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Serie Il - Vol. IX. Anno 1908. U
(XVII dalla fondazione) —
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BOLLETTINO.
DELLA
SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA
CON SEDE IN ROMA
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Sede della Società : ISTITUTO ZOOLOGICO
OCT 101
Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill xL1 RAR
SOMMARIO.
i I. PARTE UFFICIALE \ 6. Dott. Valentino Barnabò. — La glan-
lf Prof. ‘Antonio: Carrucclo: = Sull’an- %. dola interstiziale del testicolo (Conti-
damento scientifico, morale ed econo- nuaz.) Fisiopatologia — Legatura e
n mico della Società durante il XVI resezio. e dei deferenti . Pag. 49-62
la anno (1997).— Relazione letta nell’adu- . Prof. Mario Condorelli-Francaviglia. —
n nanza generale amministrativa tenuta E Caso raro di parassitismo dovuto a
Di il 9 febbraio 1908 nella R. Univer- contemporanea dimora nell’intestino
(I sità degli studi , : È È Pag. 1-22 di una giovanetta ‘della Hymenolepis
‘| 0‘0’‘’‘II COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE dA], deli dae EE
7 evides L. e di numerose larve di Cal-
È 1. Prof. Rinaldo Marchesini. — Sull’azione liphora voniitoria (L). AA RGS
È dei succhi pancreatico-intestinali sopra 8. Comm. Fortunato. Ros:agno. — Su
i bacilli del carbonchio ematico e sulla alcune importanti catture di lepidotteri » 79380
penetrazione di questi attraverso le 9. Prof. Mario Condorelli-Francavfglia. —
vie digerenti di Cavia + ì 23-37 Dypilidium caninum L. espulso in
2 Senat. D. Giudo di Carpegna él Catania da una bambina di due mesi
nieri. — Nuova cattura presso Roma di età. “>. è. + n)1»61-88
di un Carpodacus erythrinus (Pall.) » 39-30 | +0. Conte Filippo Cavazza. — Su: una cat
3. Idem. idem. — Acclimatazione in Italia tara di Calandrella minor Cab.. fatta
del Nandù (Rhea americana) > » 40-41 nell'Emilia (S. Agata Bolognese).. » 87-93
4. Dott. Pasquale Mola. — Considera- o
zioni sovra un problematico incroccio IlI. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE
di Felidi (con fig.). - È » 42 44
5 Idem. idem. — Ancora della Tico Principe D. Franc. Chigi. — Fauna ornitica
della Sardegna . 5 " 4 » 45 48 Adel Governo di Charkov di N. Somov. » 94-96
R. UNIVERSITÀ
(Via della Sapienza — ROMA)
AVVISO. — Ai membri della Società, residenti o non residenti. è fatta facoltà
dalla Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le sale del medesimo e di poter
trattenersi — nei mesi in cui è aperta la Università — in determinate ore, sia nelle
pred. po per confronti, sia nella Bibliot. per studio e lettura di libri e periodici
scientifici
Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimestrale,
Fasc. Vl e Il
Serie Il - Vol. IX. Anno XVII. — 1908.
BOLLETTINO
DELLASSOCIETA ZOOLOGICA: ITALIANA
CON SEDE IN ROMA
Presidente Onorario S. M. il RE
w
ROMA
TIPOGRAFIA DI ATTILIO FRIGGERI
Via della Mercede, 28-29
1908
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del Bollettino sociale. Questo, come bene vi è noto, fu
intieramente pubblicato prima che finisse l'anno 1907. Dal
È confronto limitato all'ultimo biennio, risulta che vennero
Ì pubblicate 58 memorie e 9 recensioni bibliografiche. Nel
volume del 1906 troviamo comunicazioni per la maggior
parte brevi, e perciò potemmo darne alla luce 33; e nel
volume del 1907 avendo parecchie di esse comunicazioni
e memorie una estensione maggiore, potemmo pubbli-
carne 26: di qualche altra verrà data la continuazione e
fine nel volume XVII. — In generale sarebbe preferibile che
si avessero lavori non troppo estesi, ed è ben noto come
Società ed Accademie che hanno larghe dotazioni gover-
native o dei lasciti generosi, abbiano fissato ai loro membri
suo, dei ma-
il numero delle pagine, talvolta fin troppo esig
noscritti da pubblicarsi nei loro atti o bollettini. Noi, con
mezzi economici assai inferiori, abbiamo gia pubblicato,
È; e possiamo pubblicare memorie e comunicazioni non di
sole 16 pagine, cioè di un foglio di stampa, ma di molti
fogli di stampa. Pensammo sempre doversi sovratutto
incoraggiare i giovani studiosi, i quali riescono a fare buoni
lavori dopo ricerche ed, osservazioni diligenti. Ma questi la-
vori, accettati dal Consiglio Direttivo, devono naturalmente,
wi perchè di mole notevole, ripartirsi in più fascicoli.
È Alcordo che mentre il volume che abbiamo pubbli-
cato nel 1906 contiene 328 pagine, questo ultimo distri-
buito sulla fine del novembre 1907, contiene 384 pagine,
cioè 56 pagine in più del precedente.
L'istesso vol. XVI contiene non meno di 12 tavole con
ben 87 figure illustrative, diligentemente eseguite nello sta-
bilimento litografico del cav. Ettore Calzone in Roma,
figure nette ed opportune che accompagnano gl’interessanti
lavori dei soci Alessandrini G., Chigi F., Marchesini R.,
Marcuccì G., Masi. L., Misuri A. e Mola P. Per non lasciare
è
6 A. CARKUCCIO
incompleta questa indicazione, aggiungerò che 2 tavole e
4 figure si riferiscono alla mia memoria sullo scheletro
intiero e sul teschio del Grampus griseus, visti da diverse
parti, e fotografati colla sua ben nota abilità dal prof. Ales-
sandrini ed incise pure nello stabilimento Calzone. Nei 16
volumi, cioè dal 1892 al 1907, abbiamo pubblicato ben 346
memorie e comunicazioni diverse.
I pagamenti puntualissimi fatti alla Tipografia e Lito-
grafia coi soli fondi della Società, provano come anche nel
passato anno le condizioni finanziarie abbiano permesso di
contentare il maggior numero di consoci, autori delle pub-
blicazioni già pubblicate. L’operosità di questi, ed il con-
tributo mio assai modesto, rilevansi più facilmente dai cenni
riassuntivi di alcune adunanze scientifiche (fra quelle che
potreste chiamare più nutrite o meglio riuscite) tenute
durante il 1907: e sono le seguenti :
Adunanza del 14 aprile 1907.
In questa adunanza scientifica ricorderete come potessi
presentare molte pubblicazioni italiane e straniere, pervye-
nute in omaggio od in cambic con quelle .della Società.
Subito dopo ebbi a riferire sui risultati scientifici, fino
a quel giorno noti, della riuscitissima spedizione di-
retta da S. A. R. il Duca degli Abruzzi per l'ascensione
al Ruwenzori.
Stimando far cosa utile e gradita a tutti, diedi con-
cise ma credo sufficienti notizie intorno agli studi e alle
pubblicazioni che dobbiamo all’indefesso prof. Camerano
e ai solerti suoi collaboratori in Torino sull’importante
materiale zoologico raccolto dal benemerito Duca: facendo
rilevare che sono già più di 40 le specie nuove appar-
tenenti a diversi tipi animali, prese durante quella memo-
RELAZIONE
randa spedizione, talune «delle quali trovate a grandissima
altezza sui ghiacciai dell'enorme montagna. Di tutte feci
conoscere le denominazioni scientifiche, riserbandomi di
tar noto ai colleghi quant'altro risulterà di novità zoolo-
giche, dopo compiuto lo studio dell’intiero materiale. Dob-
biamo ritenere che la diligente illustrazione del medesimo
mentre tornerà a lode dei colleghi di Torino, aggiungerà
nuovo titolo di gloria al nostro socio onorario, il Duca
Luigi Amedeo di Savoia.
Far conoscere quanto di nuovo s'introduce nelle coi-
lezioni di Botanica, Zoologia, Mineralogia, ecc., ritenni
sempre che sia consuetudine non soltanto proficua, ma
assai ben accetta a quanti sanno osservare e vogliono stu-
diare. Tale consuetudine è largamente seguita nelle rego-
lari riunioni che tengonsi nel Museo nazionale di storia
naturale in Parigi ed in altri Musei dell’Inghilterra e d’altre
nazioni in Europa, e così in America, Musei che sono anche
sede di Società scientifiche ben note per la loro operosità.
Con minori mezzi continuai anche nel passato anno a
presentare e commentare, quando era il caso, le specie
— convenientemente studiate da me o dai colleghi — le
quali avute per dono o per acquisto portarono incremento
nel nostro Museo. E perciò nell'adunanza del 14 aprile non
tralasciai di presentare diverse notevoli specie animali, oltre
più preparazioni anatomiche; e fra queste ultime quelle
riguardanti l’intiera armatura scheletrica ed altre parti
(l’intiero intestino, il cuore, la trachea, le ovaia, gli occhi,
ecc.) di un giovane Struthio camelus, dell'altezza di circa 2 m.,
morto in Roma, ed acquistato per conto del Museo. Insieme
presentai una Chauna cristata Sw.. vivente nel Paraguay,
Brasile ecc., donata dal principe Don Enzo Odescalchi,
e consegnata al Museo pel cortese mezzo del cap. med.
vet. cav. dott. Oreste Pigorini. Oltre la preparazione in pelle
D A. CARRUCCIO
feci osservare qualche carattere proprio allo sterno, debita-
mente preparato, di questa specie. In proposito alla mede-
sima ricordai ai competenti consoci che nella Fam. Pala-
medeidae si annoverano soltanto due gen.: Chauna Illig. e
Palamedea L., questo con una sola specie (P. cornuta L.) e
quello con 2 specie (Chauna chavaria Ilig., e Ch. cristata
Sw.), aggiungendo che vi sono autori i quali riuniscono
le 2 specie: ma il nostro Salvadori nel Cat. del Museo
Britannico, Vol. VII (Chenomorphi, Crypturi e Ratiti) le
tiene distinte. Aggiunsi pure che il nostro vice-presidente,
senatore conte di Carpegna, nel suo diligente Catalogo degli
uccelli esotici, in numero di 355, tutti sceltissimi, donati al
nostro Museo da S. M. il Re Vitt. Em. III, a proposito
della Chauna così scrisse: « L’esemplare che già esisteva in
Museo, sebbene col nome di Ch. chavaria, a me sembra
appartenga a questa specie pei suoi caratteri (cioè alla Ch.
cristata) - (1). Ora adunque coll’esemplare già esistente nel
Museo da gran tempo, quello donato da S. M. il Re, e
questo ultimamente donato dal principe D. Enzo Odescalchi
possediamo 3 individui della stessa specie.
Presentai pure un Sus scropha g var. ferus di Sarde-
gna, donato dal magg. med. cav. dott. Gavino Falconi ed altri
mammiferi ed uccelli. Fra i quali citerò un esemplare di
Putorius vulgaris donato dallo studente sig. Caccialupi,
una grossa Hystrix cristata 3° della Campagna Romana
che acquistai per aggiungere alle altre della collez. pro-
vinciale, un’Erismatura leucocephala 3, ed un Accipiter
nisus £, pure acquistati per la collezione romana.
Riuscì assai curioso, come ben rammenteranno quanti
furono presenti all’adunanza, l'esame dei diversi oggetti che
trovaronsi nello stomaco, opportunamente preparato, del
(1) Ved. Sollett. della Soc. Zool. Ital., anno 1902, pag. 155.
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predetto struzzo. In questo stomaco fu rinvenuta una
quantità di sostanze, non tutte alimentari, del peso di
circa 3 chilog., compresi sassolini e frammenti diversi.
Rammentai in questa circostanza che quando, moltissimi
anni or sono, mi trovavo settore anatomico nella R. Uni-
versità di Cagliari, fui incaricato dal Direttore del Museo di
Zoologia e Anatomia comparata cav. prof. Meloni Baille, di
eseguire l'autopsia di due grossi struzzi ch'egli aveva ripor-
tato da un viaggio fatto in Africa, e tenuti per lungo
tempo vivi nel piazzale dei Gabinetti di Anatomia umana
e di Anatomia comparata.
Trovai la mucosa stomacale di un color verde-rame
intenso, e nel contenuto dello stomaco di entrambi gli
struzzi, che ora fanno parte della coliezione ornitologica di
quel Museo, raccolsi parecchi soldi, taluni dei quali erano
assottigliatissimi. E seppi allora che gli studenti si diver-
tivano gettando talvolta monete di rame, che dagli stessi
struzzi erano deglutite senza difficoltà. Sono del resto ben
note le abitudini onnivore di questi animali, dei quali in
diverse opere vengono narrati casi assai più notevoli.
Il prof. Giulio Alessandrini fece due interessanti co-
municazioni su vermi parassiti, da lui rinvenuti nell’E/a-
phis Aesculapi.
Dal principe don Francesco Chigi, che ben conosce
la lingua e letteratura scientifica russa, fu fatta rilevare
l’importanza di un grosso volume pervenuto in omaggio
‘alla Società, e pubblicato dal prof. Samow_ sulla fauna
ornitologica del Governo di Kharkow. La interessante re-
‘censione bibliografica del Chigi sarà pubblicata nel 1° fa-
scicolo del 1908.
Altre due interessanti comunicazioni abbiamo avute
in quell’adunanza fatte dal prof. G. Tuccimei, una sulla
proposta del Comitato internazionale per Vadozione di una
10 A. CARRUCCIO
lingua universale, l’altra intorno a molti Ditteri romani.
E su questi, che avevano bisogno in Roma d’uno-studioso
che se ne occupasse di proposito, continuerà il Bollettino
a pubblicare un catalogo metodico. Ben sapete che queste
comunicazioni vennero, già date alle stampe nel nostro
Bollettino.
Quindi furono presentate altre quattro comunicazioni,
due su uccelli della provincia di Teramo del dott. De Leone,
(Stria flammea 3° a colorito anormale, e valore specifico
delle Acredule italiane), e due su diligenti ricerche anato-
miche del socio dott. Valentino Barnabò (cioè continua-
zione dello studio sui rapporti tra la ghiandola interstiziale
del testicolo e le ghiandole a secrezione interna, e sull’i-
pertrofia compensativa dell’ipofisi cerebrale).
Adunanza del 29 maggio 1907.
Questadunanza fu quasi intieramente dedicata alla di-
scussione della relazione già presentata dal socio con-
sigliere prof. Giuseppe Tuccimei, dietro speciale incarico
del Consiglio Direttivo, sulla proposta pervenuta alla nostra
Società intorno all'adozione di una lingua universale.
Questa proposta, fatta direttamente dal Comitato Interna-
zionale residente in Parigi, fu profondamente studiata dal
relatore prof. Tuccimei, che forni le più precise informa-
zioni sullo stato attuale della questione.
Nell’adunanza da noi tenuta parecchi fra i soci, elo-
giata la predetta relazione, fecero ottime considerazioni.
Quindi si fu tutti d’accordo sull'opportunità d’indire un
referendum cui potessero rispondere anche i soci non
residenti in Roma: a tutti adunque fu rivolta questa
domanda: — Come linqua scientifica internazionale prefe-
RELAZIONE ll
risce ella il latino fra le lingue morte o l’Esperanto tra le
lingue artificiali ?
Avrete ben presente come si deliberasse di affidare alle
stampe la relazione del prof. l'uccimei, dandole una larga
diffusione, inviandone copie anche ai non soci.
Fu inoltre stabilito che per conoscere e comunicare
il risultato del referendum si tenesse altra speciale adu-
nanza prima della fine di giugno. Questa infatti ebbe luogo
regolarmente, e dallo spoglio esatto delle risposte perve-
nute, risultò che oltre 50 soci dichiararono di preferire
come lingua scientifica internazionale la latina, e soltanto
3 Esperanto. Uno poi dichiarò di non accettare veruna
delle due.
Pervennero dopo quell’adunanza altre risposte, delle
quali naturalmente non si potè tener conto. Il risultato fu
comunicato prontamente, per mezzo dell’egregio relatore,
al Comitato Internazionale di Parigi.
Adunanza del 23 luglio 1907.
Il prolungarsi degli esami, che sempre tanto numerosi
si hanno anche in Roma, ed altre occupazioni d’ufficio, im-
pedirono me ed altri consoci, massime quelli insegnanti, di
riunirci prima del 23 luglio. E vi è ben noto come una
nuova adunanza fosse necessaria (dopo quella tenuta in
giugno) avanti che altri membri della Società si allonta-
nassero per le consuete vacanze estive.
Ma quantunque inoltrata l'estate, e già partiti parecchi
egregi consoci, all’adunanza intervenne un buon numero
di membri, quale invero non credevamo di avere presenti.
Svolgendo subito l'ordine del giorno, rammenterete
che partecipai quanto avesse già deliberato di fare il Con-
siglio Direttivo circa i Congressi da tenersi nell'agosto e
12 A. CARRUCCIO
settembre 1907, ai quali la nostra Società era stata con
molta gentilezza e ripetutamente invitata a prender parte.
Per quello internazionale di Boston, pel quale ebbi
invito speciale anche per parte del Rettore dell'Ateneo, cioè
pel 7° Congresso internazionale di Zoologia, risposi che
era impossibile che io mi vi potessi recare: ma rispon-
dendo direttamente all’illustre prof. Alessandro Agassiz, da
cui erano pervenuti gl’inviti diretti alla Società ed al Diret-
tore del Museo Zoologico, mandai l'adesione per luna é
per l’altro. Però, per non aggravare le finanze sociali, tra-
smisi personalmente al tesoriere del Congresso la quota
prescritta, cioè la somma corrispondente a 5 dollari, come
era stabilito dall’art. 2 del Regolamento (1).
Riguardo al Congresso degli scienziati italiani tenuto
nello scorso settembre, nella città di Parma, avevo dichia-
rato, e poscia confermato, che intendevo di recarmivi, e
che a suo tempo avrei riferito alla Società perla parte che
la poteva interessare. Sapete come già io abbia soddisfatto
questa promessa.
Ma un altro Congresso, già tenuto in Boiogna nell’ora
scorso giugno, è riuscito pure splendidamente, come quello
di Parma. Bologna ha saputo rendere altissime onoranze
alla memoria del sommo naturalista Ulisse. Aldrovandi.
Ricordo di avere nello scorso maggio gia partecipato alla
Società che il Consiglio Direttivo aveva molto volentieri
aderito a quella festa, esprimendo in pari tempo la speranza
che il vostro presidente, od altro dei membri dell’istesso
Consiglio Direttivo, potesse recarsi personalmente in Bologna.
A quella nostra lettera di adesione. l’onorando sena-
tore prof. Capellini diede la seguente gentilissima risposta:
ice Tout zoologiste ou toute personne s'interessant è la zoologie
peut etre membre du Congrès. Les demandes d’admission doivent èère
adressées au president; les droits payables au tresorier. sont de cinq
doilars ».
RELAZIOHE 18
Bologna, 4. giugno 1907.
Illustre Signor Presidente,
Mi sono fatto un dovere di comunicare all'Assemblea
del Comitato Aldrovandiano la nobile lettera con la quale
codesto illustre Istituto notifica che non solo aderisce di
buon grado alle solenni onoranze che si stanno preparando
in onore di Ulisse Aldrovandi, ma che invierà altresì un
rappresentante speciale.
Tale notizia è stata accolta col più vivo compiaci-
mento, poichè mentre da una parte ci attesta l’alto sentire
e il culto che hanno per il nostro grande concittadino i
componenti codesto nobile Istituto, d’altra parte ci è di
conforto nel nostro non piccolo lavoro, e di augurio per
un'ottima riuscita.
Porgo pertanto le più vive grazie, unite all'espressione
della più profonda stima.
Il Presidente
(G. CAPELLINI >.
Non essendo riuscito a me, nè ad uno dei 2 vice-pre-
sidenti, senatore conte Guido di Carpegna e prof. Romolo
Meli, nè ad altri del Consiglio, di allontanarci in quei
giorni da Roma, venne in tempo rivolta (a nome dell’istesso
Consiglio Direttivo) viva preghiera, all’illustre presidente
del Comitato bolognese, senatore prof. Capellini, di assu-
mere la rappresentanza ufficiale della nostra Società. Ciò
ch’egli fece col massimo favore, rinnovandomi anche a
voce in Roma le espressioni del suo compiacimento: come
io — a nome vostro — gli manifestai la comune gratitudine
per la riuscitissima e grandiosa festa, che onora con Bologna
tutta l’Italia scientifica, ed ebbe un'eco gratissima in tutte
le nazioni civili.
14 A. CARRUCCIO
Passando dopo alla presentazione di specie nuovamente
aggiunte alle collezioni del nostro Museo, rammenterete
che potei illustrarle più o meno brevemente in ragione 0
della loro importanza reale, o perchè colmavano antiche
lacune esistenti nelle collezioni medesime.
Vi ricordo ad esempio il Cercopilhecus pyrrhonotus,
donato dal ten. sig. Ottorino Mezzetti pel mezzo gentile
del consocio prof. dott. Ugo Vram. Questa scimia vive,
com’è noto, nel paese dei Gallas e dei Somali e in qual-
che altra regione dell’Africa. Presentai pure un bello esem-
plare del Cercocebus albigena Gray, donato dall’egregio dot-
tor Zerbini; specie che vive nelle foreste Congolesi dove
non è abbondante. Del pari avete osservato gli esemplari
di Rhinostictus pelaurista Schreb. e di CArysothrix sciurea L.
del Brasile, allora acquistati pel Museo, e assai ben pre-
parati dal nostro Coli. Feci pure accuisto in quei giorni
di un accuratissimo modello di teschio di un Gorilla gina
Is. Geof., 7 ad. Il teschio osseo originale trovasi nel Museo
di Antropologia in Roma. Nel nostro Museo possiamo ora
confrontare il predetto modello in gesso con altro dalla
testa coperta dalle parti molli, eseguito in Parigi e riguar-
dante un Gorilla vecchissimo.
Potei in quella stessa adunanza presentare altri crani
notevoli donati all’istesso nostro Museo dall’on. Ministro
della Pubblica Istruzione, deputato prof. L. Rava, e che
egli ebbe dal signor Luigi Frigerio, residente a Monbasa
(Africa orientale), cioè un completo cranio di Felis leo ad.,
ed altro, pure in ottime condizioni, di Phachocherus ae-
thiopicus.
Presentai poscia un altro teschio di Orycteropus ca-
pensis Sund., facendo alcune considerazioni comparative
colla testa dell'esemplare in pelle che possediamo.
Aveste parimenti opportunità per osservare, fra gli
pn
RELAZ:ONE i)
uccelli. un bell’esemplare di Serpentarius secretarius Scop.
ed un altro della vaga Paradisea Augustae Victoriae intro-
dotti, per acquisto, nella collezione generale ornitologica :
e della collezione romana presentai un Panurus biarmicus
dono del socio consigliere march. dott. Patrizi, ed un
Puffinus Kulhi dono del marchese G. Sacchetti. Sempre
nella stessa adunanza feci osservare due armi di Pristis
antiquorum notevolissime per la loro dimensione in con-
fronto a diverse altre che già possedevamo : una si ebbe
in dono dal march. Mereghi, e l’altro dall’esimio artista
comm. Roberto Bompiani di Roma, testé mancato ai vivi.
In altra precedente adunanza avevo fatto fugace cenno
di un grosso Xiphias gladius preso sulla spiaggia di Castel-
porziano, e mandata in dono da S. M. il Re: ma in quella
vulta
c
del 23 luglio (finita la preparazione dell'esemplare, ese
colla massima diligenza dall’esperto tassidermista del Museo,
col concorso dell’abile conservatore per quanto riguarda
la perfetta reintegrazione dei colori, così belli in questa
specie) potei farlo a tutti osservare, e mi pare che rima-
neste soddisfattissimi. Dissi allora che mentre la specie è
ben nota e comune, principalmente nel mare della Sicilia,
così non avviene nel laziale : ed un esemplare di notevoli
dimensioni, come questo avuto dal generoso Sovrano,
mancava affatto alla collezione ittiologica romana, pur essa
sempre in aumento, e da me introdotta nel nostro Museo.
E finalmente — avendo in quell’adunanza la ventura
di offrire alla vostra intelligente attenzione molte aggiun-
te — vi feci osservare sceltissimi esemplari di Lepidotteri
della Campagna Romana, preparati e studiati con quella
cura amorevole, propria al valente specialista, che è il socio
consigliere comm. Fortunato Rostagno, da lui donati in
aggiunta ai moltissimi di cui tenni parola in altre adunanze
e aggiunsi come tutti dovevamo sentire vivo compiacimento
16 A. CARRUCCI!)
per il favorevole incontro che, massime all’estero e da
ralentissimi entomologi. ebbero le descrizioni fatte dal
Rostagno d’importanti aberrazioni e varietà, e l’annun-
cio ch'egli pel primo diede di specie da nessuno finora.
credute esistenti in Italia. Dopo presentai i moltissimi
Ditteri donati da un altro socio e consigliere, il prof. Giu-
seppe Tuccimei, il quale con altrettanta cura da più anni
attende al difficile studio di quest'altro ordine di esapodi;
pei quali — come ben sapete - ha iniziato nel nostro
Bollettino la pubblicazione di un diligentissimo catalogo
metodico. CU
Adunanza del 27 novembre 1907.
Cominciai dal dar lettura del seguente telegramma di
S. E. il Ministro della R, Casa, che ricevetti in risposta alle
congratulazioni rispettose e cordiali fatte ai Sovrani, in
occasione della nascita della principessa Giovanna Elisa-
betta, in data del 13 del corrente mese:
« S. M. il Re vivamente ringrazia V. S. ed i suoi illustri
consoci del nuovo attestato che in questa lieta occasione (li
porsero del loro devoto animo.
Ministro Ponzio VAGLIA ».
Constatai dopo con piacere che a questa adunanza i
soci erano intervenuti premurosi e in numero notevole, forse
perchè pensarono gentilmente di unirsi al loro presidente;
il quale, come risultava dall'ordine del giorno, doveva
commemorare il perduto consocio onorario, l'illustre pro-
fessore comm. Pietro Pavesi, Dirett. dell'Istituto Zoologico
della R. Università di Pavia. Ma prima dissi che dovevano
proclamarsi soci ordinari gli egregi signori: prof. Felice
Mazza del R. Istituto Tecnico di Roma, e il prof. Ettore.
seo È. ei Lemibridin
RELAZIONE 17
Ricci del R. Liceo di Macerata, e due giovani studenti,
uno della R. Università di Napoli, l’altro di Roma, i signori :
Alfredo Misuri e Ignazio Missoni. Inoltre agli Istituti scien-
tifici abbonati al nostro Bollettino fu .aggiunto quello di
Parassitologia medica della R. Università di Catania, per
domanda del chiaro Direttore dell'Istituto medesimo, il
prof. M. Condorelli-Francaviglia. Furono quindi presentati
diversi omaggi e scelti periodici ricevuti dalla Società.
?assai dopo alla lettura della commemorazione, scritta in
onore del compianto prof. Pietro Pavesi, seguendolo passo
passo in tutta la sua onorevole carriera quale studioso, in-
segnante efficacissimo e dotto scrittore: e quantunque io
sia entrato in molti particolari valevoli a far meglio risal-
tare l’acuto ingegno, il vasto sapere del Pavesi, sia come
naturalista, sia come storico, e abbia posto in chiara luce
il carattere vivace ma leale ed integro del nostro esimio
socio onorario, ed anzi abbia fornito parecchie notizie
non ricordate da alcuni valenti colleghi ed amici del zoologo
pavese, parmi di poter aggiungere che a voi non dispiacque
la lunga commemorazione, avendola tutti accolta con ma-
nifesto favore pari alla vostra benevolenza (1).
In quella stessa adunanza prima che prendessero la
parola gli autori delle comunicazioni scientifiche poste
all'ordine del giorno, ricorderete come abbia presentato
parecchi scelti esemplari di uccelli (Rapaci e Palmipedi)
uccisi nel settembre del passato anno e donati da S. M. il
Re Vittorio Emanuele. Presentai pure un bello esemplare
di Lutra vulgaris uccisa, — come ne diedero notizia tutti
(1) Fra quelli che elogiarono meritamente il compianto Pavesi ac-
cennai in modo speciale ai professori Bonardi. Bonomi, Camerano, Giglioli,
Parona. ecc., ricordando pure quanto di lui, vivente, avevano scritto da
più anni i prot. Doderlein, Panceri, ed altri.
Boltett. Soc. Zool. Ital. Fasc. I e II. 1908. &
18 A. CARRUCCIO
i giornali locali — allo sbocco della cloaca augustea del
Foro Romano e donata dal Comm. Ing. Boni, Direttore
dell’ ufficio degli scavi, e lessi gl’interessanti particolari
fornitimi in una sua lettera in data del tre settembre.
Presentai pure un Putorius boccamele dono del sig. Meloni
tassidermista nel Museo Zoologico della R. Università di
Cagliari. Dall’ istesso Meloni acquistai una varietà di Glis
del Circond. di Lanusei, che secondo il Thomas del British
Museum di Londra dovrebbe considerarsi quale nuova specie,
e mostrai pure esemplari della nuova specie di Lacerta
sardoa descritta dal distinto erpetologo dal R. Museo
Zoologico Universitario di Torino, il conte Dott. M. G. Pe-
racca. Questi in un secondo lavoro pubblicato nel Bollettino
del Museo di Zool. ed Anat. comp. della R. Univ. di Torino
(N. 519, 31 dic. 1905) facea conoscere come ‘dopo di aver
studiato numerosi esemplari di tutte le età ricevuti dal
fratello del predetto Meloni da Lanusei, gli risultasse un
fatto inatteso, che io, avendone l'opportunità, credetti di
poter segnalare alla nostra Società. Questo fatto inatteso,
come lo chiamò il Peracca, sta nell'aver constatato che la
nuova specie Lacerta sardoa abita esclusivamente un'alta
valle presso la punta chiamata Paolino, e manca totalmente
nella restante parte della giogaia del Gennargentu, che forma
il gruppo montuoso più elevato ed importante della Sar-
degna. L'istesso Peracca insiste nel dimostrare che questa
è una forma distinta della Lacerta Bedriagae Cam., trovata
in Corsica all'altezza di 800 m. sul livello del mare, e com-
batte le conclusioni cui è. venuto il prof. Mahely nelle
pubblicazioni fatte negli Annali del Museo Nazionale Un-
garico. Accetta però il Peracca il modo di considerare tutte
le forme di varietà della Lacerta muralis, quale fu di re-
cente esposto dal Dr. Boulanger, il noto erpetologo ed ittio-
logo del Museo Britannico.
KELAZIONE 19
Nell’ istessa adunanza mostrai un buon esemplare di
Naucrates ductor donato dal Cav Ferdinando Galadini di
Roma; ed aveste pure opportunità di osservare due uccelli
americani donati dal Dott. Bologna, mancati affatto alla
nostra ricca collezione generale, i quali non v ha dubbio
saranno bene studiati dal Prof. Angelini, che a suo tempo
riferirà in proposito.
Fra gli altri acquisti recentissimi fatti in aggiunta delle
collezioni generale e romana, poteste pure notare il 29
dello scorso dicembre un completo scheletro di giovane
Orang-Utang (Simia satyrus £), ed altri due, uno di Castor
fiber, e l'altro di Ornithorhinchus paradoxus gd, oltre alcuni
uccelli dei generi Grus e Larus, della provincia Romana.
E sempre nell’ istessa adunanza udiste assai di buon
grado il nostro amato Vice-presidente, Senatore Conte di
Carpegna, che illustrò un bell’esemplare di Carpodacus ery-
thrynus preso ai Monti Parioli e di proprietà del marchese
Giulio Sacchetti.
L’istesso Conte di Carpegna diede esatte notizie su
qualche altro esemplare prima colto nel territorio Romano.
Riferì inoltre sovra un interessante fatto di allevamento
del Nandi (Rhea americana) felicemente riuscito, e per la
prima volta in Italia, mercè le perseveranti ed intelligenti
premure del Senatore Barone Sonnino in una sua tenuta
di Toscana. Pure intereseante riuscì la successiva comu»
nicazione fatta dal prof. Giulio Alessandrini, per dimostrare
— coll’appoggio di numerose e dilisenti esperienze ese-
guite nel nostro Istituto Zoologico — la straordinaria resi-
stenza vitale che è propria delle larve del piccolo dittero
vivente nel formaggio (Piophila casei).
Dopo, io stesso presentai i lavori inviati dal socio pro-
fessor Mario Condorelli dell’Università di Catania sovra
un caso raro di parassitismo dovuto a contemporanea
20 A. CARRUCCIO
dimora nell intestino di una giovinetta di un Cestode, di
un Nematode e di numerose larve di un dittero (Calliphora
vomitoria), e sovra un caso di Dipylidium caninum espulso
da una bambina di 2 mesi d’età. Rilevata F importanza di
questi due casi, che saranno presto pubblicati, feci dopo
conoscere una comunicazione inviata dal socio Dott. Pa-
squale Mola, assistente nell’ Istituto di Zoologia ad Anatomia
comparata della R. Università di Sassari. Argomento di
questa comunicazione è lalFelis lyna che il D. Mola crede
d’aver osservato in Sardegna, in due individui da lui stu-
diati, sottoponendo contemporaneamente alla nostra atten-
zione una diligente fotografia. Ricorderete che io feci
qualche riserva sull’opinione manifestata dell’egregio
consocio.
E finalmente l'adunanza scientifica del 27 novembre
ebbe fine con la comunicazione fattaci dal Vice-Presidente
prof. Meli, il quale colla sua nota competenza trattò della
Corbulomya mediterranea Costa, da lui raccolta sulla spiag-
gia romana tra Ostia e Castel Porziano. Ebbe così l’autore
nuova opportunità per accennare alla copiosa bibliografia,
che egli ha messo insieme con grande diligenza, intorno
al molluschi marini del littorale romano.
Ma in questa odierna riunione, che è eminentemente
amministrativa, ed è la prima del nuovo anno, io devo a
termini dell’art. 7 dello Statuto sociale, sottoporre alla
vostra approvazione i due Bilanci consultivo e preventivo.
Questi furono compilati, d'accordo col Consiglio Direttivo,
dal competentissimo Economo-Cassiere, il socio Rag. signor
Vittorio Zambra. Nè ‘a voi dispiacerà che annunci, anzi
presenti il nuovo sfato patrimoniale, e faccia noto che nei
quattro scaffalini da me donati, e in qnello già da tempo
pur donato dal socio consigliere March. Dott. G. Lepri,
venne recentissimamente meglio disposta e riordinata la
RELAZIONE 21
libreria, completando lo schedario per tutti i cambi e doni.
Presento pure l'elenco esatto dei soci ordinari e straordi-
nari e quello dei soci onorari. È pronto anche l'elenco
dei pochi soci morosi, che però dev'essere presentato al
Consiglio Direttivo. Ho fatto poi eseguire un registrino
speciale di tutti i cambi, ripartiti secondo la nazione da
cui ci arrivano.
Prima di chiamare i due più giovani soci presenti,
quali scrutatori delle schede di votazione per la nomina o
conferma di un Vice-presidente e di tre Consiglieri testè
scaduti, compio il doloroso ufficio di ricordare la recen-
tissima perdita di un caro e illustre consocio fondafore,
il Comm. Prof. Francesco Businelli, Direttore della Clinica
oculistica di questa R. Università. Egli trovò soventi svago
negli studi zoologici: provetto e abilissimo caeciatore,
sempre che gli era dato offriva in dono gli animali che
procurava.
Altrettanto aveva fatto pel Museo Zoologico della R. Uni-
versità di Modena, dove per molti anni mi fu amico non
meno fedele e collega affezionatissimo, come lo fu in
questa di Roma. Egli ebbe la fortuna d’inaugurare la
nuova Clinica nel grande Policlinico, che oggi è vanto della
nostra Capitale.
Molto si potrebbe dire in onore del prof. Businelli,
antico patriota e valoroso combattente per la difesa di
Venezia, uomo sincero, prudente, zelantissimo nell'esercizio
dei suoi doveri ufficiali, marito e padre esemplare. Ag-
giungo che la egregia vedova del compianto consocio non
poteva meglio interpretare la volontà dell’esimio consorte
se non donando, come spontaneamente fece, oltre venti
animali diversi fra Uccelli, Rettili e Crostacei, i quali ora
rimarranno al nostro Museo quale gradito ricordo dell’a-
mico e collega. Consentitemi che insieme a vivissime grazie,
22 A. CAERUCOIO
mandi, a nome nostro, le più sincere condoglianze all’e—
gregia vedova signora Businelli nata Bolasco.
Egregi consoci, continuiamo l’opera nostra, per quanto
modesta, coi sentimenti migliori, quali può inspirare la
vera concordia, il desideriò legittimo d’istruirci a vicenda.
e una volontà onesta e perseverante. Auguro a voi durante
quest'anno novello, da poco più di un mese iniziato, ogni
benessere, e mi piace augurarlo con eguale sincerità ai
consoci lontani, ch'è quanto dire alla intiera Società nostra.
Questa ci dev'essere cara, a questa dobbiamo essere fedeli,
se vogliamo ch'essa continui a vivere onoratamente, come
sempre ha vissuto. L’avvenire adunque le sia lieto e con—
fortante, come fu già il passato.
ZIA
ù
Sull’azione dei succhi pancreatico-intestinali sopra i
bacilli del carbonchio ematico e sulla penetrazione
di questi attraverso le vie digerenti di Cavia.
Comunicazione fatta alla Società Zoologica italiana dal Dott. R. Marchesini
Aiuto di Patologia generale
e libero docente d’Istologia nella R. Università di Roma.
Nel Congresso francese di medicina interna (1) M. A.
Falloise e M. Hallion hanno messo in rilievo tutto ciò che
oggi si sa riguardo alla potente azione digestiva del pan-
creas; ed il Chiari ha da poco dimostrato (2) come la
necrosi del tessuto adiposo sia pur dovuta all’azione del
pancreas mediante un fermento proteolitico e lipolitico.
Cosicchè da queste e da altre ricerche risulterebbe che
nel pancreas, oltre i tre fermenti da tempo conosciuti: la
tripsina, la amilasi, la lipasi, vi esisterebbero ancora altri
fermenti come la maltasi, la lattasi, una erepsina che
scinde le albuminose ed i peptoni, ed un labfermento che
secondo Paulow non sarebbe che la tripsina. Questi fer-
menti possiederebbero tutta la loro attività nel momento
che penetrano nel lume dell'intestino per l'unione con
l'’enterochinasi secreta dall’intestino ed essenzialmente dal
duodeno e dal digiuno, ed esplicarebbero così la loro at-
tività sulle sostanze da digerire, nello stesso tempo che
esplicarebbero un potere battericida ed antitossico contro i
batteri patogeni.
(1) La Semaine médicale n. 40, 195, pag 472.
(2) Chiari de Praque. Semaine médicale, 1906. p. 205.
24 R. MARCHESINI
In rapporto a quest'azione battericida ed antitossica
il Fermi (1) osserva che i blastomiceti e gli ifomiceti vi-
vono e si multiplicano nel succo gastrico sia naturale che
artificiale, riuscendo ad alterarne la reazione e Vattività
digestiva; che la tripsina in soluzione alcalina è inattiva
in vitro su tutta la classe degli schizomiceti, i quali anzi
se ne giovano per nutrirsi e moltiplicarsi. E se la flora
intestinale presenta una certa stabilità, essa sarebbe da
attribuirsi ad un'azione antibatterica elettiva esercitatasi
nelle cellule fisse della mucosa, e più specialmente in
quelle costituenti l'apparecchio assorbente del tubo dige-
rente, per opera del protoplasma vivente.
ll Rolly e Liebermaister (2) avendo studiate recente-
mente le proprietà biologiche sui batteri dell'intestino,
avrebbero trovato che i germi batterici introdotti nell’in-
festino, !'n parte vengono distrutti, in parte vengono so-
spinti nel retto coi residui alimentari; per modo che ove
si formino colture dei germi esistenti nell'intestino tenue,
si riesce ad ottenere resultati molio scarsi. Nell'ultima
porzione dell’ileo peraltro tali resultati si modificano, e
quivi si possono già riscontrare in larga copia i batteri.
Nell’intestino crasso poi noi ci troviamo di fronte ad un
gran numero di batteri, dovuto ciò alla reazione differente
ed alla limitata peristalsi: giacchè sappiamo che il conte-
nuto intestinale sterelizzato rappresenta un terreno di
coltura molto apportuno per lo sviluppo di quasi tutti i
possibili batteri.
Corradi e Cornjoweit avrebbero concluso dalle loro
esperienze che le fecì contengono sostanze inibitrici allo
sviluppo dei batteri. Ro/ly ripetendo le sopraesposte ricerche
(1) Fermi, Policlinico, Vol. III, 1896
(2) Rolly e [Liebermaister, Deut. Med. Woch. n. 43, 1902.
a
eg
E
E
SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI 25
avrebbe notato solamente ur’azione ritardante sullo svi-
luppo, e che il secreto dell'intestino crasso non esercita
affatto un'azione attenuante su i batteri.
Molti autori oggi ritengono che Vintestino quando è
vuoto è quasi sterile, confronta Scognamiglio (1). Alcuni
per azione delle cellule intestinali (Iundelle), altri per po-
tere antibatterico dei succhi intestinali (Kohlbrugge). Così
Delezenne, secondo Metschikofî, avrebbe dimostrato che il
succo pancreatico, come viene dalla glandola, non esercita
su i batteri che un azione nulla o insignificante, ma ne
impedisce per un certo tempo lo sviluppo essendo un cat-
tivo mezzo di coltura. Il succo intestinale anch'esso non
esercita alcuna azione battericida apprezzabile, ma può
agglutinare i microbi. È solo riunendo i dune succhi che
sì ottiene un effetto deleterio manifesto.
La ragione per cui i batteri costituenti la flora gastro-
intestinale possono vivere a contatto dei succhi digestivi
potrebbe ritrovarsi in parte in quella stessa per cui non si
avverino mai in vita le autodigestione lungo tutto il tubo
gastroenterico. Però è anche accertato che quantunque
penetrino per la bocca nel tubo gastroenterico le più sva.
tiate specie di germi, tuttavia la flora normale del con-
tenuto gastrico è costituita quasi esclusivamente dai btasto-
miceti e dalle sarcine, che sono organismi abituati a vivere
in ambienti acidi: e quella dell’intestino quasi esclusiva-
mente della specie Bacterium coli e sue varietà, a cui si
aggiunge non raramente il bac. mesentericus. Ciò può essere
da una parte perchè questi batteri si siano abituati all'am-
biente, e d'altra parte si potrebbe anche ritenere che la
loro costante presenza fosse dovuta, perchè costantemente
(1) D. Nin -S niraglia-Scognamiglio. Sulla permeabilità d>ll’intestino
ai battari. Stabil. Tip. e Libr. Napoli, 1906.
26 R. MARCHESINI
vengono introdotti con i cibi ingeriti. Queste osservazioni
fatte non tolgono però che una buona parte della sele-
zione possa esser dovuta all’azione dei succhi digestivi e
che alla penetrazione dei germi attraverso l'intestino si
opponga la resistenza del protoplasma cellulare.
Partendo da questo duplice punto di vista, esporrò le
mie ricerche fatte sul carbonchio ematico, avendolo sotto-
posto all’azione dei succhi digestivi in vitro, ed in vivo
dandolo unitamente ai pasti di mollica di pane alle cavie,
le quali sopravvivevano all’infezione.
I. ESPERIENZA.
Ho preso del pancreas di bue e toltone bene il grasso
e ridotto a piccoli pezzi l'ho posto a bollire e ne ho fatto
poi dei brodi da coltura in questo modo :
Uno senza alcuna aggiunta, un altro con peptone e
cloruro di sodio come per il brodo comune, un altro con
solo peptone.
A confronto di questi tre terreni di coltura ho posto
il brodo comune colturale.
In questi quattro terreni ho insemensato del carbonchio.
virulento nalla stessa proporzione e l'ho messi al termo-
stato a 37°.
Esaminati dopo 12, 24, 48 ore, dirò in generale, per
esser breve, che nei terreni di coltura pancreatici ho potuto
notare solo un ritardo nello sviluppo.
Dalle colture di pancreas semplice dove più di tutti
si erano sviluppate spore carbonchiose, ho prelevato il
materiale per fare nuovi insemensamenti nei quattro ter-
reni su descritti e ponendoli egualmente alla stufa a 38°.
Qui già a primo tempo si nota che il carbonchio non svi-
luppa a lunghi fili, ma in corti seguenti e rapida ne è la
sporulazione, a differenza del terreno di confronto.
Feci allora colture in agar prendendo singolarmente
fendi
SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI DT
l'innesto dai quattro nuovi terreni di coltura, ed il resto
delle colture iniettai a quattro cavie. Sull’agar le colture
presentarono tutte buono sviluppo e delle cavie innestate
muore prima quella di confronto, nel 2° giorno quella
con brodo di pancreas semplice e le altre due hanno vis-
suto poco più lungamente.
Ripetei ancora un nuovo insementamento di carbonchio
ematico nei quattro terreni di coltura e notai ancora una
volta cbe il brodo comune diede normale sviluppo di car-
bonchio, e che il terreno di pracreas semplice diede fili
lunghi, ma esili; il panereas peptonato diede lunghi fili,
ma a seguenti molto corti; il brodo di pancreas diede
bacilli staccati e molti di essi si presentavano ritorti.
Con questi nuovi terreni si fanno iniezioni sottocu-
tanee alle cavie che muojono tutte con poca differenza di
tempo.
“saminato il sangue delle cavie innestate con car-
bonchio sviluppato in terreni colturali di pancreas, notai
una fagocitasi molto più attiva di quella che riscontrai
nel sangue di cavia iniettata con coltura carbonchiosa svi-
luppata nel brodo comune.
II. ESPERIENZA.
Ho preso del pancrea di bue, l'ho tagliuzzato e tritu-
rato in mortajo con poca acqua sterile e ne ho ricavato
un succo per sqremitura. Lo stesso processo ho tenuto
per un tratto d’intestino duodeno di bue, di cui pure ho
estratto un succo per spremitura dal raschiamento della
mucosa.
Ho preparato con questi due succhi spremuti e filtrati
in panno quattro» terreni :
Succo pancreatico solo.
Succo enterico solo.
Succo pancreatico, più succo enterico.
28 R. MARCHESINI
Brodo comune, come terreno di confronto.
Su questi quattro terreni ho innestato il carbonchio
e li ho posti alla stufa a 37°.
èsaminati poi questi terreni colturali al microscopio,
ho riscontrato presso a poco lo stesso risultato delle prime
esperienze. cioè uno sviluppo ritardato ed anormale in
confronto di quella in brodo comune e di più una precoce
sporulazione.
Si iniettano quattro cavie con le colture predette e
tutte muojono in rapporto a quelle di confronto con pic-.
colo ritardo di tempo.
II. ESPERIENZA.
Ho fatto sviluppare del carbonchio virulento in tubi
di agar normale e dopo 24 ore e 48° ore ‘ho riempite le
provette in questo modo : le une con succo di pancreas solo,
altre con succo di pancreas unito a succo enterico, altre
con acqua sterelizzata e distillata. Poste al termostato a
37° per 24ore ho mescolata poi ogni coltura staccandola
con l’ansa dall'agar nel liquido dove si trovavano e da
ciascuna ho preso una piccola ansa per farne una piastra
in gelatina.
L'esame diretto al microscopio mi ha fatto subito
rilevare che nel mentre nel preparato preso dall’emulsione
in acqua distillata la coltura carbonchiosa non presentava
alcun chè di anormale, nelle altre due invece si notava
uno sminuzzamento dei batteri che avevano certamente
subito una alterazione.
L'esame delle capsule del Petri è stato per tutte e tre
positivo,
IV. ESPERIENZA.
Ho preso del succo di pancreas di cane, ottenuto con
fistola previa iniezione di pilocarpina, e parte l'ho unito
ha ne -
x; x 3
L
SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI 29
ad enterocinasi duodenale di cane, e parte l'ho adoperato
solo. ‘ed ho fatte le seguenti ricerche :
a) Ho preso dei terreni di coltura di agar a becco
di flauto e vi ho innestato al solo fondo il carbonchio
virulento, badando di non toccare tutto il resto di super-
ficie del terreno di coltura.
Qui'queste/provette ho versato. pol per. un terzo, in
alcune del succo di pancreas solo, in altre del medesimo
unito a succo enterico, in altre con acqua distillata e ste-
rilizzata e l'ho poste tutte al termostato a 37°.
b) Nello stesso tempo ho preso delle colture di car-
bonchio già sviluppate da 12 ore nell’agar a becco di flauto
e ne ho riempiti i tubi per solo un terzo relativamente
con succo pancreatico solo, altro con succo pancreatieo,
più succo enterico, altro con solo succo enterico, altro con
acqua distillata e sterelizzata.
‘saminate al microscopio dopo 12 ore le colture della
prima esperienza, quella a contatto dei succhi, mostrano
uno sviluppo misero e non si riscontrano lunghi fili, nel
mentre che nelle colture a contatto dell’acqua distillata
lo sviluppo è normale.
Nelle provette colturali della 2% esperienza esaminate
pure dopo 12 ore, si nota un distacco più o meno com-
pleto della coltura carbonchiosa in quelle a contatto con
i liquidi digestivi ed esaminata al microscopio s'osserva
un alterazione di sviluppo dei bacilli carbonchiosi, nel
mentre ehe la parte fuori liquido si presenta al normale
con lunghi fili carbonchiosi. Nella provetta contenente
acqua distillata il carbonchio a contatto offriva uno svi-
luppo normale a lunghi fili.
Tutte le colture che abbiamo in questa esperienza
esaminate, innestati su terreni comuni, hanno dato sempre
ottimo sviluppo ed iniettate sotto pelle alle cavie, le hanno
30 R. MARCHESINI
uccise tutte con solo nn piccolo ritardo di tempo da quelle
con innesto di confronto. |
Per ciò che riguarda l’azione dei succhi digestivi pan-
creatico ed enterico, abbiamo potuto constatare dalle espe-
rienze riprodotte, che i succhi digesttvi non inebiscono lo
sviluppo dei batteri del carbonchio, ma non è certo il
terreno più adatto per loro, e tanto che tendono subito a
sporulare come per mettersi in stato di difesa.
L'azione viene quindi spiegata sul bacillo, perchè la
spora torna a dar sempre, innestata su nuovo terreno,
uno sviluppo normale alla coltura, la quale però perde
un poco della sua virulenza iniettata su animali recettivi.
Dal complesso dunque dei fatti non si può negare una
certa azione deleteria dei succhi digestivi sui carbonchio
ingerito, e la secrezione continua poi dei succhi mante-
nendo l’ambiente sempre ostile ai batteri ne rende atte-
nuata la virulenza e saranno perciò più facilmente fugo-
citati dai lencociti che si riscontrano nella mucosa e nelle
stesse feci: nei mentre che i moti peristaltici dell'intestino
li spingono ad uscire in maggioranza fuori con le feci, e
così l’animale a grado a grado si sbarazza del micidiale
ospite e non soccombe all’infezione.
II. ORDINE DI ESPERIENZE.
Veniamo ora a studiare la resistenza che oppongono
le pareti intestinali alla penetrazione dei germi carbon-
chiosi e riporterò a questo riguardo innanzi tutto le osser-
vazioni già fatte da altri autori. (Vedi Scognamiglio, l. c.).
Koch nel 1877 e nel 1881 alimentò per più giorni topi
con milza di conigli e di pecore morte di carbonchio e
non ebbe alcun morto, e ritenne perciò che l’infezione per
via intestinale non fosse possibile.
Pasteur e Toussaint ripeterono l’esperienza nel 1887
e 1882 ed ammisero che si può avere l'infezione carbon-
pb]
SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI 51
chiosa per via alimentare solo quando esistono lesioni
della mucosa.
Koch con Gaffky e Loeffler nel 1884 ripresero t'espe-
rienze su i montoni e stabilirono che l'infezione solo
avviene se s'introducono grandi quantità di spore e con
grandi quantità di bacilli, a mucose intatte. All'esame
istologico trovarono alterazioni nel canale intestinale mas-
sime nel duodeno, che era arrossato ed ulcerato : nel torace
erano spiccate le alterazioni dei fullicoli solitari, l’epitelio
in massima parte perduto e la superficie coperta da densi
ammassi di bacilli che erano penetrati nei tessuti e financo
nei vasi sanguigni. Negative risultarono però l’esperienze
sulle cavie.
Simoncini (1896) ebbe sulle cavie e conigli risultati
negativi con i bacilli e positivi con le spore in grande
quantità.
Korkunoff (1889) ebbe quasi sempre risultati negativi.
Il Buchner (1881) somministrando carbonchio unito a
polvere di carbone ebbe risultati in parte positivi e lo
stesso il Frank.
Nikolsky (1900) solo ammetterebbe che con alimenti
infetti da spore, il carbonchio si sviluppa altrettanto bene
che nell’infezione per qualunque altra via, quantunque le
sue esperienze sieno alquanto contradittorie.
Siechè riepilogando solo le spore in grande quantità
avrebbero veramente potuto dare sempre resultati positivi.
Non avendo a mia conoscenza l’esperienze per spie-
garci come è che l’animale possa sopravvivere all’ingestione
di colture carbonchiose; se cioè sia dovuto all’assoluta
impenetrabilità delle pareti intestinali, ovvero ad un grado
d’immunità che l’animale con questo mezzo ne guadagne-
rebbe, ho voluto riprenderne lo studio, ed a tale scopo ho
dato a mangiare a delle cavie, con pasti ripetuti in giorni
32 R. MARCHESINI
differenti, della mollica di pane imbevuta di coltura viru-
lenta carbonchiosa : ed eccone il risultato dell'esame.
I. esame. Cavia che ha mangiato con mollica di pane
colture virulente di carbonchio e che fu uccisa dopo 24 ore.
Lo stomaco presenta sfaldamento della macosa e nel
contenuto stomacale sì riscontrano bacilli carbonchiosi e
cellule fagocitarie.
Nei duodeno si riscontra la mucosa in qualche parte.
distrutta o necrosata.
Nel tenne è quasi nulla lesfoliezione della mucosa,
le cellule hanno aspetto normale e si notano macrofugi
nei villi.
Nel crasso l’epìtelio è normale, le cellule mucose sono
rigurgite di succo che rimane fortemente colorato col
metodo Gram, nelle feci vi è forte accumolo di batteri.
Il. esame. Cavia che ha mangiato mollica di pane con
colture verulente di carbonchio e che è stata uccisa dopo
4$ ore.
Stomaco, leggiero sfaldamento della mucosa : rari batteri
carbonchiosi nel contenuto gastrico.
Nel duodeno si nota sfaldamento epiteliale e qualche
punto necrotico.
Nell’intestino tenne le cellule dei villi si presentano
granulose e turgide, parte di esse smozzate e con piccoli
brandelli distaccati, come se fossero spinte ad una eccessiva
secrezione. Molti estremi dei villi sono mortificati, le cellule
mucose sono turgide di muco e perciò sporgenti.
Nel crasso si notano abbondanti bacilli nel contenuto,
l’epitelio in genere si presenta normale.
III esame. Cavia che ha mangiato mallica di pane con
coltura virulente di carbonchio e che è stata uccisa dopo
7 giorni.
Nello stomaco forte sfaldamento della mucosa.
SUCCHI, PANCREATICO-INTESTINALI 33
Nel duodeno e nel tenue necrosi epiteliali e presenza
di piccoli bacilli come frammenti di bacilli carbonchiosi.
Nel crasso la mucosa é integra, le cellule mucose sono
turgide e sporgenti. |
IV esame. Caria che ha mangiato mollica di pane con
coltura virulente di carbonchio e che è stata uccisa dopo
20 giorni.
Nello stomaco la mucosa è in condizioni normali e
non vi si scorgono che granali di batteri, colorati col Gram,
pielletteci
Nel duodeno e nell'intestino tenue la mucosa è pure
normale. Si notano molti lencociti nei villi e le cellule
mucose turgide sporgenti.
Nel crasso mucosa normale, le cellule mucose turgide.
È da notare che nel muco delle cellule mucose si
trovano spesso imbrigliate delle forme bacillari.
V esame. Caria morta dietro ingestione di colture car-
bonchiose.
Negli organi gastro intestinali di questa caria si nota
una vera distruzione di tutta la macosa con forte necrosi
e penetrazione di bacilli carbonchiosi di normale gran-
dezza.
Questo fatto mostrerebbe che in questo caso i batteri
carbonchiosi non hanno subito alcuna attenuazione e sono
perciò penetrati in tutta la loro virulenza. Però è da no-
tare che tanto gli organi di questa cavia come quelli delle
altre cavie che di sopra abbiamo esaminato, posti in ter-
reni di coltura, hanno dato tutti luogo e sviluppo di cul-
ture carbonchiose e capaci di uccidere per iniezione sot-
tocutanea tutte le cavie sottoposte.
Le conclusioni a cui noi potremo giungere da queste
esperienze sono, che la penetrazione attraverso le pareti
gastro-intestinali avviene sempre per una lesione che si
92
Bollettino Soc. Zool. Ital. Fasc. I e II. 1908. de
34 R. MARCHESINI
produce nella mucosa delle vie digerenti per causa stessa
dei microbi ingeriti. Se questa lesione molte volte non si
trova è perchè o non si è cercata là dove è avvenuta o è
stata rapidamente riparata da mucosa nuova. Che i bat--
teri del carbonchio attraverso questa breccia che si for-
mano penetrano sempre nell'interno degli organi, però per
questa via vi penetrano fortemente ridotti nella loro viru-
lenza per l’azione dei succhi digestivi e per la resistenza
opposta delle cellule del corpo; e quest’azione pare che
sia sufficiente a non permettere la loro moltiplicazione
nell'interno dell'organismo e perciò vi rimangono come
parassiti inerti, ed è questa la ragione per la quale l’in-
fezione carbonchiosa per la via ovale non uccide il più
delle volte gli animali. Qualora però i batteri arrivano a
superare la barriera epiteliale producendovi una vera.
breccia, senza dovervi passare come attraverso un filtro,
essi si gettano nelle vie sanguigne ed allora ia moltipli-
cazione sarà rapida e diffusa e l’animale vi soccomberà
rapidamente, come si è visto nel V esame descritto di
sopra.
I fatti oggi da molti accertati che le polveri inerti non
passano attraverso l’epitelio gastro-intestinale sono una
riprova di ciò che io sono andato esponendo, che cioè per
la penetrazione è assolutamente necessaria una abrasione
più o meno pronunciata dell'epitelio, che solo può avve-
nire dietro l’irritazione tossica dei batteri patogeni.
Gli autori hanno trovato che somministrando ripetute
dosì per via orale di colture batteriche di varie specie si
ottiene una resistenza di tutto l'organismo contro il rela-
tivo batterio ingerito, e ciò si dimostrerebbe col sottoporli
poi ad iniezioni sottocutanee di coltura virulenta del me-
desimo batterio ingerito. Questi fatti sono stati riscontrati
per lo streptococco, per il diplococco (Scognamiglio), per.
SUCCHI PANCREATICO-INTESTINAL 35
il tifo (Tehitchkine). Tale processo d'immunizzazione si
effettuerebbe secondo gli autori probabilmente per mezzo
di prodotti batterici, essendo eccezionale il passaggio dei
batteri stessi.
Ho voluto perciò ripetere anche io questa esperienza
su i bacilli del carbonchio, ed a tale scopo a cavie trattate
in antecedenza con pasti di colture carbonchiose ho pra-
ticate iniezioni sottocutanee di coltura virulenta ed ho avuto
che molte delle cavie hanno sopravissuto all’iniezione ma
altre mi sono pur morte per setticemia batterica carbon-
chiosa.
In questo caso l'immunità da me ottenuta non è stata
per virtù di prodotti batterici che abbiano predisposto l’a-
nimale alla resistenza ma bensì per la penetrazione di vere
forme batteriche che erano penetrate attenuate attraverso
l’epitelio sfaldato ed in parte necrosato, e siccome gli ani-
mali non muoiono in questo caso per tossine batteriche
elaborate, ma per setticemia batterica, perciò non si potrà
averne per questo mezzo la immunità assoluta.
Difesa cellulare.
La difesa che presenta la cellula della mucosa gastro-
intestinale ed essenzialmente quella del villo è una forte
secrezione granulare al di là della cuticola striata. Con-
temporaneamente a questo fatto si osserva un forte allun-
gamento della zona esterna della cellula al di là del nucleo
verso la cavità intestinale. A questo allungamento segue
uno sfaldamento cellulare di parte delle cellule, e così si
“vanno a formare strati granulosi insieme a vere cellule di-
staccate che formano una barriera all’epitelio ancora intatto.
In prosiego in alcuni punti avviene la necrosi dell’epitelio
stesso ed allora tutta la porzione prominente del villo
36 R. MARCHESINI
appare granulosa, distrutta e frammista a molti batteri.
In questo stadio uua seconda barriera di difesa si avanza
da parte del vaso linfatico che s’ingrossa a clava nella sua
porzione terminale ed è stipato di cellule bianche fagoci-
tarie. Qui i batteri riescono essenzialmente a penetrare in
virtù anche delle cellule bianche che li hanno in parte
ingoiati. In questo modo i batteri patogeni possono pene- .
trare sia per le vie linfatiche, che per le vie sanguigne,
ma certamente la loro virulenza deve essere di molto o
del tutto attenuata perchè non si ha una moltiplicazione
che invada le vie sanguigne e si riscontrano solo quelle
forme batteriche penetrate a stento e ridotte nella loro
forma e grandezza. Queste forme batteriche penetrate negli
organi per le vie delle linfe o del sangue, ponendo pezzi
di organi in coltura, sono però capaci di svilupparsi e di
riacquistare l'antica virulenza per potere uccidere una
cavia per iniezione sottocutanea.
Questi fatti spiegherebbero il perchè abitualmente
gli animali possano albergare nell'intestino batteri pato-
geni, senza che essi vadano sempre incontro all’infezione
rispettiva,
Il Pasteur asseriva che era necessaria una ferita del-
‘epitelio perchè avvenisse l'infezione carbonchiosa da ucci-
dere l’animale ed in ciò aveva ragione, perchè il batterio
in tal modo non subiva alcuna modificazione, alcuna atte-
nuazione, potendo sfuggire subito all’azione dei succhi
gastro-intestinali ed alla resistenza che opponeva l’epitelio.
Ma noi abbiamo visto che non è necessario però una
ferita perciò che riguarda il solo fatto meccanico della
penetrazione dei batteri carbonchiosi attraverso gli epitelii;
solo che questa penetrazione porta conseguenze molto
diverse, poichè in questo caso l’animale può resistere
all’infezione.
SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI 7
L'indice d’una supersecrezione cellulare della mucosa
gastro-intestinale è messo in evidenza dallo stato turgido
delle cellule mucose con zaffi di muco sporgenti nella
cavità intestinale, e che con il metodo Gram si tingono
a preferenza e danno così delle preparazioni molto dimo-
strative. Impigliati in questo muco si riscontrano alle volte
dei bacilli carbonchiosi, ma forse per il solo fatto della
sua viscosità.
Cosicché gli elementi che lottano contro una infezione
bacillare nelle vie digestive potremo riconoscerli nei succhi
digestivi, nella resistenza delle cellule della mucosa, nelle
cellule fagocitarie.
Queste mie ricerche porterebbero un contributo all’ar-
gomento tanto discusso sulla possibilità della penetrazione
dei batteri patogeni attraverso la mucosa intestinale, secondo
l’idea di Calmette e di altri, e spiegherebbero come il non
ritrovare segni della porta d’ingresso sia dovuta in parte
alla riparazione rapida che offrono gli epitelii, in parte che
non è facile riscontrare il punto d’entrata, che per alcune
forme batteriche può essere minimo e disposto differente»
mente lungo il tubo gastro-intestinale. Certo però dovremo
ritenere che la penetrazione avviene sempre e solamente
per una abrasione dell'epitelio o per un punto necrotiz-
zato dall'azione tossica dei batteri.
Nuova: cattura presso Roma di un CARPODACUS ERYTHRINUS (Pall)
Comunicazione del Socio Senat. Guido di Carpegna Failconieri
alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma
Ecco un terzo esemplare di Carpodacus erythrinus
(Pall.), italianamente Ciufolotto o Beccogrosso scarlatto, che
in questi ultimi anni ci venne fatto avvertire presso Roma,
e precisamente ai monti Parioli. Ricordo una quarta cat-
tura di questo raro uccelletto nel Frosinonese : e l’esem-
plare proveniente dalla collezione Lepri-Patrizi è conser -
vato nel nostro Museo universitario.
Questo che vi presento è femmina giovane, come lo
dimostrano i caratteri segnati per essa dal Savi, dal Sal-
vadori, e specialmente dall’Arrigoni degli Oddi. Fu colta
1 13 scorso Ottobre al paretaio dei marchesi Sacchetti
insieme a due verdoni, e il marchese Giulio nostro con-
socio, che l'ha fatta preparare e la possiede, ha voluto
cortesemente consentire, che io ve la mostrassi.
Insieme ad essa eccovi un bel maschio quasi adulto
appartenuto alla collezione del Magni Griffi, i cui esemplar
più rari furono per il Museo romano acquistati per cura
dell’egregio nostro Presidente. Esso è segnato come còlto
nel Maggio 1861 a Castelnuovo Magra. Taluni ne dubitano;
e gli Ornitologi italiani, anche nelle recenti pubblicazioni,
non mentovarono esemplari adulti a piumaggio rosso còlti
CARPODACUS ERYTHRINUS 39
in Italia. Ma noi perchè dubitarne, mentre dei tre esem-
plari romani uno appunto era maschio ed in abito adulto
Disgraziatamente fuggì di gabbia, ma ne fu conservata la
figura e il colorito in un disegno del Sacchetti-Barberini;
ed io stesso avevo avuto occasione di vederlo tuttavia
vivace ed elegante nella sua prigione.
Sono i Carpodacus (dal Greco: divoratori di frutta) un
gruppo di fringillini principalmente asiatico: se ne distin-
sero nel catalogo del Museo britannico ben n° 26 specie:
n° 18 asiatiche e n° 8 dell'America settentrionale. Soltanto
la specie erythrinus fu còlta sempre molto raramente in
Italia, ma può dirsi abbastanza comune nella Russia eu-
ropea; mentre è originaria dell'Asia settentrionale, ed emigra
nell'inverno in Persia e nell'India. La Fringilla incerta del
Risso colta nel Nizzardo, mentovata dal Bonaparte col
nome di Verdone bastardo, non è che un Carpodacus ery-
thrinus in un abito speciale color giallo dorato verdognolo
invece che rosso, assunto dal maschio forse nello stato di
domesticità. Dei Carpodacus si occupò per il primo assai
diffusamente il Bonaparte insieme allo Schlegel nella sua
ultima Opera assai rara sulle Loxtinae, o Fringillini dal
becco grosso, che io ho la fortuna di possedere.
AGGLIMATAZIONE IN ITALIA DEI NANDÙ
(Rhea americana)
Comunicazione del socio Senatore Guido di Carpegna Falconieri
alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma
L'on. senatore barone Giorgio Sonnino, mio egregio
amico e collega, volle cortesemente comunicarmi le se-
guenti notizie sull’acclimatazione dei Nandù o Struzzi d’ Ame-
rica in una sua tenuta di Toscana. Esso li ebbe da Genova,
dove vivevano in quel giardino zoologico, provenienti dalla
Repubblica Argentina. Ad ogni fine di Aprile facevano le
loro uova, ma non le covavano, e ciò proveniva quasi
certamente, perchè erano due maschi con una sola femmina.
Il Sonnino ebbe la fortuna di acquistare un ‘altra femmina
ed uno dei maschi morì; sicchè gli rimase un solo ma-
schio con due femmine. Alla primavera. il maschio, appena
le uova furono deposte dalle femmine, si mise da solo a
covarle, mentre le femmine oziosamente vagabondavano.
Ciò avvenne per altro soltanto dopo il terzo anno: al se-
condo ci furono le uova. ma nessuno si prese cura di
covarle. Di nido qualsiasi non è il caso di tener conto:
le uova erano sparse dalle femmine qua e là sul terreno, e
fra i cespugli, nè tutte nel medesimo luogo: quelle che
non erano troppo lontane erano con affettuosa cura riu-
nite dal maschio. Appena esso ne ebbe quattro o cinque
si pose alla cova, ma continuò a raccoglierne quando ne
vide altre a poca distanza: e taluna ne fu aggiunta anche
ACCLIMATAZIONE IN ITALIA DEI NANDÙ 41
dai guardiani; sicchè nella scorsa primavera ne copriva
il numero di 17.
Con mirabile abnegazione e pazienza rimase immo-
bile sulle uova per ben 35 giorni, perchè i pulcini comin-
ciarono a sgusciare dopo il trentatreesimo giorno. Fu cura
dei guardiani, che a lui non mancasse mai nè acqua nè
cibo : e qui fa mestieri vi accenni ad una curiosa particola-
rità. In questa spontaneamente forzata immobilità del di-
sgraziato covatore, in breve le penne oleose si ricoprirono
tutte di mosche, ma i pulcini appena nacquero, si presero
la cura di mangiarsele, quasi gratitudine all’amoroso padre:
rendendolo di nuovo nitido e pulito nel suo plumbeo piu-
maggio.
Queste uova sono più piccole assai di quelle degli
struzzi africani, ma raggiungono un peso di circa 8 uova
di gallina. Mi disse il collega che sono squisite a mangiarsi,
‘e che anche i piccoli Nandù sono ottimi entro l’anno dalla
loro nascita. Si addomesticano facilmente, anche troppo
da divenire importuni. Sicchè questa specie oggimai si
può dire, che accresca la ricchezza degli uccelli esotici se-
miselvaggi allevati nelle riserve allo stesso modo dei fagiani
‘orientali: ed essa può considerarsi realmente acclimatata,
perchè si cbbero già ulteriori prodotti di una seconda ge-
nerazione.
CONSIDERAZIONI
sopra un problematico incrocio di Felidi
Comunicazione alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA
del Socio Dott. PASQUALE MOLA
Tra i massi rocciosi che si trovano presso -Bulneri,
circondario di Sassari, fu catturato in una tana, assieme
ad una volpe, un felino (gatto selvatico ?) : che imbalsamato
fa mostra di sè nel Museo di Zoologia della R. Università
di Sassari.
Esso ha richiamato l’attenzione dei non pochi visita-
tori di quel Museo, tra i quali anche il prof. E. Simroth
dell’Università di Leipzig, e tutti si sono studiati a dare un
parere sul genere di quel felino.
Poichè il giudizio che di esso fu dato, non mi è sem-
brato attendibile, e spinto dal fatto di avere a mia dispo-
sizione l'esemplare imbalsamato, non che dalle varie e più
o meno esatte notizie che mi ha dato il preparatore di quel
Museo, sig. Tarasconi, mi sono determinato a dare una
descrizione dei caratteri estrinseci, e da essi dedurre qual-
che considerazione al riguardo.
Il corpo del gatto misura 50 cm. di lunghezza e la coda
cm. 25. L'altezza al sommo del dorso è di circa 30 cm. Il
pelame, lungo e folto, è bigio, chiaro dorsalmente e late-
ralmente: bianco ventralmente. Strie di color fulvo inter-
rompono la uniformità del colore: quelle del corpo lo
percorrono trasversalmente a guisa di anelli, senza ricon-
giungersi al ventre; quelle delle sambe sono trasversali
all'asse delle sambe. Alcune screziature si notano altresì
sul corpo dell’animale, ma esse sono dovute alle punte fulve
dei peli. |
La coda è cerchiata da strie, che verso la punta sono.
PROBLEMATICO INCROCIO DI FELIDI 43
più grosse, ivi se ne contano tre caratteristiche: l’ apice
codale è di color fulvo scuro. Una caratteristica fascetta
fulva si osserva dorsalmente la coda, fascetta che unisce i
tre anelli codali tra loro con l'apice di questa ultima.
La testa presenta anche delle strie, che partendo dalle
fauci si portano alla nuca, nel senso longitudinale. Due
partono lateralmente agli occhi, ciascuna per lato, e sì por-
tano alla base delle orecchie, dove ne incontrano una
grossa, che. passando per il mento, le dà l'aspetto di una
museruola. Un'altra grossa stria a guisa di collare si trova
alla regione giugulare.
Il padiglione delle orecchie è triangolare e ben pro-
nunziato ; la punta é acuminata e termina con un carat-
teristico ciuffetto di peli, lunghi, fulvi, folti e ritti di circa
3o mm.. a guisa di pennello, ciò che dà al felino l'aspetto
linciforme.
Il pelame del muso è bianco sporco, tendente al ros-
siccio; lo stesso colorito si riscontra ai piedi.
Parecchie file di peli setolosi, lunghi e poco flessibili, .
sì osservano al labbro superiore: e costituiscono i mustac -
chi del felino, che sono folti e ben pronunziati.
L'aspetto in generale © quasi tozzo.
Tali i caratteri esterni.
Che può dedursi da essi?
Stando ai caratteri che il Brehm nella « Vita degli ani-
mali » da alle linci d'Europa (Lyra vulgaris e pardinus) po-
trebbe quel felino caratterizzarsi per una tale lince: ma
cotesto giudizio sarebbe, a mio vedere, abbastanza azzardoso.
Infatti, stando ai caratteri del Brehm che dà alla Lynx
vulgaris: cioè orecchie lunghe e acuminate, terminate da
un ciuffetto a mo’ di pennello, di circa 5 cm. di lunghezza,
fatto di peli lunghi, neri, folti e ritti, e riscontrandosi nel
felino imbalsamato questi stessi caratteri, non potrebbe esso
44 PASQUALE MOLA
definirsi altrimenti che una Lyna vulgaris; tanto più, che
‘la differenza della lunghezza del ciuffetto di circa 35 mm.
più corta è dovuta alle condizioni meccaniche subite dal-
l'esemplare nella cattura, nel trasporto, nella imbalsama-
zione e pel tempo trascorso.
Aggiungi che a questo carattere tassidermico, il quale,
secondo il Brehm stesso, sarebbe il principalissimo per dif-
ferenziare una Lyux da un Felix catus si riscontrano nel
nostro felino anche gli altri, che il Brehm ci dà della Lynx,
e cioè che: sul grosso labbro superiore stanno parecchie
file di mustacchi lunghi e duri. Un pelame folto e morbido
avvolge il corpo... La coda, che è uniformemente pelosa,
ha una larga estremità nera, che ne comprende circa la
metà della lunghezza totale : l’altra metà è anellata indi-
stintamente con fasce sbiadite, che vanno disotto... nell’in»
verno il pelame si colora di bigio biancastro.
E se si volesse tener presente la biologia delle Lynx,
secondo il Brehm, sarebbe essa quella stessa del nostro
felide. Perchè anche esso come la Lyna vulgaris, abita i
grandi boschi... le località rocciose e deserte, ove trova gole
e caverne per ricoverarsi... Sovente si appropria le tane
delle volpi e dei tassi.
D'altra parte poiche il Temmink assevera nella sua
« Monographie de Mammalogie » l’esistenza in Sardegna ed
in Corsica di una Lyna pardinus, Oken, assai più piccolo
della vulgaris, io non sarei alieno di ascrivere il felino in
parola quale varietà della specie della Lyna pardinus.
Ma l’asserzione del Temmink è essa stessa un atto di
fede?
Nè può ritenersi che l'esemplare del felino in quistione
sia un vero e proprio Felir catus ferus, quando ad esso man-
cano tutti quei caratteri differenziali, che si presentano negli
altri esemplari del Felix catus ferus, comuni alla Sardegna.
PROBLEMATICO INCROCIO DI FELIDI 45
E allora?
Io ritengo che esso sia il portato di un incrocio, do-
vuto allo accoppiamento di una Lynx sp. (2?) con un Fe-
lix catus ferus: e ciò perchè nel nostro esemplare coesistono
caratteri esteriori che differenziano 1 due generi della fa-
miglia Felidae.
Sassari, novembre 1907.
OPERE, CONSULTATE
1827-35 — TEMMINK, C.I — Monographie de Mammatogie. T.1, I
pag. 116.
1871 —BRedMm, Ae. “La. vita degl animali. — Not. ]
(traduz.) Torino 1871.
_ — CornaLria, E. — Fauna d'Italia.>— Parte I. Milano,
Vallardi.
1774 — CertI. — Sforza naturale della Sardegna. — Sassari
1774, 3 Vol. in-8° tav.
1866 — GENNARI. — La Sforia naturale in Sardegna, nell'ultimo
ventennio. — Cagliari 1866.
1857 — La MARMORA, A. - Voyage en Sardaigne. — Zoolo-
gie Turin 1857. |
1869 — CaRRUccIO, A. — Catalogo metodico degli animali
rapportati dalle escursioni nelle provincie meridio-
nali, in Sicilia e. in Sardegna. 1868-69.
1906 — SmrorH, E. — Bemerkungen iber die Tierwelt Sardi-
niens. — Verh. d. Deutsch. Zool. Gesellschaft. 1906.
ANCORA DELLA LINCE DELLA SARDEGNA
NOTA
del Dottor PASQUALE MOLA
Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma
In alcune mie recentissime considerazioni (1) a propo-
sito di un felino inbalsamato ed esistente nel Museo di Zoo-
logia della R. Università di Sassari, ebbi a dire: che esso
è il portato di un incrocio dovuto allo accoppiamento di
una Lynx sp.(?) con un Felis catus ferus. Ora avendo avuto
il sig. Tarasconi Giovanni l'occasione d’imbalsamare un
grosso felino catturato sulle rocce del circondario di Nuoro
dal nobile Umberto Manca, ho voluto esaminare più atten-
tamente se la mia affermazione fatta allora abbia, oppur
no, ora la sua scientifica conferma.
L'aspetto di questo esemplare è assai fiero. Il corpo
robusto e compresso misura la lunghezza di circa un me-
tro; la coda è di cm. 33; l'altezza al sommo del dorso è
di;.circa (30,cm. |
Il pelame è folto, lungo e morbido : sulla faccia sì al-
lunga a guisa di barbozza. Il colore è rossiccio lungo il
dorso, quasi a forma di fascia ; lateralmente però tende al
rosso-bigio. Chiazze rosso-brune o bigio-brune si riscon-
trano sulla testa, sul collo, sulle spalle, sui fianchi. La
(1) MoLa P. — Sopra un problematico incrocio di Felidi. -- Boll.
‘Soc. Zool. Ital. — Roma 1908.
LA LINCE DELLA SARDEGNA 47
parte inferiore del corpo, la parte interna delle gambe,
non che quella anteriore del collo e delle labbra, sono
rossigne e tendenti al bianco sporco. Strie di color fulvo
trasversali all'asse interrompono la uniformità del colore
delle gambe.
La coda, uniformemente pelosa, presenta verso l’'estre-
mità tre grosse strie, a guisa di grossi anelli, di color nero
che in mezzo al colorito bigio-chiaro della porzione di coda
spiccano abbastanza. L'apice codale è dello stesso colorito
delle strie.
La testa, piuttosto grande, presenta due strie di color
nero, che partendo dalle fauci, includono gli occhi e si
portano trasversalmente alla testa, dove vanno a perdersi
nel collo.
Il padiglione delle orecchie è triangolare, ben pronun-
ziato e acuminato : esso è sormontato da un ciuffetto ca-
ratteristico a guisa di un pennello, costituito di peli lun-
ghi, rossicci tendenti al nero € ritti, lungo circa 3 cm.
Internamente al padiglione, il colorito dei radi peli è
fulvo : invece è bruno inferiormente e rossiccio, tendente
al nero, superiormente quello dei folti peli che sono
all’esterno.
Il grosso labbro superiore è fornito di mustacchi co-
stituiti da parecchie file di lunghi e setolosi peli. Il pelame
del muso è rossiccio : quello del naso, bianco sporco.
In complesso l’aspetto è abbastanza caratteristico.
Le zampe sono robuste e provviste di poderose unghie,
acute e retrattili.
Da quanto asserisce il sig, Mauca, esso fu trovato nella
foresta del circondario di Nuoro, randaggio su per quei
massi rocciosi, fu scovato dai cani, i quali furono da esso
assaliti e due anche rovinati, ciò fa arguire la sua grande
forza e ferocia.
45 PASQUALE MOLA
I caratteri innanzi detti di codesto felino messi a con-
fronto con quelli degli altri felini del luogo, fanno ritenere
che esso non è altro che una lince. caratteristica propria
della Sardegna, la quale, pur presentando i caratteri delle.
linci, non ha di comune con queste che i soli caratteri
generici. Nè è a dirsi che essa sia la lince. pardina de-
scrittaci dal Temmink nella sua « Monographie de Mam-
malogie = e che egli asserisce esistere in Sardegna : perchè
la diagnosi ne è negativa. Ed è perciò che io crederei op-
portuno assegnare a cotesta specie di felini un nome spe-
cifico che, rispondente alla regione ove vive, sarei pro-
penso sia quello di Lynx sardiniae - 1907..
Sassari, 5 dicembre 1907.
ISTITUTO DI ZooLogia DELLA R. UnIversITÀà DI RoMA
DIRETTO DAL PROF. COMM. A. CARRUCCIO
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTIGOLO
Storia, Morfologia, Anatomia Comparata, Istogenesi,
Hisiologia, Fisiopatologia, e probabile significato delle cellule interstiziali
del testicolo.
Comunicazione del socio Dott. VALENTINO BARNABO”
(Continuazione — Ved. fasc. VII, VIII e IX, 1907)
Variazioni patologiche.
Della patologia delle cellule interstiziali poco si co-
nosce; eppure anche questo è un argomento assai interes-
sante da studiare sotto varii punti di vista, potendo anche,
tra l’altro, la patologia, rischiarare le nostre idee sulla
fisiologia di questi elementi.
Jacobson nel 1879 cercò di dimostrare che il numero
delle cellule interstiziali aumenta coll’infiammazione del
testicolo, per poi diminuire dopo cessato lo stato morboso .
Malassez e Terillon hanno eseguito delle ricerche speri-
mentali, mediante iniezioni di nitrato d’argento, sull’ana-
tomia patologica, dell’epididimite consecutiva all’infiam -
mazione del canale deferente; ma non parlano in modo
speciale delle cellule interstiziali.
Regaud descrive un caso di trasformazione paraepite-
liale delle cellule interstiziali nel testicolo di un cane, pro-
babilmente in seguito ad un’ antica orchite. Questa osser-
Bollett. della Soc. Zoolog. Ital. — Anno XVI, 1908, Fasc. I e II. 4.
50 VALENTINO BARNABÒ
vazione dimostra che la regressione e la sparizione dei
tubuli seminali e della funzione spermatogena non si ac-
compagna sempre colla diminuzione .e colla sparizione
delle cellule interstiziali: e ciò prova una volta di più
l’indipendenza funzionale dell'elemento interstiziale da
quello seminale. Inoltre le cellule interstiziali, elemento
del connettivo secondo Regaud, sono capaci, probabilmente
in vista di una secrezione interna più attiva, di ordinarsi
più strettamente intorno ai vasi sanguigni, in modo da
sembrare dei paraepiteli. Ciò è normale del resto in alcuni
animali, come il gatto e il porco.
Hansemann nell’anemia perniciosa ha notato iper-
trofia dell’apparato interstiziale. Mathieu ha descritto le
cellule interstiziali numerose, contemporaneamente all’an-
nullamento della spermatogenesi, in un caso di un indi-
viduo morto per febbre continua (?). Bouin e Ancel hanno
trovato gli stessi fatti in individui morti per tubercolosi.
In affezioni delle vie eliminatrici dello sperma si è
visto che le cellule interstiziali non ne soffrono. Ciò è
stato osservato in affezioni dell’epididimo e del canale de-
ferente da Hansemann, da Lybarsch per la tubercolosi,
da Mathieu, da Malassez e Terillon, da Regaud in un cane,
da Bouin e Ancel per l’epididimite tubercolare nell'uomo
e nella cavia. Così questi ultimi autori hanno studiato
soggetti con stenosi patologiche delle vie eliminatrici dello
sperma, ed hanno potuto vedere che quando l’affezione è
circoscritta, i canalicoli seminiferi perdono la loro attività
ma la glandola interstiziale persiste.
Ancel e Bouin hanno anche osservato che nelle in-
tossicazioni da alcool o da tossine tubercolari, o nelle
infezioni, come la tubercolare e la carbonchiosa, la glan-
dola interstiziale si ipertrofizza e la sua secrezione si esa-
gera come se avesse per scopo la difesa dell’organismo.
d‘ DI
LA CLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO DI
L’atrofia della glandola e la sparizione del suo secreto si
constatano soltanto alla fine dell’intossicazione cronica,
oppure nelle intossicazioni gravi e rapide.
Da queste ricerche, per quanto frammentarie ed in-
complete, pure si può dedurre che anche in condizioni
patologiche le cellule interstiziali subiscono delle varia-
zioni notevoli ; e che tali alterazioni sono sempre riportabili
a quelle osservate anche in condizioni fisiologiche e tera-
tologiche.
[RX FISTIOPATOLOGIA:
In questo capitolo ci occuperemo della parte esperi-
mentale che riguarda le cellule interstiziali del testicolo.
Dopo che Brown Séquard nel 1875 cominciò degli espe-
rimenti per dimostrare la esistenza della secrezione interna
delle ghiandole sessuali, si aprì un nuovo adito alle ri-
cerche che divennero numerosissime, sia nel campo delle
ovaia, sia nel campo dei testicoli, restringendosi in seguito
in modo speciale agli elementi interstiziali delle glandole
sessuali.
Brown Séquard dal 1889 al 1891 pubblicò varie note,
in cui riportava i risultati ottenuti colle iniezioni di estratti
di testicoli di varii mammiferi, e venne alla conclusione
che dopo tali iniezioni aveva potuto riscontrare in sè stesso
un notevole risveglio delle facoltà intellettuali, maggiore
resistenza alla fatica mentale e fisica, e miglioramento nelle
funzioni digestive. Le ricerche di questo autore non ave-
vano la garanzia di fatti osservati obbiettivamente : tuttavia
dopo di lui molti studiosi adottarono anche a scopo tera-
peutico le iniezioni di succo testicolare in isvariate con-
tingenze morbose, senza però ritrovar mai l’azione straor-
dinaria di cui aveva parlato Brown Séquard.
52 VALENTINO. BARNABÒ
Numerose ricerche furono poi eseguite per l’ovaio, e
di queste accenneremo qualcosa in seguito. Per il testicolo
furono eseguiti tre ordini di esperienze: la legatura e re-
sezione del dotto deferente ; il trapianto dei testicoli, ripro-
ducendo anche sperimentalmente la criptorchidia; e
l'iniezione sclerogena di sostanze causticanti destinate a
distruggere la parte seminale, conservando la parte inter-
stiziale del testicolo. E ora sarà bene esaminare partita-
mente queste esperienze.
Legalura e resezione dei deferenti.
I deferenti sono stati legati e resecati sperimentalment e
e qualche volta anche a scopo terapeutico, per varie ragioni;
sia coll’intento di provocare l’atrofia del testicolo, sia di
rendere atrofiche le glandole annesse all’apparato genitale
come la prostata, sia per produrre un maggiore sviluppo
e una vera ipertrofia nella cosiddetta glandola interstiziale.
Molti autori hanno eseguito queste esperienze ottenendo
risultati assai discordi tra loro. Tale diversità di risultati
dipende dal fatto, messo in luce da studi più accurati, che
la legatura o resezione degli uni o degli altri elementi del
funicolo spermatico, che negli animali da esperimento
difficilmente si possono isolare e separare, producono ef-
fetti diversi, tanto sugli elementi seminali, quanto su
quelli interstiziali del testicolo.
Obolensky pel primo nel 1867 aveva constatato l’atro-
fia totale del testicolo, producendo nei cani e nei ‘ conigli
la resezione del nervo spermatico sotto l'anello inguinale
esterno. Dopo di lui Jacobson aveva notato, come notò in
seguito White, la cancrena del testicolo che segue, anche
nell'uomo, dopo la legatura dei vasi spermatici. Miflet in-
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO DS
vece concluse dalle sue esperienze che la legatura dell’ar-
teria e delle vene spermatiche apporta bensì l’atrofia del
testicolo, ma senza inconvenienti di sorta. Si avrebbe così
prodotta una castrazione fisiologica. Alessandri fece uno
studio più accurato e completo degli effetti sul testicolo
della resezione dei vari elementi del condotto spermatico.
Egli nei cani isolava con attenzione i singoli elementi del
condotto spermatico, e di poi legava ora l’arteria, ora i
nervi, ora le vene, ora il dotto deferente. Trovò così che
si avevano risultati differenti sull’atrofia del testicolo, e
precisamente si otteneva un’atrofia rapida, quando erano
stati legati i vasi; mentre l’atrofia che seguiva alla lega-
tura del deferente non era molto netta, nè altrettanto ra-
pida. Tournade dopo di lui ha trovato che si hanno anche
effetti diversi sul testicolo quando la interruzione del de-
ferente è stata obliterante oppure non lo è stata del tutto.
. Egli ha ottenuto risultati assai interessanti con le sue
esperienze, adoperando nei cani la legatura, o la sezione
col termocauterio, o lo schiacciamento. Qnando il defe-
rente è obliterato subito e definitivamente, il testicolo pre-
senta un'involuzione regressiva, comprendente tre stadi :
in un primo periodo le cellule seminali già persistenti de-
generano e spariscono ; in un secondo periodo riappare,
ma incompletamente, la spermatogenesi , e nel terzo ed
ultimo periodo si ha la completa sterilità. Il canale defe-
rente non completamente obliterato può invece lasciar
versare lo sperma nel tessuto perideferenziale, dando
luogo alla produzione di una cisti di riserva dello sperma
causa quindi della non completa atrofia del testicolo, e
delle conseguenti divergenze nei risultati. L’atrofia del te-
sticolo, ottenuta in modo completo nel primo caso, si
spiegherebbe come l’atrofia di una ghiandola col condotto
escretorio obliterato.
54 VALENTINO BARNABÒ
Ma, come dicevo, molti osservatori hanno studiato ciò
che avviene nel testicolo dopo la stenosi o. l'interruzione
del deferente, senza preoccuparsi di altro, e hanno anche
ottenuto risultati discordi tra loro. Così Brugnone e Gos-
selin nel 1847 ritennero che la stenosi del canale deferente
non avesse azione sulla spermatogenesi e non conducesse
alla consecutiva atrofia della glandola sessuale. Conclusero
anzi che il testicolo, il cui prodotto non arriva fino alle
vescicole spermatiche, non si atrofizza e seguita a pro-
durre fisiologicamente dello sperma. Dopo il lavoro di.
Tournade si comprende bene come Brugnone e Gosselin
possano aver ottenuto tali risultati dalle loro esperienze.
Cosi anche Cooper ha estirpato il deferente senza ottenere
atrofia del testicolo : e altrettanto ottennero Curling, Go-
dard, Guyon in uomini operati di castrazione fisiologica,
Harrison, e Runeau, secondo il quale il testicolo dopo la
resezione del deferente continuerebbe a srilupparsi e a
funzionare. Brissaud aveva sezionato il deferente nel co-
niglio; e dopo l’operazione teneva una serie di animali se-
parati dalle femmine, e un’ altra serie uniti con le fem-
mine. Mentre nei primi si aveva subito l’atrofia del testi-
colo, nei secondi invece la spermatogenesi già in atto sì
compiva con grande rapidità da principio, e poi spariva
e il testicolo tornava allo stato di neutralità funzionale.
Bouin infine notò che dopo la legatura del deferente spa-
riscono gli elementi seminali, ma non si occupò degli
elementi interstiziali.
Come ho detto, la resezione dei deferenti è stata pra
ticata anche, sia sperimentalmente, che a scopo terapeu-
tico per ottenere l’atrofia della prostata. Sebbene questo
argomento di pertinenza chirurgica possa a prima vista
sembrare estraneo al nostro studio, pure desidero accen-
narne qualcosa, in base alle moderne teorie riguardanti
_
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOEO 009)
l'influenza esercitata dalla glandola interstiziale su tutto il
tratto genitale e anche sulle glandole accessorie. Le ri-
cerche di Lannois (1884) avevano già dimostrato i rapporti
funzionali tra il testicolo e la. prostata, e che. la castra-
zione produceva l’atrofia di questa ghiandola. Dopo la
proposta di White (1893) la castrazione era stata difatti
usata con successo in vari casi da Lannois, da Picquois,
da Roth, da Powal, da Heynes, da Schnitzler, e da Ramm,
Isnardi iniziò poi la sezione dei deferenti in un caso di
disuria senile : e dopo di lui la operazione fu anche ese-
guita da molti operatori. Nel 1895 Brown riportò un caso
di legatura di deferenti in un prostatico con successo te-
rapeutico ; e dopo di lui Chalot, sezionando tra due le-
gature il deferente, aveva ottenuto la riduzione di volume
della prostata, e il malato aveva potuto riprendere anche
i rapporti sessuali. Rjewalsky sosteneva che l’atrofia della
prostata per la resezione dei deferenti fosse dovuta alla
sezione dei nervi di Cooper, piuttosto che alla interruzione
del deferente stesso, cosa questa che, se pure può avere
un valore relativo, non può più al giorno d'oggi averne
uno assoluto. Pavone colla recisione dei deferenti ha ot-
tenuto l’atrofia degli elementi della prostata; e ha osser-
vato inoltre, come confermò poi Tournade, che recidendo
il deferente, può il lume di questo dotto non obliterarsi
e il liquido testicolare versarsi continuamente nel tessuto
connettivale lasso del cordone, venerdo riassorbito. La
semplice legatura può poi non riuscire, anche perché il
lume del canale è molto piccolo, mentre lo spessore delle
pareti è relativamente molto grande, e le pareti al tempo
stesso sono resistenti e rigide; perciò il filo di legatura
può recidere le pareti, ottenendosi allora gli stessi effetti
che per la recisione. Per ovviare a tale inconveniente Pa-
56 VALENTINO BARNABÒ
vone propone la recisione del deferente e la consecutiva
torsione dei due monconi. |
Dopo Pavone, Negretto operò, secondo Zappalà, due
prostatici colla resezione del deferente con buoni risultati.
Altre operazioni furono eseguite da Fritsch, da Harrison
con la legatura a livello dell'anello inguinale, da Guyon,
da Guelliot, da Haynes e Mears, da Mac Munn, da Chau-
veau, da Vautrin, da Richmond, e da Frani che riporta
quattro casì di prostatici guariti. Pavone pubblicò nel 1896 un
altro caso operato secondo il suo metodo di recisione del
deferente e torsione dei peduncoli, con certezza di com-
pleta obliterazione del canale; e notò che di pari passo si
ottenne atrofia della prostata e atrofia del testicolo. Routier
considera il processo di resezione dei deferenti superiore
alla castrazione nella cura dell’ ipertrofia prostatica. Legnew
chiama la sezione del dotto deferente castrazione fisiologica,
e dice che ha gli stessi effetti della castrazione sulla prostata;
soltanto con questo mezzo si ottiene un’afrofia più lenta,
e inoltre qualche volta segue o qualche volta precede l’a-
trofia del testicolo. Finalmente Athanasoff procedette a
ricerche istologiche sulla atrofia prostatica, dopo aver ese-
guito la castrazione, la vasectomia, e la iniezione sclero-
gena epididimale di sostanze caustiche, distruggenti gli ele-
menti seminali del testicolo.
Vi è dunque certo un rapporto tra l’atrofia della pro-
stata e l’atrofia del testicolo, che succedono entrambi per la
medesima operazione. Certo sì può pensare che la prima
sia subordinata alla seconda, sebbene Legneu abbia detto
che l’atrofia testicolare in qualche caso può susseguire a
quella prostatica. Ma avviene l’atrofia dell'elemento semi-
nale del testicolo o si altera l'elemento interstiziale ? Qual’è
dunque la parte del testicolo che ha influenza oltre che su
tutto l'organismo, anche sulla prostata? Per rispondere a
eta ni
LE CLANDOLE INTERSTIZIALI DEL TESTICOLO 07
tali domande occorre vedere prima gli studii di coloro che
hanno sperimentalmente proceduto alla resezione dei de-
ferenti per osservare in modo speciale le alterazioni degli
elementi interstiziali. E questi sono i lavori più interes-
santi pel nostro presente studio.
Bouin e Ancel si sono specialmente occupati della
questione e hanno pubblicato 1 risultati delle loro espe-
rienze in una numerosa serie di comunicazioni dal 1903
in poi. Essi per chiarire anche coll’esperimento la indi-
pendenza della glandola interstiziale dalla parte seminale
del testicolo, indipendenza già dimostrata dal puntò di
vista morfologico, embriogenetico, fisiologico e patologico,
procedettero alla legatura del deferente, con lo scopo di
far -degenerare gli elementi seminali, lasciando intatte le
cellule interstiziali. Le esperienze vennero eseguite sulla
cavia; e portarono alla degenerazione della giandola semi-
nale, avvenuta di giorno in giorno dopo l'operazione con
ia scomparsa da principio degli spermatidi, poi degli sper-
matociti e finalmente degli spermatogoni. Le cellule inter-
stiziali invece persistono come normalmente e come negli
animali criptorchidi. Le ricerche di Brugnone, Cooper, Bris-
saud, Bonin, Pruneau, che avevano condotto questi autori
a ritenere che la glandola testicolare non si atrofizzava
portarono a tal risultato perchè, secondo Bouin e Ancel,
gli esperimenti non avevano durato un tempo sufficiente.
Richon e Jeandelize studiarono poi l'influenza della
castrazione e della sezione del canale deferente sullo svi-
luppo degli organi genitali esterni nel coniglio giovane, e
notarono che lo verga cresceva lo stesso, mentre nel te-
sticolo persistono le cellule interstiziali e si atrofizza la
parte seminale. Conclusero quindi che la glandola inter-
stiziale abbia da sola l’ufficio della secrezione interna te-
sticolare, e che gli effetti osservati nell'organismo dopo la
58 VALENTINO BARNABÒ
castrazione sono dovuti alla mancanza delle. cellule inter-
stiziali. A questo lavoro Bouin e Ancel obbiettarono per
altro che la glandola seminale in via di atrofia può an-
cora eliminare dei prodotti, assorbibili dall'organismo: e
che inoltre persiste il sincizio nutritizio, agli elementi del
quale potrebbe essere dovuta, almeno in parte, la secre-
zione endocrina. Ciò non succede invece nel testicolo in
ectopia, il quale quindi si presta meglio per lo studio di
tale questione. In una nota successiva Bouin e Ancel con-
cludono anche, criticando il lavoro di Richon e Jeandelize,
che la legatura del canale deterente soltanto negli animali
giovani, il cui testicolo possiede ancora la struttura em-
brionale, non arresta lo sviluppo nè della glandola semi-
nale nè di quella interstiziale; e che non si sia questa - ul-
tima annullata, lo dice il fatto dell'apparizione dei carat-
teri sessuali. Tali caratteri sono certo sotto la dipendenza
della glandola interstiziale ; ma occorre prima dimostrare.
che le cellule seminali e il sincizio del Sertoli non sono
apparsi in alcun periodo déllo sviluppo del testicolo. E in
quanto a me, sembra che le obbiezioni di Bouin e Ancel
siano molto serie e ragionate.
Successivamente Bouin e Ancel per dimostrare nei
soggetti adulti che le cellule seminali non possiedono alcuna
azione sull'organismo, hanno studiato gli animali che hanno
subìto una stenosi esperimentale delle vie eliminatrici dello
sperma, operando sul cavallo, sul coniglio e sul cane. Hanno
allora veduto che gli elementi seminali spariscono a poco
a poco gradatamente, che il sincizio nutritizio persiste sol-
tanto contro la faccia interna del tubulo seminale, che la
glandola interstiziale persiste morfologicamente eguale alla
normale, che l'istinto genesico è conservato, e finalmente
che i caratteri sessuali sono accentuati. Pertanto gli autori,
accordando tali ricerche sperimentali con quelle eseguite
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 09
sugli animali criptorchidi e su individui soggetti a stenosi
patologiche, e di cui abbiamo già parlato, concludono che
le cellule seminali non hanno alcuna influenza sul man-
tenimento dei caratteri sessuali e dell’ istinto genesico, e
che l'integrità di questi caratteri e di questo istinto è solo
associata all’integrità della glandola interstiziale e del sinci-
zio nutritizio.
Ma Bouin e Ancel vollero anche dimostrare che il sin -
cizio nutritizio non ha alcuna azione sull'organismo: e per-
tanto hanno sperimentalmente distinto il sincizio nutritizio
dalla glandola interstiziale, togliendo agli animali un testi-
colo, e resecando un tratto del deferente dell’altro testicolo.
Essi hanno ottenuto così la completa scomparsa della glan-
dola seminale, degenerazione assai avanzata del sincizio
del Sertoli, e anche una ipertrofia, da loro detta compen-
satrice, della glandola interstiziale.
Finalmente Bouin e Ancel desiderarono di spiegare il
fatto, osservato in alcune esperienze colla legatura del defe-
rente, in cui gli animali, al contrario di ciò che soleva suc-
cedere, assumevano tutti i caratteri dei castrati, e oltre alla
scomparsa degli elementi seminali nel testicolo, si notava
anche atrofia delle cellule interstiziali. Essi pensarono che
tali risultati disaccordi fossero dovuti alla resezione dei
nervi che decorrono nel connettivo perideferenziale ; e tale
loro supposizione era ben giusta e trovava riscontro anche
nelle ricerche di Alessandri e degli altri.
Bouin e Ancel ottennero difatti presso a poco gli stessi
risultati, sezionando solamente il connettivo perideferen-
ziale in cui decorrono i nervi. E in tal modo nella glan-
dola interstiziale, ottennero pure una annichilazione fun-
zionale a cui sarebbero dovuti i caratteri da castrato assunti
dagli animali in quelle esperienze.
Le esperienze di Bonin e Ancel non restarono senza
60 VALENTINO BARNABÒ
critiche, e Loisel intraprese una polemica. a cui risposero
i due ricercatori. Di ciò intendo parlare però, quando esa-
mineremo le diverse opinioni sull’ importanza fisiologica
della glandola interstiziale, ed avremo espletato i vari argo-
menti addotti come fatti da questi autori.
Trapianto dei testicoli.
Altre esperienze riguardano ciò che avviene delle cel-
lule interstiziali, e in genere del testicolo, quando si tra-
pianta nello stesso animale a cui appartiene, o in un altro.
E sono esperienze molto interessanti, quantunque non siano
complete e non abbiano procurato gli stessi risultati sod-
disfacenti, a cui portarono simili esperienze nelle femmine
per le ovaia,
Herlitzka fece delle interessanti ricerche sul trapianto
dei testicoli nei Tritoni; e descrisse i fenomeni di degene-
razione nei testicoli, trasportati da un individuo ad un
altro, sia maschio che femmina. ln generale tutti gli ele-
menti del testicolo degenerano; e ciò secondo l'Autore, deve
dipendere dalla mancanza dello stimolo trofico esercitato
dal sistema nervoso.
Foà ripetè gli stessi esperimenti sui Mammiferi, e os-
servò pure che il testicolo, sia allo stato embrionale che
allo stato adulto, non può essere trapiantato, tanto nello
stesso animale, quanto sopra un altro animale della stessa
specie, perchè il tessuto gserminale sparisce completamente
dall'organo trapiantato. Foà però non si è occupato degli
elementi interstiziali.
Le altre ricerche che si hanno su questo argomento,
riguardano il trapianto dei testicoli in condizioni speciali,
riproducendo cioè la criptorchidia sperimentalmente, ripor-
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 61
tando quindi il testicolo nelle condizioni in cui si trovava
prima dello sviluppo. Ebbene Piana, che nel 1891 produsse
sul topo bianco l’ectopia sperimentale del testicolo, ebbe
a constatarne la successiva atrofia. E Stilling che due anni
dopo ripetè tali esperimenti nel cane, trovò pure che il
testicolo si atrofizza in due o tre mesi, e che l’epitelio
germinativo dei tuboli si riduce a qualche spermatogonio
e a qualche cellula di sostegno. Ma nessuno dei due autori
parla dell'elemento interstiziale in modo speciale.
Così non ne parla neppure Griffiths, al quale tuttavia
si deve un importante studio sui cambiamenti di struttura
nel testicolo riportato nella cavità addominale. Egli fissava
nel cane il testicolo nell’addome, e notò che quando sì
opera un animale prima dell’epoca della pubertà, la glan-
dola sessuale regredisce, ma di poco; mentre quando si
opera un cane già pubere, il testicolo si riduce di volume
di molto. In quanto alla struttura non si trova nei tubuli
seminiferi che un solo strato di cellule, le quali poggiano
sopra una membrana propria. Questa membrana negli
stadi successivi si ispessisce e si trasforma addirittura in
un cordone fibroso.
Altre esperienze furono eseguite poi da Bouin e Ancel,
1 quali riprodussero la criptorchidia nel porco, nel cane,
nella cavia e nel coniglio, e ne conclusero che la ghian-
dola interstiziale dei Mammiferi adulti mantiene l'integrità
del tratto genitale e l’attività genitale; e che quella dei
Mammiferi giovani tiene sotto di sè lo sviluppo del tratto
genitale e l'apparizione delPattività genitale. Essi difatti
morfologicamente riscontrarono che anche in condizioni
sperimentali si osservano gli stessi fatti notati nel testicolo
di per sè ectopico degli animali criptorchidi.
Finalmente ricorderò ancora un precedente lavoro di
Ancel e Bouin, nel quale è descritto un caso di ipertrofia
62 VALENTINO BARNABO
compensatoria della glandola interstiziale in un verro crip-
torchida, che era stato castrato da una parte. Questo
fatto dimostra indubbiamente, secondo gli autori, ma non
del tutto, secondo me, che si tratti di una secrezione in-
terna della glandola interstiziale, la quale non serve solo
ad assicurare la nutrizione degli elementi sessuali, ma ha
anche un’azione generale sull'organismo.
E per ultimo accennerò a qualche altra esperienza.
Malassez e Terillon fecero dei tentativi di iniezioni scle-
rogene di soluzioni di nitrato d’argento nell’epididimo di
vari animali; ma non furono tentativi coronati da suc-
cesso, e i fatti osservati non furono del tutto persuasivi.
Bouin e Ancel ripeterono poi simili esperienze.
(Continua)
ISTITUTO DI PARASSITOLOGIA MEDICA DELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA
diretto dal Prof. MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA
Caso raro di parassitismo, dovuto a contemporanea
dimora nell'intestino d'una giovinetta della HY-
MENOLEPIS DIMINUTA (Rud.), dell'ASCARIS
LUMBRICOIDES L. e di numerose larve di CAL-
LIPHORA VOMITORIA (L).
Comunicazione fatta alla SOCIETÀ ZCCLOGICA ITAL'ANA con sede in Roma
dal prof. M. Condorelli Francaviglia
Il Dott. Anzalone m’inviava nel mese di dicembre del-
l’anno scorso, per mezzo dello studente di medicina si-
gnor Aguglia, una boccetta contenente dei parassiti in
alcool, espulsi, col vomito, da una giovinetta di Castro-
giovanni dell’età di anni 16. La ragazza da qualche tempo
digeriva con difficoltà, provava quasi sempre un senso di
pesantezza all’epigastrio, e spesso soffriva di vere coliche
gastralgiche, accompagnate da vomiturazioni e da vomiti.
In una di queste crisi, e precisamente nell'ultima, la gio-
vine donna espulse, col vomito, insieme a liquido bian-
chiccio, semitrasparente e viscido, numerosi parassiti, che
riferisco a due specie di vermi, Hymenolepis diminuta
(Rud.) e Ascaris lumbricoides (L.) e a una larva di dittero,
Calliphora vomitoria (L.).
I. —- L'espulsione dell’Ascaris lumbricoides, per la via
della bocca e durante i conati di vomito, è un fatto co-
64 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA
mune ed ovvio, che non meriterebbe di essere accennato,
se esso nematode, nel caso in esame, non facesse compa-
gnia a due altri parassiti, che hanno speciale importanza,
poichè molto raramente si rinvengono nell'uomo.
(zxli ascaridi da me osservati sono due, un maschio ed
una femina, semidigeriti e ridotti in brandelli, cosicchè di
essi non vi sono che gli avanzi, rappresentati da lembi
più o meno estesi della parete del corpo, formata dalla
spessa cuticola e dalla sottostante tunica muscolare, da
diversi tratti del tubo digerente e da un piccolo gomitolo,
fatto da filamenti lunghi ed alquanto intrecciati fra loro,
dei quali taluni sono dello spessore di un pelo di coda
equiua, altri di diametro maggiore : negli uni all’osserva-
zione microscopica ho constatato la struttura del testicolo,
negli altri quella dell’ovaia.
Essi Ascaridi, evidentemente, prima dell’ espulsione
avevano soggiornato alquanto nello stomaco e in parte su-
bìto l’azione digestiva del succo gastrico.
II. — Hymenolepis diminuta (Rud.). — Di questo ce-
stode, che va pure coi nomi di Taenia diminuta Rud.,
T. leptocephala Crepl., T. flavo-punctata Weinld., T. mi-
nima (Grassi (1), ho rinvenuto numero 6 individui com-
pleti, più tre frammenti riferentisi alla porzione anteriore
(1) Non credo opportuno, fra la sinonimia di questo cestode, inclu-
dere il nome di Taenia varesina E. Parona, come vorrebbe il Braun
(I parassiti animali dell’uomo, traduz. Dott. T. Crevatin, Milano, pag.202),
in quanto che il Parona, come risulta dal testo del suo interessante la-
voro non intese farne una nuova specie: « Riflettendo... all’analisi di al-
« cuni caratteri, che mi sembrano i più significativi, per la Taenia
« flavo-punctata e la tenia che ho qui descritta, reputai più ragionevol-
« mente chiamare la medesima una probabile Taenia favo-punctata, an-
« zichè creare un nome nuovo per essa, ed accrescere ancora di una le
« numerosissime specie delle tenie ». (E. Parona — Di un caso di
Taenia flavo-punctata (?) riscontrata in una bambina di Varese; in:
giornale della R. Accademia di Medicina di Torino, febbraio 1884).
HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 65
e posteriore dello strobila. La lunghezza degli esemplari
intieri oscilla da un minimo di cm. 11 ad un massimo
di cm. 17; quella dei frammenti è rispettivamente di
cm. 4-6-7.
La testa è piccolissima, claviforme, con diametro tra-
sversale (mm. (),350) maggiore di quello longitudinale
(mm. 0,270), troncata in avanti, ove porta un infossamento
centrale a forma d’intundibulo, che accoglie un rudimento
di rostro piriforme ed inerme, In due esemplari questo
piccolo rostro l'ho visto appena protratto. Le ventose, pic-
cole e profonde, sono vicinissime alla sommità della testa.
Senza limite alcuno di demarcazione lo scolice si continua
con il collo filiforme, lungo mm. 3,3 e spesso mm. 0,220,
uniformemente liscio ed indiviso.
Le prime proglottidi sono assai corte e appena distinte,
quelle, che vengono subito dopo, nettamente separate l'una
dall’altra, sono larghe mm. 0.54 e lunghe mm. 0.112, a
margini laterali regolarmente arcuati con convessità esterna;
le seguenti si fanno sempre più lunghe ed in proporzione
meno ampie, con un margine posteriore che oltrepassa i
limiti di quello anteriore, per cui esse assumono la forma
trapezoidale: la lunghezza delle proglottidi in prosieguo
aumenta progressivamente sino alla estremità posteriore
della catena ove si fanno rettangolari, poco più larghe
(mm. 2.50), che lunghe (mm. 1,90); le ultime due proglot-
tidi, negli individui veramente completi, sono maggior-
mente sviluppate nel senso della lunghezza, sopratutto
l’ultima, ch'è di forma ovale, molto depressa, priva di
uova, lunga mm. 2.38 e larga mm. 0.62. Secondo Railliet (1),
(1) A. RA1LLIET - Yraité de Zoologie Médicale et Agricole, Paris,
1895, pag. 269.
Bolltett. detta Soc. Zool. Italiana, — Auno XVI, 1988. Fasc. I e II. Da
66 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA
Braun (1), Perroncito (2), Moniez (3) ed altri la lunghezza
delle ultime proglottidi mature non supererebbe mai l’am-
piezza delle medesime, ma sarebbe di gran lunga inferiore
(lungh. mm. 0.66-mm. 1, largh. mm. 2-mm, 3.9): secondo
E. Parona (4) si avvicinerebbe alguanto (lungh. mm. 3, lar-
ghezza mm. 4); secondo la mia osservazione invece la supe-
rerebbe (lungh. mm. 3.62, largh. mm. 2.38). La ragione delle
diversità delle misure da me trovate, credo sia questa, che
gli altri autori riferiscano le loro misure a tenie dal cui
strobila si erano distaccate le ultime proglottidi. Difatti anche
io in 5 dei 6 esemplari completi ho trovato le proglottidi
terminali ripiene di uova e sempre più larghe che lunghe,
mentre nel sesto individuo rinvenni le due ultime pro-
glottidi vuote, depresse e con lunghezza maggiore della
larghezza. Dal quale reperto si deve inferire che quest’ul-
time ordinariamente si distaccano prima di svuotarsi, ma
talvolta prima si svuotano, assottigliandosi ed allungandosi
per tale fatto, e poscia, dopo qualche tempo, si separano.
L'apparecchio genitale maschile comprende general-
mente 3 testicoli (raramente 2, più raramente 4) roton-
deggianti, situati 2 a destra ed 1 a sinistra o viceversa,
provveduti ciascuno di un proprio canale efferente; questi
tre piccoli canali presso la faccia dorsale di ciascuna pro-
glottide si riuniscono sulla linea mediana, formando un
canale più ampio, canale deferente, che in direzione tra-
(1) M. BRAUN - / parassiti animali dell’uomo, Milano, edit. Val-
lardi, pag 202.
(2) E. PERRONCITO - / parassiti dell’uomo e degli animali utili, Milano,
edit. F. Vallardi, pag. 294.
(3) R. MonI=Z- Traité de parasitologie animale et végétale, Paris, 1899
pag. 247,-240.
(4) E. PARONA - Di un caso di Taenia flavopunetata (?), riscontrato
in una bambina di Varese, in: Giornale della R. Accademia di Medicina
di Torino, febbraio 1884.
HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 67
sversale si porta verso il margine sinistro della proglot-
tide, ove si dilata in una vescicola seminale piriforme.
L’apparecchio genitale femminile consta di due ovaie.
laterali o germigeni, situate a destra e a sinistra dell’asse
mediano, e di una ghiandola vitellogena, impari e lobata,
posta nel mezzo ed alquanto posteriormente: esse ghian-
dole sono in rapporto con appositi organi, quali il germi-
dotto, il vitellodutto: e la vagina, la quale sbocca pure a
sinistra accanto e al disotto dell’orificio maschile.
I pori genitali sono piccolissimi. e tutti situati dal
medesimo lato del corpo, a sinistra: soltanto per anomalia
ho notato una serie di anelli con pori sessuali situati al
lato opposto, cioè a destra.
L’uovo è piccolo, rotondeggiante o leggermente ovale
(mm. 0.65. x mm. 0,70) con guscio a quadruplo involucro,
dei quali l'esterno è giallastro e sottilmente striato nel
senso dello spessore, i due medî sono incolori e saldati fra
di loro, l’ interno è anch'esso incolore e termina a punta
ai due estremi, ove esistono due mammelloni polari. L’on-
cosfera è ellittica e misura ». 34 di lunghezza per wu. 26
di larghezza, gli uncini, piccolissimi, sono lunghi appena 10 u.
Dei 6 individui di Hymenolepis diminuta, espulsi col
vomito da quella giovane donna di Castrogiovanni, il più
sviluppato è lungo, come sopra ho detto, em, 17, cioè
nemmeno .raggiunge la lunghezza minima di 20 em. che
diversi autori attribuiscono a questa tenia, quando pro-
viene dall’ intestino dei suoi ospiti naturali, quali sono il
topo delle chiaviche (Mus decumanus), il ratto (Mus rattns,
e diverse specie di topolini (Mus musculus e Mus alexan-
drinus). Ma il Grassi (1) afferma l’esistenza di individui
(1) G. B. Grassi — Taenia flavopunctata Wein. — 'aenia leptoce-
phala Creplin. — Taenia diminuta Rud., in: Atti della /. Accademia
delle Scienze di Torino, Vol. XXIII, 1887-88, pag. 492.
68 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA
maturi di questa specie di tenia con minore lunghezza, e
dice che quando essi « sono lunghi 12-15-20 centimetri
“ possono avere già numerose proglottidi con uova mature ».
In nessun caso però gli esemplari di H. diminuta, finora rin-
venuti nell'uomo, hanno raggiunto o si sono avvicinati a
quella massima degli individui, che si rinvengono nei loro
ospiti naturali (Roditori). Il Grassi, che ha avuto a sua
disposizione due individui, di cui uno completo ed uno
mancante di testa, li ha trovati lunghi rispettivamente 30
e 35 centimetri; io, in un individuo completissimo prov-
visto delle due ultime proglottidi, che già si erano svuo-
tate dagli ovuli, senza che ancora si fossero distaccate
dallo strobila, ho constatato la lunghezza massima di
17 centimetri. Da ciò è lecito dedurre che | H. diminuta pas-
sando nell'uomo, suo ospite accidentale, si sviluppa meno,
e non vi raggiunge la sua ordinaria lunghezza.
Il parassitismo nell'uomo da H. diminuta, se non è
un fatto rarissimo, nemmeno si può considerarlo frequente.
Il Weinland (1) nel 1861 descrisse, per il primo, questo
cestode sull'esame di 6 esemplari senza testa espulsi in
America da un bambino di 19 mesi e raccolti dal Dottor
Ezra Palmer, che li depositò al Museo di Boston. L'autore im-
pose il nome di Taenia flavopunctata a causa d'una macchia
gialla, che gli anelli portavano lateralmente. Il bambino,
che ospitava il parassita, era di buona salute.
Seconda osservazione è quella del Leidy (2), che nel 1884
descrisse la T. flavopunctata in seguito a studio fatto sopra
dodici frammenti riferentisi a tre diversi esemplari, espulsi,
——————+— _—_—_—_—____—&
(1) D. F. WEINLAND — An essay of tapeworms of inan. Cambridge.
U. G. 1858.
(2) J. LEIDY - Occurence of a rare human Tapeworm (Taenia flavo-
punctata); in Amer, Journal of med. sc. (2) LXXXVIII, 1884, pag. 110.
HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 69
a Filadelfia, da un fanciullo di 3 anni, dopo la sommini-
strazione della santonina.
. Nello stesso anno il dott. E. Parona (1) descrisse il
caso di una bambina di 2 anni, nata a Varese in Lom-
bardia, da qualche tempo scaduta dalla abituale salute e
gaiezza, che espelleva di quando in quando colle fecce dei
nastrini bianchi. In seguito a somministrazione di estratto
etereo di felce maschio. furono espulsi 4 esemplari di una
tenia, lunghi dai 12 ai 20 centimetri, con testa cuboide e
provvista di uncini, e con proglottidi mature piene di
uova, esemplari ch'egli riferi con probabilità alla specie
Taenia flavopunctata. La bambina, dopo l'espulsione del
parassita, si riebbe man mano in salute, e tornò vispa e
risanata agli usati trastulli.
Il Grassi (2) nel 1887 ammise l'identità della tenia rin-
venuta e descritta da E. Parona colla7. leptocephala o T. di-
minuta dei Muridi, e l’anno successivo (3) confermò questa
sua opinione personale mediante lo studio diretto di due
esemplari, l'uno con testa, l’altro senza, espulsi in Catania
insieme con una 7. solium, e in seguito all'uso di un an-
telmintico, da una ragazza dodicenne. La sintomatologia,
a dire dell'autore, non aveva presentato nulla di speciale,
e le tenie espulse erano lunghe l'una 30, VPaltra 25 cen-
timetri.
Il Railliet (4) nel 1892 descrisse due esemplari di 7.
(1) E. Parona - Lav. cit.
(2) B. GRASSI - Bestimmung der vier von dott. E. Parona in einen
kleinen Miidchen aus Varese (Lombardei) gefundenen Taenien (T. flavo-
punctata?); in: Centralbl. f. Bacteriol. u. Parasitenkunde. Bd. 1, N. 9, pa-
gine 257-259, 1887.
(3) B. GRASSI - Lav. cit. poco sopra.
(4) A. RAILLIET - Un cas très ancien de Yaenia (Hymenolepis) di-
minuta chez l’Homme; in: Comptes rendus Soc. de Biologie (9), IV,
p. 994. 1892.
70 M. CONDORELLI FRANCA VIGLIA
diminuta, provenienti dall'uomo e da lui studiati insieme
con Zschokke (6). Essi erano stati raccolti da Chabert verso
il 1810, e depositati nella Collezione Elmintologica di Alfort.
Altri casi più recenti, riguardanti il rinvenimento di
‘ questo verme parassita nell'uomo, sono quelli di Lutz (1)
nel 1894 in un fanciullo di S. Paulo del Brasile, di Ma-
galahes (2) nel 1896 pure nell’America meridionale, di Son-
sino (3), che nel 1896 l’osservò in un bambino di Pisa, il
quale l’'espulse in seguito a somministrazione di uno sci-
roppo di seme santo; e più recentemente ancora, nel 1900,
dal Pachard (4) nell'America settentrionale e dal dottor
E. Privitera (5) in provincia di Catania. Questi, in due la-
voranti della zolfara di Muglie in Centuripe, e precisa-
mente in un ragazzo di 11 anni e in un giovine di anni 26,
rinvenne nelle fecce le uova caratteristiche dell’H. dimi-
nuta, ma malauguratamente non gli fu possibile, in nes-
suno dei due casi, osservare e conservare la tenia, che
dava le uova. L'autore la giudica rarissima nell'uomo, e
difatti in più centinaia di minatori, di cui ebbe occasione
esaminare le fecce, mentre rinvenne quasi sempre le uova
dei comuni elminti intestinali e dell’Anchilostoma, non
constatò mai più la presenza della H. diminulta.
(6) F. ZscHoKKE - Seltene Parasiten des Menschen; in Central. f..
Bakt: u. Parasiten. ecc., t. XII, 1892, p. 497.
(1) A. LouTz - Beobacht. ib. die als F. nana u flavo- punctata
bekannten Bandwiirrmer des Menschen; in: Centralb! f. Bakt. u. Para-
sttenk., t. XVI, 1894, p. 61
(2) P. G. MAGALAHES -. De Eingweit. Fal. v. Hym. dimin. ala
menschì. Paras. in Brasil beod; in: ibid. (1) XX, 1896, p. 673.
(3) P. Sonsino - Sui parassiti dell’uomo con un nuovo caso di F.
flavopunctata; in: Centralbl f. Bakt. u. Parasitenk., t. XIX, 1896, p. 937.
(4) F. A. PacgBHaRD - T. flavop, with descr. of a new specim; in
Journ. am. med. ass. XXXV, 1900, p. 1551.
(5) G. PkivitERA - Due casi probabili di Taenia leptocephala nei mi-
natori delle zolfare; in: Bollettino delle sedute dell’Accademia Gioenia
di Scienze naturali in Catania, Fase. 63, 1900, p. 9.
ZI a a
E Zzzo OO e IE a RT SPO enna
HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 71
Finora adunque si conoscono 10 casi bene accertati
di parassitismo nell'uomo da H. diminnta; e il mio, ch'è
oggetto del presente lavoro, costituisce l’undecimo. Comu-
nissimo invece n'è il rinvenimento nella famiglia Muridae,
e precisamente nella specie: Mus decumanus, i quali se-.
zondo le ricerche di Grassi e Rovelli (1), si infettano man-
giando il cisticercoide, che si sviluppa tanto nella larva,
quanto nell’insetto perfetto di quella piccola farfalla della
farina, chiamata col nome di Anisopia farinalis, non che
in un Ortottero (Anzsolabis annulipes) e in taluni coleotteri
(Akìs spinosa e Scaurus striatts).
Similmente avviene l'infezione nell'uomo per opera
del cisticercoide, alla cui diffusione provvede in modo
speciale, per ragioni ovvie, su cui non occorre insistere,
l’Anisopia farinalis, che con grandissima frequenza si rin-
viene nella farina.
I bambini e i fanciulli si infettano più facilmente
degli adulti per la tendenza, naturale alla loro età, di
imbrattarsi le mani di qualunque sostanza, che loro capiti,
e portarle alla bocca.
Può la presenza dell’H. diminuta riuscire innocua
all'individuo ospite; può invece provocare dei disturbi da
parte dell’apparecchio digerente, come enteralgia, dispepsia,
catarro intestinale e consecutivo depauperamento organico.
La diagnosi può farsi o coll’esame diretto dei fram-
menti, che vengono espulsi colle fecce, dall’individuo che
(1) Grassi 5. e RoveLLI G - Ciclo evolutivo della F. leptocephala,
Catania, 1888, Ed. Tropea.
» » - Intorno allo sviluppo dei Cestodi; in
Atti della KR. Accademia dei Lincei, 4, t. IV, 1888, p. 700.
> » - Ricerche ambriologiche sui Cestodi, con
4 tavole; in: Atti dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania,
Ser. IV, Vol. IV, Anno LXVILI, 1891-92.
72 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA
ospita la tenia, oppure mediante constatazione delle uova
nelle fecce medesime.
Meglio di ogni altro antelmintico corrisponde l'estratto
‘etereo di felce maschio, somministrato in dosi proporzio-
nate all’età e sempre a digiuno, 12 ore dopo avere preso
un purgante oleoso.
III. Calliphora vomitoria (L.). Di questo insetto, appar-
tenente all'ordine Diptera, famiglia Muscidae, sottofamiglia
Muscinae, genere Calliphora, ho rinvenuto n. 106 esemplar
allo stato larvale, taluni di colore bianco-cereo. altri
bianco-giallastro. La larva ha corpo cilindro-conico, forma
di piccolo chiodo senza capocchia, con estremità anteriorei
assottigliata e posteriore alquanto più robusta. È apoda,
lunga da 10 a 12 millimetri, spessa in avanti mm. 1.87,
indietro mm. 0.51, in mezzo mm. 1.53: non è rettilinea,
ma un poco flessuosa, presentando nel senso dorso-ven-
trale, una doppia curvatura, anteriore l’una con convessità
dorsale, posteriore l’altra con convessità ventrale, che le
danno la forma di una S italica molto aperta.
La testa è provvista di due sporgenze coniche, tuber-
coli antennali, che formano come due cornetti; e la bocca
è armata di due uncini cornei mandibolari, fra cui si
nota una piccola punta a forma di linguetta. Il secondo
anello porta lateralmente gli stimmi anteriori, che sono
due e di forma circolare. La parte posteriore del corpo è
obbliquamente tronca dal dorso al ventre e davanti in-
dietro. La faccia posteriore dell'ultimo anello è circondata
da 12 punte carnose disposte radialmente, e porta nei
centro, l'una accanto l’altra, e disposte in direzione tra-
sversale, due piccole piastrine chitinose e rotondeggianti, in
cui, uno per parte, sono scolpiti gli stimmi. Ciascuno di
quesiti è formato da tre piccole fessure disposte a raggiera
ossia a ventaglio.
HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 73
La femmina della Calliphora vomitoria, chiamata in
Francia col nome di Mouche bleue de la viande, depone le
sue uova sulla carne, sulle vivande in genere, sui cada-
veri di individui, anche umani, morti assai di recente: e:
in mancanza di tutto ciò, li deposita anche sulle vivande
poco salate o mal conservate e sui cadaveri a putrefazione
gia iniziata: carattere biologico quest’ultimo, al quale il
Mégnin attribuisce una grande importanza nelle ricerche
ta patologiche per stabilire approssimativamente il tempo
n cui è avvenuta la morte. Ed egli difatti, nel suo impor-
tante libro su La Faune des cadavres (1), colloca la C. vo:
mitoria, insieme con altre specie dei generi Musca e Cur-
toneura + nella prima squadra dei lavoratori della morte u
che compren de esclusivamente gl’insettì, che attaccano
cadaveri freschi e i soli, di cui si trovano abbondante-
mente le pupe vive nelle casse mortuorie dei cadaveri
inumati nel tempo della stagione estiva. Ogni femmina de-
pone, in più minuti, sino a 200 uova, da cui in 24 ore
circa, schiudono piccole larve, che rapidamente ingrossano
e divorano la carne, nel mentre che ne affrettano la cor-
ruzione. Nel mezzo dell’està in 8 o 12 giorni al massimo,
qneste larve raggiungono il massimo sviluppo, trasforman-
dosi in pupe di colore bruno o di forma cilindro-sferica,
le quali in una quindicina di giorni completano le meta-
morfosi, passando allo stato di insetto perfetto.
Numerose sono le specie di ditteri, che possono rin -
venirsi in vita parassitaria dell’uomo, e tutti, meno le
Sarcophaga penetrans, allo stato larvale. Ve ne hanno di
quelle, che si riscontrano nel tessuto connettivo sottocu-
taneo, e non producono guasti al di là del punto in cui si
e rn
(1) MEGNIN P. —— La Faune des cadavres. Application de l'Entomo-
logie à la Médecine lègale. Paris, pag. 29-32.
7A M, CONDORELLI FPRANCAVIGLIA
sviluppano, come sono gli Estridi. Ve ne sono altre, Calli-
phora vomitoria, Sarcophaga carnaria, ecc., ehe penetrano nei
tessuti profondi, nelle masse muscolari, che divorano, tanto.
che agli antichi tiranni servirono come strumento di atroce
e raffinato supplizio. I re di Persia, secondo il racconto
di Plutarco, condannavano i grandi delinquenti ad essere
divorati dalle mosche, legandoli fra due bastoni e ungendo:
la faccia di miele, allo scopo di attirare gl’insetti : e vuolsi
che Mitidrate, condannato a questo genere di tortura, sia
vissuto 24 giorni fra gli spasimi più atroci.
La letteratura medica registra recenti casi di questo
genere di morte; e due di essi, che riferisce il Moniez (1),
sono stati descritti da Ruillin e da Cloquet. Il primo ri-
guarda un mendicante di Lincolnshirae, il quale si ad-
dormì per la strada dopo di avere deposto nello sparato
della camicia un pezzo di carne: le larve di mosca, svi-
luppatesi dalle uova depostevi, attraversarono la pelle, e
invasero i muscoli, producendo tali guasti da provocare
la morte, malgrado le cure somministrategli in uno spedale.
Il secondo caso, anch’esso molto intesessante, concerne un
beone che, caduto in un fosso a Parigi, e trasportato allo
spedale, grondante larve da tutta la superficie del corpo,
dalle cavità nasali, dagli occhi, dalle orecchie, finì per mo-
rire divorato dalle medesime. — Il prof. Carruccio nelle
sue lezioni suol ricordare esattamente un caso da lui os-
servato nell’Ospedale di Cagliari quando, appena laureato
funzionava da assistente, caso riguardante un contadino
colpito da febbre malarica perniciosa, il quale era stato
dal conduttore del carro, su cui lo si trasportava all’O-
spedale, deposto sul terreno, all’ombra di un albero. E.
(1) R - Monisz. — Op. cit., pag. 589.
HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 7a
=
pare che avendo il paziente una gamba scoperta e piagata,
su questa alcune mosche rapidamente deponessero molte
uova. Quando l’infelice giunse a Cagliari e fu ricoverato
nell’Ospedale, il Carruccio trovò copiose larve disseminate
su quella gamba, e riuscì a guarirlo, oltre che della febbre,
anche della vasta ulcerazione locale.
Alcune specie di larve finalmente si rinvengono nelle
cavità naturali comunicanti coll’ambiente esterno, con-
dotto auditivo esterno, narici, tubo digerente, eci ove
provocano svariati disturbi. La myiasis del tubo digestivo,
comunissima negli animali per numerose specie nel genere
Gastrophilus, fu da principio messa in dubbio per l’uomo,
e Davaine dichiarava che tutti i fatti, segnalati da vari
‘autori, dovevano considerarsi quali errori di osservazione.
Contrariamente a ciò, riteniamo invece non esservi dub-
bio alcuno che diverse larve di ditteri, introdotte acciden-
talmente nel tubo digestivo umano, possano vivervi qual-
che tempo, e anche compiervi una parte del loro ciclo
evolutivo senz essere digerite ; tali sono secondo Moniez (1),
le specie qui sotto elencate: Piophila casei, Drosophila
melanogaster, Anthomia incisurata, A. canicularis, A. sca-
laris, Hydrothaea meteorica, Cyrtoneura stabulans, Pollenia
rudis, Calliphora erythrocephala, C. vomitoria, Lucilia cae-
sar, Sarcophaga haemorroidalis, S. haematodes, Eristalis
arbustorum, E. tenax, E. dimidiatus, Teichomyza fusca, Tri-
neura rufipes, Musca domestica, Culex pipiens, Simulia (sp. ?)
Senza tener conto dei casi di myiasis nasale, provocati
da altre specie di ditteri, come ad es. dalla Calliphora .
limensis, che l’Aguirre (2) rinvenne, a Santiago nel Chili,
(1) R - Monizz. — Op, cit., pag. 604-610.
(2) F. AGuIRRE: Larvas de la Calliphora limensis en la fusas nasales,.
Santiago de Chile, in 8° de 18 p., 1885.
76 M. CONDORELLI FRANCA VIGLIA
nelle fosse nasali di un individuo, ove aveva provocato
dei terribili guasti, ricordo l'osservazione di Mankiewicz (1),
riferentesi al rinvenimento di numerose larve di C. vomi-
toria nelle cavità nasali di un ragazzo di 9 anni. Il Moniez (2),
sul proposito, riferisce due più recenti casi di myzusis nasale,
descritti da Hugo Summa: l'uno determinato dalla Call
phora vomitoria, Valtro dalla Sarcophaga carnaria. Secondo
R. Blanchard (3), tali larve sogliono a preferenza svilup-
parsi negli individui affetti d’ozena o di alito puzzolente.
ed è quindi probabile che la femmina dell’insetto perfetto
sia attratta dal cattivo odore a depositare in quelle cavità
le uova.
I casi di myiasis del tubo digerente, che più c’interes-
sano per l'oggetto del presente lavoro, sono quelli dovuti
a larve del genere Calliphora. Il Moniez (4), su tale argo-
mento, riferisce due osservazioni, luna di Joseph e l’altra
di Krause. Joseph osservò un caso di myiasis gastrica pro-
dotta dalla Calliphora erythrocephala in persona di un
viaggiatore di commercio, in cui dei gravi disturbi dige-
renti, gastralgia e vomito, si manifestarono dopo avere
mangiato una cotoletta fredda di vitella. L'espulsione di
100 larve, provocata mediante lavaggio dello stomaco, posero
fine ai suaccennati accidenti. Krause nel 1886 segnalò un
caso di myiasis intestinale in un individuo, che si ammalò
subitamente con sintomi d’angoscia, oppressione e un vero
accesso di epilessia riflessa. In seguito a somministrazione
di un purgante salino, furono espulse colle fecce diverse
(1) MANKIEwICcz: Ueber das Vorkommen von Fliegenlarven in der
Nasehnohle, in: Virchow’s Archiv, XALIV, p. 375, 1861.
(2) R. MonInz : Op. cit. nota a pag. 089.
(3) R. BRANCHARD : Op. oit,, pag. 502.
(4) R. Monrez: Op. cit., pag. 607, 608 e GIO.
serata Ii PERE
HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD,) TL
migliaia di larve, che Leuckart riferì alla Calliphora vomi-
toria e all’Anthomya canicularis.
Infine ricordo altro caso di myiasis intestinale da
Calliphora vomitoria, che R. Blanchard attribuisce, secondo
citazione di Hope, a Thompson. Le larve sarebbero state
espulse spontaneamente colle deieziont.
Segue in ultimo questa mia osservazione, la quale
rappresenta il terzo caso di myiasis del tubo digerente da
C. vomiloria, e il primo sicuramente constatato in Italia.
La myiasis del tubo digerente è un’affezione che ha
la sua importanza, in quanto che provoca nell’ ospite
disturbi diversi e di diversa entità. Quando le larve si
fermano nello stomaco, producono costantemente nausea
e vomito più o meno intenso, accompagnato, non sempre,
da espulsione di esse, che con difficoltà si distaccano dalla
mucosa, cui si fissano. l'alvolta il vomito è leggermente
striato di sangue che a gocce, vien fuori dalle piccole ero-
sioni causate dalla puntura degli uncini boccali; le crisi
gastralgiche non mancano mai, ed esse sono dovute a
lesione delle terminazioni nervose della mucosa per opera
degli uncini medesimi. A ciò si aggiunga la inevitabile
dispepsia, e, ove la permanenza del parassita si prolunghi,
un catarro gastrico vero e proprio.
Se la sede delle larve è l’intestino, la sintomatologia
sarà rappresentata da coliche intestinali e da diarrea con
presenza nelle fecce di larve in numero variabile. Possono
anche aversi, come osservò Krause in un individuo affetto
da myiasis intestinale da Calliphora vomitaria e Anthomya
canicularis, gravi accidenti nervosi riflessi, quali un senso
di angoscia e di oppressione generale e dei veri accessi di
epilessia.
È difficile la diagnosi, meno che non si abbia il
sospetto della ingestione di carne o di vivande fredde coù
78 M. CONDORELLI FRANCA VIGLIA
deposizione di uova o di larve di ditteri, e nel vomito o
nelle fecce non si rinvenga qualche larva, la cui presenza
toglie ogni dubbio sulla natura della malattia.
La cura è abbastanza semplice : nella myiasis gastrica,
secondo Moniez, basta praticare il lavaggio dello stomaco,
previa somministrazione di naftalina medicinale purissima,
alla dose di 2-4 grammi al giorno in cartine di 0.50-1 gr.,
secondo l’età, una ogni due ore. A mio modo di vedere
il medicinale agisce meglio a digiuno e senza contempo-
raneo uso di bevande, perchè ne sia prolungato il più
possibile la sua permanenza nello stomaco e il contatto
coi parassiti. Il lavaggio, somministrato quattro ore dopo
l’ultima cartina, serve a portare allo esterno le larve asso-
pite od uccise.
Per rimuovere le larve dallo intestino, basterebbe,
secondo Krause, prendere un purgante salino; ma io credo
sia necessario, per agevolare il distacco delle larve, l’uso delle
sopradette polveri larvicide. Dividerei la cura in tre tempi:
1° Dieta liquida il giorno precedente a quello della
somministrazione del medicinale per non ingombrare mag-
giormente l'intestino; e purgante eleoso la sera per libe-
rarlo dal contenuto fecale:
2° Somministrazione, nelle prime ore del mattino
del giorno seguente, della naftalina, nella dose comples-
siva di 2-4 grammi, secondo l’età, e in cartine di 0.50-1 gr.,
una ogni due ore;
3° Altro purgante oleoso, da somministrarsi al terzo
giorno, per agevolare l'espulsione delle larve. L’enteroclisma
non può dare buoni risultati, pel motivo che il liquido
non può essere spinto nella porzione superiore dell'intestino.
Catania, giugno 1907.
(TOSSE
>z e
Su alcune importanti catture di lepidotteri
Comunicazione fatta dal socie consigliere comm. FORTUNATO ROSTAGNG
Comunico il risultato delle nuove ricerche fatte nella
Campagna romana e precisamente in Oricola (m. 900) sul
confine sud-est della provincia di Roma ai primi giorni di
giugno. Oltre a copioso materiale di Heteroceri, del quale
darò notizia dopo averlo studiato con più cura, credo in-
tanto far cenno di alcune catture che rivestono, a mio pa-
rere, maggiore importanza.
Pieris ergane H. G. Un altro maschio ed una femmina
ciò conferma la generazione primaverile dell’Ergane ita-
liano. Il 3° però è come quelli catturati negli anni prece-
denti senza macchia centrale nelle ali superiori e già de-
scritto sotto la denominazione di Var. Semimaculata Rost.
Da questi risultati può conchiudersi 1° che l’Ergane ha in
Italia due generazioni; 2° che la prima generazione è molto
scarsa essendo rarissimi, gli esemplari raccolti mentre la
seconda è abbondante: 3° che con tutta probabilità questa
forma aberrante dal g° sostituisce nella generazione pri-
maverile quella tipica, della quale non ho mai trovato al-
cun esemplare in primavera.
Lycaena minimus Fuessl. Finora non data per la cam-
pagna romana - catturati tre esemplari - non comune.
Arctia casta Esp. Non data dallo Standinger per l'Italia,
data come rara dal Berce per la Francia meridionale. Ne
ho raccolti una quarantina di esemplari in tre sere, fra
cui più rara la forma tipica, più comune l’ab. mediodivisa
$0 FORTUNATO ROSTAGNO
Sp. Ho pure trovato qualche esemplare in cui le fascie
centrale e basilare delle ali superiori sono ridotte a sem-
plici punti, e quella marginale ridotta a minime propor-
zioni, suddivisa in due linee di cui la seconda verso l’ in-
terno pure interrotta a metà. Sono esemplari interessan-
tissimi, e sui quali mi riservo di fare ulteriori osservazioni,
potendo forse quest'ultima forma essere considerata come
una nuova ab. alla quale in caso assegnerei il nome di
bimediodivisa.
Haemerosia renalis Hb. Finora non data per l’Italia:
ne ho raccolto un freschissimo esemplare nell’agosto scorso.
Mi riservo di fare accurate ricerche - per ora posso darla
come rarissima per la fauna romana sebbene nelle caccie
estive abbia potuto catturarne qualche altro esemplare.
hec-.è
I TO E TT N n N e a
O IE O EROE E E TIE n _tC____ cc —_—_
iena
ISTITUTO DI PARASSITOLOGIA MEDICA DELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA
diretta dal Prot. MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA
DYPILIDIUM CANINUM L.
espulso in Catania da una bambina di due mesi di età.
Nota di Zoologia Medica
pel prof. Mario Condorelli Francaviglia
Comunicazione alta SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma
Una bambina di due mesi d'età, da Catania, prima
sana e ben nutrita, aveva perduto da parecchi giorni la sua
naturale vivacità e gaiezza: si mostrava irrequieta, e pian-
geva di frequente, dando segni manifesti di colica inte-
stinale.
Il dottore De Gaetani, chiamato durante una delle crisi
di dolore, per la cura della piccola inferma, le sommini-
strò un leggero purgante, in seguito al quale la bambina
espulse, insieme colle fecce, un verme, che, nel mese di
luglio del 1906, mi fu inviato per l'esame.
Dalla madre fu fatta diligente rieerca sul pannolino,
sul quale non si rinvenne che l’unico e solo esemplare,
che è argomento della presente nota.
La bambina stette bene, e non ebbe più disturbo al-
cuno (1).
(1) Tali sommarie notizie storiche mi furono comunicate dal
Sig. G. Pavoni, studente di Medicina, giovane volenteroso e studio-
sissimo, il quale, nel momento in cui gli fu consegnato il parassita,
le apprese dal dott. De Gaetani. Sarebbe desiderabile che questi pub-
blicasse una nota dal punto di vista clinico.
Bollett. della Società Zoologica Italiana. — Anno XVI, Fasc. I e II. 0.
82 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA
À prima vista compresi subito trattarsi di un Cestode,
appartenente alla famiglia Taeniidae, sottofamiglia Dypili-
diinae, e precisamente alla specie Dypilidium caniniun (L.),
Il verme, di colorito bianco-cereo, è lungo 23 centi-
metri, largo nelle sue più ampie proglottidi, mm. 2.9; esso
è incompleto, mancando di testa e di collo. Le prime pro-
glottidi sono assai corte e inolto larghe ; in seguito gli anélli
diventano trepezoidi e seghettati, cioè a dire con margine
posteriore più sviluppato di quello anteriore e formante
coi margini laterali due angoli acuti, alquanto pronunziati,
simili a denti di sega. Fra il terzo, anteriore e il terzo
medio dello strobila, le proglottidi assumono aspetto ro-
tondeggiante, moniliforme; in seguito esse si allungano
divenendo ovali, più giù si fanno molto più lunghe che
larghe, sopratutto quelle dell'ultimo tratto, che raggiungono
“la lunghezza di 7 mm. e l'ampiezza di mm. 2.5. Le pro-
glottidi mature, alle estremità, in cui si articolano, sono
considerevolmente ristrette e arrotondate, ed ivi congiunte
come da un sottile e brevissimo peduncolo: cosicchè esse
assumono la forma caratteristica di monili di rosario
(Taenia moniliformis Pallas) o meglio di semi di cocomero
(Taenia cucumerina Bloch). .
I pori genitali sono due per ciascuna proglottide e
simmetrici, situati verso il punto di mezzo dei margini
laterali. Nelle proglottidi, completamente mature, si riscon-
trano le capsule ovigere, di forma ellittica, contenenti-‘eta-
scuna un numero di uova non superiore alla dozzina. Gli
ovoli, che sono circondati da una sostanza finamente gra-
nulosa di colore bianco tendente al giallo-rossastro, hanno
forma ora globulosa ora ovoidale, e diametro variabile da
40 a 48 «: il guscio embrionale è liscio e sottile: l’onco-
sfera, anch'essa tondeggiante, è provvisia di sei piccoli un-
cini appaiati in tre gruppi e lunghi in media 12 . ognuno.
DYPILIDIUM CANINUM L. $5
Il Dypilidium caninum è parassita comunissimo nel-
l'intestino del cane, ove, secondo Krabbe, si rinviene nella
proporzione del 48 per cento a Kopenhagen e del 61 per
cento in Islanda, e, secondo R. Blanchard, del 75 per cento
a Parigi. Il numero poi degli individui parassiti, che si rin-
vengono in un solo ospite, varia da pochi sino a 2000,
come risulta da osservazione riferita da R. Blanchard (1).
Con minore frequenza si rinviene egualmente nell’intestino
del gatto, ove di solito il verme raggiunge uno sviluppo
minore che nel cane. Oltre che in questi carnivori dome-
stici, se ne constata la presenza in alcuni selvatici, come
nella volpe e nello sciacallo.
Pure, ma raramente, il Dypilidium caninum è stato
rinvenuto nell’intestino dell’uomo. Sul proposito, a dire di
Braun (2), sono note, oltre la mia, 24 osservazioni. quasi
tutte in bambini di pochi mesi d'età e in fanciulli, talvolta
in giovinetti: un solo caso, riferito da Blanchard, riguarda
un uomo adulto.
Stimo inutile dare la bibliografia al completo, per la
quale rimando il lettore alle opere di Leuckart, di R. Blan-
chard, di Moniez, di Railliet, di Braun e di altri autori ;
ricordo soltanto. che senza tener conto dell’osservazione
dubbia di Eschricht, che avrebbe rinvenuto il Dypilidium
caninum a Saint-Thomas nelle Antille, questo parassita era
stato, prima d’ora, rinvenuto in varie località: dii. Saltz-
mann a Esslingen, da Schmidt a Francoforte S. M., da Krabbe
e da Friis in Danimarca, da Cobbold nella Scozia. da
Schoch-Bolley a Zurigo, da Brandt e da Kriger nella Russia
e infine da R. Blanchard in Francia. Quest'ultima osser-
(1) R. BLancHARD. — Traité de Zoologie Médicale, Tom. I, Paris,
1889, pag. 480.
(2. M. Braun. — I parassiti animali dell’uomo. Milano, pag. 198.
84 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA —
vazione presenta un interesse particolare per il fatto che
essa è l’unica e sola che si riferisce ad un ospite adulto:
laddove le altre riguardano o bambini o fanciulli o gio-
vanetti non superiori ai 13 anni.
Reputo il caso, da me osservato, d’un certo interesse
non per l’età dell'ospite (2 mesi), ma per la località, essendo,
a mia conoscenza, questa la prima volta che in Italia il
Dypilidium caninum si rinviene nell’intestino dell’uomo.
Per comprendere il meccanismo, onde avviene l’infe-
zione nell'uomo, bisogna ricordare che il cisticercoide del
Dypilidium caninum si sviluppa, come dimostrarono per i
primi Melnikow e Leuckart, nel pidocchio del cane (Trico-
dectes cani) ed anche, secondo Grassi e Rovelli e Sonsino,
nella pulce del cane (Pulex serraticeps) e nella pulce del-
l’uomo (Putex irritans). Le proglottidi mature, che ven-
gono eliminate colle fecce, spesso rimangono attaccate al
pelame dei cani e dei gatti, che le addentano, le lace-
rano, e ne distribuiscono i frammentini pieni d’uova ma-
ture sulla pelle fra i peli. Ivi gli ovuli vengono ingeriti
dagli insetti sopra citati, e nell'interno di essi si sviluppa
il cisticercoide, che, finalmente, transmigrando nell’inte-
stino dei cani e dei gatti solo o insieme col suo ospite
transitorio, più o meno lacerato, vi raggiunge il completo
sviluppo, trasformandosi in verme nastriforme.
Similmente avviene l'infezione nell'uomo: « ... i cani,
« leccando, possono trasmettere all'uomo i cisticercoidi,
= che hanno sulle labbra o sulla lingua, e l’uomo stesso
e può infettarsi direttamente trangugiando per caso cibi
« inquinati di cisticercoidi dei pidocchi e delle pulci dei
“cani e dei gatti » (1).
La causa per cui i bambini si infettano più facil-
(1) M. BRAUN. — Op. cit. pag. 199.
DYPILIDIUM CANINUM LT. 859
mente degli adulti, la troviamo in ciò, ehe i primi, per
ragione della loro età, si lasciano più facilmente leccare
la bocca e le mani dagli animali domestici: e, per abi-
tuale istinto, portano continuamente alla bocca le mani
poco o punto pulite e spesso inquinate. Deve pure tenersi
in conto che il succo gastrico, nei bambini, ha potenza di-
gestiva meno energica di quello degli adulti. e quindi è facile
che i cisticercoidi attraversino impunemente lo stomaco.
i disturbi provocati da questo parassita nel suo abi-
tuale ospite, il cane, sono limitati all'apparato digerente, e
consistono, secondo quanto asseriscono parecchi autori,
in diarrea accompagnata spesso da espulsione di tenie, che
possono anche eliminarsi da sole spontaneamente, qualche
volta in enteralgie, spesso nella inappetenza e nel dimagra-
mento continuo sino all’avvenimento della morte, segni d’un
catarro intestinale. Questi accidenti gravi non sono però
frequenti, che anzi l'ospite suole albergare il parassita nelle
migliori condizioni di salute. Goze cita il caso di un cane
affetto da Dypilidium caninum, che aveva cessato di abba-
iare: Schiefferdecker riferisce il rinvenimento, nell’intestino
gracile d'un cane, di un grandissimo numero di individui
di questa tenia, che avevano scavato delle gallerie nella
MUcosa.
Stando alle osservazioni finora note nel campo della
patologia umana, non si è attribuito alcun sintomo parti-
colare o di qualche rilievo alla presenza: del Dypilidium
caninum nell'intestino dell’uomo. Per parte mia però, in
base a quanto ebbe a constatare l’egregio Dott. De Gaetani,
debbo ammettere la possibilità di una enteralgia e, in ge-
nerale, di disturbi gastro-intestinali sotto la dipendenza del
parassita. Difatti la piccola paziente migliorò subito, dopo
avvenuta l'espulsione del verme e riacquistò la primitiva
sanità.
86 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA
Ritengo che, nei casi finora conosciuti, la mancanza
completa o quasi di qualsiasi disturbo, debba attribuirsi
allo scarso numero di individui (per lo più uno solo) della
specie parassita albergati dall'uomo nel suo intestino ; ma
sono pure d’avviso nel ritenere che. a somiglianza di quanto:
avviene nel parassitismo da Hymenolepis nana, potrebbero
aversi disturbi a carico dell'apparecchio digerente e acci-
denti nervosi riflessi in casi di omopolielmintiasi da Dy-
pilidium caninum, invasione parassitaria numericamente
rara e di difficile riscontro nell'uomo, dato il meccanismo
d’infezione di questa specie di cestode.
Ho creduto inutile illustrare con figure questa breve
nota, essendo il Dypilidium caninum specie, zoologicamente
parlando, comunissima. In ogni modo rimando il lettore.
che abbia vaghezza di vedere figurato il parassita, tanto
nelle sue linee generali quanto in taluni dei dettagli, alle
opere di Leuckart (1), di R. Blanchard (2), di Railliet (3), di
Moniez (4), di Braun (5), ecc., non che agli importanti la-
vori speciali pubblicati sull'argomento da vari autori (Mel-
nichow (6), Grassi e Rovelli (7), ecc.
Catanio, giugno 1907.
(1) R. LeukaRrT. — Die Parasiten des Menschen, vol. Il. Leipzig,
1881, pag. 843-852.
(2) R. BLancHaRD. — Op. cit., pag. 476-482.
(3) A. RAILLIET. — Traité de Zoologie Médicale et Agricole, Paris,
1895, pag. 284-290. i
(4) R. Monizz. — Traité de Parasitologie Animale et Végétale,
Paris, 1889, pag. 247-248.
(5) M. Braun. — Op. cit., pag. 197-199.
(6) W. MELNIKOW. — Ueber die Jugendzustànde der Taenia cueu—
merina, in: Archv fiir Moturgeschichte, xxxv, 1, 1869, pag. 62.
(7) B. Grassi e G. RoveLLI. — Ricerche embriologiche sui Ce-
stodi, in : Atti dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali, in Catania
Ser. 4, Vol. IV, 189-911.
gs
NOTA
SU UNA CATTURA DI “ CALANDRELLA MINOR ,, Gas
Comunicazione del socio conte FILIPPO CAVAZZA
alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma
Credo non inopportuno dare alcune notizie sulla spe-
cie a cui appartiene il nostro individuo, prima di riferire
intorno alla cattura.
La Calandrella minor Cab. ha un’area di estensione
enorme arrivando dalle isole Canarie alla Cina orientale;
traverso cioè a tutta l'Africa settentrionale dal Marocco,
comprese le provincie meridionali della Spagna, all'Egitto;
traverso a parte dell'Europa sud orientale dal Mar Nero
al confine asiatico, e per ultimo traverso tutta l'Asia cen-
trale dalla’ Palestina, per la Persia e il Furchestan, alla
Cina centrale fino a Pechino.
Le abitudini di questa specie sono, secondo gli autori,
circa le stesse di quelle della Calandrella brachydacthyla
Leisl., e dicono che più di lei ancora è confidente e si
lascia con facilità avvicinare. Abita la più vasta pianura
ed ama di vivere nelle steppe e nei luoghi che più a esse
somigliano ; non la si vede quasi mai vicina alle località
coltivate o alberate, nè vive però nel vero cocente deserto,
non allontanandosi mai troppo dai corsi d’acqua. È ovun-
que specie sedentaria e solamente nell’inverro unita in
enormi branchi diviene erratica in cerca di cibo, e in tal
modo sì arrischia, per sorpassarle, fin sulle alte monta-
88 FILIPPO CAVAZZA.
gne. Nelle Canarie e nel Turchestan è sedentaria e nidi-
ficante sugli altipiani.
Essa, come la comune lodola, - s'arrampica quasi nel-
l’aria sul suo canto » che è bello e ricco di note forti e‘
sonore. Il volo ondulato è meno eguale di quello della
lodola, perchè più a scatti. Nidifica dal marzo al giugno ;
il nido posto sul terreno è fatto senza alcuna arte e tutto
al più foderato di peli vegetali: partorisce 3 o 4 uova bian-
castre o grigio-verdi un po diversamente macchiate da
paese a paese. |
Come quasi tutte le specie sedentarie o appena erra-
tiche che hanno una vastissima area di diffusione, presenta I
forme assai differenti secondo i diversi paesi dove essa
abita. Furono da prima queste descritte come altrettante
specie distinte : così per primo il Pallas nel 1811 descrisse
questa specie col nome di A/auda pispoletta, adoperando
erroaeamente, come osserva l’Hartert, il nome - pispo-
letta -, correzione secondo la pronuncia italiana del nome
spinoletta che Linneo aveva adoperato per un Anthus; venne
dopo il Viellot che nel 1820 descrisse la forma propria
dell’Isola di Teneriffa col nome A/auda rufescens : e nel
1851 il Cabanis descrisse come Alauda minor la forma
propria dell’Africa settentrionale, e così di seguito, fino al
1890 vennero descritte nove specie diverse, divise poi in
tre generi che non tardarono ad essere riuniti nel genere
Calandrella Kaup 1829 colla C. Brachydactyla Leis].
L’Arrigoni nel suo « Atlante Ornitologico - (1902) riu-
nisce le tre forme proprie all Europa nell'unica specie
C. pispoletta Pall., considerando come tipica la forma abi-
tante la parte sud-orientale d'Europa e come sottospecie
le altre due C. pispoletta minor Cab. dell’Africa Settentrio-
nale e C. pispoletta boetica Dres. della Spagna.
Il Dresser nella sua grande opera sugli uccelli d’Eu-
CALANDRELLA MINOR 89
ropa non ammette questa fusione e le mantiene specifi-
‘catamente distinte.
L’Hartert nel suo buonissimo libro sugli uccelli della
fauna paleartica ammette nel genere Calandrella due sole
specie, la C. brachydactyla Leisl. e la C. minor Cab. (sosti-
tuendo questo nome per l'errore del Pallas a pispoletta).
Ma le forme anteriormente descritte come specie, le man-
tiene tutte come altrettante sottospecie, adoperando quindi
sempre la nomenclatura trinomia a lui tanto cara.
Da ultimo il prof. E. H. Giglioli nel suo: « Secondo
resoconto dell’inchiesta ornitolosica in Italia - che vede
‘ora la luce, arricchendo di numerosissime quanto sceru -
polose notizie l’ornitologia italiana, riunisce tutte le forme
nell'unica specie Calandrella intnor Cab. Non occupandosi
egli delle forme a noi esotiche, tenute distinte in sottospecie
dall’Hartert, esclude la possibilità di alcuna divisione fra
la C. pispolletta Pall. e C. minor Cab.
La nomenclatura trinomia che, se parcamente adope-
rata, può forse tornare utile alle ricerche degli studiosi,
usata per ogni piccolo carattere (spesse volte individuale),
non altrimenti che per quelli che sono invece tali da per-
mettere formazione di specie buone, sebbene vicine ad
altre, non farà che rendere inopportunamente ed eccessi-
vamente minuziosa e difficile la sistematica ornitologica
mentre non aiuterà a ben valutare l’importanza dei diversi
caratteri. Solamente a casi speciali e per indicare forme
o razze non ancora staccate dalla specie da cui derivano
e intermedie fra queste e le nuove in via d'evoluzione,
va applicata la nomenclatura trinomia e con le più rigide
cautele.
Questa parmi, in poche parole, l’idea che il prof. E. H.
Giglioli esprime nella introduzione al suo « Secondo reso-
conto dell'inchiesta ornitologica in Italia -.
9() FILIPPO CAVAZZA
Certo è che lo studiare o consultare i libri di quelli
che il prof. Giglioli chiama gli + ornitologi della nuova
maniera » è divenuta cosa non facile, nè son sempre chiare
le idee che si possono ritrarre dal consultarli.
Osserverò nondimeno, pel caso di cui scrivo, che non
pochi ornitologi ammettono molte delle forme in cui la
specie si divide, e che il prof. Giglioli stesso non si dichiara
contrario a tutte le sottospecie ammesse dall’Hartert, occu-:
pandosi solo delle due che fanno parte dell’Avifauna ita—
liana, e anzi egli accenna ad una probabile differenza spe-
cifica fra questa e la C. boetica Dress. della Spagna. Ora
non trovo sia da alcuno escluso che fra le diverse forme
esotiche ce ne abbiano alcune che debbano in qualche
modo venire separate fra loro e dalla C. minor Cab. propria
dell’ Africa settentrionale e dell’ Europa sud-orientale, e-
forse divise come sottospecie di quest'ultima, sia pure
seguendo il giusto concetto del prof. Giglioli.
Quindi, pur mantenendo per la forma tipica (C. pi-
spoletta, e corretto l’errore del Pallas e, per la sinonimia
colla C. minor, adottato quest'ultimo nome) la nomencla-
tura binomia, sarà necessario per la chiarezza posporle
fra parentesi la parola (Tijpica) dovendo il nome della:
specie, senza questa aggiunta restrittiva, contenere tutti ì
caratteri che si modificano nelle diverse sottospecie o razze.
Inoltre concesso pure che le differenze di colorito più o
meno rossiccio, trovate dagli autori che mantengono distinte
la C. pispoletta dalla C. minor, non siano che caratteri
individuali, non si potrà negare tuttavia che per ragioni
d’ambiente uno di questi caratteri possa (fo l'ipotesi) essere
comune fra individui di un paese, mentre è scarso o manca
fra quelli d’un altro: nè questo è privo d’interesse pel
paese in cui la specie giunge accidentale, potendo quivi
gli individui che presentano questo carattere essere più
;
i
CALANDRELLA MINOR 91
rari di quelli che ne sono privi, e ciò per la diversa loro
provenienza geografica. Stimo dunque che sia anche da
indicarsi, quando si citi un individuo di una specie che
si trovi nelle condizioni suaccennate, se esso ha di quei
caratteri che prima avevano servito a scinderlo dalla specie
o sottospecie a cui ora sì riunisce.
Scrivo quindi invece che C. minor heinei Hom., come
fa YHartert, Calandrella minor Cab. (Typica) (forma grigia).
E venendo ora all’individuo di Calandrino di Pallas,
la cui ricchezza di nomenclatura e sinonimia mi ha por-
tato a questa lunga digressione, dirò come qualche setti-
mana fa io abbia avuto notizia della cattura di una
C. minor Cab. non molto lontano da Bologna. Avuto nelle
mani l'individuo, lo potei accuratamente studiare e con-
frontare con esemplari di C. brachydactyla Leisl.
Lo trovai da questa nettamente distinto pel colorito
più grigio di tutto il suo abito, per la mancanza assoluta
di tinte isabelline o rossiccie, pei margini bianco-sudici
delle ali, per la macchia bruno-scura che longitudinale e
centrale porta ciascuna penna del davanti del petto e del
collo, e finalmente per la forma del becco assai più basso,
per la lunghezza di questo, minore di tre millimetri, e pel
suo colorito grigio- corneo invece che giallastro.
Come si vede dai caratteri differenziali qui sopra ac-
cennati, si tratta di una vera e propria Calandrella minor
Cab. (Typica) (forma grigia). Aggiungerò ciò che gli autori
affermano intorno alla sua comparsa nella nostra pe-
nisola.
L'Arrigoni nel suo + Manuale di Ornitologia italiana »
ne cita tre catture avvenute in Italia, ed una incerta. Queste
sarebbero avvenute, la prima nel marzo 1870 a Grosseto
(R. Museo di Firenze), la seconda nel marzo 1875 a Bari
(Museo di Bari), la terza nel Veneto. maggio 1894 (Col. Ar-
92 FILIPPO CAVAZZA
rigoni): la cattura incerta sarebbe avvenuta il marzo 1862
a Sarzana. ll Giglioli, nell'opera citata, registra quattro cat-
ture che con quelle già da lui registrate, « Avifauna ita-
lica » 1886, fanno ammontare a otto il numero degli indi-
vidui uccisi in Italia (compresa però la cattura dubbia di
Sarzana). Tre di questi sono citati anche dall’Arrigoni, le
nuove sono un gd e una £ presi vicino a Nizza nel di-
cembre 1900 e 1901 ed una £ uccisa a Sesto Fiorentino
il gennaio 1903. |
Come si vede nessuna cattura sarebbe finora avvenuta
al Nord-Est della catena appenninica se non quella che
il Conte Arrigoni cita del Veneto. Oggi a questa se ne viene
ad aggiungere una nuova, avvenuta nell'Emilia. È inoltre
il primo individuo che non sia stato preso d'inverno nè
subito dopo, essendo la cattura avvenuta nell'ottobre scorso
quando la temperatura nostra non ancora annunziava pros-
sima la rigidezza invernale.
ll preparatore presso il laboratorio zoologico della
nostra università, sig. Alzani, gentilmente mi fece sapere
che trovandosi egli il 27 ottobre scorso a cacciare le allo:
dole in capanno nelle distese senz’alberi di S. Agata Bolo-
gnesc, uscito da questo per raccogliere alcune vittime, fece
levare a volo un uccelletto che a tutta prima credette una
comune pispola, pel volo laterale ed a scatti proprio anche
a questa comunissima specie. Egli mi assicurò che l'uccel-
letto non emetteva, alzandosi, nessun grido. Uccisolo sì
accorse della cattura non comune e riconobbe trattarsi di
una calandrella. Dico non comune giacchè nel bolognese,
per quanto mi è noto, è rara anche la = C. brachydactyla »;
tanto che da parecchi anni la ricerca ne è stata vana. Non
credo però non ne siano state uccise in tal periodo, ma
gli è che disgraziatamente nel bolognese pochi si occupano
«di tali ricerche, e sono così povere le comuni caccie agli
CALANDRELLA MINOR 93
uccelletti, che non mette conto ai cacciatori di vender le
vittime lontano: di modo che le catture rare, non solo non
vengono raccolte dagli studiosi, ma neppure giungono sul
mercato.
Tornando all’ individuo di cui scrivo, che, ucciso da
chi fortunatamente ne conobbe l’importanza, ha scappato
il pericolo di venire spennacchiato e cotto in qualche caso-
lare di campagna, dirò come assai m’incresca di non poterne
conoscere il sesso perchè il corpo, appena scuoiato, fu inav-
vertitamente gettato, nè è possibile dedurlo dall'esame del-
l'abito, che è uguale in entrambi i sessi.
Questo individuo, che viene ad arricchire Vl Avifauna..
dell'Emilia, si trova ora nella mia collezione regionale.
29 novembre 1907.
RECENSIONE BIBLIOGRAFICA
FAUNA ORNITICA DEL GOVERNO DI CHARKOY DI N. SOMOV
Gli studi ornitologici, scrive il Somov nella Prefazione,
fino ai nostri giorni furono assai trascurati nella Russia
centrale e meridionale, le notizie che si trovavano nella
povera letteratura ornitologica locale erano incomplete,
inesatte ed in parte inattendibili: ciò spinse il Somov a
‘pubblicare le. osservazioni da lui fatte sugli uccelli nel
governo di Charkov dal 1870 circa al 1597, corredandole
di tutte le notizie che potè trovare negli scritti di orni-
tologi che prima di lui avevano esplorato quella regione.
Per la compilazione della parte riguardante la carat-
‘teristica della sua regione il Somov si servì in gran parte
dei materiali pubblicati dal prof, Krasnov.
Il testo è diviso in Parte generale e Parte speciale.
Nella Parte generale il primo capitolo, quasi di intro-
duzione, riguarda la bibliografia ornitologica locale, la col-
lezione del Museo Zoologico dell’Università di Charkov ed
il corso delle personali osservazioni dell'Autore (p. 3-19).
Il 2° capitolo porta il titolo: Notizie generali sul governo
di Charkow e con moltissimi dettagli tratta della posizione
geografica ed estensione del governo (p. 19-23), rilievo e
geotettonica (24-46), morfologia superficrale (p. 46-62), ter-
reni (p. 62-80), idrografia (p. 80-101) e clima, cioè : tempe-
rature, pressioni barometriche, altezza delle pioggie e delle
nevi, venti, ecc. (p. 101-128).
Il 3° capitolo riguarda la Flora del governo di Charkov
(p. 128-144): il 4° la Fauna ad eccezione dei pesci e degli
uccelli (p. 145-156).
Il 5° capitolo finalmente, Caratteristica della fauna ormi-
. tica del governo di Charkov è così diviso: a) Costituzio ne
sistematica (p. 154-156) - b) fiipartizione degli uccelli secondo
RECENSIONE BIBLIOGRAFICA 95
il modo di vita, secondo il carattere del loro soggiorno €
loro distribuzione (p. 156-178) c) Ripartizione degli uccelli
secondo i luoghi abitati (p. 178-180) d) Ripartizione degli
uccelli secondo le zone zoogeografiche, secondo la diffusione
gecgrafica in generale e limiti della diffusione di alcune
specie nel governo (p. 185-194).
Nelia Parte speciale sono elencate 293 specie rinvenute
con certezza nei confini del governo di Charkov ed una
ventina di forme, la presenza delle quali è incerta o fu
indicata per errore da altri zoologi.
Per ogni specie, nominata dall'A. col suo nome scien-
tifico latino, egli dà la bibliografia relativa al, governo di
Charkov ed i nomi volgari. Premesse le notizie date da
altri ornitologi e specialmente da Kriuicki, Crernay, Zarudny,
Kolesov, l'A. espone le sue personali osservazioni indicando
prima di tutto la frequenza della specie elencata e se è
sedentaria, estiva, invernale, di passo o di transito. rego-
lare, i0regolare o casuale : poi indica epoca dell’arrivo e
l'epoca del passo in primavera od in autunno secondo che
la specie è estiva od invernale. Descrive quindi le abitudini
della specie durante il passo ed accenna alla località ove
il passo meglio si osserva. Per le specie estive e nidifi-
canti lA. indica i luoghi prescelti per la costruzione del
nido, descrive la costituzione, la forma e dà le misure di
esso e descrive le uova : nota il periodo delle cove e l'epoca
dell'uscita dei piccoli dal nido, il numero delle covate per
ogni stagione ed il cibo preferito. Finalmente con ugual
cura è notata dall'A. l'epoca della partenza e del secondo
passo, e le abitudini della specie in questo tempo. Sono
pure notati i giorni in cui l'A. osservò i passi più impor-
tanti, così in autunno come in primavera.
Se 1 soggetti esaminati dall’A. avevano qualche par-
ticolarità nel piumaggio, egli la descrive riferendoli a sotto-
specie o varietà descritte da altri ornitologi od indicandone
le differenze da queste.
In ultimo elenca gli esemplari da lui studiati, quelli
della sua collezione e quelli della collezione del Museo
Zoologico dell’Università di Charkov.
96 FRANCESCO CHIGI
Volendo ora fare qualche apprezzamento sull'opera del
Somov, dirò che egli nello studio della biologia si mostra.
osservatore scrupoloso e profondo, sicchè le notizie da lui
date possono ritenersi come esattissime e di un vero valore
scientifico. La prima parte del libro è forse un po’ troppo
diffusa relativamente all’importanza di una avifauna locale
e certi dettagli sono forse superflui, peraltro non si può
fare di ciò un appunto all’A. il quale ebbe in animo di
colmare per quanto era possibile le grandi lacune che:
esistevano nella conoscenza della sua regione e volle dare
il modo di compiere nuovi studi sulle basi generali da lui
poste. Ad ogni modo melius est abundare quam deficere.
In complesso la Fauna orritica del governo di Charkov
a me sembra un ottimo lavoro, utile non solo a chi voglia
avere dettagli sulla ornitologia della Russia . centrale, ma
anche agli ornitologi italiani, poichè in quella regione si
trovano nidificanti molte specie che per noi sono soltanto
invernali e di passo, e possono essere preziose le notizie
dateci dal Somov. sulla loro vita estiva. Inoltre il governo
di Charkov per la sua posizione geografica sta relativa-
mente vicino al limite orientale delle forme Paleartiche
occidentali che ne compongono. quasi ‘esclusivamente l’avi-
fauna : ospita qualche forma propria della parte setten-
trionale e qualche altra propria della parte meridionale
della zona Paleartica, come pure alcune forme circum-
polari eùropeo-asiatico-americane.
FRANCESCO CHIGI.
Roma 1908 — Tipegrafia di A. Friggeri, Via della Merceda, 28-29.
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Brovo 1908.
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Tato lo ahovo Modi ine lo nchede si for il e topuande riputtoto:
oV.k ga sh pomod. Vuiolo di Cansooma, dolwmnvu vor k3
A Pomo lio x n pipe Coi. Gnam È Chigi UAN, 4 d Not
amoeh oledt. ©, Polar n» #5 vota
ni nua vg AT, anstero. ni HR vola.
Ol fpornoordente hrroclenmma. mimo Aotomi ene Ginerto rnorltoto,
comarotulameror vivamente vor tompoeti niomt oermodi, dal uo
lla DA AMMAN CONO diulti 4g faresemd, I i Ue l
| WVWerno OMO 129‘L% eutati col cla arovati O Volt, MANO 4 bilane
todo fot 19076 fireven to {o ed 1908, gui RO LIBILIVOI VIZZINI
Mu ron rendano e ion rnovvalemti in Uomo.
(1) Cdowenolosr slane tav imtiero aL PLOTEMIA N otbole di cute,
odumanzo con henge alli nevocovia di DIANO faneceoom
ku ol frettonmno in Qaventzo Pendoolo a dov cOMmodiire ci N04 lor
Kanmd, o quel che non orlo forenndoer hokte alla N AVIO
MAR) O CU Gao Gib vw com ritorio hostoLle le ul ive DÎR
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MEMBRI COMPONENTI IL CONSIGLIO DIRETTIVO
CaRRUCCIO comm. prof. ANTONIO (Zoologia ed Anatomia comparata, specialmente
Vertebrati) — Presidente.
Senat. DI CARPEGNA (conte) D. GuIipo FALCONIERI, (Ornitologia) — Vice-Presidente.
MELI cav. prof. RoMoLo, (Paleozoologia e Malacologia) — Vice-Presidente.
ANGELINI prof. dott. GIOVANNI (Zool. gen. specialmente Ornitologia) — Segretario,
CHIGI ppe. D. FRANCEScO (Ornitologia) — Consigliere.
LEPRI march. dott. GirusEPPE (Entomologia- Ornitologia) — Consigliere.
MARCHESINI cav. prof. RINALDO (Istologia generale) — Idem.
NEVIANI prof. dott. ANTONIO (Zoologia generale specialmente Briozoi) — Idem.
RosTAGNO comm. FORTUNATO (Jntomologia, spec. Lepidotteri) — Idem.
TUCCIMEI cav. prof. GIUSEPPE (Paleozoologia, Entomologia, spec. Ditteri) — Idem.
ZAMBRA rag. VITTORIO (Ornitologia) — Economo-Cassiere.
=
ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO
Art, 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi morali e
possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale anche nelle sue varie
applicazioni : di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento un Bollettino conte-
nente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica,
anatomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica; e quelle altre notizie
che possono interessare gli studiosi.
Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci :
l° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pagheranno lire Dieci all’anno,
e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta ;
2° Soci straordinari. i quali pagheranno lire Sette annue ;
3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio dìrettivo, scelti fra i
più noti ed eminenti cultori degli studi zoologici, od altrimenti benemeriti della Società.
Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni speciali.
Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato da due
soci ordinari e la sua nomina approvata dal Consiglio.
Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza generale, costi-
tuito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consiglieri. Il Consiglio
nomina nel suo seno un Segretario, un Bibliotecario ed un Cassiere-Economo respon-
sabile dei fondi della Società.
Tutti i membri del Consiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; durano in
carica 3 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio. I Consiglieri sì
rinnovano ogni anno per un terzo.
Art. 8. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative.
Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terranno normalmente in Roma ogni
bimestre, dal novembre al luglio.
Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le elezioni socìali e
per l’approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun anno ; nella medesima
adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle condizioni morali e materiali
della Società.
Si potranno però, quando che sia, tenere in Roma o altrove, congressi ed adunanze
generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio direttivo e di 15
Soci, in quell'epoca che gli uni e gli altri crederanno più opportuna.
Art. 1l. — L’anno sociale comincierà dal 1° gennaio. Le iscrizioni fatte fino al
mese di ottobre si riferiscono all’anno in corso; quelle fatte uei mesi di novembre e
dicembre potranno riferirsi all'anno successivo,
I soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che intendono
ritirarsi dalla Società, si considerano inscritti per l’anno successivo.
I Soci debbono pagare la quota aunua entro il 1° quadrimestre dell’anno sociale.
Trascorso un anno, i morosi perdono il diritto di ricevere il Bollettino, ed il Consiglio
direttivo potrà radiarli dall’albo sociale.
N. B. — L’intiero Statuto, composto di 12 articoli, di cui abbiamo riprodotti è più
importanti, fu approvato nell'adunanza generale del 22 marzo 1900, e pubbli=
cato nei fascicoli I e II del Volume I del 1900, Serie IIg pag. 6 e 7.
rc
ANNUNZIO NECROLOGICO
Dovendosi. fra giorni tenere un’adunanza scientifica, verrà in essa commemorato,
come ben merita, il compianto ornitologo, socio e consigliere, march. dott. FILEPPO
PATRIZI, testè mancato ai vivi. La commemorazione sarà quindi pubblicata nei
prossimi fascicoli III e IV. Ci limitiamo in questo a dare il doloroso annunzio della
perdita improvvisa di un valente, generoso quanto modesto consocio.
o.
va
PR SOI)
3
73}
ELANEII
Fasc. III, IV, Ve VI. Serie Il - Vol. X. Anno 1908.
(XVII dalla fondazione)
BOLLETTINO
DELLA
SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA
CON SEDE IN ROMA
Presidente ororario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill
SOMMARIO:
I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE, Dott. Valentino Barnabò — Sui rap-
4 $ È i porti fra la glandola interstiziale
{. Prof. Antonio Carruccio. — Sovra del testicolo e la glandola a secre-
un &hinobatus Halavi Rùpp. teste a- zione interna. Risultati sperimen-
vuto dal Museo Zzoologico della R. U- tali (Policlinico) E i Pag. 188-190
niversità di Roma, preso forse per la 37:
prima volta nel Mare Tose. Pag. 97-101 III. NOTIZIE DIVERSE.
do
. Prine. D. Frane. SISI SE SHPRIbA I t. Un Giardino Zoologico fra Villa Um-
I bO ARCA ORIMTDIogten: = SaEglo berto e i Parioli i Roma Pag. 4191-19
di uno studio sulle fasi IOLRIENO 136 | 2. Cattura di esemplari appartenenti a
T1U9-100
Del PRIOd lore Rag specie non comuni nella provincia
8. Dott. Valentino Barnabò — La glan- di Roma. — Notizie ornitoloviche
dola interst!ziale del testicolo (Con- del prince. Fr. Chigi È Pao. 197-199
tinuazione: Significato morfologi- 3. Sulla incursione del SyrrRaptes pa-
co). È . 5 > Pag. 137-114 radorus nella Russia Europea du-
4. liem idem — Suoi effetti delle ino- rante la primavera dell'anno 1908. -
culazioni negli animali dell'estratto Notizie fornite dal prince. Frunce-
di 7aenta saginala (Continuazione e sco Chigi . Pac. 200-205
fine) è i Pag. 115-150 | 4. Ancora dei Syrrhaptes paradortis. Se
Cattura di altro individuo fatta
presso Trinitapoli (Barletta). Notizie
del soci dott. Carlo Paolucci e
. Dott. inaponi Glusibps Lepri— Con-
tributo alla conoscenza degl’ Ime-
notteri tentredinei del Lazio. Pag. 1501-1458
(D4
À IZOTTTA end i prof. a. Carruccio È Pag. 203 -207
6. Stud. Grassi Luigi — soladi viventi
sulla torba nel littorale presso Net- IV. COMMEMORAZIONI
>» (
Tuzto ; 1 : Roy TO9A05 in onore del socio march. dott. Filip-
7. Prof. Giulio essa nei Con- po Patrizi Montoro fatte dal prof.
yylonema seutatitni (Mùller) nella pro- A. Carruccio e dott. march. G/useppe
vincia di Rom::. 5 È Pag. 163-106 Lepri. i È i ; Pae. 206-218
8. Dott. Mola Pasquale — Sulia Choa- È RL I a
nobtaenia infundivulun Bloch. Pag. 167-177 V. PROCESSO VERBALE
SURI È: SOS deil'’adunanza generale scientifica te-
TI. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE. nuta il 21 aprile 908 (Lettere dei
> SERE, È soci ‘ari ‘of. Ernesto Haeckel e
Prof. E. H. Giglioli — La nuova Avi- FOCLOnOla to bro SI
fauna Italica. — Secondo resoconto u0renzo Canerano)\. >. Page. M9-224
Aei risultati dell’ Inchiesta ornito- È BERE Go rai È 7 :
logica in Italia. — Recensione del ALE AR I O
prof. Giov. Anzelini E Pag. 178-187 Ai Soci — Articoli dello Statuto sociale.
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ni 4 . N [ai ti ali O % 1 ql 0 ° x
Sede della Società: ISTITUTO ZOOLOGICO -- R. Università
(Via della Sapienza — Roma)
AVVISO -- Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla
Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le Sale del medesimo e di poter trattenersi
— nei mesi in cui è aperta l’università — in determinate ore, sia nelle predette sale per
confronti, sia nella Biblioteca per studio e lettura di libri e LA scientifici.
a rirc._ rr ————@r—rrr r_T——_— "-yTTTTTr-—-;+=—-< G = DIODTTTT_!°Ty"<+y-yv-x-
Conto corrente colla Posta — Hiniidazione bimestrale.
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Fasc. ill, IV e V. Serie II — Vol. X. Anno XVII — 1908
— TT —
BOLLETTINO
bPLBRASOCIETÀ ZOOLOGIA IDAEFANA
GON' SEBDBETIN ROMA
Presidente onorario S. M. il RE
Sovra un R/linobatus Halav Rùpp. testé a-
vuto dal Museo Zoologico della R. Univer-
sità di Roma, preso forse per la prima
volta nel Mare Toscano.
Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana
dal Prof. ANTONIO CARRUCCIO
Il 2 febbraio del corr. anno due negozianti e vendi-
tori di pesce in Roma, dopo di essersi messi in giro per
la città nelle parti basse come nelle più elevate della nuova
Roma offrendo in vendita un grosso pesce, che afferma-
vano di non aver mai ricevuto, nè visto nei vicini paesi
di mare in cui sogliono recarsi, vennero consigliati di por-
tarlo nel Museo Zoologico di questa R. Università. Mi af-
frettai a farne acquisto dopo di aver constatato che trat-
tavasi di un individuo adulto freschissimo appartenente
al genere RAtnobatus Block-Schn., già da più anni rap-
presentato da 3 esemplari nella collezione itiologica ge-
nerale dell’istesso Museo, cioè da un RA. Columnae gio-
vane che acquistai nel 1884 dalla Stazione Zoologica di
Napoli, e da 2 altri RA. cemiculus Geoffr. S. Hil., pro-
venienti dall’Egitto, avuti in dono dall’illustre prof.
Paolo Panceri. L’esemplare giovane di Napoli è lungo
98 A. CARRUCCIO
88 ct.; dei due esemplari egiziani il più piccolo, che è £,
ha la lunghezza di 38 ct. 5; il più grande, ch'è 3, misura
65 ct. Il disco dei due minori esemplari ha la medesima
larghezza (14 ct.), mentre il disco del R%. cemiculus più
grande è largo 21 ct.
Risultò in modo indubbio che questo quarto indivi-
duo di specie diversa e di dimensioni molto maggiori
dei tre precitati, proveniva dalle non lontane acque ma-
rine di Orbetello, da cui sogliono importarsi in Roma mol-
tissimi pesci. Le indagini che finora potei fare dimostra-
no, non dico in modo assoluto, che questa è la prima volta
che tale R/Ainobatus vien preso in località così vicina al
mare laziale.
Feci prendere con esattezza tutte le occorrenti misu-
re e modellare accuratamente il pesce, onde, dopo eseguita
limbalsamazione, rimanessero inalterate le forme delle
singole parti e le dimensioni, come si fa sempre nel nostro
Museo dall’abile preparatore e tassidermista, Sig. C. Coli.
Dallo studio fatto sull’esemplare appena lo ebbi in
Museo, e proseguito dopo che fu imbalsamato, non rimasi
persuaso che si trattasse del Rhinobatus Columnae : ciò
eredetti da prima, sapendo che questa è la specie la quale
nel nostro Mediterraneo, e precisamente nelle acque della
Sicilia, si può più facilmente avere. Essa fu descritta e
raffigurata nell’Iconografia della Fauna Italica dal prin-
cipe C. L. Bonaparte, ma prima e poi da altri venne pa-
recchie volte indicata per la nostra Italia (1).
(1) Quasi tutti gli scrittori d’ittiologia narrano della forma mista
ehe è propria del Rhinobatus, ma nessuno forse si esprime col brio
e colla buona grazia del Bonaparte: perciò non potrà a veruno di-
spiacere che riferisca fedelmente le sue parole:
« Non credeva Aristotile che pesci di razza diversa si fecondas-
sero tra loro, dall’averne veduto uno che riuniva le forme della
Squatina e della Raja, della prima cioè le posteriori, della seconda
fe anteriori, dubitò che la regola soffrisse una eccezione, e che dal
RHINOBATUS HALARI 99
Ma leggendo le opere del Moreau, Gunther, Dumeril,
Bridge, Boulanger, Cossmann e Raiiber ed altre, rilevai
come taluni caratteri del nostro esemplare non fossero
quelli del R/inobatus Columnae, bensì del Rhinobatus
Halavi. I
Quest'ultima specie fu primo il Doderlein a ricono-
scere che apparisce più raramente della precitata nei
mari della Sicilia. Infatti l’illustre autore del Manuale
Ittlologico del Mediterraneo, dopo d’aver ricordato che
essa vive comunemente nel Mar Rosso e che accidental-
mente Guichenot la trovò lungo le coste d’Algeri, soggiun-
ge: « Esaminando con attenzione i molteplici individui
del R/inobatus Columnie che venivano portati in ven-
dita nel mercato di Palermo, mi avvidi tempo fa che pa-
congiungimento di quei due nascesse un pesce bastardo, cui dette
il nome di Rhinobatos, che in latino fu tradotto squatino-raja. Plinio
che in questa, egualmente che in altre mille erudizioni, fu l’eco in
Roma di quel sapientissimo, ripetendo disse: che dallo strano con-
giungimento della Squatina e della Raja parea, nascesse quel pesce
che riunisce il nome greco dell’uno e dell’altro. Dopo molti secoli
il Rondelet cercava codesto animale, e non trovandolo accagionava
Aristotile e Plinio di troppa credulità: anzi non distinguendo la
probabilità dell’esistenza dalla narrazione dei legittimi natali, dicea
non potersi dare siffatto pesce in natura. Ma Fabio Colonna linceo
poco tempo dopo si accorse che si confaceva con la descrizione degli
scrittori antichi, e riuniva realmente le forme della squatina e della
Raja, quel pesce al quale i pescatori napoletani davano volgarmente
il nome di cetola, perchè guardato all'ingrosso ti presenta la figura
dirunaschitarra,;. ».
L’esemplare descritto dal Bonaparte misurava « oltre 2 piedi
di lunghezza » — che è quanto dire più di 59 centimetri.
Riguardo all’habitat così scrive il Bonaparte: « sembra proprio
delle parti meridionali del nostro Mediterraneo; certo è che non l’ab-
biamo osservato nelle parti settentrionali, nè lungo le coste dello
Stato Romano: niuno dei pescatori veneti, genovesi, toscani o ro-
mani ai quali l'abbiamo mostrato lo conosceva. Abbonda intorno alla
Sicilia, ove la sua figura ha suggerito il nome di pesce violino, nè
sappiamo che al presente goda di altra volgare appellazione ».
IOO A. CARRUCCIO
recchi di essi presentavano caratteri notevolmente diffe-
renti da quelli stabiliti a distinzione di quest’ultima spe-
cie. Codesti individui erano molto più grandi raggiungen-
do persino la lunghezza di m. 1,70 e di m. 1,80, dimensione
giammai offerta dagli esemplari più adulti del Rhinoba-
tus Columnae ».
È questo ora posseduto dal Museo Romano, misurava
appena portatovi, cioè fresco ed intatto m. 1,60. Dopo
l’imbalsamazione e l’essiccamento, si ebbe una lievissima
differenza nella lunghezza totale (m. 1,58).
Il Doderlein e prima il Rippel, Dumeril ed altri scrit-
tori stabilirono che caratteri distintivi del RAinobatus
Halzvi sono oltre le maggiori dimensioni : 1° un muso più
allungato e sporgente, triangolare e assai arrotondato al-
l'apice; 2° carena rostrale allungata sette-otto volte più
lunga che larga alla base nei giovani, nove-dieci volte ne-
gli adulti coi lati rientranti ed appressati fra loro ad 1/3
della loro lunghezza, allargati alla base ed all’apice; inve-
ce nel Rhinobatus Columnae sono rettilinei; 3° bocca leg-
germente arcuata (ed in questo esemplare di Orbetello è
lunga cm. 11), larga un po’ più del doppio dello spazio in-
ternasale, e precisamente nel centro di essa, dove si ha la
massima apertura, la larghezza è di 5 ct. e 1/2.
I margini mascellari sono, tanto superiormente come
inferiormente, guarniti di denti grandicelli, rotondeg-
gianti, contigui formanti quasi un mosaico, in numero di
55 a 60 per serie.
Lo spessore di questi margini dentiferi è di 13 mm.
Qui è da notarsi come tutti gli autori siano d'accordo
nell'affermare che i denticelli del R7. Hal/4vî per numero e
per grossezza superino quelli del R%. Columnae: anche
questo carattere è evidentissimo nell’esemplare di OrbeteL
loin confronto alla disposizione dei denti cogli altri esem-
plari posseduti dal Museo Romano, pur tenendo conto del-
le minori dimensioni di essi.
RHINOBATUS HALARI IOI
Il Doderlein afferma che dopo di avere studiato dili-
sentemente gli esemplari, dovette arrendersi all’evidenza,
riconoscendo addirittura che il RA. Halavi del Riippel, co-
munque più raramente del Ri. Columnae, apparisce di
tratto in tratto nelle acque marine della Sicilia. Ora, sog-
. giungeva Doderlein, il Museo Zoologico di Palermo pos-
siede 3 magnifici esemplari di questa specie di RAinoba-
tus, 2 femmine della lunghezza di m. 1.70 e di m. 1.80, ed
1 maschio di m. 1.23. — L’egregio dottore Luigi Facciolà
di Messina, ben noto pei suoi studi ittiologici, in data del
15 aprile 1908 mi scrisse che mentre gli risulta essere il
Rhbinobatus Columnae non comune, ma nemmeno raro nel
mare di Messina, non vi ha finora trovato il R—. Halavi, di
cui parla nel suo Manuale 11 Doderlein.
Il Dott. Facciolà mi serive pure come a lui consti che
nel RA. Columnae i tubercoli aculeati lungo la linea del
dorso siano più o meno appariscenti secondo gl’individui
della stessa età; e alle volte facciano semplicemente spor-
genza sotto la pelle. |
Osserva inoltre che il Giinther nel suo Catal. pare ab-
bia errato quando tra 1 caratteri del gen. RAinobatus po-
ne la mancanza del lobo inferiore nella codale, avendo egli
(il Facciolà) visto che se è meno sviluppato del superiore,
non manca però tale lobo inferiore.
Altre osservazioni interessanti indicatemi gentilmen-
te dall’egregio consocio di Messina sono queste due, che
riferisco fedelmente: « Vidi un esemplare del R/. Co-
lumnae coi testicoli maturi ai 15 dicembre, e una femmina
in gennaio coi grossi sacchi incubatori, ciascuno occupato
da un uovo ».
In questa specie (scrive pure il Facciolà, che viva-
mente ringrazio per la sua premura e cortesia) è notevole
la presenza di due lembi triangolari che l’iride manda sul-
la pupilla ».
Ringrazio pure assai vivamente l'illustre collega ed
TOZ A. CARRUCCIO
amico prof. E. H. Giglioli che da Firenze mi mandò no-
tizie sugli esemplari di R/inobatus posseduti nella splen-
dida collezione centrale dei Vertebrati, ed anche sul Ru-
vettus pretiosus (della quale specie, potei testè acquistare
un bellissimo esemplare proveniente dal Mare di Messina,
già presentato alla nostra Società, e del quale saranno
presto pubblicati i cenni illustrativi che ne ho dato). —
Nella predetta collezione esistono adunque 3 individui
avuti da Napoli, 6 da Catania, 4 da Bari; ed uno ulti-
mamente il Giglioli ebbe da Vada (Pisa), tutti della spe-
cie RA. Columnae. Sarebbe perciò la prima volta, come
glà dissi, che viene annunciata la cattura di un RAinoba-
tus nelle acque di Orbetello; ma ciò ch'è più interessante
trattasi del RA. Halavi, finora trovato soltanto in Sicilia
dall :Doder leins(g03 pivd.9y
Il muso di forma triangolare, ha la lunghezza di 25 ct.
una minima larghezza in avanti, di 3 ct., una media di
15 ct., ed una massima, alla base, di 26 ct. — Questo muso,
che finisse ottuso, è 5 volte più lungo dello spazio interpo-
sto fra le due narici. — Queste hanno una lunghezza di
6 ct., el’una dall’altra dista 4 ct. e 1/2. La o a del-
le valvole nasali è quale viene indicata dagli scrittori cui
dobbiamo una diligente descrizione del RA. Halavi.
Anche il Doderlein osserva che quello che più inte-
ressa è la valvola nasale anteriore la quale anzichè essere
allungata ed estesa sino all'angolo interno delle narici,
come nel Rhinobatus Columnae, arrestasi al 2/3 della ca-
vità nasale: quindi questo è uno dei caratteri precipui
per escludere il Rhinobatus Halavi dal sottogenere Syr-
rhina in cui annoverasi il predetto RAimnobatus Columnae.
Nel sottogenere RRinobatus propriamente detto deve inve-
ce annoverarsi il R.Halavi. Il Carus nel dare una diagnosi
riassuntiva di quest’ultima specie limitasi a dire: « Val
vula nasalis anterior non ad angulum internum naris pro-
lungata, appendice lata linguiformi marginis inferioris
RHINOBATUS HALARI 103
praedita; carina rostralis triangula, pars tertia media la-
teribus approximatis, basali et terminali dilatatis; nares
spatio internasali longiores; dentes magnusculi rotundati,
circa 60 etc... ».
Il Duméril fa un confronto col R%. granulatus per ri-
guardo alle narici: « Narines notablement plus grandes
que celles de ce dernier, et dont la longueur moindre que
celle de la bouche, mais double de l’intervalle qui sépare
leur angle externe du bord du disque, dépasse, d’un quart
environ, l’étendue de l'espace inter-nasal.... ». L’istesso il-
lustre ittiologo francese quando dà i caratteri del R. Co-
lumnae fa rilevare come le valvole nasali anteriori non si
prolunghino all’interno e al di là dei margini della carena
rostrale (pag. 487), soggiungendo che le narici sono appena
più lunghe dell’intervallo che le separa
Nel R. Halavi la valvola nasale posteriore è bilobata :
1] lobo esterno attraversa in forma di larga appendice
lamelliforme la cavità nasale.
E passando subito a far cenno del disco di questo pla-
giostoma dirò che esso offre una lunghezza che corrispon-
de al terzo dell’appendice caudale ed è più lungo che lar-
go. E precisamente nel nostro esemplare il disco ha la
lunghezza di cm. 60 ed una larghezza di cm. 52.
La superficie cutanea dorsale del disco medesimo pre-
senta un gran numero di piccolissime punte che la ren-
dono più o meno ruvida; e nella linea mediana dorsale
osservansi più tubercoli uncinati che si avanzano oltre la
base della coda. A cominciar poco dopo al disotto degli
occhi e sempre sulla linea mediana si contano poco più di
una trentina di tubercoli maggiori disposti in serie lineare
e a distanza regolare gli uni dagli altri. Vedonsi pure al-
tri tubercoletti minori, e sopra la prima pinna dorsale
vha un gruppo di altri tubercoletti anche più piccoli,
fra i quali uno emerge per maggior grossezza.
Quasi tutti i tubercoli che hanno maggior sviluppo
è
IO4 A. CARRUCCIO
mostrano la punta rivolta all’indietro ed hanno larga la
base e soventi biforcata.
Le pinne toraciche ampie e di orma quasi triango-
lare, offrono il margine esterno ottuso ed il posteriore ro-
tondeggiante.
Le pinne ventrali presentano una forma trapezoidea,
la loro lunghezza supera la larghezza; il margine esterno
è rotondeggiante e il posteriore si prolunga assai e finisce
a punta.
Anche le dorsali hanno una forma quasi trapezoidea
col margine anteriore convesso e ricurvo ed il posteriore
falciforme con una larga appendice alla base.
L'altezza della 1° pinna dorsale è di cm. 16, con una
larghezza massima (alla base) di cm. 11.
La 2° pinna dorsale è alta cm. 15,5 con una larghezza
massima di cm. 11: quindi le due pinne dorsali sono pres-
sochè eguali fra loro. |
(li occhi hanno forma ovoidea col diametro maggiore
lungo mm. 22; sono disposti obliquamente e distano l'uno
dall'altro cm. 11. Ogni occhio poi dista dall’apice del ro-
Suro Cm 20/5;
Ampi sono gli spiragli, anch'essi sono ovoidali e si-
tuati immediatamente dietro gli occhi; hanno un maggior
diametro longitud. di cm. 3, ed un minore diretto trasver-
salmente, di em. 2.
Dall’apice del rostro sino al margine posteriore degli
spiragli st ha una lunghezza di cm. 31.
La lunghezza totale del rostro è di cm. 25 con una
largh. minima in avanti di cm. 3, con una largh. media
di cm. 15,5 e una massima di cm. 26. In avanti ossia nella
porzione apicale il rostro o muso finisce rotondato.
L’appendice caudale grossa ha una forma romboi-
dale, ed in totale è lunga cm. 19.
Il colore nella superficie dorsale è bruno grigiastro
quasi uniforme, ma 11 tratto affatto antericre e proprio al-
RHINOBATUS HALARI TOS
l’intiero rostro ha un colorito bianco intenso con riflessi
giallastri. Il tratto compreso tra gli cechi, e tra questi ed
il margine esterno è grigio scuro. E’ notevole la larga mac-
chia di un colore quasi di cioccolato che si ha sulle due
pinne ventrali.
(Continua).
ET
APPUNTI DI SISTEMATICA ORNITOLOGICA
Saggio di uno studio sulle fasi evolutive del piumaggio
Comunicazione fatta dal Principe D. FRANCESCO CHIGI
alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma
Nelle odierne classificazioni, per quanti progressi
slansi fatti in questi ultimi anni, la comprensione dei vari
gruppi sistematici non ha limiti precisi, nè si è mai se-
riamente cercato di stabilire con una certa approssima-
zione quali rapporti di affinità filogenetica esistano tra
specie e specie, se non col creare un numero indefinito di.
suddivisioni nelle forme specifiche. E mentre gli innova-
tori dell’ornitologia continuano nella loro opera di vera
triturazione morbosa e frenetica, quelli della vecchia
scuola non trovano altra arma di difesa che deplorare
la manìa innovatrice degli altri: la confusione cresce così
a tutto scapito della utilità degli studi ornitologici.
Il più grave ostacolo che si oppone alla attuazione
di un Sistema che rispecchi le affinità filogenetiche fra le
numerose e variabili forme specifiche sta nelle dubbiezze
delle note teorie sulle qualità essenziali della specie; tut-
tavia, se è vero che del concetto di specie zoologica non
possiamo con termini assoluti, formulare una definizione
rigorosamente logica, senza cadere o in contraddizione col-
la teoria della discendenza o in un circolo vizioso, non è
men vero che se non in tutti, almeno nella grande mag-
gioranza dei casi possiamo delle specie attuali trovare
praticamente i limiti naturali, a meno che non si neghi
FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO IO7
a priori, come vorrebbero alcuni, la esistenza naturale del-
la specie zoologica (1). ©
Sull’esistenza o meno della specie non è qui il luogo
di discutere e passo oltre partendo dal principio fonda-
mentale per me asstomatico, per altri semplicemente ?po-
tettco che « la specie zoologica è la vera unità naturale
attuale risultante dall'insieme organico di individui a-
venti, allo stato attuale o virtuale, certi caratteri la som-
ma dei quali costituisce la caratteristica della specie :
gli individui poi presi singolarmente non sono che ele-
menti della specie privi ciascuno per sè di valore siste-
matico: quindi la specie oltre essere unità naturale è an-
che l’unità sistematica convenzionale ».
Che la specie oltre essere unità naturale, suscettibile
di varie e profonde modificazioni, sia l’unica unità na-
turale attuale facilmente si desume dalla biologia: 1 vin-
coli che legano fra loro gli elementi della specie e che
appunto rendono questa un tutto organico sistematica
mente inscindibile non hanno corrispondenti al di là di
‘essa: ogni unità naturale ha vita continuativa per pro-
prio conto e nessuna relazione necessaria alla vita può
vedersi fra specie e specie, fra genere e genere ecc.
La nostra mente però ha una assoluta necessità di pa-
ragonare e classificare per assurgere a concetti sempre
più comprensivi definiti e chiari, di trovare un nesso lo-
gico fra le cose se anche queste non hanno un nesso na-
turale. Gli aggruppamenti delle specie in generi, dei ge-
neri in famiglie, ecc., servono come punti di appoggio
nella selezione e nella sintesi ideologica, per formare e
coordinare intorno a centri definiti, ma astratti, gli ele-
menti tratti dall’analisi delle unità naturali.
Questi nuovi aggruppamenti, formati per sintesi 1deo-
(1) A complemento dei presenti appunti sul concetto di specie ve-
dasi il mio lavoro sui Passeri nel « Bollettino della Società Zoologica
Italiana » 1904 pag. 127 e seguenti.
IOS FRANCESCO CHIGI
logica, hanno naturalmente comprensione diversa a secon-
da dell’apprezzamento personale dello studioso o degli ele-
menti che sembrano i più importanti, ed in pratica as-
sai male denotano il grado di affinità naturale fra i grup-
pi di ordine inferiore in essi contenuti. Se l’apprezza-
mento personale fosse sempre giusto e se tutti gli elemen-
ti, 1quali debbono contribuire alla sintesi che ha per fine
la determinazione di gruppi di ordine superiore alla spe-
cie, fossero conosciuti, allora le classificazioni ottenute
per sintesi ideologica nell'ordinamento dei gruppi riflet-
terebbero per logica necessità l'ordinamento filogenetico
delle unità naturali, quanto è dire i gradi di affinità fra
esse. In una siffatta classificazione ogni! genere compren-
derebbe tutte quelle attuali forme specifiche i progenitori
delle quali, giunti ad un certo grado di evoluzione, in una
certa epoca, costituivano una sola unità naturale; così
per le tamislicileec Seco:
Ma onde la sintesi ideologica possa contenere tutti
eli elementi necessari, questi debbono essere raccolti con
l’analizzare ciascuna delle attuali forme specifiche re-
trocedendo sulla via della sua complessa evoluzione per
arrestarsi ad una data fase evolutiva. Questa fase in re-
lazione alla forma primordiale deve essere di grado cor-
rispondente per tutti i progenitori delle forme attuali.
E° ovvio clie a seconda del grado di sviluppo stabilito come
centro per la formazione sintetica dei gruppi sistematici,
ed in ragione inversa del grado stesso, varia la compren-
sione dei gruppi di diverso ordine.
Allo stato presente delle cognizioni zoologiche in ge-
nerale ed ornitologiche in particolare nè si può com-
piere l’analisi retrospettiva dell'evoluzione nelle forme
specifiche attuali, nè è possibile prestabilire per la forma-
zione degli aggruppamenti sistematici gradi definiti di
sviluppo filogenetico: noi possiamo disporre delle spe-
cie di oggi e possiamo cercare di conoscerle a fondo, ma
FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 109
nulla sappiamo di ieri, chè poche tracce ed oscure del
passato sono giunte fino a noi. Tuttavia dall’accurato stu-
dio di queste poche tracce, confrontate con quanto oggi
è noto delle forme attuali, 1 più profondi scrutatori dei
leggendari misteri della natura hanno potuto se non pie-
namente dimostrare, almeno arguire ed intuire che per
legge generale e fondamentale della vita ogni essere or-
ganizzato nella evoluzione individuale ripete sommaria-
mente tutte le forme dei suoi progenitori : l’ontogenesi in-
somma rispecchia la filogenesi, e per quanto più avanzato
è lo sviluppo dell'individuo, tanto più esso differisce dai
tipi primitivi dai quali discende.
Sebbene questa legge sia stata enunciata in seguito
agli studi comparati di paleontologia ed embriologia, tut-
tavia se ne intuisce il valore universale e non è che logico
ritenerla fino a prova contraria come regolatrice dell’evo-
lazione individuale.
In conformità di questa legge è quindi da. ritenersi
che negli uccelli non è il piumaggio degli adulti che ha
maggiori somiglianze col piumaggio delle forme proge-
nitrici, ma deve essere il piumaggio dei giovani quello che
nelle singole specie più rassomiglia al piumaggio degli
adulti della unità naturale, la quale, attraverso ad altre
fasi evolutive, ha generato le specie attuali.
Una riprova del mio asserto sta nel fatto che in
molte specie fra loro simili nel complesso dei caratteri
somatici e senza dubbio collegate da stretti rapporti di
affinità filogenetica, gli individui, mentre nella fase a-
dulta sono assai differenziati da specie a specie, nella
fase giovanile tutti si assomigliano per certi caratteri del
piumaggio. Sarebbe illogico credere che la somiglianza
dei giovani in questi casi fosse puramente fortuita e non
denotasse una stretta affinità fra le specie.
Un mezzo per conoscere più esattamente il grado di
affinità fra le unità naturali attuali sarebbe dunque quel-
IIO FRANCESCO CHIGI
lo di studiare accuratamente le forme giovanili, ora in-
vece per lo più gli autori di opere ornitologiche si dànno
a descrivere le specie nella loro fase adulta con le loro
sottospecie e varietà (riconoscibili queste talora solo in
alcune stagioni dell’anno) e poco o punto curano la de-
serizione del giovani quasichè ciò fosse inutile. E° ben
raro trovare descrizioni delle fasi giovanili fra le carat-
teristiche generiche date dagli ornitologi.
Quando mediante lo studio dei caratteri somatici e
specialmente delle livree giovanili avremo potuto rav-
vicinare fra loro più specie, abbozzando, dirò così, un
primo raggruppamento di ordine generico, tutto o quasi
tutto il lavoro successivo può compiersi in generale con
l’analisi della distribuzione delle tinte così nelle varie re-
gioni del corpo come nelle varie regioni di ciascuna pen-
na, considerando le variazioni di tinta attraverso tutte
le età dell'individuo e nel massimo numero possibile di
soggetti.
Per tutto quanto sopra si è detto il disegno del piu-
maggio, cioè la posizione relativa delle tinte chiare e scu-
re, ripete attraverso le età dell’individuo 11 corso delle va-
riazioni della specie nel tempo e la veste dei giovani di
più specie, fra loro differenziate nella fase adulta, ma
simili nella fase giovanile, ripeterà la veste propria della
forma progenitrice delle specie attuali considerate.
Prendendo pertanto in esame uno qualunque di que-
sti gruppi di specie, dal disegno del piumaggio dei gio-
vani si può facilmente, con una opportuna analisi se-
lettiva dei caratteri, creare un tipo ideale comune, la de-
scrizione del quale convenga per i caratteri capitali al
giovani di tutte le unità naturali attuali da noi consi-
derate.
Ogni specie del sruppo avrà un modo di variare suo
proprio, una norma secondo la quale passerà dalla fase
tipica primitiva (giovanile) alla fase completamente evo-
FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIUÙ ETT
luta (adulta) e tutti gli individui della specie varieran-
no entro dati limiti: tale modo di variare della specie io
chiamo il suo piano specifico di evoluzione. I piani spe-
cifici di evoluzione adunque costituiranno la caratteristi-
ca delle varie specie aventi uno stesso tipo primitivo.
Se si considerano più specie A_B, C.... nella loro evo-
luzione a partire dal tipo ideale comune possiamo tro-
vare che i piani specifici di evoluzione delle unità A e B
hanno molti caratteri comuni, che cioè i caratteri delle
due forme nelle diverse età, senza essere uguali, si cor-
rispondono e variano in modo simile; in questo caso pos-
siamo considerare 1 piani di evoluzione delle due forme
come sensibilmente progredieniti nella stessa direzione.
Se nel corso delle fasi evolutive i caratteri della forma C
nelle diverse età non corrispondono a quelli di A e di B,
e se il piano specifico di evoluzione di quella forma acqui-
sta nuovi caratteri che non troviamo in A ed in B, pos-
siamo dire che il piano di evoluzione della unità C ha
una direzione divergente da quella dei piani di evoluzio-
ne di A edi B.
Riprendendo in esame le unità A e B i cui piani di
evoluzione hanno la stessa direzione possiamo trovare
che una di esse nella fase del massimo sviluppo consentito
agli individu della specie giunge ad un grado di diffe-
renziazione dal tipo primitivo maggiore del grado rag-
giunto nelle stesse condizioni dall'altra unità : questo gra-
do ci dà la distanza della specie dal tipo. Bisogna tener
presente che non tutti gli individui di una specie possono
giungere alla stessa distanza dal tipo e che spesso le fem-
mine anche adulte rimangono normalmente ad una di-
stanza dal tipo primitivo minore della distanza alla quale
giungono i maschi.
Tutti questi elementi tratti dall’ CINE delle specie
e dailla formazione ideologica dei piani di tevolvizione
— divergenza specifica e distanza specifica dal tipo pri-
DEZ FRANCESCO CHIGI
mitivo — ci dànno il modo di determinare le posizioni
reciproche delle diverse specie in modo grossolanamente
analogo a quello in cui si determina la posizione geo-
grafica di un luogo mediante la longitudine e la latitu-
dine.
Che questo metodo per determinare l'affinità fra le
unità naturali attuali sia logico e teoricamente esatto
a me non par dubbio, la difficoltà sta nell’applicazione
pratica; non tutte le specie infatti hanno un piumaggio
giovanile abbastanza diverso da quello degli adulti o so-
migliante a quello di altre specie e fornito di un suffi-
ciente numero di caratteri tali da potere esser presi come
quelli del tipo originario, di molte specie i giovani non
sono conosciuti ovvero se conosciuti non lo sono suffi-
cientemente, e poi ancora non sempre è facile seguire l’e-
voluzione del disegno del piumaggio attraverso le età. Bi-
sogna in questi casi ricorrere ad altri mezzi e giudicare
per analogia con altri gruppi di specie o secondo leggi
più generali; nei Corvi ad esempio può esser di guida
1] parallelismo fra le specie C'orvus corone — Corvus cor-
nir e Colacus monedula — Colaeus dauricus.
Uno studio completo sulle affinità fra specie fondato
sull'analisi dei piani di evoluzione potrebbe, io credo, por-
tare a risultati soddisfacenti: per ora a me basta averne
accennata l’importanza e darne un esempio pratico dei
più semplici.
Come uno dei gruppi di specie che meglio si prestano
allo studio delle fasi evolutive scelgo quello dei Tordi e
Merli e per semplificare lo studio considero solo le specie
che giungono o vivono normalmente in Italia potendo esse
fornire un sufficiente materiale di confronto. Per non en-
trare prima del tempo in questioni che debbono risolversi
in seguito indicherò le unità naturali senza nome gene-
FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO LES
rico ma col nome specifico che spetta loro per la legge di
priorità; esse sono :
Resperiocus E
IT. Sp. musicus L.
III. Sp. viscivorus L.
IV. Sp. paris L.
V. Sp. merula L.
VE Spocorquatus L.
N. B. — In questa ultima specie sono comprese le
forme forquatus tipica, alpestris e occidentalis che alcuni
autori (Martorelli) considerano come semplici razze, altri
(Arrigoni) come sottospecie, altri (Giglioli e Salvadori)
come specie distinte.
I giovani delle sei specie sopra nominate hanno nel
loro primo abito un tipo unico di disegno che permette
la ricostituzione del tipo primitivo
Per facilitare il confronto del tipo primitivo con le
singole specie nelle descrizioni divido il piumaggio in tre-
dici regioni: non descrivo le remiganti e le timoniere non
avendo queste importanza nello studio delle fasi evolu-
tive.
Le regioni che descrivo sono le seguenti :
1. Fronte capo e nuca.
2. Dorso.
5. Groppone e sopraccoda.
4. Sopracciglio.
5. Regione auricolare.
6. Piccole cuopritrici alari superiori.
7. Medie cuopritrici alari superiori.
8. Grandi cuopritrici alari superiori.
9. Cuopritrici alari superiori ed ascellari.
(A0)
Bollett. Soc. Zooiogica Italiana
LI4 FRANCESCO CHIGI
10. Mento, gola, gozzo, lati del collo sotto la regione 7.
11. Parte superiore del petto,
12. Parte inferiore del petto, addome e fianchi.
13. Sottocoda.
Nella ricostituzione del tipo tengo conto dei caratteri
primitivi più salienti, che sviluppati in diverso grado si
trovano nei giovani delle specie attuali , che cioè possono
essere sviluppati più o meno non solo nei giovani delle
diverse specie, ma anche nei diversi giovani di una stessa
specie. Soggetta a grandi variazioni anche nella fase
giovanile è per esempio la specie merula che talora può
apparire anche quasi affatto priva di macchie sulle parti
superiori e sulle grandi cuopritrici alari; in altre specie
poi, come nella specie forquatus, queste macchie chiare
delle grandi cuopritrici sono appena accennate nei gi10-
vani. E’ per questo che nella descrizione del tipo primi-
tivo si troverà una certa elasticità nella definizione di al-
euni caratteri, dovendo risultare questo tipo della sintesi
dei caratteri attuali e virtuali contenuti nella fase giova-
nile delle specie considerate.
T giovani nelle diverse specie hanno certamente colo-
razioni particolari di cui non tengo conto perchè caratte-
ristiche specifiche indipendenti dal disegno, solo indice
sicuro questo del grado di evoluzione della specie: nelle
descrizioni perciò eviterò sempre, per quanto è possibile,
di indicare i colori e cercherò di caratterizzare le fasi
evolutive secondo l’intensità delle tinte chiare scure o scu-
rissime nei loro reciproci rapporti.
TIPO PRIMITIVO.
Regione 1. Scura con piccole macchie chiare allun-
gate od a goccia lungo lo stelo di clascuna penna, apici
delle singole penne scurissimi.
Regione 2. Simile con macchie chiare più grosse.
FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO EES
Regione 3. Simile con macchie chiare molto ridotte
talora nulle.
Regione 4. Simile con macchie chiare più estese in
proporzione della grandezza assoluta delle penne, di-
stinta perciò dalle regioni circostanti.
Regione 5. Chiara con margini delle penne scuri ed
apici scuri o scurissimi.
Regione 6. Scura con grande macchia apicale chiara
prolungata lungo lo stelo delle penne.
Regione 7. Simile con macchia apicale più svilup-
pata.
Regione 8. Simile con macchia chiara molto ridotta.
Regione 9. Chiara, talora con la parte media dei ves-
silli scura senza limite netto fra le due tinte.
Regione 10. Chiara con due serie oblique di penne
scure al centro e chiare ai margini sui lati della gola e
con piccole macchie scure e contorno mal definito all’a-
pice delle penne chiare; queste macchie scure apicali non
sì trovano su ogni penna.
Regione 11. Chiara con grosse macchie scure occu-
panti la parte apicale di ciascuna penna; queste mac-
chie hanno forma o triangolare col vertice in alto o ton-
deggiante od allungata trasversalmente. Steli delle penne
talora ancor più chiari della tinta fondamentale.
Regione 12. Simile o con macchie scure più piccole
e meno distinte.
Regione 13. Ogni penna chiara al centro e scura ver-
so i margini.
N. B. — Le penne delle regioni 11, 12, 13, possono
avere una seconda macchia scura trasversa verso la base.
Qui devesi tener presente un fatto notevole, che, se
non considerato, può sviare nelle ricerche relative alle
fasi evolutive delle diverse specie; la variazione del di-
segno nel piumaggio dei tordi avviene in due modi: per
IIO FRANCESCO CHIGI
modificazione graduale del colorito di ogni penna (deco-
lorazione o intensificazione del colorito) accompagnata
dalla abrasione degli apici e dei margini, e per muta. Dal
momento in cul la penna si sviluppa per la prima volta
nel nidiacco fino al momento in cui è sostituita da una
nuova penna, essa subisce variazioni di tinta e variazioni
nella distribuzione delle tinte, più o meno profonde; allo
stesso modo dopo la muta ogni penna è soggetta a simili
variazioni. Cosicchè la evoluzione progressiva del dise-
gno incomincia fin dai primi giorni di vita dell'individuo
per continuare poi lentamente e non arrestarsi che alla
seconda e forse anche alla terza muta, quando cioè il
massimo grado di evoluzione del disegno consentito al-
l’individuo sia stato raggiunto. La muta delle penne (sem-
plice autunnale) che però avviene lentamente, almeno nel
massimo numero dei casi può rappresentare una solu-
zione di continuità nelle modificazioni del disegno del
piumaggio, un salto tanto più forte e visibile per quanto
sono più profonde le modificazioni di disegno subìte dalle
singole penne nella prima fase del piumaggio.
Nelle seguenti descrizioni analitiche per brevità ten-
go conto in massima delle fasi evolutive succedenti la
prima muta poichè durante la fase giovanile le modifi-
cazioni del disegno non sono molto profonde nella mag-
gior parte delle specie; dove però queste modificazioni
sono più importanti non mancherò di accennarlo.
Sp. TI Wiacus L.
Regione 1, 2, 3. Spariscono le macchie centrali chia-
re e gli apici scurissimi.
Regione 4. Interamente chiara o chiara con sottili
marginature scure.
Regione 5. Persiste una sottile zona chiara al centro
delle penne.
FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO FI
Regione 6. Spariscono le parti chiare.
Regione 7. Persistono le macchie apicali chiare non
prolungate lungo lo stelo.
Regione 8. Persistono le macchie chiare apicali sul
vessillo esterno non prolungate lungo lo stelo, il margine
esterno delle singole penne è leggermente più chiaro della
tinta fondamentale.
Regione 9. Uniforme chiara.
Regione 10. Persistono le macchie scure sul fondo
chiaro; le due serie laterali di penne scure assumono un
grande sviluppo e si addensano ai lati della gola for-
mando quivi due grosse macchie scurissime, mentre le
altre macchie sparse sono scarse, piccole ed allungate lon-
gitudinalmente.
Regione 11. In autunno le macchie scure occupano
gran parte del centro di ogni penna, sono allungate lon-
gitudinalmente, sfumate sui bordi, intense lungo lo stelo;
in primavera divengono gradatamente più ristrette, per-
dono la sfumatura, assumono un contorno ben netto e for-
ma triangolare prolungandosi più o meno dal ver-
tice lungo lo stelo della penna. Ai lati di questa regione
la tinta fondamentale si intensifica divenendo uguale a
quella delle parti inferiori.
Regione 12. In autunno con macchie simili a quelle
della regione precedente, ma meno intense, in primave-
ra simili per forma e intensità a quelle della regione 11
ma più ristrette e più scarse. La parte centrale dell’ad-
dome è in ogni stagione chiara senza macchie.
Regione 13. Parte centrale delle penne chiara come
la parte marginale, parte media scura: nelle penne cen-
trali la parte scura è molto ristretta o manca, nelle e-
Sterne è più estesa.
Sp. II musicus L.
Regioni 1., 2,83, 6. Tinta uniforme, spariscono le
macchie chiare e gli apici scurissimi.
118 FRANCESCO CHIGI.
Regione 4. Persistono in modo poco appariscente le
macchie chiare centrali sulle penne.
Regione 5. Persiste il disegno tipico.
Regione 7. Persiste all’apice di ogni penna una mac-
chia triangolare chiara, non prolungata lungo lo stelo.
Regione 8. All’apice del vessillo esterno delle penne
presso lo stelo persistono piccole macchie chiare di for-
ma triangolare od irregolare e non prolungate lungo lo
stelo.
Regione 9. Chiara per intero.
Regione 10. Conserva il disegno tipico, le piccole
macchie scure sparse hanno forma allungata.
Regione 11. Conserva il disegno tipico, le macchie
scure hanno forma triangolare col vertice rivolto in alto
e base ristretta ed hanno una marcata tendenza a prolun-
garsi lungo lo stelo. La tinta fondamentale sui lati di
questa regione si intensifica e diviene uguale a quella del-
le parti superiori: l’intesificazione non avviene però in
ugual misura su tutte le penne, essa avviene dall’esterno
verso il centro in modo che alcune delle penne hanno tinta
intensificata nella parte marginale e basale con uno spazio
centrale chiaro; in quelle penne in cui la tinta fondamen-
tale è più largamente intensificata si fanno più pallide
le macchie apicali primitive fino anche a sparire. Lo
spazio in cui la tinta fondamentale si intensifica è più
o meno grande secondo gli individui.
Regione 12. Chiara con macchie scure un po’ più
grandi che nella specie precedente sui fianchi, più rare,
più piccole e di forma ovoidale sull’addome.
Regione 18. Come nella specie precedente.
Sp. III. viscworus L.
Regione 1, 2, 3, 6. Tinta uniforme, spariscono le
macchie chiare e gli apici scurissimi; la parte marginale
delle penne è talora debolmente più pallida della parte
rimanente.
FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO IIQ.
Regione 4. La parte chiara delle penne è molto e-
stesa.
Regione 5. Conserva il disegno tipico.
Regione 7. Persistono le macchie chiare che sono
grandi e di forma allungata trasversalmente occupando
uno spazio maggiore sul vessillo esterno che sull’interno,
sono prolungate lungo lo stelo.
Regione 8. Persiste una macchia apicale chiara di
forma incerta sul vessillo esterno delle penne, questa
macchia si confonde con la stretta marginatura chiara.
Regione 9. Uniforme chiara.
Regione 10. Conserva il disegno tipico, le macchie
scure sparse hanno forma triangolare col vertice molto
assottigliato rivolto in alto.
Regione 11. Chiara con grandi macchie scure trian-
golari o lanceolate molto estese lungo lo stelo delle pen-
ne. Come nella specie mustcus i lati di questa regione han-
no la tinta fondamentale intensificata e l’intensificazione
avviene presso a poco allo stesso modo. Nella specie v2-
scrvorus peraltro spesso si nota che fra la parte chiara
e la parte a tinta intensificata della penna si forma una
sottile zona scurissima di tono uguale a quello delle mac-
chie apicali tipiche, le quali alla lor volta come nella spe-
cie mustcus impallidiscono e spariscono coll’intensificarsi
del colorito fondamentale. In alcuni casi la parte cen-
trale chiara della penna occupa questa fin verso la base in
modo che la parte scura forma una macchia in forma di
U o di V. Come nella specie precedente l'estensione della
zona a colorito fondamentale intensificato varia nei di-
versi individui ed è diverso a seconda degli individui il
grado di intensificazione del colorito d’ogni penna.
Regione 12. Chiara con grosse macchie scure trian-
golari a base molto allargata; nella parte centrale del-
l'addome le macchie sono un poco meno estese ed hanno
forma meno regolare.
T20 FRANCESCO CHIGI
Regione 13. Simile a quella delle specie precenti ma
con parti scure più estese.
Sp.IV pilaris L.
Regioni 1, 2, 3, 6. Perdono le macchie centrali chia-
re e gli apici scurissimi; le regioni 1 e 3 hanno colore
differente da quello della regione 2; la regione 6 può
essere uguale per colore alla 2 o alla 3, ma di solito è
uguale alla 2, i margini delle singole penne, specialmente
nelle regioni 1 e 2, hanno di solito una tinta meno in-
tensa di quella della parte centrale della penna. Spesso
avviene che il colorito fondamentale si intensifica forte-
mente al centro delle penne e questa intesificazione si e-
stende più o meno verso i margini. Le penne che hanno
subìto una tale intesificazione appaiono talvolta addirit-
tura nere con un largo margine meno scuro.
N. B. — FE'assai Importante questo fatto che nelle tre
specie precedenti non si nota o che almeno in esse non è
apprezzabile; è importante perchè ci dimostra che la ten-
denza comune alle due specie seguenti merula e torquatus
si trova nella specie paris (come in altre specie esotiche
di tordi).
Regione 4. Le parti chiare di ciascuna penna sono
più o meno appariscenti nei diversi individui.
Regione 5. Assume colorito uniforme, scuro, uguale
a quello della regione 1, raramente gli steli delle penne
sono chiari. |
Regione 7. Persistono macchie chiare all'apice delle
penna, ma sono ridottissime fino quasi a sparire e talora
si confondono con la parte marginale chiara della penna.
Regione 8. Persistono macchie apicali chiare spe-
cialmente sulle cuopritrici più esterne e soltanto sul loro
vessillo esterno, esse sono però ridottissime talora leg-
germente prolungate lungo lo stelo e talora si confondono
con la parte marginale chiara delle penne.
FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 121
Regione 9. Per lo più chiara uniforme, talora con
accenno di parti scure sulle ascellari.
Regione 10. Conserva il disegno tipico; le macchie
sparse scure hanno torma allungata o di triangolo a base
assal stretta, ai lati della base del collo le macchie scure
divengono assai grandi formando una regione scurissima
più o meno estesa secondo gli individui, al disotto della
regione 7.
Regione 11. Persistono su fondo chiaro le macchie
scure che hanno forma allungata lungo lo stelo, rara-
mente più larghe verso la base che verso l'apice della pen-
na e talora triangolari col vertice in alto e con la base
piuttosto ristretta. Ai lati di questa regione si trova
quasi sempre un addensamento di macchie scure, anzi
scurissime, provenienti non dalla estensione delle mac-
chie apicali primitive ma da una vera intensificazione
del colorito fondamentale di grado massimo simile a quel-
la che abbiamo osservato in grado minore nelle specie vì-
scivorus e musicus. Qui ha luogo la formazione delle mac-
chie ad U od a V, già osservate nelle specie predette, ma
in modo assai più marcato: anche qui si osserva che 1l
grado d’intensificazione varia nei diversi individui. Pro-
cedendo dai lati verso il centro di questa regione si trova
che la trasformazione del colorito fondamentale è sempre
minore tanto che non ho mai osservato nella specie pearis
macchie a V sul centro del petto.
Regione 12. La parte centrale perde il disegno pri-
mitivo divenendo chiara uniforme, ma i lati subiscono una
intensificazione del colorito auale ho notato per 1 lati della
regione 11. Sebbene sempre in grado minore che in questi
i fianchi hanno sempre macchie a V e solo in pochi casi
conservano deboli tracce delle macchie primitive: in al-
cuni individui le macchie a V possono essere sottilissime
ed anche appena accennate, specialmente nelle penne più
vicine alla parte centrale dell'addome.
T22 FRANCESCO CHIGI
N. B. — La genesi delle macchie a V nelle regioni
11 e 12 è assai importante poichè insieme col fatto della
intensificazione del colorito delle parti superiori dimo-
stra che la specie puaris è anello d’unione fra i tordi ed
1 merli come meglio vedremo nelle conclusioni che seguono
queste descrizioni analitiche: ho creduto di dover fare
quest’esservazione sebbene non ne sia qui il luogo per at-
tirare l’attenzione dei lettori su questi fatti di capitale
importanza.
Regione 13. Le parti scure possono essere estese come
nelle specie precedenti od essere ridottissime, dando in
questo caso alla regione 13 un aspetto chiaro uniforme.
Sp. V merula L.
Regioni 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7. Uniformi senza traccia di
macchie chiare, di solito a colorito fondamentale. forte-
mente intensiticato, solo in qualche caso la regione 5 spe-
cialmente nelle femmine ha gli steli delle penne più chiari
delle barbe : nelle femmine poi la parte della regione 4 fra
il becco e l’occhio è sempre più chiara delle regioni circo-
stanti; in pochi casi, anche nel maschi, esiste un accenno
di sopracciglio.
Regione 8. In rari casi persistono all'apice delle penne
macchie triangolari chiare, simili per forma e grandezza
a quelle che si osservano costantemente nella specie must-
cus, più spesso però queste macchie sono ridottissime e di
forma irregolare, nella grande maggioranza dei casi spari-
scono completamente; la tinta fondamentale si «intensifica
in grado maggiore nei maschi che nelle femmine.
Regione 9. Soggetta a grandi variazioni: ogni penna
può essere più scura al centro che al margine, ma le parti
scure e le chiare s1 contondono gradatamente; talora la.
tinta scura è appena distinta da quella chiara, talora in-
vece (specialmente nei maschi) la parte scura è molto in-
tensa e la parte chiara quasi bianca, il limite fra le due
VIET, RO EPAFOR TI O PET] EVI Re aim dat
E Pig 5 PS Tpal ro’ IR) COMPITI PAPERE MERI SERE EI JTPPOTO RO Ip
tr a dra en DALL LE L-
FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 123
zone è in questi casi più distinto. In ogni caso però le tinte
scure sono più estese delle chiare e nella maggioranza dei
maschi, come nelle più vecchie femmine, occupano tutta
la penna.
Regione 10. In tutte le femmine da me osservate con-
serva Il disegno tipico più o meno spiccato per essere più
o meno intenso il colorito fondamentale, che in qualche
caso può avvicinarsi molto alla tinta delle macchie tipi-
che, senza però confondersi con essa. Le macchie scure di
questa regione, che hanno estensione maggiore o minore
secondo gli individui, hanno forma allungata sullo stelo
delle penne.
In molti maschi il disegno primitivo persiste, in po-
chi casi in modo assai spiccato, in altri meno distintamente
per la doppia tendenza all'aumento di grandezza delle
macchie primitive ed alla intensificazione del colorito fon-
damentale: così nel maggior numero dei casi la tinta
fondamentale diviene scurissima confondendosi con le
macchie tipiche e tutta la regione assume una tinta uni-
forme nera uguale o poco diversa da quella della regioni
Oa
Regione 11. Nella grandissima maggioranza delle
femmine persiste il disegno primitivo; per lo più le mac-
chie scure di varia intensità sono abbondanti, piccole, di
forma triangolare, spesso più larghe che alte ed a contorno
incerto, ma tendono a confondersi con la tinta fondamen-
tale; raramente nelle femmine spariscono del tutto le mac-
chie scure pur rimanendo chiaro il colorito fondamentale :
dal disegno a macchie più o meno sviluppate si passa
per gradi alla tinta uniforme senza macchie. In pochis-
simi casì la tinta fondamentale si intensifica e si confonde
con quella delle macchie primitive.
Nei maschi in molti casi si conserva il disegno pri-
mitivo ed in vario grado; quando le macchie scure sono
distinte possono essere allungate lungo lo stelo o triango-
124 FRANCESCO CHIGI
lari con vertice molto acuto, possono occupare un piccolo
spazio della penna od estendersi molto; alcuni soggetti
ricordano pel loro disegno la specie musicus altri la specie
iliacus nella sua fase autunnale; la tinta fondamentale ha
una tendenza assai maggiore che nelle femmine ad inten-
sificarsi e l’intensificazione avviene come nella specie pi-
laris indipendentemente dal disegno originario, sì possono
cioè avere le macchie apicali primitive o divise od unite
o confuse con la tinta fondamentale intensificata; come
nelle specie precedenti anche nella specie merula la regio-
ne 11 ha una maggiore tendenza sui lati che non al centro
alla intensificazione del colorito fondamentale. Nella
specie merula non ho mai osservato in questa regione
macchie a V. Un fatto notevole è che anche negli indi-
vidui nei quali tutte le altre regioni hanno raggiunto il
massimo grado di intensificazione spesso la regione 11 ha
una tinta fondamentale un po’ meno intensa accennando
così ad un collare sul quale si intravvede il disegno primi-
LIVO.
Regione 12. Nelle femmine specialmente sui fianchi
persistono quasi sempre in varia misura le macchie pri-
mitive scure assai simili per forma ed estensione a quelle
del tipo, cioè a contorno irregolare ed allungate trasver-
salmente, ma in generale sono poco intense confonden-
dosi spesso con la tinta fondamentale intensificata in varia
misura. Nelle femmine però l’intensificazione non rag-
giunge mai, almeno per quanto a me consta, il grado che
raggiunge nei maschi.
Nei maschi da me esaminati in gran numero, non ho
mai trovato sui fianchi le macchie primitive: quivi la
tinta fondamentale nella massima parte dei casì è com-
pletamente intensificata, solo in qualche soggetto la parte
marginale delle penne conserva una tinta chiara come
ultimo vestigio della tinta fondamentale primitiva.
La parte centrale dell'addome conserva più tenace-
FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO I25
mente nelle femmine che nei maschi l'aspetto chiaro pri-
mitivo, ma di regola spariscono le macchie scure apicali
delle penne. Sempre spiccata è la tendenza all’intensifi-
cazione del colorito fondamentale : nelle femmine le penne
di questa regione possono portare distintissime macchie
a V o macchie scure ad anello da queste derivate per in-
tensificazione del colorito della penna verso la base, più
spesso anche la parte centrale della penna diviene scura
nella femmina.
Nei maschi non ho mai osservato macchie a V avve-
nendo l’intensificazione della tinta fondamentale anche
nella parte centrale delle penne; in molti casi la parte
marginale delle penne conserva la tinta chiara formando
una marginatura più o meno estesa ma raramente tale
da dare al centro dell'addome un aspetto del tutto bianco
o grigio (1). Nel maggior numero dei casi anche la parte
marginale delle penne ha tinta intensificata assumendo
allora questa regione un aspetto nero uniforme uguale
a quello delle altre.
Regione 13. In pochi casi, e più frequentemente nelle
femmine che nei maschi, le penne di questa regione hanno
la parte centrale lungo lo stelo e l'apice chiari: in gene-
rale però, contrariamente a quanto avviene nelle specie
precedenti, la parte scura si estende sia verso i margini
sia sullo stelo.
Sp. VI torquatus L.
Regioni 1, 2, 3, 4, 5, 6. Spariscono le macchie cen-
trali chiare e quelle apicali scurissime che si confondono
con la tinta fondamentale intensificantesi fino dalla pri-
ma veste in modo analogo a quello osservato nella specie
pilaris e nella specie merula, cioè dalla base della penna
(1) Questa fase che non ha nulla di anormale fu dal Perini consi-
derata come tipica di una specie alla quale dette il nome di Tardus
menegazzianus.
120 FRANCESCO CHIGI
verso l'apice. Negli individui che hanno subìto la prima
muta la parte scura apicale della penna è completamente
sparita mentre la parte basale e centrale ha acquistato
una intensità di tinta maggiore della parte marginale.
Per successiva abrasione della parte marginale e forse
anche per una più completa intensificazione della tinta
fondamentale delle penne tutte queste regioni in prima-
vera possono assumere una tinta nera uniforme.
Regione 7. Persistono le macchie apicali chiare, ma
hanno contorno assal incerto, sono talora appena accen-
nate ed in molti casi confuse con la marginatura chiara
che specialmente negli individui del Caucaso può avere
un grande sviluppo.
Regione 8. Le macchie chiare apicali primitive, pic-
colissime e talora appena accennate, anche nei giovani
si confondono sempre con la marginatura chiara delle
penne, marginatura che raggiunge il suo massimo svi-
luppo negli individui caucasici. Negli individui nordici
la marginatura è molto ridotta.
Regione 9. Interamente bianca o con debole accenno
di tinte scure negli individui caucasici, con tinte scure
assai più abbondanti negli individui dell'Europa occi-
dentale meridionale, con tinte scure predominanti negli
individui dell'Europa occidentale settentrionale; da un
tipo all’altro si passa per gradi.
Regione 10. Il disegno primitivo che è ancora conser-
vato subito dopo la muta, evolve rapidamente per la ten-
denza che ha questa specie alla intensificazione del colo-
rito fondamentale; in autunno, forse soltanto negli indi-
vidui dell’anno, questa regione è chiara con la doppia serie
laterale di macchie, come nel tipo e con macchie scure
sparse; queste macchie hanno forma allungata sullo stelo
o leggermente ovoidale, talora sono piccole ma per lo più
occupanti una gran parte della superficie della penna.
Durante l'inverno le macchie si estendono e la parte mar-
a
II IZ ZZZ IT:
FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 127
ginale probabilmente si logora, sicchè in primavera tutta
la regione 10 può assumere una tinta uniforme scuris-
sima. 7
Regione 11. Solo nella fase giovanile, e per pochis-
simo tempo, rimane 1l disegno primitivo; la tendenza alla
formazione di macchie a V si mostra assai per tempo an-
che nei nidiacel. A1 lati di questa regione presto si mani-
festa una diminuzione delle tinte scure e le nuove penne
in gran parte scure da principio si scolorano gradata-
mente conservando una macchia semilunare subapicale
scura, assal sottile, mentre nella parte centrale di questa
regione non si è ancora perduto il disegno primitivo ac-
compagnato da macchie a V. Compiuta la muta la regio-
ne 11 diviene chiara ma d’una tinta sudicia e non bianca
come la tinta fondamentale della regione 10 e ciascuna
penna ha ancora una macchia semilunare scura, che pro-
babilmente è un residuo delle macchie a V. Più tardi la
tinta fondamentale, nei maschi, diviene bianca e spari-
scono le piccole macchie siemilunari formandosi in tal
modo il grande collare bianco 11 quale in primavera spicca
sul fendo scuro delle regioni circostanti. Nelle femmine
la modificazione di tinta o per meglio dire lo scoloramento
della regione 11 non raggiunge il massimo grado che può
raggiungere nei maschi rimanendo sempre il collare di
una tinta grigiastra .
Regione 12. Soltanto nella fase giovanile si trova il
disegno tipico e già nei nidiacei si osservano accenni di
macchie a V; ben presto queste si intensificano, e si ri-
ducono, per poi sparire, le macchie primitive. Nelle pen-
ne mutate le macchie a V sono grandi e spiccate e non la-
sciano neppure intravvedere le macchie primitive.
Compiuta che sia la prima muta appariscono due fasi :
probabilmente esse sono dovute alle condizioni biologiche
degli individui. La prima di queste fasi è quella che fu
presa come tipo per creare la specie a/pestris : in essa tutte
128 FRANCESCO CHIGI
le penne della regione 12 hanno macchie a V su fondo
bianco, talora anche due di queste macchie si trovano
sulla stessa penna l’una dentro l’altra. La seconda fase è
quella ritenuta come caratteristica della specie tipica
torquatus: in essa tutte le penne della regione 12 hanno
la tinta fondamentale intensificata anche lungo lo stelo
non rimanendo chiara che la parte marginale delle penne;
questa fase è anche propria degli individui caucasici. Fra
queste due fasi tuttavia non esiste un limite netto, le
macchie a V possono avere le branche sottili od anche mol-
to larghe lasciando soltanto un piccolissimo spazio chiaro
al centro della penna, di più in molti soggetti le penne dei
fianchi hanno tinta intensificata al centro mentre alcune
delle penne della parte mediana dell'addome portano
macchie a V. Tanto in una fase quanto nell’altra le tinte
scure sembrano estendersi sempre più coll’avvicinarsi del-
l'estate in modo che negli individui più evoluti le. penne
della regione 12 conservano un sottilissimo margine chia-
ro. La persistenza delle macchie a V nella parte mediana
dell'addome dipende senza dubbio dalla tendenza comune
di tutte le specie esaminate a conservare più tenacemente
in questa regione la tinta fondamentale primitiva.
Regione 18. Segue con le sue fasi la stessa sorte della
regione precedente: negli individui meno evoluti forniti
cioè di macchie a V nella regione 12 le penne del sotto-
coda hanno la parte centrale chiara e talora hanno chiara
anche la parte apicale, specialmente nei giovani: negli
individui più evoluti aventi la tinta fondamentale della
regione 12 intensificata anche al centro delle penne il
sottocoda ha anch'esso la parte centrale delle penne scura,
rimanendo soltanto una stretta fascia apicale e marginale
chiara. Anche qui come nella regione precednte si ha un
passaggio graduale nei diversi individui fra una fase e
l’altra.
N. B. E’ bene osservare che per quanto questa specie
FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 129
differisca più costantemente delle altre dal tipo primi-
tivo nelle fasi adulte, tuttavia i giovani di essa nel corso
della muta evolvono gradatamente quantunque rapida-
mente dalla forma primitiva a quella molto differenziata
dal tipo.
RICAPITOLAZIONE.
In tutte le specie esaminate i caratteri primitivi
possono in parte sparire in parte persistere, modifican-
dosi nelle fasi adulte più o meno profondamente.
1° In tutte le specie si perde nelle fasi adulte il dise-
gno primitivo delle parti superiori, spariscono cioè le
macchie chiare e gli apici scurissimi.
2° Il sopracciglio : a) è assai distinto e molto più pro-
gredito che nel tipo primitivo nella specie una
struttura simile a quello delle cellule interstiziali. Ora, a
parte l'incertezza degli Autori nell'opinione da loro stessi
emessa, dobbiamo pensare che la osservazione è unica, e
che merita conferma. Certamente poi, almeno date le pre-
senti conoscenze, nulla fa pensare a cellule endoteliali od
endotelioidi, e nulla autorizza una tale ipotesi.
Concludendo, io ritengo prematura colle nostre cogni-
zioni la discussione sulla natura istologica, sul significato
144 VALENTINO BARNABO'
iorfologico di tali cellule. Noi conosciamo molto su questo
argomento; ma dobbiamo altresì confessare che le notizie
da noi possedute sono frammentarie, o sconnesse, od in-
certe, o tra loro disaccordi; e che soltanto poche sono si-
cure, e non ammettono più discussioni. Vi sono tuttavia
varî argomenti a favore della natura connettivale di tali
cellule, e molti altri a favore della loro natura epiteliale
o glandolare; io credo però che solo nuovi e accurati studî
potranno risolvere la questione in modo definitivo e far
accettare l’una piuttosto che l’altra di queste ipotesi.
(Continua).
ISTITUTO DI PATOLOGIA GENERALE DELL\ R. UNIVERSITÀ DI ROMA
diretto dal prof. A. BIGNAMI
Ve (PBARNABÒ
Sugli effetti delle inoculazioni negli animali
dell’estratto di Taenia saginata ‘
Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma
Dai risultati delle mie esperienze si possono dedurre le
seguenti conclusioni.
La prima serie di ricerche può dimostrare come l'e-
stratto di /aen:a saginata eseguito col metodo di Mingaz-
zini e colle modificazioni di Messineo e di Calamida, non
produca sulle cavie, quando è ingerito col cibo, nessun fe-
nomeno tossico. Si potrebbe pensare che l'acidità del succo
gastrico neutralizzasse le sostanze tossiche di natura ancora
sconosciuta ; ma i risultati della seconda serie di esperienze
escludono questa obbiezione.
Colla seconda serie di ricerche si può infatti concludere
che l'estratto ottenuto dal Mingazzini, o non è assorbito
dalla mucosa intestinale integra, o non riesce tossico per le
cavie in simili condizioni e per questa via. Non saprei però
dire con precisione cosa succeda quando la mucosa è alte-
rata, perchè non sono riuscito a determinarvi delle altera-
zioni che non producessero per sè fenomeni morbosi e an-
che letali, rendendo difficile lo scindere tali effetti da quelli
della inoculazione dell’estratto. In ogni modo, lasciando in-
(1) Continuazione e fine - Vedi Fasi.li precedenti (vol: 1907, p. 85).
Bollett. Soc. Zooiogica Italiana 4
140 VALENTINO BARNABO”
tegra la mucosa intestinale, le condizioni dell’ esperimento
riproducono nel miglior modo possibile quelle in cui si ha
la elmintiasi da tenia, perchè questo verme non produce al-
terazioni sulla mucosa come vedemmo aver dimostrato Min-
gazzini. Ora, siccome l’ estratto ottenuto da questo autore
non dà luogo, per quanto riguarda le cavie, a nessun fe-
nomeno tossico in tali condizioni, queste mie esperienze por-
terebbero al dubbio che non vi sia contenuta realmente
quella sostanza tossica, che prodotta dal verme nella sua
permanenza nell'intestino dell'ospite, sarebbe causa dell’ in-
tossicazione. Questo stesso estratto si dimostra poi anche
innocuo allo stato di concentrazione da me ottenuto per la
quarta serie di esperienze, tanto quando è dato a mangiare,
quanto quando è inoculato direttamente nell'intestino integro
delle cavie.
La terza: serie di esperienze, in.cui ho [inoculatoCcon
risultati negativi l’acqua nella quale avevano vissuto pro-
glottidi di tenia, fa riflettere che è difficile anche l’avere
sperimentalmente dei prodotti di ricambio materiale simili
a quelli che si suppone produca il verme che si trova pa-
rassita nell'intestino umano. Del resto risultati negativi a-
veva avuto anche Mingazzini nelle analoghe esperienze su-
gli Ascaridi.
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29ET
ISTITUTO Z00L0GICO NELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA
diretto dal prof. comm. A. CARRUCCIO
Contributo alla conoscenza desti Imenvtteri tentredinei
DEL LAZIO
Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana
dal Dott. GiusEPPE LEPRI secondo aiuto nel predetto Istituto
Il compianto Prof. Faustino Manzone, fin dal 1893,
iniziava la illustrazione degli Imenotteri tentredinei del
Lazio, pubblicando nel 2. volume del Bollettino della So-
cietà Romana per gli Studi Zoologici, un primo elenco
di 47 specie da lui raccolte ed osservate entro i confini
della regione suddetta, e più precisamente, secondo quan-
to dice egli stesso, nei dintorni immediati di Roma, nei
Colli albani, nella valle dell'Aniene, lungo il littorole da
Palo a Nettuno e nei dintorni a S-E del lago di Bracciano.
Disgraziatamente la morte immatura del Prof. Manzone,
troncava un lavoro che si annunziava interessante ed uti-
lissimo agli studiosi della fauna entomologica romana.
Avendo in questi ultimi anni raccolto un abbastanza
ricco materiale in fatto d’Imenotteri romani, mi propon-
go di riprendere 1l lavoro del Manzone, cominciando dai
Tentredinei e giovandomi, oltrechè della mia collezione,
di quella del Manzone stesso, provvidamente acquistata,
dal Prof. Carruccio pel Museo Universitario e del mate-
riale dal suddetto Professore e dai suoi allievi, raccolto,
entro i confini della Prov. Romana.
Tanto più che avendo io raccolto Imenotteri in parti
della nostra provincia diverse da quelle esplorate dal
Manzone, ossia, principalmente, sul gruppo del M. Cimino
presso Viterbo, nei dintorni di Viterbo, sui Monti Ceriti
T52 GIUSEPPE LEPRI
presso Tolfa (circondario di Civitavecchia), alla Man-
ziana, posta a N-O del lago di Bracciano, e lungo il litto-
rale da Palo a Civitavecchia, questa mia nota potrà ser-
vire, se non ad altro, ad illustrare meglio la distribuzione
delle singole specie nel Lazio.
Debbo aggiungere che parecchi interessanti specie fu-
rono raccolte sul M. Autore e sui colli Albani dal Sig.
Paolo Luigioni che gentilmente me le ha donate.
Ho creduto bene di ripetere addirittura l’elenco delle
specie citate dal Manzone, facendovi mano mano le debite
aggiunte, anzichè limitarmi senz’altro alla nota di queste,
per dare così una nota esatta e complessiva dei 7'entredi-
nei finora conosciuti nel Lazio, della loro diffusione e
della loro maggiore o minor frequenza a seconda delle
località.
Per la classificazione, discostandomi da quella del-
l’Andrè, seguita dal Manzone, mi sono attenuto a quella
più recente adottata dal Prof. Schmiedeknecht nel suo ul-
timo lavoro : Die Hymenopterem Mitteleuropas (Iena 1907)
che è poi quella del Konow's.
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BERLESE:— Materiali per un Catalogo di Teutredinei italiani, ibidem,
vol. XXI-XXII.
Fam. TENTHREDINIDA
Oltre 1 caratteri generali degli Imenotteri terebranti
ad addome tessili ecc. questa famiglia presenta i seguen-
ti caratteri speciali :
Pronoto profondamente intaccato sul suo lato poste-
riore, mesonoto separato per un solco dallo scutello. Ali
anteriori senza venatura intercostale, e spazio intercosta-
la ristretto, nervatura discoldale, riunentesi alla nerva-
tura cubitale, alla sua origine o più avanti, ma non incro-
gclantesi con essa, nervatura basale non comunicante con
la prima cellula cubitale. — Antenne bis-tri-polisegmen-
tate. Larve con 6 zampe toraciche e 12-16 addominali.
1° Subfam: Cimbicinae.
Corpo tozzo e spesso grosso e villoso, antenne corte e
claviformi con 4 o 5 segmenti sottili e distinti, gli altri 4
o 5 fusi a formare la clava. Testa senza marginatura tem-'
porale, lateralmente più o meno rigonfia. Addome con
margini laterali taglienti. Ali anteriori con due cellule
radiali e tre cubitali. Cellula lanceolata divisa o contrat-
ta nel mezzo.
Gen. Cimbea Olivier.
1.C. humeralis Fourcroy — Raro: 1 Es. a Bracciano
(Manzone) — Ne ho raccolto un © alle falde del M. Ci-
mino, presso Vetralla in giugno — mentre volava in una
radura di un bosco insieme a diversi altri.
I54 GIUSEPPE LEPRI
2. C. femorata L. var Sylvarum Fabr. - Raro: 1 es.
lungo l’Aniene (Manzone).
Gen. Clavellaria Olivier.
3. C. amertnae:L. — Raro nei dint. di Roma: 1 Es:
lungo l’Aniene (Manzone), meno raro in giugno nei din-
torni di Tolfa, in luoghi Doscosi.
Gen. Abita Leach.
4. A. aurutenta Sichel — Rara: ne possiedo un 4 col-
to dal sig. Luigioni sul M. Autore. Un altro esemplare è
nella raccolta del viuseo Universitario con l’indicazione :
Dintorni di Roma.
Questa specie non è citata dal Manzone.
Il suo habitat secondo lo Schmiedeknecht (op. cit.),
sarebbe la Germania Meridionale, la Svizzera ed 11 Tirolo;
l’Andrè la cita anche per il Piemonte: Infatti il tipo de-
scritto dal Sichel proveniva da Torino (Berlese).
5. A. Serîicea L. — Comunissima in tutto il Lazio, in
pianura e collina, nei luoghi erbosi ed aperti, in giugno
e Luglio.
Gen. Amasîs Leach.
6. A laeta Fabr. — Comunissima per tutto, anche in
montagna, avendola rinvenuta sul M. Cimino oltre 800 m.
s/m, predilige 1 fiori di Ranunculacee.
7. A. obscura Fabr. — Rara :ne ho colti due individui
% e 2 in giugno nei prati di Arcinazzo, sopra a Subiaco
ad un altezza di quasi 1000 m. s/m.
Questa specie, nuova per il Lazio è stata rinvenuta
nel Napoletano (Costa) in Calabria (Cavanna) ed in Si-
cilia (Sichel). Il Berlese ne cita due esemplari colti in
Toscana.
2° Subsam Arginae,
Corpo di mediocri dimensioni, liscio, con addome ar-
rotondato ai lati. — Antenne tri-articolateri con segmento
apicale molto lungo. — Ali anteriori con una cellula ra-
IMENOTTERI TRENTREDINEI 3 ES5
.diale indivisa e 4 cellule cubitali. — Cellula lanceolata
divisa o contratta per lungo tratto .
Gen. Arge Schrank (= Hylotoma Latr.).
8. A. atrata (Forster), — Rara: 1 Es. a M. Viglio
(Manzone). Un altro lo ho raccolto al piano dell’ Arcinazzo.
10. A. cyanocrocea (Forster). — Comunissima (Man-
zone) l'ho rinvenuta specialmente abbondante sul M. Ci-
mino in giugno e luglio.
11. A. melanocroa (Gmelin).— Anch’essa comunissima
frequenta insieme alla specie precedente i fiori di ombrel-
lifere nelle stesse epoche.
12-A. rosse (De (xeer). — Comune'per tutto.
13. A thoracica Spinola. — Rara: Ho raccolto un e-
semplare di questa bella specie a Tor di Quinto presso
Roma, in Luglio. Non è citata dal Manzone.
Il Berlese ne menziona 4 esemplari colti nell’Agro
Fiorentino. E° stata colta anche in Liguria (Spinola).
14. A. coeruletpennis (Retz). — Rara: Ne ho cattu-
rato un 3 su un bosco di castagni alla Manziana a N-O
del lago di Bracciano. Mi sembra che questa sia la prima
cattura registrata in Italia. Abita (Andrè) l'Europa cen-
trale e Settentrionale.
Gen. Aprosthema Konow (= Schizocera plur. auct.).
15. A. furcata (Villiers). — Comune nei dintorni di
Roma (Manzone) presso Viterbo, alle falde del Cimino,
presso la Tolfa, nella valle del fiume Mignone.
3* Subfam. Tenthredininae.
Corpo ordinariamente allungato, arrotondato ai lati
raramente oviforme. — Antenne di 7 o 9 segmenti, fili-
formi o setiformi, mai claviformi talvolta un poco in-
grossate nel mezzo, più di rado verso l'apice. — Cellula
radiale divisa da una nervatura trasversale, raramente
‘indivisa.
156 GIUSEPPE LEPRI
Gen. Cladius Tlliger.
16. C. pectinicornis Ill -- Raro: 1 es. a Tivoli (Man-
zone).
Gen. Nematus Iurine.
17. N. septentrionalis (L). — Raro: 1 es. entro Roma
(Manzone) : un altro lo ho colto presso Bracciano in luglio.
18. N. myosotidis Fabr. — Raro: 1 es. presso Brac-
ciano (Manzone).
Gen. Blennocampa Hartig.
19.,B. ventralis Spinola. — Non molto comune nei
dintorni di Roma. i
Gen. Athalia Leach.
20. A. spinarum Fabr. — Comune in tutto il Lazio.
21. A. amnulata Fabr. — Comunissima nei dintorni
di Roma, nel Viterbese, lungo il mare ecc.
22. A. rosae (L). — Comune ed abbondante per tutto.
Gen. Selandria Leach.
23. S. servo Fabr. — Scarsa nei dintorni di Roma
(Manzone) più comune sul Cimino.
24. S. straminerpes Klug. — Rara sui Colli Albani e
sul Cimino.
Gen. Ertocampa Hartig.
29. E. ovata (L). — Rara: 1 es. a Subiaco (Manzone).
Gen. Strongylogaster.
26. S. angulatus Fabr. — Raro: 1 es. a Isola Farnese
(Manzone).
Gen. Emphytus Klug.
27. E. filiformis Klug. — Molto raro nei dintorni di
Roma. Il Manzone ne lrinvenne uno all’Acqua acetosa.
Un secondo esemplare l'ho raccolto in Luglio a piazza
d'Armi. Secondo Andrè questa specie sarebbe diffusa in
Inghilterra, Francia, Olanda, Germania, Svezia.
28. E. didymus Klung. — Raro sui colli Albani (Man-
zone), ne ho catturato due individui sul M. Cimino.
29. E. cinctus (L). — Scarso nei dintorni di Roma.
Gen. Dolerus Iurine.
IMENOTTERI TRENTREDINEI 57
30 D. haematodes Schr. — Raro lungo l Aniene (Man-
zone).
51. D. pratensis IL. Comune sui dintorni di Roma, alle
falde del Cimino e presso Tolfa.
32. D. niger L. — Raro: 1 es. a Subiaco (Manzone)
Un altro l'ho colto sul Cimino.
Gen. Macrophya Dahlbom. |
393. M. rustica L. — Comunissima in tutto il Lazio
in collina e montagna, sui fiori di ombrellifere nelle ra-
dure dei boschi, in grugno e luglio.
54. M. blanda Fabr. — Rarissima sui colli Albani
(Manzone) scarsa sul Cimino ed alla Tolfa. |
359. M. neglecta Klug. — Comune nei dintorni di
Roma, al Cimino, alla Manziana, ali colli Albani.
36. M. crassula Klug. — Comune insieme alla specie
precedente.
ST. M. albicineta Schr. — Comunissima in luglio.
38. M.rtbis Schr. — Rara: 1 es. ad Albano (Man-
AIÌ
39. M. novemguttata Costa. — Scarsa nei dintorni di
Roma (Manzone); così pure a Manziana e Tolfa.
40. M. punctum albun (L.). — Comune nei dintorni
di Roma (Manzene); scarsa presso Viterbo.
41. M. haematopus Panzer. — Rara: 1 es. entro Ro-
ma (Manzone); altri due li colsi nei dintorni di Viterbo
in luglio.
42. M. ruftpes (L.). — Scarsa nei dintorni di Roma
(Manzone) e nel Viterbese.
Gen. Synairema Htg. — (Perineura Htg. Konow).
| (In questo genere sono riuniti i due: Synairema e
Perineura).
43. G. viridis L. — Rara nell’alta valle dell'Aniene
(Manzone); ne possiedo parecchi esemplari colti sui monti
Albani dal Sig. Luigioni e da lui donatemi. Alcuni di
questi presentano la fascia nera dorsale longitudinale,
dell'addome, larghissima.
158 GIUSEPPE LEPRI
44. S. scutellaris (Panzer). — Scarsa sui colli Albani
(Manzone); abbastanza comune sul M. Cimino in giugno.
45. G. floricola (Costa). — Non è menzionata dal
Manzone per 11 Lazio. Ne ho raccolti pochi individui sui
Monti Laziali in giugno. Sembra abbastanza comune in
Toscana (Berlese).
46. S. bremuscuta (Costa). — Ho raccolto un esempla-
re di questa graziosa specie nei dintorni di Bracciano in
Aprile.
Non è citata che dal Costa pel Napoletano.
en. AlZlantus Turine.
47. A. scrophulariae L. — Raro in tutto il Lazio.
48. A. viennensis Schr. — Scarso nei dintorni di Ro-
ma e sul Cimino.
49. A. viduus Rossi. — Abbastanza comune in giugno
nei dintorni di Roma (Manzone); abbondantissimo sul
Cimino, a Tolfa, ianziana, nei boschi di castagno.
50. A. bicinetus Scopoli. — Raro sui Colli Albani
(Manzone); abbastanza comune sul Cimino in luglio.
51. A zona Klug.. Non raro sul Cimino in luglio. Que-
sta specie non è citata dal Manzone : è indicata come rara
dal Magretti per la Lombardia: è più comune nell’Italia
Meridionale ed in Sicilia (Costa, Berlese). Abita l'Europa
Centrale e Settentrionale.
Gen. Tenthredo.
52. T. flava Scopoli. — Rara in Provincia: 1 es. lo
ebbe il Manzone da Tivoli, un altro lho catturato sul Ci-
mino.
53. T. colon Klug. — Rara: un es. a Monte Mario,
presso Roma (Manzone).
Sono così 53 le specie di Tentredinei finora conosciute
come viventi nel Lazio: mi rimane ancora un buon numero
di esemplari da studiare, mi auguro quindi, in una pros-
sima nota di aumentare di molto questa cifra.
GIUSEPPE LEPRI.
. il a atirncicciòa tec t tttee
Sul rinvenimento di Foladi
nella torba del littorale di Foglino
Comunicazione del socio LUIGI! GRASSI
alla Soccetà Zoologica Italiana con sede in Roma.
Il prof. Romolo Meli, nella sua nota, « Sulla esistenza
di strati di torba affioranti in mare lungo la spiaggia di
Foglino, presso Nettuno », presentata alla Società Geolo-
gica Italiana nel Settembre del 1895 (Boll. Soc. Geol. It.
vol. XV (1896), pag. 15-36), disse come più volte aveva |
rinvenuto sulla spiaggia di Foglino, numerose valve iso-
late di Pholas candida Linn. e Pholas dactylus Linn. ol-
tre ad una grande quantità di blocchi di torba più o meno
legnosa e di aspetto recente.
In altra escursione, fatta in compagnia dell'Ing. En-
rico Clerici, in detta località, dopo una violenta mareg-
giata avvenuta il giorno innanzi, potè osservare due stra-
ti di torba potenti ciascuno circa m. 0.30, racchiudenti
uno strato di argilla, affiorare entro mare. Egli riscontrò
detti strati per una lunghezza di circa 300 m., con anda-
mento parallelo al bordo del mare, entro il quale si trova-
no immersi, ad una distanza variante da 4 a 5 m. dalla li-
nea di spiaggia.
Inoltre osservando i blocchi di torba che il mare a-
veva allora disseminato sulla spiaggia, notò in essi una
serie di fori a sezione circolare. Rotti 1 blocchi nella di-
| rezione dell’asse di ciascuno dei fori, trovò cavità allun-
i/ gate di forma cilindro-conica, entro le quali erano in po-
sto le valve di una Pholas.
Gli esemplari di Pholas dacstylus Linn. e di Pholas
candida Linn. erano morti e privi delle loro parti molli;
inoltre le cavità entro le quali erano innicchiate, erano
160 LUIGI GRASSI
riempite per lo più di arena di spiaggia. In una escur-
sione da me tatta il giorno 8 gennaio del corrente anno,
in compagnia del collega Gioacchino Frenguelli, lungo il
littorale che si estende tra Nettuno e Torre Astura, e pre-
cisamente lungo la spiaggia di Foglino, potei osservare
nelle identiche favorevoli condizioni citate dal Prof. Me-
li, gli strati di torba affioranti in mare. Quel tratto di
spiaggia era disseminato di grossi pezzi di torba, la cui
Blocco di torba forato dalle Pholrs.
superficie era tutta forata. Avendo fatto apposite ricer-
che fra questi blocchi che le onde avevano di fresco stac-
cato dalle testate dei banchi affioranti in mare, ebbi la
fortuna di trovare parecchi esemrlari vivi di Foladi an-
nidati nei fori dai quali lasciavano uscire il sifone. Essi
appartenevano ad ambedue le specie di 0 as dactylus
Linn. e Pholas candida Linn.
Le cavità entro le quali stanno innicchiate sono per
lo più di forma conica a sezione circolare: più larghe al-
la base, che è concava, vanno mano mano restringendosi
verso l'apice, terminando con un foro piuttosto stretto,
per mezzo del quale, il mollusco, imprigionato nella sua
FOLADI NELLA TORBA I6I
dimora, può con l’aruto del sifone comunicare con l’e-
sterno.
Nella loro superficie interna, le cavità, presentano
tutto all’ingiro, una serie di piccoli solchi paralleli, diret-
ti in senso normale all’asse del foro. L'origine di questi
solchi può bene spiegarsi con lo sfregamento contro la tor-
ba delle valve, che come è noto sono irte di punte. Con
questo movimento circolare, sia esso continuo oppure al-
ternato, il mollusco ingrandisce mano mano la sua dimo-
Pholas candida Linn. — Pholas dactylus Linn.
ra, di conserva colle maggiori dimensioni che l’animale
stesso va raggiungendo. Questa particolarità così appari-
scente e che ho riscontrato in tutte le cavità che osservai
nella torba ancora umida, scompare quasi del tutto quan-
do essa si è disseccata.
Il fatto di avere trovato le Pholas vive viene ad esclu-
dere il dubbio, che quelle trovate dal prof. Meli non vi-
vessero più attualmente, tanto più che egli, insieme alle
Pholas, aveva rinvenuto diversi esemplari di Cardium
Lamarcki Reeve certamente fossili o subfossili.Ho creduto
quindi utile di comunicare questa notizia del rinvenimen-
Bollett. Soc. Zooiogica Italiana 5
162 LUIGI GRASSI
to delle Pholas viventi nella torba, che viene a completa-
re quanto già aveva detto il prof. Meli in proposito. Que-
sto caso non è poi isolato, poichè dopo aver scritto quan-
to precede, venni a conoscenza di un lavoro di Erdmann
E. presentato il 5 marzo del corrente anno alla Società
Geologica di Stockholm (Geologiska Foreningens i Stock-
holm Forhandlingar, Band 30 Hafte 3, pag. 221-231) sul
rinvenimento di torba nel fondo del Kattegat (Fynd af
torf pà Kattegatts botten).
In questo lavoro l’Erdmann dice che il 7 giugno 1907
fra Goteborg e Skagen nel Kattegat dalla profondità fra
35 e 47 metri fu dragato un blocco di torba del volume
di circa 1 metro cubo, nel quale egli riscontrò numerosi
fori, entro i quali erano innicchiati esemplari vivi di
Pholas crispata.
ISTITUTO Z00LOGICO NELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA
diretto dal prof. comm. A. CARRUCCIO
Il Gonsylonema seutatum (Miller) netta prov. di Roma
Per il Dott. GIULIO ALESSANDRINI.
NOTA PREVENTIVA.
Questo parassita che fu descritto per la prima volta
nel 1869 dal Miller col nome di Spiroptera scutata 0eso-
phagea bovis e fu riscontrato sotto l’epitelio dell’esofago
di buoi ungheresi e polonesi, fu poi rinvenuto più volte,
come appare dalla seguente tabella, tanto nei bovini quan-
to negli ovini, nelle capre-e nel cavallo.
AUTORE
Leuckart
Smith
Curtice
Hassall
Wardell Stiles
Fayet
Fayet
Harms
Fayet
Boulant
Fayet
Muller
SPECIE ANIMALE
LOCALITÀ
ANNO
Bos taurus
Bos taurus
Bos taurus
Bos taurus
Bos taurus
Bos taurus
Ovis aries
Ovis aries
Ovis aries
Ovis aries
Capra hircus
Equus caballus
Germania 1876
Stati Uniti citato dallo Stiles
» > 1892
» » citato dallo Stiles
« » 1892
Tébessa (Algeria)
» »
Hannover
Tébessa (Algeria)
Hodna (Setif-Alg.)
Tébessa (Algeria)
Austria
citato dal Neumann
citato dal Neumann
1875-76
citato dal Neumann
citato dal Neumann
citato dal Neumann
1869
esofago
esofago
esofago
esofago
esofago
esofago e faringe
esofago
esofago
esofago
esofago
esofago
esofago
164 GIULIO ALESSANDRINI
In Italia, per quanto io mi sappia, ne è stata registra-
ta la presenza una sola volta dal Piana, il quale in una co-
municazione fatta il 1. marzo 1896 all'Assemblea della So-
cietà Medico-Veterinaria Lombarda (1) dice di averne po-
tuto raccogliere una grande quantità nell’esofago di peco-
re e di un bue sacriticati nel macello di Imola.
Da allora in poi nessun altro ha accennato alla pre-
senza o frequenza di questo parassita dell’esofago dei
buoi e pecore, quantunque in tutti i trattati di patologia
speciale e di parassitologia se ne parli e si aggiunga che
esso sembra non essere di alcun danno all’ospite.
Non credo dover per ora nè accettare nè escludere que-
sta conclusione. Essa si basa su osservazioni fatte in ani-
mali che, dovendo servire all’alimentazione, sonlb macellati
nel pieno vigore della loro vita, e forse prima che il pa-
rassita possa aver esplicato totalmente la sua azione pa-
togena locale o generale.
Nè va esclusa in modo assoluto l'ipotesi del Piana
stesso il quale attribuisce al Gongylonema una importan-
za nel favorire l’attecchimento delle malattie infettive.
Data la frequenza con cui si riscontra fra noi il pa-
rassita, mi propongo in seguito di vedere se queste ipotesi
sono o meno fondate, di seguire l'evoluzione completa di
esso che per ora è sconosciuta, e far noto anche il resulta-
to delle ricerche, già iniziate, sulle alterazioni anatiomo-
patologiche locali che esso produce.
A me oggi basta far conoscere che il Gongylonema scu-
tatum è molto frequente in quelle pecore macellate al
mattatoio di Roma le quali pascolano quasi tutto l’anno
nel nostro territorio, e solo pochi mesi nell’estate salgo-
no le montagne dell'Abruzzo. Più raramente e meno ab-
bondante fu riscontrato nei bovini che provegono dalla
Sardegna.
(1) Moderno Zooiatro — Anno VII, n. 6, 25 marzo 1896, pag. 110.
IL GONGYLONEMA SCUTATUM 165
Il parassita tanto nelle pecore come nei buoi si riscon-
tra in tutta l'estensione dell'esofago, ugualmente distri-
buito sia nella regione cervicale come nella toracica. Scar-
so in numero è nei bovini, numerosissimo negli ovini, nei
quali è anche più appariscente al disotto dell’epitelio per-
chè il suo colorito giallo rossastro risalta molto bene sul
fondo chiaro dell'esofago. Le gallerie ch’esso scava sono
a zig-zag, alle volte molto regolari, altre invece irregolari.
Il verme ora occupa una delle estremità, ora invece sì
trova nel mezzo di esse. Non ho mai riscontrato due indi-
166 GIULIO ALESSANDRINI
vidui nella stessa galleria. Invece ho notato spesso fem-
mine e maschi accoppiati: in questo caso il maschi si
trova in un cunicolo vicino a quello scavato dalla femmina,
ma che forma con questo un angolo più o meno retto (vedi
fig. in alto a sinistra).
Non è raro il caso di riscontrare individui che hanno
una parte del loro corpo fuori della galleria o ne sono del
tutto usciti, e sì vedono liberi nel lume esofageo. Qualche
volta una porzione del verme forma un gomitolo più o me-
no sporgente che, nelle osservazioni da me fatte, è sempre
costituito dalla porzione anteriore del vermie stesso, e,
per la massima parte, da esemplari femmine.
La direzione delle gallerie che i parassiti scavano,
pure essendo sempre ondulate, non è costante: se ne ve-
dono alcune seguire regolarmente l’asse longitudinale del-
l’esofago, altre si dispongono obliquamente, altre trasver-
salmente, altre si ripiegano su loro stesse, formando delle
curve più o meno marcate; non v'è regola circa la posizione
del parassita. L’estremità anteriore ora è rivolta verso il
faringe ora verso 11 cardias.
Senza fermarmi a ripetere i caratteri anatomici pro-
pri dei maschi e delle femmine, descritti molto accurata-
mente dallo Stiles, Railliet, Neumann e Stossich faccio
notare che quelli si differenziano a prima vista da queste
per la lunghezza e sottigliezza minore: per il colorito che
è giallo rossastro sulle femmine, e bianco opalino nei
maschi. Del resto quando si avesse un solo esemplare, fa-
cile anche ne sarebbe la diagnosi giacchè, anche a debole
ingrandimento, nel maschio la porzione caudale cì ofire
due ali membranose asimetriche e due spicoli disuguali di
cui uno molto frequentemente estroflesso è considerevole
per la lunghezza, che può giungere fino a millimetri 17.
Libere nel Tume esofageo si riscontrano numerose uo-
va embrionate.
ISTITUTO DI ZOOLOGIA ED ANATOMIA COMPARATA
DELLA R. UNIVERSITA’ DI SASSARI.
dirett: Prof. RINA MONTI
Choanotaenia infundibulum Bloch
NOE A
del Dott. PasquALE MoLA
Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana
con sede in Roma
Il Railliet, A. a pagina 159 del Recueil de Médecine
Méterinatne VILI. Serie,..'Tom., IK}.—; Paris. 1896 — si
esprime :« La T'aenia infundibuliformis Goéze, que Javais
placé provisoirement dans le genre Drepanidotaenia, sen
distingue par le grand nombre des testicules, et d’une ma-
nière generale par la costitution de l’appareil reprodu-
cteur. Il mérite donc de devenir le type d’un noveau genre
Choanotaenia (da yoavov, entonnoir) C%. infundibulifor-
mais, intestin de la Poule ».
Più tardi il Braun (1900) accettando il genere C'hod-
notaenia istituito dal Railliet, mette in sinonimia la 7.
infundibulum — T'. infundibuliformis e dà al genere i se-
guenti caratteri diagnostici: « Rostellum mit einem Ha-
kenkranz; Saugnapfe un bewaffnet; Hals lang; zahlfreiche
Proglottiden; Genitalpori unre-gelmissig alternirend;
zahlreiche Hoden am Hinterende de Glieder. Uterus
sackformig, die Mitte der freifen Glieder einnehmend. In
Vogeln. Typische Art: T. infundibulum Bloch = T. in-
fundibuliformis Goéze ».
Da cotesta sinonimia deriva che la typische art. del
genere Choanotaenia debba nominarsi T. infundibulum
168 PASQUALE MOLA
| Bloch e non già 7. infundibuliformis; perchè è al Bloch
che spetta il merito di priorità nella creazione della specie.
Il caos in cui sono caduti gli autori nella sistematica
di tale specie, mi ha spinto a chiarire con lo studio compa-
rativo delle varie forme e con la estesa bibliografia 1 non
pochi errori in cui sono incorsi gli autori, ingombrando
la sistematica di nomi e di caratteri specifici.
Chi per primo rinvenne questa specie fu, come innan-
zi è detto, il Bloch. Egli nel 1779 nel suo: Beîtrag zur Na-
turgeschichte der Wiirmer, welche in anderen Thieren le-
ben » descrisse un cestode trovato nell’intestino della Ma-
reca penelope e del l'orvus corone, denominandolo 7°. 2n-
fundibulum.
Nel 1871 il Pallas descrisse la 7. avium, che per i suoi
caratteri specifici si deve considerare sinonima della 7.
infundibulum.
Si debbono altresì considerare sinonime la 7°. infun-
dibuliformis e la T. farciminosa, descritte dal Goéze nel
1872 e la 7. articulis conoides, descritta dal Bloch nello
Stesso anno.
Le due specie, 1°. farciminalis e T. cuneata, descritte
dal Batsch nel 1786 presentano caratteri specifici tali da
non porsi in dubbio la loro sinonimia con la 7°. infundi-
bulum.
Un uguale sinonimia si riscontra nella 7°. sturni, de-
scritta dallo Gmelin nel 1788; nell’Alyselminthus infun-
dibuliformis, nell’Halysis farciminosa e nell’ Halysis in-
fundibuliformis dello Zeder (1800-03); nella T. conoidea
dello Schrank (1803); non chè nella T.Phasiani ColeMme.
Oltre alle anzidette descrizioni dateci dai varî autori,
troviamo quella del Batsch (1786) sulla T. infundibuli-
formis; quelle di Paola Schrank (1788) sulle Tenie far-
ciminosa, infundididuliformis e cuneata; quelle del Frò-
CHOANOTAENIA INFUNDIBULUM 169
lich (1802) sulle T'enie farciminalis e infundibuliformis;
quelle del Rudolphi (1819) sulle 7'enie infundibuliformis,
phasiani colenici e farciminalis, e quella del Seibold (1836)
sulla 7. infundibuliformas.
La descrizione che della T. infundibulifofrmis ci dà
il Dujardin (1845) nell’Histotre naturelle des Helminthes ou
Vers intestinaua, non è a tener parola, dappoichè confuse
la T. cesticulus colla T. infundibuliformis come fu rilevato
dal Krabbe (1869).
Invece una sintetica e netta descrizione della 7°. èn-
fundiboliformis si legge nel Systema Helminthum del Die-
sing (1850). L’autore così si esprime: « Caput subglobo-
sum, acetabulis anticis, rostellum cylindricum, obtusum,
armatum; collum brevissimum. Articuli superiores brevis-
simi, reliqui infundibuliformis. Aperturae genitalium
marginales, vage alternae. Longit. 1” lat 1” ». — Ad il-
lustrare tale descrizione nel detto lavoro v'è la fig. 543.
Dopo quella del Diesing, abbiamo le descrizioni : del- .
la T. infundibulum (1859) e della T. infundibuliformis
(1861) dal Cobbold, delle Tenie farciminalis e infundibu-
liformis (1869) dal Krabbe; nonchè le notizie sulla T.
infundibuliformis del Mégnin (1878-80), del Piana (1881),
del Perroncito (1881) e del Parona (1884) e la descrizione,
alquanto dettagliata, del Crety (1890) della medesima
tenia.
Persistono a ritenere per 7°. infundibuliformis lo
Stossich (1891-95), l’Janson (1893) e il Railliet, che fu il
vero creatore del genere C'hoanotaenia. E° nel 1900 che 1l
Braun stabilisce la sinonimia tra la 7: infundibulum e la
T. infundibuliformis, lautorità dell’illustre Maestro è
convincentissima; onde io stabilisco per sinonime alla 7.
infundibulum le tenie avium, articulis conoides, Phasianì
colchici, fayrciminalis, farciminosa, sturni, conoidea, cu-
170 VION HIVADSVd
neata, infundibuliformis V Alyselminthus infundibulifor-
mis e lLHalysis farciminosa e infundibuliformis, così che
la sistematica sì semplifica di nomi e descrizioni. Così pu-
re sl può stabilire per la 7. infundibulum l’estesissimo
habitat, poichè essa è ospite dell’Anas boscas, della Mare-
ca penelope, della Bucephala clangula, Fulica atra, Quer-
quedula creeca, ecc. ed anche del Corvus corone, Gallus
domesticus, dell’Otis tarda, del Coturnia communis e Cac-
cabis petrosa. Ed è appunto in questo universalismo di
tempo e di luogo la causa che condusse gli autori ad in-
terpetrare in sì vario modo la 7°. infundibulum (1).
SINONIMIA:
1779 Taenia infundibulum — Bloch, pag. 555-T. 12. fig.
3 e 0.
1781 >». avium — Pallas — I pag. 87.
1782. » infundibuliformis — Goéz, pag. 386-tav. 31.
1782.» farciminosa — Goéz, pag. 397-tav. 30.
1782.» articulis conoides — Bloch, pag. 13. Tav. 3.
1786. » cuneata — Batsch, pag. 190, fig. 117-118.
17836» farciminalis — Batsch, pag. 198 fig. 132-133.
1786» Iinfundibuliformis — Batsch, pag. 172 fig.
31, 91 e 93.
1788.» infundibuliformis — Paula-Schrank, pag.
40.
(1) Questa specie era l’unica del genere Choanotaenia, però recen-
temente con i lavori. del Fuhrmann essa è divenuta rappresentante
delle seguenti specie: Choanotaenia soricinum, Cholodk; Ch. mega-
cantha, Rud.; Ch. intermedia, Fuhr.; Ch. rhynchopîs, Fuhr.; Ch. pau-
ciannulata, Fuhr.; Ch. bilateralis, Fuhr.; Ch, campanulata, Fubhr.;
Ch. asymetrica, Fuhr.; Ch. crassitestata, Fuhr.; Ch. macrocantha,
Fubhr.
CHOANOTAENIA INFUNDIBULUM 7.
1788 Taenia farciminosa — P. Schrank, pag. 42.
1788 ) infundibuliformis — Gmelin 3071.
1788 )) cuneata — Gmelin, 3071.
1788 )» sturni — Gmelin, 3071.
1788 ) cuneata — Schrank, 45.
1788 ) cuneata — Schrank III, 2-234.
1795» infundibuliformis -—- Rud. I, pag. 40.
vote E hasfanniColehier: Cat Ent !pas. 29
1798 ) infundibulitormis — Schrank.
1800Alyselminthus infundibuliformis — Zeder, pag. 271.
1802 Taenia infundibuliformis — Frolich, pag. 78.
1802.» = farciminosa — Fròlich, pag. 80.
1803.» —conoidea — Schrank, pag. 236.
1803 Halysis farciminosa — Zeder, pag. 351.
1803.» infundibuliformis — Zeder, pag. 271.
1808 Taenia infundibuliformis — Rud. III, pag. 123.
1808.» farciminalis — Rud. III, pag. 153.
1814 =» infundibuliformis — Rud. pag. 104.
1819» farciminalis — Rud. pag. 160 e 0519.
1819 » — phasiani colchici — Rud,, pag. 172.
1836 =» infundibuliformis — Sieb. II, pag. 204.
1845 =» — farciminalis — Dujard, pag. 599.
1850 » farciminalis — Diesing, pag. 594 — I.
1850 =» infundibuliformis — Diesing, fig. 548.
1859 =» — infundibulum — Cobbold, pag. 865.
1861 » infundibuliformis — Cobbold, pag. 119.
1861» infundibuliformis — Cobbold, pag. 365.
1864 =» infundibuliformis — Diesing, pag. 409.
1869 )) farciminalis — Krabbe, pag. 321, T. 9.
1869 » infundibuliformis — Krabbe, pag. 3539-41
RD
1878» infundibuliformis — Mégnin, pag. 828.
1880» infundibuliformis — Mégnin, pag. 117-120.
172 PASQUALE MOLA
1881 Taenia infundibuliformis -- Piana, Sez. IV, T. 2.
1881 )» infundibuliformis — Perroncito, pag. 209.
1834 ) sturnin=- Earona:
1890 =» infundibuliformis — Crety, pag. 5-8.
1391 =» Infundibuliformis — Stossich, pag. 6.
1898 )) infundibuliformis — Janson, pag. 241-276.
1895 =» infundibuliformis — Stossich, pag. 41.
1896 Choanotaenia infundibuliformis — Raillet, pag. 159
1396 ) infundibuliformis — Braun.
1908 ) infundibulum — Mola.
Diagnosi della specte.
Gli esemplari di cui mi sono servito per l’esame, misu-
rano dai 50 a 70 mm. di lunghezza. Essi furono trovati in
uccelli catturati in Sardegna e appartenenti alle specie
Querquedula crecca, Coturniax communis e Caccabis pe-
trosa. |
L'aspetto generale del verme è a guisa di un nastrino,
anteriormente ristretto e rotondeggiante, posteriormente
gradatamente piatto e largo.
Lo scolice è piccolo, sferoidale; all'apice si riscontra
un incavo circolare donde fuoriesce una proboscide esertile,
armata di 20 uncini. Le ventose sono grandi e orbicolari e
si trovano lateralmente allo strobilo. La proboscide è coni-
ca con la base in alto, terminante anteriormente con una
dilatazione cupoliforme, su cui, radialmente, si trovano at-
taccati 1 20 uncini, a forma di falciuola, il cul manico è
più lungo della lama; la lunghezza va da mm. 0,020-0,025.
Allo scolice segue un collo breve, manifestandosi pre-
sto i primi accenni delle proglottidi, a mò di rughe tra-
sverse. Ben presto però le proglottidi pigliano la loro for-
ma caratteristica di tronchi di coni, da dare l’aspetto di
una pila d’imbuti.
CHOANOTAENIA INFUNDIBULUM 173
La campanatura, o base del cono, di ciascuna proglot-
tide ricopre la parte superiore di quella immediatamente
susseguente.
Le aperture genitali sono irregolarmente alterne, esse
si aprono in fondo dell’atrio genitale, che sbocca esterna-
mente mercè un’orifizio arrotondato, superiormente ad un
quarto della proglottide.
L’apparato maschile è contenuto nella zona centrale
del segmento posteriore; i testicoli poco più di venti sono
ovoidali e composti di un involucro che inviluppa gli ele-
menti spermatici. Sottili canalicoli partono dalle vescicole
testicolari, e tutti convergono al centro a costituire con la
loro fusione, 11 deferente. Questi si porta superiormente
con un cammino poco tortuoso passando di dietro l’ovario,
ove incomincia a flettersi portandosi verso il margine la.
terale, nel quale punto si attorciglia con numerosissime
anse, a guisa di gomitolo. Ivi si distacca l’ultimo tratto,
e, oltrepassando i dotti escretori, va ad immettersi nella
tasca del cirro e diviene dotto eiaculatore.
Penetratovi s'inflette di poco, e infine si continua col
cirro, il quale è rivestito di numerosissime setole dritte,
che con l’ematossillina si colorano intensamente. Nelle se-
zioni longitudinali 11 cirro è spiccatissimo per questa ca-
ratteristica pelatura, ed ha l’aspetto di una virgola.
La immissio penis e la occlusione dell'apertura del-
l'atrio genitale ci dimostra che in detta specie avviene l’au-
tofecondazione.
Molti elementi spermatici ho riscontrato nel deferen-
te ed in ispecial modo nelle anse che esso fa prima d’im-
mettersi nel dotto elaculatore. Così che la mancanza di u-
na vescicola seminale è sostituita dalla straordinaria lun-
ghezza del deferente.
La fitta pelatura del cirro è costituita da setole ab-
174 PASQUALE MOLA
bastanza lunghe, infisse con l’apice rivolto all’interno. Ciò
serve per trattenere il pene nella vagina.
La tasca del cirro è a guisa di fiasco ed è capace a con-
tenere il cirro e il dotto eiaculatore. |
La metà anteriore di ciascuna proglottide è occupata
dagli organi femminili. Essi sono costituiti: da un ovario
piuttosto voluminoso, diviso irregolarmente in due metà;
da una massa globosa (il vitellogeno) situata posterior-
mente, e da una piccolissima, glandole del guscio, posta
in mezzo all’ovario e al vitellogeno.
Le masse ovariche si compongono di un involucro, che
involgono le cellule uova, e le uova ovariche formate dalla
massa protoplasmatica e dal nucleo che si colora intensa-
mente. “L’involucro, restringendosi, costituisce i dotti ef-
ferenti, che, fusi, formano un breve dotto (ovidotto) il qua-
le si dirige posteriormente; riceve lo sbocco della vagina
verso l’inizio del suo cammino, quindi, a circa metà della
proglottide, risale; quivi riceve lo sbocco del vitellodutto e
nel suo cammino ascendente è involto dalle cellule glando-
lari del guscio.
Poscia a breve distanza della massa glandolare del
guscio lo si vede sparire. Ho notato che questo tubo cilin-
drico è involto da numerosissime cellule nucleate; ed al
posto ove cotesto tubo sparisce, si vede una zona più o me-
no grande della massa parenchimatica e dei nuclei sparsi
in essa. La massa vitellina (vitellogeno) è costituita da pic-
cole cellule nucleate, involte da un involucro, che, ristretto
nella parte mediana, forma il breve vitellodutto, sboccante
nel punto innanzi detto.
Le cellule giandolari del guscio sono a fiasco e in un
taglio longitudinale si assomigliano ad una rosetta. Cia-
scuna glandola sbocca nell’ovidotto.
La vagina, verso lo sbocco esterno, è incurvata e leg-
CHOANOTAENIA INFUNDIBULUM 175
germente dilatata, poscia si assottiglia e, con un cammino
un poco flessuoso, st addentra verso la zona centrale; man-
tenendosi inferiormente la tasca del cirro. Al disotto della
parte tortuosa del deferente essa s'ingrossa in un ampio
receptaculum seminis, imbutiforme, che poscia verso lo
sbocco nell’ovidotto, si restringe in un canale a piccolo ca-
libro.
L’utero nelle proglottidi giovanissime è quasi un
tubo avvolto da numerosissime cellule; ma che poscia in
quelle mature occupa tutto lo strato mediano. Esso si com-
pone di una vasta cavità imperfettamente suddivisa in nu-
merose e piccole cellette, costituite da tessuto parenchima-
toso, nelle quali si trovano le uova con le larve esacanti.
Le uova uterine sono pressochè sferiche; il loro guscio
è costituito da tre strati con prevalenza in spessore dello
strato medio. La larva ellissoidale presenta i suoi 6 uncini,
la cui lunghezza media è di mm. 0.015.
Il suo habitat è molto esteso; gli uccelli fin ora trovati
affetti da tale tenia sono la Querquedula crecca; il C'hau-
lelasmus streperus; la Mareca penelope; la Bucephala
clangula; Fulica atra; V Anas boschas; la Coturnia com-
munis; il Gallus domesticus e Corvus corone, lo Sturnus sp.
(°); Otis tarda e la Caccabis petrosa.
ELENCO DELLE OPERE CITATE:
1779 BLocH, M. E. — Beitrag zur Naturgeschichte der Wiurmer,
welche in anderen Thieren leben (Beschaft. d. Berb (Ges. nat.
Frde Bd. IV, Berlin 1779).
1871 PaLLas, P. S. — Neue nordische Beitrage zu physikal. Leipzig
1781). |
1782 GoezE, I. A. E. — Versuch einer Naturgeschichte der Einge-
weidewurmer thiedischer Kéòrper (Blankenburg 1872, 4. mit. 44
Taf.
176 PASQUALE MOLA
1872 BLocH, M. E. — Abhandlung von der Ezengung d. Eingew. (Ber-
lin, 1782).
1786. BaTscH, A. I. G. C. — Naturgeschichte der Bandwurmgattung
uber haupt und ihrer Arten iusbesondere, nach den neueren Beo-
bachtungen in einem systematischen Auszuge (Halle 1786, 298 pag.
So ba Lat:
1788 LINNE’, C. A. — Systema naturae Ed. XIII (Gmelin) 1783.
1795 RupoLPHI K. A. — Observ. circa vermes intestinalis F II - Gry-
phisw 1795.)
1800 ZEDER, A. G. H. -— Anleitung z. Naturg. Eigw. (Leipzig 1800).
1798-1803. PAULA-SCHRANK, FR. V. — Fauna boica, durchgedachte Ges-
chichte der in Bairen eincheimischen und zalmen Thiere - 3 Bd.
Nurub, Zugolstadt und Landshut - 1798-1803.
1802. FRoLICH, I. A. — Beitrage zur Naturgeschichte der Eingeweide-
wilrmer (Der Naturforscher. St. XXIX Halle 1802, pag. 5-96 mit. 2
Taf).
1803 ZEDER, A. G. H. Anleitung z. Naturg. Eigw. (Bamberg, 1803).
1808 RupoLpHi, K. A. — Eutozoorum sive vermium intestina'ium hi-
storia naturalis (Amstelaedami, 1808 - Vol. I).
1814. RupoLPHI, K. A. — Erster Nachtrag zu meiner Naturgeschichte
der Eingeweidewurmer (Ber Ges. naturf. Frde. zu Berlin Maga-
zin f. d. neuest. Entd. i d. ges. Naturkde VI Jahrg. Berlin 1814
pag. 83-113).
1819 RupoLPHI, K. A. — Entozoorum Synopsis (Berolini, 1819).
1845. DUJARDIN, F. - Histoire naturelle des Helminthes ou Vers inte-
stinaux. Paris 1845.
1850. DIiEesING, K. M.-_Systema Helminthum-_Vindbonae 1850. Vol. 1.
1859. CoBBoLp, T. Sp. —- On some new forms of Entozoa (Trans Linn.
soc. London. — V. XXII pag. 363 til. 966 with 1. pl.).
1861. — List of Entozoa, including Pentastomes, from animals
dying at the Societys Menagerie between the years 1857 bis 1860
inclusive, mith descriptions of several new species (Proc. zool.
Soc. London 1861).
1864 DirsinG, K. M. —- Revision der Cephalocotyleen - Sitzg. d. K.
Acad. d. Wiss. Wien. Bd. 49. I - 1864.
1869. KRABBE, H. -— Bidrag til Kundshab om Fuglenes Baendelorme
(Vidensk Selsk. Skr. 5 Raekke nature og matemat. Afd. 8, Bd. VI).
1878. MEGNIN, P. - Epizooties vermineuses chez les jeunes faisans
(Recueil d. med. veterin. 6 sez. T. V. __ 1878 pag. 828-937).
1880 — De la caducité des chrochets et du scolex lui méème chez les
Tenias (Boll. soc. Zool. Franc. Vol. V. - 1880).
CHOANOTAENIA INFUNDIBULUM 7
1881 PIANA, G. P. — Di una nuova specie di Tenia del gallus dome-
sticus = (M° Acc. R. di Bologna - Sez. IV, T..II, 1889).
1881 PerroncITo, E. — I parassiti dell’uomo (Milano, 1881).
1884 PARONA, C. — Vermi parassiti in animali di Sardegna (Boll.
Scient. A. VI, 1884).
1890. CRETY, C. — Cestodi della Coturnix communis Bom. (Boll. dei
Musei di Zool. e Anat. Comp. della R. Università di Torino - n. 88
Molta Veg 1390.
1891 STossIicH, M. — Elminti veneti raccolti dal Dr, Alessandro Con-
te de Ninni. II Serie (Boll. Soc. ‘Adriat. di sc. nat. in Trieste V.
XIII - 1891).
1895 JANSON — Die Hausthiere in Japan, IV die Krankheiten der
Hausthiere in Japar (Arch. f. wiss. n. prakt. Thierhlkd. Bd. XIX
1893).
1895. STossIicH, M. — Notizie Elmintologiche (Boll. soc. Adriat. di sc.
nat. in Trieste Vol. XIV-1895).
1896. RAILLET, A.—Quelque rectif. à la nomenclature des paras. (Rec.
med. vet. n. du 15 marz. 1896).
1896-1900. Braun, M.— Vermes Cestoda - Brònn’s Klassen und Ordun-
gen des Thiers - Reichs, 4. Bd.
1906 CHoLoDKovsKG. — Archive» de Parasitologie tom. X p. 8341 - Pa-
ris 1906.
1907. FUHRMANN, 0. — Die Systematik der Ordung der Cycloplyllidea
{Zoologischen Anzeiger. Bd. XXXII n. 9/10 - 1907).
1907. — Bekannte und neue Arten und Genera von Vogeltainen (Cen-
tralb. f. Bakt. Paras. XIV Bd. 1907).
1908 — Nouveaux tenias d’oiseaux (Revue suisse de Zoologie — T. 16
- 1908.
— e tene
Bollett, Soc, Zooogica Italiana 6
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE
Prof. E. H. GieLIoLI. — La nuova Avifauna Italiaca. —
Secondo Resoconto dei risultati dell’Inchiesta orni-
tologica in Italia. — Recensione del socio Prof. G.
ANGELINI.
x
Dopo un lungo periodo di sosta, è comparso nello
scorso autunno per opera dell’illustre prof. Giglioli un
nuovo volume sugli uccelli italiani, come 2° Resoconto dei
risultati dell’Inchiesta ornitologica in Italia. Esso è del
formato dei volumi precedenti, ed egualmente pubblicato
sotto gli auspicî del Ministero di Agricoltura, come opera
dell'Ufficio ornitologico, ufficio, che il Giglioli in qualità
di suo Direttore dichiara aver sempre funzionato, di gui-
sa che l’Inchiesta ornitologica in Italla ha continuato e
continua.
Anzichè seguitare col metodo frazionato e prolisso
dei tre volumi del primo Resoconto, l’Autore adotta per
questo secondo un: sistema più semplice e conciso, riunen-
do tutte le notizie in un volume; e credo che abbia fatto
bene. Egli è tornato così alla forma della sua prima Avi-
fauna Italica, pubblicata più di vent'anni addietro (1),
per farla servire di base ai lavori dell’Inchiesta ornitolo-
gia italiana: anzi il presente libro può dirsi una nuova
edizione migliorata e notevolmente accresciuta di quel
primo lavoro, conservato nella sua parte speciale, con
soppressione del rimanente.
(1) E. H. Giamori. Avifauna Italica, elenco delle specie di uccelli sta-
zionari o di passaggio in Italia colla loro sinonimia volgare ecc. — Firenze;
1886,
LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA I79
La classificazione seguìta è, tranne qualche piccolo
ritocco, la stessa dei precedenti volumi, cioè una modifica-
zione della prima classificazione dello Sharpe — non di
quella ultima, adottata dal Martorelli, alla quale anzi e-
gli si dichiara contrario. — Anche la nomenclatura è di
pochissimo variata.
Nella introduzione, dopo aver tributato un meritato
encomio agli Autori delle due più importanti opere sul-
la nostra Avifauna comparse dopo la pubblicazione del
1. Resoconto, l’Arrigoni e il Martorelli, coi quali però
dichiara di non trovarsi in tutto d’accordo, il Giglioli
passa a discutere la assai controversa questione delle soz-
tospecte. Egli afferma di essere disposto ad ammettere la
categoria delle sottospecie, con adozione per esse della no-
menclatura trinomiale, riferendovi però solo quelle for-
me, che appariscono non ancora staccate dalla forma sti-
pite per la esistenza di individui con gradazioni inter-
medie, e considerando invece come specie autentiche tut-
te quelle forme, che, quantunque talorapoco diverse nei
loro caratteri differenziali, risultano facilmente ricono-
scibili e distinte. Come esempio delle prime cita le diver-
se forme del Corvus corax, e delle seconde il Passer do-
mesticus e il P. Italiae, la C'horoptila citrinella e la C.
corsicana, la Merula torquata e la M. alpestris: le secon-
de sarebbero specie più recenti, ma già evolute; le prime,
specie incipienti, cioè in via di formazione. — Sta però
il fatto che tutte le forme organiche sono variabili più 0
meno, e che gli apprezzamenti variano secondo i criteri
individuali degli osservatori, ed anche secondo l’estensio-
ne dei loro studi, la quantità e qualità del materiale da
essi avuto a confronto.
Giustamente poi il Giglioli deplora la moderna fre-
nesia di voler troppo moltiplicare distinzioni e nomi a
base di caratteri individuali e inafferrabili; manìa, da
cui deriva moltissima confusione, e un serio danno alla
180 G. ANGELINI
parte sistematica e descrittiva della scienza. FE si scaglia
contro il brutto uso, che si vorrebbe introdurre, di ripe-
tere lo stesso vocabolo come nome generico, specifico ed,
occorrendo, subspecifico, definendolo una pwuerile incon-
grua assurdità, che rivolta il più rudimentale buon sen-
so: del che io gli do perfettamente ragione.
Deplora che la mancanza di speciali permessi, rila-
sciati a scopo scientifico, colle necessarie cautele, in tempo
di caccia chiusa, escludano in Italia la possibilità di de-
terminate ricerche; ed anche questo è giustissimo, tanto
più se si considera quanto poco fa da noi il Governo per
combattere la caccia di frodo.
Come volume, il presente libro — di 700 pagine senza
l'introduzione e senza l'indice — è notevolmente maggio
re della parte corrispondente della prima Avifauna —
450 pagine: — l'aumento dipende specialmente dall’im-
pinguato elenco dei nomi dialettali, e dalle notizie più
dettagliate e numerose circa le catture, la distribuzione,
la nidificazione e le migrazioni delle diverse specie nel
nostro paese.
Come nella prima Avifauna, mancano le descrizioni :
al nome scientifico e a quello italiano di ciascuna specie se-
sue la lunga serie dei nomi volgari, cui tengono dietro le
diverse notizie con eventuali osservazioni critiche: sol-
tanto qua e là, secondo l’opportunità, si fa richiamo a ca-
ratteri distintivi. Pel numero dei dati statistici è questa
l’opera più estesa e particolareggiata sulla nostra Avi-
fauna, e posta accanto alle altre due dell’Arrigoni e del
Martorelli, che trattano il medesimo soggetto con metodi
e fini alquanto diversi, ne apparisce come una continua-
zione ed un complemento.
Non si può disconoscere il grande merito del Prof.
Giglioli per aver saputo, colla sua non ordinaria attività
e tenacia sostenute da indomita passione per questo ge-
nere di studi, organizzare e mantenere, come meglio gli
LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA I8I
è stato possibile, la Inchiesta ornitologica in Italia, e in
un terreno per la generale apatia così poco favorevole
raccoglierne quei frutti, che si possono ammirare in que-
sto libro e nella splendida collezione dei Vertebrati ita-
hiani a Firenze. Infatti, oltre alla più esatta conoscenza
sulla ripartizione delle forme ornitiche nelle varie regio-
ni del nostro paese, della maggior parte delle nuove spe-
cie, che sono venute in quest’ultimo ventennio ad accre-
scere la già ricca serie degli uccelli italiani, è a lui che
sì deve lo scoprimento.
Alle 450 specie, che restano del numero ammesso nel
Primo Resoconto (1889-1891), dopo tolte le 3 dall’ Autore
stesso ora soppresse quali semplici variazioni individua-
li, ben 46 sono quelle, che vengono aggiunte in questo nuo-
vo volume; per cui a 496 salirebbe, secondo l’attuale sta-
tistica, il totale delle specie osservate in Italia. Questo
numero non corrisponde esattamente a quello ammesso
dall’Arrigoni nel suo Manuale di Ornitologia Italiana, e
neppure dal Martorelli nella sua ancor più recente ope-
ra: Gli Uccelli d’Italia, ma ne è notevolmente maggiore.
Tale differenza dipende principalmente. da due cause:
l'una sta nei diversi limiti attribuiti alle due categorie
di specie e di sottospecie. 1’ Arrigoni ha un concetto abba-
stanza largo della sottospecie, e delle 473 forme, che fi-
gurano nel suo Manuale, 445 sono elencate come specie e
28 come sottospecie. Il Martorelli, che pare contrario ad
ammettere le sottospecie, sebbene qua e la incidentemen-
te vi accenni, annovera 468 specie, di cui una, l’Elanus
coeruleus DesronTt. è da escludere dai cataloghi italiani,
perchè non ancora osservata da noi. Il Giglioli, che per
le sue vedute in argomento sembra stare fra i due, pure
accettando con una certa ristrettezza la categoria di sot-
tospecie, elenca nel suo lavoro soltanto le specie. L'altra
causa della differenza sta nel fatto che il Giglioli persi-
ste ad annoverare tra le italiane diverse forme, che tan-
182 G. ANGELINI
to l’Arrigoni quanto il Martorelli, e prima ancora il Sal-
vadori, credettero di dover escludere, perchè a parer loro
registrate in base a dati poco sicuri (1).
Ma una parte dell'aumento è reale, e dipende da for-
me recentemente avvertite in Italia, ovvero da poco se-
parate e distinte. Così, come novità, si possono citare le
10 seguenti (di cui però 4 dubbiose per lo stesso Autore) :
1. CrANoPIcA Cooxi, Bp. — 1 esemplare a Nizza il 20
dicembre 1901 (Registrato con riserva) — Spagna.
2. ALAUDA GULGULA, Frankl. — 1 esemplare presso
Firenze il 12 novembre 1882 (Registrato con riserva) —
Asia centrale e meridionale.
3. BUDYTES PLUMBEICEPS, Azzolini — Forma recen-
temente distinta, che si asserisce bene separata dalle con-
generi — cosa strana, attesa la grande variabilità del
gruppo — Area ignota.
4. PHYLLOSCOPUS BOREALIS (Blas.) — 1 esemplare a
Udine il 22 settembre 1903 (Regione eurasica settentr.).
5. PYCNoONOTUS BARBATUS, Desfont. — 1 esemplare a
Nizza il 24 dicembre 1899 (Registr. con riserva) — Afri-
ca settentrionale.
6. POECILE ANATOLIAE, (Hartert) — 1 esemplare a
Nizza il 2 febbraio 1878 — Asia Minore.
7. Sirta NEUMAYERI, Michah. — 1 esemplare a Pisi-
no (Istria) il 10 novembre 1890 — Penisola balcanica,
Grecia, Asia Minore.
8. BUTEO LEUCOCEPHALUS, Hogds. — 1 esemplare dal
M. Cenisio (Susa) 11 10 settembre 1890 — Asia boreale ed
orientale.
(1) Agelacus phoeniceus, (Linn.); TardusPullasi, (Gab.); Oreocinda dauma
(Lath.); Chelidon cashmiriensis, (Gould); Cotyle obsoleto, (Cab.); Caprimulgus,
asiaticus, (Lath.); Aquila nipalensis, (Hogds.); Bubulcus coromandus, Bodd,
Dendrocyena javanica, (Horst.); Oedienemus senegalensis, (Swains ); Aegia-
litis, Geoffroyi, (Wagl.); Actodromas fuscivotlis, (Vicill.); Serinus canaria,
(Linn.).
LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA 183
9. ANSER BRACHYRHYNCHUS, Ball. — 1 esemplare a
Sesto, Firenze il 15 dicembre bai — Spitzberg, Europa
nord-occidentale.
10. CHENALOPEX AEGYPTIACUS (Linn. ea Briss.) — 1
esemplare a Bracere sul Po (Cremona) e poi Genova, $i-
cilia ? (Registrato con riserva) — Africa ed Asia Minore.
Delle rimanenti 36 specie era già nota la comparsa
in Italia, per essere state dall’Arrigoni e dal Martorelli
incluse nelle sopra citate loro opere, o per lo meno quivi
ricordate quando non le credettero meritevoli del rango
specifico, o subspecifico. E per alcune di queste lo stesso
Giglioli se ne mostra incerto: valgano ad esempio la Pyr-
rhula rubicilta Pall., il Lanius maior, Pall. VAegiothus
rufescens (Vieill.) e la Cyanecula Wolf (C. L. Brehm).
Ma fra tutte meritano particolare menzione due nuo-
ve specie, introdotte dal Giglioli come probabili casi di
neogenesi: l'una è la famosa Athene Chiaradiae, a tutti
nota: l’altra è la Ruticilla nigra, fondata sopra due esem-
plari stati catturati insieme nei pressi di Lanusei (Sar-
degna), il 25 novembre 1902. Anche questi due uccelli non
sono nuovi agli ornitologi, avendoli l’Autore già fatti pre-
sentare ad una seduta del British Ornithological Club
(agosto 1903) con descrizione comparsa nel Bull. dello
stesso Club e poco più tardi nell’ « Ibis ». E, mentre allora
parlava di una « presumed new species » adesso, pur di-
chiarando di ammetterla con riserva, finisce per chiamar-
la « bella e distinta specie di codirosso, che può trovare e
trova la sua spiegazione come un caso patente di neogene-
si; e tale spiegazione non ha ragione di essere modifica-
fa, anche se non sì trovassero poi altri esemplari di questa
forma, giacchè la neogenesi non implica una stabile riu-
scita della nuova forma creata ecc. ». Sta bene : ma (a par-
te che il fatto potrebbe, giusta il parere di altri ornitolo-
gi, avere anche altre spiegazioni) se la neogenesi può es-
sere punto di partenza di nuove specie, non lo è necessa-
184 G. ANGELINI
riamente e sempre. Per parte mia non so ammettere la
durata di una specie, che si riduce a quella di poche, e
magari di una sola generazione! Perciò, pur riconoscen-
di aversi a che fare con due casì interessanti, di cui si
deve prender nota, 11 trattarne come di specie costituite
prima di aver constatato la trasmissione e la permanen-
za del caratteri, che è quanto dire il considerare come
compiuto un tatto semplicemente possibile, pare a me un
sistema non opportuno. Io vorrei vedere il catalogo degli
uccelli italiani redatto a base di fatti positivi: i casi,
per una o per altra ragione incerti, dovrebbero essere pu-
ramente ricordati e tenuti da parte, in attesa di ulteriori
prove.
Una rettifica fa inoltre il Giglioli circa la determi-
nazione di una specie già nota: si tratta della Sylvia na-
na (Hempr. et Ehremb.), di cui l’unico esemplare trova-
to in Italia e da lui fatto conoscere, si conserva nel Museo
di Firenze, e che per ulteriore esame dev'essere riferito
alla affine S. deserti Loche, più tardi distinta.
Delle forme recentemente annoverate tra le italiane
dall’Arrigoni e dal Martorelli tre vengono scartate dal
Giglioli: il Hterofalco istandus (Gmel.), il Falco babylo-
nicus, Gurney, e la Sazicola lugens, Licht. Riguardo al
primo, facilmente confondibile allo stato giovanile colla
Gennaia saker, ma che l'Arrigoni ammette senza alcuna
reticenza, il Giglioli, pur dichiarando di non aver veduto
l'esemplare, si ritiene poco sicuro della determinazione e
della provenienza. Pel Falco babylonicus ci fa sapere di
aver avuto in esame l’individuo di Calabria, sul quale il
Martorelli basò la sua determinazione, e di aver ricono-
sciuto in esso nient'altro che un F. peregrinus del tipo lew-
eogenis Brehm, simile a qualche altro da lui stesso pos-
seduto. — Per la Sazicola lugens dimostra esser questa
stata inclusa dall’Arrigoni in base ad equivoco, per avere
male inteso un suo scritto: l'esemplare del Museo di Fi-
LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA 185
renze riferitovi è anch’esso una Sawicola morio Hempr.
et Ehremb.
Curiosa è la confusione avvenuta intorno a queste
due forme, derivante forse dalla confusione delle sinoni-
mie fatte dal Dresser. Il Martorelli non riporta affatto
la S. morto, riferendo tutti gli esemplari italiani — meno
quello conservato dall’ Arrigoni, che non menziona — al-
la S. leucomela, Pall., per lui sinonimo di $. lugens, come
sl rileva dalla descrizione. Nella mia recensione alla bel-
la opera del Martorelli avvertii il fatto, senza potermene
rendere ragione: ora le dichiarazioni del Prof. Gi-
glioli mi pare che abbiano sciolto l'enigma. La Saxicola
lugens è quindi per ora da escludere dal catalogo degli
uccelli italiani, restando la S. morto, per la quale 1 Auto-
re, a scanso di ulteriori equivoci, adotta il nome di $. ple-
schanka (Lepech.).
Per i ('odibugnoli non accetta le vedute dell’Hartert
in quanto alla distinzione dell’Aegithalos caudatus euro-
paeus (Eierm.) — che diventerebbe Acredula europaea
per il Giglioli — formato a spese dell’Acredula rosea
(Blyth.) e di una parte dell’A. caudata (Linn. ex Gesn.);
ma accetta per le cincie bigie la separazione del Parus
atricapillus montanus (Baldenst.) dal P. atricapilus bo-
realis (Selys), preferendo tuttavia chiamarlo PoeciWe al-
pestris (Bailly).
Riconosce nel preteso C'orvus tingitanus, Irby, da lui
primieramente indicato per la Sardegna (Avicula 1897),
la sottospecie C. coraa sardus, Kleinsch., trovandosi que-
sta volta d’accordo col Kleinschmidt: ma contesta asso-
lutamente e rigetta, come destituite, a parer suo, di ogni
fondamento, moltissime distinzioni fatte dallo stesso
Kleinschmidt e da altri splitters: tali sono ad esempio:
Corvus cornia sardonius Kleinsch.; Garrulus ichnusae
Kleinsch.; Petronia petronia hellmayri, Arrig.; Suddivi-
sioni del Passer hispaniolensis (Tschusi ed altri); Passer
186 G. ANGELINI
italtae galliae, Tschusi; Carduelis carduelis Tschusi; Ar-
rig.; Acanthis cannabina mediterranea, Tschusi; Calan-
drella minor heineì (Hom.); Galerida cristata meridiona-
lis, Brehm; Alauda cantarella Bp.; Suddivisioni della
Lul'ula arborea; Budytes paradoxus, Brehm; B. wantho-
phrys, Sharpe e B. beema, (Sykes); Turdus aliciae Baird.
Sylvra atricapila Pauluccìi, Arrig.; Suddivisioni del
Cinclus aquaticus; Regulus regulus interni, Hart.; Pa-
rus mator corsus, Kleinsch.; Parus ater sardus Kleinsch.;
Parus coeruleus oghastrae, Hart.; Certhia familiaris cor-
sa Hart.; Lantus badius, Hart; Cotyle obsoleta sarda,
Arrig.; Dendrocopus maior Harterti Arrig.; Strix flam-
mea Ernesti, Kleinsch.; Phalacrocorax Desmaresti, Pay-
raudeau; Pierocles alchata pyrenarcus, Bris.; Puffinus
yelkouwan, Acerbi.
Come si vede, questo nuovo volume del Prof. Giglioli,
sebbene di poco posteriore alle due pubblicazioni conge-
neri dell’Arrigoni e del Martorelli, contiene un notevolis-
simo numero di fatti, osservazioni e conclusioni nuove, e
costituisce un importante contributo per la conoscenza
degli uccelli italiani.
AppeNDA. — L'’illustre Professor Salvadori in una
sua recente nota sull Opera del Professor Giglioli (A-
vicula, fascicolo 121-122, — 1908) insiste sulla distin-
zione del Puffinus Yelkouan dal nordico P. anglo-
rum; dice che non, ad esso, ma bensì al P. Kuhl è da ri-
ferire l’Avis diomedea dell’Aldrovandi; che il Puffinus
barolii (Temm.), il cui tipo d’ignota provenienza esiste
ancora nel Museo di Torino, non fu affatto fondato — co-
me afferma anche l’Arrigoni — sopra piccoli individui
di P. anglorum o yelkonan; e che i due esemplari riferiti
al P. obscurus dal Giglioli, furono, secondo lui, con mag-
giore approssimazione al vero ascritti dall’Arrigoni al
P. assimilis, specie australiana, cui vennero attribuiti
LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA 137
anche esemplari di Madera e delle Isole Canarie, ma che
probabilmente appartengono ad una specie distinta an-
cora da nominare.
Ed in uno del pari recente scritto (Note ornitologiche
sulla collezione del Monte appartenente alla signora
Marchesa M. Paulucci -- Venezia, 1908) il Conte Arri-
goni conferma la frequenza in Italia del Buteo deserto-
rum (Daud.), dichiarando di possederne una quarantina
d’individui — di cui uno esaminato e riconosciuto per
tale anche dal Prot. Giglioli — sostenendo la imperfetta
delimitazione di questa forma, non solo nelle dimensioni e
nel colore, ma anche nella struttura del piede. Aggiunge
inoltre la importante notizia di aver avuto nel decorso lu-
elio 6 individui di Falco barbarus dal Capo Sperone, pun-
ta meridionale della Sardegna. Conferma altresì contro
i dubbi del Giglioli e citandone 1 particolari, la data di
cattura della Calandrella minor, Cab. (forma orientale,
grigia, della sua collezione, e di cui un’altra recentissima
cattura nel Bolognese è stata ora fatta conoscere dal Con-
te Cavazza (Boll. Soc. Zool. It. IX pag. 91-1908).
Finalmente il Prof. Martorelli ha or ora descritto e
splendidamente figurato un esemplare tipico di Lanius
Homeyeri Cab. dalla Lomellina, e che egli considera come
forma specificamente distinta.
(Il Lanius Homeyeri, Cabanis, in Italia. — Atti Soc.
dose Nat. Vol XIEVI, 1908).
— SL
Dort. VALENTINO BARNABO' — Su? rapporti tra la glan-
dola interstiziale del testicolo e le glandole a secrezio-
ne interna.
Comunico alla Società Zoologica Italiana i risultati
di un mio lavoro sperimentale, che con tale titolo venne
per esteso pubblicato nella Sezione Chirurgica del gior-
nale « IZ Polrelinico » 1908, fase. 3. (marzo), e di cui ave-
vo dato notizia preventiva nel Bollettino della nostra So-
cietà (vol. VII, fasc. 4, 5 e 6, agosto 1906). Nel mio stu-
dio ho esaminato quali alterazioni si potessero osserva-
re nelle glandole a secrezione interna, quando nel testi-
colo si è resa atrofica la parte seminale e posta quindi in
maggior evidenza la parte interstiziale. Non occorre che
ricordi i lavori di Bouin e Ancel e degli altri numerosi
Autori sull'argomento, perchè di ciò mi sono occupato
nella mia monografia sulla glandola interstiziale del te-
sticolo, che è tuttora in corso di pubblicazione sul nostro
Bollettino. Ho esperimentato su cavie e su topi bianchi,
praticando, con una tecnica operatoria molto semplice,
la resezione bilaterale dei deferenti e la resezione mono-
laterale di un deferente con la contemporanea castra-
zione dal lato opposto; e ho eseguito il controllo su anima-
li intieri normali e su animali castrati della stessa razza
e pressochè dello stesso peso. I pesi accuratamente ricer-
cati delle singole glandole appartenenti ai varî animali
delle diverse esperienze, da 3 giorni fino a 133 giorni do-
po l'operazione, e confrontati tra loro, non hanno portato
a conclusioni esatte, a parte la diminuzione di peso dei
testicoli atrofizzati, non concordando quindi (almeno per
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 189
la ipofisi) coi risultati ottenuti da Fichera. Credo che ciò
sia da riferirsi alla piccolezza delle glandole e forse an-
che alla specie dell'animale da esperimento, potendosi
comportare diversamente un roditore, quali la cavia e il
topo, da un uccello, quale il gallo, o da un ruminante,
quale 11 toro o il bufalo, esaminati da Fichera. — Molto
più interessante è stato l'esame microscopico dei testicoli,
della ipofisi, delle capsule soprarenali, della tiroide, del-
le paratiroidi e della milza nelle varie serie di animali, e
di cui qui riferirò soltanto i dati più importanti, che mi
hanno condotto alle seguenti conclusioni. I. Con la lega.
tura e resezione del deferente si atrofizza, come dissero
Bouin e Ancel, la parte seminale testicolare gradualmen-
te, e aumenta la parte connestivale e interstiziale, nella
quale si dimostra un abbozzo di moltiplicazione amito-
tica. — II. Con la castrazione monolaterale e la resezio-
ne monolaterale del deferente, 11 testicolo si atrofizza in
modo notevole invece di ipertrofizzarsi. — III. In tal ca-
so si ha un maggiore sviluppo di tessuto connettivo e di
cellule interstiziali, di cui alcune appaiono eosinofile e
funzionanti, e altre non funzionanti, da me dette, per il
loro aspetto indifferente, morocellule. — IV. L’ipofisi si
ipertrofizza, come negli animali castrati, anche in quelli
delle due serie di esperienze; e tale ipertrofia aumenta
coll’aumentare dell’atrofia della parte seminale, malgrado
il maggiore sviluppo dell'elemento interstiziale. E a pro-
posito dell’interpretazione di questa iperstrofia della ipo-
fisi, di natura compensatoria, ebbi già occasione di co-
municare le mie idee nel fasc. IV, V e VI del 1907 del no-
stro Bollettino. — V. Aumenta notevolmente la funzio-
nalità, ma non muta la struttura, delle capsule surrenali,
della tiroide e delle paratiroidi, diminuendosi la funzione
testicolare. — VI. La tiroide muta la sua struttura tem-
poraneamente soltanto negli animali castrati. — VII. La
milza non subisce alcuna modificazione. — Questi dati
190 VALENTINO BARNABO”
di fatto porterebbero alla discussione se l’aumento delle
cellule interstiziali possa essere collegato all'aumento del
tessuto connettivo; e se la ipertrofia e la iperfunzionalità
delle glandole a secrezione endocrina possano far dubi
tare sul vero significato fisiologico dell’elemento intersti-
ziale, che in tal caso si è dimostrato presente e funzionan-
te. Però io non ko voluto entrare in tali questioni, almeno
per ora, e mi sono limitato alle suenunciate conclusioni.
IV EL ZL E
Un giardino zoologico fra Villa Umberto e i Parioli
I giornali di Roma, e particolarmente la Tribuna nel
numero del 24 maggio 1908, hanno dato notizie più o meno
estese sulla creazione della Capitale del Regno di un vero
Giardino Zoologico, e queste notizie siamo certi torneran-
no gradite a molti dei lettori del nostro Bollettino : perciò
le riferiamo, facendo sincerissimi voti per la riuscita del-
l’opera, ch'è necessario complemento del ricco Museo Zoo-
logico sorto in questo ultimo ventennio nella R. Univer-
sità degli Studi, nel quale ammirasi la bellissima colle-
zione della Fauna provinciale Romana.
Scrive adunque la Tribuna :
« Quando annunciammo tempo addietro che le gabbie
del giardino del lago a Villa Umberto si erano arricchite
di altri esemplari di bestie della fauna esotica, non man-
cammo di esprimere l’augurio che Roma si fosse potuta ar-
ricchire presto di un vero grande Giardino Zoologico, che
avesse potuto sostenere il confronto dei giardini zoologici
delle maggiori città,e traemmo buoni auspici dall’embrib-
nale inizio che si andava affermando intorno alle tranquil-
le sponde del laghetto della Villa borghesina.
Nell’esprimere il nostro voto non avremmo mai sospet-
tato che la buona idea, si sarebbe fatta rapidamente strada
in un modo davvero insolito, almeno fra noi, sapendo per e-
sperienza non essere purtroppo tale il destino ‘general-
mente riservato alle buone idee!
1092 UN GIARDINO ZOOLOGICO
Il Comitato Promotore.
Possiamo oggi però annunciare che l’idea non solo è
stata accolta, ma che è stata accolta bene, nel più pratico
dei modi; e che si sta per costituire una società promossa
dagli avv. cav. Riccardo Villanis ed Ettore Ferrini, prof.
G. B. Milesi e Carlo Hagenbeck per raggiungere l'intento.
L’'Hagenbeck è il creatore del famoso giardino zoolo-
gico di Stellingen (Amburgo) unice al mondo, ed il primo
esportatore nel commercio mondiale degli animali esotici.
Al Comitato propugnatore partecipano i signori se-
guenti: Comm. dott. Paolo de Vecchi, comm. prof. Guido
Cora, cav. ing. Francesco Rossi, avv. Israele Ottolenghi,
conte comm. Giuseppe Franchi Verney della Valletta, Ro-
bert Mond. M. A. J. S. Ed., comm. Giorgio Wurts, comm.
prof. Antonio Carruccio, direttore del R. istituto zoologico
universitario, cav. prof. Giuseppe Cuboni, direttore del
laboratorio di Patologia vegetale, barone Giorgio Sonni-
nio, senatore del Regno, conte Guido Gabrielli Falconieri
di Carpegna, senatore del Regno, marchese dott. Giusep-
pe Lepri
Basta dare una semplice ogchiata alla lista di questi
nomi per sincerarsi come per la novella impresa gli uomini
della finanza siano alleati a quelli della scienza nel più
promettente e serio connubio.
La scelta della località.
Carlo Hagenbeck nella primavera scorsa si recò ap-
positamente in Italia per visitare la località prescelta per
(1) A questi sappiamo che si sono aggiunti altri egregi uomini,
fra i quali il senatore Cephaly, il principe Don Francesco Chigi, il
senatore marchese Medici, ecc.; e già il Comitato tenne una adunanza
presso l’esimio prefetto di Roma, senatore Annaratone.
FRA VILLA UMBERTO E I PARIOLI 193
la creazione del nuovo Giardino Zoologico che è precisa.
mente quella zona situata in prossimità di villa Umberto
denominata « La campagna » la quale si stende per una
superficie di oltre dieci ettari a sinistra del viale verso i
Parioli.
Il vecchio Hagenbeck visitata che ebbe la località ne
rimase entusiasmato assumendo l’incarico di costrulrvi se-
condo i più moderni criteri il Giardino Zoologico.
La Giunta comunale di Roma nella seduta del giorno
8 aprile ultimo scorso deliberava in massima di associarsi
alla geniale iniziativa, della quale ha compreso tutta l’alta
importanza nell'interesse materiale e morale della città, e
proporrà al Consiglio di cedere per un numero determina-
to di anni (e con clausola di eventuale riscatto) l’uso del-
l’area medesima alla Società costituenda, area che per la
bellezza rara della postura, per le rapide e comode vie di
comunicazione le quali ne rendono straordinariamente
facile l’accesso dalla città, si presta in modo mirabile allo
scopo prefisso.
Le fiere allo stato libero.
Da una relazione-programma a stampa, ornata di
belle illustrazioni, togliamo alcuni dati sui concetti in base
ai quali si procederà alla formazione del Giardino zoolo-
gico della capitale.
Questi concetti consistono essenzialmente nel conser-
vare gli animali esotici non nelle strette e meschine gabbie
ed angusti recinti, in cui il colore loclale va perduto, ma
nel rispettivo ambiente naturale, dando loro tutta la li-
bertà possibile e loro provvedendo nel modo più risponden-
te all’indole, alle abitudini di vita, ed alle condizioni del
luogo di origine.
Bollett. Soc. Zodiogica Italiana n
194 UN GIARDINO ZOOLOGICO
La molteplicità delle specie sarà corrispondente alla
grandiosità dell’opera. Perciò, oltre leoni, tigri, leopardi,
pantere, ors1, polari, lupi siberiani dei due sessi e diverse
età, sl avranno irsuti yack del Tibet, gravi e compassati
brahma, zebu indiani, guanachi dalle lunge gambe dell’ A-
merica del Sud, lama dalle gambe corte del Perù, stambec-
chi dell'Arabia, antilopi dell'India, elefanti, giraffe, zebre
africane, istrici, bufali, bisonti, dromedari, pecore a cri-
niera, diverse qualità di cervi, pappagalli, faggiani, coc-
codrilli, serpenti, tartarughe ecc., ecc. e poi una variopinta
folla di uccelli acquatici, tropicali ed ultra tropicali.
Tutti questi molteplici e differenti abitatori della ter-
ra godranno di una apparente libertà nell'ambiente loro a-
datto, senza che nessuna cancellata di ferro, nessuna pe-
sante gabbia disturbi lo sguardo del visitatore, e, dove esse
esisteranno, saranno artisticamente mascherate con pian-
tagioni intonate al carattere del luogo.
L’opera insomma rappresenterà in spazio limitato, le
diverse zone e regioni del mondo coi loro animali caratteri-
sticl viventi.
Così p. es. alte ed inaccessibili rupi chiuderanno da |
tre parti la « caverna dei leoni » e solo la parte rivolta |
verso gli spettatori sarà apparentemente aperta, chè, un |
profondo e largo fosso mascherato da agavi e da siepi |
d’alte piante, impedirà assolutamente alle belve di uscire; |
e sulle rupi domineranno potenti aquile ed avvoltoi, i soli |
animali che incatenati costituiranno la eccezione al prin- |!
cipio generale adottato della maggiore libertà possibile. |
E poi ancora... « i banchi di ghiaccio » per gli orsi.
polari, e poi... « il massiccio di alte montagne » sulle cui;
roccie gli stambecchi, le pecore e le capre selvatiche po- Wi
tranno tenere esercitati, second lor natura, i loro musco-
li; e poi ancora... « colline, piscine, isole, cascate d'acqua,
FRA VILLA UMBERTO E I PARIOLI TOS
laghetti, stagni, sentieri tortuosi, tranquilli pergolati, re-
cessi idialici...» in cui vivrà c si agiterà, nelle molteplici
e indisturbate manifestazioni di vita, una vera società in-
ternazionale di animali di ogni specie.
Il Giardino Zoologico di Roma, non solo si lascierà in-
dietro di gran lunga 1 giardini zoologici di Parigi, Ber-
| lino ecc., costruiti coi vecchi sistemi, ma supererà anche, a
giudizio dello stesso Carlo Hagenbeck, perfino quello di
| Amburgo, per le meravigliose condizioni di clima, che per-
i metteranno sia una migliore acclimatazione degli animali,
‘sia un completo adattamento e sviluppo della lussureg
& giante flora.
La promessa di Hagenbeck.
I L’Hagenbeck scrivendo ultimamente ad uno dei pro-
motori così tornava infatti a illustrare il suo concetto :
| « Vi ho promesso di fare un giardino che sarà anche
i « più interessante del mio giardino a Stellingen perchè, a
\« causa del clima eccellente, possa farlo più bello combi-
i« nando la zoologia alla botanica esotica, ciò che non mi
\« è possibile fare qui nel nord.
| « Io posso chmbinare il Giardino Zoologico a Roma
« in modo che esso rappresenti una istituzione che possa
‘« concorrere sotto tali riguardi con qualsiasi altra istitu-
J« zione del genere... ».
E parlando con Ernesto Nathan della geniale inizia-
‘tiva l’Hagenbeck ebbe già a dichiarargli :
— Io non voglio fare un affare; io tengo acchè il mio
il nome sia a Roma onorato.
Sarebbe prematuro che oggi abbondassimo in parti-
Jcolari, ancora del resto non definitivamente concretati, sul-
la proposta che la Giunta presenterà quanto prima all’ap-
f provazione del Consiglio.
196 UN GIARDINO ZOOLOGICO
Ci basti avere rilevato l’importanza del fatto e Vat-
trattiva suprema che costituirà, per Roma un giardino
zoologico nelle condizioni accennate, rilegato al Pincio, a
Villa Umberto e a1 Parioli. Naturalmente il nuovo giardi-
no sarà fornito anche di tutte le attrattive che completano
siffatti dentri di riunione e di svago sì da formarne invero
un luogo unico al mondo.
I promotori s1 propongono inoltre di accordare, in va-
rie ricorrenze, come potrebbe essere ad esempio quella del
21 aprile, l’entrata gratuita a tutti; e di accordare in de-
terminati giorni l’ingresso libero alle scuole, agli orfano-
trofi, ai ricreatori, ai collegi, ecc.
Sarebbe intenzione dei promotori di incominciare i
lavori nell’ottobre dell’anno corrente, in modo da portarli
a compimento in poco più di un anno.
All’impianto, alla direzione tecnica e alla manuten-
ne del nuovo Giardino Zoologico provvederà l’Hagenbeck
con personale provetto proprio; ma la mano d’opera per
l'esecuzione déi lavori verrà assunta sul luogo.
Non ci resta ora da augurare che la bella iniziativa
possa presto prendere forma e corpo. Dessa costituirà cer-
tamente un’altra attrattiva, e non fra le ultime, pei fe-
steggiamenti del 1911; e avrà anche essa il non trascura-
bile vanto di « rimanere », a lustro e decoro della Eter-
na Città ».
Notizie ornitologiche per la Provincia di Roma
A titolo di cronaca dò alcune notizie riguardanti la
cattura di esemplari appartenenti a specie non comuni
nella nostra provincia. Cito le catture in ordine cronologi-
‘co: si riferiscono tutte all’anno 1907 e gli esemplari no-
minati fanno parte della mia collezione.
Febbraio 15. Maccarese - ANSER ALBIFRONS (Scop.)
f. giovane. Macchia bianca della fronte poco estesa ed
interrotta da piccole penne grigio-cenerine e grigio-brune;
una marcata fascia nero-bruna sfumata all’indietro limi-
ta la macchia bianca della fronte: l'addome non ha mac-
chremere:
L'A. albifrons non è comune, ma neppure raro in pro-
vincia di Roma, secondo me anzi vi è più frequente che
FA. anser.
Aprile 12. Anzio - STERCORARIUS CREPIDATUS (Ban-
ks.) {. adulta. Fu còlto in mare insieme con un altro
soggetto che non potei avere. Questo esemplare ha mento,
gola e gozzo grigio-cenerini, addome e fianchi bianco-pu-
rl, piedi neri per intero. E’ in muta, il piumaggio del
mento, della gola e del collo è incompleto. Oltre il mio
soggetto e quello che non mi fu ceduto un terzo se ne
conserva nella coll. regionale del Museo Zoologico di Ro-
ma, di altre catture avvenute in provincia di Roma non
ho notizia.
Aprile 20. Anzio - STERCORARIUS POMATORHINUS
(l’'emm.) £. giovane. Anche questo soggetto fu còlto in mare
In esso le timoniere centrali sorpassano le altre di cent. 5
soltanto, alcune cuopritrici sopracaudali appartengono
198 FRANCESCO CHIGI
all’abito giovanile, sono cioè nere fasciate di bianco, le
altre sono interamente nere: le penne bianche delle guan-
ce sono poco allungate; il gozzo e la parte superiore del
petto sono nero-fuligginosi con macchie bianche tra-
sversali; l'addome è bianco ed ha piccole e scarse mac-
chie scure irregolarmente disposte; i fianchi sono bianchi
SI
Per quanto mi è noto questa specie finora non era sta-
ta còlta in provincia di Roma.
Novembre? Santa Palomba (Roma) - FALco FELDEG-
GI. Schlegel f. giov. Acquistai questo esemplare presso
i] sig. Jacobini che lo aveva catturato con le reti e lo ave-
va fatto imbalsamare. Il soggetto in parola (forse f.) ri-
veste l'abito giovanile del tipo più comune, ha tinte in
generale scure e macchia della nuca intensamente colora-
ta di ceciato-fulvo.
Il F. Feldeggi, come già ebbi a dire, non è assoluta-
mente raro fra noi e specialmente vien còlto giovane.
Senza dubbio più raro di esso è il F. peregrinus.
Dicembre 6. Corneto Tarquinia - PHOENICOPTERUS
RosEus Pall. m. giovane, f. semi-adulta e f. adulta. I
tre esemplari furono inviati freschissimi al preparatore
Sig. De Dominicis presso il quale li acquistai. Il primo
es. m. ha l’abito giovanile bianco leggermente sfumato di
roseo con macchie bruno-grige sulle cuopritrici alari, fra
le penne dell’abito giovanile si scorgono però sulle ali gli
apici di alcune penne roseo-vivaci proprie dell’abito di
adulto non ancora completamente sviluppate. Il becco era
grigiastro roseo, le zampe grigio brune, l’iride bruna.
Il secondo es. f., già in livrea di adulto conserva po-
che tracce dell’abito giovanile sulle ali, aveva le zampe
roseo sudice con un anello nero-bruno in corrispondenza
dell’articolazione tibio-tarsale, il piede nero e l’iride
giallo-chiara.
Il terzo es., f. adulta, ha colorito generale roseo-viva-
NOTIZIE ORNITOLOGICHE 199
ce; conserva tuttavia fra le cuopritrici alari qualche pic-
cola traccia dell'abito giovanile. Aveva il becco, le zampe
ed i piedi di un bel roseo carico e l’iride bianca.
Il Fenicottero è di comparsa casuale nei nostri confi-
ni ove tuttavia fu còlto o veduto più volte.
Dicembre 19. Magliana (Roma). - ANSER ALBIFRONS
(Scop.) m. adulto. Bellissimo esemplare perfettamente a-
dulto: ha abbondanti macchie nere sull’addome ed una
grande macchia bianca sulla fronte molto estesa all’in-
dietro (cent. 3 1/2 circa).
Roma, Gennaio 1908.
ERrscCHIct.
— o - o 2 Ao
Prime notizie sulla incursione del SyrrRaptes
paradoxus (Pall) nella Russia Europea, du-
rante la primavera dell’anno 1908.
(Dal Socio princ. D. Francesco Chigi
A venti anni di distanza dalla prima apparizione co-
noscluta dal Syrrhaptes paradoxus (Pall) nella provincia
di Roma, il 3 giugno 1908 quattro esemplari maschi di
questa specie venivano uccisi presso Torre Astura in lo-
calità La Banca (1).
L’apparire del nomade Pteroclide asiatico in Italia,
ed in. una regione tanto favorevole agli uccelli qual'è la
nostra, non solo non mi giunse inaspettata, ma era da me
attesa proprio in quei gl'orni sapendo che fin dalla secon-
da metà di Aprile una forte colonna di Sirratti, varcato il
Volga, era penetrata nella Russia centrale e meridionale,
e sapendo che nell’anno 1888 in un mese e mezzo circa il
Sirratte da quelle regioni era giunto fino a noi.
I primi Sirratti furono segnalati nella Russia Euro-
pea il 22 aprile u. s. presso Pensa ove il passaggio in mas-
sa si protrasse fino al 26 dello stesso mese, ed il passaggio
di pochi individui continuò fino al 6 Maggio.
In quel periodo e nei giorni seguenti un grande movi.
mento migratorio di Sirratti fu segnalato in quasi tutta
la Russia centrale ed in parte della meridionale da Mosca
al Mar Nero cioè in una zona larga circa 1100 chilometri
(10° di latitudine). Le società di Naturalisti come i gior-
(1) Uno di questi esemplari mi fu ceduto per la mia
collezione dal Prof. Comm. Antonio Carruccio e sento il
dovere di ringraziarlo qui pubblicamente per la sua gran-
de gentilezza. — N. d. a.
SIRRHAPTES PARADOXUS 20I
nali, e specialmente il Novoje Vremja di Pietroburgo, con
un vero interesse scientifico (che i nostri giornali si guar-
dano bene di imitare) si occuparonio dell’apparizione del
Sirratte nella Russia, ed è appunto con la guida dei bol-
lettini pubblicati da questo giornale che io ho potuto rico-
struire le fasi della immigrazione di tale uccello.
I passi di Sirratti furono accuratamente notati in cir-
ca 25 distretti dei governi di Kasan, Simbirsk, Pensa,
Tambov, Saratov, Orel, Kursk, Charkov, Cernigov, Polta-
va, Kiev, Podolia, Cherson e Tauride. Per il momento non
è stato segnalato alcun caso di nidificazione nella Russia
Europea. i
Se sopra una carta geografica si segnano le località
ove fu osservato il passo, con le date e la direzione, riesce
assal facile farsi vn’idea generale del grande movimento
della colonna immigrante. Questa, entrata in Europa sl
distese sopra una fronte assai lunga, essendosi avauzata
fra le pendici meridionali dei Monti Urali e le closte set-
tentrionali del Mar Caspio. Il centro della colonna inva-
dente, attraversato il Volga da Est ad Ovest, trovavasi a
circa 53° 30° lat. N. ed il 22 Aprile raggiungeva la città
di Pensa a 45° long. or. di Grenwich con un vantaggio
di 15 o 20 giorni di marcia sulle ali estreme della fronte.
La massa dei Sirratti entrò dunque in Europa in forma
di un grande triangolo ovverio dalla formazione in enlon-
na si spiegò al lati tendendo ad allinearsi. In Europa la
direzione del movimento era da Est ad Ovest, forse però
nel giungere dall'Asia la colonna aveva una debole devia-
zione verso N. O. corretta ben presto, anzi mutata in una
deviazione S.-O.
A Pensa la colonna sostò e quivi il passo potè notarsi
per vari giorni, fino al 6 maggio, prima in massa, poi
in branchetti; frattanto il centro dell’ala sinistra passava
2 02 FRANCESCO GHIGI
presso Balasciov nel gov. di Saratov il 29 Aprile, ed il cen-
tro destro passava nel distretto di Karsun (gov. di Sim-
birsk) lo stesso giorno ed il giorno seguente. Soltanto il 13
Maggio i Sirratti apparvero presso Novocerkutino (gov.di
Tambov) quando nel distretto di Sciazk (gov. di Tambov)
erano passati da Est ad Ovest fra il giorno 24 Aprile ed
il giorno 8 Maggio, battendo poi in parte in ritirata da
Ovest ad Est il giorno 8 Maggio e seguenti. Nella prima
metà di Maggio l'estremità dell'ala destra passava pel
distretto di Spassk (gov. di Kasan) ed il giorno 11 dello
stesso mese l'estrema ala sinistra toccava il distretto di Za-
rizyn (gov. di Saratov). Sebbene alcuni Sirratti ripassas-
sero come ho detto da Ovest verso Est a Sciazk nei giorni
8 maggio e seguenti, tuttavia il grosso della colonna pro-
seguì il suo viaggio verso Occidente : fra 1l 30 Aprile ed il
3 maggio passarono i Sirratti nel distretto di Kolomna
(gov. di Mosca) con direzione N.-0. ed il 30 Aprile passa-
rono anche presso Mosca. Questa parte della colonna deve
aver raggiunto le coste del Mare Baltico e forse è passata
in Scandinavia od ha proseguito lungo le coste marine ver-
so Ovest, ma di essa per ora non ho avuto notizie.
Zarizyn, Balasciov, Tambov, Kolomna, Mosca, ultime
verso occidente fra le soste dei Sirratti più sopra nomi-
nate, si trovano quasi su una retta fiancheggiante il baci-
no orientale superiore del fiume Don, inclinata sul me-
ridiano verso N.-O. Questo dimostrerebbe che l'ala sinistra
ha in parte sostato ad una longitudine più brientale che
non il centro e l’ala destra : il corso ed il bacino superiore
del Don sembrano essere stata la causa di questa disposi-
zione della fronte della colonna invadente. Non sì com-
prende perchè i Sirratti abbiano avuto questa avversione
per il Don ed il suo bacino, è un fatto però che in questo
non si è avuta alcuna segnalazione di Sirratti. Ma verso il
SIRRHAPTES PARADOXUS 203
limite occidentale dei bacino stesso come nel bacino del
Donez, affluente di destra del Don, i Sirratti sostarono in
più punti. La zona in cui non si ebbe alcuna notizia dei
Sirratti è larga in media circa km. 500. Non deve credersi
che le schiere immigranti dopo aver sostato ad oriente del
Don abbiano ripreso il volo senza fermarsi nel bacino di
questo fiume sol perchè avevano avuto un sufficiente
riposo nelle stazioni precedenti; le date delle osservazioni
fatte ad occidente del Don dimostrano che i Sirratti quivi
giunti facevano parte degli stessi stuoli, alcuni individui
dei quali sostarono ad oriente sulla linea Zarizyn-Tambov-
Mosca. In altre parole giungendo dall'Asia una parte dei
Sirratti sostò ad oriente del Don ed una parte proseguì
per altri cinque o seicento chilometri, fermandosi solo sul
limite ockidentale del bacino del Don: questo tragitto del
resto per il Sirratte non rappresenta che poche ore di mar-
cla.
Nel distretto di Brjansk (gov. di Orel) i Sirratti ap-
parvero il 7 maggio, nel distretto di Lgov ( gov. di Kursk)
nella prima metà di maggio, nel distretto di Sumy (gov.
di Carkov) dal 28 aprile al 3 maggio, presso Bogoduchov
(gov. di Charkov) dal 28 aprile al 18 maggio, nel distretto
di Poltava dal 10 al 12 maggio: notevole è la corrispon-
denza delle date: 24 aprile-8 maggio Sciazk, 7 maggio
Brjansk; 29 aprile Balasciov; 28 aprile al 3 maggio Sumy
28 aprile 18 maggio Bogoduchov; 11 maggio Zarizyn; 10-
12 maggio Poltava, Cherson, Perekop, ecc.
Il centro della colonna invadente ad ovest del Don
sembra passasse nei distretti di Sumy e Bogoduchov (gov.
di Charkov) 11 28 aprile e che le due ali si estendessero a
Nord a Lgov (gov. di Kursk) e Brjansk (gov. di Orel) ed
a Sud a Poltava, Cherson e Perekop (Tauride). Però in
queste parti della Russia la delineazione della fronte non
204 FRANCESCO GHIGI
è tanto netta come ad oriente del on, cosa naturale per la
sovrapposizione e l’incrociarsi delle varie colonne compo-
nenti la massa invadente, sviate dalle condizioni toppgra-
fiche delle regioni attraversate. Non credo potersi parlare
di influenze meteorologiche, giacchè per quanto so, in
tutta la Russia centrale e meridionale, nel tempo dell’in-
vasione dei Sirratti, non si ebbero nè temporali nè altri
squilibri atmosferici.
La maggiore abbondanza di Siratti si ebbe a Lgov
ove i contadini ne uccidevano in grande quantità.
Nel distretto di Sosniza ed a Brovary (gov. di Cerni-
gov) come nel distretto di Chorol (gov. di Poltava), a
Kiev, a Cerkassy e nel distretto di Svenigorodka (gov.
di Kiev) e come a Proscurov in Podolia, il passo fu no-
tato nella prima metà di maggio.
Ad pbecidente del Don il passo di ritorno fu notato in
una sola località e precisamente nel distretto di Poltava
11 15 maggio con direzione a N.-E. Nei dintorni di Cherson
e nei distretti del Dnjepr e di Perekop in Tauride i Sir-
ratti si aggiravano sulla steppa senza una direzione de-
terminata; ma dopo il 13 maggio non si videro più : aveva-
no essi continuato ad occidente ed erano ritornati sui loro
passi? In gran parte dei distretti ove i Sirratti furono vi-
sti passare essi volavano da Est ad Ovest.
Dai paesi situati ad occidente della Russia mi man-
cano notizie sull’avanzarsi dei Siratti: fra la Russia e
Roma le loro tappe non mi sono note.
In questi giorni i Sirratti avrebbero dovuto raggiun-
gere tutti 1 paesi dell'Europa occidentale a settentrione
come nel centro ed a mezzogiorno.
Quali siano le cause che determinano le invasioni dei
Sirratti in Europa non è facile scoprire e varie ipotesi fu-
rono fatte, forse questi grandi spostamenti sono dovuti a
SIRRHAPTES PARADOXUS 205
grandi squilibri nella economia della natura, sopraggiunti
nell'Asia Centrale proprio all’epoca della migrazione e
delle cove, squilibri che non permetterebbero forse a tutti
gli individui della specie una normale riproduzione : così
una parte di essi, approfittando della potenza di volo di
cul sono dotati, andrebbe a spargersi in regioni lontane,
fuori dell’area normale di diffusione e non ritornerebbe in
patria che vari mesi dopo l’epoca della riproduzione. E°
poi probabile che gli individui i quali divengono nomadi
siano 1 meno adatti alla riproduzione.
Li
* è
Ho voluto approfittare della pubblicazione del pre-
sente fascicolo del nostro Bollettino per dare agli ornito-
logi italiani queste notizie ,le quali sebbene molto incom-
plete, possono dare un’idea del modo di comportarsi del
Syrrhaptes paradorus nelle sue incursioni in Europa.
Roma, 12 giugno 1908.
PR CHIGI, |
Ancora del Syrrhaptes parodoxus: Individuo ucciso
presso Trinitapoli.
Dal consocio Chigi vennero diligentemente esposte
notizie riguardanti la immigrazione in Europa di questa
notevole specie, e s1 accenna anche ai 4 individui acqui-
stati da me, testè uccisi nella Campagna Romana (1). Ora,
cioè quasi al momento di far venire alla luce il presente
Bollettino, ricevo in data del 1. luglio 1908, una lettera
da Ancona cortesemente inviatami dal consocio Dott. Car-
lo Paolucci, nella quale leggosi quanto riferisco quasi com-
pletamente :
« In uno degli ultimi giorni dello scorso mese di mag-
glo, veniva ucciso con il fucile ,presso Trinitapoli (Bar-
letta), un individuo della specie Syrrhkaptes paradoxus
Poll., nelle possidenze del Sig. Barone Graziano Staffa.
E fu ventura che 1l bel campione ornitologico (femmina
adulta) venuto in possesso di persona che alla gentilezza
unisce attività e studi profondi di agricoltura, fosse su-
bito spedito in Ancona al tassidermista del R. Istituto
Tecnico, cav. S. Calvori, il quale lo preparò con quella
cura che meritano le cose rare.
« Non ho potuto sapere se l’esemplare fosse solo o in
compagnia d’altri della sua specie ».
Ringrazio il Dott. Paolucci di questa notizia; e del-
l'aggiunta fatta alla collezione ornitologica del Gabinetto
di Storia naturale in Ancona assai mi complaccio.
A proposito dei Sirratti in Italia debbo ricordare
non soltanto quanto 10 scrissi nel 1877 (2) dirigendo il Mu-
seo Zcoologico della R. Università di Modena, sul bellis-
(1) Potei fare l'acquisto grazie alla felice direzione data al ven-
ditore dall’egregio consocio March. Spinola, che vivamente ringrazio
(2) Ved. Comunicazione fatta alla R. Accademia delle Scienze in
Modena, Tomo XVII. 1877.
SIRRHAPTES PARADOXUS 207
simo esemplare maschio adulto, ucciso nelle montagne di
Pavullo, e da me acquistato; ma quanto assai più larga-
mente scrisse l'illustre ornitologo conte Tommaso Salva-
dori nel 1888, nella sua nota intitolata: 5 Sirratte in Ita-
lia nella primavera del 1888. (Ved. Boll. d. Mus. di Zool.
ed Anat. comp. della R. Università di Torino, N. 47, 1888).
Il Salvadori nella chiusa della sua nota così esprimevasi :
« Com'è naturale, la maggior parte degli esemplari tro-
vati in Italia durante la presente immigrazione, capita-
rono nella parte orientale, cioè nel Veneto, nella Romagna
e nelle Marche; due volte 1 Sirratti sono stati incontrati
nel Versante mediterraneo, cioè presso Orvieto e presso
la Spiaggia di Santa Severa, fra Palo e Civitavecchia;
il luogo più Settentrionale nel quale sono stati veduti è
Palmanova nella provincia di Udine, il più Meridionale
è Fano nell’Adriatico e Santa Severa nel Mediterraneo;
finora nell'Italia Settentrionale non sono stati trovati,
nella Lombardia e neppure nel Piemonte ».
Speriamo che per l'immigrazione in Italia del 1908,
si possano con altrettanta precisione stabilire le località
tutte, come per quella del 1888. Saremo grati ai colleghi
della Società Zoologica se, avendo notizie sicure, vorran-
no comunicarcele.
AUCARRUCCIO.
SE
COM MEMORAZIONE
del march. dott. Filippo Patrizi Montoro membro
fondatore e consigliere della Società Zoologica Italiana
Parole dette dal presidente prof. comm. A. Carruccio nella
adunanza generale scientifica del 21 aprile 1908.
In questo nuovo anno, dopo la ben riuscita adunanza
generale, con intento esclusivamente amministrativo, nel-
la quale vennero pure fatte, col concorso di 45 membri vo-
tanti, le regolari elezioni e conferme di parecchi membri
del Consiglio Direttivo, oggi è la seconda volta che ci tro-
viamo riuniti in buon numero, ma a scopo affatto scien-
tifico. Pur troppo però prima di dare la parola ai consoci
autori di comunicazioni scientifiche, debbo rendere mesto
tributo d’affettuosa onoranza ad uno dei soci fondatori,
il marchese dott. Filippo Patrizi Montoro di Roma.
La scomparsa così inattesa di questo gentiluomo colto,
modesto, in età ancora giovine, destò nell'animo di tutti
noi sincera e profonda afflizione, che dividemmo e sem-
pre divideremo coll’esimia di lui consorte e cogli orfani
figli.
In Roma ed in molte località, i parenti ed amici nu-
merosi, e perfino quanti conoscevano soltanto di nome il
march. F. Patrizi, sapevano ch’egli era uomo assai stima-
bile pel retto carattere, per la grande mitezza di senti-
menti, e pel costante affetto agli studi. Se soventi era in lui
prudenza il tacere, sempre però erano pronte le buone ed
assennate sue azioni. E queste sole, disse Seneca, non le
fuggevoli parole, non gli appagamenti vanitosi, queste sole
FILIPPO PATRIZI MONTORO 2009
hanno valore duraturo : su esse hanno ferme basi i giudizi
disinterssati ed onesti.
Un buon amico e fidato compagno fin dall'infanzia, i]
march. dott. Giuseppe Lepri, saprà e potrà meglio di me
dimostrarvi le virtù ed i meriti del compianto march. Pa-
BEIZI,
Io debbo limitarmi a ricordare alcune sue benemeren-
ze, formando esse il miglior titolo di lode, ampiamente do-
vutagli tanto dal nostro sodalizio, quanto dal Museo Zoo-
logico di questa R. Università. Invero egli, con forte e lea-
le convincimento fu tra i primissimi a cooperare alla co-
stituzione di un centro di studi zoologici nella Capitale
del Regno, imperciocchè lo riteneva, con me, col senatore
conte D. Guido di Carpegna Falconieri ed altri distinti
studiosi più che mai necessario ed utilissimo.
Fu quindi il Patrizi uno dei 74 Soci fondatori, insie-
me (e citerò a caso, come la memoria mi suggerisce, soltanto
pochissimi nomi) al prof. Romolo Meli, Senat. Caetani D.
Onorato Duca di Sermoneta, prof. Giovanni Angelini,
prof. Mario Condorelli, prof. Giuseppe Tuccimei, prof.
Giulio Alessandrini, prof. cav. Decio Vinciguerra, prince.
D. Giuseppe Aldobrandini, De Filippi nob. Dott. Carlo,
prince. Chigi dott. Lodovico, Mari cav. prof. Gerolamo,
prof. cav. Giovanni Pochettino, prof. comm. Achille Costa
della R. Università di Napoli, il quale — pur non risie-
dendo in Roma, scrisse che assai gradiva esser considerato
quale Socio fondatore, March. Giacomo Spinola, prof.
Longo Biagio, ecc.
Fra le adesioni avute in sulla fine del 1891 trovai per
l'appunto quella del march. Dott. F. Patrizi: a buon di-
ritto adunque dissi che fu uno tra i primissimi. Ben sa-
pete che la nostra Società fu proclamata fin dall’inizio
del 1892, cominciando subito a dar prova di vita efficace.
Bollett. Soc, Zooiogica Italiana 8
210 ANTONIO CARRUCCIO
E nel volume del Bollettino Sociale di ben 290 pagine pub-
blicato in quell’istesso anno, troverete già una comunica-
zione scientifica del Patrizi sovra argomento ornitologico.
Sono anche più segnalate le benemerenze del march.
Patrizi verso il nostro Museo, come lo dimostrano generosi
fatti, che di buon grado tutti possiamo e dobbiamo righia-
mare alla memoria.
Il Patrizi, con non lieve spesa e perseverante fatica,
aveva formato nel suo palazzo una ricca collezione di Uc-
celli, valendosi della intelligente cooperazione del suo cu-
gino ed amico Lepri. Ma non appena il Patrizi potè toccar
con mano che nel Museo Zoologico Universitario erasi
in breve tempo provveduto con energia all'ordinamento me-
todico non soltanto delle vecchie e scarse collezioni, ma
delle nuove e ricche ottenute da più parti; e che in modo
speciale si volle instituire una collezione, affatto distinta
dalle altre, e prima mancante, quella della Fauna provin-
ciale romana, prese la spontanea decisione di cedere al
Museo, per introdurle in essa nuova collezione locale, tutte
le numerose e scelte specie di uccelli ch’egli aveva raccolto
e fatto diligentemente preparare.
L’intiero cospicuo dono della collezione ornitologica,
nella quale annoveravansi non meno di 350 esemplari, tut-
ti in ottimb stato di conservazione, venne dal Palazzo
Patrizi trasportato nel nostro Museo nella primavera del
1897. Di esso non soltanto diedi sollecita notizia alle Au-
torità Superiori, ma in un’adunanza della Società mi fe-
ci un dovere di riferire ampiamente intorno all’impor-
tanza scientifica di più specie; e pubblicai le necessarie no-
tizie nel Bollettino di quell’istesso anno (pag. 98-99).
Nella lettera scrittami, colla quale il Patrizi accom-
pagnava con nobili parole il dono cospicuo, ebbi novella
prova della saviezza e nobiltà di propositi che lo anima-
FILIPPO PATRIZI MONTORO DII
vano, meritevoli di essere imitati da quanti - coi FATTI -
amano il progresso reale di tutti gl’'istituti scientifici di
questa grande e insigne metropoli. Ed il migliore esem-
pio lo sapete, fu dato da S. M. il Re.
A moltissimi visitatori, massime ai più intelligenti,
è ben noto come nella Collezione Ornitologica Romana at-
tirino l’attenzione non poche specie pregiate anche per la
grande rarità : e queste sono quasi tutte donate dal march.
Patrizi. Ve ne citerò soltanto alcune :Bartramia longicau-
da (Gambetta americana) uccisa nel novembre 1895 nei
piani sottostanti a Tivoli; Casarca rutila > e 2, bellissi-
mi esemplari adulti presi per la prima volta nella provin-
cia romana (Lago di Paola presso Terracina - gennaio
1895). Il bell'esemplare di Charadrius fulvus, donato dal-
l’istesso Patrizi fu ueciso a Cisterna nelle Paludi Pontine
(14 gennaio 1895). — Fu quello un anno fortunato pel
giovane patrizio romano, studioso ed appassionato orni-
tologo; ebbe, infatti, in quell'epoca la graditissima sor-
presa di venire in possesso di una Pallasia sibirica uc-
cisa a Mala Grotta presso Porta Cavalleggieri.
Di tutte queste notevoli catture diede pure ampia noti-
zia il consocio Lepri in una comunicazione fatta nell’adu-
nanza scientifica che tenemmo nell’ottobre del 1895, col tito-
lo: Nuove aggiunte all’Avifauna Romana. — Ma tacen-
do di altre specie pregevoli raccolte dal Patrizi, le quali
tutte possono osservarsi nel nostro Museo, non terrò sot-
to silenzio la ('Rettusia gregaria © giov., generosamente
donata dall’istesso Patrizi appena ne venne in posssesso.
Un secondo fatto posso citare, il quale pur torna a gran-
de onore del march. Patrizi. Questo fatto riguarda il pa-
ziente lavoro illustrativo da lui compiuto sull’Avifauna
della Pi'ovincia di Roma, lavoro che mi auguro sia presto
212 ANTONIO CARRUCCIO
dato alle stampe per saggia e affettuosa determinazione
della Gentildonna che fu Consorte del modesto autore.
Non è più il caso di tacere che io consegnai al Mini-
stero, in sul principio del 1901, due biglietti da L. 50,
affinchè li trasmettesse in dono alla Società Zoologica.
E trasmessi infatti al Consiglio Direttivo, vennero,
per voto del medesimo e per cura premurosa dell’esimio
Commendatore Rostagno depositati in una Cassa di
risparmio, onde servissero — dopo un determinato tem-
po — per la coniazibone di una medaglia d’oro da offrirsi
all'autore « di una memoria da pubblicarsi nel Bolletti-
no Sociale, preferibilmente sugli « Uecelli della Provin-
cia Romana; » nella qual memoria, oltre la esattezza del-
le denominazioni scientifiche, devono trovarsi nel mag-
gior numero possibile i nomi volgari con cui nella stes-
sa provincia sono denominate le specie più importanti e
più note; le specie considerate utili o nocive; quelle più ra-
re; quelle altre che si credono in via di diminuzione, con
accenno alle cause della medesima, e quante altre indica-
zioni più opportune l’autore potrà dare ».
Altra fra le condizioni stabilite dall’offerente la te-
nue somma, era quella della nomina da farsi al momento
opportuno, e in adunanza generale della Società, di una
Commissione di cinque membri; fra i quali dovevano tro-
varsi ornitologi fra i più competenti, residenti o non re-
sidenti in Roma, facienti o no parte della stessa Società;
e fra questi infatti fu eletto a unanimità di voti, anche
l'illustre prof. conte Tommaso Salvadori del R. Museo Zoo-
logico di Torino.
Giunta l’epoca della presentazione delle memorie, e
compiuto dalla Commissione un diligentissimo esame, es-
sa fu unanime nel dichiarare che l'assegnazione della me-
daglia d’oro doveva spettare ai due autori di un lavoro
FILIPPO PATRIZI MONTORO DI
pregevolissimo, che rispondeva alle condizioni stabilite
pel concorso, suggerendo soltanto alcune lievi modifica-
zioni ed aggiunte: e questi autori risultarono essere i
marchesi dottori Filippo Patrizi Montoro e Giuseppe Le-
pri di Roma.
Nell’adunanza generale scientifica tenuta nel dicem-
bre 1903 io fui ben lieto di proclamare i nomi dei due vinci-
tori. Ma questi fecero subito conoscere che intende-
vano rinunziare alla medaglia d’oro da coniarsi colla som-
ma di lire cento e cogli interessi concessi dalla banca în cui
tenevansi nm deposito, desiderando invece che la intiera
somma fosse destinata a concorrere nelle spese necessarie
per la stampa del loro lavoro.
E’ superfluo vi rigordi come la Società applaudisse
alla generosa determinazione presa dagli egregi consoci
ed autori.
Intanto il manoscritto era stato ritirato dal march.
Patrizi per farvi alcune opportune modificazioni, ch'egli
stesso riconobbe utili, tanto più che in quel tempo era ve-
nuta in luce l’opera importante del consocio prof. Arri-
goni degli Oddi, della quale il Patrizi voleva tener conto;
come più tardi voleva tener conto dell’altra opera non me-
no importante, pubblicata dal proî. Martorelli.
Trascorso però un tempo notevole, e date le condi-
zioni di salute del march. Patrizi, che dopo il 1903 non
furono sempre normali, e inoltre data la sua grande mode-
stia, non mancai d’interpellarlo onde sì potesse fare la re-
golare stampa della memoria. Ma fui invece autorizzato
ad impiegare la somma per le spese di stampa di uno dei
volumi del Bollettino Sociale, come fu fatto; riservandosi
il Patrizi, col concorso dell'amico Lepri, di completare il
lavoro da lunga mano elaborato. E so che notevoli modifi-
cazioni furono introdotte, e che il manoscritto posseduto
214 ANTONIO CARRUCCIO
dall’egregia Signora e Famiglia, potrà — fra non molto —
darsi alla stampa nel nostro Bollettino. Sarà questo un
meritato omaggio che tutti renderemo alla cara memoria
dellc studioso consocio, del benemerito e compianto cbon-
sigliere. Possiamo inoltre ritenere che tale pubblicazione
verrà accolta, specialmente nella provincia di Roma, con
grande favore e vantaggio da quanti sono veri studiosi
dell’Avifauna locale, od intelligenti cacciatori, i quali in
questa stessa provincia invero non sono pochi.
Mi sla concesso, nel dar fine a queste brevi pa-
role, di augurare a nome vostro ai giovani e dovizio-
sl figli del consocio estinto, di bene imitare il perduto loro
genitore: abbiano pur essi costante affetto ai proficui stu-
di, mantengano quel culto elevato e fervido, che in par-
te risulta dall’am'ore per la patria, ed in parte dal rispet-
to al giusto ed al vero: ch'è quanto dire a quelle virtù che
più durevolmente nobilitano e fanno stimare la maggio-
ranza degli integri cittadini. Di questi sovratutto abbiso-
gna moltissimo l’Italia moderna, di questi che rispetvando
la religione del padri nostri, siano in pari tempo vigorosi
di mente e di corpo, non atei, non anarchici, non ignoranti,
ma amanti del vero progresso, onesti e fermi nel bene
oprare.
Parole dette alla Società Zoologica Italiana dal socio
Dott. Giuseppe Lepri, nell'adunanza dei 21 aprile 1908.
Se è vero che nei dolori di cui ci è prodiga la vita,
uno dei maggiori conforti sia quello di dividerli con chi
ha comuni con noi ed affetti e sentimenti, concedete a me,
che in Filippo Patrizi ho perduto il parente ed amico di-
FILIPPO PATRIZI MONTORO 215
lettissimo, il compagno inseparabile, di rievocarne l’im-
magine innanzi a voi, che lo conosceste e lo amaste.
Il nostro Presidente, che ben seppe conoscere ed ap-
prezzare il Patrizi, vi ha già parlato della sua attività
nel campo scientifico, dell’opera sua nell'ambiente della
nostra Società e del Museo Zoologico Romano. Ma poichè
è certo che dottrina e sapere, che l’amore e la ricerca del
vero e del bello non debbono, o almeno non dovrebbero,
mai dispaiarsi dalle più elevate doti dell'animo, dalla
pratica costante ed inflessibile della bontà, altrimenti ciò
che brilla nello scienziato e nell’erudito, non è oro ma or-
pello, permettete che in poche parole io ricordi le doti mo-
rali che Filippo Patrizi ebbe elettissime, e che forse molti
non poterono o non seppero apprezzare, per la sua grande
ed innata modestia, per lo studio costante che Egli pose
nel fuggire tutto ciò che potesse lontanamente sembrare,
ambizione, desiderio di mettersi in mostra, di prevalere
su altri.
E se con questo potrò tar crescere la vostra stima per
la sua memoria, il vostro rimpianto per la sua dipartita,
avrò reso al suo nome il più durevole omaggio, poichè non
vi ha monumento che possa agguagliarsi al memore at-
fetto di cuori amici.
Chi solo superticialmente conosceva Filippo Patrizi,
al vederlo così semplice e riservato, fino a comparir timi-
do, così alieno dal porre avanti la propria personalità, e le
proprie idee, quasi così diffidente di se stesso, poteva fa-
cilmente giudicarlo una mente ristretta, limitata in pic-
cola cerchia d’idee da cui non sapesse uscire, 0, per lo
meno, poteva ritenerlo un uomo di altri tempi, come suole
dirsi con frase ormai vieta: una di quelle deboli intel
ligenze, che, spaventate dalla rapida e febbrile evoluzione
delle idee, degli usi, della Sogietà stessa, non sapendo te-
2I6 GIUSEPPE LEPRI
nervi dietro, si fermano in disparte, nell’aspettativa, e-
ternamente delusa, di un ritorno del passato.
Tutt'altro! Avvicinandolo e conoscendolo a fondo si
scopriva in lui, una intelligenza larga ed equilibrata, una
nozione calma ed esatta dei nuovi tempi, dei nuovi diritti
. e dowerì che essi comportano per ogni classe sociale :
senza ciechi entusiasmi per tutto ciò che fosse nuovo, sen-
za sciocchi ed irragionevoli dispregi per ciò che fosse o-
pera del passato. La sua mente comprendeva appieno
quanto fosse la necessaria conseguenza del rinnovarsi
dei tempi, ma nello stesso tempo sapeva ben apprezzare
il] patrimonio del passato, e quanto in esso vi fosse di buo-
no pel presente, e quanto ormai non avesse più ragione
di essere.
E di questa sua esatta nozione delle esigenze dei nuo-
vi tempi, egli ne dette prova addottorandosi, giovanis-
simo, in scienze sociali, nella Università di Lovanio. È
degli studi fatti non se ne servì soltanto come di sterile
ornamento, ma continuò in seguito, anche in mezzo alle
cure della numerosa famiglia, e contemporaneamente ad
altri studi, a tener dietro a tutto il movimento scientifico
che accompagna l'odierna evoluzione sociale. Tanto che
più di una volta profondi e provetti cultori delle scienze
sociologiche, dovettero meravigliarsi delle idee giuste e
larghe, delle osservazioni originali ed acute che il Patrizi
esternava in merito ai più ardui problemi sociali.
E ad uno dei più importanti fra questi aveva fin dai
suol giovani anni rivolto in modo speciale la sua mente
ed il suo cuore: voglio dire alla condizione sociale delle
nostre campagne. Meglio di altri, Egli si era trovato in
condizioni di comprendere quanto lo stato di cose attuale
fosse dannoso per il proprietario che allontana dalle sue
terre e distoglie dalla cura diretta dei propri interessi, e
FILIPPO PATRIZI MONTORO 217
per il lavoratore dei campi che lascia in balìa di interme-
diarii, avidamente sfruttatori, separando così due indi-
vidui che dovrebbero essere uniti, che, come ho inteso più
volte dire a Filippo Patrizi, dovrebbe considerarsi, non
come superiore ed inferiore, ma come compagni di la-
voro. E nel ritorno dell’aristocrazia alla campagna, alla
terra, vedeva il Patrizi, con idea luminosamente umani-
taria, non solo la redenzione degli abitatori del campi, il
risorgere a prosperità di regioni abbandonate, l’affratel-
larsi di due ordini sociali fra le braccia dell Alma parens,
e quindi lo scomparire di contrasti e di lotte, ma vedeva
ancora e sperava il rigeneramento della classe a cul ap-
parteneva, che nella vita feconda ed operosa della cam-
pagna avrebbe ravvivato le sue vitali energie isterilite da
quella frivola e spesso colpevole delle grandi città.
E da questo ordine d’idee, verso cui era spinto non
solo dalla sua mente aperta, ma più ancora dall’immensa
bontà del suo cuore istintivamente attratto verso tutte
le miserie, e che, se la salute glie lo avesse permesso, a-
vrebbe realizzato su più larga scala di quanto non gli
sia stato concesso di fare, originò in Lui quell'amore im-
menso alla campagna, alla natura, alle sue bellezze, quel
desiderio vivissimo di studiarne e ricercarne le più re-
condite.
Certamente che se gli studi giovanili di Filippo Pa-
trizi avessero avuto un altro indirizzo, egli sarebbe po-
tuto divenire uno scienziato di non comune valore. Ma ora
volerlo dipingere come tale, sarebbe commettere verso la
sua memoria, uno di quegli atti, di cui il suo animo sem-
plice ed austero, sentiva più profondamente orrore, un
atto di adulazione. Ma non è da credersi che l’opera sua
sia rimasta totalmente senza valore nel campo scientifico,
che la sua attività sia stata infeconda per la scienza. Di
218 GIUSEPPE LEPRI
ciò, meglio che non potrei farlo io, ve ne ha già parlato il
Prot. Carruccio, nostro amato Presidente. Io voglio an-
cora una volta porvi in rilievo la sua grande modestia, il
suo signorile disinteresse , la sua riluttanza a ricercare
onori e lodi, anche se meritate: doti tanto più rare ed ap-
prezzabili al tempo nostro che, come disse il Giusti, pià
dell’essere conta èl parere. Filippo Patrizi pose studio co-
stante ad essere senza curarsi di parere.
Quante e quante volte mi ha ripetuto « Non posso es-
sere uno zoologo, mi contento di essere un fornitore di
zoologi » intendendo dire che non potendo, per mancanza
di studi preliminari, dedicarsi a quelle ricerche proprie
di chi in un ramo della scienza è già provetto, si conten-
tava, con le sue raccolte e con le sue esatte e scrupolose
osservazioni di provvedere i mezzi per far progredire la
sua scienza prediletta a chi fosse al caso di farlo!
Ditelo voi che della scienza siete veri e profondi cul-
tori, qual bene per essa se sorgessero molti e molti imi-
tatori della modestia e del disinteresse di Filippo Pa-
trizi? Se tanti anzichè impancarsi a banditori di nuove
teorie, a scuopritori di nuove leggi e di nuovi fenomeni,
si contentassero di essere fornitori degli scienziati veri?
E nella via intrapresa il Patrizi contava proseguire :
e pochi giorni prima della sua morte mi parlava di nuovi
campi a cui rivolgere la sua attività di raccoglitore, per
poter ben presto, come egli diceva, donare al nostro Museo
nuove collezioni.
Infatti, Egli, con il suo abituale disinteresse, non
ammetteva che una raccolta zoologica, una volta giunta
ad un certo grado d’importanza, potesse rimanere presso
un privato: « Una ricca raccolta, diceva, è una miniera
che può essere utile a molti, tenerla nascosta è un egoismo
scientifico : il suo vero posto è il museo pubblico... Le rac-
FILIPPO PATRIZI MONTORO 2109
colte, mi disse altra volta, costituiscono la proprietà fon-
diaria della scienza, ma è una proprietà collettiva di tutti
1 suol cultori, nessuno ha il diritto di monopolizzarla ».
E queste sue idee non si contentava di manifestarle a
parole, ma le metteva in pratica: E quanto sarebbe stata
feconda l’opera sua per l’incremento del nostro Museo, se
l'ora della sua dipartita non fosse anzitempo suonata!
Ma se la sua vita fu molto più breve di quanto glie
l’auguravano coloro che l’amavano, e furon quanti lo co-
nobbero, non per questo trascorse inutile.
Lo ha già detto il nostro Presidente, se l’opera sua
fu sterile per quel ramo della scienza a cui Egli con tanto
ardore eppur con tanta modestia si era dedicato.
Lo dicono ancora i miseri che in Lui trovarono il cuo-
re semplicemente e profondamente benefico, che aiuta sen-
za offendere, senza imporsi, quasi adempiendo un suo mo-
to abituale.
Lo dica la sua famiglia, lo dicano gli amici nel cui
animo la sua scomparsa ha lasciato un vuoto che non sarà
mai ricolmato. Lo diranno ancora, mi auguro, quanti spe-
cialmente tra i giovani studiosi, vorranno raccogliere un
ammaestramento dalla vita di Filippo Patrizi, Che l’e-
levatezza del grado sociale, il sapere, la coltura, non pos-
sono che brillare mille volte di più quando sì ammantano
della modestia, del disinteresse, della bontà dell'animo.
GIUSEPPE LEPRI.
Processo verbale dell’adunanza generale scientifica
tenuta il 21 aprile 1908 dalla « Società Zoolo-
gica Italiana. — Presidente onorario S. M. il Re.
Presidente effettivo: Prof. Comm. Antonio Carruccio
— F.F. di Segretario: March. Dott. Giuseppe Lepri.
Vien letto ed approvato senza osservazioni il Processo
verbale della precedente adunanza; quindi il Presidente
ricorda che per proposta unanime del Consiglio Direttivo
deve sottoporre all'Assemblea generale la nomina a socio
onorario dell’illustre zoologo Prof. Lorenzo Camerano, Ret-
tore della R. Università di Torino, e Direttore dei Musel
di Zoologia e Anatomia Comparata di quella stessa Uni-
versità.
La proposta viene accolta con unanimi applausi dai
soci presenti.
Il Presidente dice che si farà un gradito dovere di co-
municare prontamente la elezione unanime al Prof. Ca-
merano.
Dal Presidente sono proposte, e dall'Assemblea ap-
provate, le nomine dei tre nuovi soci ordinari: Dr. Berto-
lini Giulio Ispettore medico veterinario in Roma, Dr. Pao-
lucci Carlo in Ancona, e Dr. Pietravalle Nicola, in Roma.
Si dà poscia lettura della seguente lettera del celebre bio-
logo Prof. Ernesto Haeckel :
Stimatissimo e Ulustre Collega prof. CARRUCCIO —
Presidente della Socretà Zoologica Italiana — Università
di Roma.
« La ringrazio cordialmente per i sinceri e vivi au-
surî pel mio 74° giorno natale, li 16 Febbraio, che Lel mi
PROCESSO VERBALE 22I
ha fatto; e La prego di comunicare anche le mie grazie
caldissime alla celebre Società Zoologica Italiana, della
quale Lei è presidente effettivo. Essere membro d’onore di
questa Società meritissima è per me un piacere particolare,
come sono amico caldissimo della bella Itala e della sua
scienza ed arte classica da più che cinquanta anni.
« Gli anni felici (più che quattro) nei quali ho dimo-
rato migrando in Italia, e principalmente lungo le sue
spiaggie pittoresche, interessantissime per la ricca Fauna,
restano sempre 1 più belli della mia lunga vita; e sempre
ricordo con intima gratitudine gli uomini illustri e i col-
leghi amabili, che mi hanno aiutato ».
Con vera stima
Il suo devotissimo
BERNESTRPARCKETLC.
Iena 26 F ebbralo 1908.
Il Presidente partecipa alla Società di aver ricevuto
per mezzo del consocio Prof. Mario Condorelli, dell Uni-
versità di Catania, notizia della immatura morte del prof.
Salvatore Calandruccio, e brevemente ne ricorda 1 meriti
scientifici, mettendo in rilievo i molti sagrifici morali e
materiali cui il socio Calandruccio andò incontro per
l’amore costante agli studi e per la bontà dell’animo.
Poscia commemorò il benemerito socio fondatore mar-
chese Dr. Filippo Patrizi Montoro. Al Presidente si as-
sociarono 1 consoci march. Dr. Giuseppe Lepri, che trat-
teggiò la fiugura morale del Patrizi, e il Prof. Tuccimei.
Passati alle comunicazioni scientifiche, prese prima
la parola il Prof. A. Carruccio per riferire intorno ad vn
Rhinobatus Halavi preso per la prima volta nel Mare di
Orbetello, e su di un Ruvettus pretiosus proveniente dal
222 PROCESSO VERBALE
mare di Messina, aggiungendo importanti notizie gentil-
mente fornitegli dal consocio Dr. Luigi Facciolà residente
nella predetta città. Fa noto che allorquando pubblicherà
la comunicazione riguardante questi due pesci, che man-
cavano alla collezione ittiologica generale del R. Museo
Universitario, spera di potervi aggiungere altre notizie,
che attende dall’illustre socio onorario Prof. Enrico Gi-
elioli di Firenze.
2. Il Prof. Giulio Bertolini fa una larga ed interes-
sante esposizione del suol studi sulla Bilharzia erassa da
lui rinvenuta in buon numero nei bovini provenienti dalla
Sardegna ed uccisi nel inattatoio di Roma. Il Presidente
ed il Prof. Alessandrini encomiano i diligenti studi del
socio Bertolini.
8. Il Prot. Ettore Ricci del R. Liceo di Macerata espo-
ne accurate osservazioni sull’Avifauna del bacino del
Chienti e del Potenza, e fornisce pure precise notizie su
alcuni mammiferi non comuni conservati nel Gabinetto
di Storia Naturale del predetto Liceo.
4. Il Prof. Tuccimei presenta la seconda parte del suo
Saggio di un l'atalogo dei Ditteri romani, intrattenendosi
in modo particolare su alcune specie più notevoli.
5. Il Prof. Giulio Alessandrini fa noto il risultato
dei suoi studi sovra esemplari di Gongylonema scutatus,
trovati in Roma quali parassiti nell’esofago di Ruminanti.
6. Il Principe D. Francesco Chigi fornisce particola-
reggiate notizie sulle più notevoli catture ornitologiche av-
venute durante il 1907, e presenta pure un suo saggio di
studio sulle tasi evolutive del piumaggio, con appunti
di sistematica ornitologica. |
7. Dal march. Dr. G. Lepri son fatte conoscere le
aggiunte che recentemente potè fare al catalogo dei 7'en-
thredinidi della provincia di Roma.
PROCESSO VERBALE 220
8. Il socio Sig. Luigi Grassi riferisce sovra alcune
Foladi viventi sulla torba nel littorale presso Nettuno, e
presenta diversi esemplari. Il Vive-Presidente Prof. Meli
conferma le osservazioni del Grassi.
9. Il Presidente annuncia la presentazione di una
accurata recensione fatta dal Prof. Angelini sul volume
testè pubblicato dal Prof. Giglioli (Inchiesta ornitologi-
ca), recensione che sarà presto pubblicata per intiero.
Nessun altro domandando la parola il Presidente viva-
mente ringrazia i consoci che dopo di lui fecero comu-
nicazioni assal interessanti, e dichiara sciolta l'adunanza
alle ore 7 1/2 pom.
—_ —————_m————m€—____—_mÉ
Ci faccrtamo un dovere di far conoscere ai consoci,
che unanimi vollero conferire uno dei pochissimi posti di
SOCIO ONORARIO, all’illustre zoologo di Torino, la
lettera di ringraziamento che egli ha trasmesso ai colleghi
ed al nostro presidente.
RECNIVERSITA*DI TORINO
Il Rettore
Torino, 23 aprile 1908.
IUl.mo Signor Comm. Prof. A. CARRUCCIO
Presidente della Società Zoologica Italiana — Roma.
« Sono molto riconoscente a Lei, illustre e beneme-
rito sig. Presidente della Società Zoologica Italiana e a
tutti 1 soci, dell’alto onore fattomi col nominarmi socio
onorario nazionale.
224 PROCESSO VERBALE
Io prego la S. V. di accogliere i miei più vivi rin-
sraziamenti e di voler a mio nome ringraziare tutti i Col-
leghi. |
Sono poi particolarmente grato delle gentili e,
per me molto lusinghiere espressioni, colle quali la S.
V. ha voluto darmi annunzio dell’onorifica nomina.
« Michele Lessona, che la S. V. con squisito pensiero
ricorda, apprezzò grandemente, fino dal suo inizio, l’ope-
ra della Società Zoologica Italiana e bene augurò del suo
avvenire.
All’augurio ha degnamente corrisposto la Società
Zoologica Italiana per l’opera costante ed energica della
S. V., che con tanto amore l'ha presieduta e la presiede,
e per l’opera attiva e concorde dei soci.
Rinnovo alla S. V. i miei più vivi ringraziamenti
e La prego di accogliere i miei migliori saluti.
L. CAMERANO.
Comm. Prof. ANTONIO CarRUCCIO -— Direttore e Redattore responsabile.
Roma__Tipografia Agostiniana - Via Governo Vecchi» 1-2.
ranno La olataicite un altro fascicolo doppio pei mesi di luglio e agosto; e non ta
meno regolarmente continueranno a ricevere gli altri fino al XI, essendo ap-
punto 12 i fascicoli o numeri che d’or in avanti formeranno ciascun volume
del Bollettino sociale. i
ARTICOLI ESTRATII DAELO STAZIIO,
Art. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi mo-
rali e possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale anche nelle —
sue varie applicazioni: di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento sul
Bollettino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche
d’indole biologica, anatomo-tisiologica, embriologica, paleontologica e sistema-
tica; e quelle ‘altre notizie che possono interessare gli studiosi.
Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci:
1° Soci ordinari, distinti in socî a tempo, i quali pagheranno lire DISCO,
all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta;
2° Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue; Wai
3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio direttivo, scelti
fra i più noti ed eminenti cultori degti studi zoologici od altrimenti benemeriti
della Societa.
a i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali.
Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato.
da due soci ordinati e la sua nomina approvata dal Consiglio.
Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza gene-
rale, costituito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consi.
elieri. Il Consiglio nomina nel suo seno un Segretario, Bibliotecario ed uno
Cassiere Economo responsabile dei fondi della Società.
Tutti i membri del. Gonsiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente;
durano in carica 8 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio.
1 Consiglieri si rinnovano ogni anno per un terzo. :
Art. 8. + Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative,
Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terranno normalmente in
Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio.
Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le adi È
sociali e per l'approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun.
anno; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle
condizioni morali e materiali della Società.
Si potranno però, quando che sia, tenere in Roma o altrove, Congressi ed
adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio
direttivo e di 15 Soci, in quell’ anta che gli uni e gli altri crederanno più ,
opportuno. :
Art. 11. — L'anno sociale comincerà dal 1. gennaio. Le iscrizioni falte |
fino al mese di ottobre si riferiscono all’ anno in corso; quelle fatte nei mesi
di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno successivo. to
I Soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza E
intendano ritirarsi dalla Società, si considerano iscritti per l’anno successiv
1 Soci debbono pagare la quota annua entro il I. quadrimestre dell’ann
sociale. Trascorso un anno, 1 morosi perdono il diritto di ricevere il QoZettin
ed il Consiglio direttivo potrà radiarli dall'albo sociale.
N.B. — L’intiero Statuto composto di 12 articoli di cui abbiamo riprodott
Serie Il - Vol. IX Anno 1908.
(XVII dalla fondazione)
BOLLETTINO.
DELLA LIT
SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA
CON SEDE IN ROMA
Presidente ororario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill
SOMMERIO:
I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE. II. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE.
1. Dott. Pietravalle Nieola — Con- I. Il nesso tra le condizioni ester-
tribuzione allo studio delle ne e la forma e la funzione
specie europee del gen. Squa- di alcuni organi nei pesci (del
lius Bp. $ . pag. 225 243 prof. S. Baglioni) è 231-283
2. Nuovo Catalogo sistematico dei
gio di uu Catalogo dei Ditteri Molluschi (Dott. Horst e Schap-
della provincia di Roma (Parte Mai) CNIPA i ; 284-285
II. — Continuazione), 244 261 | 3. I cani sanitari in guerra (Ten.
med. Dott. Arturo Casarini)
3. Dott. Valentino Barnabò — La
2. Prof. Tuccimei Giuseppe — Sag-
; IS . . 285-288
glandola interstiziale del te-
sticolo. (Capit. XI. - Significato HI. ANNUNZI DI PROSSIMA PUBBLIC.
Articoli dello Statuto sociale. — (Ved.
fisiologico. Continuazione) 262-280 copertina)
-- ——T __ —==6@r=*
Sede della Società: ISTITUTO ZOOLOGICO - R. Università
(Via della Sapienza — Roma)
AVVISO — Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla
Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le Sale del medesimo e di poter trattenersj
— nei mesi in cui è aperta l’Università — in determinate ore, sia nelle predette sale per
‘ confronti, sia nella Biblioteca per studio e lettura di libri e periodici scientifici.
SIN _°--
Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimestrale,
Fasc. VII e Vill. Serie II — Vol. IX Anno XVII — 1908
BOLLETTINO
bPCE SOCI RIO 0LOGLO Avchiha LkA NA
CON SEDE IN ROMA
Presidente onorario S. M. il RE
Contribuzione allo studio
delle specie europee del gen. Squalius Bp.
e E Ze I
Comunicazione alla Società Zoologica Italiana
del socio Dott. NICOLA PIETRAVALLE
Il Bonaparte (8) nel fascicolo XIX della sua « Fau-
na italica » pubblicato nel 1837, divideva il genere Leu-
ciscus Klein in tre sottogeneri: Leuciscus, Squalius e
Scardinius, fondandosi principalmente sullo squarcio del-
la. bocca come carattere distintivo. A questi sottogeneri
aggiunse in seguito il T'elestes, che poi innalzò al grado
di genere con gli altri gruppi, nel fascicolo XXVIII del-
la « Fauna italica » pubblicato nel 1840.
Ma fondati com'erano su caratteri incostanti e quin-
di di poco valore, i limiti di questi gruppi, ad eccezione
del Telestes, non potevano essere netti, precisi, chè anzi
‘venivano ad avvicinarsi specie tra loro molto dissimili, le
quali si sarebbero invece dovute tenere lontane.
Il genere meno omogeneo e più indeterminato pote-
va dirsi lo Squalius, in cui accanto alle specie italiane #4-
berinus, albus e cavedanus, erano collocate le altre; rubi-
226 N. PIETRAVALLE
lio, rubella, trasimenicus, fucini, aula ed elatus, oltre le
esotiche quali il dobula, il jeses, Vorfus, il rutilus e il pra-
sinus.
A questo inconveniente riparò in parte lo stesso Bo-
naparte (9) il quale nello « specchio generale del sistema
Ittiologico », presentato nella riunione degli scienziati
italiani, avvenuta in Milano nel 1845, tenne conto nella
divisione dei singoli gruppi, della disposizione e del nu-
mero dei denti faringei, seguendo in ciò l’opinione di
Heckel, confermatagli in una nota. particolare sui pesci
Italiani d’acqua dolce.
Nel genere Squalius Bp. vennero così a trovarsi le
specie delineatus, dell’Austria, dobula della Francia e ti-
berinus, pareti, cavedanus e albus dell’Italia con i denti
faringei su due serie da ciascun lato e a bocca affatto ter-
minale. Alle quali nel « Catalogo metodico dei pesci euro-
pei » (10) pubblicato un anno dopo, aggiunse ancora lo
Sq. souffia della Francia meridionale.
Nel suo genere Leuciscus Bonaparte metteva poi dei
veri e proprii Squalius a denti biseriati, che Heckel con-
siderava appunto in quest’ultimo genere.
Nei suoi « Cenni » il De Filippi (20) aveva già riu-
nite in una sola ie specie tiberinus, pareti e cavedanus,
elustamente osservando che se a queste voleva paragonar-
si quella di Lombardia, tenendo conto delle più minute
variazioni, si sarebbe giunti facilmente a ricondurre le
tre specie ad una sola o ad aggiungervene molte interme-
die.
Questa opinione venne anche confermata nella riu-
nione su riferita — adunanza 20 settembre — dal Prof.
Genò, il quale aggiunse che le leggiere differenze tra le
specie suddette, dovevano ricercarsi nelle acque in cui es-
se vivevano.
DEL GEN, « SQUALIUS » BP. 227
Heckel e Kner (3) inclusero nel genere Squalius un
gran numero di specie, fondandosi su caratteri variabili
e di poco valore.
Siebold (48) considerava in questo genere, per l’Eu-
ropa centrale, due sole specie, lo Sg. cephalus e lo Sq. leu-
ciscus, riferendo ad esse molte specie ritenute distinte da-
gli autori.
Il Canestrini (16) ammetteva le specie cavedanus.
dell’Italia e <2lyricus e microlepis della Dalmazia, riu-
nendo a quest’ultima gli Squalius ukliva, tenellus e tur-
skyi di Heckel e Kner. Non osservò poi altre specie di
Squalius nell'Italia centrale, all'infuori dello Sq. cave-
danus, e non conosceva quindi il Levciscus sardella Valen-
ciennes e il Leuciscus comes Costa, attribuiti a quella re-
gione e riferiti dal Dibowski (23) al genere Squalius.
L’asserzione di Heckel e Kner intorno alla presenza
dello Sg. 'leuciscus nell'Italia settentrionale, non venne
confermata nè dal Canestrini nè da altri.
Il Giinther (30) nel 1868, non riconosceva che 12 spe-
cie di Squalius nei limiti del nostro continente. Egli riu-
niva infatti nel suo gran genere Leuciscus i Sg. cephalus,
Sq. vulgaris e Sq. muticellus, Europa in generale, Sq.
svallize, Sq. Ulyricus, Sq. ukliva e Sq. turskyi di Dalma-
zia; Sq. Ulyricus, Sq. ukliva e Sq. tenellus di Bosnia; Sq.
borystenicus di Russia; Sg. fellowesti d'Asia Minore e
Sq. pyrenaicus di Spagna e di Portogallo.
Il Fitzinger (26) fondandosi su caratteri affatto in-
sufficienti, quali la posizione della bocca, la forma della
caudale e delle corone dei denti faringei, trasse fuori dal
due generi Squalius e Telestes Bp. sei altri 1 cui limiti,
naturalmente, non potevano essere ben definiti. Essi erano
i generi Squalius, C'ephalus, Cephalopsis, Telestes, Ha-
brolepis e Bhatistoma.
228 N. PIETRAVALLE
Il Blanchard (6) riunì senza discussione il genere
Telestes allo Squalius e descrisse in questo genere oltre
gli Sq. dobula, Sq. leuciscus, Sq. agassizii, alcune nuove
specie, la cui validità appariva molto discutibile per la
scarsa importanza dei caratteri differenziali su cui ripo-
savano. A torto infatti egli distingueva il suo Sq. cla-
thratus per una punteggiatura verde oscura alla base del-
la parte libera e al margine libero, e per le strie concen-
triche più regolari delle squame, perchè nei nostri cave-
dani, specialmente negl’individui dal dorso grigio acciaio
questi caratteri sono talmente variabili da non poterne
tenere assolutamente conto. Lo Sg. meridionalis altri non
è che lo Sq. cavedanus, e la curva un po’ più accentuata
del dorso, relativamente alle altre specie, le dimensioni
della testa, le proporzioni e la colorazione delle squame,
ce lo dimostrano chiaramente, non potendo attribuire va-
lore di carattere specifico alla forma più quadrata dell’o-
percolo. Lo Sq. bearnensis e lo Sq. burdigalensis non so-
no che varietà dello Sg. lewciscus, perchè il numero delle
squame e dei raggi delle pinne, la forma e il rapporto tra
le diverse parti del corpo, invocati come caratteri diffe-
renziali, servono invece ad avvalorare maggiormente que-
st'asserzione.
Il Moreau (40) seguì il Blanchard nel riunire il ge-
nere Telestes allo Squalius, ma riconobbe buone le sole
specie Sg. cephalus, Sq. leuciscus e Sq. souffia, sotto il cui
nome riuniva 1 T'elestes agassizii, savignyi e muticellus.
E presso che della stessa opinione si sono mostrati il
Fatio (24) e il Festa (25).
Ultimamente lo Scotti (47) senza affatto discutere ha
ristabilito il genere 7'elestes, con la sola specie 7°. muti-
cellus e così ha fatto anche il Dott. Largaiolli (37) in un
recentissimo lavoro sui pesci del Trentino
DEL GEN, « SQUALIUS » BP. 220
Jo ho esaminati molti esemplari di 7°. muticellus, pro-
venienti da diverse località e li ho paragonati con nume-
rosì individui, anche giovani, di Sq. cavedanus e Sq. ce-
phalus e sono venuto nella convinzione che il gen. Tele-
stes debba mantenersi distinto dal gen. Squalius. La-
sciando da parte quei caratteri che possono tutt’al più in-
vocarsi per una distinzione specifica, io credo che debba-
no ritenersi principalmente buoni come caratteri generi-
cl, il numero dei denti faringei e la grandezza delle squa-
me. — Negil esemplari che ho presi in esame, ho sempre
trovati i denti faringei in numero di 2 e 5 da un lato e 2
e 4 dall’altro, e negl’individui anche giovanissimi di
Squalius non ho mai notato le squame così piccole, perchè
mentre nel 7. muticellus la parte libera di esse raggiunge
in media, in lunghezza, 1/3 del diametro longitudinale
dell’occhio, nello Sg. cavedanus, misura in media 1/2 del
diametro in parola, e va notato che negl’individui giova-
ni di Sg. cavedanus, il diametro longitudinale dell’occhio,
riferito alla lunghezza massima, è anche maggiore che nel
T'elestes.
Vi sono degli autori che non riconoscono il genere
T'elestes perchè alcuni caratteri particolari a questo grup-
po, presi isolatamente, li hanno ritrovati quali in una,
quali in un’altra specie, appartenenti a generi diversi.
Io sono del parere che in una distinzione generica,
va tenuto conto non di un solo, ma di un complesso di ca-
ratteri che si sostengano e si completino a vicenda, e che
se per un caso eccezionale c’'incontriamo in un Telestes
con i denti faringei in numero di 2 e 5 da ciascun lato,
non dev'essere questa una ragione sufficiente per operare
una riunione col genere Squalius, perchè altri caratteri
sussidiarii potremo chiamare in nostro aiuto e la dignità
del genere non ne rimarrà per niente scossa.
230 N. PIETRAVALLE
Il Bonaparte stesso del resto, in questo caso, non te-
neva conto del numero dei denti faringei, perchè crede-
va che 1 T'elestes, come gli Squalius, ne presentassero nor-
malmente 5 nella serie esterna e 2 nell’interna da ciascun
l'ato |
Per l'Europa in generale, due specie si ammettono
oggi senza discussione nel genere Squalius: lo Sq. leuci-
seus e lo Sg. cephalus delle regioni medie e settentrionali
del nostro continente. Lo Sg. leuciscus varia moltissimo
da un punto all’altro e perfino nella stessa località, e ha
dato luogo perciò alla creazione di un gran numero di
false specie, che cadono innanzi allo studio della variabi-
lità dei caratteri.
Linneo nel Systema naturae (38), lo descrisse in tre
differenti luoghi sotto il nome di Cypr. leuciscus, Cypr.
dodula e Cypr. grislagine, dicendo di quest’ultimo: « an
satis distinctus a dobula? »
Hartmann (31),il quale descrisse lo Sq. leuciscus sot-
to il nome di Cypr. dobula, non solo non considerava come
specie differenti le altre due riportate da Linneo, ma du-
bitava finanche della loro esistenza.
Il Cypr. grislagine di Razoumowski (42) non corri-
sponde all'omonima specie linneana e quindi al Leuciscus
gristlagine di Nilsson (41), Kroger (35) e Schioz (45), ma
deve invece riferirsi al Lewciscus rutilus d’Agassiz.
A questa stessa specie deve riferirsi, molto probabil-
mente il Cyprinus jaculus descritto da Jurine (36) sotto
il nome volgare di vandoise, che si dà in Svizzera allo Sq.
leuciscus, perchè nè il Lunel (39), nè il Fatio che si occu-
parono dei pesci di questa regione trovarono mai nel la-
go Lemano lo Sg. leuciscus.
DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 231
Il Leuciscus argenteus dell’Agassiz (1) è generalmen-
te riconosciuto come uno Sg. leuciscus. De Selys (22) stes-
so che si serve di questo nome dell’Agassiz per descrivere
la vandoise, osserva che non vi sono caratteri sufficienti
per distinguere il L. argenteus dal L. vulgaris.
Innanzi alla variabilità dello Sg. leuciscus cadono an-
che il L. rostratus d'Agassiz e Valenciennes, e i Leuciscus
rodeus e majalis d’Agassiz, come chiaramente dimostra-
rono le ricerche del Siebold e del Fatio.
In quanto allo Sq. lepusculus e allo Sg. chalyboeus di
Heckel e Kner, essi debbono seguire la sorte dello Sg. ro-
dens e dello Sg. rostratus degli stessi autori, corrispon-
denti agli omonimi Lewuciseus d’Agassiz, e rientrare nel-
la sinonimia dello Sq. leuciscus.
Abbiamo anche parlato più innanzi dello Sq. bear-
nensîs e dello Sg. burdigalensis di Blanchard.
Lo Squalrus cephalus è stato nei primi tempi confuso
con altre specie e riferito erroneamente ora ad uno ora ad
un altro pesce conosciuto dagli antichi. Rondelet (48), lo
descrisse sotto 11 nome di Capito fluviatilis, credendolo
l’Alburnus della Mosella, cantato da Ausonio, e così an-
che Gesner (28) e Aldrovandi (2); Schonevelde (46) ne fe-
ce il suo Squalus major; a Willugby (53), forse per quel-
la superficiale somiglianza coi mugili, che saltò agli oc-
chi di Galeno, piacque chiamarlo Mugi fluviatilis; e Ar-
tedi (5) lo annoverò tra i sinonimi del suo decimo ciprino.
Esso non può ragionevolmente riferirsi a nessun’al-
tra specie linneana, se non al Cyprinus cephalus e a torto
Cuvier (19), Holandre (383), Valenciennes (52) e altri lo
ritennero identico al Cyprinus dobula Lin., conservando-
gli lo stesso nome i primi due, sostituendovi il solo nome
generico di Leuciscus il terzo.
Lo Sq. cephalus va anche ricercato nel Cyprinus idus
232 N. PIETRAVALLE ‘
di Bloch (7) e di Hartmann, il quale ultimo lo scambiò per
un /dus melanotus (L.), vivente nel lago di Neiichatel; er-
rore in cui incorse anche De Tschudi (21) quando segnalò
la presenza di un /dus melanotus nel Lago Nero del Can-
tone di Friburgo e lo descrisse sotto il nome volgare di
Wantuse.
Jurine e Steinmiiller (51) riferirono, senza giusta ra-
gione lo Squalius cephalus al Cypr. jeses di Linneo e gli
lasciarono lo stesso nome.
Il Leuciscus latifrons di Nilsson e i L. frigidus e al-
biensis di cui Valenciennes si compiacque farne due spe-
cie distinte, principalmente per lievi differenze riscon-
trate nelle proporzioni delle pinne, vanno aggiunti ai si-
nonimi dello Sg. cephalus. I
Lo Sq. leucissus non si trova al sud delle Alpi, ma
abbiamo in Italia una specie molto affine allo Sg. cepha-
lus, la quale ha dato luogo a molte discussioni. Una qui-
stione infatti è sorta specialmente in questi ultimi tempi,
rimanendo tuttavia sospesa: Lo Squalius cavedanus e lo
Sq. albus Bp. sono varietà dello Sg. cephalus (L.) 0 costi-
tuiscono una o due specie distinte?
Il Bonaparte lungi dal considerare identiche queste
specie, aggregò il cephalus al gen. Gardonus e dalla stessa
specie cavedanus trasse fuori altre, di cul, come s'è ac-
cennato, venne dimostrata l'identità.
Heckel e Kner mantennero distinte le specie in di-
, scorso, ma le riunirono nello stesso genere.
Il Canestrini faceva notare che se il carattere della
bocca larghissima assegnato dal Bonaparte allo Sg. albus
era esatto e se esistevano dei cavedani nei quali « lo squar-
cio della bocca, dolcemente obbliquo si protraeva. fin oltre
la metà dell'occhio », la specie Sg. albus doveva essere di-
chiarata buona, perchè nei nostri cavedani lo squarcio boc-
DEL GENI..«. SQUALIUS » BP. 233
cale, arrivava tutt'al più fin sotto al margine anteriore del-
l'occhio. Non riferiva lo Sq. cavedanus allo Sq. cephalus,
ma riuniva al primo lo Sg. svallize di Heckel e Kner e lo
Sq. albus degli stessi autori, non corrispondente all’omo-
nima specie di Bonaparte, perchè in esso lo squarcio della
bocca era uguale a quello dei nostri cavedani.
Il Giinther, il Moreau e il Giglioli (29), senza discus
sione, ridussero lo Sg. cavedanus e lo Sq. albus Bp. a sem-
plici varietà dello Sg. cephalus (L.).
Il Fatio considera lo Sq. cavedanus Bp. come sotto-
specie meridionale dello Sq. cephalus (L.) e conserva in-
vece un po’ di dubbio sullo Sg. albus Bp.
Il Festa, trattando dei pesci del Piemonte, divide l’o-
pinione del Giinther, del Moreau e del Giglioli. E allo stes-
so concetto si è ispirato il Fries (27) nel suo lavoro sui
pesci della Scandinavia, pur riunendo lo Sg. cephalus
(L.) e lo Sg. leuciscus (L.) nel suo genere Levciscus accan-
to al Leuciscus rutilus e all Idus melanotus, e fondando la
distinzione di queste specie sul margine convesso e conca-
vo della pinna anale e suile proporzioni della coda.
I caratteri invocati dagli autori per differenziare le
snecie in parola, non essendo tali da poter assicurare un
solido fondamento per una distinzione specifica, occorreva
analizzare, paragonare i diversi individui con un metodo
di precisione, con un metodo di esame rigoroso, che per-
mettendo di valutare le più piccole variazioni nei carat-
teri delle singole specie, desse affidamento per un risultato
sicuro e indiscutibile.
Questo metodo 10 ho creduto di ritrovarlo in quello
quantitativo-statistico proposto dal Camerano (11-12-18)
e modificato da altri e l’ho adottato senz'altro per le mie
234 N. PIETRAVALLE
osservazioni, applicandolo su oltre 300 individui di loca-
lità diverse.
Statura.
Dall'esame della statura, vale a dire della lunghezza
massima espressa in millimetri, (vedi pag. relat.) negli in-
dividui delle diverse località, non si possono trarre delle
conclusioni che valgano a stabilire delle differenze as-
solute, poichè troppe cause influiscono sulla variazione di
essa, quali i metodi di pesca, l'ampiezza delle maglie delle
reti generalmente adoperate per pescarli, la selezione in-
volontaria, in altri termini, che ne fa l’uomo raccogliendo
continuamente gl’individui di dimensioni maggiori.
Ritengo però opportuno rilevare che nei bacini più
ampi la statura media è notevolmente superiore a quella
degl’individui raccolti in piccoli bacini, quali il fosso di
Sette Camini (Roma), il fiume Fiora, il Clitumno.
Fra gl’individui del Tevere da me posti nel gruppo
dei giovani ,ne sono compresi alcuni di statura piuttosto
grande, raggiungendo fino i 170 mm., tuttavia li ho stu-
diati separatamente dagli adulti perchè, all’epoca della ri-
produzione, non presentavano prodotti sessuali maturi,
mentre fra quelli del Trasimeno trovai delle femmine di
162 mm., e dei maschi lunghi appena 141 mm. con organi
sessuali svilupati e prodotti quasi maturi ed anche fra
quelli del lago di Como dei maschi e delle femmine maturi
- lunghi i primi 140 mm, e le altre 141 mm. Non è però
possibile distinguere gl’individui studiati, basandosi sulla
loro statura o dando a questo carattere molta importanza.
Variabilità delle parti.
Dall’osservazione delle mie tabelle, risulta l’anda-
mento della variabilità nelle singole dimensioni.
DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 235
L'altezza massima, la distanza dall’apice del muso al-
la origine della dorsale e le dimensioni del capo, sono ge-
neralmente più variabili nei maschi che nelle femmine, le
altre dimensioni invece più nelle femmine che nei maschi.
Negl’individui del lago di Costanza, appartenenti al-
la specie Squalius leuciscus (L), la variabilità risulta af-
fatto diversa da quella, degli altri individui studiati, co-
me pure è caratteristico l’andamento della variabilità ne-
gli individui del lago di Costanza, appartenenti alla spe-
cie Squalius cephalus (L.). ed in quelli del Trasimeno
(Squalrus albus Bp.).
I giovani presentano variabilissime le dimensioni del
capo ed il diametro dell'occhio, che dall'esame risultano
anche, proporzionatamente agli altri organi, assai più
sviluppati che negli adulti, il che fu anche osservato per
individui giovani di altri generi, quali il Leuciscus (sot-
togen. Leucos, Bp.). (17).
L'altezza della pinna dorsale presenta il massimo in-
dice di variabilità negli individui dell’ Aniene (0,31), il mi-
nimo in quelli del lago di Como ed in quelli del lago di
Costanza (Sg. cephalus (L.).
L'altezza della pinna anale 11 massimo indice in quel-
li del Tevere e dell'Aniene.
Le pettorali quasi sempre più variabili nelle femmi-
ne che non nei rispettivi maschi.
Le pinne tanto impari che pari, sono in genere di di-
mensioni assai variabili, e maggiormente negl’individui di
acque correnti, che non in quelli dei laghi.
I’ altezza massima è pure notevolmente variabile in
quasi tutti 1 gruppi.
La lunghezza oro-anale e la distanza dall’apice del
muso all’origine della dorsale, sono invece pochissimo va-
riabili in tutti 1 gruppi.
2306 N. PIETRAVALLE
Differenze quantitative.
Gl'individui del fiume Reno (Basilea) e quelli del la-
go di Costanza, appartenenti alla specie Sg. cephalus (L.)
non presentano tra loro differenze quantitative importan-
ti, anzi sì nota che molte dimensioni sono affatto uguali,
e ciò non mi aspettavo considerando la diversità dell’am-
biente in cui essi vivono. Questo gruppo quantitativa:
mente si distingue aagli altri per la maggiore altezza mas-
sima del corpo che giunge fino a 97/360 e la maggiore lun-
ghezza oro-anale che giunge negl’individui del Reno a
262/360.
Gl’'individui appartenenti alla specie Squalius leuci-
scus (L.) del lago di Costanza, vengono caratterizzati dal
presentare rispetto agli altri gruppi la minima lunghezza
oro-anale (237/360), la minima distanza dall’apice del mu-
so all'origine della dorsale (185/360) e la minima lunghez-
za del capo (77/360).
Gl’'individui del lago Trasimeno, descritti dal Bona-
parte come Squalius albus e finora compresi come varietà
nello Squalius cavedanus, si distinguono dai gruppi di
altre località perchè presentano la minima altezza mas-
sima (68/360), il che conferisce loro un aspetto più slan-
ciato come dico in altra parte. E’ pure in essi caratteristi-
ca la massima lunghezza del capo (92/360).
Gl'individui del Tevere, dell'Aniene e del lago di
Como presentano 1l minimo sviluppo nelle pinne pettorali
ed anale. Tra loro non ho osservato differenze tali che va-
lessero a distinguerli, per modo che tutti mi rappresen-
tano la forma tipica dello Squalius cavedanus, Bp.
Tutti gl’individui studiati si possono quindi dividere
in quattro gruppi:
DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 253)
a) Individui del lago di Costanza e del Reno, ap-
partenenti alla specie Squalius cephalus, (L.).
b) Individui di varie località italiane che manten-
co nello Squalius cavedanus, Bp.
c) Individui del Trasimeno, già descritti da Bo-
naparte nella specie Squalius albus, in seguito compresi
nello Squalius cavedanus e che io ritengo, come dirò in
seguito, doversi tenere separati.
d) Individui del lago di Costanza, appartenenti
alla specie Squalius leuciscus, (L.).
Credo utile ora riportare altri caratteri differenziali,
non quantitativi, che contribuiscono a dare ai singoli grup-
pi un factes particolare.
Individu del gruppo A (Squalius cephalus (L.) del
lago di Costanza e del Reno (Basilea).
In questi individui il corpo è compresso ai lati, più
elevato nella regione dorsale che nella ventrale. Il pro-
filo superiore è convesso e segue una curva, in alcumi in-
dividui dolcemente degradante dal muso alla caudale, in
altri più accentuata sulla nuca e accennata appena o nulla
dalla pinna dorsale alla caudale. TI profilo inferiore è
presso a poco uguale al superiore: talora sensibilmente
più convesso, altre volte invece più appiattito sul petto.
Il capo è subconico con muso più o meno arrotondato
e generalmente leggermente ottuso. Il suo profilo superiore
è quasi sempre convesso e si continua armonicamente col
profilo del dorso. Più o meno accentuato, ma in modo si-
migliante si presenta il profilo inferiore.
La bocca è relativamente larga, terminale o un po’
inferiore negl’individui vecchi, più o meno obbliqua, ed
238 N. PIETRAVALLE
arriva fin sotto alle narici o al margine anteriore del
l'occhio. La mascella superiore sporge appena sull’infe-
riore e le labbra sono bene sviluppate.
L'opercolo è trapezoidale e solcato da raggi più o
meno appariscenti. Il lato superiore è più lungo della metà
dell’inferiore, 11 quale è leggermente convesso; il lato po-
sterlore è sensibilmente concavo.
Il preopercolo ha i margini anteriore e posteriore,
convessi, formanti tra loro un angolo arrotondato. Lungo
questi margini sporge l’interopercolo triangolare. Il su-
bopercolo è semilunare.
Le ossa faringee sono robuste ed allungate. La branca
superiore è corta, larga ed inclinata, e si continua per
mezzo di una curva regolare nella branca inferiore che
è più lunga e più sottile. 1, prolungamento aliforme for-
ma col corpo dell'osso un angolo ottuso col vertice arro-
tondato superiormente, e sporge ad angolo acuto inferior-
mente: il suo margine posteriore è quasi rettilineo. I
denti faringei son disposti in due serie in numero di 5 e
2 da ciascun lato. Essi sono forti alla base, un po’ com-
presso sulla corona, col margine interno dentellato più o
meno distintamente, e terminano a punta uncinata, che
nella serie posteriore va decrescendo dal primo all’ultimo
dente, il quale è quasi conico. I denti della serie anteriore
sono notevolmente più piccoli di quelli della serie poste-
riore e occupano lo spazio corrispondente al secondo e ter-
zo dente di quest’ultima serie (Tav. IT. fig. 5).
La pinna dorsale nasce un po’ più indietro che le
ventrali e precisamente sulla 18% o più raramente sulla
17.0 19. squama della linea laterale. Il margine superiore
è quasi rettilineo. ssa conta da 11 a 12 raggi di cul 8
semplici e 8 a 9 divisi. I raggi semplici vanno crescendo
dal primo, molto piccolo, al terzo che è generalmente in
DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 239
lunghezza 11 doppio del secondo ed è uguale al primo di-
viso, al contrario del raggi divisi che vanno gradatamente
decrescendo, in modo che l’ultimo diventa la metà del
primo.
L’anale nasce un po’ più in avanti della dorsale abbas-
sata e propriamente in corrispondenza della 27* o meno
frequentemente della 26° squama della linea laterale. Con-
ta più spesso 11 raggi, più raramente 12 di cui 3 semplici
e 8 o 9 divisi. Il suo margine posteriore è convesso.
Le pettorali decrescono rapidamente dal primo al-
l’ultimo raggio ed hanno il margine inferiore arrotondato.
La loro punta, abbassata, corrisponde alla 10° o 11° squa-
ma della linea laterale. Hanno da 16 a 18 raggi, di cui uno
semplice e 15 a 17 divisi.
Le ventrali hanno origine generalmente, in corrispon-
denza della 16° ma anche della 15% squama della linea la-
terale; il loro margine inferiore è arrotondato e contano
2 raggi semplici e 8 divisi. Il primo diviso è il più Iunge
di tutti, il primo semplice è il più corto.
La caudale è forcuta ed ha i lobi piuttosto acuminati,
col margine un po’ convesso, e presso a poco uguali, per
quanto talvolta l'inferiore si presenti un po’ più lungo del
superiore. Scorrendo questa pinna dall’alto in basso in-
contriamo 7 e anche, qualche volta, 6 o 8 raggi semplici
non articolati, 4 semplici articolati, 17 divisi e 6 0 7 sem-
plici.
Le squame sono grandi e più o meno arrotondate a
seconda delle diverse parti del corpo. Le squame della re-
gione media del corpo, immediatamente al disopra della
linea laterale, sono le più grandi, arrotondate nel margi-
ne libero, con tre lobi nel margine fisso. Da un nodo posto
quasi al centro della squama, partono dei radii diretti ai
due marginî, con una disposizione a ventaglio: più rego-
240 N. PIETRAVALLE
lari e più distinti sono quelli diretti al margine libero i
quali possono variare da 5 a 15 e anche più. Delle strie
concentriche, sottili e riavvicinate nella parte nascosta,
più grosse e più distanti tra loro nella parte scoperta,
completano la squama. Più piccole sono ile squame latera-
li della regione anteriore del corpo, e ancora minori quelle
della regione posteriore, le quali son anche più irregolari,
più allungate, col nodo da cui si partono i radii, spostato
alquanto verso il margine fisso. Le dorsali mediane sono
più piccole, con un maggior numero di radii e col.margi-
ne fisso poco distintamente lobato. Ancora più piccole e
quasi ovali col nodo ancora più spostato verso 11 margine
fisso, si presentano le squame pettorali. (Tav. II fig. 1).
La linea laterale è completa e scorre poco più giù della
metà del corpo, descrivendo una curva quasi parallela al
profilo del ventre, dall’angolo superiore dell’opercolo alla
metà circa della radice della codale. Su di essa si contano
da 44 a 48 squame simili alle altre vicine, col tubicino
bene sviluppato, più corto ed obbliquo nelle squame, ante-
riori, più sottile, più dritto e più lungo nelle posteriori, le
quali sono anche più piccole delle altre. Sulla liena tra-
sversale 7 a 8 squame superiormente e ,3 a 4 inferior-
mente alla linea laterale.
Individui del gruppo B (Sq. cavedanus Bp.) del Te-
vere, dell'Aniene, del lago di Como, del Trigno, ecc.
In questi individui il corpo è più spesso che in quelli
del gruppo A, specialmente nella regione dorsale. Il pro-
tilo superiore è ora più convesso,bruscamente curvato sul-
ia nuca, ora più dolce e regolare dal muso alla coda. Il
profilo inferiore è ugualmente convesso, ma, dall’origine
della pinna anale alla codale, è più o meno marcatamente
concavo.
Tl capo è più acuminato che nel gruppo precedente e
— n
DEL GEN. « SQUALIUS » BP. ZA
il suo profilo superiore è più rettilineo e più inclinato e si
continua talora regolarmente col profilo del dorso, special-
mente negl’individui dello Scrivia e del Trigno, ma più
spesso forma con esso un angolo ottuso come frequente-
mente notasi negl’individui del Tevere, dell'Aniene e an-
che del lago di Como. Il profilo inferiore è convesso o qua-
sl rettilineo.
La bocca è un po’ meno obliqua che negl’individui del
gruppo 4 e la sua apertura raggiunge tutt'al più il mar-
gine anteriore dell’occhio.
Le ossa opercolari si presentano presso a poco uguali
a quelle del gruppo precedente, con l’opercolo un po’ più
quadrato per la maggiore lunghezza del lato superiore.
Le ossa faringee simili a quelle dianzi descritte. Una so-
miglianza maggiore si riscontra negl’individui del lago di
Como: in generale la branca inferiore è più sottile e più
lunga, e negli individui delle altre località Pangolo infe-
riore sporgente del prolungamento aliforme è arrotonda-
to e sensibilmente ricurvo (Tav. II. fig. 7).
La pinna dorsale prende origine sulla 18* o 17° squa-
ma della linea laterale o più raramente sulla 19*; un po
più indietro quindi delle pinne ventrali che hanno la loro
inserzione al disotto della 15° o 16° squama della linea la-
terale. Essa conta 3 raggi semplici e 8 09 divisi. Il suo
margine superiore è rettilineo, più inclinato che negli in-
dividui del gruppo A.
Le ventrali hanno il margine inferiore arrotondato e
generalmente due raggi semplici e 8 divisi.
Le pettorali simili a quelle già deseritte innanzi, con
17 0 18 raggi di cul uno semplice e 16 o 17 divisi: ho ri-
scontrato più frequentemente 18 raggi negl’individui del
lago di Como.
Bollett. Soc. Zooiogica Italiana 2
242 N. PIETRAVALLE
Nell’anale ho trovato sempre il margine posteriore con-
vesso e tre raggi semplici e, al contrario degl’individui del
gruppo A, più spesso 9, più raramente 8 raggi divisi. Er-
rava quindi il Canestrini quando affermava che nello Sq.
cavedanus il margine dell’anale era rettilineo, come a torto
Heckel e Kner attribuirono a questa pinna due raggi
semplici. La caudale è profondamente forcuta, col lobo
superiore quasi sempre sensibilmente più lungo dell’infe-
riore. Il numero dei raggi è su per giù uguale a quello ri-
portato pel gruppo A.
La forma delle squame varia a seconda delle diverse
parti del corpo ed anche in rapporto alla località. I lobi
delle squame mediane laterali, sono generalmente un: po
meno regolari che nel gruppo precedente e a contorno più
o meno inciso. Le strie concentriche sono invece più rego-
lari e dal nodo centrale si partono per lo più un maggior
numero di raggi diretti alla parte libera. Le squame an-
teriori differiscono poco dalle mediane : le prime sono in
genere più basse. Le pettorali sono quasi ovali con contor-
no più o meno regolare; le dorsali più o meno arrotondate
o pentagonali col margine fisso più o meno frastagliato
(Tav. II fig. 3).
La linea laterale è ora più curva ora più raddrizzata,
e conta da 43 a 48 squame. Sulla linea trasversale 10 a 12
squame :.6 a 8 al disopra della linea laterale, 3.a 5 al
disotto di essa. I limiti di 6 e 5 squame non sono riportati
dagli autori: lo ho riscontrato il primo in due individui
giovani appartenenti uno al Tevere, l’altro allo Scrivia,
e il secondo in una femmina dell'Aniene e in un’altra
del Trigno.
Il colore varia in individui di località diverse e tal.
volta anche in individui della stessa località.
Nel Tevere e nell’Aniene ho trovati individui più
DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 243
Fond
chiari ed altri più scuri. Negli uni il dorso è color grigio
piombo con riflessi verdastri e il ventre perlaceo, negli
altri il dorso è bianco giallastro più o meno sfumato di
grigio e il ventre bianco argenteo. Gl’individui dei fossi
dei dintorni di Roma presentano più o meno la colorazione
di questi ultimi, con dei riflessi verdognoli sul dorso, e ciò
mi fa supporre che gl’individui chiari del Tevere e dell'A -
niene siano quelli, che emigrati prima nei fossi, tornano
nei fiumi quando le condizioni di vita diventano colà dif-
ficili.
Gl'individui del Trigno sono grigio-chiari con riflessi
verdi superiormente e. bianco-argentei inferiormente.
Quelli del lago di Como sono d’un grigio-acciaio molto
accentuato, con riflessi metallici sul dorso degradante sui
fianchi in una tinta più chiara, e bianco-argentei nella
parte inferiore del corpo. In questi individui le pinne sono
scure specialmente sul margine libero e le squame presen-
tano una punteggiatura più o meno fitta. Negli altri indi-
vidui le pinne sono più o meno chiare o scure sui margini.
La macchia oscura tra l’opercolo e le pettorali, attri-
buita da Steindackner (50) come carattere distintivo, a
questo gruppo, io non l’ho quasi mai riscontrata negli e-
semplari da me esaminati.
(Continua).
Prof. GIUSEPPE TUCCIMEI
OAGGIO DI UN CATALOGO DEI DITTERI DELLA PROVINCIA DI ton
——_—_—_—
Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma
(Ved. vol. preced. del Bollettino)
PARTE SECONDA.
Fam. Therevidae.
Gen. THEREVA Latr.
162. 7. amis L.
Un solo maschio dei dintorni di Roma, senza indica-
zione di epoca.
165. T. annulata F.
Abbondante in giugno sulle rive del Tevere. Sulla
spiaggia di Fiumicino in maggio, sul ginepro.
164. T. arcuata Lw.
Specie non rara. Gli esemplari provengono da villa
Glori; monti Parioli; ponte Nomentano; da villi-
ni nell’interno di Roma; la selva di Marino. Fre-
quenta i prati umidi.
Da aprile a luglio. In copula fu trovata dal Barbiel-
lini in maggio.
165. T°. plebeja L.
Specie molto rara. Due sole femmine, una da Ostia,
l’altra dalle falde del monte Artemisio.
Sull’edera in fiore; settembre.
166. T tristis Lw.
Acqua acetosa, presso il Tevere; ponte Nomentano e
qualche altro punto non determinato dei dintorni
di Roma.
CATALOGO DEI DITTERI 245
Aprile, maggio, ottobre. In copula in aprile.
Gen. Puavcus. Wélk.
100.PP. dvspar Nero.
Una sola femmina trovata a Villa Umberto I dal Bar-
biellini, in giugno.
Fam. Scenopinidae.
Gen. SCENOPINUS Latr.
168. S. fenestralis L.
Dintorni di Roccantica, di estate; nell'interno delle
case.
Raro.
169. S. glabrifrons Mg.
Frascati; agosto.
Specie molto rara.
Fam. Empidae.
Gen. BracHYSsTOMA Meig.
170. B. vesiculosum, Fab.
Specie piuttosto rara. Rinvenuta a Ladispoli, Brac-
ciano, e presso Roma alle terme di Caracalla, a vil-
la Umberto I, e nei pressi di S. Agnese.
Sulle foglie, all'ombra. Aprile, maggio.
Gen. EmpIs L.
171. E. decora Meig.
S. Agnese e luoghi circostanti sulla via Nomentana;
monti Parioli; Ostia; Gianicolo; villa Glori.
Specie frequente in maggio e giugno. Si trova sul.
l’erba.
172. E. lutea Meig.
Villa Glori, e villa Umberto I.
246
175:
Peo:
is
178.
G. TUCCIMEI
Specie rara. Si trova in maggio e giugno.
. E. nepticula Lw:
Rive del Tevere; villa Umberto I; Acqua traversa;
via Flaminia; Prati fiscali, Ladispoli,
Specie piuttosto abbondante di aprile e maggio; fre-
quenta l'erba dei prati.
. E. tessellata È
La var. atripes Strob. è di varie località dei dintorni
di Roma, e della via Flaminia.
La var. vida F. oltre ai dintorni di Roma; è stata
trovata presso Roccantina, sul nocciolo. — ‘Aprile.
Gen. HiLaRA Meig.
H. chorica FÌl.
Un solo maschio trovato dal Barbiellini sulle rive del
Tevere, in Maggio.
H. maura F.
Una sola femmina trovata alla Travicella, sull’erba.
Aprile.
H. scrobiculata Lw.
Ladispoli; aprile. Un solo maschio.
Fam. Dolichopidae.
Gen. DoLIcHoPUS' Latr.
D. griserpennais St.
Assai abbondante in certe località.
Ne ho raccolto molti esemplari a villa d'Este a Tivoli,
e alle falde del monte Artemisio presso Velletri.
Intorno a Roma poi a villa Umberto I, acqua ace-
tosa, S. Agnese, la Farnesina, villa Carpegna,
Ostia.
Si raccoglie sull’erba umida dei prati e sulla parie-
taria; sempre all'ombra.
CATALOGO DEI DITTERI 247
Aprile, maggio, agosto, settembre.
179. D. nitidus FII.
Selva di Marino; dintorni di Olevano. Sull’erba.
Luglio, agosto. Raro.
Gen. PorcILOBOTHRUS Mik.
180. P. ducalis Lw.
Ladispoli; luglio (Barbiellini).
181. P. regalis Meig.
Più maschi catturati dal Barbiellini a Villa Umberto
I, in maggio, vicino alle fontane, ai piccoli riga-
gnoli, alle pozze stagnanti.
Gen. ORTHOCHILE Latr.
182. 0. unicolor Lw.
Via nomentana; villa Glori. Maggio; raro.
Gen. PorpHyroPps Meig.
183. P. crassipes Meig.
Un solo esemplare trovato dal Barbiellini sulle rive
del Tevere in giugno.
Gen. MeDETERUS Fisch.
184. M. diadema L.
Un solo esemplare trovato dal Barbiellini presso la
via Nomentana, in maggio.
“ Gen. ScELLUS Lw.
185. S. notatus F.
Specie assai rara trovata dal Barbiellini a villa Um-
berto I, e da me nei giardini del Vaticano.
Aprile e maggio.
Gen. HypRoPHorUs Fall.
186. H. praecox Lehm.
Rive del Tevere. Maggio. RE
248 G. TUCCIMEI
Gen. LIANCALUS Lw.
187. L. virens Scop.
Acquacetosa — Monti Parioli — villa Umberto I —
via Nomentana.
Specie frequente. Maggio e giugno.
II.
CYCLORRHAPHA ASCHIZA,
Fam. Syrphidae.
Sub fam. Syrphinae.
Gen. PaRrAGUS Latr.
188. P. albifrons FI.
Un solo maschio trovato all’Acqua acetosa dal Bar-
biellini, di maggio.
189. IP. ibicolor IF.
Via Salaria; villa Glori; falde del monte Artemisio;
Roccantica.
Si trova falciando sull'erba.
Maggio, settembre. Abbondante.
190. P. bicolor F. var. lacerus Lw.
Un solo maschio, trovato nei giardini del Vaticano in
maggio.
Id. var. testaceus Mgn.
Viale dei Parioli; m. Artemisio; S. Angelo presso
Poggio Mirteto, Roccantica.
Sull’edera in fiore; a volo; si posa anche sugli abiti.
Giugno, agosto, settembre.
I maschi non sono rari.
191. P. cinctus Schin, et Egg.
Roccantica; Montopoli; agosto e settembre. Sulle siepi.
sull’erba. Specie rara.
CATALOGO. DEI DITTERI 249
192. P. quadrifasciatus Mg.
Villa Corsini; Roccantica. Sull’erba; luglio e agosto.
Raro. Una sola femmina e qualche maschio. In tutte
le specie di questo genere le femmine sono raris-
sime, sicchè spesso nella mia collezione sono rappre-
sentati 1 soli maschi.
193. P. tibialis Fall.
La var-haemorrhoidalis Mg. è molto abbondante fra
noi; più rara la var-coadunatus Rond. Ho due soli
maschi della var-triangulifer Zett.
Via Aurelia; viale dei Parioli; bosco dei cappuccini
a Palestrina ;villa Antonelli pr. Velletri; Roccanti-
ca ,Olevano; strada da Subiaco a Bellegra; Monto-
poli.in Sabina.
A volo; sul nespolo, sulla mentuccia.
Da giugno a settembre.
Gen. Prpiza. Fall.
194. P. vitripennis Mg.
Un solo maschio trovato presso alla strada di Roc-
cantica, a volo, sul prato. Aprile.
Gen. PiPIZELLA Rond.
195. P. virens, Fab.
Piazza d'armi, monti Parioli, Acqua acetosa.
Maggio e giugno. Assai rara.
Gen. CHRysogASTER Meig.
196: C. metallina F.
Due sole femmine. Rive del Tevere. Maggio.
197. C. splendens Mgn.
Farnesina, Acqua acetosa, forte Bravetta, Volpigna-
no presso Poggio Mirteto.
Aprile, maggio, ottobre; sull'erba, sull’edera in fiore.
Raro. Non ho trovato che maschi.
250
198.
199.
200.
201.
202.
203.
204.
G. TUCCIMEI
C. viduata L.
Una sola femmina trovata sulla via Salaria presso
Roma.
Sull’erba. Maggio.
Gen. ORTHONEURA Macg.
O. brevicornis Lw.
Rarissima. Un solo esemplare trovato al prato della
Pallanzana, sull'erba. Settembre.
O. frontalis Lw.
Una sola femmina. Rive del Tevere. Maggio.
O. nobilis Fall.
Rive del Tevere. Maggio.
Una sola femmina. Le specie di questo genere sono
rare come quelle del C'hrysogaster.
Gen. CHILosIA Meig.
C. albitarsis Meig.
Vigna Barbiellini; forte Bravetta; Roccantica; Ac-
qua traversa sulla via Cassia; via Flaminia, villa
Umberto I; ponte Nomentano. Sull’erba, e a volo.
Aprile, maggio, agosto.
C. camcularis Pz.
Questa bella specie s'incontra non frequentemente
sull'erba dei prati, e sulla parietaria, nel mese di
settembre.
L’ho da Acqua traversa nella campagna romana; da
Villa d'Este a Tivoli, dal prato della Pallanzana
nei monti presso Viterbo; e da monte Cavo (949).
C. griseiventris Lw.
Via Salaria, ed altre località intorno a Roma. Sul-
l'erba.
Maggio.
205.
206.
207.
208.
209.
210.
21t
212:
215.
214.
CATALOGO DEI DITTERI 25I
C. grossa Fall.
Villa Corsini sul Gianicolo. Via Cassia.
C. latifacies Lw.
Ho raccolto una sola femmina in settembre sulla vet-
ta del m. Artemisio (812%) sul Seseli fortuosum.
C. intonsa Lw.
Acquatraversa; strada di Roccantica; sulla cicuta.
Aprile, settembre. Rara.
C. nigripes Mg.
Un solo maschio trovato dal Luigioni a m. Cavo, in
g1ugno.
GC. proxima Zett.
Pochi esemplari trovati dal Barbiellini sulla marru-
ca, ma in località ed epoca non precisate.
C. pubera Lett.
Una sola femmina trovata alla Caffarella sul ranun-
colo, di aprile.
C. scutellata Fall.
S. Valentino in Sabina; prato della Pallanzana pr.
Viterbo; S. Angelo presso Poggio Mirteto in Sabi-
na. Sul salice, sulla vitalba, sull'erba.
Di estate fino al principio di ottobre.
C. soror Zett.
Un solo maschio preso a Roccantica, a volo, di agosto.
C. variabilis Panz.
Via Flaminia; vicolo del gelsomino presso la via Au-
relia.
Aprile, giugno.
C. vernalis Fall.
Due maschi trovati dal Barbiellini, presso la via No-
mentana, di maggio.
252
2105.
216.
2a
218.
219.
G. TUCCIMEI
C. vulpina Meig.
Varie femmine provenienti dal forte Bravetta, dalla
Caffarella e da Anzio.
Sull’erba fiorita, sulle ombrelli fere.
Da aprile a giugno.
Gen. PLATYCHIRUS Serv.
P. clypeatus Mon.
Una sola femmina trovata dal Barbiellini a villa Um-
berto I in maggio.
Gen. MeLANOSTOMA Schin.
M. ambiguum Fall.
Una sola femmina trovata dal conte Barbiellini a
Villa Umberto I, in maggio.
M. mellinum L.
Si trova in molte località, ma sempre in scarso nume-
ro d’individu1.
Dint. di Roma, villa Borghese, villa Carpegna, giar-
dino Vaticano, ponte Nomentano, Magliana; S. Va-
lentino, villa Macchi presso Palestrina, la Serpen-
tara e la Selva presso Olevano, villa d’Este, forte
Bravetta.
Sulle siepi, sulla mentuccia, sull'erba dei prati, più
spesso sui tronchi di quercia e sull’erba secca.
Da aprile a settembre.
Gen. LASIOPHTHICUS Rond.
L. pyrastri Lin.
Una delle specie più frequenti; s'incontra di dimen-
sioni variabili, e con tutte le gradazioni dal giallo
al bianco delle macchie semilunari dell'addome; in
qualche raro esemplare mancanti in parte.
Interno di Roma sulle terrazze; campagna romana;
CATALOGO DEI DITTERI 233
Castel S. Pietro e villa Macchi presso Palestrina;
dintorni di Olevano; S.. Valentino, e S. Angelo
presso Poggio Mirteto; Roccagiovine; Camaldoli
presso Frascati (550).
Sui fiori dei giardini; sull’erba dei prati e delle stra-
de; attorno alle acque morte; sulla mentuccia; sul
Rhamnus alaternus.
Dall’aprile al settembre. I maschi più rari delle fem-
mine.
Gen. SyrpHus Fabr.
220. S. auricollis Meig.
Forte Bravetta, Villa Carpegna, S. Paolo presso Ro-
ma, vetta di m. Gennaro (1270"), Roccantica, Ca-
maldoli presso Frascati, strada della Pallanzana.
Da aprile a novembre. Nei luoghi elevati, come m.
Gennaro e Camaldoli, in settembre in giornate tie-
pide e buone.
A volo, sull'erba dei prati, sull’edera in fiore, sul
biancospino.
221. S. baltheatus D. C.
Specie comunissima, ma di caratteri costanti. Nel
dintorni di Roma; villa Umberto I, S. Agnese, la
Farnesina, villa Glori, forte Bravetta; prato e
strada della Pallanzana presso Viterbo; villa An-
tonelli presso Velletri; villa Cesarini presso Gen-
zano; villa Lancellotti, e villa Torlonia presso Fra-
scati; dint. di Olevano; S. Valentino; villa d'Este;
falde del m. Peschio; olmata di Palestrina, e hbo-
sco del Cappuccini presso questa città.
Preferisce i luoghi ombrosi, come boschi, siepi. Col.
ta spesso a volo, sull'erba dei prati, sul terreno in-
254
222.
223.
224.
229.
226.
221.
228.
G. TUCCIMET
colto; sull’ortica, attorno ;al fiordaliso; sulla bella
di notte, sul sambuco, sull’edera in fiore.
Dall'aprile al settembre. I. maschi sono frequenti
quanto le femmine.
S. bifasciatus Fabr.
Dintorni di Roma; giardino vaticano; Roccantica.
Sul rovo. Aprile e maggio. Specie rara.
S. cinctus Fall.
Strada da S. Valentino a Bocchignano. Terrazza an-
nessa al gabinetto di S. Apollinare.
Sulle siepi; a volo. Settembre e ottobre.
Specie rarissima.
S. corollae Fab.
Dintorni di Roma; villa Carpegna; rive del Tevere;
ponte Nomentano; Ostia; strada di Palestrina.
Si trova in vicinanza delle acque e spesso sui fiori di
cicoria. Da aprile ad agosto.
Specie non rara; le femmine più frequenti dei ma-
schi. Se ne trova anche la varietà a macchie degli
anelli addominali non separate.
S. festivus Fabr.
Una sola femmina trovata dal Sig. D. Vita. presso
l’Acqua acetosa.
S. latifasciatus Macq.
Ho trovato un solo maschio alle falde del m., Artemi-
sio, sull’erba, in settembre.
S. hyalinatus Fall.
Un solo maschio trovato dal Barbiellini sulla fine di
ottobre a Tor di Quinto sulle foglie del sambuco.
S. luniger Meig.
Un solo esemplare, maschio, trovato a Roccantica,
sul nocciolo.
Aprile.
CATALOGO DEI DITTERI 255
229. S. ochrostoma Zett.
Una sola femmina trovata dal Barbiellini agli ulti.
mi di maggio, presso l'Acqua acetosa.
230. S. mibesti Lin.
Dint. di Roma, S. Agnese, forte Bravetta; dint. di
Olevano; villa Macchi presso Palestrina; prato
della Pallanzana, falde e vetta del m. Artemisio
(812); Lariano presso Velletri; S. Angelo presso
Poggio Mirteto.
Sull’edera in fiore; sull'erba alta dei prati, sul ver-
basco, sulle 1abiate, sui fiori del giardini.
Da aprile a ottobre. Specie molto comune.
uen. SPHAEROPHORIA Serv.
231. S. menthastri L.
Un maschio trovato alle falde del m. Artemisio, sul-
l'erba in settembre. Una femmina presso la via
Nomentana in maggio.
252. S. scripta L.
Specie comunissima presso a poco in tutte le località
esplorate, comprese alcune elevate, come la Serpen-
tara presso Olevano (650"), villa Antonelli presso
Velletri, Bellegra (815") Palestrina, S. Valentino
in Sabina.
Nei luoghi erbosi, nei prati in pianura e in collina,
nei giardini, sulla mentuccia, sulla vitalba, sulle
ombrellifere, sui fiori della dalia. Facilmente si co-
glie a volo.
Da aprile e settembre.
Rara la varietà S. nigricora Zett. che si trova in
aprile e maggio sulle rive del Tevere.
256
253.
234.
239.
256.
237.
G. TUCCIMET
(ren. XANTHOGRAMMA Schîn.
X.ornatum Meig.
Dint. di Roma, villa Umberto I, la Farnesina etc.;
dint. di Frascati, villa Lancellotti; villa. ‘Antonel-
li presso Velletri; Palestrina, bosco dei. Cappucci-
ni; Grottaferrata; Roccantica, S. Valentino:
Specie comunissima, frequenta i luoghi umidi e om-
breggiati. Si posa sul convolvulo, sull’edera in fio-
re; sul rovo; sul carpino; sui fiori dei giardini. Si
coglie anche a volo.
Da aprile a settembre. Più frequenti i maschi.
Gen. BaccHa Fabr:
B. elongata Fab.
Villa Umberto I, Grottaferrata, Roccantica. Mag-
gio, giugno e luglio. Rara.
Gen. Ascia Meig.
A. podagrica Fab.
Grottaferrata, falde del monte Artemisio, S. Valen-
tino, Montopoli in Sabina. Sull’erba.
Giugno, settembre. Specie rara. |
Gen. RHINGIA Scop.
R. rostrata Scop.
Roccantica, sulla spighetta, di giugno. Una, sola fem-
mina.
Subfam., Volucellinae.
Gen. VoLucELLA (Geoffr.
V.inamis L.
Macchia d’acqua traversa presso Roma; S.Angelo e
S. Valentino presso Poggio Mirteto; monte Cavo.
Sui muri, tra i canneti.
Non molto frequente, i maschi più rari delle femmine
CATALOGO DEI DITTERI 257
238. V. bombylans L.
Rarissima anche questa specie, di cui ho una sola
femmina, raccolta dal Luigioni sul monte Cavo.
239. V. pellucens L.
Una sola femmina raccolta dal conte Barbiellini, a
Villa Borghese, sulle siepi in giugno. A me non
riuscì mai trovarla, nè agli amici ed entomologi
che cercarono questa bella specie per conto mio.
Debbo ritenerla quindi rarissima ed avventizia
nel territorio romano, come nella Sabina. Tanto
più dacchè Lioy (1) la dice frequente in tutta TI-
talia, il prof. Bezzi (2) che ha illustrato gran parte
dell’Italia, la cita per il Trentino e la Sicilia, e la
dice vivente a Vallombrosa; e 11 Rondani la cita
per il Piemonte e la Sicilia, e la dice rara nelle col-
line e nell'Appennino parmense (8).
240. V. zonaria Poda.
Dint. di Roma; Ostia; Villa Lancellotti presso Fra-
scati; Strada della Pallanzana; dint. di Tivoli;
dint. di Olevano; Manziana; monte Calvario pres-
so Oriolo romano; S. Angelo presso Poggio Mir-
teto.
Rinviensi da maggio a settembre, sopratutto in que-
st'ultimo mese quando l’edera è in fiore, perchè è
(1) Lioy. Ditteri italiani. Milano (Hoepli) 1895 pag. 179.
(2) M. Bezzi. I ditteri del Trentino. A. d. Soc. veneto-trentina di
scienze naturali. S. II vol. .I fasc. 1'-Padova 1893.' pag. 73 dell'estr.
Idem. Ditteri delle Marche e. degli Abbruzzi, 2. cont. Boll. d.
Soc. entom. it. Firenze 1900, pag. 12 dell’estr.
Idem. Enumerazione dei ditteri fino ad ora raccolti in Sicilia.
Il Naturalista siciliano, Ann. II. Palermo 1897, pag. 29 dell’estr.
(3) C. Ronpani. Dipterologiae italicae prodromus. Parma 1897,
Vor IL pag. ab
Bollett. Soc. Zoologica Italiana
258 G. TUCCIMEI
questa la pianta sulla quale sovrabbonda: — Ne ho
raccolte anche fra i canneti. Talvolta si posa sui
muri di campagna. Il Barbiellini l’ha notata sul
sambuco.
I maschi sono più rari delle femmine. Ma la specie è
molto abbondante.
Subfam. Bristalinae.
Gen. FrIsTALIS L.
241. E. arbustorum L.
Entro Roma al Colosseo; rive del Tevere, monti Pa-
rioli; la Caffarella; forte Bravetta; villa Umber-
to I; Ostia; falde del,m. Artemisio; villa Antonel-
lì presso Velletri; S. Angelo presso Poggio Mir-
teto, S.Valentino.
Sulla pastinaca, sull’ortica, sull’erba dei prati, attor-
no alle acque putride.
Da aprile a settembre. Abbondante.
242. E. pratorum Meig.
Specie rara. Tre sole femmine trovate ad Acqua tra-
versa, S. Paolo, e alle falde del.M. Artemisio.
Sulla vitalba, agosto.
243. E. nemorum L,
Acqua traversa, Farnesina, rive del Tevere, strada
della Pallanzana, la Serpentara presso Olevano,
forte Bravetta; S. Valentino; Valle Casale e S.
Angelo presso Poggio Mirteto; castel S. Pietro so-
pra Palestrina (752).
Specie comunissima nei luoghi bassi e paludosi, at-
torno alle acque morte e presso le correnti; sì pren-
de anche sull’edera fiorita e sulterba alta dei prati.
Da aprile ai primi di ottobre, ugualmente abbondan-
ti i maschi e le femmine.
CATALOGO DEI DITTERI 25G
244. E. pertinar Scop.
Specie communissima che accompagna l’Eristalomy-
ta tenax che tanto gli somiglia. Si trova in quasi
tutte le località nominate per le precedenti specie.
Ricordo particolarmente le vette dei monti Arte-
misio (812"), Scalambra (1419”) e Gennaro(1270”)
I monti Parioli presso Roma, Lariano presso Vel-
letri, Genzano, etc.
Frequenta l’erba alta e fiorita, l'edera in fiore, la
mentuccia, il cardo; si lascia cogliere a volo.
Da maggio a ottobre; abbondante specialmente in
settembre.
Gen. LATHYROPHTHALMUS Mk.
245. L. aeneus Scop.
Rive del Tevere; la Caffarella; piazza d'Armi; Ac-
qua traversa; dint. di Palestrina.
Si trova nei luoghi umidi e vicino alle acque; sulla
mentuccia, sui fiori dei giardini, sull'erba dei pra-
ti. Aprile, luglio, agosto. Rara.
246. L. quinquelineatus F.
Una sola femmina trovata ad Acquatraversa dal si-
gnor Vita, ma in epoca non precisata.
Gen. EristALODES Mik.
247.E. taeniops Wiedm.
Dint. di Roma; Acqua traversa; San Valentino in
Sabina; dint. di Olevano; strada della Pallanza-
na; villa d’Este presso Tivoli; falde del m. Arte-
misio; Fiumicino.
Frequente attorno alle acque morte e correnti; sì
trova anche sull’edera in fiore, sulle ombrellifere e
sul fioraliso.
260
G. TUCCIMEI
Da giugno a ottobre. In ugual proporzione i maschi
e le femmine. Un maschio fu rinvenuto ai primi
di decembre sul viale dei Parioli presso Roma,
persistendo da qualche tempo il vento di scirocco.
Gen. ERISTALOMYIA Rond.
248. E. tenaa L.
249.
250.
291.
Una delle specie più comuni di tutto l'ordine, e in
genere In stuoli numerosi. Trovata presso a poco
in tutte le località esplorate. Ricordo specialmente
monte Cavo, vetta del m. Artemisio, Tusculo (670)
Bellegra, via Appia antica, etc.
Si raccoglie anch'essa, presso ai corsi d’acqua, e sulle
acque putride; frequenta poi le siepi, l'erba dei
prati, le ombrelfifere, la vitalba, il sambuco, il sa-
lice, il verbasco, la mentuccia, l'edera, il Senecio
vulgaris, sintroduce nelle case di campagna.
Dall’aprile all’ottobre. Ugualmente frequenti i ma-
schi e le femmine.
Gen. ERISTALINUS Rond.
la
E. sepuleralis Lin.
Piazza d’armi e villa Glori presso Roma.
Sulle piante acquatiche; entro a pozze di acqua.
Maggio, luglio. Specie rara.
Gen, HeLOPHILUS Meig.
H. pendulus Lin.
Una sola femmina trovata di aprile sull'erba alta e
fiorita degli spalti del forte Bravetta, tra le vie
Aurelia e Portuense.
H. trivittatus Fab.
Forte Bravetta, Caffarella, Acqua acetosa ed Acqua
CATALOGO DEI DITTERI 20I
traversa presso Roma; prato della Pallanzana pr.
Viterbo.
Piuttosto abbondante, si raccoglie sulle rive dei ru-
scelli, sul salici, e sull’erba alta e fiorita, non che
a volo.
Alcuni esemplari della mia collezione sono stati tro-
vati di aprile e di giugno. In quest’ultimo mese il
conte Barbiellini ha fatto interessanti osservazio-
ni sulle larve che descrive grosse e munite di lun-
ga e sottile coda. Le ha vedute formicolare in gran
numero nel liquido infetto che colava da una con-
cimaia nella località della Caffarella. Le masse vi-
venti di queste ÎIarve aveano un movimento isocro-
no singolare. I
Di questa specie non ho alcun maschio.
Gen. MviaTROPA Rond.
252. M. florea Lin.
E una delle specie più comuni di tutto l'ordine. Ne
ho in quantità, provenienti da quasi tutte le lo-
calità esplorate. Ricordo specialmente la Farnesi-
na, Acqua acetosa, forte Bravetta, Acqua traver-
sa, giardino Vaticano, ed altre località intorno a
Roma; Villa d’ Este e strada degli Arci presso
Tivoli, dintorni di Olevano, di Velletri, di Vi-
terbo, di Marino, villa Lancellotti, falde del m.
Artemisio e del m. Peschio, San Valentino.
Frequentissima sull’edera in fiore e sulle ombrellite-
re; sull'erba dei prati e sulla marruca. Ne ho rac-
colte anche sul castagno, e sul granturco. Durante
il cattivo tempo si ricovera entro le case.
Comincia ad apparire in aprile, e si protrae fino al
mese di ottobre. I maschi abbondano come le fem-
mine. (Continua).
ISTITUTO Z00LOGICO NELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA
diretto dal prof. comm. A. CARRUCCIO
LA GLANDULA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO
Strria, Morfologia, Anatomia comparata, Istogenesi, Fisiologia,
Fisiopatologia e probabile significato delle cellule interstiziali del testicolo
Comunicazione del socio Dott. VALENTINO BARNABO'
(Contin. ved. fasc. 3, 4, 5 e 6 1508, pag. 137-144)
XI. — SIGNIFICATO FISIOLOGICO.
Dalla incertezza di opinioni sul significato morfolo-
gico delle cellule interstiziali, risulta in gran parte la no-
tevole varietà di ipotesi emesse circa il significato fisiolo-
gico. Vi è chi sostenne fossero elementi destinati alla di-
struzione dei tubuli seminali, e chi volle invece determi-
nassero lo sviluppo della linea seminale; vi è chi preten-
de abbiano un ufficio di nutrizione della parte seminale,
e chi sostiene che siano gli elementi della secrezione endo-
crina. E’ dunque assai interessante esaminare le singole
opinioni, per trarne delle conclusioni interessanti.
Lenhossek nel 1897 ritenne che le cellule interstiziali
rappresentassero un resto di quei tessuti, i quali hanno
servito per formare il testicolo; e che fossero, dal punto di
vista fisiologico un organo di riserva. I cristalloidi sareb-
bero impiegati dall'organismo per fabbricare la linea se-
minale. Lenhossek sosteneva questa ipotesi, perchè diceva
di aver notato, che i cristalloidi non si trovano più quando
è finito il periodo della fecondità. Naturalmente le suces-
sive nostre conoscenze hanno potuto far escludere del tutto
una simile teoria, la quale ormai ha solo un'importanza
storica.
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 263
Un'opinione del tutto opposta a quella di Lenhossek
fu emessa l’anno dopo da Mathieu, il quale disse che, al-
l’infuori del suo ufficio secretorio, la cellula interstiziale
sembra abbia uno scopo attivo, ossia la invasione e la di-
struzione dei tubuli seminiferi, quando l’ufficio del te-
sticolo è finito dal punto di vista spermatogenetico. Ma-
thieu si basava sullo studio dell’elemento intestiziale negli
animali criptorchidi; e quindi è facile ora comprendere
come abbia mal interpretato dei fatti confermati poi da
altri Autori, ma ben diversamente e più giustamente
intesi.
Però una teoria di più solide basi, che ancor oggi ha
dei sostenitori autorevoli, è quella secondo cui si conside-
rano gli elementi interstiziali come un organo tropico del
testicolo, destinato alla nutrizione dei tubuli seminiferi.
Secondo tale ipotesi, questi elementi accumulerebbero dei
materiali nutritizi portati dal sangue per i vasi, li ela-
borerebbero nel loro citoplasma, e li fornirebbero quindi
trasformati al sincizio nutritizio o sincizio di Sertoli.
Il sincizio alla sua volta assorbirebbe 1 materiali allo
stato di dissoluzione, e li distribuirebbe poi ai diversi ele-
menti della linea spermatogenetica, e sovratutto agli
spermatidi nel periodo della loro metamorfosi in spermidi.
Plato pel primo nel 1896 emise questa opinione, dopo avere
studiato il grasso delle cellule intestiziali, il quale avreb-
be traversato, secondo lui, allo stato di dissoluzione la
membrana propria dei tubuli seminali. Dopo fu sostenuta
da Beissner; egli, pur mettendo in dubbio la necessità del
grasso per le cellule seminali, pensò che l'assorbimento da
queste cellule dovesse avvenire con le stesse regole esi-
stenti per l’assorbimento intestinale dei grassi. Friedmann
sostenne che il grasso penetrasse sotto forma di goccioline
attraverso la membrana, l’idea combattuta da Beinner;
ma in fondo ammise che la sostanza interstiziale del te-
sticolo costituisca un organo trofico per gli elementi se-
204 VALENTINO BARNABO”
minali. L'esperienza di Cl. Regaud, già altre volte ricor-
data, con la colorazione mediante la lacca ramata d’ema-
tossilina, sembra non lasciar dubbio sul passaggio delle
sostanze elaborate dalle cellule interstiziali nel sincizio
nutritivo e di là negli elementi seminali. E anche Bouin e
Ancel, i quali ripeterono l’esperienza, ottennero gli stessi
risultati e conclusero che la glandola interstiziale va con-
siderata come un organo partecipante alla nutrizione dei
tubuli seminali e degli elementi da questi racchiusi.
Questa teoria ha però anche degli autorevoli oppo-
sitori, specialmente in coloro che ritengono le cellule in-
terstiziali come l'organo destinato alla secrezione interna
del testicolo. Sono queste le due correnti presenti, causa in
Francia anche di polemiche assai interessanti per la di-
mostrazione di qualche fatto nuovo, e per la critica. Tra
i partigiani di queste due ipotesi, vi sono poi alcuni so-
stenitori di una teoria eclettica, secondo i quali le cellule
interstiziali avrebbero la funzione di organo trofico per
gli elementi seminali e anche quella della secrezione in-
terna.
Dopo gli esperimenti di Brown Séquard, non rimase
dubbio sulla secrezione interna del testicolo; ma sorge na-
turale il desiderio di osservare a quale elemento istologico
fosse dovuta tale secrezione; fu quindi accolta con favore
l’idea emessa da Reinke nel 1896, che i cristalloidi delle
cellule interstiziali ne rappresentino appunto la costitu-
zione morfologica. Secondo Reinke questa secrezione sa-
rebbe versata dalle cellule interstiziali dopo la loro ela-
borazione, nei linfatici e di lì passerebbe poi nel sangue.
Anche Pruneau ritenne le cellule interstiziali come l'or-
gano della secrezione interna, basandosi sulle esperienze
colla legatura del deferente; e dopo lui Cunéo e Lecène
sostennero la medesima idea, perchè, dallo studio del te-
sticolo ectopico essendo risultato che le cellule interstiziali
aumentano di volume e si ordinano intorno ai vasi, pote-
rono spiegarsi come i caratteri del femminismo nei crip-
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i
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Ì
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LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 265
torchidi siano indice di una secrezione interna insuffi-
ciente. Regaud poi dai suoi studî concluse, che si trova
nel testicolo una parte modificata, detta segmento termi-
nale, in cul non VI è produzione di sperma; e che vi sono
parti segreganti di più e parti segreganti di meno. Dallo
studio del testicolo ectopico, risulta l’esistenza di una
secrezione interna e di una esterna, ragione per cui anche
un testicolo sterile non è del tutto inutile per l'organismo.
Ma cosa intende Regaud per segmento terminale? Su un
altro lavoro in collaborazione con Policard, egli dichiara
le cellule interstiziali l’organo della secrezione interna.
Vedemmo già che anche Loisel ammise per il testicolo
due secrezioni distinte, una esterna e l’altra interna; e
che questa seconda sarebbe una secrezione chimica provo-
cante un’attiva distruzione di grasso dell'organismo, e il
dimagramento consecutivo del maschio all’epoca degli
amori, o l’ingrassamento del maschio castrato. Lo studio
del testicolo della H'oudia madagascariensis convalidò, co-
me pure vedemmo, le opinioni di Loisel, 11 quale ritenne
la glandola interstiziale analoga, in certo qual modo, alle
capsule surrenali e ai gangli linfatici. Egli però non volle
ritenere le cellule interstiziali come l’unico organo desti-
nato alla secrezione interna, ma pensò invece che a que-
sta funzione fossero destinate tre forme particolari di
elementi : le cellule interstiziali, le germinative, e quelle
del Sertoli. Secondo lui difatti queste tre specie di cellule
hanno la stessa origine e forse possono passare una nel-
l’altra. Noi abbiamo anche detto che gli ulteriori studî non
possono più far ritenere esatte le asserzioni di Loisel; e
diremo poi che ia sua ipotesi sulla triade funzionale ha
avuto pure degli oppositori.
La teoria secondo cui la cellula interstiziale sarebbe
l'organo della secrezione interna ebbe però altri sosteni-
tori in Mosselmann e Rulay, i quali pensarono pure che
questa cellula potrebbe servire alla determinazione di al-
2606 VALENTINO: BARNABO’
cuni caratteri proprî al maschio; e poi in Stéphan: e in
Félizet e Branca, i quali si domandarono, ma senza poter
rispondere, se la secrezione interna avesse avuto per effetto
di bilanciare la secrezione esterna. Finalmente Richon e
Ieandelize notarono che gli effetti ottenuti sull'organismo
dopo la castraziore sono dovuti alla mancanza dell’elemen-
to interstiziale, e siccome il pene degli animali dopo la le-
gatura del deferente seguitava a svilupparsi, ammisero
che la glandola interstiziale, da sola abbia Tufficio della
secrezione interna, contrariamente all’opinione di Loisel.
Bouin e Ancel obbiettarono però, che la parte genitale
in via di atrofia potrebbe ancora eliminare dei prodotti,
assorbibili dall’organismo.
Vengono quindi i lavori di Bouin e Ancel, i sosteni-
tori più strenui di questa teoria. In una serie di pubbli-
cazioni dal 1903 in poi sono studiate accuratamente molte
ed è ammessa la conclusione che la glandola interstiziale
ed è emessa la conclusione che la glandola interstiziale
abbia un’azione generale sull'organismo mediante una se-
crezione interna. A ciò portarono gli studî sullo sviluppo
dj questa glandola nel testicolo dell'embrione, varie espe-
zienze, e finalmente l’esame del testicolo ectopico negli
animali criptorchidi. Le cellule interstiziali costituireb-
bero dunque nel loro complesso una vera glandola inter-
stiziale, nettamente indipendente dalla parte seminale
sotto il punto di vista dell’autogenesi, della morfologia e
della funzionabilità. Inoltre gli (esperimenti dimostra-
rono che le cellule seminali non hanno alcuna. influenza
sull'organismo, perchè il mantenimento dei caratteri ses-
suali e dell’istinto genetico negli animali criptorchidi, 0
in quelli con stenosi patologica 0 sperimentale del dete-
rente, dipende soltanto dalla integrità della glandola in-
terstiziale e del sincizio di Sertoli. Però anche il sincizio
alla sua volta non ha alcuna azione sull'organismo, perchè
se si castrano gli animali da un lato, e si reseca il defe-
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 267
rente dall’altro, si nota degenerazione avanzata del sinci-
zio ed ipertrofia compensatoria della glandola intersti-
ziale; come pure si trova la stessa cosa nelle esperienze
sul porci criptorchidi unilaterali. La glandola intersti-
ziale invece da sola possiede quest’azione generale che era
stata riconosciuta fino da Brown Séquard al testicolo
tutto intiero.
Innanzi tutto la stessa obbiezione mossa da Bouin e
Ancel a Richon e Ieandelize circa la conclusione che la
parte interstiziale avrebbe avuta da sola l'ufficio della se-
crezione interna andrebbe ripetuta anche per le esperien-
ze di castrazione unilaterale e resezione del deferente dal-
l’altra parte, perchè pure il sincizio di Sertoli in dege-
nerazione avanzata avrebbe potuto eliminare ancora dei
prodotti, assorbibili dell'organismo. Ma a parte ciò, si
nota come queste conclusioni siano in aperta contraddi-
zione con quelle, a cui era giunto Loisel; e quindi una vi-
vace polemica tra Loisel e Bouin e Ancel, polemica di cui
credo sarà bene parlare, quando avremo esaminato quale
scopo è attribuito alla secrezione interna.
Pur ammettendo dunque che la glandola interstiziale
abbia l'ufficio della secrezione interna, sia da sola, sia in
unione con altri elementi del testicolo, quale funzione a-
vrebbe sull'organismo la secrezione endocrina ? E qui sor-
gono ancora numerose e disparate ipotesi.
Innanzi tutto Mosselmann e Rubay nel 1902 avan-
zarono l’idea che le cellule interstiziali potessero coi loro
prodotti determinare alcuni dei caratteri sessuali secon-
darî propri del maschio. E tale idea fu poi accettata da
Richon e Jeandelize, e quindi da Bouin e Ancel, i quali
ultimi ritenendo che l'elemento interstiziale sia un or-
gano caratteristico della glandola sessuale maschile, per-
chè nella femminile non avevano notato nulla di simile,
pensarono che potesse presiedere alla orientazione dei ca-
ratteri sessuali del maschio. Ancel sviluppò anche questa
teoria in un suo lavoro sul determinismo citosessuale dei
268 VALENTINO BARNABO”
gameti. Però gli ulteriori studî hanno dimostrato che non
è esatta l’asserzione di Bouin e Ancel, perchè anche l’o-
valo possiede una glandola interstiziale simile a quella
del testicolo; e quindi i due Autori convalidarono la loro
ipotesi con altri fatti, quale ad esempio l'osservazione cli-
nica di medici e di veterinari, da cui risulta come gli uo-
mini e gli animali criptorchidi conservino gli attributi e-
sterni della virilità. Inoltre sostennero che l'apparizione
dei caratteri sessuali secondari, sia sotto la dipendenza
della glandola interstiziale del testicolo, basandosi sullo
studio di animali criptorchidi con testicolo embrionale:
e, avendo osservato il primitivo e rapido sviluppo del-
l'elemento interstiziale. nell'embrione, ‘antecednte a
quello della Tinea seminale, pensarono che il determinisme
citosessuale dipenda dalla elandola interstiziale, come a-
veva già sostenuto Ancel; e che da essa dipenda pure il
determinismo dei caratteri sessuali secondari non ‘solo
dopo la nascita, ma anche nella vita intrauterina.
Ma sopra altri fatti ancora si basarono Bouin e An-
cel. Già Cunéo e Lecène avevano ritenuto i caratteri del
femminismo, notati in molti criptorchidi, come indice di
una secrezione interna testicolare insufficiente. Di poi
Bouin e Ancel osservarono che, quando si arresta la fun-
zione della glandola interstiziale, si ha anche un notevole
arresto di sviluppo dei caratteri sessuali maschili, e la
produzione dell’infantilismo testicolare. Inoltre, quando
colla legatura del deferente si impedisce lo svilupparsi
della glandola interstiziale, i caratteri sessuali non appa-
riscono negli animali giovani, e negli adulti diminuiscono
molto mentre seompare contemporaneamente l’attività ge-
nitale. L’insufficienza funzionale degli elementi intersti-
ziali porterebbe pure nei vecchi all’attenuazione dei carat-
teri sessuali e dell’attività genitale, e l'insufficienza del
loro sviluppo avrebbe per conseguenza lo sviluppo incom-
pleto dei caratteri sessuali e dell’attività genitale.
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 269
Un'altro effetto avrebbe poi questa secrezione inter-
na, quello cioè di presiedere allo stimolo, all’ardore ge-
nitale. Anche Reinke pensò che la secrezione particolare
degli elementi interstiziali, da lui ritenuta costituita dai
cristalloidi, potesse, una volta entrata nel sangue pei lin-
tatici, essere in qualche modo in rapporto coll’appetito
sessuale. E Horday aveva già messo in relazione in, un
cane criptorchida l'istinto vagabondo e. intraprendente
con l'elemento interstiziale dei testicoli. Ma poi Ancel e
Bouin ebbero a notare la persistenza dell’ardore genitale
nel criptorchidi, e con gli studi successivi videro che l’i-
stinto genesico si comportava come i caratteri sessuali
secondari a seconda dei mutamenti della glandola inter-
stiziale, e ne conclusero che questa. glandola tiene sotto
la sua dipendenza anche l’ardore genitale.
Non basta: la secrezione interna testicolare presie-
derebbe allo sviluppo di tutto il tratto genitale, e delle
glandole annesse. Già Richon e Jeandelize avevano, messo
in relazione la persistenza dell’accrescimento del pene ne-
gli animali, da loro operati, con la presenza delle cellule
interstiziali: di poi Bouin e Ancel studiarono più pro-
fondamente la questione, specialmente osservando i porci
eriptorchidi. Essi trovarono che la glandola interstiziale
dei Mammiferi adulti mantiene l'integrità del tratto
genitale; e che quella dei mammiferi giovani ne presiede
lo sviluppo. Controllarono quindi le loro osservazioni con
apposite esperienze sul porco, nel cane, sulla cavia e sul
coniglio. Esisterebbero dunque strette relazioni tra lo svi-
luppo del tratto genitale e quello della glandola intersti-
ziale, perchè il tratto genitale è tanto. più sviluppato,
quanta più glandola interstiziale si trova nel testicolo.
Ed essi provano le loro asserzioni con figure e cifre assai
interessanti. Da ciò deriva che le variazioni negli organi
genitali, osservabili negli animali criptorchidi, dipendono
dal maggiore o minore sviluppo e da mutamenti della
glandola interstiziale.
270 VALENTINO BARNABO”
Ma vi è di più: si è detto che la secrezione endocrina
dell'elemento interstiziale del testicolo esercita una note-
vole influenza sullo sviluppo somatico di tutto l’organi-
smo. Festal, nel 1851, descrivendo i caratteri del porco
castrato, pensò che le variazioni nello sviluppo somatico
dimostrassero l'influenza dell’elemento interstiziale sul-
l'organismo. Variot e Besangon, osservando uomini crip-
torchidi con tutti gli attributi della virilità, malgrado la
azoospermia, conclusero che la glandola interstiziale può
regolare lo sviluppo generale dell'animale. E dimostra-
rono poi, in un successivo lavoro, l’influenza notevole della
secrezione testicolare sullo sviluppo organico. Poncet, stu-
diando l'influenza della castrazione sullo scheletro, trovò
esistere relazioni notevoli tra la funzione testicolare e lo
sviluppo del tessuto osseo. Ciò è provato dell’osservazione
clinica sopra gli eunuchi, dalla osservazione di clinica ve-
terinaria sui castrati, e anche dall’esperimento. Egli ha
trovato anzi che l'allungamento dello scheletro è dovuto
ad un ritardo nella ossificazione delle epifisi; ma non si
può spiegare in che modo l’assenza della secrezione testi-
colare possa opporsi alla normale ossificazione delle carti-
lagini di accrescimento. Finalmente assai di recente An-
cel e Bouin hanno studiato l’azione degli estratti della
gflandola irfterstiziale del testicolo sullo sviluppo dello
scheletro e degli organi genitali, facendo iniezioni negli
animali di estratti di testicoli, in cui la parte seminale era
atrofica, ed era sviluppata invece la parte interstiziale.
Essi hanno inoltre trovato che le iniezioni di estratti della
elandola interstiziale hanno un notevole effetto nella cre-
scita dell'organismo, perchè attivano notevolmente lo svi-
luppo di animali castrati, riportandolo quasi eguale a
quello degli animali normali.
Finalmente la secrezione interna della ghiandola in-
terstiziale dovrebbe avere anche una azione di difesa per
l'organismo.
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 271
Voinov ha studiato i rapporti tra la glandola inter-
stiziale e le spermotossine, e ha trovato che le spermotos-
sine molto attive en vitro, non producono alcuna altera-
zione sul testicolo. Egli pensa si tratti di una dissociazio-
ne della citasi e della sensibilizzatrice sotto Vinfluenza
della glandola interstiziale. Ancel e Bouin hanno poi e-
saminato la glandola interstiziale nelle intossicazioni da
alcool o da tossine tubercolari e nelle infezioni tuberco-
lari e carbonchiose, e hanno trovato che essa si ipertrofiz.
za e che la sua secrezione sì esagera, come se avesse una
funzione di difesa per l'organismo. Solo alla fine della
intossicazione cronica oppure per una intossicazione grave
e rapida si ha l'atrofia della glandola e la scomparsa della
sua secrezione.
In ultimo ricorderò i recentissimi studi di Hervieu
sulla proprietà della glandola interstiziale di produrre
dei fermenti solubili. Ma di questo argomento ci siamo
già occupati altrove e sarebbe inutile tornarvi ora.
L’importanza dunque attribuita alla ghiandola inter-
stiziale dal punto di vista fisiologico è massima, specie
per parte di alcuni Autori francesi recenti, come Bouin e
Ancel. Non sono però mancate le critiche, e Loisel ha avuto
occasione di combattere in modo molto brillante le loro
ipotesi e le loro teorie. Ancel e Bouin, scrive presso a poco
Loisel, dicendo che la funzione della secrezione interna
spetta unicamente alle cellule interstiziali, vanno contro
i dati di fatto già rilevati da loro stessi nei primi lavori,
e contro le teorie della fisiologia e della Istologia Com-
parata.
Richon e Jeandelize colle analoghe conclusioni con-
fondono i caratteri sessuali secondarî cogli organi genitali
esterni. La distruzione di una simile glandola non sì può
poi sostenere nè dal punto di vista morfologico, nè dal
punto di vista istologico, e tanto meno dal punto di vista
fisiologico. Morfologicamente non si possono considerare
272 VALENTINO BARNABO”
le cellule interstiziali come distinte in origine dalle cel-
lule seminali primordiali, perchè i due primi punti di 0-
rigine peritoneale e mesenchimale della glandola sessuale
finiscono col confondersi ben presto, e le cellule assumono
allora tutto il medesimo aspetto. Dal punto di vista istio-
chimico gli stessi prodotti delle cellule interstiziali si ri-
trovano nelle cellule poste alla base dell’epitelio seminale;
e in alcuni tipi di animali funzionano solo le cellule di
Sertoli. Dal punto di vista fisiologico poi non si può am-
mettere che le cellule interstiziali tengano da sole sotto la
loro dipendenza l’ardore genitale e il determinismo dei ca-
ratteri sessuali secondarî, perchè questi elementi non esi-
stono in molti animali, come gli Insetti, in cui vi sono tut-
tavia caratteri sessuali secondarî; e perchè invece esisto-
no in animali, come la cavia, il cane, il coniglio, in cui non
sl notano evidenti caratteri sessuali secondarî. L’esperien-
za pol della legatura del deferente non è neppure, secondo
sempre Loisel, dimostrativa, perchè dopo i lavori di Bris-
sand, il quale ha dimostrata l’azione della cosiddetta ecci-
tazione genesica, Ancel e Bouin dovevano domandarsi se
quella che chiamano « ipertrofia compensatoria » non
fosse dovuta alla eccitazione continua di una ghiandola a
condotto escretorio chiuso. Per esempio Loisel stesso aveva
trovato iperattività funzionale nelle cellule interstiziali
di un cane, da tre anni operato di nefrectomia e venuto
pol a prolungato digiuno.
Ancele Bouin risposero a Loisel che dal punto di vista
morfologico ritengono che nel porco avvengano le cose co-
me le hanno descritte; che tutto l'organo abbia un'origine
comune ;e che un organo, costituito da elementi glandola-
ri, e provvisto di vasi e nervi propri, meriti veramente il
nome di glandola, distinta dalla seminale, essendone rela-
tivamente indipendente. Dal punto di vista istlochimico 1
cristalli di Reinke si trovano soltanto nelle cellule intesti-
nali e non nei tubuli germinali; mentre i cristalli di Lu-
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 273
barsch e di Charcot si trovano nei tubuli e mai nelle cel-
lule intestinali. Dal punto di vista fisiologico poi si sono
voluti gli Autori limitare nelle loro conclusioni ai Mam-
miferi, senza estenderle agli Insetti; e per caratteri se-
condari sì è voluto intendere tutto ciò che non è indispen-
sabile per la fecondazione. Riguardo poi alle esperienze
di legatura del deferente dal lato opposto a quello ca-
strato sì otteneva proprio un aumento nel numero delle
cellule interstiziali e quindi una ipertrofia compensatoria
nel vero senso della parola. Del resto perchè, se è dimo-
strato in modo non dubbio che la glandola interstiziale
sl ipertrofizza in certe condizioni cacchettiche dell’indi-
viduo, non si potrebbe avere una ipertrofia anche in con-
dizioni sperimentali? Dopo parecchi mesi e dopo parec-
chi anni la glandola seminale sparisce e la interstiziale
permane, mentre si può ottenere con un simile esperimento
l’ipertrofia persistente della glandola interstiziale, iper-
trofia che merita dunque il nome di compensatoria.
Tuttavia io noterò che non da tutti si intende la stes-
sa cosa per caratteri sessuali secondarî e da ciò una con-
seguente confusione. Giardin in un suo lavoro riporta an-
zi la bibliografia sull’argomento dei caratteri sessuali se-
condarî e che perciò mi dispenso di citare; e, studiando
poi la questione del come la castrazione possa agire su ta-
li caratteri conclude che ancora non si sa nulla di preciso;
che pur esiste la glandola interstiziale in tipi omeomorfi;
e che vi sono poi altri fatti in disaccordo colla teoria umo-
rale, ossia con la dottrina secondo cui si ammette l’intro-
duzione nel sangue di sostanze modificatrici del soma.
Veramente anche Bouin e Ancel riconoscono che alcuni
fatti nei Mammiferi sembrano inconciliabili colle loro 0-
pinioni sulla glandola interstiziale del testicolo ,e colla
dottrina umorale. Però il sesso non si distingue secondo
loro, soltanto per i caratteri esteriori, ma anche per lo svi-
luppo dello scheletro, dei muscoli, ecc., su cui essi hanno
Bollett. Soc. Zooiogica Italiana 4
274 VALENTINO BARNABO’
potuto pol dimostrare una influenza esercitata dall’ele-
mento interstiziale. Ecco perchè hanon concluso che nei
Mammiferi il determinismo dei caratteri sessuali secon-
dari del maschio deva esser in rapporto con questa ghian-
dola. Ma noi non entreremo di più in tale questione per
non entrare in teoriè sul determinismo del sesso, allonta-
nandoci di molto dal presente nostro campo di studio.
*
è +
Riportati così i lavori e le opinioni degli Autori, ci
resta ad esaminare Ie obbiezioni che per me, si potrebbero
ora fare secondo gli ultimi studii, e le conclusioni che se
ne possono ricavare .
Non ci occuperemo nè dell'ipotesi di. Lenhossek, nè
di quella di Mathieu, che più non rispondono alle odier-
ne conoscenze, e che hanno solo un valore storico; e
cominceremo ad occuparci invece della teoria, che consi-
dera gli clementi interstiziali come un organo trofico, de-
stinato alla nutrizione degli elementi seminali. Si era per
un pezzo attribuita soltanto al sincizio di Sertoli la fun-
zione della nutrizione delle cellule seminali; invece se-
condo i sostenitori di tale dottrina, il sincizio riceverebbe i
prodotti delle cellule interstiziali, le quali elaborerebbero
sostanze provenienti dal sangue. Pertanto, le cellule in-
terstiziali sarebbero, diremo così la fabbrica che riceve
dal di fuori la materia prima e rende quindi i suoi
prodotti. — Si comprende benissimo come. ciò non
possa avere che semplicemente il valore di una ipotesi,
perchè anche la dimostrazione istologica data da Cl. Re-
caud con la colorazione della lacca ramata d’ematossilina,
e la conferma di Bouin e Ancel, non crederei abbiano ta-
le valore da non lasciar più alcun dubbio sul passaggio
delle sostanze elaborate dalle cellule interstiziali nel sin-
cizio sertoliano e nelle cellule seminali. Difatti per giun-
ger a tale conclusione mi pare che bisognerebbe prima a-
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 275
ver la certezza che tanto nel sincizio, quanto nelle cellule
seminali non esistano sostanze, le quali possano presenta-
re con la lacca ramata di ematossilina, la stessa reazione
microchimica di quella dimostrata per le sostanze conte-
nute dall’elemento interstiziale, e viceversa che in questo
non esistano sostanze simili a quelle delle cellule sertolia-
ne e seminali. Ciò potrebbe essere, senza che per ciò simili
prodotti siano passati da uno di questi elementi nell’al-
tro. Così nelle cellule seminali furono notati i cristalloidi
di Lubarsch e di Charcot, e mai quelli di Reinke; e non
potrebbero questi cristalloidi avere una medesima reazio-
ne microchimica? In ogni modo mi pare che sarebbe pur
sempre assai difficile provare in modo assoluto il passag-
gio di alcune sostanze dalle cellule interstiziali in quelle
sertoliane e seminali, e quindi crederei che si possa par-
lare soltanto di una ipotesi. probabile, ma non di cosa
certa.
Secondo l’altra teoria, che ritiene gli elementi inter-
stiziali produttori della secrezione interna testicolare,
questi elementi ricaverebbero le loro sostanze dal proprio
metabolismo cellulare, e le verserebbero quindi nel san-
gue, invece che prenderle dal sangue, come vorrebbe la
precedente ipotesi. Sulla esistenza della secrezione inter-
na testicolare sarebbe assurdo elevare oggi dei dubbi dopo
tante prove convincentissime di così autorevoli ricerca-
tori.
Ma è realmente la cellula interstiziale quella che la
produce ?
Abbiamo visto che neppure su ciò si è d’accordo, per-
chè Loisel ritiene che vi concorrano anche il sincizio e le
cellule seminali, mentre per Bouin e Ancel questi ele-
menti non avrebbero alcuna importanza.
Sarebbe naturale considerare le cellule interstiziali come
produttrici della secrezione endocrina, specialmente per
la presenza nel loro citoplasma di così diversi e svariati
276 V. BARNABO”
prodotti di elaborazione. Certo inoltre vi sono molti fatti
portati in luce dalla fisiologia, dalla patologia e dall’espe-
rimento, fatti controllati con ripetute prove da tanti os-
servatori autorevoli, che stanno a confortare una simile
ipotesi. Ma mentre i fatti sono innegabili si può d’altra
parte con certezza dare loro una tale interpretazione?
Bowin e Ancel mi sembrano forse un po” entusiasti
della loro ipotesi, e un po’ facili a trovare i fatti a con-
forto delle proprie idee. Ma considerando invece il pro
ec il contro, non credo si abbiano tante prove sicure per
questa dottrina.
II voler attribuire, come fa Loisel, alle cellule inter-
stiziali solo una parte nella produzione della secrezione
endocrina testicolare, pur sembrando giusto come ipotesi,
non può però essere del tutto giusto, quando si vogtiano
considerare come gli altri fattori le cellule del sincizio e
le cellule seminali. Non vi è difatti alcuna prova fisiolo-
gica, o patologica, o sperimentale, la quale abbia con cer-
tezza potuto far supporre che queste due sorta di ele-
menti siano destinati ad altro, all'infuori della secrezione
esterna. Gli elementi sessuali, così riechi di attività mol-
tiplicatrice, così rapidamente trasformantisi nelle loro
successive fasi, non sembra si possano ritenere anche gli
‘organi di una funzione così delicata come la secrezione in-
terna. Le cellule del sincizio sono troppo in intimo rap-
porto con gli elementi seminali, da far pensare che ad esse
spetti altra funzione oltre quella del loro sostegno e ma-
cari della loro nutrizione.
E inoltre le esperienze di Bouin e Ancel sono, sotto
questo punto di vista, molto persuasive, e gli argomenti
che si contrappongono alle obbiezioni di Loisel, sembrano
pure assai giusti. Ritengo inutile esaminare quelle obbie-
zioni poichè gli stessi Bouin e Ancel vi hanno così bene
risposto.
Però Bouin e Ancel non attribuiscono alla glandola
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 277
—_
intestinale soltanto la funzione della secrezione interna;
ma anche quella trofica per li elementi seminali, ponendo-
sl quindi, come tratt d’union tra le due teorie. Ora non
pare almeno probabile che elementi, nella loro struttura
e nel loro complesso tanto semplici, possano avere parec-
chie funzioni. Invero non si può dire veramente che costi-
tuiscano un organo provvido ai vasi e di nervi, meritevole
del nome di glandola, perchè vasi e nervi propri, non so-
no stati per ora descritti, almeno per quanto a me consta.
Esl vorrebbe d’altro canto che questi elementi contempo-
raneamente prendessero dal sangue delle sostanze, e le
trasformassero per passarle alle cellule dei tubuli semina-
li; ne elaborassero quindi delle altre, per versarle poi nel
sangue, senza che di tale complicato lavorio, e di tali due
inverse correnti sì potesse in modo sicuro colpire alcuna
fase al microscopio. Mi pare che con ciò si attribuiscano
troppe cose a queste cellule; tuttavia è probabile che nuo-
vi fatti decisivi possano riuscire a provare anche questa
ipotesi ecclettica.
Volendo ora per un momento ammettere come prova-
to in modo assoluto, che alla cellula interstiziale spetti la
elaborazione della secrezione interna testicolare; dobbia-
mo domandarci se questa secrezione possa avere le funzio-
ni sull'organismo, attripuitele dagli Autori.
Innanzi tutto il determinismo dei caratteri sessuali
secondarî del maschio sarebbe dovuto ad essa; abbiamo vi-
sto però quale confusione vi sia su ciò che si intende per
caratteri sessuali secondarî. Mentre alcuni, come Richon
e Jeandelize, li credono costituiti dallo sviluppo del trat-
to genitale e degli organi adibiti alla copula; altri, come
Bouin e Ancel, vi ascrivono il maggiore sviluppo schele-
trico e muscolare; e altri ancora gli attributi esteriori del
maschio. Non si deve però, io credo, pensare in questo caso
agli Insetti, e in genere agli Invertebrati, nei quali il di-
morfismo sessuale è tanto spiccato, perchè per la giandola
278 VALENTINO BARNABO’
interstiziale ci si deve limitare al campo dei vertebrati;
e mi pare anche prematuro parlarne per quei vertebrati,
nel quali, pur essendo notevole il dimorfismo, un elemen-
to interstiziale non è stato descritto ancora con certezza.
Tuttavia differenze notevoli. solamente esteriori si
possono osservare sicuramente tra il maschio e ia fem-
mina anche in #uft? 1 mammiferi, compreso l’uomo. Ma si
può con certezza attribuire ciò alla secrezione interna te-
sticolare Anche lovaio ha indubitatamente una secrezio-
ne interna: e ad essa sarebbe dunque dovuto il determini-
smo del caratteri sessuali secondarî della femmina? È,
dato il primordiale sviluppo dell'elemento interstiziale
nell’organo sessuale dell'embrione, sarebbe questo, quello
che presiederebbe al determinismo del sesso? Con ciò si
creano dunque ancora altre ipotesi, senza però che alcun
fatto sicuro possa per ora guidarci. Circa al determini-
smo dei caratteri sessuali secondarî del maschio, intesi nel
senso di Bouin e Ancel, sì può pure ritenere premature
le loro conclusioni fino a che non si abbiano maggiori co-
noscenze su tale intricatissimo argomento.
E il femminismo, e l’infantilismo sono dovuti solo al-
la insufficienza funzionale dell'elemento interstiziale ?
Tale questione è naturalmente subordinata alla preceden-
te. Tuttavia mi pare che ciò si deva ammettere solo 1n
parte, perchè malgrado le nostre scarse conoscenze, sì può
tuttavia ritenere che tali caratteri siano dovuti ad un
complesso di svariati fattori, quali ad esempio l’atrofia
di tutti i diversi elementi del testicolo e degli organi ses-
suali, piuttosto che alla mancanza della funzione di rela-
tivamente scarse ceunule del testicolo.
E l’ardore genitale può dipendere dalla funzione del
le cellule interstiziali? Mi pare che anche questo non si
possa dire con certezza. Si comprende bene che l’ardore
genitale deva andare di pari passo collo sviluppo di tutto
quell'insieme che serve per le funzioni sessuali. Però una
PT ST TT —___—————m
ve Mil a
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 279
cosa tanto complessa, dipendente spesso anche dal sistema
nervoso centrale, e non si può, credo, ridurre ad' una sem:
plice, eccitazione, prodotta dalla secrezione delle cellule
interstiziali. L’aver trovato negli esperimenti variazioni
dell’istinto genesico può dipendere pure da altri fattori,
quali ad esempio la anormale topografia degli organi ses-
suali, le lesioni della glandola sessuale o dei suoi condot-
ti deferenti, l’atrofia stessa della parte seminale del testi-
colo. Non va escluso che vi possa concorrere anche l’atrofia
o la insufficiente funzione degli elementi interstiziali; ma
sarebbe troppo esclusivo riportare soltanto a ciò l’anda-
mento dell’istinto genesico. Si potrebbe poi obbiettare che
tale istinto hanno in modo spiccato ancne vertebrati, in
cui non è stato ritrovato alcun elemento interstiziale.
Inoltre sono stati descritti nella letteratura medica
dei casi di evirati, 1 quali han conservato, l’ardore geni-
tale o per lo meno il desiderio della donna, per un tempo
certo superiore a quello nel quale avrebbe potuto perma-
nere nell'organismo lo stimolo della secrezione interna dei
testicoli asportati. E vi sono poi molte malattie cerebrali,
molte psicosi, in cui l'istinto genesico si modifica profon-
damente, senza apparente macroscopica alterazione delle
glandole testicolari. Sarebbe interessante esaminare in ta-
li casi gli elementi interstiziali; ma a priori mi pare si
possa eseludere che solo ad alterazioni di questi elementi
sì debba la modificazione dell’ardore genitale.
Anche lo sviluppo del tratto genitale sarebbe dovuto
alla secrezione interna, prodotta dalla glandola intersti-
ziale. Le figure e le cifre riprodotte da Bouin e Ancel per
i porci criptorchidi sono indiscutibili; ma si può conclu-
dere che ciò dipenda dalla minore funzionalità dell’ele-
mento interstiziale? In tali casi si ha anche atrofia note-
vole della parte seminale, e per dir meglio, di tutto il te-
sticolo, e non potrebbe questo essere un fattore assai impor-
tante per determinare tali alterazioni? E° noto che la ca-
280 VALENTINO BARNABO”
strazione importa l’atrofia di tutto il tratto genitale e del-
le glandole annesse; tanto che anzi questo metodo di trat-
tamento della ipertrofia prostatica ha dato sempre buoni
risultati. Ma d’altra parte si sa, e noi abbiamo apposita-
mente esaminato im breve l’argomento, che la prostata
s1 atrofizza anche con la castrazione fisiologica, con la reci-
sione cioè o con la legatura dei deferenti. In tali condi-
zioni la glandola interstiziale anzi si suole sviluppare 0
ipertrofizzare, come han detto Bouin e Ancel) nel mentre
che si atrofizza la parte seminale; stando quindi alle ipo-
tesì di questi due Autori, la prostata, come glandola ac-
cessoria del tratto genitale, non dovrebbe almeno subîre
alterazioni di struttura e di volume. Si potrebbe pensare
che colle operazioni vengano lesi vasi e nervi, producendo
quindi anche atrofia della parte interstiziale, come è suc-
cesso in alcune esperienze a Bouin e Ancel. Ma se ciò
può accadere negli animali da esperimento, è difficile che
accada nell'uomo, in cui gli elementi ‘del cordone sperma-
tico sono ben distinti gli uni dagli altri, e in cui si suole
operare con molta delicatezza e precisione tecnica ‘da ‘chi-
rurghi competentissimi. Inoltre dopo i lavori di Alessan-
dri, e di altri sugli ettetti a carico del testicolo, consecuti-
vi alla resezione degli elementi del cordone spermatico; si
bada moltissimo in Chirurgia a praticare solamente la
resezione del condotto deferente, bene isolato dal connetti:
vo perideterenziale. E anche così si è tuttavia ottenuta
sempre la guarigione della ipertrofia prostatica.
Questo è un fatto che si contrappone seriamente alla
ipotesi di ritenere lo sviluppo del tratto genitale intiera-
mente e solamente subordinato alla secrezione interna del.
la glandola interstiziale.
(Continua).
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE
T. Il nesso tra le condizioni esterne e la forma e la fun-
zione di alcuni organi nei pesci. — E° questo il titolo di
una interessante nota che il dott. S. BacLIonI ha testè
pubblicata (1), della quale diremo brevemente, fiduciosi di
far cosa gradita a molti dei lettori del nostro Bollettino.
L’egregio aut., libero docente e aiuto nell'Istituto Fisio-
logico della R. Università di Roma, ricorda dapprima la
nota condizione essenziale dei processi respiratori negli
organismi animali (scambio gassoso, cioè eliminazione di
CO2 e assorbimento di O), sia che avvenga per via di pol-
moni, di trachee, o di branchie.
Ricorda dopo i movimenti respiratori nei pesci, e co-
me in questi si abbia non una corrente continua, ma ritmi-
camente intermittente, con determinata e costante dire-
zione.
Nei Teleostei, per la presenza dell’opercolo, si ha una
parete rigida comune alla cavità oro-branchiale; ed il
primo atto respiratorio (fase inspiratoria) porta seco una
dilatazione attiva delle pareti di essa cavità, con aumento
del triplice diametro, con facile penetrazione dell’acqua
nella bocca. Nella 2* fase od espiratoria si hanno movi-
menti antagonistici, e quindi diminuzione dei 3 diametri,
valida costrizione delle pareti, e fuoruscita dell’acqua per
le aperture branchiali esterne.
L’aut. sorvola sull'azione di determinati muscoli, de-
siderando richiamare l’attenzione sull'importanza specia-
le dell'apparecchio branchiostego. Questo, come giusta-
(1) V. Mon. Zool. Ital. —— An. XIX. Luglio 1908. N. 7, pag. 180-191.
282 A. CARRUCCIO
mente osserva, non è una membrana, perchè consta di una
impalcatura ossea e di muscoli, con sviluppo più o meno
grande, come ad es. nelle Scorpuenae; e ricorda come uno
degli estremi dei raggi ossei Si articoli coll’arcata ioidea,
ed un altro termini liberamente nel connettivo della
membrana. Ed è in questi raggi che attaccansi muscoli
antagonisti, estensori cioè od inspiratori, e flessori od e-
spiratori; dei quali il prof. Baglioni determina il modo
di agire.
Lasciando quì da parte i Murenoidi, cui pure accen-
na lA., ricorderemo con lui che nei Selaci, in cui manca
opercolo vero e apparato branchiostego, il meccanismo re-
spiratorio lo s1 fece consistere da diversi distinti zoologi
« in una vera e propria deglutizione ». Il Baglioni so0g-
giunge che in via generale « anche nei pesci privi di o-
percolo ha luogo una fase inspiratoria, che consiste in un
ampliamento delle tre dimensioni. della cavità ovale e
branchiale, per cui l’acqua entra dall’apertura orale .e da-
gli sfiatatoi (Selaci), a cui segue una fase espiratoria, in
cul sì ha diminuzione delle tre dimensioni delle dette ca-
vità, determinante la fuoruscita dell’acqua dalle aperture
eSLeThE
Se in queste parole non esiste forse tutta la precisione
e chiarezza desiderabili, ci pare invece che assai bene l'A.
dimostri l’importanza delle due serie di valvole nei pesci
in generale. La prima serie di esse trovasi in connessione
coll’entrata dell’acqua (apertura orale); la seconda serie
coll’uscita (aperture esterne branchiali). Le prime valvo-
le, o mandibolari, falciformi, impediscono, durante la in-
spirazione, il riflusso dell’acqua aspirata. Le seconde, che
guerniscono gli orli delle fessure branchiali, non permet-
tono l’accesso dell’acqua durante l’inspirazione, permet-
tendone invece l'uscita durante l’espirazione; e in questa
fase non deve dimenticarsi il restringimento delle pareti
della cavità oro-branchiale e la conseguente pressione sul
liquido.
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 283
Osserva 1Î Baglioni che alcuni zoologi credono abbia
la membrana branchiostega solo « importanza di valvola
passiva ». Egli, stando ai risultati delle sue ricerche, ciò
esclude assolutamente, fornendo esempi, fatti e figure.
Passa poscia a dimostrare come esistano parecchie
variazioni nella forma di respirazione dei pesci (tipi re-
spiratori), secondo la prevalenza di questo o di quell’altro
segmento degli organi funzionanti. I tipi poi sarebbero
caratteristici per tutti quei pesci, a qualunque famiglia
appartengano, vissuti nella stessa zona biologica (pesci
continuamente nuotanti — forme nectoniche; pesci dimo-
ranti nel fondo o sulle roccie marine — forme bentoniche).
Non possiamo allungare questo cenno bibliografico
per dire dei 4 tipi respiratori che nettamente pare risul-
tino all’aut. pei Teleostel, e dei 3 propri pei Selaci; ma spe-
riamo, stante l'interesse che ci desta l'argomento, di poter
riparlare del medesimo nel Bollettino o nella nostra scuola
di Zoologia.
AGNO.
II. Nuovo « CATALOGO SISTEMATICO DEI MOLLUSCHI ».
Con questo titolo vennero non ha guari pubblicate le 8
parti formanti il tomo XIII della grande opera Museum
d’Histoire naturelle des Payes Bas. Nella prefazione
scritta nel giugno 1908 dall’illustre Direttore prot. F. A.
Ienting, è detto che questo « Catalogo sistematico de’
Molluschi ha lo scopo di far conoscere al mondo scienti-
fico le ricchezze che in questo ramo della Zoologia trovansi
accumulate nel Museo di storia naturale dei paesi Bassi.
Il Catalogo servirà a guidare gli studiosi, ad informarli
intorno a quelle specie rare e interessanti che possono tro-
vare in esso Museo, e quindi agevolare i loro studi z00-
logici ».
Leggendo queste parole abbiamo altra volta pensato
alla grandissima utilità di questi diligenti e voluminosi
284 A. CARRUCCIO
cataloghi, quali pubblicansi a Londra,Berlino,Parigi,Lei-
da, ecc., da Musei cioè che dispongono di larghissimi mezzi
finanziari. Oltre la dottrina, la speciale competenza e pa-
zienza esemplare dei compilatori dei cataloghi pei singoli
rami della vasta scienza zoologica, questi compilatori (e
pel presente catalogo dei Molluschi furono i Signori Horst
e Schepman) hanno sempre veri e leali incoraggiamenti; i
quali per lo più mancano in Italia, dove è accaduto, anni
or sono, che qualche catalogo ben fatto di collezioni stu-
diate o ordinate in questo o quel museo, fu considerato ope-
ra quasi antiscientifica... La parzialità e stoltezza del giu-
dizio non occorre farle rilevare.
V'hanno Musei Zoologici italiani che possiedon ricchis-
sime collezioni malacologiche « colle specie rare e interes-
santi » delle quali parla il prof. Jentink; ma non pos-
sediamo i cataloghi completi delle medesime, e neppure di
altre pregevolissime collezioni: e l'ostacolo principale,
ch'è di natura economica, l’abbiamo accennato. In quanto
agli avversari dei buoni Cataloghi, che pare esistano an-
cora in Italia, basterà non curarsene, perchè è certo che non
hanno la dottrina, la competenza e pazienza necessarie
per compilarli. Da noi devesi inoltre deplorare la grande
insufficienza di spazio, per la quale non possono convenien-
temente disporsi le collezioni. Speriamo che fra pochi anni
si abbia anche in Roma un nuovo Museo Zoologico.
I dott. Horst e Schepman riassumono esattamente
la storia delle varie provenienze od origini delle singole
collezioni, colle quali noi venne formata ed ordinata l’at-
tuale grandiosa collezione malacologica di Leida; e sono
ricordati i diversi direttori o raccoglitori (prof. Brug-
mans, Reinwardt, Cantraine, Von Siebold, Cuming, Da-
len, Van Hasselt, Forsten, S. Miller, Sclelegel ecc. ecc.).
In altri tempi, è detto, era considerato in quella capitale
un vero ornamento scientifico (come anche in Roma, nella
ricchissima collezione opportunamente acquistata dall'il-
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 285
lustre Guido Baccelli durante il suo primo Ministero, la
quale è conservata nel nostro Museo zoologico) « un exem-
plaire du C'onus gloria-maris qui valait le pria de FI.
250 ». Fra 1 doni più cospicui gli autori citano quello della
Sig. Hoogeveen (migliata di specie di univalvi e bivalvi).
AS
I CANI SANITARI. — L'articolo, che si legge molto vo-
lentieri, fu testè pubblicato nel Giornale di Medicina
militare (fasc. VI Roma 1908 pag. 441-448), e compilato
accuratamente dal tenente medico ArtURo CASARINI. Il
quale comincia dal ricordare come i feriti che restano 1r-
reperibili in tutte le guerre, raggiungano sempre una
proporzione allarmante; e cita, fra gli altri esempi, la
battaglia di Resonville in cui non trovaronsi ben 5472
feriti; di St. Privat 4420; di Mukden 2050; di Adua 340
e così via dicendo.
Per quanto siano potenti i mezzi odierni d’illumi-
nazione, non è possibile, scrive con ragione lA., che nelle
ore notturne (in cui si ha maggior possibilità di far ri-
cerca dei feriti) si ottenga intiero lo scopo. Infatti sono
di ostacolo le accidentalità del terreno, i cespugli, le siepi,
1 fossati, le trincee ecc. Molti adunque sono i caduti che
restano abbandonati e privi di soccorso.
In quasi tutte le nazioni si è quindi resa degna di
gran lode l’opera di distinti cinofili, che utilizzando cani
intelligenti, debitamente educati, riescono a far eseguire
una diligente ricerca del feriti dispersi. L’aut. cita i più
benemeriti di diverse nazioni, e per l’Italia fa i nomi del
capitano Ciotola, del Ferliga, Montini e Guidi.
Dopo riassume le note e pregiate doti del Canis fami-
liaris: affezione al padrone, intelligenza, grande attitudi-
ne all’addestramento, grande agilità,odorato, udito, e visio-
ne squisiti, ecc., perciò anche in guerra i cani rendono molti
servizi. Diventano cioè staffette per mandare ordini,
286 A. CARRUCCIO
fanno da esploratori, avvertono i più piccoli rumori e la
presenza di gente nascosta, salvaguardando la truppa da
sorprese degli avversari; trasportano velocemente cartuc-
cle in apposite bisaccie, fanno da vedette nelle guardie al
campo, custodiscono i carreggi, ecc.
Ma oggi è la ricerca dei feriti quella in cui vorreb-
bonsi perfezionare 1 cani di determinata razza. Le osser-
vazioni ed esperienze compiute fanno ritenere che i più
idonei siano gli individui appartenenti al Canis fami-
liaris var. pecuarius, cioè al cane da pastore; e pare che
i così detti C'ollie (di razza scozzese) riescano meglio degli
altri, per prontezza nell'apprendere, per robustezza e re-
sistenza alle fatiche.
II D.r Casarini riepiloga quanto è stato pazientemente
fatto nel Gran Ducato di Baden, in Germania, Austria,
Svezia, Inghilterra, Francia ecc. Quì dobbiamo limitarci
a ricordare due assai recenti concorsi di cani sanitari, uno
tenuto presso Parigi (Bois de Boulogne), e l’altro a Nancy.
Nel primo fecero ottima prova 9 cani che in un raggio di
200 metri seppero presto rintracciare 1 soldati nascosti,
simulanti i feriti, sia abbaiando, sia portando agl’istrut-
tori il kepì, o qualche oggetto appartenente, al supposto
ferito e giacente al suolo.
Nel secondo concorso i cani sanitari, alla dipendenza
di una squadra di porta feriti, furono 11: 1 risultati « su-
perarono le migliori aspettative, tanto che il presidente
della giuria, maggiore medico Castaing, nella sua, rela-
zione si felicitò grandemente colla Società dell'Est per l’or-
ganizzazione, l'educazione e la riuscita dei cani sanitari ».
Ma il Casarini ci narra pure con diligenza quanto
si è fatto in Ialia fin dal 1893, quando era ministro della
guerra il sen. Mocenni, e dai suoi successori. Le prime
prove furono fatte in Torino dal 71° regg. di Fanteria,
poi in Acqui dal 7° bersaglieri; poi in Pistoia dal 6° fan-
teria, in Gaeta dal 88°, Non si potè però coi nostri cani
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 287
da pastore ottenere un ottimo risultato. Dobbiamo però
considerare che 1 primi istruttori non potevano avere quel-
la pratica nell’addestrare i cani, che non si acquista d’un
tratto. Per quanto riguarda i cani si tentò coll’incroccio
di avere individui più validi. All’uopo, volendo il Mini-
stero, si potrebbe fare assai di più.
Devesi al capitano Ernesto Ciotola del 50° Fanteria
un gran passo nell’apprendimento del metodo di adde-
strare i cani sanitari, e perciò egli — col saggio con-
corso di S. M. il Re e col consenso del Ministro della
suerra — potè stare per parecchi mesi all’estero, sotto la
guida del Bungartz, un vero apostolo di questa nuova isti-
tuzione.
Anche in Roma, da una competente commissione, di
cui faceva pur parte il capitano Ciotola, furono eseguiti
interessanti ‘esperimenti fuori Porta Pia, e a Villa Glori,
ecc., con militari di diversi corpi. Una brava cagna, con-
dotta dall’attendente del predetto capitano, al comando:
cerca ferito, sì lanciava scrutando, annusando, finchè non
trovava uno dei suposti feriti; e riuscì a rintracciare
tutti 1 10 soldati. Altra esperienza con successo venne
fatta a Tivoli in più vasta zona, in un campo di brigata;
e nel 1903 più largamente alle grandi manovre nel Veneto
con 5 cani sanitari; e fecero pure buona prova al campo
di Bracciano presso il 2° Granatieri nel 1905 e alle grandi
manovre nella Campania. Ma ci sembra che i mezzi siano
stati sempre assai limitati, e 1 cani pochini assai, e non
sempre nostrani.
Per ragioni di clima ecc. il deposito di questi pochis-
sìmi cani sanitari venne trasferito presso i reggimenti al-
pini ed al 18° fanteria in Padova, cui ora appartiene l'e-
gregio cap. Ciotola. Questi ha la direzione di un nuovo de-
posito ed ha opportunamente modificato 11 metodo di ad-
destramento.
Troviamo fatto cenno dell’acquisto di una coppia di
288 A. CARRUCCIO
Atredale-terriers, ed anche di trattative iniziate « per
l'acquisto di cani sardi che meglio si prestano di. altre
razze all’addestramento ».
Dalla lettura dell’intiero articolo riassuntivo del. ten.
medico Dr. Casarini scaturiscono parecchie domande: Fu
opportuno togliere da Roma (per le indicate cause, cioè
sviluppo del cimurro, spesa, ecc.) il deposito di cani sa-
nitari? La permanenza di questo, non escludeva che qual-
che altro deposito si formasse altrove. L’inerocio dei cani
con quali criteri tecnici fu condotto e si condurrà ? Qual
parte vi ebbero e vi avranno i zootecnici veri? Il proble-
ma dell’incrocio, dato l'importante e nobilissimo scopo,
richiede non solo molt’arte, ma anche seria dottrina scien-
tifica. Forse non mancherà opportunità per tornare sul-
l'argomento, che non interessa soltanto gli appassionati
cinofili, amanti sì della pace, ma perchè preveggenti ripe-
tono in coro: para bellum.
A. CARRUCCIO.
III. — ANNUNZI DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE
Nei prossimi fascicoli, oltre i lavori in corso di stampa, pubblicheremo
l'importante e coscienziosa memoria del consocio e consigliere comm. ForTU-
NATO RosTaGNO, accompagnata da tavole, la quale ha per titolo : * Lepidop-
tera faunae romanae ,. — Comincieremo pure presto la pubblicazione d’altro
non meno importante lavoro, riguardante 1’« Avifauna Romana », del quale
è autore il compianto socio march. dott. Filippo Patrizi, e che. accurata»
mente fu riveluto dal march. dott. Giuseppe Lepri.
Comm. Prof. ANTONIO CARRUCCIO — Direttore e Redattore responsabile.
Roma_-_ Tipografia Agostiniana - Via Governo Vecchia 1-2.
sue varie SO di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento su
Bollettino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche
d’indole biologica, anatomo-fisiologica, ai paleontologica e sistema-
tica; e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi.
Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci: fo i
1° Soci ordinari, distinti in socî a tempo, i quali pagheranno lire Diecî
all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta; |
2° Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue;
3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio direttivo, scelti
fra i più noti ed eminenti cultori degti studi zoologici od altrimenti benemeriti
della Società.
Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali.
Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato da x
da due soci ordinari e la sua nomina approvata dal Consiglio.
Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza gene-
rale, costituito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consi:
glieri. Il Consiglio nomina nel suo seno un Segretario, Bibliotecario ed un
Cassiere-Economo responsabile dei fondi della Società.
Tutti i membri del Consiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente;
durano in carica 3 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio
I Consiglieri si rinnovano ogni anno per un terzo.
Art. 8. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative.
Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terrannè normalmente in
Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio. i |
Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le elezioni
sociali e per l’approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun
anno; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle
condizioni morali e materiali della Società. -
Si potranno però, quando che sia, tenere in Roma o altrove, Congressi ed
adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio
direttivo e di 15 Soci, in quell’ epoca che gli uni e gli altri crederanno più
opportuno.
Art. 11. — L’anno sociale comincerà dal 1.. gennaio. Le iscrizioni fatte
fino al mese di ottobre si riferiscono all’ anno in corso; quelle fatte nei mesi
di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno successivo.
I Soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che
intendano ritirarsi dalla Società, si considerano iscritti per l’anno successivo.
1 Soci debbono pagare la quota annua entro il 1. quadrimestre dell'anno
sociale. Trascorso un anno, 1 morosi perdono il diritto di ricevere il dollettino,
ed il Consiglio direttivo potrà radiarli dall'albo sociale.
, Ii
N.B. — L’intiero Statuto composto di 12 articoli di cui abbiamo riprodotti
i più importanti, fu approvato nell'adunanza generale del 22 marzo 1900
e pubblicato nei fascicoli I e Il del volume 1900, serie II, pag. 6 € Ta
—aAFTT_D>TAE +
©
| Fasc. IX e X. Serie Il - Vol. IX Anno 1908.
i Ri elia Gadanone)
DELLA
I
Y )l ì
__ SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA
SI CON SEDE IN ROMA
Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill
SOMMARIO:
I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE. II. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE.
1. Rostagno comm. Fortunato e del prof. A Carruecio e dott L. Masi
Zapelloni prodottore L. — Le- 4. Dott. Raf. Bellini. — Etudes de
pidoptera Faunae Romanae, Malocologie napolitaine (Les
; (Fam. Papilinidue, Pieri Mòollusques terrestres et fu-
| due) pag. - . i ? 289-305 viatiles de la région vulcani.
2. Dott. Valentino Barnabò — La nique) . ? + 339-337
glandola interstiziale del te- 2. Dott. Giacomo Cecconi — Fauna
sticolo. (Continuazione e fine delle Isole Tremiti. . 338-340
del Capit. XI — Capit. XII, 3. Prof. Antonio Berlese — Con-
TL ds RERPOTI co, siderazioni sui rapporti tra
Ha) tn Lo Iziall Con le S sn HA piante, loro insetti e cause
Ve A o UA 06-319 nemiche di questi . —. 341-344
3. Prof. Tuccimei Giuseppe — Sag- 4. Dott. Giulio Bertolini — Di al-
gio di uu Catalogo dei Ditteri
della provincia di Roma (Parte
II. — Gontinuazione), 320-327 degna i : ; 345-347
4. Dott. Pietravalle Nicola — Con: AE
tribuzione allo studio delle HIT NOTIZIO
specie europee del gen. Squa- Dott. march. Giuseppe Lepri —
Zus Bp. (Continuaz. e biblio- Ancora del giardino Zoologi-
grafia . ; i 3 328-334 co in Roma. . è . 348 352
cuni parassiti del bestiame del-
l’Agro Romano e della Sar-
__sr=
Sede della Società: ISTITUTO ZOOLOGICO -- R. Università
(Via della Sapienza — Roma)
AVVISO — Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla
Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le Sale del medesimo e di poter trattenersj
— nei misi in cui è aperta l’Università — in determinate ore, sia nelle predette sale per
confronti, sia nella Biblioteca per studio e lettura di libri e periodici scientifici.
"—_—_—T__<3#<>#"=5sz588z zz z#—#z—=zy7>73>3££#<*%>*#<;#*#>#+#*>%#53> >Z}3"T}y7FT SzTF*z5 zygS-}FS-S =yZySy ..-}/<;<>#>#<;>‘%“‘ u_o<-
Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimestrale.
desse
Fasc. IX e X. Serie II — Vol. IX Anno XVII — 1908
BOLLETTINO
DFFEA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALTANA
CON SEDE IN ROMA
Presidente onorario S. M. il RE
Istituto Zoologico della R. Univ. di Roma diretto dal Prof. A, Carruccio
LEPIDOPTERA FAUNA ROMAN
Per E VRosTAGNO e Li ZAPELLONI
PROEMIO
Nel 1900, quando intrapresi la pubblicazione dei miei
appunti sulla « Classificazione descrittiva dei lepidotte-
ri italiani », non erano apparse ancora varie opere im-
portanti nel campo della entomologia e relative ai lepi-
dotteri, le quali hanno mutato radicalmente i principii
scientifici che fino ad allora avevano regolato il sistema di
classificazione venutoci specialmente dal Boisduval e dal
Latreille.
Nel corso del lavoro dovetti cercare di adattarmi al-
le nuove teoriche per ciò che mi parvero accettabili, te-
nendo però ferme le linee principali sulle quali esso era
| . stato iniziato. i
Ma in seguito a nuovi stadî ho dovuto convincermi che
in quel sistema doveva apportare delle variazioni neces-
sarie, e decisi di seguire in massima la ultima classifica-
200 FORTUNATO ROSTAGNO
zione dello Staudinger, ricordando però le classificazioni
precedenti.
Era pure mio intendimento pubblicare le osserva-
zioni da me fatte nel campo della fauna italiana, ma,
preceduto da nuovi lavori, ho dovuto riconoscere che l’o-
pera mia in quel vasto campo sarebbe stata meno utile, e
che maggior contributo avrei portato agli studi, limitan-
do le osservazioni alla fauna della campagna romana,
perchè meno conosciuta, e perchè di essa specialmente mi
sono occupato.
E° perciò che, invece di trattare la fauna italiana, re-
stringo il mio studio ai lepidotteri della campagna ro-
mana, associandomi il carissimo giovane sig. Lorenzo Za-
pelloni, il quale potrà ultimare l’opera che con tanto amo-
re io ho intrapresa, e che per ragioni di età non sarò in
grado di condurre a termine.
La pubblicazione avverrà per famiglie, seguendo
l'ordine del « Catalog der lepidopteren des palaearcti-
schen faunengebites » dello Staudinger, ed. 1901, ed a
fianco di ogni specie sarà riportata la indicazione corri-
spondente del detto catalogo, al quale completamente mi
riferisco, essendo inutile per lo scopo del mio lavoro il
riprodurre tutte le indicazioni bibliografiche nello stesso
catalogo contenute. Così pure al detto catalogo mi riferi-
sco per le abbreviature dei nomi degli autori e delle pub-
blicazioni.
Roma, novembre 1908.
F. RosTAGNO.
LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 20I
I
PAPILIONIDAE
I Gen. — Papitio (L.) Latr. 1805
1. — Podalirius L. (Stgr. I - 1) — Non comune nel-
la pianura, più frequente in collina, raro oltre i 500 m.
I caratteri morfologici corrispondono alla descrizione
classica; è da notare soltanto che negli esemplari romani
non trasparisce quasi mal, od è appena minimamente ac-
cennata, la striscia giallo-arancione, che in alcuni esem-
plari tedeschi bipartisce, specie nella parte anteriore, la
fascia nera mediana della pagina superiore delle seconde
ali.
Qualche esemplare presenta la seconda e la quarta
striscia nera delle ali superiori quasi bipartite da uno
spazio giallognolo come il colore del fondo e alquanto co-
sparso di squame nere; altri presentano un punto od una
breve striscia nera in corrispondenza della metà della cel-
lula discoidale fra la terza e quarta striscia, come avviene
nella Ab. Undecimlineatus Eim. I nostri esemplari non
sono così decisi da potersi ritenere appartenenti a que-
sta aberrazione, ma tuttavia lasciano quasi con certezza
ritenere che essa debba trovarsi nella campagna ro-
mana. — Tale questione del resto non riteniamo di gran-
de importanza, essendo molto dubbio se essa debba
considerarsi come una vera e propria Ab. oppure come
una semplice accidentale variazione dal tipo, come ritiene
lo Staudinger.
Laleacome il 3
Sviluppo: aprile e maggio.
Non communis in planis, frequens in collibus, rarus
in montibus super m. 500.
a) Gen. aest. Zanclaeus Z. (Stgr. I - 1. a) — Corri-
sponde pienamente alla descrizione classica — rari però
gli esemplari coll’addome assolutamente bianco. Questa
292 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI
forma estiva è più comune del tipo e trovasi nelle stesse
località.
Sviluppo: da giugno a settembre.
Frequentior quam forma tipica; in tisdem locis.
2. — Machaon L. (Stgr. I - 4) — Comune in tutta la
campagna romana, specialmente nella piana. Gli esem-
plari romani, tranne forse i primi di sviluppo, tendono
più o meno alla ab. Sphyrus, alla quale potrebbero attri-
buirsi quasi tutti gli esemplari della generazione estiva.
A proposito delle macchie rameiche apparenti nel
disotto delle seconde ali, è da notare che lo studio da noi
fatto sugli esemplari della campagna romana, raccolti in
svariate località, portano a conclusioni un po’ differenti
da quelle a cui giunse lo Stefanelli nell'esame dei Ma-
chaon della Toscana (1): differenza essenziale si è che le
macchie sulla 5° e 7° cellula o spazio internervale, le qua-
li trovansi unite secondo lo Stefanelli nell'1 % degli e-
semplari toscani, trovansi invece negli esemplari romani
riunite nella proporzione del 24, 50 %. — Ciò darebbe in
parte ragione al Weismann, il quale ritiene che gli e-
semplari italiani sieno caratterizzati dalla contempora-
nea presenza della 5* e 7° macchia. Purtuttavia anche noi
crediamo che una tale affermazione assoluta non possa
esprimersi, essendo varie le forme dei Machaon della cam-
pagna romana secondo le varie località in cui furono rac-
colte — terreni paludosi al livello del mare, terreni sul-
furei della piana sotto Tivoli, terreni di collina e terreni
di montagna. E’ costante però la 3° e 4° macchia.
Sviluppo: da marzo a settembre.
Ubicumque communis.
a) Gen. aest. ab. a-urantiaca Spr. (Stgr. I-4. a)
— Esiste, caratterizzata specialmente dal colorito del
fondo, ma non è molto frequente.
(1) P. Stefanelli: Nuovo catalogo dei Ropolaceri della Toscana;
Bollettino della Soc. entom. Italiana, XXXII; 1900.
LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 293
Sviluppo: luglio-agosto.
Non frequens.
bd) Ab. rufopunctata Wheeler (1) — Esiste, ma ra-
ra, nella campagna romana; nella collezione Rostagno tro-
vasi un solo esemplare tipico, con macchie rameiche più o
meno accentuate tanto nella pagina superiore che inferio-
re, in tutte le cellule o spazi internervali submarginali.
Esistono anche altri esemplari con alcune di tali macchie
nella pagina superiore.
Rara.
c) Ab. dbimaculatus Eim. (2) — Esiste, ma alquanto
raro, nella campagna romana.
Rarus.
d) Var. Sphyrus Hib. (Stgr. I - 4. b) o Astatica
Mén. Comune nella campagna romana. Alcuni esemplari
hanno la fascia nera submarginale delle ali posteriori che
tocca la cellula discoidale; i più però si distinguono, se-
condo il disegno dell’Hib., per una maggiore espansione e
vivacità del colore azzurro che divide la detta fascia. Non
sì riscontra negli esemplari romani la minor dimensione
alla quale accennerebbe il Bramson (3), riferendosi parti-
colarmente alle appendici caudali.
Sviluppo: luglio-agosto.
Ubicumque communis.
II Gen. — THais F. 1807
3. — Polyxena Schiff (Stgr. I-10) — La forma ti-
pica manca: trovasi però non comune una forma inter-
media, che si avvicina più al tipo che alla seguente var.
Cassandra, e alla quale accenna lo Stefanelli nel suo cata-
logo del 1869 (4). — Qualche esemplare presenta un punto
(1) Butterf. of. Switz.; 1903.
(2) Artb. Schmett ; 1895.
(3) Miscellanea, entomologica, vol. II, n. 1.; Cette, Herault, 1894.
(4) P. Stefanelli: Catalogo illustrato dei lepidotteri toscani —
Ropaloceri; Firenze, 1869.
204 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI
rosso, come talvolta il tipo, in corrispondenza della pri-
ma fascia dopo la marginale delle ali anteriori.
Non è diffusa questa specie: ne abbiamo rinvenuto
qualche esemplare sui colli laziali ed a monte Virginio
più frequentemente ad Acqua Traversa (1).
Sviluppo: aprile, maggio.
Forma intermedia non communas.
a) Ab. meta Meig. (Stgr. I-10. a) — Accidenta-
le nelle stesse località e stessa epoca.
Fortuita in tisdem locis.
bd) Var. Cassandra Hiibn. (Stgr. I- 10. b) — Più
comune che la forma intermedia sopra descritta — qual-
che esemplare è fornito del punto rosso come in essa —
nelle stesse località e medesimo tempo.
Praecedenti forma intermedia frequentior.
c) Ab. ochracea Stgr. (Stgr. I - 10. c) — Forma ac-
cidentale; trovasi assieme a quella intermedia nelle stesse
località, specie alla fine dello sviluppo (maggio); non co-
mune.
Non communis în risdem locis.
III Gen. — ParnassIus Latr. 1805
4. — a) Mnemosyne L. var. Athene Stich. (2). — La
forma tipica Mnemosyne non esiste. Si ha invece comune
sui monti Viglio (oltre 2000 m.) e Autore (1800 m.) in pro-.
vincia di Roma una forma aberrante, nella quale riscon-
trasi talvolta più accentuati i caratteri della var. Athene
Stich., tal’altra quelli della var. Nebrodensis Trti, ma che
oo è da ascriversi alla var. Athene.
Communis in montibus Viglio et Autore.
Sviluppo: giugno-luglio.
bd) Var. DEORURONRTE Trt1:(3). — Qualche esemplare,
arri
(1) Monte Virginio — presso Manziana, m. 500, sulla linea Roma-
Viterbo, a Kil. 49 da Roma; Acqua Traversa — valle e colli sulla via
Cassia, fuori porta del Popolo, a circa 3 kil. da Ponte Milvio.
(2) -Berl Ent. Zeit d215 21906:
(3) E. Turati: Nuove forme di lepidotteri — Naturalista Siciliano,
ADAM RL
LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 205
come sopra si è detto, può classificarsi per questa varietà.
— Stessi luoghi e medesimo tempo.
Ut supra.
JO
PIERIDAE
IV. Gen. — Aporia Hib. 1816
5. — CTrataegi L. (Stgr. I - 38) — Comune in alcune
località, come alle Acque Albule (1), in collina e sui monti;
mancante in altre regioni. Il Calberla (2), anche sulle
indicazioni dello Stefanelli, dice che tale lepidottero è
comune dovunque, forse perchè le sue ricerche hanno a-
vuto il loro campo maggiore sui colli di Monterotondo. —
Non trovansi le var. augusta Trti. e suffusa Tutt, quan-
tunque qualche esemplare presenti, in confronto al tipo,
una maggiore estensione del nero all’estremo marginale
delle nervature.
Sviluppo: maggio-settembre.
Communis.
V. Gen. — PierIs Schrk. 1801
6. — Brassicae L. (Stgr. I - 45) — Comunissima in
tutta la campagna romana.
Sviluppo: primavera.
Communissima ubicumque.
a) Gen. aest. (var.) Lepidii Rober (Seitz) (3) —
(1) Sulla strada di Tivoli, a 20 kil. da Roma.
(2) H. Calberla — Die Macrolepidopterenfauna der ròmischen
Campagna und der Angrenzeden 'Provinzen Mittelitaliens — (Corre-
spondenzblatt des entomologischen Vereins « Iris » zu Dresden, n. 4.,
Juni 1887).
(3) Adalbert Seitz — Die Gross schmetterlinge der Erde — I Haup-
tabteilung; Stuttgard, 1906.
290 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI
Questa varietà o, meglio, forma estiva, dalle dimensioni
maggiori, colle macchie nere più vive ed ampie e col di-
sotto delle seconde ali meno sparso di scaglie nere, è più
comune del tipo. — Si trovano talora esemplari in cui
mancano nella pagina inferiore delle seconde ali quasi as-
solutamente le ombreggiature nere, e vi è uniforme un
vivo colore giallo-cromo, che si riscontra pure nelle mac-
chie apicali delle prime ali.
Sviluppo: estate-autunno.
Communissima ubicumque.
Il Verity (1) considera la var. Lepidit Rbòber come
sinonimo della forma tipica, e la generazione primaverile
come var. C'hariclea Stph. Tale denominazione sarebbe
forse da adottarsi per ragioni di precedenza; in ogni mo-
do questo resta confermato, che si hanno pel brassicae,
come in genere per tutti i pieridi, due generazioni, con-
traddistinte dai caratteri già descritti: se tipica vuolsi
ritenere la forma primaverile, diventa var. Lepidu la e-
stiva, se invece ritiensi come forma tipica la estiva, allo-
ra diviene var. Chariclea la primaverile.
In qualche raro esemplare # da noi raccolto, abbia-
mo osservato traccia di un punto nero sulla pagina supe-
riore delle ali anteriori, quale è accennato per la ab. N2-
gronotata Jachontoff.
7. — Rapae L. (Stgr. I - 48) — Comune in tutta la
regione: le indicazioni classiche si riferiscono alla forma
estiva.
Sviluppo: giugno- ottobre.
Communis ubicumque.
a) Gen. vern. metra Stph. (2) — Meno comune del
tipo. — Non è costante negli esemplari romani l’osserva-
zione dello Stefanelli, che gli individui di questa gene-
(1) R. Verity — Rhopalocera palaeactica; Florence; 1907.
(2) Stephens — Illustr. Brit. Ent. Haust. — I; 1827.
LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 207
razione abbiano macchie grigie anzichè nere, il punto
mediano delle ali anteriori sfumato anzichè netto ed esi-
sta una sfumatura bruna in corrispondenza della base
delle quattro ali nella pagina superiore, e neppure può as-
serirsi per gli esemplari della campagna romana che i
primaverili sieno di minori dimensioni in confronto degli
estivi. Ciò che abbiamo potuto rilevare icome carattere
differenziale costante è la mancanza di atomi neri spol-
verizzati sulla pagina inferiore delle seconde ali negli e-
semplari estivi, i quali presentano invece per lo più un
color giallognolo pallido.
Sviluppo :marzo-aprile-maggio in tutta la campagna.
Communis ubicumque.
Db) Ab. flavida Petersen (1) — Abbiamo raccolto
alle Acque Albule, nei terreni palustri solforosi, un esem-
plare 2 il quale ha 1 caratteri dati dal Seitz per questa
ab. della Norvegia e della Curlandia. Non possiamo asserire
che si tratti di un esemplare tipico: però differisce evi-
dentemente dal rapae normale e per lo meno è una forma
di passaggio alla ab. avida.
Sviluppo: maggio.
Fortuita.
c) Ab. leucotera Stef. (Stgr. I - 48. a) — Quasi
comune quanto la forma primaverile metra in tutta la
campagna : rappresenta forse gli esemplari di primissimo
sviluppo. Si hanno però molti esemplari che segnano sol-
tanto una forma di passaggio al tipo.
Sviluppo: aprile-maggio.
Fere communis tamquam forma vernalis metra.
Il Turati crede che dovrebbe estendersi la denomina-
zione di leucotera a tutta la gen. primaverile, la quale in-
fatti è più bianca in complesso della estiva (2). Ma poichè
(1)Petersen Lep. Fauna v. Estland; 1902.
(Oelhuratizt opy Cit
298 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI
lo Stefanelli, creatore della ab. leucotera, ha dato questo
nome agli esemplari della gen. primaverile i quali non
hanno macchie nere, così nol crediamo dover mantenere la
distinzione tra forma primaverile metra Stph. ed aberra-
zione leucotera Stef.
di Ab. Carrucci Rost. (1) — Questa aberrazione
presenta i seguenti caratteri nel & : Pagina superiore co-
me nella ab. leucotera Stef., cioè assolutamente bianca,
senza traccia di punti neri, ad eccezione di una leggeris-
sima sfumatura grigia alle estremità apicali delle prime
ali ed alla base delle quattro ali, come nella forma prima-
verile metra; nessun punto nero nelle seconde ali.
— Pagina inferiore: prime ali con appena segnati due
punti neri e con apice di un bel colore giallo cromo
che si prolunga per tutta la costola fino al corsaletto ed
a metà dell’orlo esterno; seconde ali di un giallo ca-
rico quasi arancione, che ricopre completamente ala;
manca assolutamente qualsiasi traccia della striscia
bruna della ab. leucotera Stef. — Testa, corsaletto ed ad-
dome: fittamente cosparsi di lunghi peli gialli.
Nella © i caratteri generali sono corrispondenti a
quelli del 3 : soltanto si ha una leggiera traccia dei punti
neri ridotti a minime proporzioni. Il colore delle ali nella
pagina superiore tende leggermente al paglierino.
Sviluppo: aprile — Villa Patrizi.
3 Supra: alis anticis plane albis, praeter areas ba-
salem et apicalem paullum cineraceas: alis posticis item
albis, praeter arceam basalem cineraceam.
Subtus: alis anticis albis, praeter maculas centrales
nigras fere obsoletas areamque apicalem croceam usque
ad toracem progredientem juata margine costalem anti-
cum atque usque ad dimidiam partem marginis externi;
alis posticis admodum croceis.
(1) Bollettino della Società Zoologica italiana, Serie II. Vol. IV.
Vi VI 1903; pas. 123.
LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 209
('apite, torace, abdomine longis pilis croceis consper-
sis.
g Supra: ut & praeter maculas nigras haud plane
obsoletas coloremque haud album, sed leviter flavescen-
tem.
Subtus: ut 3.
Fortuita.
8. — Manni Mayer 1851 (Stgr. I - 48. c) — Facciamo
di questa varietà del Pieris rapae una specie a parte, per
gli studi recenti del Turati (1) sulle crisalidi. Sufficien-
temente comune nella piana.
In primavera (marzo-aprile).
Communis in plants.
a) Gen. aest. Ross Stef. (Stgr. I - add. 48. c) —
Comune ovunque. In genere negli esemplari romani si
conferma la osservazione dello Stefanelli che essi sono di
maggiori dimensioni in confronto dei primaverili Manni
Mayer. — Ma anche questo criterio non è assoluto, aven-
do noi raccolto esemplari Ross di piccolissime dimensio-
ni — poco più di una Lycaena Bellargus — i quali deb-
bono forse il loro meschino sviluppo alle cattive condizio-
ni di nutrizione della larva. — Di tali esemplari ha fat-
to cenno lo Stefanelli (2).
Sviluppo: luglio-settembre.
Communas.
9. — Ergane H. G. (Stgr. I - 49) — Questa specie fu
da uno di noi rinvenuta nella campagna romana al suo
confine montuoso con l’Abruzzo (Arsoli-Oricola). Sono e-
semplari colle macchie nere apicali poco intense, con la
base delle ali sfumata di nero come la Manni, e senza
macchie nere discoidali nel ® : quindi corrispondono alla
forma tipica della Dalmazia.
(1) Turati: op. cit.
(2) Stefanelli: op. cit., 1900.
300 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI
Sviluppa in primavera (maggio e primi di giugno).
Rara.
a) Gen. aest. Rostagni Trt. (1) — Nelle macchie -
nere riscontrasi maggiore intensità di colorito, nei maschi
esistono sempre le macchie discoidali nella pagina supe-
riore delle ali anteriori, nelle femmine si ha una colora-
zione paglierino-verdognola specialmente nella pagina su-
periore delle ali posteriori, mentre nella pagina inferiore
st hanno macchie apicali delle prime ali e colorito generale
delle seconde ali di un giallo più carico in confronto della
generazione primaverile.
Sufficientemente comune, ma localizzata al confine
della campagna romana (Oricola-Arsoli, m. 500 a 900).
Sviluppo: agosto-settembre.
Fere communis in montibus (Oricola-Arsoli) cum A-
prutiis finitimis.
Db) Ab.P magnimaculata Rost. (2) — D'un bianco
giallastro nella pagina superiore delle quattro ali, come
la gen. aest. Rostagni Trt. e d’un bel colore giallo cromo
nella pagina inferiore delle seconde ali. Le macchie
nere poi sono molto più scure che nel tipo e più grandi che
nella gen. aest. Rostagni. Si può dire che questo caratte-
re in rapporto al tipo sia ancora maggiormente accentua-
to che nella var. Rosst Stef. rispetto al P. rapae L. E° in-
fine da notare che la macchia centrale delle prime ali an-
zichè rotonda, come nel tipo, è larga e quadrata e che di
questa macchia quadrata il lato volto verso il margine del-
l'ala è talora alquanto curvo, con la concavità verso l'e-
sterno. — Si può considerare come una forma di passag-
gio dalla gen. aest. alla seguente ab. longomaculata.
Comune come la generazione estiva, negli stessi luo-
ghi e medesimo tempo.
(1) Turati: op. cit.
(2) Bollettino della Società Zoologica Italiana: fasc. VII. VIII e
IX; 1906.
LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 30I
Alis supra sicut in gen. aest. Rostagni albo-flave-
scentibus, sed maculis nigris obscurioribus atque matiori-
bus, punctisque centralibus alarum anticarum quadratis
vel externe arcuatis: subtus alis anticis albo-flavescenti-
bus, alis posticis croceis.
Fere communis tamquam gen. aest. in risdem locis.
c) Ab. 9 longomaculata Rost. (1)— Caratteri gene-
rali di colorazione come nella ab. magnimaculata; le mac-
chie nere però delle ali anteriori molto sviluppate e pro-
lungate fino a congiungersi, così da formare una sola li-
nea accidentata.
Non comune, assieme al tipo. — Agosto, settembre.
Alis anticis maculis nigris coniunetibus. Una cum
gen. aest., non communis.
d) Ab. & semimaculata Rost. (2) — Forma aber-
rante della gen. aest., nella quale mancano tutte le mac-
chie nere ad eccezione della apicale, molto ridotta: cor-
risponde in certo modo alla ab. leucotera Stef. del P. ra-
pae L. — Il giallo della pagina inferiore è molto più pal-
lido. Si avvicina al tipo ® della gen. primaverile. Rara.
Negli stessi luoghi e tempi della gen. aest.
Alis maculis nigris obsoletis, praterquam maculas
apicales, diminutas : alis posticis subtus pallidioribus. U-
na cum gen. aest.; rara.
10. — Napi L. (Stgr. I - 52) — Comune ovunque, spe-
cie nella piana e nei colli.
Sviluppo: febbraio-maggio.
Communis ubicumque.
a) Gen. aest. napeae Esp. (Stgr. I- 52. a) — Co-
mune negli stessi luoghi del tipo.
(1) Bollettino della Società Zoologica Italiana, fasc. IV. V. VI.,
1904; fasc. I. II. III, 1905.
(1) Bollettino della Società Zoologica Italiana, fasc. VII. VIII. IX.,
1906.
302 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI
Sviluppo: maggio-ottobre.
Communis tamquam forma tipica in visdem locis.
b) Var. meridionalis Rihl (1) — Comune insieme
alla generazione estiva negli stessi luoghi e tempi.
Communis tamquam forma tipica in visdem locis.
11. — Daplidice L. (Stgr. I - 57) — Comune in tutta
la campagna.
Sviluppo: ultimi di aprile-agosto.
Communis ubicumque.
a) Gen. vern. Bellidice O. (Stgr. I- 57. a) — Co-
mune come il tipo e negli stessi luoghi.
Sviluppo: aprile-maggio.
Communis ubicumque tamquam forma tipica în
iisdem locis.
b) Var. (et ab.) Raphani Esp. (Stgr. I- 51. b) —
Non comune - negli stessi luoghi del tipo.
Sviluppo: giugno-luglio.
Non communis in isdem locis.
VI Gen. — Euctor (Hb. 1816:
(Anthocharis B.).
12. — a) Belia Cr. var. romana Calb. (Stgr. I - 62. a)
— La forma tipica della £. Belia non trovasi nella cam-
pagna romana, ma è sufficientemente comune la var. r0-
mana descritta dal Calberla. — Tanto in pianura che in
collina.
Sviluppo: aprile-maggio.
Fere communis in planis et collibus.
b) Gen. aest. Ausonia Hb. (Stgr. I - 62. b) — Suf-
ficientemente comune nelle stesse località della var. r0-
MANA.
Sviluppo: ultimi di maggio e giugno.
(1) F. Riihl — Die Palaearctischen gross Schmetterlinge u. ihre
Naturgeschicte; Leipzig, 1892-95.
LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 303
Ut supra.
13. — Cardamines L. (Stgr. I- 69) — Comune sui
colli laziali, presso 1 boschi e nelle valli ombreggiate, ma
specialmente in alcune località, come, presso Roma, ad Ac-
quatraversa. Vi sono forme che si avvicinano molto alla
ab. Turritis O.
Sviluppo: aprile e maggio.
Communis in collidbus latialibus prope silvas.
14. — Euphenoides Stgr. (Stgr. I - 73). — Non è por-
tata questa specie dal Calberla per la campagnia romana
e neppure noi l’abbiamo ivi mai catturata nè veduta; però
11 sig. Paolo Luigioni, distinto coleotterologo, ci ha asse-
rito di averne veduto volare in maggio un esemplare nella
foresta di Marino.
Dubia.
VII Gen. LepTIDIA Bilb. 1820
(Leucophasia Stph. 1827)
15. — Stnapis L. (Stgr. I-81) — Sufficientemente
comune, specie in collina e in montagna.
Giugno, luglio e agosto.
Fere communis in collibus et in montibus.
a) Gen. vern. lathiri Hb. (Stgr. I-81. a) — Comu-
ne nelle stesse località, particolarmente in aprile, ma pure
in maggio e giugno.
Communis in visdem locis.
b) Var. aest. diniensis B. (Stgr. 1-81. d) — Co-
mune negli stessi luoghi. — Come forme £ £ pallide della
var. diniensis sono forse da considerarsi gli esemplari
che corrispondono alla ab. 2 £7rysimi Bkh. e che lo Stau-
dinger considera come forme accidentali del tipo stnapts.
In giugno, luglio ed agosto.
Communis in tisdem locis.
304 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI
VIII Gen. CoLias (F.) Leach. 1815
16. — Hyale L. (Stgr. I- 98) — Se ne trova qualche
esemplare nelle basse collinette presso Roma (1) — più
comunemente sui colli laziali e sui monti della provincia
romana (2).
Sviluppo, secondo i nostri esemplari, dal maggio a
ottobre.
Parum communis in parvis collibus prope Romam;
communis in collibus latialibus et in montibus.
17. — Edusa F. (Stgr. I - 113) — Comune in tutta la
campagna, sia nella piana che in montagna e in collina.
Sviluppo: aprile-settembre. Qualche esemplare tro-
vasi anche alla fine di ottobre.
Communis ubicumque.
a) Ab. 3 Faillae Stef. (Stgr. I - add. 113) — Por-
tato dallo Staudinger come sinonimo del tipo. Insieme col
tipo, non comune. — Vi sono però nelle nostre Eduse mol-
tissimi esemplari che rappresentano forme di passaggio
più o meno accentuate alla Falae.
Non communas.
b) Ab. 2 Helice Hb. (Stgr. I- 113.5.) — Nonico-
mune nelle collinette presso Roma, più frequente in mon-
tagna, insieme al tipo. Alcuni esemplari hanno le mac-
chie discoidali delle ali posteriori giallo-arancio, altri
quasi bianche, come il fondo della pagina superiore delle
prime ali.
Non communis in parvis collibus prope Romam; fere
communis in collibus latialibus, praesertim in montibus.
c) Ab. Pyrenaica Gr. (Stgr. I-113.c) — Di que-
sta aberrazione non abbiamo trovati che esemplari®. Ci
(1) Acqua Traversa, S. Agnese (3 kil. fuori Porta Pia sulla via
Nomentana), Valle Inferno (3 kil. fuori porta Angelica),
(2) Oricola, Poli (mandamento di Palestrina).
LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 305
sorge però il dubbio, che siano da considerarsi come indi-
vidui provenienti da larve mal nutrite, piuttosto che ve-
re forme aberranti.
Fortuita.
X Gen. — GonEPTERYx Leach. 1815
(Rhodocera B.).
18. — Rhamni L. (Stgr. I - 124) — Comune in tutta
la campagna, specie presso le siepi e nei giardini.
Sviluppo: aprile-ottobre; — però trovasi si può dire
tutto l’anno, anche nelle belle giornate d’inverno.
Communis ubicumque.
19. — Cleopatra L. (Stgr. I - 125) — Come la specie
precedente.
Trovasi preferibilmente in estate.
Communis ubicumque.
a) Gen. aest. (var.) & Italica Gerh. (Stgr. I - 125.
a) — Riguardo a questa forma aberrante siamo perfet-
tamente d’accordo con lo Stefanelli: questa varietà esti-
va è rappresentata cioè soltanto da 4 e non sostituisce in
estate il tipo, ma si trova con esso nelle stesse località.
Da noi il suo sviluppo è principalmente nei mesi di giu-
gno e luglio; non frequente.
Non communas.
—__—=tgi>-—_ _
Bollett. Soc. Zoologica Italiana
ISTITUTO Z00LOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA
diretto dal prof, comm. A. CARRUCCIO
LA GLANDULA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO
Storia, Morfologia, Anatomia comparata, Istogenesi, Fisiologia,
Fisiopatologia e probabile significato delle cellule interstiziali del testicolo
CASRCNANER FSE
Comunicazione del socio Dott. VALENTINO BARNABO'
(Contin. ved. fasc. 7 e 8 1903, pag. 262-230)
Lo sviluppo somatico dipenderebbe pure in gran par-
te dalla secrezione della glandola interstiziale. Si cono-
scono esattamente gli effetti della castrazione sul sistema
tegumentario e sui suoi annessi, sul pannicolo adiposo,
sul sistema osseo, su quello muscolare, sul laringe, e sopra
altri visceri. Non è il caso qui di riportare la vasta lette-
ratura sull'argomento chè ci porterebbe lontani dal nostro
campo di studio; ma di ricordare soltanto incidentalmen-
te i lavori più recenti e più importanti, per formarsi una
idea delle nostre presenti conoscenze.
Dupuytren e Gruber notarono nei castrati sviluppo li-
mitato del laringe; Gruber e Steinach, mancato sviluppo
delle vescicole seminali; Steinach, Kirby, Guyon, Legneu,
Albarran, atrofia della prostata negli animali; White,
Raum, Haines, Griffiths, Bryson, Watson, Helfreich,
Moullin, Czerny, Simitzine, Lutkens, Guyon, Albarran,
Socin, Legneu, Belfield e altri, atrofia della prostata ne-
gli uomini castrati; Colin osservò diminuzione del peso to-
tale dell'encefalo nel cavallo castrato; Calzolari, aumento
di peso del timo; Feldmann, Poncet, Pirsche, Becker,
Teinturier, Godard, Merschejewski, Collineau, Halin, Pit-
tard, Milne Edwards, Lanois e Roy, descrissero le alte-
iii si en
FARENEP
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 307
razioni del sistema osseo nei castrati; Alessi riscontrò mo-
dificazioni delle cellule della corteccia cerebrale (1).
Tali alterazioni sullo sviluppo somatico si potrebbe-
ro riportare dunque alla mancanza della funzione della
glandola interstiziale, come vorrebbero ad esempio Ancel
e Bouin. Ma si può essere certi che non dipenda da altri
fattori, come dalla mancanza di altri elementi del testi-
colo, produttori magari in parte della secrezione endocri-
na testicolare fOppure non potrebbe dipendere da un com-
plesso di fattori, il cui insieme può ancora sfuggirci? Vi
sono, è vero, le esperienze colle iniezioni di estratti di
glandola interstiziale che hanno avuto un notevole effetto
sull’accrescimento dell'organismo. Ma sugli « estratti di
glandola interstiziale » come li chiamano Bouin e Ancel,
non cè solamente l’estratto degli elementi interstiziali,
ma anche quello della parte seminale del testicolo, che
pur essendo in via di atrofia, potrebbe dar luogo a delle
sostanze capaci di produrre un qualche effetto sull’orga-
nismo. Non è forse la obbiezione medesima che Bouin e
Ancel avevano mosso alle esperienze di Richon e Jeande-
lizgfomib
Finalmente s1 avrebbe anche un’azione di difesa del-
l'organismo per parte delle cellule interstiziali.
I fatti che starebbero in favore di questa ipotesi sono
troppo scarsi per poterla sostenere per ora con sicurezza.
Auguriamoci che nuovi studî rischiarino anche tale que-
stione, ritenendo intanto prematura ogni critica e ogni
giudizio in proposito, sia in favore che in contrario.
Concludendo, mi pare che molto si sia voluto attribui-
re agli elementi interstiziali, e che occorrerà forse ridur-
re parecchio ciò che si è detto su questo argomento. Il si-
enificato loro fisiologico oggi, dopo tanti studi e tante
(1) La bibliografia di questo argomento è riportata in molti la-
vori, ma specialmente in quello di Fichera.
308 VALENTINO BARNABO’
ipotesi, non è men chiaro di quello che non sia il loro si-
gnificato morfologico. Dobbiamo dire il vero: non si sa
ancora con esattezza che cosa siano le cellule interstiziali,
e quale funzione loro spetti. Forse qualcuna delle teorie
sarà la vera, forse converrà adottarne una ecclettica; ma
per ora si può solamente ritenere che tutte le teorie hanno
dei dati favorevoli e dei dati contrarî o per lo meno in-
certi. Occorrerebbe riuscire sperimentalmente a distrug-
gere del tutto e in modo esclusivo solo la parte interstizia-
le del testicolo; e allora si potrebbe forse con maggior cer-
tezza stabilirne la funzione, dalle alterazioni rilevabili 0
nel testicolo, o in altre parti dell'organismo. E auguria-
moci che nuove ricerche si facciano con risultati decisivi.
XII. — Rapporti delle cellule interstiziali con le glandole
a secrezione interna.
Un capitolo ancora nuovo nello studio delle cellule
interstiziali riguarda i rapporti probabili che esse pos-
sono funzionalmente avere con le glandole a secrezione in-
terna. Ricorderò che recentissimi studî hanno dimostrato
come tutte queste glandole abbiano tra loro intimi rap-
porti, quasi si potesse considerare un vero e proprio si-
stema dell'organismo destinato ad una funzione di prote-
zione. Difatti, ledendo o togliendo sperimentalmente una
qualunque di queste glandole, le altre si ipertrofizzano e
funzionano maggiormente per compenso. Così furono ese-
guite importanti ricerche sulla ipofisi negli animali scap-
sulati da Boinet e da Marenghi, sulla ipofisi negli ani-
mali stiroidati, ecc., Più importanti dal nostro punto di
vista sono gli studî sui rapporti tra testicoli e altre glan-
dole, come ad esempio quello di Calzolari, per il quale 1l
timo sembrerebbe adibito a una funzione analoga a quel-
la dei testicoli; e 1 lavori di Fichera relativi alla 1-
pertrofia della glandola pituitaria, consecutiva alla ca-
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 309
strazione, tanto nei maschi quanto nelle femmine. Cre-
do inutile riferire qui particolarmente di questi lavori,
avendolo già fatto più volte nel Bollettino della nostra
Società (V. vol. VII, 1906, pag. 109 e pag. 239 — Vol.
VIII, 1907, pag. 159-170).
Ma tanto Calzolari quanto Fichera parlano della se-
crezione interno del testicolo, senza pronunciarsi sulle
cellule interstiziali, e senza esaminare le modificazioni.
Io invece ho eseguito ricerche esperimentali appunto sulle
modificazioni di queste cellule e su quelle che potei riscon-
trare nelle glandole a secrezione interna. I risultati da
me ottenuti furono ampiamente riferiti nel giornale
« Il Policlinico » (Sez. Chirurgia, 1908, fasc. 3.) e ripor-
tati anche nel nostro Bollettino (vol. VII, 1906, pag. 229 -
vol. IX, 1908, pag. 188); mi dispenso quindi di ricordarli.
Da essi risultano rapporti evidenti specialmente tra
le cellule interstiziali e la glandola ipofisaria.
XIII. — Parallelo con la glandola interstiziale dell'ovaio.
Come appendice, desidero ora dir due parole sulla
glandola interstiziale dell'ovaio, composta di elementi a-
naloghi ed omologhi a quelli del testicolo. Tale parallelo
è interessante, perchè serve a farci precisare meglio al-
cuni fatti riguardanti le cellule interstiziali testicolari, e
perchè ci fa comprendere che questo elemento non è ‘già
esclusivo del maschio, come ritenevano una volta Bouin e
Ancel, ma si trova anche nella glandola sessuale femmi-
nile, e perciò s1 può supporre abbia davvero una qualche
funzione importante per tutto l'organismo. Naturalmente
mi limiterò a passare in rapida rassegna solo i lavori
principali sull'argomento.
Innanzi tutto ricorderò che dopo le ricerche di Brown
Séquard sulla secrezione interna dei testicoli, si intra-
presero analoghe osservazioni per l ovaio. E Curatolo e
3I0 VALENTINO BARNABO’
Tarulli pensarono di studiare nelle cagne e nelle femmi-
ne dei topolini il ricambio materiale dopo la castrazione.
Essì trovarono che si ha allora una notevole e duratura di-
minuzione nella eliminazione dei fosfati per le urine e
dell'acido carbonico per l’espirazione, eliminazione che si
eleverebbe di nuovo, se si sottopongono le femmine castra-
te alla iniezione sottocutanea di succo ovarico. Curatulo
e Tarulli quindi conclusero che le ovaie devono versare
continuamente nel sangue una secrezione favorevole alla
ossidazione delle sostanze organiche fosforate, degli i-
drati di carbonio e dei grassi, ragione per cui, quando
manca tale secrezione, si aumentano nell'organismo il
grasso e 1 sali di fosforo. Secondo loro era così sperimen-
talmente provata la esistenza di una secrezione interna
anche per le ovaia.
I risultati di questi Autori furono poi confermati da
Pinzani per una cagna castrata, e da Loewy e Richter
che studiarono l'influenza della castrazione sul ricambio
materiale delle femmine. Però furono negati da Schultz e
Falk, che si occuparono della eliminazione dei sali di
fosforo dopo la castrazione, da Luthje, da Lambert e da
altri autori. Mossé e Oulié, e anche Heymann anzi giun-
sero a sostenere che la eliminazione dei fosfati in se-
guito alla castrazione aumenta invece di diminuire. La
questione è quindi ancor oggi controversa, e*sì connette
con la questione terapeutica della castrazione in condi-.
zioni morbose, quali l’osteomalacia, in cui occorre ritenere
più che si può sali di fosforo nell'organismo. Ma ciò esce
dal nostro campo, e per noi basta ritenere che fu ammessa
anche per le ovaie una secrezione interna di notevole im-
portanza per l'organismo.
Ma a quali cellule dell'ovaio si può attribuire questa
secrezione interna? Anche qui non si è d’accordo, perchè
mentre Frinkel e Arcangeli l attribuiscono principal-
mente ai corpi lutei, molti Autori, come Limon, Bouin,
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 3II
Lambert e altri la dicono dovuta a speciali cellule inter-
stiziali, simili a quelle del testicolo. E di ciò appunto ci
dobbiamo occupare.
Van Beneden nel 1880 scriveva che i corpi lutei del-
l’ovaia sono costituiti da un tessuto che presenta tutti 1
caratteri del tessuto interstiziale, colla sola differenza che
le cellule interstiziali sogliono prendere uno sviluppo e-
norme. Si può per altro ritenere che il tessuto del corpo
luteo sia identico allo stroma interstiziale. Da ciò si com-
prende la teoria sostenuta da Fraànkel e da Arcangeli, cui
abbiamo accennato.
Gli elementi del corpo luteo furono anche ravvicinati
agli interstiziali del testicolo da Van Mihalkowics, da
Waldeyer, da Tourneux e da Nussbaum. Secondo Nus-
sbaum anzi avrebbero pure la medesima origine dall’epi-
tello germinativo, dal quale deriverebbero SSN per al-
tro rimasti allo stato embrionale senza ulteriormente svi-
lupparsi.
Uno studio di Maximow sulla rigenerazione del tes-
suto ovarico non ci apprende nessun fatto importante dal
nostro punto di vista. Piuttosto interessante è invece un
lavoro di Regaud sull’epitelio ovarico e sui suoi diverti-
coli tubuliformi nella cagna, epitelio che possiederebbe
una funzione glandolare, mentre i tubuli corticali non sa-
rebbero che diverticoli di questo epitelio. Tale funzione
glandolare servirebbe appunto per la elaborazione della
secrezione endocrina.Regaud e Policard trovarono poi che
l’epitelio del follicolo di Graaf elabora una sostanza la
quale presenta speciali reazioni istiochimiche, e si trova
sotto forma di goccioline, poste in ispeciali vacuoli del
protoplasma. Tale sostanza non sarebbe per altro quella
della secrezione interna, non traverserebbe la zona pellu-
cida e si accumulerebbe a poco a poco nel protoplasma del-
l'uovo, il quale, quando è maturo, ne racchiude una con-
siderevole quantità.
312 VALENTINO BARNABO”
Però i lavori più importanti sulle cellule interstiziali
sono quelli di Limon, che ha studiato la glandola intersti-
ziale dell'ovaio dal punto di vista istologico ed istogene-
tico. Secondo Limon il tessuto interstiziale dell’ovaio non
è diffuso, ma è invece disposto con ordine in lobuli rego-
larmente orientati. E’ costituito da cellule voluminose po-
liedriche, il cui aspetto è ben differente da quello delle
cellule fisse del tessuto connettivo dello stroma ovarico.
In tali cellule si nota la presenza di numerose goccioline
di grasso. Limon cerca di provare la natura glandolare di
questi elementi, perchè la loro posizione speciale in vici-
nanza dei vasi sanguigni attesterebbe la elaborazione di
una secrezione interna. Dallo studio morfologico e da
quello istogenetico, l'Autore ritiene che si tratti di una
vera glandola, alla quale dà il nome di glandola intersti-
ziale dell’ovaia. Egli conclude poi: « Quelques travaux
physiologiques de ces dernières années concernent la sé-
crétion interne de l’ovaire dans sa totalité. La thérapeuti-
que s'est également préoccupée de l’opothérapie ovarien-
ne. Mais ces recherches ont porté sur la sécrétion globale
de l’ovaire, et le départ est encore à faire entre l’action
de chacune de ces formations de l’ovaire adulte, follicules,
corps jaunes, et glande interstitielle ».
Limon ha voluto poi osservare le modificazioni che
subisce la glandola interstiziale nelle ovaia trapiantate.
Per ispiegare l’atrofia degli organi genitali accessorî fem-
minili, consecutiva alla castrazione, alcuni Autori hanno
ammesso che si tratti di una lesione di tronchi nervosi. Ma
le esperienze eseguite col trapianto delle ovale hanno e-
scluso questo fattore, perchè si è dimostrato che cessano
i fatti di atrofia in queste condizioni sperimentali; e si è
pensato piuttosto all’azione della secrezione interna. Li-
mon studia quindi il trapianto dell'ovaio nella coniglia,
in cui gli elementi interstiziali sono più sviluppati. A
parte le considerazioni di indole generale, Limon osserva
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 313
che i follicoli possono ancora formarsi e dar luogo allo
sviluppo dell'uovo, quando la circolazione si ripristina
nella nuova sede di trapianto; ed esamina anche le altera-
zione dei corpi lutei; però si diffonde piuttosto a parlare
delle modificazioni subite dalle cellule interstiziali.
Le cellule interstiziali, egli dice, sono degli elementi
1 cui caratteri epiteltali e anche glandolari denotano uno
stadio di differenziazione assai elevato. Nel momento in
«cui comincia l’atresia del follicolo di Graaf, le cellule del-
lo strato più interno della teca perdono il loro carattere
connettivale e modificano i loro reciproci rapporti. Il cor-
po cellulare diviene più ammassato, poliedrico, e il nucleo
muta aspetto. Topograficamente le cellule si ordinano in
cordoni, o in masse allungate, orientate radialmente, co-
stituendo così nel loro insieme una formazione cellulare
bene individualizzata, detta falso corpo luteo. Ulterior-
mente il falso corpo luteo si dissocia, e i cordoni cel-
lulari così dissociati si dispongono nello stroma ovarico
senza un ordine apparente. Le cellule interstiziali, benchè
assai piccole in questo momento, hanno tuttavia un’ap-
parenza epiteliale assai manifesta. Nel momento della. pu-
bertà mutano ancora di aspetto : il corpo protosplasmatico
diviene due o tre volte più voluminoso, e si carica di nu-
merose clave riducenti in nero l’acido osmico; le cellule
entrano in rapporto più intimo coi capillari sanguigni;
hanno in una parola acquistato 1 caratteri inerenti alla
loro funzione glandolare. Ora sotto la influenza dei disor-
dini circolatorî, apportati all’ovaio col trapianto, le cel-
lule interstiziali percorrono in senso inverso la serie di
tali trasformazioni, senza però tornare al loro stadio 0-
riginario di cellule indifferenti. Esse perdono da princi-
pio le clave (enelaves), che molto probabilmente sono rias-
sorbite; diminuiscono considerevolmente di volume; e ri-
prendono l'aspetto di piccole cellule epitelioidi, che pre-
sentavano prima della pubertà o nel cosiddetto falso cor-
314 VALENTINO BARNABO”
po luteo. Conservano cioè questo aspetto fino al momento,
nel quale l’ovaio avendo riacquistato il suo sistema circo-
latorio, si ritrova anche nella nuova sede in condizioni fi-
siologiche normali. Quando la circolazione si ristabilisce,
le cellule interstiziali ripresentano le clave, aumentano di
volume, riprendono insomma i loro caratteri normali. Ciò
non avviene però simultaneamente in tutto l’ovaio; ma
progressivamente dal centro alla periferia. Il principale
fattore dunque della differenziazione di queste cellule do-
vrebbe essere, secondo Limon, la circolazione, la quale a-
vrebbe sotto la propria dipendenza tutta la loro attività
secretoria.
Questo studio di Limon, corredato di numerose ed in-
teressanti figure dimostrative, procura notizie esatte su
questo elemento della ghiandola ovarica, dandone un con-
cetto abbastanza netto. L'esperimento ha quindi servito
moltissimo per estendere le nostre conoscenze e per preci-
sare quelle scarse che avevamo. Resta dunque almeno pro-
vato che anche l’ovaio è una glandola a secrezione interna.
E come tale ha anch'essa rapporti intimi con le altre
glandole a secrezione interna dell’organismo? Possedia-
mo ancora scarse notizie, quantunque oggi si studino bene
questi rapporti. Parhon e Goldstein hanno trovato che e-
siste un antagonismo tra la funzione dell’ovaia e quello
del corpo tiroide. Fichera ha fatto delle esperienze sulle
femmine di cavia e di coniglio per generalizzare le sue
conclusioni sulle relazioni della ipofisi con le glandole
sessuali. Egli, asportando le ovaie, ha notato una iper-
trofia dell’ipofisi, maggiore per le coniglie che per le ca-
vie, apprezzabile già dopo venti giorni dall’operazione. É
l'aumento in peso è così considerevole, da potersì parago-
nare a quello che si nota nell’ipofisi degli animali stiroi-
dati, il quale però avviene in modo più lento che il primo.
Anche istologicamente si notano modificazioni nella 1po-
fisi, perchè si ha un notevole aumento di cellule eosinofile
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO SIT
ingrandite e ripiene di sostanza eosinofila, elementi in
moltiplicazione cariocinetica, e dilatazione e ripienezza
dei vasi sanguigni. Fichera conclude quindi che così resta
provata la relazione che esiste anche tra l’ipofisi e le
ovale, e che la loro secrezione interna modera l’attività
dell’ipofisi.
La maggiore attività della pituitaria in seguito alla
castrazione potrebbe influire « probabilmente, attirando
il ricambio materiale, a rendere migliori le condizioni di
nutrizione e di sviluppo di molti tessuti in genere, e di
quello osseo in ispecie ». Anche tra le ovaie e le glandole
a secrezione interna esistono dunque notevoli rapporti,
che, verranno certo meglio illustrati in seguito da succes-
sivi lavori.
Da tutto ciò risulta ora facilmente il parallelo tra la
glandola interstiziale del testicolo e quella dell’ovaio. A
parte la somiglianza morfologica e istogenetica, anche le
stesse questioni si agitano per la loro funzione e per il
loro significato fisiologico nell'organismo.
Difatti abbiamo veduto che tutte e due queste glan-
dole segregherebbero dei prodotti distruttori del grasso.
Inoltre l’importanza della secrezione interna testicolare
per lo sviluppo dello scheletro e anche del tratto genitale
è attribuita pure a quella ovarica. Ma se su ciò non si è
ancora ben sicuri per il testicolo, non lo si è neppure per
l’ovaio.
Inoltre sappiamo che la secrezione interna testicola-
re è attribuita da alcuni alle cellule seminali, da altri al-
le cellule sertoliane, e da altri ancora alle cellule intersti-
ziali. Così pure per l’ovaio alcuni l’attribuiscono ai corpi
lutei, altri all’epitelio ovarico coi suoi diverticoli, e altri
poi alle cellule interstiziali. E mentre si sostiene che le
cellule interstiziali del testicolo servano pel nutrimento
316 VALENTINO BARNABO”
degli elementi seminali, vi è chi parla di sostanze elabo-
rate per l'uovo dall’epitelio del follicolo di Graaf.
Se poi sì considerano i lavori di Limon, il paral-
lelismo è ancora più chiaro. Si tratta difatti di cellule
voluminose poliedriche tanto nel testicolo quanto nell’ova-
10. Si notano anche numerose goccioline di grasso nel
protoplasma tanto delle une come delle altre. Però, mentre
nel testicolo sono o isolate o raggruppate in isolotti, la
cul topografia non è fissa, nell’ovaio sono invece disposte
in lobuli, in cordoni regolarmente orientati. I loro rap-
porti intimi coi vasi si trovano nell’ovaio come nel testi-
colo; e il loro aspetto glandolare ha fatto meritare i nomi
di glandola interstiziale dell'ovaio, assegnato da Limon,
e corrispondentemente di glandola interstiziale del testi-
colo, dato da Bouin e Ancel. Le modificazioni poi che su-
biscono le cellule interstiziali nell’ovaio trapiantato sono
del tutto simili a quelle, presentate dall’elemento inter-
stiziale del testicolo in analoghe condizioni o patologiche
o sperimertali. Anche nell’ovaio, secondo Limon, gli ele-
menti interstiziali deriverebbero da quelli indifferenti del
connettivo; presenterebbero inoltre un momento ben chia-
ro di attività funzionale, arrichendosi delle clave, pro-
dotto della loro elaborazione. Non sono stati però descrit-
ti nè pigmento, nè cristalloidi speciali per le cellule in-
terstiziali dell'ovaio. Inoltre il fatto, provato da Limon
coll’esperimento, che la circolazione ha una così grande
influenza per l’attività secretoria e per le modificazioni
della glandola interstiziale ovarica, fa pensare che anche
molte delle modificazioni descritte da Bouin e Ancel e da
altri ricercatori per quella del testicolo in isvariate con-
tingenze patologiche o fisiologiche o teratologiche o spe-
rimentali, possano pure dipendere dall’ essenzialissimo
fattore della circolazione, apportatrice del nutrimento
cellulare.
Inoltre anche i rapporti con le altre glandole a secrce-
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 69 47
zione interna appaiono simili per l'elemento interstiziale
ovarico, e per il testicolare. Lo fan prevedere gli studi
fatti, quantunque per ora si siano occupati soltanto
dell’influenza esercitata dalla assenza della glandola ses-
suale in massa e della sua secrezione interna, senza trat-
tare dell'elemento interstiziale in ispecie. Il comporta-
mento dell’ipofisi è per esempio perfettamente simile nei
maschi castrati, e nelle femmine, che han subìto l’ova-
rioctomia. Si tratta sempre, come ha dimostrato Fichera,
di fenomeni netti di ipertrofia, la quale va considerata da
lavoro e di natura compensatoria per la mancata funzione
delle glandole sessuali.
Si può pertanto concludere che le glandole sessuali,
tanto maschili che femminili, posseggono una secrezione
esterna ed una interna. Tutte e due queste secrezioni han-
no pol il medesimo scopo: l’una è in relazione col mondo
esterno per la propagazione della specie, l’altra ha una
importanza essenziale per l’organismo. E dico importan-
za essenziale, perchè, tra l’altro, è notevole il fatto che
tutte e due le glandole sessuali la posseggono in egual
maniera. L'elemento interstiziale inoltre deve pure avere
un notevole significato in queste glandole, dal momento
che vi sl trova rappresentato in egual misura, e presenta
analogie così spiccate di struttura e di comportamento. Se
quindi non s1 può ancora precisare con esattezza la sua
vera funzione, si può però ritenere con una gran presun-
zione che non si tratti soltanto di un semplice organo di
sostegno, o di un organo rudimentale, tanto meno di una
inclusione di cellule aberranti. Anche per le cellule inter-
stiziali ovariche esistono molti dubbi, tanto che si può
per ora ritenere il loro studio come solamente iniziato;
tuttavia io credo che, se si approfondiranno di pari pas-
so le osservazioni per questi elementi tanto nel testicolo
quanto nell’ovaio, sarà più facile trovare una guida si-
cura, la quale conduca ad una interpretazione esatta e
precisa.
318 VALENTINO BARNABO”
XIV. — Conclusioni.
. Dall'esame che abbiamo fatto delle varie questioni,
riguardanti la sostanza interstiziale del testicolo, abbia-
mo potuto man mano ricordare le conclusioni, a cui sono
giunti i singoli Autori nei loro lavori,e siamo anche venu-
ti a diverse deduzioni. Ora è il caso di riassumere breve-
mente tutto ciò, per vedere quanto è provato con certezza,
e quanto ancora non è che un'ipotesi sopra questo interes-
sante argomento. Ecco quello che si può dunque dire al
giorno d’oggi delle cellule interstiziali del testicolo.
I. I caratteri morfologici sono stati esattamente stu-
diati con i varî metodi delle singole parti costituenti la
cellula interstiziale, ben diversa dalla cellula ‘fissa del
connettivo circostante.
II. Per ora mancano notizie sicure sulla riproduzione
di questo elemento e si esclude che avvenga la moltipli-
cazione per cariocinesi.
III. E’ stato descritto un periodo secretorio, ma tale
descrizione merita conferma, ed anche perciò, tra l’altro,
che mi pare prematuro ritenere dal punto di vista istolo-
gico gli elementi interstiziali come cellule glandolari.
IV. Non vi è topografia fissa per le cellule intersti-
ziali; si trovano però nel connettivo interlobulare a pre-
ferenza; e assumono rapporti molto spesso coi vasi san-
guigni e linfatici, e qualche volta colle pareti dei tubuli
seminali. |
V. Sono cellule circondate da una sostanza connetti-
vale fibrillare, la quale sembra contribuisca alla forma-
zione di più intimi rapporti tra esse e i vasi, e le pareti
dei tubuli seminiferi.
VI. Nei pesci, anfibi e rettili non si conosce con si-
curezza una sostanza interstiziale; pure è da ritenere che
esista in tutti 1 vertebrati.
VII. Negli uccelli sono state descritte cellule inter-
stiziali con sicurezza in varie specie.
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 319
VIII. Nei mammiferi esistono come elemento costan-
te del testicolo, e hanno in tutti caratteri e comportamen
to simili.
IX. La glandola interstiziale funziona e si sviluppa
nell’embrione prima ancora che si sviluppino gli elementi
germinativi; manca però uno studio sistematico nei varî
periodi dell'embrione.
X. L’istogenesi è ancora un problema, che ha susci-
tato varie discussioni senza ottenere una soluzione sicura.
XI. Il grasso elaborato dagli elementi interstiziali
con molta probabilità può servire come nutrimento per gli
elementi seminali, penetrando nei tubuli allo stato di
dissoluzione chimica; ma vi sono ancora opinioni contro-
verse.
XII. I cristalloidi di Reinke si possono ritenere come
prodotti di elaborazione delle cellule interstiziali, ma an-
cora non se ne conosce nè il destino, nè la vera natura, nè
la ragione della presenza soltanto nel testicolo umano.
XIV. Sono stati descritti altri prodotti di elabora-
zione intra ed estracellulari, ma non si hanno che notizie
vaghe e meritevoli di conferma.
XV. Sulla importanza e specificità dei fermenti so-
lubili, ricavati recentemente da Herwieu,è ancora prema-
turo pronunciarsi.
XVI. La sostanza interstiziale subisce notevoli mo-
dificazioni con l’età dell'animale: e propriamente si svi-
luppa in senso inverso della parte seminale, perchè, quan-
do questa si sviluppa e funziona, la prima si riduce, e vi-
ceversa.
XVII. — L’ibernazione ha pure un'influenza sullo
sviluppo degli elementi interstiziali; ma occorrerebbero
nuovi lavori per precisarla.
(Continuaz. e fine nel prossimo fascicolo).
Prof. GIUSEPPE TUCCIMEI
DAGGIO DI UN CATALOGO DEI DITTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA
Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma
(Ved. vol. preced. del Bollettino)
LARE SECONDE
Gen. MERODON Meig.
253. M. aeneus Mg.
Strada di Roccantica; Nettuno. Sul trifoglio e sulle
altre erbe da prato. Aprile, maggio.
Raro. Un solo maschio nella mia collezione, alcune
— femmine.
254. M. acrarius Rond.
Trovato sulle rive del Tevere, presso Roma ed Ostia;
ad Acquatraversa. Sulla mentuccia. | Giugno, set-
tembre.
Rara come quasi tutte le specie di questo genere.
255. M. albifrons Mg.
Raro dall’ aprile all’ agosto nei dintorni sb IBOE
come ad Acqua traversa, Acqua acetosa, forte
Bravetta. Sulla vetta del m. Scalambra (1419) al
primi di ottobre, in giornata tiepida e serena.
Sull’erba alta e fiorita.
256. M. armipes Rond.
Un solo maschio trovato a Roccantica sul ranunco-
lo. Aprile.
257. M. avidus Rossi.
258.
259.
261.
262.
263.
CATALOGO DEI DITTERI 32I
Piazza d’armi ed Acqua acetosa presso Roma; Ostia.
Da maggio a luglio.
Raro.
M. clavipes F.
Acqua acetosa, e forte Bravetta nei dintorni di Ro-
ma. Non manca nelle regioni montuose, come sulla
strada di Tancia in Sabina.
Sembra propria della primavera, avendone di apri-
le e di maggio. Il Rondani dice che non oltrepas-
sa giugno. Frequenta l’erba alta e fiorita e la lu-
pinella.
Rara. Nella mia raccolta non ho che qualche fem-
mina.
M. funestus Fabr.
Dintorni di Roma; falde del monte Peschio presso
Velletri; S. Valentino. Sul Seseli fortuosum e sul-
la marruca.
Giugno, settembre. Assai raro.
260.
M. nigritarsis Rond.
Un solo maschio trovato sulla via Cassia nei dintor-
ni di Roma.
M. pruni Rossi.
Tre individui, di cui un maschio, rinvenuti dal con-
te Barbiellini in località non precisata.
Specie certamente rara nella provincia di Roma.
M. senilis Meig.
Una sola femmina trovata dal Barbiellini presso
Bracciano, sui fiori in una macchia di castagni.
Aprile. Specie rara per l’Italia.
M. spinipes F.
Villa Umberto I presso Roma. Due sole femmine.
322
264.
265.
266.
267.
268.
G. TUCCIMEI
Un maschio proveniente dal lago Albano, in giu-
gno.
M. submetallicus Rond.
Una sola femmina trovata in giugno presso al lago
Albano.
M. varius Rond.
Vetta del m. Scalambra (1419) sull’erba, ai primi
di ottobre. Vetta dal m. Artemisio (812) a volo,
in settembre. Fiumicino presso la foce del Tevere,
giugno. Acqua traversa presso Roma.
I maschi non sono più rari delle femmine.
Subfam. Milesiinae.
Gen. XyLoTA Westw.
X. segnis L.
Specie non rara. Roccantica; falde del m. Artemi-
sio .e..del m:. Peschio.
Trovata in copula sul nocciolo in aprile; di settem-
bre sull’edera che a quell’epoca è in fiore.
X. sylvarum L.
Castel lariano. Una sola femmina trovata dal sig.
D. Vita, in epoca non precisata.
Gen. SyRITTA Serv.
S. pipiens L.
Specie molto frequente, che ho trovato in quasi tut-
te le località citate per le altre. Ricordo partico-
larmente le rive del Tevere; Capo d’acqua presso
Montorso; la terrazza annessa al museo di S. A-
pollinare; villa Umberto I, giardino vaticano etc.
Si coglie facilmente falciando sull’erba; sulla men-
CATALOGO DEI DITTERI 323
tuccia; sull’edera in fiore; nei giardini; sui fiori
della veronica; sull’ortica.
Con uguale frequenza si trovano i maschi e le fem-
mine.
Gen. EumERUS Metg.
269. E. argyropus Lw.
Un solo maschio, catturato dal Barbiellini alla Far-
nesina, in maggio.
270. E. barbarus Coquer.
Viale dei Parioli; S. Agnese.
Specie rara: si trova dopo la metà di giugno.
271. E. basalis Lw. |
Due maschi trovati dal Barbiellini in località non
precisata dei dint. di Roma.
272. E. ornatus Meig..
Due soli esemplari, trovati a villa d’Este presso Ti-
voli, e villa Antonelli presso Velletri.
Sull’erba, e all'ombra degli alberi.
Luglio, settembre.
273. E. puchellus Lw.
Un solo maschio trovato dal Barbiellini di maggio,
nella località Acqua acetosa.
274. E. strigatus FIL.
. Due femmine, trovate di ottobre a villa Carpegna,
sulle foglie degli allori, al sole.
‘ Gen. FERDINANDEA Rond.
275 F. aurea Rond.
Strada di Roccantica; S. Angelo presso Poggio Mir-
teto. Sul rovo, sull’edera in fiore.
Ottobre.
324 G. TUCCIMEI
276. FP. cuprea Scop.
| Selva di Marino. Luglio.
Un solo maschio trovato dal conte Piloni
27... ruficornis Fab,
Portonaccio, sulla via Tiburtina presso Roma. Roc-
cantica in Sabina.
Sul sambuco, sul tronco di quercia. Aprile
Assai rara.
Gen. MiLesIiA Latr.
278. M. crabroniformis F.
Monte Cavo (949); Marino; strada della Pallanza-
na e m. Pizzo presso Viterbo; falde del m. Arte-
misio; Villa Antonelli e Lariano presso Velletri;
Villa Lancellotti presso Frascati; Roccantica in
Sabina; Dintorni di Roma.
Specie comunissima che abbonda specialmente sul-
l'edera in fiore; rinvenuta anche sulla centaurea,
sulla vitalba, sulla rosa selvatica, sul fioraliso.
Talvolta presa a volo.
Abbondante nei mesi caldi da luglio a settembre;
non manca di ottobre, e si protrae fino a novem-
bre, se la stagione è buona.
I maschi si raccolgono con la stessa frequenza delle
femmine.
279. M. semiluctifera Wil.
Roccantica e S. Valentino in Sabina; macchia d’Ac-
qua traversa, presso. Roma; monte Cavo; Palom-
bara.
Specie piuttosto rara nei mesi estivi. Nella mia col-
lezione sono in ugual numero maschi e femmine.
CATALOGO DEI DITTERÌ 523
Gen. SPILOMYA Meig.
280. S. saltum Fabr.
281.
282.
283.
284.
Dint. di Roma; piazza d’armi, Acqua traversa. Sti-
migliano in Sabina Macchia di Forano.
Sulla mentuccia, sull’edera in fiore.
Da luglio a settembre.
Specie rara.
Subfam. Chrysotoxinae.
Gen. CaRysoroxUM Meig.
C. arcuatum Meig.
Una sola femmina trovata dal sig. D. Vita in loca-
lità e in epoca non ben precisata dei dintorni di
Roma.
C. bicinctum L.
Dintorni di Roma, Stimigliano; ‘attorno alle felci.
Settembre.
Due sole femmine nelle quali si riconoscono più i
caratteri dati dal Rondani per la varietà tricin-
cum (IL
C. cisalpinum Rond.
Villa Antonelli presso Velletri; vetta del monte Ar-
temisio; dintorni di Olevano.
Sull’erba: da luglio a settembre. Specie rara.
C. fasciolatum De Geer.
Tre soli maschi dei dintorni di Roma, monte Mario,
e base del monte Artemisio.
Sull’edera in fiore. Settembre.
285. C'. festivum L.
Due sole femmine; la Farnesina; rive del Tevere.
Sulle ombrellitere; maggio.
320 G. TUCCIMEI
286. C. intermedium Meig.
Comunissimo nei dintorni di Roma e in molte lo-
calità della provincia. Ricordo fra le altre: Mon-
te Mario, la Farnesina, viale dei ;Parioli, forte
Bravetta, Palestrina nel bosco dei Cappuccini,
Civita Lavinia. falde del monte Peschio, Tusculo,
Palombara, monte Cavo, Grottaferrata, S. Valen-
tino, prato della Pallanzana, Olevano.
Sull’edera fiorita, sul finocchio, sul Seseli tortuosum,
sull'erba dei prati, sui fiori di Dahlia, a volo.
Da aprile a tutto novembre.
La varietà che corrisponderebbe al C%. italicum è
più frequente da noi della forma tipica.
287. C. vernale Lw.
Forte Bravetta; rive del Tevere; via Flaminia; la
Caffarella; monte Cavo; Bracciano.
Frequenta l'erba alta fiorita; da aprile a giugno:
alquanto raro; scarse le femmine più dei maschi.
Gen. CALLICERA Panz.
258. .C‘rafae schiuma.
Due sole femmine trovate una a villa Carpegna, sul-
l'edera in fiore, alla fine di settembre; un’altra a
Roccantica sulle siepi. Quest'ultima è di dimen-
sioni più piccole. Ambedue ricordano la varietà :
Macquarti Rond.
289 C. spinolae Rond.
Rarissima. Villa Corsini; villa Lancellotti, villa
Carpegna; monte Pizzo presso Viterbo.
Sull’edera fiorita. Settembre e ottobre.
G. TUCCIMEI 327
Subfam. Microdontinae.
Gen. Micropom Meig.
290. M. mutabalis L.
Una sola femmina trovata dal Sig. Luigioni nei
dintorni di Roma. Località ed epoca non preci-
sata.
Subfam. Ceriinae.
Gen. CERIA F.
291. C. vespiformis Latr.
Dintorni di Roma, Villa Carpègna, Anguillara.
Specie assai rara. Sembra che il Barbiellini ne
abbia trovato più spesso, e i maschi più delle fem-
mine.
Sui fiori della marruca e del finocchio; a volo attor-
no a quelli del Seseli tortuosum.
Giugno, agosto.
Fam Pipunculidae.
Gen. PiPuNcuLUS Latr.
292. P. ater Meig.
Un solo maschio da S. Agnese sulla via Nomentana.
Giugno.
293. P. campestris Latr.
Un solo maschio, trovato a Tor di Quinto sulle sab-
bie del Tevere. Ottobre.
(Continua).
Contribuzione allo studio
delle specie europee del gen. Squalius Bp.
Comunicazione alla Società Zoologica Italiana
del socio Dott. NICOLA PIETRAVALLE :
=— e--——
(Cont. ved. fasc. 7 e 8 1903, pag. 225-243).
Individui del gruppo C' (Sq. albus Bp.) del lago Tra-
simeno (Tav. 1).
Gl’'individui di questo gruppo appaiono subito più
slanciati degli altri, col profilo superiore ed inferiore meno
convessi.
Il capo più allungato e più acuminato che nei gruppi
precedenti. Il suo profilo superiore è rettilineo meno in-
clinato e si continua col profilo del dorso. Il profilo in-
ferlore è più o meno convesso, ma si rialza bruscamente
in corrispondenza dell'angolo del mascellare, per modo
che il mento diviene sporgente.
Lo squarcio boccale è più obbliquo e più ampio che nei
gruppi precedenti e arriva fin sotto la metà dell’occhio.
Le ossa opercolari simili a quelle del gruppo B: in
generale l'angolo posteriore dell’opercolo è messo arroton-
dato e più sporgente. I
" Nelle ossa faringee va notato che la branca inferiore
è più lunga e più sottile, la branca superiore più inclinata,
col:margine esterno un po’ più curvo e il margine poste-
riore dell’ala leggermente convesso (Tav. II fig. 8).
«I denti faringi uguali a quelli del gruppo B.
Le squame laterali mediane hanno il margine fisso con
DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 329
tre lobi ineguali di cui i laterali più arrotondati e meno
sporgenti che nel gruppi citati. Le squame anteriori sono
più basse mentre le posteriori sono più allungate e quelle
del dorso più o meno arrotondate (Tav. II fig. 4).
La linea laterale segue una curva un po’ spostata
verso il ventre. Vi si contano da 43 a 47 squame. Al di-
sopra e al disotto di essa si contano rispettivamente 7 o 8
e 4 squame sulla linea trasversale.
La forma delle pinne è uguale per lo più a quella che
si riscontra nel gruppo B. Il numero dei raggi è il se-
guente :
D. 3/8-9; P. 1/15-17; V. 2/8; A. 3/8-9
Il margine dell’anale è leggermente convesso e qualche
volta quasi rettilineo.
La caudale presso a poco come nel gruppo B.
II colore del dorso è bianco cinereo con riflessi verdo-
enoli, che sì perde in un bianco argenteo inferiormente.
Individui del gruppo D (Sq. leuciscus (L.) del lago
di Costanza.
Gl'individui di questo gruppo si distinguono subito
dagli individui dei gruppi precedenti per il margine del-
l’anale che è concavo.
Il corpo è compresso ai lati un po’ più che negli in-
dividui del gruppo A. Il profilo superiore è più o meno
convesso; l’inferiore anche convesso, più accentuato nelle
femmine che nei maschi.
Testa piuttosto piccola con muso più o meno arroton-
dato. Il suo profilo superiore è più convesso dell’inferiore
e si continua col profilo del dorso.
Bocca un po’ obliqua, ma sempre più piccola che nei
gruppi A e B, non sorpassando le narici.
L’opercolo è trapezoidale con striature poco distinte.
339 N. PIETRAVALLE
Il lato superiore è quasi rettilineo e il posteriore legger-
mente concavo. L’angolo formato da questi due lati è un .
po ottuso e arrotondato.
Il preopercolo ha i margini posteriore ed inferiore
più arrotndati che nei gruppi precedenti.
L’interopercolo è triangolare, e sporgente molto al
disotto del preopercolo.
Il subopercolo come negli altri gruppi.
Le ossa faringee sono abbastanza robuste, con una
espansione del corpo dell’osso al disotto dell’ala. La bran-
ca superiore è meno larga che nel gruppi descritti e Vin-
feriore più forte e un po’ slargata verso la fine. L’ala è
più corta che negli altri gruppi: meno sviluppata in alto
che in basso e forma superiormente un angolo più ottuso,
mentre Sporge ad angolo acuto, un po’ curvo, inferiormen-
te. Il margine posteriore è convesso. I denti faringei sono
disposti su due file, più spesso in numero di 5 e 2 da cia-
scun lato, qualche volta in numero di 5 e 2 da un lato e
5 e 8 dall’altro: sono compressi sulla corona e uncinati,
ma mancano di dentellature al margine interno (Tav. II
fig. 6).
La pinna dorsale nasce un po’ più indietro delle ven-
trali, generalmente al disopra della 20* o 21° squama del
la linea laterale. Il margine superiore è leggermente ret-
tilineo o leggermente concavo. Conta 3 raggi semplici e
7 divisi.
L’anale prende origine un po’ più indietro che la
punta della dorsale abbassata e propriamente al disotto
della 31°0 32° squama della linea laterale. Ha, come s'è
detto, 11 margine posteriore concavo e conta 3 raggi sem-
plici e 7 a 9 divisi.
Le pettorali e le ventrali sono simili per forma a
quelle dei gruppi sopra riportati: Le prime hanno un
DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 334
raggio semplice e 16 a 17 divisi; le seconde hanno origine
al disotto della 19°o 20° squama della linea laterale e con-
tano 2 raggi semplici e 8 divisi.
Le squame sono notevolmente più piccole che nei
gruppi precedenti. Le mediane laterali sono le più gran-
di, più larghe che alte, col margine fisso generalmente
lobato più o meno regolarmente. Il nodo centrale è sposta-
to sensibilmente verso il margine fisso e da esso si partono
spesso 5 raggi diretti alla parte scoperta e altri più nu-
merosi e più sottili diretti alla parte nascosta. Le squame
laterali anteriori sono più piccole e più irregolari; le po-
steriori più allungate e con la striatura a ventaglio più
fitta e più irregolare. Le dorsali più o meno arrotondate
e con un maggior numero di raggi (Tav. II, fig. 2).
La linea laterale segue una linea curva. Vi si contano
da 49 a 52 squame. Al disopra e al disotto di essa, nella
linea trasversale, rispettivamente 8 e 4 o 5 squame.
*
* *
Io credo dunque di poter concludere che sia neces-
sario mantenere distinte le tre specie Sg. leuciscus (L.),
Sg. cephalus (L.), e Sq. cavedanus Bp. e che debba sepa-
rarsi da quest’ultima lo Sg. albus Bq. che era stato pas-
sato con essa in sinonimia e che io considero come specie
distinta, essendomi così risultato dall'esame fatto.
E’ probabile che proseguendo in questo studio ed
estendendolo .a forme di località non osservate, sì possano
stabilire altre specie in questo genere.
®
* è
Al chiarissimo Prof. Vinciguerra che gentilmente
mi accolse nei laboratori della R. Stazione di Piscicol-
tura in Roma e mi fu largo di consigli per questo mio mo-
332 N. PIETRAVALLE
desto lavoro, sento il dovere di esprimere con i più vivi
ringraziamenti i sentimenti della mia profonda ricono-
scenza.
BIBLIOGRAFIA.
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DEL GEN..«'°SQUALIUS » BP. 335
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984 N. PIETRAVALLE
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opus recognovit. Joannes Raius e Societate regia.
—— eo? a i
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE
1. Dorr. RAFFAELLO BELLINI. — Etudes de M alacologie na-
politaine (Les Mollusques terrestres et fluviatiles de
la région vulcanique (Vésuve et Champs phlégréens).
Con questo titolo gli « Annales de la Société Royale
Zoologique et Malacologique de Belgique (Tome XLII, p.
7-26) pubblicano un lavoro dell’egregio naturalista italla-
no, ben noto anche ai lettori del Bollettino della Società
Zoologica Italiana con sede in Roma, nel quale, fra le al-
tre mem., venne pubblicata quella sui Molluschi extrama-
rini dell’Isola di Capri (Ved. fasc. I-II. 1890).
Il Dott. Bellini ricorda dapprima i lavori che nella
prima metà del trascorso secolo pubblicarono gl’illustri
Philippi e O. G. Costa sui molluschi della regione vulca-
nica napoletana.
Ora il Bellini colle pregevoli collezioni da lui riunite
ha potuto studiare ed elencare debitamente 79 specie di
Molluschi extramarini della regione vulcanica napoleta-
na, cioè 57 terrestri e 22 fluviatili. L'autore fa rilevare
come le differenze constatate nella distribuzione geogra-
fica si debbano alla composizione litologica del suolo, o al-
la esistenza di ruscelli e paludi, o del piccolo fiume Sebeto :
e per citare un esempio, ecco che nei Campi Flegrei si ha
predominio degli Hel2x; mentre nella regione vesuviana
sl ha quello di specie viventi nell'acqua o in terreno umido.
Cominciando dalla Class. GAstRoPoDA e dall’ ord.
PULMONATA, l’aut. fa conoscere i generi e le specie della
Fam. Limacidae; e successivamente i generi e le specie
che comprendosi nelle Fam. MHelicidae, Pupidae, Steno-
gyridae, Succineidae, Auriculidae, Limnaeidae e Phy-
sidae.
336 A. CARRUCCIO
Fra le specie rare della 1. famiglia, citeremo l’Euli-
max maximus Linn.; fra quelle della 2. fam. l’Helia (Pa-
tula) rotundata Miill., 'H. (Zenobia) cinetella Drap., VH.
(Campylaea) planospira Lam. var. pubescens Tiberi. Ci-
tando PH. (Idberus) muralis Mull. il Dott. Bellini ricorda
come il tipo di questa forma, in Italia « habite seulement,
suivant Monterosato, les murs à sec du Colysée à Rome.
Cela concorde avec les observations de Philippi ».
Nella fam. Pupidae il Bellini cita come specie raris-
sima il Bulimus (Ena) obscurus Mull., e parecchie altre
specie rare.
Lasciando altri esempi, diremo che nell’ord. Proso-
BRANCHIATA l’aut. annovera le Fam. Hidrobiidae, Valvati-
dae e Cyrenidae. Nella 1. fam: è data come rarissima la
Pseudamnicola macrostoma Kiist.
Alla nota, di cui abbiamo fatto un cenno rapidissimo,
segue un’altra, scritta dall’istesso malacologo, intitolata :
Les Mytilidae du Golfe de Naples. Il Dott. Bellini fa no-
tare dapprima come i Mitili del mare napoletano non fos-
sero stati più studiati da un mezzo secolo, e come pur es-
sendo scarso il numero delle specie, sia però straordina-
riamente considerevole il numero degli esemplari. Nota
pure come nell’ acqua salmastra del Lago Fusaro e del
Mar Morto si abbiano « interessanti adattamenti. Il to-
tale delle specie è di 10, e quello delle varietà di 9. — La
specie più comune è il Mytilus galloprovincialis Lam.
(che non è sinonimo di M. edulis, specie che in realtà non
abita il Mediterraneo).
Del Mytilaster minimus Poli è notevole la var. lacu-
strîs di O. G. Costa.
Oltre il gen. MytWus gli altri generi citati dal Bel-
lini sono: Modiola, Crenella, Dacrydium, Lithodomus
(colla spec. ben nota L. lifhophagus ,celebre per le perfo-
razioni delle colonne del tempio di Serapide presso Poz-
zuoli) e Modiolaria. Anche il Bellini fa opportunamente
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 337
osservare quanto sia frequente nel Golfo di Napoli la
Modiolaria subpicta, e come abbia una larga distribuzio-
ne geografica, estendendosi dal Mediterraneo all’Atlanti-
co, dalla Norvegia fino al Marocco, e secondo Carpenter
troverebbesi anche nel littorale occidentale Nord-ameri-
cano.
Il numero dei Malacologi viventi, veramente studiosi
e competenti, è al presente così scarso in Italia, da farci
desiderare che le prove nobilissime date dai. medesimi,
siano tenute presenti ed imitate con fermezza dai giovani,
cui non s'inoculi da qualche improvvido naturalista l’anti-
patia (per altro non dire) ai proficui e non facili studi del-
la Sistematica, sia zoologica, sia botanica.
A. CARRUCCIO.
aPeanara -
2. FAUNA DELLE IsoLE TREMITI (1). Dal dott. Giacomo
Cecconi ricevemmo gentilmente un largo e buon contribu-
to faunistico per le predette Isole (S. Domino, Capuana,
S. Nicola, Cretaccio e Pianosa). L’aut. osserva come esse
siano meglio note dal lato botanico e geologico. La lun-
ghissima e forte secchezza, perchè solo nei mesi invernali
piove, spiega lo scarso numero di specie vegetali ed ani-
mali viventi in questo Arcipelago. Soltanto in S. Domino
si ha un fitto bosco di pini (Pinus alepensis).
Lasciamo di riassumere le considerazioni geologiche
che fa il dott. Cecconi, per dire che nelle due escursioni
fatte nelle predette isole, riuscì a raccogliere circa 500
specie, da lui e da altri pur valenti naturalisti determi-
nate.
Le specie appartengono ai tipi VERMES (Class. A-
nellida), MoLLusca (Class. Gasteropoda con parecchie fa-
miglie e molti gen.), ARTHRoPODA (Class. Crustacea, Ara-
enida, Myriopoda, Insecta; e naturalmente il numero
maggiore, anzi ragguardevole, di ord. fam. gen. e specie
appartengono a quest’ultima classe). Pochissimi sono i |
rappresentanti dei Vertebrati, non avendo il Cecconi an-
noverato che 3 rettili e 2 mammiferi. Non c'è dunque da
trarre, per ora, alcuna illazione, nè far confronti colla
fauna continentale: non così per gli altri tipi. Fra le spe-
cie raccolte non mancano, sia nei vermi, sia nei molluschi |
ecc.; parecchie specie nuove. Noto l’ Helodrilus diome-
daeus del Cognetti, il quale aveva pure creato una nuova |
specie della forma di lombrico trovato sulla bella monta-
gna del Gennargentu in Sardegna, Helodrilus jaunae
(1) Ved. Boll. dei Musei di Zool. ed Anat. comp. del
la R. Università di Torino. Vol. XXIII, 1908, n. 583.
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 339
argenti C'ognetti), specie che fu pure rinvenuta anche
nelle Tremiti, ma soltanto a S. Nicola.
Il Cecconi stabilendo un esame zoogeografico dei di-
versi gruppi d’animali da lui raccolti, osserva che dalle
4 specie di Anellidi da lui raccolti, eccettuata la nuova e
quella trovata finora soltanto in Sardegna, le altre vivono
nel continente italiano e nella Dalmazia.
Per riguardo ai Molluschi viventi, il Cecconi dice
che una ventina di specie sono tutte italiane, e che soltan-
to la Xeroclivia conica var. verticillata Parr., Clausilia
gibbula Ziegl. ecc., cioè 4 specie in tutto, trovansi in Dal-
mazia. Non sarebbe adunque ammissibile l'affermazione
del Neumayr che i Molluschi del Gargano si avvicinano
più a quelli dalmati che a quelli dell Appennino. Passia-
mo agli Artropodi.
I Crostacei Isopodi hanno analogia maggiore cogli
italiani che coi dalmati, ma una metà delle specie sono co-
muni ai due continenti. Anche gli Aracnidi offrono in
predominio specie comuni a entrambi i continenti, ma più
affini alle italiane, ed 11 specie trovate sul continente
italiano non trovaronsi finora nel dalmato.
I Miriapodi sono identici, eccetto il Lithobius pere-
grinus e la Scolopendra dalmatica, propri alla Dalmazia.
Nella classe degli Esapodi, l'ordine dei Coleotteri è
più abbondantemente rappresentato, ed ha un'impronta
mediterranea ben distinta; e le specie presentano mag-
gior analogia colle italiane, che colle dalmate. Sono specie
meritevoli di cenno speciale, e trovate nelle Tremiti, la
Chrysomela banksi, ’Ontophagus andalusicus Wiltl. e il
Meloe murinus Brdt: queste 3 specie mancano in Dalma-
zia. — Riassumendo il Cecconi dice che la Fauna delle
Tremiti concorda in grandissima parte con quella d’Ita-
lia e di Dalmazia, ma ci sono casi in cui essa presenta ca-
ratteri propri, forniti dalle nuove specie o varietà, ma
pochi e di lieve importanza, o maggior affinità coll’uno o
340 A. CARRUCCIO
coll’altro continente, pur sempre predominando l'affinità
colle specie italiane. E ciò l’autore bene dimostra con'mol-
ti esempi, tolti da diversi tipi e classi.
Fra le conclusioni date dall’aut. sono notevoli quelle
in cui riafferma che l'isola di S. Domino ha il maggior
numero di specie animali, perchè vi sono migliori le con-
dizioni di vita.
« La Fauna delle Tremiti va soggetta a lenta e con-
tinua diminuzione per la riduzione continua in superficie
che si manifesta in quelle isole ». Ed è pure affermato che
questa Fauna concorda moltissimo colla Sicula e con quel-
la delle altre isole del mar Tirreno. E di tutte queste è de-
siderabile che si abbiano nuovi e larghi contributi fauni-
stici.
A.C.
TBE CIODIT
3. ANTONIO BERLESE. — Considerazioni sui rapporti tra
piante, loro insetti nemici e cause nemiche di questi
(Redia, vol. IV, fasc. II, pag. 198-246) (1).
In questa interessante pubblicazione, di cui non pos-
siamo dare qui che un breve ed incompleto riassunto, il
Berlese si occupa del complesso fenomeno biologico dei
rapporti che intercedono fra le piante ed i loro insetti pa-
rassiti di diverso grado,considerando tale fenomeno spe-
cialmente dal punto di vista agrario.
L’A. comincia con un cenno storico sulle conoscenze
relative all'argomento. Le prime osservazioni sull’esisten-
za di insetti che vivono e si svolgono nel corpo di altri
insetti, sono dovute al Redi, e ad esse seguirono quelle
del Vallisnieri, che precedettero di trent'anni le osserva-
zioni del Réaumur. Nel 1872 il progetto di un trattato
per una convenzione internazionale sulla caccia, proposta
fra l’austria e l’Italia, diede occasione a parecchi natura-
listi italiani e anche stranieri di studiare il problema del-
l'utilità che possono avere gli uccelli nel distruggere gli
insetti nocivi; e di maturare il concetto, di capitale im-
portanza per l’entomologia agraria, che il freno all’ecces-
sivo moltiplicarsi di una specie deve ricercarsi solo nella
opera di altra specie nemica. L'importanza di questo prin-
cipio per l’entomologia agraria non fu accennata che dal
Rondani e dal Ghiliani in alcuni scritti: essi ne ebbero
un'idea chiara, ma non l’espressero facendone la base di
una dottrina. Si deve agli entomologi degli Stati Uniti il
primo esperimento di combattere una specie dannosa me-
(1) Gli estratti di questo lavoro furono pubblicati la prima volta
il 27 maggio 1907. In questa recensione mi servo il più possibile delle
stesse parole e frasi usate. dall’ Autore.
342 DOTT. L. MASI
diante i suoli parassiti. Venti anni dopo questo esperimen-
to, 11 Berlese richiamò l’attenzione in Italia su tale meto-
do di lotta e lo applicò in alcune circostanze.
Dopo queste notizie storiche, il Berlese passa a
definire il concetto del parassitismo e le varie forme
e i diversi gradi che questo presenta. I parassiti, u-
sando il termine in largo senso, vanno distinti in parassi-
ti propriamente detti e saprofagi: l’azione dei primi va
dal grado di semplice simbiosi fino a quello estremo di
endofagia, in cui si ha la distruzione completa dell’ospi-
te: quella dei secondi ha pure diversi gradi, dall’organi-
smo che si sviluppa sulle sostanze organiche in decomposi-
zione, senza averle recate in tale stato, fino a quello che
prima uccide, quindi si nutre della vittima. Quest'ultima
serle di organismi parassiti è quella dei predatori. L’en-
dofagia deve ritenersi come derivata dalla predazione in
due modi diversi, di uno dei quali ci danno esempio gl'I-
menotteri, dell’altro i Ditteri: per 1 primi l’endofagia è
derivata da vera e propria predazione della larva, pei se-
condi dalla saprofagia caratteristica delle larve di Mu-
scidi ed altre.
Si può chiamare, figuratamente, binomio il gruppo
formato dalla vittima e il parassita o predatore. Nei casi
in cui vi sono più specie collegate a danno di una sola, 1 va-
rî aggressori agiscono ognuno per conto proprio in perfet-
to egoismo, cosicchè si può sempre ridurre la lotta a due
soli fattori. Nell’ordine di fenomeni biologici che TA.
prende specialmente in considerazione, i due fattori sono
la pianta e l’insetto parassita. Ora, noi constatiamo il fat-
to che in natura, mentre la pianta finirebbe sempre per
coprire tutta la superficie della sua possibile zona di dif-
fusione, se non trovasse in ciò particolari cause avverse,
non trovasi mai esempio di insetto fitofago altrettanto u-
niformemente diffuso nel tempo e nello spazio, dovunque
e sempre a spese della pianta. Il fitofago deve avere per-
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 343
ciò delle cause avverse alla sua moltiplicazione e diffusio-
ne. Tali cause consistono generalmente in altri insetti ne-
mici naturali del fitofago. Vi è dunque un parassita del
parassita, cioè un altro binomio che si aggiunge al primo;
anzi talora si ha pure un terzo binomio per la presenza di
un parassita di quarto grado rispetto alla pianta. Il com-
plesso di queste forme che sono in dipendenza l’una dal-
l’altra, è detto dal Berlese complesso o sistema simbiotico,
ed ha per centro la pianta; esso è quasi sempre un s2sfema
polibiotico, perchè risulta da diversi binomi.
Ogni sistema che si riferisce ad una pianta è in equi-
librio con i sistemi delle altre piante della regione; però
vi sono delle oscillazioni, dei disquilibri, sia fra 1 sistemi
stessi come fra gli elementi che li costituiscono. L’A. a
questo punto tratta brevemente delle cause che regolano
l'equilibrio e provocano gli squilibri. Fa quindi conside-
rare come in un sistema simbiotico solo il terzo termine
(lasciando da parte il quarto che non è costante) po-
trebbe venire a mancare, ma ciò determinerebbe uno
stato di disquilibrio permanente, il quale condurreb-
be alla fine della specie pianta nella regione del con-
flitto. Qualora ciò si avveri in una regione, noi dobbiamo
riconoscere senz’altro che tale stato di cose non è secolare
ma di data tanto più recente quanto più gravi si ricono-
scono gli effetti sul vegetale, che si conserva solo per arti-
ficio da noi dipendente, od in causa della non antica data
di questa speciale condizione di cose. Quando vediamo che
una specie di piante coltivate è seriamente minacciata da
un parassita, dobbiamo riconoscere il più delle volte che
tale specie ha perduto parte della sua resistenza a causa
della coltura artificiale. Questo è avvenuto ad es. per la
vite, attaccata dalla Fillossera. Ma in altri casi la ragio-
ne è ben diversa: « la Peronospora, la Fillossera, la Dia-
spis pentagona, la Mytilaspis citricola, la Parlatoria Zi-
zyphi ecc., sono forme, che appunto perchè non trovano da
344 DOTT. L. MASI
noi condizioni nemiche naturali che le infrenino tanto da
metterle rispetto alla pianta ospite in equilibrio, debbono
essere importazioni venute senza il loro speciale parassi-
ta ». In questi casi la biologia suggerisce all’entomologo a-
grario di ricercare nella patria d’origine della forma noci-
va 1 suoi parassiti, e farli moltiplicare e diffonderli nella
nostra regione, conviene ricordare che l’azione degli iper-
parassiti « mai farà equilibrio od annullerà quella gran-
dissima e necessaria degli endofagi primari ». Quando
poi sì tratta d’intervenire nei sistemi simbiotici indigeni,
le cose sono assai più complicate « perchè l’effetto da otte-
nersi richiede una esatta cognizione della biologia di molte
specie, endofagi, predatori, vittime, nonchè delle loro con-
vittime e non si può attenersi solo ad un agente naturale,
perchè questo già si trova sul posto, ma è necessario inter-
venire artificialmente per influenzare un termine piutto-
sto che un altro e modificarne la efficacia ordinaria, a tut-
to nostro vantaggio. Qui i mezzi artificiali, insetticidi
ecc., possono soccorrere egregiamente ».
L’A. termina con lo stabilire quale deve essere l’ogget-
to delie ricerche di entomologia agraria, intese secondo i
criterî moderni: anzitutto la cognizione intima delle spe-
cie nocevoli, nella loro struttura e biologia; poi la cogni-
zione dei rapporti nei singoli sistemi simbiotici; l’inter-
vento razionale in questi rapporti, col massimo rispetto ai
nostri ausiliari; lo studio delle cause nemiche, nella pa-
tria di origine, alle specie importate e l’acclimatazione di
nuovi ausiliari. « La cognizione dei soli insetti nemici al-
la pianta, rappresenta solo una metà della entomologia a-
graria » e questa scienza « arrestandosi al primo gradino
di ciò che deve sapere, come fino ad ora ha fatto, era de-
stinata ad insuccessi solenni e non era che larva di sa-
pere ».
Dott. L. Masi.
4. Di alcuni parassiti del Bestiame dell'Agro Romano e
della Sardegna, studiati dal dott. GruLIio BERTOLINI,
Ispettore veterinario municipale.
Dall’egregio consocio che fece già un'interessante co-
municazione parassitologica in una delle ultime adunan-
ze della nostra Società, venne testè pubblicato il lavoro col
titolo sopra indicato (Ved. il Nuovo Ercolani Anno XIII,
1908).
Riferiremo in modo riassuntivo gli argomenti dei
quali si è occupato il dott. Bertolini, che dapprima ci of-
fre un contributo allo studio dell’elmintiasi nodulare in-
testinale nei bovini sardi, non di quella dovuta alla B%-
harzia crassa, di cui pur diligentemente si occupò l’istes-
so autore, ma di un’elmintiasi assai più frequente prodot-
ta per lo più da larve di un nematode, e precisamente dal-
l’Oesophagostoma inflatum. Questa larva è descritta dal
Bertolini, e anche un’altra - ch'è meno frequente : ma que-
sta crede VA. che appartenga all’’Uncinaria radiata, e non
era stata ancora notata nel bovini d’Italia. Nel mattato-
rio di Roma, con numerose ricerche, il Bertolini rinven-
ne questa larva in noduli intestinali di varie dimensioni.
Tratta dopo del Gongylonema scutatum, riferendo
le osservazioni fatte all’estero e in Italia da altri, e poi le
sue in bovini, bufali e pecore, portati nel mattatoio di Ro-
ma. In una nota ricorda la comunicazione fatta sul pre-
detto parassita dal prof. G. Alessandrini, che abbiamo
pubblicata nel Bollettino della Soc. Zool. Ital. fasc. 3. e 6.
1908, pag. 163-166.
Il Bertolini fa noto che con molta frequenza trovò
l'’accennato parassita nell’epitelio esofageo; e specialmen-
te nelle pecore è così comune e frequente da far apparire
346 A. CARRUCCIO
l’istesso epitelio come tappezzato, dandogli + arDeLh qua-
sì « di un elegante e minuto ricamo ».
Accenna alla direzione longitudinale che suol man-
tenere la 5 del gongilonema, più lunga e più grossa del
& ; il quale invece si dispone in giri irregolari e in senso
obbliquo all’asse maggiore dell’esofago.
Il dott. Bertolini è indotto a credere che la £, la
quale è ovovivipara, lascia probabilmente « il cunicolo e-
piteliale dopo avervi deposto le uova ».
Sull’azione patogena di questi parassiti pare anche
a nol prematuro il pronunciare un giudizio sicuro.
In terzo luogo vengono nuove osservazioni del Ber-
tolini sull’infestione dei Linguatule larvali nei bovini e
negli ovini dell’Agro Romano, e ricordiamo benissimo che
l’istesso Bertolini fu primo in Roma a descrivere nel 1892
un caso notevole di una pecora che presentò 1 gangli me-
senterici invasi da questi parassiti, dei quali un buon
numero di esemplari furono favoriti alla nostra scuola di
zoologia, ed eseguivane buoni preparati microscopici il
dott. G. Pecori durante il suo assistentato.
Il Bertolini, eseguendo alcune ricerche negli ovini
che si macellano nel grande mattatoio romano, rinvenne
negli scorsi mesi di marzo, aprile e maggio, più numerose
e frequenti le linguatule larvali di quanto egli stesso ed
altri dapprima credevano. I parassiti stanno innicchiati
in punti molto limitati dell’intestino e nei gangli mesen-
terici; dai quali se con opportuna pressione si fanno u-
scire, si vedono in preda a movimenti vivacissimi; e vedon-
si pure muoversi, all'esame microscopico, gli uncinetti pe-
riboccali e le numerose spinuzze attaccate alle pareti del
corpicciuolo.
Crediamo che l’azione patogena sia variabile nel
mammiferi ruminanti. Ben noto è poi il modo di trasmis-
sione, per fortuna eccezionale, nell'uomo, e quello più fre-
quente nel cane.
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 347
Ha ragione il Bertolini nel dire che sarebbe oppor-
tuna la distruzione dei gangli degli animali in cui si ri-
scontrino questi parassiti, potendo darsi il caso, come no-
ta pure lo Stiles, che si mangino i visceri che non hanno
subito una sufficiente cottura.
Altre due osservazioni espone il Bertolini nel suo
pregevole lavoro: una è sull’Amphistomum conicum nel-
l’Agro romano e nella Sardegna; la 2. ed ultima riguarda
la Strongilosi gastro-enterica.
Il primo parassita, che forse è sconosciuto nei bovini
allevati in stalla nell’Italia continentale, il Bertolini lo
trovò soltanto nei bovini romani e sardi. Il Civiniai l’ave-
va però osservato, molti anni or sono, in Toscana; e molto
dopo il compianto prof. Mingazzini Pio lo trovò in Si-
cilia.
Al Bertolini risultò che quasi un terzo dei bovini sar-
di, macellati in Roma, è affetto da amfistomi. Più rari so-
no nel rumine dei bovini dell'Agro romano, e meno rari
in qualcuno proveniente da Maccarese e dalle Paludi pon-
tine.
La strongilosi è pure più frequente nei bovini ed o-
vini della campagna romana e della Sardegna, che in
quelli allevati a stalla, provenienti dalla Toscana, dal-
l'Umbria e dalle Marche.
La presenza degli strongili, nel canale gastro-ente-
rico, che possono appartenere a parecchie specie, è accom-
pagnata da « forte dimagramento e da vera cachessia ».
Aggiungiamo che l’annunciato lavoro è accompagna-
to da una tavola con bellissime figure dei citati parassiti.
A. CARRUCCIO.
Ancora del Giardino Zoologieo in Roma
— Tr rr —
Dopo quanto abbiamo riferito nel Bollettino della no- |
stra Società (Ved. fasc. IV, V, e VI, 1908 pag. 191-196), _
siamo lieti di poter aggiungere che con la venuta del Sig.
Carlo Hagenberck, il noto proprietario e creatore del
giardino zoologico di Amburgo, il progetto di un simile |
giardino da costruirsi in Roma, a Villa Umberto, è en- _
trato nel periodo della sua realizzazione. |
Il Sig. Hagenberck è venuto in Roma, di cui è antico |
ed entusiasta ammiratore, accompagnato dal figlio e da.
due ingegneri per studiare il terreno concesso a tal uopo
dal Municipio, e per concretare il progetto definitivo, e_
con l’idea di tenere una pubblica conferenza, accompa-.
gnata da proiezioni cinematografiche di fotografie del
parco di Stellingen, per dare al pubblico romano una idea |
di ipa che sarà il apo zoologico di Villa Umberto I. I
EEScIsnia La riunione, che ebbe un carattere di lietissimali
intimità, quale non poteva mancare tra persone accomu-.
nate da uno stesso ideale, felici di festeggiare chi appun-
to questo loro ideale veniva a tradurre in realtà, riuscì
splendidamente. i
Erano presenti :S. E. il Ministro dell’Istruzione pub-.
blica On. Rava, il Sindaco di Roma, il Presidente del Co-.
mitato Senatore Bar. Sonnino, il Comm. Trompeo, l’avv..
Castellani, il Pittore Sartorio, il P.pe di Scalea, il cav.
uff. avv. Villanis, l'avv. Ferrini ed altri; e della nostra So-.
cietà il Vicepresidente Senatore di Carpegna, il dott. Led
pri rappresentante il Presidente prof. Comm. Carruccio,
ANCORA DEL GIARDINO ZOOLOGICO IN ROMA 349
cui una leggera indisposizione impedì d’intervenire, ed il
P.pe Chigi. La Stampa era largamente rappresentata.
Allo Champagne prese la parola il Senatore Sonnino,
presidente del Comitato, rivolgendo un ringraziamento
ed un saluto al Ministro della I. P., ed a tutti gl’inter-
venuti. Parlò quindi del giardino zoologico, augurando di
vederlo presto compiuto. Questo, disse, dovrà essere non
solo una grande attrattiva ed un centro di lodevole curio-
sità, ch'è pur necessario in una Capitale come Roma. Sarà
pure un vero ritrovo intellettuale per lo scienziato e l’ar-
| tista, un efficace mezzo di educazione per l'operaio e per
i 1 figli del popolo. Concluse mandando un saluto a Carlo
‘ Hagenbeck, e bevendo alla salute di S. M. il Re, di cui
| ricorreva il genetliaco.
Il sig. Hagenbeck, dopo aver ringraziato delle liete cor-
dialissime accoglienze, descrisse brevemente i sistemi da
) lui adottati e che assicurano un grande successo al giar-
4 dino zoologico, perchè in esso vi sarà l’illusione completa
i dell'ambiente in cui vivono gli animali allo stato libero.
| La Flora dalla quale gli animali prigionieri saranno cir-
f condati, sarà precisamente quella dei paesi di cui sono o-
À riginari. A] che il clima di Roma si presta come to di
o nessun altro paese.
Parlarono inoltre ed eloquentemente il Sindaco di Ro-
i ma, il Ministro della P. I., il senatore di Carpegna, il
P.pe di Scalea inneggiando alla grandezza ed alle bellez-
di ze di Roma, con l'augurio che a queste si. aggiunga ben
| presto il giardino zoologico.
i) | Il Dr. Lepri portò il saluto del direttore del R. Isti-
i tuto Zoologico, Prof. Comm. Carruccio, e facendosi suo
i interprete rilevò tutti i grandi vantaggi che l’Hagenbeck
i ha recato alla Zoologia con i nuovi sistemi da lui intro-
i dotti nel suo giardino zoologico i quali permettono agli
i studiosi di questo ramo delle scienze biologiche infinite
(i ed. interessantissime osservazioni intorno alla vita, alle
350 G. LEPRI
abitudini, all’indole degli animali, e che quindi un gran-
dissimo vantaggio potrà ricavare l’istesso Istituto Zoolo-
gico Universitario dall’esistenza di un giardino zoologico
in Roma: avendo in comune la nobilissima meta di far
progredire la scienza zoologica e sopratutto le sue appli-
cazioni pratiche, così numerose e tanto importanti.
Ricordò come il Museo Zoologico romano siasi in que.
st'ultimi tempi straordinariamente arricchito, tanto da
potersi dire che in quest’ultimo venticinquennio, dacchè
fu affidato alle mani del prof. Carruccio, sia sorto dal
nulla o quasi, e come ciò sia potuto avvenire principal-
mente per l’instancabile munificenza del nostro amato so-
vrano S. M. il Re Vittorio Emanuele ITI, tra i cui doni
veramente reali primeggiano 11 Plautusimpennis, il raris-
simo pingoino dei mari artici oggi estinto, e l'Okapia
Jonsthoni, 11 singolarissimo giraffide recentemente scoperto
nelle foreste del Congo; ricordò ancora tra gli altamente
benemeriti del Museo, i ministri dell'Istruzione Pubblica,
il compianto M.se Patrizi-Montoro, e diversi valorosi uffi-
ciali della R. Marina, quali il comm. De Amezaga, cav.
Filipponi e gli ufficiali medici Moscatelli, Petella, Maran-
tonio, Pasquale ed altri.
E come oltre ai moltissimi doni che per la collezione
generale ottenne il prof. Carruccio, e agli opportuni ac-
quisti da lui fatti di numerose specie, prima mancanti af-
fatto in Roma, egli abbia creato di pianta la bella colle-
zione faunistica della provincia romana.
Fece quindi rilevare quale utile complemento di così
ricco museo sarà il giardino zoologico, che permetterà di
aggiungere alle ricerche anatomiche e fisiologiche le osser-
vazioni sulla vita e sul carattere degli animali; in una pa-
rola: permetterà di aggiungere allo studio del corpo,
quello dell'anima, con immenso vantaggio, pel progresso
della scienza e sopratutto delle sue pratiche applicazio-
ni alle industrie, all’agricoltura, alle arti belle, i cui cul-
ANCORA DEL GIARDINO ZOOLOGICO IN ROMA e5d
tori, con largo consenso del Direttore, già da tempo in
buon numero affluiscono al Museo zoologico, ma che cer-
tamente ritrarranno maggior profitto per izloro lavori
dall’osservazione degli animali viventi.
Concluse dicendo che al saluto del prof. Carruccio si
univa quindi anche un sentimento di gratitudine e un
ringraziamento in nome della scienza e dei suoi cultori :
gratitudine che senza dubbio Roma farà sua, Roma fiera
di vedere aggiungere una nuova gemma al serto di bel-
lezze che la natura e le arti le hanno posto sul fronte.
La lietissima riunione si sciolse alle 3 pom.
Il giorno successivo nell'Aula Magna del Collegio
Romano, affollata di sceltissimo pubblico il sig. Hagen-
beck tenne l’annunziata conferenza sul Parco zoologico di
Stellingen, illustrata da proiezioni fotografiche prese nel
parco stesso. Prima aveva parlato il Prof. Cermenati fa-
cendo estesamente la storia dei giardini Zoologici. Am-
miratissime furono le proiezioni fisse, tra cui degna di
nota quella della grotta dei leoni, del recinto degli struz-
zi e dei kanguri, in giorni di neve: prova indi-
scutibile della grande abilità del Signor Hagenbeck nel-
l’acclimatare quegli abitatori dei deserti infuocati del-
l'Africa e dell'Australia, al rigido clima della Germania
del Nord; e nello stesso tempo ottimo fondamento a bene
sperare per la riuscita del giardino zoologico di Roma.
Se il sig. Hagenbeck è riuscito di mantenere così bene, vi-
spi e sani, i leoni e gli struzzi in mezzo ai geli ed alle ne-
vi del Settentrione, potrà facilmente far molto meglio nel
mitissimo clima di Roma.
Un vero entusiasmo destarono le proiezioni cinemato-
grafiche, le quali ci dettero un saggio degl’ incantevoli
spettacoli che in breve potremo godere in Roma: quelle
rupi scoscese su cui vedevamo arrampicarsi camosci e
stambecchi con i loro caratteristici balzi, ci dettero l’illu-
352 G. LEPRI
sione di aver dinnanzi agli occhi qualche profilo delle no-
stre Alpi.
Seguiva la veduta di un bacino cinto di scogli su cui
sl stavano pigramente distese foche ed otarie: ad un trat-
to le vedemmo balzare nell’acqua e divenire agili e svelte
quanto prima erano tarde ed impacciate: Poi splendidi
leoni aggirantesi nella loro caverna, in mezzo a dirupi,
branchi di grù, di pellicani, di anitre svolazzanti in la-
ghetti e stagni artificiali. Pingoini dall’incesso barcollan-
ti, l’uno appresso all’altro come una processione di ubria-
chi; agilissimi daini, cervi, antilopi saltellavano libera-
mente in un ampio prato; elefanti colossali trascinavano
grandi pesi, e perfino un immenso pitone svolse le sue spi-
re dinnanzi a noi per annidarsi nella sua tana: final-
mente il pasaggio di una elegantissima pariglia di zebre
attaccata ad un carrozzino, chiuse lo spettacolo, che per
troppo breve tempo deliziò 1 nostri occhi.
Spettacolo che se non poteva non interessare altamen-
te qualsiasi persona, era addirittura una festa indimen-
ticabile per gli occhi di chi allo studio del regno animale,
ha consacrato la sua vita.
Roma, 12 novembre 1908.
G. LEPRI.
—- — — ——
inn
Comm. Prof. ANTONIO CARRUCCIO — Direttore e Redattore responsabile. il
Roma — Tipografia Agostiniana - Via Governo Vecchio 1-2.
Art. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi mo- —
rali e possibilmente aiuti materiali aì cultori della biologia animale anche nelle |
sue varie applicazioni: di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento sul
Bollettino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche Y
d’indole biologica, anatomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistema- |
tica; e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi.
Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci:
1° Soci ordinari, disliuti in socî a tempo, i quali pagheranno lire Diecî |
all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta;
2° Soci straordinari, ì quali pagheranno lire sette annue;
8° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio direttivo, scelti | fi
fra i più noti ed eminenti cultori degti studi zoologici od altrimenti benemeriti
della Societa.
Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. “i
Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato |
da due soci ordinari e la sua nomina approvata dal Consiglio. 4
Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza gene-
rale, costituito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consi».
glieri. Il Consiglio nomina nel suo seno un Segretario, Bibliotecario ed un |
Cassiere-Economo responsabile dei fondi della Società. CI
Tutti i membri del Consiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente;
durano in carica 3 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio ;
I Consiglieri si rinnovano ogni anno per un terzo.
Art. 8. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative.
Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terranno normalmente in |
Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio.
Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le elezioni
sociali e per l'approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun
anno; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle
condizioni morali e materiali della Società.
Si potranno però, quando che sia, tenere in Roma o altrove, Congressi ed-
adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio
direttivo e di 15 Soci, in quell’ epoca che gli uni e gli altri crederanno più
opportuno. i)
Art. 11. — L’anno sociale comincerà dal 1. gennaio. Le iscrizioni fatte .
fino al mese di ottobre si riferiscono all’ anno in corso; quelle fatte nei mesi.
di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno dune
I Soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che.
intendano ritirarsi dalla Società, si considerano iscritti per l’anno successivo.
1 Soci debbono pagare la quota annua entro il l]. quadrimestre dell'anno.
sociale. Trascorso un anno, 1 morosi perdono il diritto di ricevere il dollettino,
ed. il Consiglio direttivo potrà radiarli dall'albo sociale.
N.B. — L’intiero Statuto composto di 12 articoli di cui abbiamo riprodotti |
i più importanti, fu approvato nell’ adunanza generale del 22 marzo 1900
e pubblicato nei fascicoli I e II del volume 1900, serie II, pag. 6 e 7.
Fasc. Xl e XII Serie Il - Vol. IX Anno 1908.
(XVII dalla fondazione)
DELLA
‘ ‘ ì
SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA
LIU 4 4 d d
CON SEDE IN ROMA
y4
LI
Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill
SOMMERIO:
I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE consumo carneo in Roma ne-
; ‘ IC chi i gli anni 1906-1907. — Relazio-
| da ale > Sullo su ne statistico-sanitaria . 408-411
; dio dei Calcididi con partico-
i lare riguardo alla Fauna DIORO ILI. CORRISPONDENZE - NOTIZIE
I liana, pag. ; 3 .' 993-974
È 2. Dott. Barnabò Valentino — 1. Chigi P.pe Francesco e prof.
î La glandola interstiziale. del Martorelli (Giacinto = -— Sulla
È; testicolo. (Continuazione e fine questione dei così detti « Li-
i della memoria. - Conclusioni. - cenzini scientifici » . 414-420
Letteratura). . iS sii 375-391 2. Conferimento d’una medaglia
3. Prof. Alessandrini Giulio — d'oro a Ss. M. IL RE D'ITALIA 421-422
Contributo allo studio delle ma- à. Prof. Mario (f’ondorelli Fran-
lattie parassitarie delle peco- caviglia — Cattura di un gros-
re È . 392-400 so Pesce cane dopo il terremo-
4. Prof. Ricei Ettore — Note- to e maremoto di Messina 423-424
relle d’Avifauna per la provin-
cia di Macerata E 2 401-409 IV. INDICE.
II. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE i Pn
Indice generale delle materie con-
Dottori G. Bertolini e A. Cazzel- tenute nel Bollettino — Volu-
la. — Ta macellazione ed il me del 1908 TRRGIAE . 425-428
—_ -Tree=°.__T —
Sede della Società: ISTITUTO ZOOLOGICO -- R. Università
(Via della Sapienza — Roma)
AVVISO — Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla
Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le Sale del medesimo e di poter trattenersi
— nei mesi in cui è aperta l’Università — in determinate ore, sia nelle predette sale per
confronti, sia nella Biblioteca per studio e lettura di libri e periodici scientifici.
enna L NRE prin ni pn, e po 2 Ag SSR e = SI
Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimestrale,
Na
è
Fasc. XI e XII. Serie Il — Vol. IX Anno XVII — 1908
BOLLETTINO
BOL SOGCIETAZOOLOGICA: ITALIANA
CON SEDE IN ROMA
| Presidente onorario S. M. il RE
= Cra = i = = == = DIL: == = da ea
Istituto Zoologico della R. Univ. di Roma diretto dal Prof. Comm, A. Carruccio
SULLO STUDIO DEI CALCEIDIDI
con particolare riguardo alla fauna italiana
e an
Comunicazione del Dott. Luigi Masi fatta alla Società Zoologica Italiana
con Sede in Roma
« Fraidieci grandi gruppi o superfamiglie
d’Imenotteri, non ve n'è uno più ricco di
specie, più importante dal lato economico,
e più difficile a studiare e classificare, della
superfamiglia def Calcididei. Tali specie
d'insetti esistono dovunque non a centinaia
ma a migliaia e milioni, e sono probabil-
mente di molto maggiore importanza, dal
punto di vista pratico, di quello che non
siano gl’Ieneumonidei» (Ashmead, Classifi_
cation of the Chalcid Flies).
Le osservazioni sul parassitismo che esercitano innu-
merevoli specie d’insetti sopra ‘altri insetti dannosi alle
piante, e insieme il concetto dell’equilibrio biologico che
deriva in natura dalla lotta degli organismi per l’esi-
stenza, da parecchio tempo hanno aperto un nuovo oriz-
zonte all’entomologia agraria. Si ricerca, secondo tale in-
dirizzo di studi, quali siano i nemici naturali delle spe-
cle che a noi riescono dannose e, poichè tali nemici natu-
rali a loro volta sono combattuti da altri parassiti, si vuol
conoscere tutto il sistema biologico di parassiti e iperpa-
‘354 L. MASI
rassiti al quale è soggetta l’esistenza di una data pianta
in una regione. Queste conoscenze ci occorrono per favo-
rire più che è possibile l’esistenza degli insetti che hanno
per noi un’azione utile, cioè quelli che direttamente pa-
rassitizzano insetti dannosi, e per combattere gl’iperpa-
rassiti la cui azione riesce a nostro svantaggio; ci occor-
rono in determinate circostanze per poter raccogliere gli
insetti utili e moltiplicarli mediante l'allevamento, allo
scopo di diffonderli quando ce n’è bisogno, nei luoghi
dove le piante sono danneggiate da altri insetti, oppure
di introdurli in regioni in cui prima non si trovavano e
nelle quali la loro vita può essere compatibile con le
condizioni di ambiente; e ci occorrono sopratutto quando,
per combattere una specie dannosa, vorremmo servirci di
un mezzo artificiale di distruzione, quale ad es. l’avvele-
namento degl’individui di tale specie, o la loro raccolta
ed uccisione don un mezzo qualunque. Poichè con tali pro-
cedimenti molto spesso insieme con la specie dannosa noi -
verremmo a distruggere 1 suol parassiti, cosicchè nei dasi
di ricomparsa di quella specie dannosa, sarebbe tolto o as-
sal diminuito quel freno naturale che prima ne mante-
neva lo sviluppo entro certi limiti, lasciandolo oscillare
nelle diverse generazioni attorno ad un valore medio e
rendendo più o meno rari i casi di grande diffusione: ol-
tre ad una conseguenza che spesso potrebbe derivarne, la
quale consiste in ciò, che essendo non di rado i parassiti
di una specie parassiti anche di un’altra che vive su al-
tra pianta, il distruggerli insieme con le loro vittime della
prima specie, verrebbe a favorire grandemente lo svi-
luppo degl’individui della seconda, ai quali mancherebbe
l’ostacolo naturale per moltiplicarsi e diffondersi. A noi
occorre quindi di poter prevedere le conseguenze dello
squilibrio che verremmo a produrre distruggendo in-
sleme una specie ed i suoi parassiti, e giudicare tali con-
seguenze dal lato pratico, e preparare, quando si volesse
SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 355
affrontarle, i mezzi per porre ad esse rimedio. Dobbiamo
considerare inoltre, che a noi occorre di conoscere 1 ne-
mici naturali degl’insetti dannosi e favorirne in ogni
modo l’azione distruttiva, quando non sapremmo come
distruggere artificialmente una data specie, oppure quan-
do i mezzi artificiali di distruzione non potrebbero essere
applicati su vasta scala, sia per la diffusione del danno
da riparare, sia per la spesa che importerebbe la loro ap-
plicazione.
Questi metodi e questi criterî, dei quali si giova Vene
tomologo agrario nel combattere gl’insetti dannosi, e coi
quali cerca una soluzione razionale dei problemi che gli
sì presentano, importano tutto un complesso di lunghi
studi, di pazienti ricerche, di esperimenti ripetuti. L’at-
tività e il numero delle stazioni di entomologia agraria,
le quali hanno lo scopo di compiere tali studi, in alcune
nazioni sono andati crescendo notevolmente in questi vl-
timi anni. Tuttavia è sempre negli Stati Uniti dell’Ame-
rica del Nord che le stazioni entomologiche sono più nu-
merose, meglio retribuite e fornite dei mezzi necessari
agli studi, ed i lavori di tutta una schiera di valenti ento-
mologi danno vita a numerose riviste d’indirizzo pratico
e scientifico. Cosicchè a questa nazione, cui spetta il me-
rito delle prime e più brillanti esperienze per combattere
gl’insetti dannosi mediante i loro parassiti, spetta anche
incontestabilmente il primato per l’entomologia agraria.
Non è però senza conforto e senza un certo sentimento di
orgoglio che noi vediamo questo ramo degli studi scien-
tifici coltivato assiduamente anche in Italia dal Labora-
torio di Entomologia della Scuola d’Agricoltura di Por-
tici e dalla Stazione Entomologica di Firenze, nei quali
istituti, nonostante l’indifferenza, e talora anche la diffi-
denza e l’aperta contrarietà, che sempre hanno ostacolato
presso di noi, quasi un destino inevitabile, quegli studi di
biologia teorica che sono necessario e indispensabile fon-
350 L. MASI
damento delle applicazioni pratiche, vediamo sostenuto
decorosamente il nome della scienza entomologica agra-
ria: la quale sorta in Italia nella prima metà del secolo
scorso e sviluppatasi quasi indipendente dagli studi di
altre nazioni, dovrebbe tenersi da noi in ben diversa con-
siderazione di quello che sia stata finora.
Gli studi di entomolgia agraria non sono possibili
senza l'esatta conoscenza delle specie dannose alle piante,
e di quelle che vivono come parassiti di diverso grado su
tali specie. L’entomologia agraria esige dall’entomologia
pura le notizie sui caratteri morfologici della specie, sul-
le loro varietà, sulla loro distribuzione e sulla loro vita,
e come in quasi tutti gli studi biologici, così in quelli del-
l’entomologo agrario il fondamento principale sta nella
sistematica. Ma le nostre cognizioni riguardo ai gruppi
cul appartengono più di frequente le specie dannose al-
l'agricoltura, sono spesso ben lontane dall'avere raggiun- |
to quel grado che richiede l’entomologia agraria; e del |
pari incomplete sono le cognizioni sistematiche riguardo
al gruppi cui appartengono 1 parassiti di diverso grado.
Questi, che spettano per la maggior parte agli Ime- |
notteri terebranti, cioè agli Ieneumonidi, Braconidi, Cal- |
cididi, Proctotrupidi, ed altri pochi ordini minori, in I-
talia non sono stati quasi affatto studiati. Inoltre, mentre {|}
per la sistematica degli Icneumonidi, dei Braconidi ed ||,
anche dei Proctotrupidi europei, esistono buone opere di |
autori recenti, per lo studio delle specie dei Calcididi, (|,
tanto di Europa come degli altri continenti, non vi è una |
opera complessiva che possa servire di fondamento per la ||,
determinazione delle specie, e quindi per il loro studio ||.
dal punto di vista agrario. la
Per la determinazione dei generi abbiamo le due ope- (|,
re « Classification of the Chalcid Flies » (Memoirs of the | î
Carnegie Museum) di Ashmead, e « Die Hymenopteren
Mitteleuropas » di Schmiedeknecht: la prima delle qua- |
SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 357
li contiene i quadri dicotomici per la determinazione di
tutti quanti i generi conosciuti fino al 1904. Il ponderoso
lavoro dell’ Ashmead non va esente però da alcuni difetti,
una parte dei quali era inevitabile in un’opera di tanta
mole, mentre altri, quali ad es. le frasi diagnostiche spes-
so troppo brevi, certi quadri dicotomici troppo compli-
cati e troppo lunghi, tanto che riesce molto difficile di se-
guirli, le distinzioni di alcuni gruppi in base a caratteri
che non sempre si possono osservare negli esemplari che
si hanno a disposizione, come ad es. il mumero dei denti
delle mandibole; avrebbero potuto essere corretti con un
lavoro di revisione, se l'Autore avesse potuto dedicare an-
cora all’entomologia la sua straordinaria attività e la sua
opera preziosa. Lo Schmiedeknecht ha fatto il quadro di-
cotomico per i generi di Calcididi basandosi sull’opera
del Thomson « Hymenoptera Scandinaviae » e su quella
di Ashmead ora ricordata. Nel libro di Schmiedeknecht
mancano tuttavia parecchi generi la cui esistenza si è
constatata o può ritenersi probabile nell'Europa meridio-
nale. L’opera del Thomson ora ricordata, di cui i due vo-
lumi che riguardano i Calcididi furono pubblicati fra il
1875 e ‘78, è ancor oggi il libro a cui si ricorre più spesso
per la determinazione delle specie. E veramente quest’o-
pera, per il numero dei generi e specie di cui tratta, per
l'accuratezza con cui l’Autore dimostra di avere osserva-
ti 1 caratteri anche più minuti della specie, per l’esattez-
za delle diagnosi e la bellezza delle descrizioni, rimarrà
sempre come opera classica nella letteratura entomologi-
ca. Però sono difetti di quest'opera le descrizioni troppo
concise di molte delle specie menzionate, il numero piut-
tosto limitato di specie che l'Autore ha potuto descrive-
re trattando di certi generi, che ne contano certamente
parecchie decine anche nell'Europa settentrionale, la scar-
sezza di notizie biologiche e, dovrei aggiungere, se non si
trattasse di un difetto comune a quasi tutti i lavori sui
358 L. MASI
Calcididi, la mancanza di figure. Fra le monogratie che
trattano di gruppi minori, devo ricordare quella di
Schletterer sui generi « Leucospis, Polistomorpha und
Marres »; quella di Howard « Revision of the A phelini-
nae of North America » (1895) in cui l'Autore descrive ed
illustra con ‘figure molti generi e specie tutti nuovi, i
quali spettano ad una sottofamiglia che è delle meno co-
nosciute, mentre è delle più interessanti, appartenendovi
quasi tutti parassiti primari di Cocciniglie: di questa
monografia è complemento l’altra pubblicazione recente
« New genera and species of Aphelininae with a revised
table of genera » (1907). Inoltre alcuni lavori veramente
preziosi li dobbiamo a Gustavo Mayr, della cui morte ‘av-
venuta recentemente è ancora vivo il dolore fra gli ento-
mologi. Il Mayr ha trattato dei Torimidi, degli Encirti-
di, dei generi Eurytoma, Decatoma e Ormyrus con un me-
todo che dovrebbe essere seguito il più possibile nella spe-
ciografia dei Calcididi: egli ha descritto le specie rac-
cogliendole mediante l’allevamento degli ospiti, in modo
che ha potuto dare notizie esatte sul loro parassitismo ed
ha potuto studiarne le variazioni negli esemplari di una
stessa provenienza e mettere a confronto quelli di prove-
nienza diversa.
Di quanta utilità sia questo procedimento, oltre che
per la sistematica, anche per l’entomologia agraria, si ri-
leva facilmente quando si consideri l’importanza di sa-
pere il vero ospite di un insetto endofago, e si tenga con-
to delle difficoltà che s'incontrano per conoscerlo. La mag-
gior parte degli autori che hanno descritto i Calcididi,
li hanno raccoti a volo o sulle piante, e quindi danno di
rado notizia degli ospiti; questi poi (i quali per una gran
parte delle specie di cui sono conosciuti, si trovano regi-
strati nel « Catalogus Hymenopterorum » del Dalla Tor-
re) quando sono indicati, non sempre sono i veri ospiti,
poichè i parassiti che ne son derivati o che si suppongono
SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 359
derivati, potrebbero anche essere parassiti di secondo, di
terzo o quarto grado. Per stabilire il grado di parassiti-
smo occorrono osservazioni molto accurate fatte allevan-
do gl’insetti, ed esperimenti destinati a provare se un pa-
rassita ottenuto attacca o no gl’individui della specie o-
spite, o supposta come tale, che non siano stati a contat-
to con altri insetti parassiti. Inoltre il problema si com-
plica per il fatto che certe specie di parassiti primari
possono talora diventar parassiti secondari, oppure ter-
ziari o quaternari (1). La conoscenza del grado di paras-
sitismo ha poi un'importanza capitale nella pratica, chè
infatti, chi per combattere una specie dannosa ad una
pianta, volesse trasportare su di essa tutte le specie di
parassiti ottenute dall’allevamento della specie dannosa,
farebbe quasi sempre opera inutile, se non contraria allo
scopo, poichè insieme coi parassiti trasporterebbe anche
gl’iperparassiti. La conoscenza del vero ospite di un Cal-
cidide ci dà il mezzo più sicuro per procurarne esemplari.
Inoltre la raccolta mediante l’allevamento ha pure il van-
taggio di metterci a disposizione esemplari vivi, i quali
possono essere studiati dal punto di vista biologico, e stu-
diati nei loro caratteri morfologici più minuti appena che
(1) Il Prof. Silvestri, nel suo studio sulla Tignola dell’Olivo
(Prays oleellus) ha determinato che questo Lepidottero in Italia ha
otto parassiti primari, dei quali però solo l’Ageniaspis fuscicollis non
sì trova anche fra i parassiti di diverso grado. « I parassiti secon-
darii genuini sono da noi 7 contro 8 parassiti primarii, ma ad essi
Si uniscono diventando in certi casi secondarii 7 dei primarii, cosic-
chè in determinate circostanze sono in reatà 14. I parassiti terziarii
sono 6, dei quali due (Elasmus, ranthandrus) sono anche parassiti
primarii o secondarii e gli altri (Microterys, Tetrastichus, Habrobra-
con, Habrocytus) anche parassiti secondarii. I parassiti quaternarii
sono 8 (Microterys e Tetrastichus) che si trovano anche come pa-
rassiti secondarii o terziarii » (Boll. Lab. Zool. gen. e agr. Portici,
1907, vol. II, pag. 164).
360 L. MASI
si siano fatti morire e non abbiano subìto ancora alcuna
alterazione della forma pel disseccamento. Va ricordato
infine che mediante l'allevamento si può ottenere per solito
un numero di esemplari di una specie maggiore di quello
che si otterrebbe dalla raccolta sulle piante, e spesso si
hanno insieme il maschio e la femmina della stessa spe-
cie, i quali, se molto diversi nell’aspetto, ottenuti separa-
tamente, potrebbero essere considerati come individui spe-
cificamente diversi.
Un altro vantaggio che si ottiene allevando 1 Calci-
didi, consiste, come ho detto più sopra, nella possibilità
di studiarne le varietà e le variazioni. E° cosa di grande
interesse, sia dal punto di vista biologico, come da quello
agrario, di sapere che una specie, sviluppandosi in tali e
tali ospiti, si presenta secondo i casi con determinati ca-
ratteri, 1 quali potranno essere di maggiore o minore im-
portanza; e che quindi due forme, che talora potrebbero
essere ritenute come specificamente diverse, non sono che
varietà di una specie unica, e perciò possono sostituirsi
l'una con l’altra nell'azione parassitaria: sebbene talora
accada che alla differenza morfologica si unisca quella
delle abitudini, ed anzi in certi casi si trovino varietà bio-
logiche le quali non possono distinguersi affatto in base
al caratteri morfologici (1). Lo studio della varietà dei
caratteri ha fatto stabilire al Mayr non poche sinonimie,
specialmente nel genere Eurytoma, che non sarebbero sta-
te sospettate da quanti avevano studiate le specie senza
tener conto della varietà dei caratteri; e probabilmente
alcuni generi, quali ad es. C'halcis, Pteromalus, Eulophus,
(1) Silvestri ha distinto una subsp. praysincola dell’Ageniaspis
fuscicollis, la quale differisce dalla forma tipica soltanto per il nu-
mero delle generazioni, per il numero degli embrioni che si svilup-
pano da un uovo fecondato, e perchè non parassitizza le uova d’Hypo-
nomeuta malinellus.
SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 361
che comprendono un numero assai grande di specie, stu-
diati con tale criterio, verrebbero assai ridotti. Una par-
ticolare importanza per la sistematica dei Calcididi pre-
sentano le osservazioni del Mayr sulla grande varietà
morfologica di alcune specie di Ormyrus. Secondo questo
Autore, individui notevolmente diversi nella grandezza,
nella colorazione e in parecchi caratteri di struttura, ri-
tenuti quindi come specie distinte, non sono che variazio-
ni della medesima specie.
La notevole varietà dei caratteri che può trovarsi in
certi generi, ed il fatto che certe forme che sono proprie
ciascuna di un dato ospite, non sono che varietà biologi-
che della stessa specie, oltre alla difficoltà di osservare ed
apprezzare certi caratteri morfologici, difficoltà dovuta
alla piccola mole dei Calcididi la quale può esigere l’osser-
vazione con forti ingrandimenti; rendono spesso la di-
stinzione delle specie di questa famiglia assai difficile e
non di rado assai dubbia. Per stabilire le specie, spesso
dobbiamo fare appello a tutti i criterî di cui può giovarsi
la sistematica. Le descrizioni le quali non danno che una
enumerazione sommaria dei caratteri che più facilmente
possono colpire un osservatore, caratteri che riguardano
per lo più il colorito, sono per solito più dannose che
utili, e gli autori che ne hanno pubblidate, e non sono
pochi, hanno creato gravi ostacoli allo studio dei Calci-
didi. Certi generi, come le Chalcis, 1 Pteromalus, gli Eulo-
phus, che già ho ricordati, ed altri che s'incontrano fre-
quentemente, come i 7'etrastichus, gli Encyrtus, i Cirro-
spilus, gli Entedon, gli Elachestus, contano nel catalogo
di Dalla Torre, pubblicato nel 1898, una cinquantina o
un centinaio di specie ciascuno, di una gran parte delle
quali si hanno descrizioni insufficienti per la determina-
zione specifica: inoltre i tipi di molte specie descritte da
vecchi autori, sono ormai quasi tutti perduti. Cosicchè
non è lecito sperare che di tutti quei generi la cui siste-
362 L. MASI
matica è in tali condizioni, possa farsi una revisione. In
un altro mio lavoro (1) ho fatto rilevare a proposito del
cenere Tetrastichus la necessità di osservare i caratteri
minuti delle varie forme, e specialmente quelli delle an-
tenne allorchè non sono ancora alterate dal disseccamen-
to. Tali caratteri non furono ben osservati dal Walker, il
quale descrisse un grande numero di specie di Tetrasti-
chus, come pure di Eulophus, Entedon, Cirrospilus, in
modo da ispirare ben poca fiducia a chi deve servirsi dei
suoi lavori. Di questo Autore, che ha ordinato nel Museo
Britannico una ricca collezione di Calcididi, il Mayr,
persona di competenza indiscutibile, ha dato a proposito
delle descrizioni di Eurytoma un giudizio poco lusinghie-
ro. « Walker ha descritto un grande numero di specie
senza farne il confronto e senza neppure domandarsi se
allo studioso che in seguito dovesse determinarle, sareb-
be stato possibile di servirsi con sicurezza delle sue de-
scrizioni: anzi egli nella maggior parte dei casi non co-
nobbe neppure le specie da lui steso istituite, come lo han-
no dimostrato molte forme che mi furono da lui manda-
te e che spesse volte non corrispondevano alle rispettive
descrizioni oppure risultavano essere state confuse le u-
ne con le altre » (2).
Dei pochi autori che hanno descritto Calcididi rac-
colti in Italia, dobbiamo ricordare specialmente Camil-
lo Rondani e Achille Costa. Il primo ottenne un discreto
numero di specie mediante allevamento, e sarebbe stato
molto utile che, invece di darne la semplice diagnosi, vi
avesse dedicato lo stesso studio con cui si occupò così mae-
strevolmente dei nostri Ditteri. Il Costa descrisse poche
(1) Contribuzioni alla conoscenza dei Calcididi italiani. Boll.
Lab. Z. gen. e agr. Portici, 1908, vol. III.
(2) Arten der Chalcidier-Gattung Eurytoma durch Zucht erhalten
von Dr. Gustav Mayr. Verh, zool. bot. Ges, Wien, 1878, XXVIII, pag. 1,
SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 363
specie, mentre ne raccolse un buon numero nell’Italia me-
ridionale e molte ne ebbe da altre regioni d'Europa.
Data la condizione delle nostre conoscenze faunisti-
che per quanto riguarda i Calcididi, e l'interesse che pre-
senta questo gruppo d’Imenotteri dal punto di vista agra-
rio, non credo di far cosa superflua pubblicando qui un
elenco di quasi tutte le specie, che in due anni di perma-
nenza nel Laboratorio di Entomologia della Scuola d’A-
gricoltura in Portici, ho potuto determinare. Più della
metà di tali specie furono da me già descritte in prece-
denti pubblicazioni. Ho aggiunto in questo lavoro le dia-
gnosi latine delle specie nuove, delle quali avevo pubbli-
cato la descrizione per esteso in italiano. Il numero di ta-
li specie nuove non sembrerà troppo grande in confronto
di quello delle forme determinate, se si tenga conto sia de-
gli ospiti da cui le specie stesse furono ottenute, i quali
finora erano poco studiati dal punto di vista biologico o
non lo erano affatto, sia della facilità con cui tutti colo-
ro che fanno pubblicazioni sui Calcididi, trovano specie
non prima descritte. Nell’elenco seguente, come pure nel-
le diagnosi, ho omesso per brevità l'indicazione dell’ospi-
te e della provenienza, che per molte specie è stata già
indicata nelle mie descrizioni e in altre pubblicazioni del
Laboratorio di Entomologia agraria di Portici. Quasi
tutte le specie sono state raccolte nell'Italia meridionale.
Per l’ordine di successione dei generi ho seguito il libro
di Schmiedeknecht, già ricordato, « Die Hymenopteren
Mitteleuropas ». Per il genere Prospalta Howard, ho a-
dottato il nome di Prospaltella, il quale fu proposto da
Ashmead in una nota negli « Entomological News » allo
Scopo di evitare confusione col genere Prospalta dell’ordi-
ne dei Lepidotteri, stabilito da Walker nel 1857. Oltre
al generi che sono indicati nell'elenco qui appresso, devo
ricordarne alcuni altri, di cui non ho determinato anco-
ra nessuna specie. Essi sono: Leucospis, Lochites, Peri-
364 L. MASI
lampus, Pachyneuron, Meraporus, Diglochis, Elachestus,
Cirrospilus, Pleurotropis, Ablerus, Encarsia, Physcus,
Chaetostrucha.
ELENCO DELLE SPECIE DETERMINATE
Chalcis femorata Dalm.
» pusilla Rossi
)» modesta Masi
Stilbula cynipiformis (Rossi) Spin.
Megastigmus stigmatizans (Fabr.)
) synophri Mayr
T'orymus nigricornis Boh.
» bedeguaris (L.)
) abbreviatus Boh.
Syntomaspis sapphyrina (Boh.) Thoms.
Diomorus calcaratus (Nees)
Oligosthenus stigma (Fabr.) Forst.
Monodontomerus dentipes (Boh.) Walk.
Ormyrus tubulosus Fonsc.
) punctiger Westw.
Eurytoma rosae Nees
) dentata Mayr
» strigifrons Thoms.
» curta Walk.
Decatoma biguttata Swed.
Eupelmus urozonus Dalm.
-Litomastia truncatellus (Dalm.) Thoms.
SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 3605
Ageniaspis fuscicollis (Dalm.) Thoms.
Homalotylus flaminius (Dalm.)
Aphycus philippiae Masi
Cerapterocerus corniger Walk.
) mirabilis Westw.
Encyrtus lunatus Dalm.
) aeruginosus Dalm.
) tardus Ratz.
) aphidivorus Mayr
) festucae Mayr
) mayri Masi
Comys lecaniorum (Mayr) Forst.
» albitarsis (Zett.)
Chioneurus formosus (Boh.)
) quercus Mayr
Habrolepis dalmanr (Westw.) Mayr
) zetterstedti (Westw.) Mayr
Dinarmus dacicida Masi
) robustus Masi
Eunotus cretaceus Walk.
Scutellista cyanea Motsch.
Habrocytus distinguendus Masi
) crassinervis Thoms.
Eutelus tibralis (Westw.) Thoms.
)) mediterraneus Mayr.
Pseudocatolaccus asphondyliae Masi
Pteromalus puparum (L.) Swed.
aq nidulans Thoms.
Arthrolytus incongruens Masi
366
L. MASI
Dibrachys boucheanus (Ratz.) Thoms.
lt affinis Masi
Isocratus vulgaris Walk.
Elasmus flabellatus (Fonsc.) Westw.
Euryischia inopinata Masi
Euplectrus bicolor (Swed.) Hal.
Atoposoma variegatum Masi.
Sympiesis sericercornis (Nees) Forst.
Eulophus longulus (Zett.) Thoms.
Closterocerus formosus Westw.
) trifasciatus Westw.
Derostenus boops Thoms.
Tetrastichus ranthomelaenae (Rond.) March.
)) Tapo Walk.
)) epilachnae Giard
) (Oxyomorpha Hyperteles) interme-
dius Thoms.
Coccophagus flavoscutellum Ashm,
)) howardi Masi.
» lunulatus How.
Aspidiotiphagus citrinus (Craw.)
Archenomus bicolor How.
Eretmocerus corni Haldeman
Prospaltella (1) coniugata Masi
)) similis Masi
Oophthora semblidis Aur.
(1) Vedi a pag. 363.
SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 367
DIAGNOSI DI ALCUNE SPECIE
CHALCIS :MODESTA
1908. Silvestri — Tignola dell’olivo. Boll. Lab. Z. gen. e
agr. Portici, vol. 2., pag. 143, fig. 56.
1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Cale. it. ibid. vol.
3., pag. 106-108, fig. 11-13.
Nigra, tarsis tantum et tibiarum femorumque apice
ferrugineis, proalis macula fumata sub nervo marginali
notatis. Antennae elongatae, articulis latitudine longio-
ribus. Femora postica ad 2/3 longitudinis latissima, ibi-
que dente magno triangulari obtuso munita. Abdomen
parvum. Long. 2-2,7 mm.
APHYCUS PHILIPPIAE
1908. Martelli — Cocciniglie dell’olivo. Boll. Lab. Z. gen.
e agr. Portici, vol. 2., pag. 245.
1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. ‘bid.
vol. 3., pag. 100-103, fig. 8.
Antennae scapo compresso, usque ad 3/4 longitudi-
nis latitudine crescente, pedicello dimidiam scapi longi-
tudinem via aequante, funiculi articulis 1-4 aequalibus,
1/3 pedicelli longitudinis non attingentibus, articulo 5.
crassiore, 6. hoc etiam longiore. (lava articulis quatuor
ultimis aequilonga. Color stramineus, capitis tamen leni-
ter virescens, suturae axillarum et 0marginis scutellaris
aurantiacus, oculorum griseo-viridis vel niger, ocellorum
ruber: scapus macula nigra rhomboidali in utroque late-
re notato, pedicellus dimidio basali infuscato, funiculi
articuli 1-3 nec non primus et secundus clavae nigri. Spe-
cimina exiceata colore testaceo. Long. 0,5-0,7 mm.
368 L. MASI
ENCYRTUS MAYRI
1908. Silvestri — Ecofillembio dell'olivo. Boll. Lab. Z.
gen. e agr. Portici, vol. 2., pag. 210, fig. 13.
1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Cale. it. 1024.
vol. 3., pag. 98-99, fig. 7.
Pedicellus 1/3 scapi longitud'inis superans, funiculi
articulus primus 1/2 pedicelli longitudinis aequans, re-
liqui gradatim majores; clava articulis funiculi 3 vel
2 1/2 ultimis longitudine aequalis. Scutelli apea linea
arcuata subtili separatus, tuberculo apicali munitus. Ner-
vus marginalis aeque longus atque latus, longitudine po-
stmarginalem aequans, nervus stigmaticus 1/2 margina-
lis non attingens. Tibiae posticae calcaribus duobus mu-
nitae. Color ater; vertea, frons, scutum via aenea, jacies
violacea, scapus et pedicellus migricantes, funiculus et
clava pallide flavi. Pedes, exceptis coxis medtis et posti-
cis, femoribus etiam posticis, obscure lutei. Long. 1-
1,5 m m.
DINARMUS DACICIDA
1908. Masi — Imenotteri parassiti della mosca delle olive
(in collaborazione col prof. Silvestri e dott. Martelli)
Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 2., pag. 20-26,
fig. 1-10.
Clypeus apice medio leniter concavo; metathorax im-
punctatus, carina distincta; abdomen longitudinem capi-
tis et thoracis parum superans, ovato-conicum, apice pro-
ductum. Color capitis, thoracis et pedum maxima parte
nigro-cyaneus; metathorax et episterna nigro-viridia, ge-
nua et apices tibiarum flavo-albida, tarsi albidi, eacepto
articulo ultimo minus pallido et praetarso nigro. Abdo-
men superne obscure cupreum, aureo micans, basi viride,
SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 369
inferne atrum violaceo et viridi micans. Long. feminae
3,3-4,5 mm., maris 2,3-3 mm. |
subsp. VIRESCENS:
differt statura majori, thorace interdum robustiore, abdo-
mine paullum magis elongato, colore thoracis olivaceo-
viridi, tibiis mediis et posticis albidis, abdomine feminae
fasciis transversis violaceis ornato. Long. feminae 4-5,5
mm, maris 222,3 mm.
DINARMUS ROBUSTUS
1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll.
Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1., pag. 284-288, fig.
40-41.
Corpus latum, robustum; metathorax haud carina-
tus, subrugosus, callus punctulatus. Color capitis thora-
cisque viridis olivaceus, abdominis obscure cupreus; me-
tathorax viridis; pedum femora et tibiae maxima parte
brunneo-viridia, genua ferruginea, tibiae anticae dimi-
dium apicale et tarsus testacea, pedum paris secundi et
tertii apea tibiarum et tarsus albidi; praetarsus ubique
brunneus. Long. 4-4,7 mm.
HABROCYTUS DISTINGUENDUS
1908. Silvestri — Tignola dell’olivo. Boll. Lab. Z. gen. e
agr. Portici, vol. 2., pag. 160, fig. 67.
1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. ibid.
vol. 3., pag. 113-115, fig. 19.
Clypeus margine medio leniter concavo. Thorax haud
elongatus. Nervi stigmaticis longitudo 2/3 marginalis ae-
quans, nervus postmarginalis marginali via brevior. Me-
370 L. MASI
tathorax sine carina et plica transversa, plicis longitudi-
nalibus instructus leniter sinuatis. Abdomen longitudine
capîtis thoracisque, subcompressum. Caput griseo-viride,
antennae scapo et pedicello flavo-fuscis, parte reliqua ob-
scuriore. T horax, praeter metanotum viride, aeneus. A b-
dominis segmentum primum, pars basalis secundi, super-
ne cyaneo viridia, religuum abdomen cupreum. Femora et
tibiae mamima parte obscure viridia vel brunnea, partim
vero obscure lutea, sicut tarsi, quorum apea tantum brun-
neus. Long. 2,6 mm.
GENUS PSEUDOCATOLACCUS
1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll.
Labr. Z. gen. e agr. Portici, vol. 3., pag. 138-139.
Caput inferne valde angustatum, genis excavatis,
oculis glabris; mandibulae 4-dentatae, externe sinuatae;
antennae in linea infera oculari insertae, articulis 13
compositae, feminae articulis tribus, maris duobus annu-
laribus. Metathoraa haud punctulatus, sine carina, plicis
longitudinalibus instructus, spiraculis oblongis. Proalae
cellula basali et speculo nudis, nervo postmarginali quam
stigmatico longiore, hoc clava magna rotundata. Tibiae
posticae calcari singulo munitae. Abdomen feminae ova-
to-conicum, maris lateribus subrectis.
‘PSEUDOCATOLACCUS ASPHONDYLIAE
1908. Silvestri — Descr. e cenni biol. di una nuova
Asphondylia. Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 3
(estratto pag. 10) fig. 11.
1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. ‘044.
pag. 139-142, fig. 37-39.
Caput et thorax nigro-cyanea, interdum nigro-viri-
SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI k72!
dia, abdomen superne basì cyaneo-viride, ceterum nigro-
rufescens, inferne brunneo. Oculi et ocelli obscure rubri.
Pedes, praeter genua tibiasque anticas lutea, brunnei,
tarsis mediis et posticis albidis apice nigro. Long. 2,7
mm.
ARTHROLYTUS INCONGRUENS
1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Cale. it. Boll.
Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1., pag. 252-254, fig.
TASh6.
Femina. Caput inferne parum angustatum, oculis
glabris, genis rectis, clypeo apice prominente leniter con-
cavo, antennis paullum infra medium insertis. Genae la-
tae, postice acute marginatae. Pedicellus 1/4 scapi longi-
tudinis aequans, funiculi articulus primus 1/2 pedicelli
longus, longitudine quam latitudine sesqui latiore, arti-
culi ceteri gradatim magnitudine crescentes; clava pedi-
cello magis quam sesqui longior. Mandibulae latere eater-
no sinuato, dextra 4-dentata, sinistra 3-dentata. Proalae
metacarpo stigmate parum breviore. Abdomen thorace
aequilongum, via latius, forma ovata. Color griseo-viridis,
purpureo micans; pedes, scapus obscure flavo-rufi, pars
reliqua antennarum flavo-brunnea; alae haud fumatae.
Mas differt femoribus et scapo ad medium latioribus,
scapo autem inferne margine nigro, clava apice acutiore.
Long. 1,9-2,7 mm.
DIBRACHYS AFFINIS
1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll.
Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1., pag. 250-252, fig.
PESE2:
Funiculi articuli longitudine aequales, crassitie us-
que ad ultimum via crescentes. Mandibula sinistra 3-den-
372 L. MASI
tata, dente basali lato. Proalae apicem abdominis plus
minusve superantes, abdomen thorace aequilongum. Alae
metathoracis latitudine maxima paullum ante dimidiam
longitudinem sita. C'olor nigro-viridis vel obscure viridis,
etiam purpureo micans, scapus, pedicellus, pedes obscure
lutei, funiculus et clava flavo-brunnei; clava maris quam
fumeulus non obscurior. Long. 1,45 mm.
EURYSCHIA INOPINATA
1907. Masi. — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll.
Lab. Z. gen. e agr. vol. 1., pag. 273-276, fig. 33.
Scutellum haud mucronatum, setis numerosis vesti-
tum. Corpus, pedes maxima parte, scapus et pedicellus
nigra, funiculus et clava flavo-grisei, calcar pedum anti-
corum flavo-brunneum apice nigro, pedum paris secundîi
et terti album. Proalae fascia fumata ornatae, transver-
sa, eaterne linea recta ad 3/4 longitudinis sita, terminata,
interne serie prima pilorum speculum limitantium. A b-
dominis ape inferne pallide luteus. Long. 1,7 mm.
GENUS ATOPOSOMA
1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Cale. it. Boll.
Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1., pag. 276.
Generi Cirrospilo simile et affine, praecipue differt
corpore toto valde depresso, capite inferne haud angusta-
to sed quam superne latiore, vertice maxime convero, su-
per oculos tantum extante quantum linea infera ocularis
a margine externo mandibularum distat, antennis in me-
dio faciei, non în linea oculari infera sed media insertis.
All’unica specie di questo genere, A. variegatum, so-
migliano, specialmente nel colorito, parecchie specie di
Cirrospilus. La differenza più caratteristica fra i due ge-
SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 373
neri Atoposoma e C'irrospilus sta nella conformazione
del capo.
ATOPOSOMA VARIEGATUM
1907. Masi — Contr. alla conoscenza del Calc. it. Boll.
Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1,,pag. 276-281, fig.
STA LI
1908. Silvestri — Ecofillembio dell’olivo. ibid. vol. 2,
pag. 214, fig. 22.
Caput flavo-griseum, oculis griseis, ocellis rubris;
thorax flavo-viridis, scuto scutelloque flavo-testaceis; abdo-
men prasinum, nigro variegatum; caput et thorax nigro
vittata. Proalae umbra parva apud praestigma et apud
clavam nervi stigmatici. Pedes pallide flavi. Long.
1,57 mm.
COCCOPHAGUS HOWARDI
1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll.
Lab. Z. gen. e agr. vol. 1., pag. 243-245.
Scutum et scutelli pars dimidia anterior setis longi-
tudinaliter scriatim dispositis vestita. Vertex minute pun-
ctulatus. Corpus brunneum, caput feminae lineis obscure
luteis ornatum, maris citrinum, scutellum feminae 2/5
ultimis vel spatio minore vel etiam maiore aurantiacum,
maris concolor; pedes citrini, tarsis tamen testaceis, femi-
nae comae posticae flavo-griseae, maris mediae et posticae
brunneae. Long. 0,7-1,2 mm.
PROSPALTELLA CONIUGATA
1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll.
Lab. Z. gen. e agr. vol. 3°, pag. 146-148, fig. 44-46.
Funiculus scapo aequilongus, articulis cylindraceis,
374 L. MASI
subaequalibus, pedicello via angustioribus; clava via di-
stineta, longitudine funiculum aequans. Maris antennae
(quae articulis 7, pro 8 feminae constant) articulis lon-
gioribus. Proalae nervo marginali et cellula costali aequi-
longîs. Color maxima parte brunneus; caput obscure lu-
teum, oculis atropurpureis, antennis pallide flavis; scapu-
lae aurantiacae)È scutellum citrinum, pedes subalbidi,
proalae interdum ad medium leniter infuscatae, abdomi-
nis ape lutescens. Long. 0,50-0,78 mm.
PROSPALTELLA SIMILIS
1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Bol.
Lab. Z. gen. e agr. vol. 3, pag. 148-149, fig. 45.
Prospaltae murtfeldtii similis et affinis. Antennae
fusiformes, clava indistineta; pedicellus dimidiam scapi
longitudinem aequans; funiculi articulus primus pedi-
cello paullum angustior. Abdomen lateribus curvatis,
segmentis subaequalibus. Color brunneus; caput obscure
testaceum, oculis badiis; antennae, dorsellus, thorax pro
parte obscure lutei. Genua, tibiarum apea et tarsi grisea,
reliqua pars pedum brunnea, annellis fuscis haud ornata.
Proalae parte tertia basali et media infuscatis. Long. 0,57-
1,9 mm.
Le descrizioni di altre nuove specie di Eneyrtus, Pro-
spaltella, Encarsia, C'occophagus, Physcus, saranno pub-
blicate in un prossimo fascicolo del Bollettino del Labo-
ratorio di Zoologia generale ed agraria di Portici.
ISTITUTO ZO00LOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA
diretto dal prof. comm. A. CARRUCCIO
LA GLANDUOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO
Storia, Morfologia, Anatomia comparata, Istogenesi, Fisiologia,
Fisiopatologia e probabile significato delle cellule interstiziali del testicolo
SANFGINABNAE XCSENG STAI,
Comunicazione del socio Dott. VALENTINO BARNABO'
(Contin. e fine ved. fasc. IX e X 1808, pag. 306-319)
XVIII. Anche la cattività ha un’influenza notevole,
riducendo la parte seminale, e contribuendo così allo svi-
luppo della parte interstiziale.
XIX. Negli animali criptorchidi si nota atrofia della
parte seminale e maggiore sviluppo di quella intersti-
ziale, dimostrandosi così la perfetta indipendenza tra
queste due parti. Lo studio quindi del testicolo ectopico
ha avuto una grande importanza per risolvere varie que-
stloni, riguardanti la glandola interstiziale.
XX. Pur conoscendo poco sulla patologia delle cel-
lule interstiziali, si può tuttavia ritenere che esse su-
biscano delle alterazioni in varie contingenze morbose e
che tali alterazioni siano sempre riportabili a quelle os-
servate in condizioni fisiologiche o teratologiche.
XXI. Resecando o legando 1 dutti deferenti, si ottie-
ne la atrofia della parte seminale del testicolo e lo svi-
luppo simultaneo della parte interstiziale; ma non sì
può ancora con certezza dedurre da questo fatto le con-
clusioni, a cui erano venuti Bouin e Ancel.
XXII. Le altre ricerche sperimentali eseguite col
trapianto dei testicoli, colle iniezioni di sostanze causti-
che, con quelle di « estratti di glandola interstiziale »
376 VALENTINO BARNABO”
hanno avuto importanza, confermando le nostre prece-
denti conoscenze, e dimostrando : che in simili condizioni
le cellule interstiziali si comportano come in condizioni
fisiologiche o patologiche; e che sono indipendenti dal-
l'elemento seminale.
XXIII. Non sl può dire con certezza ancora se si
tratti di cellule connettivali, o epiteliali, o glandolari,
perchè varî sono gli argomenti in favore per l'una o per
l’altra di queste ipotesi, ma diversi sono anche i fatti in
contrario.
XXIV. Dalla incertezza di opinioni nel significato
morfologico risulta incertezza anche nel significato fisio-
logico. Non si può però escludere l’ipotesi probabile, che
ritiene le cellule interstiziali come un elemento trofico
della parte seminale.
XXV. E’ molto probabile, ma non ancora del tutto
provato, che esse producano la secrezione interna testico-
lare ammessa da Brown Séquard. Non si può tuttavia ri-
tenere come risoluta la questione se ad esse sole spetti
tale importante funzione.
XXVI. S1 può dichiarare prematura ogni conclu.
sione sugli effetti della secrezione interna testicolare so-
pra l'organismo, ritenendo che essa eserciti un'influenza
sul determinismo dei caratteri sessvali secondarî del ma-
schio, o sullo sviluppo del tratto genitale, o sullo sviluppo
somatico, o sull’ardore genitale, o come difesa dell’orga-
nismo.
XXVIII. Esiste un parallelo perfetto tra gli elementi
interstiziali del testicoto e quelli dell’ovaio, tanto per la
la glandola ipofisiaria.
XXVII. Esistono notevoli rapporti tra le cellule in-
terstiziali e le glandole a secrezione interna, specialmente
loro morfologia quanto per la loro istogenesi, e dal punto
di vista del loro comportamento in condizioni fisiologiche
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO SY.
e fisiopatologiche. Nuovi studî dimostreranno credo, più
esattamente il parallelo perfetto sotto ogni riguardo.
XXIX. Le glandole sessuali tanto maschili che fem-
minili posseggono due secrezioni distinte: una esterna,
in relazione colle funzioni sessuali, e una interna d’im-
portanza essenziale per l'organismo.
XXX. Sebbene non si possa ancora precisare la fun-
zione degli elementi interstiziali, si può però ritenere che
non sì tratti soltanto di un semplice organo di sostegno,
o di un organo rudimentale, o tanto meno di una inclu-
sione di cellule aberranti; ma che essi abbiano invece un
notevole significato, e una notevole importanza nelle glan-
dole sessuali.
Auguriamoci in fine che ulteriori ricerche possano
chiarire tutti 1 punti ancora oscuri sulle questioni riguar-
danti le cellule interstiziali, e procurarci un concetto e-
satto sull'importanza e sulla vera funzione di tali cel-
lule nell'organismo umano, e di tutti 1 mammiferi e ver-
tebrati.
Roma, settembre 1906.
io ngn ARI
————_—_—_——
XV. Aggiunte.
Recentemente il Dr. Conforti ha pubblicato un con-
tributo alla istologia del testicolo in ritenzione, esami-
nando i testicoli di alcuni (8) casi di criptorchidia uma-
na. À parte le sue osservazioni circa la parte seminale
ridotta, sono interessanti quelle circa le cellule intersti-
ziali. Egli ha trovato che esse « variano grandemente di
quantità nei singoli casi: talvolta possono essere nume-
rosissime e aggruppate in grossi nodi. La capacità loro a
secernere è di solito diminuita e tanto più quanto più
378 VALENTINO BARNABO”
sono abbondanti. Che nel testicolo non disceso possano
esistere in quantità considerevoli di gran lunga supe-
riore alla norma non deve interpretarsi come una specie
d’ipertrofia compensatrice nel senso di Bouin e Ancel,
ma come la conseguenza di una turbata evoluzione che
come agisce sui canalicoli seminali, così può portare i
suoi effetti anche sull’insieme delle cellule interstiziali
che rimangono per quantità e forse anche per qualità
quello che sono ad un periodo più iniziale dello sviluppo ».
E’ interessante che il Conforti sull'uomo abbia potuto
venire a conclusioni che collimano colle nostre idee. Noi
avevamo già sostenuto che le variazioni nel numero delle
cellule interstiziali non possono avere un valore talmente
decisivo quanto vorrebbero Bouin e Ancel. Il Conforti ri-
ferisce altresì tre osservazioni, una di Pick, una di Che-
vassu e Lecène, e una di Marion, che dimostrano poter
mancare gli attributi della virilità pur trovandosi pre-
senti e abbondanti le cellule interstiziali. E anche a tale
idea noi eravamo già addivenuti. La spiegazione poi del
Conforti circa un arresto nelle condizioni delle cellule
interstiziali analogamente a quel che succede per l’ele-
mento seminale, mi pare soddisfi. Circa alle sue conclu-
sioni sulla diminuita funzionalità degli elementi inter-
stiziali, che egli basa sull’osservazione microscopica della
diminuzione dei granuli di pigmento, del grasso proto-
plasmatico e dei cristalloidi di Reinke, credo non sì pos-
sano accettare in via assoluta, viste le conclusioni a cui
venimmo sulla natura e sulla interpretazione di queste
varie produzioni. Più importanti sono i fenomeni di de-
generazione cellulare osservati dal Conforti in alcuni casì;
ma son casi che meritano conferma.
Interessante pure è la osservazione del Conforti re-
lativa al reticolo attorniante i varî elementi interstiziali.
Anch’egli lo colorò col Van Gieson in rosa, anche egli
lo interpreta come reticolo connettivale, accettando la mia
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 379
interpretazione che ebbi già a sviluppare nelle pagine del
nostro Bollettino (vol. VII, 1906, pag. 275).
E° perciò con vera soddisfazione che vedo accettare
da altri Autori le mie idee e le mie osservazioni circa
le importanti questioni di tale interessante argomento.
Calalzo di Cadore luglio 1908.
VI LEDIBRATURA
1. ALESSANDRI R. — Sugli effetti della resezione dei varî elementi del
condotto spermatico. sul testicolo. - Policlinico, Sez. Chir., 1895.
2. ANCEL P. — Sur le déterminisme cystosexuel des gamètes - Arch.
de Zool. expériment., 1903.
8. Id. —— Histogenèse et structure de la glande hermaphrodiste d’H2-
lix pomatia. — Arch. de biologie, 1903.
4.ANCEL P. et BouIN P. — Histogenése de la glande interstizielle du
testicule chez le Porc. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1903.
5. Id. — Recherches sur le ròle de la glande interstielle du testicule.
Hypertrophye compensatrice expérimentale. — Compt. rend., de
l’Academ., des Sciences, 1903. Journal de la Physiol. et de la Pa-
thologie génér, 1904.
6. IA. — Tractus g*nital et testicules chez le Porc cryptorchyde. —
Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1904.
V Idi\-=nSursles rélations qui existent entre le développement du
tractus génital et celui de la glande interstitielle chez le Porc. —
Compt. rend. de l’Associat. des Anatomistes de Toulouse, 1904.
8. Id. Sur l’existence de deux sortes de cellules interstielles dans
le testicule du cheval. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1904.
9. Id. — La glande interstitielle du testicule et la défense de l’or-
ganisme. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1905. - Journal
de la Physiol. et de la Pathologie générale, 1905.
10. Id. — Sur Veffet des injections d’extrait de la glande interstitielle
du testicule sur la croissance. — Compt. rend. dell’Académ. des
Sciences, 1906. - Journal de la Physiol. et de la Pathol, génér. 1906.
11. ARCANGELI. — La clorosi. — Roma, 1895.
12. Id. — La patogenesi della clorosi e l’opoterapia. — Bollet. R. Ac-
cademia Med. di Roma, 1899.
380 V. BARNABO”
13.
14.
15:
16.
26.
27,
28.
9
30.
31.
Id..-=- Policlinico, séz. prat., 1904:
ATHANASOFF. — Recherches histologiques sul l’ atrophie de la
prostate consécutive à la castration, à la vasectomie et à l’injection
sclérogène *pididimaire. — Thése de Nancy, 1898.
BARDELEBEN. — Beitràge zur Histologie des Hodens. — Arch. fùr
Anatom, und Physiolog. 1897.
Id. — Die Zwischenzellen der Sàugethierhodens. — Anatomischen
Anzeiger, 1897.
. BARNABÒ V. — Sui rapporti delle cellule interstiziali del testicolo
colle glandole a secrezione interna (Comunicazione preventiva). —
Bollett. Soc. Zoologica Italiana, 1906.
. Id. — Contributo allo studio della struttura della glandola in-
terstiziale del testicolo. — Bollett.Società Zoologica, 1906.
. BEISSNER. — Die Zwischensubstanz des Hodens und ihre Bedeu-
tung. Archiv. fir mikroskopische Anatomie, 1898.
. BENEDEN VAN Ep. — Contribution à la connaissance de l’ovaire des
Mammifères. — Arch. de Biologie, 1880.
. BOHM uND DAVIDOFF. — Lehrbuch der Histologie des Menschen.
. BOLL. — Beitràge zur mikroskopische Anatomie der acinòsen
Driisen, 1869.
. Id. — Untersuchungen iber den Bau und die Entwikelung der
Gewebe. — Arch. fùr mikrosk. Anatomie, 1871.
. Bouin P. — Phénomènes cytologiques anormaux dans l’histo-
génèse et l’atrophie expérimentale du tube séminifère. — Th. de
Nancy, 1897.
Id. — Atrésie des follicules de Graaf et formation des faux corps
jaunes. — Bibl. Anat., 1899.
BoUIN P. et ANCEL P. — Sur la signification de la glande intersti-
tielle du testicule embryonnaire. — Compt. rend. de la Soc. de
Biologie, 1903.-Journ. de la Physiolog. et de la Pathol. génér.,1904.
Id. — La glande interstitielle du testicule. Son réòle sur l’or-
ganisme. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1903.
Id. — Sur les cellules interstitielles du testicule des Mammifères
et leur signification. — Compt. rend. de la Soc, de Biologie, 1903.
Id. — Recherches sur les cellules interstitielles du testicule chez
les Mammifères. — Arch. de Zoologie expériment et générale, 1903.
Id. Recherches sur la signification physiologique de la glande
interstitielle du testicule des Mammifères. — Journal de la Phy-
siol. et de la Pathologie générale, 1904.
— La glande interstitielle a seule, dans le testicule, une action
33.
34.
38.
39.
40.
41.
42.
43.
46.
47,
LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 381
générale sur l’organisme. Démonstration expérimentelle.—Compt.
rend. de l’Academ. des Sciences, 1904.
. Id. — L’apparition des caracterès sexuels secondaires est sous la
dépendance de la glande intertitielle du testicule. — Comp. rend.
de l’Académ. des Sciences, 1904.
Id. — lL'’infantilisme et la glande interstitielle du testicule. —
Compt. rend. de lAcadém des Sciences, 1904.
Id. — La glande interstitielle chez le vieillard. les animaux àgés
et des infantiles expérimentaux. — Compt. rend. de la Soc.
de Biologie, 1904.-Journal de la Physiol. et de la Pathol. gén. 1904.
. Id. — Sur les variations dans le développement du tractus génital
chez les animaux cryptorchides et leur cause. — Bibl. Anat., 1904.
. Id. — Sur la glande interstitielle du testicule des Mammifères
(Réponse à M. Loisel). — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1904.
— Sur l’hypertrophie compensatrice de la glande interstitielle
du testicule (Réponse à M. Loisel). — Compt. rend. de la Soc, de
Biologie, 1904.
Id. — La glande interstitielle du testicule. Examen critique des es-
sais de vérification expérimentale de son ròle dans l’organisme.
Compt. rend de la Soc. de Biologie, 1904.
Id. — Sur la ligature des canaux déférents chez les animaux jeu-
nes. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1904.
Id. — Sur le déterminisme des caractéres sexuels secondaires et
de l’instinct sexuel.-Compt. rend. de l’Académie des Sciences,1904.
Id. — Action de l’extrait de la glande interstitielle du testicule
sur le développement du squelette et des organes génitaux. —
Compt. rend. de l’Académ. des Sciences, 1906.
BRANCA A. — Le testicule chez l’arolot en captivité. — Compt. rend.
de la Soc. de Biologie, 1904. - Journal de la Physiol. et de la Pathol.
génér., 1904.
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gresso ital. chirurgia, 1902.
224. LANZ. — Die ektopische Testikel. — Centralbl. f. Chir. 1905.
225. MARECHAL. — Contrib. à l’étude de l’anat. path. du testicule en
ectopie. — Th. de Paris, 1887.
226. MARION. — Testicule inguinal et tumeur abdominale chez une
femme. — Ann. des malad. génito-urinaires, 1905.
227. PICK. — Ueber Neubildungen am Genitalen bei Zwittern. Arch.
f. Gynaekol, 1905.
228. RABAUD. — La sécrétion interne du testicule, — Arch. gén. de
Méd., 1904.
229. ROLANDO E MINERVINI. — Caso di ritentio testis inguinale bilate-
rale. — Il Morgagni, 1900.
230. VILLARD. — Ectopie testiculaire et ses complications. — Congr.
franc. de Chir. 1906.
231. WHITEHEAD. — The embryonic developpement of the inters. cells
of Leydig. — Americ. Journ. Anat. vol, III
(luglio 1908).
ISTITUTO D'IGIENE SPERIMENTALE DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA
SEZIONE DI PARASSITOLOGIA
Contributo allo studio delle: malattie parassitarie. delle Pecore
pel D.r Giulio Alessandrini professore incaricato di Parassitologia
NOTA PREVENTIVA comunicata alla Società Zoologica Italiana
con sede in Roma
Lo studio delle malattie degli animali utili è stato
sempre coltivato con grande interesse, sopratutto per 1l
grande vantaggio economico che ne può ritrarre il paese.
Ma, se un gran passo si è fatto per combattere le ma-
lattie infettive, ben poco si fece per quelle prodotte da’
parassiti animali, che pure tanto danno apportano alla
industria del bestiame agricolo sia per la straordinaria
decimazione che alle volte son capaci di arrecare, sia per
la diminuita resistenza al lavoro, sia infine per la scarsa
e deteriorata qualità de’ loro prodotti.
Una volta instituita una Sezione di Parassitologia
in questo Istituto di Igiene sperimentale il. Direttore,
prof. Angelo Celli volle affidare a me l’incarico di questo
studio per la campagna Romana sia in relazione con lo
stato agricolo attuale sia per la preparazione delle vigenti
leggi pel suo bonificamento agrario.
Ho cominciato quindi ad interessarmi ad una fra le
più comuni malattie parassitarie delle pecore che in o-
gni tempo ha più che ogni altra interessato e studiosi e
industriali: la distomatosi (Visciola-marciaia-cachessia
acquasa, cachessio ittereo verminosa). E’ noto che in Ita-
DELLE MALATTIE PARASSITARIE DELLE PECORE 393
lia essa miete un numero straordinario di vittime (10-15
per cento) del bestiame e che offre difficoltà non lievi sia
per la cura sia per la profilassi.
Non nascondo però che fin dal primo momento mi so-
‘no imbattuto in difficoltà non lievi dovute sopratutto al-
la molteplicità di parassiti che si riscontrano nel bestia-
me ovino che pascola nella nostra Provincia durante i
mesi invernali e primaverili.
Fattomi portare nell'Istituto alcune pecore che i pa-
stori (i quali sono abbastanza pratici e riconoscono gli a-
nimali ammalati assai precocemente) ritenevano affette
da marciaia ho potuto riscontrare in tutti polielmintiasi
e su undici pecore ho rinvenuto i seguenti parassiti così
distribuiti :
Esofago — Gongylonema scutatum Miller otto volte su undici
i Strongylus ventricosus i otto» » »
| Strongylus filicollis nove » » »
Uncinaria cernua undici » » »
Sclerostonum hypostomum quattro.» +» »
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DIGEST OF THE
RISE REGULATIONS
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umes at any one ‘time, unless by special vote of the
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returned within the time’ specified by\the rules.
The Librarian may demand the return of a book after
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charged to their name. \
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