HARVARD UNIVERSITY. Tk PRA OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. \\9s Sichong SAI ANAL. JUN 949 ton i Pu BOL LETTINO DRI Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della 8. Univetsità di Torino Ni Ke io N. 483-519 TRONI NES TIPOGRAFIA PIETRO GERBONE Via Gaudenzio Ferrari, 3 att gt sio og nor ib asllare zi 2 cede sara zzz 7 488. 484. 485. (486. 487. 488. 489. . 490. 491. 492. . 493. 494. » 495. 496. 497. 498. 499. 500. 501. 502.- LN.DLGE Borelli #1. — Sulla presenza della Planaria alpina e della Poly elis cornu'a nei Pirenei. Camerano L. — L’abate Giuseppe Olivi e la somatometria moderna. Peracca M. G. — Note di erpetologia italica. Cametano L. — Materiali per la storia della zoologia in eo nella prima metà del secolo XIX. Frassetto F. — Osservazioni sulle forme del cranio umano e sulle loro variazioni. Cametano L. — Francesco Cetti e i suoi principii di filosofia na- turale. Pavesi 9. — Sul prof. cav. Leopoldo Maggi. Cognetti de Ma L. - Oligocheti dell’isola d’Elba e di Pia- nosa. Nobili G. — La Hetlleria brevicornis Ebn. all'Elba ed a Pianosa, con osservazioni sinonimiche. Festa E. — Sulla presenza della /ys/rix leucura Sykes, nella re- gione ad oriente del fiume Giordano. Zavattartrì E. -- Imenotteri dell’isola d’Elba e di Pianosa. Mac Mutrtich F. 91. — A revision of the Duchassaing and Miche- lotti Actinian types in the Museum of Natural History, Turin. Cognettiì de Mattiis L. — Oligocheti raccolti nel Darien dal Dr. E. Festa. Ellingsen E. — On a Pseudoscorpiou from Congo. Ellingsen E. — (Viaggio del Dr. E. Festa nell’Ecuador). XXIX. Pseudoscorpiones. Pangella G. — Passalidi di Costa Rica. Nobili G. — Descrizione di una nuova Caridina del Madagascar. Ellingsen E. — Pseudoscorpions from South America. Silvestri F. — Elenco dei Miriapodi, Tisanuri, Termitidi ed Em- biidi raccolti all’isola d’Elba e di Pianosa. Notpili G. — Identità di Brachycarpus neapolitanus Cano e /- laemon biunguiculatus Lucas e Zi 2azzzt i aa » 503. . 604. 505. 506. 507. . 508. 509. 510. Dl1. 512 513. . 614. 515. . 516. 61. 518. Ellingsen E. — Pseudoscorpions from Italy and southern France. Cametano L. — Osservazioni intorno al Chordodes Festae Camer. Cametano L — Gordii dei Pirenei. Nobili G. — Crostacei di Zanzibar. Nobili G. — Descrizione di un nuovo Potamonide di Madagascar. Pangella G. — (Viaggio del Dr. A. Borelli nel Paraguay e nella Repubblica Argentina) Passalidi. With C. d. — Remarks on the Gagrellinae Thor. Mei L. — Ortotteri del Friuli. Simon E. — Etudes sur les Arachnides rècueillis en Patagonie par le Dr. Filippo Silvestri. Cognetti de Mattiis L. — Sui peptonefridî degli Oligocheti. Nobili G. — Descrizione di un nuovo Apus di Madagascar. Parayvicithi G. — Sulla colorazione del reticolo endocellulare delle cellule nervose spinali dell’uomo e del gatto. Camerano L. — Contributo alla conoscenza del Nyctinomus lac - niotis Raf. in Italia. Borelli Fl. — Forficole raccolte nel Paraguay dal signor Bertoni de Winkelried. Polloneta C. — Note malacologiche. Zayattati E. — (Viaggio del Dr. E. Festa in Palestina) Imenotteri. 519. Peracca M. G. — Nuove osservazioni intorno alla Lacerta sardou Peracca della Sardegna. SI bo . BOL LETI INO Musei di Zoologia ed. Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 483 pubblicato il 15 Gennaio 1905 Von. XX Dott. ALFREDO BoRELLI Sulla presenza della Planaria alpina e della Polycelis cornuta nei Pirenei. Intorno alla distribuzione geografica della Planaria alpina vennero fatte in questi ultimi tempi numerose ricerche (1). La sua presenza fu segnalata da parecchi naturalisti in Germania, in Inghilterra, in Italia, nella Svizzera e ultimamente anche sul monte Vitocha in Bulgaria (2). Durante una escursione di poco più di un mese (Luglio-Agosto 1904) sul versante francese dei Pirenei, feci alcune ricerche in proposito e fui abbastanza fortunato per trovare quest’interessante triclade in parecchie località di cui spero che l’elenco non riuscirà privo d’interesse. Gavarnie (1350 m.) negli alti Pirenei. — In un torrentello di acqua molto fredda che scende nella valle des Especières, sulla riva destra del torrente o Gave de Pau, trovai la Planaria alpina accompagnata dalla Polycclis cornuta con prevalenza di quest’ultima; rimontando il tor- rente osservai che cresceva il numero degli esemplari di 7. a/pîna mentre diminuiva quello della Poz. cornuta. Lungo la strada che da Gavarnie va a Gèdre, in un ruscello distante 300 metri circa da Ga- varnie, trovai molti esemplari di Pol. cornuta con poche Pl. Alpina, appena il 5 per cento. In alcuni ruscelli di acqua assai fredda che scen- (1) Un riassunto completo delle ricerche fatte intorno alla distribuzione geografica della Pl. alpina si trova nel lavoro di F. ZscHoKkE: Die tierwelt der Hochgebdirgseen. Denkschr. schweiz. nat. Ges. Bd. 37, pp. 82-87. 1900. (2) G., CHICHKOFF, sur une nouvelle espèce du genre phagocata Leidy. Arch. de Zool. exp. et Gener. — 4.e série, t. I, p. 402. RANE, prete dono dall’Astazou, a 2000 metri circa di ‘altezza, la P/. alpina fu ri- scontrata assai abbondante, ma sola. Port de Gavarnie o de Boucharo (2282 m.): oltrepassata la pietra che sesna il limite fra la Francia e la Spagna, riscontrai frequentis- sima ma sola la P/. A/pina nelle gelide acque di una sorgente e di un piccolo ruscello che discende nella valle del rio Ara, sul versante spa- gnuolo. Degli esemplari raccolti, sia di PZ. a/pina sia di Pol. cornuta, un certo numero, circa il 15 per cento, presentano gli organi genitali completamente sviluppati. Lasciato Gavarnie il 18 Luglio mi recai alla grotta di Be/Rarram (Bassi Pirenei), in un ruscello nelle viciuanze della grotta trovai alcuni esemplari di Po/. cornuta. Proseguendo il mio viaggio mi fermai a St. Girons nel dipartimento dell’Arièége; durante una escursione ai dagnî di Audinac (500 m. di alt., distanti 5 chil. N. E. da St. Girons), fec alcune ricerche in un ruscello di acqua corrente che attraversa il parco annesso allo stabilimento dei bagni e trovai sotto le pietre molti esem- plari di Pol. cornuta e di Plan. gonocephata. Alla fine di Luglio mi fermai a Monrt/ovis (1600 m.) nell'alta. valle del Tet (Pirenei orientali); dopo alcune ricerche trovai la sola Pol. cor- nuta in due sorgenti situate sulla riva destra del Tet a pochi passi dal torrente. Discesa la valle del Tet sino a Villefranche de Conflent, feci una escursione di alcuni giorni nella regione del Canigou; giunto alla foresta di Balatg, in un ruscello che taglia la strada carrozzabile a 1800 metri circa d'altezza trovai molti esemplari di Po/. cornuta con alcuni esemplari di Pian. alpina. Nella stessa foresta in un altro ruscello distante poco più di due cento metri dalla casa forestale incontrai an- cora la Pol. cornuta insieme alla Plan. alpina; rimontando questo rusc..i0 sino alla sua sorgente, detta fontana della perdrix, situata sul versunte Nord del Canîgou a mezz'ora circa dal chalet des cortalets (2200 m.), trovai dapprima la Pol. cornuta accompagnata dalla Plan, alpina; man mano però che saliva, l’acqua diventando più fredda, la Pol. cornuta si faceva sempre più rara e vicino alla sorgente e nella sor- gente stessa non trovai più che la P/. a/pina. La temperatura dell’acqua di questa sorgente malgrado la stagione estiva (primi giorni di agosto) arrivava appena a 4 gradi centigradi. Nella stessa regione del Canigou, vicino al Vernet (650 m.), riscontrai assai abbondante in una sorgente di acqua fresca la sola Po0/. cornuta. Finalmente nella prima quindicina di Agosto visitai la valle del Tech. Vicino alla città di Ar/es sur Tech (277 m.) trovai alcuni esemplari di Pol. cornuta, in un ruscello di acqua corrente situato in un bosco di castagni sulla riva destra del Tech; rimontando la valle sino ai bagni di La Preste (1130 m) raccolsi alcuni esemplari di Po?. cornuta in un ruscello dietro allo stabilimento dei bagni; risalendo nell’alta valle, a ‘un’ora circa di distanza dallo stabilimento, in una sorgente di acqua fredda sulla riva destra del Tech, riscontrai la sola PoZ. cornuta ; pas- sato sulla riva sinistra e rimontando il fiume fino alla sorgente (2340 m.) trovai invece la sola P/. alpina, così abbondante da coprire il letto del ruscello di cui le acque avevano una temperatura glaciale. Risulta dalle mie ricerche che la P/. alpina è frequente nei Pirenei dove essa s'incontra o sola o accompagnata dalla Po/. cornuta, a se- conda dell’altitudine e della temperatura più o meno bassa delle acque. Nelle sorgenti e nei ruscelli di acqua molto fredda situati a grandi al- tezze (sorgenti di Port de Gavarnie, ruscelli del massiccio dell’Astazou, sorgente della perdrix, sorgente del Tech) essa si trova sola; più in basso, dove l’acqua è meno fredda (ruscelli dei dintorni di Gavarnie, della foresta di Balatg) essa è accompagnata dalla Po/. cornuta e man mano che si discende si fa più rara mentre la Po?. cornuta è sempre più numerosa ; finalmente a poche centinaia di metri d’altitudine la PZ. alpîna scompare e viene sostituita dalla sola PoZ. cornuta (bagui di la Preste, sorgente del Vernet, ruscelli di Betharram e d'Arles sur Tech). Nelle sorgenti dei dintorni di Montlouis la cui altezza è superiore a 1600 metri non incontrai la P/. a/pina ma raccolsi la sola Pol. cornuta, pure la temperatura delle acque di queste sorgenti deve essere bassis- sima durante una gran parte dell’anno. Il fatto si spiega se si osserva che queste sorgenti situate in un esteso altipiano denudato, sono esposte direttamente ai raggi del sole e che in conseguenza la temperatura delle loro acque sale rapidamente durante le lunghe giornate d’estate, oltrepassando il punto favorevole alla vita e alla riproduzione della 24. alpina, la quale viene sostituita dalla Po/. cornuta, anch’essa amante delle acque fredde ma capace di sopportare temperature più elevate. Questi dati raccolti durante le mie brevi ricerche coincidono colle osservazioni fatte da parecchi naturalisti dopo numerose ed accurate ricerche nell'Europa centrale. Nelle alpi e nelle montagne della Ger- mania, come nei Pirenei, la P7. a/pina è quella che vive a maggiori al- tezze; essa popola le gelide acque delle sorgenti e dei ruscelli alpini dove s’incontra sola dapprima e man mano che le acque scendono verso il piano; in alcune località essa è accompagnata dalla Pol. cornuta, come nei Pirenei, in altre invece si trova insieme alla PZ. gonocephala. In tutte queste località la sua distribuzione e i suoi rapporti colle specie che l’accompagnano dipendono essenzialmente dalla temperatura dell’acqua come l’ha osservato Voigt in uno dei suoi ultimi lavori (1): (1) Voirer W., Die ursachen des austerbens von PI. alpina in Hundsruck- gebirge und von Pol. cornuta im Taunus. Verhandl. d. nat. hist. Ver. d. preuss. Rheinlande, Westf. u. d. Reg.-Bez. Ornabruck. 58 Iahrg. 1901, p. 227. Bi gra « Die verbreitung jeder einzelnen der drei. arten. ist-in erster Linie abhingig von der Temperatur. Dabei Kommt die mittlere Jahrestem- peratur weniger in Betracht als das Maximum der Erwdrmung der Bàche im Hochsommer (1); denn wahrend alle drei niedrige Tempera- turen gut ertragen Kònnen, sind sie empfindlich gegen die Einwirkung wéàrmeren Wassers », In seguito « In hòheren gebirgen, wo di Bache wéihrend des Abwerstsfliessens nur langsam wàrmer werden und sich înfolcedessen der Gebiete der drei arten iber eine langere strecke aus- dehnen, sind die Tiere von der Quelle aus abwàarts dentlich in fùnf re- gionen angeordnet: 1. PZ. alpina allein, 2. P/. alpina und Pol. cornuta, 3. Poi. cornuta allein, 4. Pol. cornuta und Pl. gonocephata, 5. PI. g0- nocephata aillein ». Nel territorio del Canigou sono rappresentate le tre prime regioni: 1. sorgente della perdrix, 2. ruscello di Balatg, 3. sor-: gente del Vernet; non osservai la quarta ma nel ruscello che attra- versa il parco dei bagni di Audinac trovai la Pol. cornuta accompa- gnata dalla P/. gonocephata, e probabilmente dopo ricerche più accu- rate, anche nei Pirenei le cinque regioni distinte dal Voigt s'incontre- ranno nella stessa località. (1) Il fatto di avere trovato la sola Po/. cornuta nelle sorgenti di Montlouis. conferma quest’osservazione. arri li ea dabrlrdbe ih ihrecdentiio re eroe renti] 1756 - Tip. Pietro Gerbone, Via Gaudenzio Ferrari, 3, Torino. JUN 23 106 BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 484 pubblicato il 11 Febbraio 1905 Vor. XX Prof. LorENZo CAMERANO L’Abate Giuseppe Olivi e la « Somatometria » moderna. L’Abate Giuseppe Olivi pubblicò nell’anno 1792 (1) l’opera intitolata: « Zoologia adriatica, ossia Catalogo ragionato degli Animali del Golfo e delle Lagune di Venezia; preceduto da una dissertazione sulla Storia fisica e naturale del Golfo; e accompagnato da Memorie, ed Osservazioni di Fisica, Storia Naturale ed Economia ». È questa una delle opere più notevoli intorno agli animali uscite per le stampe verso la fine del 1700 non solo per la quantità delle osser- vazioni che essa contiene e pei fatti nuovi che essa fece conoscere; ma anche perchè apparisce, a chi attentamente la consideri, opera informata a spirito di esame largo e spregiudicato. Ho già menzionato nel mio scritto su « Antonio Vallisneri e i moderni concetti intorno ai viventi (2) varie delle idee dell’Olivi intorno al modo di intendere i rapporti dei viventi fra di loro, la variabilità dei loro caratteri, l’azione che sui viventi esercitano le circostanze ecc. Desidero ora richiamare l’attenzione del lettore sopra uno speciale capitolo del- l’opera stessa che si collega nettamente colle moderne ricerche somato- metriche: Il capitolo in questione è intitolate: « Saggio sulla proporzionalità trovata nell’accrescimento de’ Granchi, delle Conchiglie e dei Pesci (3). (1) Bassano. (2) Memorie della R. Accademia delle Scienze 1905, Ser. II, vol. 55. (3) Op: cit. pag. 31 e seg. — «Il presente saggio, dice l’A. in nota, è tratto da una mia Memoria inedita, la quale non vedrà la luce; se prime l'argomento, di cui si tratta non sarà esteso a più oggetti », hi L’Olivi comincia così : « La Matematica, che applicata ai grandi fenomeni della Natura li aveva sparsi di tanta luce, se fu rivolta agli esseri organizzati, non prese mai ad.esaminare se non la meccanica de’ loro movimenti, Eppure le loro forme presentano una regolarità, i loro accrescimenti conservano una certa rassomiglianza, che sembrano indicare di essere regolati dalle leegi di proporzione. « Ma veramente crescono essi proporzionali? e qual genere di pro- porzione regola i loro incrementi ? » « Mi parve, che per mezzo di osservazioni esatte si sarebbe potuto soddisfare ad entrambe queste ricerche; ed ho incominciato dall'esame di quelle spezie, che, come più semplici, potevano conservare meno al- terata cotesta destinazione della Natura, e segnatamente da’ viventi coperti da un integumento duro, il quale, consolidandosi appena formato, si esentava dall’ubbidire alle accidentali influenze, che potrebbero o im- pedire o diversificare l’effetto delle lesgi di proporzione. I Granchi adunque e le Conchiglie fissarono le mie prime attenzioni ». « Potrebbe sembrare a prima vista, che questi animali dovessero cre- scere egualmente in lungo, largo e profondo, ossia in ogni verso. Ma si rifletta, che le loro dimensioni sono ineguali fin dalla nascita ; e che quindi, se lor si aggiungessero parti eguali per ogni lato, la figura del tutto si cambierebbe, nè il corpo cresciuto conserverebbe la primiera sua forma. Non si verifica dunque nel loro accrescimento tal legge, quantunque sembri la più semplice, e naturale ». « Desideroso di scoprire a quall’altra obbedissero, presi ad esaminare le dimensioni de’ toraci de’ Granchi. Io aveva precedentemente osser- vato, che la spoglia che li copre, indurata che sia, non è più capace di accrescimento, poichè a cagione della sua. durezza non può dilatarsi per un interno sviluppo (întus susceptio), nè stante l'indole della sua configurazione può aumentarsi per addizione di materia agli orli, come succede nell’accrescimento delle Conchiglie. Io aveva veduto, che essi potevano crescere solamente nell’annuale riproduzione di spoglia. Allora per un meccanismo, che io potei riconoscere con precisione, la crosta sì sconnetteva in tre o più pezzi, e l’animale, già divenuto più grande di quella spoglia l’abbandonava, e ne sortiva coperto da una membrana molle, la quale in breve tempo s’andava consolidando a segno di diven- tare una crosta dura. Questa, subito dopo l’induramento, era maggiore della vecchia. Ho preso dungue esattamente la lunghezza e la larghezza della vecchia, e la lunghezza e larghezza della nuova di un individuo del Granchio ripario (Cancer Moenas Linn.), spezie atta a dimensioni pre- cise, perchè munita di un torace regolare nè alterato da strane sinuo- sità. E qui avverto in generaie, che non essendo tali le figure degli Esseri esaminati, che, come ad un parallelogrammo, convenga loro il SIR RS termine di lunghezza, intendo con le dette due voci due dimensioni nor- meli una all'altra, come due diametri in un circolo, e due assi in una elissi, e (più generalmente ancora) due diametri incrocicchiati in un punto nel mezzo del corpo, ma che sieno similmente posti (ossia sotto un angolo eguale) negli Esseri confrontati, a guisa dei lati omologhi delle fisure s72227/7 ». « Segnate dunque in tal maniera le dimensioni, ne ho istituita la pro- porzione, ed ho trovato che erano in una perfetta proporzione geome- trica, sicchè era lunghezza : larghezza del piccolo = lunghezza : larghezza del grande, ossia (come dicono) lunghezza a larghezza sempre in ragion espressa da questi due numeri = 10:12 poco più. (a) Ho ripetuto e va- riato le osservazioni sui Granchi e trovai costantemente lo stesso o un analogo risultato ». « Oltre ì toraci de’ Granchi io aveva voluto chiamar ad esame altresì le loro zampe ineguali, per la qual cosa ne ho istituita la proporzione tra le vecchie, e le nuove; ma non trovai in esse nè regolarità, nè costanza di proporzioni ». L'Olivi trova la causa di ciò nel fatto che le zampe si staccano fa- cilmente e vengono rinnovate varie volte dall’animale in forme alquanto diverse. Aggiunge il nostro A. « Colpito di trovare la proporzione ne’ Granchi, estesi le mie ricerche ad altri animali poco complicati, e forniti di parti dure, come son le Conchiglie....... « Presi le spoglie di due individui d’inegual grandezza (e per conseguenza altresì di età) della Venus Chione, e poscia delle altre; ne marcai lunghezza e larghezza nei punti della maggior distanza; istituitane poscia la proporzione, ho trovato lun- ghezza : larghezza della minore = lunghezza : larghezza della mag- giore (0) ». « Scoperta la proporzionalità nelle dimensioni di due individui di gran- dezza diversa, o di due differenti stati di grandezza dell’individuo me- desimo, io comprendeva bene che la stessa proporzionalità esisterebbe tra le dimensioni di tre individui diversi, o d’uno stesso individuo in tre età diverse, Con tutto ciò per potere fondatamente e con certezza asserire che tali Esseri crescevano proporzionali, io venni alla prova, (a) « Dalla figura fatta pel Cancer Moenas, si raccoglie meccanicamente, che il Diametro Minore sta al Maggiore, come il Seno di 47°,15' al Seno di 62,30" cioò = 7343225 : 8870108, cioè prossimamente = 10:12 + (il segno + vuol dire che 12 è poco).....» (6) Misurati col Quadrante gli angoli del triangolo, due lati del quale rap- presentano le due dimensioni della Chama Cor, la dimensione minore alla maggiore è come il Seno di 50°,50' al Seno di 63",50'; cioè = 7753121; 8975161 ossia prossimamente =10;12— (il segno — vuol dire che 12 è troppo), si BV che confermò la mia deduzione ; cioè, che l'accrescimento dei Granchi, come delle Conchiglie, segue una perfetta progressione geometrica con- tinua ». | « Trovato proporzionale l’accrescimento delle dimensioni d’una Con- chiglia intera, volli indagare se ancora qualche porzione particolare crescesse con siffatta norma del tutto; e me ne sono certificato coll’esame delle orecchie di differenti individui di alcune specie di Pettini, e se- gnatamente dell’Os/r'ea Jacobaea Linn. ». « L'esito, che seguiva le mie ricerche sugli Esseri coperti d’un inte- gumento solido e quasi pietroso, m'incoraggì a cercare se la proporzio- nalità si verificasse e mantenesse negli animali nudi, i quali, per essere o più complicati nella quantità e forma degli organi, o più soggetti alla influenza di molti agenti stranieri, potrebbero soffrire più modificazioni, e deviare dalla legge di proporzionale accrescimento ». L’Olivi scelse i Pesci, e particolarmente i Pleuronettidi e vi riscontrò verificata la sua legge. In seguito il nostro A. dice: « Io non aveva esaminato finora se non la proporzionalità delle lunghezze e larghezze, ma per estendere un po’ più oltre questa nuova vista sulla organizzazione degli Esseri, con- veniva cercare ancora il rapporto della grossezza o profondità colle altre dimensioni: dalla proporzionalità di tulte e tre risulterebbe la per- fe'ta proporzione degli individui ». © © ...... «Io mi posi ad esaminare colla possibile diligenza le profondità di alcune tra le Conchiglie alquanto convesse, onde avere sensibile di- mensione da calcolare, e furono specialmente la Chama Cor, la Venus Chione, l Ostrea Jacobaea, ecc. Presa la profondità (cioè il diametro maggiore in essa dimensione) in due esemplari di grandezza diversa di ciascuna specie, e fattane proporzione colle rispettive lunghezze e lar- ghezze, trovai che la profondità nella grande era maggiore di quello che avrebbe dovuto per essere proporzionale ». « Trovata simile apparente deviazione in altri individui delle medesime Specie, io mi sono studiato di computare le differenze che alteravano le proporzionalità, e risultò che nella Chama Cor la profondità della minore eva presso a poco mancante di 4/, per essere in ragione dell’altre. Curioso di conoscere se fosse costante negli altri oggetti simile deviazione, ho esaminato diverse specie, ed ottenni costantemente il particolare risultato, che la profondità negl’individui maggiori era cresciuta più che non conveniva per mantenersi proporzionale. Non ho potuto però fissare in generale la quantità di un tale eccesso; imperciocchè, se si aumenta, Gome apparisce, in ragion dell’ età; se (odo anche varia, com’è presu- mibile, nelle diverse specie, riesce troppo malagevole e presso che im- possibile il calcotarli Mmoltre queste misure sono così tenui, che è dif- ficile stabilimio la differenza ancora nelle specie ‘particolari, cioè tra i Eee due o tre individui della stessa specie, tra i quali si è istituito l'esame. In due però della Venus Chione conobbi che la profondità della mag- 1 : È 3 7 la proporzionale; e mi parve che in generale nei giore eccedeva di 7 denota ) ‘ol ‘ limit RO LR di maggiori delle altre specie l'eccesso si limitasse da -; a {> « Da questi adunque e simili tentativi risulta intanto, che mentre la lunghezza e larghezza crescono geometricamente proporzionati, la profondità (0 grossezza) cresce di più che non converrebbe per con- servare quella ProOporzione »....... +e... « Negli Esseri sopra indicati se, come crescono la lunghezza e larghezza, crescesse proporzionale ancora la profondità, le loro forme in tutte l’età si conserverebbero sî72%/7 (nel senso geometrico della pa- rola). Ad onta però della piccola deviazione della profondità, le forme sì mantengono rassomiglianti, perchè si mantengono simili le due prin- cipali e più rimarcabili dimensioni. A siffatta legge appunto fu confidata dalla Natura la mirabile conservazione dell’anaiogia di forme, che con- traddistingue gli individui di una medesima specie ». « Soventi volte occorre ai Naturalisti di trovare un Essere o male sviluppato, o sfigurato, e per conseguenza mancante delle note caratte- ristiche della specie, alla quale appartiene. In tale mancanza l’Osser- vatore avveduto conosce a quale specie convenga: egli giudica senza errare; ma non saprebbe egli stesso render ragione del suo giudizio, e potrebbe dir tutto al più di averlo riconosciuto all'apparenza esterna, col proprio colpo d’occhio. Se si analizzi una tal decisione, si troverà che l’abito esterno da lui consultato è il risultato della relazione della proporzionalità delle dimensioni; e cotesto colpo d’occhio, che lo deter- mîna, è il confronto di quelle proporzioni colla reminescenza delle propor- zioni medesime altre volte osservate negli individui di quella specie »..... | +...»€ Una verità trovata nel cammin delle Scienze frequentemente ci guida alla scoperta di altre verità nuove. Conosciuto che le lunghezze e le larghezze nei sovra esposti oggetti si conservano proporzionali, e conosciuto ancora che tra gl'individui di specie diversa, ancorchè di analoga configurazione, non esiste la proporzionalità, cui replicatamente ho cercata invano, si vede tosto che in due individui, ne’ quali le di. mensioni longitudinale e trasversale si trovassero proporzionali, appar: tengono alla medesima specie. Ecco una prima applicazione, dalla quale i Naturalisti potranno ritrarre un soccorso allorchè esitassero nella considerazione o di due differenti oggetti, ne’ quali non fossero ben di- stinti i caratteri, o di due della medesima specie, ne’ quali le rassomi- glianze fossero talmente sfigurate da accidentali variazioni, che appa rissero differenti. [o profittai di tal metodo per giudicare in qualche dubbio, cui non avrei saputo altrimenti decidere, e si vedrà dal seguento Catalogo, che in tal maniera conobbi l’identità delle specie dell’ Arca Glycemeris e dell’ Arca pilosa dal Linneo separate, ma che mi parevano analoghe per molti caratteri, e della diversità specifica del My/é/us anatinus, e del M. cygueus, i quali per l'oscurità e l’incertezza delle loro note caratteristiche mi sembravano identici ». « Non ho raccolto per anco osservazioni bastanti a provare che tale proporzionalità si verifichi negli Esseri più composti, l’esistenza de’ quali è legata alllazione di un maggior numero di cause; ma la loro rasso- miglianza di forma mantenuta nelle diverse età indica il loro avvici- namento proporzionale. Siccome poi in ragione della loro complicazione soggiacciono a più cause, così subiranno un maggior numero di varia- zioni, e forse di deviazioni. Cercare i diversi agenti che operano sopra di loro, scoprire le modificazioni che ognuno apporta alla legge generale, questo sarebbe veramente giungere tino a ridurre a cal: colo gli acerescimenti de° corpi organici; ma probabilmente a tal segno non si potrà arrivare giammai. Se tuttavia si facessero alcuni passi in questa carriera, io sarei lieto di averne segnato una traccia ». Non è il caso di discutere minutamente le conclusioni dell’Olivi; ma il lettore che ha qualche famigliarità coi procedimenti somatometrici moderni e colle loro applicazioni non potrà non riconoscere nell’Abate Giuseppe Olivi un notevole precursore. a; ie iii E DT ATO ra gi AI i VT RION, fa hi ì PIA Rae a: ì si 106 d Li PS Ma - Sag ni uò. 4 i N al fe: Lo ROME IU bg 4 i 1 Sa Pf f pre I peso VA = } a, CSO a LE È iù FINO Ja è i pi siti Lei v ‘ Sio Musei ci Tata da Buatenta camparato la tetto Di Outiasgiita. dt sa Lago di ; . 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PERACCA Assistente al R: Museo Zoologico di Torino. Note di erpetologia italica. Gymnodactylus hotskyiî Stndch. Nel' 1884 io trovai per la prima volta questa specie nei dintorni di Tàranto (1). Già allora io aveva segnalato il fatto curioso che mentre la specie era comune'nei' dintorni della città e sui muri delle case co- loniche intorno al mar Piccolo, di essa non si trovava più traccia oltre a'7 od 8 chilometri dalla Città. Nel 1898-99 ebbi occasione di fare più estese ricerche nei dintorni di Bari, Foggia, Taranto e Lecce. Ritrovai nuovamente il Gymnodactylus nei dintorni di Taranto, dopo però la specie pare diventata più rara. Nei dintorni di Bari non*potei personalmente scoprire il Gymnodactylus, ma ne trovai parecchi esemplari raccolti nei dintorni della città, come ebbe ad assicurarmene il prof. De Romita, nelle collezioni zoologiche del R. Istituto Tecnico. A Manfredonia, piccola città sul mare ai piedi del Gargano, potei constatare in modo certo la mancanza assoluta della specie poichè vi feci diligenti ricerche non solo in primavera ma in estate. Notisi che la specie ha abitudini diurne e che quindi è assai facile ri- levare la presenza del Gymnodactylus in una regione durante la buona stagione. Ad Otranto che visitai pure in estate non potei rilevarne la presenza. Non potei disgraziatamente visitare Gallipoli sul Jonio. Nelle località entro terra, quali Foggia e Lecce, dove feci lunghi soggiorni a parecchie riprese il Gymnodactylus manca assolutamente. (1) PeRracca. Sur la presence du Gymnodactylus Kotschyi Stndch. en Italie. Zooologischer Anzeiger. No. 179, 1884. Il fatto che la specie si trova a Taranto e Bari, porti che hanno un attivo commercio colla Grecia e colla Turchia, in un raggio di pochi chilometri fuori della città, mentre non trovasi nè a Manfredonia nè ad Otranto dove il commercio è nullo, nè nelle località entro terra, dove pure, come sulla costa, abbondano la Tarentol[a mauritanica e \° He- midactylus turcicus, lascia supporre che la specie possa essere stata importata. Finora la specie non è stata segnalata in Sicilia. Lacerta sardoa Peracca. Nulla posso per ora aggiungere intorno a questa specie non avendo altro materiale. Solo mi preme di riparare all’ommissione in cui incorsi nella mia nota, dichiarando che fu il signor Giuseppe Meloni di Lanusei (Sardegna) ad inviare il primo esemplare della specie al nostro Museo. Chalceides ocellatus Forsk. var. tiligugu Blgr. Questa specie fu trovata anni sono per la prima volta nell'Italia con- tinentale dal prof. Monticelli a Portici presso Napoli. Essa è quasi eslu- sivamente limitata al Bosco reale annesso ora alla R. Scuola d’ Agricoltura. Con ogni probabilità la specie venne ivi importata. Tutti gli esemplari di Portici che ho esaminato presentano 30 serie longitudinali di scaglie come gli individui di Sardegna e di Sicilia (un esemplare di Catania presenta 32 serie) e vanno riferiti alla var. tiligugu del Boulenger (1) propria del Nord Africa ad est del Marocco. Cofuber leopardinus Bonp. Questa specie ha pure in Italia una curiosa distribuzione geografica che fa pensare, come pel Gymnodactylùs, alla possibilità che essa sia stata importata. Essa non si trova nell'Italia continentale che a sud di una linea che riunisse Bari con Taranto. È comune a Bari ed in tutta la provincia di Lecce. Le due varietà (leopardinus Bnp. e quadrili- neatus Pall.), sono egualmente frequenti, ma la varietà a macchie è senza dubbio più comune in campagna, mentre la varietà lineata pre- domina nelle città e villaggi. La specie è conosciutissima in paese ap- punto per la sua abitudine di frequentare le case dove caccia attivamente i topi nelle cantine, sui solai e sui tetti. Mentre a Bari, Lecce ed Otranto non v'è chi non conosca le sicare (varietà a macchie) ed i geusî (va- (1) G. A. BouLENGER. On some Reptiles collected by sig. Brichetti Robecchi in Somaliland. Annali Museo Civico di Storia Naturale di Genova Serie 2°, vol. XII (XXXII) 1891. 0 rietà lineata) a Foggia, Manfredonia ed a Monte St. Angelo sul Gargano nessuno sa di serpi che abitino la città. ! E curiosa una leggenda che corre in tutte le località sopranominate e che mi fu con serietà degna di miglior causa ripetuta non solo dalla gente del popolo, ma da persone colte della città, quasi colle stesse parole. La sicara è ghiottissima del latte e di notte si avvicina nel dormiveglia alle madri che allattano. Con una delicatezza infinita (!) la silenziosa sicara sale sul seno della madre, introduce l’estremità della coda tra le labbra del bambino, che si scosta, ed afferra colla bocca il capezzolo suggendone il latte, fuggendo poi rapidamente appena madre e bambino spaventati, si accorgono del tiro birbone. In tutta la Calabria, dove feci diligenti ricerche ed inchieste a Me- taponto, Sibari, Cosenza, Catanzaro, Reggio, Bagnara calabra e S. Eufemia di Aspromonte, la specie è sconosciuta. In Sicilia essa esiste a Catania e dintorni, Fra le varietà a 22acchie e lineata esistono numerose e svariate forme «di passaggio. Rana graeca Blgr. Questa specie venne da me segnalata per la prima volta in Itaiia nel 1897 (1). Oltre alle regioni montuose dei dintorni di Firenze, Perugia e Siena ebbi campo nelle escursioni fatte nel 1898-99 di accertarne la presenza nelle regioni montuose della provincia di Roma (ue esistono parecchi esemplari raccolti sui monti romani nel Museo Zoologico della R. Università di Roma) ad Avellino, a Benevento, a Potenza di Basili- cata, nei monti sopra Reggio di Calabria ed a S. Eufemia di Aspromonte. Nelle raccolte del Museo Zoologico della R. Università di Napoli se ne trovano pure parecchi esemplari raccolti dal compianto prof. A. Costa nei monti sopra Lagonero ed a Meta. Recentemente un giovane naturalista livornese, il sig. Pietro Bacci, mi mandò in esame alcune rane rosse raccolte a Montebruno (provincia di Geuova verso il confine della provincia di Pavia) che senza dubbio vanno riferite alla Rana graeca. Questa specie, che si troverà probabil- mente in tutto l’apennino ligure, occupa adunque l’intera catena dell’a- pennino dalla Liguria (Montebruno) all’estrema punta calabra (monti di Reggio). Nel 1904 essa venne infine segnalata dal sig. Angelo Ghidini in diverse ocalità del Canton Ticino (2). (1) PeRacca. Sulla presenza della Rana graeca in Italia. Bollettino dei Musei di Zoologia ed Anatomia Comparata, N. 286, vol. XII, 1897. (2) Revisione delle specie di batraci incontrati nel Canton Ticiro. Bollettino. della Società Ticinese di Scienze Naturali, N. 2, anno I, 1904, Locarno. DERE, e Questo’ fatto inatteso della presenza della Rana graeca nel Canton. Ticino, mentre finora essa non venne segnalata nelle Alpi a levante ed a ponente della stessa località, fa un curioso riscontro colla presenza dello Spelerpes fuscus Bnp. trovato nel 1897 dal sig. Pietro Giacomelli nei monti della provincia di Bergamo (1). Lo Spe/erpes fuscus, come si sa, non si era finora trovato che nelle Alpi marittime, nell’Apennino fin sopra Firenze ed in Sardegna. Fuori d'Italia la Rana graeca oltre che in Grecia, dove fu trovata per la prima volta, è stata segnalata dal dott. F. Werner (2) in Bosnia. Molge italica Peracca. Questa specie era finora stata trovata a Potenza di Basilicata, Cam- pobasso e Lecce. In altre escursioni ebbi occasione di rinvenirla in ab- bondanza ad Avellino, dove pure trovai numerosi individui branchiati perfettamente adulti, quantunque si tratti di località molto meno elevata sul mare (metri 500 circa) che non Potenza (metri 830 circa). Nelle raccolte zoologiche del Museo di Napoli riscontrai pure parecchi esem- plari di Mo/ge italica raccolte dal prof. A. Costa a Meta (provincia di Caserta) e sui monti sopra Lagonero. (1) Erpetologia Orobica. Materiali per una fauna della provincia di Bergamo... Atti dell'Ateneo, vol. XIII. (2) Rana graeca in Bosnien. Zoologischer Anzeiger, N. 526, 1897. 1888 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. i; - Torino. JUN 299 1406 BOLLETTINO Musei di Zoologia ed ‘Anatomia comparata della R. Università di Torino fa N. 486 pubblicato 111 Marzo 1909 —— Vor XX Prof. LorENzo CAMERANO Materiali per la storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX, Sono note le vicende politiche dell’Italia nella prima metà del secolo XIX ed è noto come in questo periodo di tempo la parte migliore delle energie fosse rivolta a lottare contro i molteplici ostacoli che impedivano la costituzione della Patria italiana. Malgrado ciò non è da credere che venisse meno l’amore per le scienze, anche per quelle che allora alla generalità apparivano meno utili e più delle altre erano ritenute dalla reazione, quasi ovunque trionfante, peri- colose per le conclusioni loro all'ordine morale e sociale. Veniva in primo luogo fra esse la scieuza dei viventi. Si concedeva al naturalista la descrizione materiale dei fenomeni naturali; ma si ostacolava in mille guise la deduzione di qualsiasi legge che potesse indurre qualche dubbio intorno alla veridicità ed infallibilità delle tradizioni religiose e dei detti delle Sacre Carte. Se talvolta in opere stampate « con approvazione ». nel periodo di tempo in discorso troviamo idee e concetti arditi e per, nulla « ortodossi » ciò, io credo, dipese dall'avere l’A. saputo presen-. tarli sotto veste innocente, avvolgendoli in modo da non dar nell'occhio. del « prudentissimo » revisore, o forse anche talvolta dipese dalle scarse conoscenze di Filosofia naturale del revisore stesso, il quale non sempre riconobbe, come allora si diceva, « il pericoloso veleno » nascosto nelle conclusioni degli studiosi dei fenomeni della natura. di L’ingegno italiano seppe tuttavia, malgrado gli ostacoli, affermarsi anche nella prima metà del secolo XIX, come già aveva saputo in tempi più antichi in cui più feroce e sanguinoso imperversò l’oscurantismo. Ricercando bene nelle opere o stampate o manoscritte dei. naturalisti, x De 9 lea italiani che esplicarono la loro attività nella prima metà del secolo XIX si sinunee a conchindere che quello spirito filosofico largo e spregiudi- cato che animò le opere di Giordano Bruno, di Giulio Vanini, di Galileo, di Redi, di Malpighi, di Vallisneri, di Spallanzani, per non ricordare qui che alcuni fra i nomi più spiccati, non venne mai intieramente meno, quantunque dopo il 1815 la reazione avesse contro quello innalzato un'alta barriera ed avesse tentato di arrestarlo e di soffocarlo, Il terreno della filosofia naturale rimase così in Italia ben preparato ad accogliere, più rapidamente che non in altre nazioni, i concetti moderni appena la libertà di pensiero concesse agli italiani di ogni regione di poter libera- mente studiare ed interpretare i fenomeni della natura. Il periodo della storia delle scienze dei viventi in Italia della prima metà del secolo scorso, e in particolar modo quello che va dalla caduta della egemonia francese al trionfo delle idee liberali e alla costituzione della nazione italiana, deve venire studiato più completamente di ciò che non sia stato fatto fino ad ora. Si dirà che questo periodo della scienza dei viventi in Italia non ha che « fimure secondarie » ma io credo di essere nel vero affermando che nella storia delle scienze le così dette « fisure secondarie » non solo non debbono venir trascurate, ma si deve in esse riconoscere molta impor- tanza nello studio del formarsi delle varie correnti del pensiero filosofico di un determinato periodo di tempo. In precedenti scritti ho cercato di riunire alcuni materiali riguardanti la storia della Zoologia in Piemonte (1). Un nuovo contributo spero possa essere lo scritto presente che ri- guarda particolarmente vari trattati di Zoologia che ebbero nel periodo sopramenzionato più o meno ampia diffusione ed alcune pubblicazioni, come prolusioni e discorsi, che coll’insegnamento hanno più stretto rap- porto. Ho anche menzionato alcune opere di indole accademica notevoli per le idee di filosofia naturale che esse contengono. Come è detto nel titolo del presente lavoro, si tratta di una riunione di materiali perciò non credo conveniente venire a conclusioni genera", Credo tuttavia che qualcuna di queste si profilerà con sufficiente chia- rezza alla mente del lettore, e una in particolar modo, che non è d’uopo, formulare, che lo condurrà, da una parte ad ammirare l’opera di quelli fra i nostri predecessori che seppero in tempi assai duri continuare la buona tradizione italiana nella ricerca del vero, e dall'altra a benedire (1) La vita scientifica di Michele Lessona, Mem. R. Accad. Scienze di To- rino, Ser. II, vol. XLV, 1895. — Contributo alla storia dalle teorie Lamarc- kiune in Piemonte. — Il Corso di Zoologia di Franco Andrea Bonelli, Atri R. Accad. Scienze di Torino, vol. XXXVII, 1902. — I Manoscritti di Fr anco Andrea Bonelli, Atti Congres, storico intern. di Roma del 1903, vol. XII, 1904, il bene inestimabile della libertà di ricerca scientifica e della libertà del ‘ pensiero, Le opere di cui verrò parlando vengono da me considerate unicamente dal punto di vista dei concetti generali di filosofia naturale che li in formano, * * Nell'anno 1808 vennero stampati a Milano (Stamp. Reale) « Gli Ele- menti di Storia Naturale degli animali ad uso dei Licei del Regno d’Italia del prof. Ermenegildo Pino B. (1) », libro che ebbe allora notevole dif- fusione. Il prof. E. Pini aveva prima tradotto in italiano gli « Elementi di Storia Naturale del Leske », Milano 1785, vol. 2. (Nell’Imperial Moni- stero di S. Ambrogio Maggiore) ed aveva nell’anno 1773 pubblicato la sua « Introduzione allo studio della Storia Naturale » (Milano, stamperia Morelli) in cui sosteneva l’utilità dello studio della Storia Naturale. Nella prefazione al libro’ del Leske scritta dal Pini vengono mossi appunti alla Catena degli esseri del Bonnet e vengono sostenuti i prin- cipî ed il sistema di Linneo. Il Pini scrisse il suo trattato in gran parte sulla guida di quello del Leske; nella introduzione intitolata « Sulla Unicità degli Effetti fisici e sulle loro variazioni » combatte più estesamente il concetto del Bonnet Cercando nel trattato stesso i principî di filosofia naturale troviamo an- zitutto queste asserzioni molto recise che si vede derivano dai principî Linneani; principî che l’A. segue in massima parte anche nella descrizione dei caratteri e nella classificazione, $ 8 (pag. 2) — « Sebbene dalle arrecate proprietà vengano stabiliti i limiti di ciascuno dei tre regni di natura, pure trovansi certi corpi, nei quali è difficile il determinare a qual regno essi appartengono: ond’è che alcuni naturalisti stimarono che ad ogni divisione si possano sempre trovare esseri intermedî, i quali formino la così detta cafena degli esseri. La cosa però è altrimenti ; perciocchè è bensì vero che talora noi non sappiamo decidere, se un essere che si presenta ai nostri sensi, sia per esempio, un animale ovvero un vegetale; anzi può intervenire che si prenda in iscambio l’uno per l’altro, sic- (1) Il nome dell'A. è scritto « Pi20 » mentre in altri suoi scritti è stampato « Pini». Pare che quest’ultima lezione sia la buona. Dice un suo biografo, Cesare Rovida (Elogio di Ermenegildo Pini — Mem. di Fisica del vol. XX degli Atti della Zoc. Italiana delle Scienze residente in Modena — e Milano, Gaspare Truffi, 1832) « Sebbene il N. A. negli ultimi anni, unicamente per aderire al desiderio de’ suoi congiunti, abbia usato chiamarsi Pino, io con- tinuerò sempre a chiamarlo Pini, come in origine praticavasi dalla sua fa- miglia, » E. Pini barnabita nacque nel 1739 e morì nel 1825. = come già avvenne ne’ coralli che per lungo tempo furono riguardati come piante marine. Ma il nostro dubbio, o il falso giudizio, ed in genere la nostra ignoranza della vera costituzione di un dato essere, non in- fluisce punto su di questo. In natura non esiste nè il dubbio, nè il falso; tutto è deciso e tutto è realtà. Quell’essere pertanto che si riconosce come organizzato, realmente o sente o no. Se sente è un animale; se non sente è un vegetale, e però non sarà mai un essere intermedio tra l’uno e l’altro », In seguito leggiamo le parole seguenti: « Tutte le vere o naturali specie hanno avuto origine da esseri singoli; sebbene al presente molte specie sieno reputate tali; le quali forse per innanzi erano soltanto va- rietà. Le cagioni della degenerazione delle specie sono molto diverse secondo la diversità dei corpi ». Il Pini ammette con Linneo l’uomo nella serie dei mammiferi e ne costituisce il 1° genere dell'Ordine dei Primati e discute a lungo le ras- somiglianze e le differenze coll’orang-utang, e se quest’ultimo possa con- siderarsi come derivato per degenerazione dall'uomo stesso. Egli con- chiude che questa idea non può accogliersi. « Dalle arrecate diversità conchiudesi parimente, che tra l’uomo e l’orang-utang rimane ancora un grande voto, per cui questa scimmia non sì può considerare come un anello della immaginata catena degli esseri ». pal Egli conchiude : « Quando pure negli esseri si potessero formare certe serie, esse dovrebbero rappresentarsi non per una catena, ma anzi per una rete, in cui le macchie ed i nodi si connettono per diversi rispetti, come gli esseri sì possono connettere per diversi rapporti ». Il concetto della derivazione delle specie l’una dall’altra per un pro- cedimento degenerativo era in sul principio del secolo XIX discussa da varî fra gli altri dal Bonelli a Torino nelle sue lezioni (1). Ermenegildo Pini si occupò pure in vari scritti di argomenti geologici « Sulle rivoluzioni del globo terrestre provenienti dall'azione delle acque » (1790-92) — « Sugli animali fossili » (1805). In questi lavori, come dice il suo biografo, Rovida sopracitato, « I filosofi non troveranno il geologo filosofo: ma un geo/090 biblico sommamente rispettabile. » Il Pini infatti ritiene che nella Storia Mosaica trovansi tutti ì criterii del vero e che chiunque si oppose negli argomenti sopradetti alla Storia Mosaica stessa « fu un ragionatore senza osservazione, od un osservatore senza priu= cipi >». (1) Confr. L. CameRANO, Contributo alla Storia delle teorie Lamarckiane in Italia. — Il corso di Zoologia di Franco Andrea Bonelli. — Atti R. Acc, Scienze, vol. XXXVII, 1902, ia * * * In una pubblicazione di Giulio Corsi Viano intitolata: « Meccanismo é natura della elettricità — Arie fattizie — In Asti, Stamp. Zucconi e Massa 1805, si legge a pag. 26, il seguente notevole passo : « La graduata pro- gressione delle ammirabili operazioni della natura, evidentemente mani- festasi in tutte le aggregazioni sì parziali, che generali de’ suoi identi- ficati e ben distinti regni, aventi in quanto a loro aggregati intrinseci de’ lor circoscritti limiti, ma non rapporto alli elementarî principî com- ponenti le predette aggregazioni appartenenti a ciaschedun regno, Se a vece di presumere rinvenire quel misterioso anello, ch’ erroneamente vorrebbesi esistere fra il regno animale e vegetabile, con analizarsi il genere de’ polipi, e ciò più colla esaltata immaginazione che colla ra- gione, come ancora il vantarsi nella disamina delle metalliche, e fossili, eflorescenze potersi ritrovare quel legame, ch’unire credesi il regno ani- male al vegetabile, se a vece, dico si fosse con non preoccupata medita z'one considerata quelia generale circolazione degli elementari principî insiti nelle ben distinte aggregazioni formanti li suddivisati regni, si sarebbero fatte con somma facilità delle luminose scoperte a grande nostro profitto ». Lo stesso Autore in un’altra sua pubblicazione: « Dissertazione sopra- l’eccitabilità vegetabile, Torino, Stamp. Bernardino Barberis 1806 », Ammette una notevole concordanza fra l’eccitabilità dei vegetali e quella degli animali. * * Giacinto Carena nella sua: « Dissertatio de Animalium et Plantarum analogia » fatta nello Studio Torinese nell’anno 1805 (Taurini ex typo= graphia phylantropica) ad phylosophiae professoris gradum ossequendum, sostiene le tesi seguenti: « I. Ortus, incrementum, vita, et mors ani- malium, atque vegetantium maximam eorundem analogiam comprobaut; IT. Eadem confirmantur Insitione, Fecunditate, Morbis internis, atque externis, Somno, aliisque proprietatibus communibus; III, Chaemica ‘animalium, et vegetabilium analysis ferme eadem exbhibet principia; ideoque analogia etiam post eorum mortem inter omnia organica cor- pora servantur >. Più tardi lo stesso A. pubblicò lo scritto seguente: Pensieri sull’istinto tanto negli animali che nell’uomo (Memorie Reale Accademia delle Scienze di Torino, vol. XXXV, 1831). Egli ritiene che gli atti che compiono gli animali sono così stabiliti dall’ « amantissima natura ». Essa sola fa gli animali ministri irresisti- bili della protezione e delle cure che esige la vegnente generazione per quella disposizione che in essi induce, dalla quale derivano necessaria: mente quei tanti sorprendenti effetti ch'uom non si stanca dall’ammi- rare, e ne’ quali gli par proprio vedere squisitezza di sentire e sublimità di intendimento ; nè s’inganna: chè, e sentimento squisito, e intendi- mento sommo e perfetto trovansi nella economia e nelle azioni degli animali, cioè trovansi in Dio che così li ha formati. Nè in altra ma- niera s'ha, cred’io, a giudicare della pretesa fede coniugale dei colombi e delle tortorelle, del compagnevole abitare della rondinella coll’uomo, e del securo nidificare di essa nella casa, e talora nella stessa camera di lui della vantata fedeltà del cane verso il suo padrone, della lodata pazienza e della utile sobrietà dell’asino e simili », « E quanto al cane, se noi chiamiamo amicizia quelle continue non simulate carezze che egli fa al suo padrone, e ancora quel non poter stare lontano da J]Jui, e fedeltà quel difenderlo che egli fa nella roba e nella persona, qual nome daremo a quell’esporre per lui la propria vita, al lasciarsi talora morire di fame in sulla tomba dell’estinto padrone! Queste qualità giungerebbero nel cane sino all’eroismo, e ciò sarebbe evidentemente un provare troppo più che non si vorrebbe ». « E come mai questa del cane si potrà chiamare vera fedeltà, se nell'intera specie non havvi forse un solo esempio del suo contrario l’in- fedeltà ? » ....« nel cane e in altri animali, sono certe qualità che pro- ducono in noi stessi effetti che le qualità morali produrrebbero e al- lora, con un errore quasi volontario, non del nostro intelletto, ma del cuor nostro, noi le teniamo come vere qualità morali che sian nei bruti, le quali, a dir vero, talmente alle libere doti dell’uomo si assomigliano, che diflicilmente uuo può trattenersi dal farne paragone, quantunque le prime, mancando propriamente di libertà e di vera volontà, si tro- vino dalle seconde per immenso tratto. separate. E grandissimo pure è lo spazio tra i bruti e l’umana specie, se si ragguarda alle qualità che all’intelletto più propriamente si riferiscono. Egli è verissimo che molti animali percepiscono, rammentano, paragonano, e tirano conse- guenze, civè formano dei veri giudizi. Egli è vero altresì, che un certo grado di perfettibilità non manca, se non alla specie, almeno agli in- dividui..... Ma tutto ciò negli animali si eseguisce entro limiti assai ristretti, poco varianti da un individuo all’altro, non mai superabili dalla specie intiera, e sempre gli stessi nelle successive generazioni. I quali limiti, quand’anche l’umana fantasia non si faccia ad allargare troppo, offrono ancora un vasto campo alla nostra ammirazione ; la quale, in certo modo è più giusta e più vera rispetto alle azioni dei bruti, che non alle operazioni dell’umana specie, perchè in quelle tutto è opera della Natura, cioè di Dio, in queste mista con l’opera di Dio è quella dell’uomo, di necessità meno perfetta. Perciocchè la natura non ha vo- luto sottrarre totalmente l’uomo dai moti dell’istinto, cioè dalle azioni Gomandate dalla Natura stessa, el infallantemente dirette ad un deter: minato scopo; ma piacque ad essa di dare certe leggi all'uomo, come il maestro dà al fanciullo versi rotti, o frasi travolte, per lasciare a lui il merito o il demerito della buona 0 mala collocazione delle parole posposte ». Questo bel ragionamento del Prof. Carena, viene a (dir questo: la Natura, vale a dire Dio, ha creato gli animali con tutte le perfezioni necessarie affinchè essi possano vivere e prosperare in modo che non avesse più da occuparsene ; poi ha fatto l’uomo e ad esso ha negato una parte degli attributi degli animali, lasciando che si sbrighi come può fra le difficoltà della vita salvo poi a premiarlo o a punirlo secondo il suo operato. Dice poi il nostro A. parlando « dell’immensa superiorità dell’uomo sul rimanente degli esseri animati ». « Gli uni, volendo pur misurare ìl grado dell’intendimento col grado di eccellenza delle azioni le quali un intendimento fanno presupporre, e troppo confidando nella legge di con- tinuità, fermarono come un corollario di essa che la spiritualità vada gradatamente scemando dall'uomo ai bruti più perfetti, e da questi ai meno perfetti, con che in questa scala niuna linea discerner si possa di una vera separazione ». « Altri, paventando le conseguenze di questa insensibile gradazione che suppone la spiritualità da per tutto, e il principio di essa in nessuu luogo, immaginarono che le azioni dell’uomo e quelle dei bruti abbiano una ragione affatto diversa, epperciò non siano da sottoporsi a niuna comune misura; per essi tutto è materia e necessità nelle azioni del bruto, tutto spiritualità e libertà in quelle dell’uomo ; ponendo così tra questo e tutti gli altri animali uno spazio tanto grande quanto è quello che la materia dallo spirito disgiunge ». « La filosofia non istette guari tempo contenta a questa maniera di ragionare, contro la quale surseru infatti insolubili diflicoltà ». «Io penso che per altra miglior via s'abbia a giungere alla risolu- zione di questo intricato problema. E primieramente è da dirsi come le azioni tutte degli esseri animati si possono in queste tre categorie di- stribuire: Azioni d'istinto, quelle cioè che non sono comandate dalla volontà, nè regolate dalla attenzione, e non sono il risultamento di ve- runa precedente esperienza; queste azioni sono limitate alla conserva- zione dell'individuo, e a quella della specie: esempio nella palpebra che rapidamente si chiude a difesa dell’occhio ecc. Azioni d’ abito, quelle cioè le quali, per effetto di assiduo esercizio, si giuuge ad eseguire, seuza sforzo, con pochissima attenzione, e senza la rimembranza degli atti intellettuali da cui quelle azioni dovettero di necessità essere ac- compagnate le prime volte, ecc. « La terza categoria è quella delle azioni liberamente volute e pen: satamente eseguite, con accompagnamento della Riflessione cioè col- l’idea e del volerle e dell’eseguirle ». «In tutti gli animali si trovano le azioni della prima categoria ossia le istintive; in alcuni di essi, i più capaci di educazione, si osservano pure quelle di abi/o ; l’umana specie sola riunisce in sè tutte e tre le indicate maniere di azioni, ma quelle della terza formano un privilegio tutto suo proprio ; e l'aver taluni creduto altramente, parmi provenga dal falso modulo da essi tolto a misura delle azioni. Conciossiachè il criterio che debbe regolare l’ordine degli esseri animati, rispetto alla eccellenza loro relativa, non debbe fondarsi sul paragone delle varie azioni, attribuendo più d’intendimento a quegli animali, le cui azioni sembrano più ingegnose, quando queste siano puramente istintive, al- tramente le api, per la loro monarchia elettiva nelle sole femmine, per la geometrica fabbrica delle esagone cellette dei loro favi, per la pe- riodica uccisione dei maschi ecc. s’avrebbero a dire dotate di maggior ingegno che non il cane od il cavallo, o altri consimili animali, nei quali è pur evidente la maggioranza dello intendimento. Ezli è noto infatti, che le azioni istintive sono poche nell’uomo incivilito, più nu- imerose nel selvaggio; poi crescono di numero negli animali inferiori, sì che moltissime sono, e tutte stupende, in quella delle classi infime, le quali per altra parte sono evidentemente le più stupide ..». Dice inoltre il nostro A. che il Naturalista filosofo per venire ad una buona distribuzione degli esseri animati deve seguire la strada dell’in- terna struttura. « Ma al Filosofo Metafisico e Moralista questa naturale distribuzione degli esseri animati non basta; egli vuole circoscrivere entro sicuri limiti la Libertà, la Spiritualità, l’Immortalità, e hannovi alcuni i quali, per non sbagliarla, pensarono di tirare una linea di se- parazione tra l’uomo e i rimanenti animali: ciò è evidentemente un ol- trepassare di molto lo scopo che si aveva in mira: questa separazione è incerta ed ingiusta, e lascia libero campo ad obbiezioni di risoluzione troppo difficile e forse impossibile ». ‘ « Ora io penso che la linea di separaziono, anzichè tirarla tra l’uomo e i rimanenti animali, s'abbia a condurre, per dir così, nell'uomo stesso, sì che essa separi quel molto che in esso si trova d’animale, da [quel poco, ma preziosissimo; che forma l'essenza sua vera, cioè la triplice facoltà della Volontà; della Attenzione e della Riflessione. Dotata di questà triplice facoltà, l’umana specie sola gode del privilegio impara- gonabile di una perfettibilità indefinita, che gli individui possono_acqui- stare, trasmettere ad altri, e quindi alla specie intera, nelle successive generazioni ». sd Il Carena conchiude'il suo lavoro colle parole seguenti : « Tuttavia sarà sempre vero che, meditando sulle azioni umane not sì può a nieno di scorgere ‘imperfezione, debolezza, vanità, è qualcosa di peggio, almeno da quel canto per cui l’uomo ‘è assoluto attore delle azioni sue e vero artefice, talora inesperto e sconsigliato, della terreria sua felicità, laddove nelle azioni degli animali, quantunque ristretto entro limiti assai più angusti, ogni cosa è perfetta e divina, perchè Ogni cosa tende infallantemente al divino scopo della Creazione e della Conservazione di questo tutto che si vuol chiamare Universo : il quale è sì metodico, sì meraviglioso, sì maestrevo'e, sì divino, che niuna gente, se non malsana, può crederlo fabbricato a chius’occhi dal caso », « Queste riflessioni, per poco che elleno sian vere, dimostrano con quanto poco di ragione taluni credano, o almeno dicano, che lo studi» della natura è producitore di materialismo e d’empietade ». Ho insistito alquanto intorno al lavoro del Carena non pel suo valore intrinseco, perchè anche considerato il tempo in cui venne scritto non è che la ripetizione di idee superficiali intorno alla questione che egli tratta unite con concetti teologici che potevano essere meglio espressi, e più logicamente svolti; ma pel fatto, che serve a chiarire quali fos= sero le idee dominanti a Torino nel campo accademico alla morte di F. A. Bonelli (avvenuta appunto nel 1830). Il Bonelli, comè ripetuta- mente ho già ricordato esser seguace convinto delle idee del Lamarck, e queste idee esponeva dalla cattedra. Per quanto risulta dalle ricerche fatte, non ebbe però molestia alcuna; ma, si direbbe, che venne lasciato solo ad ‘esporre le sue idee, e morto lui, più nessuno ne patlò. ala Una speciale considerazione è d’uopo rivolgere alle opere di G. Brocchi e particolarmente al Capitolo 6 della « Conchiologia fossile subapen- nina (1)» intitolato « Riflessioni sul perdimento delle specie » dove sono espresse idee molto notevoli non solo per il tempo in cui vennero scritte; ma anche perchè esse preludiano chiaramente a quelle che nei tempi nostri vennero espresse da varî autori e in modo particolare estesa- mente sviluppate e fortemente sostenute dal prof. Daniele Rosa nel suo libro « La Riduzione progressiva della variabilità e i suoi rapporti col- l'estinzione e coll’origine delle specie (2) ». Incomincia il Brocchi il suo capitolo così: « L’osteologia e la conchi= liologia fossile sarebbero studì sterili e poco meno che inconcludenti se non si volesse rintracciare quale correlazione esse habbiano l'una colla zoologia del mondo attuale, e l’altra con la conchiologia de’ nostri mari; Ma quaiora di proposito ci mettiamo a questa impresa e con tutta quella ponderazione che l'argomento richiede, siamo altamente sorpresi di scor- ‘(1) Milano; Stampetia Reale, 1814, ‘(@) Torino, Carlo Clausen, 1899. PA gere in Quanto gran numero sieno i testacei e.i quadrupedi fossili che non si possono riferire alle specie cognite e viventi. Rimane dunque da sapersi ciò che possa essere addivenuto di essi ». Dopo aver passato in rassegna varie cause probabili di tale fatto, il Brocchi dice: « Quanto a me, credo che sia del tutto superfluo di an- gustiare tanto l'ingegno e di ricorrere a cause accidentali ed estrinseche per la spiegazione di un fatto che si può giudicare dipendere da una legge generale e costante. Perchè dunque non si vorrà ammettere che le specie periscono come gl’individui, e che abbiano al paro di questi un periodo fisso e determinato per la loro esistenza? Ciò non deve apparire strano, considerando che nulla è in istato di permanenza sul nostro globo, e che la Natura mantiensi attiva con un circolo perpetuo e con una pe- renne successione di cambiamenti ». Il Brocchi parla della varia durata della vita secondo le specie e ag- giunge: « Com'è stata circoscritta la durata così si sono posti confini all’incremento rispetto alle dimensioni che i corpi debbono attignere, vale a dire, fu ristretta entro a certe norme la forza di sviluppo; legge ch'è stata del pari diversamente applicata dalla monade impercettibile che non è che un punto animato, fino al colossale elefante ». « Apparisce quindi che nella creazione degli esseri organici si governò la Natura con calcoli di misura e di tempo, e che regolò l'uno e l’altro a suo beneplacido con fine diretto e con determinata intenzione. Che se lasciò qualche arbitrio al Caso di derogare ai suoi decreti, egli è più per abbreviare che per estendere quei primi limiti da lei statuiti, come famigliari esempi lo dimostrano. Gli individui che non giungono a com- piere intero lo stadio naturale della vita, sono in numero maggiore degli altri che l’oltrepassano ed assai sono quelli che sì rimangono di sotto della statura che potrebbero attingere. Si direbbe adunque che la Na- tura n certa guisa più particolarmente si compiaccia di degradare e di distruggere le sue opere, che di vederle perfezionate e di prolungarne la conservazione ». « Ora crediamo noi che fra tutti questi calcoli sia stato veramente prescritto che la vitalità e la' forza di sviluppo si mantengono sempre nello stesso grado e siano trasmessi nella medesima intensità da individuo ad individuo, o se piuttosto infievoliscano e scemino con le successive generazioni finchè cessino al tutto? Troveremo noi stravagante che le specie sieno state create sotto la condizione che ciascheduna debba fare la sua comparsa sul globo per un certo tratto di tempo, o non rideremo invece della franchezza con cui ci viene da taluno intimato: Che la distrue zione di esse non può mai aver luogo finchè dura il nostro pianeta ; che converrebbe, perchè ciò si verificasse, ch’esso provasse l’urto di una co-. meta o che accadesse qualche disastro consimile, che i soli individui sono capaci di distruzione o di rinnovamento, mentre le specie sono ic a perpetuate senza che la Natura possa annullarle (Necker, Phytozool, philosoph. pag. 21) il che è parlare per certo con molta asservanza ». Parlando in seguito deg'i individui che dal vigore della vita passano gradatamente alla morte, il Brocchi aggiunge: « così per gradi insen- sibili si avvicinano le specie al loro annientamento e, la vitalità va sce- mando, la virtù prolifica infievolisce, meno energica è la forza di svi- luppo, quindi di età in età sempre più deboli o fiacche riescono le complessioni, più limitata è la fecondità e la moltiplicazione, l’aceresci- mento stentato; finchè è giunto il termine fatale in cui l’embrione, incapace di stendersi e di svilupparsi, abbandona quasi sull’istante quel- l’esile principio di vita che lo anima appena, e tutto muore con lui ». Le parole sopraccitate sono certamente molto notevoli e nella storia dei concetti filosofici in Italia nella prima metà dal secolo scorso non vanno dimenticate. x Elementi di Zoologia dell’Abbate Camillo Ranzani prof. di Mineralogia e di Zoologia nella Pontificia Università di Bologna. Per le stampe di Annesio Nobili. Bologna 1819. Degli Elementi di Zoologia dell’Abbate Camillo Ranzani è per noi in- teressante prendere in esame il 1° volume il quale contiene « l’Introduzione generale alla Zoologia. » Nel primo capitolo l'A. tratta « della definizione della natura ». Non accoglie la definizione del Virey secondo la quale è detto: « essere la natura universale l’aggregato di tutto quello che esiste; Virey aggiunge di tutto quello ancora, che è possibile, secondo la quale sentenza Dio stesso appartiene alla Natura ». Neppure accoglie la definizione del Lamarck « la natura essere un ordine di cose, ovunque limitata, e sog- getta ne’ suoi atti alle leggi, che l’espressione sono della volontà suprema, da cui furono stabilite ; la quale potenza è, al dire di quel naturalista, atta a produrre tutti i corpi di qualunque ordine essi siano », Il Ranzani ritiene essere la natura universale, « l’aggregato di tutti gli esseri creati, e delle leggi imposte loro dal supremo creatore » « Iddio adunque nè è la natura, nè fa parte di essa, bensì n’è la cagione effet- trice, che la trasse dal nulla, il legislatore providissimo, e sapientissimo, che la governa, il padrone assoluto, dal cui volere liberissimo dipende lo stat), e la conservazione della medesima », Nel capitolo VIII divide i corpi considerati dalla Storia Naturale in due imperi quello degli esseri vivenli e quello degli esseri non viventi, chiama ?împero organico il primo ed impero inorganico il secondo, Nella divisione ulteriore dell’impero organico segue in massima il con- cetto Linneano e combatte l’idea di Carlo Bonnet che anche alle piante. = id = si possa riconoscere la facoltà di sentire e che da questa si salga per gradi a quella degli animali ». Egli dice ancora: « Intorno poi alla di- minuzione per gradi della facoltà di sentire dall'uomo sino all’infimo degli animali, ....... dico bensì che l’ultimo grado se ne trova nel regno animale. Quantunque poi non sia questo l’infimo grado possibile di detta facoltà, e quantunque si debba perciò ammettere in natura quello che Bonnet dice salto; non dovrò io essere ripreso, di non concedere la fa- coltà di sentire alle piante; giacchè ..... e questi salti sono in natura, nè possono a meno di trovarvisi ». Il Ranzani combatte in seguito il concetto della serie non interrotta degli esseri, della catena degli esseri e conchiude con un argomento di questa natura « Giacchè non si potrà mai provare, che, o la natura degli esseri creati, 0 l'ordine dell'universo, o la natura di Dio creatore addomandasse questa così detta catena, non interrotta; nè veggo, che segna alcun incouveniente dall’ammettere salti, ed interruzioni nella serie degli esserì creati. i Nel capitolo IX egli non ammette la generazione spontanea neppure per gli animali più minuti « e terrò sempre se non per cosa dimostrata, almeno per cosa. oltremodo verisimigliante, e da credersi non esservi alcun animale, il cui genere non sia uscito dal corpo di altro simile animale ». Particolarmente interessante per noi è il capitolo XI in cui tratta delle « variazioni degli animali, e delle cagioni delle medesime », Il Ranzani espone e combatte le teorie del Lamarck e accenna alle vedute del Trevi- sanus, del Prochaska, dello Sprengel e del Lenhossek, che pure non ac- coglie; egli esce poi in queste parole (pag. 112) « E che diremo di quel preteso assioma, che sì spesso ripetono i nostri oppositori, la natura cioè non poter produrre gli animali, che successivamente, procedendo dal più semplice al più composto ? Diremo che con tale asserzione suppongono certo ciò, che è falsissimo, ed assurdo. Incontrastabili. prove abbiamo noi di non essere comparsi gli animali nel nostro globo colla successione immaginata da’ nostri oppositori, e che in natura non vi hanno forze da produrla. Sia pur vero, che le circostanze in cui trovinsi gli animali si possono cangiare, provino essi per ciò nuovi bisogni, un qualche sferzo abbia pur luogo negli stessi animali, onde provvedere a si fatti bisogni; questi sforzi rimarranno senza frutto, nè potranno mai gli animali can- giare essenzialmente la loro struttura, e molto meno far comparire parti, delle quali nè anche avessero i rudimenti. È senza fondamento alcuno è la supposta indicibile lentezza di sì fatti cangiamenti, donde si vuol dedurre il perchè non ce ne avvediamo. L'esperienza, e la ragione adunque ci convincono, che false ed assurde sono le tanto vantate dot- trine de’ nostri oppositori, e reca meraviglia, che uomini, d'altronde per sapere ragguardevoli, abbiano potuto persuadersene al segno, da com- — 13 —- piangere come ciechi, ed ostinati nell’errore, tutti quelli, che la .pen= sano diversamente (1)». Continua il Ranzani: « Mi rimane a dire, de’ mezzi, che noi abbiamo per conoscere quali siano i limiti delle variazioni delle specie (2). E qui dovrò confessare ingenuamente, che codesti mezzi sono talvolta assai scarsi, e che allora siamo costretti a rimanerci su di un tal punto in- certi e dubbiosi. Imperocchè que’ limiti non si possono assegnare, che ne’ casi in cui s’abbia modo di stabilire con sicurezza la specie ecc. (3) »., Nel capitolo XII che tratta dell’Istinto; il Ranzani espone alcune idee che indicano un moilo più largo di intendere le cose e senza. volerlo fra esse l’A. ne lascia infiltrare alcune che lo condurrebbero ad ammettere ciò che così recisamente ha negato nel capitolo precedente e che il Bonelli indicò nella sua osservazione manoscritta. Dice il Ranzani : « Le azioni degli animali sono talvolta effetti necessari de’ bisogni fisici, e della or- ganizzazione ; provengono alcune altre da abiti contratti, e ve n’hanno non poche, cha si devono ascrivere alla cousociazione delle idee, a questo cioè che eccitata un'idea se ne risvegli un’altra, la quale tal vincolo abbia colla precedente da doverle necessariamente tener dietro, .... . « Gli animali tutti vivendo possono acquistar nuove idee, nuovi abiti, e nucve consociazioni delle stesse idee ». Egli ritiene che l’istinto venga a supplire in certa guisa all’intelligenza degli animali, vedendosi nella serie de’ medesimi, che l’istinto si estende ad un maggior numero di azioni, a mano a mano che va scemando il grado di intelligenza ». Nel capitolo seguente XIII dice ancora il Ranzani: « La diversa strut- tura del corpo, il grado d'intelligenza, e la varia natura dell’istinto sono le cagioni, per le quali tutti gli animali non vivono allo stesso modo ». In complesso nelle parole sopra dette il Ranzani si mostra seguace del Cuvier nel ritenere l'istinto come una « forza puramente organica » : che negli animali bruti sostituisce l'intelligenza. Tuttavia il modo col quale parla dell’intelligenza degli animali lascia intravedere nel Ranzani un concetto più largo e una meno rigida separazione fra Jo spirto degli- animali e quello dell’uomo; infatti in un altro punto del suo libro (Pre (1) Il Museo Zoologico di Torino possiede la copia dell’opera in discorso che il Ranzani mandò con dedica autograta a Franco Andrea Bonelli, allora Professore di Zoologia nell'Università di Torino. Il Bonelli, che come è noto era seguace delle teorie del Lamarck, segnò di suo pugno di fianco alle pa- role sopracitate, le parole seguenti: « Dove sono le prove del Ranzani 2 ». (2) Precedentemente il nostro A. aveva detto che è un fatto indubitato che gli animali vanno soggetti a variazioni ma che queste si fanno in limiti “molto ristretti e non vengono a mutare l'essenza delle specie. (3) Il-Bonelli di fianco a queste parole nella copia sopra menzionata scrisse:. «qui l’A. corcele senza avvedersene, quello che niega nel preced. ». — ]i — fazione, pag. 2) parlando dell’importanza dello studio degli animali egli dice: « Di fatti molte qualità, che od a tutti gli animali competono, o soltanto ad alcuni, meritamente si tengono in assai maggior pregio, che quelle, le quali nelle piante si trovano e ne’ minerali, Tali sono cer- tamente i diversi gradi d'intelligenza degli animali dal mero sentire, sino alla sublime ragione dell’uomo ». Questa frase suona assai ardita nella bocca del Ranzani e per quanto l’insieme delle sue idee fosse tutto ciò che si poteva desiderare, diremo, di più ortodosso, fu tuttavia notata al suo tempo e fu oggetto di critica severa. Venne nel 1820 stam- puto a Forlì (Tip. Casali) un opuscolo anonimo intitolato: « Disamina legli Elementi di Zoologia del sig. Professore Abbate Camillo Ranzani » in cui si legge: « Sembra che lA. dovesse qui determinare il significato della parola intelligenza affinchè nessuno potesse volgergli contro o la dottrina del Deuteronomio (c. c. 4, v. 6) 0 l’avvertimento del Reale Pro- feta « Nolite fieri sicut equus et mulus, quibus non est intellectus; prima delle quali parole si leggono queste altre, che dimostrano come Dio al solo uomo fu liberale dell’intelligenza; e del solo uomo si fece maestro sì, che non deviasse dal diritto sentiero ; Zn/e//eclum tibi dabo, et instruam te in via hac qua gradieris ». Nello stesso opuscolo si critica pure il Ranzani per aver parlato della catena degli esseri, del Bonnet, della teoria del Lamarck ecc. ritenen- dosi che il parlare di idee simili anche per combatterle potesse riuscire cosa nocevole in un trattato destinato alla gioventù studiosa. Conchiude l'anonimo critico: « D'altronde è dovere ristretto d’ogni uomo l’avver- tire i giovani degli errori che si leggono negli elementi delle seienze e delle arti, quant'è d’impedire che i bambini non succhino latte mesco- lato col veleno ». Tutto ciò fa vedere in quale ambiente si trovassero gli studi intorno ai viventi nell’Ateneo Bolognese al tempo del Ranzani. I brani sopra cititi sono sufficienti per dare un’ idea deì concetti di filosofia naturale che informavano l’insegnamento della Zoologia nello Studio Bolognese sul principio del secolo XIX. Si vede quanto lontano fosse, oramai l’indirizzo sano e fecondo di risultati del Vallisneri, e dello Spallanzani che tanto in alto aveva condotto lo studio della Natura in Italia. Si vede pure come il ristretto modo di intendere lo studio dei corpi naturali introdotto dal Linneo nel suo « Sistema Naturae » avesse fatto sentire intensamente la sua azione. I concetti fondamentali del Ran- zani durarono a lungo nella Scuola di Bologna, fino si può dire, al 1864, in cui il prof. Giuseppe Bianconi, avversario convinto delle idee eve- luzionistiche, non volendo prestare giuramento al Governo italiano, la - sciava la cattedra, ed era sostituito da Michele Lessona il quale vi portò l'aura de’ tempi nuovi e della scienza nuova e feconda, — 15 eg Concetti analogi a quelli del Ranzani, ma forse ancora più ristretti, insegnava Giuseppe Genè della Cattedra Torinese dal 1832 al 1848. Nelle sue « Lezioni sulla storia naturale degli animati (1) » si legge: « Finchè stette (vol. I, pag. 76) in favore l’idea della catena degli esseri e quando a questa idea innocente succedette quel trabocco di falsa filosofia che tentò di confonderli tutti in una sola origine e in un solo fine, l’ourang- outane fu il tema favorito, fu il cavallo di battaglia, tanto di coloro che cercavano un anello che collegasse l’uomo ai bruti, come di coloro che gittavan l’uomo nel fango per livellarlo coi bruti. Ed era tanta la fiducia di far prevalere questi pazzi concetti, che furono uditi uomini, del resto gravissimi ed oculatissimi, asserire e gridare come nissun carattere fi- sico, e nissun carattere morale distinguesse quest'animale dall’uomo, e se non dall'uomo civile, almeno dall’uomo selvaggio; il che prova che quando la mente non vuol vedere, gli occhi del corpo non vedono. Ma la teoria di Bonnet, cioè quella della concatenazione degli esseri, teoria seducente, e, fino a un certo punto, conforme a quelli ordinamenti della natura co’ quali la veggiam procedere nelle divisioni subordinate degli esseri, dovette cedere il luogo al sistema dei tipi distinti e delle linee parallele : l’altra dottrina poi ebbe tanta vita, quanta ne ebbero le vio- lente commozioni politiche che la partorirono, e disparve col quietarsi e col rinsavire deile menti ». Confrontando a pag. 104 la stazione e l’andatura dell’ourang-outang con quelle dell’uomo, il Genè dice ancora: « La quale stazione e la quale andatura se da taluno si troveranno tuttavia paragonabili alla stazione e alla andatura dell’uomo normale, io chiederò che l’uso dei paragoni, come cosa inutile e assurda, venga abolito nel comun senso e nel comun linguaggio degli uomini ». A pag. 37 si legge: « Perchè poi non si creda voler io mettere in fascio e confondere l’uomo e gli animali, fo qui so- lenne distinzione fra l’intelligenza che abbiamo in comune con parecchi animali, e il dono dell'intelletto e della ragione, che esclusivamente e direttamente teniamo da Dio; fo qui solenne distinzione fra ciò che la Santa Scrittnra chiama sapienza e ciò che essa stessa chiama in/e//i- genza, siccome appare da quel versetto di Giobbe che sclama: « quis posuil în visceribus hominis sapientiam, vel quis dedit gallo întelli- genliam ? » Bastano i pochi brani ora citati per dare un’idea dei concetti di filo- sofia naturale del Genè, e per mostrare quale abisso dovesse separare l'insegnamento del Genè da quello elevatissimo e fecondo del Bonelli che l’aveva preceduto. (1) Torino, Tipografia Paravia 1850, vol. I, II: — Opera postuma, — 16 — Non è senza meraviglia, dirò anche, si è con un senso di pena che si leggono le parole sopradette del Genè quando si pensa che lo Spallanzani, andato professore a Pavia nel 1769 aveva adottato come libro di testo per la Storia naturale l’opera del Bonnet « La contemplazione della: Natura », che egli stesso tradusse dal francese corredandola di note.(1), Se il lettore vorrà leggere il « Prospetto delle sue lezioni che lo Spal» lanzani stesso scrisse, e che il prof. P. Pavesi ha recentemente con. felice pensiero pubblicato (2) vedrà quale grande passo indietro avesse fatto, salvo pochissime eccezioni, dopo il 1815, l’insegnamento della fi- losofia naturale in Italia. | Pa Dott. Baldassarre Poli. Saggio filosofico sopra la scuola dei moderni : lilosofi-naturalisti coll’analisi dell’organologia, della craniologia, della’ lFisiognomia, della Psicologia comparata e con una teorica delle idee e dei sentimenti » (3). L'esame dell’opera del dott. Baldassare Poli professore di filosofia nel-- l’I. R. Liceo di Porta Nuova di Milano, è di notevole interesse perchè” ci mostra quali fossero le idee dominanti allora nel campo filosofico in Lombardia, centro importante di studi, intorno al modo di intendere i viventi e i loro fenomeni. È utile che riferiamo qui le parole stesse del «Preambolo » dell’A. i « Una scuola filosofica celebre omai per tutta Europa (4) vantatrice di glorie novelle, che colle scienze della fisiologia, dell’anatomia e della storia naturale, e con altre fatte omai clamorose tenta spiegare la parte più misteriosa dell’umana natura, e imprimere d’una tendenza e d'un carattere affatto novelli il nostro spirito filosofico, è un ratto troppo importante, perchè abbia a trapassare nella dimenticanza e nel silenzio. Ecco ciò che mi mise a ‘dar in luce col presente Saggio i seguenti ra- gionamenti ». bi « Questa scuola è quella che da suoi istitutori è dalle sue dottrine io denominerò fin d’adesso Scuola dei moderni Filos fi-Naturalisti, onde” scevrarla dalle altre dei Filosofi e dei Metafisici, dalle quali se non per lo scopo, almeno pel metodo e pei principî è sicuramente diversa. Ed è questa, nella quale si segnalarono il Bonnet, il Cabanis, il Darwin, il (1) Se ne fecero numerose edizioni. Importante è quella di Venezia 1797. Giuseppe Rosa edit., in cui vi sono note dello Spallanzani e di Francesco. Ferrara e che ha le aggiunte fatte dal Bonnet all’edizione francese del 1781.. (2) Il prospetto delle lezioni dello Spallanzani scritto da lui medesimo e_ pubblicato dal Prof. P. Pavesi. — Bollett. Scientifico. 1897, Pavia Suc. Bizzoni.. (3) Milano, coi tipi di Francesco Sonzogno, 1827. (4) Voglia il lettore considerare che il nostro A. scriveva nel 1827. = Lavater, il Barthey, il Cuvier, il Gall, il dott. Spurzheim, il Bichat, il Richerand, il Virey, l’Alibert, e moiti altri fisiologi e anatomisti dei giorni nostri, sforzandosi di ridurre colle teoriche della vita animale a leggi più semplici e più conosciute i fenomeni cotanto svariati dello spirito umano ». « Parvemi dunque opera importantissima il pigliar ad esame i principî e le scienze di questa scuola, onde vedere fino a qual punto siasi resa, v possa rendersi profittevole alla filosofia ». Il concetto fondamentale dell’A. appare di già dalle parole seguenti : «... dopo aver ponderato più accuratamente che per me si è potuto, i sistemi ed i principî dei Filosofi-Naturalisti, m’avvidi ben presto che essi tendevano tutti particolarmente ad ispiegare i fenomeni misti, ossia le relazioni del fisico e del morale dell’uomo nella parte più ardua e più occulta della filosofia, qual'è quella della loro estensione, e della loro manifestazione ». « Infatti i Filosofi-Naturalisti indagarono dapprima se sussistessero coteste relazioni, e colla scienza «dell’organo/ogia hanno tentato non solo di determinarne l’esistenza nei rapporti degli organi e delle facoltà, ima di assegnare perfino a qual punto arriva la loro reciproca azione. Secondariamente essi vollero sapere se ed in qual modo si manifestino queste relazioni, e col mezzo della craniologia e della fisiognomia hanno presunto niente meno che di indicare i segni visibili esteriori per co- noscerle e per presagirle anche tra le varietà innumerevoli degli indi- vidui. Finalmente osservando che queste relazioni potevano trovarsi nella conformità della struttura, e di certe abitudini e di certi costumi negli animali, colla psicologia comparata andarono al punto di dichia- rarle più chiare e più manifeste per mezzo di tali analozie così imper- fette e lontane ». « Per tutto questo occorrevano ai Filosofi-Naturalisti un sistema ed alcuni principî fondati non solo sulla cognizione delle scienze naturali, ima anche nella psicologia e nella metafisica, ed essi collegate insieme tutte queste scienze, le vennero spiegaudo ora nelle loro opere sulla vita, sulle sue funzioni, ora in quelle sulle umane facoltà e sulle ope- razioni dello spirito. Sicchè dai Filosofi-Naturalisti, come anche da ta- luni dei metafisici sì credono ormai disvelati col soccorso di queste scienze i segreti più reconditi dell’umana natura ». « Tali tentativi però riuscirono vani, ed i fenomeni misti, massime nella loro estensione e nel loro modo di manifestarsi, sono coperti tut- tavia d’un impenetrabile mistero; mistero che può estendersi anche ad altri più facili a conoscersi ed a spiegarsi nella filosofia, ove non si temperino da tanta pretensione ì Filosofi-Naturalisti, ed ove non si ado- peri un metodo m giiore di analizzare lo +pirito ». « A tutto ciò si dirige l’assunto di questo mio Saggio, che pel mag- tar gior ordine mi piacque partire in otto distinti ragionamenti. Al qual effetto io discorrerò nel primo l’origine e i progressi della Scuola dei Filosofi-Naturalisti, perchè sia manifesto che le tendenze del nostro spi- rito filosofico e le presenti circostanze doveano a quella naturalmente condurre; facendo noti altresì il suo metodo, le sue teoriche, e i suoi vizî perchè torni ad utilità e non a danno delle filosofiche discipline. Nel secondo fino al settimo si verranno per me analizzando ad una ad una le scienze dell’organologia, della craniologia, della fisiognomia e della psicologia comparata, siccome quelle che essa assunse a dimostra- mento de’ suoi insegnamenti, conformandomi con ciò vieppiù nell’opi- nione, che se ai Flosofi-Naturalisti spetta il merito di grandi sforzi nella imoderna filosofia, non è dovuta peraltro la gloria di uguali progredi- menti. Nell'ottavo ed ultimo ragionamento, dopo aver proposto il me- todo col quale siffatta scuola possa rendersi giovevole e fruttuosa più che non sia mai stata, contro il parere di coloro che la vorrebbero in- teramente sbandita, ardirò di aggiungere una mia teorica delle idee e dei sentimenti, non già con animo di contrapporla alle opere dei Filo- sofi-Naturalisti; chè nulla havvi in essa da meritarsi una speciale con- siderazione; ma al solo fine che venga di più coltivato il vero metodo di analizzare lo spirito umano ». Prima di procedere oltre nell'esame del libro del nostro A. voglia il lettore considerare il fatto che noi qui ci troviamo in presenza di un filosofo puro il quale senza alcuna esitazione si accinge a discutere un numero grande di fatti che l'osservazione diretta di molti naturalisti ha messo in evidenza e olimpicamente si dispone a formolare intorno ad essi i più recisi giudizi. Fenomeno questo che si ripetè in scala più vasta dopo l’apparire dei libri di Darwin, quando in Italia si ebbero gli scritti rabbiosi, mì si conceda la parola, del Tommaseo, del Grimelli, del Di Bernardo, del Parato, del Lambruschini, dello stesso Zanella e di molti altri, che senza alcuna seria preparazione di studi biologici combatterono teorie dedotte dall'esame di numerosissimi fatti sperimentali e di osservazione che essi non avevano gli elementi per giudicare convenientemente. Il nostro A. passa anzitutto in rassegna i principii fondamentali della Scuola dei Filosofi-Naturalisti e conchiude: « (pag. 35) L'esame che da noi venne fatto dei principii della Scuola dei Filosofi-Naturalisti ci guida a riconoscere nel loro sistema i seguenti difetti: 1° Il vizio di voler ri- durre all’unità tutti i principii e tutte le forze generatrici dei fenomeni e delle funzioni; 2° Uno spirito analogico d'abitudine applicato indistin- tamente a tutti i fenomeni ; 3° La mancanza di una esatta osservazione o l’osservazione erronea ; 4° Le ricerche trascendenti la sfera delle umane cognizioni ». Il Poli dice ancora (pag. 43) « Se per tutti questi vantaggi non è da = dr contrastarsi l’utilità di molti insegnamenti dei Filosofi-Naturalisti, è però necessario far noto il metodo che valga a raccoglierla senza inconve- nienti, dappoichè non fu dato fin qui di ottenerla ». « Questo metodo noi il riporremo nel saper fuggire dagli errori e dai vizi, ne’ quali si avvennero i Filosofi-Naturalisti. Eccone le regole : 1° Osservazione dei fatti e dei fenomeni intera e compiuta. 2* Nessun abuso del principio dell'unità e dell’analogia. 3° Niuna spiegazione di fatti assolutamente misteriosi e sconosciuti. 4° Preponderanza della me- tafisica e della ideologia sulla fisiologia e sull’anatomia come scienze subalterne e secondarie ». Pone termine al capitolo incoraggiando « i Filosofi ed i Metafisici allo studio profondo della fisiologia e dell'anatomia, onde far progredire sempre più la scienza dell’intelletto, e toglierci alla taccia o alla colpa dell’ignoranza di queste scienze, su che si fanno forti i Filosofi-Natu- ralisti onde arrogarsi il merito di conoscere omai essi soli l’umana natura >. + Passa in seguito il nostro A. a trattare lungamente della Organologia, della Craniologia e della Fisionomia, e giunge nel « Ragionamento set- timo » (pag. 257) alla Psicologia comparata. È utile menzionare anzi- tutto le parole seguenti, che indicano come il Poli intendesse la Psi- cologia comparara :. « La Psicologia comparata altro non è che la scienza la quale studia ed analizza gli istinti, le funzioni, ed i costumi delle bestie in relazione delle analoghe facoltà umane, ad oggetto di spiegar meglio i fenomeni del pensiero e del sentimento dell’uomo. Da ciò apparisce che essa è diversa dalla storia naturale ; che essa dipende dalla fisiologia e dall’a- natomia, e che è una scienza dell’antropologia applicata. La Storia na- turale ordina, classifica e descrive i generi e le famiglie degli animali, e se ragiona della loro vita e delle loro funzioni, il fa sempre nell’in- tento di esporre meglio i fenomeni degli esseri organici. La psicologia comparata invece si giova dei lumi della storia naturale, onde investi- gare le analogie che ci sono tra le facoltà dei bruti e quelle dell’uomo, e dedurre la dignità e l'eccellenza di questa sopra di quelle. L'una e l’altra adunque studiano la natura organica, ma in diversi esseri e con diverso scopo. Così al pari della storia naturale ricorre la psicologia comparata, all’anatomia e alla fisiologia, percbè le siano noti gli organì e la loro maniera di operare nei bruti; ma sempre colla vista che tutto ciò le torni a maggior profitto nella scienza dell’uomo. Per la qual cosa è evidente che la psicologia comparata non appartiene immediata- mente alle scienze nalurali, ma che per il suo fine tra le morali e filosofiche è da annoverarsi ». Riassume perciò il Poli i principii fondamentali di psicologia compa- = rata dei Filosofi-Naturalisti (e particolarmente quelli del Lacèpede, del Lamarck, del Cuvier, del Tiedemann, del Virey) nei punti seguenti : « 1° Che gli animali offrono una catena di esseri, ed una scala di gradazioni tra essi e tra l’uomo. 2° Che gli animali nelle varie loro grada- zioni hanno anche varii organi o nel cervello, o nei ganglii. 3° Che gli animali posseggono delle facoltà intellettuali ed affettive ed istinti; onde non sono automati e macchine, ma esseri dotati di anima. 4° Che negli animali l’intelligenza, le abitudini ed i costumi stanno in ragione o del tatto, o dei sensi tutti, o della complicazione e perfezione organica, od anche della qualità dei cibi; ond’è che i carnivori sono di intendere più perfetto e di più squisita sensibilità dei frugivori. 5° Che negli animali soprabbonda l’istinto in ragione che diminuiscono gli organi. 6° Che l’i- stinto negli animali è assai più perfetto che non nell'uomo. 7° Che la intelligenza degli animali cessa al cessare delle vertebre, non essendo perciò gli invertebrati d’altro capaci che dell’istinto. 8° Che dalla co- noscenza degli animali si può per analogia conoscere anche meglio l’uomo. < Il Gioia, aggiunge l’A., fu quello che ultimamente tolse a confutare alcuni di questi principii (Esercizio logico sugli errori, pag. 119, 1824 — L’Ideotogia, vol. I, Milano, 1822). Noi mentre non siamo immemori del debito di ricordarlo, aggiungeremo alle sue confutazioni nuovi ar- gomenti, riserbandoci altre questioni non ancora definite. Non è il caso di seguire il Poli nelle sue confutazioni dalle quali tratto tratto appare l’insufficiente sua preparazione nel campo delle scienze naturali: basterà ad esempio menzionare queste sue parole colle quali egli combatte la catena degli esseri ». « Infine (pag. 267) conosciute omai come sono futfe /e specie possi- bili per modo che riuscirà non così facile îl ritrovarne delle nuove, se non si venne a compiere la catena degli animali, è segno che essa è impossibile e che ci sarà sempre una infinita distanza tra l’uomo e il bruto ». Veniamo senz’altro alle conclusioni generali del nostro A. (pag. 447), « Conclusione. Era necessario istituire prima di tutto, come già per noi si fece in questo Saggio, l’analisi dei principii e delle scienze dei Filo- sofi-Naturalisti, poichè il loro spirito filosofico col prestigio dell'autorità a troppo lontani sistemi ed a fallaci dottrine potrebbe condurre. Ma quale frutto ne verrà a risultare a pro della filosofia ? Questo frutto può essere copiosissimo, ove si abbiano quindi innanzi per infallibili canoni le seguenti massime: 1° Che lo studio della natura fisica aiuta moltis- simo a quello dell’intellettuale e della morale, semprechè l’uno non at- tragga l’altro. 2° Che i fenomeni dello spirito umano anche nelle più strette loro analogie essenzialmente diversificano dai fisici; onde sarà sempre falso ed erroneo il sistema di ridurli e di studiarli sotto una legge comune, 0 sotto un comune identico principio. 3° Che Ja natura fisica e la natura morale, quantunque in relazione ed in corrispondenza continua non permettono fino ad ora di determinare i confini e l’esten- sione di codesta loro relazione, e meno poi il modo col quale essa opera e si manifesta. 4° Che la filosofia dello spirito ha come tutte le altre scienze alcuni misteri inesplicabili e poche verità evidentissime senza che essa perda della sua verità e della sua importanza. 5° Che il vero metodo di studiare l’uomo e le sue facoltà è l’osservazione di noi stessi e delle leggi costanti, ed universali della natura pensante, onde garantirci degli errori di coloro che l'hanno travisata ». Ho insistito alquanto intorno al libro del Poli non per i suoi meriti intrin- seci, che da quanto appare anche dai brani sopra citati sono molto piccoli, ma perchè esso rileva un’arte finissima col non combattere di fronte gli avversari che sono i Filosofi-Naturalisti e nell’accogliere l'indirizzo di ri- cerca da essi seguito per impadronirsi dei risultati, per volgerli a so- stegno dei concetti più vacui e più atti ad ostacolare il progresso vero delle conoscenze intorno ai viventi. È questo il metodo di lotta che più tardi lo Stoppani eresse a sistema nel suo libro « Z/ dogma e le scienze positive » (1) per combattere le scienze naturali e in particolar modo quelle che riguardano i viventi. sa Il Professore Francesco Ferrara pubblicò nel 1829 a Palermo un libro intitolato: « La natura, le sue leggi e le sue opere o introduzione alle scienze naturali (2), il quale merita venga qui esaminato. L’A. divide il suo lavoro in tre parti: nella prima tratta dell’ « Universo », del sistema planetario, della forma della Terra, ecc., dei corpi inorganici e delle principali forze, gravità, ecc. Nella seconda parte parla dei « Corpi or- ganizzati ». « Gli animali e le piante (pag. 32). Un corpo organizzato è una mac- china composta di piccole macchine o istrumenti che riuniscono le loro azioni particolari per farne risultare una generale »... « Penetrando nella Terra fra i resti pietrificati degli antichi mondi, nelle formazioni so0- lide del periodo nel quale dalle prime formazioni passavasi alle poste- riori si ravvisano soltanto alcune rare spoglie dl animali marini. Sono (1) 2* ediz. Milano, Dumolard, 1886. Confr. a questo proposito il mio precedente scritto: « La vita scientifica di Michele Lessona » Mem. R. Accad. delle Scienze di Torino, Sez. II, vol. XLV, 1895, pag. 370 e seg. dove sono riferiti i punti più spiccati del libro dello Stoppani. (2) Palermo presso Lorenzo Dato 1829. — 22— i primogeniti della Natura organizzata. Ritornando alla superficie quei monumenti prima trascurati dalla vecchia vita accresconsi progressiva- imente sovente fra le /0,m2azioni solide e terrose tra le quali la cal- cavea conchigliare ne è un intero composto. Dopo l’ultima catastrofe geologica che diede alla superficie della Terra l'ordine attuale che è stato stazionario, le razze organizzate che variato avevano come il si- stema fisico delie cose, sono rimaste come esso stazionarie ; il solo uomo che comparve in quella ultima scena delle grandi rivoluzioni ha mi- gliorata la sua natura civilizzandosi. Finchè tutto fu sotto l'Oceano eb- bero vita i soli corpi organizzati marini; i terrestri seguirono l’appa- rizione delle parti a secco ; gli erbivori furono preceduti dalle piante terrestri ». i « I corpi organizzati nacquero sempre da analoghi corpi preesistenti. Questi come e quando nacquero ?... Il naturalista dal mezzo delle dense tenebre che lo attorniano si slancia sino alla mano dell’elerno crea- COMO IE Qua e là in seguito si trovano i concetti seguenti, che qui è bene notare. « Sotto l'impero della vita la materia organizzata (pag. 34) cessa di ubbidire alle affinità chimiche ; è regolata dalle organiche sino al- l’arrivo della fredda mano della morte che la consegna alla dissolu- zione ». « Corpi organizzati vegelanlti. Lo stesso disegno, gli stessi mezzi di sussistenza, le stesse leggi della vita animale. La loro comparsa sulla Terra fu posteriore a quella degli animali ; i resti nei mondi petrificati appariscono assai tardi ». « Uomo. L'uomo riunisce tutti gli attributi della materia organizzata. Può dunque servire di tipo alle tante modificazioni che essa subisce sino alla appena visibile Monade »... « L’anima immortale che nulla ha di comune con la materia ana- tomica eleva l’uomo al di sopra di ogni opera della vita. La intelligenza lo chiude solo nel suo genere e nella sua specie. La struttura organica lo pone alia testa della materia organizzata animale »..... Gli animali a mammelle come l’uomo si allontanano poco da esso. I cangiamenti sono stati necessari. Con la intelligenza disparve la positura verticale tutto si nega a riprodurla; il bacino stretto; i talloni poco alti, i muscoli delle cosce e delle gambe secchi. La testa rivolta verso la terra pen- derebbe se aggiunto non vi fosse 11 /egamento cervicale. Le mani sono divenute piedi. La simia imita soltanto la nostra pantomima. Con le facoltà intellettuali disparve la parola »... « Si lasciò agli animali l’istinto necessario a tutti i bisogni della esi-. stenza, principio attivo ma limitato e quasi meccanico ; compagno co- stante del sistema organico passa da una generazione all'altra; inva- riabile in tutti gli individui della stessa specie di ogni età, e di ogni luogo pone una distanza immensa tra esso, e la intelligenza capace di progressiva perfettibilità. Nelle operazioni tutte da esso promosse i con- fini che le circoscrivono sono stati e saranno sempre stazionari ». Continua poi l’A. a passare in rassegna gli altri gruppi di animali discendendo gradatamente « agli Uccelli, ai Rettili, ai Pesci, Molluschi, Inanellati, Crostacei, Aracnidi, Insetti, Zoofiti, ecc. ». Passa quindi alle Piante, ecc. e così conchiude (pag. 83). « L'uomo alla testa degli esseri organizzati ne riunisce tutti gli at- tributi e divenne degno di un'anima che il privilegio della intelligenza eleva ad una altezza immensa sopra ogni creatura terrestre accordan- dole cinto di pregi e di virtù una immortalità ». « Gli animati ne conservano îl tipo ma degradandolo con successive modificazioni. L'apparecchio passa dal più composto al più semplice perdendo le forme e variando i modi delle operazioni; ma ciaschedun individuo possiede sempre quanto essenzialmente costituisce la vita, e quanto è necessario per condurla da una estremità all’altra della esi- stenza >». « Dalla massa vivente al confine degli animali alla pianta non evvi salto alcuno. Dire che la pianta non sente è dire che non sente come gli animali, e ignorare in qual modo sente, o se bisognava che sentisse ». « Le forze che animano la materia immensa nel tempo delle grandi operazioni geologiche, da che queste cessarono, e che la superficie fu lasciata a se stessa non imprimono più ad essa che piccoli movimenti. Il grado del loro potere è stato effetto della loro natura o delle circo- stanze nelle quali furono poste ?... Non conosciamo la Terra che nello stato attuale. Non possiamo formarci alcuna idea dello stato antico nè di un altro diverso dal presente ». Il nostro A. nella terza parte del suo libro tratta della classificazione nelle Scienze Naturali. Egli divide i corpi in Celesti e Terrestri. Questi ultimi in organici ed inorganici ; gli organici in animali e piante. Gli animali poi vengono divisi in Vertebrati (Uomo, Mammiferi, Uccelli, Rettili); Imvertebratî (Pesci (1)); Molluschi Articolati, Raggiati, Anî- mali piccolissimi. Dalle cose citate risulta che il Ferrara non aveva cognizioni molto chiare intorno ai caratteri tanonomici degli animali e come la sua clas- sificazione sia come un m27s70 di quella di Linneo, di quella di Lamarck, e di quella di Cuvier. Mi son diffuso alquanto nell’esame del libro del Ferrara perchè esso è sotto varii rispetti assai curioso. (1) L’A. non' spiega il perchè chiama invertebrati i Pesci, tanto più che a pag. 68 parla delle vertebre appunto nei Pesci, e a pag. 65 dice « la colonna vertebrale modificata dall’uomo ai pesci sparisce affatto nei Molluschi. » ss Bio Si può dire che il Ferrara ammette una sorta di evoluzione dei vi- venti, ma alla rovescia, vale a dire essi sono derivati dall'uomo e gra- datamente si sono andati facendo più semplici (1). La Natura”o meglio, come dice l’A., l’Eferno creatore, ha fatto l’uomo in cui ha riassunto tutta la perfezione del vivente poi poco a poco ha tolto ad esso una parte, poi un’altra, l’ha privato successivamente di varie facoltà per fabbricare esseri sempre più semplici e adatti a vivere nelle più diverse circostanze. * * * Lorenzo Martini professore di Fisiologia nella Università di Torino, pubblicò le sue lezioni in otto volumi (Torino presso Giuseppe Pomba, 1826-1830) (2). Noterò qui soltanto i punti più spiccati che valgono a dare un’ idea dei concetti di filosofia naturale seguiti dall'A. nel suo insegnamento. Vol. I, pag. 66 — « L'uomo è composto d’anima e di corpo; l’unione loro è impenetrabile mistero ». « I filosofi si sono arrovellati il celabro per ispiegare il vincolo che esiste tra l’anima ed il corpo; ma andareno falliti i loro tentativi. I modesti finirono per confessare la loro pienissima ignoranza; gli orgo- gliosi vollero inoltrarsi: non potendo vedere la verità, sognarono fole, od anche caddero in turpissimi errori. Quando mai l’uomo vorrà per- suadere a sè stesso com’egli sia un atomo, un nulla in faccia a Dio? Con qual fronte vorrà egli mai svelare i misteri della natura? Si ri- stringa ad esaminare gli effetti, procacci di scorgere la mutua concate- nazione loro e dependenza: e poi punto ». A pag. 110 e 111 parlando delle scienze che vengono in aiuto alla fisiologia sostiene lo studio della matematica e parlando poi delle scienze naturali dice: « Della Storia Naturale noi dobbiamo conoscere le primarie divisioni dei corpi spettanti agli animali ed ai vegetali. La mineralogia si può senza alcun danno pretermettere. Negli animali poi e nelle piante e’ conviene esaminare le differenze dell’organizzazione, e quelle che sono relative all’esercizio delle funzioni. Non è necessario che si abbiano esattissime cognizioni sulla loro anatomia e fisiologia: ma non si può a meno di ricercare i precipui tratti di rassomiglianza o di diffe- renza ». (1) Parlando dei Zoofiti (pag. 77) dice « Evvi una gradazione che va a ri- durne il tutto ad una massa cte il solo moversi la palesa animata.» (2) Pubblicò pure gli « Elementa physiologiae ad usum praelectionum aca- demicorum » in 2 vol. Taurini, Joseph Pic, 1827-28, ne AI lettore può sembrare sufficiente questa affermazione del Martini per giudicare il suo indirizzo filosofico. Ma io riferirò ancora le sue conclusioni: « Dopo d’avere date le de- bite laudi alle scienze accessorie alla medicina, noi dobbiamo aggiungere un avvertimento di molta rilevanza: ed è che quelle discipline debbono bensì prestare il soccorso loro alla medicina, ma non mai arrogarsi i diritti di leì ». « L’abuso delle scienze ausiliarie ritardò non poco. gli avanzamenti della medicina, ingombrandola di ipotesi dedotte da origini affatto stra- niere. Questa fu la colpa dei chimici, de” matematici, de’ fisici. Che dissì ? fu, fu? Questa è pure la colpa di alcuni de’ tempi nostri, i quali sagri- ficano un’aura passeggiera di rinomanza all’amor della verità, il quale solo può dar fama perenne ». « Noi dunque evitiamo questo scoglio fatale. Vagliamoci delle scienze ausiliarie come di ministre, e non come di assolute dominatrici. Ab- biamo ognor presente che i fenomeni vitali vogliono essere dedotti da forze di propria ragione ». A pag. 59 del vol. III sì legge ancora: « Dechiniamo da ogni estremo: non neghiamo ogni influenza alla forze fisiche e chimiche ; ma conside- riamole sempre come unicamente subordinate alla forza vitale ». Nel volume II dopo aver esaminato i punti principali della storia della fisiologia il Martini così conchiude: (pag. 47). « Riandando col pensiero quanto fu per noi discorso ci ridurremo a fare le seguenti riflessioni: « 1° Osservazione, sperienza; non smania di novità; « 2° La vita ha leggi proprie: dunque lunge ogni teoria meccanica- fisica-chimica; « 3° Nella contemplazione della vita avvi un limite, oltre il quale non è conceduto avvanzarsi d’un passo. Altrimenti si precipita; 4° Tutte le nostre teorie debbono essere dedotte dalla considerazione degli effetti che osservasi ne’ viventi ». A pag. 61. Il nostro A. dice: « I viventi subiscono continue mutazioni, e queste sono indipendenti dall’influsso delle esterne potenze..... Le esterne potenze sono neces- sarie a conservare la vita: ma posta la vita, succedono cangiamenti, che non dipendono più dall’influenza di quelle >». A pag. 63, si legge: « I fenomeni, che osservansi ne’ corpi viventi, non possono assolutamente spiegarsi secondo le leggi fisiche e chimiche. Noi dunque conchiudiamo che la vita non dipende dall’attrazione, non dall’affinità; ammettiamo forze peculiari, cui diamo il nome di forze Vitali ». Il Martini nello stabilire le differenze fra i vegetali e gli animali segue —- BE in massima parte i concetti Linneani; per la divisione poi degii animali segue quella indicata dal Lenhossek. Parlando poi, a pag. 480 e segg., dell’anima, il nostro A. dice: « Le piante possono vivere senz'anima, ma in esse l’anima non debbe esistere. Tale è la legge della Natura. Ma se si tratta degli animali, l’anima è una condizione necessaria, non solo alla vita, ma eziandio all’at- titudine a vivere.....>. « Gli animali vivono: vivono le piante: non vi ha dubbio; ma non si può per questo inferire che lo stesso principio si trovi in tutti i viventi ..... E veramente se la vitalità risulta dall’organizzazione ne viene che sia comune a tutti i viventi; tal che ove volessimo supporre una identità di struttura organica, ne seguirebbe che si avrebbero gli stessi fenomeni vitali. Ma ciò per mio avviso è falso. La presenza del- l’anima negli animali debbe indurre una notabilissima differenza tra gli animali e le piante..... Venendo agli animali, non oserei dire se tutte le anime loro sieno identiche, e solo presentino varii istinti, varii ap- petiti, secondo la varia organizzazione de’ corpi: ma facendo paragone tra l'uomo e i bruti non ci troveremo più nella stessa difficoltà. L'anima umana differisce essenzialmente da quella de’ bruti. Talchè andarono lungi dal vero coloro i quali credettero, od almeno dissero, che tutta la differenza, che vi passa tra l’uomo ed i bruti, dipende dall’orgauiz- zazione >». Conchiudle poi così a pag. 509: « Gli argomenti di cui si vale Amoretti, per pru»vare che la fisiologia conferma quanto e la Religione e l’intimo senso ne insegnano sulla esistenza e sulla immaterialità dell’anima, noi non possiamo che far plauso allo Scrittore ». Ricorderò ancora i concetti seguenti: Vol. III pag. 135. «La forza organica non appartiene già all’organizzazione ; ma suppone già la forza della vita. Senza vita non vi è forza organizzatrice ». « Io non consentirò mai che non possa darsi materia senza forza. La materia può perdere le sue forze senza cessare di esistere come ma- teria. Cangerà forma, cangerà stato: ma sarà per sempre materia. I corpi organici, cessando di vivere, perdono la forza vitale : ma non ces- sano d'essere materia ». A pag. 186 e seg. del vol. III dove tratta dei « suoi pensamenti » sulla vita dice: «..... il principio della vita non è l’anima. Dunque conviene ammettere un altro essere, cui daremo il nome di principio vitale; o con un semplice vocabolo il nomineremo con Lenhossek diofico. Questa dottrina è alienissima da ogni, benchè lieve ombra di materialismo. L’e- sistenza dell’anima, la sua natura spirituale viene dimostrata dalla fi- siologia. Il pensiero non si può assolutamente spiegare colla materia. Per quanto riguarda alla sua immortalità, non abbiamo altro argomento Pea che la volontà di Dio manifestata a noi nelle Sagre Scritture, ed eziandiv mediante l’ardentissimo desiderio che abbiamo dell'immortalità ». A pag. 234 poi dice ancora: « Noi proponiamo la seguente defiui- zione della vita: « La vita è un periodo che percorrono i corpi orga- nici, durante il quale sotto l'influenza di esterne potenze subiscono mu- tamenti che non si possono spiegare secondo le sole leggi meccaniche, fisiche, chimiche. Essa è tratta da Richerand e da Darwin (1)». I brani sopra riferiti sono sufficienti a mostrare in che modo si in- segnasse la fisiologia nello studio torinese verso il 1830 e quali fossero i priucipii di filosofia naturale allora dominanti (2). Il laboratorio di Fisiologia nella Università di Torino venne fondato soltanto nel 1850 per opera del professor Secondo Berruti; ma un efli- cace rinnovamento nelle idee intorno ai viventi si ebbe solo più tardi (dopo il 1865) per opera di Jacopo Moleschott, di Michele Lessona e di Giulio Bizzozero. x Aggiungerò ancora che lo stesso Prof. Lorenzo Martini pubblicò (3) un opuscolo intitolato « Della necessità della metafisica nel culto delle Scienze Naturali ». Vi si legge la seguente brevissima prefazione: « Io domando al mio lettore due favori : il primo è di francarsi, per quanto può, dalle prevenzioni : il secondo, di leggere almeno almeno il primo Capo della Metafisica di Aristotile. Voglio sperarli ; se gli ottengo, spero che tosto o tardi siemi consenziente ». L’opuscolo incomincia così: « Fu tempo che la metafisica era tenuta per base e fondamento d’ogui scienza: ma dal Verulamio in qua siffatta opinione è per mo!ti giudicata superstiziosa, falsa, nociva; epperciò da condannare e sfuggire. In mezzo all'autorità degli antichi, e alla pre- tesa di parecchi moderni, io confesso che provo nella mia mente una terribile fluttuazione: ma dirò pure che mi sento assai propenso ai primi ». Non è il caso che seguiamo l’A. nei suoi ragionamenti che nulla con- tenevano di nuovo neppure al loro tempo e che cì riportano a varii secoli indietro. + * * Contemporaneamente ad un dipresso al Genè a Torino, insegnava a Pavia il Prof. Gaspare Brugnatelli la Storia Naturale generale. Il Bru- (1) Il nostro Autore parla qui di Erasmo Darwin. (2) Confr. quanto è detto precedentemente a proposito dei principi seguiti nella Zoologia per parte di G. Genè in quel tempo pure professore a Torino, (3) Torino, Tip. Cassore e Marzorati. Con perm. î MR); ginatelli pubblicò i suoi « Elementi di Storia Naturale generale » nel 1825 (1). Nelle prime pagine VA. parla dell’u77z20nia, della costanza e della grandezza della natura e così la definisce: « Ma la prîma cagione, essa che tutto creò, e il tutto a un suo volere può riducere a nulla, pre- senta una idea troppo terribile all’umana debolezza, perchè a lei osiì di continuo elevarsi nell’inlagine delle opere e dei fenomeni dell’Universo. Quindi si immagina piuttosto una potenza emanala da quella Cagione istessa, e ministra nelle cose create, în cui è diffusa, de’ suvi alti vo- leri, affinchè esse si conservassero e si perpetuassero. Questa potenza, quest'essere ideale, moderatore benefico di tutto il creato, per cui tutto susiste, per cui avvien tutto quanto non è opra dell’uomo, è quello ap- punto che diciamo Natura ». Nell'opera più estesa « Trattato delle cose naturali ecc. » op. cit. 1837, il nostro A. la modificò così: « La virtù divina onde le cose hanno non solo l'essere ma anche il moto, e per cui conseguentemente sono e si mutano, l’esprimiamo col nome Natura (perchè il mutarsi delle cose è un nascerne al continuo di novelle), e le cose medesime si dicono perciò Naturati; la Natura poi quasi ente facciamo nel pensier nostro parte- cipe di quegli attributi preclari che la tempra medesima delle cose create fa nel loro Creatore conoscere ». Un altro concetto va ricordato: « Inoltre l’uomo con la diligente con- templazione delle circostanti cose può trar nozioni sulla sua condizione, non che norme ali’operare. Al che non può meglio sperar di giungere quanto col paragonar sè medesimo ad altri esseri, la cui condizione abbia quella maggior analogia con la sua propria che è dato di rinve= nire. Tali sono gli animali ». L’intonazione complessiva dell’ introduzione allo studio della Storia Naturale è data dalle parole seguenti: « E come alla contemplazione dell'universo si ridesta nell'uomo il sentimento della Divinità, lume della (1) Elementi di Storia Naturale generale del dottore Gaspare Brugnatelli prof. ord. di detta Scienza nella I. R. Università di Pavia. Pavia, Tip. P. Bizzoni, 1825. — Nel 1830 venne fatta una seconda edizione che fu come il prodromo di un’opera più estesa stampata nel 1837 col titolo: Trattato delle cose naturali e loro ordini conservatori contenente i principii e le generiche dottrine d'ogni scienza naturale, con illustrazione de’ naturali oggetti più necessari a conoscersi, inteso al perfezionamento morale dell’uomo e a por- gere circa le cose suddette la coltura conveniente all’attuale civiltà ». Assi- stettero l’A. in questa ultima edizione i prof. F. Cattaneo, il dott. F. De Filippi, e il dott. Trinchinetti, « il primo per la parte fisica e astronomica, il s econdo per la parte mineralogica e zoologica, il terzo per la parte bota- nica », LO 4, religione e della morale, e l'animo ne divien nobile e gentile ed amic | della semplicità, per cui si dispone mirabilmente ni divini dettami che queste gli porgono; così l'altre norme che da essa contemplazione de- sumere si potranno alla condotta del vivere, avrem la soddisfazione di rinvenirle appieno concordi con que!le che anch’esse la morale e la re- ligione ci additano ». Nel volume II a pag. 4 dice che l’uomo non si sottrae alle lesgi generali della natura « anch’esso è a parte dell’uni- versale armonia della vita. E se a lui deve essere caro di conoscere que’ viventi che gli porgono sussidio in molti bisogni, e di tanti piaceri liberali gli sono, non meno deve farlo affinchè per essi meglio apprenda a conoscere se medesimo «. Noterò ora alcuni punti che paiono a me più significativi a dare idea dei concetti di filosofia naturale seguiti dal Brugnatelli. Parlando nel vol. II a pag. 49 della morte degli animali dice: « il naturale decadimento e la vecchiezza sono quelle cause di morte che sebbene più inevitabili pure men di sovente giungono a produrla; tante altre ve n’ ha a troncar la vita degli esseri, innanzi che il corso ne sia tutto adempiuto, Queste cause di distruzione e di morte intempestiva (per farne adesso alcun cenno) sebbene colpiscano non di rado anche individui robusti e di florida vitalità, pure vagliono ad opprimere quegli altri, che per vigoria minore, possono del pari minor resistenza ai loro assalti opporre. Quindi, i deboli, gli infermi e quelli cui solo avanzerebbe una languida e noiosa vita in preda alla vecchiaia ed al deperimento, sono a preferenza investiti e percossi dalle forze distruggitrici della na- tura, e la loro sostanza passa in breve ad’ essere sostegno di vite mi- gliori. Che se poi esistono specie che per la loro natural debolezza più gravemente soffrano i danni delle suddette cause esiziali, le compensò la natura col provvederle di una straordinaria e mirabile fecondità ». Parla in seguito il Brugnatelli delle cause « d’esterminio dei viventi » come il freddo, la carestia degli alimenti, i morbi, ed aggiunge: « Ma possente sopra ogni altra, continua, urgentissima causa di distruzione de’ viventi, ella è la necessità che hanno di pascersi gli uni degli altri. E se la natura diè a molti esseri l’istinto di cercare sussistenza sulle morte salme, innumerevoli sono anche quelli cui commise di pascolarsi della pianta ancor viva o delle carni ancora calde o palpitanti ; e erbe più forti indirettamente opprimono le altre, non lasciando a queste alcun avanzo di umore che le ristori. Insomma un’universale guerra per cui gli esseri si vanno distruggendo e satollando l’uno dell’altro, contrasta ai trasporti d’amore onde le creature si stringono, e si consacrano alla riproduzione de’ proprii simili ». Nell’opera più completa, già ciinta, il Brugnatelli così espose questi ultimi concetti, (Vol. III, pag. 74): « Però quest’universale guerra, e distruzione non manca di essere provvidamente governata dalla Natura — Sar e proporzionata, come già abbiamo avvertito, alla fecondità in guisa che niuna specie perisca, niuna si faccia troppo numerosa, ma tutte siano temperate sicchè loro non manchi di che sussistere. e nel sussistere ad altre specie non rechino danno eccessivo ». Ho voluto citare, come già sopra ho fatto per la definizione della na- tura, il primo trattato del Brugnatelli (1826) e il suo lavoro posteriore più completo di undici anni dopo (1837) perchè pare a me che nel primo il Brugnatelli esprimesse più liberamente il proprio pensiero, e fosse meno preoccupato a dimostrare ad ogni costo che in questo mondo tutto è bello, tutto è buono, tutto è perfetto. Interessante è il capitolo dove il Brugnatelli parla della Generazione sessuale (Trattato delle cose naturali ecc., Vol, III, pag. 238). Vi sono molto bene e chiaramente menzionate le differenze sessuali secondarie e vi spicca il concetto della lotta ed anche in certa guisa quello della scelta sessuale: « Quindi gli animali, egli dice, in tempo de’ loro amori, lasciate le consuete abitudini, schivi di pascolo, di riposo, di calma sono pronti invece, persino quelli di tempra mite, all’ire, alle zuffe: nè queste però sono senza qualche utilità, poichè dai forti trionfatori forte del pari ne deriva la prole ». Per quanto riguarda la questione, allora molto spinosa, dell’istinto e dell’intelligenza dell’uomo e degli animali, il Brugnatelli, quantunque dica, seguendo in gran parte le idee di Federico Cuvier (op. cit., vol. III, p. 46), « Avvegnachè l’istinto qualifichi gli animali in genere, e l’intelligenza qualifichi l’uomo, non è però che all’uomo manchi l’istinto, nè che gli animali, intendo dire i più ragguardevoli, sieno affatto forniti di facoltà conformi alle intellettive » tuttavia conchiude essenzialmente come con- chiudeva il Genè, e come sopra è stato riferito, e dopo aver parlato dell’istinto nell'uomo e delle sue forze intellettuali che devono diriggerlo e correggerlo delle passioni ecc. così si esprime: « Così la Storia Na- turale consuona colla civile nel palesare il decadimento e la corruzione dell’uomo, consuona pure colla Morale e colla Religione nell’additargliene il rimedio >». Nelle Nozioni preliminari di Zoologia (Opera cit., vol. IV, pag. 81), deve essere ricordato il brano seguente: « anche gli animali ne appre- senteranno una lunga serie di esseri tra gli estremi della quale si rav- visa somma disparità; e invero se avremo a prendere principio con quelli che per molti rispetti si accostano ai vegetabili, siechè alcuni vi. hanno in tutto il sembiante od altro distintivo, porremo fine con un essere, che sotto eccellenti spoglie corporee, ma non pertanto valevoli a renderlo strettamente affine ad altri animali, racchiude un principio che il fa straniero alla terra, e l’innalza a ua ordine di enti, cui niun altra creatura di quaggiù è degna di appartenere ». — 31 — Si trova in queste parole nettamente delineato il concetto del « Resnn umano » che sostenne più tardi il Jan (1) e che caratterizzò la scuola lombarda nella prima metà del secolo scorso. Il Cornalia che succedette al Jan seguiva fondamentalmente la stessa idea. Il De Filippi che aveva compiuti i suoi studî a Pavia svolgeva lo stesso. concetto a Torino nel 1864 nella sua famosa lezione « L'uomo e le scimie » (2) accogliendo la teoria di Darwin per tutti gli animali e contraponendo al regno ve- getale e al regno animale il « regno umano ». Di particolare interesse per noi è la parte del trattato di Brugnatelli che riguarda i vertebrati. Vi si lege: «la gran tribù dei vertebrati fu ripartita nelle quattro classi, mammiferi, uccelli, rettili e pesci. Non mancano però alcuni animali di ciascuna classe di aver con quelli di alcun’altra classe certe osservabili relazioni, oltre quelle che son volute dalla comune natura di vertebrati ; in virtù di tali relazioni vengono le dette classi, come da anelli, l'una all’altra rannodate »..... Rispetto alla couformazione dello scheletro notabilmente son concordi fra loro mam- miferi, uccelli e rettili, alquanto da essi discordano i pesci. Invece ri- spetto alla struttura del cervello (come anche rispetto a molti altri organici attribuiti) s'incontra maggior conformità tra i vertebrati ovipari, che non si osservi tra questi ed i vivipari; essa poi si rende ancor più ragguardevole se tra loro si mettano a confronto i soli vertebrati a sangue freddo. Vedremo tanto piano il passaggio dall'una all’altra classe di questi animali, cioè dai rettili ai pesci, da non potersi quasi dire che vi sia tra esse un preciso confine », Il Brugnatelli aggiunge ancora: « Se i vertebrati dimostrano tra loro sì grande affinità, v'ha pure alcun d’essi che in singolar modo si rende affine agli invertebrati, come i pesci che si appellano carlilaginosi fra poco ce lo dimostreranno. Per le quali cose, e per quelle che si sono dette de’ molluschi cefalopodi, dimostranti com’essi alquanto si accostino ai vertebrati (3), ne viene che malgrado le solenni disparità generali che si osservano tra quest'ultimi e gli invertebrati, pur non manca un qualche legame che li vincoli insieme, e sembra confermarsi quel leggiadro con- 1) G. Jan, Dell’uomo considerato come un proprio renno dell’istoria na- turale. Prelezione al secondo corso annuo « Politecnico » vol. VI, 1848. (2) Politecnico, vol. XXI, Milano. (3) L'idea qui accennata della speciale modalità di passaggio dei Vertebrati agli Invertebrati venne poi sostenuta da parecchi Autori, fra gli altri, presso di noi dal De Filippi il quale riteneva i Cefalopodi come un tipo distinto dai Molluschi, e da collocarsi tosto dopo i Pesci. (Congresso scientifico italiano, Anno II. Torino, Resoconto. Annali Università di Statistica, Gennaio, 1841). = ‘OR cetto della catena degli esseri tanto gradito a molti chiarissimi natu- ralisti » (1). In altro luogo (vol. IV, op. cit., pag. 201) il Brugnatelli accenna alla notabile affinità dei batraci coi pesci. Passa poi il Brugnatelli al confronto dei Primati coll’uomo e pur am- mettendo le molte affinità fisiche dice: « Ma già altra volta si espose come quel suo divino dono della ragione ogni difetto largamente com- pensi ». Nella « Appendice finale» « intorno ad alcun altro ordine conservatore degli esseri viventi » sono notevoli i concetti seguenti: « Poichè alcune delle corporee doti degli esseri hanno relazione alla stazion dei medesimi non fia meraviglia che gli abitanti d’eguale stazione, benchè spettanti a diversa tribù, dimostrino tra loro qualche notabile conformità, ecc. ». « Congiungendo i riguardi dovuti all’ abitazione ed alla stazione, e ricordando come tra gli esseri di segregate e lontanissime contrade si può trovare analogia, ma rare volte generica e più rare volte specifica eguaglianza, può asserirsi genericamente, tanto più essere analoghe le forme vegetabili quanto più si rassomiglian tra loro il clima e i caratteri fisici delle regioni in cui vivono. Vi è nelle parole sopra riferite un accenno alla moderna legge di convergenza. Nelle parole che si seguono si trova pure indicato chiaramente un fenomeno che è presentemente oggetto di diligenti studî da parte dei botanici: « Tra le piante però, se molte d’uguale specie ne crescono in prossimità l’una dell’altre..... ciò è bastevole motivo perchè s’appellino sociali; alcune volte si scorge un pari modo di socialità tra specie di ugual genere, o tra generi d’uguale famiglia. Le ericaje... son fatte di una sola specie di erica, o di più specie insiem radunate; nelle nostre brughiere vegeta generalmente l’erica comune, ne’ contorni del Capo dî Buona Speranza frequente è l’associazione d’eriche di varie specie ». Colle parole seguenti pone fine il Brugnatelli al suo lavoro: « Or dunque ne è lecito proporci innanzi agli occhi l’universale spettacolo della Natura, ed ivi circondato da tutte l’altre creature, in eminente sito, e come segno in cui riposi l'unità del gran quadro, ecco appresen- tarsi l’uomo iu atto di offerire al sommo Iddio l’olocausto di lode che tutte insieme le sue fatture gli innalzano ». Considerando complessivamente i trattati di Storia Naturale del Bru- guatelli e tenendo conto anche di altre sue pubblicazioni come: « Della (1) Vuol essere ricordato il fatto che al tempo del Brugnatelli aveva note- vole diffusione il « Manuale della Storia naturale » del Blumenbach tradotto in italiano (Milano, A. Fontana, 1826) in cui i concetti del Bonnet, erano vivamente combattuti. — coltura sociale e del contribuire delle cognizioni naturali alla medesima mediante l’insegnamento della Storia naturale generale (1) » si deve ri- conoscere nel Brugnatelli una mente più ampia e spregiudicata di quello che non appaia forse da varî passi della sua opera. In essa si vede lo sforzo per attenuare, avvolgere, coprire tutte le asserzioni troppo arri- schiate per modo che non abbiano a dar troppo bruscamente nell'occhio dei « prudentissimi revisori ». Malgrado ciò qua e là fanno capolino le idee di filosofia naturale del Vallisneri, del Bonnet, dello Spallanzani. In complesso il trattato del Brugnatelli, facendo astrazione da speciali affermazioni che oggi ci appaiono antiquate, è opera notevole e che merita d’essere nella storia della Zoologia fra noi tenuta nel conto voluto. A mio avviso, in essa vi è molta maggior larghezza di vedute di quella che non si trovi nei trattati di Zoologia che la seguirono, compreso quello del De Filippi, per quanto questi trattati nella parte tecnica se- gnino un evidente progresso. * * >» Fra i trattati di Zoologia usciti per le stampe in Italia nella prima metà del XIX secolo il più importante è quello del De Filippi (2). Questo trattato segna un progresso grande sopra tutti i precedenti, per la copia delle cognizioni, la precisione, e l’ordine col quale sono esposti. Esso rispecchia fedelmente il corso di Zoologia che il De Filippi impartiva dalla cattedra dell’Università Torinese. Come già ho fatto per quelli dei precedenti Autori io considererò qui il trattato del De Filippi soltanto dal punto di vista dei principî di filosofia naturale. Sotto questo riguardo il trattato del De Filippi segnò un ritorno ai principî rigidi anti-evoluzionistici del Linneo e del Cuvier. In esso non troviamo neppure quel vago concetto di una concatenazione degli es- seri naturali che pur si trova ancora nel trattato del Brugnatelli, ed è come l’ultimo riflesso del concetto più definito del Vallisneri, del Bonnet, dello Spallanzani stesso, derivato a sua volta essenzialmente dalla legge di continuità del Leibnitz. Non parliamo poi delle idee La- marckiane che certamente il De Filippi, fervente seguace del Cuvier, riteneva, come quest’ultimo, neppure degne di essere prese in conside- razione. (1) Pavia, Tip. Bizzoni, 1841. (2) I tre regni della Natura — Regno animale, Milano, ditta P. e G. Vallardi 1852. Una seconda edizione venne pubblicata nel 1868 dopo la morte del De Filippi avvenuta nel 1867, con prefazioni ed aggiunte di Michele Lessona e coi tipi di E, Treves, Milano, e Se Malgrado ciò, come si vedrà dai brani che verrò citando, il De Filippi era troppo valente osservatore per trascurare lo studio della distribu- zione geografica degli animali e dei rapporti fra i caratteri degli ani- mali e la loro abitazione, e nei capitoli che riguardano questi argomenti mise in evidenza con molta precisione molti dei fatti che vengono a sostegno della moderna teoria dell’evoluzione. È noto che le convinzioni del De Filippi vennero profondamente scosse dal libro di Darwin sull’ « Origine delle specie », tanto che nel 1864, come sopra si è già detto, nella sua lettura « Sull’uomo e le scimie », accolse la teoria Darwiniana almeno per gli animali « bruti » non sa- pendosi decidere ad accoglierla anche per l’uomo che egli collocò in un regno a parte. A pag. 41, parlando dell’istinto e dell’intelligenza dice: « È dunque ben sicuro che lo sviluppo delle facoltà intellettuali è.in istretta rela- zione colla presenza ed assenza, col maggior o minore sviluppo di alcune parti del cervello. Della quale circostanza hanno abusato alcuni filosofi per deprimere tanto l’anima umana da uguagliarla a quella delle bestie, attribuendone appena la maggior energia, la maggior virtù, ad una mi- gliore organizzazione della massa cerebrale ». « Potremo forse concedere a costoro che tra il cervello di un selvaggio della Nuova Olanda e quello di un giovane orang outang non passi quasi che una insensibile differenza; per cui, organicamente parlando, non sia facile rinvenire i limiti decisi che separano un essere dall'altro. Ma qua @ abisso tra le facoltà dell'anima nelle razze umane anche le più degra- date, e l’anima delle scimmie anche più perfette ? »....... < Adunque l’uomo che dal lato della sua condizione fisica è un debole ed inerme animale, e perchè al confronto delle scimmie, per le facoltà della sua anima è infinitamente superiore ad ogni creatura terrestre, collocato in ben più alta sfera del regno animale stesso egli non vi appartiene ; ma lo domina, lo studia, ne indaga i fenomeni e le leggi; e gli sarà più facile pervenire fino alla completa conoscenza di tutto questo regno, che non a quella di se stesso ». Parlando a pag. 50 della specie dice: «Con questo nome intendono i zoologi tutto il complesso di individui animali, che rimontando verso l’o- rigine delle cose create proviene da due comuni genitori, tutta la di- scendenza dei quali si mantiene, mediante il concorso spontaneo dei sessi, generatore di una prole feconda. Questa discendenza si presenta sempre coi caratteri medesimi e tal- mente simili da un individuo all’altro, che non si potrebbero questi in- dividui ulteriormente distinguere ». Nel capitolo intorno alla « varia diffusione delle specie » (pag. 244) si ieggono le parole seguenti: « Un viaggiatore che percorra la terra nella direzione approssimativa di uno dei suoi meridiani, non potrebbe non = essere colpito dalla varietà dei prodotti naturali, in passando dalla zona calda alle temperate e da queste alle fredde. Malgrado però tanta dif- ferenza nel complesso degli animali e delle piante, o come suol dirsi scientificamente, delle faune e delle flore, che danno ai vari paesi che egli attraversa la loro particolare fisionomia, egli finirebbe per osser- vare che i confini fra questi paesi non sono mai perfettamente delineati dall’aspetto delle loro naturali produzioni. Egli sarebbe trascinato a conchiudere, che ad ogni specie di animali fu dalla natura assegnato bensì un dominio originario, ma che secondo le condizioni del terreno o del mezzo in cui gli animali stessi vivono, secondo la varia resistenza degli organismi agli agenti esterni, e la varia potenza locomotiva, quelle specie sì diffusero per irradiazione dai loro primitivi focolai, guadagna- rono terreno, si immischiarono; ma nel passare a condizioni diverse di clima, di nutrimento, di località, subirono modificazioni più o meno pro- fonde nelle loro forme e qualità native. Fino a qual punto furono por- tate queste modificazioni ? Eccoci davanti due grandi problemi; quello cioè della distribuzione originaria degli animali alla superficie del globo; e l’altro dei rapporti apparenti fra i caratteri degli animali stessi ed il variare degli agenti esterni. Il primo problema dipende essenzialmente dal secondo, Innanzi parlare della distribuzione delie specie bisogna ac- quistare la convinzione della loro stabilità, che è quanto dire della loro esistenza reale, perchè è questa messa in dubbio da alcuni autori di molta fama, i quali non sanno trovare un limite alla modificazione che l'esterna natura imprime sull’organismo degli animali, e sarebbero di- sposti ad ammettere nella lunga linea degli antenati dei nostri gatti, dei nostri piccioni, delle nostre lucerte, le forme le più disparate da quelle che vediamo oggi. Sveuturatamente quando noi ricerchiamo i rapporti fra i caratteri degli animali e le situazioni in cui vivono, noi vediamo bensì dei fatti coordinati, ma senza che ci sia dato comprenderne il nesso... ». « Quando scorgiamo uno stesso carattere ripetersi in molte specie di animali proprie di una grande regione, sebbene pel resto diver- sissimi fra di loro, noi siamo autorizzati a credere che la comu- nanza di questo carattere uon sia fortuita, ma dovuta a circostanze che, per quanto a noi ignote, hanno spiegato in quel paese la loro infiuenza su molte e svariate specie di animali »... « In grazia di questi rapporti noi possiamo credere che l’atto in cui furono pupolate d’animali le diverse regioni del globo abbia avuto luogo sotto l’iufluenza di cause particolari per ciascuna, e tendente ad impri- mere un carattere generale nelle specie varie e moltiformi di una me- desima classe. Questa influenza sarebbe stata istantanea, ed avrebbe poscia cessato d’agire; ed infatti non è maì accaduto di osservare negli animali trasportati da un centinente all’altro svilupparsi: il carattere Men a proprio del nuovo paese, od eliminarsi quello del paese nativo. E questo uno degli argomenti convalidanti l'opinione che nello stato: attuale di cose più non si formino nuove specie di animali ». * * * Ho potuto consultare due prolusioni di Oronzio Gabriele Costa il ce- lebre professore dello Studio Napoletano, una intitolata: Prolusione al corso di Zoologia per l’anno scolastico 1842-1843 la cui tesi è: « Leges ex- ponuntur, quibus natura a simpliciori ad perfectiorem animalium struc- turam gradum facit: ex quo eorum distributio metodica desumitur » (1), e l’altra col titolo: « Prolusione al corso di Zoologia per l’anno scola- stico 1843-1844 », la cui tesi è: « De Zoophytorum natura, genesi, et hi- storia eorumque nova methodica dispositione » (2). Da esse e sopratutto dalla prima si deduce che il Costa insegnava dalla cattedra concetti ben definiti non solo di una connessione fra tutti i viventi animali; ma di una graduazione ed in realtà anche di una loro evoluzione. Così si esprime il Costa (pag. 15): « Dalle cose fin qui discorse parmi potersi inferire : 1° Che una graduazione vi sia evidentemente tra gli animali; e che, considerati in grandi masse, ben si lascian distinguere gli uni dagli altri. 2° Che tra l’una e l’altra serie, indicata generalmente col nome di Classe, vi siano sempre uno o più anelli intermedi, che ser- vono quasi di congiunzione, perchè la natura sembra abborrire rapidi passaggi e le interruzioni assolute uella serie. Da ciò le difficoltà di por limite assoluto fra queste, e da ciò pure le controversie intorno alla sede vera di talune specie ».,. 3* Che nelle grandi Classi non si trova una successione progressivamente graduata, sia in più, sia in meno, nell'organismo; ma che un sistema, od un organo sminuisce e si eleva più volte prima di scomparire affatto. Da ciò la difficoltà di ben di- sporre ogni membro in ordine seriale continuato. Più spesso ancora lo sminuire di un sistema vien compensato dalla elevazione di un altro ; d'onde dipende la diversa posizione loro relativa, secondo che sì con- sidera l’uno o l’altro sistema di composizione anatomica... Laonde, sia che ordinar si vogliano in serie unica e continua, o biseriale e paral- lela, le difficoltà saranno sempre le stesse. Conchiude poi il Costa (pag. 16) : « La libertà del pensare è proprietà esclusiva dell’uomo ; essa non ci disonora quando si esercita con quella moderazione che la civiltà, la società e la coscienza ci detta. Per la qual cosa io credo potervi affidare ancora un mio divisamento, da te- nersi o come un principio razionale da servire di tema nell’analisi delle (1) Napoli, Tipogr. del Filiatre-Sebezio, 1842. (2) Napoli, dallo Stabil. di F. Azzolino, 1843, — 37 — specialità, o come risultamenti delle analisi parziali medesime, per le quali non mancheranno nuove prove. A me sembra intravedere netta serîe dei viventi di ciascuna classe una successiva depressione ed elevazione nel grado dî animalità da costituire un anello, è di cui estremi non si congiungono: e però là dove l’uno si arresta l’altro cominciando, s’ingenera così una spirale, i cui termini sono l'infini- tamente grande e /'infinitamenle piccolo ». In una nota a pag. 22 il Costa dice ancora: « Lamarck pensava, che trovandosi la natura obbligata a sommettere le sue operazioni alla in- fluenza delle circostanze che agiscono sopra di esse, queste circostanze medesime ne fanno variare per ogni lato i prodotti. La qual legge, benchè vera nel fatto, sembra ambiguamente espressa. Perciocchè, il trovarsi sottoposta la natura alla influenza delle attualità circustanti, è quanto dire essere sottoposta a se stessa. Il che può tradursi in questi altri termini. Tutto che esiste in natura ‘ha la sua attività come la sua passività. Quindi le vicendevoli influenze, e da ciò i mutamenti nor- mali ed innormali secondo lo svariato concorso delle cagioni che pren- dono parte nelle produzioni dei corpi inorganici. Al lettore non sfuggirà certamente l’importanza delle parole ora ci- tate le quali nettamente rivelano che il Costa accoglieva uno dei prin- cipii fondamentali delle teorie Lamarckiane. Dirò infine che il Costa propendeva ad accogliere il sistema proposto dal Blainville. Oronzio Gabriele Costa nelle sue « Lezioni di Zoologia — Napoli, Stamp. di Azzolino e Comp., 1838 », iniziando il suo insegnamento ac- cenna di già ad alcune delle idee fondamentali che poi più chiaramente espose in seguito alle soprac'tate prelezioni e fin da principio n’assunse il compito di « procedere (pag. 48) dall’organizzazione più semplice alla più complicata ». Egli iniziò infatti il suo corso cogli Infusorii. La le- zione preliminare del Costa è veramente notevole per l'ampio modo col quale intendeva lo studio della zoologia. nta Nell’anno 1834 uscì dalla tipografia di Annesio Nobili di Pesaro un’opera dal titolo: « Storia Naturale degli animali invertebrati del sig. cav. De Lamarek compendiata ed arricchita di note per opera di Francesco Bal- dassini, socio corrispondente dell’ Accad. delle Scienze di Torino ecc. ecc. segretario dell’Accademia agraria di Pesaro ». È questa un’opera alla quale si deve speciale menzione perchè indica il conto grande in cui era tenuto il Lamarck in alcune regioni d’Italia in. un'epoca in cui più fulgida splendeva la gloria del Cuvier, — Ra Nel discorso preliminare del Baldassin meritano di essere ricordati i passi seguenti: « Ciancino adunque a voglia loro i pedanti, i quali nelle sublimi teorie non vedono che giuochi sterili dello spirito, il giovane amatore delle scienze naturali convinto essendo che non avvi occupazione più soddi- sfacente del conoscere la verità, vedrà insieme essere le scienze natu- rali fondate sopra fatti ben avverati, e però quelle che sempre è meglio la manifestano. Si lasci agli apologisti dell'ignoranza il proclamare la inutilità, e il pericolo delle scienze. L'ignoranza non è buona a nulla, e a tutti nuoce, e i secoli più barbari, o più sozzi sono sempre stati i più corrotti. Fate l’uomo ignorante, e per conseguenza privo della co- guizione dei suoi doveri, e diverrà timido, superstizioso, e forse ancora crudele..... La Storia naturale è una delle scienze più vaste che il saggio possa studiare, nè forse alcun’altra è tanto feconda in grandi risultati. Ma è vano il pretendere di provarne l’importanza a chi non ha iuten- dimento educato alle speculazioni dello studio. Il cui dono è la questione dell’ignoranza, o conviene lasciar parlare l’utilità stessa delle cose per dar risposta alle ciance più strane. L'utilità della storia naturale con- siste nel concorso che ella porta alla supienza umana per distruggere gli errori che da lungo tempo la oscurano, e per la ricerca delle idee giuste che debbono necessariamente risultare dalla sua conoscenza, poiche l'errore non le saprebbe resistere. Ecco la risposta più couve- niente a//a domanda del cui bono >». « Potrebbe peraltro recare maggiore meraviglia, come da taluno di recente siasi detto nuocere le scienze naturali alla morale dell’uomo, perchè dirette allo studio delle sole parti organiche, delle combinazioni elementari della materia, togliendo così }idea di un primo motore e fautore, Il rispondere a siffalte frivolezze sembra tempo ed opera per- duta ». î Queste parole sono certamente molto notevoli dato il tempo e l'am- biente nel quale vennero scritte, « Niuna classificazione è nella Natura: tutte sono il risultato dell’os- servazione e delle combinazioni dell’uomo ». « La Storia naturale degli animali senza vertebra..... non presentava per anche un complesso ordinato di cose, le quali a colpo d’occhio fa- cesse conoscere la progressione ognora crescente nella composizione degli organi animali, e la serie non interrotta di osservazioni che dalla Mo- nade all'uomo ponesse l’amatore in caso di comprendere lo stato delle nostre cognizioni su tale oggetto. Codesto vuoto è stato riempito da Lamarck ». Parlando del Lamarck il nostro A. dice ancora: « Convalidò quel fatto che scorrendo come suolsi la serie degli animali dai più perfetti ai più imperfetti si osserva una degradazione ed una semplificazione descre - ia SORT scente nell’organizzazione che perciò scorrendo la scala animale in un senso opposto, cioò secondo l’ordine stesso della natura, si troverà una composizione crescente nell’organizzazione, la quale sarebbe ovunque regolare nella sua progressione, se le circostanze dei luoghi e delle ma- niere di vivere non vi cagionassero delle anomalie. Mostrò che l’ordine naturale degli animali costituente una serie deve incominciare da quelli che sono i più imperfetti e i più semplici nell’organizzazione e termi- nare coi più perfetti, onde essere conforme all’ordine della natura ». L'A. continua poi, accogliendo i principî generali del Lamarck. Nelle note poste alla fine del volume il nostro A, difende ancora lo studio delle Scienze naturali contro coloro che lo combattono col pre- testo di difendere la religione e spiega varî punti dell’opera del Lamarck col sussidio degli studî posteriori dimostrando una coltura zoologica molto vasta, ala Il dottore Giacomo Revelli di Bologna pubblicò nel 1839: « Osserva- zioni sopra allo svolgimento de’ corpi organici le quali appoggiano di- rettamente la dottrina palingenica del dott. G. Revelli ». Parte prima. Fano, tipografia Giovanni Lana, 1839. — Memoria ovologica la quale serve d’appendice alla parte prima, idem. 1840. Sono due lavori scritti in stile assai involuto; nel secondo trovo una nota che può essere ri- cordata in ordine alle ricerche che ci occupano. « E legge generale (pag. 87), e conosciuta sino dalla più remota scientifica antichità che i corpi animali e vegetabili, trasportati ed alignati in regioni non native, motto sì modificano per azione e reazione de’ corpi a cui vanno a con- tatto ed in relazione. Ora perchè una parte organico-vitale p. e. propria di un dato organo, ma eziandio condotta poi, o prolungata, o nata pur anco in posizione lontana dall'organo a cui è in mediata continuazione organica: perchè, dico, essa parte non devesi 720/70 modificare grado a grado ancora per azione organico-dinamica delle varie parti a cui va a contatto ed in relazione, quantunque non di loro diretta figlia. Darò ora di questo mio pensiero un semplicissimo esempio. Quell’arteriuzza p. e. all’apice del dito di un piede, ha una funzione diversa da una di quelle che procedono dall’emulgente rene, perchè la prima arteriuzza è, dalle parti che la contorniano, diversamente modificata, nell’orga- nizzazione primitiva e successiva, della seconda, quantunque ambedue N. B. figlie e continue all’aorta». A sei po ha À inaridse 4Snsg odio anggsassigaszio Nena onuba Sagbbio 1. oharoo94 Aaa 0320400, } È PITRIETR. tSig jo-tla #1, # Ineaenta RR DAI! (04) x I n'iio - moi 3130:19, pod de agi ( di | ee Si pasiiizoa Soiano a SLI sc sj : î abile $ t ì pi 4 * KP ryf | (RT RAZIONI N : pt | POR è & ; ; {i Ù tà 2 is % LI 4, } $! "i À 4 4 LA x i x Ta ì . 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FRASSETTO Istituto Anatomico dell’ Università di Bologna diretto dal Prof. G. Valenti (Sezione di Antropologia). Osservazioni sulle forme del cranio umano e sulle loro variazioni. Nel diagnosticare le forme craniche proposte dal Sergi (1), si trovano due difficoltà: una riguardante l'orientamento del cranio, l’altra riguar- dante la determinazione esatta della forma. Della prima mi sono occu- pato altrove (2), della seconda me ne occuperò in questa nota. * * Prendiamo in esame le due varietà craniche meglio note e meglio definite: la varietà Pentagonoîdes e la varietà EZlipsoides. Per studi recenti (3), queste due varietà, nelle loro forme tipiche, rappresenterebbero: l’una (la prima), la forma fetale del cranio, l’altra (la seconda), la forma adulta. Ora, se noi ci accingiamo alla classificazione delle forme appartenenti alle due varietà indicate, ci incontriamo raramente davanti a forme schiette, cioè a dire aventi tutte le caratteristiche della prima o della seconda varietà. Troviamo, per esempio, pentagonoidi in cui l’occipitale ed il frontale hanno perso la loro forma fetale e quindi potrebbero ap- partenere più a forme ellissoidali che a forme pentagonali; troviamo pure ellissoidi in cui il solo parietale ha le caratteristiche volute, mentre (1) Specie e varietà umane. Torino, Bocca, 1900. (2) Orani moderni di Manfredonia. Atti d. Soc. Rom. di Antropologia. Vol. X, fasc. I, Roma 1904. (3) G. SEkGI. Nuove osservazioni sulle forme del cranio umano. Atti d. Soc. Rom. di Antropologia. Vol. X, fasc. I, Roma 1904. il frontale e l’occipitale hanno conservato le caratteristiche dei penta- gonoidi. In altre parole: noi troviamo forme pentagonali con qualche caratteristica ellissoidale, e forme ellissoidali con attributi propri a forme pentagonali. Tutto ciò genera, evidentemente, dubbi e titubanze in chi classifica. Ma come fare per eliminare tali dubbî? che criterio dobbiamo seguire per orientarci? Analizziamo intanto le varie forme pentagonali ed ellissoidali e ve- diamo di renderci conto deile variazioni che si incontrano per riguardo alla forma dell’osso frontale, parietale ed occipitale (4), che sono le ossa su cui si basa la diagnosi delle forme craniche. Forme pentagonali. Nella diagnosi delle forme pentagonali ci troviamo davanti ai seguenti casi: 1° caso. Forma fetale tipica. Questa forma è rappresentata dalla Intizooe Fig. 28 Cranio fetale di sette mesi ‘n. verticalis) Cranio fetale di sette mesi (n. lateralis) (Da Sergi « Nuove osservazioni ecc. ») (Da Sergi « Nuove osserv. ecc.) sotto-varietà Pentagonoides acutus foetalis, SERGI (1900), riprodotta nelle figure 1° e 2*, « Ora avviene che un Penfagonoîde adulto, che con- serva tutti i caratteri fetali, deve trovarsi nelle forme fronto-parieto-o0c- cipitali nello stato di quelle fetali, cioè deve avere le due gobbe frontali (4) Queste tre ossa a partire dal VII° mese fino al IX° di vita intrauterina offrono, generalmente, accentuazione delle bozze e degli angoli diedri deter- minati dall'incontro dei piani che costituiscono esse bozze; mentre nello stadio adulto sono sforniti di questi caratteri. spiccate e distanti fra di loro, col piano facciale verticale volgente ad angolo acuto verso la volta e ad angolo ottuso verso i lati, deve avere Fig. 3a - Cranio adulto l’entugonoide (n. verticalis). Da Sergi » Nuove oss. ecc, ». Prod Fig. 48 - Cranio adulto Pentagonoides (n. lateralis. Da Sergi « Nuove oss. ecc. ». piana la volta e l’occipitale con quella sporgenza che superiormente è convessa di sotto concava come il modello che presento (fig. 3° e 4°) » (1). (1) G. SerGI. Nuove osservazioni ecc., loc. cit. ate 40 ae 2° caso. Forma pentagonale con occipitale adulto. La si trova nel Pentagonoiîde dubbio, MoscHEN (1894) = Pentagonoîdes convexrus, SERGI (1900). La figura 5%, che rappresenta la norma verticatis di un Fig. 58 - Da Moschen, Crani Romani (Atti Soc. Rom. di Antr. 1894). P. dubbio mostra lo stadio fetale del frontale e dei parietali per la sporgenza delle lorv bozze, quantunque non molto accentuate; la fig. 62, Fig. 6a - Da Moschen, Crani romani (Atti Soc. Rom. di Antr. 1894). = che rappresenta la norma lateralis dello stesso cranio, offre lo stadio adulto dell’occipitale che si rivela col profilo rotondeggiante. 3° caso. Forme pentagonatli con frontale adulto. Queste forme sono frequentissime e le incontriamo nei Pentagonotdi oltusi, solliti e piani, ed anche negli Acmonotdi; cioè in tuttii pentagonoidi tranne che nel- l’acuto e nel convesso. Nel Museo antropologico annesso a questo Istituto vi sono parecchi esemplari tipici di questa forma, ed uno dei migliori MOR, } Fig. 72 - Da Sergi, Specie e varietà, ecc. ; 3 i nie, 958 : ce l’offre il cranio egiziano antico N. ca del Catalogo. Questo cranio, visto dalla norma verticalis mostra il frontale adulto, cioè a dire sfor- nito completamente di bozze e con belle curvature, mentre i parietali e l’occipitale hanno le bozze accentuate come appartenessero ad un Pentagonoide tipico. 4° caso. Forme pentagonali con occipilale e frontale adulti. Queste forme sono piuttosto rare e viste dalla n.077 wvirticalis, appariscono con le caratteristiche delle forme romboidali, poichè, essendo il frontale adulto si ha una curva al posto della linea spezzata (tipica del frontale fetale) ed-essendo adulto ancheoc.| cipitale, si ha in questa regione una bella curva rotondeggiante. Queste caratteristiche si trovano perfetta- mente associate in alcuni crani di questo museo. Fra essi è da enu- i : hl | 943 merare il cranio egiziano antico N° + che, visto dalla norma verti- calis, appare romboidale come nella figura. 7*, che è lo schema della varietà fhomboides; mentre visto dalla norma tateratis offre un pro- filo perfettamente rotondo. Forme ellissoidali. Anche nelle forme ellissoidali si incontra quanto abbiamo visto nelle forme pentagonali, ed i casi che si verificano sono i seguenti: ” Fig. Sa - Cranio adulto Ellissozde tipico (Da Sergi « Nuove oss. ecc. »). 1° caso. Forma ellissoidale lipica. In questa forma tutte le ossa sono allo stadio adulto: sono sfornite cioè di bozze ed hanno curvature re- golari ed ugualmente distribuite. Tali caratteri si trovano nell’Z2/7p- soîdes r'olundus, SERGI (1900), cioè nella < forma definitiva e veramente adulta del cranio » (1). Di questa forma tipica: la figura 8* rappresenta la norma vertlicatis, la fisura 9* la norma lateratis. 2° caso. Forma etllissoidale con occipitale fetale. In questa forma rientrano gli ellissoidi a calcagno e gli ellissoidi embolici. Nella figura 10°, che rappresenta la norma laleralis di un Etlipsoides sphyroides, SERGI (1900), è visibile la forma fetale dell’occipite. Si con- fronti per l’evidenza la figura 10° con la 4* e la 2?. (1) G. SkkGI. Nuove osserrazioni ecc., loc. cit. = ae® 3° easo. Forma cetllissoidale con fronluie felule. Questa forma ellis- soidica ha turbata nella sua norma wverticalis solo la curva anteriore Fig. 9% - Cranio adulto E/lissoide rotondo, con occipite perfettamente arrotondato (De Sergi « Nuove oss. ecc. >) o frontale la quale è spezzata per la presenza delle bozze. Ne deriva perciò un certo parallelismo dei lati e quindi la sotto-varietà £2/7pso?des p3> #3 Fig. 102 - Cranio adulto di tipo EMissoide con occipitale di forma fetale ‘Da Sergi « Nuove oss. ecc. ») paralellepipedoides, SERGI (1900). La figura 11* ne rappresenta la n0rma verticaliîs la figura 12* la norma lateratlis, 0 Be 4° caso. Forme eltissoidali con occipitale e frontale fetale. In queste forme rientrano molti degli Ez/7ssoîdi embotlici ed a calcagno i quali si Fig. 112 - Da Sergi « Specie e varietà ecc. >. trovano molto spesso con l’accentuazione delle bozze frontali (frontale fetale) mentre hanno costante (perchè è la loro caratteristica) l’occipitale fetale. Fig. 12% - Da Sergi « Specie e varietà ecc. ». Conclusioni. Analizzate le forme tipiche pentagonali ed ellissoidal; e quelle che ne derivano, vediamo ora di raggrupparle indicando per brevità con le lettere p 7 @ lo stadio fetale del frontale, del parietale e dell’occipitale, e con FPO lo stadio adulto. Pentagonoidi : 1° caso pz co = P. acutus, SERGI (1900). 2° caso gp7 0= P. dubbio, MoscHEN (1894). 3° caso F_ 7 a = P. obtusus, P. planus, P. sublilis, SERGI (1900). Acmo- noîdes, SERGI (1900). 4° caso F70 = Rhomboides, SERGI (1900) (1). Ellissoidi : 1° caso FPO = £. rotundus, SERGI (1900). 2° caso F Pa = E. sphyroîdes, E. embolicus, SERGI (1900). 3° caso gp PO= E. parattelepipedoîdes, SERGI (1900). 4° caso @ P o = E. sphyroîdes, E. embolicus, SERGI (1900). Considerando le forme craniche nei loro simboli, sì vede che, tanto nei primi come nei secondi aggruppamenti, si ha costante il termine medio (7 nei pentagonoidi e P negli ellissoidi) mentre i due termini estremi sono variabili. Ciò vuol dire in altre parole che il parietale nelle diverse forme appartenenti alla stessa varietà, è costante, mentre variano il frontale e l’occipitale. Se ne deduce quindi che l’osso che decide della forma cranica è il parietale e che su di esso bisogna basare la diagnosi differenziale fra pentagonoidi ed ellissoidi. Questo è quanto ci eravamo proposti di trovare. (1) Forse dei romboidi, piuttosto che una varietà, sarà meglio farne una sotto-varietà da includersi nei pentagonoidi, come accadde già per l’Acmo- notdes. (Cfr. G. SERGI, Specie e varietà, loc. cit., pag. 78). snow Ty[ygX{SKYT€w>y[TZA“é = Po- gir odo ellavp + sfabpiosziita ba ilnnogntani; sriatgh orto of tati ‘Slailatzo | Solera pgiran dii I? C8a Iii e ii di, ro “PRIA, Ta E AE suletiguo | qu O SUYOT Vill pliussibai alune f De a, Four] Ue; ai LC Usi e ù PEA L'PRNGI CA FRS: VAMOIRIA La ER LI > 47 ot di 20001 nostri 2 ZI, di LEA carrai A ) Ù Î pai MAO : Pi 7 {ME-12 0A Set. 7 SI sità iii Tasto OMAR 0 La 3 VON BALLI VA n Do IAT tune: DA sn (gato, Mmanagtdgy Jar fi (EVS PS LÀ CUPRA, ne SPIA v dl TAC ian. otagì 640 sbearo o aT a uri si abengell Gif sf BIUHOVI ue 1 FRI tt nil, tALtI salite Moe log: aL iù diri soda irimin a si SIE LAT DL ila? 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Bol. Mas: ALe db n, na do Hank LL ott: La, “ Vi mito mi a “Toh e tl; LA è matera o: / Sui A [aa y Ma PIETS tai, BETTI: ” CA dira Lita boot: varia, Car ) = A Ù g i Li \ I uasi . &© LL, PI 3 ò ti DE los.) ì, e n "—— - — - a 1875 - Tip. Pietro Gerbone, Via Gaudenzio Ferrari, 3, To ino x / j i nh A: » Ù Yi Ù sO, Pa vp Mi. sal a (i n v JUN 272 155% BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino Vor. XX N. 488 pubblicato il 31 Marzo 1905 Prof. LorENZO CAMERANO Francesco Cetti ed i suoi principii di filosofia naturale. In precedenti pubblicazioni ho riunito alcuni materiali per la storia della Zoologia in ltalia nella prima metà del secolo XIX (1) per quanto riguarda sopratutto i principii generali di filosofia naturale. A meglio chiarire i mutamenti avvenuti in essi in Italia appunto nella prima metà del secolo XIX giova considerare i naturalisti italiani che espli- carono la loro attività nel secolo precedente. A tal proposito in altre pubblicazioni (2) ho preso in esame i concetti di filosofia naturale del Vallisneri, di Vitaliano Donati, di Giuseppe Olivi. — Credo utile con- siderare ora l’opera di Francesco Cetti. È noto che Francesco Cetti pubblicò un’opera preziosissima intorno agli animali di Sardegna in tre volumi intitolati: « I quadrupedi di Sardegna », Sassari, 1774, appresso Giuseppe Piattoli (3). (1) Contributo alla storia delle teorie Lamarckiane in Piemonte. — Il corso di Zoologia di Franco Andrea Bonelli Atti R. Acc. delle Scienze di Torino, vol. XXXVII, 1902. — I manoscritti di Franco Andrea Bonelli. Atti Congr. storico intern. di Roma del 1903, vol. XII. 1904. — Materiali per la storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX. Boll. Mus. di Zool. e Anat. Comp. di Torino, n. 486, vol. XX, 1905. (2) Antonio Vallisneri e i moderni concelti intorno ai viventi. Mem. della R. Acc. delle Scienze di Torino, Ser. II, vol LV, 1905. — L’Abare Giuseppe Olivi e la « Somatometria » moderna Boll. Musei Zool. e Anat. Comp. di Torino, n. 484, vol. XX, 1905. (3) Di quest’operawggi assai rara vennero ristampati i « Quadrupediì » nella « Biblioteca Sic » diretta dai prof. Mario Lessona e Lorenzo Camerano, n. 8, Roma, E. Perino edit. 1885. Precede a questo volume una corta notizia biografica su Francesco Cetti che credo utile di qui riferire « Erroneamente fu stampato che il Cetti nascesse a Como. In realtà egli nacque in Germania, « Gli uccelli di Sardegna », Sassari, 1776, appres. Gius. Piattoli. « Anfibiî e pesci di Sardegna », Sassari, 1777, appres. G. Piattoli. Nelle parole seguenti che si leggono in principio del volume sugli Anfibii e Pesci sono indicati i principii di filosofia naturale seguiti dall'A. « Non intendo la parola Anfibii secondo la significazione sua antica, nella quale essa parola significava un animale atto a vivere ugual- mente in terra ed in acqua; ma ricevendo una significazione più mo- derna, intendo per anfibio un animale, in cui la struttura del qua- drupede e dell’uccello si altera già notabilmente, e principia a com- parire la struttura propria del pesce. Intendo pertanto per Anfibio un animale, per mezzo del quale la lenta natura dai quadrupedì e dagli uccelli va ai pesci gradatamente, seguendo sempre la maravigliosa sua catena, ossia legge di continuità; legge, la quale non sarà mai posta in luce bastantemente acciocchè in essa l’intelletto umano trovi riposo e ragione di molte cose esistenti, delle quali forse non com- prenderebbe il motivo; e trovi la dimostrazione di molte altre, che esistono, ma non si veggono: e di molte altre non iscoperte trovi l’in- dizio, e la speranza di scoprirle. « La alterazione della struttura, che succede negli anfibî, risguarda il cuore. Quadrupedi e uccelli hanno nel cuore doppio ventricolo, e doppia orecchietta ossia taschetta hanno pure attaccata al cuore. Non più che un ventricolo, e non più che una orecchietta sola hanno i pesci al cuor loro, e questa semplicità di orecchio e di ventricolo si principia già a trovare negli anfibî. Non sono però questi anfibî tut- tavia pescì, perchè altri di loro al modo dei quadrupedi e degli uc- a Manheim, nell’anno 1726, ma da genitori veramente di Como, e che per vicende speciali avevano lasciato la loro città. » Presto il Cetti fu mandato a studiare in Lombardia, e appunte nel col- legio dei gesuiti a Monza. Il suo ingegno non comune e la sua singolare applicazione allo studio fecero sì che i gesuiti lo invogliassero a farsi dei loro, e ciò appunto seguì prontamente. » Il Cetti, segnalato negli studi letterari, filosofici e matematici, insegnò con grande lode nell’Archiginnasio di Brera in Milano. » In età di trentaquattro anni fu chiamato dal Re di Sardegna ad inse- gnare matematiche nella Università di Sassari, e di quella città e della isola intera egli si fece una seconda patria, studiandone con grande amore la storia, i costumi, i prodotti naturali. Scrisse tre volumi intorno agli animali della Sardegna, Quadrupedi, Uccelli, Anfibi e Pesci. » Il Cetti morì in Sassari dopo brevissima malattia, in età di cinquantadue anni, il giorno 22 novembre 1778, e la sua morte prematura fu lutto per la Sardegna tutta quanta, e danno per la scienza ». celli hanno verace polmone, collocato nella cavità del torace, e dalla bocca ricevono il fluido, che rinfresca, e assottiglia il loro sangue nel- l'organo polmonare: altri bensì invece di polmoni sono corredati di branchie da pesce, collocate presso la superficie del corpo in vici- nanza di spiragli per i quali respirano, ma pure non hanno ancora reste, e sono forniti di ossa cartilaginee; e inoltre propagano tuttavia la loro spezie per mezzo di congiungimenti al modo dei quadrupediì e degli uccelli, e degli anfibî primi. I primi anfibî sono più vicini agli uccelli e ai quadrupedi, i secondi si avvicinano assai più ai pesci, e ne annunziano l’imminente arrivo. Così il passaggio da quadrupedìi e dagli uccelli ai pesci si fa più gradatamente ; la organizzazione del- l’un estremo si smarrisce più a poco a poco, e poco a poco si fa luogo a quella dell’altro ». Fra gli anfibì primi e secondi collocò medesimamente la sottile natura, anfibì mediani, cioè la Lampreda, la quale nei polmoni si assomiglia agli anfibî primi, e negli spiragli laterali si assomiglia a’ secondi. « Si deve pertanto per anfibio intendere un animale fornito di sangue, fornito al cuore d’un ventricolo e d’una orecchietta sola, fornito di ossa o di cartilagini; respirante con polmoni o con branchie, e pro- pagante la sua spezie per via di congiungimenti. In conseguenza di questa definizione si schierano fra gli Anfibî le Testuggini, le Lucer- tole, le Rane, le Serpi, inoltre gli appellati Pesci carti/aginei, e ciò tanto i Piatti, che sono la Torpedine, le Razze, le Ferraccie, la Rana Pescatrice, detta Diavolo marino; quanto i Tondiî, che sono i Cani marini. Nell'intervallo che succede alle serpi e precede i cartilaginei sì trova la Lampreda come anello che aggruppa; e in grazia delle sue ossa cartilaginee e dei suoi spiragli laterali chiude la schiera degli anfibî lo Storione. Di tutti questi animali nello ottimamente da Linneo ideato linguaggio chiamati anfibi renderò io conto per quanto risguardo ad essi si trova e si osserva in Sardegna ». Risulta dalle parole sopra riferite che il Cetti era seguace del con- cetto della catena degli esseri, del Vallisneri e del Bonnet e della legge di continuità del Leibnitz discendendo tuttavia dalle forme più elevate alle meno elevate. In vari altri punti della sua opera il Cetti ritorna alla considera- zione delle forme di passaggio « anelli » fra una specie e l’altra. Nel volume sugli Anfibî e Pesci parlando della « Cicigna » (Seps.) dice (pag. 30): « La cicigna pertanto a dire giustamente è un animale di mezzo fra la lucertola e la serpe ; essa è uno di quelli anelli che gli osservatori vanno sì studiosamente cercando per iscoprire i dolci passaggi della natura di genere in genere senza mai precipitarsi, nè venire a salti. Si vede chiaramente nella cicigna, siccome la natura = Ma avendo fabbricata la lucertola, va maturando un’altra idea e prepa- rando un animale di altra foggia di progredire, e di altre membra; si scorge, che essa pensa a serbare il capo, la forma del tronco, e la coda della lucertola, ma che ne vuol tor via e gambe e piedi. A ve- dere a che punto sono ridotti gambe e piedi nella cicigna, evidente- mente si conosce, che quelle membra fra poco non ci saranno più ». Al lettore non sfaggirà certo l’importanza di quest’ultima asserzione che ci conduce direttamente al moderno concetto degli organi rudi- mentali e che è ben lontano dall’idea, in favore presso molti al tempo del Cetti e nella prima metà del secolo XIX, di una fissità assoluta delle forme animali e sopratutto della assoluta perfezione loro in tutte le minime parti. ll Cetti ammetteva pure possibili variazioni negli animali in rap- porto coi luoghi da essi abitati. Nello stesso volume intorno agli An- fibì ed ai Pesci (pag. 125) trattando delle diverse colorazioni del Julis dice: « Conviene dire, che siccome ci sono climi in terra, così ci sono climi in mare, e come una spezie medesima d’uomini, di quadrupedì, e di uccelli in questa parte della terra si conforma e si colora ad un modo, ed in altra in altro; così in mare talora i pesci secondo le di- versità locali ricevono diversità di apparenze: e converrà dire che il Julis sia l’un dei pesci più soggetti a variare secondo la varietà dei luoghi, che esso abita: la qual cosa vieppiù si conferma vedendo le svariate descrizioni, le quali del /w/is si hanno dai diversi autori ; onde è venuta la opinione, che vi fossero diverse spezie di ./u%és, le quali probabilmente non saranno che varietà d’una spezie medesima. Converrà dire finalmente che in questa facilità di ricevere le impres- sioni dei diversi mari la zigurella è sfortunata in Sardegna, che il mar sardo le è nemico, che il sardo mare le cancella quasi tutti i suoi colori dell’arco in cielo, che perfino le sdenta la sua laterale benda, facendola di ondeggiante e gentilmente dentata, che essa è, rimanere diritta, tesa e senza grazia alcuna ». Vogliono ancora essere qui considerate le parole seguenti del Cetti intorno alla questione discussa al suo tempo se il muflone di Sardegna fosse da identificarsi specificamente col montone. (Vol. I, / quadrupedi, pag. 126). « In vista di tanta somiglianza quanta ne corre dal muflone al montone, e non potrebbono essere un animal medesimo, non diversi l'uno dall’altro se non per cagioni accidentali; di maniera che l’Autor della natura al principio non creasse se non l’una delle due spezie, e l’altra siasi formata in processo dalla prima, o tralignando in selva- tica la domestica, o migliorandosi in domestica la selvatica ?». « Buffone decide in favore della identità. Buffone tutto intento a purgare le spezie degli animali dalla gratuita multiplicità introdot- tavi, e a ritrovare in ogni genere la spezie madre, opra della natura creatrice, a cui richiamare tutte le varietà operate in processo dalle multeplici influenze dei climi, e degli alimenti, perciò varietà soltanto, non spezie diverse nè fra loro, nè dalla spezie primitiva: Buffone, dico, tutto intento a sì lodevole impresa, infin da’ primi trattati sopra il cavallo e l’asino propone, e perpetuamente mesce in appresso un suo, che può chiamarsi principio di fecondità ». Il Cetti ragiona a lungo intorno al principio di Buffon e così con- chiude (pag. 133): « La sterilità parmi un sicuro indizio di distinzion specifica; e per quanto comprendo mi pare ciò dall’acuto autore sot- tilmente provato; ma la fecondità non parmi ugual pruova di iden- tità, in qualunque grado essa fecondità sia. Non trovo veruna meta- fisica posta in opra per dimostrarlo; nè credo possa dimostrarsi, e piuttosto si potrebbe dimostrare l’opposto, riguardando gli uccelli, ove spezie diversissime s’accoppiano, nè v’è limitazione di fecondità nei loro mestizzi. Buffone sembra aver pensato lo stesso verso la fine della sua opera, ove misteriosamente parlando sembra spargere dub- biozza sopra il criterio della fecondità, nè è meraviglia, che al suo intendimento si palesasse ciò, che ad altri incomparabilmente minori si è offerto ». Più avanti (pag. 138) il nostro A. aggiunge: « La miglior via a chia- rire la quistione sarebbe l’esperienza: converrebbe abbandonare un branco di pecore alla vita e luoghi silvestri, oppure trarre mufloni a vita domestica; se l’una spezie nacque dall’altra, l’una nell’altra di necessità ritornerebbe. E incerto dentro qual tempo la rivoluzione si opererebbe, forse non sarebbe sì tosto; perciò non si tenta ; ma e per qual ragione si aspetta con pazienza per secoli l'adempimento de?’ fe- nomeni celesti, per generazioni il fruttare degli alberi, e non si avrà simil pazienza per il chiarimento dei dubbi naturali ? ». A questi concetti che sono certamente molto notevoli e informati ad un ben inteso metodo sperimentale seguono le considerazioni seguenti che rivelano la mente dell'Autore preoccupata da considerazioni teo- logiche ad apprezzare le quali è d’uopo tener conto e del tempa e del- l’ambiente nei quali vennero scritte. « Ma per qualunque via si decida della identità specifica del mu- flone e del montone: se muflone e montone sono una spezie stessa, non potrò mai indurmi a riguardare il muflone per l’animal primitivo, da cui in processo sia provenuta la pecora, mediante l’industria umana. Non so adattare nè la fantasia, nè la ragione a quella universal sal- vatichezza, in cui molti dipingono il mondo nella sua prima esistenza. Appena mi parrebbe tolerabile una sì fatta idea in Marco Varrone, e in quanti altri come esso, ignorando la vera cagion del mondo, l’eb- bero per figliuolo del caso, e della fermentazione degli atomi. Sebbene nè pure in tale ipotesi si avrà mai ragione di dire, che universal- mente prima fu l’animal rozzo, che il buono e bello. Ma da che am- mettiamo, non dico rivelazione, ma creazione, parmi più giusto a pen- sare, che in ogni genere prima fu l’animale perfetto, che il difettoso ; una idea sì fatta troppo è conseguente alla idea dell’infinitamente sa- piente e buono creatore ». Come si vede da queste parole il Cetti sosteneva l’idea di una mo- dificazione possibile delle forme animali, ma nel senso di una dege- nerazione dalle forme ab iniztio create perfette. A vero dire può riu- scire cosa non facile anche dal punto di vista teologico l’ammettere che l’opera creata perfetta dall’ente creatore « infinitamente sapiente e buono » possa in seguito degenerare e divenire a poco a poco sempre meno perfetta... ma non è evidentemente il caso di discutere qui tali questioni che escono completamente dal: nostro campo. Ripetutamente il Cetti a proposito del cavallo, del bue, dell’asino, del lepre, del cervo ecc. di Sardegna discute la questione del rim- picciolimento che tanti animali subiscono in Sardegna come un effetto delle condizioni locali, e a tale riguardo ha di tratto in tratto osser- vazioni assai sottili, e per gli animali domestici presenta suggerimenti intorno al modo di allevarli e di tenerli per ovviare a tale inconve- niente che meriterebbero di venir prese in considerazione anche oggi nel campo pratico. Per quanto.si riferisce alle specie selvatiche, cervo, lepre e altre la cosa ha oggi minor interesse, perchè, come è noto, è stato oramai ben accertato trattarsi di specie distinte e non di sem- plici varietà di specie continentali. Nella storia della zoologia italiana l’opera del Cetti non va consi- derata preziosa soltanto dal punto di vista della descrizione delle specie e dei loro costumi; ma anche dal punto di vista dell'evoluzione dei concetti di filosofia naturale presso di noi. In essa è manifesto il pensiero filosofico del Leibnitz e del Vallisneri. L’opera del Cetti, spo- gliata dai concetti teologici inevitabili nel tempo in cui venne scritta, mostra nel suo Autore una mente larga, finamente osservatrice e com- penetrata dell'importanza del metodo sperimentale nello studio dei fe- nomeni naturali. iD ISRE A pra sita. I A e i VENI MN Mea AC ‘usi Ma bi; PA Arca Li odi Zoplogle la di Anatortia:;com : sia My obesa bic atte - fa; SEI h f i Pa pa Wor. Misia "lp CR TI MI vi i ia aio, Al sei li ire din Sia sat fica bi atei MOST de O ale ll A ae e I FS ma i (3081 pubiilicalo 187 Anale 16 i vo U ». © : da dat FARLA RE v d pi ui vi j sr TAG di Bid EA ee RA SEL MA LCA i piante Gurpodo ra e ioni tafiozndao roi fel o oe ù F - pr Ù a hi } PI È agi + ; gut Va ici pi i O IR, Re OTO gie RECATA Di ital : a RR LEAD 5-01: $ Ci Prof ‘Daw t papale. ia gi Lai NR, disrgii ; E AS a SORTA A Dei a Opax! ® Tomebre. * Posi vi SS », dor Moi y TAI x Cart ii to gl 27 ì Lp DI SEE Fitto d Mmygzo 5. pai .satila Volta, iù, vedasi irorgiperiti i. Cini; ica L [hh Rei alal Pea P, Baoetag: (ME ito Pe Piena Le n È La * i. , Ù I ini Ò na Pars Li Ir di di chi, (et di E pa SRI a i) a î > x i ò : bl 1%, b PRRST IT: 14 N Ta A ae DIST \ ha a STRA 2 Lidi & sare 137 LASA ( “a È da 0 AIA A I TR + Ba ri rea dA Lv ww si ci RINEZA i È } ei position pei ti alata ieetà ponivelto parta actizia briater epi rile. Halo: Ia ‘Atella. rolla 4) n vicari A gd aggira î ( n ao eianicata, «tà. Sint mi fini mani & Liguorprote, della Tacomac Fip it ga feasore see Meo HE stone pigna: ag sot ter, ta SOOEIFUTOR aura 8a Jenliai pelo canoni fi 01 a SAI pa \nplagie! è as diorafee uè Fai Ù « vapore SRI Mibeo daria LP. Paiaere, 0). ; tipa dI. À ‘ taste" fe a è 1935 - Tip. Piotro Ge DI i L] * # LA dg I i Pipa ie” ta0; MEN d Ja = i 13 LI A # { Li he ’ : ì . Ì \ \ k “n i » nl ® rbone, Via Gaudenzio Ferrari, BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 489 pubblicato il 27 Aprile 1905 Vor. XX Sul Prof. Cav. Leopoldo Maggi ©razione funebre letta il 9 marzo 4905 nel cortile Volta del palazzo universitario di Pavia dal Prof. P, PavESI « Son plus beau titre de gloire est d’avoir consacré toute sa vie et toutes ses forces à la science. » M. BeDboT Vie et trav. de H. Fol 1894. Signori, La mente tuttavia sconvolta per la notizia triste, improvvisa, il cuore straziato dalla scomparsa di un amico di oltre quarant’anni, allievo degli stessi grandi maestri, di un collega carissimo, m’ impediscono di parlarne con calma, degnamente, mi fanno quasi dimenticare di essere il preside e l’interprete della Facoltà di scienze (1), cui appar- teneva il professore Leopoldo Maggi, che piangiamo qui nella sua bara. In altro momento più opportuno egli sarà commemorato; oggi senti- mento e dovere si uniscono e confondono nel dargli l’addio estremo. Di stirpe antica milanese, onorata nel seicento dal poeta Carlo Maria, figlio di un rinomatissimo medico, il nostro Leopoldo nacque in Rancio- (1) Avevo anche le rappresentanze della Società italiana di scienze naturali di Milano, della Società zoologica italiana di Roma e dell’Unione zoologica nazionale, degli Istituti zoologici e anatomici di Roma e Napoli. Il senatore comm. Golgi rettore rappresentava pure S. E. il ministro della P. I., il Reale Istituto lombardo di scienze e lettere, e la Facoltà fiorentina di scienze ; il prof. cav. Camerano l’Istituto zoologico di Torino, il prof. cav. C. Parona, rettore l’Università di Genova, il prof. cav. sormani la Società italiana d’igiene, il prof. Romano il Municipio di Pavia, ecc. = RI Valcuvia il 15 maggio 1840 e, passata l’adolescenza tra l’affetto dei genitori, gli studî e gli svaghi della campagna, venne all’Università di Pavia nel 1857 e s’inscrisse nella Facoltà di medicina. Lo spirito di osservazione, la passione per il bello ed il vero, il fine gusto artistico e la non poca attitudine al disegno, se fosse stato oggi, lo avrebbero direttamente avviato alle scienze naturali; ma allora ci si perveniva di riflesso per la medicina. E così, come il march. Balsamo- Crivelli, il dottor Angelo Maestri, il prof. Prada prima, il barone Cor- nalia e Paolo Panceri poco innanzi del Maggi, egli si cacciò nelle. ricerche medico-chirurgiche, ma dandosi con evidente, istintiva pre- ferenza alla parte anatomica. Dal Balsamo frattanto apprese la tenacia, il metodo dello studio, i fondamenti della sistematica; dal Panceri, salito nel 1860-61 alla cattedra del Jacopi di nuovo istituita autonoma, l'entusiasmo, la poesia della scienza: dallo Stoppani, in quell’anno memorabile insegnante geologia, le larghe vedute, la filosofia positiva dal Giovanni Cantoni. L’aspirante medico restò naturalista fervente, sebbene per indole piuttosto gaio non tralasciasse gli onesti divertimenti e frequentasse amici o la buona società. Ammesso dai Balsamo, v’'incontrò quell’ot- tima donna Pierina, che gli fu poi compagna amorosa di tutta la vita, senza dubbio felice, e n’è adesso la più desolata delle vedove. Non per anco addottorato, dal Panceri fu assunto assistente ono- rario; ma, quando questi passò a Bologna, indi a Napoli, il nostro Maggi è stato chiamato assistente effettivo di storia naturale, come si diceva allora, esclusa sempre la botanica. Le sue lauree gli furono conferite il 26 gennaio e il 26 luglio 1863, avendo dissertato sull’ap- parecchio circolatorio degli animali per quella in scienze naturali, e sulle degenerazioni per la laurea in medicina e chirurgia. Sdoppiata la storia naturale in zoologia e mineralogia, ai primi di ottobre 1864, il Maggi ebbe questo secondo incarico dell’insegnamento, nel quale fu compresa poi la geologia, e il suo preambolo al corso mostrò in lui la maturità di cognizioni, insieme con la modernità dei concetti a trattarsi. Continuando in esso fino al 1869, anzi fino al 1875 come professore straordinario, profittò dell'occasione per investigare petrograficamente e geologicamente la Valcuvia, partendo dallo studio del terreno erratico e dei depositi lacustro-glaciali di essa, e forman- done una carta geologica apprezzatissima, premiata all’esposizione di Varese del 1871, rimasta inedita in quel Museo patrio, ma i di cui dati principali figurano nella Guida varesina pubblicata nel 1874. Siffatte ricerche lo condussero facilmente agli studî paletnologici, sì che ne abbiamo una serie di lavori sull'uomo terziario, sulle abi- tazioni lacustri, su cranî e oggetti diversi di bronzo della Valcuvia, tombe antiche di Marchirolo e di Malgesso presso Gavirate, teschi r timani di Casteggio, freccie in selce di Carbonara-Ticino, ecc. La cotì- vivenza diuturna col Balsamo-Crivelli non poteva a meno però di in- teressare il Maggi a quelle altre indagini sulla plasmogonia, che negli stessi anni occupavano, oltre il maestro, in Pavia, anche il Cantoni e l’Oehl. Perciò intorno alla produzione degli organismi inferiori, posti in condizioni svariate, intorno alle cellule del fermento e alle forme mieliniche, alle sperienze sull’archebiosi e la zigosi delle amebe, il nostro ha cooperato, o lavorato da solo, pubblicando in argomento nu- merose memorie, sopratutto nel decennio 1867-76. Da questo punto la vita scientifica del Maggi piega più decisamente alla zoologia e anatomia comparata; nè gli si può muovere accusa d’incerta vocazione per il ramo coltivato da principio, quantochè un ingegno versatile e speculativo, come il suo, facilmente allarga il sog- getto delle osservazioni, nello stesso tempo che ne approfondisce gli studî, cioè va trascinato spesso lontano. Ma non è pure il caso per il Maggi, perchè da studente, come ho detto, aveva spinto lo sguardo al regno animale e nel 1865 una sua bella monografia dei vermi Aeolosoma ce lo annunziava valente anche in questa parte. È stampata fra le prime e principali memorie della Società italiana di scienze naturali, nella quale era entrato l’anno precedente, e da una di quelle simpa- tiche riunioni di essa, ossia da quella di Catania dell’agosto 1869, data anche la sua nomina di corrispondente dell’Accademia Gioenia e del- l’Accademia dei Zelanti di Aci Reale. Nello stesso anno era stato altresì chiamato corrispondente al Reale Istituto lombardo di scienze e lettere, e dopo, nel congresso dei naturalisti italiani in Varese del settembre 1878, acclamato presidente col plauso generale, avendosi da lui tutte le migliori informazioni su la gea e la fauna dei contorni, in lui la guida dotta e rispettata, che ci diresse in amene e proficue escursioni qua e là e alla Virginia, isoletta del lago celebre per le sue palafitte preistoriche. Per altro, nella zoologia e anatomia comparata è incorso di nuovo al momento, in cui una disgrazia di famiglia lo obbligava a dedicare temporaneamente la sua attività didattica anche a queste scienze, per la morte quasi subitanea del prof. Balsamo-Crivelli, avvenuta il 15 novembre 1874. E vi giunse per via degli animali inferiori: gl’infusorî della nostra lanca di S. Lanfranco, i rizopodi d’acqua dolce della Lom- bardia, i ciliati e i rotiferi della Valcuvia e di Milano....... o per quella della zootomia: gli organi ermafroditici dell’anguilla (1), l'apparecchio (1) Insieme col prof. Balsamo e ne fu dimostrato più tardi l’errore, in cui erano caduti, scoprendosi il maschio, le vere ova e la larva leptoccfala, trasformantesi in giovane cieca, in ultimo anguilla. renti. =. biliare dell'aquila di mare, il foro del Botallo nel cuore degli uccelli, lo sbocco delle vene polmonali nella rana, ecc. Alla fine del 1875, l’anatomia e fisiologia comparate, nella nostra Università, vennero per la terza volta distinte dalla zoologia; onde il Maggi rimase straordinario di quelle e direttore del rispettivo Gabi- netto, finchè il 20 maggio 1877 ottenne la ben meritata nomina ad ordinario. Ah quanto lungo, tortuoso, aspro sentiero condusse alla vetta l’uomo forte di una preparazione soda, infaticabile! Comunque, ventott’anni l'abbiamo quindi avuto nel massimo grado accademico; e la buona re- putazione nostra gli andò aumentando per l’autorità crescente dell’a- natomico, capo di una scuola, che conta fra gli allievi il compianto Jello Zoja, il Grassi, i due Cattaneo, il Parona, l’Andres, il Bonardi, la Rina Monti e tanti altri insigni. Riputazione, stima espressagli dalla Facoltà di scienze con l’eleggerselo preside per i triennî 1888-91, 1891-94, 1899-902: dall’Istituto lombardo, promuovendolo membro effet- tivo il 26 marzo 1879: dalla Società zoologica di Francia e dall’ana- tomica tedesca, accogliendolo fra i loro membri stranieri: dal voto dei professori italiani, chiamandolo a commissario di concorsi e a membro del superiore Consiglio della Pubblica Istruzione nel 1900-01: fin dal Comune di Pavia, mandandolo a presiedere il Collegio dei conservatori del Museo civico di storia naturale. Cariche ch’egli non chiedeva, ma sosteneva con coscienza rigorosa, estrinsecando la maggiore alacrità, senza sottrarre nulla al progresso degli studî e all’insegnamento. Questo anzi ha raddoppiato di un suo corso libero di protistologia fino dal 1879, tuttora unico in Italia, aperto con programma perfetta- mente in giorno delle dottrine parasitarie, delle quali ha mostrato nuovi orizzonti, e d’una praticità singolare, perchè accompagnato da serie «li dimostrazioni indispensabili agli studenti di medicina, ai quali il corso era destinato e che è da augurarsi non cessi con lui. Ripresi gli studî generali sui protisti, dal 1880, quando si scoperse anche da noi la fauna limnetica o pelagica dei laghi, 'egli contribuì alle ricerche planctoniche, determinò, elencò e descrisse cilioflagellati lacustri, che si ritenevano esclusivamente marini; indi fece esami microscopici delle acque del lago Maggiore e delle potabili di città, come di Padova e di Pavia, chiarendo i rapporti dei protisti con non poche malattie e con l’economia politica, secondo la sua frase. L’opera protistologica del Maggi leggesi nelle due impressioni del suo manuale Hoepli, ma in sommario, che serve appena a darne un’idea. Molto più importante fu e sarà imperitura l’opera morfologica. Nella morfologia generale, considerando l’origine, l’evoluzione, la distinzione degli organi degli animali, le omologie e le analogie, le condizioni pa- tologiche degli esseri superiori messe a riscontro delle condizioni fisio- = logiche degli inferiori, la filogenesi e il terzo occhio dell’uomo, pet questo dagli ignoranti maligni irriso..... ebbe di mira i principî del Gegenbaur e di Haeckel, dei quali fu seguace e ammiratore. All’Haeckel poi rendeva un vero culto, una specie d’idolatria, come s’è visto nella recente circostanza della venuta in Liguria di quell’illustre professore di Jena. E a detti principî informava le sue lezioni altamente filosofiche. Nella craniologia, in particolare dei mammiferi e dell’uomo, ingran- disce la figura del Maggî. Le distinzioni delle parti dermatiche e sche- letriche, la nuova teoria vertebrale del cranio, le elucubrazioni sulle fontanelle, sul valore degli interparietali e la loro origine antica, sul canale cranio-faringeo, le ossa bregmatiche, le intermascellari formano un tutto così complesso e di tanto valore scientifico, che qui non è possibile mettere in giusto rilievo. Mostra, ad ogni modo, che il nostro compianto collega sapeva affrontare con fortuna gli argomenti più astrusi e che in questo campo occupava il posto più eminente in Italia. Quale scrittore non sempre chiaro, per un’onomastica intricatissima; dalla cattedra insegnante abbastanza efficace, il regno di Magg: era il laboratorio. Ivi istruiva ad uno ad uno gli allievi, proponeva loro i temi di studio, si occupava della pubblicazione di quelli migliori, spe- cialmente nel Bollettino scientifico, da lui fondato e condotto innanzi per un ventennio, insieme col Zoja e col De Giovanni, e per annate li raccoglieva in volumi, ai quali preponeva interessanti avvertenze. Dovette però lottare contro immense difficoltà materiali, di spazio, per contenervi gli allievi; e ora che, nel suo nuovo Istituto al palazzo Botta, le aveva superate e vinte, pur troppo lo presagiva, ora egli non è più. L’ultimo suo discorso in quell’Istituto fu la prelezione del cor- rente anno scolastico, svolta intorno al motto: coordinare e compa- rare, che fece scrivere sull’alto dell’aula e, secondo lui, doveva essere la sintesi della morfologia e la guida ai giovani studiosi. Nella Facoltà di scienze fu cortese coi colleghi e, per indole sua pacifica, non severo, ma dignitoso; solerte però nel combattere per i diritti di lei, ove fossero disconosciuti, e a promuoverne l’integrità e la fama. Epperò noi non dimenticheremo il nostro ex-preside, esprimen- dogli così perenne riconoscenza. Fuori di questo recinto, fuori dell’orbita degli studì, del Maggi non restava che il buon capo di famiglia, il padre occupato e preoccupato, fino all’esagerazione, del suo caro e unico figlio Paolo, al quale aveva preparata la carriera medico-ostetrica, cresciuto, educato in casa pro= pria un angelo di sposa, che con lo schianto del cuore vide troppo presto morire, e ‘ai cui bambini ha prodigate in compenso tutte le cure e le tenerezze infinite. Nessuno può dirlo più di me; anche quando s’atteggiava a burbero, rimiravo in lui lo schiavo dei nipotini, graziosi Roe Re ticcelletti svolazzanti e garruli in quella villa di Germignaga di fronte al vasto, incantevole Verbano, dove riceveva come un regalo la visita degli intimi suoi amici. Scienza e famiglia furono invero i soli scopi di Leopoldo Maggi. Dalla vita pubblica di Pavia, che amava molto e teneva per seconda patria, rifuggiva; più in apparenza però che in realtà, e perchè non sapeva persuadersi delle guerricciuole, che hanno fatto a pezzi e bocconi il grande partito democratico, nelle cui schiere ha sempre militato, da libero pensatore. Tutti deploriamo ad una voce la sua fine, anche perchè molto ancora attendevamo da lui e capitò d’un tratto. Ma da qualche tempo Maggi peggiorava nel fisico, causa l’eccesso di lavoro cerebrale e la vita sedentaria; ai fenomeni gottosi s’erano aggiunti e diabete e miocardite, senza gran che segno all’esteriore, la grossa, dritta persona sembrava soltanto affaticata da una certa difficoltà di respiro. Illusione! Verso sera di ieri l’altro, con l’abituale sigaro in bocca, la penna in mano, prendeva appunti da un volume tedesco, allorchè cadde morto al- l’istante..... presso la moglie, che indarno cercò subito di rianimarlo. Ecco chi l’Università nostra e la scienza italiana hanno perduto. Parenti, amici, cittadini, studenti, colleghi s’inchinano alla sua salma ed io, per l’intera Facoltà, commosso, la saluto. TT T=-4 SFe3R=x Tan ______ LO 9 METTA RA pa Pe LO n Via VENUTO wi 1,2% To: © SION ratcalivato. Teseo pa Pa È îa la Medal TOSI ui î | ta v a RAFA a pi bid 4 ST, * da bop TATI nt i) H o LI e RT a Tenere Lan re: E | Tit LO LAI U tenere n SUN 76 36 BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 495O pubblicato il 2 Maggio 1905 Vor. XX RES ITALICAE XIV. Dr. LurGi CoGNETTI DE MARTIIS Assistente al R. Museo Zoologico di Torino _— Oligocheti dell’isola d'Elba e di Pianosa. Le grandi isole del Mediterraneo sono già in parte state illustrate per ciò che si riferisce alla fauna superiore, e in minor grado rispetto alla fauna inferiore. Molto ancora resta a fare per porre a completa conoscenza gl’invertebrati che abitano quelle isole. Se poi si considerano le piccole isole del nostro mare bisogna rico- noscere che poco o punto s’è fatto in questo senso dai naturalisti. Devesi dunque dare grande importanza al materiale faunistico in- sulare, poichè vi si possono celare interessanti dati di fatto attinenti alla zoogeografia, e non di rado forme nuove per la scienza. Io stesso ne ebbi valida prova studiando gli Oligocheti di Sardegna e delle piccole isolette che riparano il golfo di Spezia (1). Mi è grato poter riferire ora sulla drilofauna dell’Elba e di Pianosa in seguito all’esame di una piccola collezione dovuta alle ricerche del prof. CameRANO, dei dottori PeRACCA e BorELLI, e del sig. ZAVATTARI, convenuti pochi giorni or sono a Portoferraio, assieme ad altri distinti naturalisti, in occasione del V° Congresso indetto dall'Unione Zoologica Italiana. (1) V. in questo Bollettino Vol. XVI, n.ri 383, 404; Vol. XVIII, n. 456, Fam. MEGASCOLECIDAE Subfam. Acanthodrilinae. Microscolex phosphoreus (Ant. Dugès). Un esemplare adulto. Loc.: Pianosa, nel terriccio umido, sotto una pietra. Oggigiorno questa specie, ritenuta originaria dell'America meridio- nale, non è più una novità per la regione mediterranea. Venne invero già segnalata con certezza nei dintorni di Montpellier, di Spezia e in Sardegna. Fam. LUMBRICIDAE Eiseniella tetraedra (typica) (Sav.). Undici esemplari in parte adulti. Loc.: Isola d’Elba. Helodrilus (Allolobophora) caligimosus (Sav.) subsp. trapezoides (Ant. Dugès). Due esemplari adulti. Loc.: Portoferraio (Elba). Octolasium complanatum (A. Dugès). Due grossi esemplari adulti. Loc.: Marciana (Elba), a circa 300 m. s. m. Gctolasium hemiandrum Cognetti. 1901. 0. h. CoenetTI, Boll. Musei Torino, Vol. XVI, n. 363, p 3. 1901. 0. h. CocnetrtI, Studî sassaresi, Anno I, sez. II, fasc. I, p. 2. 1902. O. enmplanatim forma h. MICHAELSEN, Mitt. Nathist Mus. Hamburg, Vol. XIX, p. 42 e 43. 1903. O. h. COGNETTI, Boll. Musei Torino, Vol. XVIII, n. 443, p. 2. 1903. O. c. var. hemiandrium (err. pro hemiandrum/) MicHarLsEN « Die geographische Verbreitung der Oligochaeten » (Berlin, Friedlànder), pag. 142. Un solo esemplare affatto adulto. Lunghezza: 60 mm.; Diametro : 4-5 mm.; Segmenti: 129. Clitello 29-87 ; tubercula pubertatis 29-39, interrotti a tutti gli inter- segmenti. Spermateche: sette paia aperte agli intersegmenti ‘°/,-!*/,3 tutte in direzione delle setole dorsali inferiori (c). Loc.: Portoferraio (Elba). METTE Persisto nel ritenere Oct. hemiandrum quale specie distinta da Oct. complanatum pur ammettendo una parentela diretta fra le due forme: la prima è verosimilmente derivata dalla seconda, ma è oggidi netta- mente caratterizzata : a) dall'essere meroandrica (metandrica) e dal possedere due sole paia di vescicole seminali; b) dal possedere una capsula seminale impari mediana; c) dalle dimensioni minori che quelle di Oct. compl.; d) dal minor numero di segmenti. A queste due ultime caratteristiche non diedi nel mio primo lavoro (1901) grande importanza, ma l’esame di altri quattro esemplari (tre del « Piano degli Stagnoni » presso Spezia, il quarto quello segnalato in questa nota, tutti adulti), mi induce ad accrescerne il valore. Nella « Revisione dei Lumbricidi » di Rosa (1) e nella monografia di MrcHarLSsEN (2) sono indicati per Oct. complanatum : Lungh. 80-180 mm.; Diam. 7-10 mm; Segmenti 160-190. Per Oct. hemiandrum si ha inveve: Lungh. 60-100 mm.; Diam. 4-6 mm.; Segmenti 120-150. Octolasium Damiani n. sp. (3). Un solo esemplare adulto. CARATTERI ESTERNI. Lunghezza 385 mm.; Diametro massimo 4 mm.; Segmenti 110. Forma tozza, cilindrica, lungamente conica all’estremità anteriore, subtronca all’estremità posteriore. : Colore roseo-violaceo alla regione dorsale del tratto preclitelliano, in complesso cenerognolo altrove. Il clitello spicca per una tinta bian- chiccia. Il prostomio è piccolo, tondeggiante, munito di stretto processo po- steriore che incide circa ‘/, del primo segmento continuandosi con questo (Kopf epilobisch). I segmenti postclitelliani sono alquanto più ravvicinati fra loro dei rimanenti. Le setole sono distanti, disposte in otto serie longitudinali parallele. A metà del corpo si riconoscono i valori numerici seguenti per gli intervalli parziali: aa==58; ab==37; bc=32; cd =25; dd=110 (1) Mem. R. Acc. delle Scienze di Torino. Serie II, Tom. xLII, p. 399-476. (2) Das Tierreich, Oligochaeta; Berlin, Friedlinder, ottobre 1900. (3) Dedico queste specie al dottor GracoMo DAMIANI, professore di scienze naturali alla R. Scuola tecnica di Portoferraio, e benemerito segretario del V° Convegno zoologico nazionale. Da questi si deduce essere: aa > ab> be >cd AdAd core pr: fo prabiirizotitotat 4 Giorgi» nd ar Aces: RE po è VERE doi liti 144 DE si C-3 Deh del i sile lalla sai pae Se sE (AI Mia; tek RORNE TL dep (15) ATA ATRIA] VrIunti per VIA 341 i è x È et "BEE ATALA GARE RT TR ET si pu: pci ue ga "a ie x —d 5 ua È pui Li, vo î Lega UE A Lai j DI 5.1 A sid Gi : 0 O . : | pr | tata 5 si Pi Lu È : x ia M; n) ra (La PAN, bi È i si | Dr. Gia ri Boats | di Ù ta n È ‘0 di o Ù i en Pu! bit L chi ie sd J n HELLERIA AREVICORNS € te alta é ni enna sato. ‘ona ompiciagioni tlicliniat MTA HE * polini da RAT "a Li "Sarde Ù NRE. cima E igrono Cigna, Ù desti NR Saf 0 te: iourdé Zatattgr, “ont perdita ida i ilatinha, tauutonii a Corta «Hi dd jo na Lisola SED» e quodia. Rion na Pur ia 4 ha Freskri. Ira questi Cor igloi nmitti divenga € Wp. "papato capattyritti o amudo po dass ao sal min di Tsopiorti torto, is , pa PI Mld, Sela (E È ca VO RE pod A Portottero ita Dio: ha Wiahosa da gr, SAMtÀ missiko stri un pura finora bei, nota Tali da dal I prob... LULO dii Wa de Ò ea 2020 - Tip. | Pietro Gerbone, Via Gaudenzio Ferrari, 3, ti Jun'=22 1906 BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino === t= at E N. 49414 pubblicato il 4 Maggio 1905 Vor. XX RES ITALICAE XV. Dr. GirusePPE NOBILI La HELLERIA BREVICORNIS Ebn. all’Elba e a Pianosa con osservazioni sinonimiche. Il prof. Lorenzo Camerano, il dott. A. Borelli, il dott. M. G. Peracca e il signor Edoardo Zavattari, nel periodo del Convegno dell’Unione Zoologica Italiana, tenutosi a Portoferraio nell’aprile del corr. anno, raccolsero nell’Isola d’Elba e nella vicina Pianosa, un buon numero di Isopodi terrestri. Fra questi verano molti esemplari di MeZleria bre- vicornis Ebn. Questa caratteristica specie, tipo di una interessante e curiosa famiglia di Isopodi terrestri, pare essere assai comune nell’isola d’Elba, ove fu raccolta a Portoferraio ed a Marciana, e nell’isola di Pianosa. La nuova località merita di essere segnalata perchè la 7e/- leria brevicornis era finora ben nota solo della Corsica, e delle Coste della Provenza (1). Il prof. Achille Costa la trovò in Sardegna e la descrisse come nuovo genere. Esemplari di Sardegna esistono pure nel Museo di Torino. Il prof. Achille Costa nel « Rapporto preliminare e sommario sulle ricerche zoologiche fatte in Sardegna durante la primavera del 1882 » pubblicato nel fascicolo 19° del « Rendiconto della R. Accademia di (1) Buppe Lunp nella sua classica monografia ne dà come patria Italia e Corsica. Io non conosco alcuna località della penisola italiana per questa specie, che manca al catalogo di Tua (Boll. Mus. Torino, vol. XV, n. 374). ASTI Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli », menzionando la cattura di diversi Crostacei, dava una breve diagnosi del nuovo genere Synzo- magaster per la specie S. dasypus Costa. Questo nuovo genere Costa collocava vicino ai 7y/0s, facendone con quest’ultimo una sola famiglia. Nella Memoria seconda delle Notizie ed Osservazioni sulla Geofauna Sarda (pubblicata nella Serie II, vol. I, degli 477? della stessa Accademia) sostituisce al nome Syntomagaster, perchè preoccupato in forma più corretta da Syntomogaster (Ditteri), il nome di Syngastron, e ne dà la diagnosi seguente: « Corpus armadilliforme. Antennae internae omnino nullae. Abdo- minis segmenta quatuor anteriora coalita în scutum valde convexum, utrinque incisuris duabus linearibus notatum, et postice infra pro segmenti ultimi receptione emarginalum. Appendices caudales lamel- losae ab abdominis scuto omnino tectae ». È facile da questa descrizione rilevare, senza speciale dimostrazione, che i caratteri sono gli stessi che nel genere Z/eZteria, descritto da Ebner nel 1868 (1). Noterò ancora che il prof. Costa attribuisce alle an- tenne esterne sei articoli; mentre in realtà in questo genere vi sono sette articoli, cioè cinque per lo scapo, e due, mal distinti (l’ultimo brevissimo e appena separato dal precedente) pel flagello. La descrizione della specie tipica, S. dasypus è la seguente: « S. capite thoraceque dorso laeviusculis, abdomine spinulis exilis- simis et brevissimis hispidulo carinulisque duobus medianis obsoletis interruptis. Griseus, flavescenti variegatus. Long. mill. 16, lat. 9 ». Questa descrizione s’adatta male agli adulti ma corrisponde bene ai giovani, i quali presentano infatti sulla parte dorsale del pleon due piccolissime carene quasi cancellate. Bisogna però notare che invece di spinule, l’addome è irto di minutissime setole. Il colore di questa specie pare essere assai variabile, come d’altronde avviene in moltissimi altri Isopodi Oniscoidi. Negli esemplari di Sar- degna del Museo di Torino esso è nerastro variegato; in quelli dell'Elba e di Pianosa talora è grigiastro come negli individui descritti da Costa, ma più spesso è bruno-fulvo, variegato. Al nome ZHe//eria dato da Ebner nel 1868, Budde Lund sostituì quello di Syspastus, « quia alia genera Crustaceorum « Helleria » jam nomi- nata sunt ». Ma il Rev. Stebbing nella sua Zistory of Crustacea ri - ferisce l'osservazione di Chevreux che Ebner aveva pel primo usato il nome Helleria, e che questo nome andava quindi restituito al genere. La sinonimia di questa interessante forma è quindi la seguente : (1) Dr. V. v. EBNER, Helleria, eine neue Isopoden-Gattiing aus der Familie der Oniscoiden (Verh. Zool. Bot. Ges. Wien. XVIII, 1868, p. 95, taf. I). 1868. 1879. 1882. 1883. 1893. == A Helleria brevicornis EBNEL, l. cit. Syspastus brevicornis Buppe Lunp, Prosp. Crust. Isop. terr., p. 9. Syntomagaster dasypus CosTA, l. cit. Syngastron dasypus Costa, l. cit. Helleria brevicornis STEBBING, History of Crustacea. Simon (in Budde Lund, |. cit.) dice dei costumi di questa specie : « Syspastus est un habitant des montagnes; je l’ai toujours trouvé dans les mousses humides des forets dans l’intérieur de la Corse ». All’Isola d'Elba ed a Pianosa invece questa specie ha costumi differenti poichè vive sotto le pietre, come molti altri Oniscidi, ed anche in luoghi aridi e appiè dei muri, ove non v'è traccia di muschi o di umidità. LI a Ti n dani * Sr dan IDO i (o È : i — 9 x 1a pae A a Y ORE one ae > "IDO | ì tl ® Deva È, 40 i vuci i dai suo) A F dp î raui rana : } da # N Mob ATEO AN? Mu : ivtosì pas Sail: 7] { | Li io ia PELI | i. sà : i è #28 nol i CA f pr. 67 ao 7 È i - ta si ì Cal ‘ ì o ò ” ei be Ù Da UU, La si x rr ANSA JUN 22 1906 BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 492 pubblicato il 9 Maggio 1905 Vor. XX Viaggio del Dr. E. Festa in Palestina, nel Libano e regioni vicine. XV. Dott. ENRICO FESTA Sulla presenza della HYSTRIX LEUCURA, Sykes nella regione ad Oriente del fiume Giordano. Durante il viaggio da me compiuto in Siria, io ebbi il 16 aprile 1893 ad Es-Salt, paese situato in una delle valli della regione ad Oriente del fiume Giordano, un esemplare giovanissimo vivente di Istrice, che allevai in schiavitù, e portai meco in Europa. Esso visse nel mio giar- dino zoologico di Moncalieri fino al Febbraio del presente anno, cioè per circa 12 anni. Le rispettive aree di diffusione in Siria delle due specie di Istrice, che gli Autori affermano trovarsi in quella regione, cioè della Zystrir cristata, Linn., e della H. leucura, Sykes = H. hirsutirostris, Brandt (1), sono tuttora poco note; per la quale cosa io credo utile segnalare la presenza della 7. leucura nelle valli della sponda orientale del Gior- dano. Il Sykes (2) distinse per il primo specificamente col nome di H/ystrix leucura la forma dell’India da quella dell’Europa e dell’Africa setten- trionale. (1) BRANDT, Mém. de l’Acad. de St. Petersburg, 1835, p. 375, tab. 8, fig. 3. (Wagner). (2) Major W. H. SykEs, Proceedings of the Zoological Society of London, 1831, p. 103. << Dre Il Wagner (1) attribuì alla Z. Réî-sutirostris un esemplare prove- niente da Gerusalemme. Il Waterhouse (2) afferma che la forma Asiatica deve portare il nome di ZH. hirsutirostris anzichè quello di 77. Zeucura, poichè il primo nome indica meglio, secondo lui, uno dei caratteri differenziali di questa specie. Però gli Autori più recenti opinano che alla forma Asiatica, per diritto di priorità, debba darsi il nome di ZH. leucura. Il mio esemplare (& vecchio) corrisponde bene tanto per la forma del cranio, quanto pel colorito alle descrizioni ed alle figure date dai diversi Autori (3) della 7. leucura = H. hirsutirostris (4). Il Wagner dice che l’esemplare di 7. nirsutirostris, da lui descritto, era stato acquistato vivente a Gerusalemme dal Consigliere Aulico von Schubert, e che tali animali non sono rari nei dintorni di quella città. A mio giudizio, il fatto d’essere stato acquistato vivente a Gerusa- lemme, non proverebbe in modo assoluto che l’esemplare descritto dal Wagner provenisse dai dintorni di quella città; poichè esso poteva benissimo esservi stato portato da qualche arabo dalle valli circostanti al Giordano. Il Tristram (5) dice che nelle valli circostanti al Giordano vive la A. cristata. Il mio esemplare proverebbe invece che nelle valli suddette, almeno in quelle della sponda orientale, si trova la ZH. leucura. Dopo l’esemplare descritto dal Wagner, io credo che non furono menzionati altri esemplari di questa specie provenienti dalla Siria. Il mio esemplare era oltremodo mansueto. Durante il giorno stava per lo più nascosto in una specie di grotta, di cui la sua gabbia era munita. Verso il tramonto usciva, e stava in moto durante quasi tutta la notte. Anche durante il giorno rispondeva alla mia chiamata ed accorreva a prendere dalla mia mano il cibo, che io gli offriva, afferrandolo con grande delicatezza coi suoi enormi incisivi. Quando veniva spaventato, rizzava i suoi aculei e le lunghe setole della cresta, grugnendo e producendo un rumore particolare prove- (1) A. WAGNER, Beschreibung einiger neuer oder minder bekannter Nager, in Archiv fùr Naturgeschichte, 1842, I, p. 29. (2) G. R. WatERHOUSE, Nutural History of the Mammatlia, vol. II, p. 454. (3) WAGNER, l. c., p. 29. — WATERHOUSE, l. c., p. 454, pl. 20, fig. 2. — W.T. BLANFORD, The Fauna of British India, Mammatlia, p. 442, fig. 145. (4) Nella « Parte Narrativa » del mio viaggio (Boll. Musei Zool. An. Comp. Torino, vol. IX, N. 172, p. 11) io aveva attribuito questo esemplare alla H. cristata, Linn. (5) H. B. TRISTRAM, The Fauna and Flora of Palestine, 1884, p. 10. Lr ipa niente dall’urtarsi vicendevole degli aculei, e specialmente di quelli cavi della coda. Io lo nutriva con diverse specie di erbaggi, con patate, carote, frutta ed orzo. Era sommamente ghiotto dello zucchero e dei petali delle rose. Era molto sensibile al freddo. Durante l’inverno io lo teneva chiuso in una scuderia. 4/9 si P dd pa ei i } vw LI -_ hi “ SLA : ee? ) dr nero, + svitderastio SURI ìi Pd, ù - La Mboò agiata / riatf MITRA SORASTVINCO) (00) fd Ta vasti AC: Ò » - ‘ Ci \ \ Tai n Hi .» ri ì ni adi I LA RADI, fra | | L\ chi n a ea "2 5) 2, 18] ” T] r de sn -' ai 2022 - Tip. Pietro Gerbone, Via Gaudenzio Ferrari, 3 > \ pi }0® PRO) N fg fa OLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 492 pubblicato il 11 Maggio 1905 Vor. XX RES ITALICAE > Ap EDOARDO ZAVATTARI Imenotteri dell’isola d’Elba e di Pianosa. Il materiale dell’isola d’Elba e di Pianosa, di cui presento ora l’elenco, venne raccolto dal prof. Camerano, dai dott. A. Borelli e M. G. Peracca ed in ispecial modo da me, nel breve soggiorno da noi fatto a Por- toferraio, durante il quinto Convegno Zoologico tenutosi colà nello scorso aprile. Gli individui di Pianosa vennero raccolti in poche ore, durante una gita fatta dai Congressisti alla piccola isola. La stagione poco propizia ed il cielo poco favorevole alle caccie imenotterologiche, fecero sì, che esiguo fosse il numero degli esem- plari catturati, per di più appartenenti tutti a specie molto comuni alla regione circumediterranea. Ma nulla è stato fatto dal punto di vista imenotterologico su queste due isole, e quindi questo piccolo con- tributo avrà l’unico pregio di essere il primo, e ben sarei contento, se ciò potesse invogliare ricercatori più fortunati a riunire un note- vole materiale, chè certo la fauna delle due isolette potrà presentare forme interessanti, specialmente per la loro distribuzione geografica. Fam. TENTHREDINIDAE Gen. Athalia Leach. A. rosae Lin., Syst. Nat., I, p. 557, n. 21. — André, Species des Hyménoptéères d'Europe et d’Algérie, T. I, p. 289. ui Cari Numerosi esemplari dei due sessi di Pianosa, raccolti su alcune ombrellifere sulle quali questa specie è abbastanza comune. Fam. ICHNEUMONIDAE. Gen. Cryptus Grav. Cr. sponsor Fab., Entom. System. p. 153, n. 84. — Schmiedeknecht, Die Gat- tungen und Arten der Cryptinen, Ent. Nach. XVI, 1890, p. 100. Un solo esemplare 9 dei dintorni di Portoferraio (Elba). Gen. Ophion Fabr. O. luteus Lin., Fauna Suec., n. 1728. — Gravenhorst, Ichneumonologia Eu- ropaea, T. 3, p. 692. Anche di questa specie un solo esemplare 9 dei dintorni di Mar- ciana (Elba). Fam. POMPILIDAE. Gen. Pompilus Fabr. P. gibbus Fabr., System. Ent., p. 350, 23. — Magretti, Imenotteri della Lom- bardia. — Pompilidei, Bull. soc. ent. ital., XIX, 1887, p. 247 Un solo individuo 9 di Portoferraio (Elba). Fam. SPHEGIDAE. Gen. Ammophila Kirby. A. (Psammophila) hirsuta Scop., Ent. Car., p. 292. — André, op. cit., T. III, p. 81. Questa specie mi parve assai comune nei pressi di Portoferraio. Svolazzavano i numerosi individui presso le grosse piante di Opunthia, oppure sul terreno argilloso nudo, che si trova accanto a questi ce- spugli; tuttavia io sono riuscito a raccogliere solamente due femmine. Fam. VESPIDAE. Gen. Polfistes Fabr. P. gallicus Lin., Syst. Nat., I, 949, n. 7. — André, op. cit., T. II, p. 606. Numerosi esemplari di Pianosa, e dei dintorni di Portoferraio e Mar- ciana (Elba). Fam. ANDRENIDAE... Gen. EHalietas Latr. H. quadricinetns Fabr., Gen. Insect.; p. 247. — Smith, British Bees, p. 80. Dintorni di Portoferraio. = > - ‘H. minutus, Kirby, Mon. Ap. Angl. II, 61, 20. — Smith, op. cit., p. 100. Pure dei dintorni di Portoferraio. -H. subauratus Rossi, Mant. insect., p. 144. — Lep., Hyménopteres, T. II, p. 278. Un solo esemplare 9 di Pianosa. Gen. Andrena Fab. A. morio Brullé, Exp. Sc. Mor. Zool., III, 353, 780. — Schmiedeknecht, Apidae Europaeae. P.I, p. 89 (503). Numerosi esemplari dei dintorni di Marciana alta (350 m. s. 1. d. m.) «(Elba). È questa specie molto comune su alcune labiate, sulle quali si trova insieme alle nomade. A. cineraria, Lin. Syst. Nat., I, 953. — Schmied., op. cit., p. 99 (513). . Pure nei dintorni di Marciana (Elba). A. nigro-aenea, Kirby, Mong. Ap. Ang., II, p. 109..-— Schmied., op. cit., p.130 (544). 1 esemplare 9 di Pianosa. A. nana, Kirby, Mong. Ap. Ang., II, p. 161. — Schmied., op. cit., p. 266 (640). Numerosi esemplari dei due sessi di Pianosa. A. fulvierus Kirby, Mong. Ap. Ang., II, p. 138. — Schmied., op. cit., p. 325 (739). Alcuni maschi dei pressi di Portoferraio (Elba). Fam. APIDAE. Gen. Osmifa Panz. ‘0. aenea Lin., Faun. Suec.,, p. 421. — Schmied., op. cit., P. II, p. 90 (956). Un solo esemplare & di Pianosa. Gen. Nomada Fabr. N. succinta Panzer, Fauna Germ., p. 55. — Schmied., op. cit., P.I, p. 60. Un esemplare d' dei pressi di Marciana (Elba). N. lineola Panzer, Faun. Germ., p. 53. — Schmied., op. cit., p. 63. Un esemplare 9 dei dintorni di Marciana (Elba), appartenente alla ‘varietà 1 di Schmiedeknecht avente cioè: « abdomen supra sine colore rufo et metathorax et mesosternum immaculata >. N. fucata Panz., Faun Germ., p. 55. — Schmied., op. cit., p. 88. Un esemplare d' pure di Marciana in cui la fascia ferruginea del primo segmento addominale è molto ridotta. Gen. Melecta Latr. M. luctuosa Scop. Ann. hist. nat., IV, p. 13. — Friese, Die Bienen Europas Theil I, p. 163, var. albovaria Er. subvar. calabrina Rad. Un solo individuo d' dì Pianosa. Io non ho potuto vedere la descrizione data da Radoszkowsky, ma «credo che con sicurezza si possa ascrivere questo mio esemplare a ‘questa varietà, perchè infatti presenta l’addome « mit verkimmerten BERE gp Seitenflecken der Segmente » ed il torace riccamente guernito di peli bianchi. L’aver ritrovato questa varietà è assai interessante essendo- già nota la stessa varietà solo della Corsica e della Calabria. Gen. Eucera Scop. Eu. longicornis Lin., Syst. Nat. I, p. 953. — Friese, op. cit., Th. II, p. 102. Numerosi esemplari #9 di Elba e Pianosa. Le femmine rassomigliano per la disposizione dei peli dell'atabme notevolmente alla difficilis Perez, da cui differiscono però per la pun- teggiatura e per le mandibole rosse avanti l’apice. . Gen. Podalirius Latr. P. Simei femoratns Oliv., Encycl. méthod. Ins. IV, p. 75. — Friese, op. s Th. ITI, po 160. wi soli esemplari 9 di cui uno di Pianosa e gli altri dei dintorni di Marciana (Elba). Questa specie è indicata nella collezione Spinola col nome di An- thophora distinguenda Duf. Ora ho cercato invano nei varî catalogi sinonimici questo nome; d’altra parte senza dubbio questa specie della. collezione Spinola è la stessa della /emorata, tanto più che fu allo- Spinola donata dal D. Dufour e proviene da Saint-Sever, donde prove- nivano pure alcuni esemplari di Lepeletier. Del resto questi individui. corrispondono esattamente alla descrizione e di Lepeletier e di Friese.. Ora gli esemplari miei corrispondono perfettamente agli individui di Spinola. Gen. Xylocopa Latr. X. violacea Lin., Syst. Nat., I, p. 579. — Friese, op. cit., Th. VI, p. 202. Un maschio preso nel giardino della villa Napoleonica (Elba). Gen. Bombus Latr. B. pascuorum Scop., Ent. Carn., 306. — Schmied. op. cit., P. I, p. 92 (342). Parecchie operaie dei dintorni di Marciana alta (Elba). B. terrestris Lin., Syst. Nat., II, p. 980. — Schmied., op. cit., p. 129 (379). Alcuni individui $ di Portoferraio (Elba). Gen. Apis Auctorum. A. mellifica var. ligustica Spin., Insect. Ligur., I, p. 35. Moltissimi esemplari di Pianosa e delle varie località di Elba. SAS ES 2044 - Tip. P. Gerboae, via Gaudenzio Ferrari. ., - Torino. LI JU 24 Us BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino === = —_—eeTr—P_—_@P_—————m VOL: XX A Revision of the Duchassaing and Michelotti Actinian Types in the Museum of Natural History, Turin by J. PLayFaIR Mc MURRICH The uncertainty which has existed regarding the true systematic position of many of the Actiniaria described by Duchassaing and Mi- chelotti has proved somewhat troublesome to students of the West Indian Actiniaria and I gladly took advantage of opportunities which presented themselves for visiting the Museum of Natural History at Turin and making a study of the original forms still preserved in its collections. I desire to express my deep obligations to Professor Ca- merano and the members of the Museum Staff for their unvarying courtesy and assistance during my visit. On reaching Turin I learned that Dr. O. Carlgren had already examined the specimens, and references to his studies have appeared in his paper on’ Ost-Afrikanische Aktinien (1900). I was fortunate however, in finding a few forms which Carlgren had not studied and it seemed advisable to persevere in the revision of the specimens which I had contemplated. Various interruptions have prevented the com- pletion of my studies of the specimens until now, but the delay has proved of advantage in allowing me to avail myself of kind criticisms and suggestions from my friend and colleague Dr. J. E. Duerden. Unfortunately the specimens of Duchassaing’s collection which are still extant are comparatively few in number and represent only a small proportion of the types which he, personally or in conjunction with Michelotti, described. With the majority of the specimens there were four labels; one, which was apparently the original label of Duchassaing; a second, as a rule merely repeating the identification of the original label and presumably written, as Professor Camerano suggested, by De Filippi; and finally two written by Carlgren, one of which was a repetition of the original label and the other Carlgren’s own identification. In one case there was evidently a mistake in the label, but in all the others it was clear that the specimens were actually those to which Duchassaing ànd Michelotti had intended the name on the label to apply. There were no indications to show whether any of the specimens were really « types », but whether they were or not they are the only extant reprensetatives of the types and must be accepted as the basis for the interpretation of Duchassaing and Michelotti’ s descriptions. In the following pages I shall not confine myself to a mere de- scription of the specimens, but shall take the opportunity for discussing certain questions of nomenclature which their study has called up. I shall, however, limit my remarks mainly to such species and genera as belong to the West Indian fauna. Fam. PHYLLACTID_AKE In 1852 Milne-Edwards and Haime established the sub-family Phyl- lactine for two genera which they named Phyllactis and Oulactis. The characteristic feature of the group was the occurence between the bases of the tentacles and the apparent margin, of frondose stru- ctures, now generally recognized to be modified acrorhagi, and the two genera were distinguished according to the non-accurrence or occurrence, respectively, of verruce. The type of the genus Phyllactis was P. praetexta Cout., while that of the genus Oulactis was 0. imuscosa Drayton. An examination of the figures of P. praetexta gi- ven by Dana (1846) shows very clearly that there has been a misun- derstanding as to the true nature of the fronds ; they appear to have been regarded as structures definitely circumscribed and separated from the column, possessing both an upper and a lower surface, indeed, the term fronds so frequently applied to them has its origin in this idea. In reality, however, being acrorhagi, they are developments of the margin, and what has been taken for their free under surface is really the upper portion of the column. Looked at in this way, it will at once be perceived from Dana’s fig. 39a that the so-called tubercles on the under surface of the fronds of P. praetexta are really verruce upon the upper portion of the column and, consequently, the listinction between the two genera vanishes so far as it is based upon the absence or presence of verruce, and, so far as our present knowledge goes, there seems to be no other valid basis for their distinction, In 1850 Duchassaing described a genus Actinostella, with A. /ormosa Duch. as its tvpe, and there seems no room for doubt that this type belongs to the same genus as Milne-Edwards” 0. muscosa. Ifthen the fusion of Phyllactis and Oulactis be accepted, it is evident that the rules of priority demand that the genus so constituted be termed Actinostella. In later days other genera have been added to the family, such as Lophactis and Asteractis (Verrill, 1869), Diplactis (MeMurrich 1889a), Cradactis (MeMurrich, 1893) and Phyllodiscus (Kwietniewski, 1898), and a few words may be said as to the validity of each of these. And first of all it may be stated that Diplactis is in all probability not a Phyllactid at all, but an Actinid, Verrill’s suggestion (1899) that the type D. béermudensis is an Actinia being well made. Phyllodiscus, too, seems hardly referable to the family, the distribution of the short branched processes over the greater part of the column wall and the practical absence of a sphineter being hardly consonant with the characteristics of the Phyllactids, and I am inclined to agree with Haddon (1898) and Carlgren (1899) that it is more properly referable to the Aliciidae. There remain, then, for consideration Verrill’s two genera and Cradactis. It would seem that Lophactis may owe its existence to the mis- conception of the true nature of the fronds of Phyllactis, already re- ferred to, and, granting the existence of verrucae in the latter genus, it would appear that Lophactis is identical with it and should conse- quently be included in the genus Actinostella. Similarly there seem to be no very good reasons for regarding Asteractis as distinct from Actinosella; indeed Verrill himself (1899), by including A. /0rmosa in his genus practically admits the identity of Asteractis and Actinostella, although he ignores the priority of Duchassaing’s name. As for Cradactis it seem to me that its clumps of small, dichoto- mously branched acrorhagal processes are entitled to generic value, as contrasting with the broad tuberculate and cichoraceous fronds of Actinostella and as forming an interesting transition between the fronds of the latter genus and the compound acrorhagi of such a Cribrinid as Anthopleura. There is no doubt that the Phyllactids are closely related to the Cribrinids, in fact the separation of the two families is little more than a taxonomie convenience and it seems ad- visable to extend our regard for convenience to the recognition of this to a certain extent transitional genus. Genus Actimostella Duch. Synon: Actinia (pars) Lesueur, 1817. Metridium (pars) Dana, 1846. cha Mi E Phyllactis Milne-Edwards and Haime, 1852. Oulactis Milne-Edwards and Haime, 1852. Cereus (pars) Milne-Edwards, 1857. Lophactis Verrill, 1869. Asteractis Verrill, 1869. Evactis (p. p. Andres, 1885. A. conchilega (Duch. Mich.) Of this species, there were six specimens in the Turin collection and these were in four bottles. In two bottles there were only Carl- eren’s labels, but the third contained all four labels, those of Du- chassaing and De Filippi reading Oulactis conquilega Duch., and in the fourth bottle there was a De Filippi label reading Actinostella conchilega Duch., St. Thomas. In all the specimens the upper part of the column was provided with adhesive verruce arranged in forty-eight longitudinal rows, the number in each row being from seven to nine in three individuals and ten or eleven in a fourth. The acrorhagi had the form of thin- walled elevations of the outer portion of the disc, bearing upon their surface hollow tubercles or short digitiform processes, arranged either singly or in groups, but apparently unbranched. Along the line of insertion of each mesentery a radial groove traversed the acrorhagal area, which thus was divided into as many radial portions as there were mesenteries, a condition not always readily perceived, however, owing to the degree of contraction. The tentacles were short, stout and thick-walled, their longitudinal muscu- lature being well developed. They were approximately or actually forty-eight in number in those specimens in which they could be counted. No attempt was made to determine the arrangement of the mesenteries, but it seemed evident from the grooves traversing the acro- rhagal area and from the tentacles that they were forty-eight in number, i. e. in twenty-four pars. The stomatodaeum was provided with two deep siphonoglyphs. The sphinceter muscle was ofthe en- dodermal circumscribed type in the single individual in which it was examined. It was attached by a narrow stalk, va- rying slightly in its complexity in different sections, and was deci- dedly unilateral in structure, so that it might be described as unila- Fig. 1 terally pinnate. The lateral lamellae were abundantly branched and the whole structure had the appearance in section shown in Fig. 1. This species was originally described bv Duchassaing and Mi- chelotti in their memoir of 1860 under the name Oulactis fosculifera Lesueur, being evidently regarded as identical with the Actinia flo- sculifera described by Lesueur in 1817. There is great doubt, however, as to the correctness of this identification, and it is preferable to employ the term which Duchassaing apparently had first in mind and which he employs on p. 49 in the explanation of Fig. 7, Pl. VI, and likewise on his label accompanying one of the specimens. (*) This choice of terms has already been made by Verrill (1899), who recognizes in the Ou/actis fascicutata which I (1889a) described from the Bermudas and which is evident]ly quite different from A. conchilega, a representative of Lesueur’s Act. flosculifera. Certainly Lesueur’s de- scription of the fronds, « Margin furnished with several rows of tu- bercles surmounted with small warts », agrees better with the con- ditions in /4sciculata than with those in conchilega, and, furthermore, the prevailing umber colour noted by Verrill in living individuals of fasciculala agrees better with Lesueur’s account than with Duchas- saing and Michelotti’s, whose specimens were greenish. If Verrill’s c nelusions regarding this identification be accepted, and I believe they ought to be, it remains to be considered whether any of the forms which have been recently described are identical with Duchassaing and Michelotti’s A. conchélega. Verrill gives as syn- onyms of it 0. flosculifera MeMurrich (1889) and 0. /oliosa Andres (1883). The latter term is merely a new name suggested by Andres in the belief that Duchassaing and Michelotti’s /losculifera was dif- ferent from Lesueur’s, and is unnecessary in view of the existence of conchilega. As to the form which I described as /losculifera, a re- examination of my preparations leads me to believe that it is more likely identical with Lesueur’s /losculifera than with conchilega. My statement that there were but twenty-four rows of verrucae and a corresponding number of fronds was probably erroneous, since there were forty-eight tentacles and as many mesenteries; sections through the fronds present an appearance much more like that of fasciculata (*) It is to be noted that on Duchassaing’s label and in the memoir the specific term is spelled conquilega. On De Filippis label, however, it appears as conchilega, which is probably more correct, the term indicating the adhesion of particles of shell to the verrucae mentioned in the description of the species. The original spelling may be regarded as a lapsus calami and therefore is subject to correction. than that of conchilega, the umber-brown colour of the fronds may be of some importance and, finally, my failure to observe a sphincter in the single specimen I collected is more readily understood if it was of the diffuse type such as occurs in fasciculata. There is, however another form which seems beyond question to be identical with A. conchilega, and that is the form described by Duerden (1902) as Asteractis expansa. I have preparations of this form from Cuba, and also, through the kindness of Dr. Duerden, from Jamaica, and in all I find essentially the same type of frond and sphineter. In describing the Cuban specimens I expressed the opinion (1898) that they agree very closely with the /losculifera of Duchas- saing and Michelotti and that that form was probably different from Lesueur’s, but owing to the uncertainty that existed as to the actual distinctness of the two forms I preferred to retain Duerden’s name for the specimens under consideration. The study of the Turin spe- cimens has removed all doubt as to the identity of A. erpansa with them, and that name, so far as it applies to the forms I have studied, may now be regarded as a synonym for A. conchilega. It is to be noted, however, that the spincter figured by Duerden for A. expansa differs decidedly in form from that which I find both in the Cuban specimens and, what is more important, in the specimens sent’ me by Dr. Duerden from Jamaica. Possibly two different species, resem- bling each other closely externally, have been included in A. ex- pansa, or else Duerden has selected a somewhat aberrant sphincter for illustration. These possibilities must remain uncertain at present, but it is certain that the expansa which I described from Cuba and those specimens which Duerden sent me from Jamaica are identical with Duchassaing and Michelotti's A. conchilega. Actinostella radiata (Duch. Mich.) A single specimen of this species was found. On one of the accom- panying labels, that supposed to be Duchassaing’s, the word « radiata » was plainly discernible, but the generic name was illegible; the De Filippi label read Owlactis radiata. In its general appearance the specimen resembled A. conchslega closely, but the tubercles on the fronds were perhaps not quite so numerous and the verrucae in each longitudinal row seemed to be fewer. The number of acrorhagi and tentacles could not be counted, as a portion of the margin had been removed, but they could not be far from forty-eight. The sphincter (Fig. 2) was well developed and of the circumsceribed endodermal type, differing, however, in its details: from that of A. conchilega. Thus it was much’ more distinctly bipinnate and'‘the lateral lamellae were less branched, so that, assuming the‘ forms observed to be characteristic, there would be no difficulty in distin- guishing the two species by the sphineter alone. Duchassaing and Michelotti (1860) recognize the general similarity of this species to the others which they described, but (1864) regard it as distinct on account of the smaller number of verrucae and the greater simplicity of the fronds. Adding to these characteristics the form of the spincter, it would seem that the spe- cies is one which must be retained. It is to be regretted that no spe- cimen of A. formosa remains in the collection. Judging from the brief de- scriptions of it which exist the acro- rhagi or fronds had the structure of those of A. flosculifera rather than those of A. conchilega or A. radiata. Indeed it is not impossible that it may be identical with /losculifera. Duchassaing and Michelotti’s figures, however, show only twenty ten- tacles and their descriptions are otherwise too indefinite to permit of certainty, even if the figure be regarded as inaccurate as to the ten- tacles. The possibility of the identity should, however, be borne in mind, although until specimens, preferably from Guadeloupe,have been again studied, it seems well to regard the species as distinct. To sum up the views which have been expressed above with regard to the West Indian species of Actinostella, the synonymy of the species may be stated as follows : A. formosa Duch. Synon : Actinostella formosa, Duch., 1850. Cereus formosa Milne-Edwards, 1857. Oulactis formosa Duch. Mich., 1860, 1864. Asteractis formosa Verrill, 1899. A. flosculifera (Lsr). Synon : Actinia flosculifera Lesueur, 1817. Oulactis (?) flosculifera Milne-Edwards, 1857. Oulactis flosculifera MeMurrich, 1889. Evactis flosculifera Andres, 1883. Asteractis flosculifera Verrill, 1899. Oulactis fasciculata McMurrich, 1889a. ra Lelv A. conchilega (Duch. Mich.) TONDI Synon: Oulactis flosculifera Duch. Mich. 1860, 1864. nt Oulactis conchilega Duch. and Mich. 1860. [45 Oulactis foliosa Andres, 1883. Asteractis conquilega Verrill, 1899. Asteractis sp? Duerden, 1898. Asteractis expansa Duerden, 1902. A. radiata (Duch. Mich.) Synon: Oulactis radiata Duch. and Mich. 1860, 1864. Lophactis radiata Andres, 1883. Fam. DENDROMELIDAE. Genus Lebrunia Duch. Mich. Synon: Lebrunia Duch. and Mich., 1860, 1864. Actinodactylus (pars) Duch. and Mich., 1860, 1864. Stauractis (pars) Andres, 1883. Oulactis (pars) Duch. and Mich., 1860. Rhodactis Duch. and Mich., 1864. Hoplophoria H. V. Wilson, 1890. This generic term is employed with some hesitation since it seems exceedinglv probable that it is identical with Actinodactylus propose by Duchassaing in 1850. I am quite in agreement with Verrill (1899) that A. neglectus (Duch. and Mich., 1860) is the young ot L. neglecta ; indeed, apart from the similarities shown by the descriptions, the identity of the specific names seems to indicate that originally the authors were inclined to regard the two forms as identical, but sepa- rated them on second thoughts. As regards A. bosczi, which is the type of its genus, the case is not so clear, and while the presumption is strongly in favor of its belongiug to the same genus as L. neglecta, the uncertainty renders it advisable to hesitate before definitely assuming the identity. L. neglecta Duch. Mich. Synon: Lebrunia neglecta Duch. and Mich., 1860. Actinodactylus neglectus Duch. and Mich., 1860. Stauractis incerta Andres, 1883. Oulactis Danae Duch. and Mich., 1864. Taractea Danae Andres, 1883. ? Rhodactis musciformis Duch. and Mich., 1864. Of this species I found in the Turin collection a single specimen, with which there was but one label, presumably by Duchassaing, which read Ow/actis Danae. The generic term had been crossed out, however, by a later hand and Lebrunia written above it. The specimen was of about the same size as the L. neglecta which I described in 1889, and in its internal structure, so far as sections through the margin and of its mesenteries could show, it resembled that form very closely indeed. The pseudo-tentacles, which were six in number, also resembled those of L. neglecta in their general form, but differed in that vesicular elevations, spherical in form and some- times stalked, were abundant on the smaller branches, sometimes at the points where the branching occurred, but also frequently on the upper surfaces of the branches. They were entirely lacking on the main stems and primary branches. This being the only difference that could be observed between this form and L. neglecta, the question arises as to whether it is to be regarded as sufficient for specific distinetion. Verrill (1899) holds that it is, while Duerden (1898) has described vesiculated forms as L. ne- glecta. I have reexamined the specimens of L. neg/lecta which I de- scribed from the Bahamas, and find that while no vesicles are to be noticed on some of the fronds, a few minute ones could be distinguished on some of the smaller branches of others. Thev were, however, very inconspicuous and could be recognized only with the aid of a lens: in the living specimen they were certainly not noticeable. ln view of this observation it seems to me that the development of the vesi- cles is more or less variable, and, indeed, that they may vary greatly even in a single individual according as they are expanded or retracted, a remark of Duchassaing and Michelotti (1864, p. 37) suggesting dif- ferences in this respect. I am satisfied thai the form I describe from the Bahamas is identical with the ZL. neglecta of Duchassaing and Michelotti, and, if this be so, it follows that L. Danae and L. neglecta are identical, the latter term having the priority. Duerden (1899) has stated that he believes Zoploproria coralligens (H. V. Wilson) to be the young of L. neglecta, but opinion upon this point must be reserved until he has presented the promised evidence in favor of it. It may be pointed out, however, that yet another sy- nonym possibly exists in A/odactis musciformis Duch. Mich. (1864), which seems to be a small specimen of Lebrunia in which the vesicles are larger than usual, so that they give to the pseudo-tentacles a nodose appearance. The facts that it is provided with dichotomously arborescent appendages and is associated with L. Danae in the genus Rhodactis, point strongly to its being a Lebrunia. Fam. STOICHAOTIDAE. Synon: Stoichactis anemone Ellis (Duch.) Haddon. ? Actinia anemone Ellis, 1767. ? Hydra anemone Gmelin, 1788. ? Cereus anemone Oken, 1816. =" => Discosoma anemone Duchassaing, 1850. Stoichactis anemone Haddon, 1898. ? Actinia helianthus Ellis, 1767. . ?Hydra helianthus Oken, 1816. Discosoma helianthus Duch. and Mich., 1860. Stoichactis helianthus Duerden, 1900. There was no Duchassaing label with the single specimen of this species, but tke De Filippi label read Discosoma anemone Duch. An examination of the arrangement of the tentacles and of the sphincter shows that this form is beyond doubt identical with that which I described as Discosoma anemone (1889) and also with that described by Duerden (1900) as Stoîchactis helianthus. The synonomy of the species is somewhat complicated and its history may be briefly stated in justification of the name given it above. In 1767 Ellis described and figured two forms from the West Indies which he named Actinia anemone and A. helianthus, but the descriptions are too imperfect to be available for a distinction of the two, and in the figures the principal difference that can be observed is that A. helianthus is somewhat smaller than A. anemone. Subsequent authors simply included Ellis’ terms and figures in their works, and in 1850 Duchassaing referred 4, anemone to the genus Discosoma. Later in 1860 Duchassaing and Michelotti described and figured D. anémone from living specimens and in 1864 the same authors stated their belief that A. anemone and A. helianihus were the same species, a view in which I concurred in 1889. In 1898 Duerden described two species of Discosoma from Jamaica, one of which was evidently indentical whith that which I had described as D. anemone, while the other lacked verrucae and had a diffuse sphincter (Duerden, 1900), its tentacles being also arranged on quite a different plan. This latter form Duerden identified with Ellis’ ane- mone, naming it Homostichanthus anemone, while my anemone he identified with Ellis’ A. helzanthus, without, however, presenting any very good reasons for the change. Carlgren (1900) from an examination of the Turin specimen was convinced that it was identical with my anemone, and thought that this was Ellis’ Helzanthus on account of the sinuous margin which is indicated in the figure of that form. But, for the avoidance of confusion, he suggested that nelzaninus and ane- mone be regarded as a single species, which, following Duerden, he named Stoîchactis helianthus, and gave a new name, H. Duerdeni, to Duerden’s 77. anemone. In this arrangement Duerden (1902) aquiesced. We have, then, the two original species of Ellis, which cannot now be distinguished, nor is there any likelihood that they ever will be; and we have the D. anemone of Duchassaing certainly identical with one of them and now described so as to be readily recognized. Why, then disregard Duchassaing’s specific term, supplanting it by Relian- thus? I am quite in accord with Carlgren’s suggestion that Ellis’s two forms be regarded as identical, but it seems to me that it will tend less to confusion and will follow more closely the spirit of the rules of nomenclature to adhere to Duchassaing’s identification of his species as D. anemone, referring it, of course, to Haddon'’s Stoichactis. With regard to the specific name of Duerden’s Homostichanthus it may be noted that in 1817 Lesueur described a form under the name Actinia denliculosa, which is probably identical with it. Milne-Ed- wards (1857) doubtfully refers Lesueur’s species to the genus Discosoma and Andres (1883) mentions it as a doubtful species of Corynactis. Its habit, in sand among marine plants, hardly suggests an affinity with Corynactis, and the brightness of its coloration seems to preclude its reference to S. anemone. It seems to me that Lesueur’s descri- ption indicates its identity with Duerden’s ZH. anemone, the correct name for that species being, accordingly, MZomostichanthus denticu- losus (Lsr.) Duerden. Fam. RHODACTIDA E. Carlgren (1900 and 1900a) has merged this family in the Discoso- midae on the basis of the many structural resemblances which its members present to Discosoma (*), but it would seem that the existence, of distinct marginal tentacles of quite different form from the disk tentacles and separated from them by a naked area of the disk forms a suitable distinction, especially since the marginal processes are apparently structures quite distinct from tentacles. Genus Rieordea Duch. Mich. I found a single specimen of A. /lorîda in the Turin collection, in a bottle with specimens of Zoanthus Anduzii. It had no accompanying label and accordingly does not present any special interest bearing on the identificatton of Duchassaing and Michelotti’s types. It re- sembles the individuals described by Duerden (1900) and myself (1889). (*) As regards the use of this generic name, Ehrenberg long ago (1832) pointed out that Oken (1816) had already employed the term Discosomus for a genus of reptilia and suggested the use of Discostoma for the actinian genus, a suggestion which ,has been adopted by Verrill (1869 and 1869a) and to a certain extent by Carlgren (1900 and 1869a), It may be pointed out, however, that in 1830 de Blainville proposed the name Actinodiscus for Leuckart's genus and that, consequently is the name by which it should de known VIDI Genus Qrinia Duch. Mich. A single specimen of O. torpida, so labelled apparently by De Filippi, occurs in the collection. It had already been studied by Carlgren, who correctly assigned it (1900) to a close affinity with Rhodactis and Ricordea. The « sucoirs » of the disk, which represent tentacles, were rather large crateriform structures, whose margins were more . or less tuberculate as described by Duchassaing and Michelotti (1860). Some seem to be perforated, opening into the body cavity, but no orifice could be distinguished macroscopically in others. Among those situated more peripherally were some which were vesicular or tu- berculiform, lacking the terminal orifice so far as could be perceived by a macroscopic examination. Fam. PHYMANTHIDAE. Epicystis crucifera (Lsr) Ehr. A single specimen of this was contained in the collection, and was labelled by De Filippi, Cereus inflatus Duch., St. Thomas. Carlgren from his examination of the specimen came to the conclusion that it was probably Phrymanthus crucifer and there is no reason for doubting the correctness of this view. The Actinia crucifera of Lesueur was referred by Ehrenberg (1832) to a new genus Epicystis, and, according to the rules of priority, this term should be emploved instead of Phymanthus established by Milne- Edwards and Haime in 1852. Most authors have, unfortunately, em- ployed the latter name for the genus, Verrill (1896 and 1900) alone using the correct one. He, howerer, finds a generic distincetion between E. crucifera and E. loligo, and retains for the latter the name Phy- manthus; for this there seems to be no good reason. Verrill (1900) also distinguishes between those individuals of £. crucifera in which the transverse thickenings of the tentacles are well developed and those in which they are feeble or apparently lacking, regarding the former as the true Z. crucifera, while the latter the identifies with Lesueur’s Actinia osculifera. Duerden has found that the development of the transverse thickenings on the ten - tacles varies considerably in different individuals of cruci/era, and, since Verrill’s two forms agree in all other particulars, it seems un- necessary to regard them as different species. As to Lesueur’s A. osculifera, it is difficult to discover in his description of it any simi- larity to an Epicystis. On the contrary it seems exceedingly probable that it is the form later described by Duchassaing and Michelotti as Actinotrye sancli-thomae, a form properly referred to the genus Rho- — BC dactis. It was « short » and possessed « a large margin which is smooth and terminated by short unequal tentacula », and the tubercles of the disk were « surmounted with several small pedunculated warts », all characters which may readily be understood if referring to a Rho- dactis, but quite different from anything knowu to occur in Epicystis. Also the reddish colour, varying in different specimens, which cha- racterized Lesueur ’s species may well refer to the rich umber-brown of Rhodactis sancti-thomae. The only difficulty in the way of cer- tainty as to osculifera being a Rhodactis is Lesueur’s statement that the body possessed « several rows of perforated.tubercles of an umber- brown colour » through which water was ejected. These may have been suggested by the occurrence of transverse wrinklings crossing longitudinal ridges as described by Duerden (1900), and at all events the ejection of water is a feature of little importance. It seems to me that the description points so strongly to osculifera being a Rho- dactis that we may assume that it belonged to that genus and if so it is identical with Actinotrya sancti-thomae, which should therefore be known as Ahodactis osculifera (Lsr). ZOANTHEAE. Genus Zoanthus. Zoanthus flos-marinus Duch. Mich. Of this species there were several specimens in a single bottle. The accompanying label, which was apparently by Duchassaing, was very indistinct, but the letters os and rinus could be made out, so that there can be no doubt but that it was originally Zoanthus flos- mMarinus. The polyps were either single or in small groups, and were more or less distinctly clavate in form and slightly green in colour, espe- cially in their distal portions. All were completely contracted and measured 6-8 mm. in height, with a diameter at the distal end of 2.5-3 mm. Transverse sections of the column and sphincter were made of one individual and it was found that the structure of the column wall was essentially the same as what I described (1889) for Z. sociatus. The mesenteries, while possessing the same general appearance as those of soczatus, were much fewer, only thirty-seven in all being present, seven pairs occuring on one side and nine and a half pairs on the other. The sphincter resembles closely that figured by Duerden (1898) for his Z. flosmarinus, except that the cavities toward the upper part of the lower spincter were more divided. cei a On comparing these specimens with the description and figure of Duchassaing and Michelotti, it was found that while there was agree- ment in the number of tentacles, for from the number of mesenteries it may be assumed that there were thirty-seven tentacles in the polyp examined, there is a remarkable difference in size, since the description gives the height to be 4 cm. while the figure, stated to be of natural size, shows it to be considerably over 3 cm. with a diameter in the distal portion of 1.5 cm. Either the size is a comparatively unim- portant factor in the distinction of species of Zoanthus or there has been a mistake in the labelling of the Turin specimens. The former view seems the more probable. As regards the value of the number of mesenteries as a basis for the classification of the Zoanthids, it may be said that from their mode of growth. it might readily be supposed that their number was inconstant, increasing with age. And this is no doubt true to a certain extent so far as egg-individuals are concerned. In polyps of Z. sociatus taken in different localities I have found, however, that the number of mesenteries is fairly constant, five individuals for instance pos- sessing respectively 46, 50, 52, 60 and 60 mesenteries: Duerden has found in seven polyps of one colony of his Z. flosmarinus from 50 to 60 tentacles and in four individuals from another colony 48 to 56; and Erdmann (1885) in 13 individuals of Z. danae Hert. found from 46 to 50 mesenteries. The mesenteries are continued with very slight diminution in numbers into the stolons, but since the buds arise from the surface of a stolon it might be expected that they would at first possess a much smaller number of mesenteries than the adult polyps, perhaps about half as many. The difference must, however, be quickly remedied, since in a bud of 7. soczatus measuring only 2 mm. in height I find 47 mesenteries, while in another 3.5 mm. long, the number is 36. It would seem, then, that there is a tendency for all the polyps of a species to acquire a somewhat definite number of mesenteries and tentacles, and if this be assumed as a basis for classification, Duchas- saing and Michelotti ’s Z. /losmarinus must be regarded as a good species, notwithstanding its marked similarity in other particulars to my Z. socîatus and the Z. Nlosmarinus of Duerden and myself. The last-named form is to be regarded as different from the present species, and I may say that I am convinced that it is identical with the form I described (1889) as Z. sociatus. Duerden too (1902) identifies his flosmarinus with my sociatus and with these two corrections we would have a clean slate were it not that Verrill (1900) has introduced some discrepant identifications. He recognizes the distinctness of Duchas- saing and Michelotti ’s losmarinus and identifies correctly Duerden ’s flosmarinus with my sociatus, but my /losmarinus he makes identical DEI et with a form for which he proposes the name 4. pr0/ews, which also includes Hertwig’s Z. danae (1888). As Duerden has pointed out, there is nothing in Verrill ’s definition of his new species which distinguishes it from already recognized forms, and unless its anatomical study should show features decidedly different from those of Z. sociîatus, I can see no reason for regarding it as distincet from that form. The division of the column into two regions which occurs in Hertwig’s Z. danae, Verrill finds also in his proteus, but it is not constant, and if it be disregarded as a distin- guishing figure, there can hardly be doubt that Hertwig ’s species, judging from Erdmann’s account (1885) of its anatomy, is also identical with my sociatus. So far as Lesueur’s description (1817) of his Z. socîatus goes, it answers perfectly for the form I identified with his species, but it is difficult to be certain that it is identical with Ellis’ Actinîa sociata (1767); Lesueur merely suggests that it may be the same. Ellis’ fi- gures show about 19 outer tentacles, and if this really represents the correct number, then the mesenteries are 38 and the species is pro- bably the same as Duchassaing and Michelotti’s Z. /losmarinus. But this is too uncertain a foundation upon which to build, and since, owing to its abundance on all the West Indian islands from which collections have been obtained in recent years, it is presumable that Lesueur ’s sociatus would be the form most likely to be observed by Ellis, and, furthermore, since the term has been applied to a reco- gnizable form it would merely tend to confusion and add nothing to the permanency of the nomenclature if we decline to begand the species of Ellis and Lesueur as identical. Finally it îs worthy of note that Duchassaing and Michelotti do not describe a Z. soczatus, a rather remarkable fact considering its abundance. Duchassaing (1850) did originally mention a sociatus as occurring in the Antilles, but in the later papers, in conjunetion with Michelotti, it is named Z. nobilis, being regarded as distinet from so- ciatus on account of the greater number and length of its tentacles. The latter point seems hardly of sufficient importance and the number of tentacles, sixty, is the same as that given by Lesueur. The figure of nobilis shows its general form to be very simular to sociatus and altogether it seems proper to believe that Duchassaing was correct in his original identification. The terms ZZisîi and socialis, also occuring in the literature are manifestly synonyms of sociatus, the synonymy of that species being then as follows: Zoanthus sociatus (Ellis) Lsr. Synon : Actinia sociata Ellis, 1767 — 16 — Zoantha Ellisii Bosc. 1802 Zoanthus sociatus Lesueur, 1817 Zoanthus socialis de Blainville, 1830 Zoanthus nobilis Duch. and Mich., 1860 Zoanthus danae (non Leconte) Hertwig 1882 Zoanthus flosmarinus (non Duch. and Mich.) McMurrich, 1889a. Zoanthus proteus, Verrill, 1900. Whether the mere difference in number of the mesenteries is suf- ficient to warrant the retention of Duchassaing and Michelotti ’s Z. flosmarinus as a species distinet from sociatus can only be determined by the study of abundant material of both species, but for the present it seems advisable to keep them distinct. Zoanthus Solanderi Lsr. One colony of this form, consisting of half a dozen polyps attached to a piece of stone, occured in the collection, and it had with it labels by both Duchassaing and De Filippi which read Zoanthus Solanderi, St. Thomas. Two of the polyps were quite separate from the other four and each was attached to the stone by a roundish plate of coenen- chyme:; the others arose in a bunch from the extremity of a short stolon-like stalk. At first sight these latter polyps presented an appearance like that of Isaurus Du- chassaingi, the surface of the column being covered by scattered tubercles about 1 mm. in diameter, but sections showed that the tubercles were really small ascidians adhering to the sur- face of the cuticle, which, apart from the incrustation, was smooth, as ‘in the solitary polyps. The polyps were long and almost cylindrical, enlarging slightly toward the distal extremity. One of the so- Fig. 4 litary polyps measured 4.5 cm. in height and had a diameter at the 5 D, ——_ | summit of 0.7 cm., while one of the grouped individuals measured 2.8 cm. in height with a summit diameter of 0.5-0.7 cm. In both cases the contraction was not quite complete, although the margin was turned in so as to conceal the tentacles. The sphineter was well developed, having the appearance shown in Fig. 3, and in this region of the column there is a number of sphe- rical cavities arranged in a single layer immediately below the ecto- derm. These cavities also occur lower down, as is shown in Fig. 4, wgich represents a portion of a transverse section of the column wall some distance below the level of the stomatodaeum, but they are much less numerous here and are arranged for the most part singly and at considerable intervals. They differ from lacunae, which are also present by being devoid of contents. The mesenteries were forty-nine in number and were very thin in the region below the stomatodaeum from which my sections were made, and although they were somewhat enlarged toward their insertion into the column wall, the basal canal was not always present. When it was recognizable it had the form of a narrow elongated cavity. In its general form, size and number of tentacles (mesenteries) the polyps agree sufficiently well with Lesueur’s So4ndri to warrant the belief that Duchassaing and Michelotti’s identification of it was cor- rect. Zoanthus Anduzii (Duch. Mich.) Two colonies of this form were found in the collection and were labelled Mammiltlifera Anduzii St. Thomas on both the Duchassaing and De Filippi labels. Both colonies consisted of several polyps arising from a flat membrane-like expansion of coenenchyme. Im one colony several of \\ the polyps were partly expanded and these measured 1. 7 cm. in height; some of the smaller contracted individuals, however, did not exceed 0.3 cm. in height, although the diameter of all was about 0.6-0.7 cm. In the second colony there were even shorter polyps; the largest DS measured 1.2 cm. in height and had a diameter of 0,5 - 0.6 cm. In form the polyps were almost eylindrical, resembling closely those figured by Duchassaing and Michelotti (1860. PI. VIII, Fig. 11). My preparations showing the sphincter have unfortunately become spoiled and I cannot give any details concerning its form, except to say that it resembled greatly that of Z. So/andri, whieh form Anduzii also resembles in the possession of a large number of scattered, more L'ga or less circular or occasionally elongated cavities in the mesogloea, close to the ectodermal surface (Fig. 5). The mesenteries possessed a well developed basal canal. In one of the smaller polyps from the second colony they were forty-eight in number, and in an individual from the first colony they numbered fifty-six; this latter polyp, however, presented the peculiaritty of pos- sessing a pair of micronemes on either side of the microdirectives, the arrangement of the remaining mesenteries being normal. It will probably be fairly accurate to say that the number of the mesente- ries is from forty-eight to fifty-two, numbers which agree with that, fifty, given by Duchassaing and Michelotti, Z. Anduzii has not been described from specimens since it was discovered by Duchassaing and Michelotti. Im its structural charac- teristics it resembles very closely Z. Solanderi, indeed its only marked differences from that species seem to be its more columnar form, the greater number of the sub-ectodermal cavities, and the fact that the polyps arise in groups from a membranous coenenchyme. Two of these peculiarities, however, seem to be of little value, since the polyps of the form which Duerden (1898) apparently correctly identifies as Z. Solan- deri, are very similar in shape to And4v<7% and further present the sub- ectodermal cavities in equal abundance. "The only marked difforence, then, between the two species is in the nature of the coenenchyme, and whether this can be regarded as of specific value can only be determined by further observation. Since it is a constant difference so far as our present information goes, it seems advisable to retain Anduzii as a distinct species, but I am inclined to believe that the study of more abundant material will demonstrate its identity with Solanderi. Zoanthus dubius Lsr. A colony of about ten polyps, labelled Zoanthus dubius by both Duchassaing and Michelotti, was seated upon a fragment of Mycedium. The polyps arose from a flat expansion of coenenchyme and were al- most cylindrical in shape, measuring from 0.5 up to l cm. in height, with a diameter a little below the summit of 0.6-07 cm. The column wall was rather thin, so that the polyps had a some- what translucent appearance. The two portions of the double sphincter (Fig. 6) were quite separate; the distal portion was relatively large, many of its cavities traversing almost the whole thickness of the me- sogloea, while the proximal portion was much narrower, but quite long, its cavities being comparatively small and continued a consi- derable distance down the column. Between the lower portion of the sphincter and the endodermal surface of the mesogloea there were a number of elongated cavities, which recall the encircling sinus de- s=s0i i: (asd scribed by Haddon (1891) in Parazoanthus. In transverse sections through the columu wall these lacunae are very distinct, forming a series of elongated oval spaces, separated from one another by di- stinet interwals, but extending comple- tely around the column. The mesenteries in one half of the co- lumn circumference, all I could count with certainty in my preparations, were twenty-three in number, and it may be assumed that the total number was so- mewhere in the neighborhood of fifty. They were very thin, the basal canal in sections below the level of the stomato- daeum appearing as elongated slits. There is nothing in Lesueur’s deseri- ption of this species to distinguish it de- finitely from soczatus, and the correctness of Duchassaing and Michelotti’s identifi- cation must remain uncertain, but ne- vertheless may well be accepted. Iden- tifications of the species have also been made by Miller (1884), Duerden (1898) and Verrill (1900). The absence of any structural data with regard to Verrill’s specimens, which came from the Bermu- das, makes it impossible to discuss the correctness of their identification. Muller found thirty-eight mesente- ries in one of his polyps, which measured 2.5 cm. in height and had a diameter of 0.7-0.9 cm., and he notes that the column mesogloea was of considerable thickness, reaching in parts 1 mm. He makes no men- tion of any spaces in the column mesogloea, which could hardly fail to attract attention if developed to the same extent as in Duchas- saing and Michelotti’s form, and he described the mesogloea of the me- senteries as being strong and traversed by lacunae of varsing size. Altogether his form seems to present little similarity to Duchassaing and Michelotti’s and resembles much more closely their Z. /l0s-ma- Pinus. Duerden gives Z. dubîus as a synonym for Z. solanderi, but in this I think he is mistaken, since, as I have shown above, solanderi presents verv different structural characters, notablv in the form ot the sphincters, in the occurrence of the sub-ectodermal cavities, in the form of the coenenchyme, and, it may be added, in the thickness of the column mesogloea, which does not show the transiucency of that ° Cass Ò È o (o) D) ( o () lo) LC) d l) l) q de ti) ho 9, Di Ù Li aes of dubius. Induzii differs from dubius in the same respects, except as regards the nature of the coenenchyme. Z. nymphaeus (Lsr.). Two colonies of this form occurred, tho accompanying label of Du- chassaing reading Mam,n/llifera nymnphaea var. St. Thomas, while that of De Filippi read Mamumilifera nymphea (sic) Duch. The polyps arise from a plate of coenenchyme and were closely set. They measured 0.4 — 0.7 cm. in height and had a diameter of 0.3 — 0.5 cm. The sphineter has the form which I have already described in the form which I identified with this species (1896). The mesenteries were sixty-eight in number. I have no doubt as to the identity of my nymphaeus with that of Duchassaing and Michelotti, but there are not sufficient data for de- termining with certainty whether or not the latter is identical with Lesueur’s nynphaea. Indeed Lesueur's distinetion of his auricwla and nymphaea seems to rest entirely on colouration, since, as Verrill (1900) has pointed out, the mesenteries are shown in Lesueur’s figure to be sixty-one, or more probably sixty-two as one of the microdi- rectives is unrepresented in the figure. Consequently the number of tentacles was probably sixty-two instead of from twenty-six to thirty as Lesueur states. Colouration is recognized to be a very uncertain guide for distinguishing Zoanthids, and there seems to be reason for the supposition that nymphaea and auricula may be identical, in which case the latter name would be the proper appellation for the species. The identity may, however, be left open for the present. Duerden’s pulchellus certainly seems to be distinct. Finally there were at Turin two colonies of a form which was ac- companied by labels, both by Duchassaing and De Filippi, reading Zoan- ihus tuberculatus. They were certainly not the Z. tubercutatus described by Duchassaing and Michelotti, but resembled in general appearance Z. nymphaeus. Their state of preservation, however, prevented any examination of them and their identity with that form must remain uncertain. There has apparently been a confusion of labels. so far the results of my studies of the Turin specimens, but before concluding this paper I wish to make some remarks upon some forms described from the West Indies by Griffith Hughes and Hill. Hughes in 1743 described from Barbadaoes a form which was later redescribed bv Ellis and Solander (1786) as Actinia calendula, and it has been included in the lists of Actinians given by Gmelin, Lamouroux, de Biainville and Andres, the last bestowing upon it the generic term EN ata Petalactis, while de Blainville assigns it to his genus Actinocereus. Hughes description, which with a figure he repeats in his Natural Hystory of the Barbadoes (1750, p. 293, PI. XXIV, Fig. 1), is naturally very imperfect, the gist of it being as follows. At the north end of the island of Barbadoes there is a cave, the floor of which is a basin of salt water about three feet in depth. From a stone in this water there appeared at all seasons of the year yellow flowers with thick-set distinct petals. On the approach of any object to within two or three inches, the flowers at once disappear into the stone, but reappear in a few minutes if left undisturbed. On the top of the stone he also found some blue flowers resembling the yellow one. In a foot-note, referring to the yellow form, he says that it greatly resembles the flower of the marigold and that he thinks it is an urtica marina like that described by Gesner. In this account one of the most striking features of which mention is made is the rapid response to the approach of any object, a pheno- menon never shown, to my knowledge, by any Actinian. On the other hand it is very characteristic of the gorgeous sedentary annelids which occur in blocks of coral in the West Indies; these instantly retract their branchial corona when a shadow is thrown upon them. The entire description and the figure (*) given by Hughes answer much more perfectly to a description of the Serpulid Pomatostegos than to that of an Actinian, as will be evident to anyone who has observed the annelids. Personally I am quite convinced that Actinia calendula is one of these Annelids and should therefore be obliterated from the list of Actinian species. I believe, furthermore, that the two forms described by Hill (1752) s Actinia tentaculis versicoloribus and Actinia corpore ventricoso, are also annelids. "The description of the former certainly suggests either a serpulid or a sabellid rather than an Actinian, and, while his account of the latter is not so convincing, it seems probable that it too is an annelid. After the disparaging remarks in which Hill indulged regarding Hughes’ abilities to properly characterize forms belonging to the group Actinia, his own confusion of Annelids and Actinians seems almost a case of just retribution. (#) It is to be noted that the figure given by Ellis and Solander (PI. I, Fig. 8) and copied by Bruguière represents only a portion of that of Hughes and does not convey quite the same idea as the original. REFERENCES. 1883. A. AnkDES. Le Attinie. Fauna u. Flora d. Golfes von Neapel. Monogr. IX 1830. H. M. pk BLAINVILLE. Zoophytes. Dict. Sciences Nat. 1802. L. Bosc. Histoire naturelle des Vers. Paris. 1899. O. CARLGREN. Zoantharien. Hamburger Magalhaenische Sammlung. Hamburg. 1900. — Ost-Afrikanische Actinien. Mitth. a. d. Naturhist Mus. Hamburg. 1900a. — Zur Kenntnis der Stichodactylinen Actinien. Ofver. k. Vet.-Akad. Forhandl. Stockholm. 1846. J. D. DANA. Zoophytes. U. S. Expl. Exp. 1850. P. DUCHASSAING. Animaua radiaires des Antilles. Paris. 1860: P. DucHassaItnG et J. MicHELOTTI. Mémoiîre sur les Coralliaires .les Antilles. Mem. Reale Accad. Torino, Ser. 2, XIX. 1864. — — Supplement au Memoire sur les Coralliaires des Antilles. Mem. Reale Accad. Torino, Ser. 2, XXIII. 1899. J. E. 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EnRIco Festa, durante i mesi di giugno-settembre del 1895, esplorò a scopo scientifico lIstmo di Panama trattenendosi a lungo nel Darien, e quì visitò specialmente la regione circostante al Golfo di San Miguel sul versante del Pacifico. In detto Golfo sboccano fra gli altri il Rio Cianati e il Rio Sabana che riceve a monte le acque del Rio Lara: le vallate di questi fiumi sono ricoperte da foreste nelle quali il Dr. Festa raccolse una buona quantità di Oligocheti, come pure a Punta de Sabana, località posta a destra della foce del Rio de Sabana. Si noti che i fiumi che sboccano nel Golfo di San Miguel sono risaliti per lungo tratto dal flutto di marea, siechè le loro acque, anche a una certa distanza dalla foce, sono sal- mastre. Altri Oligocheti vennero còlti nei pressi di Colon, di Panama, e di Ciman; quest'ultima località si trova circa a due terzi del tratto di costa pacifica che va da Panama al Golfo di San Miguel, a sinistra della Foce del Rio Ciman. La collezione Festa è conservata in alcool. Essa è ricca di 17 specie: quattro solamente note prima d’ora; delle altre 13 undicî sono nuove per la scienza, e di queste tre costituiscono i tipi di altrettanti nuovi generi. Per due specie la scarsità e lo stato infelice di conservazione degli esemplari studiati mi concessero soltanto di riconoscere il genere cui appartengono. Delle specie nuove riferisco in questo lavoro le diagnosi preliminari; le principali caratteristiche distintive dei nuovi generi sono segnate in negretto, Le descrizioni per disteso e le figure relative troveranno posto in una monografia sugli Oligocheti della regione neotropicale di prossima pubblicazione e già altre volte annunciata. Fam. MEGASCOLECIDAE Subfam. Acanthodrilinae, Notiodrilus divergens n. sp. Colore bruno, violaceo sul dorso. Prostomio ‘/,. Setole geminate stret- tamente aa = be; da = circa */, circonferenza. Setole ventrali del 17° e 19° copulatrici. Clitello a cingolo 13-20. Primo poro dorsale %/,. A per- ture & al 18°, in direzione dei fascî ventrali. Due paia di aperture pro- statiche accanto ai fascì ventrali del 17° e 19°, esternamente ad essi, congiunte su ciascun lato da una striscia oscura. Tre paia di aperture delle spermateche agl’intersegmenti %/,, "/s, 5/» in direzione dei fascî ventrali. Nefridiopori in direzione dei fascî ventrali. — Primo setto visibile ‘/,, setti */,-4*/,, lievemente ispessiti. Ventriglio rudimentale al 6° segmento. Ghiandole calcifere al 14° e 15° segmento. Intestino p. d. originato al 18°, privo di typhlosolis. Cuori ai segmenti 6-12. Testes e padiglioni liberi ai segmenti 10 e 11. Vescicole seminali piccole, ton- deggianti, al 12°. Brevi prostate tubolari, dritte, ai segmenti 17 e 19. Spermateche piccole, sacciformi, prive di diverticoli. — Lungh. circa 25 mm.; diam. mm. 1,5; segmenti 100 circa. Loc.: Punta de Sabana. Subfam. Megascolecinae. Pheretima biserialis (E. Perrier). Loc.: Panama. Pheretima californica Kinb. Loc.: Colon. Subfam. Trigastrinae. Dichogaster bolaui (Michlsn.). var. octonephra (Rosa). Loc.: Punta de Sabana. Dichogaster sporadonephra n. sp. Colore grigio-giallognolo. Prostomio ‘/,. Setole strettamente geminate: aa = be; dA = circa >| circonferenza. Primo poro dorsale !'/,,. Clitello 13-20, a cingolo. Area quadrangolare estesa sulla faccia ventrale dei segmenti 17-19, bianchiccia, tumida: in quella due solchi longitudinali collegano fra loro le aperture prostatiche e le aperture maschili di ciascun lato. Le prime sono poste accanto ai fascì ventrali del 17° e del 19°, le maschili sono al 18° nella stessa direzione. Setole peniali munite di scarsa ornatura e di 2 o 3 rughe ravvicinate poco lungi dall’apice libero. Aperture delle spermateche ?/; e 8/,, — Setti 1° ,,-1°/13 ispessiti. Ventrigli al 6° e 7° segmento. Ghiandole calcifere ai segm. 15, 16, 17. Nefridî piccoli, cinque paia per segmento, disposti disordi- natamente, o al più in serie parallele ondulate. Due paia di prostate al 17° e 19°, tubulari, ripiegate a zig-zag. Spermateche munite di di- verticolo pluriloculare quasi sessile, e di ampolla ovoide o reniforme. — Lungh. circa 35 mm.; diam. circa 3 mm.; segmenti circa 100. Loc.: Punta de Sabana; Foreste del Rio Lara; Foreste del Rio Cianati. Dichogaster sp. Di questo Oligochete e del seguente riferirò, nella monografia accen- nata sopra, le descrizioni più che mi fu possibile complete. Loe.: Punta de Sabana. Dichogaster sp. Loc.: Panama. Subfam. Ocnerodrilinae. Ocnerodrilus (Ilyogenia) sabanae n. sp. Colore perlaceo. Prostomio '/,. Setole geminate: «a = circa */, de; dd poco < */; circonferenza. Setole ventrali superiori (0) del 17° assenti. Clitello 14-20, a sella. Aperture maschili presso al margine posteriore del 17° in direzione delle setole ventrali superiori (0). Aperture pro- statiche al 17° davanti alle maschili, al centro di due papille coniche. Aperture delle spermateche all’intersegmento 8/,, circa a metà dell’in- tervallo laterale (bc). — Sepimenti tutti sottili. Ghiandole septali pro- tratte fino all’8° segmento. Ventriglio assente. Ghiandole calcifere al 9°. Cuori al 10° e 11°. Testes e padiglioni ai segmenti 10° e 11°; vescicole seminali al 9° e al 12°. Prostate tubulari estese dal 17° al 22° segmento. Atrî assenti. Spermateche ovali-sacciformi al 9°. — Lungh. 15 mm.; diam. 0,8; segmenti 65-70. Fam. GLOSSOSCOLECIDAE Subfam. Glossoscolecinae. Periscolex mirus n. gen. n. sp. Anteriormente grigio-violaceo, altrove cenerognolo. Prostomio picco- lissimo, retratto. Setole non in serie longitudinali, in numero grande (20-40) per segmento. Clitello a cingolo 14-22. Aperture maschili all’intersegmento ?°/,,. Nefridiopori sulle lihee laterali. Aperture delle spermateche °/, in direzione dei nefridiopori. — Primo setto ‘%,,, ru- dimentale; tutti gli altri sottilissimi. Ventriglio muscoloso anterior- mente al primo setto. Un paio di ghiandole calcifere pure anteriormente a quel setto. Cuori riferibili al 10° e 11°, racchiusi nelle capsule se- minali periesofagee. Queste sono disposte ventralmente davanti e dietro al setto rudimentale ‘°/,,. Un paio di piccole vescicole seminali pende all’avanti dalla parete anteriore delle capsule seminali dell’11°, un se- condo paio di vescicole seminali pende all’indietro della parete poste- riore di quelle medesime capsule allargandosi nei segmenti 12°, 14° e 15°. Spermateche piccole sacciformi. — Lungh. 32 mm.; diam. massimo mm. 2,9; segmenti 200. Loc.: Foreste del Rio Cianati. Hesperoscolex brachycystis n. sp. Colore giallo-cenerognolo. Prostomio piccolo e breve. Setole ampia- mente geminate, disposte ovunque in serie parallele (4a =bdc poco < 2ab; ab poco < cd; dd be; dd quasi = ‘|, circonferenza. Al clitello setole ven- trali copulatrici. Nefridiopori in direzione delle setole dorsali. Clitello a sella, sui segmenti 14— !/, 27. Tubercula pubertatis 20-27. Aperture delle spermateche all’estremo margine posteriore dei segmenti 6°, 7°, 8°, in direzione delle setole dorsali. — Sepimenti °l;-°/1o fortemente ispessiti e imbutiformi. Otto paia di ghiandole di Morren ai segmenti 7-14, originate ventralmente dall’esofago. Cuori intestinali al 10%.. 119; 12°. Capsule seminali periesofagee al 10° e all’11°. Vescicole seminali all’11° e 12°, quelle dell’11° di mole minore e racchiuse nelle capsule seminali. Spermateche comprese nello spessore della parete del corpo, in forma di tubulo serpeggiante, con fondo cieco dilatato. — Lungh, non inferiore a mm. 135; diam. circa 10 mm.; segmenti ? Loc.: Foreste del Rio Cianati. Glossodrilus parvus n. gen. n. Sp. Colore bruno-giallognolo. Prostomio piccolo. Setole distanti, quasi ovunque in serie longitudinali parallele; sotto al elitello le ventrali da 6 - inferiori sono disordinate. Alla regione anteriore: da = ‘|, ad; dd circa = ‘/j circonferenza. A metà del corpo: aa > 4 ab. Alla regione caudale: aa =3 ab; da circa = 4'/, circonferenza. Setole ventrali infe- riori del 14° e 15° copulatrici. Aperture maschili al 17° segmento dietro alle setole ventrali superiori (0). Un’apertura femminile impari mediana al 14° segmento. Clitello 15-22, a sella. Aperture delle sper- mateche °/,, in direzione delle setole ventrali superiori (0). — Sepi- menti %/.-"/,, robusti. Un paio di ghiandole calcifere estese nei seg- menti 11° e 12". Ultimi cuori all’11°. Capsule seminali (? una sola im- pari) all’11° segmento. Vescicole seminali tubulari estese fino nel 14° segmento. Spermateche al 10°, tondeggianti, munite di canale. Lungh. circa 20 mm.; diam. 1,5-2 mm.; segmenti 120-130. Loc.: Ciman. i Glossoscolex Smithi (1) n. sp. Colore cenerognolo. Prostomio piccolo. Setole strettamente geminate, tutte laterali: «a = 5 de; da poco < dd. Clitello a cingolo.15-22, A per- ture maschili ‘/,, in direzione dei fascî ventrali, con atrì ghiandolari tumidi. Aperture delle spermateche 8/,, in direzione dei fascîì ventrali. — Sepimenti 6/,-°/,,) ispessiti. Un paio di ghiandole calcifere (? ai seg- menti 11° e 12°). Capsula seminale impari all’11”’. Vescicole seminali piccole, tondeggianti, al 12°, Spermateche ovali appiattite, provviste di canale. — Lungh. 30 mm.; diam. 1 mm.; segmenti 125. Loc.: Punta de Sabana. Glcssoscolex nemoralis n. sp. Colore gialliccio. Prostomio piccolo. Setole geminate: 44 = dd poco <5 de. Clitello a sella 15-22 (23). Aperture maschili '8/,9, munite di atrî, in direzione dei fascî ventrali. Aperture delle spermateche all’ inter- segmento */, nella stessa direzione dei fascîì dorsali. — Sepimenti 5/,-4°/,, lievemente ispessiti. Un paio di ghiandole calcifere nei segmenti 11’ e 12°. Ultimi cuori all’11°. Capsula seminale impari mediana all’11°. Vescicole seminali protese dal 12° al 18° segmento. Spermateche ton- deggianti munite di canale. — Lungh. 30-40 mm.; diam. mm. 1-1,8; segmenti circa 130. Loc.: Foreste del Rio Cianati. Glossoscolex erassieauda n. sp. (P= GI. hondaensis (Michlsn.). Colore grigio-giallognolo. Prostomio cupuliforme. Setole distanti; alla (1) Dedico questa speeie al distinto dritologo americano prof. FRANK-SMITH dell’/(linois State Laboratory of Natural History. i regione an eriore: 4a poco <3bc; da > '| circonferenza; a metà del corpo: aa >3be; da=*|3 circonferenza; alla regione caudale : aa=*/, de; dd poco < '|; circonferenza. Clitello a cingolo (*/, 15) 16-23. Tubercula pubertatis ‘/, 17-'/, 20. Aperture maschili ‘'/,g in direzione delle setole ventrali superiori (9). Aperture delle spermateche */, e °|,, in direzione delle setole dorsali inferiori (c). — Sepimenti ‘/,-‘°/,, molto ispessiti. Un paio di ghiandole calcifere nei segmenti 11° e 12°. Ultimi cuori all’11°. Capsula seminale impari mediana all’11°. Vescicole seminali trilobe: un lobo di ogni vescicola si protrae dal 12° al 25° (...85 ) segmento. Spermateche ovoidali munite di canale. — Lungh. 40-50 mm.; diam. circa 3 mm.; segmenti circa 190. Loc.: Punta de Sabana. 2067 - Tip. Pietro Gerbone, Via Gandenzio Ferrari, 3, Torino. i PI) n È 92. (n° : È — )_@ È Fa) È à LI } Li gonna Mart î . (ORO \ ja { f { - | IR, r' î * ge Dai ; > Pr } 13 114 SG00 sat i N Hot ri ch Livi: h Di DA St 2° pr ò }: La to (RT: ' , ; 0 x i i {LIV tTERRE ealu Td e sd dhe n È » = | il Ù > \ I n dor è. : i ea, e BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino = N. 496 pubblicato il 5 Giugno 1905 Vor. XX On a Pseudoscorpion from Congo By Epv. EtLLINGSEN, Kragerò (Norway). The animal, described below and belonging to the zoological Museum of the University of Modena, has been taken in Congo and is the first Pseudoscorpion recorded from that country, but no new species. It has been described from Itoki in Camerun by Alb. Tullgren in 1901. To Tullgren’s excellent description and figure I have not much to add, yet, for the sake of control I give a full description of the only spe- cimen 1 have had before me. It was labelled: « Yumbi sul fiume Congo, alto Congo ». There are not many species of Pseudoscorpions indicated from tropical Africa; they are easily enumerated: Subgenus: Afemnus. Chelifer equester With. Kilimanjaro. » Letourneuxi Simon. Somali. » pallidus Balzan. Sierra Leone. » Sjostedti Tullgren. Camerun. Subgenus: Lamprochernes. Chelifer armatus TOmosvary. Ashanti. » camerunensis Tullgren. Camerun. » nodulimanus TOmosvaàry. Ashanti. » octentoctus Balzan. Africa australis. Subgenus Chedifer s. s. Chelifer madagascarensis Ellingsen. Madagascar. >» sculpturatus Lewis, Natal. » Simoni Balzan. Sierra Leone, Camerun. -» © tenuimanus Balzan. Nossi-bé. ‘ i LO Garypus senegalensis ‘Balzan. Senegal. Chthonius (s. s.) sinuatus Tullgren. Camerun. This enumeration. will show, that the fauna of the Pseudoscorpions of tropical Africa is rather little known, and that it should be of great interest, if future scientific travellers in this continent would collect these small and interesting animals, till now very much over- looked. Chelifer Sjostedti Tullgren. 1901. Chelifer (Atemnus) Sjòstedti Tullgren, Entom. tidsk. Stockholm. XXII, POSTA No eyes, but distincet ocular spots. Body robust, elongate-oblong. Cephalothorax, palps, tergites and sternites blackish brown, legs light reddish brown, the interstitial parts light greyish brown. Jephalothorax: the posterior half almost parallelsided, the anterior half gradually and roundly attenuated:forwards, the front margin roundly truncated. Cephalothorax somewhat longer than wide, smooth and glossy, no transverse grooves. Hairs simple. Abdomen: tergites, especially the posterior ones, very mir dt shagreened. This shagreening, also mentioned later for some other parts of the animal, consists in very fine stripes, limiting small irregular polygons, but the planes within are not elevated, the tergites thus appearing smooth and glossy; the four anterior tergites and the two last ones are entire, the fifth with a beginning division behind, 6-9 di- stinctly divided by a fine longitudinal line. Along the hinder margins of the tergites there have been a row of hairs placed upon small light tubercles (most of the hairs are lost), there also is or has been one hair on the outer margin of each sclerite, but none at the margin of the longitudinal line. 'he few hairs, which are left, are simple, some- times a little uneven at the point. On the posterior somites there are no hairs left. The sternites are minutely shagreened, like the ter- gites, smooth and glossy; of the 8 sternites (the genital one excepted) the first and the two last ones are entire, the rest divided longitu- dinally. The hair as on the upper surface. Palps about as long as the body, robust, minutely shagreened on all the articles, even on the fingers for the most part, yet, on the under surface and on the inner surface minutely granulated, some- what glossy; the hairs of the palps rather long, pointed, on tbe fingers no longer ones, perhaps lost. Trochanter stalked, about as long as broad, the inner side strongly convex, behind there are two very strong, conical protuberances, placed one on the upper and one on the lower edge. Femur stalked, about as long as cephalothorax, about 3 times as long as broad, almost equal in width throughout, the inner side in the larger part very slightly convex or almost straight, yet, towards the extremity with a distinet, but short sinuation, the outer side somewhat roundly thickened from the base, the outer margin slightly convex, the height about equal to the width, the upper sur- face somewhat convex, the under surface rather flattened. Tibia with a short stalk, about as long as and a little broader than femur, the outer side strongly and regularly convex, the inner side swollenly convex in the hinder part and therefore a little sinuated and atten- uated towards the extremity. Hand a little longer and broader than tibia, stalked, from somewhat oblique base slightly convex on the outer side, a little more convex on the inner side, quite gradually running into the fingers. Fingers robust, a little curved, very short, only a little more than ‘/, of the length of the hand. Mandibles: both the galeas are lost. The hairs of the legs thick, pointed. The femora of the two posterior pairs of legs rather broad. The claws simple. Length: 5 mm.; width: 2 mm. Upper congo: Yumbi 1 specimen & (collected by Giuseppe Forna- «ciari). i Dna ile unici —__—_———u men - rca - - cromia LI DI SSERT +0 el III é 730) + Fi ì ( j | 4 5 ; 1 e T) de UR > C du 4 ‘è BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 497 pubblicato il 6 Giugno 1905 vol b:®.4 Viaggio del Dr. Enrico Festa nell’Ecuador e regioni vicine. XXIX Pseudoscorpiones. By Epv. ELLINGsEN, Kragerò (Norway.). Among the Pseudoscorpions collected by Dr. Festa in Ecuador, two species are new to this country, Chelifer macrochelatus TOmosvary having been recorded before from Ecuador and described in my trea- tise « Sur la faune de Pseudoscorpions de l’Equateur » in « Mém. de Soc. Zool. de France », t. XV 1902, pag. 152. Of the two other species I am giving below a description of Chelifer Germainii Balzan; a de- scription of Chelifer argentinus Thorell will be given in a later pub- lication on some other collections of South American Pseudoscorpions, also belonging to the Museo zoologico of the University of Torino, whose authorities have shown me the confidence to let me study its collections of Pseudoscorpions, for which confidence I grant my thanks. Chelifer macrechelatus Tomoòsvary. Gualaquiza 9 specimens & and gs; Valle del Mira, near La Concepcion 1 specimen g; Rio Peripa 3 specimens 9g. Chelifer argentimus Thorell. Gualaquiza 1 specimen 9. Chelifer Germainii Balzan. Subgenus CWhelifer s. s. 1890. Chelifer Germainii Balzan, Revis. d. Pseudoscorp , Ann. Mus. Civ. Stor. Nat. Genova, vol. 29, pag. 424. Two eyes. Body broadish oval. Cephalothorax before the posterior transverse groove, palps, ter- gites and sternites dark brown, sometimes next to blackish brown, the first tergite, however, being very pale, the fingers of the palps somewhat reddish, cephalothorax between the posterior transverse groove and the hinder margin whitish with a dark brown spot in the middle, the legs and the interstitial parts of abdomen greyish white. ? Cephalothorax a little longer than broad, strongly narrowing for- wards, rounded in front, strongly and regularly granulated, opaque; two distinct transverse grooves, the anterior one about midway, slightly convex in the middle, the posterior groove a little nearer to the hinder margin than to the first groove, straight or slightly convex. Hairs: on all specimens almost all the hairs were lost, as well on the cephalothorax as on the abdomen and the palps; the few hairs left on the upper surface of the abdomen were clavate, on the ster- nites simple and pvinted; on trochanter, femur and tibia of the palps the hairs are, when present, short, distinctly clavate, on the hand thick, partly dentated, on the fingers simple and pointed, some very long ones intermixed. On the legs the hairs are short and thickened. Abdomen: tergites strongly granulated, almost opaque, all except the last one divided longitudinally by a very broad longitudinal line or rather band, the contrast of the colour of the dark sclerites and the whitish and broad interstitial parts being very striking. The under side of the abdomen very glossy, the longitudinal division as on the upper side. Palps hardly as long as the body, coxa and fingers smooth and very glossy the rest distinctly granulated and opaque or somewhat glossy, the hand being most glossy. Trochanter stalked, about as long as broad, the inner side convex, on the outer side a rounded tu- bercle, on the upper side a rounded protuberance. Femur stalked, about 3 times as long as broad, a little shorter than cephalothorax, the inner side in the proximal part very slightly convex, in the distal part very slightly concave, behind suddenly enlarged at the base, the outer margin nearly straight or slightly convex, a little rounded to- wards the extremity. Tibia distinctly stalked, very little shorter than and a little broader than femur, the outer side convex, most strongly so towards the extremity, the inner side rather strongly convex near the base. Hand a little longer than and about 1/!/, as broad as tibia, from oblique and somewhat truncated base on the outer side very slightly convex, on the inner side more strongly so, almost gradually running into the fingers. These are rather strongly curved, very little shorter than the hand. RARE Mandibles: galea straight, in 9 long with some small teeth near the extremity, in 0° shorter and without teeth. Legs: claws simple. Length: up to 2 #/, mm., full grown specimens can, however, be -‘considerably smaller. Valle del Mira, near La Concepcion 9 specimens. The only difference of any weight between Balzan’s description and figure on one side and the specimens from Ecuador on the other is the colour and the longitudinal line on the upper and lower surface of the abdomen. According to Balzan the colour should be reddish, the specimens from Ecuador are dark brown till nearly blackish brown, but the specimens from Ecuador are also larger and most likely more developed, having got to a higher degree their final colour, than Bal- zan’s few (3) specimens. More to be considered is, that the longitudinal line on abdomen, according to Balzan, shall be « sottilissimo e, spesso, quasi invisibile »; on the specimens from Ecuador this line is Very broad, rather ribbonlike, but this difference may depend on Balzan’s specimens having been very strongly contracted, what is often the case with Chernes and Chelifer. Owing to the dark colour of the sclerites and the pale interstitial parts as well longitudinally as tran- sversally, several of the specimens from Ecuador are very beautifully coloured. In the shape of the palps and the galea the specimens from Ecuador are quite alike the Brazilian specimens of Balzan’s; indeed, I have no doubt, that my specimens from Ecuador belong to his species, being at most a variety coloured in some other manner. Peculiarly ‘enough, most of the specimens had lost almost all the hairs. The same arrangement of the colours on the cephalothorax behind . the posterior transverse groove (and the broad longitudinal band on the abdomen), this part being whitish with a small brown spot in the middle, is also found, according to Balzan, in some south Ame- rican species of the subgenus Chernes crassimanus, subrotundatus and bicolor, but all of these are missing eyes. Balzan’s not having observed this arrangement of the colours in his specimens of Ch. Ger- mainii may depend on the colour of the animals having been so pale, ‘that the contrast of the colours has not been sufficiently striking, or that the specimens from Ecuador are really a coloured variety. Got». là dti Di oa ASBI 8H% Me Artti n an dare ti VE Là RE ASI, NI i TE RAP give pen, viari soggetto: Arto n nh Araneae 108 dara Mido diet n ae ori vglri frteriori ato obbsng panrih L'Aria & "aio Pe pan isa oe Dod ae APagiana VED Hita aber mato vedi pia: RIE, N i fe UTRA si SORA sos da A dr na Lit 34) W'ITITIA KI iS Tit Lato dE Sa nani ditta ea La, 137 asfi bari ast tex Kato ufo” Li vue “a Sogno } : 16 sata MP RBRERE aiar at tofu) ra ce Rio e Usata nibleu? 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Pi 4 Pd » n° > ME - d ile BOLT.EPRAO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino ==" = —————_ N. 498 pubblicato il 12 Giugno 1905 inponi XX GiorxGIiNA PANGELLA Passalidi di Costa Fica. Il prof. Paolo Biolley, residente a San Josè di Costa Rica, inviò cor- tesemente in dono al Museo Zoologico di Torino, una collezione di Passalidi di Costa Rica. Il prof. Camerano, del Museo Zoologico, me ne affidò lo studio. Sino ad ora le specie di Costa Rica descritte da Walter Bates nella «Biologia Centrale Americana » (1886-1890) erano in numero di sei; quelle descritte dal Kuwert nella sua « Die Passaliden Dichotomisch Bearbeitet » (Novitates Zoologicae 1896-1898) in numero di 11. Il prof. Biolley nel Catalogo dei Passalidi di Costa Rica compilato nel « Bu- letin del Instituto Fisico-Geografico de Costa Rica » ne cita 21 specie, che rappresentano il terzo delle 67 specie riscontrate nell'America Centrale al momento della pubblicazione di questa famiglia nella Bio- logia. Lo studio della collezione sopradetta viene ad accrescere il numero di queste specie sino a 33: 3 nuove per la scienza, una va- rietà, già descritta dalla dott. O. Rosmini (Bollett. dei Musei di Zool. ed Anat. Comp., N. 428, pag. 7) e 15 nuove per Costa Rica. La classificazione seguita è quella del Kuwert, secondo l’ordine te- nuto nella sua « Die Passaliden Dichotomisch Bearbeitet » I. c. Le altezze delle località da cui proviene il materiale oscillano tra i 200 e i 1700 metri circa. Alla collezione sono uniti due esemplari, provenienti dall’isola di Coco (Oceano Pacifico) che il prof. Biolley esplorò nel gennaio 1902. PASSALINAE. Rimor sargi, Kaup. — Kuwert, pag. 187, vol. IV, 1897, 1. c.; Kaup. Mono- graphie der Passaliden, pag. 119 pu Entomologische Zeitschrift, vol. IV, 1871). = ga Alajuela 900 m., luglio 1902, 2 es. Diîstribuz.: Messico. Odontotaenius striatopunetatus, Perch. — Kuwert, pag. 289, id. Passalus stréa- topuncilatus; Perch., Burmeister Handbuch der Entomologie, vol. V, p. 510, Kaup, Monogr., pag. 106, l. c. Cariblanco, chemin du Sarapiqui, bassin du San Juan, dicembre 1903, les. Distribuz.: Messico. Odontotaenius brevioripennis, Kuw. — Kuwert, pag. 290. Reventazon, plainesde S.ta Clara, dicembre 1904, 3 es. Distribuz.: Messico (Nuova per Costa Rica). Petrejoides tenuis, Kuw. — Kuwert, pag. 290, id. Vulcan de Barba à 1500 m., maggio 1902, 1 es. Distribuz.: Costa Rica. Petrejoides decipiens, Kuw. — Kuwert, pag. 291, id. San Josè, 1660. m., agosto 1902. 1 es. Distribuz.: Costa Rica. La fronte presenta nel mezzo, proprio sotto la punta del corno .del capo, un punto caratteristico, infossato e lucente. Negli altri caratteri vi corrisponde esattamente. POPILIINAE. Popilius varius, Kuw. — Kuwert, pag. 298, vol. IV, 1897, lc. Los Frailes à 1350, m., aprile 1902, 1.es. Distribuz.: Fiume delle Amazzoni (Nuova per. Costa Rica). La differenza di lunghezza fra l'esemplare descritto dal Kuwert, 27 .mm., e quello di Los Frailes, 31 mm., essendo abbastanza accentuata, sono in dubbio di ascriverla o no a tale specie, essendo le dimensioni del corpo un carattere abbastanza importante per la classificazione: Popilius Jenzi, Kuw. — Kuwert, pag. 300, id. Isola del Coco, gennaio 1902, 2 es. Distribuz.: Isola del Coco. RHODOCANTHOPINAE, Rhodocanthopus nanus, Kuw. — Kuwert, pag. 139, vol. V, 104, li ci Cariblanco, chemin du Sarapiqui, bassin du St. Juan, à 800 m., idi- cembre 1903, 1 es. Distribuz.: Columbia, Caucathal (Nuova per Costa Rica). Sulla piastra metasternale in mezzo alle coscie delle zampe poste- riori ho notato un punto infossato e lucente, ai lati del quale si elevano alquanti. punti descriventi un semicerchio. Le tibie, delle zampe poste- riori presentano solamente due spinette. tà RnS go Rhodocanthopns perparvulus, Kuw. — Kuwert, pag. 189, id. San Carlos, bassin du St. Juan à 130 m., agosto 1903, 1 es. ‘Distribuz.: S. Salvador (Nuova per Costa Rica). Noto che la punteggiatura ai lati del protorace, che è molto ricca e numerosa, si estende anche alquanto sul disco, avvicinandosi quasi al soleo mediano; anzi ho notato qualche piccolo punto sullo stesso solco mediano. | Rhodocanthopus Biolleyi, n. sp. Il clipeo è diritto, appena è accennata nel mezzo una leggera inca- vatura: nell'angolo frontale non vi sono punti, nè vi è una verruca. T,a fronte è fortemente lucente con numerose rugosità che si estendono anche sul clipeo, dove si ha pure qualche punto. Le carene frontali si staccano dal corno del capo ad angolo retto e poi divergono dol- cemente ad angolo ottuso e terminano sulla salita del clipeo, unendosi ai denti laterali di esso, a forma di nodi ingrossati e depressi all’apice. Nelle carene frontali, a metà distanza tra la punta del corno del capo e i denti laterali del clipeo, vi sono due nodi, non molto sviluppati, schiacciati superiormente ed opachi, più distinti sulla carena destra che sulla sinistra. Il corno del capo è tozzo, leggermente concavo, con un leggero solco mediano, più visibile alla base di esso, e termina con una punta non libera arrotondata ed opaca. I nodi laterali sono piut- tosto sviluppati, e alquanto punteggiati alla loro base ; corno del capo e nodi laterali sono fortemente lucenti. Le superfici del capo sono ricche di rugosità pure lucenti. La parete esterna dell’occhio presenta nella parte mediana una piccola protuberanza sotto forma di dente arrotondato. I tre ultimi articoli delle antenne in vicinanza della clava sono nella parte superiore finemente e riccamente punteggiati. Il dente anteriore delle mandibole è costituito da tre ottusi dentini, tutti ugualmente separati tra loro. Il labbro inferiore è convesso, alquanto sporgente nel mezzo con una leggera incavatura. Il prototorace è fortemente convesso e lucente con un profondo solco mediano. Gli angoli anteriori di esso sono arrotondati, i solchi dei margini anteriori e laterali sono punteggiati da punti piuttosto grossi; i seni sono sviluppatì e profondi con punteggiature. Le cicatrici ai lati del prototorace sono piccolissime, ai lati di esse alquanti punti che si dirigono verso gli angoli e verso i seni. Sul disco ai lati del solco mediano; e nella metà rispettiva della lunghezza del prototorace, due punti infossati e lucenti. Lo scudetto è perfettamente liscio e lucente. La piastra mesosternale lucente ha ai lati le cicatrici a virgola convenientemente profonde, punteggiate ed opache. II peduncolo è di LU molto ridotto e pure lucente. Le elitre, ridotte al doppio della lun- ghezza del prototorace, sono alquanto convesse. I solchi laterali sono più larghi che gli intervalli e sono punteggiati da grossi punti divisi da bastoncini; gli intervalli superiori sono alquanto convessi, con qualche rugosità trasversale, i solchi sono pure punteggiati. La piastra metasternale è lucente: nella parte posteriore vi sono due impressioni semilunari non molto profonde; intorno ad esse e sulla piastra non vi sono punti. Gli angoli posteriori che delimitano la piastra presentano una ricca punteggiatura grossolana che però non si estende fino ai lati. I segmenti dell'addome sono lisci, solo ai lati si nota una cicatrice obliqua con leggere rugosità opache. Le tibie delle zampe mediane presentano tre forti ed acute spine, coll’accenno ad una quarta all’inizio della tibia; le posteriori pure tre, non però così sviluppate. Lungh. 23 mm.; lungh. protot. 8,5; largh. protot. 8; Lungh. elit. 13,5; largh. elit. 8. La Palma à 1600 m., agosto 1903. L’esemplare rassomiglia moltissimo al AQRodocanthopus spinosus, Kuw. (distribuz.: Costa Rica) ma ne differisce essenzialmente per la presenza di due nodi, e non tre sulle carene frontali, più distinti sulla carena destra che sulla sinistra; per la mancanza nell’angolo frontale della verruca e dei punti e la presenza in esso e sul clipeo di forti rugosità: per la presenza alla base del corno del capo di un leggero solco mediano e pei nodi laterali di esso arrotondati e non appuntiti : per le cicatrici ai lati del mesosterno a virgola e non ovali, per la mancanza di punteggiature nelle impressioni semilunari nella parte posteriore del metasterno, infine per i segmenti dell’addome lisci e non finemente punteggiati. Rhodocanthopus caelatus Erisch. — Kuwert, pag. 141, id. Cariblanco, chemin du Sarapiqui, bassin du St. Juan, luglio 1908, 1 es. Distribuz.: Guatemala, Perù. Manca sulla piastra mesosternale nella parte anteriore, il leggero solco mediano indicato dal Kuwert. L’esemplare raggiunge appena i 17 mm. in lunghezza. Rhodocanthopus formosiceps, Kuw. — Kuvert, pag. 142, id. La Palma à 1600 m., agosto 1903, 1 es. Distribuz.: America Centrale (Nuova per Costa Rica). Nella descrizione di tale specie, il Kuwert non accenna al modo di comportarsi delle carene frontali, per cui credo utile aggiungerlo. Le carene frontali, nell'unico esemplare che posseggo, si staccano ad angolo retto dalla punta appuntita del corno del capo e così pro- PO seguono fino a metà distanza situata tra i denti laterali del clipeo e il corno, e dove hanno termine con un nodo a forma di dente acuto non molto appuntito. Il piccolo taglietto nella parte mediana del clipeo forma due piccoli dentini arrotondati e alquanto divaricati fra loro, e non appuntito come è descritto dal Kuwert. È presente nella parte posteriore del piccolo corno del capo, il finissimo solco, manca invece ai lati di esso. Negli altri caratteri corrisponde esattamente, quindi queste variazioni sono da attribuirsi certamente a differenze di loca- lità, tanto più che il Kuwert ne ha solamente esaminati due esemplari. NELIDINAE. Aponelides punctatostriatus, Perch. — Kuw , pag. 151, id. — Rhodocanthopus punctlatostriatus, Perch., Barmeister Handbuch der Entomologie, vol. V, pag. 497, Kaup. mon., pag. 92. Monte Aguacale à 1200 m., dicembre 1901, 1 es. Distribuz.: Messico. Questa specie fu dal Kaup confusa col RRodocanthopus contractus, Perch. Aponelides hofmanni, Kuw. — Kuwert, pag. 152, id. Reventazon, Plaines de S.ta Clara à 150 m., dicembre 1904, 3 es. Distribuz.: Messico, Guatemala (Nuova per Costa Rica). Un esemplare è perfettamente tipico, all’infuori della lunghezza che è appena di 20 mm. Negli altri due esemplari mancano i due punti sulla piastra meta- sternale e il solco longitudinale sul corno del capo è appena accennato nella parte posteriore. Aponelides nescio, Kuw. — Kuwert, pag. 152, id. San Carlos, bassin du S. Juan, giugno 1902, 1 es Distribuz.: Messico, Columbia (Nuova per Costa Rica). PTICHOPODINAE. Ptichopus angulatus, Perch. — Kuwert, pag. 164, vol. V, 1, c.; Kaup Coleo- pterologische Hefte v. p. 27 (1868) — Passalus angulatus, Burmeister,, pag. 505, l. c. Alajuela à 800 m., 1 es. Distribuz.: Messico. VETURIINAE. Veturius sinuatocollis, Kuw. — Kuwert, pag. 171, vol. V, lc. La Palma à 1600 m., agosto 1904, 1 es. Distribuz.: Costa Rica. Ho notato che i tubercoli terminali delle carene frontali, sono ap- = $ = pena visibili coll’aiuto della lente, e che nell'angolo frontale è visibile una leggerissima incavatura e che le due impressioni semicircolari nella parte posteriore della piastra metasternale sono appena accen- nate. Le tibie delle zampe mediane presentano due acute spinette, le posteriori una. Veturius tuberculifrons, Kuw. — Kuwert, pag. 171, id. La Virgen, Chemin du Sarapiqui, bassin du St. Juan, dic. 1903, 2 es. Distribuz.: Fiume delle Amazzoni (Nuova per Costa Rica). La piastra metasternale presenta nella parte posteriore, due carat- teristiche infossature semilunari molto accentuate; carattere questo non ricordato dal Kuwert, nella descrizione di tale specie. Negli altri caratteri corrisponde esattamente. Veturius aspina, Kuw. — Kuwert, pag. 172, id. Carillo, 1 es. Reventazòn, Plaines de S.ta Clara, à 150 m., dicembre 1904, 1 es. Distribuz.: Brasile? (Nuova per Costa Rica). Mancano in tutte e due gli esemplari le cicatrici, a forma di punto, ai lati del prototorace, ei solchi marginali laterali presentano nella loro parte mediana qualche rugosità lucente. Nell’esemplare di Reventazoòn, ho notato, su tutta la lunghezza del prototorace ai lati, numerose e fini rugosità opache; sul disco nella parte anteriore pure qualche rugosità, ma meno sensibile. L’unico esemplare, descritto dal sig. Kuwert, è segnalato con dubbia provenienza dal Brasile. Verres sternipunetatus Kuw. — Kuwert, pag. 174, id. Escazù à 1200 m.,, l es. Distribuz.: Honduras (Nuova per Costa Rica). Ho notato che i pochi punti sparsi ai lati del leggero solco mediano del mesosterno non portano peli, mancanza dovuta certamente allo stropicciamento, e che gli angoli posteriori del metasterno non sono privi affatto di punti, giacchè qualche punto ho potuto notare sui lati posteriori di tale piastra. L’esemplare raggiunge appena i 34 mm. di lunghezza. Verres angustatus, Kuw. — Kuwert, pag. 174, id. Reventazon, Plaines de S.ta Clara, dicembre 1904, 1 es. Distribuz.: Guiana (Nuova per Costa Rica). Verres hageni, Kaup. — Kuwert, pag. 175, id; Kaup. monog., pag. 116, Il. c. Escazù, l es. Distribuz.: Guatemala, Guiana. Ho confrontato minutamente il Verres Rageni, Kaup. col Verres sternipunctatus, Kuw., e mi sono anch’io convinta, col Kuwert, della grande somiglianza di queste due specie; tuttavia se ne distingue per le carene frontali più sviluppate ed arcuate, per la fine e ricca punteg- giatura dello scudetto, e per la mancanza nella parte posteriore DE piastra mesosternale delle due impressioni semilunari. Verres deflexicornis, Kuw. — Kuwert, pag. 176, id. La Palma à 1600 m., luglio 1904, 1 es. Distribuz.: America Centrale (?) (Nuova per Costa Rica). Verres Camerani, n. sp. Il clipeo è ridotto di molto e fortemente lucente ; presenta nel mezzo una profonda incavatura, poi si arrotonda dolcemente e termina ai lati con due punte appuntite a guisa di denti. Le carene frontali, distano dalla base della punta libera del corno del capo di mezzo millimetro: esse de- scrivono una leggera curva e terminano sulla salita del clipeo con due robusti nodi diritti e assai sviluppati. Questi nodi sono uniti alla parete interna dell’occhio con una linea diritta che parte dalla base di essi. Il corno del capo è fortemente convesso, con una punta lungamente li- bera che giunge fino al margine del cli- peo; dalla base sino ai due terzi della lunghezza, presenta un solco longitudi- nale; l'quale Si fapiù profondo ‘nella! 2 10 artibeld alia antsune parte mediana. Il corno del capo per i ci = cicatrice circolare anteriore due terzi della sua altezza, abbraccia i. 7 SEPE DEI nodi laterali, i quali si allargano ad ala, formando nella parte anteriore esterna un angolo appuntito. Guardando il corno del capo di profilo si scorge la sua punta libera coincidere alla base con i nodi laterali e diretta in avanti, avendo la faccia dorsale rettilinea e quella ventrale lievemente arcuata. Sotto a ciascun nodo vi è una fossetta lucente. Corno e nodi sono fortemente lucenti e privi di punti. Le superfici del capo sono punteggiate da punti diritti specialmente verso la parete interna dell’occhio. Il labbro superiore è profondamente inciso: tale incisione presenta nella parte interna un’infossatura profonda che si prolunga sino ai due terzi della lunghezza di esso. I tre denti anteriori costituenti la man- dibola sono nettamente divisi tra loro: il dente inferiore sinistro pre- senta le tre punte caratteristiche del genere, colla punta mediana più sviluppata; il destro è a spina arrotondata anteriormente. Il labbro inferiore è diritto, senza incavature, le cicatrici ai lati sono profon- damente punteggiate e riccamente coperte di peli. Il prototorace è tutto ugualmente largo e lucente; il solco mediano tg E appena accennato nella metà posteriore. Gli angoli anteriori di esso sono distintamente arrotondati: i solchi marginali laterali ristretti e finemente punteggiati; i solchi marginali anteriori più allargati e con semplici rugosità e terminanti sotto l’inizio della parete esterna del- l’occhio. Non formano seni. Però negli angoli arrotondati del prototorace e più precisamente in prossimità dei solchi marginali anteriori si for- mano due profonde escavazioni circolari, alquanto sviluppate, che si potrebbero dire « cicatrici circolari », lucenti e riccamente punteggiate. Le cicatrici ai lati del prototorace sono piccole a forma di fossetta non punteggiate. I margini laterali del prototorace sono al di sotto pun- teggiati ed hanno ricchi e folti peli. Lo scudetto è tutto riccamente e finemente punteggiato, all’infuori della parte mediana posteriore dove è perfettamente liscio ed opaco. La piastra mesosternale presenta nella parte mediana una forma- zione rugosa ed opaca a forma di triangolo col vertice rivolto verso le terminazioni prosternali; ai lati di essa si osservano numerose pun- teggiature grossolane, opache, che occupano il rimanente della piastra, provvista di numerosi peli. Le elitre convenientemente sviluppate, sono alquanto convesse; il secondo intervallo di esse sul disco, a partire dalla sutura, è più svi- luppato degli altri i quali sono tutti ugualmente larghi, anche nelle parti laterali; i solchi sono piccolissimi, punteggiati da finissimi punti. La piastra metasternale è lucente: nel mezzo presenta un punto infossato: nella parte posteriore ai lati è ben limitata da punti gros- solani; i pezzi laterali di essa assai sviluppati, riccamente punteggiati e coperti di peli. Le tibie delle zampe mediane e posteriori sono coperte di peli e non hanno spine. I segmenti dell’addome lisci con qualche leggera rugosità ai lati. Lungh. totale 35,5 mm.; lungh. prot. 9 mm.; largh. prot. 12 mm.; lungh. elit. 20,3 mm.; largh. elit. 11,5 mm. S. Carlos, Bassin du St. Juan à 110 m. (Nord de Costa Rica). L’esemplare differisce dalle specie « Verres » descritte sino ad ora (per quanto è venuto a mia conoscenza) per due caratteri principali: 1) per la presenza nel margine arrotondato del prototorace in prossimità dei solchi marginali anteriori di due profonde « cicatrici circolari » e per l’assoluta mancanza di seni. 2) per la presenza sul mesosterno, ai lati della parte mediana ru- gosa triangolare, di numerosi punti grossolani, ricchi di peli ed occu- panti tutta la piastra. Carattere questo che si può benissimo contrap- porre a quello del Kuwert, e che è valevole per tutte le specie descritte nella sua monografia: « Taille immer ganz matt und immer umpun- ktirt » ad eccezione della specie Verres sternipunctatus Kuw., dove CIA vi è un accenno a questa formazione pilifera, e nei pochi punti sparsi portanti peli che si trovano ai lati del solco mediano. PAXILLINAE. Paxillus latisternus, Kuw. — Kuvert, pag. 179, vol. V, l. c. Reventazon, Plaines de S.ta Clara à 150 m., dicembre 1904, 1 es. Distribuz.: Fiume delle Ammazzoni (Nuova per Costa Rica). Paxillus corsobrinus, Kuw. — Kuwert, pag. 180, id. i Sarubrès près San Mateo à 250 m., febbraio 1905, 3 es. Distribuz.: Antille, Messico (Nuova per Costa Rica). Paxillas leachi, Mac Leay — Kuwert, pag. 180, id.; Burmeister Handbuch der Entomologie, vol. V, pag. 494. Reventazòn, Plaines de S.ta Clara, dicembre 1904, 2 es. Sarubrès près San Mateo à 250 m., febbraio 1905, 6 es.; San José à 1160 m., ottobre 1904, 2 es. Distribuz.: Guatemala. I due esemplari provenienti da San José presentano oltre ad una lunghezza di 20 mm., la mancanza del ciuffo di peli sugli angoli ume- rali delle elitre, mancanza dovuta certamente a stropicciamento. Paxillus minor, Kuw. — Kuwert, pag. 180, id. Reventazon, Plaines de S.ta Clara, id., 4 es.; Sarubrès près S. Mateo, id, Pes: Distribuz.: Guatemala, Paramaribo (Nuova per Costa Rica). Paxillosomus Alfari, n. sp. (1). Il clipeo presenta nel mezzo una leggera incavatura, poi si continua diritto e termina ai lati con due prolungamenti a guisa di denti ottusi, molto corti. Nell’angolo frontale non vi è verruca, bensì alla base delle carene qualche punto lucente infossato: numerosi punti sono sulla fronte e sul clipeo che si presentano alquanto opachi. Le carene fron- tali si staccano dal corno del capo ad angolo debolmente ottuso e terminano un po’ al di sotto dei denti laterali del clipeo con due nodi a forma di denti ottusi poco sviluppati. I nodi però sono uniti per una finissima linea ai denti laterali del clipeo. Le carene frontali non pre- sentano denti e sono per tutta la loro lunghezza, alquanto opache. Il corno del capo è corto, alquanto concavo, non separato dai nodi la- terali di esso che appaiono sotto forma di piccoli tubercoli rotondeg- gianti, piuttosto lucenti. Tra i nodi terminali delle carene frontali e la parete interna dell’occhio vi è un infossatura caratteristica, ricca (1) Dedico questa specie al prof. Anastasio Alfaro, direttore dell’Instituto Fisico-Geografico di Costa Rica, — 0 - di finissime punteggiature lucenti, Il labbro superiore è corto e leg- germente arrotondato. La mazza delle antenne è costituita da cinque lamelle, di cui la prima è appena rudimentale nella parte sinistra, alquanto più sviluppata nella parte destra e spostata leggermente dalle altre: la seconda è lunga il doppio della prima e più corta delle tre rimanenti, che sono tutte ugualmente sviluppate. I tre denti anteriori costituenti la mandibola si sono fusi insieme, così che essa appare formata da un pezzo unico arrotondato, con una leggera incavatura nel mezzo che accenna alla riunione dei due denti anteriori. Il labbro inferiore è alquanto sviluppato e sporgente nella parte me- diana, non presenta però incavatura. Il prototorace è lucente e finemente e' riccamente punteggiato. Gli angoli anteriori di esso sono dolcemente arrotondati; i solchi dei mar- gini anteriori e laterali piccolissimi e con pochi punti. Sviluppati i seni, leggermente arcuati, ricchi di punteggiature. Le cicatrici ai lati di esso, piccole, trasversali e punteggiate; ai lati di esse una fila di- ritta di punti alquanto infossati. Al di sotto dei margini laterali vi sono abbondanti peli. Lo scudetto è completamente liscio e lucente: senza punti, e solco mediano. La piastra mesosternale è lucente ed ha ai lati le cicatrici di forma ovale, profonde con fini rugosità. Le elitre presentano agli angoli umerali un leggero ciuffo di peli che si estende anche alquanto ai lati. I solchi laterali di essa svilup- pati quanto gli intervalli. I solchi sono punteggiati da numerosi punti non divisi però da bastoncini. I solchi nella parte superiore delle elitre presentano in tutta la loro lunghezza fini punteggiature; gli intervalli sono attraversati da taglietti trasversali. La piastra metasternale rotonda presenta qualche punto sparso su di essa; ai lati è ben limitata da finissime punteggiature che però non riempiono tutto l’angolo. I pezzi laterali di essa sono piccoli ugual- mente sviluppati in tutta la loro lunghezza, privi di peli e con pro- fonde rugosità. I segmenti dell'addome ai lati sono leggermente rugosi. Le tibie delle zampe mediane presentano appena l’accenno ad una piccola spinetta ottusa, le posteriori ne sono prive. L’esemplare manca dei tarsi anteriori. Lunghezza totale 17,5; lungh. protot. 4,5, largh. id. 5,5; lungh. elit. 11,5, largh. id. 5,5. Vulcan de Barba à 1500 m., maggio 1902. Il mio esemplare confrontato colle due specie finora descritte, Pax losomus pentaphillus Beauv. della collezione dei Passalidi del marchese di Breme, e Paxillosomus Camerani, Rosmini, della collezione dei mesi 15 RE Passalidi raccolti dal dott. Enrico Festa all’Ecuador (Bollettino dei Musei di Zoologia ed Anatomia Comparata, N. 428 -. Rosmini) presenta .da queste parecchie differenze: il clipeo non è diritto, ma presenta ai lati due piccoli denti ottusi, i nodi terminali delle carene frontali non “si innalzano sui margini laterali del clipeo; ma terminano un po’ al «di sotto di essi, epperò sono uniti a questi ultimi con una leggera linea; le carene frontali in tutta la loro lunghezza non presentano denti e sono alquanto opache; i denti della mandibola si sono uniti in “un sol pezzo; sviluppati i seni nei margini anteriori del prototorace: lo scudetto privo totalmente del solco mediano. PHORONEINAE. SPolyacanthopus maillei, Perch. — Kuwert, pag. 189, vol. V, l.c. — Passalus cognatus, Trucqui, Revue de Zoologie, 1857, pag. 309. La Virgen, Bassin du Sarapiquì, affluent du St. Juan à 200 m., di- -cembre 1902, 1 es. Distribuz.: Honduras, Guatemala. Phoranaeus jansoni, Bates. — Kuvert, pag. 190, id. Reventazon, plaines de S.ta Clara à 150 m., dicembre 1904, 3 es. Cariblanco, chemin du Sarapiquì, dicembre 1903, 1 es. Distribuz.: Nicaragua.. NELEINAE. -Ninus interstitialis (Eschsch) Kaup. — Kuwert, pag. 261, vol. V, 1. c. — Neleus interstitialis Eschscholtz, Nouveaux Mémoires de la Société Impérial des Naturalistes de Moscou, pag. 18; Kaup., Monogr. pag. 89; Burmeister, pag. 484, l. c. Reventazòn, Plaines de S.ta Clara, dicembre 1904, 2 es. Sarubrès près San Mateo, febbraio 1905, 5 es. Distribuz.: Retalulen Columbia, Porto Nuovo. Ninus hondurae var. Rosminmiae, n. var. Ne posseggo un unico esemplare, il quale confrontato coi due Ninus, provenienti da Gualaquiza, e descritti dalla dott. Olga Rosmini (1); «come probabili varietà del Ninus hondurae Kuw., vi riscontrai gli stessi caratteri differenziali, per cui, dopo un attento esame di con- fronto, avvalorato dal fatto di aver trovato in diverse località le iden- tiche variazioni, credetti bene di farne una varietà distinta, che de- -dico alla dott. O. Rosmini, che per la prima la segnalò. (1) Rosmini, Passalidi, 1. e. peli (- ape Per la descrizione dei caratteri vedi Bollett. dei Musei di Zoologia. ed Anat. Comp., N. 428, pag. 7. Sarubrès près San Mateo, febbraio 1905, 1 es. Neleus tlascala, Perch. — Kuwert, pag. 273, id.; Burmeister, l. c., pag. 482. Neleus striolatus, Eschsch., l. c., pag. 17. Sarubrès près San Mateo à 250 m., febbraio 1905, 2 es. Reventazòn, Plaines de S.ta Clara à 150 m., dicembre 1904, 2 es. Distribuz.: Messico, S. Salvador, Panama. Due esemplari di Neleus, provenienti da Revenzatòn presentano oltre ad una minor lunghezza, raggiungendo rispettivamente i 34,5 e i 37 mm. di lunghezza, il corno del capo corto, tozzo, anteriormente compresso, con alla punta una fossetta opaca, circolare, ben evidente e sopra le cicatrici ai lati del prototorace, alquanti punti che si dirigono verso gli angoli anteriori e verso i seni. È forse una varietà. I -- e |||v\uw«wEMHMHuHM{HuHMHuHuUM[M!Emwo -EIEEE[É 2098 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. î - Turino. BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 499 pubblicato il 16 Giugno 1905 Voc. XX Dr. GiusePPE NOBILI Descrizione di una nuova CARIDINA del Madagascar. Il Museo Zoologico di Torino acquistò anni sono alcuni Crostacei del Madagascar dal signor F. Sikora. Fra questi v'era la nuova specie di Caridina qui descritta, raccolta insieme ad un esemplare di C. Gran- didieri Bouv. Caridina hova n. sp. Fort Dauphin 9 individui. Questa specie appartiene al gruppo della Carzdina laevis (1), e più specialmente a quelle forme di questo gruppo che hanno il carpo del primo paio di pereopodi relativamente lungo, il rostro corto, e il dat- tilopodite del quinto paio molto breve per rapporto alla lunghezza del propodite. È quindi vicina'a C. mutidentata Stm. e alla C. vitiensis ur ma si distingue per molti caratteri da queste due forme. ‘ Tutto l’integumeénto dell’ animale è membranaceo; moltò più sottile di quello ‘che si osservi abitualmente in questo genere.‘ dà È Il''rostrò è orizzontale, breve, e arriva'nella maggior parte degli esemplaî‘i Anzi, all’ estremità del primo articolo del ' peduncolo anten- nulare; in'altri si estende un poco oltre, e' in 'un' solo esemplare’ ar- riva fino alla metà circa dél secondo articolo. La dentatura'del'tostro Varia mediocremente: ‘in 'sette esemplari (i due altri sono guasti) ab- biamo ‘la disposizione seguente: MERISTtA SITO O Taf I PRON PCR O (Un 15 (esemplare figurato), 19, Lo DARLE ‘33 siicaià di ibi: e ie RS (1) E. L. Bouvier Observations nouvelles sur les Crevettes de la famille des Atyidè*, — Bull. Scient) Fr. Belg. 1905. ( , * f L i 9g ia { i b La punta del rostro è leggermente curvata in alto, come in C. Gran- didieri Bouv., ed è inerme per un breve tratto apicale, senza. dente \ spg sie 4 a f me ig fi LI dARE3 bi (0 subapicale. I denti rostrati sono uguali. #;1) $ x Ent l'A t RostroX50 e primo e secondo paio di pereopodi X 14. Il peduncolo delle antennule è, come di regola, alquanto più breve dello scafocerite. Il primo articolo del peduncolo è lungo il doppio del secondo che è subeguale al terzo; lo stilocerite arriva circa alla metà del secondo articolo. La spina scafoceritica terminale è bene svilup- pata, ma non raggiunge l'apice della porzione membranacea, che è stretto, arrotondato e diretto alquanto obliquamente all’indentro. I maxillipedi esterni sono gracili e oltrepassano alquanto l'apice dello scafocerite. Le zampe del primo paio sono brevi, robuste. Il mero è subeguale al carpo o debolmente più lungo. Il carpo è lungo circa due volte la sua larghezza all’apice, ove è distintamente escavato; la sua forma complessiva è regolarmente conica. La mano è leggermente più lunga del carpo; le dita e la palma sono subeguali, o le dita leg- germente più lunghe. 1 Le zampe del secondo paio sono notevolmente più lunghe di quelle del primo paio. Il carpo è lungo cinque volte la sua larghezza all’apice, edi ‘0 anche un poco più, si ingrossa di poco e regolarmente verso l’estre- ‘mità; la mano misura in lunghezza i */; della lunghezza del carpo e le dita sono distintamente più lunghe della palma. Le zampe seguenti sono gracili. Il meropodite del terzo paio porta inferiormente, oltre alle setole, due o tre spinule: il carpopodite è lungo meno di */, della lunghezza del propodite, e porta inferiormente 5 spinule mobili. Il propodite porta inferiormente circa 18 spinule; il dattilopodite ha 7 denticoli (compreso quello terminale) ed è lungo circa ‘/, della lunghezza del propodite. Le zampe del 4° paio sono con- formate allo stesso modo. Sulle zampe del 5° paio il meropodite ha ancora due spine mobili, ma il carpopodite è inerme inferiormente; il propodite ha circa quindici spinule. Il dattilopodite porta inferior- mente una doppia serie di 25 spinule circa; lo spazio fra le due serie pare essere alquanto concavo. Il dattilopodite è lungo appena un quinto della lunghezza del propodite. Il telson porta superiormente tre paia ‘Qi spinule, e 10 alla sua estremità. Lunghezza 14 mill. Le due specie prima citate di Caridina differiscono nettamente pel numero dei denti del loro rostro. - dl sli | e “ dl nnt mal 4 d i DE to, ù ì 2149 - Tip. Pietro Gi “4 5 È paci ri t È par \ iii Ù Ù 74 * , EI È. “ Ta DE LI LI erbone, vi A u e { SÌ Kr 1) » AI x v pa d Li e ” FL è si 1, sta I ro È si c) - i 2: ' i ge sj ; Lar Casa j x ideate pitt è naso UE 0 ie; ‘a dd MS DI . CIC COSININI ui Mr ST dat n sia (LOIRA di iLaz rule ret Ù tw x si SpA N de ti £ dr LI eri) n dg ei. 4 ) 4% a i ? di de OLTRE RES da è a Retro It esi n ALTRA Pa td * 1 Fura [O PRR: Pal Lo Tn ni du fa } pes 3 PERI h " "ol & FT Baci 1 S01, x N x n x È RR a PI sN “ Ha «I . Ù Ra e TA | ' RE : = LEA 20%% AGO gu : ì, i AL FA sì ca E 5 v Lan ‘Via Gaudenzio Ferrari, : JUN 22 1906 BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino Voi XX N. 500 pubblicato il 17 Giugno 1905 Pseudoscorpions from South America collected by Dr. A. Borelli, A. Bertoni de Winkelried, aud Prof. Goeldi. By Epv. ELLINGSEN Kragerò (Norway) The rich collections of Pseudoscorpions in the Museo zoologico of the University of Torino contain a great number of specimens from Southern America, collected and brought home by several travelling scientists. Thus Dr. A. Borelli has made collections at Tala (Salta) and at San Lorenzo -in Argentine, at Urucum (Corumba) in Brazil; A. Bertoni de Winkelried has collected at Asuncion and at Puerto Bertoni (alto Parana) in Paraguay; Prof. Goeldi has sent specimens collected at Parà; there is also a specimen from Ceara in Brazil without indication of collector. For the confidence the authorities of the Museo zoologico have shown me, in trusting me with the study of these animals, I seize the opportunity in this place to bring my best thanks. Besides descriptions, for the sake of control, of those species, about which I cannot refer to my publication on the Pseudoscorpions from Ecuador, I have also tried to give keys for the easier determination of the species of the four subgenera of Chelifer, recorded from South America, a task not very easy, partly from my not having seen all the mentioned species, partly from the great uniformity of the cha- racters, especially in the subgenus Lamprochernes. Chelifer Geoffroy. Subgenus Afemnus. No eyes. No transverse grooves on the cephalothorax. Hairs ge- nerally simple. Synopsîs of the South American species. 1. Trochanter with 2 strong protuberances, tibia with rather long stalk, nearly rounded, inner side of femur nearly straight, outer side slightly convex, body very narrow . Ch. elongatus Ell. Trochanter with only one strong protuberance, tibia with short stalk, inner side of femur more or less concave 3 3 po 2. Femur strongly narrowing towards the extremity, Don siender, fingers only a little shorter than hand, rather slender. Ch. gra- cilis Ell. Femur not strongly narrowing, palps more robust, fingers very short and proportionally stronger 5 : > 3 ; 3 3 3. Tibia subglobose, cephalothorax smiboth, o Ch. nidificator Balz. Tibia elongate, cephalothorax minutely granulated . È P 4 4. Smaller (3,8 mm.), femur broader (ca. 2:4), fingers more curved. Ch. subrobustus Balz. Larger (4,35 mm.), femur more slender (ca. 2:5), fingers less curved. Ch. robustus Balz. The specimens examined belonged all to the common species: Chelifer nidificator Balzan. 1890. Chelifer nidificator Balzan, Rev. d. Pseudoscorp., p. 417, tav. XIII, f. 5. 1891. Atemnus nidificator Balzan, Ann. Soc. ent. Fr., vol. 60, p. 510, tab.9,f. 1. 1902. Chelifer nidificator Balzan, Ellingsen, Pseudoscorp. de l’Equateur, p. 146. Paraguay: Puerto Bertoni (A. Bertoni de Winkelried) 26 specimens; Argentine: Tala (Dr. A. Borelli) 6 specimens; Brazil: Matto Grosso ; Urucum (Dr. A. Borelli) 5 specimens. All the specimens, I have examined, have all the tergites divided longitudinally, except the last one. According to Balzan the 4 first tergites shall be entire, and he does not mention the last one. Among the specimens from Paraguay several were very small; these were ‘very pale, some of them nearly white, even the palps, but the shape of these was pretty constant. Subgenus: Lamprochernes. No eyes. One or two transverse grooves on the cephalothorax. Hairs simple and denticulate. Synopsis of the South American species. 1. Claws with a tooth, tibia of & with a strong protuberance. Ch. cervus Builz. sil 18 Claws without a tooth ; È ì i o d 2. Cephalothorax more or less disci ti ì { 3 Cephalothorax smooth, at most a little granulated towards the sides . y 4 I 7 3. Body large and A idr sum deco granulated before the first transverse groove, tibia of * with protuberance 4 Body narrow, cephalothorax very minutely granulated (sec. Balzan), tibia of 9 without protuberance . ì : 3 5 4. Hand much higher than broad, somewhat anioni distinctly gra- nulated and opaque on the outer side, protuberance of tibia very strong, irregularly granulated . ; Ch. nodulimanus Tom. Hand only a little higher than broad, not angular, only slightly granulated or almost smooth on the outer side, protuberance of tibia less strong, more even . ) Ch. macrochelatus Tom. 5. Fingers only ca. ‘/, of the hand, femur short and wide Ch. ovatus Balz. Fingers longer, ca. *|} of the hand, femur more slender } 6 6. Galea with teeth only in and near the extremity, trochanter « extus valde gibbosum » . 3 3 . Ch. elegans Balz. Galea with branches and ioni lane the trunk, trochanter not extus valde gibbosum : : : Ch. venezuelanus Balz. 7. Femur short and broad, ca. twice as long as wide . : 8 Femur more slender, 2 ‘/, - more times as long as wide . 9 8. Femur very high, ca. */; of the length, inner side of femur a little convex, galea generally branched . Ch. intermedius Balz. Femur lower, only a little higher than wide, inner side of femur more or less concave, galea only with teeth Ch. communis Balz. 9. Fingers nearly as long as hand , 7 ; £ i } 10 Fingers much shorter, ca. */, of hand . 3 ; ; ll 10. Galea only teeth, body small (3 mm.), onori ax with 2 di- stinct transverse grooves 7 ì ? Ch. nitidus Ell. Galea branched, body larger (3,8 zinit: cephalothorax with only one transverse groove $ ì 7 Ch. brasiliensis Daday. ll. Fingers about */, of the length of hand, hand as long as femur, body small (2,6 mm.) . ; : Ch. similis Balz. Fingers about */; of hand, dan fini than femur, body larger, Ch. argentinus Thorell. Chelifer nodulimanus Toòmòsvary. 1882. Chelifer nodulimanus TémòsvAry, A magyar fauna Alskorpiòi, pag. 244. 1884. » » » Adatok az àlskorp. ismeret., p. 26, t.I, f. 14. 1887. » » » Diday, Ueb, Chern, ung. Nat. Mus., p. 173, TafsIVof3:9 (Pi) di. BI JE No eyes, large, distinet ocular spots. Body large, broad, rather elliptic. Palps, cephalothorax and tergites dark brown, posterior half of ce- phalothorax somewhat paler, sternites paler brown, legs and inter- stitial parts of abdomen pale yellowish brown. Cephalothorax: posterior half nearly parallelsided, anterior half rounded, slightly longer than broad, before the first transverse groove distinctly and densely granulated, somewhat glossy, behind this groove smooth and glossy; two distincet transverse grooves, the anterior one about in the middle, very strong, in the central part slightly convex; from the middle of this transverse groove there is running (about midway to the front margin) a longitudinal groove (on one specimen there is on each side of this groove a roundish cavity, rather deep and somewhat irregular, probably individual or accidental); the po- sterior transverse groove, much more indistinct, is also slightly convex and placed about midway between the anterior one and the hinder margin; the hairs strong, rather long, dentated towards the extremity. Abdomen: upper surface glossy, minutely shagreened, first and last tergite entire, the rest divided longitudinally by a fine line, along the hinder and the lateral margins with hairs as on cephalothorax, on the last somites some longer ones intermixed. Sternites divided except the last one. i Palps long and robust, about 1, times as long as the body, this being, however, very much contracted; trochanter, fingers and the lower surface of the rest of the articles glossy, the other parts of the palps are more or less opaque, especially the upper and outer side of the hand; trochanter smooth on the upper surface, even the pro- tuberance, the rest somewhat granulated, femur coarsely and irregu- larlv, transversally striate on the swell of the upper surface, on the other parts more or less granulated, tibia striate to nearly smooth except the inner side, that is granulated, hand opaque and granulated on the upper and the broad outer surface, on the other parts striate to nearly smooth, fingers more or less granulated. Hairs are abundant and densely situated, especially on the protuberance of tibia; they are long and partly minutely dentated, on the fingers some longer ones intermixed. Trochanter stalked, a little longer than. broad, the inner side slightly convex, behind with a rather strong, rounded tubercle, on the upper surface with a very strong, conical protuberance. Femur stalked, a little more than twice as long as broad, the inner side nearly straight, behind strongly widened at the base and at the ex- tremity, the outer side slightly convex, femur thus being nearly of the same width throughout; on the upper surface there is a moderately high, longitudinal swell, femur becoming, on account of this .swell, a = 9° = little higher than broad; this swell is starting gradually from the base of the femur, but ends abruptly at a distance from the extremity. Tibia but a little shorter and a little wider than femur (excluding the protuberance), with a rather long stalk, behind for a distance nearly straight, then convex towards the extremity; on the upper-inner side a very strong, conical protuberance, somewhat rounded, in one spe- cimen starting almost perpendicularly at a distance from the base and sloping somewhat concavely towards the extremity, in the other specimen it is also sloping somewhat concavely towards the base. Hand about as long as tibia, considerably broader, from very oblique, somewhat truncated base moderately convex on both sides, a little more so on the inner side than on the outer one, considerably higher than broad, somewhat angular, the upper-outer side being thus some- what flattened, gradually running into the fingers. These slightly curvate, about */, of the length of the hand, gaping considerably (as common in the cd), the moveable finger being somewhat angularly bent outwards. Mandibles: galea (undamaged but in one specimen) very robust, nearly from the base divided in two equally strong trunks, each trunk provided with 4 to 5 teeth, decreasing in size outwards. Legs with partly dentated hairs; the posterior femora rather slender. Claws simple. Length ca. 4 mm., width nearly 2 mm., the specimens being, however, much contracted, the length of the palps ca. 6 mm. Brazil: Parà 2 specimens e (Prof. Goeldi, 18 III 1902) below vi elytra of Acrocinus longimanus. Tomosvary as locality for his species indicates Dalmatia, and Daday for his combined macrochelatus nodulimanus adds as localities Sumatra and Aschanti. I acknowledge that I have only with some hesitation referred the two South American specimens, described above, to Tom6- svary’s species nodulimanus (not to macrochelatus, which in my opinion is another species); my doing so is partly founded in my supposing no- dulimanus, macrochelatus and cervus to be a natural group of South American species (partly, perhaps, also dispersed to other continents), nodulimanus certainly not belonging to the European fauna, being exclu- sively a tropical form; when Tomosvary has received it from Dalmatia (what Daday, too, seems to doubt, in putting a mark of interrogation after Dalmatia), it may have been thus, that the animals like specimens of so many species of the Pseudoscorpions, especially those of Che- lifer, have been accidentallv imported by way of navigation or other- wise; the principal reason, however, for my determination is naturally the good agreement with Tòmosvary ’s rather short description, but apparently very good figure of one of the palps. In the description Sari gie there is scarcely anything that does not fit completely; certainly, Tòmosvariy’s figure is showing a short sinuation on the inner side of femur towards the extremity, not named in my description, but this sinuation will also appear on the femur of the South American specimens when viewed a little obliquely ; the swell on the upper sur- face of the femur will then easily produce this sinuation. This swell is neither mentioned nor figured by Tòmbsvary. (It is, however, pe- culiar to the males of several South American Lamprochernes, such as macrochelatus and argentinus, though not so strongly developed). The large eyes mentioned by Tòombsvary as present both in noduli- manus and macrochelatus are certainly but ocular spots. Chelifer no- dulimanus is resembling macrochelatus very much, but is larger, espe- cially broader, the hand more swollen and somewhat angular, the dif- ference between the height and the width of the hand greater, the outer-upper surface of the hand distinctly, though minutely granulated and opaque, the protuberance of the upper surface of trochanter not granulated, the protuberance of the tibia is stronger and of somewhat different shape than in macrochelatus. Chelifer macrochelatus Tomòsvary. 1884. Chelifer macrochelatus Tomòsvary, Adatok az Alskorp. ism., pag. 20, tab. I, fig. 12-13. 1891. Lamprochernes macrochelatus Tòomòsvary, Balzan, Ann. Soc. ent. France, vol. 60, p. 513, tab. 9, f. 4. 1902. Chelifer macrochelatus Tomòsvary, Ellingsen, Pseudoscorp. de l’Equat., p. 152. Paraguay: Puerto Bertoni 1 specimen g (A. Bertoni de Winkelried),; Brazil: Parà (Prof. Goeldi), 2 specimens d and 9, below the elytra of Acrocinus longimanus. Chelifer argentinus Thorell. 1877. Chelifer argentinus Thorell, Sobre algunos Aracn. d. l. Rep. Arg., p. 16. 1888. Chelifer capreolus Balzan, Chern. nonn. Sud-Americanae (sec. Balzan). 1890. Chelifer argentinus Thorell, Balzan, Rev. de Pseudosc., p. 414, tav. 13, f. 3. 1891. Lamprochernes argentinus Thorell, Balzan, Ann. Soc. ent. France, vol. 60, pag. 516, tab. 9, fig. 7. No eyes, but distinct ocular spots may be found. Body narrow, nearly parallelsided, when flat somewhat oval. Cephalothorax before first transverse groove and palps dark red- dish brown, cephalothorax behind the first groove, the tergites and the sternites paler brownish, the legs and the interstitial parts of the abdomen pale greyish yellow. ge fa n; Cephalothorax a little longer than wide, smooth and glossy, in the greater posterior half nearly parallelsided, in the front broadly round- ed, provided with dispersed, fine and slightly dentate hairs, among them a row along the front margin; the anterior transverse groove distinet and dark coloured, about in the middle and a little convex, the posterior one nearly invisible. Abdomen: the first tergite generally appears to be entire, the last one has a beginning division, the rest of the tergites are divided lon- gitudinally by a fine line; the tergites are smooth and glossy, neither granulated nor shagreened, provided with slightly dentate hairs, with some longer hairs intermixed on the last somite. The sternites are very minutely shagreened, however glossy, the last one with a be- ginning division, the rest divided longitudinally, with hairs along the hinder margins. Palps about as long as the body, robust, smooth and glossy, yet minutely granulated on the elevated parties of trochanter and on the inner and lower surface of femur; the hairs are rather long, partly dentate, the fingers with some longer ones intermixed. — Trochanter stalked, a little longer than wide, the inner side slightly convex, behind with a rounded tubercle near the base, the upper surface with a very strong, conical protuberance, rising convexly from the base to the top and from this falling perpendicularlv, sometimes even di- stinety hollow in front. Femur stalked, about 2 ‘/, times as long as broad, about as long as cephalothorax, the outer side regularly and rather strongly convex, the inner side in the proximal half a little convex, in the distal half rather concave, the upper surface in the male with a low swell, gradually starting from the base, but finishing somewhat angularly or concavely at a distance from the extremity: femur is a little higher than broad, the lower surface somewhat con- cave in the second half. Tibia stalked, only very little shorter and broader than femur, the outer side regularly convex, somewhat more strongly so towards the extremity, the inner side strongly and almost regularly convex, about evenly convex on the upper and lower sur- face, yet there may be a small swell on the upper-inner side in the male. Hand with a short stalk, a little longer than and distinctly broader than tibia, from somewhat obliquely rounded base slightly convex on the outer side, somewhat more strongly so on the inner surface. Fingers about */; of the length of the hand, distinctly curvate. Mandibles: galea moderately strong; generally there is a branch on the lower side near the base, with or without a tooth or teeth, the extremity of the trunk may be entire or divided, along the trunk between the branch and the extremity there are some teeth, more or less numerous. Tg Legs with numerous, rather short, partly dentate hairs: Femora of the posterior pairs of legs moderately broad. Claws simple. Length .d' ca. 4 mm., 9 ca. 5 mm. Paraguay: Asuncion 1 specimen 9, Puerto Bertoni 33 .specimens, 21 e, 12 g (A. Bertoni de Winkelried); Argentine: Tala 24 specimens, TG, Lie cdsan O 2 specimens 9 (Dr. A. Borelli); Brazil: Urucum 6. specimens, 1 o, 5 9 (Dr. A. Borelli), Ceara 1 specimen sg. By the goodwill of Mr. Eug. Simon in Paris I have had the de luck to be able to compare my specimens with a specimen (d) deter- minated by Balzan. The galea of this species is generally branched, but it may also be provided only with teeth, Chelifer intermedius Balzan. 1891. Lamprochernes intermedius Balzan, Ann. Soc. ent. France, vol. 60, p. 515, tab. 95 fig. 6. 1902. Chelifer rotundatus Ellingsen, Pseudoscorp. de l’Equateur, pag. 152. No eyes, ocular spots indistinct. | Body very narrow, nearly parallelsided. Cephalothorax before the anterior transverse groove and palps dark reddish brown, cephalothorax behind the groove paler, tergites and sternites palish brown, Lo and the interstitial parts of abdomen greyish white. Cephalothorax considerabiy longer than broad, smooth and glossy, in the posterior half almost parallelsided, in the anterior half regu- larly rounded, provided with dispersed, slightly dentate hairs, among them a row along the front margin; the anterior transverse groove distinct and dark, about in the middle, straight or a little convex in the central part, the posterior groove almost invisible. Abdomen: the last tergite entire, the rest divided longitudinally by a very fine line, the last one may, however, also be more or less divided; the tergites are smooth and glossy, with dentate hairs, some longer hairs on the last somite intermixed. The under surface of ab- domen like the upper one, Palps moderately robust, generally somewhat shorter than the body, smooth and glossy, yet somewhat granulated on the conical protube- rance of trochanter, on the lower part of the inner side and on the under side of femur, as well as on some parts of tibia; the palps have numerous hairs, partly slightly dentate, partly pointed, on the fingers pointed hairs with some longer ones intermixed. — Trochanter stalked, distinctly longer than wide, the inner side slightly convex, behind with a low, rounded tubercle near the base, the upper surface with d very strong, conical protuberance; Femur stalked, about twice as tal long as broad, distinctly shorter than cephalothorax, somewhat convex on the inner side, yet very slightly concave next to the extremity, the outer side strongly convex; laterally viewed the femur is very high, about 1 '!/, times as high as broad, from the base rising rather abruptly to the highest point, which is lying about ‘|, from the base, and then gradually sloping and slightly convex towards the extre- mity. Tibia stalked, a little broader and shorter than femur, a little longer than broad, when the stalk is excepted, the outer side in the proximal part nearly straight, distinctly convex towards the extre- mity, the inner-upper surface somewhat subconically swollen. Hand a little longer and considerably broader than tibia, from somewhat ob- liquely rounded base slightly convex on the outer side, more strongly so on the inner surface. Fingers about */, of the length of the hand, disvincetly curvate. Mandibles: galea moderately strong, differing in form, even in the same specimen; in one specimen one galea had the point split, a little farther behind two small, opposite teeth, behind the middle on the under side a strong branch with two teeth, and behind the branch the trunk had another small tooth ; the other galea had the point split, a curvate tooth a little farther behind, then a couple of opposite teeth, then a very small branch with a little tooth near the base, and be- hind the branch the trunk had two teeth; galea may, however, also be without any branch, only provided with shorter or longer teeth nearly from the base, in both sexes. Legs with numerous, fine, partly dentate hairs; the posterior fe- mora moderately broad; the claws simple. Length up to 3,5 mm. In the 9 the hand is proportionally more slender than in d, and tibia more regular, femur less high. Paraguay: Puerto Bertoni 13 specimens, 5 o, 8 9 (A. Bertoni de Winkelried); Brazil: Urucum 10 specimens, 2 &, 8 9 (Dr. A. Borelli); Parà 1 specimen & (Prof. Goeldi). By the liberality of. Mr. Eug. Simon in Paris I have been able to compare the above specimens with one of the types .of Balzan from Venezuela. Having now seen the true Ch. intermedius I am almost quite sure that what I described (loc. cit.) as rotundatus from Ecuador is but a form of intermedius in spite of the little developed trans- verse grooves, which brought me to refer my species to the subgenus Atemnus. Chelifer intermedius is especially distinguished by the femur of the palps, being very high, in this respect unique among the South American Lamprochernes. The only difference of importance between the specimens, examined by me, and the type of Balzan, is, that the latter, as also indicated in the description of Balzan, has femur gra- 2210 hnulated farther up on the inner surface, even somewhat on the upper side, and tibia granulated on the upper surface, which is not the case with the rather numerous specimens I have examined. Chelifer communmis Balzan. 1890. Chelifer communis Balzan, Rev. d. Pseudoscorp., p. 416, tav. 13, fig. 4. 1902. » » » Ellingsen, Pseudoscorp. de l’Equat., p 167. Paraguay: Puerto Bertoni 2 specimens g (A. Bertoni de Winkelried); Argentine: Tala 5 specimens, 1 d, 4 €, very small; Brazil, Matto Grosso: Urucum 5 very small specimens 9 (Pr. A. Borelli). Subgenus 7rachychernes. No eyes. Generally two distinet transverse grooves on the cephalo- thorax. Hairs more or less clavate. Synopsîs of the South American species. 1. Hand with strong protuberances 1 - . Ch. armiger Balz. Hand without protuberances . i; ; ; 2 2. Fingers of palps about as long as sian or Toast : È 3 Fingers of palps much shorter, ca. */, of hand . j : 9 8. Fingers of palps nearly 1 ‘/, times longer than hand, palps with partly very long, clavate hairs . È . Ch. echinatus Ell. Fingers of palps about as long as hand, a little shorter or longer 4 4. Hand all over smooth and glossy . . Ch. nitidimanus Ell. Hand more or less granulated . . 1 : } é 5) 5. Body glossv, femur well-nigh 3 times as long as broga Ch. pa- tagonicus Tullgr. Body opaque above . È (j G. Femur slender, nearly 4 cai as mei as Dc cepliiathanee much longer than broad, in d': tergites dentated behind. Ch. segmentidentatus Balz. Femur broader, cephalothorax only a little longer than wide 7 7. Femur about 3 times as long as broad, cephalothorax as long as broad 3 : 3 . Ch. foliosus Balz. Femur about twice as a as br obi ; ° 8 8. Femur nearly parallelsided, outer side only siekos convex. Ch. Michaelseni Simor. Femur: outer side strongly convex Ch. brevifemoratus Balz. Cephalothorax with only one transverse groove, the base of the hand cordiform x 3 È . Ch. subrudis Balz. Cephalothorax with 2 \esziitenta grooves, the base of the hand rounded . 5 i 1° NO 10. Tibia very short, when the stalk is axdoptadi almost spheric. Ch. subrotundatus Balzan, D - = Tibia rather elongate . | ; ; oe dl ll. Femur short and broad, about Haibo as lode as broad) no whitish spots on the tergites : È È , Ch. crassimanus Balz. Femur more slender, about 2 ‘/, times as long as broad, with whit- ish spots on the tergites , È È : Ma, 12. Palps more slender, yellow hairs on the Her Frida è , Ch. albo- maculatus Balz. Palps less slender, no yellow hairs on the tergites. Ch. bicolor o Balz. Chelifer nitidimanus nov. sp. No eyes, distinct ocular spots. Body elongate-oval. Palps and cephalothorax before the posterior transverse groove dark brown, fingers more reddish, cephalothorax behind the posterior groove white with a small, semicircular, brown spot in the middle, tergites and sternites palish brown, legs pale greyish brown, the inter- stitial parts of the abdomen whitish. Cephalothorax as long as broad behind, gradually narrowing for- wards, the short frontal margin straightened; cephalothorax is di- stinctly granulated, opaque, yet a little glossy before the first groove ; two distinct transverse grooves, the anterior one about in the middle, the posterior one somewhat nearer to the hinder margin than to the anterior groove; very short, slightly clavate hairs. Abdomen: the tergites slightly granulated, somewhat glossy, divided longitudinally by a rather broad line, except the last one, that is un- divided; along the hinder margin of each selerite 3 hairs, on the la- teral margin one hair; these hairs are rather long, slightly clavate. Sternites not granulated, very slightly shagreened and very glossy, divided as the tergites, the hairs thick, somewhat dentate near the point, a single longer hair is left on the last somite. Palps moderately strong, a little shorter than the body, all articles on the under surface sm0042 and gl0ssy, trochanter and the proximal part ot femur slightly shagreened, the rest of trochanter and femur strongly granulated, tibia more slightly so, rather shagreened, hand round about smooth and very glossy, fingers as general smooth and glossy. On the inner side of trochanter and femur the hairs are slightly clavate, the other hairs of the palps are slightly dentate in the ex- tremity, on the fingers simple with some longer ones intermixed. Tro- chanter stalked, about as long as broad, the inner side strongly convex, the outer and upper sides a little swollen. Femur stalked, considerably shorter than cephalothorax, a little more than twice as long as broad, CLARE, the inner side slightly convex in the proximal part, slightly concave towards the extremitv, behind. somewhat widened from the base, very slightly convex along the outer side, in all almost equal in width throughout and very little narrowing towards the extremity. Tibia distinctly stalked, about as long and wide as femur, the outer side rather strongly and very regularly convex, the inner surface strongly convex. Hand a little longer than and ca. 1 '/, broader than tibia, from rather regularly rounded base equally and strongly convex on both sides, almost gradually running into the fingers. These are distincetly curvate, moderately strong, about as long as the hand or very little shorter. | Mandibles: galea very slender and short, with some fine teeth in and near the extremity on the under side. Legs on the outer side with short and slightly clavate hairs, on the inner side with dentate hairs. Claws simple. Measures: cephalothorax: long. 0,6; lat. 0,6; femur: long. 0,50; lat. 0,22; tibia: long. 0,44; lat. 0,23; hand: long. 0,50 ; lat. 0,36; fingers: long. 0,45 mm. Length: 2,4 mm. Î Brazil: Parà (Prof. Goeldi), January 1900, on the fruit of a plant. One specimen 9 with eggs on the under surface of the abdomen. This species is distinguished from all South American species of this subgenus by its smooth hand of the palps. Chelifer segmentidentatus Balzan. 1890. chelifer segmentidentatus Balzan, Rev. de Pseudos., p. 428, t. XV, f. 13. No eyes, ocular spots present. Cephalothorax, tergites and sternites of abdomen brown, palps red- dish brown, legs and the interstitial parts of abdomen greyish white. Cephalothorax: posterior half nearly parallelsided, anterior half roundly narrowing forwards, front margin rather straightened; cepha- lothorax considerably longer than wide, strongly granulated, opaque ; two strong transverse grooves, of which the anterior one is about in the middle and slightly convex in the central part, the posterior one much nearer to the hinder margin than to the anterior groove and rather straight. The hairs short, clavate, dispersed, yet there may be one or two rather regular rows of 4 to 5 hairs along the front margin. - Abdomen: the upper surface granulated, opaque, the last tergite entire, the rest divided longitudinally by a fine line ; along the hinder margin of the sclerites a row of short, but strongly clavate hairs; there may also be a row of less numerous. hairs before the hinder row; no long hairs on the posterior somites. The lower surface of ab- i 1 —a domen smooth and glossy, the sternites divided longitudinally like the tergites, with simple, pointed hairs. Palps of « full » specimens somewhat shorter than the body. Coxa smooth and glessy, with simple hairs; a little part of coxa near the front is, however, distinctly granulated, but as well very glossy ; the other articles of the palps are granulated, except the fingers and the under surface of the hand; the granulose parts are opaque to some- what glossy, fingers and especially the lower surface of hand very glossy. The hairs of trochanter, femur and tibia are short, strongly clavate, those of the hand partly clavate, partly serrated, those of the fingers simple, pointed, with some longer ones intermixed. — Tro- chanter distinctly stalked, a little longer than broad, the inner side slightly convex, behind with a low tubercle in the middle. Femur about as long as the hinder margin of cephalothorax, thus considerably shorter than the length of cephalothorax, stalked, 3-4 times as long as broad, the inner side nearly straight, behind a little widened near the base, the outer side being nearly straight or slightly convex, in all about of the same width throughout. "Tibia distinctly stalked, a little shorter and broader than femur, somewhat convex on both sides, on the outer side most convex towards the extremity, on the inner side most so near the base. Hand stalked, from somewhat oblique and truncated base on the outer side very slightly convex, on the inner side more strongly so, about as long as and a little (1 ‘/.) broader than tibia, a little longer than broad, gradually running into the fingers. These are curvate, only a little shorter than the hand. Mandibles: galea long, slender, at the extremity with some few, very small teeth. Legs: the outer side with clavate, the inner side with simple, pointed hairs. The femora of the two posterior pairs of legs very broad. Claws simple. Length: the largest specimen is scarcely attaining 2 mm. The described specimens are all of them females; according to Balzan the male is somewhat smaller, the hinder margins of the ter- gites of abdomen irregularly dentated (hence the name) and galea small, pointed and missing teeth. Paraguay: Puerto Bertoni 5 specimens 9 (A. Bertoni de Winkelried). In the specimens, on which this description is founded, the fingers are almost as long as the hand, while Balzan indicates, that a: are to be shorter than the hand, well-nigh 4:4 ‘/,. Chelifer crassimanus Balzan. 1890. Chelifer crassimanus Balzan, Rev. d. Pseudoscorp , p. 421, tav: XIV, f. 8, 9 No eyes, ocular spots present. n DM Body oviform. Cephalothorax before the posterior transverse groove, tergites and ternites brownish, palps, especially hand and fingers dark brown, cephalothorax behind the posterior groove yellowish white with a brown spot in the middle, the first tergite whitish, the sclerites being dissolved in brownish spots, legs and interstitial parts of abdomen whitish. Cephalothorax: posterior half nearly parallelsided, anterior half roundly narrowing, forwards front margin roundly truncated; cepha- lothorax a little longer than broad behind, strongly granulated, opaque; two strong transverse grooves, the anterior one about in the middle, slightly convex in the central part; from the middle of this transverse groove is running a broad, darker coloured, longitudinal groove for a distance forwards; the posterior groove straight, approaching more to the hinder margin than to the anterior groove. The hairs short, somewhat inclining, whitish, clavate. Abdomen: upper surface granulose, opaque, the last tergite entire, the rest divided longitudinally by a broad line or band; along the hinder margin of the tergites a row of short, clavate hairs, similar to those ot the cephalothorax; no longer hairs on the last somites. The under surface of abdomen smooth and glossy, the sternites divided as the tergites, with pointed hairs. Palps about as long as the body, coxa smooth and glossy with pointed hairs, the other articles of the palps distinetly granulated, even the fingers; yet, the moveable finger is rather shagreened and the lower surface of tibia nearly smooth; the upper surface of tro- chanter, femur and tibia opaque, of the hand and the fingers some- what glossy; the under surface of the palps glossy; especially the under surface of tibia and hand is very much so. Trochanter, femur and tibia on the inner side with short, slightly clavate hairs, on the outer side dentate hairs (most of them lost), hand on the inner side with long hairs, that are curvately bent forward and in the distal half slightly dentate; fingers with pointed hairs, some longer ones inter- mixed. Trochanter stalked, about as long as broad, the inner side strongly convex, behind with a low tubercle in the middle, above a little gibbous. Femur stalked, considerably shorter than cephalothorax, a little more than twice as long as wide, behind strongly widened from the base, the outer side slightly convex, the inner side in the first half slightly convex, in the second half slightly concave, in all only little narrowing towards the extremity. Tibia with a rather long and robust stalk, about as long as and only slightly broader than femur, the outer side regularly and moderately convex, the inner side more strongly convex, especially near the base. Hand stalked, some- su dba what longer than and nearly twice as broad as tibia, almost spheric, yet a little longer than broad, strongly convex on both sides, most strongly so on the inner side. Fingers curvate, considerably shorter than the hand. Mandibles: galea robust, moderately long, in and near the extre- mitv with 5 to 6 long teeth. Legs on the outer side provided with short, clavate hairs, on the inner side with pointed bairs. The femora of the two posterior pairs of legs distinctly broader than those of the anterior ones. Claws simple. Length about 2 mm. The males resemble the females, but are somewhat smaller, the upper surface of the hand more opaque, the fingers little shorter than the hand and are especially distinguished by the galea being very short, slender and pointed without teeth. Paraguay: Puerto Bertoni 2 specimens (A. Bertoni de Winkelried). Subgenus Chelifer sens. str. Two eyes. Cephalothorax generally with two transverse grooves. Hairs more or less clavate. Synopsis of the South American species. 1. Fingers about as long as hand . È 3 4 ; F è 2 Fingers much shorter than hand . ; 5 2. Femur very slender, much longer than dai the dai generally provided with an internal tooth, cephalothorax towards the sides with dispersed, stronger granules Ch. cancroides L Femur somewhat longer or shorter than cephalothorax, claws without tooth, cephalothorax with no stronger granules . 3 3. Coxa of palps granulated and opaque : : Ch. rufus Balz. Coxa of palps smooth and glossy ì a : 4 4. Femur slender, about 4 times as long as lirdaa, SE. be- hind the posterior groove in colour uniform with the rest of cephalothorax . I; : i Ch. Canestrinii Balz. Femur less slender, 3 Gintes as ione as broad, cephalothorax be- hind the posterior groove whitish with a brown spot in the middle . 5 ì 1 3 1 Ch. Germainii Balz. 5. Femur very robust, dhigat glio as long as broad Ch. rudis Balz. Femur less robust, about 8 times as long as broad Ch. exili- manus Balz- Femur slender, 4-7 times as long as broad Ch. longichelifer Balz. — 16 — Chelifer cancroides Li Brazil: Parà 1 specimen (Prof. Goeldi). This species, common throughout Europe and parts of North Ame- rica, has previously been taken in the most southern parts of South America: Cape Horn and Tierra del Fuego. It is generally found in houses; if this be the case with the single specimen from Brazil, is not indicated. Chelifer Canestrinii Balzan. 1890. Chelifer Canestrinii Balzan, Rov. d Pseudoscorp., p. 430, tav. XV, f. 14, Two eyes. Body elongate-oval. Palps and cephalothorax before the anterior groove reddish brown, behind this groove paler, tergites and sternites brownish, legs and interstitial parts whitish. Cephalothorax: posterior half nearly parallelsided, anterior half roundly narrowing forwards, front margin straightened; cephalothorax considerably longer than broad behind, distinctly granulated, some- what opaque; two strong transverse grooves, the anterior one about in the middle, the posterior one nearer to the hinder margin than to the former, both of them straight. Hairs short, whitish, clavate. Abdomen: the upper surface very minutely granulose, somewhat opaque, the last tergite entire, the rest divided longitudinally by a fine line; the few hairs left are short, thick, and somewhat clavate, the last somite with some longer hairs intermixed. The under sur- face of abdomen rather shagreened, somewhat glossy, the sternites divided as the tergites, hairs simple. Palps about as long as the body, coxa smooth and glossy, the other articles of the palps granulated, except the fingers, and somewhat opaque; fingers and some adjacent parts of hand smooth and glossy. — Trochanter, femur and inner side of tibia with slightly clavate hairs, outeryside of tibia and hand with dentate hairs, fingers with pointed hairs, some longer ones intermixed. — Trochanter stalked, a little longer than broad, the inner side strongly convex, behind nearly straight, above with a strong, rounded protuberance. Femur stalked, a little shorter than cephalothorax, about 4 times as long as broad, behind obliquely widened, the outer side very little convex, somewhat rounded near the extremity, the inner side straight. Tibia stalked, the outer side nearly straight, only somewhat rounded near the extre- mity, the inner side moderately and regularly convex; it is distinetly shorter, but scarcely broader than femur. Hand stalked, from rounded, almost regular base with the outer side nearly straight, only a litt.c — 17 — rounded towards the fingers, the inner side slightly convex, about as long as and a little broader than tibia. Fingers slightly curved, a little shorter than hand. Mandibles: galea small, with some small teeth at the extremity. Legs provided on the outer side with short, clavate hairs, on the inner side with pointed hairs. The femora of the two posterior pairs of legs a little broader than those of the anterior ones. Claws simple. Length ca. 2 mm. Brazil: Parà 1 specimen (Prof. Goeldi). The specimen is young and consequently somewhat more slender than usual; especially the hand is less broader in proportion to the tibia, than indicated by Balzan. LITERATURE. BaLzan, LuIGI. 1890. Revisione dei Pseuduscorpioni del bacino dei fiumi Pa- ranà e Paraguay nell'America meridionale. Ann. Mus. Civ. St. Nat. Genova, vol. 29. — — 1891. Voyage de M. E. Simon au Venezuela. Chernetes. Ann. Soc. ent. France, vol. 60. Dapay, Euc. 1887. von. Uebdersicht der Chernetiden des ungarischen National- Museums in Budapest. Term. Fiùzet. Vol. XII. ELLINGSEN, Epv. 1902. Sur la faune de Pseudoscor DI de l'Equateur. Mém. Soc. Zool. de France, Vol. XV. THO&kELL, TAMERLAN. 1877. Sobre algunos Aracnidos de la Republica Argentina. Periodico Zoologico, II. Tomosvaky, Ovon. 1882. A magyar fauna Alskorpidi. Magy. tud. Akad. math. term. tud. kòzl. XVIII. — — 1884. Adatok az Alskorpiòk ismeretéhez. Term. Fiizet., VIII. Dry; Ma LS Ras doca 371109 ss a PIO pae . alii » dha; ua Hic da, 71 pill pata hag alza i lat i via tt site TT uni i it Bitety cn ed in I CA MRI pi "a aria ‘A Pa % 10 ot STE a ina AU pero Foa aa i ‘dest RESTA MIA dh Uhetlfoer ilaria iinoipiapas i ala infinita moar de fwsaioe li naspassio8 bas galli si cante ‘Ba aci ide dad (Baio ‘doni Gi ae date ata tr, SE "x saltati vi adesioni: dint Ò - Vadgno 34 oa mint crinali A lid Garni into ri "ki greta ia hi de ratergti { ai - GU: PUAARILI ent: Lot PI WA CER 3 * LI : na leer ta ai URL sso Tia go 48 pieni grigi bbfiioa SUC inglese ESM ‘gta egitto "11, DPR LIL apro rritat, seen ar grad nainihà Fn attori PEREATAIECSÌ cecina # bet "SR; nach HicSori Lane Binda Intro = sstovi sin Re ni cune "9h RINSTRIONA lsup A iX fol. AO vpi Th; iphai, ti i Nat Mv» vii : sb psp dancin Ph ty Pepi lr, j pi 3 tati obesi ni si) A) SEICLRLI 180,90 La PAN ifiino DL ADUON fg ne dali è ENT? 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Zavattari, in occasione del quarto convegno zoologico nazionale che fu tenuto a Portoferraio, fece varie escursioni nell’isola d’Elba ed una a quella di Pianosa, raccogliendo un certo numero di Artropodi, tra cui i Miriapodi, Tisanuri, Termitidi ed Embiidi, dei quali segue più sotto l’elenco. Questo non è certamente ricco, perchè furono pochi i giorni e nemmeno completi, dedicati a raccogliere, e perchè la stagione primaverile per la raccolta dei Miriapodi è sempre poco favorevole; però non essendo per dette isole fino ad oggi nominata specie alcuna di Miriapodi, Tisanuri, Termitidi e Embiidi, credo non sia del tutto inutile la pubblicazione del seguente elenco. MIRIAPODI Chilopodi Lithobius fasciatus Newp. Varii esemplari giovani ed adulti dell’ Elba e di Pianosa. Questa specie si trova in tutta l’Italia continentale, ma fino ad ora non è stata segnalata per la Sicilia e la Sardegna. Scolopendra oraniensis Luc. Isola d’Elba e di Pianosa. Specie diffusa in tutte le isole del Tirreno, Spagna, Africa settentrionale, Italia meridionale. | 19, | Himantarium gabrielis (L.). Un esemplare dell’isola d’Elba. Specie di tutta.la regione paleartica. Stigmatogaster gracilis (Mein.). Alcuni esemplari & e 9 dell’isola d’Elba. Questa specie è stata in- dicata per l’Austria, Francia, Spagna, Algeria, Zante, nonchè per l'Italia continentale, Sicilia e Sardegna. Chaetechelyne vesuviana Newp. Isola d'Elba. Questa specie ha una larga distribuzione geografica come la precedente. Diplopodi. Diploiulus apenninorara (Bròl.). Una 9g dell’isola d’Elba. Comune nell'Italia continentale. Ophiiulus chilopogon (Latzel). Isola: di Pianosa e d’Elba. Conosciuta della provincia di. Pisa; ‘dove fu raccolta dal Cavanna in pochi esemplari, sui quali fondò la.specie il Latzel. Jalas sabBuliosus L. Isola di Pianosa. Specie diffusa in quasi tutta la regione paleartica;, europea. Strongilosoma italicum Latzel. Isola d’Elba. Questa specie si trova anche nell’ Italia continentale, Sicilia, Sardegna, Francia meridionale, Tunisia. TISANURI Ctenolepisma eiliata (Duf.) Una 9 dell’isola d'Elba. Specie indicata per la Liguria, Sicilia, Tu- nisia, Grecia. TERMITIDI Leucoter es lucifugus (Rossi). Isola d'Elba. Comune .nel, littorale mediterraneo. EMBIIDI Embia solieri Ramb. Isola d'Elba. Conosciuta di varie località del littorale mediterraneo: 2125 - Tip. P. Gerboae, via Gaudenzio Herrari, ., - Torino. BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino Vor. XX N. 502 pubblicato il 7 Luglio 1905 RES ITALICAE VI Dr. G. NOBILI Identità di «< Brachycarpus neapolitanus » Cano e « Palaemon biunguiculatus » Lucas. Il Dr. Gavino Cano descrisse nell’anno 1890 (1) una nuova specie di Decapodo del Golto di Napoli che chiamò Brachycarpus neapolitanus. Questa specie non venne più, che io sappia, segnalata in seguito nei varî lavori pubblicati sulla carcinologia del Mediterraneo. Recen- temente ne trovai un esemplare in una piccola collezione di Decapodi raccolti nel compartimento marittimo di Catania, che il Dr. FRANCESCO Magri di Paternò mi inviò per determinare. Questo esemplare, che descriverò in seguito, corrisponde esattamente alla breve descrizione ed in parte alla figura di Cano, così che non ebbi alcun dubbio che esso veramente appartenesse a questa rara forma. Ma proseguendo lo studio di questa forma venni a conoscenza che essa sia stata già descritta da H. Lucas nell’anno 1849, sotto il nome di Pa/aemon biunguiculalus (2). La descrizione che Lucas dà di esemplari raccolti nella rada di Bona e in quella di Oran, si adatta benissimo a questo esemplare, come pure indicano indubbiamente questa forma le figure 44 del telson (1) G. Cano Specie nuove 0 poco conosciute di Crostacei Decapodi del Golfo di Napoli. Boll. Soc. Natural. Napoli (I) Iv, 1890, p. 37, tav. IV, fig. 1. (2) Expl. Scient. Algérie. Anim. Art. Crust., p. 45, pl. 4, fig. 4. e uropodi e 4% del dattilopodite; non così chiara è invece la figura d’insieme. È strano che questa specie così ben distinta non figuri nel Prodromus Faunae Mediterraneae di CaRUs, come pure non è accennata nell’opera di HELLER. La forma e la disposizione dei denti sul rostro, la forma caratteri- stica delle zampe del secondo paio, i dattilopoditi biunguicolati, la forma del telson, tutti insomma i caratteri più importanti si corri- spondono, e non v’ha dubbio che le due specie sono identiche. Darò ora una descrizione dell'esemplare comunicatomi dal Dr. F. Magri, per completare quelle di Lucas e di Cano. Brachycarpus biunguiculatus (Luc.). 1849. Palaemon biunguiculatus Lucas. Expl. Scient. Algérie. Anim. Art. I, p. 45, pl. 4, fig. 4. 1890. Brachycarpus neupolitanus Cano. Boll. Soc. Natur. Napoli (1) Iv, p. 37 tav. IV, fig. 1. L’esemplare di Sicilia è lungo mill. 51 dall’apice del rostro all’estre- mità del telson. Lucas dà lunghezze di 55-60 mill.; l'esemplare tipo di B. neapotitanus misura 70 mill. Il carapace, senza rostro, è lungo mill. 11,5 nella sua linea dorsale. Il rostro, che oltrepassa con una breve porzione della punta lo scafocerite, è alquanto diretto in alto, senza però essere particolarmente ricurvo come in certi Palemonidi, ed è munito superiormente di 7 denti, dei quali i primi tre sono col- locati su) carapace, e il quarto sopra gli occhi. Questi denti sono acuti, coricati in parte e piuttosto lunghi, gli ultimi un poco più lunghi dei primi. La punta è acuta, priva di dente apicale, e subeguale all’ultimo «lente. Sul margine inferiore del rostro vi sono tre denti, un poco più esili e più staccati dal corpo del rostro che quelli superiori, e collocati fra l’ultimo e l’antipenultimo dente del margine superiore. Lucas e Cano danno lo stesso numero di denti. Cano però ne figura quattro in- feriormente, e la forma dei denti superiori e inferiori nella sua figura non corrisponde al vero. Il primo articolo del peduncolo delle antennule è lungo quanto i due seguenti presi insieme. Esso è molto dilatato ed appiattito verso l'esterno ed è armato di due spine, delle quali l’inferiore non raggiunge la metà dell’articolo, mentre quella terminale è molto forte ed oltre- passa l’estremità del secondo articolo. Il secondo ed il terzo articolo sono subeguali. 1 due flagelli lunghi delle antennule sono più brevi del corpo; il flagello corto è saldato col flagello lungo superiore per circa 15 articoli. Lo scafocerite è stretto ed allungato; la sua estre- mità anteriore è troncata, e superata dalla spina esterna assai robusta; i * il margine interno è denticolato per l’inserzione delle lunghe ciglia rossastre che lo adornano. La spina sul margine anteriore dell’arti- ‘colo che porta lo scafocerite è assai robusta. Gli occhi sono sferici; ‘corti e piuttosto grossi. La spina antennale è robusta, la spina epatica sotto di essa è ben sviluppata, acuta, ma assai più piccola. I maxillipedi esterni oltre- passano col loro ultimo articolo l’estremità del peduncolo delle antenne. Il primo paio di pereopodi supera con piccola parte del carpo l’estre- mità dello scafocerite. In questo esemplare il mero è lungo mill. 6,5, il carpo 5.3/,, la mano è lunga mill. 6,5; le dita sono notevolmente più lunghe della porzione palmare. I pereopodi del secondo paio sono assai robusti, ma più brevi della lunghezza del corpo; essi raggiungono colla estremità del carpo l’apice dello scafocerite. Essi sono interamente inermi. Il mero è subcilindrico, debolmente compresso ai lati, ed è lungo quasi il doppio del carpo. {In questo esemplare il mero è lungo 9 mill., il carpo 5). Alla sua estre- mità anteriore, ove trovasi l’incavo articolare i suoi angoli sono ben sviluppati, distinti e dentiformi. Il carpo è molto breve, obconico, il suo bordo anteriore è alquanto sollevato e provvisto di una incisione triangolare. La mano è compressa ma coi margini arrotondati, le dita piegano in dentro, così che il bordo inferiore della mano non è retti- lineo, ma ricurvo, come in certi Harpéilius. La palma è un poco più lunga delle dita (mill. 9,5 e 9). Le dita combaciano e portano peli sparsi e lunghi sulla superficie esterna, e peli brevi fascicolati ir ciuffi lungo il margine prensorio. Questo offre 3-4 denti e poi una linea sa- liente di colore corneo, fino all’apice. Gli apici si incrociano legger- ‘mente. Cano non diede una descrizione del secondo paio di pereopodi limi- tandosi a dire che essi « presentano presso a poco lo stesso modo di «conformazione del B. Audouinii ». Tale è realmente presso a poco il caso nell’esemplare e nella figura di Lucas, ma non è affatto il caso colla figura di Cano che rappresenta invece delle zampe come quelle di Br. Savignyi Bate, specie figurata da Bare sulla stessa tavola -dell’Audouini, ma distintissima. Tenendo però conto delle numerose inesattezze della figura, nel rostro, nella antenna, nei dattilopoditi, nel primo paio di zampe che inducono a far poco affidamento sulla figura stessa, credo che per la concordanza di tutti gli altri caratteri, e per la rassomiglianza reale colle zampe di Audowvini, le zampe del secondo paio fossero nell’esemplare del Golfo di Napoli come in questo dì Si- cilia e in quello dell’Algeria figurato dal Lucas, a meno che coll’età la. forma delle zampe non cambì. Le zampe delle paia seguenti sono slanciate e mediocri. Il propodite porta inferiormente 5-7 spinule. Il dattilopodite è armato di 2 ungui- CoA coli, dei quali quello inferiore è più breve e più stretto di quello superiore, ma pur sempre forte e visibile ad occhio nudo. Questo ca- rattere è ben rappresentato nella figura 4) di Lucas, mentre è erroneo. nella figura di Cano. Ù Il telson corrisponde alla figura di Lucas, san Sena la punta è acuta, mentre in detta figura è arrotondata, perchè assai probabilmente l’e-- semplare figurato era guasto. La punta è fiancheggiata da due spine per parte; delle quali l’interna è molto più lunga dell’esterna. Il dorso del telson porta due paia di spinule. La colorazione caratteristica con punticini rossi descritta da Lucas. è ancora visibile nell’esemplare di Sicilia conservato in formol. Il genere Brachycarpus fondato da BaTE per due specie: B. Audouini della Nuova Zelanda e B. Savignyi di Bermuda, è difficile a distin- guere da Palaemon. Se esso si differenzia nettamente da Leander per la sua spina epatica, si accosta d’altra parte per questo stesso. carattere a Palaemon, benchè la spina epatica sia collocata più in basso. Il carattere del doppio unguicolo ai dattilopoditi non è costante. nel genere, perchè se esso si riscontra in Br. Savignyi e biunguicu- Zatus non si ritrova in Audoviniî. Complessivamente però queste forme possono essere separate genericamente da Palaemon (1) per la loro vita marina, pel carpo del secondo paio di zampe breve, e per queste zampe stesse liscie, inermi e conformate su un tipo che ricorda più i Pontoniidi che i Palaemon di acqua dolce. G. Cano nel lavoro citato include nel genere Brackycarpus anche Palaemon Beauprésii e P. Petitthouarsii di Aupovin. Ciò è assoluta- mente erroneo perchè Palaemon Beaupresti è un Harpilius: P. Petît- Ihnouarsii è una Periclimenes ed entrambi appartengono alla famiglia. dei Pontoniidi. (1) Prendendo questo nome nel senso della maggior parte degli autori. Io. non posso accordarmi con quelli che trasferiscono il nome di Palaemon a Leander, e sostituiscono Bythinis a Palaemon, prima perchè le ragioni per questo cambiamento non mi sembrano assolute, e poi perchè Bythinis man- cante di spina epatica e branchiostegale parmi avere ugual valore generico che Paluemnon con spina epatica e senza spina branchiostegale e Leander senza. spina epatica e con spina branchiostegale. 2175 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino. JU i 202, \5U% BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino ver XX Pseudoscorpions from Italy and Southern France conserved in the R., Museo Zoologico in Torino By Epv. ELLINGSEN, Kragerò (Norway). The Pseudoscorpions described or only enumerated below have been collected for the most part by Dr. E. Festa and Dr. A. Borelli in some localities in Italy and in a single locality in Frarce, Vernet- les-Bains (Pyr. Or.). The principal Italian localities are: Colle delle Finestre, Boves, Grotta di Bossea and Colle Chapus (Alpe Marittime), all of them in the province of Cuneo, Piemonte. Chelifer cimicoides Fahbr. France: Vernet-les-Bains 2 specimens (Dr. A. Borelli). Chelifer lacertosus L. Koch. Length : 2,4 mm. Measurements :‘cephalothorax: long. 0,80; lat.:0,80; lat. 0,80 behind. Femur: long. 0,61; lat. 0,27. Tibia: long. 0,54 (stalk excepted 0,41); lat. 0,35. Hand.: long. 0,51; lat. 0,40. Fingers: long. 0,54 mm. Italy: San Sebastiano near Tortona in Piemont 6 specimens (Mr. della Beffa). Chelifer cancroides L. Italy, Piemont: San Sebastiano near Tortona 3 specimens (Mr. della Beffa); Torre d’Ovarda (valle di Lanzo) 1 specimen. Chelifer meridianus L. Koch. c: Length 3,1 mm; breadth 1,36 mm. Measurements.: .cephalothorax: long. 1,23; lat. 1,04 behind, Sua Femur: long. 1,17; lat. 0,32. Tibia: long. 0,96; lat. 0,37. Hand: long. 0,99; lat. 0,61. Fingers: long. 1,02 mm. g: Measurements: Femur: long. 1,10; lat. 0,29. Tibia: long. 0,80; lat. 0,37. Hand: long. 0,93; lat. 0,66. Fingers: long. 0,83 mm. Italy: Torre d’Ovarda (valle di Lanzo) 4 specimens. Chelifer subruber E. Simon. Length 2,2 mm. Measurements: cephalothorax: long. 0,80; lat. 0,83 behind. Femur: long. 0,72; lat. 0,24. Tibia: long. 0,69; lat. 0,27. Hand: long. 0,64; lat. 0,34. Fingers: long. 0,59 mm. Italy: Torre d’Ovarda (valle di Lanzo) 1 specimen. Obisium Leach. Subgenus Obistum s. s., with 4 eyes. Obisium sylvaticum C. L. Koch. 1837. Obisium sylvaticum C. L, Koch, Deutsch Crust. Myr. u. Arachn., 2 t.I. 1843. » sylvaticum C. L. Koch, Die Arachniden, X, p. 61, f. 794, 795. 1873. > sylvaticum C. L, Koch, L. Koch, Darst. europ. Chern., p. 59. ISTO.. sylvaticum C. L. Koch, Stecker, Chernet. Bòohmens, p. 15. 1879. » carcinoides Hermann, E. Simon, Arachn, France, VII, p. 56, pl! rx, E 1382. » sylvaticum C. L. Koch, Tòomoòsvary, Mag. faun. Alsk., p. 222, tab, LL, LI. 1887. » carcinoides Hermann, Daday, Chern. ung. Nat. Mus., p. 187. 1902. » sylvaticum C. L. Koch, Richters, Fauna Umg. Frankfurt, p.16. non: 1855. » sylvaticum Cc. L. Koch, Menge, Scheerensp., p. 26, tab. IV, f. 3. 1892. » sylvaticum C. L. Koch, Cambridge, Brit. False-Scorp., p. 214, pi Bsif: 7: Two large eyes on each side, about ‘/, diameter from each other and the anterior one scarcely one diameter from the front margin. Cephalothorax and abdomen dark olivaceous brown, mandibles and palps dark reddish brown, legs pale reddish. Cephalothorax about as long as broad, nearly parallelsided, before the eyes a little narrower, front margin slightly convex, in the middle a little depressed and provided with a distinet tooth; smooth and glossy with dispersed, pointed hairs. Abdomen smooth and glossy with long, pointed hairs in rows a little before the hinder margins of the sclerites. Palps a little longer than the body, when the abdomen is contract- LEVI: ROS ed, slightly shagreened on some parts of coxa, trochanter, femur, tibia and hand, or smooth except the hand, always glossy. The hairs of femur are a little longer on the inner side than on the outer side; the other hairs of the palps about of equal length. — Trochanter with a very short stalk, very little longer than broad, the inner side ra- ther strongly convex, the outer side with a low tubercle about in the middle. Femur long, about 1 ‘/, times as long as cephalothorax, no dis- tinct stalk, gradually widening from the base to the extremity, the inner side very slightly convex in the greater central part, the outer side nearly straight, only a little rounded at the base and the extre- mity. Tibia with a distincet stalk, much shorter than femur, the outer side slightly and rather regularly convex, the inner side somewhat abruptly widened from the stalk and then very slightly convex; the membrane passing about '/, backwards, the stalk excepted. Hand dis- tinctly stalked, from somewhat oblique base on the outer side mode- rately convex, on the inner side considerably more strongly so, about as long as tibia. Fingers very little curved, about as long as hand, on the inner margins with numerous, small teeth, sitting close to- gether; on the fixed finger these teeth are acute and triangular, of equal height, on the moveable one they are also uniform, but low and truncated. Mandibles very robust, the moveable finger with a very strong, rounded tubercle at the rounding of the point. Legs moderately long, with pointed hairs. The femora of the two posterior pairs of legs very broad. Coxa of the first pair of legs at the outer corner with a strong, dark point, the median corner rounded with some very small teeth. The claws simple. Length ca. 3 mm., but abdomen is much contracted. Measurements: Cephalothorax: long. 0,96; lat. 0,96. Femur: long. 1,28; lat. 0,20. Tibia: long. 0,98; lat. 0,37. Hand: long. 1,09; lat. 0,61. Fingers: long. 1,06 mm. Italy: Pado la Cadore 2 specimens (Dr. Festa). Obisium dumicola C. L. Koch. 1837. Obisium dumicola C. L. Koch, Deutschl. Crust., Myr. u. Arachn., 2 t. I. 1843. » dumicola C. L. Koch, Die Arachniden, X, p. 64, f. 797. 1873. » dumicola C. L. Koch, L. Koch, Darst. europ. Chern., p. 62. 1879. » dumicola C. L. Koch, E. Simon, Arac. Fr., VII, p. 55, pl. x1x, £.9. 1882.» dumicola C. L. Koch, Tomòsvary, Mag. faun. Alskorp., p. 226, tab. Iv, f. 4. 21882. » carcinoides Hermann, Tòmoòsvary, Mag. faun. Alskorp. p. 232, * tab, 1v; fia) 1887, » dumicola C, L. Koch, Daday, Chern. ung. Nat. Mus., p. 187, eg glo Two eyes on each side, scarcely ‘/, diameter from each other, the anterior one scarcely one diameter from the front margin. Cephalothorax and abdomen dark olivaceous brown, palps pale red- dish with the fingers a little darker, legs greyish white. Cephalothorax a little longer than wide, nearly parallelsided, before the eyes a little narrower, front margin slightly convex, in the middle with a small tooth; smooth and glossy with dispersed, pointed hairs. Abdomen smooth and glossy with long and pointed haîrs along the hinder margins of the sclerites. Palps a little longer than the body, when abdomen is contracted, smooth and glossy, except the hand, this being very slightly sha- greened. Femur with longer hairs on the inner side than on the outer side, the other parts of the palps with rather equal hairs. — Tro- chanter with a short stalk, a little longer than broad, the inner side slightly convex, the outer side with a low tubercle about in the middle. Femur with a short, but distinct stalk, about 1 '*/, as long as cephalo- thorax, nearly parallelsided, somewhat curvated upwards în the central part, the inner side being slightly convex in the ‘middle, the outer side slightly concave. Tibia with a distinct and robust stalk, some- what shorter than femur, the outer side moderately and ‘regularlv convex, the inner side strongly and abruptly widened from ‘the stalk, the greater central part being nearly straight; the membrane passes nearly midway backwards, the stalk excepted. Hand with a short stalk, from somewhat oblique base on the outer side slightly convex, on:the inner side very strongly so, gradually passing into the fingers. These are slightly curved, about as long as the hand, on the inner margins with numerous, small teeth, sitting close together, on the fixed finger these teeth are acute and triangular, of equal lieight, on the :moveable one they are also uniform, but low and truncated. Mandibles: the moveable finger with a strong, rounded tubercle at the rounding of the point. Legs moderately long. with pointed hairs. The femora of the two posterior pairs of legs broad. Coxa of the first pair of legs at the outer corner with a dark point, along the front margin and the rounded, mediane ‘corner with small teeth. Claws simple. Length ‘ca. 2;25 mm., ‘but abdomen was much. contracted. Measurements: Cephalothorax: long. 0,80; lat. 0,609. Femur: long. 0,96; lat.'0,24. Tibia: long. 0,64; lat. 0,32. «Hand: long. 0,80; lat. 0,48. Fingers: ‘long. 0,77 mm. Italy: Pado la Cadore 5 specimens (Dr. Festa). Obisium fuscimanum C. L. Koch. 1843. Obisinm fuscimanum €. L. Koch, Die Arachniden, X, pi 63, f. 796. 1873. » fuscimanum C. L. Koch, L. Koch, Darst. europ. Chern., p. 60. 1875. » fuscimanum C. L. Koch, Stecker, Chernet. Bihmens, p. 15. Two very large eves on each side, about ‘/, diameter from each other, the anterior one scarcely one diameter from the front margin. Cephalothorax, abdomen and hand of palps olivaceous brown, ce- phalothorax with a darker longitudinal band in the middle, palps (the hand excepted) and mandibles pale rosy, legs grevish white. Cephalothorax a little longer than broad, nearly parallelsided, be- fore the eyes a little narrower, the upper surface more strongly vaulted than usual, front margin slightly convex, in the central part some- what depressed, but without a tooth; smooth and glossy, with some dispersed, long and pointed hairs. Abdomen smooth and glossy with some long and pointed hairs along the hinder margins of the sclerites. Palps about as long as the body, when the abdomen îs contracted, smooth and glossy, except the hand, being slightly shagreened. The hairs of the inner side of femur somewhat longer than those of the outer side, the other hairs of the palps rather equal in length. — Trochanter with a short stalk, little longer than wide, the inner side convex, the outer side with a low tubercle near the extremity. Femur stalked, longer than cephalothorax, somewhat curved upwards and forwards, nearly parallelsided, behind somewhat widened from the stalk, the outer side distinetly concave, the inner side slightly convex. Tibia stalked, much shorter than femur, the outer side slightly and regularly convex, the inner side slightly and gradually widened from the stalk, the inner side being nearly straight; the membrane pas- sing about midway backwards, the stalk excepted. Hand with a short stalk, from somewhat oblique base on the outer side moderately convex, on the inner side very strongly so, a little longer than wide, gra- dually passing into the fingers. These are a little longer than the hand, very little curved or nearly straight, on the inner margin ot the fixed finger with robust, triangular, acute teeth, in the distal half alternately high and low, in the proximal half becoming lower and of more equal height; the teeth are not sitting close together, but separated from one another about as much as a tooth’s breadth, the proximal teeth, however, being somewhat nearer to each other. On the moveable finger the teeth of the distal one third part are very slender and pointed, of equal height and separated more than a tooth’s width from one another, proximally the teeth are growing lower and lower, more indistinct, at last quite vanishing. colli A iandibles: the moveable finger with a strong tubercle at the round- ing of'the point. Legs moderately long, with pointed hairs. The femora of the two posterior pairs of legs very broad. Coxa of the first pair of legs at the outer corner with a small, brown point; the inner corner is without a point, but is somewhat angular with some very small and fine teeth. Claws simple. Length ca. 2,6 mm., but abdomen is contracted. Measurements: Cephalothorax: long. 0,80; lat. 0,77. Femur: long. 1,17; lat. 0,30. Tibia: long: 0,80; lat. 0,32. Hand: long. 0,80; lat. 0,64. Fingers: long. 1,00 mm, Italy: Pado la Cadore 2 specimens (Dr. Festa). According to the description of L. Koch, the hand is to be as long as wide and 3 times as broad as tibia, and the fingers as long as the hand. This does not agree with the specimens, described above, but I think, that these differences are too small to justify the making of a new ‘species. Eug. Simon has described an Italian species: Obi- sium Doderoi, with the hand coloured in the same manner as the above species; this is to have the coxa of the first pair of legs on the inner corner produced into a point and the hand « longe ovata » and smooth: certainly an allied species. — The most characteristic thing in the species, described above, besides the colour of the hand, is the construction of the teeth of the inner margins of the fingers of palps, different from that of all species of Obisium, known to me, but in this matter neither Koch nor Simon are mentioning anything. Obisium sublaeve E. Simon. 91874. Obisium dolicodactylum Canestrini, Osserv. aracn , p. 229. ' 1879. » sublaeve E. Simon, Arachn. France, VII, p. 60. ? 1885. » dolicodactylum Canestrini, Chernet. italici, fasc. XIX, N. 5, t.5. Two large eyes on each side, about 4/, diameter from each other, the anterior one about one diameter from the front margin. Cephalothorax and the somites olivaceous brown, the tergites often ‘very. dark, palps pale reddish, fingers a little darker, legs yellowish white. I Cephalothorax distinctly longer than broad, nearly parallelsided, before the eyes somewhat narrower, front margin slightly convex, in ‘the middle somewhat depressed with a very distinct tooth; smooth and glossy with some dispersed, pointed hairs.' Abdomen smooth and glossy with partly very long and pointed hairs in rows, situated somewhat removed from the hinder margins of the sclerites. Palps about as long as the body, smooth and glossy, the hand may, however, be very minutely shagreened, especially on the upper surface, and the hairs are situated, particulary on the femur, on rather distinct granules. On femur and tibia the hairs of the inner side are considerably longer than those of the outer side, on the other articles they are almost equally long. Trochanter with a very short stalk, a little longer than broad, the inner side distinctly convex, the outer side with a low tubercle near the extremity. Femur a little longer than cephalothorax, with a very short stalk, nearly parallelsided, the central part slightly curved forwards and upwards, the inner side, accordingly, being slightly convex, the outer side sligtly concave. Tibia considerably shorter and scarcely broader than femur, distinctly stalked, the outer side slightly and regularly convex, the inner side a little widened from the stalk and then very slightly convex or nearly straight; the membrane passing about */, backwards. Hand with a very short stalk, from somewhat oblique base on the outer side very little convex, on the inner side strongly convex, almost gradually passing into the fingers. These are slender, slightly curved, much longer than the hand, on the inner margins with numerous, small teeth, sitting close together, on the fixed finger acute and triangular of equal height, sometimes, however, with some few higher ones, irregularly dispersed; on the moveable finger the teeth are uniform, low and truncated. Mandibles robust, the moveable finger a little thickened at the rounding of the point. Legs moderately long, with pointed hairs. The femora of the two posterior pairs of legs very broad. Coxa of the first pair of legs at the outer corner with a dark, sometimes very long, point, at the inner corner with a smaller, but distinct, pale point. Claws simple. Length of the largest specimen 3,5 mm., but the abdomen was much contracted. Measurements: Cephalothorax: long. 1,09; lat. 0,80. Femur: long, 1,12; lat. 0,26. Tibia: long. 0,80; lat. 0,30. Hand: long. 0,83; lat. 0, Fingers: long. 1,25 mm. Italy: Colle delle Finestre 15 specimens; Colle Chapus 2 specimens; Rapallo (Liguria) 1 specimen; Torre d’Ovarda (valle di Lanzo) 1 spe- cimen. France: Vernet-les-Bains 3 specimens (Dr. A. Borelli). It is possible, that E. Simon’s 0. sublaeve may be identic with Canestrini’s 0. dolicodactylum, what Canestrini himself is thinking, and then the last name would have the priority. The above specimens are, however, agreeing more with Simon’s description than with the description, which Canestrini has given of his species, this having the fingers still longer, nor does Canestrini mention the little tooth s- g as at the inner coriùer of the coxa of the first pair of legs, a charaete- ristic feature of a small group of Obisium. The specimens from France are somewhat questionable; they are very small and young; the tooth of the inner corner of the coxa of the first pair of legs is very minute or nearly absent, but they are, notwithstanding, probably young ones of this species. Subgenus Roncus with 2 eyes. Gbisium lubricum L. Koch. 1873. Roncus lubricus L. Koch, Darst. europ. Chern., p. 44. 1875. | » lubricus L. Koch, Steeker, Chern. Bòhmens, p. 12. 1879. Obisium Cambridgei L. Koch, E. Simon, Arachn. France, VII, p. 64, pì. xvi, tf. 26. 1884, Roncus lubricus L. Koch, Canestrini, Chernet. ital., fasc. X,N, 4, t. 4. 1392. » lubricus L. Koch, Cambr., Brit. False-Scorp., p. 217, pl. B, t. 10. non:1882. » lubricus L. Koch, Tòomòsvaàry, Mag. faun. Alsk., p. 215, t. Ill, tf. 1-4. Two small eyes, one on each side, more diameters from the. front margin. Cephalothorax and palps reddish brown, tergites and sternites oli- vaceous brown, the upper and lower surface of abdomen with numerous whitish spots, giving a marmorated appearance, legs whitish. Vephalothorax distinetly longer than broad, somewhat broader behind than in the anterior part, the lateral margins slightly convex, ‘tront margin somewhat convex, in the middle a little depressed with a rather strong tooth; smooth and glossy with dispersed, pointed hairs. Abdomen smooth and glossy, with very fine, transversal stripes, along the hinder margins of the sternites and tergites provided with -poiuved hairs. ‘The integument of the lateral surface between the upper and lower surface granulated. Palps about as long as the body, moderately robust, glossy. Tro- chanter minutely granulated before and above, the rest smooth; femur distinctly granulose on the anterior surface and most part of the upper surface; tibia minutely granulated on the inner surface; hand minutely granulated, except near the base; fingers smooth. ‘The hairs of the palps pointed, longer on the inner side than on the outer one. — Tro- chanter with a short stalk, a little longer than broad, the inner side slightly convex, behind with a small, low tubercle in the middle. ‘Femur with distinet stalk, about 3 times as long as broad, about as long as cephalothorax, the inner side in the proximal half very slightly : sy 9 " coivex, in the distal half very slightly concave; or the whole innér side nearly straight, behind from the stalk gradually inereasing in width, the outer side nearly straight or even a little concave in the middle. Tibia with a long stalk, distinetly shorter than femur and a little broader, the stalk excepted somewhat longer than broad, the outer side regularly and strongly convex, the inner side somewhat swollen and convex near the base, towards the extremity somewhat attenuated, sometimes rather concave, the upper surface flattened, below strongly convex. Hand with a distinet stalk, from rounded base on the outer side moderately convex, on the inner side more strongly so. Fingers distinctly longer than hand, but somewhat differing in this respect in the different specimens, rather robust, distinctly curved, on the inner margins with numerous, minute teeth, sitting close t0- gether, on the fixed finger obliquely triangular, on the moveable one truncated. Mandibles: the moveable finger nearly twice as long as the trunk, measured laterally, with a very little conspicuous protuberance at the rounding of the point. Legs with pointed hairs. The femora of the two posterior pairs of legs, especially those of the last pair, much broader than those of the two anterior ones. Coxa of the first pair with a distinct, brown point at the outer corner. Claws simple. Length ca. 3,5 mm. Measurements: Cephalothorax: long. 0,76; lat. 0,65. Femur: long. 0,79; lat. 0,24. Tibia: long, 0;67 (thereof the stalk 0,12); lat. 0,31. Hand: long. 0,63; lat. 0,47. Fingers: long. 0,74 mm. One of the femora of the last pair of legs: long. 0,72; lat. 0,27 mm. Italy: Colle delle Finestre 15 specimens; Boves 1 specimen. France: Vernet-les-Bains 17 specimens (Dr. A. Borelli). The specimens from Vernet-les-Bains are very small, the tooth of the front margin of cephalothorax very minute, sometimes absent, the granulation of femur less strong and, particularly on the upper sur- face, less dense than in the animals from Italy. 5 Subgenus: 5B/0//47us, no eyes. Obisium Torrei È. Simon. 1881. Obisium (Blothrus) Torrei E. Simon, Deser. nouy: esp. d'Obisium, p. 299. No eyes. Colour: the whole animal pale yellowish. Cephalothorax nearly twice as long as broad, nearly ‘parallelsided, still a little wider in that region where the eyes, if present, should have been situated; in this place cephalothorax is a little swollen, and the hair, generally found near the eye in Obisium, is present; about at the middle of cephalothorax there is a distinet lateral contraction, and close before the hinder margin is found a very conspicuous, trans- versal, groovelike depression with still stronger, lateral contraction. The front margin is slightly convex, with no tooth in the middle; the surface of cephalothorax is somewhat glossy and nearly smooth with dispersed, rather strong, pointed hairs. Abdomen is dried up. Palps very long, smooth and glossy, except the inner side of femur, which is very dispersedly and very minutely granulose. The hairs of the palps are on the inner side somewhat longer than on the outer side. — Trochanter with a very short stalk, much longer than broad, the inner side slightly convex, the outer side nearly straight. Femur without a visible stalk, very slender, very slowly increasing in width from base to extremity, the inner side nearly straight, the outer side nearly straight too, only slightly convex next to the extremity. Tibia with a curved stalk, somewhat shorter than femur, from the stalk very slowly increasing in width in the proximal half, in the distal half widening somewhat more strongly, the inner side nearly straight, the outer side in the proximal half very slightly concave, towards the extremity slightly convex. Hand with a short stalk, about */, of the length of tibia and somewhat broader, the outer side nearly straight, the inner side slightly convex, in all rather equal in breadth throughout, very little attenuated towards the base. Fingers nearly twice as long as hand, somewhat curved, on the inner margins with numerous, minute, somewhat truncated, equal teeth. Mandibles: the moveable finger not swollen at the rounding of the point, somewhat longer than the trunk. pa ., Legs long, with pointed hairs. Coxa of the two anteriof pairs of legs with a small, brown point at the outer corner; the femora of the two posterier pairs of legs narrow. . Claws simple. Length: somewhat more than 3 mm., but abdomen is dried up and contracted. The width of abdomen seems to have been about equal to that of cephalothorax. Measurements: Cephalothorax: long. 1,31; lat. 0,72 (in the region where the eyes should have been). Trochanter: long. 0,80; lat. 0,24. Femur: long. 1,76; lat. near the extremity 0,24. Tibia: long. 1,60; lat. near the extremity 0,32. Hand: long. 1,07; lat. 0,40. Fingers: long. 1,92 mm. Italy: Grotta di Bossea (prov. Cuneo) 1 specimen (Dr. A. Borelli). According to the description of E. Simon, the animal was to have eta the hand minutely shagreened, what I have not been able to find in the above specimen, but there is some minute and dispersed granula- tion on the inner side of femur. This is a very rare species, previously found only in the Grotta d’Oliero, near Bassano, in the North of Italy. Chthonius C. L. Koch. Subgenus ChMROnius s. s. with 4 eyes. Chthonius tenuis L. Koch. 1873. Chthonius tenuis L. Koch, Darst. europ. Chern., p. 51. 1875. » tenuis L. Koch, Stecker, Chernet. Bòhmens, p 14. 1879. » tenuis L Koch, E. Simon. Arachn. France, VII, p. 72. 1892. » tenuis L. Koch, Cambridge, Brit. False-Scorp.. p. 211, pl. A, f. 17. Two eyes on each side, the anterior one scarcely one diameter from the front margin, the posterior one a little more than a diameter from the former, still the distance may differ. The anterior eye is always developed with distinet cornea, the posterior eye is often in- distinct, sometimes even being covered by skin, distinctly shagreened like the rest of the surface of cephalothorax, there is, however, always seen a shining spot. Colour: on larger specimens cephalothorax and the somites of ab- domen are dark brown, palps more palish brown, uniformly coloured, on smaller specimens cephalothorax and somites are often olivaceous brown and the hand of the palps darker than the rest of the palps. Abdomen has often numerous, round, whitish spots. Cephalothorax: length about equal to breadth in front, somewhat attenuated backwards with the lateral margins a little convex, the proportional between the width in front and behind being about 1,3 (this proportional in a specimen of Chth. Rayi being ca. 1,5), front margin nearly straight, only a little rounded at the lateral corners, the central part straight and provided with numerous, minute teeth; minutely shagreened and glossy. The hairs strong, pointed, situated especially along the front and the lateral margins. Abdomen: tergites and sternites distinctly and transversally striped, glossy, with hairs like those of cephalothorax. Palps glossy, shagreened above and below, excepting trochanter and the lower surface of femur, being smooth; the inner side of femur provided with long hairs, the outer side with shorter ones, the other hairs of the palps about equal. — Trochanter with a very short stalk, the inner side strongly convex, the outer side very concave. Femur — a considerably longer than cephalothorax, with a distinet, but short concavity on the inner side near the base, nearly equal in width, only a little enlargened, especially on the outer side, next to the extremity. Tibia in the shape of an oblique chalice, on the upper surface with a fine, dark stripe. Hand on the inner-lower side somewhat widened at a little distance from the stalk, the base, in general, being roundish, the inner and outer sides nearly straight or very slightly convex, obliquely attenuating towards the fingers. ‘These are much longer than the hand, very slender, seen from above quite straight, but looked at laterally, the moveable finger is slightly convex and the fixed finger slightly curved like a '—, both of them strongly curved towards each other in the extremity; the fixed finger may sometimes be a little longer than the moveable one; the fixed finger has on the inner margin a row of teeth, separated from each other, acute, obliquely triangular, decreasing in height and regularity towards the base; the teeth of the moveable finger are much lower, more oblique, more inclining backwards and gradually vanishing in the basal half. Mandibles above distinctly shagreened (nearly granulated), the moveable finger a little shorter than the trunk, with a conspicuous tooth at the rounding of the point. Legs with numerous, pointed hairs. ‘he femora of the two po- sterior pairs of legs very broad. Claws simple. Length 2,3 mm. . Measurements: cephalothorax: long. 0,64; lat. in front 0,64, behind 0,48. Mandibles: 0,64. Femur: long. 1,04; lat. 0,19. Tibia: long. 0,40; Jat. 0,22. Hand: long. 0,51; lat. 0,32. Fingers: long. 1,04 mm. Italy: Colle delle Finestre 28 specimens; Boves 8 specimens (Dr. A. Borelli). Chthonius Rayî L. Koch. Italy: Colle delle Finestre 1 specimen (Dr. A. Borelli); Bari 1 spe- cimen (Dr. Cognetti). Chthonius tetrachelatus Preyssler. Italy: San Sebastiano near Tortona 1 specimen, taken in a cave (Mr. della Beffa). [III PI E II NE STTS =.13 + BIBLIOGRAPHY CamBrIDGE, O. P. 1892. On the British Species of False-Scorpions. — Proc. Dorset Nat. Hist. & Field Club. Vol. XIII. CANESTKINI, G. 1874. Osservazioni aracnologiche s. la fauna ital. — Att. d. Soc. Veneto-Trentina sc. nat., Padova, Vol. III. _ — 188485. Chernetlides italici. — A. Berlese: Acari, Myriopoda et fcorp. huc. in Italia rep., fasc. X et XIX. Dapayr, EuG. von. 1887. Uebdersicht der Chernetiden des ungarischen National- Museums in Budapest. — Term. Fuùzet. Vol. XI. KocH, C. L. 1837. Deulschlands Crust., Myriap. und Arachniden. — — 1843. Die Arachniden. X. Koc, L. 1873. Uebersichtliche Darstellung der europdischen Cherneliden (Pseudoscorpione). Nùrnberg. Muwncek, A. 1855, Ueder die Scheerenspinnen, Chernetidae. — N. Schr. d. naturf. Gesellschaft zu Danzig. V. RicHtExs, Ferd. 1902. Beitrdge zur Kenntniss der Fauna der Umgebung von Frankfurt a. M. — Bericht d. Senckenberg. naturforsch. Gesellsch. in-Fr. a. M. VI. Simon, Eug. 1879. Les Arachnides de France. VII. _ — 1881. Descriptions de deux nouvelles espèces d’Obisium anophthalmes du sous-genre Blothrus. — Ann. Mus. Civ. St. Nat. Genova. XVI. STECK&R, A. 1875. Zur Kenntniss d:r Chernetidenfauna Bòhmens. — Sitzungs- ber. d. Kgl. bòhm. Gesellsch. d. Wissensch., Prag. Tomosvaky, voy. 1882. A magyar fauna Alskorpidi. — Magy. tud. Akad. math. term. tud. kòzl., Budapest. XVIII. meri i Ù Sta i. © VIBO) s Lite Bho, WiLD a É subb dint, ‘Al the haso, Nearly. 60 casi la, * 4h a 51 gia liy uy phe-o0 tor 400, dx to the AA NETtTI | Ti (UO: DOALE o, Gti 4 nuer soatbai eo (pill I (GW sIMa d somogrbat i o bpse)in pinaral, belgi ti ( 1 yi \eht (Fi stightlo, YHSAAO0LIHIS Quito «traieht cA9 — PACEROIA AZIO Bian Ati Ani or 08 vbdbi SURE o 10 Dei det eye dont si Li 1 al 0 LEE iti sà altargotottà gn Hier VET ua Albion arbbaff vani (ne ranitii? tali tion? te abogoitvM itanA' reolsofi LA Ao aspra i8 i8Bt, ZI i0- 0801 (osta ilagi ci. nori tnadotiangne 19D Lapibpssd i) ed adianaati.TARI L"9t Li So dario — da Ganbua IeR Psr bifivontà "Bio april daro ban Log\ase( Qi LI MISS) LASTRE n° Me A AR RELA IL Atto ot” «Sb uo ato 50 TALI dt: Ì miuodarbti .{ [asodaptonagiiina ; sbodart de cata LR LETO ratio sz bd vidal ù vi n f la ita Cura, finstoglioè 1 noti gine ifialitsti: pag Cat | ani iL Magie ia SOR dogleroD dprucitgianiziodoezanot b. drinivai: — Mk: uo sIIV ,vostbcà sb sabiadonni NRE «T8L * mnsuipri dicon sis: 0075 angina rst Riad sf peroni chel «18 SIVZ avone0) «io 18 .vi0 Lan LunA — Liamutto)& auns repiirsttz — LemssitA tt DADDYNSD AI64C4 ro h'ratada AR 18 rt doenoasiV/..b .doellan0eò)@ «mdod gti badi bui gaelé — BRITA RAT APR, LO 8885 E (07% f sten adi ai i — ce b va Pool, degno. 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SO4 pubblicato il 25 Luglio 1905 Prof. Lorenzo CAMERANO Osservazioni intorno al CHORDODES FESTAE Camer. Il Chordodes Festae venne da me descritto nel 1897 (1) soltanto sopra alcuni esemplari maschi raccolti dal dott. E. Festa a Cuenca nell’E- cuador. Recentemente il Museo Zoologico di Torino ha ricevuto parecchi Gordii maschi e femmine stati raccolti a Merida nel Venezuela che appartendo alla specie sopra indicata mi concedono di completarne la descrizione. Maschi: Lungh. m. 0,084, largh. m. 0,0005 — Lungh. m. 0,105, largh. m. 0,0005 — Lungh. m. 0,115, largh. m. 0,0005 — Lungh. m. 0,145, largh. m. 0,001 — Lungh. m. 0,165, largh. m. 0,001 — Lungh. m. 0,170, largh. m. 0,001 — Lungh. m. 0,175, largh. m. 0,001. Femmine: Lungh. m. 0,210, largh. m. 0,0015 — Lungh. m. 0,230, largh. m. 0,0015 — Lungh. m. 0,233, largh. m. 0,0015 — Lungh. m. 0,245, largh. m. 0,0015 — Lungh. m. 0,295, largh. m. 0,0017. La colorazione di questi esemplari è in complesso più scura nei maschi che non nelle femmine; quantunque in tutti due i sessi si possano trovare esemplari brunicci chiari e bruno neri secondo il ben noto policroismo dei gordii. Nelle femmine l’estremità anteriore e l’estremità posteriore sono spiccatamente più chiare. Nei maschi si osserva la stessa cosa; ma in modo meno spiccato. Non vi è collare nero. (1) Boll. dei Mus. Zool. e Anat. Comp. di Torino, vol. XII, n. 293 (1897) confr. anche la mia « Monografia dei Gordii » Mem. R. Accad. Sc. Torino, Ser. II, vol. XLVII, 1897, pag. 386, tav. III, fig. 38. 9 È è au dt 4 y 4 3 ; d°° s I caratteri dello strato esterno della cuticola sono nei sopradetti individui maschi come in quelli tipici; varia tuttavia l’aspetto della cuticola stéssa secondo il grado più o meno inoltrato della chitiniz= zazione e del colore scuro di essa. Nelle femmine lo strato cuticolare esterno è foggiato sullo stesso piano di quello dei maschi. Ho osservato tuttavia che nelle areole mediane dei gruppi più scuri delle areole papillari si trovano; sopra- tutto lungo le linee longitudinali del corpo, dei ciufti di produzioni pi- liformi rifrangenti di lunghezza varia; talvolta anche notevolmente lunghi. i Tenendo conto del fatto che questa specie ‘venne trovata a Cuenca (Ecuador) e a Merida (Venezuela) si può supporre che essa sia sparsa nella porzione settentrionale della catena Andina. “rn L ) : " î ida pi « 3 vi deb DI 3 a ud Sanita Me 2226 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino. BOLLETTINO — Musei .di Zoologia ed ‘Anatomia comparata della R. Università di Torino N..3©O5 pubblicato il 25 Luglio 1905 Vor. XX Prof. Lorenzo CAMERANO -Gordii «dei Pirenei. Intorno ai Gordii dei Pirenei si hanno scarsissime notizie. A. Villot (1) ‘attribuisce al Go? ‘dius subareolalus « un peloton d’individus males pro- “venant de Baréges (Hautes- Pyrénées) ». Nella sua « Revision des Gor- diens (2) cita gli stessi individui col nome di Gordius aquaticus Duj., avendo riconosciuto il suo Gordius subareolalus come sinonimo di questa seconda specie. Recentemente il dott. cav. Alfredo Bor elli in un viaggio fatto nel- l'estate del 1903 nel versante francese dei Pirenei raccolse parecchi esemplari di Gordii dei quali credo utile render conto. Gordius Villoti Rosa (3). Monttouis a:circa;1600 metri sul liyello del mare nel dipartimento dei Pirenei orientali. Il dott. Borelli raccolse in un ruscello 17 individui riuniti insieme a gomitolo. Di essi 6 sono femmine e 11 maschi. Le dimensioni delle femmine variano da m. 0,170 a m. 0,300 per la lunghezza totale e da m. 0,0005 a m. 0,0007 per la lar ghezza massima. Le dimensioni dei maschi variano da m. 0,080 a m. 0,103 per la lun- ghezza totale. La larghezza massima è di m. 0,0005. L’inscurimento dello strato cuticolare esterno è più inoltrato nelle femmine che non nei maschi. (1) Monographie des Dragonneaux. Arch. de Zool. Exp. et Gener. III (1894). (2) Ann. Sc. Nat. Zool. 1886. (3) Per la sinonimia confr.: CAMERANO, < Monografia dei Gordii » Mem. R. Accad. Scienze di Torino, Ser. II, vol. 47 (1897). Gavarnie e contorni (1350 m. s. l. d. m. circa). Sette maschi ed una femmina. I maschi misurano nella lunghezza totale da ni 0,080 a m. 0,133 e in larghezza m. 0,0005; là femmina è lunga m. 0,105 e larga m. 0,0007. La forma neotenica areolata del Gordius Villoti Rosa (CAMERANO, Op. cit.) si trova pure nei Pirenei come risulta dalla indicazione sopra riferita del Villot; poichè il suo Gordius subareolatus corrisponde ap- punto ad essa. Parachordodes gemmatus (Villot). Port de Gavarnie o di Boucharo a 2282 metri circa di altezza sul livello del mare. Il dott. Borelli raccolse una femmina lunga m. 0,107 e colla largh. massima di m. 0,0006. I caratteri dello strato cuticolare esterno, quelli della forma generale del corpo e della estremità posteriore mi fanno riferire questo esem- plarve alla sopradetta specie descritta dal Villot sopra esemplari rac- colti nei contorni di Grenoble. Questa specie è fino ad ora poco conosciuta sopratutto per la sua distribuzione geografica. Come indicai nella mia monografia dei Gordii sopracitata, è molto probabile che il Gordiîus speciosus Janda di Gal- lizia sia da riferirsi al 2. genvnatus Villot. Questa specie pare si trovi pure nei monti Tatra. < Più tardi ho avuto occasione di esaminare alcuni esemplari raccolti a Ilsethal (Broken) che credo pure s si Ladebbapo riferire alla specie in questione. Probabilmente il P. gemmatus Villot. è specie che ‘ama le Regioni elevate e fredde della regione europea. vi 46 CANI 2227 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino. N su BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 506 pubblicato il 31 Luglio 1905 Vor. XX Dr. G. NOBILI Crostacei di Zanzibar. La fauna carcinologica dell’Africa Orientale e specialmente dello Zanzibar fu già oggetto di parecchi lavori speciali. Per limitarci al solo Zanzibar abbiamo i lavori di A. Milne EpwaRps (1), HILGENDORF (2), PEEFFER (3), ORTMANN (4) e Lenz (5), che ci danno molte nozioni sul carattere di questa fauna. Essa è tuttavia ben lungi dall’essere cono- sciuta interamente, e ne fa fede la piccola collezione che pubblico in questa nota, e che contiene oltre ad una specie nuova, parecchie forme non ancora segnalate nell'Africa Orientale. La collezione studiata fu riunita dal dott. CoLorni, sulla R. N. « Piemonte », e mi fu inviata in studio dal prof. C. PARONA, dell’Uni- versità di Genova, che vivamente ringrazio. (1) A. MiLne Epwarps. Description de quelques Crustacés nouveaue pro- venant des voyages de M. A. Grandidier à Zanzibar et à Madagascar. Nouv. Arch. Mus. IV, 1868. (2) HiLceNDORF, F. M. Decken's Reise in Ost- Afrika, Crustaceen. 1869. — Id. Land-und sùsswasser Dekapoden Deutsch-Ost-Afrika’s, 1898. (3) PreFFER, G. Uedersicht der von Herrn Dr. F. Stuhtmann in Aegypten, auf Zanzibar und dem gegenvberliegende Festlande gesammelte Repteilien, Amphibien, Fische, Mollusken und Krebse. Mitt. Mus. Hamburg VI, 1889. (4) ORTMANN, A. E. R. Ssmon’s Forschungsreisen, Crustaceen, Denkschr. Jena VIII. (5) Lenz, Ostafrikanische Dekapoden und Stomatopoden. Abh. Senck. Ges. XXVII, 1905. DECCA PODA Natantia. 1. Alpheus ventrosus Edw. Cfr. Couriire in GARDINER, Fauna Geog. Mald. Laccad. Archip. Alpheidae, 1905, p. 882. - Alpheus laevis Rand. LENZ Abh. Senckenb. Ges. XXVII, 1905, p. 384. ‘Isola di Zanzibar. Alla costa, sotto le pietre. Un maschio. 2. Latreutes Paronae nov. Sp. Isola di Zanzibar. Alla costa. Una femmina. Questa specie si distingue da tutti gli altri Latreutes conosciuti (1) pel rostro unidentato, e di forma molto caratteristica. Il carapace è peloso, con due gibbosità dorsali, l’una corrispondente al secondo dente dorsale che v’ha in molti Latreutes, l’altra smmediata- mente dietro al rostro, in corrispondenza del primo dente dorsale, ma assai più grossa che un semplice rudimento di questo dente. Da questa gibbosità scende la cresta dorsale del rostro. Questo visto dal disopra rassomiglia stranamente a quello di un A/ya. Esso è diretto alquanto in basso, e porta poco prima della punta (che è rivolta in avanti e al- quanto in alto) un piccolo dente ottuso. Lateralmente il rostro è munito di due carene robustissime che cominciano sopra la base degli occhi e terminano al dente; il rostro quindi esaminato dal disopra ha un aspetto triangolare come nell’Atya motuccensis. La porzione del rostro collocata al disotto delle carene TSI è assai più larga di quella superiore; è convessa è AD priva di lenti. Gli occhi sono in parte coperti dalla , notre Sanza larga dii:tazione delle carene laterali del rostro. Lo scafocerite è lan- ceolato :.cuto. Vi è una piccola spina oculare ed una antennale più grossa. Da questa parte una robusta carena che decorre fino quasi al margine posteriore del carapace. L'ultimo articolo dei maxillipedi esterni porta cinque spine all’apice, delle quali tre più lunghe mediane e due laterali brevi; i suoi mar- gini sono denticolati. Tutti î pereopodi sono assai brevi ma piuttosto grossi, eccetto il secondo paio. Il secondo articolo del carpo del secondo paio di pereopodi è lungo un poco meno della somma della lunghezza del primo e del terzo che sono uguali. Il terzo articolo porta una spina all’apice. Le (1) V. tavola delle specie in DOFLEIN, Ostasiatische Dekapoden, Abh. k. bayer. Akad. d. Wiss. XXI, I, 1900, p. 637. - e zampe hanno ciuffi di peli fascicolati. Nelle zampe ambulatorie il mero è quasi triangolare con una breve spina all’estremità distale, e minute spinule (mobili?) sul bordo superiore. Il carpo è brevissimo È) presenta all'apice una grossa sporgenza che si adagia sul propodite. Il propodite porta inferiormente delle spinule mobili. Il dattilopodite, è Iriungui- colato, ma gli unguicoli non sono distribuiti in serie lineare decre- scente come negli altri Latrentes ma disposte una all’apicé, le altre due posteriormente l’una a fianco dell’altra sullo stesso piano. I segmenti addominali sono solcati. Il telson è lungo quanto le ap- pendici laterali; la sua punta è triangolare, fiancheggiata da due spine laterali lunghe e da due altre brevissime. Reptantia. 3. Seyllarus Martensii Pfeffor. P:ErFeR, Verh. Naturw. Ver. Hamburg 1880 (1881), p. 48; Nopitay Roll. Mus. Torino, XVIII, n. 455, p. 12. vb . Arcetus Martensii OatMaNN, Zool. Jahrb. Syst. VI, 1891, p. 44. Isola di Zanzibar. Alla costa. Un maschio e una femmina. Questi esemplari corrispondono bene alla descrizione di PrEFFER completata da Ortmann. L’esemplare maschio, lungo mill. 21, presenta ‘distinto anche il primo dente della serie mediana del carapace, il che “non si osserva nella femmina. e Questa specie è nota solo del Giappone e di Singapore. } i gi 4. Polyonyx triunguiculatus Zehntn. P. acultifrons De Man, Zool. Jahrb. Syst. IX; p. 384, fig. 49. Abh. Senck. Ges XXV, 1902, p. 709. P. triunguiculatus ZrANrNER, Rev. Suisse Zool. II, 1894, p. 185. 4 Isola di Zanzibar. Alla costa, sotto le pietre. Una femmina ovigera. 5. Galathea afffimis Ortm. — OaTtMann, Zool. Jahrb. Syst. VI, 1892, p. 252, taf. 11, fig. 9; BORRADAILE, \Willey?s Res. IV, 1899, p. 421; De Man, Abh. Senck. Ges. XXV, 1902,. p, 711. Isola di Zanzibar. Alla costa. Un esemplare. Hab.: Isole Figi (OrrMann); Isole della Lealtà (BorRaDAILE); Ternate (DE MAN). i dec 6. $Spiropagurus spirizer (Dè Haan). Pagurus spiriger De Hian, F. Jap. Crnst. 1849, p. 206, tab. 49, fig. 2. Spiropagurus spiriger Srimpson, Proc. Acad: N. Sc. Philadelphia, 1858, ‘p. 248; HenpEgson, Chall. Anom., ‘1888, p. 72; OrtMANN, Zool. Jahrb: Syst. VI, 1891-1892, p. 297; ALCOCK, Cat. Ind. Pag. 1905, p. 118 (ubi SYN.):; OI Boll. Mus. tend XVIII, 1903, no. 455, p. 22. si Dragaggio nella rada di Zanzibar. Due femmine. > È 7. Pagurus tinctor (Forsk ). Vancer tincltor ForskaL, Descr. anim. etc., p. 93. Pagurus waripes HELLER, SB. Akad. Wien. XLTV, 1861, p. 244, taf. 1, fig. 1 e taf.‘2, fig, 2, 3° ALCOCK, 1. ci, p. 90, pi. 1x, Bee T. Pagurus tinctor NoBiLi, Bulletin Scient. Fr. et Belg. XL, 1905. Rada di Zanzibar. Un maschio. Nel citato lavoro, ora in corso di stampa, ho stabilito l’identità di P. varipes Hell. con Cancer tinctor Forsk. 8. Dromidia unidentata Ripp. KipPPELL, Beschr. 24 Krabb. roth. Meer, 1830, p. 16, taf. 4, fig. 2; MILNE Epwarps, H. H. N. Cr. II, 1837, p. 178; KossMmann, Zool. Ergebn. roth. Meer, 2, 1880, p. 67; DE Man, Journ. Linn. Soc. XXII, 1888, p. 207, pl. 14, fig. 4-5; ORrTMANN, Denkschr. Med. Nat. Ges. Jena, 1894, p. 34; ALCOCK, J. A. S$. B., v. 68, 1899, p. 139 e Cat, Ind. Crust. I. 1, 1901, p. 47, pl. 2, fig. 6; NogiLI, Boll. Mus. Torino 1903, no. 455, p. 23. Isola di Zanzibar. Alla costa, a poco fondo. Una femmina lunga mm. 25 e larga mm. 24,5. Questo esemplare, come quello di Singapore da me già elencato, per la forma dei denti frontali più diretti in avanti, più lunghi e più acuti, corrisponde alla forma delle isole Mergui che RioaTERs e De MAN con- siderano varietà locale, mentre la curvatura del margine è intermedia fra la forma tipica (della quale ho veduto esemplari del Mar Rosso) e la figura di DE Man. 9. Calappa hepatica (Linn.). Cfr. Arcock, J, A. S. B. LXV, 1896, p. 146; LENz, l. cit,, p. 346, Isola di Zanzibar. Alla costa, a poco fondo. Una femmina. 10. Calappa gallus (Herbst.). MiLne Epwarps H. N. Cr. 2, p. 105; BrITo CapELLO, Jorn. Sc. Lisboa III, 1870 71, p. 133, tav. II. f. 4 e 14; ALCcOcK, l. cit., p. 146; LENZz, l. eit., p. 346. Isola di Zanzibar. Alla costa, a poco fondo. Una femmina larga mill. 60, lunga mill. 45. 11, Leucosia signata Paulson, Leucosia urania var. signata PauLSON, Isljedov. Rakoobrazn, Krasn. Mor., Kiew. 1875, p. 76, tav. 10, fig, 1-lc. Leueosia fuscomaculata Migrs, Trans. Linn, Soc. (2) vol, I, 1876, p. 238, pl. 38, fig. 1. Rada di Zanzibar. Alla costa, sotto alle pietre. Un maschio. Dragaggio nella Rada di Zanzibar, Una femmina, — fp — Questa specie venne deseritta la prima volta nell’anno 1875 nell’o- pera del Pauksov, Ricerche sui Crostacei del Mar Rosso. Quest'opera, sj& perchè interamente scritta ìn russo; senza neppure una diagnosi in altra lingua più accessibile, sia perchè stampata a parte; a cura dell’Università di Kieff, in soli 100 esemplari, rimase assai poco co- nosciuta, e parecchie specie in essa benissimo descritte e figurate, furono più tardi descritte come nuove da altri autori, come stabilirò in un prossimo lavoro sulla careinologia del Mar Rosso. Grazie alla cortesia del Rev, T. R. R. SFEBBING; ho potuto consultare a tutto mio agio questa rara opera, identificando così molte specie rimaste ignote, o note sotto un nome di data posteriore. Una di queste è la presente Leucosia signata che PauLson descrisse nel 1875 e che venne Vanno seguente descritta da Mrgers eol nome di L. fuscomaculata su esem- plari del Golfo di Suez. Data la rarità dell’opera; che non esiste più in commercio, credo opportuno tradurne la descrizione originale: « Margine frontale arrotondato (meno sporgente in avanti che nella figura). Parte posteriore del margine laterale liscia; senza gramuti (1). Sulla parte anteriore del carapace trovasi una figura a M; all’indietro delle macchie eircolari. Il seno toracico giunge fino alla regione epa- tiea; nel suo margine inferiore trovansi tre granuli; poi questo mar- gine, per una certa distanza, è liscio, ma poi si osservano ancora piccoli granuli (2). Margine anteriore del canale espiratorio tortuoso; pettine arcuato provvisto nel mezzo e in avanti di una linea di peli. « Sulla superficie superiore del mero si osservano prima della base granuli depressi, ai quali seguono quattro granuli più grossi disposti in quadrato ; sul margine esterno i granuli deerescono verso la punta, poi scompaiono. Il margine inferiore è arrotondato e coperto di grossi granuli, numerosi specialmente alla base. Carpo e propodo lisci. Le zampe ambulatorie hanno fascie trasversali scure. Addome del maschio con 4 segmenti; segmenti 3-6 saldati; il sesto assai lungo. Superficie liscia. « Lunghezza 13,7, larghezza 7,5 ». Ho esaminato di questa specie; oltre a questi due esemplari, anche una serie proveniente da varie località del Mar Rosso (Beilul; Obock, Gibuti) del Museo di Torino e del Muséwm di Parigi. Questi esemplari offrono parecchie variazioni, sopratutto nel colore, ma concordano nei caratteri essenziali. (1) Nella figura i granuli arrivano fino ad oltre l’inserzione del terzo paio di pereopodi. G, N. (2) Queste granulazioni fanno propriamente parte del bordo epimerale, G. N cda Il fronte è triangolare, sporgente in avanti e leggermente reclinato in basso, superiormente depresso e leggerissimamente concavo. I mar-i gini postero4aterali del carapace sono distintamente granulati fin sopra l’inserzione del penultimo paio di zampe. I margini epimerali sono granulati fino al seno toracico. I chelipedi si accordano colla descrizione di PAULSON; bisogna però notare che il margine esterno o. superiore della mano è distintamente carenato, e che verso il bordo inferiore essa porta una linea granulare continua; questi caratteri non descritti da PauLson; risultano ‘invece nélla sua figura. È quasi su- perfluo far notare che i quattro granuli disposti in quadrato sul braccio non sono sempre così regolarmente disposti; anzi nella stessa figura originale i granuli nella parte prossimale della faccia superiore del mero sono disposti irregolarmente, come sempre avviene nelle Leucosie. La palma è lunga quanto le dita. Queste si toccano all'estremità sol- tanto. Il carpo porta dalla sua parte interna una linea di CHER ana- loga a quella della mano. Ugo Il senò toracico è fortemente definito in avanti dall’estremità arro- tondata della regione pterigostomica; dei due rami dell’Y quellò in- ‘terno è assai più'breve dell’esterno. L’asta dell’ Y è formata ‘da 3-4 grossi granuli petaloidei, talora seguiti da un granulo più piccolo. In questi. due esemplari i granuli soné in numero di 4-4 nella femmina, e 3-3 nel maschio. Poco oltre il seno toracico cominciano le minute granulazioni del bordo’ siii alle quali allude PaULSON nella de- ‘sérizione. ‘ L’ischiognatite è fortemente convesso, armato d’un dente all'apice, @ percorso da una linea pelosa nella femmina e liscio nel maschio. | L’addome in questo esemplare maschio, che è largo solo 9 mill., non ha tubercolo' sul sesto se&mento; ma il tubercolo è ben visibile negli esemplari assai più grossi del Mar Rosso. Un fatto interessante è il ‘formarsi negli adulti di una sutura completa fra il sesto segmento ed il quinto (0 fra il 6° ed îl 5° saldati insieme ed il 4°:?), mentre la su- tura è solo accennata superficialmente nei giovani. La colorazione, quando è completa, è identica a quella descritta da ‘PauLsonN. Una fascia nerastrà 0 bruna, irregolare ‘e ondulata, parte dal margine latero-posteriore, ‘risale fin quasi all’altezza della regione lepaltica ‘@ si. ripiega tre volte passando al punto simmetrico dal- iPaltro lato e'disegnando così la figura di una M. Nella parte posteriore del carapace, ai lati della zona cardiaco-intestinale vi sono due maé- chie simmetriche brune. Spesso però la fascia ad M è interrotta in molti punti, ed allora il carapace appare irregolarmente macchiato di “bruno, 'éome ‘nella figurà di L. fuscomaculata Miérs, in cui ‘ solo lan- golo delle pe hranche IPEMENTO dell’ M rimane. Pa Ss uu La L. fuscomaculata Miers, anche del Mar Rosso, è identica a questa specie. ed ha pure le mani esternamente carenate, carattere non de- scritto ma figurato da MIERS. ‘La L. signata; benchè descritta da PAULSON come pe della SA urania, non ha alcuna affinità colla urania di HerBsT' (Cfr. ALcock, I. cit; p: 220). Essa è piuttosto assai affine a L. pallida Bell..(che se- condo DE Man è identica a L. perlata De Haan) e a L. Whitmeei Miers. La L. pallida concorda con. signata per la maggior parte dei caratteri, ma ne differisce pel fronte tridentato e più concavo dorsalmente, per: un maggior numero di granuli nel seno toracico, che sono anche di- versamente conformati, e per gli angoli del.margine posteriore del cara- pace dentiformi, mentre sono arrotondati nella L. signata. L. Whitmeei ha, come L. signata, pochi tubercoli fungiformi, petaloidei (2-3) nel seno toracico, ma il margine anteriore del seno è granulato, la palma è lunga quasi il doppio delle dita, e il margine postero-laterale è bre- vissimo. I due esemplari di Zanzibar hanno le dimensioni seguenti : o È; Lunghezza del carapace .. ..‘. mm. 10 20 Larghezza >» » do 9 18 [fto di | 12. Notopus eg (Fab.). De Haan, F. Jap. Crust. p. 139, tab. 35; f. 5; SrupEr, Abh. Akad. Berlin 1882 (1883), p. 17, taf. 1, fig. 6406 e Ta-d; AA l. cit; p. 290. Isola di Zanzibar. Alla costa. Un maschio largo mm. 5,5, lungo 7,5. Abita il Giappone, Amboina, le Andamane, le coste del Malabar e Mauritius. 13. Achaeus affimis Miers. Mrrrs, Zool. H. M, S. « Alert » 1884, p. 188; De Man, Arch. Naturg. 1887, p. 218; OgTMANN, Den! eschr. Med. Nat. Ges. Tai VIII, 1894, p. 37; ALcocK, J. A.:8. B.,, LXIV, 1895, p. 172; CaLman, Trans. Linn. Soc. (2) vi; 1900,; p. 35. Dragaggio nella Rada di Zanzibar. Una femm. ovigera lunga mill. 4,5. Analogamente a quanto fecero osservare De MAN e ORTMANN, la re- gione cardiaca di questo esemplare presenta un terzo tubercolo collo- cato posteriormente ai due descritti da Mrers. È notevole che questo esemplare il quale: ha dimensioni appena metà di quello descritto da DE Man e‘appena un terzo del tipo, porta già le uova. Abita l'Australia; lo stretto di Torres, Giava e l'India. - I» 14. Huenia Grandidieri A. M. E. A. Mitnè Epwards; Ann. Soc. Ent. Fr. (4) V, p. 143, pl. 4, fig. 2; ORTifanN, 1. cit., p. 39; LENZ, l. cit., p. 342, taf. xLvII; fig. 2-26. Huernia pacifi‘a Mitrs, Ann. Mag. N. H. (5) tv; pi 5, 1879, pi. 4; fig. 3; Zool. Alert, 1884, p. 520, Dragaggio nella rada di Zanzibar. Un maschio lungo (eseltiso il rostro) mill. 10,5. Differisce dalla figura di Mirgs per avere il rostro più largo alla base e per le spine preoculari più piceole. L'angolo latero-posteriore del carapace è un poco meno marcatamente spiniforme ché nella figura, La raised rim formata dalla reflessione del plastrone sternale intorno al segmento terminale dell'addome è beni distinta; come lo è pure in un maschio di XY. proteus di Bombay. 15. Menacthius monoceros (Lat.). Cfr. ALCOCK, l. cit., p. 197 (ubi syn.); Lenz, l. cit., p. 343. Rada di Zanzibar. Alla costa, sotto le pietre. Un maschio a carapace quasi privo di tubercoli. Isola di Zanzibar. Una femmina. 16. Hyastenus gracilirostris Miers. Miers, Ann. Mag. N. H. (5), 4; 1879, p. 12, pl. 4, f. 7; ALcocK, l. cit., p. 215. Isola di Zanzibar. Alla costa. Un maschio lungo mm. 9 (escl. il rostro) Oltre alle spine descritte da Mrers, questo esemplare offre uma spi- nula uguale in grossezza alle tre della regione gastrica, collocata sulla regione cardiaca, prima della grossa spina caratteristica che sormonta questa regione. Fra la spina cardiaca e quella epibranchiale trovasi pure una minuta spinula; Ie chele appaiono più gracili che nella figura citata, e la porzione per cui le dita si trovano in contatto più lunga, e quindi il iato interdigitale più breve. Hab.: Isole Figi, India. 17. Stenocionops cervicornis (Herbst.). Gobrit, Icoriog. R. Atm. Crust. pi. 8588; fis. 3; Mine Etwands, H. N. Cr., t. 1, p. 338; Atl. R. Anim. Cuvier, pl. 31, fig. 1. Isola di Zanzibar. Alla costa, a poco fondo. Un maschio. 18. Micippa philyra (Herbst.). Cfr. ALcock, lL. cit.; ps 249 (ubi syn.)j Lenz, }. cita p. 345. Dragaggio nella Rada di Zanzibar: Una femmina giovane. Isola di Zanzibar. Alla costa; fra le pietre, Due femmine, SR 19. Lambrus (Platylambras) prensor (Herbst.). Cfr. ALCOCK, 1. cit, p. 262 (#0: Ui/.); NoBrria, Boll. Mus. Torino, XVIII, 1903, n. 455, p. 28. L. tumidus LancHESsTER, Proc. Zool. Soc. 1900, p. 727, pl. 42, f 2. Dragaggio nella Rada di Zanzibar. Un maschio giovane. Hab.: Mari Indiani. Singapore. 20. Lambrus (Rbinolambrus) pelagicus Ripp. RiPPELL, Beschr. 24 Krabb. roth. Meer. 1830, p. 15, taf. 4, fig. 1; MiL\E Epbwarps, H. N. Cr. I, p. 355; Ortwann, Denkschr. Jena vi, p. 46; DE Ma», Zool. Jahrb. Syst. VIII, 1895, p. 494; ALCOCK, l. cit., p. 267. L. affinis A. MiLnE Ebwarps, Nouv. Arch. Mus. VIII, 1872, p. 261, pl. 14, f. 4. Isola idi Zanzibar. Alla costa. Un maschio. 21, Lambrus (Aulacolambrus) curyispinis Miers. Miers, Ann. Mag. N. H. (5) Iv, 1879, p. 24; ALCOCK, l. cit. p. 274. Isola di Zanzibar. Alla costa. Un maschio. Questo esemplare differisce da un altro delle isole Andamane del Museo di Torino, per avere le spine del margine interno della mano meno ricurve. Hab.: Mare di Giava. Isole Andamane. 22. Lambrus (Aulacolambrus) pisoides Ad. Wh. AbAMS e WHITE, « Samarang » Crust., 1848, p. 28, pl. 5, fig. 4; ORTMANN, Denkschr. Jena, VIII, p. 47; Lenz, l. cit., p. 345. Aulacolambrus pisoides PauLSON, loc. cit., p. 9. Rada di Zanzibar. Una femmina. Hab.: Mar Rosso (PauLsoNn); Dar-es-Salaam (OrTMANN); Zanzibar Bawi (Lenz); Filippine (Apams e WHITE); Giappone (ORTMANN). 23. Carpilius convexus (Forsk.). Cfr. ALcocx, J. A. S. B., LXVII, 1898, p. 80 (udî syn.); LENZ, l. cit., p. 347. Dragaggio nella Rada di Zanzibar. Un maschio giovane. 24. Etisodes electra (Herbst.). Ofr. ALcocx, l. cit., p. 133; LENZ, l. cit., p. 349. Isole di Zanzibar. Alla costa. Una femmina. Largh. mill. 16, Lungh. mill. 12. 25. Etisus laevimanus Rand. Cfr. ALGOCK, ]. cit., p. 131. Isola di Zanzibar. Alla costa, sotto le pietre. Un maschio. ir WD 26. Actaea rufopunetata (Edw.). Xantho rufopunctatus H. Milne Epwarps, H. N. Cr. I, p. 389. "n Actaea rufopunctata A. Milne Epwarps, Nouv. Arch. Mus. I, 1865, p. 268, pl. xvi, fig. 1-1a; ALcock; l. cit., p. 142; Dr Man, Abh. Senckenb. Ges. XXV, 1902, p. 607. Cfr. anche De Man, N. Leyd. Mus. XIII, 1891, p.2- -4 (nella descrizione di A. rugata). Rada di Zanzibar. Sotto le pietre. Un maschio. Larghezza mill. 16, lungh. mill. 11. 27, Actaea granulata (And.). AL Dese. Rgypte, Crust., pl. vi, fig. 4 (Cancer granulatus AUDOUIN Expl.). i ù Actaea granulata A. Mine Epwarps, l. cit., p. 275; ALCOCK, l. cit., p. 151 (ubi syn.)j STEBBING, Mar. Inv. S. Afr. III, 1905, p. 30. Isola di Zanzibar. Alla sipio) a poco fondo. Un maschio largo mill. 24, lungo mill. 19. 28. Actumnus setifer (De Haan).. A. MiLne Epwarps, l. cit., p. 287, pl. 15, fig.5; DE Dre Arch. f. Naturg. 1887, p. 262; ALcocky:l. cit., p. 202 ("di Lil.) Pilumnus setifer De HAAN, l. cit., p. 20, tab. 3, fig. 3. Rada di Zanzibar. Alla costa, sotto le pietre. Due maschi. Largh. mille ionehoomliNazi 29. Trapezia cymodaocee (Herbst.). (ore OrTMAnn, Zool. Jahrb. Syst. X, 1897, p. 202, 203; ALCOCK, l. Prriogie P. 518, 219; LENZ, p. 351. VIT Rio di Zanzibar. Alla costa sotto le pietre. Un maschio: 30, Trapezia ferruginea Lat. Cfr. OrTMANN, l. cit., p. 202, 205; ALCOCK, l. cit., p. 218, 220. Dragaggio nella Rada di Zanzibar. Un maschio e due femmine. E, Ji tto 31. Trapezia maculata (Mc. Leay) Dana. Cfr. ALCOCK, l. cit., p. 218-221. Rada di Zanzibar. Alla costa, a pochi metri. 32. Neptunus (Amphifrite) argemtatus (Wh.) A. Edw. A. MILNE Epwarps, Arch. Mus. Paris, X, 1861, p. 332, 339, Bho 31, fig. 4; Atcock, J. A. S. B. LXVIII, 1899, p. 36. Isola di Zanzibar. Alla costa. Una femm. lunga mill. 8, larga mill. 11. Manca la macchia bruna sul dattilopodite del quinto paio. Hab.: India, Giappone, Borneo; Celebes, Honolulu, [Payta (?) (Cano)]. Base" MITA SEL 35. Neptmns (ifellentas) Mastatoides (Fab.). ‘Cfr. ALCOCk, I, cit.) p. 38 (ub0be d7.). Dragaggio nella Rada di Zanzibar. Una femmina. 34. Thalamita Savignyi A.M. E. . A. Miune EpwaRps, l. cit., p. 357; Kosswann, Zool. Ergebn. roth. Meer., 1877, I, p. 49; De Man, Not. Leyd. Mus. II, 1880, p. 180 e Journ. Linn. Soc. XXII, 1888, p. 73; ALCOCK, l. cit., p. 84; NoBILI, Ann. Mus. Zool. Napoli, I, 1901, no. 3, p. 10. Dragaggio nella rada di Zanzibar. Una femmina. In questo esemplare, come nell’esemplare eritreo da me elencato nel Javoro citato, le dita dei chelipedi sono scanalate internamente, come ‘appare d’altronde anche dalla tavola 4, fig. 4 di SavIeNy. 35. Palicus Whitei (Miers). CALMAN. Trans. Linn. Soc. (2) VIII, 1900, p. 31, pl. Ir, fig. 14-19; ALCOCK; J. AS. B. LXIX, 1900, p. 408. Cymopolia Whitei Miexs « Alert » Crust., p. 551, pl. 49, fig. c. Isola di Zanzibar. Alla costa. Un maschio. Il fronte è conformato come nella citata figura di CALMAN, differendo ‘invece da quella di Mrers per i lobi più larghi, meno acuti e meno «profondamente separati. I denti laterali sono pochissimo marcati. Hab,: Seychelles, Andamane, Stretto di Torres. STOMATOPODA 36. Gonodactylus graphurus Miers. Mriers, Ann. Mag. Nat. Hist. (5) I, 1878, p. 120, pl. 3, fig. 9; BRooKs, Challeng. Stomat., p. 58, pl. xIv, fig. 1, 4e 6, pl. xv, fig. 3, 8; LANCHESTER; Stomat. Maled. Laccad. 1902, p. 450; NoBILI, Ann. Mus. Napoli. I, 1901, no. 3, p. 16; Lenz, l. cit., p. 387. Isola di Zanzibar. Alla costa, sotto le pietre. Due esemplari. 37. Gonodactylus glaber Brooks. Brooxs, l. cit., pl. xIv, fig. 5. pl. xv, fig. 7-9; HENDERSON, Trans. Linn. Soc. (2) V, 1894, p. 454; NOBILI, l. cit., p. 17. .Colla specie precedente. Un esemplare. 38. Gonodactylus Demani Henderson. HENDERSON, l. cit., p. 455, pl. xL, fig. 23, 24. .Gonodactylus n. sp.? De Man, Arch. f. Nat. 1888, p. 574, taf. xxt1a, fig. To G. spinosus Lenz, l. cit., p. 387, taf. xLvII, fig. 12 (nec BIGELOW). - Isola di Zanzibar. Alla costa, sotto le pietre. Due maschi. gn Differiscono dalle due descrizioni di De MAN e di HeNpERSON nella forma delle tre prominenze del telson, e nella disposizione delle spi- nule. Ma nelle loro differenze si accordano meglio con quanto pare essere la forma solita in questa specie, come ho potuto vedere col- l'esame di numerosi esemplari del Golfo Persico e del Mar Rosso. Corrispondono invece bene alla figura di Lenz, salvo per variazioni nel numero delle spine, che non hanno alcuna importanza, data la grande variabilità di questa specie. La grossa prominenza mediana sul telson è più ovale che subglo- bulare, quindi più affine alla figura di De Man che a quella di Hex- DERSON. Le due carene laterali sono più sviluppate che negli esemplari dell’India, e quindi più che nel giovane di Pulo Edam, descritto da De Man. Le spinule sul tubercolo mediano sono minori di numero; quelle sulle due spine submediane sono in numero di 3 o di 4, come negli esemplari Indiani e come appare nella figura di Lenz. Sulle spine adiacenti si trova una serie lineare di 3-4 spinule, mentre ve n’è una sola nel tipo di De Man. HENDERSON non accenna a tale carattere e non figura alcuna spinula. Tali caratteri però variano molto. Nell’esemplare di Pulo Edam i due tubercoli laterali sul dorso del telson sono appena accennati; in quelli dell’India maggiormente. Negli esemplari di Zanzibar, del Golfo Persico e del Mar Rosso essi sono assal sviluppati e la sproporzione fra essi e la grossa prominenza mediana è minore. ali differenze non sembrano essere in rapporto coll’età; ed è più probabile invece che la specie sia molto variabile e che la forma più comune sia quella con prominenza mediana ovale- piriforme, con carene o tubercoli laterali robusti, e una serie lineare di spinule sulle punte laterali del telson. Il prof. Lenz descrisse e figurò recentemente questa forma col nome di G. spinosus Bigelow. Io credo che la forma di BrereLow sia piuttosto quella figurata da LAncHESTER nel suo lavoro sugli Stomatopodi delle Maldive e delle Laccadive cioè la forma a telson in tutto o in parte coperto di minuti granuli appuntiti, non di spinule ricurve e localiz- zate più o meno nella parte posteriore del telson e sulle carene delle punte. LAncHESTER stabilisce come carattere, anche la mancanza o riduzione delle spine intermedie; in esemplari di Gibuti che si distin— guono nettamente pel carattere accennato da G. De Mani della stessa località, le spine intermediate sono perfettamente sviluppate. G. De Mani come notarono De Man e HENDERSON è assai affine a G. chiragra. Abbiamo quindi nel gruppo di forme Indo-Pacifiche che si accentrano in G. chiragra lo stesso fatto che si osserva nelle forme americane, ove a fianco di G. Oerstediî Hansen a carene liscie, ab- biamo il G. Festae Nobili a carene spinose. 2228 - lip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino. BQllibrl-FINO Musei di Zoclogia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 5O7 pubblicato il 10 Agosto 1905 Vor. XX Dr. GiusEPPE NOBILI Descrizione di un nuovo Potamonide di Madagascar. Il signor Giuseppe Pittarelli, residente a Moramanga (Madagascar), fece dono al Museo Zoologico di Torino di interessanti collezioni da lui radunate in quelle regioni. Fra queste v’era la nuova specie di .Potamon che qui descrivo, e che ho il piacere di dedicare al suo sco- pritore. Potamon (Potamon) Rittarellii n. sp. Questa specie, rappresentata da un maschio raccolto a Moramanga, appartiene a quel gruppo di forme che costituiscono un passaggio dal sottogenere Polamon al sottogenere Geotelphusa, perchè la parte pro- togastrica della cresta postfrontale è quasi scomparsa, mentre il dente epibranchiale è ancora ben sviluppato. Il carapace è declive nella parte anteriore, ma assolutamente piano | nel resto della sua superficie. Il solco cefalico è ben netto; il suo tratto laterale si continua colla parte mediana ad H, ma s’interrompe “in avanti ove comincia la declività del carapace; questo solco è leg- gerissimo. Il carapace è poco allargato in confronto della lunghezza; il rap- porto fra la larghezza e la lunghezza è di 1,22. Il margine esterno delle regioni branchiali nella sua parte anteriore è convesso in fuori | poi converge in dentro e non vi è un notevole distacco fra questa parte e i margini latero-posteriori, cosicchè al di là del punto di lar- | ghezza massima del carapace i bordi laterali convergono regolarmente all'indietro e sono debolissimamente concavi. La porzione branchiale Sed - delle regioni laterali è separata dalle parti posteriori da un solco largo e molto superficiale. La superficie del carapace fino alla sutura ad H è tutta minuta- mente granutosa; i granuli si raccolgono in piccoli gruppetti nella regione gastrica e sul fronte e in brevi lineette rugose sulle altre parti. Dietro al solco ad H il carapace appare quasi liscio ad occhio nudo, ma alla lente esso è tutto debolmente rugoso e punteggiato. I lobi epigastrici sono ben distinti, granulati e un poco obliqui, net- tamente separati dal profondo solco che viene dal fronte, e che si biforca alquanto posteriormente. Non vi è vera cresta postfrontate, poichè la parte postfrontale del ca- rapace si inclina semplicemente in avanti, senza formare alcun margine speciale nè una cresta. Il fronte è largo un poco più di un quarto della larghezza del carapace, è distinta- mente ricurvo in basso, granuloso e profondamente solcato, così che visto dal disopra appare bilobo, men- tre visto in avanti è solo debolmente smarginato nel mezzo. Esso è, come Potamon Pittarelliù x 1 !/, le orbite, marginato da una linea sporgente e debolissimamente gra- nulata, i suoi angoli esterni sono ottusi; i suoi margini laterali pas- sano obliquamente e formando una curva nel margine orbitale supe- riore. Le orbite sono alquanto oblique. Il bordo orbitale superiore presenta una concavità al suo inizio, poi si rialza e forma un angolo, oltre al quale decorre in fuori e in avanti a formare l’angolo orbitale esterno che è molto acuto e saliente. Il dente epibranchiale è acuso, ravvicinato al dente orbitale, dal quale è separato mediante un seno arrotondato. Questo dente è alquanto granulato, e da esso si diparte la cresta del margine laterale, che è armata di 7-8 granuli conici 0 dentiformi, ben sviluppati. La cresta termina con una ruga obliqua sul carapace; dietro la quale sì osser- vano altre rughe più brevi e granulose, che sono una continuazione delle rughe della parte inferiore del carapace. In corrispondenza del termine della sutura epimerale, passa obli- quamente una ruga 0 cresta debolmente granulata che decorre lungo il margine postero-laterale, indi piega obliquamente e viene a finire sul dorso del carapace a breve distanza dall’inserzione dell’ultimo paio di zampe. La metà posteriore del carapace è piana, ma provvista di parecchi “solchi. L’areola urogastrica è ben circoscritta e di forma rettangolare, larga la metà della sua lunghezza. La regione cardiaca è pure ben circoscritta ma da solchi più leg- gieri; il solco che la delimita posteriormente si estende alquanto ai fianchi in direzione della cresta postero-laterale descritta. Tutte queste areole sono più strette assai della regione mesogastrica la quale è larga un poco meno di un terzo della larghezza massima del carapace. Il margine posteriore del carapace è più largo del fronte ed è con- cavo nel mezzo. Le regioni inferiori del carapace sono pure minutamente e assai fittamente granulate; i granuli sono disposti in piccole linee. L’addome «del maschio è triangolare. L’ultimo segmento è triangolare, a punta «arrotondata ed un poco più largo alla base che lungo; il penultimo è lungo quanto l’ultimo ed ha i margini laterali convergenti in avanti; così che la larghezza del suo margine anteriore è minore di quella del margine posteriore. Lo sterno è grossamente punteggiato, come pure l’articolo basale delle zampe. La fossetta all’estremità dello sterno «è transversa ed occupa tutta la larghezza dello sterno stesso. La linea ischiale dei maxillipedi esterni è obliqua, ma decorre nel mezzo dell’articolo. I maxillipedi portano grosse punteggiature. I chelipedi sono allungati ma gracili; essi sono disuguali. I tre spi- goli del mero portano piccoli tubercoli conici; la faccia esterna porta gli stessi granuli raccolti in piccole linee rugose, che si osservano -sulle altre parti. Il carpo è pure ugualmente granuloso e porta al- l’interno una spina conica ben distinta. Sotto di questo non v’è spina accessoria, ma all’indietro vi è una linea di grossi granuli di cui al- cuni si fanno acuti. Le mani sono disuguali e mentre nella maggiore l’altezza è contenuta 2 ‘|, volte nella lunghezza, nella minore è con- ‘tenuta 3 volte, pur essendo la lunghezza minore. La faccia esterna è pure rivestita degli stessi piccoli granuli disposti su minute rughe «squamiformi; tali rughe si trovano pure, ma in minor numero sulla faccia interna. Le dita sono gracili, provviste di linee longitudinali .di punteggiature in cui stanno impiantati brevi peli, e di piccoli gra- nuli. Esse combaciano, e sono inclinate in basso, così che il dito fisso non è continuo col bordo inferiore convesso della palma. Le dita sono più lunghe del margine superiore della palma, il quale è obliquo in alto, dall’articolazione carpale a quella digitale. I denti sono piccoli ‘e regolari. Le zampe ambulatorie sono gracii e motto lunghe; il penultimo ‘paio è lungo più di 2 ‘/, volte la lunghezza del corpo, e più di 2 volte la larghezza. Tutti gli articoli sono gracili; così il meropodite è 2ung90 quasi cinque volte la sua larghezza massima, ed il propodite circa 4 volte. Il meropodite è debolissimamente granulato-rugoso esterna- PS SRI 1 IR mente, e il suo bordo superiore è 72e7me»presso all’apice. Il dattilo— podite è più lungo del propodite. La colorazione generale è violetta; le dita, parte della palma e del mero dei chelipedi, e l’ischio dei maxillipedi sono rossi, Questa specie si distingue facilmente pel suo carapace piatto, pel dente epibranchiale ravvicinato all’extraorbitale, per la cresta post- frontale assente e per le lunghe e gracili zampe da tutte le congeneri note di Madagascar. Dimensioni. Larghezza massima del carapace . ) : 3 IMBIEO Distanza fra gli angoli orbitali esterni i : » 13 Distanza fra i denti epibranchiali x : 3 rali: (i) Larghezza del margine anteriore . ; À : Pa Distanza fra il fronte e i lobi ici » : SZ, Lunghezza del carapace ; : » 15,9 Larghezza del margine VARETT one del etnia » 5,9 Lunghezza dell’ultimo segmento dell’addome 5 SAS Larghezza » » » 2 SE Lunghezza del penultimo segmento : È dif Lunghezza del bordo posteriore penultimo seieitto 109 Lunghezza » >» ‘anteriore » » ‘duel: destra sinistra. Lunghezza orizzontale della mano È . (imilli 15 12 Lunghezza » del dito mobile . = » 8,5 8 Altezza della palma . £ : » 6 4 Lunghezza del bordo superiore delia danni » 6,5 5 Lunghezza delle zampe del penultimo paio . mill. 4lcirca. Lunghezza del mero : è £ î a L > dad Larghezza » >» i , ì 5 A È »2928/, Lunghezza del propodite i : 5 È i » 8,5 Larghezza >» » : È € £ ì so} it Lunghezza del dattilopodite . : È } i » 9,5 Larghezza della regione mesogastrica { { » 06 2270 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 -. Torino. BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 508 pubblicato il 25 Agosto 1905 Vor. XX Viaggio del Dr. Alfredo Borelli nel Paraguay e nella Repubblica Argentina. Dott. GIORGINA PANGELLA PASSALIDI Il dott. cav. Alfredo Borelli visitò, a scopo scientifico, dal marzo 1893 al marzo 1894, il Paraguay e la Repubblica Argentina, raccogliendo un numero abbastanza rilevante di Passalidi, che cortesemente donò al Museo Zoologico di Torino. Il prof. Camerano, direttore di questo Museo, affidò a me lo studio di tale collezione, la quale riesce certamente di un’importanza note- vole, poichè per quanto io sappia, nessun lavoro è stato fatto sino ad ora sui Passalidi del Paraguay e della Repubblica Argentina. La classificazione seguita è quella tenuta dal Kuwert nella sua « Die Passaliden Dichotomische Bearbeitet » in Novitates Zoologicae (1896-1898). La collezione consta di 39 specie, di cui 4 sono nuove per la scienza. Agli esemplari del Paraguay e della Repubblica Argentina sono pure aggiunti alcuni esemplari provenienti dal Matto Grosso Brasiliano, località che il dottor Borelli visitò in successivi suoi viaggi. Le località, da cui proviene il materiale, sono: Nell’Argentina: Salta a 1200 metri, capoluogo della provincia omo- nima; S. Lorenzo, nella confinante provincia di Jujuy; S. Pablo, in vicinanza della città di Tucumann. Nel Matto Grosso: Urucum sulla destra del fiume Paraguay; Caran- dasinho, sulla sinistra del Paraguay. Appartengono invece al Paraguay: Tebicuari, presso Villa Rica; Rio Apa, nel nord Paraguay ; Asuncion capitale del Paraguay; S. Pedro, Luque, nel Paraguay centrale; Resistencia, nel Chaco Argentino. DO | PERTINACINAE Morosophus morio Perch. — Kuwert « Novitates Zoologicae » 1. c. pag. 155, vol. 5. — Passalus morio, Burmeister Handbuch der Entomologie, p. 506; Kaup. Monographie der Passaliden in Berliner Entomolog. Zeitschr. XV (1871) pag. 91. Paraguay centrale, 2 es. Manlius rugifrons Kaup. — Kuwert, l. c., pag. 161. — Phoronaeus rugifrons, Kaup, Monogr. l. c., pag. 100. Brasile, 1 es. VETURIINAE Veturius cephalotes, Serv. — Kuwert, l. c., pag. 168, id. — Passalus sinuatus, Eschscholtz, Nouveau Mémoires de Moscou, I, pag. 25; Kaup, Monogr., l. c., pag. 112; Burmeister, l. e., vol. V, pag. 512. Paraguay centrale, 3 es. Veturius transversus, Dalim. in Schm. — Kuwert, l. c., vol. V, pag. 170. — Passalus trituberculatus, Eschscholtz, l. c., I, pag. 26; Burmeister, l. c., pag. 511, vol. X; Kaup, Monogr., l. c., pag. 113. Tebicuari, 1 es. PAXILLINAE Paxilloides brasiliensis, Guér. — Kuwert, l. c., pag. 181, vol. V. Asuncion, 3 es.; S. Pedro, l es. Mancando in un esemplare di Asuncion, la densa punteggiatura ai lati del prototorace, sono in dubbio se debbo ascriverlo a questa specie, essendo questo un carattere molto spiccato per la classificazione, la mancanza del ciuffo dei peli sugli angoli umerali delle elitre, essendo dovuto più allo stropicciamento che ad una vera mancanza originaria. Paxilloides schmidti, Kuw. — Kuwert, ]. c., pag. 181, id. Ho esaminato 7 esemplari. Asungion, 4 es.; S. Pedro, 3 es. Di questi, uno solo di Asuncion presenta il dente anteriore delle mandibole divise in tre dentini: quelli di S. Pedro hanno i due inferiori riuniti in uno solo, il quale poi, nei rimanenti esemplari di Asuncion, si unisce col superiore, formando così un unico dente. Ho osservato poi che l’angolo formato dalle carene frontali è leggermente ottuso e che esso segue la riunione dei denti nella mandibola, e cioè più debol- mente ottuso nell’esemplare avente nella mandibola i tre dentini: alquanto più ottuso negli altri. Nell’esemplare predetto di Asuncion ho notato che la carena fron- tale sinistra presenta ad ugual distanza tra la punta del corno del capo Do e i nodi terminali di esse, due denti, mentre nella carena destra uno di essi è appena accennato, come si osserva. nel Paxi@lloides anguli- feroides Kuw. (Kuwert 1. c. pag. 181): negli altri esemplari invece si ha la formazione di un solo dente tra i due terzi della lunghezza delle carene frontali. Quindi, si può dire, esistere tra le specie tipiche, P. schmidti e P. anguliferoîdes, una serie di caratteri di passaggio, che tendono ad avvicinare una specie all’altra. Paxillosomus Borellii, n. sp. Il clipeo è diritto, nel mezzo con una leggera incavatura. Lia fronte è splendente, con alquanti punti nella parte mediana: nell’angolo frontale non vi sono punti, bensì una verruca distinta. Le carene frontali si staccano dal corno del capo ad angolo retto, si con- tinuano diritte e terminano dinanzi ai denti laterali del clipeo con due nodi a forma di denti. Nelle carene frontali, sui due terzi circa di distanza, tra la punta del corno del capo e i nodi terminali di esse, vi è un piccolo dente ottuso, tanto sulla carena destra quanto sulla sinistra. Il corno del capo è corto, allargato alla base e leggermente convesso, separato sensibilmente dai nodi laterali di esso, alquanto sviluppati in larghezza. La clava delle antenne è costituita da cinque lamelle, tre più lunghe, due più corte; la prima è appena rudimentale nella parte sinistra, più leggermente sviluppata nella parte destra; gli articoli di essa sono leggermente e finemente punteggiati nella parte superiore. Il dente anteriore delle mandibole è diviso in tre dentini: il supe- periore alquanto più sviluppato degli altri. Il labbro inferiore è spor- gente nel mezzo, non presenta però, nè incavature nè taglietti; le cicatrici ai lati di esso sono piccolissime. I punti trai nodi delle ca- rene frontali e la parete interna degli occhi sono grossi e a forma di anello. Il prototorace ha gli angoli anteriori quasi retti e un po’ arrotondati; i solchi dei margini anteriori e laterali sono finemente punteggiati; al di sotto dei margini laterali vi sono alquanti peli. Le cicatrici ai lati di esso sono piccole e punteggiate; al di sotto e più specialmente al di sopra di esse vi è una disordinata fila di grossi punti non molto numerosi. Tutto il protorace è finemente punteggiato e lucente. Lo scudetto presenta un profondo solco mediano ben visibile, con, ai lati di esso, specialmente verso la parte mediana, qualche punto sparso. La piastra mesosternale presenta nel mezzo verso la parte anteriore una leggera infossatura opaca; ai lati le cicatrici ovali e profonde. Le elitre presentano agli angoli umerali un piccolo ciuffo di peli, che si continua leggermente anche ai lati di esso. Gli intervalli ed i edi.) Wresc solchi laterali delle elitre sono ugualmente larghi; i solchi sono pun- teggiati da punti abbastanza sviluppati, divisi da bastoncini. I solchi sul disco sono leggermente punteggiati. Nella parte posteriore le elitre terminano arrotondate. La piastra metasternale è lucente; ai lati di essa vi è una grossa e profonda punteggiatura che non si estende però fino agli angoli. I pezzi laterali del metasterno sono piccoli, ugualmente ristretti in tutta la loro lunghezza e non coperti di peli. I segmenti dell'addome sono ai lati rugosi ed opachi. Le tibie delle zampe mediane e posteriori non hanno spinetta. L’esemplare manca della zampa destra e dei tarsi superiori, medii, inferiori. Lungh. 18,5 mm.; elit. 11 mm.; largh. 6,5 mm. Asuncion. Il mio esemplare confrontato col Paxillosomus Camerani Rosmini (Bollettino di Zoologia ed Anatomia Comparata, Vol. XVII, 1902, n. 428, Passalidi - dott. Olga Rosmini), ne differisce essenzialmente per l’an- golo delle carene frontali retto e non leggermente ottuso, per la pre- senza in esso della verruca frontale; per le cicatrici mesosternali ovali e non diritte, per la presenza sullo scudetto della linea mediana, ben visibile in tutta la sua lunghezza, per la mancanza dei taglietti tra- sversali sugli intervalli superiori delle elitre ed infine per la minor ricchezza di peli nei margini posteriori del prototorace, negli angoli umerali delle elitre e ai lati di esso; differenza però quest’ultima non molto caratteristica ed assoluta, poichè i peli possono essersi benis- simo logorati per stropicciamento. Differisce poi dal PaxzMlosomus Alfarî da me descritto (Bollettino dei Musei di Zoologia ed Anatomia Comparata, n. 498), per la presenza sulle carene frontali, sui due terzi della lunghezza, di un piccolo dente e nell’angolo di esse, della verruca e la mancanza ai lati del clipeo dei due denti laterali ottusi; per la formazione di tre dentini nel dente anteriore della mandibola, per la mancanza di qualche punto sparso sulla piastra metasternale e per avere le -tibie delle zampe mediane prive di spinetta e i solchi laterali delle elitre punteggiati da punti divisi da bastoncini. Spasalus crenatus, Mac Leay. — Kuwert, l. c., pag. 182, id.; Burmeister, l. c., pag. 496, vol. 5; Kaup, Monogr., l. c., pag. 81. Asuncion, 1 es.; Paraguay Centrale, l es. Corrispondono perfettamente alla descrizione del Kuwert: la lun- ghezza però dell'esemplare di Asuncion raggiunge appena i 14 mm. PHORONAEINAE Toxeutotaenius bahiae Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 195, id. Tebicuari, 1 es.; Asungion, 2 es.; Luque, 2 es.; S. Pedro, 1 es.; Pa- raguay Centrale, 1 es.; Rio Apa, l es. Corrispondono alla descrizione del Kuwert: confrontati però con quelli provenienti dall’Ecuador, presentano i nodi laterali del corno del capo assai più sviluppati ed alquanto rugosi; le punteggiature sui solchi laterali delle elitre più distintamente separate da sottili tra- mezzi, e un minor sviluppo in lunghezza. Epiphanus glaberrimus, Eschsch. — Kuwert, l. c., pag. 196, id.; Eschscholtz, 1. c., I, pag. 20; Burmeister, l. c., vol. V, pag. 499; Kaup, Monogr., l. c., pag. 98. Asuncion, 2 es.; Rio Apa, l es.; S. Pedro, l es. L’esemplare di S. Pedro e uno di Asuncion presentano alla base del corno del capo una piccola infossatura, continuantesi fino alla metà di esso, e nella piastra metasternale davanti alle coscie delle zampe posteriori un punticino infossato e lucente. L’esemplare di Asuncion manca del dente laterale sinistro del clipeo. NELEINAE Ninus Nobilii, n. sp. Il clipeo presenta quattro denti: i denti mediani appuntiti e più ravvicinati tra loro che ai denti laterali di esso. Il clipeo e la fronte sono ricchi di punteggiature ad anello; nell’angolo frontale vi è la verruca sviluppata a forma di gradino e un po’ rugosa. Le carene frontali si staccano dal corno del capo ad angolo retto e poi si arcuano leggermente e terminano dinanzi ai denti laterali del clipeo con due nodi a forma di denti ottusi. Nelle carene frontali, a metà distanza tra la punta del corno del capo e i nodi terminali di esse, vi è un dente arrotondato, tanto sulla carena destra quanto sulla sinistra. Il corno del capo è assai sviluppato in lunghezza (2,5 mm.) allargato alla base e leggermente arrotondato e separato sensibilmente dai nodi laterali di esso; si restringe gradatamente ai lati e termina in una punta appuntita e fine da cui partono le carene frontali. I nodi laterali sono allungati e ristretti e terminano sui due terzi circa dell’altezza del corno del capo con un sensibile ingrossamento. Nodi laterali e corno del capo sono finemente e riccamente punteggiati. I punti tra i nodi delle carene frontali e la parete interna dell’occhio sono diritti e piccolissimi. Gli articoli delle antenne specialmente in vicinanza della clava sono sia superiormente che inferiormente ricchi di numerose e fini pun- teggiature. Il dente anteriore della mandibola è diviso in tre dentini ; il dente inferiore sinistro presenta le due punte caratteristiche, il destro è a forma di spina. Il labbro inferiore è sporgente nel mezzo e punteggiato finemente. Il prototorace, ridotto ai due terzi di lunghezza delle elitre, è leg- germente convesso; gli angoli anteriori sono retti e arrotondati ; i solchi dei margini anteriori e laterali ristretti con una sola serie di punti, anteriormente i seni piccolissimi. Le cicatrici ai lati del pro- totorace sono piccolissime e punteggiate; sopra di esse e ai lati non vi sono punteggiature. Al di sotto dei margini laterali posteriori vi sono alquanti pelli. Lo scudetto presenta un leggero solco mediano, più visibile nella parte posteriore. Le cicatrici ai lati della piastra mesosternale sono appena accennate da leggere rugosità. Le elitre presentano agli angoli umerali un pic- colo ciuffo di peli che non si estendono però ai lati di esso. I solchi laterali di esse sono più larghi degli intervalli; i solchi sono punteg- giati da grossi punti divisi da sottili tramezzi. Il penultimo intervallo delle elitre è molto allargato, non presenta nè punteggiature nè peli. I solchi nella parte superiore delle elitre sono punteggiati fin dal loro inizio accanto alla sutura; nella parte posteriore le elitre terminano appuntite. La piastra metasternale è piatta e lucente e presenta davanti alle coscie delle zampe posteriori un punto profondo, infossato ed opaco; ai lati è limitata da grossi punti. I pezzi laterali del metasterno sono sviluppati; più allargati nella parte posteriore che nell’anteriore, finemente punteggiati e coperti di peli. I segmenti dell’addome ai lati presentano delle rugosità con qualche punto all’intorno. Le tibie delle zampe mediane presentano una piccolissima spinetta acuta, le posteriori ne sono prive. Lungh. 30 mm.; largh. 10 mm.; lungh. elitre 18,5 mm. Carandasinho. L’esemplare manca della tibia della zampa posteriore sinistra. Il mio esemplare rassomiglia al Neleus carbonarius Sturm, ma ne differisce per i nodi laterali del corno del capo, lunghi ed appuntiti e non a forma di tumori rotondi; per le cicatrici del mesosterno, ri- dotte a semplici rugosità e non a virgola e ben distinte; per il dente anteriore della mandibola diviso in tre dentini, per la presenza del punto infossato ed opaco sulla piastra metasternale ed infine per la mole, il mio esemplare raggiungendo appena i 30 mm., il NV. carbonarius Sturm, essendo lungo più di 35 mm. Ninus sobrinus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 260, V, nr. 3. Asuncion, 2 es.; Rio Apa, 2 es. Un esemplare proveniente da Rio Apa, presenta notevoli differenze dal Ninus sobrinus Kuw. I denti mediani del clipeo non sono lunghi ed appuntiti e ravvicinati tra loro, ma si presentano piuttosto diva- ricati, alquanto arrotondati e continuantesi coi denti laterali di esso. Questi ultimi poi e in ispecial modo il destro sono spostati e portati un po’ all'indietro verso i nodi terminali delle carene frontali, descri- vendo così una leggera curva. Il corno del capo è appiattito, più lungo che largo, e presenta nella parte mediana alla base una profonda in- fossatura. I nodi laterali di esso sono disuguali; alquanto più svilup- pato il sinistro; corno e nodi sono profondamente e riccamente pun- teggiati. Dalla punta un po’ rialzata del corno del capo, partono le carene frontali che vanno ad angolo retto fino al dente mediano, e poi divergono alquanto, specialmente la carena destra, e si portano così molto vicino al dente laterale del clipeo; non distando da esso che di mezzo millimetro. I denti terminali delle carene frontali sono fortemente ottusi e non s’innalzano sui denti laterali del clipeo. Il prototorace presenta ai lati al di sopra delle piccole cicatrici pun- teggiate, una numerosa punteggiatura che si dirige verso i solchi anteriori riempiendo così tutto l’angolo. La parte inferiore del prototorace, gli angoli umerali delle elitre e le tibie delle zampe mediane presentano una gran ricchezza di peli. È forse una varietà. Ninus interstitialis Eschsch. — Kuwert, l. c., pag. 260, id.; Eschscholtz, l. c., I, pag. 20; Burmeister, Handbuch der Entomologie, pag. 484; Kaup, Monogr., l. c., pag. 89. Tebicuari, 1 es.; Asuncion, l es. In tutti e due gli esemplari, noto, che dei tre denti costituenti la mandibola, i due inferiori sono riuniti in uno solo, e non divisi fra di loro, come descrive il Kuwert, e come ho potuto osservare in quelli provenienti e dall’Ecuador e da Costa Rica. Negli altri caratteri cor- rispondono esattamente, per cui ho creduto bene di ascriverli a questa specie, tanto più poi, che confrontati coi Ninus interstilialis dei Pas- salidi della collezione del marchese di Breme, riscontrai in questi ultimi, nella serie di quella del Brasile, i due denti inferiori appunto riuniti in uno solo, per cui si può argomentare essere questo un ca- rattere generale dei N. interstitialis della Regione Brasiliana, esten- dentesi dal fiume delle Amazzoni alla rimanente parte del Brasile e al Paraguay. Ninus bergi, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 261, id. Tebicuari, l es. Ninus amazonicus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 261, id. Asuncion, l es. La mandibola destra presenta la divisione in tre dentini, sebbene molto debolmente, la sinistra è rotta, per cui sono in dubbio se debbo ascriverlo a questa specie. Il corno del capo è ristretto e leggermente convesso, le carene fron- tali vanno molto debolmente ad angolo ottuso. Ninus columbicus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 262, id. Asuncion, 3 es.; Rio Apa, l es. Ninus hondurae, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 262, id. Asuncion, 2 es. Ninus barbatus, Serv. — Kuwert, l.c, pag. 262, id. S, Pedro, l es. Un esemplare di Nînus proveniente da Rio Apa, presenta i tre denti anteriori della mandibola, riuniti in un solo; il dente inferiore sinistro, di molto ridotto, privo dei due angoli appuntiti, e con una leggera incurvatura superiormente; il dente inferiore destro, di molto ridotto e alquanto arrotondato. Le carene frontali presentano un piccolo dente ottuso a metà distanza tra la punta arrotondata del corno del capo e i nodi terminali di esse, senza formare interruzione. La piastra me- tasternale presenta davanti alle coscie delle zampe posteriori un punto infossato e lucente. È forse una varietà del Niînus subsimulatus Kuw.? Neleus interruptus, ab. latus Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 263, id. Tebicuari, 7 es.; Asuncion, l es.; Paraguay Centr., 1 es.; Luque, l es. Neleus punctatissimus, Eschsch. — Kuwert, l. c., pag. 264, id; Eschscholtz, 1. c., I, pag. 29; Burmeister, l. c., pag. 485, vol. V; Kaup, Monogr.,, l. e., pag. 39. Rio Apa, l es. Neleus intermissus, Kuw. — Kuwert, l c., pag. 265, id. S. Lorenzo, 1 es. Sono alquanto in dubbio se debba ascrivere l’esemplare a questa specie, poichè se da un lato, il modo di comportarsi delle carene fron- tali, del corno del capo, della verruca nell’angolo della fronte, della presenza del punto infossato nella piastra metasternale, sono caratteri corrispondenti alla descrizione del Kuwert; dall’altra, l’essere la fronte non perfettamente piana e come tale continuantesi col clipeo, ma leg- germente depressa, l’essere i due denti inferiori della mandibola riu- niti in un solo, e la lunghezza totale dell'esemplare di 33,5 mm. co- stituiscono pure caratteri abbastanza difierenziali. Aggiungo che sono ancora più in dubbio, perchè il signor Kuwert, ne ha esaminato un solo esemplare e lo ritiene come probabile variazione del dilatus. La località stessa (Brasile) è dubbiosa. Neleus subcarinatus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 265, id. S. Lorenzo, l es.; S. Pablo, 1 es.; Urucum, 4 es.; Carandasinho, l es.; Tebicuari, 1 es.; Paraguay Centrale, 2 es.; Luque, 4 es. Gli esemplari oscillano in lunghezza tra i 31 mm. e i 35 mm. Neleus taeniolatus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 266, id. Carandasinho, l es. Corrisponde esattamente alla descrizione del Kuwert. Neleus punetiger Serv. — Kuwert, l. c., pag. 266, id.; Burmeister, l. c., p. 483, vol. V; Kaup , Monogr., l. c., pag. 86. S. Lorenzo, 5 es.; S. Pablo, 1 es.; Urucum, l es.; S. Pedro, l es.; Luque, l es.; Tebicuari, 1 es.; Rio Apa, l es.; Asuncion, 2 es.; Pa- raguay Centrale, l es. Tutti gli esemplari esaminati non oltrepassano i 38 mm. di lungh., con una media di 36 mm. Nelens guatemalae, ab. scutello sulcatus Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 266, id. S. Lorenzo, 2 es. Questa specie è la prima volta che si riscontra nella regione Bra- siliana. È caratteristica dell'America Centrale. Nelens altidens, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 217, id. Tebicuari, 1 es.; Urucum, l es. L’esemplare di Tebicuari è perfettamente tipico; quello di Urucum, presenta tutto il corpo molto opaco, i due denti inferiori della mandi- bola riuniti in un solo ed una sola spinetta nelle tibie delle zampe mediane. Neleus Camerani, n. sp. Il corpo tutto è fortemente convesso e ricordante nelle linee generali il corpo del genere Morosophus del gruppo delle Pertinacinae. Il clipeo ha quattro denti: i denti mediani alquanto appuntiti e più ravvicinati tra loro che ai denti laterali di esso. Nell’angolo della fronte vi è la verruca sviluppata nel senso trasversale, sporgente nella parte mediana anteriore, ed occupante quasi tutto l’angolo; tale verruca è del tutto piena ed alquanto lucente. La fronte è leggermente depressa e non presenta alcun punto; il clipeo è ricco di punteggiature ad anello. Le carene frontali si staccano dal corno del capo ad angolo ottuso = = e descrivendo quasi un mezzo cerchio terminano dinanzi ai denti la- terali del clipeo con due nodi a forma di denti ottusi, che non s’in- nalzano però su di essi. La carena frontale destra presenta in vici- nanza del corno del capo due denti arrotondati susseguentesi, e formanti a metà distanza tra la punta di detto corno ei nodi terminali di esse una leggera interruzione; la carena frontale sinistra presenta un solo dente nella parte mediana, formante però interruzione. Il corno del capo è tozzo, senza punta libera, allargato alla base e leggermente ristretto ai lati; i nodi laterali di esso sono alquanto sviluppati, ru- gosi alla base, ingrossati alla loro estremità e divisi sensibilmente dal corno del capo. Le superfici del capo, specialmente in vicinanza della parete interna degli occhi sono alquanto punteggiate e rugose. Dei tre denti costituenti il dente anteriore della mandibola, i due inferiori sono riuniti in un solo dente. Il prototorace è fortemente convesso, più largo che lungo; gli angoli anteriori di esso sono ad angolo ottuso più o meno sviluppato e ciò a seconda della punteggiatura di essi e dei solchi dei margini ante- riori e laterali, e cioè più arrotondati negli esemplari in cui la pun- teggiatura è molto ricca e numerosa, piuttosto appuntiti negli esem- plari in cui tale punteggiatura presenta una sola serie di punti. I seni sono ben distinti, profondi, alquanto arrotondati e riccamente punteg- giati. Le cicatrici ai lati di esso, piccole, trasversali e punteggiate, sopra di esso qualche punto sparso. Lo scudetto è risplendente con un leggero solco mediano e qualche punto ai lati di esso nella parte anteriore. La piastra mesosternale è lucente; ai lati di essa le cicatrici ridotte a piccolissime profondità opache con qualche leggera rugosità nella parte anteriore. Le elitre fortemente convesse con un leggero ciuffo di peli negli angoli umerali, che però non si continuano ai lati di esse. Il secondo intervallo delle elitre in vicinanza della sutura, più sviluppato degli altri e largo una volta e mezzo il primo intervallo. I solchi laterali sono punteggiati da grossi punti, divisi da sottili tramezzi. La piastra metasternale è risplendente; gli angoli di essa sono ricchi di punteggiature grossolane. I pezzi laterali del metasterno sono al- quanto sviluppati finemente e riccamente punteggiati. Le tibie delle zampe mediane e posteriori non hanno spine. Lungh. degli es. dai 30 ai 33,5 mm.; largh. protot. ed elitre dai 9 agli 11 mm.; lungh. elit. dai 17,5 ai 19,5 mm. Corumbà, 1 es.; Asuncion, 2 es.; Tebicuari, 3 es. I miei esemplari rassomigliano al MVe/ewus altidens Kuwert; ma ne differiscono essenzialmente per la forma del corpo convessa e non ap- piattita, per l'interruzione caratteristica sulle carene frontali; per la uri fp = forma della verruca allungata nel senso trasversale, ripiena e ricor- dante nella forma quella del genere Ninus; per i due denti inferiori della mandibola riuniti in uno solo; per le cicatrici del mesosterno appena accennate e non profonde e distinte; per la mancanza delle due spinette nelle tibie delle zampe mediane. Un esemplare proveniente da Asuncion presenta da questi notevoli differenze. I denti mediani del clipeo sono appena accennati e non molto appuntiti. Nell’angolo frontale non vi è verruca, ma leggere ru- gosità lucenti occupanti tutto l’angolo; la fronte è pure lucente con qualche punto sparso. Il corno del capo è ugualmente ristretto in tutta la sua lunghezza; i nodi laterali ai lati di esso sono rugosi e lucenti. Le carene frontali vanno ad angolo ottuso e presentano a metà distanza tra la punta del corno del capo e i nodi terminali delle carene fron- tali un leggero rialzo, senza interruzione però. Gli angoli anteriori del prototorace retti, appuntiti; i solchi dei margini anteriori e laterali profondi con una numerosa e ricca pun- teggiatura. Lo scudetto lucente, presenta un profondo solco mediano. Il mesosterno è alquanto lucente; le cicatrici ai lati ancora. più ridotte, con una leggera rugosità opaca anteriormente; qualche punto sparso ai lati. Le elitre sono tutte rugose; numerosi taglietti sono sugli intervalli superiori di esse. Il secondo e il quarto intervallo sono molto sviluppati; larghi 2,5 mm.; e circa tre volte più larghi del loro terzo intervallo. Sui due terzi circa della lunghezza totale delle elitre, il secondo ed il quarto intervallo si riuniscono formando così sul terzo intervallo una leggera strozzatura, poi divergono nuovamente e si continuano fino alla parte terminale delle elitre. Tale strozzatura è ben visibile ed accentuata nella parte sinistra, appena accennata nella destra. È forse una varietà. Neleus carinaefrons, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 268, id. Rio Apa, 2 es. La verruca posta nell’angolo frontale è piena, ma leggermente ca- renata dalla parte anteriore alla posteriore. Ncleus dilatipunetatus, Kuw. — Kuwert, 1. c., pag. 268, id. — Neleus puncta- tissimus, Eschscholtz, l. c., I, pag. 29. Asuncion, 6 es.; Tebicuari, 5 es.; Luque, 2 es.; S. Lorenzo, 1 es. Gli esemplari di Asuncion presentano tutti i caratteri ben distinti. Gli esemplari invece di Tebicuari e di Luque presentano; oltre ad un minor sviluppo in lunghezza, raggiungendo essi appena i 29 mm., pa- recchie differenze, le quali tendono ad avvicinare questa specie al Neleus dilatus Kuwert; anzi avendo potuto esaminare un certo numero di esemplari, ho potuto notare una serie di passaggi successivi e gra- duali tra una specie e l’altra, senza però poter ascrivere alcun esem- plare alla specie tipica Neleus dilatus. Dei tre denti infatti, costituenti la mandibola, i due inferiori sono riuniti in un solo; la verruca nell’angolo frontale accenna ad una graduale diminuzione in ciascun esemplare, sino ad avere detto angolo del tutto liscio, come ho potuto notare in un esemplare in cui pure il clipeo presentava qualche punto sparso e non la ricca punteggiatura; i denti nella carena frontale destra sono appena accennati in qualche esemplare, in altri del tutto prive. Ho osservato però che la punteggiatura posta nella parte interna e mediana della piastra mesosternale, sebbene molto variabile, non manca però in nessun esemplare; carattere questo importantissimo perchè il Neleus dilatus si differenzia appunto dal Ne/eus dilatipunctatus per la mancanza di detti punti. L’esemplare di S. Lorenzo è molto sviluppato in lunghezza, raggiun- gendo i 33,5 mm.; negli altri caratteri corrisponde esattamente. Neleus dispar, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 269, id. Asuncion, l es. Noto anzitutto che l’esemplare è lungo 36 mm. mentre l’unico esem- plare posseduto dal Kuwert, e proveniente dalla Columbia, è lungo 32 mm. Nell’angolo frontale vi è un leggero infossamento con una goccia cava sotto la punta del corno del capo; tale infossamento nella lun- ghezza trasversale anteriore è munito di una linea crestale appuntita nel mezzo; la fronte forma col clipeo una superficie piana. Il corno del capo è arrotondato e alquanto convesso sui due terzi della sua lunghezza; sull’ultimo terzo si restringe alquanto formando una punta libera, così che essa guardata di profilo, appare un poco rialzata. Sulla piastra metasternale davanti alle coscie delle zampe posteriori vi è un piccolo punto opaco, non infossato però. Nei rimanenti caratteri corrisponde alla descrizione del Kuwert. Neleus argentinus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 170, id. Salta, 1 es.; S. Pablo, l es.; Resistencia, l es.; Paraguay Centr., 2 es.; S. Pedro, 1 es.; Rio Apa, l es.; Asuncion, 3 es. Gli esemplari oscillanu in lunghezza tra i 33 e i 35 mm., con pre- valenza ai 35. Neleus boliviensis, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 271, id. Paraguay Centrale, 6 es.; Rio Apa, 2 es.; Tebicuari, 2 es.; Asuncion, 1 es.;j S. Lorenzo, 2 es. Alcuni esemplari presentano i tre denti della mandibola ben costi- tuiti e ben divisi gli uni dagli altri, alcuni i due inferiori riuniti in un solo, lasciando però ancora scorgere la loro riunione. Non in tutti gli esemplari ho potuto osservare la fine serie di punti nei margini interni delle cicatrici della piastra mesosternale. Neleus dilatidentatus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 272, id. Urucum, 2 es.; Asuncion, l es. I tre esemplari raggiungono uno sviluppo in lunghezza di 35 mm. con una prevalenza di 7 mm. su quelli descritti dal Kuwert e prove- nienti da Rio Janeiro. L’esemplare di Asuncion presenta la fronte molto fortemente de- pressa ed il clipeo con scarse punteggiature; sulla piastra metasternale nessun punto. Fui alquanto in dubbio di ascrivere quest’ultimo esemplare a questa specie, e lo fui tanto più per il poco sviluppo dei seni negli angoli anteriori del prototorace; ma dopo un attento esame di osservazione e di confronto mi couvinsi appartenere a questa specie, per il carattere assai spiccato del gran divaricamento dei denti mediani fra loro e del modo di presentarsi del corno del capo e dei nodi laterali. Neleus disjunctus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 272, id. Luque, 3 es.; S. Pedro, 1 es.; Asungion, 1 es. Il signor A. Kuwert ne ha esaminato un solo esemplare proveniente da Gualpa (?). I miei esemplari corrispondono assai bene ai caratteri descritti, solo l'esemplare di Asuncion presenta sul metasterno in mezzo alle coscie delle zampe posteriori due punti Pr perpendicolari, distanti fra loro di circa 1 mm. Neleus chilensis, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 274, id. S. Lorenzo, l es. Corrisponde esattamente alla descrizione; noto però che le mandibole presentano i tre denti ben divisi e distinti ed ugualmente distanti fra loro, e che il clipeo è molto fortemente punteggiato. Neleus Cognettii, n. sp. I quattro denti del clipeo sono debolmente ottusi; i due mediani alquanto divaricati e più ravvicinati ai denti laterali di esso; nume- rose punteggiature sono sul clipeo e sulla fronte. Nell’angolo frontale vi è una leggera salita guarnita di una piccola escavazione lucente, ristretta anteriormente, ma non a carena, sotto la punta del corno del capo. La fronte è corta e depressa, il clipeo piuttosto sviluppato. Le carene — fate frontali si staccano dal corno del capo ad angolo ottuso, descrivono sulla loro lunghezza un vero semicerchio e terminano con due nodi a forma di denti piuttosto sviluppati ed appuntiti, che s’innalzano alquanto sui denti laterali del clipeo. Il corno del capo è tozzo, con- vesso alla base, depresso leggermente ai lati; la sua punta piuttosto grossa è debolmente libera. Alla base il corno presenta un leggero solco mediano che occupa il primo terzo della sua lunghezza; i nodi laterali sono ingrossati alla base e nella loro parte terminale appaiono sotto forma di tubercoli arrotondati. Tra l’ultima porzione di tali nodi e la parete laterale del corno del capo vi è una piccola infossatura. Corno e nodi sono lucenti, finemente e riccamente punteggiati da mi- croscopici punticini. Le superfici del capo presentano solo qualche leggera rugosità in vicinanza della parete interna degli occhi. Il dente anteriore della mandibola è diviso in tre dentini piuttosto arrotondati ed ugualmente distanti; il dente inferiore sinistro presenta due lunghi ed appuntiti angoli. Il labbro superiore è mediocremente sviluppato e leggermente arcuato nella parte anteriore. Gli articoli delle antenne sono tutti ricchi di fini punteggiature. Il prototorace è tutto ugualmente largo e lucente, e punteggiato da finissimi e microscopici punti. Gli angoli anteriori del prototorace sono retti, ma alquanto arrotondati; i solchi dei margini laterali riccamente punteggiati, quelli anteriori presentano una sola serie di punti e si arcuano alquanto; i seni sono profondi, distinti e punteggiati. Le ci- catrici ai lati di esso, piccolissime e punteggiate; al disopra di esse due punti alquanto infossati. Al di sotto dei margini laterali poste- riori del prototorace vi sono alquanti peli. Lo scudetto è risplendente; ai lati presenta una fine punteggiatura; non vi è traccia di solco mediano. Le cicatrici del mesosterno convenientemente larghe e profonde, non molto lunghe, lucenti e rugose nella parte anteriore. Gli angoli umerali delle elitre sono forniti di un ciuffo di peli, che si prolunga anche ai lati. I solchi tergali delle elitre, sono sul disco, finemente punteggiati, i solchi laterali presentano i punti grossi divisi da torti bastoncini. La piastra metasternale è lucente; negli angoli posteriori del meta- sterno vi è una serie di punti grossolani. I. pezzi laterali del meta- sterno sono nella partè posteriore molto allargati, punteggiati e coperti di peli. Le tibie delle zampe mediane e posteriori hanno una spinetta acuta. L’addome è alquanto arrotondato; le cicatrici ai lati profonde e ric- camente coperte di rugosità opache. L’esemplare manca dei tarsi anteriori, medii e posteriori. +7 Lung. 38 mm., larg. 12, lung. elit. 22. iis Luque. Il mio esemplare rassomiglia al Ne/eus nicaraguae Kuwert, ma ne differisce pel solco mediano del corno del capo, per la mancanza delle punteggiature sopra le cicatrici ai lati del prototorace, per la mancanza della linea mediana sullo scudetto, per la presenza delle fini punteg- giature ai lati di esso, e per le punteggiature sopra i solchi tergali delle elitre. Rassomiglia pure al Neleus sulcicornis Kuw., però ne differisce per il solco mediano longitudinale del corno del capo molto sensibile e non profondo, e sviluppato solo sur un terzo della lunghezza, e non fino all’altezza dei nodi laterali, per la mancanza del punto infossato e lucente sulla piastra metasternale in mezzo alle coscie delle zampe posteriori, per la presenza di una sola spinetta nelle tibie delle zampe mediane e di veri bastoncini nei solchi laterali delle elitre. Nelens arrogans, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 275, id. Luque, 1 es.; Tebicuari, 1 es. 1 due esemplari corrispondono alla descrizione del Kuwert; lo scu- detto presenta molto leggermente la linea mediana punteggiata. Avendo esaminato parecchi esemplari del Neleus dilatipunctatus Kuwert, mi sono convinta che il Neleus arrogans non è altro, come dice il signor Kuwert, che una variazione del di/alipuncetatus tanto più che ho notato che in tutti e due gli esemplari non mancano le punteggiature sparse sulla piastra metasternale ai lati delle cicatrici, carattere questo importantissimo del Ne/eus dilatipunctatus. Ptycotrichus erinicatrix, Kuw. — Kuwert, 1. c., pag. 276, id. I Paraguay Centrale, 10 es.; Asuncion, 3 es.; S. Pedro, l es.: Rio Apa, 3 es. Dei 17 esemplari esaminati, quattro solamente, e cioè tre del Paraguay Centrale e uno di Asungion corrispondono perfettamente alla descri- zione del Kuwert. Nei 13 rimanenti ho notato notevoli differenze da questi; i denti mediani del clipeo non sono molto ravvicinati tra loro, anzi distano più fra loro che dai denti laterali di esso, ed il corno del capo presenta dalla base fino all’altezza dei nodi laterali un’infos- satura caratteristica e profonda che sembra dividere il corno in due porzioni distinte. Ho notato poi che tale infossamento è ben distinto e profondo in un solo esemplare del Paraguay Centrale, mentre negli altri va sensibilmente diminuendo così da costituire un graduale passaggio fino al corno convesso e liscio del 2. crinicatrix, descritto dal Kuwert e come io ho potuto vedere nei primi quattro esemplari predetti. Noto ancora che l'esemplare del Paraguay Centrale, caratteristico per l’infossatura del corno del capo, presenta nella piastra metaster- tile nale, davanti alle coscie delle zampe posteriori un piccolo punto in- fossato e raggiunge in lunghezza 32 mm. Quest'ultimo costituisce certamente una varietà distinta dalla specie tipica, e se ne potrebbe fare una varietà, se tra la specie tipica e quest’ultima, non avessi riscontrato forme graduali di passaggio, con caratteri appartenenti ora all’uno ora all’altro dei due tipi distinti. LEPTAULACINAE Eumelus spinifer Perch. — Kuwert, l. c., pag. 300, id. — Passalus spinifer, Burmeister, Handbuch der Entomologie, pag. 498; Kaup, Monogr.,l. c., pag. 103. i Urucum, 5 es.; Carandasinho, 1 es. 2294 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino. Lu I906 BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università dî Torino N. 509 pubblicato il 2 Settembre 1905 Vor. XX Remarks on the Gagrellinae 7’Ror. a Group of Opiliones, with Descriptions of some new species from Borneo. by C. J. Wirx (Copenhagen) Dr. H. J. Hansen received the GagreZinae herein described, which were all collected in Sarawak (North-West Borneo) by Mr. R. Shelford from Dr. G. Nobili of the Natural History Museum of Torino, to which institution they will ultimately be returned. "This small collection I worked out on application of Dr. H. J. Hansen, and I have added a few observations and remarks on questions, which were already touched on in my paper « New and old Phalangiidae from the Indian Region » (Journ. Linn. Soc. London, Vol. XXVIII. 1903, pp. 466-509). A. On the Systematic and Sexual Characters, found in the Tarsi of the Palps. In a great many species of the Gagrellinae we find a pronounced sexual difference in the armature on the tarsi of the palps in the males. Thorell has noticed this character not only in Ceratobunus annulalus Thor. (1889. 1, p. 618), as set forth in my paper (1903. 6, p. 473), but also in Marthana columnaris Thor. (1891. 2, p. 725); Simon has later on (1901. 5, p. 81) used the same structure in the definition of his Gagrella illusa Sim. from Malakka; but neither of these two authors realised, that the dentition of the tarsus of the palp provides a sexual character of a more general value. In my above quoted paper I showed that a sexual, and to a certain degree also a systematic, cha- racter is found in the presence and the arrangement of these tarsal teeth on the palps of the males. In the following I will mention some modifications, partly accompanied by, figures. In the majority ot ai species a single row of pointed teeth is found along the inner lower edge, which begins near the base and extends over the distal two thirds, f. inst. in G. atrata Stol. (6, p. 495); the row is rather short in the male of G. /ragiis With as seen in fig. 1 (p. 12). In the one specimen of Marthana vestita n. sp., the tarsus was provided with a row of about 30 teeth, while in the other specimen the row contains about 15 teeth, as seen in fig. 2 (p. 12). With regard to the structure in G. aenescens Thor. and G. splendens With I refer to (6, p. 473). In a few species we find an inner, more proximal row of several teeth, and an outer, more distal row with a few teeth, f. inst. in G. fliavimacutata With (p. 499), G. triangularis With (p. 500) and G. îmn- perator, var. dentata With (p. 502). G. triangularis With (fig. 3, p. 12) has an inner row, the basal portion of which contains several teeth, densely placed, while the distal portion has only a few teeth, rather remote from each other, as well as an outer, more distal, consisting of about ten teeth, well separated from each other. The tarsi of the male of G. imperator, var. dentata With (6, p. 502) bear not only « an inner row of about. 20 teeth », but also more distally and exteriorly about five teeth, far apart from each other. In G. saravarkensis n. sp. we find an other arrangement (fig. 4); there is an inner row of about 15 teeth, which begins near the base and extends to the middle, as well as an outer one, the four teeth of which are placed rather apart on the basal third of the tarsus. B. On the Genera of the Gagrellinae Thor. The discussion of this theme in my above-quoted paper (p. 474) is rather too short and not quite easy to follow; I am, moreover, inclined to think, that a new treatment of this topic may be useful, because I in that paper had no opportunity of discussing the position of Ver- pulus Sim., and had then not yet examined any specimen of Mar- thana Thor. The genus Verpulus Sim. is. according to Simon, (5, p. 84) nearly related to Zypsibunus Thor., but « differt tubere oculorum reclinato, angusto, sed apice leviter ampliato omnino mutico et laeve, et pedibus- maxillaribus simplicibus, patella convexa intus haud producta ramulo carente et tibia patella haud longiore ». The first characters, taken from the sloping and shape of the tubercle, have probably only spe- cific, but scarcely any generic value whatever. The caracter, which the dentition of the tubercle provides, can scarcely be claimed to be of great importance in the definition of a genus, when we take into consideration, that the armature of this organ is variable in a con- siderable degree even within the same species; f. inst. in Zypsébunus vigilans With (6, p. 475), in which the tubercle in the one specimen of two was provided with a stout spine in addition to a few granules, while the tubercle of the other specimen had no such spine. The last character, taken from the structure of the palps, can not be re- garded as a natural one in the definition of this genus, when we re- member, that the patella of the palps is almost simple in Zypsibunus vigilans With. It seems thus evident that the genus Verpwws Sim. must disappear and be considered as a synonym to Zypsibunus Thor. The latter genus is according to Thorell (2, p. 679) different from Zaleplus Thor. by « tuberculo oculorum altissimo, etiam e fronte viso aliore quam latiore ». But we can scarcely regard this characte- ristic as quite sufficient, when it is taken into consideration, that the tubercle of Zaleptus hirsutus With is almost as high as broad, seen from the front, and that we find a similar high tubercle in some species of Gagrella, f. inst. G. nobilis With (6, p. 489) and G. paupera n. sp. (p. 7). The genus Ceratobunus Thor. differs according to Thorell (1889, 1, p. 616) « a Za/epto tuberculo oculorum bi-vel quadri-corni »; but the facts, that Ceratobunus brevipes With (6. p. 478) has four or six (five) thorns, and that Mypsibunus vigilans With (6, p. 475) has two thorns or none, show that this characteristic fails. It seems evident to me, that the three genera Verpw!us Sim., Hypsibunus Thor. and Ceratobunus Thor. can not be regarded as natural, and ought consequently to be regarded as synonyms to Zaleptus Thor. When I in the following use the term Za/eptus Thor., it is in this wider sense. This genus is according to Thorell (1889, 1, p. 609, and 1891, 2, p. 678) characterized by its unarmed scutum and rather long legs; but the latter character must disappear, when we take into conside- ration, that the legs of Za/eptus minutus With (p. 481) and Cerato- bunus brevipes With (p. 478) have exceedingly short legs. Thorell's genus Mel/anopa Thor. can not, as already shown (6, p. 483), be main- tained and must be regarded as a synonym to Gagrelta Stol.; the cheracteristic of the latter genus is thus found in the armature of the scutum with a single or with two spines, for the length of the legs, which are long or rather short, has scarcely any syste- matic value. The single character, in which the two genera Gagrella Stol. and Za/eptus Thor. differ from each other, namely that found in the armature of the scutum, is according to my opinion not quite sufficient for the definition of two genera, because the number of the spines is not quite constant within the same species of Gagrella Stol. e. g. G. împerator With (6, p. 501) and G. sepia Loman (6, p. 505), and the scutum is in Zal. minutus With sometimes provided with a low tubercle. The genus Scotomenia Thor. is according to Thorell (1, p.661) related to Melanopa Thor. and only different « alia forma tu- = 4a berculi oculorum, pedibus etiam brevioribus, et scuto dorsali not spina vel spinis duabus, sed ut plurimum tuberculo armato ». But taking into consideration that the scutum of Zaleptus minutus With some- times bears a tubercle, and that the legs of this species as well as of Ceratobunus brevipes With are almost as short as those in Sco- lomenia cetrala Thor., it seems to be evident, that the similarity between Scotomenia Thor. and Zateptus "Thor. is more pronounced than that which the former genus bears to Gagrea Stol. f the genus Scotomenia is to be maintained, it will be on account of its remar- kable ocular tubercle. If we in the future wish to get a natural clas- sification of the species belonging to the above-mentioned genera, we will probably be compelled to find an other base for our system than that used by Thorell. Some of the other genera established by Thorell seem to be fairly well founded, f. inst. Marthana Thor. (2, p. 719) an account of its re- markable column; nevertheless the spine of G. semigranosa Sim. (5, p. 83) seems to bear some similarity to the column of Marthana Thor., as far as can be seen from the description. As I have set forth (6, p. 505) the genera Syleus Thor., Systenocentrus Sim. and Oncobunus Thor. ought to be referred to the same genus. The foundation of Thorell’s genus Artrocentrus (1, p. 623) namely the spine, with which the second joint of the antenna is provided, seems to be rather too insufficient. C. List of Species from Borneo. Comparatively few species of this group, only eight, including the three, described here have been mentioned from Borneo, but several times this number without doubt occur; none of them have been men- tioned from other parts of the Indian Region. Gagrella insculpla Poc., G. longipalpis Thor., G. paupera n. sp., G. sarawakensis n. sp., G. scrobiculata Thor., Marthana columnaris Thor., M. vestila n. sp., Zaleptus trichopus Thor. D. Description of new Species. Gagrella Stol. I hope that it will be fairly easy to identify the five species of (agrella by the help of the following synopsis. a. Tibia of the palps about 10 times longer than broad longipalpis Thor. (2, p. 693). b. Tibia of the palps not more than 2-4 times longer than broad. 4à. Scutum not foveolate, but granular: yellowish brown and provided with two spines paupera n. sp. (p. 7). se, a b'. Scutum foveolate; black with a single spine. a*. Trunk black without any yellow spot on cephalothorax or scutum serobiculata Thor. (p. 717). b*. Trunk black with yellow spots on cephalothorax. a*. Scutum with a yellow spot on each side insculpta Poc. (4, p. 283). 53. Scutum without yellow spots. ‘Tips of the tibiae of the fourth pair of legs bright yellow sarawakensis n. sp. (p. 5). Gagrella sarawahkensis, n. sp. S Ocutar tubercle smooth; broader than high seen from in front. Scutum foveolale with a single spine. Tibia of the palps three times longer ihan broad. Femur I 8 times longer than second joint of the antennae. Trunk blackhish with metallic shade above. Cephatothorax on each side of the ocular tubercle with a yellow spot, covered with a white waxy stuff. Tip of tibia IV yellow. Cephalothorax. — Cephalothorax almost triangular. The first transverse ridge just behind the ocular tubercle rather low; the second, which forms the hinder margin of the cephalothorax, is better marked; the area between these two tergites is in the middle rather short, but widened out laterally. Frontal processes rather stout and diverging, each terminating in a few short branches. Frontal emi- nence slightly marked and smooth. The depressed median triangle is not visible. The surface is between the spots towards the base of the ocular tubercle provided with rather indistinet impressions; the sur- face of the spots themselves is almost smooth or with very low de- pressions, but with a depressed darker cross in the middle. The head is foveolate along the anterior ridge; and so is the area between the two ridges in the middle, but laterally it is granular. Tubercle. — The summit of the ocular tubercle is longitudinally grooved and has a few hairs, but no teeth or granules. Seen from the front it is much broader than high, rather suddenly narrowed just beneath the eyes and slightly foveolate at the base. The tubercle is seen from the side observed to be directed backwards, the anterior side being the longer and sloping, the posterior being distinetly rounded; it is as long as high anteriorly. The diameter of the eyes is equal to about two thirds of the distance between the eyes, and much shorter than the distance from their lower margin to the base of the tubercle. Eye placed nearer to the front than to the posterior margin. Abdomen. — The scu/un is raised towards the single almost smooth spine, more steeply from the sides towards the middle than from before backwards; the anterior and posterior slope is almost equally steep. No traces of the segmentation are visible. The whole E scutum is distinetly foveolate; it is provided with deep, more or less circular, pits, separated by ridges. The two first free tergites behind the scutum are embedded in a wide area of white soft skin; they are smooth, or almost so, the lateral extremities of the former, which are finely granular, excepted; the eighth tergite as well as the anal oper- culum seem to be finely punctulate. ‘The sternites, as well a the genital operculum, seem to be completely smooth; the coxae are pro- vided with a number of big, low granules, placed rather apart. Appendages. — Basal joint of the antennae bear no granules above. — The femur of the palps is slightly longer than the patella plus tibia, but a little shorter than the tarsus. The femur bears below a longi- tudinal row of teeth near to the outer margin; interiorly it has few, placed more proximally. The patellae and tibiae are almost smooth; the tibia is one and a half time as long as patella and, seen from above, three times longer than broad. The /ar:sus (fig. 4, p. 12) is pro- vided with a row of about four teeth, placed exteriorly in the basal third portion, as well as with an interior row of about 15 teeth, which begins near the base and extends to the middle; there are minor dif- ferences in the arrangement of the teeth of the right and left tarsus. — The /egs are very long and slender; their femurs are provided with the usual longitudinal rows of small spines or teeth. Colour. — The cephalothorax is blackish or blackish brown with a big yellow spot at each side of the tubercle; this spot has in the middle a black-cross-shaped impression and is completely covered with a white waxy stuff. The scutum is blackish with trace of metallic gloss. The free tergites are brownish and the articulate membranes yellow. Underside yellowish and partly covered with the same white waxy stuff as the spots of the cephalothorax; each sternite with a transverse darker band. The coxae are black and partly covered with the white waxy stuff; the third coxa with an indistinet yellow median spot, and the fourth with the anterior distal portion almost white. The antennae are very light vellowish, the palps are brown or yellowish brown, the distal half of the femur and the two following joints being the darkest. The legs are brown with more yellowish tarsi, the tibiae of the fourth pair are distally yellow. Measurements. — Femur I= 11-5, fem. II — 20, fem. III — 10, fem. IV.=14mm.; leg. I= 54, leg. II = 90, leg. III = 51, leg. IV=70 mm. The second joint of the antennae 1,25 mm. ‘The body 5 mm. long, 3 mm. broad and 3 mm. high. Material. — I have examined a single male from Mt. Matang (Sa- rawak). Remarks. — This species seems to be very nearly related to G. scrobiculata Thor, (2, p. 717) as well as to G. insculpta Poc. (4, p. 283); they are all characterized by the foveolate sculpturing of the scutum. It differs from both by its smooth tubercle. An other character is found in the colour; for it is similar to G. 7nsculpta Poc. by the yellow spot of the carapace but differs from it by the uniform colour of the scutum; in the latter character there is a similarity to G. scrobiculata Thor., but in the former a difference. Gagrella paupera, n. sp. Ocular tubercle almost smooth; almost as broad as high seen from în front. Scutum granutar and provided wilh two spines. Tibia of the palps scarcely twice longer than broad. Femur I about 8 times longer than the second joint of the antennae. Trunk brownish, scutum with indistinci lighier spots. Cephalothorax. — Cephalothorax almost triangular. The two transverse ridges behind the ocular tubercle are well marked, the hinder being much the longer. Frontal processes are parallel, slender, pointed and exteriorly dentate. The depressed median triangle, in the middle of wich the ocular tubercle is situated, is rather well deve- loped. The cephalothorax is rather densely granular with small gra- nules; this granulation is less marked in the middle and almost wanting anteriorly just behind the frontal processes. i ‘tubercle. — The crest of the tubercle is deeply grooved and almost smooth; only in front provided with a few minute teeth. The anterior and in a lesser degree the posterior surfaces are beset with bigger or smaller teeth. The tubercle is seen from the front as high as it is broad above, and much narrower at the base. Seen from the side it is almost perpendicular, and much higher in front than behind; ‘an- teriorly it is almost straight, posteriorly moderately rounded and here as high as the tubercle is long. The diameter of the eyes is distinctly shorter than the distance between the eyes, but almost equal to the distance from their lower margin to the base of the tubercle. The eye is placed nearer to the front than to the posterior margin. Abdomen. — The sculu7 is provided with two spines; the anterior, which is placed far behind the front margin, is the shorter and di- rected upwards and very slightly forwards; the posterior spine, which is as far distant from the anterior, as this from the front margin, is the longer and directed backwards and upwards; The slope of the scutum from the front towards the second spine is scarcely marked, but the declivity behind is very steep; the outline of the body from the spine to the anal operculum is almost circular. The scutum is only slightly raised from the sides towards the middle. The tergites are marked by more or less distinct transverse grooves. The scutum, = ere as well as the free tergites behind, are rather densely granular all over with moderately big granules. The sternites are almost smooth; the genital operculum and the coxae, especially the former, with. a number of rather big granules. Appendages. — Basal joints of the antennae bear above a few black granules. — The /emur of the pal/ps is equal in length to the two following joints, but much shorter than the tarsus. The femur bears a ventral row of large, pointed teeth from base to tip; the outer side bears below an imperfect row of small teeth, and above a basal as well as a distal area of black spines; the inner side is near the lower margin provided with a distal row of small teeth and more dorsally with one, consisting of about eight stout, rather big teeth, which begins near the base and extends to the middle; the latter row is moderately curved upwards in the middle. The patella as well as the tibia, especially the former, are beset with spines, chiefly inwards. The patella is much shorter than the tibia; this feature is only distinet, when seen from the side; seen from above they seem to be of equal length. The tibiae are scarcely twice longer than broad. The /arsus is almost as long as the femur plus the patella. The procursus maxillaris internus is bifurcate ; the upper branch is pointed, curved and much the longer. — The legs are long and slender with the usual row of small teeth or spines. Colour. — The colour of the trunk is pale brown; the scutum has indistinct yellow spots. The legs are brown; the antennae and palps are yellowish brown. Measurements. — Femur 1 13, fem. II= 22, fem. III 12, fem. IV 16 mm. The second joint of the antennae 1-5 mm, Body 5 mm, long and 3 mm. broad. Material. — I have examined a single mutilated specimen from Mt. Matang (Sarawak). Marthana Thor. Of this genus which is characterized by its remarkable column, only three species have been described, namely M. turrita Thor.; the locality of wich is unknown, M. columnaris Thor. from Borneo and M. cuspidata Lom. from Java; a fourth species, M. vestita n. sp., from Sarawak will be described here. I hope that the fallowing synopsis of these species will be of some value. a. Column gradually narrower toward the extremity, directed slightly forwards and provided with a terminal, slender, process directed backwards. cuspidata Lom. (3 p. 12). h. Column not narrower towards the extremity, almost perpendicular and without any terminal process. a'. Column with two diverging spines, an anterior and a posterior. Cephalothorax partly covered with a waxy stuff. a* Cephalothorax reddish brown, almost completely covered with waxy stuff. vestita n. sp. (p. sì; b*. Cephalothorax with lighter bands and only partlvy covered with waxy stuff. columparis Thor. (2 p. 722). b'. Column without diverging spines. Cephalothorax without waxy stuff. turrita Thor. (2 p. 720). Marthana vestita, n. sp. d Ocutar Tubercle smooth above, below anteriorly witl a single tooth; almost twice broader than high, seen from the front. Scutwn granular în front. Column very high, almost perpendicular and gra- nular with big granules; summit with two divergiîng spines, an an- terior and a posterior. Tibia of the palps three times tonger than broad. Femur I about 8 times longer than the second joint of the antennae. Cephalotorax reddish brow with black tubercle and covered wit a while waxy stuff. Scutum black. Jephalothorax. — Cephalotorax almost square. The first trans- verse ridge rather short and well marked; the second thoracic ter- gite is rather long and separated from the first by a deep transverse groove; the anterior portion slopes gradually into the posterior, which has a well raised hinder margin. Frontal processes are not very pro- nounced, broad undivided, but with a few indistinct marginal teeth, depressed median triangle laterally limited by some longitudinal im- pressions; similar, less marked ones, are found near the lateral margin of the head. The head is completely smooth; the first thoracic tergite has a few granules in the middle and so has the second; but the latter is besides rather densely granular near the lateral margfn. Tubercle. — The ocular tubercle is longitudinally grooved and almost completely smooth, only a single, rather stout tooth is found at the base near the front margin. The tubercle is very low and seen from the front almost twice broader than high ; it as a little narrower at the base than at the top. Seen from the side it as a little longer than high and has the hinder side steeper than the front. The dia- meter of the eyes is almost equal to the distance between them, and much longer than the distance from their lower margin to the base of the tubercle. Eyes placed distincetly nearer to the hindmost than to the front margin (fig. 5 p. 12). Abdomen. — The anterior portion of the scutum, viz. the first and ME | second segment, is prolonged into a long and thick column, which consequently is placed just behind the posterior margin of the cepha- lothorax; its length is greater than that of the scutum, and equal to one third of its breadth at the base. It is almost eylindrical, mode- rately thinner towards the middle, (a feature most marked, when seen from behind) and distincly enlarged terminally, where it is compressed. The top is provided with two spines, both situated in the longitudinal section of the body; the one, the anterior, is directed forwards and upwards, the other, the posterior, backwards and upwards (fig. 5). Each spine as almost. equal to half the length of the top of the column; the distance between the bases of the spines equal to the length of the tibial part in lateral view, distance between tips of spines equal to the length of the tarsus of the palps. The outline of the body between the ocular tubercle and the column is scarcely slanting, but the slope of the scutum behind the column is well marked, but rather smooth. ‘The scutum consists of seven segments, not of five as generally in the Gagrellinae; the five first are marked by indistinet transverse grooves; the sixth and seventh have no move- ment of their own in this species, as their articulating membranes are quite stiff and immovable. The eighth tergite is completely free. The anterior portion of the scutum, as well as its descending lateral por- tion, are beset with flat granules, standing rather apart especially towards the middle; the base of the column is provided with similar but bigger granules, gradually merging into the rather big tubercles of different size and structure, with which the median portion is armed; the tubercles of the top are scarcely as big as those of the middle. ‘The tubercles of the column seem to be placed without proper order, sometimes densely crowded sometimes far apart. The sixth and the seventh tergites are almost smooth, the articulating membranes com- pletely so. ‘The eighth tergite is provided with bigger granules, es- specially posteriorly. ‘The sternites are provided with a single trans- verse row of granules. "The genital operculum, as well as the coxae, bear similar but bigger granules, placed rather apart. Appendages. — The basal joint of the antennae has in the middle above, where the joint is raised, a number of black granules. — The palps are simple. Their femur is equal in length to the two following joints, but distinctly shorter than the tarsus; the lower side is pro- vided with a number of bigger and smaller teeth. The patella is en- larged distally; its inner sunface is beset with small granules, while the outer and upper sides are smooth, but for a transverse row of teeth along the front margin. The tibia is almost one and a halt longer than the patella and about three times longer than broad. The farsus has a longitudinal row of 34 teeth with black tips, which begins near the base and extends beyond the middle. — The /egs are long, but rather thick; only the femora of the two last pairs provided with lon- gitudinal rows of minute spine or teeth; the femora of the two first pairs are provided with a row of hairs. Colour. — The cephalothorax is reddish brown with some of the depressed grooves, as well as the hindmost margins of the two tho- racic tergites darker; the ocular tubercle is black; almost the whole cephalotorax with the exception of the ocular tubercle is covered with a jellowish waxy struff. The scutum is blackish brown; the column is chocolate; but the two colours blend into each other. ‘ Sides ‘of the scutum partly covered with the same waxy stuff as the cepha- lothorax. The ventral surface seems to be blackish; but this colour is not visible, as a thin layer of a white stuff is found everywhere. The antennae and palps are dark brown; the former appear more polished. The legs are lighter brown. Measurement. — Femur [+ 11,5, femur II = 23, fem. II = 10,5, fem. IV = 15 mm.; leg. I> 47, leg. II = 80, leg. II = 45, leg. IV > 50 mm. The second joint of the antennae 1,5 mm. The body 7 mm. long, 45 mm. broad and 7 mm. high, measured from top of the column. Variation. — The other specimen, examined, differs in some re- spects. The column is comparatively shorter and thicker, though in a very slight degree ; it is less widened out towards the top and its tubercles are smaller. The granulation of the scutum is better mar- ked. The colour of the body is somewhat darker. The number of the teeth, which are placed along inner margin of the tarsus of the palp fewer, namely only 15 (fig. 2. p. 12). Material. — I have examined two males from Mt. Penrissen (Sa- rawak). Remarks. — This species seems to be very nearly related to M.. columnaris Thor. (2. p. 722); the main differences are found in the granulation, colouring and covering of the cephalothorax. = Fig. 1. — Gagrella fragilis With yg Tarsus of left, palp x 41. Fig. 2. — Marthana vestita n. sp. SJ Tarsus of right palp x 32. Fig. 3. — Gag. triangularis With SJ Tarsus of left palp x 41. Pip. d.. Gag. saravakensis n. sp. g° Tarsus of right palp x 31. Fic. 5. — Marthana vestita n. sp. g° The Column in lateral view x 10. BIBLIOGRAPHY “1. T. THorEL. Arachnidi Artrogastri Birmani. Viaggio di Leonardo Fea, XXI Ann. del Mus. Civ. di St. Nat. di Genova, XXVII, 1889, pp. 521-729. 9. — — Opilioni nuovi o poco conosciuti dell’ Arcipelago Malese. Ann. del Museo Civ. di St. Nat. di Genova, Ser. 2%, vol. X, 1891, pp. 669-770. 3. J. C. C. Loman. Opilioniden von Sumatra, Java, und Flores. Zoologische Ergebnisse einer Reise in Niederl. Ost-Indien (Max Weber). Bd. III, Leiden, 1894, pp. 1-27. 4. R. S. Pocock. Descriptions of some new Oriental Opiliones. Ann. Nat. Hist., Ser. VI, vol. XIX, 1897, pp. 283-292. 5. E. Simon. On the Arachnida collected during the Sheat Expedition. Proc. Zool. Soc. London, 1902, vol. II, pp. 45-84. 6. C. J. WiTH. New and old Phalangiidae from the Indian Region. Journ. Linn. Soc. London, vol. XXVIII, pp. 466-509. __. Ct rr T__PT_—___i;rr‘eée.-c o 2251 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino. — BOLLE FFINO We di Zoologia ed ‘Anatomia comparata. della R. Università di Torino Ni 540. pubblicato: il, 22, Settembre, 1905 Vor. XX RES ITALICAE XVIII. Dott. Lea MrI Ortotteri del Friuli Il Dott. Achille Tellini mi ha affidato lo studio della sua raccolta di Ortotteri fatta nella provincia di Udine e poi donata al R. Museo Zoologico di Torino. Avendo già pubblicato lo studio della collezione di Ortotteri fatta dal Dott. Enrico Festa nel Cadore. in, regione alpina (1), credo utile pubblicare il risultato dello studio di questa raccolta fatta nel Friuli in pianura, in regione collinosa e subalpina. Le località da cui provengono le specie da me esaminate, sono le seguenti: Valle del Tagliamento e tributarî: Resiutta a 317 m. s. mare; Abesso a 200 m.; Gemona a 275 m.; Osoppo a 185 m., tutte verso,la. regione, alpina, ma nelle valli. Distretto di Tarcento: Lusevera a 498 m.; Nimis a 220 m.; Sedilis dai 300 ai 400 m. e Chialminis dai 700 agli 800 m. sul mare. Distrelto di Cividale e di S. Pietro al Natisone: Casteldel- monte a 634 m.; Oblizza a 500,m.: e.Bultrio a 150 m. Pianura alta centrale: Udine a 110 m.; Torrente Torre a Cerneglons a 90 m.; Predameno idem.; Orzano a 100 m. circa. PI (1) Dott. Lra Mer. — Locustidi e Acrididi det Cadore. Boll. Musei Zool. e Anat. Comp. R. Università di Torino, N. 457, Vol. XVIII. fly fia Pianura bassa: Foce del F. Isonzo che resta però nella provincia di Gorizia e Gradisca, e Carlino a 4-5 m. sul mare. Parte orientale del Frèulî: M. Santo a 680 m.; Colbio di Gorizia dai 200 ai 300 m.; S. Martino del Carso a 195 m.; Cormons a 41 m.j Medea a 35 m. Parte occidentale della prov. di Udine: Caneva di Sacile a 100 m.; ed Altipiano del Cansiglio dai 900 a 1300 m., con Casera Pizzocco, e Martura di Aviano alle falde dell’altipiano. La raccolta consta delle Famiglie dei Forficulidi, dei Mantidi, degli Acridiai, dei Locustidi, dei Grillidi, con 43 specie e talvolta con nu- merosissimi individui. Essa fu conservata a secco. Delle specie di Locustidi e di Acrididi esistenti nella raccolta del Friuli, non furono trovate nel Cadore le seguenti : Tra i Locustidi: Phaneroptera quadripunctata Br.; Xiphidium fu- scum (Fab.) Serv.; Conocephatus nitidulus (Charp.) Griffini; Rhacocleis discrepans Fieb.; Rhacocleis Bormansi (Dubro) Brunn.; Tramnotrizon Chabrieri (Charp.) Fisch.; Thamnotrizon faltax (Fisch.) Krauss; Pla- tycleis stricta Zeller) Krauss; Platycleis bicolor (Phil.) Fieb. — Tra gli Acrididi: Vedipoda coerulescens (L.) Serv.; Sphingonotus coerulans (L.) Fieb.; Acridium aegyptium (L.) Stàùl.; Caloptenus italicus (L.) Burm.; Stauronotus brevicollis Eversm.; Pezotettix. pedemontanus Brunn.; Platyphima Giornae Rossi; Stethophima fuscum Eversm.; Epacromia strepens (Latr.) Bol. i Le 43 specie da me studiate sono le seguenti e vengono enumerate secondo la classificazione seguita dal Brunner von Wattenwyl « Pro- dromus der Europàischen Orthopteren » Leipzig 1882, Forficulidi. Forficula auricularia L. 26 esemplari (17 9 9 o) dei quali 10 furono raccolti a Nimis, 13 ad Udine, 1 a Caneva, 1 a Lusevera, 1 a Chialminis. Labia minor L. 3 esemplari dei quali 2 furono raccolti ad Udine, 1 a Gemona. Mantidi, Mantis religiosa L. 11 esemplari (9 9 2 è) dei quali 2 furono raccolti ad Udine, 6 a Minis, 3 a Martura di Aviano. Un solo esemplare presenta alla base delle piloni tibie anteriori nel lato interno la macchia bianca circondata da un anello nero; gli altri hanno la macchia tutta nera. Acrididi. Stenobothrus limcatus Panz. 1 esemplare 9 raccolto a Lusevera. Stenobothrus morio Fab. 1 esemplare 4 raccolto a Martura di Aviano. Stenobothrus rifipes (Zett.) Fisch. 102 esemplari (30 0 72 9) dei quali 10 furono raccolti a Lusevera, 80 ad Udine, 5 a Bultrio, 15 a Predamano, 30 a Gemona, 4 a Nimis, 10 a Cormons, 6 al Cormor, 9 a Medea, 6 a Gervasulta, 3 a Cerneglons, la Gradana. I femori posteriori non sono in alcuni affatto marmorati, ma completamente unicolori. Stenobothrus vagaus (Fieb.) Fisch. 110 esemplari (30 od 80 9) dei quali 9 furono raccolti a Nimis, 1 a Oblizza, 2 a Predamano, 12 a Cormons, 6 a Marsura, 8 a Chialminis, 25 ad Udine, 4 ad Osoppo, 4 a Gervasulta, 15 a Bultrio, 10 a Medea, 9 al Cormor, 5 a Lusevera. Stenobothrus bicolor (Charp.) de Sélys. 130 esemplari (80 3 50 9) dei quali 53 furono raccolti ad Udine, 19 a Predamano, 5 a Bultrio, 6 a Medea, 8 al Cormor, 8 a Cormons, 3 a Ohialminis, 7 a Lusevera, 3 a Gervasulta, 5 a Cerneglons, l a Gorizia, 2 a Marsura, 4 a Gemona, 6 a Nimis. Presentano grandissima varietà di colorazione. Stenobothrus parallelus (Zett.) de Sélys. 122 esemplari (30 &' 92 9) dei quali 46 furono raccolti ad Udine, 26 a Nimis, 4 a Sedilis, 13 a Gemona, 17 a Lusevera, 5 a Marsura, 5 a Chialminis, 4 a Predamano, 2 ad Alesso. Gomphocerus rufus (L.) Thund. 68 esemplari (22 & 46 9) dei quali 15 furono raccolti a Gorizia, 5 a Gemona, 5 a Marsura, 9 a Lusevera, 1 a Cerneglons, 3 a Predamano, 4 a Bultrio, 2 a Sedilis, 3 a Chialminis, 1 a Casteldelmonte, 17 a Nimis. Alcuni esemplari presentano una fascia chiara che decorre dal fastigio. del vertice all’apice delle elitre. eta ie ci a Stauronotus brevicollis Eversm. | i 1 solo esemplare &' raccolto ad Udine presenta le ali di un bel ce- leste carico. Stethophima fuscum Eversm. 1 esemplare d raccolto ad Udine. Epacromia strepens (Latr.) Bol. 18 esemplari (7 & 119) 8 furono raccolti a Bultrio, 6 ad Udine, 2 a Gorizia, 2 ad Opeina, 1 a Capodistria, 1 a Collio di Gorizia, 1 a Pre- damano, 1 a Lusevera. Sphingonotus coerulans (L ) Fieb. 9 esemplari 9 dei quali 5 furono raccolti a Predamano, 4 a Cerne- glons. Un individuo presenta ile elitre con due macchie brune dilute. Geiipoda cverulescens (L.) Serv. P 37 esemplari (21 9 16 0°) dei quali 12 furono raccolti ad Udine, 3 a Bultrio, 5 a Predamano, 4 a Gemona, 5 a Cerneglons, 2 a Gorizia, la Collio, 3 a Nimis. Variano molto nella intensità delle macchie scure. Psophus stridulus (L.) Stil. 5 esemplari (19 4d) raccolti tutti a Nimis. Accridiaum aegyptiùum (L.) Stal. 5 esemplari (29 3) tutti furono RACC ad Udine. Caloptenus italicus (L.) Burm. 14 esemplari (8 9 6 d) dei quali 6 furono raccolti ad Udine, 3a, Nimis, 1 a Gemona, 1 a Predamano, 1, a Cerneglons,. 1. a Marsura di Aviano. Pezotettix pedemontamus Burm. i 11 esemplari (8 9 3 0) dei quali 7 furono raccolti a Nimis, 2a Chiel-. minis, 1 a Marsura di Aviano, 1.a Lusevera. ; Pezotettix alpiazs (Koll.) Stil. var. \atpino. 1 esemplare & raccolto a Resiutta. Piatyphima Giormae Rossi. 77 esemplari (28 è 49 9) Uci quali 14 furono Taccolti p TRUE 4a Bultrio, 27 ad Udine, 4 a Marsura, 6 a ‘Cormor, 11 a Medea, 1 Carlino, 4 ‘a Cormons, i a Sedilis, 2 a ‘Chialminis, 1 a Gervasulta, Ù ad Alesso. iii "a PO” Tettix subulatus (L.) Stàl. i 4 esemplari (3 o 19) dei quali 2.furono raccolti a Bultrio, ua Go- rizia, 1 alla foce dell’Isonzo. Tettix bipunetatus (L.) Stàl. 12 esemplari alcuni allo stato larvale; 4 furono Faccolti a ‘Bifltitio, 3 ad Udine, 1 al M. Santo, 2 a Cansiglio, 2 ‘ad Osoppo. Locustidi. Phaneroptera quadripunetata Br. di 23 esemplari (149 9) dei quali 3 furono raccolti ad Udine, 2 a Predamano, 3 a Lusevera, 4 a Gemona, 2 a -Marsura-di Aviano; 2 è Nimis, 1 a Cormons. Variano i vari esemplari nella colorazione che - va dal verde intenso al bruno giallastro. Xiphidium fuscum (Fab) Serv. 4 esemplari (2 9 2 c) dei quali 1 fu raccolto a Bultrio, 1 a Preda- mano, 2 a Sedilis. i Conocephalus mitidulus (Charp ) Griffini. 29 esemplari (19 9 10 c) dei quali 21 furono raccolti ad Udine, 4 G Gemona, 1 a Bultrio, 1 a Nimis, 3 a Lusevera. Locusta viridissima (L.) Fab. 2 esemplari (10° 1 9) 1 raccolto ad Udinè; 1 ad -Orzanò. Locusta cantans Fuessly. 1 esemplare 9 raccolto a Nimis. HRnacveleis discrepamns Fieb. 6 esemplari (1 9 5 9) dei quali 3 furono raccolti ù Gemona, 2a Udinò, l a Cerneglons. Rnacocleis Bormamsi (Dubro.) Brunn. a 24 esemplari dei quali 7 furono raccolti a Nimis, 6 x Udine, 6 a Gemona, 1 a Bultrio, 4 a Lusevera. Fhamnotrizon Chabrieri (Charp.) Fisch. 5 esemplari (39 29) dei quali 4 furono raccolti a Nimis, 1 ad Udine. Thammnotrizonm apteras (Fab.) Fisch. 6 esemplari (49 20) dei quali 1 fu raccolto a Oblizza, 3 a Nimis, 2 a Marsura Aviano. Thaminotrizon fallax (Fisch.) Krauss. 2 esemplari 9 raccolti a Marsura Aviano. Thamnotrizon cinereus (L.) Fisch. 4 esemplari 9 raccolti a Nimis. Piatycleis grisea (Fab.) Frivaldsky. 11 esemplari (8 9 3 &) dei quali 5 furono raccolti a Nimis, 2 ad Udine, 2 a Gemona, 1 a Marsura Aviano, 1 a Cerneglons. Platycleis stricta Zeller) Krauss 4 esemplari (2 & 2 9) dei quali 2 furono raccolti a Bultrio, 2 a Udine. Platyceleis bicoiow» (Phil) Fieb. 1 esemplare 9 raccolto ad Udine. Becticus verruacivorus (..) Serv. 2 esemplari 9 raccolti 1 a Marsura Aviano, 1 ad Udine. Grillidi, Oecanthus pell ucens (Scop.) Brullé. 5 esemplari (19 40) raccolti a Cormons Medea. Grylius burdigalensis Latr. 1 esemplare 9 raccolto a Lusevera,,. Gryllus campestris L. 5 esemplari allo stato larvale, dei quali 4 raccolti a Bultrio, 1 a Nimis. Gryllomoerphus dalmatinus (0csk) Krauss. 2 esemplari 9 raccolti 1 ad Udine, 1 a Lusevera. Gryllotalpa vulgaris Latr. 1 esemplare 9 raccolto ad Udine. ad a N di . * CI LI » % i ta Sar (24 na ee D; i Di > ) I A bg \ pen % Let. vo fanti Co L ) LL DI è I) vi vi Ù SO... 207 ur b N Lt ti da È DITTA ‘+ Ù d sor b l ; ù V| Lasi wo Ù fia ue : Lf è CRETE, Me > o TeicI di Ò Dl La 4 db i È Aaa } 5 si DA r; TESI l dotta. 1, get, a Toxbai è im da “206 Ri i 19 94 i Ue «Hi < amanti: rile Dada ts tao si ono 0 ALI Te [iosght ne GURS Ae BD E a : IRE Ra SS PU dra a 7 Praia va II ‘ Etudo, sur les. Aol bb ar 0g a RI $: n ia 7 Focualtite n Patagonia pat" fe he Tolo ter Ù pre: RE EA ATTESE ER asa | DI) i asihocha I onsiri eragli nd ito irusl mese Lesina) Y v "al amano qui font l'aljet de ce tparali ott bd racuggitià. PES Migho, = SHNOBITI dans lo, saati sder te Patagonie. Argattiae, pie aste de Ro Sansa Crus; da fauna de eetta regiba ost beh pa sa) Tara doi replottiseroantns eni par sanata pitt "par Br ty pie SUP do sujet que da Di favalli jo pio. 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Ù icompluri È rancalti Ha Marstra divino, F ii crtidi fo Gopns ama polimeri Ct ì tr) osmppigsi (dd: 4: mpeg se. die Grylian Muerdigade srnia Lg » | È, gscingie £ Pia a aio di Migttae: rise dn Lei d capperi alto Mstoilarale;: E nt MNimbgi > + - Had Greitomagrghoa Sa Print bio, cente, hi ssetoplari 9 ragcotti l'ad Uainà La è Liuserora, Gerifosaipa vulzazio Kate. nno + «I : i SSORMArE raochiio. ad Udine, . e: Me. BORKERTITINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 541 pubblicato il 26 Settembre 1905 Vor. XX Etude sur les Arachnides recueillis en Patagonie par le Dr. Filippo Silvestri par E. Simon. Les Arachnides qui font l’objet de ce travail ont été recueillis par le prof. Filippo Silvestri dans le sud de la Patagonie Argentine, princi- palement sur le Rio Santa-Cruz; la faune de cette région est fort peu connue, les recherches des explorateurs ayant surtout portées jusqu’ici sur la Terre-de-Feu et la Patagonie chilienne. Nous ne pouvons guère citer sur ce sujet que le travail que nous avons publié en 1886 (1) sur les Arachnides recueillis en 1882-83, dans la Patagonie australe, de Santa-Cruz à Punta-Arenas par M. L. Lebrun, attaché comme naturaliste à la Mission francaise du Passage «le Venus, contenant l’indication de 16 espèces dont 5 seulement ont été retrouvées, dans les mèmes parages, par M. Silvestri (Lycosa nigricans, Petricus marmoratus, Trachelopachys sericeus, Tomopisthes Lebruni et T. tae- niatus E. Sim.) et l’ouvrage plus important, de M. A. Tullgren (2), consacré aux recherches de MM. O. et E. Nordenskiòld dans l’extrème Sud Américain, mentionnant environ une soixantaine d’espèces dont 7 seulement de la région qui nous occupe (Scotinoecus fasciatus Tullgr., Sicarius rupestris Holmb., Lithyphantes sabulosus, Asagena patago- nica, Tomopisthes (Gayenna) cruzianus Tullgren, Trachelas sericeus E. Sim., Cicurina madrynensis Tullgr. (3)). (1) in Bulletin de la Société Zoologique de France, t. XI, 1886, p. 558. (2) Contribution to the Knowledge of the “pider tauna of the Magellan Territories; in Svenska Expeditionen till Magellanslinderna, t. II, 2, n.10, 1901. (3) deux de ces espèces (Szicarius rupestris Holmb. et Cirurina madrynensis Tullgr.) ont éti recueillies plus au Nord à Puerto- Madryn. IL Antérieurement M. E. L. Holmberg avait indiqué quelques espèces dans un ouvrage consacré aux explorations du D' D. A. Doering, dans la Pampa méridionale et la Patagonie septentrionale (1). Les localités citées dans les pages suivants sont: Puerto Santa-Cruz; Missioneros près du P. Santa-Cruz; Amenkelt, environs du - Rio Santa-Cruz; Monte Buenos-Airès, au sud du Lac Argentino; Puerto Camarones, près Chubut; Puerto Piramides, près Chubut. Familia Aviculariidae. Tryssothele patagonica sp. nov. 9 long. 25 mm. — Cephalothorax pallide fulvo-lestaceus, tonge et crebre albo-luteo-sericeo-pubescens, fovea thoracica brevi, recte trans- versa profundissima, area oculorum transversa nigra, oculi tat- rates utrinque evidenter disjuncti. Abdomen ovatum, luteo-testaceum, superne vitta media, apîcem haud attingente, antice lata et angutosa, deîn angusta et utrinque bidentata atque in lateribus punetis paucis, zonas obliquas designantibus, nigricantibus, notatum. Chelae fusco- castaneae, albo pilosae et nigro-crinitae. Parles oris, pedes maxillares pedesque pallide fulvo-testaceî. Pars labialis multo lalior. quam tongior, dentibus obiusis pavucîs (4 vel 5) uniserialis munita. Coxae pedum-maxillarium area sat crebre dentata, intus ad basin, ar- matne. Pedum tarsi metatarsique quatuor antici usque ad basin sat. crebre scoputati, melalarsus li paris prope basin aculeîs binis unise- riatis, metatarsus 2° parîs aculeo apicali et prope basin aculeis trinîs biseriatis (2-1) armati. Pedes poslici valle aculeali. Missioneros, près Puerto Santa-Cruz (; 1). Diffère surtout des espèces chiliennes du genre 7ryssothele (2) par. ses téguments d’un fauve pale, le dessin de son abdomen, sa pièce labiale armée de quelques denticules uniseriés et par ses yeux latéraux disjoints de chaque còté. Familia Diectwyvnidae, Altellopsis nov. gen. Ab Altella, cui praesertim affinis est, differt parte labiali evidenle» latiore quam longiore, semicirculari et dimidium laminarum. nn (1) Aracnidos de la Pampa meridional y de la Patagonia septentrional, (ext. del informe oficial de la Comision cientifica agregada al Estado mayor general de la Expedicion al Rio Negro) Buenos-Aires, 1881. (2) T: subcalpetana Nicolet, Pissiî, Latastei E. Simon, — Bia attingente, sterno lonniore et pedibus quatuor posticis tibiis mela- tarsisque pluriaculeatis ; a Devade differt ocutis mediis anticis lalera- libus multo minoribus et area oculorum quatuor mediorum multo angustiore antice quam postice, A. helveola sp. nov. Q long. 2 mm. — Cephalothorax taevis, pallide luteo-testaceus, ma- cula media triquetra, confusa, olivacea, notatus, oculis nigro-cinctis. Oculi antici inter se juxla contigui, apicibus în lineam leviler pro- curvam, medii laleralibus fere triplo minores. Oculi postici, superne visi, în lineam leviter procurvam, medii lateralibus paulo minores, a sese spatio oculo pauto laliore distantes, a laleralibus subconligui. Abdomen oblongum, omnino albido testaceum. Slternum, chelae, partes onîs pedesque luleo leslacea, pars labialîs sallem ad basîn infuscata. Tibiae anticae aculeo inferiore submedio aculeoque interiore, graci- Libus et sat longis, imelalarsi anlici aculeis seliformibdus vel setis) binîs subtus, prope basin, armutli. Pedes postici parce aculeati. Plaga genitatis lransversa, multo lalior quam tongior, rufula et utrinque nigro-notala. Rio Santa-Cruz (9 1). Myropsis pauupercula sp. nov. 9 long. 4 mm. — Ceplutothnrax laevis, fulvo-rufescens concolor, ocutlis tenuile» nigro-cinctis. Oculi antici în lineam sat procurvam,3 medîi nigri inter se contigui a laleralibus, albis ovatis et saltem */ È majoribus, angusltissime separati. Oculi postici in lineam paulo minu procurvam, inler se subaequales, mediî a sese quam a lutervalibus paulo remotiores el spatio oculo multo laliore disjuncli. Oculi qualuor medii inter se subaeqrales, aream latiorem quam longiorem el antice quam poslice multo angustiorem occupantes. Ocutli lulerates ulrinque contigui, anlicus posltico major. Clypeus proclivis, oculis laler'alibus anticis paw!o latior. Abdomen cinerco-lestaceum, pilosum, sublus paulo dilulius. Chelae, partes oris sternum pedesque futvo-rufula, laevia. Chelae robustae et converae, margine inferiore sulci dentibus parvis seriatis 3 vel 4 armato. Pedes robusti, valde setosi, tibiis an- ticis aculeis înferioribus debilibus 2-2, metalarsis aculeis 3-3, acu- leisque lateralibus paucis minutissimis, instructis. Pedes postici nu- merose aculeati. Area genitalis convexa, transversa, postice truncata, futvo-olivacea, ulrinque nigro-notala. Rio Santa-Cruz (9 1). Cette petite espèce n’offre qu’a un degré affaibli les caractères du genre Myropsis; ses yeux antérieurs, presque contigus, sont moins inégaux et en ligne beaucoup moins procurvée que ceux du Myropsîs Backhauseni E. S., ses quatre yeux médians sont presque égaux ‘et di ses yeux latéraux sont de chaque còté étroitement contigus; je ne pense pas cependant que ces caractères soient suffisants pui en faire le type d’un genre spécial. $ Elle diffère en outre de l’espèce type par ses téguments fauves:con+ colores, sa taille beaucoup plus petite et la structure de sa plaque génitale. 2a ca Li “Qt #9) Familia Sicarlidae, | Sicarius rupestris (Holmberg). Thomisoides rupestris Holmberg, in Exped. del Roca al Kio ani Zool. 5 1881, p. 153 (37), pl. 1v, fig. 9. ETC Missioneros, près Puerto Santa-Cruz; Santa-Cruz; Chubut; Puerto Piramides. iva Décrit du Nord de la Patagonie. Familia Drassidae. Melanophora Silvestrii sp. nov. g long. 6 mm. — Cephatothora® niger, fere ltaevis, pilis longîs el pronis obscure cinereo-sericeîs vestitus. Oculi antici în lineam valde procurvam, medii nigri lateralibus albis paulo minores, a sese spatio oculo latiore distantes, a laleralibus contigii, oculi postici în lineam. haud vel vix.latiorem, evidenter procurvam, medii a: laleralibus quam inler se remoliores. Clypeus ocutis lateralibus anticis saltem duplo lalior. Abdomen longe oblongum, nigrum, sublus paulo dilutius,, sericeo-pubescens. Sternum nigrum, laeve, sericeo-pilosum. Chelae nigro-castaneae, laeves, parce pilosae. Pedes nigricantes, coxis. tar- sisque paulo dilultioribus fusco-castaneis, libiîs anticis muticis, mela- tarsis‘anticis usque ad basin breviter scoputatis, aculeis subbasilaribus binis sat brevibus armalis. Plaga genilatis longior quam tatior, pa- Falleta, anlice fovea' magna lransversa semicirculari, tenuiter rufulo:. marginata.et septo testaceo, lato et sulcato divisa, poslice fovea minore. tongitudinati et triquetra, valde impressa. ‘5 “lo Pedes-maxillares insignes; patelta superne longissime crinita; tibia parva, brevi, apophysi divaricala, valde compressa, antice acute nigro-marginata, apice b'uncata cum angulo anteriore leviler prg- minuto et mucrone parvo el uncalo munito, exlus armata; larso maximo, exlus ad basin valle dilalato el conico, ad apicem. longe attenuato et înfiexco; bulbo migno, styto libero nigro, tongissimo, circulum magnum formanle, onmnino circumdato. > Rio Santa-Cruz et Missioneros (? 2, 1). *\ et e Aucune espèce de ce genre n’était connue jusqu'ici de Patagonie (1). M. Silvestrii appartient è un groupe, assez nombreux en Amérique,. faisant le passage au genre Echemus ghar la seconde ligne oculaire plus ou moins procurvée.- Familia Zodariidae. Storena lentiginosa sp. nov. :9 (subadulta) long. 8mm. ,— Cephatothorax. longe ovatus, pallide fusco- rufescens, parte i. vilta media lala fulvo-rufula, postice altenvata et sensim diluliore notata, laevis, parce nigro-setosus. Oculi antici în lineam angustam, valde procurvam, inter se anguste et fere: aeque distantes, medii rotundi, lateralibus ovalis paulo majores, oculi postici aequi, în lineam multo latiorem subrectam (via pro- curvam)/, medîi a lateralibus quam a sese plus quadruplo remotiores. Area oculorum mediorumn longior quam talior el fere parallela, medii antici posticis sallem *|, majores. Clypeus area ocutorum paulo tatior, verticalis planus, valde crinilus. Abduomen oblongum, supra fulvo- rufescens, fulvo-cinereo-pubescens, parce nigro-punctatum, ‘antice’ dilutius, postice macutis lransrersis arcualis migris seriatis, vittam alam, fere designanlibus, 07° nulum, sublus nigricans, regione epiga- steris. dituliore, maumillis fulvis. Chelae fusco-rufulae, breviler nîgro- crinîtae. Slernuin, pedes-maxillares pedesque fulvo- rufula.’ Tibiae anlicae acuieis binis minulissimis, vix perspicuuis, sublus, ad mar- ginem inleriorem, armulae, metatarsi aculeîs brevissimis sed vatidis’ el fere dentiformibus 4- 4, sublus armati. Pédes postici vatde el nu- merose, acw'eati. — Imferdum abdomen supra fere nigrum obscurè lestaceo: variegalum et anlice ul inque macula albida longu el obtigua marginalum. | Chabut:: Puerto- Camarones (3 adulte 1, g jeune 1). Cette espèce diffère beaucoup des deux Storena actuellement connus de, LAmérique antarctique: S. Lebruni E. S. découvert è Santa-Cruz par M. E. Lebrun et S. Bergi E. S. de la 'erre-de-feu. Dans le S. Lebruni E. S. en effet les yeux médians antérieurs sont. très: gros et les yeux postérieurs sont en ligne très fortement recurvée semicirculaire. Dans le S. Be? ‘gi E. Sim. les yeux postérieurs sont au contraire en ligne fortement procurvée et les yeux médians Slate Pig très (1) Drassus australis Holmberg dont l’auteur ne déerit que le jeune màle (loc. cit. p. 136) ost peut-ètre ul MERI a, mais ‘certainemebt differeut du’ Mi iS/Avestrit E. Sim} 26034, 19 CIUBDÌ c'eotiat petits, de plus les métatarses antérieurs sont armés d’epines apicales assez longues. Familia Pholcidae. Psilochorus pullulus (Hentz). Theridion pullulum Hentz, in Bost. Journ. Nat. Hist., VI, 1850, p. 35 — Psilochorus id. E. Sim., H. N. Ar., L p. 482. Chabut: Puerto piramides (9 2). Deux femelles ne différant en rien des P. pululus de l’Amérique du Nord. La grande extension de cette espèce en Amérique est des plus remarquables, elle rappelle celles de l’Araneus labyrintheus et du Latrodectus mactans. Familia Theridiidae., Euryopis tribulata sp. nov. 9 long. 2,5 mm. — Cephratothorax brevis, laevis, obscure fulvo-rufe- scens, marginem versus infuscatus, setis nigris, validis, longis et erectis, paucîs, conspersus. Oculi anlici în lineam modice procurvam, medii prominutli nigri, lateralibus albis haud vel via majores sed inter se quam a laleralibus plus duplto remoliores. Oculi postici sat magni, aequi, in lineam valde recurvam, medii a sese quam a tateralibus via remotiores. Area quatuor mediorum evidenler latior quam longior et anltice quam postice paulo latîior. Clypeus area oculorum tatior, sub oculis prominutlis valde depressus. Abdomen magnum, converum, antice rotundum, postice tonge el valde ‘altenualum, supra duriu- sculum et nilidum, setiîs validis, longis el ereclis, fere spiniformibus, flavo-nitidis conspersum, nigrum, anlice maculis binis ovatis et obliquis, in medio vitta lalissima procurva. dein arcu transverso minore et postice, supra mamiltas, macuta angulosa, flavido-testacets, ornalum, subtus obscure fulvo lestaceum. Slernum fusco-rufulum. Pedes breves et robusti, selis validis longîs et erectis armati, flavidi, nigro-maculati et subannutali. Santa-Cruz (9 2). Cette espèce doit se rapprocher de l’Euryopîs variabilis Keyserling, du Sud du Brésil, mais sa coloration est différente, principalement celle de l’abdomen, ses pattes sont beaucoup plus courtes, tachées de noir presque annelées. JE. longiventris sp. nov. e long. 3.mm. — Cepluto!thorax breciler ovulus sed longior quam tatior, laeviîs et glaber, tuete fu!tvo-uuranliacus, oculis anguste nigro- cinctis. Oculi cuncti inte» se subaequales, medii antici nigri, reliqui albi, quatuor antici in lineam leviter procurvam, medii a sese spatio oculo non multo minore disltantes sed a laleralibus subcontigui. Oculi postici în lineam modice recurvam, medii inter se quam a lateralibus evidente» remoliores. Area qualuor mediorum parallela et evidenter lalior quam longior, antici posticis paulo majores. Clypeus verticalis plunus, area cculorum latior. Abdomen magnum, sat longe ovatum, postice vix amplialum atque oblusum, atbido-testaceum, parce et fenuiter setosum, amtice macula media parva, dein vittis transversis latis quatuor : trinîs anlizis leviler recurvis atque in medio plus minus interruplis, ullima validissime recurva semicirculari, pallide fuseo-cinereis, superne ornalum. Chelae breves. Sternum pedesque laete fulvo-auranliaca. Pedes sat breves, haud laterales, longe setosi, paletllis tibiis metatarsisque anticis leviler infuscatis. Plaga genitalis fusca, laevis, leviler convexra, foveola parva, rufula, subrotunda impressa. Chabut: Puerto Piramides (9 1). Espèce très anormale qui pourrait devenir le type d’un genre par- ticulier. Elle diffère en effet des Zuryopîs typiques par son abdomen cylindrique un peu renflè en arrière et par ses pattes non latérales. Lithyphantes sabulosus Tullgren, in Sv. Exp. Magell., t. II, n. 10, 1901, p..193, pl.. 1, fig. 3. Santa-Cruz et Missioneros près Santa-Cruz (9 7 adultes et jeunes). Décrit de Santa-Cruz par M. Tullgren. Latrodectus mactans (Fabricius). Aranea mactans Fabricius, Ent. Syst. II, 1775, p. 410 — Latrodectus for= midabilis, variolus, intersector, Te'ragnatha Zorilla Walckenaer — La» trodectus mactans et dotatus C. Koch. — Latrodectus formidabilis, variegatus et thoracicus Nicolet — Theridion verecundum et lineatum Hentz. — Latrodectus apicalis et carolinus Butler — L. malmignathus var. fropica van Hasselt — L. mactans Fr. Cambr. (1902). Santa-Cruz (9 1, & 1). Espèce répandue dans toute l’Amérique, depuis le Sud des Etats-Unis jusquau Chili; la station de Santa-Cruz est jusqu’ici la plus australe qui ait été indiquée. L’extension de certaines formes tropicales dans l’Amérique du Sud est à noter, les genres Damon et Cercophonius en donnent d’autres exemples. Nora. — Quelques jeunes Threridion non déterminables ont été re- cueillis sur le Rio Santa-Cruz. se 48 e YO Rest IV pa) Familia Argziopidae. “subfam. Linyphiinae. Porrhomma fuegianum (Tullgren). Oto . Tmeticus fuegianus Tullgren, in svenska Exped. t. Magell., t.;II, n. 10, pr205,\pliùm.fig. 4 Porrhomma fuegianum E. Simon; in Hamb. Magalh. sammelreise, Arachn. 1902, p. 21. Missioneros, région de Santa-Cruz (& 1). Espèce très répandue dans la Patagonie chilienne et la Terre-de-feu. Nota. — M. Silvestri a recueilli dans la méme région de très jeunes individus, non déterminables, d’une autre espèce de Porrhomma et d'un vrai Linyphia qui paraît ressembler 4 notre L. pusilla Sund., d'Europe. i Grammonota bilobata (Tullgren). 2Walckenaera bilobata Tullgren, loc. cit..p. 197. Q long. 2 mm. — Cephulothorax fulvo-rufescens, laevîs, breviler ovatus, antice via altenvalus, fronte lalîssima, parte cephalica valde convera antice declivi. Oculi antici fanlice visi) in lineam leviter recurvam, medii parvi inler se conligui, a lateralibus, saltem duplo majoribus et transversim ovatis, spatio oculo plus duplo majore di- stantes. Uculi postici în lineam rectam, medii a sese quam a lalera- libus via vemoltiores el. vio minores. Area mediorum longîior quam latior et anlice quam postlice multo anguslior, mediî antici: posticis multo minores, oculi cuncli anguste nigro-limbat'. Clypeus verticalis plunus, sub oculis non depressus, area oculorum circiter aequiltalus. Abiomen breviler ovatum, supra nigrinum sed antice tate albidum el vilta media obscura notatum, dein vittis transversis latis quatuor (anticis in medio interruplis) albidis, ornalum, sublus fusco-testa- ceum. Chelae, partes oris, slernum. pedesque fulvo-rufula, parte la- biali infuscala. Chelae validae, converae, laeves. Slernum nitidum, non multo longius quam latius, înter coxas posticas (runcatum. Pedes sat.breves, breviler pilosi, sed pateltis ad apicem libtisque prope basin seta erecla longa munitis, tarsis metatarsis vio brevioribus.' Lantina genitalis duriuscula fusco-caslanea et nilida, linguiformi; apice ali. tenuata, acute emarginata el bifita. Be i Sio din vip Voisin des Grammonota pictitis et ornata Cambr., de l'Amétique du Nord, il en diffèore surtout par le céphalothorax lisse, non‘chagriné ef fauve, et par le processus linguiforme de l’épigyne. Lu J , Neriéne Michaelseni E. Simon, ‘serait peut-ètre' aussi mieux placé dans le genre Grammonota, il differè du G. dilobata- par sa taille au moins trois fois plus forte, sa partie céphalique non convexé, le ® — © rebord échancré de son épigyne non linguiforme, ses tarses antérieurs visiblement plus courts que les métatarses. La détermination n’ est pas absolument certaine, M. A. Tullgren à qui j'ai communiqué l’individu recueilli par M. Silvestri me répond «sans doute W. bilobata Tullg. mais de coloration' plus pàle et avec l’épigyne plus développée ». ns Monte Buenos-Aires au Sud du Lac Argentino (9 1). Décrit de la Patagonie Australe (Rios tres-Pasos). Gongylidiellum aurantiacum sp. nov. d' long. 2 mm. — Cephalothorax brevis, parum conveaus, fronte lata, laevîs, laete fiavo-auranliacus, linea marginali nigra exilti, lineaque media, anlice posticeque abbreviata, notalus, area oculorum nigra. Oculi anlici in lineam rectam, inter se aeque et anguste se- parati, medii lateralibus fere duplo minores. Oculi postici in lineam procurvam, medii lateralibus haud vel via majores, inter se fere aequidistantes, spatiis interocularibus oculis haud majoribus. Area me- diorum longior quam tlalior el antice quam poslice mullo angustior. Ciypewus leviler conveaus, area oculorum sallem haud angustior. Ab- domen breviler ovalum, nîgrum. Chelae, parles orîs, slernum, pe- desque flavo-auranliaca, pars lubialis fer'e nigra, slernum utrinque îemuiter: el confuse fus:o-marginalum, pedes versus extremilates le- rile» olivaceo-tineti. Pedes breves, selis tentibus longis conspersi. Pedis-mazrillares flnvidi ; palella puralteta paulo longiore quam la- fiore; libia paletta sultem hawd br'eviore, ad apicem sensim ampliata alque in ramulos duns tongos divisa: ramutlo exleriore crasso, diva- ricalo, apice oblique lruncato el secundum marginem larsi producto, ramulo interiore gracili, longo, subreclo el obtuso, ad apicem: sube- reclo; tarso brevi et obluso, exlus dilatalo-rolundo, întus subrecto j bulbo magno. gi i Santa-Cruz (Q1,9 1). Je rapporte avec doute cette espèce au genre Gongylidiellum ; elle s'éloigne en effet des formes typiques par son barideau au moins aussi large que le groupe oculaire et ses yeux postérieurs en ligne procurvée, mais ce dernier caractère s’observe dans quelques. espèces d’Europé (G, vivum Cambr.); ses caractères sexuels sont ceux des Gongylidiellum normaux. Nous avons décrit une autre espèce de la Terre-du-feu, G. uschuazense E. Simon, également ‘idouteuse pour le genre. i Ces deux espèces font' presque le passage du genre Gongytidiottum au JRURA Miliani (0/uS: ci esi o i meg ‘ ‘ ‘ ‘ à enti ° i e . ì ì A DI Ced si Subfamilia Tetragnathinae. Tetragaatha americana E. Simon. T. extensa Nicolet, in Gay, Hist. de Chile, Zool. III, 1847, p. 516. Santa-Cruz (9 3 Ne diffère pas des 7. americana du Chili, ou l’espèce est très com- mune. Nora. — De très jeunes individus, non déterminables, du genre Lew- cauge, ont été recueillis sur le Rio Santa-Cruz. Subfamilia Argiopinae. Larinfa mun:ifula (Keyserling). Epeira mundula Keyserling, Spiun. Amer. Epeiridae, 1892, p 179, pl. tx, f. 132. Santa-Cruz (& 1, 9g en grand nombre). Décrit du Sud du Brésil; nous l’avons recu de la République Ar- gentine et de l'Uruguay. L. antaretica sp. nov. Q long. 7 mm. — Cepha!othoraa fulvo-rufescens, linea media fusca, oculos haud allingente, nolatus, parce albo-crinilus. Abdomen oblon- gum, supra albido-luteum, parce nîgro-selosum, linea media angusla et ulrinque villa laliore et fleguosa pallido ciner'eo-fuscis, ornatum, sublus nigricans, villa media lala subquidrala, ulrinque linea an- gusla et postice, prope mamillas, punclis dbinis albidis, nolatum. Chelae pedesque omnino /luvido-luler. Pars labialis slernumque fusca vel nigra. A L. mundula Keysertina, cui valde affinis et subsimilis est, differt cephalolhorace minus convexro, oculis minoribus, qualuor mediis inler se aequis, aream longiorem quam luliorem el antice quam postice plus dupto latiorem, occupantes, postici a sese juxta contigui, antici au sese spalio oculo plus dupto tlatiore sepurali (fere ut in L. lineata Lucas) — Uncus vulvae ul în T,. mundula. Missioneros, près Santa-Cruz (y 1). Ces deux espèces sont très voisines de L. gratiosa E. Simon, du Chili. Araneus labyrintheus (Hentz. A la synonymie très longue de cette espèce il faut ajouter: Araneus Karkii Tullgren, in Sv. Exped. t. Magell., t. II, n. 10, p. 219. Monte Buenos-Aires (9 2). Espèce abondamment répandue dans toute | Amérique, depuis les Etats-Unis jusqu’au Sud de la Patagonie. i di Familia Thomisidae, Xysticus Sflivestrii sp. nov. Q lonr. 4-5 mm. — Cephato!horax fusco-rufescens, antice regione oculorum et clypei pallide luleo-lestacea, pone oculos medios lineotis fulvis binis valde abbreviatis, postice în declivitate macula magna subiriquetra, dentata et anlice bifida, lutea, notatus, coriaceus el granutlis, brevissime seliferis (selis Navo-nilidis clavatis) conspersus. Oculi quatuor postici parvi, inter se aequi et fere aequidistantes. Oculi medii antici laleralibus fere '|} minores et a sese quam a ta- leralibus evidenter remotliores. Area qualuor mediorum lalior quam longior et antice quam poslice via lalior. Margo clypei selis long:s clavatis, îiniquis el uniseriuatis, munilus. Abdomen breve, postice valde amplialum atque oblusum, obscure fulvo-ltvidum, parce et înordinale fusco-punctatum et reliculalum, pilis clavalis nitidis minutissimis, supra conspersum. Chelae luleo-albidae, ad basin fuscae, in medio converae el selis spiniformibus validis et curvalis hirsutae. Sternum fulvum ad marginem fusco-nolalum. Pedes fulvi, femoribus supra ad apicem nigricanti-notatis sublus parce fusco-punctatis, sed femore 2' paris nigricanti-vittato, patellis libiisque quatuor antictis fusco- rufulis, quatuor posticis parce nigricanti-variatis. Tibiae qualuor anticae, în dimidio apicali, aculeis inferioribus validis et suberectis (2-2, rarius 2 3), înlerioribus (sallem lì paris) longioribus, metatarsi aculeis inferioribus similibus, sed inter se iniquis, 5-5, valde armati, sed aculeis laleralibus carenles. Area genilalis fovea testacea parva, latiore quam longiore et leviler rhomboidnli, a rima epigasteriîs re- mota, impressa. Santa-Cruz; Missioneros près Santa-Cruz (9 2). Par la nature de ses téguments et leur vestiture cette espèce ren- trerait dans le genre Bassania Fr. Cambr., qui est à peine une section du genre Xysticus. Petricus marmoratus E. Simon, in Bull. Soc. Zool. Fr., 1886, p. 565. Santa-Cruz; Missioneros près Santa-Cruz (d' 1, 9g 5-6). Découvert à Santa-Cruz par M. E. Lebrun. P. lancearfus sp. nov. Q long. 5 mm. — Cephalolhorax evidenler longior quam lalior, niger, pilis albis pronis, crassis el oblusis crebre veslitus, vilta media latis- sima albo-opaca, villam nigram, ad oculos a medio partis thoracicae duclam, et postice teviler amplialam, includente, notatus, tuberibus ocularibus albidis, areu ocutor'um cinerea, arcubus fuscis binis notata, clypeo sub oculis cinereo-nigricanti, ad marginem vitta alba lata — 13 — valde fleruosa limbata. Qc:uli medii postici anlicis paulo majores. Abiomen u'bido lestucewin, superne flnvido-pubescens et villa media nigerrima, medium dorsum superanle, acute lanceolata ornalum, sub- tus albiao- -pilosum, minule el parcissime fusco- ‘alomarium, inlerdum superne cinereo-nigricans, vilta ‘anteriore nigerrima lanceolata et postice lineis binis albis, inter ruplis el postice convergentibus, notatum. Chelae sternumque albida, nigro pumclala et submaculata. ‘Pedes alè. bidi, femoribus superne fere nigris, sublus niîgro- punctàtis, paletti libitsque nigricantibus, supra albido-tineatis, ‘metatai ‘888 (FRIEROO pallide Iuteis, immnculalis. Area genilalîs simplex. Monte Buenos-Aires au Sud du Lac Argentino (9 2, 9 jeune Do Diffère de Petricus marmoratus E. S. par les chélicères et le sternuò blanes et ponctués de noir ‘(le sternum de P. marmoratus est noir; ses chélicères ont en avant des bandes transverses noires et blanches), par le dessin de l’abdomen plus simple, par les métatarses et tarses concolores (les métatarses de P. marmoratus sont annelés de. noir), enfin par les yeux médians postérieurs un peu plus gros que les antérieurs. Familia Clubionidae, . Fomopisthes Lebruani E. Simon, in Bull. Soc. Zool. Fr., 1886, p. 570. Missioneros près Santa-Cruz (9 2); Monte Buenos-Aires au Sud du Lac Argentino () 1, variété très obscure). ho Découvert à Santa-Cruz en 1882 par M, E. Lebrun. . taeniatus E. Simon, loc. cit., 1886; p. 571. Missioneros près SapasOruz (g 3 jeunes et adulte); gli Buenos Aires (9 1). Découvert à Santa-Oruz en 1882 par M. E. Lebrun. v sb i « } TU. li chase ni onice subsp. nova. A ti YDOo. differt magnitudine paulo minare, vitlis lateralibus ERETTA toracis antice oculos fere attingentibus, abdomine obscuriore, cinereo, linea nigra antica 'cwm vittis posticis coalità el viltam longitidinatem integram, postice attenualim et maculas parvas cinereas'uniseriatas includentem, designante, pedibus confuse nigro-notatis el .femoribus anticis subtus. minus distincte nigro-vittalis. Santa-Cruz fo l); .. Espèce jusqu’ici propre à la Terre-de-feu. Nora. — J'avais d’abord cru que cette espèce pouvait se rapporter au 7. cruzianus Tullg. décrit de Santa-Cruz, mais M. A. Tullgren,.à qui je l’ai comuniqué, m’écrit à ce sujet « n'est. pas. 7. eruzianus, i mais se rapproche davantage de 7. trilineatus Tullg., le dessiù dorsal n'est pas complètement le mème mais la structure de l’épigyue cst très analogue ». — 7. {rilineatus Tullgren est synonyme de 7. Back: hauseni E. Simon. Tr. Taligreni sp. nov. 9 long. 8 mm. — Cephalothoraa oblongus, laevis, obscure fulvo. rufescens, vitta media umbrosa via expressa, în parle cephalica lata sed postice altenuata el lineola nigra exillima secta, în parte thoracica abbreviata el stellata, et utrinque vilta marginali latiore nigricanti et valde dentata ornatus, area oculorum nigra. Oculi antici in lineam rectam, medii lateralibus circiler !|, minores, a sese anguste separali a lateralibus contigui. Oculi postici aequi, in lineam procurvam, medit a sese quam a lateralibus evidenter remotiores. Oculi medii aream multo longiorem quam latiorem ei antice quam postice angustiorem occupantes. Oculi laterales utrinque spatio oculo latiore a sese disjuncti. Abdomen oblongum, obscure testaceo-cinereum, supra valde fusco-li- vido-punctatum et reticulatwmn, antice vilta media longitudinali, postice arcubus seriatis, valde angulosis, fuscis, saepe confusis, notatum, subius mihute ei parcissime fusco-punclatum sed linea media crebrius fusco-punctata notatum. Chelae fusco-castaneae, margine inferiore sulci dentibus validis binis aequis armato. Partes oris fuscae. Slernum Iuteum, utrinque maculis fuscis submarginalibus 3 vel 4 notalum. Pedes. mediocres, fulvo-rufescentes, versus extremilates infuscati, femoribus, patellis libiisque valde nigricanti-plagiatis et subannulalis, aculeis longis ordinariis armati. Plaga genitalis nigra, rugosa , saltem "fa latior quam longior, utrinque fere parallela, antice posti- ceque in medio leviler et ovtuse ‘emarg rginata el postice più aa mi- nutissima munita. Amenkelt, près du Rio Santa-Cruz (0) 2 Oxysoma guitipes sp. nov. c long. 19 mm. — Cepfialothorax ovatùus, antice attenuatus, fronte sat angusta, luteus, albido-sericeo-pubescens, parte cephalica utrinque linea nigra tenui et abbreviata viltaque media' fulta vid &epressa, parte Ihoracica linea media nigra, postlice sensim acuminala el utrinque linea nigra valde flexvoso-dentata et interrupta, notatis. Oculi antici in lineam rectam, inter se contigui, medii lateralibus saltem. duplo ‘minores. Oculi postici magni, aequi, in lineam procurvam, inler “se fere acque et non late dislantes. Area quatuor mediorum, multo Tongior quam latior et antice quam postice multo an gustior. Oculi la- terales utrinque spatio oculo via angustiore a, sese distantes, Abdomen «oblongum, luteum, supra, praesertim in laleribus, crebre. nigro-pune- — i tatum et reticulatum, antice vitta media dilutiore (impunctata) punctis niîgris marginata, postice vitta crebrius nigro-punctata el submaculata, notatum, subtus haud vel parcissime nigro-punctatum. Sternum luleum, utrinque maculis marginalibus trinis et antice, pone partem labialem, linea longitudinali abbreviata, nigris, notatum. Chelae longae, sat angustae et leviter proclives, fulvo-rufulae, laeves, prope basin subti- liler et parce transversim rugatae, margine inferiore sulci minute bidentato. Laminae fulvae. Pars labialis fusca vel nigricans. Pedes tongi, robusti, sed metatarsis tarsisque gracilibus, lutei, femoribus, praesertim subtus, crebre et inordinate nigro-punctatis (punctis iniquis subrotundis), patellis utrinque nigro-bimaculatis, tibiis parcius nigro- punctatis (punctis longiîs, subseriatis); tibiis anticis aculeis inferio- ribus longis 2-2, aculeîs apicalibus binis minoribus et utrinque aculeis tateralibus longîs binîis; metatarsis longe scopulatis, aculeîs inferio- ribus longis binis subbasilaribus et utrinque, in dimidio basali, aculeîs similibus binis. Pedes-maxillares lutei, tarso fusco-castaneo, tibia minute nigro-notata; tibia mutica, leviter curvata, patella paulo lon- giore ; tarso mediocri, ovato et convero, attenuato sed obiuso. Santa-Cruz (4 1); Monte Buenos-Aires (9 2 jeunes). Nota. — Cette espèce remarquable est assez voisine de l’Oxysoma oceanicum E. Sim. (des Iles Juan-Fernandez), elle est également anor- male pour le genre Oxysoma qu’elle semble relier au genre 70mo- pisthes ; elle diffère de ses congénères par ses yeux postérieurs presque équidistants, ses yeux latéraux presque égaux et séparés l’un de l’autre A peine de leur diamètre. Elle rappelle, par sa coloration et son faciès, le Tomopisthes varius E. Simon. Trachelopachys sericeus E. Simon, in Bull. Soc. Zool. Fr., 1886, p. 563. Santa-Cruz et Missioneros (9 2 jeunes). Décrit de Santa-Cruz. Familia Agelenidae. Emmenomma oculatum obscurum subsp. nova. 9 (pullus). — Cephalothorax obscure fusco-castaneus, antice sensim niger, parte thoracica nigro-marginata, pilis crassis et pronis sordide albidis vestitus. Oculîi ut in E. oculato E. S. Abdomen oblongum, supra nigrinum, obscure testaceo-punctatum et substriatum, antice maculis longîs et obliquis quatuor biseriatis et prope medium maculis angu- losis quatuor transversim distantioribus, obscure testaceis, notatum, sublus dilutius sed vitta media lata obscuriore via expressa, munitum, et supra et subtus albido-cinereo-pubescens. Chelae fusco-castaneae. Partes orîs sternumque obscure fusca fere nigra. Pedes fulvo-olivacei, femoribus subtus late fusco-plagiatis et subannulatis, tibiis metatar- sisque vix distincte annulatis, aculeis longis et numerosis ut in E. oculato ordinatis. Monte Buenos-Aires (9 2 jeunes). Les Emmenomma recueillis au Monte Buenos-Aires, ne me paraissent pas differer specifiquement de ceux de la Terre-de-feu ; ils se rapportent cependant à une race de coloration plus obscure dont les pattes pa- raissent plus longues. Cette forme est encore imparfaitement connue, M. Silvestri n’en ayant recueilli que deux jeunes individus. Hahnia heterophthalma sp. nov. 2 long. 2 mm. — Cephalothorax laevis, fulvo-olivaceus, valde nigro- marginatus, parte cephalica macula media, antice trifida, thoracica maculis submarginalibus confusis fuscis, notatis. Oculî singulariter nigro-limbati, antici inter se subcontigui, in lineam valde procurvam fere semicircularem, medii nigri lateralibus albis vix *, minores, postici inter se aequatles, in lineam valde procurvam, medii a sese quam a lateralibus remotiores, spatio oculo laliore a sese distantes. Area quatuor mediorum paulo latior quam longior et postice quam antice multo latior. Clypeus valde obliquus, subdirectus. Abdomen 0- vatum, supra nigrinum, obscure testaceo-punctatum, prope medium maculis parvis binis, dein arcubus transversis 3 vel 4, utrinque am- pliatis, albido-testaceis, notatum, subtus pallide luteo-testaceum. Chelae, partes oris sternumque fusca et laevia, sternum paulo dilutius sed utrinque nigricanti-marginatum. Pedes fulvi, antici confuse olivaceo- plagiati, sat longi, mutici, sed setis longis conspersi. Mamillae luteo- testaceae, exteriores, articulo apicali acuminato basali haud vel vix breviore. Plaga gentitalis simplex fusco-rufula, pilosa. Santa-Cruz (9 1). Cette espèce ressemble è Hahnia pratensis C. Koch, d'Europe, dont elle diffère cependant par ses yeux antérieurs moins inégaux et en ligne plus fortement procurvée, presque semicirculaire, et surtout par son bandeau plus large que les yeux latéraux antérieurs et très pro- clive presque horizontal, caractère exceptionnel dans le genre Harnia. Le groupe des Halrnia est représenté dans la région fuégienne par deux espèces : B790îs antarctica E. Sim. et Hahnia Michaelseni E. Sim.; celui-ci diffère beaucoup de 2. Reterophthalma E. Sim., par ses yeux postérieurs plus resserré, ses yeux antérieurs très inégaux et en ligne droite, son bandeau étroit et vertical, sa coloration plus pàle etc. a ge Familia Ly cosidae, Lycosa migricams FE. Simon, in Bull. Soc. Zool. Fr., 1886, P. 563. Monte Buenos-Aires au Sud du Lac Argentino (9 1). Découvert à Santa-Cruz par M. E. Lebrun. Nora. — La famille des Pisauridae est representée dans la ctr du Rio Santa-Cruz par un Do/omedes dont M. Silvestri n’ a recueilli que de très jeunes individus. Familia Salticidae. Dendryphantes patagonicus sp. nov. d long. 6 mm. — Cephalothorax crassus, longus, sat angustus, niger, parce et longe nigro-hirsutus, pilis longis et pronis simplicibus, albidis, pilis fulvis intermixtis, crebre vestitus. Pili oculorum densi albi. Cly- peus sat longe et crebre albo-barbatus. Oculi antici apicibus in lineam leviter recurvam, laterales a mediis anguste distantes. Abdomen oblongum, nigrum, crebre et longe albido-pubescens, dntice vitta ab- breviata fulvo-pilosa notatum. Sternum angustum, nigrum, longe albo- . pilosum. Chelae longae, angustae et subparallelae, nigro-castaneae, nitidae sed transversim striolatae, pilis albis. crassis et obtusis. parce hirsutae, marginibus sulci brevibus subtransversis, inferiore dente valido, ad radicem unguis parum remoto, armato. Pedes nigro-cas- tanei, longe et crebre albo nigroque hirsuti, corxis posticis tibiisque anticis subtus dilutioribus, metatarsis larsisque posticis late luteo-an- nulatis. Tibiae anticae aculeis exterioribus parvis binis aculeoque interiore subapicati, metatarsi ant.ci aculeis 2-2 (basali interiore reliquis majore) armati, metatarsi postici aculeis apicalibus ordinariis tantum muniti. Pedes-maxitllares fusco-rufuli, valde. albo-hirsuli ; libia patella multo breviore, apophysi apicali, articulo longiore, robusta sed valde attenuata atque acuta, recta et anlice directa, extus ar-> mata ; tarso longo, sat angusto, parum attenuato ; bulbo longo, fere. parallelo, ad basin convero, obtuso et intus inflexo, ad apicem trun=: cato, leviter emarginato et stylo nîigro, brevi, valido el curvato, munito. Chubut: Puerto-piramides (9 1). Ressemble à beaucoup de petites espèces obscures Aug genre Dendny phantes repandues dans l’Amérique du Sud. iT9y alli ji si rdiz0g Lvophrys patazanica Sp. DOV.. n) Lit CI 9 long. 5 mm. — Cepnalothorax laevis, tuleus, area oculorum ni- gricanti, albido-pilosa et utrinque, inter ocutos, pilis flavido-auran- - fe tiacîs ornata, parte ihoracica vittis fuscis binis, postice attenuatis el leviter divaricatis, notata, sed linea marginali carente, albido flavi- doque pilosa. Pili oculorum inter oculos fiavidi subtus albi. Pili clypei longi albi. Oculi ut în E. saitiformi ordinati. Abdomen pallide Iuteo- testaceum, albido-sericeo-pilosum) superne* vittis binîs nigricantibus sat angustis, ‘parallelis et integris notatum,'subtus minute et parcis- sime nigro-punclatum, punctis majoribus, ‘l'ineam mediam confusam designantibus. Chelae laeves et glabrae, ‘Sternum pedesque pattide lutea, sed pars labialis leviter infuscata. Pedes ‘concotores'; tibia l' parîs aculeîs inferioribus binis submediis aculeoque laterali interiore submedio, tibia 2° paris sublus aculeis exterioribus longiîs trinis, inte- rioribus binis, armatis ; melatarsis quatuor anticis aculeis inferio- ribus validis 2-2 munttis sed aculeis lateralibus carentibus. Plaga genîtalis fulva, transversa, utrinque fovea magna subrotunda im- pressa, septo medio, foveis paulo angustiore, vel saltem hauad latiore. Rio Santa-Cruz (7 1). Ab E. saitiformi E. Sim., cu? affinis est, differl imprimis tibiis lì paris minus aculeatis, foveis binis plagulae genitalis inter se minus distan- tibus, femoribus pedum haud guttulatis. EF. cruziana sp. nov. g long. 5 mm. — Cephalothorax laevis, luteus, area oculorum ni- gricanti, în medio dilutiore, fulvo albidoque pilosa, parte thoracica vitltis fuscis binis lalissimis sed postice altenuatis el leviter divaricatis notata et linea marginali nigra cincta, flavido-cervino pubescente sed vitta media albo-pilosa, ornata. Pilî oculorum flavidi, sub ocutlis albi. Pili clypeî longi albi. Oculi ut in E. saitiformi ordinati. Abdomen luteo-testaceum, minute et parce fusco-punctatum, superne vittis binis nigricantibus sal angustis, parallelis et integris, notatum, sublus linea media nigro-punclata munitum et regione mamillari infuscata. Chelae et partes oris laeves, fusco-rufulae. Slernum pedesque pallide lutea, sternum tenuiter, via distincte, nigro-marginatum, pedes concolores; lihbiis quatuor anticis aculeis inferioribus validis el longis 8-3 (api- calibus minoribus), metatarsis aculeis inferioribus similibus 2-2 cet utrinque aculeo laterali apicali minutissimo armatis. Area genitalis fusca, transversa, utrinque fovea magna subrotunda impressa , septo medio, foveis evidenter angustiore vel saltem haud latiore. Rio Santa-Cruz (9 1). Ab E. laetata E. S., cui affinis est, differt imprimis metatarsis an- licîs aculeis lateralibus parvis armatis, sterno angustissime nigro- cincto, foveis binis plagulae genitalis inter se minus distantibus. Ces deux Evophrys sont similaires des £. saitiformis et laetata E. Simon qui habitent au Chili sous la méme latitude. e Ces espèces ne sont rapportées que provisnirement au genre Zvophrys, elles seraient peut-ètre mieux placées dans le groupe des Saztis; la connaissance des màles serait nécessaire pour avoir une certitude è cet égard. Quelques jeunes individus non déterminables recueilli par M. Sil. vestri, indiquent que la famille des Sa/ticides est représentée par d'autres espèces dans la région du Rio Santa-Cruz. Le Theratoscirtus patagonicus E. S., découvert par M. E. Lebrun, n’a pas été retrouve, Dl foce bi TAR Gi. Anatomia; ma della it È pivordlili di fostaa dh Ai À A Ù vhs Ù [ag À heal Mt palla tt TO Vice RE “i IL Ai SE, ut Lu nas A dieci a ezionito a) U - a e ca) Ri, uu i ; di È MS peptonefridi degli Olifocheti, ‘MO 1% ; si D JA : CI ci rr IK x* 7 \ sd i parptoneret di ali ana Ù “iAticare fun setbidi del tr, in i i, fi tha. pasphsea Ol Rndo tz +», vensia | i uostà arcore: di S allino: pio Defiblico tit tatra sti ite AgarivaRana 73008 kb extra) + to th eee e QUO et momo netti (IA TI dal i Lista At csc pai Monerafia pai Das v. fis dom ig dicano A A Mie ato por 10 rtf rn tore ee F'‘natmbi Grminunden ( pag. Ni i AU) pap / RM fat I sponioretbero atipeplovelri. iter) U Ma nai CN pes intatta: TI OC ME fora NM Er TUAYT] * rellieAit D'lsttorioii, u ipo. nie bea Prende. ds); dre pate” Phimità cell'apernttar È ada stihtig gresfale. 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Questo autore di- stinse: a) peptonefridî intraboccali, sboccanti « into the digestive canal »; Db) » extraboccali » « merely to the exterior ». Quello stesso nome peptonefridî venne poi adottato da MICHAELSEN nella monografia per « Das Tierreich » (2), ma con significato più ri- stretto, e cioè per gli organi nefridiali « die in dem vorderen Teil des Darmes einmiunden (pag. 7)», sicchè in questo caso i peptonefridî cor- risponderebbero ai peptonefridî intraboccali di BeNHam. Tuttavia in molte forme (es. parecchi G/ossoscolecinae) i nefridî anteriori, pur senza sboccare nel canale digerente, si aprono in pros- simità dell'apertura boccale, in un vestibolo preorale temporaneo (0 permanente ?) formato per invaginazione dei primi segmenti, e le aper- ture del primo paio di nefridî sono allora non di rado collegati alla bocca mediante solchi distinti da Rosa (3) col nome di solchi ne/ro- boccali. Sì aggiunga che tali nefridî sono spesso affatto simili a quelli aperti direttamente nel canale digerente. (1) On attempt to classify earthworms, in: Quarterly Journal of micro- scopical Science, vol. 31, n. ser., 1890, p. 212-213. (2) Oligochaeta, in: Das Tierreich, Lief. 10, 1900. (3) Contributo allo studio dei Terricoli neotropicali, in: Memorie della K. Acc. delle Scienze, Torino, serie II, Tom. XLV, pag. 116. SARO Der Mi pare dunque che a tali nefridî non sia da negare una funzione in rapporto con la digestione almeno analoga (? uguale) a quella dei peptonefridî s. s. che s'aprono nella bocca. Di questa opinione si mostrò BenHam nel suo lavoro sopra ricordato chiamandoli appunto « extra- buccal pepto-nephridia », in contrapposto agl’ « intro-buccal pepto-ne- phridia ». Ammessa un’analogia di funzione tra i nefridî anteriori aperti rel canale digerente e quelli aperti alla superficie del corpo in prossimità dell'apertura orale, e volendo distinguere gli uni dagli altri con dif- ferenti denominazioni, non trovo conveniente usare le espressioni intra-boccali ed ertra-boccati, giacchè la prima non risponde sempre alla realtà. Invero i peptonefridì s. s., come li intende MIcHAELSEN, possono aprirsi nella cavità boccale, nella cavità faringea, o dietro a questa nel primo tratto esofageo. Quest'ultimo caso è frequentissimo negli Enchytraeidae. Negli Oligocheti cosidetti « terricoli » si verificano non di rado i due primi: ora si tratta di nefridì diffusi o di micro- nefridî, ora di meganefridî adatti a fungere da peptonefridî s. s. Pur usando il termine peptonefridi nello stretto significato attri- buitogli da.MicHatrLsEN sarebbe opportuno classificare in tal modo gli organi in questione : \ orali, aperti dentro la cavità boccale. peptonefridi | \ /aringei, aperti nella faringe. | esofagei, aperti nel tubo esofageo. La loro funzione in rapporto con la digestione è ancora molto oscura. Quella dei peptonefridi orali è verosimilmente analoga, come ho detto sopra, a quella dei nefridì anteriori con struttura simile e aperti alla superficie del corpo in prossimità dell'apertura boccale: questi ultimi potrebbero distinguersi col nome di fagonefridî (gayeè, mangiare, in- ghiottire), ad indicare unicamente il rapporto di essi con la funzione di nutrizione. I fagonefridi corrispondono ai peptonefridi extraboccali di BENHAM. postoratli 24980 Pie Po uernine, via Gaudonzio Ferràri. 3 - Torino. pe BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 51. pubblicato il 16 Novembre 1905, Dr. GiusEPPE NOBILI Descrizione di un nuovo APUS di Madagascar. In una piccola collezione di Crostacei acquistata dal Museo Zoolo- gico di Torino dal sig. F. Sikora, vi sono sei esemplari femmine di una specie di Apus raccolti a Fort Dauphin nel 1899. Questi esemplari mi sembrano appartenere ad una nuova specie. Apus sahalavus n. sp. Diagnosi. — (Femmina). Carapace ovato, relativamente appiattito ; seno posteriore arrotondato nel mezzo, appena angolare ai lati, lobi laterali acuti, seno provvisto di 45-60 denti. Carena dorsale continuata fino al solco cervicale. Occhi grandi, ovati, molto sporgenti; tubercolo postoculare semiovato-subtriangolare, depresso-subescavato al disopra con un piccolo granulo nel mezzo. Parte esposta del corpo gracile, composta di 24-26 segmenti, 9 dei quali sono apodi; più breve della lunghezza mediana del carapace. Flagello terminale del primo paio di zampe uguale al carapace o più lungo. Articolo terminale del 2° paio forte, unguiforme, cigliato al disopra, denticolato minutamente al di- sotto, un poco più breve dell’articolo precedente. Anello anale distin- tamente inciso al disopra e al disotto; superiormente provvisto di un nodulo spinoso per ciascuna parte, di spine più grosse all’inserzione dei filamenti caudali e di una serie di spine nel mezzo, denticolato all'estremità; inferiormente coperto di spinule. Filamenti caudali di poco più corti del corpo. Questa specie è affine all’Apus numidicus Grube (1) e all’A. trachy- aspîs Sars (2). (1) Grue. — Arch. f. Naturg. 1865, p. 277, pl. xI, fig. 14-14a-0. — Sars. Archiv for Mathematik og Naturvidenskab, XX, 2, p. 5, pl. 1. (2)(SaRsop. cute XX, 2-3, 1899, ‘p..1b, pl. IL fg. 1-2. SAGRE Descrizione detta femmina. — Le misure di quattro esemplari sono le seguenti : a Db Ù d Lunghezza ‘totale! 0%. mill (82-35. 34. 40 » mediana del carapace » 18,6; 184/ x gad8c 2200 » massima » » » 22 22 205. 28 Larghezza del carapace . . . » E: 10,0. 0a 20 Numero dei segmenti esposti . » 24 25 24 26 » » » dpodimsea 9 9 9 (9) Numero dei denti del seno . . » 44 60 43 DD Lunghezza dei filamenti caudali » — - 30 La forma generale del corpo è più gracile che nell’Apus cancriformis. Il carapace è più lungo che nell’ Apus numidicus, occupando nella sua lunghezza mediana più di metà della lunghezza totale, ed occupandone circa i due terzi colla sua lunghezza laterale. Il solco cervicale è ben netto, e delimita il segmento mandibolare che è ben convesso. La porzione frontale del carapace è regolarmente arrotondata. Gli occhi sono assai grandi, colla parte corneale molto convessa; il pig- mento in tutti gli esemplari non è visibile. Gli occhi divergono alquanto all’indietro, e la loro forma è piuttosto subovale che reniforme. Il tubercolo postoculare ha forma di triangolo coi lati curvi; i margini suoi sono piuttosto rialzati, mentre la sua superficie dorsale è piuttosto concava, con un tubercoletto nel mezzo. Dal solco cervicale si diparte una carena ben netta, che si estende posteriormente fino al seno, sporgendo in esso come un piccolo dente. Alla sua estremità la carena appare impercettibilmente denticolata. Il seno posteriore è poco ampio, ugualmente arrotondato nel mezzo. e lievemente angolare ai lati. Le due punte laterali del carapace sono acute. Le ghiandole dello scudo sono distinte ed hanno la solita forma, ma sono pochissimo marcate. Tutta la superficie del carapace è provvista di minuti granuli, vi- sibili solo alla lente. I denti del seno posteriore del carapace sono in numero di 43 a 60, piccoli, e, dato il loro numero, naturalmente assai ravvicinati, assai più piccoli e più ravvicinati che quelli di Apus cancriformis., A. somalicus Weden. (*) A. sp. (Bottegoi? Bou- vier) (*), Lepidurus extensus Dayi Brauer (cotipo), e di quelli di A. Lucasanus Sim., Lepidurus glacialis Kr., L. Kirki Thoms. (cotipo). Essi sono forse un poco più grossi di quelli di Apus namaquensis Richt. nec. Sars (tipo esaminato), ma più ravvicinati. Sars nella sua precisa descrizione dell’.A. 7202274icus non menziona affatto i denti; GruBr nella (*) Di queste due specie ho esaminato i tipi per la cortesia dei professori P. Pavesi e R. GESTRO. descrizione originale ne novera 54; BRAUER (1) che riesaminò i tipr di GruBe conta 45, 50 e 51 denti. La parte esposta del corpo è gracile, come in Apus numidicus; ma però più breve; nella specie di GruBe la parte esposta è più lunga della lunghezza mediana del carapace, mentre nell’Apus saRalavus essa è più breve. Il numero dei segmenti esposti è anche differente; nell’A. numidicus vi sono 30 segmenti esposti nel maschio e 25 nella femmina, dei quali 14 sono apodi nel maschio e 11 nella femmina; nel sakalavus il numero dei segmenti esposti è di 24-26, e il numero dei segmenti apodi è di 9. Questi segmenti sono ben separati e portano spinule brune, in numero di circa 10 al di sopra e di 15 inferiormente. Il segmento ultimo o anale è lungo quasi quanto i tre precedenti, ed ha forma ben differente da quello di A. numidicus figurato da Sars. Il suo margine posteriore, tanto dell’arco dorsale che «dell’arco ven- trale è distintamente inciso nel mezzo, e l’incisione è triangolare e denticolata. Le parti carnose che circondano l’ano sono molto infos- sate, e non sporgono in fuori oltre il segmento come in A. numidicus. Le spine sono distribuite nel modo seguente: al disopra vi sono i due soliti ammassi laterali di spinule; due serie di spinule per ciascun margine laterale, delle quali le ultime presso i filamenti sono assai più grosse, nel mezzo vi è una serie longitudinale di 3-4 spinule piuttosto grosse; l’incisione porta 4-5 spinule; al disotto Ja superficie è minu- tamente spinulosa. Nell’A. nu?midicus, il segmento anale è troncato posteriormente al disopra, e inciso al disotto, le parti carnose circum- anali sporgono oltre il segmento; non vi è serie di spinule mediane (2), e la faccia inferiore appare liscia (Cfr. Sars l. cit. fig. 5-0). I filamenti caudali in un esemplare che li presenta interi sono di poco più brevi del corpo; nell’A. n217/dicus essi sono appena la metà della lunghezza nel maschio e un poco più lunghi della metà nella femmina. Il 4° endite delle zampe del primo paio raggiunge e talora oltre- passa l’estremità del carapace. Le appendici del 2° paio si com- portano come in A. numidicus (Cfr. Sars 1. cit. fig. 4); l’ultima è unguiforme, fittamente denticolata all’interno e cigliata al disopra, un poco più breve della penultima. La capsula ovigera formata dall’epipodite e dall’esopodite dell’11° paio di zampe è ampia e contiene da 25 a 85 uova, di colore bruno giallastro e misuranti 0,50-0,55 mill. di diametro. Sars osservò nei suoi esemplari di A. numidicus sviluppati in acquario da fango secco proveniente dall'Africa Australe, che la capsula ovigera non conteneva (1) Zeitschr. Wiss. Zool., LVI, 1893, p. 178. RR mai più di 2 0 3 uova alla volta; le uova venivano depositate a brevi intervalli, o give place to others. Vi è quindi anche una differenza fisiologica fra le due specie. Riassumendo questa specie differisce da Apus numidicus pel cara- pace provvisto di granuli, con ghiandole meno marcate, per gli occhi più sporgenti e poco pigmentati, pel numero minore dei segmenti apodi nella femmina; pel segmento anale inciso e più spinoso, per gli uropodi assai più lunghi, pel carapace più lungo e la parte esposta del corpo più breve, e pel maggior numero delle uova. Apus trachyaspîs Sars di Port Elizabeth pare più vicino a A. saka- lavus. Il carapace è scabro, assai più, sembra, che in questa specie, ove i granuli si possono distinguere solo alla lente; i denti del seno posteriore sono più grossi e meno numerosi (30), e vi sono 10 segmenti apodi. Il colore degli esemplari in alcool è il solito verdastro che assumono molte specie di Apus e Lepidurus. 2458 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari, 3 - Torino. DMAIL Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino - TOO === N. 544 pubblicato il 20 Novembre 1905 Von. XX Dr. GIusEPPE PARAVICINI' Sulla colerazione del reticolo endocellulare delle cellule nervose spinali dell’uomo e del gatto. NOTA PREVENTIVA È poco più di 30 anni che Schultze (1872) nel manuale di Striker sollevò il dubbio che il citoplasma della cellula nervosa, anzichè omo- geneo, abbia struttura nettamente fibrillare. Le ricerche posteriori di Apathy (1887), Bethe (1900), Donaggio (1896), Cajal (1902), Vogt (1902), Bielschowski (1903), Sciuti (1902), Rossi (1903), Messina- Vitrano (1902), Golgi (1898), Meyer (1902), Marchand (1904), Tello (1904), Marinesco (1904), Dagonet (1904), Tiberti (1905) ecc., hanno avvalorato tale dubbio, avendo essi, coll’applicazione di nuovi e delicatissimi metodi di indagine citologica, messo in nitida evidenza nella cellula nervosa una ricca e fittissima rete di neurofibrille. Come è noto però sul valore intrinseco di detta rete i pareri sono tutt'ora disparati. Bethe ritiene che le neurofibr ille invadono la cellula, entrando per un prolungamento ed uscendone per un altro, senza perdere giammai della propria individualità. Donaggio invece, Cajal, Apathy, Rossi ecc. ritengono che le neurofibrille, appena entrate nel citoplasma cellulare, perdano la propria individualità, e, dividendosi e suddividendosi, anastomizzandosi, intrecciandosi, vadano a costituire un fittissimo reticolo perinucleare, a maglie oltremodo irregolari e tanto più ristrette e stipate quanto più lontane dalla periferia della cellula e vicine al nucleo, intorno al quale si addenserebbero in modo al tutto caratteristico. _ 2- Secondo Donaggio però esistono ancora alla periferia del citoplasma cellulare fascetti di lunghe neurofibrille nel senso di Bethe, reperto questo negato dal Cajal, il quale anche per coteste neurofibrille am- mette le anastomosi, che avverrebbero ad angolo acutissimo. Comunque sia i risultati già ottenuti, per quanto in qualche parte controversi, sono della massima importanza, e vennero conseguiti, specie in questi ultimi ‘anni, mediante i più (disparati. metodi d’in- dagine microscopica, cioè mediante l’impiego. di svariate sostanze fissatrici e coloranti. La maggior parte degli istologi si servì delle impreguazioni metal- liche (Cajal, Apathy, Golgi, Rossi, ecc.) impiegando alcuni sali d’oro, d’argento, di potassio ecc. solubili in acqua e riducibili poi, alla luce od all’oscurità, coi più svariati reattivi (acido formico, acido arsenioso, acido pirogallico, idrochinone, nitrato d’argento ecc.). Questi metodi hanno il vantaggio di essere di non difficile applicazione; la colorazione generalmente si fa én toto, però i risultati debbono essere ogni volta vagliati con preparazioni di controllo, potendo di per se stessi indurre in facili e talora inevitabili errori d’interpretazione. Altri istologi invece tentarono .la via delle colorazioni elettive, specifiche, dirette o progressive, via molto ardua, ma che in compenso conduce a risultati più soddisfacenti e sicuri, quali sarebbero quelli ottenuti dal Prof. Donaggio, risultati veramente sorprendenti e desti- nati certo a dischiudere alla neurocitologia nuovi e più elevati oriz- zonti. Donaggio introdusse nella tecnica della colorazione della rete peri- ed endocellulare della cellula nervosa, come fissativo, la piridina, della quale già l’istologo de Souza aveva vantato nei Comptles rend. hebd. Soc. de Biol. (8% serie, IV, n. 35, p. 622) le proprietà indurative perciò fissative, disidratative, richiaranti e dissolventi delle sostanze grasse e Vaxsale l'aveva vantata come ottimo reattivo per la tecnica microscopica del sistema nervoso. I vari metodi proposti dal Donaggio e da lui stesso diffusamente illustrati lo scorso anno negli Annali dé Nerrologia di Napoli, sono basati sull'azione coloratrice ed elettiva, rispetto al reticolo neurofibrillare, di soluzioni acquose ed attenuatis- sime di tionina sopra sezioni di 3-5-7 p di spessore praticate in pez- zetti di midollo spinale, corteccia cerebrale ecc. di gatto, fissati prima per 5-6 giorni in piridina pura e quindi passati per 24 ore, dopo ac- curato lavaggio con acqua distillata, in un bagno mordenzatore di mo- libdato d’ammonio alla soluzione del 4 °/,, acidulato con acido cloridrico (1 goccia per ogni grammo di molibdato). I metodi di Donaggio già furono sperimentati da parecchi autori; anche recentemente il Tiberti (Av. di Pat. nervosa e mentale, vol. X, fasc. 8°, agosto 1905), applicando il III metodo, cercò le eventuali al- terazioni del reticolo neurofibrillare nelle cellule motrici spinali di alcune cavie e conigli tetanizzati. Io pure quest'anno ho voluto sperimentare il III metodo, propo- nendomi specialmente di applicarlo al midollo spinale umano. E vi riuscii; ma debbo confessare che dopo alcune prove, coronate da scarso risultato, e compiute sul midollo spinale del vitello, decisi d’al- lontanarmi per tentativi dal metodo, quale genuinamente fu pub- blicato dal Prof. Donaggio. Allora soltanto riuscii nel mio intento, ottenendo buone preparazioni sia col rigonfiamento lombare del gatto, che con quello dell’uomo in tre casi di epilessia. Anche negli inver- ‘ebrati (Molluschi Gasteropodi polmonati) ho di già ottenuto qualche risultato, ma di ciò mi riserbo di parlare a suo tempo. * * * Ecco il procedimento tecnico da me seguito : a) — fissazione all'oscurità per 5-6 giorni in piridina pnra, cam- biata 3-4 ore dopo l’immersione dei pezzi (tagliati del minimo spessore possibile) e poi cambiata a giorni alterni. Il fissativo deve essere ab- bondante. 6) — lavaggio in acqua distillata, cambiata numerose volte per 24 ore nell’oscurità. c) — passaggio in soluzione acquosa al 4°/ di molibdato d’am- monio acidulato con acido cloridrico (1 goccia di Hcl per ogni grammo di molibdato) nell'oscurità. i d) — lavaggio accurato in acqua distillata cambiata più volte nell'oscurità. e) — alcool, xilolo, inclusione in paraflina nell'oscurità. Questi ultimi passaggi debbono avere la minor durata possibile. L’ inclusione deve esser fatta possibilmente in paraffina molle, cioè a 46° od a 00°, poichè i pezzi fissati in piridina sono oltremodo sensibili al calore. Î — Sezioni di 3-5 | attaccate dircitamente al vetro con acqua distillata, ovvero preparando dapprima i porta-oggetti spalmandoli con una soluzione al 35 °/, di albumina d’ovo. Si lasciano quindi asciugare i vetri in posizione verticale e lontani dalla polvere; al momento di' adoperarli si bagnano con acqua distillata, quindi vi si distendono sopra le sezioni appianate prudentemente sia a bagno-maria che me- diante il tavolino riscaldatore. È indispensabile che esse non ven- gano eccessivamente riscaldate e tantomeno che fonda la paraflina, di cui sono rivestite e compenetrate, poichè allora più non sarebbe pos- Sibile ottenere l’elettività della colorazione, anche per via regressiva, cioè mediante uno scoloramento «più 0 meno energico del preparato. = g) — sparaffinamento accurato con xilolo. h) — lavaggio in alcool °/,. i) — rapido passaggio in alcool a 90°/, a 70°/, ed in acqua di- stilata per rimuovere l’alcool. i k) —- colorazione con soluzione acquosa di tionina all’1 per 10,000 ed all’1 per 15.000 per 5-10 minuti nell’estate. 2) — lavaggio in acqua distillata e lievemente acidulata con Hel. La quantità d’acqua deve esser grande, di modo che il preparato possa esser tenuto mosso del continuo. L’acidità deve esser minima, cioè appena rilevabile colla carta di tornasole. Questo lavaggio va prolun- gato sino a che, esaminando direttamente al microscopio, si scorge la sostanza cromatica della cellula nervosa notevolmente scolorita. ©’ m) — passaggio per mezza ad 1 ora in soluzione al 4°/, ed aci- dulata di molibdato d’ammonio. n) — lavaggio in acqua distillata. 0) — passaggio in piridina pura, cambiata 3 volte, nella quale le sezioni cedono alquanto di colore, si disidratano e si rischiarano. p) — passaggio in olio d’origano cambiato 3 volte per cacciare la piridina. “Sh ie q) — chiusura del preparato col balsamo sciolto in xilolo. Ed ora poche osservazioni sopra alcuni dei passaggi or ora enu: merati. 1° Innanzitutto è consigliabile per la buona riuscita delle prepa- razioni che la fissazione ed i passaggi D). c), A), e), siano eseguiti lontano ‘dalla luce ed i pezzi tenuti nella più completa oscurità. Io opero nel seguente modo: estratto dal cadavere o dall’animale il mi- dollo spinale ravvolto nel proprio sacco durale, e trasportato nella camera oscura, quivi, ad una luce rossa appena sufficiente per le ma- nualità da eseguire, apro la dura madre longitudinalmente e, tenendo il midollo sommerso in acqua distillata, pratico alcune sezioni ortogo- nali all'asse midollare di uno spessore non superiore ai 3-4 mm. Trovai conveniente, specie trattandosi dell’uomo, di dividere le singole sezioni in 2 ed anche in 4 parti praticando un primno taglio riunente le due scissure anteriore e posteriore ed un secondo, ortogonale al primo, passante pel canale ependimale. Vengono così isolate le due corna anteriori, dove osservansi, specie nel rigonfiamento lombare, le più grandi e numerose cellule nervose. Dopo la fissazione ed il passaggio b), spiccando la sostanza grigia a lato della bianca, si può demolire quest’ultima, riducendo in tal modo le ‘dimensioni dei pezzi e facili- tando così la penetrazione della soluzione di molibdato d’ammonio. Con una spatola sì portano quindi i pezzetti in una boccetta contenente piridina, che rinchiudo in una scatola a pareti foderate di carta nera. Tutti i- successivi passaggi vengono costantemente fatti in camera PERI LE oscura, e.poichè pel trasporto dei singoli pezzetti da questo a quel-. l’altro barattolo si rende necessaria una certa quantità di luce, così, per ovviare a tale inconveniente, mi servii di questo semplicissimo artifizio: i pezzi, invece di esser abbandonati a se stessi nella’ boc - cetta, dove inevitabilmente cadrebbero sul fondo, rimanendo immersi in un liquido che dopo un qualche tempo non è puro come il sopra- stante, vengono mantenuti sospesi a metà circa della colonna di liquido da una sottilissima garza disposta a sacco col fondo disteso a mo’ di piano da un anello di cannuccia di vetro, e ciò per evitare l’ammon- ticchiarsi dei pezzi. La bocca del piccolo sacco viene risvoltata sul coperchio del vaso, acciocchè per capillarità il liquido non esca e si spanda all’esterno. Evidentemente il trasporto dei pezzi dall’uno all’altro bagno ed il cambio del liquido di un determinato bagno si può eseguire celeremente nella più completa oscurità. Basta perciò preparare i vasi, possibilmente cilindrici e dello stesso diametro coi rispettivi liquidi prima di rinchiudersi nella camera oscura; poscia, sollevando il coperchio e con esso la garza ed i pezzi, si sostituisce al vaso contenente il liquido da cambiare il vaso di ugual diametro contenente il liquido rinnovato. È questo un artificio sem- plicissimo, che esclude assolutamente la luce da tutte le manualità che debbono precedere la sezione microtomica dei pezzi inclusi in pa- raffina, e che avendomi reso e rendendomi ottimi servigi, preferisco al metodo suggerito dal Prof. Donaggio di fissare i singoli pezzi al sughero colla paraffina. 2° Riguardo alla fissazione del materiale umano dirò ancora che, non potendosi praticare l'autopsia prima delle 24 ore dalla morte, trovai vantaggioso far precedere all’autopsia stessa un iniezione nello speco vertebrale di piridina pura (da 100 a 200 cc.) passando coll’ago della siringa fra l’apofisi spinosa della I e II vertebra lombare. Spingendo allora il liquido con una certa forza, è possibile raggiungere il foro occipitale ed anche penetrare nel cervello. Per facilitare quest’opera- zione si può dapprima estrarre il liquido cefalo-rachidano quanto più è possibile, aspirandolo lentissimamente ed iniéttare di poi la piridina. Ricorderò a questo proposito che recentissartamente Renaud (Mé- ihode d'examen du système nerveuse - Nouvelle Iconographie de la Salpétriere, N. 4, 1905) propose egli pure l’iniezione endodurale nel cadavere, mediante la puntura lombare, del suo complesso liquido fis- satore (bicloruro di mercurio, acido acetico, formolo al 10 °/, biero- nato di potassa ed acido cromico) onde avere midollo e bulbo, più de- licatamente conservati. spie Così facendo si ottengono tre segnalati vantaggi: si arresta od al- meno si ritarda la decomposizione specialmente durante la stagione calda; si inizia la fissazione del tessuto nervoso; inoltre sì indurisce a fi 6 RRSRO TI il midollo, che assai più agevolmente si lascietà dipoi tagliare in sezioni di esiguo spessore. 3° Riguardo alla colorazione uso due soluzioni di tionina, l’una all’1 per 10.000, l’altra all’1 per 15.000. Entrambe, appena fatte, deb- bono riposare qualche giorno prima di essere adoperate. Le sezioni, appiccicate al portaoggetti e sparaffinate col solito procedimento, ven- gono poste nel bagno di tionina all’1 per 10.000. Il liquido colorante deve esser copioso, rinnovato ogni volta ed il preparato deve esser capovolto orizzontalmente al di sopra del barattolo pieno di soluzione di tionina per evitare le precipitazioni. Dopo 4 o 5 minuti si esamina rapidamente al microscopio e se il reticolo già si intravvede, ma è ne- cessario prolungare ancora l’azione della sostanza colorante, si passa il preparato colle stesse norme nella soluzione dell’ 1 per 15.000. Questo cambio del titolo della soluzione mi ha dato ottimi risultati, facendomi evitare la sovracolorazione, che prima dovevo spesso lamentare. 4° Dopo il lavaggio n) in acqua distillata io trovai estremamente vantaggioso passare le sezioni in piridina, poichè questa a differenza dell'alcool, mentre sottrae leggermente colore al fondo ed alla sostanza cromatica della cellula, lascia intatta la colorazione del reticolo. Però la piridina deve esser pura, cioè non deve contenere acqua, nel qual caso diventerebbe un decolorante energico, forse superiore all’alcool ed all’olio di anilina. La piridina deve esser cambiata sino a che il preparato non cede più colore. Bastano perciò 3 bagni, attraverso ai quali successivamente si fa passare il preparato, con una certa rapidità. 5° La piridina disidrata e rischiara notevolmente, si rimuove col- l’olio di origano, che non esplica alcuna azione decolorante sugli ele- menti cellulari, specialmente sul reticolo. Alcune goccie poste sul preparato scacciano immantinente alla pe- riferia la piridina, che può esser asciugata con carta bibula o con un pannolino. Indi il portaoggetti si immerge in olio d’origano, che si cambia almeno un paio di volte; dipoi si lascia sgocciolare, e con una goccia di balsamo si chiudono le sezioni con un copraoggetto molto sottile onde permettere l’esame del preparato coi forti ingrandimenti dati dai moderni obbiettivi ad immersione omogenea. LI DACI Questo fedelmente e forse alquanto prolissamente il procedimento da me seguito, col quale potei mettere in nitida evidenza la rete neu- rofibrillare delle cellule spinali non soltanto nel gatto, ma eziandio nell'uomo. Il che mi pare di grandissima importanza, poichè è special- mente ai metodi citologici di colorazione elettiva che spetta in avve- sO nire, non solo la soluzione di molti problemi anatomici tutt'ora insoluti, ma il controllo di quanto si è fatto e si farà coi metodi d’impregnazione nel campo dell’anatomia patologica delle forme nervose in generale e specialmente delle forme mentali. Come il metodo del Nissl da un lato ha sollevato un lembo del grande velo, permettendoci di indagare delicatissime questioni di mi- crochimica biologica e di conoscere alterazioni delicatissime della so- stanza cromatica della cellula nervosa, così le modificazioni, che verranno apportate al metodo Donaggio per renderlo applicabile all’a- natomia patologica, dovranno sollevare un'altro lembo di velo, per- mettendoci di indagare le minime alterazioni della parte acromatica o neurofibrillare della cellula nervosa, che il metodo Nissl non ha potuto svelarci, e che dal punto di vista fisiologico ci rappresenta la parte essenziale, attiva, funzionale del sistema nervoso centrale. Riguardo ai risultati da me ottenuti nel gatto, poco o nulla debbo aggiungere a quanto fu già detto in questi ultimi anni, L'esame dei preparati di rigonfiamento lombare, anche dei meglio riusciti, mi dimostrò che mentre tutte le cellule nervose sono fornite di un apparato neurofibrillare, questo raggiunge speciale complicatezza nelle grosse cellule delle corna anteriori. Nelle altre il reticolo è meno assiepato perchè a maglie più grandi; rare sono le grosse fibre, più numerose ed ampie le isole occupate probabilmente dai corpi del Niss]. Nei grandi elementi delle corna anteriori i prolungamenti sono per- corsi da fibrille strette a fascetti, grosse ed intensamente tingibili, le quali, giunte nel corpo cellulare, 0 procedono unite a fascio, decor- rendo nella zona marginale del citoplasma sino all’incontro di un altro prolungamento, mediante il quale escono di bel nuovo, ovvero s’immet- tono nel citoplasma, divergendo quasi direi a ventaglio e formando colle fibrille, che vengono dall’alto e dal basso del corpo cellulare e dagli altri prolungamenti rimasti esclusi dalla sezione in esame, una rete assaî complicata avviluppante il nucleo. Nella stessa sezione di una grande cellula motrice il reticolo non appare ugualmente distribuito, ma in alcuni punti è più stipato ed a maglie ristrette, in altri è scarso, a maglie ampie e tendenti alla forma poligonale. In qualche elemento ho potuto constatare che dal cercine neurofibrillare, che circonda a mo’ di manicotto il nucleo scolorato con nucleo invece intensamente tingibile, partono grosse neurofibrille strette a fascetti, le quali attraversano direttamente, senza cioè scom- porsi în reticolo, il citoplasma della cellula, per sfuggire da essa in- filando uno dei prolungamenti. Che fra queste neurofibrille, come fra le lunghe neurofibrille, di cui dicemmo prima, strette a fascetto e decorrenti alla periferia del cito- plasma -cellulare, esistano anastomosi ad angolo molto acuto, come Mea vorrebbero Cajal, Lugaro, ecc., è cosa oltremodo difficile da constatare sia per l’assiepamento, in cui trovansi dette neurofibrille, sia per la difficoltà organica di sorprendere una neurofibrilla anastomotica par- tirsi indubbiamente da una lunga fibrilla, e dopo un certo decorso, immettersi in una neurofibrilla vicina. Le illusioni ottiche in questo in- tricato labirinto di fibrille e gli errori di interpretazione sono oltremodo frequenti, perciò, non avendo potuto avere sino ad ora la prova peren- toria di queste anastomosi, preferisco non pronunciarmi sulla quistione. Un’ultima particolarità osservata, specialmente nelle grandi cel- lule motrici, è l'abbondanza in alcune, la presenza quasi in tutte, di vacuoli interposti alla rete, talora di forma circolare, talora irrego- larmente poligonali, i quali non possono in alcun modo esser confusi colle aree cromatiche del Nissl. In essi manca completamente la co- lorazione ; talora, fuochettando, in un piano superiore od inferiore vi sì scorge la continuazione della rete neurofibrillare. i Questi vacuoli, come causa dei quali escludo a priori l’azione del calore, sono sempre di piccole dimensioni, non sono mai raggruppati, ma sparsi qua e là per il citoplasma ; il reticolò attorno ad essi non si presenta affatto alterato, in alcuni casì soltanto m’è parso di ve- derlo alquanto più stipato che non altrove; non comunicano fra loro, od almeno in alcun caso riuscii a sorprendere tale particolarità mor- fologica, che farebbe dare ai vacuoli stessi un valore anatomo-fisio- logico, che certamente non hanno (spazi linfatici). Riguardo ai preparati fatti con materiale umano, vale a dire col rigonfiamento lombare dei tre dementi epilettici, morti in stato epilet- tico, le osservazioni, più che morfologiche, dovrebbero essere ana- tomo-patologiche, essendo gravi assai le lesioni riscontrate. Ma, evidentemente, dato il carattere preventivo e tecnico di questa nota, dato sopratutto che il reperto fu limitato ad un’ unica sezione dell’asse cerebro-spinale (rigonfiamento lombare) ben poca cosa certa- mente per fare coscienziose deduzioni, credo opportuno limitarmi a qualche notizia morfologica, consigliato eziandio dalla gravità delle lesioni anatomo-patologiche riscontrate, lesioni che necessariamente debbono aver alterato la struttura e disposizione del reticolo endo- cellulare. Infatti in alcuni grandi elementi delle corna anteriori del Il e III caso la degenerazione giallo-globulare e la degenerazione pig- mentoria hanno invaso buona parte del citoplasma, distruggendo com- pletamente il reticolo, che residua alla periferia, attorno al nucleo ed alla base dei prolungamenti sotto forma di granuli e di pallide fibrille spezzettate; anche nei prolungamenti le lesioni si sono propagate con una: certa gravità ; infatti le neurofibrille sono più scarse, meno tin- gibili, e, direi, più sottili. La necrosi della cellula e la scomparsa di una parte di essa .osser- vasi nel III caso, dove vha pure aumento degli spazi pericellulari, diminuzione notevole del numero delle cellule motrici e dei loro pro- lungamenti protoplasmatici, spostamento alla periferia. del nucleo, scarsa colorabilità del nucleolo, ecc. ecc. Di fronte ad alterazioni sì gravi uno studio ed una descrizione anatoma-morfologica, anche sommaria, del reticolo endocellulare nei 3 casi esaminati mi pare eccessivamente irta di difficoltà; quindi mi limiterò a pochissime osservazioni preventive. Il reticolo endocellulare dell’uomo ha una disposizione analoga a quella riscontrata nel gatto. Le neurofibrille nei prolungamenti sono più facilmente coloribili, che non nell’interno della cellula; alcune sono grosse, di diametro però non uniforme, talora lievemente varicose. Il fascetto, giunto al corpo cellulare, si irradia a mo’ di ventaglio, seomponendosi e scomparendo in un fitto reticolo, che circonda il nucleo assiepandosi intorno ad esso (cercine perinucleare). La rete è costituite di fibre di vario calibro, che s’intrecciano bizzarramente fra loro, le maglie risultanti talora hanno una dispo- sizione poligonale, talora invece sono irregolarissime, tal’altra fra maglie ampie osservasi un secondo reticolo di neurofibrille assai più sottili, stipate, che sembrano riempiere gli spazi lasciati dalle grosse neuro- fibrille. In altre cellule invece l'andamento delle neurofibrille è assai più uniforme; esse sembrano decorrere dall’uno all’altro prolungamento attraverso il citoplasma cellulare quasi parallelamente, con anasto- mosi scarse e ad angolo molto acuto; incontrando i fasci provenienti degli altri prolungamenti, si sovrappongono, ovvero si intrecciano colle neurofibrille di questo, seguendo però sempre il proprio cammino e senza perdere la propria individualità. Talvolta i fasci, appena entrati nel corpo cellulare invece di disten- ddersi a ventaglio, attraversano il citoplasma serrati, quasi sdegnosi di ali- mentare colle proprie neurofibrille la rete endocellulare e se ne escono da un altro prolungamento. In qualche caso li vedi scomporsi nelle rete dalla parte opposta del corpo cellulare, dalla quale erano entrati. La rete endocellulare può essere distinta in una porzione interna 0 perinucleare, in una periferica o marginale ed in una intermedia. Nella porzione interna o cercine perinucleare il reticolo è sempre molto stipato, talora le maglie più non si differenziano l’una dall’altra, e le neurofibrille, assiepate le une contro le altre, vengono in blocco. colorate. dalla tionina. Anche il reticolo marginale è generalmente più fitto che non il reticolo interposto fra quest’ultimo ed il perinucleare. E percorso sempre da fascetti che conservano per lo più la propria: individualità durante tutto il tragitto attraverso alla. cellula dall’un — 10 — prolungamento all’altro. Osservansi inoltre grosse neurofibrille, che decorrono associate ovvero isolate, e che più spesso non sèmbra par- tecipino alla formazione del reticolo endocellulare ; infatti ogni qual volta nella stessa sezione le potei seguire dall’ingresso all'uscita del corpo cellulare, non mi capitò mai di vederle biforcarsi, dividersi, perdere in alcun modo la propria individualità. In generale esse hanno un andamento subparallelo al margine libero della cellula, al quale sì mantengono piuttosto addossate. Il reticolo interposto fra la porzione marginale e la perinucleare è percorso esso pure da neurofibrille talora abbastanza voluminose, ma queste, dopo un decorso più o meno lungo, ramificandosi in vario molo, si risolvono quasi sempre nel reticolo fondamentale. Questo ta- lora risulta formato da fibrille estremamente sottili, tal’altra da fi- brille più tozze, nel qual caso spiccano i punti nodali della rete a guisa di granulazioni non mai circolari ma piuttosto poliedriche, come osservai di frequente nel I caso. Talora nel corpo cellulare osservasi ciò che già segnalammo nel gatto, vale a dire piccoli vacuoli in numero di uno, due o tre per cellula, sparsi senza ordine prestabilito, preferibilmente nella porzione mediana del reticolo, di forma irregolare, privi affatto di parete proprie e comunicanti nè fra loro, nè col nucleo. nè colla periferia. Un reperto abbastanza interessante mi fu offerto dal III caso preso in esame, dove appunto le lesioni endocellulari si appalesarono con singolare gravità ed estensione. In numerose grandi cellule motrici il reticolo endocellulare mi si presentò con una strana omogeneità sia per la forma che per la fi- nezza. Le neurofibrille di straordinaria sottigliezza, appena entrate nel corpo cellulare scompaiono in un reticolo finissimo a maglie pic- colissime, quasi direi, tutte delle stesse dimensioni, reticolo che non palesa alcuna differenza se osservato alla periferia ovvero nella por- zione perinucleare delle cellule. Im questi elementi motori non vidi mai fibre lunghe nè fibre grosse, e tantomeno fascetti marginali di neurofibrille, nè vacuoli. Il nucleo è completamente incoloro, brilla soltanto il nucleolo colorato intensamente in bleu-rossastro. Anche nei prolungamenti notai la stessa finezza ed omogeneità delle neurofi- brille. Questi in abregé i risultati ottenuti sul gatto e sull’uomo col pro- cedimento sopra descritto, procedimento che, pur avendo per falsariga il IH metodo del prof. Donaggio, si differenzia da questo per alcune modificazioni, che mi hanno reso e mi rendono ottimi servigi. Dall’ Istituto di Anatomia Patologica A. Verga del Manicomio Provinciale di Milano in Mombello, Mussi d ingl PI fosti ded DI, fabig cl Pri Vil INCI ETOTO a ga nta Condsobnza ce! Nyotinomus taentetfà (Rad,; i Italia. seo et), i i ‘ Malossa dei Cantoni » descritto dal Savi cotone 0 e È postondt mel Lee) è vicondotto ole alla pia asotba Reagent ine Ra Da Nolan i fetale (Rol) dsl lavori del De Wi 106 ‘% ” ®) peo è ._& tuttora poco noto per quanto rigor a se ; ‘geografica ad do ssol costumi. x ot ol Atari fo gnentimaano di Madora, del Portogallo, Mpa S pranani dalla. dl dell'italia. i sa REI past ap uri Ù Sal i ifreano 1 egizio del Si ‘ di cai L'ETAAINTÀ Dos wi got Tatari te nssonva: 58% Li jues s'inttima: minzione month (9 ì îa chop Dans e Mincio rt pal 08 efron ( i Garsand PRE dec" nd no ro liboti Wés) Last " pda > # LA d5 Ù ® È CA x UT \UN BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino "ac N. 545 pubblicato il 23 Novembre 1905 Vor. XX RES ITALICAE XIX. Prof. LorENZo CAMERANO Contributo alla conoscenza del Nyctinomus taeniotis (Raf.) in Italia. Il « Molosso del Cestoni » descritto dal Savi col nome di Dinops Cestonîi nel 1825 (1) e ricondotto ora alla più esatta denominazione di Nyctinomus tlaeniotis (Raf.) dai lavori del De Winton (2) e del Senna (3) ecc. è tuttora poco noto per quanto riguarda la sua distri- buzione geografica ed i suoi costumi. Gli Autori lo menzionano di Madera, del Portogallo, della Grecia, del Caucaso, della Persia, dell’Italia. Un esemplare venne preso a Ba- silea, un altro esemplare venne trovato presso l’ospizio del S. Gottardo: sì dice sia stato trovato anche nell’isola Jarsey. Il Dobson lo indica pure di Amoy in Cina: ma come opportunamente osserva il Senna nel suo diligente lavoro sopra citato, quest’ultima stazione merita d’essere meglio accertata. Assai poco conosciuta è pure la distribuzione del Molosso del Ce- stoni in Italia. Esso venne riscontrato con sicurezza nelle località seguenti: Contorno di Brescia e di Bergamo (Bettoni), Genova (Doria), (1) Nuovo giornale dei letterati, p. 229. (2) W. E. DE WINTON. — Notes on Bats of the Genus Nyctinomus found în Africa. Annals and Mag. Nat. Hist. (7) vol. 7, 1901, pag. 37. i (3) AnGELO SENNA. — Con!ributo alla conoscenza dei Chirotteri Eritrei. Archivio Zoologico (Napoli 1905) vol, 2°, pag. 296. DINE: Ar Sestri Ponente (Borgioli), Pisa, Firenze, e nel Senese ecc. (Savi ecc.), Roma (Bonaparte), Napoli (Costa, Monticelli), Rosano (Cosenza) e Co- rigliano (Calabria), (Senna), Sicilia (Malhèrbes e Parzudaki). Lipari (Giglioli). i i Il Museo Zoologico di Torino ha un esemplare della specie in discorso di « Capo terra » che porta la seguente indicazione : « Spedito al Museo nel 1823 dal sig. cav. La Marmora che lo ricevette da Capo terra in 1822 » ed un altro esemplare colla indicazione seguente : « Sardegna, Capo di Cagliari, dal sig. cav. La Marmora 1825 ». In Piemonte, il Bonelli, il Genè, il De Filippi, il Lessona non lo incontrarono mai sebbene si siano occupati ripetutamente della ricerca e dello studio dei Chirotteri Piemontesi e sebbene l’opera loro com- prenda un periodo di tempo di circa un secolo. Il giorno 27 settembre di quest'anno venne preso un individuo fem- mina di Molosso del Cestoni nella scala che conduce alla Scuola di Zoologia nel Palazzo Carignano che è nel centro di Torino. — Questo esemplare era come intirizzito (in quei giorni si ebbe a Torino un sen- sibile abbassamento di temperatura); portato in Laboratorio, in am- biente più caldo e soleggiato, ripigliò in breve la sua vivacità. Il suo canal digerente era completamente vuoto. — Il Savi dice che in uno dei due primi esemplari trovati a Pisa non trovò che « dei frammenti di foglie ben masticati (1) ». — Un esemplare delle colle- zioni del Museo di Torino avuto dal prof. Baraldi nel 1881 che lo prese nella Torre di Pisa conserva fra i denti i resti di un muscide, (1) In una pubblicazione successiva « Aggiunte e correzioni alla Descrizione del Diuops Cestonii » (Nuovo Giornale dei Letterati, Pisa 1828, volume XVI, pag. 57) il Savi dà in proposito più precisi ragguagli, egli dice : « Cibo. Nello stomaco di due presi nella primavera io trovai dei frammenti sottilissimi di elitre d’una specie di Cimice (supposi il Cimea viridis, o l’juniperinus) me- scolati ad una poltiglia bianchiccia, e alcune particelle verdi che supposi vegetabili. Nello stomaco de’ due individui poi statimi adesso portati, non ho trovato cosa alcuna: un umor viscido bianco latteo, ma nessun frammento, nessun avanzo di cibo. Essi erano bensì estremamenti grassi. Tutta la parte superiore del tronco, ed ancora i lati di questo, erano foderati da uno strato di pinguedine bianca, fusibile come lardo, alto linee 1'/,. L’omento ancora era ripieno di una gran quantità della stessa pinguedine ». Il Savi aggiunge rispetto alla dimora ed ai costumi quanto segue: « Degli undici individui che ho esaminati, dieci sono stati presi dentro la città di Pisa, l’undecimo lo trovai morto ai piedi di una antica torre prossima a Bus- sano, paesetto situato in cima ad un colle boscoso, nella maremma Senese. Di quelli presi in Pisa, i due da me in questi giorni esaminati, un maschio ed una femmina sono stati trovati, dietro un quadro nella Primaziale : tutti gli altri furono presi in diverse case ». = gp Oggi ancora possiamo ripetere le parole del Bonaparte (1) intorno al Molosso del Cestoni in Italia. « O sia questa specie veramente rara, o tale ci sembri per la sua vita occulta..... A Pisa, ove fu dapprima scoperta, non se ne trova da qualche anno alcun vestigio ». Il mar- chese Doria (2) dice pure: « In Liguria non l’ebbi finora che dalla stessa città di Genova, ove dal 1868 ad oggi, cioè in un periodo di 16 anni, riuscii a procurarmene soltanto nove esemplari ». Anche oggi noi possiamo domandarci, se gli esemplari stati trovati a Brescia, a Bergamo, a Basilea, a Torino ecc. rappresentano individui accidentalmente venuti, per cause ignote a noi, in queste località da regioni dove la specie ha la sua stazione abituale, o se la specie esiste normalmente nelle località stesse ma con abitudini tali, e che igno- riamo, che la rendono assai difficile da trovare. Allo stato presente delle nostre cognizioni, e dopo la riconosciuta separazione specifica del Nyctinomus midas (Sundevall.) dal N. taeniotis (Raf) = a N. Cestonti (Savi) il Molosso del Cestoni ci appare specie indipendente dal continente Africano e piuttosto diffusa nelle regioni circumediterranee dell'Europa, del Caucaso e della Persia. Per l’Italia, sempre stando alle cognizioni presenti, la sua maggior frequenza è stata riscontrata nel versante tirrenico della parte cen- trale e meridionale. Nel versante Adriatico d’Italia questa specie non venne trovata fino ad ora; malgrado che in questo versante non siano rari i casi di incursioni di specie dell’ Europa orientale che o non hanno oltrepassato la costola Apenninica per venire nel versante tirrenico, o l’hanno oltrepassata solo in alcuni punti. — Forse meglio che una specie in via di estendere la sua area di diffusione il Molosso di Cestoni è una forma che ebbe in altri tempi, quando diversa era nel grande bacino mediterraneo la configurazione delle terre e delle acque, diffusione più ampia. Anche questa tuttavia non è che una ipotesi a chiarire la quale sarebbe necessario il sussidio di ricerche sicure intorno al fenomeno delle migrazioni dei pipistrelli che alcuni, come il Blasius' ed altri vogliono sia paragonabile a quello degli uc- celli. È da ricordarsi a tal riguardo la cattura di un esemplare femmina portante un piccolo, caduto sulla neve, fatto dal signor D. Nayer non lungi dall’Ospizio del San Gottardo nel giugno del 1872 (3). (1) Zconogr. fauna ital. Mammiferi. (2) Res Ligusticae. — I Chirotteri trovatî finora in Ligviria. Anti Mus. Civico di Genova, Ser. 2*, vol. IV, 1887, pag. 474. (3) FaTIO, Sur le Dysopes Cestonii en Suisse. Act. Soc. Helvi Sc. Nat. Compt. Rend. réun. de Fribourg, p. 38' (1872). — Faune des Vert. de la Suisse, vol. IV; 1 post. Addition aux Mamm. + Il Fatio, nel 3° stippl. ai Mammiferi della ddt , L’esemplare trovato a Torino è di color nero nella parte dorsale, con una lavatura di brunastro sulle spalle; di color nero grigiastro nella parte ventrale; le membrane alari sono nero grigiastre più chiare ; le orecchie, il muso, i piedi e la parte libera della coda sono di color nero. Questa colorazione coincide con quella descritta dallo Schneider per l’esemplare da lui trovato nell’anno 1869 a Basilea (1). Lo Schneider stabilì col suo esemplare la var. nigro-griseus. Confrontando le descrizioni del colore date dai vari Autori si trova: Savi: « Colore. Le parti nude sono di un nero un poco tendente al rossastro. Il pelo che è folto è molle, ha un color cenerino cupo leg- germente tendente al bajo ». In un lavoro posteriore (opera citata) il Savi dice ancora: « Nelle forme del corpo, colore ecc. non ho osser- vato alcun’altra differenza fra i maschi, le femmine, i giovani e i vecchi ». Bonaparte: « Il pelame è folto, molle e rilucente, d’un cinereo cupo più scuro sul dorso, più chiaro nelle parti inferiori, spesso volgente al giallastro; una larga fascia di peli densi corre sulle membrane, aliformi lungo i margini prossimi ai fianchi; il muso, le labbra, le orecchiette e le bucie sono d’un nero che dà leggermente nel rossiccio. I peli ricurvi delle dita sono biancastri; le unghie foschiccie. L’età non porta se non piccola dissomiglianza nella tinta. Solamente è la femmina un poco più piccola del maschio ». — Se la colorazione della tavola del Bonaparte è esattamente corrispondente agli esemplari; la differenza fra la colorazione degli esemplari da lui studiati con quello preso a Torino è spiccata. Nei lavori del Bettoni (2), del Monticelli (3), del Doria (4) non vi è cenno della colorazione degli esemplari esaminati. Il Senna (op. citat.) dice: « Il muso e le orecchie sono di un bruno Svizzera (op. citat., vol. V, 1890) accoglie il Dysopes Cestonii fra le specie di Chirotteri Svizzeri. Nella sua recente pubblicazione: « Liste préliminaire des Mam etc. en vue d’un supplement générale de la Faune des Vertèbrés de la Suisse. — Archiv. Sc. Phys. et Nat. Genève, 1905 » ritiene che i due casi di cattura del Dysopes Cestonii in Svizzera come « probablement dus è des transports commerciaux. » (1) Dysopes Cestoini in Basel eine fir die Schweiz neue Fledermans. Nouv. mém. de la Soc. Helvet. des Sc. Nat. vol. XXIV (1871) con una tavola. (2) Sull’attuale distribuzione geografica del Molosso del Cestoni ecc. R. Istituto Lombardo di Sc. e Lett. 1880. (3) I Chirotteri del mezzogiorno d’Italia. Atti Soc. Ital. Sc. Nat. vol. 28 (1885). | (4) Res Ligusticae. I Chirotteri trovati finora in Liguria. Ann. Mus. Civ. di Storia Nat. di Genova, Ser. 23, vol. IV (1887). nero, il pelo della parte superiore del corpo è d’un grigio fosco, appena più chiaro al di sotto ». Il Museo Zoologico di Torino possiede, oltre agli esemplari inviati dal Savi nel 1829 e oltre agli esemplari sopra menzionati di Sardegna del 1822 e del 1825 i quali sono oramai 'molto scoloriti, un esemplare li Pisa avuto nel 1864, un esemplare della Torre di Pisa del 1881 ed un esemplare della Liguria avuto dal Borgioli nel 1884. — Conside- rando questi due ultimi più recenti, conservati in alcool, la loro co- lorazione generale, anche tenendo conto della azione dell’alcool, appare di tinta fondamentale bruna con tendenza al bruno giallastro. Sarà utile ad ogni modo tener conto diligente della colorazione che presentano gli individui della specie in discorso che verranno ulte- riormente catturati poichè, se venisse a determinarsi in modo sicuro il valore della var. nigro-griseus dello Schneider per gli individui che si prendono nella Valle del Po e al di là delle Alpi, come lascierebbe supporre la colorazione dell’individuo di Torino, si avrebbe un argo- mento, non spregevole a favore della stabile dimora della specie nelle regioni sopradette. * * * Credo utile di riferire le misure degli individui conservati in alcool che ho potuto studiare unitamente a quelle date da varii Autori, poichè ora che il Molosso del Cestoni viene ad essere nettamente separato specificamente dal N. midas, come sopra è stato detto, è necessario riunire i dati per una sua completa diagnosi specifica. Oltre alle mi- sure assolute, ho date le misure espresse in 360esimi somatici assu- mendo per /unghezza base la lunghezza del corpo e della testa, esclusa la coda. — Risulta dal confronto delle misure che l'individuo di Mo- losso del Cestoni preso a Torino ed anche quello preso a Basilea sono come quelli che si trovano nell’Italia centrale e meridionale dai quali si differenziano per una colorazione più scura. Questa differenza tuttavia dovrebbe venir meglio chiarita per fe riguarda la sua importanza tassonomica coll’esame di un maggior numero di esemplari freschi delle varie regioni italiane. Testa. e corpo. Testa. Orecchio, dall’intace. dell’an- titrago all’apice Trago, dalla base del lato in- terno all’apice. a Antitrago: altezza dall’angolo esterno nf ontibiot Antitagro : largh. alla base . Avambraccio . Pollice . III. dito: metacapo. » 1° falange » DI » > porzione cartilaginea IV. dito: metacarpo » 1° falange » 2a » » porzione cartilaginea V. dito: metacarpo . » 1° falange » Da: a » porzione cartilaginea Tibia Piede. Ualcaneo Coda lunghezza totale . » porzione libera 2 Rossano 9 22.5 04.5 27 28 (2) (3) 82 | 82 32 | 31.5 26.5| 27 i VAL 4 | 45 7 | 8 61.5| 59 8.5 | 7 61 | 57 23 | 21 22 | 20 11 | 10 56.5| 54 185| 18 11.5| 9.5 6.5 | 5.25 32.5 | 33 luadi HG 6.5 | 6 3.5 | 3.5 19.5| 18 12 | 10 18 | 21.5 50.5 | 48 26.5 | 22 Misure assolute in millimetri NYXYXCTINOMI I (1) Da Senna. Contributo alla conoscenza dei Chirottert eritrei. Archivio zoologie Napoli 1905, vol. 2°, pag. 298. (2) Esemplari avuti dal Savi. (3) Torre di Pisa, dal Prof. BARALDI, 1887. (4) Dal Signor BoRgIoLI nel 1884. (5) Dallo SCHNEIDER op. cit. AEGENIOTIS Rossano 9 (00) ° 144 124 18 20 36 266 43 257 101 90 38 245 81 45 25 144 72 32 14 74 47 95 216 122 112 230 219 Misure espresse in 360esimi somatici EL 270 269 101 248 143 79 222 116 (Raf. 119 259 250 237 211 114 257 257 233 122 259 101 244 140 (A) Dal lavoro sopracitato del SENNA. (?) Forse vi è qui un errore di stampa invece di 18, 243 144 (A) Nyctinomus midas (Sundevall) Misure assolute in millimetri Eritrea 9 88 24 25.0 20.5 21.5 Misure in 360esimi somatici a 180 178 101 ea ì | sur i Meee A MORTO OVER, 9, ese A agio) Wi ri i i A LN va , Ù v ®, ba ti o RIINA TNRDANTIA PIT iaia +e È RARI ADI TI “ pinne STEMI DATE TEA P ATI ì . I 7 È Selfa: % inn ni 4} tas foltalmon. imino088, at essszgsa gdo [at - - nd - | Ì | v . & L | pa & \ ail f a t : È NI I ) a « + i - i i ì | Ì : t i I ! | ì sn salini n mici PR TO VOLARE » ad i i i | O I \ x i aa ILL i $ | Lote i N | : ì | i F $ È saro | | 4 ca d .. UBI | UOL.i ; bi }6I GI | i HH y i Ti eo » UEFA. i 00 tc Lie i no ve di È its [ND AMPIE I 9 ; PAS DI cali vati Fl ! . DI ì < dal i DV dI Ù ti dd ar d dd i ih i i | = $ 7 | , ì î ‘na fa i È i FCI , f l ‘. pros Stbpine.di | peg i Ì i i MO ge È c , e PA i G H UÈ e i; î i È ' ì P i 4 s : ì | ri i ! | | to i î 1 | H } bat. ì i i i \ i H : i ‘LI > Î H "I 4 i to Ù bi = Î È. , è ua: Ci F\ Poi i dts » i i | | dalle i * (RENI ì i 4 : : | n [] > si i î l { H Ù i i Ù i Oa “o ro] sa 3 i I i Ù i UGs ì i S i) i $ i ? Fica ERI 10, : X L { Ga iO! ( ‘ LO dA “th dà ' À È Ì DI î 4 ‘ va P P î da Ù t iu ‘ i DI x î n È ‘ se x R { GA I 3 ì | | I i jb ì ‘ ì Li i voi. È “n i PIÙ È t 0 bo Ù ELO fe ad De] Sa) a 44 È nà 7 LI dI : L91 Ù. è Ù 5° te: ì ° AAP è: [40 x i N RI a 3} = sd 131 4 i î ì 4 : 1 0d° si Meo I i A 6 7 è ei dd È Li i p ( na sc A L Fata è Ì î x | ; ta & i } dal T i r x È x È Ì x i ' pi o. (TI A, i A ( i Si HI (dp I Obi : br ni Y SA ù î : i 1 ia : ci è - A Av ti ì DI 4% | i " | DI i L è LOT e f î i pap | beata SG LUG | RS È Be . Où H i } Ò | b| i 4 $i} Li = i | ’ t se» r- È = 8 + : 61 vil CI i ti 01 ì U bi |a î î i eda Ò i ì Ù ti _ i n - ie PSI Lu WI Ho 45 on LE. CY 83 14 1 { sì 7 Li i | ii NS REANO } , } BE n 4 , i ì : f è VEDIOR" d db 1 i j la | db } | H i % Fi } i n} > si de ”» AO x » Ù DI Î i gi DI E) bi | (06 +e i ì î | ' : né ar | Ab ide Cedo | rei Lari i USL kb 1 di #3 DEI BIN 1 SS. ! GAS FIDIS } î { È Î j sE (8 la Mn, ta Mi IPO MR) Lac . ee FRATE A OI (|; 2455 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 8 « Torino. i x î "4 Ab E° ed a i il i | f db CUS i i i i PO «0438 [ol otatio «| .Bt ib asovai aquniata ih e16rio ip inp & i PERSI "af i La LI / < ANI leer A Bui BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 546 pubblicato il 29 Novembre 1905 Vor. XX Dott. ALFREDO BORELLI — FORFICOLE raccolte nel Paraguay dal Sig. A. Bertoni de Winkelried. La raccolta di forficule che il chiaro naturalista A. Bertoni de Winkelried ebbe la cortesia di mandarmi in istudio, è, per quanto io sappia, la più importante fatta fino ad ora nel Paraguay e porta un largo contributo alla conoscenza di questi ortotteri; essa contiene cinque specie non ancora descritte e parecchie specie nuove per la regione. Quasi tutte le specie sono rappresentate da numerosi esemplari i quali vennero raccolti nei pressi di Puerto Bertoni (Alto Paranà) e di As- suncîon (Escuela di Agricoltura). Pyragra brasiliensis (Gray). Forficula br., J. E. Gray in Griffith, An. Kingdom, v. XV p. 184 t. 78 f. 2 (Gg), 1832. — Pyragra br., Bormans e Krauss, Tierreich, Brfic. e Hemim. p. 24, 1900. Un solo o immaturo da Puerto Bertoni. Pyragra paraguayenmsis Borelli. Pyragra par., Borelli in: Boll. Mus. Zool. e Anat. Comp., Torino, v. XIX n. 479, 1904. d' e e da Puerto Bertoni. Echinopsalis guttata? Borm. Echinopsalis g., Bormans in Biol. Centr. Amer., Orth., p. 3 t. 1 f. 4 (9), 1893. Riferisco con un certo dubbio a questa specie un esemplare o im- maturo, privo di pinzetta e della parte posteriore dell’ultimo segmento dell’addome. Quest’esemplare presenta relativamente alle antenne al- cune differenze colla descrizione di de Bormans, mentre secondo questo autore il terzo. articolo delle antenne sarebbe lungo quanto il primo ma più stretto, nel mio esemplare il terzo articolo delle antenne è bensì più stretto del primo ma la sua lunghezza è maggiore, come nella Echinopsalis brevibractea Rehn (1), inoltre i sei ultimi articoli (ne rimangono 22), sono ‘di un colore rossiccio. Un solo è immaturo da Puerto Bertoni. Specie nuova per il Pa- raguay. ì ì Psalis Burri nov. sp, Capo poco più lungo che largo, leggermente convesso, liscio, lucente cogli angoli posteriori sensibilmente arrotondati ed il margine poste- riore tronco; suture frontali appena distinte, sutura medio-posteriore ben marcata e segnata da un profondo solco lon- gitudinale. Di un colore castaneo oscuro quasi nero colle parti boccali giallo-brune; antenne (rimangono 14 articoli) pubescenti, brune col primo articolo molto oscuro, gli articoli 2 e 3 giallo-bruni e «ghi articoli 11 e 12 bianchicci. Il primo articolo è note- vole per la sua brevità, il quarto e il quinto sono poco più corti e più arrotondati dei seguenti, co- nici od oblunghi. Pronoto di larghezza quasi uguale a quello del capo, di forma quadrangolare col margine anteriore tronco, i margini laterali divergenti insensibilmente nella parte posteriore, il margine e gli angoli po- ; Steriori debolmente arrotondati; di colore bruno g' Psalis Burri i al i . di 1 orlato di giallo chiaro sui margini laterali e po- & steriori. Superficie superiore leggermente convessa, declive sui lati, segnata da un solco longitudinale mediano che ter- mina, a. metà circa della sua lunghezza in una piccola fossetta; de bolmente rugosa. Elitre leggermente e irregolarmente rugose di colore bruno OSCUro; di lunghezza uguale a una volta e un terzo circa quella del pronoto, cogli angoli,anteriori debolmente arrotondati, appena sporgenti oltre i margini del pronoto, i margini laterali paralleli ed i margini poste- riori leggermente obliqui verso l’esterno. Ali quasi interamente nascoste dalle elitri, di colore giallo-pallido. (1) REHN James, 1903. Studies in American Forficulidae in: Proc. Acad. Nat. Sc. Philadelphia, v. 54 pp. 299-300, Inferiormente capo di colore bruno, parti sternali giallo-paglia. Zampe: Femori quasi interamente bruni, g gialli nella parte ( distale; tibie brune nella metà prossimale, giallo Tato nella metà distale, tarsi giallo chiari. Pubescenti con alcuni lunghi peli sparsi sulla su-. perficie del femore e della tibia, tarsi coperti inferiormente di corti peli gialli; il primo articolo dei tarsi molto lungo, più lungo del se- condo e del terzo riuniti. Segmenti dell'addome di colore castaneo, volgente al giallo bruno o giallo rossiccio nella metà posteriore; finamente puntegg lati, pu- bescenti con alcuni peli più lunghi sui lati, leggermente convessi, allargantesi insensibilmente dal primo all’ultimo. I segmenti 7-9 sono forniti sui lati di una piccola carena ben marcata che oltrepassa il margine posteriore del segmento il quale si prolunga lateralmente in una punta triangolare. Ultimo segmento lucente di colore castaneo oscuro col margine posteriore giallo-rossiccio; di forma pressochè tra- pezoidale, restringentesi insensibilmente dall’avanti all’indietro, con- vesso nella parte anteriore bruscamente e fortemente declive nel terzo posteriore. La sua superficie superiore finamente punteggiata e leg- germente rugosa sui lati, è segnata per i due terzi circa della sua lunghezza da un solco mediano e presenta nel terzo posteriore del segmento, due creste la terali semicircolari che si prolungano poste- riormente in una piccola punta posta sopra le radici della pinzetta; lo spazio compreso fra queste due creste è avvallato e fortemente ru- goso. I lati del segmento sono scavati e presentano nei due terzi poste- riori della loro lunghezza una carena mediana ben marcata. Segmenti inferiori dell'addome di colore giallo che passa al giallo bruno negli ultimi segmenti, finamente punteggiati e coperti di minuti peli gialli molto più lunghi sui lati; il penultimo segmento di forma quasi triangolare con un piccolo tubercolo all’apice, copre circa i due terzi dell’ultimo segmento. Pigidio poco sporgente in forma di trapezio col margine posteriore leggermente intaccato. Branche della pinzetta pubescenti alla base di colore bruno ros- riccio colle punte castano oscure; robuste, allargate e quasi contigue. alla base, esse vanno allontanandosi e assottigliandosi debolmente per il quattro quinti circa della loro lunghezza poi prendono la forma ci- lindrica e s'incurvano bruscamente l’una verso l’altra sino alle loro punte che non si toccano ma si sovrappongono, la branca destra più corta della sinistra. Superficie superiore triangolare e fortemente ca- renata per i tre quarti circa della lunghezza delle branche, arroton- data nel quarto posteriore; superficie inferiore appiattita; margine ‘ interno leggermente dentellato per i tre quarti circa della loro lun- ghezza. pa Misure in Ut, lunghezza totale del corpo circa 14; lun- ghezza del capo 2, sua larghezza 1,8; lunghezza del pronoto poco più di 1,6, sua larghezza 1,7; lunghezza delle elitre 2,1; lunghezza del- l’ultimo segmento dell'addome circa 2, sua larghezza anteriormente 2,5, posteri iormente 2,2; lunghezza della pinzetta circa 2. ‘Specie vicina alla Psalis scudderi Borm. dalla quale differisce prin- cipalmente per la quasi completa mancanza delle ali, per il colore delle i zampe e delle antenne. Un' solo esemplare d' da Puerto Bertoni. Anisolabis janeirensis (Dohrn). | Furcinella j., H. Dohrn in: Ent. Zeit. Stettin. v. XXV p. 285, 1864. — | Anisolabis.J. ., Bormans in: Biol. Centr. Amer. p. 5 t.1f.8 (3), f. 9 (9), 1893. - Parecchi esemplari e 9 dai dintorni di Asuncion (Escuela di Agri- cultura). | Auisolabis annulipes (Luc.). Forficesita a., H. Lucas in: Ann. Soc. ent. de France ser. 2 v. V, Bull. p. LXXXIV, 1847. — Anisolabis a., Bormans e Krauss in: Tierreich Lief. 11‘ Forfic. und Hemim. p. 48, 1900. ke Parecchi esemplari & e 9 dai dintorni di Asuncion AO di Agri- cultura). Brachylabis nigra (Scudd.). ovi \tilrogasier m., Scudder in: P. Boston Soc. v. XVII p. 251 (9), 1876. —. Brach,lubis n., Bormans e Krauss in: Tierreich, Forf. und. Hemim. p. 54 fig. 22 (3), 1900. Numerosi d e g dai dintorni E Asuncion dot DEMI, di Agricultura). pini vicina Borelli. è. Sphongiphora vicina Borelli in: Boll. Mus. Zool. e Anat. comp. Torino, vw. XIX n, 479, 1904. i ...; 2 .d.da.Puerto Bertoni. l Questi esemplari differiscono dall’esemplare tipico da Villarica per avere il margine superiore interno delle branche della pinzetta fornito di un piecolo.dente spiniforme, collocato a poca distanza dalla loro base. : .Spongiphora croceipennis parallela (Westw.). i | Forficula' p., Westwood in: Mag. Zool., v. 7 t. 178 (3), 1837. — Sphon- giphora croce. par., Bormans e Krauss in: Tierreich. Forf. und Hemim. p. 56, 1900. pa Due & e parecchie 9 e larve da Puerto Bertoni. Dei 2 maschi, l’uno ha le branche della pinzetta lunghe, quasi di- = 5 e ritte, curve soltanto all'apice, incrociantesi dopo il secondo, terzo della loro lunghezza. Lunghezza del corpo senza la pinzetta mm. 18 » della'pinzetta; eo Svolta LS L’altro maschio ha le branche della pinzetta O più volte ricurve ‘e ricorda la figura data dal Dohrn (1). Lunghezza del corpo senza la pinzetta mm. ‘16 » dell SEA n e Questa specie, così mi scrive il sig. Bertoni di Winkelried, è molto “comune nel Paraguay e s'incontra anche nelle case di Asuncion... fi Spongiphora insignis (Stàl)._ Psalidophora i., Stàl in: Oefv. Ak. Fòrh., v. XII p. 349 (9), 1855. — Forficula punctipennis, Stàl in: Eugenies Resa, Ins. p. 30£(gJ) 1858, — Spongiphora i, Bormans e Krauss in: Tierreich, Forf. und:Hemim. p. b9, 1900. Parecchi esemplari o, 9 e larve da Puerto Rerkoni; una 9 da ASs- «suncion (Escuela de Agricultura). Spongiphora Bertonii nov. sp. Capo lucente, nero-bruno, colle parti boccali e le antenne: (rimari- gono 14 articoli) di colore giallo-bruno, ad eccezione dei die primi articoli giallo-chiari e del terzo: giallo-chiarò alla base, giallo-bruno all’apice. Superficie superiore leg- germente convessa, suture non distinte margine po- steriore debolmente concavo cogli angoli posteriori arrotondati limitati internamente da una IP impressione. Pronoto lucente e di colore bruno oscuro ante? riormente, leggermente rugoso e più chiaro poste- riormente, coi mar gini laterali giallo-bruni ; di forma trapezoidale, cogli angoli ‘anteriori’ ottusi, il mar- , gine e gli angoli posteriori leggermente arrotondati. 3 Spongiphora Sulla sua superficie rigonfia nella metà anteriore, Bertonii appiattita nella metà posteriore, sono da notare delle deboli -impressioni longitudinali vicino al margine anteriore e una piccola.fossetta mediana che con- tinua posteriormente! con una leggera cresta appena distinta. Elitre di colore bruno chiaro, leggermente LE col velino posteriore debolmente: concavo. Ali sparsamente punteggiate e lesgermente rugose, di colore ‘broîto con una grande macchia gialla di forma ovale lungo'il margine esteriio e una piccola macchia dello stesso colore all'apice si GR I 7 CUP H. D.ltrN in Ent tel “Stettin i XXIII; t. 1 È 8; 1869; | LT inferiormente capo di colore bruno, torace testaceo. Zampe giallo-testacee. Segmenti superiori dell'addome di colore bruno-rossiccio, molto oscuro quasi nero sui lati ; ultimo segmento molto lucente; di colore nero-bruno. La loro superficie superiore, è fittamente ma molto leggermente pun- teggiata, le pieghe tubercolari dei segmenti 3 e principalmente 4 sono ben marcate e sui lati dei segmenti 5-8 sono da notare alcuni granuli disposti in serie lungo il loro margine posteriore. Ultimo segmento di larghezza uguale quasi al doppio della lunghezza, di forma quadran- golare; superficie superiore leggermente punteggiata e debolmente ru- gosa vicino al margine posteriore, segnata per tutta la sua lunghezza da un solco mediano fortemente impresso che incontra una grande depressione di forma quasi circolare la quale occupa circa i due terzi ‘posteriori della superficie del segmento. Pigidio sporgente, linguiforme coll’apice bifido. Branche della pinzetta di colore bruno-rossiccio, leggermente pun- teggiate; separate fra loro, dapprima robuste, diritte e parallele per un terzo circa della loro lunghezza, poi sottili di forma quasi cilin- drica, leggermente arcate verso l'esterno e incurvantesi l’una verso l’altra sino alle punte che non s'incontrano. Superficie inferiore appiat- tita, superficie superiore convessa con una leggera cresta mediana. Il loro margine interno, superiormente e inferiormente compresso e leggermente dilatato, è fornito per un terzo della loro lunghezza di una piccola lamina sporgente a mo’ di tubercolo nella parte Gal poi ‘liscio dal secondo terzo all’apice. Misure in millimetri : lunghezza totale del corpo circa 11; lunghezza dell’ ultimo segmento dell’addome poco meno di 1, la sua Lirgfiezza Log lunghezza della pinzetta 3,1. Questa specie è molto vicina alla Spongiphora rogersi Borm. dalla quale differisce principalmente per la forma della pinzetta, di cui le branche sono prive di dente interno posteriore e vanno assottiglian- ‘dosi regolarmente dal secondo terzo della loro lunghezza all’apice. Un solo esemplare & da Puerto Bertoni. Spongiphora confusa nov. sp. | Capo convesso con suture non distinte ad eccezione della occipi- tale ; liscio, lucente, di colore castaneo oscuro quasi nero col clipéo giallo pallido; il labbro superiore ed i palpi bruni; antenne (riman- .gono 14 articoli) giallo-brune ad eccezione del primo articolo castaneo. Pronoto del colore del capo, leggermente trapèzoîdale, di larghezza uguale a quelle del capo anteriormente un poco più largo posterior- mente; angoli e margine posteriori leggermente arrotondati. La sua superficie médiana è debolmente convessa in forma di cuore colla Poi punta rivolta all'indietro, ed è segnato da un solco mediano longitu- dinale che non raggiunge il margine posteriore del. pronoto il quale è piatto lateralmente e posteriormente. Elitre di lunghezza quasi uguale al doppio del pronoto, cogli angoli anteriori arrotondati sporgenti oltre i margini del pronoto appena di un terzo della loro larghezza, tronche posteriormente ; di colore bruno con una striscia giallo-pallida collocata lungo i margini laterali per i due primi terzi della loro lunghezza. Ali poco più lunghe del pronoto, di colore bruno con una grande macchia giallo-pallida, pressochè... triangolare, che dal margine posteriore delle elitre arriva quasi sino all’apice delle ali. Femori di colore bruno oscuro, robusti; tibie brune, giallo-pallide nel terzo distale ; tarsi giallo- pallidi, il primo articolo di lunghezza quasi uguale a quella del secondo e del terzo riuniti, colla su- perficie inferiore coperta di peli. Segmenti dell’addome a lati paralleli, lucenti, di colore bruno oscuro ; pieghe tubercolari distinte nel terzo segmento, ben marcato sul quarto. Ultimo segmento pressochè quadrangolare, liscio e lucente, con unagrande impressione triango- lare fra le radici della pinzetta e una piccola fossetta mediana di forma ovale vicino al margine posteriore il quale è debolmente concavo e leggermente rialzato. Penultimo segmento ventrale leggermente rugoso, sparso later al- mente di peli biancastri, quasi rettangolare cogli angoli ed il margine posteriore leggermente arrotondati. Pigidio molto sporgente, in forma di ferro di lancia colla punta tronca. iL Branche della pinzetta di colore bruno rossiccio, coperte di peli biancastri, cilindriche, diritte per i due terzi circa della loro lunghezza poi lesgermente ricurve e assottigliantesi sino alle punte che non si inftonttrano: il loro margine interno presenta un po’ al di là del loro primo terzo una dilatazione a mo’ di tubercolo. o Ultimo segmento dell’addome più stretto che nel d' restringentesi dall’avanti all’indietro. Pigidio poco sporgente pressochè quadrangolare. Branche della pinzetta più corte che nel o separate dal pigidio, diritte, triquetri e allargate alla base, poi arrotondate e assottigliantesi in- sensibilmente sino alle punte debolmente ricur Ve che non s ‘incontrano; internamente parallele vicino alla basé poi divergenti 1 verso l’esterno col margine sensibilmente dentato. i Patria: dd e 99 da Puerto Bértoni, lot Spongiphora confusa — — 3. Lunghezza totale del corpo: &' 7,5 mm., 9 6,5 » della pinzetta: Ouanio, sore Q lo poco più. Questa specie è molto vicina alla Labia Gnilianii Dohrn e ricorda la Spongiphora pygmaea Dohrn; per evitare la confusione fra queste tre forme credo utile indicarne i principali caratteri differenziali: Labia Ghilianii Dohrn. Capo : convesso, liscio e lucente Pigidio : molto sporgente col margine posteriore arrotondato Branche della pinzelta : cilindriche, inermi Tibie: giallo-pallide Spongiphora confusa Borelli convesso, liscio e lucente molto sporgente col mar- gine posteriore tronco cilindriche, fornite di un tubercolo brune, giallo-pallide nel terzo distale Spongiphora pygmaea' .’ Dohrn compresso con due im- pressioni longitudinali dietro gli occhi, pube- scente. poco sporgente vol mar- gine posteriore fornito di 2 punte. appiattite fornite di 2 denti. nero-brune, gialle all’e- stremità distale.. Non conosco il tipo della Labia Ghilianii Dohrn; io dubito molto riferendomi alla descrizione del Dohrn (Ent. Zeit. Stettin, v. XXV p. 424) che questa forma sia una vera Labia e credo che essa debba piut- . tosto essere considerata come una Spongiphora. Difatti secondo questa descrizione, gli ultimi articoli delle antenne sono cilindrici, il primo arti- colo dei tarsi è appena più corto che il secondo e il terzo riuniti, la superficie inferiore dei tarsi è coperta di peli, il penultimo segmento ventrale è quadrangolare; caratteri che sono tutti del genere Spon- giphora e non del genere Labia. Labia Silvestrii nov. sp. d Capo di colore castaneo oscuro col clipeo e le parti boccali giallo chiaro, sensibilmente convesso, con due piccole impressioni fra le an- tenne, suture non distinte. Antenne (rimangono 12 articoli) brune 0 giallo-brune coll’apice biancastro ad eccezione dei due primi articoli gialli, di forma conica allungantesi insensibilmente dall’articolo quarto al dodicesimo. COSO . Pronoto di colore bruno coi margini laterali gialli, pressochè tra- pezoidale, anteriormente di larghezza uguale all’incirca a quella del, capo, un poco più largo posteriormente, col margine anteriore tronco, i margini laterali leggermente rialzati ed il margine posteriore debol- . mente arrotondato. La sua superficie superiore è leggermente convessa nella parte mediana e appiattita sui lati e lungo il margine posteriore ed è segnata da un leggero solco mediano che termina con due pic- cole coste prima di raggiungere il margine posteriore, s dh e e | Elitre di colore giallo-bruno o testaceo oscuro, di lunghezza uguale circa a una volta e mezzo quello dA pronoto, liscie, col margine po- | steriore tronco. Ali deficienti, : Zampe giallo pallide coi femori leggermente offuscati di bruno sulla . parte prossimale. Segmenti dell'addome a lati paralleli, lucidi, di colore bruno oscuro nella metà anteriore giallo-bruno o rossiccio nella metà posteriore ultimo segmento castaneo oscuro. Pieghe tuber- colari del terzo e quarto segmento debolmente marcate. Ultimo segmento quadrangolare, poco più stretto del penultimo, di lunghezza uguale appena al terzo della larghezza; depresso nella metà posteriore con una piccola fossetta mediana, lucido, fornito di due piccole pieghe tubercolari sovrapposte alle radici della pinzetta. Pigidio sporgente a mo’ di lamina, coi lati convergenti posteriormente ed il margine poste- riore concavo. ‘00° nni Branche della pinzetta di colore giallo-bruno Labia Silvestrii È . a REP TAI, è DI fornite di peli gialli, distanti alla base, diritte per metà circa della loro lunghezza poi pie- gate verso l’interno e assottigliantesi sino alle punte che non s’incon- trano, internamente parallele per un terzo circa della loro lunghezza « poi leggermente concave e piegate ad arco; margine interno. legger- mente sporgente nella parte inferiore, scanalato nel primo terzo della . lunghezza delle branche poi liscio; superficie superiore convessa e fornita di una debole carena mediana. Inferiormente capo ‘e torace giallo-chiari; segmenti dell'addome giallo-bruni, pubescenti con alcuni lunghi peli lungo il loro margine posteriore, più numerosi sul penultimo segmento. °. 9 Ultimo segmento dell’addome di lunghezza uguale a poco meno di metà della larghezza, restringentesi verso la parte posteriore, l’impres- sione circolare fra le radici della pinzetta più grande che nel maschio. Pigidio meno sporgente che nel maschio, quadrangolare col margine posteriore debolmente concavo fiancheggiato da una piccola punta; sulla sua superficie superiore sono da notare due piccoli tubercoli spiniformi. Branche della pinzetta rossiccie alla base, castaneo oscure quasi nere verso l’apice; separate alla base, robuste, triquetre e quasi diritte per i tre quarti della loro lunghezza, piegate l’una verso l’altra e sot- tili nél’ultimo quarto sino alle punte ad uncino clie si toccano. senza incrociarsi; internamente parallele per un terzo circa della loro lun- ii ghezza poi leggermente concave; margine interno fornito inferiormente di una piccola sporgenza dentiforme vicino alla base, debolmente di- latato per un terzo circa della loro lunghezza poi dentellato sino alle punte. i Lunghezza totale del corpo: cd 7,3 mm., 9 9,2 » della pinzetta: d' circa 1,5 » 9 1,6 14 e 2 9 da Puerto Bertoni. -- 1 d e 1, (larva) da Puerto Piray (alto Paranà: Rep. Argentina). I due esemplari da Puerto Piray furono raccolti dal prof. F. Silvestri e da me erroneamente riferiti alla Labia durgessi Scudd. in un pre- cedente lavoro (1). Questa specie è molto affine alla Labia burgessi Scudd. e alla Labia paraguayensis Caudell; essa ne differisce principalmente per i seguenti caratteri che il sig. A. N. Caudell, dopo d’avere confrontato i miei esemplari coi tipi della Z. paraguayensis conservati nell’ U. S. Nat. Museum di Washington, ebbe la cortesia di farmi notare : « The shape, is different from that of either burgessi or paraguayensis, being more slender and with the sides parallel. The male forceps are not so long as in dburgessi and the pygidium is differently shaped. The antennal segments are much more globular than in my species and the female forceps are remote at the base while in the other two species they are approximate ». Labia chalybea Dohrn. Labia chalybea, H Dohrn in: Ent. Zeit. Stettin, v. XXV p. 429, 1864. — Bormans in: Biol. Centr. Amer., Orth. p. 6 t. 1 f. 17 (9), 1893, — Bormans e Krauss in: Tierr., Forfic. und Hemim., p. 70, 1900. Parecchi esemplari 9 e 9 da Puerto Bertoni. Specie nuova per il Paraguay. Sparatta nigrina Stàl. 1855. Sparatta nigrina, Stàl in: Ofv. Ak. Fòrh., v. 12 p. 350 (9). — 1880 Sp. nigrina, Bormans in: Bull. Soc. ent. Belgique, p. 72 (g*). — Sp. nigrina, Bormans e Krauss in: Tierreich, Lief. 11, Forf. und Hemim. 1900, p 78. Parecchi esemplari o e 9 da Puerto Bertoni. Il margine interno delle branche della pinzetta presenta una leg- gera dilatazione a mo’ di lamina la quale si estende quasi per tutta la lunghezza delle branche ed è fornito di un piccolo dente spiniforme collocato circa a metà della loro lunghezza, secondo de Bormans e Krauss questo dente sarebbe invece collocato vicino alla base. Specie nuova per il Paraguay. (1) BoreLLI in: Boll. Mus. Zool. e Anat. comp. Torino, yol. XVIII n° 418, 1902. i Sparatta pelvimetra var. clarkiiî Kirby. 1896 Sparatta clarkii, W. F. Kirby in: J. Linn. Soc., v.:25/p.526 t, 20 Î. 8, 8a (JT). — Sp. pelvimetra (part.), Bormans e Krauss in Tierreich, Lief. 11: Forf. und Hemim. p. 79, 1900. o e 9 da Puerto Bertoni, Questa varietà differisce dalla Sparatta pelvimetra Serv. per avere i due primi gli ultimi articoli delle antenne, il pronofo e le tibie di colore nero. i Sparatta incerta n. Sp. Capo. debolmente: convesso con suture non distinte, subtriangolare «col margine posteriore leggermente, concavo; di colore castaneo oscuro colla. metà anteriore del clipeo giallo-paglia e le parti boccali giallo-testacee; antenne (rimangono 17 articoli) di colore bruno 0 giallo-bruno, secondo gli esemplari, i due primi articoli più chiari. Pronoto liscio, di colore castaneo coi margini laterali giallo-testacei, di lunghezza poco supe- riore a quella, del capo; di forma pressochè tra- pezoidale, anteriormente sporgente cogli angoli anteriori ottusi e gli angoli ed il margine po- steriore fortemente arrotondati. La sua super- ficie convessa anteriormente, appiattita poste- riormente, è segnata per metà della sua lun- ghezza da un leggero solco longitudinale mediano il quale un po’ al disotto degli angoli anteriori è fiancheggiato a una piccola fossetta ben mar- cata. Elitri di lunghezza di poco superiore a una volta e mezzo quella del pronoto, dello stesso colore, leggermente punteggiate, col margine posteriore tronco. Ali sporgenti di lunghezza uguale a poco più di metà di quelle delle elitre, di colore bruno oscuro con una macchia giallo-chiara nella parte mediana anteriore più o meno estesa a seconda degli esemplari. Zampe gialle o giallo-testacee, il primo articolo dei tarsi di lun- ghezza poco inferiore a quella del terzo. Segmenti dell’addome a lati paralleli di colore bruno rossiccio, molto oscuro quasi nero sui margini ; pieghe tubercolari del terzo e quarto segmento poco marcate. Segmenti 1-4 leggermente e sparsamente pun- teggiati, segmenti 5-7 fortemente punteggiati e leggermente rugosi, ag 59 Sparatta incerta dinale che termina in una piccola fossetta di forma ovale vicino al margine posteriore. Inferiormente : capo giallo-bruno ; torace giallo-testaceo ; segmenti dell'addome bruno-rossicci fortemente punteggiati. Pigidio sporgente, stretto coi margini paralleli vicino alla base, poi fortemente dilatato e fornito posteriormente di tre lobi appiattiti e triangolari di cui i 2 laterali sono appuntiti mentre il mediano, più grosso, ha l’apice tronco. La sua superficie superiore è convessa nella parte mediana, appiattita sui lati. Branche della pinzetta punteggiate, separate alla base, diritte e parallele per metà della loro lunghezza poi leggermente ricurve verso. l’interno sino alle punte; superficie superiore arrotondata, superficie inferiore appiattita; margine interno liscio, fornito di una piccola sporgenza triangolare collocata poco prima della metà della lunghezza delle branche. 9 Segmenti dell'addome sparsamente punteggiati, non rugosi ; ultimo segmento restringentesi nella parte posteriore. Pigidio meno sporgente che nel maschio, pressochè trapezoidale con 2 piccole sporgenze agli angoli posteriori. Branche della pinzetta più corte e più robuste che nel maschio, se- parate dal pigidio, parallele quasi sino alle punte le quali sono più sot- tili e ricurve verso l’interno; il loro margine interno debolmente com- presso e dilatato quasi sino all’apice è leggermente dentellato per metà della loro lunghezza e fornito di una forte sporgenza vicino alla base. Lunghezza totale del corpo: 4 14,2 mm., 9 15 mm. » della pinzetta: d 4 > 903,4 >» Numerosi esemplari 9° e 9 da Puerto Bertoni. Questa specie ricorda la Sparatta plana (Burm.) figurata da E. Blan- chard in d’Orbigny Voy. Am. merid. v.. VI (2) p. 214, t. 26 f. 2 (0); essa ne differisce principalmente per il colore, il pronoto meno sporgente anteriormente, il corpo meno compresso, le pinze proporzionalmente meno lunghe e la forma del pigidio. Apterygida linearis (Eschscholtz). Forficula linearis, Esch., Entomogr. v. I p. 84, 1822. —. Forficula tae- niata, H. Dohrn in: Ent. Zeit. Stettin., v. XXIII p. 230, 1862. — Aplery- gida taeniata, Bormans e Krauss in: Das Tierr. Forf. und Hemim. p. 110, 1900. — Apterygida linearis, Rehn in: Trans. Am. Ent. Soc., v. XXIX p. 2, 1902. Numerosi esemplari da Puerto Bertoni e dintorni di Asuncion (Escuela de Agricultura). Parecchi degli esemplari raccolti a Puerto Bertoni sono privi di ali. 2497 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 8 - Torino. BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 547 pubblicato il 4 Dicembre 1905 Vor. XX === tr _——-- - — è CARLO POLLONERA NOTE MALACOLOGICHE I. Intorno a due nuove specie di Acmeidae. Dal sig. Caziot, noto malacologo di Nizza, ricevetti qualche mese fa una piccola conchiglietta da lui raccolta nelle posature del tor- rente Loup (Dipartimento delle Alpi Marittime), la quale a primo aspetto sembrava essere l’Acme Moutonii Dupuy. Esaminatala più attentamente mi avvidi che essa presentava un carattere che non permetteva di comprenderla fra le Acme, e necessitava la creazione di un nuovo genere. Questo carattere particolare consiste in ciò, che la sutura dell’ul- timo anfratto, ad una certa distanza dalla bocca, è interrotta da un foro 0 apertura arrotondata ben visibile. Inoltre, al di sopra di questa apertura suturale, la parete dell’ultimo anfratto è un poco rigonfia come se un canale corresse internamente lungo la sutura. Questo leg- gero rigonfiamento va perdendosi prima di giungere al penultimo an- fratto e non se ne vede più traccia negli anfratti superiori. Osservando questa disposizione, che non si riscontra nelle Acme nè in nessuno degli altri molluschi opercolati dei nostri paesi, ana- loga però a quelle presentate da alcuni generi esotici (Opisthoporus, Spiraculum, Rhiostoma), e studiate dal Sig. Bavay (*), mi balenò il dubbio che l'esemplare trovato dal sig. Caziot potesse essere anomalo” (*) A. Bavay. Ax sujet d’un prtit groupe de mollusques pulmonès terr. opere. pourvus d'un canal acrifere logé dans le test. — in: Bull. Soc. Zool. de France — 1903, p. 140. o mostruoso. Dimandai quindi al donatore di comunicarmi l’altro esem- plare di questa specie che sapevo che egli aveva raccolto insieme a questo. Ricevutolo ed esaminatolo, vi ritrovai gli identici caratteri del mio esemplare; perciò mi decido a costituire per questa specie un nuovo genere, che son ben lieto di poter dedicare al suo scopritore. Nov. Gen. Caziotia. Differt a proximo Genere Acme labro externo medio valde pro- duclo; marginibus peristomatis lamina valida prominente junctis, et sutura in ultimo anfractu intus canaliculata, aliquantulum supra aperturam foramine subovali interrupta. C. singularis, n. sp. — Fig. 1, 2. T. subcylindrica, superne attenuata et apice oblusa ; anfr. 6 !], vel 7!/,, supremi laevigati, coeteri regulariter, subliliter costulati, conve- aiuscuti, ullimi 2 subplanulati, suturà sal profunda separati; sutura in ult, anfractu foramine sat amplo interrupla. Apertura parvula, irregulariler subovata, superne angulala, marginibus incrassatis ; exlerno medio producto, ad suturam subsinuato, extus non calloso ; basali arcuato ; columellare subrecio. Lamina parietalis prominens, valida (praesertim prope columellarem) transverse producta, ARR A aperturae conjungens. Alt. 3 1/3-4 mill.; lat. 1 mill. Hab. Alluvions du Loup (Dép. Alpes Maritimes). La forte lamina che unisce le due estremità del peristoma è simile a quella che si riscontra nel gen. Renea Nevill (RR. Moutonii Dup. e R. Bourguignati Nev.), ma di essa se ne trova già un accenno in al- cune vere Acne, solamente in queste generalmente non appare che come un filo appena rilevato; soltanto nella seguente nuova specie essa assume un maggiore sviluppo, molto minore tuttavia che nei Gen. Renca e Caziolia. Acme Layoni. n. sp. — Fig. 3, 4. T. subcylindrica, elongata, imperforata, fusca, confertissime captîl- laceo-costulata, apice laevigata ; anf. 7 subconveri, ultimi planiusculi sutura mediocri divisi; ullimus ad aperturam parum ascendens ; aperlura subvrerticalis, ovalo-subquadrangularis, superne leviter sub- sinuata ; margine columellari fere recto; basali arcuato ; externo parum incurvalo, basi subproduclo, intus crassulo, extus non calloso; margines aperturae lamina parielali tenue, prominula, juncti. Alt. 3; lat. 0,4/; mill. Hab. Fegino presso Genova. Di questa specie ho avuto dall'amico Prof. A. Issel uu solo esem- plare, raccolto dal Sig. Eugenio Bayon, mio amico d’infanzia, al quale son lieto di poterla dedicare. Somiglia assai alla mia Acme Gentilei (Bull. Soc. Malac. Ital. XIV, 1889, p. 53, tav. 2, fig. 1) di Val Corsaglia in Piemonte, dalla quale differisce per le dimensioni minori, per gli anfratti superiori: più con- vessi, per il sinulo dell'apertura un po’ più largo, per le costicine meno sottili e più serrate, per la lamina parietale più forte e più ele- vata, e per l’ultimo anfratto un po’ ascendente all’apertura. II. Molluschi terrestri e fiuviatili delle Isole d’Elba e Pianosa. Scarsissimi sono i dati finora raccolti circa la fauna malacologica delle isole dell'Arcipelago Toscano, perciò credo utile pubblicare la lista delle specie raccolte dal Prof. L. Camerano e dai Dott. Borelli, Peracca e Zavattaro in occasione del Congresso dell’Unione Zoologica Italiana, tenuto in Portoferraio nell’aprile di quest'anno. IsoLA D'ELBA. 1. Limax corsicus Moq. Tand. Portoferraio e Marciana, esemplari affatto simili a quelli tipici della Corsica. 2. L. flavus L = L. variegatus Drap. Portoferraio. 3. Agriolimax agrestis L. Portoferraio. Un solo esemplare di piccole dimensioni. 4. A. cecconii Pollonera — Bollett. Musei Zool. Anat. comp. Torino — N. 264 — Dic. 1896. var. iilvatica. Esternamente simile all’ A. cecconîi di Vallombrosa, cioè senza mac- chie, superiormente uniformemente nero, fianchi castani nerastri, suola pallida nel mezzo a zone laterali brune. Ne differisce per i caratteri dell'apparato riproduttore che ha il pene e le sue appendici flagelli- formi più simili a quelle dell’agrestis. Portoferraio e Marciana. 5. Amalia marginata Drap. Portoferraio. Un solo esemplare giovanissimo. 6. A. carinata Risso. Portoferraio e Marciana. 7. A. gagates Drap. Marciana. alzi 8. Hynalîinia blauneri Shuttl. = MH. obscurala Paulucci (non Porro) Malac. Sardegna, 1882, p. 17, Tav. II, fig. 2. Marciana. Un esemplare giovanissimo, ed uno quasi adulto. 9. Fruticicula (Car/husiana) d’ameomse Issel. Portoferraio. 10, Helix (Crypromphalus) aspersa Mull. Portoferraio. Forma piccola. 11. H. (Canlareus) aperta Born. Portoferraio. Varietà molto piccola. 12. Ebers (0/a/0) vermicenlatus Mill. Portoferraio. 13. E. (Murella) rugosus Ziegler, in Rossm. Icon. IV, 1836, fig. 2910, (H. muralis, var.). var. magulus Monterosato, Moll. terr.isole adiac. Sicilia, 1892, p. 15. Portoferraio. Abbondante sulle rovine del Castellio. Ecco come il March. Monterosato definisce questa varietà « L mu- ralis L. var. magulus, Mont. Si rinviene alle Baleari e all’Isola d'Elba. È globoso, tenue e ricciuto. Somiglia all’ Z pacinianus Ph. ». Queste indicazioni sono però troppo incomplete, perciò io la definirò con questa frase: Differt a typo (Rossm. fig. 231 a) testa aliquantulum tenuiore, spira depressiore, saepius sat acute carinala, carina ad aperiuram evanescente. Quanto all’aver considerato l’ /. rugosus Z. come specie distinta dall’. muratis Mùll., ecco le mie ragioni. Nell’ /. imuralis, considerato nel suo senso più ampio, noi vediamo due serie ben distinte di forme. La 10 serie è costituita da forme al disopra leggermente 0 mediocre - mente striate, al di sotto quasi liscie; ad ultimo anfratto arrotondato- compresso, per lo più poco o punto angoloso, e generalmente a mac- chiatura assai bene definita. Questa serie di forme, che tende ad av- vicinarsi all’Z. globularis, costituisce, per me, il vero /. muratis, e la sua forma tipica sarebbe quella di Firenze, descritta e figurata dal Gualtieri, che è il primo autore citato dal Muller. La 2a Serie invece è al di sopra a strie fortissime (sovente quasi costulata) che si esten- dono anche sulla faccia inferiore, ad ultimo anfratto più compresso, soventi fortemente angoloso o carenato, e quasi sempre a macchiatura confusa 0 evanescente. Questa serie di forme, che tende ad avvici- narsi all’Z pacinianus, costituisce, per me, l'L 7ugosus, che è rappre- sentato benissimo dalla citata figura di Rossmiissler, e che vive a Roma (con altre varietà) ed a Sasso di Pale nell’Umbria. Il Marchese Monterosato non è di questa opinione, perchè egli chiama I. commodus (1. c. p. 12) la forma di Firenze, la quale per me come per la Marchesa Paulucci (Malac. Calabria, p. 116), è il tipo dell’ IZ. a2uratlis. Incidentalmente, farò notare che quasi tutti gli autori citano, a rappresentare il tipo dell’ /. muralis, la fig. 230 di Rossmiissler, la quale invece è una forma assai più globosa di qualsiasi Z. 1ura07s che io conosca, e forse si avvicina a quelle fornie che il Monterosato (I. c. p. 10) ravvicina al suo LZ. indistinclus. 14. E. (Marmorana) serpentinus Fér. Portoferraio, nelle rovine del castello, insieme alla specie prece- cedente. Un solo esemplare freschissimo, affatto simile a quelli viventi a Pisa. È, credo, la prima volta che si trova questa specie convivente con forme del gruppo muralis. 15. Euparypha pisama Mill. Portoferraio. 16. Kerophila (Canlidula) limeata Olivi = H. profuga Auct. var. etrusci Issel. Moll. Pisa, 1886 = H. arnustaca, Fagot. Bull. Soc. Malac. France, 1884, p. 119. Portoferraio. Ho già dimostrato (Bull. Soc. Malac. Ital, 1888) che l’H. lineata Olivi non è l’H7. maritima Drap.. ma una delle numerose forme ita- liane della specie generalmente, ed erroneamente, chiamata 7. profuga Schmidt. Oltre che il nome di Olivi è di molti anni anteriore a quello dello Schimdt, bisogna notare che quest’ultimo autore ha dato il nome di Y. profuga all’ H. striala di Draparnaud per distinguerla dall’ 77. siriata di Muller. Ora, siccome la s(riata Drap., è ben diversa da tutte le forme italiane di questo gruppo, ne viene per conseguenza che il nome di H. profuga Schmidt non si può applicare a nessuna di queste. Credo perciò sia conveniente ridare a questa specie il nome che le era stato imposto dall’Olivi. 17. X. (Candidula) aethalia n. sp. fig. 11:12. T. globoso-conica, supra conica, sublus convera ; tenuissime el re- gquiariter striata ; anguste umbilicata ; albida, castaneo zonata ; su- perne fascia unica lata, sublus fasciis plurimis angustis ornata. Anfr. 6, regulariter crescentes, parum converi, sutura parum profunda separati ; ullimus angulatus (angulo ad aperturam evanescente) supra converiusculus, subius converior, ad aperturam non descendens, Aperlura subrotundata, marginibus aculis, remotis, callo tenuissimo junctis ; intus callo albo mediocriler valido ; columellare pallide rufo- tincto. — Alt. 9; diam. 11 '/, mill. Portoferraio; un solo esemplare. 18. X. (Xeromicra) apicina Lamk. et var. birsuta Paulucci. Malac. Calabria, p. 107, Portoferraio; abbondante. c'e 19. X. (Xero/richa) conspurcata Drap. Portoferraio. 20. Cochlicella barbara L. Portoferraio ; abbondante. 21. C. acuta Mill. Portoferraio; meno abbondante che la precedente. 22. Rumina decollata L. Portoferraio; comune. Forma piuttosto piccola. 23. Clausilla (Papilifera) bidens L. Portoferraio. 24. ©. (papillifera) solida Drap. |” Portoferraio; più abbondante della precedente. 25. Suecinea elegans Risso. Portoferraio. 26. Limnaea palustris Mill. var, contorta Bgt. Portoferraio. 27. Planorbis submarginatus Tan. Portoferraio. 23. Anecylus riparins? Desm. Portoferraio. Un solo esemplare, rotto. 29. Bythinella sp.? Falde del Monte Capanne. Due esemplari rotti e indeterminabili. isoLA PIANOSA. 1. Amalia gagates Drap. 2. Hyalinia blauneri Shutt]. #3. Gonostoma (Carovcollina) lenticula Fér. #4. Fruticicola (Hygromia) eimetella Drap. 5. Iberus (0/a/a) vermiculatus Mull. 6. Euparypha pisana Mill. #7. Kerophila (Candidula) tyrrena n. sp.; fig. 13-14. T. subgloboso-depressa, supra conico subdepressa, subtus conveatu scula ; mediocriter irregulariter striata ; angustissime umMbilicata ; sordide albida, fere unicolor, pallidissime corneo-flammulata. Anfî. 5 regulariter crescenles, converi, sutura sal impressa separati ; ullinius obtuse angulatus (angulo ad aperturam evanescente), supra converior quam subtus, ad aperluram non descendens. Apertura horizontaliter subovala, marginibus remotis, intus callo albo sat valido, columetlare albido, parum reflexo. — Alt. 7 */,; diam. 10 mill. vg, GI #8 X. (Candidula) turbinula n. sp., fig. 15-16. T. subtrochiformis, supra conico subelevata, sublus subcompressa ; valide et regulariter striata, fere subcostulata ; angustissime umbili- cata ; albida rufozonata, superne fascia unica laliuscula, subtus fa- sciis plurimis angustis ornata. Anfr. 5 converi, regulariter crescentes sulura impressa separati ; ultimus carinatus (carina fere usque ad aperturam producta), supra converior quam subius, ad aperturam non descendens. Apertura irregulariter rotundato-subangutosa, mar- ginibus subapproximatis, intus callo valido albo, columellare reflexo, albo. — Alt. 6, diam. 8 mill. 9. X. (Xeromicra) upicina Lamk. Varietà piccola, a ombelico meno ampio. *10. MX. (X-romicra) requienii Moq. Tand. Più abbondante che la precedente. 11. X. (Xerotricha) conspureata Drap. #12. Trochula conica Drap. var. pyramidella Ian. *13. Ferussacia paulucciana n. sp., fig. 7-8. F. carnea Issel. (non Risso). Crociera del Violante, 1878, p. 46. Pau- lucci. Matér. 1878, p. 35. — Conch. M. Argentaro, 1886, p. 37. Differt a F. Carnea testa minus turgida, soepius minore, spira re- guiariter attenuata et elatiore, anfractu penultimo non inflato, ultimo minore, apertura minus alta. Alt. 11-12; diam. 33/,-4; alt. aperture 44/4!/, mill. var. subearnea fig. 5-6. Differt a typo lesta paululum turgidiore, spira minus regulariter attenuata, ultimi 2 anfr. rapidior evoluti. — Alt. 11-11‘/,; diam. 4; alt. apert. 4 !/, mill. Malgrado l'opinione contraria dei due sopracitati autori e del Bour- guignat, credo che la forma di Pianosa debba separarsi dalla 7. carnea di Tunisi, colla quale l’ho confrontata. Sebbene le misure dell’altezza e della larghezza massime siano quasi eguali, poichè la 7. carnea di Tunisi misura 12 per 4, la forma di quelle di Pianosa è sempre molto più snella e l'apertura meno alta che in quella di Tunisi (4 /,- 5). Ho chiamato subcarnea la varietà un po’ più tozza, che è quella che più si avvicina alla 7. cornea di Tunisi, ma anche in questa la spira è assai più attenuata, il penultimo anfratto meno rigonfio, e l'apertura meno alta, ciò che indica che l’ultimo anfratto è più pic- colo. Infatti mentre il diametro massimo è di 4 mill. tanto nella var. subcarnea come nella carnea di Tunisi, misurando il diametro della conchiglia alla metà della sua altezza, si trova che nella carnea è Mat ancora di 3 5/,, mentre nella subcarnea non è più che di 3 '/,, e nella paulucciana tipica sovente soltanto di 3 mill. *14. Clausilia (Papillifera) planasiensis n. sp., fig. 9-10. Differt a C. solida testa magis cinerea, subcostulata et magis papil- losa ; callo palatale inferne ianium in lamellam intus extenso ; sub- columetllare magis emerso el a lamella infera magis remoto ; clausilio longiore et minus arcuato. Alt. 11-14, diam. 3-3 4/, mill. Trascrivo qui ciò che la Marchesa Paulucci (Conch. Argentaro p. 43) dice di questa forma. « All’Isola di Pianosa nell’agosto 1885, il Dottor Cavanna raccolse alcuni pochi esemplari dì una forma che ha assai analogia con la summenzionata var. cajetana, ma che differisce però da tutti gli altri individui della mia collezione. Queste Clausilia sono più gracili di forma, con anfratti un poco più convessi, con striatura più fitta, più marcata, quasi costulata; la sutura oltre il cordoncino biancastro papillifero che l’accompagna è marginata da una sottilis- sima filettatura marrone; le papille sono più distanti e più rilevate che nella varietà genuina; infine il callo di cui è provvisto l’interno dell'apertura è rimarchevolmente grosso in tutte e produce all’esterno una specie di cresta anulare. Non mi sono azzardata a dare un nome distintivo a questa forma in primo luogo perchè la suppongo una mo- dificazione locale della var. cajetana, ma sopratutto perchè sono man- cante di taluno dei tipi di varietà già descritte (anche come specie) e che si trovano nel Nizzardo ». Io ne ho ricevuto una sessantina di esemplari; e sebbene essi va- riino assai tra di loro per dimensioni, forma più o meno snella ed anche pel colore, che nei più è piuttosto tendente al cinereo mentre in altri è quasi corneo, pure tutti differiscono notevolmente dalle varietà co- nosciute della C. solida. La forma più vicina a questa C. planasiensis è la var. cajetana della solida, come osservò la Paulucci, ma tuttavia non si può confon- dere con essa. Quanto poi alle forme del Nizzardo, separate dalla C. solida, sono tutte a striatura sottilissima ed a papillosità debolissime, e quindi ben lontane dalla forma di Pianosa. #15. Alexia myosotis Drap. Paul., Conch. Argentaro, p. 49. Raccolta dal Dott. Cavanna in una sorgente d’acqua potabile. Io non ho ricevuto nessun esemplare di questa specie. *16. C}clostomia clegana Mill. Molto abbondante. ‘AG fg Ho segnato con un asterisco le specie di Pianosa non ancora tro- vate all’Isola d’Elba; esse sono 10 su 16 specie raccolte. Quelle tro- vate all'Isola d’Elba e non a Pianosa sono 23 su 29 specie. Quantunque siano ancora tanto incompleti i dati che abbiano sulla fauna malacologica di queste due isole, pure si può già asserire con certezza che esistono differenze notevoli tra di esse. Ma bisognerà ancora attendere nuove e più accurate ricerche prima di avere una giusta idea della loro fauna. Sarebbe pure molto interessante esplorare le altre isolette dell’arcipelago Toscano, finora quasi affatto inesplorate. III. Sulla COCHLICELLA CONTERMINA Shuttleworth. I’ Helix contermina Shuttl. fa descritta da Pfeiffer (Mon. Hèlic. viv. I. 1848, p. 160) come vivente a Bonifacio, estremità meridionale della Corsica, e per lungo tempo non fu indicata di altre località. Tuttavia il Sig. Caziot che esplorò questa località non riusci a trovarla, e nel suo lavoro (Moll. Terr. Corse, 1903, p. 217) la cita unicamente sulla fede di Shuttlenwort. Solamente nel 1889 il Sig. Sulliotti (Bull. Malac. Ital. XIV, p. 38) pubblicò di aver trovato questa specie nell’Isola di S. Antioco all’estre- mità meridionale della Sardegna, e nello stesso tempo fece noto che la Marchesa Paulucci gli aveva comunicato che questa stessa specie viveva presso Terracina sul continente italiano. Pochi anni fa io ritrovai 4 esemplari di contermina fra le conchiglie raccolte dal Dott. Frassetto nei rigetti del mare presso il Capo Fal- cone all’estremità Nord-Ovest della Sardegna, e quindi meno lungi da Bonifacio che non le località indicate dal Sulliotti. Questi esemplari non sono freschi, ed è quindi possibile che siano stati portati fin là dalle correnti marine anche da località molto lontane, tanto più che finora questa specie non fu trovata vivente nella Sardegna settentrio- nale. Questo fatto, e quello del non avere il Sig. Caziot ritrovata questa specie a Bonifacio, mi hanno fatto nascere il dubbio che anche il Shut- tleworth abbia trovato i suoi esemplari tra i rigetti del mare come quelli raccolti dal Dott. Frassetto. Questo mio dubbio è ancora avvalorato da ciò, che recentemente il Prof. L. Camerano mi portò un buon numero di esemplari di C. con- termina da lui raccolti vîvi sulle dune sabbiose del Tombolo presso Livorno in Toscana, dove sembra viva abbondantissima insieme alla C. barbara L. Non sarebbe per nulla strano che tanto gli esemplari di Capo Falcone come quelli di Bonifacio fossero individui Toscani stati portati fin là dal mare. Un fatto analogo accade frequentemente sulle rive italiane dell'Adriatico, dove non è raro raccogliere fra i rigetti del mare specie dalmate e anche greche. allude Riassumendo quanto ho detto finora circa l’habitat della C. conter- mina, ripeterò che questa specie finora fu trovata, con certezza, in sito: all'Isola di San Antioco, estremità Sud della Sardegna (Sulliotti), presso Terracina (Paulucci) e sulle dune del Tombolo presso Livorno (Camerano) sul continente italiano. Che è dubbio che si trovi viva a Bonifacio (estremità Sud della Corsica), dove può essere stata traspor- tata dal mare, come a Capo Falcone all’estremità Nord-Ovest della Sardegna. Il Dott. Kobelt (Icon. 1872, fig. 1462) descrive e figura la C. con- termina, ed indica come località la Corsica e La Calle in Algeria, perchè egli considera come sinonimo di questa la C. psammoîca Mo- relet, di La Calle. Io credo più giusta l'opinione di Bourguignat e di Westerlund che tengono separate queste due specie. Infatti la psam- moica è sempre più grande, più solida, più fortemente costulata, a spira più alta e meno esattamente conica, e ad apertura più rotonda pel margine basale più arcuato. Boll.Musei Zool.e Anat.Comp. Torino.-V.977 voZ.4X. U.Pollonera dis. i Jao fauno Li | Mie ludlat | fe MI puri trp USE, | a n A dI gr L spagir ; ian CI W i ta Sa + Aol r Tn È " let ; Vv , pr dg. a i RA BOI LETI INO, Musei di Zoologia ed ‘Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 548s pubblicato il 4 Dicembre 1905 Vor. XX Viaggio del Dr. E. Festa in Palestina, nel Libano e regioni vicine, XVI. EDOARDO ZAVATTARI IMENOTTERI, La fauna della regione circummediterranea orientale è stata ampia- mente studiata e quasi ogni settimana escono lavori, che mirano a renderla sempre più nota, tuttavia siamo ancora lontani dalla cono- scenza completa delle numerose specie, che abitano queste regioni. Il dott. cav. Enrico Festa durante il suo viaggio, compiuto nel 1893 in Palestina e Libano, raccolse una piccola, ma interessante collezione di imenotteri, che insieme alle altre raccolte zoologiche venne donata a questo Museo Zoologico. Lo studio di questa collezione, gentilmente affidatomi dal Direttore Prof. Lorenzo Camerano, forma oggetto della presente nota. Sono contenute in questa raccolta alcune specie non ancora segna- late di quella plaga, come l’Eriades nigricornis Nyl., il Crabro albi- labris Fab. ed alcune altre. Dalle ricerche dei vari autori su questa regione ed anche dal risul- tato dello studio da me fatto risulta, che anche al gruppo degli ime- notteri si può estendere quanto il Tristram disse della fauna e della fiora della Palestina in generale: « An analisys of each class of its fauna and of its phanerogamic flora shows that while an overwhel- ming majority of its species in all cases belong to the Palaearctic re- ‘gion, there are in each class a group of exceptions and peculiar forms Rutglio ns which cannot be referred to that region, and the presence of many of which cannot be explained merely by the fact of the Palaearctic infringing closely on the Aethiopian region, and not very distantly on the Indian; but can only be satisfactorily accounted for by reference to the geological history of the country ». (*) Infatti anche in questa collezione in mezzo alle forme palertiche in prevalenza, trovansi forme peculiari, come l’AZZantus syriacus And., l’Ephutomma syriaca And., e forme etiopiche come la Xy/ocopa otten- totta Smith. Prendo pertanto l’occasione di ringraziare il Prof. A. Ghigi ed il Dott. P. Magretti, che vollero gentilmente prestarmi il loro dotto aiuto in alcune controverse ed il Prof. R. Gestro, che mi volle comunicare alcuni libri per lo studio della presente collezione. TEREBRANTIA Fam. Tenthredinidae Gen. Macrophya Dahlb. M. postica Brullé. Exp. Scient. de Morée, T. III, p. 2, p. 388. — André. Species des Hyménoptères d’Europ. Alg., T I, p. 364. __l Esemplare & raccolto a Beirut il 20 luglio, riferibile alla varietà avente le nervature alari ferrugineo anzichè nere. Gen. Allantus Iurin. A. syriacus André. Species des Hyménoptères d’Europ. et Alg., T. I, p. 386. 7 Esemplari 9 raccolti a Mar Saba il 20 marzo. Gen. Selandria Klug. .S. stramineipes Klug. Mag. Sys. Naturs. Berlin. V. 8, pag. 75. — André, “ Op.otit td, Ip 290. 1 Esemplare 9 di Bekfeiya. Gen. Trachelus Iur. Tr.. tabidus Fab. Ent. Syst., p. 326, n. 8. — André, op. cit., T. I, p. 585. 1 Esemplare g di Stora. Esso presenta un anomalia nel sistema alare ; mentre l’ala anteriore sinistra è perfettamente normale, quella di destra manca completamente della nervatura trasverso radiale, risultando da ciò una sola cellula radiale. (*) The survay of Western Palestine. — Fauna and Flora of. Palestine by H. B. Tristram. — London 1884. Preface p. VI. Fam. Evanidae Gen. Gasteruption Latr. G. pyrenaicam Guér. Icn. Cuv. Regn. An. Ins., p. 406. — André, Spec. Hym. Europ. Alg., T. VII bis, p. 431. l1 Esemplare 9 dei Giardini di Damasco. Fam. Ichneumonidae Gen. Ophion Fab. 0. obscurus Fabr. Syst. Piez, p. 132, n. 7. — Gravenhorst. Ichneumonologia Europaea, T. III, p. 689. 1 Esemplare 9 di Stora di un giallo molto chiaro con le tre linee caratteristiche del torace ben distinte. Fam. Chr; sididae Gen. Chrysis Lin. Chr. cerastes Abeille. Feuille jeun. Nat VII, 1877, p. 67. — André. Spec. Hym. Europ. Alg., T. VI, p. 575. l Esemplare g riferibile a questa specie raccolto nei dintorni di Gerico. ACULEATA Fam. Mutillidaae Gen. Ephutomma Ashm. Eph. syriaca André. Spec. Hym. Europ., T. VIII, p. 140. 1 Esemplare 9 della Palestina. Gen. Mutilla Lin. M. Barbara Lin. Syst. Nat. Vol. I, p. 583. — Var. brutia Petegna. Spec. Ins. Ult. Calab., p. 33. — André, op. cit., T. VIII, p. 298. 1 Esemplare 9 raccolto sul Libano a 1900 m. s. l. d. m. presso la re- gione dei cedri. M. sinuata Oliv. Encycl. Méth. Ins., Vol. 8, p. 58. — André, op. cit., T. VIII, p. 304. 1 Esemplare 9 catturato sulla sponda orientale del Giordano. PE M. quinquemaculata Cyrillo. Ent. Neap. Spec., p. 5. — André, op. cit, T. VIII, p. 282. i 1 Esemplare 9 raccolto a Mar Saba ed un altro pure 9 dell’Antili- bano a 1000 m. s. 1. d. m. il quale presenta la tinta della testa e del torace alquanto più oscura specialmente alle mesopleure. Fam. Scoliidae Gen. 8Scolia Fab. Sc. (Triscolia) haemorroidalis Fab. Mant. Ins., I, p. 280. — Saussure et Sichel. Cat. Spec. Gen. Scolia, p. 50, n. 27. l1 Esemplare 9 di Iennouney. Fam. Sphegidae Gen. Ammophila Kirby. Am. (Psammophila) ebenina. Spin. Ann. Soc. Ent. Fran., T. VII, (1838), p. 405, n. 18. — André. Spec. Hym. Eur. Alg., T. III, p. 79. 1 Esemplare 9 raccolto nell’Antilibano. Questa specie ha una distri- buzione geografica tutta speciale; si trova infatti, in Siria, Egitto e Persia, e poi in Sardegna e Corsica. Gli esemplari della Palestina che io ho confrontati con quelli della Sardegna e con i tipi di Spinola dell'Egitto sono perfettamente simili fra di loro. iu: Gen. Sceliphron Klug Sc. Spirifex Lin. Syst. Nat., I, p. 942, n.9. — André, op. cit., T. III, p. 103. 1 Esemplare 9 raccolto a Bekfeiya (Libano) a 1000 m. s. 1. d. m. il quale presenta il disotto dello scapo giallo anzichè testaceo e l’estre- mità delle tibie anteriori e medie con una piccola macchia testacea sul margine esterno. Gen. Sphex Lin. Sph. pruinosus Klug. Germar. Reis. nach. Dalmatien., p. 261, n. 348. — André, op: cit, I. IIL. p. 142: 2 Esemplari 4 di Bekfeiya (Libano) 1000 m. s. 1. d. m. che presen- tano una notevole differenza di mole e sono completamente neri con la pubescenza argentea. Gen. Bembex Latr. B. mediterranea Handlirsch. Sitzber. Akad. Wiss. Wien., C. II, 1893, p. 807. Esemplare 9 mancante di località. <= B. oculata Latr. Hist. Nat. XIII, p. 301. — Handlirsch, op. cit., p. 855. Anche di questa specie un solo esemplare 9 di Bekfeiya. Gen. Notogonia Costa. N. pompiliformis. Panz. Faun. Ins. Ger. Int., 106 Hef. 17, Kohl. Verh. K. K. Zool. bot. Geselsch. Wien. XXXIV, R., 1885. 1 Esemplare 9 cui manca la precisa località in cui venne catturato. Gen. Crabro Fab. C. (Lindenius) albilabris Fab. Syst. Piez. 8. — Lepeletier. Ann. Soc. Ent. cobrane»,