do i la : . Libraro of the Museum COMPARATIVE ZOOLOGY, AT HARVARD COLLEGE, CAMBRIDGE, MASS. Founded bp pribate subscription, im 1861. SININIPSNINININLA- Deposited by ALEX. AGASSIZ. No. Pe. 035 SO TAG SERI \ Va DIARY, Un ‘ RUI A x alpine nin di RITA Ba a Lo TIE SES SIAZI, PL OA din 20 A re e RITZ ala LAS: OR e ERE e Lu Caritas ; not 39 o “ole: 3 43 Ie Cosi Ve puiea , d'ilg Nea LATE à na Li LI È eg mie signi DU dt, dii Dr 1% PA vob 4 ng Td ” n YI M K DARI Ra )l va ot Né io Ù Ù Pali x sr) fut Peg” pat 4 MogAiE) SRO, I I VT : “ i \ FOR ic Se. FR gt da Mente w af Si ‘5) va So, : uo ; tì, de Poi ; a n 7, sip RI E LS TR, DI Mie i pre si Pr CE pn “i VIII ; io Re Tae o vg I Ki cia o è ci) È VOIRRIOIL AVRO Totbifo MELIA sia: Sp 44 Ah Ra Ding eni DA A det ch ni sie , A Ring Rote 0) ì eni si SU oa PRE tia È sas o vr) ISTE VIA v ; ENO peli àl AR 1 PORTI des IPA. ‘pf TM TROP I MG È nf È Ea i SIP, pid ori Su lp Ùl RT ( 3 + gi Mi s UR PN : P BR îs; fo S (Ha e A de Ae ALARE INTE ” , È A ale ahi y PON | xÈ x % % x Tilap a A è + CLe ° Pal : XA PIATT » di (e i a Ri ea UR” 9 Fees fel Dpr da 7° era È AT : > «ES Taro ua pri . Schinz. (Mignattino ad ali (Gabbiano corallino). bianche). | Stercorarius dg o $ . H.nigra Linn. (Mignattino). —Banks (Labbo). a da . Gelochelidon anglica (Mon- 36. Larus canus > COPIO pf 3 tag. (Rondine di mare 37. L. /eucophaeus Licht. (L SL zampe nere, Beccapesci cachinans Boo (Gabi diano inglese ecc.). TIR reale). a . Croocephalus (Hydroco- 38. L. marinus Linn. jaccio). PAS Nella Fam. PROCELLARIDAE. po Puffinus Kuhli Boie (Berta che dal pror. T. Met maggiore). | me preso nelle spi lagge . P. yeltouan Acerbi (P. an-.—mane (Cat. m. en glorum Temm.ex Willugh.) 4l. Procearia pelag (Berta minore). Citato an- (Uccello è delle tempe : $ Nella Fam. ALCIDAF. PALMIPEDI DEL R. MUSEO UNIVERSITARIO 4) Nella Fam. PODICIPIDAE. 4h. Podiceps cristatus Lath. 45. P. minor Lath. (Tuffetto). (Svasso o Tuffetto magg. Nella Fam. COLYMBIDAE. 46. Colymbus septenitricnatis 47. C. glacialis Linn. (Strolaga Linn. (Strolaga minore), maggiore). | Gl’incrementi anche in questa parte della Collezione Provin- ciale sono, come risulta dal numero delle specie menzionate e possedute, così manifesti da non abbisognarvi, egregi signori, al- tra dimostrazione. Passo quindi senz’altro a dire della Marma- ronelta angustirostris. n » c 6 ANTONIO CARRUCCIO Differisce notevolmente la Garganella. marmorata, che fu pure compresa nel gen. Querquedula Steph., dalle specie che a questo genere appartengono e che soglionsi con frequenza pren- dere in molte parti d’ Italia. Onde possiate subito stabilire un rapporto differenziale fra i due generi Marmaronetta e Querque- dula vi ho messo sott'occhio diversi esemplari di Querquedula circia (Marzaiola), e di Q. crecca (Alzavola) della nostra collezione. De’ caratteri distintivi della specie,che oramai possiamo aggiun- gere con sicurezza al Palmipedi che molto di rado visitano anche una località fra le più fortunate della provincia romana, qual’ è Maccarese, credo bene di esporre una precisa descrizione: tali caratteri potrete verificare volta per volta nell’ individuo cbe vi presento. E primieramente eccovi nella parte superiore dorsale del corpo un bel piumaggio di colore scuro nerastro anzi di terra d’ ombra, con larghe macchie quasi rotondeggianti d’un colore bianco-fulvo, di varia intensità secondo dove si osser- vano, le quali numerose si vedono sulle penne copritrici della stessa superficie. Sono queste macchie, aventi l’aspetto caratteristico d'una nota varietà di marmo, quelle che fecero dare il nome speci- fico italiano a questa Anatra. Le remiganti e le copritici delle ali vedete che hanno pure un colore grigio- cenerino 6 brunastro più o meno carico, e diventano biancastre di sotto alle ali mede- sime. Anche le. timoniere offrono un colore che dal grigio passa al bruno, ma esse sono nettamente marginate di bianco. La parte superiore della testa, fino alla base del becco, ha le penne d’ un fondo cenerino-lionato interrotto da macchioline nericcie e ondulate: queste macchie, qualche volta puntiformi, sono pur evidenti come si passa all’indietro della testa; e ancor più manifeste le vediamo nelle penne del collo e delle gote, nelle quali parti sono più lunghe e sì dirigono ora longitudinalmente, ora diagonalmente, e sempre di una tinta grigio-nerastra. L’occhio, dalla pupilla bruna, è in sul davanti, ma più all’indietro, come anche sopra e sotto, attraversato da una fascia nereggiante alta. un centimetro circa, e lunga non meno di 4 centimetri. Alla nuca si puo notare un ciuffetto di penne, talune lunghe anche 2 centimetri e mezzo, di un colorito grigio, e macchiate trasver- salmente di nerastro. Nelle regioni toracica ed ascellari predomina una tinta bian- I a TE £ PALMIPEDI DEL R. MUSEO UNIVERSITARIO 7 co-grigiastra che qua e là presentasi giallastra 0 appena rossiccia, con macchie pronunciate d’ un colore nericcio, le quali quindi differiscono da quelle che abbiamo notato sul dorso, e sono inoltre allungate trasversalmente. La regione addominale è colorita in bianco sericeo, e mac- chiettata lievemente di grigiastro; le regioni iliache e sotto cau- dali hanno pure un colore o bianco-sericeo o grigio, ma con fascie nerastre. Il becco è quasi affatto nero, come sono neri i piedi; e l' i- stesso becco, se lo confrontate con tutte le Marzaiole e le Alzavole che ho qui fatto approntare, bene rileverete come di queste lo abbia più piccolo (angustus rostrum): ecco la ragione del nome specifico latino datogli dal Ménétries nel 1832. L’esemplare, che ho descritto, avendone potuto esaminare gli organi sessuali, sappiamo ch’ è un maschio. Di questo vi do ora le dimensioni, prese prima che venisse eseguita la preparazione, le quali pochissimo furono alterate dope il lavoro tassidermico: lunghezza totale cent. 50; ala, cent. 20; coda circa cent. 9; tarso ‘circa 44 mill.; apertura del becco 33 mill. Il professore Paolo Savi dà alla Garganella marmorata una lunghezza totale di cent: 40, cioè 10 di meno del nostro esem- plare ; il Salvadori, nella Fauna d’Italia (Uccelli) pubblicata nel 1862, fissa la lunghezza totale in cent. 43. — Il Bonaparte scrive xche il magnifico maschio da lui avuto, e del quale dà la figura, era lungo più che 19 pollici e mezzo, e la sua stesa d’ ali ne misurava ben 22. | Sono già trascorsi 80 anni dacchè il conte Tommaso Salva- dori nel Catalogo degli Uccelli di Sardegna scriveva a pagina 106 (1) le seguenti parole sulla Garganella marmorata. « Il Museo di Cagliari non possiede nessun individuo di que- sta specie, nè io sono stato tanto fortunato da poterne avere qualcuno. Gli individui che, per quello che io so, sono stati « trovati in Sardegna, sono i due inviati dal prof. Cantraine al Temminck, e l’altro, che trovato dal Cara ed inviato al Du- & s ‘ « razzo, servi al principe di Musignano per la descrizione ch’egli 4 3 T-Iintstche6r, Ge (1) Ved. vol. VI degli Atti della Società Italiana di Scienze naturali, - Milano, Tip. Bernardoni,, 1864, fa” Pi 24 at en n iti v y È i ata ioni ” "o et dd ri — . af 2 ANTONIO CARRUCCIO « ne fece nella Fauna italica, e che, se non erro, ora trovasi de- « positato nel Museo di Genova (1) ». L’ istesso Salvadori, e gli altri che dopo ebbero occasione a scrivere sull’Avifauna della Sardegna (nella quale la Garganella. marmorizzata, o Alzavola sarda, come la chiama l’insigne nostro Paolo Savi, fu indubitamente presa è già non breve tempo), confer- inano che verun altro esemplare della rara specie, colto nell’isola, possiede ora il R. Museo Zoologico Universitario di Cagliari (2). Nell’ Etenco poi degli Uccelli italiani compilato dal Salvadori, e pubblicato nel 1886 nel vol. III, serie II degli Annali del Museo Civico di Storia naturale di Genova, a pag. 262 leggonsi queste indicazioni riassuntive sulla Marmaronetta angustirotris: « Specie rara ed accidentale, trovata nella Sardegna, nella « Sicilia, una volta in Malta (Wrigt. Ibis, 1884, pag. 229), ed « anche a Vico presso Napoli (Giglioli). Abita la regione paleartica. « meridionale della Spagna fino al Caucaso; d’inverno è stata « trovata fin nell’ India; nidifica nel Caucaso, nella Palestina e . «. nelle Canarie ». Dallo Schlegel rilevo che i due celebri esemplari adulti avuti dal prof. Cantraine, che furono i primi ad esser noti, e che de- scrisse il Temminck, si trovano nel ricco Museo dei Paesi Bassi insieme a due altri, pure adulti, g e , presi in Algeria nel 1861 (3). Questo mi pare il momento di valerci della fonte originale di quasi tutte le notizie riguardanti le Canard marbré, Anas marmorata, come la chiamò pel primo il Temminck. Il ben noto. scrittore, nella quarta parte del Manue! d’ Ornithologie pubblicata. nel 1840 (2° edizione), a pag. 544 e 313 ci dà una descrizione che (1) Trovasi presentemente quest’esemplare, dal cav. Gaetano Cara di Cagliari inviato al marchese Carlo Durazzo, non al Museo Zoologico di Ge- nova, ma in quello di Firenze. (2) Il Giglioli nel primo resoconto dei risultati dell’ inchiesta ornitolo- gica in Italia. - Parte 1%, Avifauna Italica - Firenze, coi tipi dei Succes- sori Le Monnier, 1889 - a pag. 477 scrive le seguenti parole: « Non ho « nulla da aggiungere a quanto scrissi nélla mia Avifauna Italica intorno. < a questa specie, che è evidentemente assai ra:a per noi ». 3) Pag. 66. È (8) I wo PALMIPEDI DEL R. MUSEO UNIVERSITARIO 9 Werner invero non troverete più particolareggiata e precisa di quella che ho già esposto; ma aggiunge queste parole che devo riferirvi esattamente: ‘ Habit. « M. Cantraine nous à procuré une paire de cette « espèece nouvelle de canard, qu’ il n’ a trouvée que fort rarement « sur les còtes de Sardaigne, la seule des parties mediterrancennes «. ou il ait rencontrè cette espéce ». Nourriture. « Selon M. Cantraine, insectes et vers ». Propagation. « Inconnue ». La fig. che della Garganella marmorata dà il Bonaparte è la migliore, a mio giudizio, che si abbia nelle varie opere illustrate finora esaminate. « Pubblichiamo, scrive l’insigne autore del- « l’Iconografia della Fauna Italica, un magnifico maschio adulto «che ci venne dalla cortesia del marchese Carlo Durazzo, il cui « operoso e sempre più caldo amore per gli ornitologici studi gliel « procacciò di Sardegna. Aggiungiamo la giovine femmina do- « nataci dall’illustre conte Ouvaroff... Siam perciò lieti, continua « il Bonaparte, di proclamare che l’ Anas angustirostris Mene- « tries, del Mar Caspio, non è diversa dall’ Anas marmorata man- « data di Sardegna al Temminck dal prof. Cantraine ». Avverto che l’ istesso Bonapirte diede alla specie in discorso il nome di Querquedula angustirostris. Avverto inoltre che se il g° adulto di Sardegna donato dal Durazzo all’ istesso Bona- parte potè da quest’ ultimo con legittima soddisfazione procla- marsì magnifico, non meno legittima sarà la nostra se tale chia- meremo questo di Maccarese: in verità dal confronto che ognuno può fare colla bella tavola del Bonaparte, e l’esemplare del no- stro Museo, risulta la più perfetta rassomiglianza. Non lessi finora di apparizioni in gran numero o passaggi straordinari della Marmaronetta angustirostris nè in Italia, nè in altra nazione, ad es. in Francia, ecc.; ma solo potei rileggere in questi t ltimi giorni un cenno sovra un’apparizione veramente straordinaria per abbondanza di un’altra specie di anitra; e pre- x î . cisamente della Marzaiola 0 Quexquedula circia. E fu un ottimo naturalista italiano, il conte dott. A. P. Ninni di Venezia, da poco mancato all’ affetto dei colleghi ed amici, quello che in una nota del dicembre 1886 ebbe a riferire intorno al passaggio straordinario nell’Estuario Veneto della stessa Quer- #3, » | 94 SA AI 3mplare di Feni- cottèro, p:r dono del compianto generale Genò. . 14 ANTONIO CARRUCCIO Mi pare che di questa raccolta di specie - nè tutte le ho in- dicate - possiamo compiacerci. In essa non ho compreso gli esem- plari (duplicati) di specie avute nella provincia di Roma, perchè già vi ho detto quali possediamo; e taccio pure di altri esemplari di specie italiane che fanno parte della collezione generale. SULLA PERMANENZA INVERNALE ALCUNE SPECIE DI UCCELLI IN SICILIA Comunicazione de) Proî, Giovanni Angelini alla Società Romana per gli Studi Zoologici Limosa melanura. — Questa specie è generalmente in Italia di doppio passaggio, scarso in autunno, e più o meno abbon- dante in primavera secondo le località. Il Giglioli aveva attri- buito al Ninni l’asserzione che qualche individuo sverni nel Veneto, ma poi riconobbe di essersi ingannato: resta così la sola osservazione del prof. Paglia (esoc. dell’Inchiesta ornit. în Itatia p. 1) secondo la quale quest’uccello sarebbe accidentale d’inverno nella prov.® di Mantova. Ma è cosa invero singolare che la Pittima Reale scelga, per apparire accidentalmente nel Man- tovano, proprio l'inverno, mentre in tale stagione non è stata osservata in altre parti della Penisola, dove si mostra abbon- dante durante il passo, e dove esistono : località anche migliori pel suo soggiorno, come sarebbero, ad es., l'estuario veneto, i paduli del Romano e della Toscana, le paludi e le saline delle Puglie ecc., tutti luoghi dove non mancarono di certo le ricerch e di altri attivi Ornitologi. Il prof. Paglia non cita alcun caso de- terminato di cattura: ed a me, come par difficile che questa specie non s'incontri nelle paludi mantovane nei tempi del passo, così par facile che la suddetta notizia, se esatta, possa basarsi sulla presa di qualche individuo ritardatario, o reso da qualche acci- dente incapace a continuare il viaggio. Invece per la Sardegna, quantunque il Salvadori non avesse occasione di osservarvela, si accordano le informazioni del Cara, del Lepori e del Bonomi a dare la Pittima come anche invernale; in Malta, secondo le os - È servazioni del Wright, se ne vedrebbe anche nel gennaio, qual- cuna che egli sembra ritenere già di ripasso. Per la Sicilia nes- i sun Ornitologo l’ha sinora citata come invernale; ed il Salvadori i nel suo recente elenco degli uccelli italiani dice: neppure sembra | che sverni nell'Italia meridionale ed in Sicilia. — Non fu quindi | senza meraviglia che, il 23 dello scorso gennaio, mentre spirava 3 toi tal \ + 16 GIOVANNI ANGELINI un vento nordico gelato e, cosa eccezionalissima per Messina, cadeva ad intervalli la neve, recatomi sulla riva del mare, vi- cino alla lanterna del porto, scorsi sull’attigua prateria due Pif- time Reali. Stavano poco lontano dal lido, colle gambe entro l’acqua di un laghetto formato dalla pioggia dei di precedenti: erano piuttosto confidenti, e potel osservarle a mio bell’agio: ogni tanto pescavano col becco nell’acqua, ima però senza frutto, per essere il fondo melmoso. Essendomi avvicinato ad esse a meno di un tiro di fucile, volarono via senza emettere alcun grido; ma | poco dopo le vidi ridiscendere nello stesso punto. Tormentato dalla brama d’impossessarmene, andai in cerca di un fucile qualunque, ed infatti potei così impadronirmi di una: l’altra, forse toccata essa pure dal piombo, più non si fece vedere. — L'individuo da me còlto è una grossa femmina, che misura 46 cent. di lunghezza totale: ha l'abito invernale perfetto, ma, nel toglier!e la pelle, ve- rificai che alla base del collo eran già formati i bulbi delle nuove — piume. Nell’ovaia appariva già un principio dì risveglio, e le uova si mostravano grosse come granelli di panico. Nello stomaco non trovai altro che una buona provvista di ciottoletti silicei: la fame, che soffrivano quei poveri uccelli, doveva essere senza dubbio la causa della loro confidenza. Contuttociò l’individuo ucciso non era affatto magro, e non aveva per nulla l’odore, che è proprio de- gli individui del passo primaverile. Ed a me sembra di dover escludere che quella coppia fosse di passo: nen bisogna infatti dimenticare che nello scorso gennaio la temperatura si mantenne sempre assai rigida, e che per i’appunto il 23 un furioso turbine di neve avvolse l’Italia, anzi l'Europa, e che quella tempesta era stata preceduta da vari altri giorni di mal tempo, cosichè le con- dizioni atmosferiche erano tutt'altro che tali, da ingannare la preveggenza di quegli uccelli, e da invitarli ad un ripasso così precoce. Ritengo invece che provenissero da qualche pantano | della vicina Calabria, d’onde sempre, quando il freddo e la neve imperversano, giungono dei trampolieri e qualche palmipede sulle coste peloritane: e la mattina stessa del 23 gen., vicino al luogo, — dove incontrai le Pittime, seppi essere stati uccisi due individui | di Charadrius pluviatis, specie che ripassa più tardi, e non si trattiene affatto nei dintorni di Messina. Credo quindi di poter conchiudere che, come per la Sarde- SULLA PERMANENZA INVERNALE, ECC. 17 gna, così anche per la Sicilia (e probabilmente anche per qual- che parte della Calabria) la Pittina Reale, oltrechè di passo, è | altresì specie invernale. Petidna Tenrmincki. — Un altro scolopacide, di cui ho po- tuto accertare la presenza in Sicilia durante l’inverno, è la Pe- I lidna Temminki: è vero però che tale permanenza era stata so- spettata pur essa, come per la Pelidna minuta, tanto dal Gi- | glioli, quanto dal Salvadori, sopratutto pel fatto che questi uc- celli svernano in Sardegna; ma nessun ornitologo l’aveva con- statata. Ed il Giglioli nella sua Avifauna italica scrive in pro- posito: Sverna probabilmente in alcune località del Mezzogiorno, e forse în Sardegna, ma è difficile accertare la cosa, giacché assai facilmente l Actodromas Temmincki vien confusa colla co- mune A. minuta. — Or bene, io ho incontrato alcuni individui di Gambecchio nano nel mese di dicembre, tanto in Sicilia sulle rive del lago di Lentini, quanto in Calabria alla foce del Petrace, presso Gioia Tauro: posso inoltre aggiungere che, se questo uc- cello è, a distanza, difficilmente riconoscibile a vista dal Gam- becchio comune, è però facile distinguerlo dal grido, che emette quasi sempre volando: questo è una specie di trillo breve e ri- | petuto, che ricorda il canto del grillo, e che è così diverso dal canto della specie affine, che basta averne notata una volta la |__ differenza per non potersi più ingannare. sl _ Anthus cervinus. — La Pispola a gola rossa è ovunque da noi rara o scarsa, e nessuno l’ha sinora indicata come svernante in Italia; ma anche questa deve figurare nel novero delle nostre . specie invernali, avendone io, agli ultimi del dicembre 1891, in- 3 contrato più di un individuo frammisto alle Prispole comuni i (A. pratensis® in Sicilia, e precisamente nelle vicinanze di Ter- — —ranova. Inoltre debbo notare che, sebbene questa specie sia detta rarissima nell’elenco degli uccelli della provincia di Messina ri- portato nel 1° Resoconto dell’Inchiesta ornitol. in Italia, (p. 2 avif. locali) io l’ho invece riscontrata di passo regolare, ed in quelle primaverile addirittura-frequente. Diversi individui ne uc- cisi nel prato di S. Ranieri, vicino alla lanterna del porto di ; Messina, nella primavera del 1888, durante la quale solevo tutti 3 i giorni recarmi fuori di primissimo mattino per fare osserva- zioni oînitologiche: potei così notare anche la durata de! suo pas- È : Bollettino della Società Romana per gli Stuti ZyJlogici, 2 s : @ Sa i; tai saggio, che si estese dale” metà di ni E e verso la metà di E let bag ig bile ed acuto, dio si può. E, iii de con l Sa , ca 2 dinario fischietto da prispole, ‘mediante una prolungata - ast zione: con tale mezzo riuscivo Spesso a ‘ farmeli. avvic autunnale, verso la fine di bito n ai primi di dova a gli uccisi in BEENETRDe notai una Dice di femmine. = r Messi 8 Febbraio 1893. SUGLI IMENOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA le: Comunicazione alla Società Romana per gli Studi Zoologici del Dott. FAUSTINO MANZONE Professore nella R, Scuola Tecnica di Bra Comincio con questa prima memoria la pubblicazione di un elenco delle specie di Imenotteri, da me raccolti nella Campagna Romana durante gli anni 1886-1890, collo scopo di portare un contributo alla conoscenza della distribuzione geografica di tali insetti nelle varie provincie italiane. La regione da me percorsa è tutta quella che si trova at- torno alla città di Roma per un raggio di 20 chilometri circa. Inoltre visitai a più riprese i Colli Albani, i dintorni di Tivoli col gruppo del monte Gennaro, l’alta valle dell'Aniene e del Sim- brivio cominciando da Subiaco, la spiaggia del Mediterraneo tra Palo e Nettuno ed i dintorni del lago di Bracciano dalla sua parte» Sud-Est. 7, Quando dico che una specie l’ho trovata rara, comune, ecc., nei dintorni di Roma, voglio dire in quella zona di 20 chil. di raggio attorno alla città; quando dico nella provincia di Roma, ‘| si intende che quella specie l’ho trovata anche nelle altre parti da me perlustrate. Nelle mie escursioni avrei potuto raccogliere un numero molto maggiore di Imenotteri, se mi fossi dedicato esclusivamente alla raccolta di questi soli insetti; ma invece ho sempre fatto caccia di insetti appartenenti a tutti gli ordini, e perciò le specie che ri- corderò in questo lavoro, e nei successivi, non rappresenteranno certamente che una parte della fauna imenotterologica della pro- vincia di Roma. Per ora limiterò questa prima nota alle famiglie dei Tentre- dinei, dei Gefidei e dei Siricidei; ma presto farò seguire le altre famiglie. Nella classificazione ho seguito l’opera migliore che abbiamo —' fra le mani, quella dell’Andrè, che ha servito di base anche alle — recenti memorie del Magretti, del Berlese, del Cobelli, ecc. 20 FAUSTINO MANZONE Ringrazio il mio egregio professore Antonio Carruccio, per- chè a lui, che mi ha permesso di far uso di tutte le opere possedute dal Museo Universitario di Roma, sono debitore prin- cipalmente di due cose: delle copiose raccolte entomologiche da me fatte neila Campagna Romana, e del presente lavoro che non avrei incominciato senza le sue reiterate e persuasive inci- tazioni. Ringrazio il prof. Camerano che ha fatto mettere a mia disposizione i libri del Museo zoologico e quelli della R. Acca- demia delle scienze di Torino, ed il signor Vincenzo Abre di Cuneo che mi ha permesso di osservare gli Imenotteri della sua colle- zione. SUGLI IMENOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 21 Ord. Hymenopiera. Fam. I. Tenthredinidae. Gen. Cimpex, Olivier. 1. Cimbex humeratlis, Fourcroy. Lazio. Raro. Ne ho trovato un solo esemplare presso Brac- ciano. — Piemonte (Giorna). Non molto comune nella provincia di Cuneo. (Coll. Manzone). — Lombardia (Magretti). — Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Berlese). 2. Cimbex femorata, L. var. Sylvarum, Fabricius. — Lazio. Ho trovato un solo esemplare di questa varietà lungo l’Aniene. — Piemonte (Giorna). Nella provincia di Cuneo é comune il tipo. (Coll. Manzone). — Lombardia (Magretti).. — Veneto (Contarini, Disconzi, Berlese). — Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi, Berlese). — Napoletano (Costa). Gen. CLaveLLARIA, Leach. 1. Clavellaria amerinae, Linné. Lazio. Non comune. Ne raccolsi due esemplari lungo l’Aniene. — Piemonte (Giorna). Comune nella provincia di Cuneo. (Coll. Manzone). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Contarini, Di- sconzi, Berlese). — Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola). = Gen. Asia, Leach. 1. Abia sericea, Linné. Lazio. Comune nei dintorni di Roma. — Piemonte (Giorna). _ — Lombardia (Magretti). — Veneto (Contarini, Disconzi, Ber- lese). — Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi). — Napoletano (Costa). Gen. Amasis, Leach. 1. Amasis laeta, Fabricius. Lazio. Comunissima nella provincia di Roma. Si trova sem- 22 FAUSTINO MANZONE pre sui fiori delle varie specie di Ranuncolo. — Lombardia (Ma- gretti). — Veneto (Contarini, Disconzi). — Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi, Berlese). — Napoletano (Costa). — Calabria (Gri- bordo). Gen. HyLoroma, Latreille. 1. Hylotoma enodis, Linné. Lazio. Cemune nella provincia di Roma. — Piemonte. Co- mune nella provincia di Cuneo. (Coll. Manzone, Coll. Abre. — Veneto (Contarini, Disconzi, Berlese). — Emilia (Berlese). -- Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi, Berlese). — Napoletano (Costa). 2. Hytotoma atrata, Forster. Lazio. Rara. Ne trovai un solo esemplare nell’alta valle del- l’Aniene presso il monte Viglio. — Veneto (Berlese). Emilia (Ber- lese). — Liguria (Spinola). — Tvscana (Berlese). — Abruzzi (Costa). — Napoletano (Costa). 5. Hylotoma pagana, Panzer. Lazio. Comunissima nella provincia di Roma. -- Piemonte (Berlese). Comune nella provincia di Cuneo (Coll. Manzone, coll. Abre). — Lombardia (Magretti)) — Veneto (Contarini, Disconzi, Berlese). Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola, Berlese), Toscana (Berlese). — Napoletano (Costa). — Calabria (Gribodo, Berlese). 4. Hylotoma cyanocrocea, Forster. Lazio. Comune nella provincia di Roma. — Piemonte. Co- mune nella provincia di Cuneo (Coll. Manzone, coll. Abre). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Contarini, Disconzi). — Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi, Berlese). — Napoletano (Costa). 5. Hylotoma melanochra, Gmelin. Lazio. Comune nei dintorni di Roma. — Piemonte (Berlese'. Non molto comune nella provincia di Cuneo. (Coll. Manzone). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Disconzi). — Emilia (Ber- lese). — Marche (Berlese). — Sicilia (Berlese). 6. Hylotoma rosae, Deséer. ! Lazio. Abbondante nelia provincia di Roma. — Piemonte. Abbondante nella provincia di Cuneo. — Lombardia (Magretti). - SUGLI IMENOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 23 = Veneto (Contarini, Disconzi). — Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola), — Toscana (Berlese). — Napoletano (Costa). +— Ca- labria (Petagna). Gen. ScHIzocERA, Latreille. 1. Schizocera furcata, Villiers. Lazio. Comune nei dintorni di Roma. Sono più abbondanti i maschi. — Piemonte. Non comune nella provincia di Cuneo. (Coll. Manzone). — Veneto (Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi, Berlese). — Marche (Berlese). — Napoletano (Costa). hay Gen. CLapius, Illiger. 1. Cladius pectinicornis, Fourcroy. Lazio. Raro. Ne trovai un solo esemplare a Tivoli. — Pie- monte (Gribodo). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Contarini, Disconzi). — Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi, Berlese). — Napoletano (Costa). —Calabria (Gribodo). Gen. Nematus. Jurine. 1. Nematus septentrionalis, Linné. Lazio. Raro. Ne trovai un solo esemplare in Roma, negli — orti di Panisperna — Piemonte (Allioni). — Lombardia (Ma- gretti).. — Veneto (Contarini, Discorzi). — Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi). Napoletano (Costa). 2. Nematus myosotidis, Fabricius. Lazio. Anche questo Nemato è raro. Ne trovai un solo esem- plare presso Bracciano. — Veneto (Contarini, Disconzi). — Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Berlese). — Napo- letano (Costa). — Calabria (Gribodo). Gen. Empuyrus, Klug. 1. Emphytus filiformis, Klug. i Lazio. Raro. Ne ho trovato un solo esemplare presso 24 FAUSTINO MANZONE Roma, ad Acqua acetosa. Questa specie non è accennata in alcun lavoro sugli Imenotteri Italiani e perciò la ritengo come nuova per l’ Italia. Secondo l’André questo Emphytus si trova in In- ghilterra, in Francia, in Olanda, in Germania, in Svezia ed in Russia. 2. Emphytus didymus, Klug. Lazio. Raro. Ne raccolsi un solo esemplare sui colli Albani. — Lombardia (Magretti). — Toscana (Berlese). — Napoletano (Costa). — Calabria (Costa). 3. Emphytus cinctus, Linné. Lazio. Non molto comune nei dintorni di Roma. — Piemonte. Raro nella provincia di Cuneo (Coll. Manzone). — Lombardia (Magretti). — Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana _ (Berlese). Napoletano (Petagna, Costa). Gen. DoLERUS, Jurine. 1. Dolerus haematodes, Schranck. Lazio. Raro. Ne trovai un solo esemplare all’ Ariccia. — Lombardia (Magretti) — Veneto (Contarini, Disconzi). — Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi, Berlese). 2. Dolerus pratensis, Linné. Lazio. Comune nei dintorni di Roma. — Piemonte (Allioni, Berlese). Abbondante nella pronincia di Cuneo (Coll. Manzone, Coll. Abre). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Contarini, Di- sconzi, Berlese). -- Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi, Berlese). — Napoletano (Costa). — Calabria (Costa). — Sicilia (Sichel). i 8. Dolerus niger, Linné. Lazio. Raro. Un solo esemplare fu da me raccolto presso Subiaco. — Piemonte. Comune nella provincia di Cuneo (Coll. Manzone, Coll. Abre). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Con. tarini, Disconzi). — Emilia (Berlese). — Toscana (Rossi, Berlese). — Calabria (Costa). Gen. ArHALIA, Leach. 1. Ahtalia spinarum,Fabricius. _ reazioni rem n) , * Sali À ») ì i Ù i % v 4 ì 34 dip en on ae ii et Lt ir e i it a siii O î ì A IR DUO tà RR } ù a % Le! i, Ni 4 SUGLI IMENOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 25 Lazio. Comune nei dintorni di Roma. — Piemonte. Non co- mune nella provincia di Cuneo (Coll. Manzone). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Contarini, Disconzi). — Liguria (Spinola). — Napoletano (Costa). — Puglie (Costa). — Sardegna (Costa). 2. Athalia annullata, Fabricius. Lazio. Comunissima nei dintorni di Roma. — Lombardia (Magretti). — Liguria (Spinola). — Sicilia (Sichel). ds. Athalia rosae, Linné. Lazio. Abbondante nei dintorni di Roma. — Piemonte. Co- munissima nella provincia di Cuneo (Coll. Manzone, Coll. Abre). — Lombardia (Magretti). — Toscana (Rossi). — Napoletano (Costa). — Puglie (Costa). — Calabria (Costa, Gribodo). — Si- cilia (Ghilioni). — Sardegna (Costa). Gen. SeLaNDRIA, Leach. 1. Selandria serva, Fabricius. Lazio. Non molto comune nella provincia di Roma. — Pie- monte. Comunissima al piano e nelle alpi marittime (Coll. Man- zone, Coll. Abre). — Lombardia (Magretti). — Liguria (Spinola). — Napoletano (Costa). — Calabria (Gribodo). 2. Selandria stramineipes. Klug. Lazio. Rara. Ne ho trovato un solo esemplare sui colli Al- bani. —- Piemonte (Gribodo). — Lombardia (Magretti). — Veneto - (Contarini, Disconzi, Berlese). — Toscana (Berlese) — Napoletano (Costa). — Sardegna (Costa). È Gen. BLenNocamPA, Hartig. 1. Blennocampa ventralis, Spinola. Lazio. Non molto comune nei dintorni di Roma. — Piemonte. «Rara nella provincia di Cuneo (Coll. Manzone). — Emilia (Ber- . lese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Berlese). — Napoletano (Costa). — Calabria (Gribodo). Gen. EriocamPa, Hartig, 1. Eriocampa ovata, Linné. 26 FAUSTINO MANZONE Lazio. Rara nella provincia di Roma. Ne raccolsi un solo esemplare nell'alta valle dell'Aniene presso Subiaco. — Piemonte (Gribodo). Non molto comune nella provincia di Cuneo (Coll. Manzone, Coll. Abre). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Con- tarini, Disconzi, Berlese). — Liguria (Spinola), — Toscana (Rossi. Berlese). — Abruzzi (Coll. Manzone). — Napoletano (Costa). - — Calabria (Petagna, Costa, Gribodo). Gen. Macropiya, Dahlbom. 1. Macrophya rustica, Linné. Lazio. Abbondante nella provincia di Roma. — Piemonte (Giorna, Berlese). Abbondante nella provincia di Cuneo (Coll. Manzone, Coll. Abre). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Con- tari, Disconzi, Berlese). — Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi, Berlese). — Napoletano (Costa). — Sicilia (Ghiliani, Sichel). -- Macrophya rustica Costae g, mihi. Oltre alla specie tipica, trovai nei dintorni di Roma esem- plari maschi che per i loro caratteri si avvicinano a quelli che il Costa (1) descrisse come il vero maschio della M. rustica L. Ora ritenendo, secondo la diagnosi dell’André (2), come forma tipica quello che ha 1 addome completamente nero, propongo di chiamare questa varietà g° col nome del chiaro entomologo na- poletano. Ecco la diagnosi differenziale: Macropyia Rustica Costae g' (3) M. rustica 3, abdomine cingulo dorsali integro in segmento primo, aliis tribus in segmentis 5-6-7 in medio interruptis, ma- ‘culeque anali flava. 2. Macrophia blonda, Fabricius. s e (1) A. Costa. Fauna del Regno di Napoli, Imenotteri, parte ]Il. Napoli 1860, pag. 73. (2) André. Species des bymenoptores. Tome 1°, pag. 342. (3) Per il nome delle varietà, seguo le regole di nomenclatura adottate «dal Congresso zoolgico di Mosca, secondo la relazione del Blanchard. "I ALE x f I ET PT e. SC Sr SUGLI IMENOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 27 Lazio. Raro. Ne trovai un solo esemplare sui colli Albani. — Lombardia (Magretti). — Veneto (Contarini, Disconzi). — Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Berlese). — Napoletano (Costa). 3. Macrophya neglecta, Klug. Lazio. Abbondante nella provincia di Roma. — Piemonte. Comune nella provincia di Cuneo (Coll. Manzone, Coll. Abre). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Berlese). — Toscana (Ber- lese). — Napoletano (Costa), — Sicilia (Sichel). 4h. Macrophya crassuta, Klug. Lazio, Abbondante nella provincia di Roma. — Emilia (Ber- lese). — Toscana (Berlese). — Napoletano (Costa). — Calabria {(Gribodo). | 5. Macrophya novemguttata, Costa. Lazio. Non comune nei dintorni di Roma. — Piemonte. Co- munissimo nella provincia di Cuneo (Coll. Manzone, Coll. Abre). —- Toscana (Berlese). — Napoletano (Costa). 6. Macrophya albicineta, Schranck. Lazio. Comunissima nella provincia di Roma. — Piemonte. Non comune nella provincia di Cuneo (Coll. Manzone, Coll. Abre). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Berlese). — Toscana (Ber- lese). — Napolitano (Costa). — Calabria (Gribodo). 7. Macrophya ribis, Schranck. è Lazio. Rara. Un solo esemplare raccolto ad Albano. — Pie- ‘mante (Gribodo). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Conta- rini) — Liguria (Spinola). — Toscana (Berlese). — Napolitano (Costa). — Calabria (Gribodo). 8. Macrophya punctum album, Linnè. Lazio. Comune nella provincia di Roma. Piemonte. Non co- mune nella provincia di Cuneo (Coll. Manzone). — Lombardia (Magretti). — Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi, Berlese). — Napolitano (Costa). 9. Macrophya haematopus, Panzer. L Lazio. Rara. Un solo esemplare lo trovai in Roma nei giar- | dini di Panisperna. — Piemonte (Gribodo). Non comune nella provincia di Cuneo (Collezione Abre). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Berlese). — Emilia (Berlese) -- Liguria (Spinola). — 28 FAUSTINO MANZONE Toscana (Berlese) — Napolitano (Costa) — Calabria (Gribodo). — Sicilia (Ghiliani). 10. Macrophya rufipes, Linnè. Lazio. Non comune nei dintorni di Roma. — Emilia (Ber- lese) — Napolitano (Costa). Gen. ALLanTUS, Jurine. 1. Allantus scrophulariae, Linne. Lazio. Non comune nei dintorni di Roma. — Piemonte. Raro (Gribodo) — Lombardia (Magretti). — Veneto (Contarini Disconzi, Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi, Berlese). — Abruzzo (Costa). Napoletano (Costa). — Calabria (Costa, Gribodo). koA 2. Alltanius Viennensis, Schranck. Lazio. Non comune nei dintorni di Roma. — Lombardia (Magretti) — Emilia (Berlese). — Toscana (Rossi, Berlese). — Napoletano (Costa). Calabria (Gribodo). ò. Allantus viduus, Rossi. Lazio. Abbondanti nei dintorni di Roma. — Piemonte. Comu- ne nella provincia di Cuneo (Coll. Manzone, Coll. Abre). — Lom-. bardia (Magretti)) — Emiiia (Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi, Berlese). — Puglie (Costa). — Sicilia (Ghiliani, Berlese). 4. Allantus bicinctus, Scopoli. Lazio. Raro. Ne raccolsi un solo esemplare all’Ariccia. — Piemonte (Allioni, Giorna). Nella provincia di Cuneo l’ho trovato tanto al piano, quanto sull’Alpi (Valle Corsaglia). Toscana Peo, lese). Gen. SrroneyLogGastER, Dahlbom. 1. Strongylogaster cingulatus, Fabricius. Lazio. Raro. Ne trovai un solo esemplare ad Isola Farnese. — — Lombardia (Magretti). — Veneto (Contarini). — Emilia (Ber- lese). — Napoletano (Costa) — Calabria (Costa, Gribodo). Gen. PerIineuRA, Hartig. LE: 1. Perineura viridis, Linnè. \ putti , CANI RN TIRATO NE NIE, TO O, 4 SUGLI IMENOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA DI Lazio. Rara. Ne trovai un solo esemplare nell’alta valle del- l’Aniene presso Trevi del Lazio. — Piemonte (Allioni, Giorna, Berle- se). Nella provincia di Cuneo è una delle specie più comuni di Ten- — tredini. Ne ho trovati alcuni esemplari colla parte dorsale del- l’addome quasi completamente nera, come la varietà descritta «dal Costa (Coll. Manzone, Coll. Abre). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Contarini, Disconzi, Berlese). — Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi, Berlese).» — Napoletano (Costa). — Calabria (Costa). 2. Perineura scutellaris, Panzer. Lazio. Non comune. La raccolsi nei colli Albani — Piemonte (Gribodo, Berlese). — Lombardia (Magretti). — Veneto (Conta- rini, Disconzi). — Emilia (Berlese). — Liguria (Spinola). — Na- poletano (Costa). — Calabria (Gribodo). Gen. TenTHREDO, Linnè. 1. Tenthredo fiava, Scopoli. Lazio. Rara nella provincia di Roma. Ne trovai un solo esemplare nei colli di Tivoli. — Piemonte (Giorna). Comune al piano e sulle alpi della provincia di Cuneo (Val Pesia, Val Roja Val Geno). (Coll. Manzone, Coll. Abre). — Lombardia (Magretti). _ — Veneto (Contarini, Disconzi, Berlese). — Emilia (Berlese) — . Liguria (Spinola). — Toscana (Rossi, Berlese). — Marche (Co- .sta). — Napoletano (Costa, Petagna). 2. Tenthrede colon Klug. Lazio. Rara nei dintorni di Roma. Ne raccolsi un solo esem- | plare a Monte Mario. — Piemonte. Comune nella provincia di i Cuneo. (Coll. Manzone. Coll. Abre). — Toscana (Berlese) — Na- poletano (Costa) Calabria — (Costa). Gen. Tarpa, Fabricius. 1. Tarpa plagiocephala Latialis 3° mihi. _ Ho raccolto due esemplari mascbi di questa varietà nuova, uno nella selva di Cisterna nel mese di maggio 1887, ed un al- tro a Fiumicino nel mese di giugno del 1888. Nelle diagnosi date i dagli autori per la specie tipica non si fa alcun cenno di una si- 39 FAUSTINO MANZONE -mile varietà e perciò gli do il nome di Latialis. La diagnosi dif ferenziale è questa: Tarpa plagiocephata Latialis 3. Tvypo (1) «simillima, differt autem autennarum articulo primo, « supra tantum, testaceo; fossula antennarum lutea; antennarum ar- « ticulo primo subtus et secundo integro abdominis segmento dorsale « primo nigris; utrinque in pleuris et in abdominis lato, in segmenti « dorsalibus secundo et tertio, macula lurida; coeteris abdominis se- « gmentis ventralibus et dorsalibus lurido marginatis ». Il tipo non venne ancora trovato in Italia. Fam. II. Cephidae Gen. Gepuus Latreille. 1. Cephus pygmaeus, Latreille. Lazio. Non comune nei dintorni di Roma. — Piemonte (Giorna). Abbondanti nella provincia di Cuneo (Coll. Manzoni Coll. Abre) — Lombardia (Magretti) — Veneto Contarini, Di- sconzi, Berlese, — Emilia (Berlese). — Toscana (Rossi, Berlese). Napoletano (Costa). — Calabria (Gribodo). — Sicilia (Ghiliani). 2. Cephus tabidus, Fabricius. Lazio. Non molto comune nella provincia di Roma (Lago di Bracciano) — Veneto (Contarini, Disconzi). — Toscana (Rossi, Berlese). — Napoletano (Costa). — Calabria (Gribodo). — Sar- degna (Costa). 3. Cephus troglodyta, Fabricius. Lazio. Raro nella provincia di Roma. Ne trovai un solo esemplare all’Anyuillara. — Napoletano (Costa) — Sardegna. (Costa). 4. Cephus haemorrhoidalis, Gmelin Lazio. Raro. Un solo esemplare fu da me raccolto nei din- torni di Roma a San -Paolo fuori delle :mura. — Lombardia (Magretti) — Liguria (Spinola). Napoletano (Costa). — Sicilia (Ghiliani) — Sardegna (Costa). (1) Andrè. Species des hymenopteres. Tom. l pag. 476. SUGLI IMENOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA dl Fam. III. Siricidae Gen. S:rex Linné 1. Sirex gigas, Linné. Lazio. Raro. Ne raccolsi un solo esemplare a Monte Mario. presso alla città di Roma. — Piemonte (Giorna). Comune nella provincia di Cuneo — (Coll. Manzoni. Colle Abre). — Lombardia (Magretti). Veneto (Cantarini, Berlese). — Liguria (Spinola) — Toscana (Rossi, Berlese) Napoletano (Costa) Calabria (Gribodo,. Berlese). — Sicilia (Sichel). 2. Sirex juwencus, Linnè. < Lazio. Non comune nei dintorni di Roma. Un esemplare lo raccolsi a Villa Borghese in Roma; l’altro usci da una tavola di recente costruita nel Museo Zooologico della R. Università di Roma, ed avuto in dono dal preparatore Bertoni. L’istesso fatto- | accadde al prof. Carruccio quando trovavasi a dirigere il Museo Zoologico dell’Univ. di Modena, egli infatti da un tavolo della Biblioteca Universitaria ritirò un esemplare di questa ritirò un. esemplare di questa specie, della quale sono noti i costumi e lo svil ppo.. Veneto (Contarini) — Liguria (Spinola). — Toscana (Berlese). “a Ra RANE ca ; Pane 2 Y va La e - ur #3 ” era & Lera * è E = ‘T a “A , DS ‘ Pe Lene Ati up TRPP de “pl IIC AT ba SETE L'inà ur deo FR È e L - Pat 4, LE n vé ie 0 2 Me Y en: ” e ng e a È K & Cata Ta = "= fsi P . Pos 32 FAUSTINO MANZONE ipa LA ELENCO DELLE SPECIE CITATE Fam. 1. Tenthredinidaec. pa . Cimbex humeralis, Foureroy. Id. femorata var. Sylvarum, Fabricius. Clavellaria amerinae, Linné. Abia sericea, Linné. . Amasis laeta, Fabricius. . Hylotoma enodis, Linné. Id. atrata, Forster. Id. pagana, Panzer A Id. cyanocrocea, Forster. 10. Id. melanocroa, Gmelin. 11. Id. rosae, Degéer. 12. Schizocera furcata, Villiers. 13. Cladius pectinicornis, Fovreroy. 14. Nematus septentrionalis, Linné. (O 00 21 © St A 0 d0 15. Id. myosotidis, Fabricius. + 16. Emphytus filiformis, Klug. REA 17. Id. didymus, Klug. Dassi i. So o 18. Id. cinctus, Linné. 19. Dolerus haematodes, Schranck. 20. Id. pratensis, Linné. 21. Id. niger, Linné. - 22. Athalia spinarum, Leach. 23, Id. annulata, Fabricius. 24. Id. rosae, Linné. 25. Selandria serva, Fabricius. # 26. Id. stramineipes, Klug. ni PSR 27. Blennocampa ventralis, Spinola. | i» 28. Eriocampa ovata, Linné. GG 29. Macrophya rustica, Linné. GG °° 300" NE rustica, Costae n. var. 0 31. Id. blanda, Fabricius. , : dr Ù 2A È È i Preda log » 3 icaro d è 33 RE, A a neglecta, Klug. megsssi — Ja crassula, Klug. È EA Id. novem-guttata, Costa. | 35. Id. albicineta, Schranck, | 36. Id. ribis, Schranek. ga _punctum album, Linné. ; 38. Jd. haematopus, Panzer. — 0 IE rufipes, Linné. | 40. Allantus scrophulariae, Linné. TESA 41. Id. viennensis, Schranek. 1 2500 42. Id. viduus, Rossi. > 43. Id. bicinctus, Scopoli. 44. Strongylogaster ‘cingulatus, Fabricius. 45. Perineura viridis, Linné. 46. _ Id. - scutellaris, Panzer. AT: Tenthredo flava, Scopoli.. s 48. | Id. colon, Klug. 3% 49. Torpa Menia Latialis n. ‘var. SARE agg Pam Cephiqae. x E Gaia pygmaeus, Latreille. È ._ 2. Id. tabidus, Fabricius. - ) a È la troglodyta, Nabricius.- va sos A haemorrhoidalis, Gu velin. Ss, LE e, Pa by Î a: PF Fam. Siricidae. È ré Sg E gigas, {vd i i 2 a Juvencus, Linné. Vac PI - atti epic À i , he CRCR L va : Ld'È bo SR Pe È ZA i » Me mr ; ee e ». € - i ae Di da Hi nen SX 2 - v "5 do Ma SA . Un 9 314 FAUSTINO MANZONE Opere consultate per la determinazione delle spe ie e per la loro di- stribuzione geografica in Italia. Caroli-Linné. — Entomologia faunae suecicae descriptionibus aucta. Carrate De Villers Tom. III 17839. Ioh. Christian Fabricius. — Entomologia systematica acini et aucta. Hafniae 1793 Tom. II. P. A. Latreille. — Genera crustaceorum et Insectorum Tom III. Parisiis 1807. L. Jurine. — Nouvelle methode de ie les hymenopteres et les diptéres. Geneve 1807. Tom. I hymenoptéres. Votug. — Die Blattwespen nach ihren Gattungen und Arten. Berlin 1819. Lepelletier de St. Fargeau. — Monographia Teuthredinarum. Paris 1828. Th. Hartig. — Die Familien der Blattivespen und Holzwespen. pe Berlin 1837. E. L. Taschenberg. — Die Hymenopteren Deutschland. Leipzig 1866. André Ea. Species des hymenoptéres de Europe et d’Algérie. Tom. I. Beaune (1881) 1882. W. F. Kirby. — List of hymenoptera with description and fi- gures of the typical specimens in the British Museum. Vol. I. Tenthredinidae and Siricidae. London 1882. A. Karsch. — Die Insektenwelt. Leipzig 1883. Allioni Carolus. — Manipulus insectorum Taurinensium, in: Mi- scellanea Taurinensia, Tom. III. Turin 1766. V. Petagna. — Specimen Insectorum ulterioris Calabriae. Nea- i poli 1786. Petrus Rossius. — Fauna Etrusca. Vol. II. Liburni 1790. — Mantissa insectorum Pisis 1794. V. Petagna. — Institutiones entomologicae. Neapel 1792 Vol. II. Giorna (il figlio. — Calendario Zoologico in Piemonte. Torino 1791-93. — (Ripubblicato dal prof. M. Lessona negli « Armali dell’Accademia d’Agricoltura di Torino, Vol. XVI. 1873. » Maximilianus Spinota. — Insectorum Liguria species novae aut rariores. Genuae 1806-1808. Pe e e, ca ie + PI " ite US PATA A 4 È r | SUGLI IMENOTTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 35 F. Ghitiani. — Catalogus insectorum Siciliae. In Atti dell’Acca- demia Gioenia di Catania. Tom. XIX 1842. Nicotò Contarini. — Catalogo degli uccelli e degli insetti delle provincie di Padova e Venezia. Bassano 1843. A. Costa. — Fauna del regno di Napoli. — Imenotteri. Parte III. Trivellanti sessiliventri. Napoli 1800. Sichet. Liste des hymenoptéres reccullis par Bellier de la Chavi- gnerie en Sicile. — In: Annales de la Soeietè entomologique de France. Serie III. Tom. VIII. Paris 1860, F. Disconzi. — Entomologia Vicentina. Padova 1863. P. Magretti. — Tmenotteri della Lombardia. In: Bull. delle Soc. Ent. Ital. Anno 1881 Vol. XIII. — Id. Id. Anno 1882 Vo- lume XIV. G. Gribodo. — Escursione in Calabria. — (Imenotteri raccolti ‘dal dott. Cavanna). In: Boll. delle Soc. Ent. Ital. anno 1881 Vol. XIII. A. Costa. — Note ed osservazioni sulle Geofauna Sarda. — In: . Atti dell’Accademia di scienze fisiche e matematiche di Na- poli. Annate 1882-1881-1886. A. Berlese. — Materiali per un catalogo di Tentredinei Italiani. In: Bull. delle Società Entom. Ital. Anno 1889, Vol. XXI, 1890 Vol. XXII. NUOVI CONTRIBUTI © SULLE MIGRAZIONI DELL’ AVIFAUNA MARCHIGIANA | RACCOLTI NELL. *ULTIMO VENTENNIO dal Prof. Dott. Luigi Paolucci del R, Istituto Tecnico di LÉ Comunicazione preventiva alla Società Romana per gli Studi Zoologici Sebbene io abbia già risposto (1) a tutti i quesiti fatti in- torno alle migrazioni, abbia tenuto conto speciale della dire- zione degli uccelli migranti e dello stato meteorico in rapporto ai passaggi, che credo questioni di capitale importanza, pure reputo non inutile riassumere qui appresso, dopo 20 anni dalle ricerche pubblicate nel 1873 (2) le ulteriori osservazioni mie e delle per- sone competenti che vollero gentilmente coadiuvarmi, onde con- fermare con nuovi dati o correggere quanto già serissi, e offrire «#nuovi materiali per un argomento di tanto interesse scientifico quale è quello che riguarda le vie battute dagli uccelli migra- tori dell’Avifauna paleo-arlica e le cause cosmo-telluriche che le modificano. Se molto è stato già fatto in questi ultimi anni dagli orni- tologi d'Europa, da quelli d’Italia capitanati dai nostri Salva- dori e Gigtioli, colla collaborazione degli altri moltissimi citati nella inchiesta, se nuovi materiali si aggiunsero coi più recenti lavori dello stesso Prof. T. Salvadori (3), del prof. A. Carruc- (1) Ved. Vol. I°I, pag. 124 dei resoconti sull'inchiesta omitologira di- retta dal prof. H. Gigzlioli, Categoria C (Osservazioni intorno alle migra- ziom). (2) Confr. L. Paolucci. — Gli uccelli migratori della provincia di An- cona. Atti d lla Soc. Ital. di Scienze Nat. vel. XVI fase. IL (3) Cfr. 7. Salvadori. — Le ultime notizie intorno al Sirrapte in lta- lia negli anni 1888-89 - Torino 1889. Id. — Il Cypselus affinis in Liguria, Genova, 1850 x Id. — Intorno ad una Cutrettola nuova per l'Italia, Torino, 1831. ii - NUOVI CONTRIBUTI SULLE MIGRAZ DELT. AVIFAUNA MARCHIG. 3° cio (1), del prof. V. Gasparini (2', del prof. Pietro Pavesi (3), del dott. Ferragni (4), del prof. Piccaglia (5), del conte Di Carpe- gna (6), del dott. R. Arrigoni degli Oddi (7), di Bacchi della Lega (8), del compianto amico conte A. Ninni, del De-Romita e di altri, molto ancora io credo che resti a fare, essendo non po- che le osservazioni disparate, insufficienti o contraddittorie, che po-tano confusione anzichè schiarimento nell’intricato problema. Dio mi guardi, anche per ciò che riguarda l’Italia, tentarne qui il coordinamento, che sarebbe inoltre soverchiamente immaturo e sempre superiore alle mie forze. Bramo soltanto porre in evi- denza alcune considerazioni d’indole generica, che, sembrami, var- ranno molto, qualora se ne voglia tener conto in un’area d’os- servazione molto più vasta della regione Marchigiana, in cui ho dovuto limitare i miei studi. Così p. e. a quella parte del quesito J, categoria 5, tanto opportunamente dettato dal prof. G. N. Giglioli, con cui si domanda, ia caso di passaggi straordinari, lo stato meteorico del giorno precedente e seguente, non ha risposto quasi nessuno: e sl che vi è da dedurre niente meno delle cause atmosferiche più pros- sime capaci di promuovere i grandi passaggi nei diversi paesi, (1) Cfr. A. Carruccio. — Note al Catalego dei Vertebrati del Modenese. “Ann. della S.c. dei naturalisti di Modena, Serie III, Vol. I 1883. (2) Cfr. V. Gasparini. — Salle specie più rare d:ll'Avifauna Mar-h'- giana. Fano, 1889. | (3) Sfe. P. Pavesi. — Calendario ornitologico per la Prov. di Pavia dall'estate 1836 alla primavera 1889. Milano, 1889. Id. — Calendario ornitologico Pavese, 1839-90. Pavia, 1890. (4) Cfr. O. Ferragni. — Annotazioni orn.tologiche por la provincia dì Cremona dal l azosto 1839 al 3i maggio 1890. Cremona, 1899. (5) Cfr. L. Piccaglia. — Appunti di ornitologia Modenese pel 1889. Modena 1890. (6) Cfr. G. Di Carpegua. — Sall'Avifauna della provincia di Pesaro e Urbin>. Bollettino della Soc. Rom. per gli Studii Zoologici. Anno I. nu- meri III, IV e V. 1892. (7) Cfr. E. Arrigmi deg'i Olli. — Notizie sopra le a au- tunnali della Ghiandaia ecc. Siena; 1890. (8) Cfr. A. Bacchi della Lega. — Caccie c costumi ‘degli uccelli s 1- - vani. Citià di Castello, 1892, ae e i 3 a 38 LUIGI PAOLUCCI col modificarsi delle quali vengono cambiate le vie principali di migrazione. Allorchè l’indicazione del vento è registrata, non è sempre chiaro quanto e come favorisca il passaggio ovvero gli ostacoli. Evidente contraddizione vi ha nei dati che riguardano l’ora delle migrazioni, secondo i quali molte specie viaggerebbero in certi paesi di giorno, in altri di notte, volubilità non ammessa dalla durevolezza delle abitudini ereditate per lunga discendenza, che stabilisce appunto la tenacità del così detto istinto. Se diamo uno sguardo all'area di diffusione di quasi tutte le specie dell’Ornitologia italica, ci accorgiamo subito che esse ap- partengon» tanto all’Avifauna d'Europa quanto a quella dell'Asia centrale e anche dell'Africa settentrionale: sono in altre parole i costituenti della fauna paleartica di Wallace che comprende gran parte della fauna temperata dell’antico continente. Ora, in tutta questa vastissima circoscrizione, si muovono è vero le fa- langi migratrici degli uccelli dal nord verso il sud in autunno, viceversa in primavera; e questa è la doppia migrazione /atitu- dinale, di cui i naturalisti hanno voluto fin qui tener conto quasi esclusivamente. Ma non dimentichiamone un’altra, forse non meno importante della prima, che chiamerò /ongitudinale, da est a ovest in autunno, da ovest a est in primavera: per essa molte specie migratrici raggiungono in autunno la penisola Iberica d’onde riesce loro assai facile, schivando il mare, recarsi nel nord-ovest dell’Africa, in cui più spesso li incontriamo d' inverno: e per la stessa via fatta al contrario, riprendono l’altipiano Russo-asia- tico in primavera. In vista di ciò ho creduto opportuno registrare la distribuzione geografica per ogni caso singolo delle specie trat- tate nella presente memoria, dacchè la conoscenza del loro hab? tat può darci ragione del perchè nelle migrazioni specialmente autunnali, le vediamo giungere nel nostro littorale adriatico, ora dal nord (migrazione latitudinale), ora dal nord-est e dall’est (migraz. longitudinale). Questo mio asserto è convalidato dalle osservazioni fatte al proposito in Liguria (Lucîan?), in Lombardia (Cigalini, Ghizzoni), nel Veneto (Pellegrini), in Calabria (Mo- retti) e anche in Sicilia (Pistone), nelle quali regioni i passaggi longitudinali est-ovest e viceversa sono meglio evidenti. In quanto alla migrazione primaverile, è da notare l'influenza massima che nella direzione di essa apporta il tramite geogra- è NUOVI CONTRIBUTI SULLE MIGRAZ. DELL'AVIFAUNA MARCHIG. 89 fico della nostra penisola e quindi anche della costa adriatica Marchigiana. Difatti dal marzo al maggio, qualche rara eccezione fatta (Fringuelli, Quaglie), il passaggio è da noi liltoraneo dal sud-est al nord-ovest, mentre, come mi sono permesso chiamarlo, è transadriatico in autunno. Sarebbe opportunissimo sapere se le falangi migratrici della primavera, giunte oltre il golfo Ve- | neto, piglino la via dell’est per estivare nel centro d’Europa e più oltre, piuttostochè accingersi al valico alpino del nord. È pur di grande importanza conoscere la direzione che pre- scelgono gli uccelli migratori in rapporto alla direzione del vento. I cacciatori sanno a proposito di ciò che le diverse specie, a se- conda della loro conformazione, della maniera del volo, dell’atti- tudine e della resistenza a questo, dello sviluppo o meno delle timoniere, preferiscono il vento dî peito, oppure di fianco, rara- mente în coda. Scorrendo la revisione ornitologica che qui pre- sento, può essere notato il fatto che gran numero dei nostri uc- celli migratori, preferendo nei loro viaggi il vento di fianco, passano lungo il littorale adriatico o vi approdano d’oltre mare, allorchè nella loro direzione possono tagliare ad angolo contro la direzione del vento: è così che le migliori migrazioni nostre autunnali trans- adriatiche dal nord o dal nord-est si avverano come dimostre- remo, coi venti del nord-ovest o del sud-est (oltre alle burrasche dal nord-est che sorprendono forse i migratori in viaggio), mentre quelle più copiose di primavera che sono generalmente Ziltoranee dal sud-est, succedono coi venti attorno a sud-ovest. Ma si ram- menti che queste norme non possono avere un valore assoluto, essendo moite le cause fisiche e biologiche capaci di turbarle. Mi contenterò di rammentare fra le prime la temperatura che rap- presenta un coceficiente di valore altissimo nelle migrazioni degli uccelli, accelerandole o ritardandole, indipendentemente anche dai venti che spirano. E fra le cause biologiche non va dimenticata la rotta del passo, come diciamo in arte venatoria. Anche il Sig. Ficini di Empoli la rammenta, e par vero in realtà che aperta la marcia verso un dato destino, amino molte specie di compierla, per quanto lunga, nel minor tempo possibile, nonostante soprav- yengano cause perturbatrici. L’azione di queste sulla emigrazione è a preferenza avvertita quando si estende vastamente, comincia prima dell’epoca del 40 LUIGI PAOLUCCI passo e perdura. In tal caso è possibile almeno tra noi, che una data migrazione venga sensibilmente ritardata o anche soppressa. Così avvenne ad es. che, dominando i venti freddi del nord e del nord-nordest nel marzodel 1889, avemmo il gran passo delle Allodole ritardato alla prima quindicina di aprile; per la ragione stessa ci giunge talvolta .il grosso delle Quaglie in giugno piuttosto che in maggio, se il passaggio non rompe prima per l’insistenza del freddo. È la migrazione delle Palombe può trascorrere qui inav- vertita (es. autunno 1886) se persiste in autunno il dominio dei venti contrari a questa loro strada. di La forza del vento, e forse qualche altra causa a noi ancora ignota, stabilisce sovente l’altezza tenuta dagli uccelli migratori, e vi sta in ragione inversi. Egli è così che colle correnti atmo- sferiche quasi insensibili e il cielo sereno, vediamo le Palombe giungerci altissime nella loro migrazione translatiatica autunnale nord dal est; e con essi i Fringuelli, le Allodole, gli Storni ecc., mentre se soffiano venti impetuosi, gli stessi uccelli di passo ve- dono le acque o la terra, seguono il corso delle vallate, e spesso aberrano anche dalla direzione voluta. Nell’atto del passo varrà pure tener conto della velocità ma, influenzata potentemente dalle condizioni meteoriche. Se. l’aria è calma, il cielo pioviginoso, notiamo il passo a piccole tappe e gli uccelli migranti facili a fermarsi o sul terreno o sugli alberi, secondo le loro abitudini, con gran profitto delle tese e dei roc- coli. Se invece si hanno sbilanci rapidi di temperatura, o prelu- dia qualche tempesta, o la stagione è inoltrata, le colonne ti- rano via, non degnano, filano serrate, non credono-ai richiami, e i poveri cacciatori sì sconfessano a dirittura con tutti i santi del Cielo. Basterà citare le Allodole, le Tottaville, i Verdoni, i Fringuelli, i Fanelli, le Palombe, le Quaglie, i Pivieri ecc. Oltre le migrazioni normali che ho distinto in diurne e not- È turne, mi piacque riassumere a parte quelle che ho chiamate fra- -9 slochi o comparse invernali. Esse sono da considerarsi in senso | più ristretto delle prime, dipendendo- spesso da influenze meteo- riche locali e limitandosi a perimetri regionali. Però è possibile che talvolta abbiano rapporto colle vaste migrazioni continentali, ma ce lo sapranno dire le ricerche future. ni Mentre appunto sto qui scrivendo (4 gennaio 18 3), avviene NUOVI CONTRIBUTI SULLE MIGRAZ. DELL'AVIFAUNA MARCHIG. 4l uno di questi straordinari passaggi o traslochi invernali, a cui da 3 giorni prendono parte gli Storni, da 2 giorni gli Strillozzi, da questa mattina le Allodole: ognuna di queste tre specie è rap- presentata da grandi punte o branchi (Storni), ovvero da colonne serrate (Allodole, Strillozzi) venienti dal littorale del nord-ovest, fuggenti verso il sud est. La neve caduta in questi ultimi giorni in tutta l’Italia settentrionale fino a noi, il freddo intenso dell’Eu- ropa centrale, forniscono ampia ragione di tale fenomeno. I no- stri cacciatori chiamerebbero siffatto. passaggio un ricalo, rite- nendo, non credo con sufficiente ragione, che le dette specie ca- lino dalla montagna (ove generalmente, non svernano), e per di- stinguerlo da altri passaggi in senso inverso che costituiscono, come si dice anche in foscana, il rimonto. Di quest’ultimo ci offrono singolare esempio le Allodole, come dimostrano i dati che riassumo sotto questa specie. Non ho ancora inteso quale significato biologico abbia il fatto, notato con certezza almeno in alcune specic, che l’uno dei sessi precede l’altro nella migrazione o lo segue. È risaputo ad es. qui come altrove che nei passaggi autunnali dei Fringuelli, le fem- mine giungono prima dei maschi: non so se sia ugualmente noto che nella migrazione primaverile avviene per la stessa specie il contrario, e per le Quaglie l’arrivo dei maschi preceda quello delle. feminine. Il fenomeno potrà essere probabilmente in relazione colla scelta sessuale. Ho sentito in proposito certe considerazioni fatte dai cacciatori, ma non mi paiono attendibili nè sto quì a ri- peterle. VR Rispondendo al quesito 12. categ. Bjdell’inchiesta (1) fui incom- | pleto allorchè dissi della precedenza dei maschi tra i Fringuelli, ì Merli, le Quaglie. Dovevo aggiungere, nel passaggio primave- rile, ove succede l’inverso dell’autunno. , Non è sempre facile stabilire in quale ora preferibilmente. accada il passo di una data specie. Molto asseriscono su questo argomento e molto credono saperne i vecchi seguaci di S. Uberto, dogmatici spesso nelle loro sentenze, creduli fino a temere il ma- locchio e l’invidia, di cui evocano in certe gare la sinistra in- » (1) Cfr. G. N. Giglioli. Notizie d'indole generale sui risultati dell'in- | chiesta ecc. 1891. p. 179. 42 LUIGI PAOLUCCI fluenza: può immaginarsi quanto la povera scienza, che vuole ‘essere positiva, ne resti smagata. Come accettare per esempio che il passo diurno degli uccelli in genere, dei Fringuelli in ispecie, «si arresti a dirittura quando fa la luna? L’altronde le risposte date per le diverse regioni d’Italia sopra tale quesito, desunte probabilmente dai cacciatori più che dai naturalisti, informano ‘chiaramente della confusione che ancora vi regna. E la ragione di questa, a parer mio, sta in ciò, che nel maggior numero dei casi non è possibile stabilire le ore preferite del passo, inquanto esse, si voglia o no, cambiano per l'azione di molte cause, spe- -‘cialmente atmosferiche. Noi vediamo, è vero, giungerci le Allo- dole, tanto nella stagione primaverile quanto in autunno, alle ore del mattino. Ma ve ne hanno pure passaggi considerevolissimi sebbene più rari, al pomeriggio, in ispecie se il tempo sta per farsi cattivo. In certe notti di primavera passano le Quaglie alle prime ore, in altre alla mezzanotte, in altre verso l’alba. Dicono che il passaggio delle Palombe riposi nelle ultime ore antimeri- diane, eppure ognuno che non abbia avuto tutta l’eroica pazienza di attenderle al varco per giornate intere, vi ripete che ne ha visti per caso in dette ore branchi enormi, e vi conclude che ‘anche quando passano n0n ci s'incontra mai. Più agevole riesce distinguere, bene osservando, se le migra- zioni degli uccelli siano diurne o notturne. Credo di averle giu- stamente ripartite, sebbene per qualche specie che non ho. visto mai migrare di giorno nel senso vero della parola, che non ho mai potuto avvertire di notte, io resti in qualche dubbio. — Nella separazione delle specie migranti in diurne e notturne mi sono accorto della contraddizione in cui mi trovo con parecchi collaboratori della Inchiesta ornitologica, per i quali molti dei miei passaggi di notte sono diurni. Ma io sono convinto che, in varie specie, ciò che sembra migrazione di giorno, consiste ‘semplicemente in un limitato trasloco da bosco a bosco, da colle a colle, diverso assai dalla vera, ampia, istintiva migrazione che succede di notte, come ce lo rivelano sia le voci notturne di richiamo, sia l'apparizione di alcune specie nelle nostre campa- gne alla prima alba e che perciò debbono aver viaggiato di notte. Ho raccolto in un ultimo e breve gruppo le poche specie. * NUOVI CONTRIBUTI SULLE MIGRAZ DELL'AVIFAUNA MARCHIG. 43 Tare o rarissime, di alcune delle quali ho già reso conto (1), apparse fra noi accidentalmente, senza norma veruna, se si eccettua quella della stagione. Tutta l’Avifauna migratrice delle Marche resta dunque ripartita nella revisione che ho compiuto in 51 specie di regolare migrazione diurna, 37 specie di migrazione notturna, + specie di sola comparsa invernale, 7 fra le migratrici rego- lari che compiono traslochi invernali, 15 specie di comparsa assolutamente accidentale. Si avverta che di molte specie, anche non rare, come ad esempio del Passero Solitario, del Codirossone, della Cutrettola ecc. che non hanno significato nelle migrazioni nostre, non ho creduto tenere alcun conto, e quindi non sono comprese nella seguente revisione. Le specie, che ho citato stanno in semplice serie numerica e si succedono giusta la classificazione del Prof. Salvadori, senza il lusso della ripartizione in ordini, gruppi e famiglie, superfluo ai miei colleghi, agli altri inutile. Riguardo alle poche specie di passaggio più abbondante e diffuso (Palombe, Fringuelli, Beccaccie, Tordi, Palombe, Quaglie) e che maggiormente interessano la caccia e le sue leggi, avrei voluto mettere in rapporto le osservazioni fatte da me in Ancona con quelle meglio conosciute in montagna. Ma disgraziatamente per il tema che tratto e che parrà a molti ozioso, futile ad altri, nessuna fra le persone da me credute competenti e. a cui rivolsi qualche semplice quesito, si è data sollecitudine di rispondere, eccet- tuato il sindaco di Montemonaro (metri 1070 s. m.) G. Paolucci | che fraternamente ringrazio. Rivolgo d’altra. parte le più vive espressioni della mia gratitudine al Circolo della caccia di An- cona, al sig. Conte G. Duranti, al sig. Vincenzo Cesarini di Cori- naldo, all’egregio amico Dott. E. Lunghi di Loreto, al sig. Avv. Celso Ciccolini di Macerata, per i dati che mi fornirono e che valsero a dedurre buoni e attendibili criteri. Ancona, Gennaio 1893. 1,. PAOLUCCI (1) Cefr. L. Paolucci. Sopra alcune spe.ie rare di uccelli nelle Marche. - Atti della Soc. It. di Scenze Nat. Vol. XXIV anno }881. : NOTA ILLUSTRATIVA A SU DI UN ANTICO ATLANTE ORNITOLOGICO INEDITO CONSERVATO IN ROMA Comunicazione alla Società Romana per gli Studi Zoologi:i del Prof. FAUSTINO MANZONE e Barone Dott. CARLO DE FIORE È È Uno di noi, facendo ricerche storiche sui manoscritti della Biblioteca Casanatense, rinvenne un atlunte di tavole disegnate | ad acquarello nel 17035 e rappresentanti uccelli, fiori ed insetti; e siccome, fatte le opportune ricerche, trovammo che era questa — un’opera inedita abbiamo creduto bene di darne un cenno tanto. per renderla nota, contenendo essa alcune tavole abbastanza | esatte e relativamente all’epoca, bene eseguite. Notizie biologiche dell'autore non possiamo darne, essendo. riuscite vane le nostre ricerche a questo riguardo. In varie opere — di storia della pittura in Italia è fatto menzione di parecchi ar tisti appartenenti alla famiglia Vanno; ma tutti anteriori all’e- 4 poca in cui visse il nostro autore. è L’atlante è composto di 100 tavole in- foglio legato in un vo-o lume il quale porta in alto sul dorso il titolo: (G. F.) (Vanxo) (Disegni) di (Uccelli), e più sotto l’indicazione del catalogo E. un F. Ciascuna tavola porta il numero italiano dell’uccello scritto in grosso e chiaro carattere. La prima tavola, che serve di fronte- — spizio, porta una specie di cartellone sostenuto nell'angolo supe- _ riore destro da un cardellino bene eseguito, ed in basso da un. aquila la quale tien fermo nel becco il nastro uscente dalla parte inferiore accartocciata del cartellone; su di questo sta scritto: | (Raccolta) di uccelli nostrali) et indiani espressi) al naturale da — Giuseppe Fiorenzo) Vanno da Turino) în Roma l’anno (1705). | Alcune tavole sono ben fatte; ma in generale quasi tutti i disegni hanno il difetto di avere colori troppo vivi, di essere fatti con pochi chiaro-oscuri ed in posizione troppo forzata. Queste po- — sizioni non naturali sono dovute specialmente al fatto che molti — uccelli sono stati copiati da esemplari malamente imbalsamati; — infatti in quasi tutti si osserva un angolo vivo sul petto, trovan- > dosi il ventre ed il basso petto in una posizione orizzontale, edi \ NOTA ILLUSTRATIVA 45 - il collo invece coll’alto petto in posizione verticale; difetto che | spesso si osserva nelle vecchie collezioni. Le migliori tavole sono tutte di uccelli nostrali comuni, i quali perciò possono essere stati copiati dal vivo. Spesso i nomi sono quelli che ancora si adoperano nel dia- letto di vari distretti, specialmente del Genovesato e del basso Piemonte. Così ad esempio, l’Oriolus gatbuta Linn. è indicato col nome di Gravolo, e Sravolo si chiama attualmente a Roma e nell’Umbria: due Zanius portano il nome di Castrega, ed a Roma, a Siena, l’Averla è denominata Castrica; il Cyanistes coe- ruleus (Linn.) è detto Testa-Mora, sot'o il qual nome (Testa- Moura) è conosciuta nel Piemonte. Il Caprimulgus europaeus porta anche esso, italianizzato in Calca-Rospi, il nome piemon- tese Carca-babi. Una specie di Gabbiano, alla Tav. 6, è indicata col nome di Moetta bianca, mentrechè il nome di Moetzla è dato solamente nel genovesato al Mignattino. Di altri nomi non ab- biamo potuto trovarne il corrispondente. Carcarelto per esempio, potrebbe somigliarsi al nome Garganez/o col quale nel Genovesato si indica -1' Afzavola, ma la tavola non rappresenta la Neottion | crecca (Linn). Questa invece nel nostro atlante va sotto al nome di Anatra marina; il Calamodus schoenobaenus Linn. ha per nome Occhio di bue, mentre questo nome sarebbe dato attual- mente al Saltimpalo nelle provincie di Ancona. Infine di altri nomi non abbiamo potuto trovare alcun nesso con gli attuali: così Cutta per Giandaia, Bagaro per la Platalea, Grigolo per il Tetrao ed il Lagopus. Tre figure sembrano duplicate: la Ci- conia Alba Schiff alle tavole 15 e 38; la Z,ynx torquilla (Linn.) alle tavole 77 e 99 e Reaze alle tavole 40 e 95. Le tavole migliori per l’esecuzione ci sembrano le seguenti. Tavola 10. Cinclus aquaticus Bechst. » 14. Cygnus olor I. F. Gmelin. ” 17. An'hropoîdes virga. Linn. » 18. Oriolus galbula Linn. » €0. Maleagris gallopavo Linn. » 65. Turdus musicus Linn. » 66. Lagopus mutus Linn. » $2. Fringilla coelebs Linn. 46 FAUSTINO MANZONE E CARLO DE FIORE Tavola 83. Carduetis elegans Steph. ’ 85. ni » CCD Alauda arvensis Linn. Lanius auriculatus P. L. S. Mill. Ruticitta phoenicurus Linn. Degna di nota specialmente per la incomparabile esecuzione: 3 è una Saturnia pyrî Borkh, la quale trovasi in un angolo della. — tavola 78, ed è così ben fatta che vi sembrerebbe appiccicata. Nel primo foglio poi e qua e là in parecchie tavole si trovano: | disegnate rose ed altri fiori. È A dare un’idea più esatta di questo atlante dun infine. — l’elenco delle tavole coi nomi dati dall’autore e quelli tecnici cor- rispondenti, per le specie identificabili. 39 Tavola 1. » pH » 3. ” 4 » 5 » 6 ” 7 ” 8 È 9 b) 10 » 11 ” 12 È 13 fi 14 » 15 ” 16 »” 17 » 18 RE se, si DI ee | sà - Aquila. A voltore. Falcone. Accipiter nisus + . Grifo. . Anetra Marina. . Moetta Bianca. . Ardea Bianca. Egretta alba (Linn. . Anetra Merla. Mergus merganser (Linn). . Anetra Marina. Neottion crecca (Linn). . Meila Aquatica. Cinclus aquaticus Rechat. . Carcanello. . Ucello Aquatico. . Ardea Stellaria. . Cigno. Cignus olor (I. F. Gmel.). . Ciconia. Cicogna alba Schàff. . Moetta Rara. . Ucello Indiano Aquatico. . Anetra del Canadà. . Ardea. Ardea purpurea Linn. . Anetra Marina. . Tortura. Turtur tenera (C. L. E . Parucchetto. . Pappagallo. n 2%. Azzurrino. NOTA ILLUSTRATIVA 47 Tavola 25. Gallastrone. Gazus gattorum Linn. » 26. Gallina. Id. » 27. Corbolo Persiano. Ramphastos? » 28. Gallo. GaQlus galtorum Linn. » 29. Cutta Marina. Garrwus glandarius (Linn). » 80. Aiduco. Bubo maximus (Gerini ex Charl). » SI. Falchetto. » 32. Picchio. » 33. Picchio. » 34. Passero. » 85. Passero solitario. Monticola cyanus (Linn). » 56. Piccione raro. » 37. Damigella. Anthropoides virgo (Linn). » 88. Ciconia. Ciconia alba (Schaeff). » 39. Bagaro. Platalea rosea Viell. » 40. Reale. » hi. Cutta Indiana. » 492. Otarda Indiana. » 43. Pellicano Marino. Pelecanus onocrotalus (Linn). » AA. Pellicano Terrestre (1). » 45. Ciufolotto. Pyrrhula europaea Viell. » 46. Calca Rospi. Caprimutgus europaeus Linn. » 47. Pica. Gecinus viridis Linn. » 48. Gravolo. Oriolus galbula Linn. » 49. Grigalo Maggiore. Tetrao Sa 2 Linn. » 50. Ucel Pescatore. » dI. Alcione. » 52. Ucel Marino. Nacional griseus (Linn). » 53. Civetta Barbuta. » 54. Civetta Dama. ». 55. Civetta Cornuta. » 56. Upupa. Upupa epops Linn. » 57. Fagiano Bianco. Phasianus nyctemerus? » 58. Gallina Affricana. Numida meleagris Linn. » 59. Gallinaccio. Me/eagris gallopavo Linn. gf (1) Non è un pellicano; ma, secondo la favola, si caccia il sangue dal petto con la punta del becco. 48 ei 4 Dent A L SEPE, No | 4 PATER TARA e h È ‘ i ei eta $ Ku ei n E ir SARO “ » y pe Re o * tn A ì At e i ele ‘ ” na » - , 2 È . i PT. n PI Î E ì = N a At ua w FAUSTINO MANZONE E CARLO DE FIORE Tavola 60. Gallinaccio femmina Meleagris gallopavo % 61. Occhio di Bue. Calamodus Schoenobaenus Linn. 62. Capo Nero. Monachus atricapillus (Linn) et 63. Capo nero femmina id. id. 2 64. Cul Bianco. Saricola oenanthe Linn. 65. Tordo. Turdus musicus Linn. 66. Grigalo Minore. Lagopus mutus Leach. 67. Mergo Marino. Mergus....? 68. Castrega. Lanius minor I. F. Gmel. 69. Struzzo. Strutrio camelus Linn. 70. Uciello Aquatico. 71. Cornuto Aquatico. 72. Mangia Foco. 73. Colurio Indiano. i 74. Ucel Cardinale. Cardinatis. ...? 75. Piccolo Piede del Brasil. 76. Ballerina. Motacilla alba Linn. 77. Torcicollo. Iyna torquilta (Linn). 8. Qualiotto. Coturnix communis Bonnat. 79. Cuccìi. Cuculus canorus Linn. 80. Testa-Mora. Cyanistes coerulteus Linn. 81. Ucel della Madonna. A/cedo hispido Linn. 82. Franguello. Fringilta coelebs Linn. 83. Cardello. Carduelis elegans Steph. 84. Pettirosso. Erithacus rubecola Linn. 85. Lodola. Al/auda arnensis Linn. 86. Codetta. Budytes....?.. 87. Castrega. Lanius auriculatus P. L. S. Mull. 88. Frogione. Coccathraustes vulgaris Pall. 89. Ucel di Paradiso. Circinnurus. ...? 90. Grua. Gruis nomm Bechst. 91. Fiber Marino. 92. Ucel del Paradiso. 93. Golgolo. 94. Pinguino. 95. Pavone della China. 96. Merlo del Brasil. ra NOTA ILLUSTRATIVA Tavola 97. Bugia-Frate. Ruticilla phaenicurus Linn. » 98. Ucel Paragua del Brasile. [bis rudra Viell. » 99. Pica formicaria. [yna torquitla Linn. » 100. Pavone. Pavo cristatus Linn. Bollettino della Società Roman: per gli Studi Zoologrci 49 NULLE APPENDICI BRANCHIALI NELLE SPECIE MEDITERRANEE DEL GENERE DENTEX pel Dott. D. VINCIGUERRA (Con una tavola) Sono indicate, come è noto, col nome di appendici branchiati quelle sporgenze solide che si trovano sulla parte concava degli archi branchìali della massima: parte dei Teleostei, e che si riten- gono destinate ad impedire che corpicciuoli estranei di una certa grandezza passino attraverso le fessure branchiali e vadano a depositarsi sulle lamelle, ostacolandone così la normale funzione respiratoria. Molto esattamente scriveva il Cuvier (1) che esse compiono nel loro genere lo stesso ufficio dell’epiglottide dei mam- miferi e delle dentellature del margine inferiore della laringe negli uccelli. Questa azione delle appendici branchiali è assai bene espressa dai nomi con i quali esse sono indicate in inglese (gît-rakers, nettatoi da branchie) ed in tedesco (Kiemenreuse, trappola da branchie, Reusenzalne, denti a trappola, Pechen- zahne, denti a rastrello). Queste appendici per quanto importanti, sono assai poco studiate tanto dal punto di vista istologico e mor- fologico, quanto da quello sistematico. A loro struttura non è esattamente determinata ed appari- sce variabile; molli e pieghevoli in alcuni casi, tanto da apparire un semplice inspessimento del tessuto connettivo che tappezza il lato concavo dell'arco branchiale, acquistano in altri casi una vera consistenza ossea e si possono considerare come produzioni ossee del connettivo sopra indicato. Le appendici branchiali sono ordinariamente disposte in due serie sopra ciascun arco, l'una lungo il margine anteriore, e l’altra lungo il margine posteriore di esso. Le appendici che costituiscono la serie anteriore del primo arco branchiale si pre- sentano, nella massima parte dei casi, di forma diversa o per lo meno più sviluppate di quelle delle altre serie, che sono tutte più o meno eguali tra loro. Per solito le appendici branchiali sì. trovano solamente sui quattro archi portatori di lamelle bran- (1) Cuvier et Valenciennes, Histoire Natarelle des Poissans, Vol, I, pag. 350 SULLE APPENDICI BRANCHIALJ SÌ chiali e mancano sul quinto (osso faringeo inferiore). Questa disposizione si riscentra in quasi tutti gli Acantotteri forniti di quattro branchie complete, e per conseguenza di quattro fessure branchiali. L'ultima di queste fessure è però assai ridotta e così anche le appendici branchiali posteriori del quarto arco sono meno numerose delle altre e quasi rudimentali, mentre il mar- gine posteriore di tale fessura ne è affatto sprovvisto. In tali casi, a mio avviso, i denti faringei, sieno essi villiformi, come nella massima parte dei Percoidi, o globulari, come negli Scie- noidi, fanno le veci delle appendici branchiali. (1) Il funzionamento dei denti faringei come appendici bran- chiali dell’ultimo arco è per me dimostrato dal fatto che, ove essi manchino od abbiano tale disposizione da aon permettere un simile modo di agire, le appendici sono presenti anche su quello. Negli Acantotteri questo caso si verifica assai raramente, ne ab- biamo però un bellissino esempio nei Mugi, affatto destituiti di denti in qualunque parte della cavità boccale, nei quali l’osso faringeo inferiore è completamente rivestito da una serie di lamelle sviluppatissime, simili a quelle che esistono sugli altri archi branchiali e formano con queste una specie di setaccio, che, come dice Gunther, (2) è ammirabilmente acconcio al passaggio dell’acqua ma ritiene nelle cavità delia faringe qualsiasi altra sostanza. Secondo le osservazioni di Troschel le appendici esistono pure sul margine anteriore dell’osso faringeo nella Cepola rude- scens, L. e nel Lophotes cepedianus, Giorna. In una specie di Scomber, il kRanagurta, Cuv. del Mar Rosso e dell’ Oceano In- diano, le appendici branchiali del primo arco sono tanto svilup- pate da fare sporgenza nell’orifizio boccale. In qualche caso può invece non esister traccia di tali organi, come sul Lophius pis- catorius che non ha che tre branchie, tutte prive di appendici, ‘ Tra i Faringognati i soli Cromidi ci offrono quattro branchie complete e cinque fessure branchiali. L’osso faringeo inferiore in (1) Gli Acantoiteri da me esaminati, oltre i Dentex di cui mi occuperò più specialmente, sono i seguenti: Percidi, Perca fuviatilis, L. Serranus cabrilla (L.) Labrax lupus, Lac. Polyprion cernium, Val. Sparidi, Chrysophrys aurata (L.) Pagrus vulgaris, C. V. Scorpenidi, Scorpaena scrofa, L. Scie- nidi, Umbrina cirrosa (L.) Corvina nigra (BI.) Corifenidi, Brama Rayi _ (B1.) Scomberidi, Scomber scombrus, L. Pelamys sarda (Bì.) Pediculati, Lophius piscatorius, L. Aterinidi, Atherina lacustris, Bp. Mugilidi, Mugi = cephalus Cuv. e labeo. Cuv. (2) A. Giinther, An introduction to th> Study of Fisbe;, p. 502. 52 D. VINCIGUERRA essi porta denti globulari e manca di appendici branchiali, perciò . il quarto arco porta una sola serie di lamelle e la membrana faringea si inserisce al suo margine inferiore; mentre nei Poma- centridi e nei Labridi, che hanno solo tre branchie e mezzo e quattro fessure, le appendici si trovano pure sull’orlo poste- riore della quarti fessura, vale a dire sul margine anteriore del quarto arco, che è sprovvisto di lamelle branchiali (1). Negli Anacantini invece, per quanto mi risulta dalle specie esaminate, le fessure branchiali sono cinque, ma le appendici mancano non soltanto sul margine anteriore del quinto ma anche sul poste- riore del quarto arco branchiale, restando così l’ultima fessura del tutto destituita di tale apparato protettore (2). Nei Pleuro- nettidi anzi si può dire che la serie posteriore delle appendici non esiste su alcuno degli archi, mentre sull’anteriore se ne hanno traccie appena sensibili. I Fisostomi posseggono ordinariamente, come già notava Troschel nell’accennato lavoro, anche sul margine anteriore del- l'osso faringeo appendici analoghe a quelle che si osservano sugli archi precedenti. Io le ho riscontrate in pesci delle famiglie dei ‘ Siluridi, Caracinidi, Clupeidi e Ciprinidi (3). In queste famiglie esse non sono d’ordinario ossificate su alcuno degli archi e gene- ralmente non molto sviluppate, neppure sullo stesso margine anteriore del primo; in qualche specie però le appendici di que- sta prima serie si presentano assai più lunghe delle altre e in qualche raro caso lo sono anche tanto che escono fuori della bocca. La presenza delle appendici sul quinto arco branchiale nei Ciprinidi e nei Clupeidi mi rafferma nell'ipotesi che nei casi ove esse non esistono su tale osso la loro funzione sia compiuta dai denti faringei, perchè questi nei Clupeidi sono minutissimi e caduchi, e nei Ciprinidi rivolti verso lo stomaco e non già verso (1) IFaringoznati csaminati sono: Cromidi, Chromis niloticus, Hasselq. Pomacentridi, Heliastes chromis (L.) GIyphidodon coelestinus, C. V. La- bridi, Labrus turdus, L. Julis vulgaris, Flem. - (2) Gli Anacantini esaminati sono: Gadidi, Mer/ucîus. vulgaris, Flem. Phycis mediterraneus, Delar. Pleuronettidi, P/ewronectes italicus, Gthr. Solea vulgaris, Quens. (3) I Fisostomi esaminati sono: Siluridi, Pimelodus maculatus, Lac, Ca- racinidi, Tetragonopterus rutilus, Jen. Clupeidi, Clupea sardina, Cuv. aurita, C. V. Engraulis encrasicholus (L) Ciprinidi, Cypriînus carpio, L. Tinca vulgaris, Cuv. Leuciscus cephalus (L.) Labeo boga (H. B.) Murenidi, An- guilla vulgaris, Turt. Conger vulgaris, Cuv. Salmonidi, Salmo fario, L. SULLE APPENDICI BRANCHIALI ò8 la bocca, talchè non sarebbero atti a trattenere corpi estranei che tentassero di attraversare le fessure branchiali. Nei Clupeidi anzi notasi una particolare disposizione, e consiste nell’assenza delle appendici branchiali sull'orlo posteriore dei tre primi archi, mentre si riscontrano su entrambi i margini del quarto e sul- l’anteriore del quinto. Questa particolarità ha la sua ragione d’essere nello sviluppo delle appendici anteriori dei primi quat- tro archi, che bastano da sole a proteggere le corrispondenti fessure branchiali, mentre la quarta non è abbastanza difesa dalle appendici rudimentali del quinto. Bisogna però osservare che le appendici branchiali dell’osso faringeo inferiore sono an- che presenti in alcune famiglie di Fisostomi nei quali su dì esso esistono denti villiformi, come nei Siluridi, o globulari, come nei Caracinidi, mentre nella famiglia dei Murenidi esse mancano completamente su ogni arco branchiale, e mancano pure i denti faringei inferiori. Nei Plettognati l’osso faringeo è provvisto, secondo Troschel, di appendici branchiali. Nè i soli Teleostei possono presentarle perchè esse si riscontrano pure tra i Ganoidi nel genere Ac:- penser. Io ritengo che un esame accurato dell’origine, struttura, forma e disposizione di questi organi potrebbe riuscire molto in- teressante ed apprenderci sulla loro funzione assai più che non sappiamo attualmente, tanto più che in alcuni casi, come nei Pleuronettidi, essi si mostrano talmente ridotte da farci ragio- nevolmente ritenere che non possano più efficacemente servire alla polizia delle branchie; in altri casi poi, come nel Loprius e nell’Anguil/a esse mancano completamente. In questi casi però merita esser ricordato e può avere un significato, che l'assenza delle appendici si verifica in pesci che hanno l’apertura bran- chiale molto stretta. Ma lo studio delle appendici branchiali non ha solamente grande importanza del punto di vista istologico e fisiologico: esso viene pure in aiuto alla tassonumia, ed è mio avviso che ove quelle fossero accuratamente illustrate nel maggior numero delle specie conosciute, la classificazione ittiologica potrebbe giovarsene assai più che non avvenga attualmente. Primo, per quanto a me consta, a servirsi a scopo tassonomico del carattere ricavato dalla forma e dal numero delle appendici branchiali fu Heckel, che se ne valse per la distinzione di varii DI D. VINCIGUERRA © 3 È generi di Cromidi Brasiliani da lui stabiliti (1). Parecchi anni dopo il Troschel pubblicava un notevole studio su questo argo- mento, nel quale passava in rassegna le appendici branchiali di molte specie di pesci, appartenenti ad ordini diversi, facendo os- servare come se anche da tale esame non si ricavavano risultati importanti per la sistematica, pure appariva la possibilità che, continuando tali ricerche, se ne potessero trarre utili criterii di classificazione (2). E questa utilità egli stesso quasi immediata- imente dimostrava servendosi per primo delle appendici bran- chiali per distinguere le due specie di Clupea che dal mare ri- salgono i tiumi d’Europa (3). Più recentemente Niisslin (4), Jordan | e Gilbert (3) e Fatio (6) si servirono di caratteri desunti da que | sti organi per caratterizzare le diverse specie di Coregonus, e Trois se ne valse per la identificazione del Dentex gibbosus (Raf.) paragonandolo col D. vulgaris, C. V.(7). Sono questi i soli esempii dei casi nei quali le appendici branchiali sieno state efficacemente a.loperate a scopo tassonomico; gli ittiologi generalmente ne hanno tenuto poco conto, meno in alcuni casi eccezionali, ma. “enza ricavarne un criterio per la distinzione specifica. Tra gli scrittori di opere ittiologiche su pesci d’acqua dolce, Heckel e Kner (8) e Siebold (9) le hanno descritte in quasi tutte le specie di cui trattano. Il Fatio è però senza dubbio quegli che ha svolto più diftu- samente l'argomento e le considerazioni ch’egli fa a questo pro- (1) J. Heckel, Brasilianische Fluss- Fische, in Ann. Mus. Wien, BI. HI (1840) s. 330, 3388, ecs. “A (2) F.-H. Troschel, Ueber die Bewaffnung der Kiemenbogen der Fische, in Arch. fiie Naturg. Iabrg. XV, Bd. I. (1849) s. 376-381. (3) F. H. Troschel, Alausa vulgaris und finta, verschiedene Arten, ibid Jahrg. XVIII, Bd. JI. (1852) s. 223-233. (4) O. Niisslin, Beitràge zur Kenntniss der Coregonus-Arten der Bodenseo, in Zoolog. Anzeiger, 1882 s. 106. BG (5) D. S. Jordan and Ch. H. Gilbert, Synopsis of the Fishes of North America, (1882) p. 297. da (6) V. Fatio, Faune des Vertébrés de la Suisse. Poissons, Il. partie, (1890) di p. 69 e 72. (7) E F. Trois, Considerazioni sul Dente gibbosus, in Atti R. BI Ven. Sc. Lett. Serie 6°, tom. V. (1886) p. 35. O (8) J. Heckel e R. Kner, Die Siisswasserfische der Oestreichischen Mo 2 narchie. Leipzig. 1838. > (9) C. Th. E. v. Siebold, Die VISSE von Mitteleuropa. ipo N zig, 1863. ‘Si y Los Pr mi PR SEDIA VI . tette suli W ti SULLE APPENDICI BRANCHIALI DD posito si possono senza fallo adattare a tutte le specie di pesci. Egli infatti, pur ammettendo che l'esame di questi organi, da lui chiamati branchiospine, renda manifeste nelle varie specie alcune differenze di sviluppo, degne di essere prese in seria con- siderazione, come corollario di altri caratteri, afferma che sa- rebbe dannoso l’esagerare, sino nei più piccoli dettagli, l’impor- tanza speci“ca di questi organi, che sono in relazione più o meno diretta coi nrocessi di alimentazione (1). Le osservazioni da ine fatte sull’apparato branchiale delle tre specie del genere Dentex, che a mio avviso vivono nel Mediterraneo, dimostre- ranno l'opportunità di tali riserve. Sul numero di queste specie gli ittiologi non sono del tutto concordi: due, il D. vulgaris e il D. macrophthalmus (BI.) sono ammesse da tutti: la terza però è ancora controversa e perciò riassumerò qui brevemente lo stato della questione. Il Dentale della corona, benchè descritto sino dal 1810 da Rafinesque sotto il nome di Sparus gibbosus (2), poteva sino a pochi anni or sono considerarsi quasi come specie nominale, perchè nelle opere ittiologiche più importanti, di data recente, mancavano descrizioni di esso, e quelle contenute nei più antichi lavori, meno facili a rinvenirsi, erano tutte assai incomplete. Il nome di esso si ripeteva, ma sempre senza descrizione, in molti cataloghi, e la sola sporgenza frontale, valeva a farlo riconoscere a chi aveva la fortuna di imbattersi in esso. La descrizione fattane da Cocco e riprodotta dal Facciolà (3) non è migliore delle altre, e la ulteriore conoscenza di esso è dovuta esclusivamente al prof. Doderlein. Infatti a lui dobbiamo l’accurata descrizione pubblicata dal Trois nella già ricordata interessantissima nota su alcune particolarità anatomiche di que- | sta specie, e quella, anche più diffusa che trovasi nel « Manuale Ittiologico » (4). Ma non tutti coloro che ebbero occasione di studiare il D. gid- bosus sono d'accordo nell’ammetterlo come specie distinta. Lo si volle considerare come una mostruosità del D. vulgaris, o come (1) V. Fatio, loc. cit. p. 69. (2) C. S. Rafinesque Schmeltz, Caratteri di alcuni nuovi ganezi e specie di animali e piante della Sicilia, Palermo, 1810 p 47. (3) A. Cocco, Indice Ittiologico del Mar di Messina, pubblicato per cura del dott. Luigi Facciolà, in Naturalista Siciliano vol. IV (1834-85) p. 69, Sp. 9l. (4) P. Doderlein, Manuale Ittiologico del Mediterraneo, fasc. IV (1889) | pag. 132, 56 D. VINCIGUERRA i î la forma ‘adulta del D. filosus, Val. La prima di queste ipo- tesi, sostenuta dal solo Steindachner (1), ma non accettata da altri, fu dimostrata del tutto insussistente dal Trois nell’ accen- — nato lavoro, mentre la seconda, enunciita pel primo dal porto- — ghese Brito Capello (2), che la attribuisce al Lowe, fu accettata dal Bellotti (3) e da me stesso (4), benchè io fossi stato dapprima (5) proclive ad ammettere, secondo fa il Doderlein ed anche il Gi- glioli (6), l'autonomia specifica del D. gibbosus. | Io non ripeterò qui i motivi che mi fanno considerare il D. gitbosus come la forma adulta del /îlosus, motivi che furono da me già esposti e dimostrati nel lavoro precedentemente ci- tato, ma mi limiterò ad esporre i risultati ottenuti dall’ esame delle appendici branchiali nelle diverse specie mediterranee di questo genere. A tali ricerche fui indotto dal vedere come nel — lavoro del Trois sia data la maggiore importanza alle differenze — esistenti tra queste appendici nel D. gibbosus e nel vulgaris, desiderando di constatare se anche in questo apparato si potesse trovare la conferma della identità specifica del gibbosus col fi- losus. A questo scopo io richiesi ed ottenni dal prof. Carruccio, Direttore del Museo Zoologico di questa: R. Università, il per- messo di studiare le appendici branchiali nei due esemplari di D. filosus delle Canarie e della costa d’Africa della collezione Stassano, esistenti in detto Museo e da me precedentemente il- lustrati; e per rendere questo studio meno incompleto mi pro- curai dai mercati di Roma e di Genova gli apparati branchiali di parecchi D. vulgaris a diverso grado di sviluppo, ebbi in comunicazione dalla cortesia del prof. Doderlein, Direttore del (1) F. Steindachner, Ichibyologischer Bericht iiber einer nach Spanien und Portugal unternommene Reise, in Sitzber. Ak. Wiss. Wi:n. Bd. LVI, (1867) I Abth. s. 624. (2) F. do Brito Capello, Catalogo dos peixes de Portugal, in Jorn. Se. Math. Phys. Nat. Lisboa, tomo I (1867), p. 249. (3) C. Bellotti, Appunti all'opera del dott. Emilio Moreau, ece., in Atti Soc. It. Se. Nat. Milano, vol. XXXII (1891), p. 124. (4) D. Vinciguerra, Intorno ad alcune specie di pesci raccolte cas dott. Enrico Stassano presso la costa occidentale del Sahara, in Ann. Agricol- — tura, vol. 172 (1890). p. 77 e.seg. (©) D. Vinciguerra, Risultati Ittiologici del Violante, in Ann. M7s. Civ. Genova. vol. XVIII, (1883) p. 502. (6) E. H. Giglioli. Catalogo dei pesci della Fauna Italica, in Catal. Sez. It. Esp. Int. Pesca, Berlino, 1880, p. 80. AS aa + bad : » È - nr SULLE APPENDICI BRANCHIALI DI Museo Zoologico della R. Università di Palermo, alcuni prepa- rati appartenenti alle collezioni di quello Stabilimento, ed ottenni lo scheletro, abbastanza guasto a dir vero, di un esemplare di D. gibbosus, pescato a S. Stefano ligure, nel golfo di Genova. In tutti questi esemplari io ho contato, quando ho potuto, le ap- pendici di ciascuna serie in ogni arco branchiale, osservando più minutamente la forma e le dimensioni di quelle della serie esterna del primo arco e misurando alcune delle più sviluppate, scegliendo sempre in ogni individuo le appendici corrispondenti. Negli archi branchiali io ho distinto due porzioni, una che ho chiamato oriz- zontale, costituita dali’ osso ipobranchiale, quando esiste, e dal ceratobranchiale di Owen, ed un’altra detta verticale, corrispon- dente agli epibranchiali; ed ho, sempre che hu potuto, tenuto conto della lunghezza della: porzione orizzontale per stabilire il rapporto fra questa e la lunghezza delle appendici misurate. Devo però notare che le appendici branchiali, tranne quelle della serie anteriore del primo arco, non si arrestano all’ estre- mità del ceratobranchiale, ma si estendono anche sui prolunga- menti laterali dei basibranchiali. Avviene spesso che un’appendice branchiale si trovi collo— cata esattamente sull'angolo formato tra la porzione orizzontale e quella verticale dell'arco, nel qual caso io la ho generalmente sommata con le appendici verticali, ma indicando tra parentesi che una deve considerarsi come angolare. Nella descrizione delle singole appendici ho sempre proce- . duto partendo dall’ angolo, e perciò quella indicata come prima | è sempre quella più vicina ad esso: se il numero delle appen- dici è chiuso tra parentesi significa che io ritengo che ve ne do- vrebbe esistere qualcuna di più di quelle riscontrate, il che può facilmente avvenire essendo esse facilmente distaccabili. Ab- bastanza frequenti poi sono in queste appendici le mostruosità: in tali casi esse appariscono accorciate e dilatate all’apice che è più o meno regolarmente bifido. Fatio, riscontrando questa defor- mazione nelle branchiospine dei Coregoni, le attribuisce all’azione di un crostaceo parassita, l’ Ergasilus Sieboldii, ed è probabile che anche queste abbiano origine analoga. Ecco ora il risultato delle mie osservazioni, nell’ esporre le quali ho mantenuto distinto il D. filosus dal gibbosus. “=” 27, Sg ISIS ANA IRE I Saf PRRRRIARO 0 N09 A A 9 x Da apt” dica "I ta a "a SCAP d x 9 È, . ” , VII Lf] / I E radar RL) ott pr RR i n per P_Ei4 ci © - PIG o; 3 \ ea È degne 2 ERI x eri Nr è e € 4 P È ‘08 D. VINCIGUERRA (RE 1. Dentex vulgaris C. V. juv. (mercato di Genova). Branchia destra. 1° arco - serie anteriore app. orizz. 10, vert. 8 (1 ang.) Id. id. posteriore id. 10; 10.98) ù 2° arco - id. anteriore id. 10, id. 5. 23 Id. _id.* posteriore id. 10; cid. & 3° arco - id. anteriore id. 740; dA. Id. id. posteriore id. 8, id. 2. 4° arco - id. anteriore id. 9. ide. Id. id. posteriore id. I, GAS Branchia sinistra. 1° arco - serie anteriore app. orizz. 10, vert. 8 (1 ang.) 3 - Id. id. posteriore id. 1, 214.105. 2° arco - id. anteriore id. 11, Ada i Id. id. posteriore id: TANI : 3° arco - id. anteriore id. 10;736;-.4& Id. id. posteriore id. SM 4° arco - id. anteriore id. 9, id. 2 (l ang.) Id. id. posteriore id. 1; id. posteriore id. 10 rage. 4° arco - id. anteriore id. 40,149: Id. id. posteriore id. Vs -1d:-:°0. 1° arco destro - serie anteriore: 18 app. orizz. lung. mm. 12, larg. base mm. 4,5, larg. metà mm. 4, larg. apice (tondeggiante). 2* app. orizz. lung. mm. 9,5, larg. base mm. 4,5, larg. metà _ mm. 3, larg. apice mm. 4. 3® app. orizz. lung. mm 9, larg. base mm. 4,5, larg. metà mm. 3, larg. apice mm. 3. - 1° arco sinistro - serie anteriore : 18 app. orizz. lung. mm. 9, larg. base mm. 4, larg. metà mm. 3,5, larg. apice mm. 3,5. 2* app. orizz. lung. mm. 10, larg. base mm. 4,5, larg. metà mm. 3,5, larg. apice mm. 4. 3® app. orizz. lung. mm. 10, larg. base mm. 4,5, larg. metà « mm. 4, larg. apice mm. 4. Lunghezza della porzione imagna del primo arco branchiale mm. 55. Regi "e e” n) Dt LEM SI ar + . Sg I ea 1® SARE? IR 8) ERO) SI ela. Delete catia e dio # A i CENCI fs trai te AE EI CIARA AIA sea Li LE Pea "tg È. ta | ea ; ta il 3 À 60 D. VINCIGUERRA 3. Dentex vulgaris, ad. (mercato di Genova). è Branchia destra. 1° arco - serie anteriore app. orizz. 9, vert. 7. Id. id. posteriore id, (8), id. 3. 2° arco - id. anteriore id. 12, id. 4(lang.) Id. id. posteriore id. 8; id. 2 3° arco = id. anteriore id. 9; 14, «MA. " Id. id. posteriore id. 8, adi CB 4° arco - id. anteriore id. 9; dd: LB; Id. id. posteriore id. 6,1 Banchia sinistra. 1° arco - serie anteriore app. orizz. 9, vert. 7. Id. id. posteriore id. 10, id. 2. 2° arco - id. anteriore id. 14; dd. «Ai Id. id. posteriore id. dp de “« 3° arco - id. anteriore id. 10scid” Id. id. posteriore id. 9; id Le, 4° arco - id. anteriore id. Hale de Id. id. posteriore id. 6, id. 0. 1° arco destro - serie anteriore: 18 app. orizz. lung. mm. 16,8, larg. base mm. 6, larg. metà mm. 6,5, larg. apice mm. 3. i 2® app. orizz. lung. mm, 18, larg. base mm. 7, larg. metà mm. 7, — larg. apice mm. 3,5. | 32 app. orizz. lung. mm, 15,5, larg. base mm. 6,5, larg. metà mm. 6,2, larg. apice mm. 3. 1° arco sinistro - serie anteriore: 12 app. orizz. lung. mm. 16,7, larg. base mm. 5,2, larg. metà @ mm. 7, larg. apice mm. 3. 28 app. orizz. lung. mm. 16, larg. base mm, 6, larg. metà mm. 7, larg. apice mm. 3,5. 88 app. orizz. lung. mm, 15,5, larg. base mm. 6, dare: metà mm, 6, larg. apice mm. 2,5. Lunghezza della proporzione orizzontale del primo arco bran- chiale, mm. 77. dall’ individuo). 1° arco - serie Id. id. 2° arco-- id. Id. id. 3° arco - id. Id. id. 4° arco - id. Id. id. 1° arco sinistro - serie anteriore: 1 app. orizz. lung. larg. apice mm. l. mm. 27. id. STA id. agri LS 3 id. —- serie 2 app. orizz. lung. mm. 3, larg. apice mm. 1.5. 3® app. orizz. lung. mm. 7,5, larg. base mm. mm. 2, larg. apice mm. 1. Lunghezza della porzione orizzontale del primo arco branchiale Branchia destra. Branchia sinistra. anteriore app. orizz. posteriore anteriore posteriore anteriore posteriore anteriore posteriore id. id. id. id. id. id. id. Branchia destra. posteriore anteriore posteriore anteriore posteriore anteriore posteriore — serie anteriore app. orizz. id. id. 9, vert. iz fad: 13; id, 9, id. E, id. 9, id. 9 dd già . Branchia sinistra. SULLE APPENDICI BRANCHIALI Ver. (La metà destra dell’apparato branchiale non © 20 9 ww DD anteriore app. orizz. 9, vert. 7. 4. Dentex filosus, Val. juv. (museo di Roma) lung. m. 0,27. venne estratta mm. 6,5, larg. mm. 2,5, larg. metà mm. 3, mm. 8,5, larg. base mm. 3,5, larg. metà 2,5, larg. metà 5. Dentex filosus, ad. (museo di Palermo). Fao finti be: der ar ur “n pl ei LR e? =) = ue pu: |a pres "e È I Pe ate È bp” x : poi SL » 1A Mor È LTS Dig È “x pr Le” - (i x eri fa lè TE, Sd : Ta ho "0° è” ; | SIA as pa a = » deri 62 D. VINCIGUERRA | = nt 1° arco - serie posteriore app. orizz. 11, vert. 3. 2° arco — id. anteriore id. 11, -34--2 Id. id. posteriore id. DL, e x 3° arco — id. anteriore id. 10;-.id 4, Id. id, posteriore id. 10/4, & 4° arco —- id. anteriore id. 9, ad 26 Id. id. posteriore id. = +&, 145= 3 _ 1° arco destro - serie anteriore: 12 app. orizz. lung. mm. 12,5, larg. base mm. 3,5, larg. metà mm. 3,9, larg. apice mm. 1,5. È 2 app. orizz. lung. mm. 13,5, larg. base mm. 4, larg. metà. mm. 3,5, larg. apice mm. 2. 33 app. orizz. lung. mm. 12, larg. base mm. 3,5, larg. metà | mm. 3,5, larg. apice mm. 1,5. Pa 5 ‘1° arco sinistro — serie anteriore: 13 app. orizz. lung. mm. 18, larg. base mm. 3,5, larg. metà | mm. 4, larg. apice mm. 1,5. 2® app. orizz. lung. mm. 13,5, larg. base mm. 8, larg. metà mm. 3,5, larg. apice mm. 1,5. rai 32 app. orizz. lung. mm. 12, larg. base mm. 3, larg. metà | mm. 3, larg. apice mm. I. 4 È Lunghezza della porzione orizzontale del primo arco bran-. chiale mm. 45. - 6. Dentex filosus, ad. (museo di Roma) lung. m. 0,50. Branchia destra. 1° arco - serie anteriore app. orizz. 9, vert. 8. (lang.) Id. id. posteriore id. 9, id. 33. 2° arco — id. anteriore MS GA Had Id. id. posteriore id. 10,40 < 3° arco —- id. anteriore id. 10; 14:40, Ta. id. posteriore id: “+9. ada Sd 4° arco — id. anteriore id. 9 1A>3E ra ra pa Id. id. posteriore id. 1,4.-® = 5005 Branchia sinistra. 1° arco — serie anteriore app. orizz. 8, vert. 8. (1 ang.) È Id. id. posteriore id. Ba 4» > ; ELE e la x "a D be: naaea ana SULLE APPENDICI BRANCH!ALI 63 2° arco - serie anteriore app. orizz. ll, vert. 5. Id. id. posteriore id. 9; ‘id; -3. x 3° arco - id. anteriore id. de id: 4. Id. id. posteriore id. gi id. 2. «+ 4° arco - id. anteriore id. Gercids 1. Id. id. posteriore id. “ba 1d2-0. 1° arco destro - serie anteriore : i 1® app. orizz. lung. mm. 14,5, larg. base mm. 3,5, larg. metà mm. 3, larg. apice mm. 2. 2% app. orizz. lung. mm. 13, larg. base mm. 4, larg. metà. mm. 4, larg. apice mm. 2,5. 3* app. orizz. lung. mm. ll, larg. base mm. 3,5, .larg. metà mm. 4, larg. apice mm. 2,5. | x 1° arco sinistro — serie anteriore: Ga app. orizz. lung. mm. 15, larg. base mm. 4, larg. metà mm. 4, larg. apice mm. 2. 2® app. orizz. lung. mm. 15, larg. base mm. 4,5, larg. metà — mm. 4, larg. apice mm. 3. . 3 app. orizz. lung. mm. 12, larg. base mm. 4, larg. metà . mm. 4. larg. apice mm. 2,5. Larghezza della porzione orizzontale del primo arco bran- chiale, mm. 47. È 7. Dentes gibbosus (Raf.) (museo di Palermo). A Branchia destra. 3 1° arco - serie anteriore app. orizz. (8), vert. 6. 5 Id. id. posteriore id. 10, id. (2). d 2° arco - id. anteriore id. tua. £ Id. id. posteriore id. pria 3° arco - id. anteriore id. decide A ee: Id: id posteriore id. GE id:”- 2. > 4° arco - id. anteriore. id. dea 2: id. posteriore id. ridi: & Branchia sinistra. serie anteriore app. orizz. (8), vert. 7. id. posteriore id. Grid: - id. anteriore id. lor wise - RA Lal ti ci videu pn: ir n nia tea PNR 9 TT È Sato } ti X POS FTT PO 4 SAMIR 900 TRE OO, {de DI 64 | D. VINCIGUERRA n. 2° arco - serie posteriore app. orizz. 10, vert. 2. 8° arco - id. anteriore id. 10; id. 253: Id. id. posteriore 0: 20%; AT 4° arco - id. anteriore id. 9, a; Uz s Id. id. posteriore id. 9; 3), «2 1° arco destro —- serie anteriore : 18 app. orizz. lung. mm. 15, larg. base mm. 6, larg. metà mm. vi larg. apice mm. 2,5 2® app. Oorizz. fo mm. 15, larg. base mm. 7, larg. metà mm. 6, larg. apice mm. 3. 3 app. orizz. lung. mm. 14, larg. base mm. 7, larg. metà mm. 6, larg. apice mm. 3. 1° arco sinistro - serie anteriore. 1 app. orizz. lung. mm. 15, larg. base mm. 7, larg. metà mm. 5, a iarg. apice mm. 83. 2 app. orizz. lung. mm. 14, larg. base mm. 7,5, larg. metà mm. 6,5, larg. apice mm. 4,5. s* app. orizz. lung. mm. 14, larg. base mm. 6, larg. metà mm. 5, larg. apice mm. 4. : Lunghezza della porzione orizzontale dell'arco branchiale, mm. 79 8. Dentex gibbosus, (mercato di Genova). Le cattive condizioni di questo esemplare non mi hanno per- messo un esame dettagliato di tutto l'apparato branchiale. Il primo — arco destro presentava, a quanto sembra, 8 appendici sulla por- — zione orizzontale anteriore. 1° arco destro - serie anteriore : 1® app. orizz. lung. mm. 15, larg. base mm. 5,5, larg. metà d mm, 6 larg. apice (mostruoso). 22 app. orizz. lung. mm. 8,5, larg. base mm. 4,5, larg. metà mm. 3,5, larg. apice mm. 4,5. 3® app. orizz. lung. mm. 11,5, larg. base mm. 5, larg. metà — mm. ©, larg. apice mm. 3. Lunghezza della porzione orizzontale dell'arco branchiale, mm. 80. SULLE APPENDICI BRANCHIALI 65 9. Dentex macrophthalmus (BI.) (museo di Palermo). Branchia destra. 1° arco - serie anteriore app. orizz. 17, vert. 10. Id. id posteriore id. 15, id. 4. 2° arco id. anteriore We 414); id 4 Id. id. posteriore id. Pei 3° arco id. anteriore id. b SAGRA. PINO Id. id. posteriore id. die 3. 4° arco id. anteriore id. dS,e id: 02 Id. id. posteriore — id. dedi x Branchia sinistra. 1° arco - serie anteriore app. orizz. 16, vert. 11 SEE SA id. posteriore id. 16, id. (4) 2° arco id. anteriore id. 15, id. (2). Id. id. posteriore id. Pf il 3 3° arco id. anteriore id. 14, dic" 83 Id. id. posteriore id. PE CNR 4° arco id. anteriore id. DE de Id. id. posteriore id. rido, 0 1° arco destro - serie anteriore: 18 app. orizz. lung. mm. 11, larg. base mm. 1,5, larg. metà mm. l, larg. apice mm. 0,8. 28 app. orizz. lung. mm. 12, larg. base mm. 2, lare. metà mm. 1, larg. apice mm. 0,5. | 3 app. orizz. lung. mm. 11, larg. base mm. 2, larg. metà mm. ], i larg. apice mm, 0,5. 1° arco sinistro - serie anteriore: 1a app. orizz. lung. mm. 11; larg. base mm. 1,2, larg. metà mm. ], larg. apice mm. 0,8. 2® app. orizz. lung. mm. 12, larg. base mm. 2, larg. metà mm, 1], larg. apice mm. 0,5. a | 3 app. orizz. lung. mm. 11, larg. base mm. 2, larg. metà mm. ], larg. apice mm. 0,5. | Lunghezza della porzione orizzontale dell'arco branchiale, mm. 29. tS =. las) = > È S n > A È È = < 2 fa: FA = & DAI (SÌ © - 5 S È, (i SAIETE IPETA SERE NIPOTE PIT re 19 TE TSE è ls I SI b 668 . D. VINCIGUERRA i Dai dati qui sopra raccolti e meglio an:ora dall'esame delle figure che riproducono la forma delle appendici anteriori del primo arco branchiale nel'e varie specie di Dertez da me stu- diate, si può facilmente rilevare come sieno assai grandi le dif- ferenze che passano tra quel'e del macrophthalimus e quelle delle altre specie. In esso infatti sono estremamente sottili, tanto lun- ghe da eguagliare i #5 circa della porzione orizzontale dell'arco in corrispondenza dell’angolo formato tra i due rami di esso, vanno gradatamente decrescendo sulla porzione orizzontale e sulla verticale, mantenendosi però sempre notevolmente allun- gate. Il loro numero è notevolmente superiore a quello che si osserva nelle altre specie; infatti esse non sono complessivamente meno di 27, mentre nei vulgaris, filosus e gibbosus non supe- rano mai il numero di 20. Il margine posteriore di esse è for- mato da due labbri, sull’orlo di ciascuno dei quali si banno nu- merose spine tutte pressochè eguali tra loro. Le appendici degli altri archi sono formate da piastrine quasi lineari, coperte di spinuzze all'estremità libera e disposte trasversalmente all’asse dell’arco branchiale. Per lo contrario le differenze che esistono nelle appendici branchiali delle altre tre forme sono assai meno cospicue; ciò non pertanto un’accurata analisi di esse potrà dimostrare se of- frono un nuovo criterio per la riunione specifica del filosus col gibbosus. Secondo Trois le differenze tra le appendici del vulgaris e del gibbosus sarebbero le seguenti. Nel D. gibbosus le appendici più lune he della serie anteriore del primo arco misurebbero 22 mm. in lunghezza e sarebbero larghe 9 mm. alia base, 6 alia metà e 9 all’apice, avendo forma rassomigliante a quella dell’ul- tima falange di un dito umano; negli archi seguenti consistereb- bero in placche aculeate di figura elissoide irregolare, col dia- metro maggiore in senso longitudinale all’arco branchiale. Nel D. vulgaris invece le appendici più sviluppate dei primo arco — branchiale non sarebbero lunghe più di 16 mm. e larghe oltre — 9 e mezzo, avendo forma prismatica lanceolata; negli altri archi sarebbero più grandi e mero fornite di aculei che nel gibbosus, differendo da queste anche per avere il loro maggior diametro trasversale all’ osso. Pertanto nel gibbosus le appendici della prima serie dovrebber) essere più lunghe che nel vulgaris e di forma diversa, mentre il loro numero sarebbe lo stesso: infatti Trois ne indica 16 pel gibbosus e 16 a 17 pel vulgaris. Io non at re dea «Rei STE de e SULLE APPENDICI BRANCHIALI ; 67 sono in grado di affermare la costanza del primo carattere, che anzi confrontando la lunghezza di tali appendici nell’ esemplare adulto di vuZgaris e di quelle dei due gibbosus colla lunghezza dell’arco branchiale, rapporto al quale il Fatio attribuisce, almeno per quanto riguarda i Coregonus, la massima importanza, si vede che le appendici sono relativamente più corte nei gibbosus che nel vulgaris. Paragonando però la lunghezza delle appendici degli altri esemplari di vulgaris con quella dei /ilosus si rico- nosce che mentre notasi lo stesso fatto negli individui più giovani (n. 1 e n. 4), per quelli di mezzana grandezza le appendici sono assai più lunghe nei filosus (n. 5 e 6) che nel vulgaris (22. 2), quantuque l’arco branchiale sia notevolmente più corto iu questo che in quelli. Quanto alla forma delle stesse appendici, quella dei due esemplari di gi0bosus da me esaminate non è ristretta in mezzo e dilatata all’apice, in modo da rassomigliare alle falange estrema di un dito mignolo umano, ma, per quanto irregolari, esse al- l'estremità sono assai più ristrette che alla base ed al mezzo presentando solo una leggierva insenatura sul margine liscio in prossimità del punto d’inserzione all’arco branchiale. La forma che può ricordare la falange ungueale si nota piuttosto nel vulgaris o per lo meno in uno degli esemplari di esso (n. 2). Le appen- ‘dici sono anzi più subtriangolari nel /ilosus e nel gibbosus di quelle che non si mostrano nel vulgaris, ma la loro forma è tal- mente variabile anche nello stesso individuo che non mi sembra possa in alcun modo servire come criterio di distinzione spe- gie: — cifica. Nè il numero di esse può fornire dati più sicuri. Compa- rando insieme il numero delle appendici nei vari esemplari esaminati, noi vediamo che nella serie anteriore del primo arco in ‘individui di statura press’a poco eguale, a giudicare almeno dalle dimensioni quasi identiche dell'arco branchiale, v'è ordinaria- mente un’appendice di più negli esemplari di vw/garis che in quelli corrispondenti di filosus e gibbosus. Esse sono infatti, pren. dendo sempre in esame l’arco sinistro, 18 nel vulgaris più gio- vane, (n. 1) 17 nel mezzano (n. 2) e 16 nell’adulto (. 3), mentre se ne hanno Î6 nei due /ilosus (n. 4 e 6) e 15 nel gibbosus (n. 7) nelle serie suecessive però questa differenza, per quanto piccola, non si mantiene. Questi dati confermano in parte quanto afferma il Fatio, che il numero di tali appendici è indipendente dal- l'età; noi infatti non le vediamo in genere crescere in numero - 68 D. VINCIGUERRA negli individui più adulti, che anzi talora in essi diminuiscono, certo in conseguenza della poca stabilità della loro inserzione sull’arco branchiale. Fatio però aggiunge che anche le dimen- sioni non cambiano coll’età e questo io non posso confermare, perchè le appendici si mostrano sempre tanto più lunghe e strette, relativamente all’arco branckiale, quanto l’animale è più giovane. Nel primo arco il margine posteriore delle appendici ante- riori della porzione orizzontale è in tutte e tre le forme, costituito da un solco con entrarabi i labbri finamente dentellati, e le den- tellature si estendono anche all'apice di esse; nella porzione verticale sono assai meno sviluppate ed hanno quasi l’aspetto di piastrine, appena sporgenti dall’osso; in esse tutto il mar- gine libero è denticolato. Se l'esame delle appendici anteriori del primo arco bran- chiale non offre caratteri che possano avere un sufficiente valore specifico, non è così di quelle degli altri archi. Trois ha già fatto ncetare, come ho ricordato più sopra, che in tali appendici di forma elis oide, si verifica una notevole differenza tra il D. vu? garis e il gîbbosus, la quale. consiste in ciò che mentre nel primo il maggior diametro sarebbe trasversale all’asse dell’arco branchiale, nel secondo esso sarebbe longitudinale a questo. Questo carattere, come apparisce chiaramente dalle figure sì trova costantemente confermato dall'esame degli esemplari da me esaminati; infatti è molto più allungata, nel senso trasversale all’osso, la forma di tali appendici nel D. vulgaris, (fig. 4 a 6) che nel filosus (fig. 10 e 11), e nel gibbosus (fig. 12). Questa dif- ferenza è assai più evidente nel coufronto tra gl'individui adulti, ma apparisce anche nei meno sviluppati e dimostra in modo non dubbio che la forma giovanile delle appendici del D. giòbbosus non può essere altro che quella del #/osus. Gli aculei che ricuoprono queste appendici sono però, secondo le mie osservazioni, egual mente fitti in tutte le forme e rivestono tutta l’appendice, ad ecce- zione della parte basale di essa che ne è completamente sprovvista. Dalle osservazioni riportate risulta pertanto che mentre il numero, le dimensioni e la forma delle appendici della serie an-: teriore del primo arco branchiale non offrono alcun carattere che possa servire per avvalorare o combattere la riunione spe- cifica del D. gibbosus col filosus, noi questo carattere lo troviamo. nella forma di quelle degli altri archi, che in questi due presen- SULLE APPENDICI BRANCHIALI 69 tano la prevalenza del diametro longitudinale sul trasversale, contrariamente a quanto avviene nel D. vulgaris. Spero di potere, non appena avrò a mia disposizione mate- riale più abbondante, tornare sull'argomento e vedere confermate le mie attuali conclusioni. i ve ui i Ceti TARE TTI RT FA aL . » 5 , 4 nt a VIa iano e eh AA DA ARTO N PORRE IRR IE IR ; . 14 70 , 11. Td., id., id. (es. N. 6) id,, id. . 12. Id., id., id. D. gibbosus (es. N. 7) id., id. Dea FA . 13. Primo arco branchiale sinistro di D. macrophthalmus (es. N. 9) gr. nat. =) D. VINCIGUERRA Spiegazione della Tavola. . 1. Primo arco branciale sinistro di D. vu/garis (es. N. 1) gr. nat. . l-a 2° appendice dello stesso,3 /1 gr. nat. 2. Primo arco branchiale sinistro di D. vulgaris (es. N. 2) gr. nat. . 2-a e b. 2° e 6° appendice dello stesso, 2/1 gr. nat. . 3. Primo arco branchiale sinistro di D. vulgaris (es. N. 3) gr. nat. . 3-a, £2* appendice dello stesso, 2/1 gr. nat. . 4. Appendici del secondo arco branchiale sinistro di D. vulgaris (es. N. Di 2/1 gr. nat. 5. Id., id., id. (es. N. 2) id., id . 6. Id., id, id., (es. N. 3) id., id. » 3 . 7. Primo arco branchiale sinistro di D. filosus (es. N. 4) gr. nat. . 7-a e b. 1° e 2* appendice dello stesso, 3 1 gr. nat. . 8. Primo arco branchiale sinistro di D. filosus (es. N. 6) gr. nat. . 8-a e db. 3* e 5° appendice dello stesso, 2/1 gr. nat. g. 8-c. 5* appendice del primo arco branchiale destro dello stesso, 2/1 gr. nat. . 9. Apparato ioideo di D. gibhosus (es. N. 7) 2/3 gr. nat. . 9-a Porzione del primo arco branchiale sinistro dello stesso le 1/9 gr. nat. >, » A è a a ia Ta Met Tr i a mcr * Manto 1. 72 RINALDO MARCRESINI Per fare questo studio. senza avere trascurato le colorazioni — ordinarie coi carminii, e col cloruro d’oro che riuscirono poco dimostrative; ho dovuto definitivamente scegliere come mezzo ot-. timo di ricerca la colorazione coll’ematossilina secondo il metodo Si di Weigert, come quello che meglio d’ogni altro rende evidentis- simo il decorso delle fibre nervose midollate nei centri. E di più — per avere anche dei tagli in serie, ho fatta l’inclusione di cervelli di rana in paraffina, ed ho montati i tagli secondo il mio metodo già esposto in altra comunicazione. (Ved. R. Accademia Medica — di Roma, anno XVIII, fascicolo IV). È: I tagli di cui presento i disegni sono tutti fatti in tre dire- zioni differenti, cioè paralleli al diametro sagittale, orizzontali e trasversali; e ciò per ricostruire meglio l'andamento dei fasci, nervosi che ora passo a descrivere. - Di A maggiore chiarezza, e per non dilungarmi molto, unisco a. questa memoria tre disegni schematici di tagli fatti appunto nelle tre direzioni suddette. | 4 1. Nei tagli paralleli al diametro sagittale (Tav. I fig. A) — si può vedere tutto l’insieme dei fasci nervosi, dal midollo spinale alle vescicole cerebrali, e s’osserva che poco al disotto del myelen- | cephalon i fasci sensitivi (s.), provenienti dalle corna posteriori, _ attraversano tutto il campo del midollo spinale, (incrociamento sensitivo) e si vanno a disporre ai lati dei fasci motori prove- “Di nienti dalle corna anteriori (m). Così riuniti percorrono paralleli 4 il pavimento del myelencephalon, del mesencephaton e del ihala- È mencephalon, e a questo punto (nel thal/amencephalon), essi ven- È gono attraversati quasi ad angolo retto da quei fasci che formano | il chiasma (ch.) dei nervi ottici. Superato il chiasma, e giunti nel prosencephalon, questi fasci si dividono, e parte di essi (6) (i sensitivi) proseguono il loro cammino lateralmente alle vesci- © cole cerebrali, e gli altri (m.) (i motori) s’incrociano nella es mediana, che riunisce le due vescicole cerebrali (m.). > 3 2. Così nei tagli orizzontali (Tav. I. fig. B) noi possiamo pure vedere che i fasei nervosi, decorrenti (s. m.) riuniti fino al chiasma (ch.), appena superato questo si dividano, ed al cuni (s.) (i sensitivi) proseguono la loro via lateralmente; e gli È altri (m.) (i motori), s’incrociano appena giunti nel prosencephalon, SUL DECORSO DELLE VIE PSICOMOTORIE NELLA RANA 73 andando a disporsi nella parte interna ed inferiore delle vescicole cerebrali. 8. Nei tagli poi perpendicolari all’asse cerebro spinale (Tav. I fig. C), in corrispondenza della porzione mediana del prosence- phaton, i fasci nervosi sensitivi e motori, che fino a questo punto decorrevano riuniti (s. m.), si dividono, ed alcuni (s.) (i sen- sitivi), si dirigono ai lati esterni delle vescicole cerebrali, e gli altri (m.) (i motori) si vanno ad incrociare nella parte interna ed inferiore delle vescicole cerebrali (m.). Che se poi noi seguiamo (vedi tavola II.) tutta la serie di questi tagli perpendicolari al- l’asse cerebro spinale, dal midollo spinale al cervello superiore, vedremo che, appena giunti al fhalamencephalon, le fibre miste sensitive e motorie si raggruppano ai due lati dell’asse cerebro- spinale, e così riunite decorrono fino al prosencephalon, dove, come abbiam visto, si dividono e s’incrociano in parte.» Stando così le cose, quale spiegazione dovrà darsì a quest’in- cerociamento di fibre nervose mielinizzate all’altezza del prosen- cephalon? Sono esse le vie motorie incrociate? D'altronde nelle rane non esiste, secondo le mie ricerche un incrociamento delle vie motorie nella porzione più alta del midollo cervicale, e neanche si ricorosce in altro luogo. Non mi parrebbe perciò azzardato dover ritenere, con molta. probabilità, che nelle rane l'incrociamento motorio avvenga net | prosencephalon, in una regione probabilmente corrispondente alla | -capsula interna degli animali superiori. Ma come mettere in rapporto allora con questa mia asser- zione l’esperienze fatte sulla rana scervellata da Lussana, Goltz,. Longet, Vulpian ed altri? Tolgo a questo proposito dal Landois (1) p.792: « che la rana « privata di cervello mantiene in qualunque posizione l’equilibrio « armonico del corpo e delle membra; posta sul dorso tosto si « rivolta; stimolata spicca uno o due salti; lanciata nell’acqua « nuota fino all’orlo del recipiente, vi sale e vi rimane ferma. _ « Comunque si ecciti mostra sempre una piena padronanza, ar- | « monia ed unità nei suvi movimenti. Ma senza uno stimolo essa (1) L Landois. Manuale ci Fisiologia dell'uomo. Traduz. del Dr B. Bocci. - Fr. Vallardi, Milano 1890. str At n ch ld SRO pas \ 9 * Fiigii ITALA cu : i - pica + ts È ù da pa gta eil, ì PI E pù Vani: ‘ah n Aa del To a DI e de nice Li DI R; ° Cau . : bi Le fe RINALDO MARCHESINI « non compie mai da per sé movimenti volontari ed evidente-. : mente intenzionati. Essa piuttosto rimane sempre, come nel « sonno, allo stesso posto; non si alimenta, non sente fame nè ‘ sete, non ha timore, e finalmente si disse«ca, e si mummifica | ‘ sul posto che ad essa venne assegnato ». È E Lussana stesso conclude a pag. 126 (1) che gli animali col perdere il cervello perdono ogni loro istinto, ogni volontà, ogni | intelligenza, ma non perdono le sensazioni. — È Ora da tuttociò si potrebbe dedurre che le fibre incrociate, nel prosencephalon, sieno vie motorie, e quelle appunto propaga- _ trici delle manifestazioni istintive e delle volontarie, ossia le vie piramidali, ritenendosi che i centri puramente riflessi risiedano È nel midollo spinale, il quale però privato dei rapporti col cer- vello, (formati da queste vie incrociate di conducimento), rimane | un organo che risponde agli stimoli, ma senza scopo. “o Sicché l’animale scervellato, e quindi privato di queste vie. di rapporto e di conducimento, è un animale, diremo con Lussana, È in cui dorme l’intelletto, dormono gl’istinti, sussistono i moti ma senza iniziativa propria; essendo stato asportato con l’organo cen- trale anche le vie, per le quali potevano manifestarsi i suoi atti ‘volontari, appagare i suoi desideri istintivi. a Gli esperimenti fisiologici avrebbero così localizzato in questi — animali aleune funzioni cerebrali, e le osservazioni istologiche, indicherebbero le vie anatomiche che per corrono nelle loro espli- — $i cazioni esteriori le eccitazioni psicomotorie. “Di CS è (1) Lussana e Lemoigne. Fisiologia dei centri nervosi encefalici. Edit. i P. Prosperini. Padova 1871. È pera porsi la i Eee Ie RP RA * - 17 e 4I - 29 SUL DECORSO DELLE VIE PSICOMOTORIE NELLA RANA 75 SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE TavoLa I, Fig. A. — Taglio del cervello e del midollo spinale della rana pa- rallelo al diametro sagittale I. Rinencephalon. II. Prosencephalon. III. Thalamencephalon. IV. Mesencephalon. V. Metencephalon. VI. Myelencephalon. v. c. — vescicole cerebrali. n. 0. — sezione del nervo ottico. ch. — chiasma del nervo ottico. Z. 0. — lobi ottici. î. c. — lamina cerebellare. S. s, — fasci sensitivi. m. m.2 — fasci motori. m. s. = fascio misto delle fibre sensitive e motorie. Fig. B. — Taglio orizzontale del sistema cerebro-spinale della rana. Le lettere indicano la stessa cosa, come nella fig. A. Fig. C. — Taglio perpendicolare all'asse cerebro-spinale della rana, all’altezza del prosencephalon; dove avviene l’incrociamento mo- torio. Le lettere rappresentano la stessa cosa come nella fig. A. ASTE A Vie motorie —— —. — .—- . Vie sensitive. TavoLa II. Figura schematica rappresentante l’andamento dei fasci sensitivi e motori, nel sistema cerebro-spinale della rana, attraverso le varie sezioni. Fig. 1. — Emisferi cerebrali e nervi ottici. (Prosencephalon). a) fascio sensitivo e motore riunito; 5) incrociamento dei fasci motori; c) cavità ventricolari; d) chiasma dei nervi ottici; e) fasci sensitivi (turchini). Fig. 2. — Talami ottici; a) fasci sensitivi e motori riuniti. Wig. 3: P) ponte; C) cervelletto; L O) lobi ottici; III) terzo ven- tricolo e prolungamento del canale di Silvio; co) cavità ven- tricolare dei lobi ottici; e) incrociamento sensitivo nel ponte. - ill è it" 76 RINALDO MARCHESINI Fig. 4. — P) ponte; C) cervelletto; s) canale di Silvio; e) inerocia- mento sensitivo nel ponte. Fig. 5. — Midollo allungato; e) incrociamento sensitivo; IV) quarto ventricolo; a) corna anteriori; p) corna posteriori. Fig. 6. — Midollo spinale; a) corna anteriori; d) corna posteriori. «0-0 è LEE NEI TTIOLORE — . —.—- .-—., Vie sensitive. SOPRA UN ZIVOLO MINORE (E, posila Pun) & eolto lo scorso Ottobre nei pressi di Roma i Comunicazione de! Conte GUIDO FALCONIERI DI CARPEGNA pa Nel paretaio dei Marchesi Sacchetti, ai Monti Parioli, si col- sero nello scorso novembre, a pochi giorni di distanza, due £na- deriz zae: la prima indiscutibilmente appartenente alla specie £. sehoenicltus (migliarivo); la seconda rappresentante quell’ altra Specie, 0 sottospecie, 0 varietà, che formò oggetto di tanta di- scussione fra gli illustri ornitologi Doderlein e Salvadori, e che ebbe nome di Zivolo minore (E. pusitta del Pallas, ed E. Durazzi del Bonaparte). Anche il Prof. Carruccio, nostro egregio Pre- sidente, si occupò già con interesse della questione (1); ma io mi sento invero troppo poco competente per volere d'un tratto auda- "cemente proporre una risoluzione in proposito. Quindi mi Jimito "1 presentare e descrivere il nostro individuo. — Premetto, che fu ventura cogliere insieme le due specie, e poterle paragonare. Esa- miniamole. Cominciamo dalla statura. Mentre lE. schaeniclus ha una lunghezza totale di 0,143: quest'altro esemplare ne ha -una [l becco è più robusto, subconico nel primo; lo è più acuminato, più piccolo nel secondo, il cui capo merita una speciale descri- zione, riportandoci pel resto alla descrizione esattissima del ma- schio in inverno datane dal venerato Maestro Paolo Savi a p.- gina 155 della sua Ornitologia italiana. | BID Pileo ha una fascia mediana, che parte dal fronte sino alla nuca, fulvo-rossastra chiara, e posta in mezzo a due altre fa- scie longitudinali di penne bruno-nerastre nei centri, e marginate di i fulvo- rossastro. Queste son limitate esternamente sovra gli oc cchi da due altre fascie fulvo-ceciate anco più chiare. Le gote Ela regione suborbitale son pure fulvo-rossastre chiare, e dietro SI Ved. Cenni sull'importanza ed utilità delle Collezioni faunistiche cali e Contribuzione alla Fauna dell'Emilia. Estr. dagli Atti della Società li Natiralisti di Modena, Serie III. Vol. I. Note illustrative, pag. 115-117. 1 i di 0,128: la coda del primo è di 0,63, quella del secondo di 0,55. — o n; Lar: De: ss s* 2: ni 33% past a en ve a Sac Lisa eci IVREA, pia 78 GUIDO FALCONIERI Di CARPEGNA le orecchie finiscono in una fascia bruno-nerastra. ‘che le attor- nia. — Tutte le parti superiori son poi somiglianti a quelle del- PE. schoeniclus. — La gola bianco-ceciato-sudicio con due specie di baffi bruno-neri, che dalla base della mandibola inferiore di- vergono verso la macchia bianca dei lati del collo, e giungono fin dove sul petto appajono macchiuzze nere a punta sul centro delle penne, che son largamente marginate di bianco-cinereo sfumato. Tralascio il resto della descrizione, che è perfettamente simile a quella che ne dà, come dissi, il Savi. Solo osserverò che I le zampe, le quali nell’ E. scromniclus sono scure, in questo no- stro esemplare sono assai più chiare, e l’unghia del dito medio anteriore nell’ E. sch@niclus è assai più lunga e potente che non. nell’altro esemplare. BE Rammento, e non inutilmente, che già altri cacciatori e da. tempo osservarono questi migliarini piu piccoli nel passo dei primi di novembre in varie località della campagna romana; @ mi sovviene averne io stesso colti parecchi nel 1872 in quel di Palidoro; e che fin d’allora, essendomi sconosciuta questa nuova. specie, li chiamai migliarini d'una razza più piccola. Non potei avvertirne bene il canto, ma mi sembrò assai più fine e delicata di quello dei migliarini comuni. Duolmi che questo esemplare sia. stato troppo presto ucciso: lo studiarne il canto, e le abitudini avrebbero potuto giovare, come in altra occasione mi giovò per: distinguere assolutamente la passera di padute (E. pyrrhuloides) dal vero migliarino. Raccomando ai cacciatori ulteriori osser- vazioni: poiché, se VE. pusilla non è una buona specie, essa è certamente una costante razza o varietà di specie, ed è di pas 0 quasi regolare nel nostro Agro Romano sul cominciare del- l'inverno: e questo esemplare, che vi ho presentato, è indiscu i bilmente un’F. pusilla. 7 ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal prof. A. CARRUCCIO SU ALCUNI ECHINORINCI AVICOLARI Comunicazione alla Società Romana per gli Stuli Zoologici del Dott. MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA Conservatore nel predetto Istituto ECHINORHYNCHUS CAUDATUS Zeder. Sinonimi: Ech. duteonis Goeze — Naturgeschichte der Fingeweidewirmer thier, Korper. Blanken -- burg, 1782, p. 154, tab, 12, fig. 1, 2. A. i i Ech. caudatus Zeder — Anleitung zur Natargeschichte der Fingeweidewirmer. Bamberg,. 1803, p. 153, n. 12. Ech. tumidulus Rudolphi — Entozoorum Synopsis. Berolini, 1819, p. 69 e 320, N.-28. Ech. polyacanth*s Creplin — 0bservationes de Entozois, Gryphisw, 1825, p. 22. Colorito bianco giallastro, lunghezza massima mm. 47 e mi- nima 22; maschio lungo da 22 a 55 mm., femmina da 35 a 47. Proboscide quasi cilindrica, con apice arrotondato, armata di circa 20 serie trasversali di uncini corti, forti ed acuti, disposti in numero di 14 per ciascuna serie. Collo appena più breve della proboscide, subconico, con apice tronco rivolto anteriormente, provvisto di 10 serie trasversali di uncini meno robusti dei precedenti. Il Rudolphi descrive questo Acantocefalo sfornito di collo, ma senza dubbio egli è incorso in ‘errore, ed ha preso anche per proboscide il collo, ch'è pur esso armato; difatti egli dice che la proboscide dell’Ecn. caudatus è armata di 27 serie trasversali di uncini, tante cioè quante, presso a poco, se ne riscontrano, secondo la mia osservazione, nella pro- boscide e nel collo insieme. Il Dujardin tace sulla presenza 0 meno del collo; il Diesing invece lo ammette e lo descrive subconicum longum, uncinorum seriebus circiler 8 armatum. Corpo cilindrico con breve rigonfiamento a forma di fuso | anteriormente. L’ estremità posteriore della femmina è appena incurvata, e porta una piccola sporgenza laterale papilliforme ; n ir i | SETTI ROIO NPI IIS 80 MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA quella del maschio è ottusa coll’apparecchio copulatore estra od introflesso. I Il Goeze e la Schrank trovarono questo parassita nell’ inte stino del Buteo vulgaris, e lo dissero Ech. buteonis. è Il Zeder lo rinvenne nel medesimo uccello, e lo chiamò Zch. caudatus per quella piccola sporgenza all’ estremità della coda delle femmine. Il Westrumb l’identificò con 1’ EcR. fumidulus di Rudolphi; il Diesing stabili identità coll’ Eck. polyacanthus di Creplin, quantunque il Dujardin, avendo riscontrato poca analogia tra le due specie, le avesse descritte separatamente. L’Ech. caudatus Zeder non è specie identica all’ Ecn. cau- datus Bremser: questo invece, come dissi in un mio precedente lavoro (Sull’identità specifica dell'Echinorhynchus globocaudatus Zeder e dell'Ech. tuba Rudolphi - Bodlettino detta Società Romana per gli Studi Zoologici - Vol. I, fasc. VI, pag. 325), lo è all’Ech. globocaudatus Zeder. i Hab. - Si rinviene in tutte le stagioni dell’anno, specialmente. in inverno ed in autunno, nell’ intestino di diverse specie della famiglia Falconidae. Nel Museo di Vienna è stato trovato nei. generi Buteo, Circus, Archibuteo, Milvus, Aquila, Hieraetus, Tinnunculus; nel Brasile è stato anche riscontrato nella Croto- phaga ani, nonchè nell’ ordine delle Picariae (Coccyzus ameri-. canus e Coccyzus erythrophthalmus). Da noi nel dicembre del. 1889, è stato rinvenuto nell’intestino del Mi2wus iclinus. - SE La nostra Collezione elmintologica ne possiede 28 esemplari. ECHINORHYNCHUS TERES Westrumb. Sinonimi: Echin. picae Rudolphi — Hutezoorum Synopsis, Berolini, 1819, p. 76. a Echin.teres Westrumb — De Helminthibus Acanthocephalis commentatio, Hannoverae, It: p. 18 n. 32. A È otto volte più lungo che largo: lunghezza totale mm. 19- Ir, € spessore mm. 2-2 12. i 2 Proboscide lunga mm 0,7, grossa mm. 0, t, cilindrica, troncata x all’estremità anteriore, armata di 10-12 serie trasversali di uncini corti e robusti con punta molto acuta e tallone assai dilatato. i Collo quasi dello stesso diametro della proboscide, e pur esso. armato di uncini disposti in quattro serie trasversali. Il Diesing | SU ALCUNI ECHINORINCI AVICOLARI 81 e il Dujardin erroneamente collocano questo parassita nella sezione degli Echinorinci mancanti di collo. Dai miei preparati, che metto a disposizione dei sigg. Soci perchè li osservino con attenzione, si rivela evidentemente la presenza di un collo corto ed armato. Corpo fusiforme con solchi trasversali incompleti, avente il massimo spessore verso la metà della sua lunghezza, più in vici- nanza della estremità anteriore; parte posteriore un po’ più affu- solata, estremità di essa arrotondata, senza sporgenze di sorta e fornita di una lieve insenatura per lo sbocco degli organi genitali. Gli esemplari collezionati nel nostro Museo (tre) sono di sesso femminile ed adulti: hanno il corpo completamente ripieno di grosse uova ellissoidali forniti di capsula a triplice inviluppo con il medio fortemente sviluppato. Nell’interno di questa è visibilis- simo l’embrione, che ha forma lanceolata. Coll’abbiettivo 7 ed oculare 2 Verick a tubo alzato non sono riuscito a ben distin- guere ed enumerare gli uncini embrionali. _Hab. - In qualunque stagione dell’anno si rinviene con qualche frequenza nell’ intestino del Corvus monedula, più rara- — mente in quello del Corvus pica. Noi, nel marzo del 1890, lo abbiamo trovato in una Pica caudata uccisa nell’Agro Romano. ECHINORHYNCHUS TRANSVERSUS Rudolphi. Entozoorum Synopsis. Berolini, ISI9, p. 69 e 321, n. 26. Corpo 4-6 volte più lungo che largo, un poco assottigliato în avanti ed indietro, bianco, flacido, cilindrico, leggermente in- curvato all'estremità anteriore; d’onde sorte lateralmente una proboscide pur essa cilindrica, la quale è lunga mm. 0,8, larga mm, 0,26, e provvista di numerosissimi uncini distribuiti in circa 30 ranghi trasversali di 18 ciascuno. Il collo è mancante. La femmina, lunga sino a 12 mm,, è più robusta del maschio, il quale non supera gli 8 mm. di tudiaa L’estremità caudale, negli esemplari di sesso femminile, È dritta, liscia, subconica con apertura genitale infundibuliforme nel mezzo; nei maschi è lievemente incurvata e senza appendice alcuna. Nelle femmine mature le masse ovariche riempiono tutta Bollettin> della Società Romava per gli S'uli Zoologici, 6 SIC LIRESSE SO Ti È Rn Deli ia 13 SIE NEC OTRS RE S00tO SSLICAR GAUDIO MIRIAGINDRE LOD Z L + ul x 4a x ; soi Sr Poe «e N ar Ti EAT NTSE VE n eg Ke 82 MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA | ‘3 intiera la cavità del corpo dall’apice della coda all’i inserzione della proboscide, ceircondando, a guisa di un manicotto, il receptact. tum proboscidis, la cui osservazione resta, per tale motivo, u po’ disturbata. Il Bremser ha trovato l’Echinorhynchus transversus net Monticota saxatilis, nel Monticola cyanus, nella Saxicola me- lanoleuca e nell’ Aedon galactodes; il Natterer nella Dromotaea teucura; il Dujardin nell’intestino della Luscinia vera, della Me- rula nigra, dello Sturnus vulgaris, e, probabilmente, anche nel genere Troglodytes. "A Da noi è stato trovato una sola volta, nel marzo del. 1887, 3 in numero di 8 esemplari, nell’intestino di una Merula nigra uccisa nell’Agro Romano. Roma, Febbraio 1893, QUALE SIA LA SPECIE DI TAENIA predominante in Roma e sua Provincia Comunicazione del Dutt, Giulio Alessandrini alla Società Romana per gli Stadi Zoologiei a Senza fermarmi a parlare dettagliatamente della struttura anatomica dei Cestodi comincierò senz’ altro a far notare quali siano le differenze anatomiche delle due specie più comuni nel- l’uomo del Gen. Taenia, cioè a dire della 7. solium (Rudolphi) e della T. mediocannettata (Kuchenmeister) o 7. saginata di Goéze, Ricordo prima di ogni altra cosa che gli anelli e proglot- tidi della 7. mediocanellata sono più forti, meno trasparenti, più grossi, e se osserviamo un pezzo di catena i pori genitali ci sì ‘mostrano alternati ma non con molta regolarità. La T. solium ha proglottidi più sottili, piccole, meno resi- stenti e più trasparenti. I pori genitali sono alternati sempre re- golarmente. Al microscopio poi notiamo che nei segmenti non ancora ma- turi della 7. solîum, osservando gli organi genitali, il canale deferente ci si presenta più sinuoso e l’ovario ha un lobo di più impari e mediano, situato lungo il canale deferente in mezzo ai due lobi laterali. La vagina è anche essa sinuosa e l’arco de- ‘scritto da essa per giungere al seno genitale è appena accentuato. Il ricettacolo seminale è piccolo e più fusiforme. Un anello ma- turo poi senza nessun reattivo e ad occhio nudo, ma più facil- mente dopo l’azione della potassa all’1 per cento, oppure dell’a- cido acetico 1 per 5, ci lascia vedere da ogni parte del tronco dell’ utero da 20 a 30 branche parallele delle quali ciascuna si suddivide in due o tre rami secondari se si tratti di 7. medio- canellata, e solo da 6 a 13 di queste branche con ramificazione dendritica se appartiene alla 7’. solîum. Un carattere differenziale abbastanza. importante pel medico pratico si è che l’anello della T. mediocanellata si espelle involontariamente, spesso anche iso- lato e, appena fuori, è dotato di una contrattilità molto attiva po- tendosi accorciare, allungare e cambiare di forma. Gli anelli di T. solivm escono sempre uniti a catena più o meno lunga. L’a- SIL GIULIO ALESSANDRINI nello maturo della 7°. mediocaneltata può giungere alla Junghe; di 30 mm. e alla larghezza di un centimetro. Lo seolice ci off delle varietà anch'esso, e la principale si è che quello della 7. so- lium presenta sulla sommità un rostro corto e tozzo con doppia corona di uncini falciformi e retrattili, per numero variabilissimi (dai 22 ai 32) gli uni più lunghi degli altri, ma situati in modo che le estremità libere di tutti arrivano allo stesso livello. $ Lo scolice della 7. mediocanellata è sprovvisto di rostro el dg è inerme, e nel posto occupato da questo ci presenta una depres-. sione spesso notevole. s Questi fatti, che ho rapidamente riassunti, vi risultano dalle preparazioni che vi presento, e massime dalla serie di fotogrammi che ho eseguito e che pure possono vedere. 3 Le fasi di sviluppo sono precisamente uguali, se si e©cettua che l’embrione della 7. solium si trasforma in Cysticercus cel- lulosue nel maiale dopo aver forato cogli uncini, di cui è forni 0, le pareti intestinali, situandosi in tutte le regioni del corpo; mentre l'embrione della 7. mediocanellata raggiunge il “suo com- pleto sviluppo circa tre mesi dopo d’aver emigrato dall’ intestino del vitello dove era capitato insieme al cibo e prende il nome. di Cysticercus bovis. È Ambedue producono una malattia speciale negli animali che li ospitano, detta panicatura. Fra gli organi più attaccati citerò nel bue il cuore; nel maiale. il cuore e la parte inferiore della lingua. L’infezione nei buoi è sempre minore, perchè non cibandosi essi di escrementi umani d necessario che le uova giungano a loro o colle bevande o in mezzo a qualche erba. | La scarsezza e piccolezza di cisticerchi nel bue rende molto® più difficile lo scoprirli ed è forse per questo che la T. medio- canellata è molto più frequente da noi che la 7. solium. — Per desiderio dell’egregio prof. Carruccio fino da qualche “I tempo fa ho cominciato a raccogliere quanti vermi solitari mì capitano per poi poter fare una statistica, e vedere quale specie ‘è più frequente qui nella provincia romana e specialmente in Roma. Ho cominciato a studiare quegli esemplari che trovavansi nel Museo Zcologico prima del 1883, cioè avanti che ne assumes se la direzione l’istesso prof. Carruccio. QUALE SIA LA SPECIE DI TAENIA ECC. 85 Fra i pochissimi vermi esisteva una sola 7. solium di provenienza ignota. Più tardi, per il grande sviluppo che per opera del nuovo Direttore ebbe ad avere il Museo Zoologico, la | collezione dei vermi aumentò molto, ed ora vi si contano molti esemplari di Cestodi. Infatti vi esistono otto esemplari di 7°. solîum, delle quali quattro il prof. Carruccio ebbe da Firenze, una di provenienza ignota e delle altre tre raccolte a Roma, una è stata espulsa da un soldato di cavalleria di passaggio per questa città e raccolta da me nellu Ospedale Militare. Non così scarso è il numero delle 7. mediocanellatae. Ve ne sono infatti circa sessanta, delle quali ventitrè raccolte dal nostro Direttore o donate al Museo da suoi allievi; le altre furono do- nate da me, quasi tutte intiere, espulse somministrando uno spe- cifico del farmacista Luigi Amici in piazza Capranica. Alcune sorpassano i 10 metri di lunghezza. Oltre queste che ho potuto possedere, molte altre mi è oc- corso di osservare ma sempre appartenenti alla medesima specie di 7. mediocanellata. Una sola T. solium vidi l’anno scorso ma non potei venirne in possesso. Capisco bene che il numero degli esemplari raccolti non è relativamente copioso; ma pur si può, dalla proporzione di tre a sessanta ossia del 5 per cento, dedurre con sicurezza che in Roma è molto più frequente la 7. mediocanellata. Ritengo sufficiente questa dimostrazione per poter stabilire che più frequente è fra noi la Tenia inerme invece della Tenia ar- mata, come da molti medici si credeva e ancora si crede. Il pro- fessore Carruccio già da più anni nelle sue lezioni di parassitolo- - gia nell'Università non mancò mai di ricordare gli studi statistici fatti anche in Italia (Firenze, Torino, Milano, Venezia, ecc.), dai quali risultava quale fosse la specie di Tenia predominante, e de- plorava che mancassero in Roma dati per venire a conclusioni sicure. Ma quando però raccolse da più parti nel Museo un nu- mero di esemplari di 7. saginata, mentre non altrettanto facile gli riusciva l’ottenere esemplari di 7°. soliu, non esitò ad affer- mare nella sua Scuola che doveva essere pure in Roma più fre- quente la predetta T. saginata. I Bothriocephali, ch’ io mi sappia, non pare siano mai stati = agi ha o . a ba: 1a +3 , AES SEITE, > e Ti E A ve. Pa | a = Mi Mo, to IR} VERO LR ai a RIETI NGI, PRA la E RE RE % 3 MOTORIA O RO VE PSA i i 20 RA "Ra Sgt ì el ua ? ni ; sa» spit Y ua = da % Và n ° a SII RAI Ri, etto E SIETE | ORRORI % “ — ch. LA C: £ MOI. Pi € Li 86 GIULIO ALESSANDRINI #, do espulsi e raccolti in Roma. I) prof. Carruccio da parecchi annì si va rivolgendo a parecchi medici, ma inutilmente finora. i Riguardo alla cura, lasciando da parte gli specifici, dirò solo che di tutti gli antielmintici preferisco l’uso dell’ estratto etereo. di felce maschio (5-10 gr. con emulsione gommosa), oppure un sem- i plice decotto (10-20 in 200). Quando insorgono disturbi ventrali SR somministro da 30 a 50 gr. di olio di ricino. È I semi di zucca (40.60 gr.) pesti e uniti con zucchero 0 miele hanno anche un potere antielmintico piuttosto considerevole, e __ sono da preferirsi per i bambini nei quali l’estratto di felce ma-o È schio potrebbe produrre disturbi anche molto gravi. 3 Del resto sarebbe facile moltiplicare le indicazioni dei rimedi che vennero proposti, ma per finire voglio solo ricordare la cura raccomandata dal dott. Baumel, e che leggiamo principalmente — 4 nei giornali medici di Parigi del corrente mese di febbraio, ed è — questa: Olio etereo di felce maschio 3 grammi - siroppo di te- a rebentina e acqua stillata ana 25 grammi - gomma arabica pol- verizzata 2 grammi. - Da prendersi in una sola volta in una quan- tità eguale di latte, e due ore dopo, trattandosi di fanciulli, si amministrino 15 grammi di olio di ricino; e se si tratta di adulti — può.di questo aumentarsi la dose. | Roma, Febbraio 1893. PICCOLA CRONACA DI CACCIA E DI ORNITOLOGIA Gennaio 1893. Freddissima la stagione, ed eccezionale per Roma. Le anatre continuarono ad essere varie di specie e numerose per le paludi e gli stagni del littorale e all’imboccatura del Tevere. I soliti stormi di oche popolarono Campo Salino, Una bella coppia di Volpoche (Anas tadorna) aumentò la già ricca collezione locale del Marchese Lepri. Parecchie pesciaiuole (Mergus albellus) in elegante abito giovanile furono còlte alla Fiumara presso Ostia: e due fenicotteri uccisi allo stagno di Maccarese. Scarsissime furono le pizzarde. È a ricordare una apparizione eccezionale e precoce di branchi di uccelli muti (Machetes pugnax) per i larghi piani presso Ponte Galera. Questi uccelli di passo primaverile non sogliono vedersi che al cominciare della risalita, ai primi di marzo. E la risalita è ben lungi dall’essere incominciata. Il nostro Museo Universitario ne ebbe parecchi belli esemplari. Avemmo ripetutamente la nevicata, e quindi i tomboleti della ‘marina, e le foreste paludose del littorale furon d’ un tratto popolati di tordi e merli; nè fu rara quest’anno, anzi comune, la cattura delle tordici palombine o cesene (Turdus pilaris), i È a nostra notizia che uno splendido esemplare d’Aquila (non ci fu possibile vederlo e determinarne la specie) fu catturato in Pro- vincia. E noi rinnoviamo qui un vivissimo desiderio, e rivolgiamo a tutti i soci calda preghiera, acciò procurino farsi centro di quanti cac- ‘ciatori conoscono, onde possano aversi tutte le notizie possibili, che risguardino il nostro studio prediletto, e nulla ci sfugga d’inosser- vato. Ho visto uno splendido esemplare di Aquila di mare (Haliatus albicilla, Bp.) in abito tra il giovanile e l’ adulto; mentre la coda e 5° ba - Dad, ETA ee! pa” 88 | GUIDO DI CARPEGNA = non era peranco bianco-candida, ma screziata di bruno e di bianco. Essa fu uccisa a Castel Porziano nello scorso dicembre 1892, ed ora possiedesi da S. M. il Re. I Febbraio. Il principio di febbraio andò ricco per una bellissima cattura. | La Garganella marmorizzata (Querquedula angustirostris), così bene descritta ed effigiata dal Bonaparte, fu còlta a Maccarese ed ora. | fa parte del Regio Museo Universitario. Il prof. Carruccio se ne oc- 4 cupò di proposito e farà vedere ai soci il bellissimo esemplare in una prossima adunanza. Negli ultimi di febbraio, straordinariamente certo, vidersi già vo- lare a marina le prime rondini. Ho còlto il giorno 28 due balestruccè È (Chelidon urbica) presso il lago di Porto Trajano; ed ho visto ra- i sentare la spiaggia due rondini a forcinella (H. rustica) poco lungi È da Fiumicino. Non essendo tuttavia cominciata la risalita, quest’ap- | parizione di rondini, quasi un mese prima che cominci la primavera, | È è assolutamente precoce ed eccezionale. Marzo. La risalita, o passo di primavera, si può dire cominciata dopo | il 10. I tordi furono moltissimi; però quasi apparizioni, che tosto venne meno. - Gli uccelli muti (Machetes pugnax) assai numerosi 79 e frequenti quelli più o meno bianchi sul capo e sul collo. Di questi,. | di cui alcuni esemplari furono donati alla Società, mi occuperò in una prossima adunanza. Scarso il passo delle pavoncelle e dei pivieri:. s * EA 3 scarsissime le pizzarde. “ei I primi pizzardoni si avvertirono il 19: e il giorno 22 fu il ri- a passo più ricco. I voltolini nelle tre specie, eccezionalmente scarsi, | per essere asciutte le paludi a motivo della siccità; e pochissime le 3: Ardee, contrariamente a quanto avvenne l’anno scorso. - Il 23 si, còlsero a marina le prime quaglie di passo, e a Porto d’Anzio fu la località, dove i pochi e rari cacciatori potettero profittare di questo. iorni del mese gran passo di fringuelli presso Ostia: e molti pun RE bubbole e qualche portaquaglie. di c = RE, rondoni apparvero in città, ma il giorno "dopo sparirono. Così i ro precoce apparizione alla fine di febbraio può spiegarsi soltanto,. e essersi allora addolcita la stagione, . e poi divenuta di nuovo ri- ida per lo spirare di tramontana. RA Per a SIA on Sa, PLS papa at tc RA G. FALCONIERI DI CARPEGNA. iso ed inatteso arrivo. - - Ma poi non si videro più - Negli "us a è | avvenne delle rondini, ‘che sono. tuttavia in piccolo numero. E la. 4) 1. È 4 de f n b Pai DI ar A * ate in iù ig ì pix | Pais. Tornata del giorno 27 dicembre 1892. Presidente Prof. A. CARRUCCIO. à PA Sono presenti 21 soci, e molti estranei alla Società, ai quali è — permesso di assistere all’adunanza. Il segretario, invitato dal presidente, legge il processo verbale. «al dell’ adunanza precedente, il quale viene approvato senza osser-- vazioni. a Il presidente saluta i colleghi che, dopo le vacanze, tornati in Roma riprendono i lavori e si preparano ai soliti e utili convegni — sociali. Egli spera che le comunicazioni e discussioni abbiano ad essere nel secondo anno dì esistenza più numerose e sempre più gradite. Presenta l’illustre Rettore della R. Università, comm. professore Luigi Maurizi, al quale porge le più sentite azioni di grazia perchè — colla sua gradita presenza ha voluto non solo far onore al gio- È vane sodalizio, ma incoraggiarlo a proseguire nella buona opera in- trapresa fra noi a prò degli studii. L’istesso presidente si dichiara — felice di puter ancora ospitare nell’ antico edificio della Sapienza, e nella Scuola in cui insegna, la Società Romana per gli studi zoo- È logici. i Passa quindi senz'altro a dar comunicazione dei nomi dei nuovi soci ordinari e corrispondenti, e anche degli abbonati al solo Bollet- tino, notando come da 74 siano nel periodo delle vacanze saliti ‘complessivamente a 102. Fra i soci ordinari, secondo la data di no- I mina, proclama i signori: dottor Erisio MARcIALIS di Cagliari, dott. F - CaLagsrò LomBaRDO ANTONINO prof. di scienze naturali nella Regia Scuola normale di Lecce, dott. SILIPRANDI GIOVANNI prof. di Storia naturale nel R. Liceo di Foggia, dott. Manzone FausTINO prof. ai Storia nat. nella R. Scuola Tecnica e direttore del Museo civico di Brà, — marchese dott. Giacomo Doria senatore del regno, direttore del Museo. civico di storia naturale in Genova, dott. cav. PaoLUCccI LvIci prof. a N.B. In questo processo verbale, per involontaria 0 omissione, non si trova (53 È. dato l'annuncio della proclamazione fatta a socio ordinario del signor ( dott. Marchesini Rinaldo e in pari tempo di un suo lavoro intitolato . corso delle vie psicomotorie 1 nella Rana. iaia ELI SUNTO DEI PROCESSI VERBALI 9 storia naturale e vice-preside del R. Istituto Tecnico in Ancona, dott. PassarINI SiLLa medico chirurgo degli Ospedali in Roma, ALES- SANDRINI LuicI proprietario in Montalto di Castro, comm. professore ‘G. V. Ciaccio direttore dell’Istituto d’istologia e anatomia comparat. della R. Università di Bologna. Fra i soci corrispondenti proclama i signori : SpeRAnzINI Don Giuseppe di Crocicchio (Urbino), MAN- PRELLI Lanpo di Macerata-Feltria, ARRIGHI-GRIFOLI cav. GIACOMO di Lucignano (Arezzo), dott. cav. LeonELLO SPADA prof. di Storia naturale nel R. Liceo di Osimo, Rossi Guipo studente di scienze naturali nella R. Università di Roma. Fra gli abbonati al Bollettino proclama fi- nalmente i seguenti: Musro pi ZooLocia della R. Università di Pavia diretto dal comm. Pietro Pavesi, dott. MincazzinI Pio libero do- «cente nella R. Università di Roma, Museo DI ZooLocia della R. Uni- versità di Modena diretto dal cav. prof. Antonio DELLA VALLE, LisreRIA EpIiTRICE E, LoescHER E C. in Roma, S. E. il cardinale arcivescovo Mario MoCcENNI, Museo DI ZOooLOGIA E ANATOMIA COMPA- RATA DEGLI INVERTEBRATI DEL R. ISTITUTO DEGLI STUDI SUPERIORI in Firenze, diretto dal comm. prof. ApoLro TARGIONI TozzETTI, LIBRERIA EpITRICE DuLau E C. in Londra. Poscia il prof. Carruccio partecipa alla Società di aver ricevuto una gentilissima. risposta dal venerando senatore barone DE SELYS- LonGcHAMPSs prof. EpMonpo, in risposta ad altra che a nome della Società gli aveva scritto in data 30 aprile 1892, ed in occasione della festa internazionale compiutasi in onore dell'istesso benemerito scienziato belga. La lettera, invero nobilissima, è la seguente: Liège, 27 Juillet 1892. Tres honoré Président, Jai été profondément ému en recevant les félicitations et les eacellents souhaits que la Società Romana per gli Studi Zoologici a daigné m'adresser, en date du 30 avril dernier, mais dont je n'ai eu connaissance que le 3 Juillet, jour où la Société Entomolo- gique de Belgique me les a transmis, pendant la manifestation qu'elle avait organisée en mon honneur. - Ceci soit dit pour expli- uer et ewcuser le retard arrivé dans ma réponse. - RENEE Se SE COS ; re DI CEI 92 | SUNTO DEI PROCESSI VERBALI ce ara Votre Société est jeune, dites-vous. È A mes yeuo c'est un grand avantage. Car les: réunions spon= tanées des jeunes savants ou méme d’amateurs. qui constituent les Soctiétés savantes libres, sont des hommes de bonne volonté, qui ont la vraie vocation, et montrent en général, dés l’origine, une acti- vité qui est, presque toujours, récompensée par des travailles. ou. des découvertes scientifiques heureuses. | della R. Università di Torino, del quale sono a tutti note la costante SUNTO DEI PROCESSI VERBALI 93 ‘perosità e le molte benemerenze scientifiche. Ai due nuovi senatori .@ scienziati propone che si mandi un saluto devoto, insieme al nostro ‘compiacimento ed all’augurio cordiale di lunghissima vita. - (La so- cietà risponde con lunghi applausi di approvazione alla proposta fattale dal presidente). Lo stesso presidente dà poi notizia delle lettere pervenutegli nel periodo delle vacanze, fra le quali una in data del 5 agosto 1892 dall’onorando sig. march. MASSIMILIANO LEZZANI, nostro consocio, e Nestore degli Ornitologi Romani, dalla quale insieme a sentimenti assai delicati di modestia rilevansi le intenzioni più leali e incorag- gianti per l’incremento della giovane Società Zoologica. Presenta pure una lettera di S. E. il Ministro della pubblica istruzione in data dell’11 agosto 1892, che vien letta dal segretario: Roma, 11 agosto 1892. Egregio Signor Professore, Ella volle, con pensiero oltremodo cortese, farmi dono del pri- mo fascicolo del Bollettino che imprende a pubblicare la Società Zoologica da Lei presieduta; ed io ne La ringrazio sentitamente, — augurando le più liete sorti alla Società appena formata, ma che All’Egregio sig. prof. A. CARRUCCIO già conta numerosi e valenti cooperatori. Con molta osservanza me le offro : Dev.mo MARTINI Presidente della Società Romana per gli Studi Zoologici © Roma Altra lettera pure presentata dal prof. Carruccio è la seguente: SOCIEDAD CIENTIFICA ANTONIO ALZATE Mexico, le 21 Septembre 1892 Monsieur le Président, __ Cette Société serait extrémement heureuse de posséder dans sa Bibliothèque vos publications aurquelles nous attachons une haute o - È» È | Sa4 de ” " La o - pal CA SI % Le. Ps de ENI muri Sa i - . «2 È Ò at * PESI 94 SUNTO DEI PROCESSI VERBALI F) importance. Jose vous prier de vouloir bien nous faire lhonneuwn de nous les envoyer en echange de vos Mémoires et Revue publieés: régulièrement. Pi La Société « Alzate » vous sera très reconnaissant. pour ce. service et Jai la confiance que vous ne refuserez pas de nous rodi rendre; j espère recevoir une réponce favorable pour vous adresser — immédiatement nos travaur. E Vevillez agréer, Monsieur le Président, avec nos remerciments anticipés, l'assurance de ma parfaite considération, 3 rali = Le Secrétaire général RAFAEL AQUILAR © Monsieur le Prèsident de la Société pour études zoologiques Rome Lettera pure non meno cortese pervenne al prof. Carruccio dall © presidente della Ornithologishe Verein di Vienna, nella quale si accetta il cambio delle nostre pubblicazioni, proposto dall’egregio cav. _ dott. Senoner che sempre ha avuto le più grandi premure per gli studi e per gli studiosi italiani. Il periodico della Società Viennese: > ha anzi pubblicato una estesa bibliografia riguardante le comunica- zioni sovra argomenti di ornitologia fatte alla nostra Società. Dall’Australia, e precisamente da Sydney, giunse altra cortesis- sima lettera della R. Società Of. New-South Wales che ringrazia. per l'invio dei nostri Bollettini, e ben volentieri ne accetta il cambio. - Il presidente della R. Accademia Leopoldina, che ha sede in Halle, | scrisse al prof. Carruccio accettando e inviando importanti cambi. Non | meno cortese lettera gentilmente gli pervenne dal presidente della. Società di studio delle scienze naturali di Reims. Egli fa noto che — : quella Società accettò unanimemente il cambio coi nostri Bollettini, di-- chiarando con molta modestia che questi hanno maggior importanza. — z di quelli che riceveremo da Reims, e perciò i colleghi di detta città. | ci sono « fort reconnaissants ». PAS La Società dei Naturalisti dell’Università Imperiale di Knicks in Russia, con sua lettera partecipò di aver ricevuti da Roma ì Bol- SUNTO DEI PROCESSI VERBALI 95 lettini, e aggiunge che ha l’onore di presentarci il XXV volume dei lavori di detta Società, e di proporci uno scambio permanente. L’egregio prof. Bonomi, segretario dell’ I. R. Accademia degli Agiati in Rovereto scrisse al nostro presidente che avendo trovato. interessanti le memorie comunicate alla Società Romana, si desidera da parte di quell’Aecademia di scienze, lett. ed arti di far volentieri lo scambio degli atti che essa pubblica ogni anno. Abbiamo alla nostra volta ringraziato ed accettato il cambio. Anche il direttore del pregevole periodico I Naturalista sici- liano ha chiesto il cambio del nostro Bollettino, cambio del pari ac- cettato. Per l’invio di questo abbiamo inoltre avuto ringraziamenti dalla R. Accademia delle scienze di Torino, dalla Società Adriatica . di scienze naturali di Trieste, dalla Stazione zoologica di Napoli, dal - l’Accad. di Scienze natur. di Filadelfia, dalla Fondazione P. Teyler von der Hulst di Harlem ecc. Da quest’ultima città il Bibliotecario del Museo di essa istituzione scrive che non mancherà di fare ta spe- dizione annua del loro cambio. A quei pochi che non ci hanno ancora. contraccambiato, vedrà il Consiglio Direttivo se sarà il caso di tra- smettere i Bollettini del 2° volume che pubblicheremo nel 1893. Il prof. Carruccio dà poi conto dell’aumentato numero dei cambi, in confronto a quello che fu fatto conoscere nel Bollettino sociale N. III, IV e V, ch'era di 21 cambi. Il presidente aggiunge che oggi, - 27 dicembre 1892, questo numero è salito a circa 40, fra italiani e- stranieri, e sonvi cambi pregevolissimi. Essi col tempo, dice, forme. ranno un materiale scientifico prezioso; e quando lo si avrà, meglio | da tutti sarà riconosciuto il beneficio che può e deve arrecare la So- cietà Zoologica costituitasi in Roma. Prosegue quindi dicendo che da questo insieme di confortevoli notizie deve pur troppo passare ad una in particolar modo amaris- sima all’animo suo, e che riguarda la inaspettata perdita fatta dalla Società nel passato mese di agosto, di uno dei più entusiasti e cari soci fondatori, il barone dott. CARLo DE Fiore. Il prof. Carruccio ri- corda le virtù di questo suo prediletto ‘allievo, che da un anno aveva. seco quale suo Assistente. Ricorda come fosse colto da morbo essen- dosi recato in patria, e come tornato in Roma in esso ricadesse. Ma x : Le x ° è » [TOA ba È CA VE area SF 3 a i LI n» è i e e a i 96 SUNTO DEI PROCESSI VERBALI dr: — ae i entrato in convalescenza e recatosi nuovamente nella sua provincia natia di Catanzaro in luogo sano ed elevato per rinvigorirsi, “i troppo vi trovò la morte. Ricorda inoltre come il De FioRrE fosse i i giovani naturalisti uno dei più distinti per intelletto, per. bontà. di ‘cuore, per onestà ed elevatezza di sentimenti, per costante amore allo studio. di Dell’opera sua diligente diede prova in parecchie pubblicazion È e ognuno sa quante cure affettuose avesse dedicato all’Avifauna Ca- labra, sulla quale lasciò un lavoro, dedicato « A TOMMASO SAL- VADORI, principe degli Ornitologi in Italia », che fu lodatissimo da quanti sanno giudicare con coscienza imparziale. E non solo quale Ornitologo il bar. dott. De FioRE si era fatto apprezzare, ma come Entomclogo paziente ed esatto. I lavori sugli Emitteri Romani che ha compiuto nel Museo Universitario, e gli altri che aveva quasi com- piuto sugli Emitteri della Calabria ecc. ce ne offrono la più el O quente prova. i ei ‘ Il presidente, dopo altri affettuosi cenni, manda alla giovane de-- relitta sposa, all’orfanello dile*to, ai genitori egregi e parenti dell’ot- timo consocio si crudelmente rapito, l’assicurazione che la Societ Romana per gli Studi Zoologici ne serberà onoratissimo e indelebil le il ricordo; e agli altri giovani naturalisti italiani additerà quale spler e dido esempio da imitarsi il bar. dott. CarLo De Fiore. Pr: La società fa suoi il rimpianto e l’elogio espressi dal presidelil ; Si passa quindi allo svolgimento delle annunciate comunicazioni «scientifiche; e prima quella del prof. Carruccio sulle diverse specie di Aquile finora prese nella provincia di Roma, con cenno sulle più notevoli possedute dal Museo Universitario. È Quindi il dott. Condorelli riferisce sull'identità specifica dell’ E chinorhynchus globocaudatus Zeder e dell’E. tuba Rudolphi, e sopra un grave caso di epistassi prodotta da puntura dell’ Hirudo sang ui suga Bergmann. SY 2 Dopo la comunicazione del dott. Condorelli, domanda la paroli il socio prof. Businelli, e dice: « Sono lieto che mi si offra l’occasione di poter accennare. bre- -vemente ad un fatto che ha stretta relazione con puallo che ora cl edi +10 = ta SUNTO DEI PROCESSI VERBALI 97 ha comunicato il socio Condorelli. — Trovandomi due anni or sono colla mia famiglia durante la stagione balnearia nella città di Seni- | gallia, frequentavo spesso la consultazione pubblica tenuta in quello Ospedale civico dal valente chirurgo primario dott. G. B. Ricci per contribuire volontariamente alle medicazioni gratuite degli ambu- «lanti poveri, occupandomi specialmente però delle malattie oculari. — Una mattina verso la fine di agosto si presentò fra i diversi pazienti una donna sana e robusta dell’età di circa 833 o 35 anni, con occhi normali, accusando un singolare incomodo alle fauci e dichiarando .che da oltre 24 ore aveva tendenza al vomito e sputi leggermente sanguigni. Interrogata sul suo genere di vita, disse che era ortolana e che non aveva mai sofferto. malattie di petto, e nemmeno epistassi. Essendo il mio amico dott. Ricci momentaneamente occupato altrove io la volli visitare. Apertale ampiamente la bocca e depressa la lin- gua con una spatola, osservai al lato sinistro dell’ ugola un corpo estraneo di colore nerastro che sporgeva di pochi millimetri sotto l’orlo libero del velo pendulo, ed aveva quasi l’aspetto d’ un coagulo di sangue venoso. Ritirata la spatola, interrogai di nuovo la donna per sapere se per caso avesse mangiato pesci spinosi od altro cibo che avesse potuto produrre nella deglutizione una qualche puntura nelle fauci; ma essa negò e non seppe dare alcuna spiegazione della causa delle sue improvvise sofferenze. Allora, senza ritardo, fatta | riaprire la bocca e tenendo depressa la lingua, introdussi una lunga pinzetta curva e con essa afferrai dolcemente quella clava nerastra, che presentò una certa elasticità 6 resistenza; ma allungandosi sotto moderata trazione mi apparve tosto quale era di fatto una sangui- suga cavallina che, ad un tratto, si staccò e potei poi conservare viva per oltre un mese in una bottiglia d’acqua di fonte. Dopo questa ‘operazione, seguita da gemizio di poche goccie di sangue, la donna sl trovò liberata dagli incomodi che da circa 80 ore aveva sofferto. Interessandomi di sapere come mai quell’ anellide avesse potuto trovarsi nella retrobocca della donna, seppi ch’essa lavorando nel- l'orto beveva talora dell’acqua da una secchia che, calata in un pozzo poco profondo, serviva ad attingere l’acqua di irrigazione delle aiuole dell’orto stesso. In tali pozzi o cisterre, che si trovano nei luoghi Bollettino della Società Romana per gli studi xoologici. 6 —6@@—— -__ ea et eee pid piatt + 980. SUNTO DEI PROCESSI VERBALI A coltivati in prossimità della spiaggia marina, vivono infatti delle mi- gnatte di questa specie (Hoemopis sanguisorba) che, come è noto fino dai tempi di Linneo venivano spesso ingoiate da animali domestici e specialmente dai cavalli, d’onde ebbero il nome di sanguisughe ca- “5 ‘ valline. 4 « Chiedo scusa agli onorevoli consoci se io, quantunque poce versato in studi zoologici, mi sono preso la libertà di trattenerli con. questa narrazione d’un fatto da me osservato per caso; ma valga a scusarmi il desiderio di contribuire con essa all’ interessante studio del socio Condorelli ». GB Quindi il prof. Carruccio fornisce ampie notizie intorno a um esemplare adulto di Pelagius monachus £, col rispettivo feto, acqui È stato in ottime condizioni pel Museo Zoologico dell’ Università Ro- mana. Questo non possedeva una Foca f di dimensioni massime | quali vengono indicate dagli autori. L’esemplare in discorso col feto provengono da Cagliari, ma furono presi nelle acque del Capo Teulada. Il prof. Carruccio invita i soci che desiderassero osservare | le due ben eseguite preparazioni a recarsi nella sala maggiore della collezione generale dei Mammiferi in cui sono esposte. é Dopo ciò la seduta è sciolta. Il Segretario Dott. M. CONDORELLI. Adunanza generale amministrativa del giorno 22 gennaio 1893. Presidente Prof. A. CARRUCCIO. Soci presenti 11. Il numero degli intervenuti non raggiungendo il terzo dei Soci! ordinari e corrispondenti, condizione richiesta, a tenore dell’ art. 18 dello Statuto, per la validità delle deliberazioni prese in adunan a generale a prima convocazione, il Presidente fa la proposta che viene. accettata, di rinviare l'adunanza, la quale viene fissata pel 29 gela naio, alle ore 9 172 a. m. Il Segretario Dott. M. CONDORELLI. ” SUNTO DEI PROCESSI VERBALI 99 Adunanza generale amministrativa del giorno 29 gennaio 1893 (2° convocazione). Presidente Prof. A. CARRUCCIO. Constatato che il numero dei presenti (12) è sufficiente per la validità dell’Adunanza in 2* convocazione, il Presidente riferisce minu- tamente intorno allo stato presente della Società, la quale benchè sorta da meno di un anno conta già 105 Soci, compresi 7 abbonati al Bol- lettino; la iniziata Biblioteca poi è già provveduta di 40 cambi e di 38 pubblicazioni donate ; riferisce pure intorno alla nascente collezione faunistica. ; La Società approva il conto consecutivo del 1° anno sociale: ‘chiusosi con avanzo di cassa di L. 57,81. Quindi si passa alla nomina di tre membri del Consiglio direttivo in sostituzione dei sorteggiati Princ. Chigi dott. Ludovico, Meli prof. Romolo e March. Lepri dott. Giuseppe; vengono riconfermati il Princ. Chigi dott. Ludovico e il prof. Romolo Meli ed eletto il March. dott. Filippo Patrizi. Il Conte Guido Falconieri di Carpegna, a nome anche di alcuni suoi amici ringrazia il Presidente, prof. A. Carruccio, di tutto quanto ha fatto per favorire l'incremento della Società. I professori Vinci- guerra e Meli si associano al voto di lode e di ringraziamento. Il - Presidente alla sua volta dichiara che sarà ben lieto di continuare a fare il meglio della Società. Vien data lettura della seguente cortese lettera scritta dall’ ill. prof. Senat. Michele Lessona della R. Univ. di Torino, al prof. A. Carruccio. | R. Accademia delle Scienze x ; 7 a Se Torino, addi 17 Gennaio 1893 di Torino Chiarissimo Signore e Collega, Il plauso della Società romana per gli Studi Zoologici mi onora e mi commuove profondamente. Ella sa che io apprezzai subito tutto il valore di questa Società ant È ” Pa de U b tac ite pi A £ d* pe ; pa » Pa PRE i È E. DO " i Le bb - eli r, sul” ade REA . va n dI h.+ l'a” = AD “a . È È pi "i x r È fe {da . tr Vi Mod do a Pe Fin at « SS SL, è sa * d oa « Peo È ee I SR A n la C “ 3h I VE nia era a 9r = So + led . e k sa IRSA ATI UCI ES RITI LIO atei sr 100 | SUNTO DEI PROCESSI VERBALI — soia Cai - appena essa venne costituita, sa che mi rallegro ora moltissimo ne ; vedere così bene compiuti i miei prevedimenti. | : el Io La prego di voler far gradire alla Società cui Ella degne mente presiede i miei ringraziamenti, e di volerli pure gradire per la sonalmente, insieme coi più caldi auguri di bene. = i Della S. V.. Dev.mo "rt MicHELE LESSONA. = 6 Al Cav. prof. ANTONIO CARRUCCIO E Presidente della Società Romana D. per gli Studii Zoologicei Ù 70 Roma $ i P . . . è . . . c . r. 200 na . Si delibera di tenere le adunanze nei giorni feriali, e, per age. È -- volare l’intervento agli Insegnanti nelle Scuole secondarie, non pr A A delle ore 3 pom. | | "0 420 bp - Il presidente rispondendo a un desiderio nuovamente espressogli % = ripete l’assicurazione che appena finiti i lavori di restauro, già De- >. nissimo avviati, nei locali del Museo, sarà messa a disposizione del sa Soci una delle stanze dove essi in talun giorno della settimana, ed È in ore da fissarsi, potranno comodamente consultare la biblioteca È sociale. e. }> ud & È Pa | Il Segretario » dì i Dott. M. CONDORELLI. DA 4 i x Sg È. Î Ri s. è i È È < sl È $ Tip. del Commercio di Carlo Mariani e C. - Via della Vite, 31. x Pa a Na a Pai Re pi ‘ i 4 r. 20 y - i "siti dd = —_ _ : è CCT SO 1893 N. IV, Ve VI Vol. II. 13,033 BOLLETTINO DELLA OCIELA: ROMANA PER GLI STUDI Z0OLOG ‘ Anno IL. - 1898 SOMMARIO. I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE : G. Positano-Spada dottor Domenico. 1. Pavesi prof. Pietro. Ascaride in- Contributo allo studio del Doehmius erostato nel guscio d’ovo gallina- i trigmocephatus Duj. (Istituto Zoolo- Mr e o Peg: 101-100 i gico della R. Univ. di Roma. Pag. 150-1 1 2. Paolucci prof. Luigî. Nuovi con- 7. Silvestri Filippo. Nuova contri- tributi all'Avifauna migratrice delle i buzione allo studio dell’ Avifanna Marche raccolti nell’ ultimo ven- Umbra . 0... +. +» 155-199 8. Falconieri di Carpegna conte Guido Sulle diverse livree dei maschi della specie Machetes pugnar, detto volgar- mente Uccello muto . .. +... +, >» 180-]SÌ] CORDE tt n» 110-125 3. Condorelli Francaviglia dott. Mario. Notizie anatomiche sul L-adypus tri- dactylus L. var. ustus Lesson (Isti- tuto Zoologico della R. Univ. di . | 9. Carrnecio prof. Antonio. Sulle di- MM n 4 lay |_Porso specie di Aquile aggiunte al 4. Arrighi-Griffoli Giacomo. Sulla FHERSR o DOG LaRIoo derit De capa di 1 # SARE duna an gi SE SP MESATA comparsa accidentale della (he/wusia ni ; DELLE ADUNANZE. . . . » 195-197 5. Alessandrini dott. Ginlio. Prime FAST i tO ioniche di cun Tragulus | IM. NUOVI DONI E CAMBI PERVENUTI # TEA: SOCIETÀ. 100.1 197-900 morto in Roma (Istituto Zoologico della R. Università) . . . . . >» 141-140 IV. Annuncio bibliografico sulla copertina. L'ufficio provvisorio per l’Amministrazione e Redazione del Bollettino trovasi nel Regio Museo Zoologico dell’ Università di Roma. Annunciansi non solo le pubblicazioni anatomo-zoologiche, che pervengono alla Società, ma anche tutte quelle di cui si ha notizia, e che possono interessare i Soci e gli Abbonati, siano italiane siano straniere. Per l'acquisto del Bollettino, rivolgersi all’ Economo della Società nel Musco Zoologico della R. Università di Roma. (CONTO CORRENTE CON LA POSTA) — — CARINA Ani | a 3 ._—. Fascicoli IV, Ve vi. = SET 30 1888 vol. IL - 1893. BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ ROMANA PER GLI STUDI ZOOLOGICI ASGRREDE INCROSTATO NEL GUSCIO D’'OVO GALLINACEO Nota del Prof. P., PAVESI ì : gia n’era avvisato Famoso per trovare il pel nell’ovo. GiustI, Il Sortilegio Ii 7 maggio a. c. mi veniva portato dalla cascina Brunori presso Pavia un ovo, deposto da gallina comune qualche giorno innanzi, che mostrava all’uno dei poli un rilievo serpentiforme da chiamar l’attenzione anche della proprietaria; e dal pollaiuolo l’ ho acquistato. | Esso aveva il peso di 63 gr. (poi alleggeritosi, come è noto per le uova fecondate). Presenta i diametri di 59/44 mill.: la forma . 0voide coi due poli arrotondati quasi lo stesso, dove il guscio è più sottile, mentre nel resto ha lo spessore di circa 0,30 mm.: il peso del guscio poco più di gr. 7 con la testacea, cioè 1 a 9 relativo alle parti interne: la superficie liscia, appena porosa, bianco sporca. Da questi caratteri convien dedurre+ch’ è un ovo normate, secondo Moquin - Tandon (1), sebbene nel suo totale peso un po’ superiore alla media di 58 gr. (2), che le statistiche francesi elevano a gr. 62.5 per ovo di gallina: un po’ corto, perchè dovreb- (1) Coasiderations sur les oeufs des ciseaua, in Revue et Mag. Zool. 2. XII. 1860, pag. 57. (2) Le mie pesature di quindici serque d’uova, in giugno e luglio, dareb- i ‘bero invece una media di gr. 667.46 per dozzina, cioè gr. 55.62 per ovo. Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici. : 7 Sa 91 nat. XX. 1877, pag. 119, nota I. ; sE: cy ie ct ip x RE Br ARS Va FS te = t rc ape E "i < SL La ieri + LO i . ni, e 2 dr RE 2 È Sen - ” d 102 P. PAVESI b’essere ovato od ovalare nella classificazione di Des Murs (1), anzi- chè ovoide, ed avere il diametro trasversale 2/3 0 meno del longi- tudinale, come pure asseriscono Parona e Grassi (2), che indicano i tipico il rapporto 60,40, mentre in questo è maggiore, cioè quasi 3/4. Sono però differenze insignificanti, tenuto conio delle variazioni, che ne offre la stessa gallina fino all’ovuccio nano, od ovum centeninum, nonchè altre parecchie di volume, forma, ecc. L’anomalia consiste dunque soltanto nel citato rilievo, il quale. principia sul grande polo (locchè risultò, avendo quì riscontra: o all’interno dell’ovo la camera d’aria, quantunque leggermente spostata) e vi fa: un primo piccolo e stretto arco od ansa chiusa, : poi una seconda più larga, aperta al lato opposto, che passa al di sopra dell’estremità e la comprende, figurando una maglietta ed insieme con la prima l’antico segno di ef 0 etcortera , quindi una terza ansa nel senso della prima, ad « aperto, più larga ancora della seconda, e si continua curva verso il ventre S dell’ovo, perdendosi più sottile nello spessore del guscio. @ L’eliotipia annessa (fig. 1), eseguita sopra negativa E : fica, chiarisce meglio pace parole, non che toglie ogni dubbio sulla esattezza della riproduzione. = «SS Lo spazio compreso fra la prima ansa è ovale a punta, lungo — mm. 5, largo 3 in massima: quello fra la seconda ansa largo 3, | in alto 4, lungo 10: quello fra la terza ansa lungo 11 e largo 9 all’apertura. La grossezza del rilievo al principio è di 1 mill., va crescendo fino alla terza ansa, dov’ è di circa 2, con l’altezza di | uno e mezzo, indi progressivamente diminuisce. La lunghezza è — di 32? mm.; ma, svolte le curve, giunge a più del doppio. Esso |. è perfettamente calcare quanto il resto del guscio, convesso, fi-° namente striato pel ESE e con alcune pieghe un po’ più sa- lienti sulla seconda cùrva. «0 La natura del rilievo, o cordoncino descritto, potrebbe far supporre che, formandosi il guscio nell’ utero dell’ovidutto, la _ secrezione inorganica siasi addizionata e disposta serpentiforme | sul grande polo per qualche casuale movimento giratorio del me- (1) Traité générale d'oologie ornithologique. Paris 1860, pag. 63. — bali (2) Sovra alcune mostruosità di uova di vana in Atti Soc. ital. GE ASCARIDE INCROSTATO NEL GUSCIO D'OVo GALLINACEO 103 tovo, nell’istessa guisa che sì ricamano i dolci con zuccaro semi- fluido. Dico sul grande polo, perchè è quello, che generalmente sta in alto nell’ utero, e può colarvisi sopra la materia calcare, mentre per la maggioranza degli autori l’ovo vien deposto col | poto acuto (1). In altri termini potrebbe supporsi che il rilievo sia pieno, formante massa col guscio, e si tratti di un caso, abbastanza . bizzarro, ma riferentesi alla terza categoria delle mostruosità di forma per sovrabbondanza di secrezione calcare, secondo il Des Murs (2): alla sesta sezione delle anomalie secondarie di Da- vaine (3), che ne cita parecchi esempi: al secondo gruppo delle an0- malie delle uova degli uccelli prima della covatura di Panum (4), verificate però in uova dal guscio assai tenue, od in quelle prive di guscio (5): finalmente al paragrafo B. allerazioni del guscio (1) Moquin-Tandon, op. cit, p. 18; Des Murs, op. cit. p. 824 e Obser- vations au sujet des considerations sur les oeufs des oiseaue de Moquin — Tandon, in Revue et Mag. Zool. 2. XII. 1860; pag. 115. (2) Traité d'ool., pag. 82. (3) Memoire str les anomalies de l’oeuf, in Compt. rend., des scances et Mém. de la Soc. de Biologie, 3. II. 1860, pag. 260, $ ILL (4) Untersuchungen itber die Entstehung der Missbildungen suntichst in Eiern der Vogel, Berlin 1860, pag. 181, $ Il, tav. VIII, fig. 1,3 e 4. (5) In Toscana dette ignude od uova col panno, che risponde all’appel- lativo francese di ceufs hardes, al maschile plurale significante è panni; anche il nome tedesco durchschlagende Eier, dato a queste uova, ha qualche | riscontro nel dialetto asolano di "na mola, o genovese di dve squagié, vale molli, squagliati, scolanti. Un po’affini per il concetto sono i nomi bolognese, . bellunese e padovano, di uova sperse, disperse, despersi; ad Ancona e a Roma diconsi ovi in pelle, talora a Como euv în pelàmm, e così a Torino sensa groia, alludendo alla pellicola testacea lasciata scoperta di guscio; par.- menti dall’aspett> cartaceo di questa pellicola deriva il nome più comune in | Lombardia di uova col cartelim (Brescia), del cartlàm o semplicemente euv cartlàm (Pavia), in carlàmm (Bergamo, laghi di Como e Lugano), ecc. Non | saprei come spiegarmi poi i nori di ewv in taré!la (Como), Gv lòdach (Mantova) | vovi in grena (Treviso), vovi de rene (Venezia), iabue (Bari), oppure apule | (Napoli), apulu od apuli (Sicilia), où ortizzu (Cagliari) e fors'altri molti. È Ringrazio tutti coloro, che gentilmente m'informarono di questi nomi, | compresa la contessina Irene Ninni, distinta folklorista e degna figlia del | rimpianto, illustre zoolozo veneziano. ] t= n ’ 3 >. d e lai 104 P. PAVESI x nelle mostruosità delle uova dì uccetti pel Taruffi (1). Anomal ie, s'intende, leggiere, e non vere mostruosità, bensi emitterie nel senso di Is. Geoffroy-Saint-Hilaire (2), creatore della teratologia ed iniziatore di quella sperimentale, ch’ebbe il suo campione nel Dareste (3). È. Ma l’ipotesi.cade ad un esame più attento. Già la figura del rilievo accenna piuttosto ad incrostazione di un verme sottostante le. Infatti, rotto l’ovo sul piano del ventre, vidi contro il guscio del polo ottuso un nematode bruniccio, nella parte inferiore dentro una semplice scanellatura, quasi libero e flaccido, più sopra in una profonda doccia, da restarvi racchiuso come in tubo calcare, al principio maggiormente fissatovi dalla lamina esterna della camera d'aria. Ho potuto quindi persuadermi che la lunghez a dell’elminto è di 72 mm., il diametro massimo di 1 circa, at =) nuato alle due ne anzi terminato in punta acutament : conica al principio, che mi si rivelò per la coda; ed il capo, si- tuato verso il ventre dell’ovo, tronco ad angoli tondeggianti, oss a con la bocca a labbra arrotondate. Evidentemente appartiene agli ascaridi del _BruppO: O) genere Heterakis, di cui abbiamo un’eccellente monografia dello Stos- sich di Trieste (4) ed alla specie H. irn/lera Rud., che, per evi- tare confusioni, seguendo Railliet e Lucet (5), chiamerò H. spicilum Rud. La forma dell’estremità codale, e la mancanza delle papille fungiformi, me la fa dichiarare una femmina. Tutti gli elmintologi, le opere dei quali ho E ] 3 segnalano dell intestino tenue del pollo, del tacchino, del gei mano, della codona e di altre anitre; aggiungono che rare cotte s'è trovata nell'albume dell’ovo. ei (1) Storia della teratologia, 2* ed., parte I, torao V, Bologna 1839, pag. 63. (2) Histoire gen. et partic. des Anomalies ou Traité de teratologie. Paris 1832, I, pag. 35. 4 (3) Recherches sur la production artificielle des monstruosités. Par 18 1877, con 16 tav. ei Gas (4) IX genere HerERARIS Dujardin, in Soc. hist. nat. eroalicài II. 1888 p. 277, tav. I-IX: H. inflera, pag. 279, fig. l e 35. 6 (5) Observations et expériences sur quelques Helminthes du srt He terakis, in Bull. Soc. ziol. de France, XVII. 1892 DET ASCARIDE INCROSTATO NEL GUSCIO D'Ovo GALLINAcEO 105 Nell’ intestino del pollo e del tacchino la riscontrarono da noi 1’ Ercolani (1), il Parona (2) e lo Stossich (3). Nell’ interno dell’ovo di gallina, per quanto si può indurre circa la specie, l’ Aldrovandi (4) in un ovo donatogli dall’ Aquapendente e, fra gli altri Gerolamo Santasofia con Jacopo Grandi (5) fino dai secoli scorsi, recentemente lo Zambelli (6); in un ovo raccolto a Carpi la descrisse il Carruccio (7), che in un secondo di Cagliari ‘rinvenne l’H. papiltosa o vesicularis Fròhl., come più frequente altrove vi penetra il Distoma ovatum Rud., proprio della borsa del Fabricio. . Nel mio caso invece l’ascaride non potè trovarsi nell’albume ed essere spinto verso la superficie, perchè esteriore alla testacea rimasta integra; ma dovette incontrare l’ovo oltrepassato 1’7s/7720 del mesometrio. Impigliato col capo dalle prime deposizioni di sostanza calcare, si sarà dibattuto un poco ed avrà finito a restar 7încrostato, come ogni sorta d’ oggetti alla cascata del Velino o del Teverone, a San Filippo od a Carlsbad, manife- standosi sul guscio con quel rilievo serpentino, che ne segue le sinuosità e ripete a perfezione la forma. Il fatto però di corpi estranei incrostati nel guscio d’ uova di uccelli non è assolutamente nuovo, e nemmeno nuovo, però contestato, quello di nematodi. (1) Medicina veterinaria. Bologna 1859, p. 353. (2) Materiali per la fiuna della Sardegna, IX. Vermi parassiti, in Boll. scient. VI. 1881, p. 17 (41); E/mintologia sarda, in Annali Mus. civ. Genova 2. IV. 1887, p. 348 (76); Vermi parassiti in animali della Liguric ia, ibid. p. 493 (13). teiLe (3) Nuova serie di elminti veneti raccolti dal conte A. P. Ninni, in Soc hist. nat. croatica, VI. 1891. p. 216 (1). (4) Monstrorum Historia, ed. postuma di MO A. Bernia, Bononiae 1642, pag. 389. (3) Sopra una serpe trovata viua in uouo fresco di gallina. Estratto di due lettere, in Giornale de Letterati per tutto l’anno 1763, Roma n. VII del 31 luglio 1763, p. 106. I (6) L'Ascaris inflera nell'album: d'ovo di i in Giorn. di Pei ‘veterin. pratica, XXIX. 1880, p. 318. (7) Sovra due casi d’inciusione di parassiti Da: in Bull. R. Ac- cad. ca Roma, XII. 1886, estr.-di p. 16. L 196 P. PAVESI- Invero Des Murs (1) ricorda il caso di Rozier, in cui fram- n- menti del dermascheletro di maggiolino erano compresi in un guscio d’ ovo di gallina; e di Moquin-Tandon, in cui il gusci io d’ ovo d’ anitra domenlior comprendeva parti di un altro grosso coleottero. Egli li spiega con la sua teoria che il guscio è tut- tora molle quando viene espulso e che perciò, l’uccello posando l’ano a terra, quegli insetti siano stati racchiusi durante la presa. Tuttavia giustissima trovo l’obiezione di Hardy (2) che, quando così fosse, altrettali fatti dovrebbero contarsi a migliaia, perchè, se non sempre l’ovo può cadere sulla testa d’un coleottero, tutti ti ì giorni ne cade su terra, su piume o briccioli d’erba, eppure non avvengono ordinariamente simili incrostazioni. La ragione sta in ciò che il guscio s’indurisce perfettamente nell’ ovidutto e la rarità delle incrostazioni misura la rapidità della solidifica- zione medesima. Bisogna quindi ammettere col Panceri (8) l’en - trata dei corpi estranei in cloaca e la loro risalita nell’ovidutto, coll’aiuto di punte o spine ricorrenti, nel mentre va secernendosi la materia calcare. 1 Riguardo alle incrostazioni di vermi, gli annali della scienza mi fanno conoscere tre antichi casi splendidi, che riproduco (fig. 2, 3 e 4). Il primo è quello d’Aldrovandi (4), il quale cenna. e figura un ovo gallinaceo, ricevuto in dono da Pietro Vuetten- dell «inventum Pisis die duodecima Februarii anno nonagesimo quarto supra sesquimillesimum, în cuius testa serpentis imag 0) cernebatur.» Il secondo è del protomedico Andrea Cleyer (3), che scrisse a Mentzel d’ aver veduto un ovo, deposto da pallinà d’ordinaria grandezza, in Batavia addi 14 settembre 1679 » exte- rius versum apicem figuram serpentis exactissimam cum om nibus corporis partibus praesentans. » Il terzo è di Gaetano (1) Traité Soli p. 91-92. SÙ (2) Oologie ornithologique, lettre à Mr. Des Murs, in Revue et Ma 7 Zool. 2. XIII. 1861, p. 59 e 61-62. - (3) Intorno ad alcune crittogame osservate nell'uovo dello struz30, è In Atti R. Accad. sc. fis. mat. Napoli, VI. 1873, estr. p. 3. (4) Ocum gallinae serpentis icone effigiatum, in op. cit, pi 387. ‘ (5) De ovo gallinaceo, cum serpentis imagine in testa, in Misc. curiosa, sive Ephem. med. phys. german. Acad., decur. II, a. I. 1632 (Norimbeg gae 1683), p. 36, observ. XVI, fig. 4. ) : ASCARIDE INCROSTATO NEL GUSCIO D'OvO GALLINACEO 107 Monti (!), quel professore di Bologna, che s’è tanto interessato anche della riproduzione delle anguille, il quale ne ricorda altri, ma ne descrive e figura specialmente uno, avuto nel 1756 dal- l’anatomico Lellio. « Eminet, dice egli, eminet enim in cortice ad oblusiorem eius faciem nitidissima effigies flexuosi anguis, ex ipsa corticis materie concreta, sine ullo tamen manifesto capite, utrimque în acumen desinens.... verus lumbricus ea- demque cum ovo quasi lapidea crusta vestitus. » Astrazion fatta dall’ improprietà dei nomi anguis e lum- bricus, perdonabile nel secolo passato, si comprende subito che quest’ultimo caso, rammentato appena dal Taruffi (2), è più che somigliante, identico a quello di cascina Brunori. I casi di Aldro- vandi e Cleyer sono citati dal Des Murs (3) e dal Davaine (4); però come il prodotto dell’ignoranza, dell'amore al maraviglioso degli scrittori antichi, sì che « une empreinte, oppone Davaine, un relief plus ou moîns contourne, devenaieni l'image d'un replile....» Io convengo che siano assurde e grossolane le interpetrazioni di questi fatti, date dall’Aldrovandi e da altri poi, che cioè quelle galline per fervida imaginazione, o per aver temuto un serpente o troppo desiderato di divorarlo, deponessero uova con segni del serpente medesimo: convengo che la figura del Cleyer, per cui il serpente avrebbe avuto testa, occhi e lingua bifida, sia in parte artifiziosa; ma dobbiamo riportarci ai tempi e non negare quanto ‘è possibile con imprudenza parimenti deplorevole dell’errore. Altro è l’interpetrazione, altri sono i fatti che Aldrovandi e Cleyer rac- contano, non soltanto possibili, confermati dalle osservazioni ulte- riori (5). (1) De ovo serpentiformi, in Comm. Bonon. se. et art. Inst. atque Acad. IV. 1757, Opusc. acad., p. 330, tav. 21. (2) Op. cit., p. 82. F (3) Traite d'ool. p. 83. (4) Op. cit. p. 252, 261-62 e nota 2 a pag. 262. (9) Pare che un caso sia stato veduto anche dal prof. C. Taruffi (op. «cit. V, p.83); ma egli rimanda alla « parte 2°, p. 16, nota 4» della sua opera, nella quale io non sono riuscito a trovare, nè dove è indicato nè altrove, de singole osservazioni. ] Avvertito poi dal prof. È: ioas che a Torino osiste un ovo simile a ei dt en Ù a ti p VT ene br ‘ 4 Na Vu è» gar. At Li - ima re di ORE 108 P. PAVESI - In tutti questi casi, io sono persuaso che il rilievo serpenti- | forme del guscio d’ovo era dovuto ad un vero e proprio nema- | tode incrostato e sottostante, come nel mio; tranne che io com =d pleto la dimostrazione con l’aver ritirato e determinato l’ascaride. Quaeritur, d'onde venue all’ovidutto ? Anche il Carruccio (i) si fece queste domande, nei casi d’inclusione di ascaridi, se cioè | siano entrati dalla cloaca nell’ovidutto per la stretta vagina, var- | cando pure l’istmo: e se siano penetrati dall’in/undiboto pel cavo peritoneale, passando da ulcere dell’intestino, sede normale del- l’Heterakis inNiexa, o viceversa perforandolo attivamente. d Per analogia, dirò che i trattatisti non sono ancora d’accordo 5 in proposito dell’ Ascaris lumbricoides L. umano, sebbene Kiicken- meister (2) e Braun (3) ammettano ambedue le spiegazioni. IS nostro Sangalli (4) sostiene con calore la perforazione attiva; | fi È quello del Monti, scrissi al prof. Camerano per averne notizie. Egli mì È risponde testè (13 giugno 1893) come infatti trovisi in quel regio. museo | un ovo di gallina con rilievo serpentiforme sul guscio; il cartellino ed il catalogo di mano del De Filippi portano anzi la seguente indicazione — « Ascaris îinfl‘xa nella membrana testacea di un uovo di gallina donato — del conte Camillo di Cavour il 27 maggio 1861. » Ha quindi uwua curiosa, — interessante storia; ma il rilievo non differisce se non per la modalità delle — inflessioni anche dal mio, stando ad nno schizzo favoritomi dal Camerano. Credo per altro un’induzione, sensata quanto vuolsi, però semplice induzione, — “ l’attribuire il rilievo proprio all’ascaride in discorso, se l’ovo conservasi | i intero. (1) Op. cit. estr. p. 11. (2) Kiickenmeister u. Ziirn, Die Parassiten des Menschen, 2° ed. an zig 1881, p. 409. J (3) Die thierischen Parasiten des Menschen, Wiirzburg 1883, p. 162. (4) Sopra alcuni punti controversi di elmintologia. Osservazioni, ino Mem. R. Ist. Lomb. CI. sc. mat. nat. XII (3. IV) 1877, p. 350-56 (2-8); Di un nuovo fatto attestante l'attitudine degli ascaridi a perforare mem brane inalterate dell'intestino, in Rend. R. Ist. Lomb. 2. XIII. 1880, p. 24 Nella prima di queste sue memorie è consultabile un'ampia bibliografia dell'argomento; aggiungasi però la Zoologia medica di Gervais e van Bene- den (1859), quella di Moquin-Tandon (1862), l'Elmintologia di Cobbold 0 (25 je ece., che ne enumerano alquanti altri esempi. 4 ASCARIDE INCROSTATO NEL GUSCIO D'OVO GALLINACEO 109 Perroncito (1) ne dubita e non ritiene attendibili gli argomenti del Sangalli: Moniez (2) la nega recisamente: altri non dicono se l’ascesso, dal quale è uscito l’ascaride, anziché a lui, fosse dovuto a diversa causa. Così anch'io non posso decidermi riguardo ad un bellissimo preparato, conservato dal 1862 nella sezione» elmintologica del museo ‘da me diretto. Vi si vedono Ascaris depressa Rud. uscenti in parte dall’ intestino d’ un gufo reale; i fori però sono molto grandi in confronto del verme ed hanno margini irre- golari, onde la soluzione di continuità potrebbe ritenersi ante- riore all’egresso del verme. Nel caso delle incrostazioni sopra descritte, è più probabile che l’ascaride sia rimontata dalla cloaca: ma, ripeto, in quello almeno di cascina Brunori, ciò dev’essere avvenuto quando l’ovo er. nell’utero già vestito della testacea. Se fosse entrato dall’in- fundibolo, discendendo per l’ovidutto, non avrebbe potuto incon- trare quest'ovo che assai dopo il suo distacco dal calice, col rischio di farsi includere nel tuorlo o nell’albume di un altro ovo. successivo. . Viene in fine per tal modo escluso che il guscio sia una differenziazione della membrana vitulina, sostenuta anche dal Des Murs (3), oltre che dagli autori «allegati dal Cattaneo (4); riprovato al contrario, col professore di Genova, che il guscio è una neoformazione dell’ovidutto. (1) Z parassiti dell’uomo e degli animali wtili, Milano 1882, p. 299. Della polemica fra il professore di Torino e quello di Pavia non è quì il luogo di occuparsi. (2) Les parassites de l'homme, Paris 1389, p. 154. (3) Theoria sur la formation de la crquille dans l'oeuf des oiseaur, in. Revue et Mag. Zool. 2. XIIT. 1861, p. 434. (4) Intorno ad un caso singolare di ovum in ovo, in Atti Soc. ital. sc. nat, XXII. 1879, p. 75-78. NUOVI CONTRIBUTI ALL'AVIFAUNA MIGRATRICE DELLE MARCHE RACCOLTI NELL'ULTIMO VENTENN!0 dal Prof. LUIGI PAOLUCCI Comunicazioni alla Società Romana per gli Studi Zoologici k Migrazioni regolari diurne. 1. LA POJANA (Pojana).(1) Denominazioni sistematiche: Falco vulgaris L., Buteo vulgaris Leach. Distribuzione geografica: La più gran parte d'Europa, l'Asia central» fino all'Imalaja, parti dell’Africa settentrionale. È di passaggio erratico nell’ottobre e nel marzo, volando quasi sempre senza direzione prestabilita e per lo più a poca — altezza dal suolo, o fra le alberate o lungo le spiagge, sempre — intenta alle sue catture. Non so quali venti ne favoriscano l’in- È tervento in questa Regione, nè mai la vidi in truppe come avviene È nel settentrione. Appare anche d’inverno in occasione di forti rigori climatici. | 2. Lo SPARVIERE (Sparviero). Denom. sistem: Falco Nisus L, Accipiter nisus Pall. Sparvius nisus | Vieill, Nisus communis Brehm. pri Distrib. geogr.: In tutta Europa, in gran parte dell’Asia centrale, pre! È Indie orientali, raramente nell’A frica settentrionale. » Ne ho notato il passaggio di marzo dal S-E verso N, a sensibile altezza, e in autunno nell’ottobre dal N per migrazione pi transadriatica. Appare pure erratico in inverno in occasione di È nevicate. È (!') Il nome entro parentesi è quello vernacolo usato in Ancona. NUOVI CONTRIBUTI ALL'AVIFAUNA ECC. ]ll 3. IL LopoLaJo (Falchetto). Denom. sistem.: Falco subbuteo L., Hypotriorchis subbuteo Brehm Distrib. geogr.: Dalla Svezia settentrionale lungo tutta l'Europa cen- trale ed occidentale, nelle Indie orientali e nelle steppe dell’Ural, raramente nell'Africa settentrionale. Si osserva costartemente nel passaggio primaverile di aprile e maggio, diretto dal S-E e N-0, migrante con volo veloce, basso, lungo le spiaggie. Non l’ho mai notato nella migrazione autunnale. 4. LA BARLETTA (Fa/chetto cenerino). Denom. sistem.: Falco vespertinus L., Falco erythropus Raf., Cerchneis vespertinus Gigl. Distrib. geogr.: Il sud d'Europa, l'Asia centrale fino alle Indie, l'Africa settentrionale. 5. IL GHEPPIO (Falchetto rosso). Denom. sistem.: Falco Tinnunculus L., Tinnunculus alandarius G. R., Gray, Cerchneis tinnunculus Gigl. Distrib. geogr.: Dalla Lapponia alla Spagna meridionale, dall'Ancur alle coste occidentali d'Europa. Ho riunite insieme queste due specie, perchè insieme arri- vano regolarmente nel passo primaverile di aprile e maggio, con vento tiepido di Scirocco, migranti lungo le spiaggie o fra i colli, sovente in compagnia di parecchi individui, nella direzione litto- ranea del N-O, dalle più alte ore antimeridiane all’annottare. Non li ho mai visti nella migrazione autunnale. 6. IL GRILLAJO (Fa/chetto macchiato). Denom. sistem.: Falco cenchris K., Faleo tinnunculoides Nett. in Savi, Cerchneis cenchris, Naum, Cerchneis Naumanni Fleisch, Tinnun- culus cenchris Brehm. Distrib. geogr: La Spagna, l'Italia, la Grecia, la Russia meridionale. E migratore nel nostro littorale in maggio come le due specie precedenti, sebbene più raro. Parmi degna di nota la constata- i 112 LUIGI PAOLUCCI zione da me fatta che questa specie nidifichi nelle roccie del Monte. ; Conero, che s’ergono a picco (metri 572 s. m.) dal mare. Da | molti anni ve l'osservo sedentaria e ne posseggo una femmina. giovane da me colà uccisa nell’agosto del 1880, accertata dal Prof. Salvadori e perciò sicuramente distinta dal Gheppio, che io credeva dapprima fosse il rapace abitatore del Conero. 7. IL FALCO DI PADULE (Falco testa caffè). Denom. sistem. Falco aeruginosus L., Circus aeruginosus Lavign,. Circus rufus Vieill. Distrib geogr.: In tutta l'Europa e l'Asia temperata fino alle Indie, di nell'Africa settentrionale e forse altrove. Tutti gli anni si nota il passaggio ae di questa spe- cie in aprile e maggio, nei giorni calmi e caldi con vento di S-E. Va talora in frotte di parecchi individui, volando tra gli alberi o radente terra, sempre in cerca di preda. Non l’ho mai avver- tito qui nè in autunno, nè in inverno. Aggiungo in appendice a questa specie le Albanelle, di cui nelle collezioni ornitologiche di questo R. Istituto esistono 3 esem- plari (Circus cyaneus Boje, Circus Swaiînsoni Sm.) accertatimi dal Prof. Salvadori, e noto che mentre esse erano piuttosto co- muni nella migrazione primaverite in passato, da circa 8 anni non ne ho più viste. 8. IL GUFO DI PADULE (Gufo). Denom. sistem.: Strix brachyotus Gm., Otus brachyotus Boje. Distrib. geogr: Quasi tutto il mondo, eccettuata l'Australia. La migrazione caratteristica di questa specie comume, osser- vasi fra noi nei giorni caliginosi e caldi di aprile e maggio, spe- cialmente se spira S-E. S’incontrano allora talvolta accompagnati, aleggiare silenziosi fra gli alberi o spiegare anche il passo verso N, a sensibile altezza, per lo più nel pomeriggio. Tempo fa incontravasi sovente nei nostri colli anche il Gufo. comune (Otus vulgaris Hemm.) che sembra da qualche anno | addivenuto assai raro. eritrea da Pad e PERE ae pi i Pro pi M 4 bold e Pai" ®. da NUOVI CONTRIBUTI ALL'AVIFAUNA ECC. 118 9. LA GHIANDAJA MARINA (Gaggia marina). Denom. sistem.: Coracias garrula L. Distrib. geogr.: Tutta l'Europa dalla Svezia a Malta, la Barberia, il Sevegal, la Siria, l'Armenia, la Georgia, la regione Caspica, l'Altaì, le Indie orientali al nord-ovest. Comparisce, ma sempre rara, nelle belle e calde giornate della fine d’aprile o di maggio, migrando erratica dal S-E, a piccoli voli. Non so dire con sicurezza se tenga una direzione costante. Mai la vidi in autunno. 10. IL GRUCCIONE (Grdaolo, (1) Guaraguasto). Denom. sistem.: Merops apiaster L. Distrib. geogr.: L'Europa meridionale, tutta l'Africa fino al Capo (Varllant), l'Asia minore, la Palestina, il Paschmir, (Adams), la Cina. La principale migrazione di questo bellissimo uccello si nota ira noi nelle giornate serene di maggio e giugno, in cui spiri lieve O o NO. Allora, come ottimamente nota anche il Conte di Carpegna, più che tu lo veda lo senti, poichè passa general- mente in grandi compagnie altissime e instancabili nel ripetere il rauco cro cro che loro diede il nome. Li vidi partire dalla riva per la traversata fransadriatica diretti al N-E. In un caso li osservai soflermati in un albero. Raro e per lo più erratico ne è il passaggio autunnale. 11. IL RONDONE (Rondone). Denom. sistem.: Hirundo Apus L., Cypselus apus Ill., Cypselus mu- rarias Tem. Distrib. geogr.: Tutt'Europa dalla Norvegia alla Spagna, l'Asia cen- trale fino alle Indie (Jerdon), l'Africa dall'Egitto al Capo. Sono fra noi, come nel resto d’Italia, regolarissime l’immi- grazione e l’emigrazione di questa specie. La prima si compie (1) Si noti che il nyme vernacolo Grdolo viere dato nelle Marche anche all’Oriolo. 114 LUIGI PAOLUCCI in aprile e maggio: passano in gran copia lungo la costa nei. giorni in cui spiri dolce il N-0 o 1’0, con volo regolare assai veloce, piuttosto alti dal suolo, ora soli ora in rade compagnie, — diretti per il littorale al N-O. La seconda accade negli ultimi 2 o 3 giorni di luglio, quando abbandonano i nidi. Rari sono quellì | che ci arrivano dal N-O in agosto. Non li vidi mai, in arrivo dali sud o in partenza, battere la via fransadriatica . : Non sono riuscito fin quì a darmi una ragione biologica del fatto da tanti osservato, di quelle riunioni compatte e schiamaz- — zanti che i rondoni costumano fare specialmente dopo il mezzodi — fino all’annottare nei luoghi ove nidificano, e a cui prendono parte prima i soli padri, più tardi questi e i nidiaci. E tanto più | il fenomeno è degno di nota, in quanto giammai i rondoni migrano s a branco stipato. Pensai che siffatti voli avessero per iscopo di facilitare la caccia delli insetti, ma tale ipotesi non parmi atten- dibile. A Ricordo qui anche il Rondone marino (Cypsetus metba Vieilt.) raro sempre, ma del quale ogni anno vedesi in primavera qual- che rappresentante, o solo o in scarsa compagnia, al tempu e nel modo stesso del Rondone comune. pi 12. IL BALESTRUCCIO (Rondine bianca) . Denom. sist.: Hirundo urbica L., Chelidon urbica ‘Boje. A Distrib. geogr.: lo tutt'Europa ST al settentrione, dalla Siberia al- l'Asia meridionale, dal nord al centro dell'Africa. do. Arrivano e passano da noi i Balgsiagtei nelle giornate tie- | pide con brezza da O o N-0 in aprile e maggio, a turbe rade è — un po’ disordinate, a sensibile altezza dal suolo, non rar amente È svagate dalla caccia che dànno agli insetti. Se piove, radono anch'essi il terreno come la specie seguente. 3 Quelli che restano fra noi a nidificare, e sono in assai mago È gior numero della così detta Rondine comune, si accin gono allegl emigrazione in settembre e anche ai primi di ottobre. Allora, come è noto, si riuniscono prima della partenza in congreghe numerosis- — sime, le quali d’ un tratto, quasi fossero ubbidienti a 1 comando di | qualche loro condottiero, staccano tutt’insieme ia marcia preci- pitosa verso il sud. Ma mi piace confermare un fatto gia notato Ù NUOVI CONTRIBUTI ALL'AVIFAUNA ECC. 115 (Brehm) e constatato anche da me, che tali partenze si effettuano sovente poco dopo il tramonto, per cui la prima parte almeno del viaggio di ritorno al sud deve compiersi di notte. Ciò del resto non deve sorprendere se si pensa che lo stesso istinto di vita. notturna spinge i Rondoni (come più volte notai in Ancona) a passare nell'alto del cielo le calde notti di luglio e rende asso- lutamente notturno un loro cugino, il Caprimu]go. Ritengo inoltre che siffatti sciami, partendo da paesi settentrionali, si ingrossino nel loro percorso verso il sud, così da formare delle colonne in- numerevoli che, tenendo la linea littoranea, talvolta impiegano giornate intere pel loro passaggio in un paese, quasi senza in- terruzione aleuna. Ho registrato tale fenomeno in Ancona nel 1885, il giorno 23 settembre, con cielo sereno e vento da O (di fianco) molto sensibile, e nel 1887 il giorno 1 ottobre con cielo varia- bile e vento da S-E (di petto). 13. LA RONDINE COMUNE (Rondine rossa, Rondine dalla for- chetta). Denom. sistem. : Hirundo rustica L. Distrib. geogr.: In tutta Europa fin verso il circolo polare, in Af- frica fino oltre i'Equatore, nelle Indie oriantali fino a Ceylan. Ho potuto con esattezza notare la differenza tra le due mi- grazioni di questa specie, tanto abbondante fra noi nel passo, quanto scarsa, anzi rara nidificatrice. In ambi i passaggi non compiono mai le Rondini la traversata Adriatica: quello prima- verile è rigorosamente littoraneo, l’altro autunnale piuttosto /er- raneo. Difatti nel passo di primavera che si annuncia colle avan- guardie verso la metà di marzo e termina col finire di maggio, arrivano le rondini e trascorrono veloci lungo le spiaggie, radenti il suolo e anche le acque marine adiacenti, in turbe numerose (mai in veri branchi come vien detto specialmente per l’Italia meridionale) dal S-E al N-O. Siffatto passaggio è decisamente fa- vorito dalle brezze di O e di N-O. Nel ripasso invece che si ef- fettua in settembre fino ai primi giorni d'ottobre, senza paragone più scarso del passaggio primaverile, noi vediamo a preferenza le Rondini rosse entro terra, lungo le vallate e fra i colli, piut- 116 LUIGI PAOLUCCI i tosto vaganti a certa altezza dal suolo, che continuatamente mi .granti » 1889: Febbraio — — dominio del N-0 freddo, nevi, nessun pass. > » » Marzo 1 vento di S-0 tiepido, cielo mezzo coperto. E» Ve ® 11 » >» S-E tiepido. SE» » » 22 » >» S-0 temporali. » » Aprilel a 15 » >» S-O tiepido dominante. — >» 1890: Febbraio 20. » >» S-E tiepido. o» wi 22 » . » S-E tiepido, che prec. gran piog. 120 Anno 1890: Febbraio 27 » » » » » » » » » 1892: Febbraio » » » Migrazioni autunnali 0 transadrialiche (da N e N-E a SI Marzo » » » 17 23 Anno 1888: Ottobre 24 » Novembre 9 » » 18 1889: Ottobre 12 DE » 25 » Novembre 10 » » Pa: » » 183) » » 16 » » 18 SORTE INTRO PRE | PRE IROVIIi SR bi rt Ù LUIGI PAOLUCCI x vento di E tiepido, pioggia. CA » >» freddo, neve, passaggio del ri torno dal N-0. G » >» S-E tiepido. i vi » >» S-S-E ticpido, cielo variabile. » >» S-E sensibile, tiepido. calma, nebbia. vento di E-N-E, pioggia. calma aria tiepida. vento di S-E tiepido. » calma, aria tiepida. vento di S-O, sereno. » » vento di N, sereno. » » » » » E-S-E, sereno. » E-S-E tiepido, cielo variabile. » S tiepido, cielo variabile. » S-E ticpilo, cielo variabile. — » S tiepido, cielo variabile. » S-O tempesta 3 giorni dopo. » S-S-E nuvolo. ‘d n» » N-N-0 pass. di ritorno dal N° 0) » S-E tiepido, cielo variabile. — » S-E tiepido, cielo nuvolo. » N-N-0 tiepido, nebbioso. » N-N-0 tiepido, pioggia. » S-E temporali. » N-N-0 il giorno dopo tempesta » N freddo. pass. di rit. dal N-6 0 X SG a N, xa "dl » S-0 pioggia. È » S-O pioggia. va » N-N-0 freddo, nuvolo. » N-0 sereno. » E-S-E pioggia. » N-0 cielo variabile. » N-N-0 sereno. » E pioggia. » E-N-E cielo variabile. » N-N-0 freddo, sereno. NUOVI CONTRIBUTI ALL'AVIFAUNA ECC. 121 Anîo 1890: Ottobre 9 vento di N sereno-variabile. » » » 12 » » O sereno. » » » 15 calma, nuvolo. » » Novembre 2 pioggia dirotta. » 1891: Ottobre 15 calma, nuvolo. » » .» 16 vento di N-0, sereno. » » » 17. calma, nebbia. » » » 23 vento di N-N-0, cielo variabile. » » » 24 » >» S-E tiep. pass. di rit. dal S-E. Pi *» » 27 » >» E-N-E pioggia dirotta. » » » 29 » >» E-N-E tempesta. » 1892: » 14 » =» S-E sensibile variabile. » » » 21 » >» E-S-E pioggie. » » » Ra » >» O freddo, sereno. » » » 28 » » N-N-E sereno. » » » 30 » =» E-S-E cielo variabile. » » Novenibre 5 » >» 0-N-0, nebbia. » » » 18. pioggia dirotta, passaggio accindentale notturno. . Dalle notazioni surriferite rimarrebbe pertanto confermato given segue sulle migrazioni delle Allodole, e che può applicarsi, come vedremo, ad altre specie migratrici delle stesse epoche. #s 1. La migrazione primaverile si compie dalla seconda quin- È dicina di febbraio alla prima quindicina di aprile, quella autun- * —<@ AT vo re in ottobre e novembre. _ 2. I venti più favorevoli per la migrazione primaverile sono ; quetli tiepidi, del S-O e del S-E. Esempi: 17, 20°, 22, 23, 24 feb- va braio, 1, 2, 7, 8,9, 10, 11°, 14°, 15, 18, 22, 23, 25, 27, 28, 30 marzo (nel quinquennio 1888-92). Coi venti di N-E in tempo stabile e 3 buono, il passaggio primaverile è assolutamente soppresso. | In tale migrazione nuvi vediamo le Allodole arrivarci dal lit- torale meridionale a brevi tappe lungo le spiagge se l’aria è Cina, veloci verso il nord-ovest se spira vento sensibile. ° 5. I venti più favorevoli per la migrazione autunnale sono quelli piuttosto freddi da O, N-0, 0 attorno a E. Esempi: 9, 12, 14, 0” 16, 17, 23°, 24, 25, 27, 28, 29 ottobre, 3, 9, 10, 15, 16, 182, 20 3 x. na novembre (nel detto quinquennio). Nella migrazione autunnale le Lodole ci giungono dall’Adria- tico e valicano le insenature dei colli costieri o entrano nei ba- 53 Re P- Pa y » x. -_ 0) b; L'ad 122 LUIGI PAOLUCCI cini fluviali. Così è p. e. che arrivano in gran numero nella val lata del fiume 0000) dove se ne fanno stragi colle reti (la. sola caccia del M. T. Honorati nel ventennio 1865-85 ci dà una medi i annua di allodole 2682? nell’ ottobre) (1) mentre lungo le spiag vie è raro il caso di caccie considerevoli come quelle primaverili. l. Le condizioni atmosferiche e il dominio di certi venti p 0s- sono în una data località accelerare il passo 0 ritardarlo. Esem- pio: Il dominio del vento di N-O con nevi sopprime la mig "a- zione del febbraio 1889, rende scarsa quella di marzo, per cui si hanno i grandi passaggi nella prima quindicina di aprile. 3 5. Il giorno che precede una burrasca 0 una forte pioggia 0. quello stesso, sia în primavera, siu în autunno, risponde ad un forte passaggio anche con venti che sarebbero sfavorevoli alla migrazione in tempi normali. Esempi: 22 febbraio 1890 (che pre- cede gran pioggia), 4 marzo 1891 (con vento sfavorevole di E- NE vi ma con pioggia), 80 marzo 1891 (con venti di Se S-E che prece- dono tempesta), 27, 28 febbraio 1892 (con vento sfavorevole d* N-N-0, ma con nebbie e piogge), 26, 27 marzo 1892 (con pioggie), 12 ottobr& 1889 (con vento di E-S-E e pioggia), 12 novembre 188 ) (con pioggia da E), 2 novembre 1891 (cop pioggie), 27, 29 otto bre 1891 (con pioggie tempestose), 21 ottobre 1892 (con vento d di E-S-E ma con pioggie). a 6. Si hanno passaggi di ritorno, calate 0 rimonti, allorché freddi improvrisi di primavera fanno retrocedere verso il sud gl immigrati al nord, 0 caldi tardivi d'autunno fanno risalire al nord quelli discesi già nelle terre meridionali. Esempi: 2,3 marzo 1890 si ha freddo dal nord con neve e rica/o; lo stesso avviene il 21 febbraio 1892 con vento di N-N-O, il 16 marzo dello stesso anno con vento freddo da N. Il contrario accade il 24 ottobre 1891, in cui spirando S-E tiepido, si ha un riîmonto. È . Tenuto conto della direzione normale che sieguono fra noi le peas migratrici, puo dirsi în generale che esse scelponiag venti normali a tale direzione (venti di fianco), 0 anche vici alla direzione stessa (venti în coda) se insensibiti. Vale a dire pei la direzione primaverile da sud-est, il S-O anche forte. (angolo di d 90°) e lo stesso S-E purchè insensibile, per la direzione autunnal (1) Cfr. E. H. Giglioli - Op. cit. vol. IV pag. 476. - NUOVI CONTRIBUTI ALL'AVIFAUNA ECC. 123 da nord o da nord-est, il N-0 o li attorno (angolo di 90° su N-E, lE o lì attorno (angolo di 90° su N). 8. Zn occasione di forti burrasche, pioggie, vento, senza 3 chiaro di luna, può avvertirsi anche il passaggio notturno delle | Allodole. Tale caso, riconoscibile dalle grida caratteristiche della ; specie, si avverò la notte del 18 novembre 1892 e lo ricordo varie . altre volte quì in Ancona. Viene confermato dal fatto di catture notturne delle Lodole nel faro di questa città e dal trovarsi, dopo le stesse circostanze meteoriche, individui morti lungo le linee | telegrafiche delle nostre spiaggie, per aver battuto di notte contro i fili. BEE elettricità atmosferica influisce nella migrazione ar- | restandota. Tutti i cacciatoti sanno e confermano che non s° in- contra alcun uccello migratore, quando abbia lampeggiato nella . notte precedente. » R 21. La TOTTAVILLA (Lodolino). * Denom. sistem.: Alzuda arborea L., Alauda nemorosa Gml., Lullula. fe- arborea Kaup., Chorys arborea Brehm. È Distrib. geogr.: L' Europa centrale e merid., l’Affrica settentr, gran : parte dell'Asia centrale fino al Kamsciatka. d- ” « —Ll Lodolini compiono come le comuni Allodole la migrazione pi q s& | primaverile 7i//oranea che si effettua in febbraio e marzo, quella "autunnale #ransadriatica che ha luogo in ottobre. Sempre in “numero scarso, vanno tanto isolati quanto a branchetti, a piccole tappe e pascolanti nei sodi in primavera, veloci invece verso la “montagna in autunno. (Vedi questa specie nelle comparse in- fia LA CAPPELLACCIA. (Lodota cappelluta). Denom. sistem,: Alauda cristata L., Galerita cristata Boie. Distrib. geogr: Tutt' Europa, tutta l’ Asia centrale e merid., gran parte dell'Africa. — 124 LUIGI PAOLUCCI tava la migrazione autunnale nella seconda quindicina di settem- bre e nella prima di ottobre. Non ho invero ben capito mai d’onde allora ci venissero le Cappellaccie che in piccole compagnie svo- lazzano nelle nostre campagne: certo non potevano essere tutte! figlie delle coppie qui nidificanti. Da noi non se n’ è mai vista la. migrazione primaverile da qualcuno in altri paesi avvertite. (Vedi | comparse invernali). $ 23. LA CALANDRELLA ( Ster/acchina di maggio). È Denom. sistem.: Alauda calandrella Bon., Alauda arenaria Vieill.,. Alauda brachydactyla Leisl.,, Calandrella brachydactyla Kaup. Distrib. geogr.: L'Europa meridionale, l'Asia centrale, l’ Africa set= tentrionale. ; Noto il passaggio primaverile, il solo che noi abbiam» di questa specie. È Arriva per migrazione lifforanea dal sud-est in aprile e an- che in maggio, solitaria o in piccol compagnie, dirette frettolosa- I mente verso il nord-ovest. Accidentalmente appare nelle nostre spiaggie la sua cugina, la grossa Calandra (Melanocorypha calandra Boie). 21. Lo STRILLOZZO (Strillo). Denom. sistem Emberiza miliaria L., Miliaria europaea Sws., Cynchra- mus miliarius Bp., Miliaria valida Brehm, Miliaria Projer 6. Mill. e < Distrib. geog.: In quasi tutt'Europa dalla Svezia, nell'Africa settentr., nelle isole Canarie. È ped Sebbene ritenga che anche lo Strillozzo sia di passaggio fra _ noi in primavera e in autunno, pure nulla ho potuto notare im i proposito, poichè gYindividui migranti si confondono con quelli — sedentarì, sparsi tutto l’anno nelle nostre campagne. di Accenna invece ad una specie di migrazione locale che gli Strillozzi compiono sul M. Conero ogni sera (eccettuata la si gione dei nidi), ove volano a passare la notte in stormi innume- revoli, per discenderne all’alba del giorno dopo. Fin dove si esten- | dano entro terra in queste loro diuturne escursioni non so. Ap- La , Scr à. narnt Vee 6 bb noe <> TLT e A P N ite iL i 0) ire IT e Pe av < v Ph, “pa o . Ue] Pe 1 è ; 3 BA _ > DS e s L= | CS QRL 3 | SR - ri $ Bd & a e>, | (Si o) Sr —a GPS ($) iù cei N Q = x 3 « S So i VA Ss ID [Zoni . (©) (; ile 00 7.00 8. Lunghezza dell’arto anteriore. . . . . . .cm. 47.00 alpp@nagnozio del braccio: Ri CM 17.50. . D) Id. ueibandibracetota oe em.45,50 C) Id. denasmenaa cn a Cni: 14.00 di cui cm. 8 appartengono agli unghioni. 9. Lunghezza dell’arto posteriore. . . . . . . cm. 30.00 a) Lunghezza della coscia. . . . .. . . cem. 10.50 D) Id. della-pambat= Posse at a em 10:00 Cc) Id. uel'gledente O n € SI di cui cm. 6 appartengono agli unghioni. Testa rotonda come palla, fornita di peli setolosi bruno-gri- giastri; faccia nera prominente e nuda; naso depresso e un po’ rivolto in su con orifizì esterni circolari e setto molto spesso. Fronte fuggente coperta di peli bianchi, che formano una striscia estendentesi alle regioni nasale e zigomatica. Occhi pic- coli senza pupilla visibile e di aspetto stupido, circondati da una zona bruno-grigiastra molto estesa agli angoli palpebrali esterni. Pelame ruvido secco ed ispido, di colorazione quasi uniforme variante dal grigio-bruno al b'anco-sporco con una grossa mac- «chia bianco-ziallastra di forma rotondeggiante fra le spalle, che NONE it ì +X La” x \ 128 MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA misura un diametro di cm. 12, ed è costituita di peli aridi e molto corti, che sembrano bruciati. Una striscia longitudinale, lunga cm. 22 e larga 2, nera in avanti e bruno-grigiastra po- | steriormente, si osserva sulla linea mediana del dorso, ed attra- versa la sopraddetta macchia a cominciare dal suo margine an- È teriore. Clavicole rudimentali; nove vertebre cervicali; tre dita. tanto ai piedi anteriori quanto ai posteriori, fornite di unghie gialle, lunghe, robuste, falciformi e lateralmente depresse. | Del Bradypus tridactylus L. esistono parecchie varietà, tali son quelle che vanno coi nomi di Bradipo senza macchia, Bra- i : dipo a faccia gialla, Bradipo bigio di madreperla uniforme, Bradipo a dorso bruciato e Bradipo dal collare. Queste due ultime varietà sono state elevate a specie, ed hanno ricevuto ib nome di Bradypus ustus Lesson l’una, e Bradypus collaris Des il È maret l’altra. Io non credv che il Bradypus ustus si possa ele- vare a specie, lo ritengo invece col Temminck una varietà del È Bradypus tridactylus L., risultante da questo che i lunghi peli delle spalle sono logorati per la confricazione del dorso contro i rami degli alberi, e per il piccolo portato dalla madre sul dorso, e che, oltre a strappare dei peli, sciupa il rimanente pelame di quella regione mediante l’urina che vi sparge. B Il B. collaris, detto anche B. lorquatus Geoff, è una specie fortemente distinta, oltre che per la presenza del codtare nero, anche per la speciale struttura ossea della testa e per la presenza di otto vertebre cervicali invece di nove. > In una serie di comunicazioni successive mi propongo d’ il- | lustrare i singoli sistemi anatomici; per adesso mi limito alla — descrizione macroscopica dell’apparecchio digerente. = * <- * * APPARECCHIO DIGERENTE. L’apparato digerente non è meno singolare che il resto della. | conformazione del corpo. Intestino anteriore. — La bocca è divisa dalle incompleti | arcate dentarie in un piccolo vestibolo e in un cavo orale rela- tivamente ampio; il vestibulum oris però, per la mancanza degli — incisivi e dei canini in avanti, è quasi nullo. La rima orale, NOTIZIE ANATOMICHE SUL BRADYPUS TRIDACTYLUS L. 129 lunga cm. 3.5, è limitata da due nere e sottili labbra sfornite di peli, e sull’orlo delle quali la cute si continua colla mucosa dell'apparato digerente pigliando una colorazione rosso-bruna. Le labbra godono nel Bradypus di una sufficiente mobilità, cosa che rende molto facile la prensione delle foglie, delle quali l’ani- male si alimenta. La mucosa labbiale si prolunga liscia sulla superficie interna delle guancie; si gitta sulla superficie anteriore dei processi alveolari delle mascelle, e si conduce alla faccia posteriore in avanti direttamente ricoprendo del tutto i margini liberi dei mascellari, mancanti, come abbiamo notato, d’ incisivi e canini, e ai lati passando nello spazio interposto fra due mo- lari successivi, i quali pertanto restano provvisti di gengive. Sul palato duro la mucosa è molto spessa, aderente al periostio, e solcata da leggiere, corte e poche rughe trasversali. Nel limite tra il cavo orale e il faringe notasi ad entrambi i lati, in mezzo a due pliche mucose poco manifeste, che stanno a rappresentare un palato molle assai incompleto, un corpicciolo della forma e dimensione di un granulo di canape: è la fonsi//a. Le arcate dentarie, come ho detto sopra, sono incomplete in avanti per la mancanza di incisivi e di canini; vi sono soltanto 16 molari, distribuiti ugualmente nelle mascelle superiori e nella mandibola, si ha quindi la seguente formula dentaria : Inc. 3, Can. +, Mol. 74 = 16 / I denti, lunghi in media mm. 15 e spessi mm. 3, hanno la forma di cilindri ossei inviluppati da uno strato di cemento nero non assottigliato alle due estremità; sono semplici, formati cioè da radice e corona indivise, che si continuano l’una parte nel- l’altra senza l’intermediario del colletto. La radice è aperta alla sua estremità; i denti pertanto sono a crescita permanente. La corona porta alla superficie una profonda fossetta, limi- tata da un bordo con tre rilievi o punte subconiche più o meno | elevati ed irregolari; è da osservare che nell’ultimo paio di mo- lari inferiori si hanno invece di tre quattro rilievi, che il primo paio di molari superiori ha una delle tre punte, la laterale esterna, molto sviluppata, e che il primo paio dei molari inferiori, avendo 130 MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA ATA la corona tagliata a scalpello dall’avanti alli digit è di aspetti to incisiviforme. d La serie dentaria del mascellare pa incomincia col più grande di tutti di forma triquetra; il secondo è meno robusto. del precedente, il terzo è il più piccolo, il quarto uguale al se- condo, dal quale differisce perch’esso ha la radice un pò ricurva. anteriormente, ed offre una superficie trasversale di taglio qua». drilatera. - Nel mascellare inferiore il primo molare differisce molto dagli altri perchè compresso dall’avanti all’indietro, per l’aspetto d’incisivo e per la curvatura della radice a concavità. posteriore; il secondo è più piccolo del precedente ed uguale al terzo; il quarto è il più grande, ha la corona con quattro punte, e la superficie trasversale di taglio differisce da quella degli altri perchè di forma romboidale e non triangolare. - Gli alvenlg sono molto ampi relativamente ai denti, i quali pertanto, durante la macerazione, si staccano dalla loro sede e cadono liberi ino mezzo all’acqua. n A questo punto cade acconcio ricordare come non tutti gui autori sono d’accordo nello stabilire il numero dei denti nelle | specie appartenenti alla fam. Bradypoda. Nel Brehm (1), ad esempio, leggesi che la dentizione è for mata da cinque paia di molari cilindrici in ciascuna mascella, il primo dei quali qualche volta assume la forma di canino, e che spesso sì hanno quatti 0° denti nella mascella inferiore; per cui si ha, come formula dentariar Inc. T; Can. 2 7! Mol. == => = 20 oppure: 0 0 5_-5 bai Secondo lo Chenu (2) il essn ne denti è costantemente 18, e ) DOSEOAE essere 0 CA molari 3 — (gen. Bradypus), oppure « a nini | — ce molari È SS =; (gen. Vus e i aigaco si ha la for- dr nuda (1) Brehm - Mammiferes - Pag. 245. _ (2) Chenu - Mammiferes - Pag. 217. NOTIZIE ANATOMICHE SUL BRADYPUS TRIDACTYLUS L. 131 Inc. La Can. © » Mol. amidi = 18(gen. Bradypus) | oppure: Inc. 7: Can. =; ti , Mol. È — 18 (gen. Choloepus) Anche l’Owen (1), al pari che lo Chenu, ritiene costantemente 18 il numero dei denti, ma con questo di differenza che per lui son tutti molari, malgrado che il primo paio dei superiori ed infe-- riori piglino nel gen. Choloepus l'aspetto caniniforme; e così ci dà la seguente formula: 0 0 e Inc. CA Can. i Mol. = RR CE In questo teschio di Bradypus tridactylus var. ustus, che ho l’onore di presentare a voi, signori Consoci, si osserva con assai evidenza che vi hanno soltanto 16 molari, distribuiti in nu- mero di $ per ciascuna arcata dentaria; gli alveoli sono pur essi 16, quindi non si può nemmeno sospettare un errore avvenuto. nell’enumerazione per dispersione di due denti. Inoltre, trattandosi di un esemplare adulto, non si può pensare ad ulteriore sviluppo di essi, cosa d’altronde impossibile nel caso in specie per il fatto. che l’ultimo molare è impiantato all’estremo confine del processo alveolare. «Sono d’accordo colla maggioranza dei cultori di Anatomia comparata, i quali nella Fam. Bradypoda ritengono come tipica la dentatura che consta di 18 denti; ma se questa è la norma, riconosciuta dal Cuvier, dallo Chenu, dall’Owen e da altri, ho dei motivi plausibili per asserire ch’essa è suscettibile di varia- zione per diminuzione nella mascella superiore od aumento nella inferiore del primo paio. Il Dott. Brant (2), in una sua dotta dissertazione zoologica, ha descritto e figurato il teschio di un giovine Bradypus, nel quale un piccolissimo dente soprannumerario precedeva il grosso (1) Owen R. - Odontography, 1840-45, Vol. I, pag. 327. (2) Brant - Dissertatio. Zoologica inauguralis de Tan izradia 4, f. 5-6, 1828, p. 31, pl. 2 132 MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA dente compresso incisiviforme ai due lati della mascella inferiore, formando, un numero di denti uguale a quello dei mascellari su- periori. Nell’Hunterian Museum conservasi un giovine Bradipo 0 nella mandibola del quale sono visibili i ruderi degli alveoli de due denti in soprannumero. Secondo il Brant tali denti sono tempo ranei; e, se la loro presenza è costante, sono limitati soltanto a periodo giovanile. - In ogni modo è indubitato ch’essi rappresen | tano, quando esistono, un organo rudimentale: e difatti o non compariscono per niente, ovvero sorgono assai piccoli come denti «di latte, che presto cadono senza essere seguiti dallo sviluppa d denti permanenti. Quando la agrtia è tipicamente completa (come dalla for- mula: Inc. d po va —, Mol. dad il primo paio superiore è rap presentato "a due CRIS i quali, e per la loro piccolezza, e Der la loro debole fissazione al processo alveolare, e per la loro pa si zione in un piano rientrante a -quello del resto della serie, sono inadatti alla prensione dei cibi ed alla masticazione. Essi per- tanto, secondo il mio modo di vedere, rappresentano un organo in via di riduzione; e la loro assenza nel Bradipo adulto da mé studiato, piuttosto che un’anomalia, devesi interpretare sicco1 me una prova evidente della tendenza ch’essi denti hanno a scom parire, come già sono scomparsi i corrispondenti della mascell inferiore (1). di Intestino medio. — A livello del legamento intervertebrale che riunisce la settima coll’ottava vertebra cervicale la faringe si continua coll’esofago, lungo cm. 31, e largo in media cm. 0.8 Questo non è perfettamente dado più ampio nella por zione anteriore, si restringe considerevolmente nel mezzo, dilatarsi di nuove, senza però raggiungere il diametro primitivi nel terzo posteriore; in vicinanza del cardia si restringe un’altr volta per formare una specie di sfintere ad apertura trasversai ale sprovvisto, come negli altri Mammiferi, di valvola. “ L’esofago decorre nella regione del collo, fra la laringe ela i s« ) 9 134 MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA zione cardiaca in due lobi ineguali, di cui il più piccolo, avente. forma e dimensione di una melarancia, è situato nel centro della. faccia inferiore dello stomaco, e il più grande, appendice cecate. dello stomaco, che ha forma di un cono ricurvo a ferro di ca- vallo, procede da sinistra a destra in basso e risale di nuovo a. sinistra descrivendo un arco di tre quarti di cerchio, ed abbrae- ciando nella sua curvatura il piccolo lobo cardiaco e parte dell piloro. L’appendice cecale internamente non è uniforme e liscia, ma frastagliata per la presenza di tre pliche mucose che, sorte. dal setto divisorio, sì portano orizzontalmente al margine destro. i di essa appendice, costituendo così un tentativo di ulteriore sud- È divisione in quattro loggie soprapposte in piani paralleli. La porzione Wloriak dello stomaco è anch’essa costituita da due lobi dovuti alla presenza di un terzo setto divisorio, che sorto | È dall’ estremità posteriore del primo si porta trasversalmente a . sinistra descrivendo una curva a forma di mezzaluna con con- cavità rivolta in dentro. Questi due lobi son presso a poco eguali e sovrapposti; e il secondo, che già volge un poco verso destra, — si continua direttamente nel duodeno mediante una piccola aper-_ tura circolare, sprovvista di valvola pilorica, la quale, fra tutti | i Mammiferi, soltanto nei Cetacei e negli Sdentati fa difetto. È Come si vede lo stomaco degli Sdentati somiglia molto a quello dei Ruminanti, ma non ne è identico: i quattro lobi, per disposizione, sono analoghi alle quattro concamerazioni, dalle quali | sopratutto differiscono per la incompleta separaziore fatta da tra- mezzi poco estesi. Altra differenza, come sopra ho detto, esiste | nella mancanza di valvola pilorica nel ventricolo degli Sdentati. — s Or se dall’analogia di forma si può dedurre 1’ analogia fun zionale, possiamo dire che il fenomeno della ruminazione non si è particolare ai Ruminanti, ma lo si deve considerare anche negli Sdentati, cosa del resto che il Perrier (1) parimenti ammette pes Kanguri e pei Roditori. Intestino posteriore. —- L’intestino posteriore è lungo em. 2: do di cui cm. 2.25 appartengono al tenue e cm. 66 al grasso. Il duodeno misura 12 cm. di lunghezza ed offre una dispo- | sizione analoga a quella che si osserva nell'uomo: vi si possono. — nettamente distinguere tre porzioni, anteriore, media e poste DE e” (1) Perrier - Eléments d'Anatomie Comparée - Paris, 1893, pag. 998. % Do NOTIZIE ANATOMICHE SUL BRADYPUS TRIDACTYLUS L. 135 | »iore congiunte fra loro ad angolo arrotondato e formanti un’ansa i semilunare intorno alla testa del pancreas. La porzione anteriore, | cominciando dal piloro, si continua trasversalmente a destra e si ripiega nella porzione media, la quale si continua colla p0r- sione posteriore, che conducesi trasversalmente a sinistra ed ‘in alto innanzi l’aorta e la vena cava ascendente. Il duodeno non ha un diametro uniforme per tutta la sua lunghezza, ma presenta un lieve rigonfiamento fusiforme in corrispondenza delle idue porzioni anteriore e media, ed un piccolo restringimento i nel breve passaggio dall’una all’altra. Mi piace ricordare come il i muscolo sospensorio del duodeno, scoperto dal Threitz nell'uomo, | anche nel Bradypus è molto sviluppato: esso si origina dal con- | nettivo involgente il tronco dell’arteria celiaca, e s’inserisce all’ul- tima porzione del duodeno, che riceve lo sbocco delle vie biliari. Il diguino e l’iteo si continuano l’uno nell’altro senza limite di demarcazione, e si fanno posto nel poco spazio lasciato libero dall’intestito medio molto voluminoso; si avvolgono in un numero relativamente grande di spire, formando 32 anse, le quali occupano parte della regione mesogastrica fino alla escavazione pelvica. i Ho osservato che le prime 20 anse formano delle spire ora de- strorse ed ora sinistrorse; laddove le ultime, quelle che indub- biamente si riferiscono all’ultima porzione del tenue, sono tutte sinistrorse. Dalla disposizione di questo speciale andamento delle anse non voglio venire alla conclusione, ch’esso costituisca un esatto criterio per distinguere, mediante la sola ispezione, il digiuno dall’ileo; ma accenno al fatto e ne piglio nota, per pon- derarne poi il valore, quando da numerose osservazioni, che farò in Mammiferi di ordini differenti, potrò esserne coscenziosamente i autorizzato. Tengo però a dichiarare che nè nei cadaveri umani (e ne ho già molti sezionati essendo studente e durante il bien- nio di assistentato in Anatomia umana nella R. Università di Ca- tania), nè in quelli dei Bruti mi è occorso osservare tale dispo- sizione: ma ciò se da una parte può indicare la inesistenza in essi animali del fatto, che ho constatato nel Bradypus, dall’altra | lascia il dubbio che possa significare osservazione difettosa, per- "chè non condotta di proposito su tale riguardo; e però penso di' occuparmi, a tempo e a luogo, di tale argomento. L'intestino anale, relativamente al tenue, in complesso e bene: ; RALE 00% SRI SCI RR c TIA CÀ dit AS Be i > PA 136 MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA = sviluppato, misurando paco meno del quarto della lunghe totale dell’intestino posteriore. L’estremità dell’ileo si eleva dall: cavità del bacino per guadagnare, contrariamente a quanto ac cade nei Mammiferi superiori, compreso l’uomo, la regione liac ca sinistra, e quivi si-apre nel cieco giacente sull’aponevrosi del m scolo iliaco. Il cieco è pochissimo sviluppato, quasi radimertii i misura cm. 6,50 di lunghezza e un diametro massimo di cm. £ È ricurvo a mezza luna con concavità rivolta a destra; anterior: mente ed un pò di lato riceve l’estremità iliaca, posteriormenti si continua senza netta linea di demarcazione colla seconda por. zione del grosso intestino. Non esiste appendice vermiforme è nemmeno valvola ileo cecale. : $ Manca la caratteristica divisione del colon nelle porzioni ascendente, trasversa, discendente ed S iliaca; si osserva solo que: sto che, portandosi da sinistra a destra, si dirige obbliquamente i D alto sino al margine inferiore del fegato, ove forma l’ottuso angolo epato-colico; indi volge, sempre obliquamente, in basso e verso la linea mediana del corpo, descrivendo una doppia ansa.a fori di S latina, e finalmente si continua nel re//o, che occupa la escavazione del piccolo bacino, decorrendo sulla faccia anteriore concava del sacro. La lunghezza del retto è di cm. 19; il suo dia metro massimo, in corrispondenza dell’ampolla, cm. 3,8. GHIANDOLE ANNESSE ALL'APPARATO DIGERENTE. Parleremo del fegato e del pancreas. Per l’abitudine di stu- diarla fra gli organi della digestione, dirò anche poche Pa sulla milza. “i Fegato - Il fegato occupa la regione ipocondriaca destra sborda dall'arco costale un centimetro circa, ed oltrepassa la lin ea mediana dello sterno di due dita trasverse. La forma è ovale. col un diametro trasversale massimo di cm. 10 e Limina di cm. 7,6; il peso è di gr. 87. Ha due faccie anderiore e po. riore. La prima ch’è convessa, poggia sul diaframma, con cui è in rapporto mediante un legamento sospensorio a forma di falce, che divide il viscere nelle due ale, destra e sinistra: questa è volte più piccola di quella. La seconda è pianeggiante, Ri mente concava ed attraversata da profondi solchi 0 meglio int nei, i e e ia ia pe Hi sa PI , NOTIZIE ANATOMICHE SUL BRADYPUS TRIDACTYLUS L. 137 sure, che determinano la formazione di quattro lobi. Una inci sura longitudinate, incompleta nel mezzo, divide il lobo sinistro dal destro; un’altra, trasversale, si parte dall’estremità poste- riore della prima e si porta trasversalmente a destra, separando | dalla parte posteriore del lobo destro un piccolo /obo fusiforme; ‘una terza finalmente si origina dal punto di mezzo della seconda incisura, si dirige prima in avanti, poi si ripiega indietro, sepa- ‘(rando dalla massa dello stesso lobo destro un quarto piccolo lobo, i che, per la forma, chiamo lobo auricolare. Ri Ù 4 È In corrispondenza deli’angolo formato dall’incontro della pri- ima colla seconda incisura si trova l’ilo del fegato. La cistifellea non esiste, si ha pertanto il solo condotto epatico. z «Pancreas - La ghiandola pancreatica si presenta sotto forma di un cordone ineguale, bianco-giallastro, lungo cm. 8, costituito da piccoli acini grossi 2-3 mm. La /esla, provvista di corta e ‘sottile appendice, è abbracciata dall’ansa semilunare del duodeno; la coda. che si assottiglia sempre più, sino a raggiungere la dimen: sione di un cannello da scrivere, segue le porzioni media e po- «steriore del duodeno, e fa vedere nel suo asse il decorso longitu- dinale del conddlto Wirsungiano, il quale si apre nel condotto epatico nel momento che questo passa nel duodeno. Milza - La milza è situata a sinistra e poggia sulle ultime tre costole, estendendosi dalla linea ascellare anteriore alla para- ‘vertebrale dello stesso lato. È assai depressa, di forma triangolare È assottigliata a guisa di lungo cordone verso uno degli angoli: in essa pertanto si possono distinguere una testa, che corrisponde in avanti, lunga cm. 4,2 e con una larghezza massima di cm. 2,6; ed una coda, rivolta indietro verso la colonna vertebrale, liki em. 3,1 e larga cm. 0,6. La lunghezza totale della milza è di È; lo spessore di cm. 0,4; il peso di gr. 5,70. TT comparsa accidentale della CHETUSIA GRRGARA in Val di Chiara Comunicazioni del Sosio GIACOMO ARRIGHI GRIFFOLI Lucignano, 16 Marzo 1893. | Ill.mo Sig. Prof, C.re A. CARRUCC:O Presidente della Società Romana per gli Studi Zoologici Roma. Il giorno 9 Marzo decorso il nostro cacciatore Quinti Ales- sandro, nel luogo detto le Viallesi presso Montagnano in Vatgi Chiana (Arezzo), catturò colle reti aperte un bellissimo csempa di Chetusia gregaria (Bonap. ex Pall.). ; Trattandosi di specie rara e di comparsa affatto accidentale per l’Italia ed anche per l'Europa meridionale, reputo non inu: tile dare annuncio della importante cattura alla nostra Società per gli Studi Zoologici, trasmettendo a Lei, egregio Sig. Presi dente, questa sommaria illustrazione del raro volatile, che per l la seconda volta è venuto a farsi prendere nella nostra Val di Chiati a. La Chetusia gregaria, che per le dimensioni, Je forme g nerali e pei caratteri specifici, poco si allontana dalla com vidi Pavoncella (Vanel!us cristatus L.) e di essa ha pure i costumi fu illustrata e fatta conoscere, per la prima volta in Italia, di Principe Bonaparte, che, avendo avuto una femmina adulta questa specie, colta alle reti nei dintorni di Roma presso la B Ba silica Ostiense, nel Marzo del 18388, creò il nome generico di ©, o he- tusia latinizzando liberamente il nome russo Keptuscka. sua Iconografia (1) si trova la tavola bellissima disegnata ec ci lorata dal vero e la descrizione dettagliatissima dell’indiv vidu sopracitato, nonchè le notizie tutte ad essa specie relative. È Nell’Aprile del 1856, nella nostra Val di Chiana e precis mente fra Montepulciano e Fojano, secondo scrisse il Sig. Apel Dei nel suo catalogo degli uccelli della Provincia “0 a (1) Bonaparte - Iconografia cella Fauna italica. Roma 1832 - (2) Dei - Catalogo degli uccelli della Provincia Senese. Siena SULLA COMPARSA ACCIDENTALE ECC. 139 preso un secondo individuo della stessa specie che si conserva nel Museo dei Fisiocritici in Siena. Un terzo, in abito giovanile, lo trovò sul mercato di Roma il Sig. Prof. De Romita, nel No- vembre del 1872 e lo cedette alla Collezione del Museo di Firenze. Nella medesima collezione trovavasi pure un maschio adulto che il Prof. Giglioli ebbe da Nizza nell'Aprile del 1883. Di altre cat- ture non si hanno notizie, sicchè quello preso a Montagnano il 9 Marzo scorso e da me preparato per la mia collezione, sarebbe il quinto esemplare catturato entro i confini zoologici d’Italia. Nella Ornitolozia Europea del Degland (1) si descrivono gli abiti degli adulti sia maschi che femmine, nonchè dei giovani di questa specie e ciò sulla scorta delle notizie date dal Pallas che trovò la Chnetusia gregaria abbastanza frequente nelle parti calde dei deserti della grande Tartaria, dalla regione del Don, sino ai Monti Altai. Il Nordmann afferma averla trovata, in grandi stormi, in Crimea, ma secondo il Degland, il Salvadori ed altri ornitologi, la specie è propria dell'Asia occidentale e dell’Africa orientale. Da questa regione dove si recano a svernare buona parte dei Pivieri e Pavoncelle di Europa, provengono certamente le poche Chetusie che, varcando il Mediterraneo, sono apparse a rari intervalli in Italia, e vi sono giunte accompagnandosi a p- punto alle Pavoncelle ed ai Pivieri, che al tornar della primavera abbandonano i loro quarti d’ inverno Africani, alla volta delle consuete estive dimore. Si fu appunto in compagnia di una torma di Pivieri (Charadrius pluviatis Linn.) che fu colto l'individuo “avuto dal Bonaparte, e in compagnia di alcune Pavoncelle trova- vasi quello preso a Montagnano. Il cacciatore però subito si ac- corse a motivo del canto, dissimile affatto da quello delle Pa- voncelle, e somigliante piuttosto a quello delle Pittime (Liîmosa melanura Leisl.) di vedersi davanti un uccello per lui sconosciuto. Dall'esame degli organi genitali assai sviluppati, appari es- sere un maschio adulto: l’abito non corrisponde esattamente alla descrizione della livrea degli adulti data dal Bonaparte, dal De- gland e dal Salvadori, ma la tenue differenza si spiega facilmente dall’essere l’animale in piena muta, e non avere esso per anche rivestito completamente l’abito estivo. Eccone una breve descri- (1) Dogland et Gerbe - Ornitholozie Europienne. Paris 1867. 140 GIACOMO ARRIGHI GRIFFOLI ra Re io zione. Pileo intieramente nero, meno qualche rada piuma < color marrone. Bianca perfettamente la fascia che a guisa d d i corona ricinge tutto il vertice, e questa fascia è limitata. altra più sottile di color nero che si stende dalla base del. boca sino alla regione auricolare. Gola biancastra e i lati del collo © della testa di colore ocraceo. Il colorito generale del resto del collo, della parte superiore del petto, del dorso, nonchè delle grandi e medie cuopritrici alari è cenerino, chiazzato irregolar- mente da macchie brunastre, le quali altro non sono che penne non ancora mutate e che, invece di presentare una tinta unita $ hanno il centro più cupo e di color bruno, mentre i margini. sono cenerini. Il groppone e il soppraccoda son bianchi; l'addome nero, rigato finamente di bianco e "ciò per alcune penne bianche | commiste alle nere. Verso il sottocoda e sui fianchi, il nero degrada. in un castagno acceso. La coda è bianca con larga fascia o mac-. chia nera sulle otto timoniere centrali, le quattro esteriori man- cano di detta fascia, o meglio ne mancano le due più esterne, mentre sulle altre due detta macchia è appena segnata. Le re- miganti primarie son nere, bianche le secondarie. I piedi e i tarsi son nero-violetto: nero il becco, e l’iride bruno-rossastra. Ecco dunque, Sig: Professore, quanto ho creduto di notare. di interessante sulla Chetusia gregaria, che è venuta ad arrie-. chire la mia modesta collezione; e a confermare ciò che ne scrissi nella mia Avifauna di Vai di Chiana (l) a proposito della prima. cattura avvenuta in questa Regione. SES a Salutandola distintamente me Le professo - > _ > - Dev.mo G. A. GRIFFOLI € +e 1 è = ve ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal prof. A. CARRUCCIO PRIME NOTIZIE ANATOMICHE DI UN TRAGULOS MORTO IN ROMA Comunicazione alla Società Romana per gli Studi Zoologici per il Dottor GIULIO ALESSANDRINI Assistente nel predetto Istituto Poco o nulla vi è da aggiungere circa l’ anatomia del gen. Tragulus a quanto scrisse su questo argomento l’infaticabile pro-- fessore Alfonso Milne-Edwards (1). Ma la difficoltà di poter pos- sedere esemplari vivi o morti di recente, e l’essere il nostro Tra- gulus una femmina adulta, mi indussero a fare su ciò una co- municazione alla nostra Società; nella speranza che, a lavoro compiuto, possano in qualche modo aumentarsi le conoscenze su. questo genere di animali altrettanto interessanti per quanto poco noti e poco ricercati e studiati. Il vocabolo Tragulus fa adoperato per la prima volta dal Klein (2), il quale sotto questo nome comprendeva molti Rumi-. nanti solo perchè simili fra loro per la piccolezza dei corpo ed eleganza di forme. Il Brisson poi nel 175% (3) dette il nome di Tragwus al genere, che più tardi Linneo denominò Moschus, comprenden-. dovi però più specie delle quali non fa menzione il Linne9 (4). Però per lungo tempo i nomi di Tragulus e Moschus furono. adoperati come sinonimi, caratterizzando quei Ruminanti sprov-- visti di corna ed aventi canini alla mascella superiore. Ma poi il Gray scisse il gruppo e dette il nome di Moschus (1) M. Alphonse Milne-Elwards. Recherches anatomiques, zoologiques et paléontologiques sur la famille des Chevrotains (Annales des sciences. naturelles. - Cinquième série. - Tome II. Paris 1864). (2) Klein. Quadrupedum dispositio. 1751. (3) Brisson. Le régne animal divisé en neuf classes. 1756. (4) Linneo. Systema natrirae. 1788. Lipsiae. 142 GIULIO ALESSANDRINI a quei piccoli Ruminanti privi di corna con due lunghi canini all mascella superiore che oltrepassano la bocca e la mascella i ” ‘riore, ed hanno fra l’ombelico e gli organi genitali una borsa ga an dolare che secerne una sestanza odorosa e medicinale, il muse Chiamò Tragulus tutti quegli altri Ruminanti simili in tutti ai precedenti, ma privi di borsa moschifera e che sono provvisti di un cannone tanto alle zampe anteriori come alle posteriori, cioè hanno la fusione dei metacarpi e metatarsi mediani in modo -da formare un solo osso. «7 Sono i più piccoli dei Ruminauti e la loro grandezza non oltrepassa quella d’un lepre. Hanno l’aspetto di piccoli capriol 16 la snellezza e le abitudini delle Gazzelle. La testa è piccola r gli occhi grandi, le orecchie piccole e coperte da peli brevi, coll ‘corto, corpo grosso, zampe sottili e le anteriori più corte e dr -licate delle posteriori, coda corta e quasi rudimentale. - È: Sono animali poco noti, piuttosto rari. Si cibano di erbe e frutta Inseguiti si difendono colla fuga; ma quando per la debo- i lezza e delicatezza loro sentono di non poter più resistere si inol- trano nel fitto dei boschi e ad un tratto si fingono morti. Allo ‘avvicinarsi dal nemico colla rapidità del baleno spiccano un salto e fanno perdere le tracce loro. Per questo sono creduti animali L molto astuti dagli indigeni, i quali narrano anche come un mezzo «di salvezza di questi piccoli Ruminanti sia quello di spiccare un. ‘enorme salto e attaccarsi ai rami degli alberi coni grossi canini. 5 La delicatezza delle loro carni li rende molto ricercati. Vivono nelle isole di Giava, Sumatra, Borneo, Singapore, Ceylan, ecc, ed in quasi ‘tutti i paesi caldi dell'Asia. | VA È difficile molto che resistano ai viaggi per essere traspor- ‘tati nei giardini zoologici europei e, quando anche vi giungano, ti è raro che sopravvivano, tanto grande è la difficoltà che si in- contra a trattarli secondo le loro abitudini. Una sola volta sem- bra si sia potuta avere la riproduzione in schiavitù, dal dottore I .Bodinus di Cologna (1). Me Le specie appartenenti a questo genere, secondo il Milne-E od- ‘wards, si possono ridurre a cinque: 7ragulus javanicus, È Il (1) Vedi Brehm. Les merveilles de la nature: L ‘hommes et les ani- ‘smaux. Paris. Librairie I. B. Bailliére et Fils. pag. 468. # PRIME NOTIZIE ANATOMICHE DI UN TRAGULUS 148 T. Napu. Raffles (1), 7. Kanchil Raffles. T. Stanleyanus Gray. T. meminna. Erxl. Di un esemplare di 7. meminna S venne in possesso il Museo di Zoologia di Roma nel febbraio scorso. L'animale, giunto da Giava, è vissuto per pochi giorni nel Giardino Zoologico, che vuolsi impiantare nella Villa Borghese. Dopo morto, rifiutandosi di mangiare qualunque cibo, fu gentilmente ceduto pel Museo suddetto all’egregio prof. Carruecio Antonio che ne è il Direttore. Le misure prese non appena giunse al Museo erano le se- ‘guenti : Lunghezza del corpo: dall’apice del muso all’inserzione della coda (in linea diretta), centim. 48. Lunghezza del corpo: dalla parte anteriore delle FRS alla insersione della coda, centim. 31. Lunghezza della testa: dall’apice del muso alla AIA: ‘occipitale esterna, centim. 11. Lunghezza del collo, centim. 6. Diametro del corpo nella parte media, centim. 14. Diametro del corpo nella parte toracica, centim. 11. Altezza delle spalle, centim. 22. | Altezza della groppa, centim. 28. Apertura boccale, centim. 8. Rima palpebrale, centim. 2. Orecchio dalla base all’apice esternamente, centim. 2. Distanza delle mammelle dall’apertura genitale, centim. 7. Distanza delle mammelle fra loro, centim. 2. Lunghezza della coda, centim. 2. I peli che ricuoprono #utfo l’animale (eccettuato 1’ apice del muso, e la porzione che corrisponde alla parte posteriore del calcagno, che ci si presenta d’un colore rosso carneo) sono deli- cati e sottili, non però come quelli del 7. napu. La loro lun- ghezza non oltrepassa i 2 1]2 centimetri. Sono d’un colorito oscuro ‘coll’apice d’un bel fulvo chiaro di guisa che il colorito generale del corpo si presenta d’ un fulvo olivastro chiaro. Le natiche e (1) Il Museo Zoologico della R. Università di Roma possedeva già un grazioso esemplare di T. Nupu morto nel 1875 in un serraglio e prove- miente dall'isola di Ciava. 144 = GIULIO: AZESSANDRINI 00 mu. la parte esterna delle coscie e legg germente anche le gote tenti pi Toto un pochino al rossastro. a La sommità della testa è di un bruno olivastro più. marcato del rimanente del corpo. | Sd Ò - = «Pai - Il dorso ci offre un colorito uniformemente oscuro. da Una stria bianca dall’angolo della bocca va lungo il co po: del mascellare inferiore e giunge fino all’ angolo di esso; una seconda stria pure del medesimo colore partendo dal conati Su porta lungo la regione antero-laterale del collo per circa 10 cen- — timetri e si sfuma col colorito fulvo chiaro del collo stesso; una — stria impari e mediana dal mento scende fino allo sterno per confondersi col colorito bianco del petto. , Per tal modo la regione ioidea e la gola portano cinque sa striscie bianche e gli spazi compresi fra queste sono del colorito generale del corpo. Dalla base del collo poi lateralmente si parte una stria Si chiara che girando attorno alla scapola scende obliquamente fino alle ascelle per sfumarsi col colorito bianco-giallastro di queste. È Una stria bianca principale ha origine poco al disopra al della spalla e, attraversando in linea diretta l'addome giunge fino È all'articolazione della coscia, per poi continuarsi dirigendosi bru- scamente in alto e raggiungere la groppa ove termina sulla linea mediana, senza però unirsi con quelìa del lato opposto. Altre due strie, più o meno regolari, si trovano al disotto. di questa principale alternandosi con altrettante più o meno oscure formando quasi una sfumatura sino alla regione ventrale, che ci si presenta bianco-giallastra ai lati e d’un bel bianco can- dido sulla linea mediana. Ed ugualmente bianche sono le regioni antero-interna delle coscie e interna-posteriore dell’avambraccio. Aitre strie e macchie traversali partono dalla linea principale — e si diriggono in alto ed indietro senza mai congiungersi, più o meno regolarmente ma sempre con simetria bilaterale. Nume- rose macchie chiare si trovano anche sulle natiche. Le zampe — sono più grosse e tozze di quelle del 7. napu ed hanno lo stesso | ta colore del resto del corpo: sono tutte ricoperte di peli, eccettuata, | come abbiamo detto poco sopra, la parte posteriore esterna deli Lalcappa: "+ PRIME NOTIZIE ANATOMICHE DI UN TRAGULUS 145 chiara al disotto che al disopra e presenta qualche pelo fulvo rossastro come le natiche. Fatta così una breve descrizione dei caratteri esteriori e quindi anche del sistema tegumentario del nostro Tragulus pas- serò a descrivere, siccome mi sono proposto, gli altri sistemi anatomici cominciando per ora dal Sistema digerente. La cavità orale si divide nel vestibolo della bocca e nel cavo orale. Queste due porzioni sono in comunicazione fra loro per mezzo degli spazi liberi che rimangono fra i denti incisivi ed i canini, fra questi ed i molari e fra l'ultimo di questi e il margine anteriore del processo coronoideo della mascella ante- riore. | i La cavità della bocca è di forma piramidale (a mascelle rav- vicinate) coll’apice in avanti e la base all’indietro. La fenditura della bocca è limitata dalle labbra mobilissime, specie le superiori, adattatissime quindi per la prensione del cibo. La superficie interna di esse labbra non è liscia, ma con papille coniche piuttosto consistenti, rivolte all’indietro e molto nume- rose all’angolo della bocca. Il palato duro è ricoperto da una mucosa spessa che pre- senta doppia serie di solchi trasversali semicircolari che si incon- trano sulla linea mediana, e che: nella porzione - posteriore si fondono. Il palato molle si continua col faringe, e la sua mucosa è ricca di pliche longitudinali; sicchè l’istmo delle fauci è limitato in alto dalla mucosa del palato molle ed in basso dalla base della lingua. Denti. Gl’incisivi in numero di otto della mascella inferiore mon sono disposti in una serie continua, essendo separati sulla linea mediana da uno spazio di circa 3 millimetri. I due mediani ‘ci offrono una radice molto sottile ed una corona a guisa di ven- taglio col margine libero molto tagliente. Sono collocati obbli- quamente dall’indietro all’avanti.Il secondo e terzo degli incisivi sono molto stretti e nella faccia esterna presentano un leggeris- :simo solco superficiale. | L’ultimo dente incisivo è più corto e un po’ più ricurvo. I due canini della mascella superiore sono molto piccoli poichè sporgono dal bordo gengivale per poco più di mezzo a 146 GIULIO ALESSANDRINI centimetro con una radice di un centimetro circa. Sono cilindrici, — leggermente appuntati e molto ricurvi. La porzione intra-alveolare: giunge all’in dietro fino all’articolazione dell’osso lacrimale. 2 I molari sono in numero di sei per ciascuna mascella e da ciascuna parte: i tre molari veri superiori presentano dei lobi. appuntati e delle creste verticali salienti che occupano la super= | ficie esterna. Il terzo premolare è simile a quello dei cervi ma i i due anteriori ne differiscono per essere compressi taglienti eu niolto allungati dall’avanti all’indietro. i I tre veri molari inferiori son sprovvisti di tubercoli, sci molto stretti ed hanno multo marcato il solco che separa fra loro: à i lobi. La corona si consuma lentamente e rimane per molto: tempo appuntata e ricoperta da smalto. G I tre premolari inferiori sono allungati compressi e taglienti. — È Il terzo però presenta all’indietro una ripiegatura ie smalto, — i che manca nel secondo e nel primo. n Le radici dei molari veri e dei premolari sono piuttosto robu- È ste, sebbene quelle degli inferiori siano i1 proporzione più deli-. “@ cate di quelle dei superiori. Fra gli incisivi inferiori ed i pre- molari esiste uno spazio (diastema) di circa un centimetro e mezzo: id fra i canini superiori ed i premolari ne esiste uno di quasi un. TG centimetro. Be Le Glandote salivari sono molto sviluppate specialmente le >» parotidee, mentre le sottolinguali sono piccolissime. . 200 La lingua è bene sviluppata, riempie completamente il pavi- mento della bocca e misura dalle fauci all’apice la lunghezza di 7 1{2 cent. per ‘una larghezza massima di circa 2 cent. La super- ficie superiore convessa è divisa, in tutta la sua lunghezza, da un S: solco molto visibile. L’aspetto è villoso, rugoso al tatto; è sparsa. | di papille di varia forma, più o meno visibili. Due grosse papille cireumvallate, lunghe 7 mm. larghe 1 circa, si trovano una per: parte al margine laterale della base della lingua. La superficie inferiore è più piccola, misura circa quaitro centimetri non ha. | papille e ci presenta nel mezzo un frenulo lungo e robusto. | L’apice e la base si continuano senza limiti evidenti, aumens î. tando però sempre più in spessezza e larghezza quanto più ci si È avvicina all’istmo delle fauci. È Il faringe ci si presenta a mò d’imbuto e si continua coll’eso | a n A Ari ; PRIME NOTIZIE ANATOMICHE DI UN TRAGULUS 147 fago, è grande e molto allungato. In esso si nota le presenza di una ripiegatura mucosa che scende fino al mezzo della parete. posteriore formando un diverticolo triangolare (glottide) che va a chiudere il laringe perfettamente, continuandosi allora col- l’ esofago che è rappresentato da un canale stretto, facilmente- dilatabile, lungo circa 18 cent. con un diametro medio di 1 1[2 cent. Comunica in alto col faringe per una apertura molto stretta al disopra del glottide; discende dietro la trachea fino a metà del collo per collocarsi quì alla sua sinistra; penetra nella cavità. toracica a livello del margine interno della 1° costola; torna dietro. la trachea rasentando la base del cuore; attraversa il diaframma e penetra nella cavità addominale continuandosi quasi subito collo. stomaco al quale giunge per ùna dilatazione imbutiforme che. costituisce l’orificio chiamato cardias. Nell’esofago si notano anche delle fibre muscolari disposte a spirale, le quali servono a far salire e scendere il cibo ed i boli alimentari. Lo stomaco, situato nella parte più alta dell'addome, al di- sotto del diaframma, occupa tutta la regione epigastrica e le due ipocondriache; ciò che dimostra il volume enorme di esso in rap-- porto alla mole del corpo. Irregolarissimo di forma ha presso a poco l’asse mediano a guisa di un S rovesciato. Nella faccia inferiore-ventrale ci presenta tre profondi sol- chi che si intersecano fra loro ad angolo quasi retto, dividendolo in quattro lobi diversi per forma e grandezza. Il più alto di questi lobi ci offre la mucosa con pliche disposte in molo da for - mare un reticolo a maglie esagonali che si diradano quanto più ci allontaniamo dalla linea mediana. In vicinanza del cardias. queste pliche perdono le strie trasverse e si dispongono intorno. alla insersione esofagea a guisa di ventaglio. Questo lobo che è situato nella destra della linea mediana, prende il nome di reticolo (reseau 0 bonnet dei francesi). Gli altri tre lobi, che sono divisi dal primo mediante un solco molto pronun- ziato, formano una sola cavità alla quale diamo il nome di ru- mine (rumen, panse dei francesi) fortemente pigmentato in ne ro, La faccia superiore o dorsale dello stomaco ci si presenta quasi simile a quella ventrale: solamente i solehi sono meno pronun- ziati. Però da questo lato, a due centimetri circa obliquamente 148 GIULIO ALESSANDRINI 1% al disotto dell’apertura cardiaca, quasi in proseguimento delles fago notiamo un’appendice a guisa di storta che va da sini a destra e dall'alto in basso per una lunghezza di cirea diec ‘centimetri. La sua parte più ristretta rappresenta il piloro, pe mezzo del quale Io stomaco si pone in comunicazione coll’intestino. Questa ultima cavità costituisce il vero stomaco (abeti 0 il quale si può mettere in diretta comunicazione coll’esofago n diante una gronda scanalata, i cui margini sono formati da d du labbra. mobili che dall’ingresso dell’esofago giungono fino all la pertura del vero stomaco. La lunghezza di questa gronda nel Tragulus che vi presento è di circa 4 centimetri e si dirige dal- l’alto in basso e da sinistra a destra. Do Ciò premesso, ecco come accade il meccanismo della dige- stione. Gli alimenti, avuta una prima masticazione, dall’esofa; vanno direttamente nel rumine dove rimangono in generale fine a che l’animale lavora o cammina. Al momento del riposo s una contrazione del rumine una porzione delle sostanze viene spinta nel reticolo e da qui per un movimento di regurgito, che nell’esofago è aiutato per le fibre disposte a spirale, che in es 0 si trovano, passa nuovamente nella bocca dove torna ad ess masticata insalivata e ridotta a poltiglia. Dopo ciò attrav nuovamente l’esofago ed il bolo è accolto dalla gronda esofe le cui labbra, normalmente chiuse e ravvicinate, costituiscono quasi un unico canale coll’esofago, e da qui scivolano nella ter: za cavità che segregando i succhi gastrici Luca realmente la gestione. «sel Che ciò accada così, si potrebbe - ‘spiegare come segue. | Gli alimenti inghiottiti dapprima grossi e non divisi dilatano le )- fago, forzano le labbra della gronda e cadono nel rumine che si trova perpendicolarmente sotto l’esofago. Dopo l’atto della. ru: minazione, quando cioè gli alimenti sono ridotti Reali i labbra. S Dell’intestino posso solamente dire che è molto lungo in uniforme in tutta de sua lunghezza. PRIME NOTIZIE ANATOMICHE DI UN TRAGULUS 149 Il duodeno a poca distanza dal piloro riceve prima il canale pancreatico, poi il condotto coledoco. Il cieco è grosso, corto e forma un grande cul di sacco dopo l’inserzione deil’intestino tenue. Esso si continua col colon, ‘che forma una spirale irregolarmente ravvolta su se stessa. L'avanzata putrefazione mi ha impedito di poterlo conser- vare o preparare a secco. Per quello che riguarda gli organi annessi all'apparato di- gerente e gli altri sistemi anatomici mi riservo di trattare in altra adunanza, avendoli potuti, per fortuna, tutti preparare e ‘conservare. Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici 10 ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal Prof. A. CARRUCCIO I Contributo allo studio. del Dochmius Trigoepiali - «I Comunicazione fatta alla Socictà Romana per gli Studi Loologioi dal Dott DOMENICO POSITANO-SPADA Assistente nel predetto Istituto Y Sinorimi: Uncinaria vulpis - Frolich — Strongylus vulpis - Ze-.| der — Strongylus tetragonocephalus - Rudolphi — Stron- | Ì gylus trigonocephalus - Rudolphi — Dochmius trigonoce= | phalus - Dujardin. “9 so Se Nello scorso mese di giugno, nel fare la sezione di una gio- — vane volpe morta in ischiavitù in Roma, presi ad esaminare iva tubo gastro-enterico per la possibile esistenza di parassiti, ricerca | che nel R. Museo Zoologico giammai viene trascurata ogni qual | A volta occorre sezionare animali freschi. | 3 Nell’intestino tenue, e precisamente nella prima sua: porzione, in vicinanza del piloro, mi venne dato rinvenire un nematode, | che, per quante ricerche accurate e minute io facessi, restò unico. Nessun altro parassita esisteva in tutto il tubo digerente. Presi. N ad osservarlo macroscopicamente e. microscopicamente, e dai caratteri specifici del corpo e specialmente della cavità bucce e della coda, potei stabilire essere una femmina del Posti trigonocephalus - Duj. a C: Ecco la descrizione, quale risulta dalla diretta osservazione - fatta da me nel R. Museo Zoologico di Roma. | io. Il corpo è cilindrico, assottigliato alle due estremità; ricurvo: a forma di ferro di cavallo con gli estremi non molto vicini. IL da suo colorito è biancastro, la lunghezza millimetri 22, lo spessore | A millimetri 0,6; il sesso femminile. Il capo meno assottigliato: della coda, è cernuo e tagliato a sbieco (obliquamente traneo ali È dall’avanti all’indietro in modo che le due faccie dorsale e ven- trale sono ineguali essendo la ventrale più lunga della ‘doro La testa è provvista di un largo imbuto chitinoso im so "Ra À CONTRIBUTO ALLO STUDIO ECC. 151 migliante a quello dell’Anchilostoma duodenale. Vi si osservano due piccole pieghe a forma di mandibole provviste ciascuna di tre grossi uncini ricurvi in punta. Tali uncini non sono della medesima dimensione, ma aumentano gradatamente dal primo al terzo, dall’interno cioè all’esterno. Le due mandibole sono dispo- ste ai lati. n L'esofago di forma cilindrica è lungo millimitri 0,90, largo millimetri 0,15; è provvisto di una potente muscolatura a fibre longitudinali e trasversali, ed ha un lume triangolare. L’estre. mita inferiore dell'esofago si restringe considerevolmente per poi dilatarsi in una ampolla fusiforme, pur essa a parete muscolare molto robusta, e che si può considerare quale stomaco. L’intestino posteriore percorre sotto forma di un tubo cilin- drico tutto il resto del corpo, avvolto dalle spire del doppio tubo genitale, il quale, per essere pieno zeppo di uova in gran parte mature, rende poco evidente il decorso del tubo digerente. L'estremità posteriore è più assottigliata dell’anteriore, è conica e mucronata, cioè dalla punta di essa viene fuori come una piccola lancetta molto acuminata, lunga millimetri 0,30. Questa appendice non appartiene alla cuticola ma all’ipoderma; difatti si continua direttamente col tessuto connettivo ipodermico. L'apertura anale trovasi alla parte caudale distante dall’e- stremità poco meno di un millimetro. Lo sbocco degli organi | genitali è alla faccia ventrale, all’inserzione del terzo medio col - terzo posteriore. Detto sbocco è contrassegnato da una piccola apertura circolare e infundibuliforme (vulva) e si continua con un canale vaginale relativamente ampio, Le «ova sono assai numerose; banno forma elittica con un diametro longitudinale di 80 micromillimetri ed uno trasversale di 50 micromillimetri. Sono costituite da un involuero chitinoso a doppio contorno, liscio, trasparente, madreperlaceo, nell’interno del quale si riscontra nelle uova mature, un erabrione pie- gato a ferro di cavallo, con estremità molto avvicinate; nelle uova giovani si riscontra un protoplasma granuloso. La cuticola, di splendore madreperlaceo, è robusta e appena assottigliata alle due estremità, cefalica e caudale. Alla sua superficie si notano delle strie trasversali parallele, molto vicine 152 DOMENICO POSITANO-SPADA è DS L I l'una all’altra, strie che danno al parassita, all’esame microseo- pico, un aspetto finamente metamerico. |. o Po L’ipoderma è 5 a 6 volte più spesso della cuticola e di. aspetto uniformemente granuloso; mancano le strie, che si risco trano nella cuticola. i Il maschio, comesviene descritto dai varî autori, è caratte Sii à rizzato da una lunghezza minore non genca esso mai. i 15 millimetri. Macroscopicamente, oltre che per la dimensione, ‘® si differenzia dalla femmina per i caratteri dell’estremità caudale che è dilatata. All’osservazione microscopica nel maschio nulla di diverso presenta l’estremità anteriore, mentre la posteriore termina in una larga borsa caudale, ampia, globosa, a volte | aperta a guisa di campana. Tale borsa é trlioba, col*lobo me- diano sottile con unico raggio biforcato, e coi lobi laterali assai — larghi che danno luogo a tre e qualche volta a are suddivi- | sioni o raggi minori quasi eguali. d Ha uno spiculo doppio molto esile e flessibile, lungo milli-. w metri 0,33. di — Il riscontrare il Dochmius trigonocephalus nell’ intestino | della volpe non è molto frequente. Fu il primo il Frolich (1) a_- trovarlo nell'intestino crasso vicino al retto in una volpe uccisa | nel mese di ottobre. “i Il Zeder (2) lo trovò nell’intestino tenue in novembre. Il Du- O, jardin (3) ebbe occasione di trovarne parecchi esemplari in sette . volpi uccise nel marzo, aprile e maggio. Nello stomaco della volpe Ì ne trovò il Miram (4), ed il Bellingham (3), in Irlanda, ebbe occa-. sione di rinvenirne nell’intestino tenue e nello stomaco. dd Il Rudolphi (6), dopo i lavori di Fròlich e di Zeder, descrisse il nematode allontanandosi alquant> dalle descrizioni già fatte; specie circa la forma della coda della femmina e circa le dire sioni in genere del parassita. Egli lo attribuì esclusivamente a (0) Fròlich - Naturf. XXIV. St. 137-139, (2) Zeder - Nachtr. 73. (3) Dujardin - Hist. nat. des Helminthes. 278. (4) Miram - Bulletin della soc. imp. des Natur. de Moscou 1810. 154. (5) Bellinghan - Ann. of nat. hist. XII 104. er (6) Rudolphi - Entoz. hist. Il. 231-232 - Tab. II 5. 6. dit CONTRIBUTO ALLO STUDIO ECC. 153 cane e tale opinione emise fondandosi, oltre che sui caratteri da lui descritti, sul fatto di essersi trovato soltanto in una di 62 volpi sezionate al Museo di Vienna. È fuori dubbio che la descrizione data dal Rudolphi circa il parassita esclusivo del cane, è diversa da quella data dagli altri autori pel parassita della volpe, specialmente per la lunghezza del corpo, per la posizione della vulva, poco lontana dall’estre- mità della coda (secondo lui) e per la forma e grandezza delle uova, per lui piccole e quasi rotonde. Le figure però che egli dà di tali Nematodi, trovati nello stomaco del cane la prima volta da Chabert, fanno mettere molta somiglianza col parassita descritto dal Dujardin come proprio della volpe, ed anzi inducono a ritenerli identici. È facile pensare che il Rudolphi abbia confuso tale Nematode con altro, parassita pure del cane. E giustamente il Dujardin (1) fa osservare che tale errore realmente è stato commesso, avendo il Rudolphi indicato come d:lla stessa specie i vermi che Wepfer, Hartmann, Dolaeus e Schulze (2) trovarono in tumori dello sto- maco, che il Morgagni (3) ed il Redi (4) rinvennero nell’esofago del cane, vermi che molto probabilmente appartenevano alla f'- (aria 0 Spiroptera sanguinolenta Rud. Rimane quindi accertato, che i due vermi trovati nella volpe e nel cane, e descritti come parassiti di tali carnivori dai vari autori, siano l’identico Nematode appartenente al genere Doch- mius e precisamente il Dochmius trigonocephatus. Duj., di cui ho avuto occasione di osservare e descrivere l’unico esemplare “fommina da me rinvenuto nell’ intestino tenue di una giovane volpe. Il Perroncito (35) cita lo Strongilo trigonocefulo come molto raro a trovarsi nello stomaco e nell’intestino del cane. Come l’Anchilostoma dundenale dell’uomo, lo Strongyius 0 Dochmins trigonocephalus Duj., è ematofago, si nutre cioè di sangue. (1) Dujardin - Op. cit. (2) Wepfer, Hartmann, Dolaeus, Schulze - Bibl. n. 516. n. 279-282. (3) Morgagni - Oper, Vol. I, p_ 437. (4) Redi - Anim. viv. p, 136, p. 203. (5) Perroncito - Parassiti dell’uomo e degli animali, p. 365. ? RP TAAir SR SARO utt i ato iù dita TA ua DI Pila fg È , Ce e: "a ni I id nt <> > 4a x yi À PE si RR ia ME se ; a ban Kse SICA, ve Sc ac nr ri 4 >. ped SA , 154 DOMENICO POSITANO-SPADA SE Mr A tale parassita si deve, secondo quanto scrissero fin dal 1879. il Railliet ed il Trasbot (1), l'’anemia del cane di muta, il quale — viene infettato bevendo nei fossi l’acqua, in cui si sviluppano loi da larve. die Secondo il Railliet (2) che ebbe occasione di fare degli studi | in proposito, il Dochmius trigonocephalus Duj. non differisce dal: Dochmius Balsami Gras. e Par., verme rinvenuto dal Grassi nell'intestino tenue del gatto, nel quale si produce una affezione con caratteri di una vera anemia che progredisce sempre, anemia 3 conosciuta in Italia col nome di docmiasi 0 tifo dei gatti. Almeno — 7 il Railliet dice che fra i due nematodi non potè notare differenze | sensibili. Roma, luglio 1893. - (1) Ruilliet - Elem. de Zool. méd. p. 360. (2) Railliet - Op. cit. p, 360-361. ) it Le" Cr PR LA i NUOVA CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELL'AVIFAUNA UMBRA Comunicazione alla Società Romana per gli Studi Zoologici - del Socio corrispondente FILIPPO SILVESTRI Esaminando il primo resoconto dell’inchiesta ornitologica italiana, compilato dall’illustre prof. Enrico H. Giglioli, fui gran- demente sorpreso nel vedere che, mentre tutte le provincie d’I- talia erano dal più al meno’ ricordate, l'Umbria solo era affatto dimenticata. Da ciò nacque in me il desiderio di tentar di riem- pire quella lacuna. | Nel maggio del 92 infatti pubblicava una nota sugli Uccelli dell’Umbria, rota però, che, dopo altre ricerche, riconobbi in- completa per la .scarsità delle specie enumerate, come pure ine- satta in alcuni punti; onde credo bene pubblicare ora una nuova contribuzione allo studio dell’Avifauna umbra. In questa il nu- mero delle specie è di molto aumentato, e le notizie date sono | sempre esatte. Con ciò io non credo, nè voglio affatto far credere agli altri, .di aver dato un elenco veramente completo delle specie di uccelli di tutta l'Umbria, poichè le mie osservazioni si sono limitate vi- ‘ venti in alcune regioni di tale provincia, che per altro sono certa- ) mente le più interessanti e caratteristiche come per l’avifauna, così per tutta la fauna in genere. 156 FILIPPO SILVESTRI > Aves carinatae. Aegithognathae. PASSERES-OSCINES. CORVIDAE. Corvus corax L. Volg. Corvo. Non molto comune e stazionario sull’ Appennino. Corvus cornix L. Volg. Cornacchia. Comune e stazionaria sui monti. Corvus frugilegus L. Volg. Corvo. È di passaggio non abbondante in novembre, ‘e qualche indi- | | viduo si vede tutto l’inverno. Lycos moneduta L. Volg. Monacchia. Di passaggio in novembre ed in marzo. Non so se in qual che parte dell'Umbria sia stazionaria. i «60 Pica rustica Scp. Volg. Gaggia. Comune e stazionaria in tutta l'Umbria tanto al piano che | al monte. Nidifica sugli alberi di alto fusto, specialimente sulle. quercie. Il suo nido è formato di bastoncelli all’esterno e di ba-. stoncelli intrecciati con erbe all’interno, e )e biforcazioni più citi delle suddette piante sone prescelte per costruirvelo. La gazze nor è in generale apprezzata come alimento, ed è quindi podi perseguitata; si sogliono prendere i piccoli nati per allevarli € ed tai mu: Garrulus glandarius L. Volg. Pica. Comunissima ovunque. Il nido, che è composto di ramoscel radiche e paglie intrecciate, vien posto specialmente sugli alb tagliati a capitozza ed a non molta altezza. Ne osservai una volta NUOVA CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO ECC. è» 157 un nido su un olmo alto appena 2 metri. La ghiandaia è molto accorta, e conosce molto bene che l’uomo è il nemico suo piu temibile. Pyrrhocorax alpinus Vieill. Volg. Corvo Comune e stazionaria sul Vetore, ma qualche individuo in inverno, se specialmente molto freddo, scende anche nelle pianure. Pyrrhocorax graculus L. Volg. Corvo. Anche questo gracchio è comune sul Vetore, ma capita an- che al piano qualche volta, e nel 1891 ne fu ucciso un individuo nei dintorni di S. Eraclio presso Foligno. STURNIDAE. Sturnus vulgaris L. Volo. Storno. Comune in primavera ed in autunno. Non l'ho trovato mai nidificante, nè l’ho inteso dire da altri. FRINGILLIDAE. Fringilta calebs L. Volg. Fringuello. Abbondante ovunque dall’ottobre all’aprile, qualche indivi-- duo nidifica pure. Fringilla montifringitta L. Volg. Fringuello. Scarso con il precedente. Montifringilta nivalis L. Fringuello montanaio. Non comune sul Vetore, e raramente qualcuno in inverno può trovarsi frammischiato agli altri fringuelli. Petronia stulta J. F. Gmel. Volg. Passero montanaro. Scarso ai monti e stazionario. Di passo in settembre e marzo.. 158 FILIPPO SILVESTRI Passer montanus L. Volg. FINTE bucaiolo. Comunissimo ovunque. Il suo nido, che consta di paglie al l’esterno e di piume all’interno vien posto nelle cavità deg ‘alberi, e specialmente degli olmi. Passer Italiae Vieill. Vole. Passerotto. Questa è la specie di passero più diffusa, non essendovi loca- lità alcuna ove non sia abbondante. Nidifica sotto le tegole dei casini di campagna, dei campanili, nei buchi dei muri, sugli ak beri tagliati a capitozza, sui pioppi e persino nei nidi delle ron- dini. _sè Del nido del passero, che è coperto di paglie ini e di piume internamente, va notato, che può essere diverso di forma a seconda che esso è posto sotto le tegole oppure sugli al- beri. Così quando è sotto le tegole ha una forma appiattita e allune i gata, mentre quando è sugli alberi ha Ja forma di fiasco con una piccola apertura nella parte superiore. La maggior caccia tel passero si fa in estate con le reti nei campi di stoppia ed anc -all’acqua. Coccothraustes vulgaris Pall. Volg. Froscione. “al e. Comune nel passo autunnale e primaverile. Non ho mai ‘saputo che abbia nidificato nell’Umbria. Ligurinus chloris L. Volg. Verdone, Ocano. Comune e stazionario ovunque. Pone il nido sugli alberi molto ‘frondosi ed a poca altezza. Esso è composto di radicuccie e pag glie all’esterno, all’interno di crini e lanuggine. Il verdone prende in abbondanza con le reti tese nei campi di cla ‘mese di settembre. > & sis I va < «0 Chrysomitris spinus L. Volg. Lucherino. Di passo in ottobre e marzo, ma in alcuni anni raro, in all or invece abbondante, ond’è che i cacciatori sogliono dice che . a ‘non passa se non ogni sette anni. Mi «NUOVA CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO ECC. 169 Carduetis elegans Steph. Volg. Cardellino. Comunissimo ovunque e stazionario, ed è pure di doppio passo. Il nido, che è costituito da un forte intreccio di paglie, radicuccie e peli all’esterno, e di cotone di semi di salici e di pioppi all’interno, viene collocato sugli alberi di alto fusto e nelle parti più alte e più frondose, talchè spesso riesce difficilissimo ‘scoprirlo. Il cardellino vien preso in buona quantità all’acqua con le reti in estate, con le panie in inverno, pure con le reti in set- ‘tembre alla canapa. Serinus hortulanus Koch. Volg. Verzellino, Rapaiolo. Comune e stazionario dall’aprile al settembre. Questo è un ‘uccello che sembra dotato di poca accortezza, poichè pone il suo nido, che consta di paglia e crini all’esterno, e di cotone all’interno, proprio avanti gli occhi dell’uomo. Gli alberi intorno le case sono ‘per lo più da esso prescelti per nidificare, e una volta osservai un nido posto sopra un piccolo olmo alto appena 2 metri lungo una «strada molto frequentata. La caccia si fa e abbondantemente in estate all'acqua, ed anche in questo si osserva quanto sia poco accorto. Cannabina linota J. F. Gmel. Volg. Fanello. Di passo in ottobre-novembre, marzo-aprile. Non so se qual- «che coppia sia stazionaria sui monti. Pyrrhula europaea Vieill. Volg. Ciuffolotto. D’inverno qualche individuo capita da noi, ma non mai ab- bondantemente, nè sempre. Non ho mai saputo che qualche cop- pia nidifichi da noi. Loxia curvirostra L. Volg. Pizz’in croce. Scarsa nei mesi di luglio e agosto. Nel 1892 la comparsa di «questa specie fu più numerosa degli altri anni. EMBERIZIDAFE. Miliaria projer P. L. S. Mull. Volg. Strillozzo. Comune e sedentario in tutta l'Umbria. Di passo in autunno. 160 FILIPPO SILVESTRI Emberiza citrinella L. Volg. Ziola. Comune dall’ottobre all'aprile. Si caccia con le panie a l’acqua. BA Emberiza cirlus L. Volg. Ziola. Con la precedente ma più scarsa. Emberiza hortutana L. Volg. Ortolano. Comune in estate. Si caccia all'acqua. Nidifica in terra fra î cespugii oppure nelle depressioni del terreno. Il nido è composto di radiche e paglie all’esterno e di crini e pagliuzze all’interno, Emberiza cia L. Volg. Ziola. Scarsa dall’ottobre all’aprile. Non so se qualche coppia nidifica sull’appennino. ALAUDIDAF. Melanocorypha calandra L. Vols. Calandra. Scarsa in ottobre e marzo. Non ho mai saputo che nidifich nell’Umbria. i Calandrella brachydactyla Leisl. Volg. Calandrella. Come la precedente. Alauda arborea L. Volg. Coarello. Comune e stazionaria ovunque. Pone il nido, che è formato di radiche all’esterno e di paglie all’interno, sul suolo, specialmente tra i cespugli nelle depressioni di esso. Alauda arvensis L. Volg. Lodola. : Comunissima in ottobre-novembre, febbraio-marzo. Nonr pure sono le coppie sedentarie. Il nido. che consta di radi( esternamente e di paglie internamente, è posto nei prati edan le in altri posti erbosi. La caccia molto abbondante si fa in ottobre novembre con le reti. 3 NUOVA CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO ECC. 161 Gaterita cristata L. Volg. Lora, Lodola cappelluta. Comune e stazionaria in tutta l'Umbria. Pone il nido formato «di radiche, foglie secche e paglie entro buche scavate nel terreno, e i campi seminati a graminacee sono a ciò scelti. MOTACILLIDAF. Agrodroma campestris L. Volg. Tordina. Arriva in aprile-maggio e riparte in agosto-settembre, ed è in questi ultimi mesì specialmente che si caccia in buona quantità. Anthus pratensis L. Volg. Babbusso. Comune dall’ottobre-nvvembre al marzo-aprile. Si caccia, oltre ‘che con le reti, con le panie messe su un alberello e questo piantato “in un prato. | Anthus trivialis L. Volg. Faiola. Come il precedente. Anthus Spipoletta L. Vol. Babbusso. Come i precedenti, ma più scarso. Budytes flavus L. Volg. Pispola. Di passo in aprile ed in settembre, ma in aprile il passo è più mumeroso. Budytes cinereocapittus Savi. Volg. Pispola. Rara come la precedente. Motacilta alba L. Vols. Pispola. Comunissima lungo i corsi di acqua tutto l’anno, è comune pure nel passo di ottobre-novembre e di marzo-aprile. Il nido, che è formato di radiche e paglie vien posto lungo le rive dei fiumi, ed. anche sui camini delle case di campagna e di città. Di Via 162 FILIPPO SILVESTRI i Colobates melanope Pall. Volg. Pispola. Scarsa e sedentaria. Nidifica lungo i corsi di acqua. TURDIDAE. Sa.cicola oenanthe L. Vole. Culbianco. Comune dal maggio al settembre. Monticola saxatitis L. Volg. Codirosso. Comune sui monti dall'aprile al settembre. Nidifica negli i ‘ spacchi delle roccie. È: al < 0 PA Monticola cyanus L. Volg. Passero solitario. Comune e sedentario. Pone il nido nelle fenditure dei muri, ed ho osservato che una coppia da vari anni nidifica sul cam- panile di S. Michele in Bevagna nella palla che sostiene la. croce. Meruta nigra Leach. Volg. Merlo. ‘omune e stazionario ovunque, abbondante poi nel passo. autunnale. Il nido, che consta di radiche all’esterno, e di pa- gliuzze all’esterno, viene collocato nei sieponi lungo i fossi, 0 sugli alberi sempre a poca altezza da terra, e qualche volta pro- prio sul suolo. In questa specie ho osservato un caso di al- binismo. 4 Meruta torquata L. Volg. Merlo marino. “ Scarso nel passo autunnale. Turdus pilaris L. Vols. Tordo. Questo tordo è di passaggio irregolare, alcuni anni è molto. scarso, altri, come quest'anno, è comune. Turdus iliacus L. Vo!g. Tordo rosciolo. Di passaggio non abbondante in ottobre ed in marzo. % È NUOVA CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO ECC. 1683 Turdus musicus L. Volg. Tordo. (‘omunissimo in ottobre, novembre ed in marzo, comune è pure durante l'inverno. La caccia più abbondante si fa con i così detti Boschetti. Turdus viscivorus L. Volg. Tordaccia. Comune e sedentaria. Pone il nido, che consta di bastoncelli e radiche riuniti con fango, sugli alberi a non molta altezza. Aédon luscinia L. Volg. Rusignolo. Comune dall’aprile all’ottobre. Nidifica tra le siepi folte ed anche sui muri. Erythacus rubecola L. Volg. Pettoroscio, Batosc'o. Comunissimo dall’ottobre all’aprile, vi sono poi sempre cop- pie che nidificano nei nostri boschi. La caccia abbondante si fa ‘ovunque con i panieri e la civetta. Ruticilla pnoenicurus L. Volg. Codirossa. Comune dall’aprile all’ottobre. Ruticilta titys Scop. Volg. Codirossa petto nero. Scarsa dall’aprile all’ottobre. | Pratincola rubicota L. Volg. Pizzo a crocro, Cargante, Porcaiolo. Comune e sedentario ovunque. Il nido è formato di radiche e paglie all’esterno, di muschi e pagliuzze all’interno, vien posto fra le siepi, fra i cespugli, ed anche sul terreno, sempre però tra sterpi. SYLVIIDAE, Sylvia cinerea Bechst. Volg. Beccafico. Comune in estate. Nidi ica fra le siepi ed in altri luoghi frondosi. Monachus atricapillus L. Volg. Beccafico, Caponera. Comune e sedentario ovunque. 164 FILIPPO SILVESTRI Monachus hortensis Bechst. Volg. Beccafico. i «iS Comunissimo in agosto, settembre, mentre è scarso in aprile. P,rophthalma metonocephata I.E. Gmel. Vol. Becca“co, Caponera. Comune e sedentario nelle pianure e sui colli. È Pnylloscopus sibilator Bechst. Volg. Luigino, Occhio a boe. Ì Comune dall’aprile al settembre. Phylloscopus rufus Bechst. Volg. Luigino, Occhio a boe. Comune e sedentario sui monti. In autunno ed in inverno è pure comune al piano, e si caccia con i panioni e la civetta. Hypolais icterina Vieill. Volg. Beccafico. Non abbondante dall'aprile al settembre. Nidifica tra le siepi o tra altri luoghi cespugliosi tanto in pianura che sui monti. Il nido consta di radichette all’esterno, e di paglie e un po’ di mu-. schio all’interno. 1 Hypolais polyglotta Vieill. Volg. Beccafico. Come il precedente, ma scarso. @ Acrocephalus arundinaceus L. Volg. Beccafico. Scarso dall’aprile al settembre lungo i fiumi ed in altri luo- ghi BELISE Acrocephalus streperus Vieill. Volg. Beccafico. : _ Anche più scarso del precedente negli stessi luoghi e nella stessa stagione. Calamodus schoenobaenus L. Beccafico. Scarso in estate nelle stesse località frequentate dagli Acroce- phalus. Calamodus aquaticus J. F. Gmel. Volg. Beccafico, Raro in estate. dc A: % 0 papa ai a | NUOVA CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO ECC. 165 Cettia Cettii La Marm. Volg. Rusignolo acquaiolo. Non raro lungo le rive del Tevere presso le quali vi sono molti alberi frondosi. TROGLODYTIDAE. T'roglodytes parvulus Koch. Volg. Beccacciola, Forasiepe. Comune e sedentario. Nidifica generalmente sui monti ma qualche coppia anche al piano. Infatti io ho osservato una coppia che per due anni di seguito ha nidificato in un buco di una capanna presso Bevagna a 20) m. circa sul livello del mare; e l’anno scorso trovai uno scrieciolo in un fosso presso Perugia a circa 300 m. sul livello del mare, era il 15 luglio. In un autuuno poi lo serieciolo è comune ovunque e si caccia con i panioni e la civetta. ACCENTORIDAE. Accentor collaris Scop. Vols. Sordone. « Abita questo uccello le vette delle Alpi e degli Appennini, d’onde ininverno cala alle falde dei monti, e talora fino nel piano. In questa stagione io ne ho trovati intorno a Torino e presso Pisa; nell’Umbria, durante un inverno freddissimo, molti penetra- . rono nell’interno della città di Perugia posandosi sui cornicioni delle case ». (Salvadori). Accentor modularis L. Volg. Passera sepaiola. Comune e sedentaria ai monti. In autunno ed in inverno scende anche al piano. PARIDAE. Regulus cristatus Koch. Volg. Re d’uccelli. | Comune dall’ottobre al febbraio. Qualche coppia credo che nidifichi sui monti più alti dell'Appennino. Bollettino della Sociztà Romana per gli Studi Zologici. ll 166 FILIPPO SILVESTRI “Regulus ignicapillus C. L. Brhem. Volg. Re d’uccelli. Come il precedente. Tanto questa che la precedente specie - si caccia con i panioni e la civetta. Acredula caudata L. Volg. Pennanculo, Schiattanculo. Raro in inverno. Acredula Irbyiî Sharpe e Dresser. Volg. Pennanculo, Seliiat- tanculo. Comune e sedentario sui monti. In autunno ed in inverno — scende anche al piano. DI caccia fac'lmente con i panioni e la civetta. Parus maior L. Volg. Caponera. - Comunissima e sedentaria ovunque. Nidifica nelle cavità dei rami degli alberi. Il nido è formato di paglia esternamente, di pagliuzze e penne internamente. 23 Cyanistes coeruleus L. Volg. Capoceciera. Frequentissima e sedentaria ovunque. Poecile palustris L. Caponera. AE Scarsa ai monti. SITTIDAE. Sitta caesia Volf. Volg. Picchio, Rampichino. Comune e stazionario ai monti. Nidifica nelle buche degli | alberi, ed anch'io ho potuto osservare, che, quando l'apertura | delle buche è troppo grande, viene rim picololita0 con del fango gi ed erbe. i CERTHIIDAE. PA Certhia brachydactyla C. L. Brehm. Volg. Rampichino, Picchietto. Frequentissimo ovunque. È questo uno dei primi uccelli a fare il nido. Questo viene posto nelle buche degli alberi e consta | di radiche all’esterno, paglie e qualche piuma ‘all’interno. “a to _[ie A re” di NUOVA CONTRIBUZI)ANE ALLO STUDIO ECC. 167 T'ichodroma muraria L. Volg. Picchio. Scarso ai monti. Si trova, e non raramente, anche sulle mura della città di Narni. ì ORIOLIDAE. _ Oriolus galbuta L. Volg. Traolo. Di passaggio in aprile, maggio edin agosto, in questo mese è abbastanza comune, si suol cacciare col fucile, aspettando che vada a cibarsi sulle piante di fichi. LANIIDAE. Lanius meridionalis Temm. Volg. Gastricetto. « Il Salvadori dubitava che questa specie potesse capitare nell'Italia continentale, ma io ne ho veduto dodici individui presi la più parte in Liguria e nel Nizzardo, e anche nelle nostre provincie centrali. La collezione centrale dei vertebrati a Firenze ne possiede oggi sei: tre da Nizza, un maschio preso il 28 di- cembre 1876, una femmina colta nel febbraio 1877, un altro ma- schio catturato nel febbraio 1883, un maschio ucciso a Spoleto nel febbraio 1875; unu femmina colta a Bolgheri nella Maremma Toscana il 21 gennaio 1878; un maschio preso a Roma il 18 no- ‘vembre 1884 ». (Giglioli). Lanius minor J. F. Gmel. Volg. Gastrica. Comune dall’ aprile-maggio all’agosto-settembre. Il nido di questa e delle due seguenti specie è formato di paglie, radiche e festuche all’esterno, di pagliuzze e lanuggine all’interno; vien posto sugli alberi nelle biforcazioni o triforcazioni dei rami. Lanius collurio L. Vole. Gastrica. Comune dall’aprile al settembre. La caccia delle averle si fa con le panie nell'agosto e nel settembre, adescandole con (BRE lotalpe oppure con formiconi. 168 FILIPPO SILVESTRI Lanius auriculatus P. L.S. Mill. Volg. Gastrica Quest’averla ha le stesse abitudini delle precedenti, - e si ri- scontra in tutta l'Umbria, ma in molto minor numero delle pre- cedenti. i MUSCICAPIDAF. Butalis grisola L. Volg. Beccafico. “Non molto abbondante dall’aprile all’ottobre. HIRUNDINIDAE. Hirundo rustica L. Volg. Rondine. Frequente dal marzo all'ottobre. Presso Bevagna (non so se tale caccia si faccia in altra parte dell'Umbria) in settembre ven-_ gono prese rondini ed anche balestrucci in grande quantità con. le reti, specialmente quando è tempo piovoso. Chelidon urbica L. Volg. Rondine. Comunissima dal settembre all’ottobre. Crivicota riparia L. Volg. Rondine sorcina. Abbastanza frequente dall’aprile al settembre lungo il Nera. ed il Tevere. 1 Cotite rupestris Scop. Volg. Rondine. Comune non molto dall’aprile al settembre sui monti Si- billini. MACROCHIRES. Fas : CYPSELIDAE. Cypselus apus L. Volg. Rondinone. Comune dall’aprile all’agosto. Nidifica sotto i tegoli e nel le fessure dei muri. Adulto non si caccia quest’uccello, mentre è “Sao molto ricercato quando è ancora nel md: 3 LUO avesti a tate dd ia Le e, atta . rido Ra Se EISTN a EE an E a n à det 1-65 PI Fi cs: Pr e rn FJLIPPO SILVESTRI Ardetla minuta L. Volg. Scarcino.. Comune in estate ed anche nidificante Botaurus steltaris L. Vols. Scarcione. Frequente nel passo da novembre a marzo. Non ho puto che nidifichi nell’Umbria. - Nycticorax griseus L. Volg. Scarcione. Non comune nel passaggio primaverile ed autunnale IBIDAE. Plegadis falcineltus L. Volg. Mignattaio. Scarso nel passagg sembre. cio primaverile e più ancora in agosto-sei è» Na Ca VU * ANSERES. D: 3 ANSERIDAE. Anser cinereus Meyer. Volg. Oca selvatica. Rara in inverno. x - Anser segetum J. F. Gmel. Volg. Oca selvatica. teli Meno scarsa della precedente in inverno. La caccia di queste specie di Arseridae, come pure di quelle di Anatidae si fa con ‘fucile, nei così detti laghi. ANATIDAE. Anas boscas L. Volg. Anitra. Frequente in inverno. Chauletasmus streperus L. Volg. Anitra. | Non comune in inverno. aa sal ui. 5 dà E NUOVA CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO ECC. 175 Sputula ctypeata L, Volg. Anitra. Scarsa dal novembre all’aprile. Dafita acuta L. Volg. Anitra. Come la precedente. Mareca penelope L. Volg. Anitra. Anche quest’anitra è invernale e non molto frequente. Nettion crecca L. Volg. Anitrella. Comune dal novembre all’aprile in tutti i luoghi palustri. Querquedula circia Li Volg. Anitrella. Frequente in febbraio e marzo. MERGIDAE. Mergellus albeltus L. Volg. Scerco. Comune dal novembre al febbraio specialmente al lago Tra- | simeno. -28 Schizognathae. COLUMBAE. COLUMBIDAE. Columba patumbus L. Volg. Palombaccio, Piccionaccio. Abbondante nel passo di settembre-ottobre, febbraio-marzo. | La caccia si fa con il fucile nel passo autunnale, in febbraio-marzo È con le reti ed è abbondantissima quest’ultima caccia. In un sol | giorno, nei dintorni di Amelia se ne sono presi persino 6000. i Columba oenas J. F. Gmel. Volg. Palombetta, Piccione. È Come la precedente. & osta ven I RERE Mele i i ia de; ian Pa te Si Pea - TATTO AA EVINCE SEAN READ di Eri ia FL LI "SR SPEBE CS La « e * ? CAS % 176 FILIPPO SILVESTRI ;° sN] Turtur tenera C. LU. Brehm. Volg. Tortora. Comune e sedentaria dall’aprile al settembre. GALLINAE. PERDICIDAE. Perdix rufa L. Vole. Pernice. Non molto comune e sedentaria ai monti. Perdix saxatitis Meyer. Vorg. Pernice. Scarsa e sedentaria ai monti. Starna perdix L. Volg. Starna. Frequente e stazionaria, specialmente sui colli. Coturnix communis Bonnit. Volg. Quaglia. Comune dall’aprile al settembre. FULICARIAE. RALLIDAE. Rallus aquaticus L. Volg. Porciglione.. Scarsa dall’ottobre all’aprile. i SR Ortygometra porzana L. Volg. Porciglione. Comune in primavera fino all'autunno. Crtygometra parva Scop. Volg. Porciglione. Come la precedente. cost es È | Crex pratensis Bechst. Volg. Re di quaglie. Comune dall’aprile all’ottobre specialmente nei luoghi palt U- Stri, come al lago di Colfiorito. SE OA $ - , # ®, L- Cp NUOVA CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO ECC. 177 Gallinula chloropus L. Volg. Gallinella. Comune e sedentaria al lago Trasimero, al lago di Colfiorito, ‘scarsa lungo i fumi. Futica atra L. Volg. Folaga. Comune e sedentaria specialmente al lago di Colfiorito. ALECTORIDES. GRUIDAE. Grus communis Bechst. Volg. Gru. Rara nel passaggio primaverile ed autunnale. LIMICOLAE. OEDICNEMIDAE. Oedicnemus scolopax S. G. Gmel. Volg. Occhialone. Non comune e stazionario. CHARADRIIDAFL. Charadrius pluvialis L. Volg. Piviere. Di passo in ottobre-novembre ed aprile-maggio, e si è in questi ultimi mesi che è più frequente. Vanellus capetla Schàff. Volg. Cuppella. Comane dal novembre al marzo. SCOLOPACIADE. Himantopus candidus Bonnat. Volg. Cavalier d’Italia > Scarso in maggio nei luoghi palustri, > Fe = - Psa ni eci “ LS exe - pa l'a = «- - » p° de £ ee È = i ei SI i Tifa Raga | ag: a ani Se artro È E Des, ARE rn cora b4 ra > ia m Taica Eird peli e = gn CR Coca Pensili Fa e II dr | A e aL + ETRE i È. i r-. xe x 178 FILIPPO SILVESTRI Machetes pugnax L. Volg. Acquarolo. Scarso in settembre fino al marzo. Tringoides hypoleucus L. Volg. Pizzardella. Comune in primavera ed in autunno. Totanus ochropus L. Volg. Piolotto. Comune specialmente in aprile-maggio. Totanus glareola J. F. Gmell. Volg. Piolotto.. Meno comune del precedente in maggio ed in settembre. Totanus fuscus L. Volg. Piolotto. Non frequente in primavera ed autunno. Scolopax rusticota L. Volg. Beccaccia. Comune dall’ottobre-novembre al marzo-aprile. Gallinago maior J. F. Gmel. Volg. Pizzardone. Comune in marzo, aprile e maggio, scarso in ottobre. Gallinago caelestis Frenzel. Volg. Pizzarda. — È Anche questa specie è comune in marzo-aprile, mentre scarsa in settembre-ottobre. Gallinago gallinula L. Volg. Pizzardino. Frequente in aprile-maggio ed in settembre. Numenius arquata L. Vols. Ciurlotto. Scarso dall’ottobre all’aprile. GLAREOLIDAE. Non rara dall’ottobre all'aprile, OR EEO, al lago di C Cc fiorito. . . . e . . . ® ° à Poì mi parea che roteata un poco, Terribil come folgor discendesse, E me rapisse suso infino al foco ». Immaginiamo per un istante che tutte queste Aquile prepa- rate in attitudini diverse, e poste oggi sotto i vostri occhi, fossero ancora in vita: sarebbe in questo caso più facile a molti di voi, che le andate osservando, di formarvi un’idea più esatta del vi- goroso loro organismo, delle eleganti ed in pari tempo energiche loro movenze. Ognuno intende come queste variano a norma che l’Aquila rimane quasi sospesa ad altezze soventi straordinarie, o sta « con l’ali aperte ed a calare intesa », 0 roteando discende #. s “SI (1) Pur chiamati in diverse opere ora Rapaces, ora Iaptatores. È SULLE DIVERSE SPEC!E DI AQUILE 183 terribile come folgore, come si esprime il sovrano poeta. Più facile ancora sarebbe dire delle abitudini, non di rado audacissime delle potenti Aquile; dell’istinto fiero, che meglio potremmo appellare ‘amore della libertà goduta in alto, non già nella miseria delle basse regioni terrestri, dove lottano in grande moltitudine specie ‘animali le più diverse. Fra esse non vi pare che la specie umana, pur troppo e spesso, emerga per slealtà e brutalità di opere? __ Ma anche privi di vita questi cospicui uccelli vi presentano in tutte le parti del loro corpo uno sviluppo che non può passare inosservato: e già avrete notato come adunco e poderoso sia il becco; robusto e guarnito di piume il tarso, le quali raggiungono le dita; e queste scorgete come abbiano l’ultima falange armata di po- tente unghia grifagna, retrattile, un vero artiglio assai mobile, atto ad afferrare, o con più esattezza a ghermire con facilità la preda, e con altrettanta difficoltà a cederla (1). In tutti gli esem- plari qui presenti benissimo potete vedere come le ali, quantunque solo parzialmente distese in taluno di essi, costituiscano organi va- lidissimi di locomozione. Questi son tali da permettere alle Aquile di fender l’aria in:ogni direzione, con forza, sicurezza, rapidità, quali a pochi altri uccelli è concesso. Per essi le Aquile possono lottare contro i venti più furiosi, librandosi maestosamente ad altezze considerevolissime, sì da farvi tornare in mente altri due versi del Dante, ne’ quali in ogni Aquila si celebrano le SOTA AT e Re grandi. ‘ali Quanto si conviene a tant’ uccello ». n Queste ali le vedete lunghe fino a raggiungere quasi la estremità della coda, le vedete aguzze in cima. Aperte, in modo da formare ‘col dorso una superficie- continua, misurano da un’estremità al- l’altra anche più di 2 metri (2). (1) Le quattro dita di ciascun piede, piuttosto lunghe e talvolta assai lunghe, non sono nelle Aquile rivolte tutte in avanti, ma lo sono tre sole. Il quarto dito è posteriore, libero, ed articolato nell’istesso piano delle pre- cedenti. Il dito medio è unito all’esterno per mezzo di una membrana ; ma se Haliaétus le tre dita anteriori sono affatto libere. | *(2) Un’Aquila chrysaétos ot uccisa il 2 gennaio 1890 sulla vetta del Monte Plauris, e mandata a preparare al Sig. Dal Vittorio aveva un’aper- tura d'ali di ‘2 metri e 30 Seat AL un n'altra È uccisa a Mezzana aveva figo: 184 ANTONIO CARRUCCIO de Delle Aquile avrete forse letto come si affermi che mere è lo sviluppo e la struttura delle loro ali possano ad ogni colpo 4 ‘ar varcare al corpo uno spazio di sessanta piedi per minuto secc È O e anche più. di Nè può tornarvi sgradito un ricordo intorno all’organo visive delle Aquile ch'è dotato di mirabile perspicacia; per la quale è una distanza di centinaia e migliaia di metri dal suolo esser rie scono ad abbracciare tutta intiera una regione, bene scorgent | il punto dove si trova non soltanto una lepre, un agnello, od un camoscio ecc., che possono assalire e trascinar seco con straordi naria forza muscolare; ma bene scorgono anche le prede più pic cole, fra le quali citerò il Francolino che prudentemente usa te nersi celato in qualche macchia boschiva: e non minori attenzioni usano prendere, ma invano, altri uccelli, del pari prede assai fa cili per quei grossi Rapaci (1). 9 La posizione laterale delle orbite, ampie e separate da sot tilissimo tramezzo, nelle quali sono custoditi i globi oculari ché relativamente al capo sono voluminosi e mobilissimi; una tri- plice palpebra, ognuna mobile per muscoli propri, delle quali - al l’opposto di quanto osserviamo nei Mammiferi - la inferiore è più mobile ed è quindi meglio fornita di muscoletti proprii; come è anche assai mobile la 3* palpebra, o nittitante, mercè due mu- scoletti speciali, il quadrato ed il piramidale. Ambo gli occhi ci presentano una sclerotica quasi intieramente cartilaginea, o co segmento anteriore trasformato in cercinetto osseo (2); la corne: è prominente; la coroidea caratterizzata notevolmente, o non men( so i (1) Nel n. VJ del Bollettino della Società sItomano per gli studi zoole gici (vol. I, 1892, pag. 284-285) hanno i colleghi potuto leggere le prodesa di un’Aquila reale, dekoritio diligentemente dal consocio Don Giusepp Speranzini di Urbino, ed uccisa nell» scorso settembre presso Monte Nerone e nell’ istessa corrispondenza avranno letto il fatto di un’altra Aquila au- . dacissima, la quale quantunque presente il cacciatore signor Mochi di Cagli piombò sulla sua Cagna, trascinandola violentemente in alto, per lasciar.pc ricadere per terra la misera preda già morta. 5 (2) Nell’esame di molti occhi di Rapaci che ho fatto in Modena e Roma, questo cercinetto mi è sembrato sempre più sviluppato nei notturni nei diurni, ed esso è formato da miputi pezzi disposti anasi a emb bal SULLE DIVERSE SPECIE DI AQUILE 185 che in altri uccelli, dal così detto pelline (1), di natura vascolare eon numero vario di pieguzze; l’apparato ciliure è assai svilup- pato, e risultante da fibre muscolari striate e disposte a raggi ia due strati (anteriore o muscolo del Campion, posteriore 0 ten- .sore della coroide): a questo apparato devesi se gli occhi possono ‘adattarsi alle distanze più variabili (/aco/tà, così detta, d’accomo- daz ione). Anche nei giorni nostri furono intrapresi nuovi studi per chia- rire il contestato meccanismo dell’accomodazione visiva negli Uccelli, e ben fecero il Beer, I Exner ecc. a ricercare prima quali erano le condizioni anatomiche. Le prove sperimentali dimostrarono che il muscolo del Cram- «pton contraendosi esercita una. trazione sulle lamelle interne della cornea che sono lassamente unite al resto della cornea. Conse- “guenza di' ciò è un appianamento della sezione periferica della cornea. Ma negli uccelli di rapina diminuisce nello stesso tempo il raggio di curvatura del centro della cornea che è solo da con- siderarsi per la visione, cosicché si ha in questa maniera un’ac- comodazione per la vicinanza. ; Per lo spostamento indietro delle lamine interne della cornea ‘prodotto dalla contrazione del muscolo di Crampton, e forse an- che dal muscolo di Miller (tensore della ‘coroide) è teso in pari tempo l’organo che abbiamo chiamato pettine, da altri denomi- nato, meno esattamente, legamento pettinato. Ma non mi permette il tempo d’insistere su questi ed altri particolari anatomici riguardanti gli organi dei sensi studiati nelle Aquile, di parecchie delle quali abbiamo potuto in questi ultimi tempi preparare e conservare non poche parti (occhi, cuore, si- stema digerente ecc.), né insistere posso sulle attitudini e facoltà da essi organi derivanti: passo quindi a dire rapidamente di qual. che altro fatto. Se vi piace ricordate la costruzione abbastanza bene eseguitu de’ nidi delle Aquile; ricordate parimenti che essi sono in gene- (1) Come ha notate gia da molti anni l’Owew il pettine manca negli Apterye; ma nei Rapaci, come negli altri ordini di Uccelli, si trovano «nella disposizione di quest’organo, ancora meritevole di studio, apprezzabili -motificazioni. 186 ANTONIO CARRUCCIO “a rale non solo molto capaci, onde all’opportunità deporvi copiosa materiale alimentare per sè e per gli Aquilotti, ma saldi e re sistenti, perchè devono sostenere col peso dei giovani, che di r ri ad 0 sono più di due, il peso dei viveri, e quello dei due genitori quando loro talenta di fermarsi, ma non mai a lungo, nella pre pria abitazione. Di molti curiosi fatti dovrei far menzione riguar danti il modo di costruzione e la difficile e ardita ubicazione dei nidi. Ne cito uno solo: un nido trovato in Inghilterra, nel Conta Ldo di Derby, poggiava per un lato sopra una rupe oltremodo sco- scesa, era costrutto con grossi bastoni a mò di un palco, e con altri minori, ch’erano pertiche lunghe parecchi piedi, ricoperte con molta cura da giunchi ed eriche; ed è in questo nido che fu trovata un pò di grazia di Dio, in forma di una Lepre e di. ui Agnello, prede quasi intatte che, a dispetto dell'Aquila bialat furono riprese dall’ Aquila bimane. . .... Ma ron tutti gli ui mini ardirebbero di fare altrettanto. Le Aquile trasportano destramente nei loro nidi la bredalii le prede, e queste a preferenza, quando cioè possono, amano car- pirle vive. Le Aquile non temono la lotta anche con animali di mole considerevole e quali altri uccelli altrettanto o più grossi, non oserebbero aggredire; e l’animale predato superando spesso altezze e difficoltà che parrebbero insormontabili, trasportano fin dentro i rispettivi nidi. E questi, lo sappiamo, sogliono essere collocati su rupi quasi sempre tagliate a perpendicolo, o anche sull’orlo di qualche precipizio inaccessibile. 59 Non si volle prestar fede a Marziale quando per due volte attestò che un’Aqguila, bene addestrata, levossi altissima posa id illeso fra gli artigli un fanciullo: È Ra d°. - af Ù di n « Aethereas Aquila puerum portante per: auras, « Illaesum timidis unguibus haesit onus (1). (1) Al poeta Marziale forse pochi credettero ‘perchè quell'il/aesum appli: l- cato al fanciullo, e quel t#widis applicato agli artigli doll Aquila, richiedono un assoluto, difficilissimo atto di fede; ma non mancano naturalisti reputat a simi che narrano come all'Aquila fulva o reale non sia mancato l' ardime to di afferrare e portarsi in'alto un ragazzetto, ucciderlo e cibarsene : e fra altri fatti viag fuori d' SERI 3 ciale quello Mic dal ser e val e Me: SULLE DIVERSE SPECIE DI AQUILE 187 Di questi uccelli, signori dell’aria, se non hanno tutte le virtù, dobbiamo però riconoscere la tolleranza ai lunghi digiuni; dob- biamo inoltre tenerli in pregio perchè, fedeli e monogami, sanno far rispettare la integrità della loro casa. Nulla vi ho detto intorno alla grande longevità che credesi possano godere le Aquile: ma posto anche fosse vero che ve ne possono essere di secolari, giova francamente riconoscere che i cacciatori di montagna, anche i più abili, di rado possono van- tarsi di averne ucciso qualcuna, meno poi parecchie nè giovani, né adulte. To non ho detto, nè in una sola volta potrei dire abbastanza affinchè alla mente di ognuno di voi ripresentisi intiera la serie dei fatti pei quali vennero in ogni tempo celebrate le Aquile, conside- randole non solo superiori azli uccelli delle altre famiglie, ma tal- volta superiori anche agli stessi uomini. Sarà stata un’ esagera- zione, ma è però indubitato cbe gli antichi scelsero l’Aquila quale ministro del Dio supremo, armandone gli artigli di fol- gori punitrici, e a Giove la voliero sacrata. All’ opposto quelli stessi antichi, furboni in molte cose più dei modernissini, vollero sacre alla formosa Giunone due ben diverse specie di uccelli: l’Oca e l’Allocco . . .. A Marte affermarono che era diletto l'A v- voltoio,,ad Apolto lo Sparviere. Ma, lasciando le Divinità mitolo- giche, e i gusti e le simpatie loro, sappiamo tutti come in tempi | posteriori, da Cesare a Napoleone I, l'Aquila fosse prescelta ad emblema, stimandola la più atta a rappresentare il concetto della forza, anzi della massima possanza. Ed anche oggigiorno non troviamo sull’aste delle bandiere, cui si giura fedeltà, e che rappresentano l’onore degli eserciti, non troviamo, dico, piantata per l’appunto in cima a quelle aste un’Atquila ? Oh, lasciate pure belle Aquile, lasciate agli uomini l’illusione «che voi rappresentate non solo la forza, ma pur anco l’ onore. Continuate pure ad essere, come sinora foste, scarse in nu- mento nel Cantone di Vaud di una bimba di 5 anni, la quale mentre tra- | stullavasi in compagnia d'un’altra, anche minore d'età, fu ghermita in modo fulmineo e tratta in aria, non ostante le angosciose grida della fanciulletta rimasta salva, e l’accorrere di alcuni contadini. E passarono due mesi prima NE; E, * 4 N95 tu P. : E ; ta A ao Ad La Pi PA Vv r de 4 ti ; e x ha di f;. 192 ANTONIO CARRUCCI) des: t- ti 28. 26. ; 2 TRS sd | SULLE DIVERSE SPECIE DI AQUILE 198 Il bell'’esemplare di Aquila del Bonelli (Nisdiefus /asciatus Vieill.) che a vostro piacimento potete osservare nella collezione senerale, mi fu donato dal dott. Paolo Magretti nel 1885, e fu preso nella provincia di Cagliari, nella quale è specie sedentaria, e credo piuttosto comune in diverse parti di quella vasta provin- cia, dove è nota col nome di Acki/oneddu, o Achili de pisci. È rara invece, accidentale, o di casuale comparsa, in Liguria, Campania, Puglia, ecc. In aicune regioni della Sicilia è detta scarsa, in altre più frequente e sedentaria. Sarei ben lieto di potervi dare larghe informazioni sulle specie di Aquilini che uccisi in tempi diversi in qualche parte della provincia romana possono forse trovarsi conservati in collezioni : private. Ma queste informazioni non potei avere, e so soltanto che l Aquila chrysattos e VA. clanga 0 naevia, come il Circaetus gallicus e l’Haliaètus albicilla sono rappresentati nella collezione del principe Aldobrandini nella Villa Belvedere in Frascati. Se altre notizie mi venissero fornite, sarebbe per me nn do- vere graditissimo di aggiungerle a quelle che ho già esposte. Di una però che, colla solita premura e cortesemente, mi venne data dal conte Guido Falconieri di Carpegna debbo in special modo tener conto: egli mi riferi di aver osservato una piccola aquila, mai da lui vista, che teneva in preparazione in Roma il signor De Dominicis; dal quale seppe che era proprietà del conte Gardelli, e ch’era stata uccisa nel 1891 nelle montagne sopra Spo- leto, non molto lontano dai confini della nostra provincia. Oltre che con me il conte di Carpegna parlò di questo esemplare, che giustamente assai lo interessava, col prof. Vinciguerra; il quale nell’ opera del Dresser ecc. verificò i caratteri presentati dall’esem- plare medesimo, confermando il fondato sospetto già dal Carpegna espresso, che cioè apparteneva alla specie nota col nome di Aquila pennata Brehm, o Hieraelus pennatus Salvad. come oggi sì preferisce di chiamarla. Di questa straordinaria cattura dell'Aquila minore ebbi, per iscritto, conferma dalla gentilezza del nostro consocio, dott. Achille “Tellini, assistente al Gabinetto di Mineralogia nella nostra Uni- versità, ed in stretti rapporti di parentela col sig. De Domicicis. | Nell’istesso foglio l’egregio dott. Tellini mi fa cenno d’ altre A- quile (A. chryséielos), avute dall’istesso De Dominicis, una uc- Mad o I ten de 1 l'agl Ret CREA SR I e MEO E ay TAO, Ig SIC SPIGA VI CE GIUR 54 "a Fe ‘18 F z ? SIMO E LA DII/A È rile ia! » ' ; 4 'ELl ’ È ha ROS né r vi se Sn e k ” LE asi. 4 1 ; Pais È. ig : Pat, N RARIA rd LE RARO VLNENI eta eo ”» a de E l r fi 194 ANTONIO CARRUCCIO | SATA cisa a Frosinone nel 1890. Di altre 2 uccise sopra Tivoli, ma portate in Roma talmente mutilate da essere inservibili diede: notizia al dott. Tellini ed a me l’egregio dott. De Angelis Gioac- 3 chino, pure assistente nel predetto Gabinetto. Dal De Angelis ebbi pure cortese notizia d'un Aquilotto reale preso vivo nell'autunno. scorso al Monte Autore (metri 1853) presso Subia co. "i E, stando sempre nei confini della provincia romana, Gel i quale credo sia l’ Aquila chryséietos quella che più frequente- “ mente può esservi colta, aggiungo ‘che il sig. Bruno Rainaldi,. studente della Facoltà di Medicina e mio allievo, m’informò in questi giorni come nel Circondario di Frosinone, territorio di Collepardo, trovisi nella montagna detta Rotinara, al suo lato sud-est, un sentiero chiamato ma/avia, circondato da dirupi sco- pi scesi e da baratri profondi, in fondo al quale - come assicurano i cacciatori più anziani - nidifica ogni anno l’Aquila reale. A È questo enorme masso scoglioso, che si profonda per circa 60 m.,. su è forse per tale nidificazione che da antichissimo tempo vien dato il nome di Peschio delle penne. E finalmente all’egregio giovane partecipano da Collepardo che l'Aquila suole nidificare non sol- tanto nell’indicata località della montagna Rotinara, ma anche in un’altra elevazione, continuazione della montagna medesi ma, della quale serba la natura e l’aspetto aspro e dirupato. Su tale elevazione inaccessibile, denominata Capo hRivo, perchè vi sca- turisce un ruscello, in alcuni anni l’Aquila vi posa il suo nido. | SUNTO DEI PROCESSI VERBALI Tornata del giorno 25 febbraio 1893. Presidente Prof. A. CARRUCCIO. Soci presenti 28. Il Segretario legge il processo verbale dell'adunanza precedente che viene approvato. Presenta quindi i nuovi cambi ed i nuovi doni. 1l Presidente, proclama la nomina dei seguenti soci: o . Sig. Buffarini Vincenzo, Stud.in Scienze Nat, R. Univ.di Roma De Ca . Sig. Jannuzzi Ernesto, Studente in Med. e Chirur, Roma S. C. . Sig. Millosevich Federico, Studente in Med. e. Chirur. Roma S. C. Sig. De Gaspari Ansenio, Studente in Scienze Nat. Roma S. C. 5. Sig. Narducci Domenico, Studente in Med. e Chirur. Roma S. C.. 6. Sig. Tramonti Ernesto, Studente in Med. e Chirur. Roma S. C. Lo stesso Presidente legge poscia una lettera del Prof. Meli > co Romolo, che scusa la sua assenza per grave lutto in famiglia. I Soci ‘accolgono con dolore la triste notizia, ed incaricano il Consiglio Direttivo di esprimere all’egregio collega le più sentite condoglianze ‘con apposita lettera. Il Prof. Carruccio svolge la sua comunicazione sulla MARMARO- NETTA AUGUSTIROSTRIS (Ménétries) per la prima volta constatata nella ‘ Provincia di Roma e sui Palmipedi esistenti nel R Museo Zoologico, dimostrando ai soci una serie di scelti esemplari tanto. della Collezione Generale, quanto della Collezione Provinciale ora esistenti nei Museo Universitario, e di recente aggiuntivi. | Il Socio Conte Guido Falconieri di Carpegna presenta un lavoro ‘del Prof. Angelini Giovanni Sulla permanenza invernale di alcune ‘specie di uccelli in Sicilia, lo legge e lo loda. Alle lodi si unisce il Presidente. - Il Prof. Decio Vinciguerrariferisce: 1. Sulla introduzione del Sal- n one di California nel lago di Castel Gandolfo; 2. Sulla presenza a ML ei Re tì | ic « Mae! FIBRLAPO si * Dai pai 5 tie VP V i Pea et | è IA bal 14 “i ; Va È Della Aa È EIA ar ‘$% Pi I LO LR DE x \d ug È: i o tà nu vi n pre i VE pa or a VII VI TR Dà pa sa) pat ted VR vr È A EA x Mirren) are & Lode IR) tao. i x Li hi VEE È è 196 SUNTO DEI PROCESSI VERBALI È morinci avicolari, ed il Dott. Alessandrini Giulio il sunto di un ud ringrazia il consocio Vinciguerra per le interessantissime notizie f nite alla Società. | spa Il Prof. Carruccio presenta. poi una memoria del consocii Prof. Paolucci dell'Istituto Tecnico di Ancona dal titolo: Nuovi con tributi sulle emigrazioni dell’ Avifauna Marchigiana raccolti A l’ultimo ventennio, della quale fa rilevare la notevole importanza, 20 la diligenza con cui fu compilata; e presenta pure altri due impor tanti lavori del socio Prof. Faustino Manzone: Sugli Imenotteri dell Provincia di Roma e una Nota illustrativa di un antico atlanti ornitologico inedito conservato in Roma, ch'egli scrisse ose compianto socio Barone Dott. Carlo De Fiore. 2.5 Aa *. ToSs Il Conte Guido Falconieri di Carpegna riferisce Sopra un Zè volo minore (EMBERIZA PusiLLa Pall.) raccolto nei pressi di Roma, e mostra alcuni notevoli esemplari. Il prof, Carruccio aggiunge. al cune notizie sugli esemplari ch’egli ebbe a studiare quando dirigeva il Museo Zoologico dell’ Università di Modena. © SP 1l Dott. Condorelli Mario legge una sua nota Su alcuni Echi. uc lavoro intitolato: Quale sia la specie di TarNIA predominante i Roma e sua Provincia. Il Presidente ringrazia gli autori delle comu- fi nicazioni, e quindi vien sciolta l’adunanza. Il Segretario Dott. M. CONFORELLI Tornata del giorno 10 Maggio 1893. d i è " Presidente Prof. A. CARRUCCIO. Soci presenti 20. LT Il Segretario legge il processo verbale dell’adunanza preced ent che viene approvato, e presenta i nuovi cambi, doni ed omaggi venuti alla e dinari: * » . ; bo 5 w, d 9 SUNTO DEI PROCESSI VERBALI 197 1. Dott. Ibba Serpi - Medico Chirurgo e ufficiale sanitario in Ca- gliari - S. O. 2. Signor Rossi Giacomo, già socio corrispondente. Quindi il prof. Carruccio presenta alla Società un bellissimo esemplare di 7rachypterus, acquistato dal R. Museo Zoologico per cor- tese invito degli onorevoli signori Prefetto della Provincia e Sotto- Prefetto di Civitavecchia; il quale per telegramma annunziava al suo Capo che nella notte delli 11 alli 18 di aprile era stato pescato in quel mare un pesce giudicato raro; ed aggiungeva: « Prego in- terpellare prof. Carruccio, Direttore Gabinetto Zoologico, autorizzarmi spesa trasporto Roma, se riconosciuta importanza oggetto. Urge ri- sposta per evitare guasto ». In seguito a telegrafica adesione del prof. Carruccio, l'indomani fu trasportato in Museo dagli stessi pe- scatori il raro esemplare, che fu riconosciuto appartenere indubbia- mente al gen. Trachypterus. Il prof. Carruccio dice che il Museo Universitario mancava affatto, prima di adesso, di qualunque rappresentante di questo genere. Fa però noto come il dott. Telemaco Metaxà in un suo lavoro di molti anni fà avesse annunciato che nell’anno 1833 era stato pescato, pa- rimenti nel mare di Civitavecchia, un individuo, del quale egli cre- dette di fare una specie distinta, col nome di Gymmetrus repandus, Quest’esemplare sembra che nel 1849 o poco dopo sia stato ceduto . 0 sia andato guasto, perchè - da quanto potè risultare - dopo gucl- l’anno più non esisteva nel Museo Romano. Della specie, pescata nello scorso aprile, affatto diversa da quella descritta dal Metasxà, il prof. Carruccio espone partitamente i ca- ratteri zoologici, pei quali risulta che più s'avvicina al Trachypterus liopterus Cuv. et Vol.; nota inoltre che trattasi di una femmina adulta, lunga metri 1,30. Descrive poscia alcune’ particolarità ana- tomiche riferentesi ai sistemi digerente e riproduttore, e termina fa- cendo in proposito diverse considerazioni. Il dott. Condorelli legge la prima parte di un suo lavoro dal titolo « Notizie anatomiche sul BrADYPUS TRIDACTYLUS L. var. USTUS Lesson, morto in Roma ed acquistato dal Museo Universitario. Altra comunicazione viene fatta dal conte Guido Falconieri di Boliettino della Società Romana per gli Studi Zoologici. 13 + è » vii 3 #7 TC, si P X Na. , P° d È ST È: h pe ‘ & Gala PE " " std 7/0 PIE RITA SE SALE 7 CRI MICI SEAT ARIETE ua o ae A ri © PIE Pao II È to E 130 Pea pe bada 198 SUNTO DEI PROCESSI VERBALI - S Carpegna Sulle diverse livree del Machetes pugnar, con dimostra zione di scelti esemplari. — Il prof. Carruccio fatta rilevare la im portanza delle osservazioni del Conte di Carpegna, crede ch’esse sa ranno confermate col diligente esame di molti individui della specie e quelli posseduti dal Museo Universitario di Roma presentano q 128 tutti i caratteri esposti dal Carpegna. : Mi Viene poi letta dal Presidente una interessante lettera direttagl I dal socio cav. Arrighi Griffoli Giacomo, scritta a proposito de la i Chetusia gregaria catturata per la seconda volta in Val di Chiana. Ha poi la parola il socio corrispondente signor Silvestri, che i presenta una nuova contribuzione allo studio dell’ Avifauna Umbra. Il dott. Alessandrini legge una comunicazione intorno ad alcune Notizie anatomiche su di un Tragulus menimma P morto in Roi " ceduto gentilmente ai Museo Universitario dal signor Mayneri. È Il dott. Domenico Positano Spada dà alcuni Cenni sulla ricca collezione della fam. Conidae posseduta dal R. Museo Zoologico Romano, facendo prima notare la importanza e la ricchezza dell’in- tiera collezione conchigliologica del Museo Universitario, alla quale nell’ora scorso maggio il direttore potè assegnare locali. più COL a ; | venienti. È Il Presidente ringraziati gli autori delle diverse comunicazioni, dichiara sciolta l'adunanza. 3 d Il Segretario Dott. M. CONDORELLI. > NUOVI DONI. È cco la nota delle nuove pubblicazioni donate e di altri 15 Ue- È celli aggiunti alla Collezione sociale, pure bene iniziata. Diamo pu ire i Ja nota dei ruovi cambi. Ma dt i I vw È I. Pubblicazioni. a: # 5 i VITALI prof. ViraLe. — Elementi di Zoologia e Fisiologia ad 1 sS 2 delle classi liceali. Verona, 1893. 4 ArrIGHI GRIFFOLI conte Giacomo. — Avifauna della Val di cn i ; “ 3 Siena, 1891. i o “vl È : ì . È ne: 7 3 i i , c A, 5 ù | i GE ss a NUOVI DONI 199 Coupin HeNRI. — L’Aquarium d'eau douce, Paris, 1893. (Dono dei libraio Baillière et Fils). De AnceLIS G. — I Zoantari fossili. Roma, Tipografia della R. Ac- cademia dei Lincei, 1893, Pavesi prof. Pietro. — Un ibrido naturale di « Anas-boscas e Chau- lelasmus streperus » ucciso nel Pavese. Padova, 1893. Idem Idem. — Calendario Ornitologico pavese 1890-98. Pavia Tip. Successori Bizzoni. 1893. Dar Fiume prof. CAMILLO. — Sopra un ibrido naturale di « Ma- reca penelope e Dafila acuta ». Milano, 1898. Tuccime1r prof. G. — « Lesti di Arvicola » nel Pliocene lacustre della Sabina. Roma, 1893. Torinarp PauL. — De l'évolution des molaires et prémolaires chez les primates et en particulier chez l'homme. Paris, 1892. PicagLia dott. Lusi. — Cenni storici dell'Istituto Anatomo-Zoolo- gico della R. Università di Modena - 1776-1893. II. Uccelli. | E o _E| E NOME DELLE SPECIE Ger DONATORI È | DS 1 | CAPRIMULGUS EUROPAEUS 2 | Conte G. di Carpegna 2| COTYLE RIPARIA 2 Idem 3| FICEDULA COLLARIS 2 | Idem 4 | LANIUS AURICULATUS ì Idem 5 | AEGITHALUS PENDULINUS ] Idem 6| CETTIA CETTII I Idem é| BUDYTES FLAVUS ] Idem 8 | FRINGILLA COELEBS l Idem 9 | MACHETES PUGNAX ] {dem 10 IDEM l da uno Studente ll | TRINGOIDES HYPOLEUCUS 1 | Conte G. di Carpegna 12| TOTANUS GLAREOLA I Idem 13| PORZANA PARVA 1 Idem 14 | GALLINULA CHLOROPUS I Idem 15 | ARDETTA MINUTA — 1 |Prof. Dom. Casagrande NUOVI CAMBIO III. NUOVI CAMBI. Memorias y revista de la Sociedad cientifica « Antonio Alzate > Messico. x o î Mittheilungen der schweizerichen entamologischen | gesellschafi Schaffhausen. | f ‘a Verhandlungen der. kaiserlich-koniglichen PRESO Botanischen Gesellschaft. Wien. | Bal L’Agricoltura e le Industrie Agrarie. Portici. A ta Mittheilungen der Naturwissenschaftlichen Vereines rar Steiermak.. Graz. cage a Bulletin de ta Societé ouralienne d'amateurs de Sciences naturelles. Ekaterinburg (Russia). i -@ Bollettino delle Scienze Mediche. Bologna. — b cs 9 Annales de la Société Royale Malacologique de Belgique. Bruxelles. Berichte des naturwissenschaftlich-medizinischen Vereines in Inns bruck. cdr. sr SES. Bulletin de la Société Vaudoise des Lenagni indi Lausanne, Bollettino dei Musei di Zoologia ed Anatomia Umeee dae a R. Università di Torino. Bollettino della Società Adriatica di Scienze naturali. in Tri Vol. XIV. N. VII e VIII. 13,035 Vol. II “Anno IT. - 1893 BOLLETTINO DELLA STA ROMAN PI STUDI LOOLOGICI SOMMARIO. I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE: 1. Carruccio prof. Antonio. Su di un Pelagius monachus f. adul. . Pag. 203-212 2. Vinciguerra prof. Decio. Sulla presenza di un Ghiozzo d’acqua dolce nei dintorni di Roma. » 213-222 3. Paolucci prof. Luigi. Nuovi con- tributi all’Avifauna sai delle Marche . . » » 223-241 4. Romolo prof. Meli. Sulla pre- senza dall’Iberus Sigratus Fer. (Heli- gana) nei Monti Ernici nella pro- vincia di Roma. . . . . . . >» 242-252 5. Vinciguerra prof. Decio. Sulla introduzione del Salmone di Califor- nia nel Lago di Castel Gandolfo » 253-264 6. Buglioni dott. Giov. Battista. Menengite rifle;sa da Ascaris Lum- bricoides . . Pag. 265-268 7. Alessandrini dott. Giulio. Notizie anatomiche sulle glandole annesse all'apparato digerente del Soi Mense Erxkbi 7. 0. + » 269-271 II. SUNTO DEI PROCESSI VERBALI E DELLE ADUNANZE . . . . . » 272-273 III. PICCOLA CRONACA DI CACCIA E DI ORNITOLOGIA (Conte G. Falconieri dl Carperna) >... .. » 274 IV. INDICE GENERALE DELLE MATE- RIE CONTENUTE NEL VOLUME. ,. 275-276 AVVISI PEI SOCI (Ved. copertina). L'ufficio provvisorio per l'Amministrazione e Redazione del Bollettino trovasi nel Regio Museo Zoologico dell’ Università di Roma. Annunciansi non solo le pubblicazioni anatomo-zoologiche, che pervengono alla Società, ma anche tutte quelle di cui si ha notizia, e che possono interessare i Soci e gli Abbonati, siano italiane siano straniere. : Pei non Soci il prezzo di abbonamento e di vendita del Bollettino per l’anno 1894 è di L, 12. Per l'acquisto del Bollettino, rivolgersi all° Economo della Società nel Museo Zoologico della R. Università di Roma. (CONTO CORRENTE CON LA POSTA) Fascicoli VII e VIII. BOLLETTINO n % 5% Su di un PELAGIUS MONACHUS £ adul. E DEL SUO FETO presi a Capo Teulada nel Mediterraneo | Comunicazione del Prof. Antonio Carruccio alla Società Romana per gli Studi Zoolegici (SUNTO DELL'AUTORE) L’A. avverte che dovrà limitarsi a pochi cenni, perchè nel- l’istessa adunanza devono riferire altri colleghi, piuttosto a lungo, sovra interessanti argomenti posti all’ordine del giorno. Ricorda innanzi tutto che nei nostri mari non sono infre- | quenti le catture di esemplari di Pinnipedi, e quindi di Pera- gius monachus, g'° e P di varia età; non sono però altrettanto frequenti le catture di femmine adulte in stato di gestazione molto avanzata, dalle quali poter estrarre dall’utero il feto, pre- pararlo e studiarlo convenientemente. Ricorda inoltre taluno di questi pochi fortunati casi, e fra gli altri quello recente, assai ben descritto dal prof. Lorenzo Camerano, di un feto di Otaria jubata Forster (1), estratto dal corpo di una grossa . Il pinnipede esotico (Otaria) non fu, come quello di cui si occupa il Carruccio. preso nel nostro Mediterraneo, ma venne catturato, come narra il Camerano, nello Stretto di Magellano dall’equipaggio del R. Piro-avviso Cristoforo Colombo; ed il tenente di vascello, cav. Angelo Chionio, ch’ebbe la buona idea di conservare il feto, lo «donò al R. Museo Zoologico di Torino. (1) Ved. Mem. della RR. Accad. delle Scienze di Torino. Serie lI. Tom. XXXV. Torino, 1882. Stamperia Reale. i Boliettino della Società Romina per gli Stu'i Zoloigici. i 14 Vol. 1I. - 1893. pas po, RE COSO I Pal ha * etici intenti Pa A Lai Ò d » pae.” 3A "i fe Venti 9 : Aa veni ha a i bg uu i PA ne INIZI OS NI | E RIE Die rat 0. Pe Ù L, di La Pan di, h PE IR) er x v À ° 202 . ANTONIO CARRUCCIO "i RI I due esemplari, madre cioè e feto, di Pelagius. monachus F. Cuv., acquistati dal R. Museo Zoologico di Roma, e che danno argomento per questa comunicazione, provengono dal Capo ! eì lada (Sardegna). La genitrice di notevoli dimensioni, fu catturata viva entro una rete il giorno 21 maggio 1891; ed i pescatori che la presero la portarono a Cagliari, dove ‘essa morì due ore dopo dal suo arrivo nel molo di quella cara e bella città marittima. L’esemplare fu acquistato dal distinto preparatore e naturalista sig. Alberto Cara, dal quale l’aut. ebbe per lettera diverse no- tizie che sommariamente riferisce. re Tanto più volentieri fu fatto l'acquisto per la collezione ge- nerale dei Mammiferi del Museo Romano, in quanto che in essa mancava un esemplare così grosso ed in ottimo stato, com a questo offerto e preparato colla maggior diligenza dal sig. Cara, come vi mancava affatto un feto di detta specie. L’A. però mo- stra volentieri ai consoci l’unico feto di pinnipede che l’istesso Museo possedeva fin dal 1865, nel qual’anno ne aveva fatto donc all’Università il pontefice Pio IX. Questo interessantissimo feto, per fortuna assai ben conservato, appartiene alla Phoca groenlan- dica Mull.. L’aut. si riserva di far conoscere come pervenne 2 Pio IX, quando avrà compiuto nell'Archivio Universitario le non facili ricerche necessarie per venire in chiaro della provenienza di questa e di parecchie altri importanti specie che facevano pa le * cei dell’antico Museo. Dà intanto un rapido cenno sull’habitat della Phoca (Pagophilus) groenlandica, citando il Murrie, Sommers etc che di proposito si occuparono di questo importante pinnipede; e ricorda qualche bellissimo esemplare di cui prese nota visi tando il grandioso Museo di Londra, quello di Edimburgo in Scozia ecc. Il feto del vitello marino dei marì del Nord, posse- - duto dal Museo Zoologico dell’Università di Roma, misura in lunghezza centimetri 352 circa; il pelame, com'è noto, È perfet tamente bianco-sericeo ed arricciato. Tornando subito al Pelagius monachus P ed al suo feto, PA. riferisce che nei primi di giugno 1892, giunsero - per la via di Napoli - in Roma, in ottime condizioni di preparazione e co n servazione, e vennero così ad aumentare il piccolo gruppo di pinnipedi della collezione generale del nostro Museo. ng be n ci si = Pa ba cl tt Ca PE - a A Pe = Fr: pe "= -» ” "2 _ di "1 sla Fi E ali e 27. odg DE E Ga E Poni Ce 2% er rt 3 RIS VR ge RP ARCANI e - 7% eci Am ea as so ’ % = p » ME ca ss ar 6 i , na - e a: 208 ANTONIO CARRUCCIO pe hanno potuto esaminare diversi esemplari vivi, esposti per lo più a scopo di guadagno, sanno quanto e come si esageri sulle Vi lità psichiche e sulle attitudini di quei pinnipedi, senza però ne gare ch’essi le posseggono in grado notevole. È Er Ma l’Aut. non intende su questo punto soffermarsi, premen- dogli di completare le indicazioni delle misure ch’ egli ha pre tanto sul Pelagius monachus £, quanto sul feto da essa estratto w dal signor Cara, e spediti a Roma. Già disse della lunghezza to- tale della genitrice (m. 2,41 circa), ed aggiunge che la circon gs renza massima del petto, misurata a livello delle natatoie tora- ciche, è di 1 metro e 29 cent.; ogni natatoia, pure toracica, > lunga 28 cent., con una larghezza massima di 12 cent. Le unghie nere, lucide, a doccia, sono lunghe 20 millim., e larghe 6 millim. Le natatoie posteriori, quasi semilunari, epr una lunghezza di. 36 centim., ed una larghezza massima di 22 e 1]2. Mentre le unghie sono ben appariscenti, come si è detto, nelle due natatoie pentadattili del petto, esse non sono visibili nelle due natatoie Do- steriori, od appena si riesce a scorgere la punta di qualcuna avyo a da’ comuni integumenti. È notevole che l’opposto si osservi, come _ ora si dirà, nelle dita posteriori del feto. La estremità caudale. della genitrice è lunga appena 411 centim. e 1[2 con una lar-_ ghezza alla base di 8 centim. È Dal corpo del feto — la cui lunghezza totale già menzionata, raggiunge i 50 centim. — il prof. Carruccio ottenne queste altre. dimensioni principali: le pinne anteriori o toraciche misurano in lunghezza 10 centim., ed in larghezza (massima) 4 centim.; la circonferenza del corpicciuolo, in corrispondenza dell’origine del el pinne ora indicate è di 34 centim.; la lunghezza delle ungbhiette. di queste stesse pinne, è di 7 millim., colla larghezza di 2 millim.: — sono nere e disposte a docciettina come quelle della genitrice. Le natatoie posteriori offrono una lunghezza di 9 centim., ed una. larghezza massima di 8 centim.; la estremità caudale è lung ca 2 centim e 1]2, e larga alla Ar 14 millim. Questa rimane sep Da rata dalle due natatoie pelviche 2 cent. circa, mentre nella grossa Foca la distanza è di 4 cent. 1[2. Naturalmente che questa distanz a deve variare, ma non di molto, nell’animale vivo, giacchè. ni modo come sono articolati gli arti pelvici, devono stare non so olo e, Ded paralleli all’asse del capo, e per lo più affatto rivolti all’indie 0, i 209 — maravvicinatissimi all’ estremità caudale, che però oltrapassano alquanto. | L’anchilosi che si nota nelle due ossa tibia e perone, il modo come sono avvolte da robusta cute le dita, rende inoltre, in con- —. fronto alle toraciche, poco mobili le natatoie pelviche dei Focidi . e degli altri Pinnipedi. Parecchi scrittori che si occuparono del È nuoto di questi mammiferi (ad es. James Bell Pettigrew ec«.), stimarono che le membra anteriori siano principalmente adope- rate nei cambiamenti di direzione, mentre che quelle del paio ‘ ‘posteriore servono quali semplici ausiliari della coda. In verità, _ osserva il prof. Carruccio, essendo la estremità caudale cortis- sima, anzi rudimentale, poco può servire alle Foche, mentre la conformazione e situazione delle natatoie pelviche devono per- mettere a questi organi un ufficio più efficace di quello che si . crede. Potentissima è invece la coda delle Balene e degli altri Cetacei, come di tutti i Vertebrati acquatici pesciformi, che hanno la medesima disposta a vera natatoia. Le narici del Pelagius monachus sono parallele fra loro, distanti uno dall’altra 1 cent. e mezzo, ed ognuna è lunga circa centim. tre. Manca affatto il padiglione auditivo. L’occhio grande e vivo pare abbia la pupilla allungata come il Felis calus ecc. Dice l’ant. pare, perchè nell’esemplare ricevuto da Cagliari, gli occhi artificiali ce vennero messi non hanno la pupilla allungata, ma piuttosto ovalare. Gli scrittori però che accennano alla forma della detta pu- pilla, la dicono allungata. L’aut. ha visto sì parecchie volte | esemplari vivi di Foche, ma non rammenta quale realmente fosse da forma dell'apertura pupillare (1). Il capitano D'Albertis a proposito dell'occhio della Foca scrive ch’è grande e pieno di vita. In quanto alle vibrisse che sporgono sul grosso labbro su- periore di questa Foca, il prof. Carruccio ne ha contate una ventina a destra e sinistra, isolate e di vario diametro ; e fa (1) L’ Herman, fra gli altri, scrive: « la pupilla rappresenta un triangolo isoscele rovesciato ». Altri (Fabricius) videro che ha « la forme d'une étoilo a quatre branches ». In breve, gli autori non sono d’accordo su questo ca- rattere. i | Av Siria ia da Lo criari lt » = > Sa — e ANTONIO CARRUCCIO — 7-7] si PI - re * - notare che esistono alla parte posteriore-interna e in prossimità ; di ciaschedun occhio altre poche vibrisse. Le più lunghe, quell e E del muso, misurano non oltre i 6 centim., e sono affatto bianche %, 1 e più grosse alla base. = Le vibrisse sono la sole produzioni pelose che si vedono sul corpo del feto del Pelagius monachus, essendo tutta la superficie tegumentaria dell’istesso feto affatto nuda. g Per l'opposto, come fa notare l’A., nel feto della Phoca groe tandica il corpo è tutto ricoperto di peli folti. n di Leggesi in diversi autori, taluni dei quali ebbero l’opportu-. nità di osservare la Phoca groentandica o sulle coste della Si- beria, e fino nel Kamtschatka, o nello Stretto e nei contorni della Groenlaadia, che essa varia molto nella colorazione pelame, e prende nomi diversi a seconda di tal fatto. II feto, come si vede in questo bell’ esemplare del Museo Zoologico di Roma, è intieramente bianco; ma pare che verso il secondo anno di età diventi grigiastro, e muti antora al terzo anno, mostran- dosi macchiettato al quarto. A Raggiunto il quinto anno di età il pelo assume un bel c0- lore grigio, e sul dorso si vedono due tratti semilunari oscuri, che si guardano colla loro estremità. è La Foca groenlandica si sa che raggiunge dimensioni mag-. giori della monaca, della vitulina ecc. Ed a proposito della grandezza che possono raggiungere i Pinnipedi, delle famiglie dei generi e delle specie che al presente sì conoscono, il prof. Carruc- cio dice come possono i Zoologi soddisfare la loro legittima curio- sità visitando il Museo Britannico, in cui forse si trova la maggior ricchezza di esemplari anche per tali forme animali. In Londra infatti egli volle prender nota anche del numero di Halichoerus, Caltocephalus, Stemmatopus (| Cystophora ), Leptonyx, Macrorhi- ni nus e Trichechus, che nelle sale di quel grandioso Museo si am mi. rano: e le preparazioni tassidermiche sono non di rado accomp a - gnate dagli scheletri completi delle più importanti specie. Fra questi scheletri ricorda uno bellissimo e completo di Trichechus rosmarus adulto (Morse or Waltarus - North Sea, così leggesi scritto sulla base della preparazione), il quale gli offrì la note le particolarità di avere i due grossissimi denti canini. della ma- i scella superiore disuguali fra loro, misurando il canino dest TO aL del SÙ DÌ UN PELAGIUS MONACHUS 9]] in lunghezza almeno 10 centim. meno del destro. Più che da anomalia nello sviluppo di esso dente, forse la minor lunghezza | poteva derivare da antica rottura, sapendosi quali lotte sosten- . gano, e in quali modi adoprino i loro formidabili denti i così detti Cavalli marini. € noto che non solo per l’enorme sviluppo dei due canini superiori, ma per l’insieme della formula dentaria negli adulti (et; 33: =: ent con grandissima prevalenza, s'intende dei canini superiori sugl’inferiori), e per altre partico- larità interessanti del cranio ecc. il Trichechus Art. (Odobaenus Lin.) differisca dalla Phoca, dalla Cystophora e dagli altri generi che sì annoverano nell’ordine dei Pinnipedi. Del Museo di Oxford ricorda un bellissimo scheletro di PrRoca bdarbata; di quello di Cambridge cita un bel scheletro di Otarîa Stelleri ecc. E della scelta collezione di Mammiferi acquatici dell’ elegante Museo di Edimburgo (Scozia) il prof. Carruccio ricorda, oltre le prepara- ‘zioni ossee, altre anatomiche assai istruttive di Cetacei, Pinni- pedi e Sirenidi (ad es. del cuore di Halichore dugong ecc.): e dice che parecchi esemplari di Ofaria jubata e di Halichoerus gry- phus visti in Edimburgo gli sembrarono di maggiori dimensioni e meglio preparati di altri esemplari osservati in Londra e altrove, e particolarmente in Glascow; dove la trascuratezza con cui erano tenuti (non chiusi neppure entro vetrine) diversi esemplari di Cystophora, Halichoerus ed altri ancora, gli richiamò alla memoria qualche Museo italiano. Rapidamente, in sul finire della ‘comunicazione, l’A. accenna ai più scelti ed importanti Pinnipedi che si osservano nelle collezioni dei principali Musei di Alemagna, ed in quelli di Parigi ecc. Il prof. Carruccio conchiude dichia- rando che se ha, anche in questa circostanza, creduto poter far parola di Musei e di collezioni, fu spinto dal convincimento che nobile e giusta è l’affermazione del prof. W. H, Flower, che cioè nei pubblici Musei, le buone collezioni ottenute per dono o per acquisto, servano come fattori dell'educazione nazionale. (1) In Glascow però, fra le altre beile collezioni, meglio conservate di quella dei Pinnipedi, vanno citate la ricca collezione dei Molluschi in alco)l, una di Lepidotteri brasiliani e così via dicendo. Bellissima e copiosa è la collezione dei preparati (quasi tutti modelli) dimostranti le fasi di svi- luppo dei singoli organi dell’uomo ece., donati dal prof. Thompson. SULLA PRESENZA DI UN GHIOZZO D’ACQUA DOLCE — NEI DINTORNI Di ROMA - a Nota del Dottor D. VIxCIGUERRA La prima notizia di un Gobius italiano, esclusivamente d’ac- qua dolce, è data da Cuvier e Valenciennes (1), che descrivono un G. fiuviatilis ricevuto dal prof. F. A. Bonelli, allora Diret- | tore del Museo Zoologico della R. Università di Torino (2). 2 stesso Bonelli è indicato come autore della specie, ma per quante ricerche io abbia fatte, non mi fu dato di poter accertare che . egli l’abbia realmente descritta e pubblicata e per conseguenza | sono portato a ritenere che essa fosse da lui mandata ul Museo di Parigi col nome inedito di G. /uviatilis, del quale gli ittio- logi francesi gli mantennero per deferenza la paternità (3). Le regole di nomenclatura generalmente adottate non sanciscono _ però la consuetudine di accettare come autori delle specie coloro che si limitarono ad imporre loro un nome in collezione od én litteris, ma riconoscono come tali solamente quelli che ne pub- |. blicarono la descrizione o la figura e perciò noi dobbiamo rite- — nere come veri autori di questo G. /luviatilis, Cuvier e Valen- — ciennes. Gli esemplari mandati da Bonelli sono indicati come | presi « dans les rivières de Sardaigne et dans le lac d’Aviglione » _ ed è fatto cenno di altri, raccolti nel lago Maggiore dal Savigny e dal Conte Borromeo. Io credo che l'affermazione che questa | specie viva nei fiumi della Sardegna, debba, almeno per ora, es- — (1) Cuvier et VaLENCIENNES, Histoire naturelle des Poiss ins, vol. XII (Parigi 1837) p. 52. va (2) É superfluo far notare che la specie in discorso nulla ha di comune — col Gobius fluviatilis di Rondelet e di altri antichi autori, il quale, come si sa, è un Ciprinide universalmente noto sotto il nome generico di Gobio. - (3) I pochi lavori ittiologici di Bonelli sono pubblicati tutti nelle me- o morie dell’Accademia delle scienze di Torino, e non vi esiste alcun cenno — di un Gobius fluviatilis, come non ne ho trovato traccia nell'elenco dei suoi scritti, pubblicato dal Lessona in appendice al discorso « Degli studii. zoologici i in Piemonte » letto nella grand’'aula deila R. Università di Der git 3 il giorno XVII novembre MDCCCLXXVII, nel solenne riaprimento degli | studii. i a SULLA PRESENZA DI UN GHIOZZO D'ACQUA DOLCE 218 sere posta alquanto in dubbio. L’ittiofauna delle acque dolci del- l’isola di Sardegna è ben lungi dall'essere conosciuta, ma nes- suna delle notizie certe che se ne hanno tenderebbe a confermare tale affermazione. Rammentande poi che nell’epoca in cui scri- vevano Cuvier e Valenciennes il Sovrano del Piemonte aveva il titolo di Re di Sardegna, ed il Piemonte, la Liguria, la contea di Nizza e la Savoia formavano i così detti Stati Sardi di Ter- raferma, non credu azzardar troppo dicendo che probabilmente in questo caso debbasi per Sardegna intender Piemonte. Egli è poi per evidente errore di stampa che il lago d’Avigliana viene indicato come di Aviglione. Di questi individui avuti da Bonelli uno è stato figurato da Valenciennes (1) come proveniente da un lago del Piemonte. Nello stesso volume della loro opera Cuvier e Valencien- nes (2) indicano pure come presente nei dintorni di Bologna, e conseguentemente come specie di acqua dolce, il loro G. /ota (ophiocephalus, Pallas) ma tale affermazione è certamente ba- sata su qualche inesatta indicazione di provenienza, perchè, come ha già affermato Canestrini (3) « esso è un pacifico abitatore della laguna veneta e non entra mai nei fiumi ». L’illustre De Filippi dava qualche anno dopo alla luce le sue classiche ricerche sullo sviluppo del Gobius Auviatilis, ac- compagnandole con una breve descrizione delia specie, fatta su esemplari raccolti nel Lambro, a poca distanza da Milano, nei ‘quali a lui sembrava di scorgere qualche differenza da quelli descritti da Cuvier e Valenciennes (4). Egli indica come autore della specie il Bonelli e la dice, in altro lavoro (5) comunissima nei fossati e fiumicelli ghiaiosi di Lombardia. (1) G. Cuvier, Le Règno Animal - Poissons, Atlas, par A. VALENCIEN- NES (ediz. illustr. Parigi, senza data) p. 179, tav. 80, fig. 2. (2) Cuvier et VALENCIENNES, loc. cit. p. 27. (3) G. CANESTRINI, Prospetto critico dei pesci d'acqua dolce d'Italia, in Arch. Zool. Anat. Comp. Vol. IV, fasc. I (Modena, 1865) p. 165. (4) F. pr FitippI, Memoria sullo sviluppo del ghiozzo d'acqua dolce, in Ann. Univ. Medic. Vol. XCIX (Milano, 1841) p. 243. (3) F. pE FiLIppi, Cenni sui pesci d’acqua dolce della Lombardia, in Notiz. Nat. Civ. sulla Lomb. Vol. I (1844), riprodotte in Nuov, Ann. Sc. Nat. Bologna, Serie 2* Vol, II (1845) p. 85. ATTO na re . Mu n 4 cn frroliziito Spa: di SIENTE SE eine ese se 214 DECIO VINCIGUERRA Y E Nel 1841 il Verga descrisse un Gobius delle lagune di Co- | — macchio, da lui chiamato G. Panizzae, in onore del grande ana- — tomico lombardo, affermandolo specie affine, ma diversa dal Auvia- | tilîs (4). Bonaparte non aveva un concetto esatto dei Gobius delle acque dolci italiane perchè nell’ introduzione alla parte ittiologica della sua Fauna indica come specie fluviali « il bolognese G., Zota » (riproducendo evidentemente l’erronea indicazione di Cuvier 3 e Valenciennes) il G. /uviatilis ed il Panizzae, ma dice che de- vono essere meglio studiati e paragonati (2). Queste tre stesse | specie sono da lui enumerate nel suo catalogo come proprie dei — È, fiumi dell’Italia superiore (Riv. Ital. s.) (3); ma nell’appendice di _ se î questo stesso catalogo egli rivendica il nome specifico di Auvia- | : tiltis ad un Gobius già descritto da Pallas dei fiumi della Russia meridionale e propone per la specie italiana il nome di G. Bo- | neltti (4). Questo nome però non è accompagnato da alcuna descri- | zione, nè è indicato se esso si riferisca a quella data da Cuvier e Valenciennes; quindi anche il G. Bonellii, Bp. deve essere | considerato come specie nominale. Ad ogni modo esso non fu. i accettato che da pochi, quali Nardo (5) e Ninni (6), mentre la È maggior parte degli autori che menzionarono questa specie le man- | tennero il nome di G. Auviatilis, Bon. Anche il von Martens che ne dette una accuratissima descrizione sopra individui del lago (1) A. VERGA, Atti della terza riunione degli Scienziati italiani in Fi- renzo (1841) p. 379. A s (2) C. L. BonaPARTE, Iconografia della fauna italica, tomo III, Pesci, È Introduzione (p. 6). - Questa introduzione, come quelle alle altre parti. c lella Fauna Italica, manca di data, ma come già fece notare il Salvadori = (Boll. Mus. Zool. Anat. Comp. Torino, Vol. Ill, n. 48 (20 giugno 1388) p. 15) esse non possono essere anteriori al 1841, il che è confermato dal vedervi compreso il G. Panizzae, che fu descritto daljVerga in quell anno. (3) C. L. BONAPARTE, Catalogo metodico dei pesci Europei, Napoli, 1846, k È p. 64. Ss (4) C. L. BONAPARTE, ibid. p. 96. pi (5) G. D. NaRpo, Prospetto sistematico degli Animali delle provincie venete, Venezia, 1860, p. 79 e 92. gi (6) A. P. Ninni, Catalogo dei ghiozzi (Gobiina) serali nell'Adriatico — ; e nelle acque dolci del Veneto, in Atti Soc. Natur. Modena, Serio 3°, vol. I x (1882) p. 222. FA go ni SULLA PRESENZA DI UN GHIOZZ) D'ACQUA DOLCE 215 | di Garda (1), la indica con questo nome, che Giinther (2), non cono- È scendo, o non volendo tener conto, per l’accennato motivo, della . denominazione specifica proposta da Bonaparte, sostituì con quello di G. Martensti, avendo esaminato esemplari raccolti dal dottor . Rippell nel Ticino. Giinther descrive pure (3) il G. Panizzae, . Verga su individui raccolti parimenti dal Riippell nel lago di | Garda, esistenti nel Museo Senckenbergiano. Erano queste le due sole specie italiane di ghiozzi d’acqua dolce, non tenendo conto per. le ragioni già dette del /o/a, che fossero conosciute prima della pubblicazione del « Prospetto cri- tico » del Canestrini, nel quale è descritta una terza specie, il G. punctalissimus, su individui di Modena, Mantova e Castel- franco (4). Di questa specie. pubblicò una descrizione di esem- plari veneti il Ninni, che fece notare anche le differenze tra essa e le due già conosciute (5). Canestrini ne descrisse più tardi una quarta il G. avernensis, dell'Arno (6) ed a queste quattro specie -di ghiozzi d’acqua dolce ne va ora aggiunta una quinta, il G. Canestrinii descritta dal Ninni su individui dei fiumi del - Veneto (7). iS Putte queste specie appartengono, come si vede all’alta Italia o alla zona più settentrionale della centrale. Canestrini, è vero, scrive del G. Auviatitis, Bon., che è comunissimo in tutte le nostre acque, ma non indica da quali paesi l’abbia ricevuto; solo LI "i (1) E. von Martens, Ueber einige Fische und Crustaceen der siissen Gewà:ser Italiens, in Archiv f. Naturg. 23 Jahrg. I Bd. (Berlino 1837) p. 176, tav. IX, f. 4e 5. | — (2) A. GunTHER, Catalogue of the rie in the British Museum, vol. IlI, {Lomlra, 1861), p. 15. (3) A. GUNTHER, ibid. p. 16. (4) G. CANESTRINI, Prosp. crit loc. cit. p. 166, tav. VI, fig. 1-5. - (5) A. P. Ninni, Note ed Aggiunte alla Fauna Veneta; 1* nota sopra il Gobius punctatissimus, Canestrini; 2*, sui Godius fluviatilis, Bonel., G. Panizzae. Verga, G. punctatissimus Canestr., in Comm. Faun. Flor. Gea. Ven. Tr. anno I. (Venezia, 1868) p. 20. (6) G. CaneEsTRINI, Fauna d'Italia - Pesci - (Milano, 1872) p. 27. (7) A. P. Ninni, Nuova specie di Gobius, in Atti Soc. Ven. Tr. Se. Nat. Vol. 8° (1883) p. 276, tav. XV fig. 1-5. * _ uao | r = PRA n VITO 6, ui ic "n Lada ctr e ter pei, pr pe" pregno” pen ATI —el Prasd » nen] per l'a n ala Ta ha * vp dele se i 5" AE e a CLI LR RIA SLI a a ” s ate le gia di ra Ax . = a . - det, È È > PIA 216 DECIO VINCIGUERRA cita più specialmente un esemplare del Mincio (1). I suoi lavori. 4 però son fatti quasi tutti su pesci dell’Italia settentrionale e spe- UG cialmente dell'Emilia, della Lombardia e del Veneto: quei pochis- simi di regioni più meridionali da lui esaminati, soro indicati espli- È; citamente, talchè io credo logica la supposizione che egli non | abbia avuto tra mani che individui dell’ Italia settentrionale. Le i sole indicazioni precise, da me conosciute della presenza di ghiozzi . nelle acque dolci di paesi più meridionali, sono quella di Silvestri, — che ha annunciato la presenza di essi nei fiumi dell'Umbria, rife- SD rendoli anzi a due diverse specie (Auviatilis, Bon., avernensis, Cstr.) (2) e quella di Doderlein, che enumera il G. Auviatilis, Bon. SI trai pesci della Sicilia (3), affermazione quest’ultima che, se fosse confermata, renderebbe meno dubbia l’esistenza di essi anche in Sardegna. “dl Fu pertanto assai grande la sorpresa che io provai quando ebbi a constatare che in tutti, o quasi, i fossi (marrane) che > scorrono nella campagna Romana, trovavasi abbondante un ghiozzo d’acqua dolce. È singolare che, almeno a quanto pare, Bonaparte, | i per quanto diligente ricercatore ed illustratore di pesci Romani, Si Lù ignorasse la presenza di questa specie nei dintorni di Roma, ove i essa è pur comunissima, speciulmente nei mesi invernali. Nè solamente trovasi nei fossi, ma benanco in qualche torrente, come gd l’ Arrone, e, benchè meno frequente, nello stesso Aniene; non 2 l’ebbi ancora mai dal Tevere, quantunque i pescatori affermino Fs che pur non vi faccia assoluto difetto. Trovasi però a preferenza. È nei fossi ove le acque sono più limpide e correnti ed il fondo non "a a fangoso, ma di sabbia piuttosto grossa: tienesi immobile sul fondo o nascosto sotto le pietre o tra le radici delle erbe acquatiche. d: Suppongo che nelle nostre acque riproducasi, analogamente aquanto. 1 tì, pai i SY, i tt i te ir Ren Vote AT REI À pu BIT nb 5) ‘verificasi in altre specie, quali ad esempio le trote, più tardi che ta in quelle dell’Italia settentrionale, avendo esaminato delle fem- n. mine piene di uova mature, anche in agosto, mentre De Filippi DO (1) G. CanESTRINI, Prosp. crit. loc. cit. p. 165. Sa 33 (2) F. SiLvestRI, l Pesci dell'Umbria, Perugia 1892, p. 9. . ì: *% i (3) P. DopERLEIN, Prospetto metodico delle varie specie dei pesci ri- i be È: scontrate sinora nelle acque marine e fluviali della Sicilia, in Atti PAGG xi | Se. Lett. di Sicìlia, nov. ser. vol. VI (1878-79) p. 48. E s Retoliint. A Cr. edi ">< tia Pa. be ci 2 SULLA PRESENZA DI UN GHIOZZO D'ACQUA DOLCE 217 indica come epoca della frega dal finir di maggio a tutto giugno. È degno di nota come questa specie, trovandosi nell’Arrone che è emissario del lavo di Bracciano e ne! fosso di Vallerano che riceve le acque di quello di Castelgandolfo, manchi poi totalmente nei laghi corrispondenti. * Questo pesciolino non è ricercato come alimento, mentre in alcune località, specialmente di Toscana, dell’ Umbria e di Pie- monte, i ghiozzi d’ acqua dolce sono molto apprezzati; ritengo ‘però "che ove esso fosse meglio conosciuto e reso anche più ab- bondante che attualmente non sia, esso RSS UNIeIRO0e ben presto la stima dei buongustai. Sorge ora la questione a quale delle cinque specie di Gobius sinora descritte delle acque dolci italiane si possano riferire gli esemplari Romani. Ad onta che vari autori siensi, anche recen- temente, occupati dello studio dei ghiozzi d’ acqua dolce, pure a me non sembra azzardar troppo ripetendo l’affermazione di Bona- parte che essi, cioè, meritino ancora di essere meglio studiati e paragonati, I caratteri sui quali si basano alcune delle specie descritte furono ritrovati in altre e fu affermato che non si può assumere come criterio specifico il numero dei raggi delle spine dorsali, né quello dell’ anale, nè la forma del muso, nè la gran- dezza o la forma delle squame e tanto meno la colorazione. In-- fatti Fatio afferma (1) che il ghiozzo del Ticino, da lui assai accu- ratamente studiato, può essere, secondo gli individui, determinato tanto come punclatissimus, che come avernensis o Auviatilis, avendo prima fatto notare come molti caratteri sieno comuni a questo ed al Paniîzzae. Festa poi (2) dubita fortemente della vali- dità di quest’ultima specie, che dice però non arbitrarsi a mettere in sinonimia del G. Martensii, non avendo mai osservato esem- plari attribuiti ad essa, e fa anche notare che un’esemplare di Mar- fensii da lui esaminato presentava molti dei caratteri dell’ aver- nNensis. , Io vado da qualche tempo raccogliendo materiale per lo studio (1) V. Fario, Faune des Vertébrés de la Suisse, Vol. IV (1882), Poissons, pt. I, p. 146. (2) E. Fesra, I Pesci del Piemonte, in Boll. Mus. Zool. Anat. Comp. To- rino, Vol. VII, N.° 129 (!0 agosto 1892) p. 124. > Bollettino della Società Romana per gli Studi Zovlogici, 15 218 | DECIO VINCIGUERRA dei ghiozzi delle acque dolci italiane, allo scopo di potere deter- e minare esattamente quali e quante specie vivano in esse, ma si- nora non sono in grado di portare sulla questione un giudizio Dx definitivo. Non ebbi infatti occasione alcuna di osservare esem- i. plari riferibili ai G. punctatissimus, Cstr. e Canestrinii, Ninni co a e quantunque queste due forme mi sembrino molto vicine tra loro, _ La non posso pronunciarmi sul loro valore specifico. Ma il confronto a degli esemplari della campagna Romana con alcuni provenienti — si dal fiume Adda e dal lago di Garda e con uno della laguna di re Comacchio, mi induce a supporre che le tre specie Panizzae, CA Verga, Martensii, Gthr. ed avernensis, Cstr. possano in realtà | >: essere mantenute. Debbo però notare che gli individui dell’alta +: Italia, da me riferiti al Martensii, differiscono, abbastanza no- a tevolmente, dalla descrizione e figura del von Martens ed anche dalla descrizione di Giinther come pure dalla figura del Valen- ciennes. Ma gli esemplari di von Martens erano piccoli e gua- FI sti e perciò non è a meravigliare se il loro aspetto nella figura è tanto diverso; maggiore valore avrebbe, secondo me, il fatto indicato da entrambi gli accennati autori dell'origine della se- conda dorsale a notevole distanza dalla base della prima, ina 2 | secondo Fatio e Festa queste due pinne possono essere più 0. ci - meno ravvicinate secondo l’età e non credo pertanto di attri- — di. buire soverchia importanza a tale carattere. De Filippi (1) dubi- | tava della perfetta identificazione della specie .da lui esaminata | con quella descritta da Cuvier e Valenciennes, perchè trovava. | presenti dei filetti liberi alle pinne pettorali, che secondo quegli ; be. | autori avrebbero dovuto mancare come mancano infatti negli - "i individui da me esaminati, tanto in quelli che riferisco al Mar- #3 fensii, che in quelli determinati per avernensis. I raggi pettorali. “L0) superiori possono, per eccezione, essere indivisi, ma non sono “i 3 mai setiformi come nel G. jozo, L. ed altre specie marine. —— BRE Delle tre indicate specie la meglio distinta sarebbe il G. Pa- nizzae, se non altro per la piccolissima statura; 1’ individuo . di Comacchio che io riferisco a questa specie e che ‘corrisponde « esat- Sa tamente, anche per la località da cui proviene, alla descrizione di el Ba: Verga, è una femmina col ventre turgidissimu da uova maturi ne; i (1) F. De Fitippi, Mem. svil. Ghiozzi loc. cit. SULLA PRESENZA DI UN GHIOZZO D'ACQUA DOLCE 219 i non è lunga più di 31 mm., compresa la pinna codale. Le altre due specie hanno tra loro maggiore affinità, ma gli individui dei dintorni di Roma, dei quali ho esaminato oltre un centinaio, non possono, quantunque rassomiglianti al Martensti, essere riferiti ‘che all’ avernensis ; io mi limiterò pertanto ad esaminare i carat- teri per cui le due specie diversi.icano tra loro. î Canestrini scrive che l’avernensis « è affine al ghiozzo co- | mune da cui differisce principalmente per la dorsale posteriore piu lunga e più ricca di raggi, pel colore nero del maschio, ed È inoltre per le squame più rotonde, il corpo più allungato, ed il | muso più acuto » (I). Infatti, mentre entrambe le specie avrebbero 6 spine nella prima dorsale, nel Martensii la formola della seconda sarebbe DI e nell’avernensîs ur Benchè non troppo rilevante, nè da se sola sufficiente a fornire un carattere specifico, questa dif- ferenza realmente esiste: tutti gli esemplari Romani non hanno meno di 12 raggi articolati, qualche volta anche 13, mentre in quelli di Lombardia non sono più di 11. Debbo quì far notare che ‘in un caso ho trovato 5 sole spine nella prima dorsale. La lun- | ghezza poi della base della seconda dorsale fu da me, negli indi- vidui di avernensis, riscontrata essere più frequentemente com- presa un po’ meno di 4 volte in quella totale del pesce, e solo raramente è un po’ più corta, ma in niun esemplare arriva ad essere contenuta 4 volte e 1/2 nella lunghezza totale, come, al massimo, avviene nel Martensii. La formola dell’anale è in en- trambi 75: Un altro carattere distintivo assai importante trovasi nel numero delle squame della linea laterale. Gunther, Fatio e Festa sono concordi nell’assegnare al Martensii al più 40 squame ed io stesso negli individui osservati non le ho trovate mai in numero superiore a 38, mentre Canestrini ne indica 47 per la linea laterale dell’ avernensis ed io ho potuto constatare che questo è probabilmente il minimo che si verifica in questa spe- cie, perchè nella numerosa serie da me esamirata non ne ho trovato mai meno, mentre ne hu contato in qualche esemplare sino a 54. L’avernensis è quindi quello dei nostri ghiozzi d’acqua Le penne CL Po ee _ (1) G. CANESTRINI, Faun. It. Pesci, loc. cit. i , È PI PT alieni Sale < ZL * a Ret > = » pa LA 220) DECIO VINCIGUERRA dolce che possiede il maggior numero di squame sulla linea la- terale, poichè nel Parizzae, secondo Giinther, sono 35, nel Ca- nestrini 34 a 38 e nel punctatissimus, secondo Fatio, « les di mensions, bien que très réduites, des ecailles, laissent cependant. un total de squames, sur une ligne médiane et longitudinale, tout à fait semblable è celui de la majorité des individus du G. Ruviatitis (p. 145) ». Oltre che il numero, anche la forma e la grandezza delle! squame può servire, ad onta delle affermazioni contrarie di alcuni autori, a distinguere le due specie. Io ho confrontato insieme squame tolte dalla stessa regione del corpo in individui di egual. statura ed ho potuto constatare che quelle del Martensii sono. sempre più grandi e più elittiche che nell’avernensis: il diametro verticale in quelle del primo è circa una volta e mezza l' oriz zontale, mentre nel secondo essi sono eguali, se pure non è maggiore questo di quello. Queste differenze suno 198 rese bene evidenti dalle unite figure che rap- presentano squame tolte dai lati della parte po- steriore del corpo in individui adulti, egualmente. sviluppati, di entrambe le specie. È pure carat- teristica e degna di essere osservata la den- @. Martensit tellatura del margine libero delle squame. Nel e dentelli sono numerosissimi, circa 20 per lato, e assai più g gratia verso l’estremità che verso il mezzo di quello che non apparisca dalla figura di Fatio (tav. III, f. 6) e da quella di Heckel e Kner (1); nell’avernensis il loro numero è assai minore, non superiore a 12 per lato, e la differenza di sviluppo fra i mediani — p- e gli estremi meno rimarchevole; anche le strie &- avernensis concentriche che partono da una specie di nodo situato presso. il mezzo del loro margine esterno sono nel Martensti più nu- i merose che nell’avernensis e i festoni del margine interno più marcati in questo che in quello. 7 È Degli altri caratteri indicati da Gea la forma del corp dì: e del muso ed il colorito non mi sembrano avere grande impor = dm (1) J. HeckeL und R. KneR, Die Siisswasserfische der Ostreichischen | Monarchie, Leipzig, 1858, p. 40, f. 20. SULLA PRESENZA DI UN GHIOZZO D'ACQUA DOLCE 121 tanza perchè appariscono variabilissimi nell’una e nell’altra specie, ‘anche indipendentemente dall’età e dal sesso. La forma del muso ‘negli individui da me esaminati non apparisce più acuta nel- l’avernensis, specialmente nei masc i adulti a gote molto car- nose; noto invece una diversità nella larghezza dello spazio in- ‘terorbitario, sempre più stretto, a pari sviluppo del corpo, nel- l’avernensis che nel Martensii; ed anche in individui adulti di quello si mantiene minore del diametro oculare e solo in esem. ‘plari molto grandi diventa eguale ad esso. Nel colorito si ha in . realtà qualche differenza: tutti gli esemplari di Martensti che io i posseggo hanno il corpo segnato di fascie trasversali alterne brune e bianchiccie, queste ultime più strette ma più evidenti di quelle, mentre la tinta chiara si frappone irregolarmente alla più scura — sul dorso e sui fianchi dell’avernensis, e solo in qualche raro È caso accennano a formarsi delle fascie alterne oblique ed irrego- larissime. Non ho poi osservato in alcuno degli avernensis la . larga fascia azzurra che, specialmente nel tempo della frega, si trova secondo gli autori, sulla prima pinna dorsale del Mar- . tensti, limitata superiormente da un margine di colore chiaro ed inferiormente da altra fascia più piccola aranciata, cui tien dietro una porzione basale bianchiccia. Gli individui giovani dell’aver- | nensîis hanno sulla pinna dorsale delle fascie a zig-zag alterne bianche e brune, ma gli adulti, e in modo particolare i maschi i nell'epoca degli amori hanno il margine superiore di questa ‘| pinna di color rosso-aranciato, come nel marino G. paganeltus, L.. pare di scorgere nelle proporzioni rispettive delle pinne pettorali È e ventrali. Sì le une che le altre si mostrano più sviluppate nel- | l’avernensis che nel Martensii. Esaminate in esemplari adulti | della stessa grandezza, nella prima specie le pettorali si prolun- | gano coi loro raggi mediani, notevolmente più lungbi degli altri fino al di sopra dell’ano, mentre nell’altra ne restano a notevole . distanza, perchè tali raggi mediani non sono prolungati. Le ven- trali poi nell’avernensis si stendono sino al disotto della metà . della pettorale ed hanno una lunghezza che non supera la metà nell’avernensis esse giungono fino al disotto del quarto posteriore i delle pettorali e la loro lunghezza supera di molto la metà del- Ma un carattere specifico di ben maggiore importanza a me . dello spazio compreso tra la loro base e l’orifizio anale, mentre. è» DO d PPS e TRO A PIANI, e sli ritenta ren iti @ > "ie a d % » di » me ® -£ Cio na > È a RE k s - = ì n "a E vi 1%, vi 709 R Ra > T Uni È è er Tr ia: fa Mm A ” —# SI _ z| Lig ta ;I PO scada: ar di “ 3] 29 DECIO VINCIGUERRA l'indicato spazio. Tali proporzioni cambiano nei giovani, ove | le pinne sono sempre più sviluppate, ma le loro relative differenze Ò restano sempre le stesse. i pi Nella squamatura del ventre si osservano nelle due specie particolarità degne di nota. Nel Martensii il ventre è quasi co a pletamente nudo; nell’avernensis invece è ricoperto di squar più piccole, ma nel resto simili a quelle del restante del corpo. e solo ne resta denudato un piccolo tratto longitudinale com- preso tra la base della ventrale e l’ano. ; Da ultimo la statura delle due specie sembra diversa. Nel Martensti gli individui lunghi 80 mm. sembrano essere rarissimi, mentre tali dimensioni sono facilmente superate dall’avernensis del quale posseggo esemplari lunghi fino a 125 mm.; talchè que- sta specie deve essere considerata come la maggiore delle cinque che abbiamo detto essere esclusive delle acque dolci. In molte altre località dell’ Italia centrale; specialmente ne È l’ Umbria e nelle Marche, sono comuni i ghiozzi d’ acqua dolce e quantunque spesso assai diversi per forma e per colore mi pare possano tutti riferirsi all’avernensis. Io vado, come ha: radunandone quanti più posso e spero tosto o tardi essere in grad di poter intraprendere uno studio comparativo di tutte le specie di Gobius che vivono nelle nostre acque dolci. “ Pd pe 36 K po rt. b U Ti e had TRE IO Perde "AGRA gle ° i, \ è r NUOVI CONTRIBUTI ALL AVIFAUNA MIGRATRICE DELLE MARCHE RACCOLTI NELL'ULTIMO VENTENNIO dal Prof. LUIGI PAOLUCCI Comunicazioni alla Società Romana per gli Studi Zoologici (Continuazione vedi Fasc. IV, Ve VI 2. L’ORTOLANO (Ortolaro). Denom. sistem.: Emberiza hortulana L., Hortulanus chlorocephalus Bp., Glycyspina hortulana Brehm. Distrib. geogr. : In gran parte d'Europa, compresa la Svezia e la Nor- vegia merid., nell'Asia dal centro fino all’Altai. Comparisce per migrazione littoranea nelle giornate calde e calme di aprile e maggio, alla spicciolata, nelle ore antim., vo- lando a riprese fra i campi. I numerosi individui che restano a i nidificare tra noi ripartono pel sud-est coi giovani alla fine di agosto e in settembre, epoca in cui non ho mai avvertita la migrazione autunnale che, com’ è risaputo, si nota costantemente in altre località italiane e dal Conte di Carpegna (1). Non so darmi ragione come nella sua importante contribuzione all’avi- fauna dell’ Urbinate, egli riferisca che l’Ortolana sia di passaggio a marina sul mese di marzo. Ricordo quì in appendice lo Zigolo capinero (Passerina me- lanocephala Vieitt.) di cui registrai già la presenza fra noi di una coppia nidificante sull’estate del 1887 (2). Dopo quell’ epoca lo rividi in estate un'altra volta nei cespugli delle nostre rupi marine. Leggo oggi che un’altra coppia fu catturata il 13 maggio 1891 dal sig. di Carpegna presso Pesaro. Non ritengo perciò, (1) Cfr. G. di Carpegna - Op. cit. p. 129. (2) Cfr. L. Paolucci - Sopra alcune specie rare di uccelli nelle Marche. Atti della Società Ital. di scienze nat. Vol. XXIV. 1881. Te ESITI ST PERO LTT PE CI VI TL LUIGI PAOLUCCI come prima si pensava, estremamente rara fra noi questa specie, tanto più perchè dubito che, osservata libera, possa venire con-. fusa coll’Ortolana comune, del quale possiede quasi la stessa vo CASI di richiamo. e Per la stessa ragione rammento pure l’Ortolano grigio (E beriza caesia Cretz.), trovato da me accidentalmente nel 1873, dal Prof. V. Gasparini a Senigallia nel 1879 (1) e che pare im- migri fra noi un po’ prima dell’Ortolano comune. 26. LO ZIGOLO MUCIATTO (Ziola montanara). Denom. sistem.: Emberiza fia L., Glyeyspina Cia Brehm. Distrib. geogr.: Spagna, Italia, Grecia, Austria, Svizzera, regione dell Reno, l'Asia centrale fino all’ Imalaja. “di z In ottobre, sebbene non tutti gli anni, ho varie » volte notata | la migrazione fransadriatica di questa specie che ci arriva, vo-. | lando alta, in individui isolati o in coppie, diretti premurosamente — dal mare agli Appennini. % Nel mese stesso e anche in novembre ( ci giugono pure allo stesso modo nelle spiagge paludose i Migliarini di palude (Emo beriza schoeniclus L.) e quivi restano nell’inverno quà e Jà. -— 27. LA PASSERA MATTUGIA (Passareca). Denom. sistem.: Fringilla montana L., Passer montanus Briss., Pyr- L gita montana Boie. > Distrib. geogr.: l' Europa fino al circolo polare, gran parte dell'Asia — fino al Giappone. . - Pl Nelle belle mattine degli ultimi di settembre e dei pri giorni di ottobre ci arrivano le Passere mattugie per migrazione. transadriatica del nord e dal nord-est, talora in branchi nume- rosissimi, che volano a considerevole altezza, gridando in concert 0 È il loro richiamo caratteristico. Ho visto tali branchi ora prose- guire verso il sud-est, ora dirigersi verso l’interno della Peniso al ove si sa che sverna. Non ne ho mai vista quì la migrasoi (1) Cfr. V. Gasparini - Op. cit. p. 18. Ve» DO ta n . ra pie Pei = 3 e06 CEL ul * ve Lit, Sade PRO Sal RESI - Mi 4 rig n; MESSE È NUOVI CONTRIBUTI ALL'AVIFAUNA ECO. 225 bo — primaverile, che pur si ricorda per la Liguria in direzione est- a | ovest (Luciani in Giglioli, 1° resoconto ecc. 1889). 28. IL PassERO (Passero). E Denom. sistem.: Fringilla Italiae Vieill., Fringilla cisalpina Tem, Passer Italiae Gerb. et D. Distrib. geogr.: L'Italia e la Francia meridionale. I Insieme alle Passere mattugie migratrici ho incontrato tal- È s volta il nostro Passero comune. E nell’ epoca stessa osservai i branchi di soli Passeri, certamente di passaggio, che mi parve transadriatico. Non nascondo che il fatto è un po’ strano, diffi- cile d’altronde a essere stabilito con certezza, in quanto i nostri passeri sedentari costumano in ogni stagione di riunirsi in bran- chi che scendono dalle zone terranee verso la marina per ricer- © carvi il cibo, l’acqua o la frescura. Bisognerebbe conoscere quale . valore abbiano le migrazioni dei passeri registrate nel Cadore, in Toscana, nelle Puglio (Giglioli, resoconti della inchiesta ecc. 1889). 29. LA PASSERA LAGIA (Passero montanaro). Denom. sistem. : Fringilla petronia L., Fringilla stulta Gm., Petronia E” | stulta Kaup., Petronia rupestris Brehm. i Distrib. geog.: L'Italia, la Spagna, l'Algeria, le Cararie, la Germania raramente. i Di questa specie diffidentissima anzichè s/u/fa e che notai già quale nidificante nei colli aridi e rocciosi presso Ancona, (1) ho ripetutamente veduta la migrazione littoranea autunnale dal «nord-ovest al sud-est. Passa in branchi numerosi, radenti il colle © le spiagge, negli ultimi di ottobre o nei primi giorni di no- "= __ vembre. (1) Cfr. L. Paolucci - Op cit. p. 5. 226 LUIGI PAOLUCCI 30. IL FROSONE (Paccavsso). Denom. sistem.: Loxìa coccothraustes L., Coccothraustes vulgaris Vieill. Distrib. geogr.: L' Europa fino alla Svezia, l’ Asia centrale fino in Siberia, l'Algeria, il Marocco. 1a Non mi è sembrato facile di raccogliere dati sicuri sul modo d’emigrazione del Frosone, sia perchè il suo passo fra noi, come in altre parti d’Italia, non è regolare, sia perchè non sempre siegue nei passaggi una direzione consueta. La migrazione sen- sibile nelle Marche è soltanto quella autunnale: giungono allora - i Frosoni alla spicciolata, talvolta in branchi, per via transa- driatica da nord e nord-est, e forse anche per il littorale di nord- È ovest. Passano più spesso nelle ore antimeridiane dai primi di ottobre a oltre la metà di novembre. Parmi che le sue migra- zioni non siano tante influenzate dai perturbamenti atmosferici che agiscono così potentemente sulle altre specie migratrici: vi saranno probabilmente altre ragioni più recondite che le rego- lano. Dai dati qui appresso registrati, che debbo alla cortesia del signor Vincenzo Cesarini di Corinaldo (Roccolo), arguirei che in autunno per passare fra noi preferisse i venti tiepidi da E a S, a preferenza piovosi o nebbiosi. Ecco i dati raccolti: Giorni di passaggio Condizioni atmosferiche. di Anno 1889: Ottobre 11 vento di E-S-E tiepido, nebbioso. » >» » 13 vento di E-S-E tiepido, pioggia. ge > » 30 | vento di S-E tiepido, pioggia. | © » » Novembre 4 | vento di E, pioggia. © ‘3 » 1890: Ottobre 31 vento di O-S-0, pioggia. È » >» Novembre 1 nebbia. — k si PAIR eo 4 pioggia temporalesca. A i RR, | » 5 pioggia temporalesca. A » 1891: ‘> 8 vento di E, cielo variabile » 1892: Ottobre 30 vento di E-S-E tiepido, variabile. » =» Novembre 20 vento di S-E tiepido, cielo variab. x ai La sua migrazione di primavera, seppure vi ha, trascorre inavvertita, non tenendo conto di quelli che svernano nelle nostre | A campagne e se ne vanno allora per terra verso il nord. sa) NUOVI CONTRIBUTI ALL’AVIFAUNA ECC. 227 81. It VERDONE ( Verdone). Denom. sistem : Loxia chloris L,, Ligurinus chloris Kock, Chlorospiza chloris Bp., Chloris hortensis Brehm. Distrib. geogr.: L' Europa centrale e merid., l'Asia centrale. Confermo per questa specie quanto già risposi all’inchiesta: di doppio passo e sedentario. Mentre infatti s° incontra quì il Ver- done tutto l’anno, preferibilmente accanto al mare in inverno, nelle vallate fresche in estate, lo vediamo costantemente arrivarci ‘| per migrazione transadriatica dal nord e del nord-est in ottobre, e per migrazione /iltoranea dal sud-est nella seconda quindicina «di marzo e nei primi giorni d’aprile. Gli sono favorevoli le stesse condizioni atmosferiche notate pei Fringuelli, migra più spesso in piccoli branchi che alla spicciolata. 139. Il FRINGUELLO (Fringuello). | Denom. sistem.: Fringilla coelebs L. Distrib. geogr.: Tutt' Europa eccettuato l'estremo settentrione, a le - vante fino in Siberia, La caccia ai Fringuelli che viene praticata da secoli nelle i nostre Marche per mezzo di roccoli, fa tesoro di una larga messe di notizie oramai tradizionali, sul modo della loro migrazione di i autunno, e dopo il costume che certi roccoli tengono da moltis- . simi anni di registrare giornalmente la cattura colle relative con- dizioni atmosferiche, tali notizie vengono confortate o corrette da | preziosi controlli, sui quali porteremo tutta la nustra attenzione. | Perciò, grazie alla cortesia del signor Vincenzo Cesarini (Roccolo di Corinaldo), D. Eustacchio Lunghi (Roccolo di Loreto), Avvo- i cato Celso Ciccolini (Roccolo dell’ Isola e di Loreto), mi è dato igliori sull’arrivo autunnale del conirostro più abbondante di uropa e più caratteristico della sua famiglia. Il passaggio dei Fringuelli d'autunno è quì [essenzialmente transadriatico, dacchè tutti ci arrivano per mare dal nord, dal ‘nord-est e dall’est. Credo che in questa regione d’ Italia conven- i gano le migrazioni lalitudinali e longitudinali della specie. Gli ‘avvisi del passo si fanno vedere nell’ ultima diecina di settembre: ide pa ; - P pg RR ra Li © pa l , ei nà "4 Pea SIE iL nnt pi pe” SS SCE E P x ® » i de aa mes ae % «Eni <> da è *% _ = na = et ops. a "» = LS Di Pilu È lo Cai = MT Ta . = L ; So, res cn 228 LUIGI PAOLUCCI — — SET esso dura abbondante (più o meno secondo il dominio di certi venti) per tutt’ottobre e in certe annate, p. e. nel 1890. (Lunghi fino a mezzo novembre. Le femmine costantemente precedon Ri muschi. di Nelie condizioni normali della migrazione, questa si effettua a con una certa regolarità, giungendoci i Fringuelli alla spicciolati o in branchetti, con qualche ora di sosta nel passo. Ma in altri casi, quando cioè avviene la così detta foltiera o sfollo, sono branchi numerosissimi che passano senza tregua per la intera giornata. Le cause che nei luoghi d’origine producono tali migra- I zioni grandiose mi sono ignote, poichè si avverano fra noi tanto col cielo sereno quanto colla pioggia. Constato semplicemente che talvolta accadono nel pomeriggio. Ecco alcune date di s/olZi po- meridiani notati nel Jogicentio 1848-59 e nel decennio 1883-92 dal signor Ciccolini Anno 1848: Ottobre 21 - catturati 132 - cielo nuvoloso (manca la nota del vento). 3 Anno 1849: Ottobre 17 - catturati 119 --cielo nuvoloso e pioggia. de » 1883: » Ti » 99 - sereno, vento di O. » » » 20 - » 85 - variabile. » 1885: » 14 - » 62 - nuvolo e pioggia. » ‘1887: 5» 17 - » 425 - pioggia dirotta (1). » 1889: » 20 - » 94 - nuvolo, vento di S-E. Per l’ultimo decennio 1883-92 riferisco le seguenti datori i piene foltiere, cioè passaggi continuati dal mattino all’annottare registrate sul Roccolo Ciccolini e in quello Lunghi, ai quali & giungo per gli ultimi quattro anni le notizie del Roccolo ( sarini. De: Negli anni 1883-84 pare non vi siano stati sfolli rimarchevoli | An. 1885: Ott. 16 - catt. 165 (ticcotini) - pioggia, S-E. » 1886: » 13» 97 » - nuvolo, SE. » » » 24 » 120 » » » 1881: CR » 116 » - sereno, N-N-0. » » » 18 w- «120.1 | variabile O e S-E. » 1888: » 12 » 236 » - sereno N-0. 229 NUOVI CONTRIBUTI ALL'AVIFAUNA ECC. An. 1888: Ott. 13 - catt. 124 (0iccolini) - sereno, O forte. 1889: » 4 »i-Ibd' +» 254 (cesarini) - ser., S-E forte. » » 9 » 180 » 164 -» - ser, Oe S-E. » 12 RIO 460» - caligine, O. » >» 14 > sog è: © RES" 148 » - var, SE e0. e pi 16 Boi 174 >» - sereno, 0. MISE Ri > 182° » 92» - sereno, S-E. » i << 25 p Similuagi dd 3° dado — Ed a » 1890: » 20 »-128 -d 40 - sereno 0-N-0, vv = Nov. 1 pdP25::- 97 - sereno S-E. » » 2 ». 125.» 196 >» - pioggia, S-E. 1891: Ott. 12 pi 201) 176 >» - sereno S-E. » di 16 eee pone i BR il - » È SS LAO SE ci E 130 » - pioggia, O. mi 29 > 136. » 78.» - sereno, 0. Mw» DdD_»_ Wo > 148» - nebb., S-F f. > 1892: »: ll 1287 61» - sereno, O. fi > >» di è. Bi o». 146 >» < pioggia O. Mi Du >» 24 » 14 » 97» .- cal. S-E eO. Ritengo sufficienti i dati suesposti per affermare che i venti più favorevoli al passaggio autunnale dei Fringuelli sono per noi quelli fra O e N, oltre il caratteristico S-E, e sarebbero ap- | punto i venti ad angolo sulla strada che tengono i Fringuelli dal” N, dal N-E e dall-E, o come diciamo in cinegetica, i venti di | fianco. Lo stato del cielo è poco significante, sebbene possa dirsi “in generale per questa specie come per molte altre, che le sue ‘maggiori e straordinarie migrazioni accadono sovente alla vigilia o in contemporaneità del tempo cattivo. Si ricordano dal signor | Ciccolini ai Macerata due passaggi prodigiosi colle date: 19 ot- tobre 1823, 17 ottobre 1887, con pioggia dirotta. _ Si avverta che nelle giornate di passaggio generale nella Marca, il Quanttatrno delle catture fatte dai numerosi Roccoli bontà dell’armamento e dal valore dei richiami, quanto dall’espo- | sizione di tali uccellande, poichè giunti i Fringuelli migratori al nostro approdo,”sono più o meno deviati nella rotta dalle condi» Si «i e F 365 hi ra Didi SE AIRES ELI SPOSI RT LIST VAS TITO FI TTT ivi esistenti è variabilissimo, e ciò dipende non solo e tanto dalla Tenno A Gn A iti ./ n D =” i FOA ; mah i blico ai raise e AL SALO (IE IE TA 2% sE x 4 DI } A the) - » ” % . ; ine)» 1) 3 SÉ 230 LUIGI PAOLUCCI i tnt zioni topografiche e spinti qua piuttosto che là dalle correnti at- mosferiche locali e dalla intensità di queste ultime. dI Non potrei quindi fare un calcolo anche approssimativo della media annuale dei Fringuelli presi in autunno dai Roccoli delle quattro Provincie Marchigiane, senza tema di allontanarmi troppo dal vero. Ma attenendomi anche alla media minima di 1200 cat- turati per ogni caccia, e sapendo che il numero dei Roccoli, sé- condo le notizie cortesemente faveritemi dai signori Ispettori di pubblica sicurezza ove si rilasciano le patenti, è di circa 400 per l’intera regione nostra, uscirebbe la cifra di mezzo milione in un passaggio normale d’ autunno, tenuto anche conto, se si vuole, delle Nocette, ove pure molti se ne uccidono col fucile. Ricordo ad esempio il Roccolo Cesarini, scelto a caso, che soltanto nel- l’ultima quindicina oltrepassò sempre il mille, toccando 2236 nel 1889. 3 Avverto inoltre che se certi venti favorevoli arrestano quas completamente la migrazione dei Fringuelli nel suo principio 0 anche più oltre, influiscono assai meno verso il termine dell’epoca del passo, come se gli uccelli fossero spinti pel ritardo a com: pierlo non ostante l’ impedimento di venti contrari. È così che, spirante il vento N-E alla fine di settembre o in ottobre, il pas- saggio è quasi soppresso, mentre si hanno ‘col vento stesso mi- grazioni sensibili nei primi di novembre. Valgano ad esempio. nell’ultimo quinquennio i giorni 10, 11 novembre 1888 (Lunghi) 3, 4 novembre 1889 (Ciccolini), 16 novembre 1890 (Lunghi), 5 no-. vembre 1891 (Cesarini). È Sulla migrazione primaverile del Fringuello aggiungerò al che segue a quanto già scrissi altra volta. 4 À Le aure tiepide di marzo invitano a raccolta i numerosi Frin guelli che stanziarono nei nostri oliveti e nelle boscaglie durante la stagione invernale. Allora si accrescono le comitive, si for- mano i primi branchi, si scorge in essi una specie di mobili tà inusitata : è come l''agitante preparativo del lungo viaggio che andranno fra poco a intraprendere. Persistendo e aumentando il caldo, li vediamo in colonne più o meno serrate giungerci dalla zona terranea, sostare per poco nella costa, fi l’ultimo pasto e spiccare il volo a nod o a nord-est verso il littorale di Dale - mazia. e Di SAR, r. NUOVI CONTRIBUTI ALL'AVIFAUNA ECC. 231 Tale seconda migrazione fransadriatica che non potei no- tare con assoluta certezza per altre specie di conirostri e che facilmente osservasi nei colli a picco nel mare, adiacenti al Monte Conero, finisce coi primi di aprile. Ma per tutto il resto di questo mese continua pure il passaggio primaverile dei Frin- guelli : però sono piccoli branchetti che ci arrivano per migra- zione Zittoranea dal sud-est, a coppie nuziali che restano qui a nidificare. Non vi ha dubbio che nel nostro passaggio primaverile dei Fringuelli, ultime ad arrivare sono le femmine. 4 j 33. La PrPPOLA (Fringuello montanaro 0 gattaro). Denom. sistem.: Fringilla montifripgilla L. Distrib, geogr.: L'Europa o più abbondantemente la Lapponia, la Fin- - landia, l'Asia centrale fino all'Imalaja. Nulla so dire della migrazione primaverile della Peppola, che quì non ho mai vista in tale epoca. Ci giunge in ottobre e novembre per migrazione ftransadria- tica, più spesso alla spicciolata che in compagnie, insieme tal- volta ai branchi di Fringuelli. 34. IL LUCARINO (Lucarino). Denom, sistem.: Fringilla Spinus L., Chrysomitris Spinus Boie. Spinus viridis Brehm. Distrib. geogr.: Dalla Norvegia centrale, dalla Svezia, dalla Russia meridionale, nel resto d'Europa, nel nord-ovest d’'Asìa fino all’Amur, i È Il Lucarino appare fra noi, come altrove, in modo irregolare e piuttosto quale specie invadente di migrazione ferranea, invece . che migrante nel senso pieno della parola. Tali comparse sono più sensibili in autunno. Nell'ottobre e anche ai primi di novembre ci arrivano in branchi, talora numerosissimi, senza dire- zione prefissa, girovaganti fra gli alberi o nelle stoppie, ingenui, mansueti, socievoli, come vuole la loro indole, sempre intenti a ricercare i seminoli e a chiamarsi l’un l’altro. Gli ultimi riman- gono erratici quà e là per alcuni giorni. NPELA. SI; TRI = dI I e c, nn pg * pr> PP gi: ca) "A, se p COLEI - fe ces: LLLL “by dat ra St Mr % “i PF n n lt Ù ta . ° ag a" % pe ° e d lea : È Da - AIA, Ro (= DA À Pi — e 0” rota sì Pat } x %»> e) 2 A PRC 2a t. 232 LUIGI PAOLUCCI Fra le due opinioni secondo «ui le migrazioni dei Lucarini sarebbero periodiche, per gli uni ogni 3 anni (Pisa, Ancona), per _ gli altri ogni 6 (Conte di Carpegna), non saprei giudicare. esi notato l’ultima abbondante comparsa negli autunni contigui del 1890 e 91. Scarsa fu quella dell’aprile intermedio. 35. IL CARDELLINO (Cardellino, Gardarello). Denom. sistem.: Fringilla carduelis L., Carduelis elegans Steph. Distrib, geogr.: In quasi tutt'Europa, a Madera, alle Canarie, nel nord-ovest dell’Africa, in Asia dalla Siria alla Siberia. Pr Regolarmente ci arrivano i Cardellini in ottobre coll’abbas- sarsi della temperatura, per migrazione trarsadriatica dal nord al nord-est, e in marzo alle prime arie calde del sud-est per migrazione Zittoranea. Ritengo che ne restino a mescolarsi coi _ sedentari, e viceversa quest’ultimi si accompagnino ai migranti in ambi i passaggi. È I forti rigori invernali ne conducono talvolta fra noi branchi i “numerosissimi. LE 7 -% “SE 36. IL FANELLO (Fanello). to “A Denom. sistem.: Fringilla cannabina L., Fringilla Linota Gm., Can- a nabina Linota Gr. 3 ‘ Distrib. Geogr: Tutt'Europa, gran parte dell'Asia siioniziaià l'Asia. & minore, la Siria, nord-ovest dell’Africa. “= Di questa specie è particolarmente caratteristica fra noi al migragione primaverile. Passano dalla 2* metà di marzo a mez. z’aprile, venienti per via Zftoranea dal N-E, in branchi serra LF lungo le spiaggie, radenti il suolo, con volo veloce verso il N-0. In ottobre avanzato e fino a oltre la metà di novembre ci | giungono dall’O e dal N-O, parmi anche allora per migrazione 7 littoranea, ma assai meno affrettati della primavera, poichè somizg 3 pre qualche grossa brigata resta qui a svernare. In a gosio li ho trovati a oltre 2000 metri sugli Appennini. NUOVI CONTRIBUTI ALL'AVIFAUNA ECC. 233 87. IL VERZELLINO ( Verzellino). Denom. sistem.: Fringilla Serinus L., Serinus italicus Briss., Se- rinus hortulanus Koch. A Distrib. geogr.: L'Europa del sud, la Germania meridionale, Le osservazioni da me fatte su questa specie confermereb- ‘bero in parte quanto fu già asserito (Brehm) dicendo che essa viaggia da un luogo all’altro senza compiere vere migrazioni. Se infatti il Verzellino compie una reale migrazione primaverile, arrivandoci in branchetti nell'aprile e maggio, poi scomparendo, . tale passaggio non parmi certo come quelli dei conirostri affini, littoraneo, ma piuttosto ferraneo. La riapparizione autunnale che accade in ottobre e novem- bre è, per la scarsità degli individui, appena sensibile, e non l’ho «avvertita tutti gli anni: credo anche questa terranea. Il modo speciale di passo di questa specie può essere in rela- zione colla ristrettezza dell’area geografica da essa occupata. 38. IL CIUFFOLOTTO (Ciuffototto). Denom. sistem.: Loxia Pyrrhula L., Pyrrhula rubicilla Pall., Pyrrhula europaea Vieill., Pyrrhula vulgaris Brehm. «@ Distrib. geogr.: Tutt'Europa, l'Asia centrale fino in Siberia. Sempre assai raro nella nostra zona dei colli e littoranea, | giunge in quest’ultima non tutti gli anni per migrazione, che credo . tittoranea dal N-O, in occasione di freddi precoci dalla fine di ottobre alla prima metà di settembre. Gl’individui erratici, che appaiono colla neve in inverno, scendono, come ognuno sa, dagli Appennini, ove anchio li ho trovati nidificanti d’estate sui Sibillini e sul Monte Nerone. Non ne fu mai avvertito qui il passaggio | primaverile. | 39. IL CROCIERE (Beccostorto). Denom. sistem.: Loxia curvirostra L. Distrib. geogr.: La regione delle Conifere in Europa e nel l’Asia centrale. , ui. Non so da Giati cause sia promossa la migrazione di questa | specie nella regione Marchigiana, ove non credo appaiano i Cro- . Bollettino della Società Romani per gli Stuli Zonlogici 16 ut i Ta € BET e fia | > : DA PR Tapi LR, 4 4 Lod sr 3 Ù L TASTI > Quai & IRE TEST E #0 PLAN, == e. Di e paz ye Ae - E RR a privo) ret Sd A L SLA » ina LO e ITA Co nè pa È agi en TR - CRAC: PRG Pa sr = 9 i e "SAR 034 LUIGI PAOLUCCI cieri tutti gli anni. Ho registrato la loro apparizione in Ancona nei mesi di agosto e settembre degli anni 1863, 1874, 1889, 1892. Ve n’ebbe un’altra in montagna nel 1884 (Conte di Carpegna). Arrivano sempre in modo erratico, sebbene io li abbia visti ripetutamente, in varie direzioni, anche sull’ Adriatico. 40. Lo STORNO (Stormo). Denom. sistem.: Sturnus vulgaris L. Distrib. geogr.: Tutt'Enropa compresa l'Islanda, l'Africa settentrionale e. Nella nostra regione, a differenza di tante altre d’Italia, è1 lo Storno uccello assolutamente migratore, in rari casi appen’ appena svernante e mai, ch’io sappia, nidificatore. Ogni anno però avvie ne il doppio passo e copioso, costantemente Zifforaneo in primavera verso N-O dagli ultimi di febbraio a tutto marzo, littoraneo e transadriatico verso S e S-E in autunno della 2° quindicina di settembre ai primi di novembre. Ognuno sa il costume del a so di questi potenti volatori. | Riguardo alle condizioni atmosferiche che favoriscono od osta- colano fra noi il passaggio degli Storni, vale più o meno quanto si disse per le Allodole. E come queste anche gli Storni sono sen- sibili ai cambiamentid i temperatura, dandoci essi pure esempi di ricalo o rimonto all’epoca stessa del passo. Così avvenne nei giorni 10-11 marzo 1892, quando per il soppraggiungere del freddo dal N-N-O con temporali e neve, se ne videro numerosi branchi riemigrare al S-E, d’onde erano poco prima venuti. Senta però che gli Storni, allorquando abbiano rotto il passo, persistani a continuarlo assai meglio delle altre specie migratrici, non ostante sfavorevoli cambiamenti atmosferici. p- 41. IL RIGÒGOLO (Giorio). Denem. sistem.: Oriolus Galbula L. i n Distrib. geogr.: Tutt' Europa meno la zona iperborea, l'Asia centra le, l'Africa fino al Sudan. nor Questo splendido uccello passa ogni anno, scarso ed erratie per migrazione ferranea, a piccole tappe, dal S nell’aprile € maggio, dal N in agosto e settembre. NUUVI CONTRIBUTI ALL'AVIFAUNA ECC. 235 42. LA CORNACCHIA (Cornacchia cenerina). Denom. sistem.: Corvus Cornix L. Distrib. geogr.: Quasi tutt’ Europa, l' Egitto fino alla Nubia, l’Afga- nistan, il Giappone. v n | 43. LA CORNACCHIA NERA (Cornacchia nera). | Denom. sistem.: Corvus Curone L. Distrib. geogr.: Gran parte d' Europa, la Siberia 44, IL Corvo (Corvo). Denom. sistem,: Corvus frugilegus L., Frugilegus segetum Brehm. Distrib. geogr.: L' Europa meridionale, il sud della Siberia, l’Afga- nistan, il Cascemir. «45. La TaccoLa (Cornacchia piccola). Denom. sistem.: Corvus Monedula L., Lycos Monedula Gesn., Mone- 3 dula turrium Brehm. Distrib. geogr.: Quasi tutt’ Europa, molte parti dell'Asia centrale fino alle Indie. Ricordo insieme queste 4 specie, perchè tutte si somigliano sul modo di migrare fra noi, e contemporaneamente compaiono. Il loro passaggio primaverile accade in marzo, e allora ci giun- «gono dal littorale di sud-est piuttosto pigre a poca altezza, vo- lonterose di fermarsi, sebbene per poco, fra i campi o in grossi alberi isolati. Nell’ottobre invece specialmente la Cornacchia e la Taccola ci arrivano dal nord e nord-est per migrazione tran- sadriatica, sovente in grosse legioni che volano alte o altissime, - filate verso la montagna. In questo stesso mese ritengo aver ri- . conosciuto alla mole poche volte in molti anni anche qualche raro individuo del Corvo reale (Corvus Corax L.). Il loro passaggio in autunno è promosso dalla imminenza del freddo o di qualche burrasca, in marzo invece dalle arie tie- pide e calme. - Eccetto il caso di nevi copiose, non scendono mai d’ inverno le dette specie nella zona dei colli e littoranea dai nostri Appen- | nini, ove qua e là s’ incontrano sedentarie. | 236 LUIGI PAOLUCCI 46. LA PICA (Gaggia). Denom. sistem. : Corvus Pica L., 2* ed. Pica melanoleuca Vieill., Pica. rustica Kleiu. È Distrib. geogr. : Tutt' Europa, i maggior parte dell'Asia. Ne ho notato solo la speciale migrazione littoranea in aprile, per l’abbondanza d’ individui che in tale epoca ripetutamente vidi sparsi nei campi presso Ancona, ove quasi mai nidificano. Non posso così accertare alcuna migrazione della sua parente la Ghian- daia (Garrulus Glandarius Vieill.), assolutamente sedentaria nei luoghi aspri o selvatici. ‘ 47, IL CoLomBaccio (Palomba). \ Denom. sistem.: Columba Palumbus L., Columba torquata Leac., Pa- lumbus torquatus Brehm. ; Distrib. geogr.: In tutt’ Europa dalla Scandinavia meridionale, in Asia. dalla Siberia all’ Imalaja, nel nord-ovest dell’Africa, La posizione delle Marche, col promontorio del M. Conero: che si erge a picco sul mare per quasi.600 m. sul mezzo del suo. littorale, e coll’alta catena appennina che ne delimita il confine — ad occidente, può prendersi per tipo delle migrazioni aliche orien- A tali dei Colombacci. Nella immensa area geografica in cui si diffonde questa specie, la nostra porzione d’ Italia orientale può considerarsi per essa. come un territorio di transito, pochi essendo gl’ individui che vi restano a svernare, pochi quelli che nella montagna nidificano. d Quindi è che se la stanchezza, la fame o le insidie delle caccie: — non spingono le Palombe a fare qualche breve sosta tra noi, le — loro legioni, della migrazione autunnale specialmente, trascorrono . M superbe in grandi voli dal littorale agli A ppennini ove imboccano | dI i valichi che con minor fatica le conducono oltremonte ai loro destini. È Alla metà di settembre ci giungono dal nord, dal nord-est e anche dall’est le avvisagiie del passo, per migrazione esclusiva: Ù mente fransadriatica. Se i venti di S-E o attorno ad O lo favo- riscono, esso va gradatamente crescendo, raggiunge la massima intensità nella 1* quindicina di ottobre; alla fine di questo m mese e in certi anni sulla 1° diecina di SOIA è cessato. . NUOVI CONTRIBUTI ALL'AVIFAUNA ECC. 237 Nell’adriatico rasentano per lo più l’acqua e da lungi scorgono le valli littoranee o i seni dei colli marittimi ove alzandosi, s’av- | viano per compiere la traversata terranea. E raramente deviano da certe località che per ragione topografica riescono loro prefe- _rite, dette da cacciatori le porte. Il vento forte le abbassa, la calma e il sereno le innalza, talora a grande distanza dal suolo, | ma non mai a grandissima, come ho visto per le Colombelle. Un criterio assai attendibile, relativo al loro passaggio si de- | sume, come d’accordo dicono gli osservatori del littorale, e dei «monti, dalla condizione atmosferica dell’orrizonte adriatico della Dalmazia, da cui ci pervengono. Se colà si scorge l’aria pura, una fascia serena, ciò è felice pronostico, raramente fallace. Ed ecco perchè i cacciatori degli alti Appennini ritengono con sover- chia fede che il vento di tramontana valga meglio di ogni altro al loro passaggio. Significherebbe pertanto che i Colombacci vo- . gliano il tempo. buono nel paese almeno d’onde muovono per i loro viaggi. Le ore della partenza colà debbono essere diverse come diverse sono quelle dell’arrivo quì, a meno che non fossero di diversa misura le linee che esse scelgono per la traversata adriatica. Certo non valutano istintivamente il tempo necessario a percorrerle poichè, sebbene uccelli di migrazione essenzialmente diurna, approdano talvolta anche qualche ora dopo il tramonto, come è stato constatato da tanti e da me stesso, che trovandomi in un colle sentii il rumore di uno stormo e lo intravidi al chiaro . di luna. È Ecco alcune date di passaggi autunnali in rapporto alle con- «dizioni meteoriche, che ho raccolte quì in Ancona, oltre quelle . « «comunicatemi da Corinaldo (caccia Cesarini) al N-O di Ancona | stessa. Anno 1880: Ottobre 11 - straordinario passano seguito il giorno È . dopo da pioggia dirotta. - Anno 1889 : Ottobre 4 - tento di S-E, sereno. » » » d. » S-E, sereno (Cesarini). 4 » » » fin » O-S-0, variabile (Cesarini). ui» » » 12 E-S-E, pioggia. Mac 1890: (> 3 » S-E, nuvolo (Cesarini). » » » 6 » O, sereno (Cesarini). ut» $i 1 » O, sereno (Cesarini). perio + ie 7 a) ‘È AEU - LX O Ot ti ; . si 11 I? ” ” ° = Ci : î "* ; R ro vd eta x veli LA i. MARTI - vi I i % > {'# è, Mili Xit ad x ni (ni s Pas I° + SEI - DERZTTA » i > “x pt, pi ic z È i PSE TA E DAREI DE RD 7 ri È i TÉ Tra RTRTTE a . a, de he Lal i è e tà corirà 238 LUIGI PAOLUCCI © Lava Anno 1890: Ottobre 15 - aria calma, tiepida, variabile. mir 1391: -» 7 - vento di O, variabile (Cesarini). » » » 12 » S-E, nuvolo. 3 » » n 15 - calma, nebbioso. » » » 16 - vento di N-0, sereno. » » » 3 » N-N-0, variabile. » » » 28 » E-N-E, pioggia. » .: (18020 1a» O, pioggia (Cesarini). » » » ll » O, variabile (Cesarini). via » 14 » S-E, forte, variabile. | » » » 18 » O, cielo variabile (Cesarini). » » » 21 » E-S-E, pioggia dirotta.. » » » 23 » 0-5S-0, fresco, sereno. » » » 25 » S-E, cielo variabile. In primavera dai primi di marzo a mezz’ aprile ritornano qui le palombe per via liltoranea dal sud-est, o ferranea dal sud, — e in parte continuano verso le spiagge del sud-ovest, in parte si 3 spingono sul mare al nord, rifacendo la migrazione /ransa- A driatica. Sono favorite in generale dai venti tiepidi, in specie | dal S-0. i > :D La loro migrazione è più lenta e meno gregaria di quella d’Autunno, in particolar modo verso la fine del passo, quando è assai facile vederne isolate, a piccole tappe fra gli alberi piut- tosto che in grossi branchi. i al Ricorderò per il passaggio primaverile le date seguenti: Anno 1889: Marzo 1 - vento di S-0, tiepido, cielo variabile. RR SO ai i N, freddo (di ricalo). » 718901.» << 14 » . S-S-E, cielo variabile. è» ASS aa » E-S-E, sereno. » » » 16 » ———S-0, cielo variabile. » » è». 28 » S-O, forte. pi 1892: SI » N- N-0, freddo (di ricalo). » » » 16 » N, sereno (di ricalo). » » »: 20» N, tiepido. t4 aut Si noti poor | in quest’ultimo anno il riîcalo 0 rito dal nord nel marzo, in cui si ebbe un periodo di freddo e anch di nevi dal principio del mese al 21. Furono. probabilmente hi ST a uu o st pgter cspalii e i i e a a e TIR SAL > ae è RENI ele SA Li n x Sali * e NUOVI CONTRIBUTI ALL'AVIFAUNA ECC. 239 . Colombacci emigrati prima al nord per altra via, che scelsero la linea adriatica ricacciati verso il sud dai rigori del setten- trione. «È degno di considerazione il fatto osservato nella più alta | zona appennina, comunicatomi dal mio parente Paolucci di Mon- | temonaco (metri 1070 sul mare), terra classica per la migrazione autunnale delle Palombe, che cioè il loro arrivo colà si avverte | talvolta dal Monte Catria situato a N, nello spartiacque della | catena centrale. Bisognerebbe perciò ammettere insieme al grande passaggio adriatico d’ autunno, un altro passaggio ferraneo in | senso rigorosamenie latitudinale, favorito dal vento di N e che inerocerebbe il primo. Ma più attento esame potrà stabilire tutto _ il valore di tale osservazione. Lo stesso osservatore di Montemonaco :mi comunica che con certe arie fresche e serene le Palombe si veggono lassù passare tr: grandi branchi, sdegnosi dei richiami, assai più alto delle cime A ai quei superbi Appennini che si elevano a quasi metri 2500 sul | mare. n° — 18. LA PALOMBELLA (Topacchio, Copparolo). Denom. sistem.: Columba Oenas L., Columbaena Columbella Bp. Distrib. Geogr.: Quasi tutt' Europa, raramente nel nord-ovest d'Af- frica. Per le Palombelle vale in generale quanto si è detto per i — Palombacci, che esse accompagnano nei due passaggi annuali e | colle stesse condizioni atmosferiche. | chè le palombelle cominciano ad arrivare dall’Adriatico alcuni a giorni prima, e alcuni giorni prima ripassano in primavera, e | così cessano anche prima pra Palombe in ambedue le mi- È | grazioni s do. LA TORTORA (Tortora). Denom. sistem. : Columba Tàriur L., Turtur auritus Gr., Turtur te- nera Brehm. i Distrib. geogr.: Quasi tutt’ Europa dalla Scandinavia meridionale, l'Asia occidentale, l’Africa settentrionale, le Canarie. Vi ha però una qualche differenza nell’epoca del passo, dac- RITIRO PA 9° ISAA RUE PE 0 a »", wi Mi de Y p 2a LUIGI PAOLUCCI ZAN ut La migrazione autunnale delle Tortore nel settembre è fra noi quasi insensibile, scarsissima, erratica, tanto fra i colli quanto | lungo la marina. Copiosa invece, sebbene non tutti gli anni, | ne è la migrazione d’ aprile, caratteristicamente littoranea dal sud-est. Ci giungevano allora veloci verso il nord-ovest in bran- chi, talvolta assai numerosi, se spira O o S-0 tiepido. In certi anni, dominando i venti di N-E, preferiscono certo qualche altra | via pel settentrione, e quì non se ne vede quasi nessuna. $ 50. IL MrGNATTINO (Cucalina). D:nom. sistem.: Sterna fissipes L., Sterna nigra Briss.,, Hydrocheli- don fissipes G. R. Gr,, Hydrochelidon nigra Gigl. & Distrib. geogr.: Tutt' Europa, gran parte d'Asia e d'Affrica. Scelgo questa specie come la più comune fra le altre Sterne | che l’accompagnano all'epoca del passo e tengono gli stessi co-M stumi. Il Mignattino è fra noi, per mancanza di laghi e di paludi, — quasi esclusivamente marino, risalendo solo talvolta i piccoli fiumi della nostra regione. Lo annovero con qualche esitanza fra le specie di migrazione diurna, poichè non so darmi piena ragione delle sue comparse mattutine subitanee, che notai specialmente alla foce del fiume Gesino. In ogni modo sono spesso legioni — numerosissime di Cucatine che noi vediamo in migrazione dl ranea dal nord-ovest al nord-est in agosto-settembre e viceversa in aprile-maggi 51. IL GABBIANO COMUNE (Cucade). Denom. sistem. : Larus ridibundus L,, Larus capistratus Temm., Xema | ridibundum Boie, Xema capistratum Bp., Chroocephalus ridi. bundus Eyt. so Distrib. geogr.: Dal 65° al 30° di latitudine onsade: nell'antico con-. 5 tinente e in America. - Nulla so dire delle migrazioni che questa specie comunis- sima dovrebbe effettuare pure fra noi e che prendo per tipo — degli altri Laridi marchigiani ormai noti. Lo vediamo tutto l’anno - gironzare nei porti e lungo le coste e penetrare ancora entro terra — se ve lo inducono le forti burrasche invernali. «E P = “I E c. a IRETA "a co si a "E a * ba Pe È I Ù è . GITE , ri Pale L% A >» Par t e_N LS + ri (rà x P=a % ra : E et ri ek Pa PIRA de "ati. s dg ast x - is Pi ben Pala dpi ta È Me” ci xt Pegi z a ere << p Ù e NUOVI CONTRIBUTI ALL'AVIFAUNA ECC. 241 i | Mi piace ricordare quì, perchè raro, un Zafferano (Larus | fuscus L.) adulto che posseggo nelle raccolte di questo Istituto, | catturato in Ancona nel gennaio del 1889, col dorso, le scapolari e le ali di color nero lavagna e quindi da non confondere col comune Gabbiano reale (Larus leucophaeus Licht.). Pa — E-—_T P_——_——_2z =» "i - e - \ C . de >; -- ui A Va i - 1 ‘ Sa ; È E) PA PE = - - E ta si i Pa è pr - = dre A dea i s. , di . è. > st Vate è x, f i é e - . —LESIOSE Li" . È I . ° 1 n ig - E 4 set a : ser ì è ha , n TRE -- RR << n - ”. » e A AeTO RE ui RIA x 1 Are * eg % è. ha = er $ CA see Sri + gi ai j pa, eo ie | VIA RISI SR, CALL E CO ipa LI ie, ea > der ki F a : pae Pira he be ara, SFIORARE i x ph » all 3 fai SN e, > he e è o e x FTA TSE Saia iu - = r < La 3% Ci V Va PI - L alal Mii SULLA PRESENZA dell’ IBERUS SIGNATUS F ÉR. (Helicogena) | nei Monti Ernici nella Provincia di Festa In una escursione, che ho eseguito in questi giorni ad Alatri » 3 dell’ Aniene dopo Subiaco, verso Arsoli, per ricomparire poi, fuori della E provincia di Roma, nella valle del Turano, a Carsoli, Sante Marie, ecc. A Queste arenarie contengono stratarelli di lignite picea, compatta, a frattura. i concoida, la quale distillata è ricca di prodotti gassosi ; le arenarie devono sa avere in generale forte potenza, giacchè, avendcle, due anni fa, esplorate | È con una trivellazione, appunto per ricerche industriali dalla predetta lignite, bis A presso Ponte Lucidi sulla sinistra dell'Aniene alla base dei monti di Cante-. I - Ca Pe rano, si giunse fino a 40 m, sotto il livello del fiume incontrando sempre le medesime arenarie, le quali, chi sa, per quanto ancora sarebbero continuate. È; A questa potenza accertata sotto il fondo della valle, deve aggiungersi ù: quella delle arenarie scoperte sul tha/weg ed incise dal corso d'acqua. Lo. co spessore visibile di queste arenarie può valutarsi, in quel tratto, a circa un E centinaio di metri. Ne Importanti, per la loro genesi, sono le grandi massa di tufi nella vale del Sacco. In taluni punti mostrano una distinta divisione prismatica vera Di FS ticale, per esempio a Labico. L’esame delle ingenti masse tufacee, che tro- vansi nella valle del Sacco, sempre più mi ha confermato nell’ spo emessa da von Buch sulla loro “genesi, che, cioè, nella loro formazione vi abbiano contribuito grandemente le alluvioni. | Sa È SULLA PRESENZA DELL'IBERUS SIGNATUS FÉR. 243 abbondante sui blocchi di calcare compatto delle mura ciclopiche di Veroli, alla quota di circa 650 m. sul mare, l’[berus signalus Fér. (Hetlicogena). Questa graziosa specie di chiocciola appar- tiene al gruppo degli /berus; al sottogenere Macularia, fatto da _ Albers nel 1850 (1). _ Come abitante la nostra provincia venne citata dall’Ing. Sta- . tuti (2), il quale la pone soltanto, e rara, mei dintorni di Terra- de Degno poi di speciale rimarco è un tufo litoide, che si cava alla Selva dei Muli (che rappresenta un cratere d’esplosione formato da tufi, scorie e masse detritiche) a circa 2 chilom. di distanza dalla stazione ferroviaria dî | Frosinone, e che vidi usato nei ciglî dei marciapiedi e nelle soglie di quella | Stazione. È È un tufo singolare, grigio, peperiniforme, ad elementi piuttosto gros- | solani con piccoli frammenti angolosi di calcare bianco compatto, e di calcare argilloso, grigio, e che, meglio del peperino albano, può adoperarsi come pietra da taglio. Sopra ì tufi della Campagna di Roma e sulla loro genesi può consul- tarsi il bel lavoro riassuntivo, pubblicato al principio del corrente anno dall'Avv. José Santos Rodriguez col titolo « Note sulle rocce vulcaniche e | principalmente su i tufi dei dintorni immediati di Roma » Roma, Tip. R. Accad. dei Lincei, 1893, in 4’, di pag. 18 con grande quadro. Dalle molte ‘notizie originali, che vi si trovano, si rileva che l’autore ha percorso in i varî sensi la nostra campagna e che ha veduto e rilevato da sè le sezioni | agologiche, che trovansi intercalate nel grande quadro sui tufi; insomma vi si scorge un lavoro serio. i Invece, della pubblicazione, testè comparsa, di altro autore [Contridu- Le | zioni allu storia fisica del bacino di Koma e studii sopra l’estensione da . darsi al pliocene superiore - Torino, L. Roux, 1893 in 4°) ben diverso è il | giudizio che può darsi da chi abbia realmente percorso e girato la Cam- | pagna di Roma, e da chi ne studî coscenziosamente la geologia, poichè | l'autore ha composto quel lavoro, in massima parte di compilazione, nor | sempre esatta ed imparziale, senza recarsi sui luoghi e colla scorta di ben | poche escursioni locali ed osservazioni proprie. (1) Albers Joh. Christ., Die Heliceen nach natùtrlicher aa Auris signata Spix, Test. brasiliens. tav. XII, fig. 3-4, figurata anche nel-, l'opera di Chemnitz Systematisches Conchyl. Cabinet etc. herausgegeben | von H. C. Ktster - Bulimus. - Ved. pag. 145, n. 192, tav. 18, fig. 14-15, è specie vivente nel Brasile e non ha nulla da vedere colla Helix signata Féruss., spettando alla grande famiglia dei Bulimus. [= Bulimus (Auris) signatus Pfeiffer, Monogr. heliceor. viventium. Vol. II, pag. 90, n. 228, vol. VI, pag. 80, n. 710 e vol. VIII pag. 113, n. 822. = Otostomus signa- ius Clessin in Pfeiffer, Nomenclator helic. vivent. pag. 222, n. 822; Pelecy- ehilus Paetel). Rimando poi il lettore alla precitata monografia di Chemnitz- Kiister e di Pfeiffer per la sinonimia del Bulimus signatus. (3) Pfeiffer segna, sull’ autorità di H. Beck, tra i sinonimi dell" Iberus sijnatus l’Helix ficuum Mihlf. e l'H. sicula di taluni autori. (Mon. hel, vi- vent. Vol. I, pag. 287, n. 750 e pag. 288; vol. IV, pag. 226, n. 1440; vo- lum> V, pag. 292, n. 1915 e vol. VII, pag. 338, n. 2381). L'H. ficuum è pure in questo senso notata nell'opera di Clessin (in Pfeiffer. Nomenclator — - i 1 4 i ” Taeg Pr e VEE, SULLA PRESENZA DELL'IBERUS SIGNATUS FÉR. 245 1841. HeLIx sicnaTA Pfeiffer L. Simbdolae ad histor. heliceorum, pag. 73. 1842. HeLIx sicNATA Pfeiffer L. Symbolae ad hist. heliceorum. Sec- tio altera, pag. 101. 1842. HeLIx sIGnaTA Rossmissler E. A. Iconographie der Land-urd Sùsswasser Mollusken. vol. II. dispensa XI pag. 2, n. 686, tav. LI fig. 686, a, b (1). 1844. HeLIx siGNaTA Philippi R. A. Enumeratio mollusc. Siciliae cum viventium tum in tellure tertiaria fossilium, vol. II, pag. 103, num. 7. 1846. HeLix sicnaTA Pfeiffer L. Gattung Helix. Systematisches Con- chylien-Cabinet von Martini und Chemnitz fortgesetzt von Schu- bert, Wagner und Kiister, pag. 70, n. 42, tav. 9, fig. 7-8. 1846. HeLix sicnaTta Pfeiffer L. Symbolae ad hist. heliceorum. Sec- tio tertia, pag. 30, n. 700 (nel gruppo delle Helix con peristoma ripiegato, globoso-depresse e nascostamente perforate). 1848. HeLix sienaTtA Pfeiffer L. Monographia heliceorum viventium, vol. I, pag. 287, n. 750, e pag. 288. 1850. MacuLARIA sIGNnATA Albers. Die Heliceen nach natùrlich. Ver- wandtschaft system. geordnet, pag. 81. 1853. HeLIX sicnaTA Pfeiffer L. Monografiae heliceorum viventium supplementum (I), sistens enumerationem auctam omnium huius familiae generum et specierum hodie cognitarum, accedentibus descript. novarum specierum et enum. foss. (== Vol. III. Mono- graphia hel. viv.) ved. pag. 197. 1855. TACHEA SIGNATA Pfeiffer L. Versuch einer Anordung der He- liceen nach natitrlichen Gruppen (Malakozoologische Bléàtter. Cassel, vol. II, 1855, pag. 112-185) ved. pag. 142, n. 1091. | hel. viv., 1881, pag. 155, n. 2381, mentre il predetto Clessin pone con un interrogativo l'H. sicula Pot. et Michd. tra i sinonimi dell' H. glodularis — Ziegl. (Nomencl. cit. pag. 154, n. 2380). Trovo anche segnata 1’ Z. sicula Ziegl. nel catalogo di Jay: Jay J.C. A catalogue of the shells arranged ac - cording to the Lamarchian system together with descriptions of new or rare shells contained in the collection of John C. Jey. 30 edition, 1839, (ved. pag. 50, n. 1740 d). (1) Kobelt riferisce la citata figura di Rossméssler ad una forma affine all'Helix surrentina e alla H. carsoliana (Ved. Kobelt W., Icon. d. Land- — und Sùsswasser-Moll. Vol. V, dispensa 1-3, pag. 9). MM I 5 “ si Mi, n Ceca c# * Mi - DT i i da ua ne »° ad din sE SX Da pil nn È e n° e tera pra St.) » 2 ARA iP E fo aan © ri I Pre È . Ù Rare I SAI st è » = la - -» lel Li Dai ala?” 9° : € » 246 R. MELI | o 1857. HeLIx siGnaTA Martens (von) Ed. Reisebemerkungen aber] nige Binnenschnecken Italiens, fn a, vol. pag. 151. 1858. Acavus (subgen. TacHEA) siGnaTUS Adams, H. su Arth. genera of recent mollusca arranged according to their org nization. Vol. II, pag. 195. 1858. HeLIX circumorNaTA Martens (von) Ed. Ueder Helix carseo- lana und circumornata Fér. (Malakozoologische Bléatter, vol. e V, pag. 132) (non Férussac, Pfeiffer, Beck, Adams). bl a 1859. HeLIX sIiGnATA Pfeiffer L. Monographiae helic. viv. supple- mentum secundum. (= Vol. IV - Monogr. heliceorum viventium), pag. 226, n. 1440. 1861. MacuLARIA cIRCUMORNATA Albers Joh. Christ. Die Helicoll nach natùrlicher Verwandtschaft syst. geordnet. Zweit Au- sgabe nach dem hinterlassenen Manuscript besorgt vom Edua: i von Martens (pag. 133-134) (1). Qi 1866. HeLIX sIiGNnaTA Rigacci. Catalogo delle conchiglie componen ti la collezione Rigacci, classificata col sistema di Lamarck CC. Parte I. delle conchiglie viventi, pag. 21, n. 1862. a 3 (1) Alla pag. 134 scrive che l’Helix signata, vera, genuina, gli è scono- sciuta: « Vegl. Zeitschr. 1858. S. 131. Die zichte H. signata Fér. ist dem Herausgeber noch unbekannt ». ; di L’H. circumornata è messa nel regno di pole Pfeiffer riporta dubitativamente tra i sinonimi dell’Helix signata, l rH. eircumornata Martens (Monogr. helic. vivent. Vol. V pag. 292 n. 1915 è e vol. VII pag. 338 n. 2381). Però Clessin (in Pfeiffer - No menclator heli viventium pag. 155 n. 2381) mette tra i sinonimi della signata TA. ci ecu: mornata Martens, mentre dubitativamente segna come una varietà de muralis VH. cireumornata Fér. (Nomenclator cit. pag. 157 n. 2374). Pae al nella 1* edizione del suo catalogo indica l'H. circumornata Fér.; ma ne vi mette l'/. signatus. (Catalog, 1873, pag. 88, riferita al sottogenere 1 laria); ma nota entrambe le specie, riferendole al sottogenere xroltà ne Catalog 1883, pag. 126 e 136. di Albers segna tra le Macularie l’H. circumornata Fér. e TH.» ( come due specie distinte (Die Heliceen, 1850, pag. 80 e 81) mentre nell 2 edizione (1861, pag. 133, 134 e 346) pone la Macularia circumornata cc Sa specie ben definita e dichiara, come ho già accennato nella nota di s che gli è sconosciuta la vera A. SUPAGIE. p Da - + SULLA PRESENZA DELL'IBERUS SIGNATUS FER. 247 È- 1868. HeLIx sienaTA Pfeiffer L. Monographiae hel. vivent. supplemen- | tum tertium. (== Vol. V. Monopraphia helic. vivent.), pag. 292, n. 1915. 1870. HeLIx sicnaTA Gentiluomo C. Note bibliografiche riguardanti i molluschi terrestri e fluviali dell’Italia di Eduard v. Martens con introduzione di C. Gentiluomo. Bull. malacol. ital. Sup- fr plemento al vol. III, pag. 21. 1871. Iservs sicnatus Kobelt W. Catalog der im europdischen 4 Faunengebiet lebenden Binnenconchylien, pag. 18. 1874. HeLIx sIGNnATA Rigacci. Catalogo delle conchiglie componenti la collezione Rigacci. Parte I. conchiglie viventi, pag. 44, nu- mero 3615 e var. minor n. 3616. 1876. HeLIX sIGNATA Pfeiffer L. Monographiae helic. viventium supple- mentum quartum. (= Vol. VII. Monographia hel. viv.) pag. 338, n. 2881. 1878. HeLIX sIGNATA Crosse H. Nel Journal de Conchyl. 3° série, tom. XVIII, n. 1, pag. 105 (1). 1878. HeLIx siGnaTA Paulucci M. Remarques sur quelques espèces *d’Helix de la collection Férussac appartenant à la Faune ita- lienne (Journal de Conchyl. publié sous la direction de MM. Crosse et Fischer. 3* série. Tom. XVIII, n. 3, pag. 248-249) (2). (1) Il Crosse nel fare una rivista bibliografica di un lavoro di Robert E. C. Stearns On the vitality of certain land molluscks dice che la forza di vitalità non è limitata ai molluschi terrestri, che abitano paesi secchi e caldi, ove le pioggie sono rare, ma che si verifica anche per molluschi, che abitano climi temperati, nei quali le pioggie sono frequenti, e scrive: — < Nous avons vu se promener pendant plus de deux années dans l’un des < tiroirs de notre collection, plusieurs exemplaires d’un Helix des environs __—« de Romea l'A. signata Férussac, dont nous avions recueilli d’assez nom- è < breux exemplaires, sur les bords du Tibre ». di Ora non credo che gli esemplari menzionati dal Crosse siano riferi- i bili all’H. signata, che, notisi bene, mai ho rinvenuto sulle sponde del Te- vere, o nella così detta Campagna di Roma. * (2) La Sig. Moss Paalucci scrive nella sopracitata nota d'aver riscontrato che nella collezione Férussac, esistente a Parigi al Museo di Storia Natu- rale, gli esemplari messi come Helix signata sono invece da riportarsi al- | l'Helix Carsoliana, identica alla forma indicata dal Westerlund (Fauna Europaea) moll. ertramarin. pag. 130 n. 321). SLI ro leto Tie 5 dec Me balla Ò, ere e ui 248 R. MELI 7 1878. HeLIx (Iberus) sicnaTA Paulucci M. Matériaua pour servir dl l’étude de la faune malacolog. terr. et fue; de l’Italie et de. “i ses iles, pag. 8, n. 195. i ta 1879. HeLIx sicnatA Kobelt W., Rossmdssler's Iconogr. d. euro- © 2 pdisch. Land-und Sitsswasser - Moll. fortgesetzt von D. W. Ko- belt, vol. VII, pag. 10 n. 1844-47, tav. 184, fig. 1844-47. 1881. MacuLARIA sIGNnaTA Clessin S. in Pfeiffer L. Nomenclator he- | 9 liceorum viventium, quo continetur nomina omnium huius fa- miliae generum et specierum hodie cognitarum; pag. 155,9 n. 2381. << S 1882. HeLIix (Iberus) sicnaTA Statuti A. Catalogo sistematico e si- nonimico dei moll. terrestri e fluv. viventi nélla provincia di | Roma. Bullett. d. Soc. Malacologica Ital. vol. VIII, 1882, pag. 54, n. 51. - Atti dell’Accad. pont. dei Nuovi Lincei tom. XXXIV, Sessione VI del 12 giugno 1881 pag. 424, n. 51. - Ved. anche pag. 38 n. 51 dell’estratto e n. 51 del prospetto sistematico rias- suntivo dei molluschi terrestri e fiuviali della provincia Ro- |. ki; mana. 2 “SR 1883. HeLIX sIGNATA Paetel Fr. Catalog. der Conchylien-Sammlung, | 3 “i Berlin in 8°, pag. 136 (1). POR IR si E: Peraltro la signora Paulucci LR come tipo dell’Helix signata la fig. È della tav. XLI dell'Histoire naturelle di Férussac. Ora, tale figura si rife. a risce all’ Helix (Iberus) Carseolana (Helicogena carsoliana Mén. Hélicogéne _ | È de Carsoli. - Ved. pag. XXV dell’Explication des planches). Invece devono È j citarsi i tre disegni, dati nella fig. 3 della tavola XXX della predetta opera D' di Férussac, che rappresentano l’Iberus signatus [Hélicogène imprimée. He- di % licogena (avavae) signata Férussac. Ved. pag. XII de l’explicat, d. planch “la A veduta anteriormente, posteriormente e di sopra. Le figure 2 della tav, XLI de: rappresentano l’H. circumornata Fér., che da alcuni malacologi è con fi n i Ù coll’H. signata, e che, in ogni caso, sebbene distinta, pure è una forma. È molto vicina a quest’ ultima specie. nia DE Ri S (1) Paetel la segna nella sezione Zherus Aib.; sottosezione Mure Na x i E EeTS Pfeiff. 23 È f , SULLA PRESENZA DELL'IBERUS SIGNATUS FÉR. 249 | Dimensioni di tre individui adulti : Diametro maggiore mm. 19 ; minoremm. 16 ; altezza (1) mm. 13. ” » 18 3 ” ” 15,8; Ii > » 12,2 ” ” 16,8; ” w La dr 142. i Dal confronto eseguito tra gli esemplari raccolti a. Veroli e E quelli di Terra di Lavoro, ho notato che questi hanno una spira più acuta e rilevata dei primi. Gli esemplari ernici offrono in | generale maggiori dimensioni; ma la loro spira sarebbe assai più depressa e schiacciata in modo che si avvicinerebbero di più alla | forma, o facies degli Iberus. Un’analoga differenza ho pure osservato tra gli esemplari di Veroli e le varie figure sopraindicate dell’ Iberus signatus. Tutte le figure, che ho riscontrato, mostrano una spira più È, ._ elevata degli esemplari da me raccolti. Questi presentano una | spira più ottusa, e che può dirsi ‘intermedia, per la forma, tra le figure dell’/berus signatus e dell’Iberus carsolianus Ménard. Per la spira convengono colla var. Mi/ettiana dell’I. carsolianus, figurata dalla Paulucci (Contribuzione alla fauna malacolog. italiana. Specie raccolte dal Dott. G. Cavanna negli anni 1878, _ 1879, 1880 con elenco delle conchiglie abruzzesi e descriz. di | due nuove Succinea Ved. pag. 47 tav. III fig. 2, 2a, 20. Ved. anche . Bull. d. Soc. Malac. Ital., vol. VII, 1881, . II tav. citata). o Nella maggior parte degli esemplari a fascia castagno- | seura è macchiettata, ma continua, mentre le altre fasce sono __ «interrotte e ridotte a punti; per una tale ornamentazione i nostri È | esemplari s’accordano colla figura dell’Iberus carsolianus data . dal Pfeiffer: Gattung HELIX (System. Conch. Cabinet von Mur- tini und Chemnitz fortges. von Schubert, Wagner und Kuster). Ved. parte II, pag. 242-243, tav. 113, fig. 11-12. |. Però non possono riferirsi all’Z. carsolianus, nè alla var. contaminata Paulucci, che più marcatamente si avvicina agli esemplari raccolti per avere una macchia marrone all’inserzione del bordo columellare, giacchè questa forma, come. osserva la | signora Paulucci (2) è una conchiglia a umbilico perfettamente RP Ù ci è fatta su di un piano verticale, avendo disposto csattamente verticale l’asse, 3 o columella della conchiglia. BI (2) Paulucci M., Mat:riaux p. servir ete. (op. cit.) pag. 34, n. 4f. 2 Bol'ettino della Spcietà Romana per gli Stuli Zoologici. 17 x) TIRANO RO SE DIO PERLE >. (1) L'altezza della conchiglia fu misurata nella sua proiezione retta 9 é Fable PA PRO, % 79 Pag per “ 14 « Cdl CÀ, pitt ri tt Pt au Mi) PAS I PRI RI O o MET, E pi PO SIE (RA 250 R. MELI CRE chiuso e presenta fasce talmente pallide e interrotte da ridursi a punti staccati, assai lontani gli uni dagli altri; mentre gli esemplari di Veroli presentansi tutti nascostamente umbilicati, essendo l’umbilico in parte ricoperto dal labbro columellare, il quale presenta alla base una macchia castagno-bruna; inoltre ) l’ultima fascia è molto ben marcata di color castagno-bruna con | tratti o macchie più scure; il peristoma è poi colorato in brunov, talvolta tendente al carneo. 5 In generale gli esemplari di Veroli convengono bene colle — ; citate figure dell’Iberus signatus, fatta eccezione per la mag- giore depressione, che si osserva nella spira degli SARESTI da Si me raccolti. >@ Non può negarsi peraltro che l’ I. signatus sia una forma | strettamente legata coll’I. carsolianus, al quale si può ranno-. dare per graduali passaggi. — > i L'Iberus signatus finora si rinvenne: a 'Percacina (Statuti); a Monte Cassino (Rigacci nel Catalogo 1866); nell’Italia meridio- nale (Kobelt e Rigacci nel Catalogo 1874); a Piedimonte d’Alife in provincia Caserta (Philippi, Pfeiffer); ad Itri (von Martens). Paetel segna questa specie colla provenienza « Napoli » ( Catat. cit. pag. 136), come pure segna nella stessa località l'Iberus cir-. | cumornatus (Fér.), che è riferito dal predetto autore alla stessa sottosezione Murella. Credo che i monti Ernici segnino il limite Nord della distri- _ buzione geografica di questa specie. Difatti, mai l’ho rinvenuta | à nel restante della nostra provincia, che ho percorso in vario i senso con numerose escursioni. È poi rimarchevole la successione nell’ Italia centrale ed | inferiore delle varie specie di Iberus e sono notevoli le Mo-- i dificazioni e le varietà, che si presentano nelle diverse regioni.. d Così ad Ascoli-Piceno trovasi l’ Iberus tetrazona (Jan.); a Fe- rentillo nel cir‘'ondario di Spoleto (Umbria) (1) ho raccolto l’I. umbricus (Charp.) che è una ben distinta e caratteristica SA forma dell’/. strigatus (Féruss.), largamente umbilicata, con forte | e ben marcata striatura, costuliforme, carinata SL ano f w. Gi r d ue. (1) Kobelt, Rossmdissler's Iconogr. d. Land-r:nd Stuss. Moll. (op. cit). ‘2 vol..-.V, ‘pag. 9Tav 123-682) -Hi& | fratto; a Narni, a Spoleto, al Monte S. Pancrazio presso Calvi (Um- bria) (1) raccolsi in abbondanza l’Z. strigatus (Féruss.); a Su- biaco, sui calcari e sulle mura del’ monastero di S. Scolastica : trovai una varietà di questa stessa specie /. strigatus (Féruss.), «var. polita Pauluce., la quale può considerarsi come una forma Tîmite dell’L str ian e di passaggio all’Z carsolianus (Fè- « russ.) (2). Sulle mura di Pisa, di Livorno, in Sicilia ed in È Sardegna (3) vive l’Z serpentinus (Féruss.); a Roma è assai « comune sui tetti l’/. »muralis (Mill.); a Veroli, Monte Cassino, Terra di Lavoro, trovasi l’L signatus (Féruss)); nell’ Abruzzo - (Majella, Morrone, Matese, Carsoli, Cerreto-Sannita nella pro- È vincia di Benevento) l’/. carsolianus (Féruss.); nel Salernitano e | nella Calabria vi ha l'/ surrentinus (A. Schmidt). Raccolsi al Monte di Tiriolo (circond. di Catanzaro) un’ Iberus largamente | umbilicato, che parmi una bella varietà dello strigatus, identica a que'la di Muro-Lucano in Basilicata; però la spira è molto | più schiacciata e depressa dell’/. strigatus; altra bella specie di _ Iberus raccolsi nel teatro greco-romano di Taormina; per terminare | colle molteplici forme degli Iberus di Sicilia (4) e con l'Z meli- . tensis (Fèruss.), ben rimarchevole per la sua /acies, delle forti- | ficazioni di Malta. (1) Sui calcari liassici della sommità del Monte S. Pancrazio, a 1026 m. raccolsi in abbondarza è Buliminus detritus (Miill.) ed una interessante varietà della Cluw.ilia leucostijma Ziegl.in una escursione, che vi feci nel set'embre 1892. i (2) E.l. von Martens, parlando dell Z cursolianus scrive d' averlo tro- hi vato copioso presso Subiaco in compagnia della Clausilia leucostigma Ziegl. «Im rimischen Appennin, bei Carsoli von Mènard de la Groie entdeckt; - < ich find sie haufig bei Subiaco im Gesellschaft von Clausilia leucostigma b. « Ziegl. » - Ueber Helix Carseolinai und circiumornata Fér. - Malacozoo- | logische Blatter - Cassel. Vol. V (1858) pag. 130 Ciò è anche ripetuto dal . Kobelt iRossmàssler. - /con. d. Land und Siss-rasser Moll. Tom. V, E pag. 10] e dal Gentiluomo, (Note bdibliogr. riguard. i moll. terr. e fluviali — dell'Italia (mem. cit.) pag. 22). i _ — (3) Ho avuto belli esemplari dell’ /berus Carae (Cantr.) con splendida pi ornsmentazione, raccolti a Guardia Vecchia all'isola della Maddalena, al N. della Sardegna. i (4) Ved. Kobelt W., Excursionen in Siditalien - 4. Die sicilianischen Iberus. — Jebrliicher, VIII, 1881. | SULLA PRESENZA DELL'IBERUS SIGNATUS FER. 251. der di 252 I R. MELI LA “rdberus signatus dà esempio di una specie, che ha una di 3 mitatissima distribuzione geografica e che si mostra pe in una ben ristretta regione. Difatti, dalle località sopracitate, | ove fu rinvenuta, si rileva che il suo haditat trovasi unicamente: | all’O. dell’Italia meridionale, circoscritta al N. della Terra di Lavoro, o Campania, e sul confine S. della provincia di Roma. È ss Roma, 25 Giugno 1893. 3 : bar * i "Ro Me Nota. Durante la stampa della presente pubblicazione, ebbi È un’esemplare di Iberus signatus, raccolto sul calcare compatto, presso alla sommità del promontorio Circeo nel circondario di i Terracina. Questo fatto viene a confermare la presenza della A specie nei monti di Terracina, come ho aecennato di sopra, ri- ferendomi alla indicazione data dallo Statuti. i L’esemplare del Circeo è adulto, ad ombilico perfettamente __ chiuso; è più grande degli esemplari ernici, ma per la forma della. - to conchiglia, pei colori ed ornamentazione conviene esattamente: — cogli esemplari ernici. Eccone le dimensioni: . ni Diametro maggiore mm. 21, a: minore mm. 48; altezza | mm. 15,2. “A Devo infine esprimere vivissimi. rag ie cal ch. prof. A. Carruccio, Direttore del Museo Zoologico della R. Università di Roma, per aver gentilmente messo a mia disposizione la bio blioteca del Museo, che è ben ricca di opere di conchiologia, , parecchie delle quali mancavano nella mia privata libreria. Sii AI "è de ue - SULLA INTRODUZIONE DEL SALMONE DI CALIFORNIA & NEL LAGO DI CASTEL GANDOLFO Nota del Dottor D. VINCIGUERRA Nei quarant'anni omai trascorsi da che il prof. Coste dava alla ittiogenia pratica la guida sicura dei.criterì scientifici sui quali essa attualmente si basa, gli sforzi dei piscicoltori furono | diretti non solamente ad aumentare gli individui e migliorare la «qualità delle specie di pesci già esistenti in determinati fiumi o — laghi, ma benanco ad introdurne delle nuove, scegliendo quelle che | si poteva supporre vi avrebbero trovato adatte condizioni di esi- | stenza e che, pel pregio delle loro carni, sarebbero state ampia- «mente rimuneratrici. Nè si cercò solo di trasportare alcune specie _ da un paese ad un altro in Europa, tentando l’introduzione dei Coregoni nei laghi italiani, dei Salmerini in quello di Costanza, . dell’Anguilla nel bacino del Danubio, ma si cercò di diffondere per tutto il mondo, persino alla Nuova Zelanda, la nostra Trota ; -ed il Salmone del Reno, mentre si andavano importando in - Europa pesci Americani. Anche per questi ultimi, il primato spetta, come facilmente 3 si comprende, alla famiglia dei Salmonidi, che hanno maggior | regio gastronomico ed il cui trasporto a distanza è facil/tato | . dal lento sviluppo delle loro uova. ca Il merito principale dell’introduzione in Europa delle specie americane va attribuita al compianto professore Spencer Baird, ” 4 — capo. della Commissione per la pesca negli Stati Uniti, che, colla ui 3 ben nota generosità americana, non trascurava premure, nè >» È _ badava a spese, pur di riescire nell’ intento di far conoscere e = diffondere le più pregiate specie di pesci del suo paese.. È Le specie di Salmonidi americani, di cui si è tentata, con DR, E; 3 risultato più o meno buono, l’ introduzione in Europa, sono le be | seguenti: Fa 1. Oncorhynchus chouicha (Walb.) - Salmone di Ca- “i difornia (Quinnat Salmon, Columbia Salmon, Sacramento Sal- mon, ecc). °° 1. porca Va tel. mer, au EVITA PRA ni È se | ‘ "790 IE. i ra n'a ia 2° r f % "R ta bai E PIGIZE SI MEP aaa N, UN , è » perg F » «dd Pe plat a ar a ar e ida cry AE Vati PR 4! a “I , “% LE PAS TESA II FIN 6 è dei. ” QD540CR D. VINCIGUERRA 2. Salmo sebago, Gir. - Salmone non migratore dei laghi A Schoodic, Sebago, ecc. (Land-locked Salmon, Sebago Salmon, Schoodic Trout, ecc. ); considerato ora come una forma di $. sa- lar, L. adattata a vivere esclusivamente in acqua dolce. 3. Salmo irideus, Gibbons. - Trota arcobaleno o di Ca- . lifornia (Rainbow Trout, Golden Trout, ecc.). 7 2 4. Salmo Gairdneri, Rich. - (S/eel-head, Salmon Trout) | ritenuto da taluni varietà della specie precedente. i 5. Salvelinus namaycush (Walb.) - Trota di lago ame - ricana (Mackinau Trout, Great Lake Trout, ecc.). ni 6. Salvelinus fontinalis (Mitch.) - Salmerino di ruscello 4 si Trout, Speckled Trout). E i . Coregonus clupeiformis (Mitch.) - Coregono americano | (White fish, Common White fish). j A Mentre in altri paesi d’ Europa, in Francia per esempio ed anche più in Germania, i tentativi d’ introduzione di alcune, se non di tutte le accennate specie, si fecero su scala assai vasta, in Italia, dove la piscicoltura solo da pochi anni si è destata, | sotto il valido impulso datole dalla nostra Direzione Generale 3 dell'Agricoltura, essi si sono appena accennati, ed -è perciò che io ho creduto rendere pubblico il primo risultato di uno di questi — : tentativi, che si riferisce alla prima delle specie menzionate, vale - » a dire al Salmone di California. Fa S Di questa specie, non ancora esattamente conosciuta quando | il Giinther pubblicava .il sesto volume del suo « Catalogue of | Fishes » che contiene precisamente i Salmonidi, le descrizioni ; migliori si trovano nei lavori degli ittiologi americani e special- mente in quelli di Suckley (1), Jordan e Gilbert (2), e Garman (3), | mentre una buona storia biologica di essa è dovuta al Livingston _ Stone (4). BO : - (1) G. SucKkLEY, On the North American species of Salmon sui Trout, in Rep. U. S. Fish Com, 1872-73, p. 105. Ara (2) D S. Jorpay and Ch. H. GitBrrT, Synopsis of the Fishes of North America, Washington, 1882, p. 306. bce” (*) S. GarMan, The American Salmon and Trout, Boston, 1885, D a (4) L. Srone, The Quinnat or California Salmon (articolo pubbiGARee nel primo volume, p. 479, dell’opera di Brown Goope, « The Fisheries and — Fishe:y Industries of the United States »; Washington, 1884. "i he 0 dee SULLA INTRODUZIONE DEL SALMONE DI CALIFORNIA 290 Affine al genere Samo, col quale esso era dapprima confuso, il genere Oncorhynchus se ne distingue specialmente per il mag- gior numero di raggi della pinna anale (9-11 nel Salmo, 14-17 nell’OncorRynehus). La specie, della quale abbiamo specialmente ad occuparci, ne ha ordinariamente 16; è di colore azzurrognolo nelle parti superiori ed argenteo sui fianchi e sul ventre, e pre- | senta, come parecchie altre specie del genere, il dorso e le pinne È cosparse di numerose macchiette tondeggianti, nere, che spesso —— diventano più scarse mau quasi mai mancano completamente. . Patria naturale di questa è il Pacifico settentrionale ed i fiumi che in esso si versano, tanto. dal lato Asiatico, sino alla Cina settentrionale, quanto dal lato Americano sino al Sud di San 3 Francisco di California, in corrispondenza del 36° di Latitudine: | è specialmente abbondante nei fiumi Colombia e Sacramento, da È cui ha preso il nome e può raggiungere un peso di oltre 40 chi. _ logrammi. È, Descritto anche da Pallas col nome di Salmo orientalis (1) e «da Richardson con quello di .S. quinnat (2) è stato sinora più ge- neralmente conosciuto sotto quest’ ultimo nome specifico, quan- tunque sia stata dimostrata l'identità di esso col Salmo tsha- wytscha di Walbaum (3), che ortograficamente venne semplificato da Jordan. e Gilbert in chovicha, nome che riceve sulle coste d’Alaska, e che deve ritenersi in omaggio alla legge di priorità. E° L’assenza del Salmone comune sulle coste meridionali della © regione Atlantica dell’America settentrionale, mentre esso trovasi invece più al Nord, fece ritenere al prof. Baird che la tempera- tura più elevata dell’acqua dei fiumi costituisse un ostacolo alla | sua esistenza, mentre la straordinaria abbondanza del Salmone . di California nel fiume Sacramento, le cui acque hanno una «temperatura alquanto superiore a quella dei fiumi che nel- ._l’America del Nord albergano il Salmone comune, lo indusse «| a credere che quella specie avrebbe facilmente potuto vivere «anche nelle acque più calde dei corsi d’ acqua delle regioni me- | ridionali, tributarii dell’Atlantico. Mi» wa (1)-PaLLas, Zoographia Rosso-Asiatica. III, Lipsia, 1831, p. 367. | (2) RicHarpson, Fauna Boreali-Americana, Londra, 1829-36. III. p. 219. (3) J. WaLBaum, Artedi Genera Piscium, Grypeswaldiae, 1792, p. 71. » a x È na i | e, Po ia diri ti AR LNINOE bd L a Ne vi + ° ‘ VR p) lt ie % e Pig plete y » Pero AUT Li , FRI gt, PERS i, I, i SIC hg * 2 gr ? su n! E: 256 D. VINCIGUERRA Mosso da queste considerazioni il prof. Baird affidava nel 1872 al ben noto piscicoltore Livingston Stone l’incarico di re- carsi a visitare i fiumi della California, che il chovicha, a quanto era noto, risaliva a frotte numerose allo scopo di depositarvi le uova, col mandato di stabilire il procedimento necessario per effettuarne l’introduzione in altre‘ acque. Lo Stone consigliò l’im- pianto di uno stabilimento specialmente destinato all’incubazione delle uova del chouicha e propose che questo sorgesse sul fiume Mac Cloud, affluente del Sacramento. Lo stabilimento cominciò a funzionare nello stesso anno 1872, e la sua attività andò pro- gressivamente aumentando sino all’anno 1883, nel quale si notò un’enorme diminuzione nel prodotto della pesca degli individui destinati a subire la fecondazione artificiale. Al giorno 7 agosto, epoca in cui negli anni precedenti si erano già pescati non meno di 500 esemplari non ne era stato ottenuto che uno, piccolissimo, e in tutta la stagione non fu possibile raccogliere più di un milione di uova, mentre ordinariamente se ne avevano sei o sette. Si ricercarono le cagioni di queste scarsità e si riconobbe che erano dovute ai lavori di costruzione di una ferrovia che correva lungo le sponde del Sacramento, 8 o 10 miglia al disotto dello stabilimento d’incubazione, e specialmente alle potenti mine che. si esplodevano giorno e notte e impedivano ai pesci di rimontare È il fiume. A ciò deve aggiungersi che le parecchie migliaia di Cinesi, occupati nei lavori della ferrovia fecevano strage dei pesci col mezzo della dinamite. Per queste ragioni venne deli berato di chiudere lo stabilimento, tanto più che i tentativi fatti di introduzione del chovicha nei fiumi tributari dell'Atlantico e nel “SG 3 bacino del Mississipì, non avevano condotto ad alcun risultato; in- .. successo che viene attribuito alla temperatura delle loro acque più. po elevata di quella dei fiumi che mettono nel Pacifico. L’influenza del — ripopolamento si era invece fatta notevolmente sentire nel bacino del Sacramento; il prodotto della pesca vi era sempre andato Sa crescendo e mentre i fabbricanti di conserve avevano preparato. Bk: negli anni 1875 e 1876 in media 3,205,102 libbre inglesi di Sal TA mone, negli anni 1881, 82, 83 il loro prodotto era diventato di È 9,596,984 libbre. Nel periodo decorso tra gli anni 1872 e 1883 RI RTSAOI nello stabilimento d’incubazione del fiume Mac Cloud erano state. È poste in incubazione non meno di 71,890,000 uova di Salmone di 3 «<< = SULLA INTRODUZIONE DEL SALMONE DI CALIFORNIA 257 a WiCalifornia, la maggior parte delle quali erano state spedite prima & — delle esclosione, mentre un certo numero aveva prodotto avan- | notti che erano stati immessi nel bacino del Sacramento. I . piccoli chouicha destinati alle acque degli Stati Uniti furono complessivamente 33,172,734, dei quali 19,989,734 nei fiumi Atlan- tici e del golfo del Messico e 13,183,000 in quelli del Pacifico, | mentre le uova inviate in paesi stranieri furono distribuite nel | modo seguente : Canada 0 ssaa sh; 190,000 Germania: = ee dare 830,000 Tashi erhalten -£40;000 BE AIN STO 50,000 È; raleass a Pat) 1 --250,000 $ Mata EE in) 100,000 uu: . Nuova Zelanda. . .. .. . 80,000 s Colonia di Wellington . . . . 80,000 fe Nuova Galles del Sud . . . . 30,000 È ipole”bandwicho « nuova quantità di uova di Salmone di California venne spedita E in Francia, e posta in incubazione nello stabilimento di Quillan, 5, sull’Aude, che sorgendo dai Pirenei ha foce nel Mediterraneo. Si tes sperava che in tal fiume il chouicha si potesse facilmente acclima- | "$ tare perchè vi si erano sino dal 1881 pescati alcuni esemplari di RR questa specie provenienti da una piccola semina fatta nel Lez E dal generale Faure, fatto che dimostrava come i pesciolini aves= È: sero guadagnato il mare e quindi rimontato un fiume diverso $ di da quello ove erano stati immessi. (8) 3 È Anche da altre uova, provenienti dall’Acquario di Parigi ed “e incubate a Quillan, si era ottenuto qualche risultato perchè nel- - 2 S l’aprile 1887 se ne pescò nell’Aude un individuo lungo 17 cen- — CRI (1) Raverer WarTeL ot BartET, Sur la reproduction du Saumon de — L Californie à l'Aquarium du Trocadero, in Campi: Rend. ‘Acad. Se. 1882 A sa vol. XCVI, p. 796-797. s a (2) Jousset pe BELLESME, Acclimatation et ii du Saumon — B 4 dle Californie en France et spécialement dans le bassin de ‘la SRIAO in ‘3 A Rev. Sc. nat. appl. 1891, p. 594-607, SEA n B ull. Si Nat. Accl. Paris, 1880; p. 1012. ‘FOMITRE SULLA INTRODUZIONE DEL SALMONE DI CALIFORNIA 259 timetri ed altro del peso di 400 grammi nel febbraio 1888. (1) Ignoro però se posteriormente siansene pescati altri individui che dimostrino l’ influenza delle nuove immissioni. In Germania i risultati dell’introduzione del Salmone di California furono anche minori. In bacini chiusi si poterono anche colà mantenere per parecchi anni in vita i S. chowvicha e negli stabilimenti di Radolfzell e di Huningen si riuscì a fecon- «darne le uova, ma i tentativi di introduzione di esso nelle acque «pubbliche riuscirono quasi senza frutto. Ne furono immessi spe- cialmente nel bacino dell’ Eider, ma senza che più se ne abbia «avuto notizia e dei moltissimi deposti nel bacino -del Danubio, un solo esemplare fu raccolto nell’Isar. (2) Del risultato delle immissioni negli altri paesi nulla si co- nosce, per quanto io mi sappia, e ciò mi fa ragionevolmente temere sia stato del tutto negativo. Il solo tentativo d’introduzione di Salmone di California che, a mia conoscenza, siasi fatto sinora in Italia è quello che si ri- ferisce al lago di Castelgandolfo, il cui proprietario, duca di Gallese, pone uno speciale interesse nella protezione delle specie di pesci ivi esistenti e nella introduzione di nuove. Dopo la prima immissione in esso di giovani trote, ‘delle quali ho già fatto breve cenno, (3) seguirono altre semine di avannotti della stessa specie, che rapidamente sono cresciuti a grandi dimensioni; raggiun- «| gendo persino il peso di circa 10 chilogrammi. Informato di questi risultati il dott. Jousset de Bellesme, che è uno dei più ferventi apostoli della diffusione del Salmone di California, inviò . cortesemente in dono- al duca di Gallese parecchie migliaia di 3 uova di questa specie, ritenendole ‘specialmente adattate pel lago di Castel Gandolfo. Il primo invio di 4000 uova parti da Parigi il 12 novembre 1891 e fu consentito dalla Direzione generale . dell’Agricoltura che le uova fossero poste in incubazione nella .Stazione di Piscicoltura da me diretta. Ma l’organizzazione del * n eh; ET, t: (1) BourreET, Essai de pisciculture dans la rivière d'Aule, in Rev. Sc. Nat. appl. 1839, p. 265-273. e (2) Von BeHR, Fiinf Amerikanische Salmoniden in Deutschland, in Circul. Deutsch, Fisch. Ver. 1882, p. 209-215. | «| _._. (3) D. Vinciguerra, Dell'acclimatazione delle trote nei laghi del Lazio, 7 — n Spallanzani, serie 2°, vol. XVII, (1888) fase. I-II, p. 73-77. a - 260 D. vincigubaia.* Ce eee trasporto. ferroviario delle uova e dei pesci vivi non ha ancora, — | specialmente quando trattasi di spedizioni dall’estero, a cage zi i delle verifiche doganali, raggiunto la perfezione che ha in Ger-. mania e perciò il viaggio di quelle uova durò assai più del ne-. cessario; esse non giunsero prima del 18 novembre e molte se ne trovarono guaste, anzi una parte erano esclose durante Tese viaggio e i pescivlini morti per soffocamento. Ad onta di ciò se a ne ottennero 2400 avannotti che, dopo l'assorbimento della ve- scicola ombelicale, furono per qualche tempo allevati artificial- — A mente nella Stazione e poi il giorno 3 marzo 1892 immessi E i lago. In esso crebbero rapidamente; già in luglio ne era pescato — un piccolo individuo lungo 10 cm. e nel gennaio di quest'anno | se ne ottenevano altri, tra cui sorprendente uno di 43 cm. di lunghezza e del peso di 1150 gr. avuto il giorno 12, ed. altro di 25 cm. avuto il 27 dello stesso mese, attualmente conservato in alcool nella Stazione di Piscicoltura. | Altre 4000 uova di Salmone di California, destinate al lago di Castelgandolfo, furono spedite dall’Acquario di Parigi Da 4 10 novembre 1892; giunsero il 15, in condizioni un po’ meno sfavorevoli delle DICA ma dopo la nascita degli avannotti — si cominciò a-manifestare in essi una grande nori talchè — dovetti sollecitarne la immissione che fu eseguita il 20. gennaio % di quest'anno; la perdita calcolo sia stata del 50 p. 0/0. (1) I risultati ottenuti dimostrano chiaramente che il Salmone di California ha trovato nel lago di Castelgandolfo condizioni — favorevolissime di esistenza; con ciò però siamo ben lungi dal poter affermare che esso siavisi stabilmente acclimatato. — 2a Per essere certi che una nuova specie di pesce sia entrata — definitivamente a far parte delle fauna di un fiume o di un.lago, È bisogna che essa non solo vi trovi condizioni pel proprio accre- P scimento, ma è necessario che vi abbia pure quelle per la ri- produzione e lo sviluppo normale della specie, nè queste si ves scontrano nel lago di Castelgandolto. Il Salmone di California | > ica | e: (1) Dai pescatori di Castelgandolfo sono stato informato che stori e più grossi esemplari di Salmone di California furono pescati nel lago, ed anzi, > mì fu detto che uno di essi, avuto il 10 giugno di quest’ anno, pesava Das e ire chilogrammi e mezzo. . SULLA INTRODUZIONE DEL SALMONE DI CALIFORNIA —261 | appartiene, come il Salmone comune, ai pesci anadromi, ovvero | ‘aquelli che passano parte della loro vita nell’acqua salata, mu | si riproducono nelle acque dolci, che, all’epoca della frega, risal- | gono sin dove possono per dar opera alla fecondazione. I pescio- lini si trattengono nel fiume un tempo più o meno lungo, ma , ppDol discendono in mare, dove sono già stati preceduti dai geni- | tori, a meno che questi, come spesso avviene, non sieno morti per esaurimento subito dopo la fecondazione. Evvi però qual- . che esempio di adattamento del Salmone comune a stabile di- mora in «acque dolci, ove esso naturalmente si riproduce, ma ‘* tale non è, almeno per ora, il caso del Salmone di California. . Individui nati da uova incubate in stabilimenti di piscicoltura | poterono raggiungere il periodo della maturità sessuale senza | scendere al mare, come ho già ricordato essere avvenuto all’ Ac; | | quario di Parigi e come si verificò pure negli stabilimenti di Hiiningen e Radolfzell e le uova, artificialmente fecondate, pro- dussero avannotti normali, ma nulla ci autorizza ad affermare che la fecondazione avrebbe anche potuto avvenire spontaneamente. i | Ora, per quanto concerne il lago di Castelgandolfo egli è noto — che la sola comunicazione che esso abbia col mare consiste nel- — l’emissario romano, che versa nel fosso di Vallerano, l’antico — Rivo Albano, che immette nel Tevere, a Tor di Valle, presso la via Ostiense. Sul percorso di questo emissario trovansi poi ostacoli, destinati specialmente ad utilizzarne le acque e a rego- lare il livello del lago, i quali renderebbero impossibile ai pesci il penetrarvi, quando pure riescissero a risalire il fosso di Valle- rano, che, povero d'acque come esso è, assai difficilmente si pre- | sterebbe al loro passaggio. È Ebbi altrove (1) a ricordare come il compianto von Behr rite- È nesse il Salmone di California specie più adatta di quello del Reno alla introduzione nei fiumi che hanno sbocco nel Mediter- | raneo, supponendo le condizioni fisiche di questo abbastanza si- La = . dimora..Il tentativo della sua acclimatazione dovrebbe però esser . fatto seminandone gli avarnotti in un lago che comunicasse libe- Ci È (1) D. VincicueRRA, Sugli stabilimenti di piscicoltura visitati all estero, Ì un Ann. Agricoltura, 1833, n. 102, p. 103. — mili a quelle del mare Californico ove il chowicha ha ordinaria. e a CO | Pacifico settentrionale, abituale dimora del chowicha, ove essa -(2)la temperatura degli strati inferiori non decresce pralara 262 2 D. VINCIGUERRA SI da n -F ramente col mare o meglio ancora direttamente in un fiume, che — potrebbe essere lo stesso Tevere. Ma l’insuccesso dei tentativi fatti in America per la sua introduzione nelle acque che hanno foce nell'Atla»itico, non mi fa nutrire eccessiva fiducia nella pro- babilità di riuscita presso di noi. L'esperienza ci ha oramai in- segnato che-le condizioni di esistenza di pesci sono specialmente subordinate alla temperatura delle acque in cui essi vivono; e la non riuscita dell’acclimatazione del Salmone di California nei fiumi del versante Atlantico dell'America settentrionale viene attribuita al maggior grado di calore posseduto dalle loro ac que, in confronto con quelle dei fiumi che hanno sbocco nell Pacifico. Trattandosi di pesci migratori ha pure importanza la temperatura delle acque del mare ove essi soggiornano per buona parte dell’anno ed è precisamente in tale temperatura — che a me pare di scorgere l’ostacolo insormontabile all’intro- duzione del chowicha presso di noi. Infatti i tentativi di ac- © climatarlo nel bacino del Mississipì furono preceduti dalla de- terminazione della temperatura delle acque del golfo del Messico, che ad una certa profondità si trovò corrispondente a quella del non supera i 40° F. (poco più di 4° C) (1) Nel Mediterraneo in- _ vece, come fu constatato dalle osservazioni del « Washington », sino al fondo, come avviene nei mari aperti, ma al di là di una. profondità variabile tra i 250 e gli 850 metri non sì abbassa oltro® 13 C., neppure a più di 3000 m. di fondo, fatto evidentemente — dorato all’impedimento che il rialzo sottomarino peli allo stretto di Gibilterra, pone all'entrata delle correnti fredde dell’Atlantico. Si aggiunga a ciò la notevole salsedine del Medi- | terraneo e sarà facile il convincersi che tali condizioni devono — w con tutta probabilità impedire l’acclimatazione di una specie che passa gran parte dell’anno in acque più fredde e meno salate. — Queste stesse cause sono quelle che, a mio avviso; pedi (1) U. S. Commiss. of Fish and Fisheries, Report for 1872-73, p. LI e (2) Terzo Congresso Geografico Nazionale, Venezia 1880, VoLI, pi "VI (Comunicazione del con* MacxacH).- — Vol. sa p- 165-202. par cazione — del prof. GieLIOLI). «i 08 È SULLA INTRODUZIONE DEL SALMONE DI CALIFORNIA 263 rono e impediranno sempre la riuscita dei tentativi di acclima- | tazione nel Mediterraneo propriamente detto del Salmone del Reno, nè valgono a rimuovermi da tale convinzione i fatti ricor- | dati da Moreau (1). In questi gli attribuisce la maggiore impor- - tanza alla cattura di tre Salmoncini, pescati fra Cette e Agde nel maggio 1882. È noto però che più di una volta furono in Francia immessi avannotti di Salmone nei fiumi che scorrono | verso il Mediterraneo, e specialmente dal professore Gervais nel- l’Hérault e del generale Faure nel Lez, poco al disopra di Mont- | pellier. L’essere alcuni di tali pesciolini sfuggiti alla morte non | basta ancora a mio credere a far ritenere possibile l’acclimata- È zione del Salmone nel Mediterraneo, perchè ritengo che non po- trebbe mai raggiungervi lo sviluppo necessario per raggiungere il periodo della maturità sessuale. D’altra parte, se qualche spe- | ranza si potesse nutrire di tale acclimatazione, questa non potrebbe, | secondo me, verificarsi che nell'Adriatico, ove la salsedine è assai minore ed ove incontrasi talora qualche trota, spontaneamente discesavi dai fiumi, come già affermava Nardo (2) e come più | recentemente. ha constatato il Kolombatovie (3). Fu anzi già fatto qualche tentativo di semina di avannotti di Salmone nei fiumi adriatici, ma senza alcun risultato. 2 Io credo pertanto che, ove anche non si voglia prima di - altre e più decisive conferme, rinunciare fin d’ora alla possibilità di introdurre il Salmone di California e quello del Reno nei fiumi ._ mediterranei, si debba però ritenerne assai problematica la riu- | scita, e quando si volesse decisamente aggiungere qualche nuovo | ospite alla fauna dei nostri laghi, bisognerebbe rivolgere la nostra attenzione a quei Salmoni che sono oramai adattati a vivere in bacini chiusi, quali quelli dei laghi Sebago e Schoodic nell’Ame- rica settentrionale, coi quali forse si potrebbe giungere a qualche (1) E. Moreau. Histoire Naturelle des Poissons de la France, Paris, — 1891, Supplémepnt. p. 124 — Manuel d'Icthyologie Francaise, Paris, 1892, * Pp. 572. 4 | — (2) G. D. Narpo. Prospetti sistematici degli animali delle rie venete, Venezia, 1860, p. 71. (3) G. KoLomBatovic. Notizie ittiologiche, (estratto dagli atti della So- È cietà Croata di storia naturale, vol. V). Zagreb, 1890, p. 3. — Novi Nado- datci Kraljesnjacima Dalmacije, Spljetu, 1893, p. 27. : UE EEE vERRA inclusa nelle vane dolci, che però ‘scende nell'epoca. della e: >" negli emissari dei laghi stessi. Ne fu fatto qualche invio in] furopa. | di uova di questa specie e dettero nascita a pesci che s i s bene sviluppati negli stabilimenti di piscicoltura, come in qu le di Hùningen, ma finora per quanto si sappia, non si sono ri DI dotti. Non sarebbe però difficile avere delle uova di queste. rietà dalla Commissione della pesca degli Stati Uniti per tentarne così l’ introduzione in qualcuno dei laghi dell’ Italia centr: da; per esempio in quello di Bolsena, che meglio di “ogni altro presterebbe alla sua acclimatazione, CO “ — Menengite riflessa da ASCARIS LUMBRICOIDES » = bo Comunicazione alla Società Romana per gli Studi Zoologici del Socio Dott. GIOV. BATTISTA BUGLIONI 4 MEDICO CiIRURGO IN ALATRI ? Ognuno sa come i vermi intestinali siano capaci di produrre | i sintomi più svariati a carico di qualsiasi organo od apparecchio: dai più leggeri disturbi dell'apparato digerente si va difatti alle | forme nervose riflesse, le più gravi ed allarmanti. È: Scorrendo la letteratura medica si trovano registrate delle | osservazioni cliniche interessantissime, quasi tutte però apparte- nenti ad autori stranieri. Presso di noi il prof, Grassi nel 1886 (1), e il dott. Comini (2) nel 1887 hanno esposto ed illustrato parecchi | casi di epilessia riflessa. Di recente (3) il mio egregio amico dottor . Mario Condorelli Francaviglia, Conservatore nell’Istituto.zoologico . della R. Università di Roma, ha pubblicato un’ importante nota sulla emiplegia da Taenia mediocannellata. Il prot. Carruccio nelle ‘| sue lezioni di parassitologia in Roma, da molti anni tien dietro con diligenza a tutti i più importanti fatti morbosi derivanti dalla | presenza nell’organismo umano di Tenie ed altri endoparassiti delle classi dei Platelmenti, Nematelminti ecc., ed ha raccolto ‘un materiale, tanto nelle pubblicazioni straniere come nelle ita- liane, che si può dire non solo ricchissimo, ma relativamente | enorme, perchè frutto di ricerche e note proseguite da ben 30 anni. Fra i molti e scelti casi ch’egli annualmente cita nella sua Scuola non sono i meno interessanti quelli di parassiti endozoi la cui presenza nell’organismo umano dà luogo a fenomeni nervosi ‘riflessi di varia gravità. E fra essi ricordiamo casi di pseudo- meningite provocata da cestodi ed anche da nematodi. Di questi È fd te e -9 (1) Cenno preventivo intorno ad una nuova malattia parassitaria del- l’uomo (Gazz. degli Ospitali 1886). | (2) Epilessia riflessa da Taenia nana (id. 1887). E - (3) Giornale medico del R. Esercito e della R. Marina 1892. È Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici. 1 fer. » n ir * > x LAS ii TA VIRA PISA 266. GIOV. BATTA BUGLIONI 4). ultimi è notevole quello del quale il prof. Carruccio disse doversi la conoscenza al dott. Archambault, clinico de l’Hbpita: des en- fants malades a Parigi, che in una sua conferenza clinica narrò di un bimbo di 6 a 7 anni in cui si manifestarono gravi sintomi di meningite tubercolare, i quali persistettero per parecchi giorni. Spontaneamente però il piccolo infermo espulse diversi Ascaris lumbricoides, ed ecco che quei sintomi cotanto minacciosi scompar- vero completamente. Il medico, nel dubbio che esistessero altri vermi nell’intestino del piccolo infermo, non mancò di sommini- strargli un’opportuna dose di santonina. Il prof. Carruccio nelle lezioni in cui trattò di questi e di altri casi, aggiunse che hanno torto quei medici e scrittori i quali non credono che fenomeni nervosi i più diversi e gravi, possano - aver origine da affezione verminosa, o la giudicano influenza di poco valore, errando così nella diagnosi, prognosi e cura. E come nuova e più stringente prova ricordò un fatto complicatissimo os- servato nel servizio del prof. Vulpian (Ospedale de la Crarité) nel 13882. i ° La scarsezza delle pubblicazioni al riguardo nella provincia di Roma non mi pare che possa dipendere da mancanza di casi clinici, poichè l’elmintiasi intestinale presso di noi è frequentis- sima. Durante il mio servizio in questa città ho avuto campo di osservare, specialmente nei bambini, moltissime forme morbose. da verminazione, di cui tengo nota, e che formeranno al più presto: che mi sarà possibile, oggetto di una speciale pubblicazione. Intanto mi piace comunicare la storia clinica di una pseudo- | meningite che giudico’ împortantissima sia per la rarità del caso, sia per la specie del parassita che ne rappresentò il momento — etiologico, sia ancora per l’età del soggetto. | Trattasi di una giovane donna A ....D....dianni 28, la quale nulla offre di particolare nel gentilizio: Per quanto ri-_ guarda l’anamnesi remota; ebbe gli esantemi propri dell’infanzia e andò continuamente soggetta a verminazione oltre che da bam-: bina e nella fanciullezza, anche in seguito. Qualche anno fa, come dipoi ebbi a sapere, per una colica intestinale le fu amministrato © . Pi . ® È x ‘ TRA de nt; î MENENGITE RIFLESSA DA ASCARIS LUMBRICOIDES 267 un purgante oleoso, ed emise un grosso nodo (così si esprimeva lei stessa) di vermi, che, dal racconto fattomi, erano senza dub- . . bio, degli ascaridi lombricoidi. l L’ ho in cura da parecchi mesi per anemia piuttosto pro- | nunziata e conseguente abituale cefalalgia, della quale affezione | oggi è di molto migliorata, essendosi giovata di una cura tonico- ricostituente mai interrotta. Nel luglio scorso fu costretta a guardare il letto per uno dei soliti fieri dolori di capo, accompagnato da leggera febbre, che aveva tutti i caratteri di un’effimera reumatica. — La fenacetina, rimedio che altre volte aveva sempre e mi- rabilmente corrisposto, a nulla valse: al secondo giorno i fatti si aggravarono improvvisamente e ci trovavamo dinanzi al qua- dro morboso di una meningite (cefalalgia intensissima, disturbi della coscienza, delirio, rigidità della nuca ecc.). Suggerii allora i mezzi terapeutici della circostanza - sanguisugio alle mastoidi, vescica di ghiaccio sul capo -- prescrissi inoltre del calomelano dal quale si ebbero benefici ventrali, e fu notato dagli assistenti che venne emesso un verme. Allora, tanto più che mi fu parlato dell’abituale verminazione dell’inferma, ricorsi al comune antel- mintico, la santonina, e a un purgante oleoso, in seguito a cui venne espulsa una grande quantità di ascaridi, e come per in- canto, dopo qualche ora scomparve la scena che ci aveva al- larmato. i i: Nessun dubbio quindi che i fenomeni osservati erano di na- tura riflessa e dovuti alla presenza degli ascaridi nell’ intestino, i quali, a mio parere, li avevano provocati perchè trattavasi di un soggetto avente poca resistenza organica. Ho detto che la storia clinica da me comunicata, mi pare interessante 1° per la rarità clinica. Difatti tra le forme stranis- | sime che si esplicano per azione riflessa da verminazione, ven- «gono annoverate il vomito, le convulsioni, il delirio, la sordità, Poi GIOV. BATTA | BUGLIONI ETC l’amaurosi, l’emiplegia (1), non si fa parola. dagli a del ea E forma completa della meningite. è ata e drico lo fanno in grado minore. Ad ogni modo è di solito ne' fan > ciulli che i vermi sono capaci di provocare, oltre i disturbi locali — del tubo digerente, anche disordini funzionali di una certa | entità. RR A E questi fatti, nei paesi ove l’elmintiasi intestinale è comune, — devono bene tenersi presenti alla mente, per non cadere i in ga a vo È spiacevoli. vi uan novembre 1893. -(1) Moynac. Patologia medica. Cap. Vermi intestinali. ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal Prof. ANTONIO CARRUCCIO NOTIZIE ANATOMICHE SULLE GLANDOLE ANNESSE ALL'APPARATO DIGERENTE “PI DEL TRAGULUS MEMINNA - Erxt. _ 2% Comunicazione alla Società Romana per gli Studi Zoologici per il Dottor Giulio Alessandrini, assistente nel predetto Istituto (1). Fegato. Il fegato situato nella cavità addominale, occupa la | regione ipocondriaca destra con una direzione obliqua dall’ alto al basso e da destra a sinistra. È Oltrepassa l'arco costale per poco più di un centimetro. Il suo peso è di grammi 70. Il suo diametro maggiore è . di centimetri 8 trasversalmente e di centimetri 6 in senso longi- — tudinale. Il margine esterno è molto spesso ed arrotondato, mentre l'interno è assotigliato e tagliente. k È di forma irregolarmente elissoide e ci presenta due faccie, anteriore e posteriore. Z La faccia anteriore è convessa, liscia e in rapporto col dia- framma che lo separa dal cuore e dai polmoni. Su questa faccia si attacca dall’avanti all’indietro il legamento sospensorio del | fegato, il quale legamento insieme ad una profonda incisura che si continua con esso dall’alto al basso divide la glandola in due lobi, destro e sinistro. Il lobo destro più grande ha la forma quasi di un triangolo con il lato superiore leggermente concavo, l’esterno convesso ed arrotondato al margine, l’interno, quasi rettilineo, per la metà superiore è fuso col lobo sinistro dal quale lo limita il legamento sospensorio, e per la metà inferiore libera è assottigliato e diviso in altri due piccoli lobicini da una leggera incisura mediana. Dna 3 È (1) Ved. la 1" comunicaz. nel n. 1V, V e VI di questo Bollettino a p. 141-140, inizi f Vs tu) . LAO 19 AGE È Ù, 270 GIULIO ALESSANDRINI Il ‘obo sinistro è più piccolo e più sottile, con il diametro longitudinale doppio quasi del trasverso. Il margine libero di esso è fortemente convesso e quasi tagliente. Internamente ed in basso sì nota una incisura quasi trasversale che giunge fino alla linea mediana del lobo in discorso; dal che ne risulta un piccolo lo- bulo che, come un’appendice, va a sovrapporsi alla porzione infe- riore del margine interno del lobo destro. La faccia posteriore, molto irregolare nella sua superficie, è pressochè piana con delle impressioni digitiformi, dovute alla pressione degli organi sui quali poggia il fegato. Questa faccia ci presenta, come nell'uomo, tre solchi che si incrociano, come le sbarre della lettera H, formando così le fosse longitudinali destra e sinistra e la fossa trasversale. Di guisa che tutta la superficie posteriore si presenta divisa in quattro lobi; lobo sinistro, lobo destro, lobo quadrato e lobo dello Spigetlio. Di notevole dovremo osservare che il lobo quadrato è ap- pena accentuato e che il lobo dello Spigelio ci offre un prolun- gamento di circa due centimetri e mezzo, che si estende sul lobo destro, diviso inferiormente nella sua porzione libera come una lingua bifida e che corrisponderebbe al tubercolo caudato del fegato umano. La cistifellea giace nel segmento anteriore della scissura longitudinale destra del fegato. É piriforme ed il suo fondo non sporge dal margine tagliente della glandola epatica. Il collo è assottigliato e si continua col canale cistico, il quale si unisce al canale epatico a poca distanza dal duodeno. i Pancreas. Il pancreas è di forma irregolare ed il suo canale î escretore è semplice e sbocca nell’intestino a poca distanza dal. P Ca piloro prima del canale coledoco. — ed Milza. La milza è situata nell’ ipocondrio sinistro ed ha la forma, presso a poco, di una falce diretta obliquamente dall’alto 2 al basso e dall’ indietr) all’ innanzi. Aderisce alla curvatura si- nistra del rumine ed al diaframma. pi La sua lunghezza è di circa cent. 8 per una larghezza mas- 35 valo NOTIZIE ANATOMICHE SULLE GLANDOLE Ebò. 271 tr s . ” ; ‘ | sv . . . Calf © sima di cent. 2: larghezza che va sempre più assottigliandosi È . inferiormente in modo da terminare quasi in punta. « Il bordo posteriore è tagliente e sottile, l'anteriore presso la “ad base od estremità superiore è spesso e largo. e ci presenta l in- ds pr” serzione del legamento sospensorio. — : i srer Il suo peso totale è di circa grammi 30. 4 i LI u ti È AS Tornata del giorno 18 luglio 1893. Presidente Prof. A. CARRUCCIO. — : Soci presenti 11. i : Il Segretario legge il processo verbale dell'adunanza precedente | che viene approvato, e presenta i nuovi cambi, doni ed omaggi per- 5A È venuti alla Società. i sv 1l Presidente proclama i nuovi soci ordinari: signori dott. Ne (A viani prof. Antonio e dott. Dal Fiume prof. Camillo. — SR Quindi si passa alle comunicazioni scientifiche, ed il prof. Car- Tea ruccio parla Su alcune specie ornitologiche rare donate recente- > mente al Museo Zoologico, e mostra scelti esemplari di specie di- — È verse appartenenti alla Fam. Laridae, intrattenendosi più di proposito — <@ sovra una fissa tridactyla Bp. donata al Museo Zoologico dal socio. “=di corrispondente signor De Gasparis, che l’uccise lungo lo stagno di Pilo SS presso Sassari. Dice che altro esemplare fu ucciso l’anno scorso nella i; medesima località, e resta così eliminato il dubbio, già manifestato sé dal conte Salvadori nel suo Catalogo degli Uccelli di Sardegna, che > la indicata specie, rara per molte località d’Italia, non si spinga tà UnENE F tela Lato fino a quell’isola. < 6508 Vien quindi letto un importante lavoro del prof. Pietro Pavesi. de dell’Università di Pavia, il quale, descrivendo un caso di Ascaride = incrostato nel guscio d’uova gallinaceo, fa delle opportune e acute ni considerazioni sull’emigrazione degli Ascaridi, sulla loro inclusione nell’uovo e sulla origine del guscio. Ù Il prof. Romolo Meli riferisce sulla Zastonia rugosa Ch. rinve- nuta sulla costa romana. Egli dice ch’essa, già trovata dal Donati. di + E a Civitavecchia e da lui due volte a Porto d’Anzio, è una specie — » indubbiamente esistente nella nostra regione, ma in via di estin- | zione. ; Le c LN È tti 4 AS der b* da” Pai Su, r È PILE pe 080 MIA, o R3 di bn La L La vI : 0a DAR de a. “ è» hl ai: 9 Dadi Se a " VERITA dato: “23 9945 ly ) 2 Da è a : Lie e ro RALE Ae PI RIT vi là e; v nai 4 < dà k j Li si c À st / » e È i >” - 1 i 4 x 3 ) PROCESSI VERBALI 273 A agito * - % G ee x di —. duo esemplari di Ierus signatus Fer., rinvenuto a Veroli all’altezza __ di 650 metri. A Il dott. Domenico Positano Spada legge una nota dal titolo: è dee v ‘e, Za Pan __ Contributo allo studio del Docmius trigonocephalus Du)., trovato nel- ; l’intestino di una Volpe. L’A. fa dei raffronti col Docmius Balsami È ‘ed accenna alla docmiasi. la % e, Il dott. Condorelli dice brevemente delle Glandole annesse al- . i @ . . Lu» $ | l’apparato digerente del Bradypus tridactylus, e presenta le relative A | preparazioni eseguite nel Museo Zoologico. si Se se ua” i È Pa è D sa . La seduta vien tolta alle ore 7 pom. ara È ARI6: > 4 #0 ° i "a, , x i Il Segretario «PA ; Pad Dott. M. ConDoRELLI. - È, Pa } », > SI È x È = n L È i ; n : | * DY Da LS RAC : c € Pater ela 4 Ù R: È A di ni ” - ® L] A i SRI J ;Ki hr "r) P b > = i - < b) 2 . DITTA #. HE AR SR DA Le PR agi i dat ALL li i x CRONACA DI CACCIA E DI ORNITOLOGIA o La stagione di caccia sala è andata poco felicemente. I pa reta) han fatto meschini affari; scarsissimo il passo dei fringuelli, — + pressochè nullo quello dei /rosoni, e noh comparvero affatto i luche- bi - | vini. I tordi appena si son visti visitar nell’ottobre, sempre sereno e ag» i mitissimo, i ginepri della montagna e gli uliveti delle colline. I primi di novembre ci han portate un po’ di deccaccie, ma a - E che esse non furono numerose; come scarse furono le pavoncelle e i pivieri di passo. Il decembre passò senza uccelli d’acqua, sicchè la cronaca chiude — l’anno con questa sola frase: nessuna caccia. < È la È E Di rarità ornitologiche abbiamo un’altra Sterna cantiaca in abito giovanile catturata nelle Paludi Pontine: e due splendide Aquile di mare (Haliatus albicilla) furon viste gittarsi nell’ Isola Sacra sopra — SEA il cadavere di un bue abbandonato poco lunge dai tomboletti. ii La femmina ferita in un’ala da un cacciatore fu presa viva. ci venduta a Roma. Fu recata al Museo della. Regia Università, ma essendo assai malconcia non fu acquistata. i d A quell’embrione di Giardino d’acclimatazione, che nato pove- È ramente in luogo opportunissimo (il bel mezzo di Villa Borghese) avrebbe duopo di forti ajuti, Cina direzione scientifica. e del Hd fecero famiglia. É curioso ed interessante RR le chine smi torneremo su questo tema, poichè lo riteniamo di grandissima. sali ii portanza per l'incremento degli studi zoologici nella Capitale. È a ARET Guino l'iacsadi DI CarpEONA. | Fo ll ir certa a Ml > 14. MANZONE prof. Faustino — Sugli Imenotiteri della provincia INDICE GENERALE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL VOLUME II Comunicazioni scientifiche. Pag. . ALESSANDRINI dott. GiuLio — Quale sia la specie di Taenia pre- dominante in Roma e sua provincia Da 83-86 ALESSANDRINI dott. GiuLito — Prime notizie anatomiche di un Tragulus morto in Roma (Istituto Zoologico della R. Univ. di Roma) 141-149 . ALESSANDRINI dott. Giuro — Sulle glandole annesse all’appa- rato digerente del Tragulus meminna Erxl. 269-271 . ANGELINI prof. GIOVANNI — Sulla permanenza invernale di al- cune specie di uccelli in Sicilia 15-18 . ARRIGHI- GrIFFOLI Gracomo — Sulla comparsa accidentale della Chetusia gregaria in Val di Chiana 138-140 . BueLIoni dott. Giov. BatTt. — Meningite riflessa da Ascariîs lumbricoides 265-268 . CARRUCCIO prof. ANTONIO — Sulla Marmaronetta angustirostris Ménétries per la prima volta constatata nella provincia di Roma, e sui Palmipedi esistenti nel R. Museo Zoologico 1-14 . CARRuccio prof. ANTONIO — Sulle diverse specie di Aquile ag- giunte al Museo Zoologico della R. Università di Roma 182-194 . CaRRUCCIO prof. ANTONIO — Sovra un Pelagius monachus © 201-211 adul. e sul suo feto . ConporeLLI FrANcAVvIGHIA dott. Mario — Su alcuni Echino- rinci avicolari (Istituto Zoologico della R. Università di Roma) 1 i 79-82 . ConporeLLI FRANCAVIGLIA dott. MarIO — Notizie anatomiche È | sul Bradypus tridactylus L. var. ustus Lesson (Istituto Zoologico pred.) 126-137 . FALCONIERI Guipo conte di Carpegna — Sopra un Zivolo mi- nore (Emberiza pusilla Pallas) colto nei pressi di Roma 77-78 | 13. FaLconierI Guino conte di Carpegna — Sopra diverse livree di maschi della specie Machetes pugnax, detto volgarmente Uccello muto. 180-181 di Roma 19-35 | 76 INDICE GENERALE ba 15. Manzone prof. Faustino e De Fiore bar. dott. CARLO — Nota ‘* CA illustrativa su di un antico atlante ornitologico inedito ca meo conservato in Roma 44-49... 16. MaRrcHESINI dott. RinaLvo — Sul decorso delle vie psicomo-. o Ù Pi torie nella rana (con 2 tavole e 4 figure) Mi o 17. MELI prof. RomoLo — Sulla presenza dell’ /berus signatus Fer. ù (Helicogena) nei Monti Ernici della provincia di Roma. 242-252 A | 18. PaoLueci prof. LuiGi — Nuovi contributi sulle emigrazioni del- 1 l’ Avifauna marchigiana raccolti nell’ ultimo ventannio. 36-43. 19. IpeM Ipem — Idem IHiem i 110.125 P, 20. Ipem IpeMm — Idem Idem i: 228-20000 6; 21. Pavesi prof. Pietro — Ascaride incrostato nel guscio d’ uovo C°_ gallinaceo (con tavola e 4 figure) 101-109 SE 22. Positano Spapa dott. Domenico — Contributo allo studio del Pro ea enne no : LU DI s li » "i : 78, PA N È ; *e al £%- pa 1 a PI ‘ z A 8 Gua LI6S FA —? a x % die Ì vie porcomoltove dello rana, Aul decorso delle bocikò Romana pur gl TARETI noologici.. Vol. iI. 1893. lino della tt. Marchesini Do Vege della do e. dee Vol.n 4893 gu. lhi he e di dale. nas all r Lore so Mi EP 9° SS ALI Do BOLL. SOC. ROMANA PER STUDI ZOOLOGICI È Fig. 1. PAVESI, Ascaride in ovo gvallinaceo Fig. 3. da CLEYER ELIOTIPIA FRAT. FUSI. 2. da Fig. 4. Vi ) P6 HG 1893 ALDROVANDI da G. MONTI > ° - dere (stato. _ "| Po "5%. ate % {6 rs + a x gg at PeR : paro mie Peri Da 4 r Cd v Se Si seed Dent Gg sd ARE A gti niro iailiarona sid Afro Pei tra DIR SARI 2 MER Eee TRITO Miatdbri cn RE « s fata led parpo eee dr STI rarità LT VI TIRI Larini pi i "apra MI , us Pirri 7 un en Mi i "Lai: SN per I va DI ili da PET Pa edili 9 Spa nina ra e, PLATE Dt Se 1 pina VARE Spara Leg AR i La peg, è ù Na We, pi ve, at aree AATELE è pig E NEC MISIAI dude LE me IAA VR AS MAT Ore as piorzaa ae rit fi pi ss di; PIE Sie e è ni sg sn Tr Ei sl Tal ARIA Mi pp fat L umana mE Ut or PAIA Sese RT è Ra oe nane "FESSO ni È SIA MI VIET MIRA SA CETRA sospsafiodidi È PREIICLIII AT, e mu sen Capa El hrpra ss RICA Lia pepe. | ; vinse 4 Da PRESA I, EA CA #5 da i eee *yg ne Jonta ud x iv P., v%, nor, Pao disale “E; Pa SaR ufo Di n “ 5 È 1 a gue” NC! A val î RE } MR nà vet, PIE urne: Pur PISTI ca di a SIBA, IA FERLOORZE %: CS > rediichi " sa ra Re; 7 ARTI AES i RASTA oo * ee » IS Pas + seni * - anioni See dpf: È «fai TE pi dei i CD dr sd "prateria sey LS Le Ti HE li dI A ba Vert AIA ENTE è < So gneai decano SP it DIA vee 9 s pas i ea E pi E Aia we 3 uu x fra SR vue PO: | LTT orta nia vu ce sea, e - poki ° tia: b9 dd c'uuy senta Lane " ” pà: sE Ci è fi x -& mera netta | x pie Leal SEC Fado: Seat da SALA sE ha de X FRÀ. #6 CR sl et PR (EE i ia peit 7° +3 Aes ge 1 3d " 4 3 aa a SARE . at ve n E È ere o Sa ; 2 % n” gio RA "i #74 mR gra A FE Sardi (I RT vio Nat BRR ara DIO SRI mae a Do ui BA TRSA deli dea i GPRS Ser © DA IRE Gres ; AR E a Sa Ri è at i bg % Bot PIRA RA OA a s CA Sinai Saia: ran x A x pa w ioni a & SE) 9; CASI | pù ip DEE ‘IRE 1 pia E i sEa PIE Ae 4A: dd al na ande ve dis Spa DOSE E = aa di Roe RS Saia ai te (SEA î i iS 1 a9 Rae, a ri è 3 2044 118 635 457 Ls 4 NÉ up Re" (IOSACIIN a è. x PCS (Si È Pi Sal SOTA Lea Agi Ù . na di 3 .T «so . 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