN1ERA. 1 4 f
qui si legge di tre recenti disastri avvenuti in America alle navi il
Ben-Sherwood , X Home e la Mosella.
La perdita del Ben-Sherwood, avvenuta la mattina del lomag-
gio i85j rimontando il Mississipi, pro venue interamente da im-
prudenza del capitano, il quale si era proposlo di volere ad ogni
modo sopravvanzare un' altra nave a vapore che gli era passata
oltre , menlre egli si era trattenuto alcun tempo per certi affari
dinanzi ad una stazione. Terminali questi affari, venne dato ordine
la sera del 9 maggio di aumentare il fuoco, attivandolo quanto era
possibile; e a quest'oggelto si mise a disposizione de'lavoratori un
barile d'acquavite. L'esito si fu, che durante la notte il calore del
fuoco accese piu volte le legne preparate dinnanzi alia caldaja, e
sempre vennero estinte imperfettamente. Grido un negro dalla riva
del flume, che la legna avcva preso fuoco. Ma ebbe in risposta
che andasse al diavolo , che badasse ai fatti suoi. Finalmeute si
accorse del fuoco un passeggiero; e allora si procuro di porvi ri-
paro; ma quantunque operando con ordine fosse ancora possibile
il rimediarvi, nacque tal confusione che non si pote far nulla. Si
tento di andare alia riva; ma questa era troppo lontana, e le corde
del timone erano bruciate. Iu breve il fuoco si estese a tutta la
nave, e tulto fu disordine, costemazione e gemiti ; e inlanto le
persone perivano rapidamente. 3\e perirono da 200; e delle poche
che si salvarono , qualcuna riusci a guadagnare la riva a nuoto ,
qualcuna venne raccolla dalla nave a vapore il Colombo, ivi capi-
tata; qualche altra lo venne dallo Statesman, quivi pure soprav-
venuto. Era arrivata una terza nave che pareva volere anch' essa
soccorrere quegli infelici , ma dopo scambiate alcune parole col
Colombo, il di lei capitano ordino di seguitare avanli, sommer-
gcndo per avventura, dice l'autore, colle onde generate dal suo
passaggio qualche sventuralo che sarebbesi potuto salvare. In fine
scoppio anche la caldaia , dopo di che tutto ricadde nell' oscu-
rita e nel silenzio. Ecco le funeste conseguenze di una gara pue-
rile; gara per altro che, secondo il signor Maryatt, suol nasccre
assai tacilmenle pel vano onore di arrivare piii presto che altri al
termine del viaggioj e i medesimi passeggieri sogliono preudervi
parte e incoraggiare il capitano. L' inumanita mostrata dal capitano
che passo senz^i fermarsi, mostro altresi quanta indifferenza si ab-
bia in America per la vita degli altri, indifferenza che, secondo
1 autore, e quivi comune a tutle le classi della societa.
L Home peri nell' ottobre i85j viaggiando da ]\e\v-York per
Charleston, con 100 persone a bordo, delle quali solamente
I 42 PARTE STRANIERA.
quattro o cinque riescirono a trovar salvezza. Ma non ne ebbe causa
il vapore, bensi la cattiva costruzione della nave, la quale non pole
resislere all' impelo delle onde.
La Mosella era un pachebotto costrutto di recente, e destinato
a fare delle corse regolari fra Cincinnati e San Luigi ; ed aveva ri-
putazione di niolta velocita. Si disponeva esso (in aprile 1808, a
quanlo sembra) a partire da Cincinnati con circa 260 persone. E
il capitano aveva dichiarato di volere ad ogni costo passar oltre a
un' altra nave partita un po' prima; e infatti lo strepito prodotto
dal vapore annunciava un fuoco assai piu attivo dell' ordinario. Ma
appena la nave comincio a muoversi per scendere il fiume, una
esplosione spaventevole lancio Iontano tutta la parte anteriore della
nave stessa, scagliando qua e la in pezzi le persone che si trova-
vano sul ponte : erano scoppiate a un tempo tutte e quattro le cal-
daje. Una sessanlina di passeggieri cbe si trovavano nella parte
posteriore , balzarono nell' acqua; ma circa dodici solameute giun-
sero alia riva. Su questa trovavansi moltissimi spettatori per assi-
stere alia partenza, e molti allii sopravvennero, cercando di soc-
correre quegli infelici che erano capaci d'aiuto; ma quesli ultimi
erano sventuratamente assai pochi (1).
Si fa uu cenno eziandio di un' altra nave, il Lexington 3 perita
d'incendio con 14 dei 17 passeggieri che portava; ma non se ne
fanno conoscere le particolarila.
Tanti disastri hanuo finalmente svegliata 1' attenzione della legi-
slatura americana , la quale nel luglio 1 858 fece una deliberazione
in proposito. L'autore dello scrilto , desiderando che i provvedi-
menti in essa stabilitisi ottengano un buon effetto, assicura che at-
tualmente e piu pericoloso il viaggiare in America per una selti-
nwna, che 1' attraversare dodici volte l'Atlantico. Egli lesse ivi in
un giornale periodico, che le persone cola perite in un solo anno
nelle diligenze^ nelle strade ferrate e ne' battelli a vapore arriva a
mille e settocentocinquanta(che aproporzione di popolazione corri-
spondono a circa dueceuto nelle nostre provincie lombarde).
(1) A una cagione afiatto somigliante , cioe all' aver voluto l'in-
gegnere attivare straordinariamente il vapore, si e attribuita un'e-
splosione avvenuta poclii anni sono in 1111 battcllo a vapore a Lione ,
nella quale rimase vittima lo stesso ingegncre con inolte allre per-
sone. (Vedi Bibl. Uiw^ T. XXXV11, p.' 221.)
F. CARLINl, P. CONF/GLIACIil, G. Fehrarw, B. Catesa,
G. B, FAXTONETTI, Membri dell' I. 11. Istilulo, Direttori.
Pubblicato il 4 Seltcmbrc l8jo.
143
'.itratlo clelle osservazioni meteorolo^iche fatte alia nuova torre astronomica del-
VI. R. Osscrvatorio di Brera all'altezza di tese i5,62 (metri 26,54) sull'ortobo-
tanico, e di tese
75,48 (metri 147,11) sul livello del mare.
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« minima -+•
» media ■+•
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iermometri Ixulheriord ' L
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Numero dei sjiorni sereni in tutto il mese i5.
'9-9°
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-4- 1,0
BIBLIOTEGA ITALIANA
Jllbctctato 484.0.
PARTE I.
LETTERATURA ED ARTI LIBERALL
Voci e maniere di dire italiane additate a futuri vo-
cabolaristi da Giovanni Gherardini. Milano ,
1 838-i 84o, per Gio. Batt. Bianchi di Giacomo. Vo~
lume I di pag. lii e 1000, in 8.° grande, al prezzo
di austr. lir. 19,80.
« I vocabolarj non sono mai perfetli,
e sempre ci e da osservare, da levare,
da aggiungere, da mutarev.
Saivini Pros. tosc.
J_Juevolteabbiamo parlato gia di quest'opera del dot-
tor Gherardini: la prima per fame conoscere V inten-
zione e il disegno} la seconda per dare un saggio della
vivace eleganza coa cui e scritta. Ora , poiche gia n1 e
compiuto un volume, c'invoglia a parlarne di nuovo la
persuasione di rammentare agli studiosi un libro da
cui potranno ritrarre buon frutto, e la certezza altresi
di poter lodare senza adulazione, o dissentire senza
pericolo cbe l'egregio autore se ne adonti.
Pone il dottor Gherardini questa distinzione fra le
voci e le maniere di dire\ che le prime si possano pi-
gliare da ogni libro, purche siano ben coniate, signifi-
cative, calzanti e da potersene alcuno a suo uopo ser-
vire} ma le altre sol da quegli scrittori i quali nefl'opera
della favella sono avuti per classici dalla Crusca, o, che
e meglio, da tutta Italia. A questa dottrina, ch' e quasi
Bibl. Ital. T. XGVI1I. 10
l4t> VOCI E MA.NIERE DI DIRE ITALIANS
fondamento perpetuo del libro, pare die facciano sin-
golare contrasto alcune parole di Pietro Giordani, scritte
primamente per questo giornale e dipoi ristampate piu
volte : « Nelle lingue io distinguo i puri vocaboli dalle
» frasi e dalle Ggure. Per quelli mi basta il nome dello
n scrittore, la cui autorita e ricevuta e la cui testimo-
» nianza da certezza che la meglio pai'lante porzione del
» popolo stablli tal valore a tal parola. Ma quando ven-
r> ghiarao alle frasi e alle figure, lo scrittore non e piu
55 un testimonio di pubblico fatto \ e privato inventore
55 che usa il proprio ingegno e giudizio: il quale io ricevo
>5 in quanto mi par vero e nulla piu: poiche ancor io ho
» un intelletto, e non invanoss. Nondimeno e piuttosto
apparente che vera la contraddizione: perocche il dottor
Gherardini non vuol pigliare da ogni scrittore ogni voce,
ma quelle soltanto ch'ei giudica ben coniate, significative,
calzanti, e da potersene l'uomo servire a suo uopo ', ne
il Giordani vuol dare a tutti licenza di foggiar nuove
forme di dire, ma solo domanda che non sia tolto alio
scrittore il diritto di usare del proprio intelletto: come
nessuno vieto mai al pittore di mescolare i colori della
tavolozza diversamente da quello che fecero i precedenti.
l^ej/asic le Jlgure. delle quali parla il Giordani, s' in-
tendono poste nell' arbitrio dello scrittore dopo la ne-
cessaria osservanza di tutte quelle proprieta che danno
ad una lingua il suo speciale carattere. Rispetto ai
vocaboli poi la dottrina proposta dal Gherardini po-
trebbe parer troppo libera se non la circoscrivessero
dentro giusti conflni le qualita ch' egli nei vocaboli
stessi richiede : che gia nessuno dira mai ne significa-
tive ne da potei'sene l'uomo servire, quelle voci alle
quali la parte meglio parlante del popolo non abbia
stabilitoun determinato valore: laonde le due sentenze,
al primo aspetto discoi"di, si possono facilmente ridurre
ad una stessa dottrina , e sono entrambe lontane da
ogni pericolosa licenza. Concedei'emo alio scrittore di
pigliare i vocaboli d' onde egli vuole , purche abbiano
indole e fisonomia italiana e possano essere intesi: e pre-
gheremo che molti invochino con efletto il diritto di for-
mar nuove frasi, purche l'uso delle particelle, i reggimenti
ADDITATE AI FUTURI VOCABOLARISTI. 1 /\j
de' verbi e delle preposizioni, il maneggio di certi co-
strutti, e quanto insomma costituisce la propria natuva
della nostra lingua sia da loro fedelmente osservato.
Senza il coraggio d' uscir qualche volta dall'orme se-
gnate nessuna parte del sapere procede-, e le cose nuo-
vamente trovate dal genere umano e le idee nuova-
mente diffuse mal s' introducono presso quel popolo
che rifugge dalle nuove parole. E per tacere di tutti
gli altri inconvenienti, come potrebbe avere uno stile
appropriato al soggetto, e sperarne efficacia, cbi nelle
frasi s' iinponesse la legge di non uscir mai dalle pe-
date dei veccbi ? Le frasi sono quasi un atteggiarsi
delle parole per rendere manifesto non solo, ma an-
che efficace sugli altri cio che di pensieri e di sen-
timent! abbiamo dentro di noi. Ma gli uomini del se-
colo XIX , come non hanno in tutto gli stessi pen-
sieri, cosi non possono avere nemmanco lo stesso modo
di sentire che gia ebbero gli uomini del secolo XIY: per-
cio poi lo stile non potra essere ne uno specchio fe-
dele delf animo nostro, ne un mezzo opportuuo a muo-
vere o dilettare i nostri contemporanei, se noi ci sfor-
zeremo di conformarci sempre nelle nostre frasi a trojipo
antichi esemplari. Del resto, e proprio dei migliori sde-
gnare 1' ingiustoservaggioedusarpoi parcamente della li-
berta: quindi, benche il Gherardini si arroghi diattingere
le voci d' onde egli vuole, appena forse ai piu scrupolosi
potra parere che ne registri nel suo volume qualcuna
iudegna di essere accolta nel tesoro della buona lin-
gua^ e mentre il Giordani proclama la liberta del pro-
prio intelletto nell' opera delle frasi, nessuno con piu
fclice diligenza di lui ci ritrae alia buoua lingua italiana
del secolo XIV, nessuno meglio di lui ci fa sentire quella
proprieta che non consiste solamente ne'vocaboli, ma
forse ancor piu nella loro composizione.
Ravvicinando pertanto le sentenze da noi citate, ci
pare che ne discenda una dottrina compiuta e sicura:
Che da tutti gli scrittori d' ogni eta e d'ogni paese
possiamo pigliare vocaboli , quando csprimano netta-
mente Fidea, abbiano suono italiano, e possan essere in-
tesi facilmente dal popolo*, e Che la lingua possa ricevere
1 48 VOCI E MANIERE DI DIRE 1TAL1ANE
nuova ricchezza di figure e di frasi da ogni scrittore ,
il quale ne abbia studiate le leggi grammaticali per
modo, cbe quanto gli uscira della penna non debba mai
essere se non conforme all' indole della lingua stessa.
Chi pecca contro la prima di queste regole e subi-
tamente avvisato del proprio errore dalla nazione che
protesta di non intendere le sue parole} o che, sebbene
le intenda, non vuole pero adottarle perche le riescono
forestiere e di suono troppo diverso da quelle alle quali
e abituata. Ma rispetto alle figure ed alle frasi accade tal-
volta che 1' autorita dichiscrivee l'amore continuo della
novita facciano per qualche tempo aggradire ad alcuni
ed anche parer bello e lodevole cio che non s' accorda
coll'indole della lingua e quindi nemmeno col vero senti-»
mento nazionale. Cominciando dal secolo XV, anzi pur
dal Boccaccio, e venendo fino ai di nostri, potrebbero
addursi non pochi esempi di frasi e figure introdotte
da alcuni scrittori cosi di verso come di prosa, le quali
accolte e lodate da molti siccome fiori novellamente
cresciuti nell' antico giardino, non vi poterono poi al-
lignare. II soverchio e pedantesco amor del latino nel
secolo XV, e la troppo leggiera ammirazione delle cose
straniere nei tempi posteriori produssero quest'effetto}
il quale in se medesimo e sempre lo stesso qualunque
ne sia la radice o, quasi vorremmo dir, la materia. Noi
sappiamo con qual nome si deridessero sempre coloro
che non approvarono siflatte novita } ma parecchi di
que' derisi non ebbero altra colpa fuor quella di avere
sortito un gusto piu prontamente irritato da cio che
tendeva a snaturare la lingua nazionale. E questo che
qui si dice, non e avvenuto soltanto in Italia, ma da
per tutto} perche da per tutto piu presto o piu tardi
concorsero le medesime circostanze. Non siamo noi
soli che parliamo e contendiamo ancora di lingua e di
stile } ma oltre l1 alpi altresi vediamo questa lotta per-
petua fra gl' improvvidi innovatori e i custodi (talvolta
forse troppo rigidi, ma non sempre giustamente scher-
niti) del vero gusto nazionale.
Lodiamo pertanto il dottor Gherardini di venire con
pertanto i
libro aju
questo suo libro ajutando gli studiosi a farsi tali da
ADDITATE AI FUTURI YOCABOLARISTI. J fa
poter poi invocare legittimamente il diritto di adope-
rare la lingua come materia in cui improntare i con-
cetti e i sentimenti proprii, e non come certe formole
di antica ed arcana sapienza fuor delle quali non era
lecito uscire. Duplice, sotto questo rispetto, e il vantag-
gio che i giovani avranno dall1 opera che annunziamo.
Perocche vi troveranno da prima ottimamente ordi-
nate e spiegate tutte le proprieta della lingua risguar-
danti le particelle , le preposizioni , i reggimenti de'
verbi, i costrutti grammaticali e quant' altro costituisce
il fondameuto di una lingua : senza le quali cose si
crederebbe che nessuno dovesse tenersi abile a scrivere,
se non si vedesscro di tempo in tempo uscir fuori alcune
scritture nelle quali e manifesto che, per fastidio dei
primi studi, furono intieramente neglette. Ed e og-
getto di maraviglia che molti giovani d'ottimo ingegno
sostengano come necessaria questa fatica nelle lingue
straniere, e la trovino inutile o insopportabile nella
propria: la quale e bensi molto piu facile ai nazionali,
massimamente a coloro che nascono nelle province me-
glio parlanti} ma a nessuno pero n'e istillata dalla na-
tura una cognizione compiuta e pei-fetta con tutte le
sue vere proprieta.
II secondo vantaggio, che sara facilmente riconosciuto
da chiunque studiera in questo libro,e riposto in quella
tanta abbondanza di frasi di cui ridonda } non gia
adoperate, come facevasi generalmente, per mettere in
mostra i vocaboli, ma per servire di testimonio ad
una vera e costante dottrina e per essere nel tempo
stesso da quella chiarite e illustrate. Noi non osiamo
affermare che i vocabolaristi siano tenuti a seguitar
questa via:, e forse e vero che un vocabolario di tutta
la lingua compilato di questo modo si stenderebbe
a troppo gran numero di volumi: ma seuza dubbio,
mentre finora dicevasi che per intendere in tutte le
sue possibili modificazioni il significato delle voci re-
gistx-ate nei vocabolari, bisognava ricorrere agli scrit-
tori e veder le frasi che ne hanno composte \ il libro
del signor Gherardini invece puo non di rado gui-
darci a bene interpretar gli scrittori stessi, non solo col
l5o VOCI E MANIERE DI DIRE ITALIANE
definirne i vocaboli, ma collo spiegarne le ellissi, e le al-
tre figure del fraseggiare. Gia e antico il lamento che
molti colla Crusca alia mano scrivessero barbaramente }
perche da quel libro apprendevano bensl che il tal vo-
cabolo e italiano, ma non iraparavano sempre in qual
ruodo , in quali costrutti e con quai reggimenti do-
vesse usarsi. Quindi i vocabolari dicevansi repertorii di
lingua poco meno che morta: e solevansi paragonare
a que' magazzini dove sono gli abiti belli e ricchi,ma
l'uomo non n' esce bene abbigliato s' egli non e fornito
di giudizio per eleggere i migliori, e di gusto per adat-
tarli alia propria persona e fra loro. Pero pochi studia-
vano il vocaboIario,e conpochissimo frutto.Ma delle voci
comprese nell' opera che annunziamo possiamo trovare
insieme col testimonio della loro cittadinanza italiana
anche tutti i modi di usarle. Pero se alcuni portarono
opinione che le frasi siano inutili ai vocabolari, e affer-
marono che dovrebbero limitarsi a definir le parole, cre-
diamo che cio provenisse dall'avere notato come stes-
sero quasi sempre indarno le frasi nel piu di siffatti
libri , senza spingersi a considerare se fosse possibile
introdurle per modo che lo studioso ne avesse van-
taggio. 11 dizionario dell1 Academia francese non cita
autorita di scrittori 5 ma non tralascia per questo di
soggiungere ad ogni vocabolo tutte le frasi che valgono
a far conoscere da quali preposizioni esso ami di es-
sere accompagnato e in quali costrutti si usi^ne alcuno
dira certamente che quella sia un' inutile aggiunta.
Un vizio della Crusca ereditato da quasi tutti i voca-
bolari fu quello di mozzare gli esempi,citandoli permo-
do, che non di rado ne manca il senso , spesso ne va
perduta la proprieta della frase. Contro siffatta usanza
gridarono gia con ragione alcuni filologi : ed altri an-
cora fondarono' sopra di essa la loro dottrina della
inutilita degli esempi. Meglio fecc, al parer nostro, il
dottor Gherardini adoperandosi ad ammcndare il di-
fetto col rintegi-are le frasi citate, sicche lo studioso vi
possa trovare i vocaboli, e raccorne il significato non
meno che le varie proprieta. E questa una grave fatica,
e quasi iucrcdibile in un uomo d* ingcgno si vivo e di
ADDITATE AI FUTURI VOCABOLARISTI. l5l
si fervida fantasia : ma necessaria a chi vuole con si-
curezza determinare il significato delle parole. Potrem-
mo addurre moltissimi csempi a pi'ovare quanto per la
diligenza del nostro autore venga facendosi e piu ameno
e piu utile lo studio del vocabolario: ma crediamo di
potcr dare una molto maggiore evidenza alia sua pro-
pria dottrina, citandone invece un solo (ne altro forse
sapremmo trovarne) dove, per non aver rintegrata la
frase citata dai precedenti vocabolaristi, pare a noi che
non gli sia riuscito di attribuire alia voce Ansio il suo
vero significato. Ecco 1' articolo :
« Ansio. Aggett. Ajfannato} Angosciato. Lat. Anxius.
» (Es. di poet.) - Or che fia s' ella sgombra Ogni vostro
» valor dall' ansio petto, ec. ? M artel. Lod. Op. ^g.
n § E col secondo caso. - Scgner. pred. , 26 , 9. Oh
n quanti amici cola ci stanno attendendo..., ansj della
» nostra salvezza ! Minerva.
a Osservazionc. - Che cosa significa Ansio^ secondo
j) la Crusca copiata da questa Minerva? Non altro , che
» Pieno d 'ansieta. Ora diresti tu, o Minerva, Oh quanti
35 amici cola ci stanno attendendo, pieni d' ansieta della
n nostra salvezza? Io m'imagino che no '1 diresti ne pur
r sognando 5 poiche, avendoci tu insegnato, con Pinnanzi
» della Crusca, che Ansieta significa Travaglio d^aniniOj
55 Tormento, Tribolazionc . e non altro. verresti a far dire
» al Segncri per appunto il contrario di cio ch egli dir
53 voile. In vece dimque di porre - E col secondo caso -,
55 che e un rancidume sdegnato dalla nostra lingua ,
55 avevi a dire -Ansio si piglia talvolta per lo stesso che
35 Bramoso 55 .
Ora pare a noi che il dottor Gherardini convinca assai
bene di poca esattezza e fors' anche di errore il voca-
bolario della Minerva^ ma dubitiamo se nell'esempio
citato ansii voglia significare bramosi. II Segneri dice :
« Oh quanti amici cola ci stanno attendendo, oh quanti
parenti, sicuri gia della propria immortalita, ed ancor
ansii della nostra salvezza ! 35 Dove si vede che Yansii
e contrapposto a sicuri; e quell1 ancor c' impediscc di
accettar come vera 1' interpretazione bramosi: pcrocche
qucgli amici e parenti sicuri gia della propria immortalita
1 5a VOCI E MANIERE DI DIRE ITALlANE
non sono ancora bramosi della nostra salvezza, ma piut-
tosto ancora incerti o ancora in angoscia per 1' incer-
tezza in cui stanno della nostra salvezza^ come persone
che per amore degli altri tuttora pericolanti, non sen-
tono intiera la conseguita felicita. E ci par di trovare
cotesta frase anche in Plinio , il naturalista ( lib. XV,
20), ove dice che il severo Catone nepotum securitatis
anxius consigliava sempre il Senato a levar dal mondo
Cartagine: e certamente non voile dire che Catone fosse
bramoso (com' erano tutti) della sicurta de'nepoti, ma
bensi che , a differenza degli altri, affliggevasi, non cre-
dendola ben sicura finche sussistesse quella potente
citta. E ancora piu chiaramente s' accorda coll' esempio
del Segneri un passo dell' altro Plinio , riferito anche
dal Forcellini. Parla di un giovinetto rimasto unico
per la morte delle sorelle , e dice : Cujus ego pro salute,
pro moribus, hoc sum magis anxius 3 quod unicus factus
est: e spiega molto in acconcio per noi il valore di
quella parola, dicendo: Nosti in amore mollitiem animi
meij nosti metus. Quo minus te mirari oportebit _, quod
plurimum timeam de quo plurimum spej'o.
Parra forse a qualcuno che abbiamo troppo lunga-
mente insistito sopra questa osservazione^ ma preghia-
mo chi legge a considerare che appunto in cotali cor-
rezioni di esempi e riposta in gran parte Tutilita del
libro annunziato. Noi possiamo afFermare di aver letto
con diligenza tutto il volume di mano in mano che
venivasi pubblicando , ne ci ricorda di vocabolo o frase
a cui ci sia parso che il dottor Gherardini abbia data
una spiegazione dubbiosa per aver trascurato di risa-
lire alia fonte a vederne il genuino significato : bensi
qualche volta riuscendogli poco accettabile 1' interpre-
tazione dei precedenti vocabolaristi, e non avendo co-
modita di riscontrare 1' esempio , attinto da qualche
testo inedito 0 raro, si contento di esprimere il suo
dubbio e di rimetterne la spiegazione a chi poti'a fare
il necessario confronto. Ma la Crusca, fidatasi troppo
spesso ad esempi imperfettamente trascritti , non di
rado e caduta in erronee spiegazioni^ piu di frequente
poi mctte innanzi ai lcttori una specie di enigma ,
ADD1TATE AI FUTURI VOCABOLARISTI. I 53
che non ajuta ne a comprendere il senso della pa-
rola ne a conoscerc il modo di ben usarla. In questa
parte il Monti avea gia reso non picciol servigio alia
lingua colla sua Proposta; la quale, a malgrado di tutte
le censure giuste ed ingiuste che ne furono fatte, e an-
cora un gran testimonio del suo ingegno ed uno dei
piu bei libri del nostro tempo. Ora il Gherardini e en-
trato in quel campo , e vi spazia con ugual lena, ma
con maggior consistenza di filologica dottrina. Non sap-
piamo se anche a lui vorra o potra farsi risposta, no-
tando in un migliaio di pagine qualche voce o locuzione
adoperata diversamente dall' uso de' Fiorentini: questo
crediamo pero di sapere, che se l1 Italia ha bisogno di
libri che siano esempi di scrivere in modo che tutte
le sue province possano leggerli e inteuderli con faci-
lita e con piacere, l1 opera del Gherardini, anche sotto
questo rispetto, deve considerarsi come una delle piu
utili produzioni. Un' altra singolare risposta vedemmo
mettersi in campo al tempo del Monti; dicendosi che
alcuni difetti dei quali egli appuntava la Crusca , gia
li avevano notati e combattuti alcuni toscani} come
se fosse cessata per questo la necessita di correggerli.
Del resto e una grande sventura che questa materia
della lingua non siasi mai potuta trattare in Italia senza
molta animosita: di che non sappiamo ne vogliamo cercar
le cagioniima per certo (da qualunque parte sia il torto)
non dovrebbero aver forza di distogliere dall'opera del
vocabolario comune chi potrebbe concorrervi utilmente.
Al di qua e al di la degli Apennini, mentre alcuni po-
chi attizzano ancora il fuoco della discordia, i piii sono
uniti non solo dal desiderio di posseder fiualmente un
buon repertorio della lingua nazionale, ma dalla stima
reciproca dei grandi ingegni e dalla forza del vero. Noi
siamo testimonii della stima in cui sono tenute inFi-
renze le opere di Vincenzo Monti ^ e possiamo nel tempo
stesso affermare che in tutta Italia e in Lombardia spe-
cialmente e continuo il desiderio delle scritture tosca-
ne. Chi non si duole che il forte e coltissimo ingegno
del Niccolini ne invii cosi scarse produzioni? Cbi non
lesse avidamente la Signora di Monza e la Zausa Strozzi
I 54 VOCI E MAJS1ERE DI DIRE ITALIANE
del professor Rosini? o le note istoriche del marchess
GIno Capponi ? Quanto ci viene dalla Toscana, tutto
e ricevuto con festa dagli nmatori del bello scrivere }
perche lutti siamo concord! nel credere clie molto si
possa imparare nel fatto della lingua dai libri stampati
in quella provincia dovessa e parlata si bene popolar-
mentc. A questo debbono guardare i Toscani, c non a
qualche scorso di penna : come noi, a chi dice cbe ad
uomo nato e cresciuto fuori della Toscana e impossi-
bile conoscere ed aver pronta al bisogno la vera pro-
priety dei vocaboli, ci contenteremo di ricordarc Pietro
Giordani.
Non ultima fra le considerazioni spettanti alle lingue
si e quella dell'ortografia^ la quale, essendo quasi una
figurata rappresenlazione della pronunzia , ben e ra-
gioncvole che ciascuna nazione la pigli generalmente
da quella provincia, dove la sua lingua per comune
consenso e piu gentilmentc pronunziata.
II dottor Gherardini entra ancbe in questa materia
piu volte •, e gia nel primo volume propone cosi gran
numero di mutazioni, che, se dal fatto misuriamo il fu-
turo, possiamo prevedere una grande rivoluzione nel-
l'ortografia italiana. Egli stesso non aveva pensato dap-
prima a cotesta parte del suo lavoro: pero nel principio
del libro scrisse alcune voci in un modo, clie poi pro-
pose di scriverle diversamente quando gli venne op-
portunita di trattarne exprofesso^ anzi, perche l'abi-
tudine e piu forte del raziocinio , gli accade poi di
scriverle ancora nella maniera da lui riprovata: di che
avvisa egli medesimo i suoi lettori in qualche parte del
libro } che non paressc incertezza 0 mutabilita di dot-
trina. La quale potra bastevolmente conoscersi da quan-
to egli dice all'articolo Abominare. « Questa voce, tolta
5' di peso dal latino Abominari, e forza che non sia la-
55 sciata mutar d'abitudine, s'ella dee rettamente rap-
« presentare 1' idea che le si vuole attribuire, la quale
y> risulta dall'esser ella composta della particella rimovi-
?; iiva 0 allontanativa 0 ablativay/6 e di Onien-inis } s\-
5' gnificante Augurio: ondeAbomijiare propriamente im-
" porta Scacciare alcuno lontano dafausti augwj .Privarlo
ADDITATE AI FUTURI VOCABOLARISTI. 1 55
» degli aagurj felici} o Rifuggire da esso come da un si-
>j nistro presagio; - e quindi , per estensione, Esecrarlo,
» Detestarlo s Averlo in orrore (sebbene queste voci si di-
55 scostino alquanto dalla nozione di esso): poiche fuomo
55 non accompagna co' suoi buoni augurj cbi e oggetto
j' del suo orrore, della sua detestazione, della sua ese-
r> crazione, ma, come da un infausto augurio, fugge lon-
» tano da lui. Ora, se noi, cruscbeggiando, scriveremo
j> Abbominarc con due bb} e lo divideremo in sillabe,
" ne uscira fuori un Ab, genuina preposizione, ed un
55 Bominare, non che bastardo, ma inaudito e mostruoso
55 e di niuna significanza^ e se Bominare non significa
55 cosa alcuna, per quale incantesimo, congiungeudosi
55 colla particella Ab , verra egli ad esprimere le idee
55 cbe si vogliono ascrivere a cotesta chimera di Ab-
55 bominare? » Apparisce di qui cbe l'autore fa prin-
cipal fondamento sull' etimologia, analizzando il voca-
bolo e 1' idea da quello significata: e prevedendo cbe
alcuni gli opporrebbero l'aulorita del Salviati, ove dice
cbe dello scriver correttamente deb^essere fondamento
la pronunzia del popolo fiorentino, soggiunge: « Trop-
55 po e facile a vedere come sia posto in falso un tal
55 fondamento^ giaccbe i popoli tutti quanti pronun-
55 ziano non gia consideratamente, ma secondando un
si cotale impulso de' loro organi ed una cotale maniera
55 succbiata col latte \ la qual maniera ed i quali or-
>5 gani variando, non pure ne' popoli diversi,ma neglin-
55 dividui, fanno si che le pronunzie sieno vagbe per
55 tutto il mondo come son l'onde del mare. Quindi e
55 che il popolo fiorentino, in virtu di tali motivi, si la-
55 scia andar naturalmente a raddoppiar le consonanti
J5 eziandio in quelle voci, nelle quali ad ogni modo elle
55 convengono esser semplici , non facendo egli attcn-
55 zione agli elementi ond'elle son composte, ne alle loro
55 origini, ne potendo farlavi ancorch' egli volesse, pel-
s' essere le si fatte cose , generalmente parlando, troppo
55 discoste dal cerchio delle sue cognizioni. Ma i dotti,
J5 allorche scrivono, debbono, per cosi dire, ammoti-
» narsi dalla prepotenza degli organi loro e da' vezzi
y> contratti nella conversazione del babbo e della mamma,
1 56 VOCI E MANIERE DI DIRE ITALIANE
» e arditamente determinare la lessigrafia da quei ri-
y> spetti clie insegna loro la ragione e la critica». Ne
concede clie il secondo b possa ammettersi in questa
parola come un segno rinforzatore del primo, o come
un avviso di pronunziare scolpitamente la sillaba ab
« perch e (dice) il rinfovzare o 1' indebolire, in favel-
?? lando, i suoni delle voci, non ha che fare colla scrit-
» tura, come cosa che si lascia in arbitrio al giudizio
n del lettore, il quale ne dee regolare i diversi suoni
>■> e toni secondo che porta 1' inteuzione del concetto,
55 potendosi le lettere dell'alfabeto paragonare alle note
55 della musica, le quali accennano si bene il pensiero
55 del maestro di cappella, ma il dar loro la piii accon-
js cia espressione dipende dal sentire di chi le esegui-
55 see 55. - E conchiude: « Si pronunzi come invita Toeca-
>5 sione, e, concedasi ancora, come ciascuno e persuaso
5> dall' avuta educazione, ed e sforzato dal proprio ge-
55 nio } ma lo scrivere sia frenato e governato , ovunque
55 si possa, da leggi fisse. costanti, e cavate dalla natura
55 e dalla condizione delle parole che si vogliono ado-
J5 perare : questa , sol questa mauiera di scrivere noi
diremo ortografia 53 .
Un argomento poi di molto valore in questa materia
e quello addotto dal signor Gherardini alia voce abon-
dare ed altrove^ cioe che la maniera di scrivere da lui
proposta come piu ragionevole, trovasi anche usata nei
testi anteriori alia Crusca. D' onde dovrebbe conchiu-
dersi che, almeno rispetto a quelle voci, nel secolo me-
glio parlante , la pronunzia e l'etimologia si trovarono
concordi: sicche, anche accettando per vera edinappel-
labile la sentenza del Salviati, non potrebbe un uomo di
buon giudizio ostinarsi a rifiutare la proposta rettifica-
zione senza ribellarsi nel tempo medesiino alia ragione
ed all' us 0.
Nessuno , certamente , disprezzera questa cura di
ridurre 0 ricondurre i vocaboli a vera ortografia ; e
quando bene non importasse gran fatto in quanto
all1 intenderli , sarebbe degno ci6 non pertanto del
nostro secolo lo sgomberare il codice della lingua
da molti errori , e non lasciare che una licenziosa
ADDITATE Al FUTLRI YOCABOLARISTI. 137
consuetudine a poco a poco sovverta e cancelli le buone
leggi. Ma qual priucipio convenga poi seguitare in
questa riforma della scrittura , e cosa molto difficile
a stabilire. II dottor Gherardini seguita Fetimologia,
e sotto questa bandiera ci par che trionfi quasi ogni
volta ch' egli combatte: ma se rigettiamo assolutamente
la scorta della pronunzia, e vogliamo fondarci solo sul-
1' etimologiaj, pare a noi che ne soi'gano alcuni dubbj
non indegni di considerazione. Dobbiamo confessare di
scrivere senza alcuna scorta ne raziocinio tutle le voci
delle quali ignoriamo Forigine, e sottometterci all' ob-
bligo di variare la nostra maniera di scrivere di mano in
mano che la filologia, facendo nuovi progressi, credera di
scoprire le fonti dalle quali ci sono venute le voci che ado-
periamo? Ancora potra domandarsi se dobbiamo conce-
dere ad ogni fllologo il diritto di alterar la scrittura di
quei vocaboli dei quali egli si persuada di aver trovata
Forigine} benche sappiamo quanto sia facile in questa
materia anche ai piu dotti il cader in errore. Poi quel
paragone tra le lettere dell'alfabeto e le note della
musica potrebbe non essei'e cosi vero e concludente
come apparisce alFautore. Vediamo infatti che i mae-
stri di queirarte s'ajutauo quanto possono con segni
e perfino con parole per supplire all' angustia del loro
alf'abeto , e non lasciare nelTarbitrio degli esecutori
l'espressione vera e genuina delle note: perche dunque
lasceremo, scrivendo , al giudizio del lettore cio ch' e
possibile determinare con segni visibili e certi? Ci ri-
corda di un illustre editore dellAriosto, il quale diceva
di essere stato alcuni giorni pensando sopra quei versi:
Ecco Rinaldo con la spada addosso
A Sacripante tutto iabbandotia;
perocche, avendo trovato in qualche stampa abandona
con un b solo, ora 1' una scrittura ora laltra gli pa-
reva migliore^ secondoche immaginavasi che il poeta
avesse avuto in animo o Fimpeto deH"assalto, o l'atto
di un uomo che, appuntata la spada al petto delFav-
versario, tutto si lascia and are sovr'essa come peso
morto per ajutarla ad entrarvi. Ora, se queste dubbiezze
1 58 VOCI E MAN1ERE DI DIRE ITALIANE
hanno forza di tener sospesa la niente degli uornini
colti, a quante non devono andar soggetti i piu de'
leggenti?
E poiche l1 occasione ci ha condotti a questo verbo
abbandonare, non saranno forse inopportune alcune os-
scrvazioni.
Dopo avere confutata 1' etimologia assegnata a que-
sto verbo dal Denina, il dottor Gherardini soggiunge :
« E perche non dire piu presto che i nostri padri
» trassero questo verbo dal provenzale abandonar o
35 abandounar, e sol v' aggiunsero un b per rinforzarne
55 la pronunzia? 35
Qui dunque dovremmo credere che il dottor Ghe-
rardini non disapprovasse l1 usanza d' indicare la forza
della pronunziazione raddoppiaudo le lettere} perche
altrimenti avrebbe cacciato di seggio uno dei due bb
per ridurre la voce italiana conforinc alia provenzale,
e per fuggire quel bandonarc ( mostruoso e senza signi-
ficato) che ue risulterebbe distaccando la prima sillaba
ab dal restante della parola. Il che noi notiamo sol-
tanto perche la dottrina della pronunzia, alia quale con-
fessiamo di essere grandemente inclinati , ci sembra
piu vera vedendo ch' essa e stata anche dell' autore fin
quasi al di d' oggi. Del rcsto, nelle cose che si trasmu-
tano da un popolo ad un altro, si veggono singolaris-
sime alterazioni ora di estrinseche forme, applicate ad
vino stesso concetto , come notauo gli archeologi negli
emblemi e nelle figure delle divinita } ora di signifi-
cazioni e di idee , come dimostrano x Dizionarii in
molti vocaboli , che due popoli adottano senza mu-
tarne verun elemento . ma con dilTerente e talvolta an-
che contrario significato. F, noi ci uniamo volentieri
col dottor Gherardini a dire che il Dcnina s'inganna
quando vuol dedurre la voce Abbandonare dalla pre-
posizioue Ab, da Hand, parola germanica significante
Mario 3 e da Do in senso di Fare: ma non possiamo sot-
toscrivere intieramente al ragionamento su cui si fonda
per ricusar di accettare cotesta, com' egli la chiama,
stiracchiatura. « 11 popolo (egli dice) per formare le
35 sue parole, non piglia gia le sillabe occorrenti (salvo
ADD1TATE Al FUTUR.I VOCABOLAIUSTI. 1 5c)
» in pochissimi casi) Puna da una nazione, l'altra da
» un'altra, e cosi via via} ma le conia d' un colpo con
» materie di casa sua, o gia belle e fatte le si toglie d' al-
m tronde ». E nondimeno quando piu nazioni diversa-
mcnte parlanti si trovino da qualche tempo in uno stesso
paese, questa fusione di element! non e cosi difficile,
ne procede da quella pensata delibcrazione che qui
pare supposta', ma ne puo esser maestra la sola neces-
sity di parlare e d'intendersi. E talvolta 1' autorita di
un uomo; talvolta la solennita del tempo e del luogo
in cui una parola primamente fu proferita, poterono
darle in un tratto quella popolarita che a noi, ignari
di quelle circostanze, riesce miracolosa e incredibile.
Aggiungasi a tutlo questo, che gli elementi di un voca-
bolo sotto Fanalisi degli etimologisti ricevono qualche
volta assai impropriamente battesimi greci o latini, e
pajono cose tirate d'altronde dai dotti, mentre invece
erano gia nazionali, o nella lingua popolarmente parlata.
Cosi XAb non fu proprio solaniente dei Latini , ma e
tuttavia anche della lingua tedesca non meno di Hand,
e vi conserva spesse volte un significato analogo a
quello ch' ebbe gia in Roma. Pero e noto che alcuni
dedussero Abbandonare da Abhandebi, come trovasi
nel Muratori^ e sebbene (lo ripetiamo) ci paja impro*
babile l'etimologia del Denina, non puo dirsi pero che
il vocabolo, secondo quella opiuione, si comporrebbe
« dell^^ dei Latini e dell' Hand dei Tedeschi ».
Sono questi alcuni dubbj spettanti alia materia ge-
nerale dell' ortografia^ non gia alle correzioni proposte
dal dottor Gherardini per quei vocaboli ch'egli tolse
a rettificare. Noi siamo pienamentc d'accordo con lui
ove dice che, per liberare 1' italiana lessigrafia dai
suoi molti errori, bisogna sottoporre 1' autorita alia
ragione , e che solo ragionando " si verra una volta
» a capo di mettcrle un freno immutabile , di ma-
» neggiarla con agevole briglia , e di torle oramai
» la vei'gogna di ciecamente obbedire al pazzo arbitrio,
» alio sventato capriccio, alia inlingarda ignoranza ,
y> alle municipali prctensioni. La lingua scritta (sag-
s' giunge) c una sola per tutta T Italia, ed una sola ne
160 VOCI E MaN'IERE DI DIRE ITALlANE
r> vuol essere Tortografia: perche sia tale, la prima cosa
5) convien guardarsi a non si lasciar portar via dalla
» volubilita dellc pronuuzie ». E come ci pare veris-
sima questa generale dottrina, cosi crediamo che non
manchino di buone ragioni quasi tutli i singoli cam-
biamenti ch' eivien proponendo: ma non vorremmo che
ancb' cgli, come gia alcuni altri, passasse i giusti con-
fini. Dove il modo di scrivere nuoce alia significazione
della parola ed alia perspicuita del concetto, sara de-
gno di lui levarsi a cacciare dall'usurpato dominio
l'errore:, e forse bastera 1' esempio : ma in tutto il re-
stante e da conccdere qualche cosa all'usanza con-
validata dal tempo; alia quale gli uomiui concedono
pure non poco in materie molto piu gravi. II popolo
non considera, anzi non conosce le origin! forestiere
delle voci, ma tutte le adopera come cosa doraestica,
con quel siguificato clie dal comune consenso della na-
zione, parlando e scrivendo, e ad esse voci attribuito:
egli e sempre e per tutti i vocaboli in quella condi-
zione in cui debbono confessare di trovarsi aucbe le
persone piu colte rispetto ai vocaboli la cui origine
sia ignorata od incerta. Questo per cio die riguarda il
popolo. I dotti poi non possono certamente smarrirsi
nel rintracciare la derivazione e stabilire all' uopo
il valore di una parola , benche trovino in sulla via
l1 ingombro di qualcbe lettera inutilmente introdotta in
quanto al significato, ma opportuna a rappresentarne
la pronunzia de' meglio parlanti. Non vi e forse lingua
antica o moderna, la quale non dovesse grandemente al-
terare la sua scriltura, chi pretendesse di toglicrne tutto
quello che non e ricbiesto dalla ragione etimologica: il
che sia detto qui per coloro i quali s'immaginano , e ri-
dono, che soli noi Italiani disputiamo tuttora sulla vera
ortografia dclle nostre parole. Le quali, per consolarci
di quelle derisioni, comunque fossero scritte o pronun-
ziate, tre secoli addietro spavcntarono un re di Fran-
cia, e gia due secoli prima avevan bastato ad un poe-
ma immortale.
Piu della scrittura importa che sia richiamata
in onore la genuina e primitiva significazione dclle
ADDITATE A I FUTURI VOCABOLARISTI. 161
parole^ solita, per singolare destino, ad esser corrotta
dalle due classidi persone piuopposte traloro: i pedanti
e gl'innovatori. A questo provvedono in parte i poclu
scrittori che per ingegno felice e per ottimi studi pre-
servansi dal contagio delle irragionevoli novita: qua-
lora con buoni ed utdi libri siansi procacciata riputa-
zione sufficiente per contrappesare la baldanza dei neo-
logisti e la leggierezza della moltitudine presta a ricevere
come bello e stupendo tutto quello ch' e nuovo. Piu di-
rettamente poi vi provvedono i vocabolaristi, sottopo-
nendo ad esatte definizioni le voci, e mostrando l'errore
di cbi le torce ad improprie significazioni. II qual errore,
dannoso nelle opere degli scrittori, suol essere poi dan-
nosissimo quando entra nei vocabolari} dove pare che
acquisti legittima autorita. Ma sventuratamente chi pren-
de in esame i voeabolari come fa il dottor Gberardini,
puo bensi correggere gli strafalcioni che i pedanti vi
ban registrati come giojelli} non puo quasi mai com-
battere gli abusi dei neologisti.
« Ardimento per Arsione, Ardore, da Ardere. — Vit.
» S. Franc. 224. - H dovea trasformare in Cristo , non
'» per martirio di carne, ma per ardimento d1 animo e
» di mente : onde , partendosi quella visione, si gli la-
j» scio un mirabile ardore dell' amore di Cristo. - Voc.
» di Ver., Diz. di BoL, Diz. di Pad. ».
u Osservazione. — II P. Lombardi, compilatore di
* questo paragrafo , s' inganno a maraviglia. Qui la
n voce Ardimento e posta nel suo proprio proprissimo
» signiGcato diArdire, Coraggio. E il testo latino rimuove
» ogni dubbio. Eccolo: . . . nequamquc exteiritus; sed ad
7> martyriwn usque subeundum longe animatus est».
u AvVEGNACHE.
n §. Notabile e tic* SS. PP. 2 , 4oo. Essendo S. Pa-
» trizio ... in Iscozia, awegnacbe un giorno parlando
y> egli col Re . . . appoggiandosi sopra un bastone . . .
» pose la punta... sopra "1 pie del re . . . e foi'olli il pie...
y> Ma quel Re credendo, ec. (Qui sta non per Siquidem,
» come nel § // la Crusca; ma per Quam imposuis-
* set.) Voc. di Ver. ».
Bill. hal. T. XCVIII. 1 «
162 VOCI E MAXIERE DI DIRE ITALIANE
« Ossetvazione. — Se quel bravo uomo del Van-
y> netti, compilatore di questo paragvafo, avesse un sol
55 tantino meditato il passo qui riferito, di lieve si sa-
55 rebbe accorto , la stampa del Manni essere maga-
j» gnata^ e in un attimo ne avrebbe indovinata l'emen-
55 dazione. .Che se per caso egli non si fosse sentito
?» in data d' emendar di fantasia, non avea che a met-
55 tere uno sguardo nell'antica edizione delle Vite de'
55 Santi Paclvi (Venezia 1^5) e vi avrebbe letto cor-
55 reltamente a c. i85 tei'go: Essendo ito Santo Patrizio
55 a predicate la fide di Cristo in Scozia} avvenne che,
55 parlando uno di al Re . . . per caso} non avvedendo-
55 sene, appoggiandosi sopra un bastone} ... pose la punta...
5> sopra'l piede del Re, ec. E cosi letto, e' non si sarebbe
55 smarrito in quel Siquidem, ed in quel da me non in-
55 teso Quam imposuissct (forse voile scrivere Quum, ec.),
55 col quale parve a lui che terrebbe in piede l'uso no-
55 tabUe dell'AvvEGNACHE ficcatosi dentro alia stampa
s5 del Manni 55 .
Noi fra moltissimi csempi cbe il signor Gherardini ci
mette iunanzi citiamo per brevita questi due soli, come
saggio di quelle osservazioni colle quali va liberando i vo-
cabolari dalle ricckezze adunatevi daipedanti, infatica-
bili nella grand' opera di trasforniare in giojelli e pre-
ziosita gli spropositi dei copisti e degli stampatori}
ma non pero cosi abili taumaturgbi da reggere al
tocco di quella critica di cui l'autore s1 e armato. In
quanto ai neologisti, egli non poteva combattere, se
non qualche raravolta, contro levoci da loro inutilmente
create 0 introdotte, e nemmanco contro certi costrutti
o reggimenti di verbi e di preposizioni contrari al-
1' indole della lingua , contrari all1 uso dei buoni scrit-
tori e dei meglio parlanti , e , cio che piu importa ,
contrari ad ogni buon raziocinio. Tutto questo non e
entrato finora ne' vocabolari, ma ne van piene le carte ^
e non di rado avviene che di parole tutte italiane e
rispondenti ciascuna all1 idea, per non conoscere le pro-
prieta della lingua 0 per negligenza 0 per desiderio
di novita scompagnato dal necessario giudizio, si faccia
tale un impasto che sarebbe pur tollerabile se non
ADDITATE AI FUTURI VOCACOLARISTI. 1 63
avvolgesse il pensiero neiraufibologia e nell'oscurita. An-
che a questo pero trovera un opportuno rimedio chiun-
que vorra studiare con diligenza nell' opera die an-
nunziamo, considerando come si atteggi la nostra lin-
gua in quella ricchezza di frasi e di maniere di dire
addotte dall'autore, e la dotlrina con cui le viene spie-
gando, e le ragioni per le quali ricusa di accettare al-
cune spiegazioni ad altri piaciute. In questa parte il
lavoro del signor Gherardini potra riuscire assai frut-
tuoso ai provetti non meno che alia gioventu , e con-
tribuire non poco a far si che la nostra eta consegua,
rispetto alio stile , la lode di cui e tanto desiderosa.
Perocche non siamo gia noi i primi a declinare dal
buono per desiderio del meglio^ ma quasi ogni secolo
n'ha dato Tesempio: e, se questo puo essere un con-
forto, diremo che le eta piu ricche di begl' ingegni tra-
viarono piu dell'altre. Quindi , chi ben consideri , o tro-
vera in questo volume riprovate gia negli antichi alcuue
forme di dire delle quali ci siamo invaghiti come di
nostre creazioni, e ne saremo in vece dai posteri cen-
surati come risuscitatori di morti^ o per forza di ana-
logia riprovera egli stesso alcuue recenti novita somi-
gliantissime a quelle dei tempi andati : perocche gli
errori di una stessa natura cadono tutti sotto una me-
desima legge.
Pero non sappiamo percbe alcuni si lascino spa-
ventare dalla lunghezza dell' opera } come s'ella fosse
un trattato scientifico da non potersi studiare utilmente
se non quando sia compiuto. Vi e bensi una dottrina
che serve di fondamento generale e costante alle sin-
gole osservazioni^ e questa e gran lode dell1 autore, e
pregio, quasi diremmo, speciale del libro, fra tanti che
sopra questa materia ne abbiamo veduti ai di nostri :
ma ciascuna osservazione e cosa compiuta da se^ per-
che bandisce dal dizionario un errore, oppure v'innesta
una voce od una maniera di dire che non hanno bisogno
di essere seguitate da altre. Non accettare ne vocaboli,
ne costrutti, ne frasi che non reggano al martello della
critica-, e questa in brevissimi termini la dottrina del-
1'autore. Ciascuna osservazione poi ch1 egli viene fa-
l64 VOCI E MANIERE DI DIRE ITALIANE, EC.
facendo e un esempio del come si debba applicare que-
sta dottrina tanto per determinare la vera significazione
dei vocaboli, come per trovare di sotto all'apparente
arbitrio delPuso l'osservanza delle proprieta d' un lin-
guaggio, tolte le quali il linguaggio stesso per neces-
sity si corrompe. Sara senza dubbio universale il desi-
derio che il dottor Gherardini voglia e possa conti-
nuare l1 impreso lavoro, e pigliar in esame tutto quanto
il Vocabolario: ma gia fin d'ora puo dirsi che il suo
volume ba fondata una dottrina cbiarissima e 1' ha con-
validata con un numero piu che sufficiente di esempi.
La verita de' principj e la giustezza delle deduzioni
collocano questo libro fra le opere piu acconce a pro-
muovere il perfezionamento del Vocabolario , a gui-
dare i giovani per ragionevol sentiero nello studio della
lingua , a liberare i provetti da molti errori. La varia
dottrina poi che 1' autore ha potuto recarvi come cul-
tore delle lettere e delle scienze, e la costante amenita
dello stile gli danno di poter essere nel tempo stesso
maestro ed esempio.
A.
1 65
PARTE II.
SCIENZE ED ARTI MECCANICHE.
Piano di sistemazione del flume Po proposto da Gio-
vanni Gagliardi e diretto a garantire le popo-
lazioni dalle incursioni delle acque ed a miglio-
rare i terreni e la navigazione. — Milano3 1 84o ,
presso Borroni e Scotli, in 8.° di pag. 3o con tre
grandi tavole, lir. 2. 61 ital.
Ognuno sa che il Po, col corredo de'suoi trenta tri-
butary od influenti, riceve e conduce all'Adriatico le
acque della grande e magnifica vallata stesa fra le Alpi
e l'Apennino per la lunghezza di ben trecento mi-
glia e cento di larghezza ragguagliata. Questa copiosa
ramificazione d' acque correnti, mirabilmente disposta,
suole spargere sul bel paese di Lombardia quella de-
cantata fertilita ed avvenenza che gli rnerito il nome
di giardino deirEuropa.
Si solenue ed inapprezzabile beneficio ha troppo
spesso per contrapposto delle devastazioni luttuose e
terribili, sebbene parziali e momentanee, come sgra-
ziatamente avvenne nell' autunno del decorso anno, in
cui ebbimo a dcplorare numerosi gravissimi infortunj^
ma fummo consolati nel tempo istesso da mirabile be-
neficenza, la quale con instancabile solerzia s'affretto
a riparare i danni ed a tergere le lagrime. Inoltre uo-
mini dottissimi rivolsero le loro meditazioni e la loro
operosita al grande oggetto di combatterne le cause
e prevenirne gli effetti. II signor Giovanni Gagliardi
e 1' egregio cavaliere Gonfigliachi si resero special-
mente benemeriti in tale occasione. II primo, durante
l1 impcrversare della memorabile Humana, percorreva
il Po sino al mare, in mezzo a molti pericoli, per
1 66 PIANO DI SISTEMAZI0NE DEL PO
indagare tanto le cagioni,quanto i rimedj de'guasti ar-
recati. II secondo, per il mcdesimo lodevolissimo fine,
visito il fiume al di sotto di Ferrara, ad onta dello
stato minaccevole delle acque (quando ritornava dal con-
gresso de' dotli a Pisa), fece delle ossei'vazioni e rac-
colse delle note ehe gentilmente comunico a varj inge-
gneri e ad altve distinte persone} nel tempo istesso so-
steneva ed incoraggiava efficacemente il cornmendevo-
lissimo divisamento del Gagliardi, il quale anterior-
mente fatto aveva altri appositi replicati viaggi lungo
il Po anclie in compagnia dell' illus tre ingegnere Carlo
Parea.
Tre sono, a parere del Gagliardi, le cause dei guasti
che quel gran fiume arreca. i .° II prolungamento del-
P alveo che diminuisce la pendenza e conseguentemente
la velocita. 2.0 L'interrimento dell'alyeo e specialmente
Postruzione e la suddivisioue dei rami alia foce. 3.° I
venti siroccali, i quali soffiando in opposizione alia cor-
rente ne rallentano il corso, ed in pari tempo, ingros-
sando le maree ed investendo la foce del fiume, pro-
ducono rigurgiti dannosi.
I rimedj proposti sono pure tre. 1 .° Accorciare la
linea della corrente, riducendola possibilmente in uno
stato analogo a quello in cui si trovava cinque o sei
secoli or sono. i.° Riunire in uu sol corpo tutte le acque
ora sparse in otto rami. 3.° Trovare al fiume una foce
talmente ubicata che non risenta in avvenire 1' azione
dei venti siroccali.
A tal effetto suggerisce di formare un nuovo alveo
rettilineo, largo almeno coroe il Po grande attuale }
avrebbe principio a Serravalle e metterebbe foce nella
Sacca 0 rada dell1 Abate presso Goro. La sua lunghezza
sarebbe di metri 238oo, vale a dire poco piu della
meta della prescnte. In esso sarebbe riunita tutta la
massa d' acqua che ora si scarica in mare per otto ca-
nali compresa la diversione di Goro. « Al di solto di
» Ferrara, die' egli, procedendo verso FAdriatico, riscon-
j> trasi una estesissima tratta di suolo poco meno che
" incolto e naturalmente piu depressa d1 orizzonte in
» confronto dell' alveo attualncnte corso dal fiume, la
PROPOSTO DA C. GAGLIARDI. 1 67
» quale term in a alia rada 0 Sacca di Goro, ove i se-
n dimenti delle bellette e delle melme, trasportate dalla
» diramazione del Po di Goro, banno formato un ba-
>■> cino tanto'sicuro dall' essere disturbato dalla procella,
» die serve di naturale ricovero ad ogni sorta di na-
si vigli durante 1' imperversare di esse ».
Per la riunione delle acque in un sol corpo, tutte le
terre al di sopra del diversivo di Goro sarebbero li-
berate dal dominio delle acque, disponibili a favore
delTagricoltura ed esenti dai micidiali effluvj ch' ora
tanto nuoeono alia scarsa ed infelice popolazione ivi
stanziata. Oltre questo grandissirno beneficio locale ,
ebbe in vista di scemare possibilmente tanto la fre-
quenza quanto la gravita de'danni arrecati dalle fiu-
mane alle limitrofe popolazioni , ed in pari tempo di
menomare 1' enorme dispendio si pubblico cbe privato
dipendente dall'attuale stato viziosissimo del fiume, del
quale egli fa il seguente quadro luttuoso si3 ma veri-
tiero.
« L' alveo del Po col volgere di cinque secoli venne
» prolungato per ben metri a 1000, ond' e cbe la sua
n declivita da Serravalle al mare trovasi ridotta quasi
» della meta dell' originaria , lo cbe, unitamente alia
55 ostruzione dell' alveo, porto cbe si dovessero elevare
» gli argini alia prodigiosa altezza di metri 9,90.
55 Inoltre la foce di questo fiume trovasi ubicata nella
» piu sfavorevole situazione cbe dar si possa, restando
5> la medesima esposta a risentire in tutta la sua pie-
55 nezza 1' influenza delle maree ingrossate dal fatale
55 soffio dei venti di sirocco, le quali possono cospirare
55 colle piene di Po provenienti da pioggie diuturne 0 da
55 unrapido squagliamentodei gbiacci perpetui, adimpe-
55 dire lo smaltimento di si grande massa d'acqua in modo,
•1 che in onta alia prodigiosa elevazione degli argini (i
- quali superano a quest1 ora 1' altezza delle mura di
»5 Ferrara) non valgono a rimuovere il pericolo dei sot-
" monti e delle piu funeste e spaventose inondazioni.
55 Per la simultanea coucorrenza di tutte le sopra
» addotte circostanze , le acque dovettero per sette di-
• verse bocche, indipendentemente da altre superiori
lG8 PIANO DI SISTEMAZIONE DEL PO
y> diramazioni , apprestarsi lo sfogo in mare. Per cio in
» quelle adjacenze, sia in conseguenza della effusione
» delle acque., sia per l'interrotto scolo delle campa-
« gne, si formarono stagni e paludi, i cui micidiali ef-
» fluvj viziano ovribilmente l'atmosfera e la rendono
» esiziale agli infelici abitatori di quelle terre.
» Gli e per tal guisa inline che, onde restituire alle
?> acque del fiume quello spazio che dal continuato in-
j» terrimento dell'alveo loro venne rapito, gli argini che
j> le contengono furono portati a quell' enorme altezza
» che di presente si ammira^ ond' e che in caso di rotta
55 le acque piombano a recare uno sterminio reale a
?> quell1 infelicc contrada che ne rimane colpita. L' in-
55 terrimento dell'alveo di Po aumentando d'anno in
55 anno, esige sempre nuovi alzamenti e rinfianchi di
55 quegli argini che furono gia di soverchio elevati ».
L'autore crede che l'inalveazione da lui proposta
varra ad impedire i sedimenti ed a procurare uno smal-
timento piu libero e piu celere alle acque, per il che il
pelo del fiume dovra abbassarsi in modo da rendere
phi facile all'insu lo sbocco degli influenti e da to-
gliere in avvenire la necessita dell' alzamento e rinfianco
delle arginature. Le spese da incontrarsi non dovreb-
bero a parer suo eccedere di molto cinque milioni di
lire austriache.
La proposta del Gagliardi, di sostituire al Delta del
Po un alveo unico ben arginato, non che di boniflcare
gli estesissimi terreni paludosi adjacenti, sembrami de-
gna delle maggiori lodi, e la considero come una delle
piii benefiche e delle piu feconde d'utilissimi risulta-
menti che mettere si possa in campo all'epoca nostra
tanto propensa alle grandiose e ben ideate intraprese.
Nulladimeno per gravissimi motivi non posso collaudare
la linea da lui scelta ^ spinto poi dall' unico desiderio
di giovare al ben pubblico, per quanto lo permettano
le deboli mie forze, devo proporne una diversa, ed ad-
dui're i motivi che me la fanno credere preferibile a
qualunque altra. Per procedere con ordine e chiarezza
esporro primieramente lo stato presente e passato del
Po da Ponte di Lagoscuro sino al mare} in secondo
PROPOSTO DA G. CAGLIARDI. 1 69
luogo faro conoscere la nuova linea di cui si tratta }
in terzo luogo indichero con brevita i provvedimenti
opporluni per la compiuta sistemazione del Po e de' snoi
influenti. Questo ragionamento sara sussidiato da un
tipo tradotto dal foglio F-6 , pubblicato dall'I. R.
Istitulo Militare.
Stato passato e presente del Po
dal ponte di Lagoscuro sino al mare.
Da quanto narra Strabone (libro 5) si raccoglie,
che anticamente la maggior parte di quelle provincie,
fra le quali ora il Po cammina ristretto dagli argini ,
erano ingombre di valli o paludi , comeche molte altre
paludi vi fossero presso alia marina che piuttosto dalle
acque salse dell' Adriatico che da quelle delle pioggie
o de' fiumi erano state formate, le quali piu comune-
mentc col vocabolo di lagune soglionsi nominare.
Le acque, scendendo precipitosamcnte dai tnonti, ne
corrodevano la erta e nuda superficie ed arrivavano
torbide al piano, ove, deposta gradatamente la terra a
cui servito avevano di veicolo, fu forza che comincias-
sero a colmare le paludi, e che in mezzo a queste i
torrenti si facessero strada, per iscorrere piu oltre verso
il mare-, onde concorrendo d'ogni parte, ed assieme
adunandosi le loro acque, si venne formando un alveo
comune a tutte di quella capacita che loro conveniva,
e fu questo il Po. Allora gli abitatori limitrofi dovettero
pensare a provvedere, ove era d' uopo, con argini alle
espansioni tanto di esso, quanto de1 fiumi che vi met-
tevano capo, ed a procurare con fosse 1' essicazione dei
campi gia alzati dalle torbide.
Emilio Scauro, con tirare una fossa da Piacenza a
Parma, ridusse a coltura un buon tratto di paese, so-
pra il quale stagnavano le acque della Trebbia e di
altri vicini torrenti. Con simili artificj di fosse e di ar-
ginature afferma Strabone essere stata asciugata parte
di quelle spiagge tra le quali le acque marine si dila-
tavano presso la foce del Po.
170 PIANO DI SISTEMAZIONE DEL PO
Pochi argini nulladimeno esistevano nel tempo dei
Romani} lc selve sparse in allora nelle pianure, non
che sui monti e sui colli, evano un mezzo efficacissimo
per soffermare le acque de' fiuuii e far loro deporre le
sabbic e le melme. Inoltre i Romani avevano costume
di guernire di piante d'ogni sorta i fiumi per tutto il
loro corso^ l'una e l'altra sponda erano assiepate d'ar-
busti e di folte niacchie, onde non solo que'ripetuti osta-
coli rintuzzassero T impeto delle piene, ma con gl'in-
numerevoli ritegni delle messe e virgulti, ne impiglias-
sero le torbide e ne agevolassero la posatura. Dietro
di queste, lungo il Po sino alle foci, sorgevano de' boscbi
di quercie, di pini, di tigli, di cipressi e d'altre piante
d'alto fusto. I margini delle lagune ed i lunghi lidi cbe
le separavano dal mare erano eziandio coperte di folte
e bellissime piante. Non e meraviglia adunque se, al
dir di Plinio, il Po non era solito di gonfiarsi conside-
rabilmente se non che ne' giorni canicolari (Padus....
augetur ad canis ortus } liquatis nivibus ) La piena
non era subitanea, ma procedeva con una salutare lcn-
tezza. Tanto erano straordinarie e quasi sconosciute le
allagazioni Padane a' tempi della Romana Repubblica,
cbe se taluna per avventura ne accadeva, era tosto co-
municata al collegio degli Auguri.
I boschi crebbero ancora di piu dopo le irruzioni
de'barbari, e ne'secoli bassi occuparono quasi intiera-
mente le piu belle e ferlili provincie circompadane. Le
acque de' fiumi vaganti senza ordine formavano nume-
rosi stagni e maresi, talche sviate ed impedite da tanti
inciampi e soggiorni, dovevano deporre ad ogni passo
la melma e giugnere alia foce quasi chiare} cosi la li-
nea del corso non poteva prolungarsi che lentissima-
mente.
Quando poi al risorgere de'buoni studj e delP in-
dustria, le citta e le repubbliche italiane si diedero a
sgombrare da' boschi le pianure e ad asciugare gli sta-
gni, quando eziandio gli alpigiani cominciarono a di-
struggere le selve sui fianchi de' monti e ad accrescere
ivi a dismisura le superficie corrosibili , in allora le
acque delle pioggie e delle nevi, libere dai tanti freni
PROPOSTO DA G. GAGLIARDI. I71
ed ostacoli da cui erano traltenute per 1' addietro, pre-
cipitarono furiosamente dalFalto, strascinando seco ghiaje
sabbie e terre, dalle quali in breve tempo furono Ostrutti
i letti de' fiumi, cosicche fu d'uopo fabbricar loro de-
gli alvei artificial! , sostenendo ed imprigionando le loro
acque entro robusti argini, la cui mole dovette essere
progressivamente accresciuta. Fu in allora che 1' acqua
giungendo torbida agli ultimi tronchi form 6 quegli ampj
depositi che costrinsero il mare stesso a ritirarsi dalle
antiche spiaggie. Ravenna, che ai tempi di Cassiodoro
era ancora citta marittima, fu disgiunta dal mare e se-
misepolta dalle incessanti deposizioni de' fiumi. Adria,
che era similmente citta marittima e fiorente, trovasi
ora distante piu di sedici miglia dal mare a cui dicde
il proprio nome.
Polibio, che fioriva circa duecento anni prima della
nascita di Cristo, fa correrc il Po per un sol alveo sino
a Trigabali nelle vicinanze di Ferrara, ivi si divideva
in due braccia, uno de1 quali denominavasi Olana, e
F altro Padoa 0 Padusa} dovevano coincidere all' incirca
coi rami, ora quasi derelitti, di Volano e di Primaro.
Pliuio, che seriveva circa tre secoli dopo , annovera
sette foci, di cui alcune erano tagli o sfoghi che fecero
i Toscani, mentre abitarono quel paese, per rallentare
F impeto del fiume, gettandolo sopra le paludi degli
Adriani, ove le acque di esso si confondevano con quelle
dell'Adige e del Tartaro.
Le sette foci menzionate sono le seguenti: i.a La
fossa Augusta, che portava sino a Ravenna le acque del
Po, denominossi posteriormente Canale di sant' Alberto
0 Canale naviglio. Leandro Alberti scrive che a' suoi
tempi si trovava turata e renduta inutile alia naviga-
zione. 2.a II porto del Vatreno, cosi detto dal fiume
Vatreno (che e il Santerno della Romagna), il quale
poco sopra a questa foce metteva capo in quel braccio
di Po, che Plinio chiama ben anco Eridano e Spine-
tico , dalla cilta di Spina che ivi intorno era collocata.
3.a La Caprasia , nelle vicinanze della bocca di Belloc-
chio. 4-a II Sagi, alia bocca di Magnavacca. 5.a Ola-
na o Volano . gia menzionata da Polibio. G.a La foce
1^2 PIANO DI S1STEMAZIONE DEL PO
Carbonaria, clie taluni hanno riputatd essere il Po delle
Fornaci, altri quello d'Ariano, ed altri ancora quello di
Goro. j.a La fossa Filistina, per la cui bocca si scari-
cava eziandio il Tartaro e parte dell'Adige:, il quale
rarao poco doveva scostarsi dall'attuale Po di Venezia
o di Lombardia.
La fossa Augusta era in que1 tempi la piu impor-
tante, giacche stabiliva la navigazione tra il porto di
Ravenna e di Classe, da una parte sino verso Piacen-
za, e dall'altra verso il Friuli e la Germania per Al-
tino , Concordia ed Aquilea, come raccogliesi dall1 Iti-
nerario di Antonino. II porto di Ravenna era tale che
poteva contenere persino a trecento e cinquanta navi,
ed ivi era collocata, secondo Svetonio, l'armata navale
che doveva scorrere l'Adriatico.
Dalla indicazione delle foci data da Plinio si scorge
clie il Po scaricava la massima parte delle sue acque
tra Ravenna ed il ramo di Volano, e ci6 avvenire do-
veva, perche ivi il mare era piu vicino al punto di di-
ramazione che in qualunque altio luogo : in conse-
guenza tale direzione, come la piu breve, doveva essere
prediletta dal fiume; poi, prolungandosi l'alveoper gli
interrimenti, ccsso d' essere tale.
Gli storici ferraresi riferiscono che nell'anno 11 52
segui una grande rotta tra la Stellata e Ficheruolo, alia
sinistra del Po, la quale fu repressa con molta diffi-
colta. Gin quant' anni dopo fu rinnovata con taglio ma-
nufatto da un certo Sicardo di Ficheruolo , per cui vol-
tatasi la corrente principale da quella parte, pote a poco
a poco ampliare e profondare il ramo chiamato ora
Po grande di Venezia 0 di Lombardia, che prima poca
quantita d' acqua scaricava.
II Po grande si divise poscia ne' due rami d'Ariano
e delle Fornaci, e questo ultimo di nuovo si diparti
in altre minori bocche, le quali poi rimasero asciutte
dopo che la repubblica Veneta, al tempo di Clemente
VIII , derivo il Po delle Fornaci per il taglio veneziano
o di Porto Viro, del quale sono ramiGcazioni le boc-
che della Bagliona e della Donzella, ed altre minori.
Una tale suddivisione di acque doveva necessariamente
PROPOSTO DA G. GAGLJARD1. Ij3
produrre notabilissimi intcrrimenti e grande allunga-
mento d' alveo ^ infatli aflermare si puo con fonda-
mento, che dall'epoca della rotta di Ficheruolo ai no-
stri giorni, la distanza da Ponte Lagoscuro al mare,
che di presente e metri 84ooo circa, e stata prolun-
gata di piu di 22000 metri.
Risulta effettivamente dalle operazioni falte dagli in-
gegneri geografi nel 181 2 e 181 3 lungo il Po, riferite
dall'egregio maggiore Marieni nel tomo 96.° di questo
Giornale , che il corso di quel flume nel periodo di
circa un secolo si sarebbe prolungato di metri 6586}
la quale deduzione si ricava dal paragone delle lun-
ghezze indicate da Manfredi e dallo Zendrini con quella
misurata dai sullodati ingegneri. Cosi il Po avrebbe
conquistato un terrapieno di 10 e piu miglia di lun-
ghezza sopra i5 0 16 di larghezza ragguagliata, il
quale terrapieno costituisce 1' attuale suo Delta.
La Memoria del maggiore Marieni contiene fra le
altre importanti notizie le seguenti : 1 .° Che a Ponte
di Lagoscuro il fondo del Came si e alzato dal i6g3
al 181 3 di metri 3,78. 2.0 Che il rigurgito del mare,
che un secolo fa si faceva sentire sino a Ponte di Lago-
scuro nelle grandi burrasche e nel tempo della mag-
gior altezza delle maree, non arriva ora che a Gologna
circa.
Ho dedotto dal foglio H-4 della carta topografica
del regno Lombardo-Veneto pubblicata dall'I. R. Isti-
tuto Militare i risultamenti numerici seguenti , stante
che mi sembrano indispensabili a chi voglia conoscere
con precisione lo stato del Po da Ponte di Lagoscuro
al mare, ed a chi voglia rendcrsi ragione dell' effetto
che produrre dovrebbe il proposto inalveamento.
// Po grande da Quatrelle a Santa Maria d? Aria) 10
c raccolto in un sol ramo il quale ha di
lunghezza metri 6584o
larghezza media in piena » 552
» in magra » 58o
profondita massima » 8, 26
» minima » 3j8o
ppndenza superficiale per ogni 1000 melri tra 0,10 e 0,09
velocita per ogni secondo tra 1,10 e 0,99
I 74 PIANO DI SISTEMAZIONE DEL PO
A Santa Maria d'Ariatio esce il Po di Goro, ed il
ramo principale assume il nome di Po gi'ande delta Mae~
stra} sino al molo Farsetti^ ove esce il Po della Don-
zella o Gniocca
la lunghezza e di metri 285oo
la larghezza media in piena » 627
» in magra » 408
profondita massima » 7,22
» minima 5,42
pendeuza superficiale per ogni 1000 metri tra 0,08 e 0,07
velocita per ogni secondo tra 0,91 e 0,77
Dal molo Farsetti al mare
la lunghezza e di metri 1 4364
larghezza media in piena » 665
» in magra » ^5
profondita massima >» 6,55
n minima « 3,o4
pendenza superficiale per ogni 1000 metri tra 0,08 e 0,07
velocita per ogni secondo tra o,83 e 0,78
II Po di Goro ha
di lunghezza metri 47^00
larghezza media in piena » 218
» in magra ,....» 122
profondita massima » 4^7
» minima » o,38
pendenza superficiale per ogni 1000 metri tra 0,07 e o,o5
velocita per ogni secondo tra 0,53 e 0,49
// Po della Donzella 0 Gnocca ha
di lunghezza metri 15770
larghezza media in piena »> a3o
» in magra » 124
profondita massima » 4^94
» minima » 3,42
pendenza superficiale per ogni 1000 metri tra~"o,o6 e o,o5
velocita per ogni secondo tra 0,42 e o,36
PROPOSTO DA G. GAGLIARD1. iy5
// Po delle Tolls ha
di lunghezza , metri i53go
larghezza media in piena » iy5
» in raagra »» 233
profondita massima » -^99
« minima » o,5j
pendenza superficiale per ogni iooo melri tra o,oG e o,o5
velocila per ogai secondo tra 0,42 e o,36
// Po di Lcvante tra Rettinella ed il mare ha
di lunghezza metri 21280
larghezza media in piena » 122
» in magra » 02
profondita massima » 4j65
» minima » 2j°9
pendenza superficiale per ogni 1000 metri tra 0,02 e 0,01
velocita per ogni secondo tra 0,21 e 0,17
Esame e confronto della linea d' inalveazione Gagliardi
con urC ultra ch' or si propone.
Qualunque siasi la linea da suggerirsi, per essere
riputata buona deve soddisfare nel miglior modo alle
condizioni seguenti: di raccogliere in un solo alveo le
acque del Po sparse di presente in varj rami} d'accor-
ciare il nuovo tronco quanto piu si puo , e rcnderlo
rettilineo e regolare^ di dare alia corrente maggior ve-
locita e conferirle forza sufficiente, non solo ad irnpe-
dire ulteriori interrimenti , ma ben anco ad escavai*e
il fondo dell'alveo ed a protrarne Tabbassamcnto nelle
parti superiorly di rendere salubre , asciutto e pi*ofi-
cuamente coltivabile l'ampio territorio tra il Po di Le-
vante ed il Po di Goro } di giovare alia navigation e.
Dai dati numerici delle dimensioni e velocita del
Po precedentemente esposti ricavare si puo una idea
cliiara dell'effetto che risultera dalla sostituzione d'un
solo alveo rettilineo agli attuali rami serpeggianti e dif-
formi. Da essi deducesi che la portata di Po Grande
Ij6 PIANO Dl SISTEMAZIONE DEL PO
al disopra di S. Maria d'Ariano , ove il fiume e an-
cora raccolto in un solo alveo, paragonata alia portata
del ramo pi'incipale di Maestra, sta nello stato di piena
come 706 a 53 1} cosicche il Po nelle molte sue dira-
mazioni, compresa ben anco quella di Goro, perde sol-
tanto un quarto della sua portata totale.
Questo risultamento sembra, a primo aspetto , in
contraddizione coll' ampiezza ed estensione dei tanto
numerosi alvei secondarj , i quali, ingombrando il va-
stissimo Delta di quel gran fiume, lo rendono insalubre
e quasi infruttuoso} nulladimeno egli e conforme agli
insegnamenti dei piu valenti idraulici, e comprova mi-
rabilmente quanto asserirono sulla inutilita , non che
sui dannosi effetti dei diversivi.
II solo Po di Goro assorbe circa il duodecimo della
portata totale di Po Grande, cioe il terzo delle perdite
cagionate dalle diramazioni i i due terzi residui costi-
tuiscono la parte che tutte le altre si assumono:, percio
la portata del nuovo tronco rettilineo (escludendone il
Po di Goro) non supererebbe che d'un sesto quella del
ramo di Maestra.
Se 1' alveo attuale fosse ben sistemato , la chiamata
dello sboccO; secondo le leggi d'idraulica, produrrebbe
accelerazione:, ma scorgiamo alPinvece che la velocita
all' insii di S. Maria d'Ariano e per ogni secondo tra
metri 1,10 e 0,99, mentre nell1 ultimo tronco e sol-
tanto tra o,83 e 0,78. Uno de' risultamenti dell' u-
nione delle acque, in un medesimo alveo raccorciato ,
sarebbe di dare la prevalenza all1 ultima sulla prima ,
d'altrettanto piu che il sovraindicato aumento di por-
tata, quantunque minore di quanto ia nuda apparenza
induce a credere, oltre l1 essere per se stesso capace
d'accrescerla assai, sara coadjuvato dalla soppressione
delle infiuite irregolarita del fondo e delle sponde.
L'appoggio poi dei fatti positivi conosciuti ci abilita
ad affermare per induzione, che il fondo dell'alveo sara
notabilmeute escavato, che l'abbassamento ne sara pro-
tratto alfinsu a grande distanza, che la forza della cor-
rente sara valevole a mantenerlo permanente, e quindi
a distruggere ed impedire ulteriori idterrimenti. Questi
PROPOSTO DA G. GAGLIARDI. 177
salutari effetti tanto piu saranno pronti e compiuti quan-
to meglio si sapra coadjuvare l'azione della corrente coi
poderosimezzi che lo stato attuale della meccanica rcnde
disponibili.
Le osservazioni e le autentiche testimonianze , rac-
colte dai commissarj apostolici delegati alia visita del
Po negli anni 1625 e 1693, comprovano in primo luogo
che , dopo l'unione del Panaro col Po Grande , l'alveo
s' era notabilmente approfondato alia Massa, alia Stel-
lata j al Bondcno, a Ponte Lagoscuro ed in altri luoghi,
talche il pelo basso del fiume si trovo depresso di piu
d' un metro. In secondo luogo consta che, dopo tale
unione, il numcro delle rotte nel principale tronco mi-
noro singolarmente 5 infatti, prima di tal' epoca succe-
dettero otto rotte in trentasei anni, laddove, dopo un
intiero secolo ne accaddero quattro sole. Eppure si sa
che la portata del Panaro e soltanto la trentunesima
parte di quella del Po j mentre l'aumento d'acqua che
riceverebbe il nuovo tronco rettilineo sarebbe cinque
vblte tanto } arguiscasi adunque quanto maggiore ne
sarebbe l1 effetto , il quale indubitatamente si farebbe
sentire nelle parti superiori dell1 alveo.
Bertazzuoli valente idraulico afFerma positivamente
che , dopo il taglio di Porto-Viro fatto dai Veneziani ,
le piene del Po nel Mantovano giungevano a minore al-
tezza. Siccome poi questo taglio aveva molta analogia
colla nuova inalveazione, tranne che fu incompiuto ed
irrcgolare , a buon diritto si possono da questa prono-
sticare conseguenze analoghe si , ma piu vistose.
E bcnsi vero che dopo il 1 69^ avvennero, come gia
dissi , notabilissimi interrinicnti , cssendosi da quell' e-
poca a" nostri giorni rialzato il fuudo a Ponte Lagoscuro
di metri 3.^8. I molti irregolarissimi diversivi che, dopo
il taglio di Porto-Viro, s' aprirono nell1 ultimo tronco,
o per opere mauufatte con erroneo iutcndinicnto o per
rotte non represse , produssero copiose deposizioni di
melma , graude prolungamento di linea , diminuzione
di velocita, alzamenlo di fondo e tulle le funeste con-
seguenze che ne derivano, le quali il nuovu alveo sa-
rebbe destinato a distruggere.
Bibl ltd. T. XGVUL 1 2
178 PIANO DI S1STEMAZIONE DEL PO
Supporremo adunque con tutta probability die a
Ponte Lagoscuro 1' alveo riassumera la profondita che
aveva nel i6g3 , cioe ch' ivi il fondo s' abbassera di
metri 3,y5. Non e prcsumibile un maggior abbassa-
mento, poiche apparc il massimo dopo la rotta di Fi-
cberuolo. A questo proposito Manfredi lascio scritto
che «tale rotta non potendosi chiudere per ogni sforzo
91 fattone da' Ferraresi, fu finalmente lasciata correre li-
» beramente 5 e provveduto con argini che non inon-
» dasse piu la campagna, venne a formare il Po di
» Venezia.Crebbe poi egli col proseguimento del tempo}
» e come quello che aveva corso piu breve e piu veloce,
55 venne a poco a poco dilatandosi e profondandosi 5
n ma si richiedettero piu secoli prima che si riducesse
» alia presente capacita». La quale cosa si sa d1 al-
tronde che avvenne dopo il taglio di Porto-Viro e l'inv
missione del Panaro nel Po Grande.
Sebbene pero l'abbassamento in quistione si limiti a
meno di quattro metri, ben si comprende quanto rile-
vanti sarauno i corrispondenti abbassamenti ne1 tronchi
superior! , quanto ingenti saranno i beneficj risultanti
per il felice scolo delle campagne limitrofe e per la si-
curezza degli argini e quanto grande il risparmio nella
loro manutenzione.
Questi beneficj potrebbero, a dir vero , essere pro-
dotti tanto dalla linea Gagliardi, quanto da quella che
sono per proporre} le quali due, comeche si possono
supporre, a questo riguardo. pari in bonta, sono pero
cssenzialmente discrepanti per altre importantissime
convenienze da soddisfarsi.
La linea Gagliardi (vedi il tipo inserto) incomincia
tra Berra e Serravalle ad un miglio circa all1 insu della
diramazione del Po d'Ariano o di Goro, e si dirige in
linea retta verso la rada di Goro, o Sacca dell' Abate,
ove sbocca. L'aulore ha ivi collocata la foce per ripa-
rarla il meglio possibile dall' insulto delle procelle e dei
venti siroccali. Questa linea e tutta posta sul territorio
pontificio^ il suolo che percorre, pressoche incolto , e
di pochissimo valore, poiche la pertica milanese ne e
valulata lire dieci. La sua lunghczza e di metri 238oo,
PROPOSTO DA G. GAGLIARDI. I JQ
prossimamente tredici miglia comuni. Dal punto que'righi . solchi e vallicelle , che le acque si sca-
" vano nel discendere per la china.
» Gli ordini delle palafitte saranno piu frequenti ,
» come ognuno ben vede, dove piu rapido e il pendio,
l8G PIANO DI SISTEMAZIONE DEL PO
55 e potranno csscrc piu radi, dove qucllo non sia pre-
ss clpitoso. La distanza vuol essere ora di quindici o
55 venti, ora di trenta o quaranta piedi, ed ora non
55 nuoce se anclie sia maggiore.
55 Benche per 1' uso de'pali siano eccellenti il casta-
» guo, il larice, la quercia, il gelso, e siniili alberi di
55 soda fibra, pure prestano un buon servizio eziandio
J5 tutti gli altri qualunque sieno, come gli ontani , i
55 salci, i pioppi, e piu ancora se siano piantoni atti a
55 germogliare.
55 Ne v' e bisogno per cio di troncar alberi d' alto
55 fusto, e distruggere selve. Le piante inferme, le poco
»5 tallite , le non vegnenti, i soli rami ancora servono
55 a quest' uso, bastando clie i pali possano conficcarsi
f> nel terreno per Ire o quattro piedi e che ne avanzi
>s al di fuori un piede o a un dispresso.
5s Dinanzi ad ogni palafitta si pianti una siepaglia
55 di tutti quegli arbusti che fanno macchia e che alli-
55 gnano naturalmente nel vicinato. Codeste siepaglie
35 trasversali, sostenute dalle loro palafitte, sembrano
55 altrettanti gradini al mirarli dal basso, e percio ap-
55 punto io le chiamo le gradinate.
55 Negli intervalli fra una gradinata e l'altra si pon-
>3 gano alcune ceppaje di piante spinose e silvestri, di
35 prunaj , di marucca bianca o nera , o simili , e nel
>■> frammezzo di queste si piantino pure qua c la, senza
35 bisogno di simetria, de'roghi, de1 lamponi, delle fra-
35 garie ed altre piante che serpeggiano e strisciano
5) sul suolo e lo adunghiano e stringono co'loro piccoli
35 ed innumerabili graffi ed artigli. Giovera pure lo spar-
33 gervi per entro anche le sementi di quelle stesse
33 piante che ho indicate.
33 In pochi niesi , e con una prestezza che non si
33 potrebbe mai attendere ne credere, vedransi le por-
33 che interposte alle gradiuate vestirsi tutte, ed intes-
55 sersi con quelle piante che serpono e si strascinano
35 carpone sul suolo, e che colle barbe, co' viticci, colle
33 spine e cogli altri loro adunchi stromenti , aggrap-
33 pano, ghermiscono, addentano, mordono il terre-
33 no e s* incrociano , ed allacciano fra esso loro , e
/
:;~/iW*> Hi levanfo
:n-«f .-i *<)*
'///< I
PROPOSTA DA G. GAGLIARDI. 187
» s' avvolgono eel innanellano co'prunaj , mentre frat-
» tanto le gradinate germogliano esse pure, prendon
» piede e vigore, e si preparano a sostenere gli acquaz-
j» zoni della state ed i nevazzi del verno.
» Nell' anno segueute poi debbono in mezzo a co-
st desto tessuto piantarsi, o seminarsi quegli alberi di
» piu alta statura e piu nobili , che regnano in quelle
» localita , e cbe si destinassero a far bosco, 0 quesli
» sieno faggi, 0 pini, o quercie, o aceri, o frassini, orni,
» ed altri, cbe piu convenissero alia plaga ed al suolo.
» Cosi 1' ignudo terreno comincia col farsi maccbia ,
» poscia divien boscaglia, e finisce colPessei'e bosco ».
Oltre la gencrale applicazione del metodo Mengotti,
ovunque possa essere convenientemente esegnibile, sa-
rebbe desiderabilissimo il perfezionamento delle pian-
tagioni esistenti sulle spiaggie, sponde e golene de'fiumi,
e la formazione di esse ne'luogbi ove non ve ne fos-
sero. A mio credere, non sarebbe irragionevole cosa il
supporre che la sapiente provvidenza abbia privato la
bella Lombardia del carbon fossile solo per infervo-
rarne gli abitatori a supplire a quel dono prezioso col
perfezionamento de' boscbi tanto necessarj per la piu
valida tutela de1 fiumi e conservazione del territorio
fruttifero.
Borgnis.
Dell' arte Galvanoplastica.
Si vanno moltiplicando le utili applicazioni dell' e-
lettricita^ e i lungbi studii de' dotti intorno a questa
scienza, la quale sulle prime pareva piu curiosa e pia-
cevole cbe non vantaggiosa, vengono ora di piu in piu
premiati. Abbiamo veduto in un altro articolo (a pa-
gina 72 del tomo precedente), come la proprieta cbe
banno le correnti voltaicbe di deporre repristinati al
polo negativo i metalli contenuti nelle soluzioni per-
corse da esse correnti, sia stata messa a profitto dal
signor De La Rive per dorare con facilita i metalli.
I 88 DELL' ARTE GALVANOPLAST1CA.
Dobbiamo ora parlare tli un' altra arte, iuventata dal
signor Jacobi, sullo stesso principio della repristina-
zione e precipitazione de'metalli col mezzo delle cor-
renti voltaiche, e che consiste nclP ottenere da questi
metalli rcpristinati dellc lamine solide abbastanza con-
sistent!, e aventi le superficie esattissirnamente uguali
a quelle de'corpi su cui avviene la deposizionej con
cbe si vengono a copiare delle lamine di rarae incise,
de' bassi rilievi ed ancbe delle figure di tulto rilievo.
Intorno a quest' arte, cui si e posto il nome di Galvano-
plastica^ noi daremo un sunto di diversi articoli stati
receutemente pubblieati in varie opere periodiche, e
una breve notizia del metodo adoperato dal signor dot-
tor Puliti, che pel primo introdusse uua tale arte in
Italia.
I. Di una maniera di ottenere con un processo vol-
taico delle copie da una lustra di rame incisa. (Bibl. Univ..
ottobre 1839, pag. 4J^-)
II signor Augusto De La Rive aveva ricevuto dal si-
gnor Jacobi due esemplari di siffatte copie, Puna in
rilievo e 1' altra in incavo. Avendo dipoi trovata nel
Philos. Magaz. (settembre i83g) una breve descri-
zioue del processo che serve ad ottenerle, si die pre-
mura di fame parte al pubblico. Un tale processo, per
quanto da quella descrizioue si e potuto intendere,
e il seguente.
Si colloca la lastra originale di rame incisa entro
una soluzione satura di solfato di rame, e la si fa ser-
vire di polo negativo ad una pila assai debole. II
polo positivo consiste in un' altra lamina di rame(col-
locata, a quanto sembra, vicinissimo alia precedente),
la quale durante Pazione della pila va successivamente
ossklandosi e disciogliendosi, e rimettendo con cio
nuovo rame alia soluzione, in luogo di quello che si
va ripristinando sulla prima lamina. A questo modo si
ottiene su d'una tale prima lamina uno strato nel quale
le parti cave dell'originale sono esattissimamente copiate
in rilievo. Con questo strato se ne puo , mediante lo
stesso processo, ottenere un secondo in incavo, lanto
simile all1 originale da non potervi scoprire differenza,
DELL* ARTE GALVANOPLASTICA. I 89
trovandovisi riprodotte tutte le linee piu dilicate, persino
quelle microscopiche. La corrente voltaica non deve es-
ser forte} giacche in 1^ ore ella non dee disciogliere
che da 5o a 60 grani di rame per ogni pollice quadrato
di superficie (da grammi 3.25 a 3.90 per un quadrato
di 25 millimetri di lato ). Ma la precisa forza che me-
glio conviene non si puo imparare che colla sperienza
e con tentativi. Per conoscere e moderare opportuna-
mente una siffatta forza, il signor Jacobi faceva uso di
un galvanometro, di cui allungava 0 accorciava conve-
nientemente il filo conduttore.
Un tale processo, forse per qualche modificazione
arrecatavi dal suo autore, viene descritto alquanto di-
versamente dal signor Solly, come appare dall'arti-
colo seguente. Tralascio di parlare di alcune sperienze
del signor Spencer, che mi sono parse meno impor-
tant!, e che il lettore pud consultare nella Bibl. Univ.,
ottobre 1839, pag. 4'7-
II. Delia precipitazione del rame sopra diversi me-
tallic del signor Solly. {Bibl. Univ., Aprile i84o,
pag. 398: dal Phil. Mag. aprile 1840.)
Secondo il signor Solly, il processo del signor Ja-
cobi per copiare i disegni fatti sui metalli, sieno bassi-
rilievi o incisioui o altro, consiste nel porre il pezzo
metallico, di cui si vuole prender copia, in un vaso
riempiuto d'una soluzione concentrata di solfato di
rame, sospendendo altresi in mezzo a questo vaso un
sacchetto di baudruche (pelle sottilissima d' intestini di
bue di cui si servono i battitori d'oro), contenente
dell' acido solforico allungato e una lamina di zinco
posta in comunicazione, mediante un conduttore me-
tallico, col corpo che si vuol copiare (appunto come fa
il signor De La Rive per indorare). II rame della so-
luzione si precipita prontamente sulla superficie del-
Foggetto da copiarsi, e produce una forma (moule),
che seguita ad ingrossare fmche dura il contatto me-
tallico e non e tutto disciolto lo zinco. Deesi procurare
che la soluzione del solfato di rame non divenga troppo
diluta, perche in questo caso il rame si precipita in
forma di una polvere senza coesione.
I go DELL' ARTE GALVANOPLASTICA.
Quando il rame deposto ha acquistato una grossezza
e una consistenza suificiente , lo si leva agevolmente
dal pezzo originale coll'inserire fra gli orli de'due pezzi
uno stromento tagliente. Se questi due pezzi sono di
metalli dissimili, si puo ottenerne la separazione an-
clie coll' aiuto della loro diversa dilatabilita pel calore.
Quando 1' oggetto da copiarsi e una medaglia di ratne,
giova ricoprirlo a caldo con un leggerissimo strato di
cera, ovvero strofinarlo con un po' di piombaggine.
Si puo ricavare contemporaneamente Vimpronto di
piu mcdaglie, non occorrendo altro clie di mantencre
satura la soluzione di solfato di rame.
Quando il modello e ben netto, se ne ottengono im-
pronte perfette e lucenti. II rame precipitato piglia di-
versi colori secondo la natura metallica del modello:
su altro rame e rosso, sull' oro e giallo, sui metalli piu
fusibili bianco, ec. Spesso pero coiresposizione all'a-
ria cangia colore, facendosi ranciato o rosso vivo. Scal-
dato che sia presso al calor rovcnte, prende una tinta
uniforme di grigio di ferro non piu alterabile. Siffatto
rame precipitato riesce assai fragile ed elastico} scal-
dato pero e lasciato raffreddar lentamentc, perde sif-
fatta fra gill t a e diviene flessibile.
Si possono ottenere degFimpronti ancbe da modelli
non metallici, purche si rivestano d'una foglia d'oro,
o d' uno strato di qualsivoglia altro metallo. Pel gesso
il signor Solly ha trovato la seguente maniera. Lava
egli i lavori fatti di questa materia con una soluzione
di nitrato d'argento o di cloruro d'oro per una o due
volte, lasciando seccare e annerir bene all' aria e alia
luce ogni strato successivo. Trova altresi utile lo stro-
finarli con della piombaggine (non dice pero quando,
se prima o dopo le indicate lavature). Poi mette il
pezzo cosi preparato entro la soluzione del solfato di
rame, con appeso entro a questo anche il sacchetto
contenente l'acido solforico allungato e lo zinco , e
mette in comunicazione quest' ultimo col detto gesso,
mediante un filo metallico (il quale attraversi esso ges-
so, e arrivi coll'estremita a toccare il solfato di rame).
E a quella estremita di un tal iilo, la quale c in
DELL1 ARTE GALVANOPLASTICA. 19 1
contatto col solfato di rame, si forma sopra il gesso un
piccolo anello di rame precipitato, il quale si allarga
gradatamente sino a coprire l'intera superficie, intanto
che si va altresi successivamente ingrossando. A quc-
sto modo si puo ricoprir di rame anche uu lavoro di
cartone, e molte materie organiche delicatissime} e si
osservo persino potersene rivestire delle bolle aeree
senza distruggerle. Con un siflatto processo il signor
Solly riesce a rivestir di rame qualsivoglia oggetto di
gesso, di zolfo, di cera, e d' altra materia qualunque.
E sebbene nella pai'te rivolta all'infuori mostri lo strato
di rame delle protuberanze che ne alterano la regola-
rita, la superficie interna 0 rivolta al modello e nulla-
dimeno affatto continua e pei'fettamente uguale a quella
del modello stesso.
Si puo altresi a questa maniera sovrapporre un sot-
tilissimo strato di rame a copie di medaglie o di
lavori di bronzo, fatte di piombo o di metalli fusibili.
Cotali copie prendono allora quell' aspetto appannato e
setaceo (mat et sojeux) che ha il rame precipitato con
questo metodo. E quando con qualche vernice si di-
fendano dall' ossidazione, se ne possono avere degli
ornamenti per orologi da camera, o per altro uso, as-
sai economici e di grande bellezza.
Sembra che un tale processo possa dar luce sul ri-
dursi della materia organica alio stato fossile, trapasso
nel quale essa materia viene surrogata da piriti, da
silice, o da altre materie terree.
III. Lavori del signor Jacobi presentati all' jdccademia
di Parigi. II signor Becquerel, a nome del signor Bou-
towski, consigliere onorario al servizio della Russia,
presenta delle copie (contre-epreuves) in rame della
grande medaglia coniata per 1' inaugurazione dell'Os-
servatorio recentemente innalzato presso Pietroburgo.
Vennero esse ottenute dal signor Jacobi col mezzo
de' suoi processi galvanoplastici, e rappresentano, 1' una
il monumento stesso, e 1' altra l'effigie dell' imperatore
Niccolo 11^ e vi si veggono riprodotte tutte le minimc
particolarita dclForiginale, perfino le piu leggiere strie
che esistevano nella parte piana. Per ottenerle , il
iga DELL' ARTE GALVANOPLASTICA.
signorJacobi sovrapponeva al modello d'argento un leg-
gerissimo strato di graGte. Comptcs rendus de VAcad&-
mie, 25 maggio i84o, pag. 84 1.
II signor Arago presenta all' Accademla un basso ri-
lievo in rame di grande dimensione, ottenuto dallo
stesso Jacobi co' metodi suddetti, e ne fa dono, a nome
di esso Jacobi , all' Accadcmia stessa , perche venga
depositato nella di lei collezione. Presenta altresi delle
prove di vignette per uso delle tipografie , ottenute
dal signor Boquillon con metodi simili. Comptcs ren-
dus, 1840, i.°giugno, pag. 870} e 22 giugno, pag. 953.
IV. Introduzione della Ga.lv anoplastica in Italia. II
signor dottor Tito Puliti, preparatore di Csica nel ce-
lebre Museo di fisica e storia naturale di Firenze, il
quale fu il primo a imitare in Italia le operazioni del
Daguerre, lo fu pure per riguardo all' arte di cui ci
cccupiarao. Nella Gazzetta di Firenze del 19 dicembre
1839 N. 1 52, sotto la data di Firenze del 18 dicem-
bre (molto anteriore all' articolo del signor Solly , ci-
tato al N. II), leggesi quanto segue: « Abbiamo la sod-
j> disfazione di poter annunziare clie nell1 1, e R. Mu-
» seo fisico di questa citta si sono ottenuti sino dalla
» scorsa settimana dei felicissimi risultati , ripetendo
» le sperienze del professore Jacobi , relative alia pro-
y> duzione delle incisioni in rame tanto in rilievo che
» in incavo per mezzo della corrente elettrica ». E nel
quarto fascicolo della Hiuista Europca pel iS4o (pub-
blicato il 29 febbraio di tale anno), dopo una descri-
zione del metodo del signor Jacobi, troviamo a pag. 363
il seguente annuncio : « Una lettera da Firenze ci fa
» sapere che il dottor Tito Puliti copiu gia coll' e-
» nunciato metodo la bella medaglia di Galileo co-
j» uiata nell' occasione del Gongresso Pisano , e do-
» nata agli scienziati nel giorno della loro separa-
n zione ».
Trovandosi il signor Puliti in Milano nell'agosto di
quest'anno, mostro c dono di queste medaglie a diverse
persone^ e ne presento alcune all'Istituto il di 6 agosto
suddetto , con piacere e meraviglia delle persone che
v' erano presenti. E alcune altresi ne fece in questa
DELL1 ARTE GALVANOPLASTICA. I()3
stessa citta nel laboratorio del signor Antonio De Kra-
mer. Ebbe eziandio la gentilezza di comunicare a noi i
varii metodi da lui tenuti in questi lavori} e noi cre-
diamo di far cosa grata al pubblico col farglieli cono-
scere.
Souo diversi cotali metodi secondo che Toggetto da
copiare e una medaglia o in genere un basso rilievo
senza sottosquadri, ovvero e una figura con dei sotto-
squadri o anche di tutto rilievo. Nel primo caso, esso
signor Puliti procede nel modo seguente.
Prende egli un vaso della capacita di 5 o 6 litri ,
c vi colloca nel mezzo un cilindro voto di vetro della
capacita di un litro e mezzo o due litri, col fondo for-
mato di una membrana animale , e sostenuto al di sotto
con tre pilastrini di legno o con due cilindri pur di
vetro distesi sul fondo del vaso maggiore. Versa nel
vaso minore o cilindrico di vetro una soluzione satura
di solfato di rame, aggiungendo inoltre de' pezzetti so-
lidi di questo sale per mantenere essa soluzione pos-
sibilmente satura dui'ante tutta 1' operazione. E sopra
cotali pezzij dentro alia detta soluzione, pone la me-
daglia o in genere il basso rilievo da copiare, rive-
stito di cera da una delle facce, avente queste faccc
collocate orizzontalmente, e posto in comunicazionc
metallica con un filo metallico coperto di cera nella
sua parte immersa. Nel maggior vaso, immediatamente
al di sotto della membrana clie serve di fondo al cilin-
dro di vetro, pone dell' amalgama di zinco, ovvero una
lamina di zinco amalgamata (e l'amalgamazione si ot-
tiene con molta facilita ponendo lo zinco entro a una
leggiera soluzione di acido solforico, e dopo alcuni se-
condi di cbimica azione toccando lo zinco con del mer-
curic, il quale rapidamente c da se si diffonde su tutta
la superficie di esso zinco): la quale lamina di zinco deve
avere saldato un altro lilo metallico, incerato esso pure
nella parte cbe deve stare immersa} e cougiunge me-
tallicamente questo filo col filo precedente posto in unione
col basso rilievo. In fine versa sucotale zinco una leggiera
soluzione d'acido solforico, p. e. una quiudicina 0 una ven-
lina di grammi in quatlro o cinque litri. Dopo di clie il
Bibl. ha!. T. XCVHI. i3
194 DELL' ARTE GALVANOPLASTICA.
basso rilievo si vede subito coperto di uno strato Ji rame,
il quale gradatamente si ingrossa sino ad acquistare una
solidita bastevole, per poter essere senza pericolo stac-
cato dalP originale e impunemente maneggiato nelle
operazioni successive. Ne vi ha difficolta nessuna nello
staccamento tutte le volte che l1 originale da copiai'si
non sia stato sottoposto all' azione di qualclie sostanza
corrosiva. Se taluno ora chiedesse perche il modello
originale siasi disposto orizzonlalmente, diremo che cio
si fece affinche tutte le parti di esso modello si trovassero
ad eguale profondita dentro la soluzione , e percio in
mezzo a una massa liquida egualmente satura di solfato,
e affinche cosi il rame deposto pigliasse la medesima
struttura dappertutto.
Ottenuta in tal guisa una prima copia rovescia,
se ne pu6 avere nello stessissimo modo una seconda
diritta, simile perfettamente all' originale. E si puo, senza
guastare un siffatto originale, tirare un numero grandis-
simo di prime copie, come pure senza guastar queste
si puo tirare un numero grandissimo di seconde copie}
come anche si pud passare innanzi ad ottenerne delle
terze, delle quarte, ec. senza sensibile deterioramcnto
nella forma.
Questo prinio metodo puo servire anche a copiare
leincisioni in rame. Puo altresi usarsi per copiare de'di-
segni e riduidi prontamente a lamine incise. Si fa
il disegno che si desidera su di una tavola in rame
ben liscia e piana, usando dell' inchiostro alquanto ri-
levato , e si sottopone quindi questo disegno al metodo
galvanoplastico gia descritto ^ con che si ottiene una
tavola di rame incisa, atta a riprodnrre esattamente il
disegno primitive L' inchiostro puo essere di qualsivo-
glia qualita , purehe non solubile nel solfato di rame.
In alcuni casi il signor Puliti abbrevia la prima ope-
razione ottcnendo dal modello un clichet, facendo cioe
liquefare una lega fusibile fatta di parti eguali di piombo
e bismuto (senza unione di stagno, il quale presenta
de' fenomeni particolari che impedirebbero la riescita
dell'operazione), c sopra essa lega, quando e prossima
a solidificarsi, scagliando con velocita il modello ritenutO
DELL' ARTE GALVAN0PLAST1CA. ig5
cli dietro da im pezzo di legno , il quale niodello de-
terrnina immediatamente 1' intera solidificazione di una
tal lega. Sottoposto questo clichet al metodo galvano-
plastico gia descritto, da le seconds copie, cioe quelle
siruili all' originate , anch'esse perfettissime.
Quando il modello da copiarsi sia ancora un basso
i-ilicvo, ma abbia de' piccoli sottosquadri , proeede il
sig. Pulili in quest' altra maniera. Comincia a cavarne
una forma di gesso, divisa in quel numero di parti
che stima conveniente. Riunite cotali parti, rende piii
sodo il gesso col fargli assorbire della cera, e lo ri-
veste con uno strato estremamente leggiero di grafite.
La forma in tal modo ottcnuta e preparata, la cinge
di un anello metallico , a cui salda un filo pure
metallico , incerato nella parte che vuol immergere.
Quindi pone cotal forma coir anello entro il solfato di
rame, procedendo nel resto nel modo gia indicator e
otticne una deposizione del rame, la quale comincia
dair anello e va successivamente avanzandosi sulla forma
di gesso , dall' orlo verso il centro.
Ecco linalmente in qual maniera egli proeede quando
ha a copiare delle figure che hanno de' sottosquadri
maggiori o che souo di tutto rilievo.
Coi metodi noti agli artisti fa cavare dal modello
una forrna di gesso divisa nel conveniente numero di
pezzi • e in questa fa fondere un nuovo modello di
cera, preparata in maniera da essere molto fusibile, to-
gliendo pescia da questo modello i leggieri fili nati dalle
commessure:, precisamente come si opera dai fonditori
in bronzo. Anzi questa operazione preliminare dee es-
sere fatla da un artista versato in sifl'atte fusioni. Pi-
glia ora il fisico un tale modello di cera, e mediante un
delicato pennello vi stende sopra piii strati di grafite
stemperata in una vernice a spirito assai diluta, aspet-
tando che uno strato sia asciutto prima di porre il
seguente, e cosi scguitando sino ad una conveniente
grossezza:, dopo di che fa fondere il modello di cera
contenutovi, avendo cura di non elevar molto la lem-
peralura. Nella forma cosi votala introduce un pczzo
solido di rauic, il quale abbia un peso alquauto piii
196 DELL' ARTE GALVANOPLASTICA.
grande che la copla che vuol ottenere, c il quale pezzo
arrivi in tuttc lc principali parti cave di essa forma
(e a cio puo convenientemente scrvire 1' armatura in-
terna con cui si sogliono sostenere i modelli di cera, fa-
cendo una tale armatura dirame):, e procura che que-
sto pezzo di rame non tocchi 1' interna superficie dclla
forma di grafite. Immergeposcia tanto essa forma, quanto
il pezzo di rame contenutovi, entro una soluzione sa-
tura di solfato di rame } e col mezzo di fili metallici
incerati mette in eomunicazione il rame interno col
polo positivo di una pila di due 0 tre sole coppie aventi
una superficie piu 0 meno grande, secondo che e mag-
giore o minore la superficie della forma su cui dee de-
porsi il rame , facendo comunicare il polo negativo colla
forma, la quale, iu grazia della grafite, e abbastanza
conduttrice perche vi si depositi il rame repristinato.
E la deposizione prosegue continuamente , venendo alia
soluzione somministrato di mano in mano nuovo rame
dal pezzo introdotto nella forma. E necessario che la
pila sia di grandi coppie, perche di ciascuna delle la-
mine di zinco, supposto amalgamato, si distrugge una
quantila un po' maggiore della meta del rame che si ri-
pristina sulla forma, 0 piu precisamente una quantita
un po' maggiore di quella che verrebbe data dalla
proporzione degli equivalenti chimici di questi due me-
talli, procedendo il di piu dalle correnti parziali che
famalgamazione non riesce a togliere aflatto.
Questo metodo esige che ad ogni nuova copia che
si desidera venga rifatta la forma di cera, alia maniera
delle fusioni in bronzo-, ma ha il vantaggio di una as-
sai minore difficolta nell'esecuzione.
V. Metodo per ottenere i bassi rilievi di rame senza
apposito elettromotore voltaico. Lettera del professore
Stefano Marianini inserita nei numeri 26, 17 e 28
dell' hide Novarese. Novara, 1840.
Anche il professore Marianini e riescito a copiare
felicemente le medaglie e in genere i bassi rilievi. II
metodo da lui tenuto e il seguente. Prende della cera
plaslica formata con cera vergine, trementina , un
po'd'olio e poca cenere^ ne forma un disco di qualche
DELL7 ARTE GALVANOPLASTICA. 1 97
linca tli grossezza, e grande un po'piu della medaglia
che vuol copiare: ne copre una delle facce con una
foglia d'argento da libretti, o nieglio con una foglia
d' oro, e con una simile foglia copre anche la meda-
glia: calca quest' ultima sulla cera volgendo 1' una verso
l'altra le due foglie metalliclie sovrappostevi, in guisa
da ottenere sulla cera un bell' impronto rovescio, avendo
cura che nella cera sopravanzi tutto all1 intorno un
orlo un po' rialzato , e die da qualche parte la fo-
glia d'argento 0 d' oro si stenda alquanto su quest' orlo
e comunichi con un filo o striscia d' ottone 0 d' altro
metallo, lunga tre 0 quattro pollici, fermata nella gros-
sezza del disco di cera , e tutta ricoperta di cera, salvo
l1 estremita che si vuol tener fuori all' asciutto. Prende
poscia un disco di zinco o uguale in superficie 0 poco
minore della medaglia, ne copre di cera una faccia,
vi unisce un' altra striscia di ottone simile a quella del
disco di cera, e rivestita essa pure di questa materia.
Gongiunge insieme le due striscie di ottone, e cala una
siffatta copia voltaica in un bicchiere contenente della
soluzione di solfato di rame, in modo che le superfi-
cie metalliclie nude, cioe quella dello zinco dalla banda
11011 vestita di cera, e la foglia d'argento o d' oro posta
sul disco di cera, stiano a froutc 1' una dell' altra, alia
distanza di poche linee, ma fuori del pericolo di toc-
carsi. Dopo di che il processo clettro-chimico decom-
pone il solfato di rame, e fa depositare il rame re-
pristinato sulla foglia metallica che riveste la cera. Di
tanto in tanto pero egli estrae la coppia, per sciac-
quare e pulirc lo zinco, senza pero darsi briga di ren-
dcrlo lucente. Trova utile che la soluzione di rame sia
azzurra: opportunissima gli pare la proporzione di 5
parti in peso di acqua con una di solfato di rame; e
avverte doversi ella rinnovare prima che si faccia ver-
dognola in tutto 0 in parte. II tempo impicgato nel-
1' operazione suol arrivare a due o tre giorni; ma oc-
cupandovisi con assiduita, si puo fare assai piu presto.
Prof. G. B.
'98
■■■w.,:«o— wawa ■!■■! amm— ;—— >*ii mii i '■■■■■'■ffl»-grmr
lstitiizioni di cconomia sociale dell' avvocato Matteo
~De 'Jugustinis , vol. i. — Napoli, 1837.
L'uomo mal pratico dellc cose nostre che volesse
gludicare della intellettuale condizione d' Italia da
quella della Francia , della Gran Brettagna e di altri
paesi, ove tutto converge e tutto deriva da un gran cen-
tro comune; l'uomo di ristrette vedute, di limitato
orizzonte morale, avvezzo a considerare i confini della
propria provincia come limite dell'ingegno, facilmentc
potrebbe cadere in errore, credendo esscr questa 0
quella citta il solo e primario centro morale della no-
stra penisola, negando cosi alle altre quella nobil parte
negli odierni progress! che a tutta la nazione giusta-
mente appartiene,
Ma se, sciolto il vincolo dei pregiudizj 0 dell1 igno-
ranza, poggiamo ove l1 occhio della mente tutta ab-
bracci questa terra, che dalle nevose cime delle Alpi
estende i lidi estremi al mare africano , da quell' al-
tezza ove non giungono le gare di municipio , le vane
parole dell' amor projuio, le ingiurie dei mediocri, ci
apparira Italia ricca di molte sedi di civilta, le quali
spargono intorno, per grandissima circonferenza, come
faci, la luce delle scienze, delle lettere e delle arti.
Ed invero, prendendo ad esempio la coltissima Fran-
cia, quivi non e che un solo centro politico, scientifi-
co, letterario ed artistico} ne opera d" umano ingegno
vi e stimata, o prospera, generalmente parlando , se
non nasce in Parigi , 0 da quella metropoli non viene
lodata.
Non cosi da noi ove, come in Germania, molti sono
i centri. E cotale divisione, non si puo negare che non
giovi grandemente al progresso degli studj : giacche
per essa piu egualmente vengono diffusi i lumi ^ 1' in-
gegno nelle varie sedi conserva meglio la sua origina-
lita , seguitando le proprie ispirazioni , e mantiene la
propria indij)endenza, evitando ad un tempo 1' esser
seguace o calpestato da quelle parti o fazioni formate
ISTITUZIONI DI ECONOMIA SOCIALE , EC. I 99
agevolmente in un centro unico , le quali agognano
al domiuio delle intelHgcnze , sempre indulgenti cou se
medesime , severe con gli altri , e massime con chi le
oppugn a.
Cosi , mentre sono in voce per la coltura loro To-
rino } MilanOy Venezia, Bologna 3 Firenze} Roma ed al-
tre citta dell' Italia Superiore e Media , troviamo an-
cora nella Meridionale la popolosa Napoli, quindi
Palermo e Catania, fra le sedi delP italica civilta.
La patria di Genovesi, di Filangeri, di Galiani man-
liene tnttavia il glorioso vetaggio lasciatole da quei
souimi per le continue produzioni di chiari ingegni.
E qui scegliarao fra molte la dotta opera intitolata :
Istituzioni di economia sociale dell' avvocato Matteo De
Augustinis, gia onorevolmente conosciuto per la Con-
dizione economica del regno di Napoli 3 non meno no-
tabile lavoro , e per molti scritti pubblicati nei primarj
giornali di Napoli.
Scbbene da venti anni in poi sia commie Vopinionc
cbe in Italia la scienza sociale, trattenuta nei limiti
di un antiquato ordinamento da cbi si dice continua-
tore delle nazionali dottrine, obbligbi i cultoi'i di essa
a rivolgersi a forestieri concetti prodotti in uno stato
intellettuale , morale e politico affatto peculiare, il li-
bro del De Augustinis, ammiratore e seguace di Ban-
dini , di Ortis, di Filangeri, di Beccaria, di Verri , di
Romagnosi, soddisfa alle esigenze della scienza, e pre-
senta alia nostra gioventii un rapido e legato rias-
suuto di essa, non ristretto all1 arida crematistica della
scuola industriale, ne travolto ad infondate astrazioni
ed alFobblio della legge fondamentale della scienza
stessa, la libera concorrenza , formolata proporzioual-
mente alle diverse circostanze poliliche o morali.
Due celcbri scuole si contendono attualmente il
campo della scienza economica : 1' industriale 0 crema-
tistica7 fondata da Adamo Smith ed ampliata da Ric-
cardo c da Say^ quella dei socialistic precouizzata da
Sismondi nella necessita di un ritorno ad abbando-
nate istituzioni, e formolata in una radicale riforma
dai seguaci di Saint-Simon, Fourier, Owen , ec.
200 ISTITUZIONI DI ECONOMIA SOCIALE
Mentrc l'una, risguardando lo sviluppo clella ric-
chezza come scopo della scienza in via astralla ed as-
soluta, non la riferisce all' uomo che per il fenomeno
della produzione, reagisce l'altra a nome di questa
stessa societa produttiva, profondamcnte scossa da
una rigogliosa e subitanea riorganizzazione industrial e,
col desiderio in alcuni di un ritorno alle antiche forme
restrittive della produzione, e col principio in altri
di una riforma sociale, clie sottragga l'economia dalle
funeste conseguenze di una immorale concorrenza.
Estraneo il nostro autore a quella fcbbrile attivita
clie in alcuni paesi trascina gli studiosi a considerare
la scienza sotto quel solo aspetto in clie viene loro
presentata da straordinarie circostanze, egli ha po-
tuto persuadersi u clie anche gli errori c pregiudizj
» creano interessi e fanno convinzioni , e gl'interessi
» si trasmettono, come i patrimonj. di generazione in
y> generazione: quindi gli errori sopravvivono di gran
« lunga alia gia svelata loro natura ed al loro atter-
» rato teoretico impero".
Mentre adunque 11011 si cura di teorie non conscn-
tanee alle naturali tendenze, rivendica lo scopo mo-
rale della scienza contro a coloro che la considerano
tutta materialey « e che di altro non si occupi o non
55 si debba occupare che della ricchezza numerale e
55 fmanziera delle nazioni ^ quando che per giudicare
55 diversamente, basta riflettere che essa, nel trattar
55 fra le altre cose della produzione s ricerca, esamina
55 e propone i mezzi pei quali sviluppansi il lavoro ,
55 la intelligenza , la industria , fondamenti primitivi
55 deirabbondanza, prosperita e floridezza degli stati,
?5 e scopo finale della sociale economia ; la quale sotto
55 questo punto di veduta e per tali ed altre simili re-
55 lazioni, s' immedesima al tempo stesso colla scienza
55 govcrnativa e di stato, e col sistema degli ordina-
55 menti sociali 55.
Non aderisce pero a chi deplora il libero sviluppo
della produzione e la diminuzione dei prezzi , frutli
essenziali della libera concorrenza , giacche pel nostro
autore Kl'aumento della produzione merita di essere
DI M. DE AUGUSTISIS. 20 1
» segnalato come un immegliamento sociale, il quale ,
» qualora nou vogliasi favorire indiscretamente, giova
» ed e giusto abbandonarlo al proprio destlno ed a
» quella lcgge economica die tutto modera e riduce a
" giusta misura ».
Osserva il Dc Augustlnls che « non poclii tra gli
" economisti spaventati da' prodigj delF industria, te-
» mei'ono sul cominciar di questo secolo ( ve ri ha di
» coloro che temono tuttavia) di vedere schiacciata
» l'umanita solto il peso della produzioue... Pero, ad
5' onta dei loro funesti avvisi e del panico timor loro,
» la produzione si e mantenuta ne' giusti limiti de'bi-
» sogni e delle richieste, ed il progresso sociale vi si
» c operato con ispandcre sempre piu i benefizj dell'iu-
y> dustria e con metterla a livedo del niaggiur numero.
» Uno scrittore di nome, un uomo chiaro per mente
» e per larghezza di principj (Sismondi) irapiega un
y> apposito capitolo, ne' suoi nuovi principj di ecouo-
n mia pubblica, per deplorare la lotta intesa a dimi-
r> noire i prezzi della produzione , quasiche nou si
» posassero in essa ed in quel nobile magistero pru-
» gressivo del genere umano, tutto il suo avvenire eco-
» nomico e la speranza ed i voti delF incivilimento e
» della scienza del ben essere sociale ».
Ne egli sa immaginare « d" onde cominciar potreb-
» hero e dove finire, e quali mezzi adoperare, coloro
» che alia eccedenza della produzione vogliono por
-•' freno. Quando non hanno sapulo trovare, ed era
w impossibile, la massima comune misura degli umani
» bisogni e desiderj : quando gli alti muri della Cbina
" non bastano a separare le nazioni le quali cammi-
» nano tutte con moto vicendevole e concitato verso
y 1 afTratellamento generate del genere umano: quando
" le nazioni tutte sentono di piu in piu il bisogno e
" la necessita di accomunare i rispettivi interessi, di
r> allargare il ccrchio delle vicendevoli relazioni, di ri-
w spettarsi, consigliarsi, soccorrersi e darsi la mauo:
" sembrami che il proporre la riduzione della produ-
y> zione non solo sia un errore, un assurdo, ma, peg-
n gio ancora, un impossibile ».
202 ISTITUZIOM DI ECONOMIA SOCIALE
E quanto alia riduzione dei prezzi, qucllo che ilDc
Augustinis lamcnta, e « clie il progresso industriale e
» la diffusione delle ricchezze non ha di tanto finora
r> ridotti i prezzi, quanto occorre per render comuni
» e d' uso generate i benefizj dell' industria umana,
» clie essendo opera di tutti , a tutti giovar debbe , e
» non ad alcuni od a pocbi soltanto. Per la qual
» cosa quella nazione clie avra superatc tuttc le altre
r> nel ribasso de' prezzi , quella avi-a maggior diritto
r> alia gratltudine del genere umano. Gridiuo pure
r> quanto vogliono i fautori del contrario sistema, ed
55 i propugnatori del vincolato coinmercio, e del si-
55 sterna cbc rep ell e od aggrava la straniera produzione
55 con preteso vantaggio della propria: le leggi di na-
•» tura non si cambiano ne si conibattono mai con
55 defiuitivo trionfo delle fattizie : il contrabbando ,
55 la frode ed ogui ripiego deli' ingegno vendicatore
55 dei diritti naturali, figli della primitiva giustizia , e
55 la umana ragione , saranno piu che bastevoli per
:5 assicurare la giusta riconoscenza ed il favore delfu-
55 niversale al minor prezzc.
Quanto poi alia formale esposizione della scienza ,
ccco come il De Augustinis la riassume in un minuto
epilogo :
"La riccbezza , scopo della scienza, e il principal
55 mezzo dell' umana felicita sulla terra ^ essa non e
55 spontanea, ma vuol csser prodotta. Concorrono alia
55 produzione della riccbezza, la natura colle sue forze
55 ed i suoi agenti, e l'uomo col suo lavoro.
55 II lavoro non e se non una serie di atti delle
35 forze umane volte a determinato fine : le forze sono
55 altre intellettuali ed inventive, altre meccanicbe ed
55 esecutive. Nei loro atti successive, le forze or si ri-
55 lassano ed or si consumano, perche procedono per
55 isforzi, e non per esercizio solamente. II lavoro
55 dunque e fatica, ancorche talvolta in abitudine ri-
55 dotto : ogni lavoro e mestiere che si trasformi in
?! industria, o sia in una o piu serie di lavori. L' una
55 e l'alti'o hanno per fine la produzione della ric-
" chezza, Tuna e faltro hanno d' uopo di materia ,
DI M. DE AUGUSTINIS. 20j
J? la quale, senza potcvsi creare o distruggere, c suf-
» ficiente a tutto e per ttitti , per i presenti c futuri ,
v per i certi ed i possibili: essa prcstasi ad ogni for-
55 ma , e nelle sue infinite modificazioni soddisfa a
55 tutti i bisogni e desiderj presenti, e ne desta de'
55 nuovi cui provvede pienamente e sopperisce a larga
55 mano.
55 Base della ricchezza ed elcmento d' ogni sua
55 produzione e dunque la materia^ la quale e base e
55 sostanza pur cssa di tutti i lavori possibili e di
55 tutta la umana industria ne' suoi mille generi e mo-
55 dificazioni. Ma la materia, se non e organizzata e
55 non viene dall" uomo al suo bene accomodata , ri-
55 mansi in gran parte inerte o inutile, e di poco o
55 niente produttiva.
55 Spicgata una volta la natura del lavoro, c facile
55 di rettificare l'errore di coloro che vi hanno veduto
55 una doppia qualita, produttiva l'una, 1' altra im-
55 produttiva. II lavoro e sempre produttivo, e la dif-
55 ferenza sta ne' gradi, o sia nella sua maggiore o
55 minore utilita : ogni atto ed ogui forza o sforzo cbe
55 vogliasi, se non ha scopo, se non mira all* utilita,
» se il suo risultamento non e economica produzione,
55 non puo e non deve mcritare il nome di lavoro.
55 II lavoro e 1' industria, ad ottenere il loro scopo,
j> cioe la produzione e la maggiore e migliore produ-
« zione col minor possibile dispendio, ad ora ad ora
5> si dividono e si accumulano. Di qui cio cbe dicesi
55 divisione e cumulo del lavoro. Nell' applicazione
55 della divisione e de' cumuli sta 1? opera dell' intelli-
55 genza e del sapere teoretieo-pratico. La classifica-
55 zione delle arti e de' mestieri , e la loro divisione
55 e suddivisione fino a quel cbe noi ne conosciamo in-
55 fino ad oggi, dalla costruzione delle macchine jiiu
'5 complicate fino al dar punta al cbiodo ed alia spil-
» la , non sono altra cosa che divisione di lavoro. E
55 gli ordigni , gli strumenti, le macchine, i trovati
» d' ogni maniera, non sono che cumuli di lavoro, i
55 quali, ajutati dal lavoro dell* uomo, e dalla forza
55 degli agcnti naturali , sollccitano e facilitano i
2o4 ISTITUZIONI DI ECONOMIA SOCIALK
t» processi della produzione. Questi e tutti gli altri cu-
« muli (tra1 quali le produzioni destinate ad alti'a pro-
n duzione, dette gcneralmente matcrie prime grezze ,
» e gli aggregati monetarj come mezzo e rappresen-
?' tauza di varj cumuli e di varj lavori) son chiamati
>•> con cconomico linguaggio capitali. Di questi, altri
>» souo fissi ed altri circolanli : son fissi quei che non
« si mutano e servono in natura alia produzione, co-
» me le macchine, gli edifizj , le terre, il lavoro che
» vi occorrer, sono circolauti la moneta necessaria ai
v> cambi ed alia mercede, e le materie grezze che si
■>■> trasformano in produzione. Ma la divisione ed il
« cumulo del lavoro non bastavano essi soli al pro-
» gresso della produzione, ne a darle quello slancio
3J e quell' incremento che richiede la scienza e che
?3 P incivilimento esige a tulta leua:, e pero si e avuto
33 mente di unirlo od associarlo: e da uno fatto trino
3? or dividendosi, ora accumulandosi, ora associandosi,
33 il lavoro nella sua unita e nelle sue binarie e terna-
?' rie combiuazioui e pervenuto a far quei prodigj dei
3? quali la stessa uraana intelligenza e rimasta maravi-
3! gliata e stupefatta.
35 La divisione pero , il cumulo e P associazioue del
35 lavoro non raggiungeranno mai il ioro scopo , ne
33 spiegheranno tutte le loro forze, se lor mancherala
33 proprieta e la sicurezza. Assicurare cntrambe queste
3? all' autorc del lavoro, ecco P uffizio d1 ogni potere
33 social e. Fuori di cio ogni iugerenza e inopportuna
35 e dannevole , qualunque protezioue e oppressione ,
3» la stessa premura e lo zelo piu incoraggiante sono
v> indiscrezione , defereuza, parzialita , privilegio , da
33 cui abborre la scienza } e non si puo ne deve atten-
?3 dersene che danno e male, dimiuuzione di prodotti
» e turbamento nelle economiclie funzioni.
33 Spiegato cosi il fenomeno della produzione, e le
33 cagioni del suo incremento e progresso, uopo e par-
33 lar degli ostacoli che possono arrestarlo, e che e
35 bene anzi obbligo conoscere per evitarli o per su-
33 perarli. II primo e principale ostacolo alia produ-
33 zione e certamente Pignoranza, cui fan corona la
DI M. DE AUGUSTINIS. ao5
n timidezza, l1 ozio e la poltroneria : a vincerli deve
n dar opera ogai governo savio ed illuminato : impe-
» dire le cagioni che vi mantengono, spingono od
35 abituano gli individui ed il popolo : istruirli, edu-
r> carli. ed alimentare fra loro 1' emulazione ed il
33 gusto de' piaceri sociali } accordare qualche premio
y> e degli onori per i servigi grandi e straordinarj resi
33 alia societa ia fatto di lavori raanuali e mentali ,
» purche d' invenzione: souo cose tutte che producono
v> impedimento all' ozio, all' infmgardaggine ed alia
» esitazione, non che impulso ed incoraggianiento al-
55 T industria , incitamento e stimolo al lavoro. Ed e,
y> questa solenne ed iuapprezzabile fuuzione governati-
j> va , una delle poche che souo veramente degne de'
» governi che pretcndono al titolo di paterni, illuuxi-
55 nati, progressivi.
n L'avarizia, la prodigalita ed il lusso sono osta-
» coli anch' essi alia produzioue, ma non tutti eguali
y> tra loro. Spiegare il valore di questi vocaholi, dcli-
s» neare gli eifutti di questi vizj antieconomici, esporre
?5 come operano e come si danno tra loro la mano ,
» egli e un dovere per coloro che professano ed espon-
v> gono i principj della scicnza della ricchezza. E nel
y> trattare di tali ostacoli. spontaneamente si presen-
» tano i naturali e veri rapporti tra l'economia e l'e-
35 tica^ per la qual cosa divien facile il chiarire come
»5 la morigeratezza e la moralita sieuo la maggior
33 ricchezza delle nazioni. Mostrare come tra 1' avarizia
33 e la prodigalita stia l'economia (virtu eminente ,
>3 produttiva e conservatrice ), e come il lusso non sia
33 che la prodigalita sociale*, distinguere il lusso in due
33 e segnarne le genesi e gli effetti, e certamente uffizio
35 economico e dovere iuerente a chiunque prolessa
33 cconomia.
33 Discorrendo degli ostacoli alia produzione, sorge
33 ueH'animo natural curiosita di sapere se vi sia peri-
33 colo nella produzione irrefrenata ed ahbandouata a
3» libcro andamento. Allontanare i timoi'i dei dubhio-
y> si, confutare gli errori degli ostinati, e dimosti-are
35 come la produzione non e ne puo essere eccedente,
2o6 IST1TUZ10NI DI ECONOMIA SOCIALE
» e come 1' eccedenza in ogui caso e di se stessa cor-
» rettricej e come il basso e 1' alto prezzo guidino se
» stessi al prezzo naturale , egli e , a quanto pai'e ,
y> nou ultima incombenza dello scrittore che detta le-
55 zioni di economia.
55 Basta sapere che la mendicita esclude negli ac-
5? cattoni l'abitudine del lavoro, ed include mai sem-
5> pre 1' ozio e quasi sempre 1' indigenza, per sentir
55 I' obbligo di scovrirne l1 origine , e di dividerla in
55 categorie, come mendicita di sventura ed acciden-
'5 tale, e mendicita d' ozio, di malizia e di mestiere }
55 acceunar quindi, in quanto alia prima, le cause donde
55 deriva e le antiveggenze valevoli a diminuirne ove
55 non riescasi ad annientarne gli effetti , e designare
55 e proporre i mezzi ed i rimedj de1 quali la pubblica
55 e la privata carita dcbbono far loro l'adempimento^
55 additare, in quanto alia seconda, i modi che 1' ozio
55 sradichino, e che faccian caro, desiderato e pe-
55 renne il lavoro ed i suoi frutti , e valersi all' uopo
55 anche del lavoro stesso come mezzo di punizione
55 per gli ostinati. In ogni caso cade in acconcio di
55 dimostrare, facendo palesi i rispettivi vantaggi ,
55 quali sieno i rapporti e la influenza reciproca tra
55 la morale e l1 economia , e come , ove la morale e
r> 1' economia procedano d' accordo tra loro, tutto vol-
55 gasi in aumeuto di virtu, di lavoro e di produzione.
55 Dichiarato cio che occorre fare per favorire ed
55 aumentare la produzione, additati gli ostacoli prin-
55 cipali che voglion esser rimossi od evitati, la prima
55 parte dell1 economia sociale trovasi naturalmente
55 esaurita. Ma si puo mai dire di essersi tutto detto,
55 od almeno tutto accennato ? No certamente. Io non
55 ho posate che le idee madri, non ho svoltc che le
55 principali nozioni , non ho risoluto che le piu im-
55 portanti quistioni ^ spetta alia viva voce dell' istitu-
55 tore ed alio studio indefesso e meditato, spetta alia
55 pratica ed all' esperienza , spetta infine al progresso
.•5 continuo della scienza di fare il resto e di far pro-
55 gredire il leggitore col progresso degli anni e delle
» economiche discipliue ».
DI M. DE AUGUSTINIS. UO7
Cosi chiude Fautorc il primo volume dell'opera sua.
La perizia e dottrina con cui Fha condotta ci fanno
desiderare ch1 ei presto ne dia il seguito, certi che la
fatica di lui aggiugnera una nuova gloria a queslo ric-
chissimo raino della nazionale letteratura.
Adriaiio Bcdbi.
& ontologismo dominatore peiyetuo della medicina,
saggio di fdosofia della storia medica del dottor
F. G. Geromini. MilanOj i 84o, coi tipi di P. A.
Molina, in 8.°(i)
Chi piglia in mano questo libro del dottor Gero-
mini, e non ha letto ne F Ex amen di Broussais, ne
Fopuscolo sul Cholera e i Saggi clinici di Geromini
stesso, dee innanzi tutto fare a se la domanda: che
cosa sia questo Ontologismo dominatore perpetuo della
medicina. Ontologia e voce italiana d' origine greca, la
quale dinota quella parte di filosofia che tralta del-
Fente^ ma questa non e ancora F ontologismo ne di
Broussais, ne di Geromini. Otitologismo} secondo que-
st1 ultimo, vale quanto dire creazione di entita 3 ma una
creazione tutta mentale, intellettuale , com' e quando
uno inventa una cagione ipotetica, mancandogli la vera
per intendcre la genesi di qualche fenomeno. Onde
parrebbe che il peccato dell1 ontologismo fosse della
stessa specie di quello pel quale si fanno le ipotesi o
le teorie. Per quelli a cui questa spiegazione non fosse
chiara abbastanza, aggiungero che Geromini tiene Fon-
tologismo appunto per Fopposto di filosofia, a quella
guisa che il nero e contrario del bianco } cosi che per
lui misontologizzar'c e proprio come dire filosofare. II
vero filosofare poi, aparer suo, e espriinere scientificamente
(1) Que.sto lavoro co.stituisce Y Appendice delle Effemeridi delle
scienze medic/ie del ilotlote Fautoiictti incorniociata col fascicoio
di aprile p. s. Esso e pero in commcrcio anche a parte.
20& l'ontologismo DOMIN'ATORE , EC.
le cognizioni d' una o d? ultra sorta di scibUe wnano,
non creando intclligenzc ed arcane potenze ad de-
menti di causalita _, ma stando « per la determina-
» zione di questa nel semplice circolo d'una esatta fi-
* gliazione di fatti (p. 10) «. Se questo e filosofare
adunque , per la ragione de' contrarj , 1' ontologizzare
sara il non esprimere scicntijicamente le cognizioni y
creando intelligenze ed arcane potenze ad elementi di
causalita. Non si guardi pero in qucste definizioni a
quell1 c 'sprinter 'e, la quale parola farebbe quasi supporre
che si volesse far consistere la filosofia nel linguaggio
cbe essa suole adoperare^ come ancora che l1 ontologiz-
zare fosse solo peccato di parole e non di fatti. No
certo: la quistione dell' ontologismo medico, cosi com' e
trattata da Geromini, e ben altro che quistione di pa-
role e di nomi: ella e quistione di fatti, e de' fatti piii
gravi che sieno degni di occupare la mente umaua. E
quistiune tanto antica quanto e antico il filosofare , e
in ogni epoca della storia di questa scienza , e presso
ogni nazione , fu sempre agitata e s' agita tuttavia.
Ella e la quistione dei nominalisti e dei realisti sco-
lastici del medio evo, dell'idealismo e del sensismo de1
nostri giorni.
Giovera dunque vedere confessa sia sciolta dal dot-
tore Geromini in questo suo Saggio di medicina, come
a lui piace chiamarla, misontologica.
In una rapida veduta delle principali epoche del-
l'istoria della medicina, egli trova Ippocrate e Galeno
che pongono la sede dei mali nei quattro umori, am-
mettono 1' esistenza di entita spirituali (calore innato,
pneuma, enormon), e riguardano la malattia e la natura
siccome due esseri tra loro combatteuti: e questo egli
chiama ontologizzare. Vede i chimici dedurre dalle al-
terazioni del sale, dello zolfo e del mercurio la genesi
delle malattie^ li vede far derivare quelle alterazioni
dall' ente supremo, dai vizj naturali, dalla fantasia, da-
gli avvelenamenti: eppero da loro pure il nome di on-
tologisti. Ontologismo e ancora quello di Van Hehnont,
pel quale si immagino che le malattie naseesscro dallo
sdegno e dallo spavento delf Archeo intelligente :
DI F. G. GEROMINI. 20g
ontologismo c la creazione cartesiana dei corpuscoli ,
tlell' etere sottile, dei pori, del viscido e dell'acido degli
umori: ontologismo e l'avere Stahl attribuito all'anima
il governo delle operazioni del corpo umano . e fatto
nascere le malattie dalYidea turbata della medesima :
ontologismo finalmente e la creazione di entita orga-
nico-meccaniche poste in luogo delle umorali dagli
iatro-matematici italiani.
A proposito di questi ultimi, ei dice: « I medici col-
s laboratori nell' etrusca Accademia del Cimento, sulle
jj tracce luminosissime dell' antesignano Lorenzo Bel-
n lini, colle loro sode ed empiriche investigazioni nella
7> fisica del corpo umano, diedero un gran crollo al-
» 1' ontologismo (p. 1 4) " • Dove e da mettere Borelli in
luogo di Bellini, il quale non solo non fu Fantesignano
dei medici di quella accademia, ma non fece mai parte
della medesima. — Di questi filosofi e medici toscani
dice ancora Geromini, che abbandonarono 1' ontolo-
gismo autocratico d'Ippocrate: il cbe non e affatto se-
condo il vero, essendo stato uno dei membri di quella
accademia che in Italia rimise in vigore il naturismo
d' Ippocrate.
L' ontologismo fin qui puo essere considerato come
la stessa cosa che l'ipotesi. A questo punto Fautore so-
spende un tratto la veduta storica, ed esamina alcune
particolari qualita di ontologismo.
La prima qualita e X ontologismo semiologico, quello
cioe pel quale, dato un complesso piu o meno costante
di sintomi, se ne forma una malattia. Le principali
entita di questa sorta di ontologismo sono le febbri.
Questa, come ognun vede, e una qualita di ontolo-
gismo ben diversa dalla prima, ossia dall' ontologismo
d: ipotesi, se mi e lecito cosi cbiamarlo. Infatti qui non
v'e ipotesi^ ma solo quell' operazione che i filosofi di-
cono astrazione, per via della quale non si inventa,
non si suppone nulla; ma tutte le qualita simili d'una
determinata specie, che si osservano in varj individui ,
si separano o si considerano separatamente, e, riunite
poi, se ne formano idee astratte, alle quali si pone per
segno un nome sostantivo. Di questa sorta sono le idee
Bibl. Ital. T. XCVIII. i \
uio l'ontologismo DOMINATORE , EC.
cli virtu, d'onore, di vizio, di bellezza, di gloria, di
giusto c d'ingiusto, e mille e mille altre: che anzi si
puo dire che quasi tutti i vocaboli di ciascheduna lin-
gua sono vocaboli esprimenti idee astratte, per cui cbi
vuole parlare non pu6 a meno che astrarre, e quindi,
seeondo l'autore, ontologizzare. Ma d'ontologismo pec-
chera solamente cbi credera intendersi sotto quei nomi
uon gia collezioni d' idee, ma esscri veramente csisten-
ti} e v' e ben da dubitare che siavi al mondo, o siavi
mai stato chi creda che le febbri, le nevralgie, l1 asma,
la dispnea, e va dicendo , sieno esseri aventi una di-
stinta esistenza, e non piuttosto semplici collezioni di
sintomi. Rcdi, parlando d' una offesa della respirazione,
diceva: se e offesa la respirazione, bisogna che per ne-
cessita assoluta siano offesi gli stromenti della respira-
zione: gli stromenti principali della respirazione sono
i polmoni , adunque la sede del male e nei polmoui.
Questo ragionamento del Redi suol farlo ogni medico
quando gli occorre alcuna di quelle malattie, il eui
nome dinota solo la forma del male o la sintomatolo-
gia. Zecchinelli (che si direbbe uuo dei piu grandi pec-
catori di questa sorta d'ontologismo, per avere scritto
tre volumi sopra una malattia che non e altro che una
forma morbosa, 1' angina del petto), prevedendo quasi
1' accusa che ora muove il Geromini, scriveva gia sono
molt' anni: « Non vi sono gia nella natura i semi delle
» varie malattie come degli animali e de' vegetabili , i
55 quali producano costantemente enti di suo genere...
•>■> La febbre nosocomiale, la semiterzana, le pohnonie
» non sono gia razze di mali che si generino con quella
?5 costante precisione con cui generansi il platino, il
55 geranio marginato, il bue e Fuomo ».
Si conchiuda pertanto che Tontologismo sintomatico,
preso nel suo vero senso , e cosa impossibile ad evi-
tarsi a chi vuol parlare 5 preso nel senso di Geromini,
e piu apparente che reale nei medici.
Ora Fautore scende a trattare d'un altra sorta d'on-
tologismo, costituito dalle flogosi (encefalite, meningite,
pneumonite, ec.), che egli chiama teoriche entita patolo-
giche. II suo argomento a provarle per entita teorcticbe
DI F. G. GEROMINI. 2 1 I
e questo. Sarebbe ragioncvole il farlc entita sc esse
fossero contingenze morbose anatomiche da riconoscersi
pei* opera dei sensi •, ma essendo il loro substrato non
a portata dei sensi, cosi e crronea « la intellettuale ope-
» razione che di quelle contingenze non anatomiche,
•• ma cliniche, fece altrettanti enti di ragione (p. i8)--.
Lo che parmi si risolva a significare che sia da chia-
marsi ontologismo ogni diagnosi che si faccia delle ma-
lattie interne. E qui vorrei che il signor dottore Gero-
mini mi permettesse che gli facessi questa domanda :
Vossignoria ha fernia credenza d'avere dimostrato che
ogni idropisia nasce da flogosi:, or bene: occorrendole
di curare un idropico, proprio in principio di malattia,
non dira ella che l'infermo e ammalato di flogosi? Si
certo: eppure questo in suo senso sarebbe ontologiz-
zare. Ma esso non lo e punto:, e se pure v^ia ontolo-
gismo in questa operazione intellettuale, 1' ontologismo
stara nel deterrainare i carattcri della flogosi nel cada-
vere , e non gia nel cavare dai sintomi gli indizj del-
Fesistenza d'una flogosi viscerale: qui puo esservi er-
rore : ma di ontologismo, ne punto ne poco.
Dopo queste entita costituite dalle Jlogosi visccrali \
segue Y ontologismo eziologico che comprende gli enti
costituzione epidemica e contagi.
Sydenham trovava la cagione dell" ammalarsi in una
data stagione e in un dato paese un gran numero d'in-
dividui d'una stessa forma di mali , in una mutazione
delFaria, d'ignota natura, cui pose il nome d'influenza
o costituzione epidemica : « Con che e manifesto, dice
lautore, come la mente vcramente filosofica restasse
appagata d'un bel nulla (p. 21) ». Questo e chiamato
dal Geromini ontologismo eziologico:, per evitare il quale
egli propone, siccome rimedio, di considerare nclle epi-
demie non altro che un fatto generale, una dominazione,
una « maggioranza numerica di casi di questa o quella
•* forma d'umauo infermare (p. 23) 5?. E cio sla bene:
ma 1' ingegno umano bisognera che ccrchi la cagione
di questa maggioranza numerica. Sydenham ha crc-
fluto di trovarla n ell' aria, ma non ardi di afTcrmare di
che natura fosse questa inlima mutazione acrea capacc
212 l'ontologismo DOIWINATORE, EC.
di generare le epidemic V induzione di Sydenham per
certo non ha tutti i gradi clie si vorrebbero a formarne
un fatto: ma non so quali altre proposte dopo di lui
(non eccettuata nemmeno quella del dottore Geromini)
]e sieno superiori rispetto agli argomcnti diretti elie
valgono a provarne la probability piu o meno grande.
Dalla costituzione epidemica passa ai contagi, clie
cbiama enti di ragione e riducibili nel lingnaggio filo-
sofico e storico, secondo il dottore Geromini, a questo :
che « in certe forme d'infermarsi F economia animaie,
5? e date le circostanze debite di tempo e luogo , v'ha
>■> in esse forme morbose virtu d'impressionare altre
x individuc economie in modo da risultare queste in-
» quinate di somigliante maniera«. O che io m' in-
ganno, o questo non e il linguaggio filosofico e storico
che vorrebbe il nostro autore. Non e 1' opera dei sensi
quella clie ci possa far conoscere che in quelle forme
morbose abbiavi la virtii d' ' impressionare altre indi-
vidue economie. Questo non e fatto . non e quel vero
fatto fuori del quale, com' egli dice, tutto e vanita e
menzogna nello scibile fisico (p. i n ). II fatto e solo la
maggioranza numerica degli ammalati: la virtii d' im-
pressionare altre individue economie non puo trovarsi
che per via di induzione : resta solo che si provi che
quest1 ultima sia stata operata a dovere. Ad ogni modo,
dire che una malattia si propaga per contagio, o per
una sostanza che da un individuo passa in un altro
(lo clie il dottore Geromini chiama ontologizzare), non
e forse meglio che il dire che una forma morbosa si
comunica ad altri individui per virtii che in essi esi-
ste? Nel prirno caso si domanda che cosa sia quella
sostanza: nel secondo, di che natura sia questa virtu.
A questo punto il dottore Geromini ripiglia la ve-
duta istorico-filosofica della medicina, e pel primo gli
si presenta Sauvages che colla sua nosologia cadde
piu che altri mai nell" ontologismo semiologico o sinto-
matico. Seguono i discepoli della scuola fisiologica di
quel tempo, i quali sbandirono Fanima dalla fisiologia,
e poscro la sede della vita nel sistema nervoso. In
questa guisa l'ontologismo di\ enlo piu filosofico ? ossia
bl F. G. GEROBtlNI. 2l3
mcno indeglto delP intelletto filosofarite ; sc non che ri-
cadde presto in un posto piu uniile, ammettendo l'esi-
stenza deH'irritabilita e dclla sensibilita, e consideran-
dole siccome forze distinte, capaci di crescere e di di-
minuire nelle malattie. Brown , discepolo di questa
scuola, fu egli pure reo di questo peccato, perche della
eccitabilita ha fat to una realta. Gosi 1' ontologismo di-
vento nosologico-eziologico, e di esso sono imbrattati
Rasori, Tommasini, Bufalini e Pucciuolti.
All'epoca stessa di Brown rinnovava in Francia l'on-
tologismo semiologico il Pinel, e piu tardi vi aggiun-
geva l'organico od anatomico. Quest' ultima speeie di
ontologismc, che Geromini chiama anatomo-patologico,
e quello dei moderni medici francesi, i quali conver-
tirono le malattie da entita semiologiche in entita ana-
tomo-patologiche. II nostro autore ne mostra 1' origine
dalla grand' opera di Morgagni, intorno alia quale egli
riflette giustamente ch'ella « e maravigliosamente at-
n tissima a persuadere i medici intelletti piu veggenti
r> ed ingenui della gran verita che, le varie alterazioni
55 organiche coll'autopsia rinvenute , sono bensi entita
55 anatomiche, ma cliniche non gia, siccome invece sel
55 credettero i moderni (p. 47) "• Infatti 1' alterazione
cadaverica non e che una porzione della malattia, una
sintomatologia interna, una frazione insomnia, ma non
il tutto della malattia: onde sono da riprendersi quei
medici francesi che, trascurando gli altri elementi mor-
bosi, siccome sarcbbero le lesioni del principio della
vita e dei fluidi, ristrinsero l'intiei'a medicina alio scio-
glimento del scguente problema: dati i tali sintomi,
saper iudicare i cangiamenti avvenuti nelle parti. Se
questo vizio poi di cotali medici meriti il nome di 011-
tologismo, o non piuttosto quello d'imperfetta enume-
razione delle varie parti che costituiscono un tutto, lo
giudichi il lettore.
Ora segue un'altra sorta di ontologismo per la
quale si pone a fondamento della distinzione delle
malattie, non piu la semplice alterazione cadaverica ,
ma un fatto di viva anatomia, la llogosi: questo e
1" onlologismo di Broussais , Boisseau , Tommasini e
ai4 L/ONTOLOGISMO DOM1NATORE , EC.
Giacomini: c Geromini lo chiama anatomo-patologismo
cziologico o flogistico.
Ultimo fra gli ontologisti compare Hanhemann, il
quale, dopo avere riconosciuto F ontologismo nelle anti-
che teorie, cadde egli pure nel vizio comune, creando
entita farmacologiche e semiologiclie.
Questo primo saggio di medicina misoutologica ter-
niina con un giudizioso confronto tra i principj della
dottrina di Broussais e quelli della Tommasiniana:, cui
e aggiunto uno squarcio cavato dai saggi clinici del
nostro autore , dove si mostrano i danni del metodo
dissanguante, e come i principj della patologia Gero-
miniana servano mirabilmente a tenere lontano chi li
professa da somigliante eccesso nell'uso dei rimedj de-
bilitanti, e principalmente del salasso.
A voler analizzare minutamente tutto ci6 clie si con-
tiene in questo saggio, dove si trovano agitate parec-
chie delle piu ardue cpiestioni di nostra scienza, ci
vorrcbbe, non che un articolo da giornale, un altro li-
bro. Lasciando adunque da parte cotali quistioni, e se
sia ragionevole cosa il ridurre ad ontologismo i varj
peccati intellettuali o di metodo , dei quali sopra s' e
fatto ceuno , conchiudero: clie Geromini ha ragione
quando rimbrotta gli scrittori di medicina, di dare per
fatto quello che non e se non opera d'una induzione,
giusta talvolta , taFaltra o pi-obabile, o possibile ap-
pena, o aflatto immaginaria : clr egli ha ragione quando
condanna il farsi de' complessi di sintomi altrettante
entita. D' altra parte pero a me pare ch'egli abbia il
torto quando spinge l'avversione sua all' ontologismo ,
pigliato in senso di astrazione, fino a tentare di sban-
dire il piu che puo, nel parlare di cose mediche, i vo-
caboli sostantivi , i quali non v' ha pericolo che nes-
suno li pigli per esprimenti veramente Tesistenza di
qualche sostanza, quaudo indicano solamente o un
sintoma o un complesso di sintomi. Questo e un voler
rendere piu difficile e imbrogliato il linguaggio medico,
di quello che egli siasi ^ e cosi aggiungei-e la difficolta
del linguaggio alle difficolta gia grandi e molte per se
stesse della scienza. Per volere poi evitare 1' uso dei
DI F. G. CEROMINI. 2ID
vocaboli sostantivi che tutti intendono , cgli ha aclot-
tato o parole, o frasi, o clrconlocuzioni strane e talvolta
poco intelligibili: tali sarebbero, ad esempio: morbose
contingenze in luogo di inalattie: darsi casi morbosi,
non darsi inalattie: darsi ammalati contagiosi^ e non
contagi: umano Jhbbricitare in luogo di febbre: umane
individualita o individue economic invece di individui.
Tali sarebbero le seguenti due traduzioni del vocabolo
contagio: ■ — - il fatto dell' obvenibile infermarsi i sani
per infezione o mala impressione ricevuta da altri in-
dividui somigliantemente infermi:, — il fatto della ca-
pacita propria a certo infermare di inquinare il piu
de' corpi sani in modo da farsi questi somigliante-
mente infermi.
Di qui avviene che le opere del dottore Geromini,
tra per l'ai-gomento e pel modo onde sono scritte, ab-
biano fama di oscure ad in tender si. La qual cosa io
accenno, non per m en o mare il merito delFautorc, ma
perch e vedo pur troppo che questa riputazione di oscu-
rita e cagione che i medici stiano lontani dalla lettura
delle opere di lui, mentreche sarebbe desiderabilc che
esse fossero e lette e studiate*, essendo il dottore Ge-
romini uno di quei pochi scrittori di cose medichc che
pensano profondamente e, assai volte, bene.
PARTE STRANIERA.
Hesyclui Glossographi discipulus et emykoxratsYis russus
in ipsa Constantinopoli sec. XII-XHI e cod. Vin-
dob. etc.^ additis aliis pure grcecis} et trium aliorum
Cjrilliani lexici codicum speciminibus , aliisque miscel-
laneis plulologici maxime et slavistici argumenti, nunc
primum edidit Barthohmceus Kopitar. -dug. Austr.
Imp. a Biblioth. palat. custodia etc., cum tabula asnea
graico-russa. Vindobonaz^ 1 84o, apud C. Gerold. In 8.°
wuell'arte colla quale l'uomo, ritomando sovra sestesso, raffronta
la successione de' suoi pensieri con quella di quei suoni e di quei
segnl merce i quali gli vien fatto di trasmetterli alia percezione
altrui, tenta afferrarne il mirabile magistero, e ridurlo a norme de-
terminate e certe, ci porge, per mezzo della lingua onde n' e deri-
vato il nome appo di noi, non fallace indizio della nazione che ne
fu inventrice. La Grecia avea gia prodotti i maggiori miracoli della
sua poesia e della sua eloquenza, allorche i suoi filosofi non po-
tendo disgiungere l'analisi dei pensamcnti dell'uomo da quelle for-
me onde gli e forza vestirli , posarono i primi fondamenti della
grammatica. Contribuirono non poco al di lei progresso le sotlili
investigazioni degli sloici indirilte a conoscere quali parole abbiano
in se ragione sufliciente di loro significazione, e quali da tale pri-
mitiva significazione siano state tratte ad altra meramente conven-
zionale, problema degno della filosofia di questa nostra eta, sebbene
osservato in allora colle limitate vedute di una nazione cui era
nola una sola tra le innumerevoli favelle dalle quali e divisa 1' u-
mana stirpe. Pero la grammatica non ottenne un piu robuslo svi-
luppo , se non se dalla famosa scuola d' Alessandria che diede si
felice impulso ad ogni genere di studii scientifici. L'esame che in
quella si fece di ogni parola, di ogni sillaba di Omero, per lacere
degli altri anlichi , forni ampia messe alle investigazioni ed alle
dispute dei grammatici, e fu pure cagione che, sebbene si tardi, si
pensasse a sussidiare lo studio della lingua col mezzo di voca-
bolarj.
PARTE STRANIERA. 21 J
L'uso dci critici di appuntare nei codici degli antichi le voci di-
susate, e percio remote dalla coraune intelligenza, scrivendovi so-
pra od in margine ilcorrispondente vocabolo piu noto, diede origine
alle cosi dette collezioni di glosse. Questa voce, passata, siccome
presso di noi quella di lingua, dal significare l'organo della favella
alia favella stessa , fu altresi dai Greci impiegata nel senso di lin-
guaggio proprio dell'aulore, e percio usala ad indicare quelle voci
che ne costituiscono la proprieta , l'idioma.
Ne venne quindi clie glosse si dicessero tanto dai Greci quanlo
poscia dai Latini quelle voci appuntate, e loro interpretazioni, e di
la derivaron pure appo di noi i vocaboli chiosa, chiosare in si-
gnificato di chiarire, commentare.
La piu antica raccolta di tali glosse di cui ci sia pervenuta nc~
tizia si fu quella di Fileta precettore di Tolonieo Filadelfo, e quindi
coevo alia fondazione della scuola d' Alessandria. Pero sono in al>
cuni punti cosi lenli i progressi della ragione umana , che fu sol-
tanlo divisamento dei modcrni il richiamare le inflessioni dei verbi
e dei nomi ad una sola di loro forme , ed il collocarle in rigoroso
ordine alfabetico.
Piu lessici sono a noi pervenuti dalla greca antichita, ma se ne
traggiamo quello di Apollonio che, siccome le glosse di Fileta, ha
per base il solo Omero, e che pare risalga al secolo prinio dell' era
volgare, tutti gli altri sono di assai tarda eta o tahnente interpolati,
che invano sino ad ora faticarono i dotli onde distinguerne la
parte primitiva dalle posteriori aggiunte. Tanto avvicn pure del
lessico che porta il nome di Esichio nel solo codice che tultora
se ne serba nella Marciana di Venezia.
Hanno gia dimostrato Fabrizio, Harles, e, seguendo le loro trac-
cie, ilnostro autore, che quel lessico non si potrebbe nel suo stato
attuale attribuire ad alcuno dei diversi Esichii mentovati fra gli
scrittori greci sia sacri sia profani, perche ci porge evidenti indizii
di troppo tarda eta. Lo slesso dicasi degli altri lessici greci atlri-
buiti a san Cirillo, intorno ai quali opportunamente osserva inollre
che, ben lungi dall' essere uniformi, non meno discordano tra di
loro di quello che discordino dall'altro attribuito ad Esichio.
Da tutto cio si raccoglie che se 1' origine di quesli lessici e da
attribuirsi alia scuola d'Alessandria, egli e certo d'altra parte che fu-
rono di poi, ed a piu riprese ed in diversi modi, interpolate ed
a tale che ne nacque questione tra i moderni , se la primitiva
compilazione fosse opera di scriltore pagano, o di cristiauo. E qui
•21 8 PARTE STRAN1ERA.
si osservi chc pari inccrtczza inlorno all' epoca c condizione degli
aulori regna ancora sugli altri due precipui antichi lessici greci di
Suida e di Arpocrazionc. A ragione quindi il signor Kopitar
tenta dirigere le investigazioni dei filologi sui tanti codici di tal
i'atta che giacciono tattora nelle biblioteche, ed a prefercnza sui piii
antichi.
Coll'aumentarsi dei confront! si verrebbe cosi forse a capo di
sciogliere l'intricalo problema con grandc vanlaggio della filologia.
Al quale scopo il signor Kopitar ci ba dato nella sua prefazione un
saggio di tre codici della Biblioteca imperiale di Vienna , tutli e
tre attribuiti a s. Cirillo, sebbene fra di essi diversi e portanti tutti
frequenti indizii di epoca assai posteriore a quel Padre della Chie-
sa. Un quarto dell' istesso genere si e quello cui 1' editore ha im-
posto il nome di Esichio, sebbene sia anonimo perche acefalo. Egli
dice avergli cio non pertanto imposto tal nome , anziche quello di
Cirillo, all' oggetto gia mcntovalo di destare sovra un tal punto le
indagini degli eruditi. Pero desso differisce da quello portante il
nome di Esichio, di maniera die appena ci fornisce il modo di
scorgere avere ambidue una istessa origine. Infatti quello di cui
il signor Kopitar ci fa conoscere un ampio saggio se in molte glosse
concorda coll' Esicbio quale e pubblicalo, in altre concorda con Sui-
da. Il riscontro poi di tutti questi diversi lessici riesce utilissimo
ad emendarne i molti errori introdotti dagli amanuensi e perpe-
tuati dall'iguoranza dei loro successori. Cosi in due dei codici dei quali
• ha dato i saggi il signor Kopitar troviamo la glossa x^Sia >J Sxlxatrx.
UEtjmologicum magnum porta invece la glossa 'A/3cJtx x«l "k^-hpx
Sxlaaax, poi cita un testo che si riferisce alia sola Abdera. Invece
altri lessici ci danno 'AfiSix per nome proprio , ovvero nc danno
1' interpretazione del significato ebraico. Se ora esamineremo Suida,
vi troveremo, 'AjS^pa Sxlxuax v.. z. 1. (i), poi Aj3Jia 6voy.x. xopiav
onde e evidente che i copisti hanno errato legando la spiegazione
del nome prccedente al nome seguente , e che chi scrisse la glossa
riportata dall' eljmologicon associo poscia la vera alia erronea cre-
dendole distinte. Tali confronti^ oltre alia retlificazione degli errori,
giovano a far conoscere l'ordine in cui i lessici sono slati trascntti,
e quindi possono porgcrci un filo per ricondurci al loro slato pn-
miiivo od almeno a meglio stabilirne la successiva derivazione.
(i) Da quest' antica glossa sembra raccogliorsi chc la cittii di
Abdera avesse coinmiirato il suo nome a quella plaga marittimacai
era apposta,
PARTE STRANIERA. 2IQ
Ma se la pubblicazione dei saggi di simil nalura puo offrire
materia di utili confront! alia greca filologia, quest'ulliino codice ha
un pregio aflalto singolare per le vocirusse onde e arricchito. L'uso
che abbiamo indicato qui sopra di appuntare le voci antiquate o
proprie dell'autore, si applico eziandio alle voci nate da partico-
lari dialetti o derivale da lingua straniera (i). Ne nacque poscia
quello inverso di scrivere per ugual modo accanto o sopra le voci
latine e greche quelle della lingua nazionale phi conla a cbi su quei
codici apprendeva quelle lingue per esso lui straniere. Onde per
opera di quegli stessi monacitanto a torto accusati della rovina degli
anticbi codici atlestata dai palimsesti (2), quando loro andiamo in-
vece debitori della conservazione deU'anlica letteratura,otlenghiamo
altresi un prezioso materiale delle lingue europee di un' epoca
cui d' ordinario non raggiungono altri monumenti. Numerose sono
le collezioni per ta! modo otlenute di anticbi vocaboli delle lin-
gue gernianiche e celtiche , e chi sa quant' altre ne giacciono tut-
tora inedite nelle biblioteche? Di simili glosse in lingua russa e ar-
ricchito il codice di cui trattiamo.
(1) La grande estensione di paesi uei quali era parlata la lingua
greca dopo le conquiste di Alessandro e la mescolanza coi Mace-
doni conquistatori, aggiunsero agli antichi dialetti e loro varieta,
piu nuovi; e quantunque vi fosse un dialetto ritenuto comunc, pure,
oltreche era concesso l'atticizzare, cioe scrivere in dialetto attico,
e mescolare al dialetto comune frasi attiche, molti scrittori non si
seppero astenere dal mescolare anco idiotismi del nativo dialetto
alia lingua comune. U appuntare queste voci fu opera frequente
degli antichi glossatori c lessicografi.
k(2) L'indcgnazionc destata nei dotti al raccogliersi come gli ora-
coli della Sibilla i laceri e mutili avanzi sopravissuti alia distru-
zione dei codici, li fece prorompcre in amare querele contro i mo-
naci, quasi cbe a bello studio avessero distrutti quei monumenti
dell'anlico sapere. Ma a chi consideri la cosa ad animo pacato,ri-
bultera che non si distruggevano se non se quei codici che erano lo-
gon e mancanti del principio, il quale giamraai non si trova nei
palimsesti; che si trovano piu spes-so autori profani rescritti so-
pra hbri sacri o lilurgici che non viceversa. Chi ha versato in tali
studn potra asserire per prova essere incomparabilmcntc piu fre-
quente il primo caso del secondo, onde egli e evidente che la
materia non entrava per nulla nei decidere della distruzioue dei co-
dici, ma che la carezza della pergamena la induceva ogni qual volta
fossero in istato di tale degradazione da essere giudicati di nessun
uso, e altronde probabilmente giii trascritti.
220 PARTE STRANIEUA.
Dalla mancante distinzione delle due lettere rilsse ierr, iery ar-
gomenta il nostro autore clie queste glosse scritte a penna siano
non meno antiche del secolo XIII, e argomenta poi che 1' eta del
codice scritto colla canna, in carta di bambagia sia del secolo XI o
XII; ne certamente si potrebbe concedergli maggiore antichila,
sia pei dati derivati dalla forma dei caratteri, come egli opporlu-
namente osserva; sia anche per quello della carta ; sia inline per la
lingua che ha traccie di infima grecita nella voce yptxliuqi per
iXMiviqi , e cosi di infima latiuita irp ifiiztov, /Salawetov "kosTpov, cioe
privatum onde il prwe dei Francesi; ed infine per la frequente per-
mutazione delle letlere |3 e v , /3 ed f<, J e 5. Dalla circostanza
che il celebre Busbeck reco da Costantinopoli a Vienna queslo co-
dice argomenla l'editore che le glosse le quali sono apposte alia
sola lettera a ed edite per intieio , siano state da un Russo scritte
in quella greca metropoli. Sarebbe pero forse egualmeute proba-
bile che le glosse fossero state scritte in Russia e di la poscia re-
calo il codice a Costantinopoli, poiche gia da secoli la Russia, ed
in ispecie Mosca, abbondano di codici greci, specialmente sacri, dei
secoli XI e XII, non che di lessici , dei quali tratlo specialmente
Mattei; onde a torto asseri il Possevino essere a'suoi tempi i Russi
affatto ignari della lingua greca, e non essere vero, come era stato
asserito da Paolo Giovio, che avessero versioni dei Padri nella loro
lingua. Egli e ormai noto che non solo i Russi hanuo molte anti-
che versioni de' Padri greci, ma che lo studio della lingua greca
ebbe appo di loro chi lo coltivasse, scbbene in assai scarso uuinero,
siccome lo altesta anche Gio. Fabre, scritlore del secolo XVI, nel
suo opuscolo sulla religione dei Moscovili. Potrebbero forse farci
credere il codice scritlo in Russia oltre le anomalie ortografiche
osservate di sopra, l'esservi paffrJTjjj (per^x5'flf*is), poiche gli Slavi
non sanno pronunciare la 3- Checche pero ne sia, non e disprege-
vole questo monumento di quella lingua, sebbene di epoca assai po-
steriore a tanti altri gia noti, e sebbene, come d'ordinario avviene
di tali raccolte, dia evidenli indizii del poco discernimento dello
scrittore. Esso poi ci inostra, al pari dei monumenti tutti di quella
nazione, la mescolanza di voci slave liturgiche colic russe, siccome
si scorge dalla voce grad, citta, usata insieme colla russa gorod.
Se 1' opuscolo che ci ha tratlenuti sino ad ora pu6 per 1' una parte
cccitare utili indagini sulla greca filologia , se per l'altra puo chia-
rire la sloria e le vicende della lingua russa, non meno importanti
sono le indagini delle quali si occupa il signor Kopilai'ncU'appcndice
PARTE STRAiVIERA. 22 1
miscellanea pressoche unicamente dedicata alia filologia ed istoria
dei dialctti slavi. E qui si osservi die quantunque nulla appaia es-
sere piu soggello a continue vicende nella umana sociela quanto il
fugace elemenlo della favella, pure le indagini dei moderni eruditi
sulle lingue vivenli e sui monumenti dellc estinte, sembrano ormai
aver posto in piena evidenza doversi in esso , anziche nelle discordi
testimonianze dei greci e latini scrittori poco curanti delle cose stra-
niere , ed anziche nelle slesse varieta fisiche delle nazioni , inco-
stanti nei loro caratteri ne mai riducibili a determinate categorie ,
cercare principalmente il filo della successiva diramazione delle
genti. Sovra tale principio, dimoslrata l'affinita delle anliche lingue
dell'Indostan e della Persia colla n)aggior parte delle europee , fu
posla la prima pietra di un edificio cui ulteriori indagini vanno
di mano in mano perfezionando. Lo zelo col quale dagli eruditi di
ogni parte d' Europa si vanno ricercando gli antichi monumenti di
lingue, e le slesse dispute intorno all' antichita e preminenza dei
diversi dialetti, non poco contribuiscono a si nobile scopo col chia-
rire 1' istoria dei singoli rami della grande famiglia e congiungerne
cosi la parte ciitica alia etimoiogica e grammatical. Sebbene quindi
tali laboriose ricerche debbano per loro speciale natura desLire pre-
opuo interesse presso quella nazione cui la lingua appartiene, non e
percio men vero che a motivo dello strelto legame clie tulle que-
ste lingue riunisce, tali particolari investigazioni non poco giovano
alia soluzione dei grandi problemi tuttora pendenti intorno alia
loro successione e filiazione.
Ne ultime per certo sono le lingue slave fra la numerosa schiera
di quelle che ai moderni fiiologi e piaciuto contraddistinguere col
nome di indogermaniche. I suoi piu antichi dialetti paragonati col
latino, col greco, col gotico (quello fra i germanici di cui posse-
diamo piu antichi e piu estesi monumenti), ci mostrano tale analo-
gia nelle radici e nelle forme, da persuadere anche i piu restii ,
della unita d' origine di tutte queste lingue.
Novella ed importante conferma ne forni al signor Kopitar 1' E-
vangeliario glagolitico del'a Vaticana del secolo XI , che fu gia di
Assemani. In esso trovansi piu esempii di una forma di prete-
rito nei verbi, simile a quella usitatissima dai Latini, e prodotla dalla
iuserzione della s come nelle forme mitto, misi j fulgeo jj'ul.vij rego,
rexi. Aggiugne egli che qualche esempio sc ne trova anche nei co-
dice Cloziano (i), ma che sfuggl alia di lui osservazione, perche
()) Del quale vedasi Bill. Jtal. tomo S2.0, pag. 2G0.
191 PARTE STRAN1ERA.
confuso colla forma dei verbi passivi che legano al verbo il pro-
noine di terza persona (sia), appunlo come da noi si fa negli infinili
reciprochi, che usiamo pure per passivi nelle forme rendersi, leg-
gersi.
Allorquando in quest' opera periodica abbiamo dato conlezza ai
nostri leggitori delle dolte indagini del signor Kopitar sul codice Clo-
ziano , abbiamo pure accennato come egli vittoriosamente dimo-
strasse il dialetto, in cui fu detlata la versione delle scritture onde
usano tuttora le nazioni slave., essere stato lo slavo pannonico, qucllo
cioe degli Slavi stanziati nella Ger mania mendionale e nell'Unghe-
ria. Se la mescolanza delle voci liturgicbe latine in quella versione
prova per 1' una parte le relazioni del traduttore colla chiesa occi-
dental, le voci germanicbe prese dai dialelti dell' Alemagna me-
ndionale provano per 1' altra che e stata eseguita in paesi che ne
crano a contatto. Le voci oltar (altare), papesch {pabst, la quale
sebbene derivata dal greco, si adduce per la forma simile alia ger-
manica); mine (iniinch) , nionaco (cui si applichi la stessa osser-
vazione ) ; chrestiti (kristen presso gli antichi Tedeschi ), batlczza-
rej komkanje (comunione) ; poganic (paganus) paganoj post {fa-
sten), digiunoj peel (pec, antico ted.), inferno; knez (kuning)principe;
nepriazen (unhold, non benigno, epiteto dato al demonio dai Goti
e dagli altri antichi Tedeschi, come dal dialetto lilurgico degli Sla-
vi); penez {pfennig) obolo (i) moslrano ad evidenza questa veri-
ta (a). Nel gia citato articolo abbiamo indicalo gli argomenti
coi quali furono a nostro credere distrutte le obbiezioni opposte dal
dottissimo Giacomo Grimm, per tacere delle altrc, delle quali ora
a lungo ragiona il signor Kopitar, di quegli scritlori slavi che, intesi a
favorire le idee deillussi sullapretesaanlica unita liturgica di quella
nazionc, hanno perllno immaginato, contro ogni autorita slorica, anzi
(i) Gli Slavi usano soslituire la lenue p all* aipirata f dci Te-
deschi.
(2) E qui non sapremmo omeltere di aggiiuigcrc, che sebbene la
voce ccrky sia analoga alia tedesca Kirche _, e quindi confernii la
stessa tesi, pure non possiamo convenire col signor Kopitnrche vuole
quest' ultima una traduzione di Ecclesia anziche una derivazionc da
VLvpiay-vi. Osseiviamo a tale proposito die la voce basilica^ usata in
tutta la cristianila d'Occidente e applicata ad ogni chiesa dai pro-
tcstanli di dialetto romnncio nci Giigioni, baselgia, e pure d'origine
grcca, onde non c raeraviglia se altra consimil voce greca fosse -id-
duttata a simile intendimento.
PARTE STRANIERA. 223
conlro la fcde di tutti i monumenti d' ogni sorta, ed in ispecie con-
tro quella delle bolle di Giovanni VIII, che i Boemi, i Polacchi c
gli Slavi pannonici avessero un tempo rilo greco. E qui si osservi
la strana conlraddizione degli oppositori delFantica sede pannonica
del rito slavo. Mcnlre il dotto Dobrowsky, indotto dalle voci litur-
giche occidenlali della versione slava, voleva beusl ammetlere un
rito anteriore a Cirillo presso gli Slavi, ma voleva che qucsto fosse
latino, e che da questo fosscro passati al greco; invece questi rao-
derni scrittori sostengono 1' opinione contraria. A ragione conchiude
ilsignorKopitardoversi delpari escludere amenduele ipotesi, siccome
conlrarie ai piii sinceri documenti che posscdiamo ; ed appoggia
altresl la sua dotlrina sulla preminenza del rilo occidentale in quelle
contrade, alia anlica uniformita di quelcalendario col romano, unifor-
mita conservata persino in quello di Ostromir del secolo XI. Sottilis-
sime sono Ie indagini del nostro autore sul dialetlo liturgico chela
versione slava della Bibbia ando di niano in mano introclucendo
per l'uso sacro della nazione, dialelto della cul influenza presso
gli stessi Russi abbiamo veduto qui sopra la prova, e che vicen-
devolmenle piu o meno modificato nou solo nella pronunzia , ma
ben anco nella scrittura da diversi allri dialetli, ha poi dato origiue
a tante dotte contese intorno alia preminenza di essi derivata dalla
pretesa maggiore vicinanza al primitivo. Tanto avvien sempre in
casi simili, come avvenne presso i Tedeschi e presso di noi , e sic-
come avvenir suole ogni qual volta l'incivilimento o le circoslanze
politiche o religiose attribuiscono ad un dialelto una preponderanza
variata a norma del variare delle circostanze stesse. Alle dotte os-
servazioni del nostro autore ci contenteremo di aggiungere che la
somiglianza fra lo slavo liturgico e lo slovacco (ossia slavo d'Un-
gberia) e gia slata osservata da Dalimil, cronista boemo del secolo
XIV (V. Jahrbiicherdcr, Liter. XXXVII.), che i Russi appo i quali
sono d ordinario sconosciute le aspirazioni, siccome appresso tulte
le nazioni slave che non hanno per questo verso subito influenza
straniera (i), pure aspirano la lettera r nelle voci lilurgiche. Cio
(1) Non e pcro a tacere delle anticlie relazioni dei Russi coi Va-
regi, gmte scandinava, onde ebbero un tempo i loro dominatori, ne
di quelle posteriori prodotte dal commercio e dall'incivilimcnto loro,
in cui ebbero tanta parte i Tedeschi, e tale che la lingua russu ne
fornisce non dubbic prove. Questo pcro non toglie die quella lin-
gua non sia priva di aspirazioni, piu vocalizzala, e meno aspreggiata
1lt\ PARTE STRANIERA.
conferma sempre piu chc il dialetto sacro derivi da nazionc posla
a vicino conlalto colic germaniche; e di fatto cosl la aspirano i
Boemi, gli Slovacchi e le altre genti pressoche immedesimate per
la niescolata convivenza e per lunga sudditanza colle nazioni ger-
maniche.
Non sapremmo terminare senza far qualche cenno di un altro
oggetto che risguarda la storia dell' arte dello scrivere in Euro-
pa, e di cui gia abbiamo trattato nel piu volte indicato arlicolo.
Riprendiamo ora tanto piu volontieri quell'argomento, in quanto che
se abbiamo per una parte a confermare le cose iu allora esposte ,
3vremo per 1' altra occasione di emendare un nostro errore. Os-
servammo in allora col nostro autore che il codice Cloziano ci for-
nisce indubbia dimostrazione dell'antichita dell' alfabeto glagoli-
tico maggiore di quella del Cirilliano, non che dcll'antica sua esten-
sione appo le genti slave. Ora avendo il signor Kopitar esaminato
in Roma, ove si reco per questo oggetto, il gia citato codice Asse-
maniano scritto in Bulgaria nel secolo XI , non solo ne infer! che
il glagolitico fosse in uso in quella contrada , il che pur si racco-
glieva da un codice conservato nella Biblioteca reale di Parigi , e
descritto dai Monaci Maurini nel loro Trattato sub" arte diploma-
tica j ma ne infer! pure con ingegnoso argomento derivato dalla
maggior quantita di abbreviazioni che trovansi in questo codice a
rispctto del Cloziano, che quest' ultimo sia ben piu anlico del seco-
lo XI, convenendo cosi nell' opinione da noi emessa nel piu volte citato
articolo. Si osservi ancora che 1' alfabeto di cui usano i Bosuiacchi,
e che ha per fondamento il Cirilliano, pure diflerisce alquanto da
esso, per avere nelle diverse varieta che ne presentano le edizioni
di Roma e di Venezia conservate alcune forme glagolitiche non a-
dottate dagli altri Slavi che usano 1' alfabeto stesso, ed inollre una
lettera glagolitica, che non ha la sua corrispondente nel Cirilliano ,
e che e da essi impiegata nelle voci derivate dal greco in luogo
di y. Di piu tra i codici slavi della Vaticana descritti in quel cata-
logo, opera di Michele Bombrovvsky (V. Mai , Scrip. Vet. Nova
di consonanli che non quelle dei Polacchi e degli Slavi stanziati
nella Gerniauia ed Ungheria. 11 che, se abbiasi ad attribuire a pri-
miliva dilTerenza dei dialetti, od alia natura mono dissona dai suoni
dello slavo, dei dialetti germanico-senndinavi e dclla Bassa Germa-
nia (Niederdeutsch) a rispetto di quclli della Germania Meridionale
(Uaehdeutsch i _, puo esscre argomento ai lilulogi di ulteriori indagiui.
PARTE STRANIERA- 230
Collectio, t. V), se ne trova uuo in carattere latino Irascritlo ad
Almissa ncl i54<3cla altro antichissimo in carattere chrobatico. Che
per tale carattere si abbia ad intendere il glagolitico , non puo ri-
cbiamarsi in dubbio, e le antiche annotazioni apposte al codice
Cloziano ne fanno piena fede. Siccome poi questo codice contiene
quclla cronaca nota per la sua traduzione lalina edita da Lucius,
e chiamata del Diocleate, cbe giunge solo alsecolo XI; ne abbiamo
altra prova oltre quella del Salterio di Nicolo d'Arbe, di cui gia
femmo in allora menzione, che in Dalmazia si usava il glagolitico
sino da quell' epoca anche agli usi civili. Non manchiamo poi di
prove che 1' alfabeto glagolitico, sebbcne ora affatto ignolo in Rus-
sia, pure vi sia stato anticanicnte in uso. Abbiamo gia indicato un
codice scritto a Kiovia in carattere Cirilliano con iniziali glagoliti-
che. Inoltre Ibn Abi lakub el Nedjim, scrittore arabo della fine
del secolo X, narra che i Russi avevano una foggia di caratteri che
costumavanoinciderein legno, e ne arreca poscia alcuni saggi. II ch.
Fraehn, cui andiamo debilori della pubblicazione di si importante
documento, osserva a ragione che tale saggio non ci ofire somiglianza
alcuna col carattere Cirilliano gia introdolto in Russia alia slessa
cpoea, come ne fanno autentica fede le monete di Vladimiro, e l'i-
scrizione della chiesa della dcciina in Kiovia, giudicala coeva al-
1' erezione della chiesa stessa in quell' epoca avvenuta. Egli e quindi
indollo a credere che, oltre la Cirilliana, altra scrittura fosse gia in
allora in uso nella Russia. Aggiunge opportunamente 1' autorita di
Karamsin che adduce una cronaca russa del secolo XIV, indicanle
che gli Slavi innanzi 1' introduzione dell' alfabeto Cirilliano, e men-
Ire erau tuttora pagaui, leggevano e calcolavano merce iucisioni nel
legno. Egli quindi ne argomenta che avessero una foggia di scrit-
tura simigliante ai runi; ma poi a ragione osserva che 1' indicato
saggio fornito dallo scrittore arabo non ci mostra somiglianza alcuna
coi caratteri runici. Se pero il dotlo orientalista avesse conosciuto
i falti qui sopra indicati, che provano ad evidenza l'antica esten-
sione del carattere glagolitico presso le nazioni slave, non avrebbe
esitato a riconoscere in quel saggio la prova dell' antichissimo uso
di tal carattere in Russia, e tanto piu che le lcttere ne mostrano
evidente analogia colle forme piu antiche di esso, se non che sono
volte da destra a sinistra, forse per errore dell' Arabo che segnava
di memoria, uso a cosl scrivere nella sua lingua. Accenna invece
lo stesso Fraehn alia somiglianza dell' indicato saggio colle iscri-
zioni del monte Sinai, la quale rcalmenle merita pure osserva-
Bibl. Ital T. XGVIII. 1 5
•22D part:: straniera.
zione, e cosi ad alcune ingegnose osservazioni di Klaprolh sulle
iscrizioni in caratteri ignoti trovate in Siberia, caratteri nei quali
scorgc flecisa somiglianza coi rnnici del Nord. Checche ne sia di
questi ultimi due punti, ed in ispecie delle iscrizioni del Sinai, in-
torno alia origine delle quali nulla abbiaino di delenninato, egli si
rende oramai certo che le nazioni slave usarono caratteri glago-
lilici avanti la loro conversione al cristianesimo , e che questo ca-
rattere era penetrato sino in Russia avanti che la religione crisliana
vi portasse quelle- di Cirillo derivato dal greco , anzi formate- dal
greco coll'aggiunte di alcune delle stesse lettere glagolitiche. La
mescolanza di alcuni tratti di glagolitico nel Cirilliano, usata da un
amanuense bulgaro nel secolo XII, ci mostra parimenti come il
glagolitico cedesse grado a grado il luogo al Cirilliano. Se pero que-
sti dati positivi tutti collimano a rivelarci una verita che pochi anui
sono era repulala una favola dai dotti, cioe che le genti slave pres-
soche tutle avessero scrittura alfabetica, mentre erano tutlora pa-
gane,ne insorge pure novello edimportante quesito. Se gli Slavi la
recassero seco dall'Asia, ove ebbero le anliche loro sedi ; o se lo
addottassero prendendolo dalle nazioni fra le quali piu tardi hanno
posto stanza. Nel precedente nostro lavoro intorno a questo argo-
raento abbiamo accennato come piu alfabeti di origine diversa dal
latino e dal greco fossero in uso nell'antica Europa. Fra questi ab-
biamo creduto di poter annoverare un alfabeto degli Albanesi nel
che andammo certamenle errati, troppo fidando nelle asserzioni di
Maltebrun, che ha evidentemente confuso gli Albanesi Auslriaci che
parlano dialetlo slavo, cogli Arnauti od Epiroti, ed avendo inoltre
noimalamente intesele frasi usate da Poqueville. Piu diligenti inda-
gini e 1' autorita dei piu dotti viaggialori ci hanno ormai resi certi
che di niun alfabeto usano gli Epiroti tranne del latino, appo di essi
di recente introdotto, ed innanzi alia cui introduzione non consta
che conoscessero scrittura. Cio per altro non toglie che non possa
tuttora stimarsi probabile che le nazioni slave ahbiano appresa
la scrittura dalle genti europee", comunque affatto incerte ne ri-
mangano 1' epoca e la contrada in cui cio avvenisse.
12J
APPENDIGE ITALIANA.
• K2*«^ messimi per premio del presente quadro , in el quale ho usate
» quelle diligenze ho creduto baslino a soddisfacimento di V. Ex-
» celsa Sigria. e del mio onore, il quale sempre ho preposto a
w ogni utilita. E umile supplico Iddio che lui dia grazia chio ab-
» bia fatla cosa grata a V. Eccelsa Sigria., perche ho maximo
w desiderio e di servirvi e di compiacervi in cio che per me si
» possa; et cosi pure sempre mi offerisco a Vra. Eccelsa Sigria.
w come buono servitore e amico. El quadro ho fatto a tempera^
» perche cosi ha fatto Messer Andrea Mantegna, secondo mi e
w stato riferito. Se altro posso fare per V. Eccsa. Sigria. sono pa-
» rato, e a V. S. uinile mi racomando. Cristo feiiciter vi coti'
APPENDICE 1TALIANA. 229
» servi. Falta alii 14 de Iunio i5o5 pel Vro. umilissimo ser-
» vitore
» Pictro Perusino
» pictore in Firenze.
» (Direzione) Illri. et Excelse Dne. Dne. Helisabeth de Gon-
» zaga Marchioni Manlue dignissime Dne. sue observandissime.
« Mantue.
Nota.
» Lo stile di quesla lettera e migliore di quello delle altre let-
is tere di Pietro fiuora conosciute. A coloro che con ragioni cosi
» dette interne hanno voluto discolparlo dalla taccia d'incredulo
» ed avaro , riescira grato il nostra documentor ma che Pietro
» pronunziasse con coscienza le parole « mio onore lio sempre pre-
« posto a ogni utilita», non gli credera mai chi conosce Je di lui
» opere sparse per tutta l' Italia. II passo retrogrado, sensibile in
« esse gia prima dell' anno i5oo, diventa manifesto dopo il i5o5.
« Con cio per altro non s'intende dire cbe egli di quando in
« quando non facesse qualche lavoro , se non eguale al suo miglior
« tempo, almeno degno di esso; ma opere come la Pieta nel pa-
« lazzo Pitti (i4g5), come la tavola di Cremona ( 1 4^)4) e come
m 1' alfresco nel convento di S. M. Maddalena de' Pazzi non rie-
« scirono piu al pennello di Pietro. E come poteva essere al-
w trimenli? II quadra rammentato nella nostra lettera cade, per
« quanto sembra , fra il vasto affresco esistente a Citta della Pieve,
« e quell" altro intonaco non meno spazioso di Panicale, de' quali
» il primo sul principio del marzo i5o4 non era ancora comincia-
» to, menlre cbe il secondo, segnato coll' anno i5o5, on anno
» dopo gia dovea essere terminato. — Che egli nell'anno i5o5
m dimorasse a Firenze, e mandasse un quadra alia marchesa di
» Mantova , ignorano gli scrittori Perugiui ».
E pure importante il documcnto cbe subito dopo vediamo ri-
portato intorno ai lavori del Perugino nella sala del Gran Consiglio
a Venezia. Importanti del pari la lettera del Bembo num. XXII,
colla nota cbe vi corrisponde ; quelle cbe tosto seguono intorno ad
alcune particolarita di Michelagnolo Buonarotti a pag.352,ec, dove
si riporta una lettera originale che scrisse Pietro Aretino al sud-
detto Michelagnolo, in cui esso rimprovera co' suoi modi imper-
tinenti a quel sorarao dipintore la troppa nudita delle di lui fi-
gure nel Giudizio universale. £ pure importante la lettera di
Pier Soderini (Vcdi N. XXXVII), alia quale si riporta l'appendice
u3o APPENDICE ITALIA.NA,
a pag. 476, letter a che ci da la notizia affatto nuova delle statue dei
dodici aposloli commesse alio scalpello di Miclielagriolo ; giaccbe fi-
nora si conosceva soltanto una di tali statue, quella cioe di san Mat-
teo. Per la sua semplicita, pel curioso frammischiamento di modi
latini e italo-veneti merita osservazione una lettera a pag. i36
( num. LXXX1 ), contenenle una petizione di Giovanni da Brescia
al doge di Vcnezia cosi espressa:
« MDXIV die 20 Aprilis.
» Sermo. Principe.
m Humiliter et cum ogni debita reverentia supplica la sub'", vo-
» stra el fidelissimo suo servitor Zuan da Brexa depentor: cum sit
» cbe lui supplicante , essendo studioso di la virtu , babi fatto
w uno descgno , et quello fatto intagliar in leguo a suo nome , nella
» qual opera ha consumato molto tempo cum sua gran fatica et
« spesa, per essere opera excellente, et tulto ha fallo volentiera
x per esser desideroso de honor, et poi mediante le fatiche sue
» et industrie poter consequir qualche ulilita et emolumento di
» ditta sua opera, la qual'e la hisloria di Traiano Imperator;
» et havendo voluto lui supplicante far qualche esperientia de ditta
» sua opera et veder come reusciva , ne ha fatto stampare parte
n de quella cum intention poi de far la stampar tucta. Et perche
» in effecto lo disegno et opera predicta e bella et degna, e sta
w immediatamente tolta da alcuni altri, et hanno comenzato voler
» quella stampar; la qual cosa seria contra ogni debito de iustitia
»> et a grave mio danno , cbe , avendo io stentalo et fadigatome
s> longo tempo in far detta opera, cbe altri dovesse senza sua fa-
s> diga consequir guadagno de le fadice et sudori miei ; quare Ser-
m mo. Principe io Zuan sopraditto recorro a piedi di quella , sup-
» plicandola si degni far proibir che niuno per alcun modo possi
» ne debi stampar ditta mia opera , ma concedermi che io solo
» possi quella finir et poi stampar et vender a mio nome sola-
>■> mente per anni x, sotto pena di ducati 5 per opera a chi stam-
» passe over fese stampar ditta opera , da esser applicada la mita
j> a lo accusator., et l'altra mita all' officio che fara 1' execution, la
» qual sia commessa a qualunque officio di questa cita. El questa
« domauda sia di gratia spctial accio le fatige non babia fatto in
» vano, et che possi conseguir qualche utilita in recompensation
»» del tempo et spese ho consumato et fatto per ridur a perfection
« ditta opera : cui excellentissime Dominationi genibus flcxis mi
jj aricomanrlo ».
APPENDICE ITALIANA. 23 I
Negli scritti di Goro Gheri a Baldassare Jurini (Vedinum. XC)
troviamo la scguente nota : «Intcndo anco quanlo dite de Sto.
» 3Iichcle et nostra Donna , che fa Raflaello da Urbino; che sara
« cosa molto grata alia Exa. del duca intendere «. Qui si ac-
cenna Lorenzo de' Medici., duca d'Urbino, che allora dimorava
in Francia: e qui il signor Gaye osserva, che tanto il san Michele,
quanlo la Madonna, segnata Raphael Urbinus p. i5i8, si con-
servano ancora nella Galleria di Parigi. Da cio viene distrutto l'a-
neddoto che Raflaello, largamente compensato da Francesco I pel
quadro di san Michele, avesse mandata V altra sua opera in segno
di gratitudine. Vcnendo a Tiziano, si riporta una leltera a lui in-
dirizzata da Fedeiigo Gonzaga (Vedi num. CLXrV), nella quale
il Gonzaga dichiara di aver ricevuto il quadro di san Girolamo,
che, siccome nota il signor Gaye, e forse il san Girolamo di Ti-
ziano, che ora si trova nell' Escuriale , e di cui finora si ignorava
la provenienza. Al num. CLXXXIX si reca una relazione origi-
nale di Giulio Romano , sulla sala de' Giganti a Mantova , come
segue :
«Da Mantova 4 agosto i554-
» El Magnifico D. Texaurario Generate delo Illmo. S. Duca no-
m stro facia pagamento a Riualdo pictore per aver depinto un ca-
» marone sul The di comissione delo Illmo. Signor nostro, et an-
» chora del Spetabil D. Iulio Romano, superior generale dele fa-
» briche, di comissione dela Extia. del prefato S. Duca, de darli
» sculi 8, videlicet A 8 d'oro in oro di sua niercede al mexe, co-
« menzando a di primo de marzo i552 persiuo adi ultimo di Luyo
» i554, ecceptuando tutto el mexe di Novembre i552, fu per far
« aparato de la comedia de Castello per lo Imperatore. cl ditto
» camarone sie largo braza vintuno per facciata, e alto la sua
» proporcione, et questo camarone e appresso al giocho della Bal-
« la; elle finestre del ditto Camarone guardano sopra la peschera,
» e li e depinto \ajabula de' Giganti , quando volevano combat-
» tere cum li Dei, e love li flumino.
« Primo per haver depinto nel mezo dela Cuba del camarone
» un tempio de love, qual tempio e in prospetiva, et e fatto cum
» una cuba tonda cum io colone, che sostiene quesla cuba; et e
» lavorato apartimenti come cornice intaliate et altri varii orna-
» menti : et sotto a questo tempio li e la sedia di love cum laquila
« in cima , et ditto tempio possa sopra le nuvole.
» Avenir piuabasso del prefato Tempio, pur al circuito di quo-
232 APPENDICE ITALIANA.
» sla Camara, elie love sopra una Nuvola, qual fulmina li giganti,
» ct II apresso a love li e Iunone, la qual li porge li fulmini, cioe
» el fuocho per fulminar detti giganti, e love e acconpagnalo
» cum gran quantita de dei, cioe honiini e dorme e putini e dogni
» sorte , et a quali sono per numero de figure da circha a sesan-
j» ta , piiigrande del Naturale, tra quelle che sono integre e mezze
» figure , et questi dei slanno spaventosi per el fulminar de love
» che fa a quelli giganti; et fra queste figure li sono quattro ca-
» valli sfrenati , quali sono quelli del Sole , et altri quatro cavalli
» che tirano Diana sopra un caro, qualli stano spaventosi per li
» fulmini de love che fa a quelli Giganti ; et tutte queste figure
» et cavalli possano sopra le Nuvole.
» In una facciala di questo camarone , quella che sopra el cami-
» no , li e depinto un gran gigante , qual ha tre monli adosso , et
» getta focho per la bocha , et usisse fora per quelli sassi che ha
* adosso et li arde ; pur in questa fazata li e dui giganti , quali
» stanno spaventosi per paura di love che fulmina, poi li e Plu-
» tone sopra un caro tirato da quattro cavalli , che vien corendo
» sopra quelli nionti , che pare che voglia rapire le Anime a quelli
» giganti et fracassarli.
« Seguita laltra facciata che a muro cum el giocho dela balla,
» qual e depinto da vinti figure, cioe giganti grandissimi cum
» una gran montagna, la qual lor havean fabbricata per voler
» combatere cum li dei , et love li fa cadere adosso quelli sassi
» et li fracassa; pur in questa facciata li e depinto un paese cum
» una saeta che vien dal ciello, et da a certi Giganti, che in quello
» paese et li amaza.
» Resta due facciate del ditto camarone da depingere; finite
» che li sia da depingere, se porgera el mandato de queste due che
» li resta.
« Seguita per haver retrato uno cavallo dal naturale , colorito
» a olio, de comissione dela Extia. del Signor Duca, et per haver
» lavorato nel soprarlelto Camarone per far nuvole et dui venti
» che sopia, per tirar via li ponti quando lo Imperatore vene a
>> Mantua , per ornar el ditto Camarone. El qual non era for-
» nito di depingere , e el ditto lavorero e sta guasto et fatto piii
» bello; et anchora ha lavorato in alchuni altri lochi straordinarii
» di comissione di Mess. Iulio Romano, Superior general delle
» fabriche.
APPENDICE ITAL1ANA. 233
» Monta a scuti olto al mexe, qualli mexi sono numcro vinliot-
» to, monlano — — rr? Scuti 224
» clie (anno — — — Lire 11 76
» Franciscus Notarius fabricarum vigore buleli etc. etc. 4 ago-
>> sto i534-
» Fiat mandatum
» (Jirmata) Iulio Romano ».
Nota il signor Gaye che « per mezzo di questo prezioso docu-
« mento il signor Fr. Faccioli ha voluto provare clie la sala de'
» Gigauti nel palazzo del Te, creduta finora disegno di Giulio
» "Romano, fosse invcnzione ed opera di Rinaldo Mantovano.
» L' espressione, dice egli, di comissione delo ill/no. Signor no-
» stro et ancliora dello Spetabile D. Iulio Romano superior gene
» rale dele fabriche, chiaro significa avere da Federico Gonzaga
» istesso proceduto l'incarico dato a Rinaldo di ornare quel ca-
» marone, dove a lui poscia e piaciuto dipingere la fabula de'
» Giganti, e solo per accessione esservi Giulio intervenuto «.
Contro questa asserzione nota il Gaye i", che il tcsto della
relazione parla non dell' ornare, ma bensi del depignere; e in se-
condo luogo che chiaramente viene circostanziato : « Rinaldo depinse
» de commissione dello Illmo. Signor et ancora dello spectabile
» D. Giulio Romano >>; 5°, la frase del Faccioli « che a Rinaldo fosse
» piaciuto dipingervi la fabula de' giganti », accorda al pittore un
arbitrio, il quale, secondo la natura di quei tempi, doveva essere
allora ignoto; 4°j c^le dalla differenza della mercede data a lavori
fatti in diversi tempi e luoghi , ben diflicilmente si puo dedurre
quell' argomento che il signor Faccioli adduce in suo favore. Per
ultimo, se un documento, in data dei 17 agosto i546, ci insegna
che uemmeno un ornamento di fogli stampati di stucco sopra un
camino si faceva senza il disegno di Giulio, clii mai polra per-
suadersi che d' un lavoro cosi vasto, come lo era la sala de' gi-
ganti, il disegno e 1' invenzione fossero lasciati ad un altro? Con
altre prove aggiunte a questi argomenti da noi accennati, il signor
Gaye hnisce di provare, a nostro giudizio, che 1' onore di quel
dipinlo si debba a Giulio Romano, sebbene egli pure sia dell' av-
viso di quelli che assai superiore ai detti affreschi slimano la sala
di Troja.
Per tal modo il signor Gaye va continuando il suo lavoro , e
con pazienti ricerche ora illustra epoche oscure, ora emenda sba^
234 APPEXDICE ITALIAXA.
gli , nc' quali incorscro talora bidgraB distinli; ora ci porgc docu-
ment per decidcrc di opere significant! , di cui V autorc era dub*
bioso od iguoto. Catena.
Corso di Storia universale ad uso de? piii aid istituti
d7 insegnamento. del dottore Enrico Leo, versione dal-
V originate del prof. G. B. Menini dedicata al signor
barone Carlo Giusto Torresani di Lanzfcld c Cam-
ponerOj direttore generate delta Polizia nelle provin-
cie Lombarde } cavaliere , ec. — Milano , Paolo Lam-
pato, 1840. Finora quattro dispense al prezzo di
cent. 3o ital. ogni i^ pagine in 8.° grande.
L' opera che annunziamo sara pubblicata in quattro volumi di
circa 4oo pagine. Da questa notizia, non meno che dal titolo ch'essa
porta, e dall' averla destinata l'autore agli aid istituti d' insegna-
mento , gia siamo ammoniti di non cercare in quest' opera un mi-
nuto racconlo della storia universale , ma si piuttosto una guida a
leggere con profilto gli storici originali ed a ricavarne con sicu-
rezza quella che dir si potrebbe vita delle nazioni o del genere uma-
no. Non e questo un libro a cui si debha accoslare chi gia non co-
nosca bastevohnente i fatti, o non abbia un maestro che a quella
cognizione supplisca: oltre di die il linguaggio stesso rapido sem-
pre, e il piu delle volte erudito, domanda lettori piu che mezza-
namente istruiti. Noi dichiariamo pero di non conoscerne se non
quel poco che n' ha pubblicato finora il professor Menini; e ci
duole ch'egli abbia voluto differire la stampa dell' iiitroiluzione fino
a quando l'opera sara intieramenle tradotta. Temelte probabilmente
che niolti dovessero disperare di poter leggere con profitlo un libro,
le cui prime pagine fossero, come saranno certamente, difficili pel
concetto del pari che per l'esposizione: ma forse era miglior consiglio
invocare la pazienza de' meno esperti, e invogliare chi puo a
farsi interpreti di un gran disegno. Un uomo sapiente, che posse-
dendo l'opera intiera del Leo ne facesse conoscere, innanzi tratto,
lo spirito e l'andamento, e preparasse anche i meno pratici delle
scuole alemanne a seguitar l'autore ed a comprenderlo, rende-
rebbe un servizio notabilissimo all' impresa dell' editore, e forse
meriterebbe assai bene di qucsti Studr. In quanlo a noi, appena
APPENDICE ITALIA.NA. ^35
ahhiamo potuto vedere una parte del testo che il professor Me-
nini vien pubblicando; ne altro posslamo dire sotto questo ri-
spelto, se non clie la sua versione e fedele, e molto accurata e di
lingua e di slile. Ma dopo di cio, dobbiamo contentarci di offerirc
ai nostri lettori una compendiosa indicazione delle materie com-
prese nella parte fin qui pubblicata.
La prima forma (dice 1' A.) di politicbe relazioni fra gli uomini ,
fu la Famiglia; ma questa forma non ha storia, perche nianca di an-
tagonismo interno. La storia comincia dal momento in cui cessa la
vita errante delle tribu governate patriarcalmente; il che suole avve-
nire per 1' una di queste tre cagioni: O perche la popolazione in un
lerreno geograficatnente cliiuso diventa si numerosa, che le va-
rie famiglie non possono pin trasferirsi da luogo a luogo secondo
che loro piace; o perche gli uomini, allettati dalla bellezza e dalla
fertilita di un qualche paese, stimano che i sagrificii individuali che
porta seco una stabile dimora (i) siano minori dei vantaggi che se
ne ritraggono; ovvero perche le tribu vinte o incalzate da altre,
per evitare di sottomettersi ai vincitori, si riducono ad abitare sta-
bilmente in luoghi non accessibili ai nomadi. Presso questi popoli
cosi stabiliti, ogni cosa da principio riceve ordine e regola dalla
vicenda delle stagioni e dall' apparizione degli astri : d'onde sor-
gono primamente le teocrazie colle caste sacerdotali, che sono
il primo periodo storico. L'aulore trova questo modo di essere
(i) II testo dice : die individuellen mit dein Bleiben verbundenen
aiifopferungen. Ma la versione potrebbe lasciarci in qualche dub-
biezza, dicendo : i sacrijizii perspnali coneiunti a que' delta dimora
stabde j quasi che l'autore mettcsse in considerazione due cose.
Qualclie altra difTcrenza di minor momento non puo impedirci di
chiamar fedele questa versione, la quale e certamente lavoro molto
diflicile tanto per cogliere sempre il vero intendimento dell' autore,
quanto per dare una veste italianaai pensieri ravvolti gencralmcnte
in un astruso linguasgio. Desideriamo clie il professore Menini vo-
glia evitare tutte le forme capaci di qualche anfibologia, attenen-
dosi alle maniere piii usitate. Se, per esempio, a pag. 37, lin. 14,
invece di dire stante la rh'oluzione francese , avesse detto durante
(warend); e se a pag. 3q lin. 14, invece di dire si compongono in
parte pf.ti eccelleuza di mausolei, ec. , avesse detto principalmenle
( vorziiglich), la chiarezza sarcbbc riuscita maggiore. Ma, noi vo-
gliamo ripeterlo, queste picciole niendc non possono toglier la lode
della fedelta al traduttorc; e noi le notiamo solamcntc per inco-
raggiarlo a sempre maggior diligenza.
St36 APPENDICE ITALIANA.
tcocratico prcsso il popolo Zcndo, gl' Indian! e gli Etiopi : dei quali
popoli egli raduna quante notizie ci danno gli antichi c i moderni.
11 secondo periodo slorico e dal Leo denominate) Teocrazie
scomposte: regno d'arbilrio e di dispotismo , quando non e piii
moderatore della vita umana il movimcnto meccanico degli astri
sollevato a si nobile uflicio dai sacerdoti adoratori degli astri me-
desimi, mala governa invecc l'arbitrio di un legislatore vivo e
presente. GliEgizii, i Caldei , gli Assirii, i Medi e i Persiani com-
pongono qnesto periodo. Del susseguente abbiamo dinanzi sol po-
cbe pagine risguardanli la Grecia, le quali mostrano di dover es-
sere il principio di un trattato Stupendo.
Vi e in questi primi capiloli quanto basta a destare un alto con-
cetto della mente cbe li ha dettati; ma per non essere preceduti
da una iutroduzione cbe spiegbi tutto il disegno dell'opera, sarebbe
forse impossibilc j a noi difficilissimo senza dubbio, degnamente
apprezzarli. Perocche non baslerebbe lodare 1' esattezza e l'impor-
tanza delle notizie in un' opera che vuole non tanlo rappresentare
i fatti materiali e le singole loro cause, quanto spiegare gene-
ralmenle la legge ondc mossero., e rendere manifesto lo spirito
di tutto il genere umano nella sua lunga cairiera. Dal lato delle
notizie non s'incontrano in queste qualtro dispense nuovi tesorij
anzi l'autore medesimo, citando le fonti dalle quali altinse, ci ri-
manda quasi sempre a libri assai noti. In quanto poi al suo modo
di adoperare i materiali gia conosciuti, speriamo cbe in parte una
piu lunga abitudine, in parte 1' averne dinanzi una piu eslesa
esperienza, debba melterci in grado di superare quelle diflicolta
le quali finora ci sembrano troppe a petto del vero che ci si ap-
prcscnta quando arriviamo a dissipare la nebbia in cui e ravvolto.
Confessiamo cbe quell' idea infinitamente complessa (di cui parla
il tradutlore nella sua prefazione), che presiede a ciascuno dei
cinque periodi della storia antica, rappresentata da un solo voca-
bolo atto ad esprimere la diversa qualita della vita delle anti-
chc nazioni (Teocrazie, Teocrazie scomposte, Individualita , Leg-
ge, Fede), non illumina al nostro debole ingegno bastevolmente
la via. Pur non dubitiamo della verita del concetto; e gia in parte
ce ne persuade questo piccolo saggio che abbiamo dinanzi; ma
trattandosi di presentare all' Italia un libro concepito e condotto
d'un modo a lei tanlo insolito, non vogliamo lasciar di ripetere
ancora il desiderio gia espresso, che un qualche valente si ado-
peri fin d' ora a farne conoscere 1' intenzione , il melodo e ,
APPEND1CE ITAL1ANA. 1$']
quasi vorremmo anche dire, il lingunggio. Sarebbe, crediamo, un
gran danno se la giovcntii italiana., scoraggiata dalla difficolta che
deve necessariamente pro-Tare nel principio di quesla leltura, per-
desse il molto frutto che pud venirle da un libro cosl profonda-
mente pensato. II professor Menini procura percio di agevolarne
1' intclligenza col riscontro di altri scrittori alemanui; ma egli deve
aspirare piultosto alia lode di spiegare il suo testo , osando stac-
carsi dalla lettera per fame meglio comprendere il senso. IS on
e uflicio di traduttore il suo, ma d' intcrprcte ; pcrche le parole
del testo recate materialmente in volgare lasciano ancora il concetto
nell' originaria difficolta. Cio clie gli sara domandato si £ che ci abi-
liti a seguitare con sicurezza 1' autore quaud' egli, passando a gran
volo sui fatti delle nazioni, vuol rivelarne i pensieri, le passioni ,
la vita. Sua debb' essere questa fatica; la quale e grave per certo,
ma non impossibile a lui : purche non si lasci slrascinare dal desi-
derio di uscirne troppo celeremente. Affronli con coraggio le cen-
sure di coloro che forse lo chiameranno a render conto di ogni
locuzione o parola. Chi non gli perdonera volentieri qualche filo-
logica negligenza qualora egli sappia guadagnarsi la lode di avere
appianata la via ad entrare nella vera sentcnza del suo autore?
Cosi egli porra in quesla versione un monumeuto non piccolo
di doltrina e d'ingegnoj e la storia del professore alemanno sara
non solo una vera ricchezza aggiunta alia nostra letteratura , ma
potra nel tempo medesimo e dare agli studi storici fra di noi una
nuova direzione, e servir quasi di palestra agl'ingegni che molte
recenti lelture disavvezzano dal meditare. A.
Monummti storici di Concordia gia colonia romana ?icl/a
regione Veneta, Scrie dei vescovi Concordiesi ed yin-
nali del/a cilta di Porlogruaro. Opera del clot lore
Antonio ZAMBALDI. — S. Vilo , i 84o , dalla premiala
libreria e tipografia Pascali. Fascicoli i.° e 2." i'» 8".
Vecliamo con singolar piacere che nel Friuli si attende indefes-
samente alio studio della storia patria, e si da continua e prolilte-
vole opera a raccoglier carte e documenti , a porre in luce ed
interpretare monumenti, e ad ordinare memprie e tiadizioni. Sin
238 APPENDICE ITALIANA.
dall'anno i832 la Biblioteca Italiana (tomo 68.°, pag. 18) resc
conlo dei progelli e dei discorsi fatti in tal materia dal rinomato
professore abate Pirona ; e facciamo voti sinceri che gli utili divi-
samenti allora esposti siano una volla mandati ad effetlo. Poi parlo
delle Memorie storiche della terra di S. Vito, pubblicate dal be-
nemerito abate Altan (tomo 68.°, pag. 295) e della Dissertazione
Stampata dal sig. G. Biancbi sulla dislruzione di Aquileja (tomo 80. °,
pag. 019). Ne cesso nel frattempo 1' illustre archeologo conte Mi-
cbele della Torre d' investigar nella classica terra di Cividale , e
di arriccbire il museo di quella citla con anticaglie romane e Ion-
gobarde, ed i fasti patrj con nuove osservazioni e scoperte; ne il
professore Marzultini si rimase dal fare studj e ricercbe intorno ai
Padri della cbiesa Aqnilejese, e d' illustrarne con sapienti cure le
opere. Ora il doltor Zambaldi pubblica i monument! di Concordia,
la serie di que' vescovi e gli Annali di Portogruaro; cd importante
ed onorcvole impresa reputiamo che questa sia. Perocche Con-
cordia tra le romane colonie noveravasi , ed e cilta segnalala del
pari per anliche glorie, e per meno antiche svenlure; e la sua
diocesi comprende il vaslo terrilorio che fra Tagliamento e Li-
venza si estende; e Portogruaro, quasi per titolo eredilario, riebbe
da quella distrutta citla la residenza vescovile , e probabilmenle la
maggior parte de' suoi monumenti e delle sue famiglie. L' opera e
dedicata al vescovo altuale monsignor Carlo Fonlanini; e dei due
fascicoli di essa che finora videro la luce, il primo, oltre la dedi-
ca, comprende una prefazione in cui l'autore con piano cd ele-
gante stile cspone i motivi che lo indussero ad intraprendere il
suo lavoro, la ragione con cui lo condusse, e soprallutlo i fonda-
tnenti sui quali appoggiollo; ed una dissertazione in cui descrive
le varie sorti di Concordia, e le scntenze sulla origine e sulla fon-
dazione di essa da parccchi scrillori pronunciale; e rifcrisce molle
iscrizioni relative a Concordia , e per la maggior parte in Con-
cordia trovate. Nel secondo fascicolo poi trovasi la serie dei ve-
scovi di Concordia, che comincia da Chiarissimo, che governo
quella diocesi nel sesto secolo, e giunge sino al vescovo presenle
gia mentovalo. Essendo questa opera ancora lontana dal suo
compimento, ci astenghiamo dal fare sopra di essa alcuna rifles-
sione, poiche reputiamo che intempcslivo e forse anchc ingiusto
sarebbe ogni giudizio che da noi si pronunciasse in questo mo-
menlo, in cui non bene sono ancora chiarile le iutenzioni dell au-
tore, ne fatlo manifesto l'intero disegno del libro, ne conosciute
APPENDICE 1TALIANA. Q.3cf
le materie che restano da tratlarsi. Desideriamo bensi chc in pro-
gresso sia dimostrato quale Ira le addolte opinioni concerncnti le
origiiii di Concordia, sia da riguardarsi come la piii probahile c
la meglio fondata, affincbe in tanta varieta di senlenze sappiano i
lellori cosa debbano pensare e credere, e cbe le riferite iscrizioni
sieno illustrate in modo cbe si possa , col mezzo di esse, rilevare
quali fossero le principali famiglie di Concordia, quali le princi-
pali magistralure da cui era governata quella citta, quali gl' isti-
tuti ed i privilegi di cui era fornita. Ne dubitiamo che il signor
Zambaldi, ricco, come appar cb' egli sia, di cognizioni e di lumi,
ed animate da un operoso e perseverante amore della patria c
dello studio,, non possa trovarsi in grado di appagar picnamentc
questi noslri desiderj , i quali ad allro non mirano cbe a render
maggiore la importanza e la utilila del lavoro da lui intrapreso.
Prinii dementi della lingua inglese sccondo un mctodo
pratico-analitico } csposti ad uso degP Itahani da
Eugenio Balbi. — Milano, Vedova di A. F. Stella
e Giacomo Figlio. Un volume di pag- XVIII e a63
in 11?, al prczzo di lire 3 ital.
Lodiamo, innanzi tulto, il giovine autore di non aver seguitata
l'usanza di molti scriltori , troppo spesso desiderosi di screditare
cbi 11 ha preceduti. Egli dichiara che in Italia, e specialmcnte in
Milano furono pubblicate oltime grammatiche della lingua inglesc.
E se giudico nondimeno di poter giovare agli sludiosi di quella
lingua diflbndeudo ancbe fra noi il metodo del Robertson, di cui
egli e stato scolaro in Parigi , crediamo che il libro giustifichi as-
sai bene la sua opinione. Del resto, il volumelto cbe annunziamo
e molto piu che una semplice esposizione: pcrocche la materia
del libro, tolto per guida trovasi qui diversamente ordinata ; le
analisi sono in numero molto maggiore che ncl Robertson; eve
inollre come appendicc una compiuta dottrina delle regole neces-
sarie alio sludioso intorno alle parti del discorso. In quest' Appen-
dice i capitoli che traltano del Verbo e delle Prcposizioni, come
per la materia sono piu impoitanti degli altri, coi-i furono dall du-
torc traltati con maggiore ampiezza , e con diligenza molto f'elice.
^4o APPENDICE 1TAL1ANA.
Gia da persona autorevo'e in qucsla materia fu pubblicamente av-
visalo il signor Balbi di due errori: il primo, che per non aver
data l'intiera conjugazione del vcrbo to be (essere), espone i gio-
vani al pcricolo di dire I am been, I was been (io sono, io era
stato) in vece di 1 had, I have been (io ho, io aveva stato), come
ricbiede 1' indole di quella lingua, simile in cio alia francese : il se-
eondo, ch'egli avrebbe dovuto notare die i verbi to be e to have per
diventare interrogativi non pigliano il verbo to do. Rispetto al
primo, benche sia vero cbe forse era meglio proporre dislesa-
menle la conjugazione del verbo ausiliare, nondimeno puo dirsi
cbe il signor Balbi provvide a preservare gli studiosi dall' impro-
priela poc'anzi accennala, notando a pag. 1 4 1 il vario uso dei due
ausiliari to have e to be , e dicendo a pag. 201 cbe «1' ausiliare
» to have forma il tempo passato composto di tutti i verbi nel
» modo appunto che noi usiamo il verbo essere »; salve alcune ec-
cezioni cb* egli soggiunge. Rispetto poi al secondo, fu veramente
un abbaglio l'avcre adoperalo il verbo to have accompagnalo dal-
1'ausiliare to do per comporre uu modello della forma inlerroga-
tiva, e crediamo che l'autore e il tipografo concorreranno facil-
mente nell'idea di ristampare il foglielto per loglier dal libro cio
che non ha potutu entrarvi se non per momentanea dimenticanza.
Vero e bene che quell' esempio e in qualche modo corretto dalle
dottrine esposte a pag. 142 e 206, ma puo nondimeno condurre
gli studiosi in errore. Cosl fosse possibile liberare questo volume
dai molti errori di stampa , od almeno da quelli che tagliando le
parole fuor delle naturali loro giunture ne confondono relimologia,
e ne rendono piu difficile 1' inlelligenza ! Questo si potra fare in
una seconda edizione, della quale crediamo che sara in breve
scnlilo il bisogno; perclie molti studiosi vorranno giovarsi di un
libro che puo cosl bene ajutarli ad escrcitarsi da se medesimi in
quelle ore che non banno a Into il maestro. E questa c veramen-
te, al parcr noslro, la maggiore utilita derivante dal metodo di
Robertson in quella forma a cui I' ha ridolto il signor Balbi : il
quale speriamo che non vorra conlen tarsi di spendcre la sua gio-
ventu ncgli elementi grammaticali; ma intanto ci ha data una bella
prova del suo ingeguo. A.
APPENDICE ITALIANA. 2 \ I
Nobile e saggia conversazione intorno le avventure dcl-
P inclita eiovine Atenaide 9 opera dilettevole, storica
ed utile a tutti, del M. R. D. G. M. S. Approsio.
— Genova, i838, tipografia di A. Ponthenier e figli.
Vol. 3 in 1 2.0 di pag. 600 complessivamente : edizione
adorna del ritratto delP autore, e di varie incisioni
analoghe alP argomcnto delP opera. Lir. 8. 60 ital.
Se male non rileviamo il peusaniento dell'autore, egli chiama
questo suo lavoro col titolo di conversazione , perche contiene in
parte un suo colloquio cui va di mano in mano ripigliando, come
piii gli viene a grado, e in parte un dialogismo di persone da lui
introdotte per ragionare sulla materia che fin dal principio si pro-
pose : e siccome tale materia tende a nobile e saviissimo fine, ecco
la cngione per cui nobile e saggia si appella una siffatta conversa-
zione. Questa poi e divisa in dieci serej del die nessuno, a nostro
parere , vorra chiedere il motivo , mentre se ad alcuni piacque
di dare a' suoi racconti il titolo di giornate , ad altri il titolo di
nolti; niuD impedimento si frapponeva alia penna del sig. Appro-
sio , perche non desse al suo lavoro il titolo di sere. Per l'aspetto
del fine a cui essa opera tende, e chiamata utile; e poi dilettevole
chiamata perche la nalura degli avvenimenti di buon grado intrat-
tiene l'altenzione dei leggilori, e perche 1' autore con qualche sua
invenzione, come pare anoi, voile conciliare al suo lavoro un colal
semhiante di novita. Diciamo con qualche sua iiwenzione: e se
in cio non andiamo errati, difiicilmente poi sapremmo iscusare la
dichiarazione espressa nell' ' Avvertimento posto in fionte dell'opera,
cioe che « pur anco tutte le circostanze delle cose che si racchiu-
dono in quest'opera, sono fondate sul falto e sulla verita della sto-
ria'>. In fine, per dar ragione di tutto il frontispizio, notiamo che
['inclita giovine Atenaide altra non e se non 1' imperatrice Eudos-
sia , consorte di Teodosio II, figliuolo d'Arcadio.
Nessuno, a sapula nostra, pi u ampiamente diNiceforoCallistoparlo
intorno alle singolarissime doti, all' ingegno, alle vicende di questa
principessa, che dalle angustie di una vita private si vide improvvisa-
mente ai fianchi del nipote del grande Teodosio ; sposa di lui tanto
diletta, quanto per le sue virtu apprezzata. Niceforo la dice figlia di
Lconzio , filosofo di Atene, e da esso lui istruita in ogni maniera di
Bill. Ital. T. XGVIII. 16
24-2 APPENDICE ITALIANA.
letteratura greca e lalina , dotta nolle cose di filosofia tcoretica e
pratica, e clie sapeva piu che altri mai di oratoria e di dialettica ;
negli studj astronomici poi e ne' geometrici sopra la sua eta ma-!
ravigliosamente versata. II padre ridotto a morte, affermando che
le fortunate doti di lei e 1' cslimazione della di lei dottrina ben piu le
valevano che le poche sostanze pateme , la discredo, conferendo
a' suoi figliuoli Valerio ed Aetio ogni bene patrimoniale. Atenaide
era troppo sconfortata dall' aspetto di una presenle poverta per
pascersi delle ridenti idee del pronostico paterno. Finalmente de-
termina di recarsi a Costantinopoli e di perorare le sue ragioni
nelle aule imperiali. Le fu agevole l'adito presso Pulcheria Augu-
sta , la quale aveva gia posto il pensiero a procurare al fratello la
piu eletta consorte , che indarno aveva rintracciata fra le piu
nobili ed opulente famiglie dell' impero. La venusla , la prudenza
della giovane, e l'aver ravvisato in lei una maravigliosa altitudine
e destrezza d' ingegno, mosse cosi potentemente I' animo di Pul-
cheria , che lei riputo la piu degna consorte di Teodosio. E dopo
aver persuasa la giovane, che era ancor pagana, ad abbracciare la
fede di Cristo, e fattole amministrare il battesimo dal vescovo At-
tico, se la ritenne in luogo di figlia col nome assunto di Eudossia,
quindi la diede in isposa al fratello. Noi avendo accompagnata que-
sta avventurata donzella al soglio di Costantino , porremo fine ai
cenni storici intorno a lei ; che veramente sarebbe superfluo il nar-
rare le assai piu note e ripetute vicende di Eudossia imperalrice.
Quesle pero non vengono trascurate dal sig. Approsio , giovando
esse alio scopo del suo lavoro, e volendo egli giustarnente compieie
il racconto, che dal principio si propose, della vita e delle avven-
ture di lei. Anzi , tornandogli bene di narrare le persecuzioni
mosse a s. Giovanni Grisostomo , introduce altresi la niadre di Teo-
dosio e moglie di Arcadio, l'altra Eudossia soprannomata Licinia,
a cui nella libera, franca e grandiosa eloquenza del Grisostomo,
ma eloquenza evangelica, solo animata da carila, sdegnosa d'ogni
basso sentimento , facevano i cortigiani scorgere obblique, moleste
allusioni alia sua fama. L'autore non omette di far qualche cenno an-
che delle opere letterarie di Eudossia , e specialmente nomina un di
lei lavoro intorno l'Antico Testamento, del quale parla Fozio {In
Myriobibl. seu Biblioth. cod. 180-184). Questo lavoro e intitolato :
Metaphrasis Octateuclii , o sia Versione metrica lalina degli otto
prinii libri dell'Antico Testamento. II citato Fozio tributa molte
lodi a questo lavoro, ed aggiugne che gli si dava un luogo distinto
APPENDICE ITALIANA. 22p
fra i poemi eroici, sebbcne Eudossia non ne abbia seguite le re-
golc ne osscrvali i principj slabiliti dall' arte poetica, poiehe la ma-
teria e le verita traltate in quel lavoro non permisero V uso delle
favole, 116 quegli altri ornamenli coi quali i poeti sogliono allellare
chi legge; e sebbcne, per non turbarne il contesto e il senso, 1' au-
Irice siasi imposta la necessita di seguire letteralmeute la storia.
Ella compose altresi alcune parafrasi poetiche intorno le profezie
di Zaccaria e di Daniele, e tre libri in lode del martire Cipriano.
ISota poi il signor Approsio cbe « quelle cose di Omero die ancor si
ritrovano, non sono parto di lei, siccome pareccbi hanno asserito,
poicbe Fozic piii penetrante di Zonara nel dare un vero giudizio
delle faticbe degli antichi, non ne fa menzione ». Tali cose di Omero
sono i Centoni cV Omero sulla vita di Cristo. Realmente fuori di
proposito si attribui ad Eudossia questo lavoro, e molli critici vanno
d' accordo in ascrivcrlo a Pelagio Patrizio , cbe viveva solto Ze-
uoue. Pero Zonara^ accennato dal signor Approsio, consente egli
pure (Annates, lib. XIII) cbe 1' opera e di Patrizio, ma cbe,
avcndola egli lasciata aucora imperfetta ed informe , Eudossia la
coordino e la ridusse a termine.
Trovasi pertatito nell' opera clie annunziamo , una biografia ,
per cosi dire, compiuta della imperatrice Eudossia , moglie di Teo-
dosio il giovane. Se il leggitore di essa crede di abbattersi lalvolta
in una narrativa forse troppo prolissa , ed in espressioni forse
troppo famigliari, e in un dialogismo non troppo felice, sappia in
cambio commendare que' passi , in cui 1' aulore assume il carattere
di forte dicitore , e svolge oratoriamente i suoi pensieri. Pero noi
pure difficilmeute troveremmo un nerbo oratorio , e quella deli-
catezza di spirito ed arte del bel dire, che, come abbiam vedulo,
Niceforo ammirava in Atenaide; diflicilmente troveremmo cio nella
prima allocuzione della medesima a Pulcberia Augusta. Querelan-
dosi ella de' suoi fratelli , esce in siflatte psrole : « Usarono con
meco giovinetta , loro sorella , di una crudelta che supera quella
delle belve ircaue. Non ancor p'agbi di contendermi il troppo giu-
slo alimcnto, si levarono in bestia contro di me, e con onle e con
percosse linalmcute mi discacciarono colla muggior violenza dalle
troppo care paterne inura. Dipende dalla loro malvagita, se io sono
ridolta alia misera condizione di figlia quasi tapina e rifinita dalla
spada del piu profondo cordoglio, ec. ». Alquanto nifclicc ci sem-
bra pure la seconda allocuzione di Atenaide alia medesima Pul-
chcria , e quella altresi nella quale da Pulcberia le e proposlo il
244 APPENDICE ITALlANA.
nodo maritale con Teodoslo. Ma chi potrebbe abbastanza raggiu-
• gncre con artefatlo colloquio le veraci esprcssioni di quel profondo
sentimento cbc in qucgli istanti lutte con soave energia doveva
scuotere lc forze vitali della giovinctta e per le labbra annunziare
il sublime lurbamcnto del di lei cuore a cosl inattesa e repentina
proposta? Per la qual cosa sempre piu ci convinciamo di quel prin-
cipio , cbe lc forti scosse dell' amino , non meno che le grand!
passioni , giova piuttosto adombrarle con una fuggitiva linla , cbe
porsi al cimento di rapprescutarle con dirette parole e di fronle.
A questo punto ci perdoni l'autore, se non abbastanza apprezzia-
mo quella sua invenzione (cbe tale la crediamo, percbe a noi non
"vcune falto di legger la cosa allrove ; ed anche letta, la bramerem-
mo omessa), quella invenzione, ripetiamo, in cui Teodosio, il quale
« dopo la semplice relazione delle virtu e della bella di Atenaide,
» faltagli dalla sorella sentcsi inclinato a sposarla prima di
» averla veduta » ; di soppiatlo poi, premesso un accordo colla so-
rella , contempla ed ascolta Atenaide da occulli cancelli , mentre
clla introdotta nel gabinetto di Pulcberia, le ragiona per la seconda
volta intorno i suoi domestici affanni. Senza toccare altri argomenti,
il dignitoso caraltere di Pulcberia e il decoro imperiale rendono, a
parer nostra , assai inverisimile 1' occulto sogguardare ed ascoltare
di Teodosio. Eppure un intervenlo di tal natura e di nuovo nar-
rato nel terzo abboccamento di Pulcheria colla donzella.
La parte dell' opera, della quale abbiamo fin qui ragionalo, non
e, per cosi dire, che accessoria, non e cbe un mezzo immaginato
dall' autore per allettare chi legge a riceveie quelle serie, religiose
istruzioni che vengono dappoi. Atenaide era pagana, e doveva es-
sere accolta tra i fedeli di Giisto; conveniva dunque erudirla nella
nostra fede ; ora gli ammaestramenti dati sopra cio sono tali, che
ne puo trarre prolitto ogni pio letlore. Chi erudisce Atenaide 6
il vescovo Attico ; ma d' altroude Atenaide e donzella collissima.
Pertauto quelle verita cbe col lume nalurale possono dimostrarsi ,
sono verita che trattar potrebbe la stessa Atenaide. Ed essa appunto
e introdotta a dimostrare con prove tolle dall'ordiue e dalle leggi
dell'iiniverso, dalla forma stessa deH'uomo e delle sue mentali fa-
colta 1' esistenza di Dio. Questa e una vera dissertazione, propria
del filosofoj ma il filosofo cessa a questo punto ; poiche niolle raa-
tcrie, sulle quali si va subito appresso disputando , sorgono oltre
la sfera delle nalurali cognizioni. Ad Atenaide pertaulo succeda il
vescovo Attico. Egli dimostri che appunto il Dio, dei quale si e
APPENDICE ITALIANA. i^S
provnta l'esistenza, «'• il Dio clie adorano i cristiani, ente incorpo-
rco, nccessario , infinito , perfeltissimo, e ne prenda quindi occa-
siono per ronfularc i materialist!. Alio prove fin qui adolte aggiun-
gano una forza inconcussa le infallibili Scrillure. Qucste ci inse*
gnino altresi la prevaricazione dei primi genitori, la necessita e la
promessa di un Redentore , che e poi il Cristo. Quindi aprasi il
campo a rngionare intorno la verita e santita della religione cri-
Sliana , e si dimostri insieme la eccellenza della Bibbia per ogni suo
aspetlo. Ma cio non e bastevolc. Siccome Alenaide ignora la ge-
nealogia del Redentore , non ha veruna contezza de'santi vangeli,
nessuna dei precetti divini, e anebe d' uopo cbe le si provi la di-
vina aulorita della Bibbia. Per evitare il tedio derivante da un te-
nore di dimostrazioni sempre uniforme, si introduce il dialogo, non
pero dialogo di due avvcrsarj , fieri ambidue delle loro sentenze.
Atenaide e Altico sono gli interlocutori ; Atenaide e tanto docile,
consente per niodo ad ogni atnmaestramento , cbe gia di spirito e
crisliana. Ella e piuttosto un mezzo, diremo cosi, aiiificiale per
proporre le diflicolta , e presentar quindi 1' occasione di scioglier-
le. In tulte qucste conferenze le prove dell' aulorita della Bibbia
traggono seco le prove della verita e della divinita della religione
cristiana ; e quindi cbe la legge naturale e insufficiente a tener
l'uomo in dovere ; che la religione cristiana e la sola che possa
onorare Iddio in una maniera degna di lui; che, tranne la cri-
stiana, non vi e altra religione, in cui 1' uomo possa ottener sal-
vamento ; e che per ottenerlo e d' uopo credere le verita che in-
segna, ed operare i precetti che impone. In tutte queste conferenze
vediamo molto ordine, molla analisi, forza di prove, un' apologia
ben condotta. Pero quando 1' auto re se la prende conlro i deisti,
gli empj , ec. , noi lo vorremmo di spirito piu calmo, di zelo piu
t empcrato : cos) meglio si ascolta, e meno si ritorce il viso. Non
solo verso i miscredeiiti , ma anche verso il sesso femminile noi lo
vorremmo pin blando dicitore, se pur vuole che questo sesso
chiami dilcttevole la sua opera. Laonde in una seconda edizione
spcriamo di non trovar piu quella sua scntenza a pag. 3g del to-
nio III : « Veramente quatlro doli particolari sono universali anche
5) in tutte le donne, che il mondo denomina donne buone: oslina-
»zionc, vale a dire, bugia, finzione ed orgoglio »: e cosi qualche
altro piccol cenno di tempra non alfalto dissiniile a pag. io6e 108
dell' ora citato tomo.
11 signor Approsio, che nella persona di Atenaide si propone di
o^G APPENDICE ITALIANA.
istruire ogni buono e pio cristiano , non va pago del suo Iavoro
se, oltrc gli ammaestramenti religiosi, non offre una serie di istru-
zioni ulili allc scienze uniane , all'oncsta vita civile, alio stesso do-
mestico roggimento. Per giugnere a questa sua meta, stimo piu
opporluna del vescovo Attico la persona stessa di Pulcheria. Ella
che con cura tanto sollecita erasi rivolta alia educazione del fra-
tello ; ella sappia ammaeslrarlo in tutte queste materie, e negli am-
maestramenti dati a Teodosio veggano gli altri i loro proprj. Non
sapremmo ben dire se questo partilo, a cui si attenne l'autore, sia
il piu ben consigliato. Nella persona di Teodosio egli amo di istruire
ancbe 1' universale. Se questo non fu il suo intendimento, crede-
remmo , per esempio , fuori d' ogni proposito le osservazioni a
pag. 46 del tomo I, sull' accasare i figliuoli ed allogar lefigliuole,
sul non doversi mostrar ritrosOj e molto meno contrario a conce-
dere la secOnda ed anche V ultima Jiglia in consorte a chi la do-
mandasse, ec. ; e le altre a pag. 5o e 5i, che un allra servitii non
mono necessarian ma piu pericolosa., sono le serve. Queste sono
necessarie per servire alia padrona, alle zitelle ed ai bambinij ma
troppo pericolosa e la loro servithj perchbj se sono vecchie, ec. j
e cosi altrove. Siflatte osservazioni ben conviene che si gettino
sull' universale ; ma conviene altresi dire/ che esse hanno a far
nulla coi sovrani. Perche dunque metterle sulle labbra di un' Au-
gusta e fra mezzo ai precetti di educazione dati ad un imperatore?
Ne , per nostro avviso, fu bene ideata la persona di Pulcheria per
tessere ragionamenti sui diversi rami dell' umano sapere. Saggia ,
piena d'ingegno e di penetrazione fu quell' Augusta: ma quando
cosi ammaestrava Teodosio , non aveva ancora varcato il quarto
lustro della sua eta. Ora le istruzioni poste sulle di lei labbra sono
troppo gravi, sentono troppo del didascalico, del tuono scolaslico,
e talvolta della maniera de'greci sofisu\, perche agevolmente si am-
metla potere esse convenire a cosi giovane eta. Vi si aggiungono
jstruzioni di teologia naturale, di etica , di economia domesticaj
di urbanita , di virtuosa conversazione , fondate sulla cognizione
stessa della societa; istruzioni tutte saviissime, ma tali che sup-
pongono ben altra persona e ben altra eta. Siccome il Butler , al
quale si appella l'autore, dice che Pulcheria si diede bensi 1' in-
carico di educare il fratello, ma pero gli pose a' fianchi per istruirlo
i piu abili e virtuosi maestri di quel tempo, conveniva, se non erra
il nostro giudizio, introdurre que'medesimi ncl colloquio, anzi che
la vergine figlia d'Arcadio. Catena.
APPEXDICE ITALIANA. 2q*7
Statistica generale della citta e provincia di Milano ,
compilata da Giovanni SalAri, I. R. impiegato. Mi-
lano, i84o, tipografia Bernardoni. Prezzo di associa-
zione, lire austriache 0.5.
Di preseute che le slatistiche costituiscono un oggetto tanto ca-
roggiato , quella che noi annunciamo del signor Salari, uno degli
adoperati nella I. R. Contabilita centrale, tanto pella importanza,
quanto perche desunta dalle piii sicure fonti , essendo stato per-
messo all'autore di consultare i pubblici archivi ed uffici , non po-
teva non venire favorevolmente accolta. Essa trovasi esposta in una
gran tavola alta metri i,5~, larga metri i, 5o3 con architettonica di-
sposizione che riuscisse gradevole alia vista; ed e intitolata all' I. R.
Consigliere aulico Rechberger cavaliere di Rechron, ec. Sebbene
una tale manicra di quadro faccia di se bella mostra, tuttavolta non
sapremmo se pel comodo dei lettori non fosse tomata migliore la
foggia di libro. Ma in oggi il gusto pelle tabells sembra prevalente,
per cui noi arrischiamo di avere il lotto di questa osservazione ,
tanto piu che statistica , tabelle e quadri , per comune avviso, non
possono ne devono andare tra loro disgiunti , cadendo di questo
modo innanzi d' un solo tratto tutta la materia , la quale per es-
sere in se stessa arida, e di parti al tutto le une dalle altre disgiun-
te , ed in nessuna attenenza e relazione , sta benissimo in tante
caselle o scompartimenti. Sia pure , che della forma poco ci cale ,
pronti sempre, come siamo, a rinunciare anche a qualche nostro co-
modo , per non dar di cozzo nella corrente ; eg!i e della sostanza
che piu importa , e noi cerchererno quindi di venirnela discorrendo.
Facendo impertanto principio dalla gran colonna che sorge a si-
nistra del quadro, rinvemamo anzi tulto le nozioni Jlsico-moraU-
politiclie risguardanti la citta di Milano. E pero viene indicalo in
capo chi ne fosse il fondatore, quale 1' epoca , e 1' etimologia del
nomc impostole. Succede la situazione geografica della citta medc-
sima colle osservazioni meteorologiche e magneliche , le deduzioni
inlorno al clima, cui tengono dietro le qualita del suolo e 1' acqua
potabile, indi lo stato topografico , segnato il circuito fuori della
mura in metri 12, 348 , ossieno miglia gcografiche 6 S/G, pari a mi-
glia coimini lombarde 7,08, 2H,/2j30- Entrano in questo stato la
posizione in risguardo ai punti cardinali, le porte, i canali, le vie
u4^ APPEND1CE ITALIANA.
interne, le fabbriche , il lerreno verde, 1' eslimo, i prodolti di esso
terreno verde (cb'era forsc meglio chiamare a coltura) , il be-
stiamc , ec. E qui ricaviamo essere in Milano 1227 famiglie che
tcngono carrozza per lusso, 669 per commercio; le quali carrozze
di lusso, in quanto al novero, sarebbero i5i6, le altre858;le mezzo-
carrozze , cioe' ad un solo cavallo, 670 parlicolari, 372 venali. In
appresso sono notali i movimenti della popolazione, i traviamenti
di questa, le beneficenze pubblicbe e private, i difetti fisici della
popolazione medesima, il patrimonio attivo e passivo della citta ; e
successivamente poi tutle queste stesse cose relativamente ai comuni
che il circondario esterno costituiscono e che sono chiamati corpi
santi. Nell' anno 1807 la popolazione urbana risulto i.\5,^i da for-
za armata 12, 47^, vale a dire un milite ogni 12 abitauti. I corpi
santi contavano 25,896 anime. In detto anno 1807 si notarono 6991
trasgressioni politiche , 3o5 delitti , per cui i traviamenti riescireb-
bero di uno ogni i5 abitanti. La qual proporzione ci sembro enorme,
tanto piu se riflettiamo ai rendiconti della giustizia in altri paesi. In
Francia, per esempio, si annovera, termine medio, un accusato ogni
44oo abitanti, nel Belgio uno ogni 5,o5i, nei Paesi-Bassi uno ogni
4,900; dei quali poi dal 16 al 20 per cento vanno assoluti (1). Gosi
nella Moravia e nella Slesia non s' incontra un delitto contro le per-
sone che ogni 12,662 abitanti, ed uno contro le proprieta ogni
2,689; neh" Austria superiore la proporzione riesce uno ogni i3,3n,
ed uno ogni 5 188; nell' inferiore uno ogni 17,100, ed uno ogni
1,382; nella Boemia uno ogni 18,437, ed uno ogni 1,881 ; nella
Prussia uno ogni 20,741 , ed uno ogni 63g; in Sassonia uno ogni
27,588, ed uno ogni 697; finalmente nella Pomerania uno ogni
g2,i5i, ed uno ogni i533 (2). In tulti i paesi ora citati non si sa-
rebbe forse teuulo nessun conto delle mancanze cbe noi chiamiamo
gravi trasgressioni politiche. Allora il calcolo corre.
Addivenendo ora a quanto concerne i difetti fisici, esso ci sem-
bra assai imperfelto, e molto al disotto del vero , e la piu grosso-
lana osservazione basta a fame convinti. Noleremo altresi che la
parola verolato non e italiana , ed essendo usala nel senso di ve-
role dei francesi, avremmo il numero deverolati, ossia sifiliticij espo-
sti in 22 all' anno, non piu che quale il desiderio vorrebbe in realta
fossero.
(1) Annali unii>er. di statistica* di Francesco Lampato. Vol. 60 e
6a. — Quetelet sur l'llomiue ec. Tom. II, pag. 206.
(■?.) Quetelet, loc. cit.
APPENDICE ITALIANA. 249
Lc spcse delta citta di Milano ncll' anno i85y andarono a
lire 2,179,299. o3.
Dallo speechietto dellc proporzioni doi movimcnti dclla popola-
zione del comune intcrno, risultamenlo decennale , si ha che i nati
legittimi ricscono nell'intera popolazione di 1 a 3 5%oo> S" ihegit-
limi di 1 a 22 87/10o5 ' morti di 1 a 25 51/ioo» * malrimonj, di i a
121 18/W
II corpo di mezzo dclla gran lavola ha principio collo Stato della
popolazione di stabile domicilio nel comune interno della citta;
stato che si riscontra diviso in legati a voto ecclesiastico, in legali
in matrimonio; suddivisi poi i conjugi in conviventi e separate con
prole e senza ; in vedovi giusta 1' eta e con figliuolanza o senza;
indicali per ultimo i nuhili dell" uno e dell'altro sesso. La popola-
zione medesima viene indi posta innanzi secondo le differenti con-
dizioni , vale a dire i nobili e non nobili , pensionati , ecclesiaslici,
impiegati, militari, commercianti , esercenti arli liberali, ec; ac-
cennata allresi la religione. Nella popolazione stabile di Milano lc
feminine supererebbero i maschi di i663, ed il novero suo to-
taled compresi quelli di temporaneo domicilio e di passaggio , non
che i corpi santi ed i militari, va a 21 8,455. Inoltre , a rendere
compiute le nozioui statistiche della popolazione, vi ha la riepilo-
gazione dimostrativa col risultamento annuale, la divisione ccono-
niica dell' industria private, con adequato annuale preso in un de-
cennio. Al che si aggiugue ancora quanto risguarda i commestibili ,
1 combustibili , gli oggelti per fabbriche , per vestiario , ec. intro-
dotti e consumati in citta coi relativi introiti erariali ed addiziona-
li , ec. Finalmenle si espongono i prezzi medj sugli adequati selti-
manali verificatisi nel decennio 1828-08 di tutte le derrate di prima
necessila, col confronto degli adequati dal 1780 al 1790.
La colomia a destra ha cominciamento colle nozioni politico-
camerali risguardanti la citta. Non sapremmo per altro combinare
con simile intcslazionc quanto spetta alle chiese, agli stabilimenli
di religione e di beneficenza che apparc pel primo rammentatovi.
Le reudite fisse del culto sono segnate in lire i,6o5,222, divise in
mensa arcivescovile, prebende parrocchiali, benefizj coadjuloriali ,
cappellanie locali , beneficj semplici, conventi. Mancherebbero le
prebende canonicali. I lascili privati per oggetto di culto danno una
soinma annuale adequata di Hr. 1 54,000. Trapassando susscgucn-
temente agli islituti di beneficenza, questi sono uno ad uno regi-
strati colla indicazionc del fondatore, e dell' anno in cui stabiiili ;
25o APPENDICE ITALIANA.
I'iutcro delle loro spese sail nel 1807 a 5,566,64o lire. In quanto agli
stamlimenli d' istruzione in Milano, sono 5i regj, 25 comunali, 182
privati, coll' annuale costo di 1,766,627 lire.
A questi stabilimcnti tcngouo dictro quelli a gcwerno (?) ed or-
dine (J), quelli di pubblico comodo e di pubblico divertimento ,
poscia i monumenti patrj , ed indi quanto riguarda le derrate fi-
nanziarie erariali nitide in attenenza alia citta cd alia intera pro-
vincia, col rapporto decennale , e le spese di arnministrazione ge-
neralc. Male sapremmo perche alia parola cntrata abbiasi voluto
sostitnire quella di derrala, da cbe derrata non saranno mai le ga-
belle, i balzelli, il reddito dei beni demaniali, ec. La somma to-
tale di lutti essi redditi riesce di lir. 1 4,325,546 per la sola citta, di
lir. 29,663, 1 54 unendovi la provincia. Le spese di arnministrazione
in Milano sommano ad 8,3 1 4^71 3 lire; nella intera provincia a lire
9,341,612 lire, delle quali 5,094*182 spettano alle comuni. La
sola pubblica istruzione costa in Milano lire 794, 456.
La colonna termina alia base col Quadro delle forze economi-
che della popolazione del comune interno, risultamento decennale;
le quali forze vengono da poi divise in generali e speciali, e tanto
le une che le altre in attive c passive, ritenendosi in ultima analisi
che 1' attivo sta al passivo come 782. Lo scrutinio delle forze
speciali in confronto alle generali chiude questa casella.
La base del quadro vedesi da ultimo costituita dallo stato geo-
grafico e topografico della intera provincia , e dalla rivisla generate
delle diverse parlicolarita attenentivisi in confronto alle memorande
epoclie degli anni 1796, i8o5 e 181 4. Noi non riferiremo i singoli
oggetti che concernono questa importante parte di statistica , po-
sciache, cosi.operando, soverchieremmo i limili che ci assegna la
natura di questo giornale , riporteremo soltanto quanto chiude il
lavoro del signor Salari, siccome atto a dare una giusta idea della
condizione economica della provincia milanese.
APPENDICE ITALIANA.
1S1
Estimazione della provincia sulle dimostrale basi delV attitale
suo stalo e dcllc epocfie di confronto.
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I noslri Iettori scorgeranuo di leggieri di qual leiia sia queslo
lavoro del siguor Salari, e quali utili confronti si potrebbero sta-
bilire ove se ne avesse di consiiuile per altre citta capitali e cen-
trali. Fantonetti.
APPENDICE ITALIANA.
Dell? influenza delte strode di ferro. e delParte di di-
segnarle e costruirlc. Oj)era del signor Seguin. Prima
versione itdliana. JSIdano . iS^o, presso Peditore An-
drea Ubicinij tip. Bonfanti, in S.°^di pag. X.V e 336
eon 6 tai'ole. Lire 6 austriache.
Dei tanli tratlati generali stille strade di ferro, e delle numerose
Memorie relative ad opere parziali di tale natura, che gia da qual«
che anno si sono date alia luce e si vanno giornalmente facendo
di pubblica ragione in America, in Germania, in Francia , in In-
ghilterra ed in altri paesi, ove il miovo speditivo sistema di loco-
mozione si e con tanlo vantaggio del commercio e della civile con-
vivenza difluso, pochissime sono quelle che nella italiana favella
siano state tradotte. Eppcro dcgni di giusla laude e benemcrenti
della patria si lianno a riputare quegli operosi ingegni che, senza
rispetto ad ardue fatiche ed a ragguardevole dispendio, si cimen-
tarono nello scabroso arringo, e coll'arricchire la nostra tecnolo-
gia di novelli tesori, diedero mano a rimovere quell' inerle apatia
che lasciava la penisola tuttora priva di quei vantaggi che l'ap-
plicazione e lo sviluppo di un moderno trovamcnto (i) diffonde a
larga mano nelle altre nazioni.
Noslro scopo non e qui di far parola delle opere original!, con
cui dolli e valenti Italiani si fecero innanzi a mostrare, che se per
anco non era t'ra noi introdotto il nuovo sislenia di locomozione,
non si era mancato, sin dal suo nascere, di sotloporlo a minuta
disamina per accertare la convenienza o la disconvenienza della di
lui applicazione alle nostre svariate contrade.
L' ingegnere autore del Cenno sopra un perfezionamento del si-
stema di navigazione interna del Milanese ( Bibliotea italiana, tomo
5g.°, pag. 067), e del Progetto della strada di ferro da Milano
(1) Prima che 1' inglcse signor Rpynolds noi *"fil Peilsasse a s<3-
stituire nella grande fondoria di Colebrook-Dale , npllo SliropsUire,
alle rotaje di legno, quelle di ferro fuso, esistevano di gia in varie
delle nostre miniere di ferro strade munite di correnli di legno, ri-
coperte di grosse lamine di ferro fuso per agevolare il trasporto dei
materiali sui carrettoni. Del pari assai prima di quell' epoca erano
romtini fra di noi le guide di pietra pei carri e per le carrozze di
cui vanno munite da secoli tutte le strade interne di Milano.
APPE.N'DICE ITALIANA. 2o3
a Como (Bill, ital., tonio 85.°, pag. 260) fu il primo antcsignano
fra noi del nuovo sistema, e ne mostro ad evidenza la possibility
combinabile colla piu sicura convenienza economico-commerciale.
Egli avvaloro il suo argomento coll'allro preliminare Progctto distra-
da cliferro da Milano a Bergamo (Bibl. ital., torn. 89. °, pag. 4J9b
e da ultimo colla Memoria iulitolata: Delle macchine locomotive e
stazionarie ad uso di motore pei trasporti celeri sopra le vie di
terra c di acqua in Lombardia (Bibl. Ital. , torn. 96. °, pag. 5 16).
II di lui esempio fu poscia seguito da varii altri fautori delle
strade ferrate, e diede il tema a molti articoli de'nostri giornali
scientifico-letterarii. Per cio , laseiando intatto il merilo del sul-
lodato ingeguere, e quello di coloro clie seguirono le prime di lui
onne, 11011 accenneremo cbe alle opere straniere cbe lasciano tut-
tora un ragguardevolissimo vuoto nella serie delle traduzioni ita-
bane risguardanti le strade ferrate.
Gia la classe progressiva ed industriale accolse con meiitati
plausi la bella e diligente traduzione (con note edaggiunte) cbe il
signor ingegnere Tatti pubblico in Milano dell' opera di Edoardo
Bioi sui Principj generali dell' arte diformare le strade di ferrOj
susseguita dal volgarizzamento dell' interessante Memoria di Davide
Hansemann j relaliva ai rapporti politici ed cconomici di questa
specie di strade {Bibl. Ital.,, torn, go.0 pag. 45). Gia il signor France-
sco Utz, impiegato presso l'l. R. Direzione generate delle pubblicbe
costruzioni in Lombardia, colla sua versione dal tedesco del'a Memo-
ria di Francesco Hentz sul progetto delle strade ferrate da Colonia
ad Eupeiij fece conoscere come ogni singola intrapresa di lal fatta
abbia o possa avereun nesso di generate vantaggio con quelle cbe si
stanno e si andranno attivando in Europa. Ma la traduzione di
queste c di alcune altre Memorie di minor conto. cbe ci danno appena
un saggio dei progressi stranieri dell' industria locomotiva , e ec-
cellenle si. ma troppo scarsa messe di un campo ubertosissimo,
e per noi quasi tuttora intatto. Basti il dare un' occbiata aW'Elenco
delle migliori opere straniere che trattano delle strade ferrate, cbe
correda la sullodata traduzione del signor ingeguere Tatti (1), e
cbe riflelte soltanto le pubblicazioni anteriori al i8jy_, per convin-
cersi di questa' verila. Da quell' epoca al di d' oggi, il numero di tali
opere, coll' esteudcrsi e col migliorare di simile ramo d' industria,
(1) V. Appcudicc IV, pag. 200 alia a3j.
254 APPENDICE ITALIANA.
si e dappertulto mcravigliosamenle accresciuto; per Io che non
sari niai soverchio il raccomandare ai nostri scicnziati , che riu-
nisconoja cognizione dclla materia a quella delle lingue straniere,
perche pongano generosamente auimo e perseveranza nel giovare
al paese col rendere di pubblica ragione i migliori Trattati e le
piu interessanti Memorie pubblicate all'estero sulle strade diferro,
eciagevolino cosi il mezzo di profittare (nell'attuale propagazione
fra noi di si vantaggiosa maniera di comunicazione) dei lumi e
dei progressi di coloro che colla piu operosa pratica ebbero la Ven-
tura di poterci'precedere.
Ne crediamo andar errati nel reputare di piu immediato e sicuro
vantaggio quelle opere in cui le nude e fuggenti astraltezze della
leorica vengono, per cosi dire, vestite ed informate dalla reale ap-
plicazione della pratica; ed un tale convincimento , di conserva
colle preaccennate ragioni, fa si che molto a proposito ci sembra
sopravvenire la recente traduzione dell' opera del signor Seguiu.
Questa prima versione e dedicata ai direttori della Societa per
la costruzione della privilegiata slrada Ferdinandea lombardo-ve-
neta, grandiosa via a rotaje di ferro tra Milano e Venezia, ap-
provata da S. M ., che si degno fregiarla dell' augusto suo nome. II
signor Seguin, in allora direttore pnncipale della costruzione della
strada ferrata che da Lione corre a Saint-Etienne in Francia, seb-
bene dessa non sia piu lunga di i5 leghe, ebbe ad incontrare
tanti ostacoli, tante difficolla, tanti accidenti di terreno ; vide suc-
cedersi una quantita di casi tanto ordinarj, quanto eccezionali, che
difficilmente si possono presentare uelle piu lunghe linee. E percio
la descrizione dei mezzi da lui impiegati per condurla felicemente
a termine non puo a meno di riuscire di immensa utilita e soc-
corso per gli altri costruttori. Quiudi crediamo che molto accelta
tornar debba l'annimciata versione ai direttori non meno che a
chiunque avra ingerenza nei lavori di costruzione della grande strada
Ferdinandea, che in breve vanno ad aver principio, a norma di
quanto venue stabililo nel Congresso tenutosi poc' anzi dagh azio-
uisli iu Yenezia.
E pur troppo vero quanto aflerma il signor Seguin a pag. 55 ,
cap. II, che tratta dell' Esame di alcune questioni preliminari * e
che noi stimiamo prezzo dell' opera di qui ripetere al pubblico lom-
bardo :
« Puo accadere pero che alcuui capitalist! si mettano alia testa
» di qualche intrapresa, dalla quale nou si possa ragioncvolniente
APPENDICE ITALIA>A. ^55
» c matematicamente aspettare alciin guadagno. Ma cio avvieue per-
» che le perdite, alle quali si espongono, devono essere largamente
» compensate da vantaggi indiretti. In tal guisa colui che possiede
« miniere o vasti terreni, il cui valore sarebbe di molto aumentalo
« dall' aprimento di una strada di ferro, si decidera faciltnente ad
» intraprenderla, se in ultimo risultato egli aumenta nelle sue en-
s' trate cio che perde nell' impiego del capitali. Del resto tal sorta
» di speculazioni non e ragionevolmente possibile che sopra una
» piccola scala; pero talvolta acquista ben maggiore estensione in
» grazia de'colpevoli intrighi dell'aggiotaggio. Dopo essersi eccitato
» 1' entusiasmo del pubblico col presentargli falsi calcoli e coll' ab-
» bagliarlo per mezzo di una riputazione fattizia3 se ne trae profitto
a onde altirare all' intrapresa il capitale dei particolari : quando il
» danaro e impiegato, la rovina di quelli che lo hauno somministrato
« e compita , ma gli speculatori hanno otteuuto il loro scopo. Al-
» cune volte questi immorali intrighi sono posti in opera con inten-
» zioni ancora piii odiose , e la vendita a premio (l) delle azioni
« spinta ad un valore affatto illusorio, ollre un mezzo di realizzare
« ancor piii prontamente enormi e fraudolenti guadagni.
» In tale stato di cose sarebbe necessario che la legislazione per-
» venisse a concalenare solidamente i diritli del pubblico e quelli
« dei particolari j ed a coprire gli uni e gli altri solto un'eguale
» guarentigia «.
Le osservazioni fatte dal signor Seguin nel far coslruire la strada
di ferro di Saint-Etienne , sono con molta semplicita e chiarezza
esposte nell' opera. Per giovare alio sviluppo dell' indastria, come
piu volte fa osservare 1' autore stesso, bisogna mettere a servizio
della medesima i principj piii semplici della scienza, con un lin-
guaggio sveslito da ogni forma convenzionale; si deve estendere
e, per quanto e possibile, renderne 1' uso popolare.
Fedele 1' autore a queslo piano . ogni volta che lo studio di un
falto avrebbe reso utile l'uso di formole o di trattati speciali, si e
data cura di supplirvi con dimostrazioni facili, senza trascurare di
mettere il piu colto lettore sulla strada di quei principj, col soc-
corso de' quali potesse otteiiere dimostrazioni analitiche e precise.
(i) Venie a prime dicesi il contratto col quale taluno si obbliga
di conscgnare le azioni in un tempo futuro, nel quale poi si puo
fare a meno di consegnarle conguagliamlosi i contraenti fra loro col
pagarsi reciprocaniente il piu od il ineno del corso delle azioni.
(Nola del Trad.)
256 APPENDICE ITALIANA.
Con qucsto metodo ha slabilito tutti i calcoli tendcnti a deter-
minare :
i.° II tracciamcnto di una linea di strada di ferro considerata
sotto duplice vista, della facilita c dell' economia de' trasporti.
q.° II tempo impiegato dai convogli per acquistare una data ce-
lerita quando discendono sopra un piano inclinato, o quando sono
niessi in moto da una macchina della quale si puo valulare la po-
tcnza.
3.° La resistenza dell' aria.
4-° L'efletto della gravita nellc curve per far deviare i convo-
gli dalla loro direzione.
5.° Lo sforzo orizzonlale clie i convogli esercitano contro le
spranghe nelle curve, e 1' eccesso di attrito che ne risulta.
6.° Le cagioni per le quali le macchine, durante il loro corso,
abbandonano talvolta monientaneamente le spranghe.
j.° L' eccesso di attrito, e gli effetti della scossa che ne derivano.
8.° La forza di resistenza delle spranghe.
9.0 La pressione e 1' azione del vapore nelle macchine.
Sempre tali quislioni sono discusse e risolle col soccorso di fatti
emergenti dalT esperienza, precisando con applicnzioni numeriche
i risultamenti somministrati dal calcolo, cio che facilita ai pratici
la via di ritenere le dimostrazioui.
Entra in appresso nella discussione dei prohlemi che si riferi-
scono dircttamente all' arte ed all'esecuzione, insistendo principal-
incnte sull' adotlamento di un buon sistema di pendenze e di cur-
ve j, che forma la base fondamentale di una buona riuscita (1).
Tralta poscia delle cause accidentali che contribuiscono a far va-
riare la resistenza dei convogli, e viene a parlare piu specialmente
degli stessi lavori d'arte e delle vctlure.
Tratta distinlamente dei motori, cioe deirimpiego dei cavalli e
del vapore, tanto isolatamcnte che simultancamente adoperati.
Questa parte dell' opera che versa sulla valutazione dei motori,
e parlicolarniente delle macchine locomotive, e riputata dall'autore
stesso come la piu. imporlaute ed alta a rettilicare diversi errori
(1) Cio fu anche evidentemente dimostrato nella rccente Memoria
dell' ingegnere Milani , pubblicata coi tipi di Giuseppe Bcrnardoni ,
col titolo: Qual' e la linea che seguir debba , da Brescia a Milano
I' I. Ji. privilegiata strada di Jerro Ferdinandea lombardo-venela. —
Vcdi Btbl. Ilal. , f'ascicolo di aprile p. p., pag. 97.
APPENDICE ITALIANA. %5j
accreditati intorno alia forza comparativa dei cavalli e delle mac-
chine. Vcdute nuovissime sul modo di agire del vapore ci presents
il Seguiiij il quale, facendo eco alle opinion! dell' illustre Mont-
gollier, di Iui zio e maestro, e d' avviso che il calorico ed il moto
siano una manifestazione differente di un solo e medesimo fenome-
no, la di cui principale cagione sia tuttora occulta. Quindi consi-
dera il moto nelle sue relazioni colla quantila di calore necessario
a produrlo , fatta astrazionc dai corpi che servono d' inlermedio a
tale trasformazione. Esamina in seguito fino a qual punto sarebbe
possibile di far eseguire da altri corpi le funzioni del vapore nel
sistema attuale.
Nello sviluppo di tali idee si trovano alcune vedute che potranno
tornar ben utili nei tentativi che si vanno facendo a' di nostri per
ottenere dall' aria compressa 1' effetto che si ottiene dal vapore.
Pensa egli che del calorico impiegato a ridur 1' acqua in vapore,
soltanto una picciola parte serva a produrre la potenza meccanica,
e che la parte maggiore si perda senza effetto dopo essere stata
prodotta. Dinota quanto sarebbe vantaggioso il conoscere questa
seconda parte e trovare il modo di utilizzarla, additando cosi un
vastissimo campo di scoperte alle esplorazioni della scienza.
Nel cap. Ill, a pag. 5y, espone il signor Seguin una sua massima
giustissima, secondo la quale « si dovra soprattutto (nel tracciato
>» delle strode dijerro ) mettere ogni cura ad impedire che per
» corrispondere ai voti delle localita non si apportino al tracciato
» tali modificazioni che nc allungassero la linea , ne alterassero la
» regolarita, diiuiuuissero il raggio delle curve, ed obbligassero a
» percorrere pendenze piu difiicili. Won si fa generalmcnte atten-
» zione alia irragionevolezza che v' e nel complicare il movimento
» delle masse per semplificare quello delle sue parti , e qualche
» volta di ben piccole parti.
» E caso raro che le localita prossime alia linea non possano es-
» sere soddisfatle con una ramificazione congiungentesi alia slrada,
» senza nuocere per nulla al disegno principale , diramazioue che
» si puo costruire con perfezione molto minore e con miiiore spesa.
>> In molti casi si lien troppo conto delle prctensioni di qualche cilta
» o di qualche centro di popolazione, che vuol essere altraversato
» dalla linea principale. Tuttocio che si puo fare per gl' interessi
» parlicolari si e di accordar facilita proporzionate alia loro impor-
» tanza per utiirsi alia linea principale , ma nou si deve mai per
Bibl. Ital. T. XGVIII. 1 7
258 APPEiSDICE ITALIANA.
» loro solo vantaggio rerare il minimo inciampo alia piu piccola parte
» del servizio generale ».
Termina il capitolo VIII ed ultimo con una precisa e distinla
minuta del coslo delle maccliine e de'loro accessorii, tanto in quelle
a movimento verlicale che in quelle a movimento orizzontale, chiu-
dendo 1' opera con giudiziosissimi avvertimenti sull* impiego degli
operai macchinisti.
Non faremo carico all' anonimo traduttore dell' aver usato qua e
la termini che serbano la provenienza straniera, giacche questa
pecca, comune ai traduttori di opere di simil natura, non potra
schifarsi al tutto, se non allorquando 1' arte di costruire le strade
ferrate sara piu comunemente stabilita in Italia. P. N.
Lezioni elementari sulle matematiche di Lulgi Lagrange
date alia scuola normale di Francia V anno 1795. - —
Milano , 1839, per Paolo Ernilio Giusti in contrada
de' Due Murij n.° io4i , in 8.° di pag. 125 , austr.
lir. 2. 5o.
Conoscevasi la traduzione italiana di alcuna di queste Lezioni nel
libro inlitolato : Lezioni ad uso delle scuole normali di Francia
raccolte per mezzo di stenografi, e rivedute dai professori. Milano,
1798. Ma oltre che era incomodo trovarla in quella raccolta "m-
sieme a scritti d'altro argomento, mancavala versione delle lezioni
piu interessanli , tra le quali e la terza sulla risoluzione delle equa-
zioni di terzo e quarto grado , e la quinta , che contiene una ce-
lebre formolad'interpolazione. Fu dunque lodevole pensiero quello
del benemerito (ora defunto) signor ingegnere Innocenzo Giu-
sti di darci per intero voltate nella nostra favella le lezioni ele-
mentari sulle matematiche di Lagrange : anche perche 1' edizione
francese trovasi far parte di una collezione scientilica che a pochi
ts dato di possedere.
A fonnarsi una giusta idea del merito di questo libretto puo ve-
dersi I'avviso dell'editore, e sara facile dedurne quanto sarebbe
a desiderarsi che 1' operetta fosse diffusa, principahnente per coa-
diuvare I' istruzione degli alunni che frequentano gl' II, BR. Licei.
Alcune note poste ad oggetto di rischiarare qua e cola qualche
luogo del testo, sono originali nell' edizione milanese, ma per ve-
rita troppo poche di numero. Sarebbe stato bene farle piu co-
piose e piu estese, giacche, oltre i passi cui quelle note si riferi-
scono, non sara difficile trovarne allii che avrebbero avuto biso-
gno dello slesso sussidio.
APPENDICE ITAXIANA. 2$g
Quanto all'edizione, diremo clie non e una materiale versionc,
ma un Iavoro capitato a mani di chi s' intendeva della materia ,
perche varii errori di stampa incorsi e non awertiti nell'edizione
francese, da vedersi a pag. 173 del tomo 2° ( fasc. 7.0 e 8.°) del
Giornale della scuola politecnica di Francia, sono affatto scomparsi
nella traduzione che accenniamo. Citeremo il solo esempio dell'ul-
tima formola della lezione quinta , dove nel libro citato evvi 1' er-
rore di una lettera per un'altra, che la riduce identica coll'antece-
dcnte, mentre ne differisce essenzialmente.
Sui conti correnti e scalari3 Memoria cF aritmetica del-
U ingegnere Carlo Possenti. — Milatio , 1 84o ,
presso /' editore Angclo Monti , contrada del Cap-
pello N. 4o23j tip. Faufani, in /\.° di pag. j5. Lire 3
austriaclte.
Questo giornale rese gia conto(i) (sono ormai cinque anni) di
altra interessante Memoria del signor Possenti , intilolata : Propo-
sizioni teoretiche e pratlche sulla dottrina elegit interessi, pubbli-
cata l'anno i853. Ed in quell' articolo era espresso il desiderio
che essa venisse lelta e meditata non tanto dagli ingegnen e dai
periti , ma eziandio dai ragionieri. Imperocche questi vi avrebbero
trovate idee non comuni , valevoli a rettificarne altre poco esatte ,
sebbene comunemente ricevute. E cio alio scopo di migliorare i
metodi di cui si suol far uso dalla piii parte de' pratici nella solu-
zione de' svariati problemi, che nelle sociali conlrattazioni si rife-
riscono al calcolo degli interessi. Imperocche si sarebbero convinti,
che l'interesse composto continuo e il solo esatto ed equo, quindi
quello da adoperare nei conti scalar! e correnti.
Ma poiche, per mala sorte, V algebra di cui si fa uso dall'autore,
non e conosciuta da molti fra gli aritmetici, cosi quelle proposi-
zioni non polevano essere dai medesimi apprezzate. Quindi al di-
fetto delle loro cognizioni voile sopperire il Possenti colla presente
Memoria aritmetica, la quale, come egli stesso dichiara, puo ser-
vire di appendice alia prima, sebbene possa stare anche da se.
Con essa egli, all'appoggio de' soli coinputi aritmetici, chiarisce
nuovamente la necessila di una riforma ne' metodi di calcolare gli
interessi , sostituendo negli ordinarii conti scalari e correnti all' in-
teresse semplice ed al composto discreto l'uso dell'interesse com-
posto continuo.
(1) T. 8o.°, pag. 4 1 e seg.
260 APPENDICE ITAL1ANA.
Egli si propose quindi un caso pratico di liquidazione di un
conlo fra due individui, che in varie epoche si somministrarono
vicendcvolmente diverse somme, colla condizione che si avessero
a computare gli interessi del 4 per cento all' anno su tulle le som-
me date e ricevute. Di questo caso egli oflre la soluzione con tutti
i diversi processi di calcolo in uso presso gli aritmetici , processi
che egli riduce a diciassette. Le differenze de' risultamenti ai quali
perviene , sono un avvertimento della inccrtezza de' metodi, della
quale ei da ragione con apposite considerazioni. Queste tendono a
persuadere , che cosi fatte differenze provengono quasi tutte dal-
Pamrnettere la discontinuita nella produzione de' frulti ; disconti-
nuity inerente alia natura dell'interesse semplice e del composto
discreto. Rinnovando poscia i calcoh colla sola modificazione di
introdurre l'uso dell'interesse composto continuo, egli in tutti i
diversi processi trova lo stesso risultamento che e circa il medio
fra quelli rinvenuli cogli altri sistemi di conleggio , in cui si usa
l'interesse semplice ed il composto discreto.
A queste ricerche, che costituiscono la prima parte della sua
Memoria, aggiunse l'autore nella parte seconda due tavole : la pri-
ma dell' interesse composto continuo di una lira impiegata al 4
per 100 all' anno per giorni 1,2, 3 565, dove gli interessi si
hanno con nove cifre decimali. Cio olfre il vantaggio, che si pos-
sono avere gli interessi calcolati fino ai centesimi dei capitali di
10 milioni. La seconda tavola e quclla dei monlanti di lire una im-
piegata per anni 1,2, 5 20. A queste due tavole poi fanno
seguito le avvertenze da aversi per adoperarle con facilita e spe-
ditezza; e l'autore le pone in atto, mostrando come colle sue tavole
si risolva prontameute il quesito propostosi da prima. Eseguendo
di nuovo gli andamenti ed i processi delle antecedenti soluzioni
che non comprendono sospensione d' interessi , perche e nella na-
tura dell' interesse composto continuo di non ammettere cosi fatta
sospensione, egli arriva a nove soluzioni , che danno tutte un ri-
sultato identico a quello che aveva gia rinvenuto uella sua diciot-
tesima soliuione prccedente, che e quella che va esente dagli er-
rori riconosciuti nelle altre diciassette.
E non v'ha dubbio che coll' uso di queste tavole, il calcolo del-
P interesse composto continuo diventa piu pronto cli quello del-
P interesse semplice : per cui , se a questo vantaggio si aggiunge
Paltro piu rilevante della matematica esattezza de' risultamenti ,
raggiunto col sistema proposlo dall'autore, si ha ragione di sperare
APPENDICE ITALIANA. 26 I
che quella pcrsuasione, che forsc egli non pote inclurre nclla mcnte
della piu parte de' ragionieri colla prima Memoria, lo possa colla
presente, nella quale seppe discendere fino a loro, tutto dimo-
slrando colic cifre arilmetiche.
Noi ci associamo con ltd nel desiderare 1' utile ed importante ri-
forma , perche con lui convcniamo , che se e poco decoroso per
chi coltiva la scienza dei numeri il vedere che , nel risolvere una
medesima questione, si puo essere condotti a risultati different! , e
poi anche dannoso ai contraenti ed e fonte di frequent! litigi.
A. G.
Raccolta di osscivazioni e riflessioni patologico-pratiche }
del dottor Magistretti professore di medicina teo-
rico-pratica neW ' Univcrsita di Macerata , ec. — Lo-
reto, 1 8 3 9, tipografia Ylqss\3jusc. i.° in 8.°
Divisamcnto del professore Magistretti e di appreslare ai gio-
vani medici con quest' opera un traltato di medicina pratica , la
merce di tante storie di malaltie , accompagnando i relativi feno-
meni con parlicolari riflessioni. Non v' ha duhhio che di questo
modo si arreca non poco utile all' arte salutare , poiche sono i
fatti che guidano al compimento della verita , e dei mezzi che a
risanare realmente valgono. Ma per ben apprezzare i fatti , e va-
lersene all'uopo, fa meslieri saperli ben osservare, ragguardarli nel
loro giusto aspetlo, ed al lume di severa logica, e non di preconce-
piti sistemi e principii teoretici , perche ove altramenle si operi,
non si puo che incappare in errori. Cotale scoglio non seppe intera-
mente schivare ilnostro autorejil quale puntella il proprio dire coi
principii del dualismo diatesico, e ritiene quale verita inconcussa la
tolleranza dcgli antimonialij eslimata il Vero diatesimetro ,, e lasicura
prova della capacita morbosa, asserzioni smentite dall' esatta osser-
vazione. Ai quali precetti sistematicinoi avremmo desiderato non si
fosse sottoscritto il professore Magistretti , tanto piu che da savio
ed csperto pratico non ammelte l'indole sempre identica di una ina-
lattia. Ma di quest' opera che contiene molti fatti e d'importanza ,
noi ritomeremo a far parola allorche ne sara uscito certo numero
di fascicoli , non avendo per ora veduto che il primo , il quale
concerne le malatlie del capo. Fantonetti.
0.&9, APPENDICE ITALIANA.
Cenni sngli atti amministrativi emanati in Picmonte
dal 1 83 1 al i84o. Torino, stamperia Ghiringhello
e Comp, di pag. 43 } in 4-° ire piccolo.
Scopo dell'autore di queslo opuscolo fu di prescntare il quadro dei
provvedimenti di pubblica amministrazione emanati dal governo
piemontese, dopo che sail al trono la Maesta del re Carlo Alberto.
L'autore s'attenne all'ordine cronologico ncl dar conto di que-
sti provvedimenti, onde far conoscere i miglioramcnti sociali cbe
andaronsi mano mano introducendo. Sicconie pero tutti gli atti
della pubblica autorita concernenti il governo della socicla appar-
tengono piii o meno diretlamente o all'ordine politico, o aH'intellet-
tuale, o al morale, o all' economico, percio i provvedimenti di cui
si parla nel libro annunciato, si possono classificare riducendoli
ad alcuno degli ordini sovraccennati, al quale, pel fine cui mirano,
si riferiscono. Cos! la creazione del consiglio di stato e il riordina-
mento degli uffizj d'intendenza appartengono all'ordine politico.
Le istituzioni che hanno per iscopo di proteggere le scienze e le
belle arti e di onorarne e rimeritarne i cultori piu distinti sono da
riferirsi all'ordine intelleltuale. I provvedimenti che riguardano
gl istituti di benificenza, le opere pie, gli asili per 1' infanzia, i ri-
coveri della mendicita e le carceri, si possono classificare solto l'or-
dine morale. Gli altri provvedimenti, avendo in generate per iscopo
gli interessi materiali, agevolando lo sviluppo dell' industria e del
commercio, somministrandone i mezzi che dipendono dal governo
o togliendone gli ostacoli , appartengono all' ordine economico. Bi-
sogna pero eccettuare la legge che creo la commissione superiore
e le commissioni speciali di statistica. Poiche 1' uffieio della statistica
si e di tener conto di tutto cio che influisce sulla prosperita o sulla
miseria dei popoli.
Utile e savio divisamento fu certamente di tessere la storia di
qucsti atti di pubblica amministrazione, che melte in luce come in un
periodo sebben breve siasi provveduto ai bisogni della vita sociale,
che si vanno svolgendo, e siasi migliorata la medesima ne' quattro
suoi elementi. E tanto piu se ne vuole dar lode all'autore, perche non
si limito ad esporre nudamente i provvedimenti amministrativi
emanati in Piemonte nell' ultimo novennio, ma tocco assai accon-
ciamente anche i principj di sociale economia e di politica, su cui
sono fondati. X Y.
APPESDICE ITALIANA. a63
Saggio di direziohe e di extra jisico-morale deW uomo s
del dottore Raimondo FiNELLA, seconda edizione ri-
veduta ed aumentata daW autore con note ed ag-
giunte della signora corcirese Marina Calichirpulo.
Napoli, i83g. Un vol. in 8.°
Se e vero che le massime in attenenza all'educazione dell'uomo
non denno provenire dalla sola astratta filosofia, e dalle nozioni
metafisiche , Jna bensl dalle deduzioni ritratte dalla perfetta cogni-
zione della meccanica dell' impasto fisico di cui consta esso uomo,
e dall' elatterio delle molle morali, solo il medico puo dame i piu
giusti prccetti, dacche egli ben conosce in quale guisa si abbiano
a dirigere gli atti, i pensieri ed i sentimenli a quell' armonia fi-
sico-morale cbe ha per risultamento la virtu,, il sapere e la sanita.
II signor dottor Yinella, operando in seguito ad ottimiprincipii e giu-
ste vedute , compose un libro cbe non puo non essere utile a quanti
all'allevamento de' fanciulli attendono, valendo, anzi tulto, a bene
indirizzare 1' infanzia ed a regolare le prime abitudini dell' uomo,
le quali , generalmente rimanendo ferme poi per lutta la vita, in-
fluir possono sul bene e sul male di questa. Fu il lavoro suo la
prima volta ben accetto , ed esaurita la prima edizione, die' mano
alia seconda con retlificazioni ed aggiunte onde viemmaggiormente
riuscisse all' uopo. E la consorte di lui , non meno amante del
pubblico bene, con imporlanli note e con un epilogo dell' opera,
ha voluto concorrere a somministrare i mezzi piu validi ed op-
portuni a conservare 1' armonia fisica, morale ed intellettuale ,
sommo bene cui l'liomo possa agognare , e che sporto gli viene
non solo dalla Datura e dal proprio volerc , ma ben anco dall' o-
perare degli educatori. Fanlonetti.
Manuale degli assistenti ai malati, delle assistenti alle
donne di parto , levatrici, aje e madri di famiglia in
generale, del prof es sore F. E. Fodeke. Prima versions
italiana con note del dottor G. N. — Pisa i83g,
tipografia Nistri, in i8.° di pag. XX v e 180, italiane
lir. i.* 68.
I libri, come le persone, non si giudicano dalla mole, o dal-
l'apparato csteriorc. Ecco la conferma di questa sentenza nel mo-
deslo libretto che annunciamo, libretto di un merito segnalato,
cosi per la filantropica istruzione che racchiude, come per la
264 APPENDICE ITALIANA.
somma utility clie promette al corpo sociale, ove venga diramato
come si deve nelle classi popolari. II professore Fodere (nome igno-
rato da ncssun medico), falalmente rapilo ai vivi gia da alcuni
anni , s' avviso di ripiegare la vastissima sua scienza alio scopo di
ammaeslrare le persone che per mestiere o per caritatevole incli-
nazione vengono al letto degli infermi onde assisterli e soccorrerli
ne' loro bisogni. Ogni medico ed ogni sensalo filantropo sentira
1'importanza di questo avvisamento, il quale copre una lacuna ri-
marchevole ncgli interessi dell'umana societa. Di falto, e chi non
prova il desiderio di migliore istruzione e di maggior sentimento ,
negli individui che si danno all' ufficio di infermiere.. in vista di
tanta influenza che esercitano sull' esito delle cure mediche ? Vero
e che anche prima del professore Fodere alcuni savj si erano oc-
cupati di tale subbietto, ed avevano tentato ai modi di far cessare
questo sentito bisogno. Ma o trascesero colle dotlrine, e trassero
il popolo piu addentro nell' uso della medicina che non conscute
la limitata capacita di chi non e medico; o si slrinsero ad aridi ed
insignillcanti precetti, e lasciarono ancor vivo il desiderio di una
istruzione piu opportuna ed efficace (*). II nostro autore, misurando
con sommo accorgimento i due estremi, si tcnne ad una via di
mezzo , c adopero in niodo , che la sua operetta, senza apparato
di cose inutili, senza porgcre al popolo le armi pcricolose della
medicina, toccasse ai punti, alle praliche, alle avvertenze tutte
che possono convergere alio scopo di una buona ed utile applicazione
per 1 assistenza de' malati. Questa operetta e scritla con ordine aflb-
ristico, percio concisa ; ma talvolta lo stile vi appare sconnesso ed in-
terpretalivo. Cio non toglie pero che, in complesso, il libro sia rimar-
chevole per la molta semplicita e chiarezza, e si raccomandi per
quella conscienziosa sollecitudine , che rivela un profondo sentire di
carila cristiana. Per primo dis-corre delle qualita, degli atlributi, de'
dovcri speciali degli assistenti, loro indicando le principal] avver-
tenze da osservarsi neH'adcmpimento de' loro uflicj. Quindi li con-
duce per tutte le bisogna de' malati, assegnando le regole piu pre-
cise ne' singoli casi, spingendo la sorveglianza per le piu minute
occorrenze, presentando i migliori suggerimcnti per la condotla
da tenersi anche nelle piii difficili circostanze. Poi addila le cure ,
(*) Giustizia vuole pero clie sia fatto onorevole ricordo dell'^rt
tie soigner les malarfes cc, del signor Lebcaiul (Paris iSaS), operetta,
che , per quanto a noi consta , non fu tradotta ael nostro idionvta.
APPEND1CE 1TALIAIVA. a65
le pcecanzibni - le norme tulte che riguardano ramministrazione
tie' rimed) e degli alimcnti. Viene in seguilo a dire dei scgni delle
morti apparent!, cd enumera quelli della morte rcale, onde non
si rinnovino gli sbagli funesti, die occorsero pur talvolta in onta
delie discipline mcdico-legali. A questo proposito non lascia di
suggcrire quanto puo riescire ad immediate- soccorso od a pralica
migliore. Finalmente, volgendosi specialmente agli assistenti pei
parti, alle levatrici ed alle niadri di famiglia, stende un coin-
plesso di ammonizioni e di precelti risguardanti la eondolta da te-
nersi per le donne incinte e le partorienti , nonche pei neonati ,
che puo riguardarsi per un codicc popolare di ostetrieia della piu
alta importanza. Gome poi tutti qucsli oggetti sieno trattati, quanta
sapienza rifulga dai modesti insegnamenti dell' aulore , e quanlo
benelicio possa ridondarne all' egra umanita, bisognera cercarlo
nelle 170 pagine che formano il contcsto del libro, clie noi vor-
renimo nelle mani di ogni classe di persone. Non esitiamo di affer-
mare, che a nessuno anche fra i medici possa increscere di gettare
uno sguardo su queste pagine. Sia dunque la dovula lode al si-
gnor dottor G. N., il quale si assnnse la versione di questo teso-
retto di utili cognizioni , e possa csscrne rimeritato dalla compia-
cenza di aver procurato all' Ttalia un libro di testo per la scuola
degli infermieri, quando pure si vorra provvedere all' istruzione
tanto desiderata per questa classe di persone.
Dott. G. De Filippi.
Rudimcnti mineralogici compilati ad uso degli incipicnti
lo studio della mineralogia da G. Z. Cam UNO. Edi-
zione seconda ( 1 ). Pavia^ nella stamperia Fusi e C. Un
vol. di 5oo pag. in 8.°
L'autore non poteva pi 11 modestamente parlare di questa sua
opera di quello che fece nella prei'azionc. Egli dice « non consi-
» stere essa veramente che nella sposizione affalto piana e suc-
» cinta delle nozioni piu comuni ed elementari^ e ad un tempo ge-
» nerali della Mineralogia , in cui , premessa nella enumerazione e
» delerminazione delle qualila o caratteri dei minerali la indicazione
(1) La prima edizione , mollo piu ristretta , comparve in luce in
Pavia ncl i834 colic stampc del Fusi, e col titolo di Frammeuli
mineralosici.
^66 APPENDICE ITAUANA.
» dei mezzi pci quali giugnere alia distinzione dei singoli ricono-
» sciuti come diversi, ed enunciate le leggi che ne governano la
» gcnerale loro costituzione chimica o composizione , si fa poscia
» conoscere, per via di speciale descrizione, la natura particolare di
» ciascuno di essi, che coordinali vengono secondo uno dei metodi
» gia noli, il quale parve , pei motivi che si adducono, merilevole
» di tal preferenza ».
Prescello agli altri e il lodato mctodo del signor Nccker, esposto
iiell' opera Le regne mineral ramcue aux melhodes de fhistoire na-
turelle. Distinguonsi in un tal metodo primieramente i minerali
d' aspctto metallico, metallofani, quelli d' aspetto lapideo, litofani,
quelli che son medj tra' precedenti partecipando alle loro qualila ,
amfifani , e per ultimo gli infiammabili. Poiche la classe degli am-
fifani comprende gli ossidi e parte de' solfuri metallici, ne viene che
i minerali metallici sono distribuiti tra la suddetta classe e quella
de' metallofani, anzi ve n'ha anche in quella de' litofani, come per
csempio i carbonati di ferro, di zinco, di rame associati come sono
a' carbonati terrei. Egualmente, coll' csempio del gesso e dell' ani-
drite, del talco e dell'idro-talco , dell* allume e dell' allumite, ec. ,
polremmo dimostrare come sovente il ISecker, per osservare il ri-
gore scientifico, disgiunga minerali che piii naturalmente, a quel che
pare, veggonsi uniti ne'metodi consueti. Quindi e che 1' istruzione
clemeiitare ne scmbrerebbe piu facile a condursi secondo uno di
questi metodi , il quale abiliterebbe poscia ad apprendere ed ap-
prezzare quello del Necker.
L' autore degli annunziati Rudimenti mineralogici li dice piu
particolarmente diretti ed accomodati all'insegnamenlo orale, cioe a
scrvire di libro di testo cui le lezioni del professore porgano am-
pliazione ed illustrazione. E a quest' uopo 1' opera ne pare vera-
mente appropriata. Comparte giusta dotlrina ; e detlata con chia-
rezza e semplicita , e proporzionata alle attuali cognizioni minera-
logiche , con tale equa misura , che sfugge scarsezza e copia so-
verchia : quindi opiniamo che agli sludiosi essa riuscira di molto
vanlaggio, e che inoltre riuscira gradita a qualunque amatore della
mineralogia. Ne sieno dunque rese lodi all' autore, al dotto profes-
sore, che per quella stessa modeslia nolata in principio sottrasse
il suo nome alia curiosila de'lettori, metlendo loro innanzi colle
apparenze del proprio nome quello esprimente la sua patna (Ca-
muno significa nativo della valle Camonica),e il nome suo non al-
trimenti signilicando che con le iniziali di esso.
APPEXDICE ITALIANA. 2G7
Annuario delle scienze chimiche farmaceutiche e medico-
legali ad uso dei farmacisti e medici y in continua-
zione dclla Gazzetta eclettica di /armaria e del Sup-
plimento al Trattato difarmada di J. J. Virey per
G. B. Sembenini (anno 1 840 ) fascicoli I e II. —
Trerona, tipografia poligrafica di Giuseppe Antonclli.
Stcchiomeljia chimicofarmaceutica _, ossia etiologia c
rappresentazione dei processi e dei Jenoineni relatid
ai preparati chimico-farmaccutici in formole atomiche
di C. Ft: Hdnle, dottore in fdosofia , farmadsta in
Lahr , ec. , traduzione dal tcdesco con aggiunte di
G. B. Sembenini. — Verona^ tipograjia di Giu-
seppe Anlonelli, 1840^ un volume in 8.° grande di
5oo pag. con tav. Prezzo austr. lir. 8.
L'Annuario suddetto che succede alia Gazzetta eclettica gia pi it
volte annunziata in questo giornale « viene limitato per il 1840
» ad un solo volume, il quale sara pubblicato in sei fascicoli si-
» mili a quelli del Tratlato di farmacia del Virey (1), ilcui formato
» e carattere nuovo e compatto , e tale da costituire, a parita di
» volume, il doppio di materia onde constava la Gazzetta eclet-
» tica e onde conslano le altre opcre di simil genere. Ogni fasci-
» colo costa austr. lire 1. 5o. Le commissioni e i pagamenti si ri-
» cevono dagli editori fratelli Negretti in Mantova.
» II nostro libro (tal promessa c fatta al lettore) in coufronto ad
» allri di simil genere , avra un rilevante vantaggio nel presentare
» la relazioue dei progressi scientifici piii utili del celebre cbimico
» svedcse, e la immediata traduzione od il sunlo dei piii interes-
» santi arlicoh dei giornali tcdeschi, senza trascurare pero quelli
» delle altre nazioni, e dando sempre la preferenza alle italiaue
» produzioni ».
L'altra opera annunziata, clic dobbiamo, come la preccdente, alia
laboriosita del signor Sembenini , cioe a dire .. la traduzione della
Stechiometria dell'Hanle, e stata corredata di molte aggiunte relative
alia cbimica filosofica , tratle da varj autori , e particolannentc di
varie Mcmorie del signor Sebasliano Purgotti , intorno alia teoria
atomislica ec. , e delle Considerazioni filosofiche del signor Gav-
Lussac intorno alle forze chimiche.
(1) Vedi Blbl. Iial.j torn, o,3.° pag. 96, i838.
a68
YARIETA.
Metodo elcttro-chimico per stagnate. Articolo di lettera
di G. Ferrari fcuniacista a Trige\>ano.
Un' idea nuova e figlia di cento nntirlie.
Alfieri.
D
"all' intercssamento clie lianno eccitato i lavori di Jacobi non
clie di Marianini, relativi alia formazione delle medaglie col mezzo
elettro-chimico. fui indotto anch'io a tosto preparnrne tanto col
metodo del primo che colle ultimc modificazioni del secondo: ma
non avcndo avuto foglia d' argento al momenta da impicgare , ho
usato delle foglie di stagno, e mentre estraeva le medaglie dalle
soluzioni di rame per osservare l'andamento dell'operazione cioe,
se il rame ridotto dal solfato veniva trasportato e deposto unifor-
memente dall' elettrico sulla foglia di stagno , mia moglie, clie tro-
vavasi presente in quell' islante, disse: « Buona cosa e il far so-
vrapporre e far aderire il rame sullo stagno; sarebbe pero meglio
far sovrapporre ed aderire lo stagno sul rame pei divcrsi usi spe-
csalmente di cucina». Cio mi ha richiamato alia mente gli impor-
tant lavori sulla doratura di Dc La Rive^ dietro i quali ho dedotto
un metodo per stagnare, che tosto rnisi alia prova con buon suc-
ccsso ; ed ecco come ho operalo.
Presi adunque una lamina di zinco di circa la sesta parte di
snperficic delle interne parcti di un vaso di rame non stagnato ;
ad un' estrcmita della piastra di zinco vi ho fatto un foro, nel quale
ho introdotto ed assicurato una lamina di rame , che quindi ho ta-
gliato longitudinalmente in due, sino quasi alia sua base attaccata
alio zinco; ho posto la lamina di zinco in una piccola vescica o
budello chiuso alia estremita inferiore e contenente una lunga so-
luzioue di sal comunc, ovvero dell' acqua acidulata d' acido solfo-
rico; ho chiuso 1' estremita supcriore della vescicaj legando la
parte della lamina che sovrastava la pinstra di zinco e lasciai li-
bere la maggior parte delle lamine di rame , le quali ho piegate
1 una opposta all'altra, curvandole leggicrmente in modo da far
toccare le loro estremita alle parcti interne del vaso stesso. onde
V A R I E T A'. 269
eoslituire in tal guisa il polo positivo riguardo alio zinco clie tro-
vasi negative La vescica deve essere sospesa nel vaso col far
appo""iare le basi delle lamine di rame rivolte a due bacchette
di vetro o di legno poste orizzontalmente sul vaso di rame stes-
so, oppure legando con iilo l'estremita superiore della vescica alle
bacchette suindicate.
Disposto cosi l'apparato, ho versato una lunghissima soluzione
al cloruro di stagno ottenuta, mettendo uu poco di sale di stagno
uell' acqua ( proto-cloruro ) decantando o liltrando la soluzione
per separarla dal deposito di sotto-cloruro , che formasi: la solu-
zione deve essere introdotta nel vaso , versandola sopra la vescica
onde facilitare e sollecitare lo sviluppo dell' elettrieita.
Stabilita in tal modo la corrente voltaica , e facile lo scorgere
con quale facilita si decompone il sale di stagno e la riduzione del-
l'ossidoin melallo, e come lo stagno ridotto venga dall'eleltrico uni-
formemente trasportato ed equabilmente distribuito sulFinterna su-
perficie del vaso di rame. Sara bene di cambiare la posizioue
della vescica contenente lo zinco, affinche le parti interne del
vaso che sono in contatto colle estremita delle laminette di rame,
vengano cambiate e messe a nudo, ossia alio scoperto, onde po-
tersi ben coprire di stagno come le altre parti del vaso stesso.
Stante la pochissima quantita di sali ed acido che si deve im-
piegare per la miglior riuscita e la facile esecuzione di questo me-
lodo elcttro-chimico per stagnare, parmi poter arguire con fonda-
mento che uu tale metodo si possa preferire a quello chs viene
comunemente praticato.
De' trasporti mctallici operati dall' elettrico.
E nolo come il trasporto di sostanze metalliche operato per via
umida dall' elettrico, e scoperto e considerato sino dal 1800 dal
Brugnalelli (1), sia divenuto in questi ultimi tempi un mezzo a
(1) Vcdasi la sua Memoria sull' ossielettrico, stampata ncgli Annali
di chimica e storia naturale, tomo XV7III. Pavia 1S00. II Brugnatelli
non omise di applicare 1' elettrico alle dorature e ad altri metallic!
ricoprimenti ; veggasi la smldetta Memoria. c gli Annali suddetti ,
tomo XXI, pag. 148. Tratlato elementare di cliiinica, vol. II, p»g. 278;
anzi insegno come vestire di pellc niclallica anche il carbone, c
sono notabili le scie osservazioni sul carbone idrogenato, intorno al
qual carbone ocenpossi rcct'iitemente il signor Sinec, come lcggianio
370 V A R I E T A .
mirahili ed ulili applicazioni, poiche sc ne valscro il Becrjucrcl al-
l'estrazionc dell'argento (Bibl. ItaL, torn. 93.", pag. 126), il De La
Rive alio denature (Bibl. ItaL, torn. 97. °, pag. 72), il Jacobi, il Ma-
rianini , il Politi alia riproduzione delle immagini. Ora vogliamo
COQsiderare il trasporto di materia metallica che si opera dall' elet-
trico quando producendo arco luminoso, si slancia dall'uno all' altro
polo, iutoriio al quale argomento gia Davy, Hare, Daniell, Fusinicri,
e da ultimo il signor Grove occuparonsi, e di quest' ultimo appuiito
prendiamo a riferire le important] sperienze e osscrvazioni che ci
sono notilicate dalla Biblioteca Universale, ne' suoi fascicoli di feb-
brajo e di giugno dell' anno corrente (1).
La materia scagliata dal polo positivo al negativo, mediante
1' arco luminoso , trovasi in condizione di polverc ed'ossido,se
l'operazione avvenne nell' ossigeno, ovvero nell' aria; ancbe il pla-
tino ne sembra leggermente ossidabile , poiche la scintilla cbe ot-
tiensi tra due punte di platino nell' ossigeno puro, vale a diminuire
la mole del gaz; se poi 1'ambicnte e il voto, o l'idrogeno o l'azo-
to , la delta materia altro non e che polvere di quel metallo
che fu polo d'onde parti la scarica elettrica. Da questa materia
iinissima e candente deriva probabilmente il colore dell' arco lu-
minoso , che infatti e vario secondo la Datura delle punte tra cui
ha origine (2).
II signor Grove ebbe a fare quest' importante osservazione, che
la natura del mezzo ambiente, e I'azionc ch'esso esercita sui me-
talli, facilitano in singolar modo il passaggio della corrente Ira le
due punte metalliche. Cosi non mai gli venne fatto di ottenere un
arco luminoso continue* in un ambiente d' idrogeno secco e puro,
tranne il caso nel quale impiegavansi due punte di carbonc, ed
eravi produzione d' idrogeno carbonate
II ferro, se 1' ambiente e aria od ossigeno, produce arco bnllan-
tissimo, ma se e idrogeno o se il voto, tla a scorgerc appena una
Bella Biblioteca Universale del giugno (840 (ved. Annali di chimica
c sloria naturale } vol. XXII, pag. 295. Pavia i8o5; c Menmrie dcl-
I'htituto nazionale ilaliano , vol. I, parte II, pag. 298.)
(1) Queste esperienze furotio falte mediante 1'usod'una batteria
elettrica composta di ?>6 coppie di platino e ziuco d'un pollice
quadrato, e potentc a produrre un arco luminoso di o,4 di pollice
tra due punte di carbone (vedi Bibl. llal. , torn. 96.0, pag. 125.)
(3) Era gia stato osservato dal Brugnatelli, die u le scintille com-
>: pajouo con diversi colori secondo i divcrsi mc]_alli die s'impie-
>9 gano per provocarle ». Annali di chimica e storia naturale, to-
mo XXI, pag. 144.
varieta'. 271
debole scintilla; all'incontro il mcrcurio produce anclie nell' idro-
geno, nell'azoto, o nel vuoto, una scintilla alquanto brillante, e si-
mile incirca a quella che produce nell'aria.
La vivacita e Iunghezza dell'arco luminoso sono in ragione della
maggiore o minore facilita d' ossidarsi di que' metalli tra cui l'arco
stesso si stende; infatti rispetto alle suddetlc doti dell'arco lumi-
noso i metalli succedonsi coll' ordine seguente: potassio , sodio _,
zinco, mercurio, ferrOj stagno, piomboj antimonio, bismuto, ramc*
argento, oro , platino.
II calore che si suscita e la diminuzione del metallo sono molto
piu ragguardevoli al polo positivo che al negativo ; se pero le espe-
rienze hanno Iuogo nell' idrogeno secco , nell'azoto, o nel vuoto,
calore e luce son egualmente intensi ad ambo i poli, e sieno o no
ossidabili i metalli che i poli stessi compongono.
La quantita di materia distaccata dall' elettrico scinlillante dal
polo positivo al negativo e probabile che segua la ragione della
quantita dell' elettrico stesso, talche la legge di Faraday circa
l'azione definita dell' elettrico nelle decomposizioni chimiche sa-
rebbe vera anche in questo caso. E in vero il signor Grove rin-
venne che quando l'arco luminoso passa Ira un pezzo di zinco di-
stillalo infisso al polo positivo, e un pezzo di platino infisso al nega-
tivo, tanto ossigeno s' impiega a formare dell'ossido di zinco, quanlo
presso a poco se ne sviluppa in egual tempo nel voltimetro posto
a parte del circuito. Se il platino ponsi al polo positivo, il metallo
ossidabile al negativo e sieno divisi da piccolo tratto d'aria atmo-
sferica, il voltimetro indica uno sviluppo d' ossigeno molto minore
di quello che avvenga a cose pari tranne l'opposla situazione de'
metalli.
Processo dagherrografico.
Insino dal giorno sette del mese di febbraio ultimo decorso il
signor ingegnere nobile Giuseppe Mozzoni preseuto al protocollo
dell' I. R. Istituto di scienze lettere ed arti in Milauo una lettera
suggellata , cui fu apposto il N. 35-j , e la quale, apei ta da poi ,
si trovo contenere un breve cenno in su di alcuni procedimenti
dagherrografici , il cui efletto e di poter ritrarre sulla carta un
numero indefinito di copie dagherrografiche senza che alterazione
di sorta ne sotl'ra-4' originale dagherrolipo. Giacendo una lamina
dagherrolipa in su di una lavola orizzontale, esposla ai raggj
272 VARIETA.
solan , e tenendo fra le niani parailclamente ad essa lamina un fo-
glio di carta fiba in modo da riccvcrne in sulla superficie inferiore
i raggi ritlcssi della lamina in discorso, l'immagine dell' oggelto
che questa porta designata si riflette fcdelmente in sulla carta ,
salvo che le parti illuminate compaiono in oscuro , le ombreggiate
in cliiaro. Riflettendo V aulore clie questo fatto e pur quello che
interviene colla carta fotogenica di Fox-Talbol, avviso che non
sarebbe stato difficile ottenere le immagini fissate coi veri lumi
come nell' originale dagherrotipo. II perfezionamento di tanto fa-
cile daghcrrografia non dipendeva quindi se non se dal perfezio-
uamenlo del processo Fox-Talbot, cui di leggieri anche altri po-
tevauo rivolgere il pensiero e condurre a buon termine. Estimo
cgli impertauto di dare una data certa al suo ritrovato. L' appa-
recchio che servi al signor Mozzoni ne' primi suoi esperimenti , fu
quello istesso di una camera oscura comune collo specchio incli-
nuto a 45 gradi , che riflelle le immagini sul vetro smerigliato
orizzonlale , a difftrenza: i°, che alia lente consueta, altra ne so-
stitul assai piu forte, ponendovi al loco un diaframma in guisa da
cscludere ogni luce spuria ; 20, sullo specchio , od al posto di
esso, pose a giacere la lamina dagherrotipica; 5°, al luogo del ve-
tro smerigliato colloco 1' accennata carta fotogenica in modo da ri-
sultare parallela alia lamina dagherrotipica , e sempre cogli oppor-
tuni ripari conlro ogni cffetto di luce esterna. La copia risulta evi-
dentemente piu grande dell' originale, perche viene riprodotta da uu
fascio di raggi divergent!, per cui permette anche con migliore efFetto
che lelamine dagherrotipiche sieno assai piu piccolc dclle usitate. Col-
1' istesso apparecchio si possono riprodurre i contorni ingranditi di
oggetti di storia nalurale, ove si pongano essi ad intercettare i raggi
solari fra il diaframma e lo specchio. In atteuzioue di piu estese
parlicolarila , assecondando di buon grado i desiderj del nobile
ingegnere , abbiamo creduto opportune di far conoscere ai nostri
leggitori quesli primi cenni che tornano di bastaute imporlanza.
Necrologie.
Domenico Viviani.
Sonovi degli uomini, la cui perdila lascia un volo che diflicil-
icnte avviene rcsti fiempito da altri per modo che non rimanga
VARIETA1. 2j3
desiderio di loro presso i posleri. Fra questi io credo possano
con ragione i Genovesi collocare il professore Domenico Viviani,
che dopo parecchi anni di dolorosa malattia manco ai viventi il di
i5 febbrajo del corrente anno in Genova. Nello stendere questi
brevi cenni sulla vitae sui lavori del medesimo intendiamo rendere
un tributo di gratitudine a cbi ne fu maestro carissimo. Altri,
piu istrutlo, sottommettera in appresso ad imparziale disamina i
suoi lavori , per porre in chiara luce quello veramente cbe ope-
ro a vantaggio della scienza da lui professata per circa quaran-
t' anni , ed innalzera cosi piu durevole monumenlo alia di lui me-
inoria: ne 1' Italia inaiica d' uomini e per luini e per onesta di ca-
rattere capaci di tanto.
Nacque Domenico Viviani nel luglio del 1772 in Legnaro, pic-
colo villaggio della Riviera a levante di Genova. Qui egli fu
educato fino alia grammalica, la quale poi colla reltorica e la filo-
sofia ando ad apprendere alle pubbliche scuole del paese di Le-
vanto dalla nobile famiglia Da Passano in allora erette, e del pro-
prio stipendiate.
Egli e sotto del Righetti suo professore di rettorica che attese
specialmente a perfezionarsi nella lingua del Lazio per modo che
ne fu sempre scrittore non solo, ma parlatore elegante, e dal me-
desimo aveva pure appresi i principj della lingua greca che in
appresso, trovatosi in Genova a canto del celebre Solari scolopio,
coltivo con ardore tale da poter con facilita ed esattezza voltare
il greco in volgare.
Non appena ebbe finito il corso delle filosofiche discipline, chiese
ed ottenne un posto franco di quelli che la munificenza del medico
e professore dell' archiginnasio romaiio Domenico Rivarola aveva
instituiti nel 1657 ne' collegio di Siena. Quivi, sotto Canovai e
Dal Ricco apprese le matematiche, e contemporaneamente appli-
cossi alia medicina ed alia storia naturale, e tale interesse pren-
deva per lo studio dell' anatomia, che il Mascagni lo ebbe caris-
simo fra tutta la numerosa sua scolaresca. Terminato il corso per
la medicina , recossi a Roma , dove ottenne la laurea dai pro-
fessori di quell' archiginnasio con pubblico applauso. Educato fino
da' pnmi suoi anni alia scuola de' classici latini, piena la giovane
e robusta sua mente delle antiche ricordanze della repubblica e
dcH'impero romano , non appena ebbe adempiuto alio scopo per
cui erasi cola portato , s' invoglio di fare una peregrinazioue pei
selte colli che coi rurleri maestosi ad ogni passo rammenlano quel
Bibl. Ital T. XCVIII. 18
274 V.UIET A'.
popolo eroico, le cui gcsta, in leggendo Tito Livio, Cornelio
Nipote, Tacilo, ec., avcanlo tante volte sorpreso, e que' latini
poeti, fra i quali Virgilio ed Orazio , gran parte de' quali sapeva
a mcinoria e delle cui bellezze deliziavasi ripetendonc i piu bei
passi. E ripensando come potesse portar seco un ricordo di quesla
sua perlustrazione , vennegli al pensiero di raccorre le piante che
avrebbe trovale sui luogbi che andrebbe visitando , per ritenerle
presso di se quali testimonj di tale suo viaggio archeologico. Per
tal modo Viviani, per una via tanto indiretta quale era quella del-
1' archeologia, incamminavasi quasi senza avvedersene al tempio di
Flora dove aveva a rimanere come uno de' suoi piu cari ministri.
In pochi giorni Viviani si ebbe per tal modo quasi compiuta
una flora de' contorni di Roma ; e gia invaghitosi della botanica ,
parti da quella citta deciso, non appena fosse tomato al patrio
tetto , di percorrerne i contorni , visitare le vicine vette dell'A-
pennino per raccorvi le piante di cui e ricco , ed ordinarne una flo-
ra. A questa particolare vocazione per la botanica tulto parve co-
spirasse: giunto a Legnaro Viviani, suo malgrado, viene chiamato
ad assistere de' suoi lumi due ammalati; questi gli muojono , ed un
terzo in pochi di corre la stessa sorte. Tanto basto perche il gio-
vane medico si decidesse di abbandonare la medicina pratica
e si dedicasse alia storia naturale , ma specialmente alia botanica ;
e ad oggetto di fame uno studio piu profondo ed esclusivo , par-
tissene per Genova, dove, poco dopo esservi giunto, presentatasi
l'occasione d'andare in qualita d' institutore presso una delle prin-
cipali famiglie di Milano, cola porlossi per tale uflizio; era il 1795.
Fu durante questa sua dimora in quella capitale della Lombar-
dia che nelle ore libere dalle sue occupazioni attese alio studio
della lingua tedesca, e vi fece progressi tali che, a modo d' eser-
citazione, pote intraprendere la traduzione delle seguenti due ope-
rette: Tratlato delle malattie de' bambini e della loro educazione
fisica, di Crhtoforo Girtanner. Traduzione dal tedesco coll' ag-
giunta d'anArticolo sull' innesto della vaccina. Tom. I. e II. Geno-
va, 1801 dal Frugoni. — Preliminari d' una price mcdica fra Brown
ed i suoi avversarj. Traduzione dal tedesco, vol, I, 1801, dal
Frugoni. E siccome aveva presso quel nobile signore copia d' ot-
timi libri d' istoria naturale , dove potersi escrcitare a suo piaci-
mento, lungi dal lasciarsi egli pure trasportare e correre dielro a
quelle novila oltramontane che in que' di misero a soqquadro la
niiscra Italia, egli reslavasi sempre isolate ed incontaminato ; c
varieta'. aj5
taulo era persuaso che la botanica colle sue allratlive era quella
che avevalo salvalo dalla presso che generale corruzlone , che
egli soleva dire : « non esservi studio che possa piu possente-
» mente cooperare alia quiete dei governi ed al progresso dell'in-
» civilimento , quanto quelle- della botanica , non tanlo per le con-
» tinue sue applicazioni , quanto e piu ancora per 1' innocente e
« sempre utile passione che inspira in quelli che la coltivano «.
Vedendo inoltre quanto d'ajuto avrebbe potulo ritrarre dalla co-
gnizione della lingua spagnuola , che la Spagna aveva in que' giorni
copia di uomini sommi, da se solo colla grammatica ed il diziona-
rio T apprese ; se non per quanto vuolsi a parlarla con facilita ,
almeno per quanto basta a tradurla esattamente. E siccome di sua
natui a egli fu sempre vago d'apprendere nuove cose e cosl dopo le
sue esercitazioni nelle anzidette due lingue , vennero ancora quelle
di lingua inglese che apparo sufficientemente per leggere ed in-
tendere francamente un tale idioma. Le vicende politiche pero cui
andava soggetta 3Iilano negli ultimi anni dello scorso secolo tol-
sero il Viviani a quella sua dimora ed a' suoi studj , e dopo il
inemorabile blocco di Genova egli trovavasi in questa cilta alia
direzione del giardino botanico del marchese Gian Carlo Di Negro,
La ViUctta, e nel medesimo faceva scuola di botanica ai medici
Lando , Mojon Benedetto, Ferrari, ec; ai chirurghi Marchese,
Marchelli, ec., ed ai farmacisti Odero, Lercora, ec. In tal modo
disponevasi alia cattedra di tale scienza dianzi stata stabilita in
questa Universila, che dopo essere stata occupata dal Bait, dal
Pratolongo Giambaltista (1787), non ebbe piu nessun professore
lino al i8o5, in cui venne conferita al Viviani, il quale molto cre-
dito gia aveva acquistalo presso diversi patrizj genovesi, che,
come il Di Negro, avevangli dato libero accesso alle Ioro librerie
ed ai loro ricchi giardini botanici , e tra essi nominava piu di fre-
quente Giacomo Filippo ed Ippolito Durazzo. Durante questo tempo
diede alia luce diverse produzioni che gli procacciarono rinomanza.
Sono qucste , nell'ordine che vennero pubblicale, Y JElogio del fu
dottore Giacinto Gibelli membro della Societa medica d'emulazione
di Genova (29 aprile 1802 ) ; il Cutalugo delle pianle dell' orto
botanico del marchese Gian Carlo Di Negro ( 1802 ); la com-
pilazione di tre fascicoli dcgli Annali di botanica ( i8o2-i8o3) ;
per ultimo una Memoria sopra alcuni erronei risultati dedolti nel
calcolare le rispeltive mortalila del vajuolo naturale e del vajuolo
inuestato ( 1 802 ).
276 V A R I E T A'.
La nomina di professore non fu pel Viviani , come per molti
vedesi succedere , 1* ultima meta de' suoi desiderj ed il termine
de' suoi sludj : tutlo all' opposto , conoscendo egli essere tcnuto
non tanto ad onorar sc , quanto la cattedra che andava ad occu-
pare, dedicossi invece con maggiorc impegno di prima alio sludio
di que' rami di sloria naturale, il cui insegnamento eragli stato
affidato onde averne fama e darne ad una scuola che per allora
nessuna ne aveva; ne fallivagli tale desiderio. Pensando prima
d'ogni cosa importar molto la scelta d'un buon metodo nell' inse-
gnamento, ne fu sollecito assai, e senza recitare lezioni serine, dis-
sertava sulle materie da traltarsi con un metodo ed una proprieta
di lingua che incantava. Siccome d'altra parte aveva gia esperi-
mentato molto importare che la gioventu avesse un libro che le
fosse di norma nello studio , e dovendo scegliere per la botanica
un libro elementare fra quelli cbe erano stati in allora pubblicati,
quello cioe in tedesco del celebre Willdenow, quello in ispagnuolo
d' Ortega , o di Gavanilles, quello del Nocca o d' altri , preferl
d' intraprendere la traduzione de' Principj elementari di botanica
di G. A. Cavanilles, cbe pubblico coi lipi del Frugoni , Genova
i8o5, come i migliori per tale oggetto.
Nell' occasione poi di una disputa avuta col Nocca, il Viviani
stampo come a sua giustificazione un Saggio sulla maniera d'impe-
direla confusione che tien dietro alia innovazione dei noini ed alle
inesalte descrizioni delle piante in botanica. Milano, i8o4- Annesse
a questo saggio sonovi due lavoleinramerappresentanti due piante,
incise dal Viviani, che oltre il disegno, anche 1' incisione aveva ap-
presa in Siena, e della medesima dileltavasi nelle ore cbe restavangli
libere dalle sue quotidiane occupazioni. Le diverse Memorie che
pubblicava, e la sua opera sui funghi d' Italia ne danno prova della
sua perizia ne'predelti due rami delle belle artij ed io posseggo
de' ritratti da lui disegnati a matita con perizia grande, e somiglian-
tissimi. Avverto questo percbe sia noto di quante belle doti andasse
ornato il professore che abbiamo perduto. Conteinporaneamente
pubblico una sua Metnoria sulla Sabella penicillus Linn. , che
leggesi nel Giornale di fisica, chimica e storia naturale, ec. , di
Lametherie, torn. LVIH , i8o5, Parigi, e che forse egli stesso
consegno al giornaiista suddetto, allorchu nell' aulurino dello stesso
anno fu per breve tempo col marchese Gian Slefano Spinola in
qiiella capitale della Francia , dove fece la conoscenza personale
V A R I E T A . 1JJ
de' piu celebri botanici , fra i quali di Lorenzo di Jussieu e di
Persoon, non che de'piii rinomali naturalisli, quali l'Haiiy, il Cu-
vier, il Brongniart,ec, a cui il nome del Viviani non veniva sco-
nosciuto , perche i suoi Annali di botanica ve lo avevano vantag-
giosamente preceduto.
Continuando ora ad accennare gli altri suoi lavori nell' ordine
col quale vennero impressi , vengono i scguenli : Memoria sopra
alcune nuove specie d' animali osservate nel mare Ligustico _, fra
le Memorie della Societa medica d' emulazione , torn. III. Genova
i8o4- Voyage dans les Apennins de la ci-devant Ligurie pour ser-
vir d' introduction a V histoire naturelle de ce pays. Genes , par
Giossi, 1S07. Flora Italica fragmenta. Genua;, Giossi , 1808. Mi-
moire stir le sable noir ou menakanite que Von trouve sur les co-
tes de la Ligurie. Giornale di Lame'therie citato , torn. LXIX.
Phosphorescentia maris quatuordecim lucescentium animalculo-
rum novis speciebus illustrata a Dominico Viviani _, etc._, accedit
novi cujusdam generis ex vermium familia descriptio et anatomes ,
cum tabulis aneis quinque. Mem. della Soc. med. d' emulazione,
torn. 4 j 1809. Mcmoire sur la Ligurite. Mem. dell' accad. di Ge-
nova, vol. Ill, e Giornale di Lame'therie, torn. LXXVII , i8i5.
Florce Corsica specierum novarum vel minus cognilarum diagno-
sis quam in Jlora italica fragmenli alterius prodromum exhibet
D. Viviani, etc. Genua? , anno mdcccxxiv. Flora? Libica specimen,
sive plantarum enumeratio Cyrenaicam, Pentapolim^ Magna* Syr-
teos desertion et regionem Tripolitanam incolentium j quas ex
siccis speciminibus delineavit _, descripsit et acre insculpi curavit
D. Viviani. Genua?, ex typographia Pagano mdcccxxiv. Novarum.
specierum diagnosis _, qua in altero Florce Italica fragmento de-
scriptione et icone illustrata comprchenduntur, quibus plantarum
italicarum minus cognitarum ccnturia accedit. Genua?, ex tipo-
graphia Pagano, mdcccxxiv. Plantarum egyptiarum Decades IV.
Genua? , mdcccxxx apud Gesino. Dominici Viviani in R. Universi-
tate Genuensi botan. et histor. nat. prof, appendix ad Flora Cor-
sica prodromum anno praterilo mdcccxxiv Genua aditum ex
speciminibus a dileclissimo olim audi tore meo med. doct. Steplia-
no Seraphino in Corsica lectis. Genua?, i85o. Appendix altera ad
Flora Corsica prodromum. Genua? , anno 1800. Delia struttura
degli organi clemcntari dclle piante c delle loro funzioni nella vita
vcgetabile, con 8 tavole incise in rame. Genova, dalla tipogralia
278 varieta'.
Gravier, i83i (1). I fun ghi d' Italia, e principnbnente le loro specie
mangerecce, velenose e sospette , descritle ed illustrate con tuvole
disegnate e colorite dal vera. Genova , dalla tipografia e lilografia
Ponthenicr, 1 854 j pubblicati 6 fascicoli (2). Memoria sopra alcuni
plagi in botanica, con alcune rijlessioni che tie conseguitano , espo-
ste in un appendice. Milano , dalla lipografia Rusconi, 1 858.
Quanto si e detto riguarda le pubblicazioni principal! che alle
epoche sovraccennate videro la luce ; che volendo dire dijutte vi
sarebbero da noverare molti articoli critici mandati in diversi gior-
nali (3); il dizionario zoo-botanico che stampavasi colla Iraduzione
delle bucoliche e georgiche di Virgilio fatta dal padre Solari, e stara-
patasi nel 18 10; una risposta ad una lettera scrittagli dal marchese
L. Pareto, dove determina la specie di piante, cui apparlennero
certe impronte di foglie dal Pareto lrovate nel gesso laminare
della Stradella, si V una che l'altra impresse nel t° volume delle
Memorie della Societa geologica di Parigi, ec. (4). Aveva pure gia
radunati mollissirni scritti per la pubblicazione d' una geografia fi-
sica della Liguria.
Una vita si laboriosa , una serie di tanti lavori, alcuni de' quali
interessantissimi per la loro novita , doveva far ambire ai diversi
corpi scientifici della colta Europa di avere fra i loro collaborator!-
il Viviani : venne difatto scrilto membro dell'Accademia di Ge-
nova e della Societa medica d' emulazione della stessa cilta non
solo, ma di tutte quasi le societa scientifiche d' Europa; ed i go-
verni che si succederono, dal democratico ligure all'imperiale,
quindi al regio di Savoja , tutti 1' ebbero in conto grande ; e lo
colmarono di benefizii e d'onori. Fu eletto professore di botanica
sotto del primo, sotto dell'imperiale ebbe di piu la cattedra di mi-
neralogia ; era fra i professori della scuola di farmacia , e pin tardi
inspetlore dell'Accademia. Sotto il governo atluale venne eletto
consigliere del protomedicato; ebbe da S. M. Vittorio Emmanuele
(1) Vedi Biblioteca italiana,, Tomi 65.°, pag. 45 e ig4, T. 66.°, p. go
e. 282, T. 67.0, pag. 268.
(2) Vedi Biilioieca italiana,, Tomo 8o.°3 pag. 36.
(3) Citeremo alcune Memorie ch' egli mando alia Bibtioieca iialiana:
Esame di un sistema di respirazione nelle piante ammesso dai
signori Brongniart e Dutrochet3 analogo a quello che ha luogo negli
animali. Tomo 67°, pag. 32i.
Esame di alcune nuove osservazioni intorno alia struttura del-
l'epidermide delle piaute. Tomo 74.0, pag. 462.
Del bisso degli antichi. Tomo 8i.°, pag. 94.
(4) Vedi Bibl. ital.j Tomo ^4°j Pag- 9°-
V A R I E T A . 279
Ota aumento di pensione vitalizia pei nuovi oggetti da lui aggiunli al
Museo, ed un nuovo aumento della medesima otteune allorche do-
vette lasciare il locale die abitava nel palazzo stesso dell' Universi-
ta. Per ultimo , quando S. M. Carlo Alberto felicemente regnante,
salito sul trono, penso di fregiare della decorazione di cavaliere
de'SS. Maurizio e Lazzaro quelli fra i suoi sudditi che piu meri-
tarono delle scienze , Yiviani fu del bel numero uno, r.ui tocco in
sorte dislinzione si bella ed onorevole. Quanti personaggi celebri
nelle scienze naturali transitavano per Genova, tutti facevansi una
premura di conoscerlo personalmente ; ed allorche fu in quesla
citta S. M. 1' imperatore Francesco I.° egli venne eletto a rice-
vere quell' alto personaggio, delle scienze naturali cultore dislinto,
nella visita che degnavasi di fare a questo regio studio.
Domenico Viviani pero mostro piu d' una volta anch' egli d'es-
sere informato di debole creta. Colpito da fiera nevralgia nel brac-
cio sinistra , che dopo averlo tormentato per 16 anni circa accom-
pagnavalo al sepolcro, ma sottomesso a si dure prove, riconobbe,
come mel disse piu volte , la mano dell' Onnipossente che si era
gravata sopra di lui , e venia chiedevale di sue debolezze. Fisse
resleranmi nella memoria fin che vivro queste brevi parole che di-
cevami il di 8 aprile del 1 858 , allorche trovatolo nella pubblica
libreria civica Berio , dopo poche domande fattemi ^u' miei studj ,
finiva : « Per me ho abbandonalo tultoj si e dalo anche Iroppo alia
scienza, conviene pensare all'anima», e mostravami di che slavasi
occupando : meditava e scriveva sui salmi penitenziali.
Genova Giambattista Canobbio.
Giuseppe Jacquin ( 1 ).
Tra le maggiori perdite che 1' Austria ebbe a deplorare con giu-
sto dolore negli anni trascorsi, anzi dal risorgimento delle scienze
sotto 1' iminortale Maria Teresa in appresso, quella del celeberrimo
(1) Dal JVienner Zeitung del 23 gennajo 1S4O. — Se il merito
distinto dell' illustre naturalisla , il barone Jacquin, e titolo gia
commendevole, pel quale prcsentiamo ai nostri lettori la traduzione
di questi cenni biografici, lo e altresi la grata inemoria che conserva
gran parte dcgli scienziati italiani della somma e liberale cortesia
e gentilezza di lui, colla quale gli accoglieva allorquando loro av-
vrnne di conoscerlo di persona e visitarlo in Vienna.
280 varieta'.
Giuseppe !>arone di Jarquin e una delle piu degne di compianto,
e piii gravi, anzi piu irreparabili: diciamo irreparabile, non gia
come se 1' Austria mancasse d'uomini, i quali nelle discipline da
lui coltivale., e in cui principalmente era divenuto autorevole e
avea fatto immortale il suo nome, non fossero in grado di progre-
dir degnamente al pari di lui, anzi forse piu luminosamente; ma
per quell' unione che in lui era di gran copia di profondo sapere
ne' moltiplici rami della scienza, e di pregi dell'umano spirito, as-
sociata alia piu rara modestia e alia piu nobile cortesia.
Giuseppe Francesco Jacquin, uscendo da una famiglia francese
gia dianzi stabilila alia Martinica, nacque il 7 febbrajo 1766 a Schem-
nitz in Ungheria. Quivi 1' illustre suo padre Nicolo, che dopo il suo
ritorno dall' Indie occidentali nel 1759 avea sposata la figlia del
suo antico amico e protettore G. E. Schreibers, imperiale regio
segretario di Governo in Vienna, insegnava sino dal 1763, come
consigliere monlanistico nella scuola montanistica che v' e stabilita,
non solo la chimica e metallurgia, ma anche la dottrina de' mon-
tanistici lavori.
Alloraquando poi nel 1768, per la spontanea rinuncia di Roberto
Laugier, rimase vacanle la cattedra di chimica e botanica nell'Uni-
versita di Vienna, fu chiamato Nicolo Jacquin ad occuparla, e con
lui Giuseppe ne venne ad autunno inoltrato di quell' anno a Vienna.
Dotato di un raro talento ereditato dal padre, che gia dalla piu
tenera eta faceva splendida mostra di se , e dava adito alle piu
belle speranze , ottenne egli, sotto la sorveglianza di un istilutore
fornito di moltiplice coltura , qual era Nicolo Molitor di Magonza,
stato poi professore, la prima istruzione nella casa dell' illustre suo
genitore, sotto la cui immediata scorta egli veniva educato ed erudito.
Sin da fanciullo accompagno il padre in tutle le escursioni nei
contorni della capitale si riccamente cosparsi dei doni di Flora, e
negli amplissimi spazj che si distendono dalle pianure ungheresi
alle noriche alpi, le cui cime entrambi ben anche raggiunsero.
E ne avvenue che, giovinetto com' era di undici anni, facesse
tale scoperta che la naturale istoria e la fisiologia arricchi di un
fatto non stato ancora fino allora avvertito, ond' ebbe occasione,
in si tenera eta , di gia poter comparire siccome scrittore. Quesla
scoperta, con cui egli per primo addusse prove in contrario all'opi-
nione, stata anche sino a questi ultimi tempi dominante, che non
tutte le lucertole si moltiplicassero per mezzo di nova , pubblico
egli in una dissertazione intitolata De lacerta vivipara> che fu stanr
pata ael primo volume Nova Acta Helvetica, 1778.
V A R I E T a\ 28l
Allevato il Jacquin nel giardino botanico dell'Universita di Vicu-
na, ovc gia dimorava sino dal second' anno cli sua vita, non pote-
vano i suoi studj ad altro rivolgcrsi che alle scienze natural!; la
quale inclinazione suscitata dal contiuuo consorzio coJ figli di Flora,
che sino dalla piu tenera gioventu aveanlo circondato, era dal pa-
dre caldamente promossa.
Oltre alle scienze naturali le lingue in ispecie occuparono la sua
giovanile atlivita, e nel loro apprendimcnlo a lui venne in accon-
cio un lalento vivace anche in siitatta applicazione.
Cos! Giuseppe Jacquin era non solo nato, ma anche allevato ad
essere naturalista.
Lungi da quelle forme di studio, che solo inceppan lo spirilo ,
che a violenza ne frenano la libera coltura, e che, come 1' espe-
rienza di cinquant' anni ne insegna , ran apporlano i huoni frutti ;
1 proprj studj Jacquin condusse, al pari di molti uomini del passato
secolo che ammiriam come grandi, secondo la propria scelta e in-
clinazione, e secondo i principj di quella grande scuola che 1' im-
mortale Gerardo Van-Swieten aveva in Austria fondata.
Poiche fu inlrodotto nei secreli della natura, e corredato delta
coguizione delle lingue, si rese pratico della classica Ielteratura an-
tica, inlraprese il corso degli studj medici frequentando le lezioni
di suo padre, nelle quali egli gia da alcuni anni prestavagli assi-
stenza, e le lezioni di Barth, Stoll, Collin, Leber, Well e Fellner.
Poiche Maria Teresa nel 1774 ebbe innalzato alia nobilta au-
striaca Nicolo Jacquin per i suoi grandi merili verso la scienza e
lo stato, occupossi Giuseppe iccessantemente di scientifici lavori.
Mediante la traduzione del trattato di Camper Sulla migliore Scarpa,
fatta nel 1782 sull' originate olandese e pubblicata in Vienna, co-
mincio sin d'allora a manifestarsi quel suo rinomato zelo per la dif-
fusione delle cognizioni piu universalmente vantaggiose, che di se
fece poscia si splendida moslra, e ch' egli nutri con pari cnergia in-
sino agli ultimi giorni.
Essendo ancor giovine di sedici anni, pubblico nel Giornale bo-
tanico di Romer le osservazioni che avea falte, e piu tardi, nel 1784,
pubblico a Vienna in quarto le sue dissertazioni circa la storia de-
gli uccellij il quale lavoro racchiude molte per quel tempo impor-
tant] notizie attinenti alia zoologia descrittiva , sicche la scienza il
nomina ognora con grata ricordanza.
A compimento delle moltiplici svariate cognizioni di cui gia s' era
arricchito, intraprese nel (788, dopo compiuti gli studj e nel venli-
282 yarieta'.
duesimo anno di eta, un viaggio scientifico, a spese dell' Impera-
tore. Viaggio l'AHeinagna, 1' Olanda, l'lngliilterra, e fece lunga di-
mora in Londra , durante la quale sernpre ebbe alloggio presso il
eclebre Banks. Nella casa di lui, non solo mediante la compngnia
de' persouaggi piu cospicui di quella grande citla cooinopolitica (tra
i quali dopo Ranks ci acconlenteremo di nominare Everardo Smith,
Herscbel eDryander) Irovo occasione di coltivare c perfezionare le
sue cognizioni ne' moltiplici rami dell' umano sapere, e cosi porre
il fondamento di quella soda moltiforme scienza che in lui ammi-
ravamo; ma anche si addestro a quella vivace socievolezza, che,
congiunta a schietta affabilita, semplicita aliena da ogni arroganza,
e cortcsia liberalissima, gli aveano a procacciare universale ed una-
nime estimazione ed amore.
Dall' Inghilterra si condusse in Francia, affin di fregiare in Pa-
rigi, Eldorado delle scienze, di compiuta erudizione il suo sapere,
e mcdianle il confidente consorzio di uomini quali erano Jussieu ,
Dcsfuntaines, Labillardiere, Lavoisier e Vauquelln, salire a' sommi
gradi della scientifica collura. I torbidi civili che gia in allora mi-
nacciavano la Francia, lo indussero a rinunziare al divisamento di
visflare, come gia fece suo padre, i paesi interlropicali dell' Indie
occidental^ e a volgcrsi invece all' Italia.
Qui pure strinse relazione coi dotti piu ragguardevoli, e nel 1791,
dopo un'assenza di tre anni, fece ritorno in Austria: nell' anno
medesimo Leopoldo II lo nominava professore supplente di bota-
nica e cliimica nella Viennese Univcrsita.
Dopo cio 1' imperalore Francesco II lo deslino nel 179J ad ag-
giunto a suo padre, il quale gia per trent' anni avea prestato i suoi
servigi alio stato come professore. Egli nell' anno stesso pubblico
in Vienna il suo Trattato di cliimica generate e medica, in doppia
edizione, tedesca e latina, due volumi in ottavo, con la qual opera,
proporzionata com' era alia condizion delle scienze di quel tempo,
premuniva i suoi uditori istruendoli delle piu recenti scoperte spel-
tanti alia suddetta disciplina, cui e data si larga ingerenza nella so-
cievole vita.
Egli e da cio manifesto come da Giuseppe Jacquin venissero in
Austria i principj dello scientifico sviluppo di quel si importante
ramo delle scienze naturali. Cosi pure mediante la popolare e fa-
cile trattazione delle malerie, mediante la sposizione delle applica-
zioni loro nelle arti e manifatture, e specialmente mediante l'aver
segnalato cio cb' e di pratica utilita, vuolsi ancbe considerare come
VARIETA*. 283
autore della universal diflusione di quella scienza nella niu gran
parte dell'austriaca popolazioue.
La farmacopca provinciate auslriaca clie Jacquin elaboro con-
giuntamente al padre, e venne in luce anch' essa nel i"()3 a Vienna
in otlavo, opero una soslanziale riforma ne' medicamenti sin allora
usati, come pure nella loro preparazione. Le replicate edizioni di
questo libro, e le variazioni introdoltevi secondo ricbiedevanlo i
bisogni del tempo e della scienza, mostrano chiaramente qual utile
influenza il Jacquin apportasse nel miglioramento della farmacia
negli slati austriaci.
Allorche nel 1797 il padre si ritiro dalla carica di professore, egli
ebbe le congiunte caltedre di chimica e botanica, come professore
ordinario dell' Universita Viennese; poscia nel 1802 la medica fa-
colta dell' Universita medesima, cui allora apparteneva, il promosse
al grado di dotlore in medicina.
Da quel tempo la sua casa divenne il luogo di convegno di tutti
gli amatori delle scienze e delle arti, ond' e cb' essa raccogliesse il
nazionale e lo straniero senza distinzione di condizione o di eta;
non cravi scoperta, non ritrovamento di qualche importanza, a qua-
lunque scienza od arte apparlenessero, da qualsivoglia contrada
provenissero, cbe nella casa di Jacquin non fossero scientificamentc
e popolarmente discussi. Per tal modo Jacquin diede opera al-
l'istruire anche faceudo fruttuosa la socievole conversazione.
La sua scientifica attivita, indirizzata principalmeate com' era ai
bisogni della vita, comincio presto ad essere universalmente couo-
sciuta. A ciaseuna impresa, clie con la scienza avesse un benche
scarso legame, egli dedicavasi operosamenle; e quale influenza in
Austria ne venisse da una tale sua operosita alia storia naturale, al-
reconomia, aU'arti, cbiaro apparisce a chi spregiudicatamenle ne
consideri il prescnte stato, ed al trascorso il confronti.
I nieriti narrati non potevano dal monarca essere lasciati privi
di premio, e in testimonianza di ricognizione dei medesimi 1' im-
perator Francesco, cbe gia avea decorato ^Nicolo Jacquin della croce
del reale ordine ungberese di s. Stefano, ne elevo la famiglia alia
baronia dell' imprro austriaco.
Allorcbe nel 1807 l'aiciduca Giovanni d' Austria istitui in Vienna
1* I. R. Societa agraria, ne fu il Jacquin fatto membro della direzio-
ne (ed egli gia sino dal 1804 per sussidio d' agronomicbe ricer-
cbe avea comperato un piccolo podere a Schecbat), c nella delta
qualita contribui essenzialmente alia prosperita della sammentcvata
284 varieta'.
associazione clic divenne si benemerita dell' agronomia e della in-
duslria austriaca.
II 3UO Ti'attalo di chimica generate c medic a , di ctii dal ij85
in avanti giii crano slate fatte Ire edizioni, comparve novellamenle
nel 1 8 10, ed egli stesso pose cura a quesla quarta ed ultima edi-
zione, comprcsa anch' essa in due volumi in otlavo, e slampata a
Vienna; la conclusione per altro del socondo volume, dopo lunga
interruzione, tenne dietro nell'anno 182-2 per opera del suo amico
e scolaro prof. Beniamino Scholz. I nolabili ampliamenti che que-
st'opera ottenne per 1' aggiunta delle piu recenli scoperte, e prin-
cipalmente la sua forma popolare, la appropriarono in quel tempo
piii ehe ogn'altra al pubblico insegnamento; quindi anche negli
esteri stati fu preslamcnte aceolta, e venne tradotta cosi in inglcse
come in olandese.
Diede principio nel 181 1 alia pubblicazione delle sue Eclogac
Plantarum rariorum , opera sontuosa in foglio grande, adorna di
bellissime tavole in rame, e che fu continuata sino al 1817; cosi
pure, dopo la niorte del padre (18 17), si assunse la continuazione
della non men dispendiosa opera dal suddetto cominciata nel 1806
e inlitolata Stapeliarum in liortis vindobonensibus cultarum descri-
ptiones j questa con pari alacrila continuo sino al 1818. In quel
tempo pose mano inollre ad una nuova opera grandiosa Eelogae gra-
minum, che pert) sgraziatamente ne furono compiute ne dispensate.
Tanla dovizia di cognizioni, e una si benefica loro influenza nella
pralica vita, gli meritarono nel 1820 dalla maesta di Francesco I
la nomina di effettivo consigliere di governo della Bassa Austria.
Cio che Jacquin operasse per il giardino botanico dell'Universita
di "Vienna, particolarmenle dopo il 18 19, da che esso , mediante
occupazione di terreno circostanle, fu piu del doppio ingrandito, lo
testifica anche una superficiale ispezione di quello spazio si ampli-
ficato e si riccamente di piante fornito, che vent'anni innanzi per
la sterile natura del suo fondo ghiajoso neppure era acconcio a cam-
peslre coltura. I piu aperti e irrefragabili schiarimenti circa questo
argomento ne vengono somministrati dall' opeia intitolata // Giar-
dino Botanico di Vienna 3 eslratta dagli Annali di medicina, ma
sgraziatamente rimasta incompiuta ; tal relazione storica del Giar-
dino Viennese e uscita dalla penua medesima di Jacquin correndo
il 1825.
II Jacquin volse in appresso specialmcnte la sua atlenzione al
mig!!oramento degli ottici strumenti, in particolare del microscopio ;
quali risultamenti avrssero le sue falicbe mediante il soccorso di
V A R I E T A'. 285
un Simone Pliissel non e mestieri che si dica, poiche vennero co-
ronate di tal sticcesso che non speravasi, e che vasto campo aperse
di nuove osservazioni alle nalurali discipline.
Gia il mondo scientifico, che da qunrant' atini conoscevalo come
professore, da lungo tempo il risguardava come slipite de' natura-
listi austriaci. E gliene venne nel i83o onorevolissima distinzione
per parte dell' unione de' naturalisti e medici tedeschi raccoltasi in
Amburgo , essendo stato da essa eletto presidente di quell' unione
medesima che dovea 1'atmo seguente rinnovarsi in Vienna. Con quale
afFabilissima dignita Jacquin reggesse quest' incarico , il sa ognuno
ch' ebbe la venture di prender parte a quella esimia associazione.
Frattanto V atlivita di Jacquin sempre piu volgevasi alle prati-
che cose , e a norma prendevasi la comune ulilita. Cio attestano la
maggior parte de' suoi piccoli lavori , che sono ripartiti negli An-
nali di medicina . nel Giornale di fisica di Baumgartner, negli Atti
dell5 1. R. Societa agraria di Vienna e in molt' altri giornali : ma
specialmente lo attestano le cure che da ultimo ha consacrate ai
pozzi artesiani. La sua 3Iemoria su questo soggetto pubblicata
in compagnia di Paolo Partsch, e intitolata / pozzi artesiani in
Vienna e suoi contorni , comparve nel 1 854 'n Vienna in 8.°, di-
mostrando qual viva parte prendesse a quell' importante ritrova-
mento , e quanto contribuisse alia propagazione del medesimo nella
patria nostra.
Quando nel 1 834, per la morte dell' archiatro e botanico cele-
berrimo ]Nicol6 Host, rimase derelitto il Giardino che Francesco I
avea istituito nel Belvedere per la Flora auslriaca, fu dall' impe-
ratore medesimo a Jacquin confidata la ispezione di questo stabili-
mento da lui create L' I. R. Societa d' orticultura sorta in Vienna nel
i85j elesse Jacquin a suo vice-presidente, e poscia a socio ouorario.
I meriti del Jacquin iurono anche apprezzati e ricompensati fuori
del paese natio. Le Accademie di Parigi, Monaco e Torino, e molte
dotte Societa di Germania , Francia, Lnghilterra, Olauda , Russia
ed Italia espressero il pregio in che i detti suoi merti teuevano ccl-
1' annoverarlo tra' loro membri ; cosi pure ricompensolli il re Fe-
derico VI di Danimarca, mandandogli la croce dell'ordine del Da-
nelirog , e l' imperatore INicolo I di Russia conferendogli nel 1 85(3
1 ordine di Wladimiro di quarla classe.
Dopo avere durante quarantasetl' anni occupata la cattedra di chi-
mica, chiese nel 1 858 di esserne escnerato3 e gliel concede va la
maesta di Ferdinando, che a un tempo stesso, in segno di sua gra-
zia, conferiva al venerabile vecchio la croce del real ordine UDghe-
lS6 VAR1ET a'.
rose di S. Slefano, di cui gia suo padre dal prccedentc monarca
era stato insignilo.
Pero con sempre pari alacrita, malgrado 1' eta avanzata , attese
Jacquin sino al tennine di sua vila all' incarico di professore di bo-
tanica. Volse le cure a una nuova edizione dell' Jntroduzione alio
studio dc vegetabili di suo padre, non ancor slata consegnata alle
stampe, e mantenne sino agli ullimi giorni del viver suo quella so-
rievole adunanza ch' avea istituita.
La sua salute, sino al 72 anno stata non intorbidata, comincio a
vacillare. Gli si era ingenerato un malore alle reni, che sul prin-
cipio del i838 per lungo tempo il tenne a letto. Per altro il regc-
lato tenore di sua vita, ed una felice costituzione fisica, lo rifecero
nella state dell' anno inedesimo cosi sano da potersene nutrire fon-
data speranza cbe ancora per niolti anni fosse serbato alia scienza,
alio stato , agli amici.
Per quanto le sue corporee forze cotninciassero visibilmente a
declinare , serbo pero sempre sino al suo fine, nel consueto vigore,
la sua morale attivila. Col principio di dicembre i85g comparve di
nuovo minacciosamente la sua malattia ; ma pocbi giorni appena
dopo che l'ebbe ridotto al letto, ecco cbe una repentina paralisi delle
reni e della spina dorsale mise fine, con universale cordoglio e tur-
bamento , all' attiva laboriosa sua vita ; cio avvenne il 9 dicembre
alle ore cinque della sera, non avendo egli ancora raggiunto il 74
anno di vita.
Lascio la consorte, nata baronessa diNatorp, ed un' unica figlia
maritata al suo cugino 1' I. R. consigliere e direttore de' gabinetti
di storia naturale, Carlo cav. di Schreibers.
Quale e quanta perdita la scienza , lo stato , gli amici facessero
in Jacquin puo solo sentirsi , non gia descriversi. II rammarico cbe
ne nacque fu universale, siccbe dall' imperante per ogni classe di
colte persone si diffuse sino all' ullime condizioni. Il suo convoglio
funebre lo ha dimostrato. Con lui l'Universita Viennese perdette
F ultimo rampollo della grande scuola di Swieten, il suo astro piu
bello. I naturalisti austriaci, che tutti con riconoscenza si dicevano
suoi scolari, deplorano in lui la perdita del loro ultimo grande maestro.
Con lui cessava e vero la progenie dei Jacquin , ma questo no-
me , sua merce e inerce del suo gran genitore , a perpetuita so-
pravvive. Dott. L. J. Fitziiiger.
F. C.lRLlNIj, P. CONFIGLIACHI, G. FEBRARIO, B. CATENA,
G. B. Fantonetti, Membri Sell* li 11. lstilulo, Direttori.
Pubblicalo il 5 ottubre lS.jo. MUaaOj TfpogrUfia Bernard
9.87
[[ratio delle osservazioni meteorologiche Jatte alia miova torre astronomica del-
'.'J. R. Osservatorio di Brcra all'altezza cli tese 10,62 (metri -26,5?\) sull'orto bo-
tanico, e drtese~y5,^S (metri 147,11) sul livello del mare.
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289
BIBLIOTECA ITALIANA
PARTE I.
LETTERATURA ED ARTI LIBERALI.
Delia natura degli Dei. Libri tre di M. Tullio
Cicerone, volgarizzati da Teresa Carniani Mal-
vezzt. — Bologna, 1828, e Milano per Gio. Sil-
vestri, i836.
Del supremo dei beni e dei mali. Libri cinque di
M. Tullio Cicerone. — Bologna e Milano, i83g.
Lucullo, o sia il secondo dei primi due libri acca-
demici di M. Tullio Cicerone. Volgarizzamento
di Teresa Carniani Malvezzi. — Bologna, 1 836.
Dei fini de' beni e de mali. Libri cinque di M. Tul-
lio Cicerone, tradotti neW italiano da Gianfran-
cesco Gallon 1. — Piacenza, iB/^o, dai torchi
di A. Del MainOj in 8°, di pag. xv e 4^5.
Vjiceronc non e quello solamente in cui si mostri
chiaro quanti ha eloquenza e frutti e fiori^ ma e uno
de' piu venerandi filosofi dell1 antichita, il quale se
non ha dato un sistema suo proprio di filosofia , ha
per6 esposto le duttrine di parecchi filosofi con mag-
gior forza e chiarezza che essi medesimi non avreb-
bero adoperato. Egli fece sua la filosofia dei Greci ,
cogliendone il fiore, adornandola di vive e nuove
idee , e dandole un piu lucido ordine , come si puo
scorgere dal libro degli Uflizj , in cui rannoda tutto
Bibl. Ital. T. XCVI1I.' 19
390 ALCUNE OPERE DI CICERONE
il mondo sociale e morale all' adempimento dei do-
veri che tutti hanno verso ciascheduno, e ciasche-
duno verso di tutti: libro che merito di essere ap-
pellato dal Barbeyrac il miglior trattato di morale di
tutta P antichita che noi abbiamo _, il piii regolare, il
pih metodico , e quello che piit si accosta ad un sistema
compiuto ed esatto. Percio tra le opere filosofiche di
Cicerone, questa e la piu letta, la piu celebrata ,
quella di cui si sono fatte piu traduzioni, mentre i
libri De Natura Deorum, - De Finibus Bonorum et
Malorum - Accademicarum Qucestionum^ non avevano
ancor ottenuto 1' onore di un volgarizzamento. Ed
ecco che ci si fa innanzi una donna, la Malvezzi,
onore del bel sesso ed ornamento della dotta Bo-
logna, con queste tre opere che clla traslato senza la-
sciarsi sgomentare da veruna difficolta, anzi, com-
piendo 1' arduo lavoro con instancabile lena. In tal
guisa noi vediamo ragunata la filosofica famiglia di
Cicerone coperta da italico vestimento} giacche a
queste traduzioni bisogna aggiungere il libro degli
Uffizj tradotto dal Facciolati e dal Gargallo, il dialogo
Ae\Y Amicizia ed i Paradossi voltati dal chiarissimo Del
Chiappa , e le Tusculane volgarizzate con molta ele-
ganza e fedelta dal conte Napione, il quale pose in
fronte ad esse un grave e dottissimo ragionamento
sui meriti che Cicerone ha verso le scienze filosofiche.
Non si e mai chiarito meglio che la difficolta con-
siste nel cominciare, e che il piu tristo passo e quello
della soglia, quanto nel bel primo capo del libro I
De Nat. Deor.j in cui si legge una sentenza chiamata
il tormeiito 0 la croce degli interpreti : poiche si tratta
di nient' altro che di dover leggere : torn varia? sunt
doctissimojwn hominwn tainque. discrcpantes sentential,
ut magno arguniento esse debeat caussam } id est prin-
cipium philosophic esse^ SCIENTIAM (ed alcuni codici
manoscritti leggono iisscientiam) prudenterque acade-
niicos a rebus incertis asscjisionem cohibuisse : si tratta,
dico, di decidcre se si debba leggere che la causa
od il principio della filosojia e la scienza, ovvero la
insciejnza: si tratta di due contrarj , del sapere o
VOLGARIZZATE DA T. MALTEZZI E C. GALLOJCI. 29 1
non sapere. II presidente Bouhier ed il suo grande
amico 1' Olivet abbracciarono e sostennero la lezione
principiwn philosophice esse scientiam: il Midleton in
una nota alia vita di Cicerone, ed il dottissimo Er-
nesti sostennero 1' altra dell1 inscientiam che Aldo Ma-
nuzio il giovine aveva trovato in alcuni codici ma-
noscritti. La quistione duro lungo tempo , anzi fino
all'epoca in cui la critica 0 la filosofia istessa entro
colla sua face a diradar queste tenebre.
II conte Napione, in una Memoria letta all'Accade-
mia di Torino, ba dimostrato che bisogna leggere in»
scientiam , ed interpretare questa voce non gia per
ignoranza , ma pel dubbio fdosofico del Galileo e del
Cartesio. 11 motivo cbe spinse ed ancora spinge gli
uomini a filosofare, cioe a far ricerca del vero, e il
non possederlo ancora: perocche l1 acquiescenza nel
vero, e la compiacenza di contemplarlo dopo cbe si
e trovato , puo considerarsi come una beatitudine fi-
losofica, non mai come una cagione cbe risvegli la
mente umana, e la inciti a filosofare. Il vero cono-
sciuto pu6 essere, anzi e sempre per 1' uomo un
mezzo di pervenire alia cognizione di allre verita
sconosciutej ma la scienza della verita medesima non
puo esser mai, ad un tempo, mezzo e fine. Quel
non sapere degli accademici moderati , di cui in
questo luogo parla Cicerone, non e diverso dal tanto
celebrato dubbio del Cartesio , anzi del Galileo , il
quale, benche sapesse tante cose, e le sapesse cosi
bene, pure niente ripeteva piu volentieri di quell io
non lo so: detto che merita altrettanti encomj quanto
il suo sapere medesimo; poiche veramente non si co-
mincia a sapere, cbe dall'istante che si comincia a
diffidar di se stesso ed a deporre ogni presunzione.
Questo dubbio , questa esitanza era propria della
selta accadcmica cbe Cicerone aveva abbracciato, e
che toglieva la luce ed avvolgeva in una ccrta qual
notte le cose. — (Quce lucem eriperet et quasi noctem
quanulam iehus qffunderet J. — Non era pero pirroni-
sta, anzi, a sfuggirne il biasimo , Cicerone soggiunge
in apprcsso : Non sumus ii , quibus nihil verum esse
292 ALCUNE 0PERE DI CICERONE
videatur, sed ii qui omnibus veris falsa qucedam adjun-
cla esse dicamus. Ed ecco lo imperche vuol che si
cominci a filos'ofare dal dubbio , c che da questo si
passi con grande cautela alia ricerca del vero } ecco
lo imperche afferma che la causa della filosofia e
1' inscienza o la dubbiezza. Pertanto il Napione cosi
traduce il passo citato leggendo non sciendum, ma in-
scientiam. u Intorno alia quale natura degli Dei tanto
?» sono diversi e discrepant! i sentimeuti di uomini
y> dottissimi, che somministrano uu validissimo argo-
» mento per dimostrare che la cagion motrice, vale
» a dire quello che da prima diede impulso agli uo-
» mini a filosofare, fu il trovarsi in mezzo alle dub-
» bieta, e che percio prudentemente adoperarono i
y> filosofi accademici nel badar bene di non prestar
» 1' assenso loro a cose incerten.
Dopo tanti e si forti argomenti con cui venne e
spiegata e sostenuta la lezione inscientiam, non avrem-
mo creduto , che si potesse tradurre, come fa la Mal-
vezzi, che il fondamento della fdosofia esser deggia la
pura evidenza $ meno poi che si potesse scriver sotto:
my attenni alia sentenzpr'di Buhero } o del Bouhier, la
quale venne cosi vittoriosamente confutata dal Na-
pione. Era poi neccssario il conoscere cio che quel
profondo filologo ddl Wittenbach (Bibl. Critic, parte III,
pag. 19) scriveva per correggere il testo: Causatn idest
principium philosophia? esse inscientiam. Concorde in
cio coil' Heindorf , egli voleva cancellate le parole idest
principium philosophies come giunta di un glossatore.
La traduzione che abbiamo impreso ad esaminare
avrebbe avuto d' uopo di una maggior correzione per
togliere alcune mende che talvolta deformano un pen-
siero h"adotto nel resto con bella maestria. Cicerone,
nel cap. XI del lib. I, parla del sistema Pittagorico
in questa sentenza: Pythagoras, qui censuit animuni
esse per naturam rerum omnem intentum ct commean-
tem ex quo nostri animi carperenlur , non vidit distra-
ctione humanorum animorum discerpi et laccrari Deum y
et quum miscri animi cssent, quod plerisque coritingeret,
turn Dei partem esse miser am; quod fieri non potest.
VOLGARIZZATE DA T. MALVEZZI E G. GALLONI. 2g3
Eccone la versione della Malvezzi : w Pittagora imma-
» gino che nella natura di tutte le cose fosse proteso
» e cosperso un animo divino dal quale gli animi no-
5) stri si venissero come quasi a carpire. E non s'ac-
» corse che col separamento degli animi umani , ve-
» niva smembrato e lacerato Dio. E se gli animi
» umani fossero infelici, siccome alia maggior parte
» accade , sarebbe necessariamente infelice una parte
55 di Dio, lo che non pu6 esserew. Quel commeantem
che vien da un verbo esprimente l1 andare ed il tor-
nare , od il trapassare, tradotto per cosperso , non ci
pare vocabolo che si possa giustificare.
Bello e il motto di Simonide, che andava indu-
giando a rispondere intorno all'esistenza ed alia na-
tura degli Dei. Roges me, quid 3 aut quale sit Deus $
auctore utar Simonide: de quo quum qiHEsivisset hoc
idem tyrannus Iliero, deliberandi sibi unum diem po-
stulavit; quum idem ex eo postridie quaireret biduum
petivit } quum sa?pius duplicaret numerum dierum , ad-
miransque Hiero requireret , cur ita faceret : Quia
quart to irtquit diutius considero* tanto mihi res videtur
obscurior. « Or dunque se tu mi domandi se vi sieno
« e cio che sieno gli Dei, pigliero a maestro Simoni-
» de, il quale, domandato di questo istesso dal tiranno
y> Gerone, chiese un giorno a deliberare la causa', il
» di appresso, ridomandato, ne chiese due} e viep-
55 piu ridomandato , duplicava il numero dei giorni.
55 Alfine, maravigliato Gerone, gli disse perche cosi
55 facesse^ ed ei soggiunse: perche quanto piu di giorno
55 in giorno io mi vada la cosa ponderando , tanto
55 piu la trovo oscura 55. Lasciando quel la causa, che
guasta il racconto, e non si legge nel testo, siarn d'av-
viso che la versione procederebbe limpida e non disa-
dorna.
Cicerone suol citare molti versi in questo suo trat-
tato , e la Malvezzi ne traduce alcuni con vena spon-
tanea. Servano d'esempio questi :
Omitto Eleusinam sanctam illam et augustam
Ubi initiantur gentes orarum ultima*.
2g4 ALCUNE OPERE DI CICERONE
Prcetcreo Samothraciam , eaquc, quce Lemni
Nocturno aditu occulta coluntur
Silvestribu' scepibu' densa.
Niente diro di quell' augusta Eleusina
A' cui misteri la devota gente
Da tutte parti ad iniziarsi accorre.
Ne parlero pur di quella Samatracia,
O de' riti che Lenno in folte selvc
Col denso vel di cupa notte asconde.
Al contrario, quei versi dei Sinefebi di Menandro ,
tradotti da Cecilio Stazio, che si leggono citati nel
cap. VI del lib. I: Ab amico amante argentum accipere
meretrix non vulf. non prescntano piu la loro nativa
semplicita.
A tanto un umil cortigiana aggiunge :
jy amato amante si licusa all' oro.
Che poi la traduttrice sapesse ristxingere il piede
nell' orma del suo autore lo mostra quel verso di
Ennio, citato nel cap. XXXV.
Simia quam similis 3 turpissima bestia _, nobis?
Tuipe bestia e la sciniia3 e I'uom somiglia?
II secondo libro della Natura degli Iddii e pieno
di versi di Arato , di cui Cicerone aveva con elegante
fedelta tradotto il poerua dei Fenomeni. Avremmo
desiderato clie la Malvezzi li avesse corredati di note,
affinche in tanta luce di scienze non si bevessero a
lunghi sorsi gli errori degli antichi , i quali in fatto
di astronomia e di fisica mostrarono talvolta una de-
plorabile poverta. La stessa descrizione della strultura
del corpo umano, e de' cinque sensi principalmente,
che e ancora una delle piu belle in questo genere ,
avrebbe avuto d' uopo di essere illustrata per rettifi-
care alcune nolizie, e toglierc alcune mende, le quali
divengono tanto fastidiose in un tempo in cui l'a-
natomia ha fatto si grantli progressi.
VOLGARIZZATE DA T. MALVEZZI E G. GALLONI. ig5
Chi traduce quest' opera di Cicerone, dee superare
gravi difficolta in que' luoghi, in cui o si danno
chiare e setnplici definizioni delle cose, o si spiegano
le etimologie dei vocaboli. Addurremo qui un solo
esempio tratto dalle voci religione e superstizione. Non
enim philosophi solum , verum etiam majores nostri su-
perstitionem a religione separaverunt. Nam qui totos
dies precabantur _, et immolabant ut sui sibi liberi su-
perstites essent} superstitiosi sunt appellati : quod nomen
postca latius patuit. Qui autern omnia 3 qua? ad cidtutn
Deorum pertinerent , diligenter retractarent et tanqvam
relegerent, religiosi died sunt ex relegendo 3 ut elegan-
tes ex eligendo, itemque ex diligendo diligentes, ex in-
telligendo intelligentes $ his enim in verbis omnibus inest
vis legendi eadem qua; in religioso. Questo luogo diffi-
cile e volgarizzato con maestria e con una certa faci-
lita dalla Malvezzi. « La superstizione fu dalla reli-
» gione separata, non solamente da1 filosofi , ma e-
>■> ziandio da' raaggiori nostri. Imperocclie superstiziosi
n chiamaronsi coloro cbe ogni giorno sacrifieavano
m agli dei , pregando clie i figliuoli rimanessero loro
j> superstiti. Da qui la superstizione ebbe nome , cbe
55 poi piu ampiamente si dilato. Ma coloro cbe tutto
55 che appartenga a divino culto accuratamente ponde-
55 ravano, o, per cosi dire, rieleggevano, si dissero
55 religiosi dalla voce rieleggere , come elegante fa
55 tolto da cleggere, intendente da intenderen. Al con-
trario non si e ben tradotta la famosa etimologia cbe
si da della voce Venere. Quae Dea ad res o/nnes ve-
niret Venerem 7iosti'i nominaverunt } alque ex ea po-
tius venustas, quam vends ex venustate. Non troviamo
nel volgarizzamento della Malvezzi cbe una vera scon-
ciatura di questo concetto Ciceroniano, poiche non vi
si leggono cbe queste nude parole: La voce Vencre
dedussero forse da venusta. Odasi al contrario con
quale cvidenza il cavaliere Manno abbia traslatato
questa etimologia in quel suo pregevole libretto Delia
fortuna delle parole.
u Quella divinita cbe Venerc noi appelliamo, non
55 per altro cosi fu dctta, se non perch e vieue a tutte
2q6 ALCUNE OPERE DI CICERONE
» le cose. E da essa ebbe poscia origine la parola di
» venusta, cbe malamente da taluno si crede abbia
n non tolto ma dato il nome a quella dea » . Quel-
1' imperioso amore, che domina sugli animali tutti, e
perfino sulle piante ed interviene in tutte le cose
umane, e quello che fece dare il nome a Venere.
Percio, come osserva il Manno istesso, questa voce,
fedele alia sua origine femminina , non era impie»
gata propriamente dai Latini a denotare la leggiadria
e la piacevolezza dell' aspetto nel sesso piu forte.
Onde, avuta ragione della differenza nella bellezza dei
due sessi, diverse erano le voci che dovevano adope-
rarsi} talche quello che diceasi venusta muliebre do-
vesse corrispondere nell'altro sesso a dignitd virile.
Quando un filosofo si accurato e profondo qual era
Cicerone, adopera alcuni di que' vocaboli che sem-
brano sinonimi e nol sono, e li mette in fila 1' uno
dietro 1' altro, perche esprimano una gradazione di
idee, ardua riesce la versione. Prcedictiones vero et
pra;sensiones rerum quid aliud declarant^ nisi hominibus
ea qua; futura sunt ostendi} monstiari^ portendi ^ prce-
dici? ex quo ilia ostenta, monstra , portenta , prodigia
dicuntur. Non si poteva tradur meglio di quel che si
e fatto dalla nostra valorosa donna. « E le predizioni,
» ed i px*esentimenti dell' avvenire, che altro dichia-
» rano, se non che vi e cosa, la quale pone dinanzi
" gli occhi , e quasi protende e pronostica e presagi-
» see agli uomini gli eventi futuri? dal che prendono
» poi nome le visioni, i portenti, i pronostici, i pre-
ss sagiss. Poco dopo si torna alia stessa descrizione di
prodigi, e colla stessa precisione si traduce. Cleanthes
quideni noster quatuor de caussis dixit in animis homi-
num informatas deorum esse notiones. Primam posuit
eanij de qua modo dixi , qua; orta esset ex prassen-
sione rerum futurarum $ alteram quam ceperimus ex
magnitudine commodorum;, qua; percipiuntur cceli tem-
peratione, fxcunditate terrarum , aliarumque commodi-
tatum complurium copia, tertiam qua; terreret aminos
fulminibus1 tempestatibus , nimbis} nwibuSj grandinibus,
vastitate , pestilentia^ terra; motibus, et scepe frernitibus
VOLGARIZZATE DA T. MALVEZZI E G. GALLONI. 297
lapideisque imbribus et guttis imbriwn quasi cruentis ;
turn labibus aut repentinis terrarum hiatibus ; turn prop-
ter naturam, liominum peciulumque portends / turn fa-
ctious visis coclestibus _, turn stellis lis quas Grceci comc-
tas, nostri erinitas vocant, qua? uuper bello Octaviano
magnarum fuerunt calamitatum prcenuntice ; turn sole
geminato, quod ut e patre audivi, Tuditano et Aquillio
consulibus evenerat: quo quidem anno P. Africanus sol
alter extinctus est (Lib. II. V). « La nozione che in-
» forma gli animi umani al conoscimento di esseri di-
ss vini j secondo il nostro Gleanto , deriva da quattro
» cagioni. La prima cagione e quella della quale par-
» lai, nata dal presentimento delle cose future. La se-
tt conda ci viene dalla contemplazioue dell1 immensita
» dei beni che si percepiscono dalla temperatura dei
» cieli, dalla fecondita della terra, dalla copia di al-
» tre infinitissime comodita della vita. La terza ne
» viene dal terrore che ci scuote 1' animo all1 apparire
» di fulmini, di tempeste e di uembi, di nevi, di
y> grandini, di pestilenze devastatrici, di tremuoti e
r> di spesso fremere della terra , al piovere di sassi c
n di sangue , al i-epentino spalaucarsi del suolo, e su-
» bissar paesi : al nascimento di ferini e d* umani ma-
tt stri , all' apparire di faci ardenti nel voto dell1 aria ,
a e nelPapparir di quelle che i Greci appellano co-
y> mete, noi stelle crinitc ( le quali non ha molto , ne
y> vennero prenunciatrici delle grandi calamita della
» guerra d' Ottaviano ) , ed infine, all1 apparir del ge-
r> minato sole, il quale fu visto ( narrava mio padre)
» nel consolato di Tuditano e d^quilio, Tanno ap-
a punto in che rimase estinto quel chiarissimo sole di
« P. Aftricano »..
Certi motti passati come in proverbio, ed alcune pa-
role divenute solenni richieggono da un traduttore una
scrupolosa csattezza. Fra i motti annovereremo il fa-
moso ipse dixit dei Pittagorici, che divenne poi come
l'impresa degli scolastici. Nee vero probare soleo id ,
quod de Pythaghoreis accepimus: quos Jerunt si quid
ajjirmarent in disputando, quwn ex Us quereretur quare
ita esset^ responderc solitos, ipse dixit. Ipse autem erat
2C)S ALCUNE OPERE DI CICERONE
Pytagoras. •< Ne io approvo in vcro cio che si narra
r> dei Pittagorici. Cioe, se disputando avessero affer-
y> mato alcuna scntenza, domandati della ragione, da-
s' vano per tutta risposta: Egli il (fosse: Egli, cioe Pi-
3j tagora?'. Io avrei inti'alasciato quell' il e perche nel
testo non c' e , e perche il dixit solo ed ignudo ha
un non so che di energico e di grave, che gli da
P apparenza del responso di un oracolo.
Nel cap. XVIII del lib. II. Cicerone per dire :
« Voi non vi siete applicati alle matematiche j> , fa
uso di unlinguaggio conforme alle costuraanze de' suoi
tempi, in cui non si descrivevano i numeri o le figure
geometriche sulla lavagna, ma nella polvere. Numquam
cruditum ilium pulvercm attigistis. La Malvezzi non
avrebbe mai dovuto tradurre quel pulverem con un
plurale, e dire attingere alle dotte polveri dei matcma-
ticij perche questa e una di quelle parole , il cui nu-
mero e fisso e fermo dal consenso universale quando
si applica alle scienze matematiche. Tanto e cio vero,
che io non vedrei piu senso in quell' espressione in-
torno ad Archimede di Cicerone istesso ( Tus. V a3 ) :
Humilem liomunculum a pulvere et radio excitabo :
non ci vedrei piu senso se quel pulvere fosse tradotto
pluralmente. Aggiungi che Persio nella prima satira parla
anch' egli di figure e di numeri: Secto in pulvere^ ed il
cav. Monti nel tradurlo ha fatto uso del singolare polve.
Chi poi, dopo una si luuga sanzione dell' uso, direbbe
ovmai cosperso di polveri olimpicJie ^ anziche di olim-
pica polvere? Al contrario non avrei ritenuto la voce
del testo allorche si parla della nave degli Argonauti, e
si chiama divinum et novum vehiculum. II novello divin
veicolo non suona bene in italiano , e non mi garbeg-
gra. Con tenue mutamento si puo correggere la ver-
sione in questo luogo^ mentre e assai difficile il deter-
minare quale delle nostre parole o frasi corrisponda a
quelle con cui nel testo si determinano le varieta dei
toni della voce} candidum sfuscum / la?ve, aspcrum ; gra-
ve, acutum $ Jlexibile^ durum; quce hominum solum au-
ribus indicantur. Un brauo di traduzione inedita, che
si riporta nella ristampa milanese, fa corrispondere a
VOLGARIZZATE DA T. MALVEZZI E G. GALLOM. 299
ciascun genere di voce una di quelle parole che si
00*0110 cosi spesso sulle labbra di coloro che frequen-
tauo i teatri: se canora o Jbsca; se molle od aspra;
se grave od acuta; se flessibile o dura. Nel volgarizza-
mento dell' illustre donna di Bologna non v' ha una
distinzione cosi accurata. « Sieno essi (i suoni) rauchi,
jj sieno canori, dolci, aspri, gravi, acuti, flessibili e
» duri:, di tutto 1' orecchia umana giudica ».
Cicerone , al dir dell' Olivet , ha fatto entrare nel
trattato della Natura degli Dei una parte dell' antica
fisiea, spogliandola di cio che essa poteva avere 0 di
barbaro nei termini, o di arido nel ragionamento.
Tutto fiorisce sotto le mani di Cicerone: egli fa abitar
le Grazie fin tra le rughe istesse della filosofia : ora-
tore in tutte le sue scritture, ha una vivezza che non
lo abbandona mai , e che e regolata secondo le diverse
materie. In tal guisa egli trasfonde ne' suoi i*agiona-
menti un' anima che si comunica a1 suoi lettori , i
quali credono di essere del suo tempo, di vederlo, di
sentirlo : o per dir meglio, non si pensa a lui in que-
sti dialoghi, ma ci occupiamo solamente dei perso-
naggi che egli mette in sulla scena^ e che ora sono
un Epicureo, che da millantatore attacca tutte le al-
tre sette per venderci poi le piu grandi follie^ ora uno
stoico austero, dotto, eloquentc, che ha uno zelo di
religione per le sue chimere^ ora un accademico, che
nel battere gli altri due accoppia alia forza de'suoi ra-
gionamenti tutti i riguardi della gentilezza, tutto il
sale della gajezza. Questa variela che risplende nelle
opere di Cicerone, forma per lo piu lo scoglio contro
cui vanno a rompere i traduttori che non possono ,
come il loro autore, presentare uno spettacolo auziehe
una lettura. In questo la Malvezzi si e mcritala non
poca lode, variando lo stile secondo il carattere dei
personaggi, ed ora adattandolo a materie giavi, ora
assottigliandulo colle argu/.ie c cogli scherzi.
Meno niaestrevole, benche forse |>iu limata e cor-
retta, ci sembra la versione del Lucullo , ossia del se-
condo dei primi due libri accadeinici. Non si puo nc-
gare che talvolta a forza di studio lo stde diviene
3oO ALCUNE OPERE DI CICERONE
aspro ed oscuro, come si puo chiarire col seguente
esempio. Cicerone, tessendo l1 elogio di Lucullo, il
loda per la portentosa sua memoria. Habuit divinam
quondam memoriam rerwn : verborum majorem Hor-
tensiuSj sed, quo plus in negotiis gerendis res } quam
verba prosunt Iioc erat memoria ilia pra?stantior ; quam
Juisse in Themistocle , quern facile Grcecix principem
ponimus , singularem ferunt. Qui quidem etiatn polli-
centi cuidam, se artem ei memoria? , quae turn primum
proferebatur , traditurum , respondisse dicitur } oblivisci
se malle discere, credo, quod h&rebant in memoria
qwECumquc audierat vel viderat. « Divina egli possedeva
» la memoria delle cose. E se Ortensio superato lo
55 avesse nella memoria delle parole, avvenendo che
i a condurre gli affari piu che le parole giovino le
'5 cose, quella sua memoria era piu prestante. La
55 quale segnalata si narra che possedesse anche Te-
55 mistocle, da tutti, non v' ha dubbio, nomato grande
55 della Grecia ^ e di lui si narra che , domandato da
» certo filosofo, il primo che professo l1 insegnamento
" dello ammemorare artificiato , se il volesse imparare,
" rispoudesse: sentir se piu disposto ad imparar l'arte
» delF obblivione. E credo, perche troppo forse egli
» ammemorava d' umani fatti od uditi o veduti'?. Chi
non sente in questo volgarizzameuto un certo non so
che di stentato, di artificioso , di contorto? Quel prin-
cipem Graicia? tradotto per grande della Grecia non
presenta Y idea di Cicerone che il gridava non solo
grande ma primo, e quindi il piu grande. Quel verbo
ammemorare, ripetuto ben due volte, sara una perla ,
ma non e registrato in alcun vocabolario da noi con-
sultato, non in quello della Crusca, non in quello del-
l'Alberti; e siccome i volgarizzamenti debbono servire
per quelli i quali non sono granfatto eruditi, bisogna
che sieno bensi dettati con una cernita favella , ma
non riempiti di voci e di locuzioni od arcane o ri-
cercate , o fuori dell' uso comune. Pertanto io non
avrei tradotto Y ordiamur a sensibus : "S'incominci da1
55 sensorjsj, ma avrei messo la bella e spiattellata la
voce sensi , ne avrei detto: Come potrebbe il geometra
VOLGARIZZATE DA T. MALVEZZI E G. GALLONI. 3oi
cernere le materie deW arte sua? ma avrei posto dal-
Tun de' lati quel latinismo, benche sia Dantesco :
meno poi avrei usato: si studiano di venirne ostendendo
(vedi p. 21 e 3o)} ne sensi impulsati^ ne la parva
Cinosura^ ne invenne cosa nuova (pag. 5i, 5 a, 53):
ne la magnitudine dell' animoi ne per usar verba da
verbo (pag. 55, 64)} ne i plurimi\ ne laberei ne la-
bente margine dello ambiguo (pag. 69, 83, 84)3 ne lo-
cate antipodi; ne il contennendo , quantunque lo usasse
il Machiavelli : ne il cogitando^ benche abbia qualche
esempio ed uno specialmente del Varchi: ne formosi ,
per belli, quantunque sia difeso dairautorita del Boc-
caccio e del Passavanti (pag. 90, g3, 99)} ne la im-
penetranda oscurita della natura; ne le mendacie degli
organi sensitivi (pag. io5, 106). Queste parole hanno
del ricercato e del peregrino, e mal si confanno ad
un grave trattato di filosofia.
Ma quando la valorosa nostra donna non si arresta,
come per giuoco. a dar la caccia a voci e modi arti-
ficial, scorre qual limpida fonte. Ne sia d1 esempio il
cap. XXV, in cui si disputa intorno alia fallacia dei
sensi. « Tu a difesa dei sensi t'afforzi col parlar del
y> volgo-, e jeri, perche cio non ti fosse facile, io senza
•n avei-ne bisogno scagliai non pocbi riinprocci contro
5? i sensi: onde tu cadesti ad affermare, cbe agli oc-
y> chi tuoi non pareva tronco il ramo immerso nel-
y> V onda, ne variopinto il collo della colomba esposto
?! allaere. Ob! come mai? Agli occhi miei apparisce
» cbiaramcnte sensibile lo scavezzato del ramo per en-
» tro Tonde^ e chiaramente sensibili appariscono i
» mille colori che accende in faccia al sole il collo
a della colomba. Ma quauti jeri non adducemmo
y> esempj in prova dello ingannar de* nostri sensi:
» Fa che quelli reggano e la tua causa annienti
» L'Epicureo Timagora nega essergli avvenuto giammai
» che al premere d' un occhio . la fiammella della lu-
» cerna gli si convertissc in due:y e questo fenomeno ,
n che appare agli occhi di tutti, dice che e menzo-
'■•> gna dell' opinione. non degli occhi. Quasi si daman-
is dasse, se le fiammclle in quel caso sieno due in
3oa ALCUNE OPERE DI CICERONE
» sostanza e non soltanto in parvenza ». Un altro esem-
pio di chiarezza e di fluidita puo essere quel luogo ,
ia cui Cicerone parla del sistema di Iceta Siracusano,
il quale fu 1' antecessore di Copernico e del Galileo
neir ammettere la mobilita della terra, mentre il sole
la irradia immoto. u Iceta Siracusano, secondo che
» narra Teofrasto, pensa che il sole, la luna, le stel-
n le , e tutto finalmente che e al disopra della terra ,
n stia immobile} ne cosa niuna dello universo si
» muova, fuor la tei'ra, la quale intorno al suo asse
n rotando e ravvolgendosi, fa si che paja ella stare,
» e muoversi intorno lei tutto il cielo. E si vuole che
y> eziandio Platone cio accenni nel suo Timeo , ma te-
» nendosi nel cupo della sua sublimita». II testo dice
soltanto : Hoc etiam Platonem in Timcco dicere quidam
arbitrantur, sed paullo obscurius. Ma sapendosi da al-
tre opere che cosa intendesse Cicerone per oscurila
Platonica, la Malvezzi ha potnto pigliarsi un po' di li-
berta foggiando un bel concetto.
L' opera De Finibus bonoi'um et maloruni , benche
non sia inferiore a quella Della natura degli Dei, od
allc Tusculane^ benche si porti in grembo tutta la sa-
pienza dei greci filosofi intorno alia suprema felicita del-
l'uomo: benche sia piena di bellissime sentenze, e ricca
divivissimi concetti^ benche nel quinto libro specialraente
sia ornatissima, ed abbia un elegante proemio, pure non
aveva fino a1 nostri giorni, a nostra saputa , trovato
un animiratore che la traslatasse. Ed ecco che entrano
in quest1 aringo a contendersi la palma due valenti
campioni che hanno consacrate le lor vigilie ai trat-
tati filosofici di Cicerone. La Malvezzi prima, poi il
Galloni di Piacenza ci diedero due volg'arizzamenti
del libro dei Fini ^ e tanto Tuna quanto 1' altro si me-
ritarono lode^ se non che se dovessimo talvolta giudi-
carne dopo aver istituito il paragone, dovremmo forse
essere discortesi, non dando la corona al bel sesso ,
ma al forte. Lasciamo pertanto che ne giudichi il let-
tore istesso.
Cicerone nel proemio riprende coloro che, essen-
do eruditi nelle rrreche lettere non volevano che si
VOLGARIZZATE DA T. MALVEZZI E G. GALLONI. 3o$
filosofasse in latino, e censuravano i suoi libri in cui spo-
neva nella natia favella tutto il sapere dei Greci, anzi
non leggevan nemmeno i poeti del Lazio, perche ave-
van tolti gli argomenti e gli intrecci dai tragici della
Grecia. Jtudem esse omnino in nostris poetis aut inert
tissimce segnitice est aut fastidii delicatissimi^ mihi qui-
dem nulli satis erudil'i videntur } quibus nostra ignota
sunt.
* Ed al certo, Fessere totalmente ignaro de' poeti
» del patrio idioma e pigrizia inertissima, o indizio
r> di troppo facile nausearsi. Ed a me sembra non
» appena erudito 1' uorao, che non conosce le cose pa-
is trie ». (La Malvezzi.)
« Lo scbifar di leggere i poeti nostri o egli e se-
» gnale di troppo vile pigrizia, o di troppo piu dili-
r> cato gusto. Per vero, a me non pajono abbastanza
» eruditi coloro ai quali ignorate sono le cose nostre».
(Galloni.)
Parlando dei libri de' giureconsulti, Cicerone narra
che erano spacciati meglio di quelli dei filosofr, il che
avviene an che a' nostri giorni. Ut sint ilia vendibilio-
ra} ha?c uberiora certe sunt.
« Se quelle sono materie piu grate al popolo, que-
y> ste, al certo, sono piu ubertose di frutto ". (La
Malvezzi.)
« Avvenga pure che quegli scritti sieno vendevoli
r> assai piu, egli e pero certo che questi sono piu utili ».
(Galloni.)
II proemio del V lib. venne sempre considerato
come un capolavoro di eloquenza, perche Cicerone,
dipingendo i sensi che si destarono in lui medesimo
ed in alcuni amici, quando, trovandosi in Atene , vi-
sito TAccaderaia o la scuola di Platone, mostra quanta
reverenza abbiano gli uomini pei luoghi abitati dai
piu sublimi ingegni , e come in veggendoli sembri ad
essi di veder que' personaggi redivivi. Quwn venisse-
mus in Academia? non sine causa nobi/itata spatia ,
solitudo erat ea (juam volueramus. Turn Piso , natu-
ram nobis hoc, inquit , datum dicani , an en ore quo~
dam: ut quwn ea loca videamus , in quibus mcnwria
3o4 ALCUNE 0PERE DI CICERONE
dignos vii'os accepcrimus multuin esse versatos _, niagis
moveamur quant si quando eorwn ipsorwn aut facta
audiamus , aut scriptum aliquod legamus? vclut ego
nunc moveor. Venit enim mild Platonis in mentem ;
quern accepimus pnnium hie disputare solitwn: cuius
etiam illi hortuli propinqui non memoriam solum mihi
afferunt _, sed ipsum videntur in conspectu meo ponere.
Hie Speusippus _, hie Xenocrates , hie ejus auditor Po-
lemo , cujus ipsa ilia sessio Ju.it , quam videmus. Equi-
dem etiam curiam no strain ( Hostiliam dico non hanc
novam, qua? mihi minor esse videtur _, post.eaquam est
major J solebam intuens } Scipionem, Catonem, Lcelium,
nostrum vera in primis avum cogitare. Tanta vis ad-
monitionis inest in locis, ut non sine causa ex his me-
morice ducta sit disciplina. Turn Quintus^ est plane,
Piso , ut dicis inquit. Nam me ipsum hue modo ve-
nientem convertebat ad sese coloneus die locus , cujus
incola Sophocles oh oculos versabatur: quern scis quam
admirer y quamque eo delecter. Me quidem ad altiorem
memoriam Etlipodis hue venientis et Mo mollissimo car-
mine, quasnam essent ipsa ha?c loca requirentis, species
quondam commovit.
u Giunti per quell' ameno passeggio all'Accademia ,
y> vasto edificio non senza ragione fatto celebre, vi
» trovammo la solitudine da noi desiderata. E Pisone
» allora prese cosi a parlare: Erro forse, o ne e dato
y> da natura, che all1 aspetto de' luoghi celebrati da
» uomini degni di memoria ne si muova 1' aniino piu
r> che non e all' udire delle chiare loro gesta, e al
» leggere de' loro scritti? In vero io mi sento ora cora-
» mosso^ questo luogo mi richiama alia mente Plato-
y> ne, il quale, secondo ne si narra, fu primo a im-
» prendervi le filosoflche disputazioni. E questi quivi
» intorno deliziosi boschetti, non solamente mi richia-
» mano al pensiero l'immagine di lui, ma la sua stessa
y> persona parmi vedere quivi assisa; e qui veggo
» Speusippo, e qui Senocrate col suo discepolo Pole-
's mone, di cui fu quello scanno che la veggiamo con-
v> servarsi. Ma che non forse anche l1 aula del nostro
y> senatorio consesso, non dico la nuova, la quale,
VOLGARIZZATE DA T. MALVEZZI E G. GALLONI. 3o5
» cosi ampliata come ora e, m'apparisce piu angusta,
m ma dico quell' antica detta Ostilia, se con gli occhi
v si fissa, non ne fa presente Scipione, Catone e Le-
» lio, 1' avo nostro, uomo tra' primi illustre, assidersi
35 filosoficamcnte ponderando gli affari della nostra re-
55 pubblica? Cotanta ne offrono ricordanza i celebrati
35 luoghi, che non senza ragione li vogliamo esempio
33 di storiche dottrine. E Quinto riprese: Propriamente
>5 o Pisone,la e cosi. A me pure, or mentre venivamo,
33 richiamo 1' attenzione il borgoColoneo, ove abitator
33 vivo m' apparve quel Sofocle,il quale tu sai quanto
33 io ammiri e quanto di lui prenda dilettO} e si m'ac-
3' cesi la iinmaginativa , che sino Edipo stesso vidi ivi
35 aggirandosi andar chieggendo in quel mollissimo
>s carme (i) a cui que' luoghi appartenessero 33 . (La
Malvezzi.)
« Giunti dentro dai viali delPAccademia, non senza
33 cagione divenuti celebri, eravi quella solitudine che
33 avevamo desiderata. Allora Pisone, e egli cio, disse,
33 a noi dato da natura, o si viene da una cotale il-
J3 lusione, che, quando vediamo que' luoghi, dove sap-
35 piamo aver costumato per lungo tempo uomini fa-
35 mosi, ci sentiamo molto piu grandemente commossi
33 (come accade ora a me) di quanto se udissimo par-
33 lare de' fatti loro, 0 leggessimo qualche loro scritto ?
33 Imperocche viemtni ora in mente Platone, il qual
33 sappiamo aver quivi il primo impreso di disputare^
33 la cui memoria non solo a me richiamano que' pro-
33 pinqui giardinetti , ma si anco lui stesso mi dipin-
33 gono presente al vedere. Quivi fu gia uno Speusippo,
33 quivi un Zenocrate , quivi il discepolo di lui Pole-
33 mone, di cui fu proprio quello stesso sedile che ve-
(1) I versi a cui qui si allude sono i primi dell' Edipo a Colono
cosi tradotti da Felice Bellolti.
Figlia di cieco "eccliio , a qual contrada
O J'ra qual gente, Antigone . giugnemmo?
Chi di qualche ristnro oggi V erranle
Edipo sovverra che poco chiede
E men del poco otticn pur anco ?
Bill Ital. T. XCVIII. 20
3o6 ALCIWE OPERE DI CICERONE
» diamo. E per vero die contemplando eziandio la
» nostra curia (dico la curia Ostilia, non questa nuova,
» la quale dappoiche e stata ampliata parmi divenuta
5> piu piccola), io soglio pensare ad uuo Seipione, ad
» un Catone, ad un Lelio, e specialmente al raio gran-
si de avo. Tanta forza di avvisamento e ne' luoghi, che
y> non senza cagione da essi principio fu tratto al-
» l'arte della memoria. Allora Quinto disse: Egli e al
» al tutto, o Pisone , siccome diei. Perocche anch'io
» poco fa, andando per via, fui tocco neiranimo al
» veder quclla campagna colonea; abitata un di da So-
jj focle, si che egli veni'ami dinanzi agli occhi^ e tu
» ben sai quant1 io 1' ammiri, e quanto di lui mi piac-
v> cia. In verita, che a piu alta ricordanza me com-
55 mosse una ootale immagine di Edipo , nell1 atto chu
3> recasi in questa campagna , e che con que' dolcis-
» simi versi domanda , quali luoghi son questi^ vuota
» immagine si, ma che pur mi commosso. (Galloni.)
Tullio prosiegue a mostrare quanto giovi la vista
de1 luoghi a fermar la nostra attenzione sugli uomini
grandi, c sopra tutto quello che essi hanno o detto
od operato. Ego autern tibi , Piso , assentior > usu fioc
evenire, ut acrius aliquanto et attention de claris viris ,
locorum admonitu cogitemus. Scis enim me quodam
tempore Metapontum venisse tecum,; neque ad hospitem
ante divertisse , quam Pythagoras ipswn ilium locum,
ubi vitam ediderat sedemque viderim. Hoc autem tem-
pore, etsi multa in omni parte Athenarum sunt in ipsis
locis indicia summorum virorum ; tamen ego ilia movcor
exedra. Modo enim fait Charmadai, qucm videre videor
(est enim nota imago J, a sedeque ipsa, tanti ingenii
magnitudine orbata, desiderari illam vocem puto. Turn
Piso, quoniam igitur aliquid omnes quid Lucius noster
inquit? An earn locum libenter invisit, ubi Demosthenes
et Eschiues inter se decertare solid sunt? Sua enim
quisque studio maxime ducitur. Et ille, quum erubuis-
sct , Noli, inquit, ex me quasrere, qui in Phalericum
etiam descenderim : quo in loco ad flue turn ajunt decla-
mare solitum Demosthencm, ut fremitum nssueseeret voce
sincere. Modo etiam paullum ad dexteram de via declinavij
VOLGAMZZATE DA T. MALVEZZl E G. GALLONI. 3o7
ut ad Periclis scpulchrum accederem. Quamquam id
quidem infinitum est in hoc urbe : quacumque enim
ingredimur , in aliquant historiam vestigium ponimus.
Turn Piso, Atqui3 Cicero, inquit, ista studia si ad imi-
tandos summos viros spectant } ingeniosorum sunt} sin
tantummodo ad indicia veteris memorial cognoscenda }
curiosorum. Te autem hortamur omnes _, currentem qui-
dem j ut spero , ut eos 3 quos novisse vis3 etiam imitari
velis.
« Io si che posso, o Pisone , ravvisar pienamente la
« verita de' tuoi detti , che so per esperienza con
» quanta maggiore attenzione , e con quanta subli-
» mita di pensamento , per la presenza de' luoghi ,
» siamo fatti ammiratori de1 celebrati nostri antichi.
j> E se ti sowiene quando fummo a Metaponto , io
» per ardentissimo desiderio non potei condurmi al-
j: 1' albergo se prima non ebbi visitato 1' abitazione gia
» stata di Pittagora, e il sepolcro istesso che accoglie
y> le ceneri di quel sommo. E qui in Atene , ove pur
r> non e sentiero che non desti rimembranze d'uoraini
» cbiarissimi , tanto piu mi commove questa propria
n terra, celebre per le dispute clie tennero quegli an-
» ticbi filosofi. Propi'io qui disputo anche Carneade.
J5 Ed a me certo sembra vederlo, tale ho nel pensiero
>5 la immagine di lui^ e questi dintorni, orbati di un
» tanto magno ingeguo, parmi che ancor lamentino il
» suono della sua voce. E Pisone continuo dicendo:
55 E Lucio che pensa di questo nostro meditare? Porta
>5 egli forse una certa, direi, invidia alia propria sede
55 ove ed Eschine e Demostene solevano disputarsi la
5> palma? Vcramente e d7 ogni uomo certo intenso tras-
» portarsi alio studio che piu lui diletta. A questi detti
55 il giovinctto Lucio, tingendosi di modesto rossore ,
55 disse : E mel dimandi, o Pisone I Non forse mi di-
55 lungai fino a Porto Leone per osservare il vero sito
5) ove Demostene melteva sua cura a vincere, decla-
w mando, il fremito delle onde? Ed ora , via facendo ,
55 non voltai, prcndsndo a destra, onde venerare piii
» di vicino il sepolcro di Pericle? Ma quanti onorati
55 luoghi non istanno oruamento airattico paese? Non
3o8 ALCUNE OPERE DI CICERONE
y> si muove passo, che non si impi'ima orma su qual-
j> che grata memoria. E Pisone soggiunse : O Lucio
» Cicerone, quando il riandare le antiche memorie sia
» studio che adduca alia imitazione delle antiche virtu,
» non si puo non pregiarlo come veracemente indu-
?! stre^ ma se tiene ad un semplice osservare delle
3) tramandate reliquie, altro non e che curiosita vana.
y> Percio noi tutti ti esortiamo che tu voglia (ed ho
« per fermo che il farai), con la rapidita che avanzasti
y> nelFeloquenza, seguire le virtuose tracce di que'
>■> somini , de' quali hai venerate le memorie ?;. (La
Malvezzi.)
" Ma io m' acconsento , o Pisone , a te , cioe che
y> d'oi'diuario avvenga che noi per avvertimento de'
3J luoghi, alquanto piu vivamente e attentamente vol-
» giam l'animo al meditare intorno ai chiari uomini.
35 Ben sai che io una volta ne venni teco a Metaponto,
y> e che non potei tornarne all' ospite, se non ebhi
y> prima veduto il luogo istesso dove spiro Pittagora
33 ed ebbe sepoltura. Al presenle poi, benche molti
» sieno in ogni parte d' Atene gli indizj qua e cola
3j d1 uomini sommi } pure commosso io sentomi al mi-
33 rar quel sedile, che fu, non e guari, di Garmada.
» Ei mi pare di vederlo (che n'ho presente la imma-
33 gine), e pensomi che quel sedile medesimo, vedovo
33 rimaso di un cotanto ingegno, ne lamenti la spenta
j» voce. Allora Pisone, giacche, disse, alcuna cosa tutti
35 notammo, che mai ebbe il nostro Lucio a vedere
33 che l'animo gli toccasse? Visito egli con piacere il
3» luogo dove Demostene ed Eschine solevan venire a
35 contesa di eloquenza? che ciascuno specialmente ti-
» rato e dal proprio desiderio. Ed egli fattosi rosso in
35 viso, Non domandar cio a me, disse, il quale discesi
3> eziandio al porto Falereo , dove dicono che Uemo-
33 steue usasse di declamare al fiotto delle onde per
33 avvezzarsi a superar con la voce il popolare tumulto.
>3 Anche teste io declinai alquanto a destra dalla via
3» per visitare il sepolcro di Pericle. Sebbene egli e in-
33 finita un tal cosa in questa cilta^ perche dovun-
» que n'andiamo ne si para diuanzi qualche stoi'ico
VOLGARIZZATE DA T. MALVEZZI E G. GALLONI. 3og
» monumcnto. Allora Pisone disse: O Lucio9 se questa
y> propensione mira alio imitare i sonimi uomini la
» tengo per cosa degna di un animo egregio^ ma se
» mira solo a trovare i segni di antiche memorie, la
j> tengo per cosa da nom curioso. Noi tutti adunque
y> esortiamo te , il qual corri certamente , come stimo,
j> a virtu, di voler imitare coloro, de' quali vai cer-
v> cando le tracce » . (Galloni.)
II lettore avra osservato che nel testo , che sopra
notammo , e nella traduzioae del Galloni si legge
Charmada, mentre la Malvezzi traduce Carneade^ an-
che dopo che il Valesio ha emendato questa voce, che
non corrisponde al concetto di Cicerone , il quale vo-
leva parlare di un oratore eloquentissimo qual era
Carmada, mentovato anche nelle Tusculane ed altrove.
E qui dobbiamo dar la lode meritata al Galloni per
la critica con cui ha scelte le lezioni, e della quale ci
piace di riportare un qualche esempio. Nel cap. Ill
del lib. I, Cicerone, parlando dello sporre in latino le
dottrine filosofiche dei Greci, cosi si esprime : Quam-
quam si plane sic verterem Platonem aut Aristotelem ,
ut verterunt nostri poetce fabulas _, mafe, credo s mere-
rer de meis civibus^ si ad eoruni cognitionem divina
ilia ingenia trasferrem. Alcuni han volulo che si leg-
gesse non male mererer con qualche codice, senza av-
vedersi che qui 1' autore fa uso dell' ironia, eonservando
la quale, il Galloni ha dato il retto e limpido senso
di questo periodo.
« Avvegnache se io traducessi Platone od Aristotile
j? cosi di piano come i nostri poeti tradussero le rap-
» presentazioni di teatro^ che si forse che io meriterei
-•? male de' miei concittadini se per conoscimento loro
» que' divini ingegni io trasportassi ! » La Malvezzi
ha seguito l1 altra lezione, ma ha tradotto in modo
da dare lo stesso senso. « E ancorche io cosi mi te-
55 nessi che altro facessi se non semplicemente tradur
» Platone o Aristotele nella semplice manicra mede-
55 sima che i nostri poeti tradussero le greche favole,
55 credo che non male meriterei da' miei concittadini,
55 rendendo cosi tra noi a volgare cognizione quegli
5» ingegni divini r,.
3 10 ALCUNE OPERE DI CICERONE
Ncl cap. VIII del lib. II, parlasi del vcro voluttuoso,
ossia di quello che segue veramente i precetti di
Epicure Nolim mihi fingere asotos 3 ut soletis qui in
mensam \>omant3 et qui de conviviis auferantur , crudi-
que postridie se rursus ingurgitent ,' qui solem3 ut ajunt,
nee occidentem unquam viderint, nee orientem; qui con-
sumptis pntrimoniis egeant. Nemo nostrum istius generis
asotos jucunde putat vivere. Mundos, elegantes, optimis
cociS) pistoribuSj piscatu, aucupio} venatione3 his omni~
bus exquisitisy vitantes cruditatem ,• quibus
i'inum
Dejusum e pleno siet, hir siphone (ut ait Lucilius.)
cui nil
Dempsit vis out sacculus abstulit
jidhibenlis ludos ......
I chiosatori si sono per lunga pezza dicervellati
nel dicifrar queste parole di Lucilio , in cui si parla
di un vino non inagrito, perche una mano rapace ne
abbia bevuto una parte , introducendo nella bottiglia
il sifone o cannello bucato-, di un vino non corrotto
nella sua primitiva bonta per averlo forse colato nel
saccbetto per depurarlo dalle fecce. II Galloni pertanto
cosi traduce il passo citato. « Io non vo' qui imma-
» ginare, come usate voi, di tal fatta voluttuosi, che
j' vomitino a mensa , e cbe sien portati via dai con-
■>• viti, e alio indiinani tornino indigesti ad ingojar vi-
•>■> vande} che non vidcro mai, come si suol dire, ne
55 il tramontare, ne il levar del sole , che, consumato
v il patrimonio, sieno indigenti. Nessuno di noi crede
J? che voluttuosi di questa guisa vivansi lieta vita. Im-
y> maginiam piuttosto de' voluttuosi puliti , eleganti ,
» che per opera di cuochi , e confortinai eccellenti ,
3' per isquisitezze di pescagione, di uccellagione, di
35 caccia , schifino le iudigestioni, ai quali, come dine
3' Lucilio,
35 Da pieno vaso un vin si versi, a cui
35 Rapace mano col sifon non nocque,
" Ne il sacchetto pur tolse il vigor prisco r .
VOLGARIZZATE DA T. MALVEZZI E G. GALLONI. 3ll
La Malvezzi si spaccia in poche parole , le quali
pcro comprendono la principale idea. « A' quali pur
95 versati a piene tazze vadano scelti , e, come dice
» Lucilio, intatti vini, cui niente evaporo r>.
Nel procmio del lib. Ill Cicerone dipinge la foga con
cui Catone divorava i libri degli stoici nella biblioteca
di Lucullo. In summo otio , maximaque copia , quasi
heluari libri s , si hoc verbo in tain clara re utendum
est, videbatur. Quell1 heluari e si bello, che i due trn-
duttori non hanno in questo veruna differ enza. « Quanto
33 aver poteva d'ozio, tanto maggior copia di libri (se
?! e qui permesso usar di questa frase) ansiosamente
» divorava » . Cosi la Malvezzi. « Siccome era al tutto
» libero da ogui faccenda, cosi tanlo phi era perduto
3? intra i libri, che parcva, se pur m' e lecito usare di
;■> codesta espressione in cosa si bella , se li volesse
y> tutti divorare ». Cosi il Galloni.
Nel pigliare in mano queste due traduzioni ci venne
vagbezza di correre al cap. XXIV del lib. V, per ve-
dere come si sia volgarizzato quel periodo , sul cui
senso sono cosi discordi i chiosatori: Quern Tiberina de-
cursio.fcsto illo die. tanto gaudio affecit, quanto L. Paul-
lum, quuin regem Persen captum adduceret} eodem Jlu-
mine invectum ? La Malvezzi ha ommesso senz' altro il
decursio, ed ha tradotto una parte sola del concetto
ciceroniano. « O L. Paolo, in quel di tanto gaudio
ji giorno festivo, quando il popolo a folia correva in
;j riva al Tevere ad ammirar prigioniero il re Per-
3- seo?33 Ma il Galloni, che ha stampato il suo volga-
rizzamento col testo di fronte , perche non paresse ,
come egli stesso dice, che fuggisse la luce del sole per
celare agli otchi altrui i suoi proprj difetli, ha trasla-
tato piu fedelmente questa sentenza. u A chi niai die
33 tanta allegrezza il lorneamento appo il Tevere in
33 quel di sacro alia Fortuna, quanta ne die a Lucio
33 Paolo , allorche dietro di se traeva schiavo il re
33 Perseo, per quel medesimo fiume a Roma condot-
33 to ^33 Golla testiraoniauza di Varrone e di Ovidio
si e qui determinata la festa, di cui vuol parlar Ci-
cerone, e che era quella della Fortuna detta forte
3l2 ALCUNE OPERE DI CICERONE
(Quani cito venerunt Fortunes fortis honores. Ovidius,
Fast. VI 773). Ma non ci piace quel torneamento per
decwsio: essendo essa una parola storica od csprimente
una particolare costumanza del medio evo:, onde suona
male sulle labbra di Cicerone , come male suona il
vespro SicilianO) die il Davanzati pose in bocca a Ta-
cito, o Y aspetta un credo, clie il Gesari fa dire ad uno
dei personaggi di Terenzio. D'altronde non sembra
che il decursio dei Latini sia il torneamento , dove si
cambatte a fine di morte1 come dice il Buti, antico coal-
men tatore di Dante, a quel verso: Ferir tomeamenti e
correr giostra. E poco sopra il Buti istesso aveva detto^
u che nel torneamento 1' uno ferisce l'altro a fine di
» morte se non si cbiama vinto". Al contrario la de-
cursione non era che un esercizio militare, uno spet-
tacolo non funestato mai dal sangue; anzi noi siamo
d'avviso che fosse quello che i Romani cbiama vano il
Giuoco Trojano , descritto con tanta vivezza ed ele-
ganza da Virgilio nel V delY Eneide. II poeta fa uscire
in campo un drappello di giovani guerrieri a cavallo^
e li divide in tre schiere, ciascuna delle quali aveva
un duce, ed era composta di dodici:
Incedunt pueri, pariterque ante ora parentum
Frenatis lucent in equis
Tres equitwn numero turmce3 ternique vagantur
Ductoresj pueri bis sent quemque secuti
Agmine partito fulgent , paribusque magistris.
Dato il segno, corsero pari a tre per tre in ischiere
disgiunte, poi chiamati si voltarono, scagliaron dardi,
fecero volte e rivolte , e giri, prescntando la immagine
di una battaglia :
Olli. discurrere pares . atquc agnuna terni
Diductis solvere choris , rursusque vocati
Convertere vias _, infestaque tela tulere.
Inde alios ineunt cursus aliosque reewsus
Adversis spatiis } altemisque orbibus orbes
Impcdiunt } pugna?que cient simulacra sub armis
Et nunc tergafuga nudantj nunc spicula vertunt
Jnfcnsi : facta pariter nunc pace feruntw.
YOLGAIUZZATE DA T. MALVEZZI E G. GALLON I. 3 1 3
Anche il Caro diede a questo esercizio o giuoco il
nome di torniamento, e tradussc quel verso di Virgilio:
Ilimc morem , hos eursus atque hcvc certamina primus.
Questi torniamenti e qucste giost/v.
Ma la liberta che si concede ad un poeta che tra-
duce un altro poeta dee aver ben corte Tale quando
si tratta di volgarizzare un trattato Closouco.
Pieni di venerazione la lingua e il petlo pel nome
e per le opere del grande Cicerone, abbiani voluto
dettare queste poche osservazioni sui volgarizzamenti
della Malvezzi e del Galloni non gia per detrar nulla
alle lodi che essi si meritarono, ma per mostrare la
verita di quanto scriveva il cardinale Sforza Pallavi-
cino: essere assai difficile che un libro di varia e sottil
dottrina^ e di culto ed acuto stile sia traslato con feli-
cita e con fedelta da uno ad altro linguaggio. Tutta la
difficolta consiste principalis ente nel conservar la chia-
rezza, che forma sempre il pregio de1 piu celebrati
scrittoi-i, nel seguirli piu davvicino che si possa, e nel
non mettere una mano temeraria in essi, e pretender
quasi di correggerli. Traducendo scrittori men gasti-
gati , scriveva non ha guari il Tommaseo , molta de-
strezza ci vuole ad appianare le ineguaglianze , gli
equivoci shrogliare, le membra del periodo troppo sle-
gate comporre, senza che lo stile dell' autore sia tutto
falsato. Nell' affrontarsi poi con potenti scrittori, non
tanto l'artificio e pregio desiderabile, quanto la sem-
plicita^ non tanto 1' eleganza posticcia, quanto la chia-
rezza, e che non riesca sciacquato il concetto.
Noi siamo dell' avviso dell'Algarotti , che i tradul-
tori rendano un gran beneficio alia nostra lingua col
far nostri i pensamenti altrui, coir ornar di nuova fa-
vella le cose belle o da' forestieri o dagli antichi det-
tate, e che non in altro modo che traslatando le gre-
che scritture surse il latino sermone a quella maesta
ed ampiezza che Tanimo nostro pur anco inonda, e per
cui la Roma di Cicerone e di Virgilio e tuttavia si-
gnora del mondo. Percio non dubitiamo che utilis-
sime debbano riuscire le versioni della Malvezzi e del
3 1 4 ALCUNE OPERE DI CICERONE VOLGARIZZATE, EC.
Galloni, e die molti, i rpiali nori avranno mai letti i
tratlati filosofici di Tullio, che ha in essi depositalo
tutto lo scibile dci Greci per riguardo alia morale, vl
accosteranno ora le labbra, e profitteranno somma-
mente nel vedere la facilita c la piacevolezza con cui
un grande scrittore tratta materie aride, astruse ed
il piu delle volte stucchevoli. « La nostra letteratura,
» dice il Giordani, comincio in gran parte dalle tra-
n duzioni. I piu sublimi ingegni, che nou vollero ne
w dovettero fai'si traduttoi'i, vollero e dovettero pren-
55 dere dai Latini le mosse e gli eseinpj. Altrettanto e
5> accaduto palesemente ed accade a tutte l'altre na-
55 zioni moderne : tutte cominciarono e cominciano
5» dal trasportare nella propi'ia favclla cio che in altra
55 lingua da un' altra gentc si scrisse: alle antiche al-
55 tresi apparisce manifesto, o per salde congetture si
55 argomenta avvenuto il somigliante. Che sarebbero
55 le lettere dei Latini senza le greche? E da Pacavio
55 siuo a Cicerone , che si fece altro che latinizzare
55 Greci? 55
I traduttori, secondo la sentenza dell' Olivet, hauno
un gi-ande vantaggio , per cui soverchiano di gran
lunga un autore, poiche costui risica di acex'escere il
numero delle cattive opere, mentre il traduttore, se ha
scelto bene il suo testo, e sempre sicuro di presentare
il pubblico di un eccellente libro.
A. Levali.
3i5
Imperiale e reals galleria Pitti , illustrata per cura
di Liu'gi Bardi 3 regio calcografo. — Firenze ,
1 836- 1 84 o 3 presso Veditore; in foglio. Tutta Vo-
pera sard compresa in fascicoli i oo,, ciascuno di
5 stampe colle relative illustrazioni, ec. Prezzo in
Firenze franchi i o al fascicolo. In Milano presso
Ferdinando Artaria e Figlio3 contrada di Santa
Marglierita. N. iiio. Ne sono usciti 5o fascicoli.
Articolo III.
VJon due ragionamenti inseriti in qucsto Giornale
(tomo 90.0 pag. i85, maggio-giugno i838, tomo 95.0
pag. 3 , luglio i83g) abbiamo dato conto di quanto fino
a quell' cpoca era stato falto dal signor Luigi Bardi
nella pubblicazione della sua grande impresa cbe to-
glie a dimostrare per belle incisioni in rame con rela-
tive dicbiarazioni la maravigliosa galleria dell"' I. e R.
palazzo Pitli, unica nelP Europa per isplendidezza di
locale, per dovizia di oggetti d'arte, e per preclara
eccellenza di monumenti. Ora ci incombe riferire quanto
egli ha operato in appresso.
II Bardi , caldo di amore per le arti, di affetto per 1' il-
lustrazione della patria, di carattere acerrimo, perseve-
rante, prosegue nella sua opera colossale con uno zelo
sempre piu crescente, e con una diligenza e sollecitudine
senza esempio, avvegnacbe di fascicolo in fascicolo ha
sempre migliorata la bonta delle incisioni, in dimostra-
zione die i vantaggi che si promette da questo suo as-
sunto sono il suo ultimo peusiero. Ed egli solo colle
unicbe foi'ze del suo animo e della sua attivita, ha gia
condotto felicemente alia meta del corso un ardimento
artistico, pel quale parea che appena dovesse bastare
la potenza riunila di piu intraprenditori operosi e do-
viziosi: perche ci e debito congratularci seco lui cbe
oggimai sua merce tutta la colta Europa potra in qual-
che degno modo ammirare i molti e stupeudi capolavori
3l6 I. R. GALLERIA PITTI ,
csistenti ncll'I. e R. galleria Pitti, che tutti da lon-
tani paesi non possono venire a visitare.
E volsi anche far merito all" arte degli incisori, che
con bella gara si sono emulati per corrispondere coi
loro rami alia bellezza dei quadri incisi , alia nobilta
e grandezza di questo progelto e alia pubblica aspet-
tazione.
E finalmente non debbono defraudarsi della meri-
tata lode i valorosi espositori delle tavole che con
sottile critica artistica, e con bello e facile dettato no-
tarono i pregi dei dipinti e delle incisioni e di molte
ntili circostanze relative ai soggetti delle dipinture e
ai loro an tori ci istruirono.
Fascicolo 34- — Ecce Homo, di maniera correg-
gesca, inciso dal Poletti, scuola Toschi. La pieta e il
carattere di questo argomento : percio e quivi signifi-
ficata una grande espressione di patimenti : ma questo
dolore e accompagnato pero da quella costanza e ras-
segnazione, die fanno fede di un Dio deliberatosi per
amore e per la salvazione nostra di patire. Quindi l'im-
magine eccita maggiormente in noi la commiserazione
e la gratitudine. La parte dei capelli e ben condotta :
e il chiaro scuro e sentito con assai maestria.
San Giuseppe, mezza figura, del Guercino: incisione
di Fournier. Egli fu volta che il Guercino voile se-
guire la maniera guidesca, e allora togliendo un me-
todo dal suo usato stile diverso, tenne gli scuri piu
chiari e trasparenti, e a tutto il dipinto scemo forza e
vigore. Questo quadro ci presenta una di tali pitture.
V'ha in essa alcuna letizia, una piacevolezza , un can-
dore da dubitare che appartenga a questo pennello ,
se non fosse che il modo di dipingere la chioma e la
barba, di far risaltare le falangi della dita, di rilevare
il collo e il mastoideo, sono esclusivamente proprii di
questo maestro. E antica questione se lo sposo della
Vergine fosse grave d1 anni, o di fresca eta: le ragioni
piu persuadenti stanno ch'ei fosse giovine. Francesco
Barbieri, per eludere questa disputa, effigio san Giu-
seppe in eta avanzata ma floridissima.
La casta Susanna, del Guei'cino: bella incisione del
ILLUSTRATA PER CURA DI L. EARDI. 3 1 7
Rosaspina. I Caracci escguirono quest' argomento in
piccolo quadro : trovarono taluni da ridire sulla forma
del bagno introdotto in quel dipiuto perch e ha sem-
bianza di cisterna o di serbatoio d' acqua e per conse-
guenza rendesi difficile che la bella donna vi si fosse
tufi'ata, a meno che nuotare non sapesse: qui e rappre-
sentato veraniente un bagno domestico in uu giardino,
e vedesi i due vecchi esservi penetrati furtivameute e
appostativi da chi li favoriva in questa ribalderia. Le fi-
gure sono della grandezza del vero, cio che forma piu
illusione ed effetto. La casta femmina e piu spaventata
che sorpresa. Alza un braccio, che le viene afi'errato da
uno de' vegliardi, e questo moto pone maggiormente in
mostra il bello intatto torso, il piegarsi del collo e la
faccia alquanto dolente. L'altro vecchio impudente cerca
di trarle di dosso il panno che tuttavia la copre dal
mezzo in giu, e gia poco manca che tutte le belle forme
non sieno manifeste per incendere maggiormente la
foia ne'due inverecondi, ai quali ne il consiglio, ne il
pudore, ne gli anni sanno temperare la libidine. Le
facce dei due manigoldi veggonsi infiammate e come
estatiche su quel corpo che fa loro perdere il senno.
II sito del campo e stupendo.
San Giovanni , di Andrea del Sarto : incisione del
Buonajuti. A primo tratto questa pittura del precur-
sore si riferirebbe a Guido Reni. Tanto e morbida e
delicata, e di un tuono soave e leggiadro I Ma esami-
nandovi la facilita ond' e condotta la figui'a, la spon-
taneita della movenza e la naturalezza della sembian-
za, il primo giudizio si corregge, e si conosce l1 opera
essere di Andrea. Non ci e mai avveuuto di poter vin-
cere la nostra ripuguanza contro quelli che hanno ef-
figiato san Giovanni rustico. ispido , e talora anche
selvaggio. San Giovanni, che converso col Salvator bam-
bino, dovea aver tratto da'suoi raggi alcuna parte di
grazia e di bellezza: qui Andrea lo ha fatto bcllo, e
tanto che desta amore. Solo egli ci pare che la pittura
manchi degli ultimi rinforzi , degli ultimi tocchi di ri-
soluzione.
Marina, di Dubbes: incisione di Lambcrtini. E qui
3l8 I. K. GALLERIA PITTI,
rappresentata ui>a darsena. E il mare in tempo di pic-
cola burrasca, che sebbene costretto presso il porto
non lascia di agitarsi terribile e di porre in pei-icolo
una lancia, mentre bastimenti maggiori veleggiano si-
curi n ell' alto , sfidano gli impeti marini e non temono
il cielo cbe tutto nero aduna le nuvole, minacciando
pin fieva fortuna. La pittura ha semplici linee, e con
poco ba procacciato reffetto.
Fascicolo 35. — Ritratto d'uomo ignoto, scuola te-
desca: incisione del Rossi. Questo quadro ti pi'esenta
un pcrsonaggio che non sai definire. La tradizione non
ci ha tramandato il suo nome. Ma il dipintore ha sup-
plito accortamente col mostrarci le sue qualita. Prima
di tutto il soggetto e di un aspetto grave e nel tempo
stesso piacente. Si compone in un atto di meditazione,
e vedesi che considera su quanto ba letto in un libro
che ha in mano, che ben si conosce essere un codice
in pergamena, ed e forse la sacra Bibbia, riferendosi il
costume della persona ai tempi della riforma : di piu
il soggetto e qualificato per aurea decorazione che gli
pende dal collo, onde non erri a crederlo un perso-
naggio distinto dalla sua corte. Di tutte queste cose ti
avvisa il pittorc, il quale in questo lavoro ti da anche
prova del suo valore nella forza delle tinte e nella na-
turalezza.
Madonna incoronata dal divin figlio , di Alessandro
Allori: incisione accuratissima del Benucci. Vedesi que-
sta vergine essere il ritratto di una gentile madonna
dei tempi del pittore. La fisonomia , 1' andamento dei
capelli copiosissimi, il costume delle vestimenta, e so-
prattutto un piccol manto ricamato sulle sue spalle e
posto in modo diverso dall' ordinario assetto della Ver-
gine, ci confermano in questa credenza. Qualche spi-
golistro indiscreto potrebbe gridare profanita. Ma il
pittore ha assai bene compensato questo che si direbbe
difetto coll' atto del putto. Soi'ge esso dritto sulle gi-
noccbia materne, e sopra la veneranda fronte della Ver-
gine un serto di rose depone, mentre esso nell'altra
mano stringe uua corona di spine, con che vuol signi-
ficare ch1 egli serba per se tulti i patimenti e il frutto
ILLUSTRATA PER CURA DI L. BARDI. 3 19
dei medesimi, cioe la redenzione, dono alia nostra uma-
nita. Questo concetto e sublime, e con un' arte pcr-
fetta, morbida c ricca e maestrevolmente dipinto.
Riposo in Egitto.di Van-Dik: amorosa iucisione del
Martelli. La Vergine, il Putto e san Giuseppe, e vicino
ad essi un giumento, ecco gli ordinarii personaggi che
compongono questo argomento e per verita non pare su-
scettibile di grande ricchezza e pompa nella sccna. Tutto
lo sforzo degli artisti in tale subbietto si rimase a va-
riare la movenza della nostra donna o quella del figlio
e ad isfoggiai'e nel campo. Ma tuttavia il tema mostra
sempre una sua intrinseca poverta. Un dipintore di ge-
nio creatore pero tutto sa abbellire, tutto arricchire, e
cosi ha fatto il Van-Dik in questo quadro reso per esso
lietissimo, e converso pu6 dirsi in una parte del para-
dise Egli ha scelto il momento in cui F eccelsa madre,
giunta in luogo ameno e delizioso, si riposa adagiata
sopra un macigno tenendosi in grembo il suo pargolo.
Ed ecco che gran parte dei cori celesti e discesa in
terra per festeggiare il Redentore in eta puerile. Una
schiera di otto angeletti intreccia una danza per sol-
lazzarlo : mentre quattro altri angeli cantano in un bel
cielo dorato e ridente: queste celesti creature sono di
forme bellissime e prenderiansi per opera delPAlbano,
ma il divin Figlio e vieppiu bello, e vedesi prendere a
quel ballo e a quel concerto inesprimibile diletto.
L'Adultera, del Mazzolino: ottima incisione dello
Spagnuoli. Questo quadro e uno degli stupendi del suo
autore. Bella composizione: veri e significati caratteri:
costume ricco e ben conveniente alle persone e alia
nazione: affetto diverso e ottimameute indicato: altro
mancamento non vi ha, se non che trae al minuto: ma
questo era il fare del dipintore, e ognuno ha la sua manie-
ra, e il Mazzolino sa compensarla colla massima diligen-
za ed amore con che le sue figure conduce, e col buon
giudizio del componimento molto ben disposto ed or-
dinato. L'Adultera ha una senibianza umile, sparsa di
compunzione: e bella e amorosa da non crederla forse
colpevole di quel fallo. II Salvatore mostra molta di-
gnita, mitezza, e muovesi in un atto di perdono. Gli
320 I. K. GALLERIA PITTI,
accusatori sono tuttavia rabbiosi, e bene e introdotto
vm fariseo cbe a terra si cbina e si aggiusta i vetri
agli occbi per meglio leggere quanto sull' arena ha
scvitto il Signore, affinche ciascuno esamini se stesso
c le sue peccata ricordi, per perdonare i falli altrui.
Ritratto ignoto di un uomo di molta eta, di Anni-
bale Garacci-, e assai bene inciso dal Lasinio. Questa
sembianza e grave, piena di profondi pensieri, e mo-
stra alcuna tristezza. Giureresti che e un uomo filo-
sofo. Ma come un uomo d' ingegno e poi vestito di un
abito logoro e sdruscito? come mai colla sua alta mente
e infelice? Cessa di maravigliare e rieorda quel verso:
Povera e nuda vai filosofia? L'impasto della carna-
gione e naturale e perfetto. I capelli ben trattati, gli
occhi vivi e quelli pure pensano : il contrapposto dei
lumi efficace.
Fascicolo36 — Ritratto d'uomo ignoto, dello Scliiavo-
ne, con assai francliezza inciso dal Rosaspina. Sbattuto
terribilmente dalla contraria fortuna, lo Scliiavone opero
talora in fretta e per vilissimo prezzo: quiudi tutti i
suoi lavori non sono esimii. Ma la pittura di questo
ritratto lia un merito singolare, e tiene molto di quella
valentia di trattare il pennello con francliezza e bra-
vura cbe, superiore agli altri , lo rende degno d'es-
sere nell'esecuzione studiato e imitato. Abbia ogni di-
pintore per suo esempio nel condurre i colori un di-
pinto dello Scliiavone nel suo studio, predicava il Tin-
toretto, e si questi gli fu emulo quando dipinsero
ambedue ai Crociferi! Ghi fosse costui cbe qui si rap-
presenta io lo ti dir6: un uomo seuza passioni: un os-
servatore indifferente dei casi della vita: e forse an-
che volto a spargere il riso e Tironia su quanti si af-
faccendanoperle umane vauita.Mira a quella sembianza
e di se male mi appongo!
La Madonna col figlio, di Andrea del Sarto: in-
cisione bene imitante del Gallina. Molti e maravi-
gliosi portenti dell' arte di Andrea sono raccolti in
questa real galleria^ direbbesi esser questa il Cam-
pidoglio de1 iuoi trionfi. E il quadro cbe qui si di-
liiostra non e fra gli ultimi monumenti del valore di
1LLUSTRATA PER CURA DI L. BARDI. 3a I
Andrea. Assai dignita e naturalezza e nel volto e nello
stare della nostra Donna: assai pastosita, morbidezza,
trasparenza e vaghezza di forme nel Bambino. Ha que-
sti un pensiero sculto nella sembianza che gli minora
la sua usata ilarita. E d' onde nasce? Forse da alcuna
severita impressa nei tratti della madre? Forse dall'atto
di lei che porta la mano al seno e sembra dire: non
ho io colpa nella prima colpa, perche fui senza mac-
chie concetta! Questo sentimento e molto metafisico,
e il solo Andrea potea coll' arte sua enunciarlo, con
quell' arte che rapfa alia natura stessa tutte le sue for-
me e i suoi affetti senza pompa di teatro, senza tinte
arroganti, senza perturbazioni esagerate.
San Pietro che resuscita Tabita, del Guercino : forte
incisione del Ferreri. Morti erano morti, e vivi parean
vivi, disse il poeta, e qui la spoglia defunta e vera-
mente morta. San Pietro non ha ancora operato il mi-
racolo, ma innalza la destra atteggiandosi, colla divina
possanza in esso infusa, a vincere le leggi della natura.
Percio in questo momento indeciso, tutti gli astanti,
che sarebbero pieni di delizia dopo il miracolo operato,
rimangono ancora nell' incertitudine. E quale piange
tuttavia, quale si dispera : chi mira con compassione al
defunto: chi prega, ed accenna: ma presto tutti sa-
ranno consolati e attoniti della forza del Signore ac-
cordata al suo discepolo. La scena e maravigliosa: le
figure parlauti. San Pietro, come protagonista del qua-
dro, trionfa nella sua maesta: in ogni parte della tavola
e dovizia di panncggiamenti, gagliardia di tuoni} stu-
pendo effetto: vedi il lavoro di un gran maestro: il di-
pintore del vigore, della forza: ne e da tacere dell' e-
pisodio di una femmina di assai bella e grandiosa for-
ma, che con un bambino al petto siede spettatrice di
questa scena e forma essa pure gran parte della sua
mirabilita.
LTAssunzione di Maria, del Lanfranco: dilicata inci-
sione del Galzi. Qui Lanfranco ha vinto se stesso: non
sempre nobile, non sempre vago, amoroso e soave, e in
questo quadro di somma vaghezza, dignita, affetto e
dolcezza. La Vergine, non sollevata dagli angeli, come
Bibl. Ital. T. XGYIII. 21
322 I- R- GALLERIA PITTI.
taluni improvvidamente hanno fatto, ma rccata dalla
sua intima potenza e divinita, e tratta nell'aria: e di-
resti che ella veramente la fendc e i venti le investono
le vestimenta che dopo di lei si raccolgono. Una sola
Gloria di tre angioletti canta le sue lodi, mentre un
arcangelo col violino da il tuono del canto: di forme
maestose e matronali e la Vergine, come si convenia
alia sua grandezza: e la sua sembianza e sparsa di riso,
anzi di una gioja celeste, perche gia enlra nel suo re-
gno, gia va ad incoronarsi regina di tutti i cori ce-
lesti, di tutte le gerarchie de' profeti, degli apostoli,dei
martiri, insomma preside di tutti i santi e interceditrice
pei peccatori.
San Pietro, mezza figura, del Guercino: incisione
del Muzzi. Rivaleggio il Guercino con Guido non pure
nella maniera dell' arte, ma talora anche nella scelta
degli argomenti. Guido opero san Pietro in piu diinen-
sioni, in piu movenze e piu forme, e sempre crebbe
con questo tema lo splendore della sua gloria. E qui
pure il Guercino ci da Feffigie di san Pietro, e se non
vincc F emulo suo, e se forse non giunge nemmeno a
pareggiarlo , chi supera la vagbezza di Guido? Ci da
pero una testa di gran significato, una espressione tra
il severo e il dolente : e specialmente un annunzio di
bonta somma nella fisonomia^ di che lo encomiamo as-
sai, non potendo noi perdonare a que' dipintori che ef-
figiano sempre sdegnoso e fiero e prepotente quell1 a-
postolo cbe primo fu a stabilire una religione fondata
sull'umanita, sulla carita, sulla dolcezza, sul perdono!
Fascicolo 37. — ■ Ritratto d1 uomo ignoto, di Cham-
pagne, assai bene ineiso dal Dall'Oglio. Uua figura con
grande parrucca, con soggolo di trine, con una sem-
bianza beta e quasi donnesca e una sciarpa di drappo
a tracollo:, e poi tutta la persona coperta con armatura
di ferro, quasi nell'istante di andare a combattere^
queste cose unite insieme ci paiono una contraddizione
ridicola, e percio poco ci monta conoscere il soggetto
di questo dipinto: quindi in quaato ad esso passere-
mo oltre per fermarci piuttosto sul merito meccanico
del pennello: diremo adunque che la pittura e ben
ILLUSTRATA PER CURA DI L. BARDl. 323
condotta, gli accessorii esattamcnte fatti, Tarraatura
ben trattata, coi lumi e riverberi dovuti, e le carni
della faccia eseguite con pastosita e chiarezza di tintey
e movimenti di muscoli, e vita negli occhi.
Sacra Famiglia, di Ventura Salimbeni: con diligenza
incisa dal Gatti. Le sacre famiglie di pittori inspirati,
e specialmente di Raffaello, tengono del divino: vi si
veggono i personaggi sparsi di unzione e santita, e il-
luminati di un raggio celeste, di una gioja di paradiso.
II Salimbeni non potendo innalzarsi all'inspii'azione
dellideale, del sublime dell' arte, ba rappresentato una
Sacra Famiglia che ci mostra una conversazione fami-
gliare, una scena domestica: e sotto questo aspetto ha
eseguito opera bellissima che va piu al cuore della mol-
titudine, meno atta airinspirazione delle cose sovru-
manc. Questa vergine e vei'amente una madre che si
accarezza il suo portato. II figlio e un pulto comune,
ma che palesa grandi spiriti. San Giuseppe si compiace
al sorriso del Bambino, e Sant'Anna, vestita da donna
di faccende, si rattiene dal vuotare la conoechia, tratta
ad osservare con compiacenza uno scherzo introdotto
nel quadro per episodio} dico che San Giovauni fan-
ciullo ha sottratto due piccoli canini alia madre loro
intesa ad allevarli; ed ei li mostra sorridendo alia me-
desima, la quale abbaja per riaverli. Tutto il quadro
e condotto con tinta armouica, quieta e senza aleuna
aria prosuntuosa.
Annunciazionc della Vergine, di Andrea del Sarto :
lieta incisione del Gaporali. Questa tavola ti reca sommo
contento all' animo: ti colma di una gioja che ti alle-
via d'ogni cura. Vedesi Andrea averla condotta in un
niomento in cui il suo spirito sorridea di domestica le-
tizia, cio che rare volte gli accadea. La persona, la
faccia e Tatto della nostra donna sono di una purita
che ti incanta. II disegno e squisito : il velo onde copre
la fronte e una falda di un uembo celeste. Le forme
nobili e di graude stile. Non e oggetto che possa vin-
cerc questa vergine: e difatti lo stesso augelo annun-
ziatore, comeche creatura celeste e in un atlo di de-
voto rispetto, non tiene il paragone con tanta bellezza
3»4 1- R« GALLERIA P1TTI,
e decoro. Attribuisrono taluni qucsto cfTctlo alle vesti-
menta dell' angelo che riferisconsi ad un abito sacerdo-
tale con grandi inaniche, e formato di un diappo che
non e ctereo : dove clic vediamo ordinariamente gli an-
geli di forme spedite, con bvevi tuniche aperte, lievi,
bianche, fiammanli. Non sapremmo conghietturare ,
perche il filosofo Andrea del Sarto abbia qui preferito
qucsto costume: la figura si credei'ebbe un ritratto di
un giovine. Non vagliamo a darne una persuadente de-
cisione. Ma certo un pittore cosi pi*ode, circospetto, a-
vra avuto le sue buone ragioni di fare cosi.
Zingarella, di Benvenuto Tisi detto il Garofolo, con
purita incisa dal Masi. E questa una mezza figura} av-
volta il capo di uu panno che sotto il mento le gira, e dal
quale scendonocome lemnisci due cadute di capelli luci-
gnolate. Cliiude colla veste fino alia gola la persona, e
sopra la veste viene un manto senza bordo, ne fimbrie:
il movimento della femmina e assai naturale: e nell'atto
di pensare, e a che? A ben comporre un oroscopo verisi-
mile, forse per un amante. Ha gia trovata la sua predi-
zione, e percio fra se stessa tacitamente sorride. Un filo
d' oro con giojello sotto il soggolo e un piccolo vezzo
sulla fronte sono il suo abbigliamento, tanto perche si
ricordi che ella e femmina, che non affatto disjuezza
gli ornamenti muliebri.
Paese, di Poelembourg: amen a incisione del Parboni.
Chi ama una bella vista campestre: freschi alberi fron-
zuti: un aperto orizzonte lietissimo: deliziose colline
in lontananza: cespugli, virgulli, arbusti: una limpida
fnte, o corrente: pastori che all'ombra intrecciano una
danza, e per meglio essere investiti dal balsamo del-
I1 aria estiva e odorosa che li circonda si sono sciolti
dalle vestimenta^ chi vagheggia tali incanti, venga ad
ammirare questo paese bellissimo e fara conto di tro-
varsi realmente in una piacevole ameuita di sito : in un
niagico ridolto dove la semplice natura tutte spiega le
sue ingenue bellezze senza arte.
Fascicolo 38. — Ferdinando I, Granduca di Tosca-
na, di Scipione Gaetano: incisione dcll'Errani. 11 pit-
tore in quest' opera, piu che ritrarre le forme materiali ,
ILLUSTRATA PER CURA DI L. BARDI. 325
ha avuto in mira di significare sullc sembianze la bo-
narieta dell'animo, e vi e mirabilmente riuscito. Non e
pero die anche non abbia trattato bene le carni con
chiarezza, morbidezza, e pupille che parlano: Scipionc
di Gaeta fu pei ritratti mirabile. Noi ne possediamo
uno di Torquato Tasso nella sua bella e fresca eta :
Scipione ha impresso in questo volto tutta Finspirazio-
ne del divino epico, tutta la bonta e gentilezza del
suo cuore: disse bene un poeta che leggonsi in quella
faccia 1' inimitabile Aniinta, e il Goffredo, primo poe-
ma dell' universo, e come nota Voltaire, ricreduto dei
suoi giudizii giovanili, poema maggiore di quelli di
Omero : e questa verita, soggiunge esso nel Saggio sui
costumi de' popoli. sara semprepiu coi secoli diraostrata.
Maria de1 Medici regina di Francia , di Scipione
di Gaeta: operosa incisione dell' Errani. La semplicita
e il carattere del ritratto che pur dianzi accennammo :
e in quest' altra pittura di Scipione il requisito trion-
fante del quadro e la ricchezza e la magnificenza dei
merletti, degli ornati, de'ricami. Ma non sapiemmo
dire se sia un merito delr .rtista, o un danno per Tos-
servatore. Gerto che, abbagliati noi da tanta dovizia,
e quasi sopraffatti dallo splendore degli abbigliamenti,
ne duole che questi ritardino la nostra ammirazione
pel merito pittoresco della faccia condotta con soavita,
impasto, luce, morbidezza e finitezza, che Giambellino
non potea far meglio.
Sacra Famiglia con angeli, di Filippo Lippi, con
molta unzione incisa dal Rossi. Oh come gli antiehi di-
pintori aveano profondo nelVanimo il sentimento della
religione ! Come la loro fede, pieta, carita spira dalle
loro opere ! Che modestia e dolcezza nei volti ! che arie
di paradiso negli angeli ! qual celeste virginita nella
nostra Donna! Tutto ne' loro quadri mostra devozio-
ne, raccoglimento, compungimcnto. I locali stessi erano
santi: santi gli atteggiamenti: santi gli abbigliamenti.
Che diremo della purita de' loro concetti? Oh come di-
vini,come inspirati, come venuti dal cielo, nella di cui
meditazioue quegli artisti erano immei'si! Tutti i pit-
tori della prima eta ne fanno prova piu o meno , e
3i6 I. R. GALLERIA PITTI,
specialmcnte poi il beato Angelico c Filippo Lippi. E
il quadro di che ora siamo per parlare compic questa
dimostrazione. Vedi una Vergine che e la stessa pudica
belta, 1' escmpio della prcghiera, un tipo di santo af-
fetto. Ella e genuflessa dinanzi al figlio , e conscia della
sua divinita sta orando, anzi ringraziando al medesimo
di averla fregiata del bel nome di madre senza perdcre
la sua illibatezza. Chi vcde questa Vergine e non Ta-
ma, e non Padora, e non si unisee alia sua prece?
Non e dinanzi a lei chi possa avere pensiero pro-
fano, chi non si senta preso d'amore. Due angeli e tre
arcangeli stanno pure prostrati intorno al divin Verbo:
quattro in atto di orare incrociando le verginee mani
alseno, chinando i begli occhi, ed esprimendo con un
certo soave loro sospiro un immortale affetto. Ma uno
degli arcangeli ha recato dal cielo un canestro di fiori,
e questi sparge sulla divina creatura. Godesi il Bam-
bino in tanta letizia, e gestisce puerilmente, e recasi,
siccome suole un putto in quella eta, un dito alle lab-
bra: atto imitato poi da Raffaello tanto nobilmente in
quel suo pi'eclarissimo e unico quadro a tempera del-
l'Ancaiani, rappresentante il Presepio. Bello e poi il
pensiero di avere introdotto in questa scena fra gli an-
geli anche il piccolo San Giovanni. Ma non puoi temere
di cambiarlo con quelli, che esso, benche ingenuo, ha
piu dell'umano: meno delicato nelle forme: meno spi-
rituale nella sembianza. Oh qual maravigliosa cosa e poi
tutto il campo del quadro ! quanti fiori! quanti arbusti!
quale amena campagna in lontananza! quanta festa in
tutta la scena del fondo che rappresenta un giardino
pensile pieno di bianche rose, delle quali senti Folezzo.
Venere, Amore e Vulcano , del Tintoretto: incisione
di scuola romana. Chi dubita che il Tintoretto, il quale
era quasi spaventoso nelFombre e nella forza del chiaro-
scuro, vigoroso e terribile, non sapesse seguire anche il
genei-e dilicato, e tenersi aundipinto chiaro, trasparente,
splendido come la luce, si rechi a vedere questo quadro.
Dopo la sua mirabile pittura dell' Eva sotto Talbero,
non credo che altr' opera di questo maestro sia piu bril-
lanle, amorosa. Icggiadra e di tono limpido, c direbbesi
ILLUSTRATA PER CURA DI L. BARDI. 327
guidesco quanto questa Venere e il putto. Essa e di
grandi forme, perche e qui rappresentata come moglie
e madre : moglie del fratello di Giove, madre di un
nume ehe agli uomini e ai numi comanda. Ma queste
forme pero si adornano di gentilezza, di squisila pro-
porzione, di soave con^orno: sono le forme di Venere.
Vulcano e severo, membruto, co' muscoli rilevati come
quello che li tiene in azione nell' arte fabbrile. Ei si
compiace mirando al figlio, che pare avvinto nel sonno
e di una mano gli regge il capo : ed ha ben donde
procacciare ch1 ei dorma , perche non afferri le quadrella
che ha allato e non punga con esse altro nume o mor-
tal e per farlo vago della madre a disdoro del marito.
Ritratto d'uomo ignoto, del Franciabigio: incisione
d' effetto del Margotti. Qui vedi una figura del cinque-
cento: 1' abito, i capelli, il berretto, e una lieve gran-
diglia sotto la gola ti indicano il secolo in che visse il
subbietto : l1 espressione della sembianza e tutto il moto
della persona ti dicono pure che quel jiersonaggio era
d' indole buona e festiva: questo ti dee bastare, ben-
che il Dome ti sia ignoto: che se poi poni mente al
valor del pennello, alia forza dei contrapposti, alia fi-
nilezza della fisonomia e delle estremita, al bello an-
damcnto dei panni, alia diligenza con che sono gui-
dati i capelli, ed anche all'amenita deliziosa del campo,
di bella luce e di arbusti vestito, l1 opera e degna della
tua ammirazione.
Fascicolo 3g. — Ritratto d1 uomo ignoto, deH'Allori :
facile incisione del DalfOglio. Fra gli Allori, Cristoforo
se ebbe forse minore profondita d' arte, minor dolcez-
za e naturalezza nel condurre i nudi dell' altro, delto il
Bronzino, pote vantarsi di piii efficacia e forza di pen-
nello per tratlare i panni screziati di bei ricami in
oro e rabescati di fiori : ne cedette ad alcuno degli al-
tri nel dipingere le capigliature fluide, leggeri , bene
inanellate, discriminate, scherzose. Questo ritratto ne
e una prova: vedi un giovine di tralti prevenienti , con
due grand! occhi sicuri, bella e limpida fronte, bocca
ben tagliata e composta, naso alquanto eccedente, ma
che male in questo vollo non e collocato: bramercsli
3a8 I. R. GALLERIA PITTI ,
sapere chi sia? La (Isonomia te ne parla vantaggiosa-
mente: rimanti a questa illusione , e apprezza T opera
dell' arte.
Bartolini SalimbenI , di Girolamin da Carpi : ripo-
sata incisione del Vignocchi. Qui ti si mostra un ec-
clesiastico e lo couosci salito in dignita. Alia sagacita
die pales? nel sembiante e alia forza degli occhi che
ti entrano nel petto discerni 1'acume dell'ingegno e la
destrezza di ordinare la vita sugli umani avvenimenti
per giungere ad un segno proposto. Ma lo spettatore
preterraette tutte queste ricerche, tratto piii tosto ad
ammirare la bravura dell' arte nello sviluppo delle ve-
sti, nell'anima sculta nel vol to e particolarmente nella
pittura delle mani, ben distinte nelle sue parti e in-
sieme carnose e di bella forma. E nell' esecuzione delle
mani i valorosi ritrattisti hanno sempre posto molta
cura, specialmente il gran Tiziano.
L'Epifania, di Domenico Ghirlandajo: sicura inci-
sione del Lasinio. II Gbirlandajo anche ne' soggetti sa-
cri ebbe un non so cbe di severe Si e detto ch' ei pre-
cedette la terribilita di Michelangelo. In quella sua au-
sterita tuttavia e dell' unzione, della pieta: la religione
sotto la sua arte prende un carattere di gravita, come
fra le mani di Angelico di Fiesole fu tutta grazia, in-
spirazione ed amore. Questo quadro serba il mezzo
fra un santo affetto e un santo rispetto: trionfa non-
dimeno la parte della devozione, della fervida amorosa
preghiera. La Vergine e un tipo della perfezione, sia
nella naturalezza della posa e della movenza, sia nei
suoi bei panneggiamenti, ricchi, variati, assettati, come
nella bellezza e dolcezza della sembianza. Purissimo e
pure il divin Figlio nelle forme, assai spirituale nel-
l'idea, naturale nel movimento, morbido nelF esecu-
zione dell' impasto. Questo gruppo trionfa nel mezzo:
da una parte e dall1 altra arricchiscono poi mirabil-
mente e compiono in bella bilancia il componimento
selte personaggi: San Giuseppe, i re Magi, persone di
loro seguito ed altri, venuti ad adorare il divino nasci-
mento: tutti in diverso moto atteggiati a devozione e
a preghiera: tutti riccamente panneggiali, con belle
ILLUSTRATA PER CURA M L. BARM. 329
caratteristiche flsonomie: ed estremita operate coll7 ulti-
ma finitezza. E perche dei tre regi due per rispetto hanno
a terra deposte le corone, e l'altro e fregiato del serto
postogli sul capo da tm suo paggio? Questa pero non
e irreverenza: gli altri hanno la fronte spoglia dell' o-
nore regale, perche uno ha gia offerto il suo dono al
divin Figlio : l'altro e nelfatto di presentrrlo : e il
terzo e ancora lontano e si atteggera a maggiore rac-
coglimento quando si awicinera ad offrire lapisside che
ha in mano: e percio noi crediamo che quel paggio
lion si atteggi cosiper porgli la corona, ma stia presto
per levargliela. Tutta 1' ordinanza del quadro e magni-
fica , composta con alta ragione.
Ninfa inseguita da un satiro, del Giorgione: viva
incisione del Fusinati. Chi meglio del Giorgione le
mezze figure ritrasse? chi pose piti vigore ne'colori, c
verita nelle carni? I suoi nudi palpitano. Sotto Tepider-
me scorre veramente il sangue : la vita invade le sue
figure, che ti semhrano parlare. Egli impresse 1' anima
negli occhi: il sentimento nelle sembianze, anzi il pen-
siero: e tutto sotto il suo pennello prese moto e vita.
II suo dipingere in somma fu una magia: un impasto
rubato alia natura: e si adorno pure del talento di
rappresentare la bellezza^ ma con forme larghe, spie-
gate, grandiose, come il Domenichino nelle Sibille. Que-
sto quadro ne e un esempio. Codesta ninfa e di una
belta ammirabile, alquanto proterva e di gagliardia
maschile, tanto che lo spettatore non teme che il sa-
tiro audace che la insegue possa offenderla. Essa ha
ardire e forza da schernirsi. La bocca di questa ninfa
e un modello di disegno: le mani sue rappresentano
la perfezione della forma in una mano donnesca. Tutto
e squisito in lei, e tanto siamo tratti alia sua grande
leggiadria, e direi quasi alia seduzione di tutta la per-
sona in parte svelata, che 1' uomo dimentica di por
mente al satiro, se non e per isdegnarsi ch'ei presuraa
di volere si mirabile bellezza impudentemente col la-
scivo suo fiato contaminare.
Ritratto d' uomo ignoto, del Cigoli: incisione del Ro-
saspina. Con molta semplicita si nella naturalezza della
33o I. R. GALLE7UA PITTI ,
posa, si nella sobrieta del Iusso nelle vestimcnta, ha
condotto il Cigoli questo ritratto. A bene esaminare i
suoi quadri egli appare aver esso replicato questa sem-
bianza ancbe in qualche soggetto sacro. Certo che la
fisonomia di questa figura indica bonta, tranquillita di
afletti e fors'anche certa severita di vita che induce
in essa una dolce malinconia. In quanto al merito del
pennello ci pare di uno stile franco e magistrate, tanto
nell1 esecuzione delle carni , quanto nel panneggiamento
tenuto appostatamente di tuono forte perche il vollo
prendesse maggior risalto ed effetto.
Fascicolo 4°- — Jacobina Ungekort, scuola fiammin-
ga : bellissima incisione del Lasinio. Se guardi a que-
sta sembianza e sei un Italiano, non vi trovi nulla
di que' h'atti largbi delle nostre fisonomie, di que'be-
gli occhi delle nostre donne pieni di vita, di sagacita:,
di quella frauchezza e spontaneita, che fa trioufare le
Italiane sulle femmine delle altre nazioni, benche istru-
zione non abbiano, come lord Byron not6. Sc la con-
sideri e sei di nazione Francese , ti trovi piu lontano
dell' innamorartene, perche non ha vezzo, ne smorfia, ne
civetteria, ne aria sospirosa e sentimentale, ne 1' atto
seducente o capriccioso. Aggiungi, nessuna moda, nes-
sun lusso, ne dentelli , ne penne; nulla insomnia di
quello che chiamano figurino. Questa fisonomia e tutta
germanica: pupille fisse che non parlano: movimento
che guarda e non si eccita: una bonarieta grande e
quasi una impassibility. Insomma una bella creatura, &
vero, ma che sembra concentrare ogni suo affetto, de-
gna di far girare il capo ad uuTedesco : questo in quanto
all' anima della figura e alle sue forme. Se poi domandi
come e dipinta, rispondero: e dipinta mirabilmente.
Con somma maestria e condotto tutto il vestito, senza
ornamento e in iscuro, per far trionfare la splendi-
dezza del volto operato sulla maniera di Holbeens: una
sola catenella d' oro le scende dal collo a doppio giro
e basta questa per tutto abbellimento.
Ecce Homo, scuola di Sebastiano del Pionibo:jn-
cisione del Marchi. L'espressione e il primo pregio di
questo dipinto. Un'cspressione che nella soflerenza e
1LLUSTRATA PER CURA DI L. BARDI. 33 1
nel dolore uon perde la bcllezza, la dolcczza. Sebastiano
imparo da Michelangelo ad esser filosofo nc'suoi dipinti.
Non possiamo approvare quelli che banno ritratto l'Ecce
Homo in modo orrido e quasi spaventevole. Ln divi-
nita e quella suprema forma che rendca il Salvatorc
il piu bello fira gli uomini, non si scompagnarono giam-
mai da lui. Qui e una creatura che pate, e profonda-
mente pate, ma lo diresti ne' suoi patimenli in se stesso
gioire, perch e quello stato spontaneo, a cui amove e
miscricordia lo assoggettarono, sa dover produrre Fn-
mana redenzione, che lo coronera in cielo d' innume-
rabile schiera di beati intesi a cantare le sue glorie.
Madonna col divin Figlio, di Carlo Dolci: ottima in-
cisione del Mancion. Pittore di genere prezioso per la
finitezza e delicatezza del pennello, e per correlto di-
segno fu il Dolci : maggiormente si distinse nelle teste
delle vergini, finite con straordinaria intelligenza, col-
rinnocenza scidta ne'delineamenti, col candore, la pu-
rita, la squisitezza degli angeli, anzi di una creatura
privilegiata ad essere degli angeli la regina. Un tale
elogio pu6 accomodarsi a questa Vergine che tanto
e bella, soave e scliietta, che lo stesso divino suo
Figlio forsc perde al paragone. Ella e in ollre vestita
copiosamente con grandi seni nel manto , che per
piu mirabilita dalla fronte sugli omeri le scende in
bel giro e ripiegasi sulle ginocchia. Bello e 1' atto dell a
niadre di tenere il Bambino , ch' ella non osa farlo
direttamente colle mani^ benche morbidissime e di for-
ma perfetta, ma fra le mani c i fianchi del putto fa
che passi un lieve sottilissimo velo che serve anche sa-
gacemente a rompere il bel nudo, pastoso, pienotto
del Bambinello cbe sta in un atto di ridere.
Sacra Famiglia, del Puligo: stupenda incisione del
Buonajuti. Domenico Puligo imparo 1' arte dal Gbirlan-
dajo, ma poi si accosto alia maniera di Andrea. E qne-
sto quadro a primo tratto, per chi non fosse istrutto
delle minime diiTerenze degli stili e de'pregi de1 pit-
tori, potriasi riferire ad Andrea: e diremo anche che
degno ne sarebbe: sila Vergine e bella, naturale, gran-
diosa, e di una dolce amabilita! si il Figlio si attiene
332 I. R. GALLERIA PITTI,
all'atto e alle forme fanciullesche da Andrea dipinte:
e soprattutto la testa. Vedesi che questo dipintore
avea gran polso nell' arte, e ch' egli fu assai maggiore
della sua fama: avvegnache da molti e obbliato e da
altri gli vengono attribuite opere molto inferiori al suo
inerito. Dipintore che piu colga il vero potresti diffi-
cilmente trovare se non ricorri al grande maestro dei
divini frescbi dell'Annunziata.
Ritratto d'uomo ignoto, di Guido Reni: delicata in-
cisione del Benucci. E perche e detto questo dipinto
d' ignoto personaggio? Noi vi vediamo le caratteristiche
di una mezza figura di San Giuseppe. La santa aria
dell'uomo giusto, la sembianza stessa di quel fortu*
nato compagno della Vergine, l'andamento della bar-
ba e de'capelli, il suo assetto, e il bastone che ha nelle
mani, benche non sia fiorito , ci fanno dubitare esser
questa una immagine di quel Santo. Come poi dipinto
sia, con qual morbidezza e nobilta, con quanta faci-
lita di pennello, ci occorre egli di rammentare? Basti
dirla opera di Guido Reni, che ebbe in dote il genio,
che gl' inspiro una maniera leggiadrissima, chiara , di-
licata, sparsa di grazie e d'amore!
Fascicolo 41- — Ritratto di giovinetto ignoto, detto
del Correggio : incisione di Artaria. Ecco un giovinetto
che tiene alquanto al carattere africano nelle sagome
della sembianza, se non che ha corretto il profilo del
naso. E in mezza figura ignuda, e solo un principio di
mantello gli si affibbia all' omero destro. E molto ciccioso
e succoso forse piu che non convenia a quell1 eta, poi-
che egli non e nella puerizia, in che i bambini sono
pieni , morbidi , grassotti : ma egli pare aver gia pas-
sata la puerizia: e allora le forme che stanno per isvi-
lupparsi cominciano a dimagrare e prendono uno stato
d1 incertezza, che e la disperazione degli artisti, per-
che non presenta quell' eta dati sicuri di conformazione
ai quali si attenga Tarte. In quanto al sublime autore
a cui vuolsi attribuire il quadro, sia con buona pace di
chi del Correggio lo crede, noi non possiamo concor-
rere in questo parere. Tutto il tono del dipinto non
ci sembra assolutamente della trasparenza somma che
1LI.USTRATA PRR CURA DI L. JiARDF. - 333
dovrcbbe avere, della fusione dolcissima , del dorato
de'capelli del capo , della limpidezza delle carnagioni
c di tutto il disegno, specialmente della bocca, che
fanno insigne il pittore delle gvazie.
Cristo clie si congeda dalla madre avanti la divina
passione, di Paolo Veronese: spiritualc incisione del
Lasinio. Nell' ordinanza de' qnadri Paolo fu magnifico
e reco i personaggi, il loro numero e la splendidezza
degli ornamenti , la poesia degli accessorii tanto oltre
da cadere nel troppo. Fu sempre solenne, trionfale: nei
campi ricchissimo, di superbe arcbitetture adorno :
nella dovizia delle vestimenta quasi asiatico: nelle mo-
venze delle figure pomposo : nelle fisonomie vario, lie-
to, audace, intrepido: in tutto sfarzoso. Questo qua-
dro e pero d'altro gen ere : i grandi artisti assumono
tutti gli aspetti, purche vogliauo: questo componimento
e di una grande economia e purita: I personaggi tutti
vestiti di santita, di unzione, di affetto: ogni parte
della tavola spira devozione : la dolcezza dell1 aria del
Salvatore, la sua bella persona, il suo atto, il vestito,
ti traggono ad amarlo, ad adorarlo come vera cosa
santa. La Vergine e una dolcezza nel sembiante, una
passione nel movimento, un soave dolore nell'espressio-
ne: piu sicura ne' suoi affetti e Sant'Anna, a cui la
grave eta ba tolto di molto sentire. Essa e sedente, e
pur essa si rammarica, ma con un significato di molta
rassegnazione : e forse il fa per non accrescere l'ama-
rezza a Maria. Ma che diremo di una donna che dal-
P alto del quadro discende da un peristilio e fermasi
tutta pietosa a mirare quel congedo ? Oh quanto e bel-
la ! Gome dolcemente si atteggia ! Come castamente e
panneggiata! Che diremo del campo del quadro che e
un' amenita di sito, una limpidezza d' aria, una sere-
nita di cielo, che ne invitano a quella delizia : Paolo
ha qui trasccso il suo valore, ed era da credersi: nel-
P altre sue tavole ba avuta la maggior parte la fanta-
sia, qui ha operato il suo cuore.
Le Marie al sepolcro, di Paolo Veronese: superba
incisione del Lasinio. Ecco un altro quadro di Paolo!
Qui sono piu spiriti poetici che nelF altro, e rargomento
334" ?• n- GALLERIA. PITTI,
lo corisentia. Quesfa pittura puo piu piacere univer-
salmente, perchc c di una leggiadria cstrema. Le Ma-
rie, avvicinandosi al tlivino sepolcro , hanno veduto
uscirne due angeli, e colte di santo timore sonosi Iratte
loutane. Ma poi, pel desiderio di conoscere quel pro-
digio, e pei* dare ascolto alle parole angeliche, si sof-
fermano, e guardano, e odono che il Salvatore ivi piu
non e. II loro diverso atteggiamento e un incantesimo:
esse sono bellissime, di forme cleganti , in un vestiario
anzi ricco clie umile. Una di queste ha un canestro ,
forse pieno di fiori per ispargerli sulla tomba venerata.
Gli angeli le guardano con attenzionc, e diriansi essi
pure presi d' alcun amore a quelle tre bellezze^ ammi-
ratori certamente del loro affetto che all' avello del
divino Maestro le conducea. Hanno dessi una salnia
ben disegnata, lieve, quasi aerea, quasi composta di
materia eterea. II campo pure della tavula e di un bel
paese : ben toccato. La frasca condolta con diligenza
e verita. L'aria investe quegli alberi e li fa barcollare:
quelParia e pura: quel cielo e sereno : e come potea
esscre ottenebrato da nubi all'apparire di si begli an-
geli, di si belle donne?
Una Carita, di Giudo Reni: limpida incisione del
Dalco. Oh qui veramente vcdi Guido, e quanto ei valga
colla vaghezza delle sue fisonomie, colla bellezza e
chiarezza de' suoi nudi, e coH'onnipotenza del suo pen-
nello nella facile e sofiiata esecuzione! La Carita e cir-
nondata da tre figli : uno prende il vitale alimento
dal seno materno \ un secondo sta per baciare la ma-
dre : 1' altro sorge dietro una spalla della donna e a
se ue tira il man to, come per brama di avvicinarsi pur
esso alia sorgente della vita: queste quattro figure si
raggruppano bellamente in piccolissimo spazio, e for-
niano un gradevole , amoroso componimento. Beato
Guido Reni che pote innalzar l'anima al cielo per ra-
pirvi si beU'arie di teste, si bella temperanza di affetti,
e tanta armonia di forme !
Santa Caterina, del cavalierc Currado: valorosamente
incisa dal Benucci. II Currado s'inspiro in questo sog-
getto di una leggiadria ad esso inusitata: ed anchc di
ILLUSTRATA PER CLRA Dl L. BARDI. 335
una moderazione di tintc the dicesi armonia. Chi vede
questa Santa, e non se ne innamora? Chi la conosce
subito, e non la dice degna delle sponsalizie divine?
La sua sembianza e una forma celeste: il volgere pie-
toso de'suoi begli occhi e la sqnisitezza del senliinen-
to: oh che soave bocca! che bel profilo! che collo
tondeggiante ! quanta venusta e nobilta nella persona!
Va, e di' che gli argomenti sacri non ispirano il core,
e non sospingano gli artisti a condurre lavori maggiori
di loro medesirai!
Fascicolo /\i. — DonGarzia de' Medici, delBronzino:
incisione del Benucci. Questo principe giovinetto e ve-
stito da cacciatore, ma con ricchi abiti. E perche fu-
cile, munizione, casacca e altri arredi da caccia alia
comune usanza forse male si addiceano a un dipinto, a
cui volea darsi nobilta, e non farlo una pittura di ge-
nere, percio il Bronzino gli ha posto 1' arco in mano
e la faretra al fianco. E per questa considerazione ne
lo lodiamo. Che se poi avesse avuto in animo, come
altri crede, di far per adulazione di questo piccol prin-
cipe un Amore, male si sarebbe apposto: che la sem-
bianza del fanciullo, ne il suo costume, ne il suo por-
gere, ne la zazzera hanno che fare col figlio di Ve-
nere. Anche in questo quadro ci pare il Bronzino non
aver tenuto quel forte tuono di tinte, quel vigore del
segno, che dagli altri lo distinguono. II volto pero e
bene impastato , e perfettamente modellata e dipinta
la mano.
Donna Lucrezia de: Medici, del Bronzino: gustosa
incisione di Lasinio. Se abbiamo avuto motivo di ap-
puntare TAllori nel quadro precedeute, qui non sa-
premmo^ trovare parole bastevoli per encomiarlo degna-
mente. E questo un ritratto perfetto. Non solo hai da
credere nella similitudine della sembianza, ma qui vedi
lo stare della persona, 1* indole dell' animo, V affelto.
Oltre che, in quanto a pittura, 1' opera e di un vigore
raro ne' bei rabescati panneggiamenli , di una dolce fre-
schezza nelle carnagioni, e di molta vita nelle pupil-
le. Le mani sono un modello : 1' acconciamento ricco
nella sua scmplicita.
336 I. n. GALLERIA PITTI ,
La Calunnia, di Salvator Rosa: forte incisione del
Marchi. Un uomo probo calunniato da uno sccllerato
prcnde col medcsimo una magnanima vendetta. Non
s' inchina a maltrattarlo venutogli dinanzi. Si contenta
di mostrargli il suo brutto aspetto, ritratto in una ma-
scbera che tiene i delineamenti di quello, ma alterati
dalla deformita del suo delitto. Questo concetto e su-
blime ed ha relazione al detto di quel santo che inse-
gnava, che se il peccatore potesse vedere in volto il
suo peccato quanto e mosti'uoso, si rimarrebbe certa-
mente dal piu cadere in quella colpa: tanto ne a-
vrebbe orrore e ribrezzo! Questa idea significo il prode
e gagliardo Salvator Rosa nel quadro che qui ricorre,
e lo fece con tutta la valentia dell' arte sua, con tutto
il vigore del suo tuono e quella fierezza che era ca-
pace a ritrarre le battaglie.
La Madonna della rondinella, del Guercino: buona
incisione del Bucnafede. E questo un bel gruppo, e
pare composto dall'onore di Cento per essere traspor-
tato da eseguirsi a fresco in un pennacchio di una cu-
pola. La forma vi e accomodata: la Vergine, il Bam-
bino e un angelo, ecco la scena. Ma come e ben dis-
posta e ordinata! Come la Vergine trionfa macstosa, e
diresti sedente sulle nubi! Ella guarda con compia-
cenza e ammirazione un arcangelo venuto a salutarla ,
nientre il divin Figlio che in grembo le siede, pueril-
mente si trastulla con un augelletto che ha in mano.
Mirabile e la fisonomia della nostra Donna di puris-
sime, severe forme greche. E greco e il suo acconcia-
mcnto: e greco l'assetto del velo. Oh vadasi a dire ora
che il Guercino e ben valoroso nell'arte, forte nelle
tinte, grande ne'contrasti de'cclori, sommo nel vigore
de'panni} ma che tuttavia le sembianze per esso di-
pinle avevano sempre un non so che di rustico, di
umano, ch' ei non sapea levarsi aH'ideale: questa fac-
cia della nostra Donna e un'idea, e il sublime del hel-
lo : bello e pure il putto , carnoso, molle, palpitante \
hello e T angelo con alcuna inspirazione: mala Vergine
eccede ogni termine della forma. Posta nel marmo, sa-
rebbe anche uno de' piu begli esempii della scuola di
Sicione e di Corinto.
ILLUSTRATA PER CURA DI L. BARDl. 337
San Francesco, di Lodovico Cigoli: incisione del
Calzi. Comeche il Cigoli fosse allievo di Alessandro
Allori, si parti dal fare di quello per formarsi una sua
maniera composta del fiero del Caravaggio, del soave
del Correggio, del naturale di Andrea. Queste scuole
pero solo imito, non uguaglio. Fu dihgente, amoroso:
non rnanco di pieta, di unzione uei soggetti sacri. San
Francesco fu un suo tema preferito. E questo e un suo
San Francesco, non de'secondi in espressione di reli-
gione e di affetto, in severita di stile, in naturalezza
somma di posa. E un santo die ora, e la preghiera gli
viene dal cuore, e la meditazione e profonda, e 1' atto
passionato e dolcemente alfannoso. La tonaca del San-
to, tanto difficile a farsi lieve, facile, bene sciolta, e
che ac£usi 1' indizio della sottoposta persona , e qui con-
dotta mirabilmente. Tutto il quadro e severo: se non
che dal Ganco sinistro rallegrasi per V apertura di una
campagna molto ben toccata e ridente.
Frscicolo 4^. — L1 aniore venale, del Volterrano : in-
cisione limpida dell' Errani. Dipiagere una femmina
che si porge per prezzo era argomento arduo a trat-
tarsi salva la verecondia. 11 Volterrano penso ad un suo
nuovo trovato, e fece cosa laudevole. Una donna di
forme avvenenti , ma che perde ogni sua bellezza per
un suo guardare in cagnesco, per servirsi di trastullo
del dardo d' amore , anziche sentirsene punta , e per
porre in mostra gran parte del petto, stende la mano
ove un garzone con aria maligna versa molte monete.
La donna ha iuoltre un non so che di baccante, colle
chiome sparse e una fronte che diresti impudica. Cio
in quanto al concetto. L' esecuzione e operata con niae-
stria: le carni indicano dilicatezza: i contorni sono si-
curi: buone le tinte traenti al guidesco: il lavoro in
somma e di pregio.
Amore che dorme, del Volterrano: gradevole inci-
sione del Ravano. Per la limpidezza delle tinte, la fa-
cilita del pennello uel trattare le carni e i capelli} e
per la frasca di cui e lieto il campo di questo quadro
rapprcsentante Amore in mezza figura} il Volterrano
ha fatto meglio difficilmente. Amore dorme appoggiato
Bibl. ltd. T. XCVIII. sa
338 I. K. CALLERIA PITTI,
a tin braccio che adagiasi sovra un panno, c un ori-
gliere. II nurae e veramente fra i lacci del sonno , si
posa profondo e cheto ! Ha desso 1' aria del volto se-
rena e quasi sorridentc, e giureresti ch'ei sogna qual-
cbe colpo maestro della sua possanza, destrezza a cui
picga ogni orgoglio, ogni forza. E perche piii sovente
ei si piace di tradimenti e d'indurre uei petti gravi
affanni, giova pregar Morfeo che lungo tempo lo tenga
gravato de'suoi papaveri: e questo mi lascia credere
alcuna malignita, che intravedesi nella sua sembianza.
Le mani di questo Amore non souo per avventura di
quella nobilta e finitezza di disegno che sperar si do-
vea in un putto effigiato sempre in tutte le sue parti
bellissimo.
Sacra Famiglia, del Granacci : ben condotta inci-
sione del Martelli. Per un pittore non delle prime clas-
sic qual e il Granacci, e questa una tavola bellissima,
che si direbbe non sua per riferirla a piu sublime pen-
nello. Gerto questa Vergine ha dignita, larghezza di
stile, bello panneggiamento: siede riposata, amorosa.
II putto poi anco la vince in bellezza di forme, e in
un suo muoversi accorto e naturaie, che vorriasi della
scuola di Andrea. Meno felice ci sembra il San Gio-
vannino; ch'ei non ha quella fisonornia piccante che
sogliono dargli i pittori : e in un atto di sorridere, ma
quel sorriso nulla ti parla , poiche tutta la conforma-
zione della sembianza lia poco signiiicato, ed e quasi
immobile. Ma ibrse rintenzione con che guarda al di-
vino Bambino e i raggi che piovono dal volto di que-
sto lo fanno interdetto, e gli tolgono le parole.
La Balia di Casa Medici, di Paris Bordone: armo-
niosa incisione del Barni. Del grande imitatore della
scuola tizianesca, Paris Bordone, e il ritratto che qui
si presenta. Ei fu eccellente dipintore istorico e ri-
trattista mirabile. In Francia per Francesco I dipinse
tulte le damigelle della real corte, e levo sommo
grido di se. Golori con molta naturalczza e vivacita :
colse il vero : ebbe stile pieno , bene armonizzato. E
benche seguisse il Vecellio nella facilita e fusione delle
tinte , si difese dalla sprezzatura, che taloi'a la veneta
ILLUSTRATA PER CURA DI L. BARDI. 339
scuola chiamo bravura: quindi fu piu diligente Jegli
altri : ma quella sua esattezza diede talora alle sue
opere una sembianza di piu secco stile, cosa dai Vene-
ziani odiatissima , cbe amarono il grasso , il polposo ,
come puoi vedere in Tiziano e Giorgione. Questo ri-
tratto tuttavia si tiene in un bel temperamento : e qui
uu pennello portcntoso nella maestria de'panneggia-
mcnti e ornamenti: ma un pennello dolce, morbidis-
simo nella mirabile fusione delle carni, nella faccia, e
nelle mani di perfetto disegno. L'impasto generale e
degno di essere studiato, imitato, nella prcsente gret-
tezza, e talora anebe nclla falsita dell'odierna tavo-
lozza,
Mose , di Carlo Dolci , inciso dal Benucci. II presenle
quadro mostra come ogni artista, ogni scrittore debbe
sccrre, fra gli argomenti cbe imprende a trattare, quelli
the piu si affauno alia sua indole, alia sua natura, ai
suoi spiriti. Bene scelse Raffaello le vergini : benissimo
Michelangelo i Profeti e le Sibille: e con avvedimento
si diede il Dolci a dipingere mezze figure di sante, o
altro oggetto passionato , amoroso. Ma questa volla ,
nella scelta del Mose, non indovino il suo genio. Puossi
egli rappresenlare P ebraico legislatore, che ebbe petto
audace da sottrarre alia servilu il suo popolo e di fre-
nare per tanti anni una gente ricalcitrante e riottosa,
e di menare la spada co'suoi e cogli altri, se non con un
aspetto severo, quasi terribile? E qui il Dolci lo efii-
gio conforme la placidezza e bonta dell'animo suo e
giusla la dolcezza del suo fare pittoresco. Ma se non
si polrebbe dire questa la sembianza di un Mose qua-
lora non aVesse il doppio raggio in fronte , e eseguita
nondimeno con purita e finitezza somma, poiche di-
versamente questo pittore non sapea fare.
M. Missirini.
(Sara continualo.)
34o
Fedc ebellezza, di N. Tommaseo. — V^enezia, 1840,
co'tipidel Gondoliere. 7«8.°, di pag. ljo.Lir. 3. 5o
austriache.
Pare che Fautore avendo fatte alcune sue particolari
osservazioni sulP amore e sullc donne, e molti pensieri
su tali argomenti concepito, e provato molti sentimen-
ti, abbia voluto delle une e degli altri far dono al pub-
blico } e per ordinare in qualche modo le sue idee e
dare ad esse una qualunque siasi forma abbia immagi-
nato un avvenimento, e vi abbia, a guisa di ricamo
sopra un fondo , sovrapposta la espressione de' suoi
concetti. E siccome questi riguardavano ad una realta
che pur troppo di beni e di mali si compone , ed ab-
bracciavano una parte della vita in cui assai facilmente
si trapassa dai vizi alia virtu, e dalla saviezza alia fol-
lia, ed in cui avviene talvolta cbe fra gli errori e le
colpe duri nelfintimo petto immutabile un sentimento
che poscia nel tempo prefisso fa che l1 uomo provi il
rimorso e si corrcgga, cosi l'autore finge che un pec-
catore ed una peccatrice s' incontrino nel cammino della
vita , si facciano la reciproca confessione dei loro tra-
viamenti, e divenuti unanimi si congiungano in matri-
monio ed a regolare e quasi santa vita si convertano.
Questi sposi beati sono Giovanni e Maria. « Una sot-
s' tile ed ampia tela , narra di se stesso Giovanni , mi
v> aveva data a lavorare Iddio , trapunta di ardito e
r gentile diseguo : io la insudiciai , la stracciai , e la
« dove era intatta la colorii d' immagini invereconde^ e,
55 quasi a mia condanna, ad esse intramischiai qual-
J5 che forma delicata delineatami in cuore dalla mano
y> degli angeli » . E tutte le donne , fossero nobili o
contadine, dotte o stolide, tutte a lui sospiravano^ ed
egli a quasi tutte badava. « Lieta schiera a vederla !
?5 egli scrive : candide nel pallore , candide nel rosso-
33 re , pallide nel bruno bramoso } gracili e forti , altc
3» o poche della persona : ardite fattezze o tenere ^ di
3? citta , di campagna , sull' erta , sul pendio della vita }
FEDE E BELLEZZA , DI N. TOMMASEO. 34 I
n da1 suoi spregiate o dilctte : beate di poverta mon-
r> da o afflittc di rlcchezza :, in Dio raccolte, di lui
y> non curanti :y significant^ Pamore con lode lontana,
y> con luughi sguardi, con brevi parole, con dimesti-
n cbezza procace, con T ebbre attitudini della sciolta
» persona. Non lunga scbiera e pur troppa ! e gia i no-
35 mi delle piu mi fuggirono \ e i visi riflessi quasi in
» acqua commossa tremolano nel pensiero e 1' un nel-
3j 1' altro si confondono; e da quell' ondeggiare con-
35 traffatti per poco si ricompongono piu genlili che
J3 mai 33. Ma non sempre quelle immagini gli si ri-
componevano geutili , ne quelle memorie gli torna-
vano sempre gradite : non tra le altre quella di una
donzella che « aveva lasciati gia dietro a se gli anni
33 piu sconsigliati} e il venticinquesimo, primavera ad
33 altre , era a lei quasi autunno. A lei scorreva nel
33 sangue la pena del suo fallire : ella era a me , senza
33 avvedersene, ministra di gastigo lungo e di ravvedi-
33 mento e di nuove sperienze salutari d1 ignominioso
33 dolore. Oh! misere membra contaminate, chi sa se
33 la vita e il dolore serpeggino ancora per voi? o se
» il dolore si sia gia mangiata la vita co' lenti suoi
3? morsi33. Finalmente a Quimper Giovanni nel i836
conosce Maria. La quale era uivorfanella di nazio-
ne cdrsa, ma educata in Toscana. Una parente di
Parigi chiamolla cola , e veggendola bella e graziosa ,
fece il perfido disegno di farla servire a' propri inte-
ressi \ e comincio col darla in bah'a ad un Russo che
alloggiava in sua casa. « Non fu mercato espresso, narra
33 la stessa Maria: ma la disgraziata donna, strascinata
?s dai voraci bisogni e corrotta sin nel midollo , spe-
>3 culo , quasi senza volerlo , sul corpo mio 3: . Sazio
del pieno godimento e stanco della troppa spesa , il
Russo abbandonolla e ripatrio. Maria nella sua sven-
tura fu ricovrata ed assistita da una buona lucche-
se : che la parente era gia morta all1 ospitale 5 « ma
33 quella solitudine deserta cominciava a farmisi gi'ave,
33 e le memorie ad accorrere com1 aria che faccia forza
33 d1 entrar nel vuoto : e dalle memorie covati i desiderii^
•• dapprima lontani c languidi . poi cupi o caldi, ma
34^ FEDE E BELLEZZA,
a prossimi e pesanli sull'anima fragile ".Inline s' in-
con tra in un giovane marsiglicse. « Gli piacqui , par-
m la Maria: mi piacque: si promise marito, fu aman-
j> te. Si pcn6 poco, e gia col pensiero era sua. Qutlla
» mobilita gajamente loquace mi toglieva a me stes-
» sa. Aveva patito tanto, che goclere a ogni costo mi
3> pai'eva tliritto ».. Vanno insieme a Marsiglia : la il
giovane si sposa ad un' altra , e Maria e cacciata di
quell a citta. Ando in Toscana , e dopo molte viccn-
de e molte offerte spregiate e molti pericoli vinti :
« mi bultai , dice ella stessa, in un amore senza af-
>i fetto, che vi dir6 forse un giorno. Di tanto in tanto
r> mi riavevo:, e pur, nelFimpeto delle follie , raffre-
9 navo me stessa. Queste non sempre brevi astinenze
sj dal male, Dio mi avra forse computate a virtu »-.
Si lego quincli ad un negoziante francesc, a cui do-
veva sposarsi e con cui recossi a Lione } ma egli falli
e si diede alia fuga , ed ella si trasmuto a Quimper ,
dove conobbe Giovanni.
Giovanni e Maria , quegli « con un sentimento con-
s' tinuo che quieto , invincibile lo solleva al suo fine 55}
questa , sfiorita dell' animo, ma non disfiorata della
coscienza , passano insieme luughe ore , si comuni-
cano a vicenda le loro pene e le loro colpe , e s' in-
namorano 1' uno dell1 altra. Ma avvengono dopo molti
accidenti e molti contrasti , ne le viziose abitudini si
tolgono. Poiche Giovanni, fuggendo 1' amore, lo cam-
bio molte volte con ovvia volutta. Pure prevalse il pen-
siero di Maria , e fu celebrato il loro matrimonio.
Dalla Corsica , dove si erano ritirati per fissare la loro
dimora, sono richiamati in Francia da nuove speranze
d' impiego e di lucro. Le quali falliscono; onde la po-
verta viene piii dura, e sono ridotti a lavorare per vi-
vere^ e tra per la nativa debolezza , tra per la vita
trista e travagliata, Maria e colpita da forte malore
nel petto. Avviene altresi che per alcune parole ingiu-
riose all' Italia, Giovanni si batte in duello con un
Francese che lo ferisce gravemente } la cura fu lunga
e difficile , ed i patimenti , le angoscie , le privazioni
crebbero in guisa il male di Maria, che questa a fin
DI N. TOMMASEO. 343
di morte si riduce. Ed in quei supremi momenti, Gio-
vanni, per non disturbare il curato, raccomanda l'ani-
ma della moriente secondo i riti della Cbiesa^ e spi-
rata che fu « accese una candela allato al cadavere, e
« apri pian piano le iraposle : sorgeva torbido il di» nevi-
« cava: egli seduto tra il letto e la finestra, guardava
m ora al cielo biancheggiante , ora alia sua moglie mor-
« la j e pregava Dio senza piangere », per non inco-
modare una povera donna dormiente accanlo.
Cos! procede e finisce questo romanzo del signor
Tommaseo , sulla sostanza del quale molte qucstioni
potrebbero esser fatte. Si potrebbe cbiedere se quella
rivelazione della vita secreta dei due principali perso-
naggi , quella rivelazione cosi diligente , cosi minuta ,
cosi piena di sconci ed abbietti particolari, contenga
in se stessa una salutare lezione, o non presenti piut-
tosto un brutto e pernizioso esempio , e corrisponda
al vero scopo della poesia , al vero ufficio cbe devono
esercitare le lettcre ? E poteva forse esser conveniente
alia celebrita del nome dell'autore ed alia dignila della
sua letteraria missione en1 egli facesse fare da Giovanni
una pubblica manifesjazione di cio cbe talora i piii
sfrontati esitano a palesare nella liberta dei loro in-
timi e fidati colloquj ? Se lo scopo del racconto e quello
di mostrare cbe un animo, anche per viziose abitudini
decaduto, puo, avvalorato cbe sia dalla religione, ritor-
nare alia virtu, come si mostra raggiunto questo scopo
in Maria , cbe maritatasi appena si ammala e muore,
onde il tempo le manca di pensare noncbe di coinmet-
ter nuove colpe , ed in Giovanni , il quale , dopo il
matrimonio , non fa cbe parlare alia sua sposa del con-
tinuo corrergli dietro cbe gli fanno le donnc , dclle
forti tentazioni cbe ne soflre e della gran fatica cbe
gli costa il resistere •, per cui pare cbe piu cbe la vo-
glia gli manebi la opportunita di traviare ? E quel
duello per cosi lieve cagione combattuto , e cosi per
ogni rispetto inteiupeslivo, come si accorda colla fede
e colle credenze di Giovanni, c soprattutto coll' amo-
ve cbe porta a Maria, a cui quel cimento fu spasimo
e quel pericolo morte? E quella raccomandazionc
344 FE°E E BELLEZZA,
dell' anima fatta da Giovanni colle parole stessc prescrit-
te dalla sacra liturgia e forse posta decentementc alia
fine di un romanzo , e la impressione che produce
puo forse reputarsi che sia veramente profittevole, ve-
ramente estetica ?
Qualora poi si consider! il romanzo del signor Tom-
maseo dalla parte letteraria, ci par di trovarvi molte
cagioni che possono spiegare la diversita delle sentenze
che ne furono pronunziate. Tenue e povera e l1 in-
venzione, come gia s' e veduto , ma le dan vita e in-
teresse molte vivaci descrizioni, alcune pagine ridon-
danti di affetto , alcuni dialoghi pieni di vita. Vi e una
grande e diremo anche rara cognizione di lingua, con-
cisione di frasi e proprieta di vocaholi ben degna del-
1' illustre autore dei Sinonimi italiani } ma nuoce non
di rado a questi pregi il desiderio evidente e al pa-
rer nostro infruttuoso di mettere in onore parole e
frasi che 1' Italia generalmente non intende , e inten-
dendole non potra mai giudicarle ne belle ne neces-
sarie. Generalmente poi v' e uno stile che tiene del
tirato , del concettoso e dell' arguto , e non lascia ri-
posare la mente , anzi quasi par che si studii di ren-
dere avviluppato e difficile cio che per propria natura
sarebbe facile e piano. A questo si aggiunga che seb-
bene la concisione delle frasi usate dall1 autore nasca
frequentemente da un' analisi delle idee eseguita con
fino accorgimento e con diligenza scrupolosa , forma
pero qualche volta un curioso contrasto colla prolissita
con cui 1' autore si estende o nella narrazione dei fatti
che specialmente nei libri III e IV e lenta assai e troppo
minutamente particolareggiata , o nelle descrizioni che
quasi in ogni pagina con fastidiosa abbondanza ricor-
rono. Vi sono altresi alcune proposizioni , il cui senso
si dura fatica ad intendere, ed inteso che sia appare
strano, o falso, od increscioso. Per esempio, si disse
nella pagina 8 : « Gli uomini che pigliano la vita in-
« digrosso e senza tanti daddoli sarebbero i meglio edu-
55 catori e mariti del mondo, se avessero sempre che
55 fare con anime non isteriche 55. Ed alia pagina 41 Sl
narra che Giovanni vide una serva innamorata , gia
DI N. T0MMASE0. 345
s' intende , di lui , rompersi il fil delle reni , e poi la
rivide « patila e bella tuttavia : moglie e madre » :, ed
alia pagina 55, Giovanni chiede a se stesso: « che po-
» tro io recare alia moglie ?» e risponde: "un'anima
» sgannata, un corpo stanco e la mia poverta. Dimcn-
» ticavo l'ingegno. Oh buon mantello contro il freddo,
» bella consolazione per una donna, l'ingegno! » Ed alia
pagina 1 1 8 della Corsica si legge : « Ella ha vissuto
« abbastanza se ha generato Pasquale Paoli , scusa ed
« espiazione anticipata del reo Buonaparte ».
Anello di sette gemme, o Venezia e la sua storia.
Considerazioni e fantasie di Luigi Career. Vo-
lume uuico. — J^enezia, i838, coi tipi del Gon-
doliere, in 8.°, di pagine 733, con i5 incisioni3
lir. 35 austr.
Uno scrittore, che giustamente gode 1' estimazione di
tutta Italia per 1' alto ingegno e pel vivo ed animato
sentire, voile in un libro depositare quanti pensieri e
quante memorie poterono in lui destare il lungo sog-
giorno nella bellissima Venezia , lo studio della sto-
ria, la vista dei monumenti , la propria ispirazione
poetica , lo zelo di cittadino. A tal fine egli diviso di
scegliere alcuni subbietti per disporre intorno ad essi
con discreto ordine e con efficace magistero quanto gli
veniva fatto di osservare, di sentire, d1 immaginare : a
formare i quali subbietti elesse alcune donne , repu-
tando che sotto auspicj siffatti potesse essere conceduto
all' opera sua un procedimento piu disinvolto , minor
rigore di metodo , un discorso meno cattedratico c piu
schietto. E queste donne intitolo Gemnie^ non gia per-
che siano tutte specchiati esemplari di virtu, ma per-
che nel nome loro, come nelle gemme, dentro picciol
cerchio gran tesoro di patrie rarita si rinchiude.
Queste donne pertauto sono sette : Giustina Re-
nier Michiel, Caterina Corner, Gaspara Stampa, Bianca
Cappello , Eufemia Giustinian , Irene da Spilimbergo
346 ANELLO DI SETTE GEMME,
cd Elena Corner Piscopia. Assai acconciamente il Car-
rcr pose innanzi agli altri il nome di Giustina Renier
Michiel , autrice del notlssimo libro delle Feste vene-
ziane , il quale subito richiama alia mentc , e, per cosi
dire, spiega davanti gli occhi tutta la serie de'secoli
veneziani ? tutta la magnifica prospettiva dei trionfi ,
delle conquiste } delle pompe di quella famosa repub-
blica, onde i preteriti tempi sono per essa al presente
tempo annodati. Cogli altri nomi intese il Carrer di
mostrarei in compendio , per non dire in quintessenza,
ora la Venezia mercantile , ora la letterata , ora la
guerriera , ora la politica, ora la religiosa, ora l1 ar-
tistica^ e per tal modo voile egli « imprimere nelle
?! menti e nell' animo dei lettori un concetto di Ve-
53 nezia , della sua storia , della sua politica , delle sue
55 letterc, delle sue arti , de' suoi costumi, se non com-
55 piuto , die tale non e ccrto , meno imperfetto di
55 quello si dia da scrittori preoccupali e intenti a far
55 servire gli uomini e le cose alia dimostrazione dei
55 loro immaginarj sistemi 55.
Con siffatti intendimenti 1' autore, dopo aver nel
capitolo I fatto conoscere il disegno della sua opera , ci
da nel cap. II la biografia della Micbiel , e nel III al-
cuni ragguagli sulla societa che soleva la sera racco-
gliere presso di se quella celebre donna. Dagli studj
di questa tragge poscia argomento per parlare nel
cap. IV degli storici veneziani, ed in questo, dopo al-
cune sensatissime osservazioni sulla diilerente maniera
degli storici anticlii e dei modcrni, e dopo aver espresso
la sua opinione, die « Venezia possa tuttavia molto
35 ragionevolmente cbiamarsi anello intermedio tra la
53 stoi'ia antica e la moderna , percbe si trova ne' suoi
33 annali ritratta 1' antica graudezza non disgiunta dalla
35 semplicita 33- il Carrer va con molta diligenza e con
pari sagacia specificando i pregi e i difetti di mi gran
numero di storici e di cronisti veneziani. Dalla Vene-
zia storica si passa alia poetica, ed a questa e dedicato
il cap. V, nel quale 1' autore mostra con parole pienc
di calore e di afletto clie Venezia pel suo sito, pe'suoi
monumenti . per la sua civilta , per le sue arti e per
DI L. CARRER. 347
l1 arcbitettura specialmente , e cilia alia piii di ogni
altra ad eccitave nell"1 animo fervidi scnsi e splendidis-
sime immagini , e potrebbe anch1 cssere « bel tema di
5' vera e gvandiosa epopca », Al cap. V segue un' ap-
pendice, in cui il signor Carrer si propone di rispon-
dere ad alcunc osservazioni del signor Luigi Cibrario,
concernenli il giudizio dell' infelice Carmagnola, e da
lui inserile in fine al volume II delle sue Novelle. Con
quest' appendice si conebiude la prima parte di que-
st'opera, ch*" e ornata di due incisioni , delle quali !a
prima rappresenta il busto della Micbiel scolpito dal
professore Zandomenegbi ^ la seconda , la stanza di
conversazione di questa palrizia.
La seconda parte, dedicata alia seconda gemma. cb"e
Catcrina Corner, si compone di diecinove capitoli. Nel
cap. I T autore rende conto dei motivi cbe al semplice
racconto lo indussero a pi'eferire il dialogo : quindi
nei capitoli seguenti finge cbe due viaggiatori, nella
state dell' anno i836, pellegrinando per la regione po-
sta tra Piave e Brenta , s' incontrino in un certo Lo-
renzo , grande amatore e raccoglitore delle patrie me-
morie , da cui siano informati che in que' pacsi , ri-
nunziata alia repubblica la corona di Cipro , gli ulti-
mi suoi giorni passava Caterina Corner. Questo cenno
eccita la curiosita de' due viaggiatori, e per appagarla
Lorenzo fornisce ad essi la vita o storia manoscritta
di Antonio Colbcrtaldo , la quale da loro occasione di
ragionare, insieme dei casi di quella illustre donna. Per
tal modo la storia della Corner e narrata dalla nascita
sino alia morte } e la forma del dialogo adottato dal-
1' autore apre 1' adito a rilevare le diverse opinioni se-
guite dagli storici intorno ad alcuni fatti, e ad inlro-
durre qualcbe opportuna discussione. Questa seconda
parte e adornata da quattro tavole, delle quali la pri-
ma rappresenta il ritratto della Corner , la seconda
1" atto della rinunzia al dominio di Cipro , la terza il
castello di Asolo, in cui passo gli ullimi suoi giorni la
regina, e l1 ultima la cappella in S. Salvatore di Ve-
nezia, in cui fu scpolta: ed e inoltre foi'nita di parec-
chie note, tra le quali merita speciale attenzione la 9.a,
348 ANELLO DI SETTE GEMME ,
che molte curiose particolarita contiene concernenti la
visita chc nell' anno 1 497 fcce la regina di Cipro a
suo fratello Giorgio Corner , ch1 esercitava a Brescia in
quell1 anno 1' ufficio di podesta.
Nella terza parte, dedicata alia terza gemma , ch1 e
Gaspara Stampa , il signor Carrer desciive le varie vl-
cende di questa celebre poetessa, o, per meglio dire ,
compone di essa un leggiadro romanzetto, clie trova un
luogo assai decente in un1 opera , la quale , come dice
l1 autore stesso b non e storica affatto , ma della sto-
» ria si giova a dar sodezza ad alcune fantasie , come
» di queste , a rabbellire le storicbe tradizioni » . Que-
sto romanzetto consiste in trentaquattro lettere, che
si fingono scritte dalla stessa Stampa e da essa indi-
rizzate all1 arnica sua Ippolita Mirtilla 5 e quante noti-
zie intorno a quella donna illustre e dalle patrie me-
morie e dagli storici contemporanei poterono csser con-
servate , e le impressioni cb1 essa riceveva o da1 suoi
studj 0 dagli uomini o dagli oggetti che la circonda-
vano, e gli avvenimenti e le vicende e le gioje e i do-
lori di una vita, cbe, abbellita dapprima con ogni ma-
niera di doni dalla natura e dalla sorte, fu poscia
contristata dalla morte de1 piii cari congiunti e dal-
l1 abbandono di quello che solo poteva coll1 amor suo
confortarla } tutto in quelle lettere sta espresso con
dilicatissimo stile e con ingenua e schietta eleganza.
Queste lettere sono chiarite da parecchi brani tolti dai
componimenti poetici della Stampa ed opportunamente
raccolti in un1 appendice, e da centododici note, nelle
quali specialmente si da notizia di varj rinoniati per-
sonaggi de1 quali nelle lettere stesse venne fatta men-
zione. Notiamo infine che in questa terza parte si tro-
vano tre incisioni , cioe i ritratti di Gaspara Stampa
e di Collaltino di Collalto , e la veduta del castello
di S. Salvatore.
Una donna che una grande ma triste ed infelice fa-
nia acquistossi nel mondo, Bianca Cappello, e la quarta
gemma che si elesse il signor Carrer, e forma quindi
il subbietto della quarta parte di quest1 opera. In una
specie di proemio l1 autore, quanto piii puo, si adopera
DI L. CARRER. 3/f9
per dimostrare i motivi che lo indussero a concedere
siflatto onore ad un misero nome che fu con gravi rim-
proveri e con peggiori accuse vituperato^ e quindi in
forma drammatica ci vien narrando i notissimi casi
della famigerata patrizia. Questa narrazione si divide
in dieci scene , delle quali la prima si finge che sia a
Venezia, la seconda sugli Apennini, le sette che ven-
gono dopo a Firenze, e Y ultima di nuovo a Venezia.
Pare che il Carrer con questa specie di rappresen-
tazione siasi proposto di far vedere « quanto poco si
» debba fidare nelle terrene grandezze, quanto muta-
y> bili siano le sorti mondane , e come il cammino di
y> un' apparente felicita riesca assai spesso a termine
>? di gravi miseries. E perche meglio fosse chiarito
questo suo intento , egli « prego la Fortuna che vo-
n lesse recitare in sua vece alcuni intermezzi , e , ve-
55 dete un poco, lettori , la donna bizzarra che se gli
55 mostro tanto poco condiscendente nel resto , in cio
55 venne obbedientissima al suo desiderio ». Questi
intermezzi in versi sono quattro , ai quali si ag-
giunge in ultimo la licenza che la Fortuna, prima at-
trice in questa rappresentazione , parlando sempre in
versi, prende dagli spettatori. Di tutto cio che dir si
potrebbe sulla condotta , sulla regolarita e sull1 effetto
di questo lavoro , nulla diremo , poiche esso non deve
essere altrimenti considerato come un1 azione dramma-
tica , ma come un racconto posto in dialogo, colla vista
di renderlo piii spedito e nello stesso tempo piu mani-
festo e piu efficace , e forse eziandio con quella di dare
un aspetto di novita ad una storia divenuta per se
stessa ormai vieta e volgai'e. Bensi non sappiamo com-
prendere come fautore essendosi prefisso quello scopo
che abbiamo gia colle stesse di lui parole iudicato ,
abbia trasandato rpiella parte del racconto che meglio
di ogni altra poteva a siffatto scopo giovare, e come,
dopo aver colla scena settima rappresentato la morte
della grandurhessa Giovanna, abbia, per cosi dire, oc-
cnltato quella di Bianca , facendo che due uomini del
volgo di Venezia assai quietamente si narrino que-
sto fatto neb" intei-no di una casa , e per tal modo
35o ANELLO DI SETTE GEMME ,
toglicnJo ogni colorico cd ogni forza ad un avvenimen-
to, da cui pure potcva travsi una lezione cosi tremenda
e cosi valida a mostrare la prepotenza della fortuna ,
che e la idea predominante del componimento. Segue
a questo un' appendice in cui sono riferiti parecchi
documenti alia storia di Bianca Cappello relativi. Que-
sta parte dell' opera e adorna di due tavole, la prima
delle qUali e il ritratto di Bianca, l'altra ne rappresen-
ta la fuga.
Dai rumori , dalle feste , dagl' intrighi amorosi e
cortigianeschi ci tragge la quinta gemma alle pratiche
della pieta ed alia quiete del chiostro. Questa gemma,
se non brillante e fulgida , certo pero preziosa e raris-
sima, e la badessa Eufemia Giustinian , che nel deci-
moquinto secolo visse nel monastero della Giudecca ,
denominato della Croce. « Per intendere la importanza
r> di aleuni fatti , scrive il Carrer nella introduzione
y> a questa parte della sua opera, egli e d1 uopo peral-
» tro investirsi della fede sincera di que'vecchi tempi }
» e quindi, al fine appunto di agevolar cio a' miei let-
55 tori, in luogo delle mie parole porro quelle delle
'j cronache , mutate solo in quanto potrebbe ritardarne
55 la intelligenza. Dopo aver veduto , sebbene non piu
»5 che in iscorcio , la Venezia politica e la letterata ,
55 non sara male fermar alcun poco l1 occhio sulla
55 devota 55. Seguono quindi quegli estratti di crona-
che in cui si narra la vita di suor Eufemia , i quali
in otto articoli si comprendono ^ e poscia si legge in
un' appendice il racconto di un fatto riguardante a
certa monaca del monastero della Croce di Luprio, il
quale non ha importanza alcuna ne storica , ne reli-
giosa, ne poetica , e certo neppure « investendosi della
5) fede sincera de1 vecchi tempi '5 si potrebbe trovare la
ragion sufficiente di tal narrazione. Questa quinta parte
dell' opera e fornita di alcune brevi note e di due in-
cisioni , del ritratto cioe di suor Eufemia c della ve-
duta della chiesa e del convento della Croce della Giu-
decca.
Della sesta gemma, ch'e Irene da Spilimbergo, non
ci da il signor Carrer che il ritratto c l'elogio. Nacquc
DI L. CAHRER. 35 1
Irene nell1 anno i54' da Adriano di Spilimbcrgo c
dalla veneta patrizia Giulia Da Ponte. Applicossi da
principio al ricamo ed alia musica 5 piu tardi alia pit-
tura , nella quale fu discepola di Tiziano ; e ccrto
le si da amplissima lode , dicendosi « essersi ella ,
» poiche il tempo le invidio di poter oltre, mostrata
y> degna di avere a maestro quell' arlista sovrano 35.
Non visse che la vita di venti anni, ed ebbe dai con-
temporanei e da' posteri immense lodi pel singolare
ingegno e per le non meno singolari virtu } e « ri-
» tratla dal Tiziano , compianta dal Tasso , pittura
» e poesia le diedero il meglio che potevano a quella
» eta ». Questo elogio ci sembra dettato con uno stile
mirabilmente nitido e terso, ed e pieno di gravissime
sentenze morali ed estetiche.
Nella settima ed ultima parte dell1 opera l1 autore ci
fa dono del ritratto e della biografia di Elena Corner
Piscopia. Questa biogi'aGa si divide in tre articoli, nei
quali si tratta prima degli studj, poi dei costunii, e per
ultimo delle onorificenze di questa donna famosa. La
quale nacque di nobilissima stirpe il 5 giugno 1646,
e sortito avendo speciale attitudine agli studj , prima
diede opera ad apprender le lingue e la musica, poi
la dialettica e per ultimo la teologia. Fu nella Univer-
sita di Padova con nuovo esempio decorata della lau-
rea in filosofia, e se un pari onore non le fu conferito
in teologia, cio avvenne soltanto « perche messa in
w discussione la cosa tra uomini reputati , fuvvi tra essi
y> chi coll1 autorita di S. Paolo, che scrisse: Muliercs non
r> docent, conchiuse non doversi cio fare ». Mori ai 26
luglio del 1684 1 dopo essersi ascritta all' ordine di
S. Benedetto , di cui osservava le regole , ma non ve-
stiva l1 abito.
Pare che scrivendo di questa sua ultima gemma il
signor Carrer si sentisse incalzato dalla materia e dal
tempo. Poiche, mentr, egli delle altre gemme tratta dif-
fusamente e non risparmia ne forza di argomenti , ne
diligenza di ricerche, ne copia di erudizione, della
Piscojiia con pochi cenni si sbriga. Eppur questa ,
prescindendo dall' altezza del grado ad alcune dalla
352 ANELLO DI SETTE GEM.WE,
fortuna sortito , non fu ne alia Corner, ne alia Cappel-
lo, ne alia Stampa per alcim riguardo inferiore , e per
molti fu anzi di lunga mano superiore } e sebbene vi
sia chi pensi che le opere pubblicate non corrispon-
dano alia fama , pure essa tanta gloria acquistossi vi-
vendo e tanto splendore diffuse d' ingegno e di virtu,
die dai particolari della sua vita, dalle studiose sue
applicazioni , dalle praticlie divote , dal costante eser-
cizio di un' austera religione , dai singolari onori rice-
vuti , dalle sue relazioni coi piu grand' uomini del suo
tempo, molta materia, a parer nostro , trar si poteva
per illustrare non solo la Venezia civile e politica, ma
la letteraria e la divota eziandio.
Molte e diverse cose furon dette, e naturalmente
dovevano dirsi , intorno a questo libro. Ed appunto
per raccoglierle e fame senno, noi abbiamo tardato a
render conto di esso. Ma tante e si svariate e si straue
furono le opinioni, cbe noi perdemmo senza frutto e
il tempo dell' indugiare e 1' opera dell'udirle ed esami-
narle. Poiche molti attribuirono a quest' opera un me-
rito non comune 5 e lo intendimento di essa e il dise-
gno e i concetti e lo stile esaltarono con lodi infinite.
Secondo alcuni poi il Carrer non doveva scegliere quel
subbietto} secondo altri doveva adattarvi un altro di-
segno a loro modo concepito ; quelli biasimarono la
sostanza , questi la forma } agli uni non piacquero i
nomi eletti , agli altri le diverse maniere usate per
parlarne. Ma noi crediamo che siffatti giudizi siano in-
tempestivi del pari che infondati. Perocche in quanto
al subbietto aveva certo il signor Carrer pieno e libero
arbitrio di sceglierne uno a suo piacimento; e quello
che prescelse, lo si chiami Anello di sette Gemme, o
Serie di sette epoche, ha in se storica importanza e di-
letto e dignita^ ed egli per trattarlo immagino un di-
segno, che e certo una invenzione leggiadra e bella e
bene alle sue viste ed a' suoi studj accomodata. Oltre
a cio , come puo dedursi dall1 indice delle materie po-
sto alia fine del libro, trovansi in questo gran copia di
particolarita, di notizie, di aneddoti che spargono mol-
ta luce sulla storia politica , letteraria e religiosa di
DI L. CARRER. 353
Venezia, e die l'autore seppeesporre con eleganza squi-
sita ed anneslare con maestrevole accorgimento. Ondc
egli colori il concepito discgno e raggiunse lo scopo
prefisso in tal modo che nulla su ci6 riniane a deside-
rare, tutte le parti di buono scrlttorc e di zelantc cit-
tadino esattamente adempiendo. Conchiudiamo quindi
che per nostro avviso e la italiana letteratura e Ve-
nezia tener si debbono di quest' opera egualmente
onorate.
Dizionario biografico degli uomini illustri di Sar-
degna, ossia Storia della vita pubblica e privata
di tutti i Sardi che si distinsero per opere, azioni,
talentij virtu e delitti. Opera del cavalier e don Pa-
squale Tola. — Torino, Chirio e Mina, 1 837-38.
P^olumi 3 di pag. 3oo, 288 e 35o in 4-°» con un
atlante, pure in 4°., di 60 ritratti e 3 tavole di me-
daglie in litografia.
Gareggiando di amor patrio il dottor Martini e il
cavaliere Tola, quasi simultaneamente offrono al pub-
blico una loro rispettiva opera biografica sopra i di-
stinti personaggi che fino a quest' epoca produsse la
Sardegna. Del signor Martini questo Giornale ha gia
fatto alcuni cenni nel fascicolo dello scorso febbrajo.
Or volendo ragionare del lavoro del signor Tola, co-
minceremo da una aperta diehiarazione che non e no-
stro intenuimento di porre a confronto tra loro i due
biografi sardi, ne di aggiudicare piuttosto all'uno che
all'.altro la maggior palma^ che troppa pretensione sa-
rebbe questa nostra, e indiscreta la brama. Come ambi-
due i biografi hauno premesso alle loro opere studii
scparati, e come de'loro scritti diversa e 1' indole, di-
versala esposizione^ cosi le nostre parole riguai'dino cia-
scuno separatamente, e qui abbiano per meta soltanto
l1 opera annunziata dal presente articolo.
II cavaliere Tola ci pone sott' occhio un Dizionario
biografico degli uonuni iliustri di Sardegna^ coi quali
Bibl. Ital. T. XCVUL 2 3
354 DIZI0NARI0 BIOGRAFICO SARDO,
termini ci sembro a prima giunta che egli volcssc de-
scriverci soltanto la vita di tutti que1 Sardi che per ono-
rate opere, per talenti e per virtu divennero cospicui.
Ma nel frontispizio stesso egli, sviluppando con una co-
tale circonlocuzione quel primo titolo, ci fa accorti
che si propone di parlare anche di que' Sardi che fa-
ruosi divennero per delitti. Vituperosa per fermo e que-
st'ultima fama: eppur giova alia verila storica, alia espe-
rienza della vita, alle conseguenze morali che dedurre
se ne possono, il rammenlare anche una biasimevole
rinomanza. Solo brameremmo che sotto qualunque fog-
gia si prenda il frontispizio del libro, non si creda pero
che l1 autore in uno stretto e logico senso abbia qua-
liflcato per uomini illustri i famosi in delitti, e in sif-
fatto senso abbia detto che costoro per delitti si distin-
sero , come gli altri si distinsero per opere egregie fatte
in guerra od in pace, per lavori letterarii o scientific!,
per azionij talenti e virtu. Tale riflessione che cosi su-
bitamente ci si present©, al pensiero leggendo il fron-
tispizio, ci fu grato il vederla consentanea alle parole
che adopero 1' autore stesso nel suo proemio ai lettori,
la dove ci reca la ragione perche abbia richiamato alia
memoria gli uomini ancora divenuti famosi per errori
e per delitti. In quel proemio il signor Tola, fra le al-
tre cose, ci informa di aver notato alia fine di ogni
articolo con una scrupolosa esattezza gli autori e le
carte onde trasse le notizie e le rclazioni. Ottimo di-
visamento, a dir vero, e che gli sembro « troppo ne-
s' cessario, come egli dice, scrivendo di persone e di
55 cose o ignorate, o non conosciute abbastanza, ed in
5) un secolo di critica e di diffidenza. Se non ci fossimo
J? attenuti a questalegge, egli soggiugne, avrebbe sein-
55 brato a taluni, o che scrivessimo per inspirazione,
55 o che le notizie biografiche ci fossero state rivelate 55.
Indi il proemio cosi prosegue: « Per orrevolezza ed or-
55 namento dell1 opera abbiamo unito alia medesima al-
55 cuni ritratti di Sardi illustri altri ricavandoli
35 dall1 oscurita in cui giacevano per ignoranza, o per
55 ingratitudine de'posteri, ed altri per somma ventu-
55 ra nostra salvandoli dal deperimento, nel quale poi
DI P. TOLA. 355
» caddero miseramente ». Questi ritratti espressi in lito-
grafia sono in numero di sessanta , oltre il ritratto del-
l1 autore che sta in fronte al primo volume, e sono e-
gualmente divisi in tre fascicoli , ciascuno dei quali va
unilo ad ogni volume. Con questa diligenza l'autore,
giovandosi delle parole del Vasari, u crede di averusato
» cortesia ai morti ed ai viveiiti, acciocche noi e co-
» loro che dopo noi verranno , sappiano non solo i co-
jj stumi, la patria, le opere , le maniere e l'ingegno
» dei piu illustri fra i Sardi , ma quasi se li veggano
» innanzi agli occhi} e gli animi gentili che hanno in
» pregio la memoria degli uomini grandi sappiano an-
» cora quanto noi ci ingegnammo con ogni nostro po-
» tere e con ogni maniera d' onore far pregiati, chiari
» ed eterni i nomi e le immagini di coloro, i quali per
» loro virtu hanno meritato di viver sempre ». Ma
hen piu, crediamo noi, per mezzo di dotte, lahoriose
e ben vergate carte si puo eternare la rinomanza di il-
lustri estinti . che colla matita e col pennello. Con
questi stromenti dell'' arte vivi si conscrveranno i li-
neamenti del volto, che pure, a detta di un antico, e
un tacito scrmone dell' animo^ ma solo una bella cd
ingenua descrizione delle virtu, delle commendevoli a-
zioni e degli esimii talenti varra a persuaderci quan-
to sieno da estimarsi Y intelletto ed il cuore. Laonde
non piu ai ritratti che alia penna del signor Tola va
debitrice la perpetuita del nome procurato a que'per-
sonaggi di Sardegna, de' quali egli tesse la vita nel
Dizionario che anminzianto. Perciocche con molta eru-
dizione e con ricchezza di note, ccn fedeli citazioni,
con una diligente investigazione di quanto apparteneva
a ciascuu uomo illustre da lui rammentato, egli sa rap-
presentarceli quali operavano e scrivevano fra mezzo
a1 loro conlemporanei. I termini ne' quali debbonsi na-
turahnente rinchiudere articoli biografici, gli uni agli
altri succedentisi , ed esposti per ordine d' alfabeto ,
avendolo obbligato a brevi e rapidi cenni, impronta-
rono al suo stile una concisione storica, forte ed ani-
mata, e lo consigliarono ad esprimere in non molte
linee molte e variate cose. Ecco, a cagion d' cscmpio,
356 DIZI0NA.RI0 BI0GRAFIC0 SARDO,
come egli conchiutle il suo avticolo sullc vicende e le
opere del eelebre Azuni, artieolo clie gia da se si con-
cilia la nostra attenzione: L' Azuni « fu uomo di acuto
j> ingegno, di vasta erudizione, e di caratlere infles-
55 sibile cosi nclla prosperita, come nella sventura. Pro-
» clive all' ira, non sofFri le ingiurie de' pedanti, e le
y> ricambio con acerbe parole nelle sue letterarie con-
» tese: pero fu ira d' uomo educato nella comunita
55 delle lettcre. La religione venero serapre , e trovo in
» essa i conforti maggiori della sua vita. Amico dei
55 Sardi e della Sardegna, lo fu piii della sua terra
55 natale^ nell' eta giovenile e nella provetta coltivo
59 le muse e am6 le femmine. La galanteria 1' occupo
5» talvolta piu che si convenisse a cultore severo di
55 gravi studii. Ebbe in moglie Marianna Maddalena
>5 di Pietro Laure, ricco negoziante di Marsiglia, il
?5 quale peri vittima della rivoluzione francese : Tamo
55 prima, non fu amato da lei, e non amantc poi ab-
55 bandonolla: discendenza di figli non lascio veruna.
55 Nella vita domestica non fu felice : nella pubblica
» ebbe varia la fortuna. La gloria letteraria lo cinse
55 luminosamente in terra straniera} non si ammorzo,
55 cbe non potea, ma non gli rifulse nella sua patria:
5? invidia e vilta d1 animo di alcuni coetanei suoi oso
» talvolta insolentire contro lo scrittore delle leggi ma-
55 rittime venerato nei due mondi^ e il grande uomo
55 gia declinante per vecchiezza ai giorni estremi, ta-
5? ceva e commiserava, non se stesso, maaltrui ec. 55. II
cavaliere Tola, nulla trascurando di tutto cio cbe vale
a propagare la fama de'suoi concittadini e a rendere
compiuto il suo lavoro, aggiunse al terzo volume uu
artieolo di supplimeuti intorno la vita e gli scritti del
cavaliere Ludovico Bailie, legista e letterato assai di-
stinto, morto lo scoi'so anno, e del quale il cavaliere Gio-
vanni Siotto-Pintor diede alia luce un eloquente e no-
bile elogio. « Al suo nome, cosi scrive il signor Tola,
:' cbe sara sempre onorevole ai Sardi tutti, noi pure,
55 clie dell' amista sua fummo onorati, mentr' ei vive-
55 va, non fucate, ne addimandateci da nessuno , ma
« spontanee e sincere tributiamo parole di encomio, e
DI P. TOLA. 357
» qucsla, benche umile e disadorna, della vita e degli
» scritti suoi brcvissima narrazione ».
Al Dizionario biografico il cavaliere Tola ha falto
precedere un suo discorso, il quale vorrebbe clie da
tutti c senza studio di parti fosse letto prima di
trascorrerc per le altre pagine del suo lavoro. Siffatto
discorso e premesso a fine di purgare la Sardegna
dall1 acousa di bai-barie che si spesso le venne fatta
dagli slranieri, e insieme di richiamare 1' attenzionc
di coloro, i quali con indiscreta facilita giudicano de-
gli uoniini e delle nazioni , sulle cause infinite, perse-
vcranti ed infelici , che aggravarono per molti secoli
quella terra italiana. Quindi a difesa della sua patria
cosi entra a ragionare il signorTola: « Fra coloro che
y> dissero barbara questa grand' isola italiana, quanti
y> son quelli che abbiano esaininato con pazienza le
v> sue condizioni infelici ne' tempi andati? Quanti,
y> che abbiano studiate le cagioni, per le quali essa
j» non segui mai dappresso il progredire dei lumi e
y> V incivilimento del secolo ! Sapevano quesli perpetui
y> censori di una terra ignorata le infinite dolorose vi-
» cende del popolo sardo?La crudelta dei Cartagincsi,
35 il disprezzo di Roma, la desolazione vandalica, la
» trascuranza dei greci imperatori , la barbaric dei Sa-
» raceni, l'ignoranza dei regoli, l'avidita pisana, la
» genovese avarizia, la poverta degli Aragonesi, la su-
jj perbia spagnuola? questa lunga iliade di mali che
jj afflisse le terre e gli uomini della Sardegna? » Una
siffatta congerie di mali, un cosi lugubre abbozzo di
sventure, colpa degli uomini e dei tempi, sono, per cosi
dire , il perno , sul quale aggiransi in gran parte le parole
deirautore, che va a mano a mano dcscrivcndoci con
malaugurati colori le prime linee, onde e formato quel
suo triste periodo che abbiamo riportato. Dal che giu-
stamente inferiscc che <■<■ se in tanto perenne infortu-
55 nio ogni seme di umanita non si spense, se non
» mancarono i generosi spiriti, che vinsero alcuna volta
35 la ruggine dei costumi e la prepotenza de' gover-
55 nanti, perche chiamarci barbari, e spesso ancora le-
» roci. ne dir parola che vendicasse tante ingiurie; ne
358 D1ZI0XARI0 BIOGRAFICO SAUdO, EC.
» far palese al mondo che nostro fu il danno, allrui
j» la colpa; chc nati noi pure alia fclicita ed alia glo-
» ria? Finiquita dei tempi non ci acconsenti di ag-
» giungerle, le sospirammo pero, ne forse invano, per
» tanti secoli ! »
Catena.
M^^a»mcgiii.aj•> ranza inglese verso le potenze marittime europee e
r> ancora consunia. . . Saviamente l'lnsrhilterra rifiutossi
MEMORIA DI C. NEGRI. 36 1
» ad ogni pace ( con Napoleone ) : la Francia non im-
r> pedita, avrebbe assunto in pochi anni anche sul
y> mare un'attitudine formidabile . . . Vigile deve essere
r> V Inghilterra , ed opporsi al soverchio costruire ed
55 addestrare di flotte che dappertutto si scorge in
n Europa . . . Fra cinque flotte natanti nella rada di
55 Navarino il cannone inglese ha tuonato colla solita
» forza \ ma 1' Inglese d' ogni partito ora finalmente
» comprende che grave fu l'errore di chi nel dirigerlo
55 ha scelto cosi male il bersaglio ... 55, e questo ber-
saglio doveva essere la flotta russa invece dell1 ottoma-
naj perche Tlnghilterra, vcgliando sui disegjii del gigan-
tesco imperio de'Russi^ meno fulucia ha da riporre negli
cserciti proprj e negli stranierij e deve fulminare soltanto
colle anni sue naturali, quelle di mare, Anche i Romani
dovevano distruggere Alba, Vejo, Numanzia, Cartagine
e Gorinto, e fare insomma tutto quello che fecero, a
voler essere soli padroni del mondo: ma chi crede og-
gidi che fosse giustizia 1' ambizione e la forza di quel
popolo conquistatore? II libro di cui parliamo ha molti
luoghi da contrapporre a queste poche citazioni per di-
mostrare, se ce ne fosse bisogno, che Tautore non con-
fonde cose tanto diverse fra loro^ ma nondimeno potra
essepgli fatto non a torto il rimprovero di avere consi-
derato, quasi diremmo, un po'troppo estrinsecamente
il suo tema. Quando ci limitiamo come semplici stati-
stici a ritrarre la condizione prescnte di un popolo e
la sua potenza attuale, ci bastera di enumerarne le
navi, gli cserciti, le rendite, i possedimenti} ma quando
nel fare questo ritratto vogliamo spingere lo sguardo
al futuro , ed abbracciare come filosofi il nostro tema
nella sua intcrezza, allora sono elementi della potenza
la giustizia , il benessere nazionale equabihnente dif-
fuso, Tamore dei popoli conquistati e la simpatia dclle
altre nazioni. La forza e una gran cosa nel mondo }
ma la stoi'ia e piena di esempi che valgono a dimo-
stare come nessuna forza e sicura da repentino disastro
s' ella attende soltanto a spiare chi potrebbe diventar
potenle, per fulminarlo colle sue armi.
Qualunque per6 sia il peso che possano avere queste
362 DELLA POTENZA PROPORZIONALE EC. ,
nostre considerazioni, non diminuiscono punto il pre-
gio del libro del signor Negri risguardato come una
descrizione della potenza attuale degli Stati europei.
Sotto qucsto rispetto ci pare di gran lunga superiore
a quanti libri vedemmo finora:, perch e abbraccia tutto
inliero il suo immenso soggetto , lo rappresenta con
chiarezza, con forza, con originalita, e lo illustra con
molte considerazioni di politica e di economia , come
frutto di un ingegno che tutte possiede le scienze delle
quali ha mcstieri chi si vuol mettere in questi argomen-
ti. Noi per brevita ci contenteremo di trascrivere qual-
cuno di questi, per cosi dire, pregi accessoi'ii del libro.
« II debito pubblico dei Belgi e rappresentato in
» parte da opere produttive in via diretta ed indi-
35 retta: circostanza la quale nelle tavcle statistiche
» meritei'ebbe una menzione assai particolare r>.
« L' Austria unita alF Iughil terra nelle grandi crisi
jj contincntali . . . saviamente non assume sul mare
» un' attitudine che infirmerebbe una si vantaggiosa
jj alleanza. Quest' amicizia della Gran Brcttagna col-
55 l'Austria e ormai consacrata da una durata di due
55 secoli : non si fonda quindi sugli uomini o su rap-
55 porti temporanei , ma riposa sulla base d1 interessi
35 potenti, inalterabili 55.
a Alle piccole potenze marittime che non hanno
55 grandi stabilimenli in oltremare, vascclli e frcgate in
33 tempo di pace sono inutili , e poco meno lo sono
35 in tempo di guerra , perche e forza il tenerle ben
33 guardate nei porti. Sembra che la marina di questi
55 Stati avrebbe piuttosto a comporsi di forti navi a
33 vaporc da armarsi alF uopo in guerra. Col dispen-
33 dio medesimo lo Stato disporrebbe di una flottiglia
33 che, in tempo di pace, viv'fichcrebbe tutte quante lc
35 relazioni commerciali del regno , ed in tempo di
55 guerra apporterebbe gravissimo nocumento al com-
33 mercio dello Stato contrario , cssendo questa una
33 forza mobile che , distribuita sulle spiaggie del re-
53 gno , non puo , nelle perpetue vicende dei venti e
3' delle tempeste, bloccarsi in via assoluta ne da va-
5: scelli c frcgate , ne da altre navi a vaporc che il
MEMORIA DI C. NEGRI. 363
» bisogno di combustibile dcve ad ogni istante richia-
» mare altrovc ».
a In alcuni Stati d' Eiiropa la nobilta fa del tutto
» parificata alfaltra classe non nobile: in varii Stati si
s eonserva tuttora come corpo politico, con diritti piu
j) o mono limitati. Ma ancbe in quasi tutti questi Stati
j> la condizione della nobilta si k resa assai difficile ,
y> perche in molti di essi ba perduto una vasta parte
53 dei beni immobili, non copre esclusivamente gl* im-
55 piegbi civili e militari, non e la sola classe istrutta,
55 si trova a lato d" un ceto dovizioso per la crcscente
55 riccbezza industriale, ed e mal sicura della stabilita
55 delle propric ricchezze per V azione di codici civili
55 cbe proelamano le libcre succcssioni, e vietano op-
55 pure limitano i vincoli fedecommissarj 55 .
« Devono le colonie attivare 1' industria manifattu-
55 riera della madre patria, e non paralizzarne la forza
55 agraria: La Fi'ancia e popolosa di piu di 34:ooo,ooo*,
55 ma il suolo francese pu6 forse nutrirne il doppio. Ne
55 piu le colonie sono indispensabili all' esercizio del
55 commercio c dell' industria . dal momento cbe tanti
55 Stati produttori di derrate coloniali si sono formati
55 in oltremare, ed offrono a gara al consumatore i patti
55 migliori 55.
« Mehemct-Ali, fra tutti i principi musnlmani , si
55 e il solo in cui possano trovare un appoggio gFIsla-
55 miti contro i Gristiani cbe dappcrtutto li paraliz-
5> zano e li assorbono ; e se mai da una nazione euro-
55 pea fosse sussidiato con un prestito , ne' suoi terri-
55 torj sarebbe affatto invulnerabile. II viccre si e un
55 uorao di troppo ingegno per non essere sensibile ,
55 quant'altri mai, all' ecccsso delle miserie cbe oppri-
55 mono i suoi sudditi , c qaindi ledono anche le ra-
55 dici della sua potenza :, ma la strana condizione in
35 cui si trova, e 1' enormita delle spese cb1 egli deve
55 sostenere senza poter ricorrere alia ricca sorgente
35 del pubblico crcdito, lo forza ad un sistcma cb1 egli
55 medesimo , in istato di sicurezza e di pace , proba-
55 bilmente condannerebbe 35.
« La paura dei Russi ba veramente invaso la
364 DELLA POTENZA PROPORZIONALE EC. ,
55 compagnia ( dclle Indie ), quantunque finga di dileg-
55 giarla 55 .
« Forse non andra molto che Jl Seghalicn cadra in
55 potere dci Russi 0 per fatto di conquista, 0 per com-
55 penso di soccorsi prestati al governo Chinese nel
55 pericolo che lo minaccia".
Se dovessimo poi segnalare al lettore qualche parte
speciale del libro dov'egli possa vedere come al signor
Negri competano largamente le lodi di chiarezza, forza
e originalita che gli abbiamo date, citeremmo a pre-
ferenza d' ogni altra cosa cio che nel primo capitolo
appartiene alia Russia, o tutto il capitolo settimo, dov'e
un magnifico e sapiente prospetto de' possedimcnti
europei nelPAsia meridionale. Sono tante e tanto per
noi peregrine le notizie da lui raccolte, che quasi gli
potrebbe competere il titolo di originale anche per
questo verso, benche uomo vissuto sempre in Italia ed
erudito dai libri , non dai viaggi. Ma non occorre di
abusare delle parole dov'e tanta e si giusta materia di
lode. L' originalita di cui intendiamo parlare consiste
nella scelta delle notizie e nella sapienza con cui Tauto-
re le viene ordinaudo per istruire senza lungaggini, e
per mettere ogni lettore nella possibility si di com-
prendcre le molte e belle considerazioni cb.' ei viene
intrecciando ai fatti , e si di meditare da se intorno
ai pvobabili avvenimenti. In un libro di tal natura
nessuno potrebbe maravigliarsi di rinvenire qualche
piccolo errore^ per esempio, che non vi sia console in
un paese dove probabilmente quella carica fu istituita
dopo cheTautore aveva giacompiuto il suo lavoro-, ma
se qualcuno vorra cercar lode di critico per cotal via ,
tutta la nazione frattanto lodera e ringraziera il si-
gnor Negri di essersi messo con quei pochissimi i quali
attestano ancora alPEuropa, che in Italia questa parte
di studj, s'ella e coltivata da pochi, come cosa in cui
pochi fra noi posson trovare un immediato interesse, ha
nondimeno profondi conoscitori.
A.
365
ii inniiiimiwB7nm
PARTE II.
SCIENZE ED ARTI MECCANICHE.
Nota sopra un fenomeno capillare ossermto dal
dottor Young (i).
.i sono procacciato, ne'giorni addietro, Y onore
di presentare a varii membri di questa sezione un e-
semplare di una Iczionc teste pubblicata nel tomo g8.°
della Bibliotcca Italiana^ sulla teoria dell' azione ca-
pillare. L' oggetto di questo prcsente fu di cbiamare
V attenzione vostra sulle nozioni sempliei, dalle quali
la detta teoria c stata dedotta, per applicarla ora alia
spiegazione di un fenomeno che, parmi senza successo,
e stata investigata dall' illustre Poisson nell' rjsimia
sua opera NouveUe Thcorie de Paction capillaircy pa-
gina 1 4 1 5 ec.
II fenomeno a cui alludo , appartiene all' equilibrio
di due liquidi sovrapposti in un caunellino capillare ,
ed e quello memorabile che il dottor Young ha pro-
dotto contro la teoria di Laplace. Quel fisico, come e
noto, osservo die, se in un cannellino immerso nel-
1' acqua cd in cui questo liquido gia si sia elevato al-
1' altezza dovuta , si fa discendere una goccia d' olio ,
il livello della superficie esteriore dell1 olio si abbassa
sensibilmenle al disotto dell' altezza primitiva a cui si
trovava 1' estremita superiore della colonnetta d' acqua.
Le formole di Laplace, non che quelle di Poisson che
sono ad esse identiche, non s'accordano nel dare un
tale abbassamento , e solo l'ultimo di questi autori si
limilo a far osservare che la superficie superiore della
colonnetta liquida puo offrire sull' asse una piccola
(i) Letta^ per estratto , aella sezione di fisica , chimica e niate-
matica delia Seconda riunioue del iNaturalisti ilaliaui in Torino nel
settembre del 1840.
3()6 FENOMENI DI CAPILLAIUTA'.
depressione di livello, per causa di una maggiorc con-
cavita chc aequista la stessa superficie. Una cosi tcnuc
depressione pero nou puo essere quella chc ha accompa-
gnato il falto riferito dal dottor Young, perche questo
filosofo, parlando del vedersi la colonnetta liquida di-
scendere, usa la parola conspicuoslr. cioe in uu modo
cospicuo, o notabile.
2. La causa principale da cui traggono origine i fe-
nomeni capillari, e quella trazione o forzar contrattile
che acquistano i liquidi nella loro superficie, e che ho
dimostrato dipendcre dalla rarefazione rapida che sof-
frono gli stessi liquidi nelle vicinanze di esse. Quando
la superficie del liquido e libera, questa forza eontrat-
tile e massiraa , perche il liquido si rarefa sino al
punto che la somma delle azioni repulsive ed attrat-
tive delle molecole interne e nulla su di una mole-
cola posta nella superficie. Se la superficie del fluido
non e libera, ma esiste un altro fluido ad essa conti-
guo, la forza contrattile e minore, pei'che la rarefazione
del liquido in cui le forze molecolari sono piu enei'gi-
che, si fa soltanto sino a che la somma delle azioni
delle molecole interne su di una molecola posta nella
superficie di separazione dei due fluidi sia eguale alia
somma delle azioni che sulla stessa molecola esercila il
fluido in cui le forze molecolari sono meno euergiche.
E per mezzo di questo rapido decrescimento di den-
sita nelle vicinanze della superficie di separazione dei
due liquidi che si fa il passaggio dallo stato piu ener-
gico delle forze molecolari del primo liquido , a quello
meno energico del secondo, senza che 1' equilibrio to-
tale delle masse sia alterato. Questi risultamcnti sono
conseguenze necessarie della teoria che abbiamo svi-
luppata nella citata lezione per ispiegare i fenomeni
capillari.
3. Secondo questi principii, rapprcsentiamo con T
la forza costante di trazione che risulta nella superfi-
cie di separazione dei due fluidi per causa del sud-
detto decrescimento di densita, ed immaginiamo un
filctto fluido, ad una distanza sensibile dalle pareti di
un cannellino cilindrico, che termini inleriormeute
FENOMENI DI CAP1LLAR1TA1. 3(>7
alia superficie superiore del fluido sovrapposlo ed este-
riormentc alia superficie libera del liquido inferiore.
Divisa la parte interna del filetto fluido corrispondente
al liquido superiore in due fragmenti, sara facile il
vedere, seguendo gli stessi ragionamenti che abbiamo
impiegati nel n.° 9 della citata lezione, che le equa-
zioni per l'equilibrio particolare di questi due fragmenti
saranno
g A {, - ,) - ( = T (i + jr)
SA(.-«,) + 5i;!,+ ( = T,(l+i)i
s dinotando l'altezza, sopra il livello del liquido este-
riore, del punto di divisione dei due segmenti , e 6 la
pressione 0 trazione a cui e soggetto il liquido nello
stesso punto. Le altre lettere hanno lo stesso significato
che nella citata lezione , e 1' indice sottoposto serve
per indicare le qualita analoglie nel liquido inferiore.
La sezione orizzontale della colonnetta liquida falta
all' altezza s, essendo una superficie di livello, perche
la risultante di tutte le forze c ad essa perpendicolare,
laquantita 5 sara costante inessa per tutti i filetti che
la attraversano ad una distanza sensibile dalle pareti.
Ponendo quindi
6 -+- g A s = c
le due precedenti equazioni diverranno
le quali sono idenliche con quelle dell' articolo 69 della
Nouvelle theorie de Paction capillaire.
A queste equazioni conviene aggiungere quelle che
sussistono nei contorni. Se si denotano con T e T le
trazioni che possedono rispettivamente i due fluidi
nelle porzioni delle loro superficie che scorrono lungo
le pareti del cannellino o parailelamcnte ad esse , e
con w ed u/, gli angoli sotto i quali queste poi'zioni
vanno a congiungersi colle altre concave o couvesse in
368 FENOMENI DI CAPILLAIUTA'.
cui terminano superiormente le due colonnette liquide,
si avranno, giasta 1' esposto del n.° 6 della citata le-
zione, le altre due equazioni.
r = T cos. co I\ = T, cos, U/ (2)
Trattando ora queste quattro equazioni collo stesso pro-
cesso seguito da Poisson, si arrivera alle due seguenti
7i =
s -
A
2
s
V(r +
r
)
(a)
a.
prr* -f-
A
-f(T-
2
- r=)-
-(r+r
2
,)
p.]
r;
2
^ 3
(T;-
' ' 3
r
,3J,0
(*) II processo seguito dall' autore citato e il segucnte che rife-
riremo per comodo del leltore. Si sostituisca nelle equazioni (i)
per la somma dei valori inversi dei raggi di curvature la sua espres-
sione che per le superficie cilindriche riferite al loro asse di figu-
ra , come asse delle ordinate z , si riduce a
d'z i dz / dz^ \
ii dl~ t dt \ dr* /
r+~ 0 + -wf
dove t dinota la distanza dell'ordinata z dall' asse a cui e paral-
lela. Moltiplicliinsi indi 1' una e 1' allra per tdt, e s' iiitegrino , si
avra
a g A f ztdl — c t- =
(A, - A)fz,tdt .+ c t* =3
dz
2 T — - t
dt
V^%
2 T,
dl*
dz
dt
Gli integrali / ztdt efz.ldt essendo uulli quando t — o.
Osservando ora che si ha
dz ^
dt
dt
V
cos. w. :=- —
g(A, - A) h, -f- cs=
7/
Ora per una prima approssimazione, alia quale bastera fermarci ,
possiamo supporre che le superficie capillari coincidano colle loro
sfere osculatrici nei punti dovetagliano il loro asse di figura, e di cui
le coordinate sono rispettivamente h ed h,. Avremo in questo caso
z — h -f- 7 — V7- — t zt = h, -j- 7, — Ky/— r" .
I radicali essendo rispettivamente dello stesso segno che hanno i
valori di 7 e 7, ; cioe positivi o negativi secondo che ciascuna su-
perficie volge la sua concavita verso 1' alto o verso il basso. So-
stituiamo questi valori di z sotto i segni integrali delle equazio-
ni (5), ed eseguiamo le integrazioni, risulteranno le due equazioni
g A ((A + y) x + -L (7' - «») - -1 73)
— e sr -}- 2 a T = o
S(\ - A) ((&, -f-7,) a2 + ~(y,» - */* > - -|- 7( ')
-t- e x2 -\- 2 x T, = 0
5/6/. /ia/. T. XCViU. 24
3jO FENOMENI DI CAPILLARITA\
ciascun fluido, in fumione delle trazioni T , T,} r , Tt ,
e delle densita A e A/ rispettive dei due licruidi, del
raggio a del cannellino, e del volume del liquido su-
periore espresso da 7r a1 2.
o pure per causa delle equazioni (4)
2 T / 2 ^ \
a3-j- 2 « T -f- g A (^7 c cio spiega quindi l'abbassamento sensibile
osservato dal dottor Young, che mi proponeva di di-
scutere.
7. La differenza fra le formole di Poisson e le mie
consiste in cio che, secondo quell' autore , il peso to-
tale della colonnctta composta dei due fluid i e equi-
valente all'azione che eserciterebbc la trazionc della
superficie del liquido inferiorc, combinata colla sua
curvatura, come se il cannello non contenesse altro li-
quido superiorc, mentre, secondo me, lo stesso peso
e sostenuto dalle azioni riuuite delle trazkmi, tanto
della superficie superiorc del liquido sovrapposto ,
374 FEN0MENI DI CAPILLARITA'.
quanto da quclla del liquido sottoposto, combinatc
colle loro rispettive curvature , ma valutaudo la tra-
zione nella superficie del secondo fluido secondo la
natura del fluido sovrapposto. Poisson ha cercato di
dare un' altra dimostrazione dclla sua proposizione al-
Tarticolo 72, in a e facile di scorgere che quella dimo-
strazione e difettosa, per causa che, nella valutazione
della seconda parte della.forza, che dinota con K, non
ha tenuto conto dello stato di trazione in cui si trova
il liquido superiore: perche se la porzione di colon-
netta fluida che sta al disopra del livello naturale uon
si rarefacesse un poco, benche insensibilmente, e non
acquistasse uno stato di trazione , le parti liquide su-
periori non potrebbero sostenere le inferiori, e la co-
lonnetta si spezzerebbe e cadrebbe nel voto (*).
Per queste ragioni crediamo pure che gli esperimenti
di Gay-Lussac, che Poisson riferisce all' art. 74, non
debbano essere calcolati in quel modo, ma bensi colla
stessa formola colla quale abbiamo calcolato 1' esperi-
mento del cavaliere Avogadro, o sia colla formola (6) :
e se ne dedurranno i valori della trazione della su-
perficie del mercurio in contatto sensibile coll'acqua e
coll' alcool, espressi da
T, = 2,77 . g A, ; T, = 2,63 . g A,
Ay essendo la densita del mercurio.
8. Mi e piaciuto di indicare questi esempii per mo-
strare quanto il punto di vista, sotto cui e stata nuo-
vamente esposta la teorica delFazione capillare, offra
maggiore facilita nelle applicazioni a scanso d' equivoci.
Del resto questi' risultamenti non intaccano per nulla
i principii posti nella Nouvcllc Tkeoric de P action ca-
piUaire. E al celebre autore di questo trattato che an-
diamo debitori d' averci insegnato come va calcolata
la pressione o trazione ne' corpi formati di molecole
tutte disgiunte, d' averci indicato la necessita di una
(*) Nell' almosfera la pressione dell' aria, che si contrahilancia ,
condeusa la massa liquida e vi produce un aumento uniforme di
ripulsione fra le parli clie non altera le condizioni d'erjuilibrio sus-
sistenti nel vuolo.
FENOMENI DI CAPlLLARITA1. 3^5
rapkla rarefazione verso la superficie del liquid!, onde
i fenomeni capillar! si producano, e quindi d' aver po-
sto le basi della loro teorica (i).Mi e grato di cogliere
la presente occasione per pagare un giusto tributo alia
memoria di questo gran maestro, di cui tutti deplo-
riamo la perdita recente. Le opere classiche che
Poisson , a brevi intervalli di tempo , produceva alia
luce, erano, per la profondita dei concetti, pel magi-
stero dell' analisi , avidamente accolte , e fervorosa-
mente studiate dai geometri, e rimarranno scolpite nella
nostra memoria come titoli perenni della sua gloria, e
nell'animo nostro come argomento di cordoglio per es-
serci stato cosi precocemente rapito. Ne i soli geome-
tri , la socicta intera partecipa a questi sentimenti di
duolo e d' ammirazione per un tanto filosofo. Poisson,
precedendo il progresso delle scienze naturali, iva ,
qual face, illuminando il cammino die ora con tanta
rapidita percorse l'ingegno umano.
Torino , aG settembre i84o.
(i) V. Bibl. ital. T. 70.0, fascicolo di aprile i853, p. 92.
376
PARTE
Europseische Sittengeschichte, ec. Storia europea dei co-
stumi daW origine dei pecidiari modi nei varii popoli
fmo ai tempi presently scritta da Guglielmo TVachs-
mut/Ij professor e ordinario di storia aW Universita di
Lipsia, cavaliere di Dannebrog. — Lipsia, i83i -3g 3
vol. 7 3 in 8.°, di pag. 34 ij 5j33 3^2^ 58g , 832 ^
682^ 816, oltre alle prefazioni a ciascun volume 3 ed
infine un indie e alfabetico delle materie dalla pagina
817-883.
« J. utti gli uomini affermano che la storia insegna maravigliosa-
» mente e rischiara le prove della religione, le regole dei costumi
» e delle virtu morali e cristiane , e i modi piu acconci di un per-
y> felto governo politico : ma pure avviene che rari sian coloro ,
» i quali , leggendo , trovin nella storia tanti beni». Cosi discor-
reva un erudilo Italiano del passato secolo, ora per poco dimenti-
cato , ed essendogli avviso altri non cavar frutto da tale studio
per cio clie « rare volte gli storici mostrano e cercano gli umani
» costumi , essendo essi d' ordinario occupati a ripetere le batta-
» glie , gli assedii, le ambasciate e le risposte , in somma le pic-
>> ciole vanita e sempre le stesse dei sovrani e dei privati », po-
neva mano a tesser la storia del Risorgimento d' Italia, mirando
alia necessita « di cntrare addentro de' fatti narrati, e spiarne 1' o-
» rigine , i progressi , l'esito, i molivi , le cagioni e le circostan-
» ze , per cui prudenti appajono o imprudenti gli antichi , e, se-
»> condo ci6 , fuggire il male , imitare il bene rispetto a quanto
» leggiamo». Or tale e pure il disegno dei presenti libri ; i quali
tuttavia piu ampiamente spaziando, intendono a mostrarne come
dall' indole peculiare e spesso nimichevole di popoli quasi innume-
rabili sia, col trascorrcr dei sccoli, insorta 1' odierna civilla europea.
Adunquc non mosse d'armi, non iscontri di eserciti, non conqui-
ste , non ambizioni di priucipi, non maneggi polilici; bensi parti-
colarcggiati , considerati, spiegati ed apprezzati gli ordinamenti
civili , che ne tlerivarono . e poi sposti gli eflelti .• clie quclli amla-
PARTE STRANIERA. 377
rono a mano a mano operando e sull' universale tlei popoli e so-
pra ciascun d' essi particolarmente.
Quanto vasta e difficile sia la materia, quali studii lunghi e pe-
nosi richiedesse, non e mestieri il dirlo. Ampia e profonda dot-
trina, sagacita di mente, acuto giudizio, non comunale facilita e
pcrspicacia di combinare ed ordinare le storiche verita , bell' arte
nel condurre opportunameute i fili necessarj a figurar sommesse
e soprapposte di tela tanto sottile e svariata, debbe di certo pos-
sedere chi si cimenti a simile opera. Se non cbe '1 cbiarissimo au-
tore aveva gia dato buon conto di se nelle sue Anticliita greche,
anzi arra certa di saper ben condurre a riva anche questa sua
nuova impresa. Ma se quelle ebbe in servigio degli eruditi dettate,
sembra poi essersi proposto nella presente storia di procacciar Ioro
solo il diletto di ravvivate reminiscenze, accompngnandole di non
so quali avvisi suoi proprii, a cui d'erudirsi desidera, come una
scorta nel labirinto delle molte e varie investigazioni, allc quali
invitano le numerose e comode citazioni, quantunque non tutte di
sicurissima autorita ; a coloro in fine , che senza voler andarc al
fondo delle cose, aman pure averne qualche tintura di fuori, un
libra di'iettevole , i cui sali e parlari, ora sollazzevoli, ora figurati
ed arditi, cessassero la sazicvolezza dei leggitori, e facesser loro a
quando a quando dimenticar la fatica della lungbissima via.
Or cbi consideri l'importanza e la novita del soggetto, non po-
tra se non lodare e saper buon grado al signor Wacbsmuth d'a-
vervi posto 1' ingegno , e di ampiamente e lealmente discorrerne
secondo cbe lunghi e pazientissimi studii nelle memorie dei tempi
hannogli informato l'animo e dimostrato per immediata testimo-
uianza da quali accidenti e radici pullulasse il complesso di opinio-
ni, di abitudini, di ordini civili, di discipline e di arli, cui si da
nome di odierna civilta. Alia quale poi pervenuto , e non aven-
do , com' e' dice , potuto aver copia di studiar nelle originali scrit-
turej nominatamente per quanlo riguarda le cose fuori della Ger-
mania , fu costretto di ragionarne giovandosi di sole le storie re-
cenlemente mandate al pubblico, da esse cavando il conveuevole
al suo divisamento. II che abbiamo stimato dovere avvertire nou
a diminuir piu che non si convenga il pregio di questo lavoro, si
bene a fare accorto chi legge della necessita d' aver ben 1' occliio
alle citazioni, affine di aggiustar poi alle parole dell' aulore nostro
quella fede , che meritano l'umoie e la lealta degli addotti isto-
rici. La qual caulela c anzi da usarsi in tutto il corso della pre-
3j8 PARTE STRAJSMERA.
scnte opera, le autotita dei motlcrni venendo sovenle hammiste a
quelle degli antichi e contemporanei delle cose narrate.
Trattandosi d' investigare e moslrare i mutamenti e le varia-
zioni accadute taiito nell' abito fisico , quanto nell' intellettuale dei
popoli, sembro al chiarissimo autore di dover la prima cosa di-
stinguere cio cbe sia libero o da necessita condizionato nell' umana
vita. Per la qual cosa viene nel proemio sommettendo ad esame
gli eftetti che dal clima, dalla natura del suolo e dalla mescolanza
dei sangui dipendono, in cio divisando perfino come le lingue me-
desime , nominatamente per quanto risguarda la f ormazione mec-
canica dei suoni, da quelli sono condizionate. L'Inglese barbuglia
il th , e tutto, per riguardo di aprir le labbra e tirar ne'polmoni
quel sno aere freddo e nebuloso; PItaliano piu d' ogni altro ba
copia di a e di o e sonoro parlare pel rilevato petto, tanto oppor-
tuno al canto , ma ad un' ora per modo sensibile alia crudezza
del soflio settentrionale, cbe il cantore Lablache gia sentivasi op-
presso dall' atmosfera Viennese (vol. I, pag. 17); altri per simi-
glianti motivi altre maniere di suoni prcferiscono nel lor favellare.
Le quali particolarita possono nel vero tornar curiose, e per av-
ventura rilevanti, ma come 1' occbio storico le possa venir distin-
guendo, e con altre al tutto ortograficbe (Deutsch e non Teutsche
si deve scrivere; pag. 126), o di sillabe componenti certi nomi
proprii e personali (pag. i!\i), discuterle poi fra '1 viluppo delle
cose cbe agitarono per ben dieci secoli si esteso paese e tanti
diversi popoli, noi il lasceremo ad altri di giudicarlo.
Condizionata da naturali necessita stimasi nell' universality ezian-
dio 1' indole a virtu od a vizio. Nello Spagnuolo vampa collerica ;
nel Francese impeto focoso e grillante (chatnpagnerartig /); nel
Tedesco pienezza e profondita di sentimentij nell' Inglese fredda
scrieta ed uraor malinconico; nell' Italiano voluttuosa e divorante
appassionatezza , scallrezza cbe tutto ragguaglia al proprio vantag-
gio; in altri popoli altre inclinazioni e predominant passioni (pa-
gina i5). Se non che la mediocrita del cielo e del suolo sembra
opcrare opporlunamente e su gli animi e sui corpi degli Europei ,
e piu principalmente ad accrescerne il vigore, e spronarli a far
faccenda. Imperciocche pabuli e stagni, spurii (Bastarde* pag. 21)
delle liumane,che traversando tutta Europa invitaronne gia i navi-
gatori a' piu ardimentosi cimenti , ingombravan, non che la Ger-
mania settentrionale ed altri bassi piani , la Lombardia medesima,
e l'alacrila dell' opera umana tulti li seppe pi osciugare • intanto ,
PARTE STRAN1EIU, 'i'JC)
nsanandone I' aria, chc questa « impregnata omai di velcnose esa-
» lazioni solo nei dominii pontifici ( apostolische faulheit 11 ), solo
» al raggrinzalo niendico delle paludi consuma le forze, e fagli
J? al viandante stender la vizza mano sospirando : Oh Signore!
» la febbre! ovvero cola nella Turchia , ove la barbarie ebbe in
» marcsi mutate le piu ubertose campagne(i) ». Se adunque sep-
pesi contrastar perfino alle condizioni della terra e del cielo, e
vintele, questo render piu felice, piu fertile qnella , si debbon
gli efi'etti delle naturali necessita in Europa stimarsi condizionati
da' suoi medesimi abilatori (pag. 24).
Posto questo socio , cominciasi la storia , la quale il cbiarissimo
autore riconosce non simile a se in ciascuna delle sue parti (vo-
lume VII. pag. V). Imperocche bisognandogli cbiarire a mano a
mano gli scambievoli efFetti dcgli ordinamenti civili e della vita
dei popoli , e come questa diede da principio a quelli le norme ,
poscia da essi le ricevette quasi in tutto e per tutto; ora piu al-
1' una , ed ora piu agli altri debbe aver 1' intesa , e conceder piu.
ampio discorso, secondocbe furono operativi e predominarono.
Inoltre coll' accrescersi ed allargarsi che fece l'autoritadei ponte-
fici romani insorsero modi comuni a diversi popoli , i quah tuttavia
mantcnnero in parte lor peculiari costumi. Pero, da papa Grego-
rio VII in poi , gli convenne distinguer la storia di ciascun' epoca
in due parti , mostrando nella prima le condizioni universali e co-
inuni , nell' altra poi le particolari di ciascun paese.
La civilta europea cbiama la sua attenzione eziandio di la dcl-
Y Oceano ; e veggendola , quivi trapiantata , crescer con bel rigo-
glioj anzi « scorgendo nell'America l'addentellato posto dalla pre-
« sente prosperita alle piu dolci speranze dell'avvenire », dichiara
clover l'analogia dei divisamenti far dimenticare i confini geogra-
fici (vol. I, pag. 26). Se non cbe riservatosi di deliberar nel corso
del lungo lavoro quanto del nuovo mondo gli saria convenuto fa-
vellare, assai brevemente poi se ne passo , toccando appena nel-
1' ultimo volume (dalla pag. y5o-55) degli Stati Uniti; come cioe
le parti nell' Ingbilterra fosser cagione , che quivi colonie pigliassero
stanza; come nolle cose dell'anima la tolleranza vi meltesse radice
(1) Noi lasceremo, il piu ed il meglio che ci vena fatto , parlare
1' autore medesimo, questo, avendo pel migliorc argoraento di far-
ne conoscere i concetti e le manicrc, e '1 gusto, ed ancora di dis-
pensarri dai giudizj, che a quando a quando dovriano esser diversi
da quelli dei critici tcdeschi.
38o PARTE STRANIERA.
e prosperasse meglio che 'n qualsivoglia altro paese per opera di
Guglielmo Perm; come dal Franklin per egual modo l'induslria
si giovasse, e '1 Washington finalmente desse convenevole e fer-
mo assetto agli ordinamenti dello Stato.
Ma se la presente istoria entro i limiti d' Europa debbe ristri-
gnersi , non e pert) che si possa ommetter di discorrere delle an-
tiche sedi teniae dagli avveniticci (Unni, Arabia Mori, Mongoli ,
Osmani, cc. ) che la corsero, od in essa posaronsi, indicando a
mauo a mano i modi che da quelle ebber seco recati. Ed avve-
gnache i rimescolamenti del medio evo 1' odierna civilta partoris-
sero, e da esso per conseguenza abbia a pigliare incominciamento
la parlicolareggiata narrazione; avendo tuttavia le discipline no-
minatamente delle lettere, della Chiesa e della giurisprudenza loro
preparamento avuto dall'antichita, a questa fa stirnato opportuno
di volgere innanzi tratto lo sguardo, facendo precedere, come in
sunto , la storia dei popoli , che in quella 1' Europa abitarono.
Adunque la descrizione geografica della civilta antica da princi-
pio al primo libro con queste proprie parole : « La luce storica
» dell' Europa antica cade da prima, come splendore riverberato
jj dal mare, in su gli abitanli delle sue contrade meridionali , sui
» vicini del Mediterraneo , e solo nel fondo mostransi le vette dei
» monti che segnano i confini delle cognizioni storiche , e le ri-
3' stringono al Mezzodi. La dominazione romana poi apri loro verso
» Maestro la via (vol. I, pag. 29) ». E come al chiarissimo autore
piace di pigliarla larga anzi che no, volgendosi ora alia Grecia ,
si fa a parlar dei Tessali, che, mezzo barbari, vennero a pi-
gliar luogo nella valle del Peneo undici centinaja d'anni prima
dell' era nostra (pag. 58 ); e si messosi alia via , proceduto fino a
Pericle ed alia guerra peloponnese , passa quindi a rassegna i varii
popoli, che da settentrione di quella abitavano: Macedoni , Epi-
roti , Illirj , Sciti, Sarmati , Celli, Iberi, ec.
Alquanto piu ampiamente particolareggiati poi quelli che tene-
vano Italia, giungesi a dir de' Romani, degl' imperatori, e della
cristianita da essi abbracciata. La citta gia cattiva, si fece abiet-
ta , poi frivola e da nulla , anzi tale una fogna di vizj , che a ri-
menarla troppo lezzo ne viene. Barbari accolti negli eserciti ; il
tedesco Massimino (an. 235) e Filippo arabo (an. 2^4) a P°"
sarsi 'n sul trono imperiale , quasi simboli della possanza dei due
popoli , sortiti a fare insorger nuovo ordine di cose dalle rovine
dell'Imperio romano (pag. 1 07 ). La religione ctico-dogmatica del
PARTE STRANIERA. 38 1
Crislo , propria ad occuparc insicmc !a mentc e 1 cuorc , dive-
uuta all' uscita del terzo secolo l'anima deli' Imperio , farnascere
infra diversi popoli animo Concorde all' autorita civile contrasta-
re j le crudelta diocleziane accrescerle vigore ; Ie provvigioni di
Teodosio renderla rigida ed assetata di sangue , come fra gli
Ebrei (i). Per tal modo la Chiesa ricetto divenuta di peritanza, di
spavento e di violenze (pag. 116); in essa dispolica autorita
nelle cose della fede, contrastarsi al far dispotico degl' impera-
tori (pag. 1 18 ) j non avuto piu in onore cni pel pubblico bene
cingeva la spada, si coloro che contro la palria infuriavano, e
contro chi la nuova religione professavano ; venerati quelli, i
quali partitisi dal consorzio civile, con la macerazione della car-
ne, odore di santita d' acquistare s' ingegnavano : in somma ogni
cosa sossopra. Tuttavia non si vuole col Gibbon dare un' allra
fiata carico al Cristianesimo d' aver mandato prima del tempo in
rovina 1' Imperio « il quale stato mai sempre d' aggravio al mon-
» do , a questo tanto rneglio saria avvenuto , quanto prima se ne
» fosse liberato (pag. iig)».
II secondo libro, che s' intitola Eta germanico-arabica, comincia
dal descrivere la prima sede dei popoli tedesclii e le condizioni
loro. Discendenti dalla razza del Caucaso, affini dei popoli me-
ridional!, anzi dei Persiani ed Indiani, piu. stretti con Celd e
Scandinavi , abitavano , all' entrar dell' era volgare, il paese tra
la Mosa e le foci del Danubio, tra '1 Baltico e' Carpazj parte
con ferma stanza, parte randagi al tutto. Molti di nome, diversi
di costumi « tutti di gigantesca persona ; vigorosi quanto le quer-
» ce, grandi, distesi, svelti come i faggi della patria loro; saldi
j> (hart!) come il legno degli uni e delle altre; con occhi cile-
»■> stri e capellatura bionda come oro». Stimato ognuno secondo
suo coraggio e vigore; in tutti senso d' onore e di libcrta indi-
viduate e cittadinesca ; rispetto per le fern mine , nelle quali era
loro avviso di scorger non so che di divino e profetico. Non
sensuali nell' amore , ma vereconda costumatezza, diletti conju-
gali, domestici piaceri, le quali lulte incliuazioni , mescolate alia
cristiana pieta, diedero poscia origine al romanlico amore. Pa-
gani , sagrificavan nel vero i prigioni ai loro dii; ma tuttavia non
(i) Tcr dare un' idea csatta dei pensamenti dcll'aulorc, non per ab-
bracciarne tutte le inasshne, si accennano anchc queste sue osserva-
zioui.
38a PARTE STIUN1ERA.
prestigi di simulacri , non gofle scioccaggini nei riti , anzi pro-
fondo prcsentimento della divinita. Passionati per le armi, rifug-
givano ogni altra fatica. Negli ozj poi a trincare e giuocare tanto
disperatarnente da porre pcrfino la propria liberta, e perdutala,
rassegnati andarne schism (pag. i5o-i42).
Gli Unni sono occasione del prime- trasmigrare. Sommessi gli
Ostrogoti , spinti i Yisigoti su la destra riva del Danubio , que-
sti con la giornata di Adrianopoli (an. 5-8) pigliano stanza nel
romano Imperio. Necessita ed ingordigia di preda commovono
omai tutte le popolazioni dal Reno e dal Danubio fino alia Vistola
ed al Baltico, e quelle che passan nei dominj romani corronipono
loro natura , gia ben degenera per le ruberie e pel mettersi ai
soldi , che gia da ben cinquecent' anni facevano (pag. 1 55 ).
Fra i vinti vengono nuovi Stati dai conquistatori costituiti ; dal
rimescolarsi e confondersi degli uni con gli altri risorgono nuovi
modi ed ordinamenti , che il chiarissimo autore descrive con trop-
pe parlicolai ita percbe noi gli possiam^ tener dietro. Ne man-
can pure le curiosita. Fra' Borgognoni, per esempio, clii avesse
rubato un cane , a non pagare ammenda gli bisoj;nava baciargli
il deretano, presente tutlo il popolo (pag. 162). Se non che tre
furon le cagioni piu priucipali che i costumi ledesclii venisser
niutandosi : 1' autorita dei principi cresciuta fra le armi mosse ; i
gentiluomini , prima famigli di quelli , poi fedeli chiamati , poi
feudatarj ; la Chiesa cristiana da principio agli ordini civili pie-
ghevole , poscia sollevatasi sopra di quelli. Papa Gregorio , detto
il Grande, procaccia alia sedia apostolica soperchio di potcrc ;
Pipino riceve da lui la corona in dono, viene da Bonifazio e
Stefano secondo coronato ed unto. E qui spandesi la storia a
moslrare gli efielti operatisi nei popoli, i mutamenti occorsi nei
singoli Stati , toccando eziandio degli Ebrei in quelli sparsi, e
mantenutisi senqjre eguali a se medesimi(i).
(1) Questo mantenersi che fecero sempre eguali a se gli Ebrei,
venne espressamente osservato anche dal chiarissimo signer Leo, e
lo spiego in modo , che altri potra per avventura stiraare assai pro-
fondo e sagace, ed a me seinbra, direi volontieri, fantastico, od
almeno fuor misnra curioso. Qual curiosita adunque , mi sia per-
niesso di addur qui le sue parole, voltate il ineglio che puo ve-
ninni fatto nel volgar nostro.
it Quanto all' indole propria del popolo ebreo , esso distinguesi
« da tutti gli altri del mondo con un cotale ingegno sminiuzaiite
PARTE STRAN1ERA. 383
!\la a qucsti medesimi tempi piglia da opposta parte le mosse
UD altro popolo, non a far bottino , od a conquistar riuove sedi
e piu giadite, si da smania di propagare spiritual] opiuioni ed
una fode nuovamente in esso insorta. « Religione , lingua e co-
» stume arabe dilatansi dall' Oceano atlantieo fino alle monta-
« gne dell' India j e la Spagna, uno de' piu be' paesi d' Europa,
» riceve cosi profondo 1' impronta degli arabici modi , che non
m ne sono aneora cancellate al tulto le orme (pag. 285) ».
Osservato '1 contrapposto fra Tedescbi ed Arabi , dei quali
vien descritta origine, discendenza e piu ampiamente la religione,
seguita la storia degli Slavi, poscia quella dei popoli lurani (Unni,
Bulgari , Avari , Cazzari Vallacbi ) ; finalmente concbiudesi con
» (zerfressend I) e dissolutivo (auflosend) le cose ne' suoi principj.
» Come v'ha certo acque, le quali tutto che in esse getti per al-
» quanto spazio, mutano in pietra; cosi gli Ebrei dall'origine loro
» in poi ridussero ad un' astratta generalita ( ein abstract Allgemei-
» nes) cio che catlde solto loro attivita intellettuale. Percio sono
>5 maravigliosi mcrcatanti , che la siffatta opera abbisogna appunto
m di questo fondamento, di sapere in tutte le cose osservare e con
m perspicacia giudicarne il prczzo, il quale da una parte astratto ,
» e pur dall'altra rappresentabile per ogni concreto oggetto. In
*> quella guisa medesima adunque che 1' Ebreo d' oggidi distinguesi
5» piu principabnente in cio che considera e paragona i piu dispa
« rati , e sempre ed unicamente dal lato del loro relativo valore
>j in danaro ; e della sua vita suol far perno cosa tanto generale ed
» astratta insieme, quanto e il pregio dei diversi oggetti : gia nel-
j^l'antichita cerco in tutto, ed eziandio nolle relazioni e nei rap-
j; porti (Vcrhdlluisse und Beziehunghen) spirituali sola una genera-
« lita astratta; e quest' indole peculiare e cagione ( ist Schuld du-
» ran!), che gli Ebrei prima e piu tenacemente di tutti sostennero
sj 1' unita dell' Ente divino. Da questo monoteismo astralto degli Ebrei
» spiegossi in seguito il nostro monoteismo crisliana, il quale non e
>» piii nulla d' astratto (nichts Abstractes), ma 1' ultima cima di tutte
» le speculazioni e di tutte le verita ". Vorlesungen iiber die Ge-
schichle des Jiidisclien iStaates : gehalten an der universital zti Ber-
liiij pag. 8. Reutlingen , 1829, un vol. in 8.°
lo so di un valentissimo e sapientissimo Italiano , il quale mi
contera anche qui fra i molti, che non sapendo cio che vogliono
dire, si gittano a dir quello che possono. Ed avra troppa ragione
di me, e fors'anche del chiarissimo signor Leo, del quale volli
pur nondimeno addur le propric parole. Quanto alia sentenza,
parmi esser questa in sostanza, che la mcdcsitna e sempre eguale
attitudine ebbe da principio partorito nrgli Ebrei I ' idea dell'unita
divina, poscia la sagacita nel trallico; e questo e 'I primo seme
che aggomitolate coutiene le prcscnti Iczioni.
38| PARTE STRAN1ERA.
quella dell' Imperio bisantino , di poco rilievo per se medesimo ,
assai osservabile per gli effetti che produceva sopra le cose del-
1' Occidentc.
A descriver le forme che esse presero a mano a mano dalla
morte di Carlo Magno fino all' esaltazione di papa Gregorio VII,
e destinato il terzo libra, intitolato: Eta normanno-tedesca. Prin-
cipiasi dal ragguagliarne '1 cominciamento con quello della pre-
cedente eta , osservandone le analogic Conciossiache nell' uno ,
I' Imperio romano diviso fra' successori di Teodosio , innondato
da Unni e Germani ; nell' altro, il Franco fra' discendenti di Carlo
partito, Normanui e Magiari lo infestano; nell' uno e nell' altro
scaduto lo splcndore , esausle le forze.
Di questi ulliini ladroni descritte le primarie stanze e le co-
stume , viene spiegata la copia che ebber di spandersi come fe-
cero con la sposizione delle condizioni civili ed ecclesiastiche dei
paesi da essi occupati, e si la strada aperta a mostrare , come
quelle radicatesi a piu a piu, agevolaron loro il recare scompi-
glio e desolazione fra' popoli europei, i quali tuttavia ne usciron
poi finalmente rinvigoriti. Nello Stato i modi feudali ad ora ad
ora piu rigogliosi, nella Chiesa ambizioni, dissolutezze. Pero sotto
il reggimentd di quel Lodovico che i Francesi appellano le de-
bonnair, e cui al ch. autore piacerebbe di piu dare il titolo di bae-
chctlone (frommler , vol. II., pag. 69), comincio la fortuna dei
Carlovingi a volgere in basso; sotto quello dei suoi successori
si fu poi ridotta al niente. Francia, Germania ed Italia, ciascuna
da per se; in ciascuna diversi modi e costumi.
Ora la connessione delle cause e degli cifetti richiede che si
■volga 1' attenzione ai Normanni , anch' essi fondatori ed ordinatori
di nuovi Stati. Se non che nella prefazione di questo secondo vo-
lume duolsi il chiarissimo autore di non avere avuto alle mani le
piu importanti opere della letteratura scandinava : tuttavia, avendo
egli a considerar piu principalmente le condizioni civili, il codiee
islnndese (Grrigds, in volgar nostra Oca bigia, pag. 109), con
moke altre scrilture vecchie e nuove, gli furon bastanli a guidar
inolto opportunamente il suo lettore fra le antichita dell' ultimo
Norte, le quali e nei modi e nelle costume poco si furono mu-
tate dalla religione cristiana , che nel mille per deliberazione dei
comuni vennevi abbracciata (pag. 128). Tuttavia si particolareg-
giano assai convenevolmente ed i contlitti da essa nella Norvegia
suscilati, ed in generale gli effetti da essa prodotti.
PARTE STRAN1ERA. 385
Gia prima si era fatta menzione degli Angli , Sassoni e Zuti ,
passati a pigliar luogo nelle isole britanniche. Ora vengono chia-
riti gli ordini civili e' modi cola posti , le leggi anglo- sassonc spo-
nendo convenevolmente (pag. 2o3 ). Con maggiori particolarita
narrasi quindi della parte occidentale (Cornovaglia), dei Druidi
e Bardi; e quanto alle maniere del vivere civile, le si deducono
piu principalmente dalle leggi dei re Moelmud ed Hywel Dha
(pag. 222). Dei primi abitatori poi dell'Irlanda e dell' origine
loro poco con sicurezza si sa. Strabone, Mela, Solino e fino a
Girolamo , primo fra' cristiani che ne narrasse , tramandarone gran
cose delle loro enormita, ma con esse non s' accordano poi le
tradizioni popolari. Re , legislazione, poesia e scrittura eran quivi
assai prima che v' incominciasse la signoria romana (pag. 242).
Ora dalle condizioni antiche alle piii recenti procedendo, mo-
stransi poi le cagioni, che paganesimo e cristianita quivi accomu-
narono, e finalmente nella Scozia due diversi popoli e due ma-
niere di vivere.
Lasciate queste isole, volgesi il chiarissimo aulore ngli Scandi-
navi postisi per dimora nella Francia. Mescolansi le costume de-
gl' indigeni con quelle degli avveniticci. « Sete di avvenlure e di
» battaglie , orgoglio e punto d'onore, false opinioni nelle cose
» della Chiesa e della cortesia , feudi e feudatarj furono i semi
» dai quali pullulo la cavalleria , stata poscia meglio , o quanto
» altrove^ educata nella Normandia (pag. 289)".
Con volo retrogrado alquanto maggiore vicnsi ora narrando bre-
vemente le cose antiche della Russia e delle sue genti. « Della
j» persona grandi come palme , rossi in viso, armati d'ascia,
« coltello e spada, tanto sudicj da fare slomaco , libidinosi senza
« vergogna, fornicatori in su gli occhi di tulti ^ rotti per modo
» al bere da morir sovente col bicchiere in mano (pag. 3oj)».
Valdemaro, fratricida, solo signore divenutone, sposata a moglie
Anna bisantina (an. 988), abbraccia la religione cristiana; fcnda
cilia, le pojiola per forza, e per forza piopaga arti , cultura di
lellere e religione, alia foggia bisantina modellala.
Alle varieta insorte negli Stati e nella vita civile dei paesi set-
tentrionali per opera dei Normanni coulrapponsi poi 1' unita pro-
cacciata dalla signoria dei re ed imperatori tedeschi nell' Europa
di mezzo ed occidentale. Auche qui hanno i popoli a riconoscer
dal seltentrione il rinvigorir che feceio; poiche sopra di essi
« i Sassoni operarono come acque vive e fresche sopra tendini
Bibl. ltd. T. XGV1II. a5
386 PARTE STRAMERA.
» intormentiti ed allentati (pag- 5io)». Enrico I fa di nuovo ri-
sentirsi il popolo tedesco ; Otlone suo figliuolo passa in Italia
(an. g5i) a frenar I' insolenza di Bcrengario II , e di 11 a dieci
anni aggiunla alia tedesca la corona ferrea dei Longobardi , sua
merce risorge 1' Imperio « il quale , finito di partenere al capo del
» regno franco, diviene partenenza del regno tedesco, cioe im-
» pero romano dcllci nazione tedesca (pag. yig ) >■>. Con cio im-
pedito prima lo spiegarsi che andavan facendo puri i suoi costumi,
i quali vennero poi guasti al tutto pel parentado di Oltone II con
Teofana , figliuola dell' imperator bisanlino. Ottone III chiama la
reltitudine tedesca e la probita rustichezza sassone, e la vuol fare
abborrire; Enrico II, ultimo dei reali sassoni , di si poco bene e
di rimessa vita da lasciare abilita al feroce Polacco Boleslaw
Chrobri d' entrarc ai danni della Germania, ad un Ardoino da
Ivrea di pigliar la corona lombarda (pag. 53y).
Corrado conte di Worms, franco di nazione, discendente per
madre da Ottone I, eletto imperatore , cercasi di rincalzare il
trono con gli ordini feudali. E qui vengon dal chiarissimo aulore
adotti i molivi, cbe diversita di costumi fecero nella Germania in-
sorgere; poscia questi particolareggiati insieme con le condizioni
civili e con gli cffetti che le discipline ecclesiasticbe operarono sui
divisamenti e su la cultura dell' universale , sul commerzio, su le
arti e su le lettere.
E quindi discorso degli Slavi, Moravi , Boemi, Polacchi ed
Ungaresi, tutti popoli pei riguardi polilici in istretta relazione co'
Tedeschi, mostrando 1' opera, che la civilta di questi sopra di
essi esercito. Piu ampiamente trattasi degl' Italiani, prima consi-
derandoli tutti insieme, poi nei varj Stati particolarmente. Al mez-
zodi guasto il paese da orde di ladroni arabi , smunlo dalle speri-
menlate arti di esarchi bisantini ; al seltentiione corso da masnade
ungaresi; poi il nome tedesco dominante i popoli daile Alpi al
faro di Messina; finalmente uno Stato normanno nella bassa Italia
costituilo (pag. 41^)- La frivolezza dei paesani ajuta la signoria
de' Bisantini a mantenersi in parecchie provincie, mentre le pas-
sioni dei grandi e di quelli che volevano gradir loro, studiavansi
d' accrescere il disordine negli Stati e '1 numero de' dominj. Sici-
lia e Sardegna pienamente abbandonati in preda agli Arabi , e si
fra questi, fra Tedeschi e Bisantini diviso il dominio di tutla Ita-
lia. INella quale tuttavia, come nella grandissima variela di mol-
lissimi dialetti v' ha eziandio una lingua universale e comune,
PARTE STRAN1ERA. 387
cosi viene il chiarissimo autore divisando i tratti comuni ed uni-
versal! dell' abito e del fare degl'Italiani. I quali si riprendon tutti
di perlidia , di fa'.lir le promesse , di non tener fede ne per ac-
cordi, ne per giuramenti; ma di tali vizj se ne accagiona poi piu
principalmente clii li costringeva a concessiom ed impegni con-
trari a loro peculiare natura, ed indole popolare (pag. 4'7)-
Di speziale importanza diviene la Francia nell' undecimo secolo
per cio che da questo prendono origine i mutamenti che i Nor*
mandi arrecaron nei popolari costumi , ed ancora lo stabilirsi clie
fecesi per essi di un nuovo Stato. Se non che la Francia, senza
riguardare a questo popolo , presenta ancora tante e tali varieta e
negli ordini civili e nei costumi, che nella storia di questi con-
vien distinguere la parte seltentrionale dalla meridionale, e queste
ancora dalla Brettagna. iNella prima esaminansi piu principalmente
le cose della nobilta feudataria e del clero; tuttavia anehe dei po-
polani mostrapsi costumi, divisamenti e linguaggio; le quali tutte
particolarita vengono poscia confrontate con quelle della parte
seltentrionale. Le lunghe guerre dei Brettoui con Francesi e, Nor-
inandi spiegano le diversita delle nature loro. Finalmente sono
questi ultimi in Inghilterra; Erivardo, ultimo condottieie degli
Anglo-Sassoni, soprastato da Guglielmo il Bastardo (an. 1070), le
maniere normande prevalgono in ogni cosa (pag. 4j2 )•
Ma intanto insorgevano nella penisola dei Pirenei Stali cristiani,
ed a lalo degli Arabi prestamente si allargavauo. Ora adunque
considera la storia le genera'.i correla/.ioni loro, provenienti e da-
gli abiti nazionali e dalla di versa religione. Erano nemicij ma
parte i pensieri cavallereschi , agli uni ed agli allri comuni ,
parte 'I parteggiare interno diminuivan gli odii ed univanli talvolta
ancora in lega contro i nemici di iuori (pag. 49' )•
Ora particolareggiate le condizioni dei Cristiani nella Casligliaj
Catalogna, Navarra ed Aragona, toccasi dell' imperio grcco a ca-
gione degli efTetti suoi in su la cultura degli altri popoli d' Euro-
pa; e divisati gli ordinamenli dello Stato dai Normanni costiluito
nell' Italia inferiore, gia accennato piu sopra, chiudesi mostrando
come la stanza tenula dagli Arabi nella Sicilia ebbe le fogge orien-
tali date alia -\ ita di quegl' isolani.
Dopo seguito quasi di passo in passo il chiarissimo autore per
ben tre libri , sembra un ragguaglio piu succin(o dei seguenti (lo-
ver poter bastare. Piu crescon le materie, piii facilmeule vien
ebi scri\c sedotto a spandersi, c noi oltrepasseremmo i limiti
388 PARTE STRAN1ERA.
convenevoli, se non si teuesse a freno il pensiero d' aver gia a
sufficienza mostrato !e maniere di questa storia, e quindi csser da
ristrignerci ad accennar solo la disposizione delle materic che ven-
gono in seguito.
II quarto libro adunque , intitolato Eta del fanatismo ecclesia-
stico e della dominazione papale ., dividesi in due parti. La pri-
ma, destinata a mostrar Y andamento degli avvenimenti , comin-
ciando dalle querele insorte a cagione delle investiture, viene par-
lando di papa Gregorio VII, poi di Urbano II, Pascale II, En-
rico V e Calisto II; poi del manifestarsi che intanto andava fa-
cendo lo spirito pubblico ( come ora si suol dire ) col monachi-
smo , con la prima crociata in Terra Santa e con la cavalleria da
una banda , dall'altra con le istituzioni delle citta libere. Segui-
tasi descrivendo la potenza della Sedia romana fino alia morle di
Innocenzo III, nominatamente parlando dei fatti di Bernardo,
abate di Clairvaux, fiancheggiato da san Roberto, nelle dispute
con lo abate di Clugny, quindi di Pietro Abelardo, di Arnaldo da
Brescia, del secondo concilio lateranese e della seconda crociata.
Mistica e scolastica ratlreddano l'impeto religioso, il qual tutlavia
alimentano le belle arti; magnifiche chiese edificate, organie cam-
pane in buona copia.
Giunto ai tempi di Federigo Barbarossa, il chiarissimo autore
tocca dei Lombardi, degli studj e dell'universita di Bologna ; poi
di Alessandro III, di Tommaso Becket, prima zeloso cancelliere
di Enrico II d' Inghilterra , poi arcivescovo di Canterbury , dopo
il sinodo di Clarendon (an. 1 164 ) fuggiasco in Francia, final-
mente ucciso nella sua propria sedia dai cagnotti del re (an. 1170).
Terzo concilio lateranense (an. 1179); il Saladino, e Ricardo Cuor
di Leone. Per la rinomanza di lui e di Federico I giunla la caval-
leria al suo piii bel fiore.
Esaltazione e papato d' Innocenzo III, suo fare coi principi ,
crociate in Palestina e conlro gli Albigesi. Francesco, Domenico
e Clara d'Assisi fondatori degli ordini mendicanti. Benedetta la
croce addosso ai Mori della Spagna, disfatti dai Fe di Castiglia ,
Aragona e Navarra, e addosso ai pagani delle coste del Baltico.
Accrescimento della potenza papale. Ordine dalo da Innocenzo
all' universita degli studii; quarto concilio lateranense (an. I2i5);
Onorio III, Gregorio IX ed Innocenzo IV; Luigi IX e Carlo
di Angio. Estinguesi la casa degli Stud; finiscono le crociate.
La seconda parte di questo libro mostra poi le condizioni che
PARTE STRANIERA. 389
gli Stati europci aveano tra se comuni nel descritto periodo di
tempo; passando a rassegna gli ordinamenti civili e politici,i mezzi
usati ad adempir lo scopo della comunanza cittadina, lo stato della
milizia e dell' erario pubblico, i costumi, le lettere, la poesia ,
le belle arti e '1 traffico. Principali avvenimenti di questo periodo
son certo le crociate, e per queste ebbe il cbiarissimo aulore sot-
t' occhio gli eccellenti lavori di Wilken c Raumer, da lui sovente
eitati. Ma non e per6 cbe nou si scorgano nei suoi peculiari giu-
dizj deile cose e delle persona e, per conseguente, peculiari pregi.
Mostrato quanto v' avesse di comune fra' popoli europei , danno
materia al quinto libro le particolarita di ciascheduno. Poiche ,
quanlimque la Chiesa col suo latino, dice il chiarissimo autore ,
con feudi e cavalleria, con liberta cittadinesche e spedizioni com-
mcrciali , con le discipline ed altro avesse a qaelli non so qual so-
miglianza data di fuori, lo spirito dei tempi, lo scontrarsi fre-
quente e l'arruotarsi che facevan le genti insieme e pei negozj della
pace e per qaelli della gucrra, ebbero dato loro piu chiaro senti-
mento di se, e recatele ad usar ciascuna sua volgar lingua, cio
che da il piu chiaro indizio di nazionale maturita. A quesli tempi
niun altro popolo opero tanto efScacemente sopra i vicini , quanto
il francese, banditore divenuto dell'entusiasmo ecclesiastico e della
cortesia. II Tedesco e converso propagava le sue massime cilladi-
nesche fin nel piu remoto oriente. Tuttavia non \i fu popolo al
tutto passivo, che ricevesse cioe da altrui, senza dar nulla del
proprio. Ora quante particolarita si parino innanzi alio storico in
queslo scambievole agire degli uni sugli altri , e degli altri sugli
uni , facile si e il pensarlo. Se non che a noi bastera dire che
dall' Italia cominciando, continuasi tutto questo libro, discorrendo
nominatamente di Francia , delle isole britanniche , della penisola
spagnuola, della Germania, della Polonia e delle coste meridio-
nali del Baltico, della Scandinavia, dell' Ungheria, dell' Imperio
greco , della Russia e dei Mongoli. Le belle arti e le leltere non
vengono dimenticate, e quanto a queste, assai osservabile e spe-
zialmente l'abbozzo che si fa delle seandinave (pag. 4°5) tuttavia
coltivate nell'Islanda , come quella che fino a quesli tempi pocbi
elfetti aveva sentili delle cose di fuori.
Seguendo '1 medesimo disegno spongonsi nel sesto libro i due
secoli e mezzo che passaron dopo fallifo il lignaggio degli Stun
fino al Gran Scisma insorto per 1' csaltazione di Urbano VI e Cle-
mente VII, notando come le condizioni del medio evo andasscro
390 PARTE STRANIERA.
universalmente mutandosi. Nel settimo libro poi distinguonsi i
modi che i singoli popoli venner pigliando in seguito. Divisa-
mento del chiarissirao autorc fu, per quanto stimiamo , di chia-
rirne come le grandi ed in parte nobili intenzioni che dal prin-
cipio delle crociate in poi aveano agitato gli animi mancassero a
mano a mauo. La supremazia spirituale venuta meno; le cose
di Palestina poste in nou calere; nell' ordine dei Templarj schian-
tato il pill bel fiore della cavalleriaj sue virtu trav volte in gof-
faggini scempic ed in ridicole scede; i negozj pubblici in mano
d'uomini corrotti, i quali, ridendosi di morale e di religione ,
senza guardare a giustizia o non giustizia, ogni mezzo e crudelta
adoperavano a contentamento e sostegno di loro libidinose am-
bizioni.
Con tale intendimento narransi adunque nel libro VI le cose
avvenute dislinte in tre periodi. Ghiamasi il primo dal Gran Sci-
sma ; il secondo dai Concilj di Costanza e Basilea ( fin circa la
meta del decimoquinto secolo); il terzo linalmente dura infino alia
Riforma Luteriana , pigliando a descrivere in ciascun d' essi prima
gli ordinamenti interiori e comuni degli Stati: condizioni delle per-
sone, autorita civile , leggi, islituzioni pubbliehe; poi la vita so-
ciale : costume, lettere , arti , traffico e suoi effetti materiali su
1' universality dei popoli.
Yenendosi alle parlicolarita, vedi nel settimo libro descritta
primieramente Francia dal re Carlo V fino a Francesco I; se-
guono le provincie di Fiandra, Brabante e Limburgo, Heunegau,
Lucemburgo e Namur, Lovagno, Olanda, Zelanda e Frisia ,
ciascuna da per se, poi riunite insieme, e formanti lo Stato borgo-
gnone. Quindi le isole britanniche , Inghilterra e Scozia dislinta-
mente; Italia tutta insieme da prima, poscia Venezia , Genova,
Toscana, Stato ponlificio, Napoli e Sicilia; finalmente la Sarde-
gna; la penisola dei Pirenei a parte a parte, cioe Aragona, Ca-
stiglia, Granada, Navarra, e poscia tutta insieme la monarchia
spagnuola e Por'ogallo. Seguita 1' impero germanico; Boemia ,
Moravia , Slesia e Lusazia; quindi Prussia, Livonia, Polonia, Li-
tuania , Russia e Tartaric poscia i paesi scandinavi seltentrionali,
ed in seguito Danimarca, Sveziae Norvegia nominatamente. Giun-
gesi finalmente all' Ungheria j Servia , Bosnia, Dalmazia , Valae*
chia , Moldavia e Bulgaria, e l'imperio greco e gli Osmani chiu-
dono il libro.
Alia storia moderna si da poi cominriamrnto nell' ottavo libro
PARTE STRANIERA. 3g I
con queste parole: « A' tempi di Massimiliano I imperatore, gia-
« cevano Chiesa , politica e costumi tufTati nella pozza d'ogni cor-
» ruttela , sopra la quale galleggiavano gli studj della classica an-
« tichita, siccome olio leuificante il conflitto dell'umanila euro-
» pea. Ed ecco nel euore di questa, la dove hanno lor sede pro-
« foudi affetti ed inclinazioni , iutellelto svegliato e grave rifles-
» sione, nella Gennania insomnia, sorger luce e calore , impeto
« e forza da dar forma ad tin nuovo mondo d'idee (pag. 5)". Di
che e di cui s' intenda parlare non e punto mestieri il dirlo ; anzi
ne e avviso , questa sentenza dover poter gia sola dare a diveder
quali sian d' ora in poi le seste del chiarissimo autore nell'archi-
tetlare il rimancnte della sua opera. Per la qual cosa stimiamo
esser da ristrignerci ancora piu, e da accennar puramente 1' or-
dine della narrazione, potendo le parlicolarita esposte del prece-
dente libro dar per analogia le norme da giudicare quelle del pre-
sente e dei consecutivi.
Adunque la storia moderna dislinguesi in due periodi : il primo,
die si denomina Eta del conflitto ecclesiastico , finisce con la pace
de'Pirenei (an. i65y)j il secoudo, chiamato Eta della politica
prof ana dell' autocrazia,, giunge lino alia rivoluzion francese (anno
i^8j). A ciascun d' essi vengon poi conceduti due libri : uno ad
esporre le coudizioni comuni, I' altro le particolari di ciascun pae-
se. L' ottavo libro ha due parti. La prima, iutitolata : Andamenlo
dei casi avvenuti , narra
i°, del regno di Carlo Vj
2°, di quello di Filippo II;
5°, della guerra dei trent' anni ;
4°, Osservazioni su la politica e sui maneggi di Stato.
La seconda parte , solto il tilolo di Condizioni generali, tratta
i°, degli ordinamenti interni degli Statij
ia, della vila civile.
II libro nono, destinato alle parlicolarita di questa mcdesima
epoca , parla a mano a mano della Germania, della Svizzera(i),
della Boemia, Moravia, Ungheria e Transilvania, della Turchia,
della penisola de' Pirenei, dell' Italia, dei Paesi Bassi, della Fran-
cia, delle Isole britanniche, della Scandinavia, della Polonia, Prus-
sia, Livonia, Curlandia, e finalmente della Russia.
(i) Perche questa contrada sia stata dal chiarissimo autore come
dimenticata finora , quando si ricordo dei Tessali venuti acl abi-
tar la valle del Peneo , non si saprebbe dire.
392 PARTE STRANIEIU.
In due parti distinguesi eziandio il decirao libro. La prima in-
iitolata Querele di Stato , descrive
i°, il principato di Luigi XIV dopo la morte del cardinale Maz-
zarino;
20, la politico, dell' equilibrio di Guglielmo III e dei Trigs;
l'accrescimento della potenza russa e la diminuzione della svez-
zese fin circa al 1 y i5 ;
3°, la politica artificiesa in oriente ed in occidente fino al 174°;
4°, i regni di Federico II e di Maria Teresa Augusta; la poli-
tica d* ingrandimenlo alle spese deb" Austria , e dell5 odio dei ga-
binetli verso Federigo II , fino al 1 y63 ;
5°, I'atisieta di conquiste negl'imitatori del detto Federigo, e
loro politica dell' equilibrio; V ingerimento dei gabinetti europei
nella sollevazione americana.
La seconda, intitolata Ordinamenti civili e vita popolare , sud-
divisa ancora in due parti , discorre prima i tempi anteriori a Fi-
lippo II, quindi dei suoi sino alia rivoluzione francese.
Nell' undicesimo libro si passa alle particolarita, ragionando, se
non nel medesimo ordine del libro nono , degli slessi popoli ad
uno per uno, chiudendo col cenno smTAmerica setlentrionale, gia
da noi in principio ricordato.
Ed a questo punto stimasi il chiarissimo autore al termine giunto
della sua proposta per cio che da esso principia una serie di moti
e vicende non ancora compiuta, e clie debbe quando cbe sia of-
frir da per se materia ad un altro periodo della storia. Se non
che nel conflitto dei due contrarj principj , scorgendo come una
conlinuazione degli appetili predominant! nell' antecedente eta,
aggiunge nel duodecimo libro, che intitola Eta delle rivoluziord ,
un breve discorso delle cose avvenute fino al i85o. Divisolo in
tre parli , denomina la prima Conjlitto dei popoli a pro e contra
la Rivoluzione j la seconda Condizioni interne comuni; la terza
finalmenle Popoli e Stati d' Europa in particolare.
Ora volgendo indielro l'occhio della mente, a mala pena che
esso possa toglier chiare le parti, stiam per dir piu rilevatc e lu-
minose di si vasta tela, ed a guida di quelle, non ismarrir la lunga
via, per la quale mostrarsi , le menti europee, parte rozze, anzi
barbare al tutto, parte inselvatichite ed abbiettatesi nella fogna de'
vizj , rimescolandosi insieme, essersi scambievolmente ajutate e rin-
vigorite; poi a mano a mano ingentilite, venir pigliando altri modi
e nuovi eostumi. Qual poggia per ispido e scosceso monte, ad ogni
PARTE STRANIERA. 3g3
balza ad ogni greppo gli convien far volta,e sempre aggirandosi, gua-
dagnar penando Y altezza. Cosi trapassando per secoli infelicissimi,
or qua or la volgendosi, ora per un verso ed ora per un altro
venne innanzi la civilta, costretta spesso a far volta da' suoi me-
desimi elemenli. I quali essendo piuttoslo innumerabili che molti ,
opera veramente assai malagevole si e il non perderne le vere
tracce. Pensieri religiosi , opinioni filosofiche , massime morali ,
passioni civili, discipline di scienze , amenita di buone lettere, al-
lettamento d' arti nobili, comodi delle meccanicbe , alacrita d' in-
dustria, ingordigia di traffico, le son tutte cose cbe potentemente
operando in su le inclinazioni umane , danno loro diversi avvia-
menti. Pero ad esse tutte debbe avere occhio attentissimo cbi si
accinga a distender la storia de'costumi; i quali, avvegnache da
naturali appetiti procedano, ricevon tullavia le norme dalla ra-
gione e dalla volonta. Ed a tutte queste cose guardo continuo il
chiarissimo autore, niuna nel vero dimenticandone mai , anzi con-
venevolnicnte osservando e mostrando come e quando le une alle
altre fossero in ajuto, s' attraversassero di tempo in tempo, e
scambievolmente si condizionassero. Perche noi non possiamo per
questo riguardo se non ripetere gli elogi , statigli gia da nltri com-
parliti.. nominatamente per quel tratto della sua storia cbe posa
in sul sodo degli original] documenti.
Ma non tutte le parti , che la civilta costituiscono , sono ad essa
egualmente esseuziali , ne tutte egualmente operative ne'suoi pro-
gressi e mutamenti. Onde nasce non picciola difficolta alio storico
di giudicare quali in ciascuna epoca abbiano avuta tale importanza
da dover venir distinte, e quali no; ed ancora di pareggiar fra le
prime 1' importanza loro col particolareggiato discorso, che si con-
venga fame. Ora in questa parle molte e svariate avvisiamo esser
le obbiczioni , delle quali si potrebbe ricbiedere al chiarissimo au-
tore lo scioglimento. L' armonia dei suoni e dei canti, a cagion
d'esempio, non che ristoro alle affaticate menti , e certo invito a
gentilezza e radice di dilicati pensieri ed affetti. Nondimeno fu di
tanto momenta) pei rostumi della Gran Breltagna da essere notalo
nella presente storia, che nel secolo passato sola 1' opera italiana
vi si ebbe cara , finchi- il tedesco Haendel la caccio di nido «re-
» cando gl' Inglesi a conoscer la gran possanza della musica, che
» scaturisce abbondevole dalla profondita dell'ingegno alemanno
» (vol. \II, pag. ^49)'" Chi non sa , o puo negare le amene
lettere essere specchio delle abiludini e del guslo dei popoli?
3g4 PARTE STRANIERA.
Tutlavia la Cicceide del Lazzarelli opcro essa tanto potentemente
sui costurni italiani , o ne faceva essa ritratto si fedele da venir qui
convenevolmente ricordata con 1'orecchio dilicatissimo del Meta-
stasio « il quale di quarantaquatlro mila vocaboli della lingua ita-
» liana trentaselte mila n'ebbe a vile, perche non abbastanza me-
» lodiosi (pag. 4i5)? >• E le novelle dello Strapparola , meritaron
esse parlicolar menzione per la grazia e facilita dello stile , come
si dice, o veramente per appicco all' abbondantissimo discorso del
chiarissimo autore, onde venir a dire della loquacita italiana
(vol. VI, pag. 4^7 )?
Noi nnn moltiplicheremo le si fatte domande e citazioni per non
esser sovercbi, ne punto diremo dei giudizj del chiarissimo autore
sopra simili materie , come quelli die non sono suoi ; ma invece
loderemo la coscienza ci lui nell'allegar sempre le fonti, or mere
or torbide, dalle quali gli ebbe attinti. Che se in cio fare e di
continuo, e' fosse stato cosi un pocbetto meno preoccupato dalle
glorie patrie, ed a non so quale inclinazione di notar curiosita e
di usar licenziose metafore non lasciatosi talvolta, auzi spesso, ra-
pire, ristrignendo poi di sovercbio per avventura la sposizione di
capi importantissimi ; portiamo opinione che gli sarebbe agevol-
mente succeduto di fornir purgata di molti nei questa sua prege-
volissima ed utilissima opera, frutto di eslesi e penosissimi studj,
e bella testimonianza di non comunale ingegno.
L. Picchioni.
Memorias da academia R. das scicncias ec. Memorie
della rcale Accademia delle scienze di Lisbona. To-
mo XII, parte I. — Lisbona , da/la tipografia del-
f Accademia stessa } 1837 3 in 4-°
Classe delle scienze moral! e belle lettere.
Della rislaurazione della regia Accademia delle scienze di Li-
sbona noi abbiatno accennato a pag. 85 del tomo 97. ° di questo
giornale. Pervenutici era i volumi die la medesima ebbe fatto di
pnbblica ragione, credemmo tenerne alcuna parola. Essi sono
dodiri in novero ; il primo porta la data del 1797, il secondo
del 1799- indi si cone sino al 1812, poscia al i8i5, e di qui
PARTE STRAMERA. 3g5
innanzi regolarmente un volume ognibiennio insino al 1827, dopo
cui si va al i85i, e per ultimo al i85y. Riuscendo i primi un-
did di troppo antica data, noi ci limiteremo all' ultimo, procu-
rando di dar un' idea di quanto contiene.
II primo lavoro che vi si incontra e una Memoria del signor
D. Francesco di S. Luiz, nella quale si pretende dimostrare
che la lingua portoghese non e figlia della latina , nb questafu in
alcun tempo la lingua volgare dei Lusitani. In tale assunto I'au-
tore incomincia a disaminare « se pella enlrata e lunga dominazio-
» ne dei Romani nella Lusitania, rimanesse la loro lingua, essendo
» comune tra noi (in Portogallo), abbandonato il naziona'.e idioma;
» o se queslo continuassesi ad usare dello stesso modo nella co-
» municazione e contatto famigliare dei popoli, quantunque in pro-
» gresso si alterasse e modiiicasse pella miscella delle forme, vo-
» caboli, frasi ed espressioni della lingua latina ». E poiche molti
autori tengono pella prima opinione , altri pella seconda , son qui
recate in mezzo e ponderate le relative ragioni.
Al riflettere che la lingua e uno dei primi abiti che nella infan-
zia noi acquistiamo, una delle prime arti che apprendiamo nella
culla stessa, e quasi succhiamo col latte dalla nutrice, per cui
convertesi , a cosi dire, in propria natura , in senso dell' autore ne
consegue che non torni mai possibile eslinguere una lingua origi-
nale e primitiva di un popolo, ne arrivare a trasformarne 1 indo-
le, il genio ed il carattere naturale e proprio, od alterarne sostan-
zialmente le forme distintive ed essenziali. La qual sentenza egli rin-
franca con molte prove desunte dalla storia antica, particolarmente
in attenenza all'Egitto e ad allre regioni settenlrionali deH'AfFrica,
non che in risguardo alia Spagna nella dominazione degli Arabi.
In appresso si fa a paragonare tra loro la lingua latina e la porto-
ghese, rilevando le molte e grandi differenze che vi sono, e le
quali spiccano chiaramente dall' inslituito minuto esame analitico.
Da ultimo sono riportati i passi di antichi scrittori , i quali confer-
mano 1' esistenza e 1' uso di lingue volgari nelle Spagne in tempo
della dominazione romana.
Errori storico-cronologici di fra Bernardo de RritOj nella Cronaca
di Cister, corretti ncl 1 854 l^a Antonio d' Almeida.
Neminem illmsum fata transmittunt £ la divisa assunta dal signor
d'Alraeida in quesla lunga scrittura , opera di rrudizione non meno
3g6 PARTE STRANIERA.
che di non comune lena. Gli errori sono da lxxv, ed occupano,
coi rischiaramenti e corrczioni, 108 pagine. Amiamo riportarne uno
dei piu brevi.
Errore xxxi.- Alessandro III conferma la bolla di Innocenzo II
sopra il titolo di re al signor don Alfonso I. e= Questa bolla _, che
da poi nell' anno 11795 confer/lib papa Alessandro III per altra
sua, data in san Gio. Laterano il 23 del mese di maggio. — Cor-
rezione-Gl. Nella bolla di Alessandro III non si riscontra un
solo periodo clie possa riferirsi a quella di Innocenzo II , o di
qualche allro pontefice. Proinde ?ios atlendentes personam tuam...
earn, sub beati Petri et nostram protectionem suscipimus et re-
gnum Portugallense cum integritate honoris regni dignitate , qum
ad reges pertinet... excellentim tuce concedimus auctoritatcet au-
ctoritate apostolica confirmamus time ipsa prmfatis hwredibus
tuis duximus concedenda (i40- Indi maggionnente si conosce la
parzialita di questo papa senza relazione ad alcun predecessore ,
quando dice : Ad indicium autem quod prcBScriptum regnum beati
Petri juris existat.... Statuistis duas marchas auri annis singulis
nobis ,, nostrisque successoribus persoh'endas (1 47)- (I4I) Scnt-
tura xxiv, pag. ig5, del Padre Terceira da monarq. (142) Lusit.
Memoria sugli scrivani secreti (escrivaes da puridade ) dei re di
Porto gallo , e di quello pertiene a questo uffizio , di Francesco
Man. Trigoso de Aragao Morato.
« Se le notizie che iutorno a questo argomento, dice 1' accade-
« mico , ci lasciarono l'autore dell' Epitome unico della dignita del
« grande e maggior ministro (da puridade) segreto , e Damiano
y Anlonio da Lemos nel tomo VII della Politica morale , fossero
» vere e compiute, sarebbesi scusato senza di queslo nuovo la-
» vorOj ma 1' incertezza loro, e l'essere stata questa materia poco
» traltata da essi ed altri scrittorij non puo non render interes-
» sante la presente Memoria ». In essa si principia dall' instituire
le piu accurate ricercbe circa al primo che fosse tale scrivano
secreto, e ritraesi che solo nel regno di Alfonso III rinviensi un
atto della udienza solenne, data da questo re al nunzio di Papa
Giovanni XXI per causa di contestazioni che erano colla curia
romana, nel quale, dopo la segnatura di varj consiglieri ci ha
quella di Petro Petri, scriptore secretorum regis. E qui importera
notare che puridade in linguaggio antico portoghese significava
PARTE STRANIERA. 397
secreto, oiule fu tradotto Escrivao da puridade , ed era quindi of-
ficio che obbligava al segreto. II perche 1* autore della presente
Memoria deduce che, in quei primi tempi, da esso scrivano si te-
nessero e segnassero le carte regie del niaggior secreto. In ap-
presso, scorrendo i tempi di altii regnanti, si notano le diflerenze
che avvennero negli attributi e nella dignita di questo ufficio o
carica; e la influenza che esercitava in sul re ed in sulla cosa pub-
blica. Sotto poi Giovanni I s' incontrano eziandio scrivani segreti
della regina e degli infanti. In appresso, per alcun tratto, anda-
rono essi decadendo di loro autorila, insino clie Alfonso VI, nomi-
nandone il conle di Castello Melhor Luis de Vasconcellos e Sousa,
uno dei piu grandi miuistri di Stalo che vanti il Portogallo, ne
estese le incombenze al segno da essere tutte quelle in attenenza
alia corte ed alio Stalo che successivamente vennero divise fra i
tre ministri di Stato , il supremo cancelliere, il notajo della coro-
na, e fra altri gran dignitari pure della corona.
Classe delle scienze natural].
Osservazioni per servire alia storia geologica delle isole di Ma-
dera , Porto Santo e Deserta j del signor Luigi da Silva Mou-
sinho d' Albuquerque.
Le isole di Madera, Porto Santo e Deserta, formano un pic-
colo arcipelago cumpreso tra i paralelli di 55° 5' e 02° 25' di la-
titudine boreale, e tra i meridiani di 170 20' e 160 i5 di longitu-
dine occidentale dell'osservatorio reale di Greenwich, corrispon-
dendo cosi prossimamente al Capo Cantim nel continente d'Af-
frica, da cui dista da 554 niiglia incirca. L'estensione e il peri-
metro dell' isola di Madera e la configurazione del suolo sono le
prime parti con sufficiente estensione trattate. In appresso e data
la geognosia generale dell' isola stessa, la cui supcrficie nella
quasi tolalita sua presenta formazione basaltica. II nostro accade-
mico couchiude, da tutte le osservazioni geologiche instituitc, che
1' isola in discorso e di uatura pirogenica di due distinte epoclie.
L' isola di Porto Santo hacostituzioneinteramente analoga a quclla
di Madera, e cosi del paro nulla di dissimile presenta ancbe Deserta.
Memoria sul miglioramento dei procvedbnenti onde arrestare gli
inccndj ed aumentare I'acqua in Lisbona; del baroue d'Eschwegc.
L'aulore incomincia dal far vedere quanto impcrfetti sicno
3()8 PARTE STRAIN 1ERA.
attualmente i provvedimenti in Lisbona per arrestare gli incendj,
e quali gravi disordini ne vengano nei casi pur troppo frequcnti in
cui questi succedono. Slima egli quindi rendere alia patria alcun
servigio, facendo conoscere quanto in risguardo agli incendj viene
praticato negli altri paesi, e quale ne possa essere 1' applicazio-
ne in Lisbona con que' miglioramenli cbe all'uopo vi si potreb-
bero introdurre. Egli e, giusta il nostro accademico, a tre og-
getli principali cbe si deve atlendere per arrestare gli incendj :
prontezza di soccorsi, buon ordine nella loro applicazione , ed
abbondanza di materia per ispegnere il fuoco , cioe acqua, ter-
ra, zolfo e paglia. Ad aver prontezza di soccorsi propone due
ispettori e quatlro o cinque sotlo ispettori da ripartirsi nei distrelti
della citta , e soggetti gli uni e gli altri alia camera municipale.
Inoltre, in ciascuna parroccbia dovrebbe esservi una compagnia
detta degl' incendj composta da ioo a i5o uomini dell' eta dai
i6anni ai 5o, indiziata di un segnale posto ad tin braccio dell' indi-
viduo ascritlovi. Ciascuna compagnia sara divisa in tre coorti,
e ciascuna coorte avra un comandante ed un ajutante. La prima
coorte si cbiamera di salvezza, essendo suo incarico il salvare
le persone e le cose negli edilizj incendiati, ed in questa saranno
di preferenza inscritti cittadini di maggiori lumi, e ad un tempo
destri e forti. Infra gli oggetti di cui ciascun individuo di questa
coorte dee andar munito, ci ha una sorta di vestimento che rcsiste
per alcun tempo al fuoco. Consiste esso in una camiciuola corta di
pannolino grosso cbe discende poco sotto la cintura,ede assicurata
alia persona con cinghia, manicbe lungbe cbe coprono le mani ,
pantaloni larghi , slivali corti con suole grosse, berrctto di cuojo
imbottito, con ale larghe, dalle quali parte all' ingiro una tela che
ricovre la nuca, e gli omeri, e la maggior parte del volto, assicu-
rata all' apertura degli occhi una fin a reticella metallica od una la-
mina di mica. Tutto il vestimento sia ammollato in una soluzione
di allume, allorche se ne deve fare uso. La seconda coorte si
cbiamera degli artejici , perche difatti di artelici composta, e de'
quali sara ciascuno adoperato all'uopo. La terza verra detta di
soccorso , e sara la piu forte, ascrittivi cittadini che vivono dei
lavori i piu rozzi e delle braccia; forniti di panieri, di secchi di
cuojo, picconi, catene, barclle e scale di salvamento. Ad ogni se-
gnale di fuoco di una parroccbia, ciascun individuo della rispet-
tiva parroccbia deve porsi il distintivo suo al braccio, ed accor-
rcrvi collo stiumento statogli affidato. L'autore si fa ad esporre
PARTE STRAIN [ERA. 399
c|iinnlo deve praticarsi dagli accorsi, e quali i migliori nielodi per
1' estinguimenlo del fuoco. Relativamente poi all' uso della paglia,
ecco come si esprime il signor d'Eschwegc: «Ben si sa che git-
s' tando un manipolo di paglia sulle brage , essa immediatamente
r> si acccnde con gran fiamma. Ma cosi non avviene ove sia iu
» minuzzoli non maggiori di un pollice ; de' quali se se ne prende
» una manata e se ne ricovri le brage , queste tosto si spengono
» seuza die la paglia pigli fuoco. In Lamagna si fece la seguente
» sperienza. Nascosle in un mucchio di paglia niinuta materie in-
» ceudiaric, zolfo , salnitro e polvcre in piccoli sacchetti , accen-
» dendo sopra la stessa paglia ed inlorno ad essa un gran fuoco,
» eccitando a bruciare tutta la legna , la paglia superiore si trovo
» non piu che abbronzata ed annerita , rimanendone intatto il ri-
» manentc, e per conseguenza anche le materie incendiarie. A
» cagione di questa proprieta, la paglia e attualmente adoperata a
» preservare documenli od altre cose preziose contro gli incendj ,
» collocando queste in capsule o cassette di lamiue di ferro bianco
» clie abljiano sufticiente ampiezza e capacita per poter applicare
» dintomo gli oggetti una f'alda di paglia sminuzzala, ben inte.so
» che questa esser deve non calpestata dagli animali, se no per-
» dera la proprieta di non incendiarsi ».
E poiche in Lisbona, una delle grandi difVicolta a spegnere gli
incendj e la mancanza di acqua, cosi il mezzo di rimediarvi colla
minore spesa sarebbe. in senso del nostro autore, quello di aprirvi
pozzi artesiani , de' quali egli espone la dottnna e il modo piu
agevole di esecuzione. L' acqua poscia sarebbe condotta nclle di-
verse vie della citta con tubi di ferro.
A questa Mcmoria appose alcuni riflcssi il visconte di Villarinlio
di San Romano; per cio nondimeno clie concerne la parte atte-
nente agli incendj ed ai mezzi di ripararvi conviene pienamente
col signor d' Eschwege, ma non interamente dicesi con lui, in
risguardo alia facilila di aver acepia dai pozzi artesiani, ed ai
deposit! di acqua da dislribuirsi all' uopo.
Mcmoria geognostica del barone d' Eschwege.
E queslo un prospetto geognostico superficiale della citta e din-
torni di Setubal, famosa pelle ricche saline che ne costituiscono il
principale commercio.
4<>Q PARTE STRAN1ERA.
Memoria sulla cultura dei pini e V estraiione di lor materia resi-
nosa; offerta all' Accademia da Gioachimo Luigi da Cruz.
II primo capitolo si divide in due paragraG, nel primo de' quali
e parlalo in modo generico dei pineti e loro prodotli; nel secondo
vien fatta conoscere particolarmente la specie di pino di cui si
compongono, il metodo di coltivarli, e le produzioni che ciascuna
reude in uno al melodo che si adopera per conseguirle. Giusla
l'autorr, nei boschi di Portogallo non dovrebbesi incontrare che
una sola specie di pino , che , a quel che pare , si ridurrebbe al
pino marittimo degli autori ; le altre, se ve n' ha, vi allignano per
caso o perche seminatevi. Questa Memoria termina colla Notizia
sulla collivazione del pino marittimo dell' America settentrionale
(Pinus australis) noto sotto il noine di pino palustre, o pino di
pantani; e la quale molto converrebbe al Portogallo.
Classe delle scienze esatte.
Del calcolo a radici e potenze indicates del socio Jose Cordeire
Fei'o.
Ii' oggetto di questo lavoro e di esporre tale calcolo con chia-
rezza ed esattezza da che nei libri elementari portoghesi cio man-
ca; affiuche gli allievi si formino una precisa e facile idea del lin-
guaggio matematico, e convinti del rigore del procedimenlo ab-
biano tulta la conlidenza uei risultamenti.
Saggio sopra il Jbrtificare terreo vegetale , o secondo il sistcma
porloghesej del socio Franc. Pietro Celestino Soares.
L'aulore si dichiara anzi trattoper fautore delle piazze forti, rin-
francandosi dell'osservazione fatta nella guerra sostenuta dalla Spa-
gna contro Napoleone. Indi si conduce alia soluzione del seguente
problema : « Fndicare un sistema di forlificazione che essendo ap-
» plicabile alia maggior parte delle posizioni militari, ed esigendo
» la minore spesa possibile, oifra pello meno un grado di forza
'> egua'e ai sislemi piu bene conceputi». Ecco come l'aulore at-
tenta soddisfare alle ricltleste condizioui. i.° Essendo la figura
lineare orizzontale del sistema un reltangolo, e non solo facile di
delinearla sul terreno, ma anche in guisa che l'influente lo sia
il meno possibile. - 2.0 Poiche adoperiamo solo terra e vegeta-
bilij e non aumenliamo il numero delle opere , nissuna cosa puo
PARTE STRANIERA. 4oi
costare meno. -5.°Essendo la disposizione in linea rctla, in alcuna
parte egli e chiaro che presentiamo la migliore conosciuta; gli an-
goli poi sono per tal modo raftbrzati , e tante Ie difficolta che l'as-
salitore deve incontrare volgendosi a penetrare per essi, che in-
duhbiamente preferira qualche altro punto, il quale, sia pur qual-
sivoglia, deve necessariamente addimandare gran novero di ope-
re , senza poter mai evitare i fuochi di fronte e di fianco diretti
eontro la breccia, e contro i lavori pell' estesissimo trapasso del
fosso. - 4° Rimanendosi le uniche parti soggetie alle palle a rim-
balzo rnascherate da piccoli boschi, oltre a ciascun de'quali e una
Tor re-mar tello ad ogni principale sporgenza , egli e chiaro difficol-
tarsi la direzione precisa di simili tiri, ed in parte il cammino dei
projelti. A dare una precisa idea dei vantaggi che il discorso metodo
presenta, 1' autore ricorre al soccorso di figurata rappresentazione
che minutamente spiega incominciando dal tracciamento lineare o a
guardo d'uccello, passando indi al rilievo, ed indicando da ultimo
il modo per cui succedono le difficolta di mano in mano che l'as-
salitore si avvicina al recinlo principale. Questa Memoria e chiusa
dall' analisi comparativa del nuovo metodo con i sinora praticati ,
facendone risaltare 1' economia ed i grandi utili.
Tromba idraulica portoghese ; di Francesco Pietro Celestino
Soares.
L'esperienza moslra che lo sfregamenlo e la difficolta di for-
mare il vuoto perfetto nelle trombe aspiranli e lo sfregameuto
nelle prementi sono due difetti che importa Ievare onde ottenere
da queste macchine il maggiore vantaggio. Dandosi 1' autore pcn-
siero di questo soggetto,gli effetti barometricigli suscitarono 1' idea
che espose e sottomise alia pratica. Questa tromba e piuttosto com-
plicala. Consta di una caldaja composta di due ."ilindri concentrici
uniti all' estremita inferiore , e chiusi compiutamente alia superiore
interna. Vi sono adattati due tubi dell' egual lume, uno con val-
vola, 1' altro curvo, comunicante con un canale conduttore; un
ciliudro fa le fuiizioni di stantufo. Nella caldaja vi ha mercurio al-
l'altezza di 14 pollici. Allorche lo stantufo si alza e forma il vuoto
nello spazio a cio destinato, la colonna di mercurio compressa dal-
1 atmosfera passa per entro la parete interna della caldaja ed il
cilindro stantufo elevandosi insino che si equilibra colla pressione
eslcrna, obbliga l'acqua ad ascendere nel canale dell'aspirazione e
Bibl. Ital. T. XCVIU. a6
4©2 PARTE STRAMERA.
portarsi ad occupare lo spaziovuoto; discendendo,lo stanlufo coin-
prime l'acqua, e quesla la colonna di mercurio clie passa per enlro
lo slantufo e la parete esteriore della caldaja, insino a che V al-
tezza sua si equilihra colla pressione interna, la quale deve vincere
la resislenza della valvola del tubo sopra menzionato sopraccaricata
dall'acqua che il canale conduttore contiene, e la quale se non
eccedera trentadue piedi si equilibrera con 1' ahezza di ventotto
pollici del mercurio. II perche, a dire dell' autore, pell'artificio
adoperato lo sfregamento pud considerarsi nullo, ed il vuoto si
forma perfettarnente. Una tavola colla figura della tromba ne faci-
lila 1 idea ed agevola 1' intelb'genza del nieccanismo.
II volume termina colle osserrazioni meteorologiche fatte al-
1' osservatorio aslronomico di Lisbona dab" anno 1826 al i835 in-
clusive. Fantonetti.
Das osterreichischen Miinzwesen vom Jahre 1 5a4 bis
1 838 ire historisclier^ statistischer und legislative)' Hin-
zicht von Siegfried B ec her. TVien, 1 838. — Delle
monete deW Austria daW anno i5%4 al i838} ec.
Gia allra volta abbiamo fatlo parola (*) dell' opera del signor
Becher sulle monete dell' Austria. Era allora uscita soltanto la pri-
ma meta del primo volume , cioe a dire la parte storico-statistica.
I dali ivi raccolti con profonda erudizione e con ordine giudizioso ,
ci misero allora in grado d'offrire varj piospetti della quantita
d' oro e d'argenlo ridotlo a moneta nella Monarchia Austriaca
durante un periodo ben lungo. Altri documenti da noi posseduti
sulla monetazione d' altre nazioni, ci diedero il mezzo d'instituire
dei confront:, i < ! rli tornavano a lode dell' amministrazione non
raeno che dell' autore, che aveva saputo, con lauta accuratezza ed
evidenza, dimostrarne i vantaggi.
Uscito da qualche tempo il rimanente dell' opera, crediamo
utile il fame qualche cenno , quantunque il coutenuto non sia tale
daoffrirci prospetti cosl importanti come quelli gia da noi riportati.
La seconda parte del primo volume , cioe la parte analiti-
ca, contiene 1' analisi delle monete, non dell'Austria soltanto, ma
(*) Biblioteca Ilalicnaj tomogi.'1, fascicolo di agosto i83S, pag. 259.
PARTE STRAMERA. ^0J
pressoche di tulti gli Stati d'Europa da oltre due secoli e mezzo
Un'opportuna .ntroduzione indica le division! del peso dell'oro e
dell'argento monetato, !a distinzione del>o e della lega i limiti
di tolleranza sulla scarsezza di peso d'ogni singolo pezzo d'oro 0
d'argento monetato, lenormedi compensazione fra molti pezzi
cumulauvamente pesati. Uu pri.no prospetto dimostra poscia 1' o-
sc.Ilaz.one del corso di molte monete d'oro e d'argento dal .582
al ,690 (epoca dell'inlroduzione del sistema secoudo il picde di
L,ps,a per tulto l'impero Germanico). A questo proposito,nota che
qualche moneta passo in tale periodo, dai is ai 5 fioriui da uu
mese all'altro, per poi tosto,dopo qualche allro mese, ritomare sul
12 ed anche piu. Cio naturalmente spiega come venisse ricono-
scu.ta la nccessita d' introdurre uu sistema uniforme e certo il
quale togliesse cosi enormi differenze, che riuscir dovettero som-
mamente dannose al commercio ed aU'economia privata e pub-
bhca. Una piccola appendice ripoita i diversi valori legali dci du-
cati d'oro o zecchini in uu* epoca ancor piu rimota, cioe dal 1400
m cui non valevano che 45 canratani, Gno al i595, in cui asce-
sero al valore di un fiorino e 3a */3 carantani.
Scguono in serie gli specchj analitici delle monete de' varj
paes. coniate in un' epoca piu o meno lunga, con tutte le indica-
ziom onde Hconoscerle. I diversi sistemi monetarj sono distinti ,
secondo le loro limitazioni; e non mancano le illusfrazioni neces-
sane sulle basi dei medesimi nei different! paesi. Lungo sarebbe
l'enumerare le moltiplici classifies zioni di tali specchj; basta il ve-
derle pero, per convincersi dell'immenso studio che dovettero co-
stare al valente autore.
II volume II abbraccia la parte legislativa, con cui vien chiusa
1' opera. Cio che venne dimostrato statisticamente nella prima
parte ed analiticamente nella seconda, trova in questa terza crono-
logicamente disposte le massime, le prescrizioni che regolarono la
monetazione. Le leggi e le prescrizioni monetarie vengono ripor-
tate quasi sempre testualmente e per esteso, talvolta soltanto per
estratto, con un ordine non mollo di verso da quello seguito nelle
due prime parti.
La ordinanza di Carlo V in data del 10 novembrc i5i^ , con-
vene i\ primo regolamento generale monetai io per tutto 1' im-
pero Germanico. Vi si vede fissata e sistemata ogni cosa : il titolo
ed i\ valore d'ogni qualita di moneta da coniarsi in seguito; il va-
lore delle monete allora aventi corso nei singoli paesi "dell'impero
4o4 PARTE STRANIERA.
in confronto delle nuovej le visite e gli assaggi periodici delle mo-
nete di nuovo conio ; il divieto d' esportare all'estero oro od argento
non monetato, e quello di fare speculazione colle monete, alteran-
dole , od attenuandole con corrosivi , e cio sotto pene adequate.
Fin da quel tempo adunque vedesi essere stato adottato un si-
stema completo e regolare, con disposizioni e viste estese a tutte le
particolarita che riguardano le monete. Cronologicamente disposte
secondo le rispettive classi, seguono le disposizioni emanate dagli
altri sovrani fino al tempo presente, sia per derogare o modificare
od illustrare qualche punlo della prima disposizione generale e
delle altre posteriori, sia per la introduzione di nuove monete o
nuovi sistemi, sia pc! cambio delle monete messe fuori di corso ,
sia per prevenire le falsificazioni , sia per controllare 1' impiego
dell' oro e dell' argento nella fabbricazione , sia inline pel corso
puramente transitorio dato ad alcune monete in circostanze spe-
ciali. Termina il volume e 1' opera con una breve descrizione della
manipolazione interna presso la zecca di Vienna.
Sia lode all'autore, il quale cosl con quest' ultima parte, non in-
feriore alle altre due in accuratezza, ordine ed erudizione, seppe
ultimare in non molto tempo un* opera si completa , e crediam
quasi unica, nella quale egli presenta non solo ogni particolare
de' sistemi monetarj presenti e passati dell'Austria , ma tutle an-
cora le basi ed i piu interessanti dati di tal rarno d' amministra-
zione presso le altre nazioni d' Europa.
Adriano Balbi.
Neue Zeitschrift ec. Nuova gazzetta del Ferdinandeo
pel Tirolo e Vorarlberg 3 sesto fascicolo. Innsbruck,
Wagner, i84o.
D Ferdinandeo d' Innsbruck e una bellissima istituzione comin-
ciata nel 1823 sotto gli auspicii dell'augusto nostro Sovrano, allora
serenissimo arciduca e principe ereditario. II suo scopo e quello
di raccogliere e conservare quanto risguarda il Tirolo ed il Vo-
rarlberg nella materia della storia naturale, delle arti, della tecno-
logia, della storia ; e quello altresl di difibndere, principalmente
col mezzo di una gazzetta periodica, il sentimento del buono, del
bello, dell'utile; ayvivare l'amore e l'interesse per la patria comuhe,
PARTE STRANIERA. 4°5
e promovere sempre piu la coltura della nazione cosl nei singoli
cittadini come nell' universale.
II fascicolo che annunziamo comincia coll'elogio di S. E. il
barone A. A. di Pauli; il quale menlre che visse giovo sempre
colle sue cure e illuslro col suo ingegno quella nobile istituzione.
Quest' elogio coinposto dal dottor Giuseppe Schletterer , e reci-
talo da lui dopo la messa solenne celebrata in suffragio del de-
funlo di Pauli, vuol essere segnalalo agl' indagatori di siffatte
notizie come un documento per la storia del Ferdinandeo; e per
quanlo tie puo giudicare uno straniero, ci parve deltato con molto
aftetlo e con graziosa semplicita. La relazione annuale che se-
guila come appendice al fascicolo, dice che fu accolto col piu una-
nime applauso ( pag. iv ) ; cio che in parte potra attribuirsi ai
meriti del lodato ed all' affezione che ne conservavano i circo-
stanti , ma in parte e da ascrivere senza dubbio all' ingegno del
lodatore.
Tre altre Memorie contengonsi nel fascicolo annunziato: la pri-
ma, del professore Pictro Carlo Thurwieser, e una relazione del-
Vascensione e misura del Fernerkogel e delT Habich tspitze nell' an-
no 1 856 ; alia seconda diedero argomento alcune osservazioni
geognostico-botaniche fatte in un viaggio per VOetzthal e Schnals
dal dottore Michele Stolter e Lodovico cav. di Heufler; nella
terza il conte Giovanelli podesta di Trento da relazione di alcune
scoperte archeologiche fatte nel Tirolo meridionale Vanno i858e
di un documento dell' imperatore Enrico VII risguardante le an-
tiche moricte lirolesi. 11 valore del conte Giovanelli nell' antiquaria
e gia pienamente conosciuto presso di noi. I coltivatori delle scienze
leggeranno per certo assai volenueri le altre Memorie nelle quali
ci parve di trovare notabilmente congiunta coll' importanza delle
notizie scienlifiche la cura di una esposizione facile e chiam. Cia-
scuna Memoria e accompagnata dalle incisioni occorrenti alia piu
facile intelligcnza ; e tutto insomnia il libro e un bcl testimonio
alia dottrina di chi lo scrisse, non meno che all'amore e alia stima
in cui si tengono le scienze nel paese ond'esso ci viene. E credia-
mo necessario sotlo questo rispetto di chiarire un dubbio che a
mold potrebbe nascere vedendo annunziato solo il sesto fascicolo
di un'opera periodica appartenente ad un istituto fondato sino dal
i823. Quest'opera s'intitolava da prima Matcriali per la storia, la
statistica, ec, e prese il nome sotto il quale ora ci si preseuta sollan-
to nell' anno i855. cominciaudo una nuova serie di pubblicazioru.
A.
4o6
APPENDICE ITALIANA.
- C»-«S3*«S>*«=5=-4 -
Armeria antica e moderna di S. M. Carlo Alberto,
descritta dal conte Vittorio Seyssel d'Aix capitano
del Corpo reale di artiglieria } direttore e conserva-
toire di detta armeria _, ec. — Torino , stabilimento
tipografico Fontana, i84o, in S.°. di pagine XLVU
e 4^2, con dieci tavole litografiche. Prezzo franchi 5.
Aj armeria reale di Torino, riunita in pochi anni, merce la
munificenza di S. M. il re Carlo Alberto, afFermar puossi a buon
diritto essere una delle piu cospicue e piu scelte d'Europa(i). In-
fatli vi sono in essa trenta e piu scudi, nonclie ventotto elmi or-
nati a sbalzo, a basso od a tulto rilievo , ovvero arricchiti di ce-
sellalure, intarsiature o damaschinature : molte corazze collo stem-
ma della famiglia o del cavaliere cui appartennero , ed inoltre
treutanove armature di tutto punto dorate e damasehinate, sette
delle quali, eqiiestri con cavalli bardati , ec. Quindi il catalogo
descrittivo di detta Armeria or ora pubblicato e, a nostro avviso,
un libro utile, per non dire necessario, a tulti coloro che raccol-
gono armature ed armi del medio evo e moderno. Autore del
detto catalogo e il signor conte Viltorio Seyssel, il quale, nel de-
scrivere siano le armature e ciascun pczzo delle medesime, siano
le armi da punta, da taglio o da fuoco, fu scrupolosissimo nel de-
terminarne esattamente con vocaboli tecnico-militari ed artistici i
nomi, l'uso, la fabbrica, ec.-; e nel fare cio ebbe cura il cbiarissimo
autore di non allontanarsi da quelle nomenclature, sulla defini-
zione delle quali trovo piu consentanee le opinioni degli autori.
II catalogo e diviso in due parti , nella prima delle quali sono
descritte le armi difensive , e nella seconda le offensive ;. essendo
altresi corredato il catalogo stesso di dieci tavole litografiche, le
quali servono a viemmeglio distinguere la forma delle diverse armi
od armature e dei piu importanti pezzi di cui sono quelle composte.
(i) II nuracro de' pezzi e gia di i55^.
APPENDICE ITALIANA. fan
Ed a maggior vantaggio di coloro che di armi antiche si dilet-
tano , non solamente aggiunse qua e la il chiaiissimo autore note
ed osservazioni important!, sia sulla materia che sul lavoro o sul-
l'uso di alcune di dette armi; ma premise al catalogo da lui corn-
pilato alcuni brevi cenni , che noi chiameremo slorici, sull'Arme-
ria. reale di Torino e sulla diversa maniera con cui i cavalieri e gli
scudieri armavansi particolarmente nel medio evo. Termina il si-
gnor conle Seyssel questi brevi cenni, dicendo che «col tempo e
» la merce di quelle altre cognizioni di cui , per dovere del no-
» stro impiego, siamo in obbligo di far tesoro, speriamo di pub-
» blicare altra piii estesa notizia, con la quale cercheremo di
» viemmeglio coi'rispondere alia fiducia in noi riposta dal cle-
» tnente sovrano , e cosi , giovando, per quanto da noi si potra,
» alia patria . acquistare qualche lilolo alia benemerenza de' nostri
■» concittadini, e soprattutto a quella da noi cosi ambita dei col-
« leghi del distintissimo corpo a cui ci ascriviamo a somma ven-
» tura di apparlenere. Non negbisi fratlanto benigna indulgenza a
» questo lavoro ». Le quali parole ben mostrano essere il chiaris-
simo autore dotato di quella modestia, la quale e sempre indivi-
sible compagna del vero sapere. ZardeUi.
Guida di Udine in cib che riguarda le tre belle arti so~
relle , scritta dal conte Fahio di Man i Ago. Edizione
secotida licorretta ed accresciuta , cui si aggiunge la
Guida di Cividale. che possono servir di appendice
alia Storia dette belle arti Friulane, corredata dal la
pianta topografica di Udine che mostra la situazione
dei principali stabilimenti civili e militari in esso esi-
stenti. — S. Vito, i83c), Pascati editorc , tipografb
e librajo premiato , in S.°
II conte Fabio di Maniago, cullissiino cavalierc e dcllc arti belle
sommamenle benemcrito, dopo aver colla sua Storia delle arti Friu-
lane descritta e illustrata quella tanta copia di opere e di monu-
menti che di pitlura singolarmente si trova in ogni parte del
Friuli, penso di compiere il suo lavoro col dare un piu minuto rag-
guaglio di tutto cio che in materia di arti havvi di piii distinto e
notabilo nella capitale di quella provmcia; ed a lal line compose
4o8 APPENDICE IT1LIANA.
la Guida di Udine, che fu stampala in quella citta nell'anno 1825
co' tipi dei Mattiuzzi. II Pascati tipografo di S. Vito, che nell'eser-
cizio della sua professione seppe acquistarsi bella lode di abilita e
di cortesia , diviso di pubblicare una seconda edizione di questo
libro; ed il nobile autore fu pronto a giovarlo di correzioni e di
aggiunle. Le correzioni senza essere di grande importanza sono
pero molte, poiche quasi puo dirsi che il numero loro a quello
delle pagine si agguagli; le aggiunte consistono principalmente in
quattordici note dirette a mostrare quali mutamenti siano avvenuti
negli edifizj e nei monumenti di Udine dopo la prima edizione
della Guida, cioe dal 1825 sino al presente, ed e un documento
relativo al terremoto per cui rovino e riedificossi la piazza Con-
tarena, che porta la data dei 28 giugno i55g, e che nella seconda
edizione fu aggiunto ai nove altri gia colla prima pubblicati. Ma
1' aggiunta piu rilevante quella si e della Guida di Cividale, citla del
FriuH, ragguardevole per la presente sua condizione e pegli antichi
suoi fasti, e degna in particolar modo dell'attenzione e delle cure
degli archeologi per le scoperte fattevi e per le reliquie raccolte
dal dottissimo canonico conte Michele della Torre. Ad alcuni que-
sta Guida parra forse troppo ristretta, e troppo aridi e gretti sa-
ranno i cenni di cui si compone in quella parte, specialmente che
riguarda al Museo ed ai monumenti romani e longobardi che tuttora
si conservano in Cividale. Mal'uffizio delle guide quello si ed'indi-
eare; e il descrivere e 1' illustrare spettano ad opere di altro genere.
II tipografo Pascati concorse per sua parte a decorare questo
libro dedicandolo al conte Francesco d'Altan, primo aggiunto al-
1' I. R. Delegazione di Udine, ed ornandolo, oltreche della pianta
di quella citta, di tutti quei pregi di cui puo essere fornita una
edizione che non sia di lusso e che aspiri al modesto vanto di
eleganza e di correzione.
Orazione in morte del cav. Antonio de Gianella letta
nelle sue esequie solenni da Napoleone Giuseppe
Dalla Riva il di 7 marzo 1839. — Milano , coi
tipi della ditta Pirotta e comp., in 8.% di pag. 19.
Thoma? Vallavrii de Carolo Bouclieronio. — Taurini
edentibus } Chirio et Mina^ i838, in 8.°
L'orazione del signor Dalla Riva e 1* opuscolo del professore
Vallauci ci parve che si potessero per molte ragioni annunziare
APPENDICE ITALIANA. 4°9
coiigiuntamcnte. Innanzi tutto, amendue queste opcrettc voglion
essere sceverate da quelle necrologie che il secolo obblia cosi fa-
cilmente come i frutti della volubile Moda : perocche trattasi d'uo-
mini la cui bonta e il cui ingegno non sono una rivelazione del
biografo ai contemporanei, ma cose notissime; alle quali ciascuno
desidera cbe non manchi la debita lode. Poi tutti e due gli scrit-
tori, piglJando abito dal soggetto, adempierono egregiamente l'as-
sunto ufficio; il primo rappresentando e lodando con popolare elo-
quenza un uomo vissuto sempre nel cospetto del popolo ed esem-
pio di quelle virtu che a tutti si debbono raccomandare : il secon-
do scrivendo con sincera e squisita latinita la vita di un letterato
che fu , mentre visse ; tenuto maestro e quasi diremmo signore
delle latine eleganze , e ammirato dagli eruditi piitttosloche nolo
all' universale. A.
Memorie per la vita di Giovanni II Bentivoglio, del
conte don Giovanni Gozzadint. Bologna^ i#3g,lipi
delle Belle Arti. Un vol. in 8.°, di pag. 280 , con
Appendice diplomatica di pag. ex, e tavole incise.
Giovanni II Bentivoglio spero di convertire in signona eredita-
ria il primato che alcuni de'suoi maggiori avevano avuto nella loro
patria ; ma non ebbe, come i Medici di Firenze, gli eserciti di un
gran re, ne il favore di un papa che l'aiutassero nell'impresa. Anzi
la corte di Roma gli fu sempre avversa , aspirando essa medesima
a dominare la repubblica bolognesei e Luigi XII re di Francia nel
maggior uopo 1' abbandono.
La sua vita si stende per tutta la seconda meta del secolo XV:
in quel periodo di tempo che fu testimonio di tante sventure, e da
cui l'eta susseguente ebbe un retaggio di sventure molto maggiori.
Gli amici della liberla secondarono per qualche tempo la sua pri-
vata ambizione, stimandola necessaria od utile almeno a premunirsi
contro i pontefici : la secondarono i pontefici stessi, sperando che a
forza di salire dovesse diventare odioso a quanti amavano la liberta,
e ch' essi allora potrebbero piu facilmente rovinar lui e sottomet-
tersi la repubblica. In quesla condizione di cose pote per alcuni
anni tetiere aulonla principesca in Bologna. Ne gli mancarono le
/f 1 O APPEXDICE ITALIANA.
arli coiisuele a consolidarla. Al di fuori alleanze e parenlele con
chiunque al pari di lui aspirava a fondare una propria signoria :
dentro splendide feste, sontuosi edifizii, poeli, musici, artisli larga-
niente slipendiati, e quanto insomnia anche in altre parti d'llalia
si usava per coprire sotto 1' apparenza di una generalc prosperita
la fortuna di qualchc astuta famiglia , e seppellire fra gli applausi
del volgo le invecchiate repubbliche del medio evo. Ma la fortuna
poi gli si volse ostinatamente contraria quando forse credeva di a-
verla per sempre afferrata. Cominciarono le sue sventure colla
venuta di Carlo VIII : la quale , portando seco prima 1' esiglio de'
Medici e poi la rovina di Lodovico Sforza, privo de'maggiori so-
stegni l'edifizio della sua recente potcnza; mentre la superbia della
moglie e le libidini e le crudelta de figliuoli ne minavano le fon-
damenta. Quindi, per non cadere insiemc eollo Sforza,. dovetle eom-
perarsi al prezzo di quaranta mila scudi d'oro la protezione del re
di Francia, cbe poi nel bisogno a nulla gli valse. Vennero appresso
i tempi del Valentino e di Alessandro VI, cbe nell'Emilia e nella
Romagna non volevan patire verun tiranno , stimandole appena
sufficienti all' ambizione di casa Borgia; e se la morte del papa e
la repcntina caduta del duea non 1' aiutavano, gia si vedeva immi-
nente la sua rovina. Laonde poi, quando sail al pontificato GiulioII,
non ebbe forze da opporgli : ma, assalito con tanta e si audace ra-
pidita cbe merito di esser citata in esempio, dovette abbandonare
con tulta la sua famiglia la signoria e la patria la notte del i no-
vembre i5o6.
1'utto questo e ampiamente narrato dal conle Gozzadini: il quale
raccolse altresl nel suo volume un gran numero di documenli, molte
nolizie letterarie, molte particolarita spettanti alle fcste, ai conviti,
ai torncamenti, alle fabbriche di que' tempi. Modestissimo e il ti-
tolo del suo libroj ma noi non sappiamo se altri credera mai ne-
cessario di scrivere dopo di lui quella Vila, alia quale egli mostra
di aver voluto soltanto apparecchiare i inateriali. Se fra i docu-
menti o nelle note letterarie vi e qualcbe cosa cbe potra parere
superflua, o forse non ben meritevole di vivere nella memoi ia dei
posteri, dobbiamo ricordarci cb'egli voile ammanire tutto quello di
cui potrebb'essere desideroso cbi prendesse a trattare il tenia da lui
proposto; e lasciando altrui la cura di sceglicre, si attcnne in questa
parte all' ufiicio di un diligente raccoglitore. Sotto questo rispetlo
pocbi libri si troveranno cbe meglio del suo soddisfacciano non
solo alle promcsse del frontispizio. ma a quanto pno abbisognare
APPENDICE ITALIANA. /J i i
ndunostudioso.Desideriamo perciocheilconteGozzadini, eompiendo
un lavoro genealogico del quale fa cenno in questo volume, illustri
con si lodcvole diligenza qualclic allra parte della storia italiana.
L'esereizio rendera senza dubbio migliore il suo stile ; perche cgli
non pecca ne di barbarie ne di negligenza, ma qualche volla s'in-
ceppa per desiderio di brevita, qualche volta, senza avvedersenc,
usa epiteti e perifrasi non bene convenienti alia materia ed all' in-
dole generale del libro. A.
Sul libro De Monarcliia di Dante Alighieri. Lettera al
marche.se Giorgio Teodoro Trhiilzio. — Bastia. 1 83^
in 8.°, di pag. 20.
Introduziotie alia storia della fdosofiu italiana ai tempi
di Dante per la intelligenza dei concetti fdosofici
della Divina Commedia. — Bastia , iSig, in 8.°jdi
pag. 124.
Autore di questi due libri e il marchese Pompeo Azzolino che
gia da piu anni con forte ingogno e con moltissima diligenza s'e
dato a studiare, piu che le bcllezze poetiche, la profonda sapienza
dell'Alighieri, e la dottrina non meno che le alte intenzioni di tutti
i suoi scritti. Molte ragioni potremmo addurre di questo breve an-
nunzio di opere lungamente e profondamente pensatc; ma ci basli
recarne in mezzo una sola, cioe la speranza di parlare tra breve
di quella storia della Filosofia Italiana di cui qui ci e data soltanto
l'introduzione e il disegno. Di quanta importanza e di quanta dif-
ficolta sia V argomento che il nobile autore si e proposto , lo sente
chiunque abbia pratica di tali studii e dei tempi e dei libri nei
quali gli fu necessario cercarne la soluzione ; ma le operetle che
annunziamo fanno si chiara testimonianza del suo ingegno , della
sua dottrina, e, cio che piu imporla, della sua abitudine a pensare
da se, che ci sforzano a desiderare di vederne il frutto promesso.
!Ne la meditazione gli ammorza la fantasia: ma dove la materia il
comporta, ora fiorisce ora scalda il suo stile, e qualche volta lo ac-
costa persino alia vera eloquenza : di che citiamo in esempio quello
ch ei dice intorno alia musica a c. 14 e i5. Della sua indipendenza
dalle altrui opinioni sara bastevole testimonio la pagina dicianno-
vesima, dove giudiea bravainente « certe opere che ci piovono
4l2 APPENDICE ITALIAXA.
» dalla Francia Co' titoli fastosi di Filosofia della storia , Scienza
» dell' umanita, Storia dell'incivilimento europeo ». Com'egli cono-
sca la storia e lo stalo in cui trovavasi la scienza ai tempi di Dante
ne sono prova continua tutte due le annunziate scrilture, ne forse
potretnmo citarne alcun passo che sotto questo rispetto prevalga
sul rimanente : non tralasceremo pero di additare ai nostri lettori il
principio del terzo capilolo. E dopo queste citazioni ecco il disegno
dell' opera che il marchese Azzolino prometle. « La nostra storia
» sara divisa in tre libri; nel primo de' quali si tratlera della sa-
» pienza naturale che era sparsa nel medio evo ai tempi di Dante,
» e di quella che s' incontra nei libri filosofici di lui e nella Divina
» Commedia , estraendo da quelli e da questa que' concetti che a
» tal genere di scienza si riferiscono. II secondo librOj intitolato
» della sapienza morale, prendera le mosse da un primo capitolo
» intorno alia Psicologia. La Sapienza politica o civile sara trat-
» tata nel terzo libro>;. Chiunque poi abbia letla la breve scrittura
qui annunziata sul libro De Monorchia non ha bisogno di alcuna
testimonianza per credere che il marchese Azzolino sa trattare co-
teste materie senza avvolgersi nelle tenebre diventate oramai troppo
frequenti. A.
Lo scudo di Ercole, poemetto di Esiodo, dal greco ridotto
in versi italiani da Riccardo Mitchell, con la tra-
duzione di tre inni di Omero e di u/i'ode di yilceo.
— Messina, 1839, stamperia di Tommaso Capra. Un
volumetto di pag. ^y, in 8.°, al prezzo di tail 2. 10.
Parra forse strano ad alcuni che il signor Mitchell giudichi ne-
cessaria la meditazione dei Greci, non solo per apprendere 1' arte
di ben esprimcre ed abbellire i concetti, ma si ancora per con-
durre le lettere italiane al conseguimento di quel jilosofico scopo
a cui mira la novella scuola. Tanto sono differenti i giudizi degli
uomini; o tanto piuttosto e facile agli uomini torcere le stcsse cose
a diversi fini , che nel giro di pochi anni qualcuno, a cui la luce
del secolo cominciava a diventar fastidiosa, voleva toglier di mano
alia gioveutu gli scrittori greci e latini, ed altri li proclamava ante-
signani o strumenti dell' oscurantismo. Noi crediamo che si debba
sperar molto bene di uti giovane che si propone la strada additata
APPENDICE 1TALUXA. 41 ^
r^al signor Mitchell ; e s'egli ci viene innanzi per ora colla tra-
duzione di alcune poesie che non corrispondono tutte alio scopo
filosofico della nuova scuola, dobbiamo considerar questo libro
come un apparecchio del Iradultore a studi piu gravi ed a maggiori
produzioni. Nella sua versione si potranno qua e la nolare alcuni
versi poco felici, alcune parole non ben rispondenti all' intenzione
dell'autore. Egli dice, per esempio, che al suono della celra d' Apollo
si frangea I'Olimpo , mentre per significare I'&yvvT "OlujtKOS ba-
stava dir risonava , se pure quella lezione e genuina. Ma adem-
piremo un uficio piu giusto e piu gradito lodando il giovine tra-
duttore per quella semplicita di slile e di armouia con cui spesse
volte si accosta assai bene al fare del Greci.
E qirinci e quindi passavan dcljini
Come nuotando a depredarvi i pescij
E duo delfini dalle argentee squame
Anelando ingojavanli , ed i pesci
Paurosl fuggian scolpiti in bronzo.
E sedei'a alle ripe un pescatore
Con V occhio a V onda , e con in man la rele
Che distender parea per mezzo all' acque.
A.
Diomira , racconto di una comare di campagna scritto
da Giovanni Sabbatim. — Modena, i84o, coi tipi
della R. D. Camera. Un volumetto } in 8.°, di pag. 33.
Diomira e una povera fanciulla, bellissima ed innocente, che, in-
namoratasi di un giovine signore capitato per mala ventura nel suo
villaggio, viene a sapere ch'esso e ammogliato quaudo sperava che
s'appressasse il di delle sue nozze con lui; e del tradimento s'affligge
quanto ciascuno puo immaginare. Ma il padre di lei, che prima
non s'era avveduto di nulla, informato allora di tulto, ne prova ben
altro dolore, e per vendicarsi percuote assai fieramente il ti-aditore
nella testa. La giustizia lo coglie sul fatto e lo inena prigione: poi
e arrestata anche Diomira, ignara di quanto ha fatto suo padre. La
sventurata fanciulla tanto s'accuora, che in bi eve ne viene in punto
di morte. In quell' ultimo istante, quando gia rassegnata, fra i con-
forti della religione e le benedizioni del padre ( a cui fu conceduto
4 1 4 APPEND1CE ITALIANA.
di vedcrla) aspetta 1' estremo momento , si ricorda di un rosario
datole gia da sua madre morendo , e da lei poi come pegno di
un'infausla promessa ceduto a colui pel quale ora muore. Desidera
di riaverlo: una donna ne corre in cercaje il traditore medesimo,
guadagnando coll' oro il custode della prigione, entra nella stanza
« e messa la corona sul pelto della Diomira, cade in ginocchio gri-
m dando : Perdono , perdono ! La Diomira si strinse al cuore la
» corona, diede un gran sospiro e mori ».
Ci pare clie a questo racconto dal lato della verLsimiglianza e
della novila o d' invenzionc o di scopo si possano fare molte obbie-
zioni. Perche arrestarono la fanciulla? clie cosa avvenne del padre?
che cosa del tradilore? sono domande clie deve fare ogni let-
tore senza trovar risposta nel libro. In un solo punto 1' autore ac-
cosla il suo racconto a quella ulilita pratica e civile che si doman-
da oggidl alle produzioni letterariej la dove ci rappresenta l'inno-
cenza della tradita Diomira in mezzo agl' impudenti snrcasmi dello
provette malvage colle quali fu posta nelia prigione. E questa una
materia in cui le lettere possono ancora preslare qualche impor-
tante servigio alia societa; e sarebbe, crediamo, una vera ingiusti-
zia defraudare il signor Sabbatini della lode di cui lo fa degno
l'averla cosi opporlunamente toccata. In tutto il resto ci pare ch'egli
abbia voluto, piu ch'altro , fare un lavoro di stile; e noi , per le-
varue un saggio, non vogliamo uscire da quesla parte d«l suo rac-
conto.
« Il birro giro per alcuni corritoi strascinando la prigioniera, poi
« levato un gran catenaccio la caccio dentro un camerone e chiuse
» un'altra volta la porta.
» Ah donne, donne, qui e che dovete piangere la nostra povera
» Diomira. — La non si trovo mica sola, vedete ! Uh che compa-
« gnia d'inferno ! — La si trovo fra le feminine di mala vita ! . . .
» Eran tutte scarmigliate , colle vesti a ridosso, senza riguardo a
« continenza : quale stava cantando canzonacce, sdraiata scomposla-
» menle sopra un pagliericcio, quale aggrappata alia crociera della
» sola finestra besteramiava con non so chi del di fuori, qual con-
» tava brutte storie da bettola alle sue compagne, mentre alcune
» altre litigando e inenandosi colpi si rinfacciavano mille infa-
» mita . . .
» Appena la Diomira fu gettata la , que' diavoli si rivolsero alia
» nuova venuta, salutandola con urli sbracati e dandole i litoli pm
» vergognosi.
APPEND ICE 1 TALI ANA. 4»5
» La povcra giovine si coperse il volto con un fazzoletto, sot-
>-• traendosi come poteva a quello spettacolo ed a quelle brutal! ac-
« coglienze.
» Una donnaccia tiro il fazzolello, e la Diomira resto la in mezzo
« colla sua bella teslina scoperta, i suoi capelli sparsi sulle spalle
» e con un volto somigliante alia nostra prolettrice santa Enrosia
« che dinanzi al manigoldo oftre al Signore il suo marlirio...
» L'avrai fatta ben grossa la mia ragazza ( le disse la piu sfac-
» ciata ). Da quel clie vedo stai male in coscienza. — Guarda noi
u altre che non abbiamo peccati sull' anima come siamo allegre «.
A chi vorra giudicare lo stile del signor Sabbatini sara forse
necessario di rammentare che questo e il racconto di una comarc
di campagna; ma 1' importanza di questa descrizione e la dolo-
rosa sua verila saranno riconosciute da tutti senza bisogno di altre
considerazioni. A.
Sulla biblioteca pubblica di Bergamo e circa il decretato
traslocamento di essa , cenni storici di Giacomo Bin/.
— Bergamo, i83()j Sonzogai. Un opuscolo di pag. 27,
in 8.° grande.
Annunziamo questo libretto come una storia speciale della bi-
blioteca di Bergamo. Sifialte monografie diventano non di rado
documenti preziosi e necessari agli scrittori delle stone letterarie :
e noi crediamo che il signor Bini abbia recato nel suo lavoro la
diligenza che si richiede per conseguire la storica autorila. L'opu-
scolo e indirizzato al ch. signor Vincenzo Lancetti.
Delia condizione attuale delle carccri e dei mezzi di mi-
gliorarla. Trattato del conte D. Carlo Jlariotie Pe-
titti di BoretOj consigliere di Stato ordinario e so-
cio dell' I. B. Accademia delle Scienze. Torino, i84o,
Giuseppe Pompa e Comp.
Egli non e gran tempo che in tutti gli Stati del mondo incivilito le
carceri non avevano che uno scopo unico, semplicissimo; assicurarsi
4 1 6 APPENDICE 1TAHANA.
che i deteimti non fuggissero. Del resto essi erano in bah'a alia bru-
talita , o alia inopportuna indulgenza de' cuslodi. Non mancavano
leggi che affidasscro ai magistrati , spccialinente dell' ordine giudi-
ziario, la sorveglianza delle carceri. Ma questa era troppo imper-
fecta, perche potesse rimediare agli abusi, o supplire al vizlo radi-
cale del sistema. Penetrava la religione in que' recessi segnali d'in
famia , ma la sua azione per mancanza d' un opportune- ordina-
inento, e spesso anco per l'insufficienza del modo e delle persone
che la esercitavano, era troppo debole per riuscire a qualche buon
frutto. In molti luoghi nessuna distinzione tra le careen di semplice
custodia e le carceri di pena ; nessuna separazione tra le diverse
specie e i diversi gradi di delinquenti. Ghiusi nella stessa camera,
compagni nell' ozio, gli adulti consumati ne' misfatti co' giovani che
avevano segnato il primo passo nella via del delitto ; gli assassini
che aspetlavano il capeslro, co' ladroncelli che fra pochi mesi do-
vevano ritornare in seno alia societa. Quindi avveniva che il car-
cere, destinato a purgare la societa da* malviventi , ad essere un
freno alle violazioni delle leggi, diveniva la scuola del delitto, il
seniinario de' malfaltori. E l'umana giustizia non di rado colpiva
una vittima , che l'educazione e gl'incitamenti delle sue carceri
avevano spinta al patibolo.
Uomini insigni non meno per ingegno e dotlrina, che per vera
ed operosa carita alzarono la voce a segnalare gli abusi, i disordini
le funeste e rovinose conseguenze dello stato delle carceri: leva-
rono il velo che copriva questa spaventevole piaga della societa,
e ne additarono i rimedj. Essi dimostrarono come la religione, la
giustizia, l'umanita domandavano una riforma radicale nel sistema
delle carceri; come la pena non doveva avere soltanto per iscopo
d' intimorire i delinquenti, ma eziandio di emendarli. La verita e
la piu forte di tutte le cose. Essa trionfa alia fine di tutti gli osta-
coli. Cio che la sapienza pagana aveva intraveduto, cio che la reli-
gione cristiana aveva insegnato e tentato, venne finalmente col-
1' opera concorde della religione e del potere sociale messo ad
esecuzione. L' Inghilterra, 1' America, la Francia, il Belgio, la Sviz-
zera videro sorgere le carceri penitenziarie, e le pene ordinate se-
condo il loro stato normale. Anche 1' Italia, ov' ebbe origine il pen-
siero fondamentale di questo sistema, sta per godere essa pure de'
beneficj di tale riforma. II Piemonte e Napoli le ne hanno dato
1' esempio.
La nuova scienza del sistema penilenziario gia grandeggia adulta.
APPENDICE ITALIANA. 4«7
Lc principali sue question! iurono discusse da acuti e robusti in-
gegni coi lumi della teoria, e colle osservazioni ed esperienze della
pratica. Di maniera che e forse vicino il tempo di veder cessate
le discordanze sui punti piu importanli , e di poter fissare norme
piu faeili e piu sicure.
Uno degli scrittori che in Italia si rendettero benemeriti di que-
sta brama delle scienze morali , si e il signor conte Petitti di Ro-
reto. Egli presto al sistema penitenziario un nuovo ed importante
servigio coll' opera che annunciamo , dedicata a Sua Maesta il re
di Sardegna ; e di essa prendiamo a render conto.
Quest' opera e divisa in tre capitoli, che ne formano tre distinte
parti.
Nel primo espone l'egregio autore lo stato attuale delle carceri
nei paesi, cioe, ne' quali non venne ancora introdotta la riforma
secondo il sistema penitenziario. Egli nota la trascuratezza per la
pulizia de' luoghi e delle persone , i difetti degli edificj nel loro
complesso e ne' loro scompartimenti, per cui, tolto il pericolo
della fuga, cio avviene a scapito della salubrita. Discorre del modo
con cui e provveduto al vitto e al vestito dei detenuti; dei gravis-
simi inconvenienli che derivano dalle locande che si tengono nolle
carceri ; del modo ond' e regolato il lavoro imposto in alcune pri-
gioni ai detenuti; della mescolanza degli accusati coi condannati,
dei giovani cogli adulti ; delle relazioni tra i due sessi in alcune
carceri non impedite con sulhcienti cautele. Passa quindi a far
cenno della maniera con cui si procura ai detenuti 1' istruzione re-
ligiosa e morale , e de' pii inslituti fondati per tale oggetto. Non
omette di parlare della direzione e vigilanza delle carceri affidata
a diverse magistrature secondo i diversi stati ; e delle spese di
manutcnzione sostenute dove dall'erario dello Stato, dove da quello
della provincia o del municipio. Per ultimo tocca de' rapporti che
hanno le leggi riiguardanti il governo delle carceri colle leggi pena-
li, e ne mostra la mulua conuessione.
Descritta la conduione attuale delle carceri , si fa a tracciare la
storia dell' educazione correltiva dei detenuti, ch'e lo scopo del
sistema penitenziario, ed a presentare lo stato attuale della scienza
penitenziaria (nel cap. 2).
Accennati gli sterili insegnameuti della lilosofia pagana, descrive
le cure che il Cristianesimo sino da' suoi primordj presto ai carce-
rati, e i tenlativi fatti dipoi dalla carita cristiana pel niiglioramento
materiale e morale dei medesimi.
Bill. Ital T. XGVIII. 27
4 » 8 APPENDJCE ITALIANA.
Fecondatosi il prlncipio di carita introdotto dal Cristianesimo ,
e il germe indestrultibile geltato da questa nuova ed alta potenza
che produsse nel civile consorzio tante altre slupende innovazioni,
anche il potere civile fu tratto ad associarsi a lui, onde cooperare
al morale niiglioramcnto dei carcerati. Allora si videro i primi atti
dell' autorila civile direlti alia riforma delle carceri, ed all' emen-
dazione dei detenuti. Di qaesti atti discorre l'autore, e quindi si
fa ad esporre i progressi della riforma delle carceri, che si anda-
rono niano mano facendo negli Stati scltentrionali ed occidenlali
d'Europa sino a'nostri tempi. Egli viene notando dove siasi piu
o raeno progredito iu questa parte importantissima di sociale ri-
forma ; dove siansi ottenuti piu felici successi; e dove si sperino
in avvenire degli ottimi risultamenti. Non tralascia di fare, secondo
1' opportunity, giudiziose osservazioni critiche sui diversi metodi
praticati ne' varii penilenzieri de* quali da contezza. Quanto al-
1' Italia, l'autore osserva, come qui la riforma delle carceri sia molto
lontana ancora dai miglioramenti introdotti in mold altri Stati; che
pero v'ha luogo a sperare che anche la nostra penisola parteci-
pera fra breve a questo si salutare beneficio. Per ultimo, afline di
mettere sott'occhio lo stato attuale della scienza penitenziaria, l'au-
tore riassume i principj e i canoni fondamentali della medesima,
nei quali concordano tutti i suoi cultori, e i punti in cui nel tissare
Ie norme particolari di applicazione dei mentovati canoni e prin-
cipj sorge la divergenza delle opinioni e de' sistemi. E qui l'autore
con molla chiarezza espone i due grandi sistemi penitenziarj,
1' americano e 1' europeo , colle Ioro suddivisioni, e viene classifi-
cando gli autori che tratlarono questa materia, secondo il sistema
che difendono. Descrilta la condizione infelicissima delle carceri
atluali, dimostralo l'urgente bisogno di riformarle , esposto quello
che finora si e fatlo e proposto su questo argomenlo, 1' aulore scende
a ragionare di quello che si dovrebbe fare, del sistema di educa-
zione correttiva ch'egli pensa doversi adottare. II capitolo terzo e
suddiviso opportunamenle in due sezioni : la prima offre la discus-
sione teorica; la seconda 1' applicazione delle teorie esposte.
L autore entra a discutere dilfusamente le tre scuole, in che si
dividono gli scrittori che trattano della riforma delle carceri: cio
sono la scuo'.a della vita comune, la scuola della segregazione con-
tinuaj la scuola della segregazione notturna, e della riunione silen-
ziosa diurna col lavoro (sistema di Auburn). II conte Petitti pre-
feriscc 1' ultimo sistema per le dclcnzioni di lunga durata, E questo
APPKNDICE 1TAL1ANA. 4'Q
certam/ente senabra anche a noi associare i piu grandi vanlaggi col
rniniino degl' inconvenienti, ed essere piu d'ogni altro acconcio al
fine del sistema penitenziario. Qucsto e pure il sistema adottalo
dal governo Piemontese.
Due scogli bisogna evitare nella riforma* delle careen" , la sover-
chia indulgenza e la troppa severita (cap. 3, § 6). E cerlamente
qucsto il difficile problema che dee sciogliere il sistema peniten-
ziario: volgere la pena all' emendazione del delinquente , e nello
stesso tempo conservare alia pena la sua efficacia oVincutere un
timor salutarc. La sicurezza pubblica e privata esige che la pena
in se e ne'suoi gradi venga determinata dalla legge. Laonde, affinche
il sistema penitenziario nella sua esecuzioue non alteri 1' economia
delle pene, egli e mestieri ch'esso sia in armonia colla legge pe-
nale. Dimostra quindi l'autore come a questa appartenga lo stabi-
lire le diverse specie di detenzione, la classificazione delle carceri,
cioe in preventive, repressive e correttive, e le discipline fondamen-
lali del governo delle prigioni. Spetta pure alia legge lo stabilire
chi debba sopportare le spese delle carceri, e l'autorita che dee
averne la direzione e la sorveglianza.
Non seguiremo l'autore nell' esposizione delle regole pratiche,
die da nella sez. 2 del cap. 3, per l'applicazione delle teorie da
lui stabilite. Questa parte del suo lavoro piu difficilmente delle altre
si presta ad un'analisi o ad un sunto. Percio ci teniam pagbi di
rimetlere i nostri leltori al libro stesso. II signor conte Pelitti non
ha sludiato il soggetto, che tolse a traltare , solo teoricamente nel
silenzio del suo gabinctto, e sui libri piu accreditati die pubblica-
ronsi sul medesimo. Egli ne ha fatto conscienziosamente anche uno
studio pratico visitando le carceri di molti Stati. Ne esamino i di-
versi sislemi nella loro applicazione immediata; tenne dictro a' loro
risultamenti ed alle loro conseguenze. Un tale studio , fatto da im
uomo illutninato e istruito nella materia, e fecondo d'immensi van-
taggi, fi-anca I' animo da molte illusioni , ed e il modo piu sicuro
per formare quella giustezza di criterio che UeDe lontano dagli
estremi. Quindi l'autore seppe trar vantaggio da quanto si e pra-
ticato di meglio nella riforma delle carceri , e suggerire delle re-
gole pratiche di esecuzione, che ci pajono molto assennate ed op-
portune, e che potranno essere con profillo applicate. Non man-
cauo cerlamente uomini anche rispetlabilissimi come un Carmi-
gnani, un Biibaum, un Kovere, i qua'.i mostrano di non as'ere molta
fiducia in questo sistema penitenziario, specialinente per riguardo
420 APPENDICE 1TALIANA.
all' emendazione. Ma egli e da notare che questo sistema non e
giunto ancora a quel grado di perfczione a cui pu6 aspirare. Per
altra parte ove pure nessun altro vantaggio arrecasse, tranne quello
d' impedire la propagazione e l'aumento della corrultela fra i car-
cerati, sarebbe gia un grande guadagno. Questo solo b.asterebbe
perche tutti i buoni applaudissero ad una tale ri forma, e s'accor-
dassero a promuoverla e favoreggiarla.
Ollre a ci6, non bisogna considerare il sislema penitenziario iso-
latamente , ma ne' suoi rapporti colle altre istituzioni sociali , che
segnatamente Dell' eta nostra si vanno promovendo , e che colli-
raano alio stesso scope La riforma delle carceri, dice assai accon-
ciamente il nostro autore (face. 555), sarebbe nulla a quando non
fosse acconipagnata da alcune instituzioni, le quali debbono assi-
curarne U buon successo. Quindi anche di queste 1* egregio autore
fa qualche cenno. Queste instituzioni in relazione al sistema peni-
tenziario si possono dividere in due classi. La prima abbraccia quel-
le che tendono a prevenire i delitti, quali sono, a cagion d'esempio,
gli asili d'infanzia, le scuole elementari , gl'istituti agricoli, d'arti
e mestieri, le casse di risparmio , ec. La seconda comprende le
instituzioni destinate a compiere ed assicurare 1' emendazione dei
delinquenti. Tali sono le societa di patronato dei detenuti e dei libe-
rati, le case di rifugio,Ie colonie e le emigrazioni di questi ultimi.
La nostra eta sembra chiamata a riordinare 1' edificio sociale,
o diremo meglio, a prepararne il riordinamenlo. A questo scopo
inirano tante instituzioni di beneficenza abililante e sussidiante.
Fra di esse vi ha una si stretta e necessaria connessione, che solo
dalla concorde e bene armonizzata loro azione se ne puo aspet-
tare buon frutto , e la speranza di far tacere colla risposta impu-
gnabile dei fatti i loro detrattori. Alcune di tali instituzioni non
hanno forse che un'utilita transitoria, e queste esigono la massima
circospezione e prudenza. Altre sono di un'utilita permauente, per-
che volte a portar rimedio ad imperfezioni inseparabili dall' umana
societa. Fra queste crediamo doversi annoverare il sistema peni-
tenziario, perche i malvagi potranno scemare di numero , ma non
mai disparire aflatto. E il tentativo, anche il solo tenlativo, di
correggere il colpevole nell' alto di punirlo, di ricondurlo alia virtu,
c un' opera santa, ch'e sacrilegio il proscrivere o lo screditare,
quando si professa una religione che consacra il pentimento, e non
couosce nessun delitto, uessun numero di delitti che sia inespiabile.
X. Y.
421
m m ■■ in iiiiii mil i ■ imiimi i« wi n miibh ,„ i,,,..^^,. .,,
V A R I E T A.
/. R. Accademia delle Belle Arti in Milano.
PROGRAMMl DEI GRANDI CONCORSl!
L'imperiale regia Accademia invita gli artisli italiani c stranieri
dimoranti negl'II. RR. Stati Austriaci a decorare delle loro produ-
zionii concorsi che si terranno nel venturo anno i84isui seguenli
soggetli :
Architettura. — Soggetto. Uu grandiose- edificio ad uso di scuole
tecniche da erigersi in una popolosa citta. Alle aule d'insegnamento
saranno aggregate delle officine per 1' applicazione dei piu impor-
tant rami deli' istitnto , una proporzionata collezione di oggetti di
storia naturale, una vasta sala per la distribuzione de'premj e un
oratorio, oltre i locali per la direzione e per le dipeudenze. La su-
perficie tolale sara di quindicimila metri quadrati. I disegni saranno
in gran foglio e comprenderanno la pianta e le elevazioni si interne
che esterne. — Premio. Una medaglia d' oro del valore intrinseco
di sessanta zecchini.
Pittura. — Soggetto. Si rapprcsentera il momento in cui Dio-
mede scortato da Ulisse, penetrali nel tempio dove custodivasi il
Palladia su cui riposava la sicurezza di Troja, avendone trucidate
le guardie, rctrocedono lieti coll' involato simulacro e in un guar-
dinghi per non essere sorpresi dai nemici. Veggasi l'Eneide di Vir-
gilio, canto II. Il quadro sara in tela alto metri ifi'i, largo metri
2,2 -j. — Premio. Una medaglia d' oro del valore intrinseco di cento
zecchini.
Scultora. — Soggetto. Un gruppo di due loltatori, esclusa ogni
imilazione. Sara isolato, in terra cotla od in iscagliola, dell'altezza
di metri o,8 1 compreso lo zoccolo. — Premio. Una medaglia d' o-
ro del valore intrinseco di sessanta zecchini.
Incisione. — Soggetto. L' intaglio in rame d'un' opera di buon
autore , non mai per 1' addietro lodevolmente incisa. La suprrficie
del lavoro sara per lo meiio di 4 decimctri e f\0 ccntimctri qua-
drati , e piu grande ad arbitrio. L' autore sara tenuto raandame sei
l\'i.t. varieta'.
prove, tulte avanti lettera , unite ad mi attcstato legale con cui
certifichi che la di lui opera non e stata pubblicata anteriormcnte
al concorso , no altrove contemporaneamente presentata per lo
stesso oggelto. Venendo premiato , avra diritlo d'inscrivcre sollo
il proprio Iavoro tale onorevolc distinzione. — Premio. Una me-
daglia d'oro del valore intrinseco di vcnti zecchini.
Disegno di figcra. — Soggctto. Si rappresentera il momento in
cui I' imperatore Giustiniano ed il giovane Tiberio, prigionieri di
un corpo di Bulgari e rilasciati in liberta al cospetto di Belisario
cieco, alia volta del di cui castello eransi avviati, mentre stendono
le braccia al loro liberatore, gli scioglie egli medesimo dalle catene
ond' erano avvinti. Si consulli la descrizione di qucsta scena cbe
ne fa Marmontel nel capo XVI del suo Belisario, sia per l'espres-
sione degli affetli cbe pel costume. La grandezza del disegno sara
di metri 0,8 1 per metri o,,54- — Premio. Una medaglia d'oro del
valore intrinseco di trenta zecchini.
Disegno d'ornamenti. — Soggctto. Un velario ad uso dcll'I. B.
Teatro alia Scala. Per la forma della platea veggansi la Storia e
descrizione dci principali Teatri del dottore Giulio Ferrario. Mi-
lano 1 85o j e il Teatro della Scala in Milano del rcgio professore
Giuseppe Piermarini. IMilano 1789. II disegno dovra essere ese-
guilo all'acquerello, e sara di metri 0,81 per metri o,5!\. — Pre-
mio. Una medaglia d'oro del valore intrinseco di venti zecchini.
Prospettiva. — Soggetto. Una vasta piazza di una citta d' Italia
circondata da edificj che abbiano l'impronta del XIII al XIV se-
colo, in cui 1' autore avra riguardo a non ommettere la catte-
drale, il battistero, il palazzo del Comune e la gran lorre. II di-
segno sara eseguito all' acquerello in gran foglio di metri 1 in liui-
ghezza per metri o,65 in altezza. — Premio. Una medaglia d'oro
del valore intrinseco di zecchini venti.
Paesaggio. — Soggctto. Un riposo di contadini all'ombra di una
gran massa d' alberi annosi , ove scorra vicino un torrente : il fondo
del quadro dovra rappresentare un paese d'ltalia , e V ora da in-
dicarsi sara quella cbe precede il tramonto di due o tre ore. II qua-
dro sara alto metii 1 per metri i,53. — Premio. Una medaglia
d'oro del valore intrinseco di trenta zecchini.
Discipline generali.
Le opere di concorso dovranno essere presentale cntro tulto il
mese di giugno. Quelle che non verranno consegnate precisamente
VARIETA1. 4'23
cntro 1' indicato termine per un commesso dell' autore al Segreta-
rio o all'Eeonomo cassierc dell'Accademia , 11011 saranno ricevute
in concorso, ne potranno ammettersi giustificazioni sul ritardo. La
Segreteria dell'Accademia non si carica di ritirare le opere, quan-
lunque a lei dirette, nc dalf ufficio di Posta, ne dalle Dogane.
Ciaschedun' opera sara contrasscgnata da un' epigrafe ed accom-
pagnala da una lettcra sigillata, con iscrittovi norae, cognome, pa-
tria e domicilio dell' autore, e colla stessa epigrafe esteriormente
ripetuta. Ollre quesla leltera , dovra 1' opera accompagnarsi con
una descrizione clie spieghi la menle dell' autore, accio, confron-
tata coli'esecuzione, se ne giuclichi la corrispondenza.
Le descrizioni si comunicheranno ai giudici : le lettere sigillate
saranno gelosamente custodite dal Segretario, ne verranno aperte
se non quando le opere cui si riferiscono oltengano l'onore del
premio; in caso diverso si reslituiranno intatte ai commessi, uni-
lamente alle opere, subito dopo la pubblica esposizione posteriore
al giudizio.
Nelle consegne e restiluzioni delle opere e delle carte accompa-
gnalorie si rilasceranno e si esigeranuo distinte ricevute. Non ri-
cuperandosi dagli autori entro un anno le opere non premiate ,
l'Accademia non risponde della loro conservazione.
Tutte le opere de' concorrenti, presente il commesso die no sara
latore, verranno esaminale da una commissione speciale destmata
a verificarne la buona o cattiva condizione, ancbe con atto pub-
blico, quando cio fosse ricbiesto dal loro totale deperimento e dalla
conseguente esclusione dal concorso.
II giudizio cbe su di esse pronunzierassi viene aflidato a com-
mission! straordinarie, salvo la successiva approvazione del Cousi-
siglio accademico, e si eseguisce colle piii rigide cautele per mezzo
di voti ragionati e sottoscrilli.
Prima e dopo il giudizio si fa una pubblica esposizione di tutte
le opere prcsentate al concorso. Le opere premiate, cbe diven-
tano di proprieta dell'Accademia, distinguerannosi fra le allreper
una corona d'alloro e per un'iscrizione clie indicbera il nome e la
patria dell' autore.
CONCORSO DEL LEGATO GIF0TTI.
L'imperiale regia Accademia invita i di lei allievi presenli e pas-
sati, esclusi gli esteri, a cimentarsi ncl concorso al premio costi-
tuito dal detto legato in lire trecento milanesi . r\w nel venturo
424 varieta'.
anno 1841 verra aggiudica'o a clii presenter.! il niiglior dipinto
rapprcscntaute un gruppo tUcavaUie di bovini della gf andezza nan
minore di un quarto del vera.
Discipline.
II concorrf-nte sara tenuto di unire alia leltera suggellata, conte-
nenle il proprio nome e domicilio, la prova in inodo regolare di
avere freqiientato la scuola di quest'I. R. Accadeniia.
Venendo premiato, sara in suo arbilrio il ritirare il suo lavoro
o il lasciarloj e in questo secondo caso vena contrassegnato dal
nome dell'aulore ed esposto nelle sale destinate per le opere dei
grandi concorsi.
In quanto al resto sono da osservarsi le discipline generali rife-
iibili ai grandi concorsi.
Milano, il 4 Iuglio 1840.
// presidente
LONDONIO.
// prafessore segretaria dell' I. R. Accadeniia
I. Fumagalli.
Processo d' incision* delle immagini fotogeniclie sopra
Limine d? argento , Memoria letta nella radunanza del-
Pi. R. Accadeniia delle Scicnze di Parigi il di 1 5 giu-
gno i84o_, del dott. signor A. Donne.
(Estratto comunicato dall'autore ai compilatori dei Conti resi delle sezioni
dell' Accadeniia medesima. )
« Mentre mi occupava in ricerche teoriche sulle diflferenti ope-
» razioni del Dagherrolipo, dopo essermi reso conto di cio die av-
» viene in ciascuna, e specialmente nel finale risultamento, mi si
» presento l'idea di Irasformare le immagini ottcnute sopra le la-
» mine d'argento in altrcttanto incisioni prontc a somministrare
» solto il torchio delle prove delle immagini medesime, operando
« come si suole coi rami ordinarj all'acqua forte. La prima cura
» che deve aversi nell'applicazione dei processi d' incisione riguarda
» la scella delle lastre. Quando si sia ottenuta una lamina bene
» spianata, ben liscia, bene omogenea e che non abbia ne strisce,
» ne bolle, l'immagine debb'esser ritratta coi noti procedimenti
» dagherrolipici e colla maggior possibile perfezione, indi lavata
varieta'. 4^5
» colla solita soluzione diluta d' iposolfito di soda nell'acqua. Asciu-
» gata diligentemente la lamina, se ne coprono i lembi d' uno strato
» di vernice da incisore ; si dispone orizzontalmente al di sopra un
» bacino, in modo che appoggi sopra i lali di esso pe' suoi quattro
» augoli ; dopo di che si versa sulla sua superficie dell' acido nitrico
» inisto ad acqua, nelle precise proporzioni di tre parti del primo
» e quattro della seconda. Dopo tre o quattro niiiniti l'azioue del
» mordente si manifesta per mezzo di piccole bolle che cominciano
» in un punto e via via si estendono su tutta la lastra. E difficile
» precisare per quale spazio di tempo si debba prolungare l'azione
» dell' acido, ma iu ogni caso non deve durare oltre due o tre mi-
» nuti. Allorche la lamina e stata sufficientemente intaccata, si fa
» scolare il liquido nel sottoposto bacino , si lava la lamina stessa
» con acqua abbondante, e si asciuga leggermente con uno stroii-
» naccio di bambagia finissima. Con cio 1' operazione e finita e non
» rimane che da consegnare la lamina aU'impressore onde ue liri
» le prove cogli ordinal] processi ».
Nota sopra un modo di fissare le immagini fotografi-
clie } presentata alia j'adunanza dell' I. Ji. Accademia
delle scienze di Parigi del di i o agosto 1 84o dal
signor H. Fizeau.
Dopo la pubblicazione dei processi fotogenici, tutti hanno ricono-
sciuto, e il signor Daguerre pel primo, che mancava ancora qualche
cosa per dare alle sue meravigliose immagini la maggior possibile
perfezione; cioe un metodo per rendere stabili le prove e perren-
dere i lumi del disegno d' una piu notabile intensita.
II processo che sotlometlo all' Accademia mi sembra dover ten-
dere a risolvere in gran parte questo duplice problema, e consiste
nel trattare a caldo le prove con un sale d' oro preparato nel se-
guente modo :
Si scioglie un grammo di cloruro d'oro in un mezzo litro d'acqua
pura; inch si versa a poco a poco la soluzione d' oro in una di soila
agitando continuamente il miscuglio, il quale, acquistando sid prin-
cipio una leggera tinla gialla, non tarda a divenire perfettamente
limpido. Questo miscuglio pare consistere in un iposolfito doppio
di soda e d'oro, coll'aggiunta di sal mariuo , il quale e credibile
4^6 VARIETA*.
die non influisc a per nulla nell' operazione. Per trattare una prova
con questo sale d'oro conviene che la superficie della lamina sia
perfettamente scevra di corpi estranei, e sopra tutto da ogni un-
tuosita; al qual fine dovra essere stata lavata con certe precauzioni
che generalmente si trascurano nelle ordinarie lavature; il metodo
seguente e quello che suole riuscir meglio d' ogni altro. Sulla prova
mentre e ancora tutta iodata, ma esente dalla polvere e da ogni
untume, si versano alcune goccie di alcool; e quando questo ha ba
gnata tutta la superficie, si immerge la lastra in un bacino d'acqua
indi nella soluzione d'iposolfito. Questa soluzione debb' essere rin
novata ad ogni prova e contenere all' incirca una parte di sale so
pra quindici d'acqua. II reslo della lavatura si eseguisce coi metod
ordinarj, avuta solo 1' avvertenza che I'acqua adoperata sia, quant' e
possibile, esente da polvere.
Quando una prova e stata lavata colle descritte avvertenze,
quand'anche fosse formata gia da gran tempo, il trattamento col
sale d'oro riesce della massima semplicita: basta collocare la lastra
sul telajo in fil di ferro che forma parte degli apparecchi dagher-
rotipici , versar sopra di essa uno strato di sal d' oro sufliciente a
coprirla, e riscaldarla col mezzo d'una lampada di fiainma mollo
attiva. Si vedra allora che la prova si rischiara e prende in un
minuto o due un gran vigore. Prodotto cosi I'effetto, si versera il
liquido, si lavera di nuovo la lamina e si lascera asciugare.
In tale operazione una parte dell'argento viene ad esser disciolto,
ed una porzione di oro si e precipitata sull'argento e sul mercurio ;
ma con risultamenti diversi assai. In fatti l'argento, che ove e ri-
dotto a specchio forma le ombre del quadro, diventa in certo modo
brunito per efTetto del leggero strato di oro che lo ricopre, d' onde
risulta un rinforzamenlo nei tratti ncri; il mercurio, al contrario,
che nello stato di globetti minutissimi costituisce i chiari del di-
segno, aumenta di solidita e di lucenlezza ammalgamandosi coll'oro;
d'onde risulta una finezza maggiore ed un nolabile aumeuto dei
lumi deirimmagine.
( Comptes rcndtts liebdomadaires de seances de I'Academie des Sciences.)
F. Carlini,, P. Conficliacui, G. Ferrario, B. Catena,,
G. B. Faxtoxetti, Membri dell1!. R. Istituto, Direttori.
PiibMirato il 29 ottobre i8/(0. Mt/.tno, Tip^gr.ifia Beraitrdm
4^7
Estratlo delle osservazloni meteomlogiche Jatte alia nuova torrc astronomica. dtl-
VI. R. Osservatorio di Brera all'altezza di tese i5,02 (rnctri 5.0,54) suit or to bo-
tanico, e di tese 75,48 (mctri 147,11) sul livello del mare.
GIUGNO 1840.
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429
INDI CE
delle materic contenutc in questo tomo X.CVIII.
PARTE I.
LETTERATURA ED ARTI LIBERALI.
\_spere architettoniche di Raffaello Sa)i%io illustrate da
C. Pontani pag. 3
Sulla causa finora ignota delle svenfure di Torquato
Tasso j saggio di G. Capponi » i5
Foci e maniere di dire italiane additate aJ ' futuri vuca-
bolaristi da G. Gherardini » i^5
Delia natura degli Dei, di M. T. Cicerone j volguri^za-
niento di Teresa Carniani Malve%%i "289
Del supremo dei beni e dei mali , di M. T. Cicerone j
tradu^ione dtlla suddetta » ivi
Lucullo, di M. T. Cicerone, tradotto dalla suddetta. » ivi
Dei fini de'beni e de'mali, di M. T. Cicerone, volgari^r
\amento di G. F. Galloni » ivi
Imperiale e rcale Galleria Pitti illustrata per cura di
L. Bardi. Articolo 5.° „ 5i5
Fede e belief'1 di N. Tommaseo « 540
jdnello di sette gemme, di L. Catyer « 545
Di\ionario biogra/ico degli uomini illustri di Sardegna ,
di P. Tola « 353
Delia polen\a proportionate degli Stati europei sui mari
e sulle colonie , di C. Negri » 558
PARTE II.
SCIENZE ED ARTI MECCANICHE.
Saggio postumo sai principj delle science rnorali di P.
Mania, compUato ed esposto da F. Restelli . . » 28
43o I N D I C E.
Lettera di M. Rusconi sopra gli organi della respira-
\ione de'girini della rana comune .... nag. 42
Saggi dell' clettro-magnetico e magneto-elettrico di F. Zan-
tedeschi » 48
Dell' a^ione delle for\e molecolari nella produxfone dei
fenomeni di capillaritii, di O. F. Mossotti. ...» 63
Nota sopra un fenomeno capillare osscrvato dal dottore
Young, di O. F. Mossotti suddetto » 365
Ossctvayoni ed esperien\e elettro-fisiologiche dirette ad
instituire la elettricita medica, di P. G. Grimelli. » S 1
Esperien\e sulla esisten\a e le leggi delle correnti elet-
tro-fisiologiche negli animali a sangue caldo , di
F. Puccinotti e L. Pacinotti »« ivi
Esperien\c intorno alle correnti elettro-fisiologiche negli
animali a sangue caldo, di L. P. Fario e F. Zan-
tedeschi >» ivi
Sulla scoperta del Cow-pox nella Capitanata, e sopra
varie quistioni relative alia vaccina, di S. De Ren\i. » 87
Sulla scelta delle linee per le S trade di ferro in Lom-
bardi
9'-*
Protocollo del congresso generate degli aiionisti, in Ve-
ne\ia, della Societa per VI. R. strada Ferdinandea
Lombardo-Feneta » 123
Dietro quali consideraxjoni si debba determinare ovegio-
va incominciare i lavori di costru\ione della strada
suddetta, di G. Milani » ivi
Piani di sistemaxfone del fiume Po, proposti da G. Ga-
gliardi e G. A. Borgnis. Con una tavola. . . » i65
Dell' arte galvanoplastica >» 187
Istituxjoni di economia sociale di M. De Augustinis . » 198
L'ontologismo dominatore perpctuo della medicina, saggio
di Jilosofia della sloria medica di F. G. Geromini. » 207
PARTE STRANIERA.
Istoriogmjia germanica. Continua\ione e fine . . . >» 1 3o
Accidenti delle navi a vapore » i3g
Hesychii glossographi discipulus,etc. edidit B. Kopitar. » 216
IND1CE. 43 I
Europwische ec. Sto?ia europea dei costumi dall' origine
dei peculiari modi nei varj popoli fi.no ai tempi
presenti, scritta da G. Wachsmuth .... pag. 076
Memorias ec. Memorie della R. Accademia delle science
di Lishona ,, 3g4
Das osterreic/u'schen ec. Delle monete dell' Austria, dal-
Panno i5a4 «' 1 858, di S. Becker » 402
Neae \eitschrijt ec. Nuova ga\^etta del Ferdinandeo pel
Tirolo e Vorarlberg " 4°4
APPEiNTDICE ITALIANA.
Archeologia. — Monumenti storici di Concordia , Serie
dei vescovi concordiesi, ed Annali della citta di Por-
togruaro, di A. Zambaldi » 23?
Armcria antica e moderna di S. M. Carlo Alberto. » 421
Aritmetica. — Sui conti correnti e scalari, Memoria di
C. Possenti » i5g
Arti belle. — Guida di Udine in cib che riguarda le
tre belle arti sorelle , di F. Di Maniago ...» 407
Biografia. — Ora%ione in morle del cav. Antoth'o De
Gianella, di G. N. dalla Riva » 4o8
Thonnv Fallaurii de Carolo Boucheronio ....», iu
Memorie per la vita di Giovanni II Benlwoglio, di G.
Go^adini „ ^0g
Economia pubblica, Statistica. — Statistica generate della
citta e provincia di Milano, di G. Salari . . . « 247
Dell' irifluen^a delle strade di ferro, e dell' arte di di-
segnarle e costruirle , del signor Seguin ...» 252
Cenni sugli alii amministrativi emanati in Piemonte
dal 1 83 1 al 1840 » 262
Della condi\ione attuale delle career i , di C. F. Pe-
titti ». 4i5
Edacaxione. — Nobile conversazione sidle avventure del-
[ inclita giovine Atenaide , di G. Approsio. . » 241
Filulogia. — Primi elementi della lingua inglese ad uso
degli Italiani, di E. Balbi » 239
Sul libra De Monarchia di Dante, di P. A\xolino. » 411
Filosufia. — lntrodu\ione alia sturia della filosofia ai
tempi di Dante, di P. A^uli'iio » 411
.\$% I N D I C E.
Matematica. — Le^ioni elementari sidle matematiche ,
di L. Lagrange pag. -258
Medicina. — Raccolta di osservaziotii e riflessioni pato-
logico-pratiche, del dottor Magistretti . . . . » 261
Saggio di dire^ione e di cura fisico-morale del-
V uomo »> 263
Manuale degli assistenti ai malati, di F. E. Fo-
dere » ivi
Annuario delle science chimiche, farniaceutiche e me-
dico legali, di G. B. Setnbenini » 267
Stechiometria chimico-farmaceiitica , tradu\ione di G.
B. Setnbenini. »» ivi
Poesia. — ■ Lo scudo di Ercole, poemetto di Esiodo, tra-
dotto da R. Mitchell » 412
Diomira , rucconto di una comare di campagna , di
G. Sabbatini » 4 • 3
Poligrajia. ■ — Carteggio inedito d'artisti dei secoli \!\, i5
e 16. Tomo a.0 » 227
Storia. — Corso di storia universale di E. Leo, versione
di G. B. Menini » 234
Sulla Biblioteca pubblica di Bergamo, di G. Bini. » 4 '5
Storia naturals. — Rudimenti mineralogici. ...» 265
VARIETA.
Arti belle. — Programmi pei grandi concorsi dell' I. R.
Accademia di belle arti in Milano » 421
Fisica, Chimica. — Osserva\ioni meteor ologiche di aprile. » ifi
di maggio . . . . "287
. di giugno . . . . » 427
Metodo elettro-chimico per stagnare, di G. Ferrari. » 268
De'lrasporti metallici operati dull' elettrico ...» 269
Processo dagherrografico di G. Moroni. . . . "271
Processo d' incisione delle immagini fotogeniche sopra
Limine d' argento , di A. Donne " 424
Nota sopra un modo di fissare le immagini fotografi-
che, di H. Fixeau " 42^
Necrologia. — • Domenico Vwiani "272
Giuseppe Jacquin " 279
> JUN 3(
»SM
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