pierti siti n MIE ca toga XC cet È RERIRIO II VITTI Fato no te] dari vat, 4 dr e esqep edite NAT el letale te acep aa. SECSLECECECOrI HARVARD UNIVERSITY FIORI To] (39 ® LIBRARY OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY PARODI telo 10;19AS Serie II - Vol. MIT . Anno 1905. (X1V colla Serie I) (XIV dalla fondazione) LIEAALGN | BOLLETTINO US SI) A FLOTTA GCAIBARIDGETI x ai CON SEDE IN ROMA se 1 Udi: — | «ea "'Zectogy "OD | Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE " \-90T.10 1945” LIBRARÎ SOMMARIO. I. PARTE UFFICIALE Romana (La Pieris ergane Hib — Una aberrazione della Thecla ilicis Esp. — It Biston graecarius Stgr. e la sua var. Florentina Stef.). Pag. 6. Chigi prince. D. Francesco. Aggiunte ‘1904 - pubblicata per voto ERI ARE ea alle notizie sulla nidificazione del Perniîs l'assemblea cenerale Pag. 1 apivorus (Linn.) nel Romano. » ( la Carruccio prof. comm. Antonio. Rela- ( ( ( . Angelini prof. Giovanni. Intorno ad al- I 7. Ue Felice dott. Tito. Anomalie riscon- È ld Ù «zione sull'andamento scientifico, morale dd economico della Società, durante il trate in uovo di Agapornis cana » o 9 oc 5 CS 0 E ag ia A 8. Neviani prof. Antonio. Notizie diverse : Società, » 18-22 1a Scoperta di spicole silîicee apparte- nentia spugne tetracntinellidi, nel Saa- riano inferiore, presso Reggio-Calabria. — 22 Pedicellarie di Oficefalo, già ere- dute Foraminifere. — 32 Iconographia Alessandrini prof. Giulio. Su di alcune Molluscorum Fossilium: Atlante pubbl. Uncinarie parassite dell’ Uomo e di altri dal prof. S. Brusina. » 99-100 ertebrati ‘(con 4 tav. e 53 fig,). , « o - CAR IAS e ll III. ANNUNCI SULLA COPERTINA "3 alcalini Valentino. Sui liquidi fissatori Ù COMUN ICAZIONI SCIENTIFICHE 1. Per l'acquisto dei volumi del Bollettino 2 » pubblicati dalla Società Zoologica in 4 Branchini dott. Bruno. Ricerche sopra Roma (Prezzo di favore — Poche copie un teschio di Cynocephalus Spinw ma- disponibili). -- 2. Membri componenti il chio juv. » Consiglio Direttivo della Società Zoolo- Rostagno comm. Fortunato. Contributo gica Itairana. — 3. Articoli estratti dallo lo studio della Fauna della Campagna Statuto. — 4. Sede della Società. ; (Data della pubblicazione di questo triplo fascicolo: 22 aprile 1905. — Ogni fascicolo contiene non meno di 36 pagine). "di Fasc. 1. Il. HI. Serie Il - Vol. VI. Anno XIV. —- 1905. BOLLETTINO DELLA SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente Onorario S. M. il RE ii «Parte Wfnrciale Relazione sull'andamento scientifico, morale ed economico durante il 1904 (ANNO XVII[°) Letta dal Presidente effettivo Prof. Comm. ANTONIO CARRUCCIO nell'Assemblea Generale Amministrativa tenuta il 23 febbraio 1905 e pubblicata per voto unanime della medesima —_—_————6——— i ©) o > di = + 3 = C mi Q ©) re ©) uz a — Q = - Ol recensioni compilate dai consoci Professori Neviani ed Angelini, e dei resoconti delle adunanze. E se un maggior numero di rassegne bibliografiche — le quali sono desiderate da molti, perchè valgono a dare ai lettori del Bollettino una più o meno larga conoscenza di pubblicazioni assai pregevoli — trovansi inserite nel volume del 1903, di questo però fanno parte soltanto 17 memorie: nove adunque in meno del totale dato nel volume successivo. Il Bollettino già pubblicato pel 1904 comincia con una nota del Prof. Neviani sui Briozoi del Mediterraneo, fra i quali sono notevoli diverse specie dragate presso l’isola di Stromboli e di Sicilia (presso Messina): fra esse trovansi la Caberea Boryi Aud., la Flustra papyracea Sol., la Pherusa tubulosa L. ecc. Ricordo che una colonia di Bugula neri- tina L. fu raccolta nel mare di Cagliari, e che i finissimi Briozoari stoloniferi, esaminati dall’autore al microscopio, fu- rono riconosciuti come appartenenti alla Pedicellina cernua Pallas. Questa è una specie nuova per le coste romane, e venne raccolta, insieme ad alcune Lepadi, sovra un pezzo di scorza di Betula, gettata dai marosi lungo la spiaggia tra Nettuno e Torre Astura (quest'ultima, che vuolsi fab- ‘bricata sopra una delle ville di Cicerone, dista circa chilo- metri 11 da Nettuno). La 2° memoria, puramente anatomica, concerne un duplice studio fatto co: grande dilisenza dal giovane con- socio Barnabò Valentino, il 1° sopra un fascio soprannu- merario del muscolo pronatore rotondo; ed il 2° sopra un ramo nervoso di una certa importanza, come giusta- mente osserva l’autore, sia per la sua cospicuità, sia per la sua lunghezza, e per i suoi rapporti, qual'è quello che egli trovò in soprannumero fra il nervo cubitale ed il brachiale cutaneo interno. Le due varietà sono largamente illustrate con considerazioni e raffronti di anatomia comparata, cui seguono numerose citazioni bibliografiche. 6 ANTONIO CARRUCCIO La 3* memoria è quella riguardante l Harpactocarcinus punctulatus Desm. dell’Eocene di Peschici nel monte Gargano, la quale dobbiamo al socio Dott. Giuseppe Checchia-Ri- spoli: anche questa memoria è accompagnata da buonis- sime figure illustrative. Vi prego di rammentare il giudizio pronunciato dal Prof. A. Neviani nell'adunanza generale scientifica tenuta il 21 aprile 1904. Egli dimostrò tutta l’importanza della me- moria del Checchia, quantunque essa si presentasse con una apparenza tanto modesta. La constatazione certa della parte superiore del Miocene medio nelle montagne del Gar- gano, fatta — in occasione dello studio del predetto Cro- stacco fossile, esattamente determinato dal Dott. Checchia — segna, così affermò il Neviani, un’èra nuova negli studi geologici di quella regione. Quei terreni erano confusi con altri e riportati nientemeno che al Giurassico. Tutto questo fa profondamente modificare quanto sinora si è detto sul sollevamento del Gargano, il quale è quindi assai più re- cente di quanto si fosse creduto. Tutte le teorie riguar- danti lo scomparso continente Adria debbono essere ri- vedute e modificate secondo la importante scoperta del Checchia. Tanto più volentieri, oggi che il giovane e distinto paleontologo trovasi lontano da noi, ho voluto ripetere questo giudizio, onde egli trovi incoraggiamento e lena a proseguire, come non possiamo dubitarne, negli studi cui seriamente si è dedicato dapprima nell’Ateneo Romano e ora in quello di Palermo. Anche la 4° memoria debbo credere che sia stata letta con piacere da tutti i consoci: l’ autore della medesima è il socio Prince. D. Francesco Chigi, il quale potè dare no- tizie precise sopra un fatto non ancora da altri indicato per la Provincia di Roma e riguardante la nidificazione ’ Mii ei deli —1 del Pernis apivorus, che dai competenti ritenevasi compa- risse fra noi soltanto quale uccello di passo. Nell’istessa comunicazione il Chigi ci descrisse uno dei casi più rari d’ibridismo della famiglia Fringillidae, precisamente in un individuo che offrì indubitati caratteri misti del Cardellino e del Verdone. Gli altri due fatti esposti dal Chigi concernono un bel- lissimo Falco Feldeggi Schl. ucciso all’isola Martana sul lago di Bolsena dal consocio March. Spinola. È da notarsi che questo Lanario lo si ebbe non solo in perfetta livrea di adulto, ma con alcune particolarità individuali nel piu- maggio che l’autore ha fatto ben rilevare. In ultimo egli fa alcune considerazioni su tre esemplari di Sturnus unicolor, specie che, com'è ben noto, è sedentaria nelle nostre isole: ma il Chigi li ebbe uno dal tassider- mista sig. Coli, e gli altri due dall'altro tassidermista in Roma sig. De Dominicis. Entrambi ebbero l'assicurazione che questi uccelli erano stati presi nella Campagna romana. Però quantunque in questa l'apparizione dello storno vero sia stata già annunziata dal Bonaparte, pure il Chigi pru- dentemente rimane nel dubbio perchè « potrebbe darsi — così scrive — che quei tre esemplari siano stali spediti dalla Sardegna ove lo Sturnus unicolor è molto comune » e dalla quale il mercato di Roma è continuamente for- nito di selvaggina. | Anche per ragione di brevità lascierò ora di ricordare il contenuto di qualche altra comunicazione preliminare, e dirò rapidamente delle memorie dei consoci Comm. Ro- stagno e Dott. Tiraboschi. Il primo proseguendo il lavoro cui con maturo studio si è da tempo accinto, ci ha dato nella sezione VII, ch'è quella delle Tineine, cotanto numerosa e difficile per le singole diagnosi anche pei più provetti e valenti Lepidot- terologi, ci ha dato, ripeto, novella prova di diligenza nel raccogliere e descrivere i caratteri di una grande quantità di forme larvali e adulte. Dopo di aver l’autore ricordato le classificazioni dello Staudinger, Curò, Rebel ecc. ed esposti i fatti principali riguardanti le tribù, ci dà un ben ordinato quadro riassun- tivo dei menzionati microeteroceri, nel quale quale oltre le diverse tribù — che sono non meno di venticinque — cita tutti i generi compresi in ognuna delle medesime. Di questo lavoro paziente e coscienzioso, che mancava all'Italia, non siamo soli a desiderare la fine della parte generale descrittiva; ed affrettiamo cogli auguri più sinceri la comparsa della parte speciale, colla quale i giovani en- tomologi otterranno una preziosa guida, quale solo può ‘dare chi avendo una speciale attitudine, ha sempre nutrito per lo studio di questo importantissimo ordine di Esapodi una nobilissima passione. Della comunicazione pubblicata in sul principio del passato anno dal consocio Dott. Carlo Tiraboschi, che mi è caro di ricordare fra i migliori e studiosi allievi della mia scuola, farò pure un cenno rapidissimo. Ben altro meriterebbe la importanza dell’argomento.riguardante : Gli animali propagatori della peste bubonica. Ma ritengo che i lettori del Bollettino, oltre questa ora citata, non possano aver dimenticato le altre comunicazioni del consocio Tira- boschi fatte alla nostra Società, fra le quali quella pubbli- cata nel volume III, 1902, Serie II (Anno XI), fascicoli IV, Ve VI, pag. 160-177) in cui è pur descritta con somma diligenza una nuova specie di parassita trovata dall'autore nel Mus musculus, ed alla quale diede il nome di Hystri- copsylla tripectinata. E qui mi compiaccio nel far rilevare clie gli studi del Dott. Tiraboschi trovarono la più favorevole accoglienza anche all’estero. Basterà infatti ricordarvi come il nostro illustre socio onorario, il Prof. Raffaele Blanchard, diret- tore degli Archives de parasitologie, abbia, nel volume VIII, 1904, accolta la nuova e particolareggiata memoria scritta dall’istesso Tiraboschi, la quale comprende circa 200 pagine e ben 72 figure di parassiti cutanei (les /ats, les Souris el leurs parassites cutanés dans leurs rapports avec la propaga- tion de la peste bubonique). Delle nove memorie inserite nei fascicoli IV, V e VI del volume pubblicato nel 1904, ricordo appena il titolo della prima : sul Globicephalus melas preso a Porto d'Anzio. La specie non fu prima mai annunciata, (ciò che credo di aver ben dimostrato) come catturata nel mare che bagna tanta parte delle coste romane. La seconda memoria è dovuta al socio Prine. D. France- sco Chigi, e con essa ci vien dato uno studio molto accurato sovra un numero ragguardevole d’individui di Passer hi spanoliensis (Temm.), Passer italtae (Vieill.) e Passer dome- sticus (L.), da lui avuti da molte parti d'Italia (Sardegna, Sicilia, Calabria, Puglie, Lazio, Toscana, Marche, Lom- bardia ecc.). E così disponendo di copiosi esemplari gio- vani e adulti, dei quali dà una netta descrizione compa- rativa, viene alla conclusione che la distinzione specific: delle forme domesticus ed italiae non è possibile. Ma « pe- raltro, un carattere non essenziale può servire di base ad una distinzione soltospecifica, ce come due sottospecie di una specie unica vanno considerate esse forme (P. domesticus e P. italiae). Questa specie, soggiunge il Chigi, dovrà avere il nome di Passer domeslticus » assegnato da Linneo (1758). Ed è nella sottospecie Passer domesticus italiae (Vieill.) che deve rientrare la specie chiamata dal Temminck P. hispa- niolensis. ll Chigi inoltre determina, dopo di averle ben studiate 10 ANTONIO CARRUCCIO non solo alcune varietà, ma la regione precisa da esse abi- tata. E queste varietà sono le seguenti: Arrigoni, Brutii (De Fiore), fomae (Chigi), Italiae (Vieill.), Subalpina (Chigi). La 3° memoria ebbi già occasione di ricordarla allor- quando in una delle passate adunanze generali mi feci in- terprete dei colleghi presenti, congratulandomi coll’autore, il Dott. Giulio Alessandrini, per la felice riuscita dei suoi esami teorico-pratici onde ottenere la libera docenza in Zoo- parassitologia nella Facoltà Medica-Chirurgica del nostro Ateneo. La memoria, che contiene osservazioni assai dili- genti sullo sviluppo e sul ciclo evolutivo dell’Anchylostoma (Uncinaria) duodenale (Dub.) fu apprezzata assai favore- volmente dai cinque dotti colleghi che formavano la Commis-. sione giudicatrice ; e di essa voi avete potuto leggere un larghissimo riassunto (che occupa le pag. 147-166), accom- pagnato da 8 figure illustrative, disegnate dall'istesso autore. “è su tutte le specie da lui studiate ed appartenenti al preaccennato genere, ci darà altro completo lavoro che potremo pubblicare nel volume del 1900. Nell’istesso triplice fascicolo del 1904 leggesi una co- municazione fatta dal consigliere comm. Rostagno, accom- pagnata dalla presentazione di bellissimi esemplari, com’egli sa così bene preparare, appartenenti alle specie Pieris ra- pae L. e Melttaca didyma O. E questi esemplari di Lepi- dotteri presi nel territorio di Oricola, per la prima specie, e nei pressi di S. Agnese (bassa collina fuori porta del Popolo, a. circa tre chilometri da Roma) perla 2° specie, l'autore dopo un'accurata descrizione dei caratteri e dopo compa- razione esattissima colle forme tipiche, quali in tanta copia egli possiede, considerò come appartenenti l'una ad una vera aberrazione che chiamò Pieris rapae L. ab. longoma- culata, e l’altra riportò alla varietà Ala della Melitaea didyma: varietà che lo Staudinger diede soltanto per l'Asia RELAZIONE SULL'ANDAMENTO SCIENTIFICO, MORALE ED ECONOMICO ll centrale, ed alla quale corrispondono bene questi carat- teri: mas. ante limbum nigrum latum area immaculata. La 5° memoria la dobbiamo all’egregio nostro antico Segretario, Prof. Mario Condorelli, che credo tutti ricor- diate con affetto. In questa memoria l’autore descrisse dot- tamente un caso di Myasis nell'uomo per larva sottocuti- colare di dittero. Forse in nessuna delle precedenti pub- blicazioni su questa forma notevole di parassitismo, an- cora poco nota a molti medici, trovansi raccolti tanti casi, insieme ad opportune considerazioni sia dal lato zoologico sia dal clinico. Della 6% breve memoria, scritta da me, ricordo il solo titolo: Di un giovane Al/lgator scelerops, proveniente dal- Meola Trinidad; e. lo ricordo. perchè il rettile fu, con molte altre specie di animali, generosamente donato al Museo dall’egregio capitano medico della R_ Marina, Dot- tore Roberto Marantonio, dopo il viaggio triennale fatto a bordo della R. Nave Calabria nei mari del Brasile, e poi. della Cina, del Giappone, ecc. E fu dono gradito dell’istesso Dott. Marantonio il bellis- simo esemplare adulto di Birgus lalro, il quale venne stu- diato diligentemente dal socio Dott. Ferdinando Napoli, . fornendo a quest’ultimo argomento di un'interessante co- municazione. Questa forma appunto la 7% memoria che avrete letto nei fascicoli predetti, dei quali, nel modo più sollecito che potei, ho fatto la rassegna. E se non produssi stanchezza, vi prego ancora ricordar meco una 8° e 9* comu- — micazione. Dobbiamo la prima al giovane laureando, signor Valentino Barnabò, e la seconda al socio e consigliere Prof. Rinaldo Marchesini. Quegli presentò una parte di un suo studio sovra un argomento dì tecnica microspica, espe- _ rimentando diversi liquidi fissatori a reazione alcalina su « globuli sanguigni e su cellule nervose ecc.: questi comu- 12 ANTONIO CARRUCCIO nicò pure una nota preventiva sullo stato semiembrionale degli organi genito-orinari del pulcino appena nato. Il lavoro completo del Barnabò potrà essere pubbli- ‘ato nei primi fascicoli del volume XIV° (1905). Per dar fine a questi ricordi mi rimane a dire dei fa- scicoli VII° e VII°, i due ultimi del volume:i quali mi ado- perai perchè la tipografia li consegnasse prima della fine del gennaio 1905, come difatti si poterono avere, per tra- smetterlì senza indugio a tutti i soci. Se rammentiamo la comparsa più o meno in ritardo dei fascicoli di precedenti volumi, anche questa sollecita consegna e trasmissione è un fatto meritevole di nota. Nella prima memoria, faciente parte dei due fascicoli summenzionati, ho tenuto parola di quel singolare mam- mifero ch'è l'Orycteropus aethiopicus, già affatto mancante nella nostra collezione generale. Questa prima e breve il- lustrazione sarà seguita da un’altra in cui darò precise notizie anatomo-zoologiche su due specie notevoli di Manis introdotte nella predetta collezione. La 2° memoria ebbe per tutti noi un interesse speciale perchè il socio e consigliere Prof. Giuseppe Tuccimei trattò splendidamente di un argomento entomologico vastissimo e solto ogni aspetto importante, argomento pur troppo ne- glelto dai naturalisti di questa regione. Ben sapete che ac- cenno al'o studio, in cui persevera da almeno 10 anni, fatto dal Tuccimei intorno ai Ditteri della provincia ro- mana, dei quali con pazienza raccolse quasi 590 specie. £ di questa così ricca collezione egi c’indicò famiglie, generi e molte specie assai interessanti. Interprete del desiderio comune che altro di meglio potrei dire, se non ripetere le parole rivolte ad altri col- leghi che presentarono note preliminari, o una sola parte dei loro lavori? Invero il Prof. Tuccimei, mantenendo il più presto possibile la promessa di presentare altre co- municazioni ditterologiche, renderà alla nostra Società un graditissimo servigio. La 3* memoria appartiene ad un giovine la cui ope- rosità è andata sempre più crescendo, prova del grande affetto ch'egli prende agli studi scientifici, specialmente dell’ornitologia. L'autore di essa memoria avete inteso che è il consocio Principe D. Francesco Chigi, il quale col suo nuovo contributo fornisce interessanti notizie sovra circa 30 diverse specie di uccelli della Campagna Romana. Fr: i rapaci segnalerò un'Aquila crysaétus di S. Marinella ed un’altra di Maccarese ; l’Aquila pomerana di Castelporziano, l’Haliaétus albicilla di Maccarese; un Falco Feldeggi del Lago di Bolsena, ecc. Fra i passeracei poi, fra le Grallae e fra gli Anseres troviamo pure specie e varietà notevoli. Nella 4% memoria, abbiamo potuto leggere diverse considerazioni e accurate ricerche sulla conformazione dello «stomaco umano e di altri mammiferi; le une e le altre fatte a proposito di una rara anomalia riscontrata in questo vi- scere in un Lepus curiculus sezionato dal Dott. Nicola Pende. L'autore però di tali considerazioni e ricerche ben sapete ch'è il sig. Valentino Barnabò ; e come trovaste as- sennate le une c le altre, così parmi abbiate trovato giu- stificata la spiegazione che il giovane studioso dà della bi. loculazione sia dello stomaco umano sia di altre specie di mammiferi. Alla 5* comunicazione diede — come altre volte — gradito argomento di studio il sempre generoso nostro Re Vittorio Emanuele II, il quale nel mese di novembre 190. fece trasmettere al Museo Zoologico, diversi esemplari di Co- miglio selvatico viventi nelle campagne di S. lossore, ed appartenenti ad una razza meritevole di nuove indagini : sl o e) di queste incaricai l'assistente Dott. Bruno Bianchini. | 14 ANTONIO CARRUCCIO si accinse con premura a fare uno studio comparativo di. parecchi caratteri morfologici di quei conigli con quelli pre- sentati dai conigli romani; e questo studio potra, anzi in- tende estendere e completare. Nella 6% memoria il Dott. Leonardo Lavarra ci ha dato la descrizione, assai accurata, di una nuova specie di parassita appartenente alla famiglia /rvodidae ed al genere Haemaphysalis, trovata sopra un piccolissimo e grazioso ruminante, che possediamo in Museo, il Tragulus meminna. Nella 7* memoria avete potuto rilevare con quale op- portuna sintesi e con quanta chiarezza il socio Dott. Fer- retti Umberto abbia comunicato una parte dei suoi studi sull’importantissimo argomento dei Protozoi patogeni e dei loro agenti di trasmissione, pei quali sviluppansi morbi speso fatali all'uomo ed agli animali domestici. A questa rassegna, e dovrei dire più esattamente, a questa serie di semplici citazioni dei diversi argomenti riguardanti le comunicazioni fatte nelle adunanze del passato anno, ed inserite negli otto fascicoli formanti il volume più volte citato, non occorre. aggiungere che fanno seguito parecchi processi verbali, cd in questi si fa cenno di altri lavori co- municati alla Società. Ricordo inoltre che per la impor- tanza speciale e per la copia degli argomenti trattati nel- l'adunanza tenuta il 28 dicembre 1904, alla quale interven- nero assai numerosi i soci, credemmo di dover subito pub- blicare (pagine 265-272 dei pred. fasc. VII e VII) non un. semplice processo verbale, ma un resoconto particolareg- giato. Ed è dal medesimo che risultano tanto le notizie bi: bliografiche date alla Società sovra diverse recentissime pubblicazioni di valenti Zoologi italiani, quanto i titoli di altre comunicazioni già presentate alla nostra Società, quali ad es., quelle del Prof. G. Alessandrini su dia versi parassiti trovati e studiati in un /epus cuniculus : e TOR Ig I Mr pe tI Ie i ° ù sa RELAZIONE SULL'ANDAMENTO SCIENTIFICO, MORALE ED ECONOMICO 15 “del Dott. Guido Paoli su ricerche somatometriche da lui intraprese per la determinazione delle variazioni di rap- porto fra la lunghezza dell’ovopositore e quella del corpo di alcuni Ortotteri; del Dott. Lavarra sulla famiglia Lvodidae della quale ampia comunicazione abbiamo pubblicato sol- tanto, come poco fa avete udito, la parte che concerne una nuova specie ; del Prof. Giovanni Angelini sulla prima cat- tura di una Sula bassana nella Provincia Romana, e pre- cisamente presso Civitavecchia: del Dott. Gino Chiarini sui Linguatulidi, che studiò con grande amore e profitto. Egli benissimo ci descrisse il Porocephalus crotali di cui ebbe molti esemplari, appartenenti ai due sessi, fornitigli dal nostro Museo ; e finalmente del Dott. Tito De' Felice, sovra una curiosa anomalia da lui riscontrata e ben de- scritta in un uovo di Psillacula cana. Anche quest'ultima comunicazione, che non potè trovar posto nel volume del 1904, contenente come dissi ben 26 memorie, sarà pubbli- cata con altre nel volume del 1900. Siccome ho già fatto menzione delle soddisfacenti con- dizioni economiche, e del continuo aumento di cambi col nostro Bollettino — e anche oggi posso presentarne altri otto nuovi, pervenutici in questi giorni, e tosto accettati — perciò — onde dar fine alla presente relazione — non mi rimane che dare una precisa risposta alla domanda che può sorgere spontanea in parecchi fra voi presenti, ed in altri fra i soci lontani. Qual’ è la forza numerica rappre- sentata dai membri ordinari e straordinari formanti at- tualmente parte della nostra Società? Sono cioè in au- mento o in decremento Risponderò colla solita mia schiettezza: non ostante la più o meno spontanea ritrosìa di parecchì a soddisfare, come avrebbero dovuto già da non breve tempo, al paga- mento della quota sociale, e pei quali il Consiglio dovrà 16 ANTONIO CARRUC. {0 presto provvedere colla definitiva radiazione dei loro nomi; non ostante i vuoti fatti dalla inesorabile parca, la forza numerica è sensibilmente accresciuta, assai poco mancando per raggiungere la cifra totale di 160 soci. Ed aggiungo che dal gennaio al dicembre 1904 s’inscrissero 18 nuovi soci fra ordinari e straordinari, di cui furono proclamati i nomi volta per volta nelle diverse adunanze da noi te- nute (1). Ben inteso che non sono comprese le altre nove proclamazioni fatte nell'adunanza straordinaria che abbiamo tenuto, per trattare l'argomento riguardante il progetto sulla nuova legge per la caccia, il giorno 19 di questo mese di febbraio. A questi nuovi soci, e non sono davvero pochi nel giro di poche settimane devo aggiun- gere un decimo socio ordinario, che con piacere oggi pro- clamo nella persona dell’egregio Prof. Giacinto Martorelli, Direttore della Collezione ornitologica Turati nel Museo Civico di storia naturale in Milano. Con queste confortanti notizie pongo termine al reso- conto che avevo il dovere di presentarvi sull'andamento complessivo della nostra Società nel trascorso anno. É se di quanto fu operato ed ottenuto non solo in questa ultima, ma nelle precedenti annate, il merito è tutto vostro, della generosa cooperazione datami pel più facile adempi- mento del mio ufficio, rendo -molte e sentite grazie ai col- leghi stimatissimi del Consiglio direttivo. Se si proseguirà ad essermi larghi di leale concorso, se si avrà fiducia nel buon volere, e oso dire, nella fermezza e perseveranza di cui credo aver dato prova quando si tentò e forse si volle distruggere questo centro di studi sorto in Roma, io, che non aspirai mai nè a primati nè a mono- poli, oso sperare che la Società nostra potrà rendere altri (1) Ved. resoconto del 28 dicembre 1904, pubblicato separatamente. RELAZIONE SULL'ANDAMENTO SCIENTIFICO, MORALE ED ECONOMICO 17 modesti ma sìcuri servizi ai predetti studi. Abbiamo vo- luto e vogliamo fare il bene che possiamo colle tenui forze nostre : altri, per una scienza diletta, faccia pure — con forze maggiori — assai dippiù ; e noi tutti applaudiremo, tanto più volentieri perchè, vogliasio non vogliasi, fummo i primi a far sorgere in Roma e in Italia una Società Zoologica autonoma. Egregi consoci, dopo di aver soddisfatto al compito derivante dall’ufficio affidatomi, un altro dovere sente lanimo mio: ed è quello di far fervidi voti onde le adu- nanze nostre scientifiche, dopo che oltre 60 ne tenemmo proficuamente in questo insigne Ateneo, a cominciar cioè dall'origine della nostra zoologica associazione, proseguano operose e calme, quali sempre lo furono. Questo fatto lumi- noso dimostra che il forte nucleo dei benevolenti scelse un buon sentiero, e in questo potè procedere sempre avanti ed impavido. E quando per volere della Provvi- denza, o perchè più nol consentissero ai fondatori le forze fisiche, non potessimo più esercitare la nostra disinteressata opera, spetterà ai giovanì Zoologi di tener alta in Roma una bandiera onorata ; la quale ad essi verrà consegnata da coloro che, senza falsa modestia, hanno già diritto a es- sere ricordati non soltanto come fidati amici dello studio e del progresso della biologia animale, ma quali uomini che apertamente e sempre agirono + senza macchia e senza paura ». Noi tutti dell’attuale Consiglio Direttivo siamo fortemente persuasi che più cine mai nei tempi nostri an- che le associazioni scientifiche debbono essere guidate con integrità e probità, perocchè sia sempre vera l’ afferma- zione di Sallustio: neque honos datur illis, quibus per fraudem ius fuit, utique tuti co magis honesti sunt. LAN) Bollett. della Società Zoologica. Vol. VI, Fasc. I, II, III. Intorno ad alcuni quesiti riguardanti la nuova Legge sulla caccia RI AZIONE letta dal socio Prof. GiIOvANNI ANGELINI, nell'adunanza generale straordinaria ‘tenuta il 15 febbraio 1905 nell'Istituto Zoologico della R. Università (Presidente Prof. Comm. A. CARRUCCIO) Nel contrasto di interessi e di opinioni, che dura da un pezzo, e che si va maggiormente acuendo oggi, alla vigilia della sperata discussione in Parlamento di una Legge unica sulla caccia, la nostra Società ha creduto suo dovere non mostrarsi estranea ed indifferente ad un tale movi- mento. Indetta pertanto apposita adunanza, dopo serena discussione, e con approvazione unanime degl’intervenuti, intorno ai tre argomenti posti all'ordine del giorno, ed aventi rapporto coll’indole scientifica della Società stessa, vennero formulati i seguenti pareri, ed espressi i seguenti voti : 1° Apertura e chiusura della caccia. — La chiu- sura della caccia al 31 dicembre, se è opportuna per le specie di selvaggina sedentaria, non sembra essere egual- mente giusta ovunque per gli uccelli migratori. Quantunque non si possa negare che, com'è stato ri- petutamente asserito, non sia grande la differenza per i periodi del passo fra le parti settentrionali e le meridionali del nostro paese, non è men vero per questo, che nelle meridionali, all’epoca del passo autunnale ancora troppo calde ed aride, pochi migratori si vedono, e pochissimi si arrestano, mentre frattanto molti sì fermano e prendono stanza nelle settentrionali, più fresche ed umide. Quivi essi risiedono finchè le nevi e i geli, togliendo loro il nutri- mento, li obbligano a portarsi più al sud, dove allora le pioggie hanno preparato convenientemente il terreno: per cui, quando da una parte la caccia finisce, dall'altra in- comincia. Questa è la vera caccia di passo, di cui fruiscono i meridionali, e che, autunnale per gli altri, diventa per essì invernale. Non sembra quindi equa ed opportuna la chiusura della caccia alla selvaggina migratrice, anche non acquatica, alla fine di dicembre per l’Italia inferiore e per le Isole, tanto più poi, che per tali regioni, che segnano, si può dire, il limite meridionale di specie cinegeticamente im- portanti, come i tordi, e specialmente le beccacce, manca di questi uccelli un vero ripasso primaverile, riducendosi ivi questo ad un semplice esodo, ad uno spopolamento. pro- gressivo delle loro invernali dimore. Sarebbe quindi op- portuno suddividere cinegeticamente, l’Italia almeno in due regioni, la superiore e la inferiore, che sono contrad- distinte anche da differenza di clima e di vegetazione: “« ed il naturale confine tra le due verrà formato dagli Appennini, che dalle Alpi marittime trasversalmente si dirigono verso Oriente, mandando fino sulla riva dell A- driatico numerose diramazioni, le quali a chi scende dalla pianura del Po ne segnano l’estremo confine, chiudendo affatto il passo presso Cattolica ». (SaLvaporI -- Fauna d’Italia; Uccelli). | Una suddivisione delle due regioni in zona alta e zona bassa, analogamente a quanto si pratica in Francia e in Isvizzera, non sarebbe forse inopportuna. Su questo tema venne poscia approvato il seguente ordine del giorno : « La Società ritiene non possibile, nè conveniente un'unica apertura e chiusura di caccia in tutta Italia. DO LIT INTORNO AD ALCUNI QUESITI e Ritiene parimenti che il conservare questa delimi- tazione ai Consigli provinciali (enti esclusivamente ammi- nistrativi) non sia opportuno: ma dovrebbe questo compito essere affidato ad una Commissione governativa, con rappresentanza di naturalisti e cacciatori, che eventual- mente potrebbe occuparsi di non sacrificare una zona italiana ad un’altra. E questa Commissione dovrebbe pre- sentare le sue conclusioni prima delia votazione della legge. « Le specie sedentarie poi, che sono pochissime, dovrebbero essere oggetto di disposizioni speciali. » 2° Uccelli utili e uccelli dannosi. — Per ciò che riguarda i rapporti fra la selvaggina, c specialmente. fra gli uccelli e l'agricoltura, la Società conclude che, contraria- mente a quanto si pensa da molti, uccello insettivoro non vuole dire senz'altro uccello utile, inquantochè gl’insetti hanno nella stessa loro classe iloro più temibili nemici, e che gli uccelli non fanno scelta, ingoiando anzi spesso di preferenza insetti carnivori, che hanno il tegumento più molle e non sono protetti da secrezioni acri e caustiche. Il nutrimento degli uccelli è inoltre soggetto a variar molto colle condizioni dell'ambiente, colle diverse circostanze di luogo e di tempo; ed i pochissimi studi, che intorno alla loro alimentazione sono stati fatti, sono ancora, troppo scarsi, per permetterci di presentare una lista seria di uccelli insettivori utili all’agricoltura. È meglio quindi limi- tarci a risparmiare quelli meno dubbi, contentandoci per gli altri di non turbare di troppo il giusto equilibrio sta- bilito dalla natura. Certamente gl Hirundinidi e i Cypselidi, che si nutrono in grande prevalenza di ditteri, sono uccelli utili all'uomo, e ben fece la Commissione Reale a riservarli, tanto più che. vè in alcuni luoghi il costume di farne inconsultamente dani TI Li Po sa pa a) PRI ARE 5 a RIGUARDANTI LA NUOVA LEGGE SULLA CACCIA 21 strage. I Picchi ed i piccoli uccelli investigatori dei tronchi e delle foglie, come i Muratori, le Cerzie, i Lui, gli Scric- cioli, i Regoli, le Cincie, i Codibugnoli, ecc., debbono riguar darsi come uccelli utili: però, gli uni per la poca bontà delle loro carni, gli altri per la loro piccolezza, ovvero per luna e l’altra causa insieme, non sono ricercati dai. cac- ciatori, almeno da quelli di fucile. Forse meno difficile è il formare un elenco delle specie dannose, e delle quali, colle necessarie cautele, potrebbe permettersi la uccisione a caccia generale chiusa. Esso potrebbe essere il seguente, che fu approvato a voti unanimi dai soci intervenuti : MamMiFERI: Orso (Ursus arctos), Tasso (Meles taxus), Mar- tora (Mustela martes), Faina (Mustela foina), Puzzola (Putorius communis), Donnola (Putorius vulgaris), Boc- camele (Putorius boccamele), Lontra (Lutra vulgaris), Lupo (Canis lupus), Volpe (Canis vulpes), Gatto selvatico (Felis catus), Lince (Felis linx), Scoiattolo (Sciurus vulgaris). UcceLL1: Astore (Astur palumbarius), Sparviere (Accipiter nisus), Albanelle (Circus aeruginorus, C. macrurus, C. cyaneus, C. pygargus), Aquila (A. chrysaetus, A. macu- lata, A. pomerana, Nisaetus fasciatus, N. pennatus, Haltaetus albicilla), Nibbî (Mivus ictinus, M. korschun), Falco pecchiaiolo (Perris apivorus), Falconi (Hierofalco cherrug, H. Feldeggi, Falco SSGTIOS, PF... punicus;. F. subbuteo, E. Eleonorae, F. aesalon), Falco pescatore (Pandion haliaetus), Gufo reale (Bubo maximus), Gruc- cione (Merops apiaster), Corvi e cornacchie (Corvus, corax, C. frugilegus, C. monedula, C. cornix, C. corone), Nocciolaia (Nucifraga caryocatactes), Gazza (Pica cau- data), Ghiandaia (Garrulus glandarius), Aironi (Ardea cinerea, A. purpurea, Herodias alba, H. garzetta, Ardeola ralloides, Botaurus stellaris, Nycticorax griseus), Smerghi (Mergus albellus, M. merganser, M. serrator), Marangoni o Cormorani (Phalacrocorax carbo, Ph. graculus De- smaresti), Strolaghe (Colymbus glacialis, C. arcticus, C. septentrionalis), Svassi o Tuffetti (Podicipes cristatus, P. griseigena, P. auritus, P. nigricollis, P. fluviatilis). vedi n sea elle nin euri png nh eee a tannini een neri ee 3° Permessi scientifici. —Il criterio adoitale lt Commissione Reale per la concessione dei permessi scien- tifici, è parso troppo gretto. Oltre ai direttori dei Musei universitari, vi sono altre persone, purtroppo assai poche in Italia, che, studiando, raccogliendo e conservando uccelli, favoriscono la cono- scenza dei medesimi e dei loro molteplici rapporti col- l’uomo. Lungi dal chiedere che i detti permessi vengano troppo moltiplicati, ovvero che vengano rilasciati senza le debite rigorose cautele, sembrerebbe opportuno che potes- sero fruirne per i loro studi anche i naturalisti ornitologi, che non sono direttori di Musei universitari: i permessi non cesseranno per questo di essere pochissimi, e di dini danno agl’interessi dei cacciatori. Non fu l’uso, ma l'abuso di questa ragionevole ed utile concessione, che produsse gl’inconvenienti altra volta lamentati. ta % Si propone ed approva di raccomandare la seguente modificazione : | : Im via eccezionale potranno essere autorizzati: a cac- ciare in tempo di divieto, ed a scopo esclusivamente scien- tifico : « 1° I direttori dei Musei zoologici annessi agl'Istituti d'istruzione superiore del Regno, ovvero un loro delegato: «2° Quei naturalisti, i quali provino di essersi seria- mente occupati di studi specialmente ornitologici, e di poter efficacemente contribuire al progresso dei medesimi. » La Società Zoologica Italiana con Sede in Roma esprime, poi, un caldo voto, perchè si pensi e si provveda alla rigorosa osservanza delle disposizioni, che saranno emanate, perchè da questo, più che dalla esagerazione delle misure restrittive, dipendono quei vantaggi, che possiamo riprometterci dalla nuova Legge sulla caccia. Istituto ZooLogico pELLA R. UNIveERsITÀ DI ROMA diretto dal Prof. A. CARRUCCIO Gu di alcune UNCINARIAE parassite dell'uomo e di altri vertebrati Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana dal Prof. GIULIO ALESSANDRINI Dedicatomi allo Studio di alcune Uncinariae, son ve- nuto nella ferma convinzione, almeno per quel che riguarda gli Elminti, che, dato il progresso nei mezzi ottici di studio, non ci dobbiamo più contentare di vedute eslusivamente microscopiche, le quali non sempre ci danno l'idea esatta dell'organismo che prendiamo a studiare e tanto meno dei rapporti delle singole sue parti. E necessario, a mio av- viso, prima di fare una osservazione microscopica, farne un’altra stereoscopica sotto i più svariati punti di luce, per renderci conto di come è l’animale così grossolana- mente all’esterno, per imprimere bene nella nostra mente la sua vera fisonomia. Solo allora potremo sottoporlo al microscopio ed interpretarne la sua intima struttura. Per questo mio nuovo metodo di osservazione mi sono ser- vito del. microscopio binoculare del Zeiss ed ho usato NB. La presente memoria fa parte del lavoro « Biologia degli Anchylostomi » presentato nel marzo 1904 per libera docenza in parassitologia medica e comu- nicato nell’aprile successivo alla Società Zoologica Italiana in Roma. & GIULIO ALESSANDRINI per tutti i disegni la camera lucida del Nachet, e credo che molti punti della morfologia di questi vermi deb- bono essere realmente modificati. Fisonomie più chiare, immagini che a mio avviso riescano più persuasive, im- magini che spieghino anche la posizione vera e direi quasi la funzione dei singoli organi, è quello che ho cercato di trovare e quello che in parte mi sembra di aver ottenuto. Nel 1838 il Dubini 1), praticando l’autopsia di una gio- vane contadina morta per pulmonite all'ospedale di Mi- lano, rinvenne un nematode, che ritenne appartenere ad un nuovo genere per la presenza di uncini alla bocca e lo chiamò Ankylostoma. Il Siebold 2, che aveva avuto degli esemplari dal Pru- ner 3), ed il Diesing 4) accettarono questo nuovo genere. Due anni dopo il Dujardin °), non conoscendo il lavoro del Dubini, raggruppò le forme simili al gen. Ankylostoma sotto un nuovo genere che egli chiamò Dochmius (a cap- puccio obbliquo). Ma tutti questi autori son caduti in un errore con- trario alle buone regole della nomenclatura zoologica, perchè, dimenticando colui che li aveva preceduti, davano nuovi nomi a delle specie, che tutte potevano e dovevano raggrupparsi sotto il gen. Uncinaria, stabilito fino dal 1789 dal Fré6hlich 6), il quale battezzava cosi un nematode che egli rinvenne nel retto di una volpe. Questo genere appartiene alla famiglia Strongylidae e precisamente alla sotto famiglia Sclerostominae, la quale è rappresentata da quei nematodi meromiari, che hanno la bocca munita di una armatura chitinosa più o meno com- plicata: borsa caudale del maschio campanuliforme e prov- vista di costole — spicoli in numero di due (eccettuato il ge- r, #24 NR ar 4 #4 SU DI ALCUNE UNCINARIAK PARASSITE 25 nere Ollulanus) ed uguali fra di loro (escluso il genere Ste- phanurus) — utero bicorne. ll genere Uncinaria diversifica dagli altri generi della sotto famiglia Sclerostominae per i seguenti caratteri: estre- nità anteriore ricurva verso la faccia dorsale — bocca ovalare, limitata da una membrana trasparente e seguita da una capsula boccale chitinosa elisscide, la cui parete dorsale è più corta della ventrale — fondo della capsula armato di lamine taglienti — bordo libero di essa armato o di lamine chitinose o di veri denti ricurvati ad uncino — borsa caudale del maschio lobata, a lobi laterali più grandi del dorsale — due spicoli — apertura vulvare nella parte posteriore del corpo. Dati questi caratteri, si vede chiaramente che il genere è ben definito, ed, a mio avviso, le specie che si raggrup- pano in esso non possono essere incluse in altri generi, a meno che ciò non sia conseguenza di una mania di no- vità e di frazionamenti, la quale, invece di arrecare pre- cisione e chiarezza, non fa che confondere sempre più la già troppo confusa nomenclatura zoologica. In esso sono compresi nematodi tutti parassiti di mam- miferi ad eccezione dell’U. Boae, trovata parassita dal Blanchard nel Boa constrictor e da me nel Boa imperator. Desiderando intraprendere uno studio comparativo di questo genere, ho potuto avere nelle mie mani le dodici specie seguenti: 1° Uncinaria duodenalis (Dubini); 2° ” americana Stiles: 3° ” canina (Ercolani): 4° » malayana (n. sp.): SR » pluridentata (n. sp.): 6° ” cernua (Creplin); 7 ” radiata (Rudolphi); 26 GIULIO ALESSANDRINI 8° Uncinaria Sangeri (Cobbold); hi ” os-papillatum Piana; 10° - stenocephala (Railliet); 11° ” criniformis ((roeze); EER boae Blanchard. Seguendo l'ordine suesposto farò notare, per le specie già conosciute, quelle particolarità che o non fecero risal- tare gli autori che le descrissero, oppure non mi sembra- rono esattamente osservate e, per queste e per quanto altro può agevolare la conoscenza di questi parassiti, unisco alla fine un sufficiente numero di figure illustrative. CA 1° Uncinaria duodenalis (Dubini). : Sn. : Anchylostoma duodenale Dubini. Strongylus quadridentatus — von Siebold. Dochmius anchylostomum — Molin. » » Diesing. Sclerostoma duodenale Cobbold. Strongylus duodenalis Schneider. Dochmius duodenalis Leuckart. Uncinaria duodenalis Railliet DAI » Blanchard. Le estese descrizioni che di questo verme, così im- portante per la parassitologia, danno tutti gli autori, che lo hanno studiato, mi dovrebbero dispensare dal parlarne ; ma lo studio accurato che ho voluto fare di esso, mi co- stringe a dire qualche cosa. Le particolarità che in esso osservai sono certo molto scarse, specialmente se si tiene conto dei numerosi lavori che si riferiscono a questa specie ed in particolare, del la- voro così minuziosamente esatto dello Schulthess 7), al quale tutti fanno capo. L’esofago termina posteriormente, secondo il Dubini con 4, secondo il Leuckart $) con 3 lobi, che da alcuni sono stati considerati come appendici piloriche, da altri come SU DI ALCUNE UNCINARIAE PARASSITE 27 costituenti una valvola che si oppone al ritorno degli ali- menti nell’esofago. Questi lobi secondo lo Schulthess, con- sisterebbero in una sostanza granulosa, chiusa da una mem- brana anista e contenente ciascuno un nucleo cellulare. La mia attenzione s'è fermata su queste divergenze, e, dopo accurato esame, mi sembra di aver definito un poco più chiaramente la struttura di questa valvola. Il numero dei lobi è costantemente di tre, e se qualche volta possono sembrare in numero maggiore ciò è dovuto alla pressione ed ‘allo spostamento di essi. Ognuno di questi lobi è costituito da un’’membranella; veramente anista, trasparentissima, cotifotmata ‘nido ‘di rondine l'insieme di questa valvola fa pensare, in certo qual modo, alla valvola tricuspite'del cuore umano. Il nucleo cellulare, che alcuni hanno voluto vedere, mi sembra derivi da un effetto ottico, della sovrapposizione cioè dei lembi lobulari. Ho voluto anché osservare con attenzione la forma dell'intestino, ed ho potuto concludere che, se non rego- lari, ci presenta certamente delle dilatazioni o tasche la- terali, più o meno appariscenti. Ricordano in certo qual modo l’intestino saccato dellè sanguisughe: ed è per questa ragione forse che le sezioni di esso ci presentano’ le forme più svariate. La terminazione caudale del maschio nulla ci presenta di speciale, sia per quel che riguarda la forma, sia per quel che riguarda il numero e la disposizione delle co- stole. Una particolarità però mi sembra degna di nota: quella che riguarda la papilla anale. Questa papilla è rap- presentata da un rialzo chitinoso con una scanalatura a guisa di doccia nella sua faccia dorsale. Ai lati di essa si no- tano due appendici digitiformi con l'apice rivolto anch'esso verso il lato dorsale e con la base riunita in avanti in guisa da formare la parete dorsale della doccia che per questa riunione diventa un canale. do (92) GIULIO ALESSANDRINI 2° Uncinaria americana Stiles. Per questa specie lo Stiles 9) ha ora proposto di formare un sotto genere, denominandolo Necator. Ho già espresso la mia idea circa l’utilità di creare generi e sotto generi nuovi e di smembrare i vecchi: quindi per questa specie, che mi sembra possa benissimo essere compresa nel genere Uncinaria, mi limiterò a riportare la descrizione ferman- domi di preferenza sui caratteri macroscopici e microsco- pici che la fanno differenziare dalla U. duodenatlis. Queste differenze consistono sopra tutto nella confor- mazione della capsula boccale e nella struttura della borsa copulatrice del maschio, e della terminazione caudale della femmina. La capsula boccale infatti non ci presenta i denti ca- ratteristici nel lato ventrale, ma invece questo lato è mu- nito di due lamine chitinose terminate ad uncino : di più dal fondo del lato dorsale di essa si parte un dente conico robusto che si dirige in alto e raggiunge il bordo libero della capsula stessa. Lateralmente all’apertura faringea esi- stono due piccole lancette ed altre due simili, sono situate nel fondo ventrale della capsula boccale. La disposizione di tutte queste lamine o lancette ricorda la struttura della bocca della U. cernua, alla quale, oltre che per questi ca- ratteri, somiglia assai per la disposizione festonata che as- sumono i muscoli costrittori della cuticola che circonda la capsula. La borsa caudale del maschio è triloba, ma il lobo dorsale, più piccolo, ci offre nel suo mezzo una leggera insenatura. Già ad occhio nudo si nota che i margini sono coloriti in scuro e ciò è dovuto alla scabrosità di essi spe- cialmente nella superficie esterna. Il maggior spessore che in questi punti acquista la cuticola e forse la maggior fa- cilità di trattenere il colore dei succhi biliari, data la ru- SU DI ALCUNE UNCINARIAE PARASSITE 29 gosità della superficie, fanno ad essa borsa caudale assu- mere quella tinta bruna che facilita la ricerca dei maschi di U. americana in mezzo a molti altri della U. duode- nalis (1). La disposizione delle coste offre anche delle modifi- cazioni: La dorsale infatti è bipartita in tutta la sua lun- ghezza e ciascuna di queste diramazioni è suddivisa in due digitazioni di cui la sola interna, più lunga, raggiunge il margine : le dorso-laterali partono dalla base del tronco dorsale e le coste laterali hanno origine da un tronco unico insieme alla ventrale che è divisa per circa la metà della sua lunghezza. Gli spicoli sono lunghi e sottili. L’estremità caudale della femmina è retta, acuta e manca dell’appen- dice lesiniforme che abbiamo osservata nella U. duodenalis. Molti esemplari di questa specie rinvenni insieme ad altri di U. duodenalis in uno stesso individuo malato di grave anemia all'ospedale di S. Spirito e proveniente dallo stato di S. Paulo (Brasile) dove era rimasto per circa cinque anni, come parecchi altri ne ebbi da un ragazzo proveniente anche egli dal sud-America. 3° Uncinaria canina (Ercolani) (10-11), Sin. Sclerostoma caninum. Ercolani. Dochmius trigonocephalus. Ercolani — Molin — Railliet. Dochmius Balsami. Parona e Grassi. Uncinaria trigonocephala. Railliet. Ankylostomum tubaeforme. von Linstow. La capsula boccale è armata ventralmente di tre denti uncinati convergenti e decrescenti verso la parte. ventrale. (1) Im una recente memoria dal titolo « Esiste in Italia V'U. americana ? » il signor Domenico Isola attribuisce questa colorazione al colore più oscuro delle costole, ciò che, a mio avviso, non mi sembra molto esatto, come anche mi sembra inesatto il dire che in questa specie vi siano due coste di più che non nella U. duodenalis. Secondo il mio modo di vedere il numero resta invariato e la differenza sta solo nella completa bipartizione della costa dorsale. 80 GIULIO ALESSANDRINI Dorsalmente ci presenta due piccoli denti che traspariscono molto chiaramente dietro la cuticola. La borsa caudale del maschio è trilobata, con il lobo mediano ad angolo acuto : essa è sostenuta da undici costole. La costola dorsale è biforcata alla sua estremità e queste biforcazioni, solo in pochi esemplari, fra i numerosi che ho potuto osservare, entrano per tre volte nella lunghezza di essa; nella maggior parte degli individui ho riscontrato sempre una proporzione maggiore; fino a quattro volte. Anche per le digitazioni, in cui ciascuna di queste biforcazioni si divide, ho trovato non costante il numero di tre. Molti esemplari, fra cui quello che mi è servito per il disegno, ne presentano solamente due. La costola ventrale è divisa nel senso della sua lunghezza. L’estremità caudale della femmina è retta, conica, con l'apice leggermente mucronato: l'apertura vulvare, alquanto prominente, trovasi al terzo posteriore del corpo. La lun- shezza varia da 9 a 21 mm. nella femmina; da 9 a 12 mm. nel maschio. | Habitat: Canis familiaris, Canis lupus, Canis vulpes, Canis azarae, Vulpes lagopus, Cynailurus guttatus, Mega- lothis cerdo, Felis domestica etc. etc. i 4 Dopo lUncinaria duodenalis è questa la specie sulla quale si è maggiormente lavorato, sia dal Leuckart per il suo ciclo evolutivo e per la sua parte anatomica, sia da] Parona e Grassi (12). Questi, avendolo riscontrato nel gatto a Rovellasca (Como), lo descrissero come una specie nuova dandogli ìl nome di Dochmius: Balsami. La Uncinariasi che è prodotta da questo parassita è analoga a quella del- luomo, e si manifesta con una anemia lenta, grave e pro- gressiva, la quale termina quasi costantemente con la morte. Questa forma di malattia, che fu osservata, studiata e descritta dal Grassi per i gatti, fu anche riscontrata nei cani, specialmente nei Segugi, dal Trasbot, dal Railliet e dal Megnin (13-14-15), 4° Uncinaria Malayana (n. sp.). Caput cernuum, oblique truncatum ; os ovale limbo in- fero inciso; maxillis duabus, singula bidentata, dente externo valde matiori. Corpus subcilindricum densissime et gracillime striatum ; maris antrorsum, foeminae utrinque sensim attenuatum: extre- mitas anterior papillis duabus conicis oppositis. Caudalis maris bursa terminalis genitalis limbo in lon- gitudinem striato, triloba, lobis lateralibus maioribus, sin- gulum radio maiori quadrifurcato, et lobo dorsali minori rotundato, radio unico in axe apice bifurcato, cruribus bi- partitis, e cujus dimidia parte radii duo laterales oppositi armati ad margines dorsales loborum matorum decurrentes ; penis duplex cruribus longis filiformibus; extremitas caudalis foeminae curvata, conica, apice rotundato ; anus hiatiformis, labio superiori valvulari, ab apice caudali haud remotus; apertura vulvae in posteriori corporis parte tertia : uterus bicornis. Longit: maris 0,012 — 0,015; crass : 0,0005. Idem foem. 0,015 — 0,019; =» 0,0005 — 0,0009. Habitaculum : Helarctos (Ursus) malayanus. Raffles. In in- testino. Il corpo di questa Uncinaria ci si presenta di un co- lorito biancastro, e già ad occhio nudo, dopo che gli esem- plari hanno soggiornato in glicerina per qualche tempo, sì mostra ben netto l’esofago muscoloso, claviforme che occupa la nona parte del corpo. 32 GIULIO ALESSANDRINI La cuticola, molto trasparente, è finissimamente striata nel senso traversale. Im vicinanza della estremità anteriore, e precisamente ad una distanza uguale a 1[18 della lun- ghezza totale del corpo si notano due grosse papille una per lato. Dei quattro denti, di cui è armata la capsula boc- cale nel suo lato ventrale, i due interni sono molto più piccoli degli esterni e si trovano situati all'indietro di essi. L'orificio esterno dell'apertura boccale ha una forma elittica con l'asse maggiore nel senso longitudinale ed è circondato da un bordo cuticolare trasparente, che ci pre- senta un'insenatura nella parte corrispondente alla faccia dorsale, insenatura che lascia scorgere due piccoli denti chitinosi. Nel fondo della capsula, sulla faccia ventrale si vedono molto chiaramente le due lamine faringee, che sono molto robuste ed hanno nel lato maggiore la lun- ghezza di u 88 circa e nel minore quella di u 52. L'esofago, potentemente muscoloso, misura una lun- ghezza di mm. 1 e 172 per una larghezza di v 179. Questo, dopo aver racchiuso nella sua parte anteriore il fondo della capsula boccale, subisce un restringimento a guisa di collo per poi tornarsi a rigonfiare leggermente nella sua parte inferiore (posteriore). Termina, come nelle altre uncinarie, con una valvola a tre lobi, ciascuno dei quali ci si pre- senta conformato a nido di rondine. Lateralmente ad esso, specialmente se il parassita è veduto dalla faccia dorsale, appariscono molto manifeste le due glandole cefaliche, che vanno ad aprirsi nella bocca. Sviluppate ed anche ben ma- nifeste sono le glandole cervicali, diverse per lunghezza : la sinistra più lunga della destra. L’intestino è rettilineo e termina in un retto corto e stretto nella femmina, e sbocca nella cloaca nelmaschio. L'apparato riproduttore di questo si compone, come nell’U. duodenalis, di due canali testi- colari che cominciano con un fondo cieco e, dopo nume- SU DI ALCUNE UNCINARIAE PARASSITE 33 rose circonvoluzioni, sboccano in una vescicola seminale, la quale poi termina con un canale ciaculatore, che mette nella cloaca. Gli spicoli si vedono benissimo per traspa- renza, sono serpeggianti ed occupano una lunghezza di quasi tre millimetri. L’orificio cloacale è abbastanza com- plicato ; l’idea esatta non possiamo averla che dalla figura. La fessura, a guisa di sonda scanalata, è limitata da due eminenze mammellonate lateralmente, e, nella parte po- steriore, da sei papille, delle quali due più grandi coniche, con l'apice rivolto in avanti, due laterali digitiformi rivolte all’infuori ed altre due più piccole fra queste. Credo che la funzione di queste appendici sia quella di tenere diva- ricata la fessura vulvare all’epoca dell’accoppiamento ed agevolare la penetrazione degli spicoli in vagina. La borsa Copulatrice ci offre tre lobi, di cui il mediano è più pic- colo, rotondeggiante e, data la grandezza della borsa, poco manifesto. La costa dorsale è biforcata alla sua estremità e ciascuna biforcazione termina con due digitazioni. Dalla metà circa della sua lunghezza partono le coste dorso-la- terali: la seconda, terza e quarta costa laterale partono da un tronco comune, dalla base del quale ne parte una quinta che, divisa in quasi tutta la sua lunghezza, sostiene il mar- gine ventrale della borsa: ogni costola termina con una piccola papilla a brevissima distanza dal margine della borsa stessa. Gli organi genitali femminili non ci presen- tano nulla di rimarchevole e non differiscono, meno che per la lunghezza, da quelle delle altre Uncinarie. Gli esemplari che mi sono serviti per lo studio furono trovati nell'intestino di un orso, morto in un serraglio qui in Roma, dal mio egregio amico prof. Mario Condorelli Francaviglia. gli, con molta cortesia volle cederne a me lo studio, e di questa gentilezza sento il dovere di render- gliene ringraziamenti. Bollett. della Società Zoologica. Vol. VI; fase. I, II, IIIL 3. Br: GIULIO ALESSANDRINI 5° Uncinaria Pluridentata (n sp.) Caput cernuum, galeatum, oblique truncatum; os amptum circulare, limbo diafano sex dentato; maxillis duabus, sin- gula bidentata, dente externo matiori. Corpus subcilindricum densissime transversim striatum, maris antrorsum, foeminae utrimque attenuatum. Caudalis maris bursa terminalis geni- talis triloba, lobis lateralibus maioribus, singulum radio matiori quadrifurcato, et lobo dorsali minori conico, radio unico in ave apice bifurcato, cruribus bipartitis e cuius basi radii duo laterales oppositi ad margines dorsales loborum maiorum decurrentes. Penis duplex cruribus longis filifor- mibus; extremitas caudalis foeminae recta acute conica, apice papillato. Anus hiatiformis, labio superiori brevi valvulari ab apice caudali haud remotus. Apertura vulvae in tertia posterioris corporis parte prominula ; uterus bicornis. Longit. maris 0,006. — 0,008 crass: 0,0002 = foem 0,0065 — 0,009 crass: 0,0006. Habitaculum : Oncotdes (Felis) mitis. Erxleb. — San Paulo (Brasilia). Questa piccola Uncinaria, che ebbe la cortesia di in- viarmi da San Paulo (Brasile) il dottor Adolfo Lutz, si riscontra nell'intestino del Felis mitis. Riguardata al mi- croscopio, ci colpiscono subito le particolarità che le sono proprie, specialmente per quel che riguarda la capsula boccale. Questa, dalla parte ventrale ci presenta la cuti- cola risonfiata in. modo da sembrare un elmo, sostenuto nell'interno da uno spicolo chitinoso. Essa, circondando la apertura boccale, assume una forma ellittica con l’asse maggiore nel senso longitudinale, e fa trasparire al.disotto, nella metà dorsale, sei piccoli denti unciniformi, tre per parte, simmetricamente disposti. Degli altri quattro denti, SU DI ALCUNE UNCINARIAE PARASSITE 39 che esistono nella parte ventrale della capsula, due, gli esterni, sono molto robusti, mentre gli altri due, interni, sono piccolissimi, quasi rudimentali. | La cuticola, molto trasparente, è fortemente striata nel senso trasversale ; nella parte anteriore del corpo si notano le due papille che in proporzione della grandezza del verme sono molto sviluppate. L'esofago ha una lunghezza massima di w 700, per una larghezza di w 179 ed è, proporzionatamente alla mole del corpo, robustissimo. Nell'insieme è piuttosto piriforme che claviforme. Anche qui notiamo nel suo orificio poste- riore la valvola trilobata: come pure manifeste sono le glandole cefaliche e quelle cervicali. Di queste la sinistra è più lunga e termina a 11722 mm. circa (1657 &) dall’estre- mità cefalica. Esse sono molto piccole e strette misurando appena v 52 nel punto massimo della loro larghezza: il loro canale escretore è molto lungo e sottile. L’intestino rettilineo della femmina termina in un retto corto stretto ed ampolliforme; nel maschio sbocca nell'ampia cloaca. L'apparato riproduttore maschile si estende fin quas alla glandola cervicale di sinistra; i tubi testicolari hanno numerose circonvoluzioni che non ravvolgono completa- mente l’intestino, terminano in una vescicola seminale lunga 4 790 e larga w 140, la quale sbocca in un canale eiaculatore molto grande e robustamente striato, almeno nella parte superiore, nel senso trasversale. Gli spicoli oc- cupano nell’interno del corpo una lunghezza di u 960. L'’orificio cloacale è compreso esternamente fra due emi- nenze mammellonate, munite di una papilla ciascuna. Dei 8 lobi della borsa copulatrice il mediano, più piccolo, è conico. La costa dorsale è biforcata alla sua estremità e ciascuna biforcazione termina con due digitazioni. Dalla 36 GIULIO ALESSANDRINI base di essa partono le prime due coste laterali che si portano, seguendo un’ampia curva, fino presso ai margini dei lobi maggiori: la seconda, terza e quarta costa late- rale partono da un tronco unico e si mantengono molto ravvicinate per tutta Ja loro lunghezza: la quinta, che si stacca dalla base di quello, si dirige al margine ventrale della borsa stessa. Anche in questa specie tutte le costole terminano con delle piccole papille. L'apparato genitale femminile è enormemente svilup- pato in proporzione della piccolezza dell'animale. Le cir- convoluzioni ovariche ed uterine intrecciandosi in vario senso fra di loro, occupano la cavità del celoma dall’e- sofago fino in prossimità dell'apertura anale. Le uova, che in esso si contengono, sono grosse e misurano circa DI 52 ps Ra DI. Le corna uterine anteriore e posteriore, dopo essersi rigonfiate ad ampolla ed aver subito 3 o 4 piccoli stroz- zamenti, sboccano in una vagina breve ma larga. Il colo- rito generale del verme è bianco latteo. 6° Uncinaria Cernua (Creplin) (16), Sin. Strongylus cernuus Creplin. Monodontuas Wedlii — Molin. Dochmius cernuus — Baillet. Uncinaria cernua — Railliet. Il corpo di questo parassita dei ruminanti (pecora, capriolo, camoscio) è di un colorito giallastro o rosso- giallastro e si distingue dalle altre specie del genere per avere un dente stiloideo, che, partendo dal faringe, si di- rige sul lato dorsale verso il bordo libero della bocca, in guisa da sporgere appena dalla incisura della cuticola che limita l'apertura boccale. Sul fondo della capsula boccale, in prossimità dell’apertura faringea, si notano 4 denti, due Mes - SU DI ALCUNE UNCINARIAE PARASSITE 87 situati sul lato ventrale e due lateralmente. Altra caratte- ristica è data dal lembo trasparente che circonda la cap- sula, sostenuto, secondo il Molin (17) da 3 costole cornee per lato, o da 6 papille boccali, come le chiamano il Curtice (18) ed il Railliet. A me sembra che non si tratti precisamente nè ‘di costole cornee nè di papille, ma che i tre spessimenti che si notano a guisa di festoni intorno all'apertura boc- cale, altro non siano che dei muscoli capaci di far chiu- dere la bocca, come una borsa di tabacco. Dalla parte ventrale di essa, notiamo a guisa della U. Stenocephala e della U. Criniformis, due lamine chitinose a margine ar- rotondate che terminano sul davanti con un robusto dente ricurvo ad uncino. L'esofago è lungo ed appena claviforme e misura da u 1100 a « 1300. La borsa caudale del maschio è conformata diversa- mente da quanto si osserva nelle altre Uncinarie. Non ho potuto scorgere dei lobi; invece, sia dallato dorsale, come da quello ventrale, notiamo due ripiegature verso l'interno; e questo spiega il perchè la borsa profonda ed infundibuli- forme non si può, come dice il Railliet, distendere senza lacerarsi. Le costole che la sorreggono non mi sono sem- brate asimetriche, ad eccezione della dorso-laterale di si- nistra, la quale non parte dallo stesso punto donde si stacca quella dorso-laterale di destra, ma alla base ed origine del tronco comune dorsale. Più che una dettagliata spiegazione varrà a darne l’idea la figura che ho voluto rappresentare. Le costole ventrali sono divise in quasi tutta la loro lunghezza. L'apertura genitale della femmina prominente è di poco anteriore alla metà del corpo. Estremità caudale di essa, retta, conica, coll’apice leggermente ottuso. Lunghezza del maschio da 13 a 1$ millimetri. ld (04) + _— > si co i. Mg —_ ; "95 n > 2, = i = _— RR fo Lunghezza della femmina da 17 a 20 millimetri. 7° Uncinaria radiata (Rudolphi) (19) Sin. Strongylus radiatus — Rul. (ex parte). Strongylus radiatus — Schneider. Uncinaria radiata — Railliet. Parassita dei bovini, è molto simile alla U. Cernua, solamente è più grande, e di colorito più oscuro. La capsula boccale ci offre delle differenze notevoli il lembo trasparente di essa è anche in questa specie raffor- zato da ispessimenti della cuticola (tre per lato). Nel fondo della capsula poi notiamo un dente stiloideo, che si dirige verso la faccia dorsale e termina con una punta acuminata a guisa di aculeo. Il margine ventrale poi è armato delle due caratteristiche lamine chitinose a margine arrotondato, come nelle altre specie. Il fondo della capsula è anche esso guarnito di denti o lamine chitinose, disposte due a due, sulle pareti ventrale e laterale di essa. Gli esemplari che mi sono pervenuti, probabilmente fissati in acido o- smico, divenuti opachi, non mi hanno permesso di osser- vare e studiare gli organi interni; fra essi non ho rinve- nuto alcun maschio : però dalle descrizioni degli autori, la borsa terminale di questo è simile a quella della U. cernua. La terminazione caudale della femmina è lunga conica, senza spicolo terminale. Sul modo come questa specie, insieme alla precedente, si attacchi alle pareti dell'intestino dei rispettivi ospiti, il Rizzo (29) ha pubblicato un diligente lavoro le cui conclu- sioni sono le seguenti : Che esse si attaccano alla parete intestinale formando nell'interno della bocca delle clave di aspirazione, la quale viene esercitata mercè la dilatazione dell'esofago. Attorno al punto di adesione si stabilisce una reazione infiammatoria E IT PE IU E I VE rn dn CAPPOTTO 2 i stern seit e SU DI ALCUNE UNCINARIAE PARASSITE 39 non molto notevole, nè molto estesa. Le lesioni prodotte dall U. radiata sono più gravi di quella della U. Cernua. E ciò, a mio avviso, è facilmente spiegabile quando si ha presente la maggiore complicazione dell'armatura boccale di quella. 8° Uncinaria Sangeri (Cobbold.) (21) Quattro individui di questa specie furono da me rin- venuti in mezzo agli esemplari di U. os papillatum, che mi furono inviati dal Piana. È forse l'Uncinaria più grande che si conosca. Vive parassita nell'intestino dell'elefante indiano. Ed un fatto ci colpisce subito, quello di presentarci la estremità anteriore e posteriore assottigliata tanto nel maschio che nella femmina. Infatti la borsa caudale di quello, pure essendo trilobata, è molto piccola in propor- zione del corpo. La costola dorsale è divisa in tutta la sua lunghezza e, delle due appendici digitiformi nelle quali termina l'apice, l'esterna è quasi rudimentale. Le dorso-laterali si staccano da un tronco comune con la dorsale e si dirigono ai lobi laterali, terminando a guisa di leggera clava. Le costole laterali in numero di 3 cor- rono unite in quasi tutta la lunghezza, e la ventrale è di- visa. La terminazione caudale della femmina è molto allungata e finisce con uno spicolo piccolissimo. L'apertura vulvare sì apre a circa la metà del corpo. Abbastanza complicata è la struttura della capsula boccale. Dal lato ventrale si notano due lamine chitinose, che terminano in forma di dente. Sullo stesso lato ventrale, ma a partire dal fondo della capsula, 4 lamine chitinose a margini taglienti ed estremità molto acuminata, si dirigono in alto, mentre due 4O GIULIO ALESSANDRINI altre, pure che si dirigono in alto, seguono il bordo dor- sale della capsula stessa : sicchè nel complesso noi vediamo il fondo della capsula armato internamente di 6 lamine molto lunghe, che arrivano fin quasi al bordo libero di essa. Il faringe è molto ristretto come anche allungato e ri- stretto è l’esofago. Lunghezza del maschio da 15 a 20 millimetri. Lunghezza della femmina da 18 a 25 millimetri. 9° Uncinaria os-papillatum Piana. Gli esemplari dei quali mi sono servito per lo studio mi furono gentilmente inviati dal Prof. Piana, che per. primo ha descritto questa nuova specie di Strongilide, pa- ‘assita di una elefantessa. La minuta ed esatta descrizione che ne - fa l’autore mi dispensa d’intrattenermi a lungo su questo verme; ma la visione stereoscopica che ho fatto di esso mi ha messo in rilievo alcune particolarità che, più di una descrizione sono messe in chiaro dalle figure, L'apertura boccale a guisa di una fessura crateriforme, è limitata lateralmente da due bordi ottusi che ci offrono alla sommità non 4 papille, come ha osservato il Piana, ma 6, disposte simmetricamente su due linee parallele. Dal lato dorsale poi questa fessura è limitata da un rigonfia- mento traversale della cuticola, che viene a costituire quasi un menio. i due tubi testicolari sboccano in una vescicola semi- nale, che è divisa in due nel senso trasversale da uno strozzamento molto evidente, ed essa per uno stretto ca- nale comunica con un deferente dilatato, il quale, dopo aver percorso tn piccolo tratto di circa u 780, descrive un’ansa ascendente ed al livello della sua origine sì ri- pi ii ie SU DI ALCUNE UNCINARIAE PARASSITE 41 piesa nuovamente in basso per seguire poi l'intestino in tutto il resto della sua lunghezza. Per gli altri caratteri e per quanto riguarda le misure tanto del maschio come della femmina, mi riporto com- pletamente al lavoro del Piana (22). 11. Uncinaria criniformis (Goeze) (23). Sin. Ascaris criniformis Goeze. Strongylus melis Miiller. Uncinaria melis Fròhlich, Gmelin. Strongylus criniformis Rudolphi. Dochmius criniformis Dujardin. Molin. L’aver avuto a disposizione migliaia di esemplari di questa specie mi ha permesso di poterne fare uno siudio accurato. La capsula boccale ci offre nella sua parte ventrale due lamine chitincse a margini arrotondati, che terminano allo innanzi con un robusto dente ricurvo ad uncino. Appartiene questa specie in una parcla al secondo gruppo in cui ho voluto dividere le Uncinarie, ciò che si vede chiaramente dalla tavola sinottica che ho aggiunto a queste descrizioni. L'esofaro è molto sviluppato, manifestamente clavi- forme. La borsa genitale del maschio è triloba, ma il lobo mediano è molto piccolo ed il suo margine non è continuo ; poichè ci presenta due piccole irsenature lateralmente alle digitazioni della costola dorsale; da questa, invece che biforcazione partono direttamente da otto a dieci digita- zioni in guisa da darle l’aspetto di una frangia. Delle altre quattro costole, che partono dal tronco unico, l’ultima, la ventrale, è divisa. 42 GIULIO ALESSANDRINI Gili spicoli proporzionatamente alla mole del corpo sono molto robusti e lunghi w 630. L'estremità caudale della femmina è lesiniforme e lo spicolo, che vediamo alla sua estremità, è molto allungato, acutissimo ed in alcuni esemplari l'ho veduto raggiungere la misura di w 35. L'apertura anale è lontana dall’apice caudale e quella genitale della femmina è prominente e distante due set- timi della lunghezza del corpo dall’estremità caudale. La cloaca sbocca all’ esterno sopra una papilla rondeggiante circondata da quattro papille minori. Lunghezza del maschio da 5 a 7 millimetri. Lunghezza della femmina da 6 a 9 millimetri. Habitat. Nell’intestino del Meles taxus. Ho avuto occasione di far ricerca di questo parassita in molti tassi che S. M. il Re ha donato al Museo Zoolo- gico della R. Università; in ogni tasso ho trovato sempre un numero straordinario di parassiti, fino a circa un mi- gliaio per ogni individuo. Anche in questo mammifero, come fu riscontrato nei gatti, questa Uncinaria produce senza dubbio una forma di grave anemia, che si manifesta sopratutto con la palli- dezza e flaccidezza di tutti i muscoli. Il ventre era enor- memente rigonfiato per i gas anormali che si erano svi- luppati nelle anse intestinali. Qua e là nello intestino tenue riscontrai abbondanti picchiettature emorragiche. 12° Uncinaria boae (Blanchard). Questa Uncinaria fu descritta dal Blanchard nel 1886 (24), e da allora, che io mi sappia, nessun altro l’ha riscontrata. Lo scorso anno, essendomi capitato un Boa imperator, proveniente dal Brasile, nel ricercare nel suo intestino i SU DI ALCUNE UNCIKARIAE PARASSITE 43 parassiti, oltre ad innumerevoli e grandi esemplari di Po- rocephalus (Linguatula) rinvenni anche sette individui di questa Uncinaria. Un fatto che mi ha colpito, osservando questa specie, è la sottigliezza e fragilità della sua cuticola; quasi tutti gli esemplari che ho esaminato, compresi quelli inviatimi gentilmente dal Blanchard, sono rotti e gli organi interni fanno ernia al di fuori. Il carattere che principalmente colpisce è quello di avere la bocca armata da quattro denti ad uncino (i due interni poco più grandi) sostenuti e rafforzati dagli spessimenti chitinosi che si prolungano in tutta la parte ventrale della capsula boccale, fino al fondo di essa. Questo non è im- butiforme come nelle altre specie del genere, ma è largo ed appiattito, in guisa da dare allo insieme della caspula boccale un aspetto campanuliforme, con la parte più larga verso l’esofago. Il quale è robusto, tozzo e molto dilatato nella porzione anteriore e posteriore. Le sue misure, prese su tutti gli esemplari, non corrispondono precisamente a quelle che dà il Blanchard (mm. 0.454 X 0.180) avendo io osser- vato una media di mm. 0.455 X 0.280. Le due glandole cervicali sono enormemente sviluppate ed occupano quasi tutta la lunghezza del corpo, arrivando nel maschio fino alla vescicola seminale e oltrepassando nella femmina l'apertura vulvare. L'apparato genitale maschile è rappresentato da un cor- tissimo tubo testicolare, da una vescicola seminale allungata che misura mm. 0.350 X 0.175, e da un deferente largo e molto sviluppato. La vulva, situata nella parte poste- riore del corpo fra i 54 e i 467100 posteriori comunica con una vagina stretta e corta nella quale sboccano due uteri ampolliformi ripieni di uova. Essi sono diretti uno verso dl il lato anteriore, l’altro verso quello posteriore. I tubi ova- rici sono molto brevi e poco circonvoluti. La borsa copulatrice del maschio e la terminazione caudale della femmina, nonchè le dimensioni, nulla mi han presentato di diverso da quanto dice il Blanchard. La grandezza ernorme delle glandole cervicali, data la funzione che ho voluto attribuir loro, starebbe, secondo il mio modo di pensare, in relazîione diretta con la maggiore resistenza vitale che offrono i rettili in confronto dei mam- miferi. (1) Specie non osservate : 13° Uncinaria bidens (Molin) Parassita del Procyon cancrivorus, fa descritta nel 1861 dal Molin. Non ho avuto nessun esemplare di questa specie. La sola descrizione latina fatta dall'autore e l'assoluta man- canza di figure m’impediscono di darne un cenno. Per cui mi riporto al lavoro del Molin stesso. 14° Uncinaria perniciosa (von Linstow) Per questa specie non posso che ripetere quanto ho detto per la precedente. (1) Vedi: G. ALESSANDRINI. Sulla patogenesi dell’Anemia da Anchylostoma : Policlinico, vol. XI, M.. 1904. SU DI ALCUNE UNCINARIAE PARASSITE Tavola comparativa delle specie descritte. f faringe imbutiforme - borsa caudale con 11 co- ; stole - terminazione caudale della femmina corta mucronata . 9 ; faringe dilatata posteriormente - “bors sa caudale del maschio con 15 costole - terminazione cau- dale della femmina lunga . denti uguali o quasi . : | in numero di 2 per lato *. . margine boccale inerme - Coste dorso-laterali che partono a metà della costa dorsale - Estre- mità caudale della femmina corta e tozza ; margine boccale armato da 6 dentini chitinosi - non sa caudale del maschio con 11 costole, le ventrali divise nella loro lunghezza - Estre- mità caudale della femmina retta, SO lato ventrale della capsula dente interno molto più piccolo . armato di denti in numero di 3 per lato . : : i ; 3 i È , y : î A i con 4 lancette o denti - terminazione caudale dente stiloideo al | coste dorso-laterali ineguali - fon- della femmina corta conica : lato dorsale do della capsula boccale . ic 6 lancette o denti - terminazione caudale della capsula - della femmina lunga conica : 3 borsa caudale - del maschio lobo dorsale della borsa caudale del maschio leg- con . . coste dorso-laterali uguali germente diviso in due - terminazione au LE femmina retta, acuta 3 è A i UNCINARIA armato . i ; S ? ; 3 E ; 5 1 ) ; } , z ; lato ventrale della capsula con lamine chi- tinose a mar- gine arroton- dato che termi- nano con dente ad uncino . , margine boccale con papille - costa dorsale della borsa caudale Gen. Assenza di dente stiloideo - fon- do della capsu- a boccale ghezza - terminazione caudale della femmina molto allungata e mu- cronata’ ©. 3 E 3 i È : ° i 3 i ; È i divisa per circa metà della sua lunghezza - ter- margine boccale senza minazione caudale della femmina corta ad a- papille - costa dorsale pice arrotondato e mucronato . ; , della borsa caudale ) divisa all'apice con semplici digitazioni - termi del maschio — .. . nazione caudale della femmina sottile ad apice “acuto mucronato : IREFAARE, PESTO i U. duodenatlis U. boae U. malayana U. pluridentata U. canina U. cernua U, radiata U. americana U. Sangeri ui 0SS papillatum U. stenocephala U. crinifo 1 16. 24. GIULIO ALESSANDRINI BIBLIOGRAFIA. . DUBINI. — Nuovo verme dell'intestino umano. Annali unir. di medicina vol. 106, pag. 5-13. Milano, 1843. SIEBOLD. — Ein Beitrag z. Helminthographia humana. Zeitschr. f. wiss. Z00- log. IV, 1852, pag. 59. PRUNER. — Die Krantkheiten des Orients, 1847, pag. 244. 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Borsa caudale del maschio di U. duodenalis vista dal lato dor- sale (stereoscopica). ‘» 13. Borsa caudale del maschio di U. duodenalis vista di faccia (ste- reoscopica). » 14. Borsa caudale del maschio di U. duodenalis (apertura cloacale). » 15. Vagina ed utero di U. duodenalis. » 16. Borsa caudale del maschio di U. americana (stereoscopica). TAVOLA II—> Fig. L Uncinaria malayana vista di faccia. » 2: TOI » vista di lato. » Di » » borsa caudale del maschio (stereoscopica). » 4, » » apertura cloacale del maschio. » D. » » terminazione caudale della femmina. » 6. Uncinaria canina vista di faccia. » 7. Uncinaria pluridentata vista di faccia. » 8. » » vista di lato. » 9. » » apertura cloacale del maschio. sr 10. » » terminazione caudale della femmina. » 11 Uncinaria stenocephala vista di faccia. » 12: » » vista di lato. >» 13. Uncinaria criniformis vista di faccia. 4S GIULIO ALESSANDRINI TAVOLA III 1. Uncinaria cernua vista di faccia. » DE » » borsa caudale del maschio. » 3. Uncinaria radiata vista di lato. » 4, » » terminazione caudale della femmina. » o. Uncinaria Sangeri vista di lato. » 0. » » vista di faccia, » 7A » » borsa caudale del maschio. » S. Uncinaria os-papillatum vista di faccia. » DI » » vista di lato. i 10 do » apparato genitale del maschio. » 11 Uncinaria boa vista di faccia. di Ea » » terminazione caudale della femmina. Sia 3 » > borsa caudale del maschio. TAVOLA IV? Figure schematiche rappresentanti le varie disposizioni delle coste nelle borse caudali maschili delle specie seguenti : Fig. 1. Uncinaria duodenalis. » DI » americana. » di » canina. » 4, » malayana. » xi » pluridentata. » 6. » cernua e U. radiata. » 7458 » Sangert. » 8. » os papillatum. » 9. » stenocephala. ng (O) » criniformis. » 15; » boae. _n—_—rT——*T—--*—-—-<—-<—-<—- ATZORI a re eta si U (IT DI (= n3 a) ncinarias ] f No) (co) DI > >< (S| 2 G < ta=] (= CR Ko) ri T=: © Lan] (È) © vI 3 n = CO Ù of Compa Za0'ogy Tag £ ® LI Lar \ IVA se 8 OCT_10 1945 Uncinariae i pa pe TT ca ira er AE È E) SUI ca ITA qT hi Were LE LICCI iii o GIU Il i 2 Der Bollett. Soc. Zool. Italiana. Anno XIV.1905. G.Alessandrini dis. sui QU DMI DIRI reerlenionienim (e asino tond III n Si (sl (i Sh MUMUMIMONI » Tn OCT 10 1949 al ibi >) ” I incina | \/ G.Alessandrini dis. 905 4 | ‘0 Bollett Soc. Zool. Italiana Anno X!V Uncinariae Botlett Soc. Zool Italiana Anno XIV 1905. G. Alessandrini dis. - x e» LI i ros n be È Ù Ù " EI. GSi Po x gno Le è, £ x x ll . . % ) ì | 4 < n A Pi pae PIA a I È ia ò - © >= | S REA A pa » Si - PAIA a n gr de Istituto ZooLocico DELLA R. UNIvERSITÀ DI Roma diretto dal Prot. A. CARRUCCIO n storia € | Corologia dell'UNCINARIA Comunicazione fattu alla Società Zoologica Italiana dal Prof. GIULIO ALESSANDRINI La estesa bibliografia ci dimostra chiaramente quanto sia stato studiato il parassita, di cui noi ci stiamo occu- pando, e più o meno appaiono chiaramente anche le varie regioni ove esso fu riscontrato. Ritengo quindi superfluo fare qui una lunga storia su di esso e una dettagliata esposizione sulla sua distribuzione geografica. Per brevità di tempo ad imitazione di quanto fecero lo Zinn e lo Jacoby (1) preferisco invece raccogliere in un quadro sinottico quanto riguarda la parte storica. s S | Anno Autori più importanti Fatti più notevoli ui I 1838 Dubini Scoperta dell’Anchylostoma. II 1847-54 | Pruner, Bilharz, Grie- | L’Anchyl. è la causa della clorosi | singer. d’Egitto. III 1860 Wucherer Scopre l’Anchyl. a Bahia (Brasile) e lo ritiene come causa della clorosi tropicale (tun-tun, hypo- hemia intertropicale, opilacao). IV 1878 Parona, Grassi, Bozzolo, | L’Anchyl. è causa dell’anemia dei Graziadei, Sonsino, ecc. fornaciai (Anchilostomiasi, an- chilostomo-anemia). La sua pre- senza si rileva dalla presenza delle uova nelle feci. (1) Zixn unD JacoBy: Ankylostomun duodenale. Uber seine geographische Verbreitung und seine Bedeutung fiir die Patologie. Leipzig 1898. Bollett. della Società Zoologica, Vol. VI, Fase. I, II, II 4. TY E °° 30 GIULIO ALESSANDRINI ar: - _ —_ = nec = =nace no (x) » uo . . DO . o | Enuo | Autori più importanti Fatti più notevoli Lu ‘ \ 1880 Perroncito, Bozzolo, Pa- | L’Anchyl. è la causa dell’ anemia gliani, Concato, ecc. negli operai del Gottardo. VI 1881 Perroncito, Fabre, Riem- | L’Anchyl]. è una delle principali | bault, ecc. cause dell’ anemia dei minatori. VII 1882 Leichtenstern, Menche L’anemia dei fornaciai in Germa- | nia è prodotta dall’Anchylostoma. VIII :1882eseg.| Bd/7, Stammeshaus Kyn- | L’Anchyl. compare nell'Asia (Giap- sey, Mac Connelz Hogg, pone, Indie, Assam, Ceylon) e | Below, Hughes, Walker, ! nell’Australia. ecc. IX 1889 Zinn e Jacoby L’Anchyl. è di regolare presenza nella Nuova Guinea, Africa o- rientale ed occidentale, Natal; Transvaal. X 1903 Stiles, Smith, Craig, Sto- | L’Anchyl. è frequente nell’ Ame- 9 chkmann rica del Nord. (Texas, Stati U- niti) e sì rinviene anche in Sco- ZIA La distribuzione del parassita nelle cinque parti del mondo è quindi la seguente: Europa. — È comune in Austria-Ungheria (Leoben, Trifail, Koflach, Franzdorf, Schemnitz, Kremnitz, Brenne- berg, Funfkirchen, Reschitza, Amina); Svizzera. — (Schwytz, Basilea, Berna, Losanna, Zurigo.) Francia. — (Lione, Saint Etienne, Commentry, Valen- ciennes, Anzin); Belgio. — (Liège, Bergen); Olanda. — (Rackhein, Sittard); Germania.— (Bonn, Colonia, Wurzburg, Berlino, Kosen, Sollingen, Aquisgrana, Bardenberg, Mengede, Dortmund, Bochum, Essen, Castrop); Scozia. — (Contea di Lanark); Inghilterra. — (Cornovaglia). In Italia, ove fu scoperto la prima volta, è stato se- gnalato in quasi tutte le sue provincie, però, al presente è la Sicilia che si può dire maggiormente infetta ; non manca per altro che qualche nuovo caso venga di quando in quando a rivelarci nuovi centri di infezione, come ad - 3" Re Glen e e DICA AO E. TINI E TI INI STAI VEE NERI TANTA esempio quello recentissimo del circondario di Conegliano. Per quel che riguarda la provincia di Roma può dirsi con sicurezza che essa ne è del tutto immune. I casi illu- strati dal Marchiafava e dal Bastianelli, come quelli ri- scontrati dal Bignami e dall’Angelini, dallo Schilpfer e De Rossi e da altri, si riferivano a persone tutte prove- nienti da luoghi ove la malattia era straordinariamente diffusa. Non è stato fino ad ora registrato alcun caso in persona che non si sia mai allontanata dalla provincia. Asia. — Tutta la vasta regione dell’India è stata tro- vata infetta, compreso lo Stato di Travancore e l’isola di Ceylon. A Madras, a Calcutta e in tutta la vasta regione del Bengala è comunissimo, come pure è comune. nella Birmania, Tonchino e Cocincina. L’ arcipelago Malese con le isole di Giava e Borneo, quello delle Molucche e delle Filippine non sono per certo immuni. Fino ad ora non si hanno notizie del nord dell'Asia, se si eccettuano i casi descritti a Tokio e Kioto nel Giappone. Africa. —- Per tutto l'Egitto anche per tutta la Tunisia (specialmente per le città di Tunisi, Cabes, e (Gafsa) si hanno molte e precise notizie. La sua presenza fu constatata nella Senegambia, nella Sierra Leona e in tutte le regioni che si trovano nel golfo di Guinea. Si rinvenne a Togo, Kamerun, Congo, Tran- swaal, Natal, nella parte settentrionale del Madagascar, nel - l’Arcipelago delle Comorre e nell’Isola Maurizio. Lo Zan- zibar, tutta la regione al sud del lago Nyanza (Kilimand- giaro) e l’Abissinia furono tutte trovate infette. America. — L'America meridionale si può considerare completamente funestata dal parassita. Non si conoscono casi nell’Equatore, nel Chili, nel Paraguay. Nell’America cen- trale si riscontrò nel Messico e Costa Rica, come pure nelle isole di Santa Lucia e Giamaica. L'America settentrionale fino al 1902 ci segnalava come centri d’infezione gli Stati di Alabama Georgia e Luisiana: ora però vi è un dilaga- mento progressivo e continuo e casi ne furono descritti dallo Smith e dal Craig nel Texas. Oceania. — Si rinvenne nel Queesland, neila Nuova 52 GIULIO ALESSANDRINI Guinea e nelle Isole Fidji, Hawaji e nelle altre del gruppo delle Sandwich. Da ciò risulta che l’Anchylostoma vive nella Zona calda ed in quella temperata e la sua distribuzione geo- grafica fino a qualche tempo fa era compresa fra il 52° la- titud. nord, ed il 35°-40° latitud. sud. Questo però non toglie che esso viva bene anche in paesi nei quali, seb- bene compresi fra questi paralleli, la temperatura non è davvero nè calda nè temperata e che di quando in quando nuovi casi vengono descritti, i quali tendono a dimostrare il suo propagarsi continuo e l’estendersi anche in paesi, che si avvicinano alle regioni artiche. Infatti, se fino ad ora si riteneva come limite setten- trionale la latitudine di Berlino (52°), lo Stokmann lo rin- viene in Iscozia (57°) e non mi meraviglierebbe punto che fra poco da Pietroburgo, ove, fattane ricerca su 600 indi- vidui, nessuno fu trovato infetto, oppure da Arcangelo giungesse qualche lavoro a dimostrare che là infierisce l’Anchilostomo-anemia. Ritengo quindi che l Anchilostoma abbia un potere di diffusione e di adattamento straordi- nario. La ragione della immunità di alcune regioni fu attri- buita alle differenze di abitudine e di vitto degli abitanti; ma, se ciò può avere un certo valore quando si parago- nino fra loro le nazioni civili con le incivili, non ne ha più alcuno quando si confrontino quelle regioni in cui la civiltà ha fatto più o meno gli stessi progressi. Perchè, ad esempio, la Spagna è considerata immune, mentre la vicina Francia ci offre tanti centri di infezione? Perchè il Marocco non ci ha segnalato mai la presenza del parassita, che è così frequente nella Tunisia? Fra queste nazioni mancano forse rapporti e scambi commerciali ? Le loro abitudini non sono pressochè uguali? E come spiegare l'immunità che godrebbero nell’A- merica meridionale il Paraguay. il Chilì, l’Equatore, re- STORIA È COROGRAFIA DELL’UNCINARIA. 53 gioni che sono completamente circondate da altre, nelle quali il parassita, riconosciuto dai Wucherer nel 1866, mie- teva vittime da tempo immemorabile? È forse la natura del suolo o degli abitanti che ci offre condizioni così spe- ciali da non permettere ad esso di attecchirvi o svilupparsi ? Credo di no. Forse non fu rinvenuto solo perchè non fu ben ricercato. Distribuzione geografica dell’Ankylostoma in Italia ed autori che ne descrissero i casi Provincia DI Torino: Torino, Bozzolo, Graziadei — Corio, Fiori — Garignano, Perroncito — Chieri, Audenino — Ri- varolo Canavese, Perroncito. Provincia DI Novara : Vercelli, Poletti — Stroppiano, Vaccino. PRroviNcIA DI ALESSANDRIA : Alessandria, Figini — Asti, Perroncito. Provincia DI Mirano : Milano, Dubini, Sangalli — Va- rese, Parona E. -- Monza, Polatti V. — Vedano, Vareggi. Provincia DI BeRGAMO : Bergamo, Tosatto, Maj, Cre- magnari. - Provincia DI Brescia : Brescia, Tosatto — Pisone, To- satto. Provincia DI Pavia: Pavia, Sangalli, Grassi e Parona, Ciniselli, Rampoldi — Garlasio, Scottini, Rampoldi — Ca- scina Barona, Grassi — Parona, Bonuzzi. ProviIncIA DI CREMONA : Cremona, Salomoni. Provincia pi Mantova : Mantova, Perroncito. Provincia DI VERONA : Verona, Bonuzzi, Parisi, Boni- vari — Belfiore Veronese, Bonuzzi. Provincia DI Papova: Padova, Borgherini, Pennato, Arslan — Volta Barozzo, Pennato, Romaro — Villavova, Arslan. Provincia DI Upine : Udine, Chiaruttini, Pennato. . Provincia DI Venezia : Santa Maria di Sala, Arslan — Pianiga, Arslan. Provincia DI GeNova: Genova, Minaglia, De Renzi, Abbamonti e Cipollone. 32 POLIA Et mr Provincia DI PARMA: Parma, Canali e Riva — Polesine, . Cattani. Provincia DI ReGGIO EMILIA : Reggio, Pistoni. Provincia DI MopENA: Modena, Foà, Boccolari, Monari. Provincia DI BoLogna : Bologna, Mazzotti. Provincia pi Ferrara: Ferrara, Minerbi. ProvINcIA DI RAVENNA: Ravenna, Testi — Faenza, Testi. Provincia DI Forrì: Rimini, (Giornale d’Igiene) — Ce sena, Cantù. ProvINcIA DI Massa-Carrara: Rocchetta Vara, Sonsino. Provincia DI Lucca: Lucca, Bonardi — Ponte Buggia- nese, Morelli. Provincia DI Pisa: Pisa, Sonsino — Cascina, Sonsino — Calci, Sonsino. Provincia DI FIRENZE: Firenze, Burresi — Castel! Franco, Vanni — Poggio a Caiano, Vanni — Monte Lupo, Sonsino. Provincia DI PerUGIA: Perugia, Sacchi, Oddi-Balde- schi. i Provincia DI AscoLi Piceno: Fermo, D'Allocco. Provincia DI Roma: ftoma, Marehiafava, Bastianelli, ecc. Provincia DI Cueti: Chieti, Bruni — Casoli, Consalvi. Provincia DI NapoLi: Napoli, Tinozzi. PROVINCIA DI LECCE: Lecce, Sotis. Provincia DI REGGIO CALABRIA: Oppido Mamertino, Cam- mareri. Provincia pi Messina: Messina, Rho, Calandruccio, . Grassi, Cammareri, Cacopardo-Crisafulli — Rocca Valdina, Facciolà, Cacopardo-Crisafulli — S. Stefano Medio, Camma- reri — S. Stefano Soprano, Facciolà — Taormina, Calan- druccio — Piana di Taormina, Calandruccio. . ProviINcIA DI CATANIA: Catania, Calandruccio — Piana di Catania, Calandruccio. Provincia DI PaLERMO : Palermo, Calandruccio, Piazza- Martini — Castronovo, Pernice — Lercara, Parona, Gior- dano, Piazza-Martini, Pernice, Giuffrè -- Comitini, Pernice, Piazza-Martini. Provincia DI GirGENTI: Girgenti, Previtera. ProviINncIA DI CALTANISETTA : Calianiseita, Previtera. — Valguarnera, Rapisarda, Previtera — Riesi, Bartoli. Provincia DI CAGLIARI: Miniere di Rosas, Falconi, Pa- rona, Fiori, Bergesio, Brunera. ArroLo: (S. Gottardo), Pagliani, Bozzolo, Giaccone, Ti- baldi, Perroncito, — Trento, Chiaruttini. Distribuzione geografica ì | G.Alessandrini dis. Bollett. Soc. Zool. Italiana Anno XIV 1905 - LIQUIDI FISSATORI ALGALINI ‘’ Contributo alla tecnica istologica per VALENTINO BARNABÒ Comunicazione alla Socielà Zoologica Italinna con sede in Roma. Nello studio dei caratteri morfologici del protoplasma nor- male, e in quello delle alterazioni che presenta nei più svariati processi morbosi regressivi e progressivi si sono dibattute moltissime teorie, e molte sono state le interpretazioni date dagli autori ai fatti osservati. Ma, come giustamente osserva il Galeotti nel trat- tato di Patologia Generale del Lustig, questa disparità di opinioni spesso dipende da alterazioni dovute ai processi di tecnica istolo- gica e più specialmente all’azione dei liquidi fissatori. Egli stesso cita un libro pubblicato dal Fischer, nel quale si mettono in guardia gli studiosi sull’interpretazione dei fatti morfologici che presentano gli organi, i tessuti, le cellule spesso alterate dai processi di preparazione. Inoltre tutti i trattati di tecnica sono d’accordo nel ritenere che le sostanze finora usate come fissatrici non ne posseggono completamente i requisiti fondamentali, e sono perciò difettose e possibili cause di errori. Ora, prefiggendosi nel fissare le cellule e i tessuti di coagu- larne immediatamente le albumine, conservando la loro forma nel modo più esatto e impedendo le alterazioni dipendenti dai feno- (1) Vedi « Bollett. Società Zoologica Italiana », 1904, fasc, VI. 56 VALBNTINO BARNABÒ meni putrefattivi consecutivi alla morte, si comprende che i fis- satori devono appunto aver la qualità di coagulare rapidissima- mente l’albumina dei tessuti, di essere di azione chimica indiffe- rente per impedire alterazioni di struttura; di raggrinzare il meno che sia possibile gli organi per mantenerne i rapporti e fi- nalmente di esser indifferenti agli ulteriori processi di tecnica. Queste qualità essenziali però non essendo interamente possedute dalla quasi totalità dei fissatori finora in uso, ho creduto oppor- tuno di ricercare un liquido che, evitando i difetti deplorati, cor- rispondesse maggiormente alle esigenze dell’osservazione più de- licata. Ho esaminato quindi i migliori liquidi fissatori, e ho osservato innanzi tutto che essi sono di reazione acida e nessuno è alcalino o almeno neutro. Pensando che l’ambiente in cui vive la cellula è appunto l’alcalino, ritenni che, quando avessi ottenuto un fissatore alcalino, avrei raggiunto lo scopo, specialmente se ad un tal liquido di reazione chimica alcalina si fossero aggiunte anche le altre qualità richieste. Il lasciare la cellula nel suo am- biente chimico equivale ad impedire una serie di combinazioni, che, per quanto ancora non del tutto cognite alla scienza, pur ne- cessariamente devono aver luogo in presenza di sostanze acide ; equivale quindi assicurare il successo della preparazione e garantire la realtà dei fatti osservati al microscopio sia in Istologia Normale e ancor più in Istologia Patologica. Incoraggiato da tali rifles- sioni, ho fatto questo studio comparando i varii fissatori usati e eomponendone dei nuovi, adoperando in tutto ciò come materiale di ricerca il sistema nervoso centrale, perchè per la sua estrema delicatezza avrebbe potuto facilmente rendermi accorto di possi- bili alterazioni. Passando quindi ad esaminare i fissatori più in uso per osser- varne i difetti che dovevo evitare necessariamente nella ricerca di un nuovo liqu'do, dirò che ho fissato pezzi di eervello e di midollo spinale nell’alcool. L’alcool etilico assoluto in tutte le varie con- centrazioni in cui si adopera, è un energico fissatore; ma ha il notevole incoaveniente di raggrinzare molto i tessuti e in ispecial modo il nervoso che è così delicate. Inoltre gli organi acquistano ‘Pt da sg AE una durezza che qualche volta è eccessiva e può ostacolare i processi successivi di preparazione. Per l’acido cromico in varie proporzioni e specialmente nella proporzione di 1 °/, e di 0,25 °/,, oceorre maggior tempo di fis- sazione, come sì sa, che non occorra adoperando l’alcool assoluto; ma anche con questo reattivo si ha inevitabilmente il raggrinza- mento dei tessuti che divengono molto duri e facilmente friabili. La fissazione coll’acido cromico avviene per una reazione chimica, e di qui la formazione di precipitati finissimi nello stroma dei tessuti, e una conseguente difficoltà sia nella penetrazione dell’al- cool, sia nella colorazione col carminio. Il liquido stesso inoltre colora i pezzi di una tinta rossa intensa dapprima, che diviene verdastra con l’alcool, e benchè scompaia un po’ mutando varie volte l’alcoel e lavando a lungo in acqua, ricompare ancor più intensamente nel consecutivo passaggio in xilolo. Lo stesso incon- veniente presentano i iiquidi di Perényi, di Fol, di Rabl e di Ebrlick, in cui l’acido cromico è usato insieme con l'acido nitrico, col pisrico, coll’osmico, coll’acetico, col formico o col solfato di rame. Molto a lungo occorre pure tenere gli organi nelle soluzioni di bicromato di potassio. Io ne ho adoperato soluzioni al 5 °/, e al 10 *,. Anche con questo fissatore non si evita che ì pezzi, dopo di aver subìto un notevole rammollimento, acquistino un color ruggine che non se ne va più e che nuoce alla buona riu- scita delle preparazioni. Il bicromato di potassio è stato anche adoperato da Betz, il quale soleva tenere i pezzi due o tre giorni nell’alcool iodato, poi in una soluzione di bieromato potassico al 3% e quindi li lavava a lungo in acqua. Ver evitare la colo- razione, adoperava anche invece della soluzione alcoolica di iodio un miscuglio a volumi eguali di eloroformio ed etere; ma il pro- toplasma si dissolve facilmente. Il bicromato è usato pure col- l’acido cromico da Duval e da Rutherford ; oppure coll’acido osmieo da Golgi e da Ramon y Cajal, per il metodo rapido di reazione nera delle cellule e prolungamenti nervosi colla successiva azione del su- blimato o del nitrato d’argento o del tachiolo Paternò (Romero); OS VALENTINO BARNABÒ o con l'alcool iodato da Mason per il cervello dei Rettili e degli Anfibi; o finalmente colla formalina da H. Gudden per la succes- siva impregnazione dei tessuti nervosi coll’ Actol. Tutti questi me- todi presentano però gli stessi inconvenienti, anche se si unisce il bieromato col solfato di sodio nella formola che va sotto il nome di liquido di Muller. Occorre in questo caso tenervi i pezzi per lo meno un mese e mezzo d’estate, due o tre l’inverno, inconve- niente questo, qualora si voglia ottenere una fissazione rapida, a cui han cercato rimedio Krause, Dennisenko, Hamilton, Bevan Lewis e altri, adoperando successivamente l’acido cromico, o il bieromato di ammoniaca al 5 00, o l’alcool ordinario, o altre so- luzioni variamente titolate di bicromato potassico stesso. Erlieki ottenne un liquido che agisce in metà tempo che abbisogna al liquido di Muller, unendo il bicromato di potassio col solfato di rame : e Zencker unendovi, come vedremo, il sublimato. Miglior fissatore sarebbe il liquido di Kleinemberg, specialmente come fissatore nucleare ; ma esso contiene molto acido picrico,che fa assumere un colorito giallo alla preparazione, e bisogna lavare molto a lungo in alcool per perderlo alquanto. Un inconveniente più grave è che esso rigonfia i tessuti se vi restano più di sei ore, come dicono. alcuni trattati. Il prof. Magini nelle sue note al trattato d'Istologia del Szymonowiez consiglia il lQuido di Bouin, in cui all’ acido pi- crico è unita la formalina, come quello che conserva i più fini dettagli di struttura e permette le più delicate colorazioni. Io l’ho pure adoperato, ma vi ho notato il difetto di fissar troppo il co- l rito giallo dell’acido picrico, quantunque mi abbia nel resto cor- risposto sempre bene. P. Mayer consiglia i’acido picrico unito al nitrico o al cloridrico. L'acido osmico, o per meglio dire l’acido iperosmico, fissa bene i tessuti, ma costa molto, è estremamente irritante con i suoi vapori velenosi per le mucose di chi lo usa, e colora essenzial= mente le sostanze grasse in un nero, che diviene sempre più in- tenso coll’andar del tempo. E’ prezioso per gli studi della dege- nerazione e della infiltrazione grassa dei tessuti, e per gli studi sull’assorbimento intestinale dei grassi; ma una tale colorazione ada = Pre © PI STI SO PSE Peet ES RUTTO ate. pra, AG, "0. Bla id PIBIPOLRINE Genre 0] nera, dovuta alla precipitazione di polvere finissima di osmio me- tallico, nuoce quando si voglia usare esclusivamente come fissa- tore. L'Hermann lo ha reso più pratico ma molto più costoso, me- scolandolo coll’acido acetico e col cloruro di platino; e il Flém- ming, unendolo cogli acidi acetico e cromico, ne ha fatto un li- quido molto utile per speciali e delicate preparazioni, come ad ad esempio, per lo studio della cariocinesi Sono stati finalmente usati altri fissatori, come soluzioni di bieromato di ammoniaca al 0,5 ‘ unite con acido nitrico o col- l’acido cromico (Deecke), e soluzioni anche di allume di ferro al 1,5%. Con quest’ultimo metodo io ho ottenuto una buona fissa- zione, ma un indurimento eccessivo e una colorazione scura da evitarsi. Bevan Lewis ricorse anche al congelamento mediante un miscuglio di ghiaccio e sale o mediante l’etere; ma questa fissa- zione fisica non può non raggrinzare i tessuti, nuocendo alle ricerche minuziose ; e va soltanto usata quando occorra avere delle preparazioni rapile nel corso di operazioni chirurgiche, di autopsie, ecc.; 0 quando si devono preparare degenerazioni che si alterano coll'alcool e collo xilolo. Restava. da esaminare il bicloruro di mercurio, che è pure molto raccomandato; e appunto verso il sublimato si' sono rivolti i miei tentativi per ottenere il fissatore alcalino desiderato. Il su- blimato corrosivo si usa da tempo con grande profitto in Tecnica Microscopica come fissatore, sia in soluzione aquosa generalmente satura a freddo (5 °/), sia in soluzione alcoolica più concentrata. La sua azione è stata però da molti autori, tra cui il Mingazzini, unita a quella di acidi per agire più prontamente sui tessuti, e credo utile riportare alcune formole per comprender meglio le deduzioni, a cui han condotto le mie successive ricerche. Zencker vi unisce così l’acido acetico: BIDRUEOSIAGREUTICON a. Ra 5 SEOSAORIOOR E O i CR O Bicromiato porassieo 0, na entezio solatofiso dio TR MAE RUE SA OE RE iS 60 VALENTINO BARNAEÒ liquido questo usato anche dal Mann. Dawidoff usa questo liquido : soluz. aq. sat. cloruro mercurico. soluz. sat. acido acetico cm 90 cm 30 modificato da Garbini coll'aggiunta di alcool assoluto. Rabl pre- | scrive questa formola : soluz. aq. concentr. acido picrico soluz. aq. concentr. cloruro mercurico. acqua distillata . modificata dall’Jelineck solidi di PO Lang prescrive : parti 1 »ic i dia sodico al 0.75 acqua distillata parti 100 cloruro sodico » 6a 10 acido acetico . » ‘Da 8 cloruro mercurico >» ‘d'a 42 allume Ryo 0.5 Il Pacini dà tra le altre quieta? cloruro mercurico parti 1 acido acetico » 2 acqua . . » 300 Goadby usava questo liquido per la conserv marinì : cloruro mercurico . acqua bollente cloruro sodico allume Come si vede sono tutte A Hone que azione di animali pi GO cm 235 p. 48 » 24 lle finora racco- mandate, anche per l’uso del sublimato, e nessuna poteva esser perciò adatta per le mie ricerche. Però nel trattato di Henneguy trovai che il Carnoy raccomanda due soluzioni a seconda chesi voglia adoperare un liquido alcalino o acido; e dà come liquido acido: eloruro mercurico acido acetico acqua distillata e come liquido alcalino: cloruro mercurico cloruro sodico - acqua distillata parti 5 » Ò » 100 parti 5 » 3 >» 100 LIQUIDI FISSATORI ALCALINI 61 Ora nel vero senso chimico si dice neutra una sostanza quando non ha più nè l’H acido sostituibile da un metallo, nè l’ossidrile OH delle basi; ossia, secondo la teoria fisico-chimica della disso- ciazione elettrolitica delle soluzioni, formulata da Arrhenius, una sostanza che non ha più l’H per catione, nè l’OH per anione. Quindi il cloruro mercurico è, secondo questo significato, una su- stanza neutra; ma di fatto alle carte reattive presenta ancora reazione spiccatamente acida, ed è logico ammettere che questa stessa azione spiegata sopra il colore delle carte possa essere pure spiegata sulle sostanze organiche su cui si fa agire. Ho allora cercato di render veramente alcalina alle carte reattive una tale soluzione, e tra i varii mezzi che mi si presen- tavano ho scelto come il più adatto quello di aggiungervi un sale di spiccata reazione basica, che potesse .consecvare l’azione fissa- trice del miscuglio, non decomponendo il sublimato nei suoi ele- menti, ma anzi sommandovisi in vario modo; e ho pensato al bicarbonato di sodio (Na HCO: ) in soluzione aquosa satura, ossia al 10 °/. Questo sale veramente è acido nel senso chimico perchè contiene ancora un H; ma poichè in questo caso l’anione CO3 è molto debole rispetto al catione Na, così alle carte di tornasole ‘ ha una reazione alcalina e ciò appunto è quello che m’interessava. Procedendo a gradi e saggiando successivamente colla carta di tornasole l’alcalinità del liquido ottenuto, sono riuscito ad avere la seguente formola, che per brevità chiamerò d’ora innanzi A: Glosuror- Mercurico i -... > Pad d elorue:sodicon 8A 5 soluz. aq. satur. bicarbonato sodico cisl acqua distillata; il iu... » 100 Il liquido così costituito si mantiene limpido subito dopo la sua formazione, e ha una reazione decisamente alcalina alla carta di tornasole. Ma dop» qualche ora lascia depositare sul fondo del recipiente un leggiero precipitato di color biancastro, di aspetto lattescente e granuloso, il quale, essendo in scarse quantità, non disturba in alcun modo l’uso per la fissazione, perchè si può se- parare facilmente o per filtrazione o più semplicemente lasciandolo 62 VALENTINO BARNABÒ depositare, e non si riforma più coll’andar del tempo. Tuttavia è da consigliare tanto per questa soluzione come per le seguenti l’uso di liquidi freschi per ottenere risultati più soddisfacenti, oppure di soluzioni distinte che van mescolate soltanto quando se ne ha bisogno. La formazione di un tal precipitato mi fece sospettare che il bicarbonato di sodio avesse reagito in presenza del cloruro mer- curico, dando luogo a un nuovo composto, e rendendo il liquido non p'ù adatto alla fissazione. Per accertarmi ho fatto agire sul liquido una solazione aquosi al 20 °/, di ioduro di potassio, il quale in genere con tutti i sali della serie mercurica, ma più specia!mente col cloruro, dà questa reazione : Hg Cl: +2 K[=2KC1+ Het Si ha allora un precipitato in primo momento giallo, che di- viene poi di un magnifico color rosso speciale. Se si aggiunge dell’iodurg di potassio in eccesso, il precipitato scompare e si scioglie, perchè si ha un ioduro doppio di mercurio e di potassio, che è molto solubile, e che si forma in questo modo : Ag Cla +3 KI=2KC1+ Hgl.. KI Il precipitato rosso è biloduro di mercurio o iaduro mercurico, s0- stanza che cristallizza in bei cristallini appunto di color rosso. Agendo dunque in questo modo ho avuto la prova che nel liquido ottenuto esisteva anecra sale mercurico in abbondanza. Ho voluto poi ricercare quale sia la natura de! precipitato lattescente che il cloruro mercurico forma in presenza del car- bonato acido di sodio. Si sa che molto facilmente il sublimato forma dei cloruri doppi con altri cloruri metallici, come ad esempio un cloruro doppio di mercurio e putassio della formola : Hg Cl?. K C14 H:= 0 e che facilmente si hanno prodotti di addizione; i quali sì scin- dono in altri in cui al posto di un atomo di cloro si sostituisce o un atomo di ossigeno, o un ‘ossidrile OH, o un gruppo amidico vu PC VISETAR LIQUIDI FISSATOBI ALCALINI 63 NH». Così facendo agire ammoniaca, si forma un prodotto di addizione : 7/NH? — CI Hg Cla +2 NH3 = Hg NH3 _ (I in cui le due valenze del mercurio bivalente sono saturate ; corpo questo che facilmente si scinde in quest'altro : ZNH3 wai CI SUINI x adi CI LIS. RI RIA NNO il quale non è che il bicloruro in cui al posto di un cloro è il gruppo amidico NH», oppure anche il cloruro di ammonio in cui al posto di due atomi d’'idrogeno è il mercurio. Ora esiste una serie di sali basici di mercurio, che non sono stati neppure studiati tutti, e che si formano in vario modo. Tutti hanno però la formola generale : (Hg 0)? Hg Clo ossia son composti di una o più molecole di ossido mercurico con una molecola di ‘cloruro mercurico, legati in catena, in cui le valenze si saturano a vicenda, mentre gli atomi di cloro restano alle punte della catena. Si può così immaginare una serie innu - merevole di corpi, le cui formole di struttura, sono : CI ye SOI Hg o 01 Hg DI Hg\ Hg DI. Hg DIO va ; Hg È Do Hg\ PREC Hg )0 Hel 70 CI Hec 0 Hg \Cl Hgf No DN 7 CI Hg. “CI ossia sono (Hg 0) -Hg Cl», (Hg 0)° Hg Cl2, (Hg 0)? Hg Cl», (Hg 0)! Hg Cl: ecc., le cui formole brute sono: Hg: 0 Cl:, Hgs 0: Clo, Hg4 03 Cla, Hg: Os Cla, ecc. Le reazioni che avvengono per la formazione di questi ossi- cloruri sono varie a seconda della concentrazione dei vari liquidi 64 VALENTINO BARNABÒ e sono complesse. Esse differiscono a seconda del rapporto dei due reattivi: ma sono reazioni che nell’espressione minima possono essere così rappresentate : CI / CI Na HCO3 Hg "i \CI Hg\ È Na CI. CO: pia ) di ì Na HC03 HS7 Hg ; Na CI CO: CI C! + H:0 Quale di questi sali basici di mercurio nel caso della soluzione A sì sia precipitato non saprei dire con precisione, perchè non risponde esattamente nei suoi caratteri ai primi cinque sali basici ossicloruri mercurici che sono stati finora studiati; certo però è uno di essi e occorrerebbe per la determinazione un’analisi accurata, non necessaria pel nostro scopo. Il dubbio però che in gran parte il sublimato reagisse con il bicarbonato sodico, neutralizzandosi così l’azione fissatrice, dubbio che d’altra parte venne eliminato anche dall’aver il liquido cor- risposto perfettamente, mi suggerì l'idea di adoperare soluzioni ancora più sature di sublimato, che avrei poi rese alcaline col bicarbonato di sodio. Ho fatto allora una soluzione aquosa sa- tura a caldo di sublimato, mescolandovi anche del cloruro sodico per far sì che la soluzione tosse maggiormente concentrata (25 °/ circa); ho portato fino all’ebullizione questa soluzione, e poi vi ho versato gradatamente, mentre era ancora calda, una soluzione aquosa satura di bicarbonato di sodio (10 %), fino ad ottenere una reazione perfettamente alcalina alla carta di tornasole. Ho avuto allora un miscuglio, che chiamerò -B, delle seguenti pro- porzioni: bicloruro:di-merenrio: ia enna clorure:disodig:; 0/0 rr carbonato acido di sodio, . . . . . » 1,0 acqua distillata . . . . i ae BOO che corrisponde alla fusione di sa dio formole : bieloruro. di ‘mercurio... 0a gra a“. cloruro:di sodio ot IS MT acqua distillata (0-02 piana ta100 REATI Mr Te] IRE ERA EVAR LIQUIDI FISSATORI ALCALINI 659 \ soluzione x. ERI partito B* pe ea « UMOg || 0)JA[[oA19) 9 O[[eA199 TN - CUBI I e « e « GI « _ e 101018 Lr « Suruwe|y || *utds ‘pipe 0[ejooug TN- tue II g 9Quorzn]og E < leg « 18 « D) « —_ LI « our 09I7D 610 6H « « « 0I y 9QUOIZN]OS E «€ ll Eg « Pa 940 fs 1uIOIS > 6T « ou 19 6H O[[9A199 ® « « 6 p « L « _ —_ = LI 9410 0gm[ossv [000[y 0939124399 | g ‘N - 01[S1u09 8 9g « 8p_« 9g IuJ0LS - G IWIOTS p IS9w1 ION || “urds ‘prg © o]ezooug |* ‘N - orsruog L F Quo1zn]os E < ila « Fo « #7 « — oz « ounon “19 6H « « « « 9 XouIeg) ‘Z0[og LA Fa « ca « #7 910 _ lr eg « 0pr0v 1) 6H « « « « (o Li enie” IS ER end su ba « frate umogq « « « « r pio Ea « ta « A gf 030 9 « SUrUIWIA|.{ « « « « e ia Lo « Sa << | —_ ipa, =« OM[OSSE ]000]y « « « « "A p 910 | 06 010 fg 910 | i 0p 930 8% QI0 Sioqueure[y || “Utds ‘pix e o][eAI0) | 1 N - trAeg I È 5 | — - = VA Si oqn[osse 038 por | OLTIgUIpIaio O 83 pi ia id odurag, opinbr] oqgeIedo1q QeuuTuy Va NOI ade 10001Y 1009[Y 1009]V S DAS) | i i TESA E9 E È z| 3 INOIZV.LIVHGISIO INOIZVSSIM OZZad Ò (oi Ss \- si E MI =. = 2 71 *QIpeur IMP E[[®p e[0A9Z0U VZUA}SISUOI B[ 9JUE)S QUOTZ -@ssg Ip odwoz nid eA9110990 949 è ‘TruapeoeId top 188013 nid ueIo IZZad 1 op ong tp e[eurds ox[oprui r Muepienra 01719 9]]9U 0900 19119Y BUSOSIT (,.,.,) ‘1107 8SSH IPpmbI] ITIBA I 8.1} 0}7 SO 0}uOIJUOI UN eITnITISI Opura]oa ‘oressg 10d 0)eSerdur odwa) [ap 073uo9 ezza;zeso 101978w uo ojnuag oq rod ur gr ‘u [eq (,.) ‘Imssa9 Top ouI93uT ]jou eggezanbi[ euggeied e[[op euorzezomoduro9 è] I0d 099 è erieurouSeq v eyn}s gpu IZzod 1 0}nu97z 0j4 IM9 Ur odw9j [I epuaqui Tq (,) DI | — g Quorzn]og B« ||9e « GET VATI | _ oz « 0Uur”vI7v 1) bH I9SS©5) Ip 01]5uer | suordes omoH Pe 5 | p « gg « 9g « FARC | - a « 10X9U97 « | « « ee z q 9uorzn]os ge « 3z « 9 < g muI0:? —_ c 010] 0u1)0970 7) bH O]]9A19]) | SIIBITIUE] STUBA CE pr) i 9g. « CALO L'Argo | cm erat cl[ g 1891 IMI « “ « & 18 Z ° CRESRS ta < IPA | PR | GMES L 101013 | 0l0 01 MN 0pBWOIIIT « £ « « 08 < e « La « G TUI0I1S | _ | £_« tc « | 0lo] c0rmIOI9 Oproy « « Î « « e7 + lie <« | ep « Ig « = Gv SeMiota gd « umor « « Gr 16 NE, s Aou1eg euorznpog |gli ge « LI « tz « OT « | _ TEA 0pron €10 bH « « « « 1% 3 d) QUOTZNTOS £ <« 9I « 0 « CT. « sa oa « 0UVD 510 bH « « « « 97 db: gT Quomzaiosg | g « , come si esprime il chiaro antropologo prof. G. Sergi ne’ suoi lavori. Su queste considerazioni d’indole generale, che hanno servito di basc alla sistematica ed alle classificazioni zoo- logiche, io riflettevo, avendo sott'occhio un cranio d'un gio-. vane primate d’'ignota provenienza, venduto dal proprie- tario di un serraglio, quattro anni addietro, e senza parti- colari notizie illustrative, al R. Museo Zoologico di Roma, e registrato all’inventario col n. 1944. Per consiglio del mio Direttore prof. Carruccio, mi posi a studiarlo. Innanzi tutto mi ha colpito in esso la porzione cefalica tondeggiante e liscia, e la porzione facciale, che per la gio- vane età, presenta un prognatismo poco accentuato. A prima vista, questi caratteri lo farebbero avvicinare al gruppo delle scimmie antropomorfe; ma ora dirò su quali criteri mi son fondato per dichiararlo appartenente ad un maschio del gen. Cynocephalus e della specie sphlinx (E. Geoff.). “ Ma pur rimanendo fermi i caratteri anatomici fondamen- tali del tipo suddetto, abbiamo in questo cranio una ricca variabilità di forme, che però appaiono sempre coi loro segni primari, e si muovono soltanto in linea subordinata : dappoichè la testa, qual essa sia, nel suo complesso è do- minata da una legge insita, che col tempo la spinge ad assumere una determinata configurazione. E verità rico- 70 BRUNO BIALCHINI nosciuta, che in quasi tutti i quadrumani, il cranio è for- mato sul piano medesimo di quello umano ; le modifica- zionì che vi sincontrano son di dettaglio, non di concetto, e scompaiono quasi nel cranio immaturo (Giglioli). Questo giovanissimo primate ha il teschio oblungo, completamente ossificato, e. privo di creste; la norma verticale, data dalla proiezione ortogonale di esso, orientato secondo l'asse longitudinale, è ovoide, e lesgermente ap- piattita posteriormente. La norma laterale ci offre una fisura più complessa con varianti spezzate. Il profilo della volta è rappresentato da una curva, che si fonde con una linea orizzontale, in corrispondenza del vertice; quello della linea frontale è normalmente sfuggente all'indietro, e la linea della faccia passa rapidamente in quella della volta. La norma occipitale è composta di archi di cerchio a raggio corto, e le due linec dei parietali sì uniscono in una sola curva. Dato il suo aspetto ovoidale, la scatola cranica offre il diametro antero-posteriore di cm. 9,6 e quello bilaterale di cm. 7,8, con una capacità interna di cm. 215. Le suture dendritiche sono molto appariscenti, ma poco frastagliate, ed in qualche tratto distaccano addirittura le due ossa contigue; della sutura metopica non ne rimane traccia se non nel tavolato esterno della glabella. Eccet- tuato questo tratto sopra-nasale ed un lievissimo indizio in vicinanza del bregma, una completa sutura metopica non l'ho riscontrata. — Anzi non è stata mai trovata ne- li adulti, ciò che indica come la fusione sia molto pre- coce. — Vario è il significato morfologico che vorrebbero attribuirle i biologi. — Lo Schwalbe tenendo conto di questo fatto, afferma che le scimie inferiori catarrine ci- nomorfe, si trovano senza dubbio più vicine alla via di RICERCHE DI CRANIOLOGIA 19: sviluppo che conduce all'uomo (1). Considerate di lato, le metà ascendenti della sutura lambdoidea e di quella coro- naria, sono quasi parallele, e seguono un andamento obliquo in dietro ed in alto, fino all'incontro della mediana sagittale. Da simile disposizione ne risultano quattro aree poligonali ben definite e che si equivalgono in superficie, e cioè l’area frontale, le due parietali, e quella occipitale. L’osso occipitale è largo ed appiattito, incurvato e squamiforme. La cresta esterna che si dirige verso il foro midollare e le linee semicircolari superiori ed inferiori, sono pochissimo evidenti. I condili sono piccoli ed allun- gati, e nella loro parte mediana offrono una fossetta che li percorre trasversalmente. Le impronte digitate post-con- diloidee sono bene impresse. L'apofisi basilare è corta, non ancora saldata con le ossa confinanti: il foro lacero ben delimitato. Le eminenze giugulari o stiloidi sono triangolari e poco prominenti (2). Le ampic ossa parietali sono foggiate a rombo. Man- cano le creste omonime, che vengono surrogate da . due curve ossee pochissimo rilevate, e poste alquanto al disotto della convessità centrale. Dalla porzione squamosa del temporale si stacca l’a- pofisi zigomatica, che si appoggia all'omonima dell'osso malare, formando un’arcata ristretta ed allungata. La parte petrosa è connessa alla squamosa ; la bolla timpanica ed (1) Oltre lo Schwalbe, professore di Anatomia nell'Università di Strasburgo, parla sull'argomento della presenza della sutura metopica in teschi di scimie, il dott. Staurenghi nelle sue « Note di craniologia » pubblicate negli Annali def Mnseo Civico di Storia naturale di Genova. V. pure il significato anatomico e funzionale che ad essa dà il Sergi nelle sue « Specie e varietà umane » (Biblioteca di Scienze moderne, n° è, ed. Fr. Bocco, Torino 1900, p. 183). Cfr. altresì l’opera del Ranke — Canestrini sull'Uomo (Torino 1890) Vol. II. (2) Talora si sono riscontrati in questa regione anche degli ossicini esocci- pito-sovraoccipitali, e petro-esoccipito-sovracipitali, che si devono ritenere fontanellari, perchè nei feti dell’uomo e delle scimie catarrine (Cinocefali, Maca- chi, Colobi, Semnopiteci), e in quelli delle scimie platirrine (Miceti) e anche nei feti di lemuridi, vi sono le corrispondenti fontanelle (Maggi). TS BRUNO BIANCHINI il processo mastoideo sono schiacciati e portati all’inidielro. Il Maggi ha notato in un cranio di Cynocephalus sphina, a destra, un soprasquamoso anteriore ed autonomo, ma molto piccolo, allungato nel senso orizzontale e quindi a forma di quadrilungo. Così pure a destra ha trovato due ossini soprasquamosi posteriori, col loro diametro maggiore perpendicolare all'andamento della sutura squamosa del temporale (1). Il foro del condotto uditivo esterno è si- tuato immediatamente al di sotto ed all'indietro della ra- dice dell’arcata zigomatica : esso è piuttosto piccolo ed a margini scabri. Il frontale compone l'alto della faccia per un quarto della sua dimensione. È convesso nel tratto iniziale, e sor- passata la massa glabellare, diviene pianeggiante fino al_ l’incontro dei parietali. Da questo sporgono le arcate so- praccigliari. Lo stesso prof. Maggi in un cinocefalo riscontrò due ossicini coronali, uno a destra e l’altro a sinistra, che interrompevano la sutura coronale in corrispondenza agli stefanion (punti antropometrici) e perciò detti wormiani, stefanici (Ugolini). Questi poi fa osservare che quegli ossicini, in un altro esemplare, erano in connessione cogli angoli anteriori e della base del bregmatico triangolare che pure vi esisteva e disposto col suo vertice posteriormente, ossia entro i parietali. Per non guastare il preparato, non ho proceduto alla disarticolazione della base del cranio; perciò passerò sotto silenzio la configurazione dell’etmoide, e descriverò sola- mente la faccia visibile dello sfenoide. Il corpo di esso nulla presenta di notevole; l'estremità delle grandi ali fa parte della fossa temporale, e contribuisce a formare la parete esterna della cavità orbitaria, che in questi animali (1) V. Note craniologiche del prof. Maggi Leopoldo, nel Bollettino scientifico della R. Università di Pavia; anno XXI, dicembre 1899, n. 4, p. 103. SIATE SI VAT TSIRIRRANT PT ICE ILI RNA PORA ERRE REGIO E TTI è chiusa e completa, come è regola negl’individui dell’Ord. Bimana. Guardando la sella turcica attraverso il foro oc- cipitale, si scorge poco il suo orlo anteriore. Spaziose e scavate sono le apofisi pterigoidee (1). L’osso zigomatico serve di base alla parte proeminente della guancia, e col processo orbitario, che si unisce alla grande ala dello sfenoide ed al frontale, concorre alla chiusura del cavo oculare. La faccia posteriore, concava, partecipa alla formazione della fossa temporale. L’osso ungquis è poco evidente e s’inoltra nell’orbita ; il canale lagrimale è bene aperto. Il mascellare superiore in questo soggetto non è molto sviluppato, e nella porzione sottorbitaria, esiste una serie di forellini, destinati al passaggio di nervi e di vasi nutri- tivi. La parte alveolare è rigonfia e tondeggiante, ed in essa sono impiantati un piccolo dente canino e due premolari appariscenti; più a tergo si scorgono due, dei tre molari, che stanno per ispuntare. Piana e spaziosa si presenta l’ a- pofisi palatina. L’osso incisivo è voluminoso, ed in esso s'inseriscono i due denti dello stesso nome. Le ossa nasali, piccole e brevi, limitano con lV’inter- mascellare un'apertura a triangolo, con la base in alto, e l'apice in basso, ristretto e prolungato fino ai denti incisivi. La spina nasale del palatino è del tutto rudimentale. La mandibola presenta pressa poco la medesima lar- ghezza in tutta la sua estensione; la sinfisi mentoniera è obliqua, ed ai lati ed alla base di essa, si contano circa 7 fori di nutrizione, dati dal forame mentoniero molte- plice, e sono situati proiettivamente tra il secondo inci- ". (1) Il prof. Flower asserisce che la sutura tra il basisfenoide ed il presfe- noide persiste nei Cinocefali ed in tutte le scimmie inferiori sinchè l'individuo ha quasi raggiunto l’età adulta, all’acquisto della dentizione permanente. SO BRUNO BIANCHINI sivo ed il secondo premolare ; in tutte le mandibole si nota un forame benissimo manifesto sulla sinfisi. Non di rado tali fori vengono divisi da una sottile lamella ossea. Quello della sinfisi è in stretta relazione con un altro che trovasi sulla faccia posteriore della mandibola. Talora è facilissimo far passare un sottile specillo da uno dei fo- rami all’altro, anzi nei casi nei quali questi fori sono molto sviluppati, guardando in uno di essi, si vede la luce at- traverso l altro (Bertelli) (1). Il prolungamento coronoideo è corto: il condilo articolare e l’incavatura sigmoidea, ben definiti. Sul margine orale sono scavati gli alveoli per la prima dentizione; e per conseguenza vi sono soltanto in- seriti gl’incisivi, i canini ed i premolari decidui. Data quindi l’età del soggetto, la corrispondente for- mula dentaria è rappresentata dall'espressione numerica. — DI, gl] 9 pm Noto che nell’arcata dentaria superiore esistono due diastemi (uno per lato) tra il secondo inci- sivo ed il canino, della lunghezza di mm. 5 forse per ac- cogliere la punta dell’opposto dente (2). Nell’arcata inferiore detto spazio ha luogo tra i canini ed i premolari, ma è più raccorciato dell'altro. Col vocabolo adottato dal Pe- rusini, possiamo chiamare ferino tal sorta di diastema. Gl'incisivi caduchi sono piuttosto sporgenti in avanti; la corona di quelli mediani è a scalpello quadrangolare con leggera strozzatura in alto; la corona degli altri è trape- zoide. Non esistono pliche di smalto. Riguardo al grado di usura, gl'incisivi superiori sono più consumati dei corrispon- denti inferiori, e mostrano nella loro sezione ovale l’avorio. (1) V. per più estese notizie l'interessante monografia sulla molteplicità del forame mentoniero nei mammiferi, pubblicata dal dottor Bertelli nel « Monitore Zoologico Italiano ». (2) In queste scimie catarrine la barra superiore è uguale a quella degli antropomorfi (Perusini). MER. “dr iti Vil AA MIRI a BICERCHE CRANIOLOGICHE 8I Il canino superiore s'inoltra fra Yomonimo inferiore ed il relativo premolare. È conico, con l'apice che mostra un’a- reola eburnea. L'inferiore presenta posteriormente un ru- dimento di tubercolo accessorio, che rende in basso verso il colletto, molto più ampia la superficie. Il primo premo- lare è compresso lateralmente, fino a far risultare la fu- sione dei tubercoli coronali su due linee, divise da una depressione mediana. Il secondo invece li possiede tutti e quattro ben distinti. Il primo molare inferiore è quasi emerso dall’alveolo, e mostra quattro cuspidi ben liberi a livello della parete ossea. Il secondo si vede ancora ad- dentrato nella mandibola, attraverso il foro alveolare molto ristretto. I premolari superiori sono molto più evidenti di quelli teste descritti, ed i molari si scorgono immessi nel- l'osso, per una stretta fenditura. Non posso descrivere le radici, perchè mi sono astenuto dal praticarne l'estrazione, onde non alterare con manovre meccaniche, la prepara- zione. L'individuo adulto invece, a completa dentizione, ci 2 ° dI] SA: I canini sono sviluppatissimi nei maschi, misurando dal segna la seguente formola: m. — colletto alla punta cm. 4-5 e talora anche di più. Con lo sviluppo del canino è legata la presenza del diastema ferino, e questo dente costituisce*un’arma speciale per di- laniare i nemici o la preda. Esso è molto raccorciato nelle femmine. Inoltre è noto quale influenza eserciti la evira- zione sul suo accrescimento ; ed infatti nei nostri animali domestici, ad es. in quelli del gen. Equus, con tale muti- lazione eseguita in tenera età, si ha per risultato l’aspetto generale femminile delle forme corporali, associato alla comparsa di un canino rudimentale. Si può dunque affer- mare che i denti canini nel maschio, assurgono alla dignità di carattere sessuale secondario, ma pur sempre importante. Bollettino della Soc. Zoolog. Ital., Vol. VI, Fasc. I, II, III 6. 32 BRUNO BIANCHINI La disposizione dei denti, particolarmente degli inci- sivi, unitamente allo sviluppo delle ossa della faccia, co- stituisce il prognatismo, che in questo giovane individuo, ripeto, è poco marcato. L'angolo facciale di Camper c' i- struisce sul volume del cranio in rapporto a quello della faccia, cosa abbastanza facile a determinare nel nostro caso speciale, ma che sovente ci da risultati imperfetti, a causa della configurazione della faccia medesima, e dell’accresci- mento delle creste ossee attorno alla cavità cranica. Per una maggiore esattezza proporrei di sperimentare la misura del prognatismo col metodo di Flower, adottato dal Vram, il quale vi ha aggiunto l'indice alveolare inferiore (1). — Il sommo Cuvier ideò un mezzo per giudicare circa l’intelli- senza degli animali con il confronto dell’area cranica e quella facciale. Il grande naturalista eseguiva tale paragone misurando le ossa su di una sezione mediana della testa, priva della mandibola, ed osservò che in tesi generale, l’area del cranio diminuiva a norma che gli animali si allontanavano zoologicamente dall'uomo, mentre che l’area della faccia aumentava parallelamente. Ma non è qui certamente il caso di dilungarci, poichè trattasi di un teschio in via di sviluppo, a cui l'età infan- tile îa presentare potenti modificazioni sulla forma delle regioni anatomiche, e sui rapporti anzidetti. Dissi che la testa in esame è completamente ossificata. A parte la teoria vertebrale, i centri di ossificazione sono encondrali e membranosi. I primi costituiscono essenzial- mente l’asse della testa o base del cranio ; formano inoltre la bolla timpanica del temporale che rinchiude il labirinto uditivo, e le volute ed i cornetti etmoidali. Le ossa mem- branose o dermiche procedono direttamente dal tessuto (1) V. Atti della Società Romana d'Antropologia — Vol. XI — Fase. [ (1995), p. 49 e seguenti. Y air PO Po Red < Teva e TE PT AI - < v ». w vie Do Si SIE ve; ed me DI st Hai RICERCHE CRANIOLOGICHE 83 fibroso, e son quelle della volta del teschio e dell’esteriore della faccia. Di più ciascun osso possiede peculiari nuclei dai quali emana ed irradia il processo di consolidamento (1). Questa è, per sommari capi, la linea di sviluppo dello scheletro cefalico, rimandando il lettore per notizie più minute, ai trattati speciali di embriologia. Ed ora diamo un rapido sguardo comparativo agli altri teschi del gen. Cynocephalus e delle specie sphinx E. Geoff, hamadryas L., babuin Desm., mormon L., gelada Ripp, leucophaeus F. Cuv. etc., dei quali potei avere a di- sposizione non meno di 12, quasi tutti d’individui adulti. Alla forma ovoidale e liscia testè descritta, succede una trasformazione notevolissima : difatti le suture si ri- scontrano tutte saldate, e la norma superiore è a simi- glianza di una pentola, con l'apertura rivolta verso la re- gione orbitale, il collo in corrispondenza delle due fosse temporali, ed il corpo dato dal rimanente della scatola cranica. Nella norma laterale è notevole l'aspetto delle ar- cate zigomatiche, le quali invece di essere orizzontali, sono alquanto rialzate verso il mezzo, così da potersi distinguere una porzione ascendente ed una discendente. Divengono enormi le sporgenze sopraccigliari, a cui convergono due creste ossee, che partono dalla sutura sagittale. Talora le linee semicircolari superiori sono molto rilevate. Ad esse è tangente la protuberanza occipitale esterna, che segue tutto il tragitto del lambda, e concorre alla costituzione di due robustissime apofisi mastoidee. La cresta ossea parietale si ingrandisce sotto l’azione dei muscoli masti- catori, ed incrocia l’altra posteriore o lambdoidea, che è appunto quella a cui si attacca la muscolatura della cer- vice. Il ponte zigomatico è prominente e grossolano, deli- + —______@+@— (1) V. Maggi, op. cit. Si BRUNO BIANCHINI mitando uno spazio ragguardevole. Nessuna traccia di tubercolo articolare viene a limitare la fossa glenoidea in cui s'incastra il condilo della mandibola, la qual fossa è rimpiazzata da una superficie quasi pianeggiante. Al di sotto delle forti arcate orbitarie, assai rilevate e semicircolari, che formano una linea continua costituita da due archi di cerchio compenetrati, discende la faccia, che sta appesa come una maschera dinanzi alla teca ce- rebrale, e che è lunga, prognata, e con le ossa nasali abbassate al livello del mascellare superiore. Quest’osso, al disopra della porzione alveolare, mostra una profonda depressione lineare, che dà quell’aspetto ributtante alla fisonomia del quadrumane vivo. Una notevole influenza subisce la parte divisoria dei cavi oculari, che rende il septum interorbitalis molto sottile. I processi ascendenti delle ossa incisive, generalmente, non hanno rapporto costante coll’altezza dello scheletro nasale. Da per tutto fosse e salienze ossee, destinate all’inserzione di validissimi fasci muscolari. La regione palatina è allungata, a forma di U, con le linee dei premolari e molari quasi parallele fra loro. La poderosa dentatura è completa, secondo la formola suesposta. I canini sono ricurvi, ed offrono in taluni una scanalatura, che con gli spigoli mostra la sezione del dente prismatica. Dal complesso di simile morfologia, trae origine quel sembiante bestiale ed ingrato dei cinocefali adulti. Del re- sto sono le scimmie più brutte e sgarbate che esistano. — Aristotile nella sua classica « Opera omnia graeca et latina » le chiamò Cinocefali (x30v-4521)) o Canicipiti, e l'etimologia della parola ci ricorda la forma della testa simile a quella di un cane, ma di razza assai inferiore. Senonchè tale simiglianza è soltanto superficiale, e non ha ragione di esistere dal punto di vista dell'anatomia. L'in- | seguente —- { 3 RICERCHE CRANIOLOGICHE ‘signe filosofo dell’antichità così sl esprime: « Inter homi- num quadrupedumque genus natura quaedam animalia medium tenent, ut simiae, cebi, canicipites (cynocephali).. Canicipites itidem communem cum simia habent, nisi quod ef majores et robustiores sunt, faciesque habent caninis propriores ; dentes quoque etc. etc. ». Sarebbe qui ozioso indicarne le singole diversità, ma invero sono enormi le differenze col teschio del genere Canis: le orbite in questo animale sono incomplete ed aperte; il foro occipitale è situato all'estremità poste- riore del cranio ; le creste parietali, frontali e lambdoide sono molto più salienti; la bolla timpanica è assai rigon- fia; condili e cavità glenoidee son del tutto diverse. Ri- guardo al sistema dentario poi, la formola/del cane è la i 1 c = pm m. La corona degl’incisivi è formata da tre lobi (1), invece nelle scimmie in discorso gli stessi son taglienti a scalpello, come negli Hominidae. La corona dei premolari è compressa lateralmente, provveduta di piccoli lobi basali accessorî, ed hanno due radici. Questi «denti aumentano di volume dall’avanti all’indietro. 1 sus- seguenti molari son tricuspidati, laddove in questi Catar- rini si presentano tetra-cuspido-tubercolati. Emerge evidentissima da siffatti caratteri la differenza tra questi due ordini, ancora più appariscente nelle misure riportate nella unita tabella somatometrica comparativa, fra i diversi teschi di Cynocephalus e di Canis esistenti nel nostro Museo Universitario : (1) Questa configurazione è chiamata in linguaggio zootecnico fiore di giglio; però si osserva soltanto in animali giovani, -poichè dopo il primo anno si «comincia a logorare successivamente ciascun lobulo centrale, ed il dente assume altra configurazione. Da simile proprietà traggono induzioni i pratici, per giu- dicare approssimativamente dell’età dell’animale, fino agli 8 anni circa, coadiu- vati ancora dagli altri caratteri ben noti ai conoscitori di cani. BRUNO BIANCHINI ‘erpaur [| oj1odii eu mb a ‘s2uv9 ‘Tad [PU EIMOMIOIUBIO IP QYOIOLI 98S0S ©[ IM}19SI O3N[oA OH (€) | ‘103 LIOA 8] QJuewI[1j us MI ep 0 ‘1[09) ‘Ss esiunIopisse) [ap ezoLidord Ip ‘IeLrejuoauI UO Jugo TUNO[e ONOuI99UO) 09STT9)SE,] UOD oqeuses euuo|o) eT (&) ' ‘OQBUIUTESO QUI Ep | curds sn)0ydo20ufg QUeA01S [2 FOSLIOJII IS BUUO]O9 I 8] ‘OTTEZUOAUIp 0.IQUINI OAI}}@dSLI [09 19 BOIPUL OUOS INPIAIPuI ISTAAIP I (1) | ORA do 0 6 e 00 ORI a oje1odureg esso; è][op ezzordwy | 9T 918 |&FI|gFI|OCI/821 261 FIZ|SFI|88T|OZT|OFL|SIT|OGI] «o * * etendioso egsoso time TIOTTOANS TATISTOUI |SVp eUITSSEUL ezzoqsunr] || CT ct |t9 |e9 |oz |\OTT|ogr|gIT|TZ |€8 |S°6 |OZ (69 (0° |<, (exiquoeroggos) — “premiano "PI | FI Cal, CRAS TE ERE PR 690 SS ASOY BO EMAS > DI EI pe igetto ag 0 0 PI e 6 06 e ‘RIO MIONIS OI TSGUIS SS 10p e2Z041V | GI cede Re RO EL 009 a E e e ORIO | ]|[9p TRUBp uo ua QUIUBIT O] BIZ eZUVIST(] IT Voli RIO LOT COLLE PE PIR0Ree ‘ ogejed ]9p PI OT ez img ge et 169 l'e \76 |PF |99 (37 [0 (68 |82 | « ©‘ © Meseu msso oIjep EZzZoqsunT | 6 OO Vi ET 00 ES 9 BERO 20.80 0) UO e OST Orio, Sl [Opos2 FAC. 8 062" ll 00} | 0CF |08£ | o} | 00F |0££ |of£ |09£ [008 |oKF |08} [026 | 118 * . 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Sarebbe quindi esaurito il mio compito, se non mi riser- ‘vassi in una prossima memoria di trattar diffusamente di «questi animali. Nel capitolo zoologico riguardante le scimie, i cino- ‘cefali meritano speciale menzione. Questo genere com- prende più specie, che sembrano dover essere classificate immediatamente dopo gli antropomorfi. De Blainville opina che mediante dissezioni cadaveriche operate in questa famiglia, abbia Galeno compilato il suo magistrale libro di Anatomia, che fino ai tempi di Vesalio, è stata ritenuta per umana. I cinocefali sono grandi e robuste scimie terragnole «dell’antico continente (Africa-Asia). La configurazione stessa «del loro corpo, li rende vincolati al suolo; la loro fisura tozza sì muove lentamente, con passi misurati, ma appena si accorgono del pericolo, galoppano in modo tutto spe- ciale. Menano vita in regioni rocciose, cibandosi di bulbi, tuberi, frutta, uova di uccelli ed animaletti d’ogni specie. Col progredir degli anni, l’indole cambia totalmente. Si af- fezionano poco all'uomo. Con l’età, si è detto, la loro fi- sonomia si modifica; e mentre il muso va allungandosi, la porzione cranica si arresta in accrescimento, ed i rap- porti fra queste due parti, cambiano notevolmente. Per quanto siano forse graziosi e piacevoli da giovani, al- trettanto divengono antipatici ed intrattabili da adulti. Acquistano tutte le peggiori abitudini; si fanno cattivi, collerici, selvaggi ed impudichi, e dalla rapida rassegna dei crani compiuta, abbiamo la dimostrazione pìù evidente del &8 BRUNO BIANCHINI basso livello dei loro sentimenti morali e delle loro oscure: facoltà intellettive, quantunque suonino contrariamente le: opinioni, al riguardo, di molti autori, che non si accordano su questo punto, e non vengono alla identica conclusione Dal Gabinetto di Zoologia della R® Università di Roma. Marzo-Aprile 1905. LETTERATURA . Amadei G. — Il processo paroccipitale e la pars mastoidea del tem-- porale dei mammiferi e nell'uomo (Arch. Antropol. ed Etnol. Vol. X, 1880, p. 265-300). 2. Baraldi G. — Craniogenesi dei mammiferi. Torino, 1873. 3. Bardeleben C. — Ueber die Abweichung der Sutura frontalis persi-- stens un der Sutura sagittalis von der Medianlinie, (Corr. d.. deutsch. Gesell. fur Anthr, 1877). 4. Bartholinus Th. — Anatome Cercopitheci Mamonet dicti Cynocepha- lus mormon (Acta Hafeniens. Vol. I, 1671, p. 67-314). 5. Beddard F. E. — The Cambridge natural history. Mamammalia. Lon-- don, 1902. 6. Bouvier. — Craniologie comparée de l'homme et des animaux. (Bull. Soc. d’Anthrop. Paris, T. II, 1867, p. 551). 7. Brehm A. E. — La vita degli animali. Mammiferi. Trad. Lessona, Torino, 1893. 8. Brongniart A. — Description du Singe cynocéphale (Cynocephalus: sphinx). (Journ. d’hist. natur. Paris, T. I, 1792, p. 402-406). 9. Bronn’s H. G. — Klassen und Ordungen des Thier-reichs wissen- schattlich dargestellt in Wort un Bild. Mammalia. Leipzig, 1874-1900. 10. Chenu. — Encyclopedie d'histoire naturelle. (Quadrumanes). Paris. 11. Cuvier G. — Le Règne animal distribué d’après son organisation. (Atlas des mammifères). Paris. ha 26. 27. RICERCHE CRANIOLOGICHE 89 . IA. id. — Lecons d’anatomie comparée. Brnxelles, 1836. . De Blainville. — Ostéographie. Mammifères, T. I e II, Paris, 1339-64. . EUemberger W. und Baum. H. — Systematische und topographische Anatomie des Hundes-Berlin 1901. . Flower W. H. — Anintroduction to the Osteology of the Mammalia, London, 1870. . Frassetto F. — Plagiocefalia e plagioprosopia nei Primati (Anato- micher Anzeiger, n. 1, 1902). . Maggiìi L. — Ossa bregmatiche e parabregmatiche nei mammiferi. (Boll. Scientif. della R* Univer. di Pavia Anno XVII, 1895 fasc. 3, pag. 65). . Muralt J. (De). — Anatomia simiae (Ephemer. Acad. Nat. Cur. Dec. 2, An. I (1683) pag. 150-154). . 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Vogt C. e Specht F. — La storia naturale illustrata, Mammiferi, Milano, 1884. . Vram U. G. — L'indice alveolare inferiore. (Att. della Soc. Rom d’Antrop., vol. XI, fasc. 1, 1905, pag. 49). Vrolik W. — « Quadrumana ». (Todd’s Cyclop. ot Anat., vol. IV, 1847) . Weber M. — Die Siugetiere. Jena, 1904. . Wiedersheim R. — Compendio di Anatomia comparata dei vertebrati. Trad. Cattaneo G., tip. Vallardi. FORTUNATO ROSTAGNO Consigliere della SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA TTT TTrTTrTLZzTLLZ<=xà_ asd a de Pari * Seli Dt RE TOT agg e E F (ist Mai ECT TEO RFI TI IstituTo ZooLocico pELLA R. UniversITÀ DI RoMA diretto dal prof. A. CARRUCCIO ANOMALIE RISCONTRATE IN CAO UOVO DI AGAPORNS CAM Note ed appunti del Dott. TITO DE-FELICE Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana il 28 dicembre 1904 _——————ét6étéctCkCkFk}7FT;<7—2» 165-166 vari e microscopici organismi nelle sab- 11. Pigorini Luciano, Note sperimentali sulla bie grigie della Farnesina presso Roma » 104-105 PAT: Qual si annione dell'alimento pro- 3. Rostagno comm. Fortunato. Ciassifica NE ombye ALI pur BOTA zione descrittiva dei Lepidotteri italiani 13. Alessandrini prof. Giulin. Tleriori ARE (Sezione VIII - Micropterigidi). — Fine servazioni sul ciclo di sviluppo dell’ Un- della parte generale. » 106-114 cinaria, duodenalis, fatte nel laboratorio 4, Masi dott. "Luigi. Sugli Ostracodi vi- dell'Istituto Zoologico della R. Univer- venti nei dintorni di Roma, ed osserva- ) sità di Roma » 173-176 zioni sulla classificazione delle Cypridae $ con 2 fig. » 115-136 sbaglia det Paolo. Trampolieri e Palmi- ) II. ANNUNCI SULLA COPERTINA pedi della Valle d’Aosta » 123-136 6. Barnabò Valentino. Liquidi fis:atori al- 1. Per l’acquisto dei volumi del Bollettino colini. — Contributo alla tecnica isto- pubblicati dalla Societa Zoologica in logica (Continuazione e fine) » 137-147 Roma (Prezzo di favore — Poche copie 7. Lavarra dott. L. Sugli organi digerenti $ disponibili). -- 2. Membri componenti il e genitali degli Ixodidi » 148-154 Consiglio Direttivo della Soc'età Zoolo- 8. Angelini prof. Giovanni. Mostruosità del i gica ltai ana. — 3. Articoli estratti dallo becco in alcuni uccelli (con 7 fig) =» 155-160 Statuto. — 4. Sede della Sociotà. (Data della pubblicazione di questo triplo fascicolo: 80 luglio 1905. — Ogni fascicolo contiene non meno di 36 pagine). PREZZO DI FAVORE. — Col 1905 trovandosi ormai limitato il numero delle copie dei volumi (Serie I e II, totale 13) pubblicati dal gennaio 1892 a tutto il 1904, questo prezzo dî favore sarà fatto soltanto a chi vorrà acquistare tutti i predetti 13 volumi.— Chi desidera, non essendo socio, un solo volume, l’ avrà al prezzo — pagamento anticipato — di lire 12 a 15, secondo che di esso volume, diventato più o meno raro, abbiansi in deposito soltanto poche o pochissime copie disponibili. — Rivolgersi all’incaricato signor CAsIiMmIRo Cori, Istituto Zoologico della R. Università di Roma. Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimensile, , #1 Tae sin ia AI Fasc. IVe V. Serie Il —- Vol. VI. Anno XIV. —- 1905. BOLLETTINO DELLA SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente Onorario S. M. il RE Istituto ZooLogico pELLA R. UNIVERSITÀ DI RoMA DIRETTO DAL PROF. A. CARRUCCIO Nuova cattura di SOMATERIA MOLLISSIMA (L.) Comunicazione del prot. GIOVANNI ANGELINI Nel recente Manuale Ornitologico del Conte Arrigoni degli Oddi sono annoverate 12 catture di Somateria mol- lissima in Italia, più due altre dubbiose. Delle prime, 5 si verificarono nel Veneto, 1 a Trieste, 4 a Genova, 1 in To» scana ed 1 nelle Puglie : in complesso otto giovani e quattro adulti nel periodo di 58 anni, dal 1836 at 1904. Nessun altro individuo, che io mi sappia, è stato notato posterior- mente in Italia. Alle succitate catture è tuttavia da aggiungerne un’altra, quella di una femmina, uccisa indubitatamente il 23 ottobre 1903 a Pialassa di Piombone, nel Ravennate. E’ la prima cattura per l'Adriatico centrale : e l'esemplare acquistato dal dirett. prof. Carruccio in ottime condizioni, fa adesso parte della collezione ornitica del Museo Zoologico della R. Università di Roma. L'abito di questa Somateria presenta qualche partico- larità a confronto : colle descrizioni, che della Somateria 102 GIOVANNI ANGELINI moltissima maschio danno gli Autori: val quindi la pena di descriverlo accuratamente. Colorito superiore nero bruniccio, coi margini delle piume rufo-bruni, molto più larghi sulle scapolari e quasi mancanti sulla cervice : la base delle piume è cenerognola : “apo bruno cenerognolo, striato longitudinalmente di ne- rastro, meno cospicuamente nella parte anteriore: sul pileo i lati delle piume sono rossicci, e sopra gli occhi bian- castri in modo da formare due fasce sopracigliari mal de- finite: parte anteriore del collo grigio scuro uniforme : gozzo e petto elegantemente marmorizzati di ceciato e di nerastro, perchè in ogni piuma alla base cenerognola si susseguono prima una fascia scura mal definita, poi una bianco-ceciata, pol altra nerastra e infine una apicale biancastra. Le fasce chiare sono in parte rossicce, special- mente sulla destra del petto, dove producono una sfuma- tura bruno-rossiccia asimmetrica, forse residuo dell’abito precedente : i margini rossigni diventano sempre più stretti verso il basso dell'addome, che apparisce quasi uniforme- mente bruno scuro, per ritornare più larghi sui fianchi e intorno alla base della coda. Ascellari e sub-alari grigio scure, tibiali brune. Remiganti nerastre sul vessillo esterno ed all'apice, grigiastre nel resto ; cuopritrici superiori del- l’ala nerastre, marginate di ceciato rossiccio ; gli orli delle grandi cuopritrici e quelli delle remiganti secondarie for- mano due strette fasce alari chiare, non molto marcate : timoniere bruno cenerognole coi margini più. chiari : becco e piedi bruno-olivastro : unghia rostrale grigiastra. — Dimensioni: becco 0% 060: ala 0 8300: tarso 0M 049: dito mediano 0" 083 (1). (1) Trascuro di dare altre misure, perchè, tolte da un individuo preparato, hanno ben poca importanza. Le dimensioni indicate dall’Arrigoni pel maschio adulto, sono: lunghezza totale 0m 650; becco 0m 057; ala 0m 295; coda 0m 110; tarso 0m (047; dito mediano 0m 079. (Atlante Ornit. pag. 484). NUOVA CATTURA DI SOMATERIA MOLLISSIMA (L.) 103 In complesso l’abito appare più scuro di quello de- scritto dagli autori, con maggiore abbondanza di bruno, e con tinte chiare più scarse e di un tono più cupo. È questa una particolarità individuale, ovvero è in rapporto colla muta (residuo di abito estivo), oppure sta in rela- zione colla età (femmina molto adulta)? Le dimensioni piuttosto grandi, ed il fatto che nei giovani prevalgono tinte più chiare con margini delle piume grigiastri, mi fareb- bero propendere per quest’ultima spiegazione. È questo il rinomato Edredone, o Anatra del piumino, così abbondante lungo entrambe le coste dell’ Atlantico set- tentrionale, così domestica al tempo delle cove, e così pre- giata per le uova, e più ancora per il molle piumino, onde le circonda e le ricopre nel nido, e che forma oggetto di un commercio non indifferente. Di questa stessa specie due pulcini giovanissimi, inte- ramente coperti di calugine, bruna superiormente e più chiara inferiormente, molto ben preparati e perfettamente conservati, sono pure posseduti dal Museo dell’Università romana. Essi fanno parte della collezione degli animali uccisi e graziosamente donati dalle LL. MM. il Re e la Re- gina d'Italia, in occasione del loro viaggio sul R. Jacht Yela, compiuto nell'estate del 1898 lungo le coste della Nor- vegia e dello Spitzberg. ANTONIO NEVIANI Rinvenimento di varî e microscopici organismi nelle sabbie grigie della Farnesina presso Roma Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana in Roma nell'adunanza generale del 6 giugno 1905 Lo studio da qualche mese intrapreso sui minuti fossili delle sabbie postplioceniche dello storico giacimento di Carrubare in Calabria (1), e la preparazione di una nota sugli Ostracodi dello stesso giacimento, mi indussero a fare simili ricerche nelle formazioni neogeniche di altre località, e specialmente del classico e ben noto strato a sabbie grigie della Farnesina presso Roma. | Fra i numerosissimi ostracodi separati (sono parecchie migliaia) ho trovato varie specie minute, specialmente del genere Cy/herura che non vennero considerate nella me- moria del dott. Namias (2), e in quella del dott. Cappelli (3) in corso di stampa; ed ho potuto anche constatare che Cytheropteron caudatum Namias n. sp. è appunto da ripor- tarsi al genere Cytherura, e forse a specie già nota vivente nel Mediterraneo: ma mentre mi riserbo, intorno agli (1) Briozoi fossili di Carrubare (Calabria). — Capsulina loculicida, Pedicel- laria fossile, preteso foraminifero. — Spicole di tetractinellidi rinvenute nelle sabbie postplioceniche di Carrubare (Calabria). (2) Namias I., Ostracodi della Farnesina e M. Mario presso Roma. Pa- laeont. ital., vol. V, 1900 ; con 2 tav. (3) Cappelli G. B., Contribuzione allo studio degli Ostracodi fossili dello strato a sabbie grigie della Farnesina. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XXIV, 1905 ; con 2 tav. VA E SRO E RT LIS, SOTTO vat Ei ai ii ANTONIO NEVIANI 105 Ostracodi, di varie località italiane pubblicare una appo- sita monografia, credo opportuno far conoscere il rinve- nimento di altri organismi. | Constato alla Farnesina la presenza di pedicellarie fossili, molto simili a quelle di Carrubare, ed egualmente del tipo ofiocefalo, e con tutta probabilità riferibili al comune genere Strongylocentrotus. Così pure annuncio il rinvenimento di parecchi cor- puscoli, o placchette calcaree di O/ofurie, appartenenti agli strati profondi del derma. Sono di quelle placchette limpi- dissime, tanto che sembrano di silice, allargate a forma di focaccia, alquanto ingrossate nel mezzo, taglienti ailembi, e attraversate da fori regolarmente disposti a quinconcie, Che si trovano comuni in varii generi di Oloturie e spe- cialmente nel gen. Cucumaria. Appartenente agli strati dermali di una Syrapta, e molto probabilmente della comune specie S. inhaerens o digitata, ho osservata una splendida e perfetta spicola ad ancora a due braccia, priva però della sua placca di so- stegno. Ho separato pure molte vertebrine di Ofiure, le quali, come è noto, sono di difficilissima determinazione ; ed anche non pochi articoli appartenti a braccia e cirri della comune Comatula od Anfedon rosacea del nostro Mediterraneo. Roma, 6 giugno 1905. CLASSELCAZIONE: DESCRITTIVA DEL LEPIDOTTERI ITALIANI COMPILATA per cura del Comm. FORTUNATO ROSTAGNO Consigliere della « Società Zoologica Italiana » (Vedi Fasc. III del Voi. IV, Serie II, 1903). Sezione VII. — MiIicROPTERIGIDI. Alla ottava sezione degli Eteroceri, secondo il sistema di classificazione da noi osservato, appartengono le Mi- cropterigine o Micropterigidi. Per la medesima ragione, che ci ha indotti a chiamare Tortricidi meglio che Tortricine e Tineidi meglio che Tineine i lepidotteri della sesta e della settima sezione, ci sembra ora conveniente chiamare Micropterigidi e non Micropteri- gine le specie che, poche di numero, minute per dimensioni e vaghissime per aspetto, costituiscono la ottava sezione degli Eteroceri e la quarta dei‘ Microeteroceri, ‘e tehessanniio generalità loro, sono simili a quelle del genere Adela delle Tineidi, così da giustificare l'opinione del Duponchel (1), per il quale tutte le pochissime specie, che vi erano al suo tempo conosciute, si potevano considerare proprie appunto di questo genere: vi sono tuttavia caratteri sufficienti per istabilire una distinzione, e principale fra essi è la lun- ghezza delle antenne, che nelle Micropterigidi non è tanto (1) DUPONCHEL — Catalogue méthodique des Lépidoptères d' Europe. Paris 1844. Fà Mercatini à OT REOSTIA RN I, PI A dA ea DEI LEPIDOTTERI ITALIANI Ì 107 relativamente smisurata quanto nelle Adele: anzi non su- pera per lo più quella del corpo. I palpi labiali o barbette sono lunghi, ricurvi e pelosi, quasi nascosti però dai peli della testa: corto è l'addome e di forma conico-cilindrica: tutte e quattro le ali sono lan- ceolate e munite d’una frangia non molto sviluppata, le ante- riori han colori metallici, che risplendono brillanti al sole, allorchè, in aprile e maggio, queste farfalline volano, per lo più in frotta, attorno a quercie e betulle, o si posano sui fiori, spesso quando le radiazioni luminose sono più vive (1). Poche larve di questi microlepidotteri sono cono- sciute: esse rodono le foglie, nel cui parenchima le uova sono state poste dalla femmina, e poi tessono sotto il suolo un bozzolo, nel quale non si trasformano in crisalide che nella primavera successiva. Tali crisalidi presentano un, fenomeno interessante, studiato specialmente dallo Chap- man: pur senza nutrirsi esse persistono in attività, e la testa ele appendici loro ‘non sono. fisse al corpo. come nelle crisalidi degli altri Lepidotteri: la prima è fornita inoltre di due forti mandibole, che servono all’insetto per uscire dal bozzolo, giunto il tempo opportuno, e per aprirsi un cammino attraverso la terra che lo circonda: mandi- bole che rappresentano un organo di adattamento assai in- teressante (2), e che saranno studiate particolarmente nella parte speciale di questo lavoro. . Per quanto riguarda la classificazione noi omettiamo ì caratteri generali delle tribù, perchè non comprendono ciascuna di esse che un genere solo, essi potranno venir più a lungo esposti, allorchè appunto dei generi si tratterà (1) DUPoNcHEL — Op. e vol. cit.. p. 281 e 282. (2) L. FELIX HENNEGUY — Les insectes. Morphologie. Reproduction Em- bryogènie. Paris, Masson et C., editeurs. 1904. 108 FORTUNATO ROSTAGNO partitamente: avvertiamo solo che il catalogo del Rebel, già spesso citato, istituisce le famiglie corrispondenti alle nostre sezioni (Crinopteriggidae, Eriocranidae e Micropte- riggidae), delle quali la prima non era considerata nel pre- cedente catalogo, perchè scoperta nel 1871: le altre due facevano parte della Sezione unica, da noi conservata Mi- cropteriggidae. Vediamo brevemente come si compongono queste tre tribù che nella nostra classificazione vengono ad assumere i numeri dal XXVI al XXVII. Tribù NXVI — Crinopteriginae. — Questa famiglia è scoperta soltanto nel 1871 dal Peyerimhoff, e comprende un solo genere Crinopteryx, ed una sola specie la Familiella, propria della Francia meridionale e della Sicilia — è, come abbiamo detto, genere e specie nuova, per cui non trova riscontro nelle precedenti classificazioni. Trisù XXVII. — Eriocraniinae. — Famiglia ora creata con alcune specie che precedentemente erano comprese nel genere Micropteryx, ma che per più antica classifica- zione, a cui il Rebel ritorna, cioè a quella dello Zeller. (1851) facevano parte del genere Eriocrania, al quale ora sono ridonate e che è l’unico genere compreso in questa famiglia. Trisù XXVII. -- Micropteryginae. -- Famiglia già con- siderata dal Curtis sotto la denominazione di Eriocepha- lidae, riportata fin dal precedente catalogo dello Staudinger, sotto il nome di Micropterygina Hb. (1818). Comprende un solo genere, Micropteryx Hb. DISISRCOÌ Ciò posto per quanto riguarda le attuali Micropteri- sidi può aversi il riassunto nel seguente quadro : (1) STAUDINGER, Op. cit., vol. II, p. 246 e seg: TO RE De pe e n EEI LEPIDOTTERI ITALIANI 199 "> tt) 0 2 I SS Tribù XXVI . DS . ERI Genere I — Crinopteryx. SL RESI 1 Ch I O Z Crinopteriginae [ = S d = ° Sh SEA MIS RS Sì Tribù XXVII 4 Do Genere I — ZAriocrania. E, I Eriocraniinae I i i D _ APT Tipo XXVINM*< | . 3 i Ia) GOL Ger 1 S S| e Genere I — Micropterya. e Î IS, N Maicropteryginae \AN\& VE SEZIONE IX. — PTEROPHORIDI. La tribù dei Pterophoridi (Pterophoridae) prima for- mante nel catalogo dello Staudinger la sezione Ptero- phorina, immediatamente dopo quella Micropteriggina, è oggi, secondo l'ulima classificazione del Rebel, anteposta a questa e segue in ordine le Piralidi. Noi la conserviamo al posto primitivo, sia perchè con questo concetto abbiamo iniziato il nostro studio, sia perchè la forma eccezionale di questi piccoli Lepidotteri, che si stacca assolutamente dagli altri, ci sembra più a posto fra le ultime specie come forma di passaggio dai Lepidotteri ad altri ordini di insetti, ai Ditteri. ’ La tribù dei Pterophoridi ha per origine il genere di Geoffroy, Pterophorus, ossia portatore di ali a piume. Il carattere che distingue a prima vista i Pterophoridi dagli altri lepidotteri è la divisione delle loro ali nel senso della lunghezza in lamine frangiate simili a barbule di piume contigue. Il più sovente vi sono da ogni parte cinque divisioni o lobi, due alle ali superiori, che si separano più o meno in prossimità della metà dell'ala: tre alle ali 110 FORTUNATO ROSTAGNO inferiori, separate fino alla loro inserzione al torace. Queste divisioni consistono in una semplice nervatura, guarnita da ciascun lato da una frangia lunga, ciò che dà a queste nervature una grande analogia colle piume degli uccelli. Nel riposo, in qualche specie, così nei Pterophoridi bianchi, tutte le divisioni sono scostate e distese, mentre in altre specie esse sono ripiegate a ventaglio e spariscono com- pletamente sotto il primo lobo delle ali superiori, le quali rimanendo quasi perpendicolari all'asse del corpo, danno all’insetto l'aspetto di una croce. La testa dei Pterophoridi è sferoidale, la spiritromba molto sviluppata, l'addome molto lungo, così le zampe fornite di lunghi sproni. I palpi sporgenti e provvisti d’un articolo mediano molto lungo; alcuni sono provvisti di occhi accessori o stemmati, altri no. Sebbene apparten- gano ai lepidotteri già classificati fra i notturni, pure qualcuno vola in pieno giorno, appena disturbato dal suo riposo. Hanno volo lento, pigro, poco sostenuto, formato da una serie di evoluzioni dall'alto in basso e viceversa e vanno a posarsi sempre vicino al luogo ove sono partiti. Il loro sviluppo maggiore si ha in giugno e luglio, specie nei luoghi freschi dei giardini e dei boschi, talvolta pure nel prati. Le larve a sedici zampe vivono soventi allo scoperto, specie sulle piante erbacee, altre nell'interno degli steli. Corte, rigonfie, lente e guarnite di peli o spine più o meno ramose. Per incrisalidire generalmente si appendono a capo all’ingiù per per la regione anale e si cingono inoltre con un legamento setoso come le succiute nei Ropaloceri (1). Prima dell’ultima classificazione di Rebel erano per la sezione Pterophoridae portati dallo Staudinger dieci ge- (1) GIRAD: op. cit., vol. III, pag. 774. 17 hi + BA E ZA 7] DEI LEPIDOTTERI ITALIANI + BRA neri, e cioè: Agdistis, Cnaemidophorus, Platyptilia, Am- blyptilia, Oxyptilus, Mimaeseoptilus, 0édematophorus, Pte- rophorus, Leioptilus, Aciptilia. Oggi a questi generi sono aggiunti i seguenti di nuova creazione: Trichoptilus (Wlsghm. 1880) che comprende la sola specie Paludum, rappresentata in Italia (Alpi); Pselnophorus (Wallgr. 1881) formato dalla preesistente specie Brachydactylus Tr. già compresa nel genere Leioptilus dello stesso autore e della nuova specie non rappresentata in Italia, Amurensis Chr; Marasmarcha Meyr 1886, formato con quattro specie prima comprese nel genere Mimaeseoptilus Wallgr., e coi nuovi generi Fauna Mill 1879 e Trimmatodactyla Strg.: Gypsochares Meyr, 1890 formato con due specie già comprese precedentemente nel genere Aciptilia Hb. e colla nuova specie Hedemanni Rbl. Stenoptilia (Hb. 1818), formato con altre specie già com- prese nel genere Mimaeseoptilus Wallgr. e non portate al senere Marasmarcha Meyr. Il genere Aciptilia Hb. è ora sostituito dall'altro Alucita L. 1758, e formato dalle specie che prima formavano que] genere ad eccezione di quelle portate al genere Gypsochares, per cui la sezione ultima dei Lepidotteri che prima era formata dalla famiglia Alucita, vedremo nel seguente pa- ragrafo aver cambiato totalmente nome. Sono scomparsi invece i generi seguenti: Cnaemido- phorus Wallgr, le cui due specie. Rhododactyla (S. V.) e Cinnamomea Stgr. Sono oggi comprese nel genere Platyp- tilia Hb.; Amblyptilia Hb., le cui due specie sono pure comprese nel genere Platyptilia Hb.: Mimaeseoptilus Wallgr., di cui quasi tutte le specie sono riportate oggi al genere Stenoptilia Hb., eccettuate quelle di cui abbiamo detto e portate al nuovo genere Marasmarcha Meyr.; Oedemato- phorus Wallgr., le cui due specie sono oggi comprese nel genere Pterophorus (Geoffroy 1762); Leioptilus Wallgr., le 112 FORTUNATO ROSTAGNO cui specie sono oggi per la maggior parte pure comprese nel genere Pterophorus Geoffr. ad eccezione della Brachy- dactilus compresa, come abbiamo detto, nel genere Pselno- phorus Waller. Ciò posto rimangono per le Pterophoridae compren- dente la sola famiglia delle Pterophorinae i seguenti dieci generi: Trichoptilus Wlsghm. 1880, Oxyptilus L. 1841, Pla- typtilia Hb. 1818, Alucita L. 1758, Pselnophorus Wallgr. 1881, Marasmarcha Meyr. 1886, Gypsochares Meyr. 1890, Pte- rophorus Geoffr. 1762, Stenoptilia Hb. 1818, Agdistis Hb. 1818. Riassumendo, il quadro delle Pterophoridae è il se- guente : i II ! Genere I — 7richoptilus. | I Genere II — Oxyptilus. Genere III — Platyptilia. Genere IV — Alucita. 7 Tribù XXIX / Genere V- Pselnophorus. Genere VII — Gypsochares! Genere VIII — Pterophorus. Genere IX — Stenoptilia. Genere X — Agdistis. Sezione II — Eteroceri eni Sezione IX — Pterophoridae Divisione II — Microeteroceri Pternophorinae I Genere VI — Marasmarcha VI SEZIONE; XL WALUCERDI Una seconda sezione fu fino ad oggi stabilita peri le- pidotteri ad ali od a piuma ed è quella degli Alucitidi (Alucitina) composta della sola famiglia e genere Alucita L. Oggi però il Rebel, ritornardo alla denominazione più antica del Latreille, non porta più la tribù Alucitina, seb- bene l’altra Orneodidae che le è sinonima, mentre secondo DEI LEPIDOTTEKI ITALIANI ilo i più antichi criteri di Linneo il genere Alucita, come ab- biamo detto nel precedente paragrafo, è riportato fra i pterophoridae, ove ha sostituito il genere Aciptilia Hb. I caratteri di questa tribù, che si compone di un solo genere Orneodes Latr. 1796 (Alucita 7), sono i seguenti: Antenne filiformi nei due sessi: testa grossa, globulosa ; spiritromba rudimentale, membranosa ; palpi labiali soli visibili, sensibilmente più lunghi della testa, sporgenti, il secondo articolo molto guarnito di scaglie, l’ultimo quasi nudo, rilevato ; torace più largo della testa ; ciascuna delle quattro ali divisa dalla sua origine in sei raggi barbuti, rassomiglianti perfettamente a piume ripiegate nel riposo; zampe lunghe e meno esili in proporzione dei Pterophoridi, addome corto e piuttosto. grosso. Larve liscie, a sedici zampe, metamorfosantesi in hoz- zoli trasparenti (1). Come abbiamo detto, la sezione Alucitidae (Orneotidae) non contiene che una tribù Orneodiidinae, ed un solo ge- nere Orneodes Latr. 1796. Quindi il quadro relativo a questa sezione è ben semplice e cioè : Sezione II ( Divisione II ( Sezione X (Eribi XXX \ Genere I Eteroceri l Microeteroceri | Alucitinae (Orneodidae) l Orneodiidinae l Orneodes Così terminato questo lavoro sulla parte generale, dob- biamo dichiarare che in corso di pubblicazione sono nel campo della sistematica avvenute variazioni sensibili, di cui in parte non abbiamo potuto tener conto, perchè ve- nute in luce dopo che alcuni paragrafi erano pubblicati. Nell’indice che segue teniamo presenti queste variazioni riportando le nuove nomenclature dello Staudinger a quelle (1) GIRARD: op. cit., vol. 3, pag. 778. (2) STAUDINGER : op. cit. vol. II, pag. 7 00 114 FORTUNATO ROSTAGNO precedenti, ciò per semplice chiarezza, ma ci riserviamo di considerare i nuovi criteri nella parte speciale di questo lavoro, adottando ciò che troviamo, secondo noi, accettabile e persistendo in altri concetti per alcune suddivisioni che a noi paiono utili, logiche e fondate su ragioni apprezza- bili. In sistematica vi sono dei criteri generali e fondati che facilitano lo studio, e questi noi non abbandonammo mai, pure adottando viariazioni che hanno tutta la loro ragione di essere, come ad esempio quelle che riportano le denominazioni ai più antichi scopritori. Del resto è questione di intenderci e veramente sarebbe desiderabile che al fine si venisse ad una conclusione per non cadere in una generale confusione. Le variazioni che hanno un fondamento scientifico riconosciuto, le comprendiamo: quelle che partono da un diverso concetto di sistema, no, perchè scombussolano i lavori di anni ed anni, senza uti- lità reale. ie re 1 Dr L. MASI Nota sugli OSTRACODI VIVENTI NEI DINTORNI DI ROMA ed osservazioni sulla classificazione della « Cypridae » Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma, nell'adunanza generale del 6 giugno 1905. Gli Ostracodi che vivono nelle acque dolci e salmastre d’Italia, fino ad oggi non sono stati oggetto di uno studio particolare, e tutto ciò che si conosce riguardo ad essi con- siste nella semplice indicazione dell’esistenza di una ven- tina di specie, menzionate qua e là negli scritti di alcuni autori: mentre la maggior parte delle specie che si tro- vano nei nostri mari, sono descritte nella classica mono- orafia di G. W. Miiller sugli Ostracodi del Golfo di Napoli, ed in qualche altro lavoro; ed anche delle forme fossili non poche sono già conosciute. Ho voluto perciò dedicarmi allo studio sistematico delle specie delle nostre acque dolci e salmastre. Ed ora riassumerò in questa nota i risultati che fino adesso ho ottenuti, indicando le forme raccolte, de- scrivendone brevemente alcune nuove, ed esponendo alcune mie opinioni sulla classificazione delle Cypridae. Al Prof. D. Vinciguerra, direttore della Stazione di Piscicoltura di Roma, il quale mi propose lo studio di questa parte della fauna d'Italia, devo qui esprimere la mia gratitudine per 116 L. IASI gli ammaestramenti e i consig con cui volle dirigere queste mie ricerche. Fino ad ora ho fatto raccolta di egemplari quasi esclu- sivamente nei dintorni di Roma, sia perchè, come osserva il Miller nella monografia degli Ostracodi della Germania, data la grande diffusione che presentano quasi tutte le specie, sì potrebbe raccogliere la maggior parte di esse anche in un territorio di alcuni chilometri quadrati, quando se ne facesse una ricerca molto accurata; sia perchè mi sono proposto anzitutto, non già di raccogliere e determi. nare il maggior numero possibile di specie, ma di studiare dettagliatamente quelle forme che mi riusciva più facile di ottenere, con l'intento di farmi un concetto della varia- bilit» dei loro caratteri, ed inoltre di controllare, e all’oc- correnza correggere, dopo un esame minuzioso di parecchi esemplari, le descrizioni che si trovano nelle opere più recenti. Le quali descrizioni lasciano spesso parecchi dubbì riguardo all'identità specifica di certe forme, o sulla esi- stenza di varietà delle specie o di variazioni. Degli Ostracodi di acqua dolce finora raccolti in Italia non è facile farne un elenco, poichè essi si trovano spesso menzionati solo incidentalmente in diversi lavori, ed alcuni anche di autori stranieri, ed anche perchè non poche delle specie sono state determinate iv base alle descrizioni di opere non recenti, e dovrebbero perciò essere studiate .di nuovo. Come semplice tentativo di un elenco delle specie raccolte in Italia, entro i confini politici attuali, menzionerò le seguenti: Notodromas monachus (O. F. Miller), Cypris bispinosa Lucas, Cypris pubera O. F. Miller, Cypris virens (Jur.), Cypris fuscata (Jur.), Cypris ornata O. F. Miller, Cypris prasina Fischer, Cypris easerta Fischer, Cypris ma- reotica Fischer, Cypris palermitana Fischer, Cypris incon- gruens Ramdohr, Cypris incongruens var. rubra (Nardo), d UE TOSSE. 0 SUGLI OSTRACODI 117 Cypris serrata (Brady ‘and'‘ Norman), Cypris intermedia (Kauf.), Cypris reptans (è: ird), Cypridopsis vidua (O. F. Miller), Cypris (= C,pridopsis) aculeata O. G. Costa, Cypri- dopsis villosa (Jur.), Cypridopsis smaragdina Vavra, Ilyocypris gibba (Ramdohr), Cyclocypris laevis (0. F. Miller), Cypria ophthalmica (Jur.), Candona candida (0. F. Miller), Candona neglecta G. O. Sars, Cytheridea torosa (Jones). Nella « Fauna del Regno di Napoli » di O. G. Costa sono menzionate soltanto sette specie di Cypridae: una di esse, descritta col nome di Cypris ornata O. F. Muller, proba- bilmente non è tale specie; un’altra, la C. aculeata, che il Costa scoperse nel Mare-morto nel Miseno, si può ritenere identica a quella che Lilljeborg descrisse più tardi col nome di Cypridopsis aculeata. Le altre specie sono così ir*om- pletamente descritte e così imperfettamente figurate, che non riescirebbe possibile indentificarle: tutto al più, io credo, si potrebbe supporre che quella indicata col nome di Cypris bituberculata sia una Ilyocypris, quella denominata Cypris vulturis una Cypridopsis affine alla C. villosa (Jur.) oppure alla C. Newtoni Brady and Robertson. Però queste cinque specie menzionate dal Costa non possiamo anno- verarle in un elenco degli Ostracodi d’Italia, perchè se vi fossero iscritte, rimarrebbero sempre come specie non più ritrovate e introvabili, mentre fra le altre specie dell'elenco vi sarebbero probabilmente le forme corrispondenti, indi- cate sotto altro nome ChE 3 (1) Ho voluto informarmi se non vi fosse ancora nel Museo zoologico del- l’Università di Napoli qualcuno degli Ostracodi raccolti dal Costa, però il Dr. Pie rantoni, il quale gentilmente si è incaricato di tale ricerca, mì fa sapere che non ve se ne conserva alcun esemplare. do Bollett. della Società Zoologica Ital. Fasc. IV e V. Vol. VI. Famiglia Cypridae. Genere Noropromas Lilljeborg. 1. — Notodromas monachus (0. F. Miller). Genere Cypris 0. F. Miller. In questo genere comprendo tutte le specie che hanno sei setole nella lamella branchiale dei piedimascelle e la forcina normalmente sviluppata. Non mi sembra oppor- tuna una scissione del gruppo in diversi generi: piuttosto credo utile riunire in sottogeneri alcune specie che hanno in comune parecchi caratteri a cui non si può non dare importanza, come quelle di cui G. W. Miller ha fatto il sottogenere Eurycypris, quelle del genere Ilyodromus G. O. Sars. Per molte altre specie che non potrebbero distin- guersi in sottogeneri, mi sembra che sarebbe utile adottare una ripartizione in gruppi, secondo l'esempio dato dal Vavra. Per le specie che sono state riunite col nome di Cyprinotus non vi sono caratteri sufficienti per farne nem- meno un sottogenere : il solo carattere comune forse è la presenza di una setola soltanto nel primo articolo del primo paio di zampe: la dentellatura del margine della valva destra si trova invece nella valva sinistra in due forme, inoltre essa manca nella Cypris Kaufmanni (Microcypris re- pians Kauf). Tali specie dovrebbero formare perciò un sem- plice gruppo, denominato dalla Cypris incongruens Ramdohr. SUGLI OSTRACODI 119 2. — Cypris (Eurycypris) bispinosa Lucas. Questa Cypris, di cui finora non è stato descritto che l'aspetto esterno del guscio, è una forma affine alla Cy- pris (Eurycypris) pubera O. F. Miller, e quindi deve porsi nel sottogenere Eurycypris, di cui presenta tutti i caratteri che G. W. Miiller stabilisce per la diagnosi nella mono- grafia degli Ostracodi della Germania. Ho trovato alcuni esemplari di questa specie nell'intestino di alcuni individui di Atherina Rissoi (lacustris Bp.) comperati sul mercato di Roma e dei quali mi fu detto che provenivano dal Lago di Bracciano. s. — Cypris (Eurycypris) pubera O. F. Miller. 4. — Cypris onusta n. sp. Nel guscio di questa specie, veduto di profilo, il punto più elevato corrisponde a 2[5 della lunghezza, dove il margine dorsale forma un angolo molto ottuso e arro- tondato ; il margine anteriore è convesso ; quello posteriore, che è dritto, ha una inclinazione di 60° sull'asse longi- tudinale delle valve e si unisce col margine dorsale in corrispondenza ai 5]6 della lunghezza, formando un an- golo molto ‘ottuso. La perpendicolare abbassata da questo punto sul margine ventrale è uguale all'altezza che pre- senta il guscio anteriormente. Il margine ventrale è quasi dritto, con una leggera convessità. dopo il primo sesto della lunghezza, e si incontra col posteriore formando un angolo molto arrotondato. Una larga zona di fusione cir- conda tutto il margine libero delle valve, attraversata da poricanali molto ravvicinati, semplici, assottigliati verso l'estremità. Veduto dal disopra, il guscio presenta la mag- giore larghezza verso il mezzo ; la sua lunghezza sta alla larghezza come 9 : 4; i lati formano due archi poco con- vessi ; le estremità sono ristrette e non arrotondate. Lun- ghezza mm. 1,75, altezza mm. 0,87. Le valve hanno un color verde scuro, le appendici sono giallognole, le uova color arancio-rosso. Le setole delle due paia di antenne sono ben sviluppate, quelle della seconda antenna oltrepas- sano di poco l’estremità delle unghie, inoltre in questa appendice il terzo articolo è rivestito di peli anterior- mente e nella parte inferiore, il quarto ha un gruppo di peli disposti a ventaglio al disopra dell'attacco delle due setole anteriori. Nel palpo della mandibola il terzo arti- colo ha nell’angolo distale superiore una setola a forma di lancia bipennata : ed il quarto articolo è cilindrico. I denti dell’apofisi anteriore della mascella sono lisci. Il piedemascella presenta l’apofisi masticatoria ed il palpo relativamente brevi e della stessa lunghezza. I rami della forcina sono lunghi, piuttosto sottili, col margine inferiore leggermente incurvato, il superiore quasi dritto e con una serie di ciglia nei due terzi posteriori della sua lunghezza: questa serie si trova interrotta in tre punti, a distanze quasi eguali. Le unghie sono assottigliate, leggermente ricurve; quella inferiore è un poco più corta della metà del margine corrispondente dei rami; quella superiore è uguale a 7[9 della lunghezza dell’altra. La setola del margine superiore è attaccata distante dall’estremità del ramo, dopo 617 della lunghezza .del lato ventrale. Questa specie, nonostante la grandezza e lo spessore delle valve, nuota con una certa agilità. L'ho trovata, ma solo in nu mero di pochi esemplari, in un fontanile, insieme con altre specie di Ostracodi. Le larve raggiungono il settimo stadio in aprile. SUGLI OSTRACODI 121 Fig. Ta SE ro N2. Profilo della valva destra Ramo della forcina della stessa specie della Cypris onusta (ingrand. 34) (ingrand. 108) La specie descritta ha delle analogie con la C. clavata (Baird), la C. Lienenklausit var. laevis G. W.Mtiller e con altre forme che si riferiscono al gruppo della C. clavata istituito dal Vavra. 5. — Cypris virens (Jur). 6. — Cypris ornata O. F. Miller. 7. —— Cypris salina Brady. Questa Cypris, che finora era stata trovata in acqua dolce solo presso Berlino da Hartwig, è comune. nelle fontane e nei fossi dei dintorni di Roma. Gli esemplari corrispondono esattamente a quelli (di località più o meno salmastre) che ho avuti dall'Isola di Wight (Inghilterra) e che devo alla cortesia del Dr. J. Scourfiield, ed a quelli descritti dal Muller. Con questo autore sono d’accordo nel ritenere che la C. salina Brady non sia identica alla C. prasina Fischer, dalla quale si discosta specialmente per il colorito e perchè non presenta riproduzione sessuata La C. salina è molto affine alla C. incongruens, special- mente nella forma delle appendici. Come la C. incongruens, presenta una sola setola presso l’estremità del primo ar- ticolo del primo paio di zampe. S. — Cypris incongruens Ramdohr. Da un confronto minuzioso degli esemplari dei din- torni di Roma con esemplari della Germania, che devo alla gentilezza del Prof. G. W. Miiller, e con quelli di una forma molto affine della Rumania, come pure con le figure date dal Kaufmann, dal Vavra e da qualche altro autore, sono portato a credere che solo alcune delle forme de- scritte sotto il nome di C. incongruens potrebbero conside- rarsi come specie distinte (forse gli esemplari studiati dal Vavra e la var. balatonica Daday) e che la C. incongruens sia realmente una specie molto variabile. Nei dintorni di Roma ne ho trovate due forme: una di esse la considero come tipica, ed è quasi identica a quella descritta dal Miller, ha colore fulvo o giallo-bruno, e talora aranciato; l’altra. per la quale propongo il nome di 9. — C. incongruens var. rosea n. var., sì distingue pel colore roseo, le appendici scolorite, le due valve uguali nel profilo ed ambedue con la fasciajalina sporgente, il palpo del piedemascella con gli articoli per SO E I TIA. ene ACE EEE Sa rg adria e È ae " ri | i oro SUGLI -OSTRACODI 123 lo più incompletamente fusi. Il Nauplius di questa forma non è di colore rosa, ma rosso solferino. Per il profilo questa varietà somiglia molto alla C. rubra figurata da S. Fischer (1855): ma, per il colore uniforme che presenta, non potrebbe essere identica alla Cypris descritta da Jurine col nome di Monoculus ruber e considerata da Brady e Norman come una verietà di C. incongruens. Nè della var. rosea nè della forma tipica della specie ho trovato mai in- dividui maschi. Nella C. incongruens e nella specie seguente, come pure nell'altra forma della Rumania, che descriverò in un pros- simo lavoro, il ramo destro della forcina ha una serie di peli che sporge dal margine, mentre nel ramo sinistro questi peli sono internati. Questa disposizione si trova in parecchie altre specie di Cypridae. 10. — Cypris Kaufmanni n. nomen (= Microcypris reptans Kauf.) var. limbata n. var. La Microcypris reptans di Kaufmann ha tanta affinità con la C. incongruens, che io non posso ammettere di doverla riferire ad un genere distinto, e tanto meno ad un’altra sot- tofamiglia (Herpetocypridinae Kauf.). Dovendola riferire al genere Cypris (ed i caratteri della specie mi sembrano uno degli argomenti più validi per non ammettere il genere, o sottogenere Cyprinotus)occorre cambiare anche il nome spe- cifico, esistendo già una C. reptans (Baird), e perciò pro- pongo il nome di C. Kaufmanni. Questa Cypris differisce dalla C. incongruens per la ri- duzione delle setole natatorie del secondo paio di antenne, onde è inetta al nuoto, per la mole minore e il suscio rela- tivamente alto e per la mancanza di dentelli nella valva destra. Nella var. limbata la fascia jalina sporge nella parte 124 L. MASI anteriore di ambedue le valve, mentre nella forma tipica descritta da Kaufmann non sporge affatto. Come nella incongruens, la struttura delle valve è reticolata, ma un poco meno irregolare. 11. — Cypris intermedia (Kauf.) var. latialis n. var. pa Gl’individui che ho raccolti differiscono da quelli de- scritti da Kaufmann principalmente per avere le setole na- tatorie del secondo paio di antenne fornite di barbe e tutte ben sviluppate, tuttavia non sono atti al nuoto: hanno inoltre i rami della forcina più corti, ed in parecchi ca- ratteri delle appendici non corrispondono alla descrizione e alle figure del detto autore. Non ho potuto constatare per mezzo del confronto di esemplari, se vi sia una diffe- renza tra le due forme anche nella struttura del guscio : in tal caso gl’individui che ho raccolti, dovrebbero riferirsi ad una specie distinta. Ad ogni modo, essi formano l'anello di congiunzione fra le Cypris e le Herpetocypris. 12.— Cypris(I lyodromus) olivacea (Brady and Norman). Gl'individui di questa specie corrispondono per la forma del guscio alla figura data dal Kaufmann, però nei rami della forcina presentano all’angolo distale superiore una specie di unghia piuttosto larga alla base e assottigliata gradatamente verso la punta, e fornita di dentelli. Genere CyPRripopsis Brady. 13. — Cypridopsis vidua (0. F. Miller). Gli esemplari di questa specie differiscono in alcuni caratteri da quelli descritti da Miller, da Kaufmann e da a SPE VEL I RO TADIOVA, EVO TRO SANT? | IA I SID IT. eli init Mai È last Gabbie alia LI a v I PRA TETI TORI PE ca) SUGLI OSTRACODI 125 Vavra, tuttavia non ritengo che possano considerarsi come una varietà ben distinta. Nemmeno credo di poter consi- derare come tale una forma che si trova alle volte nei piccoli corsi d’acqua dei dintorni di Roma, e si distingue specialmente per il colore di fondo giallo-grigiastro o bian- chiccio e per avere la striscia trasversale mediana inter- rotta in ambedue le valve a poca distanza dalla loro articola- zione, e fusa nelle estremità laterali con due prolungamenti della striscia traversale posteriore. 14. — Cypridopsis villosa (Jur) var. crassipes n. var. Si discosta dalla descrizione di Kaufmann (la sola che possa dirsi veramente dettagliata e completa) per il guscio un poco più alto e con il punto più elevato in corrispon- denza alla metà della lunghezza, inoltre per le setole na- tatorie del secondo paio di antenne sviluppate oltre la punta delle unghie per un terzo della loro estensione (come nella Cypridopsis smaragdina Vv.) e per gli articoli del primo paio di zampe molto ingrossati, tanto da ricordare la C. Newtoni Brady and Robertson. In due esemplari a- dulti di questa var. crassipes, raccolti in un fosso vicino alla Via Turanense presso Carsoli, ho riscontrato nel guscio lo stesso profilo che presentano gli esemplari descritti dal Kaufmann e dal Vavra. Perciò non credo che si possa considerare la var. crassipes come una specie distinta. 15. — Cypridopsis dubia n. nomen (= C. villosa partim). Con questo nome vorrei si distinguesse una forma che differisce dalla C. villosa descritta da Kaufmann e da Vavra, per avere numerosi incavi circolari sulle valve: questo carattere lho riscontrato, oltre che negli esemplari raccolti in un fontanile dei ditorni di Roma, anche in e- semplari provenienti dall’Isola di Wight, probabilmente identici a quelli descritti sotto il nome di C. villosa nella monografia di Brady e Norman. A differenza di quanto si osserva nella C. villosa descritta da Kaufmann, le setole natatorie della seconda antenna superano l'estremità delle unghie per un terzo della propria lunghezza, e gli articoli del primo paio di zampe sono ingrossati, quantunque meno che nella C. villosa var. crassipes. Però gli esemplari dell'Isola di Wight hanno una asimmetria delle valve meno marcata di quelli da me raccolti, ed hanno il secondo articolo del primo paio di zampe meno sviluppato in lun- ghezza: questo sarebbe quindi variabile in questa specie secondo i luoghi, come negli individui di C. villosa de- scritti da Kaufmann. 16. — Cypridopsis variegata Brady and Norman. Concorda perfettamente con la descrizione del Miiller. Ha le setole natatorie della seconda antenna sviluppate fino all'estremità delle unghie : negli altri caratteri delle appen- dici corrisponde alla descrizione della Paracypridopsis variegata della monografia di Kaufmann. Questa può esser forse una forma specificamente diversa dalla C. variegata. Genere ILvocyPris Brady and Norman. Nei dintorni di Roma ho trovato tre forme apparte- nenti a questo genere, le quali, ammettendo i criterii spe- cifici del Kaufmann, dovrebbero considerarsi come tre specie diverse. Di esse darò una descrizione dettagliata in un lavoro a parte sulle Nyocyprinae, perciò mi limito a darne qui alcune notizie soltanto. Le tre forme del genere sono, adottando una denominazione provvisoria ; di Te ea LATE RAR BICI ARI AT PL N 3 nl I ri PARA SUGLI OSTRACODI 127 17. — Iyocypris gibba (Ramdohr) var. repens Vavra, 18. — Ilyocypris gibba (Ramdohr), an alia sp. 19. — Ilyocypris decipiens n. sp. La prima forma è forse identica alla I. gibba var. repens Vv., la quale non mi sembra che possa esser la stessa specie descritta da Kaufmann come I. Bradyi. La seconda differisce dalla /. gibba senza sporgenze laterali descritta da Kaufmann, perchè presenta un angolo meno arrotondato fra il margine dorsale e quello posteriore delle valve, ha una listerella molto internata nella metà ante- riore del guscio, le valve con numerosi piccoli dentelli sul margine, e con le impronte del muscolo adduttore non disposte l’una sull'altra secondo una linea perpendicolare, ha le setole natatorie della prima antenna lunghe quanto gli ultimi sei articoli di essa, le zampe del secondo paio con l'articolo terminale della forma di un cono troncato. Senza un confronto fatto direttamente con gli esemplari studiati dal Kaufmann, non mi è possibile di stabilire se questa /lyocypris sia una varietà oppure una specie nuova. La terza forma somiglia nel profilo alla I. gibba var. bicornis del Kaufmann, però oltre alle sporgenze laterali posteriori del guscio, ne presenta due altre dietro all’oc- chio e due ventrali, verso la metà della lunghezza ; ha le setole natatorie ridotte, il secondo articolo della seconda antenna più breve del terzo, il primo paio di zampe con cinque articoli, il secondo con l'articolo terminale a forma di cono troncato. Questi caratteri mi sembrano sufficienti per considerare questa Ilyocypris come una specie distinta. Dal sruppo delle Iyocypris io credo che dovrebbe se- pararsi la specie descritta da Kertész col nome di /. gibba var. tuberculata, per formarne un nuovo genere, distinto specialmente per il palpo dei piedimascelle del maschio con i due articoli fusi, appiattito e incurvato come nel genere Candona. Genere CycLocyPrIs Brady and Norman. 20. — Cyclocypris pygmaea Cronebersg. Genere CypPRIA Zenker. 21. — Cypria ophithalmica (Jur.)— Le larve di questa specie, che ho raccolte in una fontana in diversi mesi del- l’anno, presentano una striatura delle valve come gl’individui adulti di C. easculpta (Fischer). Questa seconda specie non l'ho mai trovata in quella fontana nè in altri luoghi. Genere CANDONA Baird. 29: ——— Candona ‘candida Vy: 25. — Candona neglecta G. O. Sars. Gl'individui di questa specie somigliano più a quelli figurati dal Kaufmann che non a quelli della monografia del Miller. Di maschi col dorso molto convesso, come li descrive quest'ultimo, non ne ho mai trovati. 24. — Candona pubescens G. O. Sars. 295. — Candona parallela G. \. Muller. Questa Cardona fino ad ora non era stata trovata che in due località della Germania. Non è rara nei fossi dei © dintorni di Roma. (Continua). ig: (e SITI ZE PTT AR PIET ARES E RE POSERO I e 1 Prof. PAOLO PEOLA del R. Liceo d'Aosta TRAMPOLIERI E PALMIPEDI DELLA-VALLE D'AOSTA Comunicazione alla SOCIETA’ ZOOLOGICA ITALIANA con sede în Roma L'avermi l'allievo Marcoz Vittorino portato per determi- nare un bell’esemplare di Gabbiano, cacciato alla confluenza del Buthier con la Dora dal. Sig. Antonio Gigli, elettro- tecnico a S. Marcel; l'aver visto che nella recente pubblica- zione del chiar. Prof. Pavesi: Esquisse d’une faune valdòtaine (Milano, Ati soc. sc. nat., 1904) non si fa menzione di Pal- mipiedi, nè di Trampolieri, eccezion fatta della Cicogna e del Fenicottero: l’aver saputo che nei vicini paduli di Quart si fanno annualmente caccie di anitre e di altri uccelli acquatici; ed il trovarsi infine nel Gabinetto di Storia natu- rale annesso al R. Liceo una ventina di esemplari di tali uccelli, la massima parte ancora indeterminati, furono le cause che mi spinsero a fare il presente studio. La fauna della Valle d'Aosta, che certamente deve essere per le condizioni topografiche e climatiche dell'ambiente, ricca, varia ed interessante, fu finora pochissimo studiata. Giustamente quindi il Prof.Pavesi osserva in detto suo studio che, mentre i geologi ed i botanici fanno facilmente e vo- lentieri delle escursioni a scopo di studio nella Valle d'Aosta, pochissimi zoologi Yhanno fatta oggetto delle loro ricerche. La faunistica quindi della Valle d’Aosta, aggiunge il Prof. Pavesi, è ancora un desideratum, edi naturalisti vi troveranno ancora un campo sempre fertile da esplorare. Opportuna- mente poi eccita la locale società Flore valdotaine di fon- 130 PAOLO PEOLA dare un museo locale di storia naturale. Questa società, che prima aveva lo scopo di studiare solo. la flora della valle, ha nella seduta del 26 aprile 1901 deciso di favorire anche gli studi di altri rami delle scienze naturali, ed ul- timamente nella seduta del 18 corrente gennaio, dietro mia proposta (1), decise di fondare un museo di storia naturale, e raccogliere tutto ciò che vi è di interessante nella valle. Speriamo che i fatti corrispondano presto alle giuste aspi- razioni degli scienziati. Ho creduto utile contribuire allo studio della fauna valdostana colla pubblicazione dell'elenco degli uccelli ap- partenenti ai Trampolieri e Palmipedi che furono catturati nelle vicinanze di Aosta, e della presenza dei quali ho potuto avere sicure notizie. Poco oltre la confluenza del Buthier con la Dora, che avviene ed est della città, la valle si allarga alquanto, e le acque della Dora quivi si dividono e suddividono in diversi rami, racchiudendo numerosi isolotti, sui quali si sviluppa una ricca vegetazione di ontani, cannuccie ed altre piante acquatiche: e tali diramazioni non si riuniscono sul letto principale che oltre Quart, verso Villefrance. Si ha così una regione paludosa lunga dai sette agli otto chilometri e larga più di un migliaio di metri che riesce di comodo asilo a molti uccelli acquatici, tanto più che si trova al punto d’unione delle valli che danno accesso ai due passi del Piccolo e del Grande S. Bernardo. Ho interrogato diversi abili cacciatori (2), e tutti fu- rono concordi nel darmi l’elenco delle specie che si tro- (1) P. PEOLA : Per un museo valdostano di storia naturale. — Bull. Florc valdòtaine N. 3-4. Aosta 1905. (2) Mi furono in special modo larghi di informazioni i signori cacciatori: Pernigotti, R, Ispettore demaniale, che da più di vent'anni caccia nella Valle d’Aosta, Valle, ex-maresciallo delle guardie di finanze, il prof. V. Spirito ed il bidello V. Melano, ai quali tutti porgo i miei ringraziamenti. da Set na TRAMPOLIERI E PALMIPEDI 131 vano più frequentemente in dette paludi. Di alcune specie, come Larus ridibundus, Colymbus glacialis, Cicogna e Fe- nicottero ho potuto esaminare gli esemplari che di certa scienza so che sono stati cacciati in detta località : di molte altre: Beccaccino, Porciglione, Folaga, Airone cenerino, Gar- zetta, Mignattaio, Fischione, Moriglione, Moretta, Moretta tabaccata, Strolaga mezzana, e Svasso maggiore, ho esa- minato gli esemplari che si conservano nel Gabinetto di Storia naturale annesso al Liceo, e che dagli inventari, e da informazioni assunte da persone degne di fede, ho po- tuto sapere che rappresentano veramente individui cattu- rati nella valle (1); di altre specie, come Pavoncella, Bec- caccia, Croccolone, Voltolino, Schiribilla, Sciabica, Germa- no reale, Alzavola, Marzaiola, Pesciaiola, non ho esaminati esemplari catturati nella valle, ma le cito sulla fede dei sullodati cacciatori. Grallae — Trampolieri (2) Fam. Limicolae. Gen. VANELLUS Brison 1. Vanellus vanellus L. — Pavoncella. Non ho visto alcun esemplare, ma cito queste specie sulla fede dei detti cacciatori. È di passo in marzo e no- vembre, ed in numero non tanto abbondante. Il Fatio dice che la Pavoncella è più o meno abbondante in tutti i paesi della Svizzera, tanto al Sud che al Nord delle Alpi. Ri- (1) Ho potuto sapere che gli esemplari conservati nel Gabinetto di storia naturale annesso al R. Liceo, e che facevano parte dell’antica collezione, furono comperati o regalati dai cacciatori e preparati dal Canonico Giorgio Carrel, già Professore di Storia naturale nel Collegio esistente antecedentemente alla regi - ficazione del Liceo, fondatore della Sezione di Aosta del Club alpino italiano, della Società Flore valdòtaine, e dell’Osservatorio meteorologico a S. Orso. (2) Per la classificazione seguo quella adottata da Arrigoni degli Oddi nel suo studio: Uccelli europei, atlante ornitologico. Milano Hoepli — 1902 132 PAOLO PEOLA guardo al passo autunnale noto che si osserva ordinaria- mente nella seconda metà di settembre ed in ottobre, qualche volta in tutto novembre, ed anche al principio di dicembre. Gen. Scoropax .L, 2. Scolopax rusticula L. — Beccaccia. Anche di questa specie non ho visto esemplari imbal- samati, ma tutti i cacciatori sono concordi sulla sua pre- senza nella Valle d’Aosta, ed in numero abbastanza ab- bondante. Però pare che sia più asbondante la varietà più piccola, forse la scopatola. ll suo passo si verifica in marzo; ed in ottobre e novembre. Il cacciatore sig. Paga- none dice di aver trovato un nido di beccaccie con i pic- coli. Altri cacciatori mettono in dubbio la cosa: Non è forse improbabile inquantochè il Salvadori dice che in Piemonte ha visto più di un nido, ed il Fatio asserisce che qualche coppia nidifica nelle Alpi e nel Giura. Gen. GaLLINAGO Leach. 3. Gallinago media Frisch. — Croccolone. Alcuni cacciatori assicurano la presenza anche di questa specie nella Valle d’Aosta. Sarebbe però di passo. 4. Gallinago gallinago L. — Beccaccino. Il Gabinetto di St. nat. annesso al R. Liceo possiede un esemplare catturato nei dintorni di Aosta. Anch'esso è di passo a marzo ed in novembre e dicembre. Fam. Rallidae. Gen. Parrussl 5. Rallus acquaticus L. — Porciglione o Gallinella. È una specie comunissima nei paduli di Quart, dove nidifica. Il Gabinetto di St. nat. del Liceo ne possiede tre esemplari, dei quali uno in abito di primavera, e due in abito d'autunno. SEINAP. - CO) mi ei AC Y RAI ANI air TRAMPOLIERI E PALMIPEDI 133 Gen. Porzana Veillot. 6. Porzana porzana L. — Voltolino. Cito questa specie sulla fede di alcuni cacciatori i quali mi assicurano che prima era raro, ora da qualche anno è diventato comune, e mi si assicura pure che ni- difica. 7. Porzana parva Scopoli. — Schiribilla. Cito anche questa specie sulla fede di alcuni caccia- tori. Non si è certi se nidifichi o non. Gen. GaLLINuLA Brisson. 8. Gallinula chloropus L. — Sciabica. Mi si dice che anche questa specie è frequente e ni- difica nella Valle d’Aosta. Non ho però visti esemplari imbalsamati. Gen. FbLica L. 9. Fulica atra L. — Folaga. È di passo in primavera, ed in novembre e dicembre, in numero discreto. Non si sa se nidifichi. Fam. Ardeidae. Gen. ARDEA L. 10. Ardea cinerea L. Airone cinerino. Se ne osserva all’epoca dei passi specialmente in pri- mavera. Un bell’esemplare è conservato nel Gabinetto di St. nat. annesso al Liceo. Gen. HeRropIas Boie. 11. Herodias garzetta.L. — Garzetta. Ho esaminato il bell’esemplare posseduto dal Gab. di St. nat del Liceo. Per il becco, tarsi e piedi neri, per la mancanza delle penne ornamentali alla testa ed al dorso, si deve ritenere un giovane di detta specie. Per le dimen- Bollett. della Società Zoologica Ital. Fasc. IV e V, Vol. VI. 3. 134 PALO PEOLA sioni © riferibile piuttosto a questa specie che all’ Airone bianco maggiore od Herodias alba L. La Garzetta è poco abbondante in Italia, in talune provincie nord-occiden- tali è rara (Arrigoni degli Oddi), e secondo il Fatio in Sviz- zera arriva piuttosto come uccello accidentale. L’esem- plare determinato deve essere venuto accidentalmente. ‘am. Ciconiidae. Gen. Cicoxnia Brisson. 12. Ciconia ciconia L. — Cicogna bianca. Oltre all’'esemplare della Collezione del Canonico Vescoz, già citato dal prot. Pavesi, si ha quello posseduto dal Gabinetto di St. nat. del Liceo che pare sia stato cac- ciato pure nei dintorni di Aosta. Questa specie sembra che non sia nemmeno per la Valle d’Aosta tanto rara ed ac-- cidentale come si crede. Probabilmente anche qui, più che accidentale, è specie di passo. Fam. Ibididae. Gen. PLeGADIS Kaup. 13. Plegadis falcinellus L. — Mignattaio. Un esemplare di questa specie è posseduto dal Gabi- netto di Storia naturale del Liceo, e pare cacciato nei din- torni di Aosta dove a detta dei cacciatori si osserva qualche volta. Arrigoni degli Oddi dice essere il Mignattaio specie rara nelle provincie settentrionali, ed il Fatio nota che per la Svizzera è uccello di passo affatto irregolare quantunque sia stato catturato diverse volte quà e là. Fam. Phoenicopteridae. Gen. PHoENIcoPTERUS L. 14. Phoenicopterus roseus Pallas. — Fenicottero. Non si conoscono che gli esemplari già citati dal Pavesi. E raro ed accidentale. TRAMPOLIERI E PALMIPEDI 135 Anseres. — Palmipedi. Fam. Anatidae. A Gen. Anas L. tb. Amas: boscas L. — Germano. reale, Si nota abbastanza abbondante nei passi di primavera e d'autunno. Prima era solo di passo, ora da pochi anni, dopo che la Società Aostana dei cacciatori si è riservata la caccia nei paduli di Quart, vi nidifica. Gen MaRrEca Stephens. 16. Mareca penelope L. — Fischione. I cacciatori dicono esser questa specie molto comune e di passo in marzo e novembre. Il Gabinetto di Storia naturale del Liceo possiede un esemplare di maschio adulto in abito di inverno con la fronte ed il pileo di un bianco sporco. Gen. NeTTIUM Kaup. i Netiam ‘erecci L:(—“Alzavola. Mi si assicura che si osserva anche questa specie nei passi di marzo e novembre. Non ho visto esemplari im- \ . balsamati. Gen. QuERQUEDULA Stephens. 18. Querquedula circia L. — Marzaiola. Si osserva anche questa specie con la precedente nei passi. La cito sulla fede dei cacciatori. Gen. NyRoca Fleming. 12. Nyroca ferina L. — Moriglione. Il Gabinetto di Storia naturale del Liceo posssiede un bell’esemplare di maschio adulto. ll Salvadori ed Arrigoni degli Oddi dicono che si trova il Moriglione in luoghi non lontani dal mare, quantunque sia comune in tutta l’Italia. 136 PAOLO PEOLA Il Fatio nota che si trova assai comunemente al Nord ed al Sud delle Alpi, sebbene cerchi di evitare le zone elevate delle Alpi. Le paludi di Quart si eleverebbero a poco meno di 600 m. sul livello del mare. 20. Nyroca nyroca Gildenstàdt. — Moretta tabaccata. Si ha un esemplare di maschio adulto nel gabinetto di storia naturale del Liceo. Anche questa è specie di passo in marzo e novembre. Il Fatio la dice rara tanto a Nord che a Sud delle Alpi. Gen. FuLIGULA Stephens. 21. Fuligula fuligula L. — Moretta. Un esemplare di maschio adulto che si conserva nel gabinetto di Storia naturale del Liceo. Come le altre anitre. è di passo in marzo ‘e novembre. Gen. Mercus L. 22. Mergus albellus L,. Pesciaiola. Cito questa specie sulla fede di alcuni cacciatori. Anche questa come le altre specie è di passo in marzo e no- vembre. Fam. Laridae. Gen, LaRUS L. 23. Larus ridibundus L. — Gabbiano Questa specie pare abbastanza comune, ne ho potuto esaminare quattro individui imbalsamati. Un esemplare cacciato alla confluenza del Bouthier con la Dora, dal signor Gigli Antonio, elettrotecnico a S. Marcel, il 22 dicembre 1904, rappresenta un adulto in abito di autunno e d'inverno, avendo la testa ed il collo di un bel bianco candido, eccet- tuate le regioni orbitali anteriori e le regioni auricolari’ che sono nerastre; il becco ed i piedi sono rossi. Due esem- - SORT RENEE PIP POR DI eg Te Pe Tia i i AT — pv i) a O) META Mt a TIT VEL SATA RE \ TRAMPOLIERI E PALMIPEDI 137 | plari che si conservano nel Gabinetto di St. nat. del Liceo mi sembrano piuttosto rappresentanti giovani dopo la muta; ed invece l'esemplare posseduto dal sig. Personettaz rappresenta un giovane prima della muta, avendo i piedi lividi, il becco colla punta nera, la testa grigiastra, le sca- polari, le copritrici e le penne del groppone brunastre, tra le quali si notano penne già grigio-perlacee, come negli adulti. Nella valle d'Aosta si osserva frequentemente, sebbene non regolarmente, in autunno e settembre. Fam. Colymbidae. Gen. CoLymBus L. 24. Colymbus articus L. —- Strolaga mezzana. + Un esemplare che fa parte della collezione del Gab. di Stor. nat. del Liceo, rappresenta un giovane. E° molto rassomigliante alla fig. 13 della tav, 45 dell'Atlante ornito- logico di E. Arrigoni degli Oddi. Accidentale. 25. Colymbus glacialis L. — Strolaga maggiore. Un bell’esemplare, rappresentante un giovane, stato catturato dal sig. Pernigotti, ispettore demaniale, nei pa- duli di Quart, il 20 novembre 1884, e da lui conservato. Questa specie come la precedente è rara ed accidentale in Val d’Aosta. Fam. Podicipedidae. Gen. Popicipes Latham 26. Podicipes cristatus L. — Svasso maggiore, Un esemplare che si conserva nel°Gabinetto di St. nat. del Liceo e rappresentante un individuo in abito di autunno. È accidentale. x Ich : Dal suesposto catalogo si vede come la Valle d’Aosta in generale, ed i paduli di Quart in particolar modo, siano abbastanza popolati da uccelli acquatici, avendone riscon- 138 PAOLO PEOLA trato la presenza di 26 specie, cioè 14 trampolieri e 12 pal- mipedi. Di esse specie la maggior parte, 12 specie (cioè Vanellus vanellus, Gallinago media, Gallinago gallinago, Porzana parva, Ciconia ciconia, Mareca penelope, Nettium crecca, Qaerquedula circia, Nyroca ferina, Nyroca nyroca, Fuligula fuligula, Mergus albellus) sono di passo, o pri- maverili, generalmente in marzo, od autunnale, general- mente in novembre. Alcune altre, 4 specie, (Scolopax ru- sticula, Rallus acquaticus, Porzana porzana, Gallinula chlo- ropus), pur essendo come le precedenti, di passo, hanno però qualche coppia che si ferma a nidificare. Nidifica anche l’Anas boscas. Sono proprie delle nostre regioni, oltre l’Anas boscas, le specie: Fulica atra, Ardea cinerea, Larus ridibundus, Podicipes cristatus. Sono invece acciden- tali le cinque specie: Herodias garzetta, Plegadis falcinellus, Phoenicopterus roseus, Colymbus glacialis. Gli uccelli di passo citati sono tutti piuttosto del Nord che vanno a svernare in regioni più meridionali della Valle d'Aosta ; delle specie che si sono adattate a nidifi- care qui, solo la Gallinula chloropus è specie piuttosto meridionale, le altre sono settentrionali, e delle cinque specie accidentali, due vengono dal Nord (Colymbus ar- ticus, e C. glacialis), le altre tre (Herodias garzetta, Plegadis falcinellus, Phoenicopterus roseus) vengono dal Sud. Si vede che i paduli di Quart formano una stazione abbastanza visitata dagli uccelli settentrionali durante i loro passi, sia per andare a svernare in regioni più miti, sia per ritornare ai loro paesi. Trovandosi solo come ac- cidentali poche specie meridionali devesi concludere che l’avifauna valdostana è costituita da uccelli proprii piut- tosto dell'Europa a Nord delle Alpi, cioè della sottoregione europea della regione paleartica. Aosta, marzo 1905. dl” se. i Li NERI l'a rga 136 i LIQUIDI FISSATORI ALGALINI Contributo alla tecnica istologica per VALENTINO BARNABÒ Comunicazione alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma. (Continuazione) Terza qualità essenziale del fissatore è di essere indifferente agli ulteriori processi di manipolazione e di preparazione, e di permet- tere in ispecial modo la colorazione con qualunque metodo si voglia fare. Ora il biclururo di mercurio non è veramente del tutto privo di una qualche influenza sul successivo buon risultato della pre- parazione, perchè, specialmente se si adopera in soluzioni abba- stanza concentrate, infiltra i tessuti con aghi cristallini o con masse granulose nere di mercurio estremamente diviso, che finiscono collo ingombrare tutto il preparato e col nuocere immensamente alla sua chiarezza. Di questo unìco difetto, già notato dagli autori per le soluzioni acide di sublimato, non sono scevre neppure le solu- zioni alcaline, che, come si è visto, contengono molto cloruro mercurico. Tuttavia si riesce facilmente ad eliminare l’inconveniente, adoperando per la disidratazione invece dell’alcool comune, del- l’alcool iodato o una soluzione 20do-iodurata (soluzione acquosa e alcoolica di iodio e di ioduro di potassio). Il Garbini dice che l’iodio in presenza del bicloruro di mercurio reagisce formando dei cri- stalli di biioduro cli mercurio « i quali sono estremamente solubili in un eccesso di tintura iodica » e dice inoltre che questo fenomeno può anche osservarsi a: microscopio. Veramente io non ho trovato sui trattati di chimica che il biioduro di mercurio sia solubile nell’acqua (6 °°/00) e pochissimo pure nell’alcool (7 od 8 °°/00) e non si com- prende perchè non deva essere « estremamente solubile » neli’alcool quando vi è aggiunto dell’iodio. Ho infatti cercato di riprodurre le reazione in vitro e non vi sono riuscito in modo soddisfacente, (1) Vedi « Bollettino della Società Zoologica Italiana », 1905, fase I, II e III. non riuscendo a determinare la ragione della reazione dell’alcool iodato. Quando si adopera la soluzione d0do-i0durata ritengo che la spiegazione sia più facile a darsi, perchè allora è probabile si formi un ioduro mercurico-potassico, che è solubilissimo tanto nel- l’acqua e tanto più nell’alcool. Anzi nel caso delle soluzioni alca- line l’azione dell'alcool iodato sì ottiene molto più presto, come ho potuto osservare; e ciò perchè si forma un ioduro alcalino di Na che contribuisce a sciogliere l’ioduro mercurico. Nell’adoperare per altro a lungo l’alcool iodato mi sono ae- corto di un inconveniente che presenta e che non è lieve. Se i recipienti in cui è contenuto non hanno ur tappo smerigliato o il tappo di sughero non chiude bene; oppure quando si cambia l'alcool o si leva il pezzo per i varî passaggi, ho avvertito alla congiuntiva oculare un senso di bruciore, che provocava persino la lacrimazione, accompagnato da un acuto odore irritante la mu- cosa nasale. Questo fatto pensai dapprima doversi ricercare nel fenomeno chimico a cui ricorrevo per la eliminazione del subli- mato, e che, secondo ciò che dice il Garbini, si potesse avere per esempio presse a poco la reazione seguente : Hg Cl: +21 = HgT:+Cl» Attribuivo quindi l’irritazione delle mucose al gas cloro che rite- nevo si sviluppasse. Ma questa equazione, che in teoria si può fare, in pratica non avviene, perchè non si ha nè sviluppo di cloro libero, e neppure formazione di biioduro, Il biioduro infatti si ottiene o per azione diretta dell’iodio sul mercurio, o trattando il biclo- ruro coll’ioduro di potassio, o riscaldando un miscuglio di solfato mercurico e di ioduro potassico. Ho invece compreso in seguito che l’odore irritante era dovuto all’aldeide acetica che si formava dall’alcool etilico per azione ossidante ‘o disidrogenante dell’iodio, osservando che un tal odore si avverte di più nelle soluzioni al- cooliche concentrate di iodio, che vanno sotto il nome di tintura di iodio. L'azione dell’iodio sarebbe dunque quella di sottrarre l’idro- geno dal gruppo ossidrilico OH dell’alcool, dando luogo ad acido iodidrico HI e ad aldeide coll’ossigeno aldeidico caratteristico : ue (OT RO. EC O TO ‘Povtitiae 3 RAS da D 2 Ala, FR 19I ‘o00 38 [O ‘ Ù itinere Ppog did % gas Na ' OT i fa x aa. #5 x e Cn È LIQUIDI FISSATORI ALCALINI 141 H H | | H C-H H—-C-H | RICO Î H-C-H H-C—- | OH i O etanol etanal Bisogna quindi aver l’avvertenza di tenere l’alcool iodato in recipienti ben chiusi e a tappo smerigliato e di usare precauzione quando si fanno i varî passaggi. Io ho tenuto nell’alcool iodato non solo i pezzi prima dell’inclusione, ma anche le sezioni dei pezzi in- clusi, sin di quelli incolori che di quelli colorati dn toto, e ciò perchè non sempre è sufficiente la prima azione dell’iodio e in tal modo si è più sicuri di non aver precipitati nel preparato. Le se- zioni scolorate vanno lasciate fino a che acquistano un colorito giallognolo, dopo di che si lavano riponendole nell’alcool or dinario, dove cedono l’eccesso di iodio. Riguardo alla qualità di permettere la successiva colorazione del preparato, tutte e quattro le soluzioni alcaline rispondono in modo perfetto. Si sa che i fissatori si dividono in due classi a se- conda che permettono o no la colorazione con il carminio, e gli autori son d’accordo nel porre il sublimato tra quelli che per- mettono la colorazione. Io aggiungerò che coll’uso dei fissatori alcalini di sublimato ho ottenuto delle buonissime preparazioni senza molta difficoltà. E ciò ho ritrovato non solo peri tessuti nor- mali ma anche per tessuti patologici, ad es. degenerazioni e anche per tessuti di neoformazione patologica come i tumori. La colo- razione 2» foto che ho usato per nervi e arterie umane, che ognuno sa quanto difficilmente riesca bene, per cuore, fegato, milza e per altri tessuti come il nervoso centrale, m'ha dato eccellenti risultati sia col carminio borasico, come coll’ematossilina acida Ehrlich, e con l’ ematossilina alluminosa Bòhmer. Anzi devo dire che i tes- suti offrono una notevole facilità di colorazione dopo di essere stati fissati alcalinamente, e permettono anche la doppia colorazione în to'‘o come quella del carminio boracico e dell’acido picrico, vantaggio questo notevole. i Sul sistema nervoso centrale ho voluto anche studiare questa 142 VALENTINO BARNABÒ proprietà dei liquidi alcalini da me composti, soltanto dal punto di vista della tecnica senza aver quindi altro intendimento che quello di accertarmi se le principali colorazioni suggerite per queste tessuto fossero rese possibili e senza preoccuparmi delle modifica- zioni strutturali che secondo gli studî recenti si possono avere con successive acidificazioni e neutralizzazioni. A tal uopo ho adoperato le colorazioni già in uso, sia su pezzi fissati coi liquidi fissatori acidi, comunemente consigliati, sia col sublimato acido, sia pure con le soluzioni alcaline, e confrontando poi i risultati tra loro per ve- nire alle conclusioni. Per non dilungarmi ulteriormente dirò solo che ho usato l’ematossilina Bòhmer, il liquido di Lòffler, il liquido. di Nissl, il liquido di Schultz, l’emallume, il carminio boracico, la safranina, la vesuvina, il bruno Bismarck, il violetto di gen- ziana, la nigrosina, il blu di genziana, l’ematossilina Ehrlich, la fuc- sina, e il blu di metile, Ho tatto anche doppie colorazioni coll’e- matossilina ed eosina, coll’azzurro di metilene e safranina, e col liquido di Schultz e safranina. Ho fatto pure delle preparazioni col metodo Weigert-Vassale usando pezzi fissati alcalinamente, quan - tunque sia suggerita dall’autore la fissazione col liquido di Miiller- Ebbene ho osservato! che i fissatori alcalini offrono il vantaggio di una più rapida e sicura colorazione, di una chiarezza evidentis- sima di preparazione; e ho notato «he presentano maggior affinità per la colorazione con liquidi basici che non con liquidi acidi, come ad esempio più per l’ematossilina Bohmer che per la Ehrlich, più per il blu Léffler che per lo schultz. Ho potuto così ottenere dei preparati molto delicati con una differenziazione marcatissima tanto del nucleo, come del nucleolo, del reticolo nucleare, dei granuli di cromatina e del reticolo protoplasmatico delle cellule nervose sia del midollo spinale che del cervelletto e del cervello. Mentre dunque posso confermare che l’uso delle soluzioni acide di bieloruro di mercurio dà buoni risultati, come afferma tra gli altri il Garbini, e come si adopera pure nella Stazione Zoologica di Napoli; posso pure dire che l’uso delle soluzioni alcaline offre rì- sultati ancor più vantaggiosi nello studio dei tessuti sia normali che patologici. LIQUIDI FISSATORI ALCALINI 143 Finalmente abbiamo visto che un’altra proprietà di un fis- satore è di essere chimicamente indifferente per impedire notevoli alterazioni dì struttura. Questa è secondo me la proprietà che occorre tener maggiormente di conto, e di qui hanno avuto ori- gine le mie ricerche sui fissatori e i miei tentativi tendenti alla ricerca di un liquido che ledesse il meno possibile oltre la co- stituzione morfologica anche la costituzione chimica della cellula. I fissatori più adoperati agiscono diversamente dal punto di vista chimico quando si trovano in presenza delle sostanze or- ganiche contenute nei tessuti. Alcuni coagulano l’albumina, come il calore, l'alcool, l'acido picrico, l'acido nitrico e i liquidi varî in cui son consigliati; altri danno luogo a vere combinazioni chi- miche, come l’acido cromico, i suoi sali, e i liquidi che li conten- gono ; altri infine non modificano la sostanza organica ma subi- scono essi stessi una riduzione, come l’acido iperosmico, il cloruro d’oro e tra essi anche il cloruro mercurico. Si comprende dunque come i due primi gruppi di fissatori devono assolutamente escludersi da chi vuole mantenere intatta la costituzione chimica della cellula. Il terzo gruppo, mentre si avvicina più degli altri due allo scopo, pur non è ancora tutto ciò che occorre, quantunque da esso sì possa partire per le ulteriori ricerche. Ora io credo che sia di grande utilità per l’Istologia nor- male, e di grandissimo interesse per l’Istologia patologica, pro- cedere nella tecnica più che coi mezzi adottati aprioristicamente, con quelli che la chimica suggerisce, per evitare possibili illusioni e per allontanarsi per quanto è possibile da tutte quelle cause che facilmente possono indurci in errore, avvicinandosi invece sempre di più alla realtà delle cose. Ciò è strettamente neces- sario poi se si tien conto che nonintuttii casi può esserci di va-. lido aiuto l'esame a fresco dei tessuti per controllare i risultati ottenuti dalle preparazioni permanenti. Occorre quindi iedere il meno che è possibile la composizione chimica della cellula ricer- cando nella tecnica reagenti che siano più che si può indifferenti a questo riguardo, E anzi tutto nella fissazione si deve aver di 144 VALENTINO BARNABÒ SEARS TESA OA BS" SCRISSE PO COSO GIS RO AO SAI I ICI E AAC TI PO mira questo concetto perchè essa è appunto l’operazione prima e fondamentale della preparazione, Questo stesso concetto mi ha pure condotto alla riflessione, ‘che, essendo l’ambiente in cui vive la cellula di reazione alca- lina, si deve cercare di procurare lo stesso ambiente anche alla cellula dopo morta (sebbene la reazione del protoplasma morto assuma una leggera reazione acida (Schwarz), forse per effetto di fenomeni putrefattivi) se ci si vuol trovare nelle più adatte con- dizioni di osservazione. Non si deve perciò dire che il liquido fissatore non ha da mantener in vita le cellule, ma soltanto da im- pedirne la putrefazione e i processi disintegrativi conseguenti alla mvrte, e che perciò interessa poco che mantenga l’ambiente al- calino della cellula vivente. Io credo piuttosto che appunto per- «chè si devono evitare colla fissazione i fenomeni putrefattivi, i quali son quelli che rendono acida la reazione del protoplasma morto, si deve innanzi tutto evitare la reazione acida e man- tenere l’alcalina Credo poi che, come quando si fa agire un acido sopra una base si forma un sale, nuovo corpo, di proprietà chi-. miche e fisiche ben diverse da quelle dei due componenti; così - quando si fanno agire sulle cellule acidi potenti come il nitrico, il picrico, l’osmico, il solforiso, è possibile in tesi generale che si formino dei sali, i quali saranno quelli che in seguito subi- ranno le colorazioni cogli agenti coloranti, in luogo d>lle so- stanze organiche contenute dal protoplasma e dal nucleo allo stato puro e distrutte dalle avvenute reazioni. Naturalmente queste nuove sostanze chimiche conserveranno nel loro insieme la stessa forma che avevano le precedenti, e l’immagine che si vede poi al microscopio è perciò tanto fedele a quella ottenuta coll’esame a fresco dello stesso tessuto. Ma non sempre così può accadere, e il fissatore può dar luogo ad alterazioni tali dei tessuti da sem- brare alterazioni patologiche. L’uso quindi di fissatori alcalini, e- ‘vitando possibili reazioni chimiche importanti, può render meno fa- cili illusioni ed errori, giovando perciò e all’Istologia normale e tanto più alla Patologica. Ora, quantunque i preparati cho ho fatto coi varî metodi di Si LIQUIDI FISSATORI ALCALINI 145. colorazione fissando alcalinamente, non abbiano condotto a ri- sultati diversi da quelli ottenuti prima con la solita tecnica istologica, e solo mi abbiano fatto avere facilmente una notevole chiarezza di immagini, credo tuttavia di aver ottenuto un non piccolo vantaggio, assicurandomi l’identità chimica della cellula e dei tessuti oltre che l’indentità loro morfologica. Occorre le- dere coi metudi di tecnica meno che si può i tessuti organici se si vogliono risultati sicuri, e l’uso di liquidi fissatori alcalini può essere un passo su questo nuovo indirizzo più scientifico di. quello esclusivamente aprioristico finora adottato. Per riuscire ancora meglio nell’intento ho voluto esaminare quali effetti porti sulle cellule l’azione diretia delle quattro solu- zioni alcaline,"seguendo al microscopio ciò che avviene quando si fanno agire su elementi liberi e dotati. di movimento, come ad esempio sugli elementi corpuscolari del sangue, che meglio si prestano allo studio. Ho scelto a tal uopo il sangue di Tritone esaminato sen- z’altro, a fresco, in una goccia di ognuna delle quattro soluzioni. Facendo l'osservazione microscopica immediatamente dopo l’estra- zione del sangue dall’animale, si vedono alcuni fatti interessanti, che stimo utile esaminare in particolare. Per termine di confronto ho fatto una preparazione anche colla solazione fisiologica di cloruro di sodio (0.75 °/), con la quale sì possono osservare, come ognun sa, i corpuscoli rossi grandi, ovalari, col nucleo indistinto sul fondo chiaro-giallognolo del protoplasma, e i corpuscoli bianchi generalmente rotondi e mobili. Se si fa il preparato con una goccia della soluzione alcalina A macroscopicamente si osserva che il sangue si fissa immediatamente ; all'esame microscopico poi si ritrovano i cor-- puscoli rossi integri nella loro forma, in cui spicca nettamente sul fondo chiaro del protoplasma, fortemente fissato, il nucleo, probabilmente anche perchè la riduzione del sale mercurico avviene più specialmente in sua corrispondenza disegnandone bene i con-. torni e il reticolo cromatico. Adoperando la soluzione B si osserva pure l’immediata fissa— 146 VALENTINO BARNABÒ zione del sangue, e il nucleo dei corpussoli rossi appare ancor più differenziato, delineandosi nettamente dal protoplasma il re- ticolo e i granuli di cromatina. La forma dei corpuscoli in questo caso è ancor meglio conservata ‘che nel caso precedente, e il protoplasma stesso appare eniaro-giallognolo come nei copuscoli viventi. Con la soluzione C si ha nel campo del microscopio la presenza di alcuni cristalli cubici raggruppati in massettine, ma i corpuscoli sanguigni sono ancora più integri, tanto che sembra di osservar del sangue con la soluzione fisiologica di cloruro di sodio. Si vedono nettamente i corpuscoli bianchi e i rossi col protoplasma chiaro- giallognolo e il nucleo indistinto. La fissazione è dunque un po’ più lenta ma pure molto efficace. Finalmente usando la soluzione Dsi hanno nel campo del microscopio cristalli abbondanti a forma di cubetti, di laminette, di stelle regolari a quattro punte coi margini seghettati, isolati o riuniti in gruppi, i quali però non si ammassano affatto intorno agli elementi morfologici del sangue e ne permettono quindi l’osservazione. La fissazione è energica, e i corpuscoli rossi hanno i nuclei coi contorni e coi granuli di cromatina perfettamente differenziati e delineati in nero.. Ho ripetuto l’osservazione dopo un’ora dalla preparazione e ho osservato che gli elementi morfologici conservati nella solu- zione fisiologica di cloruro sodico avevano perso i loro movi- menti, pur restando immutati nella loro forma: mentre d’altra parte quelli conservati nelle soluzioni alcaline erano restati in- tegri. Dopo 24 ore i globuli conservati nel cloruro sodico presen- tavano alterazioni evidentissime ; erano spezzettati, contorti, col nucleo poco distinto, alcuni ridotti già a detriti più o meno a- morfi, in una parola erano evidentissimi i segni di una putrefa= «zione già iniziata. Invece le soluzioni alcaline avevano conser- vato a tutti i globuli la loro forma e costituzione, e si vedeva sempre nettissimo il nucleo e il reticolo cromatico come alla prima osservazione. l'aragonando tra loro gli effetti ottenuti dalle quat- tro soluzioni alcaline sul sangue di Tritone ho notato che colla soluzione l sì ottiene una fissazione più lenta ma più corrispon. LIQUIDI FISSATORI ALCALINI 147 dente perchè la forma dei globuli è nettissima in tutti i più minuti particolari: colla 5 si ottiene pure un’ottima fissazione ; colla A si ottiene una fissazione molto rapida ed energica ; final- mente colla D, pur avendosi buoni risultati, si ha la successiva formazione di troppi cristalli che ingombrano le osservazioni. Da ciò si può dedurre che anche le soluzioni alcaline di sale mercurico hanno la stessa azione velenosa sul protoplasma, ri- conosciuta con esperienze simili da Binz, da Maurel e da Gaglio. Il sublimato in soluzioni diluitissime riduce dopo breve tempo i leucociti tondeggianti, granulosi, privi di movimento, e finisce coll’ucciderli; le nostre soluzioni hanno azione più energica e mi- gliore dal punto di vista della fissazione. Dopo di ciò, ho voluto vedere se fosse possibile avere una fissazione con soluzioni di titolo minore di quelle sature. Spesso infatti più che l’ottenere una fissazione energica in brevissimo tempo, importa averne una lenta assicurandosi però che il fissa- tore non leda affatto la finezza della struttura che si desidera conservare. A tale proposito occorre ricordare che i globuli rossi del sangue diventano più piccoli nelle soluzioni concentrata, e più grandi nelle diluite, mentre restano di volume normale sol- tanto in quelle che sono ritenute come isotoniche (Luciani). Pensai quindi che lo stesso deve avvenire per le altre cellule, e che avrei potuto determinare con questo scopo una soluzione fissa- trice isotonica alla concentrazione del plasma sanguigno, valen- domi del metodo di Hamburger. ‘ Tagliando la testa a delle rane facevo cadere una goccia di sangue rapidamente in varie provette in cui avevo dapprima posto 4cm? delle soluzioni di titolo successivo (0.9, 0.8, 0.7,.. 0.8, 0.2, 0.1) dei quattro fissatori alcalini A, B, C e D. Avrei dovuto in tal caso, come suole avvenire per soluzioni analoghe di Na CI, otte- nere una serie di soluzioni dalle più fortemente iperisotoniche alle più ipoisotoniche, e tra esse una perfettamente isotonica, nella quale l’emoglobina contenuta nei globuli rossi non sì discioglie nel li- quido che avrebbe dovuto rimanere decolorato, mentre nelle i- poisotoniche l’emoglobina sarebbe fuoriuscita dall’ emazia per osmosi. Ora invece ho osservato che per tutti e quattro i liquidi 148 VALENTINO BARNABÒ nentannoncosse tocco oserencnceooorcoriercrcersieescoccec0cc’c000e’ vice csvcvevcovesscccoccesetovecceco cososocevetueeneo non si poteva stabilire una gradazione di tal genere perchè persino le soluzioni di titolo 0.1 restavano perfettamente incolore,'e l’emo- globina era fissata nel globulo rosso. Perciò credo dover con- cludere che l’azione fissatrice dei liquidi alcalini sul sangue di rana agisce tanto prontamente da impedire la fuoriuscita del- l’emoglobina dallo stroma corpuscolare, fissandola subitamente nel- l’emazia stessa; e anche qui si può dedurre che si comportano ana- logamente a soluzioni diluitissime di sublimato, le quali, secondo Maurel, agirebbero fino in proporzione di !/16000) e di 1/400000, mentre soluzioni di albuminato mercurico a 1/10 00 secondo le ricerche del prof. Gaglio non hanno altra azione che di eccitare ì movimenti ameboidei dei leucociti senza perciò ucciderli, e fissarli. Per accertarmi poi se veramente ‘il fatto potesse dipendere da ciò ho voluto esaminare al microscopio lo stato dei globuli rossi depositatisi sul fondo delle varie provette dopo trascorse 24 ore. In tal caso se le soluzioni di titolo tanto basso quanto quelle di 0.1 non fossero valse a fissare, avrei dovuto riscontrare alterazioni notevoli nel globulo rosso, simili a quelle che si os- servano dopo altrettanto tempo nel sangue conserv: to soltanto in soluzione isotonica di cloruro sodico. Per di più avrei potuto ri- scontrare coll’osservazione diretta quale delle soluzioni variamente titolate aveva conservato meglio la forma dell’eritrocita. I risul- tati ottenuti si possono riassumere per brevità nella seguente tabella: | Soluzioni titolate (tai S'$ Î SET 09° los [or | oe | 06 04 |-os dle A Fritrociti Forma | Eritr. | Eritr. | Eritr. |" Eritr. | Eritr. | Eritr. | Eritr. integri; nu- |perfetta normali|normali |normali | normali | normali | normali | normali clei distinti B E. contorti |E.poco| Eritr. | Eritr. | Fissaz. | Eritr. | Eritr. | Eritr. Eritr.. contorti normali | normali | ottima | normali | normali | normali | normali IRCG Pallidezza | Nucleo | Eritr. Eritr. | Fissaz. | Fissaz. | Fissaz. | Fissaz. Eritr.. | i del proto- più |normali|normali| ottima | ottima | ottima | ottima | normali plasma, |distinto| nucleo po- co distinto D Nucleo Nucleo | Nucleo | Fissaz. | Fissaz. | Fissaz. | Fissaz. | Fissaz. | Fissaz. distinto |distinto distinto |migliore| ottima | debole | debole | debole | debole 4 i N | i 7 I Z i & "” i x i È 6 Tutte le soluzioni dunque avevano agito sugli elementi del sangue di rana, fissandoli; e, volendo istituire un confronto, ri- sulta che le più adatte sono la A 0.8, la B 0.5, la C 0.5, 0.4, 0.3 e 0.2, e la D 0.5. La C dunque è quella che più delle altre offre maggiore azione, mentre subito dopo viene la 5, essendovi maggior quantità di sale mercurico ; vien poi la A in cui vi è meno sale mercurico, e finalmente la /? in cui la formaldeide ha precipitato molto sale mercuroso, come abbiamo già esaminato. Riesaminando dopo alcuni giorni il sangue ho riscontrato perfettamente le stesse cose. Avuto dunque un tal risultato cadeva l’idea di cercare con altri metodi una soluzione alcalina di titolo isotonico a quello del plasma sanguigno, perchè anche adoperando il metodo degli ema- tocriti di Hédin colla centrifugazione i corpuscoli, fissandosi appena messi a contatto coi liquidi fissatori alcalini, non avrebbero subito variazioni di volume tali da potersi rilevare sulla scala dell’ema- tocrito. Pensai allora di cercar qualcos’altro che potesse equiva- lere al concetto dell’isotonia di un liquido fissatore alcalino, e pensai alla cariocinesi. Si sa che la cariocinesi è un fenomeno di un’estrema delicatezza, e che soltanto coll’azione di una fissazione rapida ed energica si può conservare. Si suole infatti adoperare per questo studio a preferenza l’acido osmico nelle varie soluzioni in uso nella tecnica, o anche il sublimato in soluzione acida. Ora se i liquidi alcalini da me composti conservavano la cariocinesi avrei potuto classificarli tra i fissatori ottimi deducendone con- clusioni favorevoli al loro uso. ( Continua). Bollett. della Società Zoologica Ital. Fasc. IV e V, Vol. VI. 4. ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA’ DI ROMA DIRETTO DAL PROF. Antonio Carruccio Note sugli organi digerenti e genitali degli IXODIDI ‘omunicazione fatta alla Soc. Zool. Ital. dal socio Dott. L. LAVARRA il 6 giugno 1905. Accennai in altra mia comunicazione (1) ad alcune osservazioni da me fatte sulla Fam. Iwodidae, di cui potei raccogliere parecchie specie, abbastanza rare, nella ricca Collezione di Rettili del nostro Museo, che il chiarissimo Prof. Carruccio mise gentilmente a mia disposizione (2). Ora che la stagione permette di avere in gran numero degli Issodi vivi, io riprendo le mie osservazioni sulla con- formazione di questi parassiti, e spero quanto prima po- terle pubblicare per intero. Intanto dirò qualcosa sugli ‘organi digerenti e genitali, che io ebbi agio di poter osser- vare ripetutamente nei Ripicefali, che per gentile concessione del Prof. Nosotti potei raccogliere in gran numero al Mattatoio di Roma. APPENDICI CIECHE DELLO STOMACO DEGLI ISSODI. Lo stomaco degli Issodi, nei maggiori individui, uguaglia ad un dipresso un piccolo granello di riso. Questa grandezza (1) 28 dicembre 1904. (2) Descrissi altresi una specie nuova, l’Haemaphysalis aculeata, trovata sul Tragulus meminna. Colgo questa occasione per avvertire che nel Fasc. VII-VIII, Serie III, Vol. V. di questo Bollettino, ov’è contenuta la descrizione di questa specie, a pag. 255, riga 17 bisogna leggere quadrangolari in luogo di ottangolari. N CT É I é IC È È "rr mm ORGANI DIGERENTI E GENITALI DEGLI IXODIDI 151 | però sarebbe assai insufficiente a contenere l'enorme quantità di sangue che l’issode succhia al suo ospite, e perciò la capacità dello stomaco è sufficentemente accresciuta da numerose appendici a fondo cieco. Il primo che ne parlò fu il Dugés, e disse che erano otto. Il Gené portò il loro numero a 12, dicendo che dallo stomaco ne partono due per lato, e ciascuno di essi si divide poi in 3 rami. Io ho ripetuto più volte le osservazioni nei fipicefali, appar- tenenti alla stessa sotto-famiglia degli individui studiati dal Gené, ed ho constatato che dette appendici sono invece 15: sono tubolari e lunghe fino a 6 cm., e sono così di- sposte: dallo stomaco partono tre tubicini, due laterali e uno mediano. Dopo un millimetro o 1 mm. 172 i due laterali si dividono in 5 rami, uno più lungo e gli altri più corti; il mediano si divide invece in 4 rami, tutti lunghi e presenta un’altra cortissima appendice volta verso sinistra. Delle ramificazioni dei tubicini laterali le due più lunghe sono ripiegate con l'estremità sull’esofago, le altre ripiegate su se stesse. Le ramificazioni poi del tubicino mediano sono ripiegate con l'estremità al disotto dello stomaco, ed involgono nella loro grande ansa lovaia. Tutte queste appendici si trovano impigliate in una rete fittissima di ramificazioni tracheali, e siccome le loro pareti sono estremamente esili è assat difficile di strigarle e svolserle senza guastarle. Quando sonoîturgide del sangue succhiato esse occupano tutta la capacità interna del corpo, comprimendo così tutti gli altri apparati che si restringono nelle loro involuzioni. Tutta questa quantità di sangue serve a nutrire la femmina nella lunga emissione delle uova (il parto può durare anche più di un mese), giacchè quando essa è ri- piena si stacca dall’ospite, e dopo un paio di giorni inco- mincia a deporre le uova. 152 L. LAVARRA ORGANI GENITALI. L'apparato genitale è stato quello che ha dato più da fare agli studiosi di questi animali, sia per la sua costi- tuzione che per il suo funzionamento. Numerose discus- sioni sì fecero dapprima sull’aper/ura genitale femminile, scoperta dal De Geer (1778), messa in dubbio dallo Chabrier (1806), confermata dal Miller (1816), negata poi dal Dugéès, Lucas ecc. e perfino dal Cuvier, che credettero gli Issodi partorissero dalla bocca (1)! Ma dopo gli studi del Trevi- ranus, Koch e Gené, restò assodato aprirsi essa trasver- salmente poco al disotto del rostro, tra le anche del primo paio di zampe. Non minori discussioni si fecero per i genitali maschili: il Gené illuso dal modo come avviene l'accoppiamento, credè ravvisarli nel rostro... Fu il Pagen- stecher a dimostrare che i genitali nel maschio hanno fondamentalmente la stessa disposizione che nella femmina, e che anche i maschili si aprono all’esterno con un ori- ficio simile a quello della femmina. L’ovaia mentre è pari negli Argasini (2) è invece unica negli Ixodini. Dai due capi di essa partono due lunghissimi ed esilissimi ovidutti, che si riuniscono poco prima dell’ori- ficio esterno in un utero unico, in cui sbocca una ghian- dola accessoria o ricettacolo seminale. L'uovo, come in genere negli Aracnidi, negli Insetti, ecc. è fecondato poco prima di essere emesso, dal seme che è depositato in questa borsa. Le pareti dell’ovaia e dei condotti escretori sono costituite da una membrana esilissima, che lascia (1) Cuvier nel Regno Animale, vol. 15 p. 99 « 1ls pondent une quantité prodigieuse d’oeuf, et par la bouche, suivant M. Chabrier. » (2) V. Pagenstecher. Zur Anat. von Argas Reflexus. 1861. ORGANI DIGERENTI E GENITALI DEGLI IXODIDI 153 » trasparire (con un piccolo ingrandimento) assai evidente- mente nella prima l'ammasso delle uova in formazione, e nei secondi le uova che vengono man mano espulse (questi condotti si presentano come una bella corona di rosario). ACCOPPIAMENTO. Data la forma dei genitali (che si aprono, come di- cemmo, tanto nel maschio che nella femmina con un ori- ficio situato poco al disotto del rostro) l'accoppiamento degli Issodi avviene in questo modo : Il maschio divarica con l’ipostoma l'apertura genitale femminile, e deposita quindi il seme nel ricettacolo seminale della femmina. Il rostro fa così di guida all'organo copulatore che emerge dall’o- rificio situato alla sua base. Questo particolare modo di accoppiamento trasse molti in inganno: Il Gené credette vedere nel rostro gli organi ma- schili in forma di due corpicini fusiformi color bianco-perla. Il Railliet (1) menziona questi due corpicini; io però non li ho potuti osservar mai; nè il Neumann, profondo cono- lestore della famiglia, ne parla, nemmeno nella particola- reggiata descrizione dei pezzi boccali. Il Brehm poi dice che il maschio si accoppia con la testa rivoltata verso l'estremità posteriore della femmina ecc. Io ho osservato centinaia di volte questa copula e ne conservo fissate in alcool varie coppie di diverse specie (2), e posso attestare che l'accoppiamento avviene come l'ho descrito e non altrimenti. Altra cosa che ho potuto osservare ripetutamente è il (1) Zool. Medicale, p. 705. (2) Il miglior modo per far restare il maschio attaccato alla femmina è di buttare la coppia in una soluzione di sublimato bollente e poi passarla in alcool. 154 L. LAVARRA PARTO DEGLI ISSODI. Assistere al parto di un Issode è uno spettacolo dav- vero meraviglioso. La femmina appare in preda ad una grande commozione, si contrae in mille sensi, ed agita continuamente le zampe. Essa divarica Vinfossatura della parte anteriore del corpo, che viene così a prender forma di un piccolo cratere: in esso poi comincia ad affondare e sollevare lentamente il rostro, e dopo qualche tentativo riesce a toglierlo addirittura ‘dalla vista dell’osservatore. Intanto volta a volta che il rostro si affonda incomincia a vedersi sporgere dallo spazio che resta tra esso ed il mar- gine anteriore dello scudo cefalico un corpo vescicolare bianchiccio, rugoso, e quando il rostro si affonda sino a scomparire il corpo vescicolare si estroflette ad un tratto al disopra del rostro, e si mostra bilobo alla sua estremità. Allora la femmina si contrae fortemente nei fianchi ed estroflette l’ovidutto che va diritto a metter capo nella incavatura della vescica, i cui lobi lo abbracciano e lo. stringono : sta la femmina immobile in questa posizione dai 70 ai 90 secondi, indi l’'ovidutto si introflette, mentre la vescica rimane con un uovo abbrancata tra i lobi. Viene fuori allora il rostro che era rimasto introflesso, e spinge innanzi l'uovo, mentre la vescica si contrae. Il rostro si affonda e si solleva ancora quattro o cinque volte, mentre l'uovo resta immerso in un umore vischioso, e un po’ per volta è spinto dinanzi al corpo, o al disopra dello scudo cefalico se la femmina sta supina. Dopo 3 0 4 mi- nuti di riposo ricomincia l’attività per l'emissione di un altro uovo coll’affondare e sollevare di nuovo il rostro.... e così di seguito. Dura il parto per molti giorni, sino a 20-30 e anche più, e il numero delle uova è grandissimo : io ne ho con- hf All I A, Mi ET CRE E Srl tate fino a 3700. Esse sono di un colore bruno-rossiccio, e formano un grosso mucchio ai fianchi e sulla testa del- l’animale. Strano : con l’ultimo uovo la femmina muore, sepolta sotto codesta sua posterità! Ha adempiuto all’ufficio supremo della vita, la perpetuazione della specie ! Che cosa è la vescica biloba che si estroflette dalla parte inferiore dello scudo cefalico, al disopra del rostro, per ricevere uno ad uno le uova? Se noi osserviamo attentamente l'emissione di ciascun uovo, vediamo che questo fin da quando sguscia dall’ovi- dutto estroflesso si trova sempre immerso in un umore vischioso che è assai più abbondante nella concavità dei lobi della vescica. Detto umore vischioso si vede in fili esilissimi imbrattare tutta la vescica e i palpi, e solidifica rapidamente a contatto dell’aria, riducendosi in fili bian- chicci, lucidissimi. Il Gené osservò, ed io più volte ho verificato, che strappando questa vescica il parto si interrompe per un dato tempo (anche per qualche giorno), ma poi riprin- cipia : le uova però emesse in questo stato dopo poco tempo st aggrinzano e si seccano.... Da ciò risulta evidente che essa vescica contiene delle ghiandole che secernono un umore chitinoso, destinato a rinforzare le pareti dell'uovo, e pro- teggerlo contro l’azione degli agenti esterni. E che sia così lo prova pure il fatto che le uova appena tiscite dal corpo materno hanno un colore bianchiccio e si schiacciano fa- cilmente tra le dita: poi diventano di colore scuro tendente al rossiccio, assai lucide, ed oppongono una certa resistenza ad essere schiacciate sotto le unghie. Il Gené si sforza a dimostrare come questa vescica è la borsa seminale in cui si fecondano le uova ; ma dicemmo 150 L.. LAVARRA che la borsa seminale negli Issodi come negli Insetti sbocca nell'’ovidutto in prossimità della vulva. Le uova adunque, fecondate poco prima di essere emesse, vengono poi circondate per mezzo della vescica biloba da un guscio chitinoso destinato alla loro prote- ‘ zine ed indispensabile al loro sviluppo. Le prime osservazioni sul parto degli Issodi si devono al Gené (1848). Io vi ho insistito perchè il modo con cui viene emesso l'uovo dal corpo materno ha una grande importanza sulla quistione della trasmissione malarica nei bovini per mezzo delle zecche. È una quistione del massimo interesse, che si agita tuttora tra gli studiosi, sollevata dall’americano I. Lignieres (1). (1) I. Lignieres. « La Tristeza ou Malaria Bovine dans la Rep. Argentina ». Buenos Ayres, 1900. ° linbicaiiiane ic ic Zi ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA’ DI ROMA DIRETTO DAL PROF. A. CARRUCCIO Mostruosità del becco in alcuni uccelli Comunicazione del prof. GIOVANNI ANGELINI Tre Alaudidi dal becco mostruoso sono venuti recen- temente ad arricchire la collezione ornitologica regionale del Museo Zoologico della R. Università Romana, una Me- lanocorypha calandra e due Alauda arvensis. Di due di essi fece già menzione l'illustre nostro Presidente, che affidava a me l'incarico. di studiarli e descriverli più accuratamente. Ai tre Alaudidi aggiungo poi anche una Perdix saxatilis chukar dal becco anomalo, facente parte della collezione generale del Museo stesso. Eccone le descrizioni : Melaconorypha calandra (L.). Mandibola troncata ap- pena oltre la gonide, e quivi compressa a mo’ di cuneo: mascella allungata, un poco assottigliata, misurante lungo il culmine mill. 41 di forma marcatamente trigona, curva in basso in modo da descrivere circa 1]3 di circonferenza, ed inclinata obliquamente da sinistra a destra (Maschio — Nemi (Roma) 15 ottobre 1904 —- Fig. 1 ©). n a È } fot (Fig. 1) (Fig. 2) (1) Insieme ad ogni esemplare anomalo fu figurato per confronto la testa di un individuo a becco normale. A sa € Vele PMT . POME) LAS AE PRETE LI find (d) | (90) ep na ©) < P Ze RR fmi ca Z _ QI Ei Pi IZ. - Alauda arvensis (L.). Mandibola colla gnatide destra troncata alla base : la gnatide sinistra più sottile ed un poco più corta del consueto. Mascella misurante sul culmine, mill. 21, più gracile del normale, notevolmente decurva come anche la sottostante gnatide sinistra, ed un pochino. inclinata a destra (Maschio — Monte Verde (Roma) 18 ot- tobre 1904 — Fig. 3. (Fig. 3) (Fig. 4) Alauda arvensis (L). Mascella appena più corta della normale, ma coll’apice deformato, piuttosto molle, for- mante come un breve uncino rivolto in alto e piegato a destra. Mandibola misurante circa mill. 10, curvata all’insù. nel tratto oltrepassante la mascella, e con leggera devia- zione a destra (Maschio — Riccia (Roma) gennato 1904 — Fig..9). (Fig. 5) Caccabis saxatilis chukar (GRAY). Mascella allungata, robusta, misurante lungo il culmine mill. 39, col culmine come separato dalle parti marginali mercè due solchi paral- leli, di cui il sinistro è leggermente più largo, curva in basso in modo da descrivere quasi 14 di circonferenza, ed incli- MUSTRUOSITA DEL BECCO IN ALCUN CCELLI 1599 nata un po’ a sinistra: mandibola alquanto più lunga della normale, misurante mill. 15, e seguente la curva della soprastante mascella. (Senza alcuna indicazione — Fig. 6). pi [ESo i x t 4 CEE (Rie. 6) o (RI o5t4) Siffatte deformità non sono cosa nuova: tra gli altri ricordo due esempi di becco anomalo, uno in un'Alauda arvensis ed un altro in un Ligurinus chloris, descritti e fi- gurati dal Conte Arrigoni degli Oddi (1) : uno in uno Stur- nus vulgaris riferito dal Sig. Moro Massimo (2) ed un altro in una Ptylocoris cristata citato dalla Relazione del giornale ornitologico Avicula (3). In quest'ultima non è detto se la mandibola fosse ac- cidentalmente troncata, o comunque imperfetta e più corta della normale, ciò che è probabile: ma nell’Alauda del- l’Arrigoni « la mandibola inferiore, misurata dalla base, è di mill. 10, mentre la normale è di mill. 15, non è bene impiantata, e termina all'apice ottusa, con una intaccatura alquanto rialzata » e nello Stornello « la parte (mandibola) del becco era troncata e arrotondata tanto, che lasciava scorgere l’estremità della lingua ». Sulla causa che può avere prodotta siffatta deformità (1) Notizie sopra un Ligurinus chloris (L.) ed un’ Alauda arvensis (L.) ano- mali nel rostro. — Bollett. del Naturalista 15 novembre 18S9. Siena (con 5 fig.) (2) Avicula, 1: dicembre 1889. (3) Ibid., dicembre 1993. 100 GIOVANNI ANGELINI della mandibola nei diversi individui non c'è da discutere : essa può essere congenita, ovvero prodottasi quando il becco era ancor tenero e molle nel pulcino, ovvero cagio- nata più tardi da qualche proiettile, ecc.; invece è impor- tante notare la coesistenza di questa troncatura colla straor- dinaria protrazione e curvatura della mascella, perchè ap- punto quella sembra esser stata nei succitati casi la causa produttrice di questa. Le Lodole, e in gran parte anche gli Stornelli, sono uccelli, che cercano il loro cibo sul suolo, frugando e picchiando di continuo col becco in terra, ripu- lendolo contro le pietre, ecc., per cui la mascella superiore, che è la più sporgente, va soggetta ad un continuo logo- ramento, compensato dal continuo crescere della ranfoteca, analogamente a quanto succede per le unghie, che sono produzioni cornee consimili. Venuta a scorciarsi la man- dibola, l’animale non può più servirsi del becco nel modo ordinario, cioè della punta, per frugare nel terreno e rac- cogliere il cibo ma deve invece voltare il becco di fianco e ser- virsi dei margini laterali del rostro : ciò è ovvio, ed inoltre confermato dall’osservazione diretta. Infatti l’Arrigoni, a proposito della sua Lodola, scrive: « Ferita in un’ ala, essa mi visse in schiavitù parecchi giorni, e osservai che, per mangiare, si appoggiava colla parte laterale della testa sulla tavoletta, prendendovi il cibo col bordo delle mascelle n allora la ranfoteca superiore, non consumandosi più al- l'apice, seguita a crescere e si prolunga straordinariamente. Non credo che a ciò contribuisca il mancato attrito dei due apici mascellari, analogamente a quanto succede pei denti incisivi dei roditori, perchè il tecorinco superiore, più lungo, scavalca l’inferiore e non s'incontrano a contrasto. È naturale poi, che adattandosi Vuccello a volgere, per mangiare, la testa di fianco, si abituerà a farlo da uno dei lati (come noi, che, forniti di due mani, diventiamo i e” SERIA Sn ARIA TE STE 161 abitualmente destri o mancini) e ciò deve produrre la deviazione laterale del becco, che sarà tanto maggiore, quanto più lungo e sottile è il tecorinco, e più remota è la data della contratta imperfezione. Anche nell’Allodola, descritta dall’Arrigoni, il becco è deviato alquanto a sinistra. Nell’AZlodola della figura 5 vediamo mozzata, invece della mascella inferiore, la superiore, e qui pure si è pro- dotto un allungamento del tecorinco inferiore, ma non molto pronunciato, ad onta che la deformità della rinoteca, pel modo come si presenta, debba ritenersi congenita, ovvero prodotta nel pulcino quando il becco era ancor tenero e molle. La stessa troncatura irregolare della rino- teca si ha nel Verdone illustrato dall’Arrigoni: solo che qui la gnatoteca è di lunghezza quasi normale, ad onta che anche qui, come lo stesso autore giustamente osserva, la deformità, pel modo come si, presenta, debba ritenersi provocata « da un complesso di sfaldature e di rotture fattesi, probabilmente, quando il verdone era ancora nidiaceo ». Sembra quindi effettivamente che le due ranfoteche sieno dotte di una diversa rapidità di accrescimento, al- lungandosi la superiore più della inferiore, in relazione col diverso grado di logoramento, a cui sono esposte. Anche nei Cardellini ed altri uccelletti, mantenuti lungamente in gabbia, si prolunga di solito anormalmente il tecorinco superiore, tantochè si è talora costretti a mozzarlo colle forbici, se non si offre loro un pezzo di pomice, od altro, dove possano di tratto in tratto arrotare il loro becco. Una prova dello stesso fatto, cioè dell’ineguale cele- rità di accrescimento dei due tecorinchi, ci è fornita dal becco della Coturnice greca rappresentata, dalla fig. 6. Qui la mostruosità non fu prodotta dalla mutilazione di una delle due mascelle, ma dalla lunga schiavitù, e più propriamente «dalla vita di gabbia: ciò attestano, oltre le tinte un po’ 162 GIOVANNI ANGELINI sbiadite dell’abito, sopratutto le unghie lunghissime, ricurve e deviate lateralmente. In questo caso le mascelle sono ambedue prolungate, ma la superiore senza confronto più dell'altra : inoltre, la inferiore si è curvata anch'essa in basso per la resistenza opposta dalla superiore più robusta, mentre nel caso dell’Allodola sopra citata (fis. 5), man- cando questa resistenza, si ha avuto la curvatura della gna- toteca in alto. E ciò è naturale : le due ranfoteche, allungan- dosi, seguono la direzione e il progressivo assottigliamento dei loro apici, attenuati e curvati in senso contrario. Lo stesso succede nel prolungarsi anormale delle unghie, che proseguono il giro della naturale loro curvatura. In ogni caso poi è da notare che all’allungamento delle due mascelle non partecipano le ossa, ma esso con- siste solo in un prolungamento degli astucci cornei, come per le unghie: clÒ sì riconosce a prima vista suardando il becco per trasparenza. Probabilmente questa tendenza all’allungamento è di- versa nel becco dei diversi uccelli, in relazione colla loro vita e colla qualità del loro nutrimento, mostrandosi mag- giore in quelli, che sono più esposti a consumarlo, perchè cercano il cibo in terra: e questo potrebbe spiegare perchè la descritta anomalia ricorra così di frequente negli A/audidi. Da simile mostruosità non sembrano essere gli uc- celli gran che danneggiati nelle loro funzioni di nutrizione : infatti, tutti gli esemplari descritti apparvero regolarmente nutriti. Si vede che imparano a poco a poco a valersi di- versamente del loro becco, come l’uomo, nei casi di mo- struosità congenita o di mutilazione acquisita, adopera diversamente dagli altri qualche organo, che a prima giunta sì giudicherebbe diventato affatto inservibile. Ioma, Luglio 1905. fo ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA’ DI ROMA diretto dal Prof. A. CARRUCCIO In un ambiente liquido possono svilupparsi le uova di Uncinaria? Comunicazione del Prof. GruLio ALESSANDRINI Lo studio della biologia delle Uncinariae ci reca ogni giorno delle nuove sorprese. Questo argomento, che, dopo i diligenti lavori del Perroncito, Parona, Grassi, Leichten- stern, Looss e tanti e tanti altri, sembrava esaurito, torna ora di nuovo ad occupare molti autori; specialmente dopo la interessante scoperta del Looss sulla penetrazione delle larve attraverso la cute, e sulla possibilità che esse hanno di infestare gli animali o l uomo seguendo que- sta via. In varie mie note (1), di già pubblicate, ho esposto i resultati delle mie osservazioni su questo argomento. Oggi mi debbo solamente occupare di una questione molto importante, almeno per quanto riguarda la profilassi, (1) G. ALESSANDRINI : Sulla patogenesi dell’anemia da Anchylostoma. — Poli- clinico. Vol. XI. M. 1904. — Brevi osservazioni sullo sviluppo e ciclo evolutivo del- l’Anchylostoma (Uncinaria) duodenale (Dub.) Bollettino Soc. Zool. Ital. — Anno XIII. 1904, fase. IV, V, VI. — Sa di alcune Uncinariae parassite dell’uomo e di altri vertebrati. — Id. id. Anno XIV, 1905. - Storia e Corologia ddll’Uncinaria. -- Id. id. = Su di un nuovo segno per poter diagnosticare la presenza di Uncinariue nell’intestino umano. 104 GIULIO ALESSANDRINI se cioè le uova dell’Uncinaria duodenalis (Dub.) possano svilupparsi in un ambiente liquido. . Fino ad ora si è sempre creduto, e ciò in base alle osservazioni del Perroncito, del Grassi, del Leichtenstern, del Looss e di quanti hanno attinto ai lavori di questi, che solo un ambiente molle, nè troppo fluido nè troppo denso, costituisca l’unico mezzo adatto perchè le uova pos- sano effettuare la loro segmentazione. In base a questo ed alle osservazioni del Grassi e Parona, che cioè lo schiu- dimento di esse non si effettua nelle materie diarroiche, si venne alla conclusione, accettata da tutti, che le uova periscono in un ambiente liquido e non sono capaci di più oltre proseguire nel loro sviluppo. Solo il Lambinet (1), avendo ottenuto delle larve da uova che erano state la- sciate 10 giorni in una miscela molto fluida di feci ed acqua, crede che le uova siano capaci di restare allo stato di vita latente e che da esse possano nascere embrioni se trasportate in un ambiente adatto. Ma, dopo due mie osservazioni, io posso concludere che ciò non è esatto, e che anche in un ambiente perfet- tamente liquido le uova possono seguitare la loro segmen- tazione e da esse possono nascere embrioni, che giungono, senza differenza di sorta, fino al periodo di incapsulamento. Infatti ecco in breve esposti i due casi da me osservati : Il giorno 1° giugno mi furono portate delle feci con uova di Anchylostoma. Dopo averle diluite in una grande quantità di acqua ed aver seguito il metodo da me descritto nella memoria: Brevi osservazioni sullo sviluppo, ecc., per raccogliere le uova, ho messo nello stesso giorno in un (1) LAMBINET : Recherches sur la resistence des oeufs et des larves d’anky- lostome aux agents phvysico-chimiques. Bullet. Acad. roy. de mèd. de Belgique. Séance 25 mai 1901. cd RO SULLE UOVA DI UNCINARIA 105 LESS LLarsaz atene tieni eine need iono nenti nei cela zadiono grande bicchiere a calice tutto il liquido che mi residuava dopo la decantazione e la centrifugazione. Questo liquido, che conteneva ancora qualche scarso uovo, è stato da me accuratamente mantenuto isolato e coperto, e solo di quando in quando, veniva aggiunta acqua di fonte (sorgente Marcia) per sopperire a quella quantità che si perdeva con l’evapo- razione. Dopo che sono rimaste in questa acqua sudici: per un mese ho voluto esaminarle. Centrifusato il liquido ed esaminato il residuo, non vi ho trovato più uova e solc vi erano larve mature ed in- capsulate. La seconda osservazione, ancora più interessante della prima, si deve al puro caso. Due giorni dopo (3 giugno) da un Assistente della R. Cli- nica medica mi furono portati cinque esemplari di Anchylo0- stoma duodenalis adulti, giacchè egli desiderava ripetere le mie esperienze sul potere emolitico del liquido contenuto nelle giandole cervicali. Gli esemplari erano stati espulsi dopo la somministrazione di timolo e, raccolti subito avve- nuta la dejezione, furono posti in una soluzione fisiolo- gica di cloruro sodico. Ma, siccome gli esemplari (tutti di femmina) non davano più segni di vita, consigliai il collega a portarmene altri vivi, perchè l’esperienza potesse avere l'esito positivo da me già tante altre volte ottenuto. (Gli esemplari che mi lasciò furono, direi quasi, dimenticati nel barattolo a tappo smerigliato che conteneva 50 gr. della so- luzione cloruro-sodica. Il giorno 29 giugno, desiderando far vedere ad un a- mico la differenza che passa tra la capsula boccale dell’ Un- cinaria americana Stiles e della U. duodenalis (Dub.), non avendo esemplari di questa pronti e a portata di mano, mi ricordai del barattolo dimenticato e, presone un esem- plare, lo posi sotto al campo del microscopio. Fu straor- Bollelt. della Società Zoologica It rl. Fasc. IV e V, Vol. VI. 71 105 GIULIO ALESSANDRINI dinaria la mia sorpresa quando vidi che, di tutto il verme, non restava di intatto che la capsula boccale e la cuticola, la quale, a guisa di un sacco, conteneva nel suo interno una grande quantità di uova, embrioni, larve in tuttii periodi di sviluppo, vive e con movimenti vivacissimi. Solo poche larve erano incapsulate ed immobili. Esaminai gli altri esemplari rimasti, e tutti, quale più, quale meno, mi presentavano lo stesso fatto. Dopo ciò credo si possa concludere che le uova del- l Uncinaria duodenalis possono seguitare il loro sviluppo non solo in un ambiente perfettamente liquido, ma anche nell'interno del corpo della madre morta, espulsa dall’ o- spite e mantenuta in una soluzione tenue (la fisiologica) di cloruro sodico. In questo caso il loro nutrimento consisterà forse nei residui puirefattivi dei tessuti della genitrice. Il fatto che esse non si sviluppino nelle feci diarroiche è dovuto, a mio avviso, non alla fiuidità di esse, ma solo alla loro alterazione chimica. 1° luglio 1905. ——______________——Ty° Istituto ZooLocico DELLA R. UNIVERSITÀ DI RoMA DIRETTO DAL PROF. A. CARRUCCIO Su di un nuovo segno per poter diagnosticare la presenza di Uncinariae nell'intestino umano. Sunto di una Comunicazione fatta dal prot. G. ALESSANDRINI L’A. dopo aver detto che nelle forme di anemia per- niciosa da Uncinaria (Uncinariosi; Anchilostomo-Anemia) la sintomatologia si somiglia assai a quella di tutte le altre forme di anemie perniciose, e, dopo aver fatto notare qualche segno particolare e proprio di quella (arresto di sviluppo, se l'infezione avvenne nell'infanzia — aspetto stu- pido, stanco, cadaverico, se l’infermo è fissato attenta- mente e costretto a fissare l'osservatore — aumento degli eusinofili, come avviene in tutte le altre forme di elmin- tiasi) ecc. ecc., dice che l’unico segno per fare la diagnosi con sicurezza si ha dall'esame delle feci al microscopio. In esse si notano costantemente uova del parassita. L'A. dà dei consigli pratici per rinvenirle ; accenna anche al metodo da lui seguito più volte per raccogliere, col cen- trifugare le feci diluite, una gran quantità di uova e di larve e per calcolare approssimativamente il numero di esse in una determinata quantità di feci e quindi il nu- mero probabile di parassiti che si rinvengono nell'intestino. Però, ove manchi il microscopio, altri due segni pos- sono ritenersi utilissimi per fare la diagnosi desiderata. L’uno è quello dello Stiles, cioè di mettere una piccola 108 G. ALESSANDRINI quantità di feci sulla carta suga, lasciandovela da 20 mi- nuti a parecchie ore. In seguito, lavandola, se vi è pre- senza di Uncinariae nell'intestino, sì nota su di essa una macchia rosso-bruna simife ad una macchia di sangue. L'A. dice che in molti casi di anchilostomiasi, che ha avuto occasione di avere sott'occhio, una sola volta la prova dello Stiles è riuscita positiva e nelle altre, pure essendovi presenza di parassiti, mai ebbe la carta colorita in rosso. Un segno però che l'A. ha avuto sempre è dato dal- l'odore caratteristico delle feci, il quale è tanto più ac- centuato quanto più le feci furono tenute ben chiuse. Esse, perdendo il puzzo caratteristico, assumono invece un odore di formaggio fermentato (gorgonzola) che, una volta inteso, non si può più dimenticare. Dapprima l'A. credeva che ciò fosse dovuto al fatto che le feci gli venivano spedite (1901) dalla Sicilia rav- volte in foglie di vite: ma col succedersi dei casi (1902- 1905) ha dovuto convincersi che è un fatto costante e che, in mancanza di microscopio, può servire benissimo per ritrovare le feci di un malato di uncinariosi fra tutte le altre e a poter essere autorizzato a dire che, quando vi è quel caratteristico odore, con ogni probabilità l’infermo che le emette alberga nel suo intestino degli Anchylostomi. La diagnosi sicura però deve farsi solo con l’aiuto del microscopio. infine o 3 NOTE SPERIMENTALI sulla parziale disinfezione dell'alimento proprio al ““ BOMBIX MORI ,, ———__ Comnnicazione fatta alla SOCIETA’ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma dal Socio L. PIGORINI Nell’anno 1903 il prof. Lo Monaco proponeva e iniziava lo studio dell’influenza che avrebbe esercitato la parziale disinfezione degli alimenti sugli organismi animali. È ovvio rilevare come questo problema abbia una grande impor- tanza pratica e una non minore importanza scientifica, perchè cercando di mettere in relazione i risultati di espe- rienze dirette in questo senso con quelli delle esperienze dirette a rendere sterile il tubo gastro-enterico noi potremo alla fine farci una nozione esatta sul valore fisiologico della flora batterica intestinale. Il prof. Lo Monaco scelse come materiale d’esperimento-le larve del « Bombix mori » e come disinfettante in cui si immergeva la foglia di gelso per un certo tempo, la soluzione 1:100.000 di fluoruro d’argento. In confronto ad una partita di bachi allevati nel modo usuale, la partita allevata con foglia trattata diede per risultato : 1° un aumento del peso dei bozzoli dell’11,4 °/,: 2° una diminuzione della mortalità dell’$ °/, ; 3° un accorciamento della vita dei bachi. Invitato ed aiutato dal prof. Lo Monaco io intrapresi la ricerca se l’aumento di. peso riscontrato nei bozzoli si 170 L. PIGORINI verificasse nelle varie età del baco da seta, e se gli cor- rispondesse un aumento della quantità di sostanze azotate dipendente da una maggiore ingestione di cibo o da una maggiore assimilazione di esso. Non è qui il luogo di riferire il modo con cui furono condotte le esperienze, nè di addentrarci nei particolari dei risultati ottenuti, che ho esposto in una memoria pub- blicata nel IV volume dell'Archivio di Farmacologia. Dirò solo riassumendo : Che il peso dei bachi nutriti con foglia trattata colla soluzione di tuchiolo è sempre più alto di quello dei bachi nutriti con foglia normale in tutte le età, ove se ne eccet- tui la prima, nella quale forse l’azione tossica del medi- camento ebbe maggiore influenza della sua benefica azione antisettica. All’ultima età il peso dei bachi trattati era 20,54°‘, maggiore di quello dei bachi non trattati. Per quanto riguarda il comportamento dell’azoto dalle ricerche fatte risultò che fino a tanto che l'aumento in. peso dei bachi trattati è moderato la quantità d’azoto non riesce a mostrare delle differenze notevoli. Nelle due ul- time età invece in cui la differenza di peso va vieppiù ac- centuandosi troviamo che anche la quantità d’azoto dei bachi trattati è notevolmente maggiore. Negli ultimi cinque giorni della vita larvale si trova una percentuale positiva in più del 16.86. Per rispondere in fine al quesito proposto se la maggior quantità di sostanze azotate dipendesse da una maggiore ingestione di cibo o da una maggiore assimilazione di esso dirò che dalle esperienze fatte risultò che i bachi trattati mangiano più che quelli non trattati e pare che assimilino ancora meglio il loro cibo. Infatti calcolando su 100 gr. di bachi si trovò che i bachi trattati ingerirono successivamente in tre giorni DEL « BOMBIX MORI » 17) grammi 84,1; 96.6; 86.0 di foglia mentre quelli non trat- tati mangiarono gr. 60.2; 61.6; 80.6. In 100 grammi di escrementi dei bachi trattati trovammo grammi 1.16; 1.21; 1.18 ; 0.459 d’azoto, mentre la medesima quantità di escre- menti dei bachi non trattati ne conteneva gr. 1.67; 1.68; ‘D169 ; 2.02; 1.23. Si sa che i sali di molti metalli esercitano un’azione ematoporetica nei vertebrati a cui segue un miglioramento delle funzioni degli organi. Si potrebbe per analogia sup- porre che il fluoruro d’argento introdotto nei bachi colla foglia esercitasse su di essi un'azione simile. Il professor Lo Monaco respinge questa ipotesi perchè altri sali come il cloruro mercurico e il floururo di zinco già da lui espe- rimentati non diedero i risultati ottenuti con floururo di argento. Così non ci resta che riferire il felice esito delle nostre esperienze alla potente azione antisettica del fluo- ruro d’argento usato. Che questa azione poi si verifichi realmente sulla foglia di gelso durante i pochi minuti della sua immersione e che si continui nell’interno del tubo in- testinale fu dimostrato dalle ricerche batteriologiche ese- guite dal prof. Lo Monaco. Le ricerche esposte, compiute sulle larve del Bombix mori debbono essere estese e compiute sui vertebrati, non essendo certo sufficienti i piccoli esperimenti, del resto ‘fe- licemente riusciti, dei proff. Paternò e Cingolani. Vedremo allora se si possano generalizzare le conclusioni a cui siamo giunti e se esiste una contraddizione reale od apparente fra i risultati ottenuti da noi e quelli avuti dallo Schottelius e dalla signora Metschnikoff che videro deperire o morire pulcini e girini allevati in ambiente e con cibi sterili. Io ho intrapeso con questo scopo delle ricerche (spumarelli Gasterophus amteatus e rovelle) ma finora non ho ottenuto alcun risultato perchè una soluzione di fluoruro d’argento 172 I, PIGORINI RESI TI COTTI TIE CATE ACI IAA ETIENNE III III IA IAA IAA IAA AUT ICI TL CIO VIENI INCI CINAIRIR 1:700.000 si è mostrata molto velenosa per i pesci che vi son morti in poche ore come una soluzione al 500.000 si è mostrata velenosa per i girini È interessante ed importante per noi ricordare qui che invece una soluzione all’1 : 100.000 è innocua a due larve di libellula che vi vivono da più giorni e a giovani nottonette. A giustificare l’impiego che ho fatto di soluzioni così diluite e quello che farò di so- luzioni più diluite ancora ricordo che dalle esperienze di Paternò e Cingolani risulta che coll’impiego del tachiolo all'1 per 100.000 « si è sicuri della distruzione di tutti i germi, eccezione fatta delle forme sporigine del carbonchio e del B. subtilis ». af Istituto ZooLocico peLLA R. UNIvERSITÀ DI RoMaA diretto dal Prof. A. CARRUCCIO ULTERIORI OSSERVAZIONI sul ciclo di sviluppo dell UNCINARIA DUODENALIS (Dub) pel Prof. GIULIO ALESSANDR NI Le esperienze del Lambinet (1) e di Calmette e Bréton (2) dimostrarono a sufficienza chelelarve di Uncinaria duodenalis possono svilupparsi e riscontrarsi nell'intestino dei cani se esse vengono o iniettate nella cavità addominale (come fece il primo), oppure iniettate sotto la pelle (come fecero i secondi). Anche il Looss riuscì di far attecchire l’Anchi- lostoma dell’uomo nel cane, ma fino ad ora sembra che nessuno abbia potuto riscontrare degli individui perfetta- mente maturi. Ho voluto io stesso fare delle esperienze in proposito e perciò mi sono servito di un giovane cane da pastore e di un giovane gatto. Tanto l'uno come l’altro furono portati nel nostro la- boratorio il 20 maggio ultimo scorso. Li sottoposi a diligente osservazione per un periodo di più giorni ed erano tenuti da me molto lontani dal mio studio per timore che non si potessero infettare di- versamente da quanto io desiderava. Ogni giorno facevo (1) LAMBINET. -- Veber die Durchdringung der Larven des Ankylostomum duodenale durch die Haut. Deutsche MedicinischeWochensherift-XXX, N. 50. (2) CALMETTE e BRETON. -- Note sur l’infection Ankylostomiasique éxpe- rimentale che> le chien: Bullettin de l’Acad. de Méd. N. 12, pag. 312-314. 174 GIULIO ALESSANDRINI l'esame delle loro feci per assicurarmi che nel loro inte- stino non albergassero altri parassiti e tanto meno altre specie del Gen. Uncinaria. Tutti gli esami mi riuscirono negativi. Ciò posto, il giorno 2 del mese di giugno (14 giorni cioè dopo l’arrivo nel laboatorio) iniettai nel cane con una comune siringa di Pravaz un numero limitato di larve di Uncinaria duodenalis mature e incapsulate, le quali però serbavano ancora i movimenti vivaci. La regione da me scelta fu in corrispondenza della seconda ver- tebra dorsale per evitare che l’animale potesse mordersi o prodursi delle escoriazioni con le zampe. Sollevata in plica la pelle, alla quale avevo tosato i peli con una delle solite macchinette che sogliono adoperarei parrucchieri, e, lavata la parte con alcool ed etere, iniettai il liquido che conteneva le larve (circa 50): poscia con abbondante col- lodion elastico protessi il foro di ingresso della siringa. L'animale non dette segni speciali di sofferenze. Tre giorni dopo (5 giugno) procedetti alla iniezione sottocutanea delle larve nel gatto, main esso non fu pos- sibile iniettare tutta la quantità di liquido perchè, per una - brusca mossa fatta, l'ago uscì fuori. Sicchè per questo fatto e in seguito all'esame del liquido rimasto nella si- ringa, argomento che appena ‘una terza parte di larve possano essersi iniettate. Al contrario però del cane, il gatto mostrò di aver sofferto molto da questa operazione. Nei primi cinque giorni nessuna alterazione nè locale nè generale si osservò nei due animali, che si mostrarono indifferenti ed allegri e mangiavano con molto appetito il cibo che veniva loro apprestato (pane esclusivamente al cane - carne bollita al gatto). Però dal quinto giorno in poi sul punto della inie- zione cominciarono a manifestarsi dei fenomeni infiam- matori che risolvettero in suppurazione, guarita sponta- neamente senza intervento chirurgico di sorta. Solo, essendosi il pus aperto una via spontanea all’esterno, furono prese delle precauzioni per impedire che gli animali potessero leccarsi. Pt «—xcr =: ore eng Sl er e DELL’UNCINARIA DUUDENALIS (DUB.) 179 Al decimo giorno dalla iniezione tanto il cane come il gatto erano perfettamente guariti della lesione locale. Di giorno in giorno facevo raccogliere le loro feci e le esaminavo ripetutamente ed accuratamente per vedere se vi si rinvenissero uova di Uncinaria. Il giorno 15 luglio (quarantasei giorni dopo la inie- zione) rinvenni in un preparato di feci del cane due uova di Uncinaria ; e il giorno 17 luglio (quarantatre giorni dopo l’iviezione) rinvenni parimenti delle uova nelle feci del gatto. Allora mi credei autorizzato a farne l’autopsia. Uc- cisi uno dopo l’altro i due animali con il cloroformio, e, isolato ed aperto l'intestino, lo esaminai attentamente, dap- prima ad occhio nudo poi con l’aiuto di una lente. Il risultato fu pienamente. positivo giacchè trovai nel cane due esemplari maschi e una femmina di Uncinaria duodenalis che presentavano i caratteri di individui per- fettamente maturi. Nel gatto: due femmine ed un maschio anche essi maturi. Le femmine dell'uno e dell'altro avevano l’ultima por- zione dell'utero ripiena di uova mature c un esemplare mentre l’osservavo al microscopio immerso in una goccia d’acqua emetteva Ie uova già segmentate. Dopo queste mie osservazioni mi sembra che non vi possano essere più dubbi circa Ja possibilità che larve dai Uncinaria duodenalis, penetrando sotto la pelle di cani e | gatti, possano raggiungere nell'intestino del nuovo ospite «il loro completo sviluppo, e che questi animali possano con Je loro feci creare nuovi fomiti di infezione, sia per loro stessi, come, ciò che più ne interessa, per l'uomo. i L'importanza di questo fatto è tale dal punto di | vista della profilassi che non ha bisogno di molte parole per dimostrarla. Resta ora a vedere se anche altri ani- mali possano infettarsi per la via della pelle e se anche i nel cavallo, che vive così a contatto dell'uomo e che è . tanto adoperato nelle miniere, possa avvenire un fatto con- — simile. In questo caso le osservazioni del Rathonyi potrebbero «avere molta importanza, non certo per ritenere il cavallo SA TEN RE SE O NT n 176 GIULIO ALESSANDRINI come ospite intermedio ma a doverlo assai temere come mezzo di propagazione continua e pericolosa. Se a questo si unisce l’altra osservazione mia che le uova si sviluppano egualmente bene in un ambiente li- quido, dobbiamo concludere che il capitolo della profilassi va completamente riveduto e corretto. Circa la via che le larve possono seguire per giungere all'intestino io credo che essa sia la diretta. E due fatti, starebbero a mio avviso, a convalidare que- sta opinione: 1° quello che fino ad ora non si è riusciti affatto o almeno solo incompletamente (Looss) ad infettare cani od altri animali con larve di Uncinaria duodenalis perla via della bocca; 2° il fatto della sproporzione che e- siste fra il numero delle larve che possono penetrare nella pelle e quello che poi si rinviene nell’intestino. Infatti se le larve tenessero la via dei vasi sanguigni o dei linfatici, da qui andassero al cuore, poi nei pol- moni, bronchi, laringe, faringe, esofago, ecc., esse dovreb- bero acquisire in questo tragitto una resistenza speciale per poi resistere alla stessa azione distruttrice dei succhi gastrici che subiscono quelle che vengono introdotte per la bocca ;: e ciò non mi sembra logico: mentre mi sembra più ammissibile che l'emigrazione sia diretta e che appunto per gli innumerevoli ostacoli che ad essa si oppongono, le larve giungano al luogo di elezione decimate. L’averle ritrovate nei vari organi e l’aver riscontrato per causa loro lesioni anatomo-patologiche svariatissime lungo questo straordinario percorso, non mi sembra un argomento sufficiente a dimostrare che esse tengano quella via e nes- sun'altra che quella. 19 luglio 1995. Conm Prof. ANTONIO CARRUCCIO — Direttore responsabite Roma 19)5 — Tipografia di G. Balbi, Via della Merc3d3, 23-29. i, e i» è "v ar MEMBRI COMPONENTI IL CONSIGLIO DIRETTIVO CarRUCcCIO comm. prof. ANTONIO (Zoologia ed Anatomia comparata, specialmente Vertebrati) — Puesidente. DI CARPEGNA (conte) D. Guipo ORAZIO FALCONIERI, (Ornitologia) — Vice- Presidente. MELI cav. prof. RomoLo, (Paleosoologia e Malacologia) — Vice-Presidente. ANGELINI prof. dott. GIOVANNI (Z00/. gen. specialmente Ornitologia) — Segretario, CHIGI ppe. D. FRANCESCO (Ornitol/ogia) Consigliere. LEPRI march. dott. GIUSEPPE (Entomologia-Ornitologia) — Consigliere. MARCHESINI cav. prof. RINALDO (Istologia generale) — Idem. NEVIANI prof. dott. ANTONIO (Zoologia generale specialmente Briozoi) — Idem. PATRIZI march. dott. FiLippo (Ornitologia) — Idem. RostAGNO comm. FoRTUNATO (Entomologia, spec. Lepidotteri) — Idem. TUCCIMEI cav. prof. GIUSEPPE (Paleosoologia, Entomologia, spec. Ditteri) — Idem. ZAMBRA rag. VITTORIO (Ornitologia) — Economo-Cassiere. ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO Art, 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi morali e possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale “anche nelle sue varie applicazioni : di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento un Bollettino conte- nente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, anatomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica; e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi. Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci : l° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pagheranno lire Dieei all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta ; 2° Soci straordinari. i quali pagheranno lire Sette annue ; 3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio dìrettivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoologici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni speciali. Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato da due soci ordinari e la sua nomina approvata dal Consiglio. Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza generale, costi- tuito da un Presidente, da due Vice- Presidenti e da nove Consiglieri. Il Consiglio nomina nel suo seno un Segretario, un Bibliotecario ed un Cassiere-) Economo respon- sabile dei fondi della Società. Tutti i membri del Consiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; durano in carica 3 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio. I Consiglieri si rinnovano ogni anno per un terzo Art. 8. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative. Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terranno normalmente in Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio. Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le elezioni socìali e per l'approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun anno ; nella melesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle condizioni morali e materiali della Società. Si potranno però, quando che sia, tenere in Romao altrove, congressi ed adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio direttivo e di 15 Soci, in quell’epoca che gli uni e gli altri crederanno più opportuna, Art. ll. — L’anno sociale comincierà dal 1° gennaio. Le iscrizioni fatte fino al mese di ottobre si riferiscono all’anno in corso; quelle fatte uei mesi di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno successivo, I soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che intendono. ritirarsi dalla Società, si considerano inscritti per l’anno successivo. I Soci debbono pagare la quota aunua entro il 1° quadrimestre dell’anno sociale. Trascorso un anno, i morosi perdono 11 diritto di ricevere il Bollettino, ed il Consiglio direttivo potrà radiarli dall'albo sociale. N. B. — L'intiero Statuto, composto di 12 articoli, di cui abbiamo riprodotti i più importanti, fu approvato nell'adunanza generale del 22 marzo 1900, e pubbli» cato nei fascicoli I e II del Volume I del 1900, Serie II, pag. 6 e 7. m_____TT—-<«-T-- Sede della Società : ISTITUTO ZOOLOGICO - R. UNIVERSITÀ (Via della Sapienza — ROMA) AVVISO. — Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le sale del medesimo in qualunque giorno della settimana, e di poter trattenersi — nei mesi in cui è aperta la Univer- sità — in determinate ore sia nelle pred. per confronti, sia nella Bibliot. per studio e lettura di libri e periodici scientifici. Roma — Tipografia di Giovanni Balbi, Via della Mercede, 28-29, b Serie Il - Vol. VI. (X1V colla Serie I) BOLLETTINO. DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE III Anno 1905. (XIV dalla fondazione) SOMMARIO. I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE 1. Carruccio prof. Antonio. Sull’ Okapia donata da S. M. il RE VITTORIO EMANUELE III al Museo Zoologico della R. Università di Roma (Cenni illustrativi. — Parte III e fine — con 1 tav.) ; Pag 2. Masi dott. Luigi. Sugli Ostracodi vi- venti nei dintorni dì Roma, ed osserva= zioni sulla classificazione delle Cypridae (Continuazione e tine) » 3. Barnabò Valentino. Liquidi fissatori al- calini. — Contributo allà-tecnica isto- logica (Fine e letteratura) » 4 Idem idem. Sopra un gangli@ nervoso di senso specifico nella papilta foliata di Sus scropha (con 3 fig. neliesto) » 5. Angelini prof. Giovanni. Sopra ug» nuova specie di passeraceo (appartenénte ai Dendrocolaptidi Sinallaxini) - Aphra- stura fulva — trovata e studiata nel R. Museo Zoologico di Roma » 6. Ciampi Pio. Specie di Coleotteri Ro- mani (oltre 200) non citate come tali od omesse nel nuovo Catalogo Bertolini » 7. Chigi prince. P. Francesco. Razze e va- riazioni della Coturnix coturnix (Lin.) » 8. Meli prof. Romolo. Sulla Vola plana- riae Simonelli (Pecten) fossile nei ter- reni pliocenici e quaternari dei dintorni di Roma » 177-190 191-204 205-214 215-226 227-230 231-246 247-256 257-261 \ 9. D. Guldo conte di Carpegna, senat. Con- statazione dell’ Hypolais poliglotta nelle Marche (Notizia ornitologica) Pag. 10. Paoli dott. Guido. Le Forficule della provincia di Roma » 11. Condorelli Francaviglia prof. Mario. Anomalie riscontrate in due esemplari di Taenia saginata Goeze (con 4 fig. ne] testo) » 12. Paoli dott. Guido. Ortotteri nuovi per la provincia di Roma » II. PARTE UFFICIALE. 1. Giglioli H. prof. Enrico. Breve relazione sul Congresso Ornitologico Internazio- nale recentemente tenuto in Londra » 2. Ordine del giorno riguardante la po- sizione fatta agli insegnanti di scienze naturali nei Licei, discusso è approvato a voti unanimi della Soc. Zoologica » 3 Sulla nomina del Vice-presidente della Società, conte Guido di Carpegna, a Se- natore del Regno » III. INDICE GENERALE delle materie con- tenute nelvol. XIV (VI della Serie II) 1905. IV, ANNUNCI SULLA COPERTINA. O___—_9 273-282 283-285 286-287 288 239-290 » 291-292 (Data della pubblicazione di questo doppio fascicolo: 17 dicembre 1905. — Ogni fascicolo contiene non meno di 36 pagine). PREZZO DI FAVORE. — Col 1905 trovandosi ormai limitato il numero delle copie dei volumi (Serie I e II, totale 14) pubblicati dal gennaio 1892 a tutto il 1905, questo prezzo di favore sarà fatto soltanto a chi vorrà acquistare tutti i predetti 14 volumi.— Chi desidera, non essendo socio, un solo volume, l’ avrà al prezzo — pagamento anticipato — di lire 12 a 15, secondo che di esso volume, diventato più o meno raro, abbiansi in deposito soltanto poche o pochissime copie disponibili. — Rivolgersi all’incaricato signor CASIMIRO Cori, Istituto Zoologico della R. Università di Roma. N Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimensile, @ g (LI c tI e, fa 7 Ke Fasc. VII e VIII. Serie Il - Vol. VI. Anno XIV. - 1905. BOLLETTINO BEPELCAVUSOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente Onorario S. M. il RE SurrOK_A FTA. donata da S. M. il RE VITTORIO EMANUELE III° al Museo Zoologico della R. Università Romana Cenni illustrativi esposti dal Prof. AnTtoNIo CARRUCCIO (Contin.e fine - V. fasc. I-TI-III-TV-VeVI del Bollett. An. XII, Ser. II, Vol IV). Pelvi. — Non mi pare che debba trattenermi a de- scrivere le ossa del bacino, non notando in esse partico- larità tali di conformazione da dover essere rilevate, come feci per alcune altre ossa già esaminate di questo impor- tante scheletro. Solo chi col tempo potrà avere a sua di- sposizione parecchie armature scheletriche complete di Okapi maschi e femmine, e più altre di specie più o meno affini di ruminanti viventi e fossili, potrà instituire nuove comparazioni, utili e interessanti, concernenti la confor- (1) Nei precedenti fascicoli venne pubblicata la 1° e 2* parte di questi cenni ill strativi, comunicati alla Società Zoologica Italiana in due distinte adunanze scientifiche del 1903, la prima delle quali tenuta il 12 maggio di detto anno. L’autore credette suo dovere, come presidente della Società, di cedere lo spazio, che avrebbe richiesto la continuazione e fine della sua memoria, ai gio- vani consoci, i quali avevano interesse di dare alle stampe le loro comunicazioni nei fascicoli del vol. V.: ecco perchè solo ora pubblicasi la continuazione e fine di qu. ta memoria. 178 ANTONIO CARRUCCIO mazione ed ampiezza della grande e piccola pelvi: e quindi le varie sue circonferenze, le inclinazioni, gli assi, ecc., per passar poi a stabilire le precise differenze sessuali. Ma quanto ancora ci resta a sapere sulla morfologia generale, sulle abitudini ecc. di questo mammifero! Io mi limiterò a dire che la pelvi di Okapia da noi posseduta ha un diametro trasverso superiore (cioè da una spina iliaca anterior-superiore all’altra) di 28 cm.; che l'altezza massima d’ogni osso iliaco è di 31 cm.: che non si ha sinfisìi pubica: e finalmente che l’osso sacro, — del quale 2 sole delle vertebre da cui risulta formato sono immobili, — ha la lunghezza di 9 cm. e 172, la larghezza massima di 11 cm., e la minima di sd. Femore. — In questosso — data la lunghezza totale del medesimo, e la sua grossezza — colpisce il notevole svi- luppo delle due estremità articolari. Non occorre che quì rammenti le dimensioni minime, medie e massime che trovo riferite da alcuni scrittori sul femore della Giraffa, il quale naturalmente ha un volume molto più grande che nell’Okapia. In questa il femore non oltrepassa la lunghezza. di 30 ‘cm., con una circonferenza (misurata «nel'feentro della diafisi) di 11 cm. I capi articolari (e vi prego notare che nè il supe- riore, — testa cioè e grande trocantere femorali, — nè l’inferiore, — condili femorali — sono saldati al corpo dell'osso) oltre che per lo sviluppo già notato, meritano di essere esaminati per la conformazione loro alquanto diversa dalla consueta. Infatti, questa testa femorale è è più compressa di altre di grossi ruminanti e solipedi, ed ha il grosso trocantere coll’apice quasi all’istesso livello dell’istessa testa, poco ricurvo all’interno, e colla faccia esterna convessa e il suo margine superiore regolare e liscio. SULL® « OKAPIA » DONATA DA S. M. IL RE VITTORIO EMANUELE III. 179 Il diametro trasverso della testa medesima e del grande trocantere è di 9 cm.; e fra l'uno e l’altro si osserva un forte restringimento, il quale nel mezzo di essa testa mi- sura appena 2 cm.: ciò non si osserva in parecchi altri femori di dimensioni anche maggiori. | I condili articolari non danno all'estremità inferiore dell'osso della coscia quella forma irregolarmente cubica che suolsi osservare nella grande maggioranza di grossi mammiferi. Nell’Okapia tale estremità è quasi cordiforme, colla base rivolta all'indietro, e l'apice in avanti. L’estre- mità anteriore del condilo interno è più grossa e si porta più in avanti dell'estremità pure anteriore del condilo e- sterno; tanto è vero che la prima sorpassa la seconda di 2 cm. e 1]2, cioè una ha un diametro antero-posteriore di 11 cm. e 172, e l’altra di 9. — Il diametro trasverso mas- simo di ambo i condili lo si ha posteriormente. ed è di $ cm. * Una brevissima osservazione farò sulla rotula, che ha forma decisamente triangolare, colla base rivolta in alto, ica gem_ edile l'apice; rivolto: verso:la. tibia, largo appena 1 cm., e meno grosso della porzione basilare. Tibia. — Anche in quest’osso l’epifisi non essendo ossi- ficata, resta affatto separata dalla diafisi. Le dimensioni sono quasi identiche a quelle del femore: infatti la tibia del- lOkapia è lunga nella linea mediana 30 cm., con una gros- sezza (nel centro della diafisi) di 10 cm. Ripeto, perchè forse non è superfluo: chi domandò a qual’età abbia luogo nell’Okapia la completa ossificazione di queste ossa lunghe, deve rammentare che per ora non gli si può dare risposta soddisfacente. Che sia lo scheletro d’individuo ancor giovane, non vha dubbio: ma quell’è pre- cisamente la sua età? Tarso — metatarso — falangi digitali. — Anche sulla 1S0 ANTONIO CARRUCCIO forma e sul numero delle ossa componenti il tarso del- l'Okapia, non ho speciali osservazioni da poter fare in con- fronto ad altri tarsi di ruminanti con cui potei confron- tarlo. Trovo solo che l’astragalo ha una faccia antero-su- periore addirittura concava, e più profondamente che non sia in astragali di altre specie, ed è lungo 7 cm. L’osso calcaneo è lungo 11 cm., alla porzione posteriore, corri- spondente al tallone, molto sporgente e poco rugosa. E ben noto agli anatomici l'enorme sviluppo che hanno le ossa metacarpee e metatarsee in diversi mammiferi, ma più specialmente nelle Giraffe. Ho avuto l'opportunità di fare il confronto fra il metatarso dell’Okapia e altri di grosse Antilopi e di specie africane non comuni, ed anche con un metatarso di (riraffa adulta, inviatomi in dono dal compianto capitano Cecchi, quando era Console generale d'Italia nello Zanzibar (1). Questo grossissimo metatarso sinistro misura in lunghezza ben 74 cm., con uno spes- sore massimo di 27 cm. — Il metatarso della Okapia è lungo: 20: cm. e 12, e srosso nel ;centro;.non; piufeio cm., mentre alle due estremità articolari raggiunge la grossezza di 16 cm. Inoltre potete constatare che nell’osso metatarseo della Giraffa la forma è quasi quadrangolare nella porzione dia- fisaria, con una doccia mediana, larga e profonda nella faccia posteriore, ed un ampio condotto vascolare posto in alto. Nella faccia anteriore più che doccia si ha un solco mediano. Nella faccia anteriore del metatarso dell'Okapia esi- ste nel mezzo non una vera doccia, ma un solco poco pronunciato. Nella faccia posteriore invece si ha una doc-, (1) Questo enorme e pesante metatarso lo ebbi da! Cecchi insieme ad una testa completa di Ippopotamo adulto. ‘ SULL’ « OKAPIA » DONATA DA S. M. IL RE VIVTORIO EMANUELE III. 18I cia mediana, piuttosto larga, e più profonda del solco an- teriore. Vedesi inoltre un piccolo foro vascolare, posto su- periormente e all'indietro. Le falangi dell’Okapia devono essere molto più piccole di quelle della Giraffa e di altri grossi ruminanti. Avverto innanzi tutto che alle mancanti (andarono perdute nel viaggio ?) dovetti far surrogare altre, ma adattatissime, pure di ruminante, aventi le estremità articolari non ossificate colla diafisi di ciascheduna falange. La più sviluppata dev'essere naturalmente la prima, quella che pei suoi rapporti può chiamarsi metatarsca. Calcolo che nell Okapia potesse esser lunga da 5 a 7 cm. e larga 3 a 4. Calcolo pure che le tre falangi offrissero per ciascun dito una lunghezza totale di 11 a 12 o 14 cm. al più. — Chi avrà la fortuna e la pazienza di studiare il piede di un'Okapia con tutte le parti molli, e quindi muscoli, nervi, ed anche i legamenti delle articolazioni metacarpo-falan- gee e metatarso-falangee, in una parola tutte quelle di- sposizioni o particolarità anatomiche proprie a questo di- dattilo, potrà un giorno dimostrare se la meccanica fun- zionale di esso differisca, e in quanto, da quella di altre specie appartenenti a famiglie più o meno affini dell’istesso ordine. Come parecchi autori esattamente ci descrissero, dal lato anatomico e fisiologico, gli organi locomotori di diversi ruminanti, come conosciamo bene la potenza od attitudine alla corsa, al salto, o ad altre andature in rap- porto alla natura della località in cui vivono, così pos- siamo sperare che non passi lungo tempo in cui avremo notizie precise su tutto quanto concerne la esistenza del- l’Okapia, e quindi anche la sua speciale locomozione e resistenza. Nell'insieme gli arti della medesima sono non soltanto N22 ANTONIO CARRUCCIO proporzionati, ma snelli e robusti. Il doppio zoccoletto corneo che ricopre ogni falange unghiale, è nero lucido, con pareti assai spesse, e colla suola quasi affatto piana, sì da toccar tutta e immediatamente la superficie del suolo : ogni zoccoletto è lungo 5 cm., con una larghezza massima posteriore di 2 cm. (1). Gli arti posteriori di questo nostro scheletro sono complessivamente lunghi 1 m.e14cm., e gli arti anteriori bomber eni Conformazione generale del corpo — Dimensioni — Co- lorazione. — 1. Dell’armatura scheletrica (e la pelle, come dissi, appartiene ad un’altra Okapia, forse più adulta del- l'individuo cui spetta il predetto scheletro, ricevuto sepa- ratamente) volli esaminare soltanto quelle parti delle quali mi sembrò non si fossero precisate talune particolarità, sia dal lato della forma, sia delle dimensioni, ecc.: parti- colarità che non si possono trascurare nello studio del- l’osteologia umana e comparata. Debbo ora far cenno della conformazione generale del corpo dell’Okapia in pelle, preparata colla maggiore dili- senza possibile nel nostro laboratorio tassidermico. E as- sai di buon grado rendo speciale encomio al conservatore dott. Alessandrini ed al preparatore sig. Coli, i quali sotto la mia direzione superarono tutte le difficoltà opposte da una spoglia cutanea, insolitamente dura e resistente, dirò anzi d'una compattezza più che legnosa. In 30 e più anni dac- chè mi trovo in Musei Zoologici diversi (Cagliari, Firenze, Modena, Roma) non mi era mai accaduto di osservare (2) un siffatto indurimento. (1) I zoccoli veri appartenenti allo scheletro di questa Okapia, per fortuna non andarono perduti. (2) Questa pelle fu essiccata lasciandola a lungo esposta ai cocenti raggi del sole? Fu cioè soltanto l’azione del calore, potentissimo in quelle regioni, oppure subì essa pelle anche la influenza di qualche polvere legnosa o di cor- teccia ricca di tannino, od altra sostanza efficace, come a noi parve? n ini cin SULL’ « OKAPIA » DONATA DA S. M. IL RE VITTORIO EMANUELE II. 183 Colla responsabilità m’incalzava il timore che la pelle, rifiutata da’ più abili conciatori, si avesse a spezzare in più parti e cadessero affatto i delicatissimi, corti e lucidi peli che la cuoprivano. Ma riuscimmo a conservarli in quel numero in cui li trovammo. Dirò di volo che mutando e rimutando a tempo un ben combinato ed efficacissimo liquido (1), con prolungate e tiepide immersioni, e unendo all’azione di esso anche la meccanica, in modo graduato e paziente, si ottenne il desiderato rammollimento, per poter procedere a una re- solare imbalsamazione e montatura della pelle medesima, previe esatte misure e tutti quegli adattamenti necessari per distenderla sulle diverse parti della ben costrutta impal- catura solida, rappresentanti la testa, il tronco e gli arti. Alcuni tratti della pelle del collo e delle estremità forse non vimmaginate quale ostinata impenetrabilità presentas- sero prima del rammollimento. Ed anche dopo che si riu- scì a renderla preparabile, al nostro bravo tassidermista accadde soventi che in talune regioni, ad es. nella cervi- cale inferiore, si spezzassero non solo 1 più forti aghi d’ac- Giio@Rmaneccellenti trapani e esime ; e dovette. ricorrere ad una ben disposta cucitura metallica per riunire i mar- gini cutanei. Non a caso ho accennato a queste difficoltà : e mi sono domandato se esse trovaronsi, od in seguito si tro- veranno ancora in qualche altro Museo. In questo caso dobbiamo desiderare che taluno dei connazionali che ri - siede nel Congo, consigli — quando viene uccisa un'Oka- pia — ‘che la pelle sia conservata in ben altro modo di quello finora usato: quella almeno pervenuta in Roma, (1) La sostanza prevalente che anche sta volta ho preferito è il cloruro di zinco, che adopero da lunghissimi anni, con glicerina, ecc. INI ANTONIO CARRUCCIO presentò, per la sua straordinaria durezza, tutte le diffi- coltà cui accennai, non constatate siammai in tante e tante preparazioni di mammiferi più grossi. Bene ora osservate come il corpo dell’Okapia si pre- senti robusto, con forme sufficientemente asgraziate, escluso il collo assai lungo (1): i fianchi sono rotondeggianti come in un giovine e ben nutrito puledro. 2. La colorazione dell'individuo in pelle donato al Museo universitario di Roma da S. M. io credo doverla dare con la massima esattezza, affinchè i lettori lontani i quali abbiano opportunità di osservare attentamente altre Okapie nei pochissimi Musei che riuscirono ad averne, pos- sano rilevare talune differenze dovute od all’età od al sesso. Il colore predominante di questo esemplare è quello che nei cavalli suolsi chiamare baio oscuro. Dirò dopo delle altre tinte o gradazioni di colori diversi che osser- vansi nell’istesso esemplare. Infatti, mi par giusto rammen- tare come taluno fra gli scrittori abbia dimenticato che il primo a far rilevare il policroismo dell’Okapia fu lo Johnston. Il quale scrisse essere straordinaria la colora- zione del mantello di questo nuovo mammifero: che ha le gote e le mascelle bianco-giallastre, le quali contra- stano singolarmente col collo, molto scuro. La fronte è di (1) Il Forsyth Major scrive che « le dimensioni longitudinali delle vertebre cervicali dimostrano che il collo dell’Okapia ha proporzioni normali ; nella pelle montata del British Museum mi pare che il collo sia stato un po’ troppo di- steso » (Ved. « On the Okapi - From the proced. of the Zool. Soc. of London. June 3, 1902 »). A noi in Roma è sembrato che il collo dell’Okapia abbia una lun- ghezza che oltrepassa le proporzioni normali. Vero è che in taluno degli sche- letri avuto da altri Musei le vertebre cervicali non erano al completo; e se si tratta di preparazione colla pelle, deve il tassidermista regolarsi colla lunghezza dell’intiera regione cervico-vertebrale. per avere un collo che abbia le più giu- ste proporzioni possibili. Ora questo si è fatto nel Laboratorio di Roma, avendo avuto contemporaneamente una pelle ed uno scheletro da montare, quantunque due sistemi cutaneo ed osseo, appartenessero ad individui diversi: e anche questa differenza fu tenuta nel dovuto conto. 1 x SULI. « OKAPIA » DONATA DA S. M. IL RE VITTORIO EMANUELE III. 185 un castagno carico, e della stessa tinta sono le ampie ‘orecchie, con frangie nerissime: una linea pure nera corre nel centro del muso dagli occhi alle narici. La bocca, aggiunge lo Johnston, è di un nero seppia e intorno al labbro superiore s'ergono dei peli giallo-ros- sastri. Il collo, le spalle e il treno posteriore vanno dal nero seppia e nero di gelo a un vivo rosso vino: il ven- tre è nerastro, eccetto in corrispondenza delle gambe: la coda è di un castagno acceso, con un piccolo ciuffo nero all'estremità. Le coscie e tutte quattro le zampe presentano un co- lore bianco niveo o crema pallido chiazzato quà e là di aranciato. Esse sono poi vivamente , striate in nero por- pora, il che conferisce all’Okapia una certa rassomiglianza alla Zebra. Il Forsyth Major così precisa la colorazione delle Oka- pie a lui note: « Il colorito generale della pelle di Ter- vueren è bruno-cupo, a differenza del bel rosso puro del- l'esemplare del Museo di storia naturale, il quale presenta una striscia dorsale più scura: mentre la striscia dorsale del primo è più chiara della tinta generale. Le parti la- terali della faccia, che sono bianco-crema nell’'esemplare di Londra, sono grigiastre in quello montato di Tervueren. In tutti ques'i tratti, eccettuata la striscia dorsale, che o- misi di verificare, la nuova pelle si avvicina a quella di Tervueren (1). — Questa striscia dorsale manca affatto nel- l'esemplare di Roma. Ed eccoci alla colorazione di. questo. Ripeto che la colorazione predominante del nostro esemplare è il baio OSCUTO. (1) ForsyTH MAJOR. On a specimen of the Okapi lately receveid at Bru- xelles (From the proced. of the Zool. Soc. of London. November 18, 1902). ING ANTONIO CARRUCCIO Ma è pur notevole la serie di fascie alterne che scor- rono quasi trasversalmente, e più o meno parallele all’in- dietro a cominciar dal di sotto della coda, ripetendosi nei due arti posteriori fin sopra alla cute che cuopre le arti- colazioni tibio-tarsea destra e sinistra; e sul davanti, cioè negli arti toracici, dall'alto fino alla articolazione radio- carpea Queste numerose fascie sono elegantemente, ma anche abbastanza bizzarramente disegnate sugli arti pelvici, e possiamo contarne una ventina. Esse hanno varia larghezza, talune si biforcano alla loro terminazione: e le bianchis- sime si alternano colle nere acquistando così maggior ri- salto. Ai due estremi delle fascie biforcate rimane uno spazio bianchissimo, specialmente verso la faccia interna delle coscie. Presso l'articolazione dell’ antibraccio e la regione carpo-metacarpea, la pelle offre una larga fascia nera, per- fettamente circolare, ma non d’eguale larghezza : infatti sul davanti di ciascuna estremità toracica questa iaScla è alta cm. 13, e nella faccia posteriore soltanto cm. 6. Al disotto della fascia nera ora menzionata, ecco uno spazio quasi del tutto bianco, salvo una linea mediana verticale, nera, larga. 1 mm. e 172, che unisce la fascia pre- detta a quella seguente. Questa che io chiamo linea, o semplice strisciarella, perchè sottilissima nel nostro esem- plare, è invece molto accentuata nell’esemplare di Londra, come si rileva dalle due figure colorite date nella tav. del Ray Lankester (1). Inoltre nell’istesso esemplare di Roma notasi in basso una nuova fascia anullare nera, larga 12 cm., la quale non raggiunge il margine superiore di ciaschedun zoccolo, (1) Ved. « The Transactions of the Zool. Soc. of London ». — Vol. XVI, part. VI, August 1902. N TETTO 187 rimanendo separata da questo da una stretta zona circo- lare bianca, alta appena 2 cm. (1). Quasi per contrasto la regione metatarsea è priva di fascia nera, e quindi la pelle che cuopre gli stinchi è affatto bianca. Nella cute della testa e del tronco i peli sono assai corti come nelle altre regioni del corpo, ma molti di un colorito castagno più o meno intenso, con riflessi giallo- verdastri se si osserva attentamente e quando si guardi da direzioni diverse e con varia intensità di luce, principal- mente se questa viene dall'alto; — come è il caso nella grande sala superiore del Museo della nostra Università. La colorazione adunque è assai variata non soltanto secondo le regioni, ma anche secondo i tratti di una stessa regione, come avviene nelle parti laterali delle guancie, e più nella cute dei quattro arti dell’Okapia; nei quali ap- punto si ha quella disposizione, da tutti notata, cioè la somiglianza con una Zebra. Non occorre dire che quest’'ul- tima è un monodattilo od equino vero, mentre l’Okapia è ormai risaputo che dev'essere collocata fra i bisulci o ru- minanti; e la confusione, come si lesse in qualche diffuso periodico illustrato, sarebbe tempo che cessasse. Bene avverte il Forsyth Major che le differenze di co- lorazione possono essere prova dell'età e del sesso diversi. Ed aggiunge come a lui risulti dall'esame e dal raffronto fatto delle due pelli di Bruxelles, come nella disposizione tipica delle striature, specialmente dal quarto posteriore. esistano delle differenze fra un lato e l’altro: il che lo in- duce a non attribuire soverchia importanza a simili diffe- renze quando queste si riscontrano in esemplari diversi. Ho già detto che tutti hanno notato la rassomiglianza (1) Questa fascia circolare nera, ch'è la più inferiore fra tutte, è — se stiamo alla fig. data dal Ray Lankester e da altri — più larga e appariscente, massime - negli arti anterior], nell’esemplare da noi studiato in Roma. ISS ANTONIO CARRUCCIO che passa specialmente nelle parti posteriori del corpo, fra la Zebra e l'Okapia, per la disposizione alterna delle fascie colorate della pelle. Ma appunto perciò desidero ora pre- cisare qual'è realmente tale disposizione nella Zebra, di cui il nostro Museo possiede presentemente una bella pelle d’'individuo adulto. In questo equino adunque le fascie cutanee dell’arto posteriore sono, a cominciar dal disotto della coda, fino al ginocchio, in numero di 29; quasi tutte ben nette: dal ginocchio in poi vanno non solo rimpicciolendosi fin presso al tratto di pelle che cuopre la regione metatarsea, e pa- recchie non sono distinguibili nettamente. Anche nella Zebra si vedono fascie bizzarramente di- segnate, e talune sull’anca sono dapprima uniche, poi si dividono lasciando fra le due fascie minori uno spazio quasi ovalare, per riunirsi nuovamente e terminare in una punta assai allungata. Attre invece finiscono Dbiforcandosi. La larghezza delle fascie più “larghe è cdi 2a 96m e 1[2, ma sui fianchi ve ne sono larghe circa 4 cm. Nell’arto anteriore le fascie cutanee alterne, dai soliti colori, sono una trentina e. molto irregolari: infatti si ve- dono procedere ora ondulate, ora formando angoli più o meno acuti. È facile adunque, dopo quanto osservai e dissi sulle fascie dell’Okapia donata da S. M., rilevare le differenze fra*levde) (pelli Dando fine alla mia comunicazione debbo avvertire che gl'illustri colleghi stranieri, disponendo di un materiale di confronto, specialmente di avanzi fossili /Helladotherium, Samotherium ecc.) del quale in Roma non è possibile di: sporre e profittare, hanno potuto stabilire con vario grado di certezza i rapporti di affinità o parentela cogli avanzi dei generi estinti, parecchie volte menzionati in questa stessa SULL’ « OKAPIA » DONATA DA S. M. IL KE VITTORIO EMANUELE III 189 comunicazione, e i rapporti col vivente genere Camelo- pardalis. Con questo però potei anch'io rilevare parecchie differenze e somiglianze. Ma chi abbia interesse di cono- scere le une e le altre, estendendo le sue conoscenze ai generi fossili, finora noti come forse i più vicini all’Okapia, deve valersi dello studio fatto dal Forsyth Major (1), oltre che dal Ray Lankester ecc. Il primo infatti ha riassunto nettamente tanto i caratteri che l’Okapia ha comuni col Paleotragus, quanto quelli pei quali ne differisce (special- mente nella forma fossile di maggior grossezza (Samothe- rium boissiert); per venir poi a stabilire i caratteri comuni e i differenziali colle (Giraffe. — Questo studio compara- tivo portò il Forsyth Major a dire che l’Okapia occupa an intermediate position between Pal@otragus and the Giraffe ». E finalmente che VAfrica sarebbe la culla originaria « Of the Giraffidae =». (1) Ved. la memoria già citata: « On a specimen of the Okapi lately re- ceveid at Bruxelles » (con fig.) a pag. 346-250 dei Proced. of the Zool Soc. of London, pure citati precedentemente. APPENDICE Il tempo trascorso, dopo cioè che io feci alla Società Zoologica le due mie comunicazioni, mi consentono di aggiungere che pochissime altre catture di Okapia poteronsi fare, e così qualche altro Museo potè procurarsi un esem- plare della pelle od anche dello scheletro. — In Italia, pre- sentemente, oltre il Museo dell’Università Romana, ne è fornito il Museo Civico di storia naturale di (renova, ricco — come a tutti è ben noto — di tanti tesori faunistici. L'ultima notizia che io ebbi la lessi nella Belgique Co- lonial del 13 marzo 1904 (N. 11, pag. 133): « Une nouvelle interessant les naturalistes: on confirme qu un Okapi a été abattu dans le Haut-Ituri et un autre dans la région: 190 ANTONIO CARRUCCIO de Bomokandi =. Forse posteriormente ne sarà stato uc- ciso qualche altro, ma a me mancò il tempo per accer- tarmene. Potrò presto anch'io conoscere quale destinazione ebbero i nuovi individui, e se con questi potè confermarsi la esistenza delle due specie (0. Johnstoni Ray Lank. e O. Liebrechtsi Fors. Maj.). Per l’Okapia pervenuta a Genova nello scorso agosto l’egregio prof. R. Gestro, in data dal 27 ottobre 1905, gen- tilmente mi faceva conoscere che non poterono ancora prepararsi nè la pelle, nè lo scheletro. Aggiunge: « Mi pare che il nostro sia una femmina adulta. Lo scheletro manca di qualche pezzo : e a questo proposito vorrei pregarla di dirmi se il suo (quello cioè del Museo Romano) ha la co- lonna vertebrale completa, e quante vertebre vi sono =. La domanda del prof. Gestro, cui già risposi, mi torna quì opportuna per ricordare, in aggiunta alle cose esposte che le vertebre dello scheletro esistente in Roma, dalla prima cervicale all'ultima coccigea, sono in numero di 41: che della regione cervicale mancava una sola, la 5°, che fu abilmente rifatta, e con esatto adattamento delle faccie articolari, dal Dott. Alessandrini; e finalmente che la re- gione coccigea dell’istessa armatura scheletrica forse manca di una vertebrina. La lunghezza totale della colonna verte- brale di questa Okapia, dalla 1* cervicale all'ultima ver- tebrina caudale, è di 1 m.53 cm.. e dalla estremità ant. o punta delle ossa mascellari alla pred. ultima vertebrina, si ha che la lunghezza totale dell’intiera armatura è di 1m. 74 cm. In altra comunicazione potrò aggiungere altri parti- colari comparativi, se -- come spero — mi sarà dato esa- minare di persona gli esemplari finora pervenuti in Eu- ropa nei Musei di Londra, Tring, Bruxelles, Parigi e Ge- nova, i soli — come dissi — che finora ne posseggano. -— oî Compa; N / Ces = ' Tag d? Zoo!0gy L Okapia donata da S. M. il Re. 13 033 D 0CT.10 1949 Prof. A. Carruccio. Bollett. Soc. Zool. Ital. Vol. IV, Ser. II, 1903. Calzone ine. D' C. Alessandrini, fot. Dr L. MASI Nota sugli OSTRACODI VIVENTI NEI DINTORNI ‘DI ROMA ed osservazioni sulla classificazione delle : Cypridae + Comuuicazioue fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma, nell'adunanza generale del 6 giugno 1905. Continuazione e fine: V. fasc. precedente). Famiglia Darwinulidae. Genere DaRwINuLA Brady and Norman. 26. — Darwinula Stevensoni (Brady and Robertson). Ho avuto esemplari di questa specie dai laghi di Ca- stel Gandolfo, di Nemi e di Bracciano. Famiglia Cytheridae. Genere CyTHERIDEA Bosquet. 27. — Cytheridea torosa (Jones). Spetta probabilmente a questa specie una larva che ho raccolto in uno stagno presso Maccarese. 28. — Cytheridea lacustris \G. O. Sars). Trovata ne! Lago di Bracciano ed in quello di Porto. Sul guscio dey.. esemplari tanto dell'uno come dell’altro lago ho trovato frequente una specie del genere Cothurnia. Genere LoxoconcHa G. O. Sars. 29. — Loxoconcha viridis (0. F. Miller). 30. — Loxroconcha elliptica (Brady). Queste due specie si trovano nel lago di Porto dove l'acqua è leggermente salmastra. Genere LimnocyTHERE Brady. S1. — Limnocythere inopinata (Baird). Questa specie è molto comune in un piccolo canale nel giardino dell'Acquario - Romano e l'ho trovata anche nel fango dragato dal Lago di Nemi. Le specie che ho menzionate sono in numero di 30, più una varietà. Tre di esse non sono rappresentate dalla forma tipica. Forme nuove sono le due specie Cypris onusta e Ilyocypris decipiens, e le quattro varietà Cypris incon- gruens var. rosea, C. Kaufmanni var. limbata, C. intermedia var. latialis e Cypridopsis villosa var. crassipes. Di tutte le specie menzionate in questa nota, probabilmente sedici sono nuove per l’Italia. | SUGLI OSTRACODI 193 Dai nomi che ho adottato nelle pagine precedenti e dall'ordine con cui ho disposto le specie, è facile ricono- scere che io non ho seguito, nello studi, delle Cypridae, nè la classificazione del Kaufmann nè quella del Miller, nè quella, più recente di tutte, dello Sharpe. Farò adesso alcune considerazioni riguardo alla sistematica di tale fa- miglia ed esporrò le linee principali dell'ordinamento che mi sembra più opportuno per le specie che la compongono. Nella classificazione di Kaufmann le Cypridae furono divise per la prima volta in sottofamiglie. Una di queste comprende le forme marine, mentre le altre specie sono ripartite in sette sottofamiglie, cioè le Notodromadinae, Cy- pridinae, Herpetocypridinae, Cypridopsinae, Cyclocypridinae, Ilyocypridinae e Candoninae. In questa classificazione la differenza fra le Cypridinae, Herpetocypridinae e Cypridopsi- nae è molto minore di quella che passa fra gli altri quattro gruppi, ed io ritengo che le prime tre sottofamiglie non siano sufficientemente caratterizzate. Infatti, la riduzione delle setole natatorie è l’unico ca- rattere notevole che distingue il gruppo delle Herpetocypri- dinae dalle vere Cypris. Però si possono ricordare parecchi esempî i quali dimostrano che tale carattere non può avere importanza sistematica. Così alle volte, come io ho osservato nella Cypria ophthalmica e Miller nella Cypris (Herpetocypris) reptans (Baird), si trovano tali setole diver- samente sviluppate in diversi esemplari della specie, senza che questi presentino altre differenze sensibili. Alle volte invece la lunghezza delle setole natatorie varia insieme con alcuni caratteri degli individui e in rapporto con certe località di provenienza, senza tuttavia che le diverse forme della specie rappresentino delle varietà da doversi distin- guere con nomi particolari. Questo si riscontra ad es. nella Cypridopsis vidua. Vi è poi qualche specie con varietà Bollett. Soc Zoologica Italiana, Fasc. VII e VIII. Vol. VI, % ben distinte, che hanno un diverso sviluppo delle setole natatorie, come ad es. la Cypridopsis villosa, e forse anche alcune Nyocypris. In questo genere poi, come anche nel genere Cypridopsis Brady, si trovano specie inette al nuoto accanto a specie che non lo sono. Quindi lo sviluppo delle setole natatorie non può considerarsi come un buon cri- terio di distinzione nè fra le specie nè fra i generi, e perciò tanto meno fra le sottofamiglie. Si noti poi che Kaufmann per formare il gruppo delle Herpetocypridinae ha allontanato, nella classificazione, delle forme che hanno una evidente affinità naturale. Infatti la Herpetocypris reptans, come osserva il Miller, è molto affine alla Cypris Fischeri Lilljeborg a cui somiglia per la struttura del guscio: la Microcypris reptans che Kaufmann pone fra le Herpetocypridinae (e che nelle pa- gine precedenti ho chiamata Cypris Kaufmanni riferendola al genere Cypris) ha una grande affinità con la Cypris incongrues, ed anzi la var. Zimbata che ne ho descritta, se avesse le setole natatorie più sviluppate, ovvero il guscio dentellato nel margine della valva destra, non differirebbe da certe varietà di Cypris incongruens più di quanto esse differiscano tra di loro. Inoltre, se si dovesse seguire il concetto del Kaufmann, la var. latialis della Cypris inter- media dovrebbe pure separarsi dalla forma tipica per clas- sificarla non fra le Herpetocypridinae, ma nella sottofa- miglia Cypridinae, poichè, come ho detto più innanzi, essa presenta le setole natatorie della seconda antenna tutte bipennate e normalmente sviluppate. Allo sviluppo maggiore o minore di queste setole, W. Miller non ha dato importanza nella sua classifica- zione; dippiù, prendendo in esame le diverse forme che Brady e Norman nel 1889 posero nel genere Merpelocypris, e studiandone la minuta struttura del guscio, la quale pe. SUGLI OSTRACODI 195 nella classificazione deve aver certamente un maggior va- lore della lunghezza delle setole natatorie, perchè costi- tuisce un criterio di ordine naturale; ha creduto opportuno di fondere insieme le specie di Herpetocypris con le Cypris, ed ha posto ciascuna di tali specie accanto a quella del venere Cypris con la quale presentava la maggiore affinità morfologica. Per le ragioni che ho esposte, io credo di dover con- siderare le Merpetocypridinae di Kaufmann come una sot- tofamiglia insufficientemente caratterizzata, e seguo il con- cetto del Miller, il quale non fa delle Herpetocypris un gruppo distinto dal genere Cypris, e sembra ne consideri le specie come costituenti una serie parallela a quella delle vere Cypris. Tra queste si trovano talora delle forme che sono molto vicine a quelle che dovettero originare alcune Herpetocypris. Anche le Cypridopsinae non possono avere caratteri sufficienti per il grado di sottofamiglia. Di questo gruppo W. Miller fa semplicemente un sottogenere delle Cypris. Esso comprende delle specie in cui i rami della forcina hanno subito un regresso, riducendosi ad una parte ba- sale breve che termina con un filamento ed ha una pic- cola setola nella parte dorsale. Inoltre le setole della la- mina branchiale dei piedimascelle, si riducono, dal nu- merodi sel che è tipico per de Cyclocyprinae, Cyprinae e Ilyocyprinae, al numero di cinque o quattro /Cypridopsis aculeata) o due sole: nella Potamocypris fulva Brady è scomparsa addirittura la lamella branchiale. Ma negli altri caratteri le Cypridopsis non differiscono dalle Cypris. E va notato inoltre che vi sono delle specie esotiche (generi Cypretta e Cypridella, istituiti dal Vavra) le quali hanno la forcina conformata come nelle Cypris, ma tuttavia re- lativamente debole, e che per un complesso di caratteri che sarebbe difficile indicare in una diagnosi, somigliano più alle Cypridopsis che non alle Cypris: esse rappresen- tano probabilmente delle forme di passaggio fra questi due generi: Vavra le pose nel « gruppo Cypridopsis », Kauf- man non accettò questa collocazione e le considerò come vere Cypris. Fra i caratteri diagnostici della sottofamiglia Cypri- dopsinae, Kaufmann ha posto anche quello della presenza di una sola setola nel primo articolo del primo paio di zampe: però questo carattere si riscontra anche nella Cypris incongruens, C. Kaufmanni e C. salina, ed è di così poco rilievo che, se non ha importanza teorica, nemmeno può averla dal punto di vista della pratica nella classi- ficazione. Il fatto che nella serie delle Cypridopsis si sono isti- tuiti diversi generi, non viene in appoggio al concetto che debba farsi di tale serie una sottofamiglia, poichè quei generi non sono sufficientemente distinti fra loro. I tre generi menzionati nella monografia del Kaufmann, Cypri- dopsis, Cypridopsella e Paracypridopsis, comprendono delle specie che molto meglio formerebbero un sol gruppo, poichè fra le Cypridopstis e Cypridopsella, le quali. non differiscono se non per avere, le prime, cinque setole nella lamina dei piedimascelle, e le seconde due sole, vi è come forma intermedia la Cypridopsis aculeata Costa, che se- condo Muller ha quattro setole ; ed il genere Paracypri- dopsis non può sussistere, a mio parere. per il fatto che la forma di Cypridopsis variegata che il Kaufmann vi ha posto perchè ha setole natatorie ridotte, o- deve ritenersi come una specie molto affine alla Cypridopsis variegata tipica, oppure, ciò che non è improbabile, non è altro che una varietà : ora, nell’uno e nell’altro caso resterebbero in due generi separati due forme molto affini, ma nel se- SUGLÌ OSTRACODI 197 condo caso specialmente, tale separazione sarebbe un assurdo. I due generi Oncocypris e Zonocypris istituiti dal Miller per alcune forme esotiche, sono stati poi riuniti dall'autore stesso col gruppo delle Cypridopsis, poichè con questo nome egli comprende, nella monografia degli Ostracodi della Germania, le specie che hanno la forcina ridotta e le setole della lamina branchiale dei piedima- scelle in numero da due a cinque. Io credo però che con- verrebbe estendere il gruppo in modo da comprendervi anche la Potamocypris fulva Brady, la quale non ha la- mella branchiale e presenta solo un piccolo pelo invece delle due setole di essa (secondo la figura data dal Miiller), ma per la struttura del guscio è molto affine alla Cypri- dopsis variegata. Ad ogni modo, ritengo che si debba con- siderare il gruppo Cypridopsis come un genere, e non quale un sottogenere, come fa il Miller. Nella seconda parte della monografia di Brady e Norman, pubblicata nel 1896, in una delle prime pagine, in cui è riassunta la classificazione dell’ordine, le Cypri- dopsis formano una famiglia distinta dalle Cypridae. Questo fatto che potrebbe sembrare un argomento in fa- vore dell'opinione di Kaufmann, forse è rimasto inosser- vato ad alcuni autori. Brady e Norman hanno voluto dare molta importanza alla forma della forcina ed anche al fatto che esistevano generi diversi che presentavano tale carattere. Riguardo a questi diversi generi non avrei che a ripetere quanto ho detto discutendo or ora lo stesso concetto a proposito della classificazione di Kaufmann. Si noti però che uno dei generi stabilito da Brady e Norman, il genere Prionocypris, in cui la forcina dovrebbe avere il carattere molto importante della presenza di due filamenti terminali in ciascun ramo, era stato stabilito in seguito all’osservazione di una forma mostruosa. Si trattava di una anomalia, che sembra abbastanza frequente nelle specie di Cypridopsis, e che io ho trovata anche in un esemplare di Cypridopsis variegata. Non ammeltendo diversi generi nel gruppo delle Cypridopsis, il semplice carattere della forcina non potrà certamente esser considerato come suf- ficiente per distinguere una famiglia; ma nemmeno potrà esserlo per una sottofamiglia. Nella classificazione adottata dal Mùller per la mono- grafia degli Ostracodi della Germania (la quale fu pubbli- cata poco dopo l'articolo del Kaufmann « Zur Systematik der Cypriden ») le specie di acqua dolce sono ripartite in tre sole sottofamiglie, le Candoninae, le Cyprinae e le Ilyocyprinae. La prima di queste comprende le specie che sono ca- ratterizzate principalmente dall’avere l’ultimo articolo del secondo paio di zampe di forma cilindrica, non mai ar- rotondato all'estremità o sviluppato, oltre l'attacco delle setole, in una specie di uncino, e non accompagnato, presso l'articolazione col penultimo segmento, da speciali spor- genze di questo ; inoltre i tubi ejaculatori sono forniti di cinque, eccezionalmente sei verticilli di raggi chitinosi. Questa sottofamiglia comprende due gruppi nettamente se- parati. Al primo dci quali spetta il genere Candona, al se- condo i due generi Cyclocypris e Cypria. Nella sottofamiglia delle Cyprinae troviamo pure due gruppi, uno per i generi Nofodromas e Cyprois, l’altro per le Cypris in largo senso, comprendendovi anche le Cy- pridopsis e la Potamocypris fulva, che vi rappresentano due sottogeneri. Fra i caratteri che distinguono questa sottofamiglia delle Cyprinae dalla precedente, vanno ricor- dati specialmente la mancanza delle « setole maschili » nella seconda antenna, l’ispessimento di alcune o di tutte le setole dell’apofisi mascellare anteriore, le quali sono ei talvolta anche dentellate, l'attacco della setola dorsale dei rami della forcina poco distante dalla articolazione delle unghie, i due tubi ejaculatori forniti di numerosi verti- cilli di raggi chitinosi e senza dilatazioni alle estremità del canale centrale. Quì farò osservare, tra parantesi, che non è esatto quanto dice il Miller riguardo alla lunghezza delle setole natatorie ed alla mancanza di setole maschili. Poichè nel No/odromas vi è una setola in ambo i sessi, che ha la conformazione delle setole maschili di Candona, ed inoltre vi sono, come osserva Kaufmann, due setole proprie del maschio, di forma particolare, cioè lunghe, sottili e striate trasversalmente, le quali devono avere una funzione sensitiva. Non mancano dunque speciali setole di senso nei maschi di questo genere, soltanto non tro- viamo in essi due setole sensitive della forma di quelle delle Candona e delle specie di Cypria e Cyclocypris. Le setole natatorie della seconda antenna non sono poi costantemente limitate a non oltrepassare l'estremità delle unghie per un tratto uguale alla lunghezza di queste, poichè nella Cypridopsis smaragdina Vv. e nelle due Cypridopsis di cui ho parlato nelle pagine precedenti, la C. villosa var. crassipes e la C. dubia, le setole natatorie hanno appunto tale estensione. Ma anche in questa sottofamiglia delle Cy- prinae il carattere più importante consiste nella confor- mazione dei due ultimi articoli del secondo paio di zampe, giacchè l’articolo terminale è di regola accompagnato alla base da sporgenze dell’estremità del penultimo, ed è re- lativamente piccolo, terminato ad uncino oppure arroton- dato. Questa seconda forma, che si trova nel genere No- todromas, secondo Miller deriva dalla perdita dell’uncino. Inoltre, secondo questo autore, i due gruppi della sottofa- miglia costituiscono una serie naturale, sebbene si disco- stino per parecchi caratteri: poichè fra il tipo delle Cypris 200 L. MASI e quello, abbastanza caratteristico, del Nofodromas, vi è come forma intermedia il genere Cyprois, il quale è molto affine alle vere Cypris ed è inoltre ad esse collegato da una specie che è stata descritta col nome di Cyprois di- spar, poi con quello di Cypris Madaraszi. Questa specie secondo Miiller deve collocarsi nel secondo gruppo, nono- stante i diversi punti di somiglianza col genere Cyproîs: i- noltre (ed il Kaufmann espresse la stessa opinione) essa deve formare un genere a parte. Dopo la pubblicazione dell’opera del Miiller è stato intercalato fra i generi No- todromas e Cyprois un altro tipo intermedio, il genere Newnhamia : cosicchè la serie delle Cyprinae risulta costi- tuita dalle cinque forme principali: Notodromas, Newnhamia, Cyprois, Cypris Madaraszi, Cypris. La terza sottofamiglia comprende il solo genere Ilyocy- pris, il quale forma un gruppo ben limitato, con le due specie I. gibba (Ramdohr) e I. Bradyi G. O. Sars, le quali hanno caratteri molto variabili. Nel genere Ilyocypris il guscio è molto spesso e calcarizzato, con numerosi piccoli. incavi sulla superficie e talora con sporgenze laterali ; le setole natatorie sono molto sviluppate o anche ridotte, la seconda antenna è conformata sul tipo di quella delle Cy- pris e la mascella come nelle Candona, il piedemascella ha una forma particolare, le zampe del secondo paio hanno l’ultimo articolo cilindrico, la setola dorsale dei rami della forcina è allontanata dall’articolazione delle unghie, i tubi ejaculatori hanno molti verticilli di raggi chitinosi. Nella sua classificazione il Miller si discosta notevol- mente dai concetti sistematici degli altri autori, e non solo per ciò che riguarda i grandi gruppi, ma anche per le sud- divisioni minori. Le specie di acqua dolce vi sono di- stribuite nel minor numero possibile di sottofamiglie, nei tre gruppi Candoninae, Cyprinae, Ilyocyprinae: i quali si SUGLI OSTRACODI 201 possono ritenere come corrispondenti a tre gruppi natu- rali. Però io dubito che tutti gli studiosi di Ostracodi siano disposti ad adottare la sottofamiglia delle Candoninae nel senso stabilito dal Miller. Questo gruppo a me sembra troppo comprensivo e mancante della necessaria omoge- neità per formare una sottofamiglia. Infatti, nelle Cando- ninae della classificazione di Kaufmann abbiamo delle forme limicole, dal guscio scolorito, con l'occhio non mai molto sviluppato, talora anche atrofizzato, e sprovviste del tutto o quasi del tutto di setole natatorie nel secondo paio di antenne ; invece le Cyclocypridinae ci rappresentano delle forme senza alcuna traccia di regresso, dotate della maggiore attitudine al nuoto, fornite di un occhio molto sviluppato e di un guscio quasi sempre intensamente colorato ; esse hanno inoltre una lamella branchiale non atrofizzata nei piedimascelle e fornita di grosse setole pennate, inoltre in queste stesse appendici il palpo del maschio non presenta mai i due articoli fusi insieme, ed all'estremità delle zampe del secondo paio si trovano o due setole corte ed una molto lunga, o tre setole tutte di diversa lunghezza, mentre nelle Candona ve ne sono di regola due ugualmente svi- luppate o poco diverse, ed una corta. Ed in. molti punti le Cyclocypridinae somigliano alle Cyprinae, segnatamente le specie del genere Cyclocypris. Tutte queste differenze che si osservano fra le Cyclocypridinae e le Candoninae della classificazione del Kaufmann, mi sembrano suffi- cienti per mantenere distinti questi due gruppi come due sottofamiglie. La mancanza di omogeneità che si trova nelle Can- doninae del sistema di Miller, si riscontra anche nella sot- tofamiglia delle Cyprinae: senonchè in questa, nonostante la notevole diversità che si osserva quando si pongono a confronto il genere Notodromas e il genere Cypris, non riesce possibile di fare dei due gruppi che da questi pren- dono il nome, due sottofamiglie distinte, essendovi una regolare successione di forme dall’uno all’altro degli e- stremi della serie. Quando si volesse indicare qualche ca- rattere positivo per distinguere il gruppo del Notodromas da quello delle Cypris, non si troverebbe altro che la pre- senza di sei denti nell’apofisi mascellare anteriore, e ciò non basta certamente per autorizzarci a stabilire una sot- tofamiglia. Ora qui si presenta ancora una questione riguardo alla sistematica delle Cypridae. Qual'è il modo preferibile di ordinare in serie le sottofamiglie? Se consideriamo i generi, vediamo che nelle principali monografie gli autori hanno adottato per essi degli ordini di successione molto diversi. Così, ad es., nell’opera di Brady e Norman del 1889, la successione dei generi che poi hanno formato i tipi delle sottofamiglie, è la seguente: Cyclocypris, Cypris, Notodromas, Candona, Ilyocypris: però nel supplemento pubblicato nel 1896 il genere Ilyocypris precede il genere Candona, che è posto per ultimo. Nella monografia del Vavra sugli Ostracodi della Boemia è adot- tato questo ordine: Notodromas, Candona, Ilyocypris, Cyclo- cypris, Cypris. Anche nella classificazione di Kaufmann le Cyclocyprinae sono separate dalle Candoninae intercalan- dovi le Iyocyprinae. Nella classificazione di W. Miller il gruppo Notodromas viene ad interrompere quella grada- zione di forme che vi sarebbe fra i generi Candona, Cypria, Cyclocypris e Cypris, trovandosi prima di quest'ultimo, e le Iycyprinae sono allontanate dalle Candoninae. A me sembra che sarebbe più opportuna la seguente disposizione dei gruppi principali: Notodromas e Cypris ; Ilyocypris; Cyclocypris e Cypria; Candona: onde la serie delle sottofamiglie : SUGLI OSTRACODI 203 I VA SERE VENGSS Cyprinae, Ilyocyprinae, Cyclocyprinae, Candoninae. In questo modo i gruppi principali sono ordinati in base alla triplice ripartizione naturale della classificazione del Miller; inoltre la serie comincia col genere Notodro- mas in cuì sì trovano alcuni caratteri tutti particolari, e terminando con le Candona che hanno parecchi caratteri di regresso, presenta una gradazione abbastanza regolare ; la quale non può dirsi interrotta per la posizione delle Ilyocyprinae, poichè queste, quando si faccia astrazione dalla forma del piedemascella della femmina, non si di- scostano molto dalle Cypris : tantopiù che fra queste ultime abbiamo esempî di specie (Eurycypris) con un guscio molto calcarizzato ed a superficie sparsa di numerosi incavi. Ed ora non mi resta che a dire poche parole riguardo alla classificazione di Sharpe. Di questa non ho tenuto conto in questo esame della sistematica delle Cypridae, perchè quanto alla ripartizione in sottofamiglie, essa non differisce quasi affatto dalla classificazione di Kaufmann ; inoltre perchè, nel riordinare i generi e sottogeneri, l’autore non ha consultato la monografia del Muller sugli Ostra- codi della Germania. Quest'opera sembra sconosciuta allo Sharpe : infatti non solo egli non la registra nella biblio- grafia, dove pure è indicato uno dei lavori minori del Miller, ma adotta come genere il gruppo delle Eurycypris, che questo autore istituì nel 1898, ma che due anni dopo considerò come un sottogenere delle Cypris; inoltre pone la Cypris pubera fra le vere Cypris, mentre Miller nel 1900 la collocò nel gruppo Eurycypris. Se ciò dipendesse da opinioni personali, lo Sharpe ne avrebbe fatto cenno, 204 L. MASI SIOE o Gneo dllidco death ne nbalt dà nd edaat poichè non ha tralasciato di esporre ‘le proprie idee ri- guardo a questioni di minore importanza, come, ad es., il considerare i Cyprinotus quali un sottogenere e non un genere . distinto. Nella classificazione dello Sharpe il genere Ilyocypris è posto nella sottofamiglia delle Cyclocyprinae : però io credo che nessuno abbia mai supposto che esi- stesse una affinità, anche lontana, fra i generi Cyc/locypris, Cypria, Pontoparta e le Ilyocypris; la posizione sistematica che lo Sharpe dà a questa specie mi sembra inesplicabile, ed io sono indotto a credere che si tratti di un errore in- corso nella pubblicazione del lavoro. R. Stazione di Piscicoltura di Roma. Errata corrige. A pag. 123, del fascicolo precedente (IV, V e VI), nella terz'ultima riga, dove è detto «guscio relativamente alto », leggasi « relativamente meno alto ». LIQUIDI FISSATORI ALGALINI ‘’ Contributo alla tecnica istologica per VALENTINO BARNABÒ Comunicazione alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma. Questa nuova serie di ricerche, che mi ha condotto a nuove osservazioni, le ho intraprese sul testicolo di topo, come quel- l’organo nel quale le cellule sono in maggiore attività ripro- duttiva e cariocinetica. Ho quindi presi i due testicoli di uno stesso animale (Mus decumannus) e ne ho fissati pezzetti, ap- prossimativamente eguali, in quantità pure approssimativamente eguali di soluzioni alcaline, tenendo come termine di confronto altri pezzi pure degli stessi testicoli, fissati in liquido di Flem- ming, il più generalmente adottato per la cariocinesi, in liquido di Zencker e di Pacini, ambedue soluzioni di sublimato acide. Come già feci per il sistema nervoso centrale, tenni esattamente conto del tempo di fissazione occorso per i varî liquidi e per le successive manipolazioni, e ne riporterò i dati ottenuti nella seguente tabella riassuntiva : (1) Continuazione e fine. — Vedi « Bollettino della Società Zoolo- gica Italiana », 1905. fasc. IV, V e VI. 206 VALENTINO BARNABÒ Î TG In DISIDRATAZIONE: | è 2 | 9 & || FISSAZIONE: SL Da e SN Pia E {=# pesca BISI TA + - ve [= = È È Osservazioni S| Alcool | Alcool | Alcool | & =" Zi | Q Ar mo | | 3 o | Liquido Tempo \ordinar. | jodato |assoluto! & S A = N Il Ùl | ” ; i 1, Flemming ore 24 \giornì 3 — |giorni 8|giorni 8) ore 5 12| Zencker » 2M| — igiorni 3| » 4| ore 30 » 5 3| Pacini » 21 | — » 3 » 4 » 30 » 5 HgC1, acid |4| Soluz. alcal. A D dll — » 3| » 4| » 30 DID | | (15! Soluz.alcal. B| » 21 _ I RESO I SR (6 Soluz.'alcal. C |» 121 _ » i di Sedie do (7| Soluz. alcal. D pa Sl | _ » 3» 4| » 30) » 5 | | Ho potuto anche in questo caso controllare ciò che avevo già osservato nelle ricerche sul tessuto nervoso centrale, sulla varia azione cioè dei liquidi alcalini in rapporto alle qualità essenziali dei fissatori. E mentre i pezzi di testicolo fissati a- cidamente presentavano una marcata durezza e consistenza, quelli fissati alcalinamente si distinguevano invece per una spic- cata cedevolezza specialmente nel caso della soluzione D. Per di più, tenendo anche conto del numero delle gocce di tintura di iodio necessarie per la riduzione completa dei cristalli di bicloruro di mercurio infiltrati nel tessuto, notai che, mentre per le soluzioni acide di sublimato ne erano occorse 25, per le soluzioni A e B ne bastarozo 15, mentre per le C e Dce ne vollero pure 25. Ciò è in rapporto colla maggior quantità di cristalli formati in queste due ultime soluzioni, come già osservammo nelle ricerche sul sangue. Al successivo esame microscopico tutte le sezioni risultarono prive assolutamente di cristalli di cloruro mersurico. Già all'esame macroscopico dei pezzi potei notare che molti canalicoli seminiferi fuoriuscivano dallo stroma della ghian- dola dalla superficie di taglio, e fluttuavano liberamente den- tro al liquido. All’esame poi delle sezioni controllai che i rap- porti dei singoli canalicoli tra loro erano molto alterati, per- chè erano slontanati gli uni dagli altri, e il connettivo inter- stiziale appariva qua e là come residui isolati di cellule po- LIQUIDI FISSATORI ALCALINI 207 ligonali specialmente in corrispondenza dei vasi, i quali però erano perfettamente conservati come pure lo era il sangue in essi racchiuso. A questa disorganizzazione dello stroma del te- sticolo, che però suole avvenire sovente anche adoperando i co- muni metodi di tecnica, corrispondeva una disorganizzazione dei canalicoli seminali stessi. La parete propria era ben con- servata; ma regnava il massimo disordine nella disposizione delle cellule dell'epitelio germinativo. Gli spermatociti e gli spermatidi specialmente erano slontanati gli uni dagli altri, e molti di questi ultimi si trovavano nel lume del canalicolo in- sieme cogli spermatozoi. Gli spermatogoni invece erano restati al loro posto, perchè più intimamente connessi alla parete pro- pria del canalicolo. Molto ben conservate erano le cellule del Sertoli che anzi si disegnavano molto meglio che nei comuni preparati, con la loro base allargata continuantesi colla parete propria, e con un ciuffo di spermatoblasti perfettamente con- servati all’estremità libera. Pure ben conservati erano gli sper- matozoi che formavano dei vortici intorno al centro assiale del canalicolo stesso. Da alcune sezioni cadute sopra l’epididimo potei notare che in esso la disorganizzazione non era così avanzata. I ca- nalicoli efferenti erano bensì un po’ slontanati tra loro; ma l’epitelio cilindrico, tranne in alcune porzioni, era integro nei suoi rapporti cellulari, e nel lume del canalicolo si conserva- vano pure perfettamente gli spermatozoi. I vasi e il tessuto connettivo interstiziale erano pure ben conservati. Ciò riguardo alla disposizione generale del tessuto fissato coi liquidi alcalini, come si presentava all'osservazione di sezioni colorate coll'ematossilina e coll’eosina, coll'ematossilina Bihmer, colla safranina, colla fucsina, col carminio boracico. Ma ve- diamo come eran conservate le cellule nella propria costitu- zione morfologica. Dai preparati fatti coi metodi suddetti, e da altri eseguiti col metodo di Bizzozzero, perfettamente riu- scito pur non essendovi stata la fissazione prescritta coll’aleool o coi liquidi di Fol e di Flemming, risultò che le figure cario- 208 VALENTINO BARNABÒ - cron di - ri ——6@@@ ->@7&1(11%11—"“@—1>@+@@#1« cinetiche erano ben conservate, e si colorivano con grande fa- cilità. La maggior parte delle figure osservate erano della fase di spirema e di diaster; ma vi erano pure altre figure ero- matiche. Le cellule in riposo erano pure ben conservate nei proprii costituenti morfologici. Da che dipendeva dunque la disorganizzazione dello stroma ghiandolare ? Da un’eccessiva permanenza del tessuto in un ambiente alcalino che avrebbe potuto agire sulia sostanza ce- mentante le cellule epiteliali dissolvendola e agendo quindi da maceratore dopo aver agito come fissatore ; oppure da qual- che errore involontario di manualità incorso o nel taglio dei testicoli freschi prima della fissazione o nelle successive mani- polazioni?® Queste erano le ipotesi che si potevano fare, e che, come si vede, erano della più grande importanza per decidere se realmente l’uso di liquidi fissatori alcalini fosse da sugge- rirsianche per gli epiteli oppure no, e se mai, in quale modo esatto dovesse suggerirsi. Per rispondere alla prima ipotesi vi era l'esame compa- rativo dei pezzi di testicolo fissati coi liquidi alcalini con quelli fissati coi liquidi acidi. Ebbene da questo esame è risultato. che la stessa disorganizzazione esisteva anche nelle sezioni di pezzi fissati coi liquidi di Pacini e di Zencker e anche col liquido di Flemming, il più energico senza dubbio di tutti. In quest’ultimo i rapporti erano conservati un po’ meglio che con gli altri due liquidi: ma in parecchi luoghi la disorganizza- zione era marcatissima come nel caso dei fissatori alcalini. Anzi il tessuto meglio conservato era quello fissato coi liquidi B e C, in cui la macerazione della sostanza cementante in- tercellulare non era molto avanzata e si limitava a qualche canalicolo e ai soli spermatidi. Senz'altro quindi è da ammet- tere che i risultati ottenuti si dovessero ad un errore di ma- nualità tecnica. Tuttavia l’idea che un liquido alcalino tenuto lungamente a contatto coi tessuti epiteliali potesse, dopo averli fissati, agire in un secondo tempo sulla sostanza cementante macerandola LIQUIDI FISSATORI ALCALINI 209) ® nello stesso modo come vi agiscono le soluzioni di soda (Na 0-H.) e di potassa (KOH), mi determinò a fare una ricerca più esatta per stabilire se ciò avvenisse davvero e come si potesse evitare questo inconveniente. Ricorsi allora a testicoli di cavia, che per la loro piccolezza avrebbero potuto esser fissati interamente, evitando quindi di tagliar a fresco la va- ginale propria e la possibile disintegrazione dello stroma ghian- dolare ; e fissai nei liquidi A e Bi testicoli di tre cavie, te- nendo gli uni più tempo degli altri a contatto dei liquidi, e costituendo così una piecola graduatoria di tempo, che mi avrebbe permesso di controllare la mia supposizione. Disposi così questa ricerca: | N | El vl | © i FISSAZIONE |Disidratazione|] $ $ | ® £ | 3 io II EA ARIA | sedqlaaei |P PITe | Alcool Alcool | £ " È e] | 7, liquido | tempo |. è £ los | | iodato | assol. | 3 ‘7 | A | FAMI,” FA fentezit aaa | | ga | 1 Cavia N° 1 Soluz. Alore 1,112 [giorni 2\giorni 4jgiorni 4| ore di | | | | 2 » » » B) » dela » 2) » di > 4 » Ù 3 Cavia N° 2 >» dA » 61 » 3| » Do 23 3, | | i | | 4 » » » B » 6 | » 3 » 4 2 2 » 5 | 5) Cavia N° 3 » A! >» Sets gi Di Ss di 3 | | | 6 > » » B) » 8 » 3 » 2 » 2} » 3 | i | o Potei allora con preparati colorati coll’ematossilina e coll’eosina verificare che realmente la lunga permanenza del tessuto epiteliale in un ambiente alcalino fa sì che la sostanza cementante intracellulare si macera. Infatti. mentre i testi- coli della cavia N° 1 erano perfettamente conservati nella loro integrità di costituzione anatomica, quelli della cavia N° 3 presentavano la stessa disorganizzazione descritta già peri te- sticoli di topo, e quelli della cavia N° 2 presentavano in varî punti questa disorganizzazione, mentre altri punti erano ancora ben conservati, costituendo così un termine di pas- saggio tra gli uni e gli altri. Anche qui però la costituzione Bollett. della Società Zoologica Ital. Fasc. VII e VIII, Vol. VI. d 210 VALENTINO BARNABÒ delle singole cellule era perfettamente conservata e si nota- vano anche figure cariocinetiche, quantunque i testicoli di cavia per la piccolezza dei singoli tubuli seminali e delle singole cellule spermatogeniche si prestino male a questo genere di 0s- servazioni. Il tessuto connettivo interstiziale dello stroma ghian- dolare era conservato nella prima cavia, meno nella seconda, e pochissimo nella terza. Confrontando finalmente gli effetti della soluzione A con quelli della £ devo dire che quest’ul- tima aveva agito più prontamente sul tessuto e l’ha conservato meglio della prima in tutt'e tre le cavie. Ora, pur tenendo conto di questo dato prezioso fornitoci dalla precedente osservazione, che conferma l’ipotesi che i li- quidi alcalini, pur agendo come fissatori anche dei tessuti e- piteliali in un primo tempo, hanno successivamente un’azione maceratrice sulla loro sostanza cementante ; restava da con- trollare la seconda ipotesi, rifacendo l’esperienza sui testicoli di un altro topo, e mettendosi in condizioni tali da evitare questi inconvenienti. Perciò, dopo aver isolati attentamente i testicoli di un topo (Mus decummanus) ne ho fatti dei pezzi tagliandoli con netti colpi di una forbice ben arrotata per ot- tenere una superficie di sezione regolare. Ho poi usato per la fissazione le soluzioni alcaline previamente filtrate, poste in piccole vaschette di vetro in modo da ricoprire abbondantemente il pezzetto di testicolo. Quindi, pensando che anche l’azione prolungata dell’alcool iodato dopo la fissazione avesse potuto agire da macerante, ho voluto prima far precedere un lavaggio in alcool ordinario, e successivamente alla permanenza nel- l'alcool iodato, prima del passaggio in alcool assoluto, ho vo- luto di nuovo lavare bene coll’alcool ordinario in modo da far cedere completamente ai tessuti l’iodio primitivamente assorbito. Per ottenere poi una buona inclusione ho voluto far prece- dere all’inclusione in paraffina una breve permanenza nello xilolo paraffinato, badando in tutto ciò a non tener a lungo al calore della stufai pezzi per evitare una nuova possibile causa d'errore. Prese così queste precauzioni, ho ottenuto : | LIQUIDI FISSATORI ALCALINI 211 Wo Î si FISSAZIONE: : DISIDRATAZIONE: | & £ | Inclusione: AE 3) | v © po ———_—_——t N —_ - £ © 's q prili S| ARI & | Alcool Alcool | Alcool | Alcool | & ‘* | xilolo | Paraf- || Zi Liquido E SCR | à 'ordinar. jodato ‘ordinar. | assol. | A 6 |paraft.| fina | | | | " | | | | | | ai 1| Soluzione alcal. A |ore 5 ore 18 1j2/ore 2412) ore 24 |giorni i ore 3 ore 5 ore5 || | | | | | 9 | » MB | Db » 16 |» 24172, » 24) » 3 Di | » 5 DO | | | | | 3| » » C|» 5» 18 |» 24172! » 24| » 38 » 3 | » 51 » 5] | | | | | | sl » ei 5 18 20172) » 24 De I | » 5 » 5 | | | | | { | Î Ì | | 5|HgCl, ac. (Pacini.)| » 5| » 1812} » 24 (a za » 3) » 3 SAN IT, | | 3 | | | | I !6|Liquido di Zencker » 5| » 18 112 » 22 | » 24 » 38) » 3 |” 5 » 5] | | Î | | | | Ì il | | I Ì | Questa volta fin dall'esame macroscopico sì poteva osser- vare che le cose avevano mutato aspetto, perchè i canalicoli non erano più liberi, disorganizzati, ma la superficie di sezione dei singoli pezzi era rimasta ben netta. All’esame microscopico ritrovai difatti lo stroma della ghiandola benissimo conservato: i canalicoli e le cellule costituentili tutte al loro posto: ben conservato il tessuto connettivo interstiziale, i vasi, la vaginale propria, ecc. Facendo poi dei preparati col metodo di Bizzoz- zero e anche con semplice liquido di Ehrlich (violetto di gen- ziana) e con una leggiera successiva colorazione di contrasto coll’eosina, ottenni preparati di cariocinesi veramente dimo- strativi. Ebbi l'avvertenza di colorare con liquidi diluiti, e a lungo (10 minuti), decolorando poi coll’alcool assoluto, col- l'olio di ica coll’azione della luce, fino a non veder più ad occhio mudo che una leggiera traccia di colorazione. Si ottengono così figure cariocinetiche nettissime, benissimo conservate, nei varî stadi del processo di moltiplicazione, specialmente in quello di spirema. 1 liquidi 4 e B avevano conservato benissimo la cariocinesi, ma ancora migliori risul- tati avevano dato questa volta i liquidi (' e D, il che vuol dire che anche l’azione della formalina non è inutile quando si voglia ottenere un’ottima fissazione. Occorre dunque far agire sugli epiteli per ottenere la fissazione questi liquidi soltanto il tempo strettamente necessario e non più. Concludendo ora dal lungo esame che abbiamo fatto delle 212 VALENTINO BARNABÒ proprietà fissatrici di queste quattro soluzioni alcaline di sali mercurici, si può dire che il loro uso nella tecnica istologica. è da consigliarsi, possedendo esse i requisiti voluti per i fissa- tori, e potendosi annoverare tra i migliori liquidi adoperati perchè evitano gl’inconvenienti delle comuni soluzioni acide e perchè conservano perfettamente tutti i particolari dei tessuti, e anche le figure cariocinetiche che sono così facilmente altera- bili. Tra le quattro soluzioni sono da preferirsi la B e la A quando si desidera un’azione fissatrice energica; la C e la D quando si cerchi di mantenere i più finì dettagli di struttura. L’uso poì di liquidi fissatori alcalini potrà, credo, segnare un passo verso la via scientifica della tecnica, la quale, se vuol ottenere risultati veramente positivi, deve attenersi a ciò che si desume dagli studî di Chimica e di Chimica Fisiologica, ab- bandonando pertanto la via esclusivamente a prioristica se- guita finora. Roma, luglio 1904. Nota. — Prima di pubblicare per intiero questo mio studio ho voluto anche con esperienze successive controllare le con- clusioni a cui ero giunto. Devo dire che questi liquidi fissatori alcalini adoperati da me su svariati tessuti normali e pato- logici per lo spazio di più di un anno, mi hanno dato costan- temente ottimi risultati, persino con soluzioni preparate da moito tempo; e nulla ho da mutare oggi a ciò che avevo osservato nel luglio dell’anno scorso. E credo che in fatto di Tecnica Istologica più di qualunque altra cosa abbia gran valore l’esperienza metodica e continuativa. Ringrazio poi il prof. R Marchesini, a cui devo preziosi consigli per la parte istologica, e il proî. G. Del Torre, per la. parte chimica. Roma, marzo 1905. LETTERATURA Pa Abba F. — Manuale di Microscopia e Batteriologia. . Beale L. — The microscope in the application to practical Medic: London, 1858. 3. Bellonci. — Archives Italiens de Biologie, Tome VI. DO [O] gii“ LIQUIDI LISSATORI ALCALINI ZANSS . Betz. — Arch. fir mikrosk. Anatomie, 1873. . Bevan Lewis. — The uman Brain; Histological and Coarse Me- _ thods ot Research. London, 1882. . Bizzozzero. — Microscopia clinica. Milano, 1882. . IA. — Nuovo metodo per la dimostrazione degli elementi in cario- cinesi nei tessuti. Zeitschr. fiir Mikvosk., 1886. . Bolles Lee et Hennequy. — Traité des Methodes techniques de l’Anatomie Microscopique. Paris, 1887. . Breglia A. — Contributo ai metodi di colorazione del sistema nervoso centrale. Napoli, 1889. . Cannizzaro e Paternò. — Lezioni di chimica generale ed orga- nica. Roma, Anno accademico 1902-03. 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Una forma simile si ha nella lingua del Manatus, che però è ancora poco studiata. Anche negli Insettivori la papilla foliata è molto semplice, e nell’Erinaceus vi sono nel mezzo della lingua due incavature della mucosa in cui stanno innicchiati gli organi del gusto. Nel Vespertilio murinus l'organo è molto piccolo e posto alla base della lingua. Vi si trova una infossatura microscopica della mucosa, in cui sono gli organi del gusto. Da queste forme più semplici si passa poi alle forme di papilla foliata più sviluppate e più complicate. In alcuni animali si può trovare un solco, in altri pliche e per- 216 VALENTINO BARNABRÒ sino forme di foglioline: e da forme semplici si arriva fino a un organo sviluppato come nel cavallo, nel tapiro e nel majale. Ma non in tutti i Mammiferi è stata trovata fino ad oggi una vera papilla foliata, e quindi non sarà inutile, credo, per formarsi un giusto concetto di quest’organo, dire in succinto, colla scorta dei trattati di Anatomia Com- parata, in quali ordini di questa classe di vertebrati è stata descritta. Tra i Monotremi nell’Ornitarorynchus Poulton ha de- scritto delle papille speciali, di struttura irregolare, verso la base della lingua, che posseggono delle cripte gustative chiuse da una specie di sfintere a forma di croce. Poulton stesso nei Marsupiali distingue, tra le altre, delle papille foliate, che egli chiama + lateral gustatory organ or lateral organ », che nel Macropus nalabatus hanno slandole sierose e organi del gusto, e che sono più com- plicate nel Phalangista, nel Belideus, nell’Acrobates e nel Didelphis, che non nei Placentati e nel Perameles in cui custo. ©) non vi è che un solco con gli organi del Tra gli Edentati Tuckermann non ha trovato papille foliate che nel Dasypus villosus. Tra i Mirmecofagidi si ritrovano papille circonvallate nella Mirmecofaga, nel Cy- clothurus e nel Manis javanica; ma neanche il principe Luigi Ferdinando di Baviera, che ha studiato la fine strut- tura della lingua del Tamandua, deserive papille foliate. Tra gl’Insettivori nella maggior parte si hanno papille circonvallate, e Boulart descrive solo nell’Erinaceus la pa- pilla foliata semplicissima a forma di W, a cui ho già accen- nato. Nel Galeopithecus si ritrovano invece due grosse pa- pille circonvallate e anche delle papille foliate. Nei Chirotteri il Leche ha trovato papille foliate nella Cynonycteris aegyptiaca e nel Pteropus gouldii; Tucker- mann nel Preropus pselaphon: e finalmente Gmelin anche nei Microchirotteri. SOPRA UN GANGLIO NERVOSO 217 Tra i Glires, il Leche ha visto delle papille foliate nel Lepus, nel Castor, nell’Arctomys, nell Anomalurus, nell Hy- stria, nell’Heltophobius e nel Myoxus. Mùnch le ha trovate anche in altri due generi di Roditori. Le papille foliate mancano poi nei Carnivori: tutta- via Gmelin dice di averne trovate nella pantera e nel gat- topardo: come pure Boulart e Pilliet ne descrivono nel Paradoxurus e nella Hyaena. Queste papille mancano an- che nei Cetacei. Esse si trovano invece molto sviluppate negli Iracidi, nei Proboscidati, negli Ungulati, nelle Proscimmie, e final- mente anche nei Primati. Da quanto si è visto, si può certo dire che le nostre conoscenze su questo argomento sì sono andate fino ad oggi perfezionando di molto dal 1870, anno in cui apparve il primo lavoro comparativo sull’organo foliato per opera uniizioni\\Vyss; che-lo descrisse mel. coniglio. E.ciò si deve specialmente ai lavori sui corpuscoli del gusto di E. Schulze, di Loewen, di Schwalbe, di Ranvier, di Boulart e Pilliet, di Munch e di tanti altri scienziati accurati e di- stinti. Tuttavia vi sono ancera delle opinioni controverse per quanto riguarda ad esempio la papilla foliata dei Sui- nidi, e credo vi sia ancora qualcosa da fare sulla strut- tura intima di quest'organo così interessante, che arriva ad una notevole complicazione appunto in questi animali. Prima quindi di esporre alcune mie ricerche particolari sulla parte nervosa di questa papilla, che considererei come un vero e proprio organo nervoso a sè, di senso specifico, sarà bene esaminare ciò che ne hanno detto, per quanto a me consta, i principali autori. La lingua del majale è stata oggetto di numerose ri- cerche a proposito délle sue papille foliate che furono de- scritte per primi da Mayer, da Brilcher, e da Hònigschmied. 218 VALENTINO BARNABÒ Ma alcuni autori ne descrivono due e altri tre. Così Magister ne ammette due o tre; Freifeld-Szabadfòldy ne vide due: Schwalbe due e qualche volta una piccola me- diana: von Wyss qualche volta una sola grossa: von Ebner ne descrive due, come Merkel, Mùlbauch e Kunze; Cokor che ne vide due ovali, Tuckermann, e Héonigschmied il Fig. 1. — Reich, ob. 3, ocul. 1, d. 50. - Ematossilina Ehrlich. quale parla di due papille con un vallo netto, di forma ellittica, con un solco mediano. Minch ritiene che si tratti realmente di due papille, quantunque egli ne abbia tro- vata un’altra mediana, ellittica, grossa, che alla sezione si è poi dimostrata una papilla fungiforme con glandole sie- rose. Io pure ho ritrovato sempre due sole papille ben di- stinte, una per parte, alla base della lingua. La forma di queste papille è ellittica. Esse sono in media della lunghezza di circa 1 cm. e larghe circa 1 mm., separate dal resto della mucosa linguale da un vallo pro- fondo mm. 0,1615 circa, in cui l’epitelio s’introflette per- fettamente. La loro altezza poi, dalla parte più profonda del vallo e dal resto del corpo della lingua è all'incirca di mm. 0.221. Esse sono disposte obliquamente dall’in- lulià ti VO SOPRA UN GANGLIO NERVOSO 219 dietro all’avanti e dall'esterno verso l'interno, in modo che i loro estremi prolungati idealmente s’incontrerebbero sulla linea mediana all'incirca verso la metà della lingua, La loro struttura microscopica è assai interessante ( V. fig. 1). Esse sono rivestite dall’epitelio piatto polistratificato della mucosa linguale, il quale s'introflette nel vallo diminuendo notevolmente di altezza nella sua parte profonda, per poi risalire sulla papilla e riacquistare un notevole spessore sulla superficie libera della papilla stessa. Lo strato corneo di questo epitelio si arresta ai bordi del vallo, per poi ricominciare con notevole spessore sul margine libero della papilla. Gli strati profondi epiteliali in questo punto as- sumono anzi la forma di papille assai notevoli, internantisi nel derma della mucosa che viene quindi a colmare gli spazi che diremo interpapillari. Nello spessore di questo grosso epitelio si può trovare qualche gruppo di cellule linfoidi. Ai lati del vallo, nella papilla si trovano i corpuscoli gustativi, ben evidenti, a base larga, come sono anche descritti da Boulart e da Pilliet. Il corpo della papilla è costituito da tessuto connettivo, con molte fibre elastiche, ricco di vasi, di nervi, di linfatici, e provvisto di grossi follicoli linfoidi e di qualche glandola mucosa. È da notarsi che questi fol- licoli linfoidi si ritrovano nelle sezioni superficiali dell’or- gano e che le glandole si ritrovano invece nelle sezioni un po’ più profonde. Sotto la papilla poi vi sono numerosis- sime glandole a grappolo sierose, frammiste a vasi e nervi e alla parte muscolare della lingua. In fondo al vallo si possono trovare delle introflessioni dell'epitelio a forma di glandole, come descrisse già von Ebner. Ciò risulta in parte dalle descrizioni dei singoli au- tori, e in parte dalle mie osservazioni originali, su sezioni in serie di quest’organo fissato con liquido di Flemming, con quello di Zencker, con sublimato alcalino o con 220 VALENTINO BARNABO alcool, e colorato poi in fofo con carminio boracico, ot- tenendo risultati altrettanto buoni per la colorazione dei bottoni gustativi quanto quelli ottenuti dal prof. Todaro col suo classico metodo al picrocarminato di ammo- niaca: oppure colorando le sezioni stesse con ematossilina Ehrlich, con ematossilina ed eosina, e con bruno Bismarck. Riassumendo dunque, la papilla foliata del majale è mi- croscopicamente costituita da : strato corneo lo Te iteli : ; » » Legato DIcbalo strato pavimentoso polistratificato r ; bre elastiche 2° Tessuto connet : i ; ; ocnauio i connettivo lasso di sostegno LV; sanguigni 3° Vasi. linfatici gangli linfoidi 4° Nervi (numerosi) Bottoni gustativi. . —— 4 ,_x_ 6—_ —-. 5° Ghiandole sierose e mucose. Ora, facendo delle sezioni in serie, io ho ritrovato nei tagli profondi della papilla foliata del majale un grosso ganglio nervoso, di cui gli autori che io ho potuto con- «sultare, non parlano. Esso si ritrova, come dicevo, sol- tanto nella parte profonda della papilla, e per rendersi conto della sua costituzione occorre studiare parecchie sezioni in serie, presentandosi esso nelle prime sezioni come cellule nervose isolate, frammiste a fascetti ner- vosi. Nelle sezioni superficiali non si ritrova invece al posto del ganglio che un grosso nervo, il quale non è che una delle branche nervose fuoriuscenti dal ganglio stesso. Essendo la cosa degna di studio, credo bene esaminarne i varì particolari. Questo ganglio è posto, come ho accennato, nella parte profonda della papilla: si trova nella parte mediana, al limite tra la papilla medesima e il restante tessuto proprio del corpo della lingua, tra un vallo e l’altro; ed è circondato ibanle «pn SOPRA UN GANGLIO NERVOSO 221 da tessuto connettivo, da vasi, da glandole sierose e da fa- scetti muscolari ( V. fig. 1). La sua forma, come si può dedurre dall'esame complessivo di parecchie sezioni, è quasi trian- golare, con un vertice in basso, verso il corpo muscolare della lingua, e una base irregolare verso la papilla ; però questa sua forma è assai irregolare e non così netta come potrebbe da ciò sembrare. In ogni modo esso presenta tre poli da cui si dipartono tre grossi tronchi di fibre ner- vose, dei quali l’inferiore sembra afferente e i due supe- riori efferenti. Le sue dimenzioni dallo studio di un pre- parato mi sono risultate le seguenti : lunghezza mm. 0,187, larghezza massima mm. 0,085. La sua ertezza non è notevole perchè dopo quattro o cinque sezioni di circa 5 + l'una, non se ne ha più traccia e solo si possono trovare delle cellule nervose isolate nel mezzo a fibre nervose. Il ganglio è circondato da spazi linfatici abbondanti e ampi, i quali mandano delle molteplici diramazioni nel- l'interno, intorno alle cellule e tramezzo a ogni singola fibra nervosa, delineandone quindi tutti particolari e l’anda- mento, come ho potuto studiare in preparati fissati con l'acido osmico o impregnati col nitrato d’argento e colorati col carminio boracico (V. fig. 2). Nel ganglio si possono di- stinguere elementi cellulari nervosi e fibre nervose, come in tutti gangli nervosi sensitivi periferici. Le fibre nervose, pene- trate nel ganglio pel polo inferiore in un grosso fascio, si dividono poi in varî gruppi, che assumono i più svariati andamenti. In genere però esse si dividono in gruppi ben distinti gli uni dagli altri, sia per la loro varia direzione e sia mediante spazi linfatici più ampi. In alcuni di questi gruppi esistono, come vedremo, le cellule nervose, e allora le fibre le circondano in vario modo, formando intorno ad esse una rete molto fitta e molto elegante. Il loro an- damento è sinuoso, frastagliato, ma decorrono sempre le (0 ‘n LAN) VALENTINO BARNABÒ une accanto alle altre ben distinte; e, per quanto abbia po- tuto osservare, non presentano nel ganglio delle anastomosi. Finalmente esse si raccolgono in due fasci principali, che fuoriescono dal ganglio, dirigendosi verso la papilla come a ventaglio, e sfioccandosi in varie direzioni. Alcune di queste le ho potuto seguire fino in rapporto colla base dei corpuscoli gustativi, e ritengo quindi che esse siano le fibre di senso specifico ; altre vanno verso l’epitelio del margine libero della papilla e terminano in corrispondenza Fig. 2. — ‘Reichert, \0b. 3, oculi 4564-2100! di ogni spazio interpapillare epiteliare o a forma di ba- stoncino, o con un ciuffo di ramificazioni che vanno a perdersi nelle parti profonde dell'epitelio stesso. Queste fibre mandano altresì numerose diramazioni nervose a- nastomizzantisi tra loro in vario modo, che vanno nel connettivo proprio della papilla, o nelle glandole oppure intorno ai follicoli linfoidi, formando quindi una rete nervosa assai ricca. Queste fibre nervose sono tutte fibre a mielina tanto nell'interno del ganglio che fuori, tranne naturalmente nelle ultime loro terminazioni. O Ì I | | SOPRA UN GANGLIO NERVOSO 223 Le cellule nervose sono raggruppate, come dicevo, in varì gruppi ben distinti gli uni dagli altri, e sono circon- date dalla rete delle fibre nervose, alcune delle quali ap» paiono anche in sezione trasversa sotto forma di piccoli punti. Ho cercato, ma inutilmente, di poter fissare un certo ordine tra questi gruppi, che sono disseminati in vario modo nelle sezioni da me esaminate. Sono cellule di forma svariata ma per lo più tondeggianti, come quelle dei comuni gangli perifici /V. fig. 5). La loro gran- Fig. 3. — Reichert, ob. 7a, ocul. 4, d. 440. - Nitrato d’argento e carminio boracico. dezza è variabile ; le più grandi raggiungono le massime dimensioni di mm. 0.0027 e _0.00305:; e le più piccole mi- surano mm. 0.00185 e 0.0015. Il loro protoplasma mostra verso la periferia dei granuli assai fini disposti a mo’ di reticolo, e vi si notano nei preparati impregnati col nitrato d’argento dei piccoli puntolini neri, dovuti forse o a pigmento o a granuli di argento metallico precipitato. Il protoplasma in- torno al nucleo è invece più chiaro e non fa vedere i granuli suddescritti. Il nucleo è rotondeggiante, grosso, con un reti- colo di cromatina assai ben distinto e molto ben colora- bile sia col carminio che coll’ematossilina. In esso si no- tano anche dei granuli di cromatina più intensamente co- lorati. Nel nucleo, verso la sua periferia si ha un nucleolo rotondeggiante, uniformemente e fortemente colorabile, il no DO e VALENTINO BARNABÒ quale nel suo centro presenta un piccolo corpicciuolo pure tondeggiante, più rifrangente ma ben visibile, forse il nu- cleololo. Interno alla cellula vi è una capsula costituita di uno spazio linfatico, limitato da fibre di connettivo mu- nite di nuclei fusati: oppure dalla unione di cellule con- nettivali piatte. I vasi sanguigni sono nel ganglio assai numerosi, ma più numerosi sono i vasi linfatici e le lacune linfatiche, di cui credo aver già detto incidentalmente abbastanza. Riguardo alla interpretazione da darsi a questo gan- glio io penso si tratti di un ganglio a tipo spinale per la struttura delle sue fibre e per la grossezza delle sue cellule. Gmelin nel cavallo ebbe già occasione di notare delle cellule ganglionari nervose nella papilla vallata; come pure Remak (1852) e poi Kélliker e Schiff notarono piccoli gangli microscopici disseminati lungo le ramificazioni del glosso-faringeo e del linguale nell'uomo: tuttavia però non si tratta mai di un così grosso ganglio come nel caso del majale. Io ritengo che, avendosi a che fare con un organo di senso specifico, questo speciale ganglio si deva considerare come una stazione periferica delle vie nervose del senso del gusto, nello stesso modo come si conside- rano il ganglio di Corti e il ganglio di Scarpa rispettiva- mente per la branca cocleare e per la branca vestibolare del nervo uditivo, e come si interpretano i gangli spinali per le radici posteriori dei nervi rachidiani. Roma, luglio 1905. n «eo.AÀA MP PopoAo@@#‘# Ho o FAR NA I *—— SOPRA UN CANGLIO NERVOSO 225 PEEROGRATEIANO 1. Arnstein. — Die Nervenendigungen in den Schmeckbechern der Sàuger. — Arch. fiùr mikr. Anat., 1893. : 2. Boulart et Pilliet. — Note sur l’organe folié de la langue des Mammifères. — Journ. de l’Anat. et de la Physiol., Paris, 1885. 3. Britcher. — Abhandlung ilber die Vertheilung und Anordnung der Gesmac- kspapillen auf der Zunge der Saugethiere. — Deutsch. Zeitschr. fùr Thiermed., 1884. 4. Csokor J.— Vergleichenden histologischen Studien ùber den Bau des Gesma- cksorganes der Haussàugethiere. — Oesterr. viertelsjahrschrift fiùr wis- sensch. Veterinàrkunde, Wien, 1884. 5. Drasch. — Untersuchungen iber die Papillae foliatae und circumvallatae der Kaninchen und Feldhasen. -- Leipsig, 1887. 6. Eilhara Schulze. — Die Gesmacksorgane der Froschlarven. — Archives de Max Schultze, 1870. 7. Engelmann in Stricker”s Jahrbuch, 1872, cap. 33. 8. Freifela-Szabadf6ldy. — Beitràge zur Histologie der Zungen-Virchow’s Archiv., 1887. 9. Fusari e Panasci. — Sulle terminazioni nervose nella mucosa e nelle ghian- dole sierose della lingua dei mammiferi. — Atti della R. Accad. delle Sc. di Torino, 1890. 10. Gegenbaur C. — Beitràge zur Morphologie der Zunge-Morphol. Jahrb., 1886. 1l. Gmelin D. — Zur Morphologie der Papilla vallata und foliata. — Arch. fin mikr. Anat., 1893. 12. Hermann. — Studien iber den feineren Bau des Gesmacksorgans. — Er- langen, 1887. 13. Honigschmied I — Kleine Beitràge betreffend die Anordnung der Gesmack- sknospen bei den Sàugethieren. — Zeitschr. fiir wissensch. Zoologie, 1888. 14. — Beitràge zur mikroskopische Anatomie ùber die Geschmacksorgane der Saugethiere. — Zeitschr. fiùìr wissensch. Zool., 1873. loeMrhnon: — Thése de Copenhague, 1875. 16. Jacques. — Terminaisons nerveuses dans l’organe de la gustation. — Th. de Nancy, 1894. 17. Lannegrace. — Terminaisons nerveuses dans la langue. — Th. d’agrég. Paris, 1878. 17-bis. Leche W. — Die Saugethiere, in Bronn's Thier-Reich-Leipsig, 1899. 18. Lenhossek. — Die Nervenendigungen in den Endknospen der Mundschleim- haut der Fische-Verh. d. Naturforsch. Gesellsch. — Bale, 1892. 19. — Der feinere Bau und der Nervenendigungen des Geschmacksknospen. — Anat. Anzeiger, 1893. 20. — Die Geschmacksknospen in den blattfòormigen Papillen der Kaninchen- zunge. — Wurzburg, 1894. 21. Loven. — Beitrag zur Kenntniss von Bau der Gesmackswiirzchen der Zunge. Arch. f. mikr. Anat., 1868. 22. Ludwig Ferdinand, Prinz von Bayern. — Zur Anatomie der Zunge. — Eine vergleichend anatomische Studie, 1884. 23. Magistel. — Considérations sur l’anatomie et la physiologie de la langue. Thèse de Paris, 1828. 24. Mayer. — Ueber die Zunge als Gesmacksorgan. — Novorum actorum Academiae Cesareae Leopoldino Carolinae Naturae curiosorum. 1844, vol. XX. ——_—+ (1) Ometto per brevità di citare le opere di Anatomia Comparata generale e di Anatomia Microscopica consultate, indicando solo i lavori speciali. Bollett. Soc. Zoologica Italiana, Fasc. VII e VII. Vol. VI. 4 226 VALENTINO BARNABÒ 25. — Nachtrag zur vergleichende Anatomie der Zunge und ihrer Papillen. — ibid., 1844, 26. Merkel F. — Ueber die Endigungen der sensiblen Nerven in der Raut der Wirbelthiere. — Rostock, 1880. 27. Mtùihlbauch und Kunze. — Zur vergleichende mikroskopiche Anatomie ; der Organen der Mundhòhle. — Deutsch. Zeitschr. fiv Thiermed., 1885. 28. Mtinch. — Die Topographie der Papillen der Zuuge des Menschen und der Saàugethiere. — Morph. Arbeiten herausg. von Schwalbe, 1896. 29. Niemack. — Der nervòse Apparat in den Endscheiben der Froschzunge. — Anat. Hefte, 1892. 30. Nussbaum J. und Markokowski Z. — Zur vergleichende Anatomie der Stilttzorgane in der Zunge der Saugethiere. — Anat. Anzeiger, 1896 und 1897. 31. Poulton E. B. — On the tongues of Marsupialia. — Proceed. Zool. 1883. 382. — The tongue of Ornythorynchus paradexus. — Quart. Journ. Microse. Science, 1883. 33. — The tongue on Perameles nasuta with some suggestions as to the origine of the taste-bulbs. — Quart. Journ. Microsc. Science, 1883. 34. Retzius. — Die Nervenendigungen în dem Geschmacksorgan der Sàu- gethiere und Amphibien. — Biol. Untersuch., 1892. 35. Rosenberg L — Ueber die Nervenendigungen in der Schleimhaut und im Epithel der Saugethierezunge. — Sitz. d. K. Akad. d. Wiss. zu Wien, 1886. 36. Schwalbe G. — Ueber die Geschmacksorgane der Saugethiere und des Menschen. — Arch. fùr mikrosk. Anatomie, 1868. 87. Sertoli. — Osservazioni sulle terminazioni dei nervi del gusto. — Central- blatt, 1874. 88. Todaro F. — Gli organi del gusto e la mucosa bocco-branchiale dei Sela- cei. — Ricerche fatte nel lab. di Anat. normale nella R. Università di Roma nel 1872. 39. Tuckermann F. — The tongue and gustatory organs of Fiber zibethicus, Vulpes vulgaris, Belideus and Procyon lotor. — Journ. of Anat. and Physiol. 1888-1892. i 40. — Observations on the structure of the gustatory organs of Vespertilio su- bulatus. — Journ. of Morphology, 1888. 41. — On the gustatory organs of some of the Mammalia. — Journ. of Mor- phology, 1890 und 1892. 42. — On the gustatory organs of some Edentata. — Internat. Monatschrift film Anat. and Physiol., 1890. 43, — Observations on some mammalian taste-organs. — Journ. Anatomy and Physiol., 1891. 44. — Anatomy of the papilla foliata of the human infant. — Journ. of Ana- tomy, 1888. 45. — On the gustatory organs of Sciurus hudsonius. — Internat. monatschr. fir Anat. und Physiol., 1891. 46. — The development of the gustatory organs in Man. — Journ. of Ana- tomy, 1889. . Von Ebner. — Die acinòsen Drùsen der Zunge und ihre Beziehungen zu den Geschmacksorganen. — Graz, 1873. . Von Wyss Hans. — Die becherfòrmigen Organen der Zunge. — W. Schul- tze's Jahrb., 1870. . Wintschau. — Beobacht. ber die Verànderungen der Schmeckbecher nach Durchschneidung der N. glosso-pharyngeus. — Arch. de Pfliiger, 1880. 7? ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA’ DI ROMA DIRETTO DAL PrOF. A. CARRUCCIO e e Prof. GIOVANNI ANGELINI APHRASTURA FULVA NUOVA SPECIE DI PASSERACEO appartenente ai DENDROCOLAPTIDI SINALLAXINI Nella revisione delle Aves tracheophonae (1), possedute dal Museo Zoologico della R, Università di Roma, incon- trai due esemplari di una forma molto simile all’ApAra- stura spinicauda, OberH. ma che se ne distinque subito ed assolutamente pel colorito fulvo del margine esterno delle remiganti secondarie e di tutte le parti inferiori, non- chè per le dimensioni minori, e per qualche altra parti- colarità di minor conto. Per far meglio apprezzare tali differenze, porrò quì sotto di fronte la descrizione, letteralmente tradotta, che dell’ Aphrastura (Oxyurus) spinicauda (2) dà lo Sclater nel (1) Suddivisione del gruppo ornitico Passeriformes mesomyodae, ed appar- tenente per intero alla Regione Neotropicale. (2) Al più antico nome, generico 0Uxyurus (Swains), adottato anche dallo Sclater nel Cat. del Museo Brit., ma troppo simile a quello di un noto Nema- tode, lo Sharpe, nel suo recentissimo Hand-List of Birds, sostituisce quello di Aphrastura, proposto dall’Oberholser nel 1899 (P. Philad. Acad. p. 210). Di questo genere erano finora note solo due specie : lA. spinicauda (GM.) (Pata- gonia e Chili), e lA. masafuerae (PHIL. ET LANDB.) (Is. Masafuera, presso Juan Fernandez). 228 GIOVANNI ANGELINI vol. XV del Catalogue of the Birds in the British Museum: e quella della nuova forma del Museo romano: Aphrastura spinicaùuda Oberh. Superiormente bruno pal- lido; capo nero, con larga fascia sopraccigliare di un fulvo pallido sopra ciascun occhio : groppone rufo vivo; ali nerastre, secondarie mar- ginate esternamente di bianco ed attraversate alla base da una larga fascia rufa vivace: timoniere laterali rufe, attra- versate obliquamente da una larga fascia nera; timoniere centrali rufo pallide; estre- mita aio tutte leivimioniere prive di barbe e leggermente spinose; parti inferiori bian- che: fianchi, regione anale e sottocoda scuro: becco nero, giallastro alla base; piedi bruni. Eunchezzantotale nOi: ala 02060: coda 02076: Aphrastura n. sp. Superiormente bruno ros- siccio; capo nerastro, legger- mente tendente al violaceo, con larga fascia sopracci- gliare fulva sopra ciascun occhio; groppone rufo vivo ; ali nerastre, come il capo: secondarie con esteso tratto sub-apicale del vessillo esterno fulvo, con una macchietta api- cale bianca, ed attraversate alla base da una larga fascia rufa vivace; anche le cuo- pritrici superiori apicate di fulvo ; timoniere laterali rufe, attraversate obliquamente da una larga fascia nerastra ; ti- moniere centrali rufo pallide. gradatamente sfumate di bru- no verso l'apice; estremità di tutte le timoniere prive di barbe e leggermente spinose; gola bianco-fulviccia; tutto il resto delle parti inferiori di color fulvo, leggermente più carico sulla regione anale e sul soltocoda; becco nero, colla base della sola mascella inferiore giallastra; piedi bruni. Ala 0.2 096; coda 0 065; estremità nuda delle timo- nere, medie 02000 #kherea 0:2-009,0); 4 (1) Trattandosi di due soggetti montati da pelle secca, ed (uno specialmente) in poco buono stato di conservazione, faccio a meno di indicarne la lunghezza totale, perchè senza valore. Dò invece la lunghezza del becco e della parte nuda. delle timoniere medie, che non possono aver variato. APHRASTURA FULVA 229 La descrizione data dallo Sclater è quella del maschio adulto: per la femmina dice solo: simile al maschio ; dei giovani non parla. Egli cita, come posseduti dal Museo Britannico, ben 16 esemplari adulti di A. spinicauda di ambo i sessi e di diverse provenienze (Chili, Is. Falkland, Patagonia, Stretto di Magellano, Terra del Fuoco). I due soggetti del Museo di Roma non possiedono indicazione di sesso, nè di età: tuttavia la purezza, la decisione e la vi- vacità delle loro tinte mi sembrano mostrare a sufficienza che si tratta di due adulti. Debbo dire che fino da quattro anni addietro, appunto nel fare la revisione dei Dendrocolaptidi del Museo, avevo notata la esistenza di questi due particolari uccelli, rima- mendo perplesso davanti ad essi. Anzi, non possedendo il Museo romano altri esemplari di Aphrastura, feci spedire ‘allora uno dei suddetti esemplari in esame al nostro più autorevole Ornitologo, il Conte Salvadori, il quale colla ‘consueta gentilezza mi rispondeva che quel campione, pel colore rossigno delle parti inferiori, differiva da tutti gli esemplari di Oxyurus spinicauda posseduti dal Museo di Torino, ed aggiungeva : « Io inclino a credere che appar- tenga ad una specie nuova, ma, avendo un solo esemplare d’ignota località, non oserei pronunziarmi in modo sicuro -. Questo scriveva allora giustamente il Salvadori, per avere ricevuto uno solo dei due esemplari e senza speciali indicazioni di provenienza. Contrario per massima a moltiplicare distinzioni spe- cifiche e nomi senza bisogno, indugiai a far conoscere questa nuova forma ornitica, anche pel desiderio di fare ulteriori ricerche, e sopratutto per aspettare la comparsa del 3° volume dell’Hand-Lis! of Birds dello Sharpe, rias- sumente tutto ciò che è noto in fatto di ornitologia siste- matica. Così ho ritardato fino ad oggi questa pubblicazione, 230 che mi pare giustificata ed opportuna, tanto più che si tratta di due individui perfettamente eguali, non presen- tanti affatto i consueti segni di immaturità, e sono inoltre di data e di provenienza sicura. Essi fanno parte della collezione donata al Museo di Roma dal compianto Am- miraglio De Amezaga, da lui raccolti durante il viaggio di circumnavigazione della R. Nave « Caracciolo =», e portano la precisa indicazione: Ancud (Chili) 1884. Roma, luglio 1905. ____"TTTTyTyTTTTT_TTTXTy>-=>=--" IstituTo ZooLocico peELLA R. UniversITÀ DI RoMA DIRETTO DAL PROF. A. CARRUCCIO Specie di COLEOTTERI ROMANI non citati come tali od omessi nel nuovo Catalogo Bertolini Comunicazione alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma fatta dal Socio ord. CIAMPI Pio Nel 1904 il Dr. Stefano Bertolini terminò di pubbli- care il « Catalogo dei Coleotteri d’Italia », lavoro per la sistematica e per la conoscenza della fauna coleotterolo- gica italiana di somma importanza. Da questo catalogo risulta che, fra specie e varietà, appartengono alla fauna italiana ben 11.856 coleotteri; questa cifra fu rilevata in- sieme ad altri dati, riguardanti le singole famiglie ed i sin- goli generi, dal Prof. Porta, direttore della + Rivista coleot- terologica italiana ». Questo catalogo, mentre è riuscito inappuntabile dal punto di vista della sistematica, è mancante per quel che riguarda l'habitat; del resto data l’immensità del lavoro e la difficoltà di avere esatte indicazioni sulle regioni da cia- scuna specie abitate, ognuno bene intende come l’opera di un solo non potesse riuscir meglio. Alla mancanza in cui è incorso il Bertolini, possono rimediare benissimo coloro, che hanno collezioni regionali, facendo al catalogo medesimo le dovute osservazioni ed LAS] A du CIAMPI PIO aggiunte, come ad es. ha fatto il Ragusa (1) per la Sicilia e il Dott. Sangiorgi (2) per l'Emilia, ecc. Così facendo, si renderebbe il catalogo del Bertolini più esatto e più completo di quello che non lo sia ora. Questo è appunto lo scopo che mi ha spinto a pub- blicare il presente elenco, che mi auguro possa riuscire di qualche utilità pratica, anche per la conoscenza dei co- leotteri della provincia, lo studio dei quali, insieme a quello d’altri ordini d’insetti, già da oltre un ventennio, fu ed è da più volonterosi amorevolmente coltivato, pel co- stante impulso, e pei consigli e per l’aiuto, di cui sempre fu ad essì larghissimo il Prof. Carruccio, direttore del R. Museo Zoologico, cui si deve la creazione anche della splendida collezione faunistica per la provincia di Roma, da lui iniziata nell’anno scolastico 1885-84 (3 Ecco ora l'elenco di molte specie romane, non citate come tali, od omesse nel Catalogo del Bertolini : Cicindelidae CicinpeLa Linneo campestris L. var. connata Heer. Comune tanto nella pro- vincia come nei dintorni di Roma nei luoghi sabbiosi e molto esposti al sole. Castelgandolfo, Guarcino, Monti Parioli (Luigioni) (4), Ponte Milvi 10: 24090: (1) Ragusa E. : Osservazioni su alcuni Coleotteri di Sicilia, notati 0 0- messi nel nuovo Catalogo dei Coleotteri d’Italia del Dott. Stefano Bertolini. — (Il Naturalista Siciliano, An. XVII. 1904-1905). (2) DOTT. DOMENICO SANGIORGI : Note topografiche. — (Rivista Coleotterolo- gica italiana, Anno II, N. 6; Anno II, N. 6). (3) Cito non tutti, ma quelli che al momento ricordo, che studiando nel Museo Zoologico Universitario pubblicarono lavori di entomologia romana : Min- gazzini Pio, De Fiore, Rossi, Manzoni. Messea, Casagrande. Lepri, Rostagno, De Leo, Alessandrini, Tiraboschi ecc. (4) LuigionIi PaoLO: Elenco ragionato e sistematico dei coleotteri finora raccolti nella provincia di Roma. — (Bullettino della Società Entomologica ‘taliana. Anno 30’. Trimestre II. IV. 1898). SPECIE DI COLEOTTERI ROMANI 233 v. affinis Fisch. Dintorni di Roma: Campi d’Annibale, Fiu- micino, Palidoro (Luigioni). v. maroccana IF. Ponte Milvio (Luigioni). hybrida L. v. riparia Latr. Dintorni di Roma (Luigioni). trisignata Dej. Fiumicino, Porto d’Anzio, Civitavecchia (Lui- gioni). arenaria Fuessly. Dintorni di Roma (Luigioni). flexuosa F. Fiumicino (Luigioni). litoralis F. v. lunulata F. Palo, S. Felice Circeo, Fiumicino, Terracina, Ostia, Ladispoli, Civitavecchia, Anzio, Net- tuno (Luigioni). v. lugens Dej. Porto d’Anzio (Luigioni). germanica L. Fra Marino e Roccadipapa (Luisioni). Pa] 9 Carabidae CaLosoma Weber inquisitor L. v. coeruleum Ragusa. Marino, Pietralata (Lui- gioni). Carapus Linneo Procrustes Bonelli coriaceus L. Comune sotto i grossi sassi, vegetali in de- composizione, errante pei campi, vigneti, ecc. Arsoli (473 m.), Pietralata, Acquatraversa (Alessandrini) (1); Farnesina, Prati di Castello, Campi d'Annibale, Tivoli, Monte Soratte, Monterotondo (Luigioni): Manziana (Gen- tili); Lago di Martignano 5. XI. 1905 (Ciampi). Megodontus Solier violaceus L. Pietralata (Alessandrini). Germari Sturm. Dintorni di Roma, Pietralata (Alessandrini). picenus Villa. Filettino (Mingazzini): Ostia, Acquacetosa (Alessandrini); Grottaperfetta, Torrenova, Tavolato, Monte Viglio, Serra St. Antonio, Anguillara Sabazia, ecc. (Luigioni). (1) DorT. GIULIO ALESSANDRINI: Sui coleotteri della provincia di Rona — Fam. Carabidae. — (Bollettino della Società Romana per gli studi soologici. Vol. VI. 1897, VII, 1898, VIII, 1899). 234 GIAMPI PIO Mesocarabus Thoms (r) Costae Geh. Villa Borghese, Terme di Caracalla, Prati di Castello, Ponte Nomentano, Filettino (Luigioni). Chaetocarabus Thoms Lefebvrei Dej. Monte Mario, Acquatraversa, Trisulti (797 m.) (Alessandrini): Isola Farnese, Villa Madama, Nemi (Luigioni). clathratus L. Porto (Lago Traiano), Maccarese (Luigioni). granulatus I. (Alessandrini). v. interstittalis Duft. Castelfusano (Luigioni). cancellatus Hlig v. emarginatus Duft. Ariccia (Alessandrini). italicus Dej. Fiumicino, Maccarese (Luigioni). v. Rostagnoi Luiîg. n. v. Cisterna, Carano, Campomorto, Conca,. Torre di Lazzoria, Maccarese, Fiumicinofete: (Luigioni) (1). monticola Dej. Sorgenti dell'Aniene, Filettino, Monte Cave (Mingazzini), Ariccia (Alessandrini). Euporocarabus Rtttr. hortensis L. (Luigioni), .Tomocarabus Rttr. convexus F. Ponte Nomentano, Monte Cavo (Luigioni). CycHrus Fabricius attenuatus Fab. Monte Viglio (2200 m.), dintorni di Filet- tino (Mingazzini), Serra Sant'Antonio (1617 m.) (Luigioni). rostratus L. Vintorni di Roma (Mingazzini). meridionalis Chd. Nemi (521 m.) (Luigioni). Leistus Fròolich fulvibarbis Dej. Dintorni di Roma (Mingazzini). ————————— (1) LuIGIONI PaoLO: Una varietà nuova del Carabus italicus Dej. — (Bul- lettino Soc. Entomologica italiana, Anno XXXV, Trimestre I, 1903). EuryxeBRIA Ganglbauer complanata L. Lago di Castiglione (sulla via Prenestina) (Alessandrini); Fiumicino (Gentili). NeBRIA Latreille psammodes fossi. Sorgenti dell'Aniene, Dintorni di Roma (Mingazzini) (1); Farnesina, Pietralata, Molino Vecchio (presso Arsoli) (Alessandrini); Monte Mario (Ciampi). brevicollis F. Frequente tanto nei dintorni di Roma come in provincia, sotto le pietre e le foglie secche alla base degli alberi. Campo di Merlo, Bosco Sacro, Isola Sacra, Fiumicino, Arsoli, Prati di Castello. Colosseo (Ales- sandrini); Manziana (Gentili); Acquacetosa (fuori Porta del Popolo) (Ciampi). andalusica Ramb. v. barbara Chaud. Dintorni di Roma (Mingazzini). i tibialis Bon. Filettino (Mingazzini). NotIoPHILus Duméril palustris Duft. Filettino (Mingazzini). substriatus Waterh. Dintorni di Roma e nei luoghi umidi in tutta la provincia (Mingazzini). ScaRITES Fabricius buparius Forst. Fiumicino, Orto Botanico (Alessandrini). taevigatus Fab. Ladispoli, Fiumicino (Alessandrini). CLivina Latreille fossor I. Dintorni di Roma, Pietralata (Alessandrini). collaris Herbst. Arsoli (Alessandrini). SraGONA Latreille europaea Dej v. Oberleitneri Dej. Dintorni di Roma (Ales-. sandrini). Aporomus Illìiger rufus Oliv. Dintorni di Roma (Mingazzini). (1) P. MINGAZZINI : Catalogo dei Coleotteri della provincia di Roma, ap- partenenti alla famiglia dei Carabici. — (Bullettino della Soc. Entomotlogica italiana. Anno XX, 1888. 236 CIAMPI PIO Broscus Panzer cephalotes L. Dintorni di Roma ‘(Mingazzini). TacHyPus Laporte flavipes L. Comunissimo nei luoghi umidi. Montalto di Castro, Villa Pamphyli (Alessandrini); Monte Mario (Ciampi). pallipes Duft. Dintorni di Roma (Alessandrini). caraboides Schrk. Acquacetosa, Olevano (Alessandrini). v. nebulosus Rossi. Dintorni di Roma (Mingazzini). Rossit Schaum. Nei luoghi umidi tra gli avanzi vegetali in decomposizione nei dintorni di Roma (Mingazzini); Villa Borghese, Olevano Romano (Alessandrini). BemBIDION Latreille foraminosum Stm. Frequente. Ponte Milvio 15. IV. 1892. velox L. Filettino (Alessandrini). laticolle Dust. Dinterni di Roma (Mingazzini). pygmaeum Fabr. Si trova frequentemente alle rive del Te- vere e dell'Aniene (Mingazzini). punctulatum Dap. Non molto comune; trovasi in estate sulle rive dei fiumi e dei ruscelli in tutta la provincia (Mingazzini). varium Oliv. Ostia (Alessandrini), adustum Schaum. Ostia (Alessandrini). fasciolatum Duft. v. coeruleum Def. Dintorni di Roma (Min- gazzini). ustulatum L. Dintorni di Roma. Filettino (Alessandrini), ftuviatile Dej. Dintorni di Roma (Mingazzini). Andreae Fab. Dintorni di Roma (Mingazzini); Acquacetosa (Alessandrini). decorum Panz. Filettino, rive dell'Aniene (Mingazzini): Pan- tano di Rocate (Olevano) (Alessandrini). Dahli Dej. Dintorni di Roma (Mingazzini, Alessandrini). cribrum Duv. Dintorni di Roma (Mingazzini). elongatum Dej. Dintorni di Roma (Mingazzini, Alessan- drini): Montalto di Castro (Alessandrini). .—_— or or oe r_——_"———pec. SPECIE DI COLEOTTERI ROMANI 237 minimum Fab. Ostia (Alessandrini). v. latiplaga Chaud. Dintorni di Roma, rive dell’ Aniene (Mingazzini). normannum Dej. Dintorni di Roma (Mingazzini). quadriguttatum Fab. Filettino (Mingazzini). quadrimaculatum L. Filettino, Roma (Mingazzini). quadripustulatum Dej. Olevano Romano (Alessandrini). tenellum Erichs. Dintorni di Roma (Mingazzini). articulatum Gyll. Dintorni di Roma (Mingazzini). obtusum Sturm. Dintorni di Roma (Mingazzini); Rive del- l’Aniene (Alessandrini). lunulatum Fourc. Dintorni di Roma (Mingazzini). Ocys Stephens harpaloides Serv. Montalto di Castro (Alessandrini). quinquestriatus Gyllh. Dintorni di Roma (Mingazzini), TacHys Stephens bisulcatus Nicol. Rive dell'Aniene (Mingazzini), nei detriti vegetali portati dalle piene del Tevere (Alessandrini). haemorrhoidalis Dej. Dintorni di Roma (id.). sexstriatus Duft. Dintorni di Roma (id.). bistriatus Duft. Lungo l’Aniene (id.). v. gregarius Chaud. Dintorni di Roma (id.). PLATYNUS Bonelli. dorsalis Pont. Comunissimo sotto le pietre. Dintorni di Roma, di Palo e di Fiumicino (Mingazzini); Anguil- lara Sabazia 5. XI. 1905. Villa Umberto I (Ciampi). ruficornis Goeze. Frequente sotto le pietre. Dintorni di Roma, Filettino (Mingazzini): Piazza d'Armi (Ciampi). v. antennatus Gaut. Dintorni di Roma (Mingazzini). Agonus Bonelli. Miilleri Herbst. Comunissimo in tutta la provincia (Min- gazzini). 238 CIAMPI PIO viridicupreus Goéze. Dintorni di Roma (Mingazzini). viduus Panz v. moestum Duft. Sotto le pietre nei prati in vicinanza del Tevere e dell'Aniene nei dintorni di Roma {Mingazzini]). atratus Duft. Nei stessi luoghi del precedente (Mingazzini). Europhilus Chaudotr. fuliginosus Panz. Dintorni di Roma (Mingazzini). OLIsTHOPUS Dejean. «glabricollis Germ. Dintorni di Roma (Mingazzini). CaLatHUS Bonelli. fuscipes Goez. Filettino (Mingazzini). v. punctipennis Germ. Dintorni di Roma (Mingazzini). melanocephalus L. Comunissimo in tutta la provincia (Min- gazzini). microplerus Duft. Il Mingazzini lo dice comune in tutta la provincia. mollis Marsh. Acquacetosa (Ciampi). PLATYpERUS (Sfeph) Chaum. ruficollis Marsh. v. neapolitanus Reiche. Dintorni di Roma (Mingazzini). Sphoprus Clairville, Ganglb. leucophthalmus L. Frequente. Colosseo (Mingazzini); Man- ziana (Gentili). LagGaRrUs Chaudoir. vernalis Panz. Dintorni di Roma (Mingazzini). PorciLus Bonelli. koyi Germ. Trovasi in tutta la provincia (Mingazzini). gressorius Dej. Manziana (Gentili). cupreus L. Dintorni di Roma (Mingazzini). striatopunctatus Duft. Dintorni di Roma, in ispecie sotto le pietre nei prati presso il Tevere (Mingazzini). PrEROSTICHUS Bonelli. aterrimus Hrt. v. nigerrimus Dej. Filettino (Mingazzini). nigrita Fabr. Comunissimo in tutta la provincia (Mingazzini). Escheri Heer. Filettino (Mingazzini). melas Kreutz.Comunissimo in tutta la provincia (Mingazzini). hungaricus Dej. Dintorni di Roma e di Bracciano (Min- gazzini). micans Heer. Filettino (Mingazzini). cristatus Duft. Filettino (Mingazzini). ABax Bonelli. contractus Heer. Filettino (Mingazzini). oblongus Dej. Dintorni di Roma (Mingazzini). Percus Bonelli. Dejeani Dej. Filettino (Mingazzini). Stomis Clairville. pumicatus Panz. Dintorni di Roma (Mingazzini). Amara Bonelli. erythrocnemis Zimm. Filettino (Mingazzini). carta Dej. Filettino (id.). lucida Duft. Dintorni di Roma (id.). equestris Duft. Filettino (id.). v. zabroides Dej. Frequente, vagante pei campi, sotto le pietre. Filettino (Mingazzini): Mezzocammino 11. XI. 1904; Anguillara Sabazia 4. XI. 1905 (Ciampi). brunnea Gyll. Filettino (Mingazzini). montana Dej. Filettino (id.). apricaria Payk. Dintorni di Roma, Filettino (Mingazzini). aulica Panz. Filettino (Mingazzini). consularis Duft. Filettino (id.). 240 CIAMPI PIO OpHonus Stephens. meridionalis Dej. Dintorni di Roma (Mingazzini). cordalus Duft. Id. id. (id.). planicollis Dej. Id. id. (id.). mendaxr Rossi. Id. id. (id.): Piazza d'Armi V. 1903 (Ciampi). HarpaLus Latreille. I i aeneus F. v. semipunctatus Dej. Filettino (Mingazzini). i distinguendus Duft. Comunissimo in tutta la provincia (Min- gazzini). | psittaceus Four. Comune sotto le pietre. Acquacetosa. rubripes Duft. Filettiino (Mingazzini). I v. sobrinus Dej. Filettino (id.). i atratus Latr. Dintorni di Roma (id.); Villa Umberto I, 23. IV. 1902 (Ciampi). v. subsinuatus Duft. Dintorni di Roma (Mingazzini). rufitarsis Duft. v. decipiens Dej. Dintorni di Roma (id.). O pygmaeus Dej. Filettino (Mingazzini). I tenebrosus Dej. Id. (id.). O melancholicus Dej. Id. (id.). I I dimidiatus Rossi. Comune sotto le pietre. Piazza d’Armi V. 1903 (Ciampi). serripes Duft. Filettino (Mingazzini). ftavicornis Dej. Dintorni di Roma (id.). anxius Duft. v. pumilus Dej. Diffuso in tutta la provincia (Mingazzini). Licinus Latreille. agricola Oliv. Dintorni di Roma (Mingazzini). oranulatus Dej. Monti Laziali (id,). cassideus F. Filettino (id.). LeBIA Latreille. chlorocephala Hoffm. Dintorni di Roma (Mingazzini). marginata Fourcr. Id. (id.). . SPECIE DI COLEOTTERI ROMANI 241 Dromius Bonelli. melanocephalus Dej. Dintorni di Roma (Mingazzini). Cyminpis Latreille. axillaris F. Filettino (Mingazzini). v. etrusca Bassi, Id. (id.). coadunata Dej. Dintorni di Roma (Mingazzini). melanocephala Dej. Filettino (id.). PoLysTIcHus Bonelli. fasciolatus Ros. Abbastanza comune. Dentro Roma ai Prati di Castello, Piazza d'Armi V. 1903 (Ciampi). BracHynus Weber. explodens Dufl. v. glabratus Dej. Dintorni di Roma (Min- gazzini). Dytiscidae. HaLripLus Latreille. guttatus Aubé. Roma. (Prof. Fiori - « Rivista Coleotterologica italiana =, Vol. II, pag. 196). fulvicollis Er. v. romanus Fiori. Roma (Prof. Fiori - « Ri- vista Colcott. it., Vol. II, pag. 200-201)... Hydrophilidae. BeRosus Leach. affinis Bru. Mezzocammino. 11. XI. 1904 (Ciampi). SpHAERIDIUM Fabricius. bipustulatum F. v. 4 maculatum Ma. Porta S. Pancrazio. AL: 1901 IC Staphylinidae. AreocHara (ravenborst. clavicornis Retb. Campo Verano. 29. X. 1899 (Ciampi). Bollett. Soc. Zoologica Italiana, Fasc, VII e VIIT. Vol, VI. 8) 242 CIAMPI PIO CRATARAEA Thomson. suturalis Sahl. Villa Umberto I. 23. IV. 1902 (Ciampi). STENUS Latreille. ruralis Er. Lazio. (Prof. Porta - « Rivista Goleotterolo- gica italiana », Vol. II pag. 66). cautus:Er. Lazio. (Prof. Porta. - « Rivista. -Coleott. 8% Vol. IL pag. 74). OmaLIUuMm Gravenborst. 7 © italicum Bernh. (Dr. Zodda - « Rivista Coleotterologica ita- liana. Vol. II, pag. 18-19). Silphidae. SipHa Linneo. Olivieri’ Bedel! Comunei.-Fre Ponti. 21: .IV,:190f(Giambpoi ABLATTARIA Reitter. laevigata F. v. gibba Kr. Comune. Tre Ponti. 28. IV. 1901. Piazza d'Armi. V. 1903 (Ciampi). Histeridae. SaprIinus Erichson. metallescens.. Er. Frequente. S. Pancrazio. LA XNEZIOOE Piazza d'Armi. V. 1903 (Ciampi). Nitidulidae. CyBoceEpHaLUS Erichson. seminulum Baudi. Lazio. (Prof. Fiori - « Rivista Coleotte- rologiea italiana », Vol. II, pag. 137). Coccinellidae. EpiLAcHNA Redtenbacher. chrisomelina F. v. elaterii Rossi. Monte Mario. 9. VII. 1901 (Ciampi). CoccINELLA Linneo. Semiadalia Crotchdele. 11 - notata Sc. Villa Umberto I. 23. IV. 1902 (Ciampi). Scarabaeidae. SCARABAEUS Linneo. Atheucus Weber. sacer. L: Fiùmicino (Gentili). GrortRuPESs Latreille. vernalis L. Manziana (Gentili). PoLyPHYLLA Harris. fullo L. Non rara’ nelle serate estive in città, volante intorno alle lampade ad arco, o in terra sotto alle medesime. Piazza della Chiesa Nuova, Roma (Ciampi). CeTtoNmia Fabricius. aurata L. ab. semicyanea Ritr. Dentro Roma. 21. V. 1896 (Ciampi). Buprestidae. CapwopIis Eschscholtz. tenebricosa H. Frequente. Dentro Roma. V. 1903 (Ciampi). Elateridae. AcrioTEs Eschscholtz. obscurus L. Frequente nei prati e nei bassi cespugli; fal- ciando con il retino. Villa Umberto I, VI. 1904 (Ciampi). Cantharidae RaaconycHa Eschscholtz. nigriceps Wal. Frequente in maggio sui cespugli. Piazza d'Armi. NV. 1905 (Ciampi). 244 CIAMPI PIO MaLtHonpEs Kiesenwetter. Romanus Pic. n. sp. Roma. (Prof. Porta - « Rivista Coleot- terologica italiana «. Vol. II, pag. 52. Recensioni). Epaeus FErichson. italicus Rettt. n. sp. Dintorni di Roma. (Reitter E. - « Wiener Entomologische Zeitung ». Iahr. XXI. 1904, pag. 151). PsiLlprurix Redtenbacher. cyaneus A. Comunissimo sui fiori in Dima Villa Um- berto I, 23. 4. 1902 (Ciampi). Tenebrionidae MELANIMON Steven. tibiale ‘F. Falciando' .con:.il' retino. Villa Umberto 1, 59V 1902 (Ciampi). Anthicidae. AnTHICUs Paykull. instabilis Sch. Falciando con .il retino. Piazza d'Armi. V. 1903 (Ciampi). Ì LINO Curculionidae. OTtiorrHyNcHUSs (rermar. Arammichnus Gozis. cribricollis GylIh. Frequente sui muri. Villa Umberto I, 20. X. 1901 (Ciampi). PHiLLoBIus Schénherr. elruscus Desb. Comune sui fiori, nei prati in primavera. Villa Umberto I, 3. V. 1902 (Ciampi). CLeonus Schònherr. pedestris Poda v. pasticus Germ. Roma, 19. VI. 1904 (Ciampi). ocularis F. Comune. Manziana. 18. IX. 1901 (Gentili). alternans Hbst. Comune, errante in terra. Tre Ponti, 28. IV. ‘1901, Ss /Panerazio, A7, AIEGIS0IR Cioni Lixus Fabricius. Ascanii L. v. albomarginatus Boh. Frequente sui muri. Su di un muro al Quirinale. IV. 1903 (Ciampi). HypeRAa Germar philanthus Oliv. Monte Migliore 1901 (Ciampi) Coniarus Germar tamarisci F. Comune. Manziana 1903 (Gentili) AcaLLES Sch6ònherr Diocletianus Ger. Roma (Prof. Fiori « Rivista Coleotterolo- gica italiana =. Vol. II, pag. 132). CoeLIonES Schònherr quadrimaculatus L. Frequente sulle foglie dell’Urzica urens. Villa Umberto I° 23. IV. 1902 (Ciampi). CeuTHORRHYyNcHus Germar pollinarius Forst. Comune sulle foglie deil’ Urtica urens. ' Villa Umberto I° 23. IV. 1902 (Ciampi). Cerambycidae RaamnusIUM Latreille bicolor Schrank. Sui salix alla Farnesina (Carruccio) (1). GauroTES Leconte virginea L. (Carruccio). LepTuRrA Linneo maculicornis Deg. (Carruccio). STRANGALIA Serville maculata Poda. Monte Mario e Monti Parioli (Carruccio). (1) PROF. ANTONIO CARRUCCIO: Contributo allo studio dei Colcottert della Provincia di Roma — Fam. Cerambycidae. — Spallanzani. Anno XXVIII, colla serie I, fascicolo X, XI, XII. .1890. STENOPTERUS Stephens ater L. Monte Mario, Acquatraversa, Monti Parioli, Caffa- rella, Porta S. Sebastiano ({Carruccio). v. uslulatus Muls. Caffarella (Carruccio). v. nigripes Krtz. Monti Parioli (Carruccio). HesperRoPHANES Mulsant pallidus Oliv. Dintorni di Roma (Carruccio). ReHopaLopus Mulsant hungaricum Herbst.Isola Bisentina, Monteverde (Carruccio) CaLLIipIiuM Fabricius violaceum L. (Carruccio). PARMENA Serville pubescens Dalm. Villa Umberto I° (Carruccio). Dorcapion Dalman arenarium Scpì Dintorni di Roma, Monti Parioli, Farne- sina, Travicella (Carruccio). ExoceENTRUS Mulsant adspersus Muls. (Carruccio). PHyToEcia Mulsant virgula Charp. Acquatraversa, Caffarella \Carruccio). Chrysomelidae Hispa Linneo lestacea L. Castelfusano. x Mi riserbo in altra comunicazione di parlare di alcuni coleotteri pure romani, non citati come tali dal Bertolini, esistenti nella ricca collezione Emery. Roma, 4 novembre 1905. Razze è variazioni della COTURNIX COTURMIX (Lin.) Comunicazione alla SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma del socio ord. princ. D. FRANCESCO CHIGI La specie Coturnie coturnix (Lin.), distribuita assai lar- gamente nel vecchio mondo, è stata suddivisa da alcuni ornitologi in tre razze principali aventi ciascuna un’area di diffusione nettamente delimitata: queste razze furono anche elevate al rango specifico. La prima, che è quella tipica dell'Europa, conservò il nome specifico dato da Linneo, la seconda, che abita l'Asia Orientale, ebbe il nome di Coturnix Japonica, e la terza, propria dell'Africa Meridionale, quello di Coturnix africana o capensis. Questa forma, che parti- colarmente ci interessa, si distingue dalla tipica per la statura minore nei due sessi e pel colorito rosso-castagno vivace della gola e dei lati della faccia nei maschi. La Co- turnix africana di solito nelle sue migrazioni non oltre- passerebbe verso il nord sul continente il 15° latitudine Sud, mentre giunge normalmente nelle isole Canarie ed Az- zorTre. Il conte prof. Ettore Arrigoni degli Oddi nell’Atlante ornitologico dice che in Italia si trovano talora quaglie aventi caratteri intermedì fra la forma capensis e la tipica dell'Europa. Più diffusamente si occupa di quest'argomento il prof. Giacinto Martorelli nella sua nuova opera sugli Uccelli d’Italia. Egli cita alcuni esemplari presi in Italia, in 248 FRANCESCO CHIGI Gran Brettagna, a Gibilterra, in Svizzera, Austria e Grecia, aventi in maggiore o minor grado i caratteri della forma africana, e così continua: » Ciò è, secondo me, assai im- portante, perchè tende a dimostrare che ha luogo uno scambio fra le quaglie dell'emisfero boreale e quelle del- l'emisfero australe, e, così essendo, si comprenderebbe benissimo l’asserzione di coloro che sostengono la doppia nidificazione della quaglia: però gli individui che covano nell'emisfero boreale andrebbero in quello australe a pas- sare l’inverno, che colà è estate, e similmente quelli della razza australe (C. capensis) verrebbero, in piccol numero veramente, a passare l’inverno nel nostro emisfero, mentre quì è estate. Perciò a primavera non tutte le quaglie ver- rebbero in Europa per covare, e sarebbe veramente utile esaminare lo stato delle ovaie delle femmine che si pren- dono attribuibili alla razza africana, poichè negli uccelli ibernanti le ghiandole ovariche sono sempre molto ridotte: ma il numero che se ne prende è troppo scarso ». Posso aggiungere che nel Romano, specialmente du- rante il passo primaverile, queste quaglie con la gola ed i lati della faccia rosso-castagni sono molto frequenti ed i nostri cacciatori, appunto per questo colorito particolare, le distinguono col nome di rosciole. Alcuni ritengono che le rosciole siano giovani dell’anno precedente, quest’ipotesi però, priva di qualunque fondamento scientifico, è smentita dal fatto che a primavera inoltrata, quando appunto il passo delle rosciole è più abbondante, si trovano individui con la gola ed i lati della faccia rosso-castagni e la macchia al centro della gola come nei maschi adulti e vecchi. È assai più semplice e più verosimile spiegarsi il fatto di questa colorazione particolare con la relazione che corre fra la razza europea e la razza africana. Inoltre io ritengo RAZZE E VARIAZIONI 249 da che le rosciole siano maschi semi-adulti o adulti e mai giovani, poichè mai ho avuto in autunno individui dell’anno con la gola rossa. Le femmine, variabilissime per la statura, per l’inten- sità del colorito e pel disegno, non danno modo ad alcuna netta distinzione di varietà o razza. Spesso in primavera si trovano rosciole appaiate anche con femmine di dimensioni normali, il che fa credere che gli individui a gola rossa, i quali ci giungono in primavera non si siano riprodotti durante l'estate australe, non siano ‘cioè individui ibernanti della vera forma africana. D'altra parte i passi di quagliardi (quaglie giovanissime ancora riunite in branchetti per covate) che si verificaao sul nostro litorale dalla fine di maggio a tutto giugno ed anche in luglio, si spiegherebbero facilmente con l’ipotesi del Martorelli; questi quagliardi, nati in Africa durante l'estate australe, seguirebbero le schiere migranti fino in Europa. | Ma le nostre rosciole sono veramente uguali agli indi- vidui della Coturnix africana? La serie della mia raccolta e gli esemplari appartenenti al Museo Zoologico della Regia Università di Roma mostrano il passaggio graduale dalla forma tipica alla forma africana. Gli esemplari della mia serie N° 15, 16 ecc. come quello del Museo della Regia Università di Roma N. 951 sono identici al tipo africano per la colorazione ma non per la statura: confrontati con l'esemplare del Museo N. 5272 proveniente dallo Scioa e tipico della forma afri- cana (1), e confrontati con esemplari tipici della forma eu- ropea si trovano uguali al primo per colorito e differen- (1) Si noti peraltro che lo Scioa sarebbe fuori dell’area assegnaia alla Co- turnix capensis. 250 FRANCESCO CHIGI tissimi dai secondi. In molti casi, come in quelli ora ci- tati, il colorito rosso-castagno occupa l’intera regione del mento e della gola, la regione auricolare, lo spazio fra il becco e l'occhio; la stessa tinta più o meno intensa e più o meno macchiata di bruno hanno la fascia che partendo dalla regione auricolare scende sui lati della nuca, il dop- pio collare (talora confuso con la tinta fondamentale della gola) ed alcune delle strie allungate dei fianchi. In tal caso la macchia nera nel mezzo della gola può avere una grande estensione, come può essere piccola, semplicemente accen- nata o mancare del tutto. Vedremo in seguito che anche nel tipo europeo tale macchia non è sempre presente. Nell’esemplare N. 20 della mia serie (Piastra 23, mag- gio 1903) il colorito fondamentale della gola, della regione auricolare ecc., è rosso-castagno, la macchia nera nel mezzo della gola è limitata lateralmente da due strette fascie biancastre, le quali alla lor volta sono limitate esterna- mente da due linee nere. Altri esemplari hanno sulla gola la tinta fondamentale rossa con macchiette bianche sparse, . altri invece hanno macchiette rosse su fondo bianco o bianchiccio. In questi casi le macchiette sono prodotte dalla colorazione propria delle singole penne della gola, che sono in parte bianche ed in parte rosse, e secondo che domina in ciascuna luna o l’altra tinta, la gola appare dell’un co- lore o dell’altro e più o meno macchiata. Molti individui hanno rossi il doppio collare, la regione auricolare, le mac- chie dei fianchi e non la gola: finalmente non è raro il caso di trovare esemplari con macchie rosso-castagno vi- vaci sparse fra le tinte normali del tipo europeo e con semplici accenni alla colorazione propria della rosciola. La serie continua di forme intermedie, attraverso le quali si passa dal tipo europeo al tipo africario, dimostra : È È è + RAZZE E VARIAZIONI 251 come non sia assolutamente possibile fare una netta di- stinzione di razze e sottospecie fra le quaglie che transi- tano da noi e che pur vengono dai cacciatori distinte con nomi diversi. È pure evidente che fra la quaglia australe e la boreale l’aîfinità è molto superiore a quella che può correre fre due vere specie d'uno stesso genere, e soltanto si può concludere che la varietà dominante nell'Africa meridionale ha una spiccata tendenza ad assumere e fis- sare come carattere costante la colorazione rosso-castagna di alcune parti del piumaggio, mentre il tipo europeo ten- derebbe ad eliminarla o ad assumerla soltanto in casi speciali. Certamente tutto ciò non basta a risolvere il problema delle relazioni fra 1é varie forme, e solo pazienti ricerche e studi accurati sulle quaglie dell'Europa e dell’Africa con- durranno a tale soluzione di grande interesse scientifico; ma è base necessaria a studi ulteriori il conoscere i diversi tipi che possono trovarsi fra noi e non bisogna punto ac- contentarsi di ciò che finora è stato fatto, della distinzione cioè dell'una forma dall’altra come vere specie o sottospecie alle quali sia assegnata una diffusione geografica ben de- terminata, assoluta, invariabile ; tanto più che i fatti smen- tiscono sia la validità specifica delle due forme, sia la diffusione geografica quale è stata loro assegnata. Di un’altra razza parlano pure i due ornitologi Arri- soni e Martorelli, di quella cioè trovata nei dintorni di Valenza in Spagna e descritta dal Grant nel Catalogo de- gli uccelli del Museo Britannico. Questa varietà, che ha colorito molto scuro, superiormente quasi nero con fa- scie trasversali chiare, non era stata fino ad ora trovata in Italia, come osserva il Martorelli, ma il Museo Civico di Milano ne possiede un esemplare di ignota provenienza, # d50 FRANCESCO cHicl ——————————_—_—_——_——» — -___ -t____r_——__—_————,r_——_—P—m—È————__ Ét@ pmi, Sembrandomi che i due esemplari N. 21 e N. 22 della mia serie uccisi l'uno alla spiaggia di Castel Fusano (Pia- stra) il 4 maggio 1904 e l’altro a S. Marinella il 13 maggio 1903, corrispondessero a questa varietà, li mandai in esame al prof. Martorelli. L'esemplare di S. Marinella è scuris- simo, ha lo spazio compreso fra il becco e l'occhio, la regione auricolare, il mento e la gola neri cosparsi di mac- chiuzze biancastre, le parti superiori nerastre con le solite macchie chiare, il petto con scarse e piccole macchie nere al centro e con grandi macchie nere allungate ai lati, i fianchi abbondantemente striati di nero, e le zampe nere. l'esemplare di Piastra è pure scurissimo superiormente, ha la regione auricolare, lo spazio fra l'occhio e il becco, il mento e la gola di un bel nero uniforme ed abbondanti strisce nere ai fianchi. Nel rimandarmi i due esemplari il prof. Martorelli, che ringrazio per la cortese sollecitudine, così mi scriveva: « . ... Le riferisco il risultato del pa- ragone fatto coll’esemplare della collezione italiana che meglio si avvicina alla descrizione data dal Grant per la. curiosa varietà di quaglia che si incontra nei dintorni pa- ludosi di Valenza. Confrontati colla descrizione i suoi due soggetti corrisponderebbero anche meglio del mio, perchè il Grant dice che l’effetto generale risultante dal contrasto delle varie macchie sul colorito di fondo, tanto sulle parti superiori che sulle inferiori, é normale, e così è nei due suoi esemplari » mentre nell’esemplare Turati l'aspetto generale è molto più scuro del normale. « Perciò conclu- dendo » continua il Martorelli « io ritengo che apparten- gano alla varietà descritta dal Grant, la quale deve tro- varsi in analoghe condizioni anche in altre località oltre Valenza, e probabilmente nello stesso Agro Romano in luoghi paludosi, ritenendo non improbabile che questa va- » RAZZE E VARIAZIONI 253 riazione melanica, così parziale, possa essere effetto di un ambiente specialissimo ». Simile ai miei è l'esemplare del Museo di Roma, N. 5270, catturato in dicembre a Pausula (Marche )e donato al Museo stesso del principe Bandini. Quest’esempla- re, che purtroppo è alquanto guasto per aver vissuto qualche tempo in schiavitù, ha macchie nere più abbon- danti e più piccole sul petto. Un altro esemplare catturato in ottobre a Frascati (Museo di Roma. N. 949) e donato al Museo di Roma dal Principe Aldobrandini, va pure at- tribuito a questa varietà avendo le parti superiori quasi nere, nero il doppio collare e nere le macchie allungate ai lati del petto e sui fianchi. La gola è biancastra e manca la macchia centrale, le macchiette del petto per forma e grandezza sono identiche a quelle che distinguono dai maschi adulti le femmine ed i giovani dei due sessi; quindi se l'indicazione maschio che porta quest'esemplare non è errata, si tratta di un maschio giovane (quagliardone). Anche quest'esemplare ha traccie evidenti di schiavitù. | In Roma dunque si trovano quattro individui dei quali tre còlti in provincia di Roma ed uno nelle Marche, i quali tutti fra loro si assomigliano per la distribuzione del co- . lorito e corrispondono alla varietà di Valenza descritta dal Graut. Può in questi casi considerarsi il colorito scuro come una anomalia nel vero senso della parola? Non lo credo ma certo è assai difficile stabilire quali variazioni di tinte negli uccelli possono considerarsi come colorazioni ecce- zionali, come vere anomalie patologiche e quali invece non siano che il risultato normale, regolare e direi quasi necessario delle condizioni fisiologiche del soggetto deter- minate dagli agenti esterni, da condizioni particolari di 254 FRANCESCO CHIGI vita, da quella forza regolatrice così potente destinata a tutelare la conservazione della specie, a coordinare fra. loro le energie della natura. Ora, senza più oltre occuparci di razze o varietà, con- sideriamo quei caratteri variabili propri non della razza ma della specie, e principalmente quelli dipendenti dal sesso e dall'età. I Si trova quasi sempre nei maschi, ma può mancare, come può trovarsi talora nelle femmine, la macchia scura al centro della gola, questa macchia anzi è data dagli or- nitologì come carattere principale sessuale del maschio. In alcuni individui è ampia, molto scura, triangolare col ver- tice in alto, spesso prolungata in basso, sì confonde talora col collare esterno e giunge sempre fino al collare interno in altri è meno ampia, ha larghezza costante in tutta la sua estensione e può essere nera, bruno-cùupa, grigiastra o giallo-fulviccia; talora poi è rappresentata da poche mac- chiette scure che si trovano sui lati delle singole penne che rivestono il mezzo della gola, sicchè la macchia ap- pare più o meno continua, più o meno intensa; in molti casi finalmente manca affatto. Di solito la maggiore o mi- nore intensità ed estensione di questa macchia corrisponde ad un colorito generale più o meno intenso; così negli individui che hanno una larga macchia sulla gola sono pure marcatissimi i due collari, le macchie brune o nere dei fianchi, e tutte le altre parti hanno un colorito vivace; in quelli invece privi della macchia scura sulla gola i col- lari sono incompleti, pallide le strie dei fianchi e pallido il colorito generale. Questa corrispondenza fa ritenere che l'ampiezza e la stessa presenza della macchia nera sulla gola non dipendano soltanto dall'età, ma più che altro siano in relazione con le particolari condizioni del soggetto RAZZE E VARIAZIONI 255 nè più nè meno che il mantello nel cavallo ed i capelli nell'uomo: se ciò non fosse si dovrebbe ammettere che il maschio della quaglia divenga con letà sempre più scuro. Nè può dirsi che i giovani maschi siano sempre privi della macchia nera sulla gola: a me varie volte è avvenuto di trovare giovani maschi appena atti al volo con questa macchia nera, come nell’esemplare N. 27 della mia serie, ucciso in settembre, il quale ha le penne della -gola, an- cora non completamente sviluppate, bianche con due mac- chiette laterali nerastre che danno nel loro insieme V'a- spetto di una marcata stria scura. Non credo che ciò possa considerarsi come una eccezione (1) sebbene forse la mas- sima parte dei maschi assuma tale carattere soltanto nel corso del secondo anno di vita. Ho accennato più sopra che la macchia nera della gola può trovarsi anche nelle femmine ; l'esemplare N. 23 della mia serie, da me ucciso a Piastra nel maggio 1901, ha sulla gola una stria grigiastra incompleta costituita dalle macchiette scure laterali delle penne, proprio come nel giovane di cui ho parlato (N. 27) e come. nell’esemplare N. 5 della mia serie ucciso a Piastra nel maggio 1904. Però in ogni caso la femmina si distingue dal maschio adulto o semi-adulto per avere sul petto macchie tondeg- gianti od allungate brune più o meno piccole, più o meno intense, più o meno abbondanti, ma sempre presenti ; mentre nei maschi che ci giungono in primavera queste mancano sempre, anche quando essi sono privi della mac- chia nera sulla gola, quando cioè più somigliano alle fem- mine. Soltanto nei maschi giovanissimi (quagliardi e qua- (1) Icaratterisessuali propridegli adulti possono in via accszionale mostrarsi talora anche nei giovani : questo fatto però ron è frequente e solo una volta l'ho osservato in un nidiaceo di Passer domesticus Italiae (VIEILI..). 256 FRANCESCO CHIGI gliardoni) le macchie del petto sono uguali a quelle delle femmine. Talora anche nei maschi adulti e specialmente in quelli che hanno colorito generale molto intenso, sì trovano macchie scure sul petto, esse però in tal caso dif- feriscono da quelle delle femmine per dimensioni, per forma, per distribuzione e per intensità. Sono molto scarse al centro del petto, più abbondanti e disposte in file lon- gitudinali sui lati di esso, e lungo i fianchi sono ampie, allungate, di forma rettangolare, scurissime o nere. In ogni caso la differenza è grandissima. di Il carattere più costante che distingue il maschio a- dulto o semi-adulto dalla femmina sarebbe dunque sol- tanto la distribuzione del colorito sul petto, tutto il resto del piumaggio varia per l'intensità delle tinte sia nei ma- schi sia nelle femmine, ma meno in queste che in quelli, poichè in generale le femmine hanno tinte più pallide e con minori contrasti. Per ultimo faccio notare l'esemplare N. 14 della mia serie, ucciso a Piastra il 24 aprile 1903. Ha disegno nor- male con macchia sulla gola di media grandezza e colorito generale fulvo vivace: fra le varie centinaia di individui esaminati non ne ho mai visti altri simili a questo. Non è una rosciola, perchè in questa varietà, come abbiamo visto, soltanto alcune parti del piumaggio sono rosso-ca4 stagne conservando le altre le tinte proprie della forma tipica; nel mio esemplare invece tutto il piumaggio, nes- suna parte eccettuata, ha come una velatura, una colora- zione savrapposta rosso-fulva vivace. In esso la tinta fon- damentale della gola è uguale a quella del petto e dell’ad- dome ed a quella delle macchie trasversali chiare delle parti superiori. Sulla VOLA PLANARIAE simonelli (PECTEN) fossile nei terreni pliocenici e quaternari dei dintorni di Roma ————_———TP— — Sunto della memoria del Prof. R. MELI (Comunicazione verbale fatta alla Società Zoologica Italiana nella Adunanza del 26 Novembre 1905). —____— _—r_r———_ Presento alla Società Zoologica Italiana le fotografie, in grandezza minore del vero, di due esemplari completi dalle loro due valve (superiore ed inferiore) di Vola Planariae Simonel. (Pecten), provenienti dalle roccie plioceniche, le quali si mostrano allo scoperto sul littorale di Anzio, nel circondario di Roma e formano falaise sul bordo del mare. I suddetti due esemplari furono estratti dalle marne sab- biose grigie del pliocene inferiore tra Capo d’Anzio (col-. lina del Semaforo dopo l'Arco Muto) e la sorgente del Turco, lungo la costa di Anzio, a N. N-W. del paese, dal sig. Luigi Grassi, studente nel R. Istituto Tecnico di Roma, cultore molto appassionato degli studî di Geologia e Pa- leontologia, specialmente riferentisi alla regione romana, della quale ha riunito una bella ed importante collezione di fossili. | Altro esemplare di Vola Planariae, frammentario, fu trovato dallo stesso sig. Grassi nel calcare grossolano, di Bollett, Soc, Zoologica Italiana, Fasc, VII e VIII, Vol, VI. 6 258 R. MELI aspetto terroso, soprastante alle marne grigie, e riferibile al pliocene superiore. dell’accennata località. Questo cal- care grossolano presenta talvolta la facies del calcare ad Amphistegina, e diviene analogo a quello, che affiora nella trincea della ferrovia al km. 46 presso la stazione di Palo nell’Agro Romano, ove è formato quasi unicamente da guscì di Amphistegina Lessonii D’Orb. È indicato sul luogo col nome di macco ed è usato per materiale da costruzione. La Vola Planariae fu descritta e fisurata come specie nuova dal Simonelli nel 1889, che la rinvenne nel pliocene dell’isola di Pianosa nel mar Tirreno, ove si osserva una roccia, per forma litologica, tutt’affatto analoga al macco della costa romana. Poi, nel 1903, la specie in parola fu indicata dall’Ugolini nel pliocene e nel post-pliocene delle colline Pisane, a Vallebiaia, cioè, in terreni sincroni al giacimento classico del monte Mario presso Roma; ma, non venne finora osservata in alcun’altra località. Ho studiato gli esemplari di Anzio, e ne ho fatto ac- curato confronto con specie affini, sia viventi, che fos- sili: Vola jacobaea (Linn.), V. maxima (Linn.), Vola me- dia (Lanmk.), V. bifida (Mencke non Minst.), Vola gran- dis (J. Sow.), Vola Westendorpi (Nyst.), ecc.|, avendo a que- sto fine raccolto molto materiale, proveniente da varie € numerose località. Ho constatato la presenza della Vola Planariae nel pliocene superiore del Monte Mario (sabbie gialle di Acquatraversa), possedendone esemplari nella mia collezione di fossili dei dintorni di Roma. L’ho anche ri- trovata nel quaternario della fornace Morronese, oggi di- strutta, sul littorale di Nettuno, a S. S-E. del paese. Inoltre, ho rilevato, con sorpresa, che nelle collezioni dei molluschi pliocenici dei dintorni di Roma e nei cata- loghi, editi finora, dei fossili del monte Mario e colline cir- VOLA PLANARIAE 259 costanti (Cataloghi del Conti, 1864 e 1871; Meli, 1881, 1899; Rigacci-Zuccari 1882; Clerici 1888) fu sempre indicata sotto il nome erroneo di Pecten maximus (non Linn.), la quale determinazione va oggi rettificata e sostituita dall’altra di Vola Planariae Simonel. (Pecten). Questa specie non fu ancora segnalata in altri giaci- menti, pliocenici o quaternarî, del suolo italiano; ma, è molto probabile che, come è accaduto pel Romano, sia stata anche confusa colla Vola maxima, e, con questo nome sia stata segnata nei diversi cataloghi di fossili delle varie regioni italiane. La Vola maxima, la quale ha certo molta analogia con la Vola Planariae, oltrechè nei dintorni di Roma, fu citata nei terreni miocenici, pliocenici e quaternarî italiani ed è specie vivente, come è notorio, nell'Atlantico, ove è comune, mentre è abbastanza rara nel Mediterraneo. Fu, difatti, citata nel miocene medio (piano Elveziano) della collina di Torino dal Sismonda E. (1847) e dal Sacco (1889); ma poi, nel 1897, lo stesso Sacco dichiarò che tale specie non esiste assolutamente nel miocene torinese. Nel pliocene inferiore fu indicata: a Reggio-Calabria dal Seguenza G. (1880), che la ritrovò nel piano Zancleano; nel pliocene antico di Castrocaro (Foresti, 1876, il quale ne descrisse e figurò una varietà dipartita); a Monte Bam- boli in Toscana (De Stefani C., 1876-84); nel Modenese, nel piano Tabiano (Coppi, 1890). Si incontrò nel pliocene medio e superiore (Lamarmora, 1857); a Castellarquato (Bronn, 1831); nel Piacentino (Sacco, 1889); nelle Marche, da Osimo a Loreto (Antonelli, 1890); nel Senese (Brocchi, 1814; De Stefani C. e Pantanelli D., 1880): in Vald’Ensino in Toscana (De Stefani C., 1874) ; Nyst (1881), sulle indicazioni del Seguenza (G., indica questa 260 R. MELI specie in Val d’Era, a Cornare ed a Masserano ; presso Monasterace, al monte Luvito ed al monte Lupacchioli nel Catanzarese (Neviani, 1889); nei dintorni di Messina (Se- suenza G., 1862); nell’isola di Lampedusa (Trabucco, 1890). Nel post-pliocene (piano Siciliano) fu ritrovata a Riz- zolo nella provincia di Siracusa in Sicilia (Seguenza G., 1882); a Villa San Giovanni (Seguenza G., 1880; De Ste- fani C., 1883) (1); nel quaternario di Reggio Calabria (Se- guenza G., 1880); nella panchina di Livorno (Appelius 1871). Nel Mediterraneo fu citata come vivente in parecchie località da molti conchiologi. Tra questi ricordo : Payrau- deau (1826); Risso (1826); Requien (1848); Mac Andrew (1851, 1854); Jeffreys (1860, 1869) : Jeffreys-Capellini (1860) ; Wein- kauff (1867, 1873); Petit de la Saussaye (1869); Tapparone- Canefri (1869); Aradas e Benoit (1870); Hidalgo (1867, 1870, 1882); Clement (1875); Paz; Dubreuil (1877 : Carus (1885-93); Locard A. (1892); Brusina (1895); Monterosato (18991; ecc. Fuori d’ Italia, la Vola maxima fu trovata fossile nei Crag inglesi (Wood S. V. 1850, 1873-74; Reid, 1890); nel crag scaldisiano (plioc. sup.) di Anversa (Nyst, 1843, 1868, 1881); nel pliocene di Duéra nell’Algeria (Weinkauff 1867): nelle colline di Algeri (Welsch, 1889); nel post-glaciale di Cristiania in Norvegia (Sars); e, come vivente, fu citata in moltissime località dell'Atlantico, cominciando da Lister e venendo a Linneo, a Chemnitz, a Deshayes, a. Woodward, a Jeffreys, a Dautzenberg, ecc. Nyst pone il Pecten complanatus J. Sow. tra i sinonimi della Vola maxima. Jeffreys riferisce al P. maximus il P. (1) Aradas, Philippi e Seguenza citano il Pecten marimus nel post-pliocene di Nizzeti presso Aci Castello (Catania); ma, secondo il dott. S. Scalia, tale specie non esi-terebbe a Nizzeti. Ved. Atti d. Accad. Gioenia di Sc. Nat. in Ca- tania, Vol. XIII, serie IV, 1899, pag. 11, n. 19. VOLA PLANARIAE 261 dieznzzznrn___u__nta _ grandis Sow., mentre Nyst (1881) ravvicinerebbe, quando mai, questa ultima forma piuttosto alla V. jacobaea, e la considera come specie diversa, comune nei crag scaldisiani d’Anversa, nel crag rosso e corallino dell Inghilterra e nella Loire inferiore in Francia e riguarda il Pecten (Vola) grandis J. Sow. come specie estinta. Parlando della Vola maxima, il marchese di Monte- rosato scrive: « Il manque à l'état fossile dans le pliocène « récent d’Italie et de Sicile » (Monterosato (de) T. A. - Révision de quelques PecrEN des mers d’ Europe: — Paris #99 pag: 5 extr.). Constatazione dell’HYPOLAIS POLIGLOTTA — nelle Marche (Notizia ornitologica comunicata alla Società Zoologica Italiana, con sede in Roma). Delle due specie d’Hypolais (Beccafichi canapini) una sola si era sempre trovata nelle Marche, cioè 1’M. icterina, o Beccafico canapino maggiore. L’altra specie più piccola, l’H. poliglotta Jinneana, pareva dover esser propria prin- cipalmente dell'italia settentrionale, siccome razza essen- zialmente nordica. Eppure quest'anno, e precisamente il giorno 23 Agosto scorso, io ebbi la ventura di cogliere entrambe le specie al mio paretajo in Carpegna nel Mon- tefeltro (Prov. di Pesaro e Urbino). E tanto io, quanto il competente amico mio Prof. Giovanni Angelini, potemmo esaminarle, e perfettamente distinguerle: 1° per la prima remigante spuria, marcatamente più lunga e l'ala più corta e tondeggiante nell’ H. poliglotta; 2° pel colorito meno scuro-cinereo, e più giallo-verdognolo; 3° per la statura notevolmente più piccola. La presenza dell’H. poliglotta tipica nel versante adriatico, seppure certamente rarissima, tuttavia è stata da noi constatata con assoluta sicurezza, poichè si ebbe la strana ventura di cogliere l’istesso giorno entrambe le specie tanto fra loro somiglianti, e rilevarne le differenze. Guipo FALCONIERI DI CARPEGNA. IsTITUTO ZooLogico DELLA R. UNIVERSITÀ DI RomA diretto dal Prof. A. CARRUCCIO Le Forficule della Provincia di Roma Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana dal Dott. GuIDO PAOLI secondo aiuto nel predetto Istituto Le Forficule rappresentate dalla sola Forficula auricu- laria farono da Linneo poste come l’ultimo genere dei Coleotteri per la loro somiglianza cogli Staffilini, mentre i rimanenti Ortotteri furon riuniti prima ai Coleotteri, poi agli Emitteri; poi di nuovo ai Coleotteri, e finalmente fusi cogli Emitteri per le ali semicrostacee incrociate, mentre i Coleotteri le hanno crostacee a sutura retta. Il De Geer nel 1873, cioè 6 anni dopo l'ordinamento definitivo di Linneo, riunì gli Ortotteri in un ordine a sè chiamandoli Dermoptera, e vi incluse anche le Forficule. Il Fabricius nel 1798 chiamava gli Ortotteri col nome di Ulonata e li divideva in 3 gruppi secondo la forma delle antenne ; il genere /'orficula era, insieme ai gg. Blatta, Locusta, Acheta e Mantis, compreso nel gruppo degli U- Jonati a antenne setacee. L’Olivier in seguito diede il nome di Orthoptera che ancora rimane, ma riunì le Forficule ai Coleotteri. Il Latreille in uno schema di classificazione divideva gli animali articolati in Omnivori ed Erbivori, e questa idea fu raccolta da. Marcel de Serres, che divise gli Or- totteri secondo il regime alimentare e secondo i « denti » delle mandibole ; così le Forficule col nome di Labiduri e insieme alie Blatte formarono il gruppo degli Omnivori O64 GUIDO PAOLÎ muniti di « denti canini e molari ». In tal modo i For- ficulidi tornavano al loro posto fra gli Ortotteri. Ma successivamente anche il Latreille stesso fondan- dosi sui caratteri delle elitre e delle ali, includeva le For- ficule negli Ortotteri e dava come caratteri principali le elitre a sutura retta, e le ali piegate in parte a ventaglio, in parte trasversalmente, e colle altre tre famiglie Blat- tariae, Mantides e Spectra formava la suddivisione di Or- thoptera cursoria, e adottò poi il nome di Dermaptera (già proposto dal De Geer per l’intero ordine) per la Forfi- cule, cioè insetti con elitre della consistenza di pelle, mentre gli altri Ortotteri le avevano coriacce. Léon Dufour nel 1828 consigliò di fare dei Forficu- lidi un ordine a sè chiamandolo Labiduri col Dumeril. An- che il Westwood ne fece un ordine che chiamò degli Eu- plexoptera ; invece il Fieber ne fece una tribù che chiamò Harmoptera, e che contrappose a un’altra tribù, quella degli Orth. genuina. Apelle Dei colla sua nuova nomenclatura degli Insetti divideva i Riptusopteri (Ortotteri) in due tribù, cioè dei Monoripi e dei Diripi; questa comprendeva una sola cen- turia, quella dei Labiduri (Forficulidi). Il Brunner considera le Forficule come un sottordine: degli Ortotteri, e secondo il suo Prodromus der Europài- schen Orthopteren, la fauna europea comprende 6 generi ; il Redtenbacher (1) li fa ascendere a 7 per la scissione del gen. Chelidura Latr.; ad ogni modo essi sono tutti rappre- sentati dalla fauna italiana e di questi, 4 si trovano nella Provincia di Roma. I cataloghi degli Ortotteri Romani compilati dal Mes- ——__— (1) JoseF REDTENBACHER. — Die Dermatopteren und Orthopteren von Oester- reich-Ungarn und Deutsch land. — Wien 1900. VO e. TT n E, 0° rn TL E Cp LE FORFICULE DELLA PROVINCIA DI ROMA 260 sea (1) e poi dal De-Leo (2) davano solo due generi con due specie e precisamente la Labidura riparia Pall. e la Forficula auricularia L. Ma dopo le importanti raccolte compiute dal Direttore del Museo Zoologico prof. A. Car- ruccio e dai signori dott. G. Alessandrini e C. Coli, e gli esemplari donati da vari altri raccoglitori, il numero dei generi è salito, come ho detto, a quattro. Il dott. Alessan- drini in un catalogo pubblicato alcuni anni sono (3) enu- merava 8 specie; ma io, come dirò, ho trovato che, di queste, due erano state erroneamente determinate, e che rientravano nelle altre specie. Secondo l'ordinamento dato dal Brunner il primo ge- nere è il gen. Labidura Leach, che comprende i Forficu- lidi muniti di antenne con molti articoli (25-30) e con elitre e ali sviluppate. Delle 3 specie viventi in Europa, una sola vive nella Provincia di Roma, ed è la Labidura riparia Pall. Il colore generale di questa specie è fulvo-testaceo; le antenne sono più chiare formate di 25-30 articoli; però il numero più comune è di 25; in un solo esemplare (prove- niente però dai dintorni di Siena) ne ho trovati 27. Gli occhi piccoli, neri, risaltano ai lati della testa chiara: il pronoto ha due macchie longitudinali brune che si fon- dono più o meno all'estremità posteriore; anche le elitre hanno ognuna una fascia longitudinale scura. Le ali spor gono appena sotto le elitre e sono quasi incolore. Le zampe (1) A. MESssEA. — Contribuzione allo studio degli Ortotteri romani. — Lo Spallanzani. Anno XXVII colla serie I. Roma 1890. (2) C. DE-LEo. — Nuove aggiunte allo studio dei Forficulidi romani. — Bo2- lettino della Società Romana per gli Studi Zoologici. — Vol. VI. Roma 1897. (3) G. ALESSANDRINI. — Contributo allo studio dei Forficulidi romani. -- Bollettino della Società Zoologica italiana. — Rendiconto dell’Adunanza scienti= fica del 6 giugno 1900, 266 GUIDO PAOLI sono pallidissime. L'addome è superiormente ed inferior- mente percorso da una fascia bruna ad eccezione del seg- mento sopra-anale, che rimane chiaro: nella femmina i lati dell'addome portano molti brevi e sottili peli. Nel ma- schio il segmento sopra-anale largo, e quasi rettangolare, porta superiormente una leggera depressione ; il margine posteriore è più o meno bruno e presenta 4 piccoli tuber- coli, di cui due in corrispondenza delle due branche del forcipe, gli altri due più internamente. Le branche del for- cipe sono assai distanti fra loro alla base, e sono appena incurvate: il loro colore è chiaro come l'ultimo segmento addominale, ma si abbrunisce presso l’apice. Internamente si notano su ogni branca delle piccole denticolazioni brune e a 2]3 circa della lunghezza un dente bene sviluppato, bruno : superiormente si notano pure due brevi linee di denticolazioni scure che cominciano dal tubercolo che si trova nel margine posteriore del segmento sopra-anale. Nella femmina invece il segmento sopra-anale è pure totalmente chiaro, ma ha forma trapezoidale collato mi- nore posteriormente e questo è munito di due soli tuber- coli scuri in corrispondenza delle branche del forcipe ; anche nella femmina è leggermente solcato nella faccia superiore. Il forcipe ha le branche più corte che nel maschio, ravvicinate e diritte per un buon tratto, e poi bruscamente incurvate ed incrociate. Le denticolazioni del lato interno sono brune come nel maschio ma più sviluppate e più nu- merose. Nella nostra collezione si trovano un maschio e due femmine che per i caratteri morfologici corrispondono alla L.-riparia Pall., ma se ne allontano per il colore che è uniformemente castagno, ad eccezione delle zampe e delle antenne che son più pallide; siamo quindi probabilmente Î FORFICULIDI DELLA PROVINCIA DI ROMA 967 > v in presenza della varietà « colore’ toto castaneo » a cui accenna il Brunner. La collezione del nostro Museo possiede due maschi e tre femmine di questa specie, tutti raccolti in Roma o nei | dintorni immediati. ; Il genere Anisolabis Fieb., conta tre specie europee caratterizzate dalle antenne formate di più di 16 articoli, dalle elitre rudimentali o nulle e dalla mancanza com- pleta delle ali: di queste tre specie soltanto due sono state per ora con sicurezza trovate nella Provincia di Roma, poichè gli esemplari di A. maritina Bon. citati dall’ Ales-- sandrini nel suo catalogo, appartengono invece all A. moesta Géné. La prima specie è lAnzsolabis annulipes Luc.; questo insetto è scuro-lucente, quasi nero, superiormente ; di sotto il petto è color ruggine e l'addome va divenendo più scuro verso l'estremità posteriore. Gli articoli delle zampe sono scuri nella porzione mediana, assai più chiari presso le articolazioni. Le antenne sono formate di 16 articoli ; esse sono chiare alla base e poi divengono brune, meno il 12° e 13° articolo che è bianco ; spesso ogni articolo è bianco alla base. La testa è piccola, quasi nera, ben .di- stinta dal protorace che ha i margini un po’ reflessi. Le elitre sono rappresentate da due pieghe scagliose poste sui lati del mesotorace: le ali mancano del tutto. Le branche del forcipe sono così simili nei due sessi, che sarebbe difficile distinguerli; ma la cosa diviene invece assai fa- cile contando gli anelli addominali che di sotto sono ap- parentemente $ nel maschio e 6 nella femmina. Gli esemplari che ho esaminati sono 3 maschi e una femmina presi in varie località della città di Roma, un maschio catturato a Campo Verano (Coli) e un maschio proveniente da Palo. 268 YUIDO PAOLI i — I ]E]l‘;m! e _— ——-4 Assai più comune è l Anisolabis moesta Géné, che si riconosce facilmente dalla precedente per averele antenne di 18 articoli senza l'anello bianco caratteristico presso l’a- pice ; però non è difficile trovare degli esemplari in cui tutti gli articoli delle antenne sono bianchi alla base. Il corpo è superiormente castagno scuro, quasi nero, lucente e solo per eccezione più chiaro. Il petto è pallido e l’ad- dome inferiormente va diventando sempre più scuro col- l'avvicinarsi all'estremità posteriore; ma anche in questo carattere si hanno delle eccezioni trovandosi degli indivi- dui inferiormente scuri come sopra. Le zampe sono ge- neralmente brune come il corpo, ma talvolta il femore e la tibia sono più chiari presso l'estremità distale. Le bran- che del forcipe nel maschio sono un po’ distanti fra loro alla base e non sono ugualmente curvate, presentando per- ciò una notevole asimmetria ; infatti la branca destra è piegata prima e maggiormente che la sinistra. Nella fem- mina invece sono assai ravvicinate alla base, simmetriche e appena ricurve all'apice. Nel mesonoto si vedono netta- mente i rudimenti delle ali rappresentati da due scaglie lineari, come la specie precedente, mentre, mancano del tutto nella Anzsolabis maritima Bon. Il metanoto è emar- cinato. Nei molti esemplari che ho esaminati ho sempre tro- vato che la lunghezza del corpo sì nel maschio che nella femmina è alquanto superiore a quelle date dal Brunner ; infatti secondo tale autore questa specie sarebbe lunga circa come l’Anisolabis annulipes Luc., anzi la femmina di questa sarebbe un po’ più grande di quella; invece ho potuto constatare che nei due sessi l'A. moestu è più grande che lA. annulipes potendo il maschio raggiungere 14 o 15 mm. senza il forcipe, e la femmina anche 18 mm. senza LE FORFICULE DELLA PROVINCIA DI ROMA 269 il forcipe. Questa specie è comunissima nella provincia di Roma; ho esaminato circa una cinquantina di esem- plari maschi e femmine raccolti a Roma o nei dintorni (S. Paolo, Porta Cavalleggeri, piazza d'Armi, Ponte Nomentano, Villa Pamphili, ecc. dal dott. Alessandrini, dal sig. Coli e da me; più la collezione del nostro Museo possiede 5 maschi e 8 femmine di Palo, 1 maschio di Tolfa (M.se Lepri) 3 femmine di Montalto di Castro (Alessandrini) 1 maschio e 1 femmina di Ronciglione (Prof. Carruccio). Il gen. Labia comprende una sola specie europea, ca- ratterizzata dalle antenne formate di 10-12 articoli e dal 2° articolo dei tarsi allungato, cilindrico, invece che lo- bato cuoriforme. Non ho potuto esaminare che un solo esemplare fem- mina preso dal Dott. Alessandrini a Grottaferrata, e da lui donato al Museo Zoologico. E° questa specie il più pic- colo rappresentante europeo della famiglia e misura ap- bruagprogo mm. drlunshezza: è di color testacco - chiaro: le antenue son formate di un piccolo numero (10-12) di articoli di cui i primi, e più ancora gli ultimi assai più pallidi che quelli di mezzo. Il pronoto è quadrato, le elitre e le ali sono bene sviluppate; anzi queste sporgono note- volmente al di sotto di quelli. Tutto il corpo, ma special mente l'addome, è ricoperto di peli biondi. Le branche del forcipe nel nostro esemplare (femmina) sono contigue, appena ricurve all’apice. Veniamo finalmente al gen. Forficula L., rappresentato nella Provincia di Roma da due so!e specie, poichè la Y. pubescens Géné, citata dall’Alessandrini. era stata erronea- mente ritenuta come tale. La prima di queste è la Forficula auriculuria L. co- munissima qui come nel resto d’ Italia, anzi in tutta Eu- 270 GUIDO PAOLI __ Sa — vi ——__—_ ” —— ropa, e diffusa anche nelle altre parti del mondo. E’ inu- tile che riporti qui la descrizione di questo notissimo in- setto che fu il primo anche ad essere descritto dal sommo Linneo. Rasterà che dica che si riconosce dalle altre specie europee del medesimo genere per le elitre e le ali com- pletamente sviluppate ele branche del forcipe del maschio fornite di un dente separato dalla crenulatura basale. Nella collezione del nostro Museo vi sono molti esemplari rac- colti in Roma e nei dintorni immediati dal Prof. Carruc- cio, dal Dott. Alessandrini e dal Sig. Coli; di più abbiamo 2 maschi e 3 femmine di Ronciglione (Prof. Carruccio), 1 maschio di Alatri (Prof. Carruccio), 1 maschio e 3 femmine di Tolfa (March. Lepri), 1 maschio e 2 femmine di Fra- scati (Coli), o femmine di Bracciano (Prof. Businelli), 2 ma- schi di Palestrina (Prof. Carruccio), 2 maschi e 1 femmina di Montalto di Castro (Alessandrini), 1 maschio di Monte- fiascone (Prof. Carruccio), 1 femmina di Ariccia. Come notò l’Alessandrini nel suo catalogo citato, ab- biamo in collezione un bellissimo esemplare maschio di un perfetto color nero ; solo le antenne, le zampe, i bordi laterali e il posteriore del pronoto e le elitre sono di color castagno-scuro ; la testa, il petto, l'addome sopra e sotto, e il forcipe sviluppatissimo sono del tutto neri. Quest individuo dunque va considerato come una va- rietà, che per quanto mi consta non era «ancora stata de- signata da altri e che potrebbesi chiamare Forficula auri- cularia L. var. nigra. È vero che anche negli esemplari della Provincia di Roma il colore è variabile dal testaceo chiaro al bruno, ma in nessuno, neppure fra quelli pur numerosi che ho esaminato d’altre parti d’Italia, si riscon- tra il colore nettamente nero del predetto esemplare. Esso fu catturato dal Prof. A. Carruccio sulla terrazza della sua abitazione in Roma, I FORFICULIDI DELLA PROVINCIA DI ROMA 271 Lo sviluppo del forcipe nei maschi è variabilissimo, e mentre alcuni esemplari si possono benissimo riferire alla var. brachylabia ed altri alla var. ciclolabia, altri an- cora ve ne sono che formano un graduale passaggio dal- l'una all’altra senza che si possano riferire con sicurezza a una delle due. In generale però si può dire che la forma predominante è la brachylabia. L'altra specie del gen. Forficula L. vivente nella» cam- pagna romana è la F. decipiens Géné. Vi sono nella collezione del Museo 15 maschi e 7 fem mine di Montalto di Castro (Alessandrini,) 4 maschi e 1 femmina di Alatri (Prof. Carruccio), 1 maschio dell’\cqua Acetosa e 1 femmina di Palo (Paoli). Non mi sembra dubbio che tutti questi esemplari (ed un altro raccolto dal sig. Coli presso Siena) appartengano alla suddetta specie, per quanto in alcune parti si sco- stino dalle descrizioni che ne danno gli autori. Infatti per la elitre il Fischer (1) dice che sono « sub-connatae », ed il Targioni (2) che sono « riunite pel margine interno » ; ora negli esemplari che io ho esaminati le elitre erano sempre perfettamente libere e mobili. Ma un’altra diffe- renza anche più notevole va notata; cioè che il Fischer, il Brunner, il Finot (3), il Redtenbacher, dicono questa specie assolutamente priva di ali; Solo il Targioni dice « ali nulle o rudimentarie ». Ora in tutti gli esemplari da me esaminati le ali erano costantemente presenti per quanto abortive, rucimentali e completamente nascoste sotto le elitre. Per questo carattere sono rimasto a lungo (1) LEeoP. HENRIC FIscHER — Orthoptera europea. Lipsiae 1853. (2) Ap. TARGIONI-TOZZETTI — Ortotteri agrari. Annali di Agricoltura. Fi- renze-Roma 1882. (3) A. FINoT — Faune de France. Insectes Orthopteres, Paris 1892, 272 GUIDO PAOLI incerto se riferire i suddetti esemplari alla specie For- ficula Lesnei trovata dal Finot in Francia, e che dal Bor- mans e dal Brisout era stata appunto confusa colla /. decipiens Géné. Però la forma del forcipe del maschio risponde per- fettamente alla /. decipiens e non alla F. Lesnei, perciò credo che si tratti di una svista occorsa nella diagnosi degli autori che negano la presenza delle ali alla specie di questione, svista che non passò inosservata all'occhio acuto del Targioni-Tozzetti, che espresse la possibilità di trovare le ali rudimentali. In quanto al forcipe del maschio si potrebbe anche in questa specie distinguere una var. brachylabia e una var. ciclolabia con forme intermedie di tutte le grada- zioni. Nella femmina le branche del forcipe sono deboli, sottili, appena ricurve presso l'apice. Queste sono per cra le specie sicuramente trovate nella Provincia di Roma, ma è probabile che estendendo le ri- cerche, specialmente alla parte più montuosa e boschiva, si debba accrescere questo numero. ISTITUTO DI PARASSITOLOGIA MEDICA DELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA diretto dal prof. M. Condorelli Francaviglia Anomalie riscontrate in dne esemplari di Zaensa saginata G0888 Comunicazione fatta alla Socictà Zoologica Italiana con sede in Roma dal“ProfMarRTO COoNDORELLI! FRANCAVIGLIA Nella Taenia saginata, nella T. solium e nel Bothrio- cephalus latus furono rinvenute numerose anomalie, che R. Blanchard (1) riunì insieme nella pregevole mono- grafia intitolata « Sur quelques Cestodes monstrueux » e anche A. Railliet (2) brevemente descrisse nel suo « Traité de Zoologie Medicale et Agricole ». Stando alle superiori pubblicazioni, finora sono state riscontrate le seguenti anomalie : I. Anomalie di colorazione. — Il nero pigmento, che comunemente notasi ai margini delle ventose, spesso si diffonde alla testa e, qualche rara volta, al collo non che a tutto lo strobila, tanto da imprimere al verme una colo- razione generale nera (7. nigra Laboulbène) o grigia (7. algerina Redon) (3). II. Anomalie della testa. — Qualche volta il numero delle ventose è portato a 6, come risulta dall’osservazione del Trabut (4). Però tale anomalia si accompagna all’aspetto (1) BLANCHARD R. -- Snr quelques Cestodes monstrueux ; in: Progrès Meé- dical, Paris 1894. (2) RAILLIET A. -- Traité de Zoologie Médicale et Agricole, Paris, 1895, pag. 236 a 237, 246 a 247, 323 a 324. (3) BLANCHARD R. — Loc. cit., pag. 7a 9. (4) TRABUT L. -- Observations tératologiques sur un Taenia saginata è six ventouses et de forme triqueétre ; in: Archives de Zoolog. copérim, VII, pag. 10, 1889. Bollett. Soc. Zoologica Italiana, Fasc. VII e VIII. Vol. VI. 1 Ù 274 M. RONDORELLI FRANCAVIGLIA triquetro dello strobila, risultante dalla coalescenza di due Tenie, come, per il primo, aveva ammesso il Bremser e poscia dimostrato il Trabut. III. Anomalie dello strobila : 1° Tenia triquetra. — La più curiosa anomalia è quella che riguarda l'aspetto triquetro o prismatico o a cresta dello strobila; e consiste in questo che dalla linea mediana d'una delle due facce s’eleva una cresta longitu- dinale. Gli annelli, osservati in sezione trasversale, pre- sentano la forma d’una Y, la cui branca verticale corri- sponde alla cresta che, ordinariamente, porta gli orifizi sessuali. . Conformi, a tale riguardo, sono le osservazioni del Trabut, del ‘Coats (1); det Bork' (2). e del'“Barrosio, 048 quali differiscono da quella del Kùchel (4) per il fatto che in essa il verme manca di collo, ed i pori genitali non sono situati tutti sulla medesima cresta, ma, con una al- ternanza irregolare, su l’una o l’altra delle tre creste. A tale specie anomala si riferisce, senza dubbio alcuno, la T. capensis Kiich., segnalata da Kitchenmeister al Capo di Buona Speranza, e la 7. lophosoma Cobbold. 2° Anelli a divisione incompleta. — È una frequen- tissima anomalia, segnalata più volte da Bork (5) e da R. Blanchard (6), e consistente nella parziale divisione tra- (1) CoaTs J. A specimen of the prismatic variety of the Taenia saginata (mediocanellata); in: Glasgow med. journal; XXXV, p. 103, 1891. (2) BorKk G. -- Ueber die Misbildungen bei Taenien; in: Ynaug. Diss. Kiel, in-8 de 16 p. avec une planche, 1891, Voir p. 15. (3) BARROIS TH. — Sur un nouveau cas de Ténia trièdre de l’espèce Taenia saginata Goeze ; in: Revue biologique du Nord de la France, V. p. 421, 1893. (4) KitcHEL B. -- Eine Drillingsmisbildung der Taenia saginata ; in: Inaug. diss. der med. Fac. zu Kiel, in-8, de 16 p. avec une planche, Koln, 1892. (5) BorKk G. — Loc. cit., pag. 12-13. (6) BLANCHARD R. — Loc. cit., pag. 17. ANOMALIE IN TAENIA SAGINATA GOEZE 275 sversale di una o più proglottidi. Questa incompleta divi- sione di anelli si accoppia quasi sempre con l’esistenza di due pori genitali nell’anello incompletamente diviso ; e da ciò si deduce che una tale anomalia deriva dalla incom- pleta fusione di due anelli, ossia, ciò ch'è lo stesso, dalla segmentazione parziale in un punto limitato dello strobila. 3° Coalescenza degli anelli. — Se il superiore difetto di seementazione sì manifesta in una serie continua di anelli o in tutta la lunghezza dello strobila, la parte cor- rispondente o tutto il verme prende l’aspetto di un nastro semplice e continuo, provvisto ad ambo i margini d’un numero variabile di pori genitali irregolarmente alterni (Taenia fusa sive continua Colin). Diversi osservatori hanno riportato fatti di questo ge- nere, segnatamente Cobbold (1) che parla di una 7. sagt- nata senza testa, inviatagli dal Dott. Aitken di Netley, la quale non presentava anelli distinti, ed assumeva quindi l'aspetto liguloide. Kaswksimili\di-coalescenza. di anelli, ma:-limitata ‘a tratti più o meno brevi dello strobila, sono quelli di Bork, di Colin, di Grobben, di Welch, e ricordati da R. Blanchard (2), che ha descritto un caso suo proprio inte- ressante di Taeria fusa, appartente alla specie 7. saginata, in cui gli anelli, per una lunghezza di mm. 312. erano completamente fusi, e formavano un nastro continuo con 59 pori sessuali irregolarmente alterni. 4° Anelli intercalari. — "Tale anomalia consiste nella presenza d’un anello in soprannumero, intercalato, a mo’ di cuneo, fra due altri anelli, come è stato descritto e figu- (1) CosBoLp T. Sp. — Description of Ligula Mansoni, a new human Cestode; in: Journal of the Linnean Soc. of London, zoology., XVII, pag. 78, 1883. (2) BLaNncHARD R. — Loc, cit., pag. 20-25; e in: Traité de Zoologie Mé- dicale, Paris, 1889. Vol. I, pag. 259-361, Ca) 276 M, CONDORELLI FRANCAVIGLIA DEPLI VETRI ATO NI VI CAO red TRE TIRA n na SPANO I SIN A PR IR nn netta de AAA NI TN rato da Tuckermann (1), da Leuckart e da moltissimi altri autori. ò° Biforcazione della catena. — Se da tale anello intercalare si originano altri anelli, si produce l'anomalia, chiamata col nome di biforcazione della catena. Il caso molto interessante del Dott. Pauli di Frankfort e del Leuckart, ricordato da Railliet (2) e da R. Blanchard (3), riguarda appunto un anello intercalare maturo di 7. sa- ginata portante due anelli stretti ed allungati. Anomalia quest'ultima la quale a poco a poco conduce ad una bi- forcazione vera e propria, come è stato dimostrato da Moniez (4) nella T. marginata e da Monticelli (5) nel Bothriocephalus microcephalus. 6° Tenia seghettata. — È una anomalia dovuta al fatto che, per un tratto più o meno lungo dello strobila, gli anelli, normalmente costituiti, non sono congiunti tra essi per tutta la loro lunghezza ; ma, al contrario, sono riu- niti gli uni agli altri mediante un piccolo tratto mediano. Da tale disposizione deriva la forma d'una doppia sega, da cui il nome di Tenia seghettata, dato da Bergon- zini (6). Blanchard dà a questa anomalia la denominazione di Tenia moniliforme (7). (1) TUCKERMANN FR. — An interesting specimen of Tarnia saginata : in : Zoologischer anzeiger, XI, pag. 94, 1888. (2) RAILLIET A. — Op. cit., pag. 237. (3) BLancHARD R. — Sur quelques Cestodes monstrueux ; in: Progrès mé- dicale, Paris, (2), XX, jullel 1904, pag. 31 (dell’estratto) (4) MonIEZ R. — Sur la bifurcation accidentelle que peut présenter la chaîne des Cestodes et sur les anneaux dits surnuméraires; in : Revue diologique du Nord, III, p. 135, 1891. (5) MONTICELLI FR. S. — Di una forma teratologica di. BotAhriocephalus microcephalus Rud. ; in: Bollettino della Società dei Naturalisti di Napoli; IV p.-128, 13090. (6) BERGONZINI C. — Sopra una Tenia seghettata in: Atti della Società dei Naturalisti di Modena. Rendiconti delle adunanze, II, pag. 45, 1886. (7) BLANCHARD R, — Loc. cit., pag. 29. POE LOCI Sn eo ne ANOMALIE IN TAENIA SAGINATA GOEZE 277 7° Perforazione degli anelli. -- Piuttosto ‘che di ano- malia trattasi di un vero caso patologico, osservato, per la prima volta, da Masars de Cazeles nel 1768, e commentato, circa un secolo dopo, da Guitard di Tolosa (1) sulla guida di alcuni manoscritti inediti da lui lasciati. A questo primo caso ne seguirono molti altri, fra i quali quelli ricordati da Bremser, Delle Chiaie, Colin, Leuc- kart, e, più recentemente, da Notta e Marfan, Danysz (2) e Maggiora (3). La perforazione può colpire il centro degli anelli (7. fenestrata Colin), oppure, più raramente, i margini; ed in tal caso, invece di essere centrale, è intercalare. Riguardo all'origine di una tale perforazione sono state fatte varie ipotesi : taluno ammette che essa si debba ad una roltura della parete dell'anello, occasionata dall’ac- cumulo eccessivo delle uova; Marfan, avendo osservato delle erosioni superficiali, ha supposto ch’esse derivino dalla fissazione momentanea della testa della Tenia sui propri anelli; infine Danysz pensa che si tratti d'una vera malattia del verme, producente la necrosi progressiva della cuticola: e poscia la distruzione completa dei tessuti sot- tostanti, per azione pure dei vari succhi digestivi. S° Anomalie dei pori genitali. — Questi possono man- care in taluni anelli, come è stato osservato da Bork (4) e da R. Blanchard (5). Talvolta avviene che i pori man- cano insieme coll’apparecchio genitale per nulla svilup- (1) GurraRD di ToLosa. — Simple note sur le Ténie fenétré, in: Bulletin de la Soc. de Med., Chir. et Pharm. de Toulouse, LXIII, p. 33. 1863. (2) DAnysz F. — Recherches sur un Taenia fenétré ; in: Journal de l’a- natomie, XXIV, pag. 518, 1858. (3) MAGGIORA A. — Di un caso di Tenia inerme fenestrata ; in: L'Ossere vatore, Torino, XLI, pag. 689, 1890. (4) Bork G. — Loc. cit., pag. 11-12. (5) BLANCHARD R. — Loc, cit., pag. 18, 278 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA pato ; oppure essì, invece di essere unici ed irregolarmente alterni, si notano sul medesimo anello in numero di due, situati l'uno dopo l’altro o sullo stesso margine, o ad ambo i lati, ma sempre a differente altezza, come hanno consta- tato Cobbold, Pallas, Leuckart, Tuckermann, Bork (1), Blanchard, (2), ìl quale rassomiglia gli anelli della 7. sagi- nata con pori genitali doppi bilaterali a proglottidi della Moniezia. Ma questa rassomiglianza, come dice lo stesso autore, non è che una apparenza, poichè si hanno due apparecchi genitali, situati l'uno dinanzi l’altro, e non l'uno a destra e l’altro a sinistra, come avviene nella Moniezia. Pallas ha pure osservato tre pori marginali sul me- desimo anello, e Leuckart ne ha contato sino a cinque. Questa anomalia si accoppia quasi sempre a quella degli anelli, in parte o completamente fusi fra di loro ; la qual cosa dimostra ch’essa è dovuta alla coalescenza, alla fusione completa di due o più anelli, ossia alla par- ziale mancante segmentazione dello strobila sopra una certa lunghezza di esso. Agr i ia Parecchie di queste anomalie rinvenni in una 7. sa- ginata, espulsa, dietro somministrazione di estratto etereo di felce maschio, addì 24 maggio 1904 da Emanuele R., falegname di Catania. La Tenia, che conservasi nella Col lezione Elmintologica di questo Istituto di Parassitologia, è costituita da otto frammenti, che la completano, e danno al verme una lunghezza complessiva di m. 3.39. I singoli frammenti, considerati nell'ordine di loro normale posi- zione, hanno le misure indicate dai singoli termini della (1) BorKk G. Loc. cit., pag. 11-1» (2) BLANCHARD R. — Loc, cit., pag. 19-20. ANOMALIE IN TAENIA SAGINATA GOEZE 279 seguente uguaglianza : cm. 6,5 4 cm. 4 + cm. 93 + em. 9 «+ cm. 37 + cm. 79 + cm. 47 + cm. 60 = cm. 335,5. La testa, abbastanza sviluppata, è ricca di granuli di nero pigmento sulle ventose, fra le medesime e all’apice. Nulla di speciale presenta il collo. Nello strobila invece notansi parecchie anomalie, delle quali talune sono note ed altre no. . Nel quinto frammento, lungo cm. 37, non ancora sessualmente maturo, notasì, a 10 cm. dalla sua estremità anteriore, un anello soprannumerario (fig. 1). Le proglottidi, in Fig. 1. quel tratto, sono lunghe mm. 3 e larghe mm. 8; e la proglottide in soprannumero, a-forma di cuneo, ampia mm. 4 e di eguale lunghezza in corrispondenza del margine libero, si introduce fra la due proglottidi prossi- miori, che rimangono divaricate (anello in- tercalare). Nel settimo frammento, ch'è lungo cm. 47, presso la fine notasi un anello a divisione incompleta, la quale è fatta da una linea trasversale, che interessa la pro- glottide ad ambo le facce per due terzi della sua lunghezza (fig. 2). Al margine diviso si osservano due pori genitali, a ciascuno dei quali corrisponde un proprio apparecchio genitale ermafrodito. Ciò sta ad indicare che l'anomalia in parola deve con- siderarsi siccome la fusione più o meno completa di due proglottidi, ossia la parziale ed incompleta segmentazione ‘sopra un punto della catena (anello a divisione incom- Fig 2. pleta). Ma il fatto più rilevante, che colpisce a prima vista l'osservatore, è l'enorme sviluppo di tutte le papille geni- 280 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA tali, che irregolarmente alterne, si avanzano dai margini delle proglotiiùi. Lo sviluppo di esse è dappertutto esage- rato, in rapporto a quello ‘delle proglottidi, e là, dove queste sono mature o quasi, esse papille sono talmente salienti, da sporgere sino a due millimetri dal margine degli anelli, ed alla base sono ampie circa tre millimetri. In complesso la loro forma è quella di un cono ad apice tronco e internamente scavato per la presenza d’un’ampia insenatura crateriforme, ch'è l’orifizio della papilla genitale. A tale anomalia può darsi il nome di 7. saginata con proglottidi a papille genitali giganti. Inoltre in tutte le proglottidi, maggiormente in quelle presso a divenire mature, si nota al bordo posteriore e ad ambo le facce una specie di rilievo, Zigula, a margine li- bero sottile, tagliente, rettilineo o alquanto sinuoso, che abbraccia il bordo anteriore della proglottide successiva. Distinguo le proglottidi così fatte coll’addimostrativo li gulate, d'onde il nome di 7. saginata con proglottidi ligu- late, che può imporsi alla relativa anomalia. Tutto il verme, nel suo complesso, è molto bene svi- luppato, e le proglottidi si rendono maggiormente mani- feste, perchè spesse e carnose più dell'ordinario. In un secondo esemplare pure di 7. saginata, espulso incompleto dal prof. Pietro G. in Catania, osservai quella anomalia, descritta dal Bergonzini col nome di 7. se- ghettata. Il tratto anomalo è lungo circa 20 centimetri, ed è formato da proglottidi immature lunghe mm. 2 e larghe mm. 5. La forma di esse è ovale ed ellittica, e sono unite l'una coll’altra mediante un intermedio peduncolo abba- stanza sottile e ristretto (fig. 3). Notevole in questo Cestode è l’aspetto generale della porzione immatura dello strobila, il quale invece di pre- ANOMALÌE IN TAENIA SAGINATA GOEZE 291 sentarsi sotto forma di un nastro a facce piane ed a mar- gini regolari e rettilinei, si contorce a spira nella sua lun- ghezza; e le relative proglottidi hanno margini laterali molto ispessiti e pieghettati: 7. saginata a stro- bila spiraliforme e margini pieghettati (fig. 4). È probabile che la torsione dello strobila dipenda da uno sviluppo del verme maggiore alla superficie, anzichè nelle parti profonde e lungo l’asse longitudinale. Come pure per spie- gare la pieghettatura, cioè l’ondulazione dei mar- Fig. 8. gini delle proglottidi, noi possiamo ragionevol- mente ammettere l’ineguale sviluppo delle diverse parti ‘ delle proglottidi: maggiore ai margini, minore verso la linea mediana. Del resto siffatta interpretazione di tali anomalie non è nuova nella scienza; ma è tenuta in grande considerazione dai botanici per spiegare, mediante la inugua- glianza di sviluppo nelle diverse parti del fusto d'un vegetale in accrescimento, i fe- nomeni di nutazione, di torsione e di cir cumnutazione. Riassumendo, quindi, posso dire che nei due Cestodi, da me studiati, ho rinve- nuto, in diversi tratti dello strobila, le se- guenti anomalie : 1° Tenia saginata con anello intercalare; 2° Tenia saginata con anello a divisione incompleta ; 3° Tenia saginata a doppia sega (T. seghettata Ber- gonzini — 7. moniliforme R. Blanchard); 4° Tenia saginata con proglottidi a papille genitali giganti ; : DO : IO M, CONDORELLI FRANCAVIGLIA 5° Tenia saginata con proglottidi ligulate; 6° Tenia saginata con strobila spiraliforme e margini pieghettati. Di queste anomalie le prime tre sono abbastanza note; le altre, prima d’ora, non sono state descritte da alcun autore. tradi te ietidAna ssi de Istituto ZooLocico DELLA R. UNIvERSITÀ DI ROMA diretto dal Prof. Comm, A. CARRUCCIO ORTOTTERI NUOVI per la Provincia di Roma NOTA del Dr. Guipo PAOLI secondo aiuto nel predetto Istituto Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Le specie che io vengo ad aggiungere alla fauna or- totterologica della Provincia di Roma sono tre ed appar- tengono tutte al sottordine degli Acridiodea; esse sono : 1% Sphingonotus coerulans L.— Si tratta di un esem- plare femmina da me raccolto davanti alle Terme di Ca- racalla il 27 agosto 1905. Sono quattro le specie di questo genere, che hanno le ali cerulescenti, e cioè Sph. coerulans L.,$. azurescens Ramb., S. cyanopterus Charp. e S. callosus Fieb., ma di questi solo il primo ha le ali prive di fasce nere, come è il caso del nostro esemplare. 2° Affine al genere Sphingonotus Fieb. è il gen. A- crotylus Fieb., il quale, come il preceeente, non era stato ancora riscontrato nella Provincia di Roma. In una gita fatta a Palo il 22 ottobre 1905 furono raccolti due esem- plari femmina appartenenti a questo genere. Per la lun- 384 GUIDO PAOLI ghezza delle antenne e per le ali rosse fasciate di nero, sì riconoscono facilmente per Acrotylus patruelis Sturm. 3° Tettix depressus Bris. Nella stessa gita a Palo fu raccolto un esemplare maschio del genere Tetfix che io riconobbi per 7eltix depressus Bris. Mi diedi allora ad e- saminare le specie del gen. Teltix Charp, che si avevano nelle collezioni del Museo Zoologico e mi accorsi che per quanto non si trovasse nessun esemplare determinato per T. depressus, ve ne erano molti erroneamente denominati T. bipunctatus L. Infatti ambedue queste specie hanno il pronoto fornito di due macchie nere, ma nel 7. depres- sus esse sì trovano appunto in due depressioni. Inoltre il pronoto è nel 7. bipunctatus liscio, a forma di tetto con la carena acuta e continua, mentre nel 7. depressus è aspro, pianeggiante e la carena è molto rilevata solo nel terzo anteriore, dopo il quale subisce una forte depressione per continuare poi poco rilevata. Dunque sono stati catturati nella Provincia di Roma il Tettix meridionalis Ramb. di cui abbiamo un esemplare raccolto all’Acqua Acetosa ; anch'esso da due macchie nere sul pronofo color terreo ; il 7. depressus Bris. del quale s hanno in collezione esemplari dell'Acqua Acetosa, Ponte Nomentano, Poggio Mirteto, Ferentino, Arsoli e Palo; e ve ne sono alcuni colle ali rudimentali e altri colle ali completamente sviluppate; e finalmente il 7. bipunctatus L. di cui è stato preso un esemplare presso la Basilica di S. Paolo in una recente gita (22 dicembre). Il catalogo degli Ortotteri romani fu compilato la prima volta dal Messea (1) che enumerò 47 specie, e nuovamente (1) A. MESssEA, — Contribuzione allo studio degli Ortotteri romani. — Lo SPALLANZANI. Anno XXVIII colla serie I, Roma 1890. ReLa a° Lal alia I ORTOTTERI NUOVI 285 dal De-Leo (1) che ne portò il numero a 56; in seguito l’Alessandrini (2) vi aggiunse sei specie di Forficulidi. ma fra queste io ho trovata errata la determinazione di due specie, come dirò in un’altra nota, per cui il numero degli Ortotteri della Provincia di Roma si riduce a 60 specie. Ora coll’aggiunta di queste tre arriva a 63 specie. (1) C. De-LEo. — Nuove aggiunte agli Ortotteri della Provincia di Roma, — Bollettinodella Società Romana per gli Studi Zoologici. Vol. VI. Roma, 1897. (2) G. ALESSANDRINI. — Contributo allo studio dei Forficulidi romani. — Bo’lettino della Società Zoologica Italiana. -- Rendiconto dell’Adunanza scien- tifica 6 giugro 190. Breve: Relazione sul CONGRESSO. ORNITOLOGICO. INTERNAZIONALE RECENTEMENTE TENUTO IN LONDRA presentata alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma dal Comm. Prof. E. H. GIGLIOLI (1) SOCIO ONORARIO —__—__—____—__-———— yT< — — Firenze, 23 novembre 1905. Illustre presidente, SCA Il IV Congresso Ornitologico Internazionale ebbe luogo in Londra nel giugno scorso, ed io ebbi l'alto onore di rappresentare la Società Zoologica Italiana, da Lei così degnamente presieduta. Il Congresso si riunì il 12 giugno nei locali del Colo- nial Institute, presieduto dall’illustre ornitologo Dott. R. B. Sharpe del Museo Britannico, e il Dott. E. Hartert di Tring fu il Segretario generale. lo, quale delegato ufficiale dell’Italia, fui eletto uno dei vice-presidenti del Congresso, e anche vice-presidente della Sezione II. | Le Sezioni furono cinque: I. Ornitologia sistematica ; II. Migrazioni; II. Biologia; IV. Ornitologia economica; V. Avicoltura. Oltre alle sedute speciali di queste Sezioni, vi furono (1) Ommettiamo di questa chiara e concisa relazione soltanto ciò che l’il- lustre relatore accenna opportunamente intorno al rendiconto ufficiale, conte- nente gli atti del Congresso. ch’egli non possiede ancora perchè non pubblicati, e non lo saranno se non fra diversi mesi. Si potrà allora tornare su alcuni ar- gomenti assai interessanti, largamente discussi nel ben riuscito Congresso. E questo desiderio fu espresso nell'adunanza del 26 novembre 1905, tenuta nel- l’Istituto Zoologico del R. Ateneo Romano, nella quale fu presentata e letta la relazioue del Delegato Ufficiale d’Italia e della nostra Società. E. H. GIGLIOLI 287 sedute generali. Circa 200 ornitologi d'ogni paese aderirono al Congresso, e forse 150 furono presenti. Molte e svariate furono naturalmente le comunica- zioni; forse di tutta la più grandiosa ed importante fu quella dell’onor. Walter Rothschild sugli « Uccelli recente- mente estinti o presso a scomparire » fatta a Tring con un un lusso di esemplari di cimeli ornitologici mai visto. Importanti pure furono le comunicazioni con proie- zioni sull’Avifaura antartica e sulla biologia del Fenicottero Boreo-Americano e del Pellicano Fosco. Il Comitato Ornitologico internazionale permanente tenne due importanti sedute occupandosi del trasferimento della sua pubblicazione « Ornis » da Parigi a Londra, e della sede del prossimo V° Congresso, elegsendone il pre- sidente nella persona del Dott. Reichenow di Berlino, e stabilendo che nel caso tale riunione non potesse tenersi in Germania, si facesse a Bruxelles sotto la presidenza del Dott. Dubois. Vi furono infine varie gite di natura ornitologica : a Tring, a Cambridge, dove fummo accolti dall’illustre prof. A. Newton, a Woburn Abbey, dove fummo accolti dal Duca di Bedford; ed infine a Flamborough Head (Costa Ovest, sul Mare del Nord) per visitare le colonie nidificanti di Alcidee ed altri uccelli marini. Il Congresso, sotto ogni aspetto, ebbe davvero un gran successo; e la proverbiale ospitalità inglese ebbe nuovo largo campo per esercitarsi, e tutti furono contenti. Chiudo questi rapidi cenni augurando alla presidenza ed alla Società Zoologica in Roma ogni bene, Sempre affmo collega Prof. Enrico H: Grertotr AMill. Signore Comm. professora A. CARRUCCIO Presidente della Società Zoologica Italiana R. Università ROMA ORDINE DEL GIORNO riguardante la posizione fatta agli insegnanti di scienze naturali nei Licei approvato dalla Società Zoologica Italiana con Sede in Roma Il seguente ordine del giorno, presentato dal socio prof. e consigl. Antonio Neviani del R. Liceo Fonio Quirino Visconti, cui aderirono il prof. Giov. Ange- lini del R. Liceo Tasso in Roma, il presidente della Società, prof. comm. An- tonio Carruccio, ed i moltissimi altri presenti, insegnanti e non insegnanti naturalisti, diede luogo ad ampia e serena discussione nell’adunanza generale scientifica tenuta nell'Istituto Zoologico della R. Università il 29 novembre 1905. Dopo la discussione, posto ai voti fu approvato ad unanimità, e trasmesso sol- lecitamente al presidente della Commissione parlamentare, onor. dep. comm. prof. F. Barnabei ed a S. E. il Ministro della pubblica istruzione, accompagnato con lettera di viva raccomandazione del presidente della Società Zoologica Italiana. «La Società Zoologica Italiana, interessandosi non solo dei progressi scientifici relativi agli studì zoologici ed af- fini, ma anche delle condizioni “che vengono fatte dagli organici agli insegnanti di Scienze naturali, non può pas- sare sotto silenzio la condizione di inferiorità nella quale sarebbero posti detti insegnanti nelle scuole classiche, qua- lora venisse approvato il 3° capoverso dell'art. 10 del pro- getto di legge ». Disposizioni sugli stipendi e sulla car- riera del personale delle scuole classiche, tecniche e nor- mali » presentato alla Camera dei Deputati nella seduta del 26 giugno 1905; « Considerando che, mentre i professori di Storia na- turale nelle scuole classiche ebbero sempre dalle passate leggi, e lo hanno tuttavia dalle vigenti, il titolo di profes- sori Liceali, incaricati anche dell’insegnamento nel Ginnasio superiore per il solo fatto di maggiore estensione data ai programmi, verrebbero dal predetto capoverso dell’art. 10, obbligati ad un numero di ore di insegnamento eguale a quello fissato per gli istituti di primo grado, e perciò equi- parati senz'altro ai professori di Ginnasio ; e tuttociò senza neppure tenere in minimo conto gli obblighi e le respon- sabilità, inerenti alla funzione di direttori dei gabinetti scientifici loro affidati ; Fa voti perchè venga proposto e dalle Camere ac- cettato il seguente emendamento all'art. 10, capoverso 3°; « Gli insegnanti che appartengono, per ragione di orga- « nico, a due istituti di grado diverso sono tenuti all'obbligo « di orario fissato per gli istituti di secondo grado ». Il Segretario Prof. GIOVANNI ANGELINI, di N, PO ne e ia ie pe pd re dp o # dana Nomina bl vice-presidente anziano Conte D. GUIDO di CARPEGNA a SENATORE DEL REGNO Crediamo che tornerà bene accetta ai componenti tutti la nostra Società la lettura delle due seguenti lettere; come sap- piamo che il fatto cui esse si riferiscono tornò non meno gradito a quanti erano note le preclare virtù del neo-Sena- tore, fra le quali non uliima la modestia e la esemplare onestà della vita. S. M. il nostro Re ha quindi, accogliendo la giusta proposta del Governo, compiuto uno dei soliti suoi atti di alta e savia benevolenza. E per averne la più ampia prova, se fosse il caso, basterebbe riprodurre i giudizi dati da diversi giornali quotidiani, e non soltanto della Capitale; da’ quali tutti la nomina del nostro V. Presidente fu una delle più encomiate. Ecco ora le due lettere. Il Segretario: prof. Giov. ANGELINI. Società Zoologica Italiana con Sede in Roma Presidente onorario SEM, PL REN VITTORIO EMANUELE IIT Dal R. Istituto Zoologico (sede della Società) 4 dicembre 1905. « Onor. Sig. Senatore, « Leggo in questo momento (8 a.) che S. M. il Re ha ieri firmato il decreto di nomina della S. V., tanto benemerita della. patria e dei più geniali studi, a Senatore del Regno. « Con animo lietissimo compio il dovere di presentarle senza indu- {gio le più vive, le più sincere e sentite congratulazioni per la nomina oncrevolissima che da lungo tempo era attesa da quanti ben conosce- vano e rettamente apprezzavano i moltissimi e splendidi titoli da Lei posseduti per sedere degnissimamente nell'Alto Consesso Senatoriale. « Penso di potere a buon diritto farmi interprete dei Colleghi egregi del Consiglio Direttivo e di tutti i membri della nostra Società, della quale dall’inizio fu ed è sempre non soltanto vice-presidente stimatis- 290 NOMINA DEL SENATORE G. Dì CARPEGNA simo, ma fedele sostegno, esprimendo a nome di tutti i più affettuosi e cordiali rallegramenti. E questi La prego, onor. Senatore, di compiacersi gradire in modo particolare anche da parte mia, augurandole di gran cuore che per lunghi anni, possa in Senato, colla sua esperienza di uo- mini e cose, e colla sua dottrina, rendere all’amata Patria servigi non inferiori a quelli che in altri tempi ha reso nella Camera dei Deputati e nell’Assessorato Municipale di Roma. « Con la consueta e profonda stima « Il Presidente della Società « prof. A. CARRUCCIO ». All’Illmo Sig. Senatore D. GUIDO FALCONIERI Conte di Carpegna Vice-presidente della Soc. Zool. Italiana ROMA. Roma, 8 dicembre 1905, Illmo Sig. Presidente della Soc. Zool. Italiana. « La sua lettera cortesissima, le gentili espressioni, che Ella m’in- dirizza, anche a nome dei carissimi Colleghi del Consiglio, e dei nostri Consocii, vogliono che io Le resti singolarmente grato. Si abbia dunque sincerissimi i miei ringraziamenti, e voglia parteciparli. Affezionato al sodalizio scientifico, ch'Ella così meritamente presiede, e che tanto deve alla sua sapiente ed operosa direzione, nulla potrà mai distrarmi dal seguirne il continuo progressivo sviluppo; e sarò lieto se potrò anch'io cooperarvi. Roe ehi Accetti, egregio Commendatore, l'attestato della mia affet- tuosa e particolare stima, con cui ho il bene dirmi « Di Lei, Signor Presidente « Devmo « GUIDO FALCONIERI DI CARPEGNA ». INDICE GENERALE delle materie contenute nel vol. XIV (VI della Serie I1) del Bollettino della Società Zoologica Italiana CON SEDE IN ROMA A NINO 1505 I. Memorie originali c comunica‘ioni scientifiche. pagine 1. ALESSANDRINI prof. GiuLIO. — Su di alcune Uncinariae paras- site dell’uomo e di altri vertebrati (con 4 tav. e 33 fig.) 22-48 2. Ip. Im. — Storia e corologia dell’ Uncinaria . 49 54 3. Ip. ip. — In un ambiente LO La svilupparsi le uova di Uncinaria ? i 160-166 4. Ip. ip. — Su di un nuovo segno per poter diagnosticare la presenza di Uncinariae nell’ intestino umano |. 167-168 5. Ip. Ip. Ulteriori osservazioni sul ciclo di sviluppo dell’Unci- naria duodenalis 173-176 6. ANGELINI prof. Giovanni. — Di una Somateria mollissima cat- turata per la prima volta nel Ravennate . 101-103 7. Ip. 1». — Mostruosità del becco in alcuni uccelli (con 7 fig.). 157-162 8. Ip. Ip. — Nuova specie di Passeraceo appartenente ai Dendro- colaptidi sinallaxini — Aphrastura fulva . 127-230 9. BARNABÒ VALENTINO — Sui liquidi fissatori alcalini Li 0onl tributo alla tecnica istologica . i d-73-139-149 205-214 10. Ip. ID. — Sopra un sanglio nervoso di senso specifico nella papilla foliata del Sus scropha (con 3 fig.) ; 215-226 1J. BIANCHINI dott Bruno. — Ricerche sopra un teschio di Cy- nocephalus sphinx maschio juv. 74-59 12. CARPEGNA (Conte di) Senatore D. Gui) FALCONIERI. — Con- statazione dell’//ypoluis poliglotta nelle Marche (Notizia or- nitologica) 7 } È i i ; a : 262 15. CARRUCCIO prof. ANTONIO. — Parte 3% e fine dei cenni illu- strativi sull'Okapia, donata da S.M il Re Vitt. Emanuele III al Musso Zovlogico della R. Università di Roma (con tav.) . 177-190 14. CrampI Pro. — Specie di Coleotteri romani non citati come tali od ommessi nel nuovo Catalogo Bertolini 231-246 15. CHIGI prince. D. FRANCESCO. — Aggiunte aile notizie sulla ni: dificazione del Pernis apivorus (Linn.) nel Romano 93-94 16. In. ip. — Razze e variazioni della Coturnix coturnix (Linn.). 293-202 17. CoxpoRELLI-FRANCAVIGLIA prof. MARIO. — Anomalie riscon- trate in due esemplari di 7'aenia saginata Goòze (con 4 fig.). 273-282 . DE FELICE dott. Tito. — Anomalie riscontrate in uovo di Agapornis vana ; 95-98 19. LAvaRRA dott. LEONARDO. — Sugli organi digerenti « e genitali degli Ixodidi . 150-156 20. Masi dott. LUIGI. — Sugli Ostracodi viventi nei dintorni di Roma, ed osservazioni sulla classificazione della Fam. Cypridae (con 2 104 29 : ; È : ; : o: : + 115-136-192-204 2992 INDICE GENERALE 29. . Meli prof RomoLo. — Sulla Vola Planariae Simonelli (Pecten), fossile nei terreni pliocenici e quaternari dei dintorni di Roma . NEVIANI prot. ANTONIO. — Scoperta di spicole silicee appar- tenenti a spugne tetractinellidi nel Sauriano inferiore, presso Reggio Calabria, di pedicellarie di Ofiocetalo, già credute Fo- raminifere, ecc. (Notizie diverse). ; 3. In. Ip. — Rinvenimento di vari e microscopici organismi ‘nelle sabbie grigie della Farnesina presso Roma . PaoLI dott. Guo. — Le Forficule della Provincia di Roma. . Ip. I». — Ortotteri nuovi per la provincia di Roma ). PrOLA prof. PAOLO. — RET e Palmipedi della Valle d'Aosta . Picorini L. — Note sperimentali sulla parziale disinfezione dell’alimento proprio al Bombyx mori . ROSTAGNO comm. FORTUNATO. — Contributo Do ao idellà Fauna della Campagna Romana (La Pieris ergane Hib., una aberrazione della Thecla ilicis Esp., il Biston gregarius 'Ster. e la sua varietà florentina Stef). : : Ip. Ip. — Classificazione descrittiva dei Lepidotteri italiani (Sezione VIII - Micropterigidi. — Sezione IX - Pterophoridi. — Sezione X - Alucitidi. — Fine della parte generale). II. Parte ufficiale. . ANGELINI prof. GIOVANNI, — Intorno ad alcuni quesiti riguar- danti la nuova legge sulla caccia. Relazione discussa ed ap- provata nell'adunanza generale tenuta il 15 febbraio 1905 . CARRUCCIO prof. ANTONIO. — Sull’andamento scientifico, mc- rale ed economico della Società Zoslogica Italiana con sede in Roma durante il 1904 (Anno XVIII°). Relazione letta il 23 febbraio 1905, e pubblicata per voto unanimo dell’assemblea. . GiGLIOLI H. prof. EnRrICO. — Sul Congresso Ornitologico In- ternazionale recentemente tenuto in Londra (Giugno 1905) . NEVIANI prof. ANTONIO. — Ordine del giorno riguardante la posizione fatta agli insegnanti di scienze naturali nei Licei, approvato dalla Società a voti unanimi nell’adunanza gene- rale tenuta nel R. Istituto Zoologico Universitario di Roma il di 27 novembre 1905. . Sulla nomina del Vice Prosdonte della Socio Lante GuIDO DI CARPEGNA, a Senatore del Regno. III. Annanci interessanti. Vedansi per i medesimi le pagine delle copertine dei singoli fascicoli deb presente volume. Comm. prof. AxTtoNIO CARRUCCIO, Direttore-responsabile. Roma, 1905 — Tip. G. Balbi, Via della Mercede, 28-29 — Roma. pagine rv 247-251 99-100 104-105 263-000 283-285. RE O — e ri 9 123- pri È 169-172: È hi Pa + w 90- | 106- mu 13-22 1-17 236-287 288. 289-290 CISA aa 3% PEA CaRrRUccIO comm. prof. ANTONIO iloglogil a È Inatomia Wi. specialianal Vertebrati) — Presidente. (hi Senat. Di CARPEGNA (conte) D. GuIpo FALCONIERI, (Ornitologia) — Vice- Presidente. MELI cav. prof. RomoLo, (Paleosoologia e Matacologia) — Vice-Presidente. ANGELINI prot. dott. GIOVANNI (Zoo/. gen. specialmente Ornitologia) — Segretario, Chigi ppe. D. FRANCESCO (Ornitologia) — Consigliere. LEPRI march. dott. GIUSEPPE (Entomologia- Ornitologia) — Consigliere. MARCHESINI cav. prof. RIinALDO (Istologia generale) — Idem. NEVIANI prof. dott. ANTONIO (Zoologia generale specialmente Briozoi) — Idem. PaTRIZI march. dott. FiLippo (Ornitologia) — Idem. RostAGNO comm. ForTUNATO (Entomologia, spec. Lepidotteri) — Idem. i AI TUCCIMEI cav. prof. GIUSEPPE (Paleozoologia, Entomologia, spec. Ditteri) — Idem. Pi ZAMBRA rag. VITTORIO (Ornitologia) — Economo-Cassiere. «i ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO Art, 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi morali e. possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale ‘anche nelle sue varie. applicazioni : di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento un Bollettino conte- nente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, anatomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica; e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi. Art. 8. — La Società è composta di tre categorie di soci : l° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pagheranno lire Dieei all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta; 2° Soci straordinari. i quali pagheranno lire Sette annue ; 8° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio direttivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoologici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni speciali. Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato da due soci ordinari e la sua nomina approvata dal Consiglio. Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio” eletto in adunanza generale, costi- — tuito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consiglieri. Il Consiglio. na nomina nel suo seno un Segretario, un Bibliotecario ed un Cassiere-Economo respon- sabile dei fondi della Società. Tutti i membri del Consiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; durano in carica 3 anni, e possono essere riconfermati di triennio in ‘triennio, I Consiglieri si rinnovano ogni anno per un terzo. Art. 8. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative. Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terranno normalmente in Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio. i Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le elezioni socìali e per l’approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun anno ; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle condizioni morali e materiali della Società. Ì Si potranno però, quando che sia, tenere in Romao altrove, congressi ed adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio direttivo e di 15 Soci, in quell'epoca che gli uni e gli altri crederanno più opportuna. Art. ll. — L’anno sociale comincierà dal -l° gennaio. Le iscrizioni fatte fino al mese di ottobre si riferiscono all’anno in corso; quelle fatte uei mesi di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno successivo, I soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che intendono ritirarsi dalla Società, si considerano inscritti per l’anno successivo. i I Soci debbono pagare la quota aunua entro il 1° quadrimestre dell’anno sociale. Trascorso un anno, i morosi perdono 1l diritto di ricevere il Bollettino, ed il Consiglio direttivo potrà radiarli dall’albo sociale. N. B. — L'’intiero Statuto, composto di 12 articoli, di cui abbiamo riprodotti i più importanti, fu approvato nell'adunanza generate del 22 marzo 1900, e pubbli= cato nei fascicoli I e II del Volume I del 1900; Serie IL pag. 6 e 7. DL Vel Sede della Società : ISTITUTO ZOOLOGICO - R. UNIVERSITÀ (Via della Sapienza — ROMA) AVVISO. — Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le sale del medesimo e di poter trattenersi — nei mesi in cui è aperta la Università — in determinate ore sia nelle pred. sale per confronti, sia nella Bibliot. per studio e lettura di libri e periodici scientifici. Po È | Roma — Tlpografia di Giovanni Balbi, Via della Mercede, 28-29, 178 ri e LI Date Due 523 ca | id 7 DIGEST OF THE gi BRARY REGULATI@NS,. all be taken from the Library without the record of the Likrarian. Va No person shall\be allowed to retaàin more than five vol- umes at any one Time, a special vote of the Council, Books may be kept out, gne calendar month; no longer | without renewal, and reneyN nay not be granted more than twice. A fine of five cents per day incuned for every volume not returned within the fime specified by the rules. The Librarian /may demand the ret of a book after the expiration of ten days from the date of borrowing. Certain bogks, so designated, cannot be taken from the Library wifiout special permission. All bogks must be returned at least two weeks to the AMnual Meeting. Peysons are responsible for all injury or loss of bookò chafged to their name. 4 sor stetatta: Liator DORISURARI IR nei Tosi si = paesi senteta ma Ve ERRE Ir n FRAGAI ATAE Matt E ETIRRATTRI