rsa SaS ZIA 3 : sazia sa È LISUri ge ziosstoni iti TRE ereartate to: == 5 = TTà DIS è s : ati TLT DIEIZHAA Z32 o DI37 iL =" Cass A ca 3? ate = “ ESREFAES Tiara RT rsuece x Di to risi sl (6a SIVIUIGILIO NEGRE LRODADItÀ HARVARD UNIVERSITY (= = IR] = IIS EF RARS MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY pila Celebor 10, 1945 o © urbe) Ù UL EI fai i TUTTI — ui vata y si w WII ji Ù . ‘ ì En È I i x ' T f TH I se pati of Compa -AMpar> È ; KE Zeo GIN 5 \ OCT-10 1945 LIBRARY - Serie II - Vol. X. TRE lf er dc CT a; » À Ù Anno 1909 (XVIII dalla fondazione). Presidente onorario S. M. BOLLETTINO SOCIETÀ Z00LOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA I {76 $ EI (3,033 Nar il Re VITTORIO EMANUELE III si SOMMARIO. . Patrizi-Montoro march. dott. Filippo. Materiali. per un’Avifauna della pro- ‘vincia di Roma (con note del mar- chese prof. Giuseppe LEPRI) . Damiani prof. Giacomo. Su alcuni rari Pag. . Bertolini dott. Giulio. Sull' Uncinaria radiata Aaz//. e su di un CEsophago- | stoma Molin rinvenuti in bovini della | del Bicimo e da peritoneo parietale in 5. De Leone dott. Nicola. Notizie orni- tologiche. (Mostruosità osservate nel “becco di alcuni uccelli. - Ipocroma- | .tismo ed ipercromatismo .- Colture in- Id. id. Nidificizione di E. odolaio e . Id. id. Il Falco Feldeggi ( (Schieg) AR 8. Barnabò dott. Valentino. Pila sperimentali sulla fisiologia del sangue COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE. I1-103 Scombridi dell’Isola d'Elba. . . >» 103-116 prpnegna romana e dea DA degna » II7-120 bi bue-. >, NICE I I2Ixt85 12. ‘ teressanti) . . » 126-128 ‘ l’Abruzzo (con tav.). . . » 129-131 | Abruzzo (COAST SA . » 132-14I Hiealta-montagia; .. c.c. > >» 142-163 g. Chigi principe D. Francesco. Sull' in- cursione del Syrrkaftes paradoaxus (Pall.) nell’ Europa orientale nell’anno 1908 (Notizie complementari) Pag. ro. Id. id. chyrhynchus (Baillon) e ad un esem- Intorno al Melanonya bra- plare riferibile a questa specie, colto nella provincia di Roma . . . » 11. Condorelli prof. Mario e Seriado prof. G. G. Carcharodon carchartas L., catturato nelle acque di Augusta e con- siderazioni medico-legali su resti umani trovati nel suo tubò digerente (con ta- vola) . sica c » Carruccio oh io Sullo Susi becco dei Pirenei, donato al Museo Zoologico della R. Università di Roma da S..M. il Re VitroRIO EMANUELE III, e sulla memoria del prof. CAMERANO LorENZO intorno agli Stambecchi delle IPER ROOT III 1. Membri del Consiglio Direttivo per il XVIII anno Articoli estratti dallo Statuto. Soci. sociale, — 2. — 3. Avviso ai ANNUNZI SULLA COPERTINA, 154-156 157-163 164-183 184-201 Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimensile Fasc. I-VI. Serie H. - Vol. X. Anno XVIII. - 1909. BOLLETTINO DELLA SET ZO00LOGICA ITALIANA CONSSEDEIN«ROMA en Presidente Onorario S. M. il RE > ROMA TIPOGRAFIA COOPERATIVA SOCIALE Via dei Barbieri, n. 6 , 3909 MATERIALI PER UN'AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA PER FILIPPO PATRIZI=-MONTORO CON' NOTE: DEL DOTT. GIUSEPPE‘ LEPRI PRIMO AIUTO NELL'ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA Questi Materiali per un Avifauna della Provincia di ftoma che io presento agli studiosi e dilettanti della orni- tologia, sono il risultato di parecchi anni di lavoro assiduo e coscienzioso del mio compianto e diletto cugino mar- chese Filippo Patrizi-Montoro. Fin dal 1890, egli mi pro- pose di associarmi a lui per mettere insieme una raccolta di uccelli della Provincia di Roma, spinto a ciò, non sol- tanto dal nobilissimo desiderio di porre in riltevo una piccola parte delle tante ricchezze naturali della sua terra nativa, ma anche dal trasporto vivissimo che egli aveva per lo studio delle scienze naturali, attitudine che, se fosse stata meglio, a suo tempo, coltivata, avrebbe fatto di lui uno zoologo di non comune valore. Accolsi con entusiasmo la sua proposta, ed in breve volgere d'anni, grazie sopratutto alla sua attività nel raccogliere, senza badare a spese o a fatiche, mettemmo insieme una collezione di uccelli romani abbastanza ricca, la quale mentre dava un'idea quasi com- pleta dell’Avifauna romana, conteneva diverse specie ra- rissime non solo per la Provincia di Roma, ma per tutta l'Italia. Tra queste mi basterà citare la PaMlasia sibirica, la Bartramia longicauda, 1 Charadrius fulvus, la Casarca ru- tila, il Syrraptes paradoxus, ecc. ecc. Intanto, già da diversi anni l’attuale direttore del Museo zoologico universitario prof. comm. A. Carruccio, con ge- nialissima iniziativa, aveva fondato ex zovo e grandemente arricchito un'importante collezione di tutta la /auza romana, destinandole, nel suddetto museo, un'apposita sala; nella 4 PATRIZI-MONTORO quale collezione la parte ornitologica era rappresentata da una sceltissima e ricchissima serie di uccelli, tra cui molti assai rari, colti tutti entro i confini del Lazio. Il Marchese Patrizi che nella sua attività scientifica, ebbe sempre di mira il bene della scienza e dei suoi cultori, ed il patrio decoro, anzichè meschine e sterili soddisfazioni d'amor proprio, giustamente opinò che le due raccolte ornitologiche, la nostra e quella del Museo universitario si sarebbero com- pletate a vicenda, con grande vantaggio degli studiosi. Nel 1898, quindi, cedemmo la nostra collezione al Museo zoologico universitario. Ma non per questo egli abban- donò i suoi studii prediletti, continuò anzi alacremente a raccogliere e ad osservare, tenendo accuratamente nota di quanto era il risultato delle sue indagini. Or sono pochi anni, la .Soccetà zoologica italiana che sotto la guida del suo benemerito presidente prof. Car- ruccio, aveva sempre vivamente incoraggiato lo studio delle faune locali, propose una medaglia d’oro per il miglior lavoro sugli uccelli della Provincia romana. Il Patrizi si decise allora a riordinare tutte le sue osservazioni e note ornitologiche, e compilò questi Mazerzali per un’ Avifauna romana. Lavoro che, sottoposto all'esame di competentissimi ornitologi quali il conte Salvadori di Torino, il conte Se- natore Falconieri di Carpegna, il prof. Angelini, il sig. Zam- bra, insieme ad alcune giustissime critiche, raccolse vive approvazioni come quello che realmente riempiva un vuoto nella letteratura ornitologica italiana. Più che dai pochi appunti mossi al suo lavoro, fu il Patrizi eccitato a far meglio dal premio e dalle lodi con- seguite: onde con nuova lena si accinse a correggerlo con l'intenzione di rifarlo quasi per intero: ed era già a buon punto, quando fu improvvisamente rapito alla fami- glia, agli amici, alla scienza a cui avrebbe potuto ancora rendere non lievi servigi. A me che ero stato suo compagno negli studil pre- diletti, incombette naturalmente il dovere di completare l'opera sua, onde il suo lavoro di tanti anni non andasse perduto, e non restasse delusa la sua nobile ambizione, da AYIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 5 lui tante volte manifestatami « di portare anch'egli un modesto sassolino alla gran fabbrica della scienza ». Non ho fatto altro che continuare il lavoro di corre- zione già iniziato dal mio povero cugino, riordinando la classificazione secondo quella recentissima dello Sharpe, seguita dal prof. Martorelli nella sua opera G wccelli italiani e togliendo qualche inesattezza nella nomenclatura, ed aggiungendo in ultimo un breve riassunto delle specie citate, divise in gruppi secondo che se sedentarie, di pas- saggio, od avventizie nel Lazio. Ho aggiunto, inoltre, alcune note, con osservazioni mie personali o notizie recentissime che mi sembravano interes- santi ed atte a completare il lavoro. Chiudo offrendo l’opera del mio diletto cugino agli or- nitologi italiani sperando che ad essi, e scienziati e dilet- tanti, possa tornare utile. Molti valenti zoologi si erano fino ad ora occupati del- l’ornitologia italiana. Il principe Carlo Luciano Bonaparte, il prof. Diorio, il marchese -Lezzani, il prof. Antonio Car- ruccio, il conte Senatore Falconieri di Carpegna, il prof. Angelini, e specialmente, in questi ultimi anni, il principe D. Francesco Chigi; ma ancora mancava un lavoro rias- suntivo, un vero e proprio catalogo degli uccelli della Pro- vincia romana, sia pure non assolutamente completo. Dire che quello del Patrizi sia tale nel pieno senso della parola, sarebbe un’ adulazione verso di lui. Molto ancora rimane da fare: e intorno alle specie di comparsa occidentale nel Lazio, e sulle migrazioni di quelle che sono di passaggio più o meno regolare, e sopratutto sulla nidificazione delle specie sedentarie o estivanti da noi: su questo punto in special modo ne sappiamo ancora ben poco. Le fatiche del mio caro cugino e le mie, saranno lar- gamente ricompensate se questo con/yzduto alla conoscenza degli uccelli del Lazio potrà, se non altro, servire di punto di partenza a chi vorrà fare di più e meglio. GiusEPPE LEPRI. 6 PATRIZI-MONTORO N. B. — Ze specie scritte con carattere più piccolo pur facendo parte dell’ Avifauna italiana, non vivono, 0 non sono mai capitate entro i confini della Provincia di Roma. Orpine I. — GALLIFORMES (Gallinacei). Famiglia 1° - TETRAONIDAE (Galli di monte). Lagopus mutus Mont. — Pernice di monte. Roncaso. Tetrao tetrix L. — Fagiano di monte, Urogallus vulgaris Flemm. — Gallo di monte. Gallo cedrone. Bonasa bdetulina Scop. — Francolino di monte. Ai si. Famiglia 2° - PHASIANIDAE (Fagiani). Phasianus colchicus Linn. — Fagiano. Famiglia 3° - PERDICIDAE (Pernici). Francolinus vulgaris Sleph. — Francolino. 1. Caccabis rufa L. — Pernice rossa. Manca nella Provincia romana, ma trovandosi essa nelle limi- trofe provincie di Siena e Grosseto (1), vi può capitare acciden- talmente. Nella collezione romana del Museo zoologico Universi. tario ve ne è un esemplare con l’indicazione « Prov. di Roma ». Proviene dall’antica collezione Lezzani. Anni sono ne vidi un indi- viduo ucciso a Spoleto nell’Umbria. Questa specie è diffusa in quasi tutta l'Europa occidentale. 2. Caccabis saxatilis Meyer. — Coturnice. Nomi dialettali: Coturnice, Pernice di montagna, Cotorno. (1) Vedi GIGLIOLI, Primo resoconto dei risultati dell’ Inchiesta orni- tologica in Italia, pag. 522, e Secondo resoconto, ecc,, pag. 517. Que- sta specie si distingue dalla seguente, con cui molti cacciatori so- gliono confonderla oltrechè per i colori molto più vivaci, special- mente nelle parti inferiori, principalmente per avere il margine infe- riore della fascia nera sottostante al bianco della gola, non netta- mente delimitato ma degradante in numerosissime macchiette nere che invadono la parte superiore del petto. GERI AVIFAUNA DELLA. PROVINCIA DI ROMA i 7 Abbastanza comune sugli alti monti calcarei della Provincia (1). I cacciatori locali distinguono una razza che chiamano Cotorni di maggiori dimensioni e di colorito più chiaro: indubbiamente si tratta di individui molto adulti. Vive nell’Europa occidentale e nella penisola balcanica. P Caccabis petrosa Gmelin. — Pernice di Sardegna (2). 3. Perdix cinerea Lath. — Starna. Nomi dialettali: Starna. Sedentaria ed ancora abbastanza comune in collina e sui monti. Talvolta, durante l'inverno grossi branchi erratici compariscono al piano. Abita quasi tutta l'Europa, l’Asia minore, spingendosi fino a Sud-Ovest della Siberia. 4. Coturnix communis Bonnat. — Quaglia. Nomi dialettali: Qualia, Quagliardo (i giovani). Biocche (le fem- mine). Abbondantissima al passo primaverile, e nidificante principal mente in collina e sui monti. Molte svernano in luoghi riparati ed. ‘erbosi (3). Abita l'Europa, l'Asia, l'Africa, spingendosi in Europa fino alle Isole Britanniche. (1) Sui M. Lepini ho rinvenuto non rara una razza con le parti nude gialle anzichè rosse. Il MARTORELLI (Uccelli d’ Italia, pag. 16) dubita si tratti di un ibridismo tra la C. rzfa e la C. saxatilis. Debbo osservere che sui monti Lepini, come nel rimanente della Provincia di Roma, manca assolutamente la C.7zfa. Secondo me si tratta sem- plicemente di un’anomalia di colorito abbastanza frequente e costante. (2) Esclusiva della Sardegna. Manca nel rimanente d’Italia. (3) È singolare il fatto che avvicinandosi l’epoca del passo, gli individui che hanno svernato si accostano alla spiaggia del mare, quasi per attendere le loro compagne. Nei primi voli, prevalgono nu- mericamente i maschi adulti, quindi le femmine, gli ultimi voli che a volte si protraggono a luglio inoltrato, sono composti quasi. esclu- sivamente di giovani. G. LEPRI, $ i PATRIZI-MONTORO Famiglia 4° - TurxnIcIiDAE (Turnici). Turnia silvatica Desf. — Quaglia tridattila (1). Orpine II. — PTEROCLIFORMES (Pterocliformi). Famiglia 5° - PTEROCLIDAE (Pterocliformi). 5. Syrraptes paradoxus Poll. — Sirratte. Accidentale: sono abbastanza note le invasioni che quest’uc- cello dell'Asia centrale, compie di tanto in tanto nelle nostre re- gioni. Così nel 1863 e nel 1888. Durante quest’ultima, una qua- rantina d’individui furono uccisi in Italia, dei quali due nella Provincia romana, ai primi di maggio: Il 1°, un maschio, dal sig. Barabino, sulla spiaggia di Santa Marinella, presso Civitavecchia; il secondo, una femmina, dal sig. Angiolini, a Torre Flavia, presso Palo. Am- bedue facevano parte di un branchetto di 5 o 6 individui che fu visto aggirarsi per vari giorni in quel tratto di littorale. L’esem- plare ucciso dal sig. Angiolini, fu da esso stesso gentilmente ce- duto alla nostra collezione pochi anni dopo (2). Pterocles alchata L. — Ganga (3). Orpine IN. — COLUMBIFORMES (Columbiformi). Famiglia 6° - CoLumBipaE (Colombi). 6. Columba palumbus L. — Colombaccio. Nomi dialettali: Palombaccio, Collarone (maschi adulti). Sedentario e nidificante, ma in scarso numero nei boschi dei monti più alti. Di passo abbondantissimo in ottobre e marzo: pa- recchi svernano nelle boscaglie del littorale. (1) Esclusiva di alcune parti della Sicilia. (2) Il 14 maggio del corrente anno 1908 quattro sirratti maschi furono uccisi dal cacciatore Antonio Ranucci, sulla spiaggia del mare fra Nettuno e Torre Astura in località detta /a Barca. Punto paurosi, si lasciarono avvicinare ed uccidere l’un dopo l’altro. (3) La /ferocles alchata, non è mai capitata nel Romano, ma è stata uccisa varie volte in Italia. A Nizza, a Faenza, a Modena, Li- vorno, in Sicilia (Vedi GIGLIOLI, .Secondo resoconto dell’ Inchiesta o0r- nifologica, ecc., pag. 508). G. LEPRI. TE 7 TO e Re" ee AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 9 Abita tutta l'Europa, nell’inverno si spinge nell’Asia minore e nell'Africa settentrionale. 7. Columba oenas L. — Colombella. Nomi dialettali: Topacchio. Di passo abbondante in ottobre e marzo, però non nidifica in Provincia e ben pochi vi svernano. Ha, all’incirca, la stessa distri- buzione della specie precedente. 8. Columba livia Bonnat. — Piccione selvatico. Nomi dialettali: Palombella. Abbbondantissima e nidificante entro Roma, ed in vari paesi del Lazio, donde al mattino, parte per la campagna, in grossi branchi, in cerca di nutrimento, per ritornarvi sul meriggio. In genere frequenta le località caseggiate, i ruderi e le rupi scoscese. Così una colonia vive sullo scoglio detto di S. Benedetto presso SUDIACOL(1): E specie diffusa in tutta Europa fino all’Isole Britanniche ma generalmente è d’incerta purezza essendo facile ad incrociare con razze domestiche e semi-domestiche. 9. Turtur communis Selby. — Tortora. Nomi dialettali: Tortora selvatica; Tortorella. Comune ed estiva. Nidifica nei boschi umidi ed ombrosi della collina e dei monti. Si spinge nell’estate fino al mezzogiorno del- l'Inghilterra; nell’inverno giunge all'Africa settentrionale, all’Asia minore, alle Isole Canarie. Orpine IV. — GRALLIFORMES (Gralliformi). Famiglia 7° - RALLIDAE (Gralle). 10. Rallus aquaticus L. — Gallinella, Nomi dialettali: Porciglione. Comunissimo e sedentario in tutte le nostre paludi (2). (1) Una colonia vive sulle rupi che circondano le cascate di Tivoli. (3) L'ho rinvenuto più volte nidificante sulle sponde paludose del Lago di Vico, nei monti Cimini a 500 m. s/m. G. LEPRI, IO PATRIZI-MON'TORO È specie diffusissima: dall’Abbissinia, all’Hymalaya, al Turkestan fin quasi alle terre polari. Crex pratensis Bechst. — Re di quaglie Nomi dialettali : Re di quaglie. Piuttosto scarso, arriva in aprile e maggio, riparte in settem- bre. Qualche individuo sverna nei luoghi erbosi, vicino alle paludi. Abita tutta l’Europa e gran parte dell’Asia; nell'inverno si spinge fino all’estremo Sud dell’Africa. 12. Porzana maruetta Leach. — Voltolino. Nomi dialettali: Girardello. Molto più numeroso al passo primaverile che non all’autun- nale. Pochissimi svernano da noi; alcuni vi passano l'estate e credo vi nidificano (1). Abita tutta l’Europa e gran parte della Siberia; sverna nell’A- frica settentrionale e nell'Asia meridionale. 13. Porzana Bailloni Vieilll — Schiribilla grigiata. Nomi dialettali: Girardello bastardo. Meno comune della specie precedente, ne ha la stessa diffu- sione geografica. 14. Zapornia parva (Scop.). — Schiribilla. Nomi dialettali: Girardello bastardo. Alquanto più comune della P. Bailloni. Abita l’Europa, l'Asia occidentale e l’Africa settentrionale. 15. Gallinula chloropus L. — Sciabica. Nomi dialettali: Gallinella d’acqua. Pollo d’acqua. Comune e sedentaria, ma molte sono di passo autunnale e primaverile. E diffusa in tutta Europa, Asia e Africa. (1) Ho ucciso individui giovanissimi di questa specie al Lago di Vico; sul M. Cimino più raramente vi ho riscontrato la specie se» guente. G; LEPRI.. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 1I 16. Porphyrio coeruleus Vandell. — Pollo sultano. Accidentale e rarissimo, benchè comune e nidificante in Sardegna. Un individuo ucciso ad Ostia molti anni or sono, si conserva nella collezione del principe Aldobrandini in Frascati, un secondo si trova nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario, con l’indicazione « Prov. di Roma ». Nel dicembre 1899 il signor Trivellato ne trovò due nello Stagno di Maccarese e ne uccise uno, il quale si trova anch'esso, nella suddetta collezione del Musco Universitario (1). Abita quasi tutta la regione circummediterranea ed è comune in Sicilia e Sardegna. Porphirio smaragdonotus Temm. — Pollo sultano a schiena verde. Porphyrula Alleni Thompson. — Pollo sultano di Allen (2). Fulica cristata Gmelin. — Folaga africana (3). 17. Fulica atra. L. — Folaga. Nomi dialettali: Folaga, Folcora. Abbondantissima in inverno in tutti i laghi e lagune. È diffusa in tutta l'Europa, in Asia, nell’Africa settentrionale e giunge fino all’Australia (4). Orbine V. — PODICIPEDIFORMES (Suassiformi). Famiglia 8° - PopicirePipaÈ (Tuffetti). 18. Podicipes cristatus L. — Suasso maggiore. Nomi dialettali: Suasso, Ficcasotto grosso, Capriola. (1) Vedi Lo//ettino della Società Zoologica Italiana, Serie 11*, vol. I°. « Comunicazione del prof. Angelini ». (2) Questa specie e la precedente sono capitate varie volte acci- dentalmente in Italia, ma, mai fino ad ora, furono osservate in Pro- vincia di Roma. (3) Si distingue dalla Folaga comune per la presenza di due cor- netti carnosi sulla placca frontale, e per la mancanza della fascia bian- castra sulle remiganti secondarie. (4) Poche nidificano nelle Paludi dei dintorni di Roma, in maggior numero alle Paludi Pontine. Nell’ Africa meridionale questa specie è sostituita dalla succitata /. crisfata; nella America, dalla affinissima F. Americana, distinta solo per le cuopritrici laterali inferiori, della coda, bianche. G. LEPRI. 2 PATRIZI-MONTORO Sedentario, molti ne giungono in settembre ed ottobre e ripar- tono in primavera inoltrata. Diffuso in tutta Europa, scarso al Nord. Si trova anche in Asia fino al Giappone, ed in Australia. 19. Podicipes griseigena Bodd. — Suasso collo-rosso. Molto raro ed accidentale; un individuo ucciso a Porto d’An- zio, lo ha avuto il conte Arrigoni (1). Meno diffuso della specie precedente, vive in Europa e nell'Asia occidentale. Podicipes auritus L. — Suasso cornuto, Suasso forestiero. 20. Podicipes nigricollis Brehm. — Suasso piccolo. Nomi dialettali : Ficcasotto, Sgrinzola. Più abbondante del P. cristatus però, per quanto io sappia, non nidificante da noi. Abita l'Europa centrale e meridionale, l'Africa e quasi tutta. l'Asia. 21. Podicipes fiuviatilis Tunst. — Tuffetto. Nomi dialettali: Ficcasotto. Comunissimo e nidificante in tutti 1 laghi, paduli e corsi di acqua erbosi. Molti ne arrivano dal Nord all’approssimarsi dell’in- WISIBNOX Con leggere variazioni si può considerare come specie cosmo- polita. Orpine VI. — COLYMBIFORMES (Colombiformi). Famiglia 9° - CoLmmBypar (Strolaghe). 22. Colymbus glacialis L. — Strolaga maggiore. Accidentale e molto raro negli inverni molto rigidi. Un maschio giovane fu colto sul Lago di Bolsena il 13 febbraio 1893, e venne donato dal prof. Vinciguerra al Museo Zoologico Universitario, ove (1) Vedi ARRIGONI, Materiali per una fauna Ornitologica veronese. « Annali della Soc. Italiana di Scienze Naturali », vol. XXXVIII, PAL Ezi Gi; JLEPRE; AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 13 tuttora si conserva nella collezione romana. Molto più rari sono gl’individui adulti. Questa specie vive nella parte più settentrionale della regione poleartica (1) e neoartica (1), donde nell’inverno, scende fino al Mediterraneo, ed al golfo del Messico. Colombus Adamsi Gray. — Strolaga a becco giallo. 23. Colymbus Arcticus L. — Strolaga mezzana. Invernale e non raro sui grandi laghi. Così nel 1899 parecchi ne furono uccisi sul lago di Bolsena dai marchesi Spinola, che ne conservarono uno vivo per parecchio tempo in una vasca del giardino. Abita il Nord dell’Europa e dell'Asia: in inverno scende nel Mediterraneo, nel Mar Nero, nel Caspio. 24. Colymbus septentrionalis L. — Strolaga minore. Non rara negli inverni rigidi, in alcuni anni manca del tutto. Ha maggior diffusione della specie precedente, e nell'inverno giunge all’Asia orientale e nell'America settentrionale. OrpIne VII. --PROCELLARIIFORMES (Procellariformi-T'ubinares) Famiglia 10° - ProceLLARIDAE (Uccelli delle tempeste). 25. ‘Procellaria pelagica L. — Uccello delle tempeste. Comune in alto mare, nidifica negli isolotti rocciosi e disabitati. (1) La regione paleartica comprende tutta | Europa compresa l’ I- slanda ‘e la Spitzberg, l’Africa al Nord' del Sahara;'le Azzorre, le Canarie, l’Asia al Nord dell’Imalaia e dell'Oceano Indiano, compreso l’Afganistan, l’ Asia minore, la Siria fino alla Valle del Giordano: all’Est comprende la Cina settentrionale ed il Giappone settentrionale. La regione zeoartica comprende all’incirca tutta l'America set- tentrionale. Abbiamo poi : La Regione Ettopica comprendente tutto il rimanente dell’Africa, l'Egitto, la Valle del Giordano, le Isole del Capo Verde, il Mada- Dascar, (Ece, La Regione Indiana comprendente l'Asia a Sud dell’Imalaia, la Cina e Giappone meridionali, Borneo, le Filippine. La Regione Neotropica ossia l’ America centrale e meridionale. La Regione Australiana che comprende l’Austria, la Nuova Ze- landa, le Molucche, Celebes, ecc. G. LEPRI. 14 PATRIZI-MONTORO Nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario se ne conservano due individui. Abita il Mediterraneo e l’Atlantico settentrionale. Oceanodroma leucorrhoa Vieill. — Procellaria a coda forcuta. Oceanites oceanicus Kuhl. — Petrello. Famiglia 11° - PUFFINIDAE (Berte). 26. Puffinus Kuhli Boie. — Berta maggiore. Comune, ma si trattiene quasi sempre in alto mare. Vive in tutto il Mediterraneo, e si trova anche nell'Atlantico presso le Isole Canarie (1). 27. Puffinus anglorum Temm. — Berta minore. Comune, ha la medesima diffusione della specie precedente. Puffinus gravis O’ Reilly. — Berta dell’Atlantico (2). Puffinus obscurus Gmelin. — Berta piccola. Bulweria Bulweri Heink. — Berta Bulwer. Orpine VIIL — ALCIFORMI (Alciformi). Famiglia 12° - ALCcIDAE (Alche). 28. Alca torda L. — Gazza marina. Invernale e di comparsa irregolarissima: in alcuni inverni è piuttosto numerosa sulle nostre coste, in altri, ed anche per molte di seguito, manca del tutto (3). Abita i mari del Nord, nell’estate spingendosi fin nella Groen- landia. Mergulus alle L. — Gazza marina minore. Uria troile L. — Uria. (1) Ho visto a Porto d’Anzio numerosi individui di questa specie, rimasti impigliati nelle reti dei pescatori. (2) Questa e le due specie seguenti sono di comparsa rarissima ed accidentale nel Mediterraneo. (3) In genere sono molto più comuni i giovani che non gli adulti, distinguibili per una striscia obbliqua bianca, protuberante, da ogni lato del becco. G. LEPRI. I AYVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA I5 29. Fratercula arctica L. — Polcinella di mare. Come l’Alca torda, è specie invernale e di irregolarissima com- parsa. Nel maggio 1894, ne trovai un individuo morto sulla spiag- gia del mare a Furbara presso Palo. Un altro individuo, pure morto, lo rinvenni nell’identica località nel maggio 1902. Abita le coste rocciose, nord-occidentali dell’ Europa, e nord- orientale dell’ America. Orpine IX. — LARIFORMES (Gabbianiformi). Famiglia 13° - STERCORARÙDAE (Labbi). Megalestris catarrhactes L. — Stercorario maggiore. 30. Stercorarius pomathorhinus Temin. — Stercorario mezzano. Non molto comune nel Mediterraneo, ove più di frequente vi capitano i giovani. Conosco una sola cattura fatta sulle coste della Provincia romana, una femmina giovane uccisa ad Anzio il 20 aprile 1907 e che ora conservasi nella collezione del principe ba Ghigi. È specie dei mari boreali. 31. Stercorarius crepidatus Banks. — Labbo. Meno comune della specie precedente. Un individuo si con- serva nella collezione romana del Museo Universitario, proveniente da Civiavecchia. Due individui furono uccisi ad Anzio il 12 a- prile 1907. Uno di essi femmina adulta lo ebbe il principe Chigi per la sua collezione (1). Stercorarius parasiticus L. — Labbo coda lunga. (1) Vedi F. CHIGI, Notizie ornitologiche « Boll. della Soc. Zool. It. », selierWbi;oivoli: Xi pasi 197. Per queste due specie e per altre affini la loro rarità, e l’acciden- talità delle loro comparse, va preso in senso relativo: sono specie che ordinariamente stanno in alto mare, di rado si accostano a terra, ed è quindi difficilissima ucciderle, a meno di far loro apposita caccia in barca. G. LEPRI. 16 PATRIZI-MONTORO . Famiglia 14° - LarIDAE (Gabbiani). Sottofiumiglia - Sterninae (Sterne, Rondine di mare). 32. Hvdrochelidon nigra L. — Mignattino. Nome dialettale: Rondine di mare. Abbondantissima al passo primaverile in aprile e maggio, ri- passa in settembre, nidifica nelle grandi paludi. Vive nell’estate in Europa. Sverna in Africa ed in Asia inol- trandosi fino al Turkestan (1). 33. Hydrochelidon bybrida Pallas — Mignattino bigio. Raro ed accidentale. Abita il Sud e Sud-Ovest dell’ Europa, abbonda in Grecia e nella Russia meridionale (2). 34. Hydrochelidon leucoptera Schinz. — Mignattino ali bianche. Abbastanza comune in primavera, frammisto all’ H. Nigra. Diffusissimo, si trova nell’Europa meridionale, in Africa, nel- TAsia meridionale ed in Australia. 35. Sterna anglica Mont. — Rondine di mare a zampe nere. Scarsa in primavera lungo il littorale. Nella nostra collezione ve ne sono tre esemplari uccisi a Furbara presso Palo, il 18 mag- gio 1892 e il 3 giugno 1903. Diffusa in quasi tutto il mondo. Non si spinge molto al Nord. 36. Sterna caspia Pallas. — Beccapesci maggiore. ‘ Citata come rarissima ed avventizia dal Bonaparte nel suo « Specchio comparativo », ecc. e nell’Appendice, pag. 5. Però non conosco alcuna cattura di questa specie sulle acque romane. (1) Nel settembre del corrente anno 1908 ne ho veduto un nu- mero sterminato intorno al Lago di Fogliano, alle Paludi Pontine : rivestivano tutti l’abito invernale. Nidificano numerosi in quei paduli. (2) Vedi BONAPARTE, Specchio comparativo, ecc. Forse capita più spesso di quel che non si creda insieme ai Mi- gnattini comuni, da cui è quasi impossibile distinguerli quando volano. Questi uccelli da noi non sono affatto cacciati, e quindi sfuggono al- l'osservazione. A conferma di ciò osservo che per la Toscana, ove ai Mignattini si fa apposita caccia con le reti, prendendone in gran numero, il Mignattino bigio è citato dagli Autori come non raro. G.. CEPRIO - AVIFAUNA DELLA PROYINCIA DI ROMA 17 37. Sterna cantiaca Gmelin. — Beccapesci. Non rara in primavera lungo le coste. Capita anche in inverno. Ne avemmo in aprile e maggio da Furbara e da Civitavecchia, e tre individui in abito invernale il 3 febbraio 1894 dalle Pa'udi Pontine. | Abita il Mediterraneo e l’Atlantico, fino alle costè dell'America. Sterna macrura Naum. — Rondine di mare a coda lunga. Sterna Dougalli Mont. — Sterna del Dougalli (1). 38. Sterna hirundo L. — Rondine di mare. Scarsa in primavera. Nella collezione romana del Museo Zoo. logico Universitario, si conservano tre individui. Vive in Europa, Asia, e nell'America del Nord. 39. Sterna minuta L. — Fraticello. Passa in primavera inoltrata. Non mi consta che nidifichi da noi. Questa specie è sparsa in Europa, in Africa e nell’Asia meri- dionale ed occidentale. Sterna fuliginosa Gmelin, — Rondine di mare scura. Sottofamiglia - Laringe (Gabbiani propriamente detti). 40. Larus ridibundus L. — Gabbiano comune. Nomi dialettali: Gaimone, Molinaro. Invernale e comunissimo anche sul Tevere entro Roma: più raro in abito primaverile (2). Avemmo un bell’individuo in questo abito il 2 marzo 1898 da Castel Porziano. | Abita tutta l'Europa e Asia temperata, nell’ inverno giunge anche in Africa. (1) Questa e la specie precedente sono rarissime e di comparsa w. accidentale nei mari italiani. } (2) Risalendo i corsi d’acqua si addentra molto entro terra e si sparge per le paludi. Nei grandi prati umidi della campagna romana è facile vederlo in branchi, frammisto alle Pavoncelle. In primavera ritorna al mare ed è quindi difficile averlo in abito nuziale. Gi ‘EER Mit 18 PATRIZI-MONTORO 4I. Larus melanocephalus Natterre. — Gabbiano corallino. Nomi dialettali: Gaimone. Molto più scarso della specie precedente. Capita più facilmente in primavera, rivestito dell’abito nuziale. Ne avemmo un maschio in abito invernale il 12 febbraio 1895 (1). Abita il Mediterraneo ed il Mar Nero e le coste della Spagna e del Portogallo. Larus ictvattus Pall. — Gabbiano a testa nera maggiore. 42. Larus minutus Pall. — Gabbianello. Nomi dialcttali: Gaimoncello. Scarso in inverno, lo è ancora di più in primavera. Abita quasi tutta l’Europa e l'Asia: in inverno si spinge fino all'Africa settentrionale. Larus gelastes Licht. — Gabbiano roseo. (2) Larus Audouinit Payrandeau. — Gabbiano corso. 43. Larus argentatus Gmelin — Gabbiano reale (3). Nomi dialettali: Gaimone reale, Gaimone di mare. Comunissimo e stazionario in mare, raramente s'incontra entro terra; al più fa delle brevi incursioni nelle paludi littoranee. Diffusissimo, abita il Mediterraneo, l’Adriatico, il Mar Nero il Caspio, spingendosi in inverno fino al Lago Baikal, e rinviensi anche sulle Coste dell’Arabia, dell’India, della Cina e del Giappone. (1) Non si addentra sulle terre come la specie precedente. In pri- mavera frequenta le paludi littoranee (Fiumicino, Maccarese) ma sem- pre in scarso numero. (2) Scarso nel Mediterraneo. Si trova più facilmente sulle coste della Sardegna: può quindi capitare sulle nostre spiaggie. Si distin- gue in primavera per il colorito roseo e le forme più svelte del L., ridibundus. (3) L'Autore aveva citato questa specie con il nome di Larus cachinnans Pall., nome con cui molti distinguono la forma meridio- nale del nordico Larus argentatus. Io credo, come vuole anche il MARTORELLI (Uccelli d’Italia, pag. 116) che le lievi differenze riscon- trabili tra questi due Larzs non autorizzano a considerarli come due specie distinte, tanto più che anche tra i Gabbiani reali del nostro mare se ne trovano di quelli che presentano i caratteri del Larus arger- tatus tipico. G. LEPRI. rr e ea AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 19 44. Larus canus L. — Gavina. Nomi dialettali: 1 medesimi della specie precedente. Comunissima lungo le spiaggie del mare; si avventura tal- volta per le paludi del littorale. Abita tutta la regione paleartica. Larus marinus L. — Mugnaiaccio. Larus glaucus Fabr. — Gabbiano glauco. LÌ 45. Larus fuscus L. — Gabbiano mezzomoro. Raro. Nella collezione romana del Museo Zoologico Universi tario se ne conserva una femmina giovane uccisa presso Roma il 16 dicembre 1886 e donata dal prof. Martorelli. Un giovane lo ebbe il prof. Giglioli da Palo il 2 maggio 1883. (Secondo Reso- conto dei risultati dell’Inchiesta Ornitologica in Italia, pag. 657. Abita i mari del Nord, discendendo, in inverno, nel Mediter- raneo e nel Mar Rosso. 46. Ryssa trydactyla L. — Gabbiano a tre dita, Gabbiano ter- | ragnolo. Raro. Ne avemmo un maschio adulto il 16 marzo 1895 da Furbara, ove era stato catturato alle reti, insieme ad un branchetto di Pavoncelle. Abita le regioni artiche e subartiche, e in inverno discende fino alle coste occidentali dell’Africa (1). | OrpIinE X. — CARADRIIFORMES (Pivieriformi). Sottofamiglia - Arenariinae (Voltapietre). 47. Arenaria interpres L. — Voltapietre. | Capita raramente in primavera, frequenta le spiaggie del mare. (1) Per maggiori notizie su questa interessante specie veggasi: CARRUCCIO prof. ANTONIO, .Sull’esistenza della Ryssa tridactila in Sar- degna « Boll. della Società romana per gli Studi Zoologici », vo- lume III, pag, 1-5. GIVLEPRI, | 20 PATRIZI-MONTORO Nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario se ne conservano due esemplari (1). E specie quasi cosmopolita, nidificante nelle terre artiche. Sottofamiglia - Hematopodinae (Beccacce di mare). 48. Haematopus ostralegus L. — Beccaccia di mare. Nomi dialettali: Beccaccia di mare. Non rara lungo mare, in primavera, ordinariamente in bran- chetti di pochi individui. Raramente sverna. Il 12 febbraio 1901 ne avemmo un esemplare femmina in perfetto. abito invernale uc- ciso alle Paludi Pontine. | Abita l'Europa, l’Asia, eccetto la parte più orientale; nell’ in- verno si spinge in Africa e nell’India. Sottofamiglia - Charadriinae (Pivieri). 49. Vanellus cristatus Bechst. — Pavoncella. Nomi dialettali : Pavoncella. Giunge numerosissima nell’ottobre e riparte in marzo. Sverna in gran numero nelle praterie umide del piano. È diffusa in tutta l'Europa, nell'Asia centrale ed occidentale e nell'Africa settentrionale. I Hoplopterus spinosus L. — Pavoncella armata (2). Chaetusia leucura Licht. —- Chettusia a coda bianca. so. Chaetusia gregaria (Pallas). — Pavoncella gregaria. Accidentale e molto rara. Se ne conoscono otto sole catture in Italia, tre delle quali nella campagna romana. Uno colto in un branco di Pivieri, poco lontano dalla Basilica di S. Paolo il (1) Nella primavera del corrente anno 1908, parecchi individui di questa specie comparvero sulle nostre spiaggie. So di varii Voltapie- tre uccisi a Fiumicino, alla foce del Tevere, di cui due dall’egregio amico conte senatore di Carpegna. (2) Rarissima ed accidentale. Finora è stata catturata una sola volta a Malta e lo stesso dicasi della specie seguente. G. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 21 1° marzo 1838 ed avuto dal Bonaparte. (Vedi, Iconografia della Fauna Italica, tomo I, fasc. XXIII). Un altro, fu trovato sul mer- cato di Roma dal prof. De Romita nel novembre 1872 e dal me- desimo donato alla collezione dei Vertebrati italiani del Museo di Firenze. (Vedi Giglioli: Secondo resoconto dell'Inchiesta Ornitologica, ecc., pag. 570). Un terzo individuo femmina giovane fu ucciso a Maccarese il 29 novembre 1905 e lo avemmo per la nostra collezione, che ora fa parte del Musco Zoologico Universitario. Abita l'Europa orientale-meridionale, Asia occidentale e cen- trale fino al Turkestan. Sverna nell’India e nell’Africa settentrio- nale orientele. SI. Squatarola helvetica L. -- Pivieressa, Squatarola. Nomi dialettali: Pivieressa, Squatarola. Non molto comune in inverno, s'incontra di solito frammista 4l‘Pivieri dorati ed alle Pavoncelle; più rara in primavera. E specie cosmopolita, nidificante nelle regioni artiche. 52. Charadrius pluvialis Linn. — Piviere dorato. Nomi dialettali : Piviere. Di passo abbondante in ottobre ed in marzo. Molti svernano nelle pianure umide, ma in molto minor numero delle Pavoncelle. Abita l'Europa, l'Asia occidentale, e durante l'inverno quasi tutta Africa. 53. Charadrius fulvus Gmelin. — Piviere minore. Accidentale e rarissimo. Ne avemmo un esemplare femmina colto alle Paludi Pontine il 14 gennaio 1896 (1). Un bellissimo maschio in abito nuziale fu ucciso alla foce del Tevere dal si- gnor Umberto Gavioli; era in compagnia di un altro individuo che non fu potuto catturare (2). Ambedue questi esemplari ora fanno parte della collezione romana del Museo Zoologico Uni- versitario. (1) Vedi £Zollettino della Società Zool. Italiana, vol. V, pag. 79. Comunicazione del dott. G. Lepri. o (2) Vedi Zo/lettino della Società Zool. Italiana, vol. VI, pag. 51. Comunicazione del prof. Angelini. GEEPRIE 22 PATRIZI-MONTORO Abita questa specie l’Asia orientale, l’Arcipelago Malese e tutta la regione Australiana. 54. Eudromias morinellus L. — Piviere tortolino. Nome volgare: Capoccione. Non molto numeroso. Giunge in agosto e si ferma nelle pra- terie umide degli alti monti: ripassa in marzo. Pochissimi svernano in pianura. Abita la regione paleartica occidentale, ed in inverno l'Africa settentrionale. 55. Aegialitis hiaticula L. — Corriere grosso. Scarso in primavera Inngo la spiaggia del mare. Abita Vl Eu- ropa e l'Asia occidentale. Sverna in Africa fino al Capo di Buona ‘ Speranza. 56. Aegialitis curonica Gmelin. — Corriere piccolo. Nomi dialettali: Lodola di mare, Comune al passo primaverile ed autunnale, pochi svernano. Alcuni nidificano nelle paludi prossime al mare: ordinariamente si trova sulle spiaggie marine. Abita l’Europa, senza spingersi molto al Nord, essendo raro in Inghilterra e nella Scandinavia; l’Asia e quasi tutta l’Africa. 57. Acegialitis cantiana Lath. — Fratino. Nomi dialettali: Lodola di mare. Abbastanza comune, estiva e di doppio passaggio, vive sulla spiaggia del mare. Abita la parte temperata dell'Europa e dell’Asia. Spinge le sue migrazioni fin nell’Africa, nell’India, nella Cina meridionale e vi sverna. Aegialitis asiatica Pall. — Corriere asiatico. Sottofamiglia - HMimantopodinae. 58. Himantopus candidus Bonnat. — Cavaliere d’Italia. Nomi dialettali: Cavaliere d’Italia. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 23 Non raro al passo primaverile, più scarso nell’autunno, credo che qualche coppia nidifichi alle Paludi Pontine. Abita l'Europa meridionale, VAfrica e gran parte dell’Asia. 59. Himantopus avocetta Linn. — Avocetta. Scarsa in primavera, lungo il mare, in piccoli branchi; più rara ancora al passo autunnale. Sverna in Sardegna. Ha la stessa dit- fusione della specie precedente. Sottofamiglia. - Totaninae — (Totani). 60. Numenius arquata L. — Chiurlo. Nomi dialettali: Ciarlotto. Di passo abbondante in autunno. Molti svernano nelle praterie umide, lungo i corsi d’acqua, vicino alle paludi. Abita tutta l Eu- ropa, sverna nell’Asia minore, Persia, spingendosi fino all'Africa austtrale. / 6r. Numenius temurostris Vieilll — Chiurlottello. Nomi dialettali: Ciarlotto piccolo, Ciarlottino. Invernale ma di passaggio meno regolare e meno abbondante della specie precedente: (1). | Abita l'Europa meridionale e l’Africa settentrionale. 62. Numenius phaeopus L. — Chiurlo piccolo. Nomi dialettali: Ciarlotto piccolo. Scarsa e di doppio passaggio: è la specie meno comune, e si trova più tardi delle altre in primavera. Nidifica nelle regioni ar- tiche dell'Europa e della Siberia occidentale. Sverna nell’ Europa meridionale ed in Africa (2). (1) In alcuni anni è addirittura scarso. Al passo autunnale giunge più tardi della specie precedente. (2) Non credo che sverni nella campagna romana non avendolo mai visto in inverno; giunge prestissimo. L'ho visto in agosto sulle spiaggie di Anzio e di Torre Astura; è degli ultimi a partire, aven- dolo osservato più volte in maggio. Si trattiene di solito sulla spiaggia del mare, a coppie o a branchetti. G. LEPRI. 24 PATRIZI-MONTORO 63. Limosa melanura Leisler. — Pittima. Nomi dialettali: Tecca. Di passo abbondante in marzo e aprile, più scarsa nell’autunno. Nidifica nell’Europa settentrionale e nella Siberia occidentale; emi- era nell’inverno, fino nell'India e nell’Africa settentrionale. Limosa lapponica L. — Pittima minore (1). 64. Totanus calidris L. — Pettegola. Nomi dialettali: Zampettone. Invernale e comune. Abita la regione paleartica; emigra nell’inverno fino al Capo di Buona Speranza e nell’ India, spingendosi fino all’ arcipelago Malese. 65. Totanus fuscus L. — Totano moro. Piuttosto raro; giunge in agosto e riparte in primavera. Abita la regione paleartica, spingendosi fin entro il cerchio artico, ove nidifica, dalla Lapponia fino allo Stretto di Behring. Nell’inverno emigra nell'Asia meridionale e nell'Africa. 66. Totanus stagnatilis Bechst. — Albastrello (2). Piuttosto frequente in primavera, scarso in autunno. Abita VEuropa e l’Asia; nell'inverno emigra nell’ Africa, nel- l'India, nell’Arcipelago Malese. 67. Totanus canescens Gmelin. — Pantana. Scarsa in primavera. Abita l'Europa e l'Asia, in inverno scende in Africa, nell’In- dia, giungendo fino all’Australia. (1) Rara in tutta Italia, non è stata sino ad ora osservata nel Ro- mano. Si distingue principalmente per le dimensioni minori e per la coda traversata da fasce nere, alternate con spazi chiari. i (2) Tutti i Zozazzus di piccole e medie dimensioni, sogliono a Roma chiamarli indistintamente .Sa/sarole, i più grossi: Gambettoni o Zampettoni. Fa eccezione il 7. ochropus. G. LEPRI, AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 25 68. Totanus ochropus L. — Piro-piro culbianco. Nomi dialettali: Culobianco d’acqua. Giunge, non in gran numero, in agosto, e rimane fino a pri- mavera. Abita l’estremo Nord dell'Europa e dell’Asia, in estate, spingendosi talvolta oltre il circolo artico. In inverno emigra nel. l’Africa, nell’India, nell’Arcipelago Malese. 69. Totanus glareola Gmelin. — Piro-piro boschereccio. Di passo abbondante in primavera ed autunno. Abita all in- circa le stesse regioni della specie precedente, spingendosi però nelle emigrazioni invernali fino all’ Austria. 70. Tringoides hipoleucus L. — Piro-piro piccolo. Comune d’estate, lungo i corsi d’acqua ed i ruscelli. Qualche individuo sverna. E diffusissimo ed abita tutto l’antico continente e |’ Australia. Terekia cinerea Gùld. — Piro-piro piccolo Terek. 71. Bartramia longicauda Bechst. — Gambetta americana. Specie americana che solo accidentalmente capita in Italia. Tre sole sono le catture finora registrate: un maschio nell’ottobre 1859, presso Genova, una femmina uccisa a Malta nel novembre 1865 ora conservata nel Museo di Firenze, una femmina uccisa all’ Acque libules presso WWivolt il'22 novemibre!1895.'Potemmo' averla pér la nostra collezione ed ora si trova nel Museo Zoologico Univer- sitario, a cui cedemmo l’'intiera nostra raccolta (1). Abita l'America settentrionale ed emigra nell’inverno nel Brasile. 72. Machetes pugnax L. — Combattente o Gambetta. Nomi dialettali: Uccello muto. Abbondantissima al passo primaverile, in marzo, a volte comin- ciano a comparire nella seconda metà di febbraio, scarsa al passo autunnale, in qualche anno non se ne vedono affatto. Qualche raro individuo sverna alle Paludi Pontine. (i) Vedrizo4eliso 0 Zoo) Univ. serieta vol. Vip. 49.) Comu- nicazione dottor Lepri. Gi. LEBRE 26 PATRIZI-MONTORO Rarissimi gl’individui maschi in abito nuziale. Ne avemmo uno splendido ucciso in aprile a Maccarese. Abbastanza frequente una varietà con testa, collo e parte del groppone (1) bianchi. Abita l'Europa settentrionale e meridionale e l’Asia occidentale divenendo sempre più rara verso Oriente. Sverna in Africa e in India. Sottofamiglia. - Iringinae (Piovanelli e Gambecchi). 73. Calidris arenaria L. — Calidra. Non molto rara in primavera lungo la spiaggia del mare. L’ho uccisa più volte sulla spiaggia di Furbara, presso Palo. Nidifica nelle terre polari artiche e nell’ inverno emigra nell’ Africa meri- dionale, nell'America meridionale, a Ceylan, in Australia. 74. Tringa minuta Leisl. — Gambecchio. Comune al passo primaverile ed autunnale. Non l’ho mai tro- vato in inverno. Nidifica nelle parti più settentrionali dell’Europa e dell’Asia: d’inverno giunge fino al Capo di Buona Speranza ed alla penisola Indiana. 75. Tringa Temminki Leisl. — Gambecchio nano. Passa regolarmente ma non in gran numero, per lo più in- sieme alla specie precedente, con cui viene facilmente confusa e quindi ritenuta più rara di quello che realmente non sia. Nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario vi sono due esemplari uccisi alle foci del Tevere dal senatore conte di Carpegna e dal prof. Angelini (2). Nidifica nelle parti più settentrionali dell’ Europa e dell’Asia. Sverna nell'Africa settentrionale. Tringa fuscicollis Vilill. — Gambecchio americano (3). Tringa maritima Gmelin. — Piovanello violetto (4). (1) Vedi 204. Soc. Zool. Univ., Serie I, vol. II, pag. 180. Comu- nicazione conte di Carpegna. (2) Vedi Avicula, anno I°, pag. 94. (3) Vedi GIGLIOLI, Secondo resoconto dell’Inchiesta Ornitologica, pag. 588. (4) Raro e di passaggio irregolare in Italia, non è stato finora os- servato nel Romano. G. SEEPRE AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 2 76. Tringa subarquata Gild. — Piovanello. Comune al passo primaverile, più scarso nell’autunnale. Nidifica in tutte le terre artiche e sverna in Asia, Africa, Ame- rica e fino in Australia. E quindi specie cosmopolita. 77. Tringa alpina L. — Piovanello pancia nera. Arriva in autunno e sverna in discreto numero nelle nostre paludi. Rarissimi i maschi in abito nuziale. Anch’ essa è specie quasi cosmopolita. 78. Tringa canutus L. — Piovanello maggiore. Raro. Un esemplare ucciso ad Ostia, parecchi anni or sono si conserva nella collezione del principe Aldobrandini. Un altro fu ucciso a Nettuno, alla fine di maggio 1899. Dalle terre polari ove nidifica si diffonde nell'Africa, nell’Au- stralia, nell'America fino al Brasile. 79. Limicola platyrbyncha Temm. — Gambecchio frullino. Scarso, ma di passaggio regolare in primavera. Due individui femmina e maschio uccisi nel maggio 1896 dal senatore conte di Carpegna alla foce del Tevere, si conservano nella collezione ro- mana del Museo Zoologico Universitario. Nidifica nell’Europa ed Asia settentrionale, emigrando nell’inverno nell'Africa settentrionale e nell’India. Sottofamiglia - Scolapacinae (Beccacce, Beccaccini). So. Gallinago maior Gmelin. — Croccolone. Nomi dialettali: Pizzardone. Comune, ma non numeroso al passo primaverile, più scarso nell'autunno. Nidifica nella Scandinavia e nella Siberia settentrio- nale fino alla Valle dello Yenissei. Sverna nell’Africa. SI. Gallinago coelestis Frenzel. — Beccaccino. Nomi dialettali : Pizzarda. 28 PATRIZI-MONTORO (Giunge presto in estate, e riparte a primavera molto inol- trata (1). Sverna in gran numero. | Abita il Nord dell’ Europa e nell'Asia; emigra d’inverno nel- l'Africa: settentrionale e nell’India. 82. Limnocryptes gallinula L. — Frullino. Nomi dialettali: Arciola. Comune e di doppio passaggio in ottobre, novembre ed in marzo; parecchi svernano, ma in minor copia del G. coelestis. Abita le latitudini più settentrionali dell'Europa e dell'Asia, spingendosi più al Nord del Beccaccino; emigra nell’inverno nell'Africa setten- trionale e nell’India. Scolopax rusticula L. — Beccaccia. Nomi dialettali : Beccaccia. Giunge nella seconda metà di ottobre ed in novembre, sverna in maggior o minor numero, nei boschi di pianura secondo le condizioni del terreno; riparte in marzo, alcuna si trattiene sino ai primi di aprile. Non conosco nessun caso di nidificazione av- venuta in provincia di Roma. Un esemplare perfettamente Albino lo avemmo dalle Paludi Pontine il 14 novembre 1890, e pochi giorni dopo un altro in completo abito isabellino. Abita il Nord dell’ Europa e dell'Asia (2). D’ inverno emigra nell'Africa settentrionale e nell’Asia meridionale. Phalaropus fulicarius L. — Falaropo a becco largo. Phalaropus hvperboreus L. — Falaropo a becco sottile (3). (1) Giungono le prime, in certi anni, al cominciare d’ agosto e qualcheduna se ne trova fino a maggio. (2) Sebbene in minor numero la sua nidificazione avviene anche in latitudini molto più meridionali, così ai piedi dell’Alpi, in Svizzera, nei Carpazi, sul Caucaso ecc. Accidentalmente, nidifica anche in Ita- lia. Anzi da qualche anno ciò avviene più di frequente, specialmente nei boschi della R. tenuta di S. Rossore presso Pisa. (Vedi GIGLIOLI, secondo resoconto dell’ Inchiesta Ornitologica, pag. 611). Per nidificare cerca i boschi molto folti ed umidi. (3) Ambedue queste specie sono rare ed accidentali in Italia. G. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 29 SoTTORDINE — CURSORII (Corridori). Famiglia 15° - CursorupaE (Corrioni). 84. Cursorius gallicus Gmelin — Corrione. Raro. Nella collezione romana del Museo Zoologico Universi tario se ne conservano due esemplari, uno proveniente dall’antica collezione Lezzani, l’altro ucciso presso Trevi nel Lazio, nell’ago- sto 1892, dal sig. dott. Belardinelli. Abita i deserti sabbiosi dell’Asia occidentale e dell’Africa set- tentrionale. In Europa è di comparsa accidentale. 85. Glareola pratincola L. — Pernice di mare. Scarsa di passo in maggio. Non si allontana mai molto dalla spiaggia del mare. Abita il bacino mediterraneo, spingendosi nell'inverno fino _al- l’Africa meridionale. Glareola melanoptera Nordm. — Pernice di mare orientale (1). SOTTORDINE — OEDICNEMI (Occhioni). Famiglia 15° - OEpicneMIDAE (Edicnemidi). 86. Oedicnemus scolopax Gmelin. — Occhione. Nomi dialettali: Ciurlui. Comune, sedentario e nidificante in località adatte; parecchi passano in primavera e autunno. Abita l’Europa temperata e me- ridionale, Africa settentrionale e gran parte dell’Asia. Nella collezione romana del Museo Universitario si conservano due pulcini colti in giugno presso Ostia. Oedicnemus Senegalensis. — Occhione del Senegàl (2). (1) Abita l’Europa orientale e parte dell'Asia. In Italia sembra ra- rissima conoscendosene fino ad ora due sole catture. Potrebbe darsi che capitasse più facilmente che non si creda insieme alla G. dra- fincola essendo a questa quasi identica. Si distingue per avere le penne al disotto delle ali nere, anzichè marrone rossastro. (2) Rarissimo in Italia, si distingue dall’Occhione comune, princi- palmente per la mancanza della fascia trasversale chiara sulle cuopri- trici. delle ali. GW LEPRE 30 PATRIZI-MONTORO SOTTORDINE — OTIDES (Ottarde). Famiglia 16° - OrTIDIDAE (Ottardidi). 87. Otis tarda L. Otarda. Accidentale e rarissima. Un individuo di questa specie si con- serva nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario. Fu ucciso nella campagna romana nel 1832 (1). Abita l’Europa meridionale, l'Africa settentrionale e il centro dell’Asia. 88. Otis tetgax L. — Gallina pratarola. Nomi dialettali: Gallina pratarola. Accidentale, ma non molto rara, in inverno. La collezione ro- mana del Museo Universitario ne possiede un esemplare in com- pleta livrea nuziale (2). Abita l'Europa meridionale, l'Africa setten- trionale, e l’Asia fino all’India. 59. Houbara undulata Jacq. — Ubara. Rarissima. Se ne conserva un individuo nella collezione ro- mana del Museo Zoologico Universitario, ucciso presso Campa- gnano nel 1879 dal duca di Sermoneta (3). Abita l'Africa settentrionale, la Palestina, l'Armenia. 90. Houbara Maqueenii Gray et Hrdw. — Ubara asiatica. Anche di questa rarissima specie si può mentovare la cattura nell’Agro romano fino dal novembre 1859, quando ne die’ notizia il prof. Diorio allora insegnante nell’Università (4). Fu uccisa nella (1) Da una esatta descrizione dei colori e delle dimensioni, fat- tami da un cacciatore, posso ritenere che un individuo di questa specie fu ucciso pochi, anni or sono sulle sponde del Lago di Vico, nei Monti Cimini dopo una notte burrascosa, in pieno inverno. Disgra- ziatamente non venne conservato, ma arrostito sul posto! ! (2) Vedi 20. Soc. Romana fer studi zoologici, Serie I*, vol. I, pag. 23. Comunicazione del prof. A. CARRUCCIO. (3) Vedi 204. Soc. Romana per studi zoologici, serie Ia, vol. I, peg. 23. Comunicazione del prof. A. CARRUCCIO. (4) Vedi, Rarità Zoologiche ossia Houbara venute nel territorio ro- mano sullo spirare dell’anno 1859. Relazione per la corrispondenza scientifica da Roma del professor cav. Vincenzo DIioRrIo, Anno XII, Roma, 1860. G. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 3I tenuta di S. Nicola a 9 miglia da Roma sulla via Claudia, e donata dal farmacista sig. Giuseppe Menni. Un altro esemplare fu ucciso il 16 dicembre dello stesso anno nella tenuta di Marco Simone tra la via Nomentana e- la Tiburtina. Questa fu in seguito ceduta in cambio al Museo Zoologico di Firenze dal prof. Leone De Sanctis. Questa specie abita l’Asia occidentale, fino all’Armenia e verso Oriente si estende fino all’India. Orpine XI. — GRUIFORMES (Gruiformi). SOTTORDINE. — GRUES (Gru), Famiglia 17° - GruibAaE (Gruidi). 1. Grus cinered Meyer et Wolf. — Gru. Nomi dialettali: Gru. Di passo autunnale e primaverile, ma raramente si ferma. Ne avemmo un bellissimo maschio ucciso il ro dicembre a Tor San Lorenzo. Abita la regione paleartica. In inverno si trova nell'Africa fino allo*:Sciave ‘nell’India. 92. Anthropoides virso L. — Damigella. Un esemplare di questa specie fu catturato dal cacciatore Pa- squale Mestici nella primavera del 1860 alla Magliana (1). Abita l'Europa meridionale e gran parte dell'Asia e dell’Africa. Orpine XII. — ARDEIFORMES (Ardeiformi). SOTTORDINE. — PLATALEAE (Pilatalee). Famiglia 18° - IsipipaE (Ibis). Plegadis falcinellus L. — Mignattaio. Nomi dialettali : Ciarlotto nero, Ciarlotto marino, Gesuita. Di passaggio regolare, ma scarso, in primavera e autunno vive nella zona temperata e tropicale di ambedue gli emisferi. (1) Questo rarissimo esemplare fu conservato per alcuni anni dal sig. Carlo Decousandier, ma poi fu guastato da tarli e gettato via(!). i sig. Decousandier me ne fece vedere un disegno a colori fatto sul- l’individuo in carne. Non vi è quindi alcun dubbio sulla determina- zione. G. LEPRI. N PATRIZI-MONTORO (09) Famiglia 19° - PLATALEIDAE (Spatole). 94. Platalea leucorodia L. — Spatola. Rara, di passo primaverile ed autunnale. Nella collezione ro- mana del Museo Universitario ve ne sono due esemplari prove- nienti dalla collezione Lezzani. Un maschio fu ucciso il 12 mag- gio 1897 a Fiumicino dal capitano Cerchiari (1), una femmina pure uccisa a Fiumicino nel 1894, la ebbe il compianto prof. Gasco dell’Università di Roma (2). Abita l'Europa, l’Asia, fino alla Cina ed al Giappone, e l’Africa fino al Sudan. SoTTORDINE. — CICONIAE (Cicogne). Famiglia 20° - CiconipAE (Cicognidi). 95. Ciconia alba Bechst. — Cicogna. Rara tanto al passo primaverile che all’autunnale che incomin- cia assai presto anche nell’ agosto. Tutti gli anni se ne vedono. Ne avemmo una femmina giovane il 25 settembre 1891 da Ostia. Nidifica nell'Europa centrale, nell’Asia minore in Russia, ecc. Sverna in Africa. 96. Ciconia nigra L. — Cicogna nera. Alquanto più rara della specie precedente. Ne avemmo una femmina giovane uccisa a Nettuno il 24 ottobre 1828. Un altro bellissimo individuo colto sulle spiaggie del Tevere presso Orte si trova nella collezione romana del Museo Universitario. Abita tutta l’ Europa centrale, l’ Asia, svernando nell’Africa e nell’India. SOTTORDINE. — ARDEAE (Aironi). Famiglia 21° - ARDEIDAE (Aironidi). 97. Ardea cinerea L. — Airone cenerino. Nomi dialettali : Cicogna. Comune e sedentario lungo i corsi d’acqua e nelle paludi, molti, però sono di passo fin dal marzo, in aprile e maggio. (1) Vedi Avicula, anno I, pag. 68. (2) Vedi Avicula, anno I, pag. 96. G. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA Quasi cosmopolita si trova in Europa, in Asia, in tutta l'Africa e si spinge fino in Australia. 98. Ardea purpurea L. — Airone rosso. Nomi dialettali: Sgarza rossa, Cicogna rossa. Comunissima giunge in aprile e maggio, riparte in settembre. Nidifica in colonie nei boschi di palude. Abita l'Europa centrale c meridionale e nell'Asia. Sverna nell'Africa e nel Madagascar. 99. Herodias alba S. — Airone bianco. Nomi dialettali: Airone, Sgarza reale. Più scarso delle due specie precedenti. È specie invernale, fre- quenta prevalentemente le grandi paludi. Avemmo un maschio splendido; n-«abito: di’ nozze ucciso: il 17 marzo: ‘1892 ‘alla. foce dell'Aniene ed una femmina uccisa presso Palo nel gennaio 1893. Vive nell'Europa meridionale orientale, nell'Africa settentrionale, nell’Asia occidentale. 100. Herodias garzetta L. — Garzetta. Nomi dialettali: Sgarza piccola. Scarsa in primavera, ripassa in agosto e settembre. Abita l'Europa meridionale, l'Africa, l'Asia, l'Australia. Bubulcus lucidus Raf. — Airone guardabuoi (1i. 101. Ardeola ralloides Scop. — Sgarza ciuffetto. Nomi dialettali : Sgarzella, Di passo abbastanza abbondante in primavera, più scarsa nel- l'autunno. Abita l'Europa meridionale e l'Africa dove sverna. 102. Nycticorax griseus L. — Nitticora. Nomi dialettali : Sgarzotto, Sgarzellone. Comune e di passo primaverile ed autunnale. Abita l'Europa meridionale, V’Africa e l'Asia meridionale. (1) Accidentale e raro in Italia. R) G. LEPRI. 34 PATRIZI-MONTORO 103. Ardetta minuta L. — Nonnotto. Nomi dialeltali: Cicognetta. Comune e nidificante, giunge in primavera per partire in set- tembre. Sverna in Africa. 104. Botaurus stellaris L. — Tarabuso. Nomi dialettali: Uccello lepre. Comune e sedentario nelle paludi. Molti ne passano in marzo e aprile ed in quell’epoca diviene più comune ed è facile incon- trarlo anche lungo i corsi d’acqua. Sverna in Africa .ed in India (1). Orpine XII. — PHOENICOPTERIFORMES (Fenicotteriformi). Famiglia 228 - PHoENICOPTERIDAE (Fenicotteri). 105. Phoenicopterus roseus Pallas. — Fenicottero. Accidentale. Se ne vede qualcuno in fine d’inverno o in prin- cipio di primavera, ma raramente. Probabilmente sono individui sviati nel loro viaggio dalla Sardegna, ove questa specie è comune, in Africa ed in Asia minore. Ne ricordo un bellissimo individuo di piccole dimensioni e di colorito vivace riferibile quindi al P. Ery- traeus Verr. conservato nella collezione Aldobrandini. Anche nella collezione romana del Museo Universitario ve ne sono due indi- vidui nei varii abiti (2). Il Fenicottero nidifica nella Spagna e nell'Africa settentrionale. (1) Per la provincia di Roma è abbondante anche nell’inverno, specialmente nelle paludi di Maccarese ove non è difficile ucciderne anche più di uno al giorno. (2) Il Fenicottero sembra formare una singolare eccezione alle or- dinarie leggi della migrazione, dirigendosi, al sopravvenire dell’estate, verso il Sud per andare a nidificare in Africa; il che, del resto, po- trebbe avvenire non per ragioni di clima ma per la necessità di tro- vare luoghi tranquilli ove attendere alla riproduzione. Però, come giustamente osserva il MARTORELLI (Uccelli d’Italia, pag. 249), non è affatto provato che siano proprio i Fenicotteri di Sardegna ad andare a nidificare in Africa. Molto probabilmente, essi una volta lungi da terra, in alto mare, rivolgono ad Est e ad Ovest. Nel marzo del 1904 un branco di 5 Fenicotteri si aggirò per un intiera giornata su lo Stagno di Maccarese. Nel dicembre 1907 il principe Chigi ne ebbe tre individui da Cor= neto Tarquinia. Vedi 20%. Soc. Zool. It., vol. X, serie II® pag. 198. G. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINOIA DI ROMA 35 OrpIinE XIV. — ANSERIFORMES (Anseriformi). Famiglia 23° - ANATIDAE (Anatre). Sottofamiglia. - Cygninae (Cigni). 106. Cygnus olor Gm. — Cigno reale. Rarissimo ed accidentale. Un individuo ucciso sul Lago di Bracciano si conserva nella collezione romana del Musco Univer- sitario; un altro ucciso presso Ostia molti anni or sono, fa parte di una piccola raccolta ornitologica che si conserva nel convento digS-Paolo. «_——Nidifica nell’ Europa settentrionale, nella Svezia, nelle Isole Brittaniche. 107. Cygnus musicus Bechst. — Cigno selvatico. Amelie! questa'specie è rara ‘edi comparsa ‘accidentale. Una femmina uccisa a Maccarese il 2 dicembre 1896 si conserva nella collezione romana del Museo Universitario. Nidifica nella Lapponia e nella Russia settentrionale, nell’Irlanda e nel Nord-Est dell’Asia. Cygnus Bewicki Yarrell. — Cigno minore. Sottofamiglia. - Anserinae (Oche). 108. Anser ferus Scacti. — Oca selvatica. Piuttosto rara. Un bell’e semplare maschio lo avemmo dalle Paludi Pontine il 21 novembre 1891 (1). Nidifica nelle parti settentrionali della regione paleartica. Sverna nell'Europa meridionale, nell'Africa settentrionale e nell’India. 109. Anser albifrons Scop. — Oca lombardella. Accidentale e piuttosto rara. Posso registrare sette catture av- venute in Provincia. Un individuo esistente nella collezione ro- mana del Museo Universitario con la data 1837; un altro prove- (1) I rari individui che di tanto in tanto capitano da noi, com- paiono in stagione molto più avanzata, in gennaio e tebbraio. G. LEPRI. 36 PATRIZI MONTORO niente dalla collezione Lezzani, senza data; un maschio adulto uc- ciso a Maccarese il 4 gennaio 1888, un maschio, senza data di cattura nella collezione Aldobrandini a Frascati; una femmina gio- vane. uccisa a Fiumicino il 21 febbraio 1891 e che vennellatbai parte della nostra collezione, ed un maschio ucciso a Maccarese nel marzo dello stesso anno. Finalmente nella collezione dei Ver- tebrati italiani, nel Museo di Firenze, se ne conserva un individuo ucciso; nel Romano: inel'ir8745(D) Questa specie è più settentrionale della precedente e nidifica nell’estremo Nord della Siberia e nella Nuova Zembla e sverna nell’Egitto e nell’India. 110. Anser erythropus L. — Oca lombardella minore. Accidentale ed ancora più rara della specie precedente. Un maschio adulto fu ucciso a Maccarese nel febbraio 1891. Si con- serva nella collezione Aldobrandini a Frascati (2). Abita l'Europa settentrionale-orientale. Nell'inverno emigra nel- l'Europa meridionale, in Asia minore, nell’Egitto. III. Anser segetum Gm. — Oca granaiola. Nomi dialettali: Oca. Comunissima; arriva alla fine di autunno, vive in branchi nu- merosissimi nelle pianure, specialmente alle Paludi Pontine. Riparte in febbraio e marzo. Abita la regione paleartica e nell’inverno si spinge a mezzogiorno fin verso il 30° Lat. Nord. Branta bernicla L. — Oca colombaccio. Branta leucopsis Bechst. — Oca a faccia bianca. Branta ruficollis Pall. — Oca a collo rosso (3). (1) Vedi 20/4. Soc.’ Zool.' It.,} serie Ta, vol. IT, pag.’ 26. Comuni: cazione. ‘del prof. comm -A'CARRUCGIO: In questi ultimi anni sono state colte nel Romano altre tre o quat- tro Lombardelle. Questa specie sembra essere meno rara di quanto si credeva. Nell’abito giovanile possono facilmente essere scambiate, da un osservatore superficiale, per un’ oca comune di minori di- mensioni. (2) Vedi 2ol/. Soc. Rom. Studi Zool., vol. I, pag. 26. Comuni- cazione del prof. CARRUCCIO, e pag. 17, comunicazione del conte di CARPEGNA. (3) Queste tre specie sono rarissime in tutta Italia e di acciden- tale comparsa. G. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 37 Sottofamiglia - Anatinae (Anatre propriamente dette). 112. Tadorna cornuta Gmelin. — Volpoca. Nomi dialettali: Anatra francese. Invernale e non molto rara (1). Nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario se ne conserva una bella serie di individui uccisi nelle nostre paludi in decembre, febbraio, marzo, aprile. Abita le parti temperate e meridionali della regione paleartica. 113. Tadorna casarca L. — Casarca. Accidentale e rarissima in tutta Italia. Avemmo un maschio | e una femmina splendidi, dal Lago di Paola (Paludi Pontine) il I 6 gennaio 1896. Abita la parte meridionale ed orientale della regione paleartica, ! D'inverno è comune nell’India. 114. Anas boscas L. — Germano reale. Nomi dialettali: Capoverde (maschio), Anetrone (femmina). | Comunissimo in inverno, arriva in ottobre e riparte in marzo, a volte prima. Alcune coppie rimangono nelle paludi per nidifi- | care 2). Abita tutto l’emisfero artico, spingendosi in inverno fino al- l’Africa settentrionale, all’India, ein America fino alla parte centrale, rIS. Anas strepera L. — Canapiglia. Nomi dialettali: Anetra montanara. Piuttosto comune in inverno. E una delle prime ad arrivare in autunno. Ha, all’incirca, la stessa distribuzione geografica della fi (specie precedente. | (1) Nella collezione del principe Aldobrandini a Frascati si con- | serva una Volpoca in, completo abito giovanile, uccisa in agosto o set- | tembre nella palude di Ostia. Si tratta evidentemente di un caso di nidificazione della Volpoca nelle nostre paludi. I (2) Credo che il Germano reale nidifichi nelle paludi romane in | molto maggior numero di quello che si crede comunemente. L’ ho visto abbondante in agosto e in luglio nelle lagune delle Paludi Pon- tine. Nei canneti che circondano il lago di Vico, nei Monti Cimini a 500 metri s/m, tutti gli anni vi nidifica una abbastanza nume- rosa colonia. Più di una volta vi ho ucciso i maschi nell’abito post- nuziale. E MLEBRE ) 38 PATRIZI-MONTORO 116. Anas circia L. — Marzaiola. Nomi dialettali: Marzarola. Abbondantissima in marzo e aprile, ripassa in settembre, pa- recchie passano l’estate nei nostri maggiori paduli ma non credo vi nidifichino. Abita quasi tutta l’Europa, l'Asia, l'Africa fino alla Somalia. Non si spinge molto al Nord, arrivando appena alla Norvegia e all’Irlanda. 117. Anas crecca L. — Alzavola. Nomi dialettali: Garganella. Comunissima nell’inverno, poche nidificano. Abita tutta la re- ione paleartica e neoartica. (0) Le) Anas formosa Georgi. — Alzavola asiatica (1). 118. Marmaronetta angustirostris Mènetr. — Anatra marmo- rizzata. Specie rara ed accidentale. Il giorno 11 febbraio 1893 il signor Valeriano Coppi uccise un bellissimo maschio adulto di questa specie, e ne fece dono al Museo Zoologico Universitario, ove si conserva nella collezione romana (2). Nello stesso anno ne ven- nero colte diverse in varie parti d’Italia (3). Abita le legioni a Sud del Caucaso, l'Asia minore, l’Africa set- tentrionale, la Spagna e il Portogallo. 119. Dafila acuta L. — Codone. Nomi dialettali: Codilanza. Comune in inverno specialmente verso l’epoca del passo pri- maverile. Abita in estate tutte le parti settentrionali della regione paleartica e neoartica; in inverno si spinge all'Africa, all’Asia me- ridionale e all’America centrale. (1) Rarissima in Italia, ove è stata colta una sola volta a Massa Finalese. (2) Vedi 204. Soc, Zool. It., vol. II, pag. 1. Nota del professor A. CARRUCCIO. (3) Vedi GIGLIOLI, Z/ Resoconto dei Risultati dell’ Inchiesta Ornt- tologica in Italia, pag. 472. G. LEPRI. eee a AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 39 120. Spatula clypeata L. — Mestolone. Nome volgare: Cucchiarone. Comune in inverno. È specie quasi cosmopolita (1). 121. Mareca penelope L. — Fischione. Nomi dialettali : “Verzana. | Abbondantissima in inverno; frequenta per lo più i boschi e le lagune, o si trattiene durante il giorno in mare. Ne avemmo una femmina in completo abito isabellino da Ter- racina il 31 dicembre 1894. Anche questa specie è diffusa in quasi tutto il mondo. Sottofamiglia. - Fuligulinae (Morette). 122. Netta rufina Pallas. — Fischione turco. Nomi dialettali : Cardinale. Scarsa durante l'inverno (2). Abita le parti temperate e meri- dionali della regione paleartica. Nell’ inverno si spinge fino nel- l'India. 123. Fuligula ferina L. — Moriglione. Nomi dialettali: Caporosso. Abbastanza comune in inverno, abita la parte temperata della regione paleartica. 124. Fuligula marila L. — Moretta grigia. Miecidentalese Stara: Una femmina facente parte=di un branco di quattro fu uccisa presso Furbara 1°8 novembre 1897 dal mar- chese Giuseppe Patrizi; un maschio giovane, trovato sul mer- cato di Roma nell’inverno del 1899 si conserva nella collezione (1) Al passo autunnale è facile vedere individui rivestenti quasi per intiero l’abito post-nuziale, ciò che non accade per le altre anatre. (2) Nonzetrara-ininverno,.nei laghi disBracciano,.di , Vico, di Bolsena, ove se ne vede sempre qualche branco; sembra preferire le acque profonde e libere dei laghi alle paludi. Gi LEPRE 40 PATRIZI-MONTORO romana del Museo Universitario; un terzo individuo pure pro- veniente da Roma, fa parte della raccolta del conte Arrigoni (1). Abita la regione paleartica e neoartica, nidificando nelle parti settentrionali di esse. 125. Fuligula cristata Leach. — Moretta. Nomi dialettali: Morettone. Comunissimo durante l’inverno, specialmente alla foce del Te- vere, nei laghi e lagune. Una volta è stato trovato nidificante nella palude di Maccarese. Abita quasi tutta la regione paleartica. 126. Fuligula nyroca Guld. — Moretta tabaccata. Nomi dialettali: Morettone, Morettone marino. Comune in inverno, specialmente abbondante verso l’epoca del passo primaverile. Ne è stato trovato il nido nelle boscaglie acqui- trinose dell’Isola Sacra alla foce del Tevere. Abita la regione paleartica meridionale. 127. Clangula glaucion L. — Quattrocchi. Raro in inverno. Meno rari sono gl’ individui in abito giova- nile. Ne avemmo un bel maschio adulto dalle Paludi Pontine il 15 gennaio 1895, ed un maschio e femmina giovani da Macca- rese. La collezione romana del Museo Universitario ne conserva sei individui. Abita il Nord dell’Asia. Harelda glacialis L. — Moretta codona (2). 128. Oedemia fusca L. — Orco marino. Molto raro ed accidentale in inverno. Nella collezione romana del Museo Universitario, se ne conservano due esemplari: una femmina con la data 1853, ed una pure femmina trovata sul mer- (1) Vedi prof. conte ARRIGONI, Materiali per una Avifauna Ve- ronese, pag. 109 Boll. Soc. Zool. It., serie II, vol. I, (1900) pag. 245. Nota del prof. Q. ANGELINI. (2) Accidentale in Italia, in alcune parti di essa rarissima ; in certi anni però è discretamente comune nelle lagune del Veneto. Non è stata mai uccisa in provincia di Roma. G. LEPRI. etici AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 41 cato il 4 gennaio 1896, proveniente da Maccarese. Altri due esem- plari uccisi nel lago di Fogliano, furono dal duca di Sermoneta inviati al prof. Giglioli a Firenze (1). Finalmente un quarto in- dividuo si conserva in una piccola raccolta dei PP. Benedettini a S. Paolo, fatta con tutti uccelli uccisi nei dintorni, ma senza al- cuna indicazione di località e di data. Abita la regione paleartica settentrionale. Oedemia nigra L. — Orchetto marino (2). Somateria moltissima L. — Edredone (3). Somateria spectabilis L. — Re degli Eider (4). Sottofamiglia. - Erismaturinae (Gobbi). 129. Erismatura leucocephala Scopoli. — Gobbo rugginoso. Raro, capita accidentalmente nell’inverno. Tre maschi in abito nuziale furono uccisi ad Ostia il 29 marzo 1880. Una femmina uccisa a Fogliano (Paludi Pontine) il 9 gennaio 1885 fu dal duca di Sermoneta donata al Museo Zoologico Universitario. Abita la regione paleartica meridionale; è comune in Sicilia e Sardegna. Sottofamiglia. - Merginae (Smerghi). 130. Mergus merganser L. — Smergo maggiore. Il Bonaparte nel suo Specchio comparativo, lo dice piuttosto raro in inverno, io però non ne conosco alcuna cattura in pro- vincia. È specie nordica diffusa in tutta la regione paleartica e neoartica. 131. Mergus serrator L. — Smergo minore. Nomi dialettali - Sugherone, Seghettone. Scarso in inverno, rari gli adulti. Ha la stessa diffusione della specie precedente. (1) Vedi GIGLIOLI, Avifauna italica, pag. 319. (2) Più settentrionale della specie precedente; capita accidentalmente in Italia. i (3) Specie artica, raramente è stata colta nell’Italia settentrionale. (4) Ancora più raro. Due sole volte è stato ucciso in Italia. GC EEPRE 42 PATRIZI-MONTORO 132. Mergus albellus L. — Pesciaiola. Scarsa, anche fra questa specie sono più rari gli adulti. Abita la regione paleartica. Orpine XV. — PELECANIFORMES (Pellicaniformi). Famiglia 24° - PHaLAcROcORACIDAE (Cormorani) 133. Phalacrocorax carbo L. — Marangone. Nomi dialettali: Marangone. Erratico d’inverno lungo il littorale; alle Paludi Pontine mi dicono che sia stazionario (1). E specie quasi cosmopolita, manca però sulla costa americana del Pacifico. Phalacrocorax graculus L. — Marangone col ciuffo (2). Phalacrocorax pygmaeus Pallas. — Marangone minore (3). 134. Sula bassana L. — Sula (4). Famiglia 25° — PELECANIDAE (Pellicani). 135. Pelecanus onocrotalus L. — Pellicano. Accidentale e rarissimo. Due esemplari di questa specie si con- servano nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario. (1) Alle Paludi Pontine è realmente stazionario e direi quasi co- mune; l’ho visto in discreto numero nella laguna di Fogliano, anche in estate ai primi di agosto, credo quindi che vi nidifichi, nei can- neti, o nelle circostanti boscaglie. (2) Vive sulle coste settentrionali dell'Europa, sebbene non sia stato mai colto nelle acque del Romano. Non è raro nel Mediterraneo. Sulle coste della Sardegna, anzi, secondo il MARTORELLI, sarebbe più abbondante della specie precedente, da cui sidistingue per le dimen- sioni minori e per un ciuffo sulla testa (nel maschio) all’epoca degli amori. (3) Molto più piccolo del precedente ed accidentale nel Mediterraneo. (4) Quando il mio compianto cugino marchese PATRIZI scriveva queste righe, evidentemente non ricordava l’avvenuta cattura di una Sula bassana nelle acque di Civitavecchia, nel novembre 1904, indi- viduo giovane ora conservato nel Gabinetto di Anatomia comparata e illustrato dalla signorina dott. FoÀ nell’ Avicu/a. Nel decorso no- vembre 1908 un individuo adulto è stato colto da pescatori a Porto d’Anzio. Del resto la .Sx/a è stata uccisa varie volte nel Mediterraneo, ove sembra non sia poi tanto rara. Gi LEPRE AVIFAUNA DENLA PROVINOIA DI ROMA Uno proviene dall’antica collezione Lezzani, il secondo fu ucciso nel Lago di Bracciano il 2 febbraio 1887. Abita l Europa meridionale orientale, Africa e la Regione indiana. Pelecanus crispus Bruch. — Pellicano riccio. Orpine XVI. — ACCIPITRIFORMES (Sparvieriformi). SOTTORDINE. — ACCIPITRES (Falchi). Famiglia 26° - VuLTuRIDAE (Avvoltoi). | Vultur monachus L. — Avvoltoio (1). | Gyps fulvus Gmelin. — Grifone (2). 136. Neophron percnopterus L. — Capovaccaio. Nomi dialettali: Capovaccaro, Aquila camiciola (Subiaco), È sedentario, però l’ho veduto sempre in primavera ed estate in taluni luoghi abbondante, specialmente nel territorio di Tolfa e nei piani di Maccarese. Sembra che sui monti di Subiaco ne | rimanga qualcheduno tutto l’anno. Ne avemmo un adulto da Tolfa in maggio, ed un giovane da Subiaco nell’ottobre (3). Questa specie vive nell'Europa meridionale, nell'Africa e nel- l’Asia occidentale. (1) Scarso e sedentario in Sardegna, rarissimamente capita nel continente. (2) Comune e sedentario in Sardegna, accidentale e raro nella penisola. | (3) Dopo, ormai parecchi anni di osservazione, posso asserire che, i almeno gli adulti, sono assolutamente specie estiva per la campagna romana, compariscono ai primi di marzo, e ripartono in settembre. Alcuni giovani sembra che rimangano sedentari e si ritirino fra i |. monti. Infatti sui monti di Subiaco ove lo chiamano Agz/a camiciola È non si conosce affatto il vistoso abito bianco degli adulti. In genere questa specie predilige le parti più selvaggie e deserte della campagna I romana. Nidifica in quelle scogliere di tufo vulcanico che prendono O il nome di Castelline e che sono così caratteristiche in alcuni punti | del Lazio. &. LEPRE 44 PATRIZI-MONTORO Famiglia 27° - GvyPAETIDAE (Gipeti). Gipaetus barbatus L. — Avvoltoio degli agnelli (1). Famiglia 28° - FaLcONIDAE (Falconidi). Sottofamiglia. - Circaétinae (Bianconi). 137. Circaétus gallicus Gmel. — Biancone). Estivo e nidificante, ed abbastanza comune, specialmente in primavera, nei boschi del littorale. Abita l'Europa meridionale, divenendo sempre più raro verso il Nord. Si estende nell'Africa settentrionale e nell'Asia centrale. Sottofamiglia. - Circinae (Albanelle). 138. Circus oeruginosus L. — Falco di padule. Nomi dialettali: Falco d’acqua. Comunissimo in tutta la zona paludosa e littoranea della Pro- vincia ove si nutre principalmente di pesci e di uccelli palustri, specialmente di quelli feriti dai cacciatori (2). Abita l'Europa e buona parte dell'Asia e dell’Africa. 139. Circus swainsoni Smith. — Albanella pallida. Discretamente comune all’epoca del passo, in primavera edin autunno. Abita l'Europa meridionale e specialmente l’ orientale; è rara al Nord. In inverno arriva in Africa ed in Asia, fino all’India ed alla Cina. 140. Circus cyanaeus L. — Albanella reale. Nomi dialettali: Falco cappuccino (con lo stesso nome il volgo comprende la specie precedente). Comune, sopratutto al passo primaverile, in marzo e aprile; qualcuno sverna nei nostri piani, avendone ucciso un maschio (1) Comune in Sardegna, rarissimo sulle Alpi. (2) L’ho visto gettarsi sopra un germano ferito a pochi metri dal cacciatore. Gi. LEPRI: AVIFAUNA DELLA PROVINCIA. DI ROMA 45 al 15 dicembre, presso Bracciano. Non potrei affermare se questa specie sia più o meno comune della precedente, essendo molto facile confonderle, specialmente i maschi adulti (1). Abita le parti settentrionali dell'Europa e dell'Asia, svernando nelle regioni meridionali di esse, e spingendosi in Africa fino al- lAbissinia. 141. Circus cineraceus Mont. — Albanella minore. È la più rara delle tre specie di Albanella, ma la ritengo seden- taria nella nostra provincia. Infatti nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario se ne conserva un individuo con la data del 26 aprile 1890, ed uno del 31 dicembre dello stesso anno. Vive nelle parti temperate dell'Europa e dell’Asia. In inverno si spinge fino al Capo di Buona Speranza, all’India ed alla Cina. Sottofamiglia. - Accipitrinae (Sparvieri). 142. Accipiter nisus L. — Sparviere. Nomi dialettali: Falco palombino, Falchetto (con questo nome si comprendono molte altre specie di piccole dimensioni). Comunissimo in inverno, segue le migrazioni dei piccoli uccelli. Qualche coppia nidifica sui monti. Abita la regione paleartica, spingendosi nell'inverno fino al l’ Africa centrale ed all’ India, verso Ovest delle Canarie ed a Madera. Astur brevipes Serwetz. — Astore levan*ino. 143. Astur palumbarius L. — Astore. Localizzato sui monti e credo scarso (2). Molto raro al piano. (1) Queste due specie principalmente si distinguono pei seguenti caratteri: Nel C. Swaizsoni la seconda remigante è più lunga della quinta; ed nel C. cyarzaeus la seconda è molto più breve della quinta, molte in ambedue la smarginatura o intaccatura del vessillo esterno corrisponde all’estremità delle maggiori cuopritrici esterne. La specie seguente C. cireraceus si distingue per avere la seconda remigante senza smarginatura. (2) Anni sono ne vidi una coppia sui monti di Terracina. G. LEPRI. 46 PATRIZI-MONTQRO Abita principalmente il Nord dell’Europa, il N. E. dell’ Africa, la Siberia, la Persia e si spinge fino al Giappone. Sottofamiglia. - Aquilinae (Aquile). Nisaetus fasciatus Vieill. — Aquila del Bonelli (1). 144. Hieraetus pennatus Kaub. — Aquila minore. Rarissima. Nella collezione centrale dei Vertebrati italiani del Museo di Firenze, se ne conserva un individuo, colto presso Roma nell'autunno 1872 (Vedi Giglioli, secondo Sesoconto dell’Inchiesta Or- nitologica in Italia, pag. 370). Vive nell'Europa meridionale orientale, nell'Africa, nell'Asia mi- nore e centrale. 145. Aquila chrysaétus L. — Aquila. Sedentaria e nidificante sugli alti monti della Provincia; in inverno specialmente i giovani, vanno vagando e s'incontrano tal- volta al piano fin presso il mare. Così ne avemmo una femmina giovane colta a Rota presso Tolfa nell’ottobre 1902. Nella colle- zione romana del Museo Zoologico Universitario, se ne conser- vano tre belli esemplari provenienti, due dai dintorni di Roma, ed uno dai Colli Laziali (M. Cavo). Questa specie vive nell’ Europa, nell'Asia, America ed Africa settentrionale, benchè vari autori distinguano col nome di A. Barthe- lemy, laquila del Nord dell’Africa, distinzione però che dai più recenti ornitologi non è ammessa (Vedi Arrigoni, Atlante ornito- logico, pag. 25 e Manuale d’Ornitologia Italiana, pag. 31, e Giglioli, Secondo resoconto, ecc. pag. 363. Aquila heliaca Savigny. — Aquila imperiale (2). Aquila orientalis Cabanis. — Aquila orientalis (3). Aquila naevioides Cuvier. — Aquila rapace (4). (1) Rara nell’ Italia centrale e settentrionale, lo è meno nella meri- dionale ed in Sicilia. (2) Rarissima. Finora se ne conosce una sola cattura in Calabria (GIGLIOLI, Secondo resoconto dell’ Inchiesta Ornitologica in Italia, pa- gina 364). (3) Conosciuta anche col nome di A. xipa/ensis Hodgs ; catturata una sol volta presso Genova (Ip. id. id., pag. 364). (4) Capitata due sole volte in Sardegna (Ip., id. id., pag. 366). G. LEPRI. ——re va AVIFAUNA DELLA PROYINCIA DI ROMA 47 146. Aquila clanga Pallas. — Aquila anatraia (1). Rara d’inverno nelle paludi e lungo il Tevere. Ne avemmo una colta alla Magliana sul Tevere nel gennaio 1893. La colle- zione romana Universitaria ne possiede due esemplari provenienti dalla Selva di Cisterna (Paludi Pontine) ed uno dai dintorni di Roma. Abita l'Europa e l’Asia. Aquila pomerana Brehm. — Aquila anatraia minore. Sottofamiglia. - Haltaétinae (Aquile di mare). 147. Haltaetus albicilla L. — Aquila di mare. Piuttosto rara in inverno, presso il mare, lungo i fiumi e le paludi. Ne avemmo un bell’esemplare giovane ucciso nella R. Ban- dita di Castel Porziano, nel gennaio 1903. Abita l’Europa settentrionale, |’ Irlanda, la Groenlandia ed il Nord dell’Asia. Sverna nell'Africa settentrionale, nella Cina e nel- l'India. Sottofamiglia. - Buteoninae (Poiane). 148. Archibuteo lagopus Gmelin. — Poiana calzata. Non conosco alcuna cattura di questa specie, accidentale per tutta l’Italia, entro i confini della Provincia romana. L’ annovero qui, sulla fede del Bonaparte che la dice rarissima ed avventizia nel Romano (Specchio comparativo dell’Ornitolozia di Roma e Fila- delfia, pag. 19). Abita le parti settentrionali dell'Europa dell’Asia e dell’America. 149. Buteo vulgaris Leach. — Poiana. Nomi dtalettali : Poiana. Comunissima, nidifica nei boschi d’alto fusto. Abita l’ Europa, spingendosi fino al 66° lat. N. e l’Asia fino al Giappone, ed in inverno fino all’India ed a Ceylan. (1) Accidentale in Italia; è alquanto più piccola della specie pre- cedente: G. LEPRI. 48 PATRIZI-MONTORO 150. Buteo desertorum Dand. — Poiana minore. Il conte Arrigoni nel suo Manuale d’Ornitologia Italiana, pag. 27, ricorda una femmina avuta da Roma, desumendone la possibilità che avesse nidificato da noi. Questa specie abita il Sud-Est. d'Europa; L nell'Europa occidentale è avventizia, ma è stata osservata in Spa- gna ed in Portogallo (1). Buteo ferox Gmelin. — Poiana a coda bianca (2). Sottofamiglia. - Milvinae (Nibbi). 151. Milvus ictinus Savigny. — Nibbio reale (3). Nomi dialettali: Nibbio, Falcone. Comunissimo, sedentario e nidificante, specialmente al piano. Abita l'Europa centrale e meridionale, è raro nella settentrio- nale e nella orientale. In inverno si trova nell’Africa settentrio- nale e nella Palestina. In Italia, come specie sedentaria è localiz- zata alla regione mediterranea ed alle Isole. 152. Milvus migrans Bodd. — Nibbio nero (4). Non molto raro, in pfimavera nidifica nei grandi boschi del littorale. Vive nell’ Europa centrale e meridionale, nell’ Asia centrale. Sverna in Africa. È rarissimo nell’Europa settentrionale. (1) Secondo il GiGLIoLI (Secondo resoconto dell’ Inchiesta Ornitolo- gica n Italia, pag. 374-375) non si tratta che di 5. vu/garis più piccola e di colorito più rossigno, la quale forma non avrebhe, al più, che un valore di sottospecie. Secondo lo stesso autore la vera 2. de- sertorum sarebbe stata colta una sola volta in Sardegna. (2) Accidentale e rara in tutta Italia. (3) In alcuni punti della campagna romana è abbondantissimo. Nelle paludi di Maccarese ne ho contati, una volta, sette, sopra la carogna di un Bufalo, e a Rota presso Tolfa, una sera ne vidi ben diciotto, che dopo un lungo roteare a grande altezza andarono ad appollaiarsi sullo stesso albero. (4) Lo direi addirittura piuttosto comune. In primavera è facile vederlo lungo i corsi d’acqua. Mi è stato assicurato che ghermisca i pesci con l’abilità di un falco pescatore. Vedi in proposito, ANGE- LINI prof. G., Sull’aumentata frequenza del Nibbio bruno in Italia ; Avicula, anno VII, num. 67-68 e 204. Soc. Zool. It., serie II, vol. IV, anno 1903, pag. 153-58. G. LEeri rr, ————romer AYIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 49 153. Pernis apivorus L. — Falco pecchiaioio. Non è raro in primavera. Il principe Francesco Chigi lo ha trovato nidificante nel suo parco all’Ariccia sui colli Laziali, cosa che, credo, accada meno raramente di quello che si suppone. Abita l'Europa e la Siberia occidentale. Sverna nell’Africa set- tentrionale. Sottofamiglia. - Falconinae (Falconi propriamente detti). 154. Hierofalco saker Gmelin. — Falcone sacro. Molto raro (1). Nella collezioue romana del Museo Zoologico Universitario, se ne conserva un magnifico esemplare femmina semi-adulta colta nella campagna romana nel 1860. Vive nell’Europa orientale meridionale, nel N. E. dell’Africa ed in Asia fino alla Cina ed all’India settentrionale. Hierofalco islandus Gmelin. — Falcone d’Islanda (2). 155. Falco Feldeggi Schl. — Lanario. Scarso ma sedentario. Ne avemmo una femmina giovane colta a Monterotondo nel luglio 1895 (3). Nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario se ne conservano due esemplari, una femmina giovane colta a Ponte Buttero il 27 ottobre 1890, ed un maschio adulto ucciso fuori Porta San Paolo il 16 mar- zo 1885 (4). Un individuo ucciso al lago di Bolsena, si conserva (1) Il Falcone sacro non è così raro in Italia quanto si credeva dapprima. Nella collezione centrale dei Vertebrati italiani in Firenze se ne conservano ben sei esemplari colti in varie località (Vedi GIGLIOLI, Secondo resoconto, ecc., pag. 386-87). Anche | ARRIGONI (Mazzale d' Ornitologia Italiana, pag. 60) dice averne avuti dodici esemplari di cui due dal Lazio. Aggiungo che questa specie sembra di passo prima- verile, quasi regolare in Calabria. (2) Localizzato all’Islanda, è incerta la sua comparsa in Italia (Vedi GIGLIOLI, Secondo resoconto, ecc., pag. 387, Nota. (3) Nidifica nell’Agro romano. Questa femmina giovane la ebbi io stesso; benchè perfettamente impennata era stata colta nel nido (Vedi la mia nota in proposito al B0o//. della Soc. Romana per studi z00l0- ogensericil*. vol. II pag. 172: (4) Vedi la mia nota succitata e prof. CARRUCCIO, Mammiferi e uccelli della provincia di Roma: Giornale Lo Spallanzani, fasc. VII-VIII, anno XXVI, G. LEPRI. 4 50 PATRIZI-MONTORO nella collezione del principe Chigi. Il prof. Giglioli ne ricorda tre esemplari colti nel Romano (Vedi Secondo resoconto, ecc., pag. 388). Abita le regioni circumediterranee. Nidifica nella Dalmazia e nel Montenegro. 156. Falco peregrinus Tunstall. — Falcone. Scarso e sedentario, nidifica nei monti, in luoghi boscosi e di- rupati. In inverno s’ incontra al piano, vicino al mare, lungo le paludi, ove dà la caccia alle Anitre, alle Pavoncelle, ecc. Ne avem- mo due belli esemplari maschi, adulto e giovane, colti in una tesa di Pavoncelle, nei piani della Furbara sottostanti ai dirupati e bo- scosi monti Ceriti. Anche nella collezione romana del Museo Uni- versitario, se ne conservano varii esemplari; è specie diffusa però mai abbondante. Abita tutta l’Europa e l'America settentrionale, nell’ inverno si spinge nell'Africa ed in Asia fino nell’India. Falco punicus Levaill Jun. — Falcone tunisino. Falco barbarus Salvin. — Falcone di Barberia. 157. Falco subbuteo L. — Lodolaio (1). Giunge in primavera, abbondante, credo nidifichi (2) sui monti avendovelo visto in tutti i mesi d’estate. Abita le parti settentrionali e centrali d’Europa e d’Asia, nel- l’inverno migra in Africa e nell'Asia meridionale. Falco Eleonorae Genè. — Falco della Regina (3). 158. Falco aesalon Tunnstalll — Smeriglio. Abbastanza comune in inverno, sono più rari gli adulti. Abita il Nord dell'Europa e dell’Asia. D'inverno migra verso il mezzodi, penetrando nell'Africa fin verso il Sudan. (1) Questa specie come tutti gli altri Falchi minori sono compresi tutti nello stesso nome volgare di Za/chetti. (2) Anni sono ne uccisi un individuo giovanissimo sui monti Le- pini, a quasi mille metri d’altezza, sul finire d’agosto. Il che mi fa- rebbe ritenere, che realmente il Falco subbuteo nidifichi talvolta da noi. (3) Localizzato sulle coste della Sardegna e di altre isole mediter- ranee, accidentalmente capita nella penisola. Il SAUNDERS ne cita un caso di cattura nel Lazio, asserzione che va accolta con riserva; G. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 5I 159. Cerchneis tinnunculus L. — Gheppio. Nomi dialettali : Falchetto di torre. Comunissimo e sedentario; non vi è nella campagna romana rudero o castello ove questa specie non nidifichi. Abita tutta l'Europa e buona parte dell'Asia, svernando nel- l’Africa e nell’India. 160. Cerchneis tinnunculoides Temm. — Grillaio. Scarso, di passo in primavera; nidifica in Provincia. Il signor Coli, tassidermista dell’Istituto Zoologico Universitario, ne ebbe i nidiacei che si conservano nella collezione romana (1). Abita il bacino mediterraneo, estendendosi in - Asia fino alla Cina ed all’India. 161. Cerchneis vespertinus L. —— Falco cuculo. Di passo primaverile, ma non sempre comune, in alcuni anni manca quasi del tutto. Nidifica nell'Europa orientale e nell'Asia occidentale. Famiglia 29° - PanpionIbaE (Falchi pescatori). 162. Pandion haliaetus L. — Falco pescatore. Nomi dialettali: Falco marino (?) (Lago di Vico). Raro. S’incontra per lo più sul finire d’inverno ed in prima- vera, lungo i maggiori corsi d’acqua e sui laghi (2). Per la no- stra raccolta ne avemmo un bell’ esemplare ucciso a Rota presso Tolfa il 1° aprile 1896. Si può dire specie cosmopolita, presen- tando delle leggere variazioni che non possono indurre ad una distinzione specifica. (1) Vedi 2o//. Soc. Zool. It., serie II?, vol I, pag. 265. Comunicaz. del prof. ANGELINI. (2) L'ho veduto spesso roteare sul lago di Vico (M. Cimino) in estate ed autunno. Non mi farebbe specie che nidifirasse nelle seco- lari faggete che circondano questo lago, il più alto della provincia (500 m. s/m). Gi. TEPRE 52 PATRIZI-MONTORO Orpine XVII. — STRIGIFORMES (Civettiformi). Famiglia 30° - BuBonipAE (Gufi). 163. Bubo ignavus Forst. — Gufo reale. Diffuso, ma non molto comune, sedentario e nidificante, tanto al piano che al monte. Frequenta i boschi ove sono molti alberi annosi o ruderi. Abita tutta la regione paleartica. 164. Scops giù Scop. — Assiolo. Nomi dialettali: Chiù. Comunissimo in primavera ed estate fino verso novembre. Qualche raro individuo sverna nei boschi vicino al mare. Abita le parti centrali e meridionali d’Europa, raramente le set- tentrionali e l’Asia occidentale; sverna nell’Africa settentrionale e centrale e nell’India. 165. Athene noctua Kaup. — Civetta (1). Nomi dialettali: Civetta. (1) Il prof. GiGLIOLI (Vedi GIGLIOLI, /nforno ad una presunta spe- cie di Athene trovata in Italia - Avicula, IV, pag. 57) harecentemente descritto col nome di A/kere Chiaradiae, una civetta avuta dal Friuli, la quale oltre ad alcune differenze nel colorito e nelle dimensioni pre- senta il singolare carattere di avere l’ iride di ur bel bruno intenso anzichè gialla (Vedi GIGLIOLI, Secondo resoconto, ecc. pag. 342). Altri autori tra cui il MARTORELLI hanno avuto altri esemplari simili dalla medesima località (Vedi MARTORELLI, Ulteriori osservazioni sull Athene Chiaradiae — Atti Soc. It. Sc. Nat., volume XL. pag. 325) e li hanno considerati come una singolare varietà della comune Ci- vetta. Il prof. GIGLIOLI invece lo ritiene un vero e proprio caso di Neogenesi (Secondo resoconto, ecc. pag. 342), ossia come un caso. di formazione di nuova specie, fenomeno, del resto, che è stato riscon- trato, come riferisce il GIGLIOLI stesso, dallo ScOTT in varie specie di uccelli Nord-Americani; e che certamente deve verificarsi ed. essersi verificato in tutte le forme animali. Solo mi sorprende come possano sorgere tanti dubbi sulla constatazione pratica di un fatto, che tutti ammettono in teoria, sopratutto quando questa constatazione vien fatta in modo così chiaro. In ogni modo sarà bene che cacciatori e dilettanti ornitologi, tengano a mente questo caso interessante per vedere se anche in al- tre località accadesse loro incontrare Civette con occhi neri. G. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 53 Comunissima e sedentaria in città come in campagna, nei ca- solari, ruderi, più di raro nei boschi. Vive in tuttta l'Europa centrale e meridionale. Glaucidium passerinum Boie — Civetta nana (1). 166. Asto 0tus L. — Gufo comune. Nomi dialettali: Gufo di bosco. Sedentario nei boschi, al piano ed al monte. Abita tutta la regione paleartica. 167. Asio accipitrinus Pallas. — Gufo di palude. Nomi dialettali: Barbagianni d’acqua. Sedentario. Abbondantissimo all’epoca del doppio passo spe- cialmente in prossimità delle paludi littoranee. E uccello quasi cosmopolita. 168. Syrnium aluco L. — Allocco. Nomi dialettali : Patalocco. Comunissimo e sedentario nei boschi; è comune la varietà rossigna. Syrnium uralense Boie. — Allocco degli Urali. 169. Nyctala Tengmalmi Gmelin. — Civetta capogrosso. Nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario si conserva un esemplare di questa specie proveniente dall’antica col- lezione Lizzani. Ho i miei dubbi sulla provenienza veramente ro- mana di questa specie, che vive localizzata nelle Alpi e che fa solo delle rare ed accidentali escursioni nelle regioni limitrofe. Famiglia 31° - STRIGIDAE (Strigi). 170. Strix flammea L. — Barbagianni. Nomi dialettali: Barbagianni. Comunissimo e sedentario tanto in città che in campagna. Si trova in quasi tutto il mondo, ma e soggetto a numerose varietà locali. (1) Questa graziosa Civetta non è più grossa di un Frosone. Vive localizzata nelle Alpi orientali ed è rarissima altrove. G. LEPRI. ty la gr 00 DL dii COR _ hi LI . 47 y 54 PATRIZI-MONTORO Orpine XVII. — CORACIIFORMES (Coraciformi). SOTTORDINE. — CORACIAE (Coracie). Famiglia 32° - Coracupar (Ghiandaie marine). 171. Coracias garrula L. — Ghiandaia marina. Nomi dialettali: Pica marina. Comunissimo in primavera ed estate. Nidifica nei vecchi fab- bricati e ruderi sparsi per la campagna. In estate si spinge fino alla Svezia e Norvegia, nell'inverno fino al Capo di Buona Spe- ranza ed all’India occidentale. Famiglia 33° - ALCEDINIDAE (Alcedini). 172. Alcedo ispida L. — Martin pescatore. Nomi dialettali: Uccel S. Maria, Uccello della Madonna. Comune e sedentario, lungo tutti i corsi d’acqua e nelle paludi. Abita tutta l'Europa e gran parte dell'Asia, fino al Giappone. SOTTORDINE. — UPUPAE (Upupe). Famiglia 34° - UPuPIDAE (Upupidi). 173. Upupa epops L. — Upupa. Nomi dialettali: Upupa. | Comune in primavera ed estate, giunge a volte fino dai primi di marzo, e riparte in settembre. Abita tutta l'Europa, fino alla Scandinavia, e l'Asia fino al Giappone. SOTTORDINE. — MEROPES (Meropi). Famiglia 35° - MEROPIDAF (Gruccioni). 174. Merops apiaster L. — Gruccione. Nomi dialettali: Graulo. Comune in estate, giunge in aprile e maggio, nidifica lungo le ripe scoscese e sabbiose dei fiumi, o sui fianchi delle colline. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 55 Vive nell’Europa meridionale ed in parte della centrale, è raro ed accidentale nella settentrionale. Si estende fino all’Asia centrale e nell'inverno migra nell’Africa e nell’India Nord-occidentale. 175. Merops persicus Pallas. — Gruccione egiziano. Questa specie dell’Africa e dell'Asia centrale, è rarissima e di comparsa accidentale in Italia. Ho ragione di credere che un esem- plare venisse preso anni sono da alcuni pescatori di S. Marinella presso Civitavecchia, avendomene un mio amico, che lo vide, fatto una descrizione esattissima; in ogni modo lo registro con ogni riserva. SOTTORDINE. — CAPRIMULGI (Caprimulgi). Famiglia 36° - CAPRIMULGIDAE (Succiacapre). 176. Caprimulgus europaeus L. —- Succiacapre. Nomi dialettali: Portaquaglie, Uccella pazza (Castro), Funaro (Frosinone), Arrotaforbice (Viterbo). Comunissimo in primavera ed in estate, specialmente in col- lina; nei boschi nidifica. Abita tutta l'Europa fino alla Scandinavia, la Siberia fino al lago Baikal, e l'Asia occidentale. Caprimulgus ruficollis Temm. — Succiacapre dal collo rosso. Caprimulgus aegyptius Licht. — Succiacapre isabellino. Caprimulgus astaticus Lath. — Succiacapre asiatico (1). SOTTORDINE. — CYPSELI (Cipseli). Famiglia 37° - CypseLIDAE (Rondoni). 177: Cypselus apus L. — Rondone. Nomi dialettali: Rondone. Giunge in gran numero in maggio e aprile. Nidifica su pei tetti dei fabbricati tanto in città che in campagna, scompare verso (1) Queste tre specie sono rarissime ed accidentali in Italia. Il primo si distingue per un largo collare, rosso ruggine, cingente il collo ; il seconde per il colorito generale isabellino. G. LEPRI. 56 PATRIZI-MONTORO la fine di luglio, se ne rivede qualcuno verso la fine d’ agosto o i primi di secnibré, che ripassa senza fermarsi. Abita tutta la regione paleartica fino al 70° di lat. Nord. Sverna nell'Africa meridionale e nell’India. Gypselus pallidus Shelley, — Rondone chiaro (1). 178. Cypselus melba L. — Rondone alpino. Nomi dialettali: Rondone marino. Scarso in primavera lungo il littorale (2). Abita l'Europa meridionale spingendosi ad Oriente fino al Turkestan. Sverna nell’India e nell'Africa settentrionale. 179. Cypselus affinis Gray & Hardev. — Rondone indiano (3). Nella collezione centrale dei Vertebrati italiani nel R. Museo di Firenze si conserva un individuo adulto di questa specie colto presso Roma il 6 luglio 1890. È specie rarissimo ed accidentale in Italia. Abita l’Africa, eccetto l'Algeria, l’India, Ceylan, (Vedi Salva- dori Il Cypselus affinis iu Liguria, Annali del Museo Civico di Genova, serie II*, vol. IX, e Arrigoni Manuale di Ornitologia Ita- liana, pag. 143). Orpine XIX. — COCCYGIFORMES (Cuculiformi). SorroRDINE. — CUCULI (Cuculi). Famiglia 38° - CucutipAE (Cuculidi). 180. Cuculus canorus L. — Cuculo. Nomi dialettali: Cuccù. Estivo e nidificante. Molto numeroso nei boschi di collina. (I) Facile a confondersi con la specie comune, è un poco più pic- colo, di colorito più chiaro con il bianco della gola più netto. (2) Lo direi addirittura raro, ma credo ciò dipenda dal fatto che lungo il nostro littorale non trova località adatte per nidificare, ossia, rupi scoscese e grandi scogliere. (3) Si distingue dal Rondone comune per avere il mento, la gola ed il groppone di color bianco, e la coda poco forcuta (Vedi GT- GLIOLI, Secondo resoconto, ecc. pag. 294). G. LEPRIV/N 57 AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA Abita l’intera regione paleartica, spingendosi al Nord fin oltre il Circolo artico. Nell'inverno migra nell’ Africa meridionale, nel- l’India, e attraverso la regione Malese giunge fino all’Australia. 181. Coccystes glandarius L. — Cuculo dal ciuffo (1). Accidentale. Il senatore conte Guido Falconieri di Carpegna ne uccise uno nell’aprile del 1872 a Porto presso Fiumicino. Si conserva nel Museo Zoologico Universitario. È specie dell’ Africa settentrionale che raramente giunge in Europa, con |’ eccezione della Spagna ove è comune. Coccyzus americanus L. — Cuculo americano. Coccyzus erythrophtalmus Wilson. — Cuculo americano dagli occhi rossi (2). Orpine XX. — PICIFORMES (Picchiformi). Famiglia 39° - PICIDAE (Picchi). 182. Gecinus viridis LL — Picchio verde. Nomi dialettali: Picchio cardinale. Molto comune e sedentario nei boschi, dal piano al monte. Abit oPburopa-fino cal 63%lat: Nord; ‘è raro"in Sicilia é manca in Sardegna ed a Malta. Gecinus canus Gmelin. Picchio cenerino. 183. Dendrocopus maior L. -—- Picchio rosso maggiore. Comune specialmente sulle colline e sui monti ove è nidificante. : Abita l'Europa dal Mediterraneo al 70° lat. Nord e la Siberia meridionale fino alla Corea ed al Giappone. 184. Dendrocopus medius L. — Picchio rosso mezzano. Meno comune della specie precedente ma non raro. È seden- tario ed ha le stesse abitudini della specie precedente (Vedi Bollet- tino Soc. Zool. It., serie I, vol. V. Comunicazione del prof. Angelini). (1) Questa bella specie si distingue a prima vista, per il ciuffo di piume erettili che porta sul capo, (2) Ambedue rarissimi in Italia e di comparsa accidentale. Si di- stinguono per le dimensioni minori di quelle del Cuculo comune e pel colorito bruno rossigno uniforme. G. LEPRI, 58 PATRIZI-MONTORO em 1m1+{ _ qq .[————‘__‘_e‘""eoeoc ec__———_— _ _t_1_10 10m___TT,--.-.;..i Vive nell’Europa continentale e nell'Asia minore fino alla Persia occidentale. Dendrocopus leuconotus Bechst. — Picchio rosso a dorso bianco (1). 185. Dendrocopus Lilfordi Sharpe. — Picchio dalmatino. Un esemplare di questa specie fu colta presso Ardea nel novem- bre 1902 ed ora fa parte della collezione del principe Francesco Chigi. Questa specie vive nella penisola Balcanica, nelle Isole Ionie e nell'Asia minore. È raro ed accidentale in tutta Italia. 186. Deudrocopus minor L. — Picchio rosso minore. Nomi dialettali: Picchietto. Comune, sopratutto nei boschi di quercia, in collina; d’inverno sembra scendere al piano in maggior numero. Abita l'Europa e la Siberia meridionale, spingendosi fino al Giappone. Si trova anche alle Azzorre e nell’Algeria. Picoides tridactylus L. — Picchio tridattilo (2). 187. Picus martius L. — Picchio nero. Nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario, esistono due esemplari di questa specie provenienti dall’antica col- lezione Lezzani. Lo stesso compianto marchese Lezzani mi assi- curò averle avute dalle Paludi Pontine e precisamente dalle Macchie di Cisterna. Anche il Bonaparte nel suo Specchio comparativo dell’ Avifauna di Roma e Filadelfia, pag. 22, lo nota come rarissimo in inverno. Sembra anche che non sia raro nelle alte foreste della Calabria (3). (1) Rarissimo in Italia. Si distingue per la grande estensione del bianco sul dorso. (2) Limitato alle Alpi orientali ove è scarso; si distingue per avere solo tre dita e le penne dell’occipite gialle. (3) Credo che questa bella specie non viva più nella nostra Pro- vincia in seguito al disastroso diboscamento dei monti, sopratutto nella sua parte meridionale. Gli esemplari avuti dal marchese LEz- zANI, alle Paludi Pontine, doveano essere discesi dai monti circo- stanti (M. Lepini) in quei tempi ricoperti da foreste estesissime, ora quasi per intero nudi e brulli. Per quante informazioni abbia chiesto nessuno dei cacciatori delle Paludi Pontine, mi ha saputo dir nulla intorno al Picchio nero. G:EEPRI AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 59 Vive nell’Europa centrale e settentrionale e nell’Asia setten- trionale fino al Giappone. Famiglia 40° - Ivincipae (Torcicolli). 188. Iynx torquilla L. — Torcicollo. Nomi dialettali - Formichiere. Estivo e nidificante; giunge in primavera e riparte in autunno inoltrato. Però l’ho trovato diverse volte in inverno e perciò po- trebbe dirsi sedentario (1). Vive in quasi tutta la regiane paleartica, svernando in Africa fino al Senegal e nell’India. i Orpine XXI. — PASSERIFORMES (Passeracei). Famiglia 41° - HiRUNDINIDAE (Rondini). 189. Hirundo rustica L. — Rondine. Nomi dialettali : Rondinella, Forcinella (2). Giunge in primavera, spesso assai presto. Nidifica anch’ essa nei luoghi abitati, ma in minor numero del Balestruccio, e mai in comune con esso. Abita l'Europa e l’Asia fino allo Jenissei. Sverna nell’Africa, nell’India, nella Cina e nelle Filippine. Hirundo rufula Temm. — Rondine rossiccia (3). 190. Chelidon urbica L. — Balestruccio. Nomi dialettali: Rondinella. Giunge abbondante in primavera e riparte in autunno inoltrato. Frequenta in gran numero le città e le borgate. (1) Io lo ritengo addirittura sedentario e non ràro in inverno, ma non da per tutto. Così alle Paludi Pontine, la grande stazione d’ in- verno di tante specie, l’ho visto più volte. (2) Le prime sogliono comparire nelle paludi littoranee, talvolta ai primi di marzo ed anche agli ultimi di febbraio. Di casi di Rondini vedute in inverno, né ho segtito parlare anche nel Romano, ma credo che si tratti di individui appartenenti: alla B70/s rupestris. (3) E specie rara in Italia, benchè sia stata colta quasi da per tutto. Si distingue per il color rosso ruggine alla nuca e sul groppone. G. LEPRI, 60 PATRIZI-MONTORO Abita d’estate l'Europa e l'Asia occidentale, sverna nell’Africa al Sud dell’Abissinia e nell’India Nord-occidentale. 191. Biblis rupestris Scop. — Rondine montana. Nomi dialettali: Rondine vernareccia. Localizzata in colonie sui monti. Durante l’inverno nei giorni di cattivo tempo sembra che si ritiri nelle grotte e nelle fenditure delle rocce, poichè non si vede che nelle belle giornate (1). Abita l'Europa meridionale e le regioni circumediterranee, PA- frica Nord-orientale; la Palestina spingendosi oltre il Caucaso, all’Hymalaya, ed alla Cina. è 192. Cotyle riparia L. — Topino. Nomi dialettali : Mosconcino. Giunge molto presto in primavera e riparte in autunno. È molto abbondante e nidificante. Vive nei luoghi paludosi e lungo i corsi d’acqua. Depone le uova in fondo a piccoli cuniculi oriz- zontali lunghi da 50-90 cent. che scava sulle coste sabbiose o sulle ripe dei fiumi. Abita tanto la regione paleartica che la neoartica, svernando nell'Africa, nell’India e nel Brasile. Famiglia 42° - MuscicaPIDAE (Pigliamosche). 193. Muscicapa grisola L. — Pigliamosche. Nomi dialettali: Pigliamosche. Comunissima in estate al piano ed al monte, e nidificante. Abita l’Europa e l’Asia occidentale fino all’Amur. Sverna nel- l'Africa e nell’India Nord-occidentale. 194. Muscicapa atricapilla L. — Balia nera. Piuttosto comune in primavera sulla spiaggia del mare, ma non si ferma e prosegue il suo viaggio verso i monti, ove però (1) Durante i forti freddi, scende al piano, fino alle rive del mare, così l’ho vista in gennaio alle Paludi Pontine. Sui monti l’ho osser. . vata a Subiaco, a Veroli, sulla Sc nprevisa, la cima più alta dei M. Lepini. GACEPRIÙ AYIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 61 non è accertato che nidifichi; ripassa in autunno. Ebbi un individuo maschio adulto che ora si trova nella collezione romana del Musco Zoologico Universitario, con due o tre penne bianche sulla parte posteriore del collo; che sia un caso d’ ibridismo tra questa e la specie seguente? Questa specie vive in. Furopa, spingendosi molto al Nord, verso Ponente fino al Mar Nero, e verso Occidente fino alle Ca- narie. Sverna nell’Africa. 195. Muscicapa collaris Bechst. — Balia dal collare. Meno frequente della specie precedente della quale ha le abi- tudini e la distribuzione geografica; questa un poco più ristretta non spingendosi tanto al Nord nell’estate, e nell'inverno non ol- trepassando l'Africa settentrionale. Erythrosterna parva Bechst. — Pigliamosche pettirosso (1). Famiglia 42° - TimeLupae (Timeliidi). 196. Panurus biarmicus L. — Basettino (2). Localizzato nelle paludi littoranee, non s'incontra da pertutto. Abita l’Europa e la Siberia meridionale. Famiglia 43° - TrogLopyTIDAE (Scriccioli). 197. Troglodytes parvulus Koch. — Scriciolo. Nomi dialettali :- Sbucafratte. Comunissimo e’ sedentario. In inverno si vede anche entro città; in primavera ritorna ai boschi della collina e della monta- gna. Abita l'Europa, l'Africa settentrionale e l'Asia occidentale. (I ) Rarissimo. Si distingue dagli altri Pigliamosche, pel petto giallo aranciato sì da ricordare il Pettirosso. (2) Lo ritengo non comune e molto localizzato, cosicchè è poco conosciuto. Non l’ho mai visto nelle estese paludi di Maccarese. Nel dicembre 1907, ne incontrai una piccola colonia presso il lago di Fogliano alle Paludi Pontine. G. LEPRI. 62 PATRIZI-MONTORO Famiglia 44° - CincLipae (Cincli). 198. Cinclus merula Schiffer. — Merlo acquaiolo. Nomi dialettali: Merlo d’acqua. Abbastanza comune lungo i corsi d’acqua, in montagna (1). Abita la Spagna meridionale, l’ Italia, la Grecia, l’Algeria. Il prof. Giglioli nel suo Primo resoconto dei risultati dell’Inchiesta Or- nitologica in Italia a pag. 251, dice di aver ricevuto un esemplare della forma Melanogaster, dai dintorni di Roma nel dicembre 1886, forma che egli non considera specificatamente diversa dal C. merula (2). 45° Famiglia - TurbIpAE (Turdidi). Sottofamiglia - Turdinae (Tordi p. d.). 199. Turdus musicus L. — Tordo. Nomi dialettali: Tordo. Abbondantissimo nell’epoca del passo, sverna in gran numero nei piani, sopratutto nelle boscaglie del littorale; ben pochi, anzi pochissimi si fermano a nidificare sui monti più alti. Abita la regione paleartica, verso Oriente sino al lago Baikal. Sverna nell’Europa meridionale, nell’Africa settentrionale, nel- l'Asia minore. 200. Turdus iliacus L. — Tordo sassello. Nomi dialettali: Rosciolo, Maluizzo. Meno numeroso della specie precedente, giunge più tardi. Ni- difica nella regione paleartica, presso il circolo Artico. Sverna nel- l'Europa occidentale e meridionale, in piccol numero nell'Africa settentrionale e nell’Asia ceritrale. 201. Turdus viscivorus L. — Tordela. Nomi dialettali: Tordicia, Calandra. Sedentaria e nidificante nei monti; nell’inverno scende al piano, ma non in gran numero. Molte ne passano insieme ai tordi nel. l’autunno. (1) Negli inverni molto freddi, qualcuno scende al piano. (2) Si distingue per le dimensioni un poco minori e per il color nero anzichè bruno-marrone del ventre. G. IogPRI AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 63 \ Abita l'Europa e l'Asia settentrionale non estendendosi oltre il lago Baikal. Sverna principalmente nell’ Europa meridionale, nell'Africa settentrionale. 202. Turdus pilaris L. — Cesena. Nomi dialettali: Tordicia marina. Giunge d’inverno sui monti, e scende al piano durante i freddi ma non è molto comune (1). Nidifica nell'Europa settentrionale e nella Siberia. Syerna nel- l'Europa meridionale, nell'Africa settentrionale, nel Turkestan nel Caschemir. 203. Turdus obscurus Gmel. — Tordo oscuro. Rarissimo ed accidentale in Italia. Nella collezione dei Verte- brati italiani, nel R. Museo di Firenze, si conserva un esemplare di questa specie colto presso Roma. nel dicembre 1879 (Vedi Gi- glioli, Avifauna italica, pag. 95) (2). Turdus fuscatus Pall. — Cesena fosca. Turdus Naumanni Temm. — Cesena di Naumann. 204. Turdus atrigularis Temm. — Tordo golanera. . Rarissimo ed accidentale. Un maschio giovane ucciso a Campo Salino di Castel Porziano il 25 gennaio 1898, si conserva nella collezione romana del Museo Zoologica Universitario. Abita l’Asia centrale. 205. Turdus varius Palll — Tordo dorato. Accidentale e molto raro in tutta Italia. Nel Museo Zoologico Universitario se ne conservano due esemplari colti nel Romano. Uno avuto nell’inverno del 1870 dal compianto marchese Lezzani (1) Nemmeno sui monti è molto comune, in alcuni anni non si fa vedere affatto, al piano poi è rarissimo, solo se ne vede qualcuno quando il freddo incalza. (2) Somiglia molto al Sassello, si distingue principalmente per avere la gola, il petto, e i fianchi di una tinta ocraceo-brunastra uniforme. G. LEPRI. 64 PATRIZI-MONTORO ed un maschio adulto catturato a Tor S. Lorenzo il 15 novem- bre 1889. | Vive questa specie nella Siberia orientale, nel Giappone, nella Cina meridionale ed alle Filippine (1). Turdus Swatnsoni Cab. — Tordo americano. Turdus Pallasi Cab. — Tordo nano (2). 206. Merula nigra Leach. — Merlo. Nomi dialettali: Merla. . Abbondantissimo e nidificante nei boschi di collina e di mon- tagna, nell'inverno scende al piano. Moltissimi ne giungono in autunno e ripartono in marzo (3). Abita tutta l’Europa e parte dell'Asia fino alla Persia. Emigra parzialmente ed i migratori svernano nell’ Europa meridionale € nell'Africa settentrionale. 207. Merula torquata L. — Merlo dal collare. Nomi dialettali: Merlo schiavone. Comparisce di rado ed irregolarmente, nel tardo autunno. Abita tutta l'Europa, giungendo in inverno nella meridionale e nell’Africa settentrionale. 208. Merula alpestris Brehm. — Merlo dal collare meridionale. Forse meno rara della specie precedente; capita durante l’inverno. Abita le regioni alpine dell'Europa centrale e meridionale donde scende al basso durante l'inverno, compiendo però delle migra- zioni più ristrette di quelle della M. torquata. Nelle Alpi italiane è comune e nidificante. Raramente nidifica sull'Appennino. (1) Il prof. GieLiIoLI (Secondo resoconto, ecc., pag. 154), registra con le debite riserve la cattura in Italia di un altro Tordo dorato, il Tordo dorato indiano. (2) Questi due graziosissimi e rarissimi Tordi americani si distin- guono principalmente per le loro piccole dimensioni che sono poco maggiori di quelle di una lodola. (3) In alcuni inverni, tra i merli di passo sono abbastanza comuni le femmine con le parti inferiori color rosso mattone (var. Montana). G.. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 65 209. Montycola cyanus L. — Passera solitaria. Nomi dialettali: Passero solitario. Comune e sedentaria anche in città. Anche in campagna pre- dilige stare ove sono ruderi o fabbricati. Abita l’Europa meridionale estendendosi in Asia fino alla Cina occidentale, sverna nell'Africa fino all’Abissinia, nell’ India, nella Birmania, nella Cina meridionale. 210. Monticola saxatilis LL — Codirossone. Nomi dialettali: "Tordo marino. Specie estiva e comune sui monti a preferenza su quelli brulli e rocciosi. Abita l'Europa centrale e meridionale, la Persia, il Turkestan, la Siberia meridionale. Sverna nell'Africa settentrionale, nell’India e nella Birmania. Sottofamiglia. - SAXICOLINAE (Sassicole). 211. Pratincola rubicola L. — Saltinpalo. Nomi dialettali :- Saltacardo. Comunissimo e sedentario. Nidifica principalmente in collina ed in montagna. Abita l'Europa, l'Africa settentrionale, Asia minore. 212. Pratincula rubetra L. — Stiaccino. Nomi dialettali: (Viene confusa con la specie precedente). Comune al passo primaverile ed all’autunnale. Non ho potuto verificare se nidifica sui nostri monti (1). Ciò avviene su quelli dell'Alta Italia. Abita tutta l’Europa e l’Africa settentrionale, ove sverna. (1) L’ ho trovato nidificante sul M. Cimino ; ne ho rinvenuto un nido con otto uova, verdognole. Gir LEPRI, 5 66 PATRIZI-MONTORO 213. Saxicola oenanthe L. — Culbianco. Nomi dialettali: Culobianco, Codetta. Comune, estiva e nidificante sui monti. Abita tutta la regione paleartica e sverna nell’Africa e nel- l’India. 214. Saxicola stapazina L. — Monachella. Abbastanza comune in primavera, ma non abbondante. Nidi- fica sui monti. Abita l'Europa meridionale e l'Africa settentrionale, l'Asia mi- nore, la Persia. Nell'inverno si spinge fino all’Africa centrale. 215. Saxicola occidentalis Salvad. — Monachella a gola nera. Piuttosto rara in primavera; entra da mare in aprile e maggio con le congeneri. Nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario se ne conserva un esemplare colto il 18 aprile 1887. Vive nell'Europa meridionale occidentale. 216. Saxicola melanoleuca Guldst. — Monachella bianca e nera (1): Un esemplare di questa specie - proveniente dall’ antica. colle- zione Lezzani si conserva nella collezione romana del Museo Zoo- logico Universitario. Questa specie è indicata come propria del- l'Europa orientale, dell’Africa settentrionale orientale, dell'Asia mi- nore e della Persia. (Riguardo alla distribuzione geografica di que- sta specie e della precedente su cui regna una certa confusione, vedi Boll. Soc. Zool. It., serie I°, vol. VII, pag. 50. Comunicazione del prof. Angelini. Saxicola leucomela Pall. — Monachella a dorso nero. « Saxricola leucura Gmelin. — Monachella nera. Saxicola leucopya Brehm. — Monachella a testa bianca. Saxicola deserti Ripp. — Monachella del deserto. (1) Alcuni autori (MARTORELLI, Gli uccelli d'Italia, p. 529), con- siderano questa specie quasi come una varietà orientale della specie precedente. Il GIGLIOLI però (Secondo Resoconto, ecc., pag. 128), la ritiene ben distinta da essa. G. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 67 Sottofamiglia. - RUTICILLINAE (Codirossi). 217. Cyanecula Wolf Brehm. — Pettazzurro. Scarso in primavera nei luoghi paludosi, ripassa in settembre ma allora è ancora più scarso. Ne avemmo uno colto a Macca- rese nel marzo, con l’azzurro del petto molto esteso ma senza alcuna macchia bianca. Abita l'Europa centrale ed occidentale, sverna nell’Africa set- tentrionale e nella Palestina. Cvanecula suecica L. — Pettazzurro orientale (1). Calliope kamtschalkensis Gmel. — Calliope. Tarsiger cvanurus Pall. — Codazzurro. 218. Ruticilla phoenicurus L. — Codirosso comune. Nomi dialettali: Codirosso comune. Comune in primavera, nidifica sui monti; molti però sono di doppio passo. Abita tutta la regione paleartica, verso Oriente fino allo Ie- nissei. Sverna nell’ Africa e nella Persia. 219. Ruticilla titys Scop. — Codirosso spazzacamino. Abbastanza comune sui monti durante la buona stagione nel- l’inverno scende in pianura e non pochi emigrano verso mezzo- giorno. È specie dell'Europa centrale e meridionale. Nell'inverno si trova anche in Africa settentrionale. Ruticilla nigra Giglioli. — Codirosso nero (2). 220. Erithacus rubecula L. — Pettirosso. Nomi dialettali : Pettirosso. Sedentario e nidificante sui monti (3); giunge in gran numero (1) Si distingue dal comune Pettazzurro per avere la macchia posta in mezzo all’azzurro del petto o fulva o fulva marginata di bianco. E’ molto più raro in Italia della specie precedente. (2) Intorno a questa nuova specie di Codirosso avuta dal prof. GiI- GLIOLI dalla Sardegna, e che potrebbe rappresentare un altro caso di neogenesi, come è avvenuto per l' Affeze chiaradiae, vedi GIGLIOLI, Secondo Resoconto, ecc., pag. 166. (3) Nidifica anche in collina; ne ho trovato i giovani, in luglio, a S. Martino al Cimino, ad appena 500 s/m. G. LEPRI. 68 PATRIZI-MONTORO in fine di settembre ed in ottobre ed è specie invernale, comunis- simo anche in pianura. | Abita la regione paleartica occidentale, migrando parzialmente nell’Europa meridionale, nell'Africa settentrionale, nella Palestina e nel Turkestan occidentale. 221: Luscinia vera Lund. — Usignolo. Nomi dialettali : Rossignolo. Comunissimo in estate e nidificante (1). Abita l'Europa ad Occidente della Russia ed a Mezzodi della Scandinavia; sverna in Africa. Luscinia philomela Bechst. — Usignolo maggiore. Famiglia 46° - SyLvupaE (Silvie). Sottofamiglia. - Silviinae (Silvie propriamente dette). 222. Silvia hortensis Bechst. — Beccafico (2). Nomi dialettali - Beccafico. Comune al passo autunnale, scarso in quello primaverile; non credo che nidifichi in provincia. Abita l’Europa, la Persia occidentale, l'Asia minore e l’Atfrica. 223. Silvia atricapilla L. — Capinera. Sedentaria comune e nidificante. Si trova molto numerosa du- rante l’inverno. Ha su per giù la stessa distribuzione della specie precedente, non oltrepassando, verso Sud, l'Africa settentrionale. 224. Silvia curruca L. — Bigiarella. Non molto comune in primavera. Abita in tutta l’Europa e sverna in Africa. (1) È dei primi a giungere, talvolta se ne vedono fin dagli ultimi di febbraio. (2) Col nome dialettale di Zeccafico, s° intendono, nel Romano, quasi tutte le Silvie propriamente dette. F. LEPRI, ice n AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 69 225. Silvia orphaea Temm. — Bigia grossa. Non rara d’estate in collina. (Vedi Bonaparte, Specchio compa: rativo, ecc., Appendice). Abita l’Europa centrale e meridionale, l'Africa settentrionale e l’Asia minore. 226. Silvia nisoria Bechst. — Bigia padovana. Molto rara. Nella collezione romana del Museo Zoologico Uni- versitario, ne esistono due esemplari, acquistati l'uno sul mercato il 24 novembre 1888, e proveniente l’ altro dalla collezione Lezzani. Abita l'Europa centrale, meridionale ed orientale, e sverna in Africa. 227. Silvia cinerea Bechst. — Sterpazzola. Comune in estate e nidificante, sopratutto in collina nei luoghi cespugliosi. Abita quasi tutta la regione paleartica. 228. Silvia conspicillata Lamarm. — Sterpazzola di Sardegna. Piuttosto rara. Alquanto più comune nei dintorni di Civita- vecchia in primavera ed estate. Nella collezione romana del Museo Universitario ve ne sono tre esemplari, uno dei quali lo avemmo a Furbara l’rI maggio 1892. Abita il bacino mediterraneo, estendendosi fin verso la Persia. 229. Silvia subalpina Bonelli. — Sterpazzolina. Comune, estiva e nidificante; in primavera s’incontra nelle bo- scaglie littoranee. Abita il bacino mediterraneo. Silvia nana Hemp. e Haremb. — Sterpazzola nana. 230. Silvia melanocephala Gmelin. — Occhiocotto. Sedentario, comune e nidificante, più specialmente nelle bo- scaglie sempre verdi, vicino al mare. Abita il bacino mediterraneo. Silvia Ruppelli Temm. — Silvia del Ruppell. 70 PATRIZI-MONTORO 231. Silvia undata Saunders. — Magnanina. Scarsa e sedentaria (1) nei boschi littoranei, ha la stessa di- stribuzione della specie precedente. Silvia Sarda Lawarm. — Magnanina sarda. 232. Philloscopus sibilator Salvad. -— Luì verde (2). Molti ne arrivano in primavera, credo che qualcuno nidifichi sui monti; è più scarso al passo autunnale. Abita tutta l'Europa e sverna nell'Africa settentrionale. 233. Philloscopus trochilus L. — Lui grosso. Comune, estivo, e nidificante sui monti ed in collina. Abita l'Europa e l’Asia fino allo Jenissei, sverna nella Persia e nell'Africa. 234. Philloscopus collybista Vieilll — Lui piccolo. Nidifica nei boschi di montagna e nell’inverno scende al piano. Abita l' Europa, l'Africa fino all’Abissinia, l’Asia minore, la Persia. 235. Philloscopus Bonelli Vieill — Luì bianco. Mi sembra che questa sia la specie meno comune del genere. Giunge in primavera, nidifica sui monti e riparte in autunno. Abita l'Europa occidentale e meridionale, la Palestina e l'Africa ove sverna. Philloscopus superciliosus Gmelin. — Luì forestiero. Philloscopus tristis Blyth. — Luì siberiano (3). 236. Hypolais icterina Vieilll — Canepino maggiore. Comune al passo primaverile. Abita l'Europa e sverna in Africa. “ (1) Piuttosto che rara, la credo difficile ad osservare, preferendo essa le boscaglie sempre verdi che abbondano lungo il littorale. L'ho trovata abbastanza comune in estate sul M. Cimino. (2) A Roma si dà il nome volgare di .Sbwcafratte a tutti i Luì, nome che viene dato anche allo Scricciolo (7Yog/odytes parvulus). (3) Specie rarissima e di accidentale comparsa in Italia. G. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA va 237. Hypolais poliglotta Vieilll — Canepino. Lo ritengo abbastanza raro; ha le stesse abitudini della specie precedente con cui facilmente si confonde. Il principe Chigi l’ha osservata nidificante sui monti Albani. Abita l’Europa meridionale e l'Algeria. Hypolais olivetorum Strick. — Canepino degli uliveti. Hypolais pallida Hempr. et Heremb. — Canepino pallido. Hypolais opaca Licht. — Canepino opaco (1). 238. Acrocephalus arundinaceus L. — Cannareccione. Scarso in primavera e nell'inverno (2) tra le cannuccie delle pa- ludi, ove è difficile scorgerlo, essendo diffidentissimo. Nidifica nel- l'Europa temperata e sverna in Africa. 239. Acrocephalus streperus Vieilll — Cannaiola. Non rara in primavera nei luoghi paludosi. Nidifica nell’ Eu- ropa meridionale e nell'Asia centrale fino alla Persia. Sverna in Africa. Acrocephalus palustris Bechst. — Cannaiola verdognola. 240. Potamodus luscinioides Savi. — Salciaiola. Non ho mai osservato questa specie, che pure sono. certo si debba*trovare' tra le specie estive (3). Abita l’Europa temperata, la Palestina e l'Africa settentrionale. 241. Locustella naevia Bodd. — Forapaglie macchiettato (1). 242. Calamodus schoenebenus L. — Forapaglie. Estivo e comune tra le cannuccie degli stagni. Nidifica in tutta l'Europa e nella Siberia fino allo Jenissei, sverna in Africa. (1) L’ho trovato in estate, abbastanza comune tra le cannuccie che. circondano il lago di Vico sui monti Cimini a 500 m. s/m. Ritengo certamente che vi nidifichi, avendone ucciso ‘uno giovanissimo ai primi d’agosto. (2) L’ho trovata una sola volta lungo il lago di Vico. (3) L'ho rinvenuto abbastanza comune, in estate alle Paludi Pon- tine presso il lago di Fogliano. G.SEEPERE 72 PATRIZI-MONTORO 243. Calamodus aquaticus Gmelin. — Pagliarolo. Estivo, si trova ordinariamente in palude, però in primavera all’epoca del passo, l’ho trovato anche pei prati lungo il mare, lontano da qualsiasi palude. Nidifica nell’Europa temperata, sverna in Africa. 244. Lusciniola melanopogon Temm. — Forapaglie castagnolo. Sedentario ed abbastanza comune in palude ; in varie parti d’I- talia è scarso. Abita tutta la regione circumediterranea e la Persia, nell’ in- verno si estende fino all’India settentrionale. 245. Cettia Cettii Lamarm. — Usignolo di fiume. Comunissimo e sedentario in palude e lungo i corsi d’ acqua ove sta nascosto tra le canne ed i cespugli, emettendo quel suo caratteristico canto così forte ed armonioso. Abita l’Europa meridionale, l’Africa settentrionale, verso Oriente si estende fino al Turkestan. 246. Aédon galactodes Temm. — Rosignolo d’Africa. Accidentale e rarissimo in Italia. Nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario se ne conserva un individuo pro- veniente dalla collezione Lezzani, con la sola indicaziane di Prov. di Roma (Vedi Arrigoni, Atlante Ornitologico, pag. 218). Abita la Spagna, il Portogallo, l'Africa settentrionale. Aedon familiaris Menetr. — Rosignolo levantino. Sottofamiglia. - Cisticolinae (Cisticole). 247. Cisticola cursitans Franklin. — Beccamoschino. Sedentario e comunissimo, nidifica anche molto tardi, a volte. sul finir dell’estate (Angelini). Abita l’Europa meridionale, la Cina, il Giappone e l’Arcipe- lago malese. 4 AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 73 Sottofamiglia. - Accentoritmae (Passere scopaiole). 248. Accentor modularis L. — Passera scopaiola. Nomi dialettali: Scoparola, Frattarola. Molto numerosa durante l’inverno. Qualcuna nidifica sui monti dell’Italia settentrionale. Abita l'Europa e l'Asia minore. Accentor montanellus Pall. — Passera scopaiola asiatica. 249. Accentor collaris Scop. — Sordone. Sedentario sugli alti monti della Provincia romana (1) negli inverni molto rigidi scende accidentalmente in pianura. Nella collezione romana del Museo Universitario se ne con- servano quattro esemplari uccisi rispettivamente, a Sonnino (2) 17 maggio 1895, a. Tor Vaianica il 28 aprile 1893 e 20 feb- braro1991, a:S. Marinella “in riva «al ‘mare 11 ‘7 gennaio 1893. Quest'ultimo lo avemmo per la nostra collezione. Abita le montagne dell’ Europa centrale e meridionale, del Caucaso e della Persia settentrionale. Famiglia 47° - AMPELIDAE (Beccofrusoni). 250. Ampelis garrulus L. — Beccofrusone. Avventizio. Rarissimamente capita nell’ Italia centrale e meri- dionale. Nell’inverno 1903-04 ve ne fu una vera invasione nel- l’Italia settentrionale ove ne furono uccisi moltissimi (3). Un individuo proveniente dall’Antica collezione Lezzani e quindi proba- bilmente ucciso in Provincia romana si conserva nel Museo Zoo- logico Universitario. Nidifica nelle foreste di conifere preso il Cerchio Artico. Nell'inverno va vagando verso Sud. (1) Anche sui monti non è comune ; nidifica a quanto mi è stato recentemente assicurato nei boschi di faggio. (2) Vedi GiGLIOLI, Secondo Resoconto, ecc., pag. 272. (3) Vedi GIGLIOLI, Secondo Resoconto, ecc., pag. 272. G. LEPRI, 74 PATRIZI-MONTORO Famiglia 48° - LanupaE (Averle). 251. Lanius excubitor L. — Averla maggiore. Nomi dialettali: Gastrica forestiera. Piuttosto rara ed invernale. Nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario se ne conservano tre esemplari colti in febbraio e marzo. Altri due li avemmo per la nostra collezione in gennaio. Nidifica nell’ Europa settentrionale. e sverna nella meri- dionale. 252. Lanius meridionalis Temm. — Averla forestiera. Rarissimo e accidentale. Il prof. Giglioli nella sua Avifauna italica, a pag. 73 cita un maschio preso a Roma il 18 novem- bre 1884. È uccello stazionario nel mezzodì della Francia, della Spagna e del Portogallo. Lanius algeriensis Less. — Averla algerina. 253. Lanius minor Gmelin. — Averla cenerina. Nomi dialettali: Gastrica palombina. Comune d’estate e nidificante. Giunge in primavera. e si trat- tiene qualche giorno presso il mare, riunita in branchetti (1). Abita l’ Europa centrale e meridionale e |’ Asia occidentale. Sverna in Africa. 254. Lanius collurio L. — Averla piccola. Nomi dialettali: Gastrica. Comunissima in estate, giunge in maggio e aprile, nidifica tanto al piano che in collina e sui monti. Abita l’Europa centrale e meridionale, meno la Spagna, verso Oriente si estende fino al Turkestan, sverna in Africa. (1) Credo che rimanga a nidificare nei piani vicini al mare. Non l’ho mai osservato nè in collina ne in montagna. G. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 75 255. Lanius auriculatus Mill. — Averla capirossa. Nomi dialettali: Gastrica caporossa. Comune in estate, e nidificante. Avemmo per la nostra colle- zione un individuo in completo abito giovanile (1) ucciso presso Roma sul fine di novembre. Ha su per giù la stessa distribu- zione della specie precedente. Famiglia 49° - PaRrIDAE (Cincie). 256. Parus maior L. — Cinciallegra. Nomi dialettali: Caponera, Capocecia. Comune, sedentaria e nidificante per tutto, specialmente in collina. Abita l’Europa, verso Nord, sino alla Lapponia, la Siberia, l’Asia minore, l'Africa settentrionale. 257. Parus coeruleus. — Cinciarella. Nomi dialettali: Capocecia. Comune e sedentaria, specialmente in collina, donde in in- verno scende al piano. Abita l’Europa, l'Asia minore, la Persia. 258. Parus ater L. — Cincia mora. Nomi dialettali: Caponera. Scarsa in pianura ove scende negli inverni rigidi, più comune in collina. Dubito che nidifichi sui nostri monti, mancandovi i luoghi adatti, cioè i boschi di conifere. Abita bEnropa sino al 65° lat. Nord, la Siberta, l'Asia centrale, e l'Asia minore. E rara nell’Isole Brittanniche ove vive una specie affine. 259. Parus palustris L. — Cincia bigia. Piuttosto comune nell’inverno. Nidifica sui monti. (1) Anche questa specie è scarsa in collina ed in montagna, men- tre abbonda al piano. L’individuo giovane di cui parla l'Autore, pro- veniva certamente da qualche covata molta tardiva. G. LEPRI, 76 PATRIZI-MONTORO Abita l'Europa dalla Scandinavia al Mediterraneo, la Siberia al Sud del Circolo Artico, la Cina settentrionale, il Giappone, l’Asia minore, formando nei diversi paesi del suo habitat delle varietà che io ritengo discutibili. Parus borealis Selis Longch. — Cincia boreale. Parus lugubris Natt. — Cincia dalmatina. Lophophanes cristatus L. — Cincia col ciuffo (1), Acredula rosea Blyth. — Codibugnolo roseo (2). Acredula caudata L. — Codibugnolo a testa bianca. 260. Acredula Irbyi Sharpe et Dresser. — Codibugnolo grigio. Nomi dialettali: Occhio di bove, Schiattaculo. Comune e gregaria d’inverno, nidifica in collina e sui monti. Abita tutta l'Europa meridionale. Acredula sicula Witak. — Codibugnolo siciliano. 261. Aegithalus pendulinus L. — Pendolino. Non abbondante e localizzato nei luoghi adatti, nella. nostra provincia. Sembra essere specie estiva non avendolo mai incon- trato in inverno. Nidifica vicino all'acqua nei cannucceti. Abita l'Europa meridionale e l’Asia centrale, fino alla Cina ed al Giappone. Famiglia 50* - ReGuLIDAE (Reguli). 262. Regulus cristatus Koch. — ‘Regolo. Nomi dialettali: Re d’uccelli. | Invernale e comune specialmente nelle boscaglie di ginepri. presso il mare. Nidifica sui monti ma in scarso numero. Molti ne. sopraggiungono dal Nord in autunno. \ (1) Localizzata alle Alpi; è caratterizzata dall’ avere un vistoso ciuffo erettile sul capo. (2) Questa e la specie seguente sembrano mancare nella Provincia romana, però alcuni Codibugnoli che ho osservato nel Lazio sem- brano quasi essere forme intermedie tra VA. Irbvi e VA. rosea. La rosea e la caudata sono dell’Italia scttentrionale. G--LEPRI; AVIFAUNA: DELLA PROVINCIA DI ROMA 707 Abita l'Europa sino al Circolo Artico, l'Africa settentrionale e l'Asia settentrionale fino all’Amur. 263. Regulus ignicapillus Brehm. — Fiorrancino. Nomi dialettali: Re d’uccelli. Meno abbondante della specie precedente di cui ha le mede- sime abitudini. Abita l'Europa, l’Asia minore, l’Africa Nord-occidentale. Famiglia 51° - SITTIDAE (Sitte). 264. Sitta caesia Wolf. — Picchio muratore. Nomi dialettali: Picchietto. Comune e sedentario specialmente nei boschi di collina e di montagna. Abita quasi tutta l'Europa, l’Africa settentrionale e l'Asia mi- nore fino alla Persia. Sttta Whiteheadi Sharpe. — Picchio muratore corso. Famiglia 52° - CertHUDAE (Rampichini). 265: Certhia brachydactyla Brehm. — Rampichino. Nomi dialettali: Picchio rampichino. Comune e sedentario. Abita Europa temperata, l'Algeria, l'Asia occidentale. 266. Certhia familiaris L. — Rampichino alpestre. Ne esiste una femmina nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario, uccisa nei ditorni di Roma 1° 8 gen- naio 1889. È stazionario sulle Alpi e forse nelle parti più elevate dell’Appennino. Abita l'Europa e forse parte dell'Asia Nord-occidentale. 267. Tichodroma muraria L. — Picchio muraiolo. Sedentario, ma scarso sui monti ove frequenta i punti più rocciosi e scoscesi. Durante l’inverno, in seguito a forti freddi, 78 PATRIZI-MONTORO scende al piano, ma molto di rado, capitando anche entro città. Mi è stato detto che sia stato colto sulla cupola di S. Pietro. Ne avemmo due da Subiaco nell'inverno 1899. Abita l'Europa centrale e meridionale, l’Asia minore e centrale tino alla Cina. Famiglia 53° - MoracitLIpAE (Cutrettole). 268. Motacilla alba L. — Ballerina. Nomi dialettali: Codetta. Comune, sedentaria e nidificante, è anche di doppio passaggio. Abita l'Europa, l'Africa settentrionale, l’Asia minore. 269. Motacilla lugubris Temm. — Ballerina nera. Il Bonaparte la cita come rarissima ed avventizia. (Vedi Bo- naparte, Specchio comparativo, ecc., Appendice). Abita l'Inghilterra, l’Europa occidentale e l’Africa Nord-occi- dentale. 270. Motacilla sulphurea Bechst. — Ballerina gialla. Nomi dialettali: Codetta gialla. Sedentaria e nidificante sui monti. Nell’inverno scende al.piano. Abita la regione paleartica occidentale; emigra parzialmente nell’Atrica settentrionale. 271. Budytes flavus L. -- Cutrettola gialla. Nomi dialettali: Cuzzi (1). Di passo primaverile ed autunnale, non credo nidifichi da noi. Abita l'Europa e sverna nell’Africa. 272. Budytes borealis Sund. — Cutrettola boreale. Questa specie che andrebbe piuttosto considerata come una forma della precedente, è di passo regolare da noi. Nel suo habitat si spinge più al Nord della specie precedente. (1) Questo nome si applica a tutte le specie del genere, che capi- tano nelle nostre campagne. G. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 79 273. Budytes cinereocapillus Savi. — Cutrettola capo cenerino. Li Estiva e nidificante; è la specie più comune del genere, almeno pelticazio: Abita le regioni circumediterranee, svernando nell'Africa. 274. Budytes Feldeggi Michaell. — Cutrettola capinera. Capita accidentalmente. Ne ho visto un esemplare nella colle- zione del principe Aldobrandini a Frascati. Del resto può essere che questa come altre specie di Budytes, capitino da noi più spesso di quel che non si creda, non essendo sempre facile distinguerle, sopratutto negli abiti giovanili, a meno di aver l’ occhio abituato a simili osservazioni. > Abita l'Europa meridionale-orientale, l'Asia centrale, l’ India e l’Africa settentrionale. Budytes paradoxus Brehm. —- Cutrettola capinera a sopracciglio bianco (1). Budytes campestris Pall. — Cutrettola a testa gialla. Budytes citreola Pall. — Cutrettola a testa gialla orientale. 275. Anthus trivialis L. — Pispolone. Nomi dialettali : Tordina, Uvarella. Giunge in primavera, nidifica sui monti e ripassa in gran nu- mero nell’autunno (2). Qualche raro individuo sverna da noi; ne avemmo uno il 12 gennaio 1896. Abita l’Europa e l’Asia occidentale, sverna nell’Africa setten- trionale. 276. Anthus pratensis L. — Pispola. Nomi dialettali : Babbusso. Abbondantissimo nell’inverno; parecchi nidificano sui monti. Abita tutta l'Europa; in inverno giunge nell'Africa settentrio- nale e nell’Asia minore. (1) Questa e le due seguenti sono rare ed accidentali in Italia. (2) Appare più numeroso in autunno perchè allora si ferma e si trattiene a lungo nei nostri piani. Al passo primaverile è addirittura raro, perchè passa senza fermarsi. G. LEPRI. 80 PATRIZI-MONTORO 277. Anthus spinoletta L. — Spioncello. Nomi dialettali: Spioncello. Comune sedentario e nidificante in montagna, l’inverno scende al piano. Molti ne giungono in primavera e ripartono in autunno. Abita la regione paleartica occidentale; sverna nell'Africa set- tentrionale. 278. Anthus cervinus Pall. — Pispola golarossa. Scarso in primavera nei prati lungo il mare. Ne ho visti dei branchetti di tre o quattro individuo presso Furbara, ove ne ho ucciso più d’ uno (1 DL Abita la regione paleartica dall’Atlantico al Pacifico, però è rara ad Occidente di: Urali. Sverna nell’Africa. 279. Anthus campestris L. — Calandro. Nomi dialettali : Spioncello. Estivo e comune, qualche individuo sverna nei piani. Abita l’Europa, l’Asia minore, la Palestina. Sverna nell'Africa” 280. Anthus Richardi Vieilll — Calandro forestiero. Raro. Ne avemmo due esemplari colti a Pontegalera nel set- tembre 1899, ed ora fanno parte, insieme alla nostra raccolta, della collezione romana del Museo Zoologico Universitario. È specie comùne nella Siberia e nella Cina, sverna nell'India e nel- l'Africa. Famiglia 54° - ALaupIDAE (Allodole). 281. Alauda arvensis L. — Lodola. Nomi dialettali : Lodola. Sedentaria comune e nidificante. Abbondantissima al passo autunnale, un poco meno a quello primaverile. Non è rara una varietà melanica di color caffè intenso, e di, dimensioni un poco minori. (Vedi Arrigoni, Atlante Ornitologico) (2). ; Abita tutta la regione paleartica. (1) Si riconosce facilmente pel suo verso che somiglia, anzichè a quello della Pispola a quello del Pispolone, ma più acuto e sottile. (2) Di queste Lodole melaniche da varii anni non mi è più rie- scito vederne. G. LEPRI. P AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA SI S 282. Lullula arborea L. — Tottavilla. Nomi dialettali - Tuttuvilla, Tituilla, Mozzetta, Covarello. Comune e sedentario in collina, invernale al piano; è anche “di doppio passaggio. Abita la regione paleartica occidentale, e verso Oriente arriva fino alla Persia. 283. Galerita cristata L. — Cappellaccia. Nomi dialettali: Lodola cappelluta, Lodola merdarola. Comune sedentaria e nidificante. Abita tutta l’Europa; forme affini abitano l'Asia e PAfrica. 284. Calandrella brachydactila Leisl. — Calandrella. Nomi dialettali : Calandrino. Comune estiva e nidificante. Arriva in maggio in piccoli branchi. Abita l'Europa meridionale, l'Africa settentrionale, la Persia, la Siberia occidentale e l'India. Calandrella pispoletta Pall. — Pispoletta. Calandrella minor Gigli. — Calandrella pispoletta minore. 285. Melanocorypha calandra L. — Calandra. Nomi dialetlali : Calandrone. Comunissima e sedentaria in pianura. Abita le regioni circumediterranee. 286. Melanocorypha sibirica Gmelin. — Calandra siberiana. Rarissima ed accidentale. Ne avemmo un maschio adulto, il primo segnalato in provincia (1), colto a Malagrotta presso Roma, il 22 gennaio 1896. Vive nell’Europa orientale e nell’Asia centrale. Melanocorypha veltoniensis Forst. — Calandra nera (2). Otocorys alpestris L. — Lodola gola gialla. Ammomanes deserti Licht. — Lodola del deserto. Ammomanes cinctura Gould. — Lodola del deserto minore. Alaemon alaudipes Desf. — Lodola becco curvo. Certhilanda Duponti Vieill. — Lodola del Dupont. (1) La M. Sibirica è stata colta in Italia sette o ot‘o volte soltanto. (2) Questa e le cinque specie diverse sono di accidentalissima comparsa in Italia. G. LEPRI. 6 82 PATRIZI-MONTORO » Famiglia 55° - FrincILLIDAE (Fringille). Sottofamiglia. - Emberizinae (Zigoli). 287. Emberiza citrinella L. — Zigolo giallo. Nomi dialettali : Zivolo. (Lo stesso nome vien dato a tutte le specie del genere). Non troppo comune in inverno al piano. Nidifica in scarso. numero sui monti. Abita l’Europa e l'Asia occidentale fino al Turkestan. 288. Emberiza cirlus L. — Zigolo nero. Molto più comune della specie precedente, nidifica anch’ esso sui monti. Molti ne passano in autunno, e svernano da noi. Abita l’Europa centrale e settentrionale, l'Asia minore e Africa settentrionale. 289. Emberiza hortulana L. — Ortolano. Raro al passo primaverile (1); abbastanza comune sui monti in estate. Ne avemmo un individuo ucciso sulla spiaggia di Fur- bara il 6 magg-o 1905. Abita |} Europa; verso Oriente si estende fino all’Asia centrale, sverna nell'Africa settentrionale e nell’India occidentale. 290. Emberiza cia L. — Zigolo muciatto. Comune in inverno specialmente in collina; credo nidifichi sul monti. Abita l'Europa centrale e meridionale ce l'Asia occidentale. Sverna nell'Africa settentrionale. 291. Emberiza caesia Cretsch. — Ortolano grigio. Raro ed accidentale. Un maschio fu ucciso il 2 maggio, 1893 dal marchese Sacchetti a S. Marinella, presso Civitavecchia, e do- (1) Raro, perchè non suole fermarsi sulle spiaggie del mare, come fanno molte altre specie, ma prosegue direttamente pei monti ove ni- difica. Anche sui monti non è mai molto abbondante. Tra le specie estive è uno dei primi a partire. G. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 83 nato al Museo Zoologico Universitario (Boll. Soc. Zool. It., serie I* vol. 4. Comunicazione del conte di Carpegna). Questa specie abita l’Europa orientale meridionale, l'Asia mi- nore, la Palestina, donde emigra nell’Africa orientale settentrionale. bl Emberiza leucocephala Gmelin. — Zigolo golarossa (1). 292. Emberiza rustica Palll — Zigolo boschereccio. Rarissimo ed accidentale. Un individuo di questa specie fu colto al Paretaio del marchese Sacchetti sui colli Parioli presso Roma ai primi di novembre del 1887 ed ora fa parte della colle- zione ornitologica del principe Aldobrandini a Frascati. (Vedi BolleSo-#ZoolIr-serie E vol L'pag. 17, Comunicazione deliconte di Carpegna). Nidifica nella Siberia e nell'Europa orientale e set- tentiionale. Sverna nella Cina e nell’India. 293. Emberiza pusilla Pall — Zigolo minore (2). Raro ed accidentale. Un individuo fu colto al medesimo Pare- taio. Sacchetti nell’ottobre 1892 e lo avemmo per la nostra colle- zione sedi Bolle Soc Zool It, sese ovol.IL: pag.117). Occor- rono molte osservazioni sulla rarità di questa specie essendo fa- cile confonderlo con alcuni individui della seguente comune specie. L’E. pusilla nidifica nella Siberia e sverna nella Cina e nell’India. 294. Emberiza schoeniclus L. — Migliarino. Nomi dialettali : Zivolo d’acqua. Comune e stazionario nelle paludi, è anche di doppio passo. Questa specie è variabilissima specialmente nella forma del becco, che in alcuni individui si avvicina assai a quella della specie seguente. Abita l'Europa e la Siberia occidentale. (1) Raro assai ed accidentale per tutta l’Italia. (2) Si distingue dall’ £. Schoezic/us specialmente per la parte su- periore della testa più chiara e più rossastra, e per le dimensioni minori. Però siccome anche tra i Migliarini, si trovano spesso indi- vidui a testa molto chiara, e con dimensioni minori del normale, non sempre la distinzione è facile. i Gi! LEPRI. 84 PATRIZI-MONTORO 295. Emberiza palustris Savi. — Passera di palude (1). Comune nei cannucceti delle paludi. Ha le stesse abitudini della specie precedente. Abita l'Europa occidentale-meridionale. 296. Miliaria proier P. L. S. Muller. — Strillozzo. Nomi dialettali - Strigliozzo. Comunissimo al piano e nidificante da maggio a luglio. Abita le parti centrali e meridionali della regione paleartica. Ne avemmo un individuo perfettamente albino il 9 gennaio 1894. 297. Euspiza melanocephala Scop. — Zigolo capinero. Raro. Due esemplari maschio e femmina dell’antica collezione Lezzani, fanno ora parte della collezione romana, nel Museo Zoo- logico Universitario. Per lo più capita in primavera. Un individuo fu ucciso nel maggio 1885 sulla spiaggia del mare a Furbara, ed un secondo nella stessa località nel maggio 1894 (2). È comune durante l’ e- state nell’ Europa meridionale, nell'Asia minore e nella Persia. Sverna nell’India settentrionale. Euspiza aureola Pall. — Zigolo dal collare. Euspiza luteola Sparr. — Zigolo dalla testa aranciata. Calcarius lapponicus L. — Zigolo di Lapponia (3). 298. Plectrophenax nivalis L. — Zigolo della neve. Raro negli inverni rigidi. Le catture di questa specie, che io sappia avvenute in Provincia, sono: un individuo adulto colto presso (1) La Passera di palude ha il becco tozzo e gonfio; spesso s’in- contrano individui aventi il becco molto simile a quello dell’ £. sc4oezi- clus : probabilmente trattasi di ibridi tra le due specie. Nell’Europa occidentale-meridionale si trova l’ £. pirr/u/oides Pall. affinissima ma con le parti superiori più biancheggianti. n (2) Questo bel Zigolo si distingue per le dimensioni molto mag- giori di quelle degli Zigoli soliti, per avere tutta la testa nera, le parti inferiori di un bel giallo vivo e le parti superiori marrone-rossastre ; la femmina è di un bruno castagno uniforme. (3) Non so che questa specie sia stata mai osservata nel Lazio, ma nel rimanente d’Italia, specialmente nella settentrionale, è stata uccisa molte volte e non può dirsi specie rara. G. LEPRI. e rt cir n II Au n”nh.n,,,_-._-,r,rLTima AVIRAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 85 Paliano nel dicembre 1857 ed avuto dal marchese Lezzani ed ora conservato nel Museo Zoologico Universitario; un altro fu ucciso nel novembre 1892 nei dintorni di Roma, ed un terzo femmina adulta bellissima colta a Tor San Lorenzo presso Anzio, lo avemmo il 5 gennaio 1893. Nidifica nelle terre circumpolari donde emigra in autunno. Sottofamiglia - Fringillinae (Fringuelli propriamente detti). 299. Passer italiae Vicillot. — Passera d’Italia. Nomi dialettali: Passero. Comunissimo e sedentario ovunque. Nidifica e dimora nei luo- ghi abitati ed i giovani si riuniscono, nell’estate, in grossi branchi che vagano per le campagne. Questa specie è propria dell’Italia ove tiene il posto del P. do- mesticus, che abita il resto dell'Europa e gran parte dell’ Asia (1). Passer salicicola Vieill. — Passera sarda. 300. Passer montanus L. — Passera mattugia. Nomi dialettali : Passero matusino. Comune e sedentario. Nidifica sui monti e nell’inverno scende * al piano. Molti ne giungono in autunno dal Nord. Questa specie abita quasi tutta la regione paleartica. 301. Petronia stulta Gmelin. — Passera lagia. Nomi dialettali: Passero montanaro. Abbondantissimo al passo autunnale, molti svernano. Non so se nidifichi sui monti della Provincia romana. Abita l’Europa centrale e meridionale, l'Africa settentrionale e l’Asia fino alla Siberia orientale. (1).Il Passer domesticus si distingue per avere il pileo, ossia la parte superiore della testa di un grigio plumbeo, anzichè marrone, come è nel Passero italiano; però è facile incontrare individui inter- medii che fanno pensare ad un frequente ibridismo tra le due specie. G-IEPRI 86 PATRIZI-MONTORO 302. Fringilla coelebs L. -— Fringuello. Nomi dialettali - Fringuello. Invernale ed abbondantissimo, molti però nidificano nei boschi di collina e di montagna. Nella collezione del principe Aldobran- dini a Frascati si conservano due esemplari maschio e femmina ibridi di questa specie con la seguente, colti al Paretaio dei marchesi Sacchetti, vicino Roma, nell’ottobre 1889. (Vedi Bol/. Soc. Zool. It., serie I*, vol. I pag. 17, e vedi anche Lo Spallanzani, anno XXIX, fasc NILE: It Fringilla spodiogenys Bp. — Fringuello tunisino (1). 303. Fringilla montifringilla L. — Peppola. Nomi dialettali: Fringuello montanaro. Invernale e molto scarso; in taluni anni manca affatto; passa in autunno inoltrato, più tardi della specie precedente. Abita tutta la regione paleartica dall’Atlantico al Pacifico. 304. Montifringilla nivalis L. — Fringuello alpino. Sedentario sui più alti monti della Provincia. Ne avemmo un individuo ucciso il 18 ottobre 1892 sul M. Passeggio (circonda- rio di Frosinone, altezza m. 2060 s/m) (2). Nella collezione ro- mana del Museo Zoologico Universitario, si conservano due esem- . b) . . : . plari dell'antica collezione Lezzani. Abita le montagne dell'Europa centrale e meridionale. 305. Carduelis elegans Sleph. — Cardello. Nomi dialettali : Cardello. Sedentario e molto comune, è anche di doppio passaggio. Abita la regione paleartica occidentale. (1) Vedi GIGLIOLI, Secondo resoconto ecc., pag. 26. (2) L'ho osservato sul M. Passegglo ove era abbastanza comune, ma soltanto nelle estreme vette; volava a branchetti, emettendo un fischio corto e tremolante ben differente dal consueto verso del Frin- guello comune. G. LEPRI. . I] = no dll ia AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 87 306. Chrysomitris spinus L. — Lucarino. Nomi dialettali: Lecora. Di passo autunnale ma irregolare; abbondante in taluni anni, in altri manca completamente. Suol dirsi dai nostri cacciatori di reti che questa specie passi ogni sette anni. Quando passa, molti svernano. Abita le parti temperate della regione paleartica. 307. Chloroptila citrinella. — Venturone. Raro ed accidentale. Un esemplare proveniente dalla collezione Lezzani si conserva nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario. Un altro individuo femmina preso alla reti fuori Porta Cavalleggeri, il 3 febbraio 1898, fu tenuto vivo dal sena- tore conte Falconieri di Carpegna. (Vedi Boll. Soc. Zool. It., serie I°, voleN pag 21): Abita l’Europa centrale e meridionale, pare che non si estenda verso Oriente. Chloroptila corsicana Kònig. — Venturone meridionale. 308. Cannabina linota Gmelin. — Montanello. Nomi dialettali: Fanello. Invernale e comunissimo; non pochi nidificano sui monti. Molti ne passano in autunno. Abita la regione paleartica occidentale; in Africa si estende fino all’Abissinia, in Asia fino al Turkestan. Cannabina flavirostris L. — Montanello nordico. 309. Aegiothus linaria L. — Organetto. Nomi dialettali :- Fanello gentile (Bonaparte). Un esemplare di questa specie, portante l’ indicazione « Pro- vincia di Roma » e proveniente dalla collezione Lezzani, si con- serva nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario. Il Bonaparte nel suo Specchio comparativo, ecc., lo dice rarissimo ed avventizio... passante irregolarmente in piccoli branchi nell’ au- 88 PATRIZI-MONTORO tunno (1) Certo è però che da varii anninon ne è stata segnalata alcuna cattura. Il fatto di avere un nome dialettale ricordato dal Bonaparte, farebbe ritenere che ai suoi tempi questa specie non fosse poi tanto rara, mentre ora è rarissima. Questo fatto che è stato constatato anche per altre specie può forse attribuirsi a mu- tamenti climatologici o cambiamenti nelle condizioni dei luoghi, ecc. È specie circumpolare, nidificante al limite della regione arborea. Scende nell’inverno nell’Europa centrale e meridionale, nell'Asia settentrionale e centrale, nell’America fino agli Stati Uniti ser- tentrionali. Aegiothus rufescens Vieill. — Organetto minore. 310. Serinus hortolanus Koch. — Verzellino. Nomi dialettali :- Verzellino. Sedentario e nidificante. Molti ne arrivano per svernare. Abita la parte meridionale della regione paleartica occidentale. 311. Pyrrbula europaea Vieillot. — Ciuffolotto. Nomi dialettali : Fringuello marino. Invernale e comune, non sempre abbondante. Qualcuno nidi- fica sui monti ove sono boschi di faggi (2). Abita tutta l'Europa e nell’ inverno scende fino all’Africa set tentrionale (3). Erythrospiza githaginea Lecht. — Trombettiere. (1) Non so dove il Bonaparte abbia trovato il nome dialettale di una specie ch'egli stesso dice rarissima ed avventizia. Da molti anni questa specie non si è fatta vedere da noi, e tutti gli autori dicono che quei che irregolarmente ed a lunghi intervalli passano le Alpi, so- gliono fermarsi nelle Provincie settentrionali dell’Italia. Non credo sia il caso di pensare a mutamenti climatologici, diboscamenti, ecc., fe- nomeni che avrebbero dovuto influire anche sulle molte specie affini. (2) Nell’estate del 1907 ne rinvenni una colonia che aveva nidi- ficato nelle annose faggete che rivestono le vette del M. Cimino a 1000 m. s/m; non vidi che individui giovanissimi, (3) Alcuni autori (vedi GIGLIOLI, Secondo Resoconto, ecc., pag. 54) distinguono la /. 7rxbicilla Pall. di maggiori dimensioni e di habzfa? più settentrionale. GoiLEBri AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 89 312. Carpodacus erythrinus Pall. -- Ciuffolotto scarlatto. Accidentale e raro. Ne avemmo un maschio giovane colto presso Veroli (circondario di Frosinone) il 5 ottobre 1892; un altro esemplare fu colto nel Paretaio del marchese Sacchetti alle porte di Roma nell’ottobre del 1895. Da un disegno fatto a colori, sul posto, sembra che si trattasse di un individuo in perfetto abito d’adulto; disgraziatamente l'interessante esemplare riuscì a fuggire dalla gabbia in cui era stato rinchiuso (1). (Vedi Boll. Soc. Zool. lesse vol IV pas. 290). Nidifica nella Russia settentrionale e nella Siberia, sverna nel- l’Asia centrale e nell’India. F accidentale in Europa. 313. Loxia recurvirostra L. — Crociere. Nomi dialettali : Crocibecco. Scarso e di comparsa irregolarissima, capita in tutte le stagioni. Ricordo cinque catture avvenute presso Roma nell’ agosto 1892. Preferisce le località ove sono conifere. Vive in tutta la regione paleartica. Loxia bifasciata Brehm. — Crociere fasciato. Loxia pitvopsittacus Bechst — Crociere delle pinete. Pinicola enucleator L. — Ciuffolotto delle pinete. 314. Coccothraustes vulgaris Pall. — Frosone. Nomi dialettali : Frocione. Invernale ma non sempre abbondante; è probabile che qualche coppia rimanga a nidificare nei boschi di montagna (2). Abita la regione paleartica. 315. Ligurinus chloris L. — Verdone. Nomi dialettali : Verdone. Sedentario e nidificante specialmente in collina; passa nume- roso in autunno. Abita la regione paleaftica occidentale. (1) Sarebbe stato il primo esemplare in abito adulto (rosso) cattu- rato in Italia. (2) Mi consta che quasi tutti gli anni varie coppie nidificano nei boschi del Cimino. 90 PATRIZI-MONTORO Famiglia 57° - OrIoLIDAF (Rigogoli). 316. Oriolus galbula L. — Rigogolo. Nomi dialettali : Graulo gentile, Giallone. Comune in estate, giunge in aprile e maggio e riparte in au- tunno. Nidifica specialmente in collina e montagna. Abita l'Europa centrale e meridionale e l'Asia occidentale fino al Turkestan. Sverna nell’Africa. Famiglia 58° - STURNIDAE (Storni). 317. Sturnus vulgaris L. — Storno. Nomi dialettali : Storno, Comunissimo, giunge in branchi sterminati nell’ottobre e ri- parte in marzo, parecchi rimangono per nidificare (1). Abita l'Europa e l'Asia. fino alle sorgenti dell’Amur, sverna nell'Africa settentrionale-occidentale. 318. Sturnus unicolor Lamarmora. — Storno nero. Il Bonaparte nella sua Iconografia della Fauna d’Italia ne cita una femmina di questa specie colta in un branchetto di Storni comuni, presso Roma nel febbraio 1837. ÎÈ specie comune in Sar- degna, donde raramente e accidentalmente capita sul continente. Vive anche in Spagna e Portogallo. 319. Pastor roseus L. — Storno roseo. Nomi dialettali :- Storno marino. Raro ed irregolare nelle sue comparse. Ne avemmo un ma- schio giovane ucciso il 4 dicembre 1895 a Tor S. Lorenzo; un giovane ed un adulto si conservano nella collezione Aldobrandini a Frascati, ed un adulto si conserva nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario. Nidifica abitualmente nell'Asia occidentale e sverna nell’India. (1) Ne ho trovata una numerosissima colonia nidificante nei boschi che circondano il lago di Vico sul M. Cimino. Mi fu asserito che ponevano il nido nei buchi di quegli annosissimi faggi, special- mente in quelli fatti dai Picchi. Ma ne ho visto anche il nido allo scoperto, e molto grossolano. G. LEPRI, \ AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA gi Famiglia 59° - CORVIDAE (Corvi). 320. Corvus corax L. — Corvo imperiale. Nomi dialettali: Corvo grosso, Corvo di montagna. Sedentario e comune su tutti i monti della Provincia. Vive ordinariamente isolato o a coppie o a piccoli branchetti, composti di giovani (1). Raramente durante l’inverno scende al piano. È diffuso in quasi tutta la regione paleartica e neoartica. Corvus tingitanus Irby. — Corvo imperiale africano. Corvus corone L.: — Cornacchia nera (2). 321. Corvus cornix L. — Cornacchia cenerina. Nomi dialettali : Cornacchione. Comune e sedentaria, s’ incontra di solito isolata o in piccoli branchi di pochi individui. Abita l’Europa, l’Asia occidentale, l'Asia minore, l'Egitto. 322. Corvus frugilesus L. — Corvo. Nomi dialettali : Corvo. Invernale e comunissimo, arriva in grandi branchi nell’ottobre arrecando gravi danni ai seminati, riparte verso la fine di marzo. Nei paesi del Lazio meridionale la sua carne è molto apprezzata. Abita l’Europa e l’Asia occidentale. Sverna nell’ Europa meri- dionale, nell'Asia minore e centrale, nell'Africa setrentrionaie. 323. Colaeus monedula E. — Taccola. Nomi dialettali : Cornacchia, Cornacchiola. Comunissima e sedentaria anche dentro città e nei dintorni ove sono ruderi e grandi fabbricati. Molti si rivolgono la notte a dor- mire sui grandi alberi delle ville circostanti a Roma. Abita l'Europa, l'Asia occidentale, l'Africa settantrionale. (1) È specialmente abbondante nei monti della Ciociaria (Frosi- none, Alatri, Veroli) e sui M. Lepini. (2) Limitata all’Italia settentrionale capita raramente nell’Italia cen- trale ; non so di alcuna cattura nel Lazio. G. LEPRI. 92 PATRIZI-MONTORO 324. Nucifraga caryocatactes L. — Nocciolaia. Rarissimo ed accidentale sui monti della Provincia romana. Ne avemmo un esemplare colto presso Acquapendente nel dicem- bre 1895, un altro esemplare di questa specie si trova in una pic- cola raccolta ornitologica nell'Abbazia di S. Paolo fuori le mura, raccolta formata con uccelli uccisi nei dintorni; però essendo morto il chiarissimo P. Giannuzzi dilettante di Scienze Naturali ed abile preparatore di quella raccolta non mi. fu. possibile avere notizie più precise in proposito. Del resto non è da recar mera- viglia che la Nocciolaia, propria delle Alpi, capiti sui nostri monti. Dal primo resoconto dell’Inchiesta Ornitologica in Italia, apparisce catturata in quasi tutte le Provincie più o meno vicine, così nel Casentino (Beni), nel Senese (Dei), nelle Marche (Carpegna), nella Campania (Monticelli), nelle Calabrie (Moschella), ecc. Questa specie abita le montagne dell'Europa, della Siberia, dell'Asia centrale. 325. Pica rustica Scop. — Gazza. Nomi dialettali: Gaggia. Comune e sedentaria al piano, più scarsa in collina. Ne avemmo un esemplare in perfetto abito isabellino ucciso a Maccarese il 5 feb- braio 1890. Il giorno dopo cacciando nella medesima località ne . vedemmo altri due individui di cui uno isabellino, l’altro perfetta- mente albino ; certamente appartenevano alla medesima covata. Abita tutta la regione paleartica e l'America settentrionale. 326. Garrulus glandarius Pall. — Ghiandaia. Nomi dialettali - Pica, Ghiandatola. Comune e sedentaria ai monti ed in collina, nell’inverno scende ai boschi dal piano (1). | Abita tutta l'Europa tranne la parte meridionale-orientale ove vivono specie aflini. _—______——__———_- —» (1) Non si avvicina mai molto al mare e sembra rituggire dai luoghi umidi, così non l’ho mai osservata nelle boscaglie paludose del littorale. G. LEPRI. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 93 327. Pyrrhocorax graculus L. — Gracchio corallino. Nomi dialettali: Ciavola. Sedentario sui monti più alti ove frequenta i punti più diru- pati ed inaccessibili. Raramente, nell’inverno in seguito a forti ne- vicate discende verso il piano. Ne avemmo un esemplare da Veroli nel gennaio 1891 (1), ed un altro ne ebbe da Mandela nel dicembre 1890 il principe Chigi. Un terzo esemplare pure ucciso sui monti del Lazio si trovava gia nella collezione romana del Museo Universitario. Questa spe- cie vive sulle alte montagne della parte meridionale di tutta la re- gione paleartica, si trova fino all’Hymalaya. 328. Phyrrbocorax alpinus Vieilll — Gracchio. Nella collezione romana del Museo Zoologico Universitario se ne conserva un esemplare ucciso 1'8 novembre 1888 ad Anguillara Sabazia fsulilago:diBracciafio,, (Vedi Boll. Soc. Zool. It; serie. I°, vol. II, pag. 158. Comunicazione del prof. comm. A. Carruccio). Probabilmente anche questa specie come la precedente vive sugli alti monti della Provincia, ma non ho potuto mai osservarla (2). Abita l'Europa meridionale e l'Asia fino all’Hymalaya. FiLippo PaTRIZ-MOoNTORO. (I) L'ho visto numeroso sulle coste più dirupate del M. Passeg- gio (Circondario di Frosinone). (2) Non credo che viva stabilmente sui nostri monti, ove non l’ho mai incontrato ed ove è del tutto sconosciuto, mentre è notissimo il P. graculus. L’individo ucciso ad Anguillara era probabilmente un individuo erratico, proveniente dai monti dell’Ascolano o dell'Abruzzo ove sembra che questa specie non sia rara. Si distingue pel becco giallo e zampe arancio, mentre il P. eraculus ha becco e zampe rosso corallo. Riassunto delle specie citate nel presente lavoro PER ICERRI Specie sedentarie. Viventi stabilmente e nidificanti entro i confini della Provin- cia romana, sia abitando sempre più o meno le medesime località, sia salendo ai monti nell’estate per nidificarvi, e scendendo in pia- nura nell’inverno. Le specie indicate con asterisco sono anche di passo primaverile o autunnale, a volte copiosissimo. GALLIFORMES. Caccabis saxatilis - Coturrice. . Perdrix cinerea - .Starza. COLUMBIFORMES. . Columba livia. - Piccione sel- vatico. GRALLIFORMES. . Rallus aquaticus - PorcigZione. . Gallinula chloropus - .Scia- DICast® PODICIPEDIFORMES. . Podicipes cristatus - .Swasso maggiore. * . Podicipes fluviatilis - 7u/fetto.* PROCELLARIFORMES. . Procellaria pelagica - Uccello delle tempeste. . PuffinusKuhli- Berta maggiore. . Puffinus anglorum - Berta mi- NnNOre. IRE 2. 99 I4. 15. IO To 18. 19. LARIFORMES. Larus argentatus - Gabbiano reale. Larus canus - Gavina. Larus fuscus - Gabbiano mezzo MOrVO. Larus ridibundus - rosso. Larus melanocephalus - Gab- biano coraltino. Gabbiano CARADRIIFORMES. Oedicnemus scolopax - Oc- chione. * ARDEIFORMES. Ardea cinerea - Aîrone cene- rino. * Botaurus stellaris - Tazra- buso.* PELECANIFORMES. Phalacrocorax carbo - Maran- gone. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 95 ZOR 36. 37- 36. DIO 40. AT, ACCIPITRIFORMES. Circus oeruginosus - Falco di palude. . Circus cyanaeus - A/banella * . Circus cineraceus - A/banella MINOVE, . Astur palumbarius - Astore. . Aquila chrysaetus - Aquzla reale. . Buteo vulgaris - Pozaza. . Milvus ictinus - Ni6bi0 reale. . Falco Feldeggi - Larario. . Falco peregrinus - /a/cone. . Cerchneis tinnunculus - Gkep- pio. STRIGIFORMES. . Bubo ignavus - Gxfo reale. . Athene noctua - Civetta. . Asio otus - Gufo. Asio accipitrinus - Gufo di palude. * . Syrnium aluco - A/locco. . Strix flammea - Barbagianni. CORACIIFORMES, Alcedo ispida - Ucce! Santa Maria. PICIFORMES. Gecinus viridis- Picchio verde. Dendrocopus ‘maior - Picchio maggiore. Dendrocopus medius - Picchio MEZZANO. Dendrocopus minor - Picchio minore. Iynx torquilla - Zorcicollo. . Erythacus rubecula - PASSERIFORMES. . Biblis rupestris - Rondize mon- tana. . Panurus biarmicus - Basettino. . Troglodytes parvulus - Scrzc- ciolo. . Cinclus merula - AZerx/o acqua- tolo. . Turdus viscivorus - 7ordela.* . Merula nigra - Merlo. * . Montycola cyanus - Passero solitario. . Pratincola-rubicola - .Salft1- palo. * . Ruticilla phoenicurus - Codi- YOSso. * Ruticilla tithys - spazzacamino. * Codirosso Petti- rosso. * . Silvia atricapilla - Capirera.* ? . Silvia melanocephala - Occhio- cotto. . Silvia undata - Magnanina. . Phylloscopus collybista - Li piccolo. . Acrocephalus arundinaceus - Cannareccione. * . Lusciniola melanopogon - /0- rapaglie castagnolo. . Cettia Cettii- Usignolo di fiume. . Cisticola cursitans - L'eccamo- moschino. . Accentor collaris - .Sordone. . Parus maior - Cinciallegra. . Parus coeruleus - Cinciarella. . Parus palustris - Cimza bigia. . Acredula Irbyi - Codibugnolo. . Regulus cristatus - Regolo. . Regulus ignicapillus - /20r- * rancino.* G. LEPRI . Sitta caesia - Picchiotto. 82 . Certhia brachydactila - Rampi- 83 chino. "o. Tichodroma muraria - Picchio 84 muratolo. 85 . Motacilla alba - Ba//erina.* . Motacilla sulphurea - Ballerina —86 gialla. 37 . Anthus spinoletta - Spiorcello.® 88 NI u A» SORTI RI DD NI U AP W . Turtur communis - . Alauda arvensis - Lodola * . Lullula arborea - 7utfuvilla.* . Galerita cristata - Cappellaccia. . Melanocorypha calandra - Ca- [andra. . Emberiza cirlus - Zigolo nero.* . Emberiza schoeniclus - Zigo/o di palude. * . Emberiza palustris - Passero di palude. * . Miliaria proier - Stri//ozzo. Passer Italiae - Passero. . Passer montanus- Passera mat- * tugia. . Fringilla coelebs - fringuello.* . Montifringilla nivalis - Z77%- quello alpino. . Carduelis elegans - Cardello.* . Cannabina linota- Mortanello .* . Serinus hortolanus - Verzel- lino. * . Ligurinus chloris - Verdone.* . Corvus corax- Corvoimperiale. . Corvus cornix - Corzacchia ce- Nerina. . Colaeus monedula - Taccola, . Pica rustica. - Gazza. . Garrulus glandarius - GrAzax- daia. . Pyrrhocorax graculus - Grac- chio corallino. Specie estive. Giungono in primavera, ripartono in autunno e nidificano nella Provincia romana. Sono controsegnate con asterisco quelle di cui abitualmente qualche individuo rimane anche nell’ inverno. GALLIFORMES. . Coturnix communis - Quaglia.* COLUMBIFORMES. Tortora. GRALLIFORMES. . Crex pratensis - Re di quaglie .* . Porzana maruetta - Vo/tolino.* . Porzana Bailloni - .Schiribilla grigiata. . Zapornia parva - .Schiribilla. LARIFORMES. 7. Hydrochelidon nigra - Mt- gnattino. 8. Hydrochelidon leucoptera - IM1- gnattino ali bianche. CARADRIIFORMES. 9. Aegialitis curonica - Corriere piccolo.* 10. Tringoides hipoleucus - /ir0- piro piccolo. * AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 97 Tele, T2k DI” TA. Ros IO. Tri I tot 19. ZOr ZIO DI. ARDEIFORMES. Ardea purpurea - Azrone rosso. Nycticorax griseus- /Vz/fcora. Ardetta minuta - MWVomrzotto. ACCIPITRIFORMES, Neophron percnopterus - Ca- povaccatio. * Circaétus gallicus - Biarcone. Milvus migrans - Nibbio nero. Pernis apivorus - Pecchkiatolo. Falco subbuteo - Lodo/lato. Cerchneis tinnunculoides -. Grillato. Cerchneis vespertinus - /a/co cuculo. STRIGIFORMES. Scops giù - Asszolo. CORACIIFORMES. 2. Coracias garrula - GAiandaia Marina. . Upupa epops - Vpupa. . Merops apiaster. - Greuccione. . Caprimulgus europaeus - .Sc- ciacapre. . Cypselus apus - ondone. COCCYGIFORMES. Cuculus canorus - Cxaczlo. PASSERIFORMES. . Hirundo rustica - Rondine. . Chelidon urbica - PBa/estruc- CIO. . Cotyle riparia - Topino. . Muscicapa grisola - Pigliamo- sche. . Muscicapa atricapilla - Badia nera (?). 7 33: 59 [IO 36. Saxicola stapazina - . Lanius collurio - Aver/a Muscicapa collaris - Salza dal collare (?). . Monticola saxatilis - Codiros- SONE . . Saxicola oenanthe - Cx/btanco. Mona- ‘chella. . Saxicola occidentalis - AIorza- chella gola nera. . Luscinia vera - Usîgmolo. * . Silvia curruca - Bigrarella (?). . Silvia orphaea - Bigia grossa. . Silvia cinerea - Sferfazzola. . Silvia conspicillata - .Sterpaz- zola di Sardegna. . Silvia subalpina - .\Sterpazzo- lina. . Pratincola rubetra - Sfiaccino. . Philloscopus sibilator - Lì verde (?). . Philloscopus trochilus - Lì £TOSSO. . Philloscopus. Bonellii - Lì bianco. . Hippolais icterina - Carepizo maggiore (?). . Hippolais poliglotta - Carepizo. . Locustella naevia - Forapaglie macchiettato. . Calamodus schoembenus - Z0- rapaglie. . Calamodus aquaticus - Paglia- rolo. . Lanius minor - Averla cene- rina. mi- more. Lanius auriculatus - _Aver/a capirossa. Aegithalus pendulinus - Pez- dolino. 98 57. 58. 59. C)) G. LEPRI Budytes cinereocapillus - Cx- trettola capo cenerino. Anthus trivialis - Pispolone. * Anthus campestris - Ca/andro.* 60 6I 62 Calandrella brachydactila - Ca- landrella. Emberiza hortulana- Orfo/ano. Oriolus galbula - Azg0g0/0. Specie invernali. Giungono in autunno, ripartono in primavera, svernando nella provincia di Roma. Sono indicate con asterisco quelle di cui al cuni individui rimangono a nidificare sui nostri monti, o trattan- dosi di specie acquatiche, nelle nostre paludi. COLUMBIFORMES. Columba palumbus - Colom- baccio. * Columba oenas - Colombella. RALLIFORMES. Fulica atra - Fo/aga. * PODICIPEDIFORMES. . Podicipes nigricollis - Suasso piccolo. COLUMBIFORMES. Colymbus arcticus - .Stro/aga mezzana. . Colymbus septentrionalis -.St70- laga minore. LARIFORMES. . Larus minutus - Gadbianello. CARADRIIFORMES. 8. Vanellus cristatus- Pavorcella. 9. Squatarola helvetica - Pivze- IO. IT. ressa. Charadrius pluvialis - Piviere. Numenius arquata - Chiurlo. I2o Ji3t. I4. TE. 16. To 18. PO: 20. 25% DI 23 2A 25 26. DI, 28. 29. 30. ZI. Numenius tenuirostris - Chzu7- lottello. Totanus calidris - Petfegola. Totanus ochropus - 7170-9270 culbianco. Tringa alpina - Pi0vanello pan- cia Nera. Gallinago coelestis - Beccaccino. Limnocryptes gallinula - Fr lino. Scolopax rusticula - Beccaccia. ANSERIFORMES. Anser segetum - Oca granatola. Tadorna cornuta - Vo/poca. Anas boscas - Germano reale. * Anas strepera - Carapiglia. Anas crecca - A/zavola. Daphila acuta - Codone. Spatula clypeata - Mestolone. Mareca penelope - /ischione. Netta rufina - Fischione turco. Fuligula ferina - Moriglione. Fuligula cristata - Moretta. Fuligula nyroca - Moretta ta- baccata. Clangula glaucion - Quattroc- chi. x Uk dia (34 db: 36. 37. 30% 39: AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 99 ACCIPITRIFORMES. Accipiter nisus - Sparviere. Falco aesalon - Smerzgtio. PASSERIFORMES. Turdus musìcus - 7ordo. * Turdus iliacus - 70rdo sassello. Turdus pilaris - Ceseza. Accentor modularis - Passera scopatola. Parus ater - Cixcia mora. Anthus pratensis - Pispo/a. * x 40. ASD 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. Emberiza citrinella - Zig0/0 giallo. * Emberiza cia- Zigolo muciatto. Petronia stulta - Passera lagia. Fringilla montifringilla - Pep- pola. Crisomitris spinus - Lucano. Phyrrula europaea - Ci%/f0- lotto. * Coccothraustes vulgaris - /70- sone. * Sturnus vulgaris - Stormo. * Corvus frugilegus - Corvo. Specie di passo. Di transito nella provincia romana, in primavera o in autunno, ‘o in ambedue le stagioni, senza fermarsi per nidificare, in maggiore o minor copia, regolarmente in tutti gli anni, o (ed in questo . Alca torda - . Fratercula arctica - Po/cinella . Sterna anglica - ALCIFORMES. Gazza marina. * di mare. * LARIFORMES. Rondine di mare a zampe nere. . Sterna cantiaca - Leccapesct. . Sterna hirundo - Rondine di Mare. 6. Sterna minuta - Zraticello. . Arenaria interpres - Vo/tapie- tre. . Haematopus ostralegus - L'ec- caccia di mare. .- Eudromias morinellus - Piviere tortolino. TO. Tel 1:25 R3n I4. Si 16. L7: 18. 19. 20. 2°. 2I2N «caso le specie sono indicate con asterisco) irregolarmente, ad in- tervalli, talvolta di qualche anno. Aegialitis hiaticula - Corriere LYVOSSO. Aegialitis cantiana - /7azino. Hymantopus candidus - Cava- lier d’ Italia. Hymantopus avocetta - Av0- cetta. Numenius phaeopus - Chiur- letto. Limosa melanura - Piffima. Totanus fuscus - 7otazo moro. Totanus stagnatilis - A/bastre/lo Totanus canescens - Parzztana. Totanus glareola - Pir0-piro boschereccio. Machetes pugnax - Gambetta. Calidris arenaria - CaZidra. Tringa minuta - Gambecchio. IOO Gi LEPRI 23: 24. DIS 26. 200: DS cia. Molte sono tali per tutta Italia; altre (indicate con asterisco) Tringa Temminki - Gambec- chio frullino. Tringa subarquata - Piovanello. Limicola platyrhyncha - Gam- becchio frullino. Gallinago maior - Croccolone. Glareola pratincola - Perrice di mare. GRUIFORMES. Grus cinerea - Gru. ARDEIFORMES. . Plegadis falcinellus- Mignattaio . Platalea leucorodia - Sfazola. . Ciconia alba - Cicogna. . Herodias alba - Azrone bianco. . Herodias garzetta - Garzetta. Ardeola ralloides - ciuffetto. Sgarza ANSERIFORMES. . Anas circia - Marzatola. . Mergus serrator - .Syerxgo mi- nove. * . Mergus albellus - Pesciazola.* 38. 39. 40. 48. 49 ACCIPITRIFORMES. Circus swainsoni - A/banella pallida. Pandion haliaetus - /a/co de- scatore. CORACIFORMES. Cypselus melba - Rorndone al- pino. PASSERIFORMES. . Cyanecula Wolfi - Pettazzurro. . Silvia hortensis - Zeccafico. . Acrocephalus streperus - Caz-. natola. . Potamodus luscinioides - ,SaZ- ciaiola (?). . Lanius excubitor- Aver/a mag- giore. * . Budytes flavus - Cutrettola gialla. . Budytes borealis - Cutretfola boreale. Anthus cervinus - /ispola go- larossa. . Loxia curvirostra - Crociere.* Specie avventizie. Di comparsa accidentale più o meno rara nella nostra provin- vivono localizzate in qualche speciale regione d’ Italia, come ad esempio le Alpi, le Isole, ecc., e compaiono accidentalmente e ra-* ramente nella Provincia romana. La DE GALLIFORMES. Caccabis rufa - Pernice STE 7OS- PRIEROCETEORMES: Syrraptes paradoxus - .S$77- ratte. 3 4. Podicipes griseigena - Suasso RALLIFORMES. . Porphyrio coeruleus. - sultano. * PODICIPEDIFORMES. collo rosso. Pollo IO. BI: 2 R3, I4. ED IO. 17% TO. 19. 20. ZUIDO AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA COLYMBIFORMES. . Colymbus glacialis - Sr0/aga MALLIOre. LARIFORMES. . Stercorarius pomathorhinus - Stercorario mezzano. . Stercorarius crepidatus - Lab- bo. . Hydrochelidon hibrida = 47z- gnattino bigio. Sterna caspia - £Leccapesci Maggiore. Ryssa tridactyla - Gabbiano ferragnolo. CARADRIIFORMES. Chaetusia gregaria - Pavon- cella gregaria. Charadrius fulvus - Pivzere mi- nove. Bartramia longicauda - Gam- detta americana. Tringa canutus - Piovanello maggiore. Cursorius gallicus - Corzzore. Otis tarda - Ofarda. Otis tetrax - Gallina prata- iola. Houbara undulata - Ubara. Houbara Maqueeni - Ubara astatica. GRUIFORMES. Anthropoides virgo - Dami- gella. ARDEIFORMES. Ciconia nigra - Cicogna nera. . Cygnus musicus = IOI ANSERIFORMES. . Cygnus olor - Cigr0 reale. Cigno sel- vatico. . Anser ferus - Oca selvatica. 26. Anser albifrons - Oca lombar- della. . Anser erytropus - Oca /ombar- della minore. . Tadorna casarca - Casarca. . Marmaronetta angustirostris - Garzanella marmorizzatla. . Fuligula marila - Moretta grigia . Oedemia fusca - Orco marino. . Erismatura leucocephala - Go8- x. n bo rugginoso. . Mergus merganser - Smergo maggiore. PELECANIFORMES. . Sula bassana - Su/a. . Pelecanus onocrotalus - Pell CONO . ACCIERRIFORMES: . Hieraetus pennatus - Aqwz/a MINOVE, . Aquila clanga - Aquila ana- trato. . Haliaetus albicilla - Aquz/a di MAre. . Archibuteo lagopus - Poiana calzata. . Buteo desertorum - Pozanza mi- UZOLZAR . Hierofalco saker- Aa/cone sa- CVO . STRIGIFORMES. . Nyctala Tengmalmi - Civetta % LO Capogrosso. 102 46. . Aedon galactodes - vana. * Usignolo africano. . Ampelis garrulus - Zeccofru- SONE. L’Avifauna romana è quindi Specie sedentarie . » estive » invernali » di passo » avventizie . G. LEPRI CORACIFORMES. SÉ . Merops persicus - Gruccione DSi egiziano (?). . Cypselus affinis - Rorndone in- 59. diano. . Coccystes glandarius - Cuculo 60. col ciuffo. 61. PICIFORMES. Dendrocopus Lilfordi - ic- sat chio dalmatino. 6 7. Picus martius - Picchio nero. (?) ni | 64. PASSERIFORMES. 8. Turdus obscurus - 7ordo 0-65. SCUrO. . Turdus atrigularis - 7ordo go- 66. lanera. . Turdus varius - 7ordo dorato. 67. . Merula torquata - Merlo dal collare. 68. . Merula alpestris - Merlo dal collare meridionaie. * 69 . Saxicola melanoleuca - Morza- 70 chella bianca e nera. . Silvia nisoria - £igia fado- 71 Lanius meridionalis - Averla forestiera. Certhia familiaris - Rampichi- no alpestre. * Motacilla lugubris - Ballerina nera. Budytes Feldeggi - Cuzrettola capinera. Anthus Richardi - Ca/andro forestiero. Melanocorypha sibirica - Ca- landra siberiana. Emberiza coesia - Ortolano grigio. Emberiza rustica - Zigo/o bo- schereccio. Emberiza pusilla - Zigo/o mi-. nove. Euspiza melanocephala - Zi golo capinera. Plectrophenax nivalis - Zigo/0 della neve. Chloroptila citrinella - Verntu- rone. . Aegiothus linaria - Organetto. . Carpodacus erytrinus - Ciuf- folotto scarlatto. . Sturnus unicolor-.Sf07 20 ner0.* 2. Pastor roseus - Sforzo roseo. 73. Nucifraga caryocatactes - /oc- ciolaia. * . Phyrrocorax alpinus - Grac- chio. * rappresentata come segue : Num. 95... )) 62. » 48. » 49. AVIFAUNA DELLA PROVINCIA DI ROMA 103 Con un totale di 328 specie sopra 495 date dall’egregio pro- fessor Giglioli nel Secondo Resoconto dei risultati dell’ Inchiesta Or- nitologica in Italia. Però delle specie viventi stabilmente in Italia sono ben poche quelle che non possono figurare nella Avifauna romana, tolti i pochi Tetraonidi confinati alle Alpi, il Picchio cenerino, il Picchio a tre dita, la Civetta minore, pure delle Alpi, la Pernice di Sardegna, la Quaglia tridactila di Sicilia, ed alcune pochissime altre specie isolane, possiamo dire che tutte le specie sedentarie o di regolare passaggio in Italia, facciano parte anche della nostra Avifauna. Nè ciò deve recar meraviglia; io credo che ben poche regioni italiane, come il Lazio, presentino così svariate condizioni di habitat per diverse specie di uccelli. Dalle alte vette dell'Appennino ove vive il Gracchio corallino ed il Fringuello alpino, alla spiaggia del mare; dai boschi di faggi e di castagni, agli uliveti e vigneti della collina, ed alle folte bo- scaglie, spesso sempre verdi, del littorale, dai piani incolti e de- serti alle paludi estesissime,tutte le specie ornitiche possono tro- vare le condizioni di vita più favorevoli. La differenza tra il totale delle specie italiane e quello delle romane, più che altro, è data da specie avventizie capitate accidentalmente in Italia, e che quindi da un giorno all’altro possono fare la loro comparsa anche nella Provincia romana. Mi auguro quindi che le cifre che ho dato siano ben presto aumentate. In grazia specialmente dell’ impulso che già da molti anni il prof. A. Carruccio direttore dell’ Istituto Zoologico Universitario di Roma, ha dato agli studi faunistici, ora parecchi e valentissimi attendono allo studio dell’Avifauna romana e tra questi piacemi ricordare tre egregi amici: il conte senatore Falconieri di Carpegna, il principe Francesco Chigi, il prof. An- gelini. Posso quindi nutrire la lieta certezza che l’opera modesta- mente iniziata dal mio compianto cugino Filippo Patrizi-Montoro e da me, sarà ancora meglio continuata. Dal Laboratorio dell’Istituto di Zoologia, «Roma, 9 marzo 1909. Prof. Giuseppe LEPRI. SU ALCUNI RARI SCOMBRILI DELL'ISOLA D'ELBA (1898-1908) Comunicazione alla Società Zoologica Italiana in Roma dal socio prof. GIACOMO DAMIANI (Riassunto). Nel materiale ittico da me raccolto e, per la maggior parte, conservato nella Collez. Elbana della Villa di S. Mar- tino, di proprietà dell'on. P. Del Buono, nel decennio ultimo (1898. 1908) il gruppo degli Scombridi, inteso nella sua più larga comprensione, di famiglia naturale, merita una particolare illustrazione perchè raccoglie un bali nu- mero di specie del vasto gruppo, e tra queste alcune inte- ressanti e generalmente rare nel Mediterraneo e nell’A- driatico. ‘Anche da questa illustrazione (e taccio qui di altri fatti che avranno, a loro agio, adeguato riscontro coro- logico in un più ampio lavoro) l’analogia dell’ ittiofauna dell'Isola d'Elba con quella della Sardegna, della Sicilia e della zona più meridionale del Mediterraneo che con Marsiglia, Nizza e Genova fino a Livorno, quasi l’intero Ligustico. i Certamente le catture di .Scomz0r:4:, cioè di specie di pesci in gran parte erratici o di corso, sia che lo sposta- mento voglia credersi verticale più che orizzontale, non sono quelle che stabiliscono molto strettamente queste re- lazioni, d'altronde indubbiamente confermate da quelle di altri pesci più localizzati e perciò più caratteristici dal punto di vista biogeografico. L’Elba, a mio avviso, partecipa a quel bacino me- diterraneo a cui il Roule (7%. d. porss. actuell. connus qui hab. I. c0t.-detCorse). Mem. Soc. Zool. Fr. vt: 2a e seg., 1902) assegna la Corsica. Uno Scombride appunto, quello stesso citato dal Roule, l Axxzs 6esus, Raf., per ec- SU ALCUNI RARI « SCOMBRIDI » DELL’ ISOLA D'ELBA 105 cellenza erratico, così frequente sulle coste meridionali del Mediterraneo, è, come in Corsica, comune all’ Elba, esclu-. sivamente dall’aprile-maggio all'agosto; raramente supera la Corsica, ed infatti in Liguria è « poco frequente » (v. @tParoma,A2s0014047 | Lig. Att Soc. Lig... 156, Nato, vil, ‘a; VI, n. 1, 3; 5, p./8-103%75=77P0088 . Roule L. —.La faune, d. poiss. actuell.-*conn.' qui ‘habitalzicot di l'’Corse, Mem. Soc? Zool! ‘d.'‘ France, tt. AVE pato 1904. . Saitta E. —. Pesci e ‘moll. d. ‘mari’èd.' Sicilia; Messina; “Prinei= pato, 1902. . Salvadori T. — Le date di pubbl. d. Iconogr. della Fn. d’It. del Bonaparte, ecc., Boll. Mus. Zool., Anat. comp. «Torino ovaiii Di (1455 1598, . Sassi A. — Descriz. di Genova e del Genovesato, Pesci, v. I, Genova, 1846. Verany G. — Aggiunte al Cat. pesci di A. Sassi, Atti 8° Riun. SC. Tti, “Genova; (p. 492-493; 847: Vinciguerra D. — Emimetamorf. dei Pesci, Boll. Scient., Pavia, 19 IRR CIRO OVRGNII LOI BI ESM Noro OL : Zd. — Risult. ‘ittiol. del «Violante», Ann. Mus: Civ: St=nats Genova, v. XVIII; p. 465-590, 1883. Yad. "Di ‘alc: ‘pesci’ ‘np; Golfo di Genova, “ibid'; si ve p. 446-475, 1885. . Zd. '— Anim..d. ‘prov. di Roma; Mus.. Zool. R.. Univ., Roma, « Lo Spallanzani >, fi MIEXIT (al XVITT Is. 2, 890: . ‘Id — Cat. Pesci «delle Is. Canarie) Atti Soc. It. Sci nat ‘Miano; p. 1-40, 1893. ISTITUTO D’IGIENE DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA (SEZIONE DI PARASSITOLOGIA) Sull’Uncinaria radiata Raill. e su di un (Esophagostoma Molin rinvenuti in bovini della Campagna Romana e della Sardegna. Comunicazione del socio dott. GIULIO BERTOLINI Ispettore veterinario al Mattatoio di Roma Nella mia nota: « D: alcuni parassiti del bestiame del- l'Agro romano «della Sardegna », pubblicata lo scorso spnog(E e di cul'si fece. cenno. anche, \nel fascicolo. Lx e X (1908) del « Bollettino della Società Zoologica Ita- liana », descrissi due forme larvali che si rinvengono nei noduli dell’ intestino (/Zmentase nodulare intestinale) di bo- vini bradi della Campagna romana e della Sardegna; forme larvali che ritenni allora probabilmente riferibili, una al- l Cesophagostoma inffatum e l'altra all Uncinaria radiata. Notavo come anche in Francia, in Germania e in Ame- rica erano state rinvenute simili larve in noduli intestinali del bestiame, ma che vi era colà forte controversia fra chi le attribuisce all’U£. :2/fatum e chi all Une. radiata. Ag- giungevo che per meglio definire la questione avrei con- tinuato nelle ricerche allo scopo di rintracciare l’esistenza di uno o di tutti e due i nematodi allo stadio adulto nel- l'intestino dei bovini della Campagna romana e della Sar- degna. (1) G. BERTOLINI. // Nuovo Ercolani, 1908. Numeri 18, 24 e seguenti. I1$ GIULIO BERTOLINI Poco dopo la mia pubblicazione, due lavori sono com- parsi sullo stesso soggetto, e cioè uno del Mello (1) e l’altro di Marotel (2). Il primo si schiera fra i partigiani dell’ unci- nariasi, ma non dà prove sicure del suo asserto, pur ri- servandosi di continuare nelle indagini; il secondo invece, in uno studio molto dettagliato e che in seguito a proposta dell illustre prof. Railliet, ottenne il premio U7dazz Leblanc dalla Soczété centrale de Médecine Véterinatre, afferma ri- solutamente che l’affezione è un’esofagostomosi tipica. Non intendo ora discutere se la prova data dal Marotel sullo stadio di passaggio dal cosiddetto tipo larvale ankylo- stomiforme a quello cesophagostomiforme sia assoluta- mente dimostrativa. Si potrebbero opporre alcune serie ob- biezioni, e anche i professori Looss ed Alessandrini, la cui competenza in elmintologia è ben nota e che si compiac- quero di esaminare i miei preparati microscopici, opinano che il lavoro di Marotel non abbia risolto del tutto la que- stione. Ma di ciò intendo occuparmi in seguito, dopo che avrò eseguite ulteriori ricerche. Qui m'importa intanto comunicare che le mie indagini nei mesi dal marzo a giugno dello scorso anno riuscirono infruttuose, mentre nei successivi mesi di luglio, agosto e settembre trovai nel tubo intestinale di alcuni bovini della Campagna romana e della Sardegna parecchi esemplari di Uncinaria radiata e di un Cssophagostoma, del quale non avendo potuto ancora stabilire con sicurezza la identifica- zione, mi limiterò per ora a descriverlo brevemente. E’ necessario premettere che in alcuni animali ho rin- venuto solo la prima specie di nematode, in altri la se- conda, e in altri ancora tanto le Uncinarie quanto gli Eso- fagostomi; ma che in ogni caso si trattava di bovini molto. denutriti e provenienti da regioni paludose. Questa circo- stanza fu da me accertata più particolarmente per i bovini (2) U. MELLO. ZE/mintiasi nodulare intestinale e ghiandolare. Nota preventiva. « Arch. scientif. della R. Soc. ed Accad. Veter. It. », 1908. Numeri 8 e 9. (3) G. MAROTEL. Contribution à l’étude de l’asophagostomose no- dulaire. « Recueil de Méd. Veétérin. », 1908. Numeri 14 e 18. SULL'’UNCINARIA RADIATA « RAILL » 119 bradi della Campagna romana, nei quali lo stato di anemia e perfino di vera cachessia non era spiegabile, mancando qualsiasi lesione anatomo-patologica nei vari organi e vi- sceri, oppure esistendo una lieve distomatosi, la quale da sola non poteva causare quelle condizioni marasmatiche negli animali. Aggiungo che in tali bovini riscontrai anche numerosissimi Strongilidi nell’abomaso e nel duodeno, e cioè lo Strongylus ventricosus, lo Str. ostertagi e lo Str. con- fortus; sicchè il dubbio che già espressi l’anno scorso, ora è confermato dal risultato di queste mie ulteriori ricerche; e importa quindi convenire che il deperimento di molto be- stiame delle regioni paludose del Lazio e della Sardegna è da riferirsi non soltanto alla distomatosi epatica, come si riteneva in passato, nonchè alla scarsa e scadente ali- mentazione dei bovini bradi, specie in alcune stagioni sfa- vorevoli alla produzione del foraggio, ma anche a tutti i menzionati nematodi intestinali appartenenti alla grande famiglia: Strongylde (Strongili propriamente detti, Esofa- gostomi e Uncinarie). Ciò è anche dimostrato per le. pe- core dalle numerose osservazioni fatte in proposito dal prof. G. Alessandrini (1). Sull' Uremaria radiata ch'io rinvenni nel duodeno di detti bovini, è inutile che ‘m’intrattenga, perchè ben nota nei suoi caratteri, sebbene in Italia sembra che sia stata osservata solo dal Rizzo (2) a Catania, e piuttosto rara- mente notata anche fuori d'Italia (3). Invece sull’ (Esophagostoma che rinvenni nel colon cqualehe'voltaanchevnel ‘cieco, è necessario ‘ch'io! dica (1) Bollett. Soc. Zool. Ital. 1908; fasc. XI-XII, pag. 392-400. (2) A. Rizzo. .Sw/ modo di adesione di alcuni Nematodi parassiti alla parete intestinale dei mammiferi. « Rassegna internaz. di med. Modi, goin 17. == Catania. — ricerche sull'attacco di alcune uncinarie alla parete dell’ inte- sino. Accademia dei Lincei, r900. (3) In un’ autopsia eseguita recentemente in una vacca brada della Campagna romana e che si trovava in uno stato di vero marasma, il prof. G. Alessandrini riscontrò soli sette esemplari di Distoma hepa- ficum e numerosissimi esemplari di Urncinaria radiata, di Trichoce- phalus affinis e varie specie di .S770ngy/us nell'intestino. 120 GIULIO BERTOLINI — SULL'UNCINARIA RADIATA «RAILL » qualche cosa, perchè, quantunque abbia dei caratteri co- muni coll (E. radiatum o inffatum, ne diversifica per altri, per cui propendo a credere che si tratti di una specie nuova. Nelle descrizioni che abbiamo dell’ (2. radiatum Rud. è fatta menzione di un solo rigonfiamento cutaneo verso l'estremità cefalica, rigonfiamento ampio, trasparente, ma intero e selce, simile a un cappuccio. Al contrario in tutti gli esemplari da me riscontrati il rigonfiamento cutaneo non è semplice, cioè non è unico, ma con due strozzamenti che lo dividono in tre porzioni, delle quali la prima o an- teriore, che costituisce l'estremità cefalica, è la più corta, ma più larga, ed ha la forma di cappello di fungo ; la se- conda, o mediana, è più lunga delle altre, e a questa segue la terza, un po’ più corta, ma alle volte più ampia della precedente. In corrispondenza del limite inferiore fra la terza espansione cutanea e il corpo del verme è situato il poro escretore. Sono molto evidenti e sviluppate le ali laterali e la papilla cervicale. Il maschio poi presenta alla sua borsa caudale parti- colarità che lo distinguono dall’ (. 22ffatum, sia perchè la borsa è più nettamente trilobata, sia perchè il lobo me- diano offre nel mezzo una fenditura che lo biforca, sia infine perchè nella costola dorsale le due branche sono assai disuguali fra di loro per lunghezza, e cioè una (l'in- terna) è molto lunga, raggiungendo il margine libero della borsa, l’altra è appena rudimentale e si stacca dalla prima quasi ad angolo retto. Questi sono i caratteri principali che distinguono il ne- matode da me riscontrato dall’ {. radiatum o inffatum. Non ho creduto di raffrontarlo con gli Esofagostomi descritti in altre specie di animali, perchè le differenze sarebbero state anche maggiori. UN CASO DI ECHINOCOCCOSI DIFFUSA del bacino e del peritoneo parietale in un bue Comunicazione alla Soc. Zool. Ztal. del socio dottt GIULIO BERTOLINI, Ispettore veterinario al Pubblico Mattatoio di Roma L’Echinococco nei bovini, mentre colpisce con grande frequenza i cosiddetti organi parenchimatosi, è invece raro nelle ossa, nei muscoli e nelle sierose. Per l’echinococcosi ossea in detti animali, il Neumann raccolse nella « eve Veterinatre » dell'agosto 1905 i dieci casi fino allora conosciuti; dopo tale pubblicazione ne furono descritti altri guaftro, sicchè il mio sarebbe il 15° dell’accennata casuistica. Siccome poi l' Echinococco nei bovini è stato ancora più raramente notato nei muscoli e nelle sierose, il caso da me osservato è il più interessante di tutti quelli finora raccolti, poichè il parassita interessava non solo alcune ossa del bacino, ma anche i muscoli ad esse adiacenti, la ca- vità pelvica, l'articolazione coxo-femorale sinistra e il pe- ritoneo parietale. Si tratta di un bue di razza toscana, di grossa taglia, di circa 6 anni d'età, che in vita non presentava nulla di anormale e in buono stato di nutrizione. Dopo la sua ma- cellazione in questo Mattatoio, riscontrai le seguenti le- sioni : I polmoni contenevano molte cisti da echinococco di varia grandezza, tutte uniloculari e acefalocisti; pleure nor- mali. Il fegato si presentava aumentato di volume e di peso perchè invaso da una grande quantità d’idatidi di 122 GIULIO BERTOLINI varia grandezza, del diametro cioè di pochi millimetri a 7-8 cm.; una però grossa quanto la testa di un fanciullo sporgeva alquanto sulla superficie del viscere e conteneva cisti figlie. Esaminato al microscopio il liquido cistico di parecchie idatidi del fegato, potei constatare che talune, e a preferenza quelle di maggiori dimensioni, erano fertili, fatto - com è noto - piuttosto raro nei bovini. Il peri. toneo parietale anteriormente, ossia nella regione diafram- matica, era normale; ma a livello circa dell’estremità an- terlore dei reni si mostrava disseminato da piccolissime neoformazioni simili a quelle di una tubercolosi incipiente, neoformazioni però che si rendevano sempre più evidenti fino a formare delle piccole cisti di mano in mano che si avvicinavano verso il bacino. Queste idatidi erano della grossezza varia di un seme di miglio a una ciliegia, e le più grosse stavano all'ingresso del bacino. Spaccata, come d'uso, la sinfisi ischio-pubica, si constatò la poca resistenza del tessuto, e infatti si vide che la porzione spugnosa delle ossa ischio e pube era tutta corrosa e trasformata in pic- cole cavità ripiene di minutissime cisti, strettamente addos- sate le une alle altre, per lo più afflosciate e contenenti poco liquido, per cui davano l'aspetto di una massa gela: tinosa. In alcuni punti l ischio e in specie il pube si mo- stravano corrosi anche nella parte compatta in modo che gli Echinococchi si erano potuti sviluppare per circa un centimetro nello spessore dei tessuti molli circostanti (mu- scoli e grasso). Ma quello che più sorprese fu di vedere che la cavità del bacino era quasi riempita da una grossa sacca di forma irregolarmente ovale del diametro trasverso di 20 cm. e del diametro longitudinale di 24 cm., la quale sporgeva alquanto nella cavità dell’ addome. Questa grossa sacca, dall’apparenza di un tumore cistico, era situata più verso il lato destro, in modo che spostava a sinistra la vescica, e aderiva alle pareti interne della cavità del ba- cino, specie al pube per mezzo di una membrana connet- tivale molto spessa che involgeva tutta la sacca. Staccato con facilità il tumore echinococcico dalle sue aderenze, si vide che la superficie interna della cavità del UN CASO DI ECHINOCOCCOSI DIFFUSA 123 bacino era in gran parte tappezzata da idatidi accumulate in forte numero, specialmente in corrispondenza di quella parte dell’otturatore interno, dove le fibre di questo mu- scolo convergono verso la piccola incavatura sciatica e ai lati della sinfisi ischiv-pubica. Le idatidi da questi due gruppi si continuavano nella cavità addominale invadendo il peri- toneo, dove però - come si è detto - esse assumevano dimensioni sempre minori, disponendosi al di sopra e ai lati dei reni, una appresso l’altra su molteplici linee, sic- chè il peritoneo in quella regione aveva l'aspetto di un tes- suto a frangie. Nell’isolare il tumore dalle sue aderenze col pube, la membrana involgente si lacerò per breve tratto, e allora si vide ch esso era ripieno di una miriade di idatidi stret- tamente addossate le une alle altre, ma in gran parte libere, oppure leggermente aderenti fra loro, di grandezza varia da un seme di miglio a un uovo di colombo, a con- tenuto chiaro. Esaminate parecchie di queste cisti al mi- croscopio, potei constatare che alcune, specie quelle più grosse, erano fertili. Per avere una idea più esatta sulla costituzione di questo tumore echinococcico, lo tagliai per metà, e, con mia grande meraviglia, trovai nel suo interno una neoformazione ossea di figura molto irregolare che a mo' di asse lo percorreva nella parte centrale nel senso del suo maggior diametro; tutto intorno alla neoformazione ossea - che in alcuni punti presentava una consistenza car- tilaginea - stavano addossate le idatidi, alcune delle quali sembravano impigliate nelle anfrattuosità di essa. Le nu- merose ricerche isto-patologiche da me poscia eseguite su pezzetti della neotormazione ossea, mi condussero a stabi- lire che questa era di origine periostea, fatto notevole pèr- chè rarissimamente anche nell'uomo il periostio e il tessuto osseo reagiscono all’'infestione echinococcica. A rendermi edotto dei rapporti e dell’ estensione delle idatidi nei tessuti del bacino e di altre regioni del corpo, praticai molteplici tagli nei muscoli e nelle ossa. Dalla mi- nuta ispezione potei constatare, come ho prima accennato, che l’ischio e il pube erano corrosi in molti punti anche 124 GIULIO BERTOLINI a —__—_____________________—_—_——r_r_————_—_—=_—_—_----._— nella parte compatta tanto alla loro superficie esterna che interna, in modo che parecchie idatidi si erano potute svi- luppare per quasi un centimetro nello spessore dei diversi muscoli che prendono attacco a dette ossa; mentre le cisti della cavità del bacino che ricoprivano in parte la super- ficie del muscolo otturatore interno nella sua porzione in- trapelvica, non interessavano in alcun modo il tessuto mu- scolare, col quale stavano in diretto rapporto. Continuando i tagli esplorativi e arrivato all’ articola- zione coxo-femorale sinistra, trovai all’ interno di essa un corpicciuolo di pochi millimetri di grandezza, rotondeg- giante, bernoccoluto e aderente alle pareti della cavità ar- ticolare per un breve peduncolo. Sottoposto il corpicciuolo all'esame microscopico, si vedeva costituito da minuti Echi- nococchi fertili, riuniti fra loro da scarso connettivo che si continuava a formare il peduncolo. Non mi fu dato poscia di trovare idatidi in qualsiasi altra parte del corpo. La descrizione che ho cercato di dare il più possibil- mente chiara di questo caso più unico che raro di echi- nococcosi diffusa in un bovino, porta ad alcune e non trascurabili considerazioni. Anzitutto non sarebbe del tutto esatto definire il re- perto col nome di echinococcosi generalizzata, poichè le idatidi del polmone e del fegato sono comunissime nei bo- vini, e quindi resta solo a considerare quelle diffuse nel bacino, le quali hanno certamente dato origine alle sotto- peritoneali. E’ da rilevarsi la presenza di Echinococchi nell’artico- lazione coxo-femorale, perchè questa sarebbe la prima volta in veterinaria che si è notato il parassita in una cavità ar- ticolare. E° da rilevarsi anche la constatazione dell’echinococcosi peritoneale, poichè - come ho avuto occasione di dire in un altro mio lavoro (1) - il peritoneo dei bovini deve (1) G. BERTOLINI. Su/la natura delle cisti sierose peritoneali det bovini e il linfoangioma cistico. Nota di patologia comparata. « La Clinica Veterinaria », 1908, n. 6 della Sez. scientif. bimestrale. UN CASO DI ECHINOCOCCOSI DIFFUSA 125 costituire una sede eccezionalissima per le idatidi, mentre per la pleura abbiamo qualche osservazione al riguardo. Tanto il caso mio, quanto parecchi di quelli ante- riormente descritti, stanno a provare che l Echinococco nei muscoli dei bovini di solito non è primario, ma vi si diffonde per contiguità di tessuto nei punti ove i muscoli prendono attacco alle ossa primieramente colpite, quando queste sono ulcerate anche nella porzione compatta; mai però si avvera che le idatidi di una sierosa o di un'apo- neurosi si affondino nei muscoli sottostanti. Dalla descrizione del caso da me studiato risulta evi- dente che il punto di partenza dell’echinococcosi era co- stituito dalle ossa che formano la base del bacino, specie in corrispondenza della sinfisi ischio-pubica. Sembra però inverosimile che la straordinaria quantità di idatidi diffuse nel bacino abbia potuto provenire soltanto da prolifera- zione esogena di una o più cisti primitive, per quanto questo modo di proliferare dell’ Echinococco sia comunis- simo nei ruminanti. E' più logico ammettere che almeno una parte di tali idatidi abbia avuto origine da rottura nelle anfrattuosità ossee di una o più cisti fertili, e sia quindi avvenuta se- minagione in posto di vescicole proligere e di scolici (ecke- snococcosi secondaria locale del Deévé), dai quali si siano svi- luppate poscia altrettante idatidi; così si spiegherebbe anche l'enorme proliferazione echinococcica nella cavità pelvica. NOTIZIE» ORNITOLOGICHE Nota del Dott. NICOLA DE LEONE Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Mostruosità osservate nel becco di alcuni uccelli. Turdus, cvaneus, maschio. - Penne settembre 1907. 4, ’ L'individuo è un giovane già perfettamente sviluppato. Il becco è assai più lungo del naturale. La mandibola in- feriore è lunga mm. 30 e conserva la sua direzione. La superiore invece è lunga mm. 5 più dell'altra; corre nella sua vera direzione fino a ?/, della sua lunghezza e poi scavalca la mandibola inferiore verso sinistra e si incurva fortemente in basso. Ligurinus chloris, femmina. - Penne, marzo 1908. È un adulto normale in tutto meno che nel becco. La mandibola superiore è normale e presenta solamente la punta arrotondata invece che aguzza. La mandibola infe- riore è pure normale sino alla concorrenza dell'altra, ma poi si prolunga per oltre mezzo centimetro a punta, pre- sentando nella parte superiore un solco longitudinale ed assumendo direzione un po’ più verso l’alto che non l’in- tera mandibola. Coturnmix communis, maschio. - Marche 1908. Mandibola superiore superante la inferiore di 4 mm. Coturnix communis, maschio (Var. capensis). - Marche, primavera 1907. Mandibola superiore superante la inferiore di 5 mm. NICOLA. DE LEONE —- NOTIZIE ORNITOLOGICHE 127 Coturnix communis, maschio. - Marche, maggio 1907. Mandibola superiore più lunga della inferiore di 6 mm. e questa parte sopravanzante curva fortemente in basso. Ipocromatismo ed ipercromatismo. Ipocromatismo. Clorocroismo (scoloramento delle tinte). Garrulus glandiarus. / Un individuo maschio quasi completamente scolorito, in cul si può osservare appena una lieve traccia del disegno naturale. Il soggetto era sciupato a tal segno che non ho potuto conservarne altro che un'ala completamente intatta della quale ecco la descrizione: « Piccole cuopritrici secondarie superiori leggermente lavate di vinato; le altre cuopritrici lavate di vinato con leggerissime fascie trasversali di cobalto appena visibili; cuopritrici cubitali vinate; remiganti e tutto il resto del- l'ala bianco perfetto. Il nero delle piccole fascie che si alterna col cobalto sulle cuopritrici delle ali delle ghiandaie è in questo soggetto rappresentato da una tinta azzur- rina, il che fa pensare che negli individui normali quel nero sia dovuto piuttosto che ad un pigmento veramente nero ad una grande intensificazione del colorito azzurro che finisce coll’apparire all’occhio come nero. Allocroismo (albinismo parziale). Anas b6oschas, maschio adulto. - Paludi Pontine, 20 mar- GAEZANG (060 Normale in tutto il colorito del piumaggio meno che sul petto a partire dal collare bianco, il quale si continua in basso con una larga macchia bianco-pura e si sfuma poi verso il basso con moltissime penne bianche inserite tra le normali castagne. Ipercromatismo. Melanismo (tinte più scure del normale). 128 NICOLA DE LEONE - NOTIZIE ORNITOLOGICHE Coturnix communis, maschio. - Marche, 8 ottobre 1908. Il soggetto non è proprio la varietà detta .Syroecus Lodoisiae e descritta dall’ Arrigoni. Presenta il color nero sostituito completamente al fulvo ed al lionato in tutte le parti superiori restando normali i tratti longitudinali caratteristici del piumaggio quagliforme. Mento, gola, alto petto misto di piume nere, bianche e castagno-scure. Petto color fulvo-carico assai vivo; altre parti normali. Catture interessanti. Thicodroma muraria: fa presa qualche volta in tutta l’Italia. Io avevo espresso dubitativamente la sua presenza in Abruzzo sulla fede del.Lopez che. per la: ventata cita con riserva per la provincia di Teramo e del Costa che ne ebbe da Popoli dove pare che sia comune. Se però vi è nell'Italia peninsulare regione dove il muraiuolo possa trovare luoghi adatti alla sua vita, questa regione è proprio l Abruzzo ed io infatti ebbi la soddisfa- zione di avere il muraiuolo da Farindola. Il bellissimo esemplare maschio mi fu spedito in carne dal sig. Osvaldo Locasciulli il 15 marzo 1908. Recatomi poi colà, l'ho trovato comune e sedentario in vari luoghi e specie sulle roccie della Vitella d’oro. Astur Palumbarius, femmina, - Teramo, gennaio 1909. Questo interessante rapace pare che vada divenendo sempre più raro nell’ Abruzzo. Oltre i due individui già da me citati altra volta, ho avuto ora da Teramo una femmina di belle dimensioni e perfettamente adulta. Essa fu colta colà ed aveva solo un'ala alquanto sciupata. Ù NIDIFICAZIONE DEL LODOLATO NELL’ABRUZZO Comunicazione del Dott. NICOLA DE LEONE alla Società Zoologica Italiana Il Falco subbuteo Linn. abita, come si sa, la regione Paleartica, svernando nell'Africa e nell’Asia meridionale e tornando a nidificare a nord verso l'Asia e l Europa settentrionale e centrale. In Italia, sebbene non mai abbondante, è comune nel- l'inverno ed all’ epoca dei passi, seguendo le colonne di uccelli in migrazione. La sua nidificazione fu asserita per molte località, ma tali asserzioni, meno poche, meritano ulteriore conferma. Il Salvadori (/@zza, pag. 20) riferisce l’asserzione del Perini che qualche coppia nidifichi sugli alti monti del Ve- ronese, ma la mette in dubbio, poichè quell’ autore de- scrive le presunte uova di Lodolaio in modo non con- forme al vero. Il Giglioli ammette senz’ altro la nidificazione del Lo- dolaio in Italia nel suo Secondo resoconto dei risultati della Inchiesta ornitologica in Italia, citando tra altri un caso bene accertato avvenuto in Fiorenzuola (Firenze) nell’ago- STONITIOT, La sua nidificazione fu anche asserita da vari autori perililirentino; perle. Marche, per la Toscana e per la Sicilia: L'Arrighi-Griffoli dice che qualche coppia si stabilisce sui monti dell’Italia media e settentrionale. (420202, anno II, 0; PRO: 83), 9 130 NICOLA DE LEONE Il principe Don Francesco Chigi potette accertare la nidificazione del Lodolaio nell’Agro Romano. Nel n. 95-96 dell’Avez/a (anno 1905) il dott. G. AI. tobello, autore coscienzioso e corretto scrive una nota, nella quale asserisce la nidificazione costante del Lodolaio nel- l’Abbruzzo e Molise. Mi piace di riportare qualche pe- riodo di quella nota : « ... Girando ed osservando io ho trovato una plaga, in cui il Lodolaio vive sedentario ed in cui pochi anni ad- NIDIFICAZIONE DEL LODOLAIO NELL’ABBRUZZO I3I dietro fu trovato un nido coi piccoli ed offerto all'amico dott. Cannarsa, di Termoli, che li aveva richiesti. < Il soggiorno preferito è la pianura che mena all’Adria- tito, tra’ Abbruzzo" ed il Molise; ‘edo; ehe ‘l'ho ‘girata parecchie volte ed in tutte le epoche dell’anno, ho visto sempre il Lodolaio o svolazzare tra il verde delle quercie e degli olivi, o librarsi e roteare sulla pianura coperta di neve, rincorrendosi sempre e bisticciandosi, ripetendo a brevi intervalli il loro caratteristico grido. E quando ful- minei ghermiscono la preda, agitando fortemente le timo- niere in segno di vittoria, e quando la dilaniano palpi- tante e sanguinolenta, il loro grido si fa ancora più stri- dulo e rabbioso... ». lo non so se il dott. Altobello non sia troppo ottimista nel ritenere che la nidificazione del Lodolaio in quella re- gione avvenga regolarmente tutti gli anni, ma certo non metto in dubbio le sue osservazioni. In seguito ad un caso fortunato ho potuto anch'io con- statare la nidificazione di questo rapace nell’Abbruzzo. Nei primi giorni dell'agosto scorso il mio allievo Orazio Cappelletti venne a dirmi che un orologiaio, certo sig. Maz- zella, aveva nel suo negozio un Lodolaio nidiaceo che stava. allevando. Ci affrettammo a recarci da lui, e potetti con- statare che si trattava di un vero Lodolaio. Il nidiaceo fu allora da me acquistato e tenuto vivo per oltre due ‘mesi; affidato alle “cure.“del Cappelletti. La figura che riproduco è appunto una fotografia di questo uccello. Interrogando poi il ragazzo che aveva preso il lido #seppiichecieranoltre piccoli di cui due, erano morti dopo qualche giorno. Il nido era collocato sui rami di un alta quercia nel boschetto di Colromano presso Penne. IL FALCO FELDEGGI (Schleo) NELL’ABRUZZO Comunicazione del Dott. NICOLA DE LEONE alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Il bellissimo Falco Feldeggi, che presento alla Società, venne catturato a Torricella Sicura, in provincia di Te- ramo, alla fine del gennaio 1908. E'un maschio di belle dimensioni e, a quanto pare, quasi perfettamente adulto. A vero dire, quando ebbi nel mio Studio il bellissimo uccello, non seppi subito che cosa pensarne. Non si trat- tava certamente di un fe/legrino per la colorazione della nuca e del vertice, e principalmente per la forma del piede; non poteva trattarsi neanche di un Falco 6arbarus, poichè, sebbene ne avesse presso a poco il colorito, ne superava decisamente la statura. Alla specie Feldeggi non pensai che in ultimo, poichè nelle descrizioni date sulle opere dei nostri più recenti ornitologi non trovavo la descrizione e molto meno la figura di una fase del Falco Feldeggi eguale a quella rivestita dal mio. Inoltre io confrontai questo esem- plare di Abruzzo con un altro che ne avevo precedente- mente proveniente dall'Africa settentrionale, e, meno nella forma dei piedi, non vi notai la minima somiglianza di tinta, senza contare che i due individui sono molto diffe- renti di statura e quello di Abruzzo supera di quasi un terzo quello d'Africa. Comunque, avendo studiato coscienziosamente l’esem- plare, mi convinsi trattarsi di un Falco Feldeggi maschio adulto, in una fase non da tutti conosciuta. IL FALCO FELDEGGI 133 Recatomi, dopo qualche tempo, in Roma, portai l’esem- plare al nostro bravo Coli perchè lo ripreparasse convenien- temente, e fui molto contento quando, entrando io nel suo laboratorio col famoso falcone, egli esclamò appena lo vide: « Ecco un superbo Falco Feldeggi! » 134 DOTT. NICOLA DE LEONE Il Coli conosceva quella fase per averne veduta una assai somigliante in un bel Lanario conservato dal prin- cipe Don Francesco Chigi nella sua collezione. In seguito pregai il chiaro ornitologo prof. Angelini di passare dal Coli a vedere il mio esemplare, ed egli, avendolo accuratamente esaminato, concluse approvando completamente la mia diagnosi. n Il Falco Feldeggi in Italia è ritenuto dagli ornitologi assai raro. Il Salvadori nella /azza d'Italia (Milano, Val- lardi, pag. 17) dice di non conoscere altra cattura che quella di un individuo trovato sul mercato di Roma. Egli avverte poi in nota che i tre Lanari del Cara sono invece Falchi sacri. | L'Arrigoni (Mar. d'Orn., Milano, Hoepli, 1904, pa- gina 60) lo ritiene più difficile ad aversi in Italia del Sacro, ma ne cita diverse catture. Il Martorelli (G4 uccelli d’Italia, Milano, Cogliati, 1906, pag. 392) è della stessa opinione dell'Arrigoni, e ritiene il Falco Feldeggi assai raro in Italia ed anche più del Sacro. Egli dubita anzi che non tutti i Falchi determinati come Lanari siano tali, per la difficoltà di riconoscerli. Io stesso, esaminando i Lanari conservati nel Museo della Regia Università di Roma, ebbi a riscontrare che tra essi vi era un pellegrino tipico e tale da non potere indurre in errore. Il Giglioli nel Secondo Resoconto dei risultati dell'In- chiesta ornitologica in Italta (Firenze, 1907, pag. 388) lo dice sedentario, ma scarso e localizzato, e ne cita almeno undici catture, di cui tre sole di adulti. Io però sono convinto che il Falco Feldeggi è in Italia assai più comune di quanto si ritiene, e solo lo credo assai raro nel perfetto abito di adulto. i Infatti nella mia ultima gita a Roma ho avuto occa- sione di osservarne ben otto esemplari, di cui quattro, tutti giovani, appartenenti al Museo della Regia Univer- IL FALCO FELDEGGI 135 sità; tre, di cui uno adulto e due giovani, appartenenti alla raccolta di Don Francesco Chigi, ed uno adulto fem- mina, appartenente ai frati di Montecassino, in prepara- zione presso il Coli. Bisogna però guardarsi dal credere a troppe catture, potendo capitare di restare delusi in troppa buona fede. Lo stesso prof. Martorelli mi scriveva, nello scorso aprile, che egli cerca da tanti anni invano un Falco Feldeggi adulto, e mi avvertiva di guardarmi dall’acquistare esem- plari in pelle ad ‘alto prezzo come presi in Italia, poichè alcuni fornitori li fanno venire da una certa località, dove li pagano cinque o sei volte meno già preparati. Sv mi Ho detto che il Lanario adulto nella sua fase carat- teristica (collezione mia e collezione Chigi) è poco cono- sciuto, e mi spiego. La descrizione che in molti libri si trova dell’ adulto di questa specie non è sempre corrispondente al vero, e ciò non solo accade per le descrizioni, ma anche per le figure. Io cercherò nella esposizione che sto per fare di mettere in chiaro queste differenze, ma non voglio in nessun modo assumere l’aria di voler criticare coloro che con le loro opere e con i loro consigli furono i miei mae- stri ed i miei iniziatori in ornitologia, solo intendendo di esporre fatti che tutti possono osservare e controllare. La mia figura, una fotografia presa dal Lanario cat- turato in Abruzzo, è assai utile a tenersi sott'occhio, per- chè dà una buona idea dell'abito che vorrei far rilevare. Ed incomincio dal Martorelli. In genere l'abito ch' egli descrive come proprio dell’ adulto è assai somigliante a quello presentato dal mio esemplare. Vi sono però delle notevoli differenze che si possono avere sott'occhio dallo specchietto seguente : 136 DOTT. NICOLA DE LEONE Descrizione del Martorelli. Sulle parti superiori dalla base del collo in giù « attraverso alle parti grigiastre, il bruno forma fascie indistinte... ». Spazio dietro i mustacchi « bianco-fulviccio con poche e sottili macchie ». Sui calzoni le macchie sono pure piccole e possono mancare come sul sottocoda. i Coda « segnata di fascie paral- lele grigio-rossigne alternate net- tamente con altre bruno-scure. Abito del mio esemplare. Sulle parti superiori dalla base del ‘collo in giù attraverso alle parti grigie, il bruno forma fa- scie trasversali assai ben distinte. Spazio dietro i mustacchi fulvo-chiaro quasi senza mac- chie. Sui fianchi e sui calzoni grandi macchie nere in forma di fascie, più sottili sul sottocoda. Coda a fascie nettamente al- ternate grigie- e nere) esdavata di fulviccio verso l’apice. La figura data dal Martorelli (Gl uccelli d'Italia, Mi- lano, Cogliati, 1906) è meno fedele della descrizione. Sem- pre parlando dell'adulto, è da osservarsi che lo spazio dietro il mustacchio è troppo bianco, e le macchie sono troppo grosse sul petto e troppo piccole sui fianchi e sui calzoni. Inoltre l’effetto generale delle parti superiori ri- corda il giovane, ma dovrebbe essere assolutamente di verso nell’adulto, nel quale si presenta a fascie distintis- sime e di grande effetto. Anche l’Arrigoni non parla delle fascie trasversali sui calzoni del Lanario adulto (Marx. d'Orn., pag. 59), anzi nella pagina seguente soggiunge che la mancanza delle fascie trasversali sui calzoni del Lanario è un buon indizio per riconoscerlo dal Falcone. Invece il mio Lanario, come del resto anche l’adulto posseduto da Don Francesco Chigi, ha sui calzoni fascie trasversali nere. La figura data poi dall’Arrigoni del Lanario adulto nella tavola 6% del suo ottimo Atlante, non rassomiglia affatto all’adulto, ed è evi- dentemente presa da un giovane, poichè somiglia moltis- simo ad un giovine Lanario che io posseggo di .prove- nienza africana. L’abito che riveste il mio Lanario e che sembra tipico dell'adulto è del resto perfettamente descritto dal Salva- dori nella sua /@auza d'Italia (Milano, Vallardi). IL FALCO FELDEGGI T3}7 Sarebbe intanto interessantissimo stabilire tutte le fasi attraversate dal Lanario prima di rivestire l'abito completo di adulto. A questo scopo ho riportato qui appresso la descrizione di parecchi esemplari di Lanario, che ho po- tuto studiare o di cui ho potuto avere la esatta descri- zione. Da questa descrizione mi sembra risultino tre fasi ben distinte tra loro, ma ben s'intende che non vi è com- preso l’abito del nidiaceo, che, per la verità, io non co- Nnosco. LANARI NELLA PRIMA FASE. I° Femmina - Ponte Butero - Roma - Novem- bre, 1890 (es. del Museo dell’Università di Roma). Fronte color bianco sporco; vertice nero-fulvo ; mustac- chio non eccessivamente sottile; parti superiori con piume marginate di fulvo-chiaro: gola immacolata; parti inferiori bianche, lavate di fulvo, con macchie longitudinali oscure; sottocoda con sottili strie centrali oscure : 2° Femmina - 5 luglio 1904 - Monterotondo. (dal nido) - Es. appartenente al Museo dell’ Università di Roma. Rassomiglia al precedente, ma ha i mustacchi più ri- stretti e l’occipite col bianco meno velato dal fulvo; 3° Maschio - Prov. di Roma (dono del signor Am- brogetti Domenico al Museo della Regia Università di Roma). Mustacchio ancora più ristretto che nei precedenti; nuca bianca e fulva; parti superiori castagne, con larghe mar- ‘ ginature fulvo chiare ; 4° Maschio - Dintorni di Roma - 15 novembre 1900 (Es. appartenente al principe Chigi). Fronte grigio-blanca; vertice bruno con penne appun- tite marginate di ceciato nel vessillo interno; occipite e nuca con penne appuntite bianco-ceciato, brune sullo stelo; le altre parti superiori e cuopritrici alari superiori: brune, con marginature sottili ceciato pallide e macchie tondeg- gianti della stessa tinta sulle scapolari e sul groppone; 138 DOTT. NICOLA DE LEONE guancie bianche con steli scuri, separate dalla tinta chiara del capo da una stretta fascia scura; mustacchi neri, lun- ghi e stretti; mento e gola bianchi senza macchie; gozzo bianco con sottili strie longitudinali bruno scure; petto e addome simili, con macchie scure più larghe; fianchi bruni con marginature chiare e macchie tondeggianti bianco-ce: ciate sul vessillo esterno di ciascuna penna; alcune di queste macchie bianche o ceciate, a contorno curvilineo, sono aperte verso la base delle penne; calzoni bianchi con steli scuri; sottocoda bianco; cuopritrici inferiori delle ali bruno-nere marginate e macchiate di bianco, e le macchie bianche sono ovoidali e disposte trasversalmente; remiganti brune con fascie trasverse ceciate sul vessillo interno della faccia superiore; 5° Femmina-Africa (appartenente alla mia Stazione ornitologica): fronte fulviccia; vertice nero fulvo; nuca mista di nero, bianco e fulvo; parti superiori nere con larghe marginature fulve; faccia superiore della coda a fascie alternate fulve e nere; mustacchi non eccessivamente ristretti; gola immacolata ; petto ed addome col centro delle penne nero; calzoni e sottocoda con strie centrali nere. LANARI NELLA SECONDA FASE. 1° Maschio (macchie Mattei presso il forte Bra- vetta, 1896), appartenente alla R. Università di Roma. Mustacchio piuttosto esteso ; macchie longitudinali sulle parti inferiori più ristrette. Sono presenti le fascie trasver- sali sui calzoni. Sulla nuca bene accennato il color fulvo. Marginature fulve nelle parti superiori assai ristrette. Si cominciano ad accennare le fascie trasversali color piombo sulle parti superiori; 2° Femmina (?) - Santa Palomba (Roma) - No- vembre, 1907 - (Appartenente al principe Chigi). ‘ Fronte grigio-bianca ; vertice ed occipite bruni nel centro con marginature bianche e ceciate molto estese sui lati e verso la nuca. Quivi ogni penna appare ceciato-fulva, con IL FALCO FELDEGGI 139 una grossa macchia apicale bruna. Da ciò risulta che sul capo e sulla nuca questo soggetto ha una regione chiara meno estesa del soggetto n. 4 della prima fase. Le altre parti superiori sono brune, senza marginature; hanno sol- tanto gli apici delle penne leggermente più chiari della tinta fondamentale. Guancie bianche con steli e piccole macchie allungate scure; lungo i lati del vertice e del- l'occipite scorre una fascia nerastra priva di marginature. Mustacchio nero, lungo e sottile, meno bianco e senza mac- chie; gola bianca con piccole macchie all'apice di alcune penne; rimanenti parti inferiori bianche con grosse strie longitudinali scure, che divengono più estese in larghezza sui fianchi, ove si osservano nelle macchie scure alcune macchie tondeggianti bianche giallognole chiuse od aperte verso il margine della penna. Calzoni bianchi con strie lon- gitudinali brune un po’ più sviluppate che nell’ esemplare quarto della prima fase. Sottocoda bianco sudicio con steli e qualche macchia irregolare bruna. Cuopritrici alari infe- riori brune, in parte marginate ed in parte macchiate di bianco ; le macchie bianche sono tondeggianti. T'imoniere brune superiormente ; le due centrali senza macchie; le altre con fascie incomplete nel vessillo interno e con macchie ton- deggianti o fascie incomplete ceciate nel vessillo esterno; tutte terminate da una fascia ceciata; inferiormente con fascie incomplete. LANARI NELLA TERZA FASE. 1° Femmina (appartenente ai Frati di Montecassino). Questo soggetto è di gran lunga il più grosso di tutti quelli che ho osservati. Oltre il rosso della nuca, presenta le caratteristiche fascie color piombo sulle parti superiori, ma assai sbiadite, e le macchie trasversali sui calzoni. 2° Maschio (?) adulto - Lago di Bolsena, 11 gen- naio 1904 - (Soggetto appartenente al principe Chigi). Fronte grigio-bianca; vertice nero con poche margi- nature fulvo-vivaci ; lati del vertice ed occipite fulvo-vivaci 140 DOTT. NICOLA DE LEONE >= SS — con piccole macchie scure; nuca fulvo-ceciata con macchie scure di varia estensione. Parte inferiore del collo, supe- riore del dorso, piccole e medie cuopritrici alari superiori nero- lavagna, con piccole fascie cenerine nell'alto dorso ; le rimanenti parti superiori, come le medie e grandi CUO- | pritrici alari, sono fasciate di grigio cenerino e grigio nero, ma le fascie cenerine acquistano sempre maggiore esten- sione sul basso dorso, sul groppone e sul sopracoda che appaiono cenerine fasciate di nerastro grigio. Guancie bian- che lavate di fulvo ceciate sui loro bordi, cioè lungo la fascia nera che le separa dalla tinta della nuca e del ver- tice, lungo i mustacchi e sulla regione auricolare; mustac- chi neri sottili e brevi; mento, gola e parte superiore del petto bianchi leggermente lavati di ceciato senza macchie; parte inferiore del petto simile con piccolissime e scarse macchie lanceolate nere; addome più lavato di ceciato e con macchie un po’ più grandi, alcune delle quali in forma di fascie trasversali incomplete ; fianchi bianchi percorsi da fascie trasversali nere; calzoni simili con fascie scure più ristrette ; sottocoda bianco con sottili fascie trasversali com- plete grigio-nere. Cuopritrici alari inferiori a fascie trasver- sali nere e bianche; quelle del margine dell'ala bianche con macchie nere. Remiganti brune e grigie superiormente con fascie trasverse bianche o bianco-ceciate sul vessillo interno, inferiormente a fascie alternate grigie e bianche. Timoniere superiormente grigie cenerine con fascie tra- sversali grigio-nerastre, inferiormente fasciate di grigio ce- nere chiaro e grigio bruno chiaro: 3° Maschio - Gennaio, 1908 - Torricella Sicura (Teramo) - (Esemplare appartenente alla mia Stazione ornitologica). Fronte lavata di grigiastro e di fulviccio con steli neri; vertice con penne nere orlate di fulvo; nuca con penne bianche alla base, rosso-fulve nel resto con steli ed apici neri; alto dorso e cuopritrici neri con fascie trasversali cenerino piombo lavate di fulviccio. Dorso e sopracoda con penne color piombo e fascie trasversali nere e steli neri ben marcati. Coda idem, ma lavata di fulviccio sudicio PE È IL FALCO FELDEGGI I4I all'apice; guancie lavate di cenerino e di fulvo ; mustacchi esigui. Mento e gola bianco immacolato. Petto bianco la- vato di fulvo con steli neri: fianchi e basso addome un po più fulvi e con macchie nere a goccia; bassi fianchi e calzoni bianchi con steli e strie trasversali neri e lavati di fulvo solo sulla parte terminale dei calzoni; sottocoda bianco lavato qua e là di fulvo e con sottili striscie tra- sversali nere. Sie iot E’ certo che i Lanari nella terza fase sono assai ra- ramente presi in Italia, mentre sono più comuni quelli nelle due altre fasi. Ora sarebbe interessante conoscere, come io dubito, se questi bellissimi falconi si riproducono anche prima di rivestire il completo abito di adulto, o per lo meno il più completo che noi conosciamo, vale a dire quello presentato dagli individui nella terza fase da me descritta. Non mi resta che porgere le mie più vive grazie alla signorile e squisita cortesia del principe Don Francesco Chigi, che volle favorirmi e fotografie e descrizioni dei Lanari della sua splendida collezione. Ricerche sperimentali sulla fisiopatologia del sangue IN ALTA MONTAGNA Comunicazione del socio Dottt VALENTINO BARNABÒ fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Numerosi Autori hanno studiato parecchie interessanti questioni di fisiologia sulle alte montagne. Si sono occu- pati, ad esempio, dell’ influenza dell’altitudine sulla nutri- zione generale Guillemard e Moog, Veraguth, Jacquet e Stahelin, esaminando le variazioni della quantità dell’orina; Kiiss ha misurato la combustione organica; Tissot gli scambi respiratorî; Lapicque i fenomeni vasomotori, ecc. Sono molto interessanti le variazioni della composizione del sangue, sia variazioni morfologiche, sia variazioni nei gas o nella chimica del sangue. Nelle alte montagne varia difatti il numero dei corpuscoli rossi, si ha la cosiddetta iper- globulia delle altitudini. Pertanto io credo opportuno, per poter meglio comprendere le mie ricerche, esaminare par- ticolarmente quest ordine di lavori. Viault aveva parlato, secondo il prof. Luciani, della iperglobulia delle altitudini nel 1901, riportandola alla pressione atmosferica. De Fromont De Bouaille disse esser la iperglobulia costante, esigere cinque o sei mesi di tempo per raggiungere il massimo grado, e distruggersi infine rapidamente. Egli anzi, avendola riscontrata nel sangue di persone sane e di malati, credette doversi a ciò 1 be- nefizî della montagna sui tubercolosi. Armand Delille e Meyer studiarono il sangue dei conigli, rimasti a 2000 m. da 2 a 7 settimane, ma non trovarono notevoli variazioni nè nel sangue preso dalle orecchie, nè in quello preso dal cuore. Tuttavia Jacquet potè confermare l'aumento RICERCHE SPERIMENTALI SULLA FISIOPATOLOGIA DEL SANGUE 143 degli eritrociti, avendosi, egli disse, un aumento nella quantità totale del sangue dopo un lungo soggiorno in montagna. La iperglobulia non sarebbe dunque assoluta, ma relativa, essendovi diversità di. composizione morfolo- gica nel sangue delle differenti regioni vasali. L'organismo, secondo Jacquet, solamente più tardi reagisce con la neo- formazione di sangue alla continua tensione dell'ossigeno atmosferico. Foà criticò tale ipotesi, sostenendo che la ra- pida scomparsa della iperglobulia, appena si discende .dalla montagna, è dovuta al fatto dell'apparenza della iperglo bulia stessa, la quale non sarebbe reale. Vi sarebbe una stasi nei vasi superficiali dilatati, una circolazione meno attiva delle emazie, e quindi un arrestarsi e un accumularsi di esse nei capillari. Come prova di questa ipotesi starebbe il non aver mai riscontrato nè la urobilinuria, nè grande quantità di pigmento a reazione del ferro nelle urine degli animali da esperimento. Henry e folly esaminarono di poi il sangue durante un'ascensione in pallone, e sostennero che le variazioni numeriche degli eritrociti sarebbero do- vute a una diversa ripartizione del sangue nell'organismo in seguito ad azione vasomotrice, e non già a neoforma- zione di globuli. Tuttavia Bayeux sul Monte Bianco, fa- cendo per il primo (20 agosto 1904) la numerazione dei globuli rossi sull'uomo, potè constatare la esistenza reale della iperglobulia. Mosso sul Monte Rosa nel sangue delle scimmie. constatò i medesimi fatti osservati nel sangue dell’uomo, del cane e dei coniglio. Abderhalen confutò l'asserzione fatta da Gaule nel 1902 che i globuli rossi aumentino in modo assoluto, e confermò, mediante un procedimento speciale, e durante un’ ascensione in pallone, le ricerche di Schroetter e Zunz, i quali non avevano riscontrato notevoli modificazioni nella costituzione normale del sangue, durante un soggiorno di 10 ore in pallone, giungendo fino a 5000 m. Finalmente Guillemard e Moog, ripetendo nel 1906 sul Monte Bianco le osservazioni sul sangue, ritrovarono la iperglobulia centrale spesse volte, e sempre la iperglobulia periferica e la diminuzione notevole del valore della emoglobina globulare. Gli ultimi studi 144 VALENTINO BARNABÒ confermano dunque la esistenza della iperglobulia delle altitudini, pur non essendosi trovata una teoria soddisfa- cente per ispiegarla; ma il dato di fatto resta e sarà im- portante per le nostre ricerche. Gli altri studi sulle variazioni del sangue sono per noi meno importanti. Ricorderò quindi di volo quelli di Bartlett sul mal di montagna e sulle variazioni della pres- sione sanguigna in conigli esposti a rarefazione artificiale di aria; quelli analoghi di Camus, il quale ritrovò variare la pressione sanguigna nel medesimo modo della pressione atmosferica; le ricerche sulle variazioni della emoglobina compite da Hueppe, da De Saint Martin, e da Lapicque; e il lavoro di Biirker, il quale notò nel sangue dei conigli tenuti a 1800 m., un aumento nella quantità del ferro e una marcata facilità alla coagulazione del sangue stesso. Io ho desiderato ricercare se l'altitudine, esercitando dunque in modo certo una qualche influenza sulla circo- lazione in condizioni fisiologiche, potesse apportare delle modificazioni sul processo elementare della infiammazione. Tale questione non credo, per quanto mi consta, sia stata trattata da alcuno, pur essendo moltissimi gli Autori che si occuparono della influenza esercitata sulla flogosi da fattori svariati fisici e chimici. Io non starò ora a esami- nare partitamente tali numerosi ed importanti studi come ad esempio quelli di Wechsberg sulla importanza di al- cuni agenti chimici, e quelli di M"' e M"° Meltzer sulla influenza della sezione del simpatico; e rimando per essi ai trattati di Patologia Generale. Ricorderò invece, perchè per noi presenta un interesse speciale, lo studio recente di Dreyer e Jansen circa la influenza dei raggi luminosi sulla circolazione, seguita al microscopio nelle orecchie di coniglio o nella lingua di rana. I raggi calorifici venivano esclusi mediante l’interposizione di una soluzione clorurato sodica (0.7 °/,). Questi ricercatori trovarono in primo tempo . RICERCHE SPERIMENTALI SULLA FISIOPATOLOGIA DEL SANGUE 145 una notevole dilatazione vasale e una iperemia; in secondo tempo la infiltrazione sierosa del tessuto e la trombosi dei capillari; e finalmente la fuoriuscita di leucociti dai vasi non ancora trombizzati. Tali fatti avvenivano molto più rapidamente negli animali esposti ai raggi luminosi, che non in quelli non esposti per controllo; e avvenivano an- cor più rapidamente dopo la sezione del simpatico, per l'assenza della azione simpatica vasocostrittrice, secondo ibiparerefder due Autori. Le mie esperienze vennero condotte sulle Alpi Dolo- mitiche del Cadore (Belluno) e precisamente sui contraf- forti del M. Antelao (m. 3315), sulle sommità accessibili al trasporto degli animali da esperienza, i conigli. Me- diante laparatomia, esponeva all'aria libera per un tempo determinato il peritoneo, disteso sopra un pezzetto di su- ghero, e irrorato da soluzione fisiologica clorurato-sodica. Finita la esperienza e sacrificato il coniglio, fissavo il pe- ritoneo con l'alcool assoluto, e tornato nel mio modesto Laboratorio, ne allestivo preparati microscopici, colorati con la ematossilina e la eosina. Qualche volta ritrovai delle difficoltà, specie per gli animali molto giovani, che soffrono molto al disopra dei 1430 m. e pel freddo. Tenni sempre esatto conto durante ogni esperienza della pres- sione atmosferica, della temperatura massima e minima, dello stato del cielo, della natura del suolo, e natural- mente della esatta altitudine. Ebbi pertanto i dati riportati nella seguente tabella: VALENTINO BARNABO 146 « OSOqIH « « PIL OORI « « « « « OSOSSEg « « OSOQIH « Cl'ENEIS « « o1adoo */ E « « opado9 on9u ‘o)19do07) o}1odo) ox1adoo ”/, « « O EIEIS ezualiadsa [[9p oqjons [9°p 072IS O]9l9 19P 07gIS « « « « « « 007 « « 6‘g87L QUOIS ‘SOIT "USUI ol 0eT « "i « « « o1% Le « Se a « « « STE GEO | 82 ‘(] ONOqua 02U]9]O]) TWO CÒ (6) « « « « « « oV 10 « € « « « « 294 00 017 | * (z7idg cutig) zn9) tposy 2uon 6x3/ o9I « « « « « 08 001 « « « « « SR 0) oStI | (cios9A tllose9) terqqn{] QYUONN oCI LE « LE : « « 0% she « A e PU A « « Seco Lola SOII ae te et” CONDI A ZUOTN ol Due « « « « « ol 09€ « « « « « S°£2 | 057 | 058 | (G10peo IP allen) 21999s IP aI09 à SL ra Ae e s È È UN | SSEN | IN/S ui SUIPNI VZNHITHASAH.TTHCA VLITVIOT vanpeioduo ], DIV oI]S1u09 [ap osad JI OI CORTESIA RIO Itro- ja 85o-m. oss il peritoneo abbastanza nor- 1 esperienze Nella prema serie d vato all esame macroscopico , Oa LV ga Qu. 7, a Lea per (O) Go "MP 4a CM CIO v E dà “a _ 5 6 TA (<= MR 0) ve re dd RE o O £ O d SOL 9.8 o o £ 0 139) E AVA Co o (qof r Ù E e RICERCHE SPERIMENTALI I SULLA FISIOPATOLOGIA DEL SANGUE 147 ritoneali riempiti di sangue, specie nel 3° animale. Al mi- croscopio era normale la sierosa del 1° coniglio, senza diapedesin vicino ai vasi; ripieni erano i più grossi vasi di eritrociti, e scarseggiavano i leucociti; i capillari nor- mali. Nel 2° coniglio, pur non essendovi notevoli altera- zioni della sierosa, alcuni elementi sanguigni avevano ab- bandonato i più grossi vasi, più iniettati di sangue di quelli della precedente esperienza. Infine nel 3° coniglio si aveva la diapedesin, limitata però a qualche capillare, e senza la formazione di una zona flogistica perivasale ; e tutti 1 vasi, compresi i capillari, ripieni di eritrociti. Nella seconda serte, a 1195 m. di altitudine, il peri toneo si opacava sensibilmente solo tre ore dopo la ope- razione; mentre i vasi erano più iniettati che nelle altre esperienze fin dopo un'ora. Al microscopio nel 4° coniglio vi era replezione sanguigna nei vasi di grande e medio calibro, senza fuoriuscita di elementi corpuscolari, e la sie- rosa normale. Nel 5° coniglio nei vasi tale era la sovrab- bondanza di eritrociti da non potersi distinguere la cor- rente centrale dalla marginale, pur essendo scarsi i leuco- citi. Nel 6° animale la sierosa era normale, quantunque qualche raro elemento corpuscolare fosse uscito dai vasi più grossi; i capillari erano pur sempre normali, ma anche essi ripieni di eritrociti. Nella terza serte, a 1430 m. sul livello del mare, il peritoneo si opacava tardivamente e in grado leggiero, mentre i vasi, assai iniettati, risaltavano su di esso. Dal- l'intestino, assicurato con spilli sul pezzetto di sughero, si hanno casualmente delle emorragie, le quali prontamente si arrestano per rapida coagulazione. Al microscopio sol- tanto nel 9° coniglio vi era la diapedesin di qualche raro elemento; mentre la sovrabbondanza di eritrociti in tutti 1 vasi, compresi i capillari, era assai più evidente che negli animali delle precedenti serie, manifestandosi fin due ore dopo la operazione. Scarseggiavano pur sempre i leucociti, e normale era la sierosa. Negli animali della quarta serze, tenuti a 2100 m. .d’altitudine, osservai gli stessi fatti; ma più rapida ed in- 148 : VALENTINO BARNABÒ tensa era la turgescenza dei vasi e più tardiva la tenue opacità peritoneale. Causa l'intenso freddo non potei questa. volta prolungare l’esperienza oltre le 2 ore e 25 minuti. Assai interessante fu il reperto microscopico, perchè, mentre i fenomeni flogistici si riducevano alla diapedesin di qualche rarissimo elemento e soltanto nel 12° coniglio, notevolissima era invece la iperglobulia in tutti i vasi, com- presi i capillari, persino nel 10° coniglio. Tanto gli eri- trociti erano stipati gli uni sugli altri, che a forte ingran- dimento non se ne poteva distinguere la vera forma, e neppure quella delle cellule endoteliali delle pareti vasali. Sempre rari erano i leucociti, e sempre normale la sierosa peritoneale. La quinta serte di esperienze, di controllo, a 28 m. soltanto, ha dimostrato che un'ora dopo la operazione vi era una notevole diapedesin, due ore dopo si distingueva la zona flogistica perivasale, e tre ore dopo era completa la infiammazione con i noti classici caratteri descritti da Conheim. Il numero degli eritrociti non apparve mai au- mentato ; quello dei leucociti fu sempre normale. x * XK Da ciò risultano dunque i dati di fatto seguenti: 1° i fenomeni flogistici apprezzabili all'esame ma- croscopico diminuiscono gradatamente se aumenta l' alti- tudine, poichè diminisce l’opacità della sierosa peritoneale ; 2° l'esame microscopico rileva difatti un notevole ritardo della diapedesin e degli altri fenomeni infiamma- torî, man mano che aumenta l'altitudine ; 3° tanto all'esame macroscopico quanto all'esame microscopico è notevole il proporzionale aumento di sangue contenuto nei vasi, proporzionale sia all'aumento di alti- tudine, sia al tempo di esposizione del peritoneo all'aria libera ; 4° tale riempimento dei vasi è costituito pressochè esclusivamente da emazie, il cui numero appare dunque accresciuto, almeno per ciò che riguarda il sangue circo- detiene 2 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA FISIOPATOLOGIA DEL SANGUE 149 lante nei vasi del peritoneo esposto all'aria libera e che io esamina : 5° oltre alla iperglobulia si nota una ipoleupoci- tosi, indice di per sè anche di un ritardo nella flogosi. Dopo tali fatti resta ora a fare alcune considerazioni. E innanzi tutto sorge spontanea la domanda se realmente l'altitudine abbia di per sè stessa il potere di ritardare la flogosi, o se vi siano altre cause importanti ad agire se- paratamente o insieme. Vedemmo che l'altitudine esercita sull'organismo un'influenza indubbia. Tuttavia in alta mon- tagna si devono considerare ancora parecchi fattori, che non si possono scindere tra loro e separare gli uni dagli altri, come il freddo, la rarefazione dell’aria atmosferica, la quasi assenza di batteri patogeni sulle cime inabitate, la diminuzione del pulviscolo atmosferico, la diffusione della luce e la natura del suolo. Tutti questi fattori, più ‘o meno considerati dagli studiosi di fisiologia in alta mon- tagna, hanno certo un'influenza su tutto l'organismo, no- tevolmente sulla circolazione del sangue, e conseguente- mente sulla infammazione. Ognuno sa che il freddo ri- tarda la flogosi; il lavoro recente di Dreyer e Jansen dimostra l’azione dei raggi luminosi sulla circolazione ; Bartlett e Camus con le loro esperienze rilevarono l' im- portanza della pressione atmosferica; la diminuzione di batteri, controllata da varî Autori, deve, si comprende facilmente, ritardare la flogosi; infine anche la natura del suolo può, secondo me, aver una certa influenza, quando si tratta di ghiacciai o di nevai, dove i raggi luminosi sono assai diffusi. Ora nelle mie esperienze io credo bene che la somma di tutti questi fattori deva avere una notevole importanza. Tuttavia ho cercato di eliminare, il più che fosse possi- bile, parecchie di tali. cause. Difatti ho scelto cime sprov- viste di vasti campi di neve e di ghiaccio, e con suolo ‘erboso o sassoso o roccioso, dove quindi la diffusione della luce era poco considerevole. Ecco, ad esempio, un fenomeno che ha poco preoccupato gli Autori delle espe- rienze sul Monte Bianco e sul Rosa, dove i grandi ghiacciai 150 VALENTINO BARNABÒ obbligano persino gli alpinisti a munirsi di occhiali affu- micati per evitare le gravi conseguenze della forte rifra- zione e diffusione luminosa. Ho poi scelto pure a tal uopo giornate di cielo coperto o semicoperto, e con aria al- quanto umida. Per tutto ciò ritengo quindi che anche l'altitudine di per sè eserciti una influenza notevole, pro- babilmente magari in unione coi fattori suddetti. Le medesime considerazioni farei circa la iperglobulia delle altitudini, che esiste senza dubbio, anche perchè io ho potuto (per il primo credo) dimostrarla al microscopio nel sangue circolante, nell'interno dei vasi stessi. La iper- globulia da me costantemente osservata non éra perife- rica, ma centrale, nei vasi della sierosa peritoneale. Le mie esperienze confermano dunque le ricerche degli Au- tori più recenti, e non possono controllare la critica spe- rimentale del prof. Foà. Egli, come accennai, interpreta la iperglobulia come apparente, dovuta alla stasi nei vasi superficiali dilatati, e all'accumulo nei capillari delle emazie circolanti meno attivamente. Noi abbiamo assistito al riem- pirsi di eritrociti innanzi tutto dei grossi vasi e più tar- divamente invece dei capillari. Per di più non ho ritro- vato una dilatazione dei vasi, con la quale non potrebbe raccordarsi agevolmente la ipoleucocitosi da me notata, sapendo che i leucociti sogliono anzi seguire sempre la corrente più lenta e specialmente passare con più facilità nei vasi dilatali. Tuttavia io non voglio ora occuparmi della causa e della interpretazione della iperglobulia, non essendo stato questo lo scopo delle mie ricerche ; mi basta solo far rilevare che la iperglobulia esiste senza dubbio, e secondo me probabilmente in tutta la corrente circola- toria dell’ organismo, poichè vi era nei vasi peritoneali. 1} pur vero che ho esaminato quelli del peritoneo esposto all'aria libera per qualche tempo; e per tale considerazione preferisco non concludere in questo senso in modo assoluto, fino a che nuove esperienze, condotte unicamente a tale scopo, non possano toglier di mezzo ogni possibile dubbio. Infine desidero ricordare come incidentalmente anche io abbia potuto confermare la osservazione di Biirker ) RICERCHE SPERIMENTALI SULLA FISIOPATOLOGIA DEL SANGUE ISI circa la rapidità della coagulazione del sangue in alta montagna, osservandola di già nelle esperienze fatte a 1430 m. d’altitudine. Secondo me il freddo deve eserci- tare su questo fenomeno una grande importanza; e i0 non voglio ora insistervi. x * Kk Dalle mie esperienze e dalle precedenti considerazioni sarei dunque tratto alle seguenti conclusioni : I. L'altitudine, sia di per sè stessa, sia in unione di altri fattori difficilmente separabili da essa, esercita una influenza sul processo infiammatorio, ritardandolo note- volmente. II. Tale ritardo nella flogosi è proporzionale all’ au- mentare dell’altitudine. II. Esiste una reale iperglobulia in rapporto coll’alti- tudine e col tempo di permanenza a grandi altezze, ri- scontrabile anche nel sangue circolante nei vasi del peri- toneo esposto all'aria libera. IV. In raffronto colla iperglobulia esiste una notevole ipoleucocitosi. V. L'altitudine contribuisce, come notò anche Biirker, ad accelerare la coagulazione del sangue. Calalzo di Cadore, marzo 1908. EESETERATURA: I. Abderhalen E. — Blutuntersuchungen in Luftballon. 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Carruccio per conto del dott. Carlo Paolucci (2). Durante la primavera fu osservato in varie località della Polonia russa, della Galizia (Austria) e dell Unghe- ria: in autunno alcuni individui ne furono visti nelle parti orientali della Russia (gov. di Astrachan), e dicesi che qualche centinaio ne abbia svernato nei dintorni di Pe- rekop. Alcune persone affermarono anche di aver constatato la nidificazione del Syry4aftes nel gov. di Mosca, ma il noto ed esperto preparatore sig. T. Lorenz non crede attendibili tali notizie, stante la scarsa conoscenza che gli informatori avevano dell’ornitologia. Avendo io trascorso due mesi dell’estate ultima in Russia, ebbi agio di interrogare varie persone, ottenendo piena conferma di quanto dai giornali russi avevo raccolto: (1) Bo. Soc. Zool. It., 1908, pagg. 200-205. (2) Lol. Soc. Zool. It., 1908, pagg. 206-207. FRANCESCO CHIGI - NOTIZIE COMPLEMENTARI SULL’ INCURSIONE, ECC. 155 il passo fu abbondantissimo, ma avvenne in epoca di caccia proibita, e di più i contadini, per le severe disposizioni adottate dopo i recenti moti rivoluzionari, sono tutti privi di armi da fuoco. Tutto ciò fu serio ostacolo alle rego- lari osservazioni. AI mio giungere, sulla fine di luglio, in una località che trovasi presso il confine del gov. di Kursk con quello di Charkov, i grani non erano ancora mietuti e si sperava di trovare qualche nidiata di Syrrkaffes, ma le speranze furono deluse. Debbo in modo speciale essere riconoscente, per le interessanti notizie fornitemi sul passo dei Sirratti, ai signori A. Lintvarjev e dott. Kurocjkin di Sumy (gov. di Charkov) ed al generale Djakonov di Lgov (gov. di Kursk). Presso quest'ultimo, appassionato cacciatore e molto amante di animali, verso la fine di agosto potei vedere un Sir- ratte vivo, che, raccolto da un contadino lungo una linea telegrafica, era da questi stato ceduto all’ ottimo generale. Ciò che specialmente mi colpì nel vedere quell'individuo, un maschio non perfettamente adulto (1), fu il riconoscere come un uccello dotato di straordinaria potenza di volo, dopo essere stato spinto da una pazza frenesia a compiere un lungo viaggio verso un paese ignoto, lontano e ben diverso dalla sua terra natale, sia capace di abituarsi in così poco tempo a vivere schiavo senza più nulla risentire di quella folle manìa del volo che disperse chi sa quanti suoi simili in regioni nemiche, proprio nel tempo degli amori, quando l'istinto della conservazione della specie più forte dovrebbe farsi sentire. Il grazioso ed elegante uccello dalle forme snelle e leggiere, libero in una stanza, ora camminava con passi brevi e rapidi, ora correva fra 1 mobili e fra le persone, allungando il collo e piegando il capo verso gli oggetti che destavano in lui curiosità, ed ogni tanto si soffermava per scuotere e ravviare il piumaggio, allora in muta, o per beccare con disinvoltura i semi di canapa e di grano (1) Parti gialle piuttosto pallide, timoniere centrali non molto al- lungate, remiganti primarie poco appuntite, ecc. 156 FRANCESCO CHIGI - NOTIZIE COMPLEMENTARI SULL’INCURSIONE, ECC. saraceno, suo cibo preferito, che i presenti spargevano per terra. Nel camminare il Sirratte provava una certa diffi- coltà, poichè la pianta del piede squamosa e dura non aderiva al pavimento liscio della stanza e produceva un rumore secco e relativamente forte, simile a quello pro- dotto dalle unghie di un cane che cammini sopra un pa- vimento duro. Il generale Djakonov non si era accontentato di os- servare il Syry4aftes soltanto dal punto di vista scienti- fico; un altro individuo che aveva avuto morto fu da lui mangiato e trovato di gusto squisito, anche migliore della Pernice. Come gradito ricordo della visita da me fatta al Sirratte vivo, ebbi dall'ottimo generale le due zampe di quello, più disgraziato, che aveva saputo deliziare il suo palato! Roma, marzo 1909. Intorno al Melanonyx brachyrhynchus (Baillon) e ad un esemplare riferibile a questa specie, còlto nella provincia di Roma. Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana dal socio pp. don FRANCESCO CHIGI Nello scorso mese di novembre venni in possesso di una piccola oca, la quale per la tinta nero-intensa dell’un- ghia della mascella superiore e per la tinta nera della base del becco e di gran parte della mascella inferiore, doveva appartenere al genere: Ielanonyx, per la proporzione del- l'unghia poteva appartenere ad una delle specie segetuzz, ne- glectus, brachyrhynchus, ma per le dimensioni non era at- tribuibile che a questa ultima specie. Questo, secondo i caratteri generici e specifici dati dal sig. Sergio Alpheraky nel suo libro « Ocke della Russia». Del Melanonyx brackyrhynchus era noto fino ad ora un solo esemplare catturato in Italia, quello còlto a Pian di Sesto presso Firenze il 15 dicembre 1897, ora conservato nella collezione di Firenze e citato dal prof. Giglioli nel- l'Avefauna Italica pubblicata nel 1907: il mio soggetto sa- rebbe stato il secondo esemplare di quella specie còlto in Italia; una precisa determinazione di esso era dunque ne- cessaria. Lo studio che con grande interesse avevo fatto del- | l'ottimo lavoro dell’ Alpheraky m'’aveva reso assai diffidente nel determinare gli individui dei generi Azser e Melanonyx e non era certo molto facile attribuire ad una data specie ilmioesemplarefche; ‘piima' chene'Hacessi ‘acquisto, era rimasto quasi una settimana in un negozio di cacciagione perdendo la tinta primitiva delle zampe e delle parti chiare del becco, utile a conoscersi per la precisa determinazione di esemplari del genere Me/anonyx. E' vero che la parte chiara del becco era ed è ancora di un rosso cupo, ma 158 FRANCESCO CHIGI tale tinta io trovai, e non raramente, in soggetti del Melanonya segetum uccisi da qualche tempo, quindi essa indica ben poco. Ma non basta; a complicare la faccenda, il piumaggio del mio esemplare è indubbiamente giovanile come lo di- mostra la forma, la consistenza e la tinta indecisa di tutte le penne, non presenta perciò quegli scarsi caratteri dif- ferenziali che distinguono il Mel/azonya brackhyrhynchus adulto dalle forme congeneri (1). Esclusa la possibilità di determinare la specie sulle basi di questi caratteri, rimaneva la misurazione delle varie parti dell'esemplare. Nella specie 6rackyr4yrehus le misure del becco, dell'ala e del tarso sono sempre inferiori alle minime delle parti corrispondenti nei soggetti (7202 /21/c2722) delle tre altre specie congeneri, e la lunghezza dell'unghia è compresa da 3/, a 33/, volte nella lunghezza totale del becco. Le misure del mio esemplare, come la propor- zione dell'unghia corrispondono a quelle date dall’Alpheraky per il Mel. brachyrhynchus e sono anche leggermente mi- nori, cosa normale essendo il mio esemplare una giovane femmina. Dato che il soggetto in parola appartenga realmente al genere Melanonya, una volta constatate le misure, si potrebbe essere di fronte a due soli casi: o ad un IZel. brachyrhynchus normale, o ad un el. segetum (ovvero neglectus) nano; ipotesi quest'ultima veramente strana. Ed ecco la descrizione del mio soggetto femmina gio- vane uccisa al Lago di Fogliano (2) circa il 10 novem- bre 1008. Colorito generale simile a quello dei giovani Azser albifrons, più cinereo di quello del IZe/. scgetum sulle ali. Capo e collo grigio-sudici leggermente velati di gial- liccio; fronte, vertice, occipite e parte posteriore del collo molto più scuri, brunastri; tutt'intorno alla base del becco » (1) Cfr. F. CHIGI, Dati diagnostici di alcune forme della Sottofam. « Anserinae », estratti dal libro Ocke della Russia di SERGIO N. AL- PHERAKY, <« Boll. Soc. Zool. It. », 1907, p. 1-18. (2) Indicazione data dal venditore. INTORNO AL « MELANONYX BRACHYRHYNCHUS » 159 —__ una zona, sulla fronte e sul davanti del collo piccole penne sparse d'un bruno cupo quasi nero. Penne del collo non incartocciate, piccolissime, con apici chiari (carattere giova- nile). Penne del dorso e scapolari bruno-scure con stretta fascia subterminale bruno-fulviccia, che diviene chiara, bian- castra, all'apice della penna. Groppone nero-lavagna con qualche marginatura sottile chiara presso il sopraccoda. Cuopritrici caudali superiori ed inferiori bianche. Parti infe- riori fino a metà dell'addome grigio-sudice con apici delle penne biancastri; penne dei fianchi bruno-grige con debole fascia subapicale brunastra poco visibile ed apici biancastri ; cosce simili senza marginatura. Parte centrale dell'addome bianco-sudicia, parte inferiore dell'addome, inferiore dei fianchi, e sottocoda bianchi. Tutte le piume delle parti inferiori sono relativamente piccole, molto flessibili, poco consistenti (carattere giovanile). | .Piccole e medie cuopritrici alari superiori grigio-ce- nere scure con sottili fasce apicali grigio-brunastre e bianco- grigiastre; grandi cuopritrici primarie uniformi grigio-cenere puro, secondarie bruno-grigio cenere con apici bianchi. Cuopritricialari inferiori grigio-cenere scure. Remiganti nere con steli bianchi e scarse tinte grigio-cenere scure sul ves- sillo interno ; timoniere bruno-grige con larghi apici bianchi. Nel becco le parti colorate sembrano essere state estese anche sotto le narici; la base è nera, l'unghia della ma- scella superiore d’un nero intenso e lucido dalla parte ba- sale fino all'apice che è più chiaro. La mascella inferiore è nera con debole sfumatura rossastra, ed è attraversata presso l'origine dell'unghia da una stretta fascia chiara: l'unghia della mascella inferiore è nera alla base e passa al grigio-corneo all'apice. Piedi? Iride? Misure (1): becco mm. 43; massimo spessore della ma- scella inferiore mm. 5; ala mm. 385; tarso mm. 52. (1) La misura del becco è presa in linea retta dall’estremità del piumaggio della fronte all’apice dell’unghia della mascella superiore ; il massimo spessore della mascella inferiore è quello della sua parte visibile quando il becco è chiuso comprimendolo con le dita. 160 FRANCESCO CHIGI Nessun autore, neppure l’Alpheraky, fa menzione di penne nerastre intorno alla base del becco nel Me/azonyx brachyrhkynchus, carattere attribuito solo ai giovani dell’Azzser albifrons e dell'A. finmarchicus, ma l’Alpheraky descrivendo il maschio adulto dice che ha il capo bruno con sfumatura color croccolata o caffè, il Giglioli (1° descrive l'esemplare di Pian di Sesto come avente la testa e la parte superiore del collo d'un bruno scuro che forma ur. vero cappuccio: ora le penne scure che trovansi intorno alla base del becco e sparse sulla fronte e sul collo del mio soggetto possono essere appunto un principio delle penne croccolata 0 caffè proprie dell'adulto. Osservo poi cbe anche nel AIZel. segetum spesso le penne che limitano la base del becco, pur non essendo nere, sono più scure di quelle delle altre parti del capo. Queste considerazioni adunque mi permisero di at- tribuire il mio esemplare al Melanonya brachyrAynchus, mentre, ripeto, il colore nero intenso dell'unghia escludeva la possibilità di attribuirlo ad una delle specie di lom- bardelle. Cionondimeno sarei sempre rimasto nell’incertezza se dal consocio march. dott. Giuseppe Lepri non avessi avuto la notizia che nello scorso inverno vari individui, riconosciuti dal prof. Giglioli come AI/e/. brachyrhynchus, erano stati cat- turati insieme con molte lombardelle a Manfredonia e ven- duti sul mercato di Firenze. L'apparizione del IZel. brachyrhyn- chus nel Romano diveniva verosimile e mi decisi a darne comunicazione. Ma avevo appena acquistato la quasi certezza nella de- terminazione del mio esemplare quando nuovi dubbi mi fu- rono sollevati con le cortesi comunicazioni della signorina Cecilia Picchi e dei signori. Zaffagnini, possessori di indi- vidui supposti Ze/. brackyrhynchus e riconosciuti dal conte Arrigoni per giovani Arser albifrons. Ebbi in comunica- zione dai signori Zaffagnini 1 due loro esemplari che per la statura e per avere l’unghia della mascella superiore in gran parte bianca ed il becco quasi per intero chiaro sono (1) Avifauna Italica, 1907, p. 454. INTORNO AL « MELANONYX BRACHYRHYNCHUS » IOI indubbiamente giovani a/6:/rors. Anche l'esemplare della signorina Picchi, da lei descrittomi, ma che non vidi, è se- condo me un giovane a/6:frons, avendo l'unghia della ma- scella superiore grigio-cornea scura. Nell’esemplare della signorina Picchi la lunghezza del- l'unghia è compresa 3 3/, volte nella lunghezza totale del becco, mentre secondo l'Alpheraky, nell'A. a/bifrons la lunghezza dell'unghia è compresa da 4 a 4 '/, volte nella lunghezza totale del becco. Però, avendo io misurato otto esemplari di A. a/b:frons, ho potuto constatare che la pro- porzione indicata dall’Alpheraky non è costante poichè in un' caso si. ha. la proporzione 3:43; In uno: 3,50, ‘in ‘uno 3,60 ecc. Debbo pure aggiungere che tutte le misure furono da me prese su esemplari secchi e che l'Alpheraky avverte che in tali condizioni si ha bene spesso una alterazione nelle misure, dovuta al naturale restringimento della pelle che ‘ricopre ill beeco; \e- debbo aggiungere che in: due esemplari che potei misurare da freschi l'unghia era ve- ramente — ‘/, 0 poco meno della lunghezza totale del becco. Resta sempre fra il mio soggetto ed i tre dei signori Zaffagnini e della signorina Picchi la differenza di tinta del- l'unghia; che, secondo l'Alpheraky, dovrebbe essere nel nostro caso il carattere distintivo più importànte, anche escludendo di potersi servire della proporzione dell’unghia rispetto alla lunghezza totale del becco. La certezza della determinazione del mio soggetto non si potrà avere che quando saranno risolti i due quesiti seguenti: L'Anser albifrons nel primo abito, contraria- mente a quanto asserì l’Alpheraky può avere l'unghia della mascella superiore interamente ed intensamente nera ? ati Melanonya brachkyrhynchus da giovane può avere penne grigio-nere alla base del becco e sulla.fronte? Se si riconoscerà di dover rispondere negativamente al 1° quesito, come io credo, l'esemplare di Fogliano b un AIZel. brachyrhynchus; se affermativamente, può essere od un a/befrons od un brackyrhynchus, ed. il genere Me- lanonya cade, venendo a mancare il principale carattere II 162 FRANCESCO CHIGI SERI ———__—_—_—_—__— generico, cioè la costante differenza nella tinta del becco fra i due generi Arnser e Melanonyx riconosciuti e sani tati dall’ Alpheraky. te Se si riconosce di dover rispondere affermativa al primo e negativamente al secondo quesito, il mio esem- plare è un Arser albijfrons; se affermativamente al primo ed affermativamente al secondo, il dubbio rimane e per ri- solvere la’ questione occorrerebbero dati che a noi man- cano almeno per ora. Altri casi non sono possibili. i A questo punto mio malgrado debbo fermarmi senza aver potuto dare una soluzione certa; ma fino a prova contraria considero come esatte le caratteristiche generiche date dall’Alpheraky, non avendo assolutamente in mano nulla che possa servire a confutarne le asserzioni ed ‘a distruggere i risultati del lungo studio e delle coscienziose ricerche di quel naturalista. Data l’importanza del caso ho dovuto intrattenermi‘a lungo sulla determinazione del mio esemplare, ed ora credo opportuno completare lo studio col riferire qui in succinto le notizie date dall’Alpheraky sulla diffusione geografica del Mel. brachyrhynchus, da me omesse nel pubblicare: i « Dati diagnostici di alcune forme della sottofamiglia Ax- SCrIinae > . ded L’Oca dal becco corto è l’unica fra le oche palearti- che, la quale non può con certezza ascriversi all’avifauna della Russia, dove tuttavia è probabile che possa capitare. Nidifica nello Spitzbergen, nella Terra di Francesco Giu- seppe e molto probabilmente nell'Irlanda, ma non fu mai trovata nidificante nel continente europeo. Come specie di passo ed invernale è abbondante nelle Isole Britanniche ove è la specie più comune del genere, è scarsa e di ap- parizione casuale nella Scandinavia, nella: Germania set- tentrionale, in Olanda, Belgio e Francia. Probabilmente s'inoltra nell'Europa occidentale lungo l'Atlantico fino alla Spagna ed al Portogallo. Il sig. Trevor-Battye dice che nello Spitzbergen quest'oca non è abbondante, ma si trova quasi ovunque; le sue abitudini nel tempo delle cove sono simili a quelle dell’ Azser fimmarchicus e del Mel. segetum. INTORNO ‘AL « MELANONYX BRACHYRHYNCHUS » 163 Di solito il nido è posto lontano dalla spiaggia marina, su qualche punto elevato che sovrasta un lago od un fiume: il maschio sta di guardia al nido e talora passeggia a grandi passi intorno ad esso emettendo suoni brevi ed alti, assai simili a quelli della S7ranta bernzcla. In generale la voce del Mel. brackhyrhynchus è più aspra e stridente di quella delle specie congeneri. Spesso questa /’agZetana si unisce ‘con altre. specie del suo genere e con le Lom- bardelle. Il Mel. brachyrhynchus vive e si riproduce in catti- vità e gli individui nati allo stato domestico, secondo at- tendibili autori inglesi, hanno spesso il becco e le zampe ‘atfanciate, fatto che si verifica, a quanto‘ pare, anche allo stato selvatico. Le Oche, nostri ospiti invernali, che in grossi stuoli invadono e danneggiano le nostre campagne, e che spesso fanno alzare il capo al cacciatore costretto ad affaticarsi legato alla terra, mentre esse con volo ondeggiante e placido a grande altezza fendono l’aria e fanno sentire le loro grida sonore rauche e ‘sguaiate, quasi di sfida e di scherno, sotto l'apparente semplicità delle * loro forme e del loro abito, nascondono un materiale di studio prezioso per l'ornitologo. Questi selvaggi e diffidenti palmipedi, padroni della terra, dell’acqua e dell aria, che hanno per patria le solitarie rive dell'Oceano Glaciale ed i nudi bordi dei ghiac- ciai circumpolari, e che ogni inverno sorvolando facilmente migliaia di chilometri vengono a cercare cibo e ricovero in terre più fertili, ma per loro meno ospitali, hanno in sé, a parer mio, qualche cosa di ignoto e di inafferrabile, che li rende ancor più interessanti agli occhi di coloro i quali vogliono dedicarsi allo studio delle cose naturali non solo fra gli scaffali dei musei e nel mondo dei morti, di ciò che fu, ma anche nella vera vita ed in ciò che sarà. Roma, aprile 1909. Prof. M. CONDORELLI Prof. G. G. PERRANDO DIRETTORE DELL’ ISTITUTO DI PARASSITOLOGIA DIRETTORE DELL’ ISTITUTO MEDICO=LEGALE 2 DELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA Notizie sul Carcharodon carcharias L., catturato nelle acque di Augusta e considerazioni medico-legali su resti umani trovati nel suo tubo digerente. Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana, con sede in Roma PAR Tek NOTIZIE ZOOLOGICHE SUL « CARCHARODON CARCHARIAS ». L.. Sotto il titolo di Macabra pesca, i giornali cittadini del 28 gennaio annunziavano che due giorni prima sette. pescatori catanesi, imbarcati in un battello peschereccio, si dirigevano verso Augusta, quando, in prossimità del Capo S. Croce, col grosso amo d'una nassa da gamberi, veniva catturato un delfino di mezzo quintale circa. A brevissima distanza forti sbuffi di acqua .-si solleva. vano impetuosamente a grande altezza, e veniva a galla un enorme mostro marino, che, coi suoi movimenti, met- teva in serio pericolo l'imbarcazione. S'impegnò subito. una lotta impari fra i due abitatori del mare, nella quale, com'è facile prevedere, toccò la peggio al delfino, che, al primo assalto, ebbe la coda recisa di netto, e, al se-- condo, fu inghiottito, I marinai, rimessisi alquanto dal primo sgomento, si. diedero alla caccia del vincitore, e colle fiocine riuscirono ad ucciderlo. Tosto fu rimorchiato nel porto di Catania, e trasci- nato alla deriva in prossimità del gazometro. La mattina, in cui appresi la notizia, impedito da do- veri scolastici, non mi fu possibile recarmi sul luogo pel riconoscimento della specie; nel pomeriggio poi, con grande rincrescimento, venni a conoscere che l’animale era già. stato distrutto alla sardigna municipale. NOTIZIE SUL « CARCHARODON CARCHARIAS » 165 Da un'accurata inchiesta, da me fatta, raccogliendo notizie attendibilissime, favoritemi da colleghi medici, che presenziarono il reperto del contenuto gastrico, e da in- telligenti marinai e pescatori, risultava trattarsi d'uno Squalo, avente i seguenti caratteri : Corpo fusiforme, alquanto più grosso anteriormente, della lunghezza di circa m. 4.50 e del peso approssima- tivo di 800 chilogrammi; testa robusta, conica, lunga un metro, con muso piuttosto corto ed ottuso all'apice, occhi piccoli relativamente alla mole del corpo; cinque paia di fessure branchiali (*); pinna caudale a mezza luna ed ete- rocerca; pelle finamente zigrinata; colore del dorso gri- gio-nero-verdastro, ardesiaco, al ventre biancastro. Per cortesia degli egregi colleghi dott. Salvatore Pri- viterasUliciale“Samitario Capo; e dott. i. Salvatore, “Tira- longo, Ispettore Sanitario Municipale, ebbi la fortuna di osservare lo scheletro della testa, risparmiato all'opera di distruzione nella sardzgra. La lunghezza totale di esso è di cm. 80, misura que- sta che, accresciuta di queltanto da attribuirsi alle parti molli, corrisponde a circa il quinto della lunghezza com- plessiva dell'animale (m. 4.50). Le mascelle, ampie, fortemente arcuate a ferro di ca- vallo, robustissime, sono congiunte sulla linea mediana per mezzo di robusto ligamento fibroso; e mentre l’inferiore misura cm. 61 di ampiezza massima e cm. 38 di lun- ghezza (presa questa sulla perpendicolare condotta dalla sinfisi del mento alla retta che congiunge le estremità posteriori della mandibola), la superiore è un poco meno ampia e più lunga, misurando rispettivamente cm. 57 per ciro Eossguarcio srasversale ‘della*boeca le l“di cm’ 4s. Ambo le mascelle sono provvedute d'un doppio ordine «di denti bianchissimi, grandi, larghi, triangolari, diritti, terminati a punta, pianeggianti nella faccia esterna, con- vessi in quella interna, a margini taglienti e finamente seghettati con dentellini piccolissimi, larghi appena 1 mm. (*) Le prime persone, da me interrogate sul numero delle fessure branchiali, risposero di non averci fatto caso; infine trovai chi mi assi- «curò di averle, per curiosità, contate in numero di cinque per ogni lato. 166 M.. CONDORELLI -— G.. G.. PERRANDO: e poco più profondi. Tale dentellatura manca in corri- spondenza dell’apice del dente, il quale quindi si presenta. liscio anche ai lati. Le due file: dei denti sono impiantate con simmetria ai lati di ogni mascella, ed essi, gradata- mente, diminuiscono di volume dall’avanti all'indietro, con- servando però la forma tipica sopra descritta. Nella mascella superiore i denti della 1° fila sono 24. (12 per lato); quelli della 2 fila 22. (LI per lato); ‘primi. sono rivolti all’esterno, i secondi all’interno, gli uni e gli altri. leggermente, in. basso...Il dente più. srandeie allena ch'è lungo cm. 4 ed altrettanto largo alla base, ove viene quasi in contatto col corrispondente del lato opposto; il più piccolo è l’ultimo, che misura appena mm. 4 di al tezza... Nellax 1°, fila: mancano, ia sinistra, Mode dente, dei quali però si osserva l'impronta della recente: caduta; a destra il 3° è rotto, ma, misurato in corrispon- denza della base, ben conservata,. lascia vedere ch'esso è meno grande del 2° e del 4° dello stesso, lato.. Non esi- ste dente mediano. Nel mascellare inferiore i denti della 1° fila guardano. esternamente, quelli della 2° all’interno, gli uni e gli altri volgono la punta alquanto in basso. E incompleta la 2° fila di denti, dei quali ne. esistono. 5. a destra e 2.a sk nistra: i mancanti sono quelli. posteriori, e quindi i più piccoli; ..Dei denti. della-.18 fila; il. più\grande te al=%0che lungo cm. 3.5 e largo cm. 3; il 1° è appena: più piccolo, e. dista dal corrispondente del lato opposto cm. 4,5. Non esiste, al pari che nel mascellare superiore, alcun dente mediano. Il numero delle fessure branchiali (5 pala), riscontrate nello Squalo in discorso, ci dispensa dal dubitare ch'esso. possa riferirsi al gen. /Zexanchus, che ne ha 6 paia, o al gen. //eptanchus con 7. paia; nè abbiamo alcun. so- spetto possa trattarsi del P7z0race g/auca D. o del Car- charhinus lamia Raf.,, non tanto per la. minor mole del loro corpo, quanto per la. conformazione della testa, che in essi è terminata da un lungo muso, e provvista’ di denti, i quali invero non hanno altro di somiglianza con quelli della nostra specie che la dentellatura ai margini, mentre poi sono diversissimi per la. conformazione gene- NOTIZIE SUL « CARCHARODON CARCHARIAS » 107 rale, e per giunta esiste un dente mediano impari, al meno nella mascella. inferiore. Non è nemmeno il caso di pensare al Cetorkinus ma- xtmus adulto, lungo dai 6 ai 13 m., con testa propor- zionatamente piccola, conica, e denti piccoli, numerosi, co- nici, uncinati, lisci, ricurvi indietro; e neanche alla mede- desima specie allo stato giovanile, ancora più diversa per il lungo rostro prismatico o piramidale, onde è provve- duta la testa. Indubbiamente l'individuo, di cul ci occupiamo, deve appartenere ad una delle seguenti specie: Lazzza corn bica L., Lamna oxyrhinchus Raf., Carcharodon carcharias L.; delle quali taluna è frequente, altra alquanto rara o accidentale, non soltanto nei nostri mari siciliani, ma anche in tutto il Mediterraneo e l'Adriatico. Le tre superiori specie, quantunque per mole e per colorazione e, direi pure, per l'aspetto generale, abbiano caratteri di una certa rassomiglianza fra loro, pur nondi- meno qualunque dilettante di ittiologia, col ricordo dei caratteri inerenti alla speciale conformazione del capo, della bocca, dei denti, delle fessure branchiali, delle pinne, ne. fa. una facile e immediata distinzione. Io non vidi l’animale, soltanto, mediante accurata inchiesta, riuscii a raccogliere taluni caratteri zoologici, che ho ragione di ritenere esatti 0, quanto meno, attendibili: e questi, unita- mente a quelli della dentatura, da me personalmente stu- diati, sono sufficienti per avviare ad una diagnosi certa. Per brevità e migliore intelligenza del lettore, riassumo in uno specchietto i caratteri zoologici delle tre superiori specie, secondo le indicazioni prese da Doderlein (1), da Bona- parte (2) e da altri autori; coll’intesa però che trascrivo soltanto una parte di essi, quelli cioè che si riferiscono ai sopra elencati, da me raccolti, tacendo delle branchie, delle quali non posso dire altro, ch’esse erano in. nu- mero di 5 pala. (1) DODERLEIN P. - Manuale ittiologico del Mediterraneo, fasci- colo I. Palermo, 1881, pag. 60-68. (2) BONAPARTE C. L. - /conografia della Fauna Italiana per le quattro classi degli Animali Vertebrati, vol. III, Pesci, Roma, 1832-1841. G. PERRANDO G. CONDORELLI +— M. 168 'u zi è 0uy Z-Y QJUIULIOLTIJUI cLscoutiq ‘aquawionadas 09E1s9pie E)CUIISIZ 9JUQUBWISSTUY QJ019]uI ][op oSunj mid o)sendb un aIsonadas 0qo] [09 21 eunjiuos CUEIpau 2]uop unssau ‘2|jd9s UU 9] OqQuIe Ul Ius ‘0M9Ipur [[e I}UBAB [|]Ep QUOISUQWIP UL UIISIII -op ‘wo +-£ ip eNyoa]e} ezzayS -Un] t]jpop ‘Nnenaydas 2)19wcpuo] -o1d rude 109 ‘Quade) ‘muap ‘uejoSuen ‘nuperdde ‘iySue| ‘ipuesò T]ov9id 27uowmeuo1ziodord opup ‘opeprurird ‘osnno ‘aA9Iq osnur uod ‘ueurioriadns eueidde o50d un ‘201009 ‘esso1d QJUITIIONI -ajue 0pisam nid ‘amiopisn; ‘0ss018 vu vez 2}UIULIO LIS UI O1}SCIUEIQ ‘ajuowioriadns odno 09visIpie 013113 B)}CULSIZ 27}UQWUCUY QJOLI9JuI [[op _05un] nid o7uenb -[e oJolldadns 0q0] ]09 2ItunjItuSSs ouolzisod v|] opuoo ‘9$ 9 a[[oostut anp 0|jau VwuIOJ Ipo _MUELIEA [eI9)e] i[[9}UAp Ip o ‘ieseq IZ[eu Ip tauid ‘Nuorde) ‘tosi] ‘Ne[oo9ut] ‘tyFunj o7aoweson9 i uao 0 Ipuess 901de ] -pe omundde ‘09u”io1 ‘opepruvi -id oS3unj 0)]ow osnur uod ‘ere ‘unj[e ‘orepoSueipend ‘opepiwend ieionad 2] 019Ip oguosi nid ouenbje ‘o;epuojonie ‘aut10J sn] “I SVIIVHOIVO NOGOIVHIUVOI ‘uu 9 è 0uy -£ ODUEIQ 9JUIULIOLI -ajuir ‘odno-o0otIsapie a]uawuiosadns v}euldiz 97uoweuy QJOnaJui ][op oSun] nid aYoa anp asoladis 0]uswdas [oo ‘oleunimios o[[dosvwI aj Oque Ul Iundo ‘iuca013 IU 0]os oun Ip a ‘asEq E]|je 1IUO9 I2[elI 1]o0991d anp o oun Ip nimnpe 1]Sou nsraaoId tosti] ‘muarde) rise wa v‘puowizo1sa)sod Issoauo09 ‘Aquarion jue neuerdde ‘ussonoe ‘uejoSuer ‘Mya1)s ‘1ySun] Ipuo}oI NSUI || O}]OALI Qquiws9SSa] è oqepuojosie sorde pe ‘omov ‘apepiuei:d osnu uo9 ‘o)uo1y elins. ereuerdde ‘coruoogns OZZQUI jpu opisin) ‘ovepuojonie ‘awIOJISnJ ICH SAHONTFIUAXO WNINVI I VOITOANHOID VNINVI » 0 /OZ/04BUN] odi09 |Pp 2100) eni da NS alari ‘ ajepnco VUUL] o ua] * 1990 i È ‘ 6JS9.L Dre METE 0 (0]9) NOTIZIE SUL «CARCHARODON CARCHARIAS » 169 Se noi confrontiamo i caratteri zoologici dello Squalo, pescato nelle acque di Augusta, con quelli delle tre specie sopra elencate, pur non tenendo conto di quelli, che riguar- dano la lunghezza, il colore del corpo, il grado di zigrina- tura della pelle e la conformazione generale della pinna caudale, che su per giù poco differiscono da l'una all’al- tra specie, e nell’esemplare in studio, per quanto riguarda i rapporti di lunghezza fra i due lobi della caudale, non abbiamo potuto precisare, acquistiamo la certezza che il nostro esemplare è un individuo adulto di Carckarodon carcharias L. Siamo autorizzati a fare tale diagnosi dai caratteri, che riguardano la forma e la dimensione del corpo, della testa, degli occhi e dei denti specialmente. E difatti il corpo è grosso e più turgido anteriormente; la testa voluminosa, conica, un poco depressa sulla fronte, con muso corto, ottuso e dritto; gli occhi piccoli relativamente alla mole del corpo; i denti poi hanno tutte quante le ca- ratteristiche di quelli del Carckarodor per grandezza, forma, disposizione, ecc. A conferma della diagnosi, mostrai a marinai, pesca- tori e colleghi in medicina, che avevano visto il grosso pesce, le tavole cromolitografiche degli Squali, comprese nella classica opera di Bonaparte; ed eglino, senza esitanza alcuna, furono tutti concordi nell’indicarmi la figura del Carcharodon carchartas LL. Il Carcharodor carcharias L. è tra gli Squali nostrani una delle specie meno frequenti. Secondo Dorderlein (1) oltre che raro nelle coste del Portogallo, lo è pure nel l'Adriatico (Venezia Trieste), non però nella Dalmazia, ove, secondo Perugia, ne furono catturati 8 individui dal 1877 al 1879. Anche raramente si rinviene nel Mediter- raneo (Nizza, Marsiglia, Sicilia», meno a Cette, dove invece da Moreau è ritenuto piuttosto frequente. In talune località delle coste sicule, come a Messina, sarebbe accidentale, e ciò in contraddizione con quanto asserì Tuttolomondo (2). (1) DODERLEIN:P.. - Oprcit.;. pag; (67, (2) TuTrTOLOMONDO A. - /auna ittiologica del compartimento ma- rittimo di Catania, Girgenti, 1901, pag. 24. 170 M. CONDORELLI — G. G. PERRANDO - È possibile, come pensa Doderlein, che alcuni di quei grossi Pescicani, che Massa e Moggitori danno presenti nelle acque di Sicilia, insidiando i pescatori nelle loro bar- che, si riferiscano ad individui di Carchkarodon, ma da ciò all'esser questa specie frequente mi pare che ci corra. Difatti Doderlein stesso afferma che dal1862al1881, anno in cui fu pubblicato il suo Manuale ittiologico del Mediterraneo, il Carcharodon carcharias non « venne colto in nessuno dei circondari marittimi settentrionali dell’isola » ; e riferi sce due sole osservazioni non sue, riguardanti l'una la. cattura nel golfo di Catania di un individuo di 10 piedi di lunghezza, descritto brevemente, ma con chiarezza, sotto il nome di Squalus carcharias, dal prof. Carlo Gemmel- laro (1), el'altra l’avvertimento nel canale di Messina di un grosso individuo, che tentò aggredire una barchetta di pescatori. Marinai e pescatori, i ed- esperti, da me accura- tamente interrogati, mi assicurano che nel golfo di Cata- nia x Tunnu palamitu di funnu, com’essi. chiamano il Carcharodon carchartas, è stato pescato un'altra volta circa. quindici anni addietro. Possiamo però ritenere, non per la specie in discorso, ma in genere per gli Squali di grossa mole, chiamati vol: garmente col nome generico di /sezcazz, essere più rari nel golfo di Catania, anzichè nelle acque di Messina, ove, ‘in estate, costituiscono serio pericolo per i bagnanti, so- pratutto nella località chiamata 7?mypazze. Sono pochi i Musei Zoologici Italiani, che posseggono. tale gigantesco Squalo: in quello di Padova figura un an- tico esemplare di m. 4.90, e in quello di Genova altro, più piccolo, di m. 2.23; a Palermo esiste soltanto una vecchia mascella, ceduta in cambio dal direttore del Mu- seo dei Vertebrati di Firenze, prof. Giglioli. In una delle grandi sale superiori del Museo Zoologico di Roma trovasi » (1) GEMMELLARO C. - Saggio d’Ittiologia del Golfo di Catania ; in «Atti dell’Accademia Cochi di Scenze Naturali di Catania », serie II,. Tomo XIX, anno 1864, pag. 120. NOTIZIE SUL «CARCHARODON. CARCHARIAS » 7) sospeso un bell’esemplare della lunghezza di m. 6, cat turato a Porto S. Giorgio (Marche). Altro esemplare, forse un poco più grande del precedente, è quello avuto dal prof. Carruccio, e che si conserva nel Museo ‘Zoo- logico di Modena. Esso fu catturato nel golfo di Ge- nova, e ancor fresco spedito a Modena, ove venne studiato dal direttore di allora, chiarissimo prot. Antonio Carruc- cio, che, oltre la preparazione tassidermica, fece eseguire vari preparati anatomici. Lo stomaco, in cui fu rinvenuto un vero dazar sui generis (cani, gatti, molluschi, un paio di vecchi pantaloni da marinaio, un paio «di stivali pure vec- chi, pezzi di canavaccio, ecc.), ripulito accuratamente e preparato, era così ampio, da potere ospitare, con como- dità, un individuo adulto; come, scherzosamente, volle pro- vare il compianto prof. Bergonzini, a quell'epoca 1° Assi stente alla Cattedra, il quale, introdottosi di nascosto, saltò fuori di botto, destando la sorpresa e l'ilarità dei com. pagni di studio, che lo salutarono novello Giona. Ciò av- veniva verso il 1879-1880, come mi assicura il mio caro ed antico direttore dell'Istituto Zoologico di Roma. Leggendo l'interessante monografia del prof. G. G. Gemmellaro (1), si apprende che il genere Carcharodor, adesso divenuto raro nei nostri mari, nell'epoca miocenica «e pliocenica doveva essere comunissimo e di mole 4-5 volte maggiore dell’attuale ; e rappresentato da diverse spe- cie, più o meno affini, ma. non identiche al C. carcharzas. Ciò vien dimostrato dal rinvenimento nei depositi marini di quelle epoche, in parecchie località siciliane, d'una notevole quantità di grossi denti triangolari a margini seghettati, lunghi fino a 10 e 12 cm. In generale 1 Pescicani sono esseri robusti, arditi, ra- paci e voraci nel vero senso della parola: « afflitti da una fame che nulla mai satolla », rigettano « gli alimenti, che inghiottono, digeriti a metà, per cui sono costretti a riem- (1) GEMMELLARO G. G.- Ricerche sui pesci fossili della Sicilia; In « Atti dell’ Accademia Gioenia di Scienze Naturali di Catania », senietiE*tvol* XIINe:857) "pag. 200-310. 1/2 M., CONDORELLI -— G., G. PERRANDO pire sempre lo stomaco di continuo vuoto. Divorano quanto è divorabile o pare divorabile, e si sono trovati in essi gli oggetti più diversi », stracci, scarpe, pezzi di legno, caffettiere di stagno, che a dire di Bennet, vengono facil- mente attaccate e sciolte dal succo gastrico. (Gessner, a Marsiglia, vi trovò un uomo armato di tutto punto. La fortuna, toccata al profeta Giona di rivedere le stelle dopo tre giorni di pacifica dimora nell'ampio sto- maco, e quella pur essa mirabolante del marinaio che, ingoiato da un Pescecane, venne vomitato vivo, in seguito all'uccisione di questo per mezzo di un colpo di cannone, ‘disgraziatamente è cosa che non si ripete più! Purtroppo «chi entra vivo nelle ampie fauci d'un grosso Squalo, vi trova sempre la tomba, come generalmente accade a quei poveri infelici, che nel Mediterraneo precipitano da bordo. E l'insaziabile voracità di tali pesci non si manifesta soltanto pei vivi, ma anche pei morti; difatti quando « la febbre gialla fa strage a bordo, ed un cadavere dopo l'altro.idev'essere buttato in mare , Il loro aspetto è ben ‘ fatto per infondere lo spavento ai più coraggiosi. Durante la battaglia navale: di. Abukir si vedevano i pescicani Snai i vascelli delle due flotte, ed aspet- tare i soldati, che cadevano dal bordo ». Il C. carcharias, senza dubbio, è fra gli Squali una delle specie più voraci. « La magglor parte “delle carneficine >, «dice Bonaparte (1); che si raccontano operate da grandi pesci lungo la spiaggia del Mediterraneo, si deggiono ri- petere dla voracità di costui. La sua bocca certamente, la sua gola, i suoi denti sono oltremodo opportuni a la- ccerare qualunque corpo assai duro, ad inghiottire un uomo sano intero: di che non mancano lagrimevoli esempi, tra i quali si narra che gli estraessero dallo stomaco talun corpo umano con tutte le vestimenta, come lo aveva tran- gugiato ». Una simile macabra scoperta pur troppo ce l’offrì. lo Squalo, pescato nelle acque di Augusta, nel cui tubo (1) BREHM A. E. - Za vita degli animali, vol. V. Napoli, 1872, pag. 845-863. NOTIZIE SUL « CARCHARODON CARCHARIAS » Li digerente furono rinvenuti, in mezzo ad altro materiale, avanzi di parecchi cadaveri umani, illustrati, dal punto di vista della medicina forense, dal chiarissimo prof. Gian Giacomo Perrando. PARISE OSSERVAZIONI MEDICO-LEGALI SUI RESTI UMANI SCOPERTI NEL TUBO DIGERENTE DEL « CARCHARODON » . L'accurata relazione zoologica dell’egregio collega Con- dorelli sulla interessante cattura del Carcharodon carcha- r:as nelle acque di Augusta, acquista particolare interesse anche dal punto di vista medico-forense. Perocchè la dili- gente identificazione di simile voracissima specie, fatta nella luttuosa circostanza dell’immane ecatombe Calabro-sicula del 28 dicembre u. s., ci riconduce col pensiero alle in- sormontabili difficoltà in cui oggi si trovano lo stato civile ed i rapporti di diritto privato delle città così miseramente distrutte in pochi secondi. Alla pietosa ricerca dei resti mortali di tante povere vittime, alla affannosa speranza di ritrovare tanti cari congiunti, alla nobile ansia di veder risorgere a nuovi vincoli sociali quelle terre desolate, al dolore muto che paralizza, al sentimento dei più cari at- fetti che oggi ancora soffoca ogni altra iniziativa, suben- treranno, con la nuova vita, fra le tristi rimembranze, le pratiche necessità di ricostruzione dello stato civile e dei rapporti economici dei successori. La vita sociale che deve risorgere dai secolari robustissimi tronchi abbattuti, anche economicamente, germoglierà dalle povere radici, disperse, ancor vive e feconde. Leggi, decreti, norme speciali di necessità, aftretteranno la regolazione di questi rapporti civili; ma non v'ha dubbio che per tanto sconvolgimento terrificante, un’ era intermi- nabile di dubbi, di contestazioni e magari di errori giu- diziarii in tema di eredità e di interessi economici, se- guirà ancora a turbare moralmente queste plaghe desola- 174 M. CONDORELLI — G. G. PERRANDO tissime. Questioni di accertamento di morte, di premorienza, di identificazioni personali incominciano a sorgere come pro- blemi quasi insolubili di fronte all’ ecatombe che parve un sogno terrifico di finimondo. Pur troppo, in simili contingenze, appare quasi super- flua, risibile, inutile ogni osservazione scientifica di dettaglio. Ogni più strano avvenimento, ogni caso più raro, scom- pare sullo sfondo confuso di tanta immane sciagura. (Gli avvenimenti curiosi, le strane coincidenze, le constatazioni più che nuove quasi fantastiche, non potevano non verift- carsi nella distruzione improvvisa, immediata di tanti secoli di civile opera umana. Nè la caima necessaria dellla scienza ha potuto esplicarsi utilmente nel lutto così universale. Le osservazioni scientifiche riescono perciò monche, incomplete, sommarie: tuttavia non sono esse meno meritevoli di ac- quisizione alla cronistoria particolare del terribile terremoto e maremoto Calabro-siculo. L'identificazione di molteplici cadaveri umani nel ventre di un Carcharodon carcharias è tal macabra stranissima scoperta da sembrare quasi fantastica leggenda d' altri tempi ed è quasi inconcepibile la raccapricciante scena di su- perstiti messinesi che piangendo si recavano, la mattina del 28 gennaio 1909, sulla spiaggia della Plaja di Ca- tania, alla disperata ricerca dei resti mortali di lor cari perduti, nella speranza di trovarne ancora i brandelli or- ribilmente straziati nel tubo digerente dello squalo spaven- toso. L'avvenimento inaudito, può sembrare destituito di ogni importanza pratica, in quanto, giova sperarlo, non avverrà un'altra volta che la osservazione tanatoscopica di cui passo a dar cenno sommario trovi applicazioni future. L'osservazione è peraltro degna di nota, perocchè se nuove sono le circostanze in cui fu raccolta, non sono sconosciuti i pericoli di umane vittime fatte da talune spe- cie di feroci e voracissimi pesci che ‘abitano i nostri mari, specie che destano ben giustificato terrore nelle nostre co- lonie balneari. L'osservazione è meritevole di essere acqui- sita alla scienza perchè non sono ben note le attività di- gestive di queste temibili antropofaghe fiere marine e, NOTIZIE: SUL. « CARCHARODON. CARCHARIAS » 175 4 perciò la scienza non è in caso di poterci fornire i dati necessarii per la determinazione necroscopica. dell’epoca della morte di resti umani che eventualmente si potessero rintracciare nelle cavità stomacali di specie consimili. D'al- tronde, in circostanze ordinarie, lo stabilire l'epoca della morte di una o più persone scomparse, costituisce il prin- cipale dato di fatto per la identificazione personale e per la risoluzione di molteplici altre questioni giudiziarie e pro- cedurali di diritto civile e penale che quì è superfluo di ricordare nelle ipotesi particolari. La constatazione della morte di migliaia e migliaia di vittime del terremoto Calabro-siculo, non si potrà ef- fettuare che sulla base di presunzioni contemplate da appo- site ed eccezionali disposizioni di legge, diguisachè la identifi cazione personale dei resti mortali rinvenuti nello sventra- mento del Carcharodon carcharias è impresa tutt’ affatto superflua nelle attuali disgraziatissime circostanze. Durante un'ecatombe simile è vana ogni ricognizione personale diretta, non resta che l'applicazione graduale delle pre- sunzioni di legge. L'osservazione nostra merita di essere accolta per la pratica medico-legale, essendoci noti i termini di un problema che nelle condizioni comuni sarebbe finora insolubile per mancanza di dati. | Ho detto che per quanto sia tutt'altro che nuovo il disgraziato accidente di persone inghiottite da pesci antro- pofagi, non ci sono però ben note le graduali trasforma- zioni cadaveriche che le carni umane subiscono nel tubo digerente dei pesci stessi, cosicchè la constatazione della data della morte di persone ignote o scomparse, resterebbe sempre inattuabile. Nelle circostanze attuali, pur troppo, ci è nota e memorabile la data della ecatombe Calabro- sicula, diguisachè non sarà inutile per la scienza e per la pratica necroscopica, il conoscere quali fossero le condi- zioni del resti mortali rintracciati nello sventramento del nostro Carcharodor. Perocchè non è lecito sollevare dubbio alcuno sulla origine dei resti umani da noi esaminati. E indubitabile che 176 M. CONDORELLI - G. G. PERRANDO si tratti di altre disgraziate vittime del disastro Calabro- siculo, vittime la cui triste fine si svolse in altra e così strana maniera. Si potrà discutere se queste disgraziate persone siano state inghiottite, così come io penso, durante il terribile maremoto, oppure siano state inghiottite dopo morte sia perchè annegate, sia perhè buttate in mare nella tremenda confusione della catastrofe. Si potrà discutere ancora se siano state inghiottite dal Carckarodon durante o subito dopo la loro morte, oppure dopo breve tempo; ma è certo però che quei corpi rimasero nel tubo digerente del pesce pres- sochè per tutto il tempo che intercorse fra la loro tragica morte ed il momento del rinvenimento dei loro resti di- sgraziati. Tutto ciò, del resto, meglio risulterà dai carat- teri descrittivi di cui passiamo a far cenno sommario. Appena sventrato il Carchkarodon i resti umani vennero pietosamente raccolti in due casse mortuarie e trasportati nella camera mortuaria del cimitero di Catania, ove ebbi opportunità di poterli esaminare poco prima che venissero inumati. Come si può vedere dall’annessa zincotipia, tratta da una fotografia eseguita alla, meglio in ambiente chiuso e con giornata piovosa, quell’ informe carname umano gia- ceva sopra un carro mortuario municipale. E da notarsi anzitutto che furono rinvenuti nel ventre del pesce e com- miste alle carni umane, anche dei resti di animali che ne furono separati durante una prima cernita. Tuttavia, sul carro di carname umano che si apprestava all’inumazione trovammo ancora qualche altro residuo animalesco e pre- cisamente alcune ossa lunghe ed un cranio di cane adulto e parecchie vertebre dorsali di un grosso mammifero qual potrebbe essere un bovino. Queste ossa erano completa- mente denudate di parti molli e corrose dai succhi dige- stivi, cosicchè non credo che potessero appartenere alla stessa epoca dei resti umani e, cioè, credo che dovessero appartenere a preda anteriormente fatta dal Carckarodan. Il materiale umano, come si vede dalla figura, consi- steva principalmente in pezzi di arti e di un tronco an- cora rivestiti dalle lor parti molli, per quanto orribilmente NOTIZIE SUL « CARCHARODON CARCHARIAS » 1 e dr sfragellati, sbrandellati, e cincischiati in modo indescri-. vibile. Questo carname era nel complesso di reazione- debolmente acida, inodoro, molliccio, quasi gelatinoide, vi- scido, scorrevole, di colorito roseo-cinereo, senza alcun in- dizio di processo putrefattivo. La mollezza e la viscidità dei tessuti era la nota caratteristica predominante, tanto- chè la cute, i muscoli, le interiora, e tutti gli organi, per- duta ogni loro consistenza, si accavallavano gli uni sugli al- tri così come un ammasso di budella. Altra caratterisca era lo sbrandellamento cutaneo tanto che larghi tratti di arti presentavano le masse muscolari completamente de- corticate. Contuttociò i singoli tessuti erano tuttavia rico- noscibili nella loro struttura. Le Ossa erano in gran parte stritolate, specialmente quelle di una testa di uomo adulto che era convertita in un sacchetto informe di frantumi ossei. Le ossa lunghe, anche se denudate delle parti molli, erano ancora inattac- cate dai succhi digestivi, altre ossa invece più tenere e specialmente quelle piatte di un teschietto disfatto di bam- bino, erano alquanto corrose dai succhi digestivi e talune convertite in lamine pieghevoli fibrose per l’avvanzata de- calcificazione. I Muscoli erano di un roseo-pallido tendente al cine- reo, d'aspetto uniforme, mollicci, come lungamente macerati- nell'acqua. Per quanto molli ed imbibiti, erano però as- sottigliati nel volume dei loro ventri carnosi, così come nella struttura delle loro fibre. La Cute sbrandellata era ben riconoscibile nei suoi ca- ratteri, per quanto in gran parte mancante degli strati cornei. La superficie del derma era però bianchissima, tu- mida per imbibizione, viscida e slavata, così come avviene per protratta macerazione. Gli sbocchi delle glandole ed i bulbi piliferi spiccavano notevolmente come punticini sa- lienti. I peli erano caduti o cadenti con tutta facilità, ma, come le unghie, le produzioni cornee erano ben ricono- scibili. Il Grasso edi Connettivi erano ben conservati per quanto scoloriti e viscidi. I Vas: erano vuoti di sangue. 12 178 M. CONDORELLI - G. G. PERRANDO Le Matasse intestinali, che furono trovate annesse al tronco sbrandellato di un uomo, erano di aspetto quasi normale, fattta eccezione del solito scoloramento esangue. Si noti che gli intestini erano ancora integri e contenevano ancora masse fecali consistenti brunastre, così come intergro trovammo lo stomaco contenente scarsa quantità di un ma- teriale poltaceo biancastro. Il fegato, che era annesso al tronco suddetto, era. in- vece di colorito rosso-bruno intenso, quasi nerastro e spe- cialmente interessante è il fatto di averlo ancora trovato intatto nelle sue forme ed abbastanza ben conservato. Il suo volume era però alquanto ridotto. Non era sede di alcuna alterazione anatomo-patologica e la sua ottima con- servazione faceva anche contrasto col rammollimento di molti altri tessuti più resistenti e faceva maraviglia data l'epoca del decesso. Il cuore ed 1 grossi vasi, annessi a questo tronco, erano pure ben conservati, per quanto scoloriti. Il miocardio però era molto flaccido, friabile e simile ai muscoli in quanto riguarda i caratteri delle sue carni. Le cavità cardiache erano completamente vuote di sangue. Le we/za era flaccidissima, molle, spappolabile, scolo- rita e di volume ridotto. Altrettali caratteri si trovarono in un unico 7eze rinve- nuto isolatamente in mezzo al carname descritto. Dato il numero sterminato delle vittime ignorate del terremoto, forse, nessuno saprà mai con certezza a quali persone abbiano appartenuto i resti mortali da noi esami- nati, perocchè mille e mille altre vittime sconosciute po- trebbero presentare caratteri anatomici di età, di sesso, di condizione sociale, ecc., uguali a quelli che si possono de- sumere dalle nostre constatazioni necroscopiche. Per que- sto, ripeto, si rendeva superfluo ogni tentativo di identi- ficazione personale, già per sè stessa difficile a rilevarsi date le alterazioni digestive È specialmente lo strazio com- minutivo di queste misere carni. Diremo quindi sommariamente che queste membra di- laniate appartennero almeno a #re distinte persone. Basta NOTIZIE SUL :« CARCHAROBON CARCHARIAS » 179 «dare un'occhiata alla annessa figura per riscontrare a de- ‘stra due arti inferiori stritolati di adulto, i cui piedi, dispo- sti in basso, si mostrano tuttavia calzati di robuste e gros- solane scarpe. A sinistra è pure visibile, nella fotografia, un altro arte ‘inferiore di adulto, non calzato, cui stava vicino l’altro arto corrispondente sminuzzato appartenente, -di certo, alla stessa persona. Al centro era disposto un tronco d’'adulto colla testa sminuzzata, irriconoscibile in alto «e le interiora scorrenti in basso. Molto in alto ed al centro si riconosce un pezzo di colonna vertebrale dorsale con annesse arcate costali appartenenti certamente ad un bambino. Non riferiremo in dettaglio i rilievi fatti per stabilire i caratteri d'età, di sesso, e di condizione sociale delle per- sone cui si riferiscono questi principali pezzi anatomici, non potendo avere alcuna importanza nè pratica, nè scientifica per le ragioni già dette. Diremo soltanto che da questi rilievi è risultato che il da726270, cui appartenne l’accen- nato pezzo di gabbia toracica, e di cui si trovarono ancora un corrispondente omero, due ulne ed una tibia con parti molli sbrandellate, nonchè qualche osso piatto del cranio, fra cui un osso occipitale decalorificato visibile nella figura in alto ed a sinistra come una macchietta biancheggiante risultò della età dr circa cinque 0 ser anne. Ci risultò poi che gli arti addominali, ancora calzati, posti a destra della nostra figura, appartennero allo stesso ‘individuo cui appartenne il tronco con annessi visceri addo- minali che si vedono nella parte infero-mediana del carro. Ciò si desume da raffronti fatti sulle proporzioni del corpo e specialmente pei caratteri della cute e dei peli. Quest'in- dividuo era dell'età di cerca conquant'anni e di sesso maschile. Ciò risulta non tanto dai caratteri delle ossa e dei denti, quanto dai residui di barba che ancora si vedevano sulle guancie della testa stritolata; il cui cuoio capelluto è an- cora rivestito di capelli forti, castagni scuri, ormai brizzo- lati e tagliati corti alla lunghezza di circa 3 cm. E’ pro- babile che la condizione sociale di quest'uomo non fosse «certo elevata, perocchè le grossolane scarpe di cui è cal- 180 M. CONDORELLI -— G.. G.. PERRANDO-‘ zato, portavano chiodi e rattoppi, così come portavano rat-- toppi le misere e grossolane ealze corte di maglia di co- tone che si trovarono sotto le scarpe. Un particolare rela- tivo alle scarpe, che merita altro. rilievo,.è quello relativo. al loro colore. Il cuoio di cui erano formate risultava di colorito naturale, come conciato di recente, senza lucida- tura o tinzione. E da credere che l’azione macerativa e. digestiva del Carckarodon abbia indotto quest'aspetto spe- ciale nella - suola delle scarpe che, peraltro, in origine po- teva essere tinta con lucido nero od altro che poi si è di- sperso. I chiodi delle scarpe erano splendenti,.come limati. di fresco, e ciò sempre in dipendenza dell’azione dei suc- chi digestivi. Gli arti addominali, di cui uno. figura a sinistra della. nostra fotografia appartennero, verosimilmente, ad una dorza sia per i caratteri della cute, sia per quelli di un pezzo: di osso iliaco, sia infine per un lembo di veste che ancora. cinge il fianco e l'arto, veste costituita da una falda di gonna, rattoppata, di sottile tela di cotone di colore bleu. scuro a disegni. Non è lecito stabilire Vetà di questa donna. che dovea essere di media statura e certamente adulta. Sono quindi nel numero minimo di tre persone quelle. cui appartennero i pezzi anatomici estratti. dal Carckarzas da noi segnalato. Dico in numero minimo di. tre, perchè i frammenti ossei di carne umana dilaniata erano così cospi-- cui da non potersi escludere che qualche altro brandello non potesse appartenere a qualche altra persona. Questa molteplicità dei cadaveri umani trovati nello sventramento del mastodontico pesce è altro indizio che le: disgraziate vittime siano riferibili alla tremenda ecatombe calabro-sicula del 28 dicembre u. s.; essendo inverosimile. pensare ad altra circostanza favorevole al macabro pasto. da noi descritto al di fuori della triste. coincidenza della. cattura del Carcharodon nelle acque d Augusta appena un. mese dopo del terremoto e maremoto verificatosi nelle spiaggie siciliane. Ho detto non esser facile il decidere se queste altre. povere vittime umane, così stranamente inumate nel corpo» ‘NOTIZIE SUL « CARCHARODON CARCHARIAS » I8I «di un. pesce, siano state inghiottite viventi o dopo morte incontrata per annegamento od in altra maniera. Pensando però che questi disgraziati dovevano essere vestiti dei loro indumenti (gonna di donna, piedi calzati di uomo) allorchè vennero inghiottiti dal Carcharedon, è lecito arguire che non si tratti di vittime dapprima SOI dalle macerie e buttate poi in mare, giacchè quasi tutte le vittime fu- rono colte dalla tremenda catastrofe all’alba luttuosa, men- tre i più dormivano nei loro letti e perciò erano svestiti. Probabilmente .si tratta di persone sorprese alla spiaggia ‘od in qualche piccolo scafo durante il maremoto, come pur troppo, avvenne per.tanta povera gente. Ancor vivi, o ma- gari, appena annegati furono dilaniati ed inghiottiti dal Carcharodon. | Non credo d'altronde che fosse intercorso un tempo lungo fra il momento della loro morte ed il momento in ‘cui i miseri corpi dilaniati vennero inghiottiti; perchè le carni e specialmente i visceri non presentavano alcun in- «dizio di comuni e pregressi processi putrefattivi o cadave- rici inoltrati; il fegato, la milza, gli intestini erano, mera- vigliosamente, in condizioni di buona conservazione e privi assolutamente di qualsiasi infiltrazione gassosa putrida. Da quanto ho esposto restano dunque stabilita 2 fed grossolani caratteri di vesti umani dopo la loro permanenza per crca un mese nel tubo drgerente di un Carcharodon car- charias. Molte altre particolarità, specialmente istologiche, sarebbe stato opportuno di raccogliere se le circostanze di tempo e di luogo ce lo avessero consentito. I caratteri rilevati dimostrano frattanto : 1) che per quanto si tratti di specie marina orribil- mente voracissima, i succhi digestivi, in un mese di tempo, ‘attaccarono debolmente le ossa decalcificandone soltanto quelle più sottili e più tenere: dimostrandosi inoltre che le attività assimilative, più che per azione chimico-digestiva si svolgono per graduale diretta estrazione assorbente di succhi solubili ; 2) che i visceri ed i muscoli umani si conservarono ‘assai bene identificabili nei loro speciali caratteri, per quanto 182 M. CONDORELLI — G. G. PERRANDO presentassero un tipico e notevole rammollimento viscido. macerativo ed un marcato assottigliamento per probabile estrazione di lor parti protopiasmatiche solubili; 3) che di fronte all’orribile maciullamento e sbran dellamento dei corpi umani, fa contrasto. la relativa inte- grità e conservazione anatomica di delicati organi paren- chimali e specialmente del fegato, della milza e degli in- testini; 4) che questa conservazione dei caratteri anatomici. e perfino la conservazione di resti di indumenti (veste, scarpe. calze) permette ancora, dopo un mese, utilissimi rilievi per la identificazione personale dei soggetti inghiottiti. ! NOTIZIE SUL « CARCHARODON CARCHARIAS » 183 TAVOLA. Carro su cui sono disposti i resti umani trovati nel tubo dige- rente del Carcharodon carcharias. — In alto si vede un pezzo di gab- bia toracica ed un osso occipitale di un bambino; a destra si vedono due arti inferiori ancora calzati di scarpe grossolane ed appartenenti ad un uomo adulto, di cui esiste pure il tronco coi visceri toraco-ad-. dominali; a sinistra si vede un arto addominale con altri pezzi ana- tomici appartenenti ad una donna adulta. SULLO STAMBECCO DEI PIRENEI DONATO AL Museo: ZOoLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA É 3 i DA S. M.-IL RE VITTORIO EMANUELE:-tHHI ne sulla memoria del prof. LORENZO CAMERANO | ‘ intorno agli Stambecchi delle Alpi Notizie, del prof. ANTONIO CARRUCCIO Con altra mia relazione feci a suo tempo conoscere quale fosse, e sia sempre, il grande valore scientifico. e materiale della splendida collezione reale. trasportata da Moncalieri a Roma, e donata da S. M. il Re Vittorio Emanuele II al Museo Zoologico Universitario della Ca- pitale. E devesi tener presente come i numerosi esem- plari delle due classi di Vertebrati omotermi (IMarzzalia et Aves) fossero ripartiti, per saggia ‘e. generosa determi- nazione sovrana, in guisa che le specie appartenenti al Piemonte avessero opportuna sede nel Museo Zoologico Universitario di Torino, e le altre esotiche, in maggior quantità, appartenessero al Museo di Roma. Dobbiamo poi esser lieti che a tutte queste sceltissime specie fossero aggiunti dal benemerito Donatore parecchi esemplari di Stambecchi,. Camosci; Linci,. ecc. uccisi dall'Re Vittone Emanuele II, e preparati con vera maestria e precisione dal rinomato tassidermista torinese, cav. Comba, del quale soleva valersi il gran Re, forte e abilissimo cacciatore. E' superfluo dire che se le indicate specie di mammiferi alpini, erano già ben rappresentate nel ricco Museo di Torino, non lo erano in quello di Roma, del quale è a tutti noto quanto siano recenti i suoi notevoli incrementi. SULLO STAMBECCO DBI PIRENEI 135 Stante il loro gran numero dovetti presentare in più volte ai membri della Società Zoologica Italiana i Mam- miferi ed uccelli esotici, e quelli alpini, donati dal Re, cioè in diverse adunanze scientifiche, essendo uso di far conoscere alla medesima ogni più interessante aggiunta che vien fatta alle collezioni del Museo. E quando presentai i bellissimi esemplari di stambecchi provenienti da Mon- calieri (Capra ex L.), per. uno di essi avvertivo come dovessi riservare il giudizio diagnostico, parendomi che per diversi caratteri si allontanasse dal vero stambecco delle Alpi. | Di questa ultima specie il nostro Museo ricevette in appresso, direttamente da Valsavaranche, due altri bellis- simi esemplari, maschio e femmina, uccisi e donati dal Re Vittorio Emanuele III, dei quali oltre la preparazione tas- sidermica, feci approntare le armature scheletriche. Qualche tempo dopo l illustre collega direttore del R. Museo Zoologico di Torino, rivisitando il Museo di Roma, fermavasi ad osservare con speciale interesse l'esemplare di stambecco, sul quale avevo riservato, come dissi, il giudizio diagnostico definitivo, pur propendendo sempre a crederlo appartenente alla specie denominata Capra y- renaica. Il prof. Lorenzo Camerano che aveva poco prima pubblicato una dotta e diligentissima memoria intitolata : fticerche intorno allo Stambecco delle Alpi (1), poteva be- nissimo notare le differenze caratteristiche fra gl’'individui appartenenti alla Capra s0ex e questo della C. pyrezazca. Devo ricordare che il Museo dell’ Università Romana possedeva un unico esemplare di Cafra 26ex, il quale pare sia stato donato dal papa Pio IX, nell’anno 1853, e pro- veniente dalle Alpi elvetiche, come risultava dall’ antico cartello, e come mi aveva riferito il vecchio assistente del- I istesso Museo, il dott. Antonio Bertini. Il confronto adun- que fra i nuovi e scelti esemplari di stambecco alpino, tra- (1) Ved. Mem. della R. Accad. delle scienze di Torino, tom. LVI, marzo 1906. 186 ANTONIO CARRUCCIO sportati dal Castello Reale di Moncalieri, quelli pervenuti da Valsavaranche, e questo da molti anni esistente in Roma, poteva farsi in modo facile e completo: non così per lo stambecco dei Pirenei, non possedendo che quello solo, pure ricevuto da Moncalieri, insieme agli alpini. Ed anche in più altri Musei so che la C. fyrezazca 0 non è affatto rappresentata, o lo è appena da un unico indi- viduo. Ciò era duopo premettere onde i lettori fossero bene informati. Dirò ora come il prof. Camerano, fatto ritorno da Roma in Torino, con cortese premura mi scrivesse, in data del 17 novembre 1906, le seguenti parole : dii Ho esaminato le varie figure dello stambecco dei Pirenei, e credo che realmente il .suo ‘esemplare Sao Capra pyrenatca Schinp. « Sotto questo nome. specifico si comprende ora la Capra hispanica Schinp., col valore di sottospecie. » Risposi ringraziando il collega di Torino per la conferma della diagnosi specifica; e inoltre l’assicuravo che il suo e mio dubbio intorno ad uno dei camosci, parimenti donato dal Re Vittorio Emanuele III, era più che fondato perchè in realtà questo esemplare non appartiene alla Aupecapra europaea dei Pirenei e delle Alpi, ma al camoscio degli Abruzzi denominato da Oscar Neumann Auficapra or- nata (1). E giustamente il prof. Camerano osservava come il Re Vittorio Emanuele II, amantissimo com’ era degli animali da caccia, avesse potuto farsi mandare in ‘Torino uno dei caratteristici camosci degli Abruzzi. In una delle adunanze scientifiche tenute posteriormente dalla Società Zoologica non mancai di far nota con certezza l'esistenza in Museo tanto dello stambecco dei Pirenei quanto del camoscio degli Abruzzi. Le comunicazioni da me fatte non solo sui predetti, ma su altri diversi ed interessanti mammiferi, non vennero (1) Ved. Ann. del Musco civico di storia naturale di Genova, serie 2, vol. XX (XL), 1899. Con 2 fig. nel testo e Zo//ett. della Soc. zool. ital. con sede in Roma, Serie II, Anno X, 1901, pag. 93. SULLO STAMBECCO DEI' PIRENBI 187 ; pubblicate nei Bollettini della Società, perchè ho lasciato sempre volentieri il posto alle comunicazioni dei consoci, e specialmente dei giovani. E se oggi torno in parte sul- l'argomento egli è perchè questo mi vien richiamato alla memoria da un lavoro che solamente in questi giorni ho avuto opportunità di leggere nel « Bulletin de la Societe des Sciences Naturelles de l’Quest de la France » (1). Il lavoro appartiene all’ egregio Maurice. Gourdon ed ha* per titolo: MWoze sur une série de crànes de Mammiferes des Pyrenées. Il breve lavoro contiene notizie così inte- ressanti che mi pare valga la pena di riassumerle. Come per l’area di distribuzione geografica e pei co- stumi dello stambecco alpino vanno ricordati i lavori de! Guichardaz, dello Tschudi, del Brehm, del Girtanner, di A ghe- mo di Perno, di Tancredi Tibaldi, ecc. così per lo stambecco dei Pirenei non sarà cosa superflua ricordare questa nota del Gourdon in aggiunta alle notizie, anche più estese, date da altri scrittori sull’had:fa/ della Capra pyrenarca. Egli ci dice che gli Spagnoli chiamano questo mammifero col nome di /7erx, ed è assai raro nella catena Iberica. In altri tempi erano le montagne della AIMaladeta, le valli di Crequena, selvaggie e deserte, fino alle più elevate cime coperte di nevi e di ghiacciai permanenti, le località predi- lette di questa bella specie; ma da 15 a 20 anni fu ivi segna lato appena un solo individuo della specie medesima. Nella valle di Crequena furono già da molto tempo presi il vec- chio Herx maschio e la femmina che conservansi nel Museo di Tolosa. Al nord di questa stessa vallata ed all’ altezza di j.3:280' metri, sul. 76 dA, il conte ‘H.-Roussell. vide- nel 1864 una Capra pyrena:ca, e nel 1877 ne vide altre due al sud del Prc des Tempétes nell'alta vallata di Mali- bierne. In questa stessa località il conte Potocki ebbe la fortuna nel luglio 1872 di uccidere una femmina. Il Gourdon dice che la testa del vecchio maschio che fa parte della sua collezione proviene da quell’ istesso luogo. L’ esem- (1) Vedi n, 1 e 2, XVIII année, 1908, pag. 1-35, Nantes, Secré— tariat du Museum d’Hist. nat. 188 ANTONIO CARRUCCIO plare fu trasportato e ucciso da una valanga nel 1876. La pelle intiera, con la testa, fu inviata a Guglielmo III Re d'Olanda, al quale venne chiesto il prezzo di mille lire; ma non fu concesso. Non avendo trovato acquirenti, comprò la pelle e la testa il signor Gourdon per una somma più bassa. Il Gourdon rivendette la pelle in perfetto abito d’ in- verno al naturalista M. Deyrolle di Parigi, e tenne per sè la testa con le corna, lunghe 63 cm..e con la circonferenza basale di 25 cm. Lo stesso scrittore ci fa pure conoscere «che un altro vecchio maschio con corna enormi, aventi una lunghezza di m. 1,02 e una circonferenza di 26 cm., ucciso pure presso Malibierne nel 1867, ammirasi nel Museo di Bagnère-de-Luchon. Crede il Gourdon che l’ultimo rifugio della Capra pyrenarca, propria della catena iberica, debba essere « le massif de Mont-perdu » essendo quella una località quasi inaccessibile, profondamente scavata fra gi- gantesche muraglie di calcare nummulitico, e « d'une sau- vagerie incomparable >. Il Gourdon riferisce pure quanto ha scritto Sir Victor Brooke al conte Russell nel 1888. Il celebre cacciatore ‘narra che nella vallata d’Arrasas uccise nel maggio del 1878 una bellissima femmina. Questa cattura lo decise a tornarvi nel gennaio del 1879, accompagnato da un suo fratello capitano. Rimasero un intiero mese nella pericolosa vallata, in cui sapevano che trovavasi nascosto un vecchio stambecco maschio, bellissimo, ma claudicante. Seppero pure che questo antico eroe dei monti compiacevasi stare presso gli enormi precipizi del lato nord della vallata, pren- dendo il suo nutrimento su declivi inaccessibili. Per molti giorni fu impossibile ai fratelli Brooke, accompagnati dal- 1 intrepido cacciatore e guida Cestino Passet, di avvicinare lo stambecco, quantunque ne seguissero sempre le traccie sulla neve. Ma la sera del 21 gennaio decisero di tirar molte fucilate verso il precipizio, affinchè il rumore potesse far venir fuori il vecchio solitario. E non passò guari che ‘apparve la testa ed il collo del medesimo. Il Brooke, avan- zandosi in modo pericolosissimo, l' aspettò pazientemente per colpirlo: « ma balle lui traversa le cou, et il tomba, SULLO STAMBECCO DEI PIRENEI 189 comme une feuille morte, dans l'abîme qui baillait à ses pieds ». Lasciando da parte i pericoli e le grandissime difficoltà che trovarono per poter impossessarsi del « vénérable bou- quetin » come lo chiama il Brooke; aggiungerò solo che il conte Russell in una sua lettera del 19 febbraio 1907 as- serisce che non bisogna esagerare la ecatombe fatta dal Brooke, ed ammette tutt'al più che egli abbia ucciso nella sua lunga carriera di cacciatore non più di 12 stambecchi detl‘Pinenel. Il Russell, scrive pure che lo stesso Brooke gli narrò c quil restait encore une quarantaine de bouquetins dans les précipices d’Arras ». Da questa regione provengono el individui maschio e e femmina in abito d’ inverno posseduti dal Museo della città di Bordeaux. Il Gourdon, seguendo Riitimeyer, riconosce che le dit- ferenze più salienti fra le specie diverse di stambecchi di Sierra Nevada, dei Pirenei e delle Alpi, st devono desu- mere anche dalle corna, perchè, come scriveva l’ istesso- Riitimeyer nel 1876 al Trutat, lo stambecco delle Alpi ha il nucleo delle corna a taglio triangolare con una larga faccia anteriore, mentre che è cilindrica nelle specie della Spagna. La direzione delle corna nello stambecco alpino è sempli- cemente curva e le corna medesime hanno forti prominenze,. poste a distanza sulla cresta antero-interna ; mentre che nelle predette specie della Spagna le corna sono spiraliformi, con nucleo cilindrico e con anellature quasi circolari attorno della guaina cornea. Avrebbe fatto bene il Gourdon di aggiungere che le corna della Capra fyrenazca sono carenate nella faccia po- steriore, e i lati si presentano come ornamentati, con an- goli più smussi che nello stambecco alpino. La sezione della medesima è piriforme nello stambecco dei Pirenei. Inoltre lo stambecco dei Pirenei ha dal lato interno degli astucci cornei una faccia concava pronunciatissima, mentre nello stambecco della Sierra Nevada ecc. questa 190 ANTONK. CARRUCCIO faccia non esiste; e quindi le corna del pirenaico si avvi- cinano a quelle dello stambecco del Caucaso. . Giova che sia nota la diagnosi formulata dallo Schinz per la Capra pyrenatca, e quantunque non corrisponda per- fettamente all’esemplare ora posseduto dal Museo di Roma la riporto integralmente : « Ib. cornibus crassis magnis subtriangularibus, antice ‘rotundatis nodosis, postice carinatis, medio extrorsum apice introrsum torsis divergentibus, mente hyemali in mori bar- bato, barba brevi denso. Color corporis supra et lateribus cinerascente fuscus, capitis latero nigro fusca, barba, linea dorsalis, cauda supra, collum anticum, pedes antice et stria mediana subtus nigra aut cano nigra. Estate pilosis est brevis rufescente alba, frons nasusque fusci, genae fuce- scente cinerea, collum anticum pectus et abdomen nigre- scentes cani, artuum partes externe rufo fusci. » Devo però dichiarare che fra le descrizioni lette quella del dott. Ri- naldo Brehm, è assai ben fatta. Dando fine al riassunto della nota pubblicata dal Gourdon, dirò ch'egli riporta una lettera del dott. B. de Gorsse di Luchon. In essa gli par- tecipa di aver ucciso una Cafra pyrenaica dell'età di 6 a 8 anni, come potè giudicare dalle nodosità delle corna, le quali erano lunghe o m. 50:ct., ed alla loro base ave- vano la grossezza di un pugno chiuso: il peso dell’ani- male “era ‘di ‘enrca’7o*chili Dice il dott. de Gorsse che questo stambecco « n'a qu'un rudiment de barbiche ». Dice pure che questa Capra pyrenatca offriva una particolarità non indicata nelle opere, cioè « deux plaques dénudées aux genoux, comme les «chèvres domestiques, tandis que l’isard (/0upicapra tragus Gray) n'a jamais pelé ses genoux, et pourtant il s’age- nouille souvent. » Il de (sorsse si sbaglia perchè nell'esem- plare che abbiamo in Roma questa piccola superficie nuda si osserva distintamente in ciaschedun arto posteriore. Il de Gorsse asserisce che la barbetta degli individui ‘di questa specie è rudimentale. Anche a questo proposito ‘devo avvertire che nell’esemplare esaminato in Roma ve- «desi un pizzo sottomentoniero ben sviluppato, alquanto più SULLO STAMBECCO DEI PIRENEI I9I corto del pizzo che osservasi negli stambecchi alpini: nella pirenaica la barbetta è lunga 7 cent... e larga to cent. I peli sono numerosi, fitti e quasi setolosi. R. Brehm scrive che nella Capra peyrena:ca < tanto la criniera quanto la barba e il fiocco della coda hanno presso a poco la stessa lunghezza in tutto l’anno. » Fissa poi in 9 cm. la lunghezza di essa barba o del pizzo sottomento- niero. Non dà la larghezza. Gli autori discutono sulla identità o no della C. /y- renatca colla C. caucasica. Il Menegaux, autore di una re- cente e bella opera sui Mammiferi (1) scrive che lo stam- becco dei Pirenei si avvicina dippiù allo stambecco del Caucaso (Capra caucasica Giild). Il Brehm annovera addi- rittUra.tre specie: diverse come proprie dell'Europa: «la prima (Capra ex) abita le Alpi, la seconda (Capra pyrenarca) vive nei Pirenei e in altre montagne della Spagna, la terza (Capra caucasica) è propria del Caucaso » (2). Il Trouessart ci dà l'Ibex caucasica Giild, e la Capra pyrenazca (Bruch et Schimp.), separando adunque le due forme generica- mente e specificamente (3). Per non moltiplicare le citazioni aggiungerò soltanto che il de Gorsse, il quale più recentemente scrisse intorno alla Capra pyrenarca, dopo d'aver asserito che « le Bou- quetin est à peu près disparu des Pyrénées » conclude at- fermando che lo stambecco delle Alpi non rassomiglia a quello dei Pirenei, e che quello della Sierra Nevada è dif- ferentissimo dal suo congenere del Caucaso. Siccome ho riferito le parole scrittemi dal Camerano sulla Capra hispanica considerata quale sotto specie della Capra fpyrenatca, perciò riferirò quelle del Brehm (4), il (1) V. La vie des animaua illustrée sous la direction d'EpM. PER- RIER, direct. du Museum d’Hist. Nat.; Les Mammiféres, par A. ME- NEGAUX. Paris. Libr. J. B. Baillière, t. II, pag. 371. (a) Loc.cit. — (3) Catalogue Mammalium tam viventium quam fossilium. Nouv. édit., t. II, pag. 971-972. (4) Ved. pure Les animaux vivants du monde sous la direction de CHARLES J. CORNISH, avec la collaboration des plus éminents zoolo- ‘gistes du monde entier. - Livraison VIII, pag. 234. 192 ANTONIO CARRUCCIO quale osserva che avendo lo Schimper creduto opportuno di distinguere come specie a sè lo stambecco proprio delle montagne che s inalzano nella parte meridionale ed orien- tale della Spagna, chiamandola Capra Wispanica, così egli (il Brehm) ritiene che i caratteri delle due forme essendo pressochè uguali, non gli pare « conveniente di conservare tale distinzione. » Il Trouessart la indica nel suo catalogo (pag. 77) come specie a sè. ti Cagg pyrenaica maschio del nostro Museo (che non so se Vittorio Emanuele II abbia ricevuto viva) ha una lun- ghezza totale di 1 m. 50, mentre secondo il dott. Rinaldo Brehm il: maschio adulto è lungo da I m.45 a I m. e 60. Le femmine sono in generale meno alte. dei maschi di 10 cm. L'altezza del garrese misurata nel nostro esemplare è di o m. 79: quindi quasi eguale o appena superiore a quella notata da altri scrittori. La lunghezza delle corna è di o m. 72, con una circonferenza alla base di 25 cent. In un maschio che il dott. Rinaldo Brehm riuscì ad uc- cidere ai piedi della Sierra de Gredos le corna erano lunghe 76 cent., con una circonferenza alla base di 22 cm. Dunque nell’esemplare del Re V. E. II, pur essendo le corna lunghe. 4 cm. di meno, sono più grosse di 3 cm. Il Brehm crede che possano raggiungere una massima lunghezza di 1 metro. Le corna della femmina adulta della Capra fyrenazca si sa che non subiscono notevoli modificazioni, e raggiun- gono una lunghezza da 12 a 15 cm.: esse presentansi ricurve all indietro, con rialzi anullari assai ravvicinati. Ora descriverò con la maggiore esattezza possibile la colorazione dell'esemplare del Museo Romano, tanto più perchè in parecchie opere rilevasi che la colorazione, ch'è da supporre sia data diligentemente, offre talune differenze con quella propria al nostro esemplare. E’ ben vero che i colori del pelame, del piumaggio, ecc., possono variare più o meno secondo l’età, il sesso, la stagione e via dicendo. Questo stambecco ha un pelame ch'è in generale folto, ed in alcune parti relativamente setoloso. Il colore predo- minante è di un castagno scuro, lucido, che a cominciar SULLO STAMBECCO DEI PIRENEI 193 dal pizzo sottomentoniero, si estende alla pelle della man- dibola, all'apice della mascella superiore, al mezzo della regione nasale, fronto-parietale ed occipitale, fino alla fine della nuca, e con qualche interruzione nella linea me- diana dorsale. Ma il contorno degli occhi, il labbro superiore in parte, uni spiecolo tratto dietro de narici, le ‘guanete, la faccia anteriore e concava del padiglione auditivo, le parti late- rali del collo, le spalle, il dorso ed i fianchi, fino alla re- gione post-lombare, sono tutti coperti da peli che ora appaiono giallo-biancastri, ora grigio-giallastri. Ai lati della coda si fanno quasi affatto bianchi, mentre i peli della coda sono neri. Il davanti del collo è coperto da peli castagno chiari, disposti in giù a punta, ed in alto allargandosi sempre più, formano un triangolo, la cui base si confonde con i peli d'un bel castagno rossiccio che cuoprono tutto il torace, [escoselessle gambe anteriori, fino alla regione digitale. Il colore si fa più intenso i si frammischiano ai peli castagni un buon numero di peli neri. Anche gli unghioni sono nericci, ma marginati di giallo-corneo. Dall'alto degli arti toracici muove una fascia larga da 8 a 3 cm., tutta formata da peli castagni, la quale. si avanza quasi affatto rettilinea fino al disopra degli arti pelvici. Questa fascia divide nettamente i fianchi grigio- biancastri della faccia ventrale, la quale, eccezione fatta per !/;, in cui è di color castagno come il petto, è pure ricoperta da peli grigio-biancastri fino alla regione in guino-scrotale. L’interno delle coscie, e in gran parte la faccia esterna delle medesime, e la porzione mediana e posteriore della regione tarso-metarsea sono ricoperte da peli grigiastri. A cominciare dal disopra delle narici, e tutto il da- vanti della regione fronto-parietale, i peli, compresi quelli che stanno in mezzo alla base delle corna, sono bianco- grigiastri; ma quelli che stanno all'indietro, fino alla nuca e poi sul collo, sono di color castagno intenso, fitti e lunghi da 8 a 12 centim., formando quasi una criniera. 19 194 ANTONIO CARRUCCIO Le guancie, il contorno degli occhi, parte del labbro snperiore, la faccia concava dei padiglioni auditivi, le parti laterali del collo, il dorso ed i fianchi fino alla regione post-lombare, sono in massima parte coperti da peli d'un colore bianco-giallastro. I peli della coda sono affatto neri, e formano un ciuffo scarso. Del resto, come ci avvertono gli autori, la colora- zione è diversa non soltanto secondo la stagione, ina secondo l'età, ed il sesso cui appartengono gl individui delle. Capra pyrenarca. Il pelame poi, molto fitto nell’ in- verno, è assai scarso nell'estate. Questi mutamenti ed altri, anche secondo la dimora, presentano, com'è noto, gli stambecchi ed altri animali delle regioni rocciose. Tornando alla memoria del prof. Camerano, dirò che sulla medesima io avevo riferito largamente alla Società Zoologica Italiana, mettendo in rilievo molte osservazioni accurate dell'autore, quali possono raccogliersi da chi faccia un'attenta lettura di essa memoria. Non credo ora di dover ripetere quanto allora esposi, e mi limiterò a un brevissimo ricordo delle due parti in cui il Camerano ha diviso la sua monografia. Nella 1° parte comincia col dire che « Lo stambecco delle nostre Alpi è animale noto da tempo assai antico ». E fra 1 più antichi scrittori cita Plinio che non dimenticò di annoverare gli stambecchi usati dai Romani nei com- battimenti di fiere nel circo. Ha ragione Camerano, quando osserva che il Girtanner non riportò completo un periodo di Plinio in cui si ac- cenna alle Caprae, Aupicaprae e agli bias dall’onerato capite vastis cornibus gladiorumque vaginis, ecc. È se non pos- siamo affermare che si trattasse dello stambecco alpino o del pirenaico od altro, è certo che la frase omessa dal Girtanner è quella in cui sono citate le Alpi. Ed è pur giusta la osservazione del collega di Torino che data « la sterminata estensione dell'impero romano di quel tempo » SULLO STAMBECCO DEI PIRENEI 195 potevansi far venire nella città eterna quasi tutte le specie di capre selvatiche, come si facevano venire tanti altri animali per i sanguinosi e terribili spettacoli che davansi nei circhi. Da molti anni in Roma ho, per mia curiosità ed istru- zione, raccolto notizie sulle denominazioni date da antichi scrittori alle specie di grosse scimie, di carnivori, bunodonti (pachidermi), solipedi, ruminanti, grossi uccelli (struzzi ecc.), rettili (coccodrilli e serpenti) che si facevano forate: per uccidere ed essere uccisi nei predetti circhi. Ed a quanto ha rammentato il Camerano, aggiungo che forse fu Sim- maco, prima questore, poi prefetto di Roma sotto l'im. peratore Teodosio, quello che fece eseguire 1 più strani combattimenti con tigri, leopardi (lybicarium, leopardarum), Orsi, cani-di Scozia, capre selvatiche, ‘coccodrilli, ecc. E pare sia stato Simmaco che fecesi mandare per i gzz0c/hé del circo molte capre, selvatiche e ve n'erano « dalle corna crespate all'intorno, ripiegate, con la punta acuta ». Ap- partenevano queste capre alla specie C. aegacrus, come crede qualche scrittore? Od erano capre di specie diverse, fra le quali i veri stambecchi alpini, cui accennò anche Plinio? Ciò detto in passando, ricordo che il Camerano segue, come anch'io ho fatto più volte, la divisione e la nomcen- clatura adottate dal Trouessart per la classe dei mammi- feri. Ma non ho mai adottato nè per 1 mammiferi, nè per altri animali, la inopportuna, per non dir altro, ripetizione del nome specifico, identico cioè al generico ; e non trovo punto necessario che accogliendo il sottogenere /bex, si debba scrivere, come fa il Trouessart, /bex ex quando vuolsi scientificamente indicare lo stambecco alpino. Ho trovata e trovo sempre assennata l'opinione sostenuta dal prof. Raftaele Blanchard, ché'‘cioè?’«‘On'doit’Eviter les dénominations dans lesquelles le ‘nom spécifique est la répetition du nom generique N Ricca e precisa è ‘la enumerazione. delle ‘opere, fatta dal Camerano, nelle quali, scrittori italiani e stranieri si occuparono dello stambecco delle Alpi. E fa notare come 195 196 ANTONIO CARRUCCIO scarso assai sia stato il numero degli individui di questa specie sottoposta dai naturalisti « ad un esame diligente e completo per accertamento dei caratteri specifici; scar- sissimo poi è il numero dei crani che vennero studiati, tanto che fino ad ora non si ha alcun dato preciso intorno alla variabilità della specie in discorso, nè intorno alle va- riazioni sue ». E credo che finora sia stato il collega di Torino quello che abbia potuto disporre di un materiale straordinaria- mente ricco non soltanto di stambecchi alpini maschi e femmine in pelle, giovani e adulti, ma di scheletri intieri o di teste isolate, moltissimi appartenenti al Museo Tori- nese. Ma oltre i 40 e più crani di proprietà dell'istesso Museo, il prof. Camerano ebbe la fortuna di valersi, a tutto vantaggio degli studi che ha compiuto, del mate- riale posseduto da S. M. il Re Vittorio Emanuele HI, per concessione del quale, narra il Camerano, potè esaminare una .1°. serie .di ben 192 ‘crani. di. maschi. con le corna: una 2° serie di 36 crani di femmine e di giovani; una 3? serie di coppie di corna di maschi e finalmente 127 coppie di corna di femmine. Ben a ragione l’autore osserva come questo « ingente e splendido materiale che S. M. il Re d’Italia ha in varli anni fatto, con provvido pensiero, raccogliere e conser- vare, proviene in parte da individui periti nelle valanghe. Esso è dal punto di vista scientifico molto importante per- chè, appunto per la provenienza sopradetta di parte di esso, concede lo studio non solo di esemplari adulti, ma anche di individui dei due sessi in tutti gli stadi di svi: luppo (e sopratutto delle femmine e dei giovani) ed ezian- dio degli esemplari che possono presentare qualche ano- malo sviluppo nelle corna e nel cranio ». La monografia del Camerano è corredata da 7 grandi e splendide tavole aventi un numero grandissimo di fi- gure. Accenno appena ai 9247? in cui ammirasi una selva‘ non dico selvaggia, di numeri, cioè di misure in centim. e millim., ed anche in 360esimi somatici; misure innume- revoli e faticose per le quali resta dimostrato che quando un SULLO STAMBECCO DEI PIRENEI 197 zoologo ci si mette di proposito, può superare per pazienza ed esattezza parecchi matematici e cultori del calcolo così detto sublime. Ed è probabile che per verun’ altra spe- cie di mammifero si potrà disporre di un milioncino di misure come ora lo si ha per la Capra sex. A. E. Brehm anche nell'ultima edizione osserva come tutti gli stambecchi si rassomiglino molto nella forma e nel colore, e si distinguano principalmente per le corna e pel pizzo che adorna il mento. E dopo di aver lamen- tato la insufficienza dei materiali per poter accertare quali siano le differenze veramente specifiche soggiunge: « I no- stri musei non offrono ancora ai naturalisti i materiali ne- cessari pei loro lavori, poichè anche i migliori contengono iutealvipiu Lo 2’ esemplari »di'stambecehi; e mon è vil caso di parlare di una collezione in cui siano rappresen- tate/tutte le differenze di età e le diverse forme come si presentano in natura. i Naturalmente queste parole dell’autorevole e dotto scrittore della Va degli animali, furono scritte prima che venisse in luce il lavoro del Camerano; perchè, come dissi e ripeto, soltanto lo zoologo di Torino potè disporre di un materiale di studio cotanto ragguardevole, col quale gli fu dato precisare, con criterio comparativo, molti par- ticolari di struttura più o meno incerti, confermando al cuni caratteri specifici stabili, o taluno di quelli soggetti a modificazione per accoppiamento con capre domestiche, oper l'altre “cause: Il prof. Camerano crede che presentemente, cioè nelle condizioni in cui si trova l’ultima colonia di stambecchi viventi nelle nostre Alpi, non corra pericolo di degenerare nel caratteri specifici dei suoi individui per via di mesco- lanza di sangue di capra domestica. Dal confronto fatto dal Camerano degli esemplari pos- seduti dal Museo di Torino, diversi. dei quali risalgono al 1700, con quelli molto posteriori, risulta che in un in- tiero secolo nessuna sensibile alterazione dei caratteri è avvenuta nello stambecco delle Alpi. 108 ANTONIO CARRUCCIO Dimensioni delle corna. — L'astuccio corneo più pic- colo osservato dal Camerano ha la lunghezza di 45 mill., ed una circonferenza alla base di 10 mill.j è spiccata- mente appiattito e leggermente ricurvo. A questo stadio di sviluppo, cioè date queste dimensioni, non puossi con sicurezza determinare il sesso. « Crescendo le dimensioni delle corna, cominciano a delinearsi le differenze sessuali ». Occorre cioè che esse abbiano una lungh., misurata secondo la curvatura, supe- riore agli 80 mill. Corna di maschi molto giovani hanno già una lun- ghezza, secondo la curvatura,. da 130 a 140 mm., con un diametro mass. trasv. da 20 a 28 mill. Omettendo le dimensioni che seguono, indicate. diligentemente dall’au- tore, dirò che la maggior lunghezza è di 92 cent. Non è qui possibile dire delle variazioni nello sviluppo delle protuberanze a nodo, del loro numero, della loro forma, ecc. Il Camerano tratta la questione dell’età degli stam- becchi, determinabile secondo il vario numero di queste protuberanze a nodo, com'è antica opinione dei caccia- tori, ecc., e riporta il giudizio del Comba, che potè mol- tissime volte esaminare stambecchi di tutte le età. Il Comba così afferma: « L'età dell'animale si conosce non già enu- merando i rigonfiamenti delle corna, come da tempo an- tico è sempre stato in uso, e come oggidì usasi ancora di frequente... ma bensì dai cerchi che stanno segnati ogni due nodi o rigonfiamenti, cerchi che girano intorno alla circonferenza deile corna, e che ne seguono l'annuale cre- scenza. »... Ogni cerchio adunque conta pel crescere di un sanno... Alla sua volta avendo il Camerano esaminato una così numerosa serie di corna di stambecchi alpini, ha diritto di scrivere che accoglie «le idee di Comba intorno al modo di calcolare l'età » di questi animali. Aggiunge però che pèr fare un calcolo esatto con stambecchi di una certa età, non bisogna dimenticare « che il 1° anello presso la punta può mancare per essersi logorato. » Invece è facile la de- SULLO STAMBECCO DEI PIRENEI 199 terminazione del numero dei cerchi di accrescimento an- nuale nelle corna giovani, e degli individui dai 9 ai 10 anni se maschi, e dai 6 ai 7 se femmine. E’ importante la conoscenza sul modo come avviene non solo l'accrescimento dell’astuccio corneo, ma del fusto osseo (nucleo o cavicchia), e della varia distribuzione in questo della sostanza ossea compatta, dalla regione basale verso l'apice. Il Camerano riporta in nota quanto sull’ar- gomento scrissero il Diirst, Culmann, ecc. E’ da notarsi che, a cominciare dal 7° anello, e proce- dendo verso la base del corno, i nodi vanno diminuendo di altezza, e finiscono per diventare tanti rialzi trasversal- mente sporgenti. La faccia inferiore delle corna, non pre- senta protuberanze a nodo. Le corna con 18 e più anelli di accrescimento, e quindi d’individui molto vecchi, offrono nodi che presso la base seno non di rado poco promi. nenti, quasi semplici rialzi costoliformi e trasversali. Giova insistere sull’importante carattere specifico che vien fornito dalla forma del corno, quando si eseguano sezioni trasversali a diverse altezze. Ed il Camerano me- desimo per non sciupare quest'organo con più tagli, sug- gerisce di prendere, mediante creta, l'impronta del peri- metro della regione del corno che si vuole studiare. Così confermasi che le corna del maschio nella Capra 20ex hanno una forma quadrangolare. V'ha però una duplice forma: una con le faccie laterali assai schiacciate, ed una con faccie laterali convesse. Il perimetro della sezione trasversale presso la base del corno offre il lato esterno rettilineo, e l'interno più o meno convesso: quindi il corno medesimo appare schiacciato nella parte esterna, e più o meno convesso nell'interno: ed è questa la forma forse più frequente. Per brevità io devo omettere altri fatti constatati dall’autore, sia riguardanti la grossezza delle corna degli stambecchi maschi, sia il grado d'incurvatura delle medesime, il quale s'inizia fin dall'età giovanile; ed è diverso anche il grado di torsione osservandolo in molti individui come potè fare il Camerano. 200 ANTONIO CARRUCCIO Ed è pure diverso l'allontanamento o ravvicinamento alla base, delle corna. In breve risulta che le corna dello stambecco maschio presentano differenze nella forma e nei rapporti delle diverse loro porzioni, senza però mai allon- tanarsi dai caratteri fondamentali che devonsi assegnare come specifici allo stambecco alpino. Per riguardo alle corna delle femmine, il Camerano nota che le loro variazioni sono meno appariscenti. Dirò soltanto che la lunghezza di queste corna misurata lungo la curva va da 158 mm. ai 280 mm., e che le protube- ranze nodose sono sempre meno sviluppate che non nelle corna dei maschi. Anche nelle corna delle femmine si di- stingue una forma più rotondeggiante alla base, e l'altra meno e piu compressa ai lati; varia pure in esse il grado d’'incurvatura e di torsione; quest ultima più frequente che non nelle corna dei maschi, talvolta quasi spiraliformi. Tralascio pure di accennare alle notevoli osservazioni fatte dal Camerano sulle corna di stambecchi ibridi, per dire rapidamente dei nuclei, ossia delle cavicchie ossee delle corna nei maschi e nelle femmine. La maggior lun- ghezza assoluta misurata lungo la curvatura superiore dal. Camerano, fu di mm. 420. I nuclei delle corna dei maschi non presentano traccia degli anelli annuali di accresci- mento dell’astuccio corneo, e in generale neppure dei ri- gonfiamenti nodiformi. Altre osservazioni riguardano le ossa frontali, la sutura bifrontale, la sutura naso-frontale, ecc., e come quelle sul- l’ossificazione sono tutte osservazioni importanti. La ca- vicchia ossea delle corna delle femmine ha una lunghezza variabile, cioè dagli $o mm. ai 115 mm., che è la mas- sima misurata dal Camerano. E passando alla parte II della bella monografia dirò che in essa troviamo particolarmente studiata la dentatura di latte e la definitiva o permanente. Il cranio più giovane osservato dal Camerano aveva tre molari di latte ed uno permanente nella mascella superiore. « Per giudicare del- l'età di un cranio di stambecco maschio con dentatura permanente completa, è d’ uopo tener conto del valore della SULLO STAMBECCO DEI PIRENEI 201 lunghezza-base, dello sviluppo dei nuclei ossei delle corna, della condizione in cui si trovano le suture craniche fac- ciali e del logorio dei denti. » E su queste basi l’autore ci dà una quantità di misure pazienti e precise come tutte altre: Ottima guida per chi voglia studiare il cranio dello . stambecco alpino maschio e femmina, si ha adunque in tutti i fatti esposti dall'autore; sia per esso cranio consi- derato complessivamente, sia per le singole sue ossa, per le quali si tien conto non solo dello sviluppo, ma dello spessore, delle dimensioni e via dicendo. Possedendo attualmente il Museo di Roma scheletri completi di stambecco alpino maschi e femmine, posso dire che l’ esame comparativo che ho fatto pei denti e pel cranio dei medesimi corrisponde benissimo a tutte I le indicazioni così largamente fornite dal prof. Camerano. Comm. Prof. ANTONIO CARRUCCIO — irettore e Redattore responsabile Roma, 1909 — Tipografia Cooperativa Sociale - Via de’ Barbieri, 6 - DI (TI ATTI sno AI - MEMBRI COMPONENTI IL CONSIGLIO DIRETTIVO ANNO XVIII Prof. comm. ANTONIO CARRUCCIO — Presidente (Zoologia ed Anatomia comparata, special. — mente Vertebrati). COTEra D. Guipo Orazio FALCONIERI Conte di Carpegna — Vice-Presidente (0r RR Prof. cav. RomoLo MELI — Vice-Presidente (/adeozoologia e Malacologia). Rag. sig. VITTORIO ZAMBRA —. Cassiere (Orzztologia). CHIGI principe D. FRANCESCO — Copsigliere (Orzz/ologia). Prof. cav. ANTONIO NEVIANI — Consigliere (Zoologia gerzzerale SPEC MaRnI Briozoi). Prof. FELICE Mazza — Idem (Orzzizologia). i Prof. GIOVANNI ANGELINI — Idem (Zoologia generale, I Rdciataane Ornitologia). Comm. Forrtunaro Rostagno — Idem (Zrzomologia, specialmente Peo March. dott. Giuseppe LePRI — Idem (Zrtomologia-Ornitologia). Prof. cav. RINALDO MARCHESINI — Idem (/stologia gezerale). > TOS Prof. comm. GiusEPPE Tuccimer — Idem (Zoologia generale e Ditteri). Ì » - ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO ì ART. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, Gu ape poggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia ani- male anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare nei modi stabiliti dal regolamento un Bollettino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, anatomo-fisiologica, em: briologica, paleontologica e sistematica; e quelle altre notizie che pos: sono interessare gli studiosi. ; ART. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci: 1° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pagheran lire Dieci all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sol volta; Sio 2° Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue; | 3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio diret tivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi 20010 para (o) altrimenti benemeriti della Società. 9 Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. Via della Sapienza: — ROMA Avviso ai soci. dio e lettura di opere. Roma, 1909 — Tipografia Cooperativa Sociale — Via de’ Barbieri, 6. | Gd Fasc. VII-VIII Serie II - Vol. X. Anno 1909 (XVII dalla fondazione). BOLLETTINO DELLA SOMMARIO. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE. 6. Zanichelli dott. Wilfrido. Sullo svi- luppo dello scheletro viscerale della 1. Arrigoni degli Oddi conte prof. Et- I Trota:(Salz0o fario L.).,. . . Pag. 239-255 tore. Osservazioni sulla comparsa di | 7. Cavazza conte Filippo. Sulle « Don: un Occhione. del Senegal nel Vicen- | nole » e sull’ « Ermellino » in Italia. » 256-264 | tino, comunicate. dal prof. LuiGr ME- 8. Neviani prof. Antonio. Nuova specie SEHINELLE LO O ira 2097200. | di Psammophylum Haeck, Nota pre- 2. Condorelli Francaviglia prof. Mario. Î INMIRAre Sto e Met a 205, 200 Sul. parassitismo. dell’ Axtlhocefhalus | reptans Wag. nel Brazia Raji Schneid 207-222 ti 3. Chigi principe D. Francesco. Carat- teri ah e fasi evolutive nel piu- ANNUNZI SULLA COPERTINA. “maggio dell’Axas boscas L.. . . » 203-232 © 4. Rostagno. comm. Fortunato. Sulla Melanargia arge della campagna ro- maratona e e ce e I 2352295 LT Membri del Consiglio Direttivo per il . 5. Carpegna Falconieri sen. conte Guido. | XVIII: anno. sociale. — 2, Articoli’ | Sulla cattura di un Cursorius galli- | estratti dallo Statuto. — 3. Avviso ai cus ad, nelle spiaggie romane . . #a77230-2385] Soci. Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimensile 204 ARRIGONI DEGLI ODDI riferibile alla specie africana Ve. sezegalensis, che verrebbe così a figurare con certezza tra gli Uccelli Europei (1). Feci tosto conoscere al prof. Meschinelli i miei dubbi sull’ identità del suddetto Occhione, aggiungendo che am- bedue ci aggiravamo in un vizio d'induzioni. Egli mi ri- spose vivacemente dicendosi szc270 della determinazione e rilevando il fatto d’altissimo valore, anche se l'individuo era fuggito. Ma io qui torno a ripetere che dubito grandemente dell’esatta determinazione dell’Occhione in parola, .come nello stesso tempo riconosco lealmente che ambedue siamo nel campo dell'ipotesi perchè da ‘parte mia non posso opporre che delle deduzioni basate sulla mia lunga espe- rienza in materia, ed il Meschinelli non possiede l’esem- plare da farci vedere ; però il fatto di un esemplare, ap- partenente a specie difficile ad identificare, determinato così alla sfuggita e senza materiale di confronto può sempre dar luogo a gravi dubbi. E questi miei dubbi si fondano : a) sul fatto che l’Occhione del Senegal è molto dif- ficile a conoscersi per chi non possiede un largo mate- riale di confronto alla mano; materiale che non credo possa aver usato, nè abbia avuto l'opportunità di usare il prot. Meschinelli nel breve periodo. Questa specie inoltre è di rado rappresentata nelle Collezioni e mancante in quasi tutte le italiane, quindi non è uccello che si abbia di frequente sott'occhio ; 5) sul fatto che l’Occhione in parola venne ucciso in ottobre (periodo di muta) ed in tale mese per il logorio delle penne può facilmente scomparire la fascia alare, (1) Il Giglioli ha indicato (Avif. n. 354, 1886) come preso in Italia un soggetto di sezega/ensis sopra di un vecchio esemplare che sembra esser stato ucciso in Toscana circa il 1841. Siccome la cat- tura, anche secondo il Giglioli, non è troppo sicura e che la forma nord-africana dell’Occhione non apparve mai entro i confini europei, io non ho creduto opportuno d’ includerla tra le italiane nel mio 4Za- nuale del 1904. Il conte Salvadori ed il prof. Martorelli sono della stessa mia opinione, ma il Giglioli anche recentemente (4727. n. 394, 1907) mantiene la specie tra le italiane, ripetendo però le sue ri- serve!!! OSSERVAZIONI SNLLA COMPARSA DI UN’ OCCHIONE DEL SENEGAL 205 unica caratteristica della specie Europea ed allora lo Oedicnemus ovedicnemus si può facilmente scambiare a prima vista con un sezegalensis. Ed il fatto in parola è citato dall’eminente ornitologo Dr. Sharpe e dal nostro diligen- tissimo Martorelli. Ecco le frasi caratteristiche delle due. specie : a) oedicnemus: Una fascia bianca attraversa la linea delle cuopritrici mediane, marginata di sotto e disopra da una banda nera. b) seregalensis: Manca la fascia bianca attraverso le cuopritrici mediane, che sono grige come le grandi cuo- pritrici. Sicchè possiamo dire che il senegalersis è molto simile all'oedicnemus e ne è distinto per la mancanza della fascia che taglia l'ala, eccetto su ogni lato della banda nera che attraversa le grandi cuopritrici; le cuopritrici mediane sono cioè di un grigio uniforme con una distinta linea p-raWisullo stelo delle: -penne;ia differenza” di'‘quelle del nostro Occhione che presentano scuri gli steli e le basi delle stesse penne, formando una seconda banda scura che attraversa l’ala e che racchiude la fascia bianca frammezzo alla stessa. Non si può nemmeno parlare di abito giovanile, perchè la principale differenza tra giovani ed adulti si osserva nel colore delle grandi cuopritrici alari, che nei primi alla base sono di un nero-grigiastro più o meno chiaro con larghi apici bianchi; mentre negli adulti le basi sono bianche e gli apici pure bianchi con una fascia subterminale nera molto larga. Nel materiale della mia Raccolta ho precisamente un Occhione dell'ottobre ucciso nelle Valli del Po, nel quale per l’abrasione degli apici delle penne la fascia alare è in gran parte scomparsa e che, dietro esame fugace fatto sopra di un uccello vivo, potrebbe scambiarsi facilmente per un sezegalensis. E questo secondo me è quanto sarebbe avvenuto al prof. Meschinelli. Se si fosse trattato di una specie qualsivoglia, ma ben distinta quale l’E/arnus caeruleus o il Pluvianus acgyp- 206 ARRIGONI DEGLI ODDI - OSSERVAZIONI SULLA COMPARSA, ECC. fius ecc. catturati nel Vicentino e poi fuggiti, non vi avrei certo fatto caso nè considerazione in contrario; sappiamo che in Italia capitarono specie boreali come il Gabbiano dalla coda cuneata e l’ Islandico, altre meridionali affatto quali la Poiana minore e l'Ubara, quindi nulla vi sarebbe. di straordinario se un Occhione del Sahara si fosse sper- duto nelle ridenti campagne del Vicentino!!! Ma io non potrò mai ammettere tra le Italiane una specie di difficile identità specifica e per il riconoscimento della quale è sempre necessario un confronto minuzioso con l’aiuto di largo materiale di studio, cosa che sicuramente quel giorno non è stata fatta dal Meschinelli e certo non per colpa sua. L’Oe. senegalensis abita l'Africa occidentale dalla Se- negambia al Gaboon, l'Africa nord-occidentale dalle vici- nanze di Lado nello Shoa e verso nord al Kordofan, al Sennaar ed all'Egitto. Non consta che' finora sia stato mai preso entro i confini europei. L'Oe. oedicnemus abita invece l Europa temperata e meridionale, si trova di rado nell'alto Nord, l'Africa set- tentrionale fino all’Abissinia, l’Asia Minore spingendosi verso est sino all'India e Ceylon e verso nord all'Asia centrale. Nella Tunisia e nel Marocco vive una forma molto simile alla nostra, ma più pallida descritta dal Reichenow sotto il nome di O. o. sazareae. Padova, li 12 maggio 1909. di E SR ISTILUTO DI PARASSITOLOGIA MEDICA DELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA DIRETTO DAL PROF. M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA Sul parassitismo dell’Anthocephalus reptans Wag. nel Brama Raji Schneid. Prof. M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Quasi tutti gli individui, ‘giovani od adulti, del 5yaze faje Schneid., pescati nel Golfo di Catania, e spesso an- che quelli di Azf/zas g/adius L., provenienti in questo mercato da Siracusa, da Augusta e da Messina, ospitano un. verme vescicolare, l''Ax/kocepfhalus reptans Wag., forma giovanile di non sappiamo quale cestode adulto. | Nel 57ama il parassita non soltanto è comune, ma | addirittura costante e abbondantissimo, a tal punto che, isolato dall’ospite e pesato separatamente, arriva a rap- “presentare, secondo Briganti (1), l'ottava parte del peso totale dell'ospite. Non mi avvenne mai di costatare una invasione parassitaria spinta ad un grado così elevato ; ricordo però che una volta rimasi sorpreso pel rinveni- mento, in un Pesce luna del peso di 756 grammi, di una gi tale quantità di vermi, che questi; isolati e messi in. bi- ‘lancia, diedero un peso di 75 grammi, circa il decimo {. del peso totale dell'ospite. L'A. reptans si annida nella massa della muscolatura i € precisamente nel tessuto connettivo intermuscolare, ri- vestendosi di una capsula fibrosa, e comprimendo, mano (1) BRIGANTI V. — De novo vermium intestinalium genere, cui no- men Balanophorus ; in: « Atti della Reale Accademia delle Scienze, Sezione della Società Reale Borbonica », Vol. II, Parte II, Classe di Fisica e di Storia Naturale, Napoli 1825, pag. 79-86, con tre tavole. 208 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA mano che, con lo sviluppo, s'ingrossa, i miomeri vicini ; i quali si schiacciano, perdono la loro naturale consistenza, diventano molli, flaccidi, inoltre si scolorano alquanto, tal- chè il normale colorito roseo con riflessi bleuastri della carne si cambia in bianco-giallastro leggermente roseo. I pesci con discreta invasione parassitaria, anche prima di essere tagliati, si riconoscono per la minore compat- tezza delle carni, specialmente in corrispondenza di ta- luni punti del corpo, ove la pelle e le squamme rivelano la presenza del sottostante parassita, per delle macchie nummulari grigiastre, della dimensione d'una moneta da i-0 da 2 centesimi. Talvolta il parassita si può estrarlo con facilità a modo di un corpicciuolo tondeggiante (vescicola caudale) conti- nuantesi con la porzione anteriore sottile, parzialmente in- vaginata. Tal’altra volta l'estrazione riesce più difficile per la considerevole lunghezza del verme, che s insinua fra i miomeri, descrivendo numerose e intricate spire, che si rompono in seguito a trazione alquanto pronunziata. Dopo estratto il parassita, specie quand'esso è ab- bondante, la muscolatura del pesce è ridotta ad una massa cavernosa di colorito pallido, che, a vederla, desta nausea e ribrezzo. Nell’interno delle cavità non si rinviene li quido libero, i muscoli però, che ne limitano le pareti, sono alquanto infiltrati ed edematosi; qualche goccia di liquido sieroso si rinviene nella cavità generale del corpo sopratutto in quei pesci, nei quali l'invasione parassitaria è di alto grado. Le fibre muscolari, specialmente quelle limitanti la cavità parassitaria, sono piccole, sottili, atrofiche, e pre- sentano le note d’una progredita degenerazione granulo- adiposa con scomparsa quasi totale della striatura. Il tes- suto connettivo intermuscolare è fortemente iperplastico. Piu in là la degenerazione, grado grado, si attenua, e a distanza di pochi millimetri le fibre divengono normali PE colore e per struttura. I miomeri, in una sezione trasversale, non hanno aspetto omogeneo, ma marmorizzato, alternandosi le zone SUL PARASSITISMO DELL’ « ANTHOCEPHALUS REPTANS » WAG, 209 bianco-giallastre di degenerazione adiposa con quelle rosee dei muscoli normali. La presenza di questo verme nel £7ama fu notata a Napoli, fin dal 1812, da Aloisio Petagna, il quale ne riferì, a quella Reale Accademia delle Scienze, e poscia da C. A. Rudolphi, professore di Zoologia a Berlino, che, per tre anni, si trattenne in Italia, peregrinando per più giorni a Napoli. In seguito Briganti (1) lo rinvenne frequentissimo a Napoli nel Pesce castagna, raramente nel Pesce spada, e gli impose il nome di La/azophorus spari per la forma della vescicola caudale « in postice parte glandis instar » e pel suo X%ab:fat nello Sparus £aj:, com’ egli chiamava Il Brama Raz. Rudolphi (2) lo ascrisse al gen. Gymzzo- rhyuchus col nome di G. reftans, credendo erroneamente che le 4 proboscidi fossero « inermes sive uncinis' desti- tutis », e Dujardin (3) conservò tale denominazione, pure adottata precedentemente da Bremser (4) e da Creplin (5), quantunque egli avesse costatato che le quattro trombe fossero nude soltanto alla base ed armate di uncini in tutta la porzione retrattile, in guisa da sembrare corte e completamente inermi, quand’ esse fossero retratte sino alla porzione basilare. Diesing (6), a giusta ragione, basandosi sul carattere essenziale della presenza degli aculei sulle proboscidi, ne fece il genere Acaztlorhynchus con la specie A. reftans. Ma, ad essere rigorosi, bisogna convenire che, per la priorità, il nome spettante a tale parassita è quello di : Anthocephalus reptans, avendo Rudolphi (7), fin dal 1819, (TEPRIGANETINV = Paw. cit. (2) RupoLPHI C. A. Ezxtozoorum svynopsis, Berolini, 1819, pa- gina 445. (3) DUJARDIN F. - 77istoire Naturelle des Helminthes, Paris, 1845, pag. 552-553. (4) BREMSER — Zcones helminth. Tab. XI, fig. 11-13. (5) CREPLIN - Ereycel. de Ersch. et Grub.:Tab. XXXII, pag. 294, (6) DrrsinG C. M. - Systema Helminthum. — Vindobonae, 1850, pag, 560. (}RuboLPHr. CCA Op. cit., pag. 178 e: 537. ZIO M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA grecizzando il vocabolo latino /%orzceps, coniato da Cu- vier (1) per un parassita da lui trovato nel fegato del. l'’Orthagoriscus mola, istituito il genere Arthocefhalus con cinque specie diverse di vermi vescicolari, aventi, come carattere comune a tutti, la testa con due botrie obliqua- mente: opposte e quattro proboscidi terminali uncinate, disposte in modo da offrire l'aspetto d'un fiore, in cui le botrie rappresenterebbero i petali e le proboscidi estroflesse i lunghi stami. Rudolphi però, a torto, come sopra ho rilevato, non comprese in questo genere la specie in discorso, che cre- dette priva di uncini. L'errore è spiegabile ammettendo che egli abbia osservato gli esemplari a proboscide inva- ginata; e in vero, essendo esse nude alla loro base e armate di uncini in tutta la porzione retrattile, è naturale che debbano sembrare corte e del tutto inermi, quando sono retratte sino alla porzione basilare. Qui in Catania il parassita si trova in ogni epoca del- l’anno nella carne del 57azza ai; assai di rado manca. La maggiore invasione parassitaria si ha nei mesi inver- nali sino a marzo; in aprile comincia a decrescere e nel- l'estate è minima, per riprendere il corso ascendente nel. l'autunno. Quando è giovine, il parassita ha colore bianco can- dido, ed è quasi trasparente; invecchiandosi diviene più voluminoso, acquista una tinta bianco-cerea e diviene opaco, non soltanto nella vescicola caudale, ma anche in corri- spondenza della porzione anteriore e filamentosa del corpo. La vescicola, di forma quasi sempre ovale o piriforme, varia di dimensione, secondo il grado di sviluppo, da un minimo di mm. 4 X 6 ad un massimo di mm. 13 X_ 27. Vescicole di varia grossezza si trovano tanto nei grandi, quanto net piccoli ospiti, specialmente nei primi. La pa- rete cistica è sempre ben distesa ed elastica, talchè, de- formata mediante compressione, riacquista subito la forma primitiva, tosto cessata la forza deformante. (x) CuvieR:= 47004 \(d:5. nat5 gf Serie, 938 SUL PARASSITISMO DELL’ « ANTHOCEPHALUS REPTANS » WAG. DI La porzione anteriore del verme è più o meno lunga, secondo il grado di sviluppo e lo stato di retrazione di esso, da pochi centimetri :a 30-40 cm.; è leggermente depressa e stretta, misurando un'ampiezza di mm. 2.5 a mm. 3.5. Non ho trovato le forme lunghissime di 1 metro, ammesse da Dujardin. Questa parte peduncolare del pa- ‘rassita può rassomigliarsi ad un lungo bastoncino appena appiattito, internamente cavo, carattere anatomico questo che rende possibile, per contrazione violenta dei muscoli longitudinali, l invaginazione d'un breve tratto nell’ altro. In tal caso il diametro non è uniforme, ma diventa mag- giore in corrispondenza dei tratti invaginati, che si pre- sentano come rigonfiamenti nodulari. La testa, del diametro di 3-4 mm, quasi tetragona, è provvista di due ampie ventose bilobate, con ripiegature laterali a forma di ansa d’orecchio, e sormontate, proprio in prossimità della commessura dei lobi, da 4 trombe re- trattili, filitormi, lunghe 6-8 mm., nude alla base, irte di aculei nella rimanente loro lunghezza. Nella carne del pesce freschissimo-o fresco il verme è del tutto immobile, e soltanto di rado esegue movimenti così leggeri, da rendersi percettibili a coloro, che ne fanno . diligente osservazione. Nel pesce stantio i movimenti si fanno più manifesti; sono alquanto vivaci, quando è più che iniziato il processo di putrefazione dell'ospite, cosa questa che in inverno, in luogo fresco, avviene verso l’ot- tavo giorno, e nell'estate più rapidamente, 48-72 ore dopo la pesca. Quando il pesce è tenuto nel ghiaccio, come si fa clandestinamente dai nostri 7zga/tzer:, per ritardare il processo di decomposizione, il verme resta immobile, an- che a putrefazione iniziata, forse per l’azione torpente eser- citata dalla bassa temperatura; ma, poco dopo sottratto il ghiaccio, il parassita acquista una certa vivacità di mo- vimenti, i quali poscia, col rapido progredire della putre- fazione, si attenuano, sino a scomparire colla morte di esso. Secondo Briganti, nella carne dei pesci morti il verme si mantiene in vita per due o tre giorni; secondo mie os- servazioni personali, ciò avviene in estate, non in inverno, 212 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA nella quale stagione la morte si verifica molto più tardi, verso l'ottavo, il nono giorno. Dai profani si ignora la natura parassitaria degli in- quilini della Castagnola o Pesce luna, come appellasi in italiano il Brazza Raji; ed essi vengono presi per grasso. Tale pregiudizio è talmente radicato, per quanto, nella scelta, chi compra suole preferire i pesce: grassi ai magri, i quali invece sono migliori, perchè sani. La carne dei primi viene trovata più tenera, e così è realmente, poichè alquanto rammollita per il processo di degenerazione adiposa. É curioso poi quanto pensano i pescivendoli: secondo loro gl’ inquilini del pesce fresco sono grasso, che poscia si trasforma in verme in quello putrefatto! In ogni modo essi pescivendoli, per tema di deprezzare la loro merce, che vendono a prezzo elevatissimo, sino a L. 6 il rotolo (800 gr.), si guardano bene dal comunicare agli acquirenti questa loro strana teoria sulla generazione spontanea, e gabellano per fesce grasso quello verzzzzoso. Anche a Napoli, da antico tempo, l Axkocefhalus del Brama è ritenuto per grasso. Difatti Aloisio Petagna, nel- l’anno 1812, richiamò l’attenzione di quella Reale Acca- demia delle Scienze su questo, che gl inquilini del Pesce Castagna sono vermi e non adipe, come si credeva per volgare opinione. Briganti (1), a conferma di ciò, aggiunge che il pesce verminoso, non senza voluttà, viene servito a tavola: « Cum hic vermis a nostratibus ob ejus colorem, « ac mollem substantiam ipsius piscis adeps habeatur; « hinc una cum ejusdem carne non sine voluptate impune « in mensa opponitur ». E fa bene Briganti ad aggiungere l'avverbio 2772zze, poichè, per tradizionale esperienza, mai è riuscita nociva o indigesta la carne del Pesce castagna, il quale nell’I- talia meridionale e insulare, in Catania specialmente, è tenuto in pregio del pesce. più delicato e squisito, accessi- bile, pel suo prezzo elevato, soltanto alla borsa dei ricchi. DI (1) BRIGANTI V. - Lav. cit., pag. $o0. SUL PARASSITISMO DELL’ « ANTHOCEPHALUS REPTANS » WAG. 213 Ciò malgrado ho voluto fare delle ricerche sulla tos- sicità o meno del parassita e della carne del suo ospite. Siccome le possibili sostanze tossiche, elaborate dal parassita, potrebbero rimanere in tutto o in parte imma- gazzinate nel cOrpo del verme o espulse nei succhi dei tessuti, in mezzo al quali SÌ sviluppa il verme, per tale ragione ho fatto due serie di esperienze. SERIE ESPERIENZE FATTE COL SUCCO. ESTRATTO DAI PARASSITI. Il pesce, prima lavato più volte con comune acqua potabile, e poi con acqua distillata sterilizzata, viene de- corticato con strumenti asettici. Messa allo scoperto la muscolatura si osservano, so- prattutto sulle masse dorsali, delle macchie giallo-grigia- stre, in corrispondenza delle quali imiomeri sono alquanto molli e flaccidi. Ivi affiorano le anse parassitarie, che, in seguito a fine e delicato lavoro di dissezione, si possono seguire per lungo tratto, e si riesce perfino ad estrarre il verme intiero. Tagliando il pesce in fette trasversali, ed esercitando lateralmente una mediocre pressione digi- tale, i parassiti recisi fanno capolino dalla muscolatura € si tirano fuori con facilità mediante le pinzette. Ma un tale metodo sbrigativo non è raccomandabile, poichè, re- cidendo il tubo digerente del pesce, i vermi potrebbero inquinarsi e anche perdere un poco dei loro umori in- terni, che potrebbero avere importanza per lo scopo delle nostre ricerche. | I parassiti estratti, dopo lavaggio in acqua distillata sterilizzata, vengono triturati in mortaio di vetro, anch esso reso sterile, sino a ridursi ad una poltiglia omogenea, bianca, di consistenza gelatinosa, che si addiziona a quan- tità uguale di acqua distillata, sterilizzata con la bollitura. 214 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA Si agita bene il miscuglio e si filtra, adoperando carta, imbuto e provette perfettamente sterili. Il liquido che si ricava è meno scorrevole dell’acqua, di colore bianco lat- tiginoso, subtrasparente, di reazione leggermente alcalina, di densità 1025. Questo è il materiale del quale mi sono servito nelle mie ricerche, e che, per meglio intenderci, chiamo mafe riale parassitario diluito. Qualche volta ho creduto più opportuno usare 7ate- riale parassitario in natura, cioè la poltiglia parassitaria non diluita e spremuta attraverso garza asettica a più doppi. I Azione sulla pelle umana. — Con le mani imbrat- tate di materiale parassitario in natura mi toccai ripetu- tamente al collo, alle guance, alle orecchie, alle palpebre, alle mucose nasale -e boccale; e non ebbi mai a costa- tare prurito, dolore, rossore, gonfiore, eruzione dermica di qualsiasi natura, starnuti o lacrimazione. L'esperienza, in giorni diversi, fu ripetuta quatro volte, e sempre col medesimo risultato negativo. II. Azione sulla congiuntiva oculare. — In due cavie e in due conigli fu instillata fra le palpebre dell’ occhio de- stro una goccia di materiale parassitario diluito, e fra quelle dell'occhio sinistro una goccia di liquido fisiologico. L'esperienza fu ripetuta per tre volte di seguito in giorni successivi, senza mai avere provocato iperemia con- giuntivale, dilatazione o restringimento pupillare, ma sol- tanto lieve, fugacissimo rossore, dovuto al semplice con- tatto del corpo estraneo, III. Azione sulle emazie dei vertebrati. — Due gocce di sangue dello stesso animale vengono mescolate, in due separati vetrini portoggetti, l'una con una goccia di ma- teriale parassitario diluito, l’altra con una goccia di liquido indifferente. Indi, su due sottili striscie di carta, si sovrap- pone il vetrino coproggetti, che, per evitare il dissecca- mento, s' imparaffina ai bordi. Si allestiscono così ‘due preparati, dei quali quello con l'aggiunta del liquido fisio- logico serve come preparato-campione. MI LTT SUL PARASSITISMO DELL’ « ANTHOCEPHALUS REPTANS » WAG. 2I5 Le emazie umane, tanto nei preparati freschissimi, quanto in quelli fatti parecchie ore prima, non presentano alterazione alcuna, nè per la forma, nè per il colore, nè per la tendenza a disporsi a pila Ugualmente si comportano gli eritrociti di altri mam- miferi (cavie e conigli), di volatili (pollo), di rettili ‘lucer- tola comune), di anfibi (rana), di pesce (tinca ed anguilla). IV. Azzone sut ciltate. — Ho sperimentato sui ciliati contenuti in una comune infusione di fieno nell’ acqua po- tabile e su quella della cloaca della rana. Una goccia d'infuso di fieno viene allungata, su ve- trino portoggetti, con una goccia di materiale parassitario diluito, e si allestisce, come sopra, un preparato micro- scopico ; altro preparato-campione viene allestito con una goccia di solo infuso di fieno. Altri due preparati vengono fatti coi protozoi prove- nienti dalla cloaca della rana, addizionati nell’uno con una goccia di materiale parassitario diluito, nell'altro con una goccia di acqua potabile. I movimenti delle ciglia, fino da principio, sono ra- pidissimi nei preparati-campioni, meno rapidi in quelli al- lestiti con l'aggiunta di materiale parassitario diluito ; dopo un'ora i movimenti si rallentano proporzionatamente negli uni e negli altri, dopo tre ore sono lentissimi e prossimi a spegnersi nei preparati-campioni, spenti negli altri. Ma se, dopo 15-30 minuti, nei preparati con mate- riale parassitario diluito si sostituisce questo liquido con acqua, facendovela arrivare da un bordo del vetrino, nel mentre al bordo opposto si applica una striscia di carta bibula, 1 movimenti dei pochi protozoi rimasti (i più ven- gono trascinati dalla corrente liquida, che va via) riac- | quistano la velocità primitiva; e di nuovo ritornano a farsi lenti se, all'acqua potabile, con lo stesso procedi- mento, si sostituisce il materiale parassitario diluito. L'attenuazione dei movimenti ciliari non deve pertanto attribuirsi ad azione tossica del succo organico, poichè, Se questo agisse come liquido tossico, l’azione non si mani- festerebbe contemporaneamente all'arrivo di esso, ma dopo 216 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA qualche tempo, anche dopo pochi minuti, e in modo gra- duale e progressivo. D'altra parte se il materiale paras-. sitario esercitasse azione tossica sui protozoi, sostituendo ad esso l’acqua comune, il ripristino del rapido movimento ciliare non sarebbe possibile averlo immediatamente, ma a poco a poco e a gradi. L'attenuazione del movimento delle ciglia vibratili nel succo dell’Axtkocefhalus, a mio parere, è un fatto indi- pendente da qualsiasi azione tossica del liquido, dipen- dente invece dalla densità di esso. Il succo, ricavato dalla spremitura di Antocefali triturati e ridotti in poltiglia, ha una densità molto superiore a quella dell’acqua comune, e quindi ostacola il libero movimento delle ciglia, che vibrano meglio in un liquido poco denso, qual'è l’acqua ordinaria. Quand'ero studente in medicina, ebbi occasione di co- statare (1) un simile fatto nei protozoi parassiti della 7er- mes lucifugus. Le specie, trovate da Leidy (2) nella Zer- mes flaviceps d'America, e da lui descritte coi nomi di Trichonympha agilis, Pirsonema vertens e Dinenympha gracilis, osservate in una goccia di acqua comune o di- stillata, fanno vedere, all'estremità anteriore del corpo, un ciuffo di numerosi e lunghi cigli rapidamente vibranti. Osservando invece detti protozoi in una goccia di li- quido più denso ed indifferente (soluzione acquosa di bianco d'uovo), le lunghe ciglia si rovesciano indietro sul corpo dei protozoi, ed ingannano pertanto l'osservatore, il quale, credendo che il loro corpo sia completamente ri- coperto di ciglia, li ascrive agli Olotrichi, come erro: neamente fece il Leidy; mentre, secondo le ricerche. di Grassi (3), confermate da Biitschli, appartengono alla fa- miglia Lophomonadidea. (1) Grassi G. B. —- Zrftorno ad alcuni protozoi parassiti delle Ter- miti; in « Atti dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania » Serie 33,; Vol XXI, 1885: (2) LEIDY — Parasttes of the termites; in « Journal of the Academy of Phyladelphia », Vol. VIII, 1881. (3) Grassi G, B. - Lav. cit. SUL PARASSITISMO DELL' « ANTHOCEPHALUS REPTANS » WAG. 2107 V. Azione sull'epitelio vibratile della rana. — Coll epi- telio vibratile, raschiato dal palato della rana, vengono allestiti contemporaneamente dei preparati, taluni in una goccia di liquido indifferente, altri in una goccia di ma- teriale parassitario diluito. Fino dal primo istante i movimenti si osservano cele- rissimi nei primi, meno celeri nei secondi, e negli uni e negli altri continuano come prima, per più d'un'ora; po- scia la vibrazione delle ciglia si attenua gradatamente sino a divenire debolissima, e cessa dopo circa 20 ore nei primi e quasi 16 nei secondi. Se nei preparati, allestiti. con materiale parassitario diluito, si sostituisce a questo il materiale parassitario in natura, denso e gelatinoso, quale è quello che ricavasi dalla spremitura dei parassiti triturati in mortaio, le ciglia, sino dal primo momento, non vibrano o manifestano ap- pena dei tentativi di movimento ; e se poscia a questo materiale denso ed attaccaticcio si sostituisce del liquido fisiologico, il movimento delle ciglia ritorna celere come prima e come nei preparati-campioni. Queste esperienze dimostrano chiaramente che la mi- nore velocità del movimento ciliare nel materiale paras- sitario diluito devesi all'ostacolo opposto dalla maggiore densità di esso liquido rispetto a quello fisiologico, e che la cessazione del movimento prima nei preparati in liquido parassitario diluito e poi in quelli allestiti con liquido fi- siologico è l’effetto dell’esaurimento per la maggior fatica che le ciglia debbono sopportare nel rimuovere un più forte ostacolo. VI. Azzone sugli anfibi. — Nei sacchi linfatici di una rana del peso di 21 grammi si inietta 1 cmc. di mate- riale parassitario diluito ; in una seconda, del peso di 250 se mne iniettano:2;\cme., insuna-sterza di 27 er. se ne introducono 3 cme. in tre volte, a parti eguali, 1 cmc. per volta. Le rane non dimostrano di risentirne danno alcuno: con- tinuano ad essere agili e vivaci come prima, le loro pupille non si dilatano, nè si restringono, non si produce tremore 218 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA del corpo o degli arti, e nemmeno accenno di convulsioni. Dopo 15 giorni dall’ eseguita esperienza esse continuano a vivere sanissime come prima. VII. Azzone sui rettili. — In tre lucertole, del peso ri- spettivo di gr. 14, 13, 12.5, si iniettano in unica volta due terzi di cmc. di materiale parassitario diluito. Nè immedia- tamente dopo, nè nelle ore successive, nè per altri 4 giorni, durante i quali i piccoli sauriani sono tenuti in osservazione, si costata cosa alcuna di anormale; essi saltano e reagiscono agli stimoli meccanici, come prima, e nel sito di inoculazione non si apprezza ingorgo dei tessuti o altro. Con uguale risultato negativo viene ripetuto l’esperi- mento altre due volte in altri individui. VII. Azzone sugli uccetti. — In 3 polli del peso ri- spettivo di gr. 1460-1280-1020, viene praticata l'inie- zione di 1 cmc. di materiale parassitario diluito, metà nella cresta e metà nel bargiglio, e rispettivamente di 4-3-2 cme. nel connettivo sottocutaneo ai lati del petto. I detti volatili, subito dopo e successivamente, si mo- strano del tutto indifferenti all’azione del liquido: cammi- nano, svolazzano come prima, razzolano e mangiano con appetito, si appollaiano all'ora solita. Nel sito d’inoculazione alla cresta e al bargiglio, su- bito dopo l'inoculazione, il colore si fa di un rosso più cupo e si produce un gonfiore della forma e del volume di un grosso fagiuolo, che si risolve dopo circa 20 minuti. Ai lati del petto non si forma nessuna transitoria tu- mefazione, se il liquido si spinge dolcemente nei tessuti e subito dopo viene praticato un leggero massaggio. IX. Azione sui mammiferi. Per via ipodermica. — In una cavia del peso di 300 gr. iniettai ipodermicamente, ai lati dell'addome, 2 cme. di materiale parassitario diluito: in altra del peso di 500 ne iniettai 4 cmc., metà per lato. Lo stesso esperimento venne ripetuto in due conigli giovani l'uno del peso di gr. 750 e l’altro di gr. 830, ma con una quantità doppia di materiale parassitario diluito, in proporzione cioè, di 4 cme. nell’'uno e di cmc. 8 nell'altro, e sempre metà per i # È SUL PARASSITISMO DELL’ « ANTHOCEPHALUS REPTANS » WAG. 219 lato al disotto della pelle. Tanto le cavie, quanto i co- nigli, dopo l'iniezione mangiavano e reagivano agli sti- moli esterni come prima, le pupille si presentavano nor- mali, vi era assenza completa di contratture o paresi. Nel giorno successivo il più grosso dei due conigli non dimo- strava nulla di patologico, l’altro invece aveva inappetenza e stava accovacciato. Dopo due giorni quest'ultimo venne trovato morto, e l'autopsia diede il seguente risultato : ventre un poco ampio rispetto alla mole dell'animale, mu- scoli poco sviluppati, pallidi e flaccidi, lieve versamento sieroso nella cavità peritoneale, mediocre iniezione venosa del mesenterio e dell'intestino, sangue pallido, fegato for- temente ipertrofico, disseminato da numerosi noduli bian- castri della dimensione di un granulo di. miglio a quella di un grosso pisello. Dall’apertura dei noduli veniva fuori una sostanza puriforme, bianca e di consistenza sciropposa che, esaminata al microscopio, si trovò essere costituita da una massa di coccedio oviforme in cultura pura. Al quarto giorno morì pure l’altro coniglio, e il reperto necroscopico fu identico al precedente. La morte di entrambi fu provocata da -cocediosi epatica. Fu ripetuto l'esperimento in altri due conigli adulti del peso l'uno di gr. 1300 e l’altro di gr. 1460, adope- rando materiale parassitario diluito nella quantità come sopra, e gli animali non risentirono nessun disturbo, nè immediatamente dopo l'iniezione, nè nei giorni successivi, fino a quando non si credette più opportuno di tenerli in osservazione. 2° Per via endoperitoneale. — In due cavie del peso rispettivo di 400 e di 700 grammi vengono iniettati in unica volta, nell’uno 2 e nell'altro 4 cmc. di liquido parassitario diluito nella cavità peritoneale. La stessa esperienza viene ripetuta in due conigli adulti del peso rispettivo di 1300 e di 1420: grammi. [e une ea gli altri, ‘né subito: dopo.-l' iniezione; né. a ‘ distanza di ore e di giorni, dimostrano di avere risentito alcun nocumento, qualsiasi disturbo. 2 n i 220 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA 3° Per via endovenosa. — In due robusti conigli, del peso rispettivo di 1600 e di 2000 grammi si iniettano in unica volta 2 cme. di materiale parassitario diluito nella vena marginale dell'orecchio. Entrambi, da subito dopo la praticata iniezione fino ad $ giorni dono, in cui si giudicò inutile continuare la osservazione, continuarono a mantenersi sanissimi e non diedero mai segno alcuno del più lieve disturbo. Dall insieme di tutte quante le superiori esperienze risulta che nel corpo dell’ Anthocephalus non esistono so- stanze tossiche o comunque nocive pei vertebrati. per gli eritrociti di essi e per gli infusorii ciliati. | SERMIEAEE ESPERIENZE FATTE COL SUCCO DEI MUSCOLI N INVASI DAL PARASSITA. Per preparare un materiale da esperimento, possibil- mente sterile, si incomincia dal lavare il pesce con acqua potabile sterilizzata mediante bollitura. Indi con un con- drotomo, bene affilato, si pratica a tutto spessore una incisione, che, partendo dal margine superiore dell'artico- lazione di una delle pinne toraciche, vada a finire, in linea retta, due centimetri dietro la papilla anale. Si prolunga l'estremità anteriore di tale incisione con altra ad arco di cerchio, che, a distanza di circa un centimetro, circuisca l’opercolo parallelamente al suo margine libero e fino al- l’attaccatura superiore di esso, d'onde, passando orizzon- talmente sopra l'orbita, vada a finire alla punta della testa. Con un tale taglio combinato si riesce a portare via la testa cogli annessi organi e con quelli contenuti nella cavità generale: del corpo, senza ledere affatto il tubo di- gerente, e quindi senza il pericolo di inuginare la super- ficie di sezione. SUL PARASSITISMO DELL’ € ANTHOCEPHALUS REPTANS » WAG. 22I Si ripulisce ben bene il pesce, risciacquandolo per ‘qualche momento nell'acqua distillata sterilizzata, si porta via le pelle, e si seziona in fette trasversali dello spessore di due centimetri. Si tirano fuori, colle pinzette, le anse dei parassiti, già recisi; e le masse muscolari, maggior- mente invase, aventi l'aspetto d’un favo da miele, vengono deposte in mortaio di vetro o di porcellana, ove si ridu- cono in una poltiglia omogenea che, allungata con quan- tità eguale in peso di acqua distillata bollita, si filtra. Il liquido filtrato è il materiale da esperimento: esso & scorrevole, di colore bianco-rossastro, di reazione forte- mente acida, di odore e sapore di pesce crudo, ricco di albumina e di cloruro di sodio. La densità è di 1031. Ho ripetuto tutti quanti gli esperimenti della Serze /, adoperando, ben s’ intende, il succo muscolare, invece del materiale parassitario. I risultati furono negativi, nel senso che il liquido non manifestò azione nociva sulla pelle, sulla congiuntiva ocu- lare, sugli infusorii ciliati e sull’epitelio vibratile della rana. Il succo muscolare, iniettato per via ipodermica, endo- peritoneale o endovenosa, nelle medesime proporzioni del materiale parassitario diluito, non provocò alcuna reazione «sulle rane, sulle lucertole, sui -polli, sulle cavie e sui ‘conigli. Notai soltanto, negli esperimenti sui globuli rossi dei volatili, che i nuclei erano più evidenti, forse per trovarsi «circondati da un ambiente acido, nel quale l’ intiera ema- zia si rigonfiava lievemente, e dopo 24 ore si trovava un poco più alterata delle emazie trattate con liquido in- differente. Possiamo pertanto asserire che nemmeno nei muscoli, invasi dai parassiti, si trovano sostanze comunque tossiche. CONCLUSIONI. L'Anthocephalus reftans è comunissimo a Catania, trovandosi, or22 anni tempore, nei muscoli del Pesce luna. 222 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA -— SUL PARASSITISMO, ECC. 2° La sua invasione è costante e talvolta straordi-. naria, sino a raggiungere la decima, l'ottava parte del peso totale dell’ ospite. 3° I miomeri più vicini al parassita, per compressione,, si atrofizzano alquanto, e subiscono un processo di dege- nerazione granulo- -grassa, che, gradatamente, si dilegua a distanza dal parassita medesimo. 4° La natura parassitaria di tali inquilini è quasi ge-. neralmente ignota, motivo per cui al nostro mercato, come. in quello di Napoli, il Pesce luna verminoso non soltanto. non è rifiutato, ma si preferisce a quello, che contiene. pochi e niente parassiti, giudicandosi grasso ciò che, in- vece, è vermi. 5° La carne verminosa del L7razia fai non è nociva. come risulta : a) da tradizionale esperienza, per l’uso che si è. sempre fatto di esso pesce nell’alimentazione ; 6) dalle superiori ricerche sperimentali, che esclu- dono la produzione di sostanze tossiche, e dimostrano. indifferente l’azione del succo ,dei vermi e di quello dei muscoli, da essi invasi, sulla pelle umana, sulla congiun-. tiva oculare, sui globuli rossi, sugli infusori ciliati, sul- l'epitelio vibratile della rana, sugli anfibi, sui rettili, sugli uccelli e sui mammiferi. Princ. FRANCESCO CHIGI (CARATTERI SESSUALI E FASI EVOLUTIVE nel piumaggio dell'Anas boscas L. é (Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana, con sede in Roma) È noto che in alcune specie di uccelli, nelle quali ‘normalmente l'abito della femmina anche adulta si di- ‘stingue dall’abito maschile per un minore grado di dif ferenziazione dal tipo del piumaggio primitivo giovanile, talora le femmine assumono una colorazione ed un dise- gno quasi uguali alla colorazione ed al disegno normali nel maschio adulto. Fra queste specie è da annoverarsi la comune anitra selvatica o germano, Aras doscas L. Delle livree dell’ A. 6oscas, più generalmente cono- ‘sciute, quella giovanile, quella della femmina adulta e quella estiva od ecclzssale del maschio adulto appartengono ad uno stesso tipo primitivo di disegno e di colorazione; la livrea nuziale (invernale) del. maschio, più evoluta, è invece molto differenziata dal tipo primitivo. Contrariamente a quanto si può credere, distintivi ‘sessuali costanti ed assoluti nel disegno e nella colo- razione del piumaggio dell'A. doscas, come meglio si ve- «drà in seguito, non esistono. Soltanto la tinta del becco fino dall'epoca in cui il piumino del pulcino è sostituito -da penne, è molto diversa nei due sessi: verdastra uni- forme nel maschio, giallo aranciata e nera nella femmina; è questo un carattere sessuale esterno veramente co- stante (1): (1) Nelle razze domestiche oltre alcune deviazioni dal tipo nor- male del piumaggio si ha spesso il becco aranciato vivace con o “senza nero anche nel maschio. 224 FRANCESCO CHIGI Dal tipo primitivo che, come a ragione osservò il prof. Martorelli, è caratteristico della specie (1), e che con lievi modificazioni s'incontra in tutte le età nei due sessi (sebbene con temporanee periodiche interruzioni nel sesso maschile) per gradi e non ex abruffto si passa al tipo di massimo progresso evolutivo periodico regolare nel maschio, non regolare nella femmina. Che il passag- gio avvenga gradualmente, e come avvenga, mi sembra. dimostrato a sufficienza anche dai pocni dati di fatto che qui riporto. | Per ricercare e dimostrare il passaggio graduale non basta seguire soltanto le fasi evolutive che si succedono: in uno stesso individuo, occorre tener conto di tutte le: fasi proprie della specie in quanto ciascuna di esse segna un grado nella evoluzione specifica, anche indipen- dentemente dalla evoluzione di ogni singolo individuo: così il passaggio graduale può manifestarsi da individuo» a individuo e può mancare fra una fase e l’altra di un dato soggetto studiato isolatamente. Sebbene l'evoluzione individuale ripeta sommariamente: l'evoluzione della specie, spesso in un dato soggetto non appaiono certe fasi che in altri soggetti sono invece evi- denti. Anche nell'ipotesi che ogni singolo individuo, una. volta raggiunto un dato grado di sviluppo non sia più capace di evolvere e progredire, la teoria sulla quale mi fondo è ugualmente accettabile, a condizione che nei singoli individui il grado di perfezione sia diverso. È tut- tavia presumibile per alcuni casi, certo per altri, che anche l'individuo evolve e progredisce durante un periodo. relativamente lungo della sua vita. La 7% abbrevia talora, non esclude, il succedersi delle fasi evolutive nel- l'individuo ; il piumaggio nuovo si sviluppa in una fase di progresso o regresso, che continua il ciclo già iniziato: nella muta precedente. (1) Uccelli d’Italia, pag. N NI LI A DI - CARATTERI SESSUALI NEL PIUMAGGIO DELL’ « ANAS BOSCAS » L. 225 Ritornando al caso particolare dell'A. doscas, per giun- gere al punto di contatto fra le fasi di tipo primitivo e la fase nuziale di massimo progresso, è necessario esa- minare alcuni particolari del disegno e del colorito nel piumaggio, e senza troppo approfondire nelle forme gio- vanili, basta considerare alcune regioni del corpo nelle femmine adulte, le quali evolvono più lentamente, e nei maschi in livrea ecclissale. ; Il tipo primitivo nelle sue linee principali può essere così caratterizzato: « Pileo e parte posteriore del collo scuri con riflessi verdi e marginature chiare, così una fascia dal becco alla illicabiattraversoi lbocchio. suna. fascia, sopra. l'occhio, laricdella sffaccra; Vlati e. (parte. ‘antero-inferiore. del. collo chiari con macchie scure lungo lo stelo delle penne con o senza riflessi verdi; mento e gola chiari immacolati; parti superiori del tronco, regione iliaca e cosce scure con macchie e marginature chiare più o meno estese, talora mancanti in alcuni punti. Petto e addome chiari con mac- chie scure (1). Ala grigia con specchio a riflessi metallici porporini e verdi-bleu, anteriormente e posteriormente li- mitato da due fasce succedentisi una nera ed una bianca. Coda scura con marginature e macchie chiare ». La femmina adulta nella fase meno evoluta ha sulla tinta fondamentale del petto, ceciato fulva o gialliccia, e precisamente nella regione sub-marginale delle penne, macchie scure a contorno incerto di forma allungata; ma nelle fasi più evolute le macchie prendono una tinta più spiccata e l'aspetto di una zona scura ovale, sub-marginale racchiudente uno spazio chiaro della tinta fondamentale. Di queste macchie la sola parte inferiore rimane espo- sta il che fa apparire sul petto un disegno a mezzelune od a ferri di cavallo (2). (1) Del colorito fondamentale originario si riconosce la disposizione già nel pulcino in piumino. (2) È interessante confrontare queste macchie con quelle di forma simile che si trovano sul petto dell'A. circia maschio ad., A. strepera maschio A. clypeata femmina ad. ecc. 226 FRANCESCO CHIGI Contemporaneamente lungo lo stelo delle penne, nella parte non esposta, sulla tinta fondamentale si forma una macchia allungata scura, di maggiore o minore ampiezza, piena ovvero anche essa a zona ovale, semilunare, a ferro di cavallo. +. probabile che questa fase si manifesti nel maschio in abito ecclissale ad ogni età, nella femmina soltanto dopo qualche anno di vita. Una ulteriore trasformazione delle macchie si osserva più raramente ma tanto nei maschi in abito ecclissale quanto nelle femmine. Al centro del petto le macchie con- servano la loro forma ovale più o meno completa, ma verso i lati di questa regione esse si estendono nel senso della larghezza delle penne, fino a prendere l'aspetto di fasce scure trasversali: ogni penna può portare due ed anche tre di queste fasce scure trasversali su fondo chiaro. La tinta fondamentale delle parti inferiori, nelle fasi meno evolute è più o meno chiara (1), ma quasi uni forme e l'addome è macchiato quanto il petto o quasi. Quando però le macchie del petto prendono la forma decisa di mezzaluna o di ferro di cavallo, il colorito fon- damentale di esso diviene alquanto più carico, mentre impallidisce la tinta fondamentale dell'addome e le mac- chie in questa regione divengono meno visibili. Coll’ im- pallidire della tinta fondamentale dell'addome, anche il colorito della gola diviene più chiaro. Le parti superiori sono pure variabili potendo talora il groppone esser privo di marginature ‘e macchie chiare, ma, per quanto a me consta, le fasi non si corrispondono sempre nelle parti superiori e nelle inferiori. La livrea nuziale dell’ A. doscas, ben nota e ben ca- ratterizzata dal verde brillante del capo, dal collare bianco, dal castagno carico del petto, dalle quattro penne me- (1) Il Conte Arrigoni (Manuale di Ornitologia Italiana, pag. 710). distingue nelle femmine dell'A. doscas due forme o fasi periodiche la chiara e la scura. [" fi buie dif data È Re RELA OA CARATTERI SESSUALI NEL PIUMAGGIO DELL’ « ANAS BOSCAS » L. 22] diane della coda arricciate, dalle ondulazioni o vermico- lature grige su fondo bianco delle parti inferiori, è una fase altamente evoluta e differenziata dal tipo primitivo, fase temporanea e periodica, che segna il massimo pro- gresso individuale nei limiti concessi dal progresso specifico. In qualche maschio forse. dell’anno, nell'autunno si trovano alcune penne del petto col disegno primitivo a mezzelune, più o meno ridotto, su fondo castagno carico: esse non possono essere avanzi della fase ecclissale, ma rappresentano una fase evolutiva intermedia fra la tipica. primitiva e la nuziale di massimo progresso. Se questa ultima fase è raggiunta dal maschio co- stantemente ogni anno, essa non è da considerarsi come propria esclusivamente di ‘questo sesso; anche le fem- mine, come vedremo, possono rivestire una livrea del tipo nuziale, ma fino a qual grado evoluta è difficile stabilire. Per raggiungere questo alto grado di progresso la femmina dell'A. doscas deve forse attraversare fasi tem- poranee periodiche alternate di progresso e regresso cor- rispondenti a quelle del maschio, ed è possibile che ad ogni fase progressiva in autunno la femmina acquisti qualche carattere più evoluto che perderà nella fase re- gressiva, ma che riacquisterà in grado ancora più evo- luto nella fase progressiva seguente. Ammesso pure che nella femmina possano aversi questi fasi periodiche, non è possibile definire fra esse le(differenze ‘che nettamente : appaiono‘ fra: le fasi. pro- gressive e regressive dei maschi. Quale rapporto esista fra l’età degli individui di sesso femminile ed il grado di perfezione raggiunto non è facile riconoscere : l'età deve essere indubbiamente un fattore im- portantissimo per raggiungere la perfezione, questa al- meno è l'opinione degli Autori, ma non credo sia l’unico nei soggetti selvatici (1). (1) Le osservazioni in proposito sono state fatte su varietà dome- stiche o per lo meno sopra soggetti tenuti in: cattività, non possono quindi servire di norma per stabilire a quale età, allo stato selvatico, le femmine possono giungere ad un alto grado di perfezione. 228 FRANCESCO CHIGI Nelle fasi alle quali brevemente ho accennato non si trova ancora il punto di contatto fra la livrea. ritenuta femminile, cioè la primitiva tipica, e la nuziale ritenuta maschile, queste anzi sembrano appartenere a due. tipi molto diversi e d2vergenti. Piuttosto rari sono i soggetti di sesso femminile nei quali il piumaggio abbia visibil- mente evoluto verso la livrea nuziale, e per questo ri guardo meritano speciale attenzione tre esemplari, due della mia raccolta, ed uno della collezione regionale del Museo Zoologico di Roma: essi colmano appunto quella lacuna e costituiscono precisamente il contatto, il gra- duale passaggio dalla fase primitiva a quella nuziale.’ 1. — Femmina ad. Castel Fusano 1 3 gennaio 1908. Poco si allontana dalle normali femmine ii in fase molto evoluta con tinta fondamentale del petto più scura di quella dell'addome, delle quali ho parlato sopra. La gola è chiarissima, così le guance e la regione auricolare su cui spiccano le strie scure lungo gli steli delle penne; il vertice ha riflessi verdi brillanti. Un ‘accenno di collare formato da poche penne bianche separa la tinta della gola da quella del gozzo e del petto, che è quasi ca stagna e conserva il disegno a macchie semilunari. La tinta fondamentale del petto sfuma rapidamente in quella delle altre parti inferiori che è molto chiara, interrotta da scarse, piccole e nascoste macchiette scure. L'estre- mità del sottocoda è bianca, senza macchie scure, ma spruzzata di grigio. Le timoniere hanno la parte bianca molto estesa. Il becco è giallo aranciato con la macchia nera molto ristretta. La grande differenza di tinta fra il petto e l'addome, la tinta della coda, ecc., stanno ad in- dicare l'alto grado di sviluppo evolutivo rappresentato da questa fase (1); il principio di collare e quelle scarse tinte verdi brillanti sul capo indicano un lieve avvicina- mento all’abito nuziale, il quale tuttavia è ancor molto lontano. Lo ì (1) Molto somigliante alla fase ecclissale del maschio. CARATTERI SESSUALI NEL PIUMAGGIO DELL’ « ANAS BOSCAS » L. 229 2. — Nell’esemplare del Museo di Roma l’avvicina- mento alla livrea nuziale è evidente e reale. Questo esem- plare fu ucciso alle Paludi Pontine ai primi del dicem. bre 1898, venne presentato alla Società Romana per gli Studi Zoologici nell'adunanza del 22 marzo 1899 dal prof. G. Angelini e da lui descritto dettagliatamente nel Bollettino Sociale (1). Non credo dover porre in dub- bio Msessor:(che' non si pote “eonstatare) di questo soggetto ; la tinta del becco, il trovarsi i caratteri pri- mitivi intimamente mescolati su ciascuna penna con quelli della livrea nuziale e la grande diversità dell'abito di esso individuo dall’abito ecclissale del maschio, provano in modo certo che si tratta di una femmina. Notevoli sono la presenza di penne ‘arricciate sulla coda, del collare bianco completo, delle ondulazioni o ver- micolature grige nelle parti inferiori, ecc. 3. — Femmina. Ardea 8 aprile 1909. pan SOg- getto gentilmente offertomi dal dott. Marino De Marino che ebbe la fortuna di catturarlo. Debbo descrivere in modo particolaggiato questo soggetto, che è molto più evoluto del precedente. « Parte superiore del capo nera con marginature chiare appena accennate e riflessi verdi, all'indietro il nero passa in un bel verde splendente vellutato (violetto contro luce) che si estende alla nuca e alla parte po- stonioreSdaltcollo SLat-della*faccia;'*latite!parte “antero- inferiore del collo bianco-gialletti con piccole macchie scure a riflessi verdi più brillanti sulla regione auricolare. Mento e gola lavati di fulviccio immacolati.. Un collare bianco. Parte superiore della regione dorsale grigio-bruna con delicatissima punteggiatura e ondulazioni fulvicce ; dorso (1) Vedi Zo//ettino Società Romana, Studi Zoologici, vol. VIII, 1899, pag. 67-69. L’Angelini accenna alla teoria del Darwin a proposito dei caratteri latenti: faccio notare che a torto il Darwin considerò le differenze nelle livree dei due sessi come caratteri sessuali secondari- nel caso nostro specialmente non v’è dualismo o divergenza fra i carat- teri sessuali, ma la diversità delle livree consiste solo, e non costante- mente, in un diverso grado di sviluppo degli stessi caratteri. 230 FRANCESCO CHIGI bruno con marginature chiare, basso dorso e groppone bruni con sottili marginature fulvicce. Parte inferiore del groppone e sopraccoda neri a riflessi verdi con qualche penna marginata largamente di grigio e grigio-fulvo. Gozzo e parte superiore del petto fulvo-castagni, più scuri sui lati, quasi ocracei al centro, con disegno tipico molto evoluto: al centro della regione scarse macchie se- milunari, verso i lati macchie scmpre più aperte fino a prendere la forma di fasce trasverse, trasformantisi par- zialmente in vermicolature sottilissime. La tinta del petto sfuma rapidamente per mezzo di marginature in quella dell'addome, che è biancastra con deboli ondulazioni grige : sui lati persistono macchie primitive, ma molto pallide. Il basso addome, mancante di vermicolature, ha qualche pallida macchia primitiva, sui lati le ondulazioni sono rap- presentate da punteggiatura grigia. Sui fianchi alle ver- micolature succedono fasce trasverse alternate brune e ceciate, quindi altre vermicolature, altre fasce trasverse, ed alla base della coda ondulazioni grige folte e decise su fondo bianco. Sulle cosce e alla regione iliaca persi- stono alcune pallide macchie tipiche, parzialmente evolute in fasce trasverse. Una stretta zona bianca divide le vermico- lature dalla tinta nero-verdastra del sottocoda, che si fa nero fuligginosa, poi bruna verso l'estremità: nella parte cen- rale alla base il sottocoda è bianco con ondulazioni e punteggiature grige. Ali e scapolari come nella livrea nuziale completa. Coda bianca con pochissime tinte grigio-bianca- stregdegdue penne centrali sono nere a riflessi verdi, ar- ricciate all'insù; delle due seguenti una è lunga, arric- ricciata, ha superiormente tinta nero-grigia con poche macchie biancastre e debole marginatura chiara, inferior- mente è cenerino-chiara: l’altra ha forma normale con l'apice appena rivolto in alto, ha tinta cenerina, margine bianco ed una macchia bianca a V. Il becco, aranciato, ha la macchia nera poco estesa; 1 piedi erano aranciato vivaci » (1). (1) Di questo esemplare conservo la trachea ed i bronchi, privi del rigonfiamento ossificato proprio dei maschi di tutte le specie di anitre. CARATTERI SESSUALI NEL PIUMAGGIO DELL’ « ANAS BOSCAS » TI. 23I I tre soggetti citati mostrano in modo convincente per qual via, attraverso quali fasi, la derivazione dell’abito nuziale da quello tipico primitivo ebbe ed ha luogo nelle specie A. boscas. Risulta che la colorazione verde bril- lante del capo è derivata dall’estendersi ed intensificarsi delle macchie scure a riflessi verdi che in origine costi- tuiscono il colorito fondamentale del pileo e della parte posteriore del collo e si trovano pure. sul fondo chiaro delle altre parti del capo e del collo; la tinta castagna del petto è derivata da una intensificazione del colorito primitivo fondamentale, ecc. Le ondulazioni grige su fondo bianco derivano diret- tamente dalle fasce . trasversali, derivate alla loro volta dalle macchie ovali. Il procedimento, specialmente nel- liosemplare?:3"* dame sopra descritto, \é chiarissimo” «la fascia trasversa bruna incomincia ad essere punteggiata di chiaro, poi si fraziona in tante sottilissime fascette a zig-zag, mentre lo spazio chiaro fra una fascia e l’altra si va riempiendo di puntini scuri che poi, aumentando di numero, formano altre fascette a 259-zag simili alle precedenti (1) La deformazione delle. macchie ovali primitive in fasce trasverse e quindi in ondulazioni o vermicolature è propria delle anitre in genere. Si nota nei maschi in livrea ecclissale (talora anche nelle femmine) di quelle specie che nell’ abito nuziale hanno ondulazioni grige e precisamente in quelle parti del piumaggio che assumeranno tali ondulazioni ovvero, per una completa eliminazione. del disegno diverranno del tutto bianche. L'A. acuta (in livrea ecclissale come nella fase detta Dafila Faton:) ne dà un esempio chiarissimo ; nell’A. cerca 1 maschi in livrea nuziale hanno sui fianchi grosse ondulazioni scure, assai simili a quelle fasce tra- sverse direttamente derivate dalle macchie primitive, e ciò è in relazione col basso grado di evoluzione raggiunto dalla specie, della quale i maschi in abito perfetto con- (1) A questa derivazione accenna il prof. Martorelli, a pag. 273 degli Uccelli d’Italia. 232 FRANCESCO CHIGI — CARATTERI SNSSUALT, ECC. servano sul petto un disegno primitivo a mezzelune, mo- dificato in fasce trasversali soltanto sui lati e nella parte. inferiore di detta regione. In conclusione, a rigore di termini, caratteri sessuali costanti del piumaggio nell’A. boscas non esistono: la differenza nel piumaggio dei due sessi sta in ciò che negli individui maschi i gradi di evoluzione intermedi fra la fase primitiva e quella perfetta, che si manifesta regolarmente, sono eliminati, negli individui femmine invece possono riapparire in condizioni speciali, ma la fase perfetta non è raggiunta in via normale. Roma, giugno 1909. 1970 Sulla “ MELANARGIA ARGE ,, Sulz., della campagna romana NOTA ENTOMOLOGICA Comunicazione del consigliere comm. FORTUNATO ROSTAGNO Apposite ricerche eseguite da me per varì anni suc- cessivi mi permettono di portare un contributo alla cono- scensa della Melanargia arge Sulz., specialmente per quanto riguarda le forme esistenti nella campagna romana. Di tali forme alcune sono tipiche, altre varianti. La forma tipica, quale figurano nelle tavole loro il Lang (1), lo Spuler ( (2) €CC. si rinviene comune nei mesi di maggio e di giugno in alcune località e particolarmente nelle re- gioni meridionali del Lazio e settentrionali della Campania, là dove queste due provincie confinano fra di loro (For- mia e dintorni). Assai meno comunemente sì rinviene in alcuni dei colli Albani (Monte Cavo) e, stando alle asser- zioni del Casagrande e del Manzone (3), lungo il litorale tirreno (Nettuno, Cisterna). E’ poi a mia conoscenza che il Dannehl, valente raccoglitore di lepidotteri, catturò recentemente presso Ci- vitavecchia numerosi esemplari di Melanargia arge, ma non so se tali esemplari corrispondano perfettamente al tipo del Sulzer. Insieme agli esemplari tipici, nelle medesime località e nella medesima epoca, si rinvengono alcuni altri esem- (1) HENRY LANG - Ahopalocera Europae — London; 1884; Tavola ENI 2: (2) ARNOLD SPULER - Die Schmetterlinge Europas — Stuttgart, 1907; Taveebt,fio 19: (3) CASAGRANDE e MANZONE - Catalogo dei lepidotteri della pro- vincia romana — Roma, 1890. 234 FORTUNATO ROSTAGNO plari, leggermente varianti o in quanto il numero degli ocelli pupillati che son nelle ali anteriori è di tre anzichè di due (nel IV, V e VI spazio internervale anzichè solo nel V e nel VI), o in quanto nella pagina inferiore delle quattro ali i disegni neri sono in parte sostituiti da un colorito rugginoso, come nel tipo della Melanargia Phe- rusa DB. Ma variazioni ben maggiori e di valore ben più no- tevole, perchè costanti e nette, si riscontrano in una forma di Melanargia arge che trovasi comune in una determi- nata e limitata località della campagna romana e in un determinato e limitato periodo di tempo a sostituire com- pletamente il tipo. A questa forma, che considero come distinta varietà, dò il nome di var. 7%raf in segno di stima e di ami- cizia verso il distinto lepidotterologo lombardo, conte Emilio Turati. Nella pagina superiore le ali anteriori hanno disegni neri più delicati perchè più ridotti, e mancano o sono appena accennate le sfumature nerastre che nel tipo uni- scono l'un disegno all’altro. Conseguenza di ciò da un lato è l’aspetto più chiaro che ha il colorito bianco-latteo generale delle ali; dall’altro lato è la netta distinzione della striscia marginale in due linee sottili, parallele fra di loro, unite insieme solo in corrispondenza delle nervature. Nel tipo invece queste due linee son quasi fuse insieme, specie nel loro segmento anteriore. E° da notare inoltre che, mentre il tipo presenta nelle ‘ali anteriori generalmente due grossi ocelli. neri pupillati di azzurro, l'uno nel V e l’altro nel VI spazio interner- vale, la varietà invece presenta soltanto l’ ocello posto nel VI spazio: quello del V manca o è rappresentato da un assai piccolo punto nerastro. Caratteri simili si presentano nella pagina superiore delle ali posteriori : si presentano anzi in maggior misura. Ridotto quindi è il disegno nero, più chiaro il colorito generale, evidenti le due linee marginali. In particolare son da notarsi due fatti. SULLA « MELANARGIA ARGE » SULZ., DELLA CAMPAGNA ROMANA 235 In primo luogo, mentre nel tipo i cinque ocelli neri azzurro-pupillati sono da una sfumatura nerastra riu- niti insieme a formare una serie di due ocelli presso al margine anteriore dell'ala ed una serie di tre presso il margine esterno, nella varietà invece manca affatto tale sfumatura e gli ocelli quindi son separati l'uno dall'altro. In secondo luogo gli ocelli stessi sono assai ridotti nelle loro dimensioni, e tale riduzione è massima in corrispon- denza dei due posti agli estremi, ond’essi non son più pupillati. Anzi, l'ocello posto presso l'angolo anale ha per lo più la forma di un semplice trattolino nerastro. Nella pagina inferiore così delle ali anteriori come di quelle posteriori si presentano variazioni corrispondenti a quelle della pagina superiore per quanto riguarda l’esten- sione del disegno nero, il numero degli ocelli e l'aspetto generale del colorito. Solo è da notare che attorno al cerchio nero dell’o- cello o degli ocelli dell’ala anteriore e attorno alla pupilla azzurra dei cinque ocelli, tutti pupillati, che son nell’ala posteriore esiste un cerchio di color rugginoso più ridotto che nel tipo, e ridotto non solo nella sua estensione, ma pur anco nel tono del colore, ch'è notevolmente pallido. Infine, come nel tipo, così nella varietà i disegni neri della pagina inferiore delle quattro ali sono spesso in parte sostituiti da un color rugginoso. Ho trovato questa varietà comune sui colli della Far- nesina più vicini al ponte Milvio, durante la terza decade «di maggio : solo eccezionalmente nella vicina Acquatra- versa: mai altrove. I suoi caratteri essenziali potrebbero venir compendiati in questi termini : Varietas dilutior, strigis nigris minoribus, ocellis mai- NIMIS. SULLA CATTURA DI UN “ CURSORIUS GALLICUS ,, AD. nelle spiaggie romane Comunicazione alla Società Zoologica Italiana, con sede in Roma del V. Presid. sen. GUIDO DI CARPEGNA FALCONIERI Un elegante Cursorius gallicus (Gm.), italianamente Corrione biondo, è stato da me colto ed ucciso poco lungi da Fiumicino, nella spiaggia detta Cocca di morto il 15 aprile scorso 1909 alle 7 del mattino, a venti metri circa dal pelo dell'acqua marina. Esso pedinava velocissimo sul- l’arida arena, ed era solo. Lieto di così rara cattura, che per la prima volta nella mia vita cinegetica omai molto lunga, mi si presenta, ho creduto opportuno segnalarvela, facendo preparare, e mostrandovi lo splendido esemplare. Il Cursorius, secondo la recentissima classificazione adottata dal nostro insigne Professore Ornitologo Gia- cinto Martorelli, appartiene all'Ordine de’ Charadraformes (Pivieriformi) Sottordine Corriones (Corridori), e Famiglia Cursoritdae (Corrioni). Il Genere Cursorius è caratteriz- zato: Dal becco sottile incurvato in ambe le mandibole dalla base all'apice; dalle ali assar lunghe colle primarie puntute e giungenti alla cima della coda; dai tarsi anteriormente coperti da squamme esagonali; e da tre sole dita brevi, an- teritori coll'unghia del dito medio internamente seghettata. Comprende n. 5 specie (1), di cui però una sola capita accidentalmente in Europa dall'Africa sua patria; un’altra è astattca ed altre n. 3 parimenti africane. (1) Credo opportuno riprodurre qui, con fedele traduzione, il qua- dro delle cingue specie del genere Cursorius secondo l’illustre pro- SULLA CATTURA DI UN « CURSORIUS GALLICUS » AD, 237 Il Cursorius gallicus (Gm.), abita i deserti dell’Africa ‘settentrionale e dell’ Asia occidentale. Fu colto accidental- mente sempre in ogni parte d’Italia, ed anche in Sar, degna, come recentemente fu constatato dal socio Prof. Mazza, e pubblicato in una sua Memoria. È pur comune nel Nord-Ovest dell’Africa poco so- sspettoso nei luoghi, ove non ebbe a soffrire alcuna per- :secuzione; e pedina molto sulle arene prima di levarsi a volo, tanto che nelle Isole Canarie lo si chiama Gabéa- fanciulli, perchè si pensa di poterlo raggiungere, ed ac- chiappare colle mani. Mi sovviene benissimo di averne nella mia giovinezza visto un barnchetto nel deserto, che ‘attornia le Piramidi, ma non mi venne fatto impadronir- fessore SHARPE nel vol. XXIV del Cazalogo degli uccelli del Museo «brittannico. ; GENERE CUASORIUS Lath. A) - Senza una macchia nera sull’addome, e la parte posteriore del pileo grigio perlata : a) Ascellari e subalari nere come le remiganti . 1. C. gallicus Gm. Abita l’Africa settentrionale, l'Asia occidentale, ed acciden- talmente si coglie in Europa. -5) Ascellari cenerine: subalari bruno-chiare: l’ultima serie isabellina. 2. C. somalensis Seeb. Abita la Somalia (Africa orientale). B) — Con una macchia nera sull’ addome : Una fascia bianca trasversa sul sopraccoda: le | secondarie cenerine con macchie nere subtermi- nali ed apici bianchi . 3. C. coromandelicus Gm. +0) La parte poste- i i ; A riore del pileo ca- Abita l'India. | stana, come tutto | Senza fascia bianca sul sopraccoda: le seconda- il pileo. rie bruno-cenerine esternamente rare, con istretti | apici bianchi. . . . . 4. C. Temminkù Swains. d \ Abita l’Africa tropicale «7) La parte posteriore del pileo cenerina, come la base delle secondarie. caeazius. Gould? | Abita |’ Africa meridionale. 238 GUIDO DI CARPEGNA FALCONIERI mene. La delicatezza del colorito isabellino puro delle parti superiori, il bel cappuccio nero dell’occipite, che sfuma in cenerino-perlato verso il vertice, circondato da una larga striscia bianca limitata da altra striscia nera; le remiganti nero-morate; i tarsi di bianco-lucido quasi porcellanato rendono questo pivieriforme elegantissimo. I giovani mancano di questa speciale colorazione del capo, che è tutto isabellno meno puro, come le altre parti superiori. Due esemplari, parimenti adulti più o meno, esistevano nella nostra Collezione regionale nella Regia Università; uno di provenienza dell'Agro romano, ma non con località precisa: l’altro ha segnata la provenienza da Trevi nel Lazio (alta Valle dell'Aniene) còlto nell'agosto. Ma ora possiamo affermare, che un altro Corrzone biondo adulto fu colto nell’Agro romano sulle nostre spiagge me- diterranee le più vicine a Roma. Sullo sviluppo dello scheletro visceraie della Trota (Salmo fario, L.) Comunicazione fatta dal Dott. W. ZANICHELLI alla Società Zoologica Italiano con sede in Roma Lo scheletro viscerale del Salmo faro si sviluppa in modo non molto differente da quello degli altri pesci e degli anfibi, Quando nell’embrione si sono formati completamente 1 foglietti ed hanno già cominciato a differenziarsi 1 singoli organi che: ne derivano, l'orificio della bocca embrionale si chiude completamente tranne che in corrispondenza del tubo nervoso e dell’ intestino primitivo che rimangono in tal modo riuniti per mezzo del canale neurenterico. Ma ben presto anche questa comunicazione si chiude e l'intestino, rimasto completamente isolato, st mette in rapporto con l'esterno mediante la bocca definitiva, le fessure viscerali e l’ano che è un residuo del solco primitivo od orificio boccale embrionale testè accennato. Lo sviluppo della ca- vità orale e delle fessure che gli fanno seguito ai lati della porzione cefalica dell'intestino è in intimo rapporto con quello degli archi viscerali: è quindi opportuno ac- cennare come esso si compia. L'ectoderma che riveste la base del primitivo cranio membranoso, si introflette in cor- rispondenza di questa regione e dà origine ad una fossetta foggiata a sacco il cui fondo va a disporsi contro l'estre- mità anteriore ancora non pervia dell'intestino, ponendosi quasi a contatto con essa. Il segmento che in tal modo 240 W. ZANICHELLI si forma, è costituito, in principio soltanto, dal foglietto» esterno e dall'interno e siccome divide la cavità cefalica dell'intestino medesimo dalla primitiva insenatura della bocca prende il nome di membrana faringea. A questo punto. si vedono apparire in corrispondenza dell’orlo dell’insena- tura boccale, 5 rilievi in forma di gemme o di piccoli tu- bercoli, dei quali uno superiore ed impari detto processo. o rilievo frontale è situato sotto il cranio e segna il limite: superiore dell’insenatura boccale medesima. Ai lati esso- si trova in contatto immediato con altri due rilievi, i pro- cessi mascellari superiori, che limitano la primitiva cavità della bocca e sono separati dal rilievo frontale, mediante un solco, il solco naso-lagrimale di cui non è necessario seguire lo sviluppo. Infine di fronte a questi processi mascellari superiori, se ne sviluppano altri due, i processi mascellari inferiori, separati dai primi per mezzo di un solco in corrispondenza. del quale si formeranno in seguito gli angoli delle labbra e situati nell’orlo inferiore dell’insenatura della bocca. Data. la disposizione di questi rilievi è evidente che il margine della bocca primitiva è quasi completamente circondato. da essi e rassomiglia, visto di fronte, ad un largo foro pentagonale. In seguito i quattro processi mascellari ora. citati si riuniscono paio per paio per ciascun lato dell’in- senatura boccale e danno origine alle arcate mascellari,. mentre il rilievo frontale impari sviluppandosi tra i ma- scellari superiori che gli sono contigui e con i quali si fonde parzialmente, forma in parte le cavità nasali e dà. origine alle ossa della regione etmovomerina del cranio. Ne segue che la formazione di quest’ultimo rilievo è in certo qual modo connessa con quella del sistema nervoso: centrale, al contrario di quanto avviene per i 4 rimanenti rilievi, i quali si formano per una proliferazione del tes- suto connettivo embrionale in corrispondenza dei più grossi vasi sanguigni che esso contiene. Costituitosi in tal modo. il primitivo arco esofageo membranoso, l’insenatura boccale si approfonda di più nella sua parte superiore e la mem- brana faringea, rompendosi, si riduce ad un residuo in forma SUI.LO SVILUPPO DELLO! SCHELETRO VISCERALE DELLA TROTA 24I di anello che limita un foro circolare e si chiama velo farin- geo primitivo. Ben presto anche questo velo si atrofizza e si forma così una larga comunicazione tra l'intestino e l'esterno con una vera bocca sebbene ancora rudimentale. A_ questo punto l'intestino stesso subisce una importante modifica- zione funzionale perchè si divide in due regioni: una an- teriore o cefalica che serve anche alla respirazione e una posteriore soltanto digerente. In rapporto con questo fatto si formano anteriormente ai lati del tronco dell'embrione le fenditure viscerali, che aprendosi subito dietro l'arco esofageo si estendono posteriormente in numero di 5. Quantunque esse si formino indipendentementi le une dalle altre, pure si comportano tutte ugualmente per il modo di origine. Infatti sono formate indistintamente dalla fu- sione di due solchi, che percorrono dall'alto al basso e allo stesso livello il lato interno dell'intestino anteriore e il lato esterno dell'epidermide. Ecco il processo di svi- luppo. L'’epitelio della cavità intestinale cefalica, introflet- tendosi considerevolmente, forma tante tasche che si esten- dono, in senso verticale, sulle pareti laterali dell'esofago, in modo da essere perfettamente parallele all'arco orale neoformato. Via via che ciascuna di queste tasche cresce, spinge innanzi a sè il foglietto medio che a un certo mo- mento finisce per limitare soltanto i lati della tasca stessa il cui fondo, avanzandosi verso la superficie del corpo, si mette in rapporto con l'epidermide. A.questo punto l’epi- dermide stessa comincia del pari ad introflettersi e dà origine a diversi solchi identici per numero ed. orienta- zione a quelli formati dall’epitelio dell’ intestino cefalico, verso i quali si estendono fino a raggiungerne il fondo. In tal modo si ha una doppia serie di tasche, di cui le interne situate in corrispondenza della faringe primitiva, prendono il nome di solchi branchiali esofagei interni e sono naturalmente di orgine endodermica; le tasche esterne invece, situate sull’epidermide, si chiamano solchi esotagei esterni, sono meno profonde delle prime ed hanno origine ectodermica. Il tramezzo che divide i fondi contigui di due solchi opposti prende il nome di membrana di occlusione Li , p alta LOSE Cie ‘> 72°" 242 W. ZANICHELLI che risulta dall'intima unione di 2 strati epiteliali di cui l'interno è costituito dall'epitelio dell’ intestino cetalico e l'esterno è formato invece dall’epidermide stessa. Questa membrana divisoria ha soltanto breve durata. In fatti il sottile setto epiteliale che divide i solchi esofagei viene riassorbito e la cavità cefalica dell'intestino comunica libe- ramente con l'esterno. Si formano in tal modo le fendi- ture viscerali che si aprono fra gli archi omonimi su cui la mucosa respiratoria si prolunga in processi lamellari, le branchie, che ricevono le diramazioni del tronco aortico primitivo. Riguardo alla struttura, ogni arco branchiale cor- risponde in principio ai singoli segmenti compresi fra i solchi esofagei, cioè risulta dall'unione dei tre foglietti primitivi. Tutte le arcate sono poi disposte in serie dietro l'arco mascellare, costituito dal rigonfiamento che rac- chiude la cavità della bocca e compreso tra il margine del- l’orificio boccale medesimo e la prima fenditura esofagea, la fenditura iomandibolare. A questa fessura fanno seguito le fenditure branchiali limitate dagli archi postorali, di cui il primo è l'arco dello ioide e gli altri sono gli archi branchiali. Quando si riassorbe la lamina epiteliale che di- vide i singoli solchi esofagei, gli archi restano completa- mente isolati e prendono l'aspetto di tante striscie. mem- branose, dirette obliquamente in basso, che si intercalano tra le fenditure esofagee e constano di uno strato fonda- mentale di connettivo, il quale racchiude un vaso sanguigno ed è rafforzato da fibre muscolari e ricoperto all’ esterno da epitelio. Si ha così un complesso di 7 archi della stessa forma e natura, che vanno diminuendo gradatamente di dimen- sione dall’avanti all'indietro per modo che l’intera cavità branchiale restringendosi posteriormente, rassomiglia ad un imbuto. Tutte queste arcate, che si mantengono semplici fino a qualche giorno prima che l'uovo si schiuda, si ri u- niscono con l'estremità prossimale al cranio e con la di- stale ad una striscia mediana di connettivo, in cui comin- ciano a differenziarsi le singole copule. Ma poco prima che 5 l'embrione venga alla luce, il connettivo fondamentale dei SULLO SVILUPPO DELLO SCHELETRO VISCERALE DELLA TROTA 243 singoli archi comincia, come quello del cranio a presentare processi di condrificazione e gli archi stessi cominciano a segmentarsi, dando luogo a quelle semplici disposizioni che si trovano nello scheletro viscerale dei pesci cartilaginosi quantunque nella Trota non si formi lo sfiatatoio, ma la fenditura iomandibolare si chiuda ben presto. E’ utile no- tare che il Milne Edwards parlando di alcuni Teleostei nel cui embrione il Baer trovò 6 archi branchiali in senso stretto, come in quello di certi Selaci, crede che probabil- mente avvenga altrettanto negli embrioni di tutti gli altri pesci ossei. Nelle due specie di Salmonidi (Salzzo faro e Salmo Rucho) che ho studiato, non ho mai osservato questa sesta arcaratli branchiale (ehe nei. pochhy. casi; n-cuisi forma (è soggetta a scomparire): quindi l'ipotesi di Milne Edwards non è esatta, tanto più che anche in altri pesci dei quali è stato studiato lo sviluppo *avviene lo stesso. Appena l'arco orale comincia a differenziarsi (il che avviene prima che la Trota esca dall’uovo e quando le altre arcate sono ancora semplici), si divide inferiormente, nella cartilagine di Meckel e superiormente nel quadrato cartilagineo che si prolunga all’'innanzi con una verghetta pari e della stessa natura, la cartilagine palatino-pterigoidea di Huxley; questa verghetta, molto curvata verso l'interno, sl con- nette con la sua parte anteriore con il rilievo frontale lil'eurimon. sie; ancora. differenziato il premascellare. Si ha così un apparato mascellare palatino ancora rudimen- tale che limita anteriormente i margini della bocca, la quale, al pari di quanto avviene in altri vertebrati, si forma molto addietro, ed è situata dapprima sotto la testa, e non all'estremità del muso come nell'adulto. | La Trota anche quando è uscita dall’uovo, conserva ancora per qualche tempo la primitiva disposizione della bocca, che, vista di fronte e a fresco appare situata fra gli occhi e assomiglia ad una fenditura a ferro di cavallo, la cui convessità è rivolta verso l'estremità anteriore della testa. Si ha quindi una grande somiglianza come osserva giustamente il Vogt, tra questa apertura boccale e quella 244 W. ZANICHELLI dei Selaci. Ma la bocca della giovane Trota rimane per breve tempo stazionaria e tosto comincia a progredire verso l’estremo anteriore del muso. Infatti dopo la seconda settimana che l'uovo si è schiuso, essa occupa una posi- zione intermedia fra la primitiva e quella che dovrà acqui- stare definitivamente e tra la quinta e la sesta settimana dalla nascita dell'embrione, si apre quasi alla punta del muso come avviene normalmente nell'adulto. Se si osservano a fresco i margini della bocca di una Trcta appena uscita dall'uovo, si vede in corrispondenza del lato interno del margine superiore (formato della cartilagine palatino-pte- rigoidea e del processo frontale) una membrana che, per un tratto considerevole, scende obliquamente in basso a guisa di velo verso la mandibola, le cui due branche for- mano un arco concentrico a quello costituito dalla primi- tiva mascella. Questa membrana, di consistenza abbastanza notevole, ha i contorni modellati perfettamente su quelli della cartilagine di Meckel, che alla sua volta emette, dal margine superiore verso l'interno, un'altra appendice della stessa natura e diretta in senso contrario, ma di dimensioni assai minori. Se osserviamo invece al microscopio una se- zione sagittale dello stesso embrione, allora queste due membrane appaiono come due stiletti opposti di ineguale lunghezza che si dirigono dall’avanti all'indietro verso la cavità della bocca e sono formati dall’unione dell’epider- mide che ricopre l’estremo anteriore del muso e l’epitelio della bocca che si prolungano. E' degno di nota che la base dello stiletto inferiore, il più corto, sorge quasi dalla cartilagine di Meckel ed è poco allargata, mentre la base dello stiletto superiore è molto larga e contiene del con- nettivo che fa parte di una considerevole massa di tessuto della stessa natura che si intercala frà la cartilagine pala- tino-pterigoidea e l’epitelio che riveste la volta della bocca. Le due membrane ora descritte devono avere l'ufficio di prendere e trattenere gli alimenti e perciò essere ana- loghe al becco corneo dei girini, tanto più che, come in questi, scompaiono, quando l'apparecchio masticatorio è giunto al completo sviluppo. Infatti si trovano ancora nella SULLW» SVILUPPO DELLO SCHELETRO VISCERALE DELLA ‘TROTA 245 Trota di un mese di età, ma quando i denti cominciano a formarsi, si riducono gradatamente sino a scomparire quasi del tutto. La cartilagine palatino-pterigoidea di una Trota appena schiusa appare vista di fronte (sia a fresco che in sezione) come due verghette ricurve e convesse verso l'esterno, e che, continuandosi con il processo naso frontale, del pari curvo e concavo verso la concavità della bocca, formano una figura a ferro di cavallo che dà al- l'apertura boccale quell’aspetto caratteristico che ho già descritto. La cartilagine di Meckel, veduta dallo stesso lato, assomiglia assai per la sua forma alla primitiva mascella, senonchè l'arco che essa costituisce è assai piccolo, per modo che quando la bocca si chiude, la mandibola non incontra con i suoi margini quelli della mascella, ma lo spazio da questa circoscritto. Questa mandibola si com- pone di due branche che si congiungono medialmente in basso con le loro sottili estremità e vanno rapidamente crescendo in grossezza a mano a mano che si procede verso l'estremo opposto, dove già si è differenziato un ar- ticolare ancora assai semplice. Nella Trota l’arcata man- dibolare comincia assai presto a segmentarsi e, quando manca qualche giorno allo schiudimento dell'uovo, già si può distinguere all'estremo prossimale della cartilagine pterigo-palatina un quadrato che si unisce al primitivo articolare ed è costituito da una cartilagine arrotondata da cui più tardi svilupperà anche l'osso metapterigoideo. Se sl osserva la testa di un embrione da poco schiuso e sezionato in senso sagittale si vede l'apertura della bocca limitata superiormente ed ai margini da una verghetta ri- curva che è situata quasi al livello inferiore del bulbo oculare e si continua posteriormente con la cartilagine qua- drato metapterigoidea che è spostata in modo da disporsi nello stesso senso dell’articolare della cartilagine di Meckel. Questa invece limita, lateralmente, in basso, la ca- vità boccale e, in sezione, appare costituita da un sol pezzo piegato ad angolo, il cui vertice è rivolto verso l'estremità anteriore della testa. La parte della man- dibola per cui si svilupperà il dentale corrisponde al lato 246 W. ZANICHELLI inferiore di questo angolo ; invece il segmento per cui. si formerà l'angolare e che, ossificandosi, darà anche origine all’articolare, costituisce il lato posteriore dell’ angolo stesso. Tanto la cartilagine palatino-pterigoidea quanto la Mecke- liana, appaiono alla loro volta a contorni leggermente clittici, osservati in sezione trasversale. Notiamo infine che se si guarda la mandibola tagliata secondo una se- zione sagittale, essa ci appare riunita per mezzo di un legamento di connettivo al segmento inferiore dell’ arcata loidea e precisamente al ceratoiale, non ancora ossificato. Quando l'apparato mascellare palatino della Trota si trova allo stadio che abbiamo ora descritto, non è proprio in- teramente cartilagineo, come si può credere da quanto ho detto; infatti il primitivo arco palatino-pterigoideo, formato, come la mandibola, da cartilagine ialina, presenta ancora, nel suo interno, del connettivo che deve subire il processo di ossificazione. Ma non appena l' avannotto ha raggiunto il 9° il 10° giorno di età, allora tutto lo scheletro visce- rale diviene completamente cartilagineo e l'apparato ma- scellare palatino, e la mandibola in ispecie, acquistano una posizione molto simile a quella dell’ adulto. Allora la car- tilagine di Meckel, vista in sezione sagittale, non ha più il segmento corrispondente al dentale rivolto verso il basso, ma in diretta continuazione con l’articolare che ora è assai evidente, al pari di un corto processo cartilagineo che corrisponde all’ angolare. Il quadrato e il metapteri- goideo sono rappresentati da 2 larghe cartilagini che for- mano un sol pezzo e che, al pari dell’ arco pterigo-pala- tino, occupano quasi la posizione che avranno nell’ adulto. Nel rilievo frontale già appaiono i rudimenti dei prema- scellari che in seguito si uniranno ai palatini, rimanendo in relazione con la regione rinica del cranio. Insomma a questo stadio l’' arcata orale è quasi completamente dit- ferenziata nelle sue parti tipiche, a cui altro non manca. p p che ossificarsi nei punti in cui daranno origine alle ossa primarie o a rivestirsi di ossificazione e poi scomparire nelle regioni in cui si annetterà uno dei pezzi ossei di origine dermica. Si può quindi benissimo paragonare l'ap- SULLO. SVILTPPO DELLO SCHELEWDRO .VISCERALE DELLA TROTA 247 parato mascellare palatino della Trota schiusa da quasi 2 settimane con quello dei Ganoidi, come fa giustamente il Parker e lo stesso confronto può estendersi al cranio. Le disposizioni ora descritte non sono stazionarie ma vanno sempre più perfezionandosi con il crescere del gio- vane individuo che verso il principio del 2° mese di vita già comincia a presentare traccie ‘di ossificazione nelle sin- gole parti dell'apparato mascellare palatino. Infatti a que- st epoca la cartilagine di Meckel comincia per prima ad ossificarsi, dando origine, nella sua estremità prossimale all’articolare, che come sappiamo è un osso primario, cioè si forma dalla cartilagine stessa. Nello stesso tempo anche nelle cartilagini pterigo-palatine e nelle quadrato-metapte- rigoidee hanno luogo i primi processi di ossificazione ma sono molto meno estesi che nella mandibola. Tuttavia si vede gia fornato in parte il quadrato ed accennati anche gli propterigoidei e 1 palatini, i mascellari e premascellari. Mentre avvengono tutte queste trasformazioni del primi- tivo apparecchio mascellare palatino, cominciano ad ab- bozzarsi anche i primi denti, che secondo quanto si osservò nelle sezioni che ho fatte compaiono contemporaneamente sulla mucosa che copre il dentale, sui palatini, sui pre- mascellari sui mascellari e sul vomere. E finalmente quando la Trota ha già compiuto il 2° mese di vita, il differen ziamento dell’arcata orale ha raggiunto il suo massimo e presenta tutti i caratteri propri dei Teleostei. Seguiamo ora lo sviluppo dell’arcata ioidea : anzitutto premetto che questa arcata comincia a frazionarsi assai presto per modo che quando l'arco orale è ancora sem- plice essa è di già segmentata. Dapprima è come gli altri archi composta di due semplici verghette che si congiungono medialmente in basso per mezzo di una copula conside- revole che corrisponde ad un primitivo basiiale da cui più tardi si differenzieranno l'osso linguale e la base dello ioide. Ma ben presto ciascuna di queste due verghette si sdoppia dall’apice alla base in altre due parallele e con- tigue delle quali l'anteriore, più grossa, si congiunge con il pezzo di copula per mezzo di un piccolo segmento car- 248 W. ZANICHELLI tilagineo che si è differenziato dalla sua estremità distale e che più tardi, ossificandosi, diverrà l’ ipoiale delle branche ioidee: la verghetta posteriore, più sottile, rimane invece di un sol pezzo e raggiunge appena, anteriormente in basso, l’'ipoiale. Essa sarà destinata a divenire il cera- toiale mentre quella che la precede si trasformerà in ioman- dibolare, ponendosi in rapporto con l’arcata orale. Infatti non appena questa comincia a segmentarsi la prima delle due verghette si porta in avanti e raggiunge l'arcata man- dibolare, testè descritta pure conservando l' unione primi- tiva della sua estremità prossimale con la regione otica del cranio. Però in questo spostamento abbandona l’ipoiale con cui prima si collegava alla copula, mentre che la verghetta posteriore, il futuro ceratoiale, si stacca dal cranio a cui dapprima era anch'essa unita in corrispon- denza della regione otica e si sposta in basso ed innanzi lungo il primitivo iomandibolare, raggiungendo in tal modo la copula e l'ipoiale abbandonati dall’ iomandibolare stesso. Si ha così una disposizione che differisce poco da quella dell’ adulto, specialmente se si considera che il basitale viene spinto molto avanti tra le branche della primitiva mandibola, acquistando anteriormente una forma ancora più arrotondata che non avesse in origine. Ma quando l'embrione sta per schiudersi, si differenzia anche dal ceratoiale cartilagineo un piccolo pezzo stiloide che poi si trasformerà nell’osso omonimo e che sospende all’ioman- dibolare l'intero apparecchio ioideo propriamente detto. Si può quindi osservare che l’arcata ioidea della Trota a questo stadio è quasi interamente paragonabile per le patti di cui si compone a quella dei Ganoidi cartilaginei se non che in questi si è differenziato un simplettico. É' poi evi- dente che fino dal tempo in cui l'arco orale è ancora semplice, la Trota stessa ha un apparato ioideo più evo- luto di quello dei Plagiostomi, perchè già provvisto, al contrario di quanto avviene in questi ultimi, di un ipoiale assai evidente. Se si osserva l'apparato ioideo di un embrione ap- | pena schiuso, in sezione sagittale, l’iomandibolare sembra visi i dio e lettura di opere. è Roma, 1909 — Tipografia Cooperativa Sociale -— Via de’ Barbieri, 6. Fasc. IX e X. Serie Il - Vol. X. Anno XVIII - 1909. BOLLETTINO DEERNSOCIETAZ0O0L0GICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente onorario S&S. M., il RE Sowra una fra le più pregiate specie del gen. “ PTEROMYS , DONATA DA S. M. IL RE VITTORIO EMANUELE III AL MusEO ZOOLOGICO DELLA REGIA UNIVERSITÀ DI ROMA Sunto di comunicazione fatta dal Prof. A. CARRUCCIO [fdt deb ra settembre 1008 da SE 1-Ministro della R. Casa mi perveniva da Racconigi l'annuncio, il più cortese e gradito, di un nuovo dono fatto al nostro Museo da S. M. il Re. Fu facile rilevare che questo dono era per sè assai importante, anche perchè ancora non era rappresentata questa forma animale nella collezione ge- nerale dei mammiferi, pur cotanto arricchitasi in questo ultimo ventennio (1). Nella lettera di accompagnamento firmata da S. E. il Ministro Ponzio Vaglia era indicato, molto a proposito, il nome indigeno del singolare e bel mammifero « /ez-hx >; ed era pure detto che il medesimo era stato portato « dalla Cina ed offerto a S. M. da Monsignor Pio Giuseppe Pas- serini, Vescovo titolare e Vicario apostolico dello Shen-Si meridionale. » Prese le opportune misure e fatta preparare la pelle con ogni maggior accuratezza possibile, completai lo studio (1) Seppi dopo che non era rappresentata neppure in grandi col- lezioni di parecchi importanti Musei, mentre posseggono il Pferomys petaurista e diversi Sciuropterus. 268 ANTONIO CARRUCCIO dei caratteri distintivi dell’ interessante 2-4, il quale già da un primo esame era stato riconosciuto come apparte- nente all'ord. odentia, alla fam. Sciuriaae ed al gen. Pteromys: nè vera alcun dubbio che si trattasse di un grosso scoiattolo volitante. Non subito però potei stabilire con precisione quale fosse la specie, non possedendo verun esemplare di confronto, ed essendomi dapprima riuscita poco soddisfacente la ricerca in opere diverse di una dia- gnosi particolareggiata differenziale, quantunque non molte, come dirò, siano le specie comprese nel genere : nè su- bito mi fu possibile trovare qualche buona figura di questa e di altre specie affini. Il genere /feromys, massime in quelle forme specifiche che raggiungono le più grandi dimensioni, ricorda in parte, fra i mammiferi volitanti, il gen. Ga/eopethecus per la grande duplicatura cutanea tesa ai due lati, fra gli arti anteriori e posteriori, la quale distendendosi permette all'animale di lanciarsi e sostenersi nell'aria, percorrendo tratti di varia lunghezza. Ma i Gadecopithecus, di cui vi presento due esemplari, uno dei quali nuovo, testè acquistato in ottimo stato, vanno annoverati, com'è ben noto ai zoologi, nel- l'ordine dei Lezzr:: non mancano però recenti scrittori che ancora li mantengono nell’ord. /rsecfvora (Sub-ord. Dermoftera). E non è duopo che qui richiami i caratteri differenziali e propri dei grossi Chirotteri (gen. Pferopus, Pterolopex ecc. - Sub-ord. Megachiropftera. Ma i mammi- feri di quest'ultimo sottordine di volitanti, oltre notevoli differenze nella dentizione, nel sistema osseo ecc, restano sempre inferiori per mole a molti mammiferi roditori. Nella sezione denominata da alcuni Scuromzorpha (ord. ftodentia) nella quale si annoverano generi diversi, è pre- cisamente il gen. /eromys quello che comprende alcune specie di maggior mole (ad es. /°. peraurista e Pt. albo- rufus). Fu nel 1800 che Giorgio Cuvier instituì il gen. /%e- r0mys, comprendovi una piccola serie di Scozatoli alati, aventi cioè una espansione cutanea distensibile, come già ho detto, fra gli arti toracici e pelvici, e funzionante quale SOVRA UNA FRA LE PIÙ PREGIATE SPECIE DI « PIFEROMYS » 269 una pseudo-ala, o meglio quale un paracadute, che faci- lita, prolunga ed assicura il salto o la discesa dai folti rami degli alberi. Il Cuvier non tralasciò di tener conto di alcuni altri caratteri, fra i quali quelli propri ai denti, sia pel numero, sia per la conformazione, specialmente dei molari complicati. Formula dentaria : s- Dir Ra AMA Fra i sinonimi del gen. /teromzys citerò solo quello di Petaurista (che equivale a funambolo) proposto nel 1816 «da G. Fischer; ma questo nome generico ebbe accoglienza «di breve durata, mentre è mantenuto come nome specifico. Il Pteromys petaurista è forse la specie più nota e più fre- quentemente rappresentata nei Musei, mentre non altret- tanto può dirsi del /eromys albo-rufus A. M. Edwards, ch'è quello regalato da S. M. il Re al nostro Museo. Le prime indicazioni che l'individuo portato dalla Cina da monsignor Passerini, ed offerto al nostro Re, appar- tenesse all'indicata specie, le trovai nei Comptes-Rendus luodlioz Serene i TO 1870. (pag. 342) e 1372 (pae 02/08) tav XV Atho,r E riporto suna. parte. delle parole con cui viene indicata la specie... « de très-grande taille et remarquable par son pelage, d'un roux brillant mélangé de blanc sur la téète et sur la poitrine. » Ma sulla colorazione dei peli credo di dare notizie più esatte di quelle finora fornite nei pochi lavori che ricordano questa specie con un’ esposizione per lo più insufficiente dei caratteri principali. Nel più recente e completo Catalogo dei mammiferi (coi diversi supplementi finora pubblicati), ch'è quello del Trouessart, sono nel genere /%er0rzys annoverate 13 specie viventi (1). Qualche altro scrittore, pur recente, ne anno- verait12: Queste -13-specie sono le. seguenti: Pt. petaurista Pall., Pt. netedus Desm., Pi. enornatus LiGeoffr. 06 magnficus Ylodgs., Pi. coniciceps Gray, (1) V. Catalogus Mammalium tam viventium quam fossilium, del prof. TOUESSART, vol. I, pag. 377-399. 270 ANTONIO CARRUCCIO Pt. falbo-rufus A. M. Edw., Pt. yunnuanensis Anders.,. Pt. melanopterus A. M. Edw., Pt xanthipes A. M. Edw., Pt. pectoralis Svinh., Pt. leucogenys, Pt. punctatus Gray ee elegans “Lemm. Dall'esame che ho fatto di molti volumi del Zoo/ogzcal feecord, del Zoologischer Anzerger ecc. non mi risulta fi- nora che debbansi aggiungere altre specie. Nè il Troues- sart nel supplemento all'ordine dei SOA fa aggiunte di nuove specie. Quelle sovraindicate vivono o nelle Indie orientali, o. nelle selve di Ceylon, di Arakan, nei monti Himalaya, nel Nepal, in Assam, Birma, nelle isole Formosa, Malacca, Giava, nel Giappone ecc., oltre la località precisata da mons. Pas-. serini. Non pare però sia frequente in veruna di esse. Dal Beddart (1) così vien riassunto l'kaé:faf di questi. mammiferi: « The genus Pteromys (of which the proper name, antedating Pteromys by five years, appears to be; Di is confined to the Oriental region, where there. are a, dozen species or so. » Il Beddart da la figura ( 234 del Pteromys albo-ruftus XK Flyng-Squirrel. — Ma gli autori che citino questa specie, o ne diano una buona. figura, sono davvero pochissimi, dopo A. Milne Edwards, cui si deve la prima descrizione, dopo lo Sclater, ecc. Dissi già ch'è notevole la mole del /P/eromys albo-rufus, e posso. subito dimostrarlo. Infatti lo stupendo esemplare che abbiamo. sott'occhi, misurato prima e dopo la preparazione, è lungo dall’ estremità terminale della coda all'apice del muso. 140 cent. : cioè dalla base della coda alla sua punta la lun-. ghezza è di 60 cent.; ed il tronco e la testa misurano. So cent. L'appendice caudale adunque è sviluppatissima. non solo per lunghezza, ma anche per grossezza, ed ha. forma quasi affatto cilindrica. Parecchi autori ci danno pel //eromys petaurista una. lunghezza totale di 110 cent., cioè 60 ct. pel corpo, dal (1) V. Zhe Cambridge Natural-History, vol. X, 1902, Mammalia: by FRANK EvERS BEDDARD. SOVRA UNA FRA LE PIÙ PREGIATE SPECIE DI « PTEROMYS » DifsI l'apice del muso alla base della coda, e 50 ct. per tutta la coda; in qualche altro autore trovo indicata una lun- ghezza totale di circa 120 ct. — Il nome volgare di questa «specie è Zaguan. In atto di lanciarsi nell'aria, e quindi a patagio ben «disteso, tanto il /teromys albo-rufus (Fc-hu) quanto il Pt. petaurista, possono raggiungere, e forse oltrepassare una larghezza di 50 ct. — In questo donato da S. M. ‘e preparato nel nostro Museo, senza aver menomamente forzato la distensione del patagio, abbiamo una larghezza precisa, e in corrispondenza degli arti anteriori, di 40 ct., e quasi in sul margine cartilagineo anteriore la lunghezza è di so ct. Fra gli altri caratteri dei Pteromidi, e quindi dell’ in- «dividuo donato da S. M., fo notare come in proporzione alla mole che può offrire questa od altra specie. la testa ‘sia piccola (lungh. 9 cent., largh. massima $ cent.), rq- tondeggiante, il muso poco prominente, il collo assai breve, 1 padiglioni uditivi assai piccoli, ma larghi, terminanti con un margine smusso e quasi privo di peli. Gli occhi sono un po voluminosi e sporgenti, come più o meno soglionsi osservare negli animali notturni di diversi ordini dei Vertebrati (Lemuri, Chirotteri, Uccelli rapaci dei generi Lubo, Strix ecc.) Le zampe anteriori hanno 4 dita terminanti con unghie «diritte, un po aguzze ma non robuste; esiste un rudi mento di pollice con unghia quasi piatta ed ottusa, Le zampe posteriori sono pentadattili, e le cinque dita sono un pò spaziate fra loro, alquanto più grosse delle ‘anteriori, con unghie ricurve più robuste, e quasi tutte sensibilmente uguali fra loro per grandezza. Il loro mar- gine superiore forma un arco di cui la corda misura 15- 16 mill; mentre la corda dell'arco formato dal margine inferiore (dal termine del polpastrello all'apice dell’ unghia) è di 8-9 mill. soltanto. I /feromys hanno 12 paia di coste, ed un torace ab- bastanza largo. Il loro canale intestinale è relativamente lungo, con un cieco voluminoso e spiraliforme. 2I2. ANTONIO *CARRUCCIO Le glandole mammarie sono nelle femmine in numero di tre paia, nè si estendono alla regione inguinale. Per rapporto alla colorazione del Pteromys albo-rufus dirò che attentamente osservando si vede come predomini in diverse regioni una tinta rossa speciale, che si asso- miglia a quella del legno mogano. I peli sono sottili, lu- cidi, e visti sotto la diretta azione dei raggi solari splen- dono e brillano. La estremità del muso, le parti laterali del capo e la gola sono coperte da folti peli bianchi. Agli angoli lab- brali osservasi qualche vibrissa nera. Il dorso ha peli più lunghi, di un colorito giallo-gri- giastro. La faccia inferiore o torace-ventrale è coperta quasi affatto da peli di un vivo colore fulvo-rossastro. Nelle regioni in cui i peli offrono la maggior lunghezza, non solo sul dorso, ma in più punti del patagio, ch’ è assai peloso, trovo che i peli più lunghi misurano da 3 a 4 cent. Esaminando bene per tutta la loro esten- sione molti peli rossi trovo che tale colorito è proprio della seconda metà libera di essi peli, mentre nella prima metà della loro lunghezza questi peli sono nerastri o grigio-ScCuri. Della lunga coda, ch'è grossa, e, come dissi, quasi affatto cilindrica, va gradatamente scemando il perimetro dalla base all’apice; essa offresi coperta da peli folti e lunghi in parte quanto i precitati. I denti molari dei Pteromidi sono più complicati di quelli appartenenti a molti altri roditori. Sulle abitudini degli stessi Pteromidi si narra che sol- tanto di notte lascino il folto degli alberi in cui stanno nascosti e riparati durante il giorno. Ed è al buio, o colla mite luce lunare, che saltano da un albero all’altro, te- nendo disteso il loro paracadute per quel tratto e per quei tratti in cui devono sorreggersi nell’aria. Credo però che per parlare con esattezza della locomozione di questi Pteromidi molto ancora ci sia da osservare; ma non è facile. è 1% SOVRA UNA FRA LE PIÙ PREGIATE SPECIE DI « PTEROMYS » 273 Jerdon, Tickell, Svinhoe ed altri asseriscono che questi grossi Scoiatoli volitanti si nutrono di corteccie, di gemme, di giovanissimi e quindi teneri ramoscelli, di frutta, e di semi: all'occorrenza però alimentansi anche con insetti. P'abbricansk un faido! mafnon'isi isa se’ da tutti: dai più grossi si riesce a formare questo nido con rami secchi incrociati, che ricoprono con molta e tenera erba: l’am- piezza del medesimo può essere più di 1 metro, e l’aper- tura è rotonda. Gl'indigeni cinesi possono pazientemente cogliere vivi questi Scoiatoli volitanti, disponendo sugli alberi speciali reti fatte con cordicelle: le carni formano un nutrimento gradito. | Pare che le femmine partoriscano abitualmente un solo figlio, o tutt'al più 2 o 3, durante la stagione estiva. I piccoli nascono quasi nudi e cogli occhi chiusi. La genitrice quando li allatta li tiene come sospesi ed av- volti nel patagio. Aggiungerò ancora qualche parola sulla distanza che possono percorrere questi Scoiatoli dall’ampio paracadute : ricordo adunque come siavi fra gli scrittori inglesi chi at- tribuisce ai più grossi Pteromidi la facoltà di fare non solo lunghe escursioni aeree, ma di avanzarsi per una distanza du50 2747, cloè per, metri. 72:12 (I). Il ['teromys albo-rufus donato da S. M. il Re è un altro dei più notevoli esemplari, fra i molti donati dal- l’istesso generoso Sovrano al Museo della Capitale, che accrescono importanza e valore alla collezione generale dei Vertebrati. Giova rammentare che nella Class. Mare- malta primeggia l'Ofkapra Tohnstont ; e nella Class. Aves il Plautus mpennas: entrambe, com'e ben noto, splendide e veramente cospicue aggiunte dovute a Vittorio Ema- nuele III. (1) Ecco come si esprime il BEDDARD: « These animals can make an exceedingly long jump with the help of their flying membrane. Nearly eigthy yard is the longest distance given for these aerial excursions ». Prof. A. CARRUCCIO CENSO: TREES ERA SOVRA UN Fagiano venerato “ SYRMATICUS REEVESI I E. Gray, DONATO Da S. M. iL RE VITTORIO EMANUELE III AL Museo ZooLocIico DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA (I) Fra le collezioni zoologiche italiane e straniere, quelle di Ornitologia, se fra le meglio fornite, — e oggi anche questa di Roma annovera parecchie migliaia di buoni esem- plari, — sono ovunque per gl intelligenti viaggiatori che le visitano, oggetto di molto e gradito interesse. Invero chi ama il bello e coltiva glt studi trova nell’or- ganismo degli uccelli una macchina fra le più attive, leggiere e svelte, e che può chiamarsi eminentemente pneumatica. Ma in pari tempo può trovare numerosissimi uccelli i quali per eleganza e vivacità di piumaggio policloro, e per altre particolarità anatomo-fisiologiche, oltre i costumi e le atti- tudini singolari, destano sincera ammirazione. Non è facile godere lo spettacolo di una vasta uccelliera ben tenuta, e che annoveri un numero grandissimo di forme viventi indigene e specialmente esotiche. Solo nei ricchissimi Musei, fra cui primeggiano quelli di grandi metropoli, quali Londra, Berlino, Parigi, ecc., si può osservare e riosservare anche per molti giorni — tanto cospicuo è il numero delle specie e degli individui appartenenti ai diversi ordini della classe. — E così può il visitatore formarsi un largo con- cetto della sorprendente varietà e bellezza di questi esseri. (1) Questa comunicazione venne fatta alla Società Zoologica Ita- liana nella adunanza scientifica del 19 maggio 1903. * l'i iz dai té i TE E IO TE CENNO ILLUSTRATIVO SOvRA UN FAGIANO VENERATO, ECC. 275 Limitandoci ad un semplice ricordo di qualche famiglia, sarà più facile richiamare alla memoria lo splendore delle piume ornamentali, che in molte guise si modificano; la iridiscenza e vaghezza sorprendenti delle penne per quanto piccole — ad es. nei Trochili; le dimensioni di esse in uccelli di robusta mole, e quindi lo sviluppo e la potenza delle ali e così via dicendo. Nelle Paradisee, nei predetti Trochili («uccelli mosca), nelle Aquile, negli Avoltoi, ecc., nei Psittaci, nei Fagiani, in diversi gruppi di Passeracei, di Palmipedi, ecc., si può avere la più ampia prova di quanto qui appena accenniamo. E appunto un bellissimo Fagiano, che vi presento, quello che oggi parmi meriti la vostra cortese attenzione. Anche questo individuo della interessante fam. /’%aszazzdae lo dob- biamo alla generosità del re Vittorio Emanuele. Voi sapete che prima dei suoi splendidi doni, formati dalla massima parte della ricca collezione già custodita nel Castello reale di Moncalieri, ed ora nel Museo universitario di Roma, questa famiglia nonera quasi affatto rappresentata nell'istesso Museo. Presentemente invece possiede stupendi esemplari di Lophophurus refulgens maschio e femmina, di Zragopan satyra, di Tr. Temmincki, Acomus erythrophthalmus, Lo- phura rufa, L. Diardi, Gennaeus leucomelanus, G. nyetime- rus, G. Swinhoer, Pucrasta xanthophila, Chrysolophus Amher- sfiae... Ho citato a caso, ma non tutti i generi nè tutte le specie dell’ interessante e bella famiglia, che, lo ripeto, al pre- sente sono ben rappresentati nella collezione reale del nostro Museo. Questo esemplare appartiene alla specie nota col nome di Syrmaticus Reevesi I. E. Gray, ed è un maschio adulto. Già dall’ istesso Sovrano ne avemmo (fra quelli provenienti da Moncalieri, ben preparati ed in ottimo stato di conservazione) un altro esemplare, pure maschio, ma meno adulto: questo ha una coda lunga 91 centim.; quello, cioè il donato re- centissimamente, è fornito di una splendida coda lunga circa I metro e 40 cent. — Possiamo dire che il corpo non è proporzionato allo sviluppo della coda, perchè esso misura appena 21 cent. circa: la lunghezza totale adunque 276 ANTONIO CARRUCCIO di questo nuovo esemplare è di poco più di 1 metro e 60 cent. Le penne caudali sono 18, e le mediane — le più lunghe — con una larghezza da 4 a 5 cent., sono disposte in modo da formare, colla loro faccia superiore un po’ con- cava, una doccia mediana. — Val la pena che io ne de- scriva la elegante colorazione. Pur non avendo penne ornamentali sul capo, questo bellissimo maschio di Syrmzatzcus feevesi offre sul vertice uno spazio coperto da cortissime e fitte piume bianche; ed essendo marginato da altre tutte nere, par quasi che abbia un berrettino bianco, delimitato appunto dalla stretta benda circolare nera: questa si fa un po’ più larga verso la regione auricolare. I lati della testa sono neri. Anche la regione frontale è bianca, contornata da una striscia nera. Un largo collare bianco cinge il collo. Il corpo è in gran parte ricoperto da penne squami- formi, d'una tinta giallo dorata vivacissima: tutte queste belle penne sono marginate di nero, ed assumono in sul margine la figura di piccole semilune. Le penne della regione toracica e dei fianchi sono bianco-grigiastre splendenti, con strisciolina nera dattorno, e hanno forma quasi a losanga:; altre penne delle stesse regioni sono orlate di rosso bruno ; ma le più lunghe hanno l'estremità colorita d'un giallo dorato. Le penne della parte mediana del ventre, e quella delle coscie, hanno un colore nero vellutato. Le cuopritrici inferiori della coda sono nere con mac- chioline giallo-dorate. Le timoniere hanno una larghezza da 3 a 5 cent., e terminano in punta : la tinta fondamentale è grigio-argentea, con macchie rosse orlate di nero. I margini però delle stesse penne sono giallo-dorati. La livrea di questo magnifico uccello è completata da una grande quantità di fascie nere e brune, disposte in modo da formare quasi altrettanti triangoli. I piedi e gli speroni hanno un colore bigio chiaro. CENNO ILLUSTRATIVO SOVRA UN FAGIANO VENERATO, ECC. 277 Il becco è alquanto più depresso che non sia in altre forme generiche e specifiche della stessa famiglia, è più di- ritto, specialmente verso la porzione apicale, ed è di color bianco gialliccio, ed in parte d'aspetto addirittura corneo. La caruncola è molto stretta e forma appena un cer- chietto rosso attorno all'orbita. Una parola dirò sulla sinonimia di questo uccello che, lo ripeto, è magnifico. Temminck lo chiamò /%kaszanus ve- neratus, ma dopo che Wagler instituì il gen. Syrma&cus, in cui vien compresa questa unica specie, denominata dal Gray e dai successori .Syrmat:icus fteevesi, la denomina- zione è stata adottata anche nella reputata e recentissima opera: A. fand-List of the Genera and Species of Birds, Nomenclator Avium tum fossilium, tum viventium del Bowdler Sharpe del British Museum. Questa grossa specie di Fagiano venerato abita le mon- tagne che si trovano a Oriente e a Nord di Pechino, e lungo le catene montuose che dividono Schensi da Honau e Hupe da Setschuan. Sugli esemplari di" VIPERA AMMODYTES, DEL MONTENEGRO DONATI AL Museo ZooLocico DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA pa Sua MarstTA LA REGINA ELENA Notizie del Prof. ANTONIO CARRUCCIO (1) Presento tre esemplari adulti, in perfetto stato di con- servazione, della temuta vipera dal corno, la quale se ha una distribuzione geogratica assai limitatata in Italia (in confronto cioè all'altra specie, assai più diffusa, ch'è la V2- pera aspis, notissima anche nella provincia di Roma), è assai più frequente in altre nazioni (2). Ben ricordo quando da Modena — molti anni or sono — mi recai presso il compianto e distinto erpetologo italiano, il barone Edoardo De Betta, di Verona, gentilmente in- vitato, per visitare la privata e ricca sua collezione. Egli mi fece osservare con particolare interesse gli scelti esem- plari di Vipera ammodytes, ch'era riuscito a procurarsi da diverse località; e mi riaffermò a voce quanto per iscritto aveva dichiarato nel R. Istituto Veneto fin dal 1879. (r) Queste notizie sono estratte da una più estesa comunicazione fatta in un’adunanza scientifica della Società Zoologica italiana, nella quale adunanza oltre gli esemplari di Vipera ammodytes, mostrai più altre specie nuovamente introdotte in Museo, e numerosi individui ri- guardanti varietà di Vifera berus sub spec. asfis dell’Agro romano. (2) Ved. CaRrRUCCIO prof. ANTONIO, .Su/la Vipera berus, sub. spec. Aspis e sulle sue varietà raccolte in un decennio nella provincia di Roma. « Bollettino della Società Zoologica Romana per gli Studi Zoologici », fasc IV: vol N1894 SU :LI ESEMPLARI DI « VIPERA AMMODYTES » DEL MONTENEGRO 279 Infatti il De Betta in una delle sue comunicazioni so- stenne che in Italia erano pochissime le località settentrio- nali abitate da questo ofidio, cioè il Tirolo cisalpino (Bol- zano, Branzoli e Monte Mitterberg), il Friuli e qualche altro luogo presso il confine italiano delle Alpi Giulie (Gorizia e Montetalcone) (1). L'habitat della Vipera ammodytes per le altre regioni fuori d’Italia, così venne indicata dal De Betta: dea vive nella Grecia, nella Turchia europea, nella Wolaechia nella: Dalmazia Ilia» Croazia, Slavonia; Istria, Carniola, Carinzia, Stiria, Ungheria, Transilvania, Baviera, Russia (regioni al di là del Caucaso), Francia (?), Spagna e Portogallo; e fuorid’Europa nell’ Asia minore ed in al- cune località dell’Africa ». Ho preferito fare integralmente questa citazione, per- chè parmi che nelle opere di autori italiani e stranieri che mi fu dato di esaminare, solo il De Betta ricordi il mag- gior numero di località in cui venne accertata la presenza della Vipera ammodytes. Anch'egli cita dubitativamente la Francia, ma con sicurezza le altre regioni. Neppure il De Betta nomina in modo esplicito il Montenegro; nè mi risulta che abbia mai avuto esemplari della specie in discorso, pro- venienti cioè dal territorio del Principato Montenegrino. E in Roma siamo ben grati alla Regina Elena che col suo dono ci ha concesso di ristudiare la specie, e fornire di ottimi esemplari la collezione generale erpetologica del Museo Zoologico Universitario, che di essa specie man- cava affatto. Il Boulenger nella sua accreditata opera (2) oltre una ricca sinonimia di questo ofidio (e non tralascia di citare gli scrittori italiani, a cominciare dal Bonaparte), così rias- sume le indicazioni della distribuzione geografica della stessa Vipera ammodytes : (1) V. Ep. DE BETTA, Swu//a distribuzione geografica dei serpenti velenosi in Europa, e più particolarmente nell'Italia — Venezia, 1880, Tip. Antonelli, pag. 33-34. (2) V. Catalogue of the Snakes in the British Museum (Natural History), del D.r G. A. BOULENGER, vol. IIl, pag. 485-487. 280 ANTONIC. CARRUCCIO « From the Southern Tyrol, Carinthia, Styria, and Hungary to Greece, Turkey, Asia Minor, Transcaucasia, and Syria ». Nel citare poi gli esemplari maschi e femmine di V7- pera ammodytes posseduti dal 57:%shk Museum non trovo ricordato alcuno che provenga dal Montenegro. Il maggior numero di essi, specialmente quelli della Carinzia, Carniola, Bosnia e Dalmazia, vennero al grande Museo di Londra forniti dal D.r Werner e dal sig. Henkel. Alcune settimane dopo ricevuti i due perfetti esem- plari di vipera dal corno donati da S. M. la Regina, avendo saputo che nel Museo pedagogico diretto dall’on. deputato prot. Credaro, trovavasi da tempo un individuo dell’istessa specie, potei averlo in cambio di vipere romane. Ho mo- tivo per credere che questa V7fera ammodytes fosse stata dal Friuli portata in Roma dal compianto collega e amico comm. prof. Francesco Businelli, friuliano per nascita, e benemerito anche del nostro Museo per più doni da lui fatti. Della vipera dal corno egli certamente mi aveva par- lato, ma non posso affermare recisamente che questo fosse l'esemplare portato dal Businelli. Che la Vapera ammodytes esista nel Friuli nessun può dubitare; e già l'istesso De Betta nel 1880 scriveva di aver ricevuto in comunicazione un esemplare maschio di questa specie, preso dal prof. Marinoni presso la chiesuola di S. Rocco, a poca distanza da Pontebba, ed attualmente custodito nella collezione di Storia naturale del R. Istituto tecnico di Udine. Il valente prof. Pirona ed altri confer- marono le catture di vipere dal corno fatte nel territorio friulano. L'esemplare del quale scrisse il De Betta ebbi occa- sione io stesso di esaminarlo, mostratomi dall'egregio in- segnante di scienze naturali, prof. Tommasi, nei molti giorni in cui, è già non breve tempo, dovetti trattenermi in Udine quale R. Commissario per gli esami di licenza . di quel ben ordinato e fiorente Istituto tecnico. Potrei dire di altre vipere dal corno osservate in ta- lun'altra collezione erpetologica, italiana e straniera, ma SUGLI ESEMPLARI DI « VIPERA AMMODYTES » DEL MONTENEGRO 281 debbo tornare agli esemplari ora posseduti dal nostro Museo. Quello ultimamente avuto in cambio dal Museo Pedago- gico Universitario, diretto dall’onor. Credaro, offre carat- teri tipici quanto quelli donati dalla Regina Elena, ma è più piccolo: ha cioè una lunghezza totale di 46 cent., ed un cornetto lungo circa mill. 27/,. La testa è lunga 21 mill. e@#latoda-53 mill: Dalle vipere del Montenegro una è lunga 60 cent., con un cornetto della lunghezza di 4 mill.: la testa misura 39fmill- e la ‘coda’ 64 mill. "L'altra. vipera, pure donata daro PaalResina!te Manga circa: .50 cent., il' cornetto bufosloinohezza dl mill ila testa 27 mill... è la “coda 55 mill. In parecchi autori, ad es. nel Boulenger, trovasi indi- cata quale lunghezza totale del maschio, quella di 55 cent. ; e della femmina quella di 64 cent. — Evidentemente uno degli esemplari montenegrini, ch'è femmina, offre una delle maggiori lunghezze proprie a questa specie. Il Camerano, che ha esaminato diligentemente 9 esem- plari della specie medesima (1), non ne ebbe alcuno che rag- giungesse i 600 millimetri. Dei 9 esemplari 1 maschio pro- veniva dalla Grecia; 2 altri, 1 femmina ed 1 maschio, erano provenienti dall'Ungheria; 2 femmine e 4 maschi dalla Dalmazia. Il solo esemplare appartenente alla Grecia rag- giunse una lunghezza di 57 cent., ed in nessuna delle 9 vipere il cornetto oltrepassò l'altezza di 4 mill. Esaminando gli esemplari che presento, vedete come il muso sia prolungato e diritto; con la lente vedete me- glio le 10 0 12 piccole squame da cui è coperto. La ro- strale è quasi tanto larga quanto alta; la testa è supe- riormente coperta da squamette lievemente solcate, e fra esse si distinguono, perchè alquanto più larghe, la frontale e due parietali. Volendo si possono contare e misurare le (1) Vedi Monografia degli Ofidi italiani, del prof. L. CAMERANO, parte 1° Viperidi — Torino, E. Loescher, 1888 (Estr. dalle Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino — Serie II, T. XXXIX, pag. 26). 282 ANTONIO CARRUCCIO squame circumoculari (10 a 12); le temporali appena sol- cate; la nasale e le labbiali superiori (8 a 12) e inferiori (4 a 5). Le squame del dorso, disposte in 22 o 23 serie, sono quasi tutte manifestamente solcate; e più numerose assai sono le serie delle squame ventrali, oltrepassando le. 140 nel maschio, ‘e le. 160 nella femmina. La striscia di una tinta grigio-bruna sul dorso, che in taluni esemplari appare rossiccia, striscia che offresi non di rado marginata di nero o di bruno oscuro, e questo orlo o marginatura per le sue ondulazioni prende una di- sposizione a zig-zag; nè mancano ai lati macchiette scure, assai variabili per numero. x. pur da notarsi la piccola striscia oscura posta dietro ciascun occhio, il cui diametro verticale è minore della distanza che passa fra la bocca e l’istesso occhio. La faccia ventrale di queste vipere offre un colore grigiastro, ma non di rado è rossastro; e mi si riferisce che la vipera dal corno a ventre rosso sia nel Montenegro tenuta per più velenosa delle altre. Non mancano nella stessa regione addominale macchiette, e quasi punteggia- ture nere, alternate con altre bianche. La estremità della coda suol presentare una tinta o gialliccia, od aranciata o anche nettamente rossa. Nelle femmine pare che i colori siano in generale più chiari che nei maschi. Non credo punto necessario rifare la completa descri- zione dei caratteri differenziali ofterti della Vera ammodytes tipica e delle sue varietà, in confronto alla Vera derus e aspis, e delle varietà comprese in questa specie o sotto specie. A chi poi avesse il desiderio di conoscere largamente i caratteri della famiglia Vepersdae, delle sotto famiglie e dei non pochi generi annoverati dagli erpetologici in tali sotto famiglie, consiglio, fra le altre opere, quella del Bou- lenger (vol. III già cit. nella preced. nota). Quest'autore nella 1° sotto famiglia (V7perzrae) annovera 9 distinti ge- neri con 40 specie. In passando dirò che di taluno di questi generi (ad es. del Cerastes ecc.) il Museo ottenne di recente ottimi SUGLI ESEMPLARI DI « VIPERA AMMODYTES » DEL ‘MONTENEGRO 283 esemplari; come ne ottenne pure per la 2° sotto famiglia (Crotalinae), fra 1 quali oltre parecchi individui adulti e ben conservati di specie del genere Crofa/us p. d. ricevetti molti e scelti individui del genere ZLackeszs, donati dal ca- pitano Reni, E colgo nuovamente l'opportunità per ringra- ziare vivamente il conte dott. Peracca del R. Museo Zoo- logico di Torino, che volle determinare non poche specie di ofidi del Museo Universitario di Roma, cui erano stati donati dal comandante De Amezaga, dai medici della R. Marina dottori Moscatelli e Petella, dal capitano di vascello cav. Filipponi, dal predetto capitano Reni, dal destslMucciarclli ece. Questo ricordo era mio obbligo di fare onde si sappia che oltre la famiglia Vefersdae, anche gli altri gruppi del- lord. Opkidia ebbero in breve tempo un notevolissimo incremento nella nuova collezione erpetologica generale del Museo. Vorrei chiudere queste brevi notizie accennando alla distribuzione geografica, alla frequenza ecc. della Vipera ammodytes nelle varie parti del principato Montenegrino. Ma non ho difficoltà a dichiarare che mancandomi dati precisi, ed al momento in cui scrivo non sapendo se al- l'uopo siano state fatte da qualche dotto e paziente er- petologo opportune ricerche nel Montenegro, devo perciò tacere. Mi si è chiesto se la vipera dal corno, sia più vele- nosa, e quindi più fatale della nostra vipera comune. Ri- sposi che non credo siansi raccolti e controllati fatti nu- merosi per asserire come sia indubitata tale maggiore possanza della prima (Vera ammodytes) sulla seconda (Vipera aspis). E molte sono le circostanze che fanno va- riare l’azione e gli effetti delle ferite dovute alle vipere, secondo le regioni del corpo in cui i denti inoculatori del veleno hanno più o meno penetrato, ora sulla pelle nuda, ora sulla cute difesa da abiti di vario spessore; secondo l'età degli ofidii toxodonti; secondo la stagione (così cre- dono alcuni scrittori); secondo che il serpente ha o no aggredito e ferito altri animali. Queste ed altre circostanze, 2 284 ANTONIO CARRUCCIO insieme alle antiche esperienze del Redi, del Fontana ecc., come alle più recenti del Physalix, del Calmette ecc. sono annualmente nella mia scuola ricordate in modo abba- stanza largo. Chi scherza e non crede agli effetti, non di rado fu- nesti, del così detto z20rs0 v9erzzo, ha torto: se illude sè, è dannoso illuder gli altri. Limitandoci ai giornali di Roma, non v'ha anno in cui non vengano annunciati casi di ferite per aggressione di vipere, per lo più con esito fatale, e non soltanto in fanciulle o fanciulli, ma in individui adulti e robusti. Nel mio lavoro del 1894 ho ricordato parecchi casi gravissime di cui venni a conoscenza (1); e posterior- mente, fra più altri fatti, fui testimone delle conseguenze gravissime della duplice ferita fatta da una vipera presso Ronciglione, in cui mi trovavo nei mesi estivi, ad un forte giovane contadino, tornato dall’ Africa dopo compiuto il servizio militare. E son lieto di aver contribuito a salvarne la vita con una cura energica e perseverante. Ed anche di questa cura, per chi non può avere a disposizione in Italia il siero preparato dal prof. Calmette, non manco di dare ampia nozione nelle mie lezioni, autorizzato ormai da una lunga esperienza. Il triste potere dei Viperidi e di altri serpenti velenosi, e non pochi e formidabili se ne hanno in Africa, America, Asia ecc. come ogni persona colta ben sa, non deve es- sere da certuni, che non saprei neppure chiamare sempli- cemente temerari, posto in dileggio. E siccome in lunghi anni mi è accaduto di discorrere con più d’uno di questi male informati, ricorderò ad essi le parole di uno scien- ziato assai stimato e competente, il dott. Victor Fatio, au- tore della apprezzatissima /aune des Vertébrés de la Suisse. Egli, nel vol. III, Capit. sui Viperidi (pag. 198) con molta assennatezza così scrive : « M'est avis qu'une prudence éclairée vaut mieux que le mépris d'un danger réel ou que la crainte irréfléchie, (1) Ved. il Cap. intitolato: Danni prodotti dalle vipere nella pro” viucia di Roma, pag. 12-16. 1 SUGLI ESEMPLARI DI « VIPERA AMMODYTES » DEL MONTENEGRO 285 et qu'il est plus sage d’éviter les serpents, si on ne les connaît pas assez pour distinguer, à première vue, un étre inoffensif d'un reptile dangereux ». E quante e quante volte, mentre in non pochi dei paesi nostri, in cui ancora sono numerose le vipere, tali non si credono perchè si vedono di piccola mole, e non si dà loro veruna importanza, per l'opposto si temono in modo strano serpenti più grossi affatto innocui, o che hanno pel colorito una qualche somiglianza colle vere vipere? E ac- caduto a me in una farmacia di essere invitato ad osser- vare in elegante e grosso vaso di vetro, e conservato in alcool, un grosso Z7yop:donotus natrix esposto in un angolo dell’artistico bancone, ed annunciato a tutti quale 72055270 esemplare di Vipera romana! Ma via, non potei tratte- nermi dal dire: perchè date ad intendere ciò che in realtà non è? Togliete quella biscia d’acqua, chè di vipere vere possono aversene quante se ne desidera anche nella vostra farmacia..... Se è dopo l'aggressione e il 720rso di un 77opidonotus natrix o di un 77. tessellatus, o di un Zamenis, o di un Callopeltis, o di una Coronella, tutte forme di serpenti, ma innocui, viventi in più parti della provincia romana (i quali raggiungono quasi tutti dimensioni sensibilmente maggiori delle vipere), se è, ripeto, dopo tale aggressione, attribuita però ad una vipera, che ci sentiamo affermare: a me il morso viperino riesce indifferente, a me non nuoce, io non me ne preoccupo... e simili azzezzià, è davvero il caso di compiangere siffatta indifferenza, figlia non di cieca fiducia, «ma di reale ignoranza. Devesi quindi insistere, sempre ch' è possibile, nel buon consiglio del Fatio: « .... il est plus sage d’éviter les serpents, si on ne les connaîit pas assez pour distinguer, à première vue, un étre inoffensif d'un reptile dangereux ». SULLA NATURA E FUNZIONE DEI CROMATOFORI DELLA RANA per il Dott. RINALDO MARCHESINI DOCENTE DI ISTOLOGIA NELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA Comunicazione alla Società Zoologica Italiana, con sede in Roma Dall’epoca di Henle in cui nel tessuto connettivo non: si riscontravano che soli nuclei e fibre, ad oggi, mediante una tecnica più perfezionata e metodi migliori di ricerca, si son potuti differenziare in esso vari elementi per forma. e funzione differenti. Con Virchow, 1851, abbiamo la scoperta della prima cellula connettivale, che con interpretazione erronea ri- guardo alla sua struttura e funzione denominò cellala Pla- smatica; ma la vera cellula fissa del tessuto connettivo viene messa in luce dal Ranvier nel 1869, sia riguardo alla sua configurazione, sia riguardo alla sua costituzione e che egli ben definisce: una cellula formata da un nu- cleo, da un corpo protoplasmatico senza membrana e con prolungamenti membraniformi molto sottili e disposti a. piatto sulla superficie dei fasci delle fibrille congiuntive. Sotto tale forma però è difficile di poterla riscontrare se. non si usano processi fini di tecnica, ed è perciò che tale. cellula è stata da altri descritta sotto la denominazione di corpuscolo del tessuto congiuntivo, di corpuscolo stellato del tessuto congiuntivo, di corpo fibroplastico; (Lebut e Robin) (1). (1) MatHIAS Duvar, Précis d’ Histologie, — Paris, Masson et C.,. èditeur. ti SULLA NATURA E FUNZIONE DEI CROMATOFORI DELLA RANA 287 Le cellule fisse del tessuto congiuntivo sono in rap- ‘porto tra loro e costituiscono per le loro anastomosi pro- toplasmatiche una rete continua che può essere a travate molto sottili là dove queste espansioni divengono filiformi (Renaut). Un altro elemento cellulare che fa parte del tessuto ‘congiuntivo è stato pure scoperto nel 1890 dal Ranvier (1), a cui ha dato il nome di clarzastocito (cellula a frammenti) e che si mette bene in evidenza con il violetto di metile. Sono questi grandi cellule fusiformi o arborizzate che pos- sono nei batraci avere fino ad un millimetro di lunghezza. I loro prolungamenti moniliformi sono semplici o ramificati «€ le cellule non si anastomizzerebbero mai per formare una rete; contrariamente a quello delle vere cellule congiuntive fisse già esaminate. Porzione dei prolungamenti possono «distaccarsi e vivere indipendentemente, e questi frammenti formano attorno dei clamastociti degli isolotti di granula- zioni, sparse nelle maglie del tessuto congiuntivo, a//a z%- trizione del quale si è creduto debbano servire, assumendo al carattere particolare di cellule a secrezione interstiziale (Duval). Ranvier, nel 1891, dimostra la derivazione dei clama- stociti dalle cellule bianche migratorie, dai leucociti, che sortiti dai vasi per diapedesi e stabilitisi nelle maglie del tessuto congiuntivo, ivi si nutriscono, s'ingrossano per ab- bandonare in seguito per frammentazione una parte della ssostanza, che è allora utilizzata dall'organismo. Lo stesso Ranvier dimostra mediante un processo sperimentale in- fiammatorio del peritoneo, che in 24 ore questi clamasto- citi sono capaci di trasformarsi di nuovo in un gran numero di cellule linfatiche, rimanendone ancora altre in cui si notano tutte le forme intermediarie fra esse ed i. elobuli 5 bianchi; come il Metchnikoff avrebbe trovato per le cellule fisse normali del tessuto connettivo. {r1) RANVIER, Zes clamastocytes (Compt. rend. Acad. des sciences, 27 janvier 1890). Ip., Zes clamastocytes et les cellules fixes du tissu conjuntif (ibid., 13-février 1893). 288 RINALDO MARCHESINI Con questa scoperta e con questo studio minuto di tali cellule, le P/asmazellen del Waldeyer segnalate nel 1875 e ristudiate e differenziate dall’ Erlich nel 1879 col nome di Mastzellen, cellule anilinofile o cellule d’ingrassamento perchè si coloravano fortemente con la dalia, laddove le Plasmazellen rimanevano incolore: così le cellule del Rand- vit, studiate da quest’autore nel 1883, si è Indotti a ri- tenere che siano la stessa cosa dei clamastociti ovvero un derivato da essi. Altre forme poi di cellule che si riscon- trano nel tessuto connettivo sono le cellale adipose e le cellule vescicolari di certi tendini e che non sono che mo- dificazioni della stessa cellula fissa connettivale. Infine un’al- tra forma cellulare bene differenziata si riscontra in alcune parti di questo tessuto ed è la cova pigmentaria o cr0- matoblasto. E di quest'ultima specie cellulare del connettivo, voglio. dire dei cromatoblasti, che tratterò in questo lavoro, aven- done richiamata la mia attenzione un’osservazione fatta da me su 1 cromatoblasti della zampa della rana, che in seguito della produzione della stasi alla Bier, mediante legatura dell'arto (1) si contraggono e si riducono perfettamente a piccole palline nere, per poi tornare a distendere i loro numerosi prolungamenti o pseudopodi appena cessata la stasi. tolto iene” stata *laecio: Tale capacità di contrazione di queste cellule è invero cosa di vecchia conoscenza perchè già si risapeva come il diverso grado di luce esteriore e l’irritazione dell’ani- male modifichino lo stato dei cromoblasti, e da ciò ne risultino i cambiamenti di colore della pelle, ben cono- sciuti da tutti, sia per le rane, sia ed anche meglio per il camaleonte, che ne hanno il derma copiosamente co- sparso. Prima d’entrare nell’apprezzamento di queste capacità (vedi fig. 1 e 2), vitali dei cromoblasti dirò, che questi sono (1) MARCHESINI, Contributo allo studio della stasi alla Bier. — La Clinica Medica Italiana, anno XLVII, 1909. SULLA NATURA E FUNZIONE DEI CROMATOFORI DELLA RANA 289 cellule molto grandi e ricche di numerosi prolungamenti, e sono caratterizzati per la presenza nel loro protoplasma di fine granulazioni che nei batraci dal nero intenso pos- sono presentare tinte molto diverse. Queste granulazioni di pigmento o di 7e/azzza sono state trovate insolubili nell’etere, nell’alcool, nell'acqua; resistenti all’ acido sol- forico, ma che vengono disciolte dalla potassa e decolo- rate dal cloro. Tale pigmento intimamente mescolato al protoplasma rispetta sempre il nucleo che appare come una macchia bianca nell'interno del corpo cellulare nero. Nell'uomo e nei mammiferi queste cellule pigmentarie si riscontrano nell’iride, nella coroide, nel derma, ed in questo ve ne sono tanto più abbondanti quanto più l'epi- dermide sopragiacente è maggiormente pigmentata (pelle del negro). Nei vertebrati inferiori (batraci) i cromatofori sono molto più abbondanti; si riscontrano negli organi interni, peritoneo, polmone a ridosso dei vasi, ed innumerevoli sono nel derma cutaneo dove costituiscono il colore della pelle variopinta di questi animali. Molti sono gli studi su questo genere di cellule per spiegarne la loro intima costituzione, la loro funzione ed i loro rapporti con il sistema nervoso, studi di grande im- portanza nella vita dell'organismo intero e che potranno gettar luce anche su fatti patologici per spiegarne l’ori- gine e l'evoluzione. In proposito di ognuna di queste ri- cerche, riportando le osservazioni degli altri autori, dirò quale sia il mio modesto contributo, che le esperienze dei fatti mi avrebbero messo in grado di apportarvi. « Secondo le esperienze di Paul Bert, Vulpian, Pouchet, « Phisalix, Milne Edwards, Brucke, Virchow, Lothar-Meyer, « Vittich, Lister, Goltz, Leidig, Lode, Binnermann, Freide- « riq, Klemsiewiez, Blancard, Biedermann, Fischel, verrebbe « ammessa un' influenza da parte del sistema nervoso. E « Paul Carnot (1) avrebbe mostrato che le innervazioni dei (1) LAIGNEL-LAVASTINE, Recherches sur les Plexus Solaire. — Paris, Georges Steinheil, éditeur, 1903. 290 RINALDO MARCHESINI « cromoblasti della rana obbediscono ad un principio gene- « rale d'azione nervosa ed allo stesso tempo che vi sono « dei nervi vaso-coscrittori e vaso-dilatatorî, esistono nervi « cromato-costrittorìî e cromato-dilatatorî. Questi nervi sa- « rebbero difficilmente isolabili anatomicamente e sarebbero « contenuti in proporzioni diverse nei medesimi tronchi. « nervosi, ma essi avrebbero dei centri differenti e la loro « influenza potrebbe essere dissociata da ci n reattivi fisio- « logici. Così il cloridrato di anilina al 5 °/., la nicotina «a gr. 5 °/, e il Ki sarebbero cromato-costrittori ; il nitrito « d'amile, invece, l’etere e il cloralio sarebbero cromato- I « dilatatorîi. Delle esperienze fatte con queste sostanze mo- i « strerebbero che lo sciatico della rana contiene alla sua | « volta delle fibre centripete, determinando un riflesso cro- « mato-motore e delle fibre centrifughe formate da fibre « cromato-dilatatrici e di fibre cromato-costrittrici. « Altre esperienze fatte sui tegumenti, le guaine peri- « arteriose, la midolla, il bulbo e il simpatico addominale « avrebbero permesso a Paul Carnot di arrivare alle con- « clusioni seguenti: - L'azione sulle sostanze cromato-dila- « tatrici e cromato-costrittrici non si esercita punto diretta- « mente, ma per l'intermediario del sistema nervoso; lo « sciatico conterrebbe due sorta di fibre cromato-motrici « (fibre di eccitazione e fibre di arresto) e di più delle « fibre centripete. « La rete nervosa periarteriosa conterrebbe egualmente « queste due sorta di fibre. I centri sono mal definiti, ed « è probabile che essi sieno multipli e posti su grande su- « perficie. gi «I riflessi cutanel ed'ottici sono una delle grandi cause « di cambiamenti di colorazione. Sembra che il fatto di « sopprimere la vista sviluppi di più la sensibilità cutanea « alla luce e che i riflessi oculari vengano suppliti dalla « eccitazione dei riflessi cutanei. « Le ricerche cliniche patologiche sui rapporti della pigmentazione con il sistema nervoso (vedi Laignel-Lava- stine l. c.), per quanto numerose, non hanno ancora fatto « capo a conclusioni ben precise. In assenza di queste A A SULLA NATURA E FUNZIONE DEI CROMATOFORI DELLA RANA 29I « dimostrazioni si può spiegare per due intermediarì la « pigmentazione cutanea sotto la dipendenza del sistema « nervoso : sia, per esempio, una pigmentazione autoctona « sotto la dipendenza di una lesione di un nervo cutaneo « che ha turbato il metabolismo ordinario delle cellule, o <« sia una pigmentazione di origine sanguigna dovuta alla « insufficienza di un organo distruttore dei residui ematici; « insufficienza ella stessa sotto la dipendenza di una turba « nel meccanismo nervoso regolatore di quest'organo. E’ così « forse che si dovrà interpretare l'influenza del sistema ner- « voso sia nello stato fisiologico, che nello stato patologico « sulla attività funzionale di queste cellule » . Ora io ottenevo, come ho detto, la contrazione com- pleta dei cromatoblasti della rana, producendo una stasi mediante un laccio sulla coscia. Assistevo allo svolgersi di questi fenomeni sottoponendo la zampa e tenendone dila- tata e fissa la membrana interdigitale con spille su tavola di sughero forata, al microscopio: e notai sempre che per una completa contrazione doveva passare un'ora. La con trazione rimaneva costante se non veniva rimosso il laccio, laddove invece, se questo si toglieva, i cromoblasti torna- vano ad espandersi come al normale. Queste osservazioni richiamarono la mia attenzione, e per vedere quale influenza potesse averci il sistema ner- voso sottoposi altre rane all’eccitazione dello sciatico messo a nudo sia con mezzi chimici, sia con correnti elettriche. Così pure produssi in altre rane il taglio completo dello sciatico fino alla sua origine, come di tutti i nervi che fuoriuscivano dal coccige ed entravano ad innervare la gamba in esame; in altre tentai l’azione del radio. Pensai inoltre chc potesse concorrervi l’asfissia e lo sviluppo di acido carbonico, e perciò dissanguai alcune rane, ed altre ne uccisi per osservarle nello stato di morte. Ze contra- zioni dei cromoblasti che st ottenevano con la stasi non furono vedute ripetersi con nessuna delle sopradescritte esperienze. Secondo queste mie osservazioni, sfuggirebbe vera- mente l’azione diretta del sistema nervoso, come gli autori citati vorrebbero ritenere, e tornerebbero in campo altri 202 RINALDO MARCHESINI fenomeni vitali intracellulari, di cui cercheremo di dare una spiegazione adeguata. « A A < A [( A A A < À A A A À A A À A < A « A A A A A A A «I cromoblasti essendo sottoposti all'influenza del si- stema nervoso, dovrebbero ricevere delle terminazioni nervose, ed è perciò che con Leydig (1873) numerosi autori hanno creduto di vedere delle fibre nervose met- tersi in continuità col protoplasma dei cromoblasti. « Eberth e Bunge (1) col metodo di Golgi avrebbero recentemente mostrato delle fibre nervose nude che an- drebbero a terminare per ramificazioni libere con una specie di bottone e mettersi così a contatto con i cromo- blasti alla superficie senza penetrarli. « Ballowitz (2) avrebbe fatto vedere che i cromatofori sono in rapporto con fibre del sistema nervoso. I tronchi nervosi si manifesterebbero nel derma e fornirebbero dei fini fasci frequentemente uniti fra loro, che finalmente darebbero nascita a delle reti o maglie larghe ed irre- golari: queste reti emetterebbero i nervi motori e colo- ratori distinti a questi elementi. Ciascun cromatoforo riceverebbe un numero variabile di fibrille, alle volte così considerevole che è impossibile di determinarli. Di più vi sarebbero grandi differenze da un elemento all’altro, e questi nervi possono lungo il loro tragitto fornire suc- cessivamente dei rami ad una. serie di cellule, e giammai esisterebbero elementi ganglionari sia sul tragitto dei nervi coloratori, sia a lato delle cellule pigmentarie. I nervi coloratori aborderebbero i cromatofori e si divi- derebbero dicatomicamente in maniera completa: una parte delle branche di ramificazione si situarebbero su l'una delle faccie; l’altra sulla faccia opposta del croma- toforo. In seguito di questa disposizione ben particolare, ciascuna cellula pigmentaria si troverebbe situata fra due 1) EBERTH e BuNGE, Die nervosa der Chromatophoren bei Fischer (Arch. f. mik Anat., 1895). — Vedi ANDRÉ VULPIAN, Des melanoder- mies. — Paris, Steinheil édit,, 1896. (2) BALLOWITZ, Zerminazioni nervose delle cellule pigmentarie. — (Zeitsch. f. Wissensch. Zool., t. VI, 4-685). SULLA NATURA E FUNZIONE DEI CROMATOFORI DELLA RANA 293 < plessi. Ciascuno di questi plessi si invierebbero delle ana- « stomosi per mezzo di fibrille che passano a traverso il « corpo cellulare. Le fibrille si terminerebbero tutte ad « estremità “bere e non vi sarebbe rete terminale. L'in- « sieme di queste terminazioni in rapporto con ciascun « cromatoforo costituirebbero una vera placca nervosa ter- « minale. « Tutte queste disposizioni che si possono constatare « quando le cellule pigmentarie sono in espansione, sareb- « bero ancora molto più nette quando le cellule sono re- « tratte: è allora possibile constatare che queste restereb- « bero in relazione con la parte protoplasmatica dei cro- « matofori. A queste ricerche istologiche ho voluto contrapporre anche le mie osservazioni per notare, qualora vi fosse un rapporto con il sistema nervoso, in qual modo si compor- tassero le fibre nervose su cromatoblasti contratti ed qual modo su cromatoblasti allo stato di distensione. Ho ricorso \perciò al metodo della impregnazione al cloruro d'oro ed ho potuto convincermi che stante il gran numero delle cellule connettivali riccamente ramificate è assoluta- mente impossibile distinguere nell’intricata rete di fili, quali spettino alle fibre nervose e quali alle fine ramificazioni protoplasmatiche cellulari che si intersecano in ogni senso e che assumono la stessa tinta di colore, come pure av- viene con la impregnazione all'argento. Perciò a mio av- viso tutto ciò che è stato visto e descritto dagli autori non è facilmente riscontrabile riguardo al derma delle rane dove, come si è detto, le cellulle connettivali ramificate assumono tutte sorta di disposizioni da far credere a terminazioni nervose i tratti di contiguità in cui si mettono le cellule connettivali con i loro filamenti protoplasmatici. Il fatto rilevante invece che verrebbe fuori dalle mie osservazioni nella contrazione assoluta di queste cellule cromatofore nel periodo della stasi, è il rapporto inconte- stabile che queste cellule debbono avere con i vasi san- guigni. Con la replezione dei vasi e con la stasi circola- toria queste cellule si contraggono, col riattivarsi della 2094 RINALDO MARCHESINI circolazione e lo svuotarsi dell’'eccessivo sangue dai vasi queste cellule tornano a distendersi. Sicchè senza. dover ammettere che la rete nervosa perivasale possa contenere queste due sorta di fibre nervose cromatocostrittrici e cromatodilatatrici (Carnot) noi potremo semplicare i fatti ritenendo che i movimenti dei cromatofori siano piuttosto legati allo stato di contrazione e di dilatazione dei vasi sanguigni, ed ecco come il sistema nervoso, ancorchè in- direttamente, possa pure avere una grande influenza sulla contrazione di queste cellule. Questo asserto verrebbe anche confermato dal lavoro del Corona e Moroni (1) che pro- ducono la contrazione dei cromatofori mediante iniezione di adrenalina. Il movimento protoplasmatico di queste cellule deve avere certo un'altra finalità nelle funzioni dell’ organismo che non sia quella della semplice variazione dei colori. Innanzi tutto non è risaputo se questa proprietà di con- trarsi sia speciale di queste cellule cromatofore o lo sia per tutte le cellule connettivali ramificate; giacchè l’averlo osservato solo nei cromatofori potrebbe stare semplice- mente al fatto che queste cellule si rendono a noi visi- bili per il loro pigmento e le altre no. Giacchè se si pensa alle diverse descrizioni fatte dagli autori delle cellule con- nettivali fisse, di corpuscoli connettivali, di fibroblasti, ecc., finchè con Ranvier dietro accurata preparazione non ne siamo venuti a conoscere la vera forma, vuol dire che in date circostanze ed in dati stadii le cellule fisse del ‘con- nettivo possono assumere forme diverse da quella descritta da Ranvier. Uniformando queste cellule alle cellule fisse del con- nettivo ed anche meglio ai clamastociti, ho voluto vedere se anche queste cellule fossero suscettibili di modificazioni in rapporto ad uno stato infiammatorio o semplicemente irritativo. (1) Corona e MORONI, Azione dell’ estratto di capsula surrenale su î cromatofori. — « Riforma medica » 1898. SULLA NATURA E FUNZIONE DEI CROMATOFORI DELLA RANA 2905 A riprova di quest’'asserto ho voluto iniettare sotto pelle nella zampa di rana della fina polvere di carminio sospesa nell'acqua: e ciò in un periodo di stasi ossia con legatura dell'arto, ed allo stato normale di circolo, per vedere quale aspetto e quali funzioni assumessero ed eser- citassero i cromatotori in tali contingenze, stimolati così dalla presenza di corpi estranei. Nelle condizioni di stasi protratta per 12 a 24 ore i cromatofori ‘che alla prima si erano raggruppati e con- tratti da formare piccoli punti neri, si vedevano da essi poi emanare dei piccoli granuli ed infine il cromatoforo stesso perduta la sua forma di assoluta contrazione presentava gradi diversi di segmentazione diretta senza però trasformarsi in vere forme cellulari embrionali. Nelle condizioni normali invece (senza stasi) i cromatofori assumevano altra dispo- sizione, essi non ritiravano i loro prolungamenti, anzi li allungavano e poi venivano in parte a segmentare in tanti piccoli bitorzolini di forma varia. In tempo piu avanzato il cromatoforo si scorgeva circondato da una quantità di piccole parti distaccate che finivano poscia in una vera polvere di granuli, 1 quali si andavano così a mescolare con i granuli di carminio (vedi fig. 1 e 5). Questi cromatofori adunque non avrebbero la capacità descritta da Ranvier dei clamastociti di poter tornare in seguito a fatti irritativi o infiammatori in cellule libere fagocitarie, ma resterebbe loro l'ufficio di vere cellule se- cretorie secrezione oloccrina, e perciò avrebbero assunto un grado di differenziazione maggiore. Ad interpretazione migliore di questi tatti ho voluto ricorrere ad altre esperienze. Iniettando nell’addome di rana o nel sacco linfatico dorsale una sospensione in acqua di granuli di carminio ed esaminando con i processi di *tec- nica voluti e dopo giorni diversi i tagli istologici di tutti gli organi della rana, si vede che i leucociti si sono im- possessati di questi granuli di carminio, ma quello che più interessa al caso nostro è che nei vasi sanguigni di tutti gli organi ed essenzialmente nel fegato, unitamente alle cel- lule portatrici di granuli di carminio si veggono, entro i 296 RINALDO MARCHESINI vasi, sempre a loro contatto delle zolle più o meno grandi di pigmento cromatoforo (vedi fig. 3). Se sl prende una piccola porzione di polmone di rana iniettata con carminio sotto pelle, e si distende a fresco sul porta oggetti stirandolo in modo da disporlo a strato sottile o si include per farne tagli istologici,sul parenchima polmonale oltre i cromatofori si rinvengono accumoli di granuli di carminio a ridosso di gocce adipose ed in modo da assumere forme simili ai cromatofori in cui in luogo del nucleo vi si riscontra una goccia centrale di grasso. Nell’interno poi dei vasi si rinvengono granuli più o meno grossi di pigmento nero e cellule bianche ricche di car- minio (vedi fig. 4). | I cromatofori del polmone di rana a seconda dei giorni che si è tenuto in vita l’animale dopo la iniezione di carminio si veggono in atteggiamenti diversi. Nei primi giorni si ingrossano, si espandono e si segmentano grossolanamente ; dopo giorni ulteriori si veggono numerose zolle nere di varia grandezza fino a granuli isolati a molta distanza dai cromatofori che sono tutti in aspetto di frammentazione e le piccole zolle ed i granuli neri sono sparsi alla rinfusa con granuli di carminio (vedi fig. 5 e 1). Ulteriormente poi le cellule. madri cromatofore si rinvengono esili e frammentate come se fossero ridotte così dall’eccessiva segmentazione dei loro prolungamenti per cui abbiano perduto una gran parte del loro proto- plasma (vedi fig. 6). Oltre il 30° giorno la segmentazione dei cromatofori sembra finita e nei vasi non sl scorgono più cellule portatrici di carminio e solo si veggono di- sposti i granuli di carminio nel parenchima polmonale alla guisa dei cromatofori, a formare a ridosso di una gocciola di:grasso degli accumoli da potersi, per il solo aspetto, dire cromatofori rossi, e costituire così un polmone, si per- metta l’espressione, carmzzzzotico (vedi fig. 4). Le osservazioni fatte sui cromatofori del peritoneo nelle medesime condizioni, ripetono esattamente 1 fatti os- servati per la zampa di rana e per il polmone, e. perciò possiamo ritenerli fatti generali propri di queste cellule eo SULLA NATURA E FUNZIONE: DEI CROMATOFORI DELLA RANA 2907 cromatofore che nell'organismo avrebbero la /urzione di secrezione interstiziale interna. Origine e natura del pigmento nei cromatofori. — Dal Duval apprendiamo che il pigmento è un'elaborazione del protoplasma. Questa elaborazione sarebbe prodotta con i materiali che il protoplasma prende, dal sangue, poichè la melanina di cui è composto contiene, come l’emoglo- bina del ferro nella proporzione di 0,25 per cento. Nel- l'uomo e nei mammiferi, come abbiamo detto, queste cel- lule congiuntive pigmentate si riscontrano nella coroide, nell'iride e nel derma, ed in questo ve ne sono tanto più abbondanti quanto più l'epidermide sopragiacente è mag- giormente pigmentata. Da ciò è nata la teoria per cui il pigmento dell'epidermide non sarebbe punto elaborato dalle cellule epidermiche ma sarebbe loro fornito dalle cellule connettivali pigmentarie dermiche o cromoblasti, i quali sarebbero dotati di movimento ameboide, in modo che dopo essersi caricati di pigmento in vicinanza del vasi per trasformazione dell'emoglobina, le porterebbero agli elementi dell'epitelio cutaneo sopra giacente. Il Duval crede però che le cellule dell'epidermide abbiano anche esse la proprietà di elaborare il pigmento. Seguendo ora le mie esperienze in proposito faccio innanzi tutto notare che le rane a cui iniettavo carminio erano soggette ad una rapida muta epidermica che si mostrava sempre colorata in rosso per granuli di car- minio. Distesine dei lembi su portaoggetti ed essiccati al- l’aria e chiusi in balsamo ho osservato che dagli stomi epidermici e dalle glandole si rinvenivano sempre ricche quantità di granuli di carminio portati da cellule bianche. Evidentemente è questo un modo di eliminazione per questi animali delle scorie inutili. e dannose che possono trovarsi in circolo, e la muta epidermica potrebbe stare a favorire questa eliminazione. Tale osservazione fatta per questi animali inferiori potrebbe portar luce sulla causa delle pigmentazioni della pelle dell’uomo. Il processo iniziatore grazie al quale l’epi- 298 RINALDO MARCHESINI dermide si carica di pigmento è segno, secondo il Karg (1), di un movimento attivo .dei materiali nutritivi verso l’epi- dermide ; ma stando alle nostre osservazioni potrebbe es- sere anche un mezzo buono per l'eliminazione ; essendo la pelle come il polmone sottoposta più facilmente alle ossidazioni e quindi alla riduzione di questi materiali in ceppanti. Nei mammiferi dove non è più possibile una re- golare muta epidermica è massimamente il polmone adi- bito a questa funzione ? Esaminando in tagli istologici la tr di rane iniet- tate di carminio si veggono 1 vasi della pelle turgidi di sangue per uno stato iperemico e cellule bianche entro e fuori dei vasi cariche di granuli di carminio fino nella stessa epidermide fra le sue cellule. Esperienza questa che ci mostra come 1 granuli di carminio possano giungere tra le cellule dell’ epidermide portati dalle cellule bianche e come, ne possa avvenire l'espulsione con la caduta dei lembi epidermici; iperemia e pigmentazione anche qui riscontrati come nella pelle umana per innesti di pelle bianca su negri e di pelle nera su bianchi eseguita dal Karg. Queste pigmentazioni da me prodotte artificialmente ci svelerebbero il modo di procedere nella formazione per deposito dei pigmenti epidermici, dovuti all’azione fago- citaria e di trasporto delle cellule bianche del sangue. Cosicchè la pigmentazione sarebbe una funzione dif- ferente da quella dei cromatofori, che sono cellule ben differenziate che assumerebbero invece il carattere parti colare di cellule a secrezione interna. (1) KARG, Developpement du pigment. Archiv, f. Anat. und. phys, Anat. Fasc. XI e XII. Serie Il - Vol. X. Anno XVIII - 1909. BOEEEFFINO BElENSO0OCIETAZOOLOGKCA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente onorario Ss. M. il RE ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal Prof. Comm. ANTONIO CARRUCCIO Contributo alla conoscenza dei mol- luschi terrestri e d’acqua dolce del Lazio. PER IL DOTT. GIUSEPPE LEPRI Primo Aiuto nel predetto Istituto Si può dire che la Malacofauna terrestre e d’acqua dolce del Lazio, sia ancora ben poco conosciuta, benchè questo ramo della nostra Zoologia abbia avuto, sopratutto in addietro ferventi, amatori e specialmente raccoglitori: fuvvi un periodo, or sono parecchi anni, in cui il racco- gliere conchiglie era divenuto quasi una moda. Si forma- rono numerose raccolte, alcune ricchissime per numero e rarità degli esemplari. Una di queste, sopratutto, è ancor oggi nobilissimo monumento di ciò che possa l’amore alle bellezze della natura anche in chi non ha dedicato ed essa studi speciali, distoltone da ben diverse e più gravi occu- pazioni. Parlo della splendida raccolta di conchiglie e ter- restri e marine e d'acqua dolce di ogni parte del mondo, ricca di oltre 10,000 specie, messa insieme dai signori fratelli Rigacci di Roma, in non molto lungo volger d’anni dal 1860 al 70, ed ora conservata nel Museo zoologico della R. Università di Roma. Ma questa collezione ed altre come quelle del Donati, dello Zuccari, Fontemaggi 557) Alibrandi, Statuti, pur troppo quasi tutte andate di poi 348 GIUSEPPE LEPRI disperse, non possono gran che servire per studi faunistici, per chi vuole rendersi conto della fauna malacologica di una limitata regione, quale il Lazio. Poichè nel tempo in cui furono formate queste raccolte, non si aveva ancora un'idea, almeno in Roma, dell'importanza dello studio delle faune regionali, della distribuzione di ogni singola specie anche in regioni relativamente limitate, non si an- netteva un gran valore, dal punto di vista zoologico, alle numerose serie d'individui di una stessa specie mostranti tutte le variazioni che essa specie può presentare a se- conda dell’ hab:fat, della stagzone, dell'età ecc. ecc. Si mi- rava più che altro a mettere insieme il maggior numero di specie, di generi, di famiglie di un dato gruppo, di un dato tipo, senza curarsi di raccogliere i dati più minuti in- torno all’ 4ab:at, alle variazioni, all’ epoca della comparsa ecc. di ogni singola specie. In altre parole si mirava piuttosto ad illustrare un dato gruppo animale, anzichè la fauna di quella 0 questa regione. Parlando limitatamente al La- zio possiamo dire che oggi non è più così: ed è merito dell’attuale direttore dell'Istituto zoologico Universitario. prof. comm. Antonio Carruccio il quale compreso della grandissima importanza che hanno nell'interesse generale della scienza, gli studi faunistici limitati ad una data re- gione e le raccolte regionali, diede ad essi validissimo impulso incoraggiando in quest'ordine d'idee gli studiosi raccolti intorno a lui. ma principalmente fondando ea wove nel Museo zoologico Universitario la splendida e ricca collezione di tutta la Fauna della Provincia di Roma. Molti volenterosi lo seguirono ed egregiamente illustrarono varii rami della Fauna romana, la quale sebbene presenti sempre nuovi campi da esplorare, possiamo dire che oggi sia stata in buona parte studiata ed illustrata. Ben poco fu fatto per i Molluschi sia marini, sia di acqua dolce e terrestri e poco ne sappiamo della nostra malacofauna. Infatti a riguardo dei molluschi terrestri e d'acqua dolce non abbiamo che un lavoro d’indole complessiva: un Ca- talogo metodico e sinonimico dei Molluschi terrestri e flu- viatili viventi nella provincia di Roma, dell'ing. A. Sta- CONTRIBUTO ‘ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 349 tuti, pubblicato nel Bollettino della Società Malacologica italiana. Lavoro condotto accuratamente e con criterii scien- tifici ma a parer mio deficiente, non per il numero delle specie citate che.è rilevante, ma per la troppo limitata. regione esplorata dallo Statuti, onde non dà una idea esatta della distribuzione delle specie nella Provincia romana. Prima di lui il Gentiluomo ed il Cantraine pubblicarono brevi e molto limitate note di molluschi della campagna romana, e recentemente il prof. Romolo Meli ci ha dato delle interessanti monografie su determinate specie: (vedi Bibliografia). Ciò è ben poco e molto ancora rimane da fare prima che la nostra malacofauna, terrestre e d’acqua dolce, sia per intiero illustrata. Nè è lavoro da un solo. Occorre a tal uopo, raccogliere il maggiore materiale possibile: come ho detto, le antiche raccolte poco possono servire a questo scopo. Bisogna incominciare daccapo. Non basta raccogliere e conservare un gran numero di esemplari, è necessario esplorare un gran numero di regioni diverse, tenendo conto di tutte le condizioni del suolo, rispetto alla sua natura geologica, ed alla vegetazione che lo riveste, alla sua esposizione, e questo nelle diverse stagioni e nelle diverse condizioni meteorologiche. Un materiale rac- ‘colto, per varii anni di seguito, con i suddetti criterii real- mente potrebbe servire a darci un'idea della nostra fauna malacologica ‘extramarina. Incoraggiare gli studiosi e dilettanti di malacologia «desiderosi di ‘illustrare e far conoscere questa parte della nostra ricchissima fauna ad accingersi a questo lavoro, imponente sì, ma altrettanto attraente, offrir loro per così «dire un punte di partenza, «€ porre a loro disposizione il ‘pochissimo che ho potuto fare, ecco lo scopo di questo mio lavoretto. Ed è certamente ben poco quello che io ad essi pre- ‘sento, anche per il tempo troppo limitato che ho potuto «consacrare allo studio dei Molluschi. Per la maggior parte «delle specie non ho fatto che ‘ampliare e completare le inotizie che ce ne dà .lo Sfa/u/, sopratutto riguardo alla di- 350 GIUSEPPE LEPRI stribuzione geografica, cercando di stabilire, il meglio che- mi è stato possibile l’area di diffusione di ogni singola. specie. Spero in un tempo non lontano di portare un 2° con- tributo alla conoscenza dei Molluschi laziali. Ma intanto, se così qual'è, il mio lavoro potrà tornar utile ai giovani. che volessero dedicarsi a questo attraentissimo ramo della. Zoologia, il che vivamente mi auguro, le mie fatiche sa- ranno ad usura compensate. GiusepPpE LEPRI. Dall’Istituto zoologico della R. Università di Roma. Ho creduto utile premettere un cenno geografico della: provincia di Roma o Lazio, dal punto di vista della sua. | orografia e idrografia e della natura dei suoi terreni, e della. sua vegetazione. Ho adottato questa denominazione, an- zichè quella di agro romano 0 campagna romana, da molti. usate in simili casi. L’agro romano ha una delimitazione- molto incerta ed artificiale. Per lo più s'intende quello. immenso triangolo che ha la sua base al littorale, il suo- vertice alle falde dei Monti Tiburtini e gli altri due an- goli al capo Linarò presso Civitavecchia e ad Anzio e- Nettuno. La provincia di Roma, invece, benchè possa sem- brare una regione delimitata da un punto di vista ammi- nistrativo, ha confini naturali, una configurazione tutta sua_ propria, una tale varietà nella natura del suo terreno, nella vegetazione, ecc., da dare certamente un aspetto tutto. proprio ed interessantissimo alla sua fauna. La provincia di Roma compresa tra i gradi di latitu- dine ‘41° 18° 14° e 42945093 estras iosa dida ne tudine del meridiano di Monte Mario. 1° 1° e 1° 4° 5° ha forma grossolanamente parallelogrammica, con una super- CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 3 Ul n ‘ficie di kmq. 11,917.12; confina a N con la provincia di Perugia e con quella di Siena, a NE e ad E con la pro- vincia di Aquila, a SE «con quella di Caserta, a S e ad O «con il mare Tirreno, ad NO con la provincia di Grosseto. Nella sua configurazione generale è costituita da una re- gione più o meno pianeggiante, ondulata, e variamente .accidentata che va da Sud ad Ovest a perdersi nel Tir- reno, mentre da Nord-Ovest a Sud è recinta ad anfiteatro dalle diramazioni dell'Appennino. Dal punto di vista oro- idrografico la provincia di Roma rimane divisa in tanti bacini costituiti dalla speciale disposizione dei suoi monti ; i quali, molto all'ingrosso, possiamo dividere in Calcarez ‘rappresentati da diramazioni dell'Appennino e disposti più o meno parallelamente al mare; ed in Va/canzci che da «quelli si dirigornio perpendicolarmente al mare. Vengono ‘così a costituirsi quattro grandi bacini: di £L'o/sezza, Cern- .trale o del Tevere, Meridionale o delle Paludi Pontine, del «Sacco. Non credo inutile-dare un rapido cenno descrittivo di «ciascuno di essi; il che servirà ad illustrare ed a precisare «gli Rabitat delle singole specie di cui in seguito farò parola. Il bacino di £o/sera, limitato da colline che rappresentano gli ultimi contrafforti dell’Amiata, dal Tevere, dai Monti “Cimini, dai Monti Ceriti e dal mare, è una delle regioni più caratteristiche della nostra Provincia. Esso è compreso ‘tra due gruppi vulcanici: il Va/sezzo il cui cratere spro- fondato è ora rappresentato dal lago di Bolsena, il più ‘importante della Provincia, con una superficie di 11,164 «ettari; ed il Cz77270 in cui parimenti l'antico cratere è «ora occupato dal lago di V7c0 posto a circa 500 m. s/m, con una superficie di ettari 1276. La natura geologica «quindi di questo bacino è emininentemente vulcanica, ed il tufo vulcanico e le trachiti affiorano continuamente, so- ‘prattutto dove il terreno presenta delle ondulazioni, o dove le acque hanno esercitato la loro azione corrosiva. Nella ‘sua parte centrale, più o meno pianeggiante, è quasi tutto ‘incolto, in parte a ‘pascoli, in parte rivestito di boscaglie «estesissime, costituite in gran parte da rappresentanti dei GIUSEPPE LEPRI? 0) Ul IS) generi: Quercus, Carpinus, Ostrya, Alnus, Ulmus, Fraxinus,. Ligustrum, Eryca, Mespylus, Cytisus, Genista, ecc., ecc. Nelle colline, alle falde dei monti soprattutto nelle vici- nanze dell'abitato è coltivato prevalentemente a vigneto ed ad olivi. Sulle alture poi è quasi interamente rivestito di boschi prima di quercie e di castagni, e sulle vette di faggi. Pochi e di non grande importanza. sono i corsi di acqua che solcano questo bacino. Citerò il Mignone il cui corso è per gran parte incassato tra le roccie di tuto vul- canico ; il Marta, emissario del lago. di Bolsena, la Fiora ed altri secondari. Il bacino centrale e del Zevere è chiuso a N dal Ci- mino, ad E dai contrafforti appenninici, a S-dai Monti La- ziali, ad O dal mare. Nella parte superiore del bacino,. compresa tra il Cimino, il Soratte e l'Appennino, il Te- vere scorre in larghe curve, attraverso una ridente vallata. coltivata prevalentemente a frumento, ed interrotta qua e là da sporgenze di terre calcaree: lasciato ad Ovest il gruppo vulcanico dei Sabatini, rivestito di folti boschi di quercia e di castagni, che incorniciano il bel lago di Bracciano, il bacino si allarga e discende a formare la pia- nura che sta più vicina a Roma. Il nucleo del suolo è formato da correnti di lava, solcato da innumerevoli bur- roni boscagliosi, mentre nelle parti pianeggianti è deserto e brullo, quasi tutto a pascoli od a coltura di frumento. Verso SO il terreno piega al mare, formando la grande zona littoranea, limitata al N dai monti trachitici della. Tolfa, ricoperti di boschi ed al cui piede, sulla sponda del mare, elegantemente si asside Civitavecchia. . Verso Roma, l'immensa pianura littoranea, di origine alluvionale è solcata da molti corsi d’acqua, tra cui 1'A4r- rone emissario del lago di Bracciano, quasi. tutta deserta. ed incolta in gran parte paludosa,. separata dal mare da serie di dune o fumofleti rivestite di boscaglie sempreverdi, sostituite alla foce del Tevere, ad Ostia, Castel Fusano, da. un'immensa e secolare pineta.. Al di là del Tevere alle. falde dei Laziali, che costituiscono il limite meridionale: di questo grande bacino, ricomparisce ilLterreno di natura. CON''RIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 353 vuleanica,. e la coltivazione, che si estende ‘per 1 fianchi del vulcano laziale, alla quale si sostituiscono sulle vette folti boschi di castagni di quercie, faggi, olmi, ecc. Questo gruppo comprende due piccoli laghi formatisi al solito per sprofondamento di due crateri: il lago di Albano, con una superficie di 602 ettari, e quello di Newz, con una superficie di 175 ettari, Dai Monti Tiburtini, che chiudono a SE questo bacino scende l’Aniene che sbocca nel: Tevere quasi alle porte di Roma, dopo aver traver- sato, serpeggiando, la parte più desolata e brulla della pianura romana. Il terzo bacino, delle Pa/ud: pontine o Meridionale, è biniatoa|EN&dallimonisEazialiitad “E eta *S \dalimonti Lepini, ad O dal mare. E’ costituito da una pianura di- scendente dolcemente da Nord a Sud e separata dal mare da una lieve proeminenza longitudinale, che impedisce il diretto deflusso delle acque al mare. Questa immensa pia- nura lunga 66 kl. e larga 95 e tutta allo stesso livello è di natura assolutamente alluvionale, quasi tutta paludosa, e in gran parte ricoperta di boschi. Lungo il mare e se- parati da esso per strette lingue di terra, troviamo vari laghi, o meglio lagune, di acqua salmastra quali il così detto lago di Fogliano, dei Monaci, di Caprolace, di Paola. Chiude, a ->5::questo; bacino il. monte «Girceo., o Circello, immenso. masso! calcareo, di 14015 kil. di circuito, che si eleva a picco sulle sponde del mare ‘mentre tutta la immensa pianura che lo circonda è, come ho detto, di natura alluvionale. La catena calcarea dei monti Lepini, in gran parte brulli, solo sulle vette rivestiti di faggi separa questo bacino dalla valle o baco del Sacco: compresa tra le due masse calcaree dell’ Appennino propriamente detto e dei Lepini per una lunghezza di circa 80 kilom. Scorre dapprima il Sacco tra rocce vulcaniche, a cui suc- erdonortocce ealearce. ila vallata «sti allarga. ed è tutta molto ben coltivata. Da Frosinone a Ceprano compaiono terreni argillosi e sabbiosi, sempre accuratamente coltivati. . Due parole in ultimo sulla valle dell'Aniene cui già ho accennato. L’Aniene sgorga dai fianchi del Monte Viglio 354 GIUSEPPE LEPRI il più alto dell'Appennino romano, e scende per una stretta gola, scavata in roccie calcaree, sormontata da monti ricchi di pascoli e rivestita -da immense faggete. A Subiaco la valle si allarga in una piccola pianura coltivata a grano e vigneti: qui tutta la regione è ricchissima di acque sor- give che forniscono a Roma la cosidetta Acqua Marcia che sgorga più sotto sul ricco bacino idroforo di Arsoli. La valle dell'Aniene sempre più allargandosi, dopo le ce- lebri cascate di Tivoli, sbocca nella campagna romana pro- priamente detta. A completare questo rapido cenno sulla configurazione della Provincia romana non ci resta che dare uno sguardo alla sua orografia. A Nord troviamo anzitutto il gruppo dei monti /7%- sit rappresentanti i labbri craterici dell’antico cono Vul. sinio o di Bolsena, gruppo che raggiunge la sua maggiore elevazione al poggio Evangelista (663 m.) ed a Monte Fiascone (615). Questo gruppo vulcanico è prevalentemente rivestito di vigneti e di boschi di castagni. Sul medesimo asse di sollevamento, tra la valle del Tevere ed il mare troviamo il gruppo, anch'esso vulca- nico, del Czrzzz0 che raggiunge l'altezza di 1057 metri. Anch'esso coltivato alle falde, e rivestito, sui fianchi, in- teramente di castagni, di quercie, di aceri, sulla vetta di faggi secolari. Poco più al Sud sorge il vasto ma depresso gruppo dei vulcani. Saba: o di Bracciano, che non oltre- passa i 600 m. e rivestito quasi esclusivamente di vigneti e di castagneti cedui. Ad Oriente di questi tre gruppi si erge isolato, sui tufi circostanti, il calcareo Monte Soratte, alto quasi metri 700 € quasi scarsamente rivestito di quercie sui fianchi. Ad Ovest, tra il Cimino ed il mare, abbiamo il gruppo trachitico dei Monti Ceriti e della Tolfa, non oltrepas- sante i 660 metri boscoso e selvaggio, in minima parte coltivato. Sulla sinistra del Tevere troviamo il Sub appennino propriamente detto di natura calcarea, coltivato a vigne e principalmente ad oliveti, alle falde e nelle valli: sulle vel h CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 355 alture, pur troppo, scarsamente, salve poche eccezioni, rivestito di quercie e di faggi, con qua e là abbastanza ampie distese di pascoli. E per citare soltanto le cime più alte ricorderò il Monte Pellecchia (m. 1363) del gruppo del LucaniiliMente Autore (1853) ‘caratteristico. peri suoi grandi altipiani erbosi e per le sue belle faggete, il Monte Cotento (2014 m.) ed il Viglio (2156) ‘che è il culmine più alto della Provincia, nel gruppo dei Stebre272. il Monte Passeggio (2062) nell’arido e sassoso gruppo degli Ernici, il Guadagnolo (1218) boscoso nel gruppo dei /re- ‘nestini, e più vicino a Roma, il Monte Cavo, il Lariano, l’Artemisio tutti tra i 900 e i 1000 m. d'altezza, il gruppo dei Laziali di natura prettamente vulcanica, e finalmente il Monte Semprevisa (1563 m.)nel gruppo calcareo dei Le- pini rappresentanti un contrafforte tirreno dell'Appennino, gruppo roccioso povero di acque e di boschi, scarsamente coltivato nelle valli e nelle bassure. Così la Provincia romana riunisce con una varietà ve- ramente straordinaria di paesaggio e di coltura, tutti iclimi : da Terracina alle falde del Monte Circeo, ove fioriscono liberamente le palme e gli aranci, ai colli ricchi di vigneti e di oliveti, e per zone di quercie e di faggi fino a 2156 metri s/m ove non è raro trovare anche d'estate depositi di neve. E quindi anche riunisce unamalacofauna straordina- riamente ricca e svariata dalle specie palustri alle specie alpine, da forme prettamente meridionali a forme carat- teristiche della fauna settentrionale. Ed è alla conoscenza di queste e della loro distribuzione che io intendo portare un tenue ma, spero, non inutile contributo. SRI Prima di procedere oltre credo non inutile dire qualche cosa sul modo di raccogliere e conservare molluschi, terrestri e d'acqua dolce, benchè in fondo si tratti di manipolazioni semplicissime, non fosse altro per essere di guida a qualche principiante affatto nuovo a queste ricerche, onde qualche insuccesso non avesse a distoglierlo dalla via intrapresa. 356 ; GIUSEPPE LEPRI Per quanto è possibile non consiglio di raccogliere gusci già privi dell'animale, il più delle volte tali gusci sono più o meno deteriorati ai margini od all'apice, e quasi sempre i loro colori o la loro superficie è alterata dagli agenti atmosferici o dall’attrito di altri corpi. Quando contengono. ancora l'animale, basta immergerli per qualche minuto nell'acqua bollente, perchè esso muoia, ed allora è facile estrarlo con un uncinetto o con una pinza sottile. Con gli spilli così detti da insetti, di varia grossezza è ben facile confezionarsi degli uncini adattati alle varie dimensioni dei gusci che si vogliono svuotare: Solo. iè:-da ‘sare vattenS zione che nell’estrarre l’animale non s'abbia a deteriorare il guscio che è sottilissimo in molti piccoli gasteropodi ter- restri e d'acqua dolce, come nelle piccole Limnee, nelle. Succinee, nelle Clausilie, ecc. Estratto l’animale e conser- vato l’opercolo, quando vi. è, il quale può dare buoni. caratteri sistematici, non resta che far asciugare la con chiglia, ripulendola, delicatamente dei corpi estranei che vi potessero aderire all’esterno. A volte per i gasteropodi può essere utile conservare la radz/a, specialmente quando st avessero fra mano specie ancora poco note, fornendo essa ottimi dati sistematici: a tal uopo occorre tagliare la testa del mollusco e porla in un recipiente in una solu- zione di soda e di potassa caustica fino a che le parti molli non siano completamente macerate: si toglie allora con una pinzetta la radula, che rimane intatta, si risciacqua in acqua distillata e si prepara sopra un consueto vetrino porta oggetti includendala in balsamo seguendo le. usuali norme di tecnica microscopica. Ancora più facile è l'estrazione dell'animale nei mol luschi bivalvi che si aprono spontaneamente dopo una. brevissima immersione nell'acqua bollente: si tagliano i muscoli adduttori con un bisturì e con una pinza si toglie via l’animale, badando solo a conservare intatto il liga- mento delle due valve. Quanto ho detto vale pel caso che si voglia conservare. solo la conchiglia o guscio. Se si vuole conservare l’ani- male, sia pure temporaneamente, per farne oggetto di ceteenziza CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 357 studio, bisogna seguire altre norme non sempre di facile esecuzione. Occorre in tal caso che l’animale muoia com- pletamente disteso fuori del guscio. Per i gasteropodi pol- monati (Helix, Limnaea) ciò si ottiene immergendoli in un recipiente completamente pieno d’acqua distillata ed erme- ticamente chiuso in modo che in esso non rimanga la mi- nima bolla d’aria: dopo un tempo più o meno lungo ($-10 ore in estate, da 12-24 in inverno) il mollusco muore per asfissia completamente disteso fuori del guscio, con i tentacoli ben protratti. Di molto meno facile riuscita è la cosa quando si tratta di molluschi che respirano per branchie (come molti gasteropodi e tuttii lamelli branchiati. L'unico modo è di anastetizzarli nell'acqua stessa mentre sono natu- ralmente distesi. A tal uopo, dopo averli posti in una larga bacinella con un poco d’acqua, è bene lasciarli per qualche tempo tranquilli. Quando si vede che l’animale passeggia sul fondo della bacinella completamente disteso, o, trattandosi di un la- mellibranchio, ha dischiuse le valve e lascia sporgere il piede, s'‘incomineci’a’lasciar cadere “di tanto in' ‘tanto; ad inter valli anche di un quarto d'ora una goccia o di clorofor- mio o di estratto di tabacco. Alcuni autori consigliano l'etere solforico, il cloralio, l'alcool: però debbo dire che 1 migliori risultati li ho ottenuti col cloroformio o con l'estratto di tabacco. Bisogna usare attenzione lasciando cadere la goccia d’'anestetico di smuovere l’acqua il meno possibile onde l’animale non si ritiri rapidamente nel guscio: ap- pena si vede che il mollusco cessa dal muoversi, e rimane come intorpidito, allora si può versarne una maggior quantità onde accelerare la morte. Come ho detto la cosa non sempre riesce facile, perchè spesso il mollusco alle prime goccie di cloroformio o di estratto di tabacco si ritira nel guscio ove muore; ed occorre spesso di dover provare sopra parecchi individui per ottenerne uno in buone condizioni. Per le norme da seguire volendo conservare il mollusco intiero indefinitamente in collezione, e per servirsene ad. GIUSEPPE LEPRI (OS) (On! (0.0) ulteriori indagini anatomiche rimando alle opere del Girod, del Jammes, di Gestro, Lo Bianco (*) ecc. Riguardo al modo di preparare i molluschi per la col- lezione, ed intendo parlare di una raccolta delle sole con- chiglie o gusci, la maggior parte per non dire la totalità, dei raccoglitori usano porli in scatoline di cartone sopra un poco di cotone. Ma in questo modo però non si pre- sentano bene all'occhio e bisogna continuamente smuoverli con le mani o con le pinze il che finisce per deteriorarli, specialmente quando si tratta di gusci piccoli e delicati. lo ho adottato il sistema suddetto per i grossi molluschi quali ad esempio le conchiglie dei nostri lamellibranchi d’acqua dolce (Unio, Anodonta) e delle piu grosse Helix. Quando invece si tratta di gusci più delicati come quelli -delle Helix di medie e piccole dimensioni, delle Stenogire, Ciclostoma, ecc. o di gusci piccolissimi, seguo un altro si- stema. Con una soluzione alquanto densa di gomma ara- bica e zucchero appiccico il guscio, per il suo lato in- feriore, all'estremità di un triangolo di cartoncino bianco, lungo e stretto, tali quali li adoperano gli entomologi per incollarvi i microcoleotteri, e che si possono avere belli e pronti e di varia forma ed a prezzo tenuissimo dalla Casa Deyrolle di Parigi o da Winkler & Wagner di Vienna (*). Al cartoncino infiggo uno spillo da insetti di grossezza proporzionata alla conchiglia, il quale spillo porta infil zato anche un cartellino con le indicazioni riguardanti la località ove è stato raccolto il mollusco, la data ecc. Gli spilli che sostengono la conchiglia ed i relativi cartellini s'infiggono in ordine in una cassetta a fondo di sughero o di torba quali si usano per gli insetti. Natu- (*) Grrop, Manipulations de Zoologie. — Paris, Ed. Bai'lière, 1892. JAMMES, 4oologie pratique basée sur la dissection. — Paris, Ed. Masson, 1904, GesTRO, // naturalista preparatore. — Milano, U. Hoepli, 1907. Lo Branco, Metodi usati nella stazione zoologica di Napoli per la conservazione degli animali marini. — « Mittheil. aus der Zoolog. Stat. zu Neapelt>; B- Xx r5090 CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 359 ralmente non essendo le conchiglie soggette ai tarli non occorrono per esse scatole a chiusura ermetica e quindi più costose, come per gli insetti. Preparati in tal modo i gusci dei molluschi terrestri é d'acqua dolce si prestano ad essere bene esaminati in quanto: che l’apice del triangolo di cartone su cui sono incollati non copre che una minima parte della loro superficie, e non vi è bisogno di toccarli con le mani, nè con le pinze. Inoltre ben disposti nelle scatole, si presentano molto me- glio all'occhio, e riesce molto più facile il far confronti tra specie e varietà, tra individui di una stessa specie raccolti in ambienti diversi e via dicendo. Questi vantaggi a parer mio compensano ad usura il tempo e la pazienza impiegati a prepararli in tal modo, il che del resto è molto più facile di quello che non possa sembrare a prima vista. | x K k Ho seguito la classificazione adottata dal Pelseneer nel suo « Mollusca » in « Treatise on Zoology » by Ray Lanrkaster, discostandomi da quella adottata da molti altri illustratori della Malacofauna Italiana. A me parmi che l’insigne malacologo inglese abbia meglio di ogni altro tenuto nel debito conto il criterio evolutivo e lo abbia considerato sotto il suo giusto aspettto, sebbene apparentemente egli sia andato contro a questo stesso criterio, facendo seguire immediatamente agli 47- phineura, che indiscutibilmente rappresentano le forme più arcaiche tra i molluschi, i Gasteropodi, i quali per la loro organizzazione molto evoluta sembrerebbero doversi piut- tosto avvicinare ai Cefalopodi. Il qual concetto hanno, del resto, seguito molti autori collocando i gasteropodi acco- sto ai cefalopodi ed avvicinando i lamellibranchiati agli amphineuri. Per quanto, come osserva l Hertwig, la orga- nizzazione dei Gasteropodi sia più elevata di quella dei Lamellibranchi, essi per molti aspetti hanno ancora un’or- ganizzazione primitiva. Così il guscio semplice delle fa- 360 i GIUSEPPE LEPRI telle e delle fissurelle (guscio patelliforme secondo Hertwig) va considerato come un indizio di struttura primitiva, riannodante i Gasteropodi agli Amphineuri. Mi sembra quindi che la classe Gasterofoda possa con- siderarsi come un ramo laterale del zum: Mollusca, di- staccatosi accanto agli Awmp/lneura e che abbia evo- luto più rapidamente dimostrando una grande adattabilità all'ambiente, fino allo specializzarsi in forme polmonate, perdendo in pari tempo caratteri fondamentali che si sono conservati nel ramo diretto, quali la simmetria bilaterale, la respirazione branchiale, ecc. caratteri che talvolta ve- diamo ricomparire in via secondaria (Branchia del Pla- norbis). CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 361 Tipo MOLLUSCA Cuv. CASSE CGA S'TROPODA Cav I Gastropodi sono in special modo caratterizzati: a) dalla mancanza di simmetria nella loro organizzazione; la quale asimmetria è dovuta ad una torsione a spirale di tutta la inassa: viscerale ‘da sinistrasall’indietro,; da destra -all’ avanti, e in seguito alla quale gli organi originariamente posti a sinistra, e ve- nuti a trovarsi a destra, si atrofizzano e scompaiono più o meno completamente ; | 5) dal grande sviluppo della testa e del largo piede stri- sciante, collocato ventralmente, donde il nome della classe; c) dalla presenza costante, almeno sul periodo larvale di un guscio calcareo, formato di un sol pezzo e ravvolto più o meno a spirale. I° sottoclasse: STREPTONEURA. Presentano un massimo di torsione della massa viscerale, da «cui consegue una peculiare disposizione della commessura visce- rale ravvolta ad 8 e presentante quindi una metà sopraintestinale ed una infraintestinale. La testa porta un solo paio di tentacoli ed una radula ben sviluppata: il cuore è sempre posteriore alle branchie. Sono dioici. Ordine 1°. Aspidobranchia. — Forme arcaiche con traccie del- l'antica simmetria (due orecchiette, due reni e sistema nervoso poco concentrato) il cui carattere più importante è la presenza di un ctenidio (branchia) bipettinato e libero alle sua estremità. Sottordine 1°. Rbipidoglossa. — Con due mandibole poste la- teralmente ed una radula con numerosi denti marginali disposti a ventaglio. 362 GIUSEPPE LEPRI Famiglia NERITIDAE L. Guscio sottile con spira poco elevata, senza ombellico e spesso con partizioni interne riassorbite, con apofisi parietale dentiforme, presso alla base della columella: opercolo calcareo fornito interna- mente di un apofisi, epipodio poco sviluppato, senza tentacoli: ctenidio unico. Gen. Neritina Lmk. Ne fuviatilisWMinn: Svst Nat SE dpi Nerita fluviatilis, Draparnaud; Hist. Moll., pag. 31, tav.I. Id. id., Moquin-Tandon; Hist. Moll., p. 549, tav. XLII. Neritina fluviatilis; Stein, Lebend, Schnek, und Musk., p. 96. Id. . id. -Robeltx-Fauna:Moll.7-Nass.:: pra ‘ Teodoxus fluviatilis, Westerlund, Fauna Reg.. Pal., vol. VI, p. 149. Id. id., Picaglia; Moll. del Modenese e Reggiano, p. 1600. Neritina fluviatilis, Paulucci; Matériaux, ecc.. p. 502. Comunissima in tutta l’ Italia centrale e settentrionale, lo è anche in tutta la provincia romana nei ruscelli erbosi, nelle vasche, negli abbeveratoi campestri. Alle Paludi Pontine prevale una forma con il colorito fondamentale molto chiaro, spesso roseo. Nelle fontane del Gianicolo, entro Roma, si trova la var. fontinalis di maggiori dimensioni con guscio più robusto, e di colore più cupo: probabilmente convogliato dal Lago di Bracciano da cui proven- gono le acque di detta fontana. È comune in Toscana nell’Arno (Bonelli) ove presenta. tal volta l’apertura colorita in giallo verdastro, nelle paludi del Pisano (Del Prete, De Stefani). Sembra scarsa nel Napoletano (Bellini). È diffusa in quasi tutta l’Europa, fino alla Persia ed all’Africa settentrionale. N. Meridionalis. Phil., Gen. Moll. Sic., vol. I, pag. 159. Recluz:‘.Journal=desconeht,Yp109: Ziegler; Fide Recluz, loco cit. Questa specie, che si distinguerebbe dalla precedente per la spira più allungata e proeminente e per l'apertura un poco più traversale, vivrebbe secondo il Martens alle Paludi Pontine. CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 363 La Paulucci (Materiaux, Nota 130) non la registra che di Si- cilia, aggiungendo esser ben difficile precisarne i caratteri essendo specie molto variabile, ed essendo alquanto incerta la frase del Philippi. Ordo Pectinibranchia. — Sono streptoneuri con una molto . maggiore concentrazione del sistema nervoso. È scomparsa ogni traccia di simmetria bilaterale negli organi circolatori ed escretori (orecchietta e rene unici). Il ctenidio è monopettinato ed attaccato al mantello per tutta la sua lunghezza (eccetto nel genere Val- vata). Subord. Taenioglossa. — Radula con 3 denti per ogni lato del dente mediano: uno laterale e due marginali. Tribù Platyboda. — Conformati per deambulazione strisciante quindi con piede largo, appiattito ed espanso anteriormente. Famiglia PALUDINIDAE d’ Orb. Centri pedali in forma di cordoni ganglionari: etenidio mono- pettinato, rene provvisto di uretive. Vivipari, fluviatili. Gen. Paludina Lmk. Conchiglia conoide a giri molto convessi, opercolo corneo con nucleo iaterale. biuviparg E sSysemnaturae SE dC voli. pag.0772. Jo Systrmaturae Ed X;iwvot1; p. 772. Nerita=fasciata: SMulleriWVermi hist:;/voreHtp. 182. Cyclostoma achatinum; Draparnaud, Tabl. Moll., p. 40. Paludina vulgaris; Gray, Nat. ars. Moll., in Med. XV, p. 239. Paludina;fasciata: Deshayes,; in: Lamk., anim., -s.. ‘vert. VIII, pri: *Rsd.Evivipara; Maguin:Pandon;. Hist. Moll, p..535,tavi XL. Td uidi,,Kobelt; FaunaMoll,;-Nass.; Suppl., p..88. [id-Rid*&»*W.esterlund>.Wauna-Reg:-Pal:;.vol. VI; ‘p. 9. Fasciatina fasciata; Bourguignat, Palud. Ecur., p. 39. Paludina fasciata; Strobel, distribuzione, ecc., p. 123. Comune in primavera alle Paludi Pontine nei canali erbosi, scarsa nelle paludi vicine a Roma, ad Ostia, Fiumicino, Macca- 2 364. GIUSEPPE LEPRI rese. Ne ho trovato una spoglia sulle sponde del lago di Vico sui Monti Cimini a 500 metri s/m. Statuti cita per le Paludi Pon- tine la varietà pyramidalis Bourg. Sono di accordo con la Paolucci (Materiaux, ecc. Nota 104) nel non ritenere buona questa varietà, avendo potuto osservare anche io, in questa specie, infinite gra- dazioni nell’elevatezza della spira e la presenza costante di almeno una traccia di ombelico. Questa specie che abbonda nell'Italia set- tentrionale, nel Bolognese, Modenese, Parmense (Picaglia) sem- bra scarseggiare nell'Italia centrale: non la trovo infatti citata nè per la Toscana nè per l'Umbria, ove sembra sostituita dalla spe- cie seguente, ed è rara intorno a Roma: è comune nel Lazio me- ridionale e nel Napoletano (Bellini). Vive in tutta l'Europa centrale e settentrionale. P. contecta. (Millet). Moll., Maine e Loire, p. s. (Milfet), Moll**Mainete Lone, p5t Neritina vivipara, Miller, Verm. Hist., vol. II; p. 182. Cyclostoma viviparum, Draparnaud, Tabl. Moll., p. 40. Vivipara contecta, Bourguignat, Spicil. Malac. Paludina vivipara, Moquin Tandon, Hist. Moll., p. 532. Id. id., Kobelt, Fauna Moll: Nass;-p. 205, tav. Va Id. contecta, Westerlund, Fauna ‘Reg: Pal; volevi, pp? lidi \VWerterlund*Eaunafkep Pal volV,\p.).187 Strobel; Distribuz., p.102;. Paulucci, Matériaux; sp. 38; Picaglia, Moll..:Mo- denesi; (D. 76. Abbastanza comune, ma non molto diffusa, in luoghi umidi tra le erbe e le borraccine (in primavera ed estate) o anche entro vecchi tronchi infraciditi (in inverno); sempre vicino all’ acqua. Così rinviensi, nelle boscaglie acquitrinose, presso Fiumicino lungo il Mignone, presso Tolfa, alle sponde del lago di Vico a 500 me- tri s/m. Statuti lo cita per il lago di Castel Gandolfo e per i din- torni di Civitavecchia. Questa specie è abbondante e diffusa in Toscana (Bonelli, Del Prete-WDe*Stetani/G>)-Nell’Umbria sembra, mancare; ilo mine mum citato dal Pantanella va riferito all’affine C. elongatum a cui mi sembrano avvicinarsi per la spira allungata, gli esemplari del lago di Vico. Così pure nel Napoletano (Cesati) il minimum è sostituito dall’elongatum. Invece al M. Argentaro al confine della. Provincia romana, è sostituito dal C. Striolatum che secondo Pau- lucci sarebbe quasi una forma di passaggio tra il minimum ed il tridentatum. Vive in tutta la regione paleartica. C. tridentatum (Risso). Carychium elongatum, Villa, Disp. Sist., p. 59. ld. ‘tridentatumi, Stabile, Moll..terr. Piemont., p.‘107. Id minimum var. elongata, Strobel, Distribuzione, ecc., p. 102. Id. tridentatum, Westerlund, Fauna Reg. Pal., vol. V, p. 18. {ditid.,ulssel“Conchi "tab; p. 30; Paulucci, Matériaux, sp. 3821 Picaglia, Moll. Mod., p. 77, ecc. GIUSEPPE LEPRI (OS) NI ES Meno comune della specie precedente, in tronchi infraciditi o o in detriti alluvionali a Terracina (Statuti). a Maccarese e Fiu- micino. Tutti gli esemplari della provincia di Roma che ho potuto esaminare presentano traccie di striature, benchè talvolta per di- stinguerle occorra una lente piuttosto forte, onde è che varii au- tori (Strobel, Bonelli, ecc.) hanno considerato gl’individui italiani di questa specie come una varietà del C. minimum, a spira più allungata e quasi liscia e ciò perchè il Bourguignat (Etude synone- mique snr les Mollusques des Alpes maritimes, v. 45) ha descritto il tridentatum come liscio. Io credo che ciò. dipenda dal fatto che in taluni individui le strie sono difficilissime a distinguersi, altri le presentano molto più marcate sì da assomigliare a C. minimum con forma più svelta; però io ritengo che le strie esistano sempre. Questa specie è diffusa in Toscana (Gentiluomo) e sembra mancare a. sud del Lazio; non-è ‘citata. ‘neanche per lana molto meno diffusa della specie precedente, sembra limitata al bacino mediterraneo. Famiglia LIMNAEIDAE Broderip. Guscio sottile destrorso con spira molto proeminente ed aper- tura ovale, tentacoli angolari, allungati, appiattiti; senza lobo pal- leale inferiore. Gen. Limnaea (L.). — Guscio non mai ricoperto da porzione del mantello con spira aguzza. È Gulnaria Leach. L. auricularia (L.)- Helix ‘auricularia, Linneo, Syst.-Nat., Ed... XyvoLee Buccinum auricula, Muller, Verm. hist., vol. II, p. 126. Limnaeus auricularius, Draparnaud, Tabl. Moll., p. 48. Gulnaria auricularia, Leach, Brit. Moll. (Ex Turton), p. 148. Limnaea auricularia,, Moquin Tandon, Hist. Moll., p. 462. Gulnaria auricularia, Paulucci, Matériaux, sp. 389; Picaglia, Moll" “Modenesi ‘pi7o9; eee: Difusa, ma non molto abbondante, in molti fossi, e nelle acque stagnanti del Lazio; a Maccarese, alle Paludi Pontine, al lago di Vico, sul M. Cimino, presso Viterbo, presso Valmon- CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEU MOLLUSCHI, ECC. 375 tone, ecc. Gl’individui raccolti presso Viterbo ed al lago di Vico sono piuttosto piccoli, e potrebbero costituire una forma minor. Questa specie è irregolarmente distribuita in Italia, sembra man- care nell’ Umbria ed in Toscana, mentre abbonda nell’ Italia set- tentrionale, nel Modenese, nel Reggiano (Picaglia). Si trova in Abbruzzo, ove giunge anche a notevoli altezze; così la Paulucci la cita dal lago di Matese a 1878 m. s/m. Abita tutta la regione paleartica. L. covata (Drap.). Limnaeus ovatus, Draparnaud, Hist. Moll., p. 50. ]Himnaca%ovata)iIamarek: Anim. sans Vest.) vol VI pr 101. Gulnaria ovata; Beck, Index Moll., p. 114. Limnaea limosa, Moquin Tandon, Hist. Moll., p. 50. tav. XXXIV. Id. feres, Bourgnignat, Voyage à la Mer Morte, Moll., p. 53. Iid-*ovata*Kobelt.Fauna.Moll: Nass,; p.- 173. Gulnariafovata,Westerlund,. Fauna Reg. Pal... vol. V, p. 36. Limnaeus ovatus, Strobel, Distribuzione, p. 122. Si distingue per la spira corta e per la larga apertura ovata. Rara tra le erbe palustri, nelle pozzanghere e nei piccoli stagni alle#fRaladi WNPontines secondo: “Statuti sarebbe “stara* rinvenuta: anche presso il lago di Albano. Ne ho rinvenuto un individuo a Maccarese, che pel suo colorito corneo trasparente, pel guscio molto sottile, si avvicina assai alla var. pellucida menzionata dalla Paulucci per la Sardegna (Bull. Soc. Malac. It., vol. VIII) donde può essere stata importata. Questa specie è poco diffusa in Italia; si trova nell’ Umbria (Pantanelli) ed in Toscana (Bonelli, Paulucci). Manca nell’ Ab- bruzzo e nell'Italia meridionale. Abita tutta la regione paleartica fino all’Islanda. L. peregra (Mull.). Buccinum peregrum, Miller, Verm. hist., vol. II, p. 130. Limnaeus pereger, Draparnaud, Tabl. Moll., p. 48. Gulnaria peregra, Leach., Brit. Moll., p. 146 (Ex Turton). Limnaea peregra, Moquin Tandon, Hist. Moll., pag. 468, ta- vola XXXIV. Id. decollata, Ziegler fide Kobelt. Cat. Binnenconch., p. 126. È Gulnaria peregra, Westerlund, Fauna Reg. Pal., vol.V, p. 40; Paulucci, Matériaux sp. 391; Picaglia, Moll. Mod., p. 167, ecc. Abbastanza comune nelle paludi di Fiumicino, di Maccarese e nei canali a lento corso delle Paludi Pontine. Rinviensi spesso 376 GIUSEPPE LEPRI ‘nelle fontane e negli abbeveratoi sparsi per la campagna (Tolfa, Bracciano, Viterbo, dintorni di Roma). Gli esemplari della Tolfa raccolti a circa 500 m. s/m per la spira breve e per l’ampia aper- tura mi sembrano riferibili alla varietà peregro-ovata citata dal Pi- . caglia pel Modenese (Op. cit., p. 168). Questa specie è comune in Umbria (Issel, Pantanelli) ed in tutta la Toscana (Bonelli, Del Prete); vive anche al M. Argentaro, all’Isola dei Giglio, all’ Elba (Paulucci). Vive come la specie precedente, tutta la regione paleartica fino all’Islanda. L. lagotis Schrank, in Kobelt. Cat. Binnenconch., p. 127. Limnaeus effusus, Kuster in Kobelt. Cat. Binnenconch, p. 126. Limnaea limosa var vulgaris, Moquin Tandon, Hist. Moll., p. 465. Id. vulgaris, Kobelt, Fauna Moll. Nass.; p. 174, tav. VIII. Gulnaria lagotis, Werterlund, Fauna Reg. Pal., vol. V, p. 132, Paulucci, Matériaux, sp. 95; Picaglia; Moll. Mod., p. 106. Non è rara nei laghetti artificiali e nelle fontane intorno a Roma. Si trova nel lago di Villa Borghese ed in quello di Villa Pamphili (Statuti). Statuti la rinvenne anche a Frascati nelle vasche di Villa AL dobrandini. Il Rigacci la raccolse nell’acquedotto dell’acqua Felice, chiamandola (in Schedis) L. Felix. Ma secondo la Paulucci, gli esemplari di Roma, sarebbero invece i più identici al tipo. Meno diffusa delle specie congeneri non sembra molto sparsa nell’Italia centrale, ove non è citata che dal Bonelli per il Senese. Abita tutta la regione paleartica. Limnaea Drap. L. stagnalis (L.). Helix. stagnalis, Linneo, Syst. Nat; Edl=Stp774 Buccinum stagnalis, Muller, Verm. hist., vol. II, p. 132. Limnaea stagnalis, Draparnaud, Hist. Moll., p. 5. ; Stagnicola vulgaris, Leach, Brit. Moll.. p. 145, (Ex Turton). Lymnaus stagnalis, Westerlund, Fauna Reg. Pal., vol. V, p. 24. Lymnaeus id., Strobel, distribuzione, ecc., p. 122. Limnaea id., Paulucci, Matériaux, sp. 384. Id. id., Picaglia, Moll. Mod., p. 165. Comune nei fossi a lento corso nelle paludi a Fiumicino, Mac- carese, al lago di Vico, alle Paludi Pontine. Mr i) dA CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. ef Non ho rinvenuto la var. violacea descritta dalla Paulucci (Nota sui molluschi fluviali italiani, inviati come saggio alla Espo- sizione internazionale di Pesca in Berlino) come propria dei din- torni di Roma, caratterizzata oltrechè dal colorito violaceo, dal guscio robusto, rugoso, zonato di biancastro alle suture. Lo Sta- tuti rinvenne questa specie alle sorgenti dell’ acqua Felice sui monti Laziali. Diffusa e comune in tutta l’Italia; vive anche a grandi altezze, come nel lago di Matese, ed in quello di Campo di Giove nel- l’Abbruzzo (Paulucci). In Sardegna è scarsamente rappresentata da una var. minor (Paulucci) riscontrata dal Picaglia anche sul Modenese ed a ciò credo che potrebbero riferirsi vari esemplari del Romano. Abita tutta la regione paleartica eccetto la Spagna il Porto- gallo e l'Africa settentrionale. L. palustris (Miiller.). Buecinumipalustrst Muller Verm.Mod.; p.-174. Piccolo, con carena ottusa, è abbastanza comune nelle paludi «di Ostia, Fiumicino, Maccarese, e lungo le sponde del lago di Vico. Poco diffuso nell’Italia «centrale; non è citato che dal Genti- luomo che lo dice raro in Toscana; è piuttosto raro anche nel Modenese (Picaglia). Abita tutta l'Europa settentrionale e centrale, estendendosi fino all’Algeria; sembra mancare alla Francia ed alla penisola Iberica. P. spirorbis (L.). Hekk#spirorbis, Einneo,H,; pi 161. desdsDBraparnaud:EFrist- Moll: p.ossstav 0 Spirodiscus spirorbis, Stein, Lebend. Schenck v. Musch., p. 75; Moquin Fandon, Hist. Moll., p. 43, tav. 31; Gyrorbis spirorbis, Westerlund, Fauna Reg. Pal., vol. V. p. 73. Abbastanza comune nei fossi presso Civitavecchia (Statuti), ed a Fiumicino, eda Maccarese; raro nei:corsi. d’acqua, semista- gnanti del Viterbese. 382 GIUSEPPE LEPRI È poco diffuso in Italia. Secondo il De Stefani ed il Picaglia: i P. spirorbis della Toscana, del Modenese e del Parmense, dovreb- bero riferirsi alla var. Liberti De St., distinta pei giri più veloce- mente crescenti, con l’ ultimo dei quali proporzionatamente più largo e più depresso, per l’apertura più obliqua sull’asse della con- chiglia, più ovale, più depressa. Degli esemplari del Lazio che ho: potuto esaminare, nessuno a parer mio può riferirsi a questa varietà.. Vive in tutta la regione paleartica. Bathyomphalus Agass. P. contortus (L.). Helix contorta; Linneo. Syst. Naturae; Ed. fvolepatgzo:; Planorbis contortus, Miller, Verm.. hist., vol. II, p. 162. Td._;jd.; Draparnaud;EFlist:: Moll pro42 Stay Id. id., Moquin ‘Tandon; Hist.YMoll. pî°° 433; tam SX Bathyomphalus contortus, Westerlund, Fauna Reg. Pal., vol. V,. p.:74; Paulucci,-Matériaux ecc-isp, 413; Strobel;distribapsa-s6 Distinto per la conchiglia piccola, appiattita inferiormente, non carenata. Rara e localizzata nei dintorni di Civitavecchia (Statuti). Nel rimanente d’Italia non è citata che dal Picaglia (Op. cit., 76), pel Parmense sulla fede dello Strobel. Abita tutta l'Europa, esclusa la Russia e la penisola Balcanica. Segmentina Flemm. P. nitidus Miller: Verm. hist., vol. IL p.. 163. Flelix*initida’ Gmelin ‘Syst Natta p 36248 Segmentina nitida, Flemming, Edimb. Encycl. XII. Id. id.,. Westelund,, Fauna Reg Pal. voll Vitp=304 Planorbis nitidus, Moquin Tandon, Hist. Moll., pag. 124, ta-- volar XXX. Id. id., Kobelt, Fauna Moll. Nass., p. 197; Paulucci, Matériaux, Sp.*420; Strobel;: Disibuzione, Scet8p 1237 Oltre le piccoli dimensioni con pochi giri, presenta il carat tere delle concamerazioni interne parziali. Vive sulle rive del lago di Albano e nei piccoli fossi stagnanti, dei dintorni di Roma, di Bracciano; di Viterbo,. nello stagno di: Maccarese, ma è sempre scarso. CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 383 Molto raro nel restante d’Italia, non è citato che dal Picaglia ‘pel Modenese e pel Parmense. Abita tutta la regione paleartica esclusa l’Africa settentrionale .e l'Asia minore. Hippeutis Agass. P. complanatus (L.). H'elix complanata, Linneo, Syst. Nat., Ed. X, vol. I, p. 769. Planorbis complanatus, Draparnaud, Hist. Moll., p. 47, tav. II. Id. fontanus, Moquin Tandon, Hist. Moll., p. 426, tav. XXX. Id. complanatus, Kobelt, Fauna Moll. Nass., p. 197. Hippeutis complanatus, Westerlund, Fauna Reg. Pal., vol. V, pasiic4-StrobelADistribuzione; {ecc-;p..,123; Paulucei, Matériaux, Sp- 420; Picaglia, Moll..-Mod.,. p.. 178. Rare nei canali delle Paludi Pontine tra le erbe e gli stagni galleggianti. È poco diffusa nell’Italia centrale; rara nel Pisano (Gentiluo- mo), più comune nel Senese (Bonelli). Vive nell'Europa settentrionale e centrale, Russia, Siberia. Famiglia AncyLipaE Menke. Conchiglia conica non spirale, tentacoli corti e compressi, lobo ‘inferiore palleale trasformato in branchia, come nei Planorbidae. Gen. Ancylus Geoftroy. — Guscio senza sepimenti. Animale «listrorso o sinistrorso, senza cavità polmonare. A simplex (Miiller). Ancylus.fAuviatilis, Muller, Verm. hist.;- vol... p.zo1. Patella fluviatilis, Gmelin, Ed. XIII, Syst. Nat. Linn., p. 3711. fadMlacustris; Flemming; Edimbi. Encycl. vol VII, p. 65. Ancylus simplex, Bourguignat, Spicil. Malac., p. 189. Presenta il guscio liscio, con larga apertura arrotondata. E ab- ‘bastanza frequente e diffuso. Vive nei laghi di Albano, Nemi, ed in quello di Vico, alle \ Paludi Pontine; è raro nello stagno di Maccarese. 384 GIUSEPPE LEPRI! È abbastanza comune al M. Argentaro; all’isola. Capraia e nel Grossetano (Paulucci) ed all’Isola d’Elba; sembra mancare nel ri- manente della Toscana, ove è sostituito: dall’A. gibbosus Bourg. e dal fluviatilis Mill. (Gentiluomo). Si trova anche nell’Abbruzzo fino a notevoli altezze (il lago. di Matese). A. costatus Villa. Ancylus costulatus, Moquin Tandon, Hist. Moll., p. 484, ta- vola XXXV. Ancylastrum costulatum, Westerlund,. Fauna Reg.. Pal., vol. V, pag. 92. Ancylus fluviatilis var.. costatus, Strobel,. Distribuzione, ecc pae. 103, Id. capuloides, Strebel; Distribuzione, ‘ecc.; p, 1372. Ancylus costulatus, Paulucci, Matériaux, ecc., sp. 425. A, Questa specie che si distingue per la conchiglia marcatamente striata, dovrebbe, secondo vari autori, (De Stefani C., Strobel;. Picaglia) riunirsi in-una sola con il fluviatilis Mill., con il capul- voidis, Jan. e con il gibbosus Bourg. Questa specie è abbastanza diffusa nel Lazio, alle Paludi Pon- tine, a Civitavecchia, e specialmente in alcuni abbeveratoi dei din- torni di Roma, specialmente in quelli che si sono lasciati inva- dere dalle alghe; vive anche in alcune fontane di Roma. Statuti cita una mutazione con apice proeminente; credo trattisi di va- riazioni individuali; negli individui che ho esaminato: ho trovato. una grande variabilità sul grado di proeminenza dell’apice. Questa specie con altre affinissime, e che probabilmente non sono che sue varietà è diffusa in tutta l’Italia centrale ; in Toscana: (Gentiluomo, Bonelli, De Stefani. C.) nell’Abbruzzo e nella Cam- pania; come pure in Sardegna (Paulucci); manca nell’Umbria. Abita la Francia orientale, l’Italia, le Baleari; l'Algeria. Aclacustresside.)è Patella lacustris, Linneo, .Syst.. Nat.,, Ed. X.. vol. I} p.0783. Ancylus lacustris, Muller, Verm. hist. vol..II, p. 189. Id. id., Draparnaud, Hist. Moll., p. 98, tav.. II. Id. id., Moquin Tandon,. Hist. Moll.,.p. 488, tav. XXXVI. Id. .id. Kobelt, Fauna Moll. Nass.,. pi 200, -tavi Vi Velletia lacustris, Westerlund, Fauna Reg. Pal., yol.. V, p.-95;- Paulucci, Matériaux, sp. 494;. De Stefani. C.,. Bull.. Sec.. Malac. It., volume IX. CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 385 Caratterizzato dall’apertura ellissoide. È raro tra le erbe acqua- tiche, alle Paludi Pontine. Scarso in tutta Italia: in Toscana, a Pisa, Massaciuccoli, Fi- renze (Gentiluomo) e nel Reggiano (Picaglia). Abita quasi tutta l'Europa. Famiglia Puysimae Dahl. Animale e conchiglia sinistrorsi: questa sottile con stretta aper- tura, tentacoli cilindrici: manca il lobo palleale inferiore. Gen. Physa Draparnaud. — Conchiglia ovale, parzialmente ri- coperta dai margini del mantello, che sono divisi in piccoli pro- lungamenti angolari. P. bypnorum (L.). Bulla*hypnorum- Linneo, vSyst: Nats Edi, volt:L.upiù727. Planorbis turritus, Muller, Verm. hist., vol. II, p. 169. Physa hypnorum, Draparnaud, Tabl. Moll., p. 52. : Nauta hypnorum, Westerlund, Fauna Reg. Pal., vol. V, p. 57. Physa hypnorum, Moquin Tandon, Hist. Moll., pag. 455, tav XXXIIT, Idid=*Kobelbékauna:MollNass.; porsi, tav. IT; Paulucci, IMateriaux*sp. 395; Strobel} EDistribuz., Villa” Disp.&5ist passa H-.Orsini;-TiberBul'&Soc-ÒMatac.e1E,Jp=05: Euomphalia Orsini, Westerlund, Fauna Reg. Pal., 25. Eulota Orsini, Paulucci, Matériaux, sp. 103. Vive localizzata nei boschi della parte meridionale del Lazio, a Piperno; Sezze, No[lESXodkxlefResgsp an La forma tipica vive a Subiaco, Civitacastellana, Viterbo, Vel- letri e nei dintorni di Roma. La marchesa Paulucci che di questa variabilissima specie ha fatto uno studio accurato (Malac. Calabria p. 73) attribuisce il tipo alla Toscana al Lazio ed all’Umbria. La var. pubescens Tib. dell’Abbruzzo che dalla Paulucci è con- siderata come forma di passaggio alla var. Casertana Paulucci, dei CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 399 dintorni di Caserta, rinviensi a Tivoli, Monticelli (Statuti) e Val- montone. La var. setulosa Briganti che si trova a M. Cavo e raramente nei detriti alluvionali delle Paludi Pontine, formerebbe secondo la Paulucci il passaggio alla var. Calabrica dell’Italia meridionale. A Tivoli rinviensi ancora la var. Alifaensis Paulucci che si estende anche nell’Italia meridionale. Sembra quindi che il Lazio sia il centro di diftusione di questa specie, che mano mano che si è andata allargando nel suo habitat ha variato nella forma, mentre nel Lazio, nell’Umbria ed in qualche parte della Toscana si è mantenuta la forma tipica. H. macrostoma Muhlf in Mus. Caes. Vind. Helix siculina, Ziegler, fide Benoit, Cat./Caneh.: 510, 11.13: | Il Martens (Note bibliografiche riguardanti i Molluschi terrestri | e fluviatili dell’Italia, Bull. Malac. It., NI suppl.) menziona questa specie come vivente a Subiaco. Secondo Statuti questa specie sa- rebbe piuttosto da considerarsi come una var. pilosa dell’ H. plano- spira o una forma giovane della var. setipila della specie suddetta. Xerophila Held. Eli pisana Muller, Nerm:“hist. IM p. 60. Helix zonaria, Pennant, Brit. Zool., Dua37. Id. rhodostoma, Draparnaud, Tabl.Moll., p. 74. XNerophila! pisana; Held; in-Isis.,; p:x913: Euparypha rhodostoma, Hartmann, Erd. Lussw. Gast., vol. I, pag. 204, | Comunissima nel Lazio, sopratutto lungo il ì littorale ove a o volte cuopre addirittura le piante ed i cespugli. E specie comme stibile, e presenta numerose varietà di dimensioni e di colorito. | La var. maior Rossm. la var. B Menke e la var. alba, di Mog. Tand. sono comuni e si trovano abbondantemente frammi- ste al tipo. Var. Capitolina Fontemaggi, Rigacci in Schedis. Citata dallo Statuti come raccolta nei giardini sottostanti al Campidoglio; è caratterizzata dalle maggiori dimensioni e dalle fascie fulvo-carico, nette e continue in tutti gli anfratti. 400 GIUSEPPE LEPRI Questa specie con le sue numerose varietà è comune in To- scana e nelle isole del Tirreno (Gentiluomo, Del Prete, I. e nel Napoletano (Bellini). Vive sempre a poca distanza dal mare. Ciò spiega come non sia citata per l'Umbria e per l’Abbruzzo. H. Alibrandi Rigacci in Schedis. Sotto questo nome lo Statuti menziona un Helix della colle- zione Rigacci raccolta presso Civitavecchia insieme ad esemplari di H. pisana. Io ritengo che si tratti di una varietà albina della pisana. Avendo confrontato 1’ Helix suddetta con molti esemplari dell’H. pisana ho potuto constatare che l’ unica reale differenza è la mancanza del color roseo intorno alla bocca. Del resto di ciò dubita lo stesso Statuti. Il. AnxurinaRi02Ch), Catena02,082: Helix anxurina, Statuti, Cat. Moll. Terr. e Fluv. della Prov. di Roma; p. 414. Lo Statuti ammette questa specie, basata sopra un unico esem- plare esistente nella collezione Rigacci, e proveniente da Terra- cina, non nasconde però il dubbio possa trattarsi di un’anomalia del. l’H. pisana, aggiungendo che il prot. Achille Costa, avendo veduto questo esemplare ammise che potesse considerarsi come specie a sè. Anche a me pare, che sebbene affine all’HH. pisanad, pre- senti tali caratteri differenti da poterli considerare specificatamente diversa. Credo utile darne una succinta descrizione: Forma generale simile a quella dell’Helix pisana ma con i giri superiormente meno rigonfi e più depressi. In prossimità della parte superiore della bocca, la conchiglia presenta una costa sporgente che scompare verso la parte infe- riore della bocca, questa più larga e tondeggiante che nell’H. pi- sana. Colorito fondamentale bianco, con fascie brune disposte come nell’ H. pisana; pero ‘ogni zona di accrescimento è segnata da una fascia cenerina sfumata, il che dà un aspetto caratteristico a questa conchiglia. L’ombelico è più aperto. Dimensioni : larghezza mm. 12, altezza mm. 11. CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 401 .H. ammonis Schmiedt in litteris. H. candicans, Mienegazzi, in Spec. Mus. Acc. Veron. Id. ericetorum, Avct. plur. Helicella ammonis, Westerlund, Fauna Reg. Pal., vol. II, p. 343. Xerophila ammonis, Strobel, Distribuzione, ecc., p. 21. Id id” -PauluceitMateriaux}; sp; 133; Picaglia, Moll:=Mod., p. 120; iDe Stefani C., Moll. viv. nelle Alpi Apuane, ecc., Bull. Soc. Malac. It., WOLFE Questa specie è stata spesso confusa con l’H. ericetorum Mull. «e con lH. caudicans di Ziegler. Il De Stefani nel succitato lavoro ha il merito. di aver chiarito la questione, escludendo, d’accordo «con altri autori, la ericetorum dalla fauna italiana, e limitando la candicans, sinonimo, secondo detto autore, della obvia Hart. al- l’Italia transpadana. La ammonis caratterizzata dal colorito bianco giallognolo, con :peristoma rossastro e dalle fascie bruno-chiare, poco nette, vive nell’ Italia centrale e nel Lazio, specialmente nella parte meridio- male e montuosa di esso, ove predominano le roccie calcaree. È comune in Toscana (Gentiluomo, Del Prete, De Stefani), ‘nell’ Umbria (Paulucci), nell’ Abbruzzo (idem) e nel Napoletano (Bellini). Vive. nell’Italia centrale e Dalmazia. -H. instabilis Ziegler. Helix \spadae;-Kobelt,y Contin., Réòssm., p. I0I. IIld-Mbathyomphala:=Tiberi, Boll. Malac.'It:,; vol. II, p..t1o, Id. discrepans, ‘Tiberi, ‘Quelqu. Moll. Napol., p. 11. Anche questa è una specie variabilissima; però è rappresentata «con forme abbastanza costanti su tutti gli alti monti del Lazio presso Anticoli, Palestrina, Veroli. Degli esemplari del Lazio .la maggior parte si riferiscono alla var. a), Paulucci (spira depressiuscula), mentre alcuni per le loro «dimensioni possono attribuirsi alla var. minor e forse anche alla war. minima del medesimo autore. La sua area di diffusione in Italia è limitata al Lazio, all’Abbruzzo «ed alla Terra di Lavoro. Abita l'Europa meridionale. 402 GIUSEPPE LEPRI H. variabilis Draparnaud, Tabl. Moll.,. p. 73. Helix virgata, Montagu, Test. Brit., p. 411. Helicella variabilis, Risso, Hist. Nat. Eur. Merid., vol. IV, p;7 3 Teba virgata. Leach, Brit. Moll., p: 93; (ex Turton): Id. id., Jousseaume, Malac. Paris, in Bult. Soc. Zool., IX, 214- È specie variabilissima e diffusa in tutta Italia; non si allontana amai di molto dal mare, e vive sempre al piano: Gli autori menzionano un gran numero di varietà, relativamente: al colore, alla disposizione delle macchie e delle fascie, con tutte le forme di passaggio tra esse. Non ho avuto: nè il tempo, nè il ma: teriale sufficiente per dare un catalogo esatto e preciso di quelle viventi nel Lazio. Posso però dire in massima: che gli esemplari del Lazio, a parte le variazioni del colore, macchie e: fascie, per la: forma poco si discostano dal tipo e presentano come quelli del: l'Umbria e del Senese la spira alquanto: depressa ed un largo ombelico. La specie è comune in tutta Italia: e diffusa in: tutta Europa, senza discostarsi mai dal mare. H. profuga Schmidt. Malak. Bliîtt., I, p..28: Striatella profuga, Westerlund, Fauna Reg. Pal., II, 238. Helix intersecta Id. striata ) Boni, Moll. Mod., p.. 23. Id. variabilis ai GR Strobel, Osservazioni, ecc., p. 225. Comunissima nel Lazio. Sui monti vive una forma più piccola che si ritrova anche nell’Abbruzzo (Paulucci), ossia la varietà sub- profuga che è la forma predominante nel: Napoletano: ed in tutta l’Italia meridionale, e che, con singolare eccezione, vive anche al M. Argentaro, al confine settentrionale del Lazio (Paulucci). La forma tipica è comune in Umbria (Issel, Pantanelli) ed in. Toscana (Gentiluomo, Del Prete; De Stefani C.). Diffusa nell'Europa meridionale ed Africa settentrionale. H. Hamilcaris Kobelt in Rossmissler, p. 102. Un esemplare di questa specie venne rinvenuto dallo: Statuti sulla: spiaggia del mare presso Terracina. Questa specie non. è citata. che per la Sicilia (Paulucci, Matériaux,. Sp. 142). CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 403 H. maritima Draparnaud, Hist. Moll., 85. Teba: maritima, Beck.; Index Moll., p. 12. Helix maritima, Paulucci, Fauna Malac. Calabr., p. 95. Rara sulla spiaggia del mare e nei prati sabbiosi poco lungi da esso, così a Palo, Furbara, ecc. Vive in tutto il littorale tirreno; è comune all’Argentaro (Pau- lucci, nel Napoletano ed a Capri (Bellini). Elxopicima Lamk,- Ani. sans Vent... VI, pi 93. Xerophila apicina, Held. in Isis, p. 913. Helix apicina, Rossmàssler, Icon., V, p. 27. Diffusa \n tutto il Lazio, e specialmente abbondante nei din- torni di Roma, sopratutto al Cimitero del Verano (Statuti). È comune in Toscana (Bonelli, Gentiluomo, Paulucci). Scarsa nei dintorni di Napoli ed a Capri (Bellini). H. conspurcata Draparnaud, Tabl., Moll., 93. #bheba*conspyureata, ‘isso; Fist. “nati Eur. 'merid.; VI; 74: Helix conspurcata, Moquin-Tandon, Hist. Moll., p. 237. Striatella conspurcata, Westerlund, Fauna Reg. Pal., II, p. 302. Xerophila conspurcata, Paulucci, Matériaux, sp. 153; Strobel, Distribuzione: veces p.a22:Picaglia Moll. Mod.; p::113 Comunissima in tutta la Provincia, sotto i sassi, tra gl’ interstizi dei muri a secco che solcano per ogni verso la campagna romana. In identiche condizioni è comune in Toscana (Bonelli, Gentil- uomo, Del Prete, De:Stefani C3 Paulucci); è più scarsa. e localiz- zata nell’ Umbria, a M. Luco (Pantanelli). Diffusa in Abbruzzo (Paulucci) e comune nel Napoletano ed in Terra di Lavoro (Cesati, Bellini). E sparsa in tutta la regione paleartica meridionale. H. pyramidata Draparnaud, Hist. Moll., p. So. Theba pyramidata, Risso, Hist. Nat. Eur. merid., vol. VI, p. 74. Xerophila:id.; Beck, Imde* "Moll. p.. 11. Helix littoralis Tie spectabilis giegler, ImMietf.,, Mon. Hel. viv., p. 254. Abbastanza frequente lungo la spiaggia del mare, donde risale le vallate, così trovasi a Valmontone, nella Valle del Sacco, nella: / 404 GIUSEPPE LEPRI Valle del Mignone, fin verso Tolfa; ma, come ho detto, è più comune lungo tutto il littorale romano. È abbastanza comune in Toscana nel Val d’Arno (Bonelli, Gentiluomo), insieme alle var. monozona, fasciata, marmorata, di _Moquin-Tandon. Comune in Umbria con la var. fasciata e alba. Nel Lazio prevale il tipo, ma alcuni esemplari della Valle de Mignone sono riferibili alla var. alba. Abita tutto il bacino mediterraneo. H. elata Faure in Ferussac, Prodromus, ecc. Caracolle elata, Férussac fi(de Philippi), Enum. Moll. Sic. Helix: elegans, Delle Chiaie (in Benoit); Conch, Sicilia: Id. elata, Paulucci, Matériaux, sp. 84. È specie meridionale che vive nella Sicilia (Paulucci) e nei dintorni di Napoli ed a Capri (Bellini). Statuti l’annovera tra le specie romane per averne rinvenuto una spoglia tra i detriti del mare presso Terracina. H. trochoides Poiret, Voyage Barbarie, vol. II p. 29. Helix «conica; Draparnaud; Fabl= Molk,-b9: Id: ‘turritella;, ‘Patreiss.;. in Villa. Disp. Syst-*Conch3p=ssssì Id. pyramidella, Jan.; in Villa ‘ibidem, p‘82 È abbastanza comune sulla riva del mare, a Fiumicino, Anzio, Nettuno, Astura, nelle dune sabbiose e cespugliose. Secondo Sta- tuti, vive anche alle Acque Albule presso Tivoli. La var. catenata Parr. vive presso Palo e Furbara in prati aperti e sabbiosi. | Ì La var. sulculata Jan. si trova presso Terracina (Statuti). Questa specie è scarsa in Toscana, ove per lo più si trova lo- calizzata ed in colonie (Gentiluomo, Del Prete). Più comune è lungo il littorale Napoletano e a Capri (Bellini). H. terrestris (Miller). H. crenulata; Muller, Verm. hist., vol II; pi 68 H. elegans, Draparnaud, Tabl. Moll., p. 70. Helicella elegans, Risso, Hist. Nat. Eur. Merid., vol. IV, p. 69. Id. id., Moquin-Tandon, Hist. Moll., pl. 20, fig. 10-12. Si rinviene non troppo spesso in colonie tra i cespugli e le erbe “secche lungo la spiaggia del mare. CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 405 Nei dintorni di Civitavecchia vivono anche le varietà : trochilus Poiret, canaliculata Rigacci e ferruginea Rigacci (Statuti). Le due ‘ultime vivono anche a Furbara e sulla spiaggia di Maccarese. Questa specie è citata solo da Livorno (Gentiluomo), ma pro- babilmente vive lungo tutte le spiaggie toscane, ove sono terreni incolti e cespugliosi. H. conoidea Draparnaud, Tabl. Moll., p. 69. Bulimus conoideus, Rossmàssler, Icon., vol. VI. Obelus conoideus, Hartmann, Gaster., vol. I, p. 159. Helis fibula, Wood. in Pfeiffer, Mon. Hell., viv., II, 216. È specie meridionale che non sembra estendersi oltre la Pro- vincia di Roma; ivi è abbastanza comune lungo le spiaggie del mare, ove sono terreni aridi sabbiosi con poca vegetazione; così alEurbaraPalidorove Astura. È abbastanza comune nei dintorni di Napoli, vicino al mare (Costa), e nella regione Flegrea o Vesuviana (Bellini). Vive anche nella Sardegna e Sicilia (Paulucci). H. ventricosa (Draparnaud). Bulimus ventricosus, Draparnaud, Tabl. Moll., p. 68. Hielbs\ventrcosas*Rerussae;Wabl:SystHipi 56 Id. bulimoides, Moquin Tandon, Moll. France, II, p. 277. Id. barbara, Bourguignat, Malac. Algérie, I, p. 286. ld*fventricosa danni, Cat.«Moll*“Catanzaro -p. 12. L’area di diffusione di questa specie è limitata alla Toscana, Umbria e Lazio: a Roma l’ho trovata comune nei terreni sab- biosi poco lungi dal mare, nelle dune di Ostia, Fiumicino, Mac- CARessi Secondo Statuti, vive anche nella Passeggiata pubblica del Pin- cio, entro Roma. Vive, come ho detto, in Toscana, ove si trova anche in col- lina e sui monti (Bonelli, De Stetani). Le falde delle Alpi Apuane sembrano essere il limite settentrionale dell’area di diffusione di questa specie, come i dintorni di Roma sembrano esserne il con- ‘fine meridionale. È comune nell’ Umbria (Issel). 406 GIUSEPPE LEPRI H. acuta Mùller, Verm. hist., vol. II, p. 100. Turbo fasciatus, Pennant, Brit. Zool., p. 131. Id. variabilis, Hartmann, Syst. Gaster., p. 51. Cochlicella meridionalis, Risso, Hist. Nat. Eur. merid., vol. IV, pag. 78. Bulimus fasciatus, Turton, Mon. Brit. Shells, p. 84. Comunissima lungo le dune cespugliose del littorale, a Macca- rese, Fiumicino Astura, ecc. Comune presso il mare in Toscana (Gentiluomo, Bonelli) ed al Monte Argentaro (Paulucci). Abbastanza comune in Umbria (Issel), ove vive lungi dal mare, e benchè rara anche sui monti. È comune a Napoli e Capri (Bellini). Tachea Leach. H. nemoralis Linneo, Syst. Nat., Ed. X, vol. L p. 773. Tachea nemoralis, Kobelt, Fauna Moll. Nass., p. 123, tav. II. Id. id., Westerlund, Fauna Reg. Pal., vol. II, p. 444. Cepaea nemoralis, Jousseaume, Fauna Mal. Par., art. VI, p. 18. Pentataenia nemoralis, Strobel, Distribuzione, ecc., p. 89; Pau- lueci,, Materia; €cc##spi 080. Questa specie è variabilissima sopratutto nel colorito, e non starò qui a riferire le infinite varietà stabilite e descritte dagli autori. » Mi limiterò a quelle che ho potuto osservare in materiale raccolto. nel Lazio, ove questa specie è comune specialmente nei boschi e nei cespuglieti in luoghi umidi : a) Unicolore senza fascie scure; vive nelle Paludi Pontine; b) Unicolore giallo vivo, senza fascie, scura e con peristoma bianco (corrisponde all’ Helix leucostoma Stabile ed all’ H. hortensis Porro); vive sui monti calcarei ad Anticoli (Statuti) e sul Monte Autore; c) Unicolore giallo rosea (= Helix pudica di Stabile) che vive sui colli Albani e alle falde dei M. Lepini; d) Finalmente Statuti ricorda una forma riferibile alla muta- zione Rikardia, ma di minori dimensioni, vivente a Subiaco. L’Helix nemoralis tipica manca in Italia, ove, con il De Stefani, si possono distinguere varie forme. La forma dell’ Umbria e del Lazio presenta dimensioni quasi doppie della forma vivente nella PE e. I CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 407 Valle del Po, e spesso è più grande del tipo stesso, che vive al di là delle Alpi. Essa è caratterizzata inoltre dalla sua conchiglia con superficie corrugata non solo per strie longitudinali, ma per numerose impressioni disposte in tutti i sensi, dall’apertura più de- pressa, con peristoma di color chiaro. Secondo il De Stefani, questa forma sarebbe la Etrusca, e vive anche in Toscana (Del Prete, Pi- caglia). Le numerose varietà descritte si fondano principalmente sulla presenza o mancanza delle fascie, sull’essere queste distinte o fuse insieme sul colorito generale, che può essere giallo, fulvo, ran- ciato, roseo, latteo, ecc. Questa specie sembra mancare nel Napoletano ed in Calabria; vive però nell’Abruzzo ed in Basilicata (Paulucci). Macularia Albers. H. vermiculata Miller, Verm. hist., vol. II, p. 20. Helix vermiculata, Moquin Tandon, Hist. Moll., p. 159. Id. id., Draparnaud, Hist. Moll., p. 96, tav. VI. Macularia vermiculata, Westerlund, Fauna Reg. Pal., II, p. 411; Paulueci;-Materiaux) sp. 77;»Picaglia; Moll: Modi, pitt. E comunissima nel Lazio, in piano, in collina, sui monti, nei boschi. Vive principalmente nell’Italia meridionale e centrale, non oltre il Pisano. Nell’Italia settentrionale si trova in colonie isolate che mostrano in questa specie una tendenza a propagarsi verso il Settentrione (De Stefani). Abita tutta la regione circumediterranea. Iberus Monfort. H. muralis Miller, Verm. hist., vol. II p. 14. Iberusfmuratis, Montfort. Conch., Syst.,.voli II Helicogena muralis, Beck., Index Moll., pag. 40. Comunissima nel Lazio con la varietà Undulata Mich, sui muri, sulle rocce, in luoghi asciutti e soleggiati. Vive in numerose co- lonie, entro Roma stessa, entro Viterbo e Bracciano; si trova sui casolari sparsi per la campagna. È scarsa in Toscana (Gentiluomo) ed all'Isola d’Elba; più co- mune nel Mezzogiorno, a Capri (Bellini) ed a Napoli (Cesati, Bel- 408 GIUSEPPE LEPRI lini), ove è accompagnata dalla varietà propemuralis. Anzi, secondo» il Monterosato, a queste varietà andrebbero riferite tutte le H. mu- ralis della Campania. Mentre a Roma vivrebbe la specie tipica. H. signata Ferussac, Prodrome, ecc., p. 65. Macularia signata, Albers, Die Helicen, ecc., p. 81. Helix circumornata, Martens, Ueber H. carsoleana, Malak Blatt., V,. ping Iberus signatus, Kobeit, Katalog., ecc., n. 18. Id.-1d.,. Melf, Bull. Soc. :Rom.Studi:Zoot pa Scarsa presso Terracina, sul Monte Circeo e sui Monti calcarei di Veroli ed Alatri (M. Ernici), ove per primo la riscontrò il pro- fessore Meli. Questi esemplari presentano la spira alquanto più depressa e costituirebbero, secondo il Meli, quasi una forma di passaggio all’Iberus carsolianus (Fér.). Sembra che questo Iberus sia limitato alla parte meridionale del Lazio, e che non oltrepassi i M. Ernici. Nell’Umbria è sostituito dagli affini: I. Umbricus (Charp.) e I. Strigatus (Fér.), mentre nel Mezzogiorno d’Italia lo è dall’I. Car- solianus (Fér.) e dall’I. Surrentinus (Schmidt). H. carsoliana, Férussac, Prodrome, n. 67. Helix Maruccina, Tiberi, fide Paulucci, Matériaux, sp. 8. Iberus carsolianus, Meli, Bull Soc. Rom., Studi Zool., II, 242. Abbastanza comune sui. Monti di Subiaco, Palestrina, Tivoli, ecc. La var. Uzielliana Paulucci, distinta per la spira più depressa, per l’apertura più allungata e per l’ombelico più aperto, rinviensi talvolta nei dintorni di Subiaco (Statuti). Il prof. Meli cita, per i dintorni di Subiaco, un’altra varietà Iberas carsolianus, var. Politus Paulucci, che potrebbe essere una forma intermedia tra PI. Strisatus dell’ Umbria ed il Carsolianus del Lazio e dell'Abruzzo, il primo dei quali si estende anche in To- scana. Il carsolianus nell’ Abbruzzo è accompagnato dalla varietà uniar- mata Paulucci, che si distingue per essere più compressa con spira più allungata e ristretta, con l’inserzione columellare ricoprente parte dell’ombelico e segnata di una macchia marrone, e con il peristoma CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 400 leggermente arrovesciato. Questa varietà però finora non è stata riscontrata entro i confini del Lazio. L’H. carsoliana, o Iberus carsolianus, è comune nel Napole- tano (Bellini). Helicogena Risso. H. aspersa Miller, Verm. hist., II, 59. Helix aspersa, Draparnaud, Hist. Moll., p. 89, tav. V. Id. id., Moquin-Tandon, Hist. Moll., pag. 174, tav. XIII. Pomatia aspersa, Westerlund, Fauna Reg. Pal., II, pag. 450. Helicogena aspersa, Paulucci, Matériaux, ecc., sp. 199. Specie comunissima in tutto il Lazio, al piano ed in collina, specialmente nella regione coltivata, negli orti e nelle vigne. È specie molto variabile nella colorazione, onde si distinguono» le variazioni: obscurata Menke, zonata M. T., flammea M. T., con infinite forme di transizione. | Nelle dimensioni e nella forma, questa specie può presentare la spira più o meno elevata, onde vi sono le varietà : minor Weste, nana Weste, ecc. In base alle misure date dal Picaglia per l’ele- vatezza della spira nelle forme tipiche, cioè di mm. 19-25, credo che nel Lazio viva abbastanza comune la var. minor. Questa specie abbonda in Toscana (Bonelli, Gentiluomo, Del PreteWDe StetanitCo); cal 'M- Aroentaro e nell’Arcipelago toscano (Paulucci) e nell’ Umbria (Issel, Pantanelli). È scarsa nell’Abbruzzo (Paulucci) e nel Napoletano (Cesati, Bellini). È diffusa nell’ Europa centrale ed il Mezzogiorno dell'Inghilterra. Hltaperto: Barns Index Mus. Caes. Vind.; pag. 399. Id. ‘naticoides,. Draparnaud; “‘fabl. Moll. p. 78. Cantareus naticoides,. Risso, Hist. Nat. Eur. Merid, vol. IV, pag. 64. . Pomatia aperta, Beck,, Index Moll., pag. 44. Frequente nei cespugli, in luoghi umidi e paludosi, a Ostia, Fiu- micino, Maccarese e nei dintorni di Civitavecchia (Statuti). L’ho rinvenuta anche nella valle del lago di Vico. È diffusa nell’Italia centrale e non sale più al Nord della Toscana (De Stefani). Non è menzionata per l’ Umbria, ed è abbastanza co- mune nella Campania (Bellini, Cesati, Costa) e nell’Abbruzzo (Tiberi). 4I0O GIUSEPPE LEPRI Pomatia cincta, Westerlund, Fauna Reg. Pal., II, 478. Il. Cincta Muller” Ver bist pts: Helicogena cincta; Strobel;, Distribuzione ecc., p. 91; Picaglia, Moll: Mod. \etRege., pr‘r23ì Lo Statuti include questa specie nel suo catalogo sulla fede del Menard de la Groye, che la dice vivente in Prov. di Roma. Sebbene non mi sia riuscito trovarla, credo ciò possibilissimo. Infatti essa vive in Toscana, sopratutto nel Pisano (Gentiluomo) ed è comune! nell'Umbria a Terni; Perugia, ecct(Asse) N oe quindi difficile che viva nel Lazio, specie nella sua parte setten- trionale. Abita l'Europa meridionale ed orientale, Asia minore, la Siria, l'Armenia. Hi -Irgata; “Muller Neri hist po: Pomatia.hisata; BeckSindessMoe/ lb hpae/o? Coenatoria “lioate Held Mn dlsis pilo ro: Questa specie., comune e commestibile. preferisce i boschi montani; vive al M. Cimino, all'Autore e sui Colli Albani. È comune in Toscana che rappresenta il suo limite setten- trionale Camaldoli (Targioni). È comune in Umbria e nell’Abbruzzo (Paulucci, Pantanelli) scarsa nel Napoletano (Bellini). H. lucorum' Muller, Vera historia: Helicogena lucorum, Férussac, Prodromus, p. 30. Id. straminea Bourguignat, /Anien, Male. oa Pomatia lucorum, Westerlund, Fauna Reg. Pal,. II, 468. Pentatenia lucorum, Strobel, Distribuzione ecc., pag. 90; Pau- lucci, Matériaux, sp. 206. Questa specie è abbastanza comune nel Lazio ove predilige le colline boscose e cespugliose, le siepi, ecc. Rinviensi abbondante a Mentana, in tutta la regione Cimina, a Viterbo in special modo, ove si trovano grandi e belli esem- plari avvicinantisi quindi a quelli del’Umbria (Sabina) ove però questa specie è scarsa (Pantanelli). Maggiormente diffusa è nella Toscana e nell'Emilia (De Ste- fani, Picaglia) ma è rappresentata da individui di minori dimensioni CONTRIBUTO. ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 4II Riguardo al colore, si osservano anche nel Lazio, le variazioni notate dal Picaglia : ossia larghe fasce bruno-marrone talvolta fuse insieme, talvolta più o meno distinte e separate da fasce più chiare. L’ H. lucorum sembra scarsa nell’Abbruzzo e nella Cam- pania (Paulucci, Costa). Il suo habitat è limitato all’ Italia, Albania, Dalmazia. Famiglia PUPIDAF. Spira allungata con numerosi giri, apertura stretta, spesso di- minuita da denti: mascella liscia o finamente striata, talvolta por- tante una piccola appendice superiore. Dutto genitale maschile con numerose vescicole bifide. Gen. Pupa Lamark, conchiglia cilindrica destrorsa, con som- mità ottusa, apertura parallela all’asse, piccola e stretta. Tentacoli inferiori molto corti. Torquilla Studer. P. quinquedentata (Born.) Turbo quinquedentatus, Born, Mus. Vindenbon., p. 370. Pupa cinerea, Draparnaud, Tabl. Moll., p. 61. ilorquillacinerea*SBeck-Imdex Molli piS7: Pupa quinquedentata, Deshayes in Lamark, Anim. s. vert., VIII, P. 174. Scarsa nel Lazio, ma più comune al Nord che non al Sud. È rara nei detriti alluvionali alle Paludi Pontine (Statuti), mentre in identiche condizioni si trova abbastanza frequente nei dintorni di Viterbo, nella valle del Mignone. Vive anche sul Cimino, ove gli esemplari hanno minori dimensioni. Si osserva per questa specie ciò che avviene in molte altre: a mano a mano che si elevano sui monti le dimensioni diminuiscono e la differenza nell’elevatezza della spira può essere di 5, 6 e anche 7 millimetri tra individui di alta montagna ed individui del piano. È comune in Toscana, ove è rara sui monti (Gentiluomo, Bonelli, De Stefano), manca nell’Abbruzzo e nel Napoletano. Finora le Paludi Pontine nel Lazio sembrano segnare il limite meridionale di questa specie. 5 412 GIUSEPPE LEPRI P. frumentum Draparnaud, Hist. Moll., p. 65, tav. II. Helix frumentum, Férussac, Tabl. Systs;_p='‘04 Torquilla frumentum, Kobelt, Fauna Moll. Nass., p. 140, eat id... id.,. Westeriund; Fauna Reg. “Pal; vol IIS pad Pupa frumentum, Moquin Tandon, Hist. Moll., p. 361, tav. XXVI, Paulucci, Matériaux, ecc.,. sp. 243. Secondo vari autori (Paulucci, Picaglia, ecc.), la specie tipica mancherebbe in Italia, ove sarebbe rappresentata: Nell’Italia settentrionale dalla var. Illirica Ròssm. (triticum Ziegler) dell’Illiria, Italia settentrionale, Transilvania, ecc., distinta per le dimensioni maggiori, per l’apice più aguzzo e per le strie della conchiglia più numerose e più sottili. Nell’Italia centrale dalla var. Appennina Charp. distinta dalle dimensioni ancora maggiori, con 10 anfratti non molto convessi, dalla presenza di due pieghe columellari superiori spesso riunite da una 3° brevissima, e da una lunga plica palatale (Paulucci). È questa varietà che vive nel Lazio ove essa è comune a Ci- vitavecchia, Bracciano, Viterbo, Terracina, nei vecchi muri, negli interstizi delle roccie. È abbastanza frequente in Toscana sulle rocce calcaree (Gen- tiluomo, Bonelli, De Stefani), nell’Umbria ove rinviensi la var. Ap- penina, tipica con le sue maggiori dimensioni (Issel, Pantanelli), nell’Abbruzzo e nella Campania, ove pure trovasi la suddetta varietà @Raulaceslibeu): P. gsranum, Draparnaud, Hist. Moll., p. 63, tav. HI. Helix. granum, Férussac, Tabl. Syst., p. 64. Pupa granum, Moquin Tandon, Hist. Moll., p. 370, tav. XXVI. Torquilla granum | \\Pi 100% Granopupa granum | Westerlund, Fauna Reg. Pal., D. 109; Paulucei, Materiaux: ecc. sp.240, Abbastanza comune nei detriti alluvionali specialmente nei din- torni di Roma, nella valle del Mignone, ecc. È sparsa in tutta Italia, ma più comune al Centro ed al Sud. Vive nell'Europa meridionale, Siberia, territorio dell’Amour ed America settentrionale. ‘CONTRIBUTO AIILA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 413 P. avenacea (Bmaguicère). Bulimus avenaceus, Bruguière, Encycl., vol. I, p.. 355. Pupa avena, Draparnaud, Tabl. Moll., p. 59. Helix avena, Ferussac, Tabl. Syst., p. 64. Torquilla .avenacea, Westerlund, Fauna Reg. Pal., III, p. 97; :Strobel, Distribuzione, ecc., p. 96; Paulucci, Matériaux, ecc., sp. 249; Eessona*tMolkRriem.,Par..vart. TX, vol dog? 47 Id*idSA\Vesterlund&bÒannas@bRes#*Palhy vol. HI, p.ir2F) dimostrata \StrobelMbistribuzione,:vecc., Moll} .p..75, tav 1V Id. id., Moquin Tandon, Hist. Moll., p. 390, tav. XXII. Aciculinaacicula, | Westerlund;- Fauna: Reg. .Pal.;-IIl* p.-176. Acicula-facicula; Jousseauwme, Fauna Mal. Par., pi 235. Coecilianella. ‘eburnea, Tssel,-Conch. Tab.; p. 24: Polyplremus+acicula; Villa; Disp. Conch.;,p..720. Glandimnagacicula De Retta; Esame critico, pi 19; Achagmataciculoidess Id.}-Malac: Val di Nona; p.75. Comune lungo il littorale a Terracina, Anzio, Furbara, Civita- vecchia, foce del Mignone, nei detriti alluvionali, alla base nei vecchi tronchi, sotto le pietre. È comune e diffusa in Toscana e nell’ Umbria (Bonelli, Del Prete, De Stefani, Issel); scarsa nell’Abbruzzo e nel Napoletano» (Tiberi, Bellini). Abita Europa, Algeria, Madera. Azzorre. ©-r0ciulordes'janin'Strobel Essai, iecc., pag. 20. Coecilianellaaciculoides, Bourguignat, Amén. Malac., vol. I, p.222. Glandina Jani, De Betta, Esame critico, ecc., p. 20. Aemnaunaracicula Idem, Cat Moll. Prov. Venete, p.'59: Acieulima:Jans*\Westerlund® Rauna. Reg: Pal., III;p: 778: Acicula acicula var. Veneta, Strobel, Distribuz., p: 75. Td. ‘aciculoides; Paulucci, Matériaux, ecc.,. Sp. 231. Questa specie, che alcuni autori (Westerlund, Picaglia) vogliono fimikatasalRiemontete distinta *dalla* C. | < ©) | | Fam. HYDROBIIDAE. | Hydrobia ventrosa Mont. Ù sp » vitrea Hart. * * . . . . » ulvae Penn. . safe VERTE 2 Belgrandia thermalis L. sil PA) Via DE e-| +-+ Vive entro Roma Amnicola macrostoma | Kust. . . . . . . È ® °° ® è. . * | . . * Bythinella abbreviata Mich. . ? ? | + + | Il valore di questa specie | è posto in dubbio dalla o viridis Hart. * : : Paulucci (Mazér., 125) » bulimoidea Mich. | # | # | * è Ss | Bythinia tentaculata L. . * ZL Ri dea * * | # | Insieme alla var. « pro- | ducta » » var. producta M. . * SI Riti DIS È » Boissieri Charp. LIS Te Ri Ma È | » rubens Menk.. 2A | Gal a . CA » similis Drap. lie pe a Si; Fam. MELANIIDAE. Melanopsis Dufouri Fer. ECC: E SE È "SS Fam. AURICULIDAE. | | Carychium minimum Miill. | # | # | #|#4#|..|..|..] In Campania è sostituito dall’affine « tridenta—- S tridentatum tum » e nell’ Umbria , dall’ « elongatum » Risso EE SITE -® x | Fam. LIMNEIDAE. | | Limnaea auricularia L.. * | * | * «eb ..| # | # | In Abbruzzo vive fino a_ 1850 m. s/m. » ovata) Drap. 0. Eee » peregra Miill. BUE AE | : a Ì CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 437 Sa NED } È s Sunia S E ie, GENERE E SPECIE I IIC SII i È E a Osservazioni È SEN i 7, isa) D < © | | 28 | Limnaea lagotis Schr. (A Aa | il 29 e E i i RI I i, | | 30 >» ugvareviolacea: Paul IS SEE e | gi pa lustrise Na lle RO E | | s2 » truncatula Mill. SR a O n i | | 32 » var®"BxM. T, Re ‘ Re eee 34 | Amphipeplea glutinosa | Mill. ER LA CT RS e I et Citata:dal solo.Gantraine | come vivente entro Î Roma Fam. PLANORBIIDAE. | | | 3 Elanorbisicorneust do e SES i 36 » albussMull,;v, A e NINE 3 » carinatus Mill, .{#|#*#|*|..{..| * RE 38 » Un bilicatuse Niue e e 39 » OIL O I ECO IS A a eli PET ILA | | 40 » Spiro nisseno Te ee I 41 » CORIORUSORAA ART RO 42 » nitidus Mill. .{#* |-# | * PSA ri Te «| «-| Pel rimanente d’Italia o | non è citato che pel: 43 » complanatusi ll: oh Re e Modenese Fam. ANCYLIDAE. | | rag arcylis cs mpler Malo e TS » costati Villa vano ie e o EE 46 » lacustris CA . . Do e è © è ° * °° . | DS | | Fam. PHYSIDAE. o igEiysas by proel. ea OE el 48 DI EOLIE AMBO II Tra EROI EA AE RE 49 » CO Diape sii e ea SSA Dbondante in: Sardegna | (Paulucci) ES (GP) (@.9) GIUSEPPE LEPRI N. d’ordine 59 60 (OI 62 GENERE E SPECIE Fam. ZONITIDAE. Zonites: Kraliki. ... . » » cellarius Miill. . Draper. CR DI Vitrina elongata Drap. . Hyalina lucida Drap. » nitida Mill. cristallina Miill. Fam. LIMACIDAE. Timax cinereus List. » Amalia gagates Mog. Tand. agrestis L. Arion ortensis Fér, . Fam. HELICIDAE. Helix rotundata Miill, . abietina Bourg. aculeata Mill. lenticula Fér.. obvoluta Mill. pulchella Miill. cinctella Drap. . . c 8 > SALA N VR EI C.|M a Z S Osservazioni (8) A Da] n fio) © GRA Hi ») < 2 5 ò " x Citato dalla Paulucci sol- tanto NE * E * candidissimus . de . | * EL] E x * * * da io ES * * * È | ; * “ | e o . * * | de * * pura Fér., var. len- . è | ticularis Held. a CDI e e Lea). hydatina Rossa MEER EOS a | | RR SE *& * * REL * |k|e| SA ay *|x* | * | " | 7 Hi E * * * | È . * . * 0 è ° . » . . + ssUete AE a * Ri * # l In Abbruzzo è stata rin- venuta oltre 1500 m. * | * ea o * s/m. * * * 83 * * * * » var. BM. T. Salse AM Oi | Serna + «| Specie nordica; citata villosa Drap. . solo dal Cantraine A n n dal. .— 0mr*rr——___—_—_—_—_—_—_—T—_——T——TT______2òàmn_nt CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, EGG: d'ordine N. Flelix-gregaria! Ziegl. . . OlviensiRerd.s =.) carthusiana Miill. . var. rufilabris Jeffr. . var, minor. M..T.. .. adiecta: De Crist.. .. Cantiana Mont. . . var. rubella Risso . var, Campania Paul. cemenelea Risso. . var. Almonis St, Orsini Porro i, planospira Lamk. . var. pubescens Tib. var. setulosa Brig. . var. Alifaensis Paul. macrostoma Muhl. . pisana Mall, t var. capitolina Font. var. Alibrandi Ri- SACCO anxurina Rigacci. . Ammonis Schm.. . instabilis Ziegl. . . variabilis, Drap. . . profuga Schm. . . Hamilcaris Drap. . maritima Drap. . aplema ibamk, io GENERE E SPECIE Î & È È 000 = IS SIE E. M E “i A Osservazioni 13) Q [ni = D7) 2 [= Ouest. ha SS 2O SMS | | | | A 19: ; 3 # | Una spoglia rivenuta. | dalla Paulucci a M. Ar- * * | gentaro # |» FIRE e ME | | È | * | | . * (MN: . | . | . . A 000 . o. . I . . | * | RESA * * | | . | . | . . Ì | | * | | NE DIO ED A --| | È Valla vari Î | . Ss . ; * È * E Ò | * E * DS *& Stia | . ° »*® 33 | a RE * | * h Ù i * * a art Pio, È x Fide Martens; forse una var. di « H. plano- * s* spira » (Statuti) * La ritengo una var. « al- 5 È i 3 ot, bina » di « H. pisana », o una subvarietà della var. «alba « di Moquin ? Dr SRI È v EL Tandon * | * è . ® ° ° [è | : #ifaece na 3 E E | * do 5 è | * | * * | | | ia | | 3E dr I IR AS è | È Una spoglia rinvenuta da | Statuti sulla spiaggia * * IRE di Terracina; è specie ; Fas; (At i | siciliana * * Jos | * N. d’ordine 100 IOI 102 103 104 105 106 107 108 109 124 125 440 GENERE E SPECIE Helix conspurcata Drap. » pyramidata Drap. ».) Avari alba-Rastst: >. selata \Baure. nio se » trochoides Polir. , . >» warWcatenata® Pani » var. sulculata Jan. . » var. terrestris Miill. . » var. trochilus Poir. . » var. canaliculata Ri- DACCL- SER ZA » var. ferruginea Ri- SACCIM E MUNti » ‘conoidea’Drap. ‘è. »... ventricosa, Drap..ol. > Apracuta MOLLI, e na » nemoralis L. forma etrusca - Zieg. . » VAL MIIDICOlO nre » var. unicolore gialla H, leucost. Stab. » var. unicolore rosea H. pudica Stab. » © var. Rikardia! » vermiculata Miill. . DI SMUrISOM ale » signata Fér. »carsoliana”, » var. Uzielliana Paul. » vari opolitasPatlit » aspersa Miill.. GIUSEPPE LEPRI Pia * E * * * ca * * € è°® ® è * . e *. * * PA ° è. * . * . “* de * * È * | * * * k 0 © | E . 0 . . n 9) Di Abbruzzo % Osservazioni A Nord del Lazio è so- stituito dall’ « Iberus umbricus » e dallo «sbrigatus», a Sud dal «carsolanius» e « sur- rentinus » “ ì CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 44I v s e) È S Î GENERE E SPECIE M p Osservazioni to) Q ù Q DA < mio |HelboetspertaWb on te e E aaa 127 DANCE AR ate e Fide Menard 128 DIM] PARA LO e SI o o CERRI 120 UCI NINE MIRA E SR Fam. PURIDAE. 130 | Pupa quinquedentata i BOLO A SN NE al RI 13I RZ De I gi Sr Mt] DER OSO a on Lg » var. appenninica Champer di ao BRNEE 133 DAI O OR SS oi TR I ec a e 134 IMRAVCNACCA LR DIO a I II ero vigile » varietà lucana De SE . ° . . . 0». PIC) * * * È # * 136 » polyodon Drap. ° . «re ° OO ti DIO 0 » DIC DO) 137 ACCO e IE] I a a Mo Po di e da 138 » triplicata Stud. Ù si » è è E è è * DR) * CN) 139 iI e SSR O 0 AO I 140 » pygmaea Drap. . . OG s to ee È * oletlie-e I4I ospipicata Michal ta E, 142 > nidoliolim p Brugg apnee e RR RL, P49// Buliinuss detatus Mullen | .|-# 144 » varietà radiatus Ie e e o E 145 » quadridens Miil- ler . ». ° . DO * * È 3 * s to) 146 » tnidenseMulle o tti se | oe e 147 » dollitisfe e e ee a ECitato Solo dali Conti luomo 442 GIUSEPPE LEPRI V (asi S x S| UE S GENERE E SPECIE IG P C a Si ip Osservazioni - (3) “= ©) 7) 2 E > se) 2 o Zi sg! < |O | 148-|;Clausilia Jaminata Monti: # Lg io ae a oa tipica manca nel Lazio ledi.annzllo— 149 » var. Targionii De | scana St . . . . e è o * * * È . reti] | . 150 » incisa. Musto e ARA, | I5I » gibbula Ziegl. . AT IE ide Portiere 152 » piccata nZiegIe pate I E o e 153 » itala [Martens.S ce i Rei e AO 154 » candidescens Rigi È * | ZICRl: st cet n eINE 155 » var. cinerta Rho Pa a a 156 » leucostigma VATICANA SI dosi Mea Na iz cio So È I 157 » varietà opalina | x; * * 4 Ziegli pra i area «+. 158 » dolida: Drap: pia RE i 159 » bidens: Li RE SA PSE i e e e i CC Agi i 160 » dubia Drapi ER Ta SI I | I6I » rugosa: Drap;id:. RI la di a | Fam. STENOGYRIDAE. | | 162: .|' Stenogyra idecallataf to co [St See | | | 163 |Cionella :Tubrica: Mall. E a 164 >: Hohenwarti Rossi Son a e e E Î | RO RISI, acicula- Mall. RA e e e 166 » aciculoides Tank pi Ng ea a, e: È sel et Dalalcunitautoritadenti ficata alla « C. Jani » | | Fam. TESTACELLIDAE. 167 | Testacella haliotidea Drap...| .. *.| ..| «.f-+| =.|++| + Sostituita in Toscanale Umbria dalla affine 168 » bisulcataRiisso (0) 1% gs o ai © 1° Pecchiolia CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 443 (0) E o |.£ È E erN |A o Cie NERE E SPECIE Pala MMI GE 2 Ò, Osservazioni ©) n 2 Q E È ©) [ pio) Das] 4 B|P|< |o citata che in Sicilia » oblonga Drap. LAMELLIBRANCHIA. Fam. CYCLADIDAE. 174 | Cyclas lacustris Miill. 175 | Pisidium amnicum Miill. 176 » pusillum Gmel. » casertanum Poli 1/7 Fam. UNIONIDAE. Unio sipuatus Lamk > cRequient Mich. »- var. romana Rigacci . » Var. rosea Rigacci Di vare EUrtoni bue Tand. STA » var. Molteni sod Tand. BELAECIE Fam. SUCCINEIDAE. 169 { Succinea putris L. 5 E DSC Ei SI ESTA peste 170 » Pfeifferi Ròssm. I ER 171 » elegans Risso. & | i Du NO) ii LEA e 172 » megalonixia Bourg. SIRIA I MOI E So Pel resto d’Italia non è feel 00 4 444 GIUSEPPE LEPRI È 4 L=! È S| 6) GENERE E SPECIE MJ e) z Osservazioni S Ò L ic; - SRZIIE È > < | il Unio var. Lawleyanus Gentoo ene Re TR ARRE ERE ea » . Larderellianus (Pecch.-f?#. (1. |4 3 ARES 186 »- pieto rum Lei CIA vi ivar. rostrata Michi 355 9244 Ci.) CORESRIIE 188-f-Anodonta: cene Ei 89 LO CRESR | 189 » Qualita a ME e 190 » atocairensis Stat ide e » romana Drouet . | #|..1* |... È | | | 192 » scapulosa Lao EER LR e Riassumendo: Abbiamo finora per la Malacofanna terrestre e d’acqua dolce dell'Agro romano un totale di 190 tra specie e va- rietà dî cui 175 per i Gasteropodi e 15 per i Lamellibranchi; rap- presentanti rispettivamente 19 famiglie e 31 generi per i primi, e..2 famiglie è-»4. generi pet. secondi Certamente che io non credo con questo di aver illustrato la malacofauna del Lazio, ma solo di aver portato alla sua cono- scenza un modesto contributo. Molto rimane ancora da fare; an- zitutto occorre consacrare un lungo tempo a pazienti ricerche; vaste regioni del Lazio, può dirsi, sieno ancora inesplorate sotto questo punto di vista, così nella zona delle alte montagne, e prin- cipalmente nel bacino Pontino, sopratutto ad una certa distanza dal mare, ove la malaria rèénde pericoloso il soggiorno dalla fine di primavera ad autunno inoltrato. Dott. GiusEPPE LEPRI. TTI A RT DA ‘CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI, ECC. 445 BIBLIOGRAEFETA. Cito soltanto le opere che ho direttamente consultato per la com- ‘pilazione del presente lavoro. Adami, Molluschi dei dintorni di Sassari. — Boll. Soc. Malac. It., vole SLI. — Nuove forme italiane del gen. Unio. — Ibidem, vol. VIII. Adanss, The genera of recent Mollusca. — 1858. Arbanasich, Molluschi della Sardegna. — Boll. Soc. Malac. It., Mors XIX. ‘Bellini R., Malac. terrestre e fluviatile Napolitana. — Rivista It. di Sci Nato vele XVIII | — Appendice alla Malac. terr. et fluv. 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Scanderberg, Appunti alla Nota del’ Prof. Bellini sulla Malacologia napoletana. — Rivista It. di Sc. Nat.,. vol.. XIX. Schmidt, System der Europaischen Clausilien. — 1868. Spinelli, Cat. dei Moll. terr. e fluv.. della. Prov... Bresciana. — 1876. Stabile, Molluschi del Piemonte. — 1864. Statuti, Cat. Sist.. e Sinonim. dei Molluschi terr. e fluv. viventi nella Prov. di Roma. — Atti Acc. Pbnt. Nuovi. Lincei; .vol. XXXIVE — Malacologia del Lazio. — Ibidem, volume XXXVII. — Note malacologiche sulla fauna romana. — Ibidem, vol. XXXIX. Stefani (de) C., Moll. viventi sulle Alpi Apuane, sul M. Pisano e sull’ Appennino adiacente. — Bull. Soc. Malac. It., vol. IV. Strobel, Distribuzione orogeografica dei Molluschi viventi nel ver— sante settentrionale dell’ Appennino dal Tidone alla Secchia. - Boll. Sec. Malac.. It... vol. III. — Molluschi del Piemonte. — 1853.. — Molluschi del Pavese. CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEI MOLLUSCHI ECC. 449 Sympson, Anatomie and Phisiology of Anodonta fluviatilis. — An- nual report on the New York State Museum of nat. hist., XXXV. Targioni, Molluschi osservati e raccolti in una escursione nel Casen- tino. — Bollettino. Malac..It., voli. I. Tiberi, De quelques Mollusques Napolitains. — Ann. Soc. Malac. de- Belgique, vol. XIII. — Noteaddizionali all’articolo del sig. Martens: Intorno ad alcune con- chiglie dell’ Abbruzzo. — Bull. Malac. It., vol. II. Tommasi, Moll. terr. e fluv. viventi nel territorio di Castel Goffredo. =— bull S0c;, Malactlt. voll: Valentini, Molluschi viventi nel bacino del Tronto. — Ibidem, volanVv. Vella, Catalogo dei Molluschi della Lombardia. — 1844. — Aggiunte al Catalogo di Moll. della Lombardia. — 1853. Westerlund, Fauna der in Palàartischen region Lebenden Binnen- conchylien. Woodward, Manuel de conchyliologie. I generi ANSER Brisson e MELANONYX But. RETTIFICHE E AGGIUNTE Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma dal socio principe don FRANCESCO CHIGI Faccio seguito alla comunicazione dell’aprile scorso « Intorno al Melanonyx brachyrAynchus (Baill.) e ad un esemplare riferibile a questa specie, còlto in provincia di Roma » (1) esponendo quanto mi è risultato dalle ricerche fatte fino ad oggi. Dei due quesiti da me proposti il principale così for- mulato: « Z'ANSER ALBIFRONS mel $72m0 abito, contraria mente a quanto asserì lAlpheraky, può avere l'unghia della mascella superiore interamente e intensamente nera? » è stato risolto dal prof. Giacinto Martorelli, il quale, appena pubblicata la mia nota, rispose a/fermativamente. Della giustezza di tale risposta potei ancora convincermi tanto in Firenze, dove con squisita cortesia il prof. Giglioli volle mostrarmi alcuni interessantissimi esemplari di oca, quanto in Milano vedendo i soggetti della collezione Turati diretta dal prof. Martorelli. Come già avevo avvertito nell'ipotesi di poter accer- tare questo fatto, il gen. A/elanonya perde ogni valore sistematico essendosi riconosciuto esistere nel gen. Arser i caratteri ritenuti propri del gen. Mel/azonya. Di più, di fronte ad esemplari della sp. @/0:frors con unghia inten- samente e interamente nera si hanno pure, ma credo (1e<»Boll:Soc.iZooli It» 410009; pag #57, FRANCESCO GHIGI + I GENERI « ANSER » BRISSON E « MELANONYX » BUT, 45I molto raramente, soggetti della po segetum con unghia pallidissima, giallo-cornea. Secondo il Buturlin, seguìto in ciò dall’ aci un altro distintivo ue la mancanza nel gruppo AIZela- nonya delle macchie trasversali nere sull’addome. Questo solo distintivo però non basta, giacchè se è vero che nella sp. segetum, arvensis, neglectus, brachyrhynchus le macchie addominali. non appaiono mai, è pure indubitato che nelle specie arser, albifrons e finmarchicus queste mac- chie non appaiono mai nelle fasi giovanili, ma solo nelle più evolute, e gradualmente, non assumendo il loro pieno e perfetto sviluppo che in rari casi e negli individui di età molto avanzata. Nell Arser anser le macchie arrivano talora a confluire, nell'A. albefrons, come nel fiwmarchicus progrediscono ancor più potendo coprire l'addome interamente o quasi. Questro dimostra semplicemente che la sp. arser è più evoluta delle sp. segelur, arvensis,neglectus e brachyrhynchus, e che le due specie a/b:/rons e finmarchicus sono anche più evolute dalla sp. @rser ma non può giustificare affatto la distinzione di esse specie in due gruppi di grado generico. Qui devest tener’ conto del fatto che per i caratteri. del piumaggio, segnatamente dell'ala, la sp. drackyrhynchus è molto più vicina alla sp. arse” che non alle altre forme del supposto genere Melanonyx. E finalmente tutte le specie possono avere penne bian- «che intorno al becco, alcune non nella maggioranza degli individui, altre nella maggioranza, altre nella totalità (adulti), alcune in minore, altre in maggiore quantità fino a formare come nelle lombardelle una grande macchia bianca sulla fronte. In conclusione per la distinzione dei due generi ox serve la tinta delle unghie, non serve la presenza o man- canza di penne bianche sulla fronte, e zor serve la pre- ‘senza o mancanza di macchie nere sull’addome. Quindi perde ogni valore la. diagnosi del Buturlin per il sottoge- nere (genere secondo Alpheraky) AI/el/anonyx redatta in questi termini: « Anseris subgenus novum, rostro carneo 452 FRANCESCO CHIGI aut flavescente aurantiaco, bas: dertroque nigris, fronte fusco-grisea, a/00 non .fasciata, abdomine griseo, 722970 haud fasciato. » | Potrebbe ancora esser vero che, come opina l’Alphe- raky, le specie segelum, arvensis, neglectus e brachyrhyn- chus provengano da unò stipite comune diverso dallo sti- pite comune alle altre specie arser, albefrons e finmarchicus, ma fintanto che manca un carattere esterno quale indice sicuro di differenza generica, non abbiamo il diritto di considerare distinti i due gruppi. oi La distinzione dei due generi e l'essermi io attenuto al testo dell’Alpheraky ha portato come immediata con- seguenza che l'esemplare di oca avuto nel novembre 1908 fu da me riferito (con le debite riserve) alla specie 6ra- chyrhynchus. Ora, sciolto il primo quesito, giacchè quell’e- semplare può essere un albifrons, non sarebbe ragionevole volerlo ancora considerare come 6rackyrkynchus, tanto più tenendo conto della frequenza in Italia della prima specie di fronte alla rarità della seconda. Una ragione ancor più con- vincente mi determinò a considerare definitivamente come albifrons i mio esemplare, e fu l'aver veduto nella ric- chissima collezione ornitologica del Museo ‘annesso al « Jardin des Plantes » di Parigi una buona serie di sog- getti dell’Axser drackhyrAynchus, e l'aver constatato che essi sono tanto differenti dal mio esemplare quanto esso è simile nelle forme e nel colorito alle giovani lombardelle. Gli esemplari di Parigi, tutti adulti, non hanno traccia di penne scure intorno al becco ed hanno l'ala, quale è de- scritta dall’Alpheraky, di un bel cenerino spiccatissimo che in alcuni tende al perlaceo. Per togliere un ultimo dubbio a chi ne avesse ancora sarebbe utile trovare la soluzione del mio secondo que- sito circala possibilità che i giovani 0rackvrAkynchus abbiano penne grigio-nere intorno al becco. Per le possibili con- seguenze delle soluzioni rimando il lettore alla mia prece- dente comunicazione. I GENERI « ANSER » BRISSON E « MELANONYX » BUT. 453 Un risultato di ordine generale, pratico e utile per l'avvenire, di quanto ho esposto è l'aver accertato che nell'opera dell’ Alpheraky si impongono profondi emenda- menti che evitino nuovi equivoci. ‘Tali emendamenti, i POS almeno, sono a parer mio i seguenti: Unificare nel primitivo genere AnsER /£72550%, 1 due o Anser e Melanonyx. 2° Rendere più particolareggiate e nette le diagnosi in base ai soli caratteri specifici considerati attraverso le varie fasi (la tinta delle unghie non è carattere specifico costante). 3° Estendere i limiti di possibile oscillazione nel rap- porto dell'unghia alla lunghezza totale del becco, special- mente in relazione con le differenze fra le specie a/be/rons e finmarchicus (per le sp. segetum e arvensis non ho dati). 4° Aggiungere come carattere comune a tutte le specie la possibile presenza di penne bianche intorno al becco e sulla fronte. 5° Ordinare le specie del genere Axser secondo il grado di sviluppo evolutivo, sia dalla più alla meno evoluta, sia dalla meno alla più evoluta, facendo però ben risul- tare che la serie ha uno spiccato carattere di continuità. Così l’opera dell’Alpheraky, assai ricca di dati utilis- simi e tutti scrupolosamente vagliati, nulla perderebbe del suo valore. Mi piace qui ricordare che l'Alpheraky, tanto nella prefazione del suo libro, quanto nella corrispondenza che scambiò con me, ha voluto dire chiaramente che l’operasua non poteva e non doveva essere considerata che come una preparazione di terreno per ulteriori ricerche sulle oche. E dallo stesso signor Alpheraky, il quale mi dette prove di cordiale amicizia, conto ora avere un sereno giu- dizio sulle mie deduzioni. Ariccia, settembre 1909. Ancora sulla fisiopatologia del sangue IN ALTA MONTAGNA ‘Comunicazione del socio dott. VALENTINO BARNABÒ fatta alla Società Zoologica Italiana, con sede in Roma Un recente studio di Polito sulla influenza dei raggi solari sul sangue (1), mi induce a tornare alquanto sul- l'argomento, che ebbi già a trattare sperimentalmente e criticamente, circa le modificazioni del sangue in alta mon- tagna (2). Il Polito ricorda innanzi tutto che il Lucibelli, studiando il bagno di luce artificiale bianca, trovò aumen- tato lo scambio dei corpuscoli del sangue con varia di- stribuzione nelle diverse parti dell'organismo, ma non ri- levò alcuna modificazione nel numero dell’ emazie e nel. l'emoglobina, e soltanto una leucopenia con prevalenza di linfociti. Altri autori studiarono l’azione dei raggi solari sul sangue, quali il Fiuren, l Auerbach, l’Engelmann, il Fubini, il Mauer, l’Aehl, il Bosen, il Masucci. Quest'ultimo sugli ammalati della Clinica del prof. De Renzi notò che il bagno di luce bianca produce lieve aumento di emazie e sensibile leu- copenia con formula leucocitaria invertita, e che la luce azzurra fa diminuire vieppiù 1 leucociti. (1) PoLITO G., /rffuenza dei raggi solari sul sangue. « Gazz. in- ternaz. di Medic. » — Napoli, 1908 (n.28). Riass. nel « Morgagni », parte. Il not WrL909. (2) BARNABÒ V., Azcerche sperimentali sulla fisiopatologia del .sangue in alta montagna. « Bollett. Società Zoologica Italiana », 1909. ANCORA SULLA FISIOPATOLOGIA DEL SANGUE, IN ALTA MONTAGNA 45 (21 Le esperienze del Polito riguardano le modificazioni nel sangue di conigli esposti al “sole, in una gabbia aperta da ogni lato, per un tempo di 15 minuti a 1 ora, a tem- perature dana a.42%,C. Dati numerosi esami egli notò: l'aumento dei corpuscoli rossi da 6 ad 800 mila per.mm. c. di sangue; il moderato aumento di leucociti da 2500 a 5000 con prevalenza dei mononucleari ; l'aumento del tasso emo- globinico ; la fugacità di tali modificazioni; e la mancata influenza della durata dell’applicazione sui suoi effetti. Alcuni di questi risultati furono riscontrati da varî au- tori, e da me controllati e microscopicamente osservati an- che nelle esperienze condotte in alta montagna. In esse pure si nota un'evidente iperglobulia, a cui però cor- risponde una ipoleucocitosi, invece di un moderato au- mento di globuli bianchi. Tali fatti concorderebbero quindi maggiormente con i risultati clinici del Masucci, e solo in parte con quelli del Lucibelli e del Polito. Resta tuttavia l'importanza di queste ricerche, che, eseguite con altri in- tenti e in diverse condizioni sperimentali, contribuiscono assai allo studio dell'influenza esercitata sul sangue dai raggi e dalla luce, prevalenti fattori dell’altitudine. In alta montagna i raggi solari agiscono molto più ef- ficacemente sull'organismo, che non a Napoli o in laboratori posti quasi a livello del mare. E ciò, sia per la maggior vicinanza al sole, che, se pur trascurabile nel senso astro- nomico, può interessare dal punto di vista biologico di piccoli animali; sia per il minore strato di aria atmosferica interposto tra il sole e la terra, e per il diverso suo grado di rarefazione, da cui vien meno inibita l’azione diretta dei raggi solari; sia per la forte diminuzione di.pulviscolo atmosferico, altra causa possibile di inibizione di questi raggi; sia infine per la forte diffusione di luce, aumentata sovente dalla natura speciale del suolo delle alte cime. In tali condizioni sperimentali dunque più facilmente devono notarsi gli effetti sull'organismo dei raggi solari, nei quali è sempre interessante distinguere i due elementi costitutivi : loolucezesilicalore. Db SI a gr 456 VALENTINO BARNABO In quanto al calore, gli autori citati dal Polito ed egli stesso, non lo hanno eliminato; questi anzi parla fin di 42° C. Per rigore scientifico sarebbe stato bene fossero stati distinti i suoi effetti speciali. Io già ricordai che Dreyer e Jansen, i quali studiarono pure la influenza dei raggi luminosi sulla circolazione, l'avevano escluso, mediante l’in- terposizione di una soluzione di cloruro sodico 0.7 °/, tra la sorgente luminosa e il tessuto di rana esaminato al mi- croscopio. Nelle esperienze in alta montagna il calore viene pure sovente eliminato specialmente dal libero spirar dei venti, e dall’altitudine stessa. E ho detto sovente, perchè sulle alte cime e sulle rocciose in special modo, il calore suol essere assai rilevante, appunto per la natura del suolo, che può esser maggiormente coibente e irradiante. In quanto alla luce è notevole la distinzione, special- mente rilevata dal Masucci, della luce bianca e della luce azzurra. Nei raggi solari si ha la somma di questi due elementi, e riesce perciò meno facile che nelle sorgenti di luce artificiale, di poterli scindere, e valutare giustamente nei loro effetti. In alta montagna poi il fattore luce ha una grandissima importanza. Sulle alte cime, dove non alligna più alcuna vegetazione, dove trovansi solo le roccie e gl’immensi campi di ghiaccio e di neve, la luce non pro- viene soltanto dai raggi solari diretti, ma anche dalla loro più o meno forte diffusione e rifrazione, le quali non solo non hanno ostacoli, ma trovano maggior efficacia in quelle stesse cause, poco fa enumerate, che rendono più impor- tante l’azione dei raggi solari diretti. Tali fenomeni non sono prodotti peraltro soltanto dalla neve e dal ghiaccio, come potrebbe sembrare; ma anche dai ghiaioni, e dalle roccie più brune, che diventano lucide e luminose, come fossero tersi lastroni di lucido metallo. Ci si trova difatti in un zzare di luce, che inonda le alte cime anche le non nevose, e che produce un senso di annebbiamento nella vista, e persino di torpore cerebrale, se non si adoperano - le lenti affumicate adatte. E dove poi le cime sono rico- perte dai nevai o dai ghiacciai, la luce azzurrognola au- ANCORA SULLA FISIOPATOLOGIA DEL SANGUE IN ALTA MONTAGNA 457 menta sulla luce bianca, appunto per il riflesso azzurrino «del ghiaccio e delle nevi eterne. Ecco dunque come le esperienze sugli effetti della luce possano e devano aver una grande importanza per chi studia la fisiopatologia del sangue in alta montagna; ecco come si possano riscontrare analoghi fenomeni sperimen- tali. Abbiamo già trattato della iperglobulia delle altitudini, o fenomeno di Viault; si comprende come sulla diversità di risultati e di opinioni dei varî autori che, o l'’ammettevano, o la negavano, possa aver influito notevolmente anche il fattore importante della luce, e ciò in dipendenza delle condizioni sperimentali, dovendo certo variare i risultati di una ascensione in pallone, da quelli di un’ascensione in montagna, per le ovvie considerazioni che ognuno può fare. Naturalmente da montagna a montagna i risultati po- tranno variare, indipendentemente dall’altitudine, e sempre in rapporto col medesimo fattore della luce, ora da noi esaminato; e si avranno risultati più rilevanti, specie sulle sommità nevose o di ghiacciai (come precisamente sui monti Bianco e Rosa), dove prevale la luce azzurra sulla bianca. In quanto poi alle mie esperienze, ricordai già che mi ero premunito, per quanto mi fu possibile, contro le varie cause di errore; così pure mi premunii circa l’azione dei raggi solari diretti, scegliendo a preferenza le giornate nuvolose, e circa l’azione complessa della luce, ricercando la natura del suolo meno adatta alla sua diffusione e irradiazione. Riscontrai tuttavia sempre la iperglobulia e la ipoleucoci- tosi. Se però, dati gli studî che ho riferito, si volesse at- tribuire questi fatti esclusivamente alla luce, resterebbero a fare alcune considerazioni. Mentre coll’altitudine si nota costantemente corrispondere alla iperglobulia la ipoleuco- citosi, i risultati delle esperienze con la luce non sono al- trettanto costanti, perchè il Lucibelli notò soltanto la leu- copenia, il Polito notò l’iperglobulia e anche la iperleuco- citosi, e il Masucci soltanto lieve iperglobulia e rilevante ipoleucocitosi. Potrebbero anche in questo caso le diver- genze dipendere da cause di errore, sfuggite nel vario modo di esperimentare. Resta poi un altro dato di fatto 458 V. BARNABÒ — ANCORA SULLA FISIOPATOLOGIA DEL SANGUE; ECC. interessante: : tali modificazioni sono in rapporto coll’accre- scere dell’altitudine. Si potrebbe però pur qui obbiettare, che col crescere dell’attitudine cresce altresì l’importanza del fattore luce; ma, come ho ricordato, io cercai possi- bilmente di eliminarlo con condizioni sperimentali adatte. Inoltre le dette modificazioni sono in rapporto col tempo di permanenza a grandi altezze, mentre, secondo il Polito, la durata dell’applicazione dei raggi solari non ha impor. tanza. Circa la fugacità delle modificazioni, notata dal Po- lito nelle sue esperienze, non insisterò, non essendo an- cora provata a sufficienza la maggiore o minore fugacità delle analoghe modificazioni, riscontrate in altra montagna. Per queste considerazioni adunque e per quelle prece- dentemente fatte nell’altro mio lavoro, sarei portato a ri- tenere che non soltanto alla influenza dei raggi solari diretti (raggi luminosi in prevalenza) fossero dovuti i risul- tati delle mie esperienze; ma che l'altitudine di per sè eserciti una influenza notevole. Tuttavia non si può perciò essere esclusivisti, negando ogni valore agli altri fattori. Lo studio dell'influenza sul sangue dei raggi luminosi, e specialmente di quelli solari, deve porre in guardia contro tale esclusivismo. Anzi io .credo che. essendo assai difficile, e quasi impossibile, lo scindere in alta montagna i varî fat- tori dell’altitudine nei loro svariati effetti, sia assai interes- sante lo studio, eseguito partitamente sui singoli fattori: e sommando poi i varî effetti a seconda dei vari fattori, po-. tremo addivenire ad una più giusta e più razionale inter- pretazione dei fenomeni fisiologici e fisiopatologici, studiati in alta montagna. Calalzo di Cadore, aprile 1909. OSREDALESCHNIEE DINSALZANO- (VENEZIA) MEDICO DIRETTORE: DOTT. VALENTINO BARNABO Sulla riproduzione delle cellule interstiziali nel testicolo Comunicazione del dottt VALENTINO BARNABO alla Società Zoologica Italiana, con sede in Roma In altro mio lavoro ho avuto occasione di ricordare, che i dati da noi posseduti intorno al modo di riproduzione cel- lulare degli elementi interstiziali del testicolo sono assai scarsi, frammentarî e non sicuri. Soltanto da Reincke venne descritta la cariocinesi nel testicolo di un giovane di 25 anni; e dopo di lui nessun altro vi ha mai accen- nato. Così non si è descritta nemmeno la riproduzione amitotica. Bouin e Ancel che hanno molto studiato questi elementi, dicono che si riproducono « per trasformazione progressiva del loro nucleo e del loro citoplasma ». Al trove essi riferiscono all'assenza della mitosi uno dei ca- ratteri principali per classificare queste'cellule tra le glan- dolari, quantunque, come ebbi ad osservare, tale carattere non abbia valore, essendovi cellule di glandole a secre- zione interna riproducentisi sicuramente per cariocinesi. i) altra parte Felizet e Branca descrivono e disegnano cellule interstiziali con nuclei o strozzati, o diwisi in due o tre parti da fenditure, a simiglianza dei leucociti a nu- cleo polimorfo. Ma essi non ritengono trattarsi di forme mitotiche. D'altronde è indubitato che queste cellule * devono moltiplicarsi, tant'è vero che in isvariate condizioni speri- mentali o fisiopatologiche aumentano di numero, come vedemmo altrove spesse volte, fino a prendere il soprav- vento persino sugli elementi seminali del testicolo. E ciò si nota specialmente nelle esperienze con legatura e rese- S 460 VALENTINO BARNABO zione del canale deferente, e con o senza castrazione dal lato opposto. Ricorderò a tal proposito che io ebbi ad osservare dopo 78 giorni, e meglio ancora dopo 98 giorni dall'operazione (emicastrazione e resezione deferenziale), due sorta di cellule interstiziali, le eosez0/ile, piccole, con nucleo piccolo; e le 720roce//ale, grandi, con grosso nucleo e reticolo cromatico evidente, con colorazione matta. Ricorderò pure che ebbi a notare, anche dopo 31 giorni dalla semplice resezione deferenziale, cellule grandi, con grossi nuclei provvisti di accumuli cromatici, e divisi in alcune sfere, che, dicevo, « farebbero pensare a dei fatti di moltiplicazione amitotica ». L'ulteriore accurato esame dei numerosi preparati a forte ingrandimento (Reichert, immers. omog. */,g, ocul. 4 compens.) mi ha fatto poi rilevare delle interessanti forme di passaggio, e dei fatti notevoli, che qui desidero in breve riferire. Quando con le predette condizioni sperimentali noi esaltiamo sia la riproduzione di questi elementi, sia la loro attività funzionale, si mettono maggiormente in evidenza le due forme di cellule, le eosinofile e le moro- cellule. Ma queste ultime, a cui io detti questo nome dal gr. wwpi:, inerte, non sono affatto inerti, come io ero por- tato a ritenere dapprima, ma sono invece le forme ripro- duttive delle cellule interstiziali; mentre le eosinofile sono le forme funzionanti, elaboranti la sostanza che reagisce coll’eosina, a simiglianza degli analoghi elementi di ogni altra glandola a secrezione interna. Che sia veramente così lo dimostrano evidentemente i caratteri morfologici delle une e delle altre, e specialmente i caratteri dei loro nuclei. Studiando ora le morocellule, ossia le cellule ripro- duttive, si trova che esse appunto sono elementi grandi, con grosso nucleo, il quale ha un reticolo cromatico evi- dentissimo, come appunto sogliono avere tutti gli elementi che tendono a riprodursi. I fili del reticolo cromatico sono assai delicati, ma qualche volta se ne distinguono di quelli. più grossi, che suddividono il nucleo in tante sfere di di- | visione, provviste tutte sia del delicato reticolo, sia di massettine cromatiche, di numero e disposizione variabile. SULLA RIPRODUZIONE DELLE CELLULE INTERSTIZIALI DEL TESTICOLO 401 In altre forme si nota il nucleo diviso nel mezzo da un solco, evidente alla periferia come una incisura, ricordando «così le figure descritte da Feélizet e Branca. Vi sono poi cellule contenenti due nuclei, uno ancora sovrapposto al- l’altro, e con protoplasma indiviso. Altre hanno due nuclei «distinti, con protoplasma tendente ad una divisione nel mezzo. Finalmente altri elementi sono ravvicinati tra loro, sono piccoli, hanno piccoli nuclei, non sono eosinofili, e sono perciò da interpretarsi come forme di probabile re- «cente formazione. Questi vari elementi non sono dunque da considerarsi come le forme di passaggio di una ripro- duzione cellulare per amitosi? Una tale interpretazione mi pare risponda esattamente al concetto, che si ottiene dopo aver esaminato tanti preparati. In tal modo si spiegano anche meglio 1 risultati delle esperienze succitate. Difatti con la semplice resezione del deferente si ottiene l'esaltazione riproduttiva degli elementi interstiziali, e si possono notare le morocellule e i vari stadi di amitosi cellulare; con la resezione deferenziale e contemporanea emicastrazione si esalta altresì. il potere funzionante, e si hanno le morocellule, e accanto ad esse le eosinofile. Restando così provato che le cellule interstiziali si mol- tiplicano amitoticamente, si potrebbe pensare che perciò fossero da ritenersi elementi connettivali, perchè appunto in questi predomina l’amitosi. Abbiamo però detto ancora come esistano tante altre cellule che non si riproducono per cariocinesi, eppure non sono connettivali, e nemmeno glandolari; e quindi credo che da tale carattere fon si possa venire ad una conclu- sioni esatta sul significato morfologico di queste cellule, per determinare il quale saranno necessarî nuovi studî e nuove ricerche. Per la letteratura vedere il mio lavoro « La 'glandola interstiziale del testicolo » £L'o//ettino Società Zoologica Italiana, vol, 1907-1908), e l’altro mio lavoro. « Sui rapporti tra la glandola interstiziale del te- sticolo e le glandole a secrezione interna » (// Policlinico, sez. Chir., 1908; Bollettino Società Zoologica Italiana, 1908, fasc. III-IV). Nota intorno a un incursione e nidifica— zione della L'oxia curvirostra Lin. nell’ Emilia. Comunicazione del socio conte FILIPPO CAVAZZA alla Società Zoologica Italiana, con sede in Roma i‘in dalla metà di giugno i giornali ornitologici porta vano notizia di una insolita comparsa di Loxza curvirostra in parecchi punti della penisola italiana; poi la loro inva- sione aumentò a tal segno che anche non pochi giornali politici se ne occuparono. Così dopo aver saputo dell'ab- bondante arrivo di Crocieri nel Trentino (1) imparammo. che interi stuoli erano giunti nel Veneto, nella Liguria (2), nell'Emilia, nell'Isola d'Elba (3), in Sardegna (4), in Ca- labria (5), nelle Puglie (6) e fino in Sicilia (7). Tutti coloro chesi occupano di Ornitologia conoscono. le singolari abitudini di questi uccelli e principalmente quella delle Toro migrazione irregolari. Il Salvatori (8) dice che le loro apparizioni pare « non siano determinate nè dalla sta- gione, nè dal luogo, onde si può veramente dire col Brehm che essi sono gli zingari fra gli uccelli ». (1) A. Bonomr, Sesta contribuzione all'Avifauna tridentina. — Rovereto, 1909. — La straordinaria invasione dei Crocieri nell’estate del 71909. Avicula, My »g5=1a0) (2) E. REGALIA, in Cazture di specie rare ed avventizie, Avicula, n. 137-138. (3) Avicula, n: 135-136, ini Calfura di specie rare ecc. Ga MIANI, Ur'invasione di Crocieri all'isola d’ Elba, Avicula n. 137-145. (4) P. Bonomi, Dalla Sardegna, Avicula n. 137-138: 5) A. LUCIFERO, in Ca/fura di specie rare, eec., Avicula n. 137-138. 6) Avicula, n. 135-136, in Caltura di specie rare, ece. 7) Notizia avuta dal barone di Bordonaro. 8) T. SALVATORI, Fauna d'Italia, (Uccelli) — Vallardi, Milano. ( ( ( (8 INCURSIONE E NIDIFICAZIONE DELLA <« LOXIA CURVIROSTRA >» 463 Certo si è per l'Italia che mentre di solito il Crociere «è localizzato quasi esclusivamente nella zona alpina, essendo avventizio nel rimanente dell’Italia settentrionale e raro nell'Italia centrale e meridionale, in certi anni eccezionali gli giunge d'oltrealpe in grande quantità ed unito ai po- chi individui stazionari sulle Alpi invade tutto il resto della penisola spingendosi poi fino alla Sicilta ed a Malta. Tutti gli ornitologi e tutti i cacciatori ricordano tali «eccezionali apparizioni ora più ora meno ricche d'individui, che invasero in parte o del tutto la penisola e le isole italiane; le ultime ricordate avvennero nel 1889, nel 1894, nel 1905, ma nessuna di queste ebbe, per quanto mi èé noto, l'estensione vastissima della incursione presente. Per quanto però riguarda la regione emiliana, debbo ‘aggiungere che l'invasione avvenuta nell'agosto e settembre del 1894, sebbene meno estesa, fu tanto più numerosa, così E Sie che in pochi giorni in un solo giardino, piantato di coni- tere, non lungi da Bologna, furono presi più di 1000 SE Tacicri Ma l'incursione di quest anno mi sembra più impor: tante per la grande area ‘n :cui si è estesa e specialmente per il momento in cui ‘essa «è avvenuta. Infatti quasi tutti gli ornitologi italiani parlando delle ‘irregolari migrazioni di questi uccelli nella nostra penisola, ‘dicono che esse sogliono avvenire dal luglio al gennaio, ed anzi il Martorelli (1) riconosce due epoche in tali mi- grazioni, la prima ;in agosto e in principio di settembre, e la seconda fra l'ottobre e il novembre. Ugualmente tutti 1 cacciatori che ricordano le invasioni precedenti affermano che esse sono avvenute specialmente in agosto. Neppure sarebbe strano che lo stuolo dei Crocieri si fosse mostrato prima di tale mese sulle Alpi, dove del resto sappiamo rcheve cn piccolo numero sedentario e di passo quasi re- golare; ma lo è invece a parer mio la loro. apparizione nelle provincie più meridionali dell'Emilia, circa alla metà di aprile (1) G. MARTORELL!, ‘GZ Uccelli d'Italia. — Cogliati, Milano. 404 FILIPPO CAVAZZA Che qualche raro Crociero vivesse sedentario e capi tasse anche nella primavera sull'alto appennino e vi nidi- ficasse, è stato osservato dal Doderlein e dal Savi e ripe- tuto da ornitologi come il prof. Salvadori, il Giglioli (TI l’Arrigoni (2); ma nondimeno tale fatto è così raro che: il prof. Martorelli crede ancora possibile il dubitare della. scrupolosità di queste asserzioni. Vero è che il prof, Mar- torelli vorrebbe dubitare uon solo che il Crociere nidifichi. sull’Appennino, ma addirittura che nidifichi entro i confini: d'Italia, il quale dubbio appare più che esagerato se solo si osserva il numero e la qualità di quelli che ne hanno. affermata le sedentarietà (Alpi e Corsica) e la nidificazione: (Bergamasco. Tirolo, Toscana e Modenese). Del resto non è poi tanto strano che questa specie si: riproduca in Italia, ed anche nell'Italia centrale, visto che nidifica normalmente in Ispagna, nelle Isole Balcari, a Ci- pro e sulle montagne dell’Africa settentrionale. Aggiungerò ora ciò che io stesso aveva prima di que- st'anno osservato e raccolto di notizie intorno alla com- parsa dei Crocieri nella nostra regione. Nell'estate del 1894 avvenne una delle vere migra- zioni di Crocieri che fu (come ho già detto) per la regione: emiliana specialmente ricca d’individui, ed accadde dalla fine di luglio ai primi di settembre. Nel 1905 comparvero. di nuovo e numerosi assai nei paesi subalpini del Veneto,. del Trentino e della Lombardia; ma questa invasione non si spinse molto verso Sud, così che pochi furono i Crocieri che giunsero fino al nostro Appennino e dalla Romagna: inoltre invece che in agosto li cominciammo a vedere verso la fine di settembre ed alcuni si trattennero fino ad autunno avanzato. All’infuori di queste annate d’incursione eccezionale, il Crociere è quasi raro in tutta l Emilia, mostrandosi irrego- larmente durante l'autunno (dalla fine di settembre a no- vembre) solitario o in piccolissimi branchi nei boschi di. conifere delle nostre colline. (1) E. H. GigLioLi. Avifauna Italica. — Firenze, 1907. (2) T. ARRIGONI, Mazuale d’ Qrnitologia Italiana. — Hoepli, ea PRE a °° e eee pi Pr INCURSIONE E NIDIFICAZIONE DELLA <« LOXIA CURVIROSTRA » 465 Nell’Alto Appennino Bolognese, Modenese e anche To- scano non fu dato a me stesso. trovarlo (prima di quest'anno) durante l'estate, ma vidi parecchi individui preparati che vi erano stati presi nel passo autunnale (settembre-ottobre). Venendo ora, dopo tali notizie generaii, all'argomento di questa mia breve Nota, dirò ciò che ho potuto racco- gliere di notizie e le osservazioni che ho fatte durante l'invasione di quest'anno. Nei primi giorni di maggio appresi dal Principe A. Her- colani, che nel parco della sua villa, posta sulle colline che d'appresso cingono Bologna, erano già da una ventina di giorni apparsi alcuni Crocieri, I quali vi si erano fer- mati frequentando specialmente gl ialberi pers pinea che ‘ivi sono numerosi. Abitando io stesso in una villa conft- nante col giardino Hercolani potei ben presto assicurarmi de visu, nonostante l’immobilità a cui ero costretto per mal- ferma salute, della precisione di tali notizie. Il Principe Hercolani mi fece poi noto che i Ciuci ave- vano nidificato sui pini del suo giardino, non molto lungi della casa, così che egli stesso aveva potuto seguire l'andirivieni dei vecchi che portavano l’imbeccata ai nidiacei. Dubitai da prima delle esattezza di tale asserto; ma verso la fine di maggio un operaio portò al Principe Hercolani un giovane di Loaxza curvirostra che aveva rinvenuto morto ai piedi d'un pino. Tale individuo era evidentemente ancora inetto al volo, ed il suo becco era di tipo prettamente fringillino. L’aver potuto constatare la nidificazione di questi uc- celli nel bel mezzo d'Italia, e neppure sugli alti monti, mi pare sia piuttosto importante tanto per la conoscenza delle loro abitudini, quanto per quella dell’avifauna italiana. Perciò che riguarda i periodi della loro nidificazione dirò come, sebbene questo avvenga più spesso al principio di primavera e non di rado già in pieno inverno, pure talvolta accada nel mezzo dell'estate ed in autunno; secondo il Brehm (1) non vi è nessun mese dell’anno in cui non sia già accaduto di ritrovare delle ova o dei nidiacei di questa specie. (1) BREHM, Za vita degli animali. 466 FILIPPO CAVAZZA Per le ragioni che piu avanti esporrò io credo siano più comuni due periodi di nidificazione, uno dal gennaio al marzo, l'altro dal principio di aprile al maggio. Disgraziatamente per alcun tempo io non potei occu- parmi nè dei Crocieri nè della loro nidificazione, così che dopo non mi fu più possibile avere altri nidiacei, che già da parecchi giorni avevano preso il volo. Intanto erano giunti e continuamente giungevano nuovi Crocieri così che il numero ne era grandemente aumen-. tato ed ogni giorno ancora aumentava. Anzi dirò che l'ar- rivo di questi nuovi ospiti, la cui piccola avanguardia era giunta sulle nostre colline prima della metà di aprile, dopo aver quasi subìto un arresto, aumentò di nuovo alla fine di maggio, raggiunse il suo massimo alla metà di giugno e con- tinuò, scemando tuttavia, tino nella prima quindicina di luglio. Potei constatare durante tutto il periodo di arrivo che buona parte dello stuolo immigrante era formato da gio- vani (circa il 60 per cento); inoltre mi fu facile dividere i giovani in due gruppi secondo che vestivano il primo o il secondo abito giovanile. Dò per maggiore chiarezza la descrizione di queste due fasi: la prima è di colorito generale. bruno-cinereo ; tanto le parti superiori come le inferiori vi sono macchiate da evidentissime strie. bruno-scure; le penne delle parti superiori sono brunastre; ma sulla testa, sul collo ed an- cora più fortemente sul groppone, sono marginate di bianco- sudicio ; le parti inferiori sono bianco-sudicie, raramente con qualche riflesso giallo, e rigate da larghe macchie brune longitudinali. La seconda fase ha invece colorito generale bruno-olivastro ; le macchiature longitudinali sono ovunque meno distinte; le penne delle parti superiori sono di colore bruno-oliva, marginate di giallo-verdastro special- mente sulla testa, sul collo e sul groppone; quello delle parti inferiori sono grigie, fortemente marginate di giallo e poco distintamente macchiate da strie brunastre. Mentre nei branchi che giunsero fra noi per primi (15 aprile-maggio) ritrovai esser quasi rari i giovani ancora vestiti col primo abito giovanile, li rinvenni quasi comuni US 4 INCURSIONE E NIDIFICAZIONE DELLA <« LOXIA CURVIROSTRA » 467 invece fra gli individui che ebbi nel giugno e di nuovo scarsi fra quelli presi dalla metà di luglio all’agosto. Questa osservazione mostra che i primi branchi erano formati specialmente da giovani nati già da più mesi (in febbraio e marzo) mentre i branchi che vennero in giugno erano in parte di giovani da poco usciti di nido. Ciò mi sembra degno di considerazione giacchè permette di sup- pore che vi siano stati, come ho già detto, due periodi distinti di nidificazione, uno fra il gennaio e il marzo, l’altro fra il principio di aprile e il maggio; e inoltre che mentre il primo può esser avvenuto in paesi a noi molto lontani, il secondo invece sia avvenuto molto più vicino e forse in parte anche entro i confini d Italia. Dopo la fine di luglio non ritrovai più alcun giovane che rivestisse il primo abito giovanile, Rinvenni sempre molto scarsi i maschi adulti in abito periettox ;circa-3 per cento. Osservando la maniera di vivere dei Crocieri sulle no- siicfcallimestisilcsederebbe.- più: facilmente che:;vessi ‘ne fos- sero dei comunissimi, regolari e pacifici abitatori, anzi che degli invasori eccezionalissimi venuti di lontano. Infatti, appena giunti, moltissimi di essi si stabilirono in quelle ville che avevano dei veri boschi di conifere e da questi escono ogni giorno, riuniti in branchetti di 20 0 30, a sco- razzare per tutti i giardini circostanti. Ho potuto seguire per intere settimane la vita di questi piccoli animali ed osservare le loro abitudini. Dalla villa Hercolani, ad esempio, nel cui bosco fin dall'aprile hanno fissata dimora, i Crocieri uscivano ed escono tuttora ogni mattino all'alba per slanciarsi sulle colline circostanti e_vi- sitare tutti i pini che vi si trovano e talvolta anche gli alberi fruttiferi; ma ho pure osservato che sempre, durante l'estate, ritornano nei fitto del bosco verso il mezzogiorno per passarvi tutte le ore più calde e uscire di nuovo a scorazzare dalle quattro pomeridiane fino al calar del sole. Sull'imbrunire quasi tutti i branchetti tornano contempo- raneamente alla loro dimora, così che l’arrivo vi è tanto numeroso quanto in un alloggio di passeri. Questi Crocieri 468 FILIPPO CAVAZZA il cui maggior numero ha preso stanza nei boschi delle 22 nostre colline nel maggio ed in principio di giugno, vi conducono già da più di quattro mesi la medesima vita nè mostrano ancora, e siamo in ottobre, di volere abban- donare la loro patria di adozione. Forse però quando. fra qualche tempo tutti gli alberi a foglia caduca saranno privi di semi e di frutti, forse, dico, i soli coni delle conifere, da noi relativamente scarse, non offriranno più sufficienté nutrimento a tutti questi ospiti, e allora essi dovranno cer- care altrove un ambiente più adatto aila loro vita. Per nulla mi meravigliano le notizie che ci dà il pro- fessor A. Bonomi intorno la confidenza di questi uccelletti, come quella, ad esempio, di aver visto per due volte pren- dere un Crociere col solo accostargli una verghetta invi- schiata senza che esso tentasse di volar via. Io stesso ho visto più. volte ‘un: cacciatore; ‘tirare "fimo e 60 e0lpreai fucile contro un branchetto di Crocieri, posti su di un pino, ed ucciderne anche più d'uno per colpo, senza che i su- perstiti pensassero menomamente ad allontanarsi. Una volta ne vidi una ventina che, pacificamente intenti a lavorare, per aprirli, intorno ai coni di un pino, non temevano af- fatto la vicinanza di tre uomini che stavano potando fra i rami del medesimo albero, e quando uno dei grossi rami sui quali essi si stavano cibando cadde rumorosamente dal tronco, essi lo seguirono sul terreno senza quasi in- terrompere il loro lavoro. Come si capisce sarebbe stato. assai facile fare una vera strage di questi animaletti, ma fortunatamente per loro, durante i primi mesi della loro permanenza, la caccia era proibita e dopo nessuno cercò più di ucciderli perchè non offrono nessun utile, essendo la loro carne, a giudizio di molti, quasi immangiabile. In alcune invasioni precedenti (1889-1894) fu fatto larghissimo bottino di questi uccelli, perchè erano allora numerosissimi gli uccellatori che praticavano la caccia con le reti, mentre ora essa è vietata. Nonostante ciò mi fu dato vedere parecchi Crocieri tenuti in ischiavitù e di os- servare minuziosamente la loro maniera di comportarvisi. Per parecchio tempo tenni io stesso un Crociere che TT e TE E ene e INCURSIONE E NIDIFICAZIONE DELLA <« LOXIA CURVIROSTRA » 469 / era stato ferito ad un'ala; appena avutolo lo portai in una stanza posandolo su di un ramo di pino carico di coni, ed esso cominciò subito, senza mostrarsi inquieto nè del nuovo ambiente in cui si trovava, nè della mia presenza, a lavorare per estrarre 1 semi. Così, dopo avere per tanto tempo osservato da, una certa distanza le manovre di que- sti uccelletti intorno ai coni dei pini, potei vederne uno all'opera a pochi decimetri dai miei occhi. Non istarò certo a raccontare come facciano i Crocieri ad estrarre i semi dai duri coni per mezzo del loro becco utilissimo, giacchè sono più che numerosi gli autori che diedero, e con mae- stria, questa descrizione; dirò solamente che compiono tale lavoro con tanta destrezza ed agilità che per ore intere stavo meravigliato ed attento ad osservare. Il mio piccolo ospite dopo due giorni era già così domestico che saltel- lava sullo scrittoio e veniva a pigliare dalla mie mani le briciole di pane ed i pignoli che gli offrivo. Oltre che nei dintorni di Bologna potei osservare i Crocieri in parecchi altri punti dell'Emilia. Sull'alto Appennino Modenese (come anche nel To- scano) dove stetti circa dalla metà di agosto a quella di settembre, trovai che in piccole brigate visitavano quasi ogni giorno i boschi d’abeti (fino a 1500 m.), ma che non vi erano numerosi, nè vi avevano preso stabile dimora. Ne vidi poi ugualmente piccoli branchi in diversi luoghi del- l'Appennino Bolognese, sempre però dove si trovavano piantate più o meno grandi di conifere. Nella pianura furono assai scarsi e questo certamente perchè vi sono quasi rare le conifere; nondimeno ne ho visti in giardini posti nella più bassa pianura e vicini a risaie e paludi. In tutta la Romagna furono comuni ed io ne ho avuti parecchi uccisi sulle rive del mare. Sui numerosi individui che mi fu possibile avere feci molte osservazioni, venendo alla conclusione che in questa specie la variabilità individuale di molti caratteri è gran- dissima ed irregolare. Delle forme di L. Curvirostra da me ritrovate e del loro confronto con quelle descritte dai sistematici moderni, 470 F. CAVAZZA — INCURSIONE £ NIDIFICAZIONE DELLA < LOXIA CURVIROSTRA > mi sono già occupato in apposito articolo. Qui non voglio nominare che la sottospecie L. Curvzrostra pityospittacus, la £L. Leucoptera bifasciata, perchè sono state citate come trovate in Italia in quest'anno. Il prof. Bonomi afferma che nel Trentino /ra brax- chi di L. Curvirostra s'incontrarono non raramente degli esemplari di L. Bifasciata; ma il Crociere fasciato se non rarissimo; come ‘si crede; vé.'certo‘assat raro: in dala an: che durante le invasioni di L. Curv:rostra, mentre in nes- sun paese sono rari nei branchi di comuni Crocieri gli in- dividui colle copritrici terminate di rosso chiaro e bianca- stro, come io potei largamente osservare. Il Brehm di- stinse infatti questi esemplari col nome L. Aubrefasciata, ed il Sharpe (1) erroneamente li riunì alla £. Bz/asceiata con cui non hanno nulla a che vedere, null'altro essendo se non una individuale aberrazione della £. Curvirostra. Quindi credo che sia derivata dall’errore dello Sharpe l'er- ronea determinazione degli esemplari catturati nel Trentino. Per quanto poi riguarda la notizia letta su parecchi giornali, tanto politici come ornitologici, che i branchi di Crocieri che avevano invaso l'isola d'Elba fossero « della specie detta Gran Crociere delle pinete (L. Pityopsittacus) (1) dirò che si tratta semplicemente di un errore di nome!!! La forma: fx sbyopsillacus sebbene non debba esser di- visa come specie, pure è più distinta dalla tipica £. Cwr- virostra che non tutte quelle secondarie forme ... indi- viduali, e poi specialmente essa è comune in paesi ben determinati (Scandinavia e Nord delia Russia) mentre è solo invernale e scarsa in tutti gli altri. In Italia tale forma geografica o sottospecie (ZL. Curvrostra pityopsittacus) è stata catturata soltanto nelle provincie nordiche ed anche molto raramente. Bologna, ottobre 1909. (1) SHARPE. (1) }Ayiculaj 0: F3,5=K36; LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE PER F. ROSTAGNO e L ZAPELLONI Nymphalidae = Libytheidae - Erycinidae III NYMPHALIDAE A) — Nymphalinae X Gen. CRARAXESVO SESTO 20. — Fasius L. (Stgr. I- 127) — Comune lungo la costa tirrena della provincia romana e particolarmente nel tratto da Capo Circello a Nettuno ed Anzio: il dott. G. Le- pri lo ha trovato frequente in agosto nella macchia di Tor Caldana (Anzio-Carroceto). Inoltre è stato rinvenuto da noi, ma raramente, in prossimità di Roma, sui gelsi in frutto. Sviluppo: giugno-agosto. Communis; in litore tvrvheno, praesertim prope Net- tuno. XI Gen. — Apatura F. 1807 21. — /risL. (Stgr.I- 131) — Secondo il Casagrande e il Manzone (1) trovasi rarissima nei boschi dell’ Insughe- rata (2): noi non l'abbiamo rinvenuta mai nella campagna romana. Sviluppo: luglio. Rarissima. (1) Lepidotteri della provincia di Roma = « Lo Spallanzani », — anno XXVIII, serie E, fase; OS: 890. (2) Località sulla via Trionfale, a 7 km. da Roma. AT2 F. ROSTAGNO E L. ZAPELLONI 22.— a) Itta Schiff. ab. (var.) CQytie Schiff. (Stgr.I- 132. — 6) Non abbiamo trovato mai nella campagna romana la forma tipica //za, ma solo, sefraramente, Java Cla sulla spiaggia fra Nettuno ed Anzio. Sviluppo: giugno-settembre. Stara; an litore tyrrheno, praesertim prope Anzio-Net- tuno. XII Gen. — Limenrris F. 1807 23. — Camilla Schiff. (Stgr. I- 135) — Comune tanto in pianura quanto in collina e in montagna, specialmente sulle siepi ombrose. Sviluppo: maggio-agosto. Communis ubicumque. 24. — Populi L. (Stgr. I- 136) — Il Casagrande e il Manzone ne han trovato un esemplare lungo l'Aniene in giugno: noi non l'abbiamo catturato mai. Rarissima. 25. — St0illa L. (Stgr. I- 138) — Il Casagrande e il Manzone l'hanno trovata, ma rara, nella valle della Val- chetta ie noi non l'abbiamo rinvenuta mai. Rara. XIII Gen: = Pyramgis:. Hb: 1816 26. — Atalanta F. (Stgr. I- 152) — Comune ovunque, ma specialmente in collina e in montagna. E da notare che negli esemplari romani la piccola macchia o, meglio, il piccolo punto bianco che trovasi sulla superficie inferiore delle ali anteriori, nello spessore della fascia rossa e in corrispondenza dello spazio interner- (1) Sulla via Flaminia, a 6 km. da Roma. LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 473 vale III a partire dal bordo interno, spesse volte appare anche sulla superficie superiore, a differenza di quanto avviene nella forma classica. Sviluppo: febbraio-agosto. Communis ubicumque, praesertim in collibus et in mon- ta0us. | a). — ab. efalica Stichel (Stgr. I- add. 152 6) — Questa forma fu trovata dallo Stichel presso Albano (colli Laziali): noi non l'abbiamo rinvenuta mai, pur con ricerche accurate; abbiamo invece rinvenuto forme di passaggio in cui la fascia rossa è intersecata da sottili spazi del colo- rito del fondo. Sviluppo: maggio-luglio. [tara. | 27. — Cardui L. (Stgr. I- 154) — Comunissima in | tutta la campagna romana, specialmente in alcune annate. Non abbiamo constatato, come asserisce il Calberla, che gli esemplari romani siano più chiari nella superficie alare superiore di quelli tedeschi: negli esemplari freschissimi che abbiamo in collezione il colorito di tal superficie cor- risponde perfettamente a quello del tipo classico. Certa- mente trattandosi di una farfalla che non vive a lungo, vola: molto e per lo più nelle ore assolate del giorno, è facile che da noi si decolori più presto che in Germania. Sviluppo: primavera-autunno. Comumunissima. XIV Gen. — Vanessa F. 1807 20 (Storto) — Comune dovunque, specie nel giugno. Anche presso di noi trovansi allo stato libero esem- plari di assai piccole dimensioni, così da raggiungere talora la metà del tipo: di tali esemplari, che vengono 474 F. ROSTAGNO E L. ZAPELLONI da taluni autori riuniti sotto la denominazione di ab. 7074» Ochs., noi non crediamo tenere conto distintamente. perche riteniamo con lo Staudinger che non si tratti di una vera aberrazione, ma di esemplari provenienti semplicemente da larve mal nutrite. Sviluppo: marzo-agosto. Communzis. 29. — Urticae L. (Stgr. I - 157) — Trovasi dapper- tutto, ma non comunemente: più facilmente in collina e in montagna (Valle Fioio, m. 1400 (1); monte Cavo, metri 900 (2); Oricola; Frascati). Sviluppo: febbraio-luglio. Von communis; frequentior in collibus. a). —- var. ichnusa Bon. (Stgr. 1-157 g) - Abbiamo trovate forme di passaggio che molto si avvicinano a questa varietà, ma non la varietà perfetta; però esistono in collezione esemplari acquistati e assicurati. di prove- nienza romana. Sviluppo: giugno-luglio. Dubia. © 30. — Polychloros L. (Stgr. I- 161) -—— Non comune nelle basse colline; piuttosto comune in collina alta (Monte Cavo; Monte Virginio); il Calberla la dà come frequente presso Nettuno. Sviluppo: maggio-luglio. Non communis in collibus; frequentior in montibus. 31. — Antiopa L. (Stgr. I- 162) — Mai l'abbiamo catturata nella pianura e nei bassi colli; raramente nei (1) Ai fianchi del Monte Autore, a $o km. da Roma. (2) Gruppo dei colli Albani. LEPIDOPTERA FAUNAK ROMANAK 475 monti minori (m. 900 a 1000: Oricola, Camerata): più frequentemente in alta montagna (m. 1400 a 1900: Valle Fioio, Valle Pietra, Monte Autore, Monte Viglio). Sviluppo: maggio-agosto. Rara in minoribus montibus; frequentior in maroribus. KA\kGens E POEVGONIA PID. 1816 32. — C. atbwn L. (Stgr. I - 166) — Comune do- vunque. Abbiamo raccolto qualche esemplare in cui il segno C della pagina inferiore delle ali posteriori è decisamente ad angolo, come è dato per la var. 2r/erfosita Stgr., ma non possiamo assicurare che si tratti effettivamente di questa var., non avendo materiale di confronto. Communis ubicumque. a). — var. obscurtor De Selys-Longch. (1). -- Questa varietà, descritta per la prima volta dal De Selys-Long- champs e poscia dal Failla-Tedaldi, è rammentata dallo Ste- fanelli nel suo già citato lavoro, ma non dallo Staudinger; trovasi comune come il tipo nella campagna romana. Sviluppo: marzo-aprile; agosto-ottobre. Communis tamquam forma tipica. 391 Egea Cr. (Stgr. I- 167) — Molto comune in tutto il territorio. Sviluppo: giugno-agosto. Communis ubicumque. a). — ab. (gen. aest.) 7. album Esp. (Stgr. I 167-a) — Comune come la forma tipica. Sviluppo: luglio-novembre. ComImmunis tamquani forma tepica. (1) E. DE SELvys-LonGcHamps = Catalogue des lépidoptères de la Belgique — Liège, 1837. 9 476 F. ROSTAGNO E L. ZAPELLONI XVI Gen. — MetitaFa F. 1807 34. — Cnxia L. (Stgr. I- 177) — Piuttosto comune in varie località, specialmente nelle basse colline prossime a Roma (Valle Inferno (1), Bosco Sacro (2), ecc.); co- mune in altre località montuose (Monte Virginio, Man- ziana, ecc.). L'osservazione fatta dal Calberla che gli esemplari romani siano più chiari dei tedeschi, con disegno nero molto ridotto, e quindi con la serie degli ocelli sulla su- perficie superiore delle ali posteriori mutata in una serie di semplici punti neri, si verifica esatta negli esemplari raccolti da noi per quanto riguarda la colorazione (quan- tunque si trovino esemplari romani che ben poco differi- scono dai tedeschi), ma non esatta invece per quanto ri- guarda il secondo carattere, giacchè molti esemplari ma- schi e femmine, specie di montagna, presentano veri oc- chi neri, anzichè serie di semplici punti. Sviluppo: maggio-giugno. Fere communis in collbus; communis in montibus. 35. — Phoebe Knoch. (Stgr. I- 180) — Comune. Negli esemplari romani si osserva sulla pagina superiore delle quattro ali una minore intensità del disegno nero, per cui si ha una prevalenza della colorazione fulva del fondo; in qualche esemplare maschile, e più comunemente nelle femmine, si ha traccia di punti neri sfumati nelle se- conde ali, corrispondenti a quelli della Cinxia L., non pre- senti nella Phoebe classica. Nella superficie inferiore i di- segni neri sono pure meno accentuati che nella forma ti- pica, ed osservasi costante una marcata sfumatura più cupa del fondo nella fascia che segue esternamente alla fascia fulva basale e nell’altra che segue internamente quella (1) Km. 3 fuori Porta Angelica. (2) Km. 4 fuori Porta San Giovanni. LEPIDOPTERA FAUNAK ROMANAE 477 ‘contenente la serie dei punti fulvi. Con tutta probabilità da forma della Phoebe romana potrebbe considerarsi come ‘una varietà. Sviluppo: maggio-settembre. Communis ubicumque. 36. — Didyma O. (Stgr. 1- 185) — Come ha rile- ‘vato lo Stefanelli per la Toscana, anche nella campagna romana trevasi non frequente assieme alla var. AI/eridio- nalis Stgr. una forma che si avvicina molto al tipo della «Germania. Sviluppo: maggio-giugno. Non communts. a). — var. mertdionalis Stgr. (Stgr. I - 185 Di Molto comune in tutte le località. Alcuni esemplari presentano la fascia nera marginale più larga, come è dato per la subvar. greca Stgr. In col- lezione esiste un esemplare raccolto da noi a S. Agnese, corrispondente a quello descritto dal Millière (1) come ab. 6., e descritto alla Società Zoologica Italiana (2) come dubbio esemplare della var. ala Stgr., della quale ha evi- dentemente alcuni caratteri. Sviluppo: maggio-luglio. Communis ubicumque. 6). — var. occidentalis Stor. {Stgr. I: 185-0) Esiste tanto in pianura che in montagna; non comune. Sviluppo : maggio-settembre. Non communis. (1) MILLIERE P. == Zconographie et description de chenilles et lépi- doptères inédits — pag. 131; Paris, 1860. (2) F. Rostagno = Contributo allo studio della fauna romana — Bol- lettino della Società Zoologica Italiana; anno XIII, fasc. 4, 5, 6 — 1904. 478 F. ROSTAGNO E L.. ZAPELLONI c). — var. fersea Koll. (Stgr. I- 185-4) — Sotto. questo nome intendiamo comprendere anche la var. romaza Calb., come ha ritenuto lo Staudinger. Negli esemplari da noi raccolti, e non sono pochi, abbiamo diversa intensità. di colore e di punteggiatura, per cui alcuni potrebbero. considerarsi come var. persea Koll. ed altri come var. ro- mana Calb.; evidentemente però tra gli uni e gli altri esiste una completa serie di forme di passaggio. Sviluppo: luglio-settembre. Communttis. 37. — Trivia Schiff. (Stgr. I - 186) — Piuttosto co-. mune in montagna; noi l'abbiamo trovata frequentemente- in Oricola. S Sviluppo: giugno-settembre. Fere communis; in montidus. a). — var. catapelia Stgr. (Stgr. I- 186-c) — In montagna, ma rara: noi l'abbiamo raccolta im Oricola (DR Sviluppo: settembre. Rara; in montidbus. 38. — Atalia Rott. (Stgr. I- 191) — Comune. Si trovano forme aberranti che talvolta presentano un tale sviluppo delle macchie fulve da eliminare alcune delle striscie brune del fondo; altre forme hanno tali macchie. assai ridotte così che prevale il colorito bruno. Abbiamo. raccolto a Monte Virginio un esemplare nel quale. il tono generale delle macchie fulve tende. al bruno, e tale ac- centuata colorazione più scura rilevasi tanto nella super- ficie superiore che in quella inferiore delle quattro ali. Sviluppo: maggio-luglio.. ComInunis. (1) Vedi Zo//ettino della Società zoologica italiana — anno 1906. fase VNESSIE SIDE LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 479 a). — ab. corytalta Hb. (Stgr. I - 191-a) — Portiamo questa aberrazione sulla fede del Casagrande e del Man- zone, che l'hanno trovata rara presso Civitavecchia: noi non l'abbiamo rinvenuta mai. Sviluppo: luglio. Rara. 39. -- Parthenic Borkh.(Stgr.1- 193) — Non comune; noi l'abbiamo trevata soltanto in collina alta e in monta- “gna (m. 500 a 1000). Sviluppo: giugno-agosto. Non communis; in collibus et in montidbus. XVII Gen. — Arcvnnis F. 1807 40. — 4) Euphrosine L. var. apennina Stgr. (Stgr. 5-6) — La forma tipica dell’A. Euphrosyne L. non fu ‘mai da noi trovata nella campagna romana: abbiamo invece trovata la forma rinvenuta dal Calberla nell’Apennino abruz- zese e tescano, e caratterizzata da una colorazione più pallida nella superficie inferiore delle quattro ali, e da disegni neri della superficie superiore più minuti e quindi meglio «distinti che nel tipo. Abbiamo inoltre potuto rilevare come la fascia giallo-verdognola che bipartisce nella superficie «inferiore le seconde ali, è nel tipo limitata da righe nere ben marcate, mentre nella forma romana, ora indicata dallo Staudinger come var. apennina, le righe nere sono molto più sottili e tendono ad assumere un colorito più o meno ‘rugginoso verso la loro estremità superiore: il punto nero ch'è nell'area color ruggine posta alla base delle seconde «ali e che nel tipo è accentuato e reniforme, è quasi nullo «nella forma romana e -sempre ridotto a semplice punto «rotondo. Abbiamo trovata questa forma in diverse località: Monte ‘Virginio, Monte Autore, Oricola, ecc. Sviluppo: maggio-giugno. Non communis: in montibus. 480 F. ROSTAGNO E L.. ZAPELLONI 41. — Paes Schiff (Stgr. I - 210) — Secondo le indi-- cazioni fornite dal Casagrande e dal Manzone trovasi. molto rara nei prati di Camposecco: noi non l'abbiamo. trovata mai. Sviluppo: fine di giugno. fara. 42. — Dia L. (Stgr. I- 218) — Esiste in varie loca- lità; non comune, in qualche annata rara. Noi l’abbiamo- trovata nelle valli di Acquatraversa, al Pratone- di Velletri. e ad Olevano. Sviluppo: maggio-agosto. Non communis. 43. — Daphne Schiff. (Stgr. I- 223) — Non. comune: noi l'abbiamo trovata a S. Agnese, alle Acque Albule,. a Lunghezza (1), al Monte Autore, ecc., e quindi dalla pianura alla montagna alta. Sviluppo: giugno-luglio. Non communis. 44. — Lathonia L. (Stgr. I - 225). —- Comune ovunque. Sviluppo: maggio-settembre. Communis ubicumque. 45. — Aglaja L. (Stgr. I - 230), — Comune in mon- tagna, specie verso l'Est: Monte Cavo, Autore, Valle Pietra. Abbiamo potuto rilevare come tra gli esemplari ro- mani si trovino individui nei quali le macchie madreper- lacee (superf. inf.) hanno varia estensione: in alcuni sono. limitate alle ali posteriori, in altri se ne ha. traccia anche. (1) Prati e boschi. a. circa. 20 km. da Roma,. sulla linea ferro-- viaria Roma-Tivoli. LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAF 481 all'apice delle anteriori. Inoltre, mentre in molti esemplari il margine interno delle dette ali è segnato da una sfu- matura verde-giallognola, in altri è segnato da una striscia madreperlacea che parte dall'ultimo punto interno e segue tutto il lembo dell'ala. Non abbiamo creduto di individualizzare questa forma dandole un nome speciale. Sviluppo: giugno-luglio. Communis; in montidus. 46. — Ntobe L. (Stgr. I- 231) — Comune in alta montagna (Autore); qualche esemplare anche verso i me- tri 900 (Oricola). Ciò che il Calberla ha detto per la seguente ab. £7:s Meng. può estendersi anche al tipo, giacchè pure gli esemplari romani del tipo, specialmente i maschi, sono più chiari e hanno disegni neri più fini che quelli tedeschi. Sviluppo: giugno-settembre. Communis; in montidus. a). — var. et ab. £yzs Meng. (Stgr. I- 231-060) — Noi abbiamo trovata questa forma aberrante sempre uni: tamente al tipo e più frequente di esso. Sviluppo: giugno-settembre. Communis; frequentior quam forma tipica. 47. — Adipfe L. (Stgr. I- 232) — Non comune in montagna (Oricola): il Casagrande e il Manzone l'hanno trovata a Veio e all'Isola Farnese. Gli esemplari romani, specie le femmine, sono alquanto più piccoli di quelli toscani da noi posseduti. Sviluppo: maggio-settembre. Non communis; in montibus et in collibus. a). — var. et ab. Cleodoxa Ochs. (Stgr. I- 232-a) — Più comune del tipo, insieme al quale sempre l ab- biamo trovata. Sviluppo: giugno-settembre. Frequentior quam forma tipica, in tisdem locis. 482 F. ROSTAGNO E L. ZAPELLONI 48. — Paphia L. (Stgr. I- 237) — Sufficientemente comune in pianura e in collina, nelle località boscose ed ombreggiate; noi l'abbiamo raccolta ad Acqua Traversa, Lunghezza, ecc. Sviluppo: giugno-luglio. Frequens in collibus et in plamitrs. a) — ab. /memaculata Bell. Ne abbiamo catturato un esemplare sui monti di Poli. Sviluppo: agosto. Rara. 49. — Pandora Schiff. (Stgr. I - 240) — Il Casagrande e il Manzone l'hanno trovata rara a Formello; il sig. Ma- rantonio ci disse di averla rinvenuta nel bosco di Arsoli; noi non l'abbiamo trovata mai. Sviluppo: giugno. Rara. B) — Satyrina XVII Gen. — MreLANARGIA Meig. 1829 50. — Galathea L. (Stgr. I - 246) — Nella campagna romana può dirsi che la forma tipica del maschio non si trovi e non abbiansi che forme di passaggio alla var. Pro- cda Hbst. Nelle femmine invece trovasi la forma tipica, ma non comune. In genere è pure da rilevare come pre- valga negli esemplari romani la colorazione del fondo gial- lognola; qualche volta molto accentuata e tendente al giallo verdastro. Sviluppo: giugno-agosto. Non communis. LEPIDOPTERA FAUNAR ROMANAK 483 a). — var. Procida Hbst. (Stgr. I - 246-0) — Comu. nissima nel luoghi boscosi. Questa forma può dirsi che sostituisca il tipo nella campagna romana. Per la colorazione del fondo può ri- petersi ciò che , abbiamo detto del tipo: trovansi però esemplari, specialmente in collina e in montagna, nei quali il fondo è perfettamente bianco. Sviluppo: giugno-luglio. Communissima. 6). — ab. Galene Ochs. (Stgr. I - 246-6) — Abbiamo trovato non frequentemente questa aberrazione, ma in tutte le località ove esiste il tipo (Oricola, Farnesina, Monte Cavo, Acque Albule, ecc.). Sviluppo: giugno-luglio. Non communis. c). ab. p Leucomelas Esp. (Stgr. I - 246-a) — Meno comune della precedente ab. e negli stessi luoghi. Sviluppo: giugno-luglio. Rara. 51. — Zapigia Cyr. var. Cleante B. (Stgr. I - 249-a) — Abbiamo trovata piuttosto comune questa forma, ma non il tipo, in alta montagna (Valle Pietra, Valle Fioio — m. 1500). Sviluppo: giugno-luglio. Fere communis; in montidbus. 52. — Arge Sulz. (Stgr. I - 260) — La forma tipica, quale può vedersi raffigurata nelle tavole del Lang (1) e dello Spuler (2), trovasi comune in alcune località e par- (1) HENRY LANG = A?#opalocera Europe — London, 1884; ta- volaseVvi: fg 62: (2) ARNOLD SPULER = Die Schmetterlinge Europas — Stutt- partat007. tav. IC ig To) 484 F. ROSTAGNO E L. ZAPELLONI ticolarmente nelle regioni meridionali del Lazio e setten- trionali della Campania, là dove queste due provincie con- finano fra di loro (Formia e dintorni). Assai meno comu- nemente si rinviene in alcuni dei colli Albani (Monte Cavo) e, stando alle asserzioni del Casagrande e del Manzone, lungo il litorale tirreno (Nettuno, Cisterna): il Dannehl ne raccolse numerosi esemplari presso Civitavecchia. Insieme agli esemplari tipici, nelle medesime località e nella medesima epoca, si rinvengono alcuni altri esemplari leggermente varianti o in quanto il numero degli ocelli pupillati che sono nelle ali anteriori è di tre anzichè di due (nel IV, V e VI spazio internervale anzichè solo pel Vene VD; zo.tn quanto nella superficie inferiore delle quattro ali i disegni neri sono in parte sostituiti da un colorito rugginoso, come nel tipo della Melazargia Pherusa B. Sviluppo: maggio-giugno. Passim communis. a). — var. Zurati Rost. (1). —- In una determinata e limitata località della campagna romana e in un determi. nato e limitato periodo di tempo, appare, anzichè il tipo, questa sua varietà ben caratterizzata. Nella superficie superiore le ali anteriori hanno dise- gni neri più delicati perchè più ridotti, e mancano, o sono appena accennate, le sfumature nerastre che nel tipo uni- scono l’un disegno all’altro. Conseguenza di ciò da un lato è l'aspetto più chiaro che ha il colorito bianco-latteo ge- nerale delle ali: dall'altro lato è la netta distinzione della striscia marginale in due linee sottili, parallele fra di loro, unite insieme solo in corrispondenza delle nervature. Nel tipo invece queste due linee son quasi fuse insieme, specie nel loro segmento inferiore. }. da notare inoltre che, men- (1) F. RostAaGNO — Sulla « Melanargia Arge Sulz.» della campa- gna romana. — Boll. Soc. Zool. Ital.; anno 1909, fasc. VII-VIII, pa- gina 233. + Pe DPI > LEPIDOPTEKRA FAUNAE ROMANAE 485 tre il tipo presenta nelle ali anteriori generalmente due grossi ocelli neri pupillati di azzurro, l'uno nel V l’altro nel VI spazio internervale, la varietà presenta invece sol- tanto l’ocello posto nel VI spazio: quello del V manca o è rappresentato da un assai piccolo punto nerastro. Caratteri simili si presentano nella superficie superiore delle ali posteriori: si presentano anzi in maggior misura. Ridotto è quindi il disegno nero, più chiaro il colorito ge- nerale, evidenti le due linee marginali. In particolare son da notarsi due fatti. In primo luogo, mentre nel tipo i cinque ocelli neri azzurro-pupillati sono da una sfumatura nerastra riuniti insieme a formare una serie di due ocelli presso al margine anteriore dell’ ala ed una serie di tre presso il margine esterno, nella varietà manca invece af- fatto tale sfumatura e gli ocelli quindi son separati l'uno dall’altro. In secondo luogo gli ocelli stessi sono assai ridotti nelle loro dimensioni, e tale riduzione è massima in corrispondenza dei due posti agli estremi, ond’essi non son più pupillati. Anzi l’ocello posto presso l’angolo anale ha per lo più la forma di un semplice trattolino nerastro. Nella superficie inferiore così delle ali anteriori come di quelle posteriori si presentano variazioni corrispondenti a quelle della superficie superiore per quanto riguarda la estensione del disegno nero, il numero degli ocelli e l'aspetto. generale del colorito. Solo è da notare che attorno al cer- chio nero dell’ocello o degli ocelli dell'ala anteriore e at- torno alla pupilla azzurra dei cinque ocelli, tutti pupillati, che son nell’ala posteriore, esiste un cerchio di color rug- ginoso più ridotto che nel tipo, e ridotto non solo nella sua estensione, ma pur anco nel tono del colore ch'è no- tevolmente pallido. Infine, come nel tipo, così nella varietà i disegni neri della superficie inferiore delle quattro ali sono spesso in parte sostituiti da un color rugginoso. Abbiamo trovato questa varietà in tutti questi ultimi anni, ma assai più in alcuni che in altri, sui colli della Far- nesina più vicini al ponte Milvio: solo eccezionalmente nella. vicina Acquatraversa: mai altrove. Sviluppo: terza decade di maggio. 486 F. RCSTAGNO E L. ZAPELLONI Varietas dilutior, strigis nigris mimoribus, ocellis mi- MIMIS. Communis prope Romam (Farnesina). XIX: ‘Gen. —— Eresia Dalm. 1816 53. — Esp. (Stgr. I - 292) — Il Casagrande e il Man- zone portano questa specie come rara per il monte Co- tento. Sviluppo : luglio. Rara; n M. Cotento. 54. — @) Ligea L. var. Stscra Fruhst. — Non rara so. pra Camerata Vecchia, sulla cresta sopra il Fioio e fino alla località di Femmina Morta (metri 1200-1500). Que- ste notizie si riferiscono agli esemplari esistenti in colle- zione e pervenutici dal conte E. Turati: sono fornite dal STO Ga Sviluppo: luglio-agosto. Non communis; in Camerata V. 55. — Zyndarus Esp. (Stgr. I- 320). — Il Casagrande e il Manzone la portano non comune sui monti Viglio e Cotento. Sviluppo: luglio. Non communis; in M. Viglio ef Cotento. XX Gen. — SarvRus Westw. 1851 Soa Corce F. (Stgr. I- 341). — Quantunque il Casa- grande e il Manzone diano questa specie come comune per tutta la campagna romana, noi dobbiamo dire, stando ai risultati delle nostre ricerche, come essa sia molto rara, ili Dencttà, dini i Î LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 487 tanto che noi possediamo solo esemplari raccolti nalla lo- calità della Manziana. Il Calberla la indica come comune a Monterotondo. Sviluppo: maggio-settembre. ara. 57. — Hermione L. (Stgr. I- 341). — Comune in tutte le località boschive, specie in collina e montagna. Negli esemplari romani si osserva qualche irregolarità nel secondo punto nero posto sulla fascia chiara al II spazio internervale. Questo punto talvolta nel maschio è ridottis- simo o manca affatto, mentre nelle femmine è costante e talora seguito da un terzo punto nel II spazio della stessa fascia. Sviluppo: giugno-agosto. Communzis. 58. — a) Brisets L. var. major Obth. (Stor. I- 343-a) — Comune in montagna dai metri $Soo ai 1100. Qualche esemplare maschio si avvicina alla forma tipica per le dimensioni e per la proporzione delle striscie chiare sulle ali anteriori e posteriori; però ne differisce sempre per una colorazione più biancastra, evidente in modo speciale nella superficie alare inferiore. Abbiamo anche noi riscon- trato la esattezza della osservazione fatta dal Calberla che nelle femmine spesso le due macchie scure della superficie superiore delle ali posteriori sono unite in una fascia con- tinua e grigiastra. Sviluppo: luglio-settembre. Communis 59. — Stattlnus Hufn. (Stgr. I- 370) — La forma tipica può dirsi rarissima nella campagna romana, ove è sosti- tuita invece da una forma di passaggio alla var. A//ionia F., specialmente per la statura più grande che quella del tipo, per il colorito meno cupo e per le due striscie scure ba- % -488 F. ROSTAGNO E L. ZAPELLONI U sale ed ante-basale delle seconde ali (superficie inferiore) ben marcate. Sviluppo: luglio-settembre. fara. a). — Altionia F. (Stgr. I- 370-a).—- Non infrequente insieme alla forma di passaggio di cui sopra. Sviluppo: luglio-settembre. Prequens. 60. — Fatua Frr. (Stgr. I- 371) — Il Casagrande e il Manzone dicono di averne trovato un esemplare nella alta valle dell'Aniene; noi pure avendolo molto ricercato in quella regione ‘e in altre, non lo abbiamo rinvenuto mai; devesi in ogni modo ritenere come rarissimo nella cam- pagna romana. Sviluppo: luglio. Rarissima. XXI: Geni RPARARGESTTD MST 61. — a) AegertaL. var. intermedia Weism. (Seitz, vo- lume I, pag. 133) —- Comune in tutto il Lazio. Non possiamo che confermare quanto in proposito è stato detto dal Calberla, dal Casagrande e dal Manzone, che cioè negli esemplari romani della Aegeria il colorito generale del fondo è per lo più molto scuro, e le macchie fulve tendenti al chiaro in modo che per esse qualche esemplare si avvicina alla ab. Agerides Stgr. Sviluppo: primavera-autunno. Communissima ubicumque. 6). — ab. £gerides (Stgr. I - 385-a) — Trovasi non comune insieme alla forma precedente. Sviluppo: primavera. Non communis, una cum forma praccedenti. iaia te mi LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 459 62. — Megera L. (Stgr. I - 390) — Comunissima in tutta la campagna. Sviluppo : primavera-autunno. Communissima ubicumque. XXII Gen. — ApHantopus Wallgr. 1853 63. — Hyperantus L. (Stgr. I - 401) -- Il Casagrande e il Manzone la danno per rara alla Storta: noi non l’ab- biamo rinvenuta mai. Sviluppo: agosto. Rarissima. XX[ÉFGen» is. |. » Giulio. — Sull’Urncinaria radiata Raill. e su di un Vesofhagostoma Molin rinvenuti in bovini della*Campagna Romana e. della Sardegna... >» id. Ciuelpertoneo parietale: incunbuel.s. » — Un caso di echinococcosi diffusa del bacino . Carpegna (Di) Falconieri senat. conte Chu: — Sulla cattura di un Cursorius gallicus ad. nelle spiagge ro- IAT ELIS RIA IA CAI A GRETA RI MAE, Pi- renei donato al Museo Zoologico della R. Università di Roma da S. M. il Re VITTORIO EMANUELE III, e sulla memoria del prof. CAMERANO LORENZO intorno — Sullo Stambecco dei allofStambeccosdellesAlpii@gnatat 0 ott 5 Id. id. — Sovra una fra le più pregiate specie del ge- nere Pferomys donata da S. M. il Re Vrrrorio Ema- NuBLE TI: aliMascosZoologtco.predetto.;i. i una, ICA ITALIANA Anno 1900 IRE COMUNICAZIONI"E- MEMORIE: ORIGINALE . Arrigoni degli Oddi conte prof. Ettore. — Osserva- 454-458 459-461 184-201 207-273 508 INDICE GENERALE LOL Td, 19. 207 ZII0- LIS) DI Carruccio prof. Antonio. — Cenno illustrativo sovra un Fagiano venerato « Syrmaticus Reevesi I. E. Gray » donato da S. M. il Re al predetto Museo . Id. Vipera ammodytes del Montenegro donati al Museo Zoologico della Regia Università di Roma da S. M. la REGINA ELENA » Pag. id. — Sugli esemplari di . Cavazza conte Filippo. — Sulle Dowzole e sull’ E7rmel- lino-in Malla. o ERRORI 33 ERRO . Id. id. — Nota intorno ad un’invasione e. nidifica- zione della Loxza curvirostra Lin. nell'Emilia . . >» . Chigi princ. D. Francesco. — Intorno al Me/azonya brachyrhynchus (Baillon) e ad un esemplare riferibile a questa specie, colto nella provincia di Roma . » . Id. id. — Notizie complementari sull’ incursione del Syrrhaptes paradoxus (Pall.) nell’ Europa orientale nel- l’anno -1908%-. IO IO Ro Id. id. — Caratteri sessuali e fasi evolutive nel piu- maggio dell’ Aras boscas L. IRE leg E RIE age . Id. id. — I generi Arser e Melanonya. Rettifiche ed agolunte lea E ERA Asi . Condorelli-Francaviglia prof. Mario e Perrando profes- sore G. — Notizia sul Carcharodon carcharias L. cat- turato nelle acque di Augusta, e considerazioni medico- legali su resti umani trovati nel suo tubo digerente. (Con-tavie ie) E eee RE: Id. id. — Sul parassitismo dell’Arfocefhalus reptans Wae=- nel'Broma- Raji Scnede SSN Lie Ids1d: Animali marini abbandonati sulla spiaggia di Catania dalle acque di maremoto del 28 dicem- DIE: 1908 ATO I cp I SORA ONE NI Damiani prof. Giacomo. — Su alcuni rari Scombridi dell’isola d'Elba (1898-1908). (Con tav. della Lickia- VORIBO) E AIR MII I RE . De Leone dott. Nicola. — Notizie ornitologiche. Mo- struosità osservate nel becco di alcuni uccel'i. Ipocro- matismo ed ipercromatismo, Catture interessanti fatte presso.;t'eraimo vi: RIA DA E Are SE . Id. id. — Nidificazione del Lodolaio (Falco subbuzeo Lin.) nell'Abruzzo.{Con:; ie). ire Alari o p, .-Id. id. — I Za/co Feldeggi (Schleg) nell’ Abruzzo. (Core) TIE e EE 274-277 157-163 154-156 223-232 450-453 126-128 129-I31I 132-I4I = fd. INDICE GENERALE 509 . Gulia dott. Giovanni. — Sulla Fauna vertebrata maltese (Cennifbibitogratfien) ir... IRR e Vago 00=318 Lepri march. prof. Giuseppe. — Sopra un Strea nuovo pensia/Miaunasientomologica romana. tits ur.‘ ® 334330 26. Id. id. — Sopra un singolare nido di formica (ZLastzus amorosa Oliv.). (Con'tav. e fig.) 0.0 id 3377339 27. Marchesini prof. Rinaldo. — Sulla natura e funzione dei cromatofori della Rana. (Con tav. e 6 fig.) . » 286-299 28. Masi dott. Luigi. -- Ditiscidi e Girinidi appartenenti al Museo Zoologico della R. Università di Roma . >» 494-506 29. Neviani prof. Antonio. — Nuova specie di /sammzo0- POOR O 205-290 31. Rostagno comm. Fortunato. — Sulla Me/anargia arge nella Campagna romana . . . >» 233-255 Id. id. e Zapelloni L. - Lepidoptera Dane Romanina! Nymphalidae - Libytheidae - Erycinidae. . . > 471-493 . Vacca dott. Alfredo. —: Elmintiasi da Dibylidium ca- i ninum (L.) in un bambino di 3 mesi di età . . >» 319-327 33. Zanichelli prof. Vilfrido. — Sullo sviluppo dello sche- letro viscerale della Trota (Salmo fario L.). . . >» 239-255 LIS) CAL (SS) N II. — RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE. Materiali per una Avifauna dell’ Abruzzo, del dott. NI- coLA DE LEONE (pel princ. D. Frarc. Chigi): Pag. 343-345 Hi ANNENZISSULLE: COPERTINE: Comm. Dun ANTONIO 000 — Dir E e Redattore responsabile Roma, 1909 — Tipografia Cooperativa Sociale - Via de’ Barbieri, n. 6. 909 p P ) e più è Et] * pig te DoS va Tsi ; .- MEMBRI COMPONENTI IL CONSIGLIO DIRETTIVO | ANNO XVIII, Prof. comm. ANTONIO CARRUCCIO — Presidente (Zoologia w Anatomia comparata, special. mente Vertebrati). ° Senat. D. Guipo Orazio FALCONIERI Conte di Carpegna — Vice-Presidente (Orzitologia). Prof. cav. RomoLo IMELI — Vice-Presidente (Pa/eozoologia e Malacologia). . . ® 4 Rag. sig. VITTORIO ZAMBRA — Cassiere (Orzito/ogia). CHIGI principe D. FRANcESCO — Consigliere (Orzz:to/ogia). i Prof. cav. ANTONIO NEVIANI — Consigliere (Zoologia gererale, specialmente £Bri020t). Prof. FeLICE Mazza — Idem (/?tiologia, ecc.). Prof. GIOVANNI ANGELINI — Idem (Zoologia generale, specialmente Orzitologia). Comm. Fortunaro Rostagno — Idem (Ezfomologia, specialmente Lepidotteri). di March. dott. GrusePpe LEPRI — Idem (Zrzomologia-Ornitologia). Prof. cav. RiNALDO MARCHESINI — Idem (Istologia generale). Prof. comm. GIusePPE TUCccIMEI — Idem (Zoologia generale e Ditterî). nnt - ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO ART. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, ap-. poggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia ani- male anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare nei modi stabiliti dal regolamento un Bollettino contenente i resoconti delle. adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, anatomo- fisiologica, cis } briologica, paleontologica e sistematica; e quelle altre notizie che pos- sono interessare gli studiosi. Art. 3. — La Società è composta di tre. categorie di soci: I° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pagheranno lire Dieci all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta; 2° Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue; 3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio diret- . tivo, scelti fra i più noti ed, eminenti cultori degli. studi zoologici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. 3.— Sede della Società: ISTITUTO ZOOLOGICO - R. UNIVERSIT À E Via della Sapienza — ROMA Avviso ai soci. Soltanto ai membri tutti della Società, residenti e non residenti, è fatta facoltà dalla Direzione dell'Istituto di poter visitare le sale del medesimo in qualunque giorno della settimana, e di trattenersi per confronti, per stu- dio e lettura di opere. x Roma, 1910 — Tipografia Cooperativa Sociale = Via de’ Barbieri, 6. > I SULA DIGEST OF THE daprary REGULATIONÉ No bo a be taken from the RIDE without the record of the Librarian. No person shal\be allowed to retain more than five vol- umes at any one “time, unloss by special vote of the Council. i Books may be kept ot one ealendar month; no longer without renewal, and renewah pe not be granted more than twice. i A fine of five cents per day ineùrred for every volume not returned within the time specified by\the rules, The Librarian may demand the return of a book after the expiration of ten days from the date of borrowing. Certain books so designated, cannot be ‘taken from the Library without special permission. 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