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WOODS HOLE, MASS.
LOANED BY AMERICAN MUSEUM OF NATURAL HISTORY
THE NEW YORK è ACADEMY OF SCIENCES.
BOLLE TI TINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
Nik de XII 2 OS
N. 576-095
TORINO TIPOGRAFIA PIETRO GERBONE
Via Gaudenzio Ferrari, 3
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[INDICI
576. Salvadoti T. — Gyps Erlangeri, nov. sp.
577. Cognetti de Mattiis L. — Dascrizione d'un nuova Prerelimai del Giappone.
578. Camerano L. — Gordii d’Irlanda.
579. Camerano L. — Materiali per la storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX. — V. I Mamiscritti di Franco Andrea Bonelli. IV.
580. Camerano L. — Nota del Chordodes Hawkeri, Camer.
581. Griffini A. — Sopra alcune Gry!acris malesi ed austro-malesi.
582. Borelii fl. — Descrizione di una nuova forficola di Madeira.
583. Cecconi G. — Contributo alla fauna delle Isole Tremiti.
584. Cognetti de Mattiis L. — Contributo alla conoscenza della drilofauna papuasica. |
585. Festa E. Res italicae. XXI. — L Myoxus intermedius Nehring nelle Alpi italiane.
586. Camerano L. — Materiali per Su storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX. — VI. I manoscritti di Franco Andrea Bonelli. V.
587. Griffini Aa. — Note sopra alcuni Grillacridi.
588. Rosa 1. — Nuove specie di Tomopteridi (Diagnosi preliminari).
589. Cognetti de Mattiis L. — Paolo Biolley. Necrologia.
590. Camerano L. — La fauna delle nostre Alpi.
591. Camerano L. — Materiali per la storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX. — I manoscritti di Franco An- drea Bonelli. VI.
592. Bezzi T. — In memoria di Camillo Rondani, nel primo centenario della sua nascita (con una tavola).
593. Zavattari E. — Di una nuova e di alcuns controverse specie del gen. Pudium Fabr.
594. Borelli fi. — Nuovo genere di forficole di Costa-Rica.
595 Cametano L. — Giuseppe Nobili. Cenni biografici (con una tavola).
THE NEW YORK ACADEMY OF SCIENCES,
BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
N.576 pubblicato il 25 Marzo 1908 Vot. XXIII
T. SALVADORI
GYPS ERLANGERI, nov. sp.
Il nome Vullur, o Gyps riippelli evidentemente fu adoperato tanto dal Natterer, quanto dal Bonaparte e da A. Brehm per designare l'esemplare figurato dal Cretzschmar (Riupp. Altas, Vog. Taf.32); (4) questo individuo, che proveniva da Schendi nell’Abissinia occidentale e si con - serva ancora nel Museo di Francoforte (Hartert, Kat. Vogelsammi. p. 184, sp. 2775. specim. a), fu indicato come un giovane di un anno, ma i caratteri del collare, formato di piume bianche, corte, a barbe decom- poste, precisamente come negli adulti del G. /u/vus, dimostrano all’e- videnza che l’esemplare figurato non è un giovane, ma uno veramente adulto; il Museo di Torino, possiede un esemplare al tutto simile a quello figurato dal Cretzschmar; esso fu raccolto dall’Antinori presso Antub sul Nilo Azzurro, poco lontano da Chartum (Cat. Ucc. p. 3, n. 89). Confrontando tale esemplare con molti altri Grifoni dell’Abissinia, dell’Eritrea e dello Scioa da me esaminati, e che sono stati general- mente attribuiti al G. r&ppelli, io trovava tali differenze da non sa- pere precisamente quale stadio del G. rippelli fosse rappresentato dall’esemplare figurato dal Cretzschmar, e, sebbene io abbia riferito gli esemplari di quelle varie località .al G. réippellîi, non ho mancato
(') Secondo -von Pelzeln e Lorenz (Ann. Hof-Mus.I, p. 250) .il vero tipo del Natterer sarebbe un esemplare conservato nel Museo di S. Pietroburgo e ri- cevuto da Clot-Bey e veduto dal Natterer nel 1888. Cotipi od esemplari ti- | pici sarebbero due esemplari, uno adulto e l’altro giovane provenienti dal Kordofan, ove furono raccolti nel 1889 dal Kotschy e conservati nel Museo di Vienna.
più volte di esprimere qualche dubbio intorno alla esattezza di quella identificazione; anzi in una occasione affermai che gli esemplari dello Scioa si dovevano riferire al meridionale G. RoWbei (Ann. Mus. Civ, Gen. (ser. 2) III p. 37). s
I miei dubbi si sono fatti maggiori quando il Barone von Erlanger ha pubblicato sotto il nome di G. rtippellî, due figure (Journ. f. Orn. 1904, Taf. II) una delle quali rappresenta un esemplare vecchissimo, del paese dei Galla, e l’altra uno meno vecchio, ma pure adulto, della Somalia. Ambedue quelle figure sono molto diverse da quella del Cretzschmar.
Recentemente (Ann. Mus. Civ. Gen. (ser.3) III p. 615), discorrendo di due esemplari dell’Eritrea, raccolti dal Sig. Capomazza, uno dei quali similissimo all’esemplare del paese dei Galla figurato dallo Erlanger, io segnalava detto esemplare per avere le cuopritrici delle ali quasi intieramente bianchiccie, e così pure per avere del tutto bian- chiccie, cioè senza base oscura, le piume del petto e delle altri parti inferiori, tranne l’area del gozzo che è di colore bruno nericcio.
Sempre dubbioso della mia determinazione e non sapendo, colla serie numerosa d’individui da me esaminata, rendermi esatto conto dell'esemplare figurato dal Cretzschmar come un giovane dell’anno (avis hornotina), laddove a me sembrava piuttosto un adulto, mj parve di poter intravvedere che sotto il nome di G. riippelli fossero
comprese due forme, o specie, l’una la tipica, figurata dal Cretzschmar,
e l’altra, quella figurata dallo Erlanger. Ne scrissi al Dott. Oscar Neumann, studioso ricercatore delle forme africane, il quale mi rispose di avere diligentemente esaminato
gli esemplari del Museo Rothschild di Tring, e di aver trovato che gli.
esemplari adulti di Chartum, raccolti dal BreXm, (4) corrispondono esat-
tamente a quello figurato dal Cretzschmar, e sono diversi da quelli
dell’Eritrea, dello Scioa e dell’Etiopia meridionale da lui veduti ; così pure egli afferma di non ricordare che nella collezione dell’Erlanger esistessero esemplari come quelli di Chartum. Infatti l’Hilgert di Jngelheim, interpellato dal Neumann intorno ai Grifoni della collezione Erlanger, assicura che nessuno di essi ha somiglianza colla figura del Cretzschmar. Appare da tutto ciò che sotto il nome di G. yippelli
sono state realmente comprese due forme: la tipica, di colore generale.
nero coi margini apicali delle piume nettamente semilunari e bian-
chicci, e l’altra di colore più decisamente bruno, coi margini chiari
(') A. Brehm descrisse gli esemplari da lui raccolti presso Chartum (Nau-
“mannia, 1852, III, pp. 40-44).
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. delle piume piùlarghi e meno nettamente limitati, colle piccole cuopri- tricidelle lie colle parti inferiori, petto ed addome, di colore bianchiccio uniforme. La prima fu figurata dal Cretzschmar e l’altra dal. Barone von Erlanger (1. c.). Ambedue le forme hanno la regione del gozzo di colore bruno nericcio molto più oscuro, che non nel G. /ulvus.
Non conosco i giovani della forma tipica, ma il Brehm (Naumannia, 1852, III p. 42) li descrive colle piume del collare lunghe, strette, appuntate, di colore bruno, collo stelo più chiaro; quelli invece della forma orientale hanno colorito fulviccio più scuro e più uniforme degli adulti, e, come i giovani del G. /w/rus, hanno le piume del collare lunghe, acuminate e di colore fulviccio. Le due forme a quanto pare occupano due aree distinte; la prima si conosce dell’Abissinia occidentale (Schendi), di Antub (Nilo Azzurro) e di Chartum (A. BreWn); (!) la seconda invece vive più ad oriente, nell’Eritrea, nell’Abissinia orien- tale, nello Scioa, nella Terra dei Galla e nella Somalia. Ignoro quale sia il suo confine meridionale. A questa seconda forma dò il nome di
Gyps erlangeri.
Ecco la sinonimia delle due specie:
Gyps rippelli
Vultur Kolbii Cretzschm. in Rupp. Atlas, VOòg. p. 47 (partim) Taf, 32 (1826) (nec Daud. 1800) (figura avis adultae optima) (Schendi).
Vuittur riippelli Natter. in Mus. Vindob. et Synops MS. (fide Schlegel, Bonaparte et von Pelzeln). — Gieb. Thes. Orn. IL p. 757 (1877).
Vultur fulvus riippelli Sehleg. in Susemihl Naturg. d. Vog. Eur. p. 12 (1839-1845).
Gyps fulvus G. R. Gr. Gen. B. I, p. 6, n.1 (partim) (1844). - Ruùpp., Syst. Uebers. p. 9. n. 4 (partim, dunkel-farbige Varietàt) (1845). — Vierth. Naumannia Il. 1, p. 56 (1852) (Bahiuda, Chartum).
Gyps vulgaris Bp. (nec Savigny) Compt. Rend. XXX, p. 293 (1850). id. Consp. Av. I, p. 10 (1850). — Layard, B. of S. Afr. p. 7 (1862) (Natal, . Ayres). — ® Gurn. in Anders., B. Damara Land, p. 5 (Ondonga, Ovampo - Land) ( 1871).
(i) Gli esemplari del Natal (Ayres), di Mashoona (SheZle), di Ondonga (Andersson), di Manjara See e Mossiro (Neumann), di Bissao (Verreaua), del Niger-Benué (7,/2r/) e della Senezambia (Rochedrun) attribuiti a questa specie; dovranno essere ulteriormente studiati ed identificati.
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Gyps rippelli Bp. Rev. et Mag. de Zool. 1850, p. 477 (=V. Kolbîi Riupp.).
Vultur ritppellii A. Brehm, Naumannia, 1852, Heft 3. p. 44 (Char- tum) (‘). — id. Journ. f. Orn. 1855, p. 486. — Heugl. Journ. f. Orn. 1862 p. 404 (Ost-Kordofan). — id. Orn. N. O. Afr. L p. 5 (partim)(1869). — F. e H., Vog. Ost-Afr. p. 33 (nota) (1870).
Gyps magnificus v. Mùll. Beitr. Orn. Afr. Lief. II, Taf. 5 (Assuan) (1853) (= Vultur Kolbii Cretzschm.). — id. Journ. f. Orn. 1854. p. 388 (Sennaar u Kordofan). — Cab, Journ, f, Orn. 1854. p. 351 (= ? V. KoWwii Daud.!) — Bp. Rev. et Mag. de Zool. 1855. p. 74 (=G. riippelli Bp.).
Gps rilppellit C. L. Brehm, Journ. f. Orn. 1853,. p. 197 (diversi abiti). - A. Brehm. Journ. f. Orn. 1853, Extr. p. 93 (nidificazione). — C. L. Brehm. Journ. f. Orn. 1854. p. 72 (typus avis adulta) (*). - Bp. Rev. et Mae. dè Zool. 1854, p. 530; n. .10‘; 1855, p. 74.— Stricklziorn Syn. p. 10 (1855). — A. Brehm, Journ. f. Orn. 1856 p. 409, 473 (Bahiuda); 1857, p. 83 (Elephanten Insel). — ? Ayres, Ibis, 1860, p. 206 (Natal!). — Gurn. ibid. pag. 207 (Natal !). — Pelz. Verh. z.-b. Ges. Wien. 1862, p. 180 (Kordofan, Nubia). — ? Brehm, Reis. Habesch, p. 240 (1863) - Antin.Cat. Ucc. p. 3 (part.) n. 89 (nec 90) (Antub, Sudan, Kordofan) (1864)- Gurn. Descr. Cat. of Rapt. p. 73 (Natal!, Abissinia! Nubia, S. Africa!, Bissao!) (1864). — ? Sclat. P. Z. S. 1865, p. 675 (vivo in Londra). — Blyth, Ibis, 1866, p. 232. — Antin. Journ. f. Orn. 1866, p. 114. (partim). — G. R. Gr. Hand-List. I. p. 2. n. 12 (1869). — ? Sousa, Cat. Coll. Ornith. p. 30 (Porto Natal! Sennaar) (1869). — Salvad. Atti R. Acc. Sc. Tor. V. p. 721 (1870). — Cab. Journ. f. Orn. 1872. p. 71 (vivo) — Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. IV, p. 377 (part.) (1873). — BucKl. Ibis, 1874 p. 358 (Natal! Matabili!). — Sharpe, Cat. B. I, p. 9 (1874). —? Layard et Sharpe, B. of S. Afr. pi 3 (1875). — Gurn. Ibis, 1875, p. 90: — Sharpe, Journ. Linn. Soc., Zool.’ XIII, pp. 9, 25, pl. IV (part., Geogr. Distr.}((8 49M ? Shelley, Ibis, 1882. p. 237 (Mashona, S. E. Africa!). — Gurn. List Diurn. B. of Prey, p. 9 (1884) —? Rochebr., Faune de la Senegamb. Ois. p... (cf. Ibis, 1885. p.322).-? Ayres, Ibis, 1885, p.341(Transvaal)-Pelz. u. Lorenz. Ann. Naturh. Hofmus. I. p. 250 (1886). — ? Hartert, Journ. f. Orn. 1886. p. 601 (Niger-Benué !) — Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. (2) VI p. 190 (part.) (1888). — Hartert, Kat. Vogelsamm. p. 184. n. 2775 @ (1891). — Gurn. Cat. B. of Prey, p. 17 (1894). — ? Kuschel, Journ. f. Orn. 1895, p. 96
(') A. Brehm raccolse presso Chartum più di 20 esemplari, e descrisse benissimo gli adulti ed i giovani.
(?) Il Brehm in questo lavoro; e perciò fin dal 1834, asserì che l'esemplare figurato dal Cretzschmar come giovane, era invece adullo.
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(uovo). — Shelley, B. Afr. I. p. 154 (1896). —? Neumann: Journ..f. Orn. 1899, p. 36 (Manjara See, Mossiro !). — Rchnv. Vog. Afr. L p:518 (part.) (1901). Gyps Kolbii part. . Strickl. Orn. Syn. p. 10 (1855). Gyps (an Vultur?) marmoratus Brehm. (ubi. ?) — Antin. Cat. Descr. p. 4 (1864). — id. Journ. f. Orn. 1866, p. 115. — G. R. Gr. Hand-List, I p. 2, in syn. G. Atippellii (1869). Vultur fulvus Riippelli part., Schleg., Mus. P. B. Vultures, p. 7 (Nil Blanc, Caffrerie!) (1862). — Heugl. Journ. f. Orn. 1867, p. 199. Gyps fulvus ritppelli part., Erl. Journ. f. Orn. 1904, p. 144.
Gyps erlangeri.
Gyps fulvus Harris (nec Gm.) Highl. Aeth. IL p. 416 (Shoa) (1844). — ?Finsch, Trans. Zool. Soc. VII, p. 199 (Senafé) (1870). — Antin. Mem. Soc. Geogr. Ital. 1, p. 184 (Addagalla) (1878). — Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. (2) I. p. 34 (Scioa) (1884).
Gyps vulgaris Horsf. et Moore (nec Savigny) Cat. B. Mus. E. L Comp. I, p. 4 (1854) (Abyssinia, from Sir W. Harris Collection). —
Vultur Riippellit Heugl. (nec Natter.) Journ. f. Orn. 1862, p. 39 (Bogos, Zad’-Amba), p. 292 (Eis-Region) — Heugl. Orn. N. O. Afr. I, p. 5 (partim) (1869). — Finsch, Trans. Zool. Soc. VII, p. 318 (1870). — Heugl. Orn. N. O. Afr. III p. CCXI (1871). — Schleg. Mus. P. B. Revue, p. 140 (Abyssinie) (1873).
Gyps riippelli, Heugl. Journ. f. Orn. 1861, p. 424 (Chor-Ain, zwis- chen Ain-Saba und den Samhar Kusten-Land) — Blanf. Geol. and Zool. Abyss. p. 285 (Abyssinia, Wadela, Talanta, Anseba, Rebkro (1870) (‘).— Antin. e Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. IV, p. 377 (Ansaba) (1873) — Sharpe, Cat. B. 1, p. 9 Ia Angollala Harris) (1874) —. id., Journ. Linn. Soc., Zool. XIII, p. 9, 25, pl. IV (part., Geogr. Distr.) (1878) — Antin. Mem. Soc. Geogr. Ital. I, p. 184 (Addagalla) (1878). — Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. (ser. 2). I, p. 254 Scioa), 260 (Addagalla) (1884). — id. op. cit. (2) VI, p. 190 (Scioa) (1888). — ? Har- tert, Kat. VogelsammI. p. 184 n. 2775, b, c (1891). — Rchnw. Véog. Afr.
" L p. 518 (part.) (1901). — Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. (3) III, p. 615
(Saganeiti) (1908).
Gyps Kolbei part., Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. (2) III, p. 37 (Scioa) (1887).
(') Evidentemente il Blanford non ha incontrato il vero G. ruppelli, giac. chè egli, giudicando dagli esemplari veduti, dice che la figura del Riippell è molto troppo oscura, laddove essa rappresenta esattamente la forma occi- dentale.
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Gyps fulvus riippelli part., Erl. Journ. f. Orn. 1904, p. 144, Taf. (figurae optimae).
Colgo questa occasione per segnalare come nell’Eritrea, nell’Abis sinia e fin nello Scioa si trovi, insieme col G. er/angeri, anche Ale fulvus, facilmente riconoscibile dal colore fulvo della CRON de gozzo, uniforme col colore delle parti inferiori. e
Del G. fulvus dell’Africa orientale io ho visto almeno t esemplari: uno del Tigrè raccolto dal Muzioli (G. riippelti Salvad (nec. Gm.) Boll. Mus. Tor. No. 287), un secondo di Let-Marefià, ra colto dal Dr. Ragazzi. (G. riippelli Salvad. (nec. Gm.) Ann. Mus. Civ. Gen. (2) VI, p. 191, esempl. c (166), e finalmente un bellissimo esem- plare di Addi-Caiè nell’Eritrea, raccolto dal capitano Dho. Tutti tre sono in abito giovanile. de
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7 BOLLETTINO
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Musei di Zoologia ed ‘Anatomia comparata
della R. Università di Torino
N 7 dr A pubblicato il 29 Marzo 1908 “Vor. XXIII
DR. LuIiGI COGNETTI DE MARTIIS Assistente al R. Museo Zoologico di Torino
Descrizione d’una nuova PHERETIMA del Giappone
Il prof. F. JEFFREY BELL mi affidò cortesemente in esame alcuni lombrichi della collezione del British Museum di Londra. Uno di essi merita d’esser ricordato in particolare poichè è tipo di una nuova specie. Tale lombrico fu raccolto dal Sig. M. P. AnpERSON a Tokushima Ken, Is. Shikoku, nel febbraio 1905; non è ancora maturo sessual- mente, onde alcuni caratteri vi sono poco o punto evidenti, mentre altri, la massima parte, essendo ben delineati, permettono di distin- guere il lombrico di "'okushima da tutte le specie finora descritte de! genere Pheretima.
Pheretima setosa n. sp.
CARATTERI ESTERNI. — L’esemplare misura 185 mm. in lunghezza e 3-10 mm. in diametro; i segmenti sono in numero di 156. La /0rma del corpo è cilindrica, il colore perlaceo, sul dorso bruniccio.
Il prostomio è largo, e incide per ?*/, il segmento boccale, rima- nendone però distinto (capo proepilobo */,).
Le setole sono più o meno uguali in dimensione ai vari segmenti del corpo; quelle della regione ventrale sono un po’ più ravvicinate. Se ne contano 72 al 6° segmento, 77 al 10°, 89 al 19°, 105 al 26°. Man- cano intervalli sia dorsalmente che ventralmente. I segmenti 14°-16° sono ancora provvisti di setole.
Il clitello non è ancora formato.
I pori inmaschili sono, come al solito, in un paio al 18°; frammezzo ad essi si contano 14 setole. Ogni poro è circoscritto da un piccolo anello ghiandolare sorretto da una intumescenza.
Al 17° segmento, presso il margine posteriore, trovasi un paio di "i minutissime papille genitali, allineate con le setole c. Ne
Vi sono tre paia di aperture delle SOA nascoste nei sol intersegmentali ‘|, 7, */, e disposte un po’ più dorsalmente dei pori maschili. Fra le aperture spermatecali di ogni paio v'è una isa stanza pari a quella tra 25 setole ventrali del 9° segmento.
Il primo poro dorsale trovasi all’intersegmento ‘*/,3.
CARATTERI INTERNI. — I setti "|; e °| mancano; il setto ®/p @& molto sottile, ì setti !°/,,-4#/,, sono più o meno ispessiti. N
Il tubo digerente è dotato di un robusto verigli0 muscoloso; l’am- pio intestino sacculato comincia nel 15° segmento, ed è munito di un (a paio di ciechi originati nel 26° ma protesi in avanti, attraverso i setti fin nel 21° segmento. Tali ciechi sono laterali, alquanto dilatati alla base e attenuati, tubolosi, verso l’apice. Il loro margine ventrale pre- senta una serie di esili appendici digitiformi, limitate alla metà pros- simale di ogni cieco. L’ultimo paio di cuori è al 13° segmento. |
Apparato riproduttore. — Sono presenti due paia di /esles; il primo | posto nel 10% segmento, assieme ai padiglioni dei vasi deferenti, entro una pseudocapsula seminale periesofagea, le cui pareti sono formate. dal sottile setto ‘
° ;, € dal setto ‘,,, i quali contraggono ampie ade- renze alla loro periferia. Una seconda capsula seminale trovasi all’11® ti segmento, ad avvolgere i testes, i padiglioni, un paio di cuori, e un primo paio di sacchi senzinati, non lobati, depressi contro il setto ‘%,, dal quale pendono lateralmente «ll’esofago. La parete della seconda È capsula è formata da una sottilissima membrana estesa dal setto ‘pg all’!!|,.. Un secondo paio di sacchi seminali simile al primo, ma un po’ più grossi pende libero nel 12° segmento dal setto !!/,,. Le prostate hanno mediocre grandezza: ognuna | di esse mostra la parte ghiandolare chiaramente . divisa in due lobi espansi, di cui l'anteriore sporge in parte nel 17° segmento, mentre tutto il rima- nente della prostata trovasi nel 18° segmento. Il canale efferente di ogni prostata è breve el a dritto, dilatato presso il poro esterno; la sua parete non è fortemente muscolosa. Manca una * Fig. borsa copulatrice. Il vaso deferente si apre nel tratto pro ch del canale (Fig. 1). Sono presenti tre paia di sperm:aleche, distribuite nei segmenti 70% ‘ S° e 9°. Ogni spermateca consta di un’ampolla piriforme, poco più — Si lunga del canale che è cilindrico ed ha parete poco muscolosa. <Pa8 Il diverticolo è digitiforme, e s’apre nell’estremità distale del canale: Ab; uguaglia in lunghezza canale e ampolla presi assieme.
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POMESEtriNO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
N. 578s pubblicato il 9 Aprile 1908. Vor. XXIIl
Prof. LorENZzo CAMERANO
Gordii d’ Irlanda
Non si hanno, fino ad ora, che scarsissime notizie intorno alle specie di Gordii che si trovano in Irlanda. Per questa ragione credo utile render conto della collezione di Gordii d'Irlanda del Museo di Dublino che il Signor R. Southern ha avuto la cortesia di mandarmi in studio.
Earachordodes violaceus (Baird)
W. Baird — Catalogue of the species of Entozoa contained in the — Icrdon 1853 pag. 86. — Descriptions of some New Species of Entozoa trom the Collec. B:iti. Mus. — Proc. Zool. Soc. Londra 1853 pag. 20. — L. Camerano — Monografia dei Gordii — Mem. della R. Accad. delle Scienze di Torino. Ser. II. vol. XLVII — 1897 pag. 392.
1 -—- Un esemplare femmina ancora in parte entro il corpo di una Silpha subrotundata (Steph.) Clonbrock. Co. Galway.
2 — Un esemplare maschio (Lungh. m. 0,155 — Largh. m. 0.0006 co- lore bruno scuro) di Mormington. Co. Meath. (Giugno 1894).
3 — Un esemplare maschio (Lungh. m. 0,195 — Largh. m. 0,0006 di Swords. Co. Dublino.
4 — Due esemplari maschi (Lungh. m. 0,207 — Largh. m. 0,0006 — Lungh. m. 0,114, Largh. m. 0,0005) di Lambay. Co. Dublino. (Irish Naturalist, 1907. pag. 84.)
5 — Un esemplare maschio (Lungh. m. 0,250 — Largh. m. 0,0006. — colore giallo chiaro) di Bundoran. Co. Donegal.
6 — Tre esemplari maschi (Lungh. m. 0,270 — Largh. m. 0,0007 — Lungh. m. 0,185 — Largh. m. 0,0005 — Lungh. m. 0,100 — Largh. m. 0,0004 (individuo neotenico) di Ballymote. Co. Sligo. Agosto 1892.
oi mi — Sn Ssmalore maschio (cn m. si 165. — DA m. _ colore bruno chiaro) di Killaloe. Co. Clore. — Giugno 1895. SR bi: ‘Come si vede dalle località sopra citate il Parachordodes violaceus. See (Baird) è specie frequente in tegula e diffusa i in tutta I isola, _ - Questa > AF
«in Boemia, nella Transcancasia. ne
Gordius Villoti (Rosa)
si 1 — Un esemplare femmina. (Lungh. m. 0,105 — Largh. m. 0.0008 | — colorazione giallo-chiara) — di River Caragh. Glencar. — Co. Kerry. Ne Giugno 1906. Le 2 — Un esemplare maschio (Lungh. m. 0,135 — Largh. m. 0,0005 «—— — colorazione bruno-chiara, con collare e linee longitudinali scure, «| poco spiccate) Individuo neotenico di Abbeyleix. Queen's Co. fi Questi due esemplari appartengono alla serie degli individui di pic- | sN: cole dimensioni che non sono rari anche in altre località dell’ampia. des distribuzione geografica del Gordius Villoli. i
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BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed ‘Anatomia comparata
della R. Università di Torino
N.S7© pubblicato il 18 Aprile 1908 Vor. XXIII
Prof. LORENZO CAMERANO
Materiali per la storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX
Mi I Manoscritti di Franco Andrea Bonelli
IV.
Franco Andrea Bonelli fra i vari lavori che egli si proponeva di fare vi era quello di una serie di « memorie » intorno alla « influenza che le diverse circostanze esercitano sugli animati ». Una prima « me- moria» egli preparò col titolo:
« Saggio di alcune ricerche intorno alla influenza che le diverse circostanze esercitano sugli animali, dirette al perfezionamento dei mezzi di migliorare le razze degli animali domestici. »
la Memoria di Fr. A. Bonelli — Letta nella R. Accademia nella pubblica adunanza del 15 marzo 1817 alla quale intervenne S. M. »
Tutto ciò è scritto a capo del lavoro.
Nell’ordine del giorno della seduta sopradetta della R. Accademia delle Scienze di Torino è inscritto infatti il lavoro del Bonelli col ti- tolo sopra riferito.
Il Bonelli tuttavia non lesse il lavoro del quale aveva preparato un « sunto » che è unito al manoscritto posseduto dal Museo Zoologico di To- rino. Su questo manoscritto è segnata di mano del Bonelli l’osservazione seguente: « Memoria stata approvata per la pubblica adunanza delli 15 marzo 1817, ristretta però a quanto non è inchiuso negli uncini in margine di ciascuna pagina (non fu letta per mancanza di tempo) ».
La ragione indicata dal Bonelli della non avvenuta lettura della sua memoria è certamente molto plausibile: meno facile riesce lo spie-
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gare il perchè la memoria stessa non venisse letta dal Bonelli in qualche seduta successiva.
Lo scritto del Bonelli era certamente molto ardito per il suo tempo, vale a dire tre anni dopo la Restaurazione, e molto probabilmente avrebbe recato al suo Autore, per quanto circondato dalla stima e dalla benevolenza di tutti, non poche noie. Forse la ragione della man- canza di tempo sopra indicata, per la non avvenuta lettura fu una scusa elegante per ritirare la memoria stessa. Certo è che, prima della presentazione di questo lavoro all’ Accademia delle Scienze di To- rino, il Bonelli nulla aveva pubblicato intorno alle sue teorie, come egli diceva, di « Filosofia naturale » e nulla pubblicò in seguito.
Il manoscritto della memoria sopradetta viene qui stampato testual- mente nella sua entegrità (1).
*
« Noti sono ad ognuno: diversi cambiamenti di carattere, di costumi, di colore, di grandezza, di forme, e persino di proporzioni, che subi- rono quasi tutti i nostri animali domestici ed in ispecie il Cavallo, la Pecora ed il cane, (2) nel passare dallo stato libero e ‘selvatico in cui primitivamente trovavasi, allo stato schiavo e domestico, a cui furono quegli animali dall'uomo successivamente ridotti, e tanta si è la differenza che questi ora presentano, che di alcuni non si ri- conoscono più allo stato di natura i prototipi da cui trassero la loro prima e vera origine del che potrei addurre varii esempi. Così a cagion d’esempio dagli uni fu risguardato il Lupo come tipo del cane dome- stico mentre da altri fu tenuto per tale il Sciacallo. — Credettero gli uni essere l’Uro (Urus et Aurochs) il tipo della specie bovina do- mestica mentre altri, tra i quali il Sig. Cuvier opinano con maggior fondamento che non esista più questo animale allo stato selvatico e che tanto il Bue comune quanto quello della Zona torrida conosciuto sotto il nome di Zebù, siano in origine stati prodotti da una specie particolare di cui le teste fossili che oggidì ancora si ritrovano, por- tavano corna diversamente piegate da quelle che attualmente presen- tano tutti i nostri Buoi domestici; la medesima cosa poi si potrebbe dire della capra, della pecora ecc.
(1) L. Camerano - I manoscritti di Franco Andrea Bonelli: I. Atti Congresso Internazionale di Scienze storiche, Roma 1903. vol. XII. II. Appunti di Filosofia naturale — Boll. Mus. Zool. e Anat. Comp. Torino, vol. XXI - 785 (1906). III. Appunti intorno ai mammiferi. — Ibidem 536.
(2) Nel manoscritto è segnato ancora, « il gallo ed il colombo », ma poi.
il Bonelli cancellò questi due esempi.
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(1) Cambiamenti (simili) offre persino la stessa specie umana allorchè
sì considerano le varie e numerose sue razze, che qualunque ne possa essere stata la primitiva, sono però tutte uscite da questa sola; e queste differenti razze prodotte dal concorso e dalla varia combina- zione di moltissime circostanze influenti e diverse vanno, come si sa, al punto di distinguersi tra di loro alla forma ed alle proporzioni delle parti solide stesse; così che dall’ispezione del solo teschio si giunge sovente a determinare la nazione a un dipresso a cui quello appar- teneva.
Tutte queste modificazioni nei caratteri dell'animale, sia che si vo- gliano risguardare come l’effetto delle degenerazioni delle primitive specie, prodotte da cause secondarie che per lo più ignoriamo; sia che sì vogliano considerare come l’effetto di quel successivo perfeziona- imento a cui naturalmente e costantemente pare che tendano le pro- duzioni tutte della divina sapienza in adempimento a due suoi espressi comandi: Crescile et multiplicamini (De quali il primo non pare che possa riferirsi ad altro giacchè gli animali sono stati creati in istato adulto e perfetto): sia finalmente che si vogliano considerare come il risultato immediato dell’influenza che sopra quelli esercitano le loca- lità, gli alimenti, i climi, e le altre circostanze con cui avvezzandovisi tendono a mettersi col tratto del tempo in rapporto le varie produzioni naturali siccome lo provano fra le altre cose la propagazione presso di noi di molti animali e piante di climi affatto diversi dai nostri, tutte que- ste modificazioni dico, nei caratteri degli animali, tendono sempre diret- tamente a provare la presso che illimitata variabilità degli esseri e la loro suscettibilità di prendere nuovi caratteri in ragione delle nuove @ diverse circostanze a cui sono da altre circostanze obbligati a sot? tomettersi.
Di qui appunto secondo ogni probabilità ebbero la loro origine le istesse innumerevoli falangi d’animali tra di loro vicinissimi che..ora ci presentano nello stato di natura le classi degli Uccelli, degli In- setti ecc. e più sicuramente ancora le infinite varietà del regno ve- getabile. Questi esseri di posteriore formazione, ben noti sotto il titolo di varietà costanti o razze, e come tali ricevuti, qualora si tratta di animali domestici o di piante coltivate, pigliano poi anche il nome di specie qualora si tratta di animali allo stato naturale, per la sola ra- gione che la scienza non ci offre nello stato attuale mezzi suflicienti onde distinguere nella natura le varietà costanti e secondarie dalle vere specie primitive essendo il più delle volte affatto impraticabili
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(i) Il brano seguente che si riferisce alla specie uifiatia tici Gia stato incluso nel sunto da leggersi all'Accademia delle Scienze di Torino,
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i mezzi chie si sono a tal uopo proposti, nè alcun utile risultato avendoci procurato le esperienze che si sono finora a tale scopo istituite. i
Posto adunque che gli animali come le piante siano stati fatti in modo che possano variamente e gradatamente modificarsi in virtù della influenza, ossia dell’azione permanente che esercitano sopra di loro le diverse circostanze a cui sono sottomessi, ci restano pel nostro scopo ad esaminare.
1° Quali siano gli animali, le loro parti, e le loro proprietà sog- getti a modi;icazione.
2° Quali siano realmente queste diverse circostanze influenti.
e° Quale il loro particolar modo d’agire ossia influire sugli esseri.
4° Finalmente quali conseguenze se ne possano dedurre per la nostra utilità, cioè in qual modo, imitando la natura medesima, con secondarne ed aiutarne artificialmente i mezzi, si possa non solo im- pedire la degenerazione dei nostri Animali domestici, ma eziandio per- fezionarne le razze oltre il loro grado attuale, e sotto quel dato rap- porto in cui ciascuna di quelle è direttamente o indirettamente più utile alla umana Società.
Queste indagini dirette a stabilire alcuni principii all’arte gene- ralmente poco nota, di conservare e migliorare le belle razze di Ca- valli scelti e di Pecore Spagnuole, che mercè le paterne disposizioni ‘dei nostri Augusti Sovrani anche presso di noi. già si sono da più. ‘anni introdotte, formano il soggetto di un non breve lavoro che mi propongo di pubblicare in quattro altre successive memorie, nelle quali faro vedere in che modo, studiando le leggi della natura e seguitan- done gli andamenti, si possa giungere ad imitarla in qualche sua ope- razione; come nel nostro caso lo sarebbe quella di cambiare il colore a diversi animali, il renderne la razza più piccola o più grande, l’ac- crescerne la forza, l’agilità, l’alterar la forma e le proporzioni di al- cuni loro organi anche essenziali, il perfezionarne l’istinto ed i sensi a seconda dei nostri desiderii, l’ottenere artificialmente varietà sin- golarissime come a cagion d’esempio, uccelli a becco in forbice a guisa di quello del crociere, il naturalizzarne le razze in paesi ed in mezzo a circostanze più o meno diverse da quelle del loro clima natale ecc. ecc. Dalle quali cose apparisce quali importanti risultati sì pos-. sano da questo genere di ricerche sperare per lo scopo interessante del miglioramento dei diversi animali domestici.
La brevità richiesta da questo semplice saggio non permettendomi di dare quivi sviluppo a queste idee nè di esporre fatti ed 'osserva- zioni in loro appoggio, porrò tine a questa mia memoria col rispondere nel piu breve modo possibile a due obbiezioni che da quanto ho già esposto, non mancheranno certamente di presentarsi a ciascheduno,
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e dalle quali divienmi perciò indispensabile d’incominciare prima d'in- traprendere il mio soggetto. i Queste obbiezioni sono :
1° che le prove della variabilità degli animali come delle piante non riposano tutte sopra osservazioni immediate e dirette su quegli esseri che sono nello stato libero e selvatico, ma bensì per la maggior parte sopra animali addimesticati e piante coltivate.
La 2* che le variazioni in quegli esseri da noi conosciute possono essere il puro etfetto della medesima domesticità, e della coltivazione.
Egli è vero, quanto alla prima, che indifferente sarebbe nel nostro caso ll sapere se gli animali ln istato di natura siano altrettanto sog- getti alle variazioni determinate dall’influenza delle circostanze in cui sì trovano quanto lo sono gli animali nello stato di domesticità perchè sì conoscano in questi ultimi in tutta la loro estensione ì modi di- versi, le cause ed i limiti della loro variabilità. Ma importa a noi da un altro canto di bene stabilire tale verità perchè essa può divenirci utile sotto quest'altro aspetto, che le osservazioni da nol fatte sopra le varietà prodotte in natura possono pol in diversi casì illuminarci e servirci di guida nel modo di governare, di migliorare e propagare le varietà domestiche.
| Osserverò dunque in risposta alla prima che, quanto è facile di provar la cosa relativamente alle piante, altrettanto è diflicile relati- vamente agli animali, per la ragione che impossibile quasi riesce il segulre li tutti i periodi della loro vita selvatica, ed 11 tutte lè loro azioni e funzioni gii innumerevoli animali che abitano lungi dall’umana società, ed abbandonano all’aspetto dell’uomo ogni loro occupazione fuggendolo qual loro natural nemico.
Tuttavia se egli è vero per una. parte che quelli non ci possono offrire sullicienti prove dirette della loro variabilità, essendo noi nell'uso ui chiamare col nome di specie distinte ogni loro benché léeggiera va- rietà un po’ frequente, vero sara altresì per altra parte che per la medesima ragione gli stessi animali non cì ofirono neppure prove ll contrario, nessuno potendo fondatamente afiermare, che tutte quelle tali da nol così dette specie abbiano sempre esistito, e non possano piuttosto essere il risultamento di alterazioni subite da qualche altra specie. Del resto, come queste varietà, da qualunque causa siano state produtte, possono diventar specie reali e costanti, perché cause estranee uon vengano ad alterarne nuovamente ì caratteri, ella è cosa faclle a'concepirie e risultera assal evidente, allorchè avrò dimostrato che negli animali allo stato domestico le varietà non sono per tutto ciò uvvute atl'’iniluenza lmimediata e meccanica dell’uomo, ma bensi come negli animali più segregati dall’uomo, alle forze della stessa na- tura le quali agiscono ed influiscono dovunque cu iu qualunque statu
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trovinsi gli animali. Mi basti perciò l’accennare, come di volo; in prova.
di queste osservazioni alcuni esempi: l’uno è quello delle due pernici del Duca di Penthièvre, le quali nate assolutamente bianche da indi- vidui della specie comune e custodite nel suo parco, vi moltiplicarono la propria razza collo stesso colore, e diedero così. l’origine ad una secondaria specie, la quale fu dalle tristi conseguenze delle vicende di quei tempi, estinta prima di potersi suflicientemente propagare. V’è il passero comune che ha il capo cenericcio in Francia ed in Germania, rosso scuro in Italia, nero in Africa; v'è la Donnola che in Italia in Grecia, ed in Egitto prende un volume doppio di quel che essa ha al- trove; v'è quello dell’ape comune che in istato selvatico come in dome- sticità veste egualmente colori oscuri in Francia, Germania, Inghil- terra, mentre in Italia a sino dalle falde delle alpi essa diviene più chiara con fascie rossiccie sul ventre, ed al tutto rossiccia in Egitto, ecc. ecc. i i
In risposta poi alla 2* obbiezione osserverò che se negli animali domestici si presentano sovente delle differenze che imprimendovisi maggiormente colla successione delle generazioni, costituiscono poi le diverse razze che ne conosciamo, ia stessa cosa deve necessariamente accadere fra gli animali selvatici, per la ragione che i motivi di queste ‘variazioni negli animali domestici, risiedendo nella diversa natura delle circostanze in cui li tiene l’uomo, debbono susistere egualmente gli stessi motivi e soventi anche più variati e. più etlicaci negli ani- inali nello stato di libertà. Di fatti se analizziamo tutte le circostanze che accompagnano lo stato di domesticità di un animale, nessuna ne troveremo, (eccettuata quella del Bracco a coda corta), in cui l’uomo sia egli stesso l’unico ed immediato artefice di una determinata razza; e al certo non fu giammai in potere di alcun uomo di meccanicamente assottigliare ed increspare la lana ad un solo individuo di pecora, di cane o di coniglio, di accrescere le proporzioni di un cavallo, di un gallo, o di un colombo, e tantomeno di alterare il nativo carattere della propria carnagione. °
In tutte queste variazioni noi ravvisiamo sempre l’influenza di- retta delle sole circostanze locali, e l’uomo non vi concorre che indi- rettamente, cioè obbligando quei tali animali a vivere in quei tali modi e luoghi e di quelle tali sostanze che possano colla loro azione permanente e colla successione delle generazioni produrre cambiamenti nel loro fisico e nel loro istinto. Ora queste medesime cause modifi- canti, per se stesse indipendenti dall’uomo debbono egualmente come ognuno vede aver luogo nello stato di natura e variamente moltipli- carsi in seguito ai diversi cambiamenti che di tempo in tempo subisce quà e là la superfice del globo.
Un'altra osservazione ancora, non meno atta a dimostrare, che mol-
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tissime fra le così dette specie esistenti nello stato di natura non sono realmente che varietà prodotte dalle diverse circostanze, da parago- narsi a quelle medesime, che si sono formate nello stato di domesticità, consiste in questo, che molte fra quelle da noi cosi dette specie come sarebbero, per esempio, la martora ed il Faino, la Donnola e l’armel- lino, il cervo ed il Daino, la pantera, il leopardo e la lonza ecc. dif- feriscono infinitamente meno tra di loro di quel che differiscono le più vicine razze dei nostri animali domestici, come lo sarebbero quelle del cane barbone, del veltro e dell’alano o quelle del gallo Padovano e del gallo nano. »
via Gaudenzio Ferrari, 3 y Torino.
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BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
N. sso pubblicato il 29 Aprile 1908 Vor. XXIII
Prof. LORENZO CAMERANO
Nota sul CHORDODES HAWKERI, Camer.
Nel numero 416 di questo Bollettino io descrissi (Gennaio 1902 vol. XVII) una nuova specie di Chordodes il C. Zawkerî. sopra esemplari inviatimi in studio dal dottor A. E. Shipley del Museo di Cambrigde (Inghilterra) e provenienti dal Sudan (Nilo Bianco).
Lo stesso dottor A. E. Shipley mi manda ora gentilmente altri esem- plari in studio dell’Albany Museum. Essi portano queste indicazioni : « Grahamstow from intestins of Mantis. Prof. Mac Ouran Vitenhage. Iuli 07. »
Io credo di riferire i quattro esemplari inviatimi al C. Hawkerî poichè la cuticola esterna si presenta foggiata essenzialmente sullo stesso stampo di quella degli esemplari del Sudan. Le areole papillari del fondo sono un po’ più ravvicinate fra loro, ma ciò dipende dal fatto che gli esemplari del Museo di Albany sono conservati in alcool forte e sono in complesso in miglior stato di conservazione di quelli del Sudan i quali erano probabilmente rimasti un certo tempo nell’acqua dopo morti.
1 — 9 Lunghezza totale m. 0,230 — Larghezza massima m. 0,0012 — iù bruno chiaro senza macchie spiccate.
— e Lunghezza totale m. 0,156 — Larghezza massima m. 0 ,0008
_ Colore bruno scuro.
8 — d Lunghezza totale m. 0,173 —- Larghezza massima m. 0,0008 — colore bruno nero.
4 — de Lunghezza totale m, 0,192 — Larghezza massima m. 0,0008 colore bruno nero.
Gli esemplari maschi esaminati bagnati e a piccolo ingrandimento presentano numerose macchie nerastre dovute ai gruppi di areole papil- lari più scure.
de uncaSioni sono ntcietio maggiori che negli Semo i Su
ma questo carattere, come è noto, è variabilissimo nei Gordii.
Piper e di mi Rio ARIA
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BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
N. 5s4 pubblicato il 30 Aprile 1908 VOLI
Sopra alcune GRYLLACRIS malesi ed austro-malesi
pel Dott. ACHILLE GRIFFINI - Genova
Il materiale scientifico che forma oggetto della presente nota appartiene quasi totalmente al K. Zoologisches Museum di Berlino, che di questi e di molti altri esemplari di diverse località volle affi- dare a me lo studio.
Solo eccezionalmente ricordo qui alcuni esemplari appartenenti alle collezioni del Civico Museo di Storia Naturale di Genova, pure a me concessi in esame, od alla mia piccola collezione, e ciò quando, trat- tandosi di specie rappresentate sia nelle raccolte del Museo di Berlino, sia in queste ultime nominate, riuscirà convenientissimo il parlare contemporaneamente degli esemplari di quelle e di queste collezioni.
Nella presente nota faccio conoscere la variabilità della Gry2acris ‘podocausta ed affermo la sinonimia fra di essa e la Gr. mulabitis, de- scrivo estesamente la Gr. /usciata e la Gr. signatifrons di cui erano note soltanto le 9, e ne faccio conoscere anche i &; descrivo varietà nuove e localizzate della Gr. personata, della Gr. obscura, e della Gr. borneensis, mi occupo della larga distribuzione geografica della Gr. appendiculata, e faccio conoscere il 9 finora non descritto, della Gr. macilenta.
Queste notizie spero potranno interessare gli studiosi che abbiano ad occuparsi del vastissimo genere Grylacris. Genova, R. Istituto Tecnico, 27 Marzo 1908.
Gryliacris podocausta De Haan.
Gryltacris podocausta De Haan 1842 (3), pag. 220. — Gerstaecker 1860 (+), pag. 259. — Brunner 1888 (6), pag. 329-330. — Kirby 1906 18) pag. 140.
Gryllacris mutabilis Pictet et Saussure, 1891 (7), pag. 307 - 309, ‘Fab. 1, fig. 10.
Io non esito a stabilire lati sinonimia, sia in seguito allo studio
DIE della descrizione di Pictet et Saussure, sia in seguito all'esame di una bella serie di 12 esemplari di questa specie, appartenenti al K. Zoolog. Museum di Berlino.
I dodici esemplari suddetti, preparati a secco, provengono da Giava, e portano quasi tutti l'indicazione: « Tengger Geb., Ostjava, Fruh- storfer ».
Un diligente studio della descrizione data da Pictet et Saussure della loro Gryllacris mutabilis, e la comparazione di questa descri- zione con quella della Gr. podocausta, e meglio ancora con esemplari di tale specie, mostrerà a chiunque all’evidenza che la Gr. mutabilis non è altro che la podocausta.
Tutti i caratteri corrispondono esattissimamente.
Pictet e Saussure hanno almeno avuto il merito di far conoscere la grande variabilità di questa specie.
La loro lunga descrizione e la loro Var. 1 corrispondono perfetta- mente agli esemplari tipici della Gr. podocausta, in cui il capo è in massima parte nerissimo, colla grande macchia gialla unica nella quale sono fuse le macchie ocellari del vertice con quella della fronte, in cui poi il pronoto è occupato da una grandissima macchia nera o nerastra, conservando il margine posteriore e quelli laterali di color giallo o giallastro, in cui infine i ginocchi sono neri o bruno-neri.
Dei 12 esemplari del Museo di Berlino, 3 & ed 1 9 corrispondono ‘perfettamente a questa forma tipica.
Ma da essa si passa grado grado ad altri individui più o meno de- colorati, in cui i ginocchi cominciano a non essere più oscuri, ma pal- lidi come il resto delle zampe, e infine la grande macchia nera del pronoto si riduce, appare divisa e suddivisa mediante linee e segni giallastri, meno oscura, fino ad esser ridotta a poche linee sfumate brune; così pure i colori tutti del corpo si rendono più smorti - (Var. 2 di Pictet et Saussure).
Dei 12 esemplari suddetti, 1 3, ancora abbastanza tipico per tutti gli altri caratteri, si distingue già pei ginocchi pallidi: gli altri (6 & e l 9) sono via via più decolorati e nel modo sopra detto fanno pas- saggio alla Var. 2 di Pictet et Saussure, alla quale, volendo, potremo conservare, ma limitatamente ad essa, il nome distintivo di var. mulabilis.
Gryllacris fasciata Walker.
Q — Larnaca fasciata Walker 1869 (5), pag. 191. - GryUWacris fasciata. Kirby 1906. (8), pag. 140.
Riferisco a questa specie, dopo qualche esitazione, dava l’incerta descrizione di Walker, i seguenti esemplari conservati a secco;
si
1 - S. O. Borneo, Waknes (K. Zoolog. Museum di Berlino".
19- Isola S:pora, una delle Mentawei, 1vcalità Sereinu, coll. Dottore E. Modigliani, 1894 (Civico Museo di St. Natur. in Genova).
Ricordo qui, come recentemente mi scrisse il D.re Kirby, che dall'esame del tipo della Larnaca fasciata Walk., conservato nel British Museum di Londra, appare che Walker istituì il genere Larnaca sopra un esemplare di questa Gry/acris al quale si era staccato l’addome ed al quale l’addome era stato poi erroneamente incollato col ventre in sù e col dorso in giù, venendo pertanto l’ovopositore ad assumere una posizione affatto anormale!
Passo ora alla descrizione degli esemplari da me esaminati:
e) 9 ° Longitudo corporis mm. 22 22 » pronoti » 6 6,5 » elytrorum » 15,6 15,6 » femorum anticorum » 7A 8 » femorum posticorum » 12,5 13 » ovipositoris » — 139
Gryllacridi nigratae Brunn. similis: differt tamen praecipue pro- noto convexo, toto vel subtoto cum capite luteo-testaceo.
Statura sat minore — Colore luteo-testaceo.
Caput ab antico visum ovoideum, totum luteo-testaceum, maculis ocelliformibus nullis. Occiput modice convexum; fastigium verticis rotundatum, articuli primi antennarum in o latitudinem duplam su- battingens, in 9 duplo parum latius, lateribus ipsis inferius extus sub- tuberculato breviter carinulatis; pars antica fastigii inferius sub lente verticaliter pluries, breviter et leviter rugulosa: in ® maculae 2 pi- ceae proximae in fastigio verticis adsunt haud bene circumscriptae, et maculae ocellares videntur incertissime delineatae. Frons leviter inaequalis, sub lente minute transverse rugulosa, supra basim clypei impressa, praecipue ad latera; in 9 nebulis maculisque nebulosis piceis praedita, praesertim macula suboculari, maculis inferis subantenna- libus, maculis preantennalibus, intus sitis, et signatura media hippo- sideriformi, superne convexa, inferius cum latera baseos clypei con- tigua: picturae hae omnes incertae; in 9 tantum latera baseos sunt dilute et incerte infuscata — Clypeus transverse trapetioidalis; labrum ovale-orbiculare, sat magnum. Mandibulae limbo externo subtiliter et apice nigratae — Palpi pallidissimi. Antennae luteo-testaceae.
Pronotum convexum, a supero visum subcylindricum, sat elongatum, parum inaequale; margine antico rotundato sed minime producto; sulco antico fere nullo, tamen pronotum ibi leviter transverse concavum; sulculo longitudinali abbreviato nullo, impressionibus parvis tantum 2 anticis et 2 posticis lateralibus signato; margine postico truncato,
mi
in medio levissime sinuato, sulco postico ante hunc marginem subnullo, ibique pronotum tantum levissime subconcavum. Lobi laterales rotun- dato-deflexi, parum adpressi, post medium leviter dilatato-expansi, humiles, multo longiores quam altiores, postice quam antice parum altiores, angulo antico rotundato, margine infero obliquo, ante coxas sinuato, supra coxas leviter rotundato-expanso, angulo postico rotun- dato; deinde margo posticus supra coxas medias subito fere verticaliter sinuatus, denique rapide oblique ascendens, leviter convexus, sînu hu- merali nullo. Sulcus V-formis expressus, sulculus posticus minus im- pressus, intervalli gibbulosi.
Color pronoti luteus, incerte nebulosus; in d' sulei loborum latera- litm videntur leviter atrati.
Elytra apicem abdominis haud attingentia, sat angusta, atra, nitida, fascia transversa ante medium ferruginea; in campo antico (externo in quiete) dilatata, maculaque basali testacea ornata, ad apicem griseo- subhyalina, venis semper nigricantibus.
Pedes breviusculi, modice puberuli, pallide lutei. Femora omnia ante apicem atro fasciata, in 9 fascia atra minus obscura et superne a colore luteo longitudinaliter interrupta. Tibiae omnes post basim incerte et ante apicem superne leviter, macula vel fascia dilute atra ornatae. Tibiae anticae et intermediae solito modo spinosae. Femora postica basi valde incrassata, apice attenuata, parte attenuata brevi sed sat gracili, subtus margine externo et interno usque ad 14 spi- nulis nigris praeditis. — Tibiae posticae supra post basim deplanatae, margine externo 6-7 spinuloso, margine interno 6 - spinuloso, spinulis atris et in ' etiam basi atro circumdatis. Spinae apicales solitae adsunt. Tarsi testacei.
Abdomen luteo-testaceum, parum nebulosum. Segmentum abdomi- nale dorsale octavum & productum: segmentum nonum convexum, cu- cullatum, in medio verticaliter carinulatum, carinula superne basi dila- tata subtriangulari, apice inciso, utrinque tuberculo rotundo instructo, tuberculis in spinam robustiusculam intus versam, inferiùs praeditis. Cerci longi, subtiles. Lamina subgenitalis 0 transversa, rotundata, medio levissime emarginato-sinuata; styli sat breves.
Ovipositor testaceo-ferrugineus, breviusculus, a basi subito valde falcato incurvus, sed post basim fere verticaliter erectus, apice atte- nuatus, ibique triangulariter acuminatus.
Gryllaceris signatifrons Serville.
Q. Gryllacris signatifrons Serville 1839 (2), pag. 393. — Gerstaecker 1860 (4), pag. 273. — Kirby 1906 (8), pag. 142. 9. Giylaeris facifer Brunner 1888 (6), pag. 340.
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Habitat: Buitenzorg, Java — 1 o in alcool (K. Musaei Zoolog. Bero- linensis) a D. Fleischer, Mai 1898 collectus.
Insula Nias — 19 exiccata (Musaei Civici Hist. Natur. Januensis). a D°. U. Raap, annis 1897-98 collecta - Haec 9 propter apicem femorum omnium necnon tibias totas colore atro, nomine « Var. Raapi » di- stinguenda.
Reputo utile non solo descrivere il 9° di questa specie, finora ine- dito, ma descriverne contemporaneamente anche la 9, date alcune in- certezze che tuttora si hanno sui suoi caratteri.
(ci 9 Longitudo corporis mm. 28 29 » pronoti » DAT 6 » elytrorum » 40 47 » femorum anticorum » 7,8 8,9 » femorum posticorum » 14 16,2 » ovipositoris » — 17,5
Corpus sat robustum, ferrugineo-castaneum, nitidiusculum.
Caput maiusculum, ab antico visum ovoideum, sat latum. Occiput convexum. Fastigium verticis articulo primo antennarum latius sed eius latitudinem 1 */, in o non attingens in 9 aegre attingens, anterius deplanatum, marginibus lateralibus distincte carinatis, subtus cum fa- stigio frontis sulculo arcuato contiguum; huius sulci concavitas su- perne versa. Carinae verticis nigrae, extus superne ocello flavido el. lyptico sat parvo sed distinctissimo apposito (ideoque maculae ocelli- formes fastigii verticis omnino laterales, externae). Color niger cari- narum etiam in partem inferam fastigii verticis et in fastigium frontis extensus, sed ibi ocellus frontalis magnus late ovatus, fere orbicularis, flavus, adest, optime delineatus, quamobrem color niger eum tantum subtiliter et diffuse circumdat. Caeterum, caput cum reliquo corpore concolor, mandibulis, palpis, antennisque concoloribus.
Frons transversa, brevis, punctulato rugulosa, sub lente minute transyerse rugulosa, impressionibus etiam quibusdam praedita, inferius inaequalis. Clypeus modicus, etiam inaequalis, in 9 (var. Raagpi) leviter diluteque fusco marginatus; labrum maiusculum ovatum-orbiculare. Sulci suboculares obsoleti.
Pronotum breve, a supero visum subquadratum, marginibus loborum lateralium et margine postico interdum dilute et incerte fuscioribus; sat convexum.; margine antico subrecto, nullo modo producto: sulco antico lato sed perparum excavato, sulculo longitudinali abbreviato distincto, fossulari, vel subtili, impressionibus quibusdam proximis cum eo convergentibus postice praedito; impressiones quaedam etiam laterales posticae adsunt ante latera metazonae. Sulcus posticus trans- versus fere nullus, a margine postico circiter 1 mm, remotus; post
Pata; pls
éum metazona leviter ascendit. Margo posticus rotundato-truncatus, in 9 in medio minime sinuatus.
Lobi laterales pronoti subaeque alti ac longi vel perparum lon- giores, gradatim rotundato deflexi, inferius bene adpressi, margine an- tico cum angulo antico ample rotundato, margine infero obliquo quia lobi postice quam antice sunt distincte altiores, angulo postico rotun - dato truncato, margine postico verticali leviter concavo, sinu hume- rali optime expresso. Sulcus late V-formis et sulcus posticus bene expressi. Intervalli convexi.
Elytra ampla et longa, post medium latissima, ibique in ® latitu. dinem circiter mm. 16,5 attingentia, in 0 minus lata: apice sat rapide attenuata sed rotundata; margine antico usque ad maximam latitu- dinem fere recto; abdomen et femora postica multo superantia; campo antico (infero in quiete) fere usque ad apicem hyalino, campo postico sensim infuscato, venis venulisque omnibus et undique ferrugineo fuscis.
Alae longae, modice latae, hyalinae, campo antico et apice ut in elytris venis venulisque ferrugineis: caeterum venis venulisque sub- tilibus, testaceis.
Pedes breves, nitidi, pubescentes, ferrugineo-castanei cum corpore concolores. In 9 var. Raapi apex femorum late ater et tibiae omnes et totae atrae, tarsi rursus ferruginei. In d° genicula (praecipue basi tibiarum posticarum et apice summo femorum posticorum) leviter in- fuscata.
Tibiae anticae et intermediae solito modo spinosae, spinis inferius utrinque 4 haud longis. Femora postica basi incrassata, apicem versus attenuata, sed parte attenuata brevi et haud gracili : subtus margine externo spinis brevibus sed robustis 6-9, margine interno spinis in d usque ad 9, in 9 usque ad 13, armata; his spinis nigris vel saltem apice nigricantibus. Tibiae posticae superne post basim in 9 plus quam in & deplanatae, ibique in utroque margine spinulis 7 (raro 6) nigri- cantibus armatae, necnon spinis apicalibus solitis instructae. Tarsì elongati.
Segmenta abdominalia ventralia utrinque saltem in d macula magna basali obscure castanea ornata: his 2 maculis utriusque segmenti in medio subtiliter a linea longitudinali pallida inter se divisis.
Segmentum abdominale dorsale octavum d productum; segmentum nonum convexum, inferius deflexum, superne utrinque leviter impres- sum et in medio carinula latiuscula basi supera triangulari, apice infero verticaliter descendente instructum; pars infera carinulae sat longe sulcata; apex hujus segmenti utrinque tuberculo magno convexo, plus quam hemisphaerico, nitido instructus, et sub utroque tuberculo spina sat longa, intus vergente, dimidio apicali nigro et leviter incurvo,
armatus: his 2 spinis intus superpositis. Tubercula alia, tumidula, cercos gerentia, sub hoc segmento fere tota abscondita.
Cerci elongati, pallidi. Lamina subgenitalis 9° transversa, minute rugulosa, crassiuscula, apicem versus sat attenuata, obtuse subtrian- gularis, sed apice leviter incisa et sat profunde atque late excavato impressa, lobis tumidulis subrotundatis; styli parvi, apice laminam subgenitalem parum superantes.
Ovipositor ferrugineus, nitidus, parum latus, modice sed distinctis- sime incurvus, apicem versus attenuatus, ibique ante summum apicem levissime dilatatus, deinde acuminatus. Lamina subgenitalis 9 latiu- scula, rotundata.
Gryllacris personata Serville,
Gryllacris personata Serville 1831 (1), pag. 43. — Serville 1839 (2), pag. 395. — De Haan 1842 (3),"pag. 220. — Gerstaecker 1860 (4), pag. 273. — Brunner 1888 (6), pag. 115. — Kirby 1906 (8), pag. 146.
var. Moschi m. d' A specie typica videlur praecipue differre propler venulas omnes
alarum dilute sed distincie fusco marginatas, et propter signaturas fastigii verticis et fastigii frontis.
Longitudo corporis moi. 21;3 » pronoti » 0,6 » elytrorum » 21,3 » femorum anticorum » 9 » femorum posticorum » 15,2
Habitat: Sumatra
Typus: 1 ® exsiccatus (K. Musaei Zoolog. Berolinensis) a 1)° mòsch collectus.
Statura modica; parum robustus. Testaceus pallidus, excepta fronte (absque fastigio) tota cum maxima parte genarum cum labro subtoto mandibulisque nigerrimis nitidis.
Caput ab antico visum ovatum subelongatum, pronoto haud vel mi- nime latius. Occiput sat convexum, cum vertice toto, fastigio frontis et parte postica genarum testaceum. Fastigium verticis articulo primo antennarum parum latius, eius latitudinem 1 4/, haud attingens, in medio verticaliter concavum subexcavatum, ibique puncto nigro signa- tum, lateribus crassiusculis, convexis, prominulis. Fastigium frontis subquadratum, superne inaequale, ibique utringue puncto transverso nigro ornatum. Scrobes antennarum nigrati, sed vertice anguli inferi interni pallido. Antennae testaceae, articulo primo anterius supra sub- tusque fusco magulato. Frons nigerrima, punctulis impressis sat ma- iusculis et ruguljs minutis praedita, inaequalis, inferius depressa; sulci
suboculares optime explicati; inferius valde impressi. Clypeus testa- ceus, inaequalis, utringue valde depressus. Labrum, excepta ima basi testacea, nigerrimum, sat elongatum, apice inciso bilobo, ferrugineo. Palpi testacei.
Pronotum sat convexum, a supero visum longius quam latius ; mar- gine antico in medio rotundato et sensim producto, lateribus sinuato; sulco antico minime expresso; sulculo longitudinali abbreviato obse- leto, sulcisque duobus obliquis cum eo postice in fossulam convergen- tibus; sulco postico subnullo; metazona incerte ascendente; margine postico truncato. Lobi laterales pronoti longiores quam altiores, sat adpressi, posterius magis alti, angulo antico rotundato subtruncato, angulo postico truncato, margine infero sat longo, subsinuato, margine postico brevi, sinu humerali subnullo. Sulcus late V-formis et sulcus posticus modice impressi: intervalli gibbulosi.
Elytra modica, apicem femorum posticorum haud vel minime supe- rantia, testaceo-subhyalina, venis venulisque testaceo-ferrugineis. Alae subhyalinae, apice anterius elytris similes, caeterum venis venulisque fuscis, his omnibus dilute sed sat distincte utrinque fusco marginatis.
Pedes longiusculi et graciliusculi, testacei. Tibiae anticae et inter- mediae solito modo spinosae. Femora postica basi modice incrassata, ad apicem longe attenuata, parte attenuata longa, subtus in utroque margine spinulis 7, apice tantum infuscatis, armata. Tibiae posticae supra post basim deplanatae, ibique margine externo spinulis 7, mar- gine interno spinulis 6, apice tantum fuscis, armatae, necnon spinis apicalibus solitis instructae. Tarsi elongati.
Abdomen concolor. Segmentum abdominale octavum dorsale & sat productum, nonum convexum deflexum, maxima parte verticaliter sul- cato-excavatum, apice bilobum, utroque lobo in spinam crassiusculam et longiusculam, apice haud acutam, intus et sursum vergentem, pro- ducto. Cerci longi, subtiles, leviter curvi. Lamina subgenitalis tran- sversa, margine postico in medio breviter exciso, lobis late rotundatis: styli longiusculi.
Gryllacris appendiculata Brunner.
Gryllacris appendiculata Brunner 1888 (6), pag. 352-3, Tab. VIII, fig. 41 H. — Kirby 1906 (8), pag. 144.
Di questa specie ho visto un buon numero di esemplari provenienti da diverse località e che divido in tre gruppi:
1° Gruppo :
3 de 49 in alcool. Ialuit inseln. 7-11-1900, D.re Bartels (K. Zoolog. Museum di Berlino.)
1o e 1 9 in alcool. — Ponape, Karolinen, 29-1-04, Berg. S. G. (K. Zoolog. Museum di Berlino).
nd Biz
Questi esemplari ‘sono tutti tipici; solo quelli di Ponapè sono leg-
germente più gnelale — .Ecco le dimensioni .idi questi e di quelli di Ialuit: C) ‘9 Lunghezza del corpo mm. 28,2-33 29,4-32 » del proneto > 7,2 « 7,7-8 » delle elitre » 27 29 27,4-30,9 » dei femori anteriori » 10-10;3 ..::10,2-113.: » dei femori posteriori » 18,7-19 18,621 . » dell’ovopositore a > 19-21 “2° Gruppo :
1 a secco — Isola Nias (K. Zoolog. Museum di Berlino.) |
1 d a secco — lsola Nias, coll. U. Raap 1897-98 (Civico Museo di Storia Naturale in Genova).
Questi hanno forma e dimensioni cor rispondenti a quelle degli esem- plari tipici, ma presentano i disegni del pronoto affatto incerti, nebu- . losi, indistinti, e le tibie in nessun modo infuscate.
3° Gruppo:
2delogin alcool. — Sudsee, Marschallinseln, Samoa, Bismar- ckarchipel; Marinestabsarzt Woyke (K. Zoolog. Museum di Berlino).
Questi esemplari sono alquanto più piccoli, un po’ più pallidi, hanno le tibie in nessun modo infuscate, e le ali a fascie più strette.
(ci 9 Lunghezza del corpo mm. 26,4-27,2 25,2 * del pronoto » 7,1 6,8 » delle elitre » 27,2-285 25 » dei femori anteriori » 10 9,5 » dei femori posteriori » 17,3-18 17 » dell’ ovopositore » — 17
@Gryliacris obsecura Brunner.
Gryllacris obscura Brunner 1888 (6), pag. 353. — Kirby 1906 (8&),
pag. 144, var. sumatrana m.
o. 9. Primo intuitu Gryllacridi aethiopicae Brunn. similis, tamen genitalibus dI secundum typum H Brunneri, haud secundum typun E confectis, facile distinguenda. i
A Gryltacride ohscura typica differl praecipue : vertice fusco, pro- nato superne subioto nigro fusco, metazona tantum et maculis 2 parvis : discoidalibus colore testaceo. Appendiculum supraanatis d forma cir- ciler ul în Grylt, appendiculata, tamen mimus evolutuni,
SE
(eg Q. Longiludo corporis mm. 31-35 32 » pronoti » 7,8-8,4 8,2 » elytrorum > 32-35 32,3 » femorum anticorum » 11,2-12,5 12,8 » femorum posticorum » 20-22 PIA » oviposttoris » — 23,9
Habitat: Sumatra.
Typi: — 1 o in alcool (K. Musaei Zoolog. Berolinensis), indicationem « N. O. Sumatra, prov. Langkat; E. Heinze » gerens.
2 d et 19 exsiccati (K. Musaei Zoolog. Berolinensis), in Sumatra a D.° Mosch collecti.
Tibiae, praecipue anticae, superne infuscatae, ut in Gr. appendi- culata. Apex femorum interdum dilute infuscatus; tarsi saepe fusci. Raro maculae 2 testaceae pronoti magis evolutae, vittaeformes, et ma- culae aliae incertae testaceae nebulosae.
Gryllacris obscura var. javanica m.
d, 9. — Primo intuitu Gryllacridi lugubri Br. similis, tamen ge- nitalibus 3 haud secundum Typum E Brunneri sed secundum Typum H Brunneri confectis, ovipositore 9 breviore, elytrisque nullo modo tessellatis, distinguenda.
A typo speciei « obscurae » differt praecipue corpore leviter cras- siore, capite pronotoque concoloribus, totis pallide testaceis, libiîis om- nibus concoloribus, pallide testaceis.
(ci 9 Longitudo corporis mm.. 29 33 » pronoti » 7 8
» elytrorum » 29 33,7
» femorum anticorum » 10,5 11,9
» femorum posticorum » 18,9 215
» oviposttoris » — 24,5
Habitat: Iava
Typi: 1 &® in alcool (K. Musaei Zoologici Berolinensis), a D.° Sem- meling, anno 1864 collectus.
1 9 exsiccata (collectionis meae). Dom. Bang-Haas ‘acquisita;
. Pronotum d' incertissime pictum; pronotum 9 omnino concolor. Ge- niculi 9 omnes breviter sed distinete fusci: in * tantum genicula po- stica videntur leviter infuscata. Segmentum abdominale dorsale ulti- mum e in appendiculum supraanalem circiter ut in Gr. appendiculata productum, sed hoc appendiculo valde minore, parte anteapicali po- sterius utrinque lobulo fere dentiformi extus vergente praedita, lamina
cei
apicali obtriangulari, parva, margine apicali transverso sinuato-cori- cavo, angulis externis subprominulis. Lamina subgenitalis 9 elongato trapetioidea, apice distincte sinuato, emarginata, lobis parum calloso- tumidulis.
Gryliacris macilenta Pictet et Saussure.
9 Grylacris macilentus Pictet et Saussure 1891, (7), pag. 313-4, Tab. II, fig. 14. — Kirby 1906 (8), pag. 147.
Riferisco a questa specie un &° preparato a secco, appartenente al K. Zoolog. Museum di Berlino, e portante l'indicazione : « Tengger Geb., Ostjava, Frùshstorfer ».
Eccone i caratteri principali :
e Longitudo corporis mm. 24 » pronoti » 9) » elytrorum » 25,4 » femorum anticorum » 8 » femorum posticorum — » 15,5
Quam typus 9 Pict. et Sauss. leviter major, tamen eodem modo confectus et coloratus.
Corpus statura modica sed gracile, compressiusculum, subelongatum, fulvo-testaceum.
Caput ut in typo, ovatum-elongatum, pronoto distincte latius quia pronotum est valde compressum: occipite convexo prominulo; fastigio verticis articuli primi antennarum latitudinem circiter 1 ‘/, attingente, lateribus subcarinulatis. Frons ut in typo, inferius sensim depressa; sulci suboculares distincti, sinuati. Maculae 3 ocellares solitae parvae, parum distinctae.
Pronotum ut in 9, valde longius quam latius, compressum, con- strictum, superne convexum, incerte nebulosum, antice posticeque, superne, dilute breviterque utrinque infuscatum. Margo anticus in medio rotundato sat productus, lateribus subsinuatis; sulcus anticus valde expressus, tamen superne in medio minime impressus: sulculus longitudinalis abbreviatus et sulcus posticus latiusculi sed perparum impressi: margo posticus truncatus subsinuatus. Lobi laterales humiles, multo longiores quam altiores, posterius leviter altiores, margine in- fero distincte sinuato, angulis late rotundatis, angulo postico rotun- dato-subtruncato, margine postico subverticali brevissimo, sinu hume-. rali fere nullo: sulci disjuneti, parum impressi; intervalli gibbulosi.
‘ Elytra utintypo 9 confecta et colorata, apice tamen post angulum apicalem rotundatum posterius oblique subtruncato; alae ut in g.
Pedes ut in typo, valde pubescentes. Femora postica elongata, basi
tantum modice incrassata, parte apicali attenuata sat longa, ut in 9°
poser o
spinulosa. Tibiae posticae post basim planatae, et ut in 9 spinulosae, .
Apex abdominis valde pubescens. Segmentum abdominale dorsale . ultimum d' convexum, cucullatum, margine apicali truncato, inferius et subtus verso, ante apicem in medio leviter prominulum. Lamine subgenitalis transversa, margine apicali latiore, transverso; styli la- terales sat longi et robustiusculi.
Grylliacris horneensis De Haan.
o Gryllacris borneensis De Haan 1842 (3), pag. 219, Tab. 19, fig. 7 Gerstaecker 1860 (4), pag. 264.
o. c. Gryllacris borneensis Brunner 1888 (6), pag. 327-328 — Kirby 1906 (8), pag. 139.
Di questa specie il Museo Civico di Storia Naturale di Genova pos- siede 1 o di Sipora (una delle isole dell'Arcipelago Mentawei) raccolto nella località Sereinu dal D.re E. Modigliani. 1894.
Alcuni caratteri meritano di essere particolarmente ricordati, sia come propri della specie, e non indicati nella descrizione di Brunner sia come propri di questo esemplare d:
do — Longitudo corporis mm. 30 » pronoti >? » elytrorum » 47,5 » femorum anticorum » 11,9 » femorum posticorum » (21
Frons inaequalis, sub lente parum punctulata, carinulis duabus mi- nimis ascendentibus obliquis abbreviatis, inferius praedita; supra clypeum utrinque impresso-plicata. Sulci suboculares sat lati. Fastigium verticis inferius et fastigium fronti superius uniti, sine limite distincto, fastigium unicum ellyptice subconcavum eflicientes, lateribus carinu- latis. Clypeus transversus, apice subtruncatus, in medio levissime et perobtuse productus. Genae post oculos testaceo - fuscae. Antennarum articuli primi 2 nigri, articuli 3-5 brunnei, caeteri luride testacei. -
Pronotum subelongatum, lobis deflexis parum adpressis; pars supera inaequalis; margo anticus minime productus; sulcus anticus parum ex- pressus, sulculus longitudinalis abbreviatus parum expressus, tamen discretus et cum duobus incertis sulculis lateralibus postice convergens. Lobi laterales humilissimi, valde longiores quam altiores, postice quam antice magis alti, margine infero oblique et ante coxas sinuato, angulo antico rotundato, angulo postico inferius rotundato, posterius truncato, margine postico subverticali, sinu humerali fere nullo; sulcus U-formis distinctus, modicus.
Color ater marginis antici pronoti latiusculus: color ater meta- zonae magis latus et etiam in lobos laterales descendens, semper cum
— | —
limbo postico contiguus, usque ad medium marginis horum loborum extensus, haud attenuatus sed minime dilatatus.
Pleurae et coxae pallidae. Femora postica subtus margine externo spinulis 2-4 apud apicem sitis praedita, margine interno spinulis usque ad 10, in dimidio apicali sitis. Tibiae haud piceae sed pallidae, levi- ter infuscatae praecipue ad latera, basi apiceque distinete pallidae. Spinae tibiarum 4 anticarum nigricantes, apice pallidae. Tibiae posticae superne intus spinis 6, extus spinis 7, nigris, praeditae, necnon spinis apicalibus instructae.
Cerci ® elongati, attenuati, ante apicem intus curvati.
Gryllacris borneensis subsp. Yruhstorferi m.
q. Apud Gryllacridem alratam in Systemate Brunneri verisimiliter locanda, sed propler formam omnino cum Gr. borneense congruens, altamen colore valde differens, praecipue capile et pedibus tolis pallidioribus.
Longitudo corporis mm. 29,5 » pronoti mot 2,1 » elytrorum » 49,2 » femorum anlticorum ».. 11,8 » femorum posticorum », .21l,l » ovipostioris »? v Bh
Habitat: Deli, in Sumatra.
Typus: 1 9 (K. Musaei Zoologici Berolinensis) a. D.° Fruhstorfer collecta. : i
Caput ab antico visum subelongatum, totum testaceo-ferrugineum, occipite clypeo labroque leviter pallidioribus : antennae totae testaceo- ferrugineae. Fastigium verticis ut in Gr. dorneense, articulo primo antennarum subangustius, depressum, lateribus obtusiusculis; maculae ocellares citrinae, maculae fastigii verticis subtiles, macula fastigii frontis anguste ovato ellyptica. Scrobes antennarum intus, ad latera fastigii frontis infuscati. Palpi fusci.
Pronotum ut in Gr. bdorneense confectum, subtotum atrum, tantum supra in medio et in sulcis U-formibus loborum lateralium incerte fer- rugineo nebulosum.
Elytra et alae circiter ut in Gr. borneense. Elytra tantum in quarta parte basali atra, ibique maculam modicam aurantiacam includentia; latitudo maxima elytrorum mm. 18. Alae tantum in ima basi marginis antici incerte breviter atratae. Venulae alarum valde infuscatae.
Pleurae cum parte exteriore coxarum atrae. Pedes tomentosi, om- nes et toti fulvo testacei, immaculati, geniculis nullo modo obscurio- ribus. Femora postica elongata, basi perparum incrassata, spinulis
290" 7 2000
subtus in margine externo 5, in margine interno usque ad 11, tantum apice incerte fuscis.
Ovipositor ut in Gr. dorneense confectus, fere usque ad septimam partem apicalem ater, apice testaceus. Lamina subgenitalis 9 obtuse triangularis, margine apicali nigrato, apice sensim emarginato.
Segmenta ventralia basi et lateribus late nigra.
INDICE BIBLIOGRAFICO
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Musei di Zoologia ahi Anatomia comparata
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N se pubblicato il 18 Maggio 1998 ——Vot - XXHK
Dott. ALFREDO BoRELLI
Descrizione di una nuova forficola di Madeira
Eseudochelidura madeiremsis nov. sp.
cd: Capo ferrugineo col vertice più oscuro, clipeo e parti boceali giallo-chiaro ; di lunghezza uguale alla larghezza misurata dietro gli occhi, poco più stretto posteriormente : debolmente convesso con su- ture distinte, lucente, rugoloso con alcuni punti sparsi. Antenne di 13 articoli, pubescenti, di colore giallo-testaceo coi due articoli basali più chiari.
Pronoto quadrangolare, insensibilmente arrotondato al margine posteriore coi lati riflessi o volti in su, di larghezza pressochè uguale a quella del capo, di lunghezza laquanto inferiore ; se- gnato per tutta la sua lunghezza da un leggero solco mediano, rugoloso e sparsamente punteggiato, di colore gliallo-testaceo coi lati ed il terzo posteriore giallo-paglia..
Elitre di lunghezza uguale a una volta e mezzo quella. del pronoto che oltrepassano appena coi loro angoli umerali. Internamente arrotondate e distanti vicino alla, base, lasciando fra loro un piccolo spazio libero 0 scutello;. poi diritte e. contigue, posteriormente tronche obliqua mente all’interno. Rugolose e punteggiate di colore giallo- testaceo chiaro,.
Zampe. giallo-chiaro..
Segmenti. dell’addome ferruginei, i primi di un te» Pseudochelidura staceo chiaro; allargantisi leggermente, dal primo al madeirensis * serto poi restringentesi sino all’ultimo il quale è di lar- ghezza uguale al primo: punteggiati con piccole impressioni liscie e lucenti sui lati. Pieghe tubercolari appena distinte sul terzo seg-
cea
mento, marcate sul quarto. Ultimo segmento ferrugineo, più oscuro, quasi bruno lungo il margine posteriore; di forma quadrangolare, più largo che lungo di larghezza uguale a quella del primo, rugoloso e leggermente punteggiato con piccoli tratti lisci elucenti che fian- cheggiano il solco mediano longitudinale e sui lati. Debolmente convesso, leggermente infossato lungo il margine posteriore‘ nel tratto compreso fra le branche della pinzetta. Margine posteriore ingrossato e alquanto sinuoso fra le branche della pinzetta, lateralmente obliquo all’esterno.
Pigidio sporgente, quadrangolare col margine posteriore fortemente incavato e fiancheggiato da due tubercoli triangolari sporgenti col- l’apice munito di due punte, di cui l’interna appena distinta.
Branche della pinzetta di colore giallo-paglia colle punte oscure, brune; cilindriche, separate dal pigidio, diritte per un breve tratto poi leggermente arcate verso l’esterno quindi convergenti vicino alle punte che s’incontrano, la destra sotto la sinistra. Dapprima robuste ed allargate, fornite superiormente di una corta carena interna ed inferiormente di una piccola sporgenza spiniforme, poi restringendosi sensibilmente e gradatamente sino alle punte alle spese del margine interno il quale è inferiormente ribordato per i tre quarti circa della lunghezza delle branche.
Inferiormente: capo giallo-ferrugineo, torace giallo-paglia. Seg- menti dell'addome ferruginei, fittamente punteggiati; penultimo seg- mento fortemente arrotondato posteriormente e leggermente rugoso : ultimo segmento quasi completamente nascosto dal penultimo, visibile soltanto sui lati i quali sono forniti di una piccola costa o carena di colore oscuro. :
9: Segmenti dell’addome allargantisi gradatamente dal primo al pe- nultimo; ultimo segmento trapezoidale, più stretto posteriormente. Segmenti inferiori punteggiati e forniti di peli gialli più lunghi e più numerosi nel penultimo.
Pigidio sporgente più lungo che largo, trapezoidale, restringentesi sensibilmente nella parte posteriore, munito superiormente di due ca- rene longitudinali convergenti posteriormente, fortemente depresso sui lati e vicino al margine posteriore il quale è fiancheggiato da due tubercoli spiniformi di colore bruno-oscuro.
Branche della pinzetta gialle colle punte bruno-oscuro, più corte che nel maschio, quasi diritte, restringentisi gradatamente dalla base alle punte leggermente ricurve; margine interno inferiormente saliente e molto leggermente dentellato per più dei tre quarti della loro lunghezza.
Lunghezza totale del corpo: o Iso dInm., Gli Kox=3) » della pinzetta: To gie: 5. » Osa
d e 9 da Funchal.
Specie vicina alla Pseudochelidura edentuta (Woll.) dalla quale «differisce oltre chè per il colore molto più chiaro, anche per la forma “ela lunghezza delle elitre, l'addome meno dilatato, e principalmente per la forma delle branche della pinzetta meno arcate nel maschio e munite vicino alla base di una piccola sporgenza spiniforme.
Questa specie fu raccolta dal chiaro entomologo Padre E. Schmitz al quale il R°. Museo di Torino è già debitore di parecchi altri invii di forficole (4).
(!) A. BoRELLI: Di alcune forficole dell’isola di Madeira, Boll. Mus. Zool. anat. . «comp. Torino, VoI. XXI, N° 520, 1906.
BOLEE FINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
N. 585 pubblicato il 20 Maggio 1908 Vor. XXIII
Dottor GrAcoMo CECCONI
Contributo alla fauna delle Isole Tremiti.
A’ nostri giorni è raro il caso che un naturalista possa metter piede in un'isola, per quanto piccola, che non sia stata già visitata da altri e della quale non si conosca, almeno in PERNO, la costituzione geologica, la fauna, la flora.
Le Isole Tremiti, in mezzo quasi all’Adriatico, e soltanto a dieci ‘ore di piroscafo da Bari e a tredici da Ancona, furono visitate, specialmente in questi ultimi anni, da botanici (1) e da geologi (2), i quali ne illu-
(1) Vi raccolsero piante il Gasparrini (1838), il Tellini (1890), il Martelli (1893) e il Béguinot (1902). Anch'io raccolsi le piante che trovai in fiore durante le mie due escursioni e, grazie anche alla gentilezza dell’egregio Direttore del R° Vigneto sperimentale, signor Antoci, ne riportai 160 specie che determinò il prof. Adriano Fiori e sulle quali riferirà il Béguinot, in un prossimo lavoro intorno alla flora delle Isole Tremiti; fu pure ultimamente alle Tremiti, a scopo botanico, il dottor Negri (aprile 1907), che si occupò in modo particolare della raccolta dei muschi..Alcune poche piante furono raccolte anche dal prof. Squinabol (1900) e comunicate al Béguinot.
(2) Nel 1843 il NicoLucci pubblicò un Elenco di pochi politalami fossili, e in questi ultimi anni si occuparono della costituzione geologica il prof. AcHiLLe TELLINI, che pubblicò un dotto lavoro: Osservazioni geologiche sulle Isole Tremiti e sull’Isola Pianosa nell'Adriatico (Bull. RP. Comitato geologico, a. 1890), il dott. M. BaraTtTA che, quantunque incidentalmente, si occupò delle Tremiti nel suo lavoro: Sul Periodo sismico Garganico dell’aprile-giugno 1902 (Ann. Uff. meteorologia e Geodinamica, vol. XII, parte I, 1893) e il prof. SquinaBoL, che studiò le Tremiti dal lato geo- fisico; anzi sono lieto di annunciare che il prof. Squinabol ha'già presentato alla Accademia dei Lincei, in occasione dei premi ministeriali, un sunto del suo impor- tante lavoro, e che il lavoro stesso completo verrà pubblicato quindi al più presto.
Sb pe
strarono la flora e la natura geologica; nulla però fino ad oggi si cono- sceva intorno alla fauna e soltanto l’Aldrevandi nella sua Ornithologia (1) (a. 1603) aveva descritto e figurato un uccello, la Avis diomedea (2), ehe però non si sapeva a quale specie appartenesse e che ora si può riferire con certezza al Puffinus anglorum Boie ex Gmel.
Fanno parte del gruppo delle Tremiti, in ordine di decrescente grandezza: S. Domino, Caprara, S. Nicola e Cretaccio, vicinissime fra loro e circondate da numerosi scogli; si aggiunge ad esse anche Pia- nosa, che trovasi alla distanza di circa trenta chilometri da S. Domino, Carattere comune di queste isole è la mancanza assoluta di acqua e perciò una secchezza estrema tanto d’estate che nelle altre stagioni, eccettuati soltanto i mesi invernali, nei quali, non di rado, cade abbondante la pioggia; perciò la vegetazione è piuttosto povera e il numero delle piante conosciute fino ad oggi supera di poco le duecento specie (3).
Era naturale quindi arguire che anche il numero degli animali fosse ridotto.
E oltre questa grande secchezza, che faceva abbandonare l’idea di fare escursioni zoologiche in quelle isole, si aggiungeva anche la ridotta superficie loro e la piccola elevazione, sapendosi che l’arcipelago in- tero non giunge a quattro chilometri quadrati e che S. Domino, la più grande, misura soltanto Km? 1,980.750, con una elevazione massima di 116 metri sul livello del mare, con una coltivazione abbastanza inten- siva di viti e di grano, ed è ricoperta per un buon terzo circa da fitto bosco di pini (Pinus halepensis), Caprara Km? 0,448.425, col punto più alto di 53 metri, in piccola parte coltivata a grano, S. Nicola Km20,441.000, costituita da un altipiano, dove si coltiva in minima proporzione il grano e dove si trovano parecchie pecore al pascolo, con una elevazione mas- sima di 75 metri e a picco quasi tutto all’intorno, Cretaccio, divisa quasi in due e piccolissima, Km? 0,037.450, scoscesa, priva quasi del tutto di vegetazione e quindi quasi trascurabile.
Però se le Isole Tremiti non presentavano interesse alcuno pei racco- glitori di animali, dovevano invece offrirne dal lato faunistico, per poter fare un confronto colle diverse specie animali che vivono nei due op- posti continenti e quindi stabilire se esistevano legami tra la fauna loro e quella dell’Italia e della Dalmazia.
Difatti risulta dagli studi geologici che anticamente nell’odierno ba- cino settentrionale e medio dell'Adriatico doveva emergere una terra-
(1) Tomus tertius, pag. 57-60.
(2) G. Cecconi, Intorno alla “ Avis piomEDEA , degli antichi, Avicula, a. X, fasc. 101-102, 1906.
(3) Golle 160 specie raccolte da me e colle altre del Béguinot e del Negri, questo numero sarà per lo meno raddoppiato,
a
ferma, che venne chiamata Adria, per analogia con la Tirrenide e con l’Atlantide; durante il periodo miocenico la terraferma aveva il predo- minio, il Gargano, separato dall’Appennino, era unito probabilmente alla Costa dalmata, che si avanzava molto verso occidente; ma il regime continentale non dominava nel Gargano per le formazioni mioceniche marine, scoperte dal Checchia-Rispoli (1), e le Isole Tremiti erano an- cora sott'acqua, come lo indica il miocene marino che domina in esse (2).
Nel periodo pliocenico il Gargano era allo stato di isola e le Tremiti erano sott’acqua, come indicano le marne marine di S. Nicola; forse le uniche che emergevano erano le punte di S. Domino e di Caprara, se pure non avvenne, come pel miocene, erosione posteriore.
L’Adria si ripiegava lungo la costa Dalmata, dalla quale si protendeva verso Occidente e, in modo particolare, in corrispondenza di Pelagosa. Si credette che nel quaternario antico le Isole Tremiti formassero una terra sola e quindi avessero una estensione maggiore dell’odierna, ma stanno contro, secondo lo Squinabol, le formazioni quaternarie marine a 60 metri circa d’altezza a S. Domino, essendo pure quaternario il calcare su- periore di S. Nicola (3). L’Adria sporgeva verso il Gargano e riuniva anche Pelagosa; il Gargano cessò di essere un’isola e, probabilmente, durante il postpliocene rimase, per poco tempo e per mezzo di una lista di terra, collegato alle Tremiti ed a Pianosa.
Tenendo conto perciò della grande sporgenza, di ben quaranta chi- lometri, del Promontorio Garganico nel Mare Adriatico, della mancanza di altre isole in mezzo a questo mare, dell’allineamento che hanno le diverse isole che sorgono fra la costa italiana e la dalmata (Termoli,
(1) Boll. Soc. Geol. ital., vol. XXIII, pag. 298 e seg.
(2) Il prof. Squinabol mi fa osservare che è vero che non si trovano forma- zioni mioceniche sulle vette di S. Domino e di Caprara, ma è probabile che siano state portate via dopo.
(3) Secondo quanto mi comunica gentilmente il prof. Squinabol, le fasi attra- versate dalle Tremiti sarebbero le seguenti:
1° Fase di emersione dopo il nummulitico e quindi riatus fra questo e l’el- veziano. 2% Sommersione durante l’elveziano fino al pliocene inferiore compreso. 3* Emersione di breve durata, probabilmente dopo il pliocene inferiore. 4% Sommersione durante tutto il pliocene superiore e parte del quaternario. 5° Emersione durante l’ultima fase del quaternario. 6% Movimenti violenti in quest’ultima fase, durante i quali si ebbe: a) Abbassamento di oltre 150 metri della parte N e NO di Caprara. b) Formazione del canale fra Caprara-Cretaccio e S. Nicola. c) Cedimento della parte S. E. di S. Nicola. d) Cedimento che ha aperto il canale fra S. Domino e Cretaccio e fra Cretaccio e Caprara.
i S. Domino. Pianosa, Pelagosa, Isola Meleda centro) e della loro costi- tuzione geologica, si deve naturalmente ammettere che esse rappresen- tano gli ultimi avanzi di una cresta rocciosa, ora in gran parte distrutta, che non solo collegò il Gargano colle Tremiti, ma anche colla costa dal- mata: cosicchè l'Adriatico si divideva un tempo in due grandi bacini} come provano ora i valori batimetrici, giungendo il bacino settentrionale al. massimo ‘a metri 2483 e il bacino meridionale a circa mille metri; la cresta rocciosa, come un istmo ora sommerso, metteva in comuni- cazione l’Italia coll’Oriente. ì
Anche ora l’esistenza di questo istmo è dimostrata dai diversi dati batimetrici, perchè fra la punta del Gargano e le Tremiti si ha una profondità di m. 87, fra le Tremiti e Pianosa e fra questa e il Gargano di m. 88, fra Pianosa e Pelagosa di m. 140 e infine fra Caiola e Cazza la profondità giunge a m. 181, che è la massima della nostra diga.
Inoltre lo studio degli strati geologici e delle roccie che compongono le ‘accennate isole dimostra ancora che queste derivano dal fraziona- mento di una sola isola, frazionamento dovuto ai moti violenti, e abbassa- mento del sottosuolo e all’erosione operata dalle onde; questa erosione avviene senza dubbio anche al giorno d’oggi e produce una graduale e continua riduzione in superficie delle isole stesse, le quali’ finiranno a ridursi di numero non solo, ma a scomparire del tutto, o quasi, benchè in epoca certo lontanissima. Ù
Quindi era importante vedere se a conferma degli studi geologici pei quali le Tremiti, Pianosa, Pelagosa, ecc. rientravano nelle Isole conti- nentali del Wallace, quelle mantenevano i caratteri faunistici delle due sponde continentali opposte dell’ Adriatico, e se vi erano naturalmente rimasti gli animali inetti ad attraversare il mare tanto attivamente quanto passivamente; e per questo profittai, al principio dell’anno 1906, dell’ultimo periodo di vacanze invernali per fare in esse una escur- sione di pochi giorni, e partii da Ancona nel pomeriggio del 15 feb- braio per ritornarvi la mattina del 25.
Naturalmente, in stagione così poco propizia alle cacce zoologiche, dovetti limitar le mie ricerche specialmente sotto i sassi, perchè l’aria piuttosto rigida e la pioggia, che ogni tanto cadeva, impedivano agli animali di uscire all’aperto, e particolarmente agli insetti di visitare i fiori delle pochissime piante che avevano aperte le loro corolle, come il rosmarino, la mortella, l’euforbia dendroide e rare piante erbacee.
Avuto quindi riguardo alla stagione, alla piccola superficie delle isole Tremiti ed alla mancanza assoluta di notizie zoologiche, quantunque il materiale raccolto non fosse del tutto trascurabile, pure credetti oppor- tuno di non pubblicarlo subito, tanto più che avevo in animo di, visitare di nuovo e in stagione più favorevole quelle isole.
Difatti la mattina del 25 di maggio dello stesso anno adi per la
oe
seconda volta a S. Nicola e ricominciavo le mie ricerche zoologiche, spin- gendomi questa volta fino a Pianosa, essendo il mare abbastanza tran- quillo.
La seconda escursione fu naturalmente di molto maggior profitto della prima; ma se in febbraio, come dissi, dovetti limitar le mie ri- cerche quasi esclusivamente sotto i sassi, ora, a cagione della grande siccità, ebbi il numero maggiore di animali dalla caccia coll’ombrello entomologico, senotendo le piante legnose ed erbacee, come pure l’ebbi dalla visita accurata delle piante in fiore, quali ad esempio: Daucus gummifer Lam., Onopordon tauricum W. var. apulum Fiori, Ohrysan- themum segetum L., Carduus nutans L. ecc. sulle quali frequentissimi si trovavano i coleotteri: Mordellistena micans Germ., Mordellistena pulchella Muls., Larinus cynarae var. glabrirostris Gyl., Larinus sco- lymi Oliv., Longitarsus aeruginosus Foudr., Hispa testacea L.; gli ime- notteri: Scolia bidens L. e Xylocopa violacea L.; il dittero: Eristalis tenax L.; il lepidottero: Macroglossa stellatarum L., ed altre specie di insetti, che qui tralascio per brevità.
Era mio desiderio di poter prolungare di qualche giorno la mia escur- sione in tempo così favorevole, come anche di ritornarvi in autunno, per poter aver materiale di studio raccolto in tre stagioni diverse, ma doveri d’ufficio me l’impedirono. i
Desiderando di poter in tempo non lontano compiere un’ altra gita alle Tremiti e perchè anche altri si risolvano a farvi lunghe ed accurate ricerche zoologiche, mi svno creduto in dovere di far conoscere il mate- riale raccolto, che si compone di circa cinquecento specie; in alcuni casi di dubbio, per dar maggior valore alle determinazioni, e quindi anche alle conclusioni, domandai l’aiuto di valenti specialisti, che no- minerò a suo luogo, i quali, con gentilezza davvero squisita, determi- narono anche una parte del materiale raccolto; perciò a loro e a quanti mi furono larghi di indicazioni e di libri rendo le dovute grazie.
Debbo inoltre manifestare tutta la mia riconoscenza e fare i più vivi ringraziamenti prima alla Direzione della Colonia penale, per la gentile ospitalità e il libero passaggio nelle diverse isole, accordatomi durante le mie due escursioni, e poi al Direttore del Vigneto di osservazione, Signor Beniamino Antoci, il quale, con quella gentilezza che è tutta sua, si adoperò grandemente affinchè le mie escursioni fossero coronate dal miglior successo.
ig li EE@'èII|I|rzi--e--.e-mee emme nn mi;
; ISOLE TREMITI Italia
ì Pianosa || Dalmazia continent.
S. Domino S. Domino] Caprara |. Neo S. Nicola
Classe: ANELLIDA Fam. Lumbricidae (1). Helodrilus (Allolobophora) cali-
ginosus (Sav.), subsp. trape- zoîdes (A. Dug.) . nà Helodrilus (Dendrobaena) dio- |
Tipo: VERMES.
medaeus Cognetti, nova i cies (2). . Helodrilus (Eophila) januae ar- genti Cognetti.. . . so, Octoclasium complanattm A. Dug. STRA I a SCONO + +
penins. Tipo: MOLLUSCA (3). Classe: GASTEROPODA. Fam. Limacidae. Amalia carinata Risso Amalia gagates Drap. Fam. Zonitidae.
Hyalinia sp. (del gruppo della cellaria). Un esemplare in- completo . . . : : sn
* Conulus praticola Rheinw,(4) + + (Tellini) O
++ ++
* Vitrea etrusca Paulucci . . |lroscana Vitrea sp. Due esemplari in- COMPO ant a n +
Fam. Helicidae.
* Punctum pygmaeum Drap. +
* Patuli rotundata Mill. var. abietina Bourg. . aa Lp
* Patula solaria Rossm. . ° + (Tellini) Cattaro
(1) Raccolsi queste quattro specie in febbraio, sotto i sassi, durante la stagione umida e piovosa, mentre sugli ultimi di maggio i lombrici erano molto rari, anche sotto le grosse pietre interrate, per l’arido che regnava allora; le quattro specie furono de- terminate dal dott. CocneTTI de Martis che pubblicò una nota dal titolo: Nota sui Lombricidi delle Tremiti, Boll. dei Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della
Università di Torino, vol. XXI, n. 525, aprile 1906.
(2) Per la descrizione di questa nuova specie si consulti la nota citata sopra.
(3) Fatta eccezione dei due limacidi, che mandai per conferma al prof. Simroth, tutte le specie furono determinate dal Marchese di Monterosato, il quale volle ag- giungere ancora qualche nota e alcune specie, raccolte dal Tellini e di cui ebbe notizia dal prof. Carlo Pollonera. :
(4) Il segno * indica le specie trovate nei relitti del mare, sulla costa e nelle in- senature delle Isole.
7, IR
——_—_m_m————t—tmm——m6m— rr:
ISOLE TREMITI |
Italia i Pianosa || Dalmazia continent. ; S. Domino | Caprara |S. Nicola * Vallonia pulchella Mill. . + (Tellini) E Caracollina lenticula Fer... SE + FA -* È * Anchystoma corcyrensis Partsch. + Dalm. meri d. anchy Tellini Carthusiana carthusiana Mill.
var. minor Auct. . È + dr Carthusiana rizzae Aradas. ( 1) var. globosior Monts. nova va-
rietas . ? + + + Xerolaeta turgida West. et
Blanc: . ). meri . “È Xerolena braniiniana Fagot. Costa adriat. +
Brind, Fano)
Xeroclivia conica Drap.
var.iverticillata Parr. .|. Oli + +
var. pyramidella Jan. . + a + (Te'lini) Xeroclivia pyramidata Drap.
var. x Pot E 3f Xer cunita Gera Muck. è + + +
anche Tellini
Xeroacuta acuta Auct.
var. pratensis Monts.. . . + # Helix vermiculata Mill. } + Li Chondrus tridens Mill. Fre-
quente sotto i sassi. . . . ti ai +
anche Tellini
Chondrus tridens Mill. var
rufa Monts. nova varietas. li
(col labbro e i denti bianchi). Chondritortus quadridens Mill. + iu SL
anche Iellin
Scyphus (2) doliolum Drap. var.
singularis Monts. nova va-
Es RTS ieri, sE
(1) È una forma che vive in Sicilia nella costa bagnata dal mare Jonio e prin” cipalmente nella provincia di Siracusa; nel resto della Sicilia è sostituita da altre forme. Si rinviene pure ed è assai frequente in molti punti della Calabria, nella costa Abbruzzese e nella Capitanata, alcune volte assai più grande, ma più tenue, L’H. olivieri Fér., colla quale è stata confusa, è una specie di Siria ed ha forme affini in Grecia, a Corfù, nelle coste dalmate e dell’Istria, col nome di parumcinceta Parr. La nostra C. rizzae Arad., mostra costantemente le sue due zone bionde più spiccate, è più globosa e più solida.
(2) Seyphus Monts. è una nuova sezione ed ha per tipo la Pupa doliolum Drap. e le specie meridionali ed orientali aride, come la scyphus Friv., la raymondi Bourg., l'orientalis Pfeiff., la syrianocorensis Mousson, la femplorum Benoit, istituita su esem- plari giovani del genere Helix, ed altre specie. L’Orcula Held. ha per tipo la doliolum Dcap. e le specie settentrionali e forestali umide, come la gularis Rossm., la conica Rossm., la jetschini Kim. ed altre specie, spesso ricoperte di limo glutinoso, che hanno l’apertura, la lamella, l’avvolgimento e il colorito, diversamente conformalti.
TR lettori drecr(__É————__———__——@—,_-_y o @"
Italia continent.
ISOLE TREMITI
Pianosa
Dalmazia
0 III da neo o i. /9@9@@òe EEE
* Pupilla muscorum Mill... * Torquilla frumentum Drap..
* Granopupa granum Drap. .
* Isthmia strobeli. Gredl. var. nodosaria De Stef.
* Zua lubrica L.
* Alaea pygmaea Drap. . * Alaea antivertigo Drap:
* Vertilla angustior Jett.
Rumina decollata L. (forma ci- lindrica che rassomiglia alla truncata Ziegl.) .
* Caecilianella acicula Mill. * Caecilianella eburnea Risso. Ferussacia hohenwarthi Rossm. Clausilia (Gibbularia) (1) gb bula Ziegl, molto comune in tutte le isole Tremiti, special. mente sotto i sassi; presenta varie forme: var. tremerusina Monts., no- va varietas (somigliante alla multiplex West. = peucetana Robi) Fip peul 67) ig var. selecta Monts., nova va- rietas (piccola, acuminata, ci- nerea, a coste molto spiccate, rassomigliando in piccolo alla Cl. letokana Gredl. del Tirolo). var. solidula Monts., nova varietas (più solida e più al- lungata), ed altre forme poco Brion. POME Lo 18785 In tutte le varietà di forma, la colorazione si presenta alle volte cinerea, alle volte di un biondo rossiccio, eccetto che nella . selecta, che è cinerea colle coste bianche. i Clausitia ( Delima) piceata DRRORT: are tO, Sa IONE
Alpi
SÙ Costa Adriat.
Costa Adriat. (Fano)
S. Domino| Caprara | S. Nicola sl anche Tellini w aL + Ju anche Tellini Spi = è anche Tellini su (Tellini) | © "|! 3F + + + (Tellin!) st + dl +.|.+ + - ali + +
at anche Tellini se
anche Tellini
+
i! Costa Adriat.
(1) Questa sezione è stata distinta dal dottor Boettger col nome di Gibbula, ma questo vocabolo fu dato anteriormente dal Risso ad un genere di conchiglie marine ed è stato adottato; ho creduto di cambiarlo in Gibbularia.
ua a
ISOLE TREMITI Italia
ontinent. rasi S. Domino
Pianosa || Dalmazia
Caprara | S. Nicola
Fam. Auriculidae.
Carychium elongatum Villa. . SE Ericia elegans Mill, molto fre-
quente sotto i sassi. . . . = + ar Alexia botteriana? Ph. . . . |Costa Adriat.
Costa A riat.
Tipo: ARTHROPODA.
Classe: CRUSTACEA (1).
Isopoda.
Fam. Oniscidae.
Armadillidium pallasi Brandt. (caratterizzato da colore gri-
gio-scuro uniforme). . . . ||+Apriema]| + + (Gargano) A 13
Armadillidium frontirostre Bud- de Lund (colorazione caratte- ristica bruno-chiara, con mac- chiespallide) . ... 1. sud.
Armadillidium vulgare Latr. .
Porcellio diomedus Dollfus, nova spacios.(2) ;.. .. |
Porcellio laevis Latr.
Metoponorthus pruinosus Brandt.
Metoponorthus melanurus Bud- de Lund. (in vicinanza del mare). . SE PIL, SOCI ca AE
Metoponorthus sexfasciatus Budde/Pund 4 i,
Leptotrichus panzeri Aud et Sav.
Philoscia couchii Kin. (in vici- nanza del mare) .. . .|. +
Philoscia cellaria Dollf. . . || Trieste LE i
Philoscia elongata Dollf. . . $ + sa a +
— +
++ ++. ++
++ +
++ ++ ++
+ + + N lea
+
Philoscia muscorum Scop. . . + Ligia italica Aud et Sav. (in vicinanza del mare). . . . |pezia,Trieste
(1) Raccolsi tutti gli esemplari sotto i sassi e il maggior numero in maggio; le specie furono determinate dal DoLLrus di Parigi, che pubblicò intorno ad essi una ‘nota dal titolo: Sur es Isopodes terrestres des Iles Tremiti, La feuille des jeunes naturalistes, 18° décembre 1906, IV® Série, 36° année, n. 434, pag. 32-33.
(2) Per la descrizione di questa nuova specie si consulti la nota ricordata sopra.
dg pr
Italia
continent.
ISOLE TREMITI
S. Domino
S. Nicola
Caprara
[mi
Pianosa || Dalmazia
Classe: ARACNIDA. Scorpiones. Fam: Scorpionidae. Euscorpius carpaticus 105 ( molto frequente sotto i sassi in feb- braio, piuttosto raro in mag- gio). Araneae (1). Fam. Aviculariidae. Nemesia cecconiv Kulezynski, nova species (2). Fam. Uloboridae. Uloborus walkenaerii Latr.
Fam. Zoropsidae.
Zoropsis spmimana (GE Duf. di
Mahe,
Fam. Dictynidae.
Ciniflo (Titanoeca) /lavicoma
i. IRochp a ferox Walk.
Fam. Sicariidae. Loxoscelus erythr dra C. L. Koch. : ;
Scytodes thoracica Latr.
Fam. Dysderidae. Dysdera crocata C. L. Koch.. Dysdera kollarî Dobl. Harpactes sp.
Fam. Drassodidae. Drassodes lapidosus Walk. Drassodes lutescens C. L. Koch. Drassodes severus C. IL. Koch. Drassodes sp., juv. SALO Prostesima barbata L. Koch. . Prostesima fuscipes L. Koch. . Pterotricha exornata C.L. Koch.
Fam. Pholcidae.
Pholcus phalangioides Fuessl.
Monti Sabini SE
I. merid,
+
+
* Napoli
x Pisano
calabria
+
+
- +
++
++4++
+
+
+
+
+++
++
++
+
(1) Gli Araneae e gli Opiliones furono determinati dal prof. Kulezynscki di Cracovia. (2) Per le nuove specie e varietà di aracnidi delle Tremiti, Fragmenta arachnologica, V, (Accedit tabula XXI). Bulletin de |’ Académie des Sciences .de Cracovie, Seance du 3 juin 1907 (VIII Arachnoidea nonnulla in Insulis Diome- deîs [Isole di Tremiti] a Dre. G. Cecconi lecta).
vedi: Kulczynski,
ns Dif
r———————————T__—_——1kz<=__E_—_—_—_—_————rFrrrrrrrrrrrrtr
ISOLE TREMITI Italia Pi ° ianosa || Dalmazia gpntinente S. Domino | Caprara | S. Nicola Fam. Theridiidae. Theridium aulicum C. L. Koch. + + Pi Enoplognata mandibularis Luc. (Isola Cretaccio), .. . . . + si Fam. Argiopidae. Argiope bruennichi Scop.? . . + + i Cyclosa sierrae E. Sim. . . |tiroo, nerd] + Calabria Mangora acalypha Walk. . + + + Araneus circe Sav. . . È 4 + Araneus dalmaticus Dolesch. % + dr Araneus redii Scop. . + + li Araneus adiantus Walck. pio % si x: Fam. Thomisidae. Thomisus albus Gmel. . + + * Runcinia lateralis C. L. Koch. + + 4 Synema globosum Fabr. . . x + ZE + Philodromus caespiticola Walk. + E specie dell'Europa setten- trionale e media; non è ricor- dato d’Italia e probabilmente confuso col PA. aureolus. Philodromus medius Cambr.? sE Philodromus sp. (juv.). . . + Fam. Clubionidae. Otlios spongitarsis Duf. È Lo sp «| Chiracanthium mildei IL. ‘Koch. pr + ch Fam. Lycosidae. Lycosa radicata Latr. O sb + ui Lycosa albofasciata Brullé. _ + + pra Fam. Oxyopidae. Oxyopes heterophthalmus Latr. RL so Oxyopes lineatus Latr. var. occi- dentalis Kulcez., nova varietas. iL JL E Fam. Salticidae. Leptorchestes chrysopogon E. pe Sim. . Calabria Pa n Heliophanus cambridgei E. Sim. 4 Ph + Salticus simoni Kulezynski (1) i MOVa! Spefle8. se. bos «al. PIsgett, + Istria, Pola
(1) Questa specie era già stata raccolta in altri luoghi, ma non ancora descritta,
Dendriphantes nidicolens Walk.
Probabilmente appartiene a |
questa specie il Dendr. nite- linus degli: autori! italiani, diffuso nel continente italiano e nelle isole . et Euarscha jucunda Luc.
Opiliones.
Fam. Phalangidae. Phalangium propinqguum Luc. Phalangiumsaxatile C. L. Koch. Dycranolasma diomedeum K ul-
ezynski, nova species
Acari.
Fam: Trombidiidde.
Trombidium sp E Cretac- cio). È
Fam, Toraitue. Hyalomma aegyptium L.
Fam. Eriophyidae.
Eriophyes ilicis Can. (Phylle- riumilicinum D. C.) con galle caratteristiche, su foglie di Quercus Ilex L. use
Eriophyes stefanii Nal. con galle caratteristiche, su foglie di Pistacia lentiscus br
Eriophyes affinis Nal. con pu- stole fogliari caratteristiche su foglie di Artemisia arbo- rescens L. .|
Classe: MyYRIAPODA (1). Chilopoda.
Fam. Scutigeridae. Scutigera coleoptrata L.
Fam. Lithobiidae. Lithobius peregrinus Latzel. Litobius mutabilis C. Koch.
== ———_.1eeee— ISOLE TREMITI
Italia
continent.
Pisano
S. Domino
Caprara
Pianosa S. Nicola
Dalmazia
(?2juv.)
++
Lussinpiccolo.
(1) La specie di questa classe furono determinate dal prof. Filippo Silvestri.
Fam. Scolopendridae. Scolopendra cingulata Latz. Scolopendra dalmatica C. Koch. . Fam. Cryptopsidae. Cryptops anomalus Newp. Cryptops hortensis Leach. .
Fam. Himanthariidae. Himantharium, gabrielis L. Stigmatogaster gracilis Mein. .
Fam. Dignathodontidae. Chaetochelyne vesuviana Newp. Dignathodon ri gia m
Lucas.
Fam. Geophilidae. Geophilus flavidus C. Koch. . Diplopoda. |
Fam. Julidae.
Pachyiulus communis Savi... Pachyiulus ATI pt
UsibBoch' i:
Fam. ola Brachydesmus superbus Latz,.
Classe: INSECTA, Ordine: Thysanoura.
Fam. Lepismidae.
Lepisma aurea Duf. a : Lepisma crassipes . Esch. (det Silvestri). . :
Ordine: Pseudoneuroptera.
Fam. Termitidae. Termes lucifugus Rossi.
Ordine: Orthoptera.
Fam. Blattidae.
Periplaneta orientalis L. Aphlebia marginata Schreb. Loboptera decipiens Germ.. . Heterogamia aegyptiaca L.1 9.
=
— 13
Italia
continent.
++
++
Regioni litor.
I, orientale
+
sl ps
Calabria
—
ISOLE TREMITI
S. Domino| Caprara | S. Nicola 37 sui Shi SpA J sù A + + + 4 4 + sla ze 3 sn sla ir, “a +
Ca + + t sli - Ce
Pianosa
++
Dalmazia
++
++
++++
Fam. Forficulidae.
Forficula auricularia L., forma ciclolabia e macrolabia (det. di PR RTRT 1 LARIO
‘orficula du Gené ua a *
Fam. Locudtignoi Conocephalus sp. larve. .
Fam. Phasmidae.
Bacillus rossii Fabr. Molto fre- quente sui pini,
Fam. Acrididae.
Stenobotrus apricarius LL. StauronotusmaroccanusThumb. Pachytilus cinerascens Fabr. Acridium aegyptium L..
Ordine: Coleoptera (1).
Fam. Carabidae.
Olisthopus glabricollis Germ. .
Bedelius circumseptus Germ. (det. Reitter). .
Calathus mollis Marsh, Rari esemplari in febbraio.
Amara aenca Deg. -
Amara eurynota Panz. 2 esem- plari in febbraio. :
Zabrus tenebrivides Goeze. Fre- quente.. :
Ophonus meridionalis Dej. (det Reitter). :
Harpalus sulph ur ipes Germ.
Harpalus tenebrosus Dej. Molto frequente ; qualche esemplare in febbraio, LOI
Harpalus litigiosus Dei. Ab- bastanza frequente anche in
febbraio.
NECES
ISOLE TREMITI
Italia :
tinent. Pianosa
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sli Sf 3F + Shi < 3F
Dalmazia
+ sembra che marchi nelle isole,
a
ana
(1) Le specie di quest'ordine furono determinate buona parte da me; per le specie dubbie e per quelle per le quali non avevo nè libri, nè materiale di confronto ri- corsi a specialisti, come indicherò a suo luogo.
(2) Le indicazioni intorno ai coleotteri trovati in Dalmazia, oltrechè desumerle dai lavori pubblicati, mi furono gentilmente date dallo stesso prof. G. Miiller di Trieste.
— de
| ISOLE TREMITI | Italia | cafilcnhi Pianosa || Dalmazia :S. Domino | Caprara | S. Noa |
Licinus silphoides Rossi. Abba- |
stanza frequente; rari esem-
plari in febbraio. SL + sk Lebia cyanocephala L. . + i TE Dromius linearîs Oliv. L + ta Cymindis axillaris F. ui È ot Cymindis axillaris F. var, e
neola Duf. Rari esemplari
in febbraio. . . 4a + + DE
Fam. Hydrophilidae.
Sphaeridium bipustulatum F.
var. Pochi esemplari in feb- i
braio. . Ch + n Helophorus aquaticus nh subsp.
italus Kuw. (det. Fiori). . - + +
Fam. Staphylinidae. Aleochara sparsa Heer.. . . + È + Tachyporus nitidulus F. (det. ‘ Bernhauer). . . sE + + Tachyporus pusillus Craw ( (det.
Bernhauer). . + + dp: | Ocypus olens Mill. (1). ‘Molto
frequente e in particolar modo
in febbraio. . . ; + + + + Ocypus ophthalmicus ‘Scop. : 35 - + Ocypus aeneocephalus Deg.(det. VE
Bernhauer). . + Carmen + a Ocypus edentulus Block. (det.
Bernhauer). : = 3 + + Philontus intermedius tici 1 Ie n Xantolinus glabratus Grav. . + aL Oxytelus speculifrons Kr. i
Bernhauer) . . . A sa + +
Fam. Phalacridae. Olibrus affinis Strm. Frequente
in maggio. . . + + 3) sh Stilbus testaceus Panz. (det
Reert, Saotx “Bi di
Fam. Ci placare Micrambe vini Panz. A Reit-
CES rta de 5 ; È +
(1) È da notare il fatto che mentre questa specie è sostituita sul Gargano da una forma più piccola e a zampe gialle, descritta dal prof. Andrea Fiori col nome di var. garganicus, questa non si trova affatto alle Tremiti, dove invece si trova in quantità la forma tipica,
PRG |; Jos
Italia
continent.
IS. Domino
ISOLE TREMITI
S. Nicola
Caprara
i Pianosa
Dalmazia
Fam. Lathriidae. Enicmus transversus Oliv.. . DI Melanophthalma fuscipennis
N (ESC e PMI): SOM RIS E SO I,
Fam. Tritomidae. Berginnus tamarisci Woll. . +
Fam: Nitidulidae. Cercus' rufilabris Latr. MISS Fiori). st Bru Brachypterus glaber Newm. Ab: bastanza frequente. 3 + Meligetes picipes Sturm. (det. Reitper), il... TÈ +
Fam: Colydiidae. Aulonium ruficorne Oliv. . . +
Fam. Dermestidae.
Anthrenus verbasci L. Molto frequente. . Trinodes hirtus F. (det. Reiter).
Fam. Histeridae.
Hister major L. .. + Hister 4maculatus L,. ANbbastati ziinoquente > id. (1. +
++
Fam. Scarabaeidae.
Scarabaeus sacer L. . Gymnmopleurus pilularius sL. Bubas bison L. 13 e una gin | febbraio Onthophagus fracticor nis Prey q Onthophagus andalusicus Wiki. (det. Reitter). | . Pentodon punctatus Willers. Epicometis squalida Scop. et var. Parecchi esemplari sui MORI eo Sa Leucocelis funesta ‘Pada. Fre- quentissima sui fiori in mag- gio; rari individui in febbraio, sotto i sassì. . . il Cetonia aurata L. var. ‘rispa: nica Er., ab. viridiventris Reitt. Due soli esemplari. . sh
++ ++ ++
+
+
BE AF +
++ ++
+
+
++ ++
cohig +
———@==——=——=—===&@==.<@>———————————————_mx___—_r—___—_—_——_————————_—_————_——
Potosia morio Fabr. var 4pun- ctata Fabr. Abbastanza fre- quente sui fiori, in maggio.
Fam. Buprestidae. Anthazia umbellatarum L. Fam. Cantharidae.
Lampyris lusitanica Motsch. (det. Olivier).
Lampyris sp. Larve molto nu- merose in febbraio, sotto i sassi. .
Ebaeus italicus Reitt. ‘ (dett. Reitter). . . + Di
Malachius viîridis F.. i
Malachius spinipennis Germ. Frequente suifiori,in maggio.
Psilothrix cyaneus Oliv. . .
Danacaea picicornis Kist. Ab- bastanza frequente.
Danacaea nigritarsis Kiist.
Fam. Byrridae.
Ernobius abietinus Gyll. (det. Reitter). . . | Lasioderma redtenbacher i i Bach. (det. Reitter). .
Fam. Tenebrionidae.
Tentyria italica Sol. et var. Co- mincia a comparire in feb- braio ed è molto frequente in maggio, sotto i sassi. ,
Stenosis brenthoides Rossi. È rara tanto in febbraio quanto in maggio.
Blaps gigas L. Frequente sotto i sassi in maggio, qualche esemplare anche in febbraio.
Blaps gibba Lap. Insieme colla precedente. .
Asida bayardi Sol. Frequente molto in maggio, sotto i sassi ; qualche esemplarein febbraio.
| ISOLE TREMITI |
Italia ? x situate Pianosa | Dalmazia Ù "{1S. Domino] Caprara |S. Nicola
32 E Trentino + - di + 3 | te ar 3F Roma | un aL sia 3e 3F 5F | + sla a a * da ch Gargano | + + Pelagosa
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ci =}
“1 +
+ + n * na =]
x sia + Gargano
== sia cia + cia =P
sù 3F + sia 3P sin Napol, Garg.l + ni
MR —
Dendarus dalmatinus Germ. Comune sotto i sassi, anche in febbraio.
Pedinus meridianus Muls. Come la precedente. . .
Opatrum melitense Kiist, (det. Reitter). Un solo ro sotto un sasso. .
Hypophloeus rufulus Rosenh. (det. Schilsky)
Helops quisquilius F. Un solo esemplare in febbraio sotto un sasso. .
Helops azureus Brull. Molto fre- quente sottoi sassi in febbraio, piuttosto raro in maggio.
Fam. Alleculidae.
Gonodera ferruginea Kiist. .
Omophlus betulae Herbst. Fre- quente sui fiori di Daucus gummifer Lam. .
Fam. Lagriidae. Lagria hirta L.
Fam. Mordellidae.
Scraptia dubia Oliv.Abbastanza frequente... nr PI
Scraptia fuscula Mill. (det. Reitter).
Mordellistena micans Germ. Fre- quentissima sui fiori di Dau- cus gummifer Lam. .
Mordellistena pulchella Muls. Insieme colla precedente. .
Anaspis rufilabris Gyll. Ab- bastanza frequente. . . .
Anaspis labiata Costa. (det. Reitter) Rosaria Bh
Fam. Meloidae.
Meloe murinus Brdt. (det Reit- ter). 19 in febbraio. . Zonabris variabilis Pallas.
“i
——-@——@@»@@‘@
N ISOLE TREMITI Italia GPRIIIOTE S. Domino | Caprara | S. Nicola ale 3” cla 5 SF SE sia I. merid. + + sie ate Tirolo merid. + STA al I. merid. + ca + 5P si + + n ci DC ni + + + ale Sa =“ fila cia 3F ch ala slo St sto "le
Pianosa
Dalmazia
INIT 1. POOR
Fam. Anthicidae.
Anthicus instabilis Schmidt. . Anthicus pauperculus E ira Reitter). :
Fam. TRA Oedemera flavipes F.
Oedemera lurida Marsh.
Fam. Pythidae. Nycterus curculionoîdes F.
Fam. Curculionidae. Otiorrhynchus tomentosus Gyll. Polydrusus cervinus L.. . . Sitona vestitus Walt]. 09h Des- brochers)..... . Fibeoh: Brachycerus undatus F dia . Larinus cynarae F. var. gla- brirostris Gyll. Comunissimo sui fiori di Onopordon tau- ricum W., var. apulum Fiori.
Larinus scolymi Oliv. Come la precedente.
Larinus carinirostris Gyll.
Hypera punctata F. Rari esem- plari in febbraio.
Pissodes motatus F. In grando quantità sui pini in maggio.
Smicronye jungermanniae Reich.
(det. Desbrochers). : Smicrony®e variegatus ? Gyll. . Ceuthorrhynchus pleurostigna
Marsh. . . uf Apion tubiferum ‘Gyll. Fre-
quente sui fiori di Cistus Apion carduorum Kirb. . Apion semivittatum Sor: (det.
Desbrochers).
Apion rufescens Gyli. ( det.
Desbrochers). .
Apion confluens Kirb. (det,
Schilsky) . .
Apion rufirostre F. i 9 (det.
Desbrochers). .
Apion wviolaceum Kirb. (det.
Desbrochers). .
Auletes tubicen Boh. (det. Des-
EroeBers): + i ue La
Italia continent.
fa
+ +
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++ ++
SL Calabria
+ ++ + ++ +
Toscana
ISOLE TREMITI
S. Domino
+
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Pianosa
Caprara | S. Nicola
Dalmazia
+ l'elagosa Comisa
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+ + + + + + ++
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ISOLE TREMITI Ialia A dI rasa fa continent S. Domino | Caprara | S. Nicola "= @a_o or _rrrrirtr9., rr _ ‘ii i i IE Fam. Anthribidae. | Tropideres curtirostris Muls. (det.Schilsky) .. iL »—. + .|| Lazio + Urodon rufipes Oliv.i . .. + | + Fam. Mylabridae. Mylabris pisorum L. Abba- stanza frequente in maggio. + + io a Mylabris seminaria L. var. pi- cipes Germ. . + si no Mylabris velaris Fahrs. (det, Reitter). . 3 + ch Mylabris bimaculata Oliv. . st + + Fam. Scolytidae (1). Pityogenes lipperti Henschel. . 4 | + Pityogenes pilidens Reitt. (det. Reitter). : . i | Ips proxcimus Hichh,!% |. Alpi, S. Remo] = + | Viareggio | Ips erosus Woll. In febbraio. | veneto || + ut Trentino Crypturgus numidicus Ferrari i Tn'*febbraiogtani. io... |. alenirsali" — e | (Toscana) Fam. Cerambycidae. I Clytus rhamni Germ. . . ni È Rù Parmena pubescens Dalm. var. | pilosa Brulll”. . |. nn + i Acanthocinus griseus F. Rac- colti molti esemplari sui pini, coll’ombrello. . . + + + Niphona picticornis Muls. + + + Agapanthia cardui L. + - + Fam. Chrysomelidae. Crioceris paracenthesis Li. . . + sh + Macrolenes ruficollis F.. . . >; + i 5a Cryptocephalus trimaculatus Rossi. ... + sio + Cryptocephalus ‘macellus Suffr. (det. Reitter). . . nf sha + ni
(1) Raccolsi le cinque specie di questa famiglia sul Pinus halepensis, sul quale avevano scavato le loro gallerie caratteristiche.
Colaspidea globosa Kiist. Ab- bastanza frequente.
Chrysomela americana L. Fre- quentissima sui fiori.
Chrysomela banksi F. (det. Reitter). . .. ; 3
Ochrosiîs pisana Are
Psylliodes cupreata Duft. (det. Reitter). : :
Psylliodes chrysocephala L.
Psylliodes A A e var. collaris Wsi. . DAL,
Psylliodes cuprea Koch.
Psylliodes hyosciami L. .
Phyllotreta procera Redtb.
Aphthona nigriceps Redtb.
Aphthona pygmaea Kitsch. (det. Fiori) ;
Aphthona euphorbiae ‘Schr.
Longitarsus corynthius Reiche. (det. Reitter).
Longitarsus ballotae Marsh. (det. Reitter) Raccolsi col- l’ombrello pa isoni Spegpiari sui pini.
Longitarsus aeruginosus Foudr. (det. za Come la Lg cedente.
Hispa testacea L. Parecchi esemplari sulle piante di Cistus monspeliensis L. .
Fam. Coccinellidae.
Adonia variegata Goeze, var. . Semiadalia 11notata Schneid.. Coccinella Tpunctata L. Fre- quente anche in febbraio. Halyzia octodecimguttata L. var. ornata Herbst. 1 Chilocorus bipustulatus L. Scymnus subvillosus Goeze. Scymnus pallidivestis Muls. Scymnus interruptus Goeze.
Scymnus redtenbacheri Muls. .
—
Italia
continent.
- ds
++ +++++
Piemonte
+
Tirolo meridionale
-
+++++
ISOLE TREMITI
S. Domino) Caprara | S. Nicola + + Sia L L + Dai + Sa SI t + + t cla Jp Îs _ + + E + + + + + + + + + ft
Pianosa
Dalmazia
+++4++ +
ie MR Le } cicci
i ISOLE TREMITI Italia
3 Pianosa || Dalmazia continent,
S. Nicola
Ordine: Neuroptera.
Fam. Myrmeleonidae. Palpares libelluloides L. Ab- bastanza frequente sui fiori di Compositae in maggio. Myrmeleon formiearius L. Molto frequente, in maggio, lungo le siepi e lungo i confini dei campi fra le graminacee. . sh
Fam. Chrysopidae.
+
Chrysopa vulgaris Sch. Poco
frequente. . . + Ordine: e: A Terebrantia.
Fam. Chalcididae.
Ormyrus punctiger Westw. (def Schmiedeknecht) . . 7 DS
Fam. Braconidae. Glyptomorpha castrator Fabr. (det. Schmiedeknecht). Chelonus fenestratus Nees. Apanteles longipalpis Reinh. (det. Schmiedeknecht). : Bracon pectoralis Wesm. (det. Schmiedeknecht).
Fam. Grilbmpnidae. Angitia fenestralisHolmgr. (det.
Schmiedeknecht). > Amblyteles armatorius Forst.
dò invfebbratos (0; « . L +
Fam. Cynipidae.
Andricus coriaceus Mayr., con galle caratteristiche su foglie di Q. Ilex L.
Fam. Tenthredinidae.
Tenthredinidarum (1) sp., con
galle caratteristiche sulle fo- glie di Q. Itec L.. . . . || Viareggio +
+
++ al +
+
Ara ne
+ +
(1) Cecconi, Descrizione di galle nuove 0 poco conosciute, Marcellia, vol. II, 1904.
ast
Ti ISOLE TREMITI Italia
continent. aueeÌ S. Domino
Pianosa || Dalmazia
Caprara | S. Nicola
Fam. Chrysididae. Ellampus auratus L. . . . - + È
Fam. Scoliidae.
Scolia bidens L. Frequente sui fiori di piante erbacee. . . | Napoletano || + E
Fam. Pompilidae.
Pompilus fusco-marginatus Thom. (det. Magretti). . . "hi “a Pompilus cinctellus Spin. var. nubecula Costa (det. Ma- Pec pena. |... ili + sa
Fam. Crabronidae.
Oxybelus nigripes Oliv. (det. Magretti). . . + ||- merid, + Oxybelus i4notatus Tur. ‘ (det. Magretti). . . è + ILA Cerceris emarginata Panz. (det. Magretti). : . Sceliphron spirifex de (det. Magretti). ER eine
+ +
+ t
Fam. Vespidae.
Odynerus parietum L. (det Magretti). ;
Polystes gallicus L. Un esem- plare tipico in febbraio. .
+ + +
+ + +
Fam. Formicidae (1).
Crematogaster scutellaris O1. In quantità grande dentro gal- lerie scavate in una Hi dit pimo. «-..
Aphenogaster pallida ‘Nyl.
Aphenogaster subterranea Latr.
Messor barbarus var. ca An- dEEe i *, . ||L merid.
Messor barbarus var. meridio- nalis André, .
+
+ +++ ++
+
(1) Le formiche furono determinate dal prof. Carlo Emery.
iO
| ISOLE TREMITI
Tetramorium caespitum var. diomedea Emery, nova va- rietas. E forma schiava dello Strongylognathus huberi For. La © presenta nella” forma dei due segmenti del peziolo, moltocorti e larghi, e il primo subsquamiforme ed inciso ad arco nel mezzo, una struttura caratteristica che è simile a quella della sottospecie ferox Ruzsky, della Russia meri- dionale e dell'Ungheria; però la forma delle Tremiti è più piccola e differente per scol- tura e per colore . .
Strongylognathus huberi For., subsp. rehbinderi For., var. cecconti Emery, nova varietas. 9. Colore come la s. sp. rek- binderi For., ma col capo ancora più scuro. Capo non del tutto così largo come nella forma della Russia; scultura più debole, la super- ficie splendente del capo più estesa; strie arcuate non sempre ben distinte. Dorso del pro-mesonoto in massima parte lucido. Lunghezza 3-3,2 mm.
Pheidole pallidula Nyl.
Lasius alienus Favr. .
Camponotus maculatus pallens Nyl. olo
Camponotus maculatus aethiops Latr. :
Camponotus lateralis OI.
Plagiolepis pygmaea Lk. ;
Acantholepis frauenfeldi Mayr. var. niger Emery. È forma orientale e manca nelle Isole tirrene e in Sardegna
Fam. Apidae.
Andrena nana Kb. Na Ma- gretti). . i
Italia i Pianosa || Dalmazia FILA, IS Domino| Caprara | S. Nicola - + op + + + + - + “È TP Calabria 3P "i + DA ui MM i tt = Ri si + 3F *é I. merid. sla na na + 3F
300571 pie rr———————————————1n
ISOLE TREMITI |
Italia continent.
Pianosa || Dalmazia
S. Domino | Caprara | S. Nicola
Halictus scabiosae Rossi. . . SE È b; pe Halictus clavipes Dourr. Gai Schmiedeknecht). . . 20 Halictus smeatmanellus Kb. (det. Magretti). . . + + a Halictus villosulus Kb. (det Magretti). £ Xylocopa violacea Dul't Eucera grisea Fabr. (det. Ma- gretti).. . + + Podalirius garrulus Rossi (det. Magretti). . . : < Bombus terrestris Li. 3 e NO) . I + 2 Ordine: Lepidoptera. Macrolepidoptera. Fam. Pieridae.
Pieris brassicae L. Pieris rapace L. . Pieris daplidicae L. Colias edusa F. sta al. Fam. Nymphalidae. | Pyrameis cardui L. Comunis- | sima ; qualche poctaBiato | anche in febbraio. . . . + Vanessa polychloros L.un esem- plare sulla fine di febbraio. Orneosoma sinuella Fabr. Pararge megera L. E la specie più comune durante la buona stagione; un BRA anche in febbraio. . Epinephele ida Esp. 3 e o. Fam. Lycaenidae. Chrysophanus phloeas L. Lycaena astrarche Berg. Lycaena icarus Rott. Fam. Sphingidae. Acherontia atropos L. Un esem- piaro... . Macroglossa stellatarum 1. Tro- vai alcuni esemplari in feb- braio nei luoghi abitati; in maggio frequente sui fiori di | Wadpordoni: CL Meet Lr, sh "wo na sl
++ +
+++ + +++ +++
++4++
+F++
+ + ; f
+4 + + +
++ ++
+++ + C-
+++ +++
t sa
sie Go
: iui ISOLE TREMITI — ISOLE TREMITI
Pianosa || Dalmazia continent. S. Nicola
S. Domino | Caprara
Fam. Lasiocampidae. Gastropacha quercifolia L. Ot- tenni, verso la fine di giugno, una 9 da un bozzolo che trovai aderente ad un rametto di
LT ECO VIN LCINIRARN CONO CO I UO SOSTA 0 NA sl “ Fam. Saturnidae. Saturnia pyri Schiff, Ebbi una larva, mantenuta in alcool, dal signor Antoci. . . . . sn + st Fam. Noctuidae. Mamestra chrysozoma Berkkh. . ih sh Ù Panolis griseovariegata Goeze. Sui primi di aprile ottenni una farfalla da una crisalide che avevo raccolto in febbraio, sotto un sasso. . Sava + at tr Eutelia adulatrix Hb. + + vi Leucanitis stolida Fabr. 3 * ali Ù Pseudophia tirhaca Cr. Un esemplare, posato nel terreno sull’erba, difficile a vedersi « pel colore protettivo . . . + da da Fam. Geometridae. Gnophops dumetata Tr. . . a hi Fam. Arctiidae. Spilosoma menthastri Esp. In febbraio trovai una quantità di larve, di grandezze diverse, sotto i sassi; alcune delle più sviluppate passarono allo stato di ninfa e sui primi d’aprile ottenni alcune farfalle. . . | merial + su Si Microlepidoptera (1). Fam. Pyralidae. Euzophera osseatella Tr. . . sh x Myelois cribella Hb... . . sa sa + Fam. Tortricidae. Oletreutes bifasciana Hew. . SL +
(1) I quattro microlepidotteri mi furono determinati dall'abate J. de Joannis.
sean
i _——_———————————————————e"—”'— o@o@o—w—
ISOLE TREMITI Italia
conte tomo Carra | . col S. Domino
Pianosa || Dalmazia NE i OC S. Nicola
Glyphipterix thrasonella How. +
+ +
Ordine: Hemyptera (1).
Fam. Pentatomidae.
Odontoscelis fuliginosa L. Odontotarsus robustus J alc Eurygaster maura L. (ninfa).. Ancyrosoma albolineatum Fabr. Brachypelta aterrima Forst. Geotomus elongatus H. S. Aelia acuminata L. . . Peribalus albipes Fabr. . Nezara heegeri Fieb. .
Fam. Glyphipterigidae.
++
++++ +++
+++++t++++
++++
Fam. Coreidae.
Centrocoris spiniger Fabr. . . a +
Camptopus lateralis Germ. Al cuni peDinei anche in feb- braio,
Corizus crassicor rnîs 1
+
++ + +
Fam. Lygaeidae.
Lygaeus pandurus Scop. Fre- quente; alcuni esemplari anche in febbraio.
Orsyllus reyi Put.
Nysius stàlianus Horv. ;
Geocoris siculus Fieb. var. me- diterraneus Put. AR
Heterogaster urticae Fabr. .
Platyplax inermis Ramb. .
Macroplax fasciata H. S.
Plinthisus hungaricus Horv.
Hyalochilus ovatulus Costa.
Calyptonotusrolandri L.(ninfa).
Scautius aegyptius L.Frequente; qualche esemplare anche in febbraio. . sl + + ur
Pyrrhocoris apterus i. Qualche esemplare anche in febbraio. + + + iu
+
+++ ++
+ ++
++
++++ + +++4++
++4+t+4+++
(1) Quasi tutti gli emitteri furono determinati dal prof. G. Horvath. Raccolsi quasi tutte le specie in maggio e molte sulle piante, coll’ombrello.
ISOLE TREMITI _ISoLe TREMITI |
Italia L, : contiginiti | Pianosa || Dalmazia S. Domino | Caprara | S. Nicola Fam. Reduviidae. Holotrichius denudatus Costa tea RO I. merid.l + Coranus cegypiius Fabr. “(ar Va). . : : “+ sha i; Nabis ferus 1 n cli U sti Ri Fam. Cimicidae. Triphleps majuscula Reut. . us e + + Fam. Capsidae. Megalocoerea linearis Fuessl. . nh + LL Miridius quadrivirgatus Costa. ih + iS Adelphocoris lineolatus Goeze. "i + sR Colocoris bipunctatus Fabr. + + sr + + t Lygus pratensis L. Sx “i ih Poeciloscytus cognatus Fieb. "i iù nr ua Ortocephalus saltator Hahn. + + sr Fam. Jassidae. Acocephalus histrionius Fabr. dodo tenia i + SH de Fam. Cercopidae. Ptyelus lineatus L. + chi + a t Ptyelus spumarius L. + di + »i Ù Fam. Fulgoridae. Tettigometra sulphurea M. R.. + + Tettigometra obbliqua Panz. . 3 - Ù Hysteropterum grylloides L. + + "o +
Fam. Aphidae.
Aploneura lentisci Pass. Con galle caratteristiche su foglie di Pistacia lentiscus L. . . ala nl ti
Schizoneura lanuginosa H. Con gallecaratteristichesu Ulmus campestri; Low. 1 4a. le 15 sh È
Fam. Coccidae.
Ceroplastes rusci L. Su rametti di Pistacia lentiscus L. . . sh sd di
Ordine: Diptera (1). Orthorrapha.
(1) I ditteri furono determinati del prof. Mario Bezzi.
Fam. Bombyliidae. Anthrax perspicillaris Lw. Anthrax ixion Fabr.
Fam. Therevidae. Thereva tristis Lw. .
Fam. Asilidae. Cerdictus zelleri Schi. Cyclorrapha. Fam. Syrphidae. Eristalis tenax L. sui fiori. Sphaerophoria scripta L. Fam. Phoridae. Phora bicolor Meig. . Fam. Muscidae. Viviania pacta Meig. Ocypterula pusilla Meig. Sarcophaga carnaria L. Sarcophaga melanura Meig. Sarcophaga nigriventris Meig. Sarcophaga haemorrhoa Meig . Pollenia rudis Fabr. Anche in febbraio. sudan Onesia vespillo Fabr. Anche in febbraio. . = TE RL. Calliphoraerythrocephala Meig. Comune anche in febbraio. . Fam. Sciomyzidae. Ditaenia cinerella (1) Fall.
Fam. Trypetidae.
Sphenella marginata Fall. . Urellia stellata Fissl.
Fam. Chloropidae. Chlorops sp.
— 29
Italia continent.
[. merid.
++
4
+kt++t++
+ +
ISOLE TREMITI
S. Domino
+++ +
Caprara
S. Nicola
Pianosa
Dalmazia
++++
(1) Non si conosceva ancora con certezza dove viveva questa specie allo stato di larva e si supponeva nelle sostanze vegetali; posso invece assicurare che le larve vivono nell'interno del piccolo mollusco Xeroclivia conica Drap. che trovai vivere in grande quantità fra l'erba, a S. Nicola, in febbraio. Raccolsi ad una ad una queste piccole conckigiie e le misi dentro una scatoletta di legno ben chiusa e avvolta con carta: riguardando ai primi di marzo (1906) il contenuto, trovai, oltre alle conchiglie, un certo numero di pupe di ditteri dalle quali il 10 di aprile co- minciarono ad uscir fuori gli insetti perfetti.
==
i ISOLE TREMITI Italia
continent.
Pianosa || Dalmazia
S. Domino| Caprara | S. Nicola
Tipo: CORDATA.
Classe: REPTILIA.
Fam. Lacertidae. Lacerta muralis var. serpa Raf e e lie) > ni sn x tica, Gargano Fam. Geckonidae. Emydactylus turcicus L. . . pa Ù dr +
Petar Fam. Colubridae.
Zamenis gemonensis Laur. In- dividui di due colorazioni: alcuni chiari, altri quasi neri, con una larga fascia longitu- dinale mediana, ventrale, di color bianchiccio. . . . . + + sl AE + *
Classe: MAMMALIA,
Fam. Muridae.
Mus musculus L, . .....:- uo 1 + ale + + Mus rattus L. var. Comune a S. Nicola nelle case. Ne ri- portai un maschio adulto che appartiene alla forma alexan- drinus o tectorum, Savi, cioè color chiaro sopra, bianco sotto. A S. Domino vive sugli alberi e rompe le squame dei coni di pino, per cibarsi dei semi, nel modo stesso che fanno i ghiri e gli scoiattoli. sh "i sl si Pelagosa
Aggiungerò qui le poche specie di animali raccolti in febbraio al- l'isola Cretaccio che, per la sua piccolezza, tralasciai di visitare in maggio.
Mollusca: Caracollina lenticula Fér., Carthusiana rizzae var. globosior Monts., Xeroclivia conica var. pyramidella Jan., Xeroacuta acuta Auct., Helix vermiculata Miill., Chondrus tridens var. rufa Monts.
Arthropoda: Armadillidium vulgare Latr., Porcellio laevis Latr., Metoponorthus pruinosus Brandt., Leptotrichus panzeri Aud. et Sav., Philoscia couchii Ki., Dysdera kollari Dobl., Enoplognatha mandibularis
ii —
Lue., (trovato soltanto in quest'isola e che si trova tanto in Italia quanto in Dalmazia), Acridium aegyptium L., Harpalus sulphuripes Germ., Harpalus tenebrosus Dej., Stenosis brenthoides Rossi., Asida bayardi Sol., Pedinus meridianus Muls., Aphenogaster pallida Nyl.
Cordata: Lacerta muralis var. serpa Rafin.
Da uno sguardo rapido sugli elenchi che precedono, risulta chiara tanto l’influenza della grandezza delle isole, come anche quella delle condizioni svariate che gli animali trovarono e trovano tuttora nelle diverse isole che formano il gruppo delle Tremiti; difatti S. Domino, l’isola maggiore e che presenta condizioni di vita più favorevoli delle altre, comprende quasi tutti gli animali raccolti anche nelle altre isole e in quantità maggiore; Caprara, la seconda in grandezza e che offre condizioni di vita meno buone, conta un numero molto minore di specie, e così seguono, in ordine decrescente in tutti gli aspetti, S. Nicola e Cretaccio.
Più lunghe ed accurate ricerche faranno senza dubbio conoscere un numero maggiore di animali che vivono alle Tremiti, ma la Fauna di queste isole sarà sempre limitata di specie (1), contribuendo, come già ho accennato, varie cagioni ad impedire in esse la vita animale, quali la mancanza assoluta di acqua, e quindi la secchezza estrema così del- l'estate, come della primavera e dell’autunno, la scarsa vegetazione, la costituzione geologica, affiorando per estesi tratti la viva roccia ed es- sendo i terreni più o meno inclinati, la superficie molto ridotta e pic- cola la loro elevazione; a tutto questo si aggiunga il frazionamento continuato, quindi la riduzione in superficie, che si manifestarono e si manifestano tuttora in quelle isole; cosicchè anche i rappresentanti la Fauna odierna, quantunque molto lentamente, diminuiranno in modo continuo di numero non solo ma anche di specie.
Intanto, dalle raccolte da me fatte, quello che si può dire di sicuro intorno a questa Fauna è che la maggior parte delle specie sono comuni nell’Europa in generale e in particolar modo nell'Europa meridionale e nella Regione mediterranea; e ciò era naturale perchè, essendoci alle Tremiti condizioni contrarie alla vita animale, in esse si fermarono, si svilupparono e rimasero le specie di più facile adattamento, che hanno quindi un territorio geografico molto largo e quelle quasi esclusivamente proprie della regione nella quale sono quelle isole.
Non si deve credere però che fra gli animali da me raccolti non vi
(1) La povertà della fauna, e quindi anche degli insetti, spiega la mancanza assoluta di animali particolarmente insettivori, come ad es. i pipistrelli, che, a quanto mi assicurano, non si trovano affatto alle Tremiti.
10 e sieno di quelli che abbiano una certa importanza; prime fra tutte le nuove specie e varietà, quali:
Helodrilus diomedaeus Cognetti. Porcellio diomedus Dollfus Carthusiana zizzae Arad. Nemesia cecconii Kulez.
var. globosior Monts. Oxyopes lineatus Latr. Chondrus tridens Mill. var. occidentalis Kulcez.
var. rufa Monts. Dicranolasma diomedeum Kulcez. Scyphus doliolum Drap. Tetramorium caespitum
var. singularis Monts. var. diomedea Emery. Clausilia gibbula Ziegl. Strongylognathus huberi For.
var. tremerusina Monts. var. cecconii Emery.
var. selecta Monts.
var. solidula Monts.
Parecchie altre hanno importanza per diversi aspetti, e in particolar modo per la loro distribuzione; così, per citarne qualcuna, fra i vermi: Helodrilus januae-argenti Cognetti, era stato finora trovato sul Gennar- gentu, in Sardegna; fra gli aracnidi: Ciniflo flavicoma L. Koch (Monti Sabini, Corsica), Disdera kollari Dobl. (Dalmazia, Croazia), Philodromus caespiticola Walk (Europa sett. e media), Philodromus medius Cambr. (Palestina, Egitto); fra i miriapodi: Lithobius peregrinus Latzel (Dal- mazia), Scolopendra dalmatica C. Koch (Dalmazia, Sardegna); fra gli insetti: Lepisma crassipes Esch. (Sardegna, Sicilia), Ebaeus italicus Reitt. (Roma, Messina), Asida bayardi Sol. (Gargano, Sicilia), Helops azureus Brull. (Grecia, Turchia, Tirolo merid.), Danacaea picicornis Kiist. (Gargano, Isole italiane, Pelagosa), Anthicus pauperculus Laf. (Spagna), Larinus cynarae var. glabrirostris Gyll. (Dalmazia, Sicilia), Pityogenes lipperti Henschel (Dalmazia, Nizza), Pityogenes pilidens Reitt. (Corsica), Parmena pubescens var. pilosa Brull. (Dalmazia, Grecia), Apanteles longipalpis Reinh. (Germania), Bracon pectoralis Wesm. (Eu- ropa occid., Ungheria, Africa sett.), Aphenogaster pallida Nyl. (Sicilia), Messor barbarus var. meridionalis Andrè (Penisola balcanica), Lasius alienus Favr. (Dalmazia), Camponotus maculatus pallens Nyl. (Calabria, Sicilia), Euzophera osseatella Tr. (Ungheria, Dalmazia, Sicilia), Oletrew- tes bifasciana Hew. (Dalmazia, Norvegia, Isole italiane), Cerdictus zel- leri Schi. (Sicilia).
La formica Strongylognathus huberi For. var. cecconii Emery, è im- portante anche perchè rappresenta un genere che non era stato trovato in Italia, mentre altre forme si conoscevano per l'Europa meridionale e per l'Algeria; il dittero Ditaenia cinerella Fall. vive allo stato di larva dentro la conchiglia del piccolo gasteropodo terrestre, Xeroclivia
conica Drap. var., mentre prima si credeva che vivesse nelle sostanze vegetali; taccio di parecchie altre specie per ragione di brevità.
Ma l’importanza maggiore, come già ho detto, degli animali raccolti alle Isole Tremiti (che comprendono, allo stato presente delle ricerche, poco meno di cinquecento specie) si fonda senza dubbio nella possibilità che essi confermino o no la teoria geologica, secondo la quale, per analogia colia Tirrenide, si ammise, nell’odierno bacino settentrionale e medio del- l'Adriatico, l’esistenza di una terraferma che fu detta Adria.
Ma, mentre questa terra non venne ancora confermata da fatti, ec- cettuato soltanto un numero molto }imitato di piante, intorno alle quali riferisce il Tellini (1), la Tirrenide invece venne dimostrata dal For- syth Mayor (2) il quale, fondandosi su dati paleontologici, zoo e fito- geografici, provò che le odierne isole di Corsica e di Sardegna furono in attinenza temporanea, durante il periodo quaternario, non solo coll’Ar- cipelago toscano ma ancora con diversi punti della Costa occidentale d’Italia e, più a sud, colla Sicilia e coll’Africa; e, limitandomi soltanto alla parte zoologica, ricorderò che il Forsyth-Mayor enumera. sedici mammiferi, che vivono al presente in Corsica e in Sardegna, dei quali uno solo sembra essere endemico, il Sus scrofa meridionalis, e sette mancano in Italia, mentre tutti, ad eccezione di quel cinghiale, si tro- vano nell'Africa settentrionale; i rettili e gli anfibi si comportano in modo molto simile, perchè di ventuna specie, ricordate per la Sardegna e per la Corsica, dodici solamente si trovano anche in Italia, sedici nel- l’Africa settentrionale e diciassette in Spagna.
Come si vede i dati zoogeografici per dimostrare la Tirrenide si fondano tutti sui vertebrati, la maggior parte dei quali debbono essersi diffusi per via di terra, mentre per l’Adria questi animali non ci ser- vono quasi punto, perchè, se contrarie sono le condizioni di vita alle
(1) Lavoro citato, pag. 56. Si comprendono soltanto 14 specie di piante erbacee, rare e scelte dal dottor Terraciano fra quelle raccolte dal Tellini e che meritavano di essere messe a confronto; in un quadro sono indicati per queste specie i diversi punti che ebbero in qualche modo attinenza diretta fra loro e che rappresentano un legame fra le Isole Tremiti, Pianosa, Pelagosa, il Gargano, la Dalmazia ed altri luoghi. L’autore dice che questo legame “ può essere stato lungo od effimero, recente od antico e più 0 meno intimo ,,, aggiungendo che “ resterebbe ancora sempre da de- terminare se per caso queste piante sono dei fossili viventi ed a quale epoca risalgono, oppure in qual momento hanno cominciato a divergere dal tipo comune sì da potersi poi erigere al grado di specie ,.
(2) L'origine della fauna delle nostre isole, Atti Soc. Toscana di Scienze natu- rali, Processi verbali, Vol. III, pag. 36-42 e pag. 113; La Tyrrhenis, id. id., pag. 192; Ancora la Tyrrhenis, id. id., Vol. IV, pag. 13-21; Sul Mus meridionalis Costa, ecc.; id. id., pag. 48; Rettili ed anfibi caratteristici della Tyrrhenis, id. id., pag. 48-50, Die Tyrrhenis, Kosmos, VII, Jahrgang, 1883.
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SIE CS isole Tremiti per gli animali in genere, sono tali in modo particolare pei vertebrati; difatti vi si trovano soltanto:
Mus rattus L., var. Lacerta muralis var. serpa Rafin. Mus musculus Rafin. Hemydactylus turcicus L. Zamenis gemonensis Laur.
le quali specie vivono anche nei due opposti continenti, fatta eccezione soltanto per Ja varietà di Lacerta, non ricordata, almeno per ora, come propria nè della Dalmazia, nè delle isole dalmate e neppure della penisola Balcanica, mentre si trova lungo la costa adriatica italiana e in altre parti del continente italiano, in Sicilia, in Corsica e in altre isole del Mar Tirreno.
Non potendo i Vertebrati se non in misura troppo limitata e quindi di poco valore, siamo obbligati a mettere a profitto pel caso nostro gli in- vertebrati; e poichè per chi studia l’origine della fauna di un’isola è indispensabile conoscere bene la fauna del continente, o dei continenti più prossimi, come nel caso nostro, faremo prima il confronto tra la fauna delle Tremiti e quella d’Italia e di Dalmazia, e poi, passando in rassegna i diversi animali, li raggrupperemo secondo il loro modo di diffondersi, per vedere se esistono attinenze tra queste due faune e se gli animali possono provar almeno qualche cosa rispetto agli studi geologici.
La fauna del Gargano è pochissimo nota, mentre quella della Dal- mazia e delle isole adiacenti conta parecchi importanti lavori, e da ri- cordarsi in modo particolare quelli dei professori Gasperini, Kolomba- tovic e Miiller (1); non potendo quindi mettere in modo particolare a confronto la Regione garganica, ho creduto conveniente di porre, negli elenchi che precedono, le isole Tremiti fra due colonne, che rappresen- tano l’una il continente italiano e l’altra il dalmato; si può vedere così a prima vista, per mezzo di un segno adatto, (+), dove vivono le diverse specie secondo le cognizioni odierne.
Dall’esame dei diversi gruppi di animali raccolti si può dire quanto appresso: delle quattro specie di Vermi, eccettuata la nuova e quella che era stata trovata finora soltanto in Sardegna, le altre vivono nel con- tinente italiano e in Dalmazia.
I Molluschi naturalmente debbono dividersi in due gruppi: quelli che vivono alle Tremiti e quelli che vennero depositati lungo le coste; nel
(1) Tutti e tre si sono occupati e si occupano tuttora della raccolta e dello studio della fauna dalmata. Sarebbe troppo lungo voler riassumere soltanto i titoli dei loro lavori: dirò soltanto che il prof. Gasperini ha pubblicato lavori sui Crostacei, Aracnidi, Miriapodi, ed Imenotteri (consulta Annuario dalmatico, a. 1886, 87, 89, 91, 92, 1901), il prof. Kolombatovie sopra i Vertebrati, compresi anche quelli di mare, e il prof. Miller sopra i Coleotteri (Wiener ent. Zeitung, 1899, 1902; Min- chener Koleopt. Zeitschrift, 1903-1904; Kais. Akademie der Wissensch. in Wien, 1903).
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caso nostro dobbiamo tener conto soltanto delle specie viventi, una ven- tina, per le quali dobbiamo dire che sono tutte italiane e che soltanto: Neroclivia conica var. verticillata Parr., Clausilia gibbula Ziegl., Fe- russacia hohenwarthi Rossm., Alexia botteriana? Ph., si trovano anche in Dalmazia; ciò non concorderebbe davvero con quanto aveva affermato il Neumayr (1), cioè che i molluschi del Gargano si avvicinano piuttosto a quelli dalmati che a quelli dell’ Appennino.
I Crostacei Isopodi presentano maggior analogia con quelli d’Italia che con quelli della Dalmazia, quantunque una metà della specie siano comuni ai due continenti.
Degli Aracnidi il maggior numero di specie sono comuni ai due con- tinenti, ma la fauna aracnologica delle Tremiti presenta maggior affinità coll’Italia che colla Dalmazia, perchè una sola specie fu trovata in questa regione e non in Italia, mentre undici specie che si trovano sul conti- nente italiano non furono ancora raccolte in Dalmazia.
I Miriapodi sono quasi identici, colla differenza però che Lithobius peregrinus Latzel. e Scolopendra dalmatica C. Koch., sono propri della Dalmazia, mentre non vi si trovano Chaetochelyne vesuviana Newp., Geophilus flavidus C. Koch., che invece vivono in Italia.
I Coleotteri, l'ordine più abbondantemente rappresentato, e quindi di maggior importanza pel caso nostro, hanno un’impronta mediterranea ben distinta, quantunque ve ne siano parecchi che vivono anche nel- l'Europa media e settentrionale; si può dire che la maggior parte delle specie sono comuni ai due continenti, ma esiste una maggior analogia coll’Italia, essendovi soltanto cinque o sei specie raccolte in Dalmazia e non in Italia, mentre più di trenta specie furono trovate in Italia e non in Dalmazia, quantunque per alcune di queste ci sia la possibilità che vì si trovino, come ad esempio:
Tachyporus pusillus Grav. Anthicus instabilis Schmidt. Philonthus intermedius Lac. Pissodes notatus F. Xantholinus glabratus Grav. Smicronya cicur Gyll.
Stilbus testaceus Panz. Mylabris velaris Fahrs. Micrambe vini Panz. Psylliodes cupreata Duft. Trinodes hirtus F. Longitarsus corynthius Reiche. Ernobius abietinus Gyll. Longitarsus ballotae Marsh. Lasioderma redtenbacheri Bach. Lengitarsus aeruginosus Foudr. Scraptia fuscula Miill. Scymnus redtenbacheri Muls.
Anaspis rufilabris Gyll.
(1) Il malacologo Kobelt credette di vedere una grande rassomiglianza tra la fauna dei gasteropodi terrestri del Gargano e quella della Dalmazia; questa opi- nione fu riportata dal NeumayR nel lavoro: Zur Geschichte des dstlichen Mittelmeer- becke, Berlino, 1882.
Alla fauna coleotterologica delle Tremiti sono da ascrivere elementi caratteristici pel Mediterraneo occidentale come:
Chrysomela banksi F. Meloe murinus Brdt. Onthophagus andalusicus Wltl.
i quali mancano in Dalmazia e in tutto il bacino orientale del Mediter- raneo; un’altra specie del Mediterraneo occidentale è la Danacaea pi- cicornis Kiist., che però fu trovata dal prof. Miiller nell’igola di Pela- gosa, mentre sembra mancare nel litorale Dalmato, e il prof. Andrea Fiori la raccolse sul Gargano.
Alcuni dei coleotteri trovati alle Tremiti vivono anche nelle isole dalmate: Pelagosa, Lissa, Lagosta, come ad esempio:
Ophonus meridionalis Dej. Pedinus meridianus Muls. Licinus silphoides Rossi. Zonabris variabilis Pallas. Oxytelus speculifrons Kr. Oedemera flavipes F.
Hister major L. Apion tubiferum Gyll. Gymnopleurus pilularius L. Auletes tubicen Boh. Malachius spinipennis Germ. Ips erosus Woll.
Danacaea picicornis Kiist. Crypturgus numidicus Ferrari Tentyria italica Sol. Parmena pubescens var. pilosa Brull. Stenosis brenthoides Rossi. Macrolenes ruficollis F.
Blaps gibba Lap. Chrysomela americana L. Dendarus dalmatinus Germ. Psylliodes cuprea Koch.
ma non sono specie caratteristiche per queste isole e quindi non si può dire che le Tremiti abbiano affinità colle isole dalmate, perchè tutte quelle specie si trovano in Sicilia o in altre isole italiane, e quasi tutte sul nostro continente.
Gli Imenotteri sono per buona parte comuni alle due terre opposte, mi presentano molto maggior analogia coll’Italia che colla Dalmazia.
I Lepidotteri, gli Emitteri, i Ditteri, salvo rarissime eccezioni, si trovano quasi tutti nei due continenti.
Riassumendo quindi si può dire che la Fauna delle Tremiti concorda in grandissima parte con quella d’Italia e di Dalmazia, ma ci sono casi nei quali essa presenta o caratteri propri, forniti dalle nuove specie o varietà, ma pochi e di lieve importanza, o maggior affinità coll’uno o con l’altro continente, ma in modo particolare e con un numero di esempi molto maggiore col continente italiano, come risulta dallo specchio che segue:
i
Specie trovate fino ad ora in Dal- mazia, nelle isole dalmate, in altri luoghi e alle Tremiti, ma non nel continente italiano.
Molluschi.
Crostacei.
Aracnidi. Dysdera kollari Dobl.
Miriapodi. Lithobius peregrinus Latzel.
Specie trovate fino ad ora în Italia e alle Tremiti, na non in Dal- mazia:
Amalia carinata Risso.
Amalia gagates Drap.
Caracollina lenticula Fèr.
Carthusiana carthusiana Mill. var. minor Auct.
Xerolaeta turgida West. et Blanc.
Xerolaena brundisiana Fagot.
Xeroclivia conica var. pyramidella Jan.
Neroclivia pyramidata Drap. var.
Xeroacuta acuta Auct.
NXeroacuta acuta var. pratensis Monts.
Helix vermiculata Miill.
Chondrus tridens Mill.
Chondritortus quadridens Mill.
kumina decollata L.
Clausilia piceata Ziegl.
Carychium elongatum Villa
Ericia elegans Mill.
Metoponorthus sexrfasciatus Budde Lund.
Philoscia cellaria Dollf.
Philoscia muscorum Scop.
Ligia italica Aud. et Sav.
Ciniflo favicoma L. Koch. Ciniflo ferox Walk.
Drassodes severus C. L. Koch. Prostesima fuscipes L. Koch. Cyclosa sierrae E. Sim. Araneus adiantus Walk. Phalangium propinquum Luce. Phalangium saxatile C. L. Koch. Hyalomma aegyptium L. Eriophyes stefanii Nal. Eriophyes affinis Nal.
Chaetochelyne vesuviana Newp.
—_ Be
Specie trovate fino ad ora în Dal- mazia, nelle isole dalmate, in altri luoghi e alle Tremiti, ma non nel continente italiano.
Scolopendra dalmatica C. Koch Insetti. (Tisanuri) (Ortotteri) Loboptera decipiens Germ. (Coleotteri) Harpalus litigiosus Dej. Lavrinus cynarae F. var. glabri- rostris Gyl (1). Pityogenes lipperti Hensch. Parmena pubescens Dalm. var. pilosa Brull. Psylliodes chrysocephala L. Psylliodes chrysocephala L. var. collaris Ws. Halyzia 18guttata var. ornata Herbst (2).
Specie trovate fino ad ora in Italia e alle Tremiti, ma non in Dal- MAZiA è
Geophilus flavidus C. Koch. Lepisma aurea Duf.
Stenobotrus apricarius L. Stauronotus maroccanus Thumb.
Tachyporus pusillus Grav. Philontus intermedius Lac. Xantholinus glabratus Grav. Stilbus testaceus Panz. Micrambe vini Panz.
Trinodes hirtus F. Onthophagus andalusicus Wltl.
Potosia morio var. 4punctata Fabr.
Lampyris lusitanica Motsch. Ebaeus italicus Reitt. Ernobius abietinus Gyll. Lasioderma redtenbacheri Bach. Asyda bayardi Sol.
Opatrum melitense Kiist. Helops azureus Brull. Gonodera ferruginea Kiist. Scraptia fuscula Mill. Mordellistena pulchella Muls. Anaspis rufilabris Gyll. Anaspis labiata Costa
Meloe murinus Brdat. Anthicus instabilis Schmidt. Sitona vestitus Waltl.
(1) Questa specie fu citata soltanto della Sicilia, ma il Petri, nella sua mono- grafia (1907), crede che questa forma accompagni dovunque il tipo: più probabil- mente non fu ancora riconosciuta per l’Italia continentale.
(2) Ho aggiunto anche questa forma, trovata in Dalmazia e non in Italia, quantunque sembri che non possa invocarsi come un’affinità colla fauna dalmata, essendo il fondo nerastro di questa varietà dovuto all'influenza di un clima più
meridionale.
— pi
Specie trovate fino ad ora in Dal- mazia, nelle isole dalmate, in altri luoghi e alle Tremiti, ma non nel continente italiano.
(Neurotteri) (Imenotteri) Angitia fenestralis Holmgr. Camponotus lateralis 01.
(Lepidotteri) Gnophops dumetata Pr: Euzophera osseatella Tr. Oletreutes bifasciana Hew. (Emitteri) Ancyrosoma albolinea- tum Fabr. Nezara heegeri Fieb. Tettigometra sulphurea M. R. (Ditteri)
Specie trovate fino ad ora în Italia e alle Tremiti, na non in Dal- marzia.
Larinus scolymi Oliv.
Pissodes notatus F.
Smicronyx cicur Gyll.
Tropideres curtirostris Muls, Mylabris velaris Fahrs.
Ips prorximus Eichh.
Colaspidea globosa Kiist. Ohrysomela banksi F.
Ochrosis pisana All.
Longitarsus corynthius Reiche. Longitarsus ballotae Mahrs. Longitarsus aeruginosus Foudr. Scymnus redtenbacheri Muls. Myrmeleon formicarius L. Ormyrus punctiger Westw. Chelonus fenestratus Nees.
Scolia bidens L.
Pompilus fusco marginatus Thom. Oxybelus nigripes Oliv.
Oxybelus i14notatus Jur. Aphenogaster subterranea Latr. Messor barbarus var. niger Andrè Camponotus maculatus pallens Nyl. Andrena nana Kb.
Halictus villosulus Kb.
Nystius stàlianus Horw. Hyalochilus ovatulus Costa Holotrichius denudatus Costa Aploneura lentisci Pass.
Thereva tristis Lw. Phora bicolor Meig. Sphenella marginata Fall.
CA (Quali di questi dati corrispondano al vero e quali siano da ascrivere soltanto alla cognizione incompiuta dei diversi paesi messi a confronto, potrà dimostrarsi soltanto in. avvenire, quando le ricerche e gli studi degli animali che vivono in quei luoghi ‘saranno in maggior numero. Quanto al modo col quale si diffusero gli animali che al presente vivono alle Tremiti dobbiamo dapprima dividerli in due gruppi: 1° Animali che dai continenti possono esser giunti indipendente- mente dall’unione di queste isole colla terraferma. 20 Animali che necessariamente debbono essersi diffusi per via di terra e non în altro modo.
I° GRUPPO.
Gli animali che vi si comprendono debbono alla loro volta suddivi- dersi in due sottogruppi:
a) Appartengono al primo sottogruppo le specie migratrici le quali, per essere provviste di grandi mezzi di diffusione (mezzi che divengono ancor più potenti quando spira o soffia forte il vento), si trovano in quelle isole indipendentemente dall’essere queste collegate coi continenti, ossia possono benissimo esservi giunte da loro (1), attraversando gli spazi di mare, più o meno ampi. Difatti le Tremiti, quantunque abbastanza lontane dalle coste, trovandosi S. Domino, la principale del gruppo, a Km. 44,440 da Termoli e Km. 188,878 da Meleda, sono relativamente vicine alle due coste, è in modo particolare alla italiana, avuto riguardo ai po- tenti organi di volo e di trasporto dei quali dispongono le specie migra- trici; Pianosa, distante da S. Domino -Km. 29,632, Pelagosa, distante pure da S. Domino Km. 70,370, e le altre isole che seguono verso la costa dalmata avrebbero servito per le specie migratrici, provenienti dalla Dalmazia, come punti di sosta, come punti di passaggio. Valgano quale esempio gli Ortotteri della famiglia Acrididae, quasi tutti i lepidotteri, ma in modo particolare:
Pieris brassicae L. Acherontia atropos JBA Pieris rapae L. Macroglossa stellatarum L. . Colias edusa F. Pseudophia tirhaca Cr.
Pyrameis cardui L.
(1) Viaggiando sui piroscafi accade spesso d’incontrare al volo, anche molto distanti dalle coste, insetti buoni volatori, come più volte mi accadde di vedere la Pyrameis cardui L., specie diffusa dappertutto. Dalle mie note di viaggio alle isole Tremiti rilevò come, in pieno mare, vidi volare un Bombus, che poteva apparte- nere al B. terrestris, L. e per la mole sembrava una femmina.
— MM
fra i ditteri:
Erisialis tenax L. Pollenia rudis Fabr. Sphaerophoria scripta L. Onesia vespillo Fabr. Sarcophaga (le 4 specie) Calliphora erythrocephala Meig.
fra gli imenotteri:
Scolia bidens L. Odynerus parietum L. Pompilus (le 2 specie) Polistes gallicus L. i quattro Crabronidae, e tutte le specie della Fam. Apidae ;
fra i coleotteri pochissimi sarebbero i nomi che si potrebbero citare, e quindi per essi il modo di diffondersi per mezzo delle ali ha pochissimo valore, tanto più che i coleotteri in generale hanno vita breve allo stato di insetto perfetto, volano poco e quindi poco si allontanano dal luogo dove nacquero; così pure agli emitteri servono ben poco le ali.
Gli Aracnidi, non potendo volare e non potendo trasferirsi a distanza camminando, hanno un sufficiente mezzo di trasporto nei così detti fili di S. Maria o fili della Vergine (1). È noto come, in determinati momenti dell’anno, si vedono dei ragni trasportati in aria per mezzo di un filo, ed è certo che molti ragni furono notati come volatori, per mezzo di questi fili; cosicchè è lecito arguire dalle cognizioni odierne che le specie appar - tenenti alle famiglie Drassodidae, Thomisidae, Lycosidae, per lo meno in parte, furono trasportate alle Tremiti. Per mezzo di questi fili debbono es- sere passate in quelle isole altre specie ancora, come ad esempio quelle della famiglia Argiopidae (2); difatti notai come l’Araneus circe Sav., già in maggio, si trovava frequente sui pini e cominciava a fabbricare le sue tele, che mi dissero essere più tardi molto ampie non solo, ma coi fili correnti da una parte all’altra in tutti i versi; mi assicurarono ancora che questo ragno d’estate si vede passare attaccato ad un filo da una pianta all’altra, e il signor Antoci aggiungeva che la distanza fra le ‘due piante da lui osservate era anche di circa otto metri.
b) Appartengono al secondo sottogruppo le specic che, in modi di- versi, dovrebbero essere state importate dall’uomo.
(1) Il Darwin a sessanta miglia marine di distanza da terra osservò cadere sulla sua nave migliaia di ragni di colore rossiccio.
(2) Su tale proposito il prof. Kulezynski mi scrive: “ All’isola Krakatoa un mio amico trovò, molti anni dopo l'eruzione di quel vulcano, che certamente aveva “ distrutto ogni traccia di vita in quell’isola; parecchi ragni, fra i quali degli Ar- “ giopidi che, secondo ogni apparenza, sono animali poco mobili e quindi possono “ probabilmente essere giunti a Krakatoa per mezzo dei fili ,.
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ELI TA
Probabilmente l’uomo cominciò ad abitare le Tremiti fin dall’ epoca della pietra (1), e quindi risalgono a quest'epoca le comunicazioni di quelle isole coi due opposti continenti; è naturale perciò che un altro numero di animali sia giunto in esse passivamente, per l'opera inconsapevole dell’ uomo stesso, sia con le barche o con le navi, sia con gli oggetti importati, quantunque, occorre riconoscerlo fin d’ora, le Tremiti siano state sempre pochissimo popolate e quindi poco attivi siano stati gli scambi colla costa italiana e, meno ancora, colla dalmata.
Per opera dell’uomo possono essersi diffuse le seguenti specie:
Helodrilus caliginosus subsp. trapezoides A. Dug., che è il lombrico più sparso che si conosca; dei molluschi è possibile che alcune poche specie si siano diffuse per opera dell’uomo con le piante, con gli er- baggi (2), che per la mancanza d’acqua sono uno degli oggetti più attivi di importazione dalla costa italiana, e con altri mezzi (3); è naturale però
(1) Secondo quanto dimostrò il Marchesetti per l’isola Pelagosa, è probabile che anche nelle Tremiti l’uomo abbia cominciato ad abitare fin dall'epoca della pietra, poichè essendo le Tremiti più vicine alla terraferma più facilmente poteva giungervi l’uomo, che allora aveva mezzi di navigazione affatto primitivi.
Schegge di selce, che non di rado trovansi sulla superficie del terreno, sono invece senza eccezione mere schegge, più naturali che di mano umana, non un solo pezzo può considerarsi abbozzo 0 frammento di uno strumento litico, come gentilmente mi seriveva il prof. Enrico H. Giglioli, al quale avevo mandate molte di quelle schegge di dimensioni e forme svariate.
Alcune fosse quasi rettangolari e piuttosto corte, che si trovano scavate nella viva roccia calcarea, nel punto più alto di S. Nicola, ci danno finora i più antichi indizî della presenza dell’uomo, potendo considerarsi come sepolcreti, probabilmente greci, dentro i quali furono trovati scheletri rannicchiati, secondo quanto mi comu- nicava gentilmente il professore Brizio, da notizie avute anni sono dal compianto professore Bombicci; tali fosse hanno una lunghezza massima di m. 2,80, minima di m. 1,80; la larghezza massima di m. 1,20, minima di m. 0,40; l'altezza di alcune giunge a m. 0,60.
(2) È noto che nell’aprire i cesti d’insalata e di altri erbaggi si trova abba- stanza frequente, in mezzo alle foglie, qualche Limacide o qualche Helicide, spe- cialmente nei primi stadi del loro sviluppo. Nessuno pensò mai davvero di distrug- gere questi animali, che anzi vengono gettati via il più delle volte colla foglia alla quale sono attaccati, o con una porzione di essa.
(3) Quassù a Vallombrosa, ad esempio, si trova qualche esemplare di Helix pyramidata, Helix ammonis, ecc., che non appartengono certo a questa fauna e che vengono trasportate per mezzo dei carri che provengono da Pontassieve, dove sono frequenti quelle specie.
Sotto Vallombrosa poi, nei dintorni di Tosi, si trova l’Ericia elegans, l’Helix vermiculata, Helix aspersa, ecc. delle quali per solo caso se ne trova quassù qualche rarissimo esemplare, in qualche modo trasportato.
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ammettere che i molluschi importati alle Tremiti debbano aver sempre trovato un ambierte sfavorevolissimo, perchè, per le condizioni speciali nelle quali esse erano fino ab antiquo, e in modo particolare per ragioni di sicurezza per gli abitanti, l'approdo e le case, chiuse dentro una vera fortezza cinta da alte mura, furono sempre a S. Nicola, che presenta le condizioni meno favorevoli pei molluschi; le altre isole, compresa pure quella di S. Domino, non ebbero mai o quasi mai comunicazione diretta coi continenti.
Così possono essere state importate dall’uomo le specie del genere Eriophyes, fra gli acari (colle piante); alcuni aracnidi (1), e qualche mi- riapodo (coi mezzi di trasporto); alcuni crostacei isopodi (con pezzi di legno e con oggetti diversi); i pochi imenotteri appartenenti alle famiglie: Braconidae, Ichneumonidae, e Pompilidae {col trasporto di oggetti nei quali erano per caso gli insetti invasi da questi parassiti); qualche for- mica, come Pheidole pallidula Nyl. (col grano) e Crematogaster scu- tellaris Ol. (coi legnami e colle piante di pino, dentro alcune delle quali, che erano allo stato secco, trovai moltissimi esemplari); le due forficule (coi legnami e colle frutta); i ditteri:
Sarcophaga (4 specie) Phora bicolor Meig. Pollenia rudis Fabr. Sphenella marginata Fall. Onesia vespillo Fabr. Urellia stellata Fiiss].
Calliphora erythrocephala Meig. Chlorops sp.
(per mezzo di sostanze animali e vegetali diverse), gli emitteri per buona parte colle piante, alle quali sono strettamente legati, come chiaramente lo dimostra il Ceroplastes rusci L. e 1 Aploneura lentisci Pass. del pi- stacchio, la Schizoneura lanuginosa H. dell’olmo, 1’ Hysteropterum gryl- loîdes L. che si trova su piante legnose diverse, e principalmente sulla vite. Se il Pinus halepensis, che vive abbastanza bene a S. Domino, fu importato, allora potrebbe anche avere una qualche probabilità l’intro- duzione dei coleotteri che vivono a spese di questo pino, come ad esempio i cinque Scolytidae, il Pissodes e 1 Acanthocinus (2).
(1) Il prof. Kulezynski mi riferisce anche quest'altro caso:
€“ Un altro mio amico ha raccolto sui bastimenti, nelle Indie orientali, non poche specie di ragni, i quali appartenevano in gran parte ai Salticidae, quindi animali poco mobili. È accaduto anche che un grosso Avicularide (Avicularia “ avicularia, quindi una specie sud-americana) fu importata fino a Danzica in una nave da carbone ,.
(2) Contro questa possibilità starebbe il fatto che, per introdurre i pini alle Tremiti, vi saranno state importate piantine giovani e sane, sulle quali o dentro le quali molto difficilmente si saranno trovati coleotteri, i quali vivono generalmente dentro 0 sopra piante, piuttosto grosse e malaticce.
SMI
È innegabile che la vita della maggior parte dei coleotteri e degli animali in genere è legata alle piante, a spese delle quali vivono e in- sieme colle quali essi debbono essersi diffusi, come, per citare un esempio soltanto, l’Hispa testacea L. e 1)’ Apion tubiferum Gyll. vivono sui Cistus e non possono trovarsi che nei luoghi dove crescono queste piante; at- tendendo i risultati che deriveranno dallo studio collettivo, che il Béguinot sta ora facendo sulla flora delle Tremiti, da uno sguardo sulle piante raccolte dal Gasparini, dal Tellini e da me si potrebbe dire fin d’ora che buona parte delle piante che crescono in queste isole possono essere state importate dall’uomo stesso, oppure dal vento o anche per mezzo degli uccelli (1).
Si può subito escludere che i coleotteri e gli animali in genere, i quali sono legati alle piante diffuse esclusivamente per opera del vento e degli uccelli, possano aver avuto lo stesso mezzo; per questi si dovrebbe naturalmente ammettere la diffusione per via di terra (2).
Le piante coltivate erbacee introdotte dall’uomo, quali ad esempio il grano, le leguminose da foraggio e tutte le altre, che generalmente seguono queste colture, debbono naturalmente esservi state importate come semi, fra i quali o dentro i quali potranno esserci stati i coleotteri e gli altri animali che vivono su queste piante, ma sempre in numero molto ridotto di individui e di specie; quindi, anche per buona parte di questi animali, deve ammettersi probabile l’introduzione per via di terra.
Ne deriverebbe da ciò che poche sarebbero le specie importate, tanto di coleotteri quanto degli altri animali, la cui vita è strettamente colle- gata alle piante.
A questo punto credo lecito fare una considerazione, che credo di una certa importanza per le particolari condizioni nelle quali furono sempre le isole di cui trattasi; risulterebbe difatti che una buona parte degli animali che vivono ora alle Tremiti, non potendo giungere in esse da sè attraversando il mare, potrebbero esservi giunte passiva- mente, in stadi diversi di sviluppo e in modi diversi, per l’opera in- consapevole dell’uomo.
Però mentre sì deve ammettere che l’uomo possa aver favorito il passaggio dal continente di un certo numero di animali, non può am- mettersi, a cagione, ripeto, delle cendizioni particolari di quelle isole,
(1) È vero però che alle Tremiti, spopolate del tutto di uccelli per la man- canza d’acqua, non si fermano che momentaneamente poche specie di passaggio; in febbraio vidi qualche branchetto di allodole e in maggio alcune quaglie.
(2) Se il pino d’Aleppo fosse stato portato soltanto dal vento, per mezzo dei semi provvisti di una grande ala, i coleotteri ricordati per questo pino non sareb- bero potuti giungere alle Tremiti altro che per via di terra.
i
che tutte le specie, che hanno la possibilità di questo fattore per la loro diffusione, siano state veramente introdotte dall’uomo.
È fuori di dubbio che la superficie estesa, la fertilità del suolo, la presenza dell’acqua, le comunicazioni più o meno frequenti e più o meno importanti, che le isole in generale hanno colle terre continentali e fra loro, facilitarono sempre in esse l’approdo e la permanenza del- l’uomo; le Tremiti non presentarono mai una sola di queste condizioni favorevoli, e quindi l’uomo, dapprima, non potè abitarle che per poco e ad intervalli, spinto più che altro dall’ abbondanza della pesca in alcuni momenti dell’anno (1).
Se poi si dà un rapidissimo sguardo alla storia civile di queste isole e ai cambiamenti che queste ebbero per opera dell’uomo, risulta chiaro che esse furono abitate e coltivate più volte, e da civiltà diverse, ma più volte abbandonate, perchè la vita non solo non era sicura, ma era impossibile per l’assoluta mancanza d’acqua; quindi l’opera riformatrice dell’uomo potè sempre poco nelle Tremiti, le attinenze e gli scambi coi due continenti opposti furono sempre scarsi, scarsissimi gli oggetti in- trodotti e quindi relativamente pochi gli animali, che debbono essersi diffusi grazie all’uomo (2); cosicchè parecchie delle specie che rientrereb- bero in questo sottogruppo debbono essere giunte in quelle isole, o escelu- sivamente o anche in parte soltanto, per via di terra, come pure non sì può negare che per la stessa via, che era la più facile per tutti, vi possono esser giunti anche parecchi o gran parte degli animali provvisti di mezzi propri di diffusione.
II° GRUPPO.
Abbiamo veduto or ora che, date le condizioni speciali delle Tremiti, è lecito ritenere che una parte degli animali che rientrerebbero nel primo gruppo possano essersi diffusi per via di terra.
(1) Anche oggi si ha la prova di questo per Pianosa, dove i pochi pescatori di Tremiti si recano al momento della pesca delle sardelle e dimorano solamente alcuni giorni dell’anno.
(2) Starebbe a confermare questo anche la presenza alle Tremiti del Mus rattus (forma alerandrinus o tectorum, Savi) non sostituito ancora, almeno compiutamente, dal decumanus; occorrono ulteriori ricerche per assicurarsi se alle Tremiti queste due specie coesistono o si trovi a rappresentare i grossi topi, come credo, soltanto la prima, essendo probabile, per le ragioni esposte, che il decumanus non sia an- cora giunto in esse. Del resto questo non sarebbe improbabile, sapendosi che questa forma del rattus abbonda su tutte le nostre isole, anzi su quelle dell’ Arcipelago toscano (Elba, Giglio, Montecristo, ecc.) è comunissima, e su alcune anzi la sola grossa specie,
Passiamo ora a vedere se esistono specie che necessariamente debbano avere avuto la terraferma come mezzo per passare dal continente alle Tremiti, e delle quali non si potrebbe in altro modo spiegare la presenza in quelle isole.
Cominciando dai coleotteri, il gruppo più importante per noi, perchè conta il maggior numero degli animali raccolti, è fuori di dubbio che abbiano seguita la via di terra e non possano essersi diffusi con altro mezzo le specie seguenti:
Tl'entyria italica Sol. Helops azureus Brull.
Stenosis brenthoides Rossi Asida bayardi Sol.
Blaps gigas L. Opatrum melitense Kiist. Blaps gibba Lap. Lampyris lusitanica Motsch. Dendarus dalmatinus Germ. Meloe murinus Brdt.
Pedinus meridianus Muls. Otiorrhyncehus tomentosus Gyl. Helops quisquilius F. Brachycerus undatus F.
ed alcune altre specie che tralascio per brevità.
Dopo i coleotteri ci servono bene i molluschi che vivono alle Tremiti, pei quali si può affermare che quasi tutti si sono diffusi per via di terra; anche i crostacei isopodi sono animali lenti e con certezza una buona parte almeno giunse alle Tremiti per via di terra. Quanto agli aracnidi non si può affermare con sicurezza quali specie possano esser giunte per via di terra esclusivamente; senza dubbio un buon numero, ma certezza ci potrebbe esser al più per gli Opilionidi: Phalangium propinquum Luc., Phalangium saxatile C. L. Koch., Dicranolasma dio- medeum Kulez.; per lo scorpione: Euscorpius carpathicus L.; e pei ragni: Nemesia cecconii Kulez., Disdera crocata C. L. Koch., Disdera kollari Dobl.
I miriapodi potrebbero rappresentare tutte specie indigene, come pure potrebbero essere tutte specie importate, ma, sempre per ie con- dizioni particolari delle isole, si deve credere che buona parte si siano diffase per via di terra e specialmente: Chaetochelyne vesuviana Newp., Geophilus flavidus C. Koch.
Fra gli insetti, oltre ai coleotteri ricordati, debbono essere giunti per via di terra i due tisanuri: Lepisma aurea Duf. e Lepisma crassipes Esch.; quasi tutte le formiche, parecchie specie di emitteri e ancora qualche dittero poco buon volatore, come:
Phora bicolor Meig. Urellia stellata Fiiss]. Sphenella marginata Fall. Chlorops sp.
E, a parer mio, un altro fatto verrebbe a confermare che tutti questi animali si sarebbero diffusi da sè per via di terra, perchè, dalle rac-
colte che ho sott'occhio e da’ miei appunti di escursione, potrei dividere gli animali delle Tremiti in due grandi gruppi: in uno di essi dovrei mettere le specie che appariscono con uno o pochissimi esemplari, nel. l’altro invece le specie rappresentate abbondantemente.
Esaminando le specie che entrano nei due gruppi, fatte poche ecce- zioni, si può affermare che nel primo gruppo entrano quelle che hanno probabilità di essere state, in modi diversi, importate, e che quindi possono aver trovato condizioni contrarie o poco adatte; nel secondo gruppo invece quelle che debbono essere giunte con mezzi propri, 0 per mezzo di organi di volo tanto potenti, da permettere loro il pas- saggio del tratto più o meno ampio di mare che separa le isole Tre- miti dai continenti, oppure col volo debole, colla corsa, col salto, col cammino, collo strisciare, in una parola per via di terra; di queste ultime ne fanno fede parecchi molluschi e in modo particolare :
Caracollina lenticula Fer. Rumiîina decollata L. Xeroacuta acuta Auct. Clausilia piceata Ziegl.
Helix vermiculata Miill. Ferussacia hohenwarthi Rossm. Chondrus tridens Miill. Ericia elegans Miill.
alcuni aracnidi: Euscorpius carpathicus L. e le due specie appartenenti così al genere Phalangium, come al genere Dysdera; i due miriapodi: Chaetochelyne vesuviana Newp. e Geophilus flavidus C. Koch.; fra gli insetti i due tisanuri e quasi tutti i coleotteri appartenenti alla famiglia Tenebrionidae, e alcune specie anche di altre famiglie, in una parola, quasi tutte le specie che ho detto essere giunte necessariamente per via di terra. Ma allora cadrebbe l’ipotesi, fatta sopra, che i diversi insetti, trovati sul pino d’Aleppo, siano stati importati colle piante, perchè, es- sendo tutti rappresentati da un buon numero di individui (il Pissodes in numero grandissimo), rientrerebbero, secondo quanto osservavo pre- cedentemente, nel gruppo di quelli che giunsero alle Tremiti per via di terra; del resto non è improbabile che anche il pino abbia seguito questa via per giungere a quelle isole.
La cagione poi del numero grande, grandissimo di alcune specie, come, ad es. del Pissodes, potrebbe anche ricercarsi nei forti turbini che si ebbero alle Tremiti, specialmente in questi ultimi anni, turbini che ebbero per effetto di stroncare e di abbattere numerose piante, rendendole intristite o rovinandole, cosicchè offrirono un ambiente favo- revolissimo al grande sviluppo di quelle specie.
Avrei dovuto poi trovare in buon numero, perchè diffuse per via di terra: Stenosis brenthoides Rossi, Opatrum melitense Kiist., come pure altre specie, ma della prima rinvenni rari esemplari, e della seconda un esemplare soltanto, perchè ambedue, vivendo sotto i sassi e nei luoghi
QU
aridi, trovarono le condizioni da essi volute e quindi conservarono la caratteristica loro di trovarsi quasi sempre in piccola quantità.
Quanto ai vertebrati, ho già detto che non ci servono quasi punto, perchè il loro numero si riduce a cinque specie soltanto. È probabile che i due topi: Mus rattus L., var. (1), Mus musculus Rafin, siano stati portati dall'uomo, sapendosi quanto facile sia il loro trasporto da un luogo ad un altro, per mezzo delle barche e dei piroscafi; dei tre rettili, 1’ Hemy- dactylus turcicus L. è quello che più facilmente può essere stato tras- portato passivamente dall’uomo, sapendosi che i gechi in genere fre- quentano volentieri le dimore umane, nascondendosi dappertutto, in casse, fascine, ecc., e restando ostinatamente nei loro nascondigli se sentono rumore; ne segue che, se il nascondiglio è mobile, viaggeranno con esso; per le altre due specie: Zamenis gemonensis Laur., Lacerta muralis var. serpa Rafin, è più facile pensare ad una diffusione loro per terraferma, cosa non improbabile anche per le altre tre specie ricordate.
Mi sembra di aver dato prove svariate e bastanti per dover ritenere che un numero relativamente grande, anzi il maggior numero degli animali, da me raccolti alle Tremiti, dev’essersi diffuso per via di terra, e che quindi queste isole furono un tempo, con tutta certezza, colle- gate alla terraferma.
Ma qui viene a proposito una domanda: furono esse collegate con tutti e due gli opposti continenti o con uno solo? e in questo caso col continente italiano o col dalmato?
Gli studi geologici, pur ammettendo l’unione delle Tremiti anche colla Dalmazia, ammisero ancora che il bacino settentrionale dell’Adria- tico dovette comunicare, sia pure alternativamente, in uno o più punti e in modo più o meno ampio, col bacino meridionale; quindi la diga, che univa l’Italia colla Dalmazia, dovette essere almeno spesso, se non continuamente, interrotta da uno o più canali, e l’interruzione doveva essere nei punti che ora presentano i maggiori valori batimetrici, cioè fra Pianosa e Pelagosa (m. 140) e in modo speciale fra Caiola e Cazza (m. 181), mentre fra il Gargano e le Tremiti (m. 87), fra le Tremiti e Pianosa e fra queste e il Gargano (m. 88) i valori batimetrici diminui- scono di molto.
Sarà quindi di grande importanza vedere se gli animali che vivono oggi alle Tremiti vengono anche a dimostrare le diverse condizioni della diga, cioè l’azione del canale fra Cazza e Caiola e anche del canale fra Pelagosa e Pianosa, i quali, ciascuno per conto proprio, nello stesso
(1) Se si potrà provare, come credo, che il Mus decumanus non sia stato an- cora importato alle Tremiti per mezzo delle barche o dei piroscafi, ci sarebbe ra- gione di credere che anche il rattus sia giunto in quelle isole per via di terra.
THE NEW YORK
ACADEMY OF SCIENCES, dgr pie
tempo o no, avranno avuto per effetto di impedire il passaggio in Dal- mazia degli animali provenienti dall’Italia e che per via di terra giun- gevano alle Tremiti ed a Pianosa, come pure di quelli che dalla Dalmazia sarebbero venuti in Italia, se la diga fosse stata tutta all’asciutto e per un tempo relativamente lungo.
È stato già più volte ripetuto, e in modo particolare dal Forsyth Mayor ove tratta della Tirrenide, che i molluschi terrestri sono forse i più adatti di tutti gli organismi per la limitazione delle singole faune, a cagione della loro poca attitudine migratrice; cosicchè in Europa si prestano meglio degli animali superiori a caratterizzare i vari paesi.
Vedemmo già che i molluschi, i quali al presente vivono alle Tre- miti, sono tutti italiani, e che soltanto quattro specie vivono anche in Dalmazia; cosicchè la fauna malacologica delle Tremiti si collega stret- tamente con quella della penisola italiana. E ciò era naturale perchè, essendo i molluschi animali molto lenti, pur ammettendo ancora che per un certo tempo la diga fosse rimasta tutta all’asciutto, le specie, che provenivano dall’Italia e che si dirigevano verso oriente, giunsero prima delle dalmate alle Tremiti, e quindi rimasero sole a rappresentare il tipo al quale appartengono.
L'identità di questa fauna malacologica colla italiana spiega in modo ben chiaro che, se la diga rimase all’asciutto, dovette necessariamente rimanervi per un tempo molto breve e quindi la presenza continua 0 quasi, di uno o più canali, e più o meno ampi, non permise ai mollu- schi italiani, giunti alle Tremiti e a Pianosa, di passare nelle isole e nel continente dalmato, come pure a quelli di Dalmazia e delle isole dalmate di passare a Pianosa, alle Tremiti e nel continente italiano, cosicchè queste ultime conservarono assoluta la loro affinità colla fauna malacologica italiana.
Questi canali si opposero al passaggio per terraferma, oltre che dei molluschi, anche di tutte le altre specie animali, sprovviste di organi più o meno potenti di volo, che provenivano dai due continenti: pro- vano questo i coleotteri, dei quali le specie che non sono comuni ai due continenti si incontrano tutte in Italia, di dove giunsero, come, ad esempio, l’Asida bayardi Sol. dev’esser giunta sicuramente dall’Italia non solo, ma proprio dal Gargano, dove si trova, e per via di terra, come pure:
Meloe murinus Brdt. Lampyris lusitanica Motsch. Opatrum melitense Kiist.
e parecchie altre specie che abbiamo già veduto. Sono rare le specie
di coleotteri, proprie anche della Dalmazia, che si trovano alle Tremiti
ma non nel continente italiano; su queste sarà bene fermarsi un poco:
ln Parmena pubescens var. pilosa Brull. è propria della Grecia e della i 4
8 (n
Dalmazia, ma, trattandosi di una varietà, si può credere che essa si sia sviluppata in pari tempo nella Dalmazia e alle Tremiti per influenza di ambiente analogo, senza bisogno di ammettere la diffusione da un territorio all’altro; la Danacaea picicornis Kiist. è propria della Sicilia, del Gargano, delle Tremiti e di Pelagosa; se non fu ancora trovata sul continente dalmato, può dipendere da ricerche incomplete; ma in ogni caso si può sempre credere che sui due continenti quella forma sia scomparsa o si sia modificata, e che si sia mantenuta soltanto in quelle isole per analogia di clima; il Larinus cynarae var. glabrirostris Gyl., si trova soltanto alle Tremiti, in Dalmazia e in Sicilia, ma non nel con- tinente italiano; per questa varietà (anche la specie si trova soltanto in Sicilia) si potrebbero ripetere press’a poco le osservazioni fatte per la specie precedente, colla differenza che, essendo sulla costa dalmata, si può credere che questa forma sia scomparsa o si sia modificata sul con- tinente italiano, e si sia mantenuta solamente alle Tremiti, in Sicilia e in Dalmazia, pure per analogia di clima; come pure si può spiegare la presenza delle altre poche specie di coleotteri, non ancora trovati in Italia, ma del resto quasi tutti molto diffusi, come:
Harpalus litigiosus Dej. Psylliodes chrysocephala var. colla- Pityogenes lipperti Henschel ris Ws.
alcune delle quali sono collegate strettamente colle piante sulle quali vi- vono; si possono poi anche aggiungere:
Scolopendra dalmatica C. Koch. Dysdera Kkollari Dobl. Lithobius peregrinus Latzel.
ed altre poche specie che tralascio per brevità.
Quindi, anche ammettendo la presenza dei canali che impedirono lo scambio della fauna fra le due coste, potendosi spiegare benissimo come si trovano alle Tremiti le poche specie che vivono in Dalmazia e non in Italia, non v'è bisogno dal lato faunistico di ammettere uno stretto col- legamento, per terraferma, di queste isole colla costa dalmata; questo col- legamento si deve ammettere però e in modo assoluto coll’Italia, avendo con questa le Tremiti identità quasi perfetta di fauna, e troppe essendo le specie per le quali si dovrebbe negare il passaggio per via di terra dalla penisola italiana, come, per citare qualche esempio, i coleotteri:
Meloe murinus Brdt. Chrysomela banksi F. Onthophagus andalusicus Wltl.
i quali offrono ancora evidente il carattere della fauna del Mediterraneo occidentale, carattere che dimostrano anche alcuni crostacei isopodi ed anche specie di altri gruppi.
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Inoltre, essendo la maggior parte degli animali che vivono alle Tre- miti comuni tanto in Italia quanto in Dalmazia, si potrebbe pensare che la diffusione loro sui due continenti, per la presenza appunto di parecchie specie dell'Europa settentrionale e centrale, sia avvenuta dal nord dei due continenti; ma, poichè si entrerebbe in una questione complessa e che ci farebbe troppo divagare, mi contento di averla ap- pena accennata.
Quanto all’origine della fauna delle Tremiti si può dire che anche questa concorda del tutto con gli studi geologici; abbiamo veduto già che l’ultima emersione di queste isole avvenne durante l’ultima fase del quaternario, e quindi la fauna dovette cominciare a svilupparsi parec- chio tempo dopo, in epoca relativamente molto recente, cioè quando non solamente erano emerse le isole ma sorgeva fuor d’acqua anche la diga, che le collegava al Gargano e sulla quale dovevano passare gli animali che andavano a popolarle (1); difatti la fauna loro ha carattere recente, mancando di endemismi paleogenici e rappresentando le poche specie e varietà nuove forme che, con tutta probabilità, si troveranno più tardi e con maggior facilità nel continente italiano.
Se da ultimo la fauna delle Tremiti si mettesse a confronto ancora con quella di Sicilia e delle isole del Mar Tirreno, risulterebbe in modo evidente che la maggior parte degli animali raccolti alle Tremiti si trovano anche in quelle isole; e, poichè è già dimostrato che la Sicilia, la Sardegna, la Corsica e le altre isole tirreniche fecero parte di un ampio continente e quindi rientrano fra le isole continentali del Wallace, anche la grande affinità che v’è tra la fauna delle Tremiti e quella delle isole accennate sopra credo possa concorrere a persuadere sempre più che le Tremiti furono collegate un tempo col continente e che esse rientrano quindi, con dati di fatto che riguardano la fauna, fra le isole continentali.
(1) Difatti il Tellini, a proposito del quaternario antico, dice che il calcare si presenta privo di qualsiasi traccia organica “ onde è facile pensare che in generale quelle acque e la terra circostante non presentassero condizioni favorevoli ulla vita ,.
hi =
CONCLUSIONI.
Da quanto si è visto finora si può dedurre :
1° Le isole Tremiti per le loro condizioni particolari hanno una fauna molto povera di specie.
2° S. Domino presenta il numero maggiore di animali perchè offre migliori condizioni di vita.
3° La fauna delle Tremiti va soggetta a lenta e continua diminu- zione per la riduzione continua in superficie che si manifesta in quelle isole.
4° La maggior parte delle specie sono comuni in Europa e in modo particolare nell'Europa meridionale e nella regione mediterranea.
5° Alcune specie e varietà sono nuove ed altre hanno importanza per la loro distribuzione.
6° Mettendo a confronto gli animali raccolti alle Tremiti con quelli conosciuti fino ad oggi per l’Italia e per la Dalmazia, si conclude che il maggior numero delle specie che vivono alle Tremiti sono comuni in questi due continenti; le altre specie si dividono in due gruppi:
a) specie trovate anche in Dalmazia, ma non in Italia (una ven- tina circa); b) specie trovate anche in Italia, ma non in Dalmazia (una no-
vantina circa).
7° Ne segue che la fauna delle Tremiti è quasi identica a quella d’Italia.
8° La fauna delle Tremiti ha carattere di origine recente, e perciò concorda cogli studi geologici i quali stabilirono che l’ultima emersione di queste isole avvenne durante l’ultima fase del quaternario, e quindi gli animali che vivono ora cominciarono a popolarle dopo questa fase.
9° Quanto al modo col quale si diffusero questi animali dobbiamo dividerli in due gruppi:
I. — Animali che dai continenti possono essere giunti alle Tre- miti indipendentemente dall’unione di queste isole colla terraferma ; vi appartengono: a) specie migratrici che giunsero coi loro mezzi di volo;
b) specie che possono essere state importate passivamente in modi diversi dall’uomo.
= 3 —
II. — Animali che si diffusero soltanto per via di terra.
10° Se anche si dovesse ammettere che la flora delle Tremiti vi possa essere pervenuta indipendentemente da un istmo di terra, non si può venire alla stessa conclusione per la fauna.
11° Per le poche specie che si trovano alle Tremiti e in Dalmazia, ma non in Italia, si può spiegare la loro presenza in queste isole senza aver bisogno di ammettere, neppur in modo temporaneo, l’unione loro per terra colla Dalmazia; mentre per quelle che vivono alle Tremiti e in Italia, ma non in Dalmazia, e che giungono a circa un quinto degli animali conosciuti fino ad oggi per le Tremiti, è necessario ammettere l’unione per terraferma dell’Italia con quelle isole.
12° Si potrebbe affermare che le specie importate si svilupparono poco, in generale, mentre quelle giunte per terraferma o per mezzo delle loro ali si svilupparono in un numero abbastanza grande di individui.
13° La fauna delle Tremiti concorda moltissimo con quella della Sicilia e delle isole del mar Tirreno.
14° È evidente quindi che tutto concorre a poter affermare con dati di fatto che le isole Tremiti, dal lato faunistico, entrano nel gruppo delle isole continentali del Wallace, perchè una parte degli animali che in esse vivono debbono esservi giunti non per altra via che per quella di terra.
Vallombrosa, R.° Istituto forestale, luglio 1907.
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Prof. L. Camerano, Direttore responsabile.
Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari, 8 - Torino.
BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
N.5s4 pubblicato il 22 Maggio 1908 Vor: DEXII,
Da. Lurer CoGNETTI DE MARTIIS Assistente al R. Museo Zoologico di Torino
Contributo alla conoscenza della drilofauna papuasica
Il prof. F. J. BeLI, m'inviò recentemente in esame alcuni Jombrichi della Nuova Guinea appartenenti alla collezione del British Museum. Uno studio accurato mi condusse a ravvisare in quei lombrichi due nuove specie del ricco genere Pheretima. Riferisco in questa nota la loro descrizione, manifestando in pari tempo il mio animo grato al chiarissimo prof. BeLL pel nuovo attestato di stima.
Entrambe le specie furono raccolte a Fak- Fak, Nuova Guinea Olandese. i
EPheretima fakfalensis, n. sp.
Due esemplari giovani.
CARATTERI ESTERNI. — L’esemplare maggiore ha /ungrezza di 140 inm., Zianietro di circa 5 mm., e 137 segmenti (1).
La fomna del corpo è alterata in seguito a compressioni subite dagli esemplari nel recipiente in cui erano conservati, ma è a ritenere sia cilindrica. Le due estremità sono poco attenuate.
Il colore è a fondo violaceo cupo alle regioni dorsale e laterali, la faccia ventrale ha tinta bruna assai chiara: ogni segmento è fasciato da una striscia bianchiccia, assai angusta sul dorso, lungo la quale sono allineate le setole.
Il capo è epilobo ‘/,.
Le setole sono disposte in corona continua ad ogni segmento, tranne al 2° e 3°, ove si nota un intervallo ventrale (aa = 5 ab); se ne con- tano 52 al 3°, 76 al 6°, 86 al 10°, 92 al 26°. La corona setigera dei
(1) L'esemplare più piccolo è lungo 80 mm., spesso 34, e si compone di 14-8 segmenti.
segmenti caudali è sorretta nella regione ventrale da una tenue ca- rena. I segmenti 14°-16° sono muniti di setole in entrambi gli esem- plari: il clitello non è ancora riconoscibile. Nell’esemplare più grosso si scorgono le aperlure maschili disposte al 18° segmento, sorrette ocnuna da una larga intumescenza bianca: fra le due aperture si con- tano 26 setole.
Le aperture delle spermateche sono rispettivamente in un paio ai segmenti 7°, 8°, 9°, a metà del tratto fra la corona setigera ed il mar- cine anteriore. Ogni apertura è sorretta da una piccola intumescenza bianca circondata da un’areola chiara. Tali aperture hanno posizione più laterale di quelle maschili; tra quelle del primo paio si contano 10 setole. All8® segmento, poco internamente alle aperture delle sper- mateche, si scorge un paio di areole papiltari bianchicce, di forma pressochè quadrangolare, collegate alla striscia che abbraccia la co- rona setigera, poste dietro ad essa. Tra i margini intermedî delle due areole si contano 18 setole.
I pori femminili non sono riconoscibili. Il primo poro dorsale tro- vasi all’intersegamento !*,,.
CARATTERI INTERNI. — Sono presenti tutti i dissepimienti a comin- ciare dal 4/,; i dissepimenti !9/,, a !/,, sono un po’ Ispessiti.
Il ventriglio muscoloso è allungato, e contenuto nell’8° segmento ; l'intestino sacculato comincia al 15° e manca di ciechi. I segmenti 109-159 contengono ognuno un paio di grossi €707°%.
Sistema riproduttore. — AL 10° segmento trovasi un paio di capswe seminali sottoesofagee grosse, protese ir avanti, un po’ lateralmente, contigue lungo la linea mediana ; un secondo paio di tali organi, simil- mente disposto, trovasi all’11 segmento, non collegato al precedente (l’ig. 1, e.) Coteste capsule sono attaccate al sepimento posteriore del segmento in cui si trovano, e attraverso a quel sepimento ognuna di esse comunica con un piccolo (relativamente alla capsula) sacco seminnle tondeggiante bianehiecio posto a fianco dell’esofago (Fig. 1, s.) : si contano quindi due paia di veri sacchi seminali, il primo posto ai l'11°, il secondo al 12° segmento. AI 13° pende dal setto !*/,; ai lati dell'esofago, un paio di organi tondeggianti, omologhi ai sacchi semi- nali, e simili del tutto a questi; tuttavia essi non comunicano con le capsule seminali. Dietro al sepimento ‘,, s'origina un paio di vasi deferenti che raggiungono subitol a parete ventrale del corpo (Fig. 1, v. d.); un secondo paio s’origina dietro al sepimento ‘'/,,; si arguisce da ciò la presenza di due paia di padiglioni cigliati, ll che fa supporre la presenza di due paia di testes, distribuite nelle capsule del 10° e 11°. Non potei però precisare il punto d'attacco dei testes alla parete rlelle capsule.
und ife
AI 18° segmento trovasi un paio di prostate. Il canale muscolare di queste è robusto e avvolto in un giro di spira dirigendosi dapprima verso la linea mediana ventrale, poi in avanti verso l'esterno; all’estre- mità prossimale riceve il canale deferente e si continua nella parte ghiandolare biancastra, un po’ espansa a mo’ di ventaglio. Manca af- fatto una borsa copulatrice.
Si contano tre paia di spermaleche, distribuite rispettivamente ai seementi 7°, 8°, 9". Ogni spermateca consta di un’ampolla sessile, sac- ciforme che confluisce all'apertura esterna con un diverticolo digiti- forme ondulato, quasi altrettanto lungo, un po’ dilatato all'estremo prossimale (Fig. 2).
WPhneretima Isselii n. sp. (1)
Due esemplari adulti
CARATTERI ESTERNI. — Lunghezza mm. 180 e 1/55, diamet'o mm. 10 circa: segmenti 115 e OL.
Forma del corpo come nella specie precedente, notando però che ogni segmento, sopratutto alla coda, è munito di carena anellare che sorregge le setole.
Nella colorazione questa specie è molto simile alla precedente: la faccia ventrale è però bianchiccia anzichè bruno-chiaro.
Il capo è epilobo */,.
Le setole - formano ad ogni segmento una fitta corona: soltanto ai segmenti preclitelliani sono riconoscibili un intervallo dorsale ed uno ventrale, entrambi assai brevi (s35=*,v3; «a + ‘|, ab). Si contano 37 setole al 3° segmento, 53 al ‘6°, 7Lal 10°, 77 al 139, 62 al 20°,76 al 26’.
il elitello, a cingolo, occupa i segmenti 14°-16°; è privo di setole.
[ pori maschili minutissimi, e assai vicini alla linea mediana ven- trale trovansi al 19° segmento; frammezzo ad essi, non vi sono setole, bensi quattro piccole papiZe tumide, appaiate su due linee trasverse ed equidistanti. Allineate coi pori maschili trovansi all’intersegmento 13 9 due lievi incavature, altre due più piecole sono poste all’inter- segmento ‘/,,, nella stessa direzione (Fig. 3).
A metà del 11° segmento trovasi alla faccia ventrale un solco tra- sverso, più largo nel mezzo ove s’'aprono gli ovidotti.
Le aperture delle spermaleche, in numero di tre paia sono irrico- noscibili, disposte negl’intersegmenti ‘/., ?/,, ©/,, assai vicine alla linea mediana ventrale: tra le due aperture di ogni paio v'è un’intervallo «di appena mm. 1,5,
(1) Dedico questa specie all’egregio amico è collega prof. dott. RAFrARLE ISSEL dell’Università di Genova.
e fer
Il primo poro Qorsate trovasi all’intersegmento !°/,3.
CARATTERI INTERNI. — Primo dissepànento visibile è il #/.; i due che seguono ?/; e “/., sono villosi alla pagina anteriore ; il dissepimento Sig è sottilissimo, il.°/;, manca, il-10/,, «è molto» sottile, lit | egli sono mediocremente ispessiti.
Il ventriglio muscoloso, robusto, è posto all’8° segmento. L’intestino sacculato incomincia al 16° segmento, e presenta un paio di cieclRi semplici, attenuati all’apice, che si protendono dal 26° in avanti fin entro al 24° segmento. L’ultimo paio di grossi cuori trovasi al 13°
Sistema riproduttore. — Ciascuno dei segmenti 10° e 11" contiene un paio di piccole capsule seminali ipoesofagee fra loro contigue (? co- municanti). Le capsule del primo paio comunicano ognuna con un
sacco seminale di mole maggiore compresso contro il sepimento ‘%,,
da cui pende nell’11° segmento a fianco dell’esofago; altri due sacchi di ugual grossezza pendono nel 12° dal setto !/,, attraverso al quale comunicano con le capsule del secondo paio. I sacchi seminali non sono racemosi.
Le prostate, in numero di un paio, sporgono con un lobo della por- zione ghiandolare nel 18° segmento, mentre tutto il resto si contiene nel 19°. Il canale è debolmente muscoloso, dritto, e raggiunge diretta- mente il minutissimo poro maschile: manca cioè una borsa copulatrice; la porzione ghiandolare, bianchiccia, poco voluminosa, è espansa a mo’, di ventaglio, e al punto in cui si continua nel canale sbocca il canale deferente.
Le spermateche sono in numero di tre paia. Quelle di ogni paio sono poste ordinariamente dietro al setto che corrisponde all’intersegmento in cui sboccano all’esterno, ma talora almeno l’ampolla è posta davanti a quel setto. Ogni spermateca si compone di un’ampolla ovoide conti- nuatainun canale tozzo che confluisce all’esterno col diverticolo: questo è clavato, un po’ ondulato, e poco più breve della porzione ampollare.
Fig. i. Pheretima fakfalkensis n. sp.: capsula seminale (c.) destra del 10, sacco seminale (s.). dell’11°, e vaso deferente iv. d); n. = catena gangliare ventrale. Fig. 2, id. id. spermateca del lato destro. Fig. 3, Ph. Isselii n. sp., area maschile, g° d pori maschili. Fig 4, 74. dd.
spermateca del lato destro:
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THE NEW YORK ACADEMY OF SCIENCES.
BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
N. 585 pubblicato il 23 Maggio 1908 Von. XXIII.
RES ITALICAE
XXI.
Dott. E. FESTA
ll NYCOXUS INTERMEDIUS Nehring, nelle Alpi italiane
Fra i Mammiferi raccolti durante le mie escursioni di caccia nelle Alpi Carniche trovasi un esemplare di Myogus intermedius Nehring (1), catturato in Settembre nei boschi presso Padola (Comune di Comelico Superiore) all’altitudine di 1200 m. circa.
Questo esemplare corrisponde colle descrizioni del Myoxus inter- medius, date dal Nehring (1) e dal Fatio (2).
Le parti superiori del corpo sono di color grigio, con una lieve tinta bruna lungo la parte mediana del dorso. Una striscia di color nerastro parte dalla base dei mustacchi e va fino alla base dell’orecchio. Le parti inferiori del corpo, la parte interna delle gambe e le parti supe- riori dei piedi sono bianche.
La coda è pennata, come quella del Ghiro.
(1) A. Nehring, Uber eine nene 2/yorus species (Myoxus intermedius Nhrg.), aus Tirol, Sitzungs-Berichte der Gesellsch. Naturf. Freunde zu Berlin. N. 71}, October 1902, pag. 155.
(2) Vietor Fatio, Le Myoxus dryas, intermedius Nehring, en Suisse, Archives des Sciences Phys., et Natur., Genève, tom. XX, 1905, p. 586.
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Superiormente essa è grigia, marginata di bianco e colla punta bianca; inferiormente è bianchiccia.
La distribuzione geografica del My0xus intermedius Nehring è an- cora poco nota. Sino ad ora, per quanto io mi sappia, esso era stato trovato nelle Alpi Austriache [Lienz nel Tirolo] [Leoben, nella Stiria superiore (1) |, e nella Svizzera [Vulpera-Tarasp nella Bassa En- gadina; (2)].
La cattura del suddetto esemplare nel Comelico prova che le Alpi Carniche sono comprese nell’area di distribuzione di questa specie.
1] mio esemplare è una femmina.
Le sue dimensioni sono le seguenti:
(Le misure sono prese sull’esemplare conservato in alcool).
Capo e corpo . È : : , : ? x î mm. 86 Coda (senza peli) . ! È 3 è 186 » (col ciuffo terminale di moli » 08 Piede posteriore (c. u.) . ; , » { 20 Orecchio. i , 1 ARE Distanza dal ubrimo su dell'occhio lla Sino del muso. : 7 #* 012 » dalla base del margine estenno dell onoGino alla punta del muso . o . 5 ì P z s'U0R2 CRANIO Lunghezza totale . è 3 | $ 3 i +: (MiRi2o i » basale. 220 a : i : » 2 » del palato . } : : ° » 10 Larghezza del palato a livello del protaniaro È . ». 3;9 » » » O» » del margine posteriore del 3° molare . 1 5 , } > 435 Larghezza massima fra gli archi TO, Westoniat mente) . . : ì È î ; È » 145 Diametro massimo bipamidifilel: . È i » 12 » » bifrontale posteriore . - : » Larghezza minima dello spazio interorbitale ; À >» £ Lunghezza dei nasali : : : " : È 3 » 9
(1) Nehring, l. c ; Trouessart, Catalogus Mammalium, Suppl. 1904, fasc. Il, pag. 349. (2) Fatio, l. c., p. 386.
Larghezza massima dei nasali. E P A Lunghezza dei fori palatini . 3 , ; È
> del diastema
» della bolla ossea
» della linea dentale nine (ne lince e
molari
» massima della Und ; :
Altezza massima » » (all'apice dell’a-
pofisi coronoide)
» della mandibola a metà dilla asa SI ?
Lunghezza della linea dentale inferiore (come sopra) .
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BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
Prof. LORENZO CAMERANO
Materiali per la storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX
VI: I manoscritti di Franco Andrea Bonelli
Vi;
Nel Gennaio del 1813, Franco Andrea Bonelli scrisse una lunga let- tera allo Ziegler in cui rispondendo ad alcune sue obbiezioni circa al modo di considerare sistematicamente alcune specie di Carabus svolse ampiamente alcuni concetti suoi intorno al modo di considerare le specie, le varietà e intorno alla « variabilità degli esseri ».
Di questa lettera il Bonelli conservò copia che esiste fra le carte Bonelliane del Museo Zoologico di Torino. Essa viene qui stampata testualmente:
VARIABILITA DEGLI ESSERI
Risposta fatta allo Ziegler sulle osservazioni da lui fattemi nella sua lettera delli 14 marzo 1812, per aver osato dire che il Carabus coelatus ha potuto essere originariamente una varietà del Carabus cyaneus.
Ella non mi negherà, credo, che la tanto decantata costanza della natura, e l’esistenza perpetua e generale delle cause finali non siano che un pretto pregiudicio nostro traente la sua origine ora da cre- denze religiose che, non combattute dal loro principio, son divenute per noi verità incontestabili, ora dall’eccessivo nostro stupore nel mirare
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le grandezze dell’universo, l’ordine che vi si mantiene sotto ? nostri occhi, l'impossibilità apparente od anche, per ora, reale di spiegarne la cagione primaria, o, per servirmi del termine più usato ma meno chiaro, i fenomeni naturali.
Ella, dico, non mi negherà tutto questo quando momentaneamente sospendendo le sue opinioni prese, parte dall’educazione, dalla lettura, e parte dall’idea troppo grande ed austera che ci è utile per nostro piacere, d’avere della natura, ed elevandosi mentalmente ad una al- tezza tale da non poter più altrimenti considerare le cose che si pas- sano sul nostro globo, che d’una maniera filosofica e tal quali esse sono realmente, Ella, replico, non mi negherà quanto dissi, lorchè, rimirando in questo modo li andamenti veri e reali della natura, farà attenzione che in un sito l’uomo è bianco, in un altro cupreo, in un altro nero, che quivi l’uomo ha la faccia stretta, depressa e lunga, mentre là esso ha all’opposto la testa più rotonda, il viso meno allun- gato e più regolare secondo, almeno, le nostre maniere di vedere e decidere.
Quivi il cane è di gran statura, là esso è piccolissimo, in un luogo, la sua pelle è rasa, in un altro coperta da lunga e fitta lana, quivi il grugno è allargato ed acuto, là all'opposto esso è cortissimo e come troncato. Il porco che è rossiccio nello stato selvatico, divien biane» nello stato domestico in Francia, e nero in Italia. La pecora ha lunga lana in Siria, la perde in Barberia, dove al contrario la coda prende una forma ed una mole affatto differente. In fine per non attediarlo inutilmente la prego di gettar un’occhiata filosofica su tutta la caterva degli animali domestici sparsi nelle-varie parti del mondo abitato.
Ma non ho ancor terminato d’esser letto e ponderato, che mi par udirlo dire: Tutte queste varietà che noi chiamiamo razze sono l’ef- fetto della domesticità e non delle influenze naturali, nella natura tutto è costante, e le specie furono, sono e saranno ognor le medesime: Quivi appunto io l’aspetto, e lo prego di dirmi in cosa esso fa consi- stere lo stato di domesticità, se dei due è più verosimile che l’uomo possa più della natura, o la natura più dell’uomo, o, in altri termini, se i mezzi di cui ha potuto servirsi, e tuttora si serve l’uomo, non esistono anche nelle mani della natura, finalmente quali siano questi mezzi, straordinarii davvero, per mezzo dei quali l’uomo indipenden- temente dall’ azione della natura è riuscito ad allungare la lana della pecora, del gatto, e del coniglio angoresi, a tingere in nero la pelle del suo corpo in Africa etc. etc.
Quando io penso quali siano stati da principio i diversi stratagemmi di cui l’uomo si è servito per procurarsi un sì gran numero «di razze di animali domestici, mi vedo forzato a quest’alternativa, o di credere che la sua industria si è coll’andar dei secoli straordinariamente fer-
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mata, giacchè noi non sappiamo più farne altretanto, o di credere ciò che par più verosimile, che in tutte queste produzioni di razze no- velle l’uomo ci sia entrato per nulla giacchè non si può calcolar come causa efliciente il trasportar che l’uomo fece degl’animali in diversi climi, il costringerli a certi cibi loro straordinarî, a certe occupazioni abitudini etc. da loro non conosciute, nel che consiste la domesticità, ma bensi i climi stessi, i cibi, le occupazioni e le abitudini prese, le quali, qualunque sia il padrone dell’animale, hanno su lui un eguale e sempre identica maniera d’agire, onde risulta chiaramente che se la causa mediata ed indiretta di tante transformazioni è l’uomo, la vera causa, ossia l’immediata ed efficiente, è tuttora la natura stessa cioè quella riunione di circostanze locali delle quali l'influenza fisica ci è apertamente provata a posteriori dall’osservazione giornaliera.
L'osservazione ci mostra che il piano d’organizzazione adottato dalla natura per gli uccelli esige che questi animali abbiano 4 dita, 3 per davanti e uno per di dietro che è il pollice. Quest’organisazione s’ac- corda precisamente con quella osservazione che tutto il mondo fà, cioè che gli uccelli sono dalla natura destinati a popolar l’aere, e ‘riposarsi sugli alberi dove il pollice tendendo ad avvicinarsi ed op- porsi alle dita anteriori serra il ramo, e tien l’uccello fermo sulla “superficie quantunque non piana. Ma tra gli uccelli avvene poi molti ì quali per la natura delle loro abitudini si tengono gli uni a terra, gl’altri nell'acqua, dove il pollice trovasi per conseguenza inutile ed ecco appunto per questo che il pollice carattere essenzialissimo per eli altri, diventa qua per la sua inutilità trascurato dalla natura e per conseguenza variabile a segno di far separare specie che tra di loro sono somigliantissime. (Le Tringhe vanellus, cayanensis, helve- tica, squatarola etc. sono veri Charadrius, ma col pollice e li Charadrius Calychis ete. sarebbero vere Tringa ma senza pollice) e viceversa. Se puoi ella vuole ciò malgrado essere rigoroso computatore di tale ca- rattere, la natura verrà ella medesima a dimostrare che quel pollice non deve più essere considerato che come rudimentale, cioè in atto di anichilarsi per l’inattività continua in cui è. Infatti dopo le Ardea che l hanno completo perchè posano ed annidano sugli alberi, ella com- mincerà a trovare i Tantali i quali più terrestri delle ardee com- miinciano ad averlo un poco elevato alla base, così che più difficil- mente potrebbe servire ad imbrancare il ramo, dopo vengono i Nu- monius e le Scolopax le quali unicamente destinate a camminare l'hanno di già così elevato alla base, che l’opponibilità alle altre dita divien assolutamente impossibile e la sua lunghezza va diminuendo in ragione della distanza delli uccelli da ramo, così che arrivati alli Charadrius uccelli niente più nemeno terrestri che li primi il pollice manca affatto,
di
Se la natura fosse costante e vi fosse una causa finale dell’esistenza delle varie parti d'un animale, quelli uccelli che non posano sui rami, dovrebbero essere tutti senza pollice, essendo cosa evidentissima che il pollice non ha altra destinazione, almeno lorchè è rivolto per di dietro, e quella gradazione di pollice largo ed orizzontale, pollice ele- vato alla radice, pollice elevato e corto, pollice elevato e rudimentale, pollice id. ma senz’unghia (Larus 3 dactylus), pollice 0, ma ancor l’unghia (procellaria), finalmente pollice ed unghia 0, questa grada- zione, dico, non dovrebbe esistere, poichè, dal momento in cui l’uso del pollice non è più permesso, se la natura fosse saggia, l'avrebbe dovuto lasciar mancare intieramente tutto in una volta e non per gradazione, la quale non può spiegarsi altrimenti, che ammettendo il passaggio degli esseri, dall’una all’altra forma secondo la natura delle circostanze locali. Così supposto il primo caso, ne dedurrò che dagli uccelli che posano sugli alberi e nei quali il pollice è necessario, sono venuti col tempo quelli che si contentano di camminare sulla terra (Charadrius) dove il pollice è inutile e nei quali per conseguenza è sparito, ma per arrivar quivi la natura è passata per le gradazioni intermedie di cui abbiamo la traccia nelle Tringa, nelle Scolopax etc. e se la Tringa squatarola per esempio, che io suppongo essere stata anticamente della specie medesima del Charadrius pluvialis, esiste an- cora, cioè tutta la sua progenie non è interamente passata allo stato di Char. pluvialis, questo non prova altro se non che un certo numero di individui di questa razza non trovavansi in circostanze affatto ana- loghe, e così favorevoli per come quelli altri in cui l'organismo si è messo più presto in armonia colle loro attuali abitudini.
Quali siano poi nominatamente quelle circostanze che influiscono in quel tal modo, e quali quelle che influiscono in quel tal altro, come pure quali siano precisamente i modi con cui quelle agiscono sull’or- ganizazione animale (per le piante la cosa è meno diflicile, veda so- pratutto la nuova opera di Springel) io non intraprenderò di, dimo- strarle; appunto perchè si è fin ora considerato la cosa tutt’all’opposto, le osservazioni essendo sempre state diversamente dirette, la scienza ha ancor troppo poco acquistato per tal fine, ma se le, ricerche in questo genere saran prosseguite senza preoccupazione di spirito, e guidate dal puro zelo per la verità non dubito che tal maniera di considerare non sia per essere appoggiata col tempo da grandissime prove dirette ed indirette.
In generale però si può dire e provare con molteplici esempi che indipendentemente dalla tendenza che ha la natura al perfezionarsi, come dirò più basso, essa tende anche evidentemente, a sviluppare quegli organi o accidenti che sono utili e di un uso qualunque all’es- sere, e che all’apposto tende a far sparire quelli che nelle. circostanze
ci
attuali di un’essere non sono più d’alcun uso (esamini le ali dei Ca- rabi e il pollice degli uccelli terrestri).
Il Signor Lamarck nella sua PRylosophie zoologique ha posto (dopo però molte osservazioni che appartengono a Pallas, Buffon e molti altri zoologi osservatori) i germi e molte prove indirette in favore di tal dottrina, ma se lo stesso autore fosse stato meno pensatore e più minuto osservatore, e sopratutto se fosse disceso negli ultimi detagli di qualche porzione di Zoologia ed avesse studiato un più gran nu- mero d’animali, avrebbe tirato un partito infinitamente migliore delle sue viste, ed avrebbe in qualche modo evitato degli errori e molte considerazioni ridicole che fan un grandissimo torto alle osservazioni e considerazioni fondate, colle quali sono mescolate.
Ma ritorniamo al nostro proposito.
Concedendomi ella ciò che nessun uomo che abbia gli occhi può negarmi, cioè che per le forze qualunque indipendenti dall'uomo, gli animali domestici pigliano forme, proporzioni, grandezza, colore, diffe- renti io non vedo alcun motivo raggionevole per non credere che forze simili od almeno analoghe non habbiano egualmente influito sugl’ani- mali selvatici e prodotto per la loro azione successivamente le varie razze, (che noi bravamente batezziamo del nome di specie perchè non le vediamo accopiarsi tra di loro, perchè i loro caratteri ci paiono più costanti, e questo stante che le loro varietà sono subito conver- tite nei nostri gabinetti e libri in altretante specie nominali; e final- mente ancora per altri motivi tutti originariamente risultanti dalla nostra strana situazione di non aver mai potuto, come credo che mai si potrà, definire d’una maniera chiara ed aplicabile ai differenti casi, cosa sia specie, cosa sia razza, varietà etc. [(Quando la storia naturale sarà ben avvanzata, che tutti i dati (e ce ne son già quasi a suffi- cienza) necessarii saranno aquistati, il risultato sarà, lo prevvedo e ne son intimamente persuaso, che in natura non si troveranno real- mente esistenti nè le classi, nè gli ordini, nè i generi, nemmeno le specie e le razze, ma unicamente g/l’individui. Se è vero che in na- tura esistano generi, famiglie etc. si è unicamente in quanto che esse rappresentano qualche ramo del grand’albero della natura, ed in questo caso se l’estremità del ramo è indipendente e termina il ge- nere o la famiglia, la sua base sarà sempre connessa col tronco cioè con altri generi e famiglie, e la connessione diverrà per conseguenza generale; (più basso ritornerò su questo punto)] d’animali selvatici le quali, poi le circostanze continuando ad essere le medesime, per es- sere invariabili sotto ai nostri occhi (cioè in quello spazio di tempo di cui possiamo aver memoria) sono credute inalterabili e formanti le vere e genuine specie.
In fatti se nello stato di domesticità si è il clima che trasforma
Checa SL:
l’animale, non sonvi forse moltissime circostanze che possono deter- minare un animale anche selvatico a lasciar il suo clima natale per andarne aa abitare un altro, il quale agirà su di lui come agirebbe sul animale domestico? Se si è la nourritura, non avverrasi egli forse la stessa cosa e così via dicendo.
Ciò posto, egli è evidente che se la differenza di circostanze pro- duce «lifferenze organiche negl’animali, queste stesse differenze, devono essere tanto maggiori quanto più le circostanze influenti sono elle stesse maggiormente differenti; di qui i maggiori rapporti che gene- ralmente esistono fra gl’animali in ragione della prossimità del paese, o dell’analogia del clima da essi loro abitati, di qui per esempio la grande rassomiglianza che noi osserviamo tra di loro negli insetti al- pini, negli insetti acquatici, negl’insetti rapaci etc. chi non ha egli fatto attenzione cacciando ai lepidotteri sulle alte alpi, alla molte- plice quantità di papilioni neri che vi sono, tutti più o meno rasso- miglianti fra di loro, e per lo più estranei alle pianure? Chi non ha egli anche osservato la quantità di pierostichus che trovansi sotto i sassi sull’alpi, mentre altrove vi sono rarissimi, per non dir nulli come lo potrei dire senza timore di fallire, riguardo alle pianure del Piemonte ?
D'onde dipende che tutti 40-50 Colibri conosciuti (Trochylus Lim.) son tutti americani, li Crocodili tutti d’Africa, li Gaviali tutti d’Asia, li Caiman tutti d'America, le Anthie e Graphipteri tutti d'Africa, li Carabi (Carabus) (Latreille osservò che tutti i carabi d’Africa o del- l'America meridionale da me esaminati si sono tutti trovati apparte- nere ad altri generi, per lo più alle Calosome) quantunque numerosi, tutti d’Europa o dell'America settentrionale o di qualche contrada temperata d’Asia? etc. etc. Di questi esempi se ne potrebbero citare dei centinaia, e tutti verr-bbero all'appoggio dalla nostra proposizione, cioè che un influenza più estesa avrà dato luogo a quelle forme che noi vediamo estese a molti es-eri formanti per esempio i generi, mentre che infiuenze più ristrette non avran potuto modificare che tenua- mente le forme già determinate pel genere, e ne saran risultate le specie.
Il dire poi che, d’apresso questo raggionamento, tutti li animali d’un medesimo paese dovrebbero perfettamente rassomigliarsi tra di loro perchè influenzati da circostanze identiche, si è cosa affatto as- surda, e bisognerebbe per questo 1° negare il perfezionamento suc- cessivo che le specie niente meno che gli individui subiscono col. l’andar del tempo quantunque il solo perfezionamento, ossia sviluppa- mento degli individui sia a noi visibile perchè operantesi in un spazio di tempo abbastanza corto per essere seguito ed osservato da noi me- desimi coi nostri occhi, mentre il primo, operando più lentamente a guisa d’una sfera d'orologio che faccia il suo giro in mille anni e di
MS - ADDA
cui perciò il moto non divien a noi visibile e sensibile che per il pa- ragone fatto in tempi distanti), non divien evidente che per la consi- derazione della scala degli esseri la quale ci rappresenta i diversi gradi di perfezionamento, direi di cresciuta, per cui li esseri passano successivamente prima d’arrivare quel grado d’organisazione univoca che, corrispondente ed analoga dell’ età adulta degli individui, non amette più ulteriore sviluppo, indipendente, proprio ed attivo (qua- lunque poi sia stato il piano secondo il quale il perfezionamento si è operato) ma solamente il dipendente o passivo, cioè quello che l’azione delle circostanze circondanti determina e per il quale non v’ha alcun limite tanto che le circostanze influenti, variabili elle stesse per mille cagioni, non ne han esse medesime.
2° negare la molteplicità delle stesse circostanze influenti che e- sistono nel più ristretto paese o clima, anzi nel più esiguo spazio di terreno.
Essendo ben chiaro per esempio, che in un palmo, niente più, di terreno trovasi sovente due o tre qualità di terra di natura differente, le quali alimentano due o tre specie di piante le quali nei loro prin- cipii attivi, tenderanno a modificare in una maniera differente li varii animali che da principio si abitueranno a servirsi della 1* della 22, 0 della 8*. Tutto questo sia detto per ipotesi e solamente per ren- der l'esempio più facile a concepire; poichè le circostanze influenti devono essere sì numerose, sì varie, sì complicate, sì differenti nel grado della loro azione, e tutte più o meno così oscure per noi, che credo essere assolutamente impossibile il rintracciarle e spiegarne l’azione.
Queste idee che possono parere più o meno strane a chi è preo- cupato, o non ha osservato e riflettuto sulle sue osservazioni, queste idee, dico, non son già quelle che mi habbiano fatto vedere la cosa come la vedo, ma son elleno stesse la conseguenza di un numero in- finito d’osservazioni di cui potrei riempiere un grosso volume se tutte le volessi mettere in chiaro; ma molti motivi mi consigliano al non farne uso, ed a pregare anzi V.S. di rimandarmi questo scritto quando l’avrà letto ed un poco meditato. Ed ecco i principali di questi motivi.
Qualunque grande sia l’idea che ho dell'Ente supremo che animò il mondo e diede agli esseri la forza di svilupparsi senza concorso di forze meccaniche o estranee, e quella di riprodursi etc. mi parrà sempre cosa ridicola e puerile queila di credere che il Creatore si sia diver- tito a fare dopo la Phal. adustata, ancora la temeraria, l’omicronaria etc, dopo la Noctua segeles ancor la cypriaea, la corlicea la segetum etc., dopo l’Harpalus agricola ancora il sabulicola indi il cyanophanus, il chlorophanus, il chalybeatus, il puncticollis, il reptans et 3 0 4 ‘altri, dopo il Carabus gemmatus ancora il sylvestris, alpinus (arvensis
dali Pipe
Oliv.) il Zîinnaei et qualche altro ; dopo il Charadrius alexandrinus ancor l’Ryaticula etc. | potrei moltiplicare quasi all’infinito questi e-. sempi, ed offrirne anzi dei più manifesti e decisivi se sapessi che le collezioni del suo museo le permettono di verificarli, in caso per e- sempio, il gabinetto di Vienna possedesse molti uccelli del genere Charadrius, e molti di quello di 7y7nga, lo pregherei a fare un pa- rallelo dei diversi Charadrius colle diverse tringae a becco corto, e. sopratutto a paragonare tra di loro quei Charadrius e quelle tringae che hanno le ali spinose. Ella stupirebbe in trovare precisamente tra gli uni tutti gli analoghi degl’ altri, cioè ella troverebbe almeno 4-5 Charadrius così simili a 4-5 tringae che senza il carattere del pol- lice nullo nei primi, e rudimentale o lunghetto nelle seconde sa- sebbe impossibile quasi non solamente di separararle di genere; ma anche di specie tanta è l’affinita che regna tra questi animali. Chiuder gli occhi in questo caso e negli altri simili, per credere: che appunto tali analogie siano il solo risultato di una volontà supe- riore, mi par cosa altrettanto indegna di un uomo-ragionevole, quanto lo sarebbe di voler ancor darsi ad intendere che il sole gira attorno. alla terra, che tultî gli animali indistintamente siansi trovati nel- l'Arca di Noè, ed altre simili puerili, inconseguenti e scioccamente immaginate filastrocche che possonsi credere dai ciechi nati o da chi non ha il senso comune, o da chi almeno non ne vuol fare uso. Ritorno al mio proposito: qualunque sia l’idea sublime che mi fò dell'Ente supremo, e qualunque possa parere quella di credere che habbia voluto occuparsi di tante inezie di cui lo facciamo artefice, si- curamente il maggior numero vedrebbe male queste mie rifflessioni, e- mi accuserebbe di temerità, fors'anche d’incredulità mentre che nes- suno è più di me intimamente persuaso dell’esistenza e dell’onnipo-- tenza d’un Dio. Ora siccome nella società umana il singolizarsi con idee poco analoghe a quelle del comune degli uomini è sempre una cosa cattiva per se stessa, nociva al proprio individuo, e contraria al buon ordine della società, così tutti questi pensieri buoni o cattivi, non hanno da pubblicarsi nè comunicarsi a nessuno, o al più a qual- che amico di buon senno come V. S. incapace di farne cattivo uso, e questo ancora solamente in circostanze dove discussioni simili sono necessarie per motivare sentimenti che paiono da principio essere più strani di quel che lo siano. Ed ecco il primo motivo — Il 2° poi è il danno che ne ridonda per la scienza stessa come V.S.ben lo travede nella sua lettera 14 Marzo 1812. Infatti chi è persuaso che nel globo tutto ha movimento, che tutto è soggetto a cambiare in più o meno tempo, che tutto dipende in parte dalla natura delle circostanze cir- condanti il che vale quasi quanto dire dall’accidente, che le specie sono variabili e moltiplicabili senza limite determinato, che lo studio
sù
della natura, o per meglio dire tutte li nostri sistemi o metedi non son che pretta arte infine che, o per lo meno, può arrivare un tempo in cui tutti i nostri sforzi attuali diverranno inutili o di pochissimo uso, chi dico, ha tutte queste idee non può più trovare nello studio della natura quel bello, quel sublime, quel puro e quel seducente che ci invita a tale studio, che ci fa scoprire molte cose utili per la nostra vita, che ci fa passare i giorni, i mesi e gli anni come altrettanti minuti, che ci da dei piaceri sentimentali diliziosissimi, che ci eleva lo spirito in modo a riguardarsi come creature più privellegiate an- cora di quel che siamo, finalmente che ci impedisce di cadere nell’a- bisso dell’incredulità di cui niente è più proprio a render l’uomo più sfortunato e da rompere i vincoli della società.
La passione che io tengo per la storia naturale, è così forte in me che, non ostante le mie maniere di considerare gli oggetti, si può quasi chiamar pazzia, ma è vero altresi che la maniera di studiare la storia naturale è tutto affatto diversa da quella adottata general- mente appunto perchè mi è impossibile il farmi illusione sopra sogetti che io riguardo come cose di pochissima importanza nel grand’assieme della natura. Così le specie non hanno per me altro interesse che di riempirmi qualche vano, ed indicarmi la strada tenuta or quà or là, dalla natura nella produzione di tali o tali altri esseri, e prova nello stesso tempo una pena infinita quando si tratta di passare qualche volta il giorno intiero nell’ esame di uno o due insetti per ottenere poi risultati che non. sono fatti per soddisfarmi. Ella vede quivi in parte, la. cagione per cui il mio lavoro sui Carabi avvanza così len- tamente, e per cui quando sarò uscito da questo impegno, che l’ e- sperienza mi convince ognora, più essere un vero dedalo inestricabile, sicuramente non mi metterò più in un altro.
Io sono ben lontano sicuramente di dare ad intendere che il Ca- rabus. coelatus è una pretta varietà del cyaneus, son anzi persuaso che. molti altri Carabi, di specie diversa per noi, possono molto più rassomigliarsi tra di loro, di quel che si rassomiglino i due predetti ma questo non mi impedisce d’essere, in me stesso, conseguente a dei principii. che ho. In fatti quando si considera che il Caraleus calatus non differisce dal cyanecus che per 3 caratteri (cioè grandezza. un po’ maggiore, ponteggiamento del torace, e maggior convessità degli eletri — il colore è variabile, ed il disegno intrinseco degl’ eletri è pure lo stesso che nel cyaneus) mentre che il cane /epriere ed il Barbetto differiscono tra. di loro per 6 o 7 caratteri più conseguenti ed importanti di quelli che distinguono il Car. coelatus (quali sono, forma di corpo, lunghezza delle gambe, lunghezza della coda, direzione e lunghezza degli orecchi, forma del capo, lunghezza della lana, istinto ed. aptitudine diversi) non si può a meno che di commettere una evi-
o
dentissima incongruenza dei sani principii addottati, quando si pro- nuncia apertamente essere il C. calatus una specie, ed il cane le- priere una semplice varietà: ne deduco esservi due maniere di consi- derare gli oggetti di storia naturale, l’una filosofica con cui indaghiamo l’origine dei cambiamenti che gli animali subiscono coll’andar dei se- coli sia per la loro tendenza attiva a svilupparsi e perfezionarsi, sia per la loro susceptibilità passiva di prendere le impressioni delle influenze esteriori, cioè di mettersi in rapporto colle circostanze che li circondano.
L’altrapoi è quella del naturalista propriamente, detto pratico, colla quale noi consideriamo gli esseri tali e quali essi si presentano ai nostri occhi. In questo caso i più minuti caratteri hanno un valore reale per noî per la cagione che l’ azione delle circostanze influenti non diviene sensibile che dopo un tempo immenso relativamente alla'du- rata dei monumenti umani ; così che all’epoca in cui le nostre de- scrizioni attuali potranno divenire false, tutti i nostri libri od altri mezzi di comunicare alla più remota posterità le nostre cognizioni sa- ranno assolutamente annichilate.
V’aggiunga poi ancora che queste variazioni hanno un limite quando la natura delle influenze ne ha uno, così che sarebbe assurdo ‘il dire che l’uomo, li falconi, li Ibis etc. che osserviamo nelle mommie egiziane e che hanno da 3 a 4 mille anni, dovrebbero essere differenti delli analoghi attuali se il tempo agisse sulla loro organizione. Dopo le catastrofi di vario genere che hanno sovversato il nostro globo, l’Egitto, egualmente caldo, fecondo e esposto etc. etc. insomma pre- sentò continuamente sino a noi l’istessa natura di circostanze, nes- suna ragione dunque per autorizarci a pretender e di trovare muta- zioni negl’animali attuali comparati a quelli di 3 mille anni fa.
Quanto poi alle mutazioni che gli animali hanno subito per lo svi- luppamento attivo, le osservazioni ci mancano affatto per negarlo, giacchè tutti gli animali che troviamo nello stato di mommia, appar- tengono tutti a generi d’organizzazione univoca e affatto perfezionata come sono infatti l’uomo, li uccelli di rapina e l’ibis stesso fra legralle. Se invece di questi animali trovassimo delle foche, dei gallinacei, delle tringhe, scolopax, sterne, lari, dei Carabi, grillapteri, delle Bom- bici, Smerinti, Paguri, delle lepadi anatifero etc. etc. che sono di una organizzazione imperfetta trovaressimo probabilmente di già qualche piccola differenza nel loro essere — è ben vero però che il natura- lista puramente sistematico deciderebbe subito, e nel suo senso non lo troverei ingiusto e biasimevole, che dessi formano altrettante specie diverse.
Da tutto il sin qui detto ella deve accorgersi che nel senso dei na- turalisti sono anch’io naturalista, cioè che, quanto al modo di conside-
SA
rare zoologicamente il Charabus carlatus, sono intieramente del , suo avviso, e che se le dissi, senza però mettere alla mia proposizione quella importanza la V. S. vaccorda, che il Carabus coelatus ha po- tuto non essere in un tempo che un fratello od un discendente del Carabus cyanenus, non lo dissi che nel senso filosofico cioè conside- randolo unicamente sotto l’aspetto genealogico, e non sotto l’ aspetto sistematico. E cosa chiarissima che il naturalista pratico non dee già mischiarsi d’indagare cosa siano gli esseri per la natura stessa, ma solamente cosa debbano essere per lui; altrimenti queste due maniere di considerare gli oggetti essendo affatto indipendenti anzi distruggi- trici l’una dell’altra, il naturalista adottando solamente la prima sa- rebbe senza fallo e ben presto precipitato nel caos. Infatti se il na- turalista negligenta li piccoli caratteri degli Insetti, non essendovi propriamente alcun limite fra il carattere importante e quello che non lo è, egli sarebbe esposto a ciascun momento a non saper deci - dere ciò che è, o deve almeno essere per lui, una specie, e ciò che egli deve considerare come varietà, poichè sia detto ad onta di tutte le nostre profonde ricerche, e speciosi risultati, se le differenze, qualunque esse siano, non si considerano come differenze specifiche, non ci resta più un sol mezzo pratico e applicabile a tutti i casi, onde decidere cosa sia specie, e cosa non lo sia, giacchè ciò che noi chia- miamo costanza del carattere non è nel fondo che una maniera ben vaga di spiegarci, la ragione ne è chiarissima, noi comprendiamo per esempio, in una specie tutti gli individui che ci paiono somiglianti, perchè carattrizzati da caratteri identici i quali per la loro identità prendono il nome di caratteri costanti, ma se uno di questi caratteri che noi chiamiamo costanti si trova, per caso, non esistein un certo individuo, noi invece di dedurre che quel tal carattere è incostante, contiamo per nulla tutti gli altri rapporti e pronunciamo subitamente : ecco il carattere specifico d'un altra ispecie ; così che non ammettiamo propriamente l’incostanza dei caratteri che negli animali domestici, dove non esiste nel fondo niente più che altrove.
Ad ogni modo, io non pretendo di biasimare con tutto questo l’incon- seguenza dei naturalisti — tutto quello che v’ ha di strano nella storia naturale si è il capriccio e l’inconseguenza che si osserva general- mente nel giudicio dei naturalisti. L'uomo per esempio, quivi è bianco, in Africa è nero, nella Lapponia è basso, nella Patagonia è alto etc. tutte queste differenze son bagatelle. L'uomo è un solo dapertutto, e mentre così largamente giudichiamo, con una minutezza e una severità affatto apposte, contiamo il numero dei punti della coccinella 24 pun- ctata e nella Tinea evonimella, osserviamo le diverse più fugaci tinte di un papilione, separiamo il lucanus capreolus dal cervus, distin- guiamo il lepre dal coniglio, la cicindela danubiatis dall’hibyda etc. etc.
213% pdl Ciò malgrado si è sempre più o meno fatto così, e così ancora dob-
biamo noi pure continuara fare per fabricare grossi e classici libri dî Storia naturale. Amen.
Torino, nel mese di Gennaio 1813.
Fr. A. Bonelli.
Pubblicato il 15 Luglio 1908 lrof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile
Tip Pietro Gerbone — Torino
Ann
BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
Numero 587 — Volume XXIII Dott. ACHILLE GRIFFINI
Note sopra alcuni GRILLACRIDI
Ho ricevuto in due riprese dal Sig. Bang-Haas della nota Ditta « Staudinger e Bang-Haas » un discreto numero di Grillacridi che acquistai per la mia collezione. Di alcuni di essi ho già parlato in due miei lavoretti precedenti (1): nella presente nota riunisco le osser- vazioni più interessanti che ho potuto fare sopra le specie meno note o incompletamente finora descritte, o su qualche esemplare partico- larmente degno di menzione, compresi fra quelli che ricevetti in prin- cipal modo ultimamente dal Sig. Bang-Haas.
In via eccezionale considererò qui qualche specie o qualche esem- plare appartenente ad altre collezioni, quando l’occasione si presen- tasse opportuna per parlarne.
Così spero che anche le notizie che pubblico in questo lavoro pos- sano essere di qualche utilità per lo studio della famiglia dei Grilla- cridi, la quale in molte parti abbisogna di una accurata revisione.
Genova, R. Istituto Tecnico, 6 luglio 1908.
Paragryllacris exserta Brunner
& — Paragryllacris exserta Brunner 1888 ('?), pag. 372. — Tepper 1892 (10), pag. 160. — Kirby 1906 (11) pag. 149.
1) A. GRIFFINI. Sopra alcuns Gryllacris malesi ed austro-malesi. Bollett. Musei Zoolog. Anat. Comp. Torino, Vol. XXIII, n. 581, 1908.
A. GRIFFINI. Intorno a quattro Grillacridi dell America meridionale. Zoolog. An- zeiger, Leipzig, Band XXXIII, n. 2-3, 1908,
2h and
Dopo qualche esitazione ho riferito -a questa specie, della quale fi - nora fu descritto solo il ®, una femmina che ricevetti dal Sig. Bang- Haas come proveniente dalla New S. Wales.
Eccone i principali caratteri :
g — Longitudo corporis mm. 32 » pronoti » D,7 » elytrorum » 34,5 » femorum anticorum » 8,7 » femorum posticorum » 15,5 » ovipositoris » 24,2
Testacea, pedibus leviter pallidioribus, fastigiis capitis leviter in- tuscatis. Caput pronoto distincete latius, ab antico visum ovatum-orbi- culare: occiput convexum: fastigium verticis sat convexum, lateribus acute carinulatis, latitudinem circiter duplam primi articuli anten- narum attingens, colore fere castaneo, haud saturato, lineola media longitudinali pallidiore parum distincta eum percurrente et in occipite continuata, ibique cum lineolis cerebriformibus indistinetis connexa. Maculae ocellares citrinae. Frons punctato rugosa. Antennae ferrugi- neae, articulo basali pallidiore.
Pronotumasupero visum subquadratum, margine antico in medio pro- ducto, sulco antico bene impresso, incertissime et dilutissime infuscato ; sulculo longitudinali medio abbreviato fossulari, sulco postico valli- forme perparum impresso, margine postico truncato distincte fusco. Lobi laterales multo longiores quam altiores, subrectangulares, angu- lis fere rectis, verticibus rotundatis, margine postico verticali brevis- simo, sinu humerali expresso, sulcis bene impressis.
Elytra et alae ut in descriptione 9 Brunneri.
Pedes testacei, geniculis summis levissime et incerte infuscatis Tibiae anticae et intermadiae solito modo spinosae. Femora postica basi bene incrassata, parte apicali attenuata brevi; subtus, apicem versus, margine externo 3 - spinuloso, margine interno 5 - spinuloso. Ti- biae posticae subcurvatae, in medio latiuscule pallide flavae, longe post basim in utroque margine superne spinulis minimis 4-5 praeditae.
Ovipositor rectus, exilis, acuminatus. Lamina subgenitalis 9 insignis basi in medio profunde impressa, et lateribus inferius prominulis, apice lata, transversa, truncata, sed in medio leviter triangulariter excisa, lateribus externis apicis posterius angulato prominulis.
Habitat: New S. Wales.
Per le dimensioni credo poter escludere che questa femmina possa appartenere alla Par. perloides Walker (= Par. pallidolinea var. minor Tepper).
— 3 —
Gryllacris famigata De Haan
gd — Gryllacris fumigata De Haan 1842 (5) pag. 219. — Gersta- ecker 1860 (6), pag. 264. — Brunner 1888 (?), pag. 328-209. — Pictet et Saussure 1891 (8), pag. 304, Tab. 1, fig.7. — Kirby 1906 (11), pag. 139.
Anche di questa specie fu descritto solo il @. Ne ho ricevuto dal Sig. Bang-Haas una 9 proveniente da Giava, che quì descrivo:
g — Longitudo corporis mm. 29 » pronoti » TOR »d elytrorum » 37 » femorum anticorum » 10,8 » femorum posticorum » 19 » ovipositoris » 25,2
Cum J optime congruit.
Corpus sat elongatum, subcompressum. flavo-testaceum, nigro et fusco varium.
Caput ovatum subelongatum. Occiput nitidum, convexum. Fastigium verticis rotundatum, anterius leviter depressum, latitudinem 1 112 primi articuli antennarum haud superans, marginibus parum distincte carinulatis. Frons inaequalis, sub lente parce punctulata, inferius mi- nime depressa. Clypeus trapetioideus, ad basim prominulus fere trans- verse carinatus: sulci suboculares tantum inferius expressi. Color capitis flavo testaceus. — Occiput et ante eum summus vertex in medio leviter infuscata, his coloribus fuscis a paucis lineolis pallidis regula- riter positis intersectis: latera externa verticis nigra. Vittae duo sub- oculares latae nigrae, intus a colore pallido frontis recte divisae, extus in genis a colore pallido partis posticae genarum minus bene limitatae, superne cum colore nigro lateris verticis continuatae. Mandibulae apice et basi intus nigrae. Magna pars apicalis labri nigra. Articulus primus antennarum testaceus, articuli sequentes nigri, dein gradatim fusci. Palpi fusco et testaceo late varii.
_ Pronotum distincte longius quam latius: margine antico rotundato parum producto, sulco antico valliforme parum expresso, sulculo lon- gitudinali abbreviato subtili, distincto, sulco postico minus expresso, margine postico rotundato-truncato, in medio minime sinuato. Lobi laterales multo loangiores quam altiores, modice adpressi, posterius altiores, margine infero leviter sinuato, angulo antico late rotundato, angulo postico subtruncato, margine postico brevi, sinu humerali parvo; sulcus U - formis et sulcus posticus bene impressi ; intervalli gibbulosi.
Color pronoti testaceo et fusco nebulosus, marginibus atris.
Elytra pubescentia, elongata, margine antico (externo in quiete) et margine postico late albido-hyalinis, disco praesertim in medio
vie
CIME
et apicem versus leviter grisescente; latitudinem maximam circiter 13 mm. attingentia: venis fusco-testaceis. Alae violaceo-brunneae, venulis transversis lineola subtillima hya- lina extus apposita, areolis nonnullis in medio incerte subhyalinis. Pedes pallide testacei, apicibus femorum, basi tibiarum. et apice tibiarum breviter sed distinctissime nigris. Pars infera femorum po- sticorum et tarsi brunnei. Tibiae anticae solito modo spinosae, spinis fusco-nigris ; femora postica elongata, basi modice incrassata, ad apicem regulariter attenuata, subtus margine externo usque ad 10 spinuloso, margine interno usque ad 8 spinuloso, spinulis nigris. Tibiae posticae post basim superne deplanatae, ibique utrinque spinis 7 nigris armatae. Ovipositor longus, rectus, castaneus, ima basi et margine supero anguste pallidioribus testaceis ; nitidus, sat latus, apice subrotundato acuminatus. Lamina subgenitalis 9 subrotundata, apice leviter emar- ginata, basi utrinque elevatione parva nitida obliqua praedita, his 2 elevationibus intus convergentibus ibique contiguis. ; Habitat - Java.
Gryllacris tibialis Serville
o. — Gryllacris tibialis Serville 1839 (3), pag. 393. — De Haan 1842 (5), pag. 219.
J. 9. — Gryltacris tibialis Gerstaecker 1860 (6), pagg. 266-267. — Brunner 1888 (7), pag. 88-89. — Kirby 1906 (11), pag. 140.
Di questa specie ebbi dal Sig. Bang-Haas una 9 benissimo corri- spondente alle descrizioni originali. Noto solo che il suo ovopositore appare regolarmente appuntito all'apice. Le sue dimensioni principali sono le seguenti :
Longitudo corporis mm. 24 » pronoti » » elytrorum » 82 » femorum anticorum » 8 » femorum posticorum » 15,9 » ovipositoris » 21
Habitat: Java
Gryliacris translucens Serville
d.o. — Gryltacris translucens Serville 1839 (3), pag. 394-395. — Gerstaecker 1860 (6), pag. 275. — Kirby 1906 (11), pag. 141.
Questa specie non fu conosciuta da Brunner quando scrisse la sua monografia, poichè a pag. 336 di tale opera egli la indica dubitativa- mente come sinonima di Gr. amplipennis Gerst.
Le due specie invece sono molto differenti. Della Gr. amplipennis
CAS
Gerst. ho visto nel Museo Civico di Genova una 9 raccolta dal coni- pianto Fea nel Tenasserim, e determinata dallo stesso Brunner. Della Gr. translucens Serv. ricevetti un °° ed una 9g dal Sig. Bang-Haas ben tipici, portanti il nome erroneo di Gr. fuscînervis Stal; inoltre alla stessa specie credo poter riferire un esemplare immaturo appar- tenenti al Museo Civico di Genova. i Ecco i principali caratteri degli esemplari della mia collezione :
(ci 9 Longitudo corporis mm. AZIO » pronoti » 0,6 0,8 » elytrorum » 26,9 33 » femorum anticorum » 7,9 8,5 » femorum posticorum » 14 15,2 » ovipositoris » — 23,4
Statura circiter Gry//acridis tibialis. Corpus nitidum, testaceum, occipite castaneo, vitta sub utroque oculo castanea, pronoto testaceo, superne nigro-fusco in o, parce nigro vario in 9: elytris alisque vitreis venis venulisque nigro fuscis.
Caput pronoto modice latius, ab antico visum ovatum orbiculare: occiput convexum : fastigium verticis latitudinem 1 1[2 primi articuli antennarum attingens, maculis occellaribus parvis, tamen distinguendis. Frons latiuscula sat nitida, inferius interdum (in 4) utrinque punceto majore impresso et superne sulculis duobus subverticalibus parum expressis, ab angulis internis scrobum antennarum descendentibus praedita. Clypeus et labrum solito modo confecta,
Color capitis pallide flavido-testaceus. Occiput et vertex castanea pernitida. Fastigium verticis tamen pallidius. Frons nebulis leviter fuscis regulariter positis, paucis, parum definitis, praedita, quarum praecipue 2 superae in sulculis subverticalibus; latera baseos frontis et clypei, praecipue in d' etiam incerte nebulosa; labrum & leviter fuscum, in 9 fere omnino testaceum pallidum. Sub utroque oculo vitta castanea descendit, haud perfecte limitata, per sulcum subocularem inferius melius expressum, dum vitta superius melius est conspicua. Palpi pallide testacei, apice leviter obscuriores. Antennae testaceae, articulo primo parce castaneo nebuloso, secundo dilute castaneo,
Pronotum a supero visum subquadratum (;) vel leviter longius quam latius (4); margine antico rotundato perparum prominulo ; sulco antico valliforme bene expresso; sulculo longitudinali abbreviato la- tiusculo; sulco postico latissime V-formi metazonam praecedente, nec- non pone eum sulco transverso obsoleto perparum distinceto. Metazona transversa levissime rugulosa: margo posticus truncatus. Lobi late- rales satis adpressi, subrectangulares, sensim (tamen haud multo) longiores quam altiores, posterius parum altiores, margine infero haud
air
vel indistinete sinuato, angulo antico late rotundato, postico inferius truncato, margine postico verticali sat alto, sinu humerali distincto. Sulci soliti bene impressi.
Color pronoti testaceus nitidus. In & color superne castaneus et utrinque inter sulcos V-formes loborum lateralium descendit, posterius in metazona angustatus, disco maculis paucis parum conspicuis te- staceis ornatus. Harum macularum duo approrimatae, parvae, adsunt ante sulculum longitudinalem, fere unicam efficientes, et lineolam me- diam unicam versus marginem anticum emittentes, et duo posticae (una utrinque) transversae in parte supera rami postici sulci V-formis loborum lateralium. Margo pronoti in * parum distincte fusco limbatus.
Pronotum g maxima parte testaceum, marginibus omnibus distincte anguste nigro-fusco limbatis. Picturae & videntur etiam in $ delineatae: margo anticus superne late nigro-castaneus, hoc colore posterius bre- viter sensim expanso, a lineola media subtili pallida post sulcum an- ticum diviso; post eum maculae duo approrimatae magis pallidae conspiciuntur; sulculus longitudinalis nigro-castaneus; metazona di- lute castanea: pars supera rami postici sulcis V-formis loborum la- teralium breviter castanea.
Elytra elongata (praecipue in g), modice lata, latitudinem maxi- mam circiter 11 mm. attingentia, vitrea, margine antico, margine po- stico et basi omnino incolora, disco et apice leviter grisea, venis venu- lisque nigro-fuscis; ima basis supra insertionem radii brevissime flavida fere maculam flavidam praebet. Alae sat amplae, vitreae, hyalinae, venis venulisque fuscis, subtilibus.
Pedes pallide testacei, geniculis in utroque sexu dilute brevissime, indistincte, infuscatis. Tibiae anticae et intermediae solito modo spi- nosae, spinis fuscis summo apice pallidis. Femora postica parum elon- gata, basi bene incrassata, parte apicali attenuata distincta sed bre- viuscula: subtus margine externo spinis 6-7 nigris armato, margine interno spinis similibus circiter 5. |
Segmentum abdominale dorsale ultimum o' convexum, cucullatum margine postico rotundato. Spinulae 2 mediae approximatae incurvae sub eo adsunt et lobuli duo laterales elongati, intus curvati. Lamina subgenitalis & transversa, apice in medio breviter bicornuta, corniculis subparallelis: styli laterales corniculis fere duplo longiores.
Apex abdominis 9 more solito segmentis dorsalibus abbreviatis. Ovipositor elongatus, rectus, nitidus, quamvis sub lente minute ru- gulosus, angustus, castaneus, ima basi tantum pallidus et summo apice brevissime testaceus: apex sat regulariter acuminatus. Lamina subge- nitalis g videtur subellyptica, integra.
Habitat: Malang, Java.
It, Lar
Gryllacris ruficeps Serville
d — Gryllacris ruficeps Serville 1831 (2), pag. 139. — Serville 1839 (3), pag. 394, PI. 9. fig. 2. — De Haan 1842 (5), pag. 220. — Blanchard 1840 (4), pag. 30.
o.g. — Gryltacris ruficeps Gerstaecker 1860 (6), pag. 259-61. — Brunner 18388 (7), pag. 345, Tab. VIII, fig. 38. — Kirby 1906 (11), pag. 143.
Di questa specie ricevetti 3 e 9? dal Sig. Bang-Haas.
Habitat: Java
Gryllacris ruficeps subsp. malaccensis m.
o. — Gryllacris ruficeps Griffini 1897 ( 2), pag. 142
Q. — A specie differt praecipue colore toto pallido flavido-stramineo necnon fastigio verlicir duplam primi articuli antennarum latitudi- nem attingente el subsuperante.
Habitat : Malacca et Pulo Penang.
Typi: 19 (R. Musaei Zoolog. Taurinensis), apud Perak, in penin- sula Malacca collecta. Donavit D.r M. G. Peracca.
1 9 (Musaei Civici Hist. Natur. Januensis) in Pulo Penang a D. Loria et Fea, anno 1889 collecta.
Magnitudo speciminis Musaei Ianuensis :
Longitudo corporis mm. 29,5 » pronoti » 8,8 » elytrorum » 33,4 » femorum anticorum » 11,9 » femorum posticorum — » 18,6 » ovipositoris » 15,5
Pallide flavido-straminea, elytris pallidissime subhyalinis.
Caput magnum, crassum, ab antico visum orbiculare, haud rufatum. Fastigium verticis articulo primo antennarum duplo latius, anterius parum convexum, lateribus obtusis. Antennae flavidae. Maculae ocel- liformes subnullae, forma indefinita. Oculi postice subtiliter nigro mar- ginati. Frons sub utroque latere fastigii sulco subverticali subtili prae- dita: supra clypeum transverse impressa et utrinque in impressione subtiliter nigrata. Clypeus, labrum, mandibulae, palpi, cum reliquo capite flavida.
Pronotum latum, lobis lateralibus forum deflexis, margine antico in medio producto ibique tuberculato, ad latera tuberculi minute sub lente crenulato, sed ad angulos anticos loborum lateralium et circum eos angulos fortiter crenulato.
Pronoti discus valde inaequalis, sulcis optime impressis; pone sul- Cum anticum superne utrinque tuberculo rotundato parum elevato sed
latiusculo praeditus: sulcis in lobis lateralibus descendentibus ibique convergentibus. et subtus coniunctis, parum fusco repletis.. Margo po- sticus pronoti recte truncatus; margines inferi loborum lateralium subrecti, supra coxas minime sinuati, angulis rotundatis.
Elytra hyalina, venis et venulis pallide stramineis, in parte an- tica tantum partim leviter infuscatis. Alae infumatae, apice vitreae, venulis transversis pallidis.
Tibiae anticae et intermediae solito modo spinosae, spinis longis. Femora postica breviuscula, basi modice incrassata parte apicali parum attenuata, subtus margine externo ll spinuloso, interno 5-spinuloso ;
tibiae posticae superne intus spinis 6, extus spinis 7, necnon spina apicali utrinque instructae. Tarsi validi.
Lamina subgenitalis 9 triangularis, apice rotundato, nec ‘sulcata nec incisa. Ovipositor falcatus, subtilis, compressus, apice oblique truncatus.
Finchè non conobbi in natura la vera Gr. ruficeps tipica di Giava, o finchè ne conobbi solo il g’, mi limitai a constatare come le 9 di Malacca e della vicina isola Pulo Penang si distinguessero notevol- mente pel colore e per la larghezza della sommità del capo, ma du- bitai potesse essere questo un carattere sessuale secondario proprio delle 9? ed erroneamente non indicato dagli autori.
Ora che ho ricevuto anche una 9 tipica della Gr. ruficeps di Giava, ottimamente corrispondente al o ed alle descrizioni degli autori, non esito a distinguere ed a descrivere almeno come sottospecie i suddetti esemplari di Malacca e di Pulo Penang.
Gryliacris excelsa Brunner
do. — Gryllacris excelsa Brunner 1888 (7), pag. 351-52, Tab. VIIL fig. 4LV D. — Kirby 1906 (11), pag. 144.
Di questa bella specie ricevetti dal Sig. Bang-Haas due $, di cui l'una porta come indicazione di provenienza: Milne B, Nova Guinea, l’altra porta come analoga indicazione: Nova Guinea Germanica.
Corrispondono abbastanza bene alla descrizione originale.
g. Longitudo corporis mm. 42-49 » pronoti » 10-10,7 » elytrorum » 36-37,3 » femorum anticorum » 15,4-15,5 » femorum posticorum >» 26,2-27,3 » ovipositoris » 26-27
Variat capite plus minusve nigrato, interdum toto castaneo-nigro, interdum occipite, vertice et genis fulvo testaceis. Maculae ocellares
SEDI
in speciminibus capite toto nigro-castaneo praeditis ‘adsunt sat di- stinctae quamvis parvae. Fastigium verticis latitudinem 1 1|2 primi articuli antennarum aegre attingit. Frons inferius impressa, transverse minute sed (etiam sine lente) distinete rugulosa, et punctis 4 magis impressis praedita. Clypeus inaequalis, impressionibus quatuor grosse punctiformibus (2 superis, 2 inferis) praeditus, inferius flavidus vel rufescens. Sulci suboculares distincti.
Pronotum lobis lateralibus perparum adpressis, a supero visum subquadratum: margine antico in' medio rotundato modice producto ; tumescentùs superis 2 (una utrinque) in parte antica, nonnihil post- sulcum anticum, praeditum : sulculo longitudinali abbreviato posterius dilatato: margine postico recte truncato. Lobi laterales longiores quam altiores, postice distincte altiores, margine infero post angulum an- ticum sinuato: angulo antico rotundato, angulo postico longe oblique truncato, margine postico verticali brevi: sinu humerali parvo; sulci V-formes valde impressi, sulcus posticus minus expressus, intervalli valde gibbulosi.
Femora postica longa, spinis utrinque usque ad 10.
Ovipositor angustus, ante apicem levissime dilatatus, apice suba- cuminato.
Habitat : Nova Guinea.
Gryllacris signifera (Stoll)
Gryllus (Tettigonia) signifera Stoll 1813 (1), III Genre, pag. 26, PI. XII a, fig. 50.
Gryllacris maculicollis Serville 1831 (2), pag. 139. — Serville 1839 (3), pag. 394. — De Haan 1842 (5), pag. 220. — Gerstaecker 1860 (6), pag. 254. — Brunner 1888 (?), pag. 352.
Gryllacris signifera Blanchard 1840 (4), pag. 30. — Kirby 1906 (11), pag. 144.
Questa è forse la specie più frequente nelle collezioni. Secondo me essa dovrebbe esser considerata quale specie tipica del genere Gry!- (ncris come prima descritta da Serville nel 1831 quando istituì il genere.
Ne ricevetti alcuni esemplari di Giava dal Sig. Bang-Haas.
Inoltre ne ho veduto nel Museo Civico di Storia Naturale di Ge- nova 1 o di Buitenzorg, Giava (coll. G. B. Ferrari 1874), e 2 9 pure di Buitenzorg, Giava (coll. prof. O. Penzig, 1899).
Fra i Grillacridi che ebbi in comunicazione dal K. Zoolog. Museum di Berlino, era pure rappresentata questa specie, e propriamente vi appartenevano: 1 9 in alcool coll’indicazione: Iava, Tschirch; 1 e e 19 in alcool, coll’indicazione: Buitenzorg, Iava, Mai 1898, M. Flei-
— 10
scher; e infine 2d in alcool, coll’indicazione : Samarang, Iava, Consul Erdmann.
Faccio qui menzione di un d° anomalo, che ricevetti dal Sig. Bang- Haas, il quale d° presenta una di quelle anomalie per ridotto sviluppo d’una zampa posteriore, delle quali in diversi miei lavori ebbi già a descrivere vari casi, sulla cui interpretazione non è ora il momento di ritornare.
Ecco le dimensioni delle due zampe posteriori dell’esemplare in discorso: i i
destra (normale) sinistra (anomala)
lunghezza del femore mm. 18,6 14 » della tibia » 17,8 13,8 » dei tarsi » 7 5)
Tutta la zampa anomala è lievemente oscura e minutamente ma fittamente pubescente. Il femore è pochissimo ingrossato alla base: inferiormente ha solo due spine rudimentali verso il mezzo del mar- gine esterno e 9 spine sul margine interno situate verso l’apice, in parte fuse fra loro, di cui solo le ultime sono alquanto meglio formate. La tibia è subcilindrica, quasi inerme, presentando solo i rudimenti di due spine sul margine interno e di 6 spine sul margine esterno, irregolarmente poste, di cui una alquanto prima del mezzo e le altre ravvicinate presso l’apice. I tarsi presentano i quattro articoli distinti e ben fatti, solo ridotti di dimensioni.
La provenienza di quest’esemplare anomalo è indicata: Malang, lava.
Gryllacris #“ignifera var.
SJ. — A speciminibus typicis ex Java differt praecipue tibiis 0om- Nibus (anticis saturatius) superne infuscatis, necnon elytris alisque
longioribus. Longitudo corporis mm. 30 » pronoti » 7,9 » elytrorum » 33,7 » femorum anticorum » Lia » femorum posticorum » 19,7
Habitat: Mindanao : Philippinae.
Ne ebbi un unico d' dal Sig. Bang-Haas.
Esso a prima vista ricorda la Gr. appendiculata, per le tibie di cui principalmente le anteriori sono superiormente infoscate. Però la strut- tura dell’ultimo segmento addominale dorsale di questo &' è quale si riscontra nella Gr. signifera. I disegni del pronoto sono ben marcati anzi piuttosto larghi, pur essendo quasi mancante la lineetta mediana.
ZIE
Gryllacris athleta Brunner
d— Gryllacris athleta Brunner 1888 (7), pag. 355. — Kirby 1906 (11), pag. 145.
cd. 9 — Gryllacris athleta Griffini 1897 (12), pag. 142.
Ricordo qui questa specie, di cui il R. Museo Zoologico di Torino possiede gli esemplari g' e 9 di Perak (penisola di Malacca) da me descritti, poichè io ne feci conoscere il &, ciò che non vedo indicato nel Catalogo di Kirby.
Gryllacris phryganoides De Haan
9. — Gryllacris phryganotades: De Haan 1842 (5), pag. 219. — Ger- staecker 1860 (6), pag. 273. — Brunner 1888 ('?), pag. 360. — Kirby 1906 (11), pag. 146.
Questa specie descritta invero in modo brevissimo ed inca ‘da De Haan pare più non sia stata trovata dagli autori, pei quali è rimasta problematica: infatti Gerstaecker e Brunner si limitano a ri- ferire la breve diagnosi di De Haan.
Dopo accurato studio credo potervi riferire una 9 che ebbi dal De: Bang-Haas, proveniente da Giava. Eccone i principali caratteri :
g Longitudo corporis mm. 17,6 » pronoti - » 3,9 »; elytrorum » 28,4 » femorum anticorum » 6,5 » femorum posticorum si sie » ovipositoris i Tama Al0,5
Corpus graciliusculum, sub lente pilosulum, totum fulvo testaceum, maculis ocellaribus parum conspicuis; elytris longis pellucidis, antice (inferius in quiete) omnino vitreis, postice levissime griseo-testaceis, pellucidis, basi tamen flavis: alis hyalinis venis venulisque fulvo-te- staceis.
Caput ab antico visum ovatum sat elongatum, pronoto tamen latius. Occiput bene convexum. Fastigium verticis convexiusculum, inferius tantum subplanum, lateribus obtusis, latitudinem 1 12 primi articuli antennarum aegre attingens, maculis ocellaribus parvis, lateralibus, parum distinetis. Sulci suboculares indistincti. Clypeus, labrum, solito modo confecta, et cum mandibulis, palpis, antennisque, cum reliquo capite et corpore concolora.
Pronotum sat parvum, compressiusculum, sensim longius quam latius, unicolor ; margine antico in medio rotundato sat producto, sulco antico utrinque expresso, in medio minus impresso, sulculo longitudi- nali abbreviato distincto, ‘sulco postico perparum expresso et prope
BE per
marginem posticum sito, margine postico transverso. Lobi laterales longiores quam altiores, postice quam antice altiores, angulo antico late rotundato, margine infero obliquo subrecto, angulo postieo expresso inferius truncato; margine postico verticali: sinu humerali parvo: sulcis bene impressis.
Elytra longa, ad apicem latiuscula, latitudinem maximam mm. 92 circiter attingentia, summo apice subacute rotundata, pellucida, parte anteradiali vitrea incolore, parte post-radiali levissime SSA ad basim flavida.
Alae sat elongatae, modice latae, hyalinae, venis venulisque fulvo: testaceis.
Pedes pilosuli. Tibiae anticae subtus utrinque spinis 4 longis prae- ditae; tibiae intermediae subtus utrinque spinis 4 longis necnon spina apicali breviore armatae. Femora postica basi.incrassata, ad apicem r'egulariter attenuata, subtus margine externo spinulis 9, margine in- terno spinulis 13, apicem versus leviter majoribus, levissime infuscatis, armata. Tibiae posticae superne sat longe post basim planiusculae, ibique utrinque spinis 6 sat parvis, leviter infuscatis, instructae.
Apex abdominis 9 superne solito modo confectus, segmentis dorsa- libus abbreviatis. Ovipositor elongatus, angustus, leviter incurvus, subrectus, apice regulariter et sat argute acuminatus, cum corpore concolor. Lamina subgenitalis 9 in medio apicis leviter excisa. Seg- mentum ventrale ultimum videtur utrinque appendiculo styliformi toto cum eo contiguo praeditum: his 2 appendiculis intus convergentibus, in duobus depressionibus ventralibus obliquis segmenti sitis, a parte media prominula inter se divisis.
Habitat: Malang, Java.
Gryllacris nigriccps Karsch
c, — Gryllacris nigriceps Karsch 1892 (9), pag. 341. — Kirby 1906 (11), pag. 147. — Griffini 1908 (13), pag. 21.
Di questa specie fu finora fatta conoscere solamente la femmina. [Io stesso, nell'opera sopra citata non potei ridarne la descrizione che sopra due 9 statemi comunicate dal Musée R. d’Hist. Naturelle di Bruxelles.
Ora ho ricevuto dal Sig. Bang Haas un & riferibile a questa specie ed indicato come proveniente dal Kamerun. Ne do qui i prin- cipali caratteri.
cd Longitudo corporis mm. 30 » pronoti > 6 > elytrorum » 29 » femorum anticorum » 9
» femorum posticorum » 15,2.
7)
. Foeminae valde similis.
Occiput convexum sat prominulum : fastigium verticis articuli primi antennarum latitudinem minime superans ; macula ocellaris frontis mi- nime major quam macula* fastigii verticis. Antennae pubescentes ut in9basi fuscae, articulis basalibus permultis apice anguste pallidioribus,
Pronotum pubescens, margine antico rotundato supra occiput di- stinete prominulo, sulco antico perparum excavato, tamen distincto, valliforme, sulculo longitudinali abbreviatolatiusculo et parum impresso, sulco postico margini postico valde proximo, parum impresso ; margine postico truncato, metazona lateribus gibbulosis. Lobi laterales multo longiores quam altiores, posterius leviter altiores, angulo antico late rotundato, angulo postico infero subtruncato, margine infero subrecto, sinu humerali. perparum distineto. Sulcus U-formis.et sulcus posticus bene impressi; intervalli gibbulosi.
Color capitis ut in 9. Color pronoti etiam circiter ut in 9, ferru- gineus, margine antico lateraliter incerte subtiliterque infuscato.
Elytra ut in 99 a me descriptis apicem abdominis distincte supe- rantia, subvitrea, venis venulisque ferrugineo-fuscis.
Pedes longiusculi, pilosuli. Tibiae anticae subtus utrinque spinis 4 longis armatae. Femora postica modice robusta, ut in 9 confecta et spinulosa; apex femorum breviter et parum conspicue niger. Tibiae brunneo-nigrae. Tibiae posticae sat longe post basim superne depla- natae, utrinque spinis 6 instructae. Tarsi d' toti brunneo-testacei.
Segmentum abdominale dorsale octavum productum, apice in medio prominulo et spinulis duabus approximatis verticaliter deflexis ibi armatum; segmentum nonum sub octavo subtotum absconditum, apice verisimiliter excisum. Lobi 3 sub eo adsunt, quorum medius in modo laminae supraanalis deflexus, subrectangularis, superne impresso con- caviusculus, apice subrotundatus.
Lamina subgenitalis & lata et ampla, in medio longitudinaliter verisimiliter carinata, apice haud incisa, stylis lateralibus breviu- sculis, crassiusculis, teretibus.
Habitat: Victoria, Kamerun.
Gryilacris michaelisi Griffini
cd. g. — Gryllacris michaetisi: Griflini 1908 (14), pag. 65-67. Di questa specie, da me recentemente descritta, ricevetti ora dal Sig. Bang-Haas altre due 9, della stessa provenienza. Queste due ? corrispondono completamente ai tipi, pure conservati nella mia collezione, solo appaiono lievemente più gracili. Le loro principali dimensioni sono le seguenti : Longitudo corporis mm. 24-26,5 » pronoti » 5,1-5,5
— 4 —
Longitudo elytrorum mm. 25,1-27,3 » femorum anticorum » 7,2-7,9 » femorum posticorum » 13-13,4 » ovipositoris » 14,5-17
Habitat ; Espirito Santo, Brasile.
BIBLIOGRAFIA CITATA
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14. A. GRIFFINI 1908 — Intorno a quattro Grillacridi dell'America meridionale. — Zoolog. Anzeiger, Leipzig. Band XXXIII, n. 2:3.°
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Tip. Pietro Gerbone — Torino
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BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
= Numero 588 — Voluine XXIII sof
DANIELE Rosa
Nuove specie di tomopteridi
(DIAGNOSI PRELIMINARI)
Tomopleris Nisseni n. sp. Tronco lungo 17 mm. più una coda di lunghezza incerta. Parapodii del tronco 25 paia. Primo cirro manca. Secondo cirro lungo una volta e mezzo il tronco. Mancano rosette. Pinne con membrana molto bassa ed increspata. Una grande ghian- dola infera dal 4° parapodio in poi sulla pinna ventrale; una ghiandola minore, apicale, dal 3° parapodio in poi sulla pinna dorsale e ventrale. Gonadi nel solo remo dorsale.
Hab. Atlantico: 20°S, 27° W. Cap. H Nissen legit.
Tomopteris ligulata n. sp. Similissima alla 7. planctonis, Apst. con identica distribuzione delle ghiandole pinnali. Si distingue sopratutto per le membrane pinnali le quali risalgono in forma di lista lungo il tronco del parapodio sin contro il corpo.
Hab. Atlantico fra 22° N. e 33°S. e Pacifico a 31°S. Cap. H. Nissen legit.
Tomopteris Dunckeri n. sp. Simile alla 7. Aloysii Sabaudiae Rosa (Monitore zoologico italiano, 1907) se ne distingue per le spalline vi- bratili molto alte sulla spalla, pei remi delle pinne un po’ digitati, per le pinne caudali (almeno nella <) lunghe, lanceola'e e presenti su tutta la coda il cui ultimo tratto non è nudo.
Hab. Fra Ceylon e lo Stretto di Dampier. (Dr. Duncker legit).
Questi tre tomopteridi appartengono al Natur/istor. Museum di Am- burgo. Le descrizioni definitive si troveranno in un mio lavoro ora in corso di stampa (Rosa: Anellidi, parte 1* Tomopteridi) che formerà il fasc-\W® del. Vol. I dell’opera: Laccolle plancloniche fatte dalla R. N. « Liguria ». Pubblicazioni del R. Istituto Uli Studi superiori ‘di Firenze).
Pubblicato il 26 Agosto 1908
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Prof, LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1066 — Tip. Pietro Gerbone — Torino
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BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
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DoTT. LuIiGI COGNETTI DE MARTIIS
PAOLO BIOLLEY
NECROLOGIA
I naturalisti che curano lo studio di collezioni proprie o apparte- nenti a musei vedono spesso queste farsi più ricche, più preziose, per opera dei doni cortesi di altri naturalisti coi quali occasionalmente, anche soltanto per lettera, erano dianzi entrati in rapporti di cono- scenza. Nulla di più sincero del benevolo senso di gratitudine susci- tato da tali doni: i rapporti di conoscenza si cambiano così ben spesso in amicizia cordialissima, sorretta da reciproca stima. Anche se priva di conoscenza personale tale amicizia non per questo sarà meno salda di quella nata in una stretta di mano.
In tal modo anch’io ho conosciuto varî colleghi che con intimo piacere posso ora chiamare amici. Fra questi uno dei più meritevoli di gratitudine era il Prof. PAoLo BroLLEY. Quando lo scorso Febbraio, giunse da San Josè di Costa Rica, luogo di sua dimora, l’annunzio della sua morte, questo destò una dolorosissima impressione. Il Diret- tore e i colleghi del R. Museo Zoologico di Torino ebbero come me espressioni di vivo cordoglio per la grave perdita, e una lettera di condoglianza venne inviata al Museo Nacional di Costa-Rica, cui il Prof. P. BroLLEy diede per parecchi anni l’opera sua di naturalista (1).
Specificare il numero dei doni che il Museo di Torino ebbe dal Prof. BroLLEYy sarebbe troppo lunga cosa; dietro suo esempio lo stesso
(1) Di questa lettera volle, con delicato pensiero, far cenno il prof. A. Alfaro in una necrologia del prof. BroLLev pubblicata nel « Boletin de la Sociedad Na- cional de Agricoltura » di Costa-Rica. (anno 2°, n. 2).
TILIOCIA
£ È | SERE
direttore del Museo di Costa Rica, il Prof. Anastasio Alfaro, e un suo allievo, il Prof. I. F. Tristàn, inviarono ancor essi copiose collezioni di animali eostarricensi. NO. :
Alle lettere di ringraziamento il Prof. BroLLEY rispondeva sempre con nuove promesse, fedelmente mantenute. Richiesto una volta se i doni avrebbero potuto essere ricambiati coll’invio di materiale zoologico europeo, mi rispose, nel dicembre 1903, impersonando 1’ Istituto cui apparteneva: « Pour nous la grande question est de faire étudier notre faune », e declinò l’offerta. Un nobilissimo sentimento, quello di esser utile alla scienza, animava quel bravo professore a occuparsi, anche nei periodi di vacanza, di raccogliere con raro discernimento, ani- mali d’ogni tipo, a spartire con paziente attenzione il materiale de- stinato ai singoli specialisti, accompagnandolo, con preziosi dati eco- logici. ,
E come qui scrivo a nome del R. Museo Zoologico di Torino certo altri potrebbero scrivere altrove a nome di altri istituti, giacchè il Prof. BioLLEY manifestava la sua generosa attività di donatore a mol- tissimi studiosi.
Ma l’opera meritoria del defunto Prof. BroLLey ebbe limiti ben più ampii. Oltrechè fervente naturalista egli fu pure maestro dotto e amo- roso ai giovani nella disciplina ch'egli coltivava. E nell’opera d’inse- gnante era degno di particolare stima poichè le dedicò intensissima la sua attività, per un periodo di ventun anni, in un paese che non era sua patria, e in cui seppe tuttavia guadagnarsi universale stima.
Nato a Neuchatel nel 1862 s’era recato a 23 anni in Costa Rica, ove con grande alacrità insegnò scienze naturali nel Liceo governativo e nel Collegio femminile di San Josè, e ancora nell’Instituto di Cartago. Curò con amore lo studio della fauna e della flora costarricensi radu- nando preziose collezioni, e pubblicando interessantissime note su questo soggetto.
I risultati delle sue attive ricerche intendeva coordinare in un grosso lavoro ch'egli andava preparando, ma la morte inesorabile lo colse il 16 gennaio di quest'anno. Aveva appena 46 anni.
Il prof. P. BioLLEY lascia una larga eco di rimpianto fra i cultori delle scienze naturali. Alla sua memoria s'unirà sempre un senso di profonda gratitudine da parte di quanti ebbero prove della sua squi- sita cortesia.
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Pubblicato il 31 Agosto 1908
Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile
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BOLLET TINO
Musei di Zoologia ed ‘Anatomia comparata
della R. Università di Torino
Numero 590 — Volune XXIII
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Prof. LorENzo CAMERANO
LA FAUNA DELLE NOSTRE ALPI
Lettura fatta al VII Convegno Nazionale dell’ Unione Zoologica Italiana a Bormio il 1 Settembre 1908.
Signori,
« Molto sarà perdonato a chi molto ha amato » — Queste parole ben note, mirabili di profonda sapienza psicologica e di bontà, mi hanno indotto ad accogliere l’invito del benemerito Presidente del comitato ordinatore del nostro convegno, di parlare a voi della fauna delle nostre alpi.
Ho amato grandemente le alpi nei miei anni giovanili e le amo tut- t'ora per la bellezza loro incomparabile, per la grandiosità. dei feno- meni che esse presentano, per l'immenso campo di studio che esse offrono alla mente nostra. — Se ora il mio dire non tornerà di pieno vostro aggradimento, altrettanto grande come il mio amore per le alpi, spero, sarà il vostro perdono.
Si
Io devo parlarvi della fauna delle nostre alpi. Orbene, la prima do- manda che mi sono fatta è stata questa:
- Gonosciamo- noi la fauna delle nostre alpi?
Il risultato delle mie ricerche intorno alle cognizioni che si pos- seggono in proposito è stato ‘il seguente :. - p02
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Non esiste alcun lavoro generale che dia un quadro completo degli animali che vivono nelle nostre alpi. — Il libro, che il Dott. Silvio Calloni pubblicò nel 1890, è un lodevolissimo tentativo di rassegna statistica degli animali, citati dai vari Autori come viventi nelle re- gioni alpine, per giungere in base ad essa a conclusioni generali in- torno alla fauna delle regioni stesse; ma poco aggiunge alla conoscenza della fauna delle nostre alpi.
Per nessuna delle nostre vallate È stato fatto un lavoro completo intorno agli animali.
Scarsi pure sono i lavori parziali intorno a determinati gruppi di animali e parecchi di essi, è d’uopo dirlo, sono oggi di quasi nessun valore per il metodo col quale sono stati condotti.
Pochissime di fronte alla vastità e complessità dell’ argomento da studiarsi, sono le ricerche che vennero fatte, fino ad ora, fra noi intorno ai fenomeni biologici degli animali nello speciale ambiente alpino.
Io non esito perciò a conchiudere che la fauna delle nostre alpi è oggi presso a che ignota.
Se qualcuno dei miei uditori trova la mia affermazione troppo recisa e forse anche paradossale, io lo invito ad un esame della « bibliografia » dell'argomento. Ti a
La cosa non sarà lunga.
Tenuti nella voluta considerazione alcuni studî monografici su qualche gruppo di animali, qualche buon catalogo faunistico di località ristrette, ed alcune pregevoli serie di lavori fisiologici e dietologici, egli si per- suaderà facilmente che la maggior parte delle notizie che numerosi Autori hanno dato intorno alla fauna delle nostre alpi, in opuscoli, in memorie, in conferenze ecc. sono attinte (spesso sarebbe forse più esatto il dire, sono tolte di peso) dalla classica opera sulle alpi dello Tschudi che risale alla metà circa del secolo scorso, e per quanto riguarda i Vertebrati, dalle bellissime. monografie di Victor Fatio sulla fauna Svizzera.
L’ uditore mio cortese vedrà che non sono rari gli Autori, che hanno scritto della fauna delle nostre alpi, i quali non hanno fatto altro che estendere alle nostre vallate le conclusioni faunistiche dello Tschudi, del Fatio e di altri, senza che nella loro mente sorgesse neppure l’ombra di un sospetto che la fauna delle vallate alpine, prospettanti la peni- sola italiana, potesse essere diversa da quella che si trova nelle alpi svizzere o francesi. i
Egli conoscerà pure Autori che hanno pubblicato cataloghi di specie di località alpine senza aver visto neppure una delle specie da essi indicate ed anche... descritte.
Vedrà infine lavori di certi autori fatti scorrendo le gallerie di un Museo per copiarvi i cartellini delle specie esposte, senza curarsi di
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verificare l'esattezza delle delerminazioni o delle indicazioni riguar- danti la provenienza degli esemplari... è poi il mio sempre cortese uditore vorrà spingere un po’ più ad- dentro il suo esame, troverà, fra i non molto numerosi lavori faunistici intorno agli animali delle alpi nostre, una percentuale dolorosamente notevole di scritti, che rivelano nei loro autori una mancanza grande di cognizioni bibliografiche ed una assai scarsa preparazione, in guisa che i lavori stessi sono fatti con metodi e con criteri al tutto antiquati.
Ho detto il peccato: ma non dirò qui i nomi dei peccatori. Chiunque del resto si accingerà 243 studio della fauna alpina nostrale li troverà facilmente e si convincerà che la mia affermazione: « che oggi la fauna delle alpi nostre è presso a che ignota » non è pur troppo menoma- mente esagerata.
A conferma di quants sono venuto dicendo ricorderò, ad esempio, la bellissima vallata che ora così ospitalmente ci accoglie.
Essa è forse una delle vallate alpine nostrali che venne, per alcuni gruppi di animali, da più lungo tempo studiata. Or bene, anche per la Valtellina lo studio dei viventi condotto in modo che possa realmente riuscire utile per la conoscenza della fauna alpina è ancora quasi to- talmente da farsi.
Il benemerito ed illustre Presidente del comitato ordinatore del nostro convegno, il prof. Andres, ha, colle sue importanti ricerche sui viventi del fango termale di Bormio, iniziato tale studio ed io mi auguro che trovi molti seguaci ed imitatori.
In queste condizioni di cose, mi è impossibile dare a voi un quadro degli animali delle nostre alpi che sia in rapporto coi criteri scienti- fici moderni e colle moderne esigenze dello studio dei viventi.
Io devo limitarini ad esaminare rapidamente con voi il campo di studio che le alpi nostre ci offrono, a discutere intorno ai mezzi mi gliori per procedere al suo dissodamento e intorno al modo di racco- gliere quei materiali di osservazione che possano efficacemente, in un tempo più o meno lontano, condurci alla conoscenza scientifica del mondo animale delle alpi nostre.
Trasportiamoci, senz'altro, in medias res.
Uno degli spettacoli più meravigliosamente belli è il risvegliarsi della vita all’inizio della primavera nel mondo alpino. La vita, che è rimasta nelle alpi nella quiete più profonda nei lunghi mesi invernali, pare squotersi ad un tratto, bruscamente, al primo soffio del caldo foehn.
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.Il provvido vento urla e fischia fra le gole e attraverso alle foreste, spazza gli altipiani coperti di neve, e, in pochi giorni, ridà la voce sonora alle cascate ed ai torrenti.
Mentre le valanghe di neve e di sassi precipitano, spesso foriere di rovina e di morte, le sassifraghe, i crochi, le primule, le viole, le aquilegie, gli anemoni, aprono con rapidità, meravigliosa le loro corolle e mettono fra il verde dei pendii e delle praterie e fra il grigio delle rocce allegre pennellate di azzurro, di rosso, di viola, di giallo, di bianco.
Con non minore rapidità entrano in scena gli animali: si fa udire il fischio della marmotta e tutta una schiera di uccelli svolazza al- legra e incomincia il suo canto d’amore.
Miriadi di altri animali sui fiori, sul suolo, nei recessi delle. foreste nelle acque delle pozze e dei laghi si agitano e si accingono a fruire della buona stagione. Stagione questa, in verità, assai breve: cinque mesi appena. Alla primavera, che incomincia alla fine di maggio o in principio di giugno, seguono pochi mesi di estate; questa, a sua volta, cede il passo ad un breve autunno. Alla fine di settembre l inverno riprende il suo inesorabile impero.
L'ambiente alpino, propriamente detto, è rude e violento: esso non ammette debolezze, indecisioni, incertezze. Per i suoi viventi non vi è tempo da perdere: la riproduzione, lo sviluppo, la ricerca del nu- trimento presentano modalità speciali, che danno alla lotta per Vesi- stenza, intesa nel suo più ampio significato, fisonomia al tutto propria.
Nelle alpi sono riunite in breve spazio le condizioni di clima e di vita delle regioni, nordiche, delle temperate e calde. — (Gli aspetti delle alpi mutano, si può dire, ad ogni passo‘e si presentano con ca- ratteri profondamente diversi a livelli varianti fra loro di poche cen- tinaia di metri.
Con analoga rapidità si cambiano il clima, la flora, la fauna, tanto che, quei mutamenti complessivi di ambiente, che nel piano si possono osservare soltanto percorrendo distanze grandissime, nelle alpi si pos- sono avere in breve spazio di terreno. Di qui la varietà grandissima dei fenomeni che esse ci offrono.
Per poter abbracciare con un colpo d’occhio l’insieme dei fenomeni riguardanti la flora e la fauna, i naturalisti, come è noto ai miei udi- tori, hanno cercato di dividere il mondo alpino in zone.
Così, ad esempio, si parla di una zona-montana che sale fino ai 1000 metri s. 1. d. m., di una zona preal/pina che va dai 1000 ai 2000 metri circa, di una zona alpina che si estende dai 2000 ai 3000 metri e di una zona nevale che dai 8000 metri giunge ai 4000 e più s. 1. d. m. ..Nel fare questa divisione si tiene conto specialmente del mutarsi delle:condizioni climatiche e della vegetazione col crescere dell’altezza dei luoghi sul livello del mare.
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Indubbiamente le varie zone ora menzionate hanno anche fra noi, ciascuna nel su» insieme, ua aspetto particolare per quanto si riferisce al complesso dei viventi che le popolano.
Le terre più basse a piè delle alpi, che fanno corona alla valle del Po, ricche di acque di irrigazione e coltivate a prato, a campo ed a risaia, presentano numerose specie di pesci, di anfibi, di rettili, di in- setti acquaioli, di crostacei, di molluschi, di vermi, di uccelli, di pic- coli mammiferi, in una parola, una fauna ricca di specie di tutti i gruppi e rappresentate da numerosi individui.
Nella zona un po’ più elevata, ridente per le colline vinifere, per i giardini e per i frutteti, la fauna scarseggia delle specie schietta- mente acquaiole: ma si arricchisce di un grande numero di insetti, coleotteri, ortotteri, rincoti, lepidotteri ecc.
Ai pendii coperti di viti succedono a mano, a mano, più in alto, i boschi di castagni e di faggi e la fauna si fa più povera di specie; ma nello stesso tempo cominciano ad apparire quelle forme di animali che caratterizzano la zona alpina propriamente detta. Una lunga serie di animali si è adattata a vivere fra le screpolature della corteccia dei vecchi tronchi degli alberi, o sotto i cumuli di fi glie cadute, o sotto il fitto strato di muschi che ricopre le rocce nei recessi più scuri ed umidi dei boschi.
Nelle foreste di faggi e di varie sorta di conifere vive tutto un eser- cito di minuti lavoratori, che, in mille guise, intaccano le piante in tutte le loro parti e spesso le conducono a morte, mentre un’altra non meno numerosa schiera di animali lavora allo sfacimento e alla distru- zione dei tronchi e dei rami caduti.
La regione delle alpi che tien dietro ai boschi, in alto, ricorda colle sue rocce, coi suoi nevati, coi suoi laghetti, coi suoi tratti erbosi le zone settentrionali d'Europa, le tundre siberiane, le così dette cattive terre dell’America del Nord. Essa ha una fauna relativamente povera di specie; ma gli animali che la abitano presentano quelle modifica- zioni nella loro struttura e nei loro costumi che sono una delle prove più manifeste della plasticità degli animali stessi e del loro adatta. mento all’ambiente.
La regione più elevata, infine, dà una idea del paesaggio delle estreme terre polari e in essa, fatte le debite proporzioni, troviamo i feno- meni dei colossali 772/2725648 della Groelandia e delle isole Spitzberghe, coi loro nunalari quali, in breve spazio circondato dai ghiacciai, rac- chiudono una scarsa flora e una più scarsa fauna. Flora e fauna scarse; ma di interesse grandissimo, poichè si è in queste oasi, perdute fra i paurosi campi di ghiaccio, che si sono ridotti ad abitare gli ultimi di- scendenti di alcuni gruppi dei primi viventi che popolarono le alpi.
La divisione in zone ora ricordata del mondo alpino, divisione che
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possiamo dire classica, deve essere intesa in una maniera al tutto ge- nerale e non può essere presa, senz’altro, nei suoi particolari, come base per lo studio della fauna di una data vallata alpina.
Essa emana essenzialmente dal concetto che i primi studiosi delle alpi avevano dell’azione che l’altezza sul livello del mare esercita sul carattere della natura alpina, azione, che essi ritenevano assolutamente preponderante sopra tutti gli altri elementi dell'ambiente.
Or bene, a questo proposito, è da osservare che altri elementi im-
portantissimi vengono spesso a modificare i criteri che si possono de-
sumere dal considerare precipuamente la sola altezza sul livello del mare di una regione alpina, come ad esempio, la direzione delle val- late, la loro profondità e larghezza, la più o meno facile penetrazione delle correnti atmosferiche, la forma particolare delle pareti rocciose e dei pendii, che dipende essenzialmente dalla natura delle rocce, la composizione mineralogica delle rocce stesse, il regime delle acque, lo sviluppo maggiore 0 minore delle foreste e via discorrendo.
Di qui la necessità, per chi si accinge a studiare la fauna di una vallata alpina, di procedere prima ad una ricerca accurata delle con- dizioni climatiche, geografiche, mineralogiche, geologiche e botaniche in tutte le parti della vallata stessa.
L’applicare a priorî, come spesso è stato fatto, nello stadio degli ani- mali di una vallata alpina la divisione in zone che io ho poc'anzi ri- cordato, od un’altra analoga, non è cosa oggi scientificamente accet- tabile.
Il multiforme mondo degli animali delle alpi ci presenta numerosi campi di studio.
Voglio anzitutto accennare allo studio degli animali, che troviamo adattati a vivere in ambienti così vari e speciali, nei loro fenomeni vitali fondamentali e nelle modalità del loro adattamento agli ambienti stessi.
Si tratta, in altre parole, di studiare i fenomeni, enormemente com- plessi, della lotta per l’esistenza, che interessano talvolta tutte le parti dell’organismo e le loro funzioni. — Si tratta di studiare, ad esempio, il modificarsi del regime pigmentale, i meccanismi di difesa contro il freddo, i fenomeni di resistenza ai lunghi digiuni, i meravigliosi fe- nomeni del letargo, i mutamenti che avvengono nella modalità di svi- luppo delle uova, degli embrioni, delle larve, i fenomeni di accorcia- mento o di acceleramento di sviluppo, i fenomeni di neotenia, di Rpg genesi e via discorrendo.
Tutta una serie interessantissima di ricerche è da farsi nel mondo
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alpino intorno all’azione del calore, della luce, dell’umidità nello svi- luppo, nella mole, nella dietologia di molte specie i di cui individui si trovano ad abitare le varie zone e quindi sono in ambienti fra loro molto diversi.
Nè meno ricco di interesse si presenta lo studio delle reazioni dei viventi stessi in rapporto coi fenomeni di tactismo, coi fenomeni, ad esempio, di adattamento ad optimum di temperatura notevolmente di- versi, che si possono riscontrare in individui della stessa specie nelle varie zone da essi abitate.
L'ambiente alpino, che, come già ho avuto occasione di dire, è rude, agitato, violento, speciale, ci offre un campo vastissimo per lo studio della lotta per l’esistenza in tutte le svariate e spesso oltre ad ogni dire complesse sue modalità. — Essa assume nelle varie plaghe alpine caratteri diversi, sia per le speciali loro condizioni fisiche, sia per il diverso aggrupamento degli animali. Specie dello stesso genere e tal- volta individui della stessa specie, passando da una plaga all’altra, vengono a trovarsi in un mondo per essi assolutamente diverso e, per poter riuscire a stabilirvisi in modo normale, devono sostenere una lotta, intesa questa sempre nel suo significato più ampio, acerrima. | Passaggi di tal sorta sono nelle vallate alpine non rari, poichè in esse é fenomeno frequente ed importante quello delle migrazioni, sia nella forma classica di quelle degli Uccelli o dei regolari passaggi di vari animali da zona a zona col mutarsi delle stagioni, sia per causa di trasporti passivi, come per opera dei corsi d’acqua, che di tratto in tratto vengono in piena, o per opera delle correnti aeree ascendenti e discendenti nelle vallate stesse.
Ricordo a voi i fatti importantissimi della disseminazione degli or- ganismi d’acqua dolce per mezzo degli Uccelli palmipedi e trampolieri ‘migratori segnalato dall’Humbert, dal De Guerne e da altri. E nota l’importanza loro non solo per la conoscenza dell’ origine della fauna inferiore dei laghi in generale e in special modo dei nostri laghi preal- pini ed alpini: ma anche in ordine allo studio delle questioni relative alle modificazioni e adattamento degli animali in generale.
Questi fenomeni dovrebbero nelle alpi nostre dar luogo ad uno studio minuto, regolare, continuato.
Di grande interesse è lo studio regolare delle correnti aeree ascendenti e discendenti le vallate alpine per la conoscenza e la in- terpretazione della fauna delle varie zone e in particolar modo della fauna delle regioni più elevate e di quella che potremmo dire avven- tizia degli alti nevati e dei ghiacciai.
Certamente a ‘molti dei miei uditori è avvenuto di attraversare in ‘estate, prima del levar del sole, qualche alto nevato o qualche ghiac- ciuio e cercamente non sara. sfuggita. alla loro attenzione la quantità,
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talvolta assai notevole, di insetti di vari gruppi che giacciono sulla superficie della neve intirizziti dal freddo notturno. Sono ditteri, rincoti, imenotteri, piccoli coleotteri, microlepidotteri ed anche, non raramente, ropaloceri, che le correnti regolari ascendenti dalle vallate, o qualche violenta corrente di vento occasionale, ha trasportato e gettato sul deserto di neve e di ghiaccio.
Ricordo la meraviglia provata da Quintino Sella nel trovare, in una sua ascensione al Monte Bianco, sugli alti nevati, un grande numero di Vanessa cardui.
Gli insetti gettati sui nevati e sui ghiacciai dal vento sono in mas- sima parte destinati a perire: ma non è impossibile che, di tratto in tratto, qualcuno possa ridursi nelle rocce che, a guisa di oasi talvolta non povere di vegetazione, emergono dai nevati e dai ghiacciai, o sulle rocce che fiancheggiano i ghiacciai stessi, e possa riuscire a stabilirsi, come specie, in modo permanente. Le piccole faune di queste oasi, quelle delle sponde dei ghiacciai e le così dette faune cacumi- nali dovrebbero pure dar luogo ad uno studio, non solo minuto e com- pleto; ma ad uno studio ripetuto di tratto in tratto per seguirne i possibili mutamenti.
Gli insetti gettati sui nevati e sui ghiacciai non sono al tutto inu- tili poichè una serie di ragni viene dalle rocce circostanti a compiere regolarmente le sue escursioni nella neve e, come i predoni del Sahara, assale le misere vittime e ne fa suo prò.
Analogamente le correnti aeree discendenti lungo le vallate spaz- zano, talvolta con violenza, le alte praterie alpine e le foreste e tra- sportano in basso vari gruppi di insetti che arrivano come intrusi in zone che hanno aggruppamenti al tutto diversi di viventi e fra i quali forse per alcuni di essi è dato di potersi stabilire in modo permanente.
E poichè ho accennato all’azione disseminatrice delle specie alpine esercitata dalle correnti aeree speciali alle vallate, aggiungerò che esse costituiscono, insieme colle correnti occasionali, un elemento col quale un grande numero di insetti alpini deve lottare, analogamente a quanto fanno gli insetti delle coste marine e delle piccole isole, come Carlo Darwin ha così brillantemente messo in evidenza. I nevati ed i ghiacciai sono per i primi un pericolo non meno grande delle onde del mare per i secondi.
E spettacolo interessante l’osservare in una prateria alpina fiorita, in estate, il rapidissimo mutamento che avviene al primo soffiare del vento. La numerosa schiera dei lepidotteri, degli iminotteri, dei dit- teri, che tranquilla svolazza di fiore in fiore, immediatamente sì ar- resta, e, per dir così, scompare alla nostra vista: la maggior parte si aggrappa alla parte inferiore degli steli d'erba, i coleotteri ed i rin- coticue stavano nelle corolie dei fivrito si afondono nelle corolle stesse,
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o si lasciano cadere al suolo. Sole le azzurre e rosse zigene che hanno le zampe provviste di forti uncini, attaccate alla sommità degli steli di erba si lasciano graziosamente dondolare a seconda del vento. Non è impossibile, come afferma Darwin per le specie delle coste marine, che a dar origine alla notevole percentuale di forme attere o con ali ru- dimentali, che si osserva fra gli insetti abitanti le regioni alpine abbia azione, insieme ad altri, anche il fenomeno sopra detto.
Tutti questi fenomeni e tutti quelli che ad essi si collegano e che troppo lunga cosa sarebbe ora il discutere, quando saranno ben stu- diati, forniranno indubbiamente dati preziosi alla conoscenza della questione, assai complessa e difficile, della dispersione delle specie ani- mali nelle alpi nostre.
Per ultimo, dirò che non deve essere trascurato lo studio dell’azione che l’uomo ha esercitato e che esercita ora più attivamente di un tempo, modificando le condizioni fisiche delle vallate alpine col diboschimento, colla coltura, colla incanalizzazione delle acque, colla distruzione di- retta di certe specie e via discorrendo.
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Ho detto poc'anzi che lo studio della fauna delle nostre alpi è an- cora quasi totalmente da farsi anche dal punto di vista della stati- stica delle specie che vi abitano e della loro corologia.
Si potrebbe credere che questo studio, la ricerca voglio dire pura e semplice delle specie, dovesse precedere quello amplissimo dei fenomeni biologici nelle alpi che sono venuto rapidamente accennando.
Vediamo prima quali sono le specie di una località e poi ne studie- remo le modalità della vita. Così si è detto e così si dice da molti.
Ciò era sostenibile un tempo in cui lo studio dei caratteri specifici era limitato puramente e semplicemente alla loro constatazione mate- riale e in cui l'osservatore non si dava alcun pensiero di interpretare e valutare l’importanza dei caratteri stessi in ordine ai fenomeni bio- logici generali. a
Nello stato presente dello studio sistematico degli animali, la ricerca condotta con intendimenti linneani e dei seguaci del concetto della fissità assoluta delle specie non è più sufficente e rimane sempre come uno studio incompleto, come una sorta di grossolana (dico grossolana dal punto di vista filosofico, per quanto lo studio si voglia condurre con minutezza e con cura grandi) e spesso artificiale ed empirica cer- nita del materiale di studio.
Io non entrerò ora a discutere il difficilissimo e spinoso problema della specie, ricorderò soltanto l'affermazione, a mio avviso giustissima, dell’Heinke che: « una esalta descrizione delle varietà e delle specie, la quale può raggiungersi sella:nto colia misura e col numero, dere
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condurci a fondare una nuova e migliore sistematica zoologica. » Ag- giunge l’Heinke: « Il bisogno di una siffatta sistematica è indiscutibile per tutti coloro che si sono occupati di proposito di ricerche nel campo della sistematica e delle teorie della discendenza. Costoro debbono ri- conoscere che la maggior parte delle diagnosi di specie e delle descri- zioni dei nostri manuali sistematici sono poco più che etichette da collezioni e riescono al tutto inutili per il riconoscimento della somi- glianza e dell’affinità degli oggetti naturali Eppure, prosegue sempre l’Heinke, molti teorici della discendenza operano con queste nozioni di specie artificialmente costruite come se fossero vere entità viventi e veggono nelle così dette transizioni fra queste deformate immagini della natura la prova della trasformazione della specie ».
Osservazioni analoghe a quelle dell’Heinke si possono applicare alla maggior parte delle conclusioni che vennero fatte, e si vanno facendo, intorno alla distribuzione degli animali e in particolar modo intorno ai confronti fra le faune delle varie regioni, alle conclusioni che se ne vogliono trarre rispetto alla loro origine, alle loro vicende nel tempo e alla interpretazione della loro costituzione presente.
Un numero notevole di lavori di corologia va di giorno in giorno ma- nifestandosi inservibile perchè costrutti con materiale eterogeneo.
Poco più di trent'anni fa certe denominazioni specifiche si ritene- vano, mì si passi l’espressione, come intangibili. Rana esculenta, ad esempio, Rana temporaria. Lacerta muralis, Vipèra aspis ecc. erano specie sulle quali non si ammetteva discussione; si ripetevano per esse le antiche descrizioni e non si cercava altro. — Quando si inco- minciò da qualcuno a studiare le sopra, così dette, buone specie, me- diante serie numerose di esemplari e con metodi più precisi e si vide che esse dovevano venir divise in numerose forme specifiche di- stinte, fu un sollevarsi di grida contro la temeraria innovazione e non mancò chi preconizzò a breve scadenza una confusione terribile nella sistematica.
E vi furono discussioni e lotte acri, fonti anche di inimicizie per- sonali, intorno alla Rana agilis, alla Rana Latasti, alla Rana muta, alla Lacerta campestris ecc. ecc.
Il lavoro di revisione non si arrestò per tutto questo: ma continuò e si estese a poco a poco a tutti i gruppi di animali.
Questo lavoro segue oggi più vivo, più intenso e più minuto. Esso sì giova dei progressi della tecnica di osservazione e dei mutamenti dei concetti generali intorno ai fenomeni biologici, avvenuti per opera degli osservatori post-darwiniani, e fa vedere la necessità di uno studio ex novo della massima parte delle specie, anche di quelle che gene- ralmente si credono le meglio stabilite e conosciute.
Le denoniinazio.i, por citare un esempio, pre e semplici di Icone,
Ps (E tigre; leopardo, gatto selvatico, giraffa, elefante africano ecc. oggi non dicono più nulla di sistematicamente preciso. |
Anche oggi, come trent'anni fa, questo lavoro minuto, che conduce ad un frazionamento delle così dette antiche buone specie, non si fa senza lotta, anche oggi non mancano coloro, che vedono in esso la confusione, la rovina, la fine della Vuona, della vera sistematica.
Queste opposizioni sono inevitabili e non vi è da impensierirsi troppo. Esse sono un portato del fondo misoneistico della natura umana, che sempre suole rivelarsi in occasione di qualunque mutamento o inno» vazione.
Nel momento presente è poi cosa curiosa l’ osservare come i profeti pessimisti non si accorgano che le modernissime ricerche intorno allo studio minuto delle variazioni individuali conducono precisamente a dare quella entità alle divisioni tassonomiche, che essi temono venga distrutta, entità che si può ammettere anche seguendo il concetto generale della evoluzione delle forme organiche.
Ritornando all’argomento, che ora più strettamente ci occupa, dirò che, a mio avviso, nello studio delle faune, e ‘in particolar modo della fauna alpina, se si vuol fare lavoro veramente utile per la scienza è d’uopo far procedere di pari passo la ricerca dei caratteri morfolo- gici della specie e la ricerca della ragione dei caratteri stessi.
La prima deve essere diligentemente condotta con tutti i più deli- cati metodi che la tecnica moderna suggerisce, la seconda deve essere fatta, non solo in rapporto coi fenomeni biologici generali; ma in rela- zione anche colle speciali condizioni di vita locale. — Se ciò non si fa, non è possibile, nel campo sistematico, dare la voluta importanza ai fenomeni di variazione degli individui per il loro raggruppamento in specie.
Ricorderò un esempio.
La Rana muta è forma, come è noto, largamente diffusa nelle alpi nostre e vi presenta una serie notevolissima di variazioni, che rendono la valutazione sistematica dei suoi individui assai difficile ed incerta.
Chi studia, senz’altro, una serie d’individui raccolti in vallate diverse, tenendo conto esclusivamente dei loro caratteri morfologici, è certa- mente condotto a distinguerli in molteplici specie. Chi poi, volendo completare lo studio, esaminasse i caratteri dei girini, limitandosi alla sola constatazione delle differenze di forma o di proporzione delle varie loro parti, vedrebbe accrescersi le difficoltà e forse sarebbe con- dotto dalle differenze di questi ultimi a distinzioni specifiche anche più numerose.
Così operando, il nostro osservatore si troverebbe intieramente fuori di strada.
Se egli invece studia i girini della Rana muta nelle singole vallate
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alpine, alle varie altezze e nei diversi ambienti nei quali essi si svi. luppano, viene a conoscere, che su di essi è profonda e rapida l’azione dei fenomeni reotassici, ncotenici, della luce, del calore, della pro- fondità dell’acqua, della natura del nutrimento e via discorrendo. Egli viene a conoscere che il loro polimorfismo è spesso simile in in- dividui provenienti anche da vallate lontane e che esso è da inter- pretarsi come fenomeno di convergenza e perciò privo di impor- tanza tassonomica. Studiando poi le variazioni degli individui adulti in rapporto col polimorfismo dei girini, troverebbe altri dati sicuri per la valutazione sistematica degli individui stessi.
Nè si creda che l’esatta interpretazione del valore tassonomico dei caratteri di variazione degli individui abbia importanza nel puro campo speciografico. — Mi si conceda che io insista sopra questo punto.
Se noi separiamo in specie distinte gli individui di Rana muta di una vallata alpina, per continuare lo stesso esempio, in base alla pura e semplice constatazione dei loro caratteri morfologici, come sopra ho detto, e poi in vallate vicine non troviamo le stesse forme (e non le troviamo perchè è possibile che in esse le condizioni siano diverse), mentre le torniamo a trovare in vallate più lontane, trascurando lo studio concomitante dei fenomeni biologici che ho menzionato, siamo portati a speciali disquisizioni intorno alla distribuzione geografica delle forme stesse e a conclusioni non fondate intorno alla questione assai importante della provenienza delle faune delle diverse vallate.
Nello studio del valore dei caratteri differenziali degli individui e dei loro gruppi è necessario nelle vallate alpine ricercare e tener conto di un altro fenomeno; voglio dire dell’isolamento fisiologico. — Esso è fino ad ora poco studiato fra noi: ma, date le speciali condi- zioni fisiche delle vallate alpine nelle varie loro zone, è probabile vi abbia speciale importanza.
Fra i due versanti di una vallata, fra i vari suoi valloni, nelle zone di diversa altezza, bastano talvolta pochi giorni di differenza nello svi- luppo e fioritura di certe piante, nel disgelo delle pozzanghere e dei laghetti e nel crescere della loro temperatura, perchè il periodo di riproduzione di certi animali si compia in tempi diversi. Ciò fa si che individui di Jocalità anche vicine non possono spesso mescolarsi in- sieme per la riproduzione.
Siccome questo fenomeno dipende essenzialmente dalle condizioni fisiche dei luoghi e si ripete presso a che costantemente tutti gli anni, ne può avvenire un isolamento assai spiccato di certi gruppi di indi- vidui da certi altri.
Lo studio di questi fatti in rapporto colle variazioni degli individui di una specie, non solo non deve essere trascurato nelle nostre alpi ; ma deve essere fatto in modo diligente e continuato.
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Tutto ciò che sono venuto dicendo e tutto ciò che nello stesso or- dine di cose potrei aggiungere, se il tempo me lo concedesse, conduce a questa conclusione.
È certo che chi oggi vuole studiare a fondo la fauna di una loca- lità non può più accontentarsi di un materiale comunque raccolto : ma la raccolta del materiale di studio deve essere fatta da chi conosce ed è ben persuaso della importanza delle questioni che intorno ad esso sî devono studiare e perciò il malteriate stesso deve essere raccolto, tenendo conto di tutti i dati che a tale studio sono indispensabili.
Fu tempo, non molto lontano da noi, in cui si era persuasi che ba- stasse in una escursione alpina riempiere qualche recipiente cogli a- nimali che si incontravano, portarli a qualche naturalista che li de- terminasse e ne pubblicasse l’elenco per cooperare efficacemente alla conoscenza della fauna delle nostre alpi.
Si fu in quel tempo che il nostro benemerito Club Alpino, desideroso di contribuire allo studio scientifico delle alpi, formulava, per consiglio degli specialisti, apposite istruzioni per chi imprendeva ascensioni alpine.
Disgraziato quell’ alpinista che avesse voluto seguire alla lettera quelle istruzioni!
Il geologo e il mineralogo gli dicevano: fateci il favore, durante la vostra ascensione, di dare una occhiata, e di prender nota, al succedersi degli strati geologici, del loro spessore, della loro inclinazione; tenete conto delle rocce striate, delle marmitte dei giganti, degli strati fossili- feri ecc. e lo munivano, di un solido martello, di una bussola, di un clinometro, ecc. Sopratutto poi gli raccomandavano di raccogliere cam- pioni di rocce (possibilmente non tanto piccoli), almeno delle punte, di cercare le fulgoriti, le geodi e di non trascurare i campioni di fossili. Qualche geologo più indiscreto gli raccomandava anche di esplorare i detriti caduti lungo i pendii, i ciottoli rotolati, le sabbie ecc. ecc.
Veniva in seguito il botanico, il quale, dopo una poetica descrizione delle bellezze della flora alpina, regalava al nostro alpinista un bel vascolo colla relativa carta asciugante per distendere le piante.
Le istruzioni sopradette consigliavano l’alpinista di recarsi dal z0o0- logo. Questi con grande entusiasmo gli faceva una rapida enumerazione dei gruppi di animali che avrebbe potuto facilmente incontrare e rac- cogliere, lo muniva di pinze, vasi con alcool, reticelle per pescare nelle pozzanghere e nei laghetti, reticelle per le farfalle ecc. ecc. Devo però dire a onor del vero che lo zoologo era discreto, raccomandava bensi all’alpinista la raccolta delle vipere; ma lo dispensava dal dare la caccia ai camosci, agli avoltoi, alle acquile ecc. Lo zoologo tuttavia ficeva osservare ali'alpibista che se per caso egli si fosse incontrato con
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una lince o con un gatto selvatico il portarne le spoglie al suo museo sarebbe stata cosa che gli avrebbe fatto un onore grandissimo.....
Dopo tutto ciò il nostro alpinista doveva completare il'suo arma- mento con un barometro, uno psicrometro ed un termometro e poscia poteva colla coscienza tranquilla impugnare la piccozza e mettersi allegramente in viaggio.
A qualcuno dei miei uditori può sembrare esagerato lo schizzo che io ho fatto; ma se egli vorrà leggere le numerose conferenze sull’ al- pinismo e sull’ aiuto che gli alpinisti nelle loro escursioni potevano rendere alla scienza di una ventina d’ anni fa (ed io stesso che vi parlo non sono a questo riguardo senza peccato) vedrà che non ho punto esagerato, poichè non ho accennato alle raccomandazioni intorno alle ricerche che l’alpinista avrebbe dovuto compiere, durante sempre le sue ascensioni ed escursioni, intorno al fok-lore, alle leggende, ai proverbi, ai dialetti delle popolazioni alpine, senza trascurare, ben inteso, lo studio delle piccole industrie e la questione del rimboschi- mento.
Non voglio colle mie parole muovere critica a quanto allora fece il Club Alpino nostro, al quale mi onoro di appartenere omai da molti anni; ciò che allora si faceva era a fin di bene ed era in rapporto col modo che allora si teneva nello studio delle fiore e delle faune.
Il raccomandare, d’altra parte, a chi percorre le alpi nostre di in- teressarsi allo studio degli animali alpini è cosa che deve farsi sempre caldamente per ragioni molto ovvie: ma il mutato indirizzo degli studi intorno agli animali ci fa vedere, che l’ aiuto che una ricerca degli animali, fatta nel modo sopradetto, può arrecare allo studio della nostra fauna alpina è scarsissimo.
Chi vuole seriamente studiare la fauna alpina deve egli stesso re- carsi sul luogo e ricercarla ex professo dopo essersi prima preparato con una larga e conveniente coltura scientifica.
In questi ultimi trent'anni i problemi riguardanti gli animali sono divenuti molto più difficili e complessi di un tempo e richiedono per essere studiati con frutto ampia conoscenza dei fenomeni biologici e speciali cognizioni tecniche e bibliografiche.
Ne viene per conseguenza, che l’opera del di/ellantismo, come lo si intendeva un tempo, è venuta scemando assai di efficacia per la zoo- logia.
Oggi a chi sa comprendere tutta l’importanza dello studio degli a- nimali, a chi apprezza le meraviglie della loro organizzazione e. dei loro costumi, a chi ha squisito sentimento d’arte da compiacersi nel- l’ammirare le loro forme bellissime: ma che non vuole iniziarsi al lavoro, oramai lungo e diflicile del loro studio, secondo le esigenze della scienza odierna, non è tuttavia, come dirò fra poco, chiusa la via
n Min
per favorire questi studi e rendersi del loro progresso altamente be- nemerito.
Lo studio della fauna delle nostre alpi, fatto secondo gli intendimenti scientifici moderni, è studio assai lungo. È necessario ricercare la fauna vallata per vallata, in tutte le zone, per modo che ciascuna specie ri- sulti studiata in tutta la cerchia delle alpi, tenendo conto di tutti i fenomeni biologici ad essa relativi.
Soltanto quando questo studio minuto sarà stato fatto lo si potrà mettere in confronto con quello della evoluzione geologica delle alpi stesse, e con quello delle faune di altre regioni, per cercare di conchiu- dere intorno alla provenienza, affinità ecc. della fauna presente delle alpi. Le conclusioni, che fino ad ora sono state fatte in proposito, sono, per la maggior parte, premature, incerte, e scientificamente non ben fondate.
‘ Lo studio della fauna delle nostre alpi richiede l’opera di molti che lavorino con indirizzo uniforme in modo che i risultamenti che essi ottengono possano essere coordinati convenientemente.
È necessario perciò studiare anzitutto ponderatamente, e in tutti i suoi particolari, il piano generale, secondo il quale le ricerche devono essere condotte ed è necessaria una buona ripartizione del lavoro fra i vari osservatori.
Lo studio del piano generale di ricerca richiede esso pure la coo- perazione di molti ed io credo che sarebbe cosa che farebbe molto onore alla Unione nostra, se essa si facesse l’iniziatrice dello studio sistematico, regolare, continuato della fauna delle nostre alpi.
Non è d’uopo osservare che questa espressione «le alpi nostre» va intesa come si intende l’altra espressione in uso, di « Club alpino », vale a dire, lo studio della fauna delle alpi nostre, in realtà, deve com- prendere lo studio della regione montagnosa italiana, che è quanto dire lo studio della fauna terragnola e d’acqua dolce d’Italia.
Sarebbe forse opportuno costituire un comitato il quale studiasse il piano generale delle ricerche e i mezzi per metterlo in esecuzione.
Certamente bisognerebbe rinunziare alla idea dei laboratori a sede fissa. Essi, per quanto fossero numerosi e ben provvisti di mezzi, non potrebbero servire che incompletamente ad una esplorazione minuta e completa della estesissima nostra regione alpina.
I laboratori a sede fissa, come ad esempio, quello bellissimo fondato dal Senatore Angelo Mosso al Colle d’Olen, sono di grande utilità per alcune speciali serie di ricerche: ma non per l’esplorazione faunistica che noi abbiamo bisogno di compiere.
I numerosi rifugi, che le sezioni del Club alpino hanno costrutto, po- tranno pure darci qualche aiuto: ma non bisogna dimenticare che
I
essi sono fatti per altro scopo e sono quasi sempre collocati in regioni di fauna poverissima.
È necessario, a mio avviso, ricorrere ai laboratori mobili e facilmente trasportabili da luogo a luogo, come gli Inglesi e gli Americani ci in- segnano.
Date le condizioni dei luoghi da esplorarsi, il migliore laboratorio è la tenda da campo costrutta con tutto il comfort e con tutti i perfe- zionamenti moderni. L'industria moderna, sopratutto in Inghilterra ed in America, provvede oramai tutto il necessario e anche il superfluo, che in questo caso non è assolutamente da trascurarsi, per una vita comodissima in un attendamento in qualuugue località. La vita del campo, che ha così grandi attrattive, può essere fatta oggi con giova» mento grande e dai giovani e da chi è già innanzi negli anni.
I mezzi di trasporto odierni concedono pure di tenere per lungo tempo il campo in qualsiasi località, anche la più elevata.
Non è necessario che gli accampamenti-taboratorio siano molto com- plicati. Una tenda fatta in modo da servire da laboratorio, una o più tende da dormire, una tenda da cucina potrebbero costituire 1’ unita tipica. Per mezzo di parecchi di questi laboratorii l’esplorazione zoo- logica delle Alpi potrebbe compiersi contemporaneamente in vari punti. Si tratterebbe, dirò in poche parole, di comportarci per l’esplorazione faunistica delle Alpi nostre come ci coniporteremmo per l’esplorazione di una regione lontana qualsiasi in Africa 0 in America.
A questo punto io mi fermo. Tutti voi avete pronta una obiezione e una domanda.’
Tutto ciò che proponete, voi dite, ricchiede mezzi di danaro assai notevoli per essere messo in atto in modo che se ne possano trarre realmente dei buoni frutti. — Dove trovate questi mezzi ?
Senza alcun dubbio per eseguire il piano che io vi ho esposto sono necessarii danari e non pochi e per parecchi anni. Il Comitato di cui ho parlato dovrebbe preoccuparsi essenzialmente e anzitutto di riunirli. A questo proposito concedetemi una osservazione.
Fra noi non sono rare fortunatamente quelle persone benemerite della scienza, le quali si interessano vivamente ai nostri studi, pur non occupandosene ex pr'0ofesso, e che essendo facoltose hanno ben compreso come il danaro impiegato a far progredire la scienza sia il più nobil- mente speso.
Ora io mi auguro che queste persone vogliano considerare le alpi nostre come campo di ricerca non meno ignoto e non meno ricco di risultamenti interessanti di quello che non siano le regioni lontane, alla esplorazione delle quali hanno dato e danno le loro cure, la loro attività e spesso la loro vita.
Vorrei che rivivesse in loro lo spirito scientifico del Principe Bo-
co l'ira
naparte, che dedicò opera e danaro allo studio della fauna italiana, che ci lasciò un opera illustrativa di essa, bellissima per i suoi tempi, e che oggi ancora è considerata come classica e fondamentale.
Vorrei che l’aiuto loro venisse a far cessare lo spettacolo al quale oggi assistiamo, è pur dovere il dirlo, di naturalisti stranieri che ven- gono in Italia, come in terra ignota zoologicamente parlando, a com- piervi esplorazioni e raccolte interessantissime.
Gli studi zoologici sono d’altra parte assai progrediti fra noi e pos- siamo, senza presumere troppo, provvedere allo studio della fauna no- stra colla speranza di fare opera degna della scienza moderna.
Lo studio completo della fauna delle nostre alpi si presenta oramai come necessità urgentissima.
La fauna delle nostre alpi si è venuta modificando profondamente in questi ultimi cento anni e con maggior rapidità si va mutando ora per i cambiamenti che avvengono nelle condizioni generali delle val- late alpine.
Le foreste sono state in molti luoghi distrutte, in altre venne estesa la coltivazione, le acque prima liberamente scorrenti lungo i pendii rocciosi, o scorrenti lungo gli altipiani, dove davano luogo a pozzan- ghere, a laghetti, a luoghi acquitrinosi vengono chiùse in canali e con- dotte lontano per la produzione di forza motrice. Molte regioni prima inaccessibili ed isolate, in cui l’equilibrio dei viventi aveva raggiunto una data stabilità, sono state aperte all’ uomo con nuove strade e l’uomo con l’opera sua ha turbato le condizioni di vita di molte specie di animali.
La caccia colle armi moderne assai perfezionate e la ricerca delle pelliccie hanno spopolato oramai molte regioni delle nostre alpi dei loro antichi abitatori. Non parlo degli orsi, dei lupi, delle linci, dei caprioli, dei cignali, al tutto, o quasi, da tempo scomparsi: ma noi as- sistiamo alla rapida diminuzione delle marmotte, delle martore, delle puzzole, delle faine, dei grossi uccelli rapaci e via discorrendo.
Lo stambecco è ovunque scomparso all’infuori dalla colonia che vive sotto la protezione di S. M. il Re d’Italia. Lo stesso camoscio va nelle alpi nostre rapidamente diminuendo di numero.
Si percorrono oggi lunghi tratti delle nostre vallate senza scorgere il profilo di un mammifero selvatico, senza udire il canto giocondo di un uccello.
Gli insetti stessi, e con loro molti animali insettivori, sono in dimi- nuzione, per quanto riguarda il numero delle loro specie, alcune anzi,
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fra le più eleganti e caratteristiche, stanno per scomparire col taglio dei boschi e col franare frequente dei terreni.
Il modificato regime delle foreste e delle acque esercita la sua azione sfavorevole anche sui rettili, sugli anfibi e sui pesci.
Ma non è necessario che io spenda molte parole intorno a questo argomento noto a tutti. Ripeterò che è urgente studiare completa- mente la fauna delle nostre alpi per fissarne bene il carattere prima che da essa siano scomparse le forme più interessanti e più ricche di insegnamenti.
*
*x * E tempo che io ponga fine al mio dire. Signori,
Nel campo nostro non mancano in Italia i lavoratori ed io esprimo il vivo augurio che le alpi col loro fascino potente li spingano all’opera affinchè in un tempo non lungo si possa avere uno studio soddisfacente della fauna alpina.
Io sono fermamente convinto che questo studio sarà fecondo di ri- sultati importanti se, chi si accingerà a compierlo, sarà preparato a investigare le forme organiche, non col solo metodo ristretto della con- statazione pure e semplice dei caratteri morfologici; ma si proporrà di ricercare la ragione dei caratteri stessi, se considererà le specie, non come oggetti immobili nella loro forma; ma come i rappresentanti di un momento della evoluzione meravigliosa della vita alla superficie della terra, non come oggetti isolati; ma come entità strettamente collegate, per molteplici rapporti, cogli altri viventi e col mondo am- biente e, dirò in fine, se egli sarà pronto a combattere con ogni forza la tendenza misoneistica, sempre latente nella natura umana e nemica di ogni progresso,
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* Pre; 9 Vr: nick PETIT
Pubblicato il 13 Ottobre 1908
Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1150 — Tip. Pietro Gerbone — Torino
ACADEMY Or siitlistt
BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed ‘Anatomia comparata
della R. Università di Torino
|
=== Numero 591 — Volume XXIII ===
Prof. LORENZO CAMERANO
Materiali per la storia della Zoologia in Italin
nella prima metà del secolo XIX
VIE
I manoscritti di Franco Andrea Bonelli
VI.
Fra i manoscritti inediti di Franco Andrea Bonelli posseduti dal © R. Museo Zoologico di Torino ve ne ha uno che porta per titolo: « 7ra- rvauxr philosophiques » 1812 ». Esso comprende una serie di appunti che si riferiscono agli argomenti seguenti che il Borelli stesso ha‘ scritto sulla prima pagina del suo manoscritto : i
« Nomenclature ordre etc. pour mes ouvrages d’his. nat. (1) « Perfectionnement des animaux domestiques.
« Perfect. del’homne, et multiplicat. des anim. sauvages. « Mouvement et marches. de la nature vivante.
« Liason et passage d’une Classe à l’autre.
« Généalogie des animaux.
« Plan du Tableau Généalogique des Animaux.
« Essai sur les facultés intellectuelles des Animaux etc. « Génération.
« Providenze per l’utilità del Pte,
« Formation Spontanée des Anim, ses Conditions.
(t) Il manoscritto è qui SORDO colle abbreviature e coll’ortografia usate dal-° l’ Autore, *
Sa) (I
Si tratta qui di una serie di appunti per svolgere gli argomenti sopra indicati che il Borelli veniva mano a mano scrivendo e classi- ficando. Essi sono, come il lettore potrà convincersi, spesso di notevole interesse: e talvolta assai curiosi, come quelli che si riferiscono al pe-
nultimo argomento: « Providenze per l’utilità del Piemonte ».
Li Nomenclature, ordre naturel ecc.
Pour mes ouvrages zoologiques
Aout 1S12
Caractères des coupes et des Genres
Rien n’est plus juste que le principe posè par Linnè et Fabricius : Caracteres generum omnium ab iisdem semper partibus desumendo; mais Linné et Fabricius ont posé cette base dans la supposition que les genres auroient toujours été separés et considérés isolement c, à d. non en familles naturelles; dès Iors il est evident, que si les genres sont tantòt fondés.sur la bouche, tantòt sur les, pieds,; tantòt sur une autre partie, il doit en resulter un très mauvais système par la raison qu'on ne peut plus comparer les caracteres; mais dans les distribu- tions actuelles ou les genres sont groupés en familles, en tribus etc. cette loi n’est plus aplicable, ou tout au moins elle n’est plus neces- saire, et il est commode et utile pour la Science de ne pas la suivre, exceptè dans la determination des coupes anologues d’une autre coupe, c. a d. des classes d’un mèéme embranchement, des ordres d'une méme classe, des tribus d’un méme ordre, des familles d’une méme tribu, et . des genres d’une mème famille; parceque allors leurs caractères di- viènnent comparatiff. Peu importe que dans une famille les caracte- res des genres soient tirés des palpes, dans une autre de la machoire etc. puisque ces genres se rapportant à familles diverses, dont on a dejà comparé le cavactère, ne peuvent plus étre comparés dans leur caractére essentiel ou artificiel.
Cette méthode parait d’autant plus naturelles, que les RT du caractère de famille, suppos. sont des differences de. moeurs et d’economie dans les genres qui ne sont point de la méme famille, ces
mémes differences peuvent en traduire et en déterminer d’autres de nature differente dans les genres de 2 familles, qu'il faudra saisir dans l’une, et rejeter dans l’ autre, ou tout cu plus les employer comme caractére secondaire — Pour prendre un exemple, prenons la Classes des: insectes, elle est partagé en.8 ordres d’après le nombre et la con- sistence des ailes, ce caractere trop peu variable va ètre remplacè: ;
a ea
par d'autres tirés dans l’ordre des Coléoptéres du nombre des articles. des tarses, dans celui des hemyptères de la situation du bec, de la forme des ailes et du corsalet; dans les autres par d’autres moyens. Dans l’ordre des hemyptères la 1* section est partagée en familles d’après les modification du bec qui doit jouer un grand ròle sur l’é- conomie puisque la plus part ce sont des insectes carnassiérs, tandis que la 2: l’est d’après les modifications des tarses. La 1% famille (pu- naises composée d’insectes terrestres) est divisée en genres d’après les antennes qui sont l’organe plus essentiel des insectes terrestres, tan- dis que la 2* (punaises d’ eau) composée d’insectes aquatiques, l’est d’apres les modification des pattes, qui varie assez dans la famille, tandis que les antennes, qui sont de peu ou point d’usage dans l'eau, n’en fournissent presque plus et ne servent qu’aux caractéres secon- daires; et ainsi du reste.
Il resulte que, pour que, le principe de Fabricius soit juste et apli- cable, il doit etre exposé ainsi: « Caracteres generum omnium ejus- dem familiae, familiarum omnium ejusdem sectionis etc. in systemale proprie dicto ab eisdem semper partibus desumendi ». Dans la méthode analitîque, ainsi que dans les analogues (Latreille) cette méme loit dòit avoir lieu pour les caractères de toutes les coupes quelconques d’une coupe sùperièure.
9
Ordre methodique naturel (1).
« Les étres ne se trouvant point former une chaine continue et u- nique dans la nature, il seroit absurde de prétendre que les genres fussent tellement rangés et disposés à la file les uns des autres, qu’il n'y eut jamais de saut, celà je le regarde comme impossible.
Dans l’arrangement des mes divisions je n° ai cherchè qu’ a ranger dans un ordre naturel et continu quelq. les divisions corrispondantes, ainsi les ordres respectivement à eux, les sectiones respectivement è elles, le familles id. et le genres de chaq. famille idem. Je me suis peu embarassé que le dernier genre de la fumille n’eu point de rapport avec le 1° de la famille suivante (au contraire il me. semble que dans q. cas il doit en avoir plus avec la le lorsq. ils sortent de la méme tize) pourvu que dans la famille les genres se suivent — la méme chose relativamente aux familles dans chaque section d’ordre. — En effet méme en pratique on suit cetteméthode souvent sans y faire
(1) tu ‘alenni foglietti sono segnato osservazioni e norme che il Borelli intendeva segitite îi ua suo lavoro ‘intulato « Istitutivaus zuologicae ». ia Ripe PORTE, trascrivo ciò che ha maggior interesse, a ari dial
DI ini
attention. Ainsi on place l’Aigle ou le Perroquet à la téte des oiseaux,
tandis qu’il foudroit placer l’Autruche si on voulait choisir l’ois. ayant
plus de rapport avec le mammifere. Le dernier mammifère qui se trouve. prés les oiseaux ne devrait pas étre le dauphin, mais la Chauve Souris,
ou tout ou moins quelque édenté.
3
Istitutiones zoologicae (1).
« 1 - Partie — géneéralités — Maniere de conserver et empailler objects et de chasser aux diff. animaux. 2 - Partie — Tableaux des fam et genres natur. 3 - Partie — Caracteres des Fam, et Genres. Le familles auront le nom du genre plus connue - Les genres un seul avec un ou deux synonym d’au- teurs, et le francais entre parentese (2). Exemple du projet pour l’ordre de mes « Istitutiones ». F. 23 - FauUCOUS - Fa/lcones - G. falco Linn. Ongles fortemente retractiles - cire découverte * point de dents à la mand. sup. (ignobles) G. 120 - AIGLE - aquila - Falco Linn. bec droit à la base - farses emplumés partout narines obliques - les plus grands - nourit de proie viv - sur montagnes des 2 contin. 1 Le Grand Aigle - Falco chrysaetos Linn. fauve, bouche fendue jusq. derriere les yeux - alpes 2 L’Aîgle commun - Falco fulvus brun - Alpes 3 Le petit Aigle - Falco melanotus brun avec grandes taches blanches - Laugues G. 121,.- BALBUYARD — Ossifraga Làc. bec crochu dès la base — Tarses à demi nu des tuberosités apres sous les doigts aquatiques - plongeant pour prendre poissons et Canards I-le Balbuyard... — Falco aliaetus L. — Sur le PÒ. + + une 0u deux dents de chaq. coté de la m. sup.
(1) È lo schema del piano di un lavoro che il Bonelli si proponeva di fare. (2) Seguono numerose avvertenze intorno ai caratteri da adoperarsi nella stampa ,
che non hanno interesse.
Pr sg
G. 122 - FAUcoU — Falco Ois courageux - à ailes et (coda) roides - tarses réticulès
4
Géènéalogie des Animaux au Délire philosophico - zoologique de la
1° quinzaine de Fauvrier 1813
« J'admets dans la nature des molecule organique ou germes su- sceptibles de se développer lorsqu’ils se trouvent dans des cirsostan- ces favorables.
De ces germes, les uns sont plus qu’inertes et sans vie, ce sont ceux des métaux.
2 — les autres sont simplement sans vie - ceux des pierres et terre.
3 — les autres ont un demi degré de vie - c'est la chaux qui entre comme partie composante des ètres organises.
4 — Les autre3 ont la vie entiére et sont susceptibles par conse- guent de se developper et devenir des étres organisees : mais les plus simples c. a. d. des Vegetaux.
5 — Les autres plus parfait ont la vie, plus un demi-degré d’àme - ce sont ceux qui donnent les animaux analogues aux plantes et a parties non symètrîques
6 — les autres out une ame entiére et sont ceux qui donnent les animaux parfait.
7 — Les derniers enfin ceux qui ont un excès d’ animalisation contracté pt. étre p. la rèunion de leur animalisation propre et de celle des autres anim. dans les quels ills se trouvent.
Tous ces germe sont contenus dans le fluides qui les portant et les exposant aux differentes circostances les mettent en état de se develloper par deux marches, savoir l’active et la passive (voir au mot « Mouvement de la nature » ce que j'entent pour marche active et passive) (1). Les 3 dernieres espéces de germes sont donc les seules qui ont servi d’origine aux animaux.
De ce 3 espéces la 1° aura donné d’abord les infusoires à parties
(1) Lo scritto di Bonelli intitolato: « Mouvement et marches de la nature vi- vante » è riportato in seguito,
—Tyd=
non symetrîque et ceux que nous appercevons dans les infusions des plantes. Peut-ètre encore cette 1° espece n’exite-t-elle point, et n’est elle que le resultat hybride p. ainsi dire, des germes vegetaux et des germes animaux on mieux encorè des germes animaux seuls qui ayant été associés à des productions vègétales, en ont contracté l’habitude on la forme impaire des parties.
Ces Infusoire dissimétriques et sans organes auront donnè par la marche active les polypes et ceux ci les Radiares, et parla marche passive les differens genres ou branches latérale que nous connaissons dans ce 2 classes.
La 2° espèce de germes animaux ou les germes des Animaux par- fait auront donné d’abord les Infusoires impt. dicts qui habitent dans l’eau pure et dont le corps est symétrique. Ceux ci en se developpant et se perfectionnant p. la marche active auront donné d’ abord’ des vers marins simples qu’on confond avec les annelides; ceux ci à leur tour les annelides, animaux dont le sang rouge, la respirations, la des forme du corps approche des Poissons notamant de la Lamproie souche animaux vertèbrès (v. sur l’analogie des annelid. et et des Lamproie la dissertation sur les poissons cyclostomes de M. Dumeril an. 1812).
La 3* espece ou les Germes excessiv. animalisés sont ceux qui don- nent les Animaux parasites en se dévelloppant dans l’interieur d’autres animaux, leur 1 produit sont les animaux qu’on trouve dans toute’ espèce de liqueurs animales, et les vers spontanées, de ceux ci sont nes les vers intestins dont l’existances n’est plus spontanée. Ceux ci a leur tour ouront dornné les insectes p. l’intermede des larves' pa- rasites. i _ . Des Insectes paraissent avoir eu origine tous les autres an. artì- culés à moélle longit. excepté les Annelides qui ne pouvent point leurs se rattacher, parce que l’absence des pates ne les admets point entre les Arachindes et les Crustaces, et l’ absence de coeur les em- peche aussi d’étre mis après les Crustacés. Quant aux cyrrhipèdes qui ont tant d’analogie, surtout l’anatise, avec les pagures, il pourroit bien ètre sorti ainsi que ceux-ci, immediat. des Insectes dont on leur découvre encore les vertiges des ailes (v. analogie des Insectes ailés des Pagures et des Anatifes. bg:
Les mollusques ont leur origine comme les anim. articulés de quelque parasite marin: c. a. d. des Epyzoàres de M. Lamarck. - Ces epizoaires ou parasite externes, marins provenus de parasites. in- ternes, ont donné lieu de la méme manière que les internes, à l’egard des insectes, aux mollusq. acéphales, qui a leur tour ont produit les Gastèropodes où la classe s'est divisé pour former d’un coté les ptè- ‘ropodes, de l’autre les Cephalopodes qui terminent la serie des ‘Ani- maux de ce plan, iii ca
Pa
Preuves.el explicalion du Tableau,
__ 18 — La 1? doit necessairement étre la première produite, car elle est tout à fait indépandante des autres, et doit étre immediatement sortie des ètres organisés precedens c. a. d. des plantes, puisques leurs formes generales, plusieurs de leur fonctions et proprietés sont très- analogues à ce que l’on observe dans les plantes (v. la note 1° .)
a — Des Infusoires à parties symetrîques tel qu’il y en a beaucoup. n’auroient pu p. leur développemment donner des ètres à parties im- paires, d’ailleurs la forme alongée suppose dejà une espèce de regu- larité symétrique. Tandis que la spherique et irréguliere est très prope a donner les formes rayonnantes des 2 classes suivantes.
dA
2 x — Ainsi dans les Infusoires mémes il faut établir cette di- stinetion: d’infusoires à formes raccourcies, ramasées, tenant du sphe- rique ou de l’irrégulier, et qui sont la souche de la 1? famille et d’in- fusoires à formes alongées, minces, qui supposent. necessairement p. l'execution des fonctions animales, des espéce d’attaches aux muscles, c. a. d. des annaux que l’on va precisement observer dans la classe qui les suivra, les annelides.
a. b — De ces infusoires amorphes on descend nettement aux po- lypes p. les polypes à org. rotatoire, et des polypes on passe imme- diatement aux Radiares p. les radiares mollasses.
C — Les radiares echidodermes, surtout les Etoiles et les Oussin forment la famille. Ce sont en effet les seuls animaux chez les quels il y a des parties solides et osseuses, qui ici comme dans le Anim. vertébres eux méme indîìquent toujours une plus grande perfection ‘organique, car plus les animaux sont simples et près de leur origînes plus ils sont mou et fréle.
3. B — Il n’est pas possible de faire entrer dans cette famille les vers intestins. La raison en est 1° que leur forme est symetrique et p. conség. non établie sur le méme plan des 3 autres classes. — 2° Leur organisation est telle que moins parfait que les Radiares, ils ne pourraient pas étre placées aprés eux, et que plus parfait que les infusoires et les polypes ils devroient suivre ces 2 classes comme a en effet établi M. Cuvier. Mais dè lors la série des autres 3 classes si bien suivie et nuancée resteroit interrompue tout-à-fait parce que les vers n’ont reellement rien de commun avec les Radiares et les polypes, 3° que les vers ètant tous parasites d’animaux de classes supériores ils ne pauvaient pas encore exiter à l’époque de la formation des polypes .et des radiares, parceque les classes superieures sont d’une formation de beaucoup postérieure. En un mot, les vers intestins n’ont pu com- mencer à exiter que lorsque la nature avait déja formé les Animaux “qni leur donnent l’hospitalité c. a. d. ceux de la 2? famille.
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b — Le passage des Polypes aux radiares se fait par les polypes nus et les Radiares mollasses plus particulierement par les Actinies.
C'— Les Radiares echinodermes forment la classe, non seulement par leur organisation compliquée. comme il vient d’ètre dit, mais aussi parceque leur organisation est si différente de celle de toutes les au- tres animaux qu’il ne seroit pas possible de trouver dans les classes supérieures aucune genre qui en approche assez p. former le passage des Radiares à d’autres classes.
1 — Tous les anim. ds cette 1° famille peuvent se multiplier p. tous les moyens à peu près, qui sont communs aux plantes. — Il n’ ont point d’organes de sens pr. t. dicts, mais jouissent d’ une irritabilità extrèéme qui détermine des contractions et mouvement qu’ on peut a peine regarder comme volontaires. Par la méme grande analogie qu’ils ont avec les plantes, ils n’ont points de systéme nerveux, à peine le voit-on ébauché dans les derniers de la série ou les échinodermes.
2° — Apres la famille produite p. les infusoires amorphes, doit ne- cessariement suivre la 2° on celle dont les Animaux ayant eu origine de germes indépendant d’autres animaux, ont une organisation plus animale que ceux de la 1°. raison p. la quelle elle doit étre placée entre les zoophites et les animaux dépendans.
La forme de ces prototypes tient dejà de la régularité symetrique que l’on observera dans tous les animaux de celle ci et de la famille suivante. Ces prototypes sont les animaux qui s’engendrent spontane- ment on p.. mieux dire dont les germes extremement menus et mul- tipliès flottent dans l’atmosphère et n’attendent p. se developper que de se trouver placés au milieu de circonstances favorables. — Ces germes produisent les Anguillulles, ou Vibrions et plusieurs autres in- fusoires analogues — Leur suivent les Gordius espéces d’ annelides encore tres imparfait, qui amenent à leur tour aux veritables Anne- lides qui font le passage aux poissons.
Que le passage des Animaux invertébrés aux vertébrés se soit fait par les annelides et non p. les mollusques comme on auroit voulu pouvoir le demontrer sil eut été possible de quelques facon, le prouvent les raison suivantes outre celles que M. Dumeril a données dans la dissertation sur les poissons cyclostomes p. le concour de 1812.
L’observation des differens squelettes d’animaux vertébres prouve que le nombre des vertebres n'est point en rapport avec le perfe- ctionnement organique des animaux; que dans des animaux analogues ce nombre peut varier sans qu’il en résulte des dégres different im- portans de perfectionnement, et que, s’il est possible der généraliser un peu là dessus, ce sont precisement les animaux plus parfait (les mammifères et o oiseaux) qui en ont le moins, et les moins parfaîts au contraire ceux qui en ont le plus grind nombre, Le Poisson, le
DE DL
Serpents etc. d’ou il résulte que ce n'est point à une diminution dans le nombre des vertébres qu'il faut s’attendre lorsque ont est pervenu aux dernier Anim. vertébres, mais, seulement à une diminution de consistance, comme la lamproie dont les vertèbres sont cartilagineuses et transparentes nous en fournit la preuve. De cette conséguence en resultent 2 autres d'une grande importance, la 1° que pour trouver les animaux qui font le passage des invertébres aux vertèbrés, on ne doit point s'immaginer l’existances d’ animaux à vertébres, peu nom- breuses ou à une seule vertèbre osseuse, puisque c’est la consistance et non le moindre nombre des vertèbres qui détermine l’imperfection des animaux qui doivent immediatement suivre les vértébrés. Ainsi les seiches et les Calmars dans les quels on observe ‘une pièce osseuse on cartilagineuse unique et imperforée, ne peuvent point étre consi- derés commes des Animaux à rudiment de colonne vertébrale.
La 2? que puisque la présance de la colonne vertebrale ne doit étre considerée que comme un moyen de connaitre l’ existence de la moelle alongée dont la première est le traducteur, et que cette partiéè du système nerveux peut exister sans elle, et que l’ observations done prouve qu’à mesure que nous descendòns l’échelle animale elle ne se raccourcit point depuis l'homme jusqu'à la lamproie, il résulter que les animaux qui ont encore cette partiè du système nerveux doivent étre considérès comme situés immediatement après les an. vertébrés de preferance aux mollusques qui n’ont que le cerveau, et que nous verrons douès d’ une grande perfection animale mais sur un autre plan, et entrant dans une famille tout-à-fait à part.
Le animaux qui conservent encore la moélle allongées mais située à nus dans les corps, sont les Annelides, leursanneaux remplacant les vertèbres , et l’observation nous prouve que l’existence d’une méoelle alongée suppose necessairement des articulations, soit que ces arti- culations soient visibles dans le squelette au dehors comme dans les annelides (les Insectes, les Crustacées etc. sont dans le méme cas), soit qu’ elles ne paraissent que dans le squelette interieur comme dans les an. vertébrés. i
D’apres l’ancienne manière de faire servir les mollusques comme mo- yens de transition des an. invertebres aux vertébrés, aprés etre sorti d’animaux qui auraient une moélle alongée, il fallait immaginer qu’il avoit disparu pour ne laisser qg’'un simple cerveau, et que pour passer ‘aux an. vertébrés il avait de nouveau du comparaitre. On voit bien qui si cela avait eu lieux on aurait dù trouver une espèce de gradation; savoir des animaux à Cerveau, d’autres à cerveau, et rudiment de moélle, d'autres avec celle-ci plus alongée, et ce la toujours en aug- mentant jusqu’ aux an, vertébrés. Or tout le monde sait que cela n’a ‘pas licu d’après toutes les observations qu’ on a faites jusqu’à ce jour.
Les mollusques privés de toute espèce de articulations internes et externes ne peuvent point avoir de moélle alongée. D’ailleurs on. sait aussi que le rudiment de la moélle alongée n’est point une portion de sa longueur, mais un diminutif de volume, qui a lieu dans toute la longueur de l’animal, et qui se forme par la reunion des nerfs de toutes les parties du corps qui vont aboutir à cette ligne alongè et centrale de sensation.
D’autre part une nouvelle observation vient nous prouver encore que Jes mollusques ne peuvent nullement etre placés au passage des An. inver. aux vert. c'est que la nature tendant tojours a se. perfe- ctionner c. a. d. à ajouter des organes, comment auroit-elle pu faire disparaitre entierement le 6-10 pates des insectes et des Crustacés pour les remplacer par des organes de mouvement. d’une nature tout à fait partîculière qu'elle fairait disparaitre encore une fois pour les changer en nageores? -— On sent aisement icî. que les Crustacés, p. exemple, les Mollusques et les Poissons vivant tous dans. un méme milieu, si les Poissons etaient provenus des mollusques et ceux-ci des Crustacés, il n°y auroit pas eu de raison pour que les poissons n’eus- sent conservés les organes du mouvement des mollusques et les mollu- sques ceux des Crustacés qui executent leurs mouvement dans l’eau auissi bien que tout autre animal aquatique, cela nous prouve done que ces animaux ont été fait sur des plans différents, que la nature est dans chaque parvenue au méme but par des voies différentes, dé- veloppant dans les Crustacés des pates, dans les mollusques des disques p. ramper, des espèces d’ailes, et des tentacules servant à differents ‘usages, et dans les Poissons des nageoires.
Enfin le coeur musculeux qui dans la série ordinaire commence à paraître p. la 1° fois aux Crustacés, pourquoi s’ effaceroit-il oux An- nelides p. reparaitre aux mollusques? et le sang qui est blanc dans les Crustacées, pourquoi ne resteroit pas tel dans les annelides (qui l’ ont rouge comme les vertébrés) puisqu’il doit étre blanc dans les classes qui vont immediatement precéder les Mollusques. Ces appari- tions et disparitions successives ne sont’elles point des preuves. évi- dentes que ces animaux ne se trouvent point placés dans nos, séries suivant le rang qu’ils devroient occuper et qui devroit étre déterminé p. le perfectionnement successif et croissant d’après une méme plan, du meme organe?
Une fois parvenue à la formation d’ une série de pieces. cartilagi- neuses qui emboitent la moélle alongée, la nature est passée aisement ‘au perfectionnement d’un squelette dans les poissons osseux.
Ces poissons sont l’intermede dont la nature s’est servie pour par- ‘venir aux classes suivantes.
Il n'y a nul doute que les Hispiilcs en viennent immédiatement p.. le
Sa
moyen des Reptiles è metamorphose qui paraissent provenir ‘des’ Poiss. cartilagineux, des Ophidiens qui paraissent venir des Poiss. osseaux à écailles et peut ètre encore des Cheloniens qui paraissent ègalement indipendens des autres reptiles, et provenir de qq. poiss oss. (placès mal à propos parmis les cartilagineux) comme les Ostracions, les Cataphractes etc.
Quant aux mammiferes il est difficile (dire) si le passage s’est fait p. les reptiles a 4 pieds ou plutòt p. les poissons ‘eux mémes directement; et que les mammiferes bipedes ou les Cetacés ne soient pas plustot la source veritable des mammiferes. — Il parait d’autant plus. vrai- semblable que cela a été ainsi, que partout ailleurs la transition d’une classe à l’autre se manifeste dans les animaux aquatiques de préfe- rance aux terrestres et ce la devait étre car l’eau est le fluide qui offre à la fois plus de combinations differentes pour la nature des cir- costances influentes, et que dans l’ean tout animal peut vivre, pui- que des Anim. à poumons, à branchies et à trachées y vivent habi- tuellement, tandis que l’air ne se prète qu’a des modes d’organisation plus bornés, et les combinations des circostances sont moins variees, ou tout an moins moins puissantes, et peu nombreuses, en meme tenips celles qui dans l’eau n’en ont pas d’analogues.
Les Oiseaux peuvent avoir leur origine directe des Reptités Chelo- niéns, car on ne peut pas supporer qu’ils aient eu leur origine des mammifere édentés comme on porroit le croire, par la raison que la viviparité etant un perfectionnement animal, il n’est pas croyable que la nature apres avoir adoptè ce mode de génération, qui est le plus compliqué, dans les Poissons cartilagineux et les Cétacés, et de la dans tout le restant de la série des Mammiféres, elle aient de nouveau abban- doné ce plan pour reprendre l’ancien celui de la génération ovipare.
D’une autre part, comme les oiseaux sont miéux partagés que les mammifères sous le rapport de certains autres organes et le fonctions qui en resultent et que les mammiféres tiennent immediatement aux Reptiles ou aux Poissons, on ne peut non plus placer les oiseaux avant les mammiferès c. a. d. entre ceux ci et les Reptiles; ce qui prouve que ce sont des animaux tout-à-fait indipendant des Mammi- féres; et que leur analogie avec les derniers dépend uniquement ‘de ce que le perfectionnement des 2 classes s’est fait par le concours d’un certain nombre de circostances semblables dont on dù resulter des ressemblances correspondantes.
Quant aux Monotremes il y a nul fondement p. croire qu’ils aient été l’echelon de transition, qui a donné les viseaux aux depens' des mamunifères ou viceversa. Les monotrèmes ne sont rien autre entre le Mammif. et les Oisseaux, que ce qui est un arbre qui va meler res branches avec celles des arbres voisin. Le tronc' est l’espèce méme
La dd
de l’arbre sont originairement distincts et toute la confusion resulte de ce que le tronc en est cachè et on ne peut le retrouver aussi ai- sement qu'on trouve celui des autres arbres. — En effet qu’on exa- mine les Monotrèmes et on s’appercevra bientot que ce ne sont pas là les moyens dont la nature s’est servie pour enchainer les oiseaux absolument indipendanement des Monotrèmes..
D’abord ou qu’on les considère comme ovipares, ou comme vivi- pare, si on le considere comme ovipares..... (1).
3. — La 3° espèce de germes, ceux qui ne peuvent se développer que dans l’interieur d’autres animaux, dont ils dépendent et sont p. consequent posterieurs, et avec l’existance des quels la leur est na- turellment liée; est celle des animalicules que l’on rencontre dans les differentes liqueurs animales, l’urine, le lait et surtont la sémence, qui se dèveloppent aussi dans les infusions animales.
De ceux ci paraissent avoir eu naturellment leur origine les Vers intestins, du moins les plus parfaits, car quant aux plus simples et dont l’existance est spontanée (c. a. d. dan le cas des Infusoires), il paraissent avoir la méme origine immédiate, et méme les plus grands rapports avec les animalucles spermatiques. — Ici la marche du per- fectionnement parait se faire double et donner lieu a 2 espèce d’em- brancheurents ou à 2 sous famille.
L’une est celle des An. articulés et a pates, l’autre est celle des animaux mollusques
(v. la note 2).
Les vers annelés amenent directemect à la 1° serie et se lient avec certaines larves d’insectes, qui encore trop peu éloiquées des Vers, en conservent les habitudes caracteristiques c. a. d. ils sont encore parasites d’ animaux de la 2* famille, et nè sortent de ceux ci qu’ a- près un temps donné sous forme d’oestres ecc.
La métamorphose ètait le seul moyen qui pouvait conduire et former ce passage, car la manière de vivre des vers est trop différente de celle de tous les insectes en etàt parfait, et la nuance n’a pu e- xister que dans les habitudes considerées seult. dans les larves.
On est encore très-peu instruit sur l’anatomie des larves, du moins des larves qui peuvent nous interesser en cet endroit, tel que les parasites des oestres et des Taons et en général toutes les larves a- podes et vermiformes des diptères. — Mais en juger par les observa- tions extérieures q’on peut faire sur elles, ces larves doivent effecti- vement étre très-rapprochées de certains ver annelés tel que les a- scarides. i
(1) Il ragionamento nel manoscritto del Bonelli si arresta a questo punto.
— 13 —
La metamorphose déès Insectes parait encore étre le seul moyen de liason des 2 classe-ci-dessus p. une autre raison. C'est qu'elle ne pré- sente point de nuance à son commenciment. Elle commence d’une ma- niere prononcée, et sans équivoque, tandis qu’à la fin, c. a. d. là ou se fait le passage des insectes aux arachnides on observe le passage de la métamorphose à la constance des formes, car plusieurs insecte de leur coté, et plusieurs aracnides de la leur sont très-douteaux sous ce rapport et on peut les considerer comme constans, ou comme se transformant, suivent que l’on étend l’acception du mot mètamorphose (punaises, nycteribies, psoques, jules, les entomostracés etc.).
Les aracnides conduisent directement aux Crustaces par plus d’une voie.
Quant aux Cirripides leur place est encore douteuse, comme l’est la torme et l’etendue de leur tronc nerveux principal. - L’observa- tion qui paràit les ranger dans cette sous famille, est celle de la grande analogie qui regne entre les Anatifes, les Pagures et les in- se ctes.
Pour peu que l’ont soit habituè à saisir les rapport entre les objects. désparates au coup d’oeil, et qu'on connaisse les modifications qu’un animal, les insectes surtout, peut subir dans les différents chan- gements opérès p. la metàmorphose, ou par l’influance des circostances, ou simplement. par l’ accroissement de perfection organique, on ne tarde pas à s’appercevoir, que le corsalet des Pagures offre des traits qui décélent des vestiges, d’ailes, d’ elytre et d’ éccusson, d’ une ma- nière aussi évidente què pourroit les manifester des chrysalides quel conques de Papillons et mème des nymples de Coléopteres et d’ hymé- noptères. Si après cela on fait ancore attention à ce que leur corps n’est plus articuléè comme dans les insectes, les arachnides et les Crustacés autres que les Pagures; mais que leur queue est toute d’ une seule venue, molle, et non autrement mobile que par des con- tractiores musculaires de méme que cèla a lieu chez les limaces; que la coquille dans la quelle ils vivent constamment en retraite, offre l’immage de ces retraites ambulantes que les larves de plusieurs in- sectes traivent constamment avec elles; que les 4 pates postérieures ne sont encore que rudimentaires comme si elles ne venaient que de pousser, et qu'il resulte de cela, que le 6 antérieures, les seules qui soient bien developpées et propres au mouvement, correspondent pré- cisement aux 6 pates qui caractérisent les insectes et sont une des conditions de leur plan particulier d’ organisation. Si enfin on con- sidere bien la masse de tous ces rapports, de ceux cui doivent encore resulter dans l’organisation intérieure et ceux qui peuvent nous è chap- per, on aura pas de peine à convenir qu’il régne réellment entre les. pagure et les insectes une analogie decidée, et superieure a celle qui
— (dd —
existe entre plusieurs arachnides méme et les insectes, analogie qui pourroit bien nous porter a croire que les Crustacés ne ‘font. point. suite apres les aracnides, mais qu'ils forment une branche latérale à- coté d’eux, et provenant directement des Insectes ainsi que le ara: chnides eux mémne. tia Lorsque on a bien saisi tous les rapports que nous venons d’ ob. server entre les Crustacès et les insectes p. l’intermède des Pagures, . on parvient aisement à en dècouvrir d’analogues entre les Anatifes,> les:pagures et les insectes. i Les Anatifes ont comme les insectes et les pagures deux ailes, 2. elytres et un ècusson et souvent, c. a. d. dans les anatifes a 7 valves; encore 2 autres préces qui paraissent correspondre aux ecailles hu- merales on omoplates des insectes, mais aux lieu d’ étre simplement cornées, ces piéces sont ici testacèes comme celles des coquilles. —-| L’ecusson est cette partié dorsale qui commence anterieurement au. dessus.du.tube, et se termine en pointe entre le 2 plus ‘petites piéces:. paires qui sont les èlytres : les deux grandes piéces paires, comme situées en-dessous eten avant des autres sont les ailes. — Le tube est une partie toute neuve, qui n’a rien d’analogue dans les Insectes! et les Crustacés, et en preuve de son existence peu importante: on observe que les Balanes en manquent absolument. — La trompe que . se trouve è l’opposite du tube, et qui sert d’anus indîque assez que la partiè anterieure de l’animal est celle qui, l’animal etant fixé sur® son pied, regarde en bas, ce qui correspond parfaitement à la dispo- sition des piéces calcaires et à la direction de l’ecusson — La bouche est située entre l’angle inférieur et les-appendices, et celles-cé qui par consèquent se trouvent placées contre la bouche. et la trompe ou l’anus, ne peuvent plus étre régardées comme des tentacules; mais - simplement comme des pieds, car les tentacules sont toujours placées en avant de la bouche. Le nombre des cirres au pieds qui est de 6 de chaque coòté et leur direction en.avant correspondent precisement au nombre des pieds et a leur direction dans les Crustacés plus les antennes. Les ‘cirres. ne sont pas aussi developpés que les pates des Crustacés, parceque 1° u- sage n’est point de servir de pieds, mais seul.t dde mains p. ramener a la bouche les alimens pent etre servent ils aussi de branchies comme celà a lieu chez plusieurs Crustaces-entomostracés-ostracodes avec. les quels les Anatifes ont. precisement de l’analogie, non seulement: p. le nombre des pates:(on'en donne 8 aux ostracodes), mais il est possible que l’on aie oublié une paire de trés courtes qui.ne sortent point des valves, ou qu'on les aie considerées comme des antennes) mais ‘aussi
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p.le nrode de rester.renfermees entre des valves — Sur e devant, des :patescautour de la bouche-on distingue encore dans les. Anatifes.:
des autres piéces de chaque coté, qui attestent un appareil mandu- catoire analogue à celui des Crustacés — Les pates mème comparées à celles des Crustacés leur sont très analogues; elles sont d’abord, comme nous l’avons déja observé, tournès dans le meme sens. Ensuite leur tige principale sur la quelle on observe des vestiges d’articula- tions immobiles, represente parfaitement la pate des Crabes, et le 2. filets articulés qui partent de chaque tige représentent, les tarses, doubles des Langoustes, et forment la pince. — La 6°, on pour mieux dirè la le paire de ces pates des Anatifes offre encore ici ce que nous ; voyons arriver chez plusieurs crustacés où les Antennes pt. dites di- visées en 2 flets amplantés sur une tige commune, se trouvant res- sembler plus on moins à une paire de pates, soit que les pates elles méme prennent la forme et les dimensions des antennes, soit que: Jes, antennes prenneut elle mémes la forme et le dimensions des pates.
-Soit que l’on considére donc les Cirrhipedes comme plus parfait or- ganiquement que les Crustacés et les Arachnides et qu’on termine p. eux la petite famille des animaux articulés, soit q’ on les considère comme une branche particulière sortant immédiatement des Insectes ou des Arachnides, ou ce qui est plus vraisemblable, d’une famille particulière des Crustacés, la petite famille des animaux articulés se trouvera toujours terminée par des animaux ayant des membres et des tentacules on antennes articulées, ainsi que une moelle longitudinale nerveuse, circostances qui empéchent de leurs faire suivre les animaux mollusques, aux quels le passage ne seuroit se trouver que d’une ma- : niére tout-à fait incomplète, et discontinue, le pIan de l’organisation de: ces 2 sous-familles etant absolument différant. Car le foyer ner- veux, les organes des sens, ceux du mouvement etc. en sont très dèsparates.
Ainsi c’est plus en arrière, c. a. d. aux animaux p. .les quells n’est point encore établé le plan que l’on observe dans les animaux. arti- culés qu’il faut chercher la souche des animaux mollusques, c'est donc © aux vers intestin. ‘
Ici le défaut de système nerveux permet de faire suivre: des ani- maux qui en ont un; quelque soit sa forme et le plan suivant le quel . il se modifiera, tandis qu’on ne peut pas supposer que le plan du syst.:ner. des an. ‘articulés se soit effacé pour céder son existance à un cerveaux, c. a; di syst. ner; des mollusques. i
Les vers intestins considérés comme souche directe des An. mol- . lusques, nous offrent des genres qui BSTAlsei faire la nuance d’une manierè assez sensible. 1
D’abord il est des vers qui dépourvus de toute especè Miartici tions, leur corps présente déja un degre’ d’ analogiè avec les mollu- sques tels sont lès vers vésiculeux et plusievrs autres + ‘Il est en
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suite qq, autres animaux confondus, tantot avec les vers pt dit, tantòt avec les annelides, mais qui en réalité ne sont ni des v.rs ni des a- nellides. Tels sont les Lernées, les Chondrocanthes ece. dont M. La- marck, fait son nouvel ordre des Epyzoaires. — Ce sont des animaux qui tiennent réellement le milieu entre les Vers et les Mollusques, leur organisation les rapproche des vers, leur manière de vivre: en parasite, mais à l’exterieur des animaux (et surtout seulement des anim. marins ce qui montre aussi que leur intermède ne sauroit pouvoir servir qu’a lier des animaux aquatiques) les en éloigne deja, et leur tentacules ainsi que leur forme exterieure les rapproches des Mollusques.
Les Acéphales et parmis eux les nus, sont les prémiers mollusques. qui suivent immediat. les Epizoaires — Des Acéphales conchifères i-. nequivalves on passe aux Gastéropodes conchifères operculés — Les Gastéropodes amènent en suite pas deux routes distinctes aux ptèro- podes et aux Céphalopodes.
Que les Ptéropodes et les Cépholopodes soient des animaux voisins, quoque ces derniers paraissent par leur organisation ne tenir ni aux Ptéropodes ni à ancun autre classe et en former une isolée, le dé-: montrent les grandes ressemblances qui existent dans leur retraite ou coquille, la quelle doit necessairement étre le produit d’analogies organiques dans l’animal. En effet rien ne semble plus à la coquille de l’Argonaute que celle du Carinarier qui est un Ptéropod (v. le nouv. tableau de juin 1813).
D’ailleur quand méème les Ptéropodes et le Céphalopodes seraient regardés comme formant la suite d’une seule branche, ce qui pourroit : encore étre, les Gasteropodes devroit toujours préceder, d’un part par- ceque il regne reellement des rapports entre qq. acéphales, ceux p. exemple à coquille inequivalves, et les Gasteropodes, ceux surtout qui privés d’yeux ont un opercule sur l’ ouverture de leur coquille, au quel le devant du corps adhère comme à la petite value des coquilles: bivalves. — Dailleurs encore les Ptéropodes ressemblent beaucoup plus aux Gastéèropodes par les caractéres qui indiquent 7mperfection organique qu’ils ne ressemblent aux Acéphales, ce qui prouve que leur souche est précisement dans les Gastéropodes. En effet ils. ont une téte que deja les Gastéropodes possèdent, des dilatations sous le ventre qui ne sont rien autre qu’ un développement majeur du pied discoidal des Gastéropodes.
Note 1°. (1)
Nous avons une prouve directe de la plus grande ancienneté de
(1) Questa è la seguente sono le note a cui accenna l'A. nel testo.
THE NEW YORK ACADEMY OF SCIENDES.
« 9f-
cette famille, en ce que les espèces qui par leur consistence ont pus se conserver, nous présentent une quantité prodigieuse d’étres perdus. On peut méme dire que tout ce qu'on connait de fossile de Polypier et d’Echinodermes est différent de ce que nous avons actuellment, un gran nombre méème en différe aussi de genre, et les differences sont telles qu'à l’egard de plusieurs on est bien souvent dans l’incertitude à quelle classe doit on les rapporter. — Ce ci nous atteste par conség. la grande ancienneté de ces animaux comparativèment à celle des animaux des 2 familles qui suivent, dont on trouve actuellement p. la plus part les genres analoques et souvent aussi les espèces.
Note. 2.
Le systeme nerveux en se formant et se develloppant au sortir des vers le fait par 2 voies et sur deux plans differens. — Dans le 1° le corps tendant à s’alonger parceque la marche du perfectionnement est telle en conséquance da ce que l’origine c. a. d. les vers qui leur donnet lieu sont alongés et annelés, le systeme nerveux se concentre en un fil, en longueur et dans la direction de l axe du corps; par suite des articles du corps qui costituent pour lui comme autant de centres, le tronc nerveux doit à leur endroit acquerir plus de volume, et rester plus menu, comme étranglé, aux endroit ou les articules se joignent e s’emboitent l’une dans. l’autre par leurs bouts. — Il en re-, sulte une moélle longitudinale nerveuse, de la quelle partiront les nerfs servant pour les actions des animaux, et à la quelle se ren- dront les nerfs entrant qui communiquent aux animaux .les impres- sions des circonstances environnantes — C'est en effet le mode par- ticulier de système nerveux commun à tous les animaux: de la 1° sous famille. |
Dans le 2° plan de perfectionnement, le corps tendant à former. constamment un tout ramassè, continu, et pour ainsi dire, homogène, parceque tel est le plan commencé par les vers vésiculeux, et peut. étre des aplatis (Lamarck ), le foyer de la sensibilità a dù égale- ment se concentrer en un tout uni, seul, indivise, et capable seule- ment par son développement de se dilater davantage, de repandre et de recevoir plus de filets nerveux, mais non de se distribuer egale- ment et aux depens de sa propre masse dans differens point du corps. — C'est ici l’endroit ou la nature a formè le cerveux unique sans moélle alongée, ou noueuse, la forme et la consistance des parties du corps s’opposant a l’existence de, celle ci, non moins que.le.mode de dévelloppement que les circostances on le système nerveux a, eu ici, sa le origine, lui permettaient. i i
2 IR
Généalogie et place respective des Classes
selont moi — Janvier 18:13.
A. — Animaux rayonnant ou à disposition des partie non symétrique, Point de Syst. nerveux pt. dit - molécul nerv. régénératifs. — Formant comme un régne à part et intermediaire entre les Végetaux et les Anim.
Clas. l. Infusoire — Classe primitive > ai SP0lypes —_ >». de transition: » 3. Echinodermes - » pefectionnée. Passages de ces 3 Classes bien prononcées; — mais ne souffre nulli.
les vers parmi, et passage aux An. symétr. absolt. nul. parceque cette méme disposit. rayonnante augmente dans les anim. plus compliqués et plus parfaits de cette famille, savoir dans les oursins et les étoiles de mer, au lieu qu’elle devrait diminuer ici et finir par s’effacer.
B — Animaux è disposition des parties symetrique.
a — provenant directement des germes indipendant et libres (1).
Noveau Tableau généalogique des Animaux fait vers la fin de Juin 1813.
Il est essentiellment combiné comme le premier (2) et n’en diffère qu’an ce que dans les animaux infusoires spermatiques j'établis comme dans les infasoires ordinaires, 2 divisions dont chacune comprend les prototypes d’une généalogie particulière et forme la souche des classes qui en dépendent.
La Classe des vers intestins y est partagée d’apres les méme prin- cipes.
La Classe des Ptèropodes est placée avant celle des gastèropodes comme l’a indiquè Cuvier, et d’apres ce que ce savant mème m’a dit à l’occasion de son passage à Turin, que tous les Anim. que Perron rapporte aux Ptèropodes, n’en sont pas, de sorte que cessent les rap- ports entre ceux-ci et les Céphalopodes.
Tableau généalogique de Fevrier 1814
‘Où la différence des plans d’organisation dans les animaux indé- pendant, ou primitifs, et dans le dépendans ou secondaires est, due,
(1) Sul foglio in cui è scritto quanto sopra non v'è altro. (2) Deve essere quello che sopra è riferito: ma che nel manoscritto è incompleta.
non'& Ta difference des cermes, mais du lieu où ils se sont developpés qui a influè sur aux comme cause determinante un cours différent dans le développement successif ou perfectionnement orgattique, et où les animaux sont partagés en 4 embranchements. présentant. ehacun un plan d’organisation (qui ne peut et ne doit pas toujours ètre bien distinct, et prononcée dans.les animaux qui les commencent,et ye se developpe visibilment que dans les Classes consecutives) analogue jusqu'à un point à celui des 4 embranchemans de M. Cuyier; etr aux quels j’ai conservés les mémes noms imposés par ce,savant, le 1° ex- cépté au quel j'ai donne celui de 74y0nnés comme caractéristique de leur différence d’avec les autres. F
nianta gr” rr
‘i Ania:
Tableau généalogique des animaux de fevrier 1814: |
Germes dèvéloppés dans des Infusion Germes developpés dansles infus. ou liqueurs vegetales — première formation animales. par conseq.t de posterieur. f.rmation (Anim. rayonnans)|(Anim. vertébrés) | (Anim. articulés) (Anim. mollusq.) Infusoire amorph:s | Infusoires. alongés Infus. anim.'on sper Inf symetriques matiq. alongés. nfus. anim. ou sper- Polypes A nalidss a FISC Rio ramassés ou vé i j Intestineux articulgs| 5'0B‘eU* eY Radiares ejsena .. || Insectes Rorzohire A Mammiferes Reptiles Arachnides Ac6phales alariotedies tI Gastéropodes da Cyrrhipèdes Ptéropodes-Cépha-! Oiseaux [lopodes. Tableau généalogique des animaux animaux provenans cs de Germes indipendans — anim. primitifs. A - Souche 1° re B - Souche 2° A - Infusoire amorphes A - Infus. symètriques a a B - Polypes brame teso ca e
b ; b CU P0ISSonst si
ire ___un
Cc - Radiares
D - Reptiles Fagl e 1 Fe Mammif. F - Oiseaux
—_ 20 —
de germes dépendans (d’autres animaux) — animaux secondaires
A - souche 83° B souche 40 A - Spermatiq. alongés A - Spermatiq. amorphes a a B - Vers articules B - Vers vériculeux b b C - Insectes C - Epyzoaires c c D - Arachnides D - Acéphales d d F - Crustacés E - Ptéropodes F - Cyrrhipedes? e f
F - Gastéropodes G - Céphalopodes
Tableau généalogique des Insectes et des Arachnides
Vers articulés
Dipter. a larves par ge sai pv | E hymen. aiguill. Rami a tarr. pedunc. Insectes hymenopt. ga sessil. setge. | / FgiAA, Colégoptèr. Neuroptt. es VAR ripresi) ida ie e | | Tar sarei | Podurelles | TUSGORAA | tiques prenogo SA FS meta pro morphes Scolopende ALS pt ale Ti en e ARIA 4 SALON: I Cloportid. \ Aracnides |ECNSCOR I la n ari (de Serres) sirene. FR E ra ra dans les. Sor Cymothoés / de Monodes Squilles et Crabes ) ©Fusta08s | Cyrrhipèdes
— Me
8)
Sériè d’éxpèriences à faire touchant l’origine des
Animalcules et leurs germes.
1° Voir si les semences et autres objects qg’” on met à infuser, a- prés qu’ elles ont fourni des animalcules, sont diminuées de pois ; et cela p. savoir si les animalcules sous. qq. autre forme entraient com- me matierè composante de ces substances.
2° Voir quelle est la difference dans le degrè de perfectionne- ment organique, entre les animalcules des plantes, choisies elles-mémes dans le différens degrés de perfect. org. végétale.
3° Essayer des differentes humeurs du corps des animaux des dif- férentes classes.
4° Observer si dans la moélle ou toute autre potion du syst. nerv. comme parties essantielles de l’animalisation, entrent des animalcules.
5° Observer les Animalcules des différentes substances costituan- tes des differens animaux infusée plus on moins. — Notamment la substence omogène et blanche des vers et autres anim. chez. les quells il est à présumer qu'il y ait des molécules nerveuses.
6° Observer si parmi les infusoires primitifs il y a rèellment ceux à rudiments d’articulations qui puissent faire le passage aux Gordius p. servir de souche à la famille des An. Vertébrés.
7° Voir si le perfectionnement dans le mode de génération s’ ac- corde avec le développement organique du 1° au dernier de chacune des 4 séries naturelles d’animaux.
Liste des matières à examiner au microscope à sec
ou infusées
La Gelatine animale.
Le gluten végétal.
Les différ. parties du vègétal parfait - racine, tronc. feuilles - pulpe des fruits - amandes et graine - germes poussans - moelle du tronc - alburne etc. — Idem du vègetal imparfait-champignons - likens - al- gnes - conferves - truffes - mucor — Idem des plantes fortement ir- ritables - sensitive - dodonée.
Les diff. part. d’un animal parfait pris dans chaque embranc. - homme - et lamproie - Céphalopode et Acèphale - Insectes et crustacés - Our- sins et Polype — Les partiés à observer sont le tronc et les ramifi- cations du syst. nerveux - la moélle des os - le sang - les poumons
— DI
- le chile - les chairs - les Cartilages . les parties ossées - les cornsée etc. — De meme les diff. parties des animaux supposès primitfs et spont&anées cet ‘voir quer rapport général existe entre leurs parties costituantes les animalcules. méemes, et les animaux des embranche- mens correspondants. ped (A pulpe omogéne des Taenia et plusieurs autres - intestin - la vesicule et le corps des hydatydes - la matiére des plus. simples. de cette classe - celle. des Epyzoires.- celle de An- nélides. - celle des annelides imparfait, les gordius - leur comparer les » Anguillettes des dift..infusions on liqueurs fermentées - la pulpe d’un, animal Zoophyte - celle des radiaires molasses.
Formation des étres organisés
Il faut commencer pour admettre le globe tel qu'il est aujourdhui pat ‘rapport a sa composition, sans aller plus loin chercher de quelle planete il s'est detaché, comment s'est faite la reparation de la lu- miére, du calorique, de l’eau, et surtout de l’oxygène qui a du venir a atmosphère ‘en, sortant de l’eau c. a. d. former l’air ambiant du globe aux depens de la decomposition d’une portion de l’eau qui cou- vroit notre planéte.
Commencer par admetre celà comme une chose irrevocable, quisque ‘ c'èst un fait, dés que celà est. ;
Après tout cela venir à l'ex1stenee des matières constituantes e. a. | d.à'là prehexistence des principes chimiques, soit des mineraux, soit, des ©; organisés, étant également un fait, puisque s’ils n’avaient point | existè, rien n’existeroit à présent, ex nililo ninil.
Admise Vexistence des éléments, et les propriétés chimiques ou phi- siques que nous leurs connaissons, et des circonstances favorables à leur mélanges, à leurs combinaisons, à leur developpement, puisque si celà n’avait pas éte nous ne ie saurions point, puisque nous Mo rions point, il ne s’agit plus que d’expliquer.
1° Comment les germes, premier resultat de la. reunion chimique des élemens, :se.conservent,,et s’en forment journellement.
for les, différences entre germes et germes qui doivent étre grandes! puisque, S ils ‘étaient .semblables, il devroit y avoir plus de ressem-:8 blance entre les animaux mycroscopiques que nous n’en voyons. 19
3° la susceptibilité de se deèvelopper. étant placé par le hazard! dans des circostances favorable, comme le graines d’une plante.
& la susceptibilité..(et realité du fait) de porter leur developpement. - aussi loin que nous. n’en savons pas la limite, et de se peribeo ni ie successivement .dans leur. composition presque d'une maniere indéfinie, ©*
— 23-.
n’etant pas sùr que l'homme lui-méme avec le temps ne deviànne plus parfait. — le perfectionnement des races domestiques servirà de preuve.
5° La susceptibilité de mouler les organes sur l’influence des cir- constancer, c. a. d. d’ après le besoin, ou l’inutilité d’ un organs, son emploi de diverses manières etc. p. l’aptitude organique (v. les preuves au 8 et 9).
6° L’existence de cette méème variété de causes influantes puisque les animaux domestiques, l’homme lui-méme en fournissent des preuves | les désirs ne paraissent point concourir car l’homme auroit des ailes etc. de l’argent, une enorme verge etc.
7° L’existences de plusieurs plans d’organisation e de composition due à l’existence de la diversitè dans les germes on formations pri- mitives on prototypes.
7°bis. l’existence des étres imparfait et des parfaits on terminaux.
8° L’existences de la ramification de chacun des plans due au développement géné, changé de route, ou diffèrement favorisé dans tel on tel point de son cours par les circonstances environantes, qui in- fluent de manières diffèrentes.
9 L’existence de la chaine continue, mais multiple des. étre c. a. d. la continuité des séries qui d’un étre quelconque conduisent è l’ètre primitif dont il est originaire, sans qu’il soit necessaire de tous les placer sur la méme série; de l’existence de cette chaine on tirè les preuves directes de la tendance de la nature à développer et perfe- ctionner l’organisation ; et de l’existence des branches latérales celles de sa tendence a se mettre en rapport avec les circonstances envi- ronnantes et influentes; d’ou proviennent la multiplicitéè des èspeces et des races, mémes de plusieurs coupes superieures.
10° La perfectibilità des facultés morales, de l’instinct etc. due au développement du système nerveux, de l’aptitude organique, qui favo- rise de plusieurs maniéres, etc.
11° Conclusion (1) — que l’ homme s’est ainsi forméè à la manière des animaux et des plantes. et qu'il a recu le dégré d’intelligence, de superiorité etc. dont il est doné par le concours hereux d’un grand nombre de circonstances qui plus nombreuses encore, on moins nom- breuses, en auroit, fait un animal bien plus parfait encore que nous _ le':sommes ou viceversa un animal égal ou a peine plus parfait qu’un singe, de la méme manierè qu'elle est arrivè à former l’Elefant, l’hyp-
ra
(1) Nel manoscritto del Bonelli è stata segnata una linea nera attraverso alle - considerazioni indicate dal N. 1 al 10, linea che vuol essere una cancellatura. Ho creduto tuttavia di riferire anche questa parte del manoscritto perchè assai interes- sarite per le idee espressivi, che corrisponilono a quelle dal Bonelli indicate in al- tri scritti. Il paragro 11 non. porta cancellatura.
popotame; la baleine, le perroquet etc. qui sont tous si differens' ‘des Autres du méme ordre qu'on pourroit ainsi qu'on l’a fait de l'homme . en former des ordres particuliers qui ne se composeroit plus que d’un certain nombre d’èspeces tout aussi voisines entre elles que le sont les differentes races de l’espèce humaine, à la seule diffèrence que celles des animaux ne paraissent point se lier entre elles, parce ce que nous sommes à leur égard plus scrupuleux, et que moins repan- dus, mais influencé par des circonstances plus actives, le differences - specifiques se sont mieux imprîmées, et ont portéè mème sur l’organi- sation, tandisque les races humaines se lient davantage par ce que ‘ les differences soint moins considèrées, et que d’ailleurs la continuité de ses habitations (ou assujetissement aux influences locales) met une ’ continuité et les diffèrences graduelles dans les influences qui ont pu le modifier, dont il resulte une vraie liaison entre toutes les espèces d’hommes aux quelles p. cette méme raison on se contente de donner le nom de races.
Essai sur les facultés intellectuelles des animaux et sur l’origine de celles de l'homme (1) 4 Mai 1812
revue le 8 fevrier 1814
Faits qui viennent à l’appui du raisonnement des animaux, et de leur perfectibilité. i
— Perdrix qui contrefait l’extropiée.
— Etournaux qui ne descendent plus au filet après l’expérience.
— Moinaux qui s’entraident, ou s’avvisent de l’approche des ennemis
‘par un crì'particulier.
— Hirondelle qui vient à l’ancien nid.
— Autres animaux qui reconnaissent leur gite.
— Rénard boitaux, impossibile à prendre une 2° fois au piege.
-- 2 loups chassant de concert, l’un se faisant poursuivre par les chiens, l’autre volant la brebis.
— Chardonnet qui aprend e tirer le sceau du manger e de l’eau pour boire.
— Souris qui agrandit le trou pour entrer.
— Penduline faisant son nid (istinct).
— Chevaux, chiens, singes etc. qui aprennent des actions combinés.
(1) Sono appunti, in parte slegati. Essi servono tuttavia a far conoscere quali fossero le idee del Bonelli sopra l'importante questione.
dl A
— Reconnaissance de certains animaus aux bienfait.
— Chien qu’alla de Paris a Petersbourg par lui seul.
— Cheval et autres anim. qui se choisissent un chef.
— Docilitè, intelligence, et facilitéè à apprendre de l’Elephant.
— Republique des fourmis et des abeilles.
— Détaiîll. inconnus de la vie des animaux à pouvoir comparer avec ceux de la vie humaine car l'homme, vu en grand, rien plus que les animaux.
Pour juger de la difference qui passe entre l'homme e la brute sous le rapport des facultés morales, il est necessaire d’analiser ces facultés et en connaitre les sources.
1° - L’instinet inné.
2° - L’education.
3° - L’aptitude organique.
4° - L’expérience.
5° - La réminiscence.
6° - L’exercice, ou la continuat. dans l’action d’une méme fonction.
C'est l’esemble de ces qualités qui constitue le raisonnement.
La 1° qualité on l’instinct, est commun a tous les Anim. il sy ràp- portent toutes les actions exerceés depuis un tres long temps par la méme espéce, et par conséquent comme indispensables. Si l’homme en a peu, c'est parce qu'il y à trop de varieté dans son education, et ses actions, que n’etant point repetées toujours les mèmes, elles ne peu- vent point s’imprimer dans son étre et se transmettre ensuite par la génération. Si les hommes ètaient mathematiciens depuis plusieurs milliers d’année nos enfans naitroient mathematiciens.
Si le besoin on rend l’usage plus frequent, il en resulte qu’ il est plus parfait e ètendu chez les brutes que chez l’homme — C’est celle qui enseigne au Rossignol la méme chanson de ses parens, qui guide le passage des oiseux, qui porte le nouveaunè a la mammelle etc.
La 2° on l’èducation est moins étendue, elle donne plus de developpt aux facultée morales, et fait anticiper leur fonctions, en un age on le peu de connaissances acquises et de comparaison faites ne mettrait
| pas encore l’animal en état d’y pourvoire lui méme. — Les animaux
| qui vivent en societè ou familes ont plus d’education, par conséquent aquierent l’usage de leurs facultés morales avant les autres et cette precocité par le plus grand temps qu'il laisse à l’exercire de ces mé- mes facultés, est cause que ces Anim. sont plus douès de facultés mo- rales que les autres, et que leur instinct (ou les facultés transmises par la generation) est plus étendus parceque ils ne se trouvent pas dans le cas de l’homme qui changeant ses actions de père en fils, ne peut point les recevoir en naissant parceque repétees depuis trop peu de temps.
— 26 —
8° L’aptitude organique entre dans l’ exercice des facultés, et dans leur developpement et perfectionnement, en une proportion tres grande, et je crois fort bien avec Anaxagore que si l’ homme était prive de mains, qu’il seroit peut étre le plus miserable des animaux malgré tous les autre avvantages qu’il pourroit encore avoir sur eux. — En effet la marche, bipede, la direction des yeux, la perfection de ses mains sont une source inépuisable de connaissances que l’homme ne pourroit acquerir dans des circostances differentes, et la dégradation des facultés morales acquises par l’àge cu par l’education doit étre en rapport avec la degradation de ces 3 facultés ou de facultés ana- logues qui puissent les remplacer (ainsi la trompe de l’Elephant fai- sant les fonctions de main, l’elephant acquiert par là les mémes con- naissances que nous acquerons avec l’usage des mains).
Comme aptitude organique sont encore considérés le volume du systeme sensitif; et _calité du mouvement volontaire ou spontanée.
Le volum du cervaux, et le developpement du restant du syst. ner- veux dans les organes des sens est naturellement accompagné d’une plus grande aptitude à percevoir les qualitès des corps, à les com- parer, et à en retenir dans la mémoire les souvenirs des sensations
qu’ ils ont faits sur les organes, et par consèquent à agir en suite -
d’une maniére conséquente.
Sous ce rapport les animaux sont d’autant plus parfait qu’ ils sont
organisés d’une maniére moins analogue à celle des premiers animaux on ne peut pas dire qu'’ils le sont à mèsure qu’ils se rapprochent d’a- vantage de l’homme, car il y a dans.la classe des oiseux, p. ex. des animaux aussi parfaits sous le rapport du systeme intellectuelle, que le plus parfait des mammifèr. Cependant le perfectionnement des fa- cultés propres de ce système n’y est pas aussi développè parceque
d’autres circonstances organiques s’y opposent tel que l’inutilité des
mains, qui ont une autre destination, et l’inaptitude des pieds qui sont calleux étant destinès a la marche etc. Le perfectionnement, et le mode particulier d’emploi des organes du
mouvement contribuent d’autant plus au perfect. des facultés intelle-
ctuelles qu’ils sont en tout ou en partie moins exclusivement destinés au mouvement pt. dit. Ainsi les onguiculés doivent certaint. étre plus parfait que les ongulés, les mammif è mains plus que ceux à pieds; et parmi les premiérs doivent l’ètre ceux qui comme l’homme ont dans la main toutes les qualités recquises par un plus grand nombre d’u- sage. Ainsi si la main des quadrumanes est propre à saisir, celle du l'homme est propre non seulement a saisir, mais à une quantitè d’au-
tres usages qui lui sont particulier. — Cette méme organisation tran- sportée loin des organes des sens, c. a. d. dans les pieds de derriére,
perd la plus part de ses avvantages, c’est ainsi que le pied en Main"
Rn
dés pédimanes ne place pas les animaux ou dessus des autres quant aùx facultés intellectuelles perfectionnées par l’ emploie d’ un organe lateur.
Le nombre des doigts contribue aussi aux développement des fa- cultés — de tous les mammiferes à sabot l’ elephant est le seul qui en ait 5 aussi est il le plus avvancé sous ce rapport, cependant c’est ici la trompe qui fait tout et la bonté de l’ouie et les yeux — Parmis les oiseaux; les terrestres et les aquatiques sont les plus imparfaits parceque leur pouce manque dejà souvent ou tout au moins leur est inutile: — La dispòsition des doigts qui forme la main de l’ homme, contribue d’ une manière analogue dans les pieds des oiseaux. Les grimpeurs sont parmis les oiseaux ce que les quadrumanes sont par- mis les mammiferes.
4-5 — La réminiscence autre qualité sans la quelle point de per- fectionement des facultes intellectuelles, car sans une dose de mé- moire les comparaison ne peuvent avoir lieu, et tout animal qui ne compare point, est comme s’il venait alors au monde et ne sait rien ni du bien à se procurer, ni du mal è éviter.
Tous les anim. cependant ont une dose de réminiscence, plus on moins grande aussi en raison de l’usage qu’ils en font et de develop- pement e de l’aptitude majeure qui lui font contracter par l’usage. Ainsi les hommes qui exercent la mémoire en ont, généralment par- lant, plus que les autres.
L’insectes qui sait choisir la plante qui lui convient ou qui con- vient à sa larve parait étre conduit par l’instincet; mais il y a de la réminiscence lorsque la larve du Carabe s’introduit dans les trous, sous les ‘écorces etc. pour y chercher les autres insectes que l’expé- rience lui a apris s’y trouver.
L’experience est naturellement liée avec la reminiscence, la premiere est la cause, la 2* l’intermède de l’effet. — Sans l’expérience, propre, ou non, qui est qui auroit apris à l’alouette a fuire ou se cacher de- vant l’oiseux de proiè cu de l'homme, ce qu'elle ne fait point, ou il paroissent pour la 1° fois.
Il resulte par. conseq. que les anim. que les circostances placent à ménie: d’étre sujet aux variations extérieures, acquirent plus d’ex- perience, la réminiscence de ses variations les fait agir d’ une ma- nière consequente, et l’animal erxerce parlà un certain raisonnement tandis' que celui placé dans des circonstances semblables entre elles» monotones, tel que celles ou se irouvent les polypes, n’ont point d’ex, perience, cu dumoins sans organes de sens, ne peuvent point prendre, ni' profiter de celles des autres. — La reminiscence: jamais emplo- yée, s'oblitére, et l’animal perd toute espéce de faculte intellectuelle.
6° La derniére source du raisonnement est l’exercice continuò pen-
‘mg ade
dant un grand nombre de génération des mèmes facultés et de la:
meme maniere. Les facultés se perfectionnent en méme temps que les organes de les facultés se développemt. Ce qui le prouve c’est l’apti- tude differentes des races de chien.
En effet d’ou vient - il si non d’un exercice continuée, que telle race de chien est meilleure pour tel usage, telle autre race à telle autre usage? Car on peut pas douter que tous les chiens ne sont q’une seule espéce. Cependant sans parler de leur qualités physiques qui sont aussi variée, que la difference par l’instinct entre les uns et les au- tres. On l’apèle icì instinct, mais si Vl instinet est inné, pourquoi ne continu-t-il pas à étre Ie méme dans tous les chiens qu'il etait dans le chien primitif. (La raison est que l’instinct s’ est ici changè par le changement des habitudes).
C'est instincet donc originaire d’ habitudes particuliéres continueés les mémes dans plusieurs générations, s’° est intiîmement lié avec la nature du chien, et devient susceptible d’étre trasmis aux autres gé- nérations, tout comme se trasmettent des traits de la physionomie, la taille etc. et si ces transmissions ne sont pas aussi constantes qu’elles devraient l’étre, plusieurs circonstances contribuent à les pervertir, et parmis les connues on doit principalement enumèrer celle de l’im- purité des races qui nait du croisement de races différentes, car on sait que le croisement est très propre à faire dèsparaître tous les vices organiques, et ramener le differentes races à une race moyenne qu'on regarde comme la plus pure, e celle dont toutes les autres sont des dégénerations produites originairement par l’influence des circon- stances locales, et l’action qu’elles ont sur les facultés, dégènerations qui se sont perpetuées, et qu'on ne peut faire dèsparaitre qu’en. pla- cant les races dans des circonstances locales différentes.
Il résulte de tout ceci que le raisonement n’est point particulier en essence a l’homme, mais qu’il se trouve dans tous les animaux ou du moins que tous les anim. en sont susceptibles, qui en ont les condi- tions necessaires, mais qu’il est susceptible de dévenir d’autant plus parfait, et qu'il se reproduit tel par les générations, en raison de la perfection de ces conditions ou sources qui sont nombreuses dans l’homme et qui peuvent encore le devenir davantage par la suite, car je ne voi rien d’extraordinaire à admetre un perfectionnement suc- cesif dans l’organisation et les facultés de l’numme, perfectionnement qui n’aura peut - étre de borne que avec l’extinction de sa race. — Au surplus il n’ y a pas plus d’ absurde è dire que les hommes n’ ont pas toujours en genéral la meme dose d’intelligence, qu'il seroit ab- surde de dire que tous les individus de l’éspéces humaine en ont la méme dose, encore on peut expliquer jusque à un certain point le changement de cette dose d’intelligence dans les differentes genera-
ca
— 29 —
tions qui se sont succedées depuis des milliers d’anneés tandis qu’on ne parviendra peut-étre jamais à connaitre la cause qui fait que dans une famille de plusieurs enfants, il n°y a pas 2 qui se ressemblent sous ce rapport et que le génie des hommes soit si peu uniforme en général.
(PLAN DE MON) CRESCITE ET MULTIPLICAMINI OU TABLEAU GENÉFALOGIQUE DU RÈGNE ANIMAL OU CONSIDERATIONS SUR L'ORIGINE DES RAPPORTS QUI EXISTENT ENTRE LES DIFFÉRENS ANIMAUX,; LEURS ESPÈCES, LEURS FAMILLES, LEURS CLASSES ETC. SUIVIES DE L’ESSAI D'UNE NOUVELLE MÈTHODE D’EXPOSER L’ORDRE NATUREL DES ANIMAUX
Fevrier de lan 1814
«Tableau genéalogique du regne animal ou etc.
Prèmier partie
Explication des principes sur les quels est fondée la Theorie de la généalogie des animaux
et Esposé des preuves rationelles et des faits qui viennent à l’appui de ces principes.
Chap. I
De la connexion des étres en séries naturelles et de la ramification de celles ci; des moyens actuels de traiter cette matière, — Preuves par des exemples.
D'un enchaînement analogue dans les accidens de la vie, des ages et en général de tout ce qui tient an physique, comme au moral.
FI
De l’existance de plusieurs sériés, et de la faussété de la chaine u- nique des étres immaginè par Bonnet.
cea
$2.
De l’existance des séries latérales provenant et dépendant des series principales comme les branche d’un arbre proviennent du tronc; et de l’enchaînement direct et continue des étres plus parfaits ou termi- naux. i TASTI
Chap. 2.
Des causes qui determinent l’enchaînement et la ramification des séries des étres, ou de l’existence en nature de 2 marches ou mouve- ment, l’un perpétuel, libre, actif et indépendant et qui est le develop- pement le quel a lieu dans les espèces (crescite et multiplicamini) comme dans les individus, l’autre temporel, géné, passif et dependant de causes extérieures, le quel est également dans les espèces comme dans les individus, et qui est la scusceptibilité cu influancabilite.
Sul:
De la première marche de la nature, savoir, du developpement et premièrement du developpement individuel, par le quel les individus des corps organisés peuvent par une impulsion de la nature, (qu’ils trasmettent par la génération) ou force propre, libre et indépendente de toute force exterieure un accroissement dèterminé sous.nos propres yeux — preuves dans sa réalité admise par tout le monde, puisque, quoique lent, il est toujours sensible à nos sens et à nos instrumens. — Lois du développement individuel.
Se:
Du developpement specifique ou de la mème marche de la nature considérée dans les espèces, et par le quelle les germes admis comme; deja formés et repandus sur le globe, et prototypes de chaque. série, placés dans des circonstances favorables se développent continuelle- ment et s’organisent de plus en plus par (le commendement de Dieu
rescite) une impression que la nature (Dieu) leur a donnée (force in- comprehensible et inexplicable qui les y fait tendre comme. elle fait tendre tous les corps au centre) qu’ils conservent toujours intimement, liée à leur existence, et qui est indépendente de toutes forces exté- rieures; de la transformation successive des germes ‘en. espèces diffè-° rentes, en genres differens ect. — preuves — chaines et chainons des, étres; gran perfectionnement (supérieur méméè au notre sus quelque rapport, comme sous celui de la vue et du vol, dans certains animaux) de certains animaux, extrème simplicité de certains autres; variabi- lité de certains infusoires — Lois qui pucsigani au développement spé- cifique. ; 1 OSTUs NINNI 88 iJò 28D GI pia
;;
inca
De la deuxième marche de la nature, ou de la susceplibilil on in- fluengabilité, et premierement ‘de la susceptibilile individuelle par la quelle les individus des corps organisès prennent par l’effet de la dif. ference des circonstances qui agissent sur eux, des caractéres diffè- rens et modifient leur organisation en manierè à la mettre en rapport avec la nature. de ces-:mémes. circonstances influentes, au milieu des quelles ils se trouvent placées; et de leur mort si la nature des cir- constances est telle, que les individus ne puissent point en recevoir les empreintes et s’y adapter. — preuves — les monstruosités acci- dentelles, naturelles, ou artificielles du règne animal et du règne vé- gétal. Lois de la susceptibilité individuelle.
De la susceptibililé specifique, ou de la deuxième marche de la na- ture, per rapport aux espèces, par la quelle les especès des corps or- ganisés, par l’effet continuel de la diffèrence des circonstances qui agissent sur elles, preuvent petit à petit l’empreinte de l’influence de ces mémes circonstances, c’est-à-dire des caractères et des modifica- tions organiques plus ou moins différentes, qu’elles trasmettent par la génération, et qui augmentent toujours (l’espece continuant dans les mèmes circonstances) jusquà ce que toute l’organisation soit en rap- port parfait avec ces circonstances.
De la transformation qui en suit des espèces et des genres en d’au- tres especès, et d'autres genres. — Lois de la susceptibilité spécifique — preuves — ramification infinite des étres; organisation imparfaite de plusieurs animaux de familles et genres d’ailleurs parfaits.
Chap. 3.
De l’action qu’ont sur les étre les circonstances qui les environnent. $ 1. De l’influence immédiate des circonstances sur l’organisation. $ 2. De l’influence des circonstances sur les habitudes et besoins. $ 3. De l’influence des circonstances sur l’ organisation par l’in-
terméde des habitudes, ou de l’influence de celles-ci sur l’organisation. Preuves — chiens barbets etc.: oiseaux perchant, ou terrestres; bec croisé, vol ou non (manchot), nage (oie), actions repétées ou abban- donées: ‘influence particuliére de certains climats, pays, nourriture etc. Sauterelles migrations, souris carnivores.
$ 4. Appercu des principales causes influentes plus on moins connues.
- .$ 5. De l’influence des accidens, ou causes inconnues sur l’ orga nisation, considerées comme source de plusieurs races domestiques, et d’un gran nombre d’espèces en nature, dont les caractères ne peuvent: etre motivè par l’influence des causes ordinaires. di
goa
$ 6. De l’identité des races domestique, et des espèces sauvages.
Chap. 4.
De lois de la nature par rapport à la reproduction.
l. De la réproduction des qualités phisiques des étres.
De la réproduction des propriétés.
. De la rèproduction des qualités morales ou de l’instincet. Effets du croisement des races, des espèces, des familles, tres propre à corriger les défault individuel, et faire ressortir les beautés caractéristiques des especès.
20
UO UR UD UN
Chap. 5.
Combinaison de la susceptibilitè avec le développement, ou de 1’ in- fliuence de la première sur la direction du développement, soit dans les individus, séit dans les espèces.
$ 1. Combinaison de la suscéptibilité individuelle avec le deve- loppement individuel.
$ 2. Combinaison de la susceptibilité spécifique avec le dévelop- pement spécifique.
Preuves — l’arbre de la nature; perfection de plusieurs. classes, ordres et familles indépendantes ou terminales comme la classe des Insectes, que l’action continuelle du developpement empéche de reculer pour reprendre des marches différentes qui conduiroient à d’ autres plans d’organisation dont les insectes se sont de plus en plus deroutés et éloignés; comparition de l’homme, du singe, du perroquet etc. po- stérieure à celle des animaux fossiles les plus parfaits.
Chap. 6.
Rapport des 2 espèces de développement e de susceptibilitée. $ 1. Rapport du developpement spécifique avec l’individual. $ 2. Rapport de la susceptibilité spécifique avec l’individuelle
Chap. 7.
Rapport du développement organique avec le développement des fa- cultés morales, et viceversa. $ 1. Rapp. du développement organique avec le développement des facultés morales, et viceversa. L’un et l’autres se perpétuent par la génération et ne se perfection- nent qu’avec une extrème lenteur, parce que tous les individus s’ en servent de la mème manière, et ne le forcent point (l’instinct) à changer par l’action de la susceptibilité. Ja
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THE NEW YORK ACADEMY OF SCIENCES. È PR
$ 2. Rapp. de la susceptibilitéà organique avec la variété qu'on remarque dans le dégré de faculté morale acquise, ou raisonnement des hommes et des animaux, et viceversa. L’une et l’autre s° acquiè- rent et ensuite se perpétuent, mais moins que l’instinet parce què ils sont molifiès successivement, ou contrariés. dans quelques individus de la série des parens, d’ou il resulte que probablement les enfants de parens qui depuis plusieurs génèrations exercent le méme art, naissent avec une plus grande inclination que les autres, au méme art, et qu’ils l’aprennent pour ainsi dire d’eux mémes.
Chap. 8.
Rapport du developpement et de la susceptibilité organique avac les progrès de la civilisation et les événement de la vie humaine et viceversa.
$ 1. Rapport du développement organique avec les progrès de la civilisation, et l’augmentation de la population d’un pays.
$ 2. Rapport de la susceptibilitè spécifique avec la destinée po- litique d’une nation.
$ 3. Rapport de la susceptibilité individuelle avec la destinée par- ticuliere d’un homme, changèe le plus souvent par une circonstance, en apparence, tres accessoire; combinaison, dans ce cas, du dévelop- pement et de la susceptibilité.
Chap. 9. Conclusion de la I°: partie.
a — Que rien n’a été réellment crée tel que nous le voyons.
b — Que la création n’est (au plus) admissible que dans ùn petit nombre d’animaux prototypes (1) et dans cette propriété extraordinaire et divine che Dieu leur à imprimée par son commendement Cresczte, de tendre à se perfectionner en se composant de plus en plus et en se devéllopant successivement.
c — Que tout ce que nous connaissons, jusqu’ou mineraux, s’ est formé de lui méme par cette vertu expansive et évolutive, et s’est modifié.
d — Que les qualités morales innées, et acquises sont dans le méme cas.
e — Qu’en bonne phylosophie on ne peut admettre une crèation par- ticulièére pour l’homme, ni de conditions étragères à celles qui ont suivi la formation des autres animaux inferieurs è lui.
(1) Nel manoscritto v'è la seguente variante « que dans les germes prototypes et dans, ecc, »,
CL'BUA
f — Que l'homme vraimant phylosophe et impartial à son propre ègard dans le jugement qu'il porte sur la masse entière des animaux, doit reconnaitre que lui seul, comparativement à l’univers dont il se croit. le maitre ou tont au moins l’agent et l’ object principal, n° est absolument que poussière comme le dit l’ecriture Sainte, et que c’est son orgueil seul qui a pu la lui faire croire, étant constaté actuelle- ment par la géologie, la Zoologie, et les connaissances que l’on a sur les fossiles, que le globe a existè longtens avant lui et que tous les
animaux fossiles méme sont de formation anterieure à la sienne, pui- sque nulle part il se trouve fossile.
Tableau genealogique du Règne animal ou etc.
Seconde Partie
Généalogie du regne animal, ou application des principes, des preuves et des faits rapportés dans la première partie, et sur les quels est fondée la Théorie et la distribution naturelle des animaux en 4 grandes races.
Chap. 1.
Etat de choses préexistant à toutes formations d’ètre organisés ani més, qu'on admet pour ne pa remonter à l’origine des élemens eux mémes, et du quel on part pour chercher l’origine des animaux.
Chap. 2.
Du premier resultat de la combinaison chimique des élémens, ou de
la formation des germes, et de leur conservation. Chap. 3.
De la difference des germes entre eux: de l’existence de 4 sortes de germes, prototypes de 4 grandes races aux quelles peuvent se rap- porter tous les animaux connus; de l’existances de ces 4 grandes races tout-à fait indépendentes l’une de l’autre, et formées sur un plan d’or- ganisation particulier et exclusif à chacune.
Chap. 4.
Du développement des germes placés par le hazard ou les circo- stances dans un milieu favorable à leur développement, de la méème maniere que se développent les graines des plantes ensévelies dans la terre par un accident quelconque.
$ 1. Premier développement des germes.
$ 2. Développement successif et perfectionnement d’ une manière presque indéfinie pour nous, en suivant le plan de composition dans l’organisation, commencée par le genre prototype.
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Chap. 5.
Formation des espèces uniques qu’on ne peut placer qu’hors de série, due et déterminée par la scusceptibilité.
Chap. 6.
Formation des séries latérales dépendantes, ou des branches, deter- minées par l’action simultanée ou la combination du développement et de la susceptibilité.
Chap. 7.
De l’ovigine, des progrés, et de la perfectibilité des facultés morales en raison du développement et perfectionnement de l’aptitude organique. Savoir de la masse du système nerveux, et de la perfection et étendue des organes des sens.
Chap. 8.
Tableau des animaux de la 1 race. ou de la serie des rayonnans.
. Explication et observations nécessaire à l’intelligence du tableau. . Tableaux particuliers des branches principales de la 1° série. . Explication et observations necessaire à l’intelligence de ces
tableaux.
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Chap. 9.
. Tableaux des animaux de la 2° race, ou de la série des vertébrés. . Explication et observ. nécess. à l’intellig, de ce tableau.
. Tableau particuliers pour les branches principales de la 2° série. 4. Explication et observ. p. l’intell. de ces tableaux.
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Chap. 10.
1. Tableaux des animaux de la 32 race ou de la serie des articulés. 2. Expl. et éclairciss. sur ce tableau.
3, Tableaux particuliers des branches de la 8° série.
4. Eclairciss. et observ. sur a tableaux.
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Chap. 11.
1. Tableax des animaux de la 4? race ou de la série des mollusques. 2. Eclairciss. rélat. a ce tableau.
3. Tableaux particuliers des branches de cette sériè.
4. Eclairciss. sur ces tableaux.
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Chap. 12. Tableau particulier des races humaines
Chap. 13.
Conclusion de l'ouvrage, ou
a — Parallèle de l'homme et des autres animaux plus puissans, ou plus parfaits.
b — L’homme considéré comme métre et tyran des autres animaux et méme de sa propre espèce.
c — Sa préeminence due à une réunion particulière de qualités phy- siques et morales qui n’appartiennent qu’en partié aux autres animaux.
d — L’homme redevable à l’auteur de \ univers, qui a donnè au cahos la faculté de se transformer en matière, et à celle ci la faculté de s’organiser et la tendance à se perfectionner, plus que tous les autres animaux, par la réunion de ses atribus sublimes; moyens de l'homme pour témoigner sa reconnaissance à l’auteur de l’univers; ce qu’il doit è soi-meme, et à sa propre espèce.
e — Manière dont il doit considérer et traiter les autres animaux.
f — Manière dont il doit considérer et étudier la nature, en consi- dérant les étres telles qu'il se présentent aujourd’hui à ses yeux: en cherchant à connaitre la vérité, sans pretendre de la trouver, en n’accordans aux caractéres et differences des animaux pas plus de valeur qu’ils en ont réellement, étant prouvé que toutes sortes de di- visions systematiques ne sont qu’artificièlles, et que les espéces mèmes n’ont point de caractère qu’on puisse regarder comme rèellement con- stant sous les 2 rapports du développement et de la susceptibilité, qui ne cesseront peut-étre jamais d’agir.
g — Que dans l’etude de la nature il doit comme dans les autres études, s’attacher spécialement aux parties d’une utilité directe pour l’aisance de la vie humaine.
Mouvement et
Marches de la nature vivante
(Lammarck a trés bien connu cet 2 marches V. de plus ma réponse a M. Ziegler faite en janvier 1813, dont j'ai garde le brouillon) (1).
(1) La lettera allo Ziegler di cui parla qui il Bonelli è gia stata pubblicata nel N. 586. (vol. XXIII — 1908) di questo Bollettino,
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Le nature tend a se modifier par 2 motifs et 2 marches différentes l’une est indépendante, l’active, l’autre est soumise aux circonstances, c'est la passive.
L’indipéndente est celle par la quelle elle tend naturellement à se developper, à se perfectionner.
Dans les 7r40ividus des C. organisés ce developpement et ce perfec- tionnement s'opèrent assez promptement pour que nous puissions les suivre malgré que cette promptitude ne soit pas telle à se faire re- marquer d’un instant à l’autre par l’oeil de l’observateur - Ainsi nous ne doutons point a l’egard des individus, de cette force particulière de la naturè qui dans les circonstances favorables, fait qu’une graine se developpe plutòt que de pourrir ou rester inactive, qui fait qu’une animal ou une plante à moitié de son acroissement, continue à se dé- velopper jusqu’à ce qu’elle soit parfaite, plutòt de rester là ou elle se trouvait è une époque donné de son existence, c’est de la facilité de se développer les individus que dépend leur nombre extraordinairement grand dans la nature. Les espèces se developpent plus lentement, elles se multiplient par conséquant aussi beaucoup moins que les invidus.
Leurs germes sont les molécules organiques qui se developpent par une force et des lois analogues à celles qui président au developpe- ment des individus, mais plus lentement, et d’une manière qui n’ est plus sensible à nos yeux que par les resultas; de la mème manière que le mouvement de l’aiguille d’une pendule qui employeroit un an (et c'est bien peu dire comparativement au tems que la nature em- ploit) pour faire son tour, cesse d’ étre susceptible d’etre saisi méme par les plus forts instrumens d’optique, mais qui observé après des intervalles plus on moins considérables s’ apperc. d’ une manière in- contestable par la différence que nous appercevons dans la direction de l’aiguille.
Ainsi à mesure que nos connaissances en hist. nat. augmentent elles nous prouvent de plus en plus cet enchainement qui existe parmis les étres et qui doit necessairement resulter des différens etats par les quels ils sont obligés de passer successivement avant d’ar- river à celui de perfection que nous observons dans les étres qui forment les èxtremités des branches du grand arbre de la nature.
Ils est probablement différents espèces de germes, ou pour le moins differentes circostances qui influent sur le mode de leur développe- ment, ainsi que celà s’observe également sur le developpt. des indivi- dus, font que tel prendtelle marche secondaire, tel autre prendra telle autre marche, et que leur developpement, et leur perfectionnement s’executera sur un plan different, de la méme maniere que le cours de la maniere de vivre d’un homme depend le plus souvent d’une cir- constances en apparence méème très-peu importante la quelle s’ est
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presentée d’abord, q'un garcon par. ex. qui aura toute la tendence, la bonne volontè, l’aptitude etc. d’embrasser l’etat éclesiastiques, qui sur le point de s°y livrer, un compagnon, une reflexion d’interéts, la mort d’un parent, une lois etc. etc. lui fait embrasser l’etat militaire, et en fait un grand général d’armèe qui ne voudra plus méme entendre parler de prétres etc. Ce developpement contînuel peut cependant n’avoir lieu de nos jours que dans les animaux petits et qui se trouvent dans des milieux où la multiplication de l’homme et le boulversement du globe n’ont pu influer, comme dans la mer, où nous savons qu’ il existe encore des cetacés et des poissous de la taille de ceux que nous trouvons de le grandeur dans les fossiles (les grands anim. marins habitent ordin. dans la haute mer, où il est possible qu’ il se trouve encore les ammonites) mais pour les animaux terrestres il est possibles non seulement qu’ il n’y ait plus de developpement considérable dans l’état de nature, mais qu il y ait de plus un déperissement ou degradation qui subsiste et est une consequence naturelle du deperissement qu’a subit le globe dans ses revolutions.
Cette marche du developpement parait méme evidement conforme au texte de l’ecriture Crexite et multiplicamini, car Dieu ayant creé les animaux deja adultes et habiles à la multiplication comme il l’a fait pour l’homme, ne pouvait avoir d’autre idee au disant crescité que leur donner la proprieté de se développer d’avantage e d’augmenter le nombre des espéces par les nuances intermediares et les differentes routes par les quelles ils se developpaient.
Aussi le developpement étant conforme à l’ecriture, et la suscepti- bilité conforme à l’espérience, il n°’y a nul inconvenient à les admettre pourvù que l’on commence par la creation de quelques animaux.
L’autre marche est celle que les ètres tiennent en mettant leurs fonctions et par conséquent leur organisation en rapport avec les cir- constances environnantes. La nature tend a cette marche d’une ma- niére si èvidente qu’ils n’est pas possible d’en douter à moins qu’on ne veuille fermer les yeux ou etre absolument iuconsèquent de ce qu'on observe à chaque moments. — C’est par cette tendance que dans les animaux quelques fois le plan suivant le quel s’est perfectionné leur organisation se développent des parties, que s’en affacent d’autres, que des accidens infinis se déclarent sur leurs corps at nous servent de base pour fonder la distinction des especes.
Perfectionnement des animaux domestiques.
Dans l’ètat de domesticité les races sont susceptibles de se perfec- tioner par l'art de l'homme, ainsi qu ’on le voit à l’egard des belles races de chevaux, de brebis et de chiens que l’homme s’est procurées,
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et qui n’existent point dans l’etat de nature, e que lon ne peut dire non plus avoir été le resultat des circostances locales ou ces animaux out été places par l'homme car dans le mème endroit on voit souvent àÀ la fois plusieur races differentes du méme animal.
C'est ici le seul cas ou l’homme, c’est à dire, la contrainte e l’escla- vage puissent réellement ètre considerés comme circonstance influente, car dans tous les autres cas l’homme lui méme n’y entre pour rien, et c'est touyours le mème état des circonstances qui influent sur l’a- nimal domestiques comme sur le sauvage car ces mémes circonstances se trouvent partout, et son indipendentes de l’homme. La seule cause done qui peut tendre au perfectionnement des races et qui est réel- lement entre les mains de l’homme est le croisement des races dans certains cas, et le choix des individus dans les autres cas.
Nous savons que les races dégénérées par l’action des circonstances locales melées spécialement avec opposition de caractére donnent par la génération des individus qui ne ressemblent parfaitement à ancune des races dont ils proviennent prennent l’impression de l’espéce pri- mitive, et se perfectionnent, c’est ainsi que l’on fait à l’égard des mou- tons. — Nons savons d’un autre còté que les empressions accidentelles ou determinées par la nature des circonstances dans les individus d’une race, se propagent non seulement par la génération, pouvue qu'il n’y ait pas mélange de races hétérogénes, mais que méme alles se per- fectionnent, c'est à dire, qui elles augmentent dans la manifestation d’un méme caractere acquis par suite d’influances particulierés ou simple accident; dou il resulte que 2 individus ayant le caractere de la méme race, donnent par la génération des individus semblables à eux, qui méme aurent le caractère plus tranché que dans les parents, si on les maintient dans le mème état de causes influentes ; ou qui tout an moins conserveront leur caractére si les circonstances locales ne sont plus les mémes, ou que la race ait étè primitivement produite par l’accident. — Cést une chose évidente que le nombre des accidens (autrement variétés ou monstruosités) doit étre en rapport avec la multiplicité des individus car augmente la probabilité en raison du nombre des générations, et que l’etat domestique a beaucoup contribuè à la multiplication des animaux que l'homme a assujeté, et il est d’ail- leurs également clair que d’autres accidens doivent avoir lieu dans les mèmes races deja formées par un accident, et que ces mèémes accidens en se multipliant ont multipliè les races qu’ ils caracterisent.
Maintenant que l’on consideré l'homme toujours marchant aprés tout a qui peut lui étre utile, ou flatter quelques unes de ses passions ou de ses plaisir, ou de gdut, semparer d’abord de quelques individus màles et femelles d’une espéce dont il espére tirer quelque parti, re- streindre leur liberté petit à petit a fin qu’ ils continuent è propager,
— 40
les maitriser en fin et leur regler toutes les actions à sa fantaisie, recuillir à son profit le fruit de leur union, et le destîner à tel ou tel service, oter jusqu’aux moyens de se reproduire à ceux qu'il a de- stinés, choisir pour ceux à qui la propagation est accordée, les indi- vidus qui lui plaisent le plus, c. à. d. les individus dans les quels il aura recunnu ou plus de force, ou de plus belles proportions pour flatter son oeil et son ambition, accoupler ceux ci entre eux bien soignosa- ment à fin que les beautes accidentelles des parens se conservent avec leur méme caractére et pureté dans les individus qui on proviendront; choisir nouvellement parmi ces derniers ceux qui auront mieux mar- qués ou qui méme auront encore d'autres différences accidentelles (tout ceci arrive journellement sous nos yeux à l’ègard des animaux domestîques et méme de l’espéce humaine) qu’ il considerera comme des beautés ou tout au moins comme des curiosités qui peuvent flatter le caprice de quelques hommes, les accoupler nouvellement, et repeter enfin pendant une suite de 40 siécles 4 w707ns les mémes choix et les mémes attentions et soins a conserver les belles races et les en- bellir encore succéssivement, et aura l’idée de la maniére dont la plus part, si non toutes les races domestiques de chevaux, de chiens, de Poule, de Pigeon etc. etc. se sont formeés et perpetueés, changées méme en espéces ni plus ni moins que les espéces d’animaux sauvages se sont formés par le concours d’un plus grand nombre de circonstances.
Mém sur la multiplication journaliere des espéces dans l’état de nature ou examen des moyens dont peut ou a pu se servir l'homme pour multiplier les races tant dans les animaux domesstiques, que dans les plantes cultivées pour provurer que la Nature se sert de semblables moyens pour multîplier les especes
D’abord — preuves dirécte de l’influence des circonstances.
Il transporte les anim. et les plantes dans des climats différens.
Force petit à petit ou bruscquement les animaux à telle ou telle espéce de nourriture, e les plantes à tel ou tel terrain.
En interrompt le développement è tel ou tel point.
Le force à se conformer a son gré. ;
En augmente ou eu diminue le developpement final par une nourri- ture plus abbondante on moins.
— Choisit les indîvidus plus beaux, ou plus conformes à ses dessins.
-— Mele les espéces, méle les races deja obtennes.
— S'empare des variétés accidentelles puur les propager.
— 4l —
Ote aux animaux les besoins de se défendre, de s’instruire sur l'art de chercher leur subsistance, et par là fait disparaitre les qualités nuisibles des uns et des autres.
— Favorise le développement des accidens perpétuables (1).
Multiplication successive des espèces sauvages d’animaux Perfectionnement
et Unité de l’espece humaine.
D’aprés l’observation que l’accident (outre toutes les autres causes actives ou passives qui concourent à modifier les espéces) peut souvent donner à un animal des caractéres què ses ascendans n’avait point, et que ces mémes caractéres sont susceptibles d’etre transmis aux descendens si le croisement des races ne vient pas les détruire, ou peut expliquer d’une maniere tres-claire, a part la grande distance qui passe entre l'homme et les animaux, le grànd perfectionnement organique et moral de celui-là, ainsi que le peu de difference que présentent ses races, c. a. d. la presque unité de son espéce, de l’autre part le moindre perfectionnement des autres animaux, l’impossibilité ou ils sont d’atteindre celui de l’homme, et surtout le grand nombre de leurs races ou espéces voisines, toujours croissantes — (crescite et multiplicamini).
Chez les animaux sauvages les mariages se font sans aucune lois par rapport à la descendence, de sorte que de mème que deux indi- vidus d’origine trés-eloignée s’unissent, également deux individus qui provviendront d’une méme porteé ou d’une méme nicheé, et plus en- core peuvent s’unir e travailler de concert à la propagation de leur propre espéce une jeune femelle avec son propre pére, ou un jeune male avec sa propre mere; il est méme des animaux qui nais- sant par couples contînuent à vivre ensemble, et forment eux mémes des sociétés conjugales, que la mort seule de l’un ou de l’autre sexe peut rompre.
Chez l’homme au contraire, mème chez le plus sauvage et éloigné de
(1) Il Bonelli a questi appunti ha aggiunto le parole seguenti in italiano: « Questa « mem. deve esser condotta in modo che li fatti conosciuti sugli animali domestici
A
servano a dimostrare la moltiplicazione delle specie selvatiche, e queste poi a « dare i Inmi pel miglioramento delle razze domestiche. — 1° Esame delle influenze
A
umane sugli animali domestici. — 2° esame e paragone delle iuflnenze naturali « sui selvatici. — 3° risultato di queste influenze. — 4° riflessioni sull’applicazione « di quelle osservazioni al miglioramento e propagazione delle razze domestiche, »
— 42 —
l’empire des lois, il existe une convention à la quelle il ne parait de- roger que trés-rarement, et en vertu de la quelle les mariages, ne se font jamais entre des individus provenans de mémes parens.
Maintenant si l’on fait attention que les caractéres accidentelles d’un sexe tendent à disparàitre, si l’autre sexe ne concourt pas à les conserver par la possession de ces mémes accidens, on verra que moyennant le croissement des races en usage chez l’homme, tout ca- ractere c. a. d. toute difference que les enfans d’une famille pourroient présenter par rapport aux enfans, des autre familles, et qui établi- rait entre eux mémes de certaines rapports de physionomie ou de taille ou autre, doivent disparaître par l’action de l’autre sexe avec le quel ces mémes enfans finiront par s’unir, parce que la nature tend è faire disparaître ce qui est accidentel dans l’organisation (pourvue qu’une force majeure, telle que la réunion de 2 individus ayant le méme ac- cident; n’y obste pas) célant seulement à l’action lente et continue des circonstances locales et à la lois du perfectionnement ou déve- loppement actif.
On voit clairement de là que les races humaines se disvinquent par le climat qu’elles habitent, parceque les climats vraimant influant étant trop éloignés les uns des autres, l’homme de l’un ne peut point se croiser avec l’homme d’un autre pour entretenir cette teinte moyenne qui en resulteroit; et que les mariages, se faisant consèquem- ment entre individus influancés pas le mème climat, leurs descendans conservent, et la méme cause continuant à exister, augmentent mèéme leur propes caractères. Mais dans un elimat d’une médiocre étendue, par celà méme que l’homme aime à rouler, à voir de nouveaux pays, a entrétenir pour ses propres besoins un commerce qui le méle a toutes les societes, et le confond avec d’autres individus, les mariages se faisant entre individus, aussi disparates que la petitesse du climat le permet, il resulte que tous les individus se ress-mblet plus ou moins. Sous certains rapports, et portent l’empreinte de leur propre pay ou ce qu'on apèle communement caractere national.
L'homme bornè ainsi à subir l’influence du climat qui n’ayannt point de limite lui meme, ne peut point etablir dans l’homme des races assez distinctes pour qu’ il soit possible de les lier par des annaux intermediares, conserve l’unité de son espèce, parce que celles qui pourraient provenir des differences accidentelles s’effacent par le croi- sement et cedant à la lois générale et perpetuelle du développement specifique qui s’opére partout, acquiert tous les jours un nouveau dégré de perfectionnement, et s’éloigné par conséquent de plus en plus de la brute, ou s’il degénere il faut dire qu’ ils dégénerent aussi les autres animaux, car il est toujours à la méme distance d’eux maintenant et avant le déluge,
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Mais chez les animaux sauvages la marche doit étre toute diffé- rente, parce que les mariages ne sont pas sujets aux méme lois: Ainsi p. e. des individus qui naissant de parens accidentellement (on p. l’effet de causes connues) défectueux ou monstrueux, s'unissant entre eux mémes, trasmettent à une 2° génération les mémes déformités cu accidens qu’ ils avaient recus de leurs parens, parceque ces mémes deformités non corrigées p. le croisement, se lient avec les autres atributs de l’espéce, s’identifient en elle, et deviennent des caractéres constans d’une nonvelle espéce, si celle ci par des croisemens contì- nuées ne parvient pas à les faire nouvellement désparaitre. Ces cara- ctéres primitiment accidentels peuvent varier et augmenter en nombre, en raison du nombre des gènérations qui determine celui des chances, de sorte qu’il se formera race de race, savoir des espèces 27°, 3re etc. qui augmenteront le nombre réel à nos yeux, des espéces sauvages, dans le quelles il se formera encore indépendamment de tout celà, des nouvelles races vu espéces par l’action séparée ou simultanée du développement et de la susceptibilité.
Il est cependant à observer que des (la creation) le moment ou l'homme a pris le sceptre du monde, le perfectionnement des animaux a du étre plus lent, et méme borné a l’egard de ceux qui ressemblent le plus a’ l’homme e qui occupent les l"e rangs, parmis eux (si pourtant ils ne sont pas de formation postérieure); car il est evident que l'homme dés le moment ou il a commencè A maitriser les animaux a pu s’ele- ver notablemant au dessus des autres animaux il les a génés dans leurs actions, dans l’exercire de ces fonctions, qui auroient pù con- tribuer a un plus grand leur perfectionnement, et a mis une barriére à ce qu'ils pussent s’elever d’avantage, et méème en leur faisant la chasse en les dispersant dans les partier du globe peu favorables è& leur genre de vie, en les separant d’ontro eux et rompant leurs societés commencantes leurs ote de plus en plus ces moyens et les fait mème on certaine maniére retrogrades, s'est trouvé par là, à cause du per- fectionement qui continue toujours dans lui, mettre une lacune entre lui et les autres animaux toujours croissante.
Nous avons dans la société humaine un exemple analogue, et frap- pant pour la maniére dont il explique cet intervalle croissant qui sépare l'homme des singes.
Dans une republique (comme on peut la supposer, mais comme elle n’existerà jamais) tous les membres qui la composent sont a peu de differences prés, egaux, tous travaillent et s’enrichissent, tous par- ticipent aux méèmes biens et aux mémes maux, tous s’instruisent d’aprés un méme plan, et atteignent les mémes buts, tous enfin per- fectionnement leur fortune comme leur esprit a peu près également. Mais si le hazard ou des circonstances imprevues ou accidentales
— 44 — viennent à produire dans cette societè un individu supérieur aux autres pour la fortune et pour le talens, il en arrivera que celui-ci s’elevera encore davantage au dessus des autres par une double raison, savoir en continuant à se perfectionner lui-mème de plus en plus, et en deprimant les autres, par la force de sa supériorité, les faisant ainsi retregrader dans leur perfectionnement, tout comme il arrive le plus souvent a l’égard des princes qui commencent une dinastie, d’égaux qu’ ils etoient primitivement a tous les autres membres de la société ils s’elevent petit à petit par la force des armes qu’on leur a confiées ou par leur talent transcendant, et une fois devenus chefs de leur nation, ils éteignent les désirs de ceux qui auroient visé au méme postes, soffoquent l’ambition des autres entreprennans, écrasent l’au- dace et les efforts de ceux qui vondroient leur disputer ou troubler la primatié, exillant les anciennes et principales familles, chassent du pays leurs compagnons d’intrigues, arrétent et detouruent les pas de ceux qui s’avvancaient sur la méme carriére et dirigent au contraire tous ceux-ci vers un but utile seulement et favorable à leur propre éleévation, de maniére que d’une part le prince se trouve avvancer en gagnant en force et en influence et de l’autre part les autres membres de la société se trouvent retrograder en perdant de leur force, de leurs moyens pecuniaires et de leur liberté, d’ou il resulte que l’intervalle qu’il s'est forméè entre le premier et les seconds devient toujours plus grand, au point que ainsi q’on l’observe a l’egard des Impereurs d’Asie, il n’est plus permis d’etablir une comparaison entre le prince et son sujet, pas méme entre le prince et le premier ministre, parce que le premier est considéré comme tout, et le second comme rien. ©
Liaisons du passages d’une Classe a l’autre
Le passage d’une classe à l’autre doit necessairement se chercher dans les espèces qui par leur caractère participent aux 2 classes, mais ont auroit tort de croire que celles d’une classe qui ont le plus grand rapport avec l’autre classe en général, fussent elles-mémes qui for- nissent l’échelon.
Par exemple parmis les oiseaux ceux qui par leur organisation s’approchent d’avantage des mammifères sont les autruches et les casoars dont le squelette a beauconp de choses communes avec celui des mammiferés dant les machoires (de l’autruche, au moins suivant M. Geoffroy) présentent des rudimens de dents renfermées dans des alvéoles etc. — Malgrè tous ces rapports on ne pourroit pas dire que l’autruche et le casoar soient les animaux par les quels la nature est dassée de l’viseau au mammifére. La raison en est que pour commencer les mammiféres par celui qui a le plus de rapport avec ces oiseaux,
faje = e
il faudroit mettre comme le 1° le chameau, et en général les ruminans, dans le quel cas plus dè moyen d’intercaler les cétacés et les Amphi- bies, ni les solipèdes dans la serie. D’ailleurs le passage se trouverait dans des animaux terrestres, tandis que l’analogie et plusieurs consi- dérations nous ‘font croire que les passages se sont formés tous dans l’eau c. a. d. a l’aide d'animaux aquatiques.
Ces sortes de rapports qui lient par exemple les casoars et les au- truches aux mammifères ne sont point dus à l’effet du développement libres par le quel la nature pour passer aux mammiféres ait voulu se préparer dans ces genres d’oiseaux, mais à la susceptibilité, ou influen- cabitité, qui a determiné dans des oiseaux dont les habitudes sont très analogues à celles qui caractérisent généralement les animaux terrestres, qui eux mémes se sont ainsi formés par l’analogie des cir- constances qui influerent sur eux.
Il en est de méme des rapports qui assimilent la chauve souris à l’oiseau, ils ne sont du qu’a l’habitude que cet animal a pris de se mouvoir à la facon des oiseaux, qui a determiné dans lui le dévelop- pement de l’organe du vol, et point du tout è ce qu'il ait servi dé echelon les oiseaux au restant des mammiféres car le passage réel des oiseaux aux mammiferes parait au contraire se trouver dans des ani- maux qui ne volent point.
Une autre raison qui concourt à prouver que l’autruche par ex. quoiqu’avec des dents, n’a point pu étre l’échelon dont il est question, c'est que pour supposer que les dents fussent une preuve de son ana- logie avec les mammiféres il faudroit que les dents fussent réelment or- gane essentiel du mammifére, ce qui n’est point, puisque leur nombre en est si variable, et que ‘les ordres entiers en manquent, d’aillieurs dans la supposition que les dents fussent un organe necessaire du mammi- fere seroient necessairement plus voisins des mammifères les animaux qui, comme les reptiles à écailles et la plus part des poissons, en ont plus genéralement, en plus grand nombre, et bien developpées.
En un mot, il faut prendre garde en hist. nat. à donner trop d’importance à certains rapports quelques trés-prononceés, mais qui le fond ne sont qu’illusions pour prononcer sur l’affinité animale parce qu’ils ne sont point l’effet du développement, mais de la susceptibi- lité organique, et que le plus souvent il faut chercher les rapports dans des parties et leurs modifications en apparence peu importantes, au pour le moins peu apparentes et que sont cependant reélles parce qu’elles tiennent a l’effet indépendant du développement organique.
Génération
Un des moyens moins équivoque de pervenir à déméler le pheno- méne de la génération, est de suivre les progrès de sa complication
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à partir du 1° animal non du régne, mais de chaque série naturelle d’animaux et d’observer exactement surtout là ou se font les pas- sages d’un ordre à l’autre, d’une classe à une autre.
Comme la generation paraît assez facile à concevoir et à observer dans les infusoires en suîvant les progrés dans les animaux superiéurs qui mènent des infusoires (types des 4 séries) aux autres animaux on peut parvenir à découvrir si la génération est partout la méme, ou, ce que je crois plus probable, differente dans quelque série sous le rapport de la preéxistence du germe dans la femelle ou dans le male, ou dans les 2 ou les germes se forment du concours des deux se- mences etc.
Les cas de ovoviviparité doivent en général ètre regardes comme extra naturam et non susceptibles de servir d’échelons. Celui de le feécondation durable pour plusieurs générations, comme das les pnce- rons, peut étre utile à la découverte de la génération des anim, articulés.
L’opinion de Fabrice d’Aquapendente sur la génération est la plus probable et la seule qu’'è lieu pour tous les anim. ovipares, mais vouloir espliquer de méme celle des mammif. la chose est trop difficile.
Formation spontanée d’'animaux.
Suivant Fray elle auroit lieu dans les eaux comme dans l’air atmosphérique, méme dans l’eau distillée et privée d’air etc. mais à ces assertions en grand partie contraires aux observations et aux espériences faites depuis, a déjà suffisamment repondu l’Institut de France.
D'àprès une téorie plus conforme aux principes généraux, et à l’observation, sortout aux observations de M. Losanna qui s’est beancoup occupé dé ce sujet, il resulterait plutot que ces mémes molécules or- ganique repandne partout (et qui peut-ètre mème souvent peuvent se former par la combinaison des èlémens de ces mémes finides) sont reéllement susceptibles de prendre une vie active et animale, si il y a le concours de fermentation. En effet il est extremement difficile d’em- pécher un degré de formation quelconque dans un liquide, et le calo- rique ou autre resultat quel qu'il soit, de cette formation est celui qui anime ces petits ètres qui sans son secours resterrient à l’etat de simple matiere.
Les animaux simples et premier resultat de la formations spontanée sont en petit nombre, et tous de deux ou trois germes seult. suivt. M. Losanna, qui m’assura que les monades sont de simples molecules non encore formées en animaux,
Provvidenze per l’utilità del Piemonte 1815, (1)
Artisti forestieri-attirare. Naturalizzazione dei suddetti.
Protezione alle fabriche. esempio di Pesto Incoraggiamenti e non strapazzi ai trovatori (2) Bassi Libertà di esploitamento Valdostano
Libertà di coltivazione di certe piante a certe condizioni. Naturalizzazione di alcune piante
» » alcuni animali. Estrazione (3) dei prodotti del paese
Grano
Vino
Seta
Metalli.
Importazione dei prodotti di altri paesi non necessaria Metalli - latta rame piombo.
Fabbricazioni diverse - cioè - porcellana, majolica, terraglie, pietre focaje, lime, spilli, fornelli economici, carta, biacca, adi.ci
Esploatazione di diverse cose — torba, carbone, pietre focaie, lose, terre colorite e da fabbrica.
Consiglio di manifattura.
Impiego dei Poveri: Proporzione nel consumo e nel prodotto dei viveri
Persone veramente intelligenti in ciascun ramo.
Moltiplicazione dei boschi, loro conservazione nelle montagne.
Inconvenienti nelle privative, abuso che ne nasce, riparo.
Esposizione dei prodotti d’industria nazionale.
Raccolta pubblica di machine agrarie e d’arti.
Imposta sui boschi novennali.
Avvocati della posterità.
Una società religiosa o ordine d’onore, ordine degli amici della Patria il quale senz’altro carico abbia quello di obbligarsi con giura- mento, di non mai servirsi che d’oggetti fabbricati nel proprio paese.
Questa società dovrebbe ancora introdurre un costume nazionale indipendente dalla moda che utile a 100 persone ne rovina 1000.
(1) Sono brevi appunti per un qualche lavoro che si potrebbe dire di Economia politica.
(2) Questo vocabolo è usato nel senso di « inventori »,
(3) Per « esportazione ».
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Il risparmio dovrebbe andare tanto alla erezione di fabbriche nuove per l’impiego dei poveri, che all’ incoraggiamento delle esistenti che presentano cose equivalenti alle estere. — Le dogane si compensereb-
bero col maggior tasso sulle fabbriche, sulle patenti dei commercianti che tutti si accrescerebbero.
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Pubblicato il 27 Novembre 1908
Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1223 — Tip Pietro Gerbone — Torina i
THE NEW YORK ACADEMY OF SCIENCES.
BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
=== Numero 592 — Volume XXIII ==
Prof. MARIO BEZZI
In memoria di CAMILLO RONDANI
nel primo centenario della sua nascita.
Di Camillo Rondani, nato a Parma il 21 Novembre 1808 ed ivi morto il 17 Settembre 1879 !), dopo quanto ne scrissero i professori Michele Lessona e Alberto Del Prato, sarebbe fuor di luogo il narrare di nuovo la vita. È però certo che nello scorrere le notizie biografiche che lo ri- guardano ?), si rimane meravigliati della natura privilegiata di questo Uomo, nel quale non si sa se più ammirare la mente ordinatrice del- l’entomologo coscienzioso o le geniali divinazioni dell’acuto osservatore, il coraggio non mai smentito del patriota e del cittadino o l’eflicacia sempre ammirata dell’insegnante e dell’espositore.
Per quanto a me qui non tocchi che trattare del Rondani come Na- turalista e come Entomologo, onde mostrare l’importanza dell’opera sua e riportare il giudizio che ne fu dato nel mondo scientifico,, pure mi sia permesso qualche breve ricordo anche fuori di questo campo.
La prova del suo patriottismo noi la possiamo rilevare dal mandato affidatogli nel 1848 come deputato di Traversetolo al Parlamento su- balpino *); ma nelle sue opere stesse, malgrado la loro indole, noi ne possiamo trovare la conferma. Il culto che egli ebbe, in difficili mo- menti, per la libertà e l’unità della patria fu così intenso in Lui, che ne vediamo i segni dove meno potrebbero aspettarsi; e perfino dalle fredde pagine, vergate in terso latino, dei suoi lavori di sistematica, traspare e sgorga talvolta, per chi lo sappia comprendere, una calda onda di sentimento. Così quando si riunivano in un primo Congresso gli scenziati italiani, il Rondani dedicava ai principi che ne erano patroni quattro nuovi generi di ditteri 4); ma quando vide svanire le speranze per questa via concepite Egli si affretta a sostituire quei
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nomi con altri nuovi. Peccato che la legge di priorità che governa la nomenclatura scientifica non possa oggi tener conto di quel sentimento e faccia rivivere quei nomi che Lui volea sepolti. Nel 1859, quando i sogni da tanto tempo accarezzati stanno per avverarsi, egli dedica una specie al Generale Garibaldi, con queste parole: Sp. Zecta eo tem- pore, în quo Volones italici, duce Josepho Garibaldi, prope Varetium milites austriacos profligabanl, inde nomine victoris a me decorata. *) Ora, per bene apprezzare tutto il valore di sentimento racchiuso in questa semplice dedica, occorre ricordare che nove anni prima Egli aveva nello stesso genere consacrata una specie alla donna del suo cuore, a quella che fu poi sua compagna fedele. °) E questo genere nel quale Egli aveva distinto due specie con nomi così ugualmente amati, è scelto come uno dei più belli e rari fra quanti furono da Lui creati per i sirfidi italiani! Chi poi conosce quale azione assorbente e talora isolante esercitino di solito gli studi e le occupazioni di tal genere sui loro cultori, vede con ammirazione come l’ animo del Rondani abbia sempre saputo mantenersi vigile e pronto. Raccoltosi sdegnoso dopo i fatti del 31, nella quiete laboriosa della sua Guardasone, Egli seppe però sempre romperne il fascino, accorrendo al suo posto ogni qualvolta le vicende politiche della patria lo esigettero.
Per quanto riguarda il valore ed i meriti del Rondani come inse- gnante, come professore e come preside, credo che questi, oltrechè dal- l’opera sua, si possano rilevare dal discorso tenuto dallo studente Silva all’inaugurazione del busto del Maestro nell'Università. 7) E delle sue qualità di parlatore e di espositore fanno fede le conferenze serali, di cui non è ancor spento nella sua città natale il ricordo, ed alle quali accorrevano in folla gli uditori, come forse non si vide altra volta per tali trattenimenti. Ho insistito alquanto su questi fatti perchè essi valgono a spiegare l’alta considerazione in che il Rondani fu tenuto dai suoi concittadini, e danno ragione della meraviglia, per noi lusin- ghiera, che l’Osten-Sacken ebbe a dimostrare per le onoranze stategli alla morte tributate.
x *
L’opera del Rondani come Naturalista eccelle principalmente in due campi, in quello dell’entomologia applicata od economica come oggi si chiama, e in quello della ditterologia.
Io non mi diffonderò a ricordare i meriti del Rondani nel primo di questi campi, poichè essi furono universalmente riconosciuti ed ap- prezzati. Già fin dal 1817 8) Egli intravide l’importaaza degli insetti parassiti endofagi e predatori nell’economia della natura, e seppe quindi divinare le applicazioni che ne potevano derivare nel campo della pra-
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tica. Il coraggio da Lui allora dimostrato nel sostenere la propria opi- nione contro le opposte correnti fu pari alla larghezza degli argomenti e delle prove che ne addusse in favore, e fu ben compensato dal trionfo delle sue idee. Il Rondani aveva tutte le qualità per fare quello che oggi sarebbe un ottimo Entomologo di Stato. Larga conoscenza di tutti gli ordini degli insetti, diffuse cognizioni di botanica e di agronomia, pratica di osservazione e di esperimento nella libera natura, nulla gli mancava. Alla sua educazione ben contribuirono certo i maestri Mace- donio Melloni e Giorgio Ian, che seppero guidare e rafforzare le sue naturali disposizioni: dal primo derivò il rigore scientifico e l’abito dello sperimentare, dal secondo lo spirito sagace ed ordinato del sistematico.
Ma l’opera principale di tutta la vita del Rondani, quella in cui lasciò più larga orma di se, è quella che si riferisce alla Ditterologia. In questo ramo di scienza il suo nome trova posto, con Loew e con Schiner, fra i primi ditterologi della seconda metà del secolo scorso. lo credo che uno dei più bei monumenti alla sua memoria sia stato tributato dal barone Osten-Sacken, altro grande ditterologo ed uomo superiore ad un tempo. Egli pubblicò nel 1903 a Cambridge negli Stati Uniti d'America un libro singolare °), nel quale con larghezza di docu- menti e di ricordi personali e con profondità di osservazioni psicolo- giche, più che la sloria della propria vita, scrisse quella della ditte- rologia europea ed americana che gli fu contemporanea. Egli dedica un’intero capitolo al Rondani che chiama «un perfetto gentiluomo ed un entomologo sperimentato », e di cui dice che « aveva un eccellente occhio così per le affinità, come per la scoperta di caratteri guidatori e che, sotto questo rispetto, la sua naturale abilità era decisamente superiore a quella del Loew.» ‘°) Tutto il capitolo è inteso a stabi- lire una specie di confronto fra il Rondani ed il Loew, e l’autore si esprime molte volte in favore del primo.
È certo degna di nota la coincidenza di molti fatti riguardanti questi due ditterologi, di cui l’uno fu universalmente riconosciuto come il principe dei moderni cultori di questa scienza. Un parallelo fra loro è ben lecito stabilirlo, e basterebbe questo per la gloria del nostro Grande. Nati a breve distanza di tempo pubblicarono tutti e due il loro primo lavoro nel 1840, facendone a questo seguire il Loew 222 ed il Rondani 162 #). Tutti e due fecero carriera nell’insegnamento come professori e finirono ambedue per molti anni presidi nello stesso ordine di scuole. Ambedue presero parte alla vita politica dei loro paesi, ricevendo mandato di deputato: e la morte li colse nello stesso anno 1879. Nel porre in confronto la loro opera complessiva si deve rilevare che quella del Loew fu senza dubbio superiore, ma si deve pur riconoscere che il Rondani in parecchi punti lo sorpassò, particolarmente nello studio delle generalità e dell’ordinamento sistematico. Vi è poi un gruppo di
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ditteri che comprende le forme più difficili di tutto l’ordine, il quale non fu dal Loew quasi toccato, mentre il Rondani ne fece scopo delle sue principali fatiche, raccogliendovi i suoi più nitidi allori.
Il carattere dell’opera del Rondani come ditterologo è dato sopra- tutto dall’ordine che vi presiedette e dalla chiarezza che vi regnò. Suo scopo principale fu quello di creare una ditterologia italiana la più completa che fosse possibile. A questo fine dovette cominciare. a ordinare le famiglie ed i generi, ed i suoi primi lavori fino alla pub- blicazione del primo volume del Prodromo nel 1856 intesero appunto a questo. Stabilito l’ordine Egli cominciò e prosegui metodicamente il trattamento delle singole famiglie. Cosi noi vediamo che le sue pub- blicazioni speciali vanno di pari passo con quella generale del Pro- dromo; da principio toccano in massima parte Sirfidi e Conopidi, poi trattano particolarmente di Muscidi, superiori dapprima, inferiori dap- poi. Egli ebbe a dichiarare che lo studio dei ditteri esotici lo disturbò ritardando i suoi lavori in corso sulla ditterologia italiana; ed invero quegli studi, che tanta fatica gli costarono, non sono all’altezza degli altri, perchè Egli mancava dei mezzi materiali di libri e di collezioni indispensabili per uscirne bene. La morte lo colse che aveva appena ultimato lo studio di sole 25 delle 84 stirpi in che Egli aveva diviso i ditteri italiani.
Naturalmente un’opera così complessa, continuata per tanti anni dalle forze di un solo, non poteva riuscire di primo acchito perfetta; ma per la sua stessa natura era soggetta a continui miglioramenti, che Egli non mancò di introdurvi successivamente. Per questo i primi giudizî dati sul Rondani dai suoi contemporanei furono spesso severi, ed il Loew, notando i difetti del primo volume del Prodromo, lo accusò di aver fatto opera prematura. !) Ma questo era stato dal Rondani stesso proclamato nella prefazione, e solo per questo Egli aveva dato alla sua opera il titolo significativo di Prodromo! Nondimeno questo primo passo era necessario per gli scopi che Egli si prefiggeva, ed Egli l’aveva preparato con quasi 30 anni di studi preventivi. Il Loew stesso però,. quando conobbe meglio l’opera successiva, non gli lesinò gli elogi, come fece nel suo lavoro sul genere Aze/za ‘). Egli fu attaccato anche per le imperfezioni grammaticali che si notano in molti dei numerosi nuovi nomi da esso proposti; del che egli si difendeva rispondendo collo Spinola: nomina sunt signa, non definitiones. !4) Schiner credeva che molte delle novità del Prodromo, particolarmente i numerosi nuovi generi, avrebbero trovato opposizione ‘); ma in ciò i tempi gli diedero torto.
Or non è molto un eminente ditterologo inglese, G. H. Verrall, portò sul Rondani il seguente giudizio: « per molti anni io feci poco conto dell’abilità di Rondani come scienziato entomologo, ma fin da molto
ul
Mer. 100
tempo sono, venuto alla conclusione che egli era perfettamente un
buon studioso, ma che egli non dava tempo a se stesso per maturare - le sue opinioni, e che per effetto della sua posizione isolata egli cadde
molte volte in errore nelle identificazioni, e anche che non aveva
completa conoscenza della letteratura ditterologica » ‘°): Io già insorsi altrove ‘’) contro questo giudizio, osservando che se alcune cose vi
sono giuste, altre non lo sono affatto. Specialmente l’accusa del non
meditare le proprie opinioni è priva di fondamento e sconfessa il ca-
rattere principale di tutta l’opera del Rondani. Se vi fu uomo che lun-
gamente meditasse un’opinione prima di esprimerla, Egli fu quello; la
sua prima pubblicazione la fece all’età 32 anni e dopo 7 anni passati
studiando in campagna: tutto il seguito del suo lavoro fu sempre or-
dinato ed ubbidiente ad un fine prefisso. Mi sia permesso riportare
qui un brano della commemorazione del prof. Lessona, che si contrap-
pone proprio a quelle parole del signor Verrall: « Egli stette adunque
sette anni prima di dar mano alla penna, sette anni in faccia al suo
argomento, considerandolo, meditandolo, compenetrandosene senz’altro
pensiero » ‘).
Degno di lode nel Rondani fu anche l’opera che egli portò nel ri- mettere in vigore alcune specie descritte dal Rossi nella Fauna etrusca e nella Mantissa. È strano che i moderni rifiutino molte di queste sue interpretazioni, ‘°) forse perchè le credono pure elucubrazioni letterarie, senza fondo concreto. Ma è bene notare che il Lessona ed il Del Prato concordi ricordano che nella sua gioventù il Rondani ebbe agio di studiare, presso il conte Sanvitale, le raccolte originali del Rossi, che benchè già malandate, erano però ancora servibili; quindi parecchie delle interpretazioni possono anche esser derivate dalla conoscenza di tipi ora non più esistenti.
Nel campo della ditterologia il lavoro principale e più notevole del Rondani fu quello intorno ai Tachinidi ed ai Muscidi (Antomiidi). E questo uno dei gruppi forse più difficili di tutto il regno animale, a districare la cui sistematica molti si applicarono, ma finora con poco frutto. Orbene si può con sicurezza affermare che il miglior la- voro che fu fatto finora intorno ad essi è quello del Rondani. Egli fu il primo a riconoscere l’importanza dei caratteri chetotattici 2°) ed a valersene come guida nel dedalo di quelle innumerevoli forme, ancora in piena evoluzione, dove un mantello di apparente uniformità copre e maschera la più grande varietà di adattamenti. Ancor oggi si ri- corre con fiducia ai volumi del Prodromo, ammirevoli per ordine e per chiarezza, e si ottiene col ‘loro aiuto quello che spesso col sussidio di opere più recenti non si riusci a raggiungere. Il prof. Brauer so- leva dire *) che le specie descritte dal Rondani si possono riconoscere: e questo non è piccolo elogio per chi conosce l’autorità di chi lo espresse
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e la difficoltà dell’oggetto cui si riferisce. Poco fa il Coquillett, emi- nente ditterologo nordamericano, disse del Rondani, che « era un genio nella sua specialità, come è particolarmente dimostrato dal suo mae- strevole trattamento della famiglia Anthomyidae, uno dei più oscuri e diflicili gruppi dell’intero ordine » ?*). In un’ opera recentissima il prof. Tyler Townsend, trattando la storia della classificazione dei Mus- cidi superiori, la divide in cinque epoche che esso denomina del Redi, del Meigen, del Robineau - Desvoidy, del Rondani e del Brauer ?5). È certo per noi lusinghiero vedere il nome del Nostro ricordato come caposcuola, accanto ad altri così illustri, e sopratutto in compagnia di quello d’un altro grande e geniale italiano.
E nel chiudere con questi recenti giudizi portati sul nostro Grande nella lontana America, ci sia permesso compiacerci di questo batte- simo di modernità che gli viene da una terra, dove l’opera di un uomo può, forse meglio che altrove, venir giudicata solo alla stregua dell’in- trinseco valore del suo contenuto.
Torino, 21 Novembre 1908.
Mr, 1
NITTI
Ringrazio qui pubblicamente i professori Lorenzo Camerano, Ermanno Giglio- Tos e Alberto Del Prato, senza l’aiuto dei quali questo doveroso tributo alla me- moria di Camillo Rondani non avrebbe potuto comparire.
1). Sulla precisa data della nascita potrebbe sorgere dubbio, perchè tutti i bio- grafi, ad eccezione del Del Prato, la danno come avvenuta il giorno 23 Novembre. Ma il prof. Del Prato, al quale debbo anche la fotogralia qui riprodotta e da lui dichiarata somigliantissima, si prese la briga di verificare i registri dello stato civile della città di Parma, rilevando che il Rondani è nato alle ore 3 pomeridiane del giorno 21 Novembre 1808; il 23 fu il giorno in cui Ja nascita venne notificata allo stato civile,
2). Del Rondani si hanno le seguenti biografie.
I. Camillo Rondani, Commemorazione del prof. Michele Lessona, in Annal. Accad. Agrie. di Torino, XXIII. 1880, p. 129-153. Torino 1831; e Natuvalisti ita- liani. Roma, A. Sommaruga, 1884.
II. Cenvi biografici ecc. in Aunuario scolast. 1879-8850 della R. Università degl studi di Parma.
III. Cenni sulla vita e sulle opere del prof. Camillo Rondani, per il D.r Al- berto Del Prato. pp. 31. Parma, G. Ferraris e figli, 1188.
IV. Camillo Rondani. Commemorazione. Contiene: Relazione del prof. Pel- legrino Strobel. Discorso dello studente Angelo Silva. Parole pronunciate dal pro- fessor Giovanni Passerini davanti al monumento. pp. 40. Parma, Battei, 1881.
V. Camillo Rondani. Estratto dall’appendice al Dizionario biogr. dei Par- migiani ecc. compilato da G. B. Janelli. pp. 25. Parma, Grazioli, 1882.
VI. Camillo Rondani and his relations with Loew. Costituisce il XIX Capi- tolo dell’opera Record of my life work in Entomology del barone C. R, Osten- Sacken. Cambridge, Mass., 1903 p. 144-153.
3). Su questo importante fatto della vita del Rondani vedasi la lettera del ni- pote prof. Alberto Rondani, nella Gazzetta di Parma del giorno 22 Maggio 1898.
4). Quattro specie di insetti ditteri proposti come tipi di generi nuovi. Memo- ria sesta per servire alla Ditterologia italiana, in N. Ann. Sci. nat. Bologna, X. p- 32-46, con 1 tav. Bologna 18453. A p. 84 scrive: « Ho dedicati questi generi nuovi agli illuminati Priucipi che hanno protetto nei loro stati le radunanze dei sapienti d’Italia.., » )} generi sono: Leopoldius mutato in Brachyglossun nel 1856, Albertiu che risultò poi uguale a Rhamphina Macquart 1835, Luinieria cambiato in Tanypoda nel 1856 e Ludovicius diventato Haltericerus pure nel 1856. Il secondo di questi ge- neri, dedicato al Re Carlo Alberto, fu l’unico conservato nel 1856.
5). Nova sp. italica generis dipterorum Sphyeymorphae detecta et distineta. Nota nona etc., Atti soc. ital. sci. Nat., II. 144-146, fig., Milano 1860.
6). De nova specie generis Ceriae. Nota sexta etc., Ann, soc. entom. France, (2) VIII. 211-214. tav., Paris 1850, dove dice: « Speciem novam generis Sphyxymor- phae, nomini distinxi Petronillae, ex illo dominae meae cui eam dicavi, quia mecum ad ripas Padi insecta colligebat quando dipterum hoc pulcherrimum inveni, »
7). Vedasi il discorso sopra citato dello studente Silva, passim,
egli
8). Osservazioni sopra parecchie specie di esapodi afidicidi e sui loro nemici. N. Ann. Sci. nat. Bologna, (2) VIII, p. 337-351 e 432-448, (2) IX. p. 5-37, tav. I, Bologna 1847 e 1848.
9. E il capitolo XIX dell’opera più addietro citata nella nota N. 2.
10). Op. cit., p. 144: « I paid a visit to Rondani in Parma in the middle of May, 1873. He made a very favorable impression upon me, and struck me at onco as being a perfect gentleman, and an experienced entomologist. » E p. 145: « My acquaintance with Rondaui ’s works is not very thorougl, because i have never been engaged in the special study of European Diptera, and it would have been unjust to jugde Rondani mere]ly by his work on non-European faunas. But, from a general survey of his works, I obtained the impression that he had an excellent eve for affinities, as well as far the discovery of leading characters, and that, in this respect, his natural ability was decidedly superior to that of Loew ».
11). Si hanno vari elenchi delle pubblicazioni del Rondani, che qui sotto ri- porto; il numero qui accettato è quello dato dal prof. Del Prato, il cui elenco è il più completo di tutti, perchè camprende anche i lavori non entomologici ;
I. R. Schiner. Liste von 21 dipterologischen Schriften Rondanis in Verh. zool. bot. Ver. Wien, IV. p. 72-76, 1854.
II. Nota opellarum a C. R_evulgatarum, in Stettin. entom. Zeit, XIX, p. 278 1858.
III. A. Hagen. Bibliotheca entom., II, p. 88-90 e 391, Leipzig 1863.
IV. Bibliografia entomol. italiana. Camillo Rondani, in Bull. Soc. entom, ital., II, p.-297-300 (anonimo) Firenze 1870.
V. M. Lessona, nella Commemorazione sopra citata, dà a p. 149-153 un elenco che contiene 97 numeri.
VI. A. Del Prato, nella biografia sopra citata dà a p. 25-31 in tutto 162 numeri.
VII. C. R. Osten Sacken. Verzeichniss: der entomolog. Schriften von Ca- millo Rondani, in Ver. zool. bot. Ges. Wien, XXXI. p. 337-344, 1881, con aggiunte e correzioni in l. c., XXXIV. p. 117-118, 1884.
VIII. C. R. Osten Sacken. Elenco delle pubblicazioni entomologiche del prof. Camillo Rondani, in Bull. Soc. entom. ital., XVII. p. 149-162, Firenze 1885. Que- sta è certo la lista più elaborata e diligente, ma io mi sono attenuto a quella del Del Prato, anche perchè comprende sotto un numero distinto parecchie di quelle pub- blicazioni che per l'uguaglianza del titolo furono dall’Osten-Sacken conglobate in
una sola. Perciò il numero totale per quest’ultimo è solo di 132.
IX. Bezzi, in Bull. Soc. entom. ital., XXIII. p. 27-81, Firenze 1891, è una enumerazione delle sole opere ditterologiche sui ditteri italiani, in ordine speciale. 12). Bericht iiber die neuern Erscheinungen auf dem Gebiete der Dipterologie,
in Berlin. entom. Zeitschr., II, 1858, p. 225-349. V. p. 338-340,
Lo stesso Loew aveva già pubblicato una critica sulle prime pubblicazioni del Rondani in un articolo intitolato Bemerkungen iber einige in neuerer Zeit pubbli- zirte Dipteren-gattùngen und Arten, in Stettin. entom. Zeit., VIII. p. 146-157, 1867. Di essa l’Osten Sacken (op. cit. p. 148) dice giustamente: « The magisterial and patronizing style of his review was, in my opinion, somewat unbecoming towards a contemporary as to age, and even, I may say, an equal as to merit, because the Loew of 1847 was by no means the Loew of a later period,
DRS: eat
15). Die deutschen Arten der Gattung Azelia, in Entom. Miscellen herausgeg. v. Ver. f. schles. Insectenkunde, Breslan 1874. v. p. 9-11. n
14). Dipt. ital. Prodr., IV, p. 6. Parma 1861.
15). Fauna austr., I. p. XXX. Wien 1862.
16). British Flies. Vol. VIII. London 1901, p. 63: « For many years I under- rated Rondani’s ability as a seientifie entomologist, but I have long since come to the conclusion that he was a thorougbly guod student, but that he did not give himself time to mature his opinions, and that owing to his isolated position he often made mistakes in identification, and also that he was deficient in Diptero- logical literature ».
17). Zeitsch. f. systom. Hymenopterol. und Dipterolog., II. p. 112, 1902.
18). Lessona, op. cit. p. 140.
19). Nel recente Katalog der paliiarktischen Dipteren, Budapest 1903-1907, non sì trovano accettate le secuenti: Eumerus «canthodes e fugitivus, Callicera aurata, Athe- rigona quadripunctsta, Herina germinationis, Aciura coryli, Urelliu helianthi, Mega- chaetum extenuatum.
20). Descrizione di due generi nuovi di Insetti dipteri. Memoria XII ete. in N. Ann. Sci. nat. Bologna, (2) IIL p. 25-86, tav. I. 1845.
21). Questo mi fu assicurato dal Dott. Kertész di Budapest, che lo udì diret- tamente dalla bocca del prof. Braner a Vienna.
22). A brief history of north american Dipterology, in Proc. Ent Soc. Wash., VI. p. 53-58, Washington 1904. A p. 55: «a genius in his way, as is more par- ticularly evidenced by his masterly treatement of the family Anthomyidae, one of the most obscure and difficult group3 in the whole order ».
23). The taxonomy of the muscoidean Flies, including descriptions of new genera and species. Washington 1908. V. p. 6.
APPENDICE NOTIZIE SULLA COLLEZIONE DEL RONDANI.
Siccome il Rondani ha descritto un gran numero di specie di ditteri sia europei che esotici, così le sue collezioni hanno gran valore, per i tipi che contengono; e poichè spesso dall’estero ne vien fatta ricerca, ho creduto bene di dare qui alcune notizie in proposito.
A. Ditteri esotici.
Quelli brasiliani del Truqui pubblicati nel 1848 si trovano nel Museo di To- rino, cogli altri pubblicati nel 1850 e provenienti in massima parte d’America, Ve- neziela ed Isola di S. Sebastiano (Brasile).
Quelli raccolti nelle regioni dell’Amnzzoni (Rio Napo) dall’Osculati e descritti nel 1850 si trovano al Museo Civico di Milano.
Quelli compresi nel grosso lavoro del 1S63, con molti altri, si trovano al Mn- seo zoologico universitario di Napoli e di essi, in numero di 351 specie, diede il catalogo il prof. A. Costa in Ann. Mus. zool. Napoli, III, 1863 (pubbl. 1866) p. 51-40.
Quelli raccolti nell’Argentina dal prof. P. Strobel e pubblicati nel 1863 non si sa dove si trovino, Ed infine al Museo Civico di Genova sono conservati quelli delle
Mg
4 pubblicazioni fatte negli Aunali di quell’Istituto: 18783, Eritrea © Persia; 1876, Borneo; 1878, Pupipari esotici. B. Ditteri itaiiani.
Un certo numero di cotipi si trova nei Musei di Torino (coll. Bellardi), Milano, Pavia, e Napoli, questi ultimi elencati dal prof. A. Costa nei sei volumi del suo
Annuario, 1852-1871. Ma i veri tipi stanno nella classica collezione, che si trova, conie è noto, già fin dal 1881 nel museo zoologico annesso all’Istituto di studi su- periori in Firenze.
Io visitai questa preziosa collezione, frutto di oltre mezzo secolo di studi e di lavoro, nel Marzo del 1894, e dalle note che allora ne trassi posso fornire i se- guenti particolari che saranno di qualche utilità. Essa è in buono stato di con” servazione per le cure che al Museo le furono e le sono prestate; non pochi esem- plari però, in causa della cattiva preparazione, sono andati in rovina. Essa con- tiene solo ditteri italiani, ad eccezione dell’ultima scatola dove si trovano molti pupipari esotici, duplicati di quelli del Musco Civico di Genova. I tipi uva por tano alcuna speciale indicazione; perciò gli esemplari delle specie descritte si de- vono tutti ugualmente tenere in conto di paratipi o cotipi. L’ordine sistematico mantenuto è rigorosamente quello del Prodromo. Anche le famiglie che non erano ancora state pubblicate souo abbastanza bene ordinate, tranne le ultime, special- mente i Nemoceri.
La raccolta è collocata in un’ampio stipo a tiretti. Le prime 6 cassette com- prendono Sirfidi, Conopidi, Muscidi ed Antomiidi, fino al genere Polyetes; ma esse non rappresentano che l’inizio di uno sdoppiamento della Collezione che il Rondani aveva cominciato non so a quale scopo. La vera collezione comincia colla cassetti N. 11, che contiene pochi Estridi e il principio dei sirfidi, che arrivano fino alla 18. Nella cassetta 12 un esemplare cotipo di Aferodon aberrans Egger è messo col M. senilis Meig., la quale sinonimia è probabile. Tachinidi ed Antomiidi arrivano sino alla cassetta 26; qua e là si trovano ancora delle specie inedite; notevole nella 19 un esemplare di Melizoneura albipennis KR. D. schiuso dal coleottero Serica drun- nea, il che costituisce un fatto nuovo. Fino alla cassetta 37 arrivano le diverse fa- miglie di Acalitteri che furono già pubblicate sino all'anno 1880; da qui in avanti il materiale è rimasto quasi tutto inedito. Vi si trovano molti generi e molte specio nuove; parecchi mi sembra che non siano ancora stati pubblicati da alcuno. Molti dci generi istituiti dal Loew e da altri ditterologi si trovano già distinti e nominati dal Rondani nella sua raccolta, e la loro enumerazione mi porterebbe troppo per lè lunghe.
1l numero complessivo delle specie della collezione si aggira intorno a 8000: ma a questo si devono aggiungere molte non ancora determinate, specialmente nelle scatole dal N 51 in avanti.
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Pubblicato il 21 Novembre 1908 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile
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BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino È Numero 593 — Volume X
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Dott. EDOARDO ZAVATTARI
Di una nuova e di alcune controverse specie del gen. PODIUM Fabr.
In questa breve nota dò la descrizione di una nuova specie del gen. Podium, proveniente dall’Ecuador orientale, accompagnandola con alcune osservazioni su altre specie appartenenti a questo stesso ge- nere, rimaste fino ad ora assai dubbiose o state falsamente interpretate.
Prendo quì l'occasione di porgere pubblicamente i miei più sentiti ringraziamenti al distinto imenotterologo di Vienna, Franz Friedr. Kohl, il quale ebbe l’amabilità di esaminare alcuni degli esemplari in que- stione rendendo così col suo autorevole parere, più valide le mie os- servazioni,
Podium (TFrigonopsis) affine Smith. e Podlium (Trigonopsis) intermedium Sauss.
1 Esemplare 9 proveniente dalla Valle del Rio Santiago (Affluente di sinistra del Maranon od Alto Amazzoni. Ecuador orientale, rac- colto nel Febbraio 1896 dal Dott. Cav. Enrico Festa) mi permette, anche Secondo quanto mi scrive il sig. Kohl, di richiamare la specie di smith al suo valore primitivo, e di scindere le due specie, a/fîne Smith ed intermedium Sauss, ritenute cone sinonime nella monografia dello stesso Kohl (1).
(1) Die Hymenopterengruppe der Sphecinen II Monographie der Neotropischen Gattung Podium Fabr. von Fr. Fr. Kohl. Abhandlungen der K. K. Zool-Botan-Gesel]- schaft in Wien Band I. Heft 4, 1902,
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Risulta quindi che nella surriferita monografia occorre sostituire al nome affine Smith (p. 33, n. 2) il nome zn/ermedium Sauss. e consi- derare la specie a/fine come distinta: (es muss demnach das P. af- fine meiner Monographie den Namen ?ntermedimum Sauss. erhalten und P. affine Smith als selbstindige Art hingestellt werden... [così mi scrive il Kohl]).
Schulz, (1) aveva notato la differenza che incontrava in alcuni esemplari che riferiva al Podimn affine Kohl, differenza sopratutto notevole nel numero dei denti del clipeo (Vòllige 7 Zihne, wie sie theoretisch vorhanden sein sollen, finden sich eigentlisch an keinem meiner Exemplare, sondern nur 5 [op. c. p. 769]) e aveva per con- seguenza opinato che si dovessero considerare le due forme affine Smith ed 7n/ermedium Sauss. come due sottospecie che stabiliva in questa maniera:
P. (Trigonopsis) affine affine Smith.
EP. (Trigonopsis) afiime intermedium Sauss.
Ora mi pare che non debbansi considerare queste due forme come semplici sottospecie, ma bensì come specie perfettamente distinte. Con- seguentemente le due specie devono essere stabilite come segue:
EP. (Trigomopsis) intermedium Sauss.
Trigonopsis intermedium — Sattss, Reise der « Novara » Zoolg. II. 1 Hym. p. 33 9 Tabi.n2} Fig.| 18, 11867.
P.(Trigonopsis) affine - Kohl. Abh, K. K. zoolg. bot. Ges. Wien B. I. 4 Heft. p. 33, Nepi dL902,
EP. (Trigonopsis) affime Smith
Trigonopsis affinis, Smith. Ann. and Mag. Nat. Hist VII. (22 ser.) p. 31 9 1851.
Trigonopsis affinis, Smith. Cat. Hym. Brit. Mus. IV, p. 226, N. 2. 1856.
Credo quindi utile, mentre per la specie di Saussure, Podium (Trigonopsis) intermedivm, vale la descrizione data da Kohl per P. (Trigonopsis) affine (op. cit. p. 33. n. 2) dare una minuta e completa descrizione del vero
Podiuna (Trigzonopsis) afime Smith.
Q Nigrum, nitidum. Mandibulae, clypeus, abdomen inde a petiolo, pedes antici el medii rubri. Caput et thorax locis nonnullis sericeis.
(1) Hymenopteren Amazoniens von W. A. Schulz. Sitzungsberichte der Math-phys. Klasse der K. B. Akademie der Wissenschaften zu Miinchen B. XXXIII. Jahrgang. 1903 - p. 757-832, ; |
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Atae fusco bifascialae. Mandibulae ad basim marginis interioris den- latae, ad trientem apicalem incisura quadam haud instructae, fere capîtis longitudine. Clypei pars media quinque dentata. Oculi in ver- tice flagelli articultorum 20 + 8t longiludine inter se distani.
Pronoti collare latius quam. longius, postice în conum oblusun transcersum assurgens. Capul, pronolum el'imesonolum nitida impune- tata, mesopleurae cl mesosternum finissime et sparse punclalae. Seg- mentum mediale transverse strigatum, medio longitudinatiler sulcalum, sulco ad stigma vergente ulrinque instructum.
Petiolus fere reclus, metatarso postico paullo brevior. Valvula in- fraanatis subcarinala, compressa. Arcola cubilalis secunda sul'qua- drata, venam transverso-discoidalem primam pone venam transrerso cubitalem primam excipit, vena transverso-discoidalis secunda cum vena transverso-cubitali secunda coincidil.
Long. 18 mm.
Nero lucente. Mandibole ad eccezione dell’estremo apice, margine del clipeo, i primi articoli delle antenne, addome ad eccezione del peziolo, zampe anteriori ad eccezione delle anche, zampe medie ad eccezione delle anche e dei trocanteri, dell’ima base e del margine su- periore dei femori ferruginee. Clipeo, margine posteriore del pronoto, postscudetto, base ed apice del metanoto e le mesopleure guerniti di corta e fitta pubescenza dorata. Ali ialine con due fascie brune disposte come nel Podium inltermedium Sauss.
Fronte ed occipite non punteggiati, nitidi lucenti, mandibole al- quanto arcuate, della lunghezza circa degli occhi, fornite di tin piccolo dente alla loro base, senza alcuna incisura al margine interno in cor- rispondenza del terzo estremo.
lipeo breve fornito al suo margine libero di cinque denti trian- golari, dei quali i laterali sono più grandi di quelli mediani. Occhi distanti fra di loro al vertice di quanto sono lunghi il sécondo e terzo articolo del flagello delle antenne sommati insieme. Antenne ferruginee alla Ioro base, col secondo articolo del flagello lungo quasi quanto il terzo ed il quarto sommati insieme.
‘ Protorace lucente, non punteggiato; collare più largo che lungo, rilevato posteriormente in un tubercolo conico, mesotorace pure ni- tido, lucente non punteggiato solcato longitudinalmente, mesopleure pure lucenti con pochi punti super rficiali. Segmento mediale striato trasversalmente e regolarmente solcato dall’indietro in avanti sulla linea mediana per tutta la sua lunghezza.
Peziolo dell’addome quasi rettilineo appena un po’ più breve del metatarso posteriore; zampe esili, lucenti, nitide, scaglie alari non pun- teggiate, testacee, nervatura delle ali come nelle altre nà ecie del sol togenere 7yrigonopsis,
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Podium (Parapodium) Kohnlii n. sp.
Q Nigrum, subnilidum, albide sericeo pilosum. Abdomen, peliolo exeplo, rufumy; pedes subgraciles nigri, femorum dimidia apicale parle libiis larsisque anticis el mediis rufis. Alae fere hyalinae fusco bdi- fascialae. Mandibulae rufae, falcatae fere longitudine capitis.
Clypeus brevis in partis mediae apice quinque dentaius, insuper ulrinque denliculatus. Oculi in vertice flagelli arliculi terlii longitudine inler se distant, ad clypeum longitudine articuli secundi. Flagelli arti- culi mus | 9dus qyrliculis 3tio + gto simu! sumptis aequales. Excisura gutluralis a fovea occipilali ad arliculalionem prothoracis apta, per- paullun tantum remota. Occiput post oculos breve. Frons nitida. ex magna parte subliliter punclala.
Pronolum longitudine relale mediocre, collare evidenter brevius. quam lalius postice leviter assurgens, in medio leviter impressum haud in conum rotundatum obtusum emissum. Sutura episternalis mesotho- racis exstal. Mesonotum cum scutello et postscutello segmento mediana toto longitudine fere aequale. Segmentum medianum supra et ad la- lera finissime el regulariter strigatumn, medium longitudinaliter via impressum. Sulcus segmenti mediani ad sligma vergens obsolelum, Mesopleurae punclalae. Peliolus fere rectus, longior prothorace, meso- noto longitudine aequatlis, longiludine flagelli articulorum secundi el dimidiae partis tertit. — Valvula infraanatis compressa. Alarum venu-. lalio subgeneris Parapodti.
Long. 22. mm.
Capo, torace, peziolo e zampe rivestiti di pubescenza bianca, ten- dente al dorato sul torace. La pubescenza del capo e del torace. è for-. mata da peli brevi assai fitti, quella invece del peziolo e delle zampe da peli radi ed assai più lunghi.
Corpo nero, mandibole ad eccezione dell’ima base, addome ad ec-, cezione del peziolo e dei lati della porzione dilatata del primo seg- mento, zampe anteriori e medie ad eccezione delle anche, trocanteri e
metà basate dei femori, rosso bruno, tarsi bruni verso il loro estremo. .
Ali ialine con due fascie abbrunate situate come nel Podium bigui- tatum Tasch.
Faccia con punteggiatura fina e notevolmente fitta, più rada sul vertice, il quale in alcune parti è lucente. Mandibole falciforni allun - gate con il margine interno integro, della lunghezza circa del capo. Clipeo corto, presentantè nella porzione mediana cinque denti assai, lunghi triangolari, lateralmente sonvi pure alcuni altri piccoli denti.
Antenne nere con lo scapo alquanto ingrossato rosso bruno inferior-.. mente, la lunghezza del primo e secondo. articolo dei flagello sommati, .:
lusieme è uguale a quella del terzo e quarto pure riuniti, insieme,
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nata, E° Occhi convergenti, al vertice distanti fra di loro di quanto è lungo. il terzo articolo del flagello, e distanti dal clipeo quanto è lungo il secondo articolo del flagello stesso. Protorace finamente punteggiato. Collare più breve che lungo, con una lieve solcatura mediana, alquanto gibboso ai lati senza però assurgere in cono come nel Podiwm agilis Kohl. Mesotorace fornito di punti poco profondi radi, in alcune parti lucente. Mesopleure finamente rugose, segmento mediale lievemente impresso longitudinalmente finamente e regolarmente striato in tutta la sua superficie. i i
Peziolo quasi rettilineo, più lungo del protorace, della lunghezza del secondo e della metà del terzo articolo del flagello.
Zampe esili, scaglie alari non punteggiate, rossigne; nervatura alare come nelle altre specie del sottogenere Parapodium.
1 solo esemplare 9 della Valle del Rio Santiago (Affluente di sini- stra del Maranon od Alto Amazzoni. Ecuador orientale), raccolto nel febbraio 1896 dal Dott. Enrico Festa.
Questa specie è assai vicina al Parapodium biguttalum Taschberg. ma se ne distingue per avere mole più grande, colorazione differente, infatti quest’ultima specie è tutta nera ad eccezione delle zampe e delle mandibole, e per i rapporti di lunghezza differente che hanno fra di loro la distanza degli occhi e fra di loro e col clipeo, i diversi articoli delle antenne, il peziolo rispetto agli articoli delle antenne ecc.
Differisce inoltre notevolmente dal Parapodium agile Kohl, al quale si avvicina di più per la colorazione, sopratutto per la forma carat- teristica del collare, poichè quest’ultima specie presenta « Pronoti collare longum fere longius quam latius postice in conum rotundatum obtusum assurgens ». (Kohl. op. cit. p. 43).
I’odium foeniforine Perty. e Fodium nitidum Spin.
Kohl in appendice alla sua monografia del gen. Podium riporta le descrizioni originali di einiger umbekannter oder nicht hinlinglich gedeuteter Arten e pone fra queste il Podium nitidum Spinola. (Me- morie d. r. Accademia delle Scienze di Torino ser. 2. tom. XIII (1853) p. 49 e 51 o c).
Dopo aver quindi trascritta fedelmente la lunga descrizione dello Spinola stesso, aggiunge queste parole: P. nilidum Spin. fallt wahr- scheinlich mit dem P. /oeniforme Perty zusammen.
Ora io ho esaminati i tipi di Spinola (29 1 d) ed ho riconosciuto essere esatta l'opinione del Kohl, che cioè il Podium nitidum Spin- non è alro che il Podiwn foeniforme Perty. Ed invero l’accurata descrizione di quest’ultima specie data da Kohl conviene perfetta
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mente anche alla prima. Credo inutile per conseguenza ripetere la descrizione dell’uno e dell’altro, solamente, siccome del Podium. foe- niforme Perty è conosciuta soltanto la femmina, credo conveniente dare qualche accenno dei caratteri differenziali presentati dall’unico maschio della collezione Spinola.
c. Nigrun, nilidum, alae hyalinae. Mandibulae longitudine oculo- rum aliquanto minores. Clupeus medio incisura profunda instruclus, bidentatus. Oculi in vertice longitudine antennarum flagelli articu- lorum dii + 24i + dimida. 3tiî, inter se distanti, ad clypeum via minus. Antennarum flagelli articuli 14+ 28 articulis 3t0 + dimid. 4° longi- tudine aequales.
| Peliolus reclus longitudine metatarso postico + articulo inse- quente tarsi.
Long. 17. mm.
Come si vede ad eccezione della mole non havvi alcuna differenza fra i due sessi di questa specie. Rimane quindi stabilito che il Po- dium nilidum Spin. ed il Podium ‘oeniforme Perty sono la stessa specie.
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Pubblicato il 17 Dicembre 1908 Prof. LORENZO CAMERANO, Di 1253 — Tip. Pietro Gerbone
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BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
Numero 5984 — Volume XXIII
Dott. ALFREDO BORELLI
Nuovo genere di forficole di Costa Rica
Eyragropsis nov. gen.
Corpo alquanto convesso : pronoto, elitre e scaglie alari forniti) di corte setole; segmenti dell’addome, ad eccezione dell’ultimo, pubescenti e forniti lungo il margine posteriore e ai lati di lunghi peli setiformi.
Capo debolmente convesso, declive posteriormente. Antenne di 25 articoli : il 1° lungo, claviforme ; il 2° brevissimo, cilindico; il 3° cilin- drico, un quarto meno lungo del 1° ma molto più sottile; 4° 5° e 6° subconici, quasi sferici, il 4° e il 5° di uguale lunghezza fra loro e ap- pena più lunghi che larghi, il 6°? sensibilmente più lungo e un poco più sottile; gli altri conici, allungantisi ed assottigliantisi gradata- mente sino al 14° il quale è di lunghezza uguale al 3°; gli ultimi pressocchè uguali fra loro, appena più lunghi e più sottili del 14° (fig. a).
Pronoto più corto del capo, sensibilmente più largo che lungo; quadrangolare col margine anteriore poco sporgente, gli angoli ante- riori ottusi e gli angoli posteriori arrotondati.
Elitre coi margini interni arrotondati e intaccati anteriormente per un breve tratto di modo chè lasciano scoperto un “piccolo scutello.
Scaglie alari sviluppate.
Prosterno col margine anteriore sporgente a mo’ di triangolo coll’a- pice ottuso, margini laterali convergenti cosicchè la sua parte poste- riore è molto più stretta dell’anteriore, margine posteriore arrotondato.
Zampe coi femori ingrossati e arrotondati ; tibie sottili; primo arti- colo dei tarsi più grosso e un poco più lungo del terzo, secondo arti- colo cilindrico brevissimo coll’apice alquanto sporgente sotto il terzo e fornito di un piccolo ciuffo di peli, terzo articolo provvisto di-pul- villo fra le unghie.
Addome a lati quasi paralleli; ultimo segmento \subrettangolare, due volte più largo che lungo.
Penultimo segmento ventrale più largo che lungo; margine poste- riore largamente arrotondato nel d, metà posteriore triangolare col- l’apice sporgente e ottuso nella 9.
Branche della pinzetta: nel o brevi, separate fra loro, allargate e triquetre alla base, cilindriche e fortemente curvate verso l’apice; la destra più corta della sinistra (fig. c). Nella 9 un poco più lunghe, subrontigue, quasi diritte coll’apice rieurvo; la destra appena più corta della sinistra (fig. d).
Genere vicino all’EchRinopsalis Borm., ne differisce per la forma degli articoli delle antenne e per la presenza di scutello e di pulvilli. Differisce dal genere Pyragra Serv. per la forma degli articoli delle antenne, quella del pronoto, dell’ultimo segmento dorsale dell’addome «e del penultimo ventrale.
Tipo del genere : Pyragropsis Tristani
EPpwrazionsis Tristami nov. sp.
Capo nero-pece, ciipeo bianchiecio, palpi boccali bruno-scuri; opaco, pubescente e fornito agli angoli posteriori di alcune setole nero-brune. Triangolare cogli angoli posteriori ottusi; debolmente convesso, alquanto depresso nella parte posteriore fornita di tre impressioni longitudinali di cui la mediana segna la sutura occipitale. Antenne di 25 articoli, pubescenti, di colore nero ad. eecezione degli articoli 17, 18 e 19 bianchicci.
Pronoto giallo - cromo, lateralmente e posterior- mente gialio-limone ; for- nito di corte setole nero- brune. Disco convesso per i due terzi anteriori della superficie, la parte con- vessa in forma di semi- cerchio e nettamente di- stinta dal terzo posteriore e dai lati appiattiti e for- temente riflessi; segnato c da una linea longitudi-
nale ben marcata fian-
cheggiata anteriormente
da due impressioni corte Pyragropsis Tristani. — a antenna, d 9 € 4 e lecgermente arcate.
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Elitre di lunghezza superiore a due volte quella del pronoto, diritte cogli angoli anteriori ed i margini posteriori debolmente arrotondati, margini interni arrotondati e intaccati anteriormente lasciando sco- perto un piccolo scutello triangolare di colore giallo. Granulose, e co- perte di corte setole nero-brune ; di colore bruno di noce segnate per tutta la loro lunghezza da una striscia bianchiccia di cui la lar- ghezza è uguale al terzo circa di quella dell’elitra.
Ali di lunghezza uguale al terzo circa delle elitre, bianchiccie col terzo interno bruno di noce, coperte di setole nero-brune.
Zampe : femori gialli, tibie nero-brune, tarsi giallo-bruni; coperte di corti peli gialli più numerosi sulla superficie inferiore dei tarsi, con alcuni peli sparsi più lunghi di colore bruno. Fra le unghie dell’ultimo segmento dei tarsi è da notare il pulvillo bene sviluppato.
Seementi de:l’addome di colore castagno; zigrinati e coperti, ad eccezione dell’ultimo, di corti peli bruni con alcuni peli più lunghi ai lati e lungo il margine posteriore. Segmenti 6,7 e 8 prolungati poste- riormente in punta e forniti posteriormente per metà della loro lun- ghezza di una carena liscia ben marcata; il segmento 9 è anch’esso appuntito posteriormente, ma meno dei precedenti ed è privo di carena. Ultimo segmento nero-pece, Incente e leggermente punteggiato; sub- quadrangolare, poco meno di due volto più largo che lungo, segnato da un leggero solco mediano longitudinale che termina con una pic- cola fossetta la quale è circondata da una grande depressione di forma triangolare di cui la base è il tratto del margine posteriore compreso fra le branche della pinzetta. Margine posteriore leggermente concavo e ingrossato fra le branche della pinzetta, tronco obbliquamente ai lati. Superficie laterali leggermente rugose e fornite di una leggera carena longitudinale in corrispondenza degli spigoli esterni delle bran- che della pinzetta.
Pigidio poco distinto, quadrangolare col margine posteriore sporgente.
Branche della pinzetta castagno-rossiccie, coperte internamente di una peluria giallo-chiara. Separate fra loro alla base, diritte e tri- -quetre allargate e divergenti verso l’esterno per più di metà délla loro lunghezza, poi cilindriche sottili e fortemente incurvate verso l’interno sino alle punte che rimangono distanti, la branca destra alquanto più corta della sinistra; margine interno liscio e pubescente alla base. (fig. c.)
Inferiormente : capo castagno, prosterno e mesosterno gialli, meta- sterno giallo-bruno. Segmenti dell'addome di colore castagno, legger- mente punteggiati e coperti di peli giallo-bruni; penultimo segmento fittamente punteggiato, grande, un terzo più largo che lungo, quadran- golare coi margini laterali convergenti obliquamente verso l’interno nella metà posteriore ed il margine posteriore largamente arrotondato ;
fornito nella metà posteriore di una costa mediana lungitudinale. UP timo segmento completamente nascosto dal penultimo.
9: Segmenti 6 e 7 dell'addome prolungati in punta posteriormente ma meno che nel & colla carena ridotta a un piccolo tubercolo. Ultimo . segmento più stretto posteriormente.
Branche della pinzetta castagno-rossiccie, subcontigue, robuste alla base, simmetriche e quasi diritte sino alle punte incurvate che s’in- contrano, la destra un pò più corta della sinistra; margine interno fortemente denticulato per più di metà della loro Inughezza.
Penultimo segmento ventrale meno sviluppato che nel o; la sua. metà posteriore, triangolare coll’apice ottuso e sporgente, lascia sco- perto a destra ed a sinistra un tratto dell’ultimo segmento.
Lunghezza totale del corpo, o: 15,6 — 9: 16,8 mm.
» della pinzetta, 0: a destra 1,7, a sinistra circa 2. » » > ola destra circa :2/9/%a' sinistratoi
Hab.: 13 e 2 9 da Turrialba (Costa-Rica); Giugno 1908, nelle Bromeliacee.
Gli esemplari di questa interessante forficola che sono lieto di do: dicare al prof. J. F. Tristan, furono trovati da questo distinto natu- ralista e da lui generosamente mandati in dono al Museo di Torino: assieme ad alcune altre specie già note della regione
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Pubblicato il 18 Dicembre 1908
Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile.
1254 — Tip. Pietro Gerbone — Torino
BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
na Numero 595 —
Volume XXIII =======
Prof. LORENZO CAMERANO
GIUSEPPE NOBILI
CENNI BIOGRAFICI
.——rr————
Il dottor Giuseppe Nobili spegnevasi in Omegna il giorno 4 dicembre dopo lunghi mesi di crudeli sofferenze a soli trentun anni di età.
Il dottor Giuseppe Nobili nacque in Omegna l’11 febbraio 1877 dal dottore Gaudenzio e dalla signora Adele Antonioli. Laureatosi in Scienze naturali nella R. Università di Torino il 13 Novembre 1899, fu nominato assistente presso il R. Museo Zoologico della stessa Uni- versità alcuni giorni dopo e nel 1903 passò assistente al R. Museo di Anatomia Comparata pure nella stessa Università.
Nove anni appena, pur troppo, il dott. Giuseppe Nobili fu compagno a me che scrivo queste linee e agli altri colleghi del Museo Torinese: ma egli seppe in così breve tempo, colla bontà dell’animo, coll’ingegno suo vivacissimo, coll’energia e colla attività instancabili acquistarsi l’affetto e la stima di tutti. Egli seppe farsi un nome invidiato fra i cultori degli studî zoologici ed affermarsi come autorità riconosciuta fra i carcinologi.
Giuseppe Nobili, durante gli studi universitari, incominciò ad oc- cuparsi di ricerche botaniche e pubblicò alcune note non prive di interesse:
« La Fragaria indica Andr. e l’Erigeron subulatum Michx in Pie- monte — Bollettino del Naturalista — XIV. Siena - 1894.
« La presenza dell’Helleborus viridis L. nell’Italia superiore - Idem.
« Nuova stazione di Phelipaea Muteli F. W. Sch. - Idem.
« Note sulla flora del monte Mottarone — Nuovo Giornale Botanico Italiano. Nuov. Ser. II - 1895.
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Egli abbandonò tuttavia presto, sebbene non interamente, gli studi botanici per rivolgersi agli studi zoologici e nel 1896 incominciò la serie delle sue pubblicazioni collo studio dei Crostacei decapodi rac- colti dal dott. A. Borelli nella Repubblica Argentina e nel Paraguay. (Boll. dei Musei di Zool. e Anat. Comp. di Torino — vol. XI - n. 222 - 1896.
A questo egli fece in breve seguire altri lavori sullo stesso gruppo di animali.
« Di un nuovo genere di Crostacei decapodi raccolto nel Darien dal dott. E. Festa - Boll. Mus. Zool. Anat. Comp. Torino - vol. XI - N. 238 - 1896.
« Di una nuova varietà della Telphusa dubia B. Capello - Idem - N. 262 - 1896.
« Crostacei decapodi del viaggio del dott. Alfredo Borelli nel Chaco Boliviano e nella Repubblica Argentina - Idem - N. 265 - 1896.
« Decapodi terrestri ‘e d’acqua dolce del viaggio del dott. Enrico Festa nella Repubblica dell’Ecuador e regioni vicine - Idem - vol. XII N. 275 - 189%
« Decapodi e Stomatopodi raccolti dal dott. E. Festa nel Darien, a Curacao ecc. ecc. - Idem - N. 280 - 1897.
« Crostacei decapodi e Stomatopodi di St. Thomas (Antille) - Idem vol. XIII - N. 314 - 1898.
Questi primi lavori rivelarono subito le eccellenti doti del Nobili, come osservatore, come descrittore e come critico ei Musei nazionali e stranieri incominciarono a ricorrere a lui per lo studio delle loro collezioni di Crostacei.
Il Museo Civico di Storia Naturale di Genova per il primo affidò al Nobili lo studio delle sue importanti collezioni e intorno ad esse il Nobili pubblicò i lavori seguenti :
« Sopra alcuni Decapodi terrestri e d’acqua dolce dell'America me- ridionale - Annali del Museo Civico di Storia Naturale di Genova Ser. 22 vol. X[X - 1898.
« Contribuzioni ‘alla conoscenza della fauna carcinologica della Pà- puasia, delle Molucche e dell'Australia - Idem - Ser. 22 vol. XX - 1899.
« Decapodi e Stomatopodi Indo-Malesi - Idem - Ser. 2° vol. XX - 1900.
Intorno alle collezioni di Crostacei del Museo di Napoli il Nobili pubblicò :
« Decapodi e stomatopodi eritrei - Annuario del Museo Zoologico di Napoli - vol. I - 1901.
« Tre nuovi i Eritrei del Museo Zoologico dell’ Università di Napoli - N. ser. vol. 2 - 1906,
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Il Museo di Parigi affidò al Nobili lo studio di collezioni preziosis- sime e le pubblicazioni seguenti si riferiscono ad esse,
« Description d’une nouvelle espéce de Pseudo thelphusa recueillie par M. F. Geay dans la Guyane francaise. - Bull. du Muséum d’histoire naturelle - N. 3 - 1904. -
« Diagnoses préliminaires de Vinngt-huit espéces nanvelles de Sto matopodes et Décapodes Macroures de la mer Rouge - Bull. du Muséum d’histoire naturelle - N. 5 - 1904.
« Décapodes nouveaux des còtes d’Arabie et du Golfe Persique - Idem - N. 3 - 1905.
« Note synonymique sur Actaea Kraussi A. M. E. nec Heller - Idem N. 4 - 1905.
« Note sur Ocypoda Fabricii Milne Edwards - Idem - N. 4 - 1905.
« Quattre Décapodes nouveaux du Golfe Persique récoltes par M. M. S. Bonnier Ch. Perez - Idem - N. 2 - 1905.
« Diagnoses préliminaires de 34 espéces et varietés nouvelles et de 2 genres nouveaux de Décapodes de la Mer Rouge - Idem - N. 6 - 1905.
« Diagnoses préiiminaires de Crustacès Décapodes et isopodes nou- veaux recueillis par M. le Dr. G. Seurat aux Iles Touamotou = Idem N. 5 - 1906.
« Crostacés Décapodes et Stomatopodes de la Mission S. Bonnier et Ch. Perez (Golfe Persique 1901) — Bulletin Scientifique de la France et de la Belgique vol. XL - 1906.
Il Museo Nazionale Ungherese inviò pure varie collezioni al Nobili alle quali si riferiscono i lavori seguenti:
« Tritodynamia Horvàthi Nob. Nuovo Decapodo del Giappone - An- nales Musei Nationalis Hungarici HI - 1905.
« Decapodi e Isopodi della Nuova Guinea tedesca raccolti dal Sign. L. Birò - Idem - II - 1905.
Dal Museo di Madrid ebbe il Nobili in studio i Decapodi raccolti dal Sign. Martinez de la Escalera - nella Guinea Spagnuola.
« Decapodi della Guinea Spagnuola — Memorias de la Sociedad Espanola de Historia Natural I. - 1906.
Quando il morbo crudele incominciò a rendere al dott. Nobili im- possibile il lavoro, ègli aveva già iniziato lo studio di parecchie altre collezioni di Crostacei, che gli erano state inviate dai Musei di Parigi, di Bruxelles, di Magdeburgo, di Leida, di Londra, di Milano, di Ge- nova, di Napoli ece., studio che egli non potè condurre a termine.
Oltre ai lavori sopracitati il dott. Nobili pubblicò i seguenti:
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« Intorno ad alcuni Crostacei Decapodi del Brasile - Boll. Mus,
Zool. Anat. Comp. Torino - vol, XIV - N. 355 - 1899,
« Osservazioni sul Trichodactylus quinquedentatus Rathb. - Idem N. 365 - 1899,
« Descrizione di un nuovo Palaemon di Giava e osservazioni sulla Callianassa Turneriana Wh. del Camerun - Idem - vol. XV. n.379 - 1900.
« Note intorno ad una collezione di Crostacei di Sarawak - Idem - vol. XVI - N. 397 - 1901.
« Decapodî raccolti dal dott. Filippo Silvestri nell'America meri. dionale - Idem - vol. XVI - N. 402 - 1901.
« Decapodi e Stomatopodi del viaggio del dott. E. Festa nell’Ecuador e regioni vicine - Idem - vol. XVI - N. 415 - 1901.
« Crostacei della spedizione della « Stella Polare » - Milano - U. Hoepli - 1903,
« Echinodermi - Idem.
« Descrizione di una nuova specie di Parathelphusa delle Isole Mentawei - Boll. Mus. Zool. Anat. Comp. - Torino - vol. XVIII - N. 444 - 1903.
« Contributo alla fauna carcinologica di Borneo - Idem - vol. XVIII N. 447 - 1903.
« Crostacei di Pondichéry, Mahé, Bombay - Idem - vol .XVIII - N. 452 - 1903.
« Crostacei di Singapore - Idem. - N. 455.
« La Helleria brevicornis. Ebn. all’Elba e a Pianosa - Idem - vol. XX N. 491 - 1905. i
« Descrizione di una nuova Caridina del Madagascar - Idem - vol. XX - N. 499 - 1905.
« Identità di « Brachycarpus neapolitanus Cano e Palaemon biun- quiculatus Lucas » - Idem - N. 502.
« Crostacei di Zanzibar - Idem - N. 506.
« Descrizione di un nuovo Potamonide di Madagascar - Idem - N. 507.
« Descrizione di un nuovo Apus di Madagascar - Idem - N. 513.
« Una nuova Telfusa di Madagascar - Idem - vol. XXI - N. 532 - 1906.
« Crostacei della spedizione al « Ruwenzori » di S. A. R. il Duca degli Abruzzi - Nota preventiva - Idem - vol. XX1 - N. 544 - 1906.
« Nuovi Bopiridi — Atti R.Accad. Scienze di Torino - vol. XLI - 1906.
« Ricerche sui Crostacei della Polinesia — Memorie R. Accad. Scienze di Torino - Ser. 2* - vol. LVII - 1906.
« Faune carcinologique de la Mer Rouge — Décapodes et Stoma- topodes - pag. 1 a 347 - con XI tavole - Annales des Sciences Natu- relle - 9 ser. - vol. IV - 1906.
« Spedizione di S. A. R. il Duca degli Abruzzi al Ruwenzori — Risultati Scientifici - Crostacei - Milano, U. Hoepli,
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În tutti i lavori sopra menzionati numerosissime sono le descri- zioni di nuove specie e di nuovi generi e le discussioni critiche sopra molte specie controverse.
Essi costituiscono un importante contributo alla conoscenza dei Crostacei Decapodi e Stomatopodi.
Di singolare importanza è il lavoro sulla Fauna carcinologica del Mar Rosso che si presenta come lavoro monografico di lunga lena, completo e fondamentale per i Decapodi e gli Stomatopodi di quella regione.
Giuseppe Nobili era tenuto in grande stima da tutti gli studiosi del difficile gruppo dei Crostacei, e il prof. Bouvier direttore della sezione Entomologica del Museo di Parigi all’annunzio della malattia del dott. Nobili mi scriveva :
« C'est un grand malheur qui vient de frapper la famille du pauvre Nobili en méme temp que ce Musée et le votre. On pouvait toùt espérer de ce robuste travailleur a l’intélligence fine et active. »
Il dott. G. Horvàth direttore del Museo Zoologico Ungherese mi scriveva pure:
« La triste nouvelle sur la maladie du dr. Nobili m’a vivament touché. C'est une grande perte que la zoologie éprouve en perdant ainsi un de ses meilleurs adeptes. »
La cultura scientifica di Giuseppe Nobili era assai estesa anche fuori del campo delle sue particolari ricerche. Eccellente conoscitore di varie lingue, tradusse molto bene parecchi lavori di argomento scientifico per la « Piccola biblioteca di scienze moderne del Bocca » Era buon conoscitore della letteratura nostra ed amantissimo della musica.
L'attività sua e la costanza al lavoro furono nei nove anni passati nel Museo Torinese veramente meravigliose ed è merito suo se la nostra collezione dei Crostacei Decapodi può ora essere annoverata fra le prime congeneri.
Alla memoria del compianto collega vada dal Museo Zoologico di Torino un caldo tributo di affettuoso ricordo,
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